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-The Project Gutenberg EBook of Dallo Stelvio al mare, by Massimo Bontempelli
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with
-almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or
-re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included
-with this eBook or online at www.gutenberg.org/license
-
-
-Title: Dallo Stelvio al mare
-
-Author: Massimo Bontempelli
-
-Release Date: April 2, 2016 [EBook #51624]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK DALLO STELVIO AL MARE ***
-
-
-
-
-Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online
-Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This
-file was produced from images generously made available
-by The Internet Archive)
-
-
-
-
-
-
- [Illustrazione: Il vecchio confine e il teatro della nostra
- offensiva dallo Stelvio al mare.]
-
-
- Massimo Bontempelli
-
-
- Dallo STELVIO
- al MARE
-
-
- APPRESSAMENTO ALLA GUERRA • DALLO STELVIO
- ALL'APRICA • UN DUELLO DI ARTIGLIERIA • TERRA
- REDENTA • LA VIA DI TRENTO • GIULIETTA E LA
- GUERRA • TRE VALLI • CADORE • DUE CONCHE
- • OSPEDALE DI CAVALLI • SILENZI E FRAGORI •
- ANCORA ATTORNO AL FREIKOFEL • IL SILENZIO
- DI MALBORGHETTO • LA CITTÀ SENZA BANDIERE
- • ALTO ISONZO • MEDIO ISONZO •
- IL CARSO • DA GRADISCA AL MARE
-
- Con 21 carte geografiche
-
-
-
- “I LIBRI D'OGGI”
-
- In FIRENZE presso
- R. BEMPORAD & FIGLIO — Via del Proconsolo, 7
- LIBRERIA A. BELTRAMI — Via de' Martelli, 4
- MILANO — ROMA — PISA — NAPOLI presso _R. BEMPORAD & FIGLIO_
-
- TORINO BOLOGNA GENOVA PALERMO
- S. Lattes & C. Ditta N. Zanichelli Fratelli Treves Ditta A. Reber
-
- NEW YORK, Società Libraria Italiana
- BUENOS AIRES, Libreria Dante Alighieri
-
-
-
-
- PROPRIETÀ LETTERARIA
-
- 1915 — FIRENZE — Tipografia “L'Arte della Stampa”, Succ. Landi —
- Via S. Caterina, 14
-
-
-
-
- INDICE
-
- Appressamento alla guerra Pag. 11
- Dallo Stelvio all'Aprica 19
- Un duello di artiglieria 35
- Terra redenta 43
- La via di Trento 55
- Giulietta e la guerra 65
- Tre valli 73
- Cadore 83
- Due conche 99
- Ospedale di cavalli 115
- Silenzi e fragori 123
- Ancora attorno al Freikofel 137
- Il silenzio di Malborghetto 145
- La città senza bandiere 157
- Alto Isonzo 173
- Medio Isonzo 187
- Il Carso 201
- Da Gradisca al mare 215
-
-
-
-
-Appressamento alla guerra.
-
-
- _Brescia, 14 agosto._
-
-
-_ANDAR A VEDERE LA GUERRA...._ È un'idea, anzi una frase, che mette i
-brividi.
-
-È una frase, non un'idea. Una pura frase vuota di senso. La guerra non
-è una cosa che _SI VA A VEDERE_.
-
-Ma appressarsi, accostarsi in qualche modo alla guerra, non per
-entrarvi nel mezzo per viverla per morirvi; così, per sentirne qualche
-riflesso men lontano; lasciarla distinta, così, là, in faccia a noi,
-nel panorama; e noi qua, più vicini ch'è possibile, ma non tanto, non
-dentro; noi ed essa; la cosa e la persona: la persona mette davanti
-alla cosa un suo specchio, e poi in quello specchio, in quel pezzo di
-specchio stinto, che le trema tra le mani, vi fa vedere la guerra,
-la sua la vostra guerra.... È una cosa che dà i brividi; ha del
-grottesco, del crudele, del puerile; è un mezzo sogno, piuttosto penoso
-e stridulo; mette in un disagio ineffabile la logica e la passione dei
-nostri poveri cervelli e dei nostri cuori anelanti di traboccare.
-
-Andiamo a mettere uno specchio davanti alla guerra?... Forse non ne
-avremo mai un senso più preciso, improvviso e avvolgente, di quello
-che dà, nell'alba, usciti da poco dalle città e dalle campagne il
-cui dovere e il cui eroismo è continuare in apparente tranquillità la
-vita di prima, l'accorgersi che si entra nella zona sacra alla grande
-avventura, perchè gli ingressi delle libere strade son guardate dai
-primi uomini della guerra, e perchè procedendo tra due distese di mèssi
-e di lavoro pacifico si raggiungono lunghe file di carri militari,
-guidati da soldati silenziosi, che guardano con occhi strani e vaghi
-verso il settentrione e l'oriente.
-
- * * *
-
-Lo troveremo forse, il senso dell'appressamento alla guerra, più
-preciso e concitato, entrando in un villaggio di fuoco e d'acciaio,
-dove ogni ora del giorno e della notte si fucinano le armi e i
-proiettili: la metallurgica della vittoria d'Italia.
-
-Trent'anni sono erano tre piccole costruzioni isolate tra il silenzio
-dei campi: poi crebbe e prese l'aspetto di un grande stabilimento,
-irto di camini fumosi: oggi è un intero paese. L'ultima crescita fu
-prodigiosamente rapida. Un anno fa lo stabilimento copriva quattro
-chilometri quadrati, e vi lavoravano mille e settecento operai; oggi
-l'estensione è raddoppiata, e gli operai sono circa quattromila, e non
-bastano ancora. Ogni giorno aumenta il numero dei chilometri e degli
-uomini. Presto ai lavori più leggieri saranno adoperate anche le donne.
-
-È una tradizione regionale. Ho percorsa in altri tempi una di queste
-valli minori: in ognuno dei paesetti che si specchiano nel torrente
-che la corre, si fabbricano armi, da secoli. Anche dove non hanno se
-non ordigni preistorici, date a quegli uomini un pezzo di ferro, ve ne
-faranno un magnifico pugnale.
-
-Se dicessi la quantità della produzione giornaliera di armi automatiche
-e di proiettili di questo solo stabilimento sarebbero numeri da mettere
-spavento. Specialmente ai nemici....
-
-Ma visitando una fabbrica d'armi come questa, non si pensa ai nemici.
-Non vien fatto di ricordare l'impiego di questa produzione, gli effetti
-di questa causa, tanto la vita del paese di fiamma e di ferro appare
-piena, organica, in sè compiuta e perfetta.
-
-I sensi sono completamente afferrati, scossi e dominati dallo
-spettacolo nuovo e strano, e non lasciano luogo alla riflessione.
-Entrando nei primi cortili, tutto quel cumulo di rame e d'ottone,
-dischi verghe cilindri, tutto quel colore barbagliante, gialli di sole,
-rosei di pampini ancor pallidi del primissimo autunno, pare una festa:
-è un'inquietudine tutta sensuale; sono gli occhi soli, che s'ubriacano
-di colore vivo.
-
-L'impressione si trasmuta di colpo, affacciandosi a uno degli
-immensi stanzoni bassi e quadrati dove si lavorano i bossoli. Nero
-a perdita d'occhio, rigidità di linee diritte e d'angoli retti, in
-una prospettiva di travature orizzontali e verticali. Con qualche
-esitazione si avventura il passo in quella foresta, con qualche
-lentezza l'occhio comincia a scorgere disegni vari nell'intrico
-uniforme, ad accorgersi che quella rigidità è piena di movimento, a
-scoprire la curva delle ruote, la morbidezza delle cinghie, e tutte
-le velocità le trasmutazioni gli avvivamenti di quel paesaggio strano,
-ch'era apparso da principio una morta fantasia cerebrale, che vediamo
-ora ne' suoi cicli perpetui di vita creante, mobile e intenso come la
-vita di una terra fertile osservata nel suo più profondo. Ma una natura
-maravigliosamente rapida nell'opera di creazione e di trasformazione
-senza posa. Una trave di metallo morto, inerte: ed ecco passa in un
-forno da cui escono vampe candide; qualche cosa la lancia fuori, a
-terra; una tenaglia l'afferra, la pone davanti a una sega meccanica:
-e noi seguiamo uno di quei pezzi, ancora rovente; non ha tempo di
-cominciare a imbrunire ed è già sotto una pressa idraulica che ne
-ha fatto un cilindro; e passa in un'altra macchina mostruosa che lo
-perfora, e in un'altra che ne regola il calibro, sempre sprizzando
-vampate rosse e scintille bianche, e intanto dietro quello altri di
-macchina in macchina già ne hanno inseguito il cammino, quasi più
-rapidi del nostro sguardo e del nostro passo; perchè abbiamo appena
-finito di attraversare la serie e già vediamo disposti a terra quei
-pezzi, che non sono più pezzi di ferro, sono bossoli di granate e di
-shrapnells. Stanno freddandosi.
-
-Dall'ultimo al primo, mentre freddano, è una curiosa scala di
-colori in gradazione lentissima dal candido al vermiglio al rosso al
-paonazzo al violaceo al bruno. Shrapnells e granate di ogni calibro,
-pistole e fucili automatici, mitragliatrici, nascono in questo modo
-rapidissimamente e si compongono, fioriscono, sotto il lavoro preciso
-e continuo dei forni, dei torni, delle seghe, delle presse, delle
-trafile, delle pompe, dei trapani, delle fresatrici, delle limatrici.
-Se possiamo fermarci a esaminare partitamente qualcuna delle operazioni
-più sottili della lunga serie, la nostra maraviglia si rinnova
-di fronte alla finitezza di lavoro che l'ingegno umano ha saputo
-raggiungere per mezzo dell'automatismo apparentemente più bruto. Penso
-al tornio che incontro alla verga incandescente porge e spinge uno dopo
-l'altro, di fronte e di fianco, quattro cinque sei coltelli e scalpelli
-di taglio diverso, onde il pezzo n'esce complesso e rifinito come per
-il più paziente lavoro di una mano destra, vigilata continuamente da un
-pensiero attento e preciso.
-
-Un'altra ragione di maraviglia è osservare come questo lavoro di
-produzione quotidiana ed enorme non abbia nulla di febbrile. È come la
-nostra storia di questi giorni, di quest'anno. I posteri li chiameranno
-giorni di ansia e di febbre, e non sono tali, perchè il fervore degli
-uomini forti e delle azioni grandi è stranamente calmo e misurato ne'
-suoi atti esteriori.
-
- * * *
-
-Ma più maraviglioso ancora si è, che uscendo dal luogo ove abbiamo
-visto nascere i più formidabili strumenti di distruzione, ci accorgiamo
-di non aver mai avuto pur un momento sotto gli occhi l'immagine della
-distruzione e della morte. Neppure sporgendoci sopra le lunghe fosse
-ove si fa la prova delle mitragliatrici, ove si vedono vertiginosamente
-vuotarsi i caricatori crivellando le tavole del bersaglio, non abbiamo
-pensato agli uomini che saranno al luogo di quelle tavole.
-
-Ho detto già come l'impressione di questo luogo e di questo lavoro
-sia quello d'un mondo e d'una natura, compiuti nel loro organismo e
-nella continuità della loro creazione. Il mondo produce vite, e poi
-altre vite e altre vite ancora, e il contemplarne l'opera ci appaga,
-e solo nei momenti della tarda riflessione l'uomo si domanda lo scopo
-di quelle vite nel perpetuo, e solo per una specie d'ozio vano tenta
-di pensare il creato come una causa. Nello stesso modo, solo ritornati
-nella strada silenziosa, allontanati dal paese di fuoco e di ferro,
-ricordiamo com'esso abbia uno scopo, e preciso e formidabilmente
-immediato e vitale.
-
-Ma è un tardo atto di riflessione. Non è ancora un sentimento. La
-guerra è ancora lontana. Il viaggio nel paese delle armi non è ancora
-un appressamento alla guerra.
-
-
-
-
-Dallo Stelvio all'Aprica
-
-
- _Aprica, 17 agosto._
-
-
-Come una linea tortuosa, interrotta ne' suoi continui frastagliamenti;
-ma grado grado, a procedere, si fa sempre più grossa e più rossa, sino
-alla fine. Tale è la nostra guerra, dallo Stelvio al mare: dall'alta
-Valtellina ove gli avversari si sorvegliano fermi e saldi, alla mischia
-grossa che incendia la regione dell'Isonzo. Per questo il viaggio
-dallo Stelvio a Monfalcone in margine alla linea del fuoco, sarà
-un inoltrarsi graduale, sempre più addentro, nella sensazione della
-guerra: e per questo anche l'interesse del lettore, leggendo le note
-che al viaggiatore sarà stato possibile cogliere, dovrà gradatamente e
-naturalmente farsi sempre più vivo.
-
-Ho detto che gli avversari, nella regione dello Stelvio, si guardano,
-fermi e saldi. Ciò va inteso con discrezione. Non azione definita, non
-complessità di movimenti, non vasti effetti raggiunti: ma stanno due
-nemici, uno in faccia all'altro, a sorvegliarsi e tenersi a freno.
-Fucilate, via, se ne tirano sempre: e se ne sono tirate anche qui
-fin dai primi giorni, e qualche cannonata anche, e s'è fatto qualche
-audace corpo a corpo. I due paesi avversi penetrano uno nell'altro
-strettamente per le frastagliature dell'artificioso confine: le cime e
-le depressioni continue su cui questo confine è tracciato, formano una
-bizzarra linea di posizioni d'offesa e di difesa. Una cima italiana
-guarda giù, in una valle austriaca; un costone nostro termina in
-una sella che la geografia politica assegna ai nemici. E così via. E
-tutta la linea del confine è marginata, di qua e di là, da due linee
-di avamposti, i nostri e i loro, e dagli uni e dagli altri partono
-continuamente pattuglie di sentinelle in ricognizione di avanscoperta;
-in più, i punti più importanti di quel frastaglio sono occupati o
-battuti da trinceramenti o da forti.
-
-Ecco dunque uomini, gruppi di uomini, uomini nemici, uomini armati,
-i quali ogni tanto si vedono gli uni gli altri; là in faccia su quel
-pendìo, giù ai piedi in quel fondo di valle, sovra il capo su quella
-balza che si sporge. Sono fucilate e cannonate quotidiane, utili a
-mantenere vivo il rispetto nel nemico e indispensabili anche a tenere
-in regolare equilibrio il nostro ardore.
-
-Dalla cresta della Forcola stanno silenziosi a vedere il duello
-i soldati svizzeri. Perchè al valico dello Stelvio, sotto il
-Dreisprachenspitz (o, come noi lo abbiamo ribattezzato, il
-Pizzo Garibaldi), passa il vertice della triplice frontiera
-italo-svizzera-austriaca.
-
- * * *
-
-Ma non c'è da temere che nella inazione il nostro ardore s'addormenti:
-al contrario, si esaspererebbe. Non può credere, chi non li ha sentiti
-parlare, quanto i soldati e gli ufficiali posti qui a far da colonna
-o da perno nella regione ove non si deve avanzare, soffrano di non
-potersi gettare a capofitto contro il maggior pericolo.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Ognuno di essi legge i giornali e pensa alla Carnia e all'Isonzo con
-invincibile invidia, e ognuno d'essi (e sono tanti nella valle, che
-n'è tutta carica come un'arma pronta!) implora almeno come minimo di
-soddisfazione di far parte d'una pattuglia, di poter vedere, almeno
-una volta, l'austriaco. Quando lo vede, gli dà la caccia. Questa ci
-frutta ogni tanto anche qui, dove la guerra è ancora in attesa, qualche
-incerto di prigionieri nemici che i tranquilli paesi di montagna vedono
-passare con una gioia memore dei fasti valtellinesi del Risorgimento.
-
-Ma alcuni fatti d'arme raggiunsero anche qui una notevole importanza:
-quelli in cui abbiamo provato la solidità della nostra difesa in
-occasione di tentate irruzioni del nemico, e quelli con i quali una
-avanzata, materialmente brevissima, ci ha dato il possesso di cime
-che dominano valli verso il cuore del Trentino, rovesciando in qualche
-punto la situazione strategica iniziale.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-È dei primi quello del 9 agosto. L'iniziativa fu dei nemici, che
-avevano tentato di attaccare il gruppo di montagne ghiacciate
-Ortler-Cevedale. Insieme con l'Adamello, esse costituiscono le porte,
-porte ben ferrate dalla natura, di questo confine. Dall'altissima Val
-d'Adda si stacca verso oriente la Valfurva, percorsa dal Frodolfo, e
-determina una specie di saliente molto smussato del nostro territorio
-entro la regione nordoccidentale del Trentino. Tutta una corona di
-ghiacciai protegge ivi il confine, ghiacciai che si stringono intorno
-all'Ortler (alto oltre 3400 metri) e al Cevedale (oltre 3700 metri).
-Il gruppo conta ben sessanta ghiacciai, dei quali il più ampio è il
-ghiacciaio del Forno. Dal passo del Cevedale, più su, e dal ghiacciaio
-del Forno, più giù, gli austriaci tentarono dunque l'impeto contro
-le nostre difese. Salirono al primo da Val di Sulden, all'altro
-dalla valle del Noce. Già i nostri avevano respinto le pattuglie
-venute innanzi a riconoscere il passo. I nemici tornarono la notte,
-penetrarono per il colle di Vioz passando sulla neve congelata,
-calarono giù per il ghiacciaio del Forno, presero contatto coi nostri
-all'albergo del medesimo nome, e contrattaccati fuggirono. Il simile
-avveniva degli altri che contemporaneamente eran calati verso la
-capanna che conchiude a nord la vallata del Cedeh, affluente del
-Frodolfo.
-
-Un ufficiale austriaco che guidava il passaggio per Vioz, restò ucciso.
-Gli trovarono indosso una lettera dove annunziava, non si sa a chi,
-che egli si sarebbe spinto contro i nostri perchè gli italiani hanno
-paura, e altre siffatte affermazioni da comunicato ufficiale austriaco.
-Prima di esser colpito a morte deve aver avuto il tempo di ricredersi,
-chè vide i suoi uomini controinvestiti dagli italiani, in numero molto
-minore, e parecchi colpiti e gli altri messi in fuga, mentre dei nostri
-nessuno fu ucciso.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Contro il terzo monte del formidabile gruppo, cioè l'Adamello, già i
-nemici avevano tentato vanamente due assalti, uno il 15 e uno il 30
-di luglio, valicando i passi di Venerocolo e di Brizio sul costone
-occidentale del gruppo dell'Adamello, e attaccando le nostre posizioni
-presso il refugio Garibaldi.
-
-Meno ardua della via dello Stelvio appare, a nord dell'Adamello, la
-via del Tonale, e intorno al Tonale si combatte fin dal principio
-della guerra un duello d'artiglierie cui i comunicati ufficiali hanno
-accennato spessissimo, e la cui sorte pende ancora. A servizio della
-lotta per il Tonale si prese, fin dal primo giorno della guerra,
-la forcella di Montozzo (a 2625 metri) a nord del passo del monte,
-mentre gli austriaci sono fortificati a sud, sul Monticello (a 2550
-metri). Così la lotta si trasportò sul ghiaccio (in cui sono scavate
-le trincee) sul quale sono trasportate, a tremila metri, le batterie.
-Lotta che da nessuna delle due parti vuol essere per ora di avanzata,
-ma soltanto di preparazione. La guerra di montagna è guerra per la
-conquista delle cime: chi è più in alto ha la ragione.
-
-E noi in parecchi punti siamo riusciti a essere i più alti. Nella zona
-del Tonale, a sud dell'alto Noce, il 7 di agosto “i nostri reparti
-alpini — cito dal comunicato ufficiale — arditamente avanzando lungo la
-cresta rocciosa che si erge da mezzodì su valle del Monte, sorpresero
-e dispersero truppe nemiche trincerate a sud-est di Punta Ercavallo”.
-Intanto le artiglierie cacciavano altri reparti nemici da una posizione
-a nord-est della stessa punta. Le nostre artiglierie erano sulle
-rocce di Ercavallo, a più di tremila metri. L'operazione ci dette una
-posizione eccellente, in quanto da questa si può batter d'infilata la
-valle del Noce. Fu un nuovo passaggio apertoci nel Trentino.[1]
-
-I soldati (molti di essi erano volontari di Valtellina e Valcamonica)
-che raccontavano, in un paese della Valfurva, qualche particolare
-sull'episodio del Vioz, mi dettero l'impressione che delle più
-caratteristiche di queste azioni sporadiche si venga nutrendo
-straordinariamente il fervore che la disciplina dell'attesa lunga
-non basta a contenere. Nutrono l'attesa e dei soldati e degli stessi
-montanari e valligiani del luogo.
-
-Ebbi da questi ultimi la narrazione orgogliosa, come d'un'impresa loro,
-della distruzione compiuta dai nostri di un celebre albergo austriaco
-da cui emanò sempre un odore piuttosto militare che turistico.
-
-Ma poichè i bollettini non ne hanno mai fatto cenno, forse perchè è
-apparso che l'episodio, sebbene lusinghiero per noi, non avesse grande
-portata strategica, non mi ci soffermo di più.
-
- * * *
-
-Volendo e potendo soffermarsi sugli episodi, ce ne sarebbero in
-quantità; ma creda il lettore — se mai dall'odierno avvicinamento
-della stampa alla guerra combattuta si aspettasse una fresca mèsse
-di aneddoti eroici — creda il lettore che l'aneddoto singolo,
-l'episodietto staccato e ben conchiuso, se contribuirono da principio
-a darci un'idea chiara del valore e dell'energia personale —
-straordinarissima — dei nostri soldati, nulla valgono all'intelligenza
-della guerra nel suo complesso e nel suo svolgimento, nel suo organismo
-e nella sua dinamica: anzi distraggono, smembrano, frammentano. La
-guerra, la nostra guerra presente sopra tutte, non è un accumulamento,
-un sèguito, una somma di episodi, così appunto come un corpo vivo non è
-una somma di membra; e una guerra è un organismo vivo, e come ogni cosa
-che vive è un'idea che si attua, un pensiero che s'incarna nell'azione.
-E l'idea è unica, l'azione è unica: anzi idea e azione non sono
-scindibili se non per uno sforzo di astrazione che è necessario ma non
-corrisponde alla verità, costituiscono pur esse un indivisibile unico,
-anche se si raccontano a giornate, a momenti, secondo limitazioni di
-tempo e di spazio necessarie alle limitazioni delle facoltà umane.
-L'anatomia si fa sui cadaveri. Invece lo sforzo dell'uomo dev'essere
-appunto di superare al possibile la limitazione delle proprie
-facoltà fisiche, di costringersi a vedere nella storia non il fatto
-il momento la materia, ma la linea la vita l'anima; e noi nel caso
-nostro particolare dobbiamo sforzarci a contemplare e penetrare la
-nostra guerra presente sotto la specie della storia, che non muore.
-Non vogliamo abbandonarci alla curiosità della contingenza, sia pure
-eroica: tentiamo di accostarci all'anima immortale della guerra che è
-tutta la vita nostra dell'oggi e del domani.
-
- * * *
-
-Come certe congiunture suscitano rapidamente gli affetti! Salutiamo i
-soldati dello Stelvio e di Valfurva, ove abbiamo passato poche ore, con
-la malinconia con cui si salutano amici assai cari, separandoci per vie
-diverse che probabilmente non s'incontreranno mai più.
-
-Abbandono l'alta valle che s'immalinconisce delle prime piogge e dei
-primi freddi montani: i miei amici che restano non si accorgono ancora
-del freddo, tale è la fonte di calore che arde nei loro petti. Forse
-se ne avvedranno solo quand'esso li costringerà a una inazione anche
-maggiore.
-
-Perchè presto, a superare i brevi duelli delle pattuglie che si
-sorvegliano dai picchi dalle conche e dai pendii, calerà ironica
-silenziosa e crudele la neve.
-
-Ridiscendendo a valle, il chiarore mal certo del primo crepuscolo ci
-permette di cogliere tra la pioggia rada i colori e le forme in cui
-si snoda la strada e in cui s'inquadrano i piccoli villaggi solidi e
-grigi.
-
-Vorrei percorrerla sempre di notte, questa strada silenziosa, per non
-vedere sulle case esterne dei paesi, sui muri di cinta e persino sulle
-rocce più in vista, le maledette scritte in tedesco che indicavano
-fino a poco tempo fa il migliore albergo o il più famoso luogo di
-villeggiatura o di cura agli insospettati nemici della nostra e di
-tutte le genti civili.
-
-Le scritte mi perseguitano con un fastidio crescente. Qualcuna è
-stata cancellata, le più sono rimaste, e non perchè qui non si odii
-abbastanza il tedesco, e molto meno perchè si creda ch'egli un giorno
-possa ritornare, ospite ingombrante mal pagante e corruttore, in questo
-paese che non ebbe mai bisogno di lui. Tutt'altro. Ma si lasciano
-per una certa indifferenza alle manifestazioni esteriori, che ho
-riscontrato in tutti i paesi che si trovano assai vicini alla guerra.
-
-È naturalissimo. Questi paesi combattono anche nella loro vita civile
-la guerra, assai più sensibilmente delle città lontane. Qui ognuno ha,
-a ogni giorno, a ogni ora, l'opportunità di prestar mano a un'opera
-di preparazione militare, di aiutare un soldato, di sacrificare
-materialmente un poco di sè e delle cose proprie. Che importa se un
-nome tedesco nereggia sopra una roccia dura e bruta come il nome e come
-chi lo portava?
-
-L'impassibile montanaro passa oltre. Se glielo fate osservare fa un
-mesto sorriso e una spallata. Ma se insistendo gli domandate:
-
-— E se i tedeschi torneranno qui?
-
-— _I mazzum tucc!_ (li ammazziamo tutti!) — vi risponde.
-
- * * *
-
-La frase, risentita ieri, m'ha fatto ricordare l'impressione di
-ostinata e laconica solidità che i valtellinesi m'avevan dato circa
-tre mesi sono, quand'ero venuto qui a principio della guerra. Si
-aspettava da un giorno all'altro la mobilitazione. Avevo lasciato
-a Sondrio l'ultima dimostrazione patriottica. Poi, venendo su per
-Tirano a Bormio, spingendomi in qualche punta verso l'Aprica e verso
-Livigno, tendendo l'occhio e l'orecchio al Tonale e allo Stelvio,
-correndo quanto mi è stato possibile in qua e in là questa Valtellina,
-bellissima di verde e di rocce, immagine magnifica della forza
-concentrata, silenziosa e incrollabile, avevo provato sulle prime un
-senso di maraviglia, quasi di isolamento. Apparivano sui muri dei paesi
-i manifesti della mobilitazione; e a me, reduce dalle dimostrazioni
-espansive della pianura, pareva di sentire l'eco degli applausi enormi
-con cui la penisola li ha salutati; ma una eco appunto, confusa e
-lontana come il suono indistinto che si sente dal sommo delle montagne,
-che par giungere di là da una zona di silenzio, pare fatto d'infinità e
-di lontananza, di un altro mondo, di un'altra vita. Così a me passando
-allora per questi paesi, e vedendo i contadini quando si fermavano a
-leggere i manifesti, senza gridi, senza commenti, senza affollamento.
-Quasi me n'ero sgomentato.
-
-Mi bastò parlare con qualcuno di quei contadini silenziosi — con
-qualche vecchio, con qualche donna — per capirli.
-
-Io credo che in tutta questa valle non ci sia un solo uomo, una sola
-madre, una sola fidanzata, un solo vecchio, che abbia paura della
-guerra, nè per sè, nè per i suoi che vanno a combatterla. (Tranne
-coloro, s'intende, che per ragioni ovvie furono subito invitati a
-sgombrare, e non furono pochi). La seguono tutti, la guerra, uno
-per uno, con un fervore contenuto e saldo, e senza impazienza.
-Noi cittadini siamo abituati a vedere nella impazienza il segno e
-l'espressione dell'ardore. Stando qui poche ore, ci accorgiamo che il
-nostro scalpitare continuo di cavalli imbrigliati è un'inferiorità.
-
-Qui hanno un'affermazione sola: “mazzà i tudesch”: ammazzare i
-tedeschi. E la dicono con calma, come un bisogno e un proposito ben
-maturi e ben saldi nelle loro anime incrollabili. Un bisogno e un
-proposito quasi personali. Non hanno bisogno di riferirsi all'esercito
-quando parlano della guerra imminente. Si sentono tutt'una cosa con i
-soldati: parlano in prima persona. Nessuna popolazione come questa mi
-ha dato il senso dell'unità perfetta tra la patria e i suoi difensori.
-
-E per giungere a questo non hanno avuto bisogno di propaganda, di
-letture, di persuasione di sorta. C'erano arrivati subito, allo
-scoppio della guerra europea. A mezzo agosto alcuni contadini s'erano
-presentati al deputato del luogo annunciandogli il loro desiderio di
-costituire un corpo di volontari per la guerra all'Austria. Si erano
-già raccolti circa in settanta. A mezzo agosto 1914, notate; quando
-appena il nostro governo aveva dichiarata la neutralità, e noi si
-cominciava a disputare se dovesse essere assoluta o relativa, vigile
-o addormentata, risoluta o brachicalante, ecc. ecc. Quei valtellinesi
-ne avevano immediatamente intuìto il valore. Li guidava un vecchio di
-settant'anni, cui l'onorevole domandò... se si sentisse atto alle armi.
-Il vecchio rispose: “de mazzà un tudesch so' amò bon”: di ammazzare un
-tedesco sono ancora capace.
-
-E ne sono capaci davvero, tutti. Se in Valtellina non ci fossero i
-soldati, credo che i valtellinesi saprebbero difendere fino all'ultimo
-la loro terra, come difesero il passo dello Stelvio nel '48. Ma quanti
-ce ne sono, di soldati, per tutta la profonda retrovia di val d'Adda,
-fino all'Aprica! Ho avuto accoglienza ospitale tra gli ufficiali di un
-battaglione di alpini, in un paesino roccioso, in una stanza foderata
-d'abete; sotto le finestre la banda musicale degli alpini sonava
-fanfare gioiose, per la strada sfilavano le salmerie. Ho parlato con
-i soldati. Nello sguardo di questi la saldezza fredda dell'alpigiano
-s'accende a tratti di lampi d'entusiasmo, nei quali mi s'illumina con
-sicurezza profetica la vittoria del domani. Specialmente quando un
-ufficiale rivolge loro una parola densa di promesse e di affetto, un:
-“Ragazzi, ci siamo!” per esempio. Molti conoscono il fuoco: hanno fatto
-la campagna libica. Ci sono dei valtellinesi, dei bergamaschi delle
-alte valli, degli alpini del distretto di Aquila: una composizione
-sapiente, varia, solida: un'immagine concentrata della forza molteplice
-e una d'Italia. Parlano del fuoco e della morte con una semplicità che
-strappa le lacrime. Adorano gli ufficiali. A una cosa sola si mostrano
-restii: a essere impiegati nei servizi di rifornimento. Vorrebbero
-essere mandati avanti, tutti, subito.
-
- * * *
-
-Sono giunto di notte ad Aprica, dove dalla Valtellina si passa in
-Valcamonica: ivi ho veduto il primo duello di artiglieria.
-
-
-
-
-Un duello di artiglieria
-
-
- _Edolo, 18 agosto._
-
-
-Un inferno di fumo, di scoppi, di rombi; nugoli spessi spaccati da
-lame di fiamma e squarciati di grida; lacerti di terra ferita che
-balzano al cielo e si mescolano alle urla degli uomini; e soprattutto
-granate che esplodono; granate senza fine, che piovono e scoppiano
-un po' dappertutto, sul suolo, a mezz'aria, nel cielo: e cielo
-e terra ingombri di spasimi, di fragore infernale che assorda e
-acceca e sbigottisce i paesi e la campagna per molte e molte miglia
-all'intorno....
-
-Il buon lettore può darsi che immagini così, presso a poco, una
-battaglia di artiglieria.
-
-Io n'ero a pochi chilometri. L'impressione che me n'è rimasta non è
-affatto infernale. È di silenzio, di solennità, di calma.
-
-Una lunga ed erta salita su per una strada interminabile scavata
-miracolosamente dai soldati in una terra durissima, attraverso il
-pendio della più tortuosa e accidentata costa di monte che possa
-immaginarsi, mi porta a una specie di altopiano erboso, dal cui
-ciglione si domina un incrocio di vallate.
-
-In fondo l'orizzonte s'ingombra di alte montagne brune, macchiate
-di bianco nelle conche ove la neve non sgela: tra quei monti neri in
-faccia a noi si scavano e s'internano, più nere ancora, le valli che
-li dividono, e alle loro radici scherza il sole sugli ultimi prati; le
-cime si sfanno in nubi e pennelleggiano il cielo di grigio fosco. Tutto
-questo fasciato di brezze e di silenzio.
-
-— È molto bello.... —
-
-Poi, timidamente:
-
-— Scusi, dove è la guerra? —
-
-Il militare, con un sorriso:
-
-— Lo ha sentito il cannone? —
-
-Il borghese, stupefatto:
-
-— No.
-
-— Stia attento. —
-
-Tendo l'orecchio in mezzo al silenzio profondo che a me pare debba
-durare in quel luogo da secoli innumerevoli, tendo l'orecchio come
-se volessi cogliere la voce dell'erba che spunta o il ronzio di un
-insettino in fondo alla valle.
-
-— Sente? —
-
-Ho sentito. Un suono lungo, lento e grave: comincia come un ululo,
-e si fa rombo, e muore in una eco. È lungo, lento e grave, pieno di
-dignità: quando n'è finita l'eco nell'aria rimane l'eco nell'anima, che
-si trova d'un tratto come abbassata di tono, come premuta sotto un'onda
-di malinconia.
-
-— È questo? —
-
-E aspetto. E dopo un tempo, che mi sembra eterno, un altro rombo più
-intenso mi arriva di là, dall'oriente cumulato di monti e di nubi, e un
-altro ancora, più di lontano.
-
- * * *
-
-Ora che ho imparato a sentire, voglio imparare a vedere. Risalgo
-lentamente con lo sguardo da quei prati bassi dove il sole continua più
-vivaci i giuochi gialli sulle erbe, via per le coste che si imbrullano.
-Tento di fendere l'incavo che si apre nei monti, nello sfondo; giungo
-al breve spazio tra le due cime più alte e più forti. Lassù, le nuvole
-che sfioccavano dalle rocce si vanno rimescolando, diradando, levandosi
-in fumi chiari e sperdendosi nell'aria. Ora la cima di sinistra appare
-più libera e quasi nuda, di un turchino nerissimo: e in quella riesco
-a isolare un blocco più buio, ed ecco da quel blocco balzano fuori
-irresistibilmente uno sbuffo chiaro e una vampa gialla che se ne stacca
-e lancia via da sè, più avanti, una vampa più piccola, più rossa....
-
-— La granata che scoppia.... —
-
-E parecchi secondi più tardi m'arriva l'ululo che si fa rombo e muore
-in eco solennemente, e su tutta la scena tornano a distendersi lo
-stupore nostalgico e il silenzio infinito dei monti.
-
- * * *
-
-Rombi e vampe da una parte e dall'altra, a cinque o sei minuti di
-pausa: tale è un duello di artiglieria visto a dodici chilometri di
-distanza.
-
-Ai quali l'occhio si abitua in breve, e già s'accorge che quel gregge
-giallo, là in margine al costone più basso, è un attendamento; e da
-quello vedo chiaramente salire per l'erta la forma nera e rapida delle
-formiche umane: ma solo ora, mentre vengo ricordando gli aspetti e le
-forme che di quella scena semplice mi sono rimaste negli occhi, mi
-assale improvvisa la coscienza che quelle formiche creavano i rombi
-e le vampe e salivano ove ognuno di quei fenomeni gravi e solenni
-si traduce in morte e strazio di membra umane e in dolore e ardore e
-torture eroiche del corpo e dell'animo. Solo ora me n'avvedo; e quasi
-ne dubito, perchè non so ripensare a quel luogo, a quegli istanti,
-a quello spettacolo, senza riprovare la sensazione di solennità e di
-gravità triste che vinceva e assorbiva in me ogni altra sensazione,
-ogni riflessione, ogni coscienza.
-
- * * *
-
-Un'ora di quello spettacolo, spettacolo novissimo, tanto semplice che
-comincia col sembrare insignificante e finisce con l'essere strano, fa
-perdere il senso della realtà e il ricordo della vita.
-
-Me ne scuote un'ondata di gelo che mi ha invaso per tutte le membra.
-Chi si era accorto che il cielo era venuto abbuiandosi, che lo sforzo
-degli occhi aveva dovuto esasperarsi per continuare a distinguere le
-due vampe tra le due nubi ridiscese, che era cominciato a piovere?
-
-Ma non importa la pioggia. Moviamoci per sgombrare il corpo dal gelo e
-l'anima dallo stupore malinconico. Pure, ci sa male ritirarci di qua,
-ora che abbiamo trovato un'immagine reale della guerra. Camminando nel
-pianoro, ineguale sotto la pioggia già diradata, arriviamo a un'altra
-parte del ciglione, ove una serie di leggieri rialzi verdi ci sembra un
-buon posto per osservare un altro versante della vallata.
-
-Ed ecco, accostandoci, ci sorprende scorgere nella parte interna d'uno
-di quei rialzi un foro, come fosse la buca di una grotta: e da più
-presso ancora è una grotta davvero, imboccata da un breve spiano in
-declivio. Vi scendo: c'è dentro un pezzo di artiglieria da montagna,
-pronto! L'accompagnatore sorride della mia maraviglia e fa togliere il
-pezzo di là. È l'opera d'un batter di ciglio: il pezzo sale la breve
-china, fa una mezza volta, è già sulla spianata esteriore del ciglione,
-con la bocca alla vallata, pronto alla difesa e alla minaccia.
-
-E alla radice della spianata, al principio, una profonda trincea.
-Percorrendola veniamo a un'altra grotta come la prima: di là da quella
-la trincea continua; e un'altra, e un'altra ancora.
-
-Tutto il bel ciglione verde, ingenuo, rugiadoso, è un magnifico
-appostamento di artiglieria che in pochi minuti può marginare tutta
-la posizione di un orlo di vampe e di rombi, può portare laggiù, se
-il nemico ci si presentasse, il tumulto infernale e lo strazio che non
-abbiamo ancora incontrati nel nostro placido viaggio.
-
-Perchè, sebbene abbiamo assistito a un duello di artiglieria e i
-monti che lampeggiavano fossero il Tonale e il Monticello, noi abbiamo
-camminato ancora molto in margine alla guerra, molto in qua dal suo
-cuore di fuoco e di sangue.
-
-
-
-
-Terra redenta
-
-
- _Lodrone, 21 Agosto._
-
-
-Per la prima volta poniamo il piede sull'antico confine. Ho viaggiato
-per un giorno in terra redenta.
-
- * * *
-
-Su dal lago d'Idro si rivolge verso nord val Giudicaria, in cui
-scorre il Chiese, parallelamente alla valle dell'Adige, o Lagarina:
-le due grandi vie di comunicazione, cioè di possibile invasione,
-che il possesso del Trentino offriva all'Austria verso l'Italia. Val
-Giudicaria continua verso nordovest con val Daone che la ricollega alla
-regione dell'Adamello, verso est con val di Ledro che conduce al Garda.
-
-Costeggiando il lago d'Idro, passiamo sotto la vecchia e teatrale
-fortezza d'Anfo; finito il lago, ove il Chiese vi sbocca, attraversiamo
-l'antico confine.
-
-L'antico confine qui è un ponte sopra un torrefaccio. Di qua era
-regno d'Italia, di là era impero d'Austria. Ora di qua e di là è tutta
-Italia. È semplice. Parve semplice anche a Cadorna, quando un giorno,
-che era il secondo della guerra, disse alla nazione: “Le nostre truppe
-occuparono i seguenti punti: Forcella di Montozzo, Tonale, Ponte
-Caffaro in Val Giudicaria....” e così via una sfilata di otto o nove
-nomi, senza una parola di più. A noi cercare sulle carte quei nomi,
-cercare nella nostra immaginazione il valore attivo di quel fatto
-semplice: — le nostre truppe occuparono....
-
-Non per questo luogo abbiamo cercato dei nomi sulle carte. Sono i nomi
-più famosi e più dolorosi della storia popolare d'Italia, la storia
-garibaldina. In questi luoghi la nostra impresa d'oggi si riallaccia
-più sensibilmente all'opera interrotta or è mezzo secolo. Poco prima
-di raggiungere il ponte, abbiamo salutato con un tremore indicibile
-un piccolo ossario che da una rientratura del monte s'affaccia come un
-monito e domina, da sinistra, la strada: l'ossario di Monte Suello.
-
-E non qui l'immaginazione ha bisogno di sforzi per figurarsi l'azione:
-o meglio, ogni sforzo è inutile, perchè un'avanzata fatta di discese
-precipitose giù per queste chine, di ascensioni asprissime su per
-queste cime, di penetrazione temeraria dentro il fogliame fitto che
-protegge ogni agguato alle radici dei monti, un'avanzata di questo
-genere appare tanto più prodigiosa e inimaginabile quando vediamo con
-gli occhi quale suolo corrisponda alle impassibili designazioni dei
-comunicati di cui ci siamo nutriti fino ad oggi.
-
-Mentre gli alpini precipitavano, ascendevano, penetravano, i
-bersaglieri prendevano d'impeto il ponte e avanti divoravano la strada
-e riconquistavano i paesi attoniti. Sul primo di quei paesi, Lodrone,
-c'è una grande, accurata iscrizione grafita sul muro: _Regno d'Italia_;
-e intorno intorno un bel fregio ancora pieno della soddisfazione
-con cui un soldato deve averlo disegnato due mesi sono. Poco più là,
-dall'altra parte, un'altra iscrizione, più vecchia, è rimasta intatta,
-memoria dell'antico regime. Suppongo che i conquistatori ve l'abbiano
-lasciata con un'intenzione ironica, perchè la scritta ammonisce:
-
- _Multa di cinquanta corone ai veicoli
- che avanzano troppo rapidamente._
-
-L'esercito italiano è in multa.
-
- * * *
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-I comunicati del Comando supremo accennarono ancora, il 27 di maggio, a
-questi luoghi, annunciando estesa l'occupazione del terreno verso nord
-e nel tratto tra l'Idro e il Garda; il 30 specificarono l'occupazione
-di Cima Spessa, che domina la vai d'Ampola, comunicante con valle di
-Ledro; finalmente, il 2 giugno, annunziaron l'occupazione di Storo e
-di Condino e il collegamento di queste truppe, su per valle Daone,
-con i reparti alpini scesi sul Chiese dall'Adamello. Ma non basta
-avanzare. La conquista, arrivata direttamente ad un punto, si ferma
-ivi per qualche tempo, ma durante questo si allarga, si consolida
-tutt'all'intorno. Una prima avanzata per un tratto del fronte è fatta
-come di punte che si spingono avanti penetrando saldamente nella
-carne viva del paese di conquista. Poi a poco a poco gli archi che
-collegavano quelle punte si stendono, si appianano, vengono a stringere
-più da presso e rafforzare ai fianchi quelle sentinelle; e così rendono
-possibile a queste un altro lancio in avanti. Intanto occorrono azioni
-parziali di difesa, difficili come conquiste generali. Il 27 di giugno
-con un'audace spedizione un piccolissimo reparto di alpini riuscì
-a spingersi nel Ponale e interrompervi l'impianto idroelettrico che
-serviva i grandi proiettori elettrici con cui gli austriaci potevano
-vigilare i nostri movimenti notturni. Tutto il luglio fu impiegato
-nel respingere i tentativi nemici frequentissimi contro Val Daone,
-che avrebbe aperto loro la strada al Tonale e alla Valcamonica, e
-interrotta la stretta unità da noi faticosamente ottenuta tra le
-truppe operanti dallo Stelvio all'Adamello, e quelle operanti in Val
-Giudicaria: si snidarono quelle contro Passo di Campo, Cima Boazzola,
-Malga Leno. Importantissima su tutte, l'occupazione di monte Lavanech
-e di Cima Pissola ci dava, il 26 di luglio, il completo possesso delle
-alture del versante destro di Val Daone.[2]
-
-Anche nella valle oltre l'Idro dunque, e nelle valli laterali verso il
-Garda, continua un'azione lenta di consolidamento, d'arrotondamento;
-sono costoni, cime, passaggi, che di giorno in giorno, a pezzi, vengono
-strappati al nemico: sono opere d'offesa che si spostano, è la prima
-linea che tende a diventar retrovia. Ed è, anche, dietro questa, il
-paese di confine che ricompone la propria fisionomia a paese d'interno,
-la città dominata che impara a respirare da città libera, il villaggio
-desolato e vuotato dalla guerra che viene ripopolandosi e riprendendo
-la propria vita di lavoro.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
- * * *
-
-Com'è triste un villaggio vuotato dalla guerra! Non al primo aspetto,
-che anzi è lietissimo. Le case più grandi sono piene di soldati: e
-qui non è il soldato impaziente che abbiamo visto nelle retrovie di
-Valtellina, immalinconito dall'attesa del fuoco. Qui i soldati sono
-quasi nel vivo della guerra; l'azione maggiore può attenderli da un
-momento all'altro, e intanto le azioni minori sono frequenti e le mani
-non stanno mai troppi giorni inoperose. Perciò questi soldati sono
-allegrissimi, e il loro moto per la piazza e nella via maggiore del
-paese e su e giù per le scale delle case ridotte a caserma, è rumoroso
-e pieno di canti e di ragazzate gioconde.
-
-Ma nelle strade minori stringe l'animo un gelo di morte. Quasi tutte le
-case sono aperte, le imposte e le porte a metà divelte. Su per le scale
-sudice son rimaste le miserabili tracce della fuga precipitosa. Nelle
-stanze qualche resto di masserizia, qualche vestito cencioso, qualche
-suppellettile, si trascinano penosamente lungo i muri brulicanti di
-ragni stupefatti.
-
-A monte di Condino è un vecchio convento, nelle stesse condizioni, ma
-grande, arioso, aperto a panorami accidentati e verdissimi. Anche qui
-la stessa desolazione, e in più molta paglia, un po' dappertutto, chè i
-soldati austriaci dovettero rimanervi acquartierati qualche tempo prima
-di ritirarsi. Ma non c'è il senso della vita familiare messa in fuga, e
-le madie zoppe e le sedie spagliate su cui si mescolano in orgia pezzi
-di bottiglie, gabbie per canarini e manuali di Filotea, fanno piuttosto
-ridere che piangere. Il sentimento è forse colpevole, ma me ne confesso
-candidamente. Salito per scale a pioli al solaio del convento, scopro
-un cimelio prezioso: una vecchia giubba azzurra di soldato austriaco.
-La prendo con molta cautela servendomi di un bastone, m'affaccio
-alla finestra di un abbaino, e di lassù la butto a un bersagliere che
-dalla strada sta a guardarmi, un po' scandalizzato dalla mia invadente
-curiosità: ma l'accoglie in gran gioia, e corre via a mostrarla ai
-compagni.
-
-E mentre m'indugio un po' ancora, affacciato lassù a scrutare
-l'accavallamento dei monti, a cercar di capire, con le mie incerte
-cognizioni topografiche, quali di quelli sono ancora dell'Austria,
-ecco dall'ala destra mi giunge un suono ancora non noto e attraversa
-l'aria sopra il mio capo. È una specie di breve miagolio, e si tramuta
-subito in uno stridìo acuto e rabbioso, circolare, come un trapano che
-succhielli rapidissimo l'aria; poi un rombo, il rombo ormai familiare
-del cannone; poi un piccolo scoppio. Scruto attorno il cielo, le cime,
-la valle. Ma non mi accorgo di nulla. Vedo i soldati correre agli
-sbocchi del paese. Scendo e corro anch'io. Intanto s'è udito un altro
-miagolio, un altro rombo, un altro scoppio. Giù c'è un ufficiale che
-s'affanna a raccomandare ai soldati che non si facciano vedere.
-
-— È il trecentocinque del forte Por che s'è accorto che laggiù
-(indica un ripiano a mezza costa), il nostro genio lavora, e cerca di
-disturbarlo. Ma non fatevi vedere. Dall'osservatorio vi possono vedere
-benissimo, e allora vi tirano una granata. A che scopo?
-
-— Per vedere come scoppia — risponde un soldato. E gli altri ridono.
-
-Intanto una terza granata trivella l'aria col suo miagolio rabbioso,
-poi una quarta; e di questa finalmente vedo l'effetto sulla costa
-indicata. Non si scorge cader nulla, ma tutt'a un tratto uno sbruffo di
-terra e di sassi rompe dal suolo, come per una mina: qualche arbusto
-sterpato ricade con la terra, e niente più. I lavori del genio sono
-alquanto lontani di là, e i soldati al primo miagolio si ritirano
-dietro un riparo, ch'è il primo rapido lavoro che si prepara sempre
-avanti di accingersi a qualunque opera di quella specie.
-
-I soldati del paese sono un po' delusi e per consolarsi mi fanno
-vedere, nel piazzale davanti alla chiesa, un buco tondo e largo
-lasciato da una granata, sorella di quelle d'oggi, un mese fa. Non
-l'hanno ricoperto, perchè è un ricordo e un'imagine che rinvigorisce il
-loro fervore. E l'episodio recente li rimanda al lavoro più alacri di
-prima: quei miagolii hanno la virtù eccitante che aveva nelle battaglie
-antiche il classico odor della polvere.
-
-Uscendo dal paese ci fanno camminare in fila indiana, stretti a una
-siepe, assicurandoci che l'austriaco vedendo di lassù dei borghesi
-sarebbe molto contento di salutarli con uno shrapnell. Questo soddisfa
-molto la nostra vanità.
-
-Così giungiamo ove si apre un grande campo. Il campo è seminato di
-soldati che, senza giubba, chini verso terra con le zappe, sembrano
-contadini. E tutt'attorno a loro c'è come una vasta piantagione bassa
-a filari....
-
-Ci accorgiamo subito dell'errore. Sono linee di reticolati:
-aggrovigliati, aspri, puntuti, impervii: e lungo il margine del prato
-le bocche di lupo, ove l'uomo cadendo trova la punta ferrea che lo
-strazia; e i lacci giapponesi, ove l'uomo preso in trappola per il
-piede come una bestia, stramazza; e i mostruosi trabiccoli dei cavalli
-di Frisia: il filo di ferro duro, irsuto di punte mordenti, in tutte le
-sue applicazioni, per impedire, rallentare, deviare, mordere a sangue
-in tutti i modi il cammino di chi vuole avanzare. Contemplando spaurito
-tutta quella stesa di stratagemmi, più imagine di caccia che non di
-guerra, non penso agli austriaci che incapperanno qua dentro, perchè
-questi sono preparativi di pura precauzione e gli austriaci di qua non
-ripasseranno mai nei secoli, ma mi vien fatto di pensare che qualche
-cosa di simile è di là, dove i nostri avanzano; che qualcosa di simile
-era qua, dove i nostri hanno avanzato: e che pure hanno superato tutto
-questo, senza esitazione, rapidamente, con pochissime perdite, a forza
-d'impeto, di abilità e di audacia. È un pensiero di raccapriccio, che
-subito si trasmuta in una ammirazione profonda e in una fede sicura ed
-enorme nel domani.
-
-Dietro le file dei reticolati, quelle delle trincee: trincee in cemento
-armato, lunghi corridoi, larghi, comodi, nitidi: hanno qualche cosa di
-conventuale nella linea e nel colore, e insieme di casalingo. Ad ognuna
-si entra per parecchi usci di legno bianco, dalle imposte ben commesse.
-Su qualcuno degli usci un soldato ha scritto il proprio nome. Non ci
-manca che il campanello e la buca per le lettere.
-
-Leggo su di un uscio, in un bel neretto tipografico:
-
- _Prima di entrare si pregano gli austriaci di farsi annunziare._
-
-Un altro soldato vi ha aggiunto sotto, col carbone, un avvertimento,
-così:
-
- (_Visite brevi_).
-
-Arrampicandomi dal basso su per la costa e penetrando nel monte oltre
-Storo, su per val d'Ampola e valle di Ledro, verso Bezzecca, passo
-dalla visione modernissima delle trincee murate a quella tradizionale
-dell'attendamento. Vaste distese di tende coniche sul declivio dolce
-degli incavi del monte; ranci che stanno cocendo nelle pentole nere,
-sui fuochi enormi, al riparo di rocce annerite dal fumo; un rigagnolo
-largo e chiaro margina l'accampamento e i soldati vi scendono a lavar
-le stoviglie; sfondo di rupi dense di cespugli, file di salici lungo il
-rigagnolo. Potrebb'essere nell'“Orlando Furioso”.
-
-Tutt'a un tratto tra i soldati che formicolano in mezzo alle tende, si
-vede un gran movimento: si raggruppano a sciami, corrono tutti verso il
-rigagnolo, lo attraversano, ne risalgono il margine, s'arrampicano fino
-alla strada... per veder passare il Re d'Italia.
-
-Perchè il Re d'Italia è passato di qui stamattina. Si ha l'impressione
-che passi ogni mattina, dappertutto. Chiunque per qualsiasi ragione
-è stato anche un giorno solo ad un punto qualunque del fronte,
-specialmente se avanzato ed esposto, ha incontrato il Re, che passava.
-Non passava soltanto: si tratteneva a vedere minutamente ogni opera,
-ogni posizione: si spingeva nei luoghi più scoperti, per rendersi
-conto dei pericoli e delle difese; si prodigava ai soldati. Nessuno, di
-tante e tante migliaia di soldati, va al fuoco senza aver visto il Re,
-senz'aver sentito la sua parola.
-
-Il Re passa. Un sorriso di saluto illumina i suoi occhi penetranti
-e tutto il suo volto brunito dalla guerra, dimagrato dal fervore.
-E il soldato italiano, anima eterna di ribelle sol perchè teme la
-disuguaglianza e l'orgogliosa superbia, il soldato italiano, poi che
-ha visto un istante il Re esporsi al suo fianco e sorridergli, va
-volentieri incontro alla morte, e al disagio che è più terribile della
-morte.
-
-Per questo si vincono i reticolati più irti, le trincee più solide e le
-montagne più impervie.
-
-
-
-
-La via di Trento
-
-
- _Ala, 23 agosto._
-
-
-Ognuna delle grandi e fonde retrovie che stiamo visitando, lunghi e
-complessi meandri di avvallamenti e di alture, ha un suo carattere
-e un suo colore e una sua voce specialissimi, quali sono imposti ad
-essa dalla natura dei luoghi e dal modo di guerra che fino a oggi l'ha
-fronteggiata. In Valtellina e in Valcamonica i silenzi vasti dell'alta
-montagna non paion vinti neppure dal calpestìo infinito delle file di
-salmerie che rigano ogni viottolo, e le sfilate dei soldati mantengono
-quel carattere di malinconia taciturna e intimamente inquieta che
-è caratteristica degli abitatori dei monti. Invece nelle valli del
-Trentino meridionale, specialmente in Val Giudicaria, c'è più sole:
-suona di vetta in vetta più frequente il cannone, mentre tuttavia
-la curiosità del viandante è attratta specialmente al suolo su cui
-fioriscono e s'intricano continui gli agguati della difesa. Ivi il
-soldato e l'ufficiale paiono più giocondi e la loro fede nel domani si
-colora di un entusiasmo più rumoroso. Sentite ancora lo slancio del
-balzo improvviso onde qui si son portati più innanzi che sugli altri
-punti del confine. Nelle valli laterali del Veronese l'attenzione si
-porta specialmente verso l'alto, ai formidabili rafforzamenti delle
-cime. Guardano alle cime sempre i soldati di là, anche dal fondo
-delle trincee più in basso. Ripensato poi nel suo assieme l'aspetto
-militare delle tre vaste retrovie è di sicurezza, di permanenza, di
-incrollabilità.
-
-Non mi è possibile giustificare con particolari di fatto, che la
-illustrerebbero perfettamente, una mia chiarissima impressione: ed è
-questa, che di mano in mano che la linea avanza essa si fa confine
-destinato a non arretrar più, nemmeno per transitoria sventura di
-guerra, perchè immediatamente alle sue spalle qualche cosa viene di
-continuo solidificandosi, cristallizzandosi, integrandosi subito con la
-natura gigantesca e rude del suolo.
-
- * * *
-
-Qualche cosa di tutti questi caratteri insieme, e in più un aspetto
-suo particolarissimo, ha la linea centrale e fondamentale per cui
-si penetra nel cuore del Trentino, fino a Trento stessa, cioè la Val
-d'Adige, scavata profondamente tra pareti diritte e altissime di pietra
-nelle tragiche Chiuse, poi mano mano aperta su scenari più larghi, di
-linee più sobrie, solenne sempre anche dove è più verde.
-
-È curioso e insieme ben naturale l'interesse e l'animo specialissimo
-con cui ci si accosta ai luoghi ch'ebbero maggior risalto nei
-bollettini ufficiali, sovrapponendo un'immagine viva sui nomi che —
-è pur da confessare — riuscivano nuovi e rimanevano vaghi alla comune
-ignoranza italiana della geografia nostra di questa regione.
-
-Ma in questo tratto ne troviamo invece i nomi più noti, quelli che
-al nostro lungo desiderio sonaron sempre più significativi; e quando
-il quarto comunicato di guerra ci disse presa Ala, ci orientammo
-immediatamente, ci sentimmo uscire dalla strategia, ebbimo subito
-il senso geografico dell'avanzata nazionale. L'Adige era il fiume
-irredento per eccellenza. Rovereto e Trento: due nomi che riassunsero
-sempre alla nostra mente tutta la regione, in quanto essa doveva avere
-di più profondamente italiano. Anche ora e anche correndo le altre
-valli, le più meridionali, o le laterali della regione, in qualunque
-punto siamo, i soldati hanno da indicarci una cima o un costone a
-destra o a sinistra o di faccia, o almeno almeno una nuvola che in quel
-momento si sia alzata dall'orizzonte verso noi, e ci dicono con una
-specie di malizia: — sotto quello, vede? di là, un po' più in qua, c'è
-Trento. — Oppure si riferiscono a Rovereto. Anche senza conoscere il
-nome di Rosmini, Rovereto ha per loro un grande valore d'italianità.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-È come un anticipo di Trento. Ci sono ancora nelle strade maestre
-tornate nostre le indicazioni chilometriche poste dal vecchio regime,
-e si riferiscono tutte a Rovereto e ciò le fa eloquentissime: a
-Rovereto km.... I puntolini rappresentano un numero piccolissimo. E
-molti di quei soldati, creo, a Rovereto si sono avvicinati molto, alla
-spicciolata, in pochi, per ordini o per iniziative individuali, per
-ragioni militari o per invincibile curiosità.
-
-Ora, come Rovereto per Trento, così è un poco Ala per Rovereto: Ala
-che fu subito nostra, ma nostra del tutto solidamente per sempre, in
-quel primissimo slancio che ci creò di colpo un confine nuovo e sicuro,
-tale da permetterci di cominciare di là la guerra lente e precisa,
-di penetrazione immediatamente seguìta da rafforzamenti, che è il
-capolavoro quotidiano del nostro esercito e del nostro comando.
-
-Ricordate:
-
-_Il 24 maggio le nostre truppe prendendo ovunque l'offensiva occuparono
-i seguenti punti: Forcella di Montozzo, Tonale, Ponte Caffaro in Val
-Giudicaria, terreno a nord di Ferrara di Monte Baldo, Monte Corno,
-Monte Foppiano sul versante nord dei Lessini, Monte Pasubio, Monte
-Baffelan, alle testate delle valli Agno e Leogra, alti passi nella Val
-Brenta._
-
-Era come una mano che avesse afferrata intera, intorno intorno, la
-preda viva e cominciasse a stringerla. Il giorno dopo:
-
-_Fu occupato anche il monte Altissimo di Monte Baldo._
-
-Dall'Altissimo scendemmo subito giù verso Val d'Adige, e risalimmo il
-fondo della valle sino ad Ala. Infatti, due giorni dopo:
-
-_27 maggio — Truppe di fanteria rinforzate da guardie di finanza e
-da artiglieria, da Peri per le due rive dell'Adige avanzarono verso
-Ala. Espugnato il villaggio di Pilcante, coperto da più ordini di
-trincee, si impossessarono solidamente di Ala. Il combattimento durò da
-mezzogiorno a sera._
-
- * * *
-
-Ventisette maggio. E il nostro animo esulta quando, entrati in Ala,
-vediamo il nome di 27 maggio su di una delle vie principali. E un'altra
-si chiama via Umberto I, e un'altra via Vittorio Emanuele III. Ma la
-nostra commozione si fa dolorosa scorgendo, sulla piazza in cui quelle
-vie convergono, il nome: Piazza Antonio Cantore.
-
-Ala è occupata solidamente. Quei quattro nomi sono la miglior garanzia
-della solidità della nostra occupazione.
-
-Procedendo a ritroso dell'Adige su, verso Rovereto, vedremo prove
-più positive di questa solidità. Per ora abbandoniamoci al senso
-indefinibile di agio che ci avvolge entrando in Ala, rimanendovi, come
-ho voluto fare, un giorno e una notte, per sentirmi attorno un po'
-strettamente la vita della città.
-
-Senso di agio, ho detto. Forse qualcuno si aspetterebbe piuttosto
-quello dell'entusiasmo. Non è così. Anzi, sulle prime, discorrendo
-con quegli italiani tornati alla patria, vi sorprende qualcosa che può
-sapere di indifferenza. Venuti dalle città lontane, dove si sbandiera
-a ogni occasione, supponete che ogni trentino redento non debba far
-altro che parlarvi del grande avvenimento, vi aspettate da tutti il
-racconto del gran giorno — 27 maggio — e sfoghi contro l'antico regime
-ed effusioni di beatitudine per il nuovo, con valanghe di episodii....
-Nulla di tutto questo. Bisogna interrogarli, per sentirsi dire le poche
-cose semplici e ormai ben note che vi possono dire intorno agli anni
-che precedettero e ai giorni che seguirono il 27 maggio del 1915. Poche
-parole, semplici, sintetiche, asciutte e timide insieme. Andate invano,
-qui, a caccia dell'aneddoto episodio: se ci tenete dovete immaginarlo
-da voi. Questo sulle prime, come dicevo, sorprende e disorienta.
-Possibile che sia indifferenza? In tutti tutti? Non è indifferenza.
-Non so spiegare con una parola sola che cosa sia. Intanto è un poco di
-pudore del parlare d'una cosa molto sacra, che è stata loro a cuore
-per molti anni, che hanno raggiunto quando quasi ne disperavano. È
-difficile che l'uomo ami parlarvi e lasciarvi parlare di un grande
-e arduo amore che abbia finalmente raggiunto il suo sogno. Solo gli
-amanti delusi si sfogano lungamente.
-
-Pudore, dunque. Ed è ancora pudore quello che impedisce ai rinati di
-soffermarsi a ricordare un tempo che u per essi — ve ne accorgerete
-subito — di umiliazione più ancora che di sofferenza materiale.
-
-E poi c'è anche qualche cosa di più. Un sentimento molto onesto e
-spontaneo, che è piacevole e consolante riconoscere. Ed è, che ciò che
-è avvenuto par loro naturalissimo. Sono sempre stati e si sono sempre
-sentiti italiani così intensamente, così ingenuamente, che il suggello
-politico alla loro italianità non ha per essi nulla di maraviglioso:
-è appunto quell'elemento che solo mancava al compiuto equilibrio delle
-loro condizioni esteriori di nazionalità, ma nell'intimo, nell'animo,
-l'equilibrio era già raggiunto da un pezzo, non era stato scosso mai.
-E sono i turbamenti dell'animo quelli che lasciano più dura traccia
-e più lunga memoria e maggior desiderio di rinfrescare e rivangare
-continuamente il passato anche dopo che è stato superato da un pezzo.
-Per queste ragioni — o per altre forse più sottili — Ala è tranquilla.
-Non è indifferente. Ama i soldati numerosissimi che la occupano e
-l'avvivano, accoglie con piacere i visitatori che vengono dalle città
-più lontane e più antiche del regno. Questa tranquillità del resto non
-impedisce le manifestazioni simpatiche, che si rinnovano per esempio
-ogni sera quando in piazza Antonio Cantore suona la banda militare,
-eseguendo specialmente marce guerresche e inni patriottici. Degli inni
-patriottici il più popolare è anche qui quello di Mameli.
-
-Questa stessa tranquillità serena v'impedisce di accorgervi subito
-del disagio che la condizione di Ala ha necessariamente lasciato tra
-gli abitanti. Per esempio, non vi avvedete subito dell'assenza di
-uomini. Tranne qualche giovane che combattendo in Galizia fu ferito,
-ed era qui a curarsi quando l'occupazione italiana lo raggiunse e lo
-liberò dall'obbligo doloroso, non ci sono qui, di maschi, che pochi
-vecchi e molti fanciulli. Ma in compenso ci sono tanti soldati e noi
-abbiamo talmente fatta l'abitudine in altre città — basterebbe Verona
-per citarne una — alla preponderanza dei militari, che non ci rendiamo
-conto dell'assenza di uomini del paese. Mi pare che anche le donne di
-Ala abbiano la stessa impressione.... Non sono tutte straordinariamente
-belle le donne di Ala. Ma hanno, specialmente le fanciulle, una grazia
-morbida di sguardi e di voce che mi ricordò subito con dolce sorpresa
-le loro sorelle di Zara. Sia la somiglianza di buon augurio per le
-zaratine e per la loro terra. Quando avrò aggiunto che ad Ala non ho
-trovato nessun segno superstite del regime austriaco, e segni ce ne
-dovevano essere ben pochi — forse soltanto le buche delle lettere e
-le insegne dei tabaccai che furono subito rinverniciate —, e che nella
-casa che mi ospitò la notte (gli alberghi son pieni) il mio sonno era
-vigilato dai ritratti di Carducci, di Garibaldi, di Cavallotti e di
-De Amicis — credo che il lettore potrà lasciarmi uscire da Ala, e che
-vorrebbe accompagnarmi fuori, più in là, più su a ritroso dell'Adige,
-il più vicino possibile a Rovereto.
-
- * * *
-
-Perchè Ala servì da punto di partenza per estendere l'occupazione alla
-zona orientale della valle. Salimmo di qua, il 31 di maggio, la cima
-del Coni Zugna, che per Zugna Torta scende verso Nord su Rovereto, e
-che per il suo versante orientale domina la Vallarsa che a Rovereto si
-congiunge con la Val d'Adige. Intanto nella via centrale della valle
-ci estendemmo e fortificammo fino oltre Serravalle, su entrambe le
-rive, a fronteggiare le fortificazioni straordinarie che il nemico s'è
-preparate sul Biaena.
-
-Ma il lettore non è munito di salvacondotto e tutte queste zone sono
-straordinariamente vigilate. Per questa ragione non m'è possibile
-lasciarmi accompagnare troppo in là, nè riferirgli quello che ho
-visto. Immagini le opere di difesa più complete, complesse e sottili
-che quella specie di tecnica di brigantaggio che è sempre la guerra
-di montagna, congiunta alla necessità di ripieghi sempre più astuti
-portata dai mezzi offensivi moderni, possa aver suggerito all'esercito
-più geniale del mondo — il nostro —; e avrà forse un'idea delle opere
-di trinceramento e di appostamento che fiancheggiano l'Adige, sempre
-più in là, sempre più su, fino a un punto elevato donde, incuranti
-dell'osservatorio austriaco d'artiglieria che ci stava proprio di
-faccia vicinissimo, abbiamo potuto scorgere uno svolto di valle e lo
-scorcia di un'altura battuti dal sole come da un indice di speranza.
-Dietro quelli, immediatamente dietro, quasi visibile nelle sue prime
-case, sta Rovereto ed aspetta.
-
-
-
-
-Giulietta e la guerra
-
-INTERMEZZO SENTIMENTALE
-
-
- _Verona, 25 agosto._
-
-
-Quante Giuliette a Verona!
-
-Hanno la frangetta sulla fronte, e quattordici anni, e un farsettino
-nero senza maniche sopra il giubbetto bianco. Così camminano per le vie
-di Teodorico e di Cangrande, zona di guerra.
-
-Ma Giulietta non sa che è zona di guerra. Crede che tutti questi
-soldati siano venuti qua per veder lei. E anche quelli che son venuti
-per vedere i soldati. Non sa che è zona di guerra. Incontra Romeo,
-nelle strade di Teodorico e di Cangrande, e lo fa salire al suo balcone
-prima che la lodola canti fuori di tono e scambi gli occhi col rospo.
-Non sa che c'è la guerra. I reggimenti via via sono chiamati sul
-fronte. Ma Giulietta incontra ancora Romeo, e lo fa salire al balcone
-a sentir l'usignolo che canta del melograno.
-
-Di giorno cammina, coi passetti brevi e le calzine rade e la vestina
-corta. Guarda i soldati, e quelli che son venuti a vedere i soldati,
-senza bisogno di alzare i grandi occhi bruni; li guarda attraverso le
-ciglia, che sono due frange morbide e nere, lunghe come la frangetta
-dei capelli sulla fronte. E guardando così, chiama Romeo. La notte le
-scolte di sulle torri non sorvegliano già l'arrivo degli aereoplani
-dalle montagne del nord, ma vigilano l'amore di Giulietta, che s'è
-tolta il farsettino nero, e anche la camiciola bianca.
-
-Giulietta prende il gelato sotto i portici.
-
-Giulietta non legge i comunicati di Cadorna.
-
-Giulietta non ha visto che nei foderi bruniti c'è la sciabola arrotata.
-
-Giulietta non sa che Verona è zona di guerra.
-
- * * *
-
-Giulietta voleva che la portassi a Milano, e poi anche a Roma.
-
-Ho trovato un pretesto; le ho detto:
-
-— A Milano c'è la guerra. E anche a Roma. —
-
-Ha sollevato la frangia lunga e morbida delle ciglia, e i suoi occhi
-hanno balenato ne' miei un nero sguardo di maraviglia.
-
-— C'è la guerra?!
-
-— A Milano c'è la guerra. Anche a Roma. In quelle città, Giulietta, le
-bande suonano delle marce militari. E anche le orchestrine dei caffè
-suonano tante marce militari e tanti inni patriottici. Allora la gente
-si leva in piedi, e applaude, e grida: “Viva la guerra!” Passa per la
-strada un soldato ferito e tutti gli corrono dietro per acclamarlo: il
-cameriere ti versa il gelato sulla sottana nuova per correre in fretta
-anche lui a gridare: “Viva l'esercito!” E quando torni a casa, che è
-sera, per aspettare Romeo, tutti per la strada ti urtano perchè stanno
-leggendo il giornale uscito allora con il comunicato di Cadorna. E se
-al teatro o al caffè non ti alzi in piedi al suono della Marcia Reale,
-ti insultano e ti gridano “spia”. Perchè tutti hanno negli occhi la
-guerra e non vedono che hai le ciglia lunghe e il gonnellino corto,
-le calze tanto bianche e gli occhi tanto neri, Giulietta. A Milano e a
-Roma c'è la guerra; non è il paese per te, Giulietta.
-
-— Hai ragione. Ci andremo tra qualche giorno, quando la guerra sarà
-finita. Ora è meglio restare a Verona, dove non c'è la guerra. —
-
- * * *
-
-Allora le ho additato l'Arena, roggia nel sole, merlata al sommo
-di soldati che camminavano lenti sul ciglio facendo la scolta. E a
-Giulietta piacquero molto i soldati visti così camminare radi e lenti
-al sommo dell'anfiteatro rosso, nello sfondo sfolgorante del cielo. Li
-trovò più carini di quelli che camminavano in piazza.
-
-L'ho condotta a visitare la tomba della Giulietta di Romeo Montecchio.
-
-Per arrivarvi, dovemmo accettare la compagnia d'un soldato
-d'artiglieria che era di guardia all'entrata della Fiera dei cavalli.
-Egli ci fece attraversare immensi cortili tutti pieni di cavalli
-da guerra, di paglia, di soldati; intorno intorno gli edifici sono
-diventati una grande caserma, in un tetto c'è una toppa chiara di
-tegole fresche dove una bomba era caduta dal cielo a far guasto. In
-un angolo di tutto quell'apparato di guerra, si rannicchia la tomba di
-Giulietta antica.
-
-Ora Giulietta nuova passò indifferente in mezzo ai cavalli, alla
-paglia, ai soldati, allo strame e al fragore di caserma; ma quando fu
-dentro, nell'angolo grigio e verde, così fuori del mondo, ov'è l'arca
-pudica degli amanti, pianse tutte le sue poche lacrime. Poi le ciglia
-nere ribevvero le lacrime di perla: Giulietta alzò il piccolo capo e lo
-scosse per ricomporre i capelli; corse alla parete a leggere i nomi che
-v'erano scritti; tuffò le piccole mani brune nell'arca scompigliando
-gli strati dei biglietti di visita anneriti e accartocciati, accumulati
-là dentro dall'ingenuità provinciale dei visitatori stranieri: compose
-in bell'ordine sopra lo strato i mazzolini e le ghirlande di fiori
-appassiti che s'erano mescolati ai biglietti; colse una foglia d'edera
-e se l'appuntò al petto: poi si fece raccontare la storia della
-Capuleta e del Montecchio.
-
-— Dunque a Verona, allora, c'era la guerra? —
-
-E siamo saliti in una carrozza, che molto lentamente cominciò a
-camminare sobbalzando sui ciottoli, a girare al largo intorno alla
-città; io additava, passando, a Giulietta le opere militari, i
-bastioni, i forti, i carrozzoni guidati da soldati, i camions carichi
-di munizioni, i grandi cavalli di forza che parevano esprimere guerra
-da ognuno dei muscoli tesi; e Giulietta si stringeva al mio braccio,
-e sentivo che il suo braccio pensava a quello di Giulietta antica
-prima di uscire sul balcone a mostrare a Romeo le strisce invidiose
-dell'aurora rosseggianti all'oriente.
-
-Così arrivammo a San Zeno, ch'era il tramonto, e i marmi della facciata
-parevano fusi d'oro antico e d'avorio e di miele. Ma Giulietta, calando
-sugli occhi neri la cortina fitta delle ciglia, mi susurrò:
-
-— Entriamo. Là non ci vedrà nessuno, e non mi parlerai di non so che
-guerra. —
-
-Invece ci vide subito il custode della chiesa, e si mise ai nostri
-fianchi e cominciò a parlarci d'arte.
-
-— Questi capitelli sono d'ordine corinzio. Il fonte battesimale, in un
-solo blocco di marmo, è dell'undicesimo secolo. Invece gli affreschi di
-destra sono del dodicesimo.
-
-— E quelle di che secolo sono? — domandò Giulietta.
-
-E additava due maravigliose chiazze gialle e purpuree che il sole
-occidente penetrando dritto dalle vetrate aveva scagliato sul marmo in
-cima all'altare di fondo. Il custode guardò Giulietta, e s'interruppe
-costernato.
-
- * * *
-
-Sul ponte di Castello Vecchio la salutai, lasciandole un ammonimento:
-
-— Ricordati, amorosa Giulietta, che lassù, nei paesi del nord,
-Margherita fa le calze di lana per i soldati che faranno la guerra
-d'inverno. —
-
-Giulietta rabbrividì, e rispose:
-
-— Come dev'essere noioso un paese dove si fa la guerra, e anche
-d'inverno! —
-
- * * *
-
-Per sentire la guerra bisogna starne lontani, o andarvi molto da
-presso. Un giorno di dimora in Verona acquartierata mi ha fatto quasi
-dimenticare la guerra. Forse tra due giorni, in Vallarsa o in Val
-Sugana, la ritroveremo.
-
-
-
-
-Tre valli
-
-
- _Fiera di Primiero, 30 agosto._
-
-
-Immaginate un'altura, che raggiunga circa i milleduecento metri,
-granitica, dal cocuzzolo tondeggiante in arco lentissimo, di modo che
-la vetta n'è quasi un largo ripiano circolare; e tutta di durissima
-roccia, con le pareti lisce a picco; e tutta calva e minacciosa. I
-punti scoscesi sono sostenuti da murature. Nel pianoro della sua vetta
-sono scavate ridotte per le polveri, profonde quaranta metri. E vi sono
-piattaforme magnifiche di cemento armato. La più moderna preparazione
-che possa desiderarsi per un forte di sbarramento.
-
-Lo stavano preparando gli austriaci, ma prendendo il Pozzacchio di
-sorpresa li costringemmo a fuggire lasciando a mezzo la preparazione
-e tra le nostre mani una quantità di materiale utilissimo: quello che
-non poterono abbattere, rovinare, bruciare nel momento precipitoso
-della fuga. Bruciarono le caserme annesse al forte, ch'erano munite
-di termosifoni, di bagni, di condutture per l'acqua calda, di latrine
-igieniche: ora non se ne vedono che gli alti camini superstiti, roggi
-e bruciacchiati, miserevoli e soli contro l'orizzonte che s'allontana
-verso il nord. Distorsero una quantità enorme di travi, tubi, ordigni
-metallici d'ogni genere, perforatrici per la roccia, frantumatrici
-per il calcestruzzo, impastatrici, dinamo. Non poterono far saltare
-trecento quintali di gelatina esplosiva ch'erano nascosti nelle
-caverne, e che scoprimmo per un fortunatissimo caso: un soldato che
-inciampò in un filo elettrico che vi conduceva. E non poterono bruciare
-nè spezzare i pezzi ancora smontati delle cupole d'acciaio, che ora si
-pompeggiano ironiche nel loro scintillìo grigio sulla spianata ove i
-nostri soldati fanno la guardia alla valle.
-
-È la Vallarsa: l'ho risalita su da Schio (che il Pasubio aveva
-illuminato provocante con grandi riflettori, ma fu preso subito al
-primo giorno di guerra) per Valle dei Signori, attraversando l'antico
-confine al Piano delle Fugazze. Così mi sono accostato da questa parte
-a Rovereto all'incirca di quanto me gli ero accostato da sudovest per
-val Lagarina. Giriamo attorno a Rovereto come un amante intorno a una
-donna desiderata. La donna è tutta cinta di un campo trincerato, che da
-questa parte comincia appunto allo sbocco di Vallarsa in val Lagarina.
-
-Val Giudicaria, Val Lagarina, Vallarsa: convergono a Rovereto come
-tre frecce a un bersaglio. In tutte queste valli abbiamo avanzato
-enormemente: fino oltre Cimego nella Giudicaria, fino oltre Serravalle
-e Fortini lungo l'Adige, e qui in Vallarsa fino ad Albaredo. Tre soglie
-di Rovereto. Qui ci siamo fermati. Quando avremo preso il massiccio del
-Bondone, che domina Rovereto da nord, anche la città sarà nostra.
-
-Occupando la Vallarsa, vi trovammo la fame, e vi portammo subito
-qualche agio. I primi giorni le cucine militari divisero il rancio con
-gli abitanti; poi il commissariato provvide, in una località centrale
-della valle, un magazzino di tutti i generi alimentari, e procurò
-lavoro a una quantità di disoccupati occupandoli in preparativi di
-guerra.
-
-La resistenza non era stata grande. Più che contro i soldati austriaci
-dovemmo lottare contro i rinnegati, spie locali organizzate dall'antico
-dominatore. È noto l'episodio del telefono scoperto sotto l'altare
-della chiesa parrocchiale di Pozzacchio. La congiura si stringeva
-attorno al parroco. Parecchi dei paesi del territorio furono allora
-sgombrati, e la Vallarsa fu nostra. N'era appunto il tempo. Oltre che
-il forte di Pozzacchio, ho visto a Valmorbia una chiara prova della
-preparazione offensiva che l'Austria stava facendo contro di noi:
-un sedicente asilo, fondato per donazione dell'imperatore, era un
-magnifico modernissimo ospedale di primo soccorso. Ce ne impadronimmo,
-e serve a noi, come il forte.
-
- * * *
-
-Da Albaredo giù per Pozzacchio declinando verso est, la nostra linea
-presente disegna un breve cuneo che scende fino a Col Santo, e di qui
-risale a raggiungere Valle del Terragnolo, di là dalla quale tuonano
-gli altipiani di Folgaria,[3] di Lavarone, d'Asiago.
-
-Essi, di là dalla Vallarsa e dai Sette Comuni, difendono i passaggi da
-Val d'Adige a Valsugana (la valle del Brenta, via austriaca d'invasione
-dal Trentino verso est), che si ricongiunge con quella a Trento. I
-passi tra Val d'Adige e Valsugana erano sbarrati da forti modernissimi:
-Luserna, Spitz Verle, Busa Verle, Belvedere. Ma occupato il Lavarone
-subito ai primi giorni di guerra, di là battemmo il Luserna, che il 31
-di maggio tacque e alzò bandiera bianca. Allora il Belvedere, situato
-più indietro, subito lo bombardò per punirlo della resa. Poi lo stesso
-forte di Belvedere cominciò ad affievolire. Il 3 di giugno anche lo
-Spitz Verle taceva e il fuoco del Belvedere e del Busa Verle erano
-diventati debolissimi. E fin dal 29 avevamo demolito un'opera moderna
-sulla cima di Vézena (a est delle sorgenti del Brenta) e occupati
-la cima stessa e il villaggio sottostante, sulla strada del monte
-Cost'Alta.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Di tutta la Valsugana avemmo ragione abbastanza facilmente. Scalato
-di sorpresa, il giorno 24, il Salubio, le difese della valle, che si
-concentravano a Telve sopra Borgo, furono immediatamente eliminate.
-Preso similmente il Civaron potemmo fare un primo spostamento in avanti
-di tutta la linea verso Borgo, appoggiando la sinistra al Civaron
-stesso e la destra ai monti Cima e Cimon Rava già precedentemente
-occupati dalle truppe che fin dai primi giorni avevano occupato Pieve
-di Tesino e Castel Tesino. Così si giunse alla linea del torrente
-Maso, affluente di sinistra del Brenta. Un secondo spostamento avvenne
-il 25 agosto portandoci su di una nuova linea, che, appoggiata a
-monte Armentera e a monte Salubio, descriveva un arco, concavo verso
-ovest, intorno a Borgo. Da ultimo, appunto ier l'altro, espugnando
-Cima Cista, a dominio del Salubio, liberammo le nostre truppe che
-occupano questo monte dalle molestie del nemico; inoltre la nuova
-occupazione ci permetterà d'intensificare l'azione contro le posizioni
-che attorniano Borgo. Borgo per ora è rimasta città neutra, visitata
-tratto tratto da italiani e da austriaci, e non sempre alternatamente.
-Contro gli austriaci la possono difendere il Salubio e il Civaron, ma
-in faccia la bombarda il Panarotta, formidabile barriera, munita di
-forti corazzati con cinque cannoni in cupola da 152.[4] Fa parte dei
-migliori preparativi anti-italiani dell'Austria, come la maravigliosa,
-arditissima strada militare che da Strigno, seguendo una linea
-parallela a quella dell'antico confine, va a raggiungere la Valle del
-Cismon e Fiera di Primiero, congiungendo così due delle più ridenti
-regioni di villeggiatura che la guerra abbia disturbato in quella
-specie di grande albergo tra turistico e militare che l'Austria aveva
-fatto di tutto questo settore.
-
-Raggiungendo appunto, da Valsugana, Val Cismon, a Pieve di Tesino ho
-avuto il piacere di stringere la mano all'ingegnere Demetrio Avanzo,
-già presidente della sezione locale della Lega Nazionale. Per merito
-suo la famigerata _Volksbund_ non era riuscita a stabilire a Pieve
-una sezione, mentre v'era riuscita a Castel Tesino. Anche il parroco
-di Pieve, don Picoroaz, collaborò arditamente a impedire l'insediarsi
-della _Volksbund_ nella sua cura. Poi sono passato per l'albergo del
-Broccon, uno dei più caratteristici luoghi per chi volesse studiare
-quell'arte dello sfruttamento militare del turismo, o meglio del
-mascheramento turistico della preparazione offensiva, che è l'unica
-autentica invenzione della maledetta razza tedesca. A questo albergo,
-sovvenzionato dal governo austriaco, sopra un importante nodo stradale
-a mezza via tra Castel Tesino e Canale San Bovo, in mezzo a importanti
-posizioni già austriache, venivano ogni anno gli allievi della scuola
-di guerra a prepararsi all'invasione della nazione alleata.
-
- * * *
-
-Così siamo a Fiera di Primiero, il centro ridente della ridentissima
-valle del Cismon, che si sviluppa verso nord e congiunge le regioni del
-fianco orientale del Trentino con quelle del Cadore.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-A Fiera di Primiero prima dell'agosto del '14 c'erano quattrocento
-uomini e una sezione di mitragliatrici. Ma dopo lo scoppio della guerra
-europea v'era rimasto solo un capitano galiziano, Edoardo Velker, con
-duecento soldati di nuovo richiamo, quasi tutti di qui, anziani, più
-alcuni finanzieri e gendarmi.
-
-Il giovedì avanti la nostra dichiarazione di guerra avevan fatto
-saltare il ponte di San Silvestro e due altri a Tonadico e avevan dato
-fuoco alle segherie di Tonadico. Il ponte non era caduto del tutto:
-mandarono lo chauffeur del capitano Velker a vederne lo stato: egli
-ritornò con la notizia che s'avanzava un reggimento di Alpini. Allora
-il capitano telefonò a Predazzo (ov'era il comando di divisione della
-colonna Concini) con l'ordine di partire immediatamente. Verso le 7
-pomeridiane del 23 tutti erano in chiesa, quando venne il telegramma
-annunziante la dichiarazione di guerra. Pioveva a torrenti. Velker
-parte in automobile e lascia la truppa in balia dei gendarmi e dei
-finanzieri. Arrivato a San Martino di Castrozza scende dall'automobile,
-vi appicca il fuoco, e parte per la via dei boschi.
-
-La truppa partì a sua volta verso le 10: il paese, sotto la pioggia
-dirotta, era una confusione enorme. A San Martino i soldati austriaci
-dettero fuoco agli alberghi ch'eran vuoti: ce n'era per circa quindici
-milioni di solo valore degli stabili. Fiera di Primiero è rimasta
-sgombra totalmente di truppe.
-
-Il 25 verso le tre pomeridiane arrivarono tre bersaglieri, ai quali
-il sindaco consegnò le chiavi della gendarmeria. Delle autorità civili
-non rimasero che quattro impiegati. Verso sera giunse un'altra ventina
-di bersaglieri e un alpino, i quali tutti ripartirono la sera stessa.
-Verso le due e mezzo del pomeriggio seguente viene da San Martino un
-gendarme austriaco con un militare; era la seconda festa di Pentecoste.
-La popolazione aveva levato dal paese tutte le aquile austriache e le
-insegne tedesche. Il gendarme, visto ciò, voleva trarre in arresto e
-portare a Tonadico il sindaco, ma questi rifiutò di muoversi. Allora
-il gendarme, tanto per far qualche cosa, portò a Tonadico un tenente
-della guardia civile che nel frattempo era tornato (e che più tardi,
-rilasciato da quelli, fu da noi internato). Intanto un cittadino era
-andato a chiamare i bersaglieri ch'erano nei dintorni: ne accorsero
-tre o quattro e in un'osteria di Tonadico arrestarono il gendarme e il
-militare e li portarono a Cereda, ov'era il comando. Il 27 da Cereda
-giunsero a Fiera di Primiero altre truppe, anch'esse in maggioranza
-di bersaglieri: la popolazione, come già aveva fatto dei primi, li
-accolse con mal dissimulato spavento perchè era persuasa che dietro
-essi dovessero arrivare ascari a stuprare le donne. Mi piace nominar
-qui a titolo di onore la signora Sirmion e la signorina Mengoni, di
-Rovereto, che si trovavano a Fiera e andarono subito incontro ai primi
-bersaglieri sventolando un tricolore.
-
-Ora tra le rovine bruciacchiate di San Martino di Castrozza vagolano
-ancora ogni notte, come corvi o jene, i vandali austriaci che
-hanno voluto sacrificarne le ricchezze. Fiera di Primiero invece ha
-raddolcito il suo aspetto già così ridente.
-
-Gli archi acuti della Chiesa Parrocchiale quattrocentesca, gotico
-rasserenato dall'aria italiana che vi spira attorno dalle Dolomiti,
-l'ardito campanile ghibellino a dominio di tutta la valle, il piccolo
-palazzo tirolese sede già del Capitano distrettuale ora del nostro
-Commissariato, non hanno l'aria un po' spaurita e diffidente degli
-abitanti, forse non convinti ancora che ciò che è avvenuto non è
-un sogno: tutte le cose intorno a noi, per le vie e per la valle,
-sorridono. Sgombra d'ospiti estivi, la valle ha un aspetto più
-dolce, più primaverile, anche in questo morir dell'estate sulle rocce
-fantasiose del Sass Maor magnifico dai mille colori.
-
-
-
-
-Cadore
-
-
- _Venadoro, 4 settembre._
-
-
-Una lunga fila di muli sale su per una strada rocciosa tra gli abeti.
-Un anno fa questa strada era un sentiero praticabile alle capre e ai
-cacciatori di montagna: oggi è una comoda mulattiera, su per la quale
-anche il più timoroso borghese della città può avventurarsi sicuro,
-a cavallo di uno dei muli capuani cui la guerra ha dato convegno in
-questa valle. Similmente erano un anno fa strette mulattiere alcune
-delle strade che ieri abbiamo potuto percorrere in automobile. La
-guerra, oltre il resto, lascerà dietro sè un inestimabile beneficio
-a tutti questi luoghi, sotto forma di strade, di comunicazioni,
-di riallacciamenti, di ricoveri, di utili impianti di ogni sorta,
-destinati a rimanere stabili.
-
-Sale la lunga fila dei muli. Se un osservatorio austriaco potesse
-scorgerla, si maraviglierebbe di non riconoscere in essa nè una colonna
-di munizioni, nè un trasporto di pezzi o di rifornimenti, nè altra
-sorte di salmeria. Tutti quei muli sono inforcati da uomini, che non
-vestono la divisa. I primi due sono ufficiali dello stato maggiore; ma
-tutti gli altri — e la fila è lunga — sono borghesi.
-
-È la stampa, che dà la scalata alla guerra.
-
-Giunta a un alto ripiano circondato di rialzi rocciosi, la stampa
-scende. Poi a piccoli gruppi — perchè cominciano sentieri esposti in
-parte all'osservazione dei nemici — si arrampica, come può, verso le
-cime più alte. Com'è igienico vedere tutte le lotte elettorali d'ieri
-affratellate in questa comune fatica e in questa concorde avidità
-d'immergersi nel grande fatto nazionale che le ha improvvisamente
-scompigliate e sommerse!
-
-Ora non c'è più traccia di politica intorno a noi. E nemmeno d'alberi
-o di prati. Siamo avvolti in un giallore di rocce, abbagliati da
-un biancore di nevi che rifulgono al sole. Il cielo è limpidissimo
-e sgombro. Il silenzio della montagna è sottolineato dalla voce
-intermittente di cannoni, lontani e vicini, nostri e altrui, profondi e
-acuti: e tutte quelle voci insistono in echeggiamenti lunghi, smorzati,
-varii: alcuni sembrano fendere l'aria come lame aguzze, altri pare
-che rotolino attorno attorno remoti come sul cerchio d'un orizzonte
-lontano e invisibile nascosto ai nostri sguardi dalle rocce vicine,
-che s'addensano sempre più strette intorno a noi e alla nostra ansia di
-arrivare più su, “dove si vede....”
-
- * * *
-
-Si vede.
-
-Ma prima di guardare con noi, si compiaccia il lettore di riepilogare
-dai bollettini e dalle notizie la cronaca della nostra avanzata in
-questo settore, cioè nella regione orientale del Cadore. (In realtà
-i geografi chiamano Cadore soltanto la regione a est del Boite: ma
-accetto la toponomastica dei bollettini, che chiamano Cadore anche
-questa parte del Bellunese).
-
-Il 24 di maggio, occupazione di tutti i passi di confine. Il 26
-liberiamo la Forcella di Lavaredo. Il 29 il passo Tre Croci, e Cortina
-d'Ampezzo con la sua conca. Il 30 monte Belvedere, che segna il limite
-occidentale del Cadore, e da cui si domina, verso il Trentino, Val
-Cismon e Fiera di Primiero.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Poi i comunicati tacciono fino al 9 giugno, giorno del “vittorioso
-combattimento” intorno al Sompauses, e dell'avviamento verso il
-Passo Falzarego. Il 14 le nostre artiglierie danneggiano gravemente
-la forte opera austriaca dei Tre Sassi, il 16 occupiamo l'Albergo
-di Falzarego e il Sasso di Stria. Le tre settimane che seguono sono
-impiegate in lavori di rafforzamento delle posizioni occupate e delle
-relative retrovie: il 10 di luglio riprendiamo l'avanzata, aprendo
-il fuoco verso il forte Corte nell'alto Cordevole, la più importante
-delle posizioni fortificate austriache, in quanto impacciava la nostra
-occupazione di quel Col di Lana, che è in questo momento uno dei centri
-della lenta azione quotidiana d'artiglieria in cui si riassume per ora
-la guerra nel Cadore.
-
-Un altro di tali centri è la Tofana, la cui insellatura è presa il
-9 di luglio con un'ardita scalata degli alpini; cinque giorni dopo
-(seguo sempre i comunicati) “un reparto di fanteria, inerpicatosi per
-un canalone ritenuto inaccessibile, riusciva a occupare di sorpresa
-la cima di Falzarego”, e l'azione vittoriosa continua per altri due
-giorni con la conquista di tutta la linea occidentale che da essa cima
-giunge alle pendici del Col di Lana. Il 23 si completa l'occupazione
-del forcellone della Tofana. Il 28 si prende il costone di Agai, che
-dal Col di Lana scende su Pieve di Livinallongo; il 25 di agosto si
-parla ancora di un rafforzamento della nostra avanzata su Col di Lana
-all'estrema sinistra e il 9 si annunzia il nostro sicuro possesso di
-Cima Undici all'estrema destra della linea che da nord-est a sud-ovest
-segna l'andamento del nostro fronte in questo settore: tra la valle
-del Cismon cioè, e la valle del Boite che si continua nella strada che
-scende a Toblacco e alla Drava.
-
- * * *
-
-È possibile che il lettore trovi oltremodo aridi e muti gli spogli che
-vengo facendo dai bollettini del Comando Supremo: nomi quasi tutti poco
-noti o addirittura ignoti fino a poco tempo fa, e date.[5]
-
-Ma io presumo, scrivendo, di dirigermi a lettori che nelle notizie
-d'una guerra così nostra, così di ognuno di noi tutti, cerchi qualcosa
-di più che qualche macchia di colore, qualche brivido, qualche diletto
-sentimentale di episodii. Presumo che delle notizie ufficiali della
-guerra ogni buon italiano abbia fatto, da tre mesi in qua, la sua più
-intenta lettura quotidiana, e ch'egli sappia oramai destreggiarsi tra
-le centinaia di cartine particolareggiate con le quali gli è stata
-facilitata l'intelligenza di quest'intrico di valli e di monti, e delle
-operazioni militari che vi si compiono.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Quei nomi allora non saranno per lui muti; ed egli potrà seguirmi
-mentre, lasciata ogni rotabile e ogni mulattiera, lo guido su tra il
-giallore delle rocce e il biancore delle nevi, e varcato il Nuvolau, lo
-faccio sdraiare presso di me su di una falda del monte Averau, a 2648
-metri d'altezza: sdraiare, chè se stesse ritto parecchi osservatori
-austriaci, un po' da tutte le parti, lo scorgerebbero subito e
-tirerebbero su di lui come su di un camoscio.
-
-Di là scorgiamo magnificamente tutta la posizione nostra ed altrui, e
-possiamo immediatamente mettere un profilo, un colore, una fisionomia,
-su quei nomi aridi e muti.
-
-Ecco, là in faccia, a ingombrare tutto il centro dello sfondo, la
-Tofana; violacea, striata di giallo, sfumata di grigio. Si presenta,
-da destra a sinistra, come una scala di tre gradini: ma tre gradini
-scoscesi, aguzzi come denti di fiera. E noi ci stiamo aggrappando là
-sopra. Davanti ad essa corre la valle Costeana, o di Andraz, o strada
-delle Dolomiti: va da Cortina d'Ampezzo, di cui scorgiamo a destra
-le prime case, ad arco lento verso ovest, passando sotto cime nostre
-e sotto cime ancora vive di fuoco contro di noi. In basso, in quella
-che di qui può chiamarsi una valle, ma è un furioso attorcigliamento
-di rocce scabre e asciutte a più di duemila metri d'altezza, cinque di
-queste rocce hanno un aspetto valterscottianamente romanzesco di torri
-dirute, ancor diritta la più alta, abbattute o pendenti verso terra
-le altre: ed è quello Cinque Torri. A sinistra della Tofana, ad arco,
-nel lontano, si profilano vagamente posizioni ancora austriache, come
-il Settsass, il Cherz, Col di Lana, e posizioni già fatte nostre, come
-il Sasso di Stria. Un arco più vicino continua la Tofana col Castello
-ove i nemici hanno collocato tra i crepacci tiratori scelti che mirano
-verso noi, all'uomo, quasi infallibilmente, e col Col di Bois, già
-tutto nostro, di cui scorgiamo gli attendamenti. In fondo a destra
-domina il monte Cristallo, poderoso, striato obliquamente da rughe di
-neve; più là, più svelto, il Cristallino.
-
-E tutto ciò è territorio di conquista, già preso o da prendere, coi
-cannoni e coi fucili, con le mani e coi denti. Il nostro e il loro si
-mescolano, s'incuneano. La nostra occupazione è un lento addentellarsi
-continuo di queste due linee frastagliatissime: un addentellarsi, che
-porta insensibilmente e irresistibilmente più in là la nostra linea.
-Dietro le spalle ci protegge il Porè poderosamente.
-
- * * *
-
-La conquista del Porè fu l'opera eroica di una sola notte, la prima
-di guerra; fa parte di quell'occupazione che il secondo comunicato del
-comando annunciava con la rapida menzione: “In Cadore vennero occupati
-tutti i passi di confine”. Non si potrebbe essere più semplici, nudi
-e modesti. Invece l'occupazione del Porè fu uno degli episodi più
-arditi di tutta la nostra guerra. Fu una sorpresa del primo giorno,
-delle prime ore. Al momento della dichiarazione di guerra il nemico
-poteva credere che i paesi più bassi, di qua dal nostro confine
-d'allora, fossero quasi sguarniti di soldati, perchè questi erano
-stati trattenuti tutti silenziosamente nelle retrovie. Ma appena
-scoccata la mezzanotte della guerra, furono lanciati. E rapidi e cauti
-avanzarono, cominciarono a salire su per le pendici del Porè, intorno
-intorno, raggiunsero le prime trincee e le conquistarono di colpo,
-poi si sfrenarono coll'impeto vertiginoso con cui avrebbero in pianura
-potuto eseguire una carica di cavalleria. Di mano in mano che il monte
-austriaco si veniva svegliando tutt'attorno verso la cima, si vedeva
-addosso gl'italiani, se ne sentiva schiacciare, li vedeva procedere
-avanti, in su. Quando l'alba spuntava, anche la cima del monte si
-svegliava; tutto il monte era desto, ma tutto era già nostro. E segnava
-di colpo un nostro confine mille volte più vantaggioso di quello di
-poche ore innanzi. Dal Porè l'avanzata potè cominciare e irradiarsi
-attorno in modo più regolare, gli attacchi diretti poterono essere
-preparati dalle azioni dell'artiglieria.
-
-In modo più regolare. Ma, naturalmente, meno rapido, e anche più
-pericoloso. Ho detto già che alture nostre e alture austriache si
-mescolano e si stringono da presso, in tutta la regione, in modo
-raccapricciante. Ebbene, le cime che son nostre dovettero essere prese
-tutte così, come il Porè, con un'ascensione alpina per i picchi, come
-lo stringersi di un nodo scorsoio d'uomini armati, nodo che mentre
-si stringe scivola in su, fino alla vetta, e quivi si lega in un
-groppo indissolubile. E la mescolanza e il contatto stretto non è solo
-tra cima e cima, è anche in uno stesso monte, tra questa e quella
-parte, tra il basso e l'alto, tra un costone e un crepaccio, tra un
-valico e un picco. Immaginate un monte che a metà un burrone divida
-profondamente in due parti: — ficcati entro quel burrone sono italiani,
-che con artiglierie mobili battono la cima; inerpicati alla cima sono
-austriaci, che fanno rotolare granate entro quel burrone. Così alla
-Tofana. E immaginate un altro monte che fino a metà sia coperto dagli
-ultimi boschi, e da ivi in su nudo e scabro: tutti quei boschi sono
-appostamenti d'italiani, tutto quello scabro sono file di trincee
-austriache. E l'Italia grado grado esce dal bosco e procede nello
-scabro, prende le trincee una dopo l'altra, le volta per offendere
-all'insù, le afforza. Così al Col di Lana.
-
-Le trincee avverse sono a cento, a ottanta, a cinquanta metri una
-dall'altra. E italiani ed austriaci hanno, intorno intorno, cime loro,
-occupate da batterie loro: e ognuna batte con precisione verso quel
-colle, contro l'ultima e la prima trincea: cinquanta metri più su
-battono le nostre, cinquanta metri più sotto battono le loro, e là,
-sulla costa infernale, ogni trincea mentre combatte è continuamente
-disturbata, scompigliata, guasta dalle granate e dagli shrapnells che
-piovono di lontano, d'ogni parte, imprevedibili, come se il cielo e
-l'aria stessa si facessero posti d'offesa contro il nostro eroismo. Ma
-l'eroismo è infaticabile, fanatico, fatale. Al Fedaia una batteria si
-mantenne per due mesi in una conca del raggio di cento metri, sempre
-sotto la pioggia rovente ed esplodente. Sul Col di Lana una batteria
-uscendo dal bosco di Salesei giunse, di notte, trascinandosi dietro i
-pezzi, a cinquanta metri dalla cima. Furono scorti all'alba: cominciò
-il duello terribile, che non poteva essere che a morte; e quelli della
-nostra batteria, sempre sparando, morirono tutti, uno per uno; l'ultimo
-rimasto era un sergente che anche accortosi di essere solo non dette
-segno di resa, ma continuò, ferito, spossato, sanguinante, a sparare,
-finchè morì, come gli altri, abbracciato al suo pezzo. Ma intanto,
-sotto, i soldati che occupavano il bosco avevano potuto avanzare e
-conquistare un largo tratto di trincee, da cui nessuno ci smosse più.
-
-E tutto questo è il poema che il comunicato del 29 luglio riassume con
-le parole: “le nostre truppe occupano il costone che dal Col di Lana
-scende sulla borgata di Pieve di Livinallongo”.
-
-A questi miracoli d'ardore e di eroico disprezzo della vita, gli
-austriaci resistono, bisogna riconoscerlo, con tenacia e con abilità;
-ma a lungo andare ogni loro resistenza finisce col cedere, un po'
-dappertutto. E allora si ritirano. Alcuni si ritirano restringendosi
-sempre più verso i culmini, ove li aspetta la morte o la prigionìa;
-altri fuggono, per la via delle Dolomiti, verso l'ovest. Fuggiti,
-quando vedono che la loro fuga anche da questa parte è immediatamente
-seguìta dall'occupazione e dal rafforzamento degli italiani,
-cannoneggiano, al di sopra e dietro di questi, i paesi che s'accorgono
-d'aver perduto per sempre: li cannoneggiano con granate incendiarie,
-che lasciano tutta la strada della loro fuga e del nostro procedere
-segnata dagli scheletri fumanti di quelli che furono villaggi e
-cittadine ridenti già molto curate e frequentate da loro come luoghi di
-villeggiatura e di preparazione militare. Tali erano Salesei, Franza,
-Pieve di Livinallongo e il castello di Buckenstein: tutti paesi ai
-piedi del Col di Lana, e rispondenti ai costoni che dalla cima di
-esso scendono a valle: tutti campi, oggi, di lotta e di martirio.
-Buckenstein fu ritrovo favorito di caccia per i principi austriaci;
-andandovi passavano per Pieve, si trattenevano qualche notte nel Grand
-Hôtel di Pieve. Ora il castello, e l'Hôtel, e i paesi interi, sono
-mozziconi di case nere. Un piccolo particolare curioso. Partendo da
-Pieve gli austriaci ebbero cura di bere prima tutte le bottiglie che
-erano nell'albergo: operazione che dovè essere eseguita in gran fretta,
-perchè i vetri vuoti furono trovati tutti gettati alla rinfusa e ancora
-avvolti nelle loro custodie di paglia. Inoltre, temendo forse che il
-campanile di Pieve potesse servirci da osservatorio, ne sbarrarono
-tutte le finestre con lastre di metallo, e poi di lontano ogni tanto lo
-cannoneggiarono, fin che si decisero a incendiarlo.
-
- * * *
-
-Li abbiamo veduti, i paesi incendiati, da un osservatorio di
-artiglieria che abbiamo raggiunto mediante un altro faticoso viaggio,
-in parte a mulo e in parte a piedi, in un'altra mattinata di sole e di
-cielo limpidissimo.
-
-In materia di osservatorii, la natura complicata e intricatissima
-di queste rocce ci favorisce maravigliosamente. I picchi e i costoni
-apparentemente più lisci offrono spesso meandri invisibili nei quali
-con poche tavole e poche zolle si stabilisce il più sicuro e il più
-comodo rifugio d'osservazione, aperto a vedute amplissime delle
-situazioni nemiche, impossibile a individuarsi. Abbiamo avuto la
-fortuna di poter raggiungere e penetrare il principale di essi, donde
-si comanda tutto il settore.
-
-In un luogo come questo ci si sente veramente nel centro vivo della
-guerra. Due picchi sono collegati uno all'altro mediante un passaggio
-coperto, del quale non ci si avvede fin che non vi siamo entrati. La
-voce del soldato che col megafono domanda notizie ad alcuni osservatori
-avanzati, quella dell'ufficiale che da un centralino telefonico,
-appollaiato nell'incavo di una rupe, riceve informazioni e trasmette
-ordini, le indicazioni del colonnello, precise, recise, che in poche
-parole matematiche distribuiscono l'azione a tutto il settore, il
-fragore lungo che dalle batterie invisibili traduce rapidamente
-nell'atto quegli ordini, — tutto ciò sgombra dall'animo ogni orrore
-della guerra, e lo riempie come di uno stupore religioso; ci sembra
-di assistere, al di fuori della vita, a non so qual vasto e solenne
-fenomeno naturale, ultraumano. Ogni senso dell'individuo scompare: e
-dell'individuo nostro, intendo, di noi che osserviamo, e di quello di
-tutti coloro cui questo fenomeno porta la morte. La morte, la vita, il
-valore d'ogni sensazione e d'ogni passione umana sfumano come per un
-incantesimo dal petto di chi si trova improvvisamente avvolto da questa
-atmosfera, che non è più neppure eroica, da questi atti, che hanno
-qualche cosa di elementare, di secolare, di divino.
-
-Mi scuote la parola del colonnello, una maschia figura di soldato
-semplice e rude, pieno di gentilezza rapida e profonda, entusiasta de'
-suoi soldati e del suo compito, innamorato de' suoi cannoni e dei pochi
-fiori di roccia che spuntano qui attorno e che i soldati ogni mattino
-gareggiano a raccogliere per offrirglieli.
-
-M'invita a salire alla parte più alta della galleria, ad affacciarmi
-alla fenditura da cui si dominano le posizioni avversarie.
-
-Essendo salito di dietro le rupi, non immaginavo che quelle fossero
-così vicine. È una maraviglia, per il profano, abituarsi subito,
-aiutato da un potente cannocchiale, a distinguere così bene quello
-che importa della vita di un sistema di trincee e di un accampamento
-nemico. E dei nostri e dei loro, vedo trincee, accampamenti e
-moti. Ma ora tutta l'intensità della mia attenzione si concentra
-nel contemplare sul vivo l'effetto degli ordini matematici che il
-colonnello ha diramati pochi minuti prima. I rombi del cannone, che
-avevano accompagnato la mia salita in una confusione inestricabile
-d'echi e di prolungamenti, ora mi pare che si delineino, si profilino
-quasi visibilmente nello spazio luminoso che mi si apre dinanzi, e che
-sgorgando dalle gole di questi monti, nostri da ieri, convergano là,
-sui monti che saranno nostri domani.
-
-Infatti, dopo un rombo lungo, che sembra eterno, ecco là, al punto
-estremo d'una trincea segnata da una ruga più chiara nella roccia, come
-uno sputo di fumo nero uscire dal suolo, e uno scoppio. Un altro rombo,
-un altro sputo nero, ma all'estremità opposta della stessa trincea, e
-via via, rombi, e scoppii, ed esplodere della terra nera lungo tutto
-il percorso della trincea; e colpi che cadono, uno dopo l'altro, nello
-stesso identico punto, a uguale distanza di tempo, con la esattezza
-di uno strumento di precisione. Poi da un'altra batteria cominciano i
-tiri a tempo, che vanno a esplodere nell'aria, proprio al di sopra del
-bersaglio, in blocchi di fumo bianco, che s'allargano sfioccandosi di
-grigio, che imbrunano dissolvendosi: e le esplosioni nere nella roccia
-e le esplosioni bianche nell'aria si susseguono, si moltiplicano, si
-confondono in una sola nuvola vasta che a poco a poco avvolge tutto il
-cocuzzolo del monte e par fumigare da quello nel cielo.
-
- * * *
-
-L'uomo, anche in tempo di guerra, è un animale curioso. Mentre me
-ne ritornavo dall'aver provato una delle più intense e religiose
-impressioni di cui l'animo umano è capace, mi sorprese d'un tratto
-una curiosità, molto naturale del resto. Ho visto come si mandano le
-cannonate, che si allontanano. Ma non le ho viste arrivare, verso me,
-quando si avvicinano.
-
-Il caso mi ha favorito anche in questo. Scendevamo, a dorso di mulo,
-giù per certi prati ripidi che scivolano fino al paese dove si riprende
-la strada rotabile. E dietro noi, dietro le rocce che ci lasciavamo
-alle spalle, il confuso rumore delle cannonate che ormai accompagna
-tutto il nostro viaggio fu attraversato d'un tratto da un sibilo noto,
-arrotato, strisciante, e da uno scoppio vicino. Ci voltiamo a tempo per
-scorgere, sulla cima del monte da cui siamo scesi allora, dissolversi
-la nuvola bianca d'uno shrapnell. Non tutta bianca, questa: ha il
-margine inferiore come impregnato d'un rosso vivo. Dissolvendosi,
-diventa un fumo nero che disegna per un momento l'immagine d'un abete
-in vetta al monte, e scompare.
-
-Forse cominciano a rispondere alle cannonate che abbiamo visto tirare
-di lassù?
-
-Aspettiamo. L'attesa è breve: un altro sibilo, e un altro fiorire di
-nuvoletta bianca e rosa sul monte. Poi un terzo. Ed ecco dal sommo dei
-prati che attraversiamo sbucano da ogni parte soldati, trascinando muli
-e munizioni, dietro i ripari preparati per l'occorrenza. Tanto i muli
-quanto i soldati sono allegrissimi.
-
-I sibili e gli spennacchi bianchi e rosa continuano, regolari,
-discreti. Continuando, si accostano sempre più, seguendo la cresta, al
-nostro prato e al sentiero che la fiancheggia. Le ultime le vediamo
-scoppiare nella rupe, da cui si staccano schegge e piovono sulla
-strada. Aspettiamo ancora un poco, ma lo spettacolo non ricomincia.
-
-E noi ci rendiamo perfettamente conto, e per l'impressione nostra e per
-il viso lieto e i motti faceti dei soldati che commentano ogni arrivo,
-che l'arrivo degli shrapnells, finchè non colgono in pieno, è per
-l'appunto nulla più che uno spettacolo, e che la paura è una leggenda.
-
-Ci allontaniamo di là a malincuore, nel silenzio sopravvenuto.
-Cominciano le ipotesi su quel cannoneggiamento. Qualcuno crede che gli
-austriaci abbiano individuata la batteria di lassù, altri preferiscono
-supporre che abbiano avvistata la nostra colonna, e la salutino così.
-È una supposizione un po' vanitosa.
-
-In realtà, qualche volta essi tirano un po' a caso, in mezzo a questo
-groviglio di alture, di strade, di coste e di villaggi.
-
-Passando per un paesino, che non ha nessuna importanza nè militare nè
-civile, vedemmo i segni di un bombardamento avvenuto la sera prima:
-qualche vetro rotto, una buca in un prato.
-
-E un ferito, uno solo. Una capretta giovane, nera, ha la testa
-fasciata. Pascolava in quel prato, e una scheggia l'ha colpita alla
-fronte, le ha quasi asportato uno dei corni appena spuntati. Mi guarda
-con occhi malinconici, pieni di interrogazioni angosciose. Non ha
-capito niente della guerra.
-
-
-
-
-Due conche
-
-
- _Pieve di Cadore, 8 settembre._
-
-
-Il tempo ha voluto variare e completare la nostra rapida esperienza
-della guerra, dandoci un saggio delle operazioni militari in montagna
-con la pioggia.
-
-Tra l'acqua che scendeva fitta e la nebbia che ci stringeva intorno,
-abbiamo risalito la valle dell'Ansiei fino alla conca di Misurina;
-ma quale pioggia e quale nebbia! La pioggia è fatta come se l'aria
-diventasse irta di mille pungoli; la nebbia turbina come fa la neve;
-e la strada, una mulattiera allargata, è tutta una patina viscida e
-lubrica, cosparsa di pietrisco aguzzo. Ogni tanto una folata di nebbia
-s'incava, e ci accorgiamo di procedere in mezzo a un'abetaia, animata
-d'uomini e d'attendamenti. Ogni tanto uno squarcio tra i nuvoli ci fa
-apparire bizzarri frammenti di montagna grigia sul nostro capo: già
-il Corno del Doge li fende fino al cielo. Poi, salendo, la pioggia
-dirada, la nebbia s'interna tra gli abeti, scivola dietro i tronchi,
-apre misteriosi sfondi di buio nel verde, riappare tra i rami più
-alti, fumiga via verso il cielo che si è andato plagando d'azzurro: e
-le masse enormi delle montagne si compiono, raggiungono il sommo, si
-crestano in frastagli gialli da cui dilagano rovesci bianchi di neve
-giù per i costoni. Così raggiungiamo la malinconica conca di Misurina.
-
-Per tutta la strada, nell'accompagnamento sordo della pioggia sugli
-alberi, ci ha seguìto preceduto attraversato, il canto ruvido e
-sobbalzante di camions appena visibili tra la nebbia come masse
-mostruose, la musica delle larghe rote piatte che stritolano i sassi
-nel fango; e un apparire e scomparir vago di profili d'affusti e di
-cassoni, e carriaggi che si tirano dietro uno sbatacchiare d'assi
-d'abete. È il movimento delle retrovie, che vediamo ogni giorno farsi
-più intenso. È pur questo un annuncio dell'inverno, cui la guerra si
-prepara. Anche nelle vallate che abbiamo percorso in giorni più miti
-oggi questo movimento cresce, sotto qualunque cielo, di giorno in
-giorno. Tra due mesi molta parte dell'Italia armata si troverà isolata
-su cime, sulle quali dovrà vivere e guerreggiare per otto mesi, senza
-comunicazioni verso il piano. È necessario che quanto occorre, per la
-guerra e per la vita, sia pronto e trasportato lassù tutto, per tempo.
-
- * * *
-
-La Conca di Misurina, serrata a destra e a sinistra dalle Cadine
-e dalle Pale, diritte muraglie, guardata alle spalle dal Sorapis
-sveltissimo, s'apre a nord verso una cortina che in poche settimane
-ha vissuto una sua storia gloriosa. Quel triplice ammasso, composto
-e sicuro, là in fondo a destra, sono le tre cime di Lavaredo; ivi,
-salendo dal Ponte della Marogna, passava l'ingiusto confine, segnato
-da una fila di sassi dalla forcella alla cima, e a quella forcella
-il 26 maggio due reparti di alpini misero in fuga due compagnie e
-conquistarono la posizione; certo salutarono il Leone di San Marco che
-v'è scolpito in una roccia. Di là sentiamo ora il rombo del nostro
-cannone affievolire verso il nord. In faccia, uno dietro l'altro,
-Montepiana e Montepiano.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Montepiana fu nostra fin dai primi giorni, quasi a un tempo con la
-Forcella di Lavaredo. Poi, prima di procedere, passò una settimana
-in lavori d'afforzamento e puntamento delle nostre artiglierie, per
-controbattere i forti austriaci della cortina retrostante; mentre si
-organizzavano e s'insediavano le fanterie, continuava terribile il
-duello dei cannoni. Il 15 di giugno cominciammo insistenti attacchi
-notturni contro Montepiano, ne iniziammo la scalata. Ora, rafforzati
-di là dalla sella che separa le due cime, aspettiamo, per procedere,
-che la cima di Montepiano non sia più sotto il tiro delle posizioni
-nemiche.
-
-Cioè, che sia nostra anche l'alta e diruta cortina settentrionale che
-fa da sfondo al panorama. Fin dal 20 giugno son cominciati i nostri
-tiri contro il sistema di Landro, costituito di tre forti: Alto, Basso
-e Plattzwiese. Interrotti per dieci giorni dalle nebbie, furono ripresi
-il 1º di luglio.
-
-Ora Alto e Basso tacciono, il terzo è fortemente danneggiato. Ci
-nuoce ancora il Raukhofel, che torreggia severo nello sfondo, lo
-Strudelkopfel, tolto alla nostra vista da un cumulo di nubi, e,
-tra l'uno e l'altro, quello Schwabenalpenhopf, profilo di torrione
-riquadrato, che domina l'orizzonte di Misurina e i cui crepacci
-proteggono l'osservatorio austriaco. Per tutta quella fuga di rocce
-si celano le loro artiglierie mobili; tirano il giorno qualche colpo,
-mentre la massa dorme. Essa lavora di notte a fare strade, strade
-sempre, per continuamente spostarsi.
-
-Un saggio di tiri da Schluderbach (a sud dello Strudelkopfel, sull'alta
-valle della Rienz) si mostra ai nostri piedi: tutto il piano di qua dal
-lago di Misurina è sforacchiato di buche prodotte da granate da 305,
-che ora si son riempite d'acqua e son diventate pozzanghere fangose.
-
-Anche la facciata dell'albergo, dalla parte del lago, presenta sotto
-il cornicione un largo foro: passò di lì un proiettile che andò a
-prendere alloggio in qualche stanza degli ultimi piani. L'albergo
-era vuoto e chiuso e l'unico danno fu quello materiale: da notare
-che il proprietario è un tedesco. Forse dopo la guerra un albergatore
-intelligente, riattando l'interno, lascerà intatta la breccia, vi porrà
-sopra una scritta, e gli americani accorreranno ad ammirare il foro
-austriaco come un'attrattiva delle più ghiotte del luogo. Neppure nel
-piano le granate produssero danni; naturalmente i nostri, sapendo il
-luogo così esposto, avevano abbandonato fin dal primo giorno la strada
-che vi passa. Ma per gli austriaci era una zona di tiri preparati. Non
-vollero sciupare la preparazione, e uccisero un mulo.
-
-Noi però vi abbiamo perduto due o tre soldati. Il primo giorno che vi
-giunsero, attratti dalla bellezza malinconica del lago vollero fare un
-po' di canottaggio, vi si avventurarono sopra in barchette di cui non
-conoscevano la resistenza, e annegarono miseramente.
-
- * * *
-
-Le posizioni della Conca di Misurina si continuano e s'integrano
-a ovest, di là dal Passo Tre Croci (nostro fino dal 29 di maggio)
-con quelle della conca di Cortina d'Ampezzo, protetta dai versanti
-orientali delle Tofane, che contemplammo giorni sono dal sud, di
-sull'Averau.
-
-Quando, risalendo la valle del Boite, siamo andati verso la conca
-di Cortina, il sole sfolgorava e il bianco dei paesi nella valle
-gareggiava col bianco della neve nelle montagne. Di là da San Vito,
-ultimo paese italiano secondo l'antica carta, ci sono riapparse le
-Tofane, nostra conoscenza vecchia; ma di qui non ci schiacciano:
-si stendono attorno a noi, ci abbracciano quasi. Dietro, l'Antelao
-enorme co' suoi tre scaglioni ferrigni; ancora più enorme, in faccia
-all'Antelao, il Pelmo. Non c'è nebbia: è il trionfo del verde energico
-e inquieto del Cadore, un verde senza pace.
-
-La conca in mezzo a cui s'adagia Cortina, è inquadrata tra il gruppo
-del Cristallo e quello delle Tofane, e si sfoga verso Podestagno.
-La nostra occupazione si spiega dal Cristallo su Cresta Bianca, per
-la rocciosa montagna di Fiammes (e verso la valle di Rio Bosco per
-il monte Zurlong) fino ai piedi boscosi dei monti Cadini, sotto al
-Sompauses non ancor nostro, a Podestagno (punto morto rispetto ai tiri
-del Sompauses stesso) che fu occupato il 9 di giugno. Di qua dalle
-Tofane è il dosso di Landro, di là Val Travenanzes, che noi stiamo
-battendo.[6]
-
-Al primo annuncio della guerra imminente gli austriaci fuggirono
-da Cortina, fecero saltare il ponte di Podestagno — un ponte alto
-cinquanta metri sul livello dell'acqua, che ivi procede incassata tra
-due muraglie a picco — e si ritirarono sulle loro posizioni, portandosi
-via i funzionari pubblici, compreso il medico: Cortina rimase otto
-giorni senza ufficiale sanitario. Ciò avvenne tra il 10 e il 15 di
-maggio, prima della dichiarazione di guerra. Noi entrammo il 29;
-la popolazione ci accolse con calma e subì con rispetto il disarmo,
-che fu eseguito dopo tre o quattro giorni. Ci fu qualche sospetto di
-segnalazioni, subito impedite. Le guide erano state portate via tutte
-fin dal primo giorno.
-
- * * *
-
-Del resto Cortina d'Ampezzo, non dico di spirito, ma di aspetto
-esteriore, ha sentito l'influenza della lunga dominazione austriaca e
-della frequentazione tedesca come luogo di villeggiatura. Ha perduto
-ogni bel carattere di paese italiano d'alta montagna. Penso con
-nostalgia, a Cortina, al bel focolare friulano visto pochi chilometri
-innanzi, a Borca; un focolare esagonale di pietra, in mezzo alla
-stanza, con una tettoia a orlo ripiegato e frastagliato, con l'alare
-unico che ne traversa in largo tutto il piano, con tutti i suoi
-annessi — palette, molle, catene — appesi dall'una e dall'altra parte
-alle due colonnine dell'alare, e un bel fuoco di legna nel mezzo, e
-intorno intorno volti cordiali e ridenti. Cortina d'Ampezzo non è che
-una ordinata esposizione d'alberghi pretenziosi e di botteghe con le
-grandi insegne chiare e burocratiche, che vi assaltano. Passeggiando
-in Cortina non si fa che leggere insegne. E con la sua fontanina, col
-suo campanile assettatino dalla punta aguzza, con l'ordine nitido delle
-sue strade, con la sua posizione di cittadina ben collocata, proprio
-in mezzo alla conca, e ferma lì, senza fumo di focolari, senza grida,
-senza pàtine, pare una città che si sia tirata in giù la giacca e stia
-ferma in posa davanti al fotografo di provincia, per farsi prendere il
-ritratto. Cortina d'Ampezzo, vista dall'alto o dal piano, di dentro
-o di fuori, nell'insieme o in particolari, è la città-cartolina
-illustrata per eccellenza. Ha una sola caratteristica: le beghine,
-numerosissime: visi duri e grinzosi, che escono dalla chiesa e
-traversano la piazza con occhiate rapide e subdole, sotto ai cappellini
-ovali ampiamente piumettati di nero sul davanti, a tesa rigida calcata
-bassa sulla fronte a nascondere gli sguardi sospettosi. Era domenica,
-e nella chiesa si cantava l'evangelio propiziatore per il raccolto; e
-cantavano con molta intonazione e con una precisa espressione. L'anima
-del paese è, credo, sinceramente religiosa e mite; nè sarà difficile
-togliere la crosta di cattolicismo politicante e di svizzerismo
-locandaio che la dominazione austriaca e la frequentazione tedesca gli
-hanno imposta.
-
- * * *
-
-Chi ne volesse un chiaro segno, non avrebbe che visitare, nel piccolo
-cimitero vicino alla città, la tomba del generale Cantore. C'è
-sempre qualche cortinese commosso là davanti; c'è spesso un fiore
-fresco aggiunto da un paesano a quelli che i soldati vi mantengono
-perennemente; tra le corone secche, rimaste a memoria dei funerali,
-molte sono di cittadini, e non corone ufficiali, ma poste dal cordoglio
-sincero e dal risvegliato sentimento d'italianità di compaesani
-anonimi. Anche qui, come ad Ala, il culto di Antonio Cantore sta
-facendosi nucleo ed espressione di tutto un orientamento nuovo della
-mentalità e del sentimento del paese. Vorrei dire che il primo giorno
-dell'italianità nuova di Cortina d'Ampezzo non fu il giorno — 29 maggio
-— dell'entrata dei nostri, nella prima avanzata; ma quello — 20 luglio
-— in cui videro l'uomo che fino al dì innanzi avevano amato vivo e
-operante coraggiosamente per la loro libertà, portato qui dai suoi
-soldati, morto da una palla austriaca, o forse ampezzana.
-
-Gli austriaci tenevano le Tofane, e di là minacciavano la nostra
-occupazione su Vervei e su Cortina stessa. Le operazioni sulle Tofane
-erano dirette dal generale Cantore. Alcuni battaglioni, protetti
-dall'artiglieria, arrivarono sulla prima Tofana, ma vi trovarono un
-passo reso inaccessibile dalla guardia continua di tiratori scelti.
-
-Cantore, avuta notizia dell'eccellente effetto prodotto dalla nostra
-artiglieria, volle andare in persona a rendersi conto della situazione,
-e al tocco del 20 luglio vi si avviò in compagnia del capitano
-Argentero dello Stato Maggiore. Giunsero in automobile a Pocol,
-proseguirono sui muli; alle cinque e un quarto erano sul posto. Da
-un solo punto si apriva la posizione, cioè da una specie di trincea
-aggiustata nella roccia, duecento metri al disopra del rifugio ov'erano
-appostati i nemici. I quali, secondo il loro sistema, sparavano il
-fucile a intermittenza, un colpo ogni sette od otto minuti.
-
-Cantore raggiunse quel punto; ma di là non si vedeva donde partissero
-i tiri, nè come si coprissero i tiratori. Ne domandò a un soldato, il
-quale rispose che forse il punto poteva scorgersi di più giù, piegando
-verso destra. Il capitano vi scese, dopo un'ora risalì a riferire al
-generale che nemmeno di giù si poteva veder nulla. Allora entrambi
-risalirono, e trovarono finalmente una roccia che sporgeva proprio al
-disopra del crepaccio occupato.
-
-Erano di poco passate le sei, e Cantore aveva il sole in faccia; per
-questo non vedeva abbastanza bene. Ma il luogo di osservazione migliore
-era appunto quello. Allora egli sporse un poco la testa.
-
-Si udirono tre detonazioni; alla terza il capitano vide il suo generale
-rotolare giù per due metri dalla roccia, con la fronte sfracellata.
-
-Tutti i soldati volevano uscire dalle trincee. Il capitano stentò
-a trattenerli. Ne chiamò due ad aiutarlo. Posero il generale a
-riparo d'una roccia. Furono loro portate tele da tenda, e su quelle
-cominciarono a trasportarlo giù. In un passaggio scoperto, per poco
-nuove fucilate non raggiunsero il convoglio: dovettero ripararsi e
-sostare venti minuti. Poi ripresero a scendere; a Vervei misero il
-cadavere nell'automobile, e la sera giunsero a Cortina.
-
-La popolazione fu costernata. Egli era ivi, trasferitovi da Ala,
-da ventun giorni. Cento volte, anche in valle di Travenanzes, s'era
-esposto così. Aveva, come altri della sua tempra, la persuasione della
-propria invulnerabilità. E anche gli ampezzani che già lo amavano,
-anche i soldati che lo veneravano come un dio, dopo le apprensioni dei
-primi giorni avevano cominciato a credere che davvero il loro generale
-fosse inaccessibile al piombo dei nemici.
-
-Eppure erano forse ampezzani coloro che non lo avevano creduto
-invulnerabile. I tiratori che sono con gli austriaci sulle Tofane,
-sono cortinesi. Un vecchio sessantenne austriacante, il cui nome,
-Pietro Alverà da Cortina, va tramandato per vergogna alla storia dei
-rinnegati, aveva fin da qualche giorno prima della guerra messi insieme
-sessanta giovani cortinesi della società dei tiratori col pretesto di
-perfezionarli nella caccia al camoscio, e, anche contro la volontà
-delle loro famiglie, li aveva trascinati sulle Tofane e messili al
-servizio degli austriaci; son essi che tirano di là sui passaggi, col
-fucile da camoscio, munito di canocchiale. Pianga oggi la pietà dei
-cortinesi, sulla tomba di Antonio Cantore, l'orrendo peccato dei suoi.
-
- * * *
-
-Anche la conquista di queste cime è ricca di episodi di valore, che
-ormai non si possono più chiamare incredibili perchè sono quotidiani.
-Quando, a occupare completamente la posizione di monte Cristallo,
-compimmo l'operazione della Cresta Bianca, abbiamo fatto passare alpini
-e bersaglieri con ben seicento metri di corda. Ciò avvenne a quasi
-tremila metri d'altezza, e non furono pochi i casi di congelazione.
-
-Della difficoltà di certe operazioni non occorre parlare: il Sompauses,
-per esempio, ove s'è combattuto un po' sempre e con effetti eccellenti,
-è disposto in modo che i colpi d'artiglieria che vi si tirano non
-possono esplodere che sulle rocce; gli austriaci sono in gallerie,
-nelle quali ritirano con facilità i pezzi, dopo lo sparo. Bisognerebbe,
-per averne ragione, far saltare l'intera montagna. A Landro, oltre i
-tre forti, tutt'all'intorno son posizioni preparate, e da lungo tempo.
-Sulla Tofana le nostre truppe — e sono intere compagnie — si trovano a
-3200 metri d'altezza.
-
-E ci vogliono rimanere. Era stato ordinato il cambio di truppe
-ch'erano a tremila metri. Un generale m'ha fatto vedere una lettera
-del capitano, per mezzo del quale tutti i suoi soldati, chiedendo
-perdono per l'infrazione alla disciplina, imploravano di rimanere, e
-adducevano per ragione che ormai essi s'erano perfettamente abituati
-alla temperatura di dieci gradi sotto lo zero, e che conoscevano i
-passi sicuri.
-
-Sulla cima del Cristallo un ufficiale salito a visitare i soldati,
-credè opportuno confortarli facendo loro pensare al tempo in cui
-sarebbero tornati. Rifiutarono ogni conforto, asserendo: — Stiamo
-benissimo qui. —
-
-Nè manca, tra gli episodi eroici, qualche tocco di comico. A Col Rosà
-(già osservatorio austriaco per i tiri preparati contro la conca
-di Cortina, ora nostro), tre alpini erano stati fatti prigionieri
-dagli austriaci. Un bel giorno i tre soldati ritornano ai nostri
-avamposti, tra la gioia e lo stupore dei loro compagni. E narrano
-che, essendo sotto la guardia di un solo soldato, un tirolese, lo
-avevano assalito, pur essendo inermi, e imbavagliato, e così gli
-erano fuggiti, portandogli via parecchi oggetti tra i quali una tenda
-da campo e un eliografo, che consegnarono all'ufficiale. Divennero
-gli eroi dell'avamposto. Senonchè due giorni dopo noi prendemmo di
-sorpresa prigione tutto il corpo di guardia austriaco e lo portammo
-al nostro campo. Tra i prigionieri era il famoso guardiano tirolese,
-che appena visti i tre alpini si gettò tra le loro braccia baciandoli
-con effusione. Erano amicissimi, e manifestamente, per fuggirgli e
-portargli via la tenda e l'eliografo, non c'era stato bisogno nè di
-assalto, nè di bavaglio, nè d'altra violenza.
-
-Tocchi di giocondità, che non contaminano l'atmosfera eroica onde sono
-avvolte queste cime, ove il domani della nostra guerra si prepara più
-grande forse e più radioso che in qualunque altra parte del fronte.
-
-Non occorre essere strateghi per avvedersene; basta la più umile delle
-carte geografiche.
-
-Dalla Conca d'Ampezzo si svolge la vallata dell'Alto Boite, dalla Conca
-di Misurina la vallata dell'Alto Ansiei. Concorrono verso il nord,
-sboccano a Plattzewiese e a Landro, ci indicano la valle della Drava
-e la strada di Toblacco. Bisogna scendere alla vallata del Rufreddo,
-ove ci troveremo in faccia Croda Rossa, che ormai non ha se non degli
-osservatorii. Per ora siamo in quella della Rienz. Il Cristallo e
-il Cristallino sono nostri. Som Forca al Passo di Tre Croci, onde
-comunicano le due Conche, è stato incendiato. Quando il silenzio di
-tutta la cortina difensiva austriaca ce lo permetterà, occuperemo la
-cima di Montepiano.
-
-Di là potrà forse sentire non so qual voce una contrada, non nostra, ma
-tale che condurrà quella voce al cuore dell'eterna nemica. Da queste
-cime verrà forse la parola della condanna alla nazione delinquente:
-all'alleato che nel vecchio confine impostoci aveva incluso, al ponte
-della Motta sotto Misurina, un tratto della nostra strada nazionale;
-che non aveva permesso alla nostra ferrovia di andare oltre Calalzo,
-mentre costruiva esso un forte in caverna sul Plattzwiese, e trincee di
-calcestruzzo a Montepiano.
-
-La vecchia e gloriosa voce del Cadore la condannerà.
-
-Intanto le sue nevi brillano, i suoi monti sfolgorano, il suo verde
-pare che levi polifonie di solennità verso il cielo. Scoppia fuori,
-intorno intorno per l'orizzonte, la roccia gialla tra lo stridore
-bianco delle plaghe di neve, pazzamente. E il perchè del giallo e del
-bianco non appare. Sono vecchi accordi tra la montagna ed il cielo.
-
-
-
-
-Ospedale di cavalli
-
-
- _Valle del Piave, 13 settembre._
-
-
-Corsie d'avellana, di pini giovani, di viti bionde; sale chirurgiche di
-prati verdi e di pendii rugiadosi; letti morbidi di paglia sul margine
-d'un ruscello o al piede d'un castagno: e intorno intorno, invece di
-malinconiche pareti bianche, coste montane che s'aprono in valli, lo
-scorcio di un fiume largo che dilaga nella lontananza, profili ambigui
-tra di nubi e di monti, che si sperdono nell'infinito del cielo.
-Fortunati cavalli!
-
-Eppure il cavallo malato fa una gran pena. Oso dire che fa più pena
-dell'uomo, quando, s'intende, la malattia e dell'uno e dell'altro non
-è grave. Certe sale — non tutte — degli ospedali dei feriti leggieri
-riescono perfino a dare un senso d'allegrezza: quella che sgorga e si
-espande dalla gioventù invincibile di quegli arditissimi, accesi ancora
-del fuoco della battaglia recente, vibranti di ritornarvi.
-
-Invece l'incoscienza e la sommissione del cavallo malato è sempre
-lagrimevole. Risalendo altre retrovie, ne ho visto tempo fa ritornare
-una colonna, che scendeva dai gioghi intorno al Tonale. Altri ne vedo
-arrivar qua, nel loro luogo di cura, che la Croce Azzurra ha riparato
-in una delle conche più verdi di queste Alpi risanatrici. I più sono
-malati di sfinimento. Hanno gareggiato coi muli nel ripire i sentieri
-infernali appena scavati tra le rocce, per trascinar su rifornimenti,
-salmerie d'ogni genere, e soprattutto i gravi pezzi d'artiglieria che
-vanno disegnando un'inquieta corona di fuoco lungo il confine sempre
-più avanzato della patria. Compiuta la fatica eccezionale, ritornano
-esausti, con gli occhi scialbi, i musi chini e tentennanti, le zampe
-tremule, le povere ossa emergenti come pali aguzzi di sotto la pelle
-assottigliata: sfiancati, succhiati, maceri.
-
-Arrivano qua, o in altri stabilimenti come questi (e presto la Croce
-Azzurra ne raddoppierà il numero), e nelle sale operatorie di verzura
-o nei cameroni ospitalieri di prato riacquistano salute e forza.
-Poi anch'essi, come gli uomini risanati, ripartono per il fronte, a
-ricercare ostinatamente un'altra volta la morte.
-
-Il capitano delegato li riceve dalle infermerie, assegna loro un
-numero, che da una medaglia che viene loro appesa al collo risponde a
-uno stallo; ciascuno ha il suo posto nel suo reparto a seconda del male
-e della gravità di esso. Subito comincia la cura: prato, aria sottile,
-ipernutrizione; è incredibile quanto di biada, d'erba, di crusca e di
-farina divori e digerisca in un giorno uno di questi cavalli, memori
-delle fatiche esaurienti delle prime linee. Vivono tutto il giorno
-all'aria aperta, in praterie vastissime recinte da palizzate rade, che
-non nascondono l'orizzonte, che non hanno nulla della scuderia o della
-prigione. Scorrazzano liberi, lenti e muti i primi giorni, poi sempre
-più sbrigliati, a testa più alta, giù per i declivi; riposano all'ombra
-dei pini, bevono nei ruscelli. Qualche volta li vedo raggiungere il
-recinto e trattenersi là, col muso sporto in fuori, a guardare il
-profilo lontano dei monti come se ricordassero le giornate di fatica
-e di spavento passate lassù. Forse non ricordano nulla; godono della
-forza ricrescente nelle loro vene. Di giorno in giorno i loro occhi
-si fanno più vivi, le costole scompaiono pian piano sotto i muscoli
-rinnovati. I prati dei convalescenti son tutti pieni di nitriti.
-
-Non è tutto prato il luogo di cura. Ecco i baraccamenti di legno
-sormontati dalla bandierina bianca civettuola con la croce azzurra,
-e sventola. Di fuori non li riconosci perchè il denso fogliame dei
-nocciuoli che li fiancheggia, li nasconde quasi del tutto. Dietro, i
-due lati più lunghi son continuati da una parte e dall'altra da due
-spalliere di viti, una pergola ombrosa sotto la quale l'occhio cerca
-istintivamente le tavole e le panche e sulle tavole gli orci del
-vinello recente e i bicchieri.
-
-Invece il luogo è tutto giallo di paglia e verde di fieno. Dominano
-dappertutto; l'aria è tutta piena d'uno spagliucolio che pare guidarvi
-là dentro, ove le file dei cavalli meno malati stanno a dormire la
-notte e far colazione all'alba, prima di riprendere il vagabondaggio
-libero che li risani del tutto.
-
-Gli altri reparti sono in muratura: quello dei malati di gola, pieno di
-nitriti tossicolosi e dell'odore dei suffumigi quotidiani; quello degli
-operati, che sdraiati nella paglia aspettano la medicazione periodica;
-e via via tutte le forme e tutti i gradi del male; e isolato qualche
-cavallo che subì qualche operazione speciale e richiede un trattamento
-a sè. C'era una cavalla venuta qua da una infermeria che già l'aveva
-data come perduta. Le fecero un'operazione complicatissima, implicante
-l'apertura lungo tutto il canale della gola. Ora sta bene, e attende,
-col muso e il collo fasciato e lo sguardo tranquillo e benigno, di
-poter scorrazzare cogli altri. L'operazione era durata quasi due ore ed
-era stata preceduta dalle regolari iniezioni anestetizzanti.
-
-A un'operazione meno grave ho potuto assistere. Consisteva in una
-medicazione profonda d'una ferita circolare in una zampa, proprio
-sopra lo zoccolo, giro giro. La bestia era sdraiata nel prato,
-sopra uno strato di paglia. Un soldato, seduto in terra presso il
-suo capo, le reggeva il muso e la confortava carezzandole le froge
-e cercando d'introdurle tra i denti qualche pezzo di zucchero. Essa
-tendeva all'aria la zampa malata, legata con una fune che due ragazzi,
-stando sdraiati in terra a pochi passi, tenevano tesa. Due soldati
-trattenevano la bestia per il deretano. Ma non occorreva tenerla chè
-essa pur gemendo sommessamente stava immobile, mentre il veterinario,
-nel camiciotto bianco di operatore, steso tutto sul corpo di lei,
-eseguiva la medicazione dolorosa.
-
-Compivano il quadro un attendente che reggeva il catino e porgeva
-le bende e i disinfettanti, e il capitano delegato (un gentiluomo
-milanese che fin dal primo giorno della guerra ha dedicato tutte le
-sue cure e la sua esperienza all'opera della Croce Azzurra), il quale,
-in ginocchio in mezzo al gruppo, sorvegliava l'operazione e aiutava
-l'opera modesta dell'attendente.
-
- * * *
-
-Una quarantina d'uomini s'è così isolata dal mondo tra queste
-valli, e attende qui all'opera utilissima, in un lavoro continuo e
-tutt'altro che leggiero. Basti pensare che i cavalli in cura sono
-ora centocinquanta, ma lo stabilimento deve poter accoglierne fino a
-duecentocinquanta; che ogni mattina si fanno circa trenta medicazioni;
-e che la cura e la sorveglianza dei cavalli sfiniti non è meno continua
-e meno minuziosa di quella dei cavalli feriti: e si avrà un'idea del
-lavoro cui si sobbarcano quei volonterosi. Ogni stabilimento ha un
-capitano delegato, un tenente, due ufficiali veterinarii, e poi tutto
-il personale di governo, sergenti, caporali e attendenti. La spesa
-media d'ognuno è di circa seimila lire al mese.
-
-Com'è noto l'istituzione è di origine inglese e data dal tempo
-della guerra boera. Dopo l'agosto del 1914 l'Inghilterra impiantò in
-Francia quattro grandi stabilimenti della Croce Azzurra, che rimasero
-perfettamente autonomi, senza rapporti di sorta con le autorità
-governative.
-
-In Italia l'istituzione, fondata a imitazione dell'inglese pochi mesi
-sono, ebbe in questo senso un miglioramento in quanto il ministero
-della guerra la riconobbe ufficialmente e ne militarizzò il personale
-— con un notevole vantaggio per la disciplina e l'organizzazione
-— mediante una convenzione che ha la durata di quattro mesi, ed è
-naturalmente rinnovabile e sarà rinnovata per tutta la durata della
-guerra.
-
-Perchè l'istituzione, per quanto giovane, si mostrò subito matura e
-pari al suo compito arduo e alla sua utilità. La quale è grandissima.
-Chi, vedendo cavalli sfiniti o feriti ritornare dal fronte, ha provato
-il senso infinito di pietà che desta la loro incoscienza sommessa,
-può sentire la bellezza sentimentale dell'istituzione senza stare a
-pesarne i vantaggi. Ma anche posto da parte ogni sentimento, basta
-pensare all'immensa utilità del quadrupede in una guerra di montagna
-— e quale montagna! — com'è la nostra, e considerare che il cavallo è
-il genere di cui è men facile ottenere un'abbondante requisizione, per
-rendersi conto del beneficio enorme che reca il poter rimandare su per
-le montagne una grande percentuale di cavalli che sarebbero normalmente
-condannati alla morte per sfinimento o per ferite.
-
- * * *
-
-Un cavallino giovane, quasi ancora puledro, ha fatto una corsa, dal
-suo prato grande donde ripartirà tra un giorno o due, fino al recinto
-che lo divide dal prato minore ove si fanno le medicazioni. Sporge il
-muso di qua e guarda incuriosito l'operazione strana, quei sei o sette
-uomini affaccendati sopra un cavallone massiccio steso sull'erba.
-Poi scrolla il capo, guarda il cielo nuvoloso, manda un nitrito di
-giovinezza e di gioia, e si rimette a galoppare pazzamente, senza
-mèta, ubriaco d'aria. La sua incoscienza gioiosa è commovente quanto
-la sofferenza dell'altro. Guardandolo, non posso tenermi dal pensare
-a un'altra incoscienza: a quella di tutti i bambini, che vedono e
-sentono la guerra che non capiscono e non sanno: la vedono e la sentono
-in una quantità di cose strane: nella partenza dei loro babbi, nelle
-solitudini accorate delle loro mamme, nel ritorno di persone care che
-son poste in un letto e stentano a riconoscere i bimbi, nell'annuncio,
-fatto da una madre tra i singhiozzi, che altre persone care non
-torneranno mai più.
-
-Un giorno i bambini capiranno quei misteri dolorosi, e sapranno che la
-guerra si è combattuta per loro, che tutta la vita loro ne ha ricevuto
-un inestimabile beneficio.
-
-Ma con questo, eccoci molto lontani dai cavalli....
-
-
-
-
-Silenzi e fragori
-
-
- _Timau, 15 settembre._
-
-
-La guerra, in qualche luogo, è soprattutto silenzio.
-
-Il silenzio di chi aspetta, si nasconde, osserva. Poi giunto il momento
-dice una parola, l'unica efficace, e ritorna a tacere.
-
-Il raro rombo della cannonata, che non falla, pare in qualche punto
-non faccia se non incorniciare il silenzio immenso delle cime e
-delle valli, sottolinearlo, farlo sentire più largo, più vasto, più
-sovrumano.
-
- * * *
-
-Giorni sono m'ero trovato — e subito mi parve di dimenticare il come,
-il mezzo, il tempo, quasi ci fossi arrivato per incantesimo — in una
-radura ondulata e verdissima, in mezzo a panorami fuggenti d'abeti
-neri e di larici chiari, che si dilatavano a perdita d'occhio su per le
-coste molli fin verso le cime aspre sconfinanti entro i fumi errabondi
-del cielo. La radura era il centro di un silenzio infinito, d'una
-perfetta solitudine d'uomini e di cose umane. Verso il nord i monti
-imbruniti s'allontanavano, s'incanalavano fuggendo entro un imbocco
-in cui si precipitava la nebbia fumante su dai prati e dai boschi più
-alti: e fuori dal mondo della nebbia rompeva il mondo delle cime acute
-e frastagliate, come diviso in due cortine concentriche, una più vicina
-e più bassa, una più lontana e maggiore.
-
-L'una era il vecchio confine, la cui occupazione costò la fatica d'una
-conquista; l'altra era il nuovo, ove ci stiamo aggrappando a pietra a
-pietra. E quella fuga di nebbia che s'incanalava nel passo aperto tra
-i monti, conduce verso la valle di Sexten, ove la lotta di difesa e di
-offesa è aspra come forse in pochi altri punti del fronte.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Siamo a Col Caradies, in faccia al Comelico, a dominio della Val
-Padola, la terza, con Val di Boite e Val d'Ansiei, delle vie di
-passaggio dall'Italia alla Drava.
-
-Siamo in faccia all'epopea, i cui canti più alti si chiamano Sexten
-Seikofel Oberbacher, Croda Rossa. Ma nulla all'intorno sembra parlare
-di guerra. Ove le cime son libere dalla nebbia e dalle nubi, in qualche
-stria più regolare l'occhio esercitato riconosce una trincea, qualche
-strappo più chiaro nella roccia è il segno visibile lasciato dalle
-nostre granate. Dagli ultimi lembi del verde che tenta di arrampicarsi
-verso le rupi, vediamo uscire i cocuzzoli delle ultime tende d'un
-accampamento.
-
-Ma son segni minimi e muti. Potrebbero essere i ruderi d'una guerra
-finita da anni. Sappiamo che attorno a noi le cime ci guardano dagli
-osservatorii, che nei prati dove passiamo caddero ancor ieri i colpi
-dei forti di cui quelle cime misteriose sono animate. Lo sappiamo,
-senza sentirlo: qui ci avvolge, c'incombe, ci stringe paurosamente
-quello che della guerra è il senso più strano, più angoscioso: il suo
-silenzio, il suo mistero, il suo perenne atteggiamento d'invisibile
-agguato. Silenzio e solitudine: non un uomo, non una casa, non un'arme,
-non una voce. Il verde senza pace e la discesa calma delle nuvole che
-ora vengono riassorbendo anche quei segni sperduti di guerra; la voce
-della montagna, compendio di silenzi lontani; la voce del verde, fatta
-di un avvolgimento morbido di tutti i sensi, di tutto l'essere, che
-sembra a ogni poco smarrirsi nello sgomento di quella grigia infinità,
-segnata a ogni poco da un colpo di cannone sperduto, rombi anch'essi
-silenziosi, senza scoppio, senza principio, come code di comete già
-spente: e la nebbia crescendo li assorbe, li dissolve nel grigio, che
-ora pesa su noi, su tutto il mondo, divinità diffusa e maligna, piena
-di mute minacce, di gelo, di paura.
-
-Il vecchio e il nuovo confine sono scomparsi: non c'è più traccia di
-Roteck, di Cima Vallone, di Cima Vanscuro, di Quaternà. Sola riesce a
-fendere il grigio la punta del Monte Cavallino, ove la guerra è ogni
-giorno più viva.
-
- * * *
-
-Monte Cavallino, segnando il confine del versante settentrionale
-di Val Padola, divide nettamente il Cadore orientale dal Cadore
-settentrionale. Da Monte Cavallino il confine scende con una leggiera
-inclinazione fino al Volaia, e in tutto quel tratto la guerra è, da
-tutt'e due le parti, non altro che un'attesa difensiva. Tuttavia pochi
-giorni sono potemmo occupare il massiccio di Monte Chiadenis e di
-Monte Avanza tra Val di Sesis (affluente del Piave) e Rio di Fleons
-(affluente del Degano), nella zona del Paralba, ove il confine tra il
-Cadore e la Carnia raggiunge la frontiera austriaca.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Ma al Volaia comincia uno dei settori di maggiore interesse; ed è il
-tratto compreso tra le testate di Val Degano e di Val But. Volaia, Pal
-Piccolo, Freikofel, Pal Grande: nomi già gloriosi nella breve storia
-della nostra guerra. Di là da quella linea s'apre, verso l'austriaca
-Zeglia, Val Valentina, il cui passo fu conquistato il 13 giugno con
-una difficile operazione “poichè il nemico — diceva il comunicato
-relativo — dovette essere snidato di trincea in trincea e inseguito di
-balza in balza”. E lasciò nelle nostre mani armi, munizioni, bombe e
-prigionieri. Il giorno avanti, press'a poco nelle stesse condizioni,
-era stato preso il passo di Volaia; mentre fin dalla prima notte di
-guerra i nostri s'erano solidamente assicurati dei passi di Giramondo
-e di Vall'Inferno e della testata di Val Degano con un assalto alla
-baionetta, occupazioni che permisero il fiancheggiamento da occidente
-del passo di Monte Croce Carnico.
-
-La lotta durò più giorni e fu conclusa il 30 di maggio. In quel giorno
-un battaglione e mezzo di austriaci con mitragliatrici attaccò i nostri
-alpini presso il passo; gli attacchi furono cinque, consecutivi, tutti
-respinti dai nostri, i quali allora presero a volta loro l'offensiva,
-sotto la pioggia violenta e tra la nebbia fitta, e con leggerissime
-perdite, e facendo duecento prigionieri, ricacciarono definitivamente
-il nemico. Con la quale occupazione fu chiusa all'Austria una delle più
-pericolose vie d'invasione verso la regione veneta. Da questo passo
-il nemico avrebbe potuto scendere, sia per Rio Collina e il canale
-di San Pietro (But), sia per il Degano, fino al Tagliamento sopra
-Tolmezzo, prendendo così di fianco le nostre difese che avrebbero
-dovuto scaglionarsi lungo il Tagliamento stesso invece d'essere
-impiegate sull'Isonzo. Alla perdita di quel passo gli austriaci non
-riuscirono mai a rassegnarsi; tentarono più volte di riprenderlo, e
-sempre inutilmente: il 30 maggio; il 3 e il 4 di giugno, in cui persero
-una batteria; il 14 tentando di irrompere contro la dorsale del Monte
-Avostanis, che domina il passo da est, con una violenta azione di
-artiglieria prima, poi con un attacco diretto che noi respingemmo alla
-baionetta volgendo in fuga i nemici. Dopo quindici giorni, il primo di
-luglio, il vano tentativo fu rinnovato di notte, con l'aiuto di razzi
-e riflettori e col lancio di gaz asfissianti.
-
- * * *
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Il passo di Monte Croce Carnico è attorniato e guardato, a ovest dal
-Pizzo Collina nostro, e dallo Zellenkofel del quale ora è nostra una
-cima; a sud dal Tierz, nostro; a est dal Pal Grande dal Freikofel e
-dal Pal Piccolo. La situazione di queste tre cime rispetto al passo,
-spiega il frequente ricorrere dei loro nomi nella cronistoria della
-nostra guerra. Sulle tre cime passa il nostro confine, ma qualche ora
-avanti la guerra gli austriaci s'erano di esse cime impossessati.
-Noi riconquistammo il Freikofel ai primi di giugno con una lotta
-di circa dieci giorni, nei quali oltre il possesso della situazione
-guadagnammo centinaia di prigionieri: altre centinaia di austriaci
-vi rimasero morti. Allora il nemico si volse contro Pal Piccolo e
-Pal Grande (che fiancheggiano il Freikofel ai due lati) circa al 15
-di giugno; il 18 e il 20 rinnovarono l'attacco contro il Freikofel
-direttamente, per volgerlo, il 22, contro la Cresta Verde, tra il
-Pizzo Collina e lo Zellenkofel; ritentarono i due giorni seguenti
-contro Pal Grande e Pal Piccolo: sempre respinti con gravi perdite.
-Ad assicurare meglio la nostra situazione noi occupammo, il 25, la
-cima dello Zellenkofel, mentre essi ritentavano quella del Freikofel.
-Il 26 il nemico tentò di riprendere lo Zellenkofel. Il 27 con
-artiglieria da montagna, faticosamente trasportata su di un'alta
-vetta, distruggemmo un accampamento che i nemici avevano stabilito sul
-rovescio di Pal Piccolo; il 28 essi cannoneggiarono Cima Zellenkofel;
-il primo di luglio tentarono attacchi notturni contro Pal Piccolo;
-sempre inutilmente: a ogni attacco che respingevamo, la nostra
-situazione nelle posizioni occupate si faceva più forte. Con quasi
-punte perdite da parte nostra, continuammo a logorare il nemico, che
-a ognuno dei vani e rabbiosi tentativi lasciava nelle nostre mani
-uomini e munizioni. E ogni volta allargavamo fruttuosamente la nostra
-occupazione; così il 1º di luglio un nostro reparto alpino conquistò
-un trinceramento nemico nel versante settentrionale del Pal Grande,
-trinceramento che molestava continuamente il nostro possesso del
-Freikofel. Anche questa trincea fu oggetto di attacco, le notti del 3 e
-del 4, da parte del nemico che voleva riprenderla. Altre trincee verso
-Val d'Anger occupammo l'11 e il 12 di luglio. I tentativi contro le tre
-cime divennero abituali. Nei giorni nei quali non eravamo impegnati
-a respingerle, continuavamo a disperdere, con tiri di artiglieria,
-i lavoratori incaricati di munire d'opere d'approccio le pendici
-austriache verso il Freikofel.
-
-La menzione di simili attacchi inutili potrebbe continuare: nè è detto
-che essi siano per cessare.
-
-Volendo riassumere la storia della guerra in questo settore, potremmo
-dividerla in due periodi. Nel primo, dal 24 di maggio fin verso la metà
-di giugno, tenemmo un'azione difensiva contro i tentativi disperati
-d'attacco che il nemico operava, sempre con forze preponderanti, e
-preceduti da intense preparazioni d'artiglieria che talvolta durarono
-fino a tre giorni su tutto il ciglio, a raffiche di otto, di dodici
-colpi contemporanei. Periodo nel quale si rivelò nei nostri una
-delle doti più preziose e più rare del soldato nella guerra moderna,
-cioè la resistenza all'artiglieria. Portavano indietro i morti e
-riprendevano la posizione, impassibili. Nel secondo periodo, da mezzo
-il giugno in poi, stabilitici incrollabilmente, ci permettemmo azioni
-offensive, piccole incursioni. Ora che il passo di Monte Croce e la
-testata del But — cioè il più pericoloso collegamento stradale tra
-Val di Zeglia e Val Tagliamento — è solidamente nelle nostre mani, le
-nostre truppe vanno lentamente e irresistibilmente allargando le loro
-posizioni verso tutta la valle dell'Anger, sede principale delle offese
-dell'artiglieria austriaca verso questa regione.
-
-La valle dell'Anger è un vero campo trincerato, sistemato
-maravigliosamente, prodigiosamente armato da batterie multiple, d'ogni
-natura: mortai, obici, cannoni, mobili e fissi, da montagna e da
-campagna, di tutti i calibri, di tutte le portate.
-
-Quante voci ha la valle austriaca dell'Anger, quando scatena la sua
-sinfonia!
-
- * * *
-
-Perchè non sempre e non in ogni luogo la guerra è soprattutto silenzio.
-
-Ma anche allora non appare come disordinato frastuono d'inferno: ma
-è una riquadrata, ben organata sinfonia, in cui distingui le voci e
-gli strumenti, segui i temi melodici e lo svilupparsi delle armonie.
-È una magnifica musica, piena di varietà, di solidità, di ordine e di
-esaltazione.
-
-Un lontano rullo di echi sonori che per venti gole arriva fino alla
-vallata, ci invita ad avvicinarci. Montiamo per un poco, poi non basta
-montare, bisogna arrampicarsi. La strada s'è fatta mulattiera, e questa
-sentiero. E di mano in mano l'eco lontana è divenuta un preciso suono
-di rombi, isocrono, nitido. Le valli lo ripetono con armonie semplici.
-L'alba si fa giorno, la strada si fa ardua: e col crescer della luce
-e col ripire del cammino anche quel suono diviene più intenso e più
-rapido. Ora un rullo segue l'altro, ininterrottamente: sono tre rulli,
-tre note diverse prolungate dagli echi dei monti, e s'innestano su tre
-scoppi, uno più grave, due più acuti; e vengono di là dalle cime, da
-una lontananza ancor vaga dove la ripidità della costa sul nostro capo
-si perde tra l'infoscare degli abeti. Al di sopra un breve tratto di
-cielo candido e bianco senza una nube, rischiarato da un sole ancora
-invisibile. Siamo già tutti avvolti e come fasciati dai rombi.
-
-Ed ecco, d'un tratto, mentre il mulo s'è fermato qualche minuto a
-riposare in una svolta dell'asprissima strada a scaglioni che ci
-conduce, — ecco, d'un tratto, l'eco dei tre rombi è percorsa sopra la
-mia testa da un sibilo acuto, trillato, rapidissimo, punteggiato da due
-scoppi secchi: una granata; e subito dopo, quasi a risposta contro il
-sibilo, traversa tutta la gola la nota meno alta d'uno shrapnell, con
-altri due scoppi secchi.
-
-Da allora lo scoppio dello shrapnell e quello della granata non si
-distinguono più; si distinguono i due canti: il trivellìo aspro e
-acuto di questa, il fluire meno acuto e quasi flautato di quello. Gli
-schianti ininterrotti sono come note d'un accompagnamento sempre più
-rapido: il boato dei cannoni più lontani fa come una larga armonia
-continua su cui si appoggia il movimento accelerato degli scoppi e
-dei sibili, che ora fendono tutta l'aria intorno, incrociando in venti
-direzioni le loro linee diritte come lame.
-
-E il mulo sale, faticosamente, un passo dietro l'altro, uno scaglione
-dopo l'altro, e giungiamo a uno spazio ove la gola apre una veduta
-abbastanza larga sull'altra costa. Ivi, proprio sulla cima, piomba lo
-scoppio dei sibili e rompe dalla roccia il pennacchio nero e violento
-della granata che penetra ed esplode; e a mezz'aria, nella luce diafana
-del mattino già alto, sbocciano le nebulette degli shrapnell, azzurre
-col lembo rosa, verginali, e si dilatano, e i raggi obliqui del sole
-le dissolvono. Altre sono grige come di perla, altre candidissime;
-mettono una nota strana d'ingenuità di contro a quei maligni sputi neri
-che saltano dalle rocce, in mezzo al fervore crescente dei rombi, al
-lacerìo sempre più intenso dei sibili, al moltiplicarsi violento degli
-scoppi.
-
-E noi montiamo; e lo specchio del cielo si fa più ampio e più fulgido
-sopra il nostro capo.
-
-Ma in quello specchio appare un punto nero lontano, e s'avvicina ed
-ingrossa, e poi si fa chiaro, e prende forma, e mette l'ali, due ali
-morbide e svelte di libellula. Un grido si leva da tutte le bocche:
-
-— L'areoplano! —
-
-È un monoplano nemico, alto sulle montagne e sulle valli, bellissimo:
-color di rosa, venato lievemente d'azzurro.
-
-Da tutte le rocce, da tutti i boschi, da tutte le cime attorno, che
-parevano mute e deserte, si leva un fitto e continuo crepitìo di
-fucileria. L'areoplano non se ne accorge, avanza ancora, pieno di
-maestà e di grazia, fa una volata larga nel cielo, volge a destra e
-scompare.
-
-Non ha lanciato le bombe che aspettavamo. Forse ha fatto un segnale?
-Noi procediamo: ma pochi minuti dopo, improvvisamente, la sinfonia, che
-non ha cessato un momento, raddoppia d'intensità, si fa vicinissima,
-moltiplica le sue voci.
-
-Le granate non esplodono più nella costa di contro, ma in cima a questa
-su cui stiamo procedendo sempre più adagio. La cresta scoppia di tratto
-in tratto e lancia giù una gragnuola di sassi sulle nostre spalle,
-le pietre più grosse vengono a balzare tra le zampe dei muli che si
-spaventano, anche la strada davanti e dietro noi lancia sputi neri
-di terra e di roccia. La strada risponde col gemito lungo e bislacco
-dei muli imbizzarriti alle voci dell'aria e delle cime: e gemiti,
-schianti, miagolii, boati, scoppi, sibili, rombi, bussi, ululati,
-strappi, srotolar di nastri d'acciaio per l'aria, s'intricano in un
-crescendo maraviglioso d'armonia, incalzanti inebrianti frustanti: una
-gamma enorme di suoni che gli echi delle montagne riescono a fondere e
-lanciare come una voce sola contro il cielo già tutto invaso dal sole.
-
-Smontiamo e ci arrampichiamo, quanto più rapidamente è possibile, su
-per un canalone di ghiaia, per ripararci nel solo luogo sicuro: una
-trincea.
-
-
-
-
-Ancora attorno al Freikofel
-
-
- _Tolmezzo, 16 settembre._
-
-
-Stento ad allontanarmi da questa regione brulla ed eroica, che dallo
-Zellenkofel al Pal Grande ha accumulato le più aspre difficoltà e per
-la difesa e per l'offesa; regione desolata, priva d'ogni fascino della
-terra e del cielo, senza messi nella valle, senza boschi alle cime,
-senz'alcun aiuto naturale all'opera dell'occupazione, e che segnò
-della nostra conquista prima il tratto forse più maraviglioso. Qui
-la prima conquista costò più che altrove: per ben due mesi dovettero
-combattere i nostri per prendere ed afforzare le cime che già in
-diritto appartenevano al nostro confine. E per due mesi combatterono e,
-che è quasi più maraviglioso, vissero, sotto la pioggia continua, in un
-terreno in cui la costruzione dei ripari era estremamente difficile,
-senza comunicazioni perchè queste strade furono costruite poi,
-allargando a carrareccia quella ch'era mulattiera, facendo mulattiera
-d'ogni sentiero da capra, scavando strade nei canaloni franati dalla
-vetta: ivi vissero e combatterono, conducendo su per quei dirupi non
-assalti isolati, nei quali l'impeto quasi ebro della prima mossa regge
-e spinge fino alla fine, ma serie ininterrotte d'assalti. Sul solo
-Freikofel se ne fecero sette, a baionetta in canna.
-
-E può darsi che il lettore ricordi che altre volte gli ho detto
-qualche cosa di simile e si stanchi della monotona ripetizione. Ma la
-situazione è quella sempre, dappertutto, e non si stancano i nostri
-alpini — e i bersaglieri e la fanteria che appena posti là diventano
-degni alpini essi pure — e pazientemente riprendono quasi ogni giorno
-le azioni faticose e sanguinose. Il loro eroismo di fronte al pericolo
-è quasi meno ammirevole della loro resistente pazienza a una vita di
-quella sorte, che par non debba avere un termine mai.
-
- * * *
-
-Eccoli, guardia arcigna del passo di Monte Croce, eccoli là giù, il
-Pal Piccolo, il Freikofel e il Pal Grande, come li abbiamo visti da
-una cresta di Monte Crostis ove il prato s'è arrampicato ad altezze cui
-giunge raramente.
-
-Lungo la cresta corre una trincea, ora abbandonata, onde mosse nei
-primi giorni l'azione. Appoggiandoci al parapetto della trincea come
-a un terrazzo di belvedere, lo sfondo delle cime austriache, dal
-Rauchkofel al Polenick e al Köderhöhe, irto di punte nitide e candide,
-ci abbaglia. Ma più vicini e più bassi Pal Piccolo e Pal Grande,
-fiancheggiando il Freikofel e facendo una stretta triade con esso,
-s'isolano, tristi, freddi, maligni: il Freikofel specialmente, tondo
-come un cranio, e calvo con radi capelli d'alberi magri e brulli che
-ne fanno apparire più tignosa la calvizie, e tutto d'un colore maligno
-di croste risecchite giù per i fianchi che dal cocuzzolo tondo scendono
-alla radice ripidi senza una piega senza una sosta.
-
-L'ho riveduto dal basso, dopo avere ripiti faticosamente gli scaglioni
-d'una gola angusta in cui piove sempre, anche nei giorni più quieti,
-qualche granata errabonda fischiata giù dal Köderhöhe. E di giù la
-sua crosta appare ancora più cattiva e maligna, corsa, dalla base alla
-sommità del cocuzzolo pelato, da un canalone di ghiaia: quello su per
-il quale gli alpini condussero i sette assalti impossessandosi della
-cima.
-
-Ora sulle cime dei tre monti e sulle creste delle forcole che li
-congiungono e li distinguono, sono le nostre trincee, e a cinquanta, a
-quaranta metri, di faccia, di sotto, di sbieco, a seconda dei bizzarri
-accidentamenti della roccia nel versante settentrionale, le trincee
-nemiche. I nostri e i loro sono a faccia a faccia. Si vedono, si
-parlano, si uccidono.
-
- * * *
-
-Ho potuto visitare parecchie delle trincee che costituiscono tutto
-questo sistema — limitato a occidente dalla testata di Val Degano e
-a oriente da quella di Val But; — ed era appunto un giorno in cui
-s'era dovuto respingere uno dei frequenti attacchi che il nemico
-ritenta contro queste posizioni invidiatissime: il 14 settembre. I
-soldati hanno osservato che gli attacchi più aspri furono fatti il 14
-di giugno, il 14 di luglio e il 14 di settembre: forse gli austriaci
-annettono a quel giorno il valore di una misteriosa cabala. Ma la
-cabala non ha mai valso per loro. Anche l'altro giorno, quando sono
-arrivato alle trincee, essi avevano già cominciato a cedere e a
-ritirarsi. In realtà non s'erano nemmeno arrischiati troppo fuori dai
-loro ripari. Al solito, avevano cominciato, all'alba, con un intenso
-cannoneggiamento di tutto il settore, subito accompagnato da fitte
-scariche di fucileria dalle trincee, che, come ho già detto, sono in
-qualche punto a non più di quaranta metri dalle nostre. E poco dopo
-da qualche trincea qualche linea di soldati era uscita accennando
-ad avanzare: movimento più accentuato ove la trincea loro non era
-parallela alla nostra ed essi potevano quindi sperare nell'effetto di
-un fuoco d'infilata. Ma dopo pochi metri erano stati falciati, nè altri
-si arrischiarono dietro i primi. Continuò il fuoco da tutte e due le
-parti: fuoco di cannone e di fucile, perchè le artiglierie del Pölenich
-e del Köderhöhe proteggevano in avanti la loro azione, così come le
-nostre più alte proteggevano la difesa. Perciò le granate austriache
-che cercavano le nostre trincee s'incrociavano con le nostre che
-battevano sulle trincee nemiche; una specie d'infernale padiglione di
-sibili e di scoppi s'intesseva e s'incurvava sopra le opposte gragnuole
-della fucileria. Fortunatamente le nostre trincee sono in angoli morti
-rispetto ai loro tiri d'artiglieria e non temono l'arrivo diretto delle
-granate; d'altro canto sono così saldamente scavate nella roccia e così
-ben protette, sopra e dinanzi, dalle murature e dagli strati spessi
-dei sacchi, che lo scoppio dei proiettili anche a poca distanza ben
-raramente le offende. Ognuno degli attacchi che dobbiamo respingere
-rappresenta per noi una percentuale di perdite assolutamente irrisoria
-di fronte al logorìo continuo di forze del nemico.
-
- * * *
-
-Irrisoria.... La parola pare crudele a chi ha visto un morto. Vedere
-l'uomo, che poco prima stringeva un fucile e gridava una parola di vita
-impetuosa e sorrideva una sfida alla morte, fatto pochi minuti dopo
-inerte e solenne, recinto attorno dalla pietà commossa dei compagni —
-vi richiama d'un tratto, in mezzo a tanto tumulto di esasperata vita
-collettiva, a quel senso dell'individuo che l'aspetto della guerra
-aveva assolutamente abolito dalla vostra visione.
-
-Ma il primo cadavere che ho veduto era austriaco.
-
-Fu appunto da una di queste trincee. Spingendo lo sguardo di là da una
-feritoia, un momento in cui l'azione illanguidiva, nel breve tratto che
-mi separava dalla muta trincea nemica, scorsi, gettata bocconi in un
-anfratto della roccia, una forma semiumana, schiacciata contro il suolo
-come da un'antica intemperia che vi fosse passata sopra senza possibile
-rifugio. Potevano alle prime parere nulla più che vesti, dalle quali
-il vento, la pioggia e la polvere avevano tolto ogni definibile colore;
-ma un ondeggiare sotto di quelle mi vi faceva sentire entro la presenza
-delle membra, mentre pure avevo l'impressione che andando a raccogliere
-quella cosa essa mi si sarebbe sfasciata tra le braccia. Poi mi accorsi
-che un piede usciva di sotto, una mano di fianco, un piede e una mano
-fatti vicinissimi dalla deformazione del cadavere e dallo scorcio
-violento in cui la forma del suolo me lo presentava. E d'improvviso mi
-s'integrò nella mente tutto il corpo morto come doveva essere ridotto
-sotto i cenci scoloriti: appiattito, slogato, lacunoso: raccapricciante
-in quel tragico abbandono.
-
-Anche invitati dai nostri a ritirare i loro cadaveri con la promessa
-d'una sosta nelle offese, non sempre gli austriaci si fidano, e
-rifiutano: — Se non tirate voi tiriamo noi — rispondono. E lo fanno
-davvero. C'erano tre cadaveri austriaci in quello stesso punto. Alcuni
-nostri soldati, non riuscendo a credere alla cinica affermazione
-austriaca, uscirono e corsero per adempiere essi all'ufficio pietoso.
-Ma gli austriaci mantennero la promessa e spararono. Tuttavia anche
-feriti i nostri riuscirono a raggiungere e raccogliere due di quei
-cadaveri e a portarli tra i nostri. Gli austriaci raddoppiarono il tiro
-tanto che un ufficiale dovette ordinare ai nostri di non uscire più e
-di abbandonare il terzo.
-
-Ora quei due sono sepolti in un piccolo cimitero a valle della
-posizione. Nel luogo più riparato e sicuro i soldati italiani non hanno
-disposto una trincea, un ridotto, un appostamento, una sede di comando:
-ma il cimitero, in cui all'occorrenza dànno ospitalità anche ai nemici
-rifatti fratelli dalla morte. Rocce altissime lo proteggono, alberi
-radi lo adornano, file di crocette bianche con un nome e una data lo
-costellano, dandogli aspetto di placida aiola: aiola di gloria e di
-pietà. Vengono ivi ogni giorno, anche per un sol minuto, a salutare i
-morti; cercano di fare attecchire qualche fiore, sradicato dai dirupi,
-nella terra arida. I fiori attecchiscono e il vento dell'alpe li nutre,
-sotto il sibilare delle granate. I soldati, a capo scoperto e volti
-chini, guardano con affetto le tombe. E tacciono, finalmente. È la
-sola isola di silenzio e di meditazione in mezzo all'ondata impetuosa
-e fragorosa del loro ardore impaziente.
-
-
-
-
-Il silenzio di Malborghetto
-
-
- _Chiusaforte, 18 settembre._
-
-
-Quando i primi comunicati del Comando Supremo ci dissero occupate le
-testate di Valdogna e di Val Raccolana, abbiamo potuto credere che
-questa occupazione rientrasse semplicemente in quel sistema di prima
-rettificazione ed afforzamento del vecchio confine, che costituì il
-primo momento — rapidissimo — della guerra.
-
-Invece Valdogna e Val Raccolana hanno rappresentato per noi qualche
-cosa di assai più che un lembo estremo di terra nostra da difendere.
-
-Non alludo con questo all'opinione, abbastanza diffusa, che tra i
-piani d'invasione di Conrad fosse quello per Val Fella e per le valli,
-diramate come le nervature d'una foglia di vite, o, se più vi piace,
-come l'ossatura di una mano, che formano la caratteristica dell'angolo
-nord-orientale della Carnia e dell'Italia. Ragionare sopra piani
-d'invasione non posti in atto è cosa alquanto inutile e pazzotica.
-
-Ma Valdogna e Val Raccolana hanno significato per noi Malborghetto.
-Malborghetto, chiave dell'alta Val Fella e con essa di Tarvis onde
-muovono diritte le due arterie più vive dell'Austria, fu uno degli
-obiettivi più tenacemente perseguiti e più utilmente raggiunti dalla
-nostra offensiva.
-
-Ora Malborghetto tace, e il suo silenzio è dovuto alla sùbita sicurezza
-che la nostra azione primissima ha saputo dare alle più alte valli
-della Carnia orientale.
-
-Prendere Malborghetto procedendo da occidente a oriente, a ritroso
-del corso dell'alto Fella, sarebbe stata impresa lunga, pericolosa,
-sanguinosissima, e tutt'altro che sicura.
-
-Far tacere Malborghetto operando dal sud, dall'estrema nostra costa
-che dalle profondità di Valdogna sale fino alla cresta percorsa,
-parallelamente all'alto Fella, dal nostro confine, fu una delle
-idee più geniali fra le tante genialissime in cui si scompone e si
-complica l'opera del nostro piano di guerra. E la piena riuscita ne ha
-dimostrato luminosamente la genialità.
-
- * * *
-
-Valdogna era già tutta compresa nel nostro territorio, ma la testata,
-che giunge appunto alla linea di confine, dovè esserne conquistata e
-rafforzata i primi giorni di guerra. Perchè gli austriaci, che sapevano
-quanto fosse necessario in una guerra di questo genere essere padroni
-delle cime, avevano tentato d'impadronirsi di tutte le punte, non già
-allo scoppio della guerra, ma qualche ora prima. Noi sparammo la nostra
-prima cannonata la mezzanotte del 24, essi avevano sparato la loro
-prima fin dalle 18 del 23, e subito erano corsi a prendere le punte ove
-passava il confine, con sei ore dunque di vantaggio sui nostri.
-
-L'irregolarità del procedimento non valse, chè da tutte furono
-ricacciati.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Valdogna dunque era nostra. Ma in un punto, in uno solo, essi erano
-rimasti, cioè nella forcella Cianalot, che scende dal costone a nord
-della Valdogna: posizione privilegiata in quanto rappresentava un
-occhio del nemico aperto su tutta la nostra valle. E perchè ne sapevano
-l'importanza l'avevano da tempo afforzata con trincee di calcestruzzo.
-Perchè il Cianalot fosse soltanto un occhio del nemico sulla valle
-e non si trasformasse anche in una strada per accedervi, i nostri
-alpini avevano occupato subito una costa diruta del monte Pipar, che
-dal Cianalot chiude la valle fino alla testata, cioè alla sella di Som
-Dogna. E di là sorvegliavano il nemico. Al disopra del Cianalot, verso
-nord, si levano i due Pizzi, per i quali passa il confine, all'altezza
-di oltre duemila metri: e di essi il più alto, Pizzo Occidentale, era
-occupato dagli austriaci, il più basso dai nostri.
-
-Così attorno alle trincee del Cianalot si stringeva una rete di
-vigilanze oculate dall'una parte e dall'altra; ma l'occhio nemico
-rimaneva sempre aperto sulla nostra valle, e pareva impossibile
-accecarlo, perchè appena occupato dai nostri il luogo si sarebbe
-trovato sotto la gragnuola delle granate che il Pizzo Occidentale non
-avrebbe mancato di rovesciare su di esso.
-
-Ma questa guerra pare sia fatalmente disposta a dimostrare che nessuna
-impresa è impossibile all'ardire italiano. Il 30 di luglio, mentre da
-Granuda un attacco frontale si dirigeva contro il Pizzo austriaco,
-e una colonna da Forcella di Bielica accennava un'azione diversiva
-verso Lusnitz in fondo di Val Fella, allo scopo di attirare su di sè
-le riserve che avrebbero potuto essere impegnate a sostenere la difesa
-del nostro obbiettivo d'attacco, le batterie di Valdogna aprirono
-improvvisamente, tutte insieme, un fuoco d'inferno contro le trincee
-del Cianalot; un fuoco che durò parecchie ore, ininterrottamente; tutta
-la gamma degli spari, da quelli dei calibri maggiori a quelli dei
-minori, si rovesciò sui duecentocinquanta austriaci che tenevano la
-forcella, li assordò, li lasciò letteralmente storditi. Poi i nostri
-cominciarono ad allungare i tiri verso la parte più alta del monte,
-un po' più su delle trincee da occupare, sempre mantenendo altissimo
-il frastuono infernale: gli austriaci credevano che noi sbagliassimo
-il tiro e si stavano rannicchiati per proteggersi dai frammenti di
-roccia che rotolavano giù dalla cresta battuta; aspettavano che la
-tempesta passasse. Invece venne la folgore; con l'allungamento dei
-tiri i nostri non miravano ad altro che ad ingannare il nemico, a
-mantenerne il salutare stordimento, e a far luogo all'attacco diretto
-dei nostri alpini; i quali volarono su per il Cianalot, furono sopra
-ai nemici, e di duecentocinquanta che erano ne trafissero centoventi
-con le baionette e ne presero centosette prigionieri, prima che
-potessero risentirsi. Gli altri riuscirono a nascondersi tra i dirupi,
-senza difendersi. Tra i prigionieri fu il capitano, il quale appena
-si vide addosso quegli arditissimi cercò di precipitarsi al gabbiotto
-del telefono. Nel gabbiotto bisognava entrare carponi per un buco;
-egli v'era già dentro con mezza la persona, un alpino lo raggiunse e
-riuscì a prenderlo per una gamba; così tenendolo fermo recise con una
-forbice i fili del telefono, poi tirò fuori il capitano che strillava e
-insultava gli assalitori. A stento riuscì ai nostri ufficiali di trarlo
-dalle mani degli alpini. Fatto prigione e alquanto placato, egli stesso
-volle stringere la mano di quelli che l'avevano preso ed ebbe parole di
-ammirazione per la loro audacia.
-
-Così avemmo a un tempo il Pizzo ancora austriaco e il Cianalot; fu
-chiuso per sempre l'occhio del nemico sulla importantissima valle, che
-continuò e continua ad afforzarsi di opere d'ogni sorta, e specialmente
-di strade. In pochi altri luoghi come in questa valle si potè ammirare
-la tecnica della guerra di montagna, in cui contemporaneamente occorre
-provvedere le strade provvisorie per armare e quelle definitive per il
-rifornimento. Il quale ora si compie in modo continuo e perfetto.
-
-Sul Pizzo Occidentale i soldati vi mostrano ancora, con sguardi pieni
-di legittimo orgoglio, gli strappi chiari fatti nella roccia nera dalle
-loro granate.
-
- * * *
-
-Una delle vallette laterali di Valdogna è quella del torrente Montasio,
-che porta al Jof di Montasio, la cui cima tocca la quota di 2754 metri.
-Per la cima passa il confine, e tutto il monte era nostro. Ma al Jof
-di Montasio, che è pieno di caverne e di anfrattuosità, si accede per
-mezzo di corde metalliche dalla testata dell'austriaca Val di Seisera:
-e un piccolo drappello dei loro era riuscito una notte a raggiungere
-una di queste anfrattuosità dalla parte che guarda la nostra valle, a
-incavernarvisi, a stabilirvi un osservatorio. Scivolando in mezzo alle
-strettissime e dirute guglie in cui la cima si frange, erano riusciti
-anche a collocare un filo telefonico che dal detto osservatorio saliva
-alla cima, attraversava ivi il confine, e scendeva dall'altra parte,
-ove un apparecchio ricevitore accoglieva indisturbato il risultato
-delle osservazioni. Per parecchio tempo la giustezza di certi loro tiri
-nella valle (e le case scoperchiate di alcuni di questi paesetti ne
-fanno ancora testimonianza) dettero segno ai nostri dell'esistenza di
-un osservatorio da quella parte: ma non si riusciva a individuarlo. I
-nostri alpini, restringendo sempre le ricerche, andarono ad appostarsi
-sul Jof di Miez, a duemila metri, in faccia a quello di Montasio, nel
-versante meridionale del Dogna; di là finalmente scoprirono un giorno
-un austriaco che usciva dalla caverna per le quotidiane osservazioni.
-Allora l'osservatorio fu battuto dalle artiglierie, poi gli osservatori
-furono snidati dalla loro caverna, vero nido di aquile, con un attacco
-diretto, e l'occupazione il 22 di giugno fu estesa alla imminente
-Cresta Verde, a 2634 metri di altezza, contro la quale il nemico tentò
-poi più volte vani attacchi notturni.
-
-Ma il nemico conosce il valore di queste valli, e non potendo più
-sperare di rimettervi piede, vi sfoga contro talvolta un poco di
-inutile rabbia. Giorni sono un areoplano si presentò a cinquecento
-metri al disopra del Montasio, percorse Valdogna, uccise un cavallo con
-una bomba, arrivò fin sopra la stazione di Chiusaforte, e ne ripartì
-senza aver fatto danni di sorta. Era una giornata limpidissima e calma,
-quali sono oramai rare tra questi monti: nei giorni comuni un tentativo
-di questo genere non potrebbe essere fatale che per l'areoplano stesso.
-
-E sparano, ogni giorno, un po' a caso, colpi un po' d'ogni calibro, non
-più contro nostre batterie, che non possono più individuare, ma dove
-possono credere che abbiamo degli osservatori. In un giorno solo hanno
-sparato più di mille colpi.
-
-Sparano, si spostano, sparano ancora. Hanno ancora due dei loro 305,
-che tuonano per una, due, tre settimane contro Valdogna: poi tacciono
-tre o quattro giorni, poi riprendono a tuonare contro Val Raccolana.
-Di dietro il Nebria tirano in Valdogna (in un giorno solo mandarono
-in direzione di Implanz settanta colpi); di dietro il Raukoff si
-accaniscono verso Val Raccolana, con i loro tiri uguali, uno ogni
-sei minuti all'incirca, cui i soldati e gli operai si sono abituati
-magnificamente.
-
-Ma Malborghetto tace.
-
- * * *
-
-Tace Malborghetto, e tacciono i forti del suo sistema, da tempo. Il
-piazzamento delle grosse batterie contro Malborghetto fu compiuto il 12
-di giugno; il primo colpo fu tirato dal generale Cadorna per augurio.
-
-Il giorno dopo fu incendiata, con esplosione di depositi di munizioni,
-la parte alta di Malborghetto; il 13 esplose la parte bassa del forte
-Hensel; il 16 fu ruinata la cortina che unisce l'opera alta all'opera
-bassa di Malborghetto e le piazzuole dell'artiglieria scoperta; il
-23 fu sfondata una cupola del forte Hensel; nuovi danni alle opere di
-Malborghetto furono ottenuti con azioni dei primi giorni di luglio; il
-29 fu sfondata un'altra cupola del forte Hensel.
-
-Ora Malborghetto tace. Gli austriaci lo hanno fornito di appariscenti
-cupole di cartone per ingannare i nostri sull'effetto dei tiri, ma il
-cartone non fa il monaco e quel cartone è oggetto di riso ai nostri
-allegri artiglieri.
-
-Tace Malborghetto, ma parla ancora, dietro Malborghetto, il Nebria,
-parla ancora il Gugberg. La serie delle cime da prendere, delle
-valli da varcare, dei forti da smantellare, par che si rinnovi a ogni
-nuova conquista. Battute le opere permanenti, le cime all'intorno,
-che erano già nidi solitarii d'uccelli rapaci, e ieri posti di
-sentinelle avanzate o di osservatorii, diventano esse stesse forti.
-Le opere permanenti cedono il luogo alle batterie mobili, il lavoro
-d'individuazione deve rinnovarsi ogni giorno. Tutta la somma della
-guerra si restringe nelle pupille di pochi osservatori, che debbono
-ogni giorno scoprire una vampa nuova, minima, senza fumo, sortire da
-un crepaccio fino a quell'ora muto e cieco: e sanno che quella vampa è
-già pronta a spostarsi, sanno che domani dovrà rinnovarsi il lavoro di
-scoperta.
-
-Così si cerca di moltiplicare l'azione dei tiri indiretti: alcuni
-di questi angusti e profondi incassamenti di montagne son diventati
-vere e proprie orchestre di artiglierie, disposte secondo la varia
-portata degli strumenti, pronte a un cenno direttoriale che scateni
-la sinfonia: i pezzi di maggior calibro in fondo alle valli: enormi
-gole di bronzo, piantate sugli affusti saldamente come lottatori
-incrollabili, sopra le piattaforme girevoli. A mezza costa i muscoli
-più svelti dei pezzi un po' minori, rintanati nelle caverne di cemento,
-confusi tra il color vario delle crepe e delle stratificazioni che
-striano e macchiano tutta la montagna e rendono impossibile a pochi
-passi distinguere con precisione un disegno o una forma; più su, in
-qualche conca che pianeggi nella costa del monte, batterie medie,
-coperte di frasche d'abete, boschetti ingannevoli che paion recessi
-di ninfe; più su ancora le batterie minime e più mobili, avanguardie
-snelle e leggiere del corteo, paggi dei giganti.
-
-Da ultimo, al sommo, allo scoperto, l'uomo col fucile e la granata a
-mano, la trincea, la vita che va a braccio ogni minuto allegramente con
-la morte.
-
-Allegramente. In quasi tutte le trincee c'è almeno un mandolino e una
-chitarra, e un giuoco di bocce.
-
-
-
-
-La città senza bandiere
-
-
- _Udine, 20 settembre._
-
-
-Udine è oggi — estate autunno del quindici — la città più interessante
-d'Italia. Tutta l'Italia è intenta soprattutto qua. È la città più
-importante della nazione. Poi viene, forse, Roma, caput mundi. Ma prima
-Udine. Non il capo; è il pugno d'Italia, che tiene stretto il ferro con
-la punta oltre l'Isonzo e lo spinge sempre più in là. O, se preferite,
-che stringe le briglie della nostra corsa verso la vittoria. O quale
-altra immagine vi piaccia meglio; ma oggi non è tempo da immagini.
-E non è città da immagini questa. Piena di fatti, positiva, ferma,
-tenace, pronta.
-
-Era una città del silenzio. Oggi è piena d'una vita nuova, tutta azione
-fragore rapidità. Ma l'anima ne è calma e silenziosa ancor oggi come
-prima.
-
-È stata sicura sempre della guerra senza sentire la necessità di
-gridarlo troppo alto. È sicura oggi della vittoria e non una bandiera
-sventola dalle finestre de' suoi palazzi vecchi e de' suoi villini
-recenti. Vede passare a uragani i soldati verso il fronte così vicino,
-vede tornare i feriti, sa ogni giorno ogni cosa, tutti i particolari
-minimi di quello che è avvenuto là, a pochi chilometri; conosce gli
-eroismi innumerevoli, le difficoltà sanguinose, le fatiche, gli ardori
-di quelle torme — tra le quali son tanti de' suoi figli. E non un grido
-d'incitamento o di spavento, di dolore o d'ardore, si leva dal colle
-d'Attila verso il denso cielo friulano, verso le muraglie nere della
-Carnia che le troncano l'orizzonte lontano, verso le alture accavallate
-di là dalle quali sente tremare e sperare Gorizia.
-
-Racconta un padre:
-
-— Mio figlio è stato ferito ieri in un braccio, d'una palla di fucile.
-Due giorni prima un'altra palla gli aveva portata via di netto la
-visiera del berretto. Si vede che la sua ora non è ancora venuta. Tra
-quindici o venti giorni sarà guarito e potrà tornare al fronte. —
-
-Racconta un altro padre:
-
-— Dicono che mio figlio, essendo stato tra i primi a saltare in una
-trincea nemica, sia stato ucciso. Non ho ancora messo il lutto perchè
-non ho l'annuncio ufficiale della sua morte. —
-
-E sono padri affettuosissimi. E so certo che in fondo al loro cuore
-è la tempesta. Ma ciò che è inevitabile, naturale, superiore s'impone
-subito al loro pudore, ai loro affetti, alla loro umanità di individui.
-
-Il friulano è fatto così.
-
-Ho visto nella campagna, a San Giovanni di Manzano ov'ero stato in
-primavera, contadini insolfar le viti mentre si sentiva rombare il
-cannone: “No, no, non è il tuono” dicevano rassicurandosi.
-
-Quando scoppiò la guerra non ci fu esodo. Solo poche donne
-s'allontanarono, e ora sono tornate. E si noti che prima della guerra
-era opinione diffusa che non avremmo avanzato subito oltre l'Iudrio, ma
-che ci saremmo ritirati sul Tagliamento.
-
-Il friulano è fatto veramente così: ma c'è anche un po' di curiosa e
-simpatica civetteria collettiva della città, che sente tutti gli occhi
-e i pensieri d'Italia fissi su lei, sa di essere “la città del giorno”,
-e non vuol mostrare di maravigliarsene troppo. C'è la gran guerra? “Se
-capisse”. Il pugno della guerra è proprio Udine? Ma è naturale: “po
-no ueglial?” — come dicono nel loro musicalissimo idioma. A Milano
-se qualcuno viene a raccontare il minimo episodio nuovo, o anche a
-riraccontare il vecchio, tutti gli si stringono attorno, sbarrano gli
-occhi, commentano, gridano “Viva l'Italia!”. Qui non mostrano nemmeno
-d'interessarcisi troppo. Tengon dentro; sorridono d'un mezzo sorriso
-tenero, pieno di sfumature. E non gridano.
-
-E per tutta la città non sventola un solo tricolore.
-
-Se gridassero, non si sentirebbe. C'è una voce che s'impone su
-tutte, con un frastuono continuo, che al primo scendere nella città
-vi sgomenta; ma dopo mezz'ora la sentite anche voi come se fosse la
-voce naturale del luogo: sbuffi enormi e palpiti di motori, fischi di
-sirene, tremuoto incessante dell'acciottolato e del lastrico sotto le
-automobili, le motociclette, gli autocarri, i camions, i trasporti
-di ogni genere, dai più veloci, che v'abbagliano e sfumano, ai più
-pesanti, che stritolano senza riposo il suolo della città senza
-bandiere.
-
- * * *
-
-Anche la chiesa s'è fatta per l'occorrenza una vita militare.
-
-Tutte le domeniche c'è una messa speciale per i soldati, con predica
-eroica, di padre Semeria e di padre Gemelli, cappellani militari,
-alternatamente. La prima fu in giugno, nella chiesa di Sant'Antonio,
-annessa all'Arcivescovado. C'ero. Gremita di soldati: non più di due
-o tre borghesi, scivolati dentro contro l'ordine; non più di due o tre
-donne, ammesse per cavalleria: negli stalli del coro sedevano generali
-e altissimi ufficiali del Comando. Una messa — tra le pareti nude, in
-quel grigiore di uniformi avvivato appena dai varî colori dei colletti,
-illuminato appena dall'argenteo delle cento e cento stellette dei
-gradi — una messa breve, rapida, militaresca. E dopo la messa l'organo
-e i cantori intonarono l'inno di Mameli, e i soldati affollandosi
-all'uscita s'univano al coro. I muri stessi, e il monumento dei
-patriarchi Francesco ed Ermolao Barbaro, parevano maravigliati e
-commossi di quella novità miracolosa. — Da allora in poi fu sempre nel
-Duomo.
-
-Anche fuori delle mura cittadine la vita della guerra vicina ci
-accompagna. Percorrendo i viali di circonvallazione intorno alla città
-si ha in qualche punto l'illusione che le sia stato messo l'assedio.
-Lunghissimi tratti dei viali sono orlati da una linea di tende da
-campo, ed è un vero accampamento, co' suoi bivacchi. In un largo prato
-i padiglioni candidi d'un ospedale da campo; in un altro un parco
-d'automobili; in un terzo d'areoplani; poi ancora le antenne i fili e
-le tende d'un impianto radiotelegrafico. Il colore caldo della paglia
-domina, penetra, tremola, un po' dappertutto. Più interminabili ancora
-delle file di tende, file di muli e muli, lungo le ville chiare;
-muli magnifici, da pianura e da montagna. E cavalli. È il frutto
-d'una requisizione immensa. I cavalli militari si distinguono a colpo
-d'occhio dai cavalli, diciamo così, borghesi. Quelli hanno pose più
-eroiche, scalpiti più impazienti. Questi sono dei buoni territoriali
-tranquilli, nitriscono meno alto, hanno nell'insieme qualche cosa di
-più sommesso e raccolto.
-
-Come li capisco! Come si sente sperduto, solo, meschino, inutile,
-ingombrante, intimidito, il “borghese”, l'uomo in cravatta e paglietta,
-o magari anche in abito sportivo, qui in mezzo! Anche tra i carriaggi
-militari d'ogni genere vedo circolare modestamente per la città veicoli
-borghesi d'ogni forma e provenienza: carrettini siciliani, barrocci
-toscani, automobili d'albergo, d'alberghi d'ogni parte d'Italia. La
-circonvallazione è interrotta da nove porte, taluna delle quali ancora
-fiancheggiata da una torre bassa e quadrata. Molte sentinelle guardano
-ogni porta. Qualcuna guarda anche le lavandaie chine a sciacquar panni
-nella roggia: pare una cartolina illustrata. Unica nota malinconica
-di questo paesaggio, le fabbriche chiuse e silenziose: le necessità
-militari della regione non permettono che giunga qui in sufficiente
-quantità la materia prima. Ma nemmeno per questo il friulano mostra di
-commuoversi troppo.
-
- * * *
-
-No, non si ha l'impressione della miseria, neppure se cerchiamo di
-addentrarci nella vita cittadina penetrando l'immensa sovrapposizione
-militare. Come tutte le persone silenziose la città senza bandiere è
-provvida. Meriterebbe più parole che non ne possa avere quest'articolo
-l'organizzazione della preparazione civile, solertissima e fortunata
-nel raccogliere e distribuire fondi per i disoccupati e per le famiglie
-dei richiamati, nel curare gli interessi di queste, nel custodirne i
-bambini, nel distribuire libri e biancheria e notizie. Il contraccolpo
-della guerra sarà sentito il meno possibile dalla parte più povera di
-Udine.
-
-Ma in questo momento c'interessano, nella città alle porte della nuova
-Italia, soprattutto le organizzazioni che hanno più diretta attinenza
-con l'azione militare. Quella degli ospedali anzitutto. Udine è, oltre
-il resto, come un grande ospedale di tappa.
-
-Non dobbiamo immaginarci che ciò diffonda su essa un senso di pena, che
-essa ne sia divenuta come un luogo di dolore, donde la guerra si vede
-da vicino in quello che ha di più orribile e di più compassionevole.
-
-Non è vero affatto. Per accorgersi che questa è una delle più vicine
-e maggiori tappe di feriti, bisogna pensarvi, e cercarli: tanto ne
-è saggia la distribuzione. E di feriti ce ne sono, e assai più si
-potrebbe ospitarvene: circa duemila e cinquecento almeno. L'ospedale
-militare centrale, il collegio Toppo Wassermann, l'ospedale civile
-con succursale nelle scuole di via Dante, il seminario arcivescovile,
-l'ex caserma Duodo: ecco, oltre i parecchi e modernissimi ospedali
-da campo, tutti luoghi destinati ai feriti e ai malati. Modello di
-tutti è riuscito il Toppo Wassermann. Era un collegio, fondato con un
-lascito privato di un milione da un irredento: ora — pur continuando a
-ospitare durante l'estate in due camerate una ventina di ragazzi che
-essendo di famiglie triestine non furon potuti rimandare a casa — ha
-ceduto gratuitamente tutti gli altri locali e l'intero personale di
-servizio all'autorità militare. Tutta l'organizzione e il personale del
-collegio, dal rettore al cuoco, sono rimasti, e sempre gratuitamente,
-a servizio della nuova funzione. Soltanto i medici sono militari; il
-servizio e la direzione fu assunto dalle dame della Croce Rossa, che
-qui funzionano egregiamente. Ho potuto vederne tutte le sale: quelle
-dei feriti gravi, dei leggieri, degli ammalati, degli infettivi,
-dei feriti prigionieri, delle operazioni. Non ho avuto, fin dal
-primo entrare, l'impressione stringente che fa l'entrare in uno dei
-nostri soliti ospedali civili. Non so se fosse la gran luce, l'aria
-circolante, la chiarezza delle pareti, la candidezza delle dame bianche
-con la croce vermiglia, o la serenità e spesso la giocondità dei volti
-dei feriti che vi erano ospitati, o il vedere vuoti almeno una metà
-dei letti disponibili e pronti. In mezzo a una sala c'era una grande
-tavola bianca, piena di fiori, di cristalli, di bibite multicolori, di
-dolci. In fondo un altare infiorato e bianco, per la messa; è mobile,
-lo trasportano un po' in tutte le stanze.
-
-Nessuno degli ospiti pensa a parlarvi della sua ferita; se glie ne
-domandate, dopo poche parole vi accorgete che egli ha già cambiato
-discorso. Parlano più volentieri dei fatti d'arme cui hanno preso
-parte: della conquista del Kuk, dell'ardua salita di fuoco alla
-Podgora, delle giornate tremende di Plava, del Carso desolato e
-violento, delle bombette che gli austriaci lanciano dalle cime dei
-cerri quando una loro trincea sta per essere raggiunta dai nostri,
-che a poco a poco le raggiungono tutte. Quasi tutti hanno voluto
-tenere il vestito che avevano quando furono feriti, e vi mostrano
-lo strappo. I pochi feriti alla testa hanno il berretto sotto il
-guanciale: ve ne fanno esaminare con molta compiacenza gli squarci.
-Alcuni si tengono sotto le lenzuola una cartuccia austriaca, un pezzo
-di shrapnell, una pinza di cui il nemico si serviva per tendere i
-reticolati, altri ricordi. I più sono feriti ai piedi, alle gambe,
-alle mani. Un fiorentino di Borgo dei Greci, allegrissimo, aveva la
-testa e mezza faccia fasciata; aveva perduto un occhio. Poi m'accorsi
-che aveva fasciati anche un braccio e una mano. Mi spiega che siccome
-nello sparare si chiude un occhio, lui potrà benissimo tornare al
-fronte e sparare ancora. L'importante per lui era che guarisse presto
-la mano. Tutti hanno questo solo pensiero: tornare al fronte. C'è in
-ognuno come un senso di delusione che quella grande cosa cui si era
-preparato con tanto fervore, debba, per lui, essere finita così, dopo
-pochi giorni, in un momento, mentre c'è ancora tanto da fare per gli
-altri. E vogliono tornare. E molti torneranno. Guariscono rapidamente,
-non è avvenuto che nessuna ferita si aggravasse nei feriti portati
-dal campo. Non so se ci siano statistiche in proposito ma mi fa
-l'impressione che la percentuale dei feriti che riprenderanno il fucile
-sia enorme. Allegrissimo era anche un altro, che aveva una palla nella
-pancia. Quando non sono in posizioni pericolose, non le estraggono:
-così si cominciò a fare nella guerra russo-giapponese. Il mio ferito
-passeggiava nel cortile dell'ospedale, fumando. Diceva: — penso a
-quando gli austriaci non avranno più palle: e io che ce ne ho una delle
-loro qui dentro! — E si fregava le mani.
-
-Uno aveva perduto un po' di materia cerebrale, e dell'altra, quasi
-un cucchiaio, avevan dovuto levargliene. Affermava che è un rimedio
-eccellente contro il mal di testa. Mai la vitalità magnifica della
-nostra razza mi è apparsa manifesta e rigogliosa come in quel luogo. Di
-tutta la razza, non di una regione sola, perchè questi sono montanari e
-pianigiani, toscani, meridionali, padani: un po' d'ogni luogo d'Italia.
-
-La loro gaiezza si diffonde in tutto l'ambiente e soverchia di gran
-lunga l'angoscia di qualche grido che viene dalla sala operatoria
-e da quella dei feriti più gravi. C'è qualche cosa di sorridente
-dappertutto; parte dai letti, va alle infermiere e agli aiutanti,
-guadagna i visitatori che sono entrati timidi e spauriti. Nella
-sala dei feriti prigionieri ho visto un rumeno verdognolo, della
-Transilvania, che non sapeva parlare che la sua lingua. S'accingeva a
-mangiare. Ferito a una mano (la sinistra) non gli riusciva di spezzare
-con l'altra sola il pane e la carne. Allora una infermiera venne in suo
-aiuto e spezzò il pane. La cosa dovè parergli giocondissima, perchè si
-mise a ridere a squarciagola e ci volle un bel po' prima che potesse
-rimettersi tranquillamente a mangiare.
-
-M'hanno detto che in generale non arriva all'ospedale nessuno
-completamente sprovvisto di danaro: le venticinque o le trenta lire
-almeno le hanno tutti. Uno, un decoratore toscano, aveva un libretto di
-deposito del Banco di Siena con mille lire.
-
-A chi interessasse qualche altro dato sulla organizzazione ospitaliera
-di Udine, posso ricordare anche l'eccellente gabinetto radioscopico
-municipale diretto dal dottor Giuseppe Murero, che si presta
-gratuitamente per l'esame radioscopico dei feriti in guerra; e della
-privata casa di cura del dottor Cavarzerani, ospedale chirurgico, che
-ha fatto col Governo un contratto sul genere di quello dell'Ospedale
-Civile.
-
-In quest'ultimo i feriti sono curati sino a guarigione completa: dagli
-altri son fatti procedere verso i maggiori centri ospitalieri appena
-sieno sicuramente trasportabili.
-
-Non posso abbandonare questo argomento senz'aver ricordato una figura
-popolarissima qui in Udine: quella della signora Adele Luzzatto, che,
-settantenne, presta servizio al Toppo come dama della Croce Rossa, per
-otto, nove, dieci ore al giorno, con un'alacrità e serenità che sono di
-sprone e di ammirazione per tutte le altre: con quella stessa alacrità,
-con cui ha curato i feriti del sessantasei.
-
- * * *
-
-Più dei feriti dànno una dolorosa impressione i profughi.
-
-Merita un rapido sguardo l'organizzazione dell'ospitalità data ai
-profughi delle terre irredente. Il 21 di maggio, cioè tre giorni avanti
-lo scoppio delle ostilità, cominciarono ad affluire a grossi gruppi i
-regnicoli che prima erano stati trattenuti dall'Austria e poi ceduti;
-il comitato costituitosi allora sotto il nome di “Delegazione per
-l'assistenza dei profughi” li ha fatti rimpatriare.
-
-Due giorni dopo il principio della guerra cominciarono ad arrivare
-anche cittadini austriaci dei paesi che a mano a mano si venivano
-occupando, e di quelli vicinissimi alla linea del fuoco: in tutto
-circa tremila. Di questi soltanto il cinque per cento di uomini:
-inabili in ogni modo alle armi, e qualcuno di novanta, novantadue
-e fino novantasei anni. Ne ho visto uno ch'era stato ferito in
-Galizia combattendo contro i russi, e la guerra d'Italia lo aveva
-sorpreso mentre stava in cura, a casa sua. Venivano a gruppi di
-cento o duecento: il massimo degli affluiti in un giorno fu di mille
-cinquecento.
-
-Il comitato di Udine ha disposto per alloggiarli varî locali: il
-Ricreatorio del Carmine, il Patronato Femminile, la Palestra di Viale
-Venezia, la Sala Olympia nella frazione suburbana di Paderno (per i
-soli slavi questa). Appena arrivano hanno latte e pane. Poi il governo
-passa loro buoni per pranzo e cena quotidiani alle Cucine Economiche:
-ai bambini e ai vecchi si continua la distribuzione di pane e latte.
-A tutti è cambiata ogni due giorni la paglia, e hanno visite mediche
-continue. Uno speciale comitato di signore si occupa dei bambini
-ammalati. Tutti poi sono sorvegliati perchè non entrino in città e
-non si avvicinino troppo agli estranei, e questo per espresso ordine
-del Comando militare. I casi, tutt'altro che frequenti, di morbillo e
-d'altre malattie infettive, sono immediatamente isolati.
-
-Si trattengono in Udine per due, tre, quattro giorni; poi sono
-mandati a Firenze, a Siena, a Lucca, a Novara, a Benevento. Ai più
-sprovvisti si dà anche, quando ripartono di qua, un po' di denaro;
-son fatti viaggiare in carrozzoni di prima o di seconda classe, con
-tutte le possibili comodità. Ma non tutti sono sprovvisti. Uno di
-loro possedeva mille corone. Alcuni si erano portati i loro animali e
-masserizie, specialmente sacconi: giunti qui hanno vendute le bestie,
-con l'assistenza del Comitato.
-
-Questi che sono venuti a Udine erano dei paesi oltre l'Iudrio, fino
-a Gradisca: di Lucinico (e non tutti sanno la sorte toccata al loro
-paese), di Fratta, di Gradisca, di San Floriano, di Mossa, di Caprivi,
-di Cormons. Dai paesi al sud di Gradisca hanno fatto invece capo a
-Cervignano, donde furono mandati direttamente a Firenze.
-
-Sono stato qualche ora tra i profughi ospitati al ricreatorio del
-Carmine. È una vasta sala con un teatrino, molto chiara e arieggiata.
-Tutt'intorno i letti, così nella sala come nel teatrino. Quanti
-bambini! Nulla di quanto può vedersi in questi luoghi e in questi
-giorni, non le donne abbandonate non i feriti non i profughi non i
-disoccupati, dà il senso di pena che danno questi bambini, soccorsi
-nutriti curati, ma spauriti, con grandi occhi spalancati che vedono e
-non intendono. La cosa più penosa della guerra è vederla riflessa nei
-bambini e a stento riusciamo a consolarci pensando che la combattiamo
-per loro, per l'altra generazione. Tutto quello che di più grande e di
-più nobile si fa nella vita dell'uomo, si fa per l'altra generazione:
-quella a cui dobbiamo — e non possiamo mai compensarla abbastanza del
-beneficio — il senso sicuro della nostra continuità, unico rimedio
-contro la disperazione della vita che passa e della morte che ci
-aspetta.
-
-Donne e bambini salgono e scendono per la scaletta che dalla sala
-conduce al palcoscenico. Dall'uno e dall'altro lato della bocca di
-scena due vecchi avvisi ammoniscono:
-
-“È assolutamente vietato l'ingresso a chi non appartiene alla scena”.
-
- * * *
-
-Come scende la sera, l'impressione di tumulto si frange in cento
-sensazioni minori, la vita unica che pervadeva la città pare
-interrompersi nelle plaghe d'ombra, ombra in cui è proibito accendere
-lumi. Allora nasce intorno a voi il frammento e l'episodio.
-
-Ecco un gruppo di boy scouts con la camicia verde e l'ampia falda: si
-son resi utilissimi facendo da fattorini e da guide infaticabilmente da
-mattina a sera, vediamo già in loro la bella Italia di tra dieci anni.
-Scompaiono, al passo, in una via stretta già tutta guadagnata dalla
-tenebra. Piazza delle Erbe è ancora tutta odorante di spigo. In piazza
-del Duomo un tumulto maggiore: l'assalto quotidiano dei soldati alle
-rivendite dei giornali.
-
-È un'ora che pare di riposo: vi si possono cogliere piccole impressioni
-di gaiezza, meglio che nelle altre ore del giorno. Fermiamoci, per
-esempio, vicino a qualche buca per le lettere. Le buche sono tutte a
-due a due: nell'una è vietata la impostazione ai borghesi, nell'altra
-ai militari. Il divieto è scritto a lettere di manifesto sulle buche,
-ma a buon conto ognuna è guardata da un carabiniere. Si avvicina un
-soldatino con una lettera da impostare, fa per metterla nella buca a
-lui vietata. Il carabiniere lo ferma: — Qui non possono impostare che
-i borghesi. — Allora il soldatino si guarda attorno, vede un borghese,
-e porgendogli la lettera lo prega candidamente:
-
-— Mi farebbe il piacere di imbucarla? —
-
-Il borghese eseguisce, il soldatino (certamente è un volontario!) è
-tutto felice, il carabiniere sorride. E io penso con soddisfazione che
-un italiano non sarà mai un tedesco.
-
-Ma sono episodi minimi, piccole monellerie di un popolo geniale.
-Mi fanno accorgere di una cosa importante: che questa vita piena
-di limitazioni, senza telegrafi, senza telefoni, senza libertà di
-circolazione, ricca di censure, sotto la scrupolosa sorveglianza delle
-autorità, non per questo dà al privato un senso di peso, di legame, di
-dispotismo. Troppo è comune e concorde l'ideale da raggiungere, perchè
-il senso della libertà individuale sopravviva.
-
-E nell'aria continua la pioggia di viole del vespero. Faccio un
-saluto malinconico alla statua della pace di Campoformio — un dono
-di Napoleone — e salgo su per la collina che i soldati d'Attila, dice
-la leggenda ancor viva nelle campagne, costruirono portando ciascuno
-pieno di terra il proprio elmo, e dond'egli, il vecchio buon tedesco,
-contemplò l'incendio di Aquileia. Sfuma il vasto orizzonte delle
-montagne carniche piene di punte e di movimento, delle Giulie, rigide
-monumentali muraglie. Sopra il nostro capo vigilano dall'alto le
-vedette anti-aeree.
-
-Andiamo a cena. Troveremo una trattoria cordiale, del tipo della
-trattoria di campagna, ove si può stare all'aperto in una terrazza
-che guarda la Roggia. V'incontreremo brigate di volontari, quasi tutti
-irredenti, istriani e dalmati (quanti dalmati incontriamo tra le file
-dei volontari!), allegri come collegiali, ardenti dell'ora grande che
-li aspetta domani e cui hanno voluto concorrere, vincendo già prima una
-lunga battaglia d'audacia e d'astuzia per isfuggire alla rete terribile
-che voleva trattenerli.
-
-Una fanciulla con gli occhi color grigio-verde m'insegna una villotta
-friulana:
-
- _Se saviesis, fantacinis,_
- _ce che so penis d'amor!_
- _E' si mur, si va sotiare,_
- _e ancimò si sint dolor...._
-
-Soltanto domani il rombo del cannone, che qualche volta nelle albe
-silenziose giunge chiarissimo da oriente, ci ricorderà che poco lontano
-continua la bellissima guerra nostra.
-
-
-
-
-Alto Isonzo
-
-
- _Caporetto, 22 settembre._
-
-
-Il lettore è impaziente d'arrivare all'Isonzo, al grande teatro
-orientale ove la guerra assomma i suoi sforzi più poderosi, ove la mèta
-diretta è Trieste.
-
-Ma è necessario che egli sopporti di qui innanzi una lettura che forse
-parlerà meno delle precedenti alla sua fantasia, soddisferà meno il
-suo desiderio di quadro e di colore. La parte pittorescamente più
-caratteristica e nuova della nostra guerra è la conquista dell'alta
-montagna, della quale egli ha avuto qualche visione. Ora, in quello
-che sinteticamente può chiamarsi la battaglia dell'Isonzo, il tratto
-che riguarda Monte Nero ripete i caratteri della guerra di montagna
-che più volte abbiamo tentato di rappresentare parlando della nostra
-conquista nel Trentino, in Cadore, in Carnia; quanto al resto, qui
-appunto, ove la guerra tende al suo obiettivo, se non principale, più
-popolare, e raggiunge il massimo d'intensità di vigore e soprattutto
-di complessità, — mi sembra utile che esso lettore cerchi piuttosto
-d'intendere il collegamento dell'azione conquistatrice, che non di
-distrarsi nella contemplazione di alcuni quadri di bellezza guerresca.
-Per ciò è necessario ch'egli tenti soprattutto ricercare con pazienza
-qualcuno di quei lineamenti geografici e topografici che formano lo
-scheletro dell'azione strategica: azione serrata, snodata, ferrea di
-logica precisa. L'insieme di questa ricerca e di questa considerazione
-gli sarà, spero, fonte di un senso di bellezza e di ammirazione più
-raro e più nuovo che non quello che può suggerire la guerra veduta,
-come spesso l'abbiamo veduta fino ad ora, attraverso un seguito di
-sensazioni che tendevano ad isolarsi dalla logica che le concatenano.
-
- * * *
-
-Da Sella di Nevea (alla testata di val Raccolana) si discende, per
-un sentiero di montagna in mezzo all'abetaia, e poi per una diruta
-carrareccia, fin sopra il lago Raibler: le strade sono due, una per
-l'inverno, e una per l'estate, protetta dalle valanghe: di grande
-importanza militare in quanto servono al collegamento del forte di
-sbarramento del lago con i forti Predil e Hensel, alla Chiusa di
-Plezzo.
-
-Passato il forte di Raibler, si giunge sulla strada Raibler-Plezzo,
-che piega a sud, tagliata nel fianco della montagna, e passa un po'
-sulla destra e un po' sulla sinistra della valle della Koritnica. A
-un paio d'ore di marcia da Plezzo, la valle, che fino allora s'era
-alternata di faggi e di abeti, sparsa di case di carbonari, comincia a
-restringersi rapidamente, fin che s'incassa in una gola strettissima,
-profondissima, orrida, superata da un obliquo ponte di legno; entra
-in una piccola galleria, ne sbocca improvvisamente sulla vallata
-di Plezzo. Questa vallata, in forma di conca, è costituita dalla
-confluenza della Koritnica con l'Isonzo: quasi al confluente sta il
-piccolo borgo, slavo, sudicetto, che dà il nome alla conca. Il suolo
-presenta un aspetto di varia ubertà, raro a quelle altezze: vi alligna
-perfino la vite. Da una parte la chiude maestoso il Rombon (alto 2200
-metri), e lontane le cime del Canin e del Jof di Montasio: dall'altra
-parte biancheggiano alcuni dirupi di Monte Nero.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Questa, per chi tenesse a saperlo, è la conca onde i Turchi, verso la
-fine del secolo decimosesto, sboccarono nella Patria del Friuli.
-
-A sud la conca riprende a restringersi in valle: è la valle
-dell'Isonzo, e la strada la segue fino a Saga.
-
-Veduta da un colle dietro Saga, cioè dal sud-ovest, la conca ha un
-aspetto più tranquillo. Oltre il Rombon vediamo addensarsi attorno alla
-valle le moli dello Sviniah e del Banjrki Skendenj, e proprio nel mezzo
-della conca biancheggia il campanile di Plezzo, ora diroccato e quasi
-dimezzato.
-
-Perchè la placida e ubertosa conca è tutta recinta d'opere di guerra,
-e vi si è combattuto, in questi tre mesi, a più riprese accanitamente.
-
-In un primo periodo della guerra la Conca di Plezzo ha rappresentato
-una riserva di forze austriache, ed è stata considerata soprattutto
-nei riguardi del valore che tali riserve avevano contro la nostra
-occupazione dell'alto Isonzo. Da Plezzo poterono salire l'11 di giugno
-i sei battaglioni austriaci e le mitragliatrici che tentarono di
-prendere alla rovescia le nostre truppe della regione del Monte Nero,
-aggiramento sventato, diceva il comunicato, “dalla valida resistenza
-e dalla rapida manovra dei bersaglieri e degli alpini”: uno dei più
-fulgidi episodi del poema del Monte Nero. E il campo nemico, che in
-quella regione la nostra artiglieria batteva tre giorni dopo, fuggiva
-verso Plezzo e ivi si rifugiava. Per completare e rafforzare la nostra
-occupazione della zona del Monte Nero, dovemmo, il 20 di giugno,
-impossessarci di tutte le posizioni che dominano le provenienze da
-Plezzo.
-
-Non bastava: il 24 di giugno da Monte Nero ampliammo la nostra
-occupazione verso nord fino a raggiungere le pendici orientali del
-Javorszcek, che digradano appunto verso la Conca di Plezzo chiudendola
-a sud-est, e di là cominciammo i nostri tiri contro la Conca stessa:
-il primo di luglio prendemmo il Banjrki Skendenj, che la domina da
-nord-ovest; il giorno dopo incendiammo con granate, a due chilometri
-a est di Plezzo, il villaggio di Koritnica, ove i nemici tenevano i
-maggiori depositi di materiali e di viveri.
-
-Queste operazioni preparatorie stringevano così compiutamente e così
-da presso la posizione, ch'essa finì col cadere presto del tutto
-nelle nostre mani. L'azione che condusse al possesso di Plezzo fu,
-circa a mezzo agosto, triplice. Una nostra colonna mosse dal costone
-di Monte Nero discendendolo fino alla valletta che ne divide il lembo
-dal Javorcek: un'altra da Saga salì verso Plezzo; intanto una terza
-da sella di Nevea manteneva un'azione dimostrativa. Gli austriaci
-di fronte alla seconda di dette colonne si ritirarono rapidamente,
-rifugiandosi sul Rombon, che avevano organizzato difensivamente.
-La colonna di alpini che moveva al Javorcek vi aveva trovato uno
-sbarramento, e ne aveva conquistato alla baionetta una trincea;
-la colonna dei bersaglieri era partita da Saga; s'era trattenuta
-sull'altura che domina immediatamente Plezzo, mandando all'occupazione
-le sole pattuglie.
-
-Plezzo ora è libera dal nemico, ma non può ancora essere tenuta da
-noi perchè la batte il Rombon, ove, come ho detto, si rifugiarono gli
-austriaci ritirandosi dalla Conca. Sulla cima essi vi hanno ancora
-degli osservatorii; non tengono però tutto il monte, perchè le nostre
-truppe vi stanno già con le trincee a mezza costa.
-
-Dopo lo sgombero del paese, le azioni parziali intorno alla località
-furono frequenti. Il 21 di agosto le nostre truppe ripresero
-l'offensiva e raggiunsero la linea Pluzna-Cezsoca, mettendosi a più
-stretto contatto con la Conca, restringendo l'accerchiamento iniziato
-con l'azione di pochi giorni innanzi verso Javorcek.
-
-Il 26 gli alpini prendevano altri trinceramenti sulla costa meridionale
-del Rombon. Dopo altri due giorni le nostre artiglierie, con tiri
-aggiustati contro la valle Lepenie, erano riusciti ad arrestare
-completamente il transito nemico lungo la rotabile dell'Alto Isonzo.
-Il nemico tentò invano, i giorni seguenti, di indebolire le nostre
-posizioni alle falde del Rombon con fuoco di artiglieria e fucileria,
-mentre lanciava inutili granate incendiarie su Plezzo: come inutile era
-stato un suo precedente tentativo per valle Slatenick: come inutile
-riuscì un terzo per valle Koritnica. Anche dal Predil una colonna
-nemica tentò di muovere verso Plezzo, ma i nostri cannoni l'obbligarono
-a retrocedere. Così gli austriaci tentavano uno dopo l'altro tutti gli
-accessi, forse più per riconoscere lo stato delle nostre difese che
-non per speranza di riprendere la posizione. Le posizioni a oriente
-del vallone dello Slatenik furono tentate novamente la sera del 10
-settembre. I nostri ebbero il sangue freddo di lasciar accostare il
-nemico, e solo quand'esso fu vicinissimo gli si scagliarono contro alla
-baionetta e lo misero in fuga dopo una violenta mischia.
-
-Allora fu la volta nostra di attaccare: e attaccammo, il 13 di
-settembre, le posizioni nemiche del versante orientale della conca,
-in terreno asprissimo, incontrando una resistenza accanita, sostenuta
-da numerose e potenti artiglierie; i nemici lanciarono anche bombe
-asfissianti e liquidi infiammabili.
-
-Esso versante orientale è costituito dal massiccio del Javorcek e dallo
-sperone dello Svinjah: tra essi scende impetuoso l'Isonzo. Il nostro
-attacco portò a sensibili progressi sull'alto contorno della conca,
-cioè sul ciglio del Javorcek.
-
-Uno degli ultimi bollettini, quello del 18 settembre, ci comunica che,
-compiuto oramai l'assetto difensivo delle posizioni conquistate, fu
-ripresa l'offensiva lungo tutta la fronte d'attacco, “dalle aspre balze
-del Rombon agli insidiosi pendii boscherecci del Javorcek e alle nude
-rocce del Lipnik”. In tutto il fronte l'attacco riuscì ad avvicinarsi
-alle linee nemiche, ad aprirvi brecce, e per una di queste, sul
-Javorcek, a prender trinceramenti, a far saltare fortini, a occupare
-osservatorii.
-
-Ora la lotta di fucileria e di bombe a mano continua, fra le trincee
-vicinissime, come continuerà probabilmente la serie degli attacchi e
-dei contrattacchi. Troppo è importante la conca per tutto l'insieme
-della nostra offesa, per tutto l'insieme della loro difesa. Pensate.
-La stretta di Plezzo conduce, per il passo del Predil, a Tarvis, nodo
-da cui si dipartono due delle arterie principali dell'Austria. L'opera
-della Conca di Plezzo su Tarvis deve continuare e avanzare quella
-delle alte valli carniche orientali su Malborghetto. Nello stesso tempo
-la Conca di Plezzo regge tutto il settore del Monte Nero e dell'Alto
-Isonzo. Essa è il nodo o il pugno in cui si stringono le due vie della
-nostra guerra: quella settentrionale che minaccia la vita del nemico
-nel suo cuore, quella orientale onde l'Italia redenta move verso le
-plaghe più vive dell'Italia da redimere.
-
- * * *
-
-Ma la guerra dell'Alto Isonzo si compendia, si concentra, s'impersona,
-si stringe e accavalla più dura più solenne più grandiosamente eroica
-che intorno ogni altra vetta, intorno a Monte Nero; il Monte Nero, che
-domina Tolmino, nodo di tre strade di straordinaria importanza: quella
-a nord che per il Predil congiunge val d'Isonzo a val di Sava, quella
-che verso oriente conduce a Lubiana, quella che a mezzogiorno scende a
-Gorizia.
-
-Salendo (attraverso alcuni ombrosi, sassosi, malinconici, sudici e
-pur non sgradevoli paesetti slavi, ora quasi del tutto sgombrati di
-popolazione civile) a qualcuna delle alture che da Caporetto in giù
-si inarcano parallelamente al nostro vecchio confine — più in qua — e
-alla grande curva del medio Isonzo — più in là — al passo di Zagradan,
-per esempio, o a Jeza, o al Korada, ecco Tolmino, con le sue grandi
-caserme bianche e il ponte fatale, e l'Isonzo, striscia verdissima
-come ritagliata da un favoloso oltremare e disposta sopra un ghiareto
-candido che la margina, all'una e all'altra riva, lungo tutto il suo
-serpeggiamento. La vista è dominata a sinistra, in una lontananza
-misteriosa, dalla fronte ossuta e scabra dell'enorme massiccio di
-Monte Nero, elevato sopra tutto il giro dei monti che segnano la riva
-sinistra del fiume e vi digradano dolcemente, mentre dall'altra riva lo
-stringono da presso ripidissimi.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Le nostre truppe risalirono il Natisone, passarono il confine, e per
-Creda si irradiarono verso il costone del Polenik. Intanto (siamo ai
-primissimi giorni della guerra) altri reparti hanno occupato Caporetto,
-e anche di lì muovono verso il monte. Ma appunto allora il mal
-tempo impedì di procedere subito all'assalto del colosso, una nebbia
-ogni giorno più fitta impediva le osservazioni, le piogge continue
-gonfiavano l'Isonzo che straripava e distruggeva i ponti destinati
-al passaggio; tutte le strade di accesso erano diventate torrenti,
-ogni crepa del monte, ogni anfratto, eran fatti ruscello fangoso
-o pozzanghera. Così il nemico ebbe tempo di guarnire la posizione
-di trinceramenti formidabili e di truppe fresche e di artiglierie
-multiple, mentre allo scoppio della guerra il luogo pare fosse in
-mediocri condizioni di resistenza. I nostri aspettavano il momento
-propizio e intanto in quotidiani episodi di pattuglie lo tentavano,
-lo limavano con frequenti prese di prigionieri, ne assaggiavano la
-resistenza. Il 31 maggio fu cominciato l'attacco con l'assalto al forte
-di Pleka, alle radici sud-occidentali del monte.
-
-La nostra fucileria combatteva contro le mitragliatrici, cui
-s'aggiungevano grossi reparti d'artiglieria appostati nel versante
-opposto del monte.
-
-Per un momento la sorte parve decisa contro di noi, e gli austriaci
-uscirono dai forti. Ma intanto gli alpini girando attorno alla montagna
-su per il sentiero da Spilka a Zaslap, ne avevano raggiunto i più alti
-dirupi, e calatisi da quelli con corde attaccarono alle spalle il corpo
-austriaco e lo distrussero, alcuni uccidendone alla baionetta, altri
-precipitandone giù per le fosse, molti prendendo prigionieri: Pleka fu
-nostra.
-
-Da Pleka due giorni dopo la fanteria attaccò la vetta del Monte Nero;
-intanto dal sud i bersaglieri e altra fanteria mossero contro la
-cresta del Mrzli, sentinella avanzata del massiccio verso Tolmino.
-Partiti verso sera da Luico attraversarono l'Isonzo e la Libussina,
-occuparono Salisca e Versno, e poco di poi, sul far della notte,
-raggiunsero il nemico riparato in trincee blindate: vegliarono tutta
-la notte silenziosi tra le rocce, e la mattina ingaggiarono la lotta,
-quell'accanitissima lotta nella quale cadde il colonnello Negrotto.
-Alpini da una parte, fanteria e bersaglieri dall'altra, presero in
-mezzo il nemico, lavorando di baionetta; la sera avevano conquistate
-cinque linee di trincee. La lotta continuò i giorni seguenti per
-l'allargamento e il rafforzamento della posizione. Fu allora, 11 di
-giugno, che il nemico tentò quell'aggiramento del monte dalla parte
-di Plezzo, di cui abbiamo già fatto cenno. La notte sul 16 ebbe
-luogo un'azione di una particolare importanza. Lungo le balze che
-s'appoggiano da settentrione alla vetta principale di Monte Nero, il
-nemico era riuscito a disporre appostamenti: le nostre truppe alpine
-ebbero l'incarico di snidarli. La notte scalarono le rocce, e all'alba
-compirono, sotto l'intenso cannoneggiamento, l'assalto, reso più che
-mai difficile dalle posizioni dominanti degli assaliti. L'attacco ebbe
-pieno successo: gli appostamenti furono distrutti. Il comunicato che
-il 16 giugno ne dava notizia, annunziava ch'era stata accertata fino
-a quel momento la cattura di trecentoquindici prigionieri tra i quali
-quattordici ufficiali: ulteriori accertamenti permisero al comunicato
-seguente di elevare a seicento la cifra dei soldati e a trenta quella
-degli ufficiali.
-
-Nel pomeriggio di quel giorno stesso un battaglione ungherese
-proveniente da Planina Polje (a nord-est del monte) girando tra il
-Wrsik e gli estremi contrafforti orientali del Polenik, pronunziò
-un violento attacco contro la nostra posizione di Za Krain: fu
-contrattaccato e annientato. Il 21 un nostro battaglione di alpini si
-incontrò per la prima volta con rilevanti forze alpine giunte dalla
-Galizia, e le attaccò, respingendole e decimandole.
-
-Attacchi, contrattacchi, azioni parziali d'artiglieria, di fucileria,
-di corpo a corpo, continuano, quotidiane, a mantenere il nostro fronte
-e permettergli di fortificarsi. Così s'arriva all'11 di luglio. Nella
-notte dell'11, approfittando dello scatenarsi d'un furioso temporale,
-gli austriaci tentarono un attacco di sorpresa contro le nostre
-posizioni. Ma i nostri non si lasciarono sorprendere: alla scalata
-dei nemici rispose pronto l'allarme dei nostri alpini; s'impegnò una
-lotta furiosa, su picchi a duemila metri, tra il lampeggiare del cielo
-e il tonare dei cannoni, sotto la pioggia a rovesci che trasformava
-in torrente ogni ruga del monte che scatenava una cascata giù da
-ogni crepa. Lo scoppio delle granate si mescolava al folgorare delle
-baionette. Gli assalitori furono distrutti, col piombo, con le lame,
-con lo scaraventarli giù dai burroni precipitosi.
-
-Per parecchi giorni la situazione rimase invariata, sebbene il nemico,
-con rapide irruzioni notturne e col tempestare delle artiglierie
-grosse, tentasse continuamente di logorare le nostre forze, d'impedirne
-il consolidamento, e soprattutto di obbligare le nostre batterie a
-scoprire, con la vampa dei tiri, le proprie posizioni. Ma nella notte
-è quasi impossibile individuare le batterie, perchè la vampa appare
-sempre di parecchio più alta del suo luogo reale.
-
-Intanto procedeva la nostra lenta avanzata lungo la cresta di Luznica,
-sebbene il nemico, specialmente nel triplice accanitissimo attacco del
-24 luglio, tentasse di attaccare quelle posizioni. La lotta continuò
-i giorni seguenti tra la nebbia fitta che saliva dalla vallata,
-tranquilla e idillica sotto quella tempesta di fragore, di gloria e di
-morte.
-
-E continua ancora. Ogni costa, ogni cima, ogni incavo del massiccio,
-rappresenta della nostra conquista l'episodio d'un episodio, ma vale
-di per sè tutto un poema. Meriterà, per esempio, una sua storia
-particolare la occupazione di quella Mrzliwrh (Cima Fredda) che,
-come ho già detto, è la sentinella avanzata di tutto il massiccio
-verso mezzogiorno. Merita il suo nome: vi nevicava assiduamente
-fin dall'agosto, sebbene essa non superi i 1360 metri d'altezza. La
-conquista dev'esserne condotta per tutti i versanti, e procedette e
-procede tra numerosi casi di assideramento. Non ha che un accesso:
-un canalone ripido, strozzato, sdrucciolevole, dall'alto del quale il
-nemico saluta con le mitragliatrici chiunque ne tenti la scalata, già
-ardua e faticosa nelle migliori condizioni. Ma i nostri l'aggirarono,
-l'assediarono; e l'assedio dura ancora, sempre più stretto, più
-soffocante, da Caporetto e da Luznica, come una lenta tenaglia che si
-chiude e stritola.
-
-La lotta continua, e sotto il monte tempestoso, Tolmino, bianca con le
-grandi caserme davanti al nastro smeraldino del fiume, già sgombra di
-nemici, aspetta ancora che sia possibile l'entrata dei nostri.
-
-Ma gli effetti dell'avanzata nel massiccio di Monte Nero, già si son
-fatti sentire in modo straordinariamente efficace sopra tutta l'ala
-destra della grande azione che va dalla conca di Plezzo al mare. Col
-darci una posizione dominante sulla riva sinistra dell'Isonzo, la
-conquista di Monte Nero ha ridotto a semplici posizioni difensive
-quelle che potevano diventare una forte testa di ponte austriaca sulla
-sinistra dell'Isonzo; ha permesso, attraverso le battaglie del medio
-Isonzo, la grande azione d'avanzata dal basso Isonzo su per l'altipiano
-carsico: azione e avanzata che segnano la pagina più recente e più
-gloriosa della nostra impresa.
-
-
-
-
-Medio Isonzo
-
-
- _Cormons, 24 settembre._
-
-
-Per qualche tempo, nei primi mesi della guerra, l'attenzione del
-pubblico s'appuntò specialmente su Tolmino; più tardi si volse a
-Gorizia, aspettandone con indicibile ansia l'occupazione.
-
-Tolmino e Gorizia non sono più tenute dagli austriaci, ma non sono
-ancora occupate dai nostri. Ed è necessario che il pubblico si persuada
-che l'occupazione delle città, se si presta, con le entrate sonore
-delle truppe vittoriose tra le popolazioni liberate, a belli entusiasmi
-poetici e a vive commozioni d'amor patrio, ha militarmente un valore
-molto relativo. La conquista d'una altura modesta, operata da pochi
-reparti di alpini, è quasi sempre infinitamente più travagliosa,
-eroica ed efficace della entrata di reggimenti a bandiere spiegate in
-una città festante. Passò inosservata ad una gran parte del pubblico
-l'occupazione della quota 383, ma il pubblico si commosse leggendo,
-i primi giorni della guerra, che i soldati erano entrati a Cormons o
-a Cervignano. È un errore che qualche meditazione sulle relazioni di
-questa modernissima forma di guerra deve rapidamente sgombrare dalle
-menti degli italiani.
-
-Sorgendo su di un gomito dell'Isonzo, con la concavità verso la nostra
-invasione, Tolmino con le sue difese naturali costituiva per gli
-austriaci un eccellente testa di ponte. Ivi finiscono, dopo essersi
-congiunte a Baca, le due strade, una ferroviaria e una rotabile, che
-portano alla Sava.
-
-Le difese naturali della posizione sono, sulla sponda sinistra, il
-Mrzli, il Vodil, il Triglaf, il Kavala; sulla destra Santa Maria e
-Santa Lucia, che si congiungono al lungo costone del Kolovrat. Da
-questa testa di ponte gli austriaci avrebbero potuto scendere, per le
-vie della Borna e del Corizza e per valle del Natisone, oppure per la
-via dell'Iudrio, sino al Tagliamento.
-
-Ma le nostre operazioni contro Tolmino, da ovest ci hanno portato,
-presso subito il Kolovrat, a contatto con le estreme difese delle cime
-di Santa Lucia e di Santa Maria, mentre dal lato settentrionale, come
-s'è già detto, stiamo stringendo la cima del Mrzli e siamo a mezza
-costa del Vodil.
-
-L'intera posizione di Tolmino non potrà essere presa fintantochè le
-nostre artiglierie non avranno avuta ragione delle difese della riva
-sinistra. Ma lo svaloramento della testa di ponte austriaca, che anche
-da questa parte ha salvato l'Italia dall'invasione (e ora anche qui,
-come dappertutto, la seconda e la terza linea sono fortificate in modo
-che sarebbe follia ogni nuova offensiva su di esse), è stata conquista
-d'incredibile valore.
-
-Lo stesso può dirsi di Gorizia.
-
-A sud di Tolmino, l'Isonzo piega bruscamente e scende in direzione
-di sud-ovest fino a Plava; ivi con un altro gomito cambia nuovamente
-direzione, e scende verso sud-est al monte San Gabriele e al monte
-Sabotino, al di sotto dei quali s'apre la piana di Gorizia.
-
-Al nord di Gorizia, Monte Sabotino, Monte Santo, Monte San Gabriele, la
-Podgora, costituivano formidabili minacce; al sud di Gorizia il Carso
-spiega le sue forze, che il valore e la saggezza dell'esercito Italiano
-vanno mano mano vincendo, come han vinto quelle prime. Il valore e
-la saggezza mirano, nella guerra moderna, alle cime; l'attenzione del
-pubblico deve seguirli con fede.
-
- * * *
-
-Ho nominato il Sabotino ed il Carso. È utile che cerchiamo una visione
-panoramica, e riassumiamo qualche lineamento storico, della regione
-che essi comprendono, e che costituisce la parte inferiore del medio
-Isonzo.
-
-Chi salga su una delle piccole colline, regolari, dolci, foltissime
-d'alberi, che da nord di Cormons stendono una cortina di verde verso
-l'Iudrio, può scorgere panoramicamente tutto il terreno della nostra
-conquista sul medio Isonzo. Alla nostra estrema destra le alture
-di Medea, onde comincia il Carso: e del Carso si vede il Monte San
-Michele, s'intravede il Vallone, che domina Doberdò.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Tra il Carso e le alture di Monte Fortin s'insinua l'Isonzo, di cui
-scorgiamo tratti verdissimi, smeraldini, come la piana di Gorizia:
-ivi s'intravedono i resti arsi di Lucinico, e dietro vi occhieggiano
-le prime case di Gorizia, sprazzi bianchi fuor da tuffi di verde. Da
-Lucinico comincia la salita di Podgora, più mite da questa parte: verso
-l'Isonzo è un dirupo a precipizio. Pogdora appare di qui un'altura
-rotonda, rossastra, mediocre. La gloria che in poche settimane ha
-recinto il suo nome, ci pare in contrasto con questo suo aspetto
-modesto. Ma ci accorgiamo subito che quel colore rossiccio che la
-investe tutta, sulla cima e sul giro dei fianchi, è l'effetto delle
-innumerevoli granate che vi sono scoppiate sopra nella lotta accanita
-per quella importantissima tra le posizioni che dominano Gorizia e le
-sue sorti. Prima era foltissima di ciuffi verdi e morbidi, ondeggianti
-al vento. E in mezzo a quel verde ora distrutto, furono appostamenti,
-accampamenti, trincee, uomini. Salutiamo.
-
-Il rimanente dello scenario a sinistra, ha un aspetto men dolce,
-più complicato, più serio. Da Medana, il cui campanile riquadrato fa
-quasi da centro, s'irradia una serie di costoni, lunghi, ondulati,
-grigio-azzurri, che si sperdono nella lontananza annebbiata del cielo;
-i costoni di Vipulzano, di Cerovo, di San Floriano: e subito dietro
-l'ultimo, le alture di Oslavjia e di Pevma. Sabotino, San Gabriele,
-Monte Santo, dominano e chiudono l'orizzonte.
-
-Le truppe che ora operano in questo settore, si trovavano, prima della
-guerra, nella piana d'Udine, tra Codroipo e Palmanova. Il 21 fu fatto
-loro fare un piccolo spostamento in avanti perchè non perdessero il
-collegamento con le truppe che avrebbero operato alla loro sinistra.
-Scoppiata la guerra, alle 4 di mattina del 24 varcarono il confine dal
-ponte di Vicinale alla linea di Cervignano.
-
- [Illustrazione: Cartina.]
-
-Il primo obiettivo nostro era la linea che va dal Monte San Giorgio,
-per il torrente Versa (confluente dell'Iudrio) al Monte Quarin:
-obiettivo raggiunto in breve quasi senza resistenza. Affermatesi sul
-terreno, le truppe dovettero sostare per non rimanere isolate da quelle
-che operavano alla sinistra, e la cui avanzata era più faticosa. Il 5
-di giugno venne l'ordine di procedere verso l'obiettivo finale, ch'era
-l'Isonzo e le alture alla sinistra di esso. Così i nostri poterono
-affermarsi sulla linea che ora solidamente mantengono, dalle alture di
-San Floriano, per il pendìo di Podgora, fino a Lucinico, e di qui al
-Fortin, onde muove l'avanzata sul Carso.
-
-Le ragioni della nuova sosta nelle operazioni di questo settore sono
-evidenti. Davanti a reparti che costituiscono l'ala destra di questa
-operazione, il terreno era tutto piano: era necessario prendere qualche
-altura. Allora, per impegnare truppe avversarie — e specialmente
-l'artiglieria — furono fatte azioni dimostrative contro le alture
-di Oslavjia, di Pevma e di Podgora; azioni che, sebbene avessero
-intenzioni semplicemente dimostrative, ci guadagnarono tutte qualche
-punta importante, o perchè fornita di osservatorii, o perchè insidiosa.
-
-Tale fu l'opera compiuta dalle truppe di questo settore in tre mesi
-di vita faticosissima di trincea; dopo i quali il fronte si trovò
-notevolmente allargato; e oggi va dalla cresta del Sabotino, come
-abbiamo detto, fino a Monte Fortin. Cioè: dalla cresta del Sabotino
-scende a Podzabotino, pel costone di San Floriano e per Fabrisu, fino
-al bivio formato dalle due strade che conducono una da San Floriano e
-l'altra da Fabrisu, all'Osteria al Ponte.
-
-Da quel bivio si attacca la linea che sta davanti a Podgora. Il detto
-fronte comprende Lucinico, e scende, in riva all'Isonzo, fino a Monte
-Fortin.
-
- * * *
-
-Ora, la guerra è siffatamente concatenata lungo tutto il fronte, che
-per potere dal Sabotino al Fortin rettificare così la nostra linea
-strategica e rispondere all'uguale rettificazione che, di là da
-Gorizia, si viene operando sul Carso, fu necessario di assicurarsi
-d'un punto più a nord; cioè di stabilire una forte testa di ponte di là
-dall'arco dell'Isonzo che s'incunea intorno al villaggio di Plava.
-
-Dell'operazione audace, metodica, sanguinosa e gloriosissima, con
-cui, tra l'8 e il 18 di giugno, fu passato l'Isonzo a Plava e nella
-profonda insenatura che ivi il fiume disegna fu gettata la formidabile
-testa di ponte, centro, verso nord e verso sud, di tutte le operazioni
-che interessano i nostri eserciti orientali — i comunicati di Cadorna
-davano un primo annuncio così:
-
-“Lungo la linea Isonzo, nei giorni 7 e 8, proseguirono operazioni
-intese a ricacciare il nemico da posizioni dominanti che ancora occupa
-sulla riva destra dell'Isonzo, e a stabilire solide teste di ponte. Il
-nemico oppose tenace resistenza, favorito da condizioni del terreno
-reso fortissimo dall'arte e difficile a percorrersi per numerose
-interruzioni di ponti e strade, nonchè per estese inondazioni lungo il
-basso corso del fiume. Dovunque le nostre truppe hanno combattuto con
-slancio e tenacia, guadagnando importanti posizioni”.
-
-Il giorno 12:
-
-“Sul medio Isonzo reparti delle nostre truppe sono riusciti nella
-notte dal 9 al 10 ad irrompere di viva forza sulla sinistra del fiume
-presso Plava, vivamente contrastati dall'avversario, che dovette
-però ripiegare di fronte ai nostri reiterati, impetuosi assalti,
-abbandonando sul campo numerosi morti”.
-
-E finalmente il comunicato del 19 giugno esponeva con rara diffusione
-di particolari i lineamenti dell'impresa portata a felicissimo termine.
-
-“Vi esisteva un ponte che fu rotto dal nemico. Con grande sforzo ed
-ardimento, stabiliti i passaggi nella notte, le nostre truppe all'alba
-del 16 iniziarono l'attacco; questo procedette tutto il giorno con
-lentezza a causa della resistenza del nemico e delle grandi difficoltà
-del terreno, accresciute da rilevanti ostacoli artificiali: solidi
-trinceramenti, protetti da profondi reticolati di grosso fil di ferro,
-rafforzati da spranghe e da ferri a T; numerose artiglierie di grosso
-calibro anche da 305, dissimulate in punti dominanti e difficili a
-controbattersi; tuttavia, appoggiate dal fuoco delle batterie, le
-nostre truppe riuscivano, con ripetuti assalti all'arma bianca, ad
-affacciarsi verso sera al ciglio delle prime posizioni nemiche”.
-
-Ora mette veramente conto di parafrasare alquanto l'esposizione
-ufficiale, sulla scorta delle notizie che abbiamo potuto raccogliere
-da testimoni e partecipi del fatto, e con l'aiuto che una visione
-panoramica del campo ci porge. E giova risalire alcuni giorni più
-addietro di quelli cui si riferisce il comunicato.
-
-Era dunque necessario anzitutto di passare il fiume, e di passarlo
-precisamente nel punto ove la curva ne è più rientrante; in quel punto
-esisteva un ponte e, infilato dalla strada che scende dal Corada,
-sboccava precisamente su Plava, al fondo di una stretta gola, tra
-pendii dirupati e ripidissimi, propizi a nascondere insidie d'ogni
-genere nei folti boschi che li coprono. E ivi il fiume scorre profondo
-e rapidissimo.
-
-Ma il ponte era stato distrutto dal nemico nella sua prima ritirata.
-Allora nel far della notte del giorno 8, i nostri soldati mossero
-dal Corada e, fasciati gli zoccoli dei cavalli e dei muli e le ruote
-dei traini, scesero a valle tra il più profondo silenzio. Giunsero
-alla riva del fiume nel cuor della notte, i pontieri cominciarono con
-prodigiosa celerità la costruzione del ponte, per la quale s'erano
-portati tutti i materiali necessari: un battaglione di fanteria aveva
-accompagnato i pontieri e stava pronto sulla riva per proteggere
-l'operazione da ogni possibile offesa.
-
-La notte passò senza offese e senza allarmi. Ma dieci metri di ponte
-mancavano ancora ai quaranta necessarii, quando l'alba rivelò al nemico
-l'opera cui i nostri erano intenti: e sull'opera cominciarono a piovere
-le granate che scoppiavano sulla riva o nel fiume, gli shrapnells che
-esplodendo in aria coprivano i lavoratori d'una grandine di palle. I
-danni non furono gravi; soltanto le prime barche del ponte incompiuto
-furono affondate da alcune schegge di granata. Ma il fuoco si faceva
-sempre più intenso, la fucileria s'aggiunse al tiro dei cannoni, e la
-fanteria nostra non poteva più pensare alla protezione del lavoro.
-Ostinarsi a continuarlo subito sarebbe stato uno sciupìo inutile di
-forze. Allora l'operazione fu sospesa, i pontieri e gli zappatori
-si ritirarono sulla riva destra del fiume, e s'unirono alla fanteria
-nella guardia del luogo, perchè quanto era già stato compiuto non fosse
-totalmente distrutto.
-
-Il rimanente della giornata passò abbastanza tranquillo. Venuta la
-notte, che per fortuna era scurissima, furono anzitutto mandati
-di là dal fiume, per barca, duecento soldati con l'incarico di
-respingere le pattuglie nemiche che v'erano scese: vi arrivarono
-infatti, si precipitarono di sorpresa sulla guardia nemica, e la
-fecero prigioniera. Venuta l'alba mentre i pontieri continuavano la
-gettata del ponte, i duecento soldati si spinsero avanti e investirono
-audacemente gli avamposti nemici, che non se li aspettavano; li tennero
-così impegnati per tutto il giorno in una mischia furiosissima, senza
-mai dare indietro di un passo, fin che il ponte fu compiuto, e due
-battaglioni di fanteria poterono passare il fiume e attaccare l'altura
-che domina Plava, e che non ha nome; la segnano le carte militari
-con l'indicazione di quota 383, e con questa indicazione la ricorderà
-sempre la storia.
-
- * * *
-
-Intanto il nemico dal sommo dell'altura contrattacca: i nostri due
-battaglioni respingono il contrattacco e si raccolgono sulla cresta.
-Il nemico contrattacca nuovamente dai fianchi, e quelli dei nostri
-ch'erano più in alto sono costretti a ripiegare, per non trovarsi
-isolati e inutilmente distrutti. Intanto altri soldati scendono dal
-Corada e passano il fiume.
-
-Mezza giornata di vigile riposo, e nelle prime ore pomeridiane del
-12 due reggimenti, e alcuni battaglioni cominciano a salire l'altura
-per un pendìo ripido e sdrucciolevole. Uno dei due reggimenti presso
-Palieno ingaggia una viva lotta di fucileria contro il nemico, intanto
-l'altro, che rappresenta il fianco sinistro dell'azione, si lancia
-alla baionetta in non meno di sette attacchi formidabili, i quali, con
-effetto dimostrativo, sforzano l'attenzione del nemico a distogliersi
-dalla nostra ala destra. Allora questa riesce ad avanzare, sotto gli
-shrapnells e contro il fuoco delle mitragliatrici. L'artiglieria ch'è
-al sommo allunga i tiri.
-
-In una giornata sanguinosissima si riesce così, non tanto a procedere
-innanzi, quanto a logorare la forza radunata dal nemico sull'altura.
-Nei due giorni seguenti si gettano altri ponti e arrivano rinforzi
-sulla sinistra del fiume. All'alba del 15 tre reggimenti iniziano
-il secondo attacco alla quota 383, ed è quello di cui parla il
-comunicato che ho riprodotto. E fecero allora stretta conoscenza con
-le difese del nemico! Trinceramenti solidamente protetti, reticolati
-il cui filo di ferro era rafforzato da ferri a T e da due spranghe,
-attaccati a pali di ferro cementati nel terreno: in punti dominanti
-e quasi irraggiungibili artiglierie abilmente dissimulate e d'ogni
-calibro: v'era anche un 305. Ma buone batterie sostengono i nostri, e
-i nostri avanzano: il terreno li obbliga a una conversione che rende
-difficili i collegamenti; non importa: avanzano a ogni modo, ognuno
-per suo conto; la cima dovrà riunire tutti i vincitori. I soldati vanno
-avanti, ognuno, di proprio conto, senza bisogno di comandi; si lanciano
-all'arma che è la loro preferita, e in cui sono invincibili; l'arma
-bianca. E verso sera riescono ad affacciarsi al ciglio delle prime
-posizioni nemiche.
-
-La notte dal 16 al 17, riposano nelle trincee conquistate, che
-fiancheggiano il monte.
-
-Quel riposo ingannò provvidenzialmente i nemici.
-
-All'alba del giorno appresso essi fecero i loro conti: gli italiani
-sono sulla cresta, che dalla cima scende verso sud-ovest, l'altro
-reggimento certamente è distrutto. E poichè il nostro reggimento di
-sinistra riprende l'attacco, essi lanciano tutte le forze rimaste
-loro contro di esso. Ma l'altro reggimento non era distrutto: s'era
-semplicemente riposato, e ora sopraggiunge inaspettato e impetuoso
-contro il fianco del nemico, lo urtò, lo penetrò, lo sconquassò. Il
-brevissimo tratto si sparse rapidissimamente di cadaveri d'austriaci;
-gli altri s'arresero, tranne pochissimi che fuggirono precipitosamente
-giù per la ripa settentrionale dell'altura.
-
-Alle otto e mezzo del mattino del giorno 17, la quota 383 era nostra,
-Plava era libera dal suo dominio, e l'altura occupata, scendente giù
-con i suoi due costoni verso Palievo e verso l'Isonzo, costituiva
-una solidissima testa di ponte, da cui potrà cominciare a irradiarsi
-in tutti i sensi la nostra avanzata a ventaglio; portando di là
-dall'Isonzo grandi contingenti, che possono essere impiegati sia contro
-Tolmino sia contro Gorizia, oppure in una prosecuzione di azioni verso
-oriente quando quei due capisaldi della difesa austriaca sul medio e
-sul basso Isonzo fossero in nostro potere.
-
-Anche di questa perdita, come di quelle delle posizioni su Plezzo e del
-Monte Nero, apparve subito al nemico l'importanza, tanto ch'esso tentò
-subito, in un attacco del 20, di riprenderla, e ritentò poi più volte,
-specialmente di notte, anche con lancio di bombe a mano, specialmente
-il 22 di giugno e il 17 di luglio, attacchi brevi, rapidamente
-respinti, senza alcun risultato.
-
-Anche attorno a Plava la nostra occupazione si è consolidata in
-modo incrollabile, e rappresenta uno dei punti più importanti della
-travagliosa rettifica di confine che è il compito e l'effetto di questo
-primo periodo della nostra guerra.
-
-
-
-
-Il Carso
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- _Romans, 26 settembre._
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-Dal colle di Medea, fiorito di boschetti come un nitido recesso
-d'Arcadia, ci si scopre la zona tra l'Iudrio e l'Isonzo, davanti al
-grande e confuso rilievo lontano del Monte Nero che ci manda il suo
-ultimo saluto. Sono le colline del Collio: è una molle transizione tra
-le montagne e montagne che hanno accompagnato tutto il nostro viaggio
-sinora, e la pianura che da Gorizia, incurvandosi attorno al Carso,
-volge i nostri pensieri verso il mare imminente.
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- * * *
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-Eccolo, il Carso fatale. Linee lunghe, curve lentissime, che
-pennelleggiano l'orizzonte di colori tepidi e morbidi. È il Carso
-veramente? Le Alpi Tridentine, le Dolomiti cadorine, i dirupi Carnici,
-il Monte Nero poderosissimo, s'intonavano più recisamente con la
-visione di forza, di lotta, di travaglio, di asprezza conquistatrice
-che quei nomi suscitano in noi. Ma il Carso sanguinoso, quello? Sono
-terrazze che invitano a salirvi per ammirare albe e tramonti. I rombi
-del cannone che le avvolgono sembrano anch'essi più miti, spari di
-feste campestri lontane. L'aria è lucida, gli alberi svettano sul
-colle, il cielo è virgineo d'azzurro e di candore.
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-Ma dal verde del terreno fioriscono scoppi improvvisi, nell'azzurro
-e nel candore del cielo sbocciano nebulette più azzurre e più
-candide di quello, e dipingono sul cielo una ghirlanda chiara che
-si chiude, si sposta, si rinnova: in mezzo alle nebulette appare
-un nero, non più che un punto, e s'abbassa, si dilata, si accende
-ferito dai raggi del sole, mette le ali. Gli scoppi degli shrapnells
-continuano a fiorire a festoni e ghirlande sotto l'areoplano, sotto
-i due areoplani che s'avvicinano a noi, in rote lente e larghe. Ora
-le nebulette dissolvendosi hanno diffuso una tenue nuvola chiara
-che il cielo assorbe nella cerulea infinità; e gli scoppi si fanno
-sempre più spessi, e gli areoplani s'allontanano, fuggono, scompaiono.
-Ma riportando lo sguardo a terra, giù nella piana, vediamo qua e
-là uscirne getti di fumo torbido. L'areoplano ha seminato qualche
-bomba per questi colti che non vorrebbero se non germi di piante
-benefiche, la vite il granturco l'ulivo il frutteto. Sono il Carso
-davvero quelle pendici tenere che tratteggiano l'orizzonte, il Carso
-fatale e sanguinoso, ove si combatte, si muore, si vince ora per
-ora travagliosamente la magnifica battaglia cui s'appunta la guerra
-lunga che per una serie ininterrotta ci ha accompagnati dallo Stelvio
-all'Adriatico.
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- * * *
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-Non c'erano su questo suolo difese permanenti, ma strade, ferrovie,
-ponti: chiaro segno del concetto offensivo che covava nella mente dei
-nostri nemici durante gli anni penosi della maligna alleanza.
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-Pure non fu grande svantaggio per essi. La guerra moderna ha diminuito
-di molto, per non dire negato del tutto, il valore delle fortificazioni
-permanenti. Con le difese e i trinceramenti improvvisati che l'Austria
-ha stabilito su tutto il terreno, essa ci creò rapidamente condizioni
-durissime di lotta. Le complicate opere trincerate contro cui le nostre
-truppe s'imbatterono nella loro avanzata, erano veramente formidabili.
-Ma il passaggio dell'Isonzo sotto le prime pendici dell'altipiano, e
-la scalata loro, fecero subito dimenticare e parer lievi quelle prime
-difficoltà.
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-Di qua possiamo vedere la lunga schiena del Sabotino: dietro vi
-passa l'Isonzo, che discende tra il Sabotino e Monte San Gabriele. E
-riconosciamo anche il Podgora, ruvido e rossiccio, come l'hanno ridotto
-miriadi di granate distruggendo il bosco foltissimo che lo ricopriva. E
-il Monte Fortin, sentinella avanzata del Medio Isonzo verso il Carso.
-Presso Sagrado il fiume svolta nella pianura, ivi un canale ne deriva
-circondando torno torno tutto l'orlo del Carso fino a Monfalcone.
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-La cerchia più vicina a noi è costituita dai colli di Manzano, di
-Cormons, di Quarin, che ricollegano la pianura alla regione del Collio.
-Una pianura varia, accidentata, mossa, vivacissima di ciglioni,
-d'avvallamenti, di crespe; e la pianura continua sbalzando di là
-dall'Isonzo e insinuandosi nella vallata del Vippacco: vi biancheggiano
-Cormons, Subida, Capriva, San Lorenzo di Mossa, vi nereggia Lucinico
-arso: sporge, all'imbocco della valle, Gorizia.
-
-Gorizia appare, in tutti i suoi particolari, una città fortificata
-dalla natura secondo le regole dell'arte. Un bastione a sinistra: il
-Podgora, con le alture che gli si accavallano intorno. Uno a destra:
-il Carso. La pianura intermedia fa da cortina, il tratto dell'Isonzo da
-fossato.
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-A nord di Gorizia le cime, rosse di lunga lotta, del Podgora del
-Sabotino del Monte Santo: solo quest'ultimo ci rimane ancora da
-prendere del tutto perchè uno dei due bastioni taccia. Dell'altro,
-il Carso, abbiamo occupato intiero il ciglio esteriore da Monte San
-Michele a Monfalcone. E ci troviamo di faccia al secondo, al Vallone,
-che domina Doberdò e Oppacchiasella.
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-Il Carso, tanto meno aspro, alto e diruto degli altri, è tuttavia
-una più formidabile difesa per il nemico. Il suolo n'è sassoso e
-roccioso, ma la natura calcare vi ha permesso lunghe e ampie erosioni
-entro cui i corsi d'acqua scompaiono. Nelle più late, le doline,
-si adagiavano sul leggiero strato di terra che le ricopre, intieri
-vigneti, campi, frutteti, villaggi: oggi taluni di quegli incavi
-costituiscono irraggiungibili luoghi di appostamento per le batterie
-austriache. Inoltre le pendici più alte sono ricoperte di boschi. Ne
-vediamo di qui chiaramente alcuni che si sono già conquistati una
-fama terribile: bosco Cappuccio, che imberrettava la cresta sopra
-Sdraussina: non l'imberretta più perchè i proiettili lo hanno tutto
-sfrondato e bruciacchiato; più in basso verso la piana di Gradisca,
-Bosco Triangolare e Bosco a Lancia. Furono tutti insidiosi ripari
-per il nemico, continuando la serie di fortificazioni campali che
-percorrevano la linea del fiume. I nostri non li conoscevano e dovevano
-avanzare dentro essi con non meno di prudenza che di coraggio. Sopra da
-quei boschi, e oltre verso il mare, si stende il Monte Sei Busi.
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- * * *
-
-Il 24 di maggio da Saga i nostri occuparono la linea
-Cormons-Versa-Cervignano-Terzo: il 25 urtarono contro la difesa
-del Sabotino; dal 25 al 28 presero il Fortin; poi sostarono per
-fortificarsi ed organizzare i servizi.
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-Il 5 di giugno cominciò il vero periodo di attacco alle posizioni; l'8
-si gettò un ponte sull'Isonzo a Sagrado. Intanto avevamo rapidamente
-ricostruito su palafitte quello di Pieris che il nemico aveva distrutto
-ritirandosi.
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- [Illustrazione: Cartina.]
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-Il passaggio del ponte di Sagrado ai piedi della prima cornice
-carsica, sotto il fuoco continuo, parve un miracolo. Costituiti di
-là dal fiume, cominciammo la serie ininterrotta degli attacchi su
-tutta la curva carsica: la prima occupazione fu quella di Monfalcone e
-della sua rocca. Nel suolo roccioso non potevamo scavare le trincee,
-dovevamo costruirle a sopraelevazioni di sacchi di pietre. Le linee
-dei muretti levate così si moltiplicavano, in tutte le direzioni, con
-cento svolte ed intrichi, man mano che salivamo. Il 23 tutto il margine
-dell'altipiano tra Sagrado e Monfalcone era nostro. Il 24 la linea
-nemica fu sfondata, sopra Redipuglia, con la presa di Castelnuovo.
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-La quale presentò una difficoltà nuova e particolarissima in aggiunta
-alla consueta dei trinceramenti cementati e blindati. Tutta la regione
-a occidente del Carso è corsa da un sistema di canali, che mette capo
-a Monfalcone; uno dei quali è il canale Dottori, quello che corre
-ai piedi della collina seguendone la curvatura. Per raggiungere la
-radice di essa collina occorrevano dunque ponti, e i ponti erano stati
-distrutti. Opportune cognizioni ci accertarono che era stato rotto
-l'argine del detto canale, inondando il piano e anche alcuni paesi,
-e che per mantenere l'inondazione gli austriaci avevano chiuse le
-saracinesche dell'incile di Sagrado. Nelle case di Sagrado si vede
-ancora il segno cui giungeva l'acqua. Allora alcune pattuglie si
-spinsero a Sagrado e vi ruppero un argine, in modo che il deflusso
-delle acque della inondazione si versasse nell'Isonzo: ma la breccia
-non fu abbastanza ampia, e il suolo era ancora coperto da uno strato di
-venti centimetri d'acqua.
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-L'avvenuta inondazione ci dava motivo di credere che le resistenze del
-costone di Castelnuovo, a sinistra, fossero minori che nel costone che
-lo continua a destra, quello dei Sei Busi.
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-La notte sul 22 giugno due compagnie traversarono il canale Dottori
-e s'abbarbicarono alla collina: la notte seguente il Genio, incurante
-del fuoco di cui il nemico lo ricopriva, gettò i ponti sul canale. La
-mattina del 24 le truppe si lanciarono attraverso l'inondazione, fino
-a raggiungere lo sperone di Castelnuovo, coperto di fitti boschi a noi
-perfettamente ignoti, pieni, come ho già detto, di agguati, seminati
-di mine. Catene di uomini usciti appena dall'acqua si spargevano
-cautamente tra gli alberi a tagliare i fili elettrici che congiungevano
-le mine e poi a scavarle una per una. Intanto una batteria
-d'artiglieria, portata audacemente sulle prime linee, cannoneggiava
-e demoliva l'incile di Sagrado, togliendo l'ostruzione e riaprendo il
-corso alle acque verso l'Isonzo.
-
-La mattina del 25 gran parte del costone di Castelnuovo era nostra,
-occupazione che ci permise di stabilirci almeno in punto elevato
-rispetto al fronte.
-
-Nei giorni dal 2 al 4 luglio ebbe luogo il compimento dell'azione su
-Castelnuovo.
-
-Quando le nostre truppe arrivarono al castello da cui il costone prende
-il nome, una parte della pendice occidentale ne era rimasta tuttavia
-occupata dal nemico. Di mano in mano che arrivavano, i nostri erano
-decimati dall'artiglieria, dalla fucileria, dalle mitragliatrici; ma
-la sola cosa che li impensierisse era la difficoltà dei reticolati
-magnifici, fortissimi, tenuti da paletti di ferro cementati nella
-roccia. Li dovettero sfondare con l'artiglieria. Aperto così in essi
-un varco, i soldati vi irruppero dentro e presero un trincerone, che
-fu il punto di partenza di un'azione di rovescio sulle altre trincee. I
-nostri cannoni avevano sparato per quattro ore consecutive su tutto il
-fronte da Sagrado a Monfalcone. In tre colpi raggiungevano la trincea,
-rovesciandone il parapetto.
-
-Verso la metà di luglio avvenne una nuova spinta offensiva: in una
-sanguinosa azione, compiuta con esemplare accordo tra la cavalleria
-e la fanteria, ben sei ordini di fortissime trincee furono presi;
-vi si fecero in quattro giorni quasi quattromila prigionieri oltre
-la cattura di mitragliatrici, fucili, munizioni. Nella notte del
-22 il nemico ricevè grandi rinforzi e tentò un attacco disperato
-contro la nostra sinistra. Le nostre truppe di prima linea sostennero
-validamente l'urto finchè ricevettero a volta loro rinforzi; allora
-poterono, come diceva il comunicato relativo, “sferrare una vigorosa
-controffensiva che riuscì una vera rotta per l'avversario”. Il quale
-lasciò il suolo letteralmente coperto di cadaveri, e in mano nostra
-altri millecinquecento prigionieri. Qualche giorno di raccoglimento, e
-il 25 conquistiamo Bosco Cappuccio e alcuni trinceramenti della Selva
-di San Martino al Carso. E infieriamo contro il Monte dei Sei Busi, lo
-conquistiamo, lo perdiamo, lo riprendiamo; anche questo terreno è per
-noi nuovo: i boschi che lo ricoprono nascondono mille insidie. Dobbiamo
-proteggerci colle maschere dai gaz micidiali emanati dalle bombe e
-dalle granate asfissianti. Solo quando i nemici sono snidati tutti,
-uno per uno, alla baionetta, dai boschi, possiamo dire nostro il Monte
-dei Sei Busi. E anche questa volta la giornata finisce per noi con la
-cattura di oltre un migliaio e mezzo di prigionieri.
-
-Il 27 la battaglia continua infocatissima: si conquista per breve
-il San Michele che domina tutto il primo tratto dell'altipiano, ma
-qui i tiri incrociati e violentissimi delle batterie multiple d'ogni
-calibro ci costringono a ripiegare; anche ripiegando, i nostri fecero
-più di mille prigionieri: erano quei soldati che dovevano tentare
-l'avvolgimento del San Michele da Rubia, e perciò vennero a scontrarsi
-coi nostri. Intanto al centro si procede alla baionetta verso la
-sella di San Martino: la sera si compie la conquista del Monte Sei
-Busi, lasciata interrotta tre giorni innanzi, con la cattura di più di
-tremila prigionieri, di cinque mitragliatrici e di molte altre armi,
-munizioni, viveri, materiale da guerra.
-
-I giorni che seguono sono impiegati nel fortificare le posizioni
-conquistate, rettificando a nostro vantaggio la linea di schieramento
-con parziali conquiste di trincee. Poi comincia da parte nostra un
-periodo di difesa, perchè contro la nostra occupazione il nemico si
-accanisce, non solo con i cannoni e i fucili, ma anche con le bombe
-a mano, con getti di esplosivi dagli areoplani con tentativi di
-incendi dei boschi. La nostra vigilanza sventa ogni loro tentativo.
-Intanto ci prepariamo a proseguire l'avanzata contro la seconda linea
-del nemico, preparata ad oriente di quella che abbiamo già superata.
-L'attacco alla seconda linea comincia il 30 di luglio; il nostro centro
-comincia ad avanzare. Una breve sosta ci è imposta dall'attacco che il
-nemico porta la notte del 31 contro la nostra destra al monte dei Sei
-Busi, con truppe di Kaiserjager che distruggiamo quasi completamente.
-Grosse colonne nemiche marciano da Duino verso Doberdò: ma i nostri
-osservatori le scorgono, le nostre artiglierie le disperdono prima
-che siano giunte a rinforzare le truppe di linea e possiamo muovere
-alla offensiva, conquistare altre trincee, e intanto difenderci dalle
-azioni dimostrative che il nemico tenta contro l'ala sinistra, tenendo
-sempre per obiettivo la riconquista del monte Sei Busi e specialmente
-movendo contro il bosco del Cappuccio. Qua la nostra offensiva ci
-porta ad una brillante conquista parziale, quella del trincerone che
-domina lo sbocco orientale del bosco stesso e di qui gli accessi a
-San Martino del Carso. Col 7 di agosto siamo per un tratto traboccati
-oltre il primo ciglio dell'altipiano giù nel margine dell'avvallamento
-che scende verso Doberdò; nei giorni seguenti la nostra attenzione
-deve proteggere Monfalcone, contro cui il nemico accanisce con bombe
-incendiarie; il 26 di agosto occupiamo il bosco di San Martino che il
-nemico ha lasciato indifeso, e contro cui tenta un tardivo assalto
-furioso, che respingiamo volgendo in fuga gli assalitori, come
-respingiamo da tutte le posizioni carsiche tutti gli altri attacchi,
-specialmente notturni, pronunciati dal nemico con abbondante lancio di
-razzi luminosi.
-
-Altra notevole avanzata si ha il giorno 4, specialmente verso la
-strada che conduce a Doberdò. E avanzare vuol dire salire verso una
-trincea sotto il fuoco; prenderla; appena presa accorgersi che a lato
-di quella, invisibile, n'era una trasversale dalla quale il nemico
-spara nella nostra infilata; arrestarsi a conquistare anche quella
-prima di procedere un poco più su; dilagare così, lenti, come un'acqua
-in un piano paludoso, in quella rete strana, irregolare, pazza,
-piena d'agguati, che gli austriaci con una magnifica preparazione
-hanno saputo stendere approfittando di tutti gli accidenti prodotti
-dall'erosione nel calcare dell'altipiano insidioso.
-
-Il diciotto di settembre segna dell'impresa carsica un episodio
-importantissimo. Il nemico era rimasto annidato, e fortemente
-trincerato, come dappertutto, entro il bosco Ferro di Cavallo, ad
-occidente del San Michele. Alternando azioni di sorpresa con attacchi
-di viva forza, la nostra fanteria prese l'offensiva e poi mano mano
-dilagò per tutto il bosco.
-
-Non le sole forze della fortificazione campale del nemico dovè vincere,
-ma anche la sua slealtà. Avvenne qui, com'era già avvenuto più volte
-altrove in questa guerra, che alcuni soldati simularono la resa alzando
-le mani inermi: quando i nostri, fiduciosi, furono loro vicinissimi,
-quelli si gettarono a terra e scoprirono dietro di sè un'altra fila a
-fucili spianati, che cominciò a sparare infernalmente sui nostri.
-
-In questo modo si avanza su per il Carso. Il ciglio dell'altipiano non
-ha più pietre, e allora i ripari delle trincee si fanno con sacchi
-a terra. Non potendo interrarsi, si prosegue con fortificazioni di
-riporto, che disegnano un feroce labirinto di linee aspre su tutta
-la superficie del colle. E dappertutto siamo esposti agli sguardi del
-nemico. E dietro il San Michele, fino a Monfalcone, ci aspetta l'altra
-cresta, il Vallone, maravigliosa linea di arroccamento dei nostri
-nemici. Il Monte San Michele, che dovemmo riprendere tre volte, era un
-osservatorio da cui nessun punto del terreno poteva loro nascondersi.
-
-Ora il nostro fronte segue, da Peteano a Monfalcone, tutto il primo
-orlo del Carso, e si affaccia al Vallone. E gli austriaci sfogano il
-loro rancore per la grave perdita con bombardamento in continuo contro
-Castelnuovo, punto obbligato di passaggio per i rifornimenti e le
-riserve.
-
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-Da Gradisca al mare
-
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- _Grado, 21 settembre._
-
-
-L'aspetto dei boschi bruciati, delle montagne sforacchiate, dei
-cocuzzoli arrossati dallo scoppio dei proiettili, delle campagne
-coltivate a paletti rigidi e a vaste stese di ferro, arate di trincee
-in cemento, non vi fa pensare al travolgimento di vite umane che
-ognuna di quelle scene rappresenta. Ma la dimora, anche di poche ore,
-in una città (per esempio di queste tra Cervignano e l'Isonzo) da
-cui gli abitanti sono tutti fuggiti, e il cannone e la mitragliatrice
-continuano a infierire contro le case e le strade, vi dà improvvisa
-al cuore la stretta che altri più violenti aspetti della guerra
-difficilmente riescono a darvi.
-
-E man mano che procediamo verso l'oriente, per Villa Vicentina, e
-passiamo il Ponte di Pieris, e ci stendiamo più a nord verso Turriaco
-e Begliano, o più a sud verso San Canziano, la desolazione delle
-case crollate, delle chiese dimezzate, dei muri forati, dei rottami
-bruciacchiati, aumenta nella dolce piana su cui l'aria pare piover rose
-ad ogni alba e violette a ogni vespero. Procedendo, ci accostiamo a
-Gradisca.
-
- * * *
-
-Gradisca la nitida, Gradisca la verde e candida, Gradisca la
-primaverile per eccellenza delle città, piena d'ombre di platani
-e d'ippocastani, ridente di giardini ospitali raccolti, così poco
-austriaca, così viva e gaia....
-
-Gradisca è un cimitero; o qualche cosa di più triste: un cimitero da
-cui siano fuggiti anche i morti.
-
-La popolazione è tutta fuggita, ai primi giorni, ai primi spari.
-Erano rimasti soltanto quattro vecchi paralitici. Dai letti dove il
-male li teneva immoti dovettero per più giorni sentire il rombo delle
-artiglierie, il miagolìo delle granate, il fischio della fucileria, il
-croscio delle case infrante. Poi, credo, qualcuno pietosamente li portò
-via.
-
-Ora le case distrutte sono meno malinconiche delle case rimaste
-integre, piene di segni della vita intima che le animò fino all'ultima
-ora, ma vuote dei protagonisti di quella vita. Vie intatte, persiane
-socchiuse, usci spalancati precipitosamente nella fuga, e un silenzio
-mortale che percorre le vie, dilaga nelle piazze, fascia le case,
-penetra per i fori enormi aperti dalle granate, sale le scale, invade
-gelido e bianco le camere sfatte che non sanno più nè la veglia nè
-il sonno. Mi sono sorpreso a camminare in punta di piedi lungo un
-marciapiede, come se avessi temuto di svegliare la città fantasma.
-
-Da un uscio semiaperto sono entrato in un caffè. C'era su un tavolino
-tutto un servizio pronto: i quattro pezzi di zucchero sul piattino
-mantenevano la disposizione architettonica che molte case della
-città hanno perduta; dovevano essere fuggiti nello stesso punto
-improvvisamente, sorpresi dal primo scroscio, l'avventore e il
-cameriere chino verso lui nell'atto di domandare: — Quanti pezzi? —
-Solo il cucchiaino era caduto a terra. E a terra era uno dei due o tre
-tavolini posti fuori del caffè nella via. L'avventore vi ha inciampato,
-il cameriere non s'è chinato a raccoglierlo.... Così la fantasia si
-esercita puerilmente a integrare le piccole scene. Nella bottega d'un
-sarto trovo un libretto con segnate le misure degli abiti da fare.
-Presso una misurazione c'è questa nota: “_veronese con vestito grigio;
-persona sospetta, da tener d'occhio_”. Ma, suprema malinconia, in una
-modesta stanza da pranzo, a un pian terreno, c'è sulla tavola una tazza
-di latte vuotata a mezzo e lì vicino un quaderno con un compito di
-calligrafia non finito, e una penna buttata sulla tavola. Il piccino
-aspettava che sonasse l'ora della scuola. E mi agghiaccia il pensiero
-che forse un'altra più solenne ora è sonata per lui, così piccolo.
-
-M'imbatto in altri due ricordi, molto diversi, della vita che fu
-qui: il teatro e il penitenziario. Il teatro è stato sventrato da una
-granata. Sulla porta è una lapide ammonitrice: “_Gradiscam condidere
-veneti_”. Dentro, tutta la platea è intatta, con le poltroncine vuote,
-il sipario alzato, i palchetti in attesa. Qui recitò Eleonora Duse:
-al Municipio di Gradisca se ne trova ancora il documento, in questo
-manifesto:
-
-_“Teatro di Gradisca — Giovedì 27 marzo 1873 — Serata a beneficio della
-prima amorosa — Eleonora Duse — Idillio composto in 4 atti col titolo
-— Celeste — del gentil poeta Leopoldo Marenco”._
-
-Nel penitenziario visito la orribile segreta ove languì Federico
-Confalonieri: tre metri quadrati; non più alta d'un uomo non alto,
-per finestra un quadratino ritagliato nell'uscio ferrato. I pavimenti
-delle celle, delle stanze, dei corridoi, delle scale, per tutto il
-penitenziario, sono una confusione enorme di carte, d'indumenti,
-d'oggetti d'ogni genere, gettati, calpestati, trascinati dal vento
-improvviso della fuga, perchè anche i reclusi nel momento della nostra
-occupazione furono lasciati fuggire.
-
-Una via è chiusa da una mezza barricata. Attraverso una piazza ingombra
-di macerie e m'accorgo dal disegno del pavimento ch'era stata l'interno
-d'una casa.
-
-Mentre i tiri delle artiglierie nostre e delle nemiche s'incrociano
-sul nostro capo, usciamo di tra le case, cerchiamo l'aria e la luce
-che non hanno fuggito la città colpita, che non si spaventano dello
-striscio delle granate e del fischio delle fucilate che ogni tanto le
-attraversano. Per i giardini ancora verdi e per i viali ampi cominciano
-a piovere le foglie gialle dei platani. Giriamo attorno le enormi buche
-dei trecentocinque, ripiene d'acqua. Qualche errabonda palla di fucile
-viene ad abbattersi sul marciapiede, qualche altra si schiaccia contro
-un muro in forme oscene; qualcuna ancora, più malinconica di tutte,
-sibila flebile tra il fogliame, rompe due o tre rami secchi. Viene a
-finire miserabilmente lacrimosa a' miei piedi. Non ha saputo trovarsi
-un posto nella vita attiva della guerra. Ogni tanto, in un prato o in
-un'aiuola d'uno di quei giardini, l'occhio è attirato da poche pietre
-disposte in bell'ordine con una certa ricerca architettonica. Sono
-tombe d'ufficiali. Subito di là da un cancello che chiude un viale si
-vedono le trincee che s'arrampicano su per il primo declivio del Carso.
-
-E in questa desolazione può fiorire l'ironia. In un punto dei più
-battuti sorgono pochi alberi spelacchiati di tra una distesa di
-macerie, e misti a queste le reliquie, i rifiuti, gli avanzi di tutto
-ciò che serve alla vita quotidiana dell'uomo, dal libro alla sedia e
-dalla padella alla ruota; e tra quel miscuglio si sforza di sporgere
-qualche cima di cespuglio mal fiorito, a stento, storcendo il fusto
-esile per raggiungere di sbieco la luce. Ora, tutto questo è circondato
-da un cancello, e a sommo del cancello sta scritto che “si affidano le
-piante alla tutela del pubblico”. Quei cumuli di rottami hanno una vaga
-forma di aiuole.
-
-E in questa desolazione può scoppiare il grottesco. Di tutta una casa
-non è rimasta che una striscia di muro, altissima, stretta, coi due
-margini bizzarramente frastagliati. Fu parete di vita domestica, e ora
-non è più nulla, isolata là in mezzo a un largo che fu strada, senza
-ufficio, senza effetto, esposta alle palle che ogni tanto vengono
-a colpirla e le cadono ai piedi come esauste: ma a quella striscia
-nuda di muro, all'altezza di quello che fu il terzo piano, è rimasta
-attaccata una lucida latrina all'inglese, e sta ancora lassù, fra terra
-e cielo, intatta: le palle di fucile la rispettano religiosamente;
-sembra che debbano rispettare quella sola.
-
-Lascio Gradisca, battuta dal romore dei cannoni, dei fucili e delle
-mitragliatrici, con un'impressione di silenzio che mi pare non debba
-lasciarmi mai più.
-
- * * *
-
-Ritrovo la vita in una piccola città luminosa la cui potenza fu
-enorme, ed è morta da molti secoli: una città che all'epoca romana
-aveva mezzo milione di abitanti; che Attila fece incendiare, e
-neroneggiò contemplandone l'incendio dal colle di Udine, o secondo
-altri da quello di Medea. Il suolo n'è inesauribilmente fertile dei
-ricordi d'una ricchissima vita oggi spenta; il suo nome ci risveglia
-immagini di grandezze romane, venete, italiche: voli d'aquile sui
-mari. Forse occorreva quest'immergersi nell'aura d'una italianità che
-ha radice nei secoli più lontani, per sentire anche più suasivamente
-la necessità della nostra guerra. I mosaici bizantini e le pitture
-trecentesche di Aquileia, la sua basilica e il suo museo, i ritratti
-di senatori romani e le pietre sepolcrali dei legionari, i miti pagani
-scolpiti nei bassorilievi e i monili delle matrone: come è veramente
-poco austriaco tutto questo! Dovè sentirlo la stessa Austria, che per
-farselo veramente suo asportò occultamente gli oggetti più preziosi
-del museo per internarli a Vienna: li asportò la notte del 28 aprile,
-proprio nel momento in cui, a quanto risulta dai libri diplomatici,
-sembravan meglio sul punto di riuscire i tentativi consacrati
-nell'indimenticabile “parecchio”.
-
-Austriaca Aquileia! La città che impassibile conobbe vittorie romane
-e ostrogote e bizantine e saccheggi longobardi, e mantenne nella lunga
-decadenza l'anima pura della sua grande giovinezza, non è indifferente
-alla guerra odierna; dai pulpito del Duomo che seppe le tre epoche
-più gloriose dell'arte nostra, il suo parroco predicò giorni sono ai
-popolani e ai soldati, sapete su qual testo religioso? sulla lettera
-scritta da Tito Speri nel carcere prima di morire. Per tanti altri
-parroci di paesi conquistati, il cui nome sonerebbe infamia nei secoli,
-voglio che si ricordi quello di don Innocenzo Costantini, parroco
-d'Aquileia, anima modesta di prete campagnolo, mente culta di studioso
-e di artista, cuore ardentissimo d'italianità.
-
- * * *
-
-Ma da Aquileia chiudiamo il nostro viaggio con una rapida corsa al
-mare, all'Adriatico che sta per ritornare tutto nostro, in virtù della
-grande impresa che inarca un braccio di fuoco di gloria e d'amore
-sulla nostra terra, dai ghiacciai dell'Ortler che ora mi sembrano
-tanto lontani, fino a quest'isola dolcissima: Grado. Grado, isola e
-città ospitale, popolata di donne e di bambini, è anch'essa quanto vi
-può essere di più italiano. Amarono per interesse l'Austria molti de'
-suoi abitanti, che ora combattono sotto le bandiere gialle e nere. I
-pochi di essi che ritorneranno troveranno nei nomi nuovi delle strade
-— Via Vittorio Emanuele — Via Regina Elena — Riva dei Bersaglieri — il
-segno di qualche cosa ch'essi non sapevano capire, e che non è nuovo, è
-antichissimo, imperituro: l'anima italiana di Grado, della laguna, del
-mare.
-
-Scendiamo al mare dal molo e dalla lunga passeggiata lungo la riva.
-Cielo color azzurro d'Italia, mare color verde d'Italia, pendii folti
-lungo una costa là in faccia; e su quelli spiccano città maggiori e
-minori. Sono Parenzo, e più qua Pirano, e ancora più qua Capodistria;
-e poi in faccia, improvvisa, vicinissima, più grande, più rosea, più
-candida Trieste; Trieste con il suo colle e con tutta la sua anima
-rassegnata e anelante. È vicinissima. Vede sventolare il tricolore di
-Grado. Il mare è placido e l'aria quieta. Con una barca raggiungeremmo
-Trieste prima che il roseo muoia nel bruno della sera. Andiamo....
-
-Ma più vicine fumano ancora le case di Monfalcone, diuturno bersaglio
-del nemico; rosseggiano i suoi alti camini mozzati, e ci ricordano che
-il còmpito è ancor arduo, e che il cammino di Trieste è più lungo di
-quello che ci offre il calmo spazio verde e bruno di questo morbido
-golfo.
-
-
-
-
-NOTE:
-
-[1] Dopo l'invio di questa corrispondenza i bollettini segnalarono le
-seguenti altre operazioni nella zona di cui ci occupiamo: — la notte
-sul 16 un nostro reparto, uscendo dalla capanna Milano in vai Zebrù,
-divisi in cordate traversarono il Passo dei Camosci e la vedretta di
-Campo e occuparono saldamente la cima mediana del Madatsch (a 3500
-metri circa), donde si domina e si minaccia la via dello Stelvio verso
-Trafoi. Il 21 di agosto c'impadronimmo della testata di Val Strino,
-tra val Vermiglio e Val Noce, sul versante sud-ovest del Monte Redival.
-Il 25 conquistammo le posizioni austriache al passo di Lago Scuro e di
-Corno Bedole: con questa, e con un'azione del 7 di settembre contro il
-refugio Mandrone, ebbimo il dominio della testata di val Genova da cui
-si scende in val Rendena e quindi in val Giudicaria. Tale azione si
-collega quindi con quelle di val Giudicaria e di val Daone, di cui si
-parla più avanti. Il 16 settembre arrivammo alle pendici del Redival,
-alla testata della Val di Strino. E il 25 una nostra colonna alpina
-trasportava un cannone su di un ghiacciaio a 3251 metri a sud della
-Königs Spitze, presso la Sulden Spitze, assicurando così il dominio
-della valle di Trafoi. S'intende che un po' dappertutto sono segnalati
-ogni tanto tentativi d'attacco alle nostre posizioni, tutti sventati.
-
-[2] La felice operazione del Ponale fu ripetuta con altrettanto
-successo il 5 di settembre in Val di Concei (laterale a Val di Ledro):
-un nostro distaccamento si spinse su Lenzumo, a due chilometri circa da
-Bezzecca, e riuscì a distruggervi la centrale elettrica e una segheria.
-Il 13 nostri reparti in ricognizione attaccarono e respinsero forti
-nuclei in posizione presso Cimego in Val Giudicaria. La notte sul 21
-scacciammo da monte Melino (allo sbocco di Val Daone in Val Giudicaria)
-il nemico che vi si stava rafforzando e ne demolimmo trinceramenti e
-reticolati, togliendogli così un luogo di osservazione sul tratto di
-vai Chiese che va da Cimego a Condino. Tuttavia non lo abbiamo occupato
-ancora, perchè è battuto da Lardaro e dal Por.
-
-[3] Dagli ultimi d'agosto in poi furono compiute importanti occupazioni
-nella zona a sud dell'altipiano di Folgaria. Il 31 agosto prendemmo
-il Monte Maronia (e il 20 avevamo preso Monte Maggio), cominciando
-così a crearci una zona di dominio su Val Terragnolo da cui potremo
-sostenere una futura avanzata su Rovereto. A nord-ovest poi del Maronia
-espugnammo, con brillanti attacchi del 17, 18 e 22 settembre, il Monte
-Coston, con manovra aggirante permessa dall'occupazione di Osteria
-Fiorentini e Alpi Pra del Bertoldi.
-
-[4] Il Panarotta bombardò Borgo, già sgombro di popolazione civile e
-non occupato dai nostri, per puro vandalismo, più volte, specialmente
-il 31 d'agosto: come il giorno appresso tirò su Roncegno.
-
-[5] Il bollettino dell'8 settembre annuncia un'avanzata offensiva
-in tutta la regione del passo di Monte Croce di Comelico, la zona
-più aspra delle montagne dolomitiche, che in parecchi punti supera i
-tremila metri.
-
-[6] Anche dopo la nostra occupazione rimasero tra i frastagli della
-Tofana e del Cristallo piccoli nuclei di tiratori scelti. Ma stiamo
-metodicamente ripulendo tutto il luogo anche da essi. Il comunicato del
-22 di settembre annuncia che gli austriaci rimasti su quei due monti
-a minacciare da ovest la conca di Cortina, furono respinti in basso,
-verso le vallate del Felizon (Boite) e di Seeland (Rienz).
-
-
-
-
- EZIO M. GRAY
-
- =sotto la spada tedesca=
-
- QUARTA EDIZIONE 20º MIGLIAIO
-
- Dall'invasione (4 agosto) alla presa di Dixmude (15 novembre)
-
-
-_Croyez à notre vive gratitude pour le courage avec lequel vous
-defendez en même temps que la cause de nôtre pays celle de la justice
-et de la civilisation outragées._
-
-_Le Hâvre, 17 nov._ _Il ministro di Stato Belga_ CARTON DE WIART.
-
-Il pregio maggiore di questo volume del Gray sta nell'aver ordinata
-tanta copiosa materia in una organica esposizione, senza preconcetti
-e senza debolezze sentimentali, ma con una obbiettività che non cessa
-di porre in risalto, che ve la pone anzi più fortemente, la violenza
-germanica. _(Il Corriere della Sera)._
-
-È un libro dettato da una schietta e commossa simpatia per la infelice
-nazione di Re Alberto, ed ha soprattutto il merito di ricordare a
-noi italiani, assai spesso, la nostra. Per questo c'interessano
-particolarmente i capitoli che riguardano il lungo lavoro di
-penetrazione compiutovi dai tedeschi negli ultimi anni e soprattutto
-l'esposizione che il Gray ci fa dell'audacia e della pertinacia con le
-quali si è svolta nel Belgio l'azione dello spionaggio germanico. _(Il
-Marzocco)._
-
-Il diretto contatto con gli uomini e gli avvenimenti ha dato al Gray
-una forma di giudizio insolita e convincente, espresso con un'arte
-chiara di scrittore che aveva fatto già buona prova altrove.... _(La
-Tribuna)._
-
-Il libro del Gray è così bene costruito e pesato, così esatto nella
-esposizione ed acuto nella valutazione che è già storia, quella storia
-che secondo l'aforisma non dovrebbe essere fatta che dai posteri. M.
-BONTEMPELLI _(Il Nuovo Giornale)._
-
-Ezio Maria Gray fa una descrizione impressionante, nella sua tagliente
-e pittoresca sobrietà, dell'orribile sequela di sciagure che si è
-improvvisamente abbattuta sul Belgio.... Può dirsi una brillante
-requisitoria contro la forza, in difesa dei buon diritto. _(La Gazzetta
-di Venezia)._
-
-.... È un libro che ha un grande valore come documento e che fa
-perfettamente conoscere il sistema di preparazione alla guerra dei
-nostri potenti nemici.... S. Ecc. W. VAN DEN STEEN, _Ministro del
-Belgio a Roma_.
-
-
-Volume di circa 200 pag., in-8º grande, con una carta geografica
-dell'invasione tedesca, una pianta del campo trincerato di Anversa e
-copertina di F. Scarpelli
-
-=Centesimi 95=
-
-
- L'INVASIONE
- TEDESCA IN
- ITALIA
-
- [_Professori, commercianti, spie_]
-
- di
-
- Ezio M. Gray
-
-
- =La guerra in tempo di pace nel concetto tedesco.=
-
- =Le forme meno note di spionaggio.=
-
- =Lo spionaggio aulico e colturale:= attività imperiale;
- istituti di coltura; ricerche archeologiche e storiche;
- cartografia; scuole.
-
- =Lo spionaggio bancario:= banche tedesche e capitale italiano;
- rapporti tra banche e industrie; le banche e la politica;
- schede di informazioni.
-
- =Lo spionaggio commerciale:= il sistema commerciale come
- sistema di conquista; superproduzione tedesca e mercati
- italiani.
-
- =Le inframmettenze politiche:= politica interna; contrabbando;
- agitazioni operaie; scioperi; giornalismo; politica
- coloniale.
-
- =Spionaggio militare e infiltrazione individuale:= touristi;
- albergatori; matrimoni.
-
- =Conclusione.=
-
- _TERZA EDIZIONE — 15º MIGLIAIO_
-
-Volume doppio (di circa 300 pagine) in-8º grande, con artistica
-copertina a colori di FILIBERTO SCARPELLI
-
-=Lire 1,90=
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
-
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
-senza annotazione minimi errori tipografici.
-
-
-
-
-
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-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK DALLO STELVIO AL MARE ***
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- Dallo Stelvio al mare, di Massimo Bontempelli
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-
-<pre>
-
-The Project Gutenberg EBook of Dallo Stelvio al mare, by Massimo Bontempelli
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with
-almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or
-re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included
-with this eBook or online at www.gutenberg.org/license
-
-
-Title: Dallo Stelvio al mare
-
-Author: Massimo Bontempelli
-
-Release Date: April 2, 2016 [EBook #51624]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK DALLO STELVIO AL MARE ***
-
-
-
-
-Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online
-Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This
-file was produced from images generously made available
-by The Internet Archive)
-
-
-
-
-
-
-</pre>
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-
-<div class="booktitle">
-<h1>
-Dallo Stelvio al mare
-</h1>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="figcenter"><a href="images/ill-003.jpg">
- <img src="images/ill-003.jpg" alt="" /></a>
-<p class="caption">Il vecchio confine e il teatro della nostra offensiva dallo Stelvio al mare.</p>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-<div class="titlepage">
-<p class="large">
-Massimo Bontempelli
-</p>
-
-<p class="pad1 main-t">
-Dallo STELVIO<br />
-al MARE
-</p>
-
-<p class="front">
-APPRESSAMENTO ALLA GUERRA • DALLO STELVIO
-ALL'APRICA • UN DUELLO DI ARTIGLIERIA • TERRA
-REDENTA • LA VIA DI TRENTO • GIULIETTA E LA
-GUERRA • TRE VALLI • CADORE • DUE CONCHE
-• OSPEDALE DI CAVALLI • SILENZI E FRAGORI •
-ANCORA ATTORNO AL FREIKOFEL • IL SILENZIO
-DI MALBORGHETTO • LA CITTÀ SENZA BANDIERE
-• ALTO ISONZO • MEDIO ISONZO •
-IL CARSO • DA GRADISCA AL MARE
-</p>
-
-<p class="x-small">
-Con 21 carte geografiche
-</p>
-
-<p class="pad4">
-“I LIBRI D'OGGI”
-</p>
-
-<p>
-<span class="x-small">In FIRENZE presso<br />
-R. BEMPORAD &amp; FIGLIO — Via del Proconsolo, 7<br />
-LIBRERIA A. BELTRAMI — Via de' Martelli, 4</span><br />
-<span class="x-small">MILANO — ROMA — PISA — NAPOLI presso <i>R. BEMPORAD &amp; FIGLIO</i></span>
-</p>
-
-<table class="editori" summary="">
- <tr>
- <td>TORINO</td> <td>BOLOGNA</td> <td>GENOVA</td> <td>PALERMO</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>S. Lattes &amp; C.</td> <td>Ditta N. Zanichelli</td> <td>Fratelli Treves</td> <td>Ditta A. Reber</td>
- </tr>
-</table>
-
-<p class="x-small">
-NEW YORK, Società Libraria Italiana
-BUENOS AIRES, Libreria Dante Alighieri
-</p>
-
-</div>
-
-<div class="verso">
-<hr class="mid" />
-<p>
-PROPRIETÀ LETTERARIA
-</p>
-
-<p class="small">
-1915 — FIRENZE — Tipografia “L'Arte della Stampa”, Succ. Landi —
-Via S. Caterina, 14
-</p>
-<hr class="mid" />
-</div>
-
-<div class="somm">
-<h2>
-INDICE
-</h2>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td><a href="#appressamento">Appressamento alla guerra</a></td> <td class="pag">Pag. 11</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#aprica">Dallo Stelvio all'Aprica</a></td> <td class="pag">19</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#duello">Un duello di artiglieria</a></td> <td class="pag">35</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#redenta">Terra redenta</a></td> <td class="pag">43</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#trento">La via di Trento</a></td> <td class="pag">55</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#giulietta">Giulietta e la guerra</a></td> <td class="pag">65</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#trevalli">Tre valli</a></td> <td class="pag">73</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#cadore">Cadore</a></td> <td class="pag">83</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#conche">Due conche</a></td> <td class="pag">99</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#cavalli">Ospedale di cavalli</a></td> <td class="pag">115</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#silenzi">Silenzi e fragori</a></td> <td class="pag">123</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#freikofel">Ancora attorno al Freikofel</a></td> <td class="pag">137</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#silenzio">Il silenzio di Malborghetto</a></td> <td class="pag">145</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#bandiere">La città senza bandiere</a></td> <td class="pag">157</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#altoisonzo">Alto Isonzo</a></td> <td class="pag">173</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#medioisonzo">Medio Isonzo</a></td> <td class="pag">187</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#carso">Il Carso</a></td> <td class="pag">201</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><a href="#gradisca">Da Gradisca al mare</a></td> <td class="pag">215</td>
- </tr>
-</table>
-
-<hr />
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-</p>
-
-<h2 id="appressamento">Appressamento alla guerra.</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Brescia, 14 agosto.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>ANDAR A VEDERE LA GUERRA....</i> È un'idea, anzi una frase,
-che mette i brividi.
-</p>
-
-<p>
-È una frase, non un'idea. Una pura frase vuota di senso.
-La guerra non è una cosa che <i>SI VA A VEDERE</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ma appressarsi, accostarsi in qualche modo alla guerra, non
-per entrarvi nel mezzo per viverla per morirvi; così, per sentirne
-qualche riflesso men lontano; lasciarla distinta, così, là, in faccia a
-noi, nel panorama; e noi qua, più vicini ch'è possibile, ma non
-tanto, non dentro; noi ed essa; la cosa e la persona: la persona
-mette davanti alla cosa un suo specchio, e poi in quello specchio,
-in quel pezzo di specchio stinto, che le trema tra le mani, vi fa vedere
-la guerra, la sua la vostra guerra.... È una cosa che dà i brividi;
-ha del grottesco, del crudele, del puerile; è un mezzo sogno,
-piuttosto penoso e stridulo; mette in un disagio ineffabile la logica
-e la passione dei nostri poveri cervelli e dei nostri cuori anelanti di
-traboccare.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-</p>
-
-<p>
-Andiamo a mettere uno specchio davanti alla guerra?... Forse
-non ne avremo mai un senso più preciso, improvviso e avvolgente,
-di quello che dà, nell'alba, usciti da poco dalle città e dalle campagne
-il cui dovere e il cui eroismo è continuare in apparente tranquillità
-la vita di prima, l'accorgersi che si entra nella zona sacra
-alla grande avventura, perchè gli ingressi delle libere strade son guardate
-dai primi uomini della guerra, e perchè procedendo tra due distese
-di mèssi e di lavoro pacifico si raggiungono lunghe file di carri
-militari, guidati da soldati silenziosi, che guardano con occhi strani
-e vaghi verso il settentrione e l'oriente.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Lo troveremo forse, il senso dell'appressamento alla guerra, più
-preciso e concitato, entrando in un villaggio di fuoco e d'acciaio,
-dove ogni ora del giorno e della notte si fucinano le armi e i proiettili:
-la metallurgica della vittoria d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Trent'anni sono erano tre piccole costruzioni isolate tra il silenzio
-dei campi: poi crebbe e prese l'aspetto di un grande stabilimento,
-irto di camini fumosi: oggi è un intero paese. L'ultima
-crescita fu prodigiosamente rapida. Un anno fa lo stabilimento copriva
-quattro chilometri quadrati, e vi lavoravano mille e settecento
-operai; oggi l'estensione è raddoppiata, e gli operai sono circa quattromila,
-e non bastano ancora. Ogni giorno aumenta il numero dei
-chilometri e degli uomini. Presto ai lavori più leggieri saranno adoperate
-anche le donne.
-</p>
-
-<p>
-È una tradizione regionale. Ho percorsa in altri tempi una di
-queste valli minori: in ognuno dei paesetti che si specchiano nel torrente
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-che la corre, si fabbricano armi, da secoli. Anche dove non
-hanno se non ordigni preistorici, date a quegli uomini un pezzo di
-ferro, ve ne faranno un magnifico pugnale.
-</p>
-
-<p>
-Se dicessi la quantità della produzione giornaliera di armi automatiche
-e di proiettili di questo solo stabilimento sarebbero numeri
-da mettere spavento. Specialmente ai nemici....
-</p>
-
-<p>
-Ma visitando una fabbrica d'armi come questa, non si pensa ai
-nemici. Non vien fatto di ricordare l'impiego di questa produzione,
-gli effetti di questa causa, tanto la vita del paese di fiamma e di
-ferro appare piena, organica, in sè compiuta e perfetta.
-</p>
-
-<p>
-I sensi sono completamente afferrati, scossi e dominati dallo
-spettacolo nuovo e strano, e non lasciano luogo alla riflessione. Entrando
-nei primi cortili, tutto quel cumulo di rame e d'ottone, dischi
-verghe cilindri, tutto quel colore barbagliante, gialli di sole,
-rosei di pampini ancor pallidi del primissimo autunno, pare una festa:
-è un'inquietudine tutta sensuale; sono gli occhi soli, che s'ubriacano
-di colore vivo.
-</p>
-
-<p>
-L'impressione si trasmuta di colpo, affacciandosi a uno degli
-immensi stanzoni bassi e quadrati dove si lavorano i bossoli. Nero
-a perdita d'occhio, rigidità di linee diritte e d'angoli retti, in una prospettiva
-di travature orizzontali e verticali. Con qualche esitazione
-si avventura il passo in quella foresta, con qualche lentezza l'occhio
-comincia a scorgere disegni vari nell'intrico uniforme, ad accorgersi
-che quella rigidità è piena di movimento, a scoprire la curva delle
-ruote, la morbidezza delle cinghie, e tutte le velocità le trasmutazioni
-gli avvivamenti di quel paesaggio strano, ch'era apparso da
-principio una morta fantasia cerebrale, che vediamo ora ne' suoi cicli
-perpetui di vita creante, mobile e intenso come la vita di una terra
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-fertile osservata nel suo più profondo. Ma una natura maravigliosamente
-rapida nell'opera di creazione e di trasformazione senza
-posa. Una trave di metallo morto, inerte: ed ecco passa in un forno
-da cui escono vampe candide; qualche cosa la lancia fuori, a terra;
-una tenaglia l'afferra, la pone davanti a una sega meccanica: e noi
-seguiamo uno di quei pezzi, ancora rovente; non ha tempo di cominciare
-a imbrunire ed è già sotto una pressa idraulica che ne
-ha fatto un cilindro; e passa in un'altra macchina mostruosa che
-lo perfora, e in un'altra che ne regola il calibro, sempre sprizzando
-vampate rosse e scintille bianche, e intanto dietro quello altri di macchina
-in macchina già ne hanno inseguito il cammino, quasi più
-rapidi del nostro sguardo e del nostro passo; perchè abbiamo appena
-finito di attraversare la serie e già vediamo disposti a terra
-quei pezzi, che non sono più pezzi di ferro, sono bossoli di granate
-e di shrapnells. Stanno freddandosi.
-</p>
-
-<p>
-Dall'ultimo al primo, mentre freddano, è una curiosa scala
-di colori in gradazione lentissima dal candido al vermiglio al rosso
-al paonazzo al violaceo al bruno. Shrapnells e granate di ogni calibro,
-pistole e fucili automatici, mitragliatrici, nascono in questo modo
-rapidissimamente e si compongono, fioriscono, sotto il lavoro preciso
-e continuo dei forni, dei torni, delle seghe, delle presse, delle
-trafile, delle pompe, dei trapani, delle fresatrici, delle limatrici. Se
-possiamo fermarci a esaminare partitamente qualcuna delle operazioni
-più sottili della lunga serie, la nostra maraviglia si rinnova di
-fronte alla finitezza di lavoro che l'ingegno umano ha saputo raggiungere
-per mezzo dell'automatismo apparentemente più bruto.
-Penso al tornio che incontro alla verga incandescente porge e spinge
-uno dopo l'altro, di fronte e di fianco, quattro cinque sei coltelli e
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-scalpelli di taglio diverso, onde il pezzo n'esce complesso e rifinito
-come per il più paziente lavoro di una mano destra, vigilata continuamente
-da un pensiero attento e preciso.
-</p>
-
-<p>
-Un'altra ragione di maraviglia è osservare come questo lavoro
-di produzione quotidiana ed enorme non abbia nulla di febbrile. È
-come la nostra storia di questi giorni, di quest'anno. I posteri li
-chiameranno giorni di ansia e di febbre, e non sono tali, perchè il
-fervore degli uomini forti e delle azioni grandi è stranamente calmo
-e misurato ne' suoi atti esteriori.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ma più maraviglioso ancora si è, che uscendo dal luogo ove
-abbiamo visto nascere i più formidabili strumenti di distruzione, ci
-accorgiamo di non aver mai avuto pur un momento sotto gli occhi
-l'immagine della distruzione e della morte. Neppure sporgendoci sopra
-le lunghe fosse ove si fa la prova delle mitragliatrici, ove si vedono
-vertiginosamente vuotarsi i caricatori crivellando le tavole del
-bersaglio, non abbiamo pensato agli uomini che saranno al luogo di
-quelle tavole.
-</p>
-
-<p>
-Ho detto già come l'impressione di questo luogo e di questo
-lavoro sia quello d'un mondo e d'una natura, compiuti nel loro
-organismo e nella continuità della loro creazione. Il mondo produce
-vite, e poi altre vite e altre vite ancora, e il contemplarne
-l'opera ci appaga, e solo nei momenti della tarda riflessione l'uomo
-si domanda lo scopo di quelle vite nel perpetuo, e solo per una
-specie d'ozio vano tenta di pensare il creato come una causa. Nello
-stesso modo, solo ritornati nella strada silenziosa, allontanati dal
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-paese di fuoco e di ferro, ricordiamo com'esso abbia uno scopo, e
-preciso e formidabilmente immediato e vitale.
-</p>
-
-<p>
-Ma è un tardo atto di riflessione. Non è ancora un sentimento.
-La guerra è ancora lontana. Il viaggio nel paese delle armi non è
-ancora un appressamento alla guerra.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-</p>
-
-<h2 id="aprica">Dallo Stelvio all'Aprica</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Aprica, 17 agosto.</i>
-</p>
-
-<p>
-Come una linea tortuosa, interrotta ne' suoi continui frastagliamenti;
-ma grado grado, a procedere, si fa sempre più
-grossa e più rossa, sino alla fine. Tale è la nostra guerra,
-dallo Stelvio al mare: dall'alta Valtellina ove gli avversari si sorvegliano
-fermi e saldi, alla mischia grossa che incendia la regione dell'Isonzo.
-Per questo il viaggio dallo Stelvio a Monfalcone in margine
-alla linea del fuoco, sarà un inoltrarsi graduale, sempre più addentro,
-nella sensazione della guerra: e per questo anche l'interesse del lettore,
-leggendo le note che al viaggiatore sarà stato possibile cogliere,
-dovrà gradatamente e naturalmente farsi sempre più vivo.
-</p>
-
-<p>
-Ho detto che gli avversari, nella regione dello Stelvio, si guardano,
-fermi e saldi. Ciò va inteso con discrezione. Non azione definita,
-non complessità di movimenti, non vasti effetti raggiunti: ma
-stanno due nemici, uno in faccia all'altro, a sorvegliarsi e tenersi a
-freno. Fucilate, via, se ne tirano sempre: e se ne sono tirate anche
-qui fin dai primi giorni, e qualche cannonata anche, e s'è fatto qualche
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-audace corpo a corpo. I due paesi avversi penetrano uno nell'altro
-strettamente per le frastagliature dell'artificioso confine: le cime e
-le depressioni continue su cui questo confine è tracciato, formano
-una bizzarra linea di posizioni d'offesa e di difesa. Una cima italiana
-guarda giù, in una valle austriaca; un costone nostro termina
-in una sella che la geografia politica assegna ai nemici. E così via.
-E tutta la linea del confine è marginata, di qua e di là, da due linee
-di avamposti, i nostri e i loro, e dagli uni e dagli altri partono continuamente
-pattuglie di sentinelle in ricognizione di avanscoperta; in
-più, i punti più importanti di quel frastaglio sono occupati o battuti
-da trinceramenti o da forti.
-</p>
-
-<p>
-Ecco dunque uomini, gruppi di uomini, uomini nemici, uomini
-armati, i quali ogni tanto si vedono gli uni gli altri; là in faccia su
-quel pendìo, giù ai piedi in quel fondo di valle, sovra il capo su quella
-balza che si sporge. Sono fucilate e cannonate quotidiane, utili a mantenere
-vivo il rispetto nel nemico e indispensabili anche a tenere in
-regolare equilibrio il nostro ardore.
-</p>
-
-<p>
-Dalla cresta della Forcola stanno silenziosi a vedere il duello i
-soldati svizzeri. Perchè al valico dello Stelvio, sotto il Dreisprachenspitz
-(o, come noi lo abbiamo ribattezzato, il Pizzo Garibaldi), passa il vertice
-della triplice frontiera italo-svizzera-austriaca.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ma non c'è da temere che nella inazione il nostro ardore s'addormenti:
-al contrario, si esaspererebbe. Non può credere, chi non
-li ha sentiti parlare, quanto i soldati e gli ufficiali posti qui a far da
-colonna o da perno nella regione ove non si deve avanzare, soffrano
-di non potersi gettare a capofitto contro il maggior pericolo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-021.jpg">
- <img src="images/ill-021.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Ognuno di essi legge i giornali e pensa alla Carnia e all'Isonzo
-con invincibile invidia, e ognuno d'essi (e sono tanti nella valle, che
-n'è tutta carica come un'arma pronta!) implora almeno come minimo
-di soddisfazione di far parte d'una pattuglia, di poter vedere,
-almeno una volta, l'austriaco.
-Quando lo vede, gli dà
-la caccia. Questa ci frutta
-ogni tanto anche qui, dove
-la guerra è ancora in attesa,
-qualche incerto di prigionieri
-nemici che i tranquilli paesi
-di montagna vedono passare
-con una gioia memore dei
-fasti valtellinesi del Risorgimento.
-</p>
-
-<p>
-Ma alcuni fatti d'arme
-raggiunsero anche qui una
-notevole importanza: quelli
-in cui abbiamo provato la
-solidità della nostra difesa
-in occasione di tentate irruzioni
-del nemico, e quelli
-con i quali una avanzata,
-materialmente brevissima, ci ha dato il possesso di cime che dominano
-valli verso il cuore del Trentino, rovesciando in qualche punto
-la situazione strategica iniziale.
-</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-022.jpg">
- <img src="images/ill-022.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-È dei primi quello del 9 agosto. L'iniziativa fu dei nemici, che
-avevano tentato di attaccare il gruppo di montagne ghiacciate Ortler-Cevedale.
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-Insieme con l'Adamello, esse costituiscono le porte,
-porte ben ferrate dalla natura, di questo confine. Dall'altissima Val
-d'Adda si stacca verso oriente la Valfurva, percorsa dal Frodolfo, e
-determina una specie di saliente molto smussato del nostro territorio
-entro la regione nordoccidentale del Trentino. Tutta una corona di
-ghiacciai protegge ivi il confine,
-ghiacciai che si stringono
-intorno all'Ortler (alto
-oltre 3400 metri) e al Cevedale
-(oltre 3700 metri). Il gruppo
-conta ben sessanta ghiacciai,
-dei quali il più ampio è il
-ghiacciaio del Forno. Dal passo
-del Cevedale, più su, e dal
-ghiacciaio del Forno, più giù,
-gli austriaci tentarono dunque
-l'impeto contro le nostre difese.
-Salirono al primo da
-Val di Sulden, all'altro dalla
-valle del Noce. Già i nostri
-avevano respinto le pattuglie
-venute innanzi a riconoscere
-il passo. I nemici tornarono la notte, penetrarono per il colle di Vioz
-passando sulla neve congelata, calarono giù per il ghiacciaio del
-Forno, presero contatto coi nostri all'albergo del medesimo nome,
-e contrattaccati fuggirono. Il simile avveniva degli altri che contemporaneamente
-eran calati verso la capanna che conchiude a nord la
-vallata del Cedeh, affluente del Frodolfo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un ufficiale austriaco che guidava il passaggio per Vioz, restò ucciso.
-Gli trovarono indosso una lettera dove annunziava, non si sa
-a chi, che egli si sarebbe spinto contro i nostri perchè gli italiani
-hanno paura, e altre siffatte affermazioni da comunicato ufficiale
-austriaco. Prima di esser colpito a morte deve aver avuto il tempo
-di ricredersi, chè vide i suoi uomini controinvestiti dagli italiani, in
-numero molto minore, e parecchi colpiti e gli altri messi in fuga,
-mentre dei nostri nessuno fu ucciso.
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a href="images/ill-023.jpg">
- <img src="images/ill-023.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Contro il terzo monte del formidabile gruppo, cioè l'Adamello,
-già i nemici avevano tentato vanamente due assalti, uno il 15 e uno
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-il 30 di luglio, valicando i passi di Venerocolo e di Brizio sul costone
-occidentale del gruppo dell'Adamello, e attaccando le nostre
-posizioni presso il refugio Garibaldi.
-</p>
-
-<p>
-Meno ardua della via dello Stelvio appare, a nord dell'Adamello, la
-via del Tonale, e intorno al Tonale si combatte fin dal principio della
-guerra un duello d'artiglierie cui i comunicati ufficiali hanno accennato
-spessissimo, e la cui sorte pende ancora. A servizio della lotta per il Tonale
-si prese, fin dal primo giorno della guerra, la forcella di Montozzo
-(a 2625 metri) a nord del passo del monte, mentre gli austriaci sono fortificati
-a sud, sul Monticello (a 2550 metri). Così la lotta si trasportò sul
-ghiaccio (in cui sono scavate le trincee) sul quale sono trasportate, a
-tremila metri, le batterie. Lotta che da nessuna delle due parti vuol essere
-per ora di avanzata, ma soltanto di preparazione. La guerra di montagna
-è guerra per la conquista delle cime: chi è più in alto ha la ragione.
-</p>
-
-<p>
-E noi in parecchi punti siamo riusciti a essere i più alti. Nella
-zona del Tonale, a sud dell'alto Noce, il 7 di agosto “i nostri reparti
-alpini — cito dal comunicato ufficiale — arditamente avanzando lungo
-la cresta rocciosa che si erge da mezzodì su valle del Monte, sorpresero
-e dispersero truppe nemiche trincerate a sud-est di Punta
-Ercavallo”. Intanto le artiglierie cacciavano altri reparti nemici da
-una posizione a nord-est della stessa punta. Le nostre artiglierie erano
-sulle rocce di Ercavallo, a più di tremila metri. L'operazione ci dette
-una posizione eccellente, in quanto da questa si può batter d'infilata
-la valle del Noce. Fu un nuovo passaggio apertoci nel Trentino.<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-</p>
-
-<p>
-I soldati (molti di essi erano volontari di Valtellina e Valcamonica)
-che raccontavano, in un paese della Valfurva, qualche particolare sull'episodio
-del Vioz, mi dettero l'impressione che delle più caratteristiche
-di queste azioni sporadiche si venga nutrendo straordinariamente il fervore
-che la disciplina dell'attesa lunga non basta a contenere. Nutrono
-l'attesa e dei soldati e degli stessi montanari e valligiani del luogo.
-</p>
-
-<p>
-Ebbi da questi ultimi la narrazione orgogliosa, come d'un'impresa
-loro, della distruzione compiuta dai nostri di un celebre albergo austriaco
-da cui emanò sempre un odore piuttosto militare che turistico.
-</p>
-
-<p>
-Ma poichè i bollettini non ne hanno mai fatto cenno, forse
-perchè è apparso che l'episodio, sebbene lusinghiero per noi, non
-avesse grande portata strategica, non mi ci soffermo di più.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Volendo e potendo soffermarsi sugli episodi, ce ne sarebbero
-in quantità; ma creda il lettore — se mai dall'odierno avvicinamento
-della stampa alla guerra combattuta si aspettasse una fresca mèsse
-di aneddoti eroici — creda il lettore che l'aneddoto singolo, l'episodietto
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-staccato e ben conchiuso, se contribuirono da principio a
-darci un'idea chiara del valore e dell'energia personale — straordinarissima — dei
-nostri soldati, nulla valgono all'intelligenza della
-guerra nel suo complesso e nel suo svolgimento, nel suo organismo
-e nella sua dinamica: anzi distraggono, smembrano, frammentano.
-La guerra, la nostra guerra presente sopra tutte, non è un accumulamento,
-un sèguito, una somma di episodi, così appunto come un
-corpo vivo non è una somma di membra; e una guerra è un organismo
-vivo, e come ogni cosa che vive è un'idea che si attua,
-un pensiero che s'incarna nell'azione. E l'idea è unica, l'azione è
-unica: anzi idea e azione non sono scindibili se non per uno sforzo
-di astrazione che è necessario ma non corrisponde alla verità, costituiscono
-pur esse un indivisibile unico, anche se si raccontano
-a giornate, a momenti, secondo limitazioni di tempo e di spazio necessarie
-alle limitazioni delle facoltà umane. L'anatomia si fa sui
-cadaveri. Invece lo sforzo dell'uomo dev'essere appunto di superare
-al possibile la limitazione delle proprie facoltà fisiche, di costringersi a
-vedere nella storia non il fatto il momento la materia, ma la linea la
-vita l'anima; e noi nel caso nostro particolare dobbiamo sforzarci a contemplare
-e penetrare la nostra guerra presente sotto la specie della storia,
-che non muore. Non vogliamo abbandonarci alla curiosità della
-contingenza, sia pure eroica: tentiamo di accostarci all'anima immortale
-della guerra che è tutta la vita nostra dell'oggi e del domani.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Come certe congiunture suscitano rapidamente gli affetti! Salutiamo
-i soldati dello Stelvio e di Valfurva, ove abbiamo passato
-poche ore, con la malinconia con cui si salutano amici assai cari,
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-separandoci per vie diverse che probabilmente non s'incontreranno
-mai più.
-</p>
-
-<p>
-Abbandono l'alta valle che s'immalinconisce delle prime piogge
-e dei primi freddi montani: i miei amici che restano non si accorgono
-ancora del freddo, tale è la fonte di calore che arde nei loro
-petti. Forse se ne avvedranno solo quand'esso li costringerà a una
-inazione anche maggiore.
-</p>
-
-<p>
-Perchè presto, a superare i brevi duelli delle pattuglie che si
-sorvegliano dai picchi dalle conche e dai pendii, calerà ironica silenziosa
-e crudele la neve.
-</p>
-
-<p>
-Ridiscendendo a valle, il chiarore mal certo del primo crepuscolo
-ci permette di cogliere tra la pioggia rada i colori e le forme
-in cui si snoda la strada e in cui s'inquadrano i piccoli villaggi solidi
-e grigi.
-</p>
-
-<p>
-Vorrei percorrerla sempre di notte, questa strada silenziosa, per
-non vedere sulle case esterne dei paesi, sui muri di cinta e persino
-sulle rocce più in vista, le maledette scritte in tedesco che indicavano
-fino a poco tempo fa il migliore albergo o il più famoso luogo di
-villeggiatura o di cura agli insospettati nemici della nostra e di tutte
-le genti civili.
-</p>
-
-<p>
-Le scritte mi perseguitano con un fastidio crescente. Qualcuna
-è stata cancellata, le più sono rimaste, e non perchè qui non si odii
-abbastanza il tedesco, e molto meno perchè si creda ch'egli un
-giorno possa ritornare, ospite ingombrante mal pagante e corruttore,
-in questo paese che non ebbe mai bisogno di lui. Tutt'altro.
-Ma si lasciano per una certa indifferenza alle manifestazioni esteriori,
-che ho riscontrato in tutti i paesi che si trovano assai vicini alla
-guerra.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-</p>
-
-<p>
-È naturalissimo. Questi paesi combattono anche nella loro vita
-civile la guerra, assai più sensibilmente delle città lontane. Qui ognuno
-ha, a ogni giorno, a ogni ora, l'opportunità di prestar mano a un'opera
-di preparazione militare, di aiutare un soldato, di sacrificare materialmente
-un poco di sè e delle cose proprie. Che importa se un nome
-tedesco nereggia sopra una roccia dura e bruta come il nome e come
-chi lo portava?
-</p>
-
-<p>
-L'impassibile montanaro passa oltre. Se glielo fate osservare
-fa un mesto sorriso e una spallata. Ma se insistendo gli domandate:
-</p>
-
-<p>
-— E se i tedeschi torneranno qui?
-</p>
-
-<p>
-— <i>I mazzum tucc!</i> (li ammazziamo tutti!) — vi risponde.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-La frase, risentita ieri, m'ha fatto ricordare l'impressione di
-ostinata e laconica solidità che i valtellinesi m'avevan dato circa tre
-mesi sono, quand'ero venuto qui a principio della guerra. Si aspettava
-da un giorno all'altro la mobilitazione. Avevo lasciato a Sondrio
-l'ultima dimostrazione patriottica. Poi, venendo su per Tirano a Bormio,
-spingendomi in qualche punta verso l'Aprica e verso Livigno,
-tendendo l'occhio e l'orecchio al Tonale e allo Stelvio, correndo
-quanto mi è stato possibile in qua e in là questa Valtellina, bellissima
-di verde e di rocce, immagine magnifica della forza concentrata, silenziosa
-e incrollabile, avevo provato sulle prime un senso di maraviglia,
-quasi di isolamento. Apparivano sui muri dei paesi i manifesti
-della mobilitazione; e a me, reduce dalle dimostrazioni espansive
-della pianura, pareva di sentire l'eco degli applausi enormi con cui
-la penisola li ha salutati; ma una eco appunto, confusa e lontana
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-come il suono indistinto che si sente dal sommo delle montagne, che
-par giungere di là da una zona di silenzio, pare fatto d'infinità e
-di lontananza, di un altro mondo, di un'altra vita. Così a me passando
-allora per questi paesi, e vedendo i contadini quando si fermavano
-a leggere i manifesti, senza gridi, senza commenti, senza affollamento.
-Quasi me n'ero sgomentato.
-</p>
-
-<p>
-Mi bastò parlare con qualcuno di quei contadini silenziosi — con
-qualche vecchio, con qualche donna — per capirli.
-</p>
-
-<p>
-Io credo che in tutta questa valle non ci sia un solo uomo, una
-sola madre, una sola fidanzata, un solo vecchio, che abbia paura
-della guerra, nè per sè, nè per i suoi che vanno a combatterla.
-(Tranne coloro, s'intende, che per ragioni ovvie furono subito invitati
-a sgombrare, e non furono pochi). La seguono tutti, la guerra,
-uno per uno, con un fervore contenuto e saldo, e senza impazienza.
-Noi cittadini siamo abituati a vedere nella impazienza il
-segno e l'espressione dell'ardore. Stando qui poche ore, ci accorgiamo
-che il nostro scalpitare continuo di cavalli imbrigliati è un'inferiorità.
-</p>
-
-<p>
-Qui hanno un'affermazione sola: “mazzà i tudesch”: ammazzare
-i tedeschi. E la dicono con calma, come un bisogno e un proposito
-ben maturi e ben saldi nelle loro anime incrollabili. Un bisogno
-e un proposito quasi personali. Non hanno bisogno di riferirsi
-all'esercito quando parlano della guerra imminente. Si sentono tutt'una
-cosa con i soldati: parlano in prima persona. Nessuna popolazione
-come questa mi ha dato il senso dell'unità perfetta tra la
-patria e i suoi difensori.
-</p>
-
-<p>
-E per giungere a questo non hanno avuto bisogno di propaganda,
-di letture, di persuasione di sorta. C'erano arrivati subito, allo
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-scoppio della guerra europea. A mezzo agosto alcuni contadini s'erano
-presentati al deputato del luogo annunciandogli il loro desiderio di
-costituire un corpo di volontari per la guerra all'Austria. Si erano
-già raccolti circa in settanta. A mezzo agosto 1914, notate; quando
-appena il nostro governo aveva dichiarata la neutralità, e noi si cominciava
-a disputare se dovesse essere assoluta o relativa, vigile o
-addormentata, risoluta o brachicalante, ecc. ecc. Quei valtellinesi ne
-avevano immediatamente intuìto il valore. Li guidava un vecchio di
-settant'anni, cui l'onorevole domandò... se si sentisse atto alle armi.
-Il vecchio rispose: “de mazzà un tudesch so' amò bon”: di ammazzare
-un tedesco sono ancora capace.
-</p>
-
-<p>
-E ne sono capaci davvero, tutti. Se in Valtellina non ci fossero
-i soldati, credo che i valtellinesi saprebbero difendere fino all'ultimo
-la loro terra, come difesero il passo dello Stelvio nel '48. Ma quanti
-ce ne sono, di soldati, per tutta la profonda retrovia di val d'Adda,
-fino all'Aprica! Ho avuto accoglienza ospitale tra gli ufficiali di un
-battaglione di alpini, in un paesino roccioso, in una stanza foderata
-d'abete; sotto le finestre la banda musicale degli alpini sonava fanfare
-gioiose, per la strada sfilavano le salmerie. Ho parlato con i
-soldati. Nello sguardo di questi la saldezza fredda dell'alpigiano s'accende
-a tratti di lampi d'entusiasmo, nei quali mi s'illumina con sicurezza
-profetica la vittoria del domani. Specialmente quando un ufficiale
-rivolge loro una parola densa di promesse e di affetto, un:
-“Ragazzi, ci siamo!” per esempio. Molti conoscono il fuoco: hanno
-fatto la campagna libica. Ci sono dei valtellinesi, dei bergamaschi
-delle alte valli, degli alpini del distretto di Aquila: una composizione
-sapiente, varia, solida: un'immagine concentrata della forza molteplice
-e una d'Italia. Parlano del fuoco e della morte con una semplicità
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-che strappa le lacrime. Adorano gli ufficiali. A una cosa sola
-si mostrano restii: a essere impiegati nei servizi di rifornimento. Vorrebbero
-essere mandati avanti, tutti, subito.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Sono giunto di notte ad Aprica, dove dalla Valtellina si passa
-in Valcamonica: ivi ho veduto il primo duello di artiglieria.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-</p>
-
-<h2 id="duello">Un duello di artiglieria</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Edolo, 18 agosto.</i>
-</p>
-
-<p>
-Un inferno di fumo, di scoppi, di rombi; nugoli spessi spaccati
-da lame di fiamma e squarciati di grida; lacerti di
-terra ferita che balzano al cielo e si mescolano alle urla
-degli uomini; e soprattutto granate che esplodono; granate senza fine,
-che piovono e scoppiano un po' dappertutto, sul suolo, a mezz'aria,
-nel cielo: e cielo e terra ingombri di spasimi, di fragore infernale
-che assorda e acceca e sbigottisce i paesi e la campagna per molte
-e molte miglia all'intorno....
-</p>
-
-<p>
-Il buon lettore può darsi che immagini così, presso a poco, una
-battaglia di artiglieria.
-</p>
-
-<p>
-Io n'ero a pochi chilometri. L'impressione che me n'è rimasta
-non è affatto infernale. È di silenzio, di solennità, di calma.
-</p>
-
-<p>
-Una lunga ed erta salita su per una strada interminabile scavata
-miracolosamente dai soldati in una terra durissima, attraverso il pendio
-della più tortuosa e accidentata costa di monte che possa immaginarsi,
-mi porta a una specie di altopiano erboso, dal cui ciglione si
-domina un incrocio di vallate.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-</p>
-
-<p>
-In fondo l'orizzonte s'ingombra di alte montagne brune, macchiate
-di bianco nelle conche ove la neve non sgela: tra quei monti
-neri in faccia a noi si scavano e s'internano, più nere ancora, le
-valli che li dividono, e alle loro radici scherza il sole sugli ultimi
-prati; le cime si sfanno in nubi e pennelleggiano il cielo di grigio
-fosco. Tutto questo fasciato di brezze e di silenzio.
-</p>
-
-<p>
-— È molto bello....&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Poi, timidamente:
-</p>
-
-<p>
-— Scusi, dove è la guerra?&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Il militare, con un sorriso:
-</p>
-
-<p>
-— Lo ha sentito il cannone?&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Il borghese, stupefatto:
-</p>
-
-<p>
-— No.
-</p>
-
-<p>
-— Stia attento.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Tendo l'orecchio in mezzo al silenzio profondo che a me pare
-debba durare in quel luogo da secoli innumerevoli, tendo l'orecchio
-come se volessi cogliere la voce dell'erba che spunta o il ronzio di
-un insettino in fondo alla valle.
-</p>
-
-<p>
-— Sente?&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Ho sentito. Un suono lungo, lento e grave: comincia come un
-ululo, e si fa rombo, e muore in una eco. È lungo, lento e grave,
-pieno di dignità: quando n'è finita l'eco nell'aria rimane l'eco nell'anima,
-che si trova d'un tratto come abbassata di tono, come premuta
-sotto un'onda di malinconia.
-</p>
-
-<p>
-— È questo?&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-E aspetto. E dopo un tempo, che mi sembra eterno, un altro
-rombo più intenso mi arriva di là, dall'oriente cumulato di monti e
-di nubi, e un altro ancora, più di lontano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ora che ho imparato a sentire, voglio imparare a vedere. Risalgo
-lentamente con lo sguardo da quei prati bassi dove il sole continua
-più vivaci i giuochi gialli sulle erbe, via per le coste che si imbrullano.
-Tento di fendere l'incavo che si apre nei monti, nello sfondo;
-giungo al breve spazio tra le due cime più alte e più forti. Lassù, le
-nuvole che sfioccavano dalle rocce si vanno rimescolando, diradando,
-levandosi in fumi chiari e sperdendosi nell'aria. Ora la cima di sinistra
-appare più libera e quasi nuda, di un turchino nerissimo: e
-in quella riesco a isolare un blocco più buio, ed ecco da quel
-blocco balzano fuori irresistibilmente uno sbuffo chiaro e una vampa
-gialla che se ne stacca e lancia via da sè, più avanti, una vampa più
-piccola, più rossa....
-</p>
-
-<p>
-— La granata che scoppia....&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-E parecchi secondi più tardi m'arriva l'ululo che si fa rombo e
-muore in eco solennemente, e su tutta la scena tornano a distendersi
-lo stupore nostalgico e il silenzio infinito dei monti.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Rombi e vampe da una parte e dall'altra, a cinque o sei minuti
-di pausa: tale è un duello di artiglieria visto a dodici chilometri di
-distanza.
-</p>
-
-<p>
-Ai quali l'occhio si abitua in breve, e già s'accorge che quel
-gregge giallo, là in margine al costone più basso, è un attendamento;
-e da quello vedo chiaramente salire per l'erta la forma nera e rapida
-delle formiche umane: ma solo ora, mentre vengo ricordando
-gli aspetti e le forme che di quella scena semplice mi sono rimaste
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-negli occhi, mi assale improvvisa la coscienza che quelle formiche
-creavano i rombi e le vampe e salivano ove ognuno di quei fenomeni
-gravi e solenni si traduce in morte e strazio di membra umane
-e in dolore e ardore e torture eroiche del corpo e dell'animo. Solo
-ora me n'avvedo; e quasi ne dubito, perchè non so ripensare a
-quel luogo, a quegli istanti, a quello spettacolo, senza riprovare la
-sensazione di solennità e di gravità triste che vinceva e assorbiva in
-me ogni altra sensazione, ogni riflessione, ogni coscienza.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Un'ora di quello spettacolo, spettacolo novissimo, tanto semplice
-che comincia col sembrare insignificante e finisce con l'essere
-strano, fa perdere il senso della realtà e il ricordo della vita.
-</p>
-
-<p>
-Me ne scuote un'ondata di gelo che mi ha invaso per tutte le
-membra. Chi si era accorto che il cielo era venuto abbuiandosi, che
-lo sforzo degli occhi aveva dovuto esasperarsi per continuare a distinguere
-le due vampe tra le due nubi ridiscese, che era cominciato
-a piovere?
-</p>
-
-<p>
-Ma non importa la pioggia. Moviamoci per sgombrare il corpo
-dal gelo e l'anima dallo stupore malinconico. Pure, ci sa male ritirarci
-di qua, ora che abbiamo trovato un'immagine reale della guerra.
-Camminando nel pianoro, ineguale sotto la pioggia già diradata, arriviamo
-a un'altra parte del ciglione, ove una serie di leggieri rialzi
-verdi ci sembra un buon posto per osservare un altro versante della
-vallata.
-</p>
-
-<p>
-Ed ecco, accostandoci, ci sorprende scorgere nella parte interna
-d'uno di quei rialzi un foro, come fosse la buca di una grotta: e
-da più presso ancora è una grotta davvero, imboccata da un breve
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-spiano in declivio. Vi scendo: c'è dentro un pezzo di artiglieria da
-montagna, pronto! L'accompagnatore sorride della mia maraviglia
-e fa togliere il pezzo di là. È l'opera d'un batter di ciglio: il pezzo
-sale la breve china, fa una mezza volta, è già sulla spianata esteriore
-del ciglione, con la bocca alla vallata, pronto alla difesa e alla minaccia.
-</p>
-
-<p>
-E alla radice della spianata, al principio, una profonda trincea.
-Percorrendola veniamo a un'altra grotta come la prima: di là da
-quella la trincea continua; e un'altra, e un'altra ancora.
-</p>
-
-<p>
-Tutto il bel ciglione verde, ingenuo, rugiadoso, è un magnifico appostamento
-di artiglieria che in pochi minuti può marginare tutta la
-posizione di un orlo di vampe e di rombi, può portare laggiù, se il
-nemico ci si presentasse, il tumulto infernale e lo strazio che non
-abbiamo ancora incontrati nel nostro placido viaggio.
-</p>
-
-<p>
-Perchè, sebbene abbiamo assistito a un duello di artiglieria e
-i monti che lampeggiavano fossero il Tonale e il Monticello, noi abbiamo
-camminato ancora molto in margine alla guerra, molto in qua
-dal suo cuore di fuoco e di sangue.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-</p>
-
-<h2 id="redenta">Terra redenta</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Lodrone, 21 Agosto.</i>
-</p>
-
-<p>
-Per la prima volta poniamo il piede sull'antico confine. Ho
-viaggiato per un giorno in terra redenta.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Su dal lago d'Idro si rivolge verso nord val Giudicaria, in cui
-scorre il Chiese, parallelamente alla valle dell'Adige, o Lagarina: le
-due grandi vie di comunicazione, cioè di possibile invasione, che il
-possesso del Trentino offriva all'Austria verso l'Italia. Val Giudicaria
-continua verso nordovest con val Daone che la ricollega alla regione
-dell'Adamello, verso est con val di Ledro che conduce al Garda.
-</p>
-
-<p>
-Costeggiando il lago d'Idro, passiamo sotto la vecchia e teatrale
-fortezza d'Anfo; finito il lago, ove il Chiese vi sbocca, attraversiamo
-l'antico confine.
-</p>
-
-<p>
-L'antico confine qui è un ponte sopra un torrefaccio. Di
-qua era regno d'Italia, di là era impero d'Austria. Ora di qua e
-di là è tutta Italia. È semplice. Parve semplice anche a Cadorna,
-quando un giorno, che era il secondo della guerra, disse alla nazione:
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-“Le nostre truppe occuparono i seguenti punti: Forcella di
-Montozzo, Tonale, Ponte Caffaro in Val Giudicaria....” e così via
-una sfilata di otto o nove nomi, senza una parola di più. A noi
-cercare sulle carte quei nomi, cercare nella nostra immaginazione il
-valore attivo di quel fatto semplice: — le nostre truppe occuparono....
-</p>
-
-<p>
-Non per questo luogo abbiamo cercato dei nomi sulle carte.
-Sono i nomi più famosi e più dolorosi della storia popolare d'Italia,
-la storia garibaldina. In questi luoghi la nostra impresa d'oggi
-si riallaccia più sensibilmente all'opera interrotta or è mezzo secolo.
-Poco prima di raggiungere il ponte, abbiamo salutato con un tremore
-indicibile un piccolo ossario che da una rientratura del monte
-s'affaccia come un monito e domina, da sinistra, la strada: l'ossario
-di Monte Suello.
-</p>
-
-<p>
-E non qui l'immaginazione ha bisogno di sforzi per figurarsi
-l'azione: o meglio, ogni sforzo è inutile, perchè un'avanzata fatta
-di discese precipitose giù per queste chine, di ascensioni asprissime
-su per queste cime, di penetrazione temeraria dentro il fogliame fitto
-che protegge ogni agguato alle radici dei monti, un'avanzata di questo
-genere appare tanto più prodigiosa e inimaginabile quando vediamo
-con gli occhi quale suolo corrisponda alle impassibili designazioni
-dei comunicati di cui ci siamo nutriti fino ad oggi.
-</p>
-
-<p>
-Mentre gli alpini precipitavano, ascendevano, penetravano, i
-bersaglieri prendevano d'impeto il ponte e avanti divoravano la strada
-e riconquistavano i paesi attoniti. Sul primo di quei paesi, Lodrone,
-c'è una grande, accurata iscrizione grafita sul muro: <i>Regno d'Italia</i>;
-e intorno intorno un bel fregio ancora pieno della soddisfazione con
-cui un soldato deve averlo disegnato due mesi sono. Poco più là,
-dall'altra parte, un'altra iscrizione, più vecchia, è rimasta intatta, memoria
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-dell'antico regime. Suppongo che i conquistatori ve l'abbiano
-lasciata con un'intenzione ironica, perchè la scritta ammonisce:
-</p>
-
-<p class="center">
-<i>Multa di cinquanta corone ai veicoli
-che avanzano troppo rapidamente.</i>
-</p>
-
-<p>
-L'esercito italiano è in multa.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-045.jpg">
- <img src="images/ill-045.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-I comunicati del Comando supremo accennarono ancora, il 27
-di maggio, a questi luoghi, annunciando estesa l'occupazione del terreno
-verso nord e nel tratto
-tra l'Idro e il Garda; il 30
-specificarono l'occupazione
-di Cima Spessa, che domina
-la vai d'Ampola, comunicante
-con valle di Ledro; finalmente,
-il 2 giugno, annunziaron
-l'occupazione di Storo
-e di Condino e il collegamento
-di queste truppe, su
-per valle Daone, con i reparti
-alpini scesi sul Chiese
-dall'Adamello. Ma non basta
-avanzare. La conquista, arrivata
-direttamente ad un
-punto, si ferma ivi per qualche tempo, ma durante questo si allarga,
-si consolida tutt'all'intorno. Una prima avanzata per un
-tratto del fronte è fatta come di punte che si spingono avanti penetrando
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-saldamente nella carne viva del paese di conquista. Poi
-a poco a poco gli archi che collegavano quelle punte si stendono,
-si appianano, vengono a stringere più da presso e rafforzare ai fianchi
-quelle sentinelle; e così rendono possibile a queste un altro lancio
-in avanti. Intanto occorrono azioni parziali di difesa, difficili
-come conquiste generali. Il 27 di giugno con un'audace spedizione
-un piccolissimo reparto di alpini riuscì a spingersi nel Ponale e interrompervi
-l'impianto idroelettrico che serviva i grandi proiettori
-elettrici con cui gli austriaci potevano vigilare i nostri movimenti
-notturni. Tutto il luglio fu impiegato nel respingere i tentativi nemici
-frequentissimi contro Val Daone, che avrebbe aperto loro la strada
-al Tonale e alla Valcamonica, e interrotta la stretta unità da noi faticosamente
-ottenuta tra le truppe operanti dallo Stelvio all'Adamello,
-e quelle operanti in Val Giudicaria: si snidarono quelle contro Passo
-di Campo, Cima Boazzola, Malga Leno. Importantissima su tutte, l'occupazione
-di monte Lavanech e di Cima Pissola ci dava, il 26 di luglio,
-il completo possesso delle alture del versante destro di Val Daone.<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>
-</p>
-
-<p>
-Anche nella valle oltre l'Idro dunque, e nelle valli laterali verso
-il Garda, continua un'azione lenta di consolidamento, d'arrotondamento;
-sono costoni, cime, passaggi, che di giorno in giorno, a
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-pezzi, vengono strappati al nemico: sono opere d'offesa che si spostano,
-è la prima linea che tende a diventar retrovia. Ed è, anche,
-dietro questa, il paese di confine che ricompone la propria fisionomia
-a paese d'interno, la città dominata che impara a respirare da città
-libera, il villaggio desolato e vuotato dalla guerra che viene ripopolandosi
-e riprendendo la propria vita di lavoro.
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a href="images/ill-047.jpg">
- <img src="images/ill-047.jpg" alt="" style="max-width: 100%; margin: 1em auto; clear: both;" /></a>
-</div>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Com'è triste un villaggio vuotato dalla guerra! Non al primo
-aspetto, che anzi è lietissimo. Le case più grandi sono piene di soldati:
-e qui non è il soldato impaziente che abbiamo visto nelle retrovie
-di Valtellina, immalinconito dall'attesa del fuoco. Qui i soldati
-sono quasi nel vivo della guerra; l'azione maggiore può attenderli
-da un momento all'altro, e intanto le azioni minori sono frequenti
-e le mani non stanno mai troppi giorni inoperose. Perciò questi soldati
-sono allegrissimi, e il loro moto per la piazza e nella via maggiore
-del paese e su e giù per le scale delle case ridotte a caserma,
-è rumoroso e pieno di canti e di ragazzate gioconde.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma nelle strade minori stringe l'animo un gelo di morte. Quasi
-tutte le case sono aperte, le imposte e le porte a metà divelte. Su
-per le scale sudice son rimaste le miserabili tracce della fuga precipitosa.
-Nelle stanze qualche resto di masserizia, qualche vestito
-cencioso, qualche suppellettile, si trascinano penosamente lungo i
-muri brulicanti di ragni stupefatti.
-</p>
-
-<p>
-A monte di Condino è un vecchio convento, nelle stesse condizioni,
-ma grande, arioso, aperto a panorami accidentati e verdissimi.
-Anche qui la stessa desolazione, e in più molta paglia, un po' dappertutto,
-chè i soldati austriaci dovettero rimanervi acquartierati qualche
-tempo prima di ritirarsi. Ma non c'è il senso della vita familiare
-messa in fuga, e le madie zoppe e le sedie spagliate su cui si mescolano
-in orgia pezzi di bottiglie, gabbie per canarini e manuali di
-Filotea, fanno piuttosto ridere che piangere. Il sentimento è forse
-colpevole, ma me ne confesso candidamente. Salito per scale a pioli
-al solaio del convento, scopro un cimelio prezioso: una vecchia
-giubba azzurra di soldato austriaco. La prendo con molta cautela
-servendomi di un bastone, m'affaccio alla finestra di un abbaino, e
-di lassù la butto a un bersagliere che dalla strada sta a guardarmi,
-un po' scandalizzato dalla mia invadente curiosità: ma l'accoglie in
-gran gioia, e corre via a mostrarla ai compagni.
-</p>
-
-<p>
-E mentre m'indugio un po' ancora, affacciato lassù a scrutare
-l'accavallamento dei monti, a cercar di capire, con le mie incerte
-cognizioni topografiche, quali di quelli sono ancora dell'Austria, ecco
-dall'ala destra mi giunge un suono ancora non noto e attraversa
-l'aria sopra il mio capo. È una specie di breve miagolio, e si tramuta
-subito in uno stridìo acuto e rabbioso, circolare, come un
-trapano che succhielli rapidissimo l'aria; poi un rombo, il rombo
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-ormai familiare del cannone; poi un piccolo scoppio. Scruto attorno
-il cielo, le cime, la valle. Ma non mi accorgo di nulla. Vedo i soldati
-correre agli sbocchi del paese. Scendo e corro anch'io. Intanto
-s'è udito un altro miagolio, un altro rombo, un altro scoppio. Giù
-c'è un ufficiale che s'affanna a raccomandare ai soldati che non si
-facciano vedere.
-</p>
-
-<p>
-— È il trecentocinque del forte Por che s'è accorto che laggiù
-(indica un ripiano a mezza costa), il nostro genio lavora, e cerca di
-disturbarlo. Ma non fatevi vedere. Dall'osservatorio vi possono vedere
-benissimo, e allora vi tirano una granata. A che scopo?
-</p>
-
-<p>
-— Per vedere come scoppia — risponde un soldato. E gli altri
-ridono.
-</p>
-
-<p>
-Intanto una terza granata trivella l'aria col suo miagolio rabbioso,
-poi una quarta; e di questa finalmente vedo l'effetto sulla
-costa indicata. Non si scorge cader nulla, ma tutt'a un tratto uno
-sbruffo di terra e di sassi rompe dal suolo, come per una mina:
-qualche arbusto sterpato ricade con la terra, e niente più. I lavori
-del genio sono alquanto lontani di là, e i soldati al primo miagolio
-si ritirano dietro un riparo, ch'è il primo rapido lavoro che si
-prepara sempre avanti di accingersi a qualunque opera di quella
-specie.
-</p>
-
-<p>
-I soldati del paese sono un po' delusi e per consolarsi mi fanno
-vedere, nel piazzale davanti alla chiesa, un buco tondo e largo lasciato
-da una granata, sorella di quelle d'oggi, un mese fa. Non
-l'hanno ricoperto, perchè è un ricordo e un'imagine che rinvigorisce
-il loro fervore. E l'episodio recente li rimanda al lavoro più alacri
-di prima: quei miagolii hanno la virtù eccitante che aveva nelle
-battaglie antiche il classico odor della polvere.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-</p>
-
-<p>
-Uscendo dal paese ci fanno camminare in fila indiana, stretti a
-una siepe, assicurandoci che l'austriaco vedendo di lassù dei borghesi
-sarebbe molto contento di salutarli con uno shrapnell. Questo
-soddisfa molto la nostra vanità.
-</p>
-
-<p>
-Così giungiamo ove si apre un grande campo. Il campo è seminato
-di soldati che, senza giubba, chini verso terra con le zappe,
-sembrano contadini. E tutt'attorno a loro c'è come una vasta piantagione
-bassa a filari....
-</p>
-
-<p>
-Ci accorgiamo subito dell'errore. Sono linee di reticolati: aggrovigliati,
-aspri, puntuti, impervii: e lungo il margine del prato le
-bocche di lupo, ove l'uomo cadendo trova la punta ferrea che lo
-strazia; e i lacci giapponesi, ove l'uomo preso in trappola per il
-piede come una bestia, stramazza; e i mostruosi trabiccoli dei cavalli
-di Frisia: il filo di ferro duro, irsuto di punte mordenti, in tutte
-le sue applicazioni, per impedire, rallentare, deviare, mordere a sangue
-in tutti i modi il cammino di chi vuole avanzare. Contemplando
-spaurito tutta quella stesa di stratagemmi, più imagine di caccia che
-non di guerra, non penso agli austriaci che incapperanno qua dentro,
-perchè questi sono preparativi di pura precauzione e gli austriaci
-di qua non ripasseranno mai nei secoli, ma mi vien fatto di pensare
-che qualche cosa di simile è di là, dove i nostri avanzano; che
-qualcosa di simile era qua, dove i nostri hanno avanzato: e che
-pure hanno superato tutto questo, senza esitazione, rapidamente, con
-pochissime perdite, a forza d'impeto, di abilità e di audacia. È un
-pensiero di raccapriccio, che subito si trasmuta in una ammirazione
-profonda e in una fede sicura ed enorme nel domani.
-</p>
-
-<p>
-Dietro le file dei reticolati, quelle delle trincee: trincee in cemento
-armato, lunghi corridoi, larghi, comodi, nitidi: hanno qualche
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-cosa di conventuale nella linea e nel colore, e insieme di casalingo.
-Ad ognuna si entra per parecchi usci di legno bianco, dalle imposte
-ben commesse. Su qualcuno degli usci un soldato ha scritto il proprio
-nome. Non ci manca che il campanello e la buca per le lettere.
-</p>
-
-<p>
-Leggo su di un uscio, in un bel neretto tipografico:
-</p>
-
-<p class="center">
-<i>Prima di entrare si pregano gli austriaci di farsi annunziare.</i>
-</p>
-
-<p>
-Un altro soldato vi ha aggiunto sotto, col carbone, un avvertimento,
-così:
-</p>
-
-<p class="center">
-(<i>Visite brevi</i>).
-</p>
-
-<p>
-Arrampicandomi dal basso su per la costa e penetrando nel
-monte oltre Storo, su per val d'Ampola e valle di Ledro, verso Bezzecca,
-passo dalla visione modernissima delle trincee murate a quella
-tradizionale dell'attendamento. Vaste distese di tende coniche sul
-declivio dolce degli incavi del monte; ranci che stanno cocendo nelle
-pentole nere, sui fuochi enormi, al riparo di rocce annerite dal fumo;
-un rigagnolo largo e chiaro margina l'accampamento e i soldati vi
-scendono a lavar le stoviglie; sfondo di rupi dense di cespugli, file
-di salici lungo il rigagnolo. Potrebb'essere nell'“Orlando Furioso”.
-</p>
-
-<p>
-Tutt'a un tratto tra i soldati che formicolano in mezzo alle
-tende, si vede un gran movimento: si raggruppano a sciami, corrono
-tutti verso il rigagnolo, lo attraversano, ne risalgono il margine,
-s'arrampicano fino alla strada... per veder passare il Re d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Perchè il Re d'Italia è passato di qui stamattina. Si ha l'impressione
-che passi ogni mattina, dappertutto. Chiunque per qualsiasi
-ragione è stato anche un giorno solo ad un punto qualunque
-del fronte, specialmente se avanzato ed esposto, ha incontrato il Re,
-che passava. Non passava soltanto: si tratteneva a vedere minutamente
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-ogni opera, ogni posizione: si spingeva nei luoghi più scoperti,
-per rendersi conto dei pericoli e delle difese; si prodigava ai
-soldati. Nessuno, di tante e tante migliaia di soldati, va al fuoco
-senza aver visto il Re, senz'aver sentito la sua parola.
-</p>
-
-<p>
-Il Re passa. Un sorriso di saluto illumina i suoi occhi penetranti
-e tutto il suo volto brunito dalla guerra, dimagrato dal fervore.
-E il soldato italiano, anima eterna di ribelle sol perchè teme la disuguaglianza
-e l'orgogliosa superbia, il soldato italiano, poi che ha
-visto un istante il Re esporsi al suo fianco e sorridergli, va volentieri
-incontro alla morte, e al disagio che è più terribile della morte.
-</p>
-
-<p>
-Per questo si vincono i reticolati più irti, le trincee più solide
-e le montagne più impervie.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-</p>
-
-<h2 id="trento">La via di Trento</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Ala, 23 agosto.</i>
-</p>
-
-<p>
-Ognuna delle grandi e fonde retrovie che stiamo visitando,
-lunghi e complessi meandri di avvallamenti e di alture, ha un
-suo carattere e un suo colore e una sua voce specialissimi,
-quali sono imposti ad essa dalla natura dei luoghi e dal modo di guerra
-che fino a oggi l'ha fronteggiata. In Valtellina e in Valcamonica i silenzi
-vasti dell'alta montagna non paion vinti neppure dal calpestìo infinito
-delle file di salmerie che rigano ogni viottolo, e le sfilate dei
-soldati mantengono quel carattere di malinconia taciturna e intimamente
-inquieta che è caratteristica degli abitatori dei monti. Invece
-nelle valli del Trentino meridionale, specialmente in Val Giudicaria,
-c'è più sole: suona di vetta in vetta più frequente il cannone, mentre
-tuttavia la curiosità del viandante è attratta specialmente al suolo su
-cui fioriscono e s'intricano continui gli agguati della difesa. Ivi il
-soldato e l'ufficiale paiono più giocondi e la loro fede nel domani
-si colora di un entusiasmo più rumoroso. Sentite ancora lo slancio
-del balzo improvviso onde qui si son portati più innanzi che sugli
-altri punti del confine. Nelle valli laterali del Veronese l'attenzione si
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-porta specialmente verso l'alto, ai formidabili rafforzamenti delle cime.
-Guardano alle cime sempre i soldati di là, anche dal fondo delle
-trincee più in basso. Ripensato poi nel suo assieme l'aspetto militare
-delle tre vaste retrovie è di sicurezza, di permanenza, di incrollabilità.
-</p>
-
-<p>
-Non mi è possibile giustificare con particolari di fatto, che la illustrerebbero
-perfettamente, una mia chiarissima impressione: ed è
-questa, che di mano in mano che la linea avanza essa si fa confine
-destinato a non arretrar più, nemmeno per transitoria sventura di
-guerra, perchè immediatamente alle sue spalle qualche cosa viene di
-continuo solidificandosi, cristallizzandosi, integrandosi subito con la
-natura gigantesca e rude del suolo.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Qualche cosa di tutti questi caratteri insieme, e in più un aspetto
-suo particolarissimo, ha la linea centrale e fondamentale per cui si
-penetra nel cuore del Trentino, fino a Trento stessa, cioè la Val
-d'Adige, scavata profondamente tra pareti diritte e altissime di pietra
-nelle tragiche Chiuse, poi mano mano aperta su scenari più larghi,
-di linee più sobrie, solenne sempre anche dove è più verde.
-</p>
-
-<p>
-È curioso e insieme ben naturale l'interesse e l'animo specialissimo
-con cui ci si accosta ai luoghi ch'ebbero maggior risalto nei
-bollettini ufficiali, sovrapponendo un'immagine viva sui nomi che — è
-pur da confessare — riuscivano nuovi e rimanevano vaghi alla
-comune ignoranza italiana della geografia nostra di questa regione.
-</p>
-
-<p>
-Ma in questo tratto ne troviamo invece i nomi più noti, quelli
-che al nostro lungo desiderio sonaron sempre più significativi; e quando
-il quarto comunicato di guerra ci disse presa Ala, ci orientammo immediatamente,
-ci sentimmo uscire dalla strategia, ebbimo subito il
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-senso geografico dell'avanzata nazionale. L'Adige era il fiume irredento
-per eccellenza. Rovereto e Trento: due nomi che riassunsero
-sempre alla nostra mente tutta la regione, in quanto essa doveva
-avere di più profondamente italiano. Anche ora e anche correndo le
-altre valli, le più meridionali,
-o le laterali della regione, in
-qualunque punto siamo, i
-soldati hanno da indicarci
-una cima o un costone a destra
-o a sinistra o di faccia,
-o almeno almeno una nuvola
-che in quel momento si sia alzata
-dall'orizzonte verso noi,
-e ci dicono con una specie di
-malizia: — sotto quello, vede?
-di là, un po' più in qua, c'è
-Trento. — Oppure si riferiscono
-a Rovereto. Anche senza
-conoscere il nome di Rosmini,
-Rovereto ha per loro
-un grande valore d'italianità.
-</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-057.jpg">
- <img src="images/ill-057.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-È come un anticipo di
-Trento. Ci sono ancora nelle
-strade maestre tornate nostre le indicazioni chilometriche poste dal
-vecchio regime, e si riferiscono tutte a Rovereto e ciò le fa eloquentissime:
-a Rovereto km.... I puntolini rappresentano un numero
-piccolissimo. E molti di quei soldati, creo, a Rovereto si
-sono avvicinati molto, alla spicciolata, in pochi, per ordini o
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-per iniziative individuali, per ragioni militari o per invincibile curiosità.
-</p>
-
-<p>
-Ora, come Rovereto per Trento, così è un poco Ala per Rovereto:
-Ala che fu subito nostra, ma nostra del tutto solidamente per
-sempre, in quel primissimo slancio che ci creò di colpo un confine
-nuovo e sicuro, tale da permetterci di cominciare di là la guerra
-lente e precisa, di penetrazione immediatamente seguìta da rafforzamenti,
-che è il capolavoro quotidiano del nostro esercito e del nostro
-comando.
-</p>
-
-<p>
-Ricordate:
-</p>
-
-<p>
-<i>Il 24 maggio le nostre truppe prendendo ovunque l'offensiva
-occuparono i seguenti punti: Forcella di Montozzo, Tonale, Ponte
-Caffaro in Val Giudicaria, terreno a nord di Ferrara di Monte
-Baldo, Monte Corno, Monte Foppiano sul versante nord dei Lessini,
-Monte Pasubio, Monte Baffelan, alle testate delle valli Agno e Leogra,
-alti passi nella Val Brenta.</i>
-</p>
-
-<p>
-Era come una mano che avesse afferrata intera, intorno intorno,
-la preda viva e cominciasse a stringerla. Il giorno dopo:
-</p>
-
-<p>
-<i>Fu occupato anche il monte Altissimo di Monte Baldo.</i>
-</p>
-
-<p>
-Dall'Altissimo scendemmo subito giù verso Val d'Adige, e risalimmo
-il fondo della valle sino ad Ala. Infatti, due giorni dopo:
-</p>
-
-<p>
-<i>27 maggio — Truppe di fanteria rinforzate da guardie di finanza
-e da artiglieria, da Peri per le due rive dell'Adige avanzarono verso
-Ala. Espugnato il villaggio di Pilcante, coperto da più ordini di
-trincee, si impossessarono solidamente di Ala. Il combattimento durò
-da mezzogiorno a sera.</i>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ventisette maggio. E il nostro animo esulta quando, entrati in
-Ala, vediamo il nome di 27 maggio su di una delle vie principali. E
-un'altra si chiama via Umberto I, e un'altra via Vittorio Emanuele III.
-Ma la nostra commozione si fa dolorosa scorgendo, sulla piazza in
-cui quelle vie convergono, il nome: Piazza Antonio Cantore.
-</p>
-
-<p>
-Ala è occupata solidamente. Quei quattro nomi sono la miglior
-garanzia della solidità della nostra occupazione.
-</p>
-
-<p>
-Procedendo a ritroso dell'Adige su, verso Rovereto, vedremo
-prove più positive di questa solidità. Per ora abbandoniamoci al
-senso indefinibile di agio che ci avvolge entrando in Ala, rimanendovi,
-come ho voluto fare, un giorno e una notte, per sentirmi attorno
-un po' strettamente la vita della città.
-</p>
-
-<p>
-Senso di agio, ho detto. Forse qualcuno si aspetterebbe piuttosto
-quello dell'entusiasmo. Non è così. Anzi, sulle prime, discorrendo
-con quegli italiani tornati alla patria, vi sorprende qualcosa che
-può sapere di indifferenza. Venuti dalle città lontane, dove si sbandiera
-a ogni occasione, supponete che ogni trentino redento non
-debba far altro che parlarvi del grande avvenimento, vi aspettate da
-tutti il racconto del gran giorno — 27 maggio — e sfoghi contro l'antico
-regime ed effusioni di beatitudine per il nuovo, con valanghe di
-episodii.... Nulla di tutto questo. Bisogna interrogarli, per sentirsi
-dire le poche cose semplici e ormai ben note che vi possono dire
-intorno agli anni che precedettero e ai giorni che seguirono il 27 maggio
-del 1915. Poche parole, semplici, sintetiche, asciutte e timide insieme.
-Andate invano, qui, a caccia dell'aneddoto episodio: se ci
-tenete dovete immaginarlo da voi. Questo sulle prime, come dicevo,
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-sorprende e disorienta. Possibile che sia indifferenza? In tutti tutti?
-Non è indifferenza. Non so spiegare con una parola sola che cosa
-sia. Intanto è un poco di pudore del parlare d'una cosa molto sacra,
-che è stata loro a cuore per molti anni, che hanno raggiunto
-quando quasi ne disperavano. È difficile che l'uomo ami parlarvi e
-lasciarvi parlare di un grande e arduo amore che abbia finalmente
-raggiunto il suo sogno. Solo gli amanti delusi si sfogano lungamente.
-</p>
-
-<p>
-Pudore, dunque. Ed è ancora pudore quello che impedisce ai
-rinati di soffermarsi a ricordare un tempo che u per essi — ve ne
-accorgerete subito — di umiliazione più ancora che di sofferenza materiale.
-</p>
-
-<p>
-E poi c'è anche qualche cosa di più. Un sentimento molto onesto
-e spontaneo, che è piacevole e consolante riconoscere. Ed è, che ciò
-che è avvenuto par loro naturalissimo. Sono sempre stati e si sono
-sempre sentiti italiani così intensamente, così ingenuamente, che il
-suggello politico alla loro italianità non ha per essi nulla di maraviglioso:
-è appunto quell'elemento che solo mancava al compiuto equilibrio
-delle loro condizioni esteriori di nazionalità, ma nell'intimo, nell'animo,
-l'equilibrio era già raggiunto da un pezzo, non era stato
-scosso mai. E sono i turbamenti dell'animo quelli che lasciano più
-dura traccia e più lunga memoria e maggior desiderio di rinfrescare
-e rivangare continuamente il passato anche dopo che è stato superato
-da un pezzo. Per queste ragioni — o per altre forse più sottili — Ala
-è tranquilla. Non è indifferente. Ama i soldati numerosissimi
-che la occupano e l'avvivano, accoglie con piacere i visitatori
-che vengono dalle città più lontane e più antiche del regno. Questa
-tranquillità del resto non impedisce le manifestazioni simpatiche, che
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-si rinnovano per esempio ogni sera quando in piazza Antonio Cantore
-suona la banda militare, eseguendo specialmente marce guerresche
-e inni patriottici. Degli inni patriottici il più popolare è anche
-qui quello di Mameli.
-</p>
-
-<p>
-Questa stessa tranquillità serena v'impedisce di accorgervi subito
-del disagio che la condizione di Ala ha necessariamente lasciato
-tra gli abitanti. Per esempio, non vi avvedete subito dell'assenza di
-uomini. Tranne qualche giovane che combattendo in Galizia fu ferito,
-ed era qui a curarsi quando l'occupazione italiana lo raggiunse
-e lo liberò dall'obbligo doloroso, non ci sono qui, di maschi, che
-pochi vecchi e molti fanciulli. Ma in compenso ci sono tanti soldati
-e noi abbiamo talmente fatta l'abitudine in altre città — basterebbe
-Verona per citarne una — alla preponderanza dei militari, che non
-ci rendiamo conto dell'assenza di uomini del paese. Mi pare che anche
-le donne di Ala abbiano la stessa impressione.... Non sono tutte
-straordinariamente belle le donne di Ala. Ma hanno, specialmente le
-fanciulle, una grazia morbida di sguardi e di voce che mi ricordò subito
-con dolce sorpresa le loro sorelle di Zara. Sia la somiglianza
-di buon augurio per le zaratine e per la loro terra. Quando avrò aggiunto
-che ad Ala non ho trovato nessun segno superstite del regime
-austriaco, e segni ce ne dovevano essere ben pochi — forse
-soltanto le buche delle lettere e le insegne dei tabaccai che furono
-subito rinverniciate —, e che nella casa che mi ospitò la notte (gli alberghi
-son pieni) il mio sonno era vigilato dai ritratti di Carducci,
-di Garibaldi, di Cavallotti e di De Amicis — credo che il lettore potrà
-lasciarmi uscire da Ala, e che vorrebbe accompagnarmi fuori,
-più in là, più su a ritroso dell'Adige, il più vicino possibile a Rovereto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Perchè Ala servì da punto di partenza per estendere l'occupazione
-alla zona orientale della valle. Salimmo di qua, il 31 di maggio, la
-cima del Coni Zugna, che per Zugna Torta scende verso Nord su
-Rovereto, e che per il suo versante orientale domina la Vallarsa che
-a Rovereto si congiunge con la Val d'Adige. Intanto nella via centrale
-della valle ci estendemmo e fortificammo fino oltre Serravalle,
-su entrambe le rive, a fronteggiare le fortificazioni straordinarie che
-il nemico s'è preparate sul Biaena.
-</p>
-
-<p>
-Ma il lettore non è munito di salvacondotto e tutte queste zone
-sono straordinariamente vigilate. Per questa ragione non m'è possibile
-lasciarmi accompagnare troppo in là, nè riferirgli quello che
-ho visto. Immagini le opere di difesa più complete, complesse e sottili
-che quella specie di tecnica di brigantaggio che è sempre la guerra
-di montagna, congiunta alla necessità di ripieghi sempre più astuti
-portata dai mezzi offensivi moderni, possa aver suggerito all'esercito
-più geniale del mondo — il nostro —; e avrà forse un'idea delle
-opere di trinceramento e di appostamento che fiancheggiano l'Adige,
-sempre più in là, sempre più su, fino a un punto elevato donde,
-incuranti dell'osservatorio austriaco d'artiglieria che ci stava proprio
-di faccia vicinissimo, abbiamo potuto scorgere uno svolto di valle
-e lo scorcia di un'altura battuti dal sole come da un indice di speranza.
-Dietro quelli, immediatamente dietro, quasi visibile nelle sue
-prime case, sta Rovereto ed aspetta.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-</p>
-
-<h2 id="giulietta">Giulietta e la guerra
-<span class="smaller">INTERMEZZO SENTIMENTALE</span></h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Verona, 25 agosto.</i>
-</p>
-
-<p>
-Quante Giuliette a Verona!
-</p>
-
-<p>
-Hanno la frangetta sulla fronte, e quattordici anni, e
-un farsettino nero senza maniche sopra il giubbetto bianco.
-Così camminano per le vie di Teodorico e di Cangrande, zona
-di guerra.
-</p>
-
-<p>
-Ma Giulietta non sa che è zona di guerra. Crede che tutti questi
-soldati siano venuti qua per veder lei. E anche quelli che son
-venuti per vedere i soldati. Non sa che è zona di guerra. Incontra
-Romeo, nelle strade di Teodorico e di Cangrande, e lo fa salire
-al suo balcone prima che la lodola canti fuori di tono e scambi gli
-occhi col rospo. Non sa che c'è la guerra. I reggimenti via via sono
-chiamati sul fronte. Ma Giulietta incontra ancora Romeo, e lo fa
-salire al balcone a sentir l'usignolo che canta del melograno.
-</p>
-
-<p>
-Di giorno cammina, coi passetti brevi e le calzine rade e la vestina
-corta. Guarda i soldati, e quelli che son venuti a vedere i soldati,
-senza bisogno di alzare i grandi occhi bruni; li guarda attraverso
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-le ciglia, che sono due frange morbide e nere, lunghe come la frangetta
-dei capelli sulla fronte. E guardando così, chiama Romeo. La
-notte le scolte di sulle torri non sorvegliano già l'arrivo degli aereoplani
-dalle montagne del nord, ma vigilano l'amore di Giulietta,
-che s'è tolta il farsettino nero, e anche la camiciola bianca.
-</p>
-
-<p>
-Giulietta prende il gelato sotto i portici.
-</p>
-
-<p>
-Giulietta non legge i comunicati di Cadorna.
-</p>
-
-<p>
-Giulietta non ha visto che nei foderi bruniti c'è la sciabola arrotata.
-</p>
-
-<p>
-Giulietta non sa che Verona è zona di guerra.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Giulietta voleva che la portassi a Milano, e poi anche a Roma.
-</p>
-
-<p>
-Ho trovato un pretesto; le ho detto:
-</p>
-
-<p>
-— A Milano c'è la guerra. E anche a Roma.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Ha sollevato la frangia lunga e morbida delle ciglia, e i suoi
-occhi hanno balenato ne' miei un nero sguardo di maraviglia.
-</p>
-
-<p>
-— C'è la guerra?!
-</p>
-
-<p>
-— A Milano c'è la guerra. Anche a Roma. In quelle città, Giulietta,
-le bande suonano delle marce militari. E anche le orchestrine
-dei caffè suonano tante marce militari e tanti inni patriottici. Allora
-la gente si leva in piedi, e applaude, e grida: “Viva la
-guerra!” Passa per la strada un soldato ferito e tutti gli corrono
-dietro per acclamarlo: il cameriere ti versa il gelato sulla sottana
-nuova per correre in fretta anche lui a gridare: “Viva l'esercito!”
-E quando torni a casa, che è sera, per aspettare Romeo, tutti per
-la strada ti urtano perchè stanno leggendo il giornale uscito allora
-con il comunicato di Cadorna. E se al teatro o al caffè non ti alzi
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-in piedi al suono della Marcia Reale, ti insultano e ti gridano “spia”.
-Perchè tutti hanno negli occhi la guerra e non vedono che hai le
-ciglia lunghe e il gonnellino corto, le calze tanto bianche e gli occhi
-tanto neri, Giulietta. A Milano e a Roma c'è la guerra; non è
-il paese per te, Giulietta.
-</p>
-
-<p>
-— Hai ragione. Ci andremo tra qualche giorno, quando la guerra
-sarà finita. Ora è meglio restare a Verona, dove non c'è la guerra.&nbsp;—
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Allora le ho additato l'Arena, roggia nel sole, merlata al sommo
-di soldati che camminavano lenti sul ciglio facendo la scolta. E a
-Giulietta piacquero molto i soldati visti così camminare radi e lenti
-al sommo dell'anfiteatro rosso, nello sfondo sfolgorante del cielo.
-Li trovò più carini di quelli che camminavano in piazza.
-</p>
-
-<p>
-L'ho condotta a visitare la tomba della Giulietta di Romeo Montecchio.
-</p>
-
-<p>
-Per arrivarvi, dovemmo accettare la compagnia d'un soldato
-d'artiglieria che era di guardia all'entrata della Fiera dei cavalli. Egli
-ci fece attraversare immensi cortili tutti pieni di cavalli da guerra,
-di paglia, di soldati; intorno intorno gli edifici sono diventati una
-grande caserma, in un tetto c'è una toppa chiara di tegole fresche
-dove una bomba era caduta dal cielo a far guasto. In un angolo di
-tutto quell'apparato di guerra, si rannicchia la tomba di Giulietta antica.
-</p>
-
-<p>
-Ora Giulietta nuova passò indifferente in mezzo ai cavalli, alla
-paglia, ai soldati, allo strame e al fragore di caserma; ma quando
-fu dentro, nell'angolo grigio e verde, così fuori del mondo, ov'è
-l'arca pudica degli amanti, pianse tutte le sue poche lacrime. Poi le
-ciglia nere ribevvero le lacrime di perla: Giulietta alzò il piccolo
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-capo e lo scosse per ricomporre i capelli; corse alla parete a leggere
-i nomi che v'erano scritti; tuffò le piccole mani brune nell'arca
-scompigliando gli strati dei biglietti di visita anneriti e accartocciati,
-accumulati là dentro dall'ingenuità provinciale dei visitatori stranieri:
-compose in bell'ordine sopra lo strato i mazzolini e le ghirlande
-di fiori appassiti che s'erano mescolati ai biglietti; colse una
-foglia d'edera e se l'appuntò al petto: poi si fece raccontare la storia
-della Capuleta e del Montecchio.
-</p>
-
-<p>
-— Dunque a Verona, allora, c'era la guerra?&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-E siamo saliti in una carrozza, che molto lentamente cominciò
-a camminare sobbalzando sui ciottoli, a girare al largo intorno alla
-città; io additava, passando, a Giulietta le opere militari, i bastioni,
-i forti, i carrozzoni guidati da soldati, i camions carichi di munizioni,
-i grandi cavalli di forza che parevano esprimere guerra da ognuno
-dei muscoli tesi; e Giulietta si stringeva al mio braccio, e sentivo
-che il suo braccio pensava a quello di Giulietta antica prima di
-uscire sul balcone a mostrare a Romeo le strisce invidiose dell'aurora
-rosseggianti all'oriente.
-</p>
-
-<p>
-Così arrivammo a San Zeno, ch'era il tramonto, e i marmi della
-facciata parevano fusi d'oro antico e d'avorio e di miele. Ma Giulietta,
-calando sugli occhi neri la cortina fitta delle ciglia, mi susurrò:
-</p>
-
-<p>
-— Entriamo. Là non ci vedrà nessuno, e non mi parlerai di
-non so che guerra.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Invece ci vide subito il custode della chiesa, e si mise ai nostri
-fianchi e cominciò a parlarci d'arte.
-</p>
-
-<p>
-— Questi capitelli sono d'ordine corinzio. Il fonte battesimale,
-in un solo blocco di marmo, è dell'undicesimo secolo. Invece gli
-affreschi di destra sono del dodicesimo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-</p>
-
-<p>
-— E quelle di che secolo sono? — domandò Giulietta.
-</p>
-
-<p>
-E additava due maravigliose chiazze gialle e purpuree che il
-sole occidente penetrando dritto dalle vetrate aveva scagliato sul
-marmo in cima all'altare di fondo. Il custode guardò Giulietta, e
-s'interruppe costernato.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Sul ponte di Castello Vecchio la salutai, lasciandole un ammonimento:
-</p>
-
-<p>
-— Ricordati, amorosa Giulietta, che lassù, nei paesi del nord,
-Margherita fa le calze di lana per i soldati che faranno la guerra
-d'inverno.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Giulietta rabbrividì, e rispose:
-</p>
-
-<p>
-— Come dev'essere noioso un paese dove si fa la guerra, e
-anche d'inverno!&nbsp;—
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Per sentire la guerra bisogna starne lontani, o andarvi molto da
-presso. Un giorno di dimora in Verona acquartierata mi ha fatto
-quasi dimenticare la guerra. Forse tra due giorni, in Vallarsa o in
-Val Sugana, la ritroveremo.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-</p>
-
-<h2 id="trevalli">Tre valli</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Fiera di Primiero, 30 agosto.</i>
-</p>
-
-<p>
-Immaginate un'altura, che raggiunga circa i milleduecento metri,
-granitica, dal cocuzzolo tondeggiante in arco lentissimo, di modo
-che la vetta n'è quasi un largo ripiano circolare; e tutta di durissima
-roccia, con le pareti lisce a picco; e tutta calva e minacciosa.
-I punti scoscesi sono sostenuti da murature. Nel pianoro
-della sua vetta sono scavate ridotte per le polveri, profonde quaranta
-metri. E vi sono piattaforme magnifiche di cemento armato.
-La più moderna preparazione che possa desiderarsi per un forte di
-sbarramento.
-</p>
-
-<p>
-Lo stavano preparando gli austriaci, ma prendendo il Pozzacchio
-di sorpresa li costringemmo a fuggire lasciando a mezzo la
-preparazione e tra le nostre mani una quantità di materiale utilissimo:
-quello che non poterono abbattere, rovinare, bruciare nel momento
-precipitoso della fuga. Bruciarono le caserme annesse al forte,
-ch'erano munite di termosifoni, di bagni, di condutture per l'acqua
-calda, di latrine igieniche: ora non se ne vedono che gli alti camini
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-superstiti, roggi e bruciacchiati, miserevoli e soli contro l'orizzonte
-che s'allontana verso il nord. Distorsero una quantità enorme di
-travi, tubi, ordigni metallici d'ogni genere, perforatrici per la roccia,
-frantumatrici per il calcestruzzo, impastatrici, dinamo. Non poterono
-far saltare trecento quintali di gelatina esplosiva ch'erano nascosti
-nelle caverne, e che scoprimmo per un fortunatissimo caso: un
-soldato che inciampò in un filo elettrico che vi conduceva. E non
-poterono bruciare nè spezzare i pezzi ancora smontati delle cupole
-d'acciaio, che ora si pompeggiano ironiche nel loro scintillìo grigio
-sulla spianata ove i nostri soldati fanno la guardia alla valle.
-</p>
-
-<p>
-È la Vallarsa: l'ho risalita su da Schio (che il Pasubio aveva
-illuminato provocante con grandi riflettori, ma fu preso subito al
-primo giorno di guerra) per Valle dei Signori, attraversando l'antico
-confine al Piano delle Fugazze. Così mi sono accostato da questa
-parte a Rovereto all'incirca di quanto me gli ero accostato da sudovest
-per val Lagarina. Giriamo attorno a Rovereto come un amante
-intorno a una donna desiderata. La donna è tutta cinta di un campo
-trincerato, che da questa parte comincia appunto allo sbocco di
-Vallarsa in val Lagarina.
-</p>
-
-<p>
-Val Giudicaria, Val Lagarina, Vallarsa: convergono a Rovereto
-come tre frecce a un bersaglio. In tutte queste valli abbiamo avanzato
-enormemente: fino oltre Cimego nella Giudicaria, fino oltre Serravalle
-e Fortini lungo l'Adige, e qui in Vallarsa fino ad Albaredo.
-Tre soglie di Rovereto. Qui ci siamo fermati. Quando avremo preso
-il massiccio del Bondone, che domina Rovereto da nord, anche la
-città sarà nostra.
-</p>
-
-<p>
-Occupando la Vallarsa, vi trovammo la fame, e vi portammo
-subito qualche agio. I primi giorni le cucine militari divisero il rancio
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-con gli abitanti; poi il commissariato provvide, in una località centrale
-della valle, un magazzino di tutti i generi alimentari, e procurò lavoro
-a una quantità di disoccupati occupandoli in preparativi di guerra.
-</p>
-
-<p>
-La resistenza non era stata grande. Più che contro i soldati
-austriaci dovemmo lottare contro i rinnegati, spie locali organizzate
-dall'antico dominatore. È noto l'episodio del telefono scoperto sotto
-l'altare della chiesa parrocchiale di Pozzacchio. La congiura si stringeva
-attorno al parroco. Parecchi dei paesi del territorio furono allora
-sgombrati, e la Vallarsa fu nostra. N'era appunto il tempo.
-Oltre che il forte di Pozzacchio, ho visto a Valmorbia una chiara
-prova della preparazione offensiva che l'Austria stava facendo contro
-di noi: un sedicente asilo, fondato per donazione dell'imperatore,
-era un magnifico modernissimo ospedale di primo soccorso. Ce ne
-impadronimmo, e serve a noi, come il forte.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Da Albaredo giù per Pozzacchio declinando verso est, la nostra
-linea presente disegna un breve cuneo che scende fino a Col Santo,
-e di qui risale a raggiungere Valle del Terragnolo, di là dalla quale
-tuonano gli altipiani di Folgaria,<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a> di Lavarone, d'Asiago.
-</p>
-
-<p>
-Essi, di là dalla Vallarsa e dai Sette Comuni, difendono i passaggi
-da Val d'Adige a Valsugana (la valle del Brenta, via austriaca
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-d'invasione dal Trentino verso est), che si ricongiunge con quella a
-Trento. I passi tra Val d'Adige e Valsugana erano sbarrati da forti
-modernissimi: Luserna, Spitz Verle, Busa Verle, Belvedere. Ma occupato
-il Lavarone subito ai primi giorni di guerra, di là battemmo
-il Luserna, che il 31 di maggio tacque e alzò bandiera bianca. Allora
-il Belvedere, situato più indietro,
-subito lo bombardò
-per punirlo della resa. Poi
-lo stesso forte di Belvedere
-cominciò ad affievolire. Il 3 di
-giugno anche lo Spitz Verle
-taceva e il fuoco del Belvedere
-e del Busa Verle erano
-diventati debolissimi. E fin dal
-29 avevamo demolito un'opera
-moderna sulla cima di Vézena
-(a est delle sorgenti del
-Brenta) e occupati la cima
-stessa e il villaggio sottostante, sulla strada del monte Cost'Alta.
-</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-076.jpg">
- <img src="images/ill-076.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Di tutta la Valsugana avemmo ragione abbastanza facilmente.
-Scalato di sorpresa, il giorno 24, il Salubio, le difese della valle, che
-si concentravano a Telve sopra Borgo, furono immediatamente eliminate.
-Preso similmente il Civaron potemmo fare un primo spostamento
-in avanti di tutta la linea verso Borgo, appoggiando la sinistra
-al Civaron stesso e la destra ai monti Cima e Cimon Rava già
-precedentemente occupati dalle truppe che fin dai primi giorni avevano
-occupato Pieve di Tesino e Castel Tesino. Così si giunse alla
-linea del torrente Maso, affluente di sinistra del Brenta. Un secondo
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-spostamento avvenne il 25 agosto portandoci su di una nuova linea,
-che, appoggiata a monte Armentera e a monte Salubio, descriveva un
-arco, concavo verso ovest, intorno a Borgo. Da ultimo, appunto ier
-l'altro, espugnando Cima Cista, a dominio del Salubio, liberammo le
-nostre truppe che occupano questo monte dalle molestie del nemico;
-inoltre la nuova occupazione ci permetterà d'intensificare l'azione
-contro le posizioni che attorniano Borgo. Borgo per ora è rimasta
-città neutra, visitata tratto tratto da italiani e da austriaci, e non
-sempre alternatamente. Contro gli austriaci la possono difendere il
-Salubio e il Civaron, ma in faccia la bombarda il Panarotta, formidabile
-barriera, munita di forti corazzati con cinque cannoni in
-cupola da 152.<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a> Fa parte dei migliori preparativi anti-italiani dell'Austria,
-come la maravigliosa, arditissima strada militare che da Strigno,
-seguendo una linea parallela a quella dell'antico confine, va a raggiungere
-la Valle del Cismon e Fiera di Primiero, congiungendo
-così due delle più ridenti regioni di villeggiatura che la guerra abbia
-disturbato in quella specie di grande albergo tra turistico e militare
-che l'Austria aveva fatto di tutto questo settore.
-</p>
-
-<p>
-Raggiungendo appunto, da Valsugana, Val Cismon, a Pieve di
-Tesino ho avuto il piacere di stringere la mano all'ingegnere Demetrio
-Avanzo, già presidente della sezione locale della Lega Nazionale.
-Per merito suo la famigerata <i>Volksbund</i> non era riuscita a stabilire a
-Pieve una sezione, mentre v'era riuscita a Castel Tesino. Anche il parroco
-di Pieve, don Picoroaz, collaborò arditamente a impedire l'insediarsi
-della <i>Volksbund</i> nella sua cura. Poi sono passato per l'albergo
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-del Broccon, uno dei più caratteristici luoghi per chi volesse studiare
-quell'arte dello sfruttamento militare del turismo, o meglio del mascheramento
-turistico della preparazione offensiva, che è l'unica autentica
-invenzione della maledetta razza tedesca. A questo albergo, sovvenzionato
-dal governo austriaco, sopra un importante nodo stradale
-a mezza via tra Castel Tesino e Canale San Bovo, in mezzo a importanti
-posizioni già austriache, venivano ogni anno gli allievi della
-scuola di guerra a prepararsi all'invasione della nazione alleata.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Così siamo a Fiera di Primiero, il centro ridente della ridentissima
-valle del Cismon, che si sviluppa verso nord e congiunge le
-regioni del fianco orientale
-del Trentino con quelle del
-Cadore.
-</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-078.jpg">
- <img src="images/ill-078.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-A Fiera di Primiero prima
-dell'agosto del '14 c'erano
-quattrocento uomini e
-una sezione di mitragliatrici.
-Ma dopo lo scoppio della
-guerra europea v'era rimasto
-solo un capitano galiziano,
-Edoardo Velker, con duecento
-soldati di nuovo richiamo,
-quasi tutti di qui, anziani, più alcuni finanzieri e gendarmi.
-</p>
-
-<p>
-Il giovedì avanti la nostra dichiarazione di guerra avevan fatto
-saltare il ponte di San Silvestro e due altri a Tonadico e avevan dato
-fuoco alle segherie di Tonadico. Il ponte non era caduto del tutto:
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-mandarono lo chauffeur del capitano Velker a vederne lo stato: egli
-ritornò con la notizia che s'avanzava un reggimento di Alpini. Allora
-il capitano telefonò a Predazzo (ov'era il comando di divisione della
-colonna Concini) con l'ordine di partire immediatamente. Verso le 7
-pomeridiane del 23 tutti erano in chiesa, quando venne il telegramma
-annunziante la dichiarazione di guerra. Pioveva a torrenti. Velker
-parte in automobile e lascia la truppa in balia dei gendarmi e dei
-finanzieri. Arrivato a San Martino di Castrozza scende dall'automobile,
-vi appicca il fuoco, e parte per la via dei boschi.
-</p>
-
-<p>
-La truppa partì a sua volta verso le 10: il paese, sotto la pioggia
-dirotta, era una confusione enorme. A San Martino i soldati austriaci
-dettero fuoco agli alberghi ch'eran vuoti: ce n'era per circa quindici
-milioni di solo valore degli stabili. Fiera di Primiero è rimasta sgombra
-totalmente di truppe.
-</p>
-
-<p>
-Il 25 verso le tre pomeridiane arrivarono tre bersaglieri, ai quali
-il sindaco consegnò le chiavi della gendarmeria. Delle autorità civili
-non rimasero che quattro impiegati. Verso sera giunse un'altra
-ventina di bersaglieri e un alpino, i quali tutti ripartirono la sera stessa.
-Verso le due e mezzo del pomeriggio seguente viene da San Martino
-un gendarme austriaco con un militare; era la seconda festa di Pentecoste.
-La popolazione aveva levato dal paese tutte le aquile austriache
-e le insegne tedesche. Il gendarme, visto ciò, voleva trarre in arresto
-e portare a Tonadico il sindaco, ma questi rifiutò di muoversi. Allora
-il gendarme, tanto per far qualche cosa, portò a Tonadico un
-tenente della guardia civile che nel frattempo era tornato (e che più
-tardi, rilasciato da quelli, fu da noi internato). Intanto un cittadino
-era andato a chiamare i bersaglieri ch'erano nei dintorni: ne accorsero
-tre o quattro e in un'osteria di Tonadico arrestarono il gendarme
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-e il militare e li portarono a Cereda, ov'era il comando. Il 27
-da Cereda giunsero a Fiera di Primiero altre truppe, anch'esse in
-maggioranza di bersaglieri: la popolazione, come già aveva fatto dei
-primi, li accolse con mal dissimulato spavento perchè era persuasa
-che dietro essi dovessero arrivare ascari a stuprare le donne. Mi
-piace nominar qui a titolo di onore la signora Sirmion e la signorina
-Mengoni, di Rovereto, che si trovavano a Fiera e andarono subito
-incontro ai primi bersaglieri sventolando un tricolore.
-</p>
-
-<p>
-Ora tra le rovine bruciacchiate di San Martino di Castrozza vagolano
-ancora ogni notte, come corvi o jene, i vandali austriaci che
-hanno voluto sacrificarne le ricchezze. Fiera di Primiero invece ha
-raddolcito il suo aspetto già così ridente.
-</p>
-
-<p>
-Gli archi acuti della Chiesa Parrocchiale quattrocentesca, gotico
-rasserenato dall'aria italiana che vi spira attorno dalle Dolomiti, l'ardito
-campanile ghibellino a dominio di tutta la valle, il piccolo palazzo
-tirolese sede già del Capitano distrettuale ora del nostro Commissariato,
-non hanno l'aria un po' spaurita e diffidente degli abitanti,
-forse non convinti ancora che ciò che è avvenuto non è un sogno:
-tutte le cose intorno a noi, per le vie e per la valle, sorridono.
-Sgombra d'ospiti estivi, la valle ha un aspetto più dolce, più primaverile,
-anche in questo morir dell'estate sulle rocce fantasiose del
-Sass Maor magnifico dai mille colori.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cadore">Cadore</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Venadoro, 4 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Una lunga fila di muli sale su per una strada rocciosa tra
-gli abeti. Un anno fa questa strada era un sentiero praticabile
-alle capre e ai cacciatori di montagna: oggi è una
-comoda mulattiera, su per la quale anche il più timoroso borghese
-della città può avventurarsi sicuro, a cavallo di uno dei muli capuani
-cui la guerra ha dato convegno in questa valle. Similmente erano
-un anno fa strette mulattiere alcune delle strade che ieri abbiamo
-potuto percorrere in automobile. La guerra, oltre il resto, lascerà
-dietro sè un inestimabile beneficio a tutti questi luoghi, sotto forma
-di strade, di comunicazioni, di riallacciamenti, di ricoveri, di utili impianti
-di ogni sorta, destinati a rimanere stabili.
-</p>
-
-<p>
-Sale la lunga fila dei muli. Se un osservatorio austriaco potesse
-scorgerla, si maraviglierebbe di non riconoscere in essa nè una colonna
-di munizioni, nè un trasporto di pezzi o di rifornimenti, nè
-altra sorte di salmeria. Tutti quei muli sono inforcati da uomini,
-che non vestono la divisa. I primi due sono ufficiali dello stato
-maggiore; ma tutti gli altri — e la fila è lunga — sono borghesi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
-</p>
-
-<p>
-È la stampa, che dà la scalata alla guerra.
-</p>
-
-<p>
-Giunta a un alto ripiano circondato di rialzi rocciosi, la stampa
-scende. Poi a piccoli gruppi — perchè cominciano sentieri esposti in parte
-all'osservazione dei nemici — si arrampica, come può, verso le cime più
-alte. Com'è igienico vedere tutte le lotte elettorali d'ieri affratellate in questa
-comune fatica e in questa concorde avidità d'immergersi nel grande
-fatto nazionale che le ha improvvisamente scompigliate e sommerse!
-</p>
-
-<p>
-Ora non c'è più traccia di politica intorno a noi. E nemmeno
-d'alberi o di prati. Siamo avvolti in un giallore di rocce, abbagliati
-da un biancore di nevi che rifulgono al sole. Il cielo è limpidissimo
-e sgombro. Il silenzio della montagna è sottolineato dalla voce intermittente
-di cannoni, lontani e vicini, nostri e altrui, profondi e
-acuti: e tutte quelle voci insistono in echeggiamenti lunghi, smorzati,
-varii: alcuni sembrano fendere l'aria come lame aguzze, altri
-pare che rotolino attorno attorno remoti come sul cerchio d'un
-orizzonte lontano e invisibile nascosto ai nostri sguardi dalle rocce
-vicine, che s'addensano sempre più strette intorno a noi e alla nostra
-ansia di arrivare più su, “dove si vede....”
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Si vede.
-</p>
-
-<p>
-Ma prima di guardare con noi, si compiaccia il lettore di riepilogare
-dai bollettini e dalle notizie la cronaca della nostra avanzata
-in questo settore, cioè nella regione orientale del Cadore. (In
-realtà i geografi chiamano Cadore soltanto la regione a est del Boite:
-ma accetto la toponomastica dei bollettini, che chiamano Cadore anche
-questa parte del Bellunese).
-</p>
-
-<p>
-Il 24 di maggio, occupazione di tutti i passi di confine. Il 26
-liberiamo la Forcella di Lavaredo. Il 29 il passo Tre Croci, e Cortina
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-d'Ampezzo con la sua conca. Il 30 monte Belvedere, che segna
-il limite occidentale del Cadore, e da cui si domina, verso il Trentino,
-Val Cismon e Fiera di Primiero.
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a href="images/ill-085.jpg">
- <img src="images/ill-085.jpg" alt="" style="max-width: 100%; margin: 1em auto; clear: both;" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Poi i comunicati tacciono fino al 9 giugno, giorno del “vittorioso
-combattimento” intorno al Sompauses, e dell'avviamento verso il
-Passo Falzarego. Il 14 le nostre artiglierie danneggiano gravemente
-la forte opera austriaca dei Tre Sassi, il 16 occupiamo l'Albergo di
-Falzarego e il Sasso di Stria. Le tre settimane che seguono sono
-impiegate in lavori di rafforzamento delle posizioni occupate e delle
-relative retrovie: il 10 di luglio riprendiamo l'avanzata, aprendo il
-fuoco verso il forte Corte nell'alto Cordevole, la più importante
-delle posizioni fortificate austriache, in quanto impacciava la nostra
-occupazione di quel Col di Lana, che è in questo momento uno
-dei centri della lenta azione quotidiana d'artiglieria in cui si riassume
-per ora la guerra nel Cadore.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un altro di tali centri è la Tofana, la cui insellatura è presa il 9
-di luglio con un'ardita scalata degli alpini; cinque giorni dopo (seguo
-sempre i comunicati) “un reparto di fanteria, inerpicatosi per
-un canalone ritenuto inaccessibile, riusciva a occupare di sorpresa
-la cima di Falzarego”, e l'azione vittoriosa continua per altri due
-giorni con la conquista di tutta la linea occidentale che da essa cima
-giunge alle pendici del Col di Lana. Il 23 si completa l'occupazione
-del forcellone della Tofana. Il 28 si prende il costone di Agai, che dal
-Col di Lana scende su Pieve di Livinallongo; il 25 di agosto si parla
-ancora di un rafforzamento della nostra avanzata su Col di Lana
-all'estrema sinistra e il 9 si annunzia il nostro sicuro possesso di
-Cima Undici all'estrema destra della linea che da nord-est a sud-ovest
-segna l'andamento del nostro fronte in questo settore: tra la valle
-del Cismon cioè, e la valle del Boite che si continua nella strada che
-scende a Toblacco e alla Drava.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-È possibile che il lettore trovi oltremodo aridi e muti gli spogli
-che vengo facendo dai bollettini del Comando Supremo: nomi quasi
-tutti poco noti o addirittura ignoti fino a poco tempo fa, e date.<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ma io presumo, scrivendo, di dirigermi a lettori che nelle
-notizie d'una guerra così nostra, così di ognuno di noi tutti, cerchi
-qualcosa di più che qualche macchia di colore, qualche brivido,
-qualche diletto sentimentale di episodii. Presumo che delle
-notizie ufficiali della guerra ogni buon italiano abbia fatto, da tre
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-mesi in qua, la sua più intenta lettura quotidiana, e ch'egli sappia
-oramai destreggiarsi tra le centinaia di cartine particolareggiate
-con le quali gli è stata facilitata l'intelligenza di quest'intrico
-di valli e di monti, e delle operazioni militari che vi si compiono.
-</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-087.jpg">
- <img src="images/ill-087.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Quei nomi allora non
-saranno per lui muti; ed
-egli potrà seguirmi mentre,
-lasciata ogni rotabile e ogni
-mulattiera, lo guido su tra il
-giallore delle rocce e il biancore
-delle nevi, e varcato il
-Nuvolau, lo faccio sdraiare
-presso di me su di una falda
-del monte Averau, a 2648 metri
-d'altezza: sdraiare, chè se
-stesse ritto parecchi osservatori
-austriaci, un po' da tutte
-le parti, lo scorgerebbero subito
-e tirerebbero su di lui
-come su di un camoscio.
-</p>
-
-<p>
-Di là scorgiamo magnificamente
-tutta la posizione nostra ed altrui, e possiamo immediatamente
-mettere un profilo, un colore, una fisionomia, su quei
-nomi aridi e muti.
-</p>
-
-<p>
-Ecco, là in faccia, a ingombrare tutto il centro dello sfondo, la
-Tofana; violacea, striata di giallo, sfumata di grigio. Si presenta, da
-destra a sinistra, come una scala di tre gradini: ma tre gradini scoscesi,
-aguzzi come denti di fiera. E noi ci stiamo aggrappando là
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-sopra. Davanti ad essa corre la valle Costeana, o di Andraz, o strada
-delle Dolomiti: va da Cortina d'Ampezzo, di cui scorgiamo a destra
-le prime case, ad arco lento verso ovest, passando sotto cime nostre
-e sotto cime ancora vive di fuoco contro di noi. In basso, in
-quella che di qui può chiamarsi una valle, ma è un furioso attorcigliamento
-di rocce scabre e asciutte a più di duemila metri d'altezza,
-cinque di queste rocce hanno un aspetto valterscottianamente
-romanzesco di torri dirute, ancor diritta la più alta, abbattute o pendenti
-verso terra le altre: ed è quello Cinque Torri. A sinistra della
-Tofana, ad arco, nel lontano, si profilano vagamente posizioni ancora
-austriache, come il Settsass, il Cherz, Col di Lana, e posizioni
-già fatte nostre, come il Sasso di Stria. Un arco più vicino continua
-la Tofana col Castello ove i nemici hanno collocato tra i crepacci
-tiratori scelti che mirano verso noi, all'uomo, quasi infallibilmente,
-e col Col di Bois, già tutto nostro, di cui scorgiamo gli
-attendamenti. In fondo a destra domina il monte Cristallo, poderoso,
-striato obliquamente da rughe di neve; più là, più svelto, il Cristallino.
-</p>
-
-<p>
-E tutto ciò è territorio di conquista, già preso o da prendere,
-coi cannoni e coi fucili, con le mani e coi denti. Il nostro e il loro
-si mescolano, s'incuneano. La nostra occupazione è un lento addentellarsi
-continuo di queste due linee frastagliatissime: un addentellarsi,
-che porta insensibilmente e irresistibilmente più in là la nostra
-linea. Dietro le spalle ci protegge il Porè poderosamente.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-La conquista del Porè fu l'opera eroica di una sola notte, la
-prima di guerra; fa parte di quell'occupazione che il secondo comunicato
-del comando annunciava con la rapida menzione: “In
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-Cadore vennero occupati tutti i passi di confine”. Non si potrebbe
-essere più semplici, nudi e modesti. Invece l'occupazione del Porè
-fu uno degli episodi più arditi di tutta la nostra guerra. Fu una sorpresa
-del primo giorno, delle prime ore. Al momento della dichiarazione
-di guerra il nemico poteva credere che i paesi più bassi, di
-qua dal nostro confine d'allora, fossero quasi sguarniti di soldati,
-perchè questi erano stati trattenuti tutti silenziosamente nelle retrovie.
-Ma appena scoccata la mezzanotte della guerra, furono lanciati. E
-rapidi e cauti avanzarono, cominciarono a salire su per le pendici
-del Porè, intorno intorno, raggiunsero le prime trincee e le conquistarono
-di colpo, poi si sfrenarono coll'impeto vertiginoso con cui
-avrebbero in pianura potuto eseguire una carica di cavalleria. Di
-mano in mano che il monte austriaco si veniva svegliando tutt'attorno
-verso la cima, si vedeva addosso gl'italiani, se ne sentiva
-schiacciare, li vedeva procedere avanti, in su. Quando l'alba spuntava,
-anche la cima del monte si svegliava; tutto il monte era desto,
-ma tutto era già nostro. E segnava di colpo un nostro confine mille
-volte più vantaggioso di quello di poche ore innanzi. Dal Porè
-l'avanzata potè cominciare e irradiarsi attorno in modo più regolare,
-gli attacchi diretti poterono essere preparati dalle azioni dell'artiglieria.
-</p>
-
-<p>
-In modo più regolare. Ma, naturalmente, meno rapido, e anche
-più pericoloso. Ho detto già che alture nostre e alture austriache si
-mescolano e si stringono da presso, in tutta la regione, in modo
-raccapricciante. Ebbene, le cime che son nostre dovettero essere
-prese tutte così, come il Porè, con un'ascensione alpina per i picchi,
-come lo stringersi di un nodo scorsoio d'uomini armati, nodo
-che mentre si stringe scivola in su, fino alla vetta, e quivi si lega
-in un groppo indissolubile. E la mescolanza e il contatto stretto non
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-è solo tra cima e cima, è anche in uno stesso monte, tra questa e
-quella parte, tra il basso e l'alto, tra un costone e un crepaccio, tra
-un valico e un picco. Immaginate un monte che a metà un burrone
-divida profondamente in due parti: — ficcati entro quel burrone sono
-italiani, che con artiglierie mobili battono la cima; inerpicati alla cima
-sono austriaci, che fanno rotolare granate entro quel burrone. Così
-alla Tofana. E immaginate un altro monte che fino a metà sia coperto
-dagli ultimi boschi, e da ivi in su nudo e scabro: tutti quei
-boschi sono appostamenti d'italiani, tutto quello scabro sono file
-di trincee austriache. E l'Italia grado grado esce dal bosco e procede
-nello scabro, prende le trincee una dopo l'altra, le volta per
-offendere all'insù, le afforza. Così al Col di Lana.
-</p>
-
-<p>
-Le trincee avverse sono a cento, a ottanta, a cinquanta metri
-una dall'altra. E italiani ed austriaci hanno, intorno intorno, cime
-loro, occupate da batterie loro: e ognuna batte con precisione verso
-quel colle, contro l'ultima e la prima trincea: cinquanta metri più su
-battono le nostre, cinquanta metri più sotto battono le loro, e là,
-sulla costa infernale, ogni trincea mentre combatte è continuamente
-disturbata, scompigliata, guasta dalle granate e dagli shrapnells che
-piovono di lontano, d'ogni parte, imprevedibili, come se il cielo e
-l'aria stessa si facessero posti d'offesa contro il nostro eroismo.
-Ma l'eroismo è infaticabile, fanatico, fatale. Al Fedaia una batteria si
-mantenne per due mesi in una conca del raggio di cento metri, sempre
-sotto la pioggia rovente ed esplodente. Sul Col di Lana una
-batteria uscendo dal bosco di Salesei giunse, di notte, trascinandosi
-dietro i pezzi, a cinquanta metri dalla cima. Furono scorti all'alba:
-cominciò il duello terribile, che non poteva essere che a morte; e
-quelli della nostra batteria, sempre sparando, morirono tutti, uno
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-per uno; l'ultimo rimasto era un sergente che anche accortosi di
-essere solo non dette segno di resa, ma continuò, ferito, spossato,
-sanguinante, a sparare, finchè morì, come gli altri, abbracciato al
-suo pezzo. Ma intanto, sotto, i soldati che occupavano il bosco avevano
-potuto avanzare e conquistare un largo tratto di trincee, da
-cui nessuno ci smosse più.
-</p>
-
-<p>
-E tutto questo è il poema che il comunicato del 29 luglio riassume
-con le parole: “le nostre truppe occupano il costone che dal
-Col di Lana scende sulla borgata di Pieve di Livinallongo”.
-</p>
-
-<p>
-A questi miracoli d'ardore e di eroico disprezzo della vita, gli
-austriaci resistono, bisogna riconoscerlo, con tenacia e con abilità;
-ma a lungo andare ogni loro resistenza finisce col cedere, un po' dappertutto.
-E allora si ritirano. Alcuni si ritirano restringendosi sempre
-più verso i culmini, ove li aspetta la morte o la prigionìa; altri
-fuggono, per la via delle Dolomiti, verso l'ovest. Fuggiti, quando vedono
-che la loro fuga anche da questa parte è immediatamente seguìta
-dall'occupazione e dal rafforzamento degli italiani, cannoneggiano,
-al di sopra e dietro di questi, i paesi che s'accorgono d'aver
-perduto per sempre: li cannoneggiano con granate incendiarie, che
-lasciano tutta la strada della loro fuga e del nostro procedere segnata
-dagli scheletri fumanti di quelli che furono villaggi e cittadine
-ridenti già molto curate e frequentate da loro come luoghi di villeggiatura
-e di preparazione militare. Tali erano Salesei, Franza, Pieve
-di Livinallongo e il castello di Buckenstein: tutti paesi ai piedi del
-Col di Lana, e rispondenti ai costoni che dalla cima di esso scendono
-a valle: tutti campi, oggi, di lotta e di martirio. Buckenstein
-fu ritrovo favorito di caccia per i principi austriaci; andandovi passavano
-per Pieve, si trattenevano qualche notte nel Grand Hôtel
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-di Pieve. Ora il castello, e l'Hôtel, e i paesi interi, sono mozziconi
-di case nere. Un piccolo particolare curioso. Partendo da Pieve gli
-austriaci ebbero cura di bere prima tutte le bottiglie che erano nell'albergo:
-operazione che dovè essere eseguita in gran fretta, perchè
-i vetri vuoti furono trovati tutti gettati alla rinfusa e ancora avvolti
-nelle loro custodie di paglia. Inoltre, temendo forse che il campanile
-di Pieve potesse servirci da osservatorio, ne sbarrarono tutte le finestre
-con lastre di metallo, e poi di lontano ogni tanto lo cannoneggiarono,
-fin che si decisero a incendiarlo.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Li abbiamo veduti, i paesi incendiati, da un osservatorio di artiglieria
-che abbiamo raggiunto mediante un altro faticoso viaggio,
-in parte a mulo e in parte a piedi, in un'altra mattinata di sole e
-di cielo limpidissimo.
-</p>
-
-<p>
-In materia di osservatorii, la natura complicata e intricatissima
-di queste rocce ci favorisce maravigliosamente. I picchi e i costoni
-apparentemente più lisci offrono spesso meandri invisibili nei quali
-con poche tavole e poche zolle si stabilisce il più sicuro e il più
-comodo rifugio d'osservazione, aperto a vedute amplissime delle situazioni
-nemiche, impossibile a individuarsi. Abbiamo avuto la fortuna
-di poter raggiungere e penetrare il principale di essi, donde si
-comanda tutto il settore.
-</p>
-
-<p>
-In un luogo come questo ci si sente veramente nel centro vivo
-della guerra. Due picchi sono collegati uno all'altro mediante un
-passaggio coperto, del quale non ci si avvede fin che non vi siamo
-entrati. La voce del soldato che col megafono domanda notizie ad
-alcuni osservatori avanzati, quella dell'ufficiale che da un centralino
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-telefonico, appollaiato nell'incavo di una rupe, riceve informazioni e
-trasmette ordini, le indicazioni del colonnello, precise, recise, che in
-poche parole matematiche distribuiscono l'azione a tutto il settore,
-il fragore lungo che dalle batterie invisibili traduce rapidamente nell'atto
-quegli ordini, — tutto ciò sgombra dall'animo ogni orrore della
-guerra, e lo riempie come di uno stupore religioso; ci sembra di
-assistere, al di fuori della vita, a non so qual vasto e solenne fenomeno
-naturale, ultraumano. Ogni senso dell'individuo scompare: e
-dell'individuo nostro, intendo, di noi che osserviamo, e di quello
-di tutti coloro cui questo fenomeno porta la morte. La morte, la
-vita, il valore d'ogni sensazione e d'ogni passione umana sfumano
-come per un incantesimo dal petto di chi si trova improvvisamente
-avvolto da questa atmosfera, che non è più neppure eroica, da questi
-atti, che hanno qualche cosa di elementare, di secolare, di divino.
-</p>
-
-<p>
-Mi scuote la parola del colonnello, una maschia figura di soldato
-semplice e rude, pieno di gentilezza rapida e profonda, entusiasta
-de' suoi soldati e del suo compito, innamorato de' suoi cannoni
-e dei pochi fiori di roccia che spuntano qui attorno e che i
-soldati ogni mattino gareggiano a raccogliere per offrirglieli.
-</p>
-
-<p>
-M'invita a salire alla parte più alta della galleria, ad affacciarmi
-alla fenditura da cui si dominano le posizioni avversarie.
-</p>
-
-<p>
-Essendo salito di dietro le rupi, non immaginavo che quelle fossero
-così vicine. È una maraviglia, per il profano, abituarsi subito,
-aiutato da un potente cannocchiale, a distinguere così bene quello
-che importa della vita di un sistema di trincee e di un accampamento
-nemico. E dei nostri e dei loro, vedo trincee, accampamenti
-e moti. Ma ora tutta l'intensità della mia attenzione si concentra nel
-contemplare sul vivo l'effetto degli ordini matematici che il colonnello
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-ha diramati pochi minuti prima. I rombi del cannone, che avevano
-accompagnato la mia salita in una confusione inestricabile d'echi e
-di prolungamenti, ora mi pare che si delineino, si profilino quasi
-visibilmente nello spazio luminoso che mi si apre dinanzi, e che
-sgorgando dalle gole di questi monti, nostri da ieri, convergano là,
-sui monti che saranno nostri domani.
-</p>
-
-<p>
-Infatti, dopo un rombo lungo, che sembra eterno, ecco là, al
-punto estremo d'una trincea segnata da una ruga più chiara nella
-roccia, come uno sputo di fumo nero uscire dal suolo, e uno scoppio.
-Un altro rombo, un altro sputo nero, ma all'estremità opposta
-della stessa trincea, e via via, rombi, e scoppii, ed esplodere della
-terra nera lungo tutto il percorso della trincea; e colpi che cadono,
-uno dopo l'altro, nello stesso identico punto, a uguale distanza di
-tempo, con la esattezza di uno strumento di precisione. Poi da
-un'altra batteria cominciano i tiri a tempo, che vanno a esplodere
-nell'aria, proprio al di sopra del bersaglio, in blocchi di fumo bianco,
-che s'allargano sfioccandosi di grigio, che imbrunano dissolvendosi:
-e le esplosioni nere nella roccia e le esplosioni bianche nell'aria si
-susseguono, si moltiplicano, si confondono in una sola nuvola vasta
-che a poco a poco avvolge tutto il cocuzzolo del monte e par
-fumigare da quello nel cielo.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-L'uomo, anche in tempo di guerra, è un animale curioso.
-Mentre me ne ritornavo dall'aver provato una delle più intense e
-religiose impressioni di cui l'animo umano è capace, mi sorprese
-d'un tratto una curiosità, molto naturale del resto. Ho visto come
-si mandano le cannonate, che si allontanano. Ma non le ho viste
-arrivare, verso me, quando si avvicinano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il caso mi ha favorito anche in questo. Scendevamo, a dorso
-di mulo, giù per certi prati ripidi che scivolano fino al paese dove
-si riprende la strada rotabile. E dietro noi, dietro le rocce che ci
-lasciavamo alle spalle, il confuso rumore delle cannonate che ormai
-accompagna tutto il nostro viaggio fu attraversato d'un tratto da un
-sibilo noto, arrotato, strisciante, e da uno scoppio vicino. Ci voltiamo
-a tempo per scorgere, sulla cima del monte da cui siamo
-scesi allora, dissolversi la nuvola bianca d'uno shrapnell. Non tutta
-bianca, questa: ha il margine inferiore come impregnato d'un rosso
-vivo. Dissolvendosi, diventa un fumo nero che disegna per un momento
-l'immagine d'un abete in vetta al monte, e scompare.
-</p>
-
-<p>
-Forse cominciano a rispondere alle cannonate che abbiamo visto
-tirare di lassù?
-</p>
-
-<p>
-Aspettiamo. L'attesa è breve: un altro sibilo, e un altro fiorire
-di nuvoletta bianca e rosa sul monte. Poi un terzo. Ed ecco dal
-sommo dei prati che attraversiamo sbucano da ogni parte soldati,
-trascinando muli e munizioni, dietro i ripari preparati per l'occorrenza.
-Tanto i muli quanto i soldati sono allegrissimi.
-</p>
-
-<p>
-I sibili e gli spennacchi bianchi e rosa continuano, regolari, discreti.
-Continuando, si accostano sempre più, seguendo la cresta, al
-nostro prato e al sentiero che la fiancheggia. Le ultime le vediamo
-scoppiare nella rupe, da cui si staccano schegge e piovono sulla
-strada. Aspettiamo ancora un poco, ma lo spettacolo non ricomincia.
-</p>
-
-<p>
-E noi ci rendiamo perfettamente conto, e per l'impressione nostra
-e per il viso lieto e i motti faceti dei soldati che commentano
-ogni arrivo, che l'arrivo degli shrapnells, finchè non colgono in pieno,
-è per l'appunto nulla più che uno spettacolo, e che la paura è una
-leggenda.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ci allontaniamo di là a malincuore, nel silenzio sopravvenuto.
-Cominciano le ipotesi su quel cannoneggiamento. Qualcuno crede
-che gli austriaci abbiano individuata la batteria di lassù, altri preferiscono
-supporre che abbiano avvistata la nostra colonna, e la
-salutino così. È una supposizione un po' vanitosa.
-</p>
-
-<p>
-In realtà, qualche volta essi tirano un po' a caso, in mezzo a
-questo groviglio di alture, di strade, di coste e di villaggi.
-</p>
-
-<p>
-Passando per un paesino, che non ha nessuna importanza nè
-militare nè civile, vedemmo i segni di un bombardamento avvenuto
-la sera prima: qualche vetro rotto, una buca in un prato.
-</p>
-
-<p>
-E un ferito, uno solo. Una capretta giovane, nera, ha la testa
-fasciata. Pascolava in quel prato, e una scheggia l'ha colpita alla
-fronte, le ha quasi asportato uno dei corni appena spuntati. Mi
-guarda con occhi malinconici, pieni di interrogazioni angosciose. Non
-ha capito niente della guerra.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-</p>
-
-<h2 id="conche">Due conche</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Pieve di Cadore, 8 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Il tempo ha voluto variare e completare la nostra rapida esperienza
-della guerra, dandoci un saggio delle operazioni militari
-in montagna con la pioggia.
-</p>
-
-<p>
-Tra l'acqua che scendeva fitta e la nebbia che ci stringeva intorno,
-abbiamo risalito la valle dell'Ansiei fino alla conca di Misurina;
-ma quale pioggia e quale nebbia! La pioggia è fatta come se
-l'aria diventasse irta di mille pungoli; la nebbia turbina come fa la
-neve; e la strada, una mulattiera allargata, è tutta una patina viscida
-e lubrica, cosparsa di pietrisco aguzzo. Ogni tanto una folata di nebbia
-s'incava, e ci accorgiamo di procedere in mezzo a un'abetaia,
-animata d'uomini e d'attendamenti. Ogni tanto uno squarcio tra i
-nuvoli ci fa apparire bizzarri frammenti di montagna grigia sul nostro
-capo: già il Corno del Doge li fende fino al cielo. Poi, salendo,
-la pioggia dirada, la nebbia s'interna tra gli abeti, scivola dietro i
-tronchi, apre misteriosi sfondi di buio nel verde, riappare tra i rami
-più alti, fumiga via verso il cielo che si è andato plagando d'azzurro:
-e le masse enormi delle montagne si compiono, raggiungono il sommo,
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-si crestano in frastagli gialli da cui dilagano rovesci bianchi di neve
-giù per i costoni. Così raggiungiamo la malinconica conca di Misurina.
-</p>
-
-<p>
-Per tutta la strada, nell'accompagnamento sordo della pioggia
-sugli alberi, ci ha seguìto preceduto attraversato, il canto ruvido e
-sobbalzante di camions appena visibili tra la nebbia come masse
-mostruose, la musica delle larghe rote piatte che stritolano i sassi
-nel fango; e un apparire e scomparir vago di profili d'affusti e di
-cassoni, e carriaggi che si tirano dietro uno sbatacchiare d'assi d'abete.
-È il movimento delle retrovie, che vediamo ogni giorno farsi più intenso.
-È pur questo un annuncio dell'inverno, cui la guerra si prepara.
-Anche nelle vallate che abbiamo percorso in giorni più miti
-oggi questo movimento cresce, sotto qualunque cielo, di giorno in
-giorno. Tra due mesi molta parte dell'Italia armata si troverà isolata
-su cime, sulle quali dovrà vivere e guerreggiare per otto mesi, senza
-comunicazioni verso il piano. È necessario che quanto occorre, per
-la guerra e per la vita, sia pronto e trasportato lassù tutto, per tempo.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-La Conca di Misurina, serrata a destra e a sinistra dalle Cadine
-e dalle Pale, diritte muraglie, guardata alle spalle dal Sorapis sveltissimo,
-s'apre a nord verso una cortina che in poche settimane ha
-vissuto una sua storia gloriosa. Quel triplice ammasso, composto
-e sicuro, là in fondo a destra, sono le tre cime di Lavaredo; ivi,
-salendo dal Ponte della Marogna, passava l'ingiusto confine, segnato
-da una fila di sassi dalla forcella alla cima, e a quella forcella il
-26 maggio due reparti di alpini misero in fuga due compagnie e
-conquistarono la posizione; certo salutarono il Leone di San Marco
-che v'è scolpito in una roccia. Di là sentiamo ora il rombo del nostro
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-cannone affievolire verso il nord. In faccia, uno dietro l'altro,
-Montepiana e Montepiano.
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a href="images/ill-101.jpg">
- <img src="images/ill-101.jpg" alt="" style="max-width: 100%; margin: 1em auto; clear: both;" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Montepiana fu nostra fin dai primi giorni, quasi a un tempo con
-la Forcella di Lavaredo. Poi, prima di procedere, passò una settimana
-in lavori d'afforzamento e puntamento delle nostre artiglierie,
-per controbattere i forti austriaci della cortina retrostante; mentre si
-organizzavano e s'insediavano le fanterie, continuava terribile il duello
-dei cannoni. Il 15 di giugno cominciammo insistenti attacchi notturni
-contro Montepiano, ne iniziammo la scalata. Ora, rafforzati di là
-dalla sella che separa le due cime, aspettiamo, per procedere, che
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-la cima di Montepiano non sia più sotto il tiro delle posizioni
-nemiche.
-</p>
-
-<p>
-Cioè, che sia nostra anche l'alta e diruta cortina settentrionale
-che fa da sfondo al panorama. Fin dal 20 giugno son cominciati i
-nostri tiri contro il sistema di Landro, costituito di tre forti: Alto,
-Basso e Plattzwiese. Interrotti per dieci giorni dalle nebbie, furono ripresi
-il 1º di luglio.
-</p>
-
-<p>
-Ora Alto e Basso tacciono, il terzo è fortemente danneggiato.
-Ci nuoce ancora il Raukhofel, che torreggia severo nello sfondo, lo
-Strudelkopfel, tolto alla nostra vista da un cumulo di nubi, e, tra
-l'uno e l'altro, quello Schwabenalpenhopf, profilo di torrione riquadrato,
-che domina l'orizzonte di Misurina e i cui crepacci proteggono
-l'osservatorio austriaco. Per tutta quella fuga di rocce si celano
-le loro artiglierie mobili; tirano il giorno qualche colpo, mentre la
-massa dorme. Essa lavora di notte a fare strade, strade sempre, per
-continuamente spostarsi.
-</p>
-
-<p>
-Un saggio di tiri da Schluderbach (a sud dello Strudelkopfel,
-sull'alta valle della Rienz) si mostra ai nostri piedi: tutto il piano di
-qua dal lago di Misurina è sforacchiato di buche prodotte da granate
-da 305, che ora si son riempite d'acqua e son diventate pozzanghere
-fangose.
-</p>
-
-<p>
-Anche la facciata dell'albergo, dalla parte del lago, presenta
-sotto il cornicione un largo foro: passò di lì un proiettile che andò
-a prendere alloggio in qualche stanza degli ultimi piani. L'albergo era
-vuoto e chiuso e l'unico danno fu quello materiale: da notare che
-il proprietario è un tedesco. Forse dopo la guerra un albergatore
-intelligente, riattando l'interno, lascerà intatta la breccia, vi porrà sopra
-una scritta, e gli americani accorreranno ad ammirare il foro
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-austriaco come un'attrattiva delle più ghiotte del luogo. Neppure
-nel piano le granate produssero danni; naturalmente i nostri, sapendo
-il luogo così esposto, avevano abbandonato fin dal primo
-giorno la strada che vi passa. Ma per gli austriaci era una zona di tiri
-preparati. Non vollero sciupare la preparazione, e uccisero un mulo.
-</p>
-
-<p>
-Noi però vi abbiamo perduto due o tre soldati. Il primo giorno
-che vi giunsero, attratti dalla bellezza malinconica del lago vollero
-fare un po' di canottaggio, vi si avventurarono sopra in barchette di
-cui non conoscevano la resistenza, e annegarono miseramente.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Le posizioni della Conca di Misurina si continuano e s'integrano
-a ovest, di là dal Passo Tre Croci (nostro fino dal 29 di
-maggio) con quelle della conca di Cortina d'Ampezzo, protetta dai
-versanti orientali delle Tofane, che contemplammo giorni sono dal
-sud, di sull'Averau.
-</p>
-
-<p>
-Quando, risalendo la valle del Boite, siamo andati verso la conca
-di Cortina, il sole sfolgorava e il bianco dei paesi nella valle gareggiava
-col bianco della neve nelle montagne. Di là da San Vito,
-ultimo paese italiano secondo l'antica carta, ci sono riapparse le
-Tofane, nostra conoscenza vecchia; ma di qui non ci schiacciano:
-si stendono attorno a noi, ci abbracciano quasi. Dietro, l'Antelao
-enorme co' suoi tre scaglioni ferrigni; ancora più enorme, in faccia
-all'Antelao, il Pelmo. Non c'è nebbia: è il trionfo del verde energico
-e inquieto del Cadore, un verde senza pace.
-</p>
-
-<p>
-La conca in mezzo a cui s'adagia Cortina, è inquadrata tra il
-gruppo del Cristallo e quello delle Tofane, e si sfoga verso Podestagno.
-La nostra occupazione si spiega dal Cristallo su Cresta Bianca,
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-per la rocciosa montagna di Fiammes (e verso la valle di Rio Bosco
-per il monte Zurlong) fino ai piedi boscosi dei monti Cadini, sotto
-al Sompauses non ancor nostro, a Podestagno (punto morto rispetto
-ai tiri del Sompauses stesso) che fu occupato il 9 di giugno. Di qua
-dalle Tofane è il dosso di Landro, di là Val Travenanzes, che noi
-stiamo battendo.<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a>
-</p>
-
-<p>
-Al primo annuncio della guerra imminente gli austriaci fuggirono
-da Cortina, fecero saltare il ponte di Podestagno — un ponte
-alto cinquanta metri sul livello dell'acqua, che ivi procede incassata
-tra due muraglie a picco — e si ritirarono sulle loro posizioni, portandosi
-via i funzionari pubblici, compreso il medico: Cortina rimase
-otto giorni senza ufficiale sanitario. Ciò avvenne tra il 10 e il 15 di
-maggio, prima della dichiarazione di guerra. Noi entrammo il 29; la
-popolazione ci accolse con calma e subì con rispetto il disarmo, che
-fu eseguito dopo tre o quattro giorni. Ci fu qualche sospetto di segnalazioni,
-subito impedite. Le guide erano state portate via tutte fin
-dal primo giorno.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Del resto Cortina d'Ampezzo, non dico di spirito, ma di aspetto
-esteriore, ha sentito l'influenza della lunga dominazione austriaca e
-della frequentazione tedesca come luogo di villeggiatura. Ha perduto
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-ogni bel carattere di paese italiano d'alta montagna. Penso con nostalgia,
-a Cortina, al bel focolare friulano visto pochi chilometri innanzi,
-a Borca; un focolare esagonale di pietra, in mezzo alla stanza,
-con una tettoia a orlo ripiegato e frastagliato, con l'alare unico che
-ne traversa in largo tutto il piano, con tutti i suoi annessi — palette,
-molle, catene — appesi dall'una e dall'altra parte alle due colonnine
-dell'alare, e un bel fuoco di legna nel mezzo, e intorno intorno
-volti cordiali e ridenti. Cortina d'Ampezzo non è che una ordinata
-esposizione d'alberghi pretenziosi e di botteghe con le grandi insegne
-chiare e burocratiche, che vi assaltano. Passeggiando in Cortina non
-si fa che leggere insegne. E con la sua fontanina, col suo campanile
-assettatino dalla punta aguzza, con l'ordine nitido delle sue
-strade, con la sua posizione di cittadina ben collocata, proprio in
-mezzo alla conca, e ferma lì, senza fumo di focolari, senza grida,
-senza pàtine, pare una città che si sia tirata in giù la giacca e stia
-ferma in posa davanti al fotografo di provincia, per farsi prendere il
-ritratto. Cortina d'Ampezzo, vista dall'alto o dal piano, di dentro o di
-fuori, nell'insieme o in particolari, è la città-cartolina illustrata per
-eccellenza. Ha una sola caratteristica: le beghine, numerosissime: visi
-duri e grinzosi, che escono dalla chiesa e traversano la piazza con
-occhiate rapide e subdole, sotto ai cappellini ovali ampiamente piumettati
-di nero sul davanti, a tesa rigida calcata bassa sulla fronte a
-nascondere gli sguardi sospettosi. Era domenica, e nella chiesa si
-cantava l'evangelio propiziatore per il raccolto; e cantavano con
-molta intonazione e con una precisa espressione. L'anima del paese
-è, credo, sinceramente religiosa e mite; nè sarà difficile togliere la
-crosta di cattolicismo politicante e di svizzerismo locandaio che la
-dominazione austriaca e la frequentazione tedesca gli hanno imposta.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Chi ne volesse un chiaro segno, non avrebbe che visitare, nel
-piccolo cimitero vicino alla città, la tomba del generale Cantore. C'è
-sempre qualche cortinese commosso là davanti; c'è spesso un fiore
-fresco aggiunto da un paesano a quelli che i soldati vi mantengono
-perennemente; tra le corone secche, rimaste a memoria dei funerali,
-molte sono di cittadini, e non corone ufficiali, ma poste dal cordoglio
-sincero e dal risvegliato sentimento d'italianità di compaesani
-anonimi. Anche qui, come ad Ala, il culto di Antonio Cantore sta
-facendosi nucleo ed espressione di tutto un orientamento nuovo della
-mentalità e del sentimento del paese. Vorrei dire che il primo giorno
-dell'italianità nuova di Cortina d'Ampezzo non fu il giorno — 29 maggio — dell'entrata
-dei nostri, nella prima avanzata; ma quello — 20 luglio — in
-cui videro l'uomo che fino al dì innanzi avevano amato
-vivo e operante coraggiosamente per la loro libertà, portato qui dai
-suoi soldati, morto da una palla austriaca, o forse ampezzana.
-</p>
-
-<p>
-Gli austriaci tenevano le Tofane, e di là minacciavano la nostra
-occupazione su Vervei e su Cortina stessa. Le operazioni sulle Tofane
-erano dirette dal generale Cantore. Alcuni battaglioni, protetti
-dall'artiglieria, arrivarono sulla prima Tofana, ma vi trovarono un
-passo reso inaccessibile dalla guardia continua di tiratori scelti.
-</p>
-
-<p>
-Cantore, avuta notizia dell'eccellente effetto prodotto dalla nostra
-artiglieria, volle andare in persona a rendersi conto della situazione,
-e al tocco del 20 luglio vi si avviò in compagnia del capitano
-Argentero dello Stato Maggiore. Giunsero in automobile a Pocol, proseguirono
-sui muli; alle cinque e un quarto erano sul posto. Da un
-solo punto si apriva la posizione, cioè da una specie di trincea aggiustata
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-nella roccia, duecento metri al disopra del rifugio ov'erano
-appostati i nemici. I quali, secondo il loro sistema, sparavano il fucile
-a intermittenza, un colpo ogni sette od otto minuti.
-</p>
-
-<p>
-Cantore raggiunse quel punto; ma di là non si vedeva donde
-partissero i tiri, nè come si coprissero i tiratori. Ne domandò a un
-soldato, il quale rispose che forse il punto poteva scorgersi di più
-giù, piegando verso destra. Il capitano vi scese, dopo un'ora risalì
-a riferire al generale che nemmeno di giù si poteva veder nulla. Allora
-entrambi risalirono, e trovarono finalmente una roccia che sporgeva
-proprio al disopra del crepaccio occupato.
-</p>
-
-<p>
-Erano di poco passate le sei, e Cantore aveva il sole in faccia;
-per questo non vedeva abbastanza bene. Ma il luogo di osservazione
-migliore era appunto quello. Allora egli sporse un poco
-la testa.
-</p>
-
-<p>
-Si udirono tre detonazioni; alla terza il capitano vide il suo
-generale rotolare giù per due metri dalla roccia, con la fronte sfracellata.
-</p>
-
-<p>
-Tutti i soldati volevano uscire dalle trincee. Il capitano stentò a
-trattenerli. Ne chiamò due ad aiutarlo. Posero il generale a riparo
-d'una roccia. Furono loro portate tele da tenda, e su quelle cominciarono
-a trasportarlo giù. In un passaggio scoperto, per poco nuove
-fucilate non raggiunsero il convoglio: dovettero ripararsi e sostare
-venti minuti. Poi ripresero a scendere; a Vervei misero il cadavere
-nell'automobile, e la sera giunsero a Cortina.
-</p>
-
-<p>
-La popolazione fu costernata. Egli era ivi, trasferitovi da Ala,
-da ventun giorni. Cento volte, anche in valle di Travenanzes, s'era
-esposto così. Aveva, come altri della sua tempra, la persuasione della
-propria invulnerabilità. E anche gli ampezzani che già lo amavano,
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-anche i soldati che lo veneravano come un dio, dopo le apprensioni
-dei primi giorni avevano cominciato a credere che davvero il
-loro generale fosse inaccessibile al piombo dei nemici.
-</p>
-
-<p>
-Eppure erano forse ampezzani coloro che non lo avevano creduto
-invulnerabile. I tiratori che sono con gli austriaci sulle Tofane,
-sono cortinesi. Un vecchio sessantenne austriacante, il cui nome, Pietro
-Alverà da Cortina, va tramandato per vergogna alla storia dei
-rinnegati, aveva fin da qualche giorno prima della guerra messi insieme
-sessanta giovani cortinesi della società dei tiratori col pretesto
-di perfezionarli nella caccia al camoscio, e, anche contro la volontà
-delle loro famiglie, li aveva trascinati sulle Tofane e messili al servizio
-degli austriaci; son essi che tirano di là sui passaggi, col
-fucile da camoscio, munito di canocchiale. Pianga oggi la pietà
-dei cortinesi, sulla tomba di Antonio Cantore, l'orrendo peccato
-dei suoi.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Anche la conquista di queste cime è ricca di episodi di valore,
-che ormai non si possono più chiamare incredibili perchè sono quotidiani.
-Quando, a occupare completamente la posizione di monte
-Cristallo, compimmo l'operazione della Cresta Bianca, abbiamo fatto
-passare alpini e bersaglieri con ben seicento metri di corda. Ciò avvenne
-a quasi tremila metri d'altezza, e non furono pochi i casi di
-congelazione.
-</p>
-
-<p>
-Della difficoltà di certe operazioni non occorre parlare: il Sompauses,
-per esempio, ove s'è combattuto un po' sempre e con effetti
-eccellenti, è disposto in modo che i colpi d'artiglieria che vi si tirano
-non possono esplodere che sulle rocce; gli austriaci sono in
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-gallerie, nelle quali ritirano con facilità i pezzi, dopo lo sparo. Bisognerebbe,
-per averne ragione, far saltare l'intera montagna. A Landro,
-oltre i tre forti, tutt'all'intorno son posizioni preparate, e da lungo
-tempo. Sulla Tofana le nostre truppe — e sono intere compagnie — si
-trovano a 3200 metri d'altezza.
-</p>
-
-<p>
-E ci vogliono rimanere. Era stato ordinato il cambio di truppe
-ch'erano a tremila metri. Un generale m'ha fatto vedere una lettera
-del capitano, per mezzo del quale tutti i suoi soldati, chiedendo perdono
-per l'infrazione alla disciplina, imploravano di rimanere, e adducevano
-per ragione che ormai essi s'erano perfettamente abituati
-alla temperatura di dieci gradi sotto lo zero, e che conoscevano i
-passi sicuri.
-</p>
-
-<p>
-Sulla cima del Cristallo un ufficiale salito a visitare i soldati,
-credè opportuno confortarli facendo loro pensare al tempo in cui
-sarebbero tornati. Rifiutarono ogni conforto, asserendo: — Stiamo
-benissimo qui.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Nè manca, tra gli episodi eroici, qualche tocco di comico. A
-Col Rosà (già osservatorio austriaco per i tiri preparati contro la
-conca di Cortina, ora nostro), tre alpini erano stati fatti prigionieri
-dagli austriaci. Un bel giorno i tre soldati ritornano ai nostri avamposti,
-tra la gioia e lo stupore dei loro compagni. E narrano che,
-essendo sotto la guardia di un solo soldato, un tirolese, lo avevano
-assalito, pur essendo inermi, e imbavagliato, e così gli erano fuggiti,
-portandogli via parecchi oggetti tra i quali una tenda da campo e un
-eliografo, che consegnarono all'ufficiale. Divennero gli eroi dell'avamposto.
-Senonchè due giorni dopo noi prendemmo di sorpresa prigione
-tutto il corpo di guardia austriaco e lo portammo al nostro campo.
-Tra i prigionieri era il famoso guardiano tirolese, che appena visti
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-i tre alpini si gettò tra le loro braccia baciandoli con effusione.
-Erano amicissimi, e manifestamente, per fuggirgli e portargli via la
-tenda e l'eliografo, non c'era stato bisogno nè di assalto, nè di bavaglio,
-nè d'altra violenza.
-</p>
-
-<p>
-Tocchi di giocondità, che non contaminano l'atmosfera eroica
-onde sono avvolte queste cime, ove il domani della nostra guerra
-si prepara più grande forse e più radioso che in qualunque altra
-parte del fronte.
-</p>
-
-<p>
-Non occorre essere strateghi per avvedersene; basta la più umile
-delle carte geografiche.
-</p>
-
-<p>
-Dalla Conca d'Ampezzo si svolge la vallata dell'Alto Boite, dalla
-Conca di Misurina la vallata dell'Alto Ansiei. Concorrono verso il
-nord, sboccano a Plattzewiese e a Landro, ci indicano la valle della
-Drava e la strada di Toblacco. Bisogna scendere alla vallata del Rufreddo,
-ove ci troveremo in faccia Croda Rossa, che ormai non ha
-se non degli osservatorii. Per ora siamo in quella della Rienz. Il Cristallo
-e il Cristallino sono nostri. Som Forca al Passo di Tre Croci,
-onde comunicano le due Conche, è stato incendiato. Quando il silenzio
-di tutta la cortina difensiva austriaca ce lo permetterà, occuperemo
-la cima di Montepiano.
-</p>
-
-<p>
-Di là potrà forse sentire non so qual voce una contrada, non
-nostra, ma tale che condurrà quella voce al cuore dell'eterna nemica.
-Da queste cime verrà forse la parola della condanna alla nazione
-delinquente: all'alleato che nel vecchio confine impostoci aveva incluso,
-al ponte della Motta sotto Misurina, un tratto della nostra
-strada nazionale; che non aveva permesso alla nostra ferrovia di
-andare oltre Calalzo, mentre costruiva esso un forte in caverna sul
-Plattzwiese, e trincee di calcestruzzo a Montepiano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-</p>
-
-<p>
-La vecchia e gloriosa voce del Cadore la condannerà.
-</p>
-
-<p>
-Intanto le sue nevi brillano, i suoi monti sfolgorano, il suo verde
-pare che levi polifonie di solennità verso il cielo. Scoppia fuori, intorno
-intorno per l'orizzonte, la roccia gialla tra lo stridore bianco
-delle plaghe di neve, pazzamente. E il perchè del giallo e del bianco
-non appare. Sono vecchi accordi tra la montagna ed il cielo.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cavalli">Ospedale di cavalli</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Valle del Piave, 13 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Corsie d'avellana, di pini giovani, di viti bionde; sale chirurgiche
-di prati verdi e di pendii rugiadosi; letti morbidi di
-paglia sul margine d'un ruscello o al piede d'un castagno:
-e intorno intorno, invece di malinconiche pareti bianche, coste montane
-che s'aprono in valli, lo scorcio di un fiume largo che dilaga
-nella lontananza, profili ambigui tra di nubi e di monti, che si sperdono
-nell'infinito del cielo. Fortunati cavalli!
-</p>
-
-<p>
-Eppure il cavallo malato fa una gran pena. Oso dire che fa più
-pena dell'uomo, quando, s'intende, la malattia e dell'uno e dell'altro
-non è grave. Certe sale — non tutte — degli ospedali dei feriti leggieri
-riescono perfino a dare un senso d'allegrezza: quella che sgorga
-e si espande dalla gioventù invincibile di quegli arditissimi, accesi ancora
-del fuoco della battaglia recente, vibranti di ritornarvi.
-</p>
-
-<p>
-Invece l'incoscienza e la sommissione del cavallo malato è
-sempre lagrimevole. Risalendo altre retrovie, ne ho visto tempo fa
-ritornare una colonna, che scendeva dai gioghi intorno al Tonale.
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-Altri ne vedo arrivar qua, nel loro luogo di cura, che la Croce Azzurra
-ha riparato in una delle conche più verdi di queste Alpi risanatrici.
-I più sono malati di sfinimento. Hanno gareggiato coi muli
-nel ripire i sentieri infernali appena scavati tra le rocce, per trascinar
-su rifornimenti, salmerie d'ogni genere, e soprattutto i gravi pezzi
-d'artiglieria che vanno disegnando un'inquieta corona di fuoco lungo
-il confine sempre più avanzato della patria. Compiuta la fatica eccezionale,
-ritornano esausti, con gli occhi scialbi, i musi chini e
-tentennanti, le zampe tremule, le povere ossa emergenti come pali
-aguzzi di sotto la pelle assottigliata: sfiancati, succhiati, maceri.
-</p>
-
-<p>
-Arrivano qua, o in altri stabilimenti come questi (e presto la
-Croce Azzurra ne raddoppierà il numero), e nelle sale operatorie di
-verzura o nei cameroni ospitalieri di prato riacquistano salute e forza.
-Poi anch'essi, come gli uomini risanati, ripartono per il fronte, a ricercare
-ostinatamente un'altra volta la morte.
-</p>
-
-<p>
-Il capitano delegato li riceve dalle infermerie, assegna loro un
-numero, che da una medaglia che viene loro appesa al collo risponde
-a uno stallo; ciascuno ha il suo posto nel suo reparto a seconda
-del male e della gravità di esso. Subito comincia la cura: prato, aria
-sottile, ipernutrizione; è incredibile quanto di biada, d'erba, di crusca
-e di farina divori e digerisca in un giorno uno di questi cavalli, memori
-delle fatiche esaurienti delle prime linee. Vivono tutto il giorno
-all'aria aperta, in praterie vastissime recinte da palizzate rade, che
-non nascondono l'orizzonte, che non hanno nulla della scuderia o
-della prigione. Scorrazzano liberi, lenti e muti i primi giorni, poi
-sempre più sbrigliati, a testa più alta, giù per i declivi; riposano all'ombra
-dei pini, bevono nei ruscelli. Qualche volta li vedo raggiungere
-il recinto e trattenersi là, col muso sporto in fuori, a guardare
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-il profilo lontano dei monti come se ricordassero le giornate di fatica
-e di spavento passate lassù. Forse non ricordano nulla; godono
-della forza ricrescente nelle loro vene. Di giorno in giorno i loro
-occhi si fanno più vivi, le costole scompaiono pian piano sotto i
-muscoli rinnovati. I prati dei convalescenti son tutti pieni di nitriti.
-</p>
-
-<p>
-Non è tutto prato il luogo di cura. Ecco i baraccamenti di legno
-sormontati dalla bandierina bianca civettuola con la croce azzurra,
-e sventola. Di fuori non li riconosci perchè il denso fogliame
-dei nocciuoli che li fiancheggia, li nasconde quasi del tutto. Dietro,
-i due lati più lunghi son continuati da una parte e dall'altra da due
-spalliere di viti, una pergola ombrosa sotto la quale l'occhio cerca
-istintivamente le tavole e le panche e sulle tavole gli orci del vinello
-recente e i bicchieri.
-</p>
-
-<p>
-Invece il luogo è tutto giallo di paglia e verde di fieno. Dominano
-dappertutto; l'aria è tutta piena d'uno spagliucolio che pare
-guidarvi là dentro, ove le file dei cavalli meno malati stanno a dormire
-la notte e far colazione all'alba, prima di riprendere il vagabondaggio
-libero che li risani del tutto.
-</p>
-
-<p>
-Gli altri reparti sono in muratura: quello dei malati di gola,
-pieno di nitriti tossicolosi e dell'odore dei suffumigi quotidiani; quello
-degli operati, che sdraiati nella paglia aspettano la medicazione periodica;
-e via via tutte le forme e tutti i gradi del male; e isolato
-qualche cavallo che subì qualche operazione speciale e richiede un
-trattamento a sè. C'era una cavalla venuta qua da una infermeria che
-già l'aveva data come perduta. Le fecero un'operazione complicatissima,
-implicante l'apertura lungo tutto il canale della gola. Ora sta
-bene, e attende, col muso e il collo fasciato e lo sguardo tranquillo
-e benigno, di poter scorrazzare cogli altri. L'operazione era durata
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-quasi due ore ed era stata preceduta dalle regolari iniezioni anestetizzanti.
-</p>
-
-<p>
-A un'operazione meno grave ho potuto assistere. Consisteva
-in una medicazione profonda d'una ferita circolare in una zampa,
-proprio sopra lo zoccolo, giro giro. La bestia era sdraiata nel prato,
-sopra uno strato di paglia. Un soldato, seduto in terra presso il suo
-capo, le reggeva il muso e la confortava carezzandole le froge e
-cercando d'introdurle tra i denti qualche pezzo di zucchero. Essa
-tendeva all'aria la zampa malata, legata con una fune che due ragazzi,
-stando sdraiati in terra a pochi passi, tenevano tesa. Due soldati
-trattenevano la bestia per il deretano. Ma non occorreva tenerla
-chè essa pur gemendo sommessamente stava immobile, mentre il
-veterinario, nel camiciotto bianco di operatore, steso tutto sul corpo
-di lei, eseguiva la medicazione dolorosa.
-</p>
-
-<p>
-Compivano il quadro un attendente che reggeva il catino e porgeva
-le bende e i disinfettanti, e il capitano delegato (un gentiluomo
-milanese che fin dal primo giorno della guerra ha dedicato tutte le
-sue cure e la sua esperienza all'opera della Croce Azzurra), il quale,
-in ginocchio in mezzo al gruppo, sorvegliava l'operazione e aiutava
-l'opera modesta dell'attendente.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Una quarantina d'uomini s'è così isolata dal mondo tra queste
-valli, e attende qui all'opera utilissima, in un lavoro continuo e tutt'altro
-che leggiero. Basti pensare che i cavalli in cura sono ora centocinquanta,
-ma lo stabilimento deve poter accoglierne fino a duecentocinquanta;
-che ogni mattina si fanno circa trenta medicazioni;
-e che la cura e la sorveglianza dei cavalli sfiniti non è meno continua
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-e meno minuziosa di quella dei cavalli feriti: e si avrà un'idea del
-lavoro cui si sobbarcano quei volonterosi. Ogni stabilimento ha un
-capitano delegato, un tenente, due ufficiali veterinarii, e poi tutto il
-personale di governo, sergenti, caporali e attendenti. La spesa media
-d'ognuno è di circa seimila lire al mese.
-</p>
-
-<p>
-Com'è noto l'istituzione è di origine inglese e data dal tempo
-della guerra boera. Dopo l'agosto del 1914 l'Inghilterra impiantò in
-Francia quattro grandi stabilimenti della Croce Azzurra, che rimasero
-perfettamente autonomi, senza rapporti di sorta con le autorità governative.
-</p>
-
-<p>
-In Italia l'istituzione, fondata a imitazione dell'inglese pochi mesi
-sono, ebbe in questo senso un miglioramento in quanto il ministero
-della guerra la riconobbe ufficialmente e ne militarizzò il personale — con
-un notevole vantaggio per la disciplina e l'organizzazione — mediante
-una convenzione che ha la durata di quattro mesi, ed è naturalmente
-rinnovabile e sarà rinnovata per tutta la durata della guerra.
-</p>
-
-<p>
-Perchè l'istituzione, per quanto giovane, si mostrò subito matura
-e pari al suo compito arduo e alla sua utilità. La quale è grandissima.
-Chi, vedendo cavalli sfiniti o feriti ritornare dal fronte, ha
-provato il senso infinito di pietà che desta la loro incoscienza sommessa,
-può sentire la bellezza sentimentale dell'istituzione senza stare
-a pesarne i vantaggi. Ma anche posto da parte ogni sentimento, basta
-pensare all'immensa utilità del quadrupede in una guerra di montagna — e
-quale montagna! — com'è la nostra, e considerare che il
-cavallo è il genere di cui è men facile ottenere un'abbondante requisizione,
-per rendersi conto del beneficio enorme che reca il poter
-rimandare su per le montagne una grande percentuale di cavalli che sarebbero
-normalmente condannati alla morte per sfinimento o per ferite.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Un cavallino giovane, quasi ancora puledro, ha fatto una corsa,
-dal suo prato grande donde ripartirà tra un giorno o due, fino al
-recinto che lo divide dal prato minore ove si fanno le medicazioni.
-Sporge il muso di qua e guarda incuriosito l'operazione strana, quei
-sei o sette uomini affaccendati sopra un cavallone massiccio steso
-sull'erba. Poi scrolla il capo, guarda il cielo nuvoloso, manda un
-nitrito di giovinezza e di gioia, e si rimette a galoppare pazzamente,
-senza mèta, ubriaco d'aria. La sua incoscienza gioiosa è commovente
-quanto la sofferenza dell'altro. Guardandolo, non posso tenermi dal
-pensare a un'altra incoscienza: a quella di tutti i bambini, che vedono
-e sentono la guerra che non capiscono e non sanno: la vedono
-e la sentono in una quantità di cose strane: nella partenza dei
-loro babbi, nelle solitudini accorate delle loro mamme, nel ritorno
-di persone care che son poste in un letto e stentano a riconoscere
-i bimbi, nell'annuncio, fatto da una madre tra i singhiozzi, che altre
-persone care non torneranno mai più.
-</p>
-
-<p>
-Un giorno i bambini capiranno quei misteri dolorosi, e sapranno
-che la guerra si è combattuta per loro, che tutta la vita loro ne ha
-ricevuto un inestimabile beneficio.
-</p>
-
-<p>
-Ma con questo, eccoci molto lontani dai cavalli....
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-</p>
-
-<h2 id="silenzi">Silenzi e fragori</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Timau, 15 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-La guerra, in qualche luogo, è soprattutto silenzio.
-</p>
-
-<p>
-Il silenzio di chi aspetta, si nasconde, osserva. Poi giunto il
-momento dice una parola, l'unica efficace, e ritorna a tacere.
-</p>
-
-<p>
-Il raro rombo della cannonata, che non falla, pare in qualche punto
-non faccia se non incorniciare il silenzio immenso delle cime e delle
-valli, sottolinearlo, farlo sentire più largo, più vasto, più sovrumano.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Giorni sono m'ero trovato — e subito mi parve di dimenticare
-il come, il mezzo, il tempo, quasi ci fossi arrivato per incantesimo — in
-una radura ondulata e verdissima, in mezzo a panorami
-fuggenti d'abeti neri e di larici chiari, che si dilatavano a perdita
-d'occhio su per le coste molli fin verso le cime aspre sconfinanti
-entro i fumi errabondi del cielo. La radura era il centro di un silenzio
-infinito, d'una perfetta solitudine d'uomini e di cose umane.
-Verso il nord i monti imbruniti s'allontanavano, s'incanalavano fuggendo
-entro un imbocco in cui si precipitava la nebbia fumante su
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-dai prati e dai boschi più alti: e fuori dal mondo della nebbia rompeva
-il mondo delle cime acute e frastagliate, come diviso in due cortine
-concentriche, una più vicina e più bassa, una più lontana e maggiore.
-</p>
-
-<p>
-L'una era il vecchio confine, la cui occupazione costò la fatica
-d'una conquista; l'altra era il nuovo, ove ci stiamo aggrappando a
-pietra a pietra. E quella fuga di nebbia che s'incanalava nel passo
-aperto tra i monti, conduce
-verso la valle di Sexten, ove
-la lotta di difesa e di offesa
-è aspra come forse in pochi
-altri punti del fronte.
-</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-124.jpg">
- <img src="images/ill-124.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Siamo a Col Caradies,
-in faccia al Comelico, a dominio
-della Val Padola, la
-terza, con Val di Boite e Val
-d'Ansiei, delle vie di passaggio
-dall'Italia alla Drava.
-</p>
-
-<p>
-Siamo in faccia all'epopea,
-i cui canti più alti si chiamano
-Sexten Seikofel Oberbacher,
-Croda Rossa. Ma nulla all'intorno sembra parlare di guerra.
-Ove le cime son libere dalla nebbia e dalle nubi, in qualche stria più
-regolare l'occhio esercitato riconosce una trincea, qualche strappo più
-chiaro nella roccia è il segno visibile lasciato dalle nostre granate.
-Dagli ultimi lembi del verde che tenta di arrampicarsi verso le rupi,
-vediamo uscire i cocuzzoli delle ultime tende d'un accampamento.
-</p>
-
-<p>
-Ma son segni minimi e muti. Potrebbero essere i ruderi d'una
-guerra finita da anni. Sappiamo che attorno a noi le cime ci guardano
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-dagli osservatorii, che nei prati dove passiamo caddero ancor
-ieri i colpi dei forti di cui quelle cime misteriose sono animate. Lo
-sappiamo, senza sentirlo: qui ci avvolge, c'incombe, ci stringe paurosamente
-quello che della guerra è il senso più strano, più angoscioso:
-il suo silenzio, il suo mistero, il suo perenne atteggiamento
-d'invisibile agguato. Silenzio e solitudine: non un uomo, non una
-casa, non un'arme, non una voce. Il verde senza pace e la discesa
-calma delle nuvole che ora vengono riassorbendo anche quei segni
-sperduti di guerra; la voce della montagna, compendio di silenzi
-lontani; la voce del verde, fatta di un avvolgimento morbido di tutti
-i sensi, di tutto l'essere, che sembra a ogni poco smarrirsi nello
-sgomento di quella grigia infinità, segnata a ogni poco da un colpo
-di cannone sperduto, rombi anch'essi silenziosi, senza scoppio, senza
-principio, come code di comete già spente: e la nebbia crescendo
-li assorbe, li dissolve nel grigio, che ora pesa su noi, su tutto il
-mondo, divinità diffusa e maligna, piena di mute minacce, di gelo,
-di paura.
-</p>
-
-<p>
-Il vecchio e il nuovo confine sono scomparsi: non c'è più
-traccia di Roteck, di Cima Vallone, di Cima Vanscuro, di Quaternà.
-Sola riesce a fendere il grigio la punta del Monte Cavallino, ove la
-guerra è ogni giorno più viva.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Monte Cavallino, segnando il confine del versante settentrionale
-di Val Padola, divide nettamente il Cadore orientale dal Cadore settentrionale.
-Da Monte Cavallino il confine scende con una leggiera
-inclinazione fino al Volaia, e in tutto quel tratto la guerra è, da tutt'e
-due le parti, non altro che un'attesa difensiva. Tuttavia pochi giorni
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-sono potemmo occupare il massiccio di Monte Chiadenis e di Monte
-Avanza tra Val di Sesis (affluente del Piave) e Rio di Fleons (affluente
-del Degano), nella zona del Paralba, ove il confine tra il Cadore e
-la Carnia raggiunge la frontiera austriaca.
-</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-126.jpg">
- <img src="images/ill-126.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Ma al Volaia comincia uno dei settori di maggiore interesse; ed è il
-tratto compreso tra le testate di Val Degano e di Val But. Volaia, Pal
-Piccolo, Freikofel, Pal Grande:
-nomi già gloriosi nella
-breve storia della nostra
-guerra. Di là da quella linea
-s'apre, verso l'austriaca Zeglia,
-Val Valentina, il cui
-passo fu conquistato il 13
-giugno con una difficile operazione
-“poichè il nemico — diceva
-il comunicato relativo — dovette
-essere snidato
-di trincea in trincea e inseguito
-di balza in balza”. E lasciò
-nelle nostre mani armi,
-munizioni, bombe e prigionieri. Il giorno avanti, press'a poco nelle
-stesse condizioni, era stato preso il passo di Volaia; mentre fin dalla
-prima notte di guerra i nostri s'erano solidamente assicurati dei
-passi di Giramondo e di Vall'Inferno e della testata di Val Degano
-con un assalto alla baionetta, occupazioni che permisero il fiancheggiamento
-da occidente del passo di Monte Croce Carnico.
-</p>
-
-<p>
-La lotta durò più giorni e fu conclusa il 30 di maggio. In quel
-giorno un battaglione e mezzo di austriaci con mitragliatrici attaccò
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-i nostri alpini presso il passo; gli attacchi furono cinque, consecutivi,
-tutti respinti dai nostri, i quali allora presero a volta loro l'offensiva,
-sotto la pioggia violenta e tra la nebbia fitta, e con leggerissime
-perdite, e facendo duecento prigionieri, ricacciarono definitivamente il
-nemico. Con la quale occupazione fu chiusa all'Austria una delle
-più pericolose vie d'invasione verso la regione veneta. Da questo
-passo il nemico avrebbe potuto scendere, sia per Rio Collina e il canale
-di San Pietro (But), sia per il Degano, fino al Tagliamento sopra
-Tolmezzo, prendendo così di fianco le nostre difese che avrebbero
-dovuto scaglionarsi lungo il Tagliamento stesso invece d'essere
-impiegate sull'Isonzo. Alla perdita di quel passo gli austriaci non
-riuscirono mai a rassegnarsi; tentarono più volte di riprenderlo, e
-sempre inutilmente: il 30 maggio; il 3 e il 4 di giugno, in cui persero
-una batteria; il 14 tentando di irrompere contro la dorsale del Monte
-Avostanis, che domina il passo da est, con una violenta azione di artiglieria
-prima, poi con un attacco diretto che noi respingemmo alla
-baionetta volgendo in fuga i nemici. Dopo quindici giorni, il primo
-di luglio, il vano tentativo fu rinnovato di notte, con l'aiuto di razzi
-e riflettori e col lancio di gaz asfissianti.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-128.jpg">
- <img src="images/ill-128.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Il passo di Monte Croce Carnico è attorniato e guardato, a ovest
-dal Pizzo Collina nostro, e dallo Zellenkofel del quale ora è nostra
-una cima; a sud dal Tierz, nostro; a est dal Pal Grande dal Freikofel
-e dal Pal Piccolo. La situazione di queste tre cime rispetto al passo,
-spiega il frequente ricorrere dei loro nomi nella cronistoria della
-nostra guerra. Sulle tre cime passa il nostro confine, ma qualche
-ora avanti la guerra gli austriaci s'erano di esse cime impossessati.
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-Noi riconquistammo il Freikofel ai primi di giugno con una lotta
-di circa dieci giorni, nei quali oltre il possesso della situazione guadagnammo
-centinaia di prigionieri: altre centinaia di austriaci vi rimasero
-morti. Allora il nemico si volse contro Pal Piccolo e Pal
-Grande (che fiancheggiano il Freikofel ai due lati) circa al 15 di
-giugno; il 18 e il 20 rinnovarono
-l'attacco contro il Freikofel
-direttamente, per volgerlo,
-il 22, contro la Cresta Verde,
-tra il Pizzo Collina e lo Zellenkofel;
-ritentarono i due giorni
-seguenti contro Pal Grande e
-Pal Piccolo: sempre respinti
-con gravi perdite. Ad assicurare
-meglio la nostra situazione
-noi occupammo, il 25,
-la cima dello Zellenkofel, mentre
-essi ritentavano quella del
-Freikofel. Il 26 il nemico tentò
-di riprendere lo Zellenkofel. Il
-27 con artiglieria da montagna,
-faticosamente trasportata su di un'alta vetta, distruggemmo un
-accampamento che i nemici avevano stabilito sul rovescio di Pal
-Piccolo; il 28 essi cannoneggiarono Cima Zellenkofel; il primo di
-luglio tentarono attacchi notturni contro Pal Piccolo; sempre inutilmente:
-a ogni attacco che respingevamo, la nostra situazione nelle
-posizioni occupate si faceva più forte. Con quasi punte perdite da
-parte nostra, continuammo a logorare il nemico, che a ognuno dei
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-vani e rabbiosi tentativi lasciava nelle nostre mani uomini e munizioni.
-E ogni volta allargavamo fruttuosamente la nostra occupazione;
-così il 1º di luglio un nostro reparto alpino conquistò un
-trinceramento nemico nel versante settentrionale del Pal Grande,
-trinceramento che molestava continuamente il nostro possesso del
-Freikofel. Anche questa trincea fu oggetto di attacco, le notti del 3
-e del 4, da parte del nemico che voleva riprenderla. Altre trincee
-verso Val d'Anger occupammo l'11 e il 12 di luglio. I tentativi contro
-le tre cime divennero abituali. Nei giorni nei quali non eravamo
-impegnati a respingerle, continuavamo a disperdere, con tiri di artiglieria,
-i lavoratori incaricati di munire d'opere d'approccio le pendici
-austriache verso il Freikofel.
-</p>
-
-<p>
-La menzione di simili attacchi inutili potrebbe continuare: nè è
-detto che essi siano per cessare.
-</p>
-
-<p>
-Volendo riassumere la storia della guerra in questo settore, potremmo
-dividerla in due periodi. Nel primo, dal 24 di maggio fin
-verso la metà di giugno, tenemmo un'azione difensiva contro i tentativi
-disperati d'attacco che il nemico operava, sempre con forze
-preponderanti, e preceduti da intense preparazioni d'artiglieria che
-talvolta durarono fino a tre giorni su tutto il ciglio, a raffiche di
-otto, di dodici colpi contemporanei. Periodo nel quale si rivelò nei
-nostri una delle doti più preziose e più rare del soldato nella guerra
-moderna, cioè la resistenza all'artiglieria. Portavano indietro i morti
-e riprendevano la posizione, impassibili. Nel secondo periodo, da
-mezzo il giugno in poi, stabilitici incrollabilmente, ci permettemmo
-azioni offensive, piccole incursioni. Ora che il passo di Monte Croce
-e la testata del But — cioè il più pericoloso collegamento stradale
-tra Val di Zeglia e Val Tagliamento — è solidamente nelle nostre
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-mani, le nostre truppe vanno lentamente e irresistibilmente allargando
-le loro posizioni verso tutta la valle dell'Anger, sede principale delle
-offese dell'artiglieria austriaca verso questa regione.
-</p>
-
-<p>
-La valle dell'Anger è un vero campo trincerato, sistemato maravigliosamente,
-prodigiosamente armato da batterie multiple, d'ogni
-natura: mortai, obici, cannoni, mobili e fissi, da montagna e da campagna,
-di tutti i calibri, di tutte le portate.
-</p>
-
-<p>
-Quante voci ha la valle austriaca dell'Anger, quando scatena la
-sua sinfonia!
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Perchè non sempre e non in ogni luogo la guerra è soprattutto
-silenzio.
-</p>
-
-<p>
-Ma anche allora non appare come disordinato frastuono d'inferno:
-ma è una riquadrata, ben organata sinfonia, in cui distingui
-le voci e gli strumenti, segui i temi melodici e lo svilupparsi delle
-armonie. È una magnifica musica, piena di varietà, di solidità, di
-ordine e di esaltazione.
-</p>
-
-<p>
-Un lontano rullo di echi sonori che per venti gole arriva fino
-alla vallata, ci invita ad avvicinarci. Montiamo per un poco, poi
-non basta montare, bisogna arrampicarsi. La strada s'è fatta mulattiera,
-e questa sentiero. E di mano in mano l'eco lontana è divenuta
-un preciso suono di rombi, isocrono, nitido. Le valli lo ripetono
-con armonie semplici. L'alba si fa giorno, la strada si fa ardua: e
-col crescer della luce e col ripire del cammino anche quel suono
-diviene più intenso e più rapido. Ora un rullo segue l'altro, ininterrottamente:
-sono tre rulli, tre note diverse prolungate dagli echi dei
-monti, e s'innestano su tre scoppi, uno più grave, due più acuti;
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-e vengono di là dalle cime, da una lontananza ancor vaga dove la
-ripidità della costa sul nostro capo si perde tra l'infoscare degli
-abeti. Al di sopra un breve tratto di cielo candido e bianco senza
-una nube, rischiarato da un sole ancora invisibile. Siamo già tutti
-avvolti e come fasciati dai rombi.
-</p>
-
-<p>
-Ed ecco, d'un tratto, mentre il mulo s'è fermato qualche minuto
-a riposare in una svolta dell'asprissima strada a scaglioni che
-ci conduce, — ecco, d'un tratto, l'eco dei tre rombi è percorsa sopra
-la mia testa da un sibilo acuto, trillato, rapidissimo, punteggiato da
-due scoppi secchi: una granata; e subito dopo, quasi a risposta
-contro il sibilo, traversa tutta la gola la nota meno alta d'uno shrapnell,
-con altri due scoppi secchi.
-</p>
-
-<p>
-Da allora lo scoppio dello shrapnell e quello della granata non
-si distinguono più; si distinguono i due canti: il trivellìo aspro e
-acuto di questa, il fluire meno acuto e quasi flautato di quello. Gli
-schianti ininterrotti sono come note d'un accompagnamento sempre
-più rapido: il boato dei cannoni più lontani fa come una larga armonia
-continua su cui si appoggia il movimento accelerato degli
-scoppi e dei sibili, che ora fendono tutta l'aria intorno, incrociando
-in venti direzioni le loro linee diritte come lame.
-</p>
-
-<p>
-E il mulo sale, faticosamente, un passo dietro l'altro, uno scaglione
-dopo l'altro, e giungiamo a uno spazio ove la gola apre una
-veduta abbastanza larga sull'altra costa. Ivi, proprio sulla cima,
-piomba lo scoppio dei sibili e rompe dalla roccia il pennacchio nero
-e violento della granata che penetra ed esplode; e a mezz'aria, nella
-luce diafana del mattino già alto, sbocciano le nebulette degli shrapnell,
-azzurre col lembo rosa, verginali, e si dilatano, e i raggi obliqui
-del sole le dissolvono. Altre sono grige come di perla, altre candidissime;
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-mettono una nota strana d'ingenuità di contro a quei maligni
-sputi neri che saltano dalle rocce, in mezzo al fervore crescente
-dei rombi, al lacerìo sempre più intenso dei sibili, al moltiplicarsi
-violento degli scoppi.
-</p>
-
-<p>
-E noi montiamo; e lo specchio del cielo si fa più ampio e più
-fulgido sopra il nostro capo.
-</p>
-
-<p>
-Ma in quello specchio appare un punto nero lontano, e s'avvicina
-ed ingrossa, e poi si fa chiaro, e prende forma, e mette l'ali,
-due ali morbide e svelte di libellula. Un grido si leva da tutte le
-bocche:
-</p>
-
-<p>
-— L'areoplano!&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-È un monoplano nemico, alto sulle montagne e sulle valli, bellissimo:
-color di rosa, venato lievemente d'azzurro.
-</p>
-
-<p>
-Da tutte le rocce, da tutti i boschi, da tutte le cime attorno,
-che parevano mute e deserte, si leva un fitto e continuo crepitìo di
-fucileria. L'areoplano non se ne accorge, avanza ancora, pieno di
-maestà e di grazia, fa una volata larga nel cielo, volge a destra e
-scompare.
-</p>
-
-<p>
-Non ha lanciato le bombe che aspettavamo. Forse ha fatto un
-segnale? Noi procediamo: ma pochi minuti dopo, improvvisamente,
-la sinfonia, che non ha cessato un momento, raddoppia d'intensità,
-si fa vicinissima, moltiplica le sue voci.
-</p>
-
-<p>
-Le granate non esplodono più nella costa di contro, ma in cima
-a questa su cui stiamo procedendo sempre più adagio. La cresta
-scoppia di tratto in tratto e lancia giù una gragnuola di sassi sulle
-nostre spalle, le pietre più grosse vengono a balzare tra le zampe
-dei muli che si spaventano, anche la strada davanti e dietro noi
-lancia sputi neri di terra e di roccia. La strada risponde col gemito
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-lungo e bislacco dei muli imbizzarriti alle voci dell'aria e delle cime:
-e gemiti, schianti, miagolii, boati, scoppi, sibili, rombi, bussi, ululati,
-strappi, srotolar di nastri d'acciaio per l'aria, s'intricano in un crescendo
-maraviglioso d'armonia, incalzanti inebrianti frustanti: una
-gamma enorme di suoni che gli echi delle montagne riescono a fondere
-e lanciare come una voce sola contro il cielo già tutto invaso
-dal sole.
-</p>
-
-<p>
-Smontiamo e ci arrampichiamo, quanto più rapidamente è possibile,
-su per un canalone di ghiaia, per ripararci nel solo luogo
-sicuro: una trincea.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-</p>
-
-<h2 id="freikofel">Ancora attorno al Freikofel</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Tolmezzo, 16 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Stento ad allontanarmi da questa regione brulla ed eroica,
-che dallo Zellenkofel al Pal Grande ha accumulato le più
-aspre difficoltà e per la difesa e per l'offesa; regione desolata,
-priva d'ogni fascino della terra e del cielo, senza messi nella
-valle, senza boschi alle cime, senz'alcun aiuto naturale all'opera dell'occupazione,
-e che segnò della nostra conquista prima il tratto
-forse più maraviglioso. Qui la prima conquista costò più che altrove:
-per ben due mesi dovettero combattere i nostri per prendere ed afforzare
-le cime che già in diritto appartenevano al nostro confine.
-E per due mesi combatterono e, che è quasi più maraviglioso, vissero,
-sotto la pioggia continua, in un terreno in cui la costruzione
-dei ripari era estremamente difficile, senza comunicazioni perchè queste
-strade furono costruite poi, allargando a carrareccia quella ch'era
-mulattiera, facendo mulattiera d'ogni sentiero da capra, scavando
-strade nei canaloni franati dalla vetta: ivi vissero e combatterono,
-conducendo su per quei dirupi non assalti isolati, nei quali l'impeto
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-quasi ebro della prima mossa regge e spinge fino alla fine, ma serie
-ininterrotte d'assalti. Sul solo Freikofel se ne fecero sette, a baionetta
-in canna.
-</p>
-
-<p>
-E può darsi che il lettore ricordi che altre volte gli ho detto
-qualche cosa di simile e si stanchi della monotona ripetizione. Ma
-la situazione è quella sempre, dappertutto, e non si stancano i nostri
-alpini — e i bersaglieri e la fanteria che appena posti là diventano
-degni alpini essi pure — e pazientemente riprendono quasi ogni
-giorno le azioni faticose e sanguinose. Il loro eroismo di fronte al
-pericolo è quasi meno ammirevole della loro resistente pazienza a
-una vita di quella sorte, che par non debba avere un termine mai.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Eccoli, guardia arcigna del passo di Monte Croce, eccoli là giù,
-il Pal Piccolo, il Freikofel e il Pal Grande, come li abbiamo visti da
-una cresta di Monte Crostis ove il prato s'è arrampicato ad altezze
-cui giunge raramente.
-</p>
-
-<p>
-Lungo la cresta corre una trincea, ora abbandonata, onde mosse
-nei primi giorni l'azione. Appoggiandoci al parapetto della trincea
-come a un terrazzo di belvedere, lo sfondo delle cime austriache,
-dal Rauchkofel al Polenick e al Köderhöhe, irto di punte nitide e
-candide, ci abbaglia. Ma più vicini e più bassi Pal Piccolo e Pal
-Grande, fiancheggiando il Freikofel e facendo una stretta triade con
-esso, s'isolano, tristi, freddi, maligni: il Freikofel specialmente, tondo
-come un cranio, e calvo con radi capelli d'alberi magri e brulli che
-ne fanno apparire più tignosa la calvizie, e tutto d'un colore maligno
-di croste risecchite giù per i fianchi che dal cocuzzolo tondo scendono
-alla radice ripidi senza una piega senza una sosta.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'ho riveduto dal basso, dopo avere ripiti faticosamente gli scaglioni
-d'una gola angusta in cui piove sempre, anche nei giorni più
-quieti, qualche granata errabonda fischiata giù dal Köderhöhe. E di
-giù la sua crosta appare ancora più cattiva e maligna, corsa, dalla
-base alla sommità del cocuzzolo pelato, da un canalone di ghiaia:
-quello su per il quale gli alpini condussero i sette assalti impossessandosi
-della cima.
-</p>
-
-<p>
-Ora sulle cime dei tre monti e sulle creste delle forcole che li
-congiungono e li distinguono, sono le nostre trincee, e a cinquanta,
-a quaranta metri, di faccia, di sotto, di sbieco, a seconda dei bizzarri
-accidentamenti della roccia nel versante settentrionale, le trincee
-nemiche. I nostri e i loro sono a faccia a faccia. Si vedono, si parlano,
-si uccidono.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ho potuto visitare parecchie delle trincee che costituiscono tutto
-questo sistema — limitato a occidente dalla testata di Val Degano e
-a oriente da quella di Val But; — ed era appunto un giorno in cui
-s'era dovuto respingere uno dei frequenti attacchi che il nemico ritenta
-contro queste posizioni invidiatissime: il 14 settembre. I soldati
-hanno osservato che gli attacchi più aspri furono fatti il 14 di
-giugno, il 14 di luglio e il 14 di settembre: forse gli austriaci annettono
-a quel giorno il valore di una misteriosa cabala. Ma la cabala
-non ha mai valso per loro. Anche l'altro giorno, quando sono
-arrivato alle trincee, essi avevano già cominciato a cedere e a ritirarsi.
-In realtà non s'erano nemmeno arrischiati troppo fuori dai
-loro ripari. Al solito, avevano cominciato, all'alba, con un intenso
-cannoneggiamento di tutto il settore, subito accompagnato da fitte
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-scariche di fucileria dalle trincee, che, come ho già detto, sono in
-qualche punto a non più di quaranta metri dalle nostre. E poco dopo
-da qualche trincea qualche linea di soldati era uscita accennando ad
-avanzare: movimento più accentuato ove la trincea loro non era parallela
-alla nostra ed essi potevano quindi sperare nell'effetto di un
-fuoco d'infilata. Ma dopo pochi metri erano stati falciati, nè altri si
-arrischiarono dietro i primi. Continuò il fuoco da tutte e due le
-parti: fuoco di cannone e di fucile, perchè le artiglierie del Pölenich
-e del Köderhöhe proteggevano in avanti la loro azione, così come
-le nostre più alte proteggevano la difesa. Perciò le granate austriache
-che cercavano le nostre trincee s'incrociavano con le nostre che battevano
-sulle trincee nemiche; una specie d'infernale padiglione di sibili
-e di scoppi s'intesseva e s'incurvava sopra le opposte gragnuole
-della fucileria. Fortunatamente le nostre trincee sono in angoli morti
-rispetto ai loro tiri d'artiglieria e non temono l'arrivo diretto delle
-granate; d'altro canto sono così saldamente scavate nella roccia e
-così ben protette, sopra e dinanzi, dalle murature e dagli strati spessi
-dei sacchi, che lo scoppio dei proiettili anche a poca distanza ben
-raramente le offende. Ognuno degli attacchi che dobbiamo respingere
-rappresenta per noi una percentuale di perdite assolutamente irrisoria
-di fronte al logorìo continuo di forze del nemico.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Irrisoria.... La parola pare crudele a chi ha visto un morto. Vedere
-l'uomo, che poco prima stringeva un fucile e gridava una parola
-di vita impetuosa e sorrideva una sfida alla morte, fatto pochi
-minuti dopo inerte e solenne, recinto attorno dalla pietà commossa
-dei compagni — vi richiama d'un tratto, in mezzo a tanto tumulto
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-di esasperata vita collettiva, a quel senso dell'individuo che l'aspetto
-della guerra aveva assolutamente abolito dalla vostra visione.
-</p>
-
-<p>
-Ma il primo cadavere che ho veduto era austriaco.
-</p>
-
-<p>
-Fu appunto da una di queste trincee. Spingendo lo sguardo di
-là da una feritoia, un momento in cui l'azione illanguidiva, nel
-breve tratto che mi separava dalla muta trincea nemica, scorsi, gettata
-bocconi in un anfratto della roccia, una forma semiumana, schiacciata
-contro il suolo come da un'antica intemperia che vi fosse passata
-sopra senza possibile rifugio. Potevano alle prime parere nulla
-più che vesti, dalle quali il vento, la pioggia e la polvere avevano
-tolto ogni definibile colore; ma un ondeggiare sotto di quelle mi vi
-faceva sentire entro la presenza delle membra, mentre pure avevo
-l'impressione che andando a raccogliere quella cosa essa mi si sarebbe
-sfasciata tra le braccia. Poi mi accorsi che un piede usciva di
-sotto, una mano di fianco, un piede e una mano fatti vicinissimi
-dalla deformazione del cadavere e dallo scorcio violento in cui la
-forma del suolo me lo presentava. E d'improvviso mi s'integrò nella
-mente tutto il corpo morto come doveva essere ridotto sotto i cenci
-scoloriti: appiattito, slogato, lacunoso: raccapricciante in quel tragico
-abbandono.
-</p>
-
-<p>
-Anche invitati dai nostri a ritirare i loro cadaveri con la promessa
-d'una sosta nelle offese, non sempre gli austriaci si fidano, e
-rifiutano: — Se non tirate voi tiriamo noi — rispondono. E lo fanno
-davvero. C'erano tre cadaveri austriaci in quello stesso punto. Alcuni
-nostri soldati, non riuscendo a credere alla cinica affermazione
-austriaca, uscirono e corsero per adempiere essi all'ufficio pietoso.
-Ma gli austriaci mantennero la promessa e spararono. Tuttavia anche
-feriti i nostri riuscirono a raggiungere e raccogliere due di
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-quei cadaveri e a portarli tra i nostri. Gli austriaci raddoppiarono il
-tiro tanto che un ufficiale dovette ordinare ai nostri di non uscire
-più e di abbandonare il terzo.
-</p>
-
-<p>
-Ora quei due sono sepolti in un piccolo cimitero a valle della
-posizione. Nel luogo più riparato e sicuro i soldati italiani non hanno
-disposto una trincea, un ridotto, un appostamento, una sede di comando:
-ma il cimitero, in cui all'occorrenza dànno ospitalità anche
-ai nemici rifatti fratelli dalla morte. Rocce altissime lo proteggono,
-alberi radi lo adornano, file di crocette bianche con un nome e una
-data lo costellano, dandogli aspetto di placida aiola: aiola di gloria
-e di pietà. Vengono ivi ogni giorno, anche per un sol minuto, a salutare
-i morti; cercano di fare attecchire qualche fiore, sradicato dai
-dirupi, nella terra arida. I fiori attecchiscono e il vento dell'alpe li
-nutre, sotto il sibilare delle granate. I soldati, a capo scoperto e volti
-chini, guardano con affetto le tombe. E tacciono, finalmente. È la
-sola isola di silenzio e di meditazione in mezzo all'ondata impetuosa
-e fragorosa del loro ardore impaziente.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-</p>
-
-<h2 id="silenzio">Il silenzio di Malborghetto</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Chiusaforte, 18 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Quando i primi comunicati del Comando Supremo ci dissero
-occupate le testate di Valdogna e di Val Raccolana,
-abbiamo potuto credere che questa occupazione rientrasse
-semplicemente in quel sistema di prima rettificazione ed afforzamento
-del vecchio confine, che costituì il primo momento — rapidissimo — della
-guerra.
-</p>
-
-<p>
-Invece Valdogna e Val Raccolana hanno rappresentato per noi
-qualche cosa di assai più che un lembo estremo di terra nostra da
-difendere.
-</p>
-
-<p>
-Non alludo con questo all'opinione, abbastanza diffusa, che tra
-i piani d'invasione di Conrad fosse quello per Val Fella e per le
-valli, diramate come le nervature d'una foglia di vite, o, se più vi
-piace, come l'ossatura di una mano, che formano la caratteristica
-dell'angolo nord-orientale della Carnia e dell'Italia. Ragionare sopra
-piani d'invasione non posti in atto è cosa alquanto inutile e pazzotica.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma Valdogna e Val Raccolana hanno significato per noi Malborghetto.
-Malborghetto, chiave dell'alta Val Fella e con essa di Tarvis
-onde muovono diritte le due arterie più vive dell'Austria, fu uno degli
-obiettivi più tenacemente perseguiti e più utilmente raggiunti dalla
-nostra offensiva.
-</p>
-
-<p>
-Ora Malborghetto tace, e il suo silenzio è dovuto alla sùbita sicurezza
-che la nostra azione primissima ha saputo dare alle più alte
-valli della Carnia orientale.
-</p>
-
-<p>
-Prendere Malborghetto procedendo da occidente a oriente, a ritroso
-del corso dell'alto Fella, sarebbe stata impresa lunga, pericolosa,
-sanguinosissima, e tutt'altro che sicura.
-</p>
-
-<p>
-Far tacere Malborghetto operando dal sud, dall'estrema nostra
-costa che dalle profondità di Valdogna sale fino alla cresta percorsa,
-parallelamente all'alto Fella, dal nostro confine, fu una delle idee
-più geniali fra le tante genialissime in cui si scompone e si complica
-l'opera del nostro piano di guerra. E la piena riuscita ne ha
-dimostrato luminosamente la genialità.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Valdogna era già tutta compresa nel nostro territorio, ma la
-testata, che giunge appunto alla linea di confine, dovè esserne conquistata
-e rafforzata i primi giorni di guerra. Perchè gli austriaci,
-che sapevano quanto fosse necessario in una guerra di questo genere
-essere padroni delle cime, avevano tentato d'impadronirsi di
-tutte le punte, non già allo scoppio della guerra, ma qualche ora
-prima. Noi sparammo la nostra prima cannonata la mezzanotte
-del 24, essi avevano sparato la loro prima fin dalle 18 del 23, e
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-subito erano corsi a prendere le punte ove passava il confine, con
-sei ore dunque di vantaggio sui nostri.
-</p>
-
-<p>
-L'irregolarità del procedimento non valse, chè da tutte furono
-ricacciati.
-</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-147.jpg">
- <img src="images/ill-147.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Valdogna dunque era nostra. Ma in un punto, in uno solo, essi
-erano rimasti, cioè nella forcella Cianalot, che scende dal costone a
-nord della Valdogna: posizione privilegiata in quanto rappresentava
-un occhio del nemico aperto
-su tutta la nostra valle. E perchè
-ne sapevano l'importanza
-l'avevano da tempo
-afforzata con trincee di calcestruzzo.
-Perchè il Cianalot
-fosse soltanto un occhio del
-nemico sulla valle e non si
-trasformasse anche in una
-strada per accedervi, i nostri
-alpini avevano occupato subito
-una costa diruta del
-monte Pipar, che dal Cianalot chiude la valle fino alla testata, cioè alla
-sella di Som Dogna. E di là sorvegliavano il nemico. Al disopra del
-Cianalot, verso nord, si levano i due Pizzi, per i quali passa il confine,
-all'altezza di oltre duemila metri: e di essi il più alto, Pizzo Occidentale,
-era occupato dagli austriaci, il più basso dai nostri.
-</p>
-
-<p>
-Così attorno alle trincee del Cianalot si stringeva una rete di
-vigilanze oculate dall'una parte e dall'altra; ma l'occhio nemico rimaneva
-sempre aperto sulla nostra valle, e pareva impossibile accecarlo,
-perchè appena occupato dai nostri il luogo si sarebbe trovato
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-sotto la gragnuola delle granate che il Pizzo Occidentale non avrebbe
-mancato di rovesciare su di esso.
-</p>
-
-<p>
-Ma questa guerra pare sia fatalmente disposta a dimostrare che
-nessuna impresa è impossibile all'ardire italiano. Il 30 di luglio,
-mentre da Granuda un attacco frontale si dirigeva contro il Pizzo
-austriaco, e una colonna da Forcella di Bielica accennava un'azione
-diversiva verso Lusnitz in fondo di Val Fella, allo scopo di attirare
-su di sè le riserve che avrebbero potuto essere impegnate a sostenere
-la difesa del nostro obbiettivo d'attacco, le batterie di Valdogna
-aprirono improvvisamente, tutte insieme, un fuoco d'inferno contro
-le trincee del Cianalot; un fuoco che durò parecchie ore, ininterrottamente;
-tutta la gamma degli spari, da quelli dei calibri maggiori a
-quelli dei minori, si rovesciò sui duecentocinquanta austriaci che tenevano
-la forcella, li assordò, li lasciò letteralmente storditi. Poi i
-nostri cominciarono ad allungare i tiri verso la parte più alta del
-monte, un po' più su delle trincee da occupare, sempre mantenendo
-altissimo il frastuono infernale: gli austriaci credevano che noi sbagliassimo
-il tiro e si stavano rannicchiati per proteggersi dai frammenti
-di roccia che rotolavano giù dalla cresta battuta; aspettavano
-che la tempesta passasse. Invece venne la folgore; con l'allungamento
-dei tiri i nostri non miravano ad altro che ad ingannare il
-nemico, a mantenerne il salutare stordimento, e a far luogo all'attacco
-diretto dei nostri alpini; i quali volarono su per il Cianalot,
-furono sopra ai nemici, e di duecentocinquanta che erano ne trafissero
-centoventi con le baionette e ne presero centosette prigionieri,
-prima che potessero risentirsi. Gli altri riuscirono a nascondersi tra
-i dirupi, senza difendersi. Tra i prigionieri fu il capitano, il quale
-appena si vide addosso quegli arditissimi cercò di precipitarsi al gabbiotto
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-del telefono. Nel gabbiotto bisognava entrare carponi per un
-buco; egli v'era già dentro con mezza la persona, un alpino lo raggiunse
-e riuscì a prenderlo per una gamba; così tenendolo fermo
-recise con una forbice i fili del telefono, poi tirò fuori il capitano
-che strillava e insultava gli assalitori. A stento riuscì ai nostri ufficiali
-di trarlo dalle mani degli alpini. Fatto prigione e alquanto placato, egli
-stesso volle stringere la mano di quelli che l'avevano preso ed ebbe
-parole di ammirazione per la loro audacia.
-</p>
-
-<p>
-Così avemmo a un tempo il Pizzo ancora austriaco e il Cianalot;
-fu chiuso per sempre l'occhio del nemico sulla importantissima
-valle, che continuò e continua ad afforzarsi di opere d'ogni
-sorta, e specialmente di strade. In pochi altri luoghi come in questa
-valle si potè ammirare la tecnica della guerra di montagna, in cui
-contemporaneamente occorre provvedere le strade provvisorie per
-armare e quelle definitive per il rifornimento. Il quale ora si compie
-in modo continuo e perfetto.
-</p>
-
-<p>
-Sul Pizzo Occidentale i soldati vi mostrano ancora, con sguardi
-pieni di legittimo orgoglio, gli strappi chiari fatti nella roccia nera
-dalle loro granate.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Una delle vallette laterali di Valdogna è quella del torrente Montasio,
-che porta al Jof di Montasio, la cui cima tocca la quota di
-2754 metri. Per la cima passa il confine, e tutto il monte era nostro.
-Ma al Jof di Montasio, che è pieno di caverne e di anfrattuosità, si
-accede per mezzo di corde metalliche dalla testata dell'austriaca Val
-di Seisera: e un piccolo drappello dei loro era riuscito una notte a
-raggiungere una di queste anfrattuosità dalla parte che guarda la
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-nostra valle, a incavernarvisi, a stabilirvi un osservatorio. Scivolando
-in mezzo alle strettissime e dirute guglie in cui la cima si
-frange, erano riusciti anche a collocare un filo telefonico che dal
-detto osservatorio saliva alla cima, attraversava ivi il confine, e scendeva
-dall'altra parte, ove un apparecchio ricevitore accoglieva indisturbato
-il risultato delle osservazioni. Per parecchio tempo la giustezza
-di certi loro tiri nella valle (e le case scoperchiate di alcuni di questi
-paesetti ne fanno ancora testimonianza) dettero segno ai nostri dell'esistenza
-di un osservatorio da quella parte: ma non si riusciva
-a individuarlo. I nostri alpini, restringendo sempre le ricerche, andarono
-ad appostarsi sul Jof di Miez, a duemila metri, in faccia a
-quello di Montasio, nel versante meridionale del Dogna; di là finalmente
-scoprirono un giorno un austriaco che usciva dalla caverna
-per le quotidiane osservazioni. Allora l'osservatorio fu battuto dalle
-artiglierie, poi gli osservatori furono snidati dalla loro caverna,
-vero nido di aquile, con un attacco diretto, e l'occupazione il
-22 di giugno fu estesa alla imminente Cresta Verde, a 2634 metri di
-altezza, contro la quale il nemico tentò poi più volte vani attacchi
-notturni.
-</p>
-
-<p>
-Ma il nemico conosce il valore di queste valli, e non potendo
-più sperare di rimettervi piede, vi sfoga contro talvolta un poco di
-inutile rabbia. Giorni sono un areoplano si presentò a cinquecento
-metri al disopra del Montasio, percorse Valdogna, uccise un cavallo
-con una bomba, arrivò fin sopra la stazione di Chiusaforte, e ne ripartì
-senza aver fatto danni di sorta. Era una giornata limpidissima
-e calma, quali sono oramai rare tra questi monti: nei giorni comuni
-un tentativo di questo genere non potrebbe essere fatale che per
-l'areoplano stesso.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-</p>
-
-<p>
-E sparano, ogni giorno, un po' a caso, colpi un po' d'ogni calibro,
-non più contro nostre batterie, che non possono più individuare,
-ma dove possono credere che abbiamo degli osservatori. In
-un giorno solo hanno sparato più di mille colpi.
-</p>
-
-<p>
-Sparano, si spostano, sparano ancora. Hanno ancora due dei
-loro 305, che tuonano per una, due, tre settimane contro Valdogna:
-poi tacciono tre o quattro giorni, poi riprendono a tuonare contro
-Val Raccolana. Di dietro il Nebria tirano in Valdogna (in un giorno
-solo mandarono in direzione di Implanz settanta colpi); di dietro il
-Raukoff si accaniscono verso Val Raccolana, con i loro tiri uguali,
-uno ogni sei minuti all'incirca, cui i soldati e gli operai si sono abituati
-magnificamente.
-</p>
-
-<p>
-Ma Malborghetto tace.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Tace Malborghetto, e tacciono i forti del suo sistema, da tempo.
-Il piazzamento delle grosse batterie contro Malborghetto fu compiuto
-il 12 di giugno; il primo colpo fu tirato dal generale Cadorna per
-augurio.
-</p>
-
-<p>
-Il giorno dopo fu incendiata, con esplosione di depositi di munizioni,
-la parte alta di Malborghetto; il 13 esplose la parte bassa
-del forte Hensel; il 16 fu ruinata la cortina che unisce l'opera alta
-all'opera bassa di Malborghetto e le piazzuole dell'artiglieria scoperta;
-il 23 fu sfondata una cupola del forte Hensel; nuovi danni
-alle opere di Malborghetto furono ottenuti con azioni dei primi giorni
-di luglio; il 29 fu sfondata un'altra cupola del forte Hensel.
-</p>
-
-<p>
-Ora Malborghetto tace. Gli austriaci lo hanno fornito di appariscenti
-cupole di cartone per ingannare i nostri sull'effetto dei tiri,
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-ma il cartone non fa il monaco e quel cartone è oggetto di riso ai
-nostri allegri artiglieri.
-</p>
-
-<p>
-Tace Malborghetto, ma parla ancora, dietro Malborghetto, il Nebria,
-parla ancora il Gugberg. La serie delle cime da prendere, delle
-valli da varcare, dei forti da smantellare, par che si rinnovi a ogni
-nuova conquista. Battute le opere permanenti, le cime all'intorno, che
-erano già nidi solitarii d'uccelli rapaci, e ieri posti di sentinelle avanzate
-o di osservatorii, diventano esse stesse forti. Le opere permanenti cedono
-il luogo alle batterie mobili, il lavoro d'individuazione deve
-rinnovarsi ogni giorno. Tutta la somma della guerra si restringe
-nelle pupille di pochi osservatori, che debbono ogni giorno scoprire
-una vampa nuova, minima, senza fumo, sortire da un crepaccio
-fino a quell'ora muto e cieco: e sanno che quella vampa è già
-pronta a spostarsi, sanno che domani dovrà rinnovarsi il lavoro di
-scoperta.
-</p>
-
-<p>
-Così si cerca di moltiplicare l'azione dei tiri indiretti: alcuni
-di questi angusti e profondi incassamenti di montagne son diventati
-vere e proprie orchestre di artiglierie, disposte secondo la varia portata
-degli strumenti, pronte a un cenno direttoriale che scateni la sinfonia:
-i pezzi di maggior calibro in fondo alle valli: enormi gole di
-bronzo, piantate sugli affusti saldamente come lottatori incrollabili,
-sopra le piattaforme girevoli. A mezza costa i muscoli più svelti dei
-pezzi un po' minori, rintanati nelle caverne di cemento, confusi tra
-il color vario delle crepe e delle stratificazioni che striano e macchiano
-tutta la montagna e rendono impossibile a pochi passi distinguere
-con precisione un disegno o una forma; più su, in qualche
-conca che pianeggi nella costa del monte, batterie medie, coperte di
-frasche d'abete, boschetti ingannevoli che paion recessi di ninfe; più
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-su ancora le batterie minime e più mobili, avanguardie snelle e leggiere
-del corteo, paggi dei giganti.
-</p>
-
-<p>
-Da ultimo, al sommo, allo scoperto, l'uomo col fucile e la
-granata a mano, la trincea, la vita che va a braccio ogni minuto
-allegramente con la morte.
-</p>
-
-<p>
-Allegramente. In quasi tutte le trincee c'è almeno un mandolino
-e una chitarra, e un giuoco di bocce.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-</p>
-
-<h2 id="bandiere">La città senza bandiere</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Udine, 20 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Udine è oggi — estate autunno del quindici — la città più
-interessante d'Italia. Tutta l'Italia è intenta soprattutto qua.
-È la città più importante della nazione. Poi viene, forse,
-Roma, caput mundi. Ma prima Udine. Non il capo; è il pugno d'Italia,
-che tiene stretto il ferro con la punta oltre l'Isonzo e lo spinge sempre
-più in là. O, se preferite, che stringe le briglie della nostra corsa
-verso la vittoria. O quale altra immagine vi piaccia meglio; ma oggi
-non è tempo da immagini. E non è città da immagini questa. Piena
-di fatti, positiva, ferma, tenace, pronta.
-</p>
-
-<p>
-Era una città del silenzio. Oggi è piena d'una vita nuova, tutta
-azione fragore rapidità. Ma l'anima ne è calma e silenziosa ancor
-oggi come prima.
-</p>
-
-<p>
-È stata sicura sempre della guerra senza sentire la necessità di
-gridarlo troppo alto. È sicura oggi della vittoria e non una bandiera
-sventola dalle finestre de' suoi palazzi vecchi e de' suoi villini
-recenti. Vede passare a uragani i soldati verso il fronte così vicino,
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-vede tornare i feriti, sa ogni giorno ogni cosa, tutti i particolari minimi
-di quello che è avvenuto là, a pochi chilometri; conosce gli
-eroismi innumerevoli, le difficoltà sanguinose, le fatiche, gli ardori
-di quelle torme — tra le quali son tanti de' suoi figli. E non un grido
-d'incitamento o di spavento, di dolore o d'ardore, si leva dal colle
-d'Attila verso il denso cielo friulano, verso le muraglie nere della
-Carnia che le troncano l'orizzonte lontano, verso le alture accavallate
-di là dalle quali sente tremare e sperare Gorizia.
-</p>
-
-<p>
-Racconta un padre:
-</p>
-
-<p>
-— Mio figlio è stato ferito ieri in un braccio, d'una palla di
-fucile. Due giorni prima un'altra palla gli aveva portata via di netto
-la visiera del berretto. Si vede che la sua ora non è ancora venuta.
-Tra quindici o venti giorni sarà guarito e potrà tornare al fronte.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Racconta un altro padre:
-</p>
-
-<p>
-— Dicono che mio figlio, essendo stato tra i primi a saltare
-in una trincea nemica, sia stato ucciso. Non ho ancora messo il lutto
-perchè non ho l'annuncio ufficiale della sua morte.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-E sono padri affettuosissimi. E so certo che in fondo al loro
-cuore è la tempesta. Ma ciò che è inevitabile, naturale, superiore s'impone
-subito al loro pudore, ai loro affetti, alla loro umanità di individui.
-</p>
-
-<p>
-Il friulano è fatto così.
-</p>
-
-<p>
-Ho visto nella campagna, a San Giovanni di Manzano ov'ero
-stato in primavera, contadini insolfar le viti mentre si sentiva rombare
-il cannone: “No, no, non è il tuono” dicevano rassicurandosi.
-</p>
-
-<p>
-Quando scoppiò la guerra non ci fu esodo. Solo poche donne
-s'allontanarono, e ora sono tornate. E si noti che prima della guerra
-era opinione diffusa che non avremmo avanzato subito oltre l'Iudrio,
-ma che ci saremmo ritirati sul Tagliamento.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il friulano è fatto veramente così: ma c'è anche un po' di curiosa
-e simpatica civetteria collettiva della città, che sente tutti gli
-occhi e i pensieri d'Italia fissi su lei, sa di essere “la città del
-giorno”, e non vuol mostrare di maravigliarsene troppo. C'è la gran
-guerra? “Se capisse”. Il pugno della guerra è proprio Udine? Ma
-è naturale: “po no ueglial?” — come dicono nel loro musicalissimo
-idioma. A Milano se qualcuno viene a raccontare il minimo episodio
-nuovo, o anche a riraccontare il vecchio, tutti gli si stringono
-attorno, sbarrano gli occhi, commentano, gridano “Viva l'Italia!”.
-Qui non mostrano nemmeno d'interessarcisi troppo. Tengon dentro;
-sorridono d'un mezzo sorriso tenero, pieno di sfumature. E
-non gridano.
-</p>
-
-<p>
-E per tutta la città non sventola un solo tricolore.
-</p>
-
-<p>
-Se gridassero, non si sentirebbe. C'è una voce che s'impone
-su tutte, con un frastuono continuo, che al primo scendere nella
-città vi sgomenta; ma dopo mezz'ora la sentite anche voi come se
-fosse la voce naturale del luogo: sbuffi enormi e palpiti di motori,
-fischi di sirene, tremuoto incessante dell'acciottolato e del lastrico
-sotto le automobili, le motociclette, gli autocarri, i camions, i trasporti
-di ogni genere, dai più veloci, che v'abbagliano e sfumano,
-ai più pesanti, che stritolano senza riposo il suolo della città senza
-bandiere.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Anche la chiesa s'è fatta per l'occorrenza una vita militare.
-</p>
-
-<p>
-Tutte le domeniche c'è una messa speciale per i soldati, con
-predica eroica, di padre Semeria e di padre Gemelli, cappellani militari,
-alternatamente. La prima fu in giugno, nella chiesa di Sant'Antonio,
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-annessa all'Arcivescovado. C'ero. Gremita di soldati: non più
-di due o tre borghesi, scivolati dentro contro l'ordine; non più di
-due o tre donne, ammesse per cavalleria: negli stalli del coro sedevano
-generali e altissimi ufficiali del Comando. Una messa — tra
-le pareti nude, in quel grigiore di uniformi avvivato appena dai varî
-colori dei colletti, illuminato appena dall'argenteo delle cento e cento
-stellette dei gradi — una messa breve, rapida, militaresca. E dopo la
-messa l'organo e i cantori intonarono l'inno di Mameli, e i soldati
-affollandosi all'uscita s'univano al coro. I muri stessi, e il monumento
-dei patriarchi Francesco ed Ermolao Barbaro, parevano maravigliati
-e commossi di quella novità miracolosa. — Da allora in poi
-fu sempre nel Duomo.
-</p>
-
-<p>
-Anche fuori delle mura cittadine la vita della guerra vicina ci
-accompagna. Percorrendo i viali di circonvallazione intorno alla città
-si ha in qualche punto l'illusione che le sia stato messo l'assedio.
-Lunghissimi tratti dei viali sono orlati da una linea di tende da
-campo, ed è un vero accampamento, co' suoi bivacchi. In un largo
-prato i padiglioni candidi d'un ospedale da campo; in un altro un
-parco d'automobili; in un terzo d'areoplani; poi ancora le antenne
-i fili e le tende d'un impianto radiotelegrafico. Il colore caldo della
-paglia domina, penetra, tremola, un po' dappertutto. Più interminabili
-ancora delle file di tende, file di muli e muli, lungo le ville
-chiare; muli magnifici, da pianura e da montagna. E cavalli. È il
-frutto d'una requisizione immensa. I cavalli militari si distinguono a
-colpo d'occhio dai cavalli, diciamo così, borghesi. Quelli hanno pose
-più eroiche, scalpiti più impazienti. Questi sono dei buoni territoriali
-tranquilli, nitriscono meno alto, hanno nell'insieme qualche cosa di
-più sommesso e raccolto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-</p>
-
-<p>
-Come li capisco! Come si sente sperduto, solo, meschino, inutile,
-ingombrante, intimidito, il “borghese”, l'uomo in cravatta e
-paglietta, o magari anche in abito sportivo, qui in mezzo! Anche
-tra i carriaggi militari d'ogni genere vedo circolare modestamente per
-la città veicoli borghesi d'ogni forma e provenienza: carrettini siciliani,
-barrocci toscani, automobili d'albergo, d'alberghi d'ogni parte
-d'Italia. La circonvallazione è interrotta da nove porte, taluna delle
-quali ancora fiancheggiata da una torre bassa e quadrata. Molte sentinelle
-guardano ogni porta. Qualcuna guarda anche le lavandaie
-chine a sciacquar panni nella roggia: pare una cartolina illustrata.
-Unica nota malinconica di questo paesaggio, le fabbriche chiuse e
-silenziose: le necessità militari della regione non permettono che
-giunga qui in sufficiente quantità la materia prima. Ma nemmeno per
-questo il friulano mostra di commuoversi troppo.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-No, non si ha l'impressione della miseria, neppure se cerchiamo
-di addentrarci nella vita cittadina penetrando l'immensa sovrapposizione
-militare. Come tutte le persone silenziose la città senza bandiere
-è provvida. Meriterebbe più parole che non ne possa avere
-quest'articolo l'organizzazione della preparazione civile, solertissima
-e fortunata nel raccogliere e distribuire fondi per i disoccupati e per
-le famiglie dei richiamati, nel curare gli interessi di queste, nel custodirne
-i bambini, nel distribuire libri e biancheria e notizie. Il contraccolpo
-della guerra sarà sentito il meno possibile dalla parte più
-povera di Udine.
-</p>
-
-<p>
-Ma in questo momento c'interessano, nella città alle porte della
-nuova Italia, soprattutto le organizzazioni che hanno più diretta attinenza
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-con l'azione militare. Quella degli ospedali anzitutto. Udine
-è, oltre il resto, come un grande ospedale di tappa.
-</p>
-
-<p>
-Non dobbiamo immaginarci che ciò diffonda su essa un senso
-di pena, che essa ne sia divenuta come un luogo di dolore, donde
-la guerra si vede da vicino in quello che ha di più orribile e di più
-compassionevole.
-</p>
-
-<p>
-Non è vero affatto. Per accorgersi che questa è una delle più
-vicine e maggiori tappe di feriti, bisogna pensarvi, e cercarli: tanto
-ne è saggia la distribuzione. E di feriti ce ne sono, e assai più si
-potrebbe ospitarvene: circa duemila e cinquecento almeno. L'ospedale
-militare centrale, il collegio Toppo Wassermann, l'ospedale civile
-con succursale nelle scuole di via Dante, il seminario arcivescovile,
-l'ex caserma Duodo: ecco, oltre i parecchi e modernissimi
-ospedali da campo, tutti luoghi destinati ai feriti e ai malati. Modello
-di tutti è riuscito il Toppo Wassermann. Era un collegio, fondato
-con un lascito privato di un milione da un irredento: ora — pur
-continuando a ospitare durante l'estate in due camerate una ventina
-di ragazzi che essendo di famiglie triestine non furon potuti rimandare
-a casa — ha ceduto gratuitamente tutti gli altri locali e l'intero
-personale di servizio all'autorità militare. Tutta l'organizzione e il
-personale del collegio, dal rettore al cuoco, sono rimasti, e sempre
-gratuitamente, a servizio della nuova funzione. Soltanto i medici sono
-militari; il servizio e la direzione fu assunto dalle dame della Croce
-Rossa, che qui funzionano egregiamente. Ho potuto vederne tutte
-le sale: quelle dei feriti gravi, dei leggieri, degli ammalati, degli infettivi,
-dei feriti prigionieri, delle operazioni. Non ho avuto, fin dal
-primo entrare, l'impressione stringente che fa l'entrare in uno dei
-nostri soliti ospedali civili. Non so se fosse la gran luce, l'aria circolante,
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-la chiarezza delle pareti, la candidezza delle dame bianche
-con la croce vermiglia, o la serenità e spesso la giocondità dei volti
-dei feriti che vi erano ospitati, o il vedere vuoti almeno una metà
-dei letti disponibili e pronti. In mezzo a una sala c'era una grande
-tavola bianca, piena di fiori, di cristalli, di bibite multicolori, di dolci.
-In fondo un altare infiorato e bianco, per la messa; è mobile, lo
-trasportano un po' in tutte le stanze.
-</p>
-
-<p>
-Nessuno degli ospiti pensa a parlarvi della sua ferita; se glie
-ne domandate, dopo poche parole vi accorgete che egli ha già cambiato
-discorso. Parlano più volentieri dei fatti d'arme cui hanno
-preso parte: della conquista del Kuk, dell'ardua salita di fuoco alla
-Podgora, delle giornate tremende di Plava, del Carso desolato e
-violento, delle bombette che gli austriaci lanciano dalle cime dei cerri
-quando una loro trincea sta per essere raggiunta dai nostri, che a
-poco a poco le raggiungono tutte. Quasi tutti hanno voluto tenere
-il vestito che avevano quando furono feriti, e vi mostrano lo strappo.
-I pochi feriti alla testa hanno il berretto sotto il guanciale: ve ne
-fanno esaminare con molta compiacenza gli squarci. Alcuni si tengono
-sotto le lenzuola una cartuccia austriaca, un pezzo di shrapnell,
-una pinza di cui il nemico si serviva per tendere i reticolati, altri
-ricordi. I più sono feriti ai piedi, alle gambe, alle mani. Un fiorentino
-di Borgo dei Greci, allegrissimo, aveva la testa e mezza faccia
-fasciata; aveva perduto un occhio. Poi m'accorsi che aveva fasciati
-anche un braccio e una mano. Mi spiega che siccome nello sparare
-si chiude un occhio, lui potrà benissimo tornare al fronte e sparare
-ancora. L'importante per lui era che guarisse presto la mano. Tutti
-hanno questo solo pensiero: tornare al fronte. C'è in ognuno come
-un senso di delusione che quella grande cosa cui si era preparato
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-con tanto fervore, debba, per lui, essere finita così, dopo pochi
-giorni, in un momento, mentre c'è ancora tanto da fare per gli altri.
-E vogliono tornare. E molti torneranno. Guariscono rapidamente,
-non è avvenuto che nessuna ferita si aggravasse nei feriti portati
-dal campo. Non so se ci siano statistiche in proposito ma mi fa
-l'impressione che la percentuale dei feriti che riprenderanno il fucile
-sia enorme. Allegrissimo era anche un altro, che aveva una palla
-nella pancia. Quando non sono in posizioni pericolose, non le estraggono:
-così si cominciò a fare nella guerra russo-giapponese. Il mio
-ferito passeggiava nel cortile dell'ospedale, fumando. Diceva: — penso
-a quando gli austriaci non avranno più palle: e io che ce ne ho
-una delle loro qui dentro! — E si fregava le mani.
-</p>
-
-<p>
-Uno aveva perduto un po' di materia cerebrale, e dell'altra,
-quasi un cucchiaio, avevan dovuto levargliene. Affermava che è un
-rimedio eccellente contro il mal di testa. Mai la vitalità magnifica
-della nostra razza mi è apparsa manifesta e rigogliosa come in quel
-luogo. Di tutta la razza, non di una regione sola, perchè questi sono
-montanari e pianigiani, toscani, meridionali, padani: un po' d'ogni
-luogo d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-La loro gaiezza si diffonde in tutto l'ambiente e soverchia di
-gran lunga l'angoscia di qualche grido che viene dalla sala operatoria
-e da quella dei feriti più gravi. C'è qualche cosa di sorridente
-dappertutto; parte dai letti, va alle infermiere e agli aiutanti, guadagna
-i visitatori che sono entrati timidi e spauriti. Nella sala dei
-feriti prigionieri ho visto un rumeno verdognolo, della Transilvania,
-che non sapeva parlare che la sua lingua. S'accingeva a mangiare.
-Ferito a una mano (la sinistra) non gli riusciva di spezzare con
-l'altra sola il pane e la carne. Allora una infermiera venne in suo
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-aiuto e spezzò il pane. La cosa dovè parergli giocondissima, perchè
-si mise a ridere a squarciagola e ci volle un bel po' prima che potesse
-rimettersi tranquillamente a mangiare.
-</p>
-
-<p>
-M'hanno detto che in generale non arriva all'ospedale nessuno
-completamente sprovvisto di danaro: le venticinque o le trenta lire
-almeno le hanno tutti. Uno, un decoratore toscano, aveva un libretto
-di deposito del Banco di Siena con mille lire.
-</p>
-
-<p>
-A chi interessasse qualche altro dato sulla organizzazione ospitaliera
-di Udine, posso ricordare anche l'eccellente gabinetto radioscopico
-municipale diretto dal dottor Giuseppe Murero, che si presta
-gratuitamente per l'esame radioscopico dei feriti in guerra; e della
-privata casa di cura del dottor Cavarzerani, ospedale chirurgico, che
-ha fatto col Governo un contratto sul genere di quello dell'Ospedale
-Civile.
-</p>
-
-<p>
-In quest'ultimo i feriti sono curati sino a guarigione completa:
-dagli altri son fatti procedere verso i maggiori centri ospitalieri appena
-sieno sicuramente trasportabili.
-</p>
-
-<p>
-Non posso abbandonare questo argomento senz'aver ricordato
-una figura popolarissima qui in Udine: quella della signora Adele
-Luzzatto, che, settantenne, presta servizio al Toppo come dama della
-Croce Rossa, per otto, nove, dieci ore al giorno, con un'alacrità e
-serenità che sono di sprone e di ammirazione per tutte le altre: con
-quella stessa alacrità, con cui ha curato i feriti del sessantasei.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Più dei feriti dànno una dolorosa impressione i profughi.
-</p>
-
-<p>
-Merita un rapido sguardo l'organizzazione dell'ospitalità data ai
-profughi delle terre irredente. Il 21 di maggio, cioè tre giorni avanti
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-lo scoppio delle ostilità, cominciarono ad affluire a grossi gruppi i
-regnicoli che prima erano stati trattenuti dall'Austria e poi ceduti;
-il comitato costituitosi allora sotto il nome di “Delegazione per l'assistenza
-dei profughi” li ha fatti rimpatriare.
-</p>
-
-<p>
-Due giorni dopo il principio della guerra cominciarono ad arrivare
-anche cittadini austriaci dei paesi che a mano a mano si
-venivano occupando, e di quelli vicinissimi alla linea del fuoco: in
-tutto circa tremila. Di questi soltanto il cinque per cento di uomini:
-inabili in ogni modo alle armi, e qualcuno di novanta, novantadue
-e fino novantasei anni. Ne ho visto uno ch'era stato ferito in Galizia
-combattendo contro i russi, e la guerra d'Italia lo aveva sorpreso
-mentre stava in cura, a casa sua. Venivano a gruppi di cento
-o duecento: il massimo degli affluiti in un giorno fu di mille cinquecento.
-</p>
-
-<p>
-Il comitato di Udine ha disposto per alloggiarli varî locali: il
-Ricreatorio del Carmine, il Patronato Femminile, la Palestra di Viale
-Venezia, la Sala Olympia nella frazione suburbana di Paderno (per
-i soli slavi questa). Appena arrivano hanno latte e pane. Poi il governo
-passa loro buoni per pranzo e cena quotidiani alle Cucine
-Economiche: ai bambini e ai vecchi si continua la distribuzione di
-pane e latte. A tutti è cambiata ogni due giorni la paglia, e hanno
-visite mediche continue. Uno speciale comitato di signore si occupa
-dei bambini ammalati. Tutti poi sono sorvegliati perchè non entrino
-in città e non si avvicinino troppo agli estranei, e questo per espresso
-ordine del Comando militare. I casi, tutt'altro che frequenti, di morbillo
-e d'altre malattie infettive, sono immediatamente isolati.
-</p>
-
-<p>
-Si trattengono in Udine per due, tre, quattro giorni; poi sono
-mandati a Firenze, a Siena, a Lucca, a Novara, a Benevento. Ai più
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-sprovvisti si dà anche, quando ripartono di qua, un po' di denaro;
-son fatti viaggiare in carrozzoni di prima o di seconda classe, con
-tutte le possibili comodità. Ma non tutti sono sprovvisti. Uno di loro
-possedeva mille corone. Alcuni si erano portati i loro animali e masserizie,
-specialmente sacconi: giunti qui hanno vendute le bestie, con
-l'assistenza del Comitato.
-</p>
-
-<p>
-Questi che sono venuti a Udine erano dei paesi oltre l'Iudrio,
-fino a Gradisca: di Lucinico (e non tutti sanno la sorte toccata al
-loro paese), di Fratta, di Gradisca, di San Floriano, di Mossa, di
-Caprivi, di Cormons. Dai paesi al sud di Gradisca hanno fatto
-invece capo a Cervignano, donde furono mandati direttamente a
-Firenze.
-</p>
-
-<p>
-Sono stato qualche ora tra i profughi ospitati al ricreatorio del
-Carmine. È una vasta sala con un teatrino, molto chiara e arieggiata.
-Tutt'intorno i letti, così nella sala come nel teatrino. Quanti
-bambini! Nulla di quanto può vedersi in questi luoghi e in questi
-giorni, non le donne abbandonate non i feriti non i profughi non
-i disoccupati, dà il senso di pena che danno questi bambini, soccorsi
-nutriti curati, ma spauriti, con grandi occhi spalancati che vedono
-e non intendono. La cosa più penosa della guerra è vederla riflessa
-nei bambini e a stento riusciamo a consolarci pensando che la
-combattiamo per loro, per l'altra generazione. Tutto quello che di
-più grande e di più nobile si fa nella vita dell'uomo, si fa per l'altra
-generazione: quella a cui dobbiamo — e non possiamo mai compensarla
-abbastanza del beneficio — il senso sicuro della nostra continuità,
-unico rimedio contro la disperazione della vita che passa e della morte
-che ci aspetta.
-</p>
-
-<p>
-Donne e bambini salgono e scendono per la scaletta che dalla
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-sala conduce al palcoscenico. Dall'uno e dall'altro lato della bocca di
-scena due vecchi avvisi ammoniscono:
-</p>
-
-<p>
-“È assolutamente vietato l'ingresso a chi non appartiene alla
-scena”.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Come scende la sera, l'impressione di tumulto si frange in cento
-sensazioni minori, la vita unica che pervadeva la città pare interrompersi
-nelle plaghe d'ombra, ombra in cui è proibito accendere lumi.
-Allora nasce intorno a voi il frammento e l'episodio.
-</p>
-
-<p>
-Ecco un gruppo di boy scouts con la camicia verde e l'ampia
-falda: si son resi utilissimi facendo da fattorini e da guide infaticabilmente
-da mattina a sera, vediamo già in loro la bella Italia di tra
-dieci anni. Scompaiono, al passo, in una via stretta già tutta guadagnata
-dalla tenebra. Piazza delle Erbe è ancora tutta odorante di
-spigo. In piazza del Duomo un tumulto maggiore: l'assalto quotidiano
-dei soldati alle rivendite dei giornali.
-</p>
-
-<p>
-È un'ora che pare di riposo: vi si possono cogliere piccole impressioni
-di gaiezza, meglio che nelle altre ore del giorno. Fermiamoci,
-per esempio, vicino a qualche buca per le lettere. Le buche sono
-tutte a due a due: nell'una è vietata la impostazione ai borghesi,
-nell'altra ai militari. Il divieto è scritto a lettere di manifesto sulle
-buche, ma a buon conto ognuna è guardata da un carabiniere. Si
-avvicina un soldatino con una lettera da impostare, fa per metterla
-nella buca a lui vietata. Il carabiniere lo ferma: — Qui non possono
-impostare che i borghesi. — Allora il soldatino si guarda
-attorno, vede un borghese, e porgendogli la lettera lo prega candidamente:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-</p>
-
-<p>
-— Mi farebbe il piacere di imbucarla?&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-Il borghese eseguisce, il soldatino (certamente è un volontario!)
-è tutto felice, il carabiniere sorride. E io penso con soddisfazione
-che un italiano non sarà mai un tedesco.
-</p>
-
-<p>
-Ma sono episodi minimi, piccole monellerie di un popolo geniale.
-Mi fanno accorgere di una cosa importante: che questa vita
-piena di limitazioni, senza telegrafi, senza telefoni, senza libertà di
-circolazione, ricca di censure, sotto la scrupolosa sorveglianza delle
-autorità, non per questo dà al privato un senso di peso, di legame,
-di dispotismo. Troppo è comune e concorde l'ideale da raggiungere,
-perchè il senso della libertà individuale sopravviva.
-</p>
-
-<p>
-E nell'aria continua la pioggia di viole del vespero. Faccio
-un saluto malinconico alla statua della pace di Campoformio — un
-dono di Napoleone — e salgo su per la collina che i soldati d'Attila,
-dice la leggenda ancor viva nelle campagne, costruirono portando
-ciascuno pieno di terra il proprio elmo, e dond'egli, il vecchio buon
-tedesco, contemplò l'incendio di Aquileia. Sfuma il vasto orizzonte
-delle montagne carniche piene di punte e di movimento, delle Giulie,
-rigide monumentali muraglie. Sopra il nostro capo vigilano dall'alto
-le vedette anti-aeree.
-</p>
-
-<p>
-Andiamo a cena. Troveremo una trattoria cordiale, del tipo della
-trattoria di campagna, ove si può stare all'aperto in una terrazza
-che guarda la Roggia. V'incontreremo brigate di volontari, quasi
-tutti irredenti, istriani e dalmati (quanti dalmati incontriamo tra le
-file dei volontari!), allegri come collegiali, ardenti dell'ora grande
-che li aspetta domani e cui hanno voluto concorrere, vincendo già
-prima una lunga battaglia d'audacia e d'astuzia per isfuggire alla
-rete terribile che voleva trattenerli.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-</p>
-
-<p>
-Una fanciulla con gli occhi color grigio-verde m'insegna una
-villotta friulana:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p><i>Se saviesis, fantacinis,</i></p>
-<p><i>ce che so penis d'amor!</i></p>
-<p><i>E' si mur, si va sotiare,</i></p>
-<p><i>e ancimò si sint dolor....</i></p>
-</div>
-
-<p>
-Soltanto domani il rombo del cannone, che qualche volta
-nelle albe silenziose giunge chiarissimo da oriente, ci ricorderà che
-poco lontano continua la bellissima guerra nostra.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-</p>
-
-<h2 id="altoisonzo">Alto Isonzo</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Caporetto, 22 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Il lettore è impaziente d'arrivare all'Isonzo, al grande teatro orientale
-ove la guerra assomma i suoi sforzi più poderosi, ove la
-mèta diretta è Trieste.
-</p>
-
-<p>
-Ma è necessario che egli sopporti di qui innanzi una lettura che
-forse parlerà meno delle precedenti alla sua fantasia, soddisferà meno
-il suo desiderio di quadro e di colore. La parte pittorescamente più
-caratteristica e nuova della nostra guerra è la conquista dell'alta montagna,
-della quale egli ha avuto qualche visione. Ora, in quello che
-sinteticamente può chiamarsi la battaglia dell'Isonzo, il tratto che
-riguarda Monte Nero ripete i caratteri della guerra di montagna che
-più volte abbiamo tentato di rappresentare parlando della nostra
-conquista nel Trentino, in Cadore, in Carnia; quanto al resto, qui
-appunto, ove la guerra tende al suo obiettivo, se non principale,
-più popolare, e raggiunge il massimo d'intensità di vigore e soprattutto
-di complessità, — mi sembra utile che esso lettore cerchi
-piuttosto d'intendere il collegamento dell'azione conquistatrice, che
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-non di distrarsi nella contemplazione di alcuni quadri di bellezza
-guerresca. Per ciò è necessario ch'egli tenti soprattutto ricercare con
-pazienza qualcuno di quei lineamenti geografici e topografici che formano
-lo scheletro dell'azione strategica: azione serrata, snodata, ferrea
-di logica precisa. L'insieme di questa ricerca e di questa considerazione
-gli sarà, spero, fonte di un senso di bellezza e di ammirazione più
-raro e più nuovo che non quello che può suggerire la guerra veduta,
-come spesso l'abbiamo veduta fino ad ora, attraverso un seguito di
-sensazioni che tendevano ad isolarsi dalla logica che le concatenano.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Da Sella di Nevea (alla testata di val Raccolana) si discende,
-per un sentiero di montagna in mezzo all'abetaia, e poi per una
-diruta carrareccia, fin sopra il lago Raibler: le strade sono due, una
-per l'inverno, e una per l'estate, protetta dalle valanghe: di grande
-importanza militare in quanto servono al collegamento del forte di
-sbarramento del lago con i forti Predil e Hensel, alla Chiusa di Plezzo.
-</p>
-
-<p>
-Passato il forte di Raibler, si giunge sulla strada Raibler-Plezzo,
-che piega a sud, tagliata nel fianco della montagna, e passa un
-po' sulla destra e un po' sulla sinistra della valle della Koritnica. A
-un paio d'ore di marcia da Plezzo, la valle, che fino allora s'era
-alternata di faggi e di abeti, sparsa di case di carbonari, comincia
-a restringersi rapidamente, fin che s'incassa in una gola strettissima,
-profondissima, orrida, superata da un obliquo ponte di legno; entra
-in una piccola galleria, ne sbocca improvvisamente sulla vallata di
-Plezzo. Questa vallata, in forma di conca, è costituita dalla confluenza
-della Koritnica con l'Isonzo: quasi al confluente sta il piccolo
-borgo, slavo, sudicetto, che dà il nome alla conca. Il suolo presenta
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-un aspetto di varia ubertà, raro a quelle altezze: vi alligna
-perfino la vite. Da una parte la chiude maestoso il Rombon (alto
-2200 metri), e lontane le cime del Canin e del Jof di Montasio:
-dall'altra parte biancheggiano
-alcuni dirupi di Monte
-Nero.
-</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-175.jpg">
- <img src="images/ill-175.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Questa, per chi tenesse
-a saperlo, è la conca onde
-i Turchi, verso la fine del
-secolo decimosesto, sboccarono
-nella Patria del Friuli.
-</p>
-
-<p>
-A sud la conca riprende
-a restringersi in valle: è la
-valle dell'Isonzo, e la strada
-la segue fino a Saga.
-</p>
-
-<p>
-Veduta da un colle dietro
-Saga, cioè dal sud-ovest,
-la conca ha un aspetto più
-tranquillo. Oltre il Rombon
-vediamo addensarsi attorno
-alla valle le moli dello Sviniah
-e del Banjrki Skendenj, e proprio nel mezzo della conca biancheggia
-il campanile di Plezzo, ora diroccato e quasi dimezzato.
-</p>
-
-<p>
-Perchè la placida e ubertosa conca è tutta recinta d'opere di
-guerra, e vi si è combattuto, in questi tre mesi, a più riprese accanitamente.
-</p>
-
-<p>
-In un primo periodo della guerra la Conca di Plezzo ha rappresentato
-una riserva di forze austriache, ed è stata considerata
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-soprattutto nei riguardi del valore che tali riserve avevano contro la
-nostra occupazione dell'alto Isonzo. Da Plezzo poterono salire l'11 di
-giugno i sei battaglioni austriaci e le mitragliatrici che tentarono di
-prendere alla rovescia le nostre truppe della regione del Monte Nero,
-aggiramento sventato, diceva il comunicato, “dalla valida resistenza
-e dalla rapida manovra dei bersaglieri e degli alpini”: uno dei più
-fulgidi episodi del poema del Monte Nero. E il campo nemico, che
-in quella regione la nostra artiglieria batteva tre giorni dopo, fuggiva
-verso Plezzo e ivi si rifugiava. Per completare e rafforzare la
-nostra occupazione della zona del Monte Nero, dovemmo, il 20 di
-giugno, impossessarci di tutte le posizioni che dominano le provenienze
-da Plezzo.
-</p>
-
-<p>
-Non bastava: il 24 di giugno da Monte Nero ampliammo la
-nostra occupazione verso nord fino a raggiungere le pendici orientali
-del Javorszcek, che digradano appunto verso la Conca di Plezzo
-chiudendola a sud-est, e di là cominciammo i nostri tiri contro la
-Conca stessa: il primo di luglio prendemmo il Banjrki Skendenj, che
-la domina da nord-ovest; il giorno dopo incendiammo con granate,
-a due chilometri a est di Plezzo, il villaggio di Koritnica, ove i nemici
-tenevano i maggiori depositi di materiali e di viveri.
-</p>
-
-<p>
-Queste operazioni preparatorie stringevano così compiutamente
-e così da presso la posizione, ch'essa finì col cadere presto del tutto
-nelle nostre mani. L'azione che condusse al possesso di Plezzo fu,
-circa a mezzo agosto, triplice. Una nostra colonna mosse dal costone
-di Monte Nero discendendolo fino alla valletta che ne divide
-il lembo dal Javorcek: un'altra da Saga salì verso Plezzo; intanto
-una terza da sella di Nevea manteneva un'azione dimostrativa. Gli
-austriaci di fronte alla seconda di dette colonne si ritirarono rapidamente,
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-rifugiandosi sul Rombon, che avevano organizzato difensivamente.
-La colonna di alpini che moveva al Javorcek vi aveva
-trovato uno sbarramento, e ne aveva conquistato alla baionetta una
-trincea; la colonna dei bersaglieri era partita da Saga; s'era trattenuta
-sull'altura che domina immediatamente Plezzo, mandando all'occupazione
-le sole pattuglie.
-</p>
-
-<p>
-Plezzo ora è libera dal nemico, ma non può ancora essere tenuta
-da noi perchè la batte il Rombon, ove, come ho detto, si rifugiarono
-gli austriaci ritirandosi dalla Conca. Sulla cima essi vi hanno
-ancora degli osservatorii; non tengono però tutto il monte, perchè
-le nostre truppe vi stanno già con le trincee a mezza costa.
-</p>
-
-<p>
-Dopo lo sgombero del paese, le azioni parziali intorno alla località
-furono frequenti. Il 21 di agosto le nostre truppe ripresero
-l'offensiva e raggiunsero la linea Pluzna-Cezsoca, mettendosi a più
-stretto contatto con la Conca, restringendo l'accerchiamento iniziato
-con l'azione di pochi giorni innanzi verso Javorcek.
-</p>
-
-<p>
-Il 26 gli alpini prendevano altri trinceramenti sulla costa meridionale
-del Rombon. Dopo altri due giorni le nostre artiglierie, con
-tiri aggiustati contro la valle Lepenie, erano riusciti ad arrestare completamente
-il transito nemico lungo la rotabile dell'Alto Isonzo. Il
-nemico tentò invano, i giorni seguenti, di indebolire le nostre posizioni
-alle falde del Rombon con fuoco di artiglieria e fucileria, mentre
-lanciava inutili granate incendiarie su Plezzo: come inutile era
-stato un suo precedente tentativo per valle Slatenick: come inutile
-riuscì un terzo per valle Koritnica. Anche dal Predil una colonna
-nemica tentò di muovere verso Plezzo, ma i nostri cannoni l'obbligarono
-a retrocedere. Così gli austriaci tentavano uno dopo l'altro
-tutti gli accessi, forse più per riconoscere lo stato delle nostre difese
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-che non per speranza di riprendere la posizione. Le posizioni a
-oriente del vallone dello Slatenik furono tentate novamente la sera
-del 10 settembre. I nostri ebbero il sangue freddo di lasciar accostare
-il nemico, e solo quand'esso fu vicinissimo gli si scagliarono
-contro alla baionetta e lo misero in fuga dopo una violenta mischia.
-</p>
-
-<p>
-Allora fu la volta nostra di attaccare: e attaccammo, il 13 di
-settembre, le posizioni nemiche del versante orientale della conca, in
-terreno asprissimo, incontrando una resistenza accanita, sostenuta da
-numerose e potenti artiglierie; i nemici lanciarono anche bombe asfissianti
-e liquidi infiammabili.
-</p>
-
-<p>
-Esso versante orientale è costituito dal massiccio del Javorcek
-e dallo sperone dello Svinjah: tra essi scende impetuoso l'Isonzo.
-Il nostro attacco portò a sensibili progressi sull'alto contorno della
-conca, cioè sul ciglio del Javorcek.
-</p>
-
-<p>
-Uno degli ultimi bollettini, quello del 18 settembre, ci comunica
-che, compiuto oramai l'assetto difensivo delle posizioni conquistate,
-fu ripresa l'offensiva lungo tutta la fronte d'attacco, “dalle aspre
-balze del Rombon agli insidiosi pendii boscherecci del Javorcek e alle
-nude rocce del Lipnik”. In tutto il fronte l'attacco riuscì ad avvicinarsi
-alle linee nemiche, ad aprirvi brecce, e per una di queste, sul
-Javorcek, a prender trinceramenti, a far saltare fortini, a occupare
-osservatorii.
-</p>
-
-<p>
-Ora la lotta di fucileria e di bombe a mano continua, fra le
-trincee vicinissime, come continuerà probabilmente la serie degli attacchi
-e dei contrattacchi. Troppo è importante la conca per tutto
-l'insieme della nostra offesa, per tutto l'insieme della loro difesa. Pensate.
-La stretta di Plezzo conduce, per il passo del Predil, a Tarvis,
-nodo da cui si dipartono due delle arterie principali dell'Austria.
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-L'opera della Conca di Plezzo su Tarvis deve continuare e avanzare
-quella delle alte valli carniche orientali su Malborghetto. Nello stesso
-tempo la Conca di Plezzo regge tutto il settore del Monte Nero e
-dell'Alto Isonzo. Essa è il nodo o il pugno in cui si stringono le
-due vie della nostra guerra: quella settentrionale che minaccia la vita
-del nemico nel suo cuore, quella orientale onde l'Italia redenta move
-verso le plaghe più vive dell'Italia da redimere.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ma la guerra dell'Alto Isonzo si compendia, si concentra, s'impersona,
-si stringe e accavalla più dura più solenne più grandiosamente
-eroica che intorno ogni altra vetta, intorno a Monte Nero; il
-Monte Nero, che domina Tolmino, nodo di tre strade di straordinaria
-importanza: quella a nord che per il Predil congiunge val
-d'Isonzo a val di Sava, quella che verso oriente conduce a Lubiana,
-quella che a mezzogiorno scende a Gorizia.
-</p>
-
-<p>
-Salendo (attraverso alcuni ombrosi, sassosi, malinconici, sudici
-e pur non sgradevoli paesetti slavi, ora quasi del tutto sgombrati di
-popolazione civile) a qualcuna delle alture che da Caporetto in giù
-si inarcano parallelamente al nostro vecchio confine — più in qua — e
-alla grande curva del medio Isonzo — più in là — al passo di Zagradan,
-per esempio, o a Jeza, o al Korada, ecco Tolmino, con le
-sue grandi caserme bianche e il ponte fatale, e l'Isonzo, striscia verdissima
-come ritagliata da un favoloso oltremare e disposta sopra
-un ghiareto candido che la margina, all'una e all'altra riva, lungo
-tutto il suo serpeggiamento. La vista è dominata a sinistra, in una
-lontananza misteriosa, dalla fronte ossuta e scabra dell'enorme massiccio
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-di Monte Nero, elevato sopra tutto il giro dei monti che segnano
-la riva sinistra del fiume e vi digradano dolcemente, mentre
-dall'altra riva lo stringono da presso ripidissimi.
-</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-180.jpg">
- <img src="images/ill-180.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Le nostre truppe risalirono il Natisone, passarono il confine, e
-per Creda si irradiarono verso il costone del Polenik. Intanto (siamo
-ai primissimi giorni della
-guerra) altri reparti hanno
-occupato Caporetto, e anche
-di lì muovono verso il
-monte. Ma appunto allora il
-mal tempo impedì di procedere
-subito all'assalto del
-colosso, una nebbia ogni
-giorno più fitta impediva le
-osservazioni, le piogge continue
-gonfiavano l'Isonzo
-che straripava e distruggeva
-i ponti destinati al passaggio;
-tutte le strade di accesso
-erano diventate torrenti, ogni
-crepa del monte, ogni anfratto,
-eran fatti ruscello fangoso
-o pozzanghera. Così il nemico ebbe tempo di guarnire la posizione
-di trinceramenti formidabili e di truppe fresche e di artiglierie multiple,
-mentre allo scoppio della guerra il luogo pare fosse in mediocri condizioni
-di resistenza. I nostri aspettavano il momento propizio e intanto
-in quotidiani episodi di pattuglie lo tentavano, lo limavano con
-frequenti prese di prigionieri, ne assaggiavano la resistenza. Il 31 maggio
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-fu cominciato l'attacco con l'assalto al forte di Pleka, alle radici
-sud-occidentali del monte.
-</p>
-
-<p>
-La nostra fucileria combatteva contro le mitragliatrici, cui s'aggiungevano
-grossi reparti d'artiglieria appostati nel versante opposto
-del monte.
-</p>
-
-<p>
-Per un momento la sorte parve decisa contro di noi, e gli austriaci
-uscirono dai forti. Ma intanto gli alpini girando attorno alla
-montagna su per il sentiero da Spilka a Zaslap, ne avevano raggiunto
-i più alti dirupi, e calatisi da quelli con corde attaccarono alle spalle
-il corpo austriaco e lo distrussero, alcuni uccidendone alla baionetta,
-altri precipitandone giù per le fosse, molti prendendo prigionieri:
-Pleka fu nostra.
-</p>
-
-<p>
-Da Pleka due giorni dopo la fanteria attaccò la vetta del Monte
-Nero; intanto dal sud i bersaglieri e altra fanteria mossero contro
-la cresta del Mrzli, sentinella avanzata del massiccio verso Tolmino.
-Partiti verso sera da Luico attraversarono l'Isonzo e la Libussina,
-occuparono Salisca e Versno, e poco di poi, sul far della notte,
-raggiunsero il nemico riparato in trincee blindate: vegliarono tutta
-la notte silenziosi tra le rocce, e la mattina ingaggiarono la lotta,
-quell'accanitissima lotta nella quale cadde il colonnello Negrotto.
-Alpini da una parte, fanteria e bersaglieri dall'altra, presero in mezzo
-il nemico, lavorando di baionetta; la sera avevano conquistate cinque
-linee di trincee. La lotta continuò i giorni seguenti per l'allargamento
-e il rafforzamento della posizione. Fu allora, 11 di giugno,
-che il nemico tentò quell'aggiramento del monte dalla parte di Plezzo,
-di cui abbiamo già fatto cenno. La notte sul 16 ebbe luogo un'azione
-di una particolare importanza. Lungo le balze che s'appoggiano da
-settentrione alla vetta principale di Monte Nero, il nemico era riuscito
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-a disporre appostamenti: le nostre truppe alpine ebbero l'incarico
-di snidarli. La notte scalarono le rocce, e all'alba compirono,
-sotto l'intenso cannoneggiamento, l'assalto, reso più che mai difficile
-dalle posizioni dominanti degli assaliti. L'attacco ebbe pieno successo:
-gli appostamenti furono distrutti. Il comunicato che il 16 giugno
-ne dava notizia, annunziava ch'era stata accertata fino a quel
-momento la cattura di trecentoquindici prigionieri tra i quali quattordici
-ufficiali: ulteriori accertamenti permisero al comunicato seguente
-di elevare a seicento la cifra dei soldati e a trenta quella
-degli ufficiali.
-</p>
-
-<p>
-Nel pomeriggio di quel giorno stesso un battaglione ungherese
-proveniente da Planina Polje (a nord-est del monte) girando tra il
-Wrsik e gli estremi contrafforti orientali del Polenik, pronunziò un
-violento attacco contro la nostra posizione di Za Krain: fu contrattaccato
-e annientato. Il 21 un nostro battaglione di alpini si incontrò
-per la prima volta con rilevanti forze alpine giunte dalla Galizia, e
-le attaccò, respingendole e decimandole.
-</p>
-
-<p>
-Attacchi, contrattacchi, azioni parziali d'artiglieria, di fucileria,
-di corpo a corpo, continuano, quotidiane, a mantenere il nostro
-fronte e permettergli di fortificarsi. Così s'arriva all'11 di luglio.
-Nella notte dell'11, approfittando dello scatenarsi d'un furioso temporale,
-gli austriaci tentarono un attacco di sorpresa contro le nostre
-posizioni. Ma i nostri non si lasciarono sorprendere: alla scalata
-dei nemici rispose pronto l'allarme dei nostri alpini; s'impegnò una
-lotta furiosa, su picchi a duemila metri, tra il lampeggiare del cielo
-e il tonare dei cannoni, sotto la pioggia a rovesci che trasformava
-in torrente ogni ruga del monte che scatenava una cascata giù da
-ogni crepa. Lo scoppio delle granate si mescolava al folgorare delle
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-baionette. Gli assalitori furono distrutti, col piombo, con le lame,
-con lo scaraventarli giù dai burroni precipitosi.
-</p>
-
-<p>
-Per parecchi giorni la situazione rimase invariata, sebbene il nemico,
-con rapide irruzioni notturne e col tempestare delle artiglierie
-grosse, tentasse continuamente di logorare le nostre forze, d'impedirne
-il consolidamento, e soprattutto di obbligare le nostre batterie
-a scoprire, con la vampa dei tiri, le proprie posizioni. Ma nella notte
-è quasi impossibile individuare le batterie, perchè la vampa appare
-sempre di parecchio più alta del suo luogo reale.
-</p>
-
-<p>
-Intanto procedeva la nostra lenta avanzata lungo la cresta di
-Luznica, sebbene il nemico, specialmente nel triplice accanitissimo
-attacco del 24 luglio, tentasse di attaccare quelle posizioni. La lotta
-continuò i giorni seguenti tra la nebbia fitta che saliva dalla vallata,
-tranquilla e idillica sotto quella tempesta di fragore, di gloria e di
-morte.
-</p>
-
-<p>
-E continua ancora. Ogni costa, ogni cima, ogni incavo del massiccio,
-rappresenta della nostra conquista l'episodio d'un episodio,
-ma vale di per sè tutto un poema. Meriterà, per esempio, una sua
-storia particolare la occupazione di quella Mrzliwrh (Cima Fredda)
-che, come ho già detto, è la sentinella avanzata di tutto il massiccio
-verso mezzogiorno. Merita il suo nome: vi nevicava assiduamente
-fin dall'agosto, sebbene essa non superi i 1360 metri d'altezza. La
-conquista dev'esserne condotta per tutti i versanti, e procedette e
-procede tra numerosi casi di assideramento. Non ha che un accesso:
-un canalone ripido, strozzato, sdrucciolevole, dall'alto del quale il
-nemico saluta con le mitragliatrici chiunque ne tenti la scalata, già
-ardua e faticosa nelle migliori condizioni. Ma i nostri l'aggirarono,
-l'assediarono; e l'assedio dura ancora, sempre più stretto, più soffocante,
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-da Caporetto e da Luznica, come una lenta tenaglia che si
-chiude e stritola.
-</p>
-
-<p>
-La lotta continua, e sotto il monte tempestoso, Tolmino, bianca
-con le grandi caserme davanti al nastro smeraldino del fiume, già
-sgombra di nemici, aspetta ancora che sia possibile l'entrata dei
-nostri.
-</p>
-
-<p>
-Ma gli effetti dell'avanzata nel massiccio di Monte Nero, già si
-son fatti sentire in modo straordinariamente efficace sopra tutta l'ala
-destra della grande azione che va dalla conca di Plezzo al mare. Col
-darci una posizione dominante sulla riva sinistra dell'Isonzo, la conquista
-di Monte Nero ha ridotto a semplici posizioni difensive quelle
-che potevano diventare una forte testa di ponte austriaca sulla sinistra
-dell'Isonzo; ha permesso, attraverso le battaglie del medio
-Isonzo, la grande azione d'avanzata dal basso Isonzo su per l'altipiano
-carsico: azione e avanzata che segnano la pagina più recente e
-più gloriosa della nostra impresa.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-</p>
-
-<h2 id="medioisonzo">Medio Isonzo</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Cormons, 24 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Per qualche tempo, nei primi mesi della guerra, l'attenzione
-del pubblico s'appuntò specialmente su Tolmino;
-più tardi si volse a Gorizia, aspettandone con indicibile
-ansia l'occupazione.
-</p>
-
-<p>
-Tolmino e Gorizia non sono più tenute dagli austriaci, ma non
-sono ancora occupate dai nostri. Ed è necessario che il pubblico si
-persuada che l'occupazione delle città, se si presta, con le entrate
-sonore delle truppe vittoriose tra le popolazioni liberate, a belli entusiasmi
-poetici e a vive commozioni d'amor patrio, ha militarmente
-un valore molto relativo. La conquista d'una altura modesta, operata
-da pochi reparti di alpini, è quasi sempre infinitamente più travagliosa,
-eroica ed efficace della entrata di reggimenti a bandiere
-spiegate in una città festante. Passò inosservata ad una gran parte
-del pubblico l'occupazione della quota 383, ma il pubblico si commosse
-leggendo, i primi giorni della guerra, che i soldati erano entrati
-a Cormons o a Cervignano. È un errore che qualche meditazione
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-sulle relazioni di questa modernissima forma di guerra deve rapidamente
-sgombrare dalle menti degli italiani.
-</p>
-
-<p>
-Sorgendo su di un gomito dell'Isonzo, con la concavità verso
-la nostra invasione, Tolmino con le sue difese naturali costituiva
-per gli austriaci un eccellente testa di ponte. Ivi finiscono, dopo
-essersi congiunte a Baca, le due strade, una ferroviaria e una rotabile,
-che portano alla Sava.
-</p>
-
-<p>
-Le difese naturali della posizione sono, sulla sponda sinistra, il
-Mrzli, il Vodil, il Triglaf, il Kavala; sulla destra Santa Maria e Santa
-Lucia, che si congiungono al lungo costone del Kolovrat. Da questa
-testa di ponte gli austriaci avrebbero potuto scendere, per le vie
-della Borna e del Corizza e per valle del Natisone, oppure per la
-via dell'Iudrio, sino al Tagliamento.
-</p>
-
-<p>
-Ma le nostre operazioni contro Tolmino, da ovest ci hanno portato,
-presso subito il Kolovrat, a contatto con le estreme difese delle
-cime di Santa Lucia e di Santa Maria, mentre dal lato settentrionale,
-come s'è già detto, stiamo stringendo la cima del Mrzli e siamo a
-mezza costa del Vodil.
-</p>
-
-<p>
-L'intera posizione di Tolmino non potrà essere presa fintantochè
-le nostre artiglierie non avranno avuta ragione delle difese della riva
-sinistra. Ma lo svaloramento della testa di ponte austriaca, che anche
-da questa parte ha salvato l'Italia dall'invasione (e ora anche
-qui, come dappertutto, la seconda e la terza linea sono fortificate
-in modo che sarebbe follia ogni nuova offensiva su di esse), è stata
-conquista d'incredibile valore.
-</p>
-
-<p>
-Lo stesso può dirsi di Gorizia.
-</p>
-
-<p>
-A sud di Tolmino, l'Isonzo piega bruscamente e scende in direzione
-di sud-ovest fino a Plava; ivi con un altro gomito cambia nuovamente
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-direzione, e scende verso sud-est al monte San Gabriele e
-al monte Sabotino, al di sotto dei quali s'apre la piana di Gorizia.
-</p>
-
-<p>
-Al nord di Gorizia, Monte Sabotino, Monte Santo, Monte San Gabriele,
-la Podgora, costituivano formidabili minacce; al sud di Gorizia
-il Carso spiega le sue forze, che il valore e la saggezza dell'esercito
-Italiano vanno mano mano vincendo, come han vinto quelle prime.
-Il valore e la saggezza mirano, nella guerra moderna, alle cime; l'attenzione
-del pubblico deve seguirli con fede.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ho nominato il Sabotino ed il Carso. È utile che cerchiamo una
-visione panoramica, e riassumiamo qualche lineamento storico, della
-regione che essi comprendono, e che costituisce la parte inferiore
-del medio Isonzo.
-</p>
-
-<p>
-Chi salga su una delle piccole colline, regolari, dolci, foltissime
-d'alberi, che da nord di Cormons stendono una cortina di verde
-verso l'Iudrio, può scorgere panoramicamente tutto il terreno della
-nostra conquista sul medio Isonzo. Alla nostra estrema destra le alture
-di Medea, onde comincia il Carso: e del Carso si vede il Monte
-San Michele, s'intravede il Vallone, che domina Doberdò.
-</p>
-
-<div class="figleft"><a href="images/ill-190.jpg">
- <img src="images/ill-190.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Tra il Carso e le alture di Monte Fortin s'insinua l'Isonzo, di
-cui scorgiamo tratti verdissimi, smeraldini, come la piana di Gorizia:
-ivi s'intravedono i resti arsi di Lucinico, e dietro vi occhieggiano le
-prime case di Gorizia, sprazzi bianchi fuor da tuffi di verde. Da Lucinico
-comincia la salita di Podgora, più mite da questa parte: verso
-l'Isonzo è un dirupo a precipizio. Pogdora appare di qui un'altura
-rotonda, rossastra, mediocre. La gloria che in poche settimane ha
-recinto il suo nome, ci pare in contrasto con questo suo aspetto
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-modesto. Ma ci accorgiamo subito che quel colore rossiccio che la
-investe tutta, sulla cima e sul giro dei fianchi, è l'effetto delle innumerevoli
-granate che vi sono scoppiate sopra nella lotta accanita
-per quella importantissima tra
-le posizioni che dominano Gorizia
-e le sue sorti. Prima era
-foltissima di ciuffi verdi e morbidi,
-ondeggianti al vento. E in
-mezzo a quel verde ora distrutto,
-furono appostamenti, accampamenti,
-trincee, uomini. Salutiamo.
-</p>
-
-<p>
-Il rimanente dello scenario
-a sinistra, ha un aspetto men
-dolce, più complicato, più serio.
-Da Medana, il cui campanile riquadrato
-fa quasi da centro,
-s'irradia una serie di costoni,
-lunghi, ondulati, grigio-azzurri,
-che si sperdono nella lontananza
-annebbiata del cielo; i costoni di
-Vipulzano, di Cerovo, di San
-Floriano: e subito dietro l'ultimo,
-le alture di Oslavjia e di Pevma. Sabotino, San Gabriele, Monte
-Santo, dominano e chiudono l'orizzonte.
-</p>
-
-<p>
-Le truppe che ora operano in questo settore, si trovavano,
-prima della guerra, nella piana d'Udine, tra Codroipo e Palmanova.
-Il 21 fu fatto loro fare un piccolo spostamento in avanti perchè non
-perdessero il collegamento con le truppe che avrebbero operato alla
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-loro sinistra. Scoppiata la guerra, alle 4 di mattina del 24 varcarono
-il confine dal ponte di Vicinale alla linea di Cervignano.
-</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-191.jpg">
- <img src="images/ill-191.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Il primo obiettivo nostro era la linea che va dal Monte San Giorgio,
-per il torrente Versa (confluente dell'Iudrio) al Monte Quarin:
-obiettivo raggiunto in breve quasi senza resistenza. Affermatesi sul
-terreno, le truppe dovettero sostare per non rimanere isolate da
-quelle che operavano alla sinistra,
-e la cui avanzata era più faticosa.
-Il 5 di giugno venne l'ordine
-di procedere verso l'obiettivo
-finale, ch'era l'Isonzo e le
-alture alla sinistra di esso. Così
-i nostri poterono affermarsi sulla
-linea che ora solidamente mantengono,
-dalle alture di San Floriano,
-per il pendìo di Podgora,
-fino a Lucinico, e di qui al Fortin,
-onde muove l'avanzata sul
-Carso.
-</p>
-
-<p>
-Le ragioni della nuova sosta
-nelle operazioni di questo settore sono evidenti. Davanti a reparti
-che costituiscono l'ala destra di questa operazione, il terreno
-era tutto piano: era necessario prendere qualche altura. Allora, per
-impegnare truppe avversarie — e specialmente l'artiglieria — furono fatte
-azioni dimostrative contro le alture di Oslavjia, di Pevma e di Podgora;
-azioni che, sebbene avessero intenzioni semplicemente dimostrative,
-ci guadagnarono tutte qualche punta importante, o perchè fornita di
-osservatorii, o perchè insidiosa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-</p>
-
-<p>
-Tale fu l'opera compiuta dalle truppe di questo settore in tre
-mesi di vita faticosissima di trincea; dopo i quali il fronte si trovò
-notevolmente allargato; e oggi va dalla cresta del Sabotino, come
-abbiamo detto, fino a Monte Fortin. Cioè: dalla cresta del Sabotino
-scende a Podzabotino, pel costone di San Floriano e per Fabrisu,
-fino al bivio formato dalle due strade che conducono una da San Floriano
-e l'altra da Fabrisu, all'Osteria al Ponte.
-</p>
-
-<p>
-Da quel bivio si attacca la linea che sta davanti a Podgora. Il
-detto fronte comprende Lucinico, e scende, in riva all'Isonzo, fino
-a Monte Fortin.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ora, la guerra è siffatamente concatenata lungo tutto il fronte,
-che per potere dal Sabotino al Fortin rettificare così la nostra linea
-strategica e rispondere all'uguale rettificazione che, di là da Gorizia,
-si viene operando sul Carso, fu necessario di assicurarsi d'un punto
-più a nord; cioè di stabilire una forte testa di ponte di là dall'arco
-dell'Isonzo che s'incunea intorno al villaggio di Plava.
-</p>
-
-<p>
-Dell'operazione audace, metodica, sanguinosa e gloriosissima,
-con cui, tra l'8 e il 18 di giugno, fu passato l'Isonzo a Plava e
-nella profonda insenatura che ivi il fiume disegna fu gettata la formidabile
-testa di ponte, centro, verso nord e verso sud, di tutte le
-operazioni che interessano i nostri eserciti orientali — i comunicati di
-Cadorna davano un primo annuncio così:
-</p>
-
-<p>
-“Lungo la linea Isonzo, nei giorni 7 e 8, proseguirono operazioni
-intese a ricacciare il nemico da posizioni dominanti che ancora
-occupa sulla riva destra dell'Isonzo, e a stabilire solide teste di ponte.
-Il nemico oppose tenace resistenza, favorito da condizioni del terreno
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-reso fortissimo dall'arte e difficile a percorrersi per numerose interruzioni
-di ponti e strade, nonchè per estese inondazioni lungo il basso
-corso del fiume. Dovunque le nostre truppe hanno combattuto con
-slancio e tenacia, guadagnando importanti posizioni”.
-</p>
-
-<p>
-Il giorno 12:
-</p>
-
-<p>
-“Sul medio Isonzo reparti delle nostre truppe sono riusciti nella
-notte dal 9 al 10 ad irrompere di viva forza sulla sinistra del fiume
-presso Plava, vivamente contrastati dall'avversario, che dovette però
-ripiegare di fronte ai nostri reiterati, impetuosi assalti, abbandonando
-sul campo numerosi morti”.
-</p>
-
-<p>
-E finalmente il comunicato del 19 giugno esponeva con rara diffusione
-di particolari i lineamenti dell'impresa portata a felicissimo termine.
-</p>
-
-<p>
-“Vi esisteva un ponte che fu rotto dal nemico. Con grande
-sforzo ed ardimento, stabiliti i passaggi nella notte, le nostre truppe
-all'alba del 16 iniziarono l'attacco; questo procedette tutto il giorno
-con lentezza a causa della resistenza del nemico e delle grandi difficoltà
-del terreno, accresciute da rilevanti ostacoli artificiali: solidi
-trinceramenti, protetti da profondi reticolati di grosso fil di ferro,
-rafforzati da spranghe e da ferri a <span class="noserif"><strong>T</strong></span>; numerose artiglierie di grosso
-calibro anche da 305, dissimulate in punti dominanti e difficili a controbattersi;
-tuttavia, appoggiate dal fuoco delle batterie, le nostre
-truppe riuscivano, con ripetuti assalti all'arma bianca, ad affacciarsi
-verso sera al ciglio delle prime posizioni nemiche”.
-</p>
-
-<p>
-Ora mette veramente conto di parafrasare alquanto l'esposizione
-ufficiale, sulla scorta delle notizie che abbiamo potuto raccogliere da
-testimoni e partecipi del fatto, e con l'aiuto che una visione panoramica
-del campo ci porge. E giova risalire alcuni giorni più addietro
-di quelli cui si riferisce il comunicato.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-</p>
-
-<p>
-Era dunque necessario anzitutto di passare il fiume, e di passarlo
-precisamente nel punto ove la curva ne è più rientrante; in
-quel punto esisteva un ponte e, infilato dalla strada che scende dal
-Corada, sboccava precisamente su Plava, al fondo di una stretta gola,
-tra pendii dirupati e ripidissimi, propizi a nascondere insidie d'ogni
-genere nei folti boschi che li coprono. E ivi il fiume scorre profondo
-e rapidissimo.
-</p>
-
-<p>
-Ma il ponte era stato distrutto dal nemico nella sua prima ritirata.
-Allora nel far della notte del giorno 8, i nostri soldati mossero
-dal Corada e, fasciati gli zoccoli dei cavalli e dei muli e le
-ruote dei traini, scesero a valle tra il più profondo silenzio. Giunsero
-alla riva del fiume nel cuor della notte, i pontieri cominciarono
-con prodigiosa celerità la costruzione del ponte, per la quale s'erano
-portati tutti i materiali necessari: un battaglione di fanteria aveva
-accompagnato i pontieri e stava pronto sulla riva per proteggere
-l'operazione da ogni possibile offesa.
-</p>
-
-<p>
-La notte passò senza offese e senza allarmi. Ma dieci metri di
-ponte mancavano ancora ai quaranta necessarii, quando l'alba rivelò
-al nemico l'opera cui i nostri erano intenti: e sull'opera cominciarono
-a piovere le granate che scoppiavano sulla riva o nel fiume,
-gli shrapnells che esplodendo in aria coprivano i lavoratori d'una
-grandine di palle. I danni non furono gravi; soltanto le prime barche
-del ponte incompiuto furono affondate da alcune schegge di granata.
-Ma il fuoco si faceva sempre più intenso, la fucileria s'aggiunse al
-tiro dei cannoni, e la fanteria nostra non poteva più pensare alla
-protezione del lavoro. Ostinarsi a continuarlo subito sarebbe stato
-uno sciupìo inutile di forze. Allora l'operazione fu sospesa, i pontieri
-e gli zappatori si ritirarono sulla riva destra del fiume, e s'unirono
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-alla fanteria nella guardia del luogo, perchè quanto era già stato compiuto
-non fosse totalmente distrutto.
-</p>
-
-<p>
-Il rimanente della giornata passò abbastanza tranquillo. Venuta
-la notte, che per fortuna era scurissima, furono anzitutto mandati
-di là dal fiume, per barca, duecento soldati con l'incarico di respingere
-le pattuglie nemiche che v'erano scese: vi arrivarono infatti, si
-precipitarono di sorpresa sulla guardia nemica, e la fecero prigioniera.
-Venuta l'alba mentre i pontieri continuavano la gettata del
-ponte, i duecento soldati si spinsero avanti e investirono audacemente
-gli avamposti nemici, che non se li aspettavano; li tennero
-così impegnati per tutto il giorno in una mischia furiosissima, senza
-mai dare indietro di un passo, fin che il ponte fu compiuto, e due
-battaglioni di fanteria poterono passare il fiume e attaccare l'altura
-che domina Plava, e che non ha nome; la segnano le carte militari
-con l'indicazione di quota 383, e con questa indicazione la ricorderà
-sempre la storia.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Intanto il nemico dal sommo dell'altura contrattacca: i nostri
-due battaglioni respingono il contrattacco e si raccolgono sulla cresta.
-Il nemico contrattacca nuovamente dai fianchi, e quelli dei nostri
-ch'erano più in alto sono costretti a ripiegare, per non trovarsi isolati
-e inutilmente distrutti. Intanto altri soldati scendono dal Corada
-e passano il fiume.
-</p>
-
-<p>
-Mezza giornata di vigile riposo, e nelle prime ore pomeridiane
-del 12 due reggimenti, e alcuni battaglioni cominciano a salire l'altura
-per un pendìo ripido e sdrucciolevole. Uno dei due reggimenti presso
-Palieno ingaggia una viva lotta di fucileria contro il nemico, intanto
-l'altro, che rappresenta il fianco sinistro dell'azione, si lancia alla baionetta
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-in non meno di sette attacchi formidabili, i quali, con effetto dimostrativo,
-sforzano l'attenzione del nemico a distogliersi dalla nostra ala
-destra. Allora questa riesce ad avanzare, sotto gli shrapnells e contro il
-fuoco delle mitragliatrici. L'artiglieria ch'è al sommo allunga i tiri.
-</p>
-
-<p>
-In una giornata sanguinosissima si riesce così, non tanto a procedere
-innanzi, quanto a logorare la forza radunata dal nemico sull'altura.
-Nei due giorni seguenti si gettano altri ponti e arrivano
-rinforzi sulla sinistra del fiume. All'alba del 15 tre reggimenti iniziano
-il secondo attacco alla quota 383, ed è quello di cui parla il
-comunicato che ho riprodotto. E fecero allora stretta conoscenza con
-le difese del nemico! Trinceramenti solidamente protetti, reticolati il
-cui filo di ferro era rafforzato da ferri a T e da due spranghe, attaccati
-a pali di ferro cementati nel terreno: in punti dominanti e
-quasi irraggiungibili artiglierie abilmente dissimulate e d'ogni calibro:
-v'era anche un 305. Ma buone batterie sostengono i nostri, e i nostri
-avanzano: il terreno li obbliga a una conversione che rende difficili
-i collegamenti; non importa: avanzano a ogni modo, ognuno per
-suo conto; la cima dovrà riunire tutti i vincitori. I soldati vanno
-avanti, ognuno, di proprio conto, senza bisogno di comandi; si lanciano
-all'arma che è la loro preferita, e in cui sono invincibili; l'arma
-bianca. E verso sera riescono ad affacciarsi al ciglio delle prime posizioni
-nemiche.
-</p>
-
-<p>
-La notte dal 16 al 17, riposano nelle trincee conquistate, che
-fiancheggiano il monte.
-</p>
-
-<p>
-Quel riposo ingannò provvidenzialmente i nemici.
-</p>
-
-<p>
-All'alba del giorno appresso essi fecero i loro conti: gli italiani
-sono sulla cresta, che dalla cima scende verso sud-ovest, l'altro reggimento
-certamente è distrutto. E poichè il nostro reggimento di sinistra
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-riprende l'attacco, essi lanciano tutte le forze rimaste loro
-contro di esso. Ma l'altro reggimento non era distrutto: s'era
-semplicemente riposato, e ora sopraggiunge inaspettato e impetuoso
-contro il fianco del nemico, lo urtò, lo penetrò, lo sconquassò. Il
-brevissimo tratto si sparse rapidissimamente di cadaveri d'austriaci;
-gli altri s'arresero, tranne pochissimi che fuggirono precipitosamente
-giù per la ripa settentrionale dell'altura.
-</p>
-
-<p>
-Alle otto e mezzo del mattino del giorno 17, la quota 383 era
-nostra, Plava era libera dal suo dominio, e l'altura occupata, scendente
-giù con i suoi due costoni verso Palievo e verso l'Isonzo,
-costituiva una solidissima testa di ponte, da cui potrà cominciare a
-irradiarsi in tutti i sensi la nostra avanzata a ventaglio; portando di
-là dall'Isonzo grandi contingenti, che possono essere impiegati sia
-contro Tolmino sia contro Gorizia, oppure in una prosecuzione di
-azioni verso oriente quando quei due capisaldi della difesa austriaca
-sul medio e sul basso Isonzo fossero in nostro potere.
-</p>
-
-<p>
-Anche di questa perdita, come di quelle delle posizioni su Plezzo
-e del Monte Nero, apparve subito al nemico l'importanza, tanto
-ch'esso tentò subito, in un attacco del 20, di riprenderla, e ritentò
-poi più volte, specialmente di notte, anche con lancio di bombe a
-mano, specialmente il 22 di giugno e il 17 di luglio, attacchi brevi,
-rapidamente respinti, senza alcun risultato.
-</p>
-
-<p>
-Anche attorno a Plava la nostra occupazione si è consolidata
-in modo incrollabile, e rappresenta uno dei punti più importanti
-della travagliosa rettifica di confine che è il compito e l'effetto di
-questo primo periodo della nostra guerra.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-</p>
-
-<h2 id="carso">Il Carso</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Romans, 26 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-Dal colle di Medea, fiorito di boschetti come un nitido recesso
-d'Arcadia, ci si scopre la zona tra l'Iudrio e l'Isonzo,
-davanti al grande e confuso rilievo lontano del Monte Nero
-che ci manda il suo ultimo saluto. Sono le colline del Collio: è
-una molle transizione tra le montagne e montagne che hanno accompagnato
-tutto il nostro viaggio sinora, e la pianura che da Gorizia,
-incurvandosi attorno al Carso, volge i nostri pensieri verso il mare
-imminente.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Eccolo, il Carso fatale. Linee lunghe, curve lentissime, che pennelleggiano
-l'orizzonte di colori tepidi e morbidi. È il Carso veramente?
-Le Alpi Tridentine, le Dolomiti cadorine, i dirupi Carnici, il
-Monte Nero poderosissimo, s'intonavano più recisamente con la visione
-di forza, di lotta, di travaglio, di asprezza conquistatrice che
-quei nomi suscitano in noi. Ma il Carso sanguinoso, quello? Sono
-terrazze che invitano a salirvi per ammirare albe e tramonti. I rombi
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-del cannone che le avvolgono sembrano anch'essi più miti, spari di
-feste campestri lontane. L'aria è lucida, gli alberi svettano sul colle,
-il cielo è virgineo d'azzurro e di candore.
-</p>
-
-<p>
-Ma dal verde del terreno fioriscono scoppi improvvisi, nell'azzurro
-e nel candore del cielo sbocciano nebulette più azzurre e più
-candide di quello, e dipingono sul cielo una ghirlanda chiara che si
-chiude, si sposta, si rinnova: in mezzo alle nebulette appare un nero,
-non più che un punto, e s'abbassa, si dilata, si accende ferito dai
-raggi del sole, mette le ali. Gli scoppi degli shrapnells continuano
-a fiorire a festoni e ghirlande sotto l'areoplano, sotto i due areoplani
-che s'avvicinano a noi, in rote lente e larghe. Ora le nebulette
-dissolvendosi hanno diffuso una tenue nuvola chiara che il cielo assorbe
-nella cerulea infinità; e gli scoppi si fanno sempre più spessi,
-e gli areoplani s'allontanano, fuggono, scompaiono. Ma riportando
-lo sguardo a terra, giù nella piana, vediamo qua e là uscirne getti
-di fumo torbido. L'areoplano ha seminato qualche bomba per questi
-colti che non vorrebbero se non germi di piante benefiche, la vite
-il granturco l'ulivo il frutteto. Sono il Carso davvero quelle pendici
-tenere che tratteggiano l'orizzonte, il Carso fatale e sanguinoso, ove si
-combatte, si muore, si vince ora per ora travagliosamente la magnifica
-battaglia cui s'appunta la guerra lunga che per una serie ininterrotta
-ci ha accompagnati dallo Stelvio all'Adriatico.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Non c'erano su questo suolo difese permanenti, ma strade, ferrovie,
-ponti: chiaro segno del concetto offensivo che covava nella
-mente dei nostri nemici durante gli anni penosi della maligna alleanza.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-</p>
-
-<p>
-Pure non fu grande svantaggio per essi. La guerra moderna ha
-diminuito di molto, per non dire negato del tutto, il valore delle fortificazioni
-permanenti. Con le difese e i trinceramenti improvvisati che
-l'Austria ha stabilito su tutto il terreno, essa ci creò rapidamente
-condizioni durissime di lotta. Le complicate opere trincerate contro
-cui le nostre truppe s'imbatterono nella loro avanzata, erano veramente
-formidabili. Ma il passaggio dell'Isonzo sotto le prime pendici
-dell'altipiano, e la scalata loro, fecero subito dimenticare e parer
-lievi quelle prime difficoltà.
-</p>
-
-<p>
-Di qua possiamo vedere la lunga schiena del Sabotino: dietro
-vi passa l'Isonzo, che discende tra il Sabotino e Monte San Gabriele.
-E riconosciamo anche il Podgora, ruvido e rossiccio, come l'hanno
-ridotto miriadi di granate distruggendo il bosco foltissimo che lo ricopriva.
-E il Monte Fortin, sentinella avanzata del Medio Isonzo verso il
-Carso. Presso Sagrado il fiume svolta nella pianura, ivi un canale ne deriva
-circondando torno torno tutto l'orlo del Carso fino a Monfalcone.
-</p>
-
-<p>
-La cerchia più vicina a noi è costituita dai colli di Manzano, di
-Cormons, di Quarin, che ricollegano la pianura alla regione del
-Collio. Una pianura varia, accidentata, mossa, vivacissima di ciglioni,
-d'avvallamenti, di crespe; e la pianura continua sbalzando di là dall'Isonzo
-e insinuandosi nella vallata del Vippacco: vi biancheggiano
-Cormons, Subida, Capriva, San Lorenzo di Mossa, vi nereggia Lucinico
-arso: sporge, all'imbocco della valle, Gorizia.
-</p>
-
-<p>
-Gorizia appare, in tutti i suoi particolari, una città fortificata dalla
-natura secondo le regole dell'arte. Un bastione a sinistra: il Podgora,
-con le alture che gli si accavallano intorno. Uno a destra: il Carso.
-La pianura intermedia fa da cortina, il tratto dell'Isonzo da fossato.
-</p>
-
-<p>
-A nord di Gorizia le cime, rosse di lunga lotta, del Podgora
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-del Sabotino del Monte Santo: solo quest'ultimo ci rimane ancora
-da prendere del tutto perchè uno dei due bastioni taccia. Dell'altro,
-il Carso, abbiamo occupato intiero il ciglio esteriore da Monte San
-Michele a Monfalcone. E ci troviamo di faccia al secondo, al Vallone,
-che domina Doberdò e Oppacchiasella.
-</p>
-
-<p>
-Il Carso, tanto meno aspro, alto e diruto degli altri, è tuttavia
-una più formidabile difesa per il nemico. Il suolo n'è sassoso e roccioso,
-ma la natura calcare vi ha permesso lunghe e ampie erosioni
-entro cui i corsi d'acqua scompaiono. Nelle più late, le doline, si
-adagiavano sul leggiero strato di terra che le ricopre, intieri vigneti,
-campi, frutteti, villaggi: oggi taluni di quegli incavi costituiscono irraggiungibili
-luoghi di appostamento per le batterie austriache. Inoltre
-le pendici più alte sono ricoperte di boschi. Ne vediamo di qui
-chiaramente alcuni che si sono già conquistati una fama terribile:
-bosco Cappuccio, che imberrettava la cresta sopra Sdraussina: non
-l'imberretta più perchè i proiettili lo hanno tutto sfrondato e bruciacchiato;
-più in basso verso la piana di Gradisca, Bosco Triangolare
-e Bosco a Lancia. Furono tutti insidiosi ripari per il nemico,
-continuando la serie di fortificazioni campali che percorrevano la
-linea del fiume. I nostri non li conoscevano e dovevano avanzare
-dentro essi con non meno di prudenza che di coraggio. Sopra da
-quei boschi, e oltre verso il mare, si stende il Monte Sei Busi.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Il 24 di maggio da Saga i nostri occuparono la linea Cormons-Versa-Cervignano-Terzo:
-il 25 urtarono contro la difesa del Sabotino;
-dal 25 al 28 presero il Fortin; poi sostarono per fortificarsi
-ed organizzare i servizi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il 5 di giugno cominciò il vero periodo di attacco alle posizioni;
-l'8 si gettò un ponte sull'Isonzo a Sagrado. Intanto avevamo
-rapidamente ricostruito su palafitte quello di Pieris che il nemico
-aveva distrutto ritirandosi.
-</p>
-
-<div class="figright"><a href="images/ill-205.jpg">
- <img src="images/ill-205.jpg" alt="" /></a>
-</div>
-
-<p>
-Il passaggio del ponte di Sagrado ai piedi della prima cornice
-carsica, sotto il fuoco continuo,
-parve un miracolo. Costituiti
-di là dal fiume, cominciammo
-la serie ininterrotta
-degli attacchi su tutta la curva
-carsica: la prima occupazione
-fu quella di Monfalcone e della
-sua rocca. Nel suolo roccioso
-non potevamo scavare le trincee,
-dovevamo costruirle a sopraelevazioni
-di sacchi di pietre.
-Le linee dei muretti levate
-così si moltiplicavano, in tutte
-le direzioni, con cento svolte
-ed intrichi, man mano che salivamo.
-Il 23 tutto il margine
-dell'altipiano tra Sagrado e Monfalcone era nostro. Il 24 la linea
-nemica fu sfondata, sopra Redipuglia, con la presa di Castelnuovo.
-</p>
-
-<p>
-La quale presentò una difficoltà nuova e particolarissima in aggiunta
-alla consueta dei trinceramenti cementati e blindati. Tutta la
-regione a occidente del Carso è corsa da un sistema di canali, che
-mette capo a Monfalcone; uno dei quali è il canale Dottori, quello che
-corre ai piedi della collina seguendone la curvatura. Per raggiungere
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-la radice di essa collina occorrevano dunque ponti, e i ponti erano
-stati distrutti. Opportune cognizioni ci accertarono che era stato
-rotto l'argine del detto canale, inondando il piano e anche alcuni
-paesi, e che per mantenere l'inondazione gli austriaci avevano chiuse
-le saracinesche dell'incile di Sagrado. Nelle case di Sagrado si
-vede ancora il segno cui giungeva l'acqua. Allora alcune pattuglie
-si spinsero a Sagrado e vi ruppero un argine, in modo che il deflusso
-delle acque della inondazione si versasse nell'Isonzo: ma la
-breccia non fu abbastanza ampia, e il suolo era ancora coperto da
-uno strato di venti centimetri d'acqua.
-</p>
-
-<p>
-L'avvenuta inondazione ci dava motivo di credere che le resistenze
-del costone di Castelnuovo, a sinistra, fossero minori che nel
-costone che lo continua a destra, quello dei Sei Busi.
-</p>
-
-<p>
-La notte sul 22 giugno due compagnie traversarono il canale
-Dottori e s'abbarbicarono alla collina: la notte seguente il Genio,
-incurante del fuoco di cui il nemico lo ricopriva, gettò i ponti sul
-canale. La mattina del 24 le truppe si lanciarono attraverso l'inondazione,
-fino a raggiungere lo sperone di Castelnuovo, coperto di
-fitti boschi a noi perfettamente ignoti, pieni, come ho già detto, di
-agguati, seminati di mine. Catene di uomini usciti appena dall'acqua
-si spargevano cautamente tra gli alberi a tagliare i fili elettrici che
-congiungevano le mine e poi a scavarle una per una. Intanto una
-batteria d'artiglieria, portata audacemente sulle prime linee, cannoneggiava
-e demoliva l'incile di Sagrado, togliendo l'ostruzione e riaprendo
-il corso alle acque verso l'Isonzo.
-</p>
-
-<p>
-La mattina del 25 gran parte del costone di Castelnuovo era
-nostra, occupazione che ci permise di stabilirci almeno in punto
-elevato rispetto al fronte.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nei giorni dal 2 al 4 luglio ebbe luogo il compimento dell'azione
-su Castelnuovo.
-</p>
-
-<p>
-Quando le nostre truppe arrivarono al castello da cui il costone
-prende il nome, una parte della pendice occidentale ne era rimasta
-tuttavia occupata dal nemico. Di mano in mano che arrivavano, i
-nostri erano decimati dall'artiglieria, dalla fucileria, dalle mitragliatrici;
-ma la sola cosa che li impensierisse era la difficoltà dei reticolati
-magnifici, fortissimi, tenuti da paletti di ferro cementati nella
-roccia. Li dovettero sfondare con l'artiglieria. Aperto così in essi un
-varco, i soldati vi irruppero dentro e presero un trincerone, che fu
-il punto di partenza di un'azione di rovescio sulle altre trincee. I
-nostri cannoni avevano sparato per quattro ore consecutive su tutto
-il fronte da Sagrado a Monfalcone. In tre colpi raggiungevano la
-trincea, rovesciandone il parapetto.
-</p>
-
-<p>
-Verso la metà di luglio avvenne una nuova spinta offensiva: in
-una sanguinosa azione, compiuta con esemplare accordo tra la cavalleria
-e la fanteria, ben sei ordini di fortissime trincee furono presi;
-vi si fecero in quattro giorni quasi quattromila prigionieri oltre la
-cattura di mitragliatrici, fucili, munizioni. Nella notte del 22 il nemico
-ricevè grandi rinforzi e tentò un attacco disperato contro la nostra
-sinistra. Le nostre truppe di prima linea sostennero validamente l'urto
-finchè ricevettero a volta loro rinforzi; allora poterono, come diceva
-il comunicato relativo, “sferrare una vigorosa controffensiva che
-riuscì una vera rotta per l'avversario”. Il quale lasciò il suolo letteralmente
-coperto di cadaveri, e in mano nostra altri millecinquecento
-prigionieri. Qualche giorno di raccoglimento, e il 25 conquistiamo
-Bosco Cappuccio e alcuni trinceramenti della Selva di San Martino
-al Carso. E infieriamo contro il Monte dei Sei Busi, lo conquistiamo,
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-lo perdiamo, lo riprendiamo; anche questo terreno è per
-noi nuovo: i boschi che lo ricoprono nascondono mille insidie.
-Dobbiamo proteggerci colle maschere dai gaz micidiali emanati
-dalle bombe e dalle granate asfissianti. Solo quando i nemici sono
-snidati tutti, uno per uno, alla baionetta, dai boschi, possiamo
-dire nostro il Monte dei Sei Busi. E anche questa volta la giornata
-finisce per noi con la cattura di oltre un migliaio e mezzo di
-prigionieri.
-</p>
-
-<p>
-Il 27 la battaglia continua infocatissima: si conquista per breve
-il San Michele che domina tutto il primo tratto dell'altipiano, ma
-qui i tiri incrociati e violentissimi delle batterie multiple d'ogni calibro
-ci costringono a ripiegare; anche ripiegando, i nostri fecero
-più di mille prigionieri: erano quei soldati che dovevano tentare l'avvolgimento
-del San Michele da Rubia, e perciò vennero a scontrarsi coi
-nostri. Intanto al centro si procede alla baionetta verso la sella di
-San Martino: la sera si compie la conquista del Monte Sei Busi,
-lasciata interrotta tre giorni innanzi, con la cattura di più di tremila
-prigionieri, di cinque mitragliatrici e di molte altre armi, munizioni,
-viveri, materiale da guerra.
-</p>
-
-<p>
-I giorni che seguono sono impiegati nel fortificare le posizioni
-conquistate, rettificando a nostro vantaggio la linea di schieramento
-con parziali conquiste di trincee. Poi comincia da parte nostra un
-periodo di difesa, perchè contro la nostra occupazione il nemico si
-accanisce, non solo con i cannoni e i fucili, ma anche con le bombe
-a mano, con getti di esplosivi dagli areoplani con tentativi di incendi
-dei boschi. La nostra vigilanza sventa ogni loro tentativo. Intanto
-ci prepariamo a proseguire l'avanzata contro la seconda linea
-del nemico, preparata ad oriente di quella che abbiamo già superata.
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-L'attacco alla seconda linea comincia il 30 di luglio; il nostro
-centro comincia ad avanzare. Una breve sosta ci è imposta dall'attacco
-che il nemico porta la notte del 31 contro la nostra destra al
-monte dei Sei Busi, con truppe di Kaiserjager che distruggiamo quasi
-completamente. Grosse colonne nemiche marciano da Duino verso
-Doberdò: ma i nostri osservatori le scorgono, le nostre artiglierie
-le disperdono prima che siano giunte a rinforzare le truppe di linea
-e possiamo muovere alla offensiva, conquistare altre trincee, e intanto
-difenderci dalle azioni dimostrative che il nemico tenta contro
-l'ala sinistra, tenendo sempre per obiettivo la riconquista del monte
-Sei Busi e specialmente movendo contro il bosco del Cappuccio.
-Qua la nostra offensiva ci porta ad una brillante conquista parziale,
-quella del trincerone che domina lo sbocco orientale del bosco stesso
-e di qui gli accessi a San Martino del Carso. Col 7 di agosto siamo
-per un tratto traboccati oltre il primo ciglio dell'altipiano giù nel
-margine dell'avvallamento che scende verso Doberdò; nei giorni
-seguenti la nostra attenzione deve proteggere Monfalcone, contro cui
-il nemico accanisce con bombe incendiarie; il 26 di agosto occupiamo
-il bosco di San Martino che il nemico ha lasciato indifeso, e contro
-cui tenta un tardivo assalto furioso, che respingiamo volgendo in
-fuga gli assalitori, come respingiamo da tutte le posizioni carsiche
-tutti gli altri attacchi, specialmente notturni, pronunciati dal nemico
-con abbondante lancio di razzi luminosi.
-</p>
-
-<p>
-Altra notevole avanzata si ha il giorno 4, specialmente verso la
-strada che conduce a Doberdò. E avanzare vuol dire salire verso
-una trincea sotto il fuoco; prenderla; appena presa accorgersi che
-a lato di quella, invisibile, n'era una trasversale dalla quale il nemico
-spara nella nostra infilata; arrestarsi a conquistare anche quella prima
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-di procedere un poco più su; dilagare così, lenti, come un'acqua
-in un piano paludoso, in quella rete strana, irregolare, pazza, piena
-d'agguati, che gli austriaci con una magnifica preparazione hanno
-saputo stendere approfittando di tutti gli accidenti prodotti dall'erosione
-nel calcare dell'altipiano insidioso.
-</p>
-
-<p>
-Il diciotto di settembre segna dell'impresa carsica un episodio
-importantissimo. Il nemico era rimasto annidato, e fortemente trincerato,
-come dappertutto, entro il bosco Ferro di Cavallo, ad occidente
-del San Michele. Alternando azioni di sorpresa con attacchi di
-viva forza, la nostra fanteria prese l'offensiva e poi mano mano dilagò
-per tutto il bosco.
-</p>
-
-<p>
-Non le sole forze della fortificazione campale del nemico dovè
-vincere, ma anche la sua slealtà. Avvenne qui, com'era già avvenuto
-più volte altrove in questa guerra, che alcuni soldati simularono la
-resa alzando le mani inermi: quando i nostri, fiduciosi, furono loro
-vicinissimi, quelli si gettarono a terra e scoprirono dietro di sè
-un'altra fila a fucili spianati, che cominciò a sparare infernalmente
-sui nostri.
-</p>
-
-<p>
-In questo modo si avanza su per il Carso. Il ciglio dell'altipiano
-non ha più pietre, e allora i ripari delle trincee si fanno con
-sacchi a terra. Non potendo interrarsi, si prosegue con fortificazioni
-di riporto, che disegnano un feroce labirinto di linee aspre su tutta
-la superficie del colle. E dappertutto siamo esposti agli sguardi del
-nemico. E dietro il San Michele, fino a Monfalcone, ci aspetta l'altra
-cresta, il Vallone, maravigliosa linea di arroccamento dei nostri nemici.
-Il Monte San Michele, che dovemmo riprendere tre volte, era
-un osservatorio da cui nessun punto del terreno poteva loro nascondersi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ora il nostro fronte segue, da Peteano a Monfalcone, tutto il
-primo orlo del Carso, e si affaccia al Vallone. E gli austriaci sfogano
-il loro rancore per la grave perdita con bombardamento in continuo
-contro Castelnuovo, punto obbligato di passaggio per i rifornimenti
-e le riserve.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-</p>
-
-<h2 id="gradisca">Da Gradisca al mare</h2>
-</div>
-
-<p class="pad2 indr">
-<i>Grado, 21 settembre.</i>
-</p>
-
-<p>
-L'aspetto dei boschi bruciati, delle montagne sforacchiate, dei
-cocuzzoli arrossati dallo scoppio dei proiettili, delle campagne
-coltivate a paletti rigidi e a vaste stese di ferro, arate
-di trincee in cemento, non vi fa pensare al travolgimento di vite
-umane che ognuna di quelle scene rappresenta. Ma la dimora, anche
-di poche ore, in una città (per esempio di queste tra Cervignano e
-l'Isonzo) da cui gli abitanti sono tutti fuggiti, e il cannone e la mitragliatrice
-continuano a infierire contro le case e le strade, vi dà
-improvvisa al cuore la stretta che altri più violenti aspetti della guerra
-difficilmente riescono a darvi.
-</p>
-
-<p>
-E man mano che procediamo verso l'oriente, per Villa Vicentina,
-e passiamo il Ponte di Pieris, e ci stendiamo più a nord verso
-Turriaco e Begliano, o più a sud verso San Canziano, la desolazione
-delle case crollate, delle chiese dimezzate, dei muri forati, dei rottami
-bruciacchiati, aumenta nella dolce piana su cui l'aria pare piover
-rose ad ogni alba e violette a ogni vespero. Procedendo, ci accostiamo
-a Gradisca.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Gradisca la nitida, Gradisca la verde e candida, Gradisca la primaverile
-per eccellenza delle città, piena d'ombre di platani e d'ippocastani,
-ridente di giardini ospitali raccolti, così poco austriaca,
-così viva e gaia....
-</p>
-
-<p>
-Gradisca è un cimitero; o qualche cosa di più triste: un cimitero
-da cui siano fuggiti anche i morti.
-</p>
-
-<p>
-La popolazione è tutta fuggita, ai primi giorni, ai primi spari.
-Erano rimasti soltanto quattro vecchi paralitici. Dai letti dove il male
-li teneva immoti dovettero per più giorni sentire il rombo delle artiglierie,
-il miagolìo delle granate, il fischio della fucileria, il croscio
-delle case infrante. Poi, credo, qualcuno pietosamente li portò via.
-</p>
-
-<p>
-Ora le case distrutte sono meno malinconiche delle case rimaste
-integre, piene di segni della vita intima che le animò fino all'ultima
-ora, ma vuote dei protagonisti di quella vita. Vie intatte, persiane
-socchiuse, usci spalancati precipitosamente nella fuga, e un silenzio
-mortale che percorre le vie, dilaga nelle piazze, fascia le case, penetra
-per i fori enormi aperti dalle granate, sale le scale, invade gelido
-e bianco le camere sfatte che non sanno più nè la veglia nè il sonno.
-Mi sono sorpreso a camminare in punta di piedi lungo un marciapiede,
-come se avessi temuto di svegliare la città fantasma.
-</p>
-
-<p>
-Da un uscio semiaperto sono entrato in un caffè. C'era su un
-tavolino tutto un servizio pronto: i quattro pezzi di zucchero sul
-piattino mantenevano la disposizione architettonica che molte case
-della città hanno perduta; dovevano essere fuggiti nello stesso punto
-improvvisamente, sorpresi dal primo scroscio, l'avventore e il cameriere
-chino verso lui nell'atto di domandare: — Quanti pezzi? — Solo
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-il cucchiaino era caduto a terra. E a terra era uno dei due o tre
-tavolini posti fuori del caffè nella via. L'avventore vi ha inciampato,
-il cameriere non s'è chinato a raccoglierlo.... Così la fantasia si esercita
-puerilmente a integrare le piccole scene. Nella bottega d'un
-sarto trovo un libretto con segnate le misure degli abiti da fare.
-Presso una misurazione c'è questa nota: “<i>veronese con vestito grigio;
-persona sospetta, da tener d'occhio</i>”. Ma, suprema malinconia, in
-una modesta stanza da pranzo, a un pian terreno, c'è sulla tavola
-una tazza di latte vuotata a mezzo e lì vicino un quaderno con un
-compito di calligrafia non finito, e una penna buttata sulla tavola.
-Il piccino aspettava che sonasse l'ora della scuola. E mi agghiaccia
-il pensiero che forse un'altra più solenne ora è sonata per lui, così
-piccolo.
-</p>
-
-<p>
-M'imbatto in altri due ricordi, molto diversi, della vita che fu
-qui: il teatro e il penitenziario. Il teatro è stato sventrato da una
-granata. Sulla porta è una lapide ammonitrice: “<i>Gradiscam condidere
-veneti</i>”. Dentro, tutta la platea è intatta, con le poltroncine
-vuote, il sipario alzato, i palchetti in attesa. Qui recitò Eleonora
-Duse: al Municipio di Gradisca se ne trova ancora il documento, in
-questo manifesto:
-</p>
-
-<p>
-<i>“Teatro di Gradisca — Giovedì 27 marzo 1873 — Serata a beneficio
-della prima amorosa — Eleonora Duse — Idillio composto in
-4 atti col titolo — Celeste — del gentil poeta Leopoldo Marenco”.</i>
-</p>
-
-<p>
-Nel penitenziario visito la orribile segreta ove languì Federico
-Confalonieri: tre metri quadrati; non più alta d'un uomo non alto,
-per finestra un quadratino ritagliato nell'uscio ferrato. I pavimenti
-delle celle, delle stanze, dei corridoi, delle scale, per tutto il penitenziario,
-sono una confusione enorme di carte, d'indumenti, d'oggetti
-<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
-d'ogni genere, gettati, calpestati, trascinati dal vento improvviso della
-fuga, perchè anche i reclusi nel momento della nostra occupazione
-furono lasciati fuggire.
-</p>
-
-<p>
-Una via è chiusa da una mezza barricata. Attraverso una piazza
-ingombra di macerie e m'accorgo dal disegno del pavimento ch'era
-stata l'interno d'una casa.
-</p>
-
-<p>
-Mentre i tiri delle artiglierie nostre e delle nemiche s'incrociano
-sul nostro capo, usciamo di tra le case, cerchiamo l'aria e la luce
-che non hanno fuggito la città colpita, che non si spaventano dello
-striscio delle granate e del fischio delle fucilate che ogni tanto
-le attraversano. Per i giardini ancora verdi e per i viali ampi cominciano
-a piovere le foglie gialle dei platani. Giriamo attorno le enormi
-buche dei trecentocinque, ripiene d'acqua. Qualche errabonda palla
-di fucile viene ad abbattersi sul marciapiede, qualche altra si schiaccia
-contro un muro in forme oscene; qualcuna ancora, più malinconica
-di tutte, sibila flebile tra il fogliame, rompe due o tre rami secchi.
-Viene a finire miserabilmente lacrimosa a' miei piedi. Non ha saputo
-trovarsi un posto nella vita attiva della guerra. Ogni tanto, in un
-prato o in un'aiuola d'uno di quei giardini, l'occhio è attirato da poche
-pietre disposte in bell'ordine con una certa ricerca architettonica.
-Sono tombe d'ufficiali. Subito di là da un cancello che chiude un
-viale si vedono le trincee che s'arrampicano su per il primo declivio
-del Carso.
-</p>
-
-<p>
-E in questa desolazione può fiorire l'ironia. In un punto dei più
-battuti sorgono pochi alberi spelacchiati di tra una distesa di macerie,
-e misti a queste le reliquie, i rifiuti, gli avanzi di tutto ciò che
-serve alla vita quotidiana dell'uomo, dal libro alla sedia e dalla padella
-alla ruota; e tra quel miscuglio si sforza di sporgere qualche
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-cima di cespuglio mal fiorito, a stento, storcendo il fusto esile per
-raggiungere di sbieco la luce. Ora, tutto questo è circondato da un
-cancello, e a sommo del cancello sta scritto che “si affidano le
-piante alla tutela del pubblico”. Quei cumuli di rottami hanno una
-vaga forma di aiuole.
-</p>
-
-<p>
-E in questa desolazione può scoppiare il grottesco. Di tutta una
-casa non è rimasta che una striscia di muro, altissima, stretta, coi
-due margini bizzarramente frastagliati. Fu parete di vita domestica,
-e ora non è più nulla, isolata là in mezzo a un largo che fu strada,
-senza ufficio, senza effetto, esposta alle palle che ogni tanto vengono
-a colpirla e le cadono ai piedi come esauste: ma a quella striscia nuda
-di muro, all'altezza di quello che fu il terzo piano, è rimasta attaccata
-una lucida latrina all'inglese, e sta ancora lassù, fra terra e cielo,
-intatta: le palle di fucile la rispettano religiosamente; sembra che
-debbano rispettare quella sola.
-</p>
-
-<p>
-Lascio Gradisca, battuta dal romore dei cannoni, dei fucili e delle
-mitragliatrici, con un'impressione di silenzio che mi pare non debba
-lasciarmi mai più.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ritrovo la vita in una piccola città luminosa la cui potenza fu
-enorme, ed è morta da molti secoli: una città che all'epoca romana
-aveva mezzo milione di abitanti; che Attila fece incendiare, e neroneggiò
-contemplandone l'incendio dal colle di Udine, o secondo
-altri da quello di Medea. Il suolo n'è inesauribilmente fertile dei
-ricordi d'una ricchissima vita oggi spenta; il suo nome ci risveglia
-immagini di grandezze romane, venete, italiche: voli d'aquile sui mari.
-Forse occorreva quest'immergersi nell'aura d'una italianità che ha
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-radice nei secoli più lontani, per sentire anche più suasivamente la
-necessità della nostra guerra. I mosaici bizantini e le pitture trecentesche
-di Aquileia, la sua basilica e il suo museo, i ritratti di senatori
-romani e le pietre sepolcrali dei legionari, i miti pagani scolpiti
-nei bassorilievi e i monili delle matrone: come è veramente poco
-austriaco tutto questo! Dovè sentirlo la stessa Austria, che per farselo
-veramente suo asportò occultamente gli oggetti più preziosi del
-museo per internarli a Vienna: li asportò la notte del 28 aprile,
-proprio nel momento in cui, a quanto risulta dai libri diplomatici,
-sembravan meglio sul punto di riuscire i tentativi consacrati nell'indimenticabile
-“parecchio”.
-</p>
-
-<p>
-Austriaca Aquileia! La città che impassibile conobbe vittorie romane
-e ostrogote e bizantine e saccheggi longobardi, e mantenne
-nella lunga decadenza l'anima pura della sua grande giovinezza, non
-è indifferente alla guerra odierna; dai pulpito del Duomo che seppe
-le tre epoche più gloriose dell'arte nostra, il suo parroco predicò
-giorni sono ai popolani e ai soldati, sapete su qual testo religioso?
-sulla lettera scritta da Tito Speri nel carcere prima di morire. Per
-tanti altri parroci di paesi conquistati, il cui nome sonerebbe infamia
-nei secoli, voglio che si ricordi quello di don Innocenzo Costantini,
-parroco d'Aquileia, anima modesta di prete campagnolo, mente culta
-di studioso e di artista, cuore ardentissimo d'italianità.
-</p>
-
-<p class="ast">&#9633;&nbsp;&#9633;&nbsp;&#9633;</p>
-
-<p>
-Ma da Aquileia chiudiamo il nostro viaggio con una rapida corsa
-al mare, all'Adriatico che sta per ritornare tutto nostro, in virtù
-della grande impresa che inarca un braccio di fuoco di gloria e
-d'amore sulla nostra terra, dai ghiacciai dell'Ortler che ora mi sembrano
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-tanto lontani, fino a quest'isola dolcissima: Grado. Grado,
-isola e città ospitale, popolata di donne e di bambini, è anch'essa
-quanto vi può essere di più italiano. Amarono per interesse l'Austria
-molti de' suoi abitanti, che ora combattono sotto le bandiere gialle
-e nere. I pochi di essi che ritorneranno troveranno nei nomi nuovi
-delle strade — Via Vittorio Emanuele — Via Regina Elena — Riva
-dei Bersaglieri — il segno di qualche cosa ch'essi non sapevano
-capire, e che non è nuovo, è antichissimo, imperituro: l'anima italiana
-di Grado, della laguna, del mare.
-</p>
-
-<p>
-Scendiamo al mare dal molo e dalla lunga passeggiata lungo
-la riva. Cielo color azzurro d'Italia, mare color verde d'Italia, pendii
-folti lungo una costa là in faccia; e su quelli spiccano città maggiori
-e minori. Sono Parenzo, e più qua Pirano, e ancora più qua
-Capodistria; e poi in faccia, improvvisa, vicinissima, più grande, più
-rosea, più candida Trieste; Trieste con il suo colle e con tutta la
-sua anima rassegnata e anelante. È vicinissima. Vede sventolare il
-tricolore di Grado. Il mare è placido e l'aria quieta. Con una barca
-raggiungeremmo Trieste prima che il roseo muoia nel bruno della
-sera. Andiamo....
-</p>
-
-<p>
-Ma più vicine fumano ancora le case di Monfalcone, diuturno
-bersaglio del nemico; rosseggiano i suoi alti camini mozzati, e ci ricordano
-che il còmpito è ancor arduo, e che il cammino di Trieste
-è più lungo di quello che ci offre il calmo spazio verde e bruno
-di questo morbido golfo.
-</p>
-
-<div class="footnotes">
-
-<h2>
-NOTE:
-</h2>
-
-<div class="footnote" id="note1">
-<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dopo l'invio di questa corrispondenza i bollettini segnalarono le seguenti
-altre operazioni nella zona di cui ci occupiamo: — la notte sul 16 un
-nostro reparto, uscendo dalla capanna Milano in vai Zebrù, divisi in cordate
-traversarono il Passo dei Camosci e la vedretta di Campo e occuparono saldamente
-la cima mediana del Madatsch (a 3500 metri circa), donde si domina
-e si minaccia la via dello Stelvio verso Trafoi. Il 21 di agosto c'impadronimmo
-della testata di Val Strino, tra val Vermiglio e Val Noce, sul versante sud-ovest
-del Monte Redival. Il 25 conquistammo le posizioni austriache al passo
-di Lago Scuro e di Corno Bedole: con questa, e con un'azione del 7 di settembre
-contro il refugio Mandrone, ebbimo il dominio della testata di val Genova
-da cui si scende in val Rendena e quindi in val Giudicaria. Tale azione si collega
-quindi con quelle di val Giudicaria e di val Daone, di cui si parla più
-avanti. Il 16 settembre arrivammo alle pendici del Redival, alla testata della Val
-di Strino. E il 25 una nostra colonna alpina trasportava un cannone su di un
-ghiacciaio a 3251 metri a sud della Königs Spitze, presso la Sulden Spitze, assicurando
-così il dominio della valle di Trafoi. S'intende che un po' dappertutto
-sono segnalati ogni tanto tentativi d'attacco alle nostre posizioni, tutti sventati.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note2">
-<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La felice operazione del Ponale fu ripetuta con altrettanto successo
-il 5 di settembre in Val di Concei (laterale a Val di Ledro): un nostro distaccamento
-si spinse su Lenzumo, a due chilometri circa da Bezzecca, e riuscì
-a distruggervi la centrale elettrica e una segheria. Il 13 nostri reparti in ricognizione
-attaccarono e respinsero forti nuclei in posizione presso Cimego in
-Val Giudicaria. La notte sul 21 scacciammo da monte Melino (allo sbocco di
-Val Daone in Val Giudicaria) il nemico che vi si stava rafforzando e ne demolimmo
-trinceramenti e reticolati, togliendogli così un luogo di osservazione
-sul tratto di vai Chiese che va da Cimego a Condino. Tuttavia non lo abbiamo
-occupato ancora, perchè è battuto da Lardaro e dal Por.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note3">
-<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dagli ultimi d'agosto in poi furono compiute importanti occupazioni nella
-zona a sud dell'altipiano di Folgaria. Il 31 agosto prendemmo il Monte Maronia
-(e il 20 avevamo preso Monte Maggio), cominciando così a crearci una zona di
-dominio su Val Terragnolo da cui potremo sostenere una futura avanzata su
-Rovereto. A nord-ovest poi del Maronia espugnammo, con brillanti attacchi
-del 17, 18 e 22 settembre, il Monte Coston, con manovra aggirante permessa
-dall'occupazione di Osteria Fiorentini e Alpi Pra del Bertoldi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note4">
-<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Panarotta bombardò Borgo, già sgombro di popolazione civile e non
-occupato dai nostri, per puro vandalismo, più volte, specialmente il 31 d'agosto:
-come il giorno appresso tirò su Roncegno.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note5">
-<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il bollettino dell'8 settembre annuncia un'avanzata offensiva in tutta la
-regione del passo di Monte Croce di Comelico, la zona più aspra delle montagne
-dolomitiche, che in parecchi punti supera i tremila metri.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note6">
-<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche dopo la nostra occupazione rimasero tra i frastagli della Tofana
-e del Cristallo piccoli nuclei di tiratori scelti. Ma stiamo metodicamente ripulendo
-tutto il luogo anche da essi. Il comunicato del 22 di settembre annuncia
-che gli austriaci rimasti su quei due monti a minacciare da ovest la conca di
-Cortina, furono respinti in basso, verso le vallate del Felizon (Boite) e di Seeland
-(Rienz).</p>
-</div>
-</div>
-<hr class="silver" />
-
-<div class="boxed">
-
-<p class="x-large">
-<span class="smcap">Ezio M. Gray</span>
-</p>
-
-<p class="main-t center g">
-<b>sotto la spada tedesca</b>
-</p>
-
-<p>
-QUARTA EDIZIONE <span class="last-r">20º MIGLIAIO</span>
-</p>
-
-<p class="center">
-Dall'invasione (4 agosto) alla presa di Dixmude (15 novembre)
-</p>
-
-<hr />
-<p>
-<i>Croyez à notre vive gratitude pour le courage avec lequel vous defendez en même temps
-que la cause de nôtre pays celle de la justice et de la civilisation outragées.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Le Hâvre, 17 nov.</i> <span class="last-r"><i>Il ministro di Stato Belga</i> <span class="smcap">Carton de Wiart</span>.</span>
-</p>
-
-<p>
-Il pregio maggiore di questo volume del Gray sta nell'aver ordinata tanta copiosa
-materia in una organica esposizione, senza preconcetti e senza debolezze
-sentimentali, ma con una obbiettività che non cessa di porre in risalto, che ve
-la pone anzi più fortemente, la violenza germanica. <span class="last-r"><i>(Il Corriere della Sera).</i></span>
-</p>
-
-<p>
-È un libro dettato da una schietta e commossa simpatia per la infelice nazione
-di Re Alberto, ed ha soprattutto il merito di ricordare a noi italiani, assai
-spesso, la nostra. Per questo c'interessano particolarmente i capitoli che riguardano
-il lungo lavoro di penetrazione compiutovi dai tedeschi negli ultimi anni
-e soprattutto l'esposizione che il Gray ci fa dell'audacia e della pertinacia con
-le quali si è svolta nel Belgio l'azione dello spionaggio germanico. <span class="last-r"><i>(Il Marzocco).</i></span>
-</p>
-
-<p>
-Il diretto contatto con gli uomini e gli avvenimenti ha dato al Gray una forma
-di giudizio insolita e convincente, espresso con un'arte chiara di scrittore che
-aveva fatto già buona prova altrove.... <span class="last-r"><i>(La Tribuna).</i></span>
-</p>
-
-<p>
-Il libro del Gray è così bene costruito e pesato, così esatto nella esposizione
-ed acuto nella valutazione che è già storia, quella storia che secondo l'aforisma
-non dovrebbe essere fatta che dai posteri. <span class="last-r"><span class="smcap">M. Bontempelli</span> <i>(Il Nuovo Giornale).</i></span>
-</p>
-
-<p>
-Ezio Maria Gray fa una descrizione impressionante, nella sua tagliente e pittoresca
-sobrietà, dell'orribile sequela di sciagure che si è improvvisamente
-abbattuta sul Belgio.... Può dirsi una brillante requisitoria contro la forza, in
-difesa dei buon diritto. <span class="last-r"><i>(La Gazzetta di Venezia).</i></span>
-</p>
-
-<p>
-.... È un libro che ha un grande valore come documento e che fa perfettamente
-conoscere il sistema di preparazione alla guerra dei nostri potenti
-nemici.... <span class="last-r">S. Ecc. <span class="smcap">W. Van den Steen</span>, <i>Ministro del Belgio a Roma</i>.</span>
-</p>
-
-<hr />
-
-<p>
-Volume di circa 200 pag., in-8º grande, con una carta geografica dell'invasione
-tedesca, una pianta del campo trincerato
-di Anversa e copertina di F. Scarpelli <span class="last-r"><b>Centesimi 95</b></span>
-</p>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-<div class="boxed">
-
-<p class="main-t center">
-L'INVASIONE<br />
-TEDESCA IN<br />
-ITALIA
-</p>
-
-<p class="x-large center">
-[<i>Professori, commercianti, spie</i>]
-</p>
-
-<p class="center">
-di
-</p>
-
-<p class="center large">
-<span class="smcap">Ezio M. Gray</span>
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-<b>La guerra in tempo di pace nel concetto
-tedesco.</b>
-</p>
-
-<p>
-<b>Le forme meno note di spionaggio.</b>
-</p>
-
-<p>
-<b>Lo spionaggio aulico e colturale:</b> attività
-imperiale; istituti di coltura; ricerche archeologiche
-e storiche; cartografia; scuole.
-</p>
-
-<p>
-<b>Lo spionaggio bancario:</b> banche tedesche e
-capitale italiano; rapporti tra banche e industrie;
-le banche e la politica; schede di informazioni.
-</p>
-
-<p>
-<b>Lo spionaggio commerciale:</b> il sistema commerciale
-come sistema di conquista; superproduzione
-tedesca e mercati italiani.
-</p>
-
-<p>
-<b>Le inframmettenze politiche:</b> politica interna;
-contrabbando; agitazioni operaie; scioperi;
-giornalismo; politica coloniale.
-</p>
-
-<p>
-<b>Spionaggio militare e infiltrazione individuale:</b>
-touristi; albergatori; matrimoni.
-</p>
-
-<p>
-<b>Conclusione.</b>
-</p>
-</div>
-
-<p class="center">
-<i>TERZA EDIZIONE — 15º MIGLIAIO</i>
-</p>
-
-<p>
-Volume doppio (di circa 300 pagine) in-8º grande,
-con artistica copertina a colori
-di FILIBERTO SCARPELLI <span class="last-r"><b>Lire 1,90</b></span>
-</p>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici.
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-
-
-
-
-
-
-
-<pre>
-
-
-
-
-
-End of Project Gutenberg's Dallo Stelvio al mare, by Massimo Bontempelli
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK DALLO STELVIO AL MARE ***
-
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-Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic
-works.
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-Professor Michael S. Hart is the originator of the Project Gutenberg-tm
-concept of a library of electronic works that could be freely shared
-with anyone. For thirty years, he produced and distributed Project
-Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of volunteer support.
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-Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed
-editions, all of which are confirmed as Public Domain in the U.S.
-unless a copyright notice is included. Thus, we do not necessarily
-keep eBooks in compliance with any particular paper edition.
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-This Web site includes information about Project Gutenberg-tm,
-including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
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Binary files differ
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Binary files differ
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Binary files differ
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Binary files differ
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Binary files differ
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Binary files differ
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Binary files differ
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Binary files differ
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Binary files differ