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If you are not located in the United States, you'll have -to check the laws of the country where you are located before using this ebook. - -Title: La città italiana nell'alto Medio Evo - Il periodo langobardo-franco - -Author: Guido Mengozzi - -Release Date: July 18, 2020 [EBook #62690] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA CITT ITALIANA NELL'ALTO *** - - - - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - - - - - - GUIDO MENGOZZI - - - La città italiana - nell'alto medio evo - - Il periodo langobardo-franco - - - - ROMA - ERMANNO LOESCHER & Cº - (W. REGENBERG) - - - - - SIENA 1914 — STAB. ARTI GRAFICHE LAZZERI - - - - -_A MIO PADRE - -CON AFFETTO PARI ALLA STIMA_ - - - - -INTRODUZIONE - - -_La storia delle condizioni delle città italiane nell'alto medio evo fu -oggetto di gravi e fondamentali ricerche, per opera di numerosi storici -italiani e stranieri, a cominciare dal Muratori, dal Fumagalli, dal -Sismondi, dal Pagnoncelli e dal Savigny. Ai tempi della preparazione -del nostro Risorgimento questo tema fu anzi discusso con particolare -attenzione dal Manzoni, dal Balbo, dal Troya dal Capponi e da molti -altri perchè si volle quasi in quelle remote origini rinvenire l'anima -più spontanea della nazione, ricercandovi i diritti della nazionalità._ - -_Ma quelle dotte discussioni non riuscirono ad appagare in tutto -i desiderî degli studiosi. Sta di fatto che l'opera di Carlo Hegel -fu poco appresso una grave critica di quei risultati: e più tardi -tutti gli studiosi, in Italia e fuori, dovettero muovere da ricerche -e da argomentazioni nuove e diverse. Il problema delle condizioni -giuridiche dei vinti Romani, quello della sorte dei municipii e -delle corporazioni, quello dell'organizzazione ecclesiastica, quello -dell'origine dei Comuni furono, si può dire, ripresi _ex novo_, -e recarono luce feconda alla storia generale del diritto pubblico -italiano del medio evo._ - -_Tuttavia non si è ancora portata la ricerca, in modo abbastanza ampio -e profondo, sul punto centrale di tutti questi studii: la città, -considerata nelle sue condizioni territoriali, nelle sue divisioni -giuridiche, nella sua compagine particolare, per cui si distingue -da ogni altro elemento: organizzazione generale, circoscrizione -provinciale, circoscrizione ecclesiastica, borghi, pievi, ville, centri -rurali: la città, voglio dire, nel suo aspetto geografico, storico, -giuridico._ - -_È stato mio proposito di assumere questo tema, di natura intimamente -ed esclusivamente giuridica, per esaminarlo con tutte le mie forze, -senza pretendere di affrontare e di risolvere tutti quei problemi, -che con quel tema stanno senza dubbio in diretta connessione, ma che -qualche volta hanno contribuito, con la loro imponenza, a sviare il -giudizio degli studiosi. Da una ricerca circoscritta a questo argomento -capitale e d'indole schiettamente giuridica, ho creduto che si potesse -derivare lume anche su quei problemi, per quanto ciò dovesse avvenire -per via indiretta e talvolta soltanto per accenni, che potranno -apparire anche incompleti._ - -_Ma in un tema così vasto, che ha domandato alle mie forze una lunga e -faticosa indagine, non ho pretesa di aver portato se non un contributo -di metodo e di resultati._ - -_Nell'atto di licenziare il mio libro mi rimane tuttavia la convinzione -che dai competenti il metodo possa essere giudicato giusto e che i -resultati non siano del tutto vani._ - - - - -PARTE PRIMA - -La città romana, gota e bizantina[1] - - § 1. L'antica cerchia di Roma primitiva. — § 2. La cerchia murata - del IV sec. av. Cr. — § 3. I _Mille Passus_. Determinazione - territoriale. — § 4. Determinazione dei _Mille Passus_ riguardo - alle magistrature. — § 5. _Mille Passus Urbs e suburbium._ — § 6. - Differenza fra Roma e le altre città: _Pomoerium e Continentia - Aedificia_. — § 7. Determinazione dei _Mille Passus_ rispetto - ai plebei. — § 8. Determinazione dei _Mille Passus_ rispetto ai - beni pubblici. — § 9. Determinazione dei _Mille Passus_ rispetto - al culto. — § 10. Città e campagna negli ultimi anni dell'impero - d'occidente. — § 11. La conquista gota. — § 12. Città e campagna - sotto i Bizantini. — § 13. Le divisioni territoriali interne delle - città. — § 14. Conclusione. - - -§ 1. — Nei primi tempi storici Roma fu costituita dall'esiguo numero -delle _gentes_ delle tre tribù dei Ramnes, dei Tities e dei Luceres, -costrette più che disposte ad unirsi su di un territorio assai limitato -per necessità della comune difesa contro l'ostilità convergente degli -elementi circostanti. Ognuna di esse, infatti, conservava inalterato -l'assetto genetico interno sotto il potere, più di coordinamento -che di effettivo comando, del «rex», insieme col quale cooperavano -— per diritto proprio e non per nomina di lui — i capi delle singole -«gentes». - -Questa condizione di cose fece sì che le linee fondamentali -dell'organizzazione politica romana si formassero in modo singolare. -Il perdurare delle lotte interne ed esterne indusse a costituire un -nucleo più saldo e durevole, favorito dalle condizioni topografiche, -nucleo che divenne così capoluogo ad un tempo del territorio e centro -di organizzazione della difesa. Ed a questo fenomeno, per cui già -si divergeva dal primitivo sistema barbarico, nel quale, pur in sedi -relativamente fisse, oltre la rotazione delle terre, troviamo la vita -in villaggi facilmente abbandonabili, si aggiunse, come effetto a -causa, quello della maggior considerazione della terra stessa. Questa, -appunto perchè limitata, ebbe tanta importanza da superare quella -dei rapporti familiari, prevalenti nell'organizzazione barbarica, e -costituì la base di ogni rapporto giuridico. - -Sotto l'auctoritas del pater[2], oltre i parenti, vivevano anche tutti -coloro che, per vicenda sfortunata di guerra — deditio — o per patto -amichevole — applicatio — si trovavano alla sua dipendenza[3]. - -Lo Stato primitivo costituisce — si sa — un cielo chiuso entro cui non -si entra che attraverso l'«hospitalitas»[4]. Nell'epoca in cui prevale -il potere dei capi delle «gentes» di fronte a quello del re, che, in -tempo di pace, si limita a regolare i «Sacra» e lo sviluppo edilizio, -anche questo diritto di rappresentanza è esercitato prevalentemente -dai «patres». Più tardi, però, il potere regio, favorito dalla -naturale scissione degli antichi gruppi gentilizi in più piccoli nuclei -famigliari riconnessi al capostipite ma da esso distinti e separati, fu -avvantaggiato enormemente per il rapido incremento della popolazione. -Quest'aumento, dovuto in parte alla necessità di soddisfare bisogni, -ai quali il sistema agnatizio non sopperiva affatto o inadeguatamente, -e, in parte di gran lunga maggiore, causato dall'immissione di -elementi vinti ritenuti meno pericolosi se tolti dal luogo di origine, -portò alla costituzione entro la «civitas» di una classe speciale in -condizione giuridica inferiore a quella dei «cives» originarii. - -E, questa classe si formò sotto la _manus_ del re. - -È certo che le leggende dell'«asylum» e del ratto delle sabine, con -cui si risolveva il problema dell'aumento della popolazione, sono -di origine forestiera e quindi, presumibilmente, ostili ai romani; -ma appare altrettanto evidente, dal complesso dei miti con i quali -questi ultimi cercarono di modificarle, la modestia delle origini e -il lungo perdurare nello stadio primitivo[5]. Di più noi sappiamo -per testimonianza concorde delle disposizioni dell'antico diritto -quiritario e delle narrazioni degli scrittori[6] che intorno ad ogni -«domus» correva un _ambitus_ di origine sacrale[7] che la cingeva da -tutti i lati e che l'_insula_ dei quartieri popolari — quel vasto -agglomerato di case a diversi piani e a muri comuni — è di epoca -posteriore. - -Popolazione scarsa, dunque, ed occupante nello spazio limitato della -città un'estensione relativamente assai lata. - -Si aggiunga che la scienza ha dimostrato — il Vico con meraviglioso -genio l'aveva intuito — che le divinità adorate in appositi templi -fuori del «pomoerium» non che diverse erano addirittura straniere a -quelle adorate in Roma. E se si riconnettono tutti questi dati con la -leggenda dell'uccisione di Remo, la cui importanza, notata anche dal -vecchio Varrone, consiste nel carattere sacro attribuito alla fossa, -destinata a raccogliere la città entro un cinto inviolabile che non può -essere oltrepassato se non in luoghi appositamente determinati e cioè -le porte; se ne deduce la conseguenza che in immediata vicinanza della -città, ma separati dal vallo e dalla fossa, ci dovessero essere quei -popoli vinti che per misura di sicurezza Roma strappava al suolo nativo -e aggregava a sè collocandoli sotto l'«hospitalitas» del re. - -Ho parlato di vallo e di fossa e non di mura perchè la costruzione ed -il culto di queste è posteriore: la leggenda parla di Romolo che uccide -il fratello per aver superato di un salto la fossa già scavata o il -solco dell'aratro che segnava il luogo ove avrebbe dovuto esser quindi -scavata[8]. Non si parla affatto di mura. E il contatto continuo del -vincitore col vinto, ostile per odio recente e per diversità antica -di origine e di culto, spiega perchè fosse considerato come delitto -capitale il traversare il vallo fuori che per le porte[9]. I nomi dei -luoghi adiacenti alla Roma primitiva, infatti, sono tutti eponimi di -genti plebee; stirpi diverse, cioè, da quelle originarie di Roma. -Così il _Celius_, le due _Exquiliae_, l'_Oppius_, il _Cespius_, e -così via. Invece entro il «pomoerium» si trovavano in pari condizione -giuridica le tre tribù originarie, le cui divinità si mantennero -contemporaneamente e con pari vigore fino al tardo prevalere di Giove -capitolino, che personifica e rappresenta l'unificazione di Roma. - -Ma un allargamento di questo concetto non avviene che nel secolo -IV, quando, con la costruzione delle mura, si inizia un'amplissimo -movimento di riforme che rinnuova tutta la vecchia Roma. Infatti -la definizione del pomerio dataci dai libri auspicali[10] come di -un «locus intra agrum effatum per totius urbis circuitum pone muros -regionibus certis determinatus, qui facit finem urbani auspicii» è -posteriore, come si scorge chiaro dalla menzione delle mura, alla -costruzione delle mura stesse ed è stata presa a torto come prova -dell'identità del «pomoerium» col cerchio murale. La prova si evince, -a mio parere, da una induzione, che ritengo legittima, intorno -all'antichissima distinzione degli auspici in urbani e non urbani (ben -differente dall'altra «domi et militiae»); poichè se si tien presente -che il diritto di consultare la volontà divina spettava esclusivamente -ai patrizi[11] si dovrà anche ammettere che tale diritto in origine -spettasse soltanto alle «gentes» comprese entro il pomerio. E così -si spiega pure come l'Aventino, in tempi posteriori a quelli indicati -dalla tradizione, ma anteriori alla costruzione delle mura, rimanesse -fuori della cinta per il suo carattere forestiero e plebeo, essendo -abitato dai cittadini delle città latine vinte e dagli schiavi che ivi -si rifugiavano nell'«asylum»[12]. E si chiarisce l'altro fenomeno, non -meno importante, che solo dopo lunghe lotte la triade capitolina riuscì -a prevalere sulle altre divinità[13]. - - -§ 2. — Il nostro Bonfante, con un'indagine tenacemente perseguita, -ha dimostrato che nella famiglia romana sui membri che compongono -il gruppo familiare vi è un'autorità di natura politica tanto forte -da tenere il predominio sull'elemento patrimoniale nel passaggio -ereditario: autorità che ha una corrispondenza completa e mirabile -nel campo del diritto pubblico e che fa sì che al modo stesso con cui -nello Stato il capo apparisce come il rappresentante di un gruppo che -non muore mai, così anche la famiglia è un perenne organismo politico -il cui capo si perpetua per la designazione del successore fatta -dal predecessore[14]. Ma questo stato di cose che poteva prevalere -finchè le organizzazioni politiche di ordine superiore erano scarse o -fiacche, doveva mutarsi quando le forze centrali dello Stato operarono -con efficacia. Ne venne che questo acquistò tanto maggior consistenza -quanto più quelle, suddividendosi, formarono nuovi nuclei legati alle -«gentes» originarie da vincoli che andarono sempre più indebolendosi -fin quasi a sparire del tutto. - -Noi sappiamo come di diritto facevano parte del senato quei «patres» -che, successori dei capostipiti delle genti originarie, erano i -custodi di ciò che costituiva l'anima della gente stessa: i _sacra_, -le _feriae_, i _sepulcra_. E ci sedevano — come irrefutabilmente -dimostra la mancanza di un sistema di maggiorascato e l'uso assoluto -del regime della designazione — appunto perchè tali e non per ragioni -di parentela[15]. Il fulcro della gente era costituito dal suo culto -interno: chi dal «pater» morente era ritenuto il più atto ed il più -degno a succedergli acquistava con la designazione (dopo la relativa -accettazione) tutti i diritti annessivi, dai _decreta gentilicia_ -all'_auctoritas_ senatoriale. Il tratto caratteristico dell'eredità -romana per cui all'erede è imposto ex iure — e questa è la peculiarità -— l'onere della custodia e del mantenimento dei «sacra» anche quando, -come al tempo di Cicerone, era divenuto gravissimo, non si spiega -se non pensando ad un'epoca in cui invece costituiva l'elemento di -maggior rilievo di tutta l'eredità medesima, la quale — si badi — era -impossibile senza designazione di erede. E quest'epoca, per la natura -eminentemente religiosa dei «sacra», corrisponde a quello stadio -primitivo in cui l'elemento religioso predomina e, cioè, l'epoca regia. - -Era dunque la proprietà dei _sacra_ e dell'_hedificium_ in cui questi -si conservavano che dava diritto di partecipare all'assemblea la cui -«auctoritas» aveva come scopo precipuo l'osservanza, il mantenimento e -sopratutto il contemperamento dei vari _mores ritusque majorum_[16]. - -I rami derivati dai ceppi primitivi — patres minores — non potendo -vantare eguali diritti, furono logicamente esclusi dal senato. Però, -come compievano essi pure funzioni vitali per lo Stato, ottennero -di partecipare al pubblico reggimento mediante un'altra assemblea -— _comitia curiata_ — cui aprivano l'adito requisiti differenti, -adeguati al contributo fisico, intellettuale e finanziario che -questi rami portavano a prò della collettività. E come questo non -poteva aversi senza la presenza _assidua_ — è il termine usato dalle -fonti — nello Stato: e questa, alla sua volta, inconcepibile senza -un valido substrato economico, non poteva basarsi che sulla terra, -questi requisiti ebbero anch'essi per base l'elemento realistico della -proprietà. - -Ma intanto ne conseguì che, pur rimanendo inalterata la base realistica -dei diritti pubblici subiettivi, accanto ad una proprietà quasi -sacrale, cui ex iure essi erano vincolati, se ne ammise un'altra di -minor efficienza intima alla quale era necessaria la concomitanza di -elementi personali. - -Nè l'evoluzione si fermò qui: questi elementi personali, una volta -ammessi, agirono con intensità sempre più forte fino al punto di avere -a base non più la proprietà ma l'abitazione. Così entrarono i plebei. - -Insieme con i plebei vivevano intorno alla città anche quei clienti che -per varie e note cause si erano staccati dalle originarie dipendenze -patronali e, sempre crescenti di numero, formavano un insieme ben -distinto — come lo prova l'esistenza dei _concilia plebis_ — dai -«patres» e dai «patricii». I loro nuclei davano luogo, attraverso -ad una lenta e faticosa selezione, ad un elemento nuovo, ricco, -forte e potente, il quale, per la diversità di culto e di origini, -poteva esplicare tendenze disgregatrici. Inoltre i plebei, cooperanti -anch'essi alla vita cittadina e alle guerre, erano indotti a ribellarsi -— e lo fecero con tenacia e moderazione mirabili — a quella condizione, -imposta loro dall'egemonia assoluta delle classi più elevate, per -la quale il loro contributo di forze e d'armi era considerato dallo -Stato come il correspettivo dell'occupazione del suolo pubblico su -cui abitavano[17]. Lungamente vissuti su quelle terre nella stessa -posizione di fronte allo stato che i clienti di fronte ai patroni[18] -e ormai ignari dei remoti patti con cui i loro progenitori erano -entrati nella «civitas», si sentono — e vogliono esser riconosciuti — -meritevoli di una maggior tutela giuridica e di un più ampio godimento -dei frutti delle vittorie. - -Per la pressione delle contingenze esterne, per il timore di un -dissolvimento dell'unità così a lungo e con tanta fortuna mantenuta, -verso la fine del IV secolo av. Cr. i dominatori, stremati -dall'invasione gallica, vennero a patti con i plebei e concordarono -con essi una di quelle leggi eminentemente contrattualistiche, la cui -natura è stata messa in luce dal Dallari[19]. - -Da allora, giustamente, il Pais fa datare il risorgimento definitivo di -Roma per la sua fatidica missione. La piccola cinta primitiva cede il -posto ad un valido muro che racchiude in più ampio giro la cittadinanza -rinnovellata da nuova costituzione. Entro il muro furono chiusi anche -tutti coloro che, topograficamente, già formavano un tutto unico con -la città stessa. Ma neanche così, presumibilmente, si giunse ad aver -sufficiente numero di braccia per il compimento impellente di opere -pubbliche, sopratutto di difesa[20], e fu necessario attribuire alla -città una parte del territorio circostante, il quale venne determinato -con l'antichissimo sistema decimale dei latini. - - -§ 3. — Documenti sincroni o sicuri che indichino l'estensione precisa -della zona esterna attribuita alla città, ma con una serie di caute -deduzioni mi sembra di poter giungere ad un'accettabile soluzione del -problema. - -In primo luogo è pacifico che la prima e principale funzione del -pretore plebeo è quella di proteggere la plebe dalle «angariae». -Ora è altamente significativo che questo magistrato abbia sempre -esercitato la sua giurisdizione oltre che nella città anche mille passi -all'intorno. Non solo: la prima magistratura che compare negli albori -repubblicani non è costituita dai consoli, ma dal _praetor_[21] o -_judex_, al quale questi sono succeduti. E questa oscura magistratura -di transizione, su cui le successive hanno trovato fondamento, mi -pare di importanza peculiare per la storia costituzionale di Roma, -perchè, oltre a segnare il passaggio dal sistema monarchico a quello -repubblicano, essa indica anche che si è allargata la originaria base -del cittadinatico concedendolo anche a coloro che abitavano fuori delle -mura purchè a distanza non maggiore di un miglio, con il diritto di -partecipare alla vita pubblica nelle assemblee relativamente assegnate. - -Già verso la metà del secolo V, epoca presumibile delle leggi delle -dodici tavole, la norma in esse sancita, che nessuno sia bruciato -o seppellito entro la città, dimostra come sia attenuato il vecchio -concetto dei «sacra». La gran comunità cittadina è ormai formata: resta -che gli elementi destinati a comporla riescano a trovare un equilibrio -più equo ed una compenetrazione più piena ed a questo tendono — e con -fortuna — i plebei, sia dentro le mura che fuori fino a mille passi. - -Il Mommsen, indagando la struttura del diritto pubblico romano, ne -ha indicata con ragione la chiave nella distinzione fra l'«imperium -domi» e l'«imperium militiae», ma ne ha trascurato troppo il -modo con cui essa si è formata. Se nell'epoca più florida della -repubblica il concetto territoriale predomina assoluto senza nessun -conto dell'elemento personale (cittadinanza, patriziato, plebe) e -della natura dei singoli reati; a questo non si è giunti che per -un'evoluzione di cui solo l'ultimo stadio, tipicamente cristallizzato, -è stato da lui rilevato. I limiti rigidi segnati all'esercizio del -potere assoluto — chè questo è il contenuto dell'«imperium militiae» — -significano che originariamente coloro che si trovavano nel territorio -sacrato — _effatum_ come dicono i libri auspicali — ed erano ammessi -alla cittadinanza, godevano una protezione accordata loro in virtù di -un patto giurato da tutti gli ordini dei cittadini — «lex sacrata» — -e logicamente negata ai non cittadini. Infatti, costruite le mura e -attuata la divisione delle quattro tribù territoriali urbane, se da -una parte l'unità della città si rafforzava, dall'altra i nuovi gruppi -aggregati, per essere rimasto sempre ai patrizi l'_jus auspiciorum_, -venivano a perdere l'autonomia religiosa e amministrativa mantenuta -fino ad allora, si sarebbero trovati in condizione peggiore di prima, -se loro non fossero stati accordati congrui compensi e benefici a -cominciare da quello della partecipazione alle curie[22]. - -Nel diritto privato, invece, più compenetrato di elementi religiosi -e in mano dei soli patrizî, il principio contrattuale della virtù -legislativa, che aveva per funzione di creare un vincolo sempre più -stretto di interdipendenza fra le varie «gentes» nell'epoca regia e fra -le varie classi di cittadini in quella successiva, non si manifestò -affatto. E quindi mentre il campo del diritto pubblico fu chiuso -ostinatamente agli stranieri, ai vinti, agli alleati: fu aperto loro -con gran facilità quello del diritto privato, la cui elaborazione fu -abbandonata ai giuristi ed ai magistrati[23]. - - -§ 4. — L'importanza dei «mille passus» nel campo del diritto pubblico -fu già rilevata dagli studiosi, ma restano a mettere in luce alcuni -punti fin qui trascurati del tutto o male intesi. - -A questo mirò già in parte lo Zdekauer con un geniale e profondo -contributo rimasto, pur troppo, interrotto[24]. Egli è riuscito -a dimostrare che anche nel diritto privato i _mille passus_ si -differenziano dal rimanente territorio e sono uniti alla città, così -per l'«actio aquae pluviae arcendae», per la «locatio-conductio», -per la dazione dei tutori, per la sorveglianza delle vie da parte -dell'edile, per le fontane e per la determinazione del luogo di -nascita. E, di più, ha messo in rilievo la esistenza e la natura di -una differenza di regime giuridico, fra gli edifici che vi si trovano -sparsi irregolarmente e quelli che si staccano dalle mura con contatto -immediato formando le vie che partono dalle porte. - -La fonte più importante a questo proposito è data da un passo di Emilio -Macro, tolto dal primo libro della sua opera sulla vigesima[25], che -stabilisce il principio che per Roma «mille passus non a miliario urbis -sed a continentibus aedificiis numerandi sunt»; vale a dire che a Roma -i «mille passus» si contano non dalle mura (come si faceva in tutte -le altre città) ma dall'ultima casa ad esse direttamente congiunta in -senso radiale. - -Lo Zdekauer, premesso giustamente che tale maniera eccezionale di -misura mostra che anteriormente anche a Roma si seguì la regola comune -di contare le miglia dal segno infisso nelle mura cittadine presso ogni -porta, ritiene che il passo in questione sia da mettersi in relazione -con quello di Modestino, il quale fa obbligo al tutore testamentario, -che vuole scusarsi, di presentarsi personalmente al giudice entro un -termine di tempo fissato in proporzione della distanza[26]. - -E realmente anch'esso si riconnette alla questione se i «continentia -aedificia» sieno considerati o no come facenti parte della città. Non -credo, però, che questa sia la disposizione principale. - -In primo luogo c'è una diversità non piccola, avvertita anche dallo -Zdekauer, ma non spiegata, fra l'uso assoluto che della formula -_mille passus_ fa Macro e il modo di esprimersi di Modestino, il -quale, illustrando la nota costituzione imperiale, parla senz'altro -di _miliaria_. Nè vale il dire che non conosciamo l'opera dal cui -insieme è stata tolta l'espressione: qualunque interpretazione se ne -voglia dare, sta il fatto che l'espressione «mille passus» è quasi un -anacronismo nel Digesto e che in tutto il titolo «De excusationibus» -si parla sempre di «miliaria» e mai di «mille passus». Dal momento che -quantitativamente indicavano la stessa misura non mi par ammissibile -che in questo titolo se ne debba trovare la spiegazione. - -Io credo invece che si debba muovere da un punto di partenza diverso. - -Bisogna anzitutto riflettere che i «mille passus» come tali sono una -statuizione di diritto pubblico, sulla quale, appunto perchè tale, le -modificazioni sono entrate a stento e tardivamente: di più, sebbene -rientranti nel disegno del diritto privato con il ciclo evolutivo -messo in luce dal Bonfante[27], conservano tracce tutt'altro che scarse -della loro origine. Perciò io ritengo che si debba ricorrere all'esame -degli istituti di diritto privato che più da vicino si riconnettono col -diritto pubblico e cioè l'eredità, la tutela e la curatela. - -La _Lex municipalis tarentina_[28] e la _Lex coloniae genetivae -juliae_[29], fanno obbligo a coloro che vogliono partecipare alle -magistrature cittadine di avere un domicilium nella città stessa o nei -mille passi circostanti. Il principio, contenuto in germe nella _lex -Acilia repetundarum_ del 122 o 123 av. Cr. con l'essere stato applicato -a due colonie così diverse fra loro mostra più che probabile che fosse -tenuto normalmente a base nell'opera di ricostituzione delle città -italiane, iniziata subito dopo la «lex julia de civitate», con la quale -si concesse a tutti gli italiani il diritto di cittadinanza romano[30]. - -Ora tale possesso urbano che dava luogo a così gravi conseguenze -politiche ebbe naturalmente una più ferma, quasi direi speciale -protezione giuridica. - -Fra le imposte stabilite da Augusto ci fu la «vigesima hereditatum», la -quale, come si sa, non era variabile a seconda del grado di parentela -dell'erede col defunto. Ponendo mente che il passo di Macro proviene da -un'opera sulla vigesima e tenendo presente che fino alla fine del sec. -IV dopo Cr. gli immobili entro le città furono immuni da imposte[31], -e che, d'altra parte, i «mille passus» furono sempre considerati come -parte integrante della città murata, io ritengo che tali beni fino a -quest'epoca fossero esenti dalla vigesima. - -E in quest'opinione mi conforta l'esame del complesso delle norme -concernenti l'alienazione, la permuta, l'ipoteca etc. dei beni dei -minori. La prima disposizione imperiale che ci interessi è l'orazione -di Settimio Severo del 195 con cui si proibiscono ai tutori gli -atti dispositivi senza il «decretum judicis». Al suo tempo, si badi, -l'antica costituzione municipale era già così profondamente modificata -da presentare le stigmate della decadenza ormai vicina e, sebbene non -ancora molto esteso il sistema dell'obbligatorietà e dell'ereditarietà -delle cariche e degli uffici, più non si avevano gli antichi sistemi -autonomici con cui dalla metà del 1.º secolo av. Cr. Roma aveva tentato -unificare tutta l'Italia certo e forse tutto l'impero. - -Orbene tale orazione[32] si esprime precisamente così: «Praeterea, -patres conscripti, interdicam tutoribus et curatoribus ne praedia -rustica vel suburbana distrahant, nisi ut id fieret, parentes -testamento vel codicillis caverint». E tanto nel principio del titolo, -che è un commento di Ulpiano, come in tutte le altre leggi che a questa -si riconnettono, troviamo uniti i «praedia suburbana» con i «rustica». -Una sola fa eccezione e secondo me, importantissima: la legge con cui -l'imperatore Gordiano estende all'agnato del furioso le cautele imposte -al curatore ed al tutore, dicendo che non a torto si viene ad estendere -il beneficium dell'orazione del divo Severo, per il quale «possessiones -rusticas sine decreto Praesidis pupillorum seu adolescentium distrahi -vel obligari prohibitum est». Come si vede secondo questo passo -l'orazione non si sarebbe occupata dei «praedia rustica et suburbana» -in contrapposto ai beni urbani, ma dei soli «praedia rustica». E -«praedia rustica», si osservi, non per la loro destinazione, secondo -il concetto elaborato dalla giurisprudenza, ma, come è chiaramente -indicato dall'unione con i «suburbana», per la loro situazione -territoriale. - -Ora, poichè la disposizione gordiana del 239 è solo di pochi anni -posteriore a quella di Severo, io ritengo molto probabile che il testo -primitivo di questa parlasse solo di «praedia rustica» e che si debba -ad interpolazioni di poco posteriori l'aggiunta dei «suburbana» passata -in tutti i testi successivi. - -La regola giuridica che richiede per i soli «praedii» fuori del -suburbio l'interposizione del Preside può essere illuminata da un -doppio punto di vista. Prima di tutto da quello interno della famiglia. -Il capo di essa aveva così ampia sfera di azione che anche dopo la -morte la sua volontà aveva valore e quindi la sua designazione si -considerava perfetta nella scelta e nella destinazione specialmente -per quei beni che costituivano il nucleo più importante dell'eredità. -Si sa, infatti, che sotto un certo aspetto si può dire che l'erede -continua la personalità del defunto. In secondo luogo può essere -interpetrato dal punto di vista fiscale, per l'imposta ereditaria -della vigesima la quale, attuata la prima volta da Augusto, sparisce -prima della radicale riforma dioclezianea. Ed è logico che sia così: -concessa da Caracalla la cittadinanza romana a tutti gli abitanti -dell'impero e preso a base degli «honores» il censo determinato in base -all'entità e non alla situazione territoriale[33], i primitivi concetti -puramente romani, vigenti sopra tutto per l'Italia, andarono in disuso -ed ebbero conseguenze del tutto opposte a quelle che si sarebbero -potute immaginare. Infatti quei beni urbani e suburbani che lo Stato, -in riguardo alla loro funzione lasciava a disposizione più immediata -e rigorosa dell'autorità familiare e indenni da gravami ereditari, -quando in seguito, i concetti ereditari romani più che trasformarsi si -rovesciarono, si trovarono meno tutelati degli altri. Il preside oltre -e più dell'esazione, della vigesima, tardi entrata e presto sparita, -curava la salvaguardia degli interessi del minore. Si diminuiva la -forza creativa della designazione del de cuius ma si aumentava la -tutela del patrimonio dell'erede. Anzi, come dapprima questa vigilanza -si esercitava solo su i predi rustici, quando su questi venne invece -a fondarsi la partecipazione agli «honores», non si capì più — -specialmente trattandosi di disposizioni che dovevano aver valore nella -immensa varietà dell'impero — il nesso storico che aveva guidato a quel -resultato. E come al tempo di Cicerone non si comprendeva l'evoluzione -ereditaria nè le fasi per cui la tutela e la curatela da istituti a -vantaggio della famiglia si erano capovolti in vantaggio del minore -contro di essa; così dopo Alessandro Severo più non si comprese la -distinzione originaria dei beni in urbani e rustici e si formò la -corrente giurisprudenziale che intese a spiegarla in base alla funzione -da loro adempiuta. E come questa era diretta ad uno scopo economico -cui servivano senza contingenze di elementi politici, la legislazione -si uniformò ai criteri elaborati dalla scienza. Con questo in più: che -quei beni rustici, i quali si trovarono più tutelati perchè riguardo -a loro lo Stato restrinse gli antichi rigidi vincoli dell'autorità -familiare, resultarono più tardi a maggior vantaggio di questa perchè -nel periodo di maggior sviluppo economico furono considerati come -l'elemento indispensabile per il godimento degli «honores». Ed al -legislatore il problema si presentò in maniera del tutto opposta a -quella con cui si era impostato, perchè le prime cose che si vendevano -oltre i mobili, gli argenti, gli ori e le cose preziose erano le case -cittadine, in cui, come dice Costantino[34], era morto il padre e era -cresciuto il minore con davanti agli occhi le statue degli antenati. -Questo, dove l'eredità romana aveva trovato il suo fulcro genetico, per -cui era lasciata libera al padre la «designatio» decisiva, veniva ora -ad essere la parte del patrimonio esposta per la prima alla vendita. - -E Costantino, che ebbe sacro il culto familiare, insorse contro tali -alienazioni profanatrici con una legge basata su criteri di distinzione -dei «praedia» in «rustica» ed «urbana» importantissimi per noi. -Infatti egli mette insieme «mobilia pretiosa, urbana etiam praedia, -et mancipia, domos, balnea, horrea atque omnia, quae intra civitatem -sunt», in contrapposto a «mancipia et praedia rustica». Poichè, — come -già da più di un secolo Ulpiano aveva insegnato[35], — urbanum praedium -non locus facit sed materia, — le «domus», i «balnea», gli «horrea» -etc. sono predi essenzialmente urbani, la specificazione di _intra -civitatem_ deve avere una significazione speciale e questa non credo -possa essere che quella della città insieme col territorio che le è -intorno strettamente avvinto e distinto dal rimanente. Ed allora, se -solo i «praedia rustica» sono contrapposti a quelli della città ed, -anzi, insieme con questi sono considerati i suburbani, si avvalora -l'ipotesi da me espressa che Severo ed Ulpiano abbiano parlato di -«suburbana» solo per l'interpolazione che i loro passi hanno dovuto -subire[36]. - -La trasformazione sostanziale dei concetti su cui si basava la -partecipazione agli «honores» è importantissima per spiegare anche un -altro istituto di diritto privato: la fiducia. È noto che l'ipoteca -è un istituto di origine piuttosto tarda: le sue parti furono per -lungo tempo sostenute dalla fiducia che ne differiva sostanzialmente -perchè dava al creditore la proprietà della cosa oggetto del negozio. -Ponendo in relazione questo fatto con la norma che a base dei diritti -pubblici metteva la proprietà di una «domus», cioè di un palazzo, di -una casa signorile[37] appaiono chiare le conseguenze terribili per il -debitore fiduciario che, privato della proprietà della sua «domus», -si trovava ipso fatto privato del diritto della cittadinanza che -garantiva e tutelava più di ogni altro i cives romani. E la _fiducia_, -che si basa su un immobile, serve solo per le classi più elevate — -«patres» e «patricii» — mentre per i plebei si ha il _nexum_ che è il -titolo esecutivo personale, che dà il debitore insolvente in mano al -creditore. Solo più tardi, dopo la lunga lotta dei plebei (nella quale -è noto quanta parte avesse la questione dei debiti) così la _fiducia_ -come il _nexum_ perdono il loro carattere politico e divengono puri -istituti di diritto privato. - -La natura oligarchica della costituzione romana, insieme con le -condizioni economiche, la maggior garanzia data al creditore e la -tendenza conservatrice italica, permise a tale istituto di mantenersi -a lungo; ma anch'esso, sebbene non sparisse dal diritto privato, -perdette ogni forza nel diritto pubblico quando la magistratura poggiò -non più sulla «domus» ma sul «praedium» e non fu più ritenuta come -indispensabile la specifica proprietà dell'«hedificium». - - -§ 5. — Da quanto si è detto fin qui si apre la via ad una congettura di -fondamentale importanza. - -Se leggi speciali sanzionano per Roma il principio che i «_continentia -aedificia_» fanno parte della città, se ne può dedurre che per le altre -città vigeva il principio opposto, vale a dire la separazione fra la -città murata e le costruzioni in immediata vicinanza di essa e, cioè, -— poichè queste, per necessità di cose non potevano aggrupparsi che -presso le porte — i borghi della città stessa[38]. - -Lo Zdekauer[39] ha avanzata l'ipotesi che i borghi fossero preveduti -nel momento della fondazione della città e non già frutto e conseguenza -di un successivo incremento della popolazione. Ed ha perfettamente -ragione. - -Per quanto sieno scarsissime le fonti a questo proposito, l'importanza -del problema che esse concernono è tale che non si può almeno non -intravederlo, perchè in questo punto sta la chiave della spiegazione -del problema dell'incolato. - -Luciano[40], il mordace filosofo eclettico del secondo secolo dopo Cr., -con il suo abituale sarcasmo contrappone gli ’επήλυδες καὶ ξένοι dei -sobborghi agli indigeni — ’αυθεγευῆς θὲ ούδεις — della città, in cui -è cittadino chiunque voglia esserlo. Perciò, egli dice, i barbari sono -molti. - -E anche più esplicita è l'iscrizione affricana di Sicca Veneria che -ci parla di «incolae quae intra continentia coloniae nostrae aedificia -morabuntur»[41]. E lo stesso fenomeno è confermato per i sobborghi di -Samos[42]. - -Ora, come si è visto, soltanto a Roma i «continentia aedificia» -facevano parte della città. In tutte le altre città, invece, erano -compresi nella zona dei «mille passus». Ma non erano in tutto -regolati dallo stesso regime giuridico che reggeva le città. Oltre -alle magistrature maggiori, la cui autorità si estendeva su tutto il -territorio giurisdizionalmente soggetto alla «civitas»[43], ve ne -erano delle minori, delle quali alcune esercitavano il loro potere -sulla città e sui mille passi adiacenti e altre soltanto entro la -cinta murata. Asconio nel commento alla quarta orazione di Cicerone -contro Verre distingue nettamente il MAGISTRATUS INTRAMURANUS dal -MAGISTRATUS URBANUS[44], mentre due iscrizioni comensi ricordano il -SEXVIR URBANUS[45], che non è poi così inaudito e inesplicabile, come -è apparso al Mommsen[46], perchè esaminando tutta la scala delle -cariche[47], i collegi[48], la popolazione[49], fra la città e i -sobborghi si trovano sempre delle differenze: differenze di cui si -hanno tracce anche prostazioni finanziarie[50] e nella costruzione -dei monumenti[51]. Di più nella generalità delle città, Roma compresa, -le divinità del suburbio sono differenti da quelle cittadine[52] e da -quelle rurali. - -Qualora si metta in rapporto questo insieme di elementi col diritto -di cittadinanza romano, si può concludere che originariamente entro -la città abitavano solo i «cives», mentre i sobborghi erano rilasciati -agli «incolae». Ed è per questo che si spiega come fino da quando una -città si fondava, si prevedevano i sobborghi[53]. - - -§ 6. — La trasformazione del regime giuridico dei beni urbani e -suburbani, di cui ho parlato or ora, è relativamente tarda per le altre -città, ma antichissima per Roma, la quale si trova ad aver sorpassato -questo stadio gran tempo prima che si sia iniziato il movimento di -unificazione dei municipi e delle colonie italiane, che, secondo i -Gracchi, dovevano costituire con Roma il fulcro organico e congruo -dell'impero. Di qui la ragione della permanenza del passo di Macro nel -Digesto. - -Se il primo miglio da Roma comincia dove i «continentia» aedificia -finiscono, questi sono, evidentemente, considerati come un tutto -unico con Roma stessa. E questo è tanto vero che chi è nato nei -«continentibus aedificiis» è considerato come nato a Roma. Se non -erro la chiave per spiegare tale differenza è data dalla disposizione -per la quale chi era cittadino di Roma, per nascita o per domicilio -— poichè anche per questo valeva la stessa regola — aveva diritto -a partecipare alle distribuzioni annonarie ed ai _congiaria_ che, -immesse in modo stabile fra le spese pubbliche dalla _lex sempronia -frumentaria_ del 133 av. Cr., non furon più tralasciate. Dapprima la -distribuzione era fatta dietro un lieve correspettivo; ma verso la -metà del 1.º secolo av. Cr. divenne completamente gratuita. È qui che -balza fuori l'importanza del «pomoerium», ben differente da quella dei -secoli antecedenti. Lo Zdekauer ha dimostrato come non sia accettabile -l'opinione del Mommsen che il pomerio si mantenga quel cerchio -intramurano che gira intorno città[54]: ma io ritengo che non si debba -accogliere nemmeno l'altra accettata dallo Zdekauer, dal Detlefsen[55], -dall'Uelsen[56], dal Nissen[57] e dal Merlin[58], che il pomerio -si porti avanti non con l'ingrandimento della città, ma quando si -allargano i confini dell'impero e che rappresenti presenti una cerchia -sacrale e non un limite amministrativo o di diritto privato. - -Il pomerio, per me, conserva sempre il suo carattere peculiare che è -quello di servire a separare i cittadini della città murata da quelli -che ne son fuori: esso si allontana dalla sua base primitiva, cioè le -mura, quando le condizioni peculiarissime di Roma lo richiedono. Per -la parte politica non necessitano trasformazioni, chè la divisione -in tribù urbane e rustiche permane fino a che tutto non si accentra -nelle mani dell'imperatore. Ma la cosa è ben diversa nel campo -amministrativo: per partecipare alle distribuzioni bisognava esser -cittadini di Roma città. Ciò è tanto vero che la rubrica VII della -legge «julia municipalis», posteriore di un'ottantina d'anni, la quale -stabilisce che l'edile debba sorvegliare in egual modo le vie «in urbem -Romam propriusve urbem Romam passus mille» non conosce la distinzione -dottrinaria fra «urbs» e Roma[59], che non si era ben delineata nemmeno -ai tempi di Alfeno[60]. - -Ora a chi consideri la natura dell'equilibrio delle forze patrizie -e plebee nella costituzione di Roma non può sfuggire come la forza -del veto tribunizio sia tale da impedire ai patrizi quasi tutto ciò -che alla plebe non piace. Quando il sistema repubblicano decade e -si prepara l'avvio al principato e la corruzione serpeggia con le -fraudolente ed arbitrarie inclusioni di cittadini nelle tribù fatte dai -censori e le violenze della «turba forensis» — ben note e frequenti dai -tempi di Tiberio Gracco a quelli di Augusto — elemento indispensabile -per riuscire a dominare era appunto il favore di questa turba. Favore -interessato, ben inteso, che si risolveva nella concessione delle -cariche meglio fruttifere ai più potenti e nella distribuzione di pane -e di circensi agli altri. Varî erano i modi di contentare i primi; -unico quello di soddisfare i secondi: aumentare il numero di quelli -che avevano diritto alle distribuzioni annonarie e renderle sempre -più abbondanti e gratuite. Si vede bene che il concetto genetico era -l'attuazione pratica di un calmiere da parte dello Stato a favore -dei meno favoriti suoi membri, per render loro possibile l'acquisto -delle derrate alimentari al minor costo che la produzione annuale e le -condizioni dell'erario permettevano. - -La «lex Octavia» dell'85 av. Cr. ridusse a 5 i modi assegnati a -ciascun cittadino, ma lasciò immutato il sistema. Invece Clodio, il -turbolento e facinoroso strumento di Cesare, nel 58 av. Cr. introdusse -il principio assoluto della gratuità trasformando l'istituzione -economico-filantropica in uno strumento di dominio che Cesare ed -Augusto non si lasciarono sfuggire di mano. Il primo portò il numero -dei partecipanti a 150000, il secondo a 200000. Gli storici son -concordi su questo punto. - -Si è tentato variamente di spiegare il modo tenuto per arrivare a -questo resultato ed il Willems[61] ha messo bene in evidenza il sistema -della redazione delle liste che potevano favorirlo: ma queste erano la -conseguenza del mezzo adottato per riempirle, non il mezzo stesso. - -Questo mezzo era l'allargamento del pomerio. - -L'unico storico che si occupi un po' a lungo delle vicende del pomerio -è Tacito, che ne parla nei suoi annali[62]. Questi, messi in relazione -con le modificazioni più su accennate, concordano perfettamente. Egli -dice che il pomerio cittadino fu allargato da Sulla, da Cesare, da -Augusto e da Claudio e aggiunge che i termini posti da quest'ultimo -e di cui era stato redatto atto pubblico erano visibili ancora ai -suoi tempi. È vero che egli dice a proposito di Cesare che questo -allargamento fu fatto secondo quel «more prisco quo iis qui protulere -imperium, etiam terminos urbis propagare datur». Ma la consistenza -di questo antico costume appare evidente nel capitolo successivo nel -quale egli descrive il cerchio del pomerio segnato da Romolo e da Tazio -dopo le loro vittorie[63]. Nessun rancore si deve tenere al sobrio -storico se da buon romano egli accoglie volentieri le magniloquenti -leggende glorificanti l'Urbs; ma nessun timore che egli ne tenga a -noi, se noi che lo possiamo, vagliamo con critica severa i dati che -egli ci somministra. E questi son tutt'altro che da accogliere per -l'epoca regia. Tratto in inganno dalla somiglianza delle condizioni -nelle quali Sulla, Cesare ed Augusto avevano ampliato il pomerio con -quelle attribuite dalla tradizione a Romolo ed a Tazio egli le mette -in relazione. Ma, per quanto vi sia una remota corrispondenza di fatti, -non sono e non possono essere in relazione. - -Queste notizie servono a consentire una determinazione approssimativa -per giudicare quando entrò nella legislazione romana la massima che -considerava come parte di Roma gli edifici continenti senza soluzione -di continuità lungo le strade. Non prima di Claudio perchè egli -fissò limiti ben determinati, non dopo Papiniano perchè il passo del -Digesto[64] che parifica i nati nei «continentibus aedificiis» a quelli -nati entro le mura è tolto dal suo terzo libro «ad legem Juliam et -papiam». Dunque fra il 54 e il 212 dopo Cristo e, date le condizioni -generali dell'impero, piuttosto più vicino al secondo termine che al -primo. - -La mia conclusione si allontana alquanto da ciò che resultò allo -Zdekauer e agli altri autori ricordati. Se il pomerio include i -«continentia aedificia» e questi segnano il limite estremo del diritto -dei cittadini alle distribuzioni annonarie e il massimo termine entro -il quale il tutore, che vuole scusarsi, si considera come presente -entro la città, mi pare che sia da giudicarlo come un limite di -carattere amministrativo e di diritto privato insieme. - -Così, oltre alle trasformazioni dei domicilia suburbani, son venuto a -parlare della condizione speciale dei plebei di Roma. - -È tempo di occuparsi della plebe cittadina delle altre città. - - -§ 7. — «Plebs», secondo l'opinione concorde di tutte le fonti, di -qualunque tempo da Gaio[65], a Paolo[66] a Teodosio il giovane[67] -giù giù fino a Giustiniano[68], sotto l'aspetto personale, ha un unico -concetto negativo: è costituita dai «ceteri cives sine senatoribus». -Secondo alcuni scrittori[69] questa parola, presa in senso più stretto, -indica quella parte della cittadinanza che, non avendo alcuna fortuna -patrimoniale, è esonerata da ogni imposta[70]: ma siccome, appunto per -questo, è esclusa da ogni partecipazione alla vita pubblica attiva, -così non ne terrò conto che quando la sua posizione giuridica apparrà -modificata. - -Sotto l'aspetto della sua connessione territoriale la «plebs» è stata -fino ad ora divisa in due grandi categorie: urbana quella entro le mura -— fatta eccezione per Roma i cui «continentia aedificia», come vedemmo, -sono considerati parte integrante della città; — rustica l'altra. - -Questa bipartizione, secondo me, è errata e deve cedere il posto ad -una tripartizione così formulata: PLEBS _urbana_ — PLEBS _extra muros -posita_ — PLEBS _rustica_. - -Fondamentale a questo proposito è il tit. 55. (Ut rusticani ad ullum -obsequium vocentur) del libro XI del codice giustinianeo, che contiene -queste due leggi: - -«Ne quis ex rusticana plebe, quae, extra muros posita, capitationem -suam detulit et annonam congruam praestat, ad ullum aliud obsequium -devocetur, neque a rationali nostro mularum fiscalium vel equorum -ministerium subire cogatur». - -«Si qui eorum, qui provinciarum rectoribus obsequuntur quique in -diversis agunt officiis principatus et qui sub quocumque praetextu -muneris publici possunt esse terribiles, rusticano cuipiam necessitatem -obsequii quasi mancipio sui iuris imponant aut servum eius vel -forte[71] bovem in usus proprios necessitatesque converterint [sive -xenia aut munuscula quae canonica ex more fecerunt, extorserit, vel -sponte haec, quae inprobata sunt, oblata non refutaverit], ablatis -omnibus facultatibus, perpetuo subiugetur exilio[72]: et nihilo -minus rusticanum, qui se in eiusdem operas sponte propria detulisse -responderit, par poenae severitudo constringat. [Eadem vero circa eos -censura servetur qui xenia aut munera deferri sibi a possessoribus -cogunt aut oblata non respuunt]»[73]. - -Lo scopo di queste due disposizioni — ce lo dice il titolo — è di -impedire le concussioni e le sopraffazioni di cui erano vittime i -_rusticani_ e di proteggerli contro le arbitrarie imposizioni di ogni -_obsequium_. Quest'ultima parola ha usi svariatissimi nelle fonti -giustinianee e pregiustinianee, nelle quali ora ha significato di -_officium_, ora di _munus_, ora di _ministerium_, oscillando da un mero -contenuto di prestazione di opera ad uno più ampio di contributo di -opera e di materia. - -Nel nostro caso però, se non m'inganno, il senso ne è reso chiaro -da un'altra legge[74] strettamente connessa con le nostre. In essa -s'impone al Prefetto del Pretorio di far cessare quella _praebitio -operarum, quae inlicite a provincialibus hactenus expetita est_. - -Ora nella legge di Valentiniano, Valente e Graziano, che è la fonte di -questa disposizione e che, oltre ad esser più lunga, è diretta ad un -fine diverso, non solo questa «operarum praebitio», è qualificata come -un «obsequium», ma è anche specificata: essa si prestava _cum animalia, -quibus prosecutio debeatur, advenerint_. - -Ed in questa interpetrazione concorda anche il senso della parola -«ministerium» quale la troviamo usata in tutti e due i passi. Essa -non indica soltanto l'opera che si presta con l'intervento di una -determinata persona, ma anche un certo sacrifizio pecuniario da parte -di quest'ultima: sacrifizio che può giungere fino ad una contribuzione -vera e propria, strettamente connessa con l'opera prestata come, per -esempio, nella legge dell'anno 406 con cui Onorio e Teodosio limitano -ai soli Comites e Magistri militum il diritto di pretendere dalle città -il riscaldamento dei loro bagni privati (ministerium)[75]. - -Lo scopo generico delle due disposizioni dunque è eguale: vediamo ora -se lo stesso si può dire del fine specifico di ciascuna di esse. - -Nella prima si impone ai Rationales di non costringere al «ministerium» -delle mule e dei cavalli del fisco la plebe _rusticana extra muros -posita_ che adempie a certi obblighi. Nella seconda si proibisce a -tutti gli ufficiali sottoposti ai rettori delle provincie di trattare -il «rusticanus» come un proprio mancipio e di usare dei servi e dei -buoi di lui come di cosa propria. - -Intanto _mancipes_ ha qui un senso specifico chiarito da numerose leggi -del codice teodosiano[76]: la parola indica coloro che, preposti alle -singole _stationes_ e _mutationes_ del _cursus publicus_, ne curavano -il buon andamento guardando che gli animali non fossero rubati, -trattati male, troppo percossi, privati del pascolo etc.[77]. - -La legge dunque vuole che questi magistrati non facciano abuso dei -poteri da essi tenuti sui provinciali fino a costringerli a fornir -loro tutto il necessario per i loro viaggi, precisamente come per -il servizio pubblico erano tenuti a farlo gli appositi mancipi e, -sopratutto, non adoperino per loro esclusivo e particolare vantaggio -i servi o i buoi di essi, sempre, ben inteso, sotto lo specioso -pretesto che si trattasse di un pubblico tributo. Infatti è da tener -presente che mentre il «cursus publicus» vero e proprio è un servizio -instaurato dagli imperatori[78] e mantenuto con le contribuzioni -delle città e dei privati, tali contribuzioni non giungono tuttavia -a rivestire un carattere specifico di destinazione esclusiva a quel -particolare scopo, come avviene invece per le contribuzioni dell'annona -e dell'«hospitalitas»[79]. - -Ma in breve si aggiunse un sussidiario servizio di trasporto — _cursus -clabularis_ — cui erano adibiti i buoi. E questi buoi non erano forniti -dallo Stato ma dai proprietari fondiari sicchè tale fornitura gravava -sui fondi come un onere reale[80] insieme col «ministerium» occorrente -e cioè col mantenimento e con la cura degli animali stessi: cioè la -paglia, il fieno etc. ed il servo o i servi necessari. Costantino, che -mirava a risollevare le condizioni già tristi dell'agricoltura e a non -opprimere troppo i possessori rustici, con una legge dell'anno 315, -oltre a proibire che i buoi aratori ed i servi coltivatori potessero -essere pignorati per debiti fiscali[81], volle che i primi fossero -esclusi dal «cursus publicus» a cui dovevano servire soltanto animali -appositamente destinati[82]. - -Disgraziatamente le condizioni dell'impero, come è noto e come vedremo -meglio in seguito, peggioravano sempre più e gli imperatori non -avevano ormai altro scopo che di estorcere il massimo denaro dalle -provincie. E perciò anche la maggior parte dei saggi provvedimenti -del codice teodosiano rivolti al miglioramento ed al progresso dello -stato o spariscono del tutto o si trasformano profondamente nel codice -giustinianeo. Così avviene della legge tutelatrice costantiniana di cui -più non troviamo traccia e così avviene della legge 2 che ho riportato -integralmente e della quale le mutilazioni triboniane hanno del tutto -cambiato il senso e lo scopo. - -Importantissimo per lumeggiare questo fatto è il vedere che i due passi -— strettamente connessi l'uno all'altro — non riportati nel codice -giustinianeo da una parte ci parlano di «xenia» e di «munuscula» e -dall'altra di «possessores», dimostrando così in modo non dubbio — -anche se non bastasse il fatto che il titolo sotto cui si trova la -legge è «ne damna provincialibus inferantur», — che la legge tratta -e si occupa di «provinciales», cioè di «possessores». Invece — e -questo è il punto fondamentale — nel codice giustinianeo si occupa -dei «possessores», dei «provinciales» la legge unica del titolo «ne -operae a conlatoribus exigantur»[83] e la legge teodosiana che prima -li regolava, è trasformata completamente. Invece che i «provinciales» -e i «possessores» essa concerne quei rustici i quali risiedono su una -terra, della quale non sono proprietari, dal momento che la «praebitio -operarum» col suo contenuto economico, colpisce questi e non essi, -mentre li colpisce invece col suo contenuto di prestazione di opera, -con le angariae[84], per usare il termine tecnico delle fonti. - -Ma se noi osserviamo da questo lato la prima delle leggi prese -in esame, vediamo subito una differenza enorme. Quì la «plebs -rustica» paga la «capitatio» e presta l'«annona»: anzi è appunto -il soddisfacimento di questi oneri che dá diritto all'esenzione -dal «ministerium» delle mule e dei cavalli del fisco, tanto che, -argomentando a contrario, si può dedurre che fra quelli della plebe -rustica _posita extra muros_ tale imposta grava solamente su coloro che -sono esenti dalla «capitatio» e dall'«annona». - -Ora nella categoria dei coltivatori di terre altrui, genericamente -indicati col nome di «plebs rustica» due leggi del codice teodosiano -fanno una distinzione che permane anche nel codice giustinianeo[85], -da una parte di coloni originali[86] e dall'altra di «plebs -adscripta»[87]; ma quantunque ne costituiscano quasi la totalità -sia con l'opera che con i frutti nè questa nè quelli sono chiamati -direttamente al soddisfacimento dei «munera», dei quali risponde allo -Stato il «possessor». È giusta l'osservazione fatta dal Leicht[88] che -in realtà tali tributi, in via ordinaria, erano pagati dai coltivatori, -ma non condivido la sua opinione che questi ultimi stieno direttamente -di fronte allo Stato in qualità di contribuenti. Un caso in cui ciò -sembra avvenire è quello della legge con cui Valentiniano e Valente -concedono ai «coloni rei privatae» l'_adhaeratio_ nella _conlatio -equorum_[89] che consisteva nel pagare 23 soldi invece di ogni cavallo -da consegnarsi all'esattore[90]. Ma, anche a non considerare che questa -legge non è stata accolta da Giustiniano, bisogna pensare che siamo nel -caso specialissimo di coloni non già di un privato qualunque ma della -_res privatae_, di fronte alla quale essi per l'indissolubile legame -che ormai li avvince al fondo, appaiono nel rapporto più similiare a -quello possessorio. E per di più si tratta di coloni dell'Africa, il -paese classico del colonato e dei _saltus_, le cui «leges», come è -noto, hanno un processo di formazione[91] ed un'azione rispetto agli -abitanti del saltus, paragonabile, almeno in parte, a quella delle -leggi ordinarie per i cittadini dello Stato. - -E sopratutto poi bisogna tener presente una fondamentale distinzione -fra i redditi dei _tituli canonici_ dell'annona e dei tributi -amministrati, curati e sorvegliati dal «Comes sacrarum largitionum» -e che pervenivano al _Fiscus_, da quelli dei beni e dei «fundi» della -«res privata» che erano amministrati dal «Comes rerum privatarum»[92]. - -La legge su citata non ha carattere pubblico se non in quanto si -possono considerare di diritto pubblico le cose che compongono la -«res privata» del principe. In questo caso si tratta dei «saltus» -africani di cui il principe è proprietario nè più nè meno di un privato -qualunque[93] onde non si può avere che un rapporto puramente privato -di natura non diversa da quelli che nascono dalle disposizioni delle -«leges saltus». - -E questo è tanto vero che l'obbligo della collazione di cavalli, in -natura o in moneta, non grava su tutti i coloni del «saltus» ma solo -su quelli che, come interpetra acutamente Gotofredo, sono _obnoxii et -adscripti terrae_ sotto la vigilanza dei _procuratores saltus_ detti -anche _procuratores rei privatae._ - -Qui non si giunge ad un concetto di diritto pubblico se non attraverso -la persona di carattere prevalentemente pubblico del principe, ma la -natura del rapporto è privata. - -L'unico caso in cui si possano veramente vedere i coloni soggetti -direttamente all'imposta è dato dai coloni dei _praedia fiscalia_. -Questi appariscono in tale condizione dalla legge che esplicitamente li -sgrava dai «munera» della «civitas»[94]. - -Ma questo caso ha pur esso la sua spiegazione. Ciò avviene perchè, -per la mancanza del concetto di persona giuridica dello Stato, -concetto limitato al Fiscus, il diritto romano non concepisce dei beni -fiscali tributari dello Stato e quindi, mancando il soggetto diretto -dell'imposizione, si vuole impedire che questa venga a gravare su -coloro che con la terra appartenente al fisco hanno maggiori vincoli e, -cioè, per la parte affittata e subaffittata, al colono, al servo della -gleba che rimangono sempre vincolati al suolo per quanto gli affittuari -cambino; e per la parte dominica al «procurator»[95]. - -Ora, dunque, nel primo caso s'impone al colono una gravezza che rientra -nella categoria di quelle che gli incombono per la natura della sua -condizione giuridica. Non si deve, quindi, in questo caso parlare di -soggezione all'imposta da parte dei coloni. - -Parrebbe invece che legittimamente se ne potesse parlare per il secondo -caso; ma qui questo assoggettamento avviene per l'incompletezza della -teoria romana in un punto specialissimo, limitato, circoscritto e non -estensibile ad alcun altro caso[96]. - -C'è però una legge importantissima del codice teodosiano[97] che dice: -«decurio pro ea portione (sc. tributorum) conveniatur in qua vel ipse -vel colonus vel tributarius eius convenitur et colligit (fructus); -neque omnino pro alio decurione vel territorio conveniatur». Questa -legge è riportata dal Leicht[98] a sostegno della sua tesi e forma, -anzi, la base ed il fulcro della sua dimostrazione[99]. - -Ma a me sembra, che l'interpetrazione più piana debba considerare -il «convenitur» come riferentesi al decurione, ed il «colligit» -a «colonus vel tributarius» onde l'espressione significhi che il -decurione è responsabile del pagamento dei soli tributi delle terre che -gli appartengono e di quelle di cui gode i frutti attraverso l'opera -della «plebs rustica». Ora la natura di questa «plebs» ci è chiarita -dalle fonti che ce la mostrano assegnata, distribuita e vincolata alla -terra[100] e comprendente tutta quella scala sociale di individui che -dal servo addetto ai lavori rustici, saliva attraverso al colonato, -fino a quegli inquilini e subaffittuari sui quali specialmente, -dovevano gravare le conseguenze della scarsa certezza del diritto, -sopra tutto per il fatto che risiedevano su terra altrui[101]. Tutte -queste persone non giungevano al diritto pubblico che attraverso al -«dominus» della terra e di fronte a questo dal _servus_, che non aveva -affatto personalità, si andava fino al _colonus_ che ne aveva una -così distinta da poter annullare in parte il contenuto dispositivo -della proprietà dominica e fino al _tributarius_ personalmente -ancor più indipendente e libero del colono. Per ciò a me pare esatta -l'espressione della legge «colligit fructus»: tanto il colono, quanto -— e più — il «tributarius» hanno una sfera di attività e di produzione -indipendente o almeno autonoma di fronte all'attività dominica; ma lo -Stato ritiene responsabile il «dominus» del pagamento delle imposte -di ogni terra da cui tragga vantaggio chiunque è legato a lui e al suo -fondo. - -Stando così le cose, se si mettono a confronto le due leggi del titolo -48, salta agli occhi una differenza importantissima: quella _plebs -rustica_ che è _extra muros posita_ paga la _capitatio_ e presta -l'_annona_ direttamente; l'altra no: la prima è soggetto, la seconda -oggetto dell'imposta. - -E, spingendo anche più avanti l'indagine, vediamo sorgere evidente -anche un'altra differenza fra i due passi: nel primo l'imperatore si -rivolge al «Rationalis», nel secondo al «Rector provinciae». - -Il _Rationalis_, detto nei primi tempi dell'impero _Procurator -Caesaris_[102], prima aveva la cura della sola «res privata» del -principe, ma, quando la fortuna del capo dello Stato s'ingrossò -del fisco[103], anche per esso si ebbero dei «rationales». detti -_rationales summae_, o _summarum_. Non è facile distinguere con -precisione le funzioni degli uni da quelle degli altri: entrambi sono -egualmente ricordati nella _Notitia imperii_ come ufficiali del _comes -sacrarum largitionum_ e del _comes rei privatae_[104]. Quel che a -noi importa osservare è che essi sono ben distinti dai presidi e dai -rettori delle provincie: a questi era affidata l'_administratio_, a -quelli l'_actus_. - -Ora qual'è la ragione per cui, mirando ad uno stesso scopo generico, -il codice giustinianeo per alcuni incarica il «rationalis» e per altri -«il rector provinciae»? Non perchè si tratti di cosa del fisco — il -«cursus publicus» era «fiscalis» — tanto l'un servizio con i cavalli -e le mule quanto l'altro con i buoi lo erano. — Non perchè si tratti -di opere e prestazioni di natura diversa: in tal caso, (ne abbiamo un -esempio nella legge teodosiana accolta da Giustiniano) il legislatore -si sarebbe rivolto contemporaneamente a tutti e due, perchè, — è -bene ricordarlo — Triboniano modifica la legge teodosiana in modo -da adattarla a quella «plebs» che giustamente Gotofredo equipara ai -coloni[105]; mentre qui invece abbiamo proprio una «plebs» distinta dai -«possessores» di cui si occupa un'altra legge e questa «plebs» appare -di condizione ben diversa a seconda che sia indicata o no come _extra -muros posita_. E, di più, questa differenza di opere è legata con -una differenza giuridica rilevantissima, riguardo alla soggettività; -soggettività equiparabile e simile, ma certo non identica a quella dei -«possessores», dal momento che di questi si occupa una legge a parte. -L'aver potuto riconoscere che esiste una speciale categoria di «plebs -rustica» direttamente assoggettata all'imposta è cosa di importanza -rilevante, che dà a questa categoria una fisonomia singolare ed una -autonomia tutta propria così di fronte alla città come di fronte al -resto della _plebs rustica_ del contado, in un ambito che tutto porta a -credere essere stato quello dei _Mille Passus_. Questo riconoscimento -modifica, se non m'inganno, ciò che fino ad ora si è ritenuto in -proposito e mostra come la concezione della città e del suo territorio -avuta fino ad oggi non sia stata completa. E siccome uno studio delle -nostre città medioevali deve muovere da un esame accurato della città -romana, ognun vede l'importanza di questa constatazione. Essa sarà -ancor meglio messa in evidenza nel corso del lavoro. - -Intanto vediamo se si hanno altre prove dell'esistenza di una zona di -territorio intorno alla città governata da un regime giuridico diverso -da quello del restante territorio e i limiti e l'estensione di essa. - -Vediamo dei beni pubblici. - - -§ 8. — Senza scendere ad un esame della distinzione fra la «res -publica» e la «res in patrimonio fisci»[106], che non c'interessa -ex professo, vediamo come gli scrittori hanno distinto i beni comuni -pubblici. - -Unico, si può dire, che abbia tentato una classificazione in questa -materia, è il Rudorff[107], alla cui opinione hanno acceduto tutti gli -scrittori successivi dal Brugi[108], al Roberti[109], al Calisse[110], -al Finocchiaro-Sartorio[111]. Secondo il Rudorff tali beni si possono -distinguere in tre categorie. La prima comprende tutti i beni che -appartengono al municipio come persona giuridica ben distinta dai -suoi componenti e che — e questa è considerata come caratteristica — -non possono essere alienati. Tali sono, per un verso, le strade, le -piazze, le mura, le porte e gli edifici pubblici, «theatra, stadia -et similia» e dall'altro quelle terre, quei pascoli e quelle «silvae» -che «in tutela rei urbanae adsignatae sunt». Nella seconda categoria -sono i beni — anch'essi generalmente pascoli e boschi — appartenenti -alla comunità non come ente, ma come aggregato di persone che di essi -potevano godere dietro il correspettivo di un canone. La terza era -costituita dai beni appartenenti non a tutti i cittadini, ma ad un -gruppo di essi, con un rapporto di diritto prevalentemente pubblico, -quantunque non scevro di infiltrazioni, talvolta molto forti, di -diritto privato. I beni di queste due ultime categorie, a differenza di -quelli delle prime, erano alienabili. - -Secondo il Rudorff, dunque, i beni dell'«universitas» sono inalienabili. - -Io non condivido la sua opinione. - -Beni comuni a tutti i cittadini, intanto, sono soltanto le cose -«publicatae, ab eo qui jus publicandi habuit»[112], sulle quali tutti -i cittadini hanno «iure civitatis», non «quasi propria cuiusque»[113], -diritto di uso conforme alla destinazione e limitato in modo da rendere -possibile uguale uso da parte degli altri. Ma non erano inalienabili: -le fonti ci mostrano la procedura facile e piana con cui si toglievano -all'«usus publicus» e si alienavano[114]. Non era il carattere di uso -pubblico che ostasse, ma il consenso dell'imperatore, rappresentante -della volontà preminente del popolo romano. E quando, dopo Caracalla, -ogni predominio di Roma fu giuridicamente spento nell'equiparamento -comune, anche il consenso imperiale, poggiato soltanto su ragioni -finanziarie, per il fatto che ogni bene delle città fu considerato come -la garanzia delle imposte, non tardò a sparire. Teodosio e Valentiniano -nel 443 autorizzano espressamente le città a vendere i loro beni in -caso di bisogno[115]. - -Nè meno impreciso è il carattere preso a distinzione fra i beni della -prima e della seconda categoria. È vero che per i beni della seconda -specie si ha il pagamento di un «vectigal»[116]; ma questo non può -essere preso come criterio distintivo. Lo stesso Igino, che chiama -«vectigal» il canone pagato, distingue in diverso modo gli «agri -vectigales», i quali, secondo lui, «sunt obligati quidam reipublicae -populi romani, quidam coloniarum aut municipiorum aut civitatum -aliquarum». Egli, dunque, distingue i «bona vectigalia» dello Stato -romano da quelli delle città suddistinte alla lor volta in «coloniae», -«municipia» e «civitates»[117]. - -In realtà, se non m'inganno, a base della teoria del Rudorff sta -un equivoco causato dalla tendenza a trasportare idee moderne sulle -condizioni antiche troppo naturalmente diverse. - -Nell'epoca nostra, quantunque tale materia presenti difficoltà non -lievi[118], si hanno sicuri elementi di giudizio. Lo Stato nostro non -è più costituito da un insieme di classi o di persone una sola delle -quali domina e governa; ma risulta dalla stretta unione di un nucleo -di abitatori con un determinato territorio, su cui si aderge un governo -che è l'emanazione della volontà di questi e che ha per mira il bene di -tutti con il minor sacrificio possibile dei singoli. E questo grande -concetto è mirabilmente servito dal duttile istituto della persona -giuridica, che, teoricamente perfezionata da Savigny, ha preso ora -larghissimo e degno sviluppo. Ne consegue che criterio di distinzione -fra i diversi beni sarà, oltre l'appartenenza, la destinazione; e a -questo criterio potrà tener dietro, sebbene non sempre, ed in ogni modo -sempre come effetto non necessario, anche l'amministrazione. - -Nel diritto romano manca il grande concetto delio Stato moderno e -di più nell'antichità, quantunque lo Stato sia un'entità concreta, -mirabilmente perfetta, della fenomenologia sociale, non è un'entità di -diritto. Lo Stato, come soggetto di diritto, coincide con il «populus -romanus» e tutto ciò che a questo appartiene e che lo concerne, fu -considerato come parte integrale della sua natura pubblicistica, così -per le cose, come per i crediti e le obbligazioni patrimoniali e per -l'acquisto dei diritti[119]. Inoltre nell'antico diritto romano ogni -istituto di diritto pubblico trova il suo substrato in un istituto di -diritto privato, poichè rami interi di questo, originariamente estranei -al diritto pubblico, vi sono col tempo trapassati[120]. Si deve anche -aggiungere che l'elemento, più che principale, unico, considerato -dal diritto romano nelle persone giuridiche è quello personale; -l'«universitas», il «collegium»[121]. E così se originariamente -pubblici erano solo i beni del popolo romano[122], come pubblico -era solo il diritto che «ad statum rei romanae spectat»[123], più -tardi, essendosi l'imperatore considerato come il rappresentante del -popolo romano, i beni di lui, appunto perchè suoi, furono investiti -di carattere pubblico anche se per destinazione e per uso non erano -tali. Invece sotto altri aspetti si faceva una deviazione a questo -principio. Infatti come conseguenza dell'applicazione del sistema di -autonomia così usato dai Romani nelle conquiste, a poco a poco, più o -meno intensamente nei diversi casi, si equipararono le singole città -all'«Urbs» e si finì col chiamare pubblici, sebbene impropriamente, -anche i beni di queste. - -E, inoltre, la teoria rudorffiana pecca anche per altre inesattezze -non lievi. Non tien conto del fatto, rimarcato per la prima volta -dal Niehbur e confermato dalle indagini successive[124], della gran -varietà di condizioni di elementi e di vita delle città, ammessa e -consentita da Roma che si limitò, anche in seguito, ad adattarlo e -generalizzarlo[125]. E, per di più, ha raccolto indifferentemente -materiali di ogni tempo e di ogni provenienza senza esaminare se l'uno -poteva essere accoppiato con l'altro. - -Quel «vectigal» — prendo l'esempio più alla mano — sul pagamento o meno -del quale egli fa gran conto, indica propriamente il reddito ricavato -dai beni pubblici e riscosso per mezzo dei pubblicani[126]. Invece più -tardi da Ulpiano[127] esso ha avuto il significato di reddito di beni -pubblici comunque pagato e riscosso. E tale cambiamento di significato -fu, come ben si comprende, la conseguenza delle modificazioni subite da -quei beni che, tolti ai vinti e dichiarati suolo pubblico, formarono -la parte più importante e più produttiva dei beni dello Stato durante -la repubblica e furono poi in massima parte distribuiti ai privati con -le leggi agrarie del settimo secolo[128]. Considerare il pagamento del -«vectigal» come peculiarità di certi beni — come fa il Rudorff — non è -giusto per un duplice ordine di ragioni: anzitutto perchè il concetto -l'estensione ed il valore se ne modifica rapidamente col modificarsi -della costituzione di Roma e poi perchè non tutte le città, quando -furono assoggettate all'egemonia di Roma, furono trattate alla stessa -maniera[129]. E — aggiungo — anche se lo fossero state, beni pubblici -delle città non furono mai quei «bona vectigalia» che furono, come si -sa, distribuiti ai privati[130]; mentre invece ad esse fu conservata -un'aliquota o la totalità dei beni, che già erano goduti in comune dai -cittadini fino dalla fondazione della città stessa. Questi beni, in -quanto avevano subìto più o meno intense modificazioni nella natura -e nella funzione, si trovavano ad essere in condizioni diverse e, -conseguentemente, sotto un regime giuridico differente da quello che -regolava i beni comuni delle colonie, sia che fossero fondate «ex novo» -oppure con una «deductio». - -E così il Rudorff non tien conto, da una parte, della mancanza di -uniformità nei concetti giuridici sostanziali, dall'altra dei criteri -differenziali portati dalla varietà dei tempi. - -Per quest'ultimo riguardo si potrebbe fare a mio parere una distinzione -in tre periodi: uno (da suddividersi in altri minori, a seconda delle -vicende della città presa a studiare) fino agli imperatori; un altro -dal secolo primo alla fine del quinto e l'ultimo che comprenda le -modificazioni apportate dagli ultimi imperatori romani di occidente e -quelle ancor più gravi della legislazione gota e bizantina. - -Data la differenza enorme su accennata fra lo Stato romano ed il -moderno, io non credo che la destinazione abbia in quello l'importanza -che ha in questo e che, invece, criterio distintivo peculiare debba -essere il sistema di amministrazione, che è, nel diritto attuale, un -criterio quasi tutto affatto secondario. - -Non bisogna dimenticare, però, come la deficiente costituzione -giuridica dello Stato romano impedisca che questo, come ogni altro -sistema di distinzione, vada esente da qualche deviazione. - -Nell'anno 372 Valentiniano Valente e Graziano inibirono ai curiali -la facoltà «conducendorum praediorum et saltuum reipublicae»[131]; -ventotto anni dopo ne completarono la disposizione con la legge «de -locatione fundorum iuris enfiteutici et reipublicae et templorum»[132]. -Dal confronto di queste leggi si vede l'errore del Rudorff nel -comprendere fra i «communia» delle città, considerate come persone -giuridiche, le porte, le strade, le mura _et similia_; e le terre, i -pascoli e le selve assegnati «in tutela rei urbanae». - -Nella seconda di queste leggi si considerano i «loca reipublicae, -quae aut includuntur moenibus aut pomeriis sunt connexa», insieme con -i «praedia» ed i «saltus» di cui parla la legge del 372, proibendo -degli uni e degli altri la «conductio» ai curiali. Questi ultimi -beni vengono distinti dalle mura, porte, strade, piazze, teatri e -stadi, di cui parla Marciano[133], ossia «omnia aedificia publica -sive iuris templorum intra muros posita vel etiam muris coherentia», -i quali, nel caso che «nullis censibus patuerint obligata», Arcadio e -Onorio stabilirono nel 401 che «curiales et collegiati teneant atque -custodiant»[134]. - -E ciò, si badi, senza che manchi un esatto criterio di distinzione -fra le due prime specie di beni: nell'un caso si parla di «loca», -nell'altro di «praedia» e di «saltus». «Locus», ce lo dice -Fiorentino[135], «sine aedificio in urbe area, rure autem ager -appellatur»: esso non è un «fundus,» come nota Ulpiano[136], «sed -portio aliqua fundi». Ed è chiaro anche il processo di modificazione -del concetto delle mura e delle porte. Da prima, per il simbolico -e religioso modo con cui erano costruite, si consideravano come -sante e pubbliche in quanto edifici destinati al culto, il quale -era considerato come funzione di Stato. Più tardi un logico senso -di differenziazione, senza far loro perdere il carattere religioso, -li separa dagli edifici più propriamente destinati al culto, -riconnettendoli ai beni pubblici ai quali erano da ascriversi per -l'appartenenza, per la destinazione e per l'amministrazione. - -Arcadio e Onorio, con le due leggi del 400 e del 401, disciplinano -nuovamente il regime dei beni pubblici, con la mira di stringere -ancor più il cerchio di ferro, che univa le persone al luogo di -origine[137]. Essi vogliono che i beni enumerati vengano affidati -in perpetua conduzione, mediante il pagamento di un annuo canone -congruamente determinato, ai _municipes collegiati et corporati_[138]. -Gotofredo, nel commento a questa legge, ritiene che «municipes» -indichi i curiali, i decurioni; ma io penso invece che la parola abbia -proprio il senso originario ristretto di «muneris participes recepti in -civitate»[139]. Contro l'interpetrazione comune data da Paolo[140], a -me sembra che urti la lettera della legge: _penes municipes corporatos -et collegiatos_ URBIUM _singularum conlocata permaneant_. Ora _urbs_, -lo sappiamo, ha un significato tecnico che ne circoscrive l'ambito -al cerchio delle mura[141]. E sappiamo pure che base esclusiva -dell'organizzazione agraria dei romani era la città, e che solo in -essa i cittadini abitavano e risiedevano[142], con esclusione, come ho -cercato di dimostrare, anche dei sobborghi[143]. - -E c'è di più. - -Costantino proibisce ai curiali la conduzione dei PRAEDIA e dei SALTUS -_reipublicae_, Onorio e Arcadio prima vogliono che i «LOCA _reipublicae -quae_ (si noti) _aut includuntur moenibus aut pomeriis sunt connexa_ -penes municipes corporatos et collegiatos conlocata permaneant»; e -l'anno dopo danno delle norme per l'_amministrazione_ di tutti gli -AEDIFICIA PUBLICA _intra muros posita vel etiam muris coherentia_, i -quali «aedificia», se «nullis censibus patuerint obligata», «curiales -et collegiati teneant atque custodiant». - -Anche non ponendo mente che gli imperatori medesimi, regolando la -stessa materia, non potevano dimenticare la norma emessa pochi mesi -prima — onde si può credere che avrebbero usata la stessa frase se -avessero voluto esprimere lo stesso concetto —; vi è un altro argomento -che porta, se non erro, un valido sussidio alla mia ipotesi; ed è la -clausola che non fossero obbligati a nessun censo, clausola che non può -indicare se non l'occupazione di suolo pubblico permessa ad un privato, -dietro il correspettivo di un canone, il cui nome tipico è appunto -censo. - -Ed allora, se non m'inganno, scaturisce chiara una triplice distinzione -dei beni comuni delle città: - -1) _praedia_[144] e _saltus_, cioè appezzamenti di terreno coltivabile -o ad uso di pascolo da essere locati al migliore offerente; - -2) terre, aree, appezzamenti di terreno[145] entro la città o -riconnessi al pomerio[146], da locarsi a cittadini collegiati o -corporati; - -3) _aedificia_ entro la città o ad essa ricongiunti, i quali, fatta -eccezione di quelli vincolati a privati dietro il pagamento di un -censo, devono essere tenuti e custoditi dai curiali. - -I primi, del cui reddito i cittadini godevano solo indirettamente, -potevano essere liberamente locati al miglior offerente. Ma gli altri -beni, che si trovavano entro la città o in immediata vicinanza e ne -toccavano più da presso la vita, potevano esser locati soltanto a -cittadini («omnis venientis extrinsecus... ademptatione remota»), -i quali offrissero serie garanzie, evitandosi modi di «occultae -conductionis». Si richiedevano cittadini collegiati e corporati, -uniti, cioè, in quei collegi ed in quelle corporazioni che, per la loro -importanza, erano giustamente detti _membra urbis_[147]. Ad essi soli, -che sostenevano carichi e pesi pubblici, si concedeva il vantaggio -dei redditi di questi beni, dietro il correspettivo di un canone, che -il ristretto numero dei concorrenti rendeva assai tenue; mentre se ne -escludeva quella _plebs urbana_, che Costantino aveva dichiarata immune -dalla _capitatio_[148] e che veniva a goderne indirettamente a traverso -al censo annuo riscosso dal municipio ed adoperato a comune vantaggio. -E, finalmente, gli edifici in città o nella cerchia del pomerio — -rispettate le concessioni già perfette al momento della promulgazione -della legge — non potevano essere ceduti; ed i decurioni, come -rappresentanti della città, dovevano esercitare l'ufficio di vigilanza -e di custodia di questi beni, che formavano parte integrante della -città e dei quali tutti i cittadini godevano. Dunque, accanto a fondi -comunque appartenenti alle città e dovunque situati, si distinguono le -terre e gli edifici che sono entro le città stesse o sono ricongiunti -ai loro pomerii. - -Quale sia il limite territoriale di questa ricongiunzione la legge non -dice: segno evidente che la teorica e la pratica concordavano a pieno -a questo riguardo. E poichè noi non conosciamo altro termine usato dai -Romani fuori di quello dei _mille passus_, ritengo che appunto questo -limite fosse pacificamente riconosciuto a base della costituzione dei -tempi imperiali. - - -§ 9. — Si è visto come la legge di Arcadio ed Onorio accenni anche agli -edifici _iuris templorum_. Nessuna meraviglia che fossero considerati -come pubblici in uno Stato in cui il culto era riguardato come una -funzione statuale:[149] per il problema nostro importa vedere se -abbiano qualche importanza le divisioni territoriali e più specialmente -quella dei mille passi. Ammesso come vero ciò che io son venuto fin -qui esponendo sulla differenziazione di questa cinta suburbana, nulla -impedisce di supporre che il noto adattamento della Chiesa nelle -circoscrizioni territoriali laiche non si sia arrestato davanti a -quella. Ho già ricordato che i templi fuori delle mura sono così -frequenti da essere giudicati di rito fino dalle prime età di Roma. Ma, -se non è raro il caso di luoghi ove città suburbio e contado abbiano -ognuno divinità differenti, come Roma, Aventicum, Selinunte, Segeste, -Taormina, Samo, Fotidea ed altre[150]; le leggi di Arcadio ed Onorio -del 400 e del 401, insieme con altri elementi, mostrano che questo -stato di cose, fatta eccezione di Roma e, forse, di qualche altra -città, col modificarsi della costituzione romana[151], finì col dare il -posto ad un altro, nel quale le divinità del suburbio furono accolte -fra quelle cittadine e la città ebbe un _pagus suburbanus_ ad essa -ricongiunto per ragioni di culto. - -Tale è il _Pagus Aug. Felix suburbanus_ di Pompei[152]. - -Il Mommsen, illustrando le numerose iscrizioni che lo ricordano, non -ha creduto di poter giungere ad alcuna conclusione sicura, ed il Voigt -non si è occupato di tale questione. Ma, considerando come la Chiesa -cattolica si sia fatta un'arma contro il paganesimo soppiantandone le -manifestazioni del culto[153] e sostituendo le proprie istituzioni, -anche nelle divisioni territoriali già da quello costituite, a me -pare che, se fonti più tarde e documenti attendibili mostrano con -evidenza che la Chiesa, come norma generale, considerò la città insieme -ad un cerchio più o meno esteso di territorio all'intorno[154], lo -stesso si debba presumere essere avvenuto antecedentemente. E valga -il vero: un documento pontificio interessantissimo toglie ogni dubbio -a questo riguardo. Nell'aprile del 596 Gregorio Magno si rivolge a -Mariniano «episcopo ravennati cum caeteris fratribus et coepiscopis -et sacerdotibus, levitis, clero, nobilibus, populo militibus civitate -Ravenna consistentibus vel _ex ea foris_ degentibus»[155]. Numerosi -documenti, che appartengono ad un periodo successivo, provano il -perdurare inalterato di uno stato di cose da secoli in vigore e -spiegano il valore della espressione _ex ea foris_, che potrebbe essere -interpretata in senso più lato che la frase non consenta. Per economia -del lavoro e per non ripetermi, dovendo esaminare ad uno ad uno i -documenti in parola nella seconda parte, riporterò ivi i testi, dai -quali resulterà che l'unica ipotesi accettabile è che il pago suburbano -si circoscrivesse nel limite dei _mille passus._ - - -§ 10. — Parlando del limite dei _mille passus_ rispetto al culto, ho -accennato ad uno dei mutamenti su essi portati dagli ultimi secoli -dell'impero d'occidente. Bisogna ora considerare tale questione in modo -più ampio. E perciò è necessario gettare un colpo d'occhio, per quanto -rapido, sulla vita cittadina nel suo complesso. Non intendo entrare -in un esame minuto, quantunque non le condivida, nè dell'opinione del -Declareuil[156], il quale ha sostenuto che la decadenza dell'impero è -posteriore di un secolo a quanto si ritiene comunemente; nè di quella -del Baudi di Vesme[157], il quale, in antitesi piena col Declareuil, -pensa che già alla metà del secolo quarto l'organizzazione sia stata -così completamente trasformata da essere del tutto spariti gli antichi -duumviri giusdicenti, e sostituiti dovunque da un _comes_. A me basta -considerare le trasformazioni del giuoco delle forze cittadine e le -conseguenze che esse hanno avuto. - -La plebe, nel senso moderno della parola, cioè i nulla tenenti, non -aveva obblighi e non aveva diritti: l'autorità risiedeva nelle curie -e nei magistrati. Però, essendo tali organi troppo rigidi; siccome si -era venuta formando lentamente una nuova classe, uscita dalla plebe per -ragione di aumentate ricchezze, i suoi componenti, che erano i _minores -possessores_[158], mentre venivano aggregati alle curie per tutti gli -oneri, non avevano poi alcun vantaggio, nè difesa speciale. Di ciò fu -incaricato il _defensor_[159], che fu istituito come rappresentante e -tutore dei loro interessi dagli imperatori, i quali ne rilasciarono -la nomina alle città: e queste vi procedettero per mezzo delle -magistrature e delle curie, senza partecipazione alcuna della plebe, -che, per essere stata esentata dalla _capitatio_ da Costantino e per la -sua povertà, non poteva aver bisogno di uno speciale rappresentante, -nè, logicamente, partecipare all'elezione di esso. La plebe non -partecipava alla vita pubblica che attraverso alla Chiesa. La Chiesa, -centro fino dal terzo secolo, di interessi per tutti coloro che dalla -potestà laica erano meno favoriti, ottenuto pieno riconoscimento -giuridico e politico, avocò a sè a poco a poco le funzioni degli -antichi culti, ed al modo di essi fu considerata come funzione -pubblica e le fu affidata parte rilevante di quell'azione civile che -lo Stato più non poteva espletare. E poichè, come gli antichi canoni -sanciscono[160], il vescovo, nominato dal clero e consacrato dal -pontefice, deve essere eletto da tutti i fedeli; così anche quella -parte della popolazione che ne era altrimenti impedita, riuscì a -conseguire una partecipazione, per quanto tenue, alla vita cittadina. - -Per necessità di cose, però, la Chiesa, entrata nell'orbita delle -istituzioni statuali ed uniformandosi ad esse, aveva ristretto -l'originario _corpus christianorum_ nel _sacrum venerabile concilium_ -costituito dal corpo dei sacerdoti e l'azione della plebe nella -costituzione politica sarebbe stata ben presto ridotta al nulla, se -altre e più forti cause non avessero agito vigorosamente. Cominciata -verso la fine del secolo quarto la serie delle invasioni barbariche, -s'imposero riattamenti di mura e riordinamento dell'esercito. All'una -ed all'altra cosa gli imperatori tentarono provvedere. Abolita -l'antica libertà di disposizione di cui godevano le città per il -riattamento e la conservazione delle mura[161], Arcadio e Onorio nel -395 vollero destinata a tale scopo la terza parte del canone «qui ex -locis fundisque reipublicae annua praestatione confertur»[162]: ma, -essendosi questo reddito manifestato insufficiente, malgrado che alle -città fossero state restituite le «possessiones» tolte ad esse dagli -imperatori cristiani e donate alla Chiesa[163], l'anno dopo stabilirono -un'imposta apposita, confermata più tardi da Onorio e Teodosio[164], -che colpiva tutti indistintamente gli abitanti delle città — _ordines -et incolae_[165]. - -L'imposta alla quale _universi_ erano soggetti _portione suae -possessionis et jugationis_, era reale e colpiva solo i possessori, -compresi quei minori, più su ricordati[166]. Ma non bastava costruire -e mantenere le mura: bisognava difenderle. E agli imperatori, riuscito -vano ogni tentativo di riforma dell'esercito[167], ormai divenuto una -esosa ed obbligatoria contribuzione di uomini e di denaro e precipitato -dagli antichi nobilissimi elementi romani in un'accozzaglia spregevole -di barbari, di servi, di schiavi e di coloni[168]; come era riuscito -vano ogni tentativo di riorganizzare le curie e i collegi[169], non -rimase che concedere ai cittadini l'uso, fino allora proibito[170], -delle armi[171] ad esortarli a combattere per la difesa delle loro -persone e delle loro case. Tale appello muove _ad populum_[172] -Valentiniano, quando nel 440 Genserico si presenta minaccioso in -Italia; e lo ripete in speciale modo ai Romani, che le mura aureliane, -terminate da Onorio e restaurate da Probo, più non riuscivano a -difendere[173], imponendo a tutti indistintamente — «nullus penitus -excusetur» — la restaurazione e la «custodia murorum portarumque». - -Tutti i cittadini, ormai, anche i nullatenenti dovevano cooperare -alla difesa della città: quegli oneri che prima gravavano direttamente -sui patrimoni e sulle terre, si trasformano in pesi personali. Non si -tratta soltanto di fornire i tironi e i cavalli: occorrono le forze e -il braccio di tutti; ed il ferro barbarico, aprendo aspre ferite, pur -nello strazio immane che ne consegue, oltre a deporre il germe fecondo -del sentimento della necessità che tutti combattano e tutti difendano -la propria città portò altre non meno gravi conseguenze. - -Prima di tutto si veniva lentamente formando quell'insieme dei meno -favoriti, del quale si vede lo sviluppo successivo nell'_exercitus_ -cittadino delle città bizantine, che comprende tutti gli armati _qui in -civitate inventi sunt a puero usque ad senem_[174]. - -Inoltre fin che gli oneri gravavano su coloro che possedevano terre, il -diritto di decisione spettava ai curiali, e più tardi, per mezzo del -_defensor,_ a tutti i _possessores_; ed il maggior vantaggio spettava -a quei _collegiati_ e a quei _corporati_ che soddisfacevano a tante -necessità della vita pubblica: mutate le condizioni e resa necessaria -la cooperazione di tutti; anche i minimi, che solo la Chiesa aveva -uniti alla collettività cittadina, ebbero diritto alla partecipazione -alla vita pubblica. E mentre già dal 443 Teodosio e Valentiniano[175] -avevano riconosciuto loro il diritto di decidere in merito -all'alienazione dei beni della città, i quali possono essere alienati -solo _cum communi consensu_[176], così da Maioriano li vediamo ammessi -all'elezione del _defensor: municipes, honoratos,_ PLEBEMQUE.... -_adhibito tractatu atque consilio_, egli stabilisce, _sibi eligant -defensorem, factumque dematurent_[177]. - -Ed anche la posizione giuridica di tali beni venne, conseguentemente, a -mutare. - -Che le alienazioni di questi fossero divenute frequenti è dimostrato -dalla costituzione del 443, che le proibisce quando non sieno promosse -da uno stato di estrema necessità. Tali beni pubblici segnano ora il -correspettivo dei nuovi aggravi militari richiesti ai cittadini, oltre -l'obbligo normale imposto dalla costituzione politica. Di fronte allo -Stato certe terre rappresentavano un certo contributo di soldati, di -annona, di tributi: _praebitio tironum, praestatio annonae, tributorum, -hospitalitatis_ etc. Talune, anzi, _terrae limitaneae, burgariae,_ -avevano questa sola massima e specifica funzione di servire agli -obblighi della milizia. E da un punto massimo, segnato da queste terre -limitanee, sulle quali, per l'intensità con cui erano colpite da oneri -militari nessun'altra imposta gravava[178], si scendeva ad un minimo in -quelle terre che dovevano fornire contributi di varia indole, ciascuno -dei quali, e quello militare fra questi, era, necessariamente, meno -rigido e meno esteso che nelle terre della prima specie. Oramai anche -le città, per le continue esigenze della difesa, venivano accostandosi -alla condizione giuridica di quelle colonie militari, per cui il -servizio armato era scopo principale, e, come queste, erano obbligate -alla _munitio_[179]. Tale obbligo era generale; sola differenza era che -i coloni, appunto perchè tali, erano tutti proprietari di una terra; -i cittadini no; e, quindi, nelle città le terre pubbliche dovevano -più intensamente servire quasi di correspettivo al servizio personale -richiesto ai cittadini. L'economia, ormai poverissima, non s'imperniava -più sul denaro, ma sulla terra, che divenne il fattore dominante: e -ne conseguì, naturalmente, l'aumento considerevolissimo delle persone -risiedenti _in terra aliena_: come pure altre deviazioni giuridiche, -tra cui quella che riconosce l'autorità di scacciare il _metator_, non -soltanto al proprietario, ma anche alla stessa plebe, concepita così -come in un rapporto stabile con la terra[180]. Questa ascensione della -_plebs_ è importante anche da un altro lato: prima, come abbiamo visto, -della tutela della _plebs_, sia _urbana_ che _rustica_ era incaricato -il _defensor_. Di esso qui non si parla: prova evidente, a mio credere, -che esso andava restringendo la sua autorità entro la cerchia delle -mura o pochissimo al di fuori, anche prima che Maiorano con la sua -costituzione del 458 sanzionasse ufficialmente questo mutamento[181]. - -Questo forzato equiparamento di tutte le classi, fatta eccezione dei -_senatores_ e dei più potenti, porta alla decadenza irrimediabile -del _defensor_, e dà luogo alla trasformazione finale fattane da -Giustiniano, il quale, quando riconquistò l'Italia, lo ridusse alla -condizione di un semplice emissario del governo centrale[182]. - - -§ 11. — Tra le disposizioni di Maioriano e quelle di Giustiniano non -corre soltanto un secolo: cade fra esse il regno di Odoacre e quello -degli Ostrogoti. Nè l'uno nè l'altro furono senza conseguenze sulla -costituzione italiana, ma il primo, per la sua corta durata, non segnò -che il principio di un sistema, che divenne normale solamente con i -Goti. - -Odoacre, come è noto, concesse ai suoi soldati il terzo delle -terre romane, e queste, dopo la sconfitta di Ravenna, furono date -agli Ostrogoti. Siccome questi erano in maggior numero dei primi -ed accolsero anche nelle loro file numerosi gruppi dei precedenti -conquistatori[183] furono necessarie altre terre, le quali vennero -distribuite con equanimità rimasta famosa, dalla _tertiarum deputatio_ -presieduta da Liberio e furono assegnate con i _pittacii_[184]. - -Le terre pubbliche, nella terribile condizione in cui si trovavano -le curie[185], vennero incamerate dal fisco del re, il quale, per -mezzo del _curator_, sotto il controllo diretto del _comes Gothorum_, -invigilò sui prezzi, sulle vendite, sulle distribuzioni dei generi di -prima necessità[186]. - -Ma se questo fu l'andamento generico, noi non sappiamo con precisione -le vere condizioni dell'assegnazione. Bisognerebbe conoscere la grande -varietà di usi e di consuetudini, che risalivano ai primi tempi della -conquista romana; usi che l'Impero non aveva unificato e di cui si -intravede l'esistenza in quel diritto romano volgare, formatosi nella -pratica accanto al diritto romano classico[187]: diritto volgare che -ebbe, come si vedrà, singolari manifestazioni anche nel campo del -diritto pubblico. - -L'importanza dei Goti non deve essere considerata soltanto per la -azione che i resti di questo popolo sopravvissuti alla sconfitta finale -e rimasti in Italia, possono avere esercitata, servendo quasi di ponte -di passaggio verso la più fiera invasione germanica[188]; bensì deve -essere considerata per l'influenza decisiva che la costituzione gotica -ebbe in Italia durante il regno barbarico. - -È fuori di dubbio che le curie rimasero, benchè in tristissime -condizioni. Quanto al rimanente della popolazione urbana, il Gaudenzi, -basandosi sul cap. 64 dell'editto teodoriciano, che stabilisce -che l'uomo libero _nulli obnoxius civitatis_, che abbia violata -un'ancella altrui vergine, sia sottoposto ad una vigorosa fustigazione -e poi _vicinae civitatis collegio deputetur_, ritiene che lo Stato, -obbligando tutti i collegi solidalmente al pagamento integrale della -_lustralis collatio_, li abbia costretti a fondersi in un collegio -unico divenuto servo della città[189]. - -L'idea contiene, secondo me, gran parte di vero; ma non mi pare che -quella fusione dei collegi, diversi per attribuzioni, per mansioni -e per lavoro ed ognuno dei quali, in quanto «obnoxius civitati», era -obbligato a certe peculiari prestazioni, sia avvenuta nel modo indicato -dal Gaudenzi. Io ritengo che la diversità etnica dei Goti e dei -Romani, la differente condizione sociale ed economica e la differenza -di culto, abbiano strette tutte le classi romane meno elevate — non -le sole corporazioni — in un rude isolamento. I Goti soli avevano il -diritto alle armi, ed essi soli erano esenti da imposte[190]; e, di -più, il concetto politico di Teodorico, che giustamente prevedeva -nell'affratellamento livellatore della Chiesa cattolica,[191] -l'affievolirsi di ogni egemonia del suo popolo, tenne lontani i -vincitori dai vinti, dei quali, come abbiamo veduto, anche gli infimi -erano entrati a far parte della vita cittadina. Oltre le imposte in -denaro ed in natura, bisognava richiedere di continuo le prestazioni -personali, per la necessità della difesa, delle fortificazioni, dei -trasporti, dei servizi sussidiarï, delle opere pubbliche[192]. E -come da un lato la popolazione diminuiva sempre più[193] e dall'altro -l'artigianato andava ognor più disgregandosi[194], gli Eruli prima ed -i Goti dopo, furono tratti a considerare la città tutta — corporati e -non corporati compresi — come solidalmente responsabile delle imposte -e delle prestazioni, ed ogni individuo come legato ad una determinata -città: _obnoxius civitati_, come dice Teodorico[195]. - -Già le fonti romane degli ultimi anni del secolo quarto parlano del -_consortio_ cittadino ad _portus et aquaeductus instaurationem_, ed al -tempo di Giustiniano lo si vede esteso alla _murorum extructionem_, -da cui nessuno può essere scusato[196]. Teodorico, parlando delle -persone che potevano esser possedute per un trentennio ricorda i -curiali, i collegiati ed i servi[197]. Ma, a provare che con la -parola _collegiati_ non s'intendono solo i corporati, ma tutti i -cittadini vincolati alla città, mi sembra decisivo il raffronto col -Breviario Alariciano[198], il quale conserva la disposizione del Codice -Teodosiano,[199] con cui si richiamano alla loro città i collegiati -fuggitivi, mentre non conserva alcuna delle molte costituzioni che -concernono le corporazioni. - -Dunque _collegium_ indica tutti i vinti legati alla città, non i soli -corporati. - -Di più i Goti portarono una modificazione sostanziale che, se ebbe poca -efficacia dove la dominazione bizantina potè cancellarne gli effetti, -ne ebbe però grandissima nel territorio conquistato dai Langobardi. -Essendo stato tolto ai Romani l'uso delle armi, ma non gli aggravi -accessori ed annessi al servizio militare, questi, uniti agli altri -obblighi finanziarî ed amministrativi ed ormai consuetudinarî, si -fusero e si confusero con essi, e gli oneri delle albergarie, dei -trasporti, del rifacimento e costruzione delle mura, delle strade, -degli edifici pubblici[200] etc., per i quali occorreva così il -materiale, come la mano d'opera, cambiarono la loro natura giuridica. - -Per il fatto che tutti vi erano sottoposti, sparì l'antica massima -romana che distingueva gli oneri rurali dai cittadini, per ragione -della sostituzione possibile solo nei secondi: per il fatto che -vi erano astretti anche i nullatenenti, venne una limitazione al -tradizionale concetto dei _munera patrimoniorum_[201], dalla quale -scaturì un sistema che ebbe a base l'ibrido concetto dell'abitazione. - -E così fu ristretto ancor più l'elemento personale poggiato su una -capacità che già da tempo si era venuta ognor più limitando nel diritto -di mutar sede, ed il quadro fu completato: soggetto all'_auctor_ il -commendato, soggetto al proprietario il residente in terra altrui, -vincolato il colono alla terra, legato l'operaio alla corporazione, il -decurione alla curia e, ora, anche il cittadino alla città. - -Il dualismo fra il partito nazionalista e quello romanizzante, -scoppiato violento alla morte di Teodorico e terminato con la disfatta -finale dei Goti, stremando ancor più l'Italia con rovine e con stragi, -ribadì il ferreo anello che strozzava le città. - -Le terre comuni cittadine furono incamerate, come ho detto, dal fisco -regio, il quale ne ebbe la proprietà fino ad allora goduta dalle città; -ma, apparentemente, non si portarono modificazioni gravi allo stato di -cose precedente, perchè i cittadini continuarono a goderne. Si instaurò -così un diritto d'uso che trovava la sua base nella consuetudine -anteriore e i suoi limiti nella volontà regia[202]. - - -§ 12. — Le prime circoscrizioni ecclesiastiche, le urbane, -sostituendosi a quelle pagane, ne avevano calcato le linee. E come -queste comprendevano con la città i mille passi, anche la parrocchia -cittadina ebbe a conseguire gli stessi confini. Infatti un'antichissima -tradizione cattolica, consacrata nei canoni e nei concili, considera -il vescovo, oltre che come supremo gerarca nell'ambito della diocesi, -anche come titolare della parrocchia della città cui il vescovo -è preposto: il pontefice stesso, prima di essere il capo della -cristianità, è il parroco di Roma, e come tale, fino al penultimo papa, -il primo atto compiuto da lui era la visita alla chiesa di S. Giovanni -in Laterano, considerata come la matrice di Roma. - -In questo ambito, la Chiesa, come chiesa cittadina, esercitò le sue -funzioni religiose e le statuali; ma non riuscì ad equiparare le -condizioni della plebe rustica _extra muros posita_ a quelle della -plebe cittadina. Due cause egualmente invincibili vi si opposero: da -un lato il criterio dell'inamovibilità dal fondo, ormai predominante; -dall'altro l'azione del fisco bizantino che subentrò a quello gotico -con qualche nuova e maggiore estensione. - -Infatti nella costituzione del Codice giustinianeo[203] riportata -più su, si mira a proteggere la _plebs rustica extra muros posita_, -sia che risieda in terra pubblica che in privata, dalle angherie del -_rationalis_, mentre quella rustica in genere è tutelata contro le -angarie di coloro che «rectoribus provinciarum obsequuntur». E questo -e la diversità dell'_obsequium_, che l'una e l'altra plebe è costretta -a fornire, provano come la prima rientrasse nelle grandi linee -della plebe rustica piuttosto che di quella urbana: tanto più che la -legislazione imperiale mirava a considerarla come assimilabile a quella -dei fondi imperiali[204]. - -Ma se la Chiesa non riuscì a fondere la _plebs rustica extra muros -posita_ con la _plebs urbana_, nemmeno all'impero riuscì ad equipararla -a quella colonica. E ciò per varie cause: la mancanza nella nostra -Italia del latifondo, nel senso che questa parola ha per l'Africa; -il formarsi del colonato dal fissarsi dei patti stabiliti nelle -prestazioni coloniche, prima a tempo e poi perpetue; il mantenersi -immutato delle circoscrizioni romane, per le quali le terre ove questi -abitavano furono sempre distinte dal contado e sottratte all'arbitrio -modificatore di un singolo; l'azione coordinante della chiesa per la -quale tutti i membri di una determinata circoscrizione sono parificati -nel diritto di eleggere il proprio antistite; la breve durata -della legislazione bizantina. Tutte queste cause impedirono che la -legislazione imperiale avesse il suo effetto e favorirono il mantenersi -di questa classe singolare fra la popolazione cittadina e quella -propriamente rurale. - -Così al quadro delle classi sociali si deve aggiungere una nuova -gradazione fin qui ignorata; così al confronto del Beaudoin fra i -doveri dei cittadini verso la città e i doveri dei coloni verso il -_fundus_, bisogna immettere un terzo elemento medio — la _plebs rustica -extra muros posita_ — alla quale realmente si possono contrapporre gli -altri due, perchè quest'ultimo ha diritti ed oneri, che corrispondono -alla condizione giuridica degli altri. - - -§ 13. — Resta che consideriamo ora le divisioni territoriali interne -della città. - -La grandezza di Roma cominciò quando le originarie tribù precittadine -si fusero in nuovi nuclei legati alle circoscrizioni territoriali, -che delle antiche tribù conservarono solo il nome, ciò che è segno -dell'armonica e completa fusione degli elementi etnici cittadini. Le -tribù cittadine, che per lungo tempo rimasero immutate nel numero e nei -confini, erano indicate tutte con nomi locali: _suburana, esquilina, -collina_ e _palatina_. La posteriore divisione del territorio, su -diciassette tribù, dà un solo nome locale: _clustumina_, mentre le -altre portano tutte il nome di qualche gente patrizia[205], sotto il -patronato della quale si trovavano. - -La tribù era insieme una divisione territoriale ed amministrativa, -in base alla quale, sotto la direzione dei _curatores tribuum_, si -faceva il reclutamento, il censimento e la percezione del _tributum_. -Per esse si compievano anche offici religiosi, per mezzo di collegi -— _collegia compitalicia_ — presieduti dai _magistri_, onorando -i _lares compitales_ con feste annuali che ebbero appunto il nome -di _compitalia_, e si provvedeva alla _cura urbis_ per mezzo dei -pretori[206]. - -L'importanza della tribù aumentò con la repubblica, a tutto scapito -dell'elemento strettamente territoriale di essa, poichè, rimasta -politicamente intatta, finì con l'essere sostituita amministrativamente -dai _vici_, nati e causati dall'enorme incremento della città. - -Il Marquardt[207] sostiene che i _vici_ ricevettero un carattere -amministrativo officiale da Augusto, ma a me sembra che il passo di -Svetonio, dove si parla del _recensum populi_ ordinato da Cesare come -_praefectus morum_ e compiuto _nec more nec loco solito sed_ VICATIM -_per dominos insularum_[208], sia da interpetrare come l'annuncio di un -nuovo sistema officiale della distribuzione della popolazione per vici -nella costituzione politica. Difatti lo stesso Svetonio, nella vita -di Augusto[209], si limita a dire che egli ripetè ciò che aveva fatto -Cesare. Non per questo io intendo dire che il concetto del Marquardt -sia privo di base; ma esso va inteso nel senso che Augusto, iniziatore -del principato, attuando questo sistema, ne rendeva normale l'uso per i -propri successori. - -È logico ammettere che, anche prima del loro riconoscimento giuridico, -questi vici compissero funzioni necessarie alla vita sociale del tempo -e, verosimilmente, funzioni religiose. - -Festo conosce tre specie di _vici_: i _rustici_, aggregati di case in -campagna; i _suburbani_, aggruppamenti di edifici, «continentia» alle -mura della città che «itineribus regionibusque dissimilibus discriminis -causa sunt dispartita»[210] e, finalmente, gli _urbani_ propriamente -detti, i quali originariamente erano costituiti dal _pervium_ per il -quale «habitatores ad suam quisque habitationem habent accessum». Il -Digesto ha appunto un passo in cui si delimitano i casi, in cui questi -vici debbono essere considerati come _viae publicae_ e come _viae -privatae_[211]: e da esso appare come questi strettissimi vicoli, -_angustissimae semitae_, come dice Cicerone[212], o _tenues vici_, -come li chiama Marziale[213], erano contrapposti alle _viae_, dette -anche _plateae_ dal glossario latino parigino[214], che erano le _viae -latae a porta in portam_, e che, secondo l'antichissimo sistema latino -accolto da Roma e da questa applicato in tutte le colonie, dividevano, -intersecandosi perpendicolarmente nel _forum_, la città in quattro -parti. - -I vici, come istituzione amministrativa, erano una specialità di Roma -e forse, ma è molto discutibile, di qualche altra città. Cesare, -nelle prescrizioni di edilizia e di viabilità della sua _lex Julia -municipalis_, non parla mai di _vici_, ma sempre di _viae_. Il De -Marchi[215], che tende a non far distinzione fra Roma e le altre città, -crede che queste ultime, infinitamente più piccole della metropoli, — -come conosciamo dall'estensione, molto ristretta, del loro circuito -— non avessero altra divisione che quella in quartieri e che questi -fossero delimitati dalle _viae_. Infatti delle grandi città solo la -_notitia urbis_ di Costantinopoli nomina per quartiere un certo numero -di «collegiati qui e diversis corporibus ordinati, incendiorum solent -casibus subvenire». Ma anche ammettendo — e non si può farlo senza -grandi riserve — che qui per quartiere si intenda proprio la quarta -parte della città, il Declareuil[216] fa giustamente osservare che -altri passi[217] fanno ritenere che questo fosse l'eccezione e non la -regola. Ed in realtà solo a Bisanzio, a Roma, più tardi a Ravenna e a -Napoli, troviamo la divisione in _regiones_: divisione di cui non si ha -traccia quasi in nessun'altra città[218]. - -Attribuzioni specifiche di vero interesse municipale non vengono -affidate a questi quartieri durante la repubblica ed i primi secoli -dell'impero: ma non per questo debbono essere rimasti senza importanza -per la popolazione cittadina, specialmente plebea, per ragioni del -culto speciale che in essi si celebrava. Lo dimostra il fatto che hanno -continuato a sussistere per tutto questo tempo; e più tardi, quando, -forse per l'avvento del cristianesimo, stavano per perdere la loro -ragione di essere, furono rinvigoriti dal sistema delle distribuzioni -granarie. - -Si è molto discusso se tali largizioni, almeno come istituzioni normali -e periodiche, avvenissero in tutte o almeno in gran parte delle città -dell'impero[219]. In realtà i municipi non erano obbligati a nutrire -la plebe e fare ad essa distribuzioni gratuite[220]: i rescritti -imperiali di Marco Aurelio e di Vero stabilivano i prezzi cui si -poteva e doveva vendere il frumento[221], ma lo zelo dei particolari vi -suppliva così spesso che le fonti stesse parlano di queste elargizioni -e le disciplinano. Inoltre se varii indizi fanno pensare che queste -costituzioni imperiali sieno decadute nell'osservanza durante il corso -del terzo secolo, come si dovrebbe indurre dal passo di Erodiano in cui -si parla delle casse frumentarie della città della Gallia, di cui si -impadronì Massimino: la presunzione diviene sempre più sicura quanto -più, coll'avanzarsi della decadenza, si trasforma la costituzione -politica, e la plebe, caduta nella desolazione generale, entra a far -parte della cittadinanza. - -Come dissi, il suo primo ingresso essa lo fa indirettamente attraverso -la Chiesa, la quale, con quella virtù di adattamento splendidamente -lumeggiata dal Fustel de Coulanges, si appropriò quanto più potè -degli ordinamenti laici statali. A quel modo stesso che, come risulta -certo, fu affidata al vescovo la sorveglianza sulla vendita del pane -e degli altri commestibili[222], possiamo presumere che, quando la -miseria impose le distribuzioni gratuite[223], queste fossero fatte, -con tutta probabilità dal vescovo[224]. E dato che tutte le classi -della città erano chiuse nei rispettivi collegi, ordini e numeri, fatta -eccezione della parte della cittadinanza a cui queste particolarmente -si rivolgevano e che pure doveva esser determinata, la divisione -unica possibile sembra essere stata quella dei quartieri, i quali — -mantenutisi sempre — si rendevano ora necessari anche per la difesa -e la manutenzione delle mura imposte a tutti i cittadini. Oltre alle -conseguenze già accennate, ne scaturì il bisogno di una divisione -territoriale della città più consona ad accogliere il nuovo sistema -dell'_exercitus civium_. Nei grandi centri, dove la costituzione -corporatizia perdurò più a lungo, l'influenza della schola bizantina -si fece assai sentire, anche nella distribuzione territoriale delle -_regiones_. Così a Roma, a Ravenna, a Napoli ed in qualche altra città. -Negli altri luoghi, dove il centro urbano non si era scostato molto -dalla primitiva distinzione in quartieri, questi restarono a base di -tutto l'ordinamento. - -I _corpora_, gli _ordines_, i _numeri_, ormai stremati, erano incapaci -di un'azione salda e forte; e così furono assegnate alle divisioni -territoriali tutte quelle incombenze di cui la città, auspice ormai la -Chiesa, era tuttora capace. Ed era pur fatale che fosse così! Ormai -tutto faceva pernio sulla terra ed anche le divisioni delle città -subirono la prevalenza dell'elemento terriero. - -La venuta dei Goti, più che modificato, sembra che abbia aggravato e -reso più rigido questo sistema, il quale serviva mirabilmente a fondere -la città nell'unico _collegium civitatis_. - -Nè diversamente agì la breve dominazione bizantina. Ma questa, però, -portò una modificazione sostanziale, di cui le fonti gotiche non ci -danno nessun indizio e che, quindi, si deve attribuire esclusivamente -al sistema tributario bizantino. - -Sappiamo che il fisco del re goto si era appropriato la massima parte -delle terre pubbliche, ma non pare che toccasse la posizione giuridica -della _plebs rustica extra muros_ nella sua relazione con la città e -più propriamente col vescovo: tanto più dato il sistema di tolleranza -adottato da Teodorico. - -Giustiniano, invece, col sostituire il fisco suo a quello dei Goti, -non riuscì ad eguagliare le terre intorno alla città alle altre terre -fiscali, come era sua intenzione, nè a staccarle dalla città, cui la -parrocchia cittadina ed i diritti di uso le legavano, ma privò coloro -che vi risiedevano dei vantaggi inerenti alla città stessa e cioè della -partecipazione alle distribuzioni ed alle elemosine, che il vescovo -faceva alla plebe delle città, preparando così il terreno a successive -modificazioni ancor più gravi, delle quali studieremo lo svolgimento -nel capitolo seguente. - - -§ 14. — In conclusione, mentre nella città la popolazione, -tradizionalmente divisa negli antichi nuclei, si polarizza verso le -nuove più pratiche e più feconde divisioni territoriali, le quali, -pur senza acquistare per varî secoli ancora consistenza giuridica, -esercitarono tuttavia notevole azione sulla vita cittadina; al di -fuori, in contatto immediato, si mantiene una classe che non è più -di liberi, ma non è nemmeno di coloni. Ed a questa classe è dovuta in -gran parte, come vedremo, la meravigliosa fioritura dei nostri comuni -medioevali. - -La vecchia Roma, negli ultimi suoi secoli, preparava il terreno agli -istituti che, rinsanguati dai Germani, formarono poi il sistema -dello Stato barbarico; ma quella fatidica fattrice di civiltà non -dimenticò il mezzo perchè anche il feudo, con l'evolversi dei tempi, -avesse a cadere, e perchè su di esso si formasse una nuova e più -elevata civiltà. Ed attorno alla città, dove restò la culla delle -manifestazioni civili, pose una mirabile cinta contro cui si spuntò -l'ira rapace dei dominatori terrieri e si infranse l'azione torpida del -sistema curtense. E come già dalla fine del secolo quinto aveva dato il -nome all'elemento fondamentale del feudo, — il _beneficium_ — alla fine -del sesto non mancò di darlo a questo circuito. E l'una e l'altra volta -con la voce dell'organo allora più vitale della romanità: la Chiesa. -Come Pietro Crisologo ricorda il «beneficium»[225], così Gregorio Magno -parla della _massa_ nel senso di quella parte più aderente alla città -e pur fuori di essa, che serve a nutrir questa e ne forma quasi una -necessaria appendice.[226] - - - - -PARTE SECONDA - -La città langobarda-franca - - § 1. _Territorium._ — § 2. _Suburbium_. — § 3. _Campanea_. — § 4. - _Bona publica_ e _arimanniae_. — § 5. Il _populus_ cittadino. — § - 6. I suoi elementi: _pars ecclesiae, pars publica, cives_. — § 7. - La Chiesa come istituzione cittadina. La pieve: origine, elementi - (territorio, clero, parrocchiani, decime, oblazioni, beni) e - sviluppo. Modificazione di essa e origine della parrocchia a tipo - moderno; le chiese cardinali. — § 8. Il mercato cittadino. — § 9. - Il centro urbano e la sua natura giuridica. — § 10. L'assemblatorio - cittadino. — § 11. L'assemblea regionale langobarda. — § 12. Azione - dell'uno e dell'altra nella costituzione della città. — § 13. Le - divisioni territoriali interne della città. Conclusione. - - -§ 1. — Ai tempi della discesa dei Langobardi, il territorio -giurisdizionalmente soggetto ad ogni città era, adunque, costituito dal -_territorium_, dal _pagus suburbanus_ e dall'_urbs_. - -Bisogna ora vedere se la nuova invasione abbia portato cambiamenti e -quali. - -Cominciamo dal _territorium_. - -Per il primo il Muratori suppose che, pur con qualche eccezione[227], -le circoscrizioni ecclesiastiche normalmente coincidessero con quelle -civili[228] e, più tardi, le giuste osservazioni del Beretta[229], -confermate da buone ricerche particolari[230] e completate -dall'esauriente indagine del Pabst[231], ne convalidarono l'opinione -con prove così sicure, che un insistervi da parte mia sarebbe -completamente superfluo, se con il problema da essa prospettato non -fosse intimamente connessa un'altra questione, sulla quale, per la -sua importanza, da gran tempo s'affaticano gli studiosi, senza essere -riusciti fino ad ora a conclusioni soddisfacenti: la questione, -notissima, delle controversie vescovili per l'estensione del territorio -diocesano. - -Gli scrittori ammettono tutti come sicuro che prima dei Langobardi -i confini ecclesiastici coincidessero perfettamente e dovunque con -quelli civili e che ai Langobardi si debba il perturbamento di cui -le controversie in parola sono la manifestazione. Qualcuno[232], più -radicale, sostiene senz'altro che i Langobardi non assegnassero ai -distretti amministrativi gli stessi confini delle diocesi: altri, -seguito dai più, ha ritenuto più probabile che i Langobardi, per -sistema, mantenessero le antiche divisioni territoriali e che le -vertenze vescovili sieno nate dal fatto che nei luoghi dove l'invasione -proruppe più cruenta e si mantenne più feroce, alcuni vescovi furono -costretti a fuggire e l'amministrazione spirituale dei loro fedeli -fu affidata ad antistiti vicini, i quali, in buona o mala fede, -ritennero alcune pievi, anche quando la primitiva sede episcopale fu -ricostituita[233]. - -Come si vede, causa unica ed assoluta del perturbamento — diretta o -indiretta che sia — è da tutti ritenuta l'invasione langobarda. - -Non è improbabile, invece, che le cause si debbano rintracciare -in una condizione di cose preesistente rimasta immutata — salvo le -poche ed inevitabili perturbazioni inerenti ad un così brusco e rude -passaggio[234] — anche con i Langobardi. - -La _lex julia municipalis_[235] ricorda solamente _municipia, coloniae, -praefecturae, fora, conciliabula, vici_ e _castella_, e queste furono -certamente le sole divisioni amministrative romane da Cesare in -poi: ma, d'altra parte, è altrettanto certo che fra le indicazioni -topografiche richieste dalla _forma censualis_[236] c'è anche quella -del pago, e i monumenti romani, che ancora possediamo, a cominciar -dalla tavola alimentaria velleiate[237], ci attestano la persistenza -del _pagus_. Il _pagus_ — è merito del Voigt l'averlo dimostrato[238] -— ente a base prevalentemente religiosa, sotto la direzione dei -_magistri pagorum_, curò anche gli interessi più strettamente locali -affidatigli dal municipio, nel largo sistema di autonomia proprio della -costituzione romana fino al terzo e quarto secolo dell'impero. Più -tardi, sparita l'autonomia, questo agglomerato di tradizioni religiose -e di bisogni comuni servì alla pubblica amministrazione come efficace -strumento per le cure dell'esazione finanziaria. - -Dato l'originario carattere dell'istituzione, ne era a centro un -tempio, un luogo sacro, in cui i pagensi convenivano. Si ebbe così -una circoscrizione composta di varî territorî, qualcuno dei quali era -molto spesso incluso e sottoposto alla giurisdizione di un diverso -municipio, ma che pure potevano far capo ad un centro comune tutto -loro proprio, distinto dai municipi stessi. Il cristianesimo, divenuto -religione ufficiale dell'impero, non mancò di insediarsi anche nei -pagi, molto numerosi in Italia; ma portò un'innovazione, di cui non si -tardò a sentire le conseguenze. Il pago viveva di propria ed autonoma -vita: la pieve, per l'organizzazione sua, non poteva non dipendere -direttamente da un vescovo; il primo prescindeva da ogni capoluogo -municipale, la seconda doveva far necessariamente capo alla _civitas_. -Criterio distintivo, naturalmente fu tenuto quello della giurisdizione -ecclesiastica, e così tali pievi dipendettero dall'episcopio a cui -spettava l'ordinazione dei titolari. - -La Chiesa stabilì sino dai primissimi tempi — «sicut in regulis -contineatur antiquis» — che la diocesi era costituita non dal -territorio giurisdizionale della città in cui il vescovo risiedeva -— _territorium non facere diocesim_ — ma dalle parrocchie _unicuique -ecclesiae pristina dispositione deputatae_[239]. Poteva avvenire che -la pieve fosse costituita da due o più vici di uno stesso territorio, -ed allora i parrocchiani si univano pacificamente per la nomina -dell'arciprete: tale è il noto caso della pieve di Mosciano, la cui -_plebs congregata_ comprende due centene, che compariscono insieme con -i loro centenari[240]. La cosa era ben più grave quando i territori -erano giurisdizionalmente separati: la pieve legava fortemente alla -città, cui faceva capo per l'episcopio, parte del territorio di altra -città. Di qui i lunghi ed acri conflitti. - -Il Leicht[241] crede che solo all'epoca carolingia, rendendosi -frequente la costruzione di nuove chiese, _plebs, fundus_ e _vicus_ -venissero regolarmente a coincidere. Si può ammettere che solo -in quest'epoca la voce _plebs_ acquisti un carattere non soltanto -religioso, come all'epoca langobarda, ma anche pubblico; come è certo -dai capitolari franchi che numerose chiese furono costruite al tempo -franco, oltre quelle, già frequenti, degli ultimi tempi langobardi. -Ed è pure da accettarsi l'idea che il sistema curtense, largamente -favorito dall'unione del potere religioso con quello civile, tendesse -fortemente a stringere la «curtis» intorno alla chiesa che ne era -considerata come il centro. Ma a queste considerazioni non si può -rigidamente legare la costituzione di nuove pievi, almeno in linea -generale; ce ne accerta l'opposto sistema con cui la legislazione -carolingia tratta le chiese battesimali rispetto alle altre (cappelle, -oratori etc.). Solo alle prime, sorte sotto il primitivo ordinamento -cristiano della quadripartizione (di cui larghe tracce si conservano, -però, anche in tempi assai tardi), spettano le decime. E le usurpazioni -del feudo tendono più spesso ad una abusiva riscossione di esse, che -non ad un frazionamento territoriale a beneficio di una chiesa non -insignita di tal diritto[242]. Il moltiplicarsi delle parrocchie rurali -si avvera massimamente quando la reazione alla simonia imposta la -parrocchia su nuove basi e si vale abilmente della _nova consuetudo_, -invalsa presso i grandi signori nel secolo decimoprimo, di frazionare i -loro dominî[243] per suddividere molte delle antiche pievi in un numero -più o meno ampio di parrocchie, il cui popolo, per antica tradizione, -oltre il nome di _plebs_, conservò anche quello di _populus_. - - -§ 2. — Ancor più grave, perchè del tutto trascurata dagli storici del -nostro diritto, e, pur tuttavia, di anche maggiore importanza, è la -questione del _suburbium._ - -Base di ogni ricerca e punto di partenza di ogni indagine mi sembra che -debba essere il progetto di divisione dell'impero fatto da Carlo Magno -nell'anno 806, e che è, del resto, anche l'unica fonte legislativa che -dia luce sull'argomento. - -In questo progetto le città italiane vengono specificate così: -_civitates cum suburbanis et territoriis suis atque comitatibus que ad -ipsas pertinent_[244]. - -La voce _suburbium_, di evidente derivazione, proviene da quel _sub -urbe_ romano[245] che si è conservato a lungo intatto in alcune parti -d'Italia e specialmente nella regione emiliana[246]; ma, pur mantenendo -inalterato il senso generico di vicinanza alla città, riceve vario -valore e diversa significazione specifica a seconda del variare dei -tempi e dei luoghi, onde l'indagine è resa assai difficile ed è tenuta -a procedere con gran cautela ed a far conto anche dei più esigui -elementi. - -Se numerosi documenti, dovendo indicare il territorio prossimo alla -città, invece di _suburbium_, usano dire _prope, extra, iuxta, foris, -ad civitatem_ o _ad muros civitatis_ o adoperano qualche altro termine -consimile, ve ne sono altri molto notevoli, per quanto poco numerosi, -che adoperano espressioni meno generiche, le quali possono essere prese -come esponenti di uno stato di cose generale o, almeno, molto diffuso. - -Primo esempio di tale uso tecnico, per ordine di tempo, è il testamento -con cui il monaco Grato di Monza dispose nell'anno 769 delle cose sue, -curando che tutte capitassero in buone mani, riferendosi specialmente -a quelle che aveva «in civitate boloniensi vel _foris circa ipsa -civitate_»[247]. - -Un secondo esempio ci è dato dal diploma con cui nell'815 Lodovico il -Pio conferma al monastero di S. Zenone, «constitutum _in suburbium -civitatis Verone_», le numerose elargizioni di Pipino, e fra le -altre la chiesa dei SS. martiri Fermo e Rustico con le decime e le -pertinenze, fra le quali l'«horreum _infra_ civitatem Veronam cum suis -areis _in circuitu_ (civitatis)»[248]. - -Anche più evidente, per questo rispetto, è la concessione di alcune -terre fatta nell'873 da Gherardo, vescovo di Lucca, a un certo -Cristiano, con l'obbligo, fra gli altri, di tre giorni di opere per -settimana, «ubique utilitas fuerit _in circ[uit]o civitatis_»[249]. -E più importante ancora è un altro documento lucchese appartenente, -secondo alcuni critici, al secolo ottavo o alla prima metà del -successivo[250], secondo altri — e forse non a torto — alla seconda -metà del secolo nono[251]. È un polittico del vescovado, redatto, -molto probabilmente, nel momento burrascoso, in cui numerose liti, -destinate a sminuirne il patrimonio, rendevano necessaria una rassegna -accurata delle sue terre e delle persone che comunque ne dipendevano. -Poichè le varie possessioni, sparse su un esteso raggio di territorio, -non furono riunite in un'unica «curtis», si hanno più polittici -riguardanti ciascuno una speciale massa di beni. Quello di cui ora si -tratta concerne le terre situate nel territorio lucchese e distingue -nettamente quelle _in circuitu civitatis_ da quelle esistenti fuori. - -Ed altri documenti usano lo stesso termine: sappiamo di un pascolo -comune _in circuitu Civitatis Nove_[252], della chiesa di S. Tommaso -apostolo, «que sita est in Regio civis vetere cum suo domocultila intus -et foris _in circuitu Regio_»:[253] pure di Reggio conosciamo delle -«res que sunt _in circuitu civitatis_ que vocatur Aemilia»[254] ed -abbiamo ricordo delle selve della chiesa cremonese situate _in circuitu -civitatis_[255]. - -E gli esempi potrebbero susseguire più numerosi, se si scendesse -ancora nel tempo: cosa che, per l'esattezza della dimostrazione, non è -necessario ora di fare[256]. - -Accanto a quest'espressione, ce ne è anche un'altra di minore -appariscenza e di uso meno frequente; e ciò — io credo — per aver -subito più rapidamente dell'altra mutamento di significato. Parlo -dell'avverbio _infra_. Originariamente esso indicava uno spazio fra -due punti determinati; ma, nel corso dei secoli, ha subito tali -modificazioni che la frase _infra civitatem_, per esempio — ed è -quella che a me preme esaminare — si è intesa come rispondente al -concetto: «entro la città». Non nego che, in molti casi, talvolta -anche nei documenti anteriori al secolo XI e quasi normalmente -in quelli posteriori, tale interpetrazione sia esatta; ma vi sono -documenti in cui simile significato è in opposizione diretta con la -verità dei fatti. Nella donazione che, nel 767, il re Desiderio fece -a sua figlia Angelberga di _molinas duas insimul molentes positas in -aqua quae exit de cuniculo qui decurrit_ INTRA SUPRASCRIPTA CIVITATE -BRIXIANA FORIS MUROS CIVITATIS _ante portam beatissimorum martirum -Faustini et Jovite_[257], è evidente che intra indica tutt'altro che -l'interno del recinto murato. E il famoso monastero di S. Salvatore, -sempre detto _infra civitatem_[258], è fuori delle mura; come sono -fuori delle mura un _ortellum pertinentem de veronense comitatu -situm_ INFRA CIVITATEM VERONAM _non longe a Curte Alta_, donato da -Berengario I a Ingelfredo[259] ed una casa ed alcune terre «_infra_ -civitatem Pistoriensem» donate da Rasperto all'oratorio in onore dei -SS. Paolo Pietro e Anastasio da lui costruito «_intus_ Pistoriensem -civitatem»[260]. E identico significato ritroviamo in documenti -lucchesi, piacentini e bolognesi[261] per l'Italia settentrionale e -centrale; e, per il mezzogiorno, nei documenti beneventani, i quali -tutti, per indicare un luogo entro le mura, usano _in_ con l'ablativo o -_intus,_ e adoperano _infra_ per indicare un luogo fuori delle mura ma -vicino ad esse[262]. - -Mi sembra da escludere che _infra_ nei casi indicati accenni una -vicinanza immediata alle mura, e ciò perchè documenti sincroni e -della stessa regione in genere adoperano _prope_: PROPE _muros_, PROPE -_civitatem_, o qualche altro avverbio consimile. D'altra parte è pure -da escludere in modo assoluto il significato di una distanza molto -grande. - -A spiegare perchè tale voce in alcuni casi eccezionali abbia questo -significato è da pensare all'uso che ne fa Costantino nella legge con -cui distingue i beni urbani dai rustici in base non alla destinazione, -ma all'ubicazione, comprendendo fra i primi, come ho cercato di -dimostrare nella prima parte[263], quelli che sono INTRA _civitatem:_ -entro la città murata, cioè, e nell'ambito di mille passi. Si può -ritenere che ai termini ed agli istituti antegiustinianei, conservatisi -a lungo nella nostra Italia, sia da aggiungere anche questo -avverbio[264]. Così si vede pure come a produrre la grande varietà -dei nostri formularî notarili abbiano contribuito anche elementi che -risalgono a tempi non bassi dell'epoca romana. Determinare in quale -proporzione ciò sia avvenuto non è facile, perchè più tardi le tracce -del tecnicismo dell'alto medio evo, che si ricollega a tradizioni -allacciate al diritto teodosiano, furono cancellate dall'opera -livellatrice ed in parte distruggitrice del rifiorito studio del -diritto giustinianeo: sicuramente non è privo di importanza. Non è, -però, compito mio indagarlo: io debbo, invece, ricercare se il medioevo -offra altri elementi a provare l'unione giuridica del _suburbium_ alla -città. - -Oltre alle fonti giuridiche possono essere di grande aiuto quelle -ecclesiastiche. L'esistenza di un pago suburbano connesso alla -città per ragioni di culto, è accertata in modo inconfutabile per -alcune regioni italiane, come Pompei[265] ed è presumibile con molto -fondamento per le altre, specialmente dopo il secolo quarto, quando -la Chiesa, divenuta organo della religione dello Stato, si adattò alle -divisioni territoriali di questo. - -Molti documenti di sicura autenticità mostrano il territorio suburbano -ecclesiasticamente congiunto alla città e formante con essa un'unica -parrocchia, con perfetta continuità con la situazione a noi nota per la -precedente epoca romano-bizantina. - -Il monaco Giona, originario di Susa, vissuto a lungo nel monastero di -S. Colombano e più tardi abate in quello di Enona presso Mastricht, -dove morì verso il 670, nella vita di S. Eustasio di Luxeuil[266], -narra che questo santo costruì _in suburbano Bituricensis urbis_ molti -e floridi monasteri della regola di S. Colombano, cominciando da uno -_in insula supra fluvium Milmandram_. - -Un secolo dopo il pontefice Stefano III (768-772) si duole fortemente -con Ariberto, vescovo di Narbona, che la «plebs judaica» possegga terre -frammiste a quelle dei cristiani «in villis et _in suburbanis_»[267]. - -Il primo capitolare di Teodulfo vescovo aurelianense, dell'anno -797[268], stabilisce che i _sacerdotes qui_ IN CIRCUITU URBIS _aut_ IN -EADEM URBE _sunt, conveniant in unum_ il popolo _ad publicam missarum -celebrationem_ alla chiesa matrice episcopale: e il secondo capitolare, -di poco posteriore[269], a togliere ogni dubbio, nel ripetere la stessa -disposizione, parla di sacerdoti _urbani_ e _suburbani_. - -E il concilio di Pavia dell'850[270], confortato da documenti che -ci attestano altrettanto per Roma[271], Verona[272], Pavia[273], -Ferrara[274], Parma[275], Bergamo[276], etc., conferma come regola -generale il principio che i _singuli urbium vicini et suburbani_ -sieno retti _per municipalem archipresbyterum_, con netta separazione -dai parrocchiani delle singole pievi rurali: _suburbane terre que -dividuntur a plebibus_, dice un atto parmense[277]. - -Quanto alla estensione di questo territorio suburbano, che non deve -essere esigua, se il passo di Giona vi include l'isola del fiume -Milmandra; essa è messa ancor più in evidenza dal diploma dell'842 di -Ramperto, vescovo di Brescia, al monastero di Faustino e Giovita[278], -che include nel suburbio un vico intiero, con le sue terre. E il -vico è detto _vico suburbano episcoporum_, mostrando la generale -applicazione, almeno territorialmente, della norma amministrativa -della Chiesa romana che distingueva il patrimonio in _suburbana, -massae et coloniciae_[279]. E la vita di S. Ebrulfo, di autore anonimo -ma _perantiquo_, come si esprime il Mabillon, ne narra l'elezione ad -abate _in suburbanis Ambianensium_ nel monastero sorto nel luogo «ubi -Fulcianus et Victoricus glorioso certaverunt martyrio» e che dista da -Ambiano due leghe[280]. - -E a questi esempi se ne possono aggiungere altri se si ricorre -all'aiuto offerto dalla decima. Questa, come è noto, si pagava solo -alle chiese matrici[281]. Nella città essendo matrice la cattedrale, -tutti i luoghi che appaiono soggetti per la decima alla città fanno -parte del suburbio[282]. A Bergamo, per esempio, il territorio soggetto -alla decima non si limitava al solo monte su cui la città è situata, ma -si estendeva circa quattro miglia[283]. Lo stesso è a dirsi di Brescia, -posta anch'essa sopra un monte: «in montem Brixiam civitatis», dice -Luitprando[284]. - -Il Roberti[285], sulla traccia dello Schupfer[286], che giustamente -aveva asserito che il «mons Bergomi» era un bene comune della città, -volle dedurre di qui una regola generale e affermò che allora ogni -città edificata sopra un monte, aveva il monte stesso come bene comune. -Tale asserzione, inesatta nel fatto — numerosi documenti provano -l'esistenza di non poche proprietà private sul monte stesso — non mi -pare giustificata nemmeno come tentativo di spiegare la specificazione -possessoria usata dalle fonti, perchè il monte è considerato come -spettante alla città non perchè fosse gravato, ammettiamo pure, nella -maggior parte della sua estensione da diritti civici; ma perchè incluso -in quel suburbio che faceva parte integrante della città in ogni caso: -anche — in ipotesi — se i beni comuni ne fossero stati tutti al di -fuori. - -Molto vasto era pure il suburbio di Verona[287] quale ce lo raffigura -un documento dei primissimi anni del secolo IX; e di non piccola -estensione dovevano essere quelli di Pavia, di Torino, di Ivrea, di -Vercelli, di Reggio, di Città Nuova e di Modena[288]. - -E non cito qui altri documenti posteriori, perchè il ricorrere -indifferentemente a documenti anteriori e posteriori al gran movimento -di concessione di terre suburbane ai vescovi, iniziato negli ultimi -anni del secolo nono, porterebbe a unire situazioni giuridicamente -assai diverse. - -Non mi sembra inutile invece un'altra osservazione. - -Non si deve credere che il territorio suburbano assegnato probabilmente -a tutte le città, fosse delimitato da per tutto con la stessa -unità di misura. Fra gli antichissimi usi indigeni accolti dagli -agrimensori romani[289], ci fu senza dubbio la _lega_ gallica, che -troviamo esplicitamente ricordata dagli agrimensori stessi e da -Ammiano Marcellino[290] e che constava di 1500 passi. Il _bannilega_ -— giurisdizione su una lega di territorio intorno alla città[291] o -al mercato[292] — si basa senza dubbio sulla _lega_ e non sul miglio -romano ed era, conseguentemente, più ampio di cinquecento passi del -corrispondente _pagus suburbanus_ romano; quando non lo era di molto -di più, come ad Ambiano dove il «suburbium» era costituito da due -leghe[293]. - -Considerando che in Francia, sino da antichissimi tempi, questo -territorio apparteneva alle città entro gli stessi confini[294] e che -in Italia oltre che a Bergamo e a Verona, anche a Lodi e nelle altre -città italiane dell'antica Gallia[295] il territorio suburbano appare -di un'estensione maggiore che altrove, inclino a concludere che, dove -non si hanno speciali condizioni topografiche, ci si trovi dinanzi ad -un'antichissima divisione territoriale rimasta inalterata nel passare -dei secoli e dei popoli[296]. - -Vediamo ora in quale rapporto questo suburbio si trova colla città e da -quale regime giuridico fu governato: vedremo più tardi — dopo studiate -le condizioni interne della città in questo periodo — le modificazioni -apportatevi dall'azione reciproca della città e del suburbio. - -Il passo del sinodo romano _in causa Formosi pape_ distingue nel -patrimonio ecclesiastico tre elementi: i _suburbana_, le _massae_ e le -_coloniciae_[297]. Se questa originariamente fu una pura distinzione -topografica, non credo che tale si mantenesse più tardi. E di fatto, -per quale ragione si dovrebbe credere che nel suburbio, che conosciamo -assai esteso, non esistessero terre in rapporto massaritico o colonico -con la Chiesa? Forse perchè la città era tutta contornata da beni -comuni? No certo: il fatto stesso dell'esistenza di beni suburbani -di proprietà di una chiesa esclude la possibilità che fossero tutti -beni comuni. O forse perchè entro il suburbio non si potevano avere -massari o coloni? Nemmeno: nessuna legge, che io mi sappia, contiene -simile disposizione, la quale, del resto, sarebbe sempre contradetta -da numerosi documenti, che provano l'esistenza di massari e di coloni -non soltanto nel suburbio, ma anche entro le mura. D'altra parte la -espressione è così chiara che non lascia luogo a dubbi di sorta: i -suburbana son differenti dalle massae e tutt'e due dalle coloniciae. - -Il diritto romano dei tempi classici, è noto, concepisce la persona -fisica nei due soli stati di libertà e di servitù. Invece il diritto -germanico — che conosce già quella categoria intermedia degli aldi, -così difficile a definire ed a cogliere nella sua vera natura, poichè -tiene del libero e del servo ad un tempo — venuto in Italia a regolare -i rapporti giuridici di persone vinte e che la residenza in terra -altrui, riducendo il rapporto di soggezione da personale in reale, -aveva anche prima menomato molto nella libertà personale, finì con -l'ammettere infiniti gradi nelle condizioni dei soggetti; onde si -venne a costituire una scala, all'ultimo gradino della quale stava il -servo, mentre il primo era costituito dal figlio di famiglia e dalla -donna[298]. - -Nel passo del sinodo romano, l'elemento più basso è quello colonico, -a cui da quello suburbano si scende non direttamente, ma con il -gradino intermedio del massaro. È vero che la posizione giuridica del -massaro non è eguale nè da per tutto nè in ogni tempo[299], ma però -è certo che, generalmente, era più autonoma se non libera di quella -del colono[300]. E, logicamente, i coltivatori delle terre che la -Chiesa possedeva nel suburbio, dovevano trovarsi in una condizione -giuridica anche migliore. Ma se questo è, si deve anche ammettere che -tale fenomeno non poteva esser dovuto unicamente ed esclusivamente -alla Chiesa: questa non poteva porre a base una tal distinzione -soltanto perchè certe terre erano vicine alla città, mentre altre ne -erano lontane. Ci voleva una causa più forte; e questa è da trovarsi -nella diversa condizione giuridica delle classi suburbane; diversa -condizione giuridica mantenutasi per il consolidamento di una antica -consuetudine[301], per la quale i lavoratori delle terre suburbane -erano costretti a prestazioni meno onerose, per numero e per quantità, -di quelle a cui erano obbligati i massari e, più dei massari, i coloni. - -Perchè, bisogna aggiungere, non è la Chiesa di Roma soltanto che usa -questo sistema: tutte le altre tengono lo stesso procedimento. Un -esempio ne abbiamo da quella di Lucca, che distingue le terre possedute -nel territorio lucchese in due grandi categorie, a seconda che sieno -poste o no _in circuitu civitatis._ - -Infatti tanto nelle une come nelle altre la popolazione è divisa nelle -due categorie dei _redditales_ e degli angariales: i primi obbligati -a prestazioni in danaro o in natura, i secondi a queste ed, inoltre, -a un certo numero di opere ogni settimana. Ma si hanno differenze -notevolissime. - -Nelle terre suburbane il vescovado possiede 65 _redditales_ e 25 -_angariales_, mentre nelle terre situate nel comitato la proporzione è -del tutto invertita: 50 angariales di fronte a 19 _redditales_[302]. -E, di più, gli angariales in circuitu, oltre ad un numero fisso di -angarie — abitualmente tre per settimana — pagano quasi sempre metà -del vino e dell'olio; mentre gli _angariales_ delle altre terre sono -esenti da queste ultime prestazioni. E differenze sensibili si notano -anche riguardo ai _redditales_, dei quali alcuni di quelli in vicinanza -della città davano, oltre al censo abituale, anche un terzo e talvolta -perfino la metà «de omne lavoratione» o «de lavore maiore». - -A escludere che si tratti di un caso eccezionale, basta la concomitanza -col documento bresciano e più ancora con quello romano. - -D'altra parte si vede bene, come i _redditales_, considerati come tali, -stanno all'apice della categoria dei non liberi risiedenti su terra -altrui, e vi sono vincolati meno strettamente dei massari e, a ragione -maggiore, dei coloni. E un'altra cosa che dà da pensare è la differenza -fra persone della stessa classe a seconda della loro situazione -topografica. - -Non si può credere che la prevalenza dei _redditales_ sugli -_angariales_ nel suburbio sia dovuta all'azione o all'influenza del -mercato cittadino sulle classi servili: noi ci troviamo, nel caso -del documento lucchese, davanti ad una percentuale molto forte di -_redditales_, che nulla impedisce di supporre estesa anche alle terre -possedute da altri nel suburbio cittadino: se realmente essi avessero -a poco a poco migliorato la loro condizione per i benefici influssi -del mercato cittadino e della città e, più spesso ancora, del suburbio -stesso, come sede di quello, non si arriva a capire come questi -angariali, frequentemente ricordati, sieno in peggiore condizione -degli angariali comitatini, e come e perchè i _redditales_ che -risentono il contatto cittadino si trovino più gravati di quelli che -ne sono distanti. In verità apparirebbe — non dico che sia — tutto il -contrario. - -Dunque la spiegazione di tale stato giuridico deve essere cercata, -in un altro campo, quello cui ho già accennato: l'irrigidimento dei -vincoli e dei contratti rurali iniziato negli ultimi tempi romani. -Io trovo una continuazione diretta con la condizione dei lavoratori -della terra nei _mille passus_ romani, quando furono anch'essi travolti -nella gran rovina che li privò della libertà e li legò come gli altri -alla gleba, lasciando loro l'unico vantaggio di fronte agli altri -coloni, a cui la legislazione giustinianea tentò di equipararli, -di un quantitativo diverso e meno oneroso di prestazioni; e queste -continuarono inalterate nei secoli successivi, in modo che, quantunque -i lavoratori, su cui gravavano, fossero, al pari degli altri, chiamati -_redditales_ ed effettivamente rientrassero in tale classe, pure se ne -differenziarono. - -Quanto poi alla coesistenza di un esiguo numero di _angariales_, -mi pare che questo fatto, oltre ad escludere ancora una volta che -tutti i dipendenti della Chiesa, solo perchè suburbani, godessero di -posizione privilegiata, escluda anche che ciò sia dovuto ad un'azione, -comunque esercitata, della parrocchia cittadina (comprendente come -sappiamo, anche il suburbio); perchè in tal caso, nè gli _angariales_ -sarebbero rimasti più gravati dei loro confratelli comitatini, nè i -_redditales_, che erano anche più numerosi, si sarebbero trattenuti -dall'avvantaggiarsi di più. - -Del resto il fenomeno mostrato dal polittico lucchese non è isolato: -un'altra pagina interessante per la storia della condizione dei -lavoratori della terra del suburbio può essere offerta dall'esame -comparativo di due diplomi concernenti Asti. - -Nell'anno 924 un certo Oberto chiese a re Rodolfo, di cui era -_fidelis_, il castello vecchio di Asti ed alcuni _servientes infra -eamdem civitatem commanentes_, singolarmente nominati, con le mogli -ed i figli _cum massariciis illorum et omnibus rebus mobilibus -et inmobilibus_. E il re, con diploma del 5 decembre dello stesso -anno[303], gli concesse il castello con le sue pertinenze e _cum -servis et ancillis et omnibus mobilibus ad eosdem iuste et legaliter -pertinentibus_. - -Basta un'occhiata per accorgersi di un fatto abbastanza strano in un -diploma: la _dispositio_ non corrisponde esattamente alla _narratio_: -in questa si domandano dei _servientes_ con le loro massaricie ed i -loro beni mobili ed immobili: in quella si concedono degli immobili con -i servi e le ancelle che li lavorano e con i beni mobili — i soli beni -mobili — che ad essi appartengono legalmente: con tutta probabilità si -accenna al peculio.[304] - -Ho detto che questa dissonanza è un fatto abbastanza strano (e chiunque -conosca un po' le norme delle cancellerie regie ed imperiali, lo sa); -ma esso diviene ancor più strano per il ripetersi di questa stessa -discrepanza in un altro diploma regio, di poco posteriore a questo, -che concerne le stesse precise cose di cui si tratta in questo[305]. È -un diploma del 23 luglio 938 con il quale Ugo e Lotario confermarono -al vescovo Brunengo questi stessi beni pervenuti al vescovado nel -frattempo: sembra per una donazione _mortis causa_. Nella _narratio_ -si parla di _massaritia sex cum servis et ancillis ea rettinentibus_: -nella _dispositio_ si usa la formula consueta in tutte le _concessioni: -casis massaritiis ac famulis utriusque sexus_. - -Il contrasto è meno stridente che nel diploma del 924, ma non meno -evidente perchè la parola _rettinentibus_ — qualunque significato abbia -il verbo _retinere_ — indica pur sempre qualche cosa di diverso da -quello che si sarebbe desunto se il diploma avesse detto che quei servi -e quelle ancelle _pertinebant_ alle massaricie donate. La correlazione -fra i due diplomi impedisce di pensare ad un errore qualunque da parte -della cancelleria regia e quindi si deve ricercare per altre vie una -spiegazione dell'incognita. - -Si può osservare — rifacendo la via a ritroso attraverso ai due -diplomi — che la _narratio_ del secondo parte dalla _dispositio_ -del primo e che la _dispositio_ del secondo segna l'ultimo punto -della trasformazione della condizione di questi lavoratori. Essi da -prima appaiono in tale stato che se non possono esser detti veri e -propri _servi_, ci si avvicinano tanto da essere qualificati come -_servientes_: eppure, per un altro lato — quello di esser considerati -come soggetti di un diritto su una terra — se ne allontanano così -profondamente, che il cancelliere di re Rodolfo, non sapendo come -meglio conciliare questi due elementi così profondamente antitetici -e per i quali il diritto del tempo non offriva alcun riscontro, li -qualifica come veri e propri servi concedendo loro il diritto del -peculio. Ugo e Lotario ne peggiorano ancor più la condizione perchè non -fanno nemmeno accenno al loro peculio. - -Non mi pare si possa negare che il punto di partenza, quale ci è -fornito dal diploma del 924, è dato dalla condizione ibrida, che ha -del servo e del non servo; fatta di vincoli personali e di diritti -d'indole reale che sembrerebbero inconcepibili con i primi. Come è nata -e come si è formata tale condizione? Per rispondere a questa domanda il -miglior mezzo è, forse, il cominciare col determinare il luogo in cui -essa appare. - -Questi lavoratori si trovavano nel suburbio della città di Asti. Ciò -mi sembra dimostrato dall'espressione _infra_ _civitatem_ usata dal -diploma di re Rodolfo: espressione che non può indicare _entro la -città_ perchè per indicare il castello vecchio (che si sa di sicuro -essere stato situato dentro le mura della città) lo stesso diploma -dice _in civitate A_. L'avverbio _infra_ ha conservato anche qui il suo -antichissimo significato e ci offre modo, se non m'inganno, di spiegare -come si sia potuto avere fra le varie classi sociali anche quella di -questi _servientes_. - -Discendenti da antichi lavoratori di terre suburbane, pubbliche fino -dal tempo romano, o divenute tali in seguito: essi, al sopravvenire dei -Langobardi, furono considerati come più vicini ai _servi_ che ad ogni -altra classe, ma, essendo addetti alla lavorazione della terra, come -tutti i lavoratori della terra in genere, ebbero continuate anche in -seguito le condizioni antecedenti. Furono, così, chiamati servientes -invece che servi ed ebbero riconosciuti consuetudinariamente dei -diritti che i veri e propri servi non avevano. Solo quando l'autorità -pubblica, nel donarli, si trovò costretta a determinare la loro -situazione giuridica, essi rientrarono nel quadro delle classi di -lavoratori, quale si concepiva, secondo le leggi, nel secolo IX. e -nel X.: e non fu certo a loro vantaggio. Fino ad allora essi avevano -continuato a mantenersi, salvo, forse, delle deviazioni che oggi -più non si possono determinare, ma che non furono certamente molto -sensibili, in uno stadio che solo la speciale condizione giuridica del -suburbio al tempo romano aveva potuto contribuire in modo decisivo a -far nascere. - -A questo modo si può avere un'idea, certo molto approssimativa ma non -trascurabile, delle modificazioni che la venuta dei Langobardi portò -nel territorio suburbano. Il quale — non va dimenticato — fu soggetto -più che ogni altro a perturbazioni, perchè, sia per ragioni strategiche -che sociali e politiche, le guerre si risolvevano nella conquista -delle città, intorno alle quali veniva necessariamente a decidersi la -maggior parte delle battaglie. L'invasione, infatti, diviene conquista, -quando, prese le città, i Langobardi ne occupano il territorio e vi si -insediano stabilmente. - -E perciò io credo che intorno alla massima parte delle città italiane -continuasse l'antico suburbio romano e su di esso prevalessero le -antiche consuetudini rimaste quasi completamente inalterate. - - -§ 3. — Però l'atto di Carlo Magno non parla soltanto di terre -suburbane: _civitates_, dice, _cum suburbanis et_ TERRITORIIS SUIS. -Questi _territoria_ non erano quelli dipendenti giurisdizionalmente -dalla città: proseguendo, il documento aggiunge _et cum comitatibus -que ad ipsas pertinent_. Come tali _territoria_ non s'identificano con -le terre suburbane, distintamente ricordate, così non si confondono -con i singoli comitati. Non resta che pensare ai beni comuni, la cui -continuazione ininterrotta dall'epoca romana fino al basso medio -evo, negata contro il Savigny dal Bethmann Hollweg e dal Roberti, -ammessa invece dal Tamassia[306] e vittoriosamente dimostrata dallo -Schupfer[307] è stata ormai riconosciuta dalla opinione comune[308]. - -Questi beni, posti alla dipendenza del duca o del gastaldo insieme con -i beni pubblici — _publicum_ — a cui l'autorità suprema li avvicinava -con l'equipararli amministrativamente all'organismo della _curtis -regia_, soddisfacevano con i diritti d'uso alle necessità dei cittadini -e si distinguevano da quelli più propriamente pubblici, perchè, a -differenza di questi, gli utenti ne potevano godere senza l'obbligo di -pagarne il canone corrispondente. - -Anzi, esaminando più attentamente il noto reclamo dei provinciali -istriani contro le usurpazioni del duca franco Giovanni[309], non mi -sembra azzardato il pensare che, più che di diritti di uso, si tratti -di un vero e proprio diritto di condominio dei cittadini sulle terre -del comune[310]: NOSTRAS _silvas, unde nostri parentes herbatico -et glandatico tollebant_, dicono essi, _terras_ NOSTRAS, NOSTRAS -_runcoras_, NOSTRA _prada_, NOSTRA _pascua_. E non è a dirsi che si -potesse ingenerare confusione per il fatto che queste, come le altre -terre pubbliche, si trovavano sotto la dipendenza del duca. Il duca -riconosce esplicitamente di aver compiuto gli atti che gli si imputano, -ma dichiara di averlo fatto in buona fede ritenendoli beni pubblici. -«Istas silvas et pascua quae vos dicitis — ecco le sue parole — ego -credidi quod ex parte d. imperatoris _in publico_ esse deberent». - -Anche ammesso e non concesso che non si trattasse che di diritti -di uso, questi sono tali da incidere così profondamente l'elemento -dominico da annientarne quasi il lato dispositivo. - -Ma poi, se non m'inganno, la teoria dello Schupfer è sopratutto basata -sulla terminologia dei documenti: _comunalia, compascua publica, -campora comunalia, res comunes, comunes, comunanciae, vicanalia_, etc: -tutte queste espressioni che richiamano alla mente — è innegabile — -l'idea di una compartecipazione. - -Ma non sono le sole. - -Alcuni nostri documenti, che concernono importantissime città -langobarde, a incominciare dalla capitale del regno fino a quella -Brescia in cui densi si stabilirono i nobili langobardi[311], ne usano -anche un'altra. - -Il placito pavese del 14 marzo 914[312], ricorda un _hortum suburbium -huius Ticinensis, non multo longe a basilica S. Theodori sive et braida -una in_ CAMPANIA _huius Ticinensis_. E la stessa parola, oltre che nel -diploma con cui nel 989 Ottone III concede al monastero di S. Pietro -in Ciel d'oro _omnem terram in_ CAMPANIA _papiensis urbis_[313], la -troviamo nel diploma del 1014 di Ottone conte palatino e di Pietro -vescovo al monastero del Salvatore costruito _foris in_ CAMPANEA -_ticinensis civitatis_[314]. - -A Piacenza nel 1085 fu celebrato un «concilium generale» in CAMPANEA -_civitatis P. ubi est ecclesia S. Victorie martyris et virginis_[315]. - -Qualche decennio prima il vescovo di Brescia Odofredo si era obbligato -a non fare alcun «hedificium» in Monacello e nessuna proibizione e -interdizione ai bresciani «pasculandi, incidendi et capellandi» sul -Monte Degno e sul Monte Canedulo, a cui «coherent ab una parte via q. -d. mantuana, ab aliis omnibus _campania_»[316]. - -Il primo documento pavese, col simultaneo ricordo del _suburbium_ e -della _campanea_, esclude ogni possibilità di sinonimia tra queste -voci. - -E un bel documento veronese[317] ce ne mostra l'intima natura. -Essendo potestà di Verona Grimerio Visconte piacentino e lamentandosi -che, poco tempo prima della sua podesteria, _communis campania -Veronae_ «a quampluribus esset capta et caperetur», con tal perdita -che «communis utilitas taliter diminui videbatur quod ad maximum -universitatis detrimentum spectare posset», pensò di provvedere. E, -avuto il consiglio dei suoi giudici ed assessori e dei causidici, dei -militi e dei negozianti e in special modo di tutti coloro che avevan -giurato di dargli consiglio in buona fede, pose molte persone giurate -«ad jam dictam _communem campaniam Veronae_ per suum sacramentum a -praediis privatorum hominum discernendam et separandam», e quindi, con -queste persone e con molte altre di Verona andava «circumiens eamdem -_communem campaniam Veronae_ et eam, secundum juratorum sacramenta, ab -_allodiis_, ponendo terminos, segregans». - -Si tratta, evidentemente, di beni pubblici cittadini, per i quali — e -per essi soltanto — è da credere perdurasse a Verona, come a Pavia, a -Brescia e a Piacenza il termine di CAMPANEA. - -Se questa _campanea_ risulta diversa dal suburbio e dal comitato e — -come si ammette da tutti — alle città rimasero in proprietà in uso -— questo per ora non ci riguarda — dei beni; possiamo pensare che -nell'atto di Carlo Magno tale parte del territorio sia indicata dai -_territoria_ tenuti distinti dai _suburbanis_ e dai _comitatibus_. -Ma, in quest'atto, di fronte al vincolo più tenue, per il quale il -comitato _pertinet_ alle singole città, se ne ha uno più intimo per -cui e le terre suburbane ed i _territoria_ sono ambedue dichiarati -proprî delle città — _civitates cum suburbanis et territoriis_ -SUIS. — Ora se si pensa che le terre suburbane non appartenevano -affatto, nella loro totalità e nemmeno nella maggior parte, alle -città, in proprietà privata, o ad altro titolo simile, sia pure sotto -l'amministrazione ducale o gastaldale; nè vi avevan su, se non in -caso eccezionale e fortuito, diritti di uso; bisogna concludere che -la triplice distinzione del territorio di fronte alla città, porta al -riconoscimento della città — come tale e non come sede di autorità -pubblica — al grado di persona giuridica pubblica con facoltà e con -diritti distinti da quelli dell'autorità regia e con beni separati da -quelli che l'autorità pubblica aveva nell'ambito della circoscrizione -territoriale della città. Il documento è chiaro: son proprie delle -città — _suae_ — terre di cui i privati non hanno nè proprietà nè -uso di natura privata e che non si confondono con le proprietà del -publicum, per riguardo al diritto pubblico. - -Esaminiamo più da vicino questi due punti: mancanza di diritto di -proprietà o di uso e distinzione dai beni del _publicum_. - -Poichè l'atto di Carlo M. chiama proprie delle città — _suae_ — le -terre suburbane, di cui la proprietà spettava a chiese o a privati, ed -a queste terre equipara senza differenza alcuna le terre appartenenti -alle città stesse: esaminando a fondo il documento bresciano, veniamo -a concludere che fra le terre, sulle quali il vescovo riconosceva dei -diritti ai cittadini, e la _campanea_ circostante c'era sicuramente una -differenza. Ammesso che la parola _campanea_ a Verona indica beni della -città, — e non c'è nessuna ragione che induca a credere che a Pavia, -Brescia, Piacenza etc. avesse significato differente — ne consegue -che fra i beni pubblici delle città esistevano distinzioni di vario -genere, per il diverso titolo di proprietà, per il diverso uso a cui -erano destinate. Nei beni pubblici esaminati dallo Schupfer l'elemento -predominante è l'uso comune e lo prova — come ho detto — il complesso -dei termini usati per indicarli[318]. Ma nei casi da me raccolti -questo concetto dell'uso comune non è indicato nè punto nè poco: eppure -resulta che la _campanea_ apparteneva alla città e non al _publicum_. -Infatti nè a Pavia e in un placito, nè a Brescia, in un atto di tanta -importanza, si sarebbe mancato di farne risaltare il carattere, se -si fosse veramente trattato di terre demaniali, mentre il genitivo -possessivo — _huius Ticinensis_ — le dichiara della città. - - -§ 4. — Ma oltre a queste terre, nella costituzione langobarda, ve -ne sono altre che appaiono collegate a determinati centri abitati, -fra i quali anche le città, e che occorre quindi esaminare: le terre -arimanniche. - -Il Muratori[319] sostenne per il primo, con il suo meraviglioso -intuito storico, che si trattava di beni concessi dal fisco; e con -lui, più tardi, si sono schierati il Roth[320], il Leicht[321] e il -Checchini[322]. Nessuno di questi scrittori, però, ha considerato a -fondo quella che mi pare la legge fondamentale in rapporto ai beni -arimannici e l'unica che veramente sia di applicazione generale. - -Tale legge è la nota costituzione emanata da Federigo I nella famosa -dieta di Roncaglia del 1158 e passata poi nel libro delle consuetudini -feudali. Con essa, volendo rivendicare i diritti dell'impero, Federigo -I determinò la serie delle così dette regalie. - -E cominciò proprio colle arimannie. _Regalia autem sunt: ARIMANNIAE, -viae publicae, flumina navigabilia et ex quibus fiunt navigabilia, -portus, ripatica, vectigalia, quae vulgo dicuntur monetae_ etc. - -Poichè è certo che, anche a quel tempo, esistevano terre spettanti al -_publicum_ e invece la legge fridericiana, se si eccettua la parola -_arimanniae_, non ne parlerebbe mai[323], è evidente, data l'importanza -dell'argomento, che con questa parola s'indicarono proprio i beni di -pertinenza dell'impero[324]. - -Con questa conclusione non si accorda nè l'opinione del Leicht[325], al -quale, tuttavia, spetta il merito di aver lumeggiata la riconnessione -dell'arimannia alle terre pubbliche, nè quella del Checchini[326]: il -primo ritiene che l'arimannia sia non la proprietà dell'arimanno, bensì -il diritto che egli gode su terre prative e boschive, originariamente -concesse dal pubblico al gruppo di cui egli fa parte. E pure il -Checchini parla solo di originaria appartenenza delle arimannie ai beni -del fisco. - -In conclusione, se non m'inganno, l'uno e l'altro affermano che questi -beni, prima di proprietà del fisco, sono stati da questo ceduti -a determinate persone e queste vi hanno conseguito un diritto di -proprietà, che può esser limitato da restrizioni così gravi da giungere -fino al divieto di alienazione, ma che non cessa, per questo, di essere -un vero e proprio diritto di proprietà. - -A me invece pare che qui si abbia la concessione non di un diritto di -proprietà, quale s'intende nella coscienza giuridica del tempo; ma -di un semplice diritto di possesso ispirato proprio a quei concetti -barbarici della gewere, i quali, se non giungono, forse, allo sviluppo -creduto dallo Schupfer, non me ne sembrano, in verità, così lontani -come il Leicht prima ed il Checchini poi hanno sostenuto: possesso, -in opposizione al quale Federigo I aveva rivendicata l'alta proprietà -pubblica, in quanto egli si considerava come continuatore dell'idea -imperiale in cui si impersonava il _populus romanus_, supremo detentore -degli attributi della sovranità. - -Io credo che l'istituzione dell'arimannia sia una delle manifestazioni -più rilevanti, se non unica, dello Stato germanico, la quale non abbia -quasi affatto subito influenza da elementi estranei e che — appunto per -questo — ci possa offrire una riprova delle energie circostanti che la -rinchiusero in limitatissima cosa. - -Il Leicht[327] ha trovato alcuni punti di analogia fra l'arimannia e -le terre limitanee romane: altrettanti se ne trovano, secondo me, con -le terre pubbliche delle città, le quali compiono funzione analoga così -negli ultimi tempi dell'impero romano, come anche in seguito, durante i -tempi goti e bizantini. - -Certo alcune di queste terre — il Leicht ha ragione — dallo Stato -romano, appunto perchè le destinava a barbari, furono dotate di quegli -speciali privilegi che potevano renderle più conformi ai barbari che -Roma assoldava per costituire la massima parte delle sue milizie. Ma -è ormai noto come fra grandi civiltà decadenti e nuove civiltà tuttora -nel sorgere sieno molti e notevoli punti di contatto, senza per questo -che ne derivi la conseguenza che le prime abbiano agito sulle seconde. - -E qui, mi pare, siamo proprio nel caso. - -Il Checchini è sostenitore assoluto dell'influenza bizantina -sull'arimannia langobarda, la quale, secondo lui, riproduce esattamente -l'organizzazione dei fondi militari di confine[328]. - -Non posso — ora — fermarmi a lungo su questa questione, incidentale -per la mia ricerca, e debbo quindi tralasciare di occuparmi così del -problema che riguarda lo stato personale degli arimanni — gli arimanni -eran liberi, ma la loro libertà non credo punto fosse quella dei veri -e proprî _exercitales_ — come dell'esame del modo con cui istituti -bizantini avrebbero potuto influire sulla costituzione di gruppi -arimannici già in azione nei primi anni successivi all'interregno, non -che di tutte le altre questioni relative. Ma non posso fare a meno — -non foss'altro per giustificare la mia affermazione così recisamente -opposta — di esaminare un po' attentamente i punti di identità che il -Checchini ha voluto trovare fra l'arimannia e gli istituti militari -bizantini. - -Egli dice che molti documenti riferentesi all'arimannia riproducono -esattamente l'importante prescrizione imperiale per cui i «fundi -limitanei» erano «ab omni munere vacui» e così (son le testuali -parole del Checchini)[329] «il diploma di Carlo il Grosso alla -chiesa di Arezzo, — a. 882 — prescrive: «...... in omnibus liberis -et erimannis prefatae S. Aretinae Ecclesiae filiis.... _iubemus ut -ab eis nec donaria aut redibitiones neque pignorationes vel iniustae -districtiones exigantur_», ed un altro diploma di Enrico IV: «nullus -dux, archiepiscopus ecc..... in eorum domos albergare _theloneum, vel -aliquam publicam functionem dare eos_ (arimannos) _cogat_». - -«Siamo così in grado di trovare (diciamolo tra parentesi), la ragione -dell'errore in cui sono caduti molti autori, che, avendo constatata -quest'immunità dell'arimannia da qualsiasi onere fiscale, l'hanno presa -per una terra allodiale». - -I documenti — in verità — suonano in modo un po' diverso da quello con -cui il Checchini li ha citati. - -Il primo è il famoso diploma immunitario alla chiesa aretina che il -Muratori[330] credette generale per tutte le chiese d'Italia. - -L'imperatore, avendo conosciuto come i suoi ministri «contempto -timore Dei et abiecta a predecessoribus (nostris) interdicta, per -plebes et ecclesias seu ecclesiastica praedia et domos placita -teneant, districtiones in liberos, massarios super ecclesiasticas -res residentes, et servos et aldiones faciant tributa; ab eis -exigant census et donaria, angarias etiam et opera[s; et] non solum -ab eis sed ab omnibus liberis eri[man]nis et ecclesiae filiis», -vuole assolutamente con la sua imperiale autorità «omnes has -superstitiones et importunas violentias funditus abolendas» e a -questo scopo stabilisce (statuentes) che «in sancta aretina ecclesia -nullus comes, nullusque judex vel quelibet iuditiariae potestatis -persona tam in plebibus quamque et in monasteriis, titulis aliisque -ecclesiis vel domibus seu urbanis vel rusticis possessionibus ad eam -pertinentibus placita tenere, massarios et colonos, liberos, aldiones -vel servos quosque residentes super res ad predictam sanctam ecclesiam -pertinentes quolibet modo distringere, pignorare, angariare, census -et redibitiones et donaria aliqua exigere quoquomodo presumat; sed -liberos, massarios, quos legalis coactio exigit querere ad placitum, -per patronum seu a[dvoc]atum ad placita ducan[tur] ut legal[is -diffi]nitio legalem contentionis finem impo[nat]; ac etiam in omnibus -liberis et erim[a]nnis praef. s. aretinae ecclesiae filiis et eiusdem -diocesi commanentibus massariis et colonis observari omnimodis iubemus; -videlicet ut ab eis nec donaria aut redibitiones neque pignora neque -iniustae districtiones exigantur, sed unusquisque cum legalis censura -exigit a patrono suo ad placitum deducatur, ne pignorationis occasio -aditum rapine depredatoribus in aliquo prestet»[331]. - -Come si vede — ed è ben noto — l'imperatore per evitare i soprusi, che -i suoi ministri commettevano nell'esercizio della giustizia, proibisce -loro l'introito nel territorio diocesano reso immunitario, stabilendo -che gli abitanti ne siano presentati al placito da apposito avvocato. - -Gli _erimanni_ — chiunque si voglia indicare con questo nome — non -sono trattati diversamente da tutti gli altri abitanti della diocesi -aretina, qualunque ne sia la condizione, dal servo al libero; perchè -unico e solo scopo dell'imperatore è di sottrarli tutti alle arbitrarie -vessazioni dei ministri regi: non si tratta affatto di imposte: ma -di esenzione da obblighi giurisdizionali, e quindi, da arbitri e da -soprusi. - -Il diploma di Enrico IV è anche più refrattario all'interpetrazione del -Checchini. - -L'imperatore, per intercessione di Adalbergo vescovo di Amburgo, -concede «cunctis hominibus de vico Viglevani et Serpi atque Pedulae et -Viginti Columnae, cunctis filiis filiabusque eorum nec non et hominibus -eorum omnibus _ut ab arimannia exeant_, et nullus dux, archiepiscopus, -episcopus, marchio, comes, vicecomes, gastaldio, sculdasius nullaque -regni persona in eorum domos albergare, theloneum vel aliquam publicam -functionem dare eos cogat, nec eos nec eorum posteritatem placitum -custodire compellet ultra nostrum placitum»[332]. - -Tutta la concessione deriva dal primo inciso — non riportato dal -Checchini — «ut ab arimannia exeant». - -E l'altro documento, citato in nota dal Checchini, e che è l'atto di -pace del 1114 fra la contessa Matilde ed il vescovo di Parma Bernardo; -fra le altre clausole, ha la promessa del vescovo che agli «_arimannis -de Monticulo nullos alios_ USUS _vel_ FACTIONES _deinceps requisierit, -nisi quos eius antecessores_ SOLUMMODO IN PACE _et non in guerra ex -illis habuerant_»[333]. - -«Ergo — io non saprei come dir meglio del Muratori — arimanni -tempore etiam pacis ad quaedam obsequia, servitia et factiones -obligabantur»[334]. - -Tutti i documenti dal Checchini stesso citati, non che suffragarne -l'opinione, ne provano precisamente l'opposto, e rendono quindi -superfluo il ricordo del _districtu et integro servitio quod de jure -debebant_ all'imperatore i due arimanni ceduti nel 1159 da Federigo -I alla chiesa di S. Alessandro di Bergamo[335] e dell'_omni debito, -districtione et notione atque placitu_ cui erano costretti quei _liberi -homines qui vulgo herimanni dicuntur_ i quali, insieme col castello -di Romagnano, Ottone I donò al monastero di S. Zenone di Verona[336]; -e di tutti gli altri documenti — e sono molti — da cui appare in -modo irrefutabile come gli arimanni fossero soggetti a tributi e a -prestazioni[337]. - -E non è soltanto in questo che la voluta analogia fra «fundi limitanei» -ed arimannie non esiste. - -Il Checchini, per dimostrare che comune agli uni e alle altre era anche -il divieto di alienazione, cita il diploma di Enrico III agli arimanni -di Sacco con cui l'imperatore stabilisce che «_non liceat ipsam -erimanniam suam vendere aut archiepiscopo, aut patriarche aut duci, aut -marchioni, comiti, vicecomiti nec aliquibus ex potentioribus_». - -Ma è evidente invece che l'imperatore permette loro la più ampia -facoltà di vendita e di cessione, fatta unica e sola eccezione delle -persone più potenti degli arimanni stessi, le quali — i livelli delle -chiese ne danno una prova evidente — avrebbero avuto di mira e di -resultato lo scompaginamento di un insieme di forze e di individui, -che l'imperatore voleva invece, seguendo un sistema tradizionale, -tenere unito. Anche nei giuramenti di fedeltà e di sottomissione è -abituale l'eccezione di guerreggiare contro l'imperatore o contro -il papa ed altre determinate persone. Si dovrebbe sostenere che il -giuramento di fedeltà non esiste? Nè il procedimento è diverso: sono -le manifestazioni sociologiche, diciamo così, che confermano, con -l'eccezionalità di qualche disposizione, la generalità di una norma o -di un istituto. - -Nei «fundi limitanei» esiste un vero e proprio divieto di alienazione; -mentre qui si ha in diritto una facoltà di alienare la quale può essere -completa, come nelle arimannie friulane[338], o limitata come nel -caso su citato; ma in ogni modo esiste sempre senz'altra limitazione -che quella che il concessionario debba subentrare negli obblighi a -cui sottostava il concedente, in quanto titolare di una terra, su cui -incombevano speciali oneri. - -E appare anche un'altra differenza fondamentale fra l'istituto -bizantino e quello langobardo. Nel primo la proprietà della terra -passava dallo Stato al soldato ed ai suoi successori: nel secondo no; -il _publicum_ conserva sempre un diritto eminente di proprietà che -non si manifesta solo in caso di inadempienza degli obblighi e per -la risoluzione di una condizione; è un diritto che si affievolisce -coll'andar del tempo e sotto l'azione di numerosi elementi ed, in -alcuni casi, si trasforma, ma non si estingue. Nei primi anni il -_publicum_ esercita il suo diritto di distribuzione delle terre comuni -concesse in precaria ad un determinato gruppo, come nel noto caso -della _fiurvaida_ pisana, mentre più tardi di questo esercizio di -autorità non si ha menzione. Ma il diritto eminente dello Stato permane -e lo si vede apparire nella imposizione fridericiana riguardo alle -_arimanniae_, nella quale si comprendono tutte le terre sulle quali lo -Stato vantava diritti non annullati da concessioni speciali. - -E in tal modo si viene ad un altro punto più interessante ancora; la -determinazione del patrimonio dell'arimanno. - -Secondo il Leicht, l'arimanno possederebbe, come tale, una terra -speciale, che sarebbe appunto l'arimannia, oltre il suo allodio: -l'arimannia, secondo quest'autore, sarebbe solo la terra pascolativa, -almeno originariamente. Io credo, invece, che arimannia non sia -soltanto questa ma sia la terra, la _sors_, concessa ad ogni singolo -arimanno, insieme col diritto sul compascuo e sulle prestazioni, di -cui queste due terre dovevano rispondere, per mezzo della persona a cui -erano state concesse. - -In tal modo si rende spiegabile la frase del diploma imperiale -agli arimanni, con la quale si concede a questi _hereditatem et res -communes_. Nè può far meraviglia il fatto che la terra sia chiamata -hereditas: con tal nome sappiamo esser stata indicata non soltanto la -terra allodiale ma anche quella colonica, la quale — ed è questo un -punto di contatto con l'arimannia — senza staccarsi dal patrimonio -del «dominus», è suscettibile di cessione, di alienazione e di -donazione[339] anche fuori dell'ambito del _mithio_, entro il quale i -coloni fiscalini hanno facoltà anche più ampie[340]. Senza contare che -ripugna al concetto della costituzione di un gruppo arimannico l'idea -della mancanza di una terra propria di ciascuno, perchè è proprio -questo il campo nel quale il sistema della _sors_ e della terra comune -ad essa assegnata si può e si deve manifestare. Il Leicht[341] ha -combattuto giustamente, seguito dal Checchini, l'opinione dell'Andrich -che gli arimanni nei piccoli castelli fossero i soli comunisti -ed aggiunge che però è innegabile che al gruppo vicinale stesso, -come ente, gli imperatori ed i loro succedanei sovente investono -l'arimannia, la quale viene così ad immedesimarsi col comune: così a -Mantova, a Cremona. Ed è vero. Io aggiungerò che, dall'insieme dei -documenti, risulta la prevalenza dell'elemento cittadino-romano su -quello arimannico-germanico. - -Nel diploma di Enrico II del 1014[342], si parla esclusivamente di -arimanni, mentre in quello di Enrico III del 1055[343] si parla di -tutti i cittadini di Mantova, dei quali gli arimanni, in virtù del -diploma del 1014, erano potuti entrare a far parte. Infatti con -quest'ultimo diploma l'imperatore prende sotto la sua protezione tutti -gli arimanni — _cunctos arimannos_ — che abitano — _habitantes_ — nella -città di Mantova, nel comitato di essa ed in alcuni vici espressamente -nominati — _in civitate Mantue, sive in Castro qui d. Portus sive -in vicoras q. n. S. Georgio, Formicosa, Cepada, seu et in comitatu -mantuano_ con tutte le loro cose e cioè _cum omni eorum hereditate, -paterno vel materno jure, proprietate, communaliis sive omnibus rebus -que ab eorum parentibus possessa fuerunt et eorum adquisita sive -adquirenda_. - -Invece dal diploma di Enrico III del 1055 appare che l'imperatore, -volendo estirpare le «superstitiosas exactiones et importunas -violentias» di cui gli arimanni mantovani erano vittime, stabilisce ed -impone che «nulla magna parvaque persona _predictos cives, videlicet -ermannos in Mantua civitate habitantes_ (ossia quegli arimanni che -erano entrati ad abitare come cittadini in Mantova) de suis personis, -sive de illorum servis et ancillis vel de liberis hominibus in eorum -residentibus terra, vel DE EREMANNIA _et_ COMMUNIBUS REBUS AD PREDICTAM -CIVITATEM PERTINENTIBUS ex utraque parte flumine mincii sitis, sive -de beneficiis, libellariis, precariis, seu eciam de omnibus eorum -rebus mobilibus et immobilibus iuste conquisitis et iuste conquerendis -inquietare, molestare, disvestire, sine legali judicio presumat». Ora -si potrebbe ricordare che a Lucca era avvenuto altrettanto parecchi -secoli prima: nel 786[344] gli arimanni erano entrati a far parte dei -cives ricordati fino dal 722[345]. Ma quello che a me preme rilevare -è la differenza che corre fra i due passi concernenti la terra -arimannica: nella prima abbiamo l'_hereditas_ distinta ma unita con -le terre comuni dei singoli gruppi arimannici; nel secondo l'una e le -altre, sotto la comprensiva dizione di _eremania_, sono nettamente -separate dai beni comuni pertinenti alla città. E su quest'ultimo -diploma si modellano quelli successivi del 1090, del 1133 e del 1159 di -Matilde[346], di Lotario II[347] e di Federigo Barbarossa[348]. - -A qualunque distanza fossero le arimannie dalle mura cittadine, -costituivano sempre un'organizzazione distinta da quella della città, -la cui configurazione territoriale rimane individuata anche per questo -lato. - -Nè si potrebbe obbiettare che si può avere una confusione quando, -invece di terre lasciate in proprietà alle città, si tratta — ed è il -caso più frequente — di terre così dette comuni delle quali alle città -è concesso solo l'uso mentre la proprietà rimane al re. - -Prescindendo dal caso del _Palatium_ o _Curtis regia_ che non si -distingueva dalle altre _curtes_, — lascio da parte la questione, per -me irrilevante, della distinzione fra fisco e patrimonio privato del -re, che il Sohm afferma già delineata mentre è negata dall'Hartmann -— non si distingueva, dico, se non per un più rapido formarsi del -diritto che scultoriamente fu detto dal Solmi[349] curtense; delle -altre terre regie bisogna fare una bipartizione. V'erano terre, prati, -selve, laghi etc. sulle quali dal re potevano venir concessi diritti e -facoltà di uso, dietro il correspettivo di un canone o magari senza. -E queste erano terre non specificatamente addette ad una comunità di -persone. E c'erano poi altre terre sulle quali, in quanto e perchè -facevano parte di un determinato gruppo politico, i componenti di esso -avevano speciali diritti. Le une e le altre terre si trovavano sotto il -dominio eminente del «publicum»; ma nel primo caso predominava assoluto -l'elemento patrimoniale; nel secondo questo era quasi tutto, per non -dire addirittura tutto, assorbito dall'elemento pubblico. Conseguenza -non improbabile del modo con cui sull'esempio dei re goti, i re -langobardi si considerarono come successori del fisco bizantino[350]. -E la differenza si manifestava anche nel diverso modo di agire della -potestà pubblica sugli uni e sugli altri: nel primo caso il diritto -d'uso scaturiva immediatamente dalla concessione regia; nel secondo -indirettamente; perchè il re, se non commetteva un arbitrio che può, -magari, giungere fino alla spogliazione, possibile senza dubbio, -ma, per la sua stessa natura, eccezionale, non poteva ammetterlo -al godimento dei diritti di uso se non costringendo il gruppo, che -non avesse voluto accogliere il nuovo venuto di buona volontà, ad -accettarlo col vigore del suo _preceptum_[351]. - -Ma nel primo caso il re, sieno beni suoi o dello Stato, può disporne -come vuole; nel secondo riconosce la consistenza del gruppo dei vicini. - -Nel caso nostro della città. - -Ed è ormai tempo di avviarsi a ricercare la natura di questa -consistenza. - - -§ 5. — Una prima osservazione si impone. - -Dal momento che i Langobardi rispettarono le antiche divisioni -territoriali, è certo che esse dovettero avere un'importanza effettiva, -perchè non è possibile ammettere che ai barbari, pochi e selvaggi, -convenissero le divisioni territoriali di un popolo evoluto fino alla -decadenza e, per quanto decimato dalle carestie, dalle pestilenze e -dalle guerre[352], infinitamente più numeroso; mentre è pure giocoforza -convenire che ai langobardi ariani, tali divisioni non poterono esser -date dalla chiesa cattolica. - -Prima che il Solmi negasse la continuazione medioevale delle vecchie -corporazioni romano-bizantine, si era sostenuto unanimemente che -queste servissero ai dominatori come strumento di estorsione. Dopo di -lui nessuno si è occupato di colmare la lacuna che veniva lasciata -scoperta, quantunque — se non m'inganno — non si possano del tutto -accogliere i risultati negativi a cui egli è pervenuto. - -Si hanno tracce sicure di prestazioni _quas homines exinde in publico -habuerunt consuetudinem faciendum_[353]: Pipino[354] parla del -rifacimento delle mura, delle porte, delle strade, dei ponti e degli -edifici pubblici, come di _antiqua consuetudo_ e Carlo Magno[355] -ricorda _mansionaticos, paraveredos et operas_; tutti dimostrano -la continuazione ininterrotta dal tempo romano di tutti questi -aggravi[356] e compiono il quadro datoci dalla famosa _pensio_ dei -saponai di Piacenza[357], dal taglio e trasporto delle legna dei -cittadini di Benevento[358], dalle prestazioni dei Veronesi per il -rifacimento delle mura[359], da quelle dei Cremonesi per l'uso delle -acque[360] e anche da quella dei Lucchesi[361] e dei Pisani[362] per -il palazzo imperiale. E che più? Chi non conosce — anche a voler -tralasciare gli aggravi del triplice placito annuale[363] — il -famigerato passo di Paolo Diacono che parla di _populi adgravati?_ - -Il Tamassia[364], nella sua recensione al libro del Solmi sulle -associazioni precomunali, osservando come il documento piacentino del -744 sia una conferma regia di una più antica concessione di privilegi, -per la quale da Liutprando è confermata al vescovo di Piacenza -_pensionem illam de sapone h. e. libr. XXX. quae palatii nostri in -civitate Plac. inferebantur et ab ipso patruo nostro ad pauperes -lavandum concessa sunt_, crede probabile che la chiesa piacentina -ottenesse dal re langobardo la continuazione di un antichissimo diritto -a suo favore e gravante gli esercenti dell'industria del sapone. - -Egli ritiene così che non si possa disconoscere un certo vincolo -di dipendenza fra gli operai e la Chiesa, la quale, con i suoi -organismi associativi, nei secoli V e VI servì di rifugio allo -spirito corporatizio romano, strangolato dalle istituzioni coatte -dell'ultimo diritto imperiale; ed in quelli successivi, pur senza -implicare necessariamente l'esistenza di un _corpus_, ebbe non scarsa -importanza[365]. Effettivamente, il Tamassia ha messo felicemente -in rilievo — il Solmi stesso lo ha riconosciuto[366] — l'influsso -esercitato, in questo rapporto, dalla Chiesa. Ed io credo che la -Chiesa abbia esercitato nell'epoca langobarda un'azione di eccezionale -importanza e ne tratterò più innanzi; ma non mi pare che ciò sia -avvenuto nel modo indicato dal Tamassia e dal Solmi[367]. - -Per provare l'asserto da essi voluto, sarebbe stato necessario -dimostrare l'esistenza di un vincolo, intercedente fra il vescovo e -gli artigiani cittadini, nei rapporti della vita pubblica delle città. -Invece il documento veronese[368] e quello senese[369] dal Solmi -citati mostrano, è vero, una certa organizzazione artigiana, se non -industriale; ma essa nasce, si esplica e si circoscrive nel complesso -dei beni di proprietà del vescovado: onde non ha nulla di diverso -dall'organizzazione interna di ogni _curtis_ regia, ecclesiastica, -o privata, e, sia che il centro ne sia dentro o fuori le mura, -costituisce sempre un organismo fuori della vita cittadina. - -E lo stesso è a dirsi dei monasteri in questo periodo normalmente -in dipendenza se non in potestà diretta del re[370]. Non aveva -certo alcun contatto con l'artigianato cittadino quel _laboratorio_ -del monastero femminile di San Michele in Firenze, in cui per il -convento di Nonantola ogni anno si confezionavano le famose _quinque -bone stamineae_; e lavoravano dodici ancelle, mandate dal convento -stesso insieme con la materia prima necessaria per le tele e le -vesti dei monaci[371]; come non aveva nulla di comune con la città -l'altro monastero femminile, anch'esso fiorentino, di Sant'Andrea, -che pure doveva essere un centro di produzione non disprezzabile, -se era obbligato all'annuo tributo di un vestito di lana di capra -_in parte palatii persolvendum_[372]. Abbazie e monasteri, anche nei -rari casi in cui non erano favoriti da quelle concessioni immunitarie -che avevano come conseguenza precipua di isolarli da ogni contatto -esterno, non ricorrevano _ad magistros et manuales_ estranei che in -caso di necessità assoluta ed anche allora solo per costruire _a petre -et calcina_ gli edifici _ubi sunt omnes officine sicut abbatia habere -debet_[373]. - -Facendo capo a quanto ho detto sulla trasformazione subita dalle -città negli ultimi tempi dell'impero, accentuata nell'epoca gotica ed -aggravata ancor più in quella bizantina, io ritengo che i Langobardi -abbiano considerato ogni centro abitato, sia urbano che rustico, -solidalmente responsabile degli aggravi e delle imposte. Poichè è -certo che se le corporazioni sparirono, d'altra parte le imposte, sia -pur modificate, rimasero; mi pare che tale spiegazione sia, se non -accettabile, ammissibile: tanto più che consente anche di arrivare ad -un'interpetrazione del passo di Paolo Diacono, la quale oso sperare non -sia la più campata in aria delle moltissime tirate fuori fin qui. - -Il Leicht[374] ritiene che _populi_ si possa riferire con -verosimiglianza alle popolazioni rustiche dei grandi possessi romani -prima soggetti alle _tertiae_. Ed è vero: ma _populus_ non indicò -solo questa popolazione; indicò anche gli altri gruppi vicinali che si -raccoglievano nel _vicus_ e nell'_urbs_. Ogni _locus_, ogni _vicus_ — -ce lo dice Rotari[375] — aveva il suo territorio e così quelli vicini -alla città venivano a chiuderla tutto intorno in un ambito, che si può -seguire attraverso le divisioni ecclesiastiche, e che era costituito -dal centro murato e da una certa estensione di territorio di cui la -città era dotata al pari di ogni vico: non come sede di un _judex_. -La parola _populus_ nel diritto romano classico indicava abitualmente -l'insieme degli abitanti in una _civitas_[376], così che la provincia -si poteva dire divisa in città o _populi_; ma più tardi, forse per -l'azione della Chiesa[377], anche le circoscrizioni minori furono -chiamate col nome di _populi_[378], aprendo e facilitando la via al -sistema goto-bizantino, che, staccando le classi militari e le più -elevate dalla rimanente popolazione, chiamò _populus_ quest'ultima in -tutti i suoi agglomerati, fossero essi urbani o rustici[379]. - -A risolvere il famoso passo di Paolo Diacono, a mio modo di vedere, -si possono addurre tre elementi sicuri: la coincidenza delle -circoscrizioni civili con quelle ecclesiastiche, l'esistenza di varie -prestazioni e la ripugnanza incoercibile dei Langobardi a pagare -imposte e contribuzioni. - -Considerando che i Langobardi erano pochi, ariani e barbari, la -coincidenza — ripeto — non può essere spiegata, come alcuni autori -inclinano a credere, con la supposizione che per un certo tempo tali -divisioni territoriali sieno state usate solo dalla Chiesa e che i -Langobardi l'abbiano riprese da essa. È molto più verosimile che i -Langobardi le abbiano conservate perchè tale conservazione apparve -loro di utilità immediata e indiscutibile: tanto è vero che, dove tale -utilità generica fu sorpassata da una necessità impellente, non si -peritarono di procedere a nuove e diverse divisioni[380]. - -Esaminando le varie prestazioni, di cui si ha notizia per l'epoca -langobarda, si vede che di una — la _tertia pars frugum_, alla quale -furono soggetti i romani verso i conquistatori — nessun testo ci dice -in modo preciso come veniva corrisposta; delle altre i documenti e le -leggi franche (che ricordandole sino dal 782 come _antiqua consuetudo_ -ne provano sicuramente l'antichità) ce le mostrano come gravanti -collettivamente su nuclei vicinali determinati per pievi[381]. E poichè -accanto alla pieve rurale coesiste e predomina la pieve urbana; nè la -ragione consiglia nè i documenti permettono di credere che tali nuclei -sieno solamente rurali[382]. Di più dalle più antiche leggi barbariche -che si conoscano, si vede concepita ed attuata una responsabilità -collettiva che colpisce un insieme di individui determinato soltanto -territorialmente con i confini entro i quali abita e vive il gruppo -vicinale[383]: responsabilità e determinazione che corrisponde -perfettamente ai documenti langobardi che possediamo[384]. - -Finalmente dal momento che i Langobardi non contribuirono certamente -(almeno nei primi tempi: vedremo in seguito perchè questo stato di -diritto fu più tardi mutato) alle gravezze ed alle imposte, queste -colpirono soltanto ed esclusivamente i romani. - -Premesso questo e tenuto presente il sistema di responsabilità -collettiva, al quale erano state condotte le singole circoscrizioni -territoriali dalla decadenza romana e più ancora da quella -goto-bizantina, mi sembra sintomatica, ma non strana, la disposizione -imperiale che, proprio a proposito dell'hospitalitas, abbandona i -classici concetti romani, che basano la persona giuridica sull'elemento -personale, e riconosce non irrilevanti facoltà giuridiche in un amorfo -complesso di individui determinati unicamente in base all'elemento -ibrido dell'abitazione senza alcuna considerazione dell'elemento -e dello stato delle persone[385]. Tale pervertimento non può esser -dovuto che all'irrefrenabile dilagare di una decadenza che i consueti -mezzi giuridici non eran capaci nè di contenere nè di regolare e che -preparava favorevole terreno alle successive istituzioni barbariche. - -A questa stregua il passo in cui Paolo Diacono dice che _populi tamen -adgravati per Langobardos hospites partiuntur_ mi pare suscettibile -di questa spiegazione. I singoli _populi_, ossia le singole città -con le terre cittadine ed il suburbio[386], al pari ed insieme con i -singoli _vici_ e _loci_ con il loro respettivo territorio, prima furono -obbligati collettivamente e solidalmente al tributo della _tertia pars -frugum_[387]; e più tardi, quando, dopo l'interregno, la conquista -prese un assetto definitivo, furono divisi fra i Langobardi a seconda -ed in proporzione della necessità e dei bisogni: necessità e bisogni -che si conguagliavano alle esigenze della difesa[388], al numero -dei componenti i singoli gruppi, ai loro desideri[389] e alle loro -tendenze[390]. - -Questi _populi, adgravati_ dai duchi che si vollero rifare della parte -di patrimonio ceduta al re, furono senza dubbio soggetti al rifacimento -delle mura, delle porte, delle strade, dei ponti, degli edifici -pubblici, delle cloache e, nelle città fluviali, anche dei porti; e, -dove fu possibile, come a Cremona, a Piacenza, a Benevento e altrove, -anche ad altri aggravi speciali e furono divisi, secondo l'opportunità -e la convenienza dei vincitori, fra i vari duchi e fra i diversi -aggregati di _fare_, che, sotto la loro guida, si distribuirono nel -paese conquistato, dividendosene le terre. - -E come nelle continue e terribili devastazioni, ormai da gran tempo -imperversanti, la terra abbondava, mentre i grandi possessi dei nobili -romani uccisi al tempo di Clefi soddisfacevano, o quasi, le richieste -dei maggiori langobardi; le terre che pur rientravano nei singoli -_populi_ ma dagli scarsi abitanti non erano utilizzate, furono divise -fra gli altri Langobardi[391], mentre agli indigeni fu lasciata, -oltre la proprietà privata di ciascuno, un'altra terra di uso comune, -necessaria ed indispensabile quanto l'altra. E in alcuni luoghi, in -cui la terra abbondava ancor più, ne fu lasciata alle città anche -dell'altra su cui i cittadini non esercitavano un diritto di uso nè -come tali, nè come facenti parte di un qualche consorzio di diritto -privato con terre a comune; era una terra che a nessuno di essi -spettava in proprietà, ma che dallo stato langobardo era riconosciuta -spettante alla città stessa, in quanto forniva a questa i sassi, le -pietre, il legname e le altre cose necessarie per il rifacimento delle -mura, dei ponti, e per le altre speciali imposizioni, cui la città -doveva sopperire. - -Del resto, si accetti o no questa mia interpretazione, confido non -si possa negare che al tempo langobardo la città si differenziava -territorialmente dalla _judiciaria_ di cui è a capo. - - -§ 6. — Bisogna ora vedere se e quanto è rimasto dell'antico concetto -romano della _civitas_, per passare poi all'esame degli elementi -principali che lo costituiscono. - -Cominciamo dal primo punto. - -L'atto di fondazione del famoso monastero di Senatore in Pavia, del -novembre del 714, è stato steso da Felice _subdiaconus et notarius -sancte ticinensis ecclesie_, e sottoscritto da Todo _notarius regie -potestatis_ e da Aufrit _notarius regius_[392]. - -In un altro documento pavese[393], di poco posteriore, — è del 729 — si -legge: - -«Quam donationis seu confirmationis nostre paginam Magno _notarius -sancte ticinensis ecclesie_ ex iussu Benedicti venerabilis _subdiaconi -et exceptoris ticinensis_ scribendo rogavimus et subter confirmantibus -testibusque obtulimus roborandum. - -Ego qui supra Magnus _notarius sancte ticinensis ecclesie_ scriptor -huius cartule donationis post tradita complevi et dedi». - -È evidente che Felice e Magno erano notari della chiesa pavese, ma non -_exceptores ticinenses_ e tanto meno notari _regie potestatis_: e che -Benedetto era ad un tempo suddiacono e _exceptor_; come era suddiacono -e _exceptor civitatis_ il suo confratello piacentino Vitale che in un -documento dell'anno 721[394] si qualifica _Vitalis v. v. subdiaconus -exceptor civitatis Placentinae_. - -C'erano, dunque, notai del re, notai della chiesa e notai della -città[395]. L'esistenza dei primi due non fa meraviglia; ma riguardo -agli ultimi non si può non osservare che la forza della _civitas_ -non deve essere stata tenue se riuscì a tenersi distinta dal potere -pubblico anche nella città in cui esso aveva posto la sua sede -principale; e che ciò è tanto più notevole in quanto, sparite, con -la dominazione langobarda, le curie, le corporazioni e le maggiori -autorità romano-bizantine, erano venuti a mancare i cardini sui quali -avrebbe potuto poggiare più agevolmente per mantenersi. - -Riservando ogni congettura a quando sieno stati raccolti tutti i dati, -che ho potuto rinvenire, prendiamo atto della tripartizione che si vede -delineata e proseguiamo. - -Un altro bellissimo documento che, per la sua importanza, merita di -esser segnalato in prima linea, è una _notitia_ veronese dell'837 -riferentesi a fatti avvenuti nell'818[396], sulla quale, ormai quasi -del tutto trascurata dopo l'Hegel[397], richiamò or non è molto, -l'attenzione il Leicht[398] e si è servito anche il Mayer[399]. È una -«notitia» _qualem pedaturam murorum veronensis civitatis pars domus -episcopii sancti Zenonis praeteritis temporibus facere solita fuerit_. - -Al tempo della puerizia di Pipino, verso gli ultimi del 700, essendo -frequenti le irruzioni degli Ungari, Carlo M. pensò di riparare le più -importanti città di confine e fra queste Verona, per la massima parte -distrutta e «muros, turres, fossasque per urbis girum fecit adiectisque -palis fixis a solo usque munivit». Ma allora _de faciendis muris et -fossis_ sorse una contesa _inter cives, et urbis judices, ac partem S. -Zenonis_; perchè mentre i giudici volevano che l'episcopio contribuisse -per la terza parte; la Chiesa (compresi in essa quattro monasteri, di -cui tre regi e due xenodochi, pure regi) «quod ad comparationem tanti -populi exigua esset», _volebat non tertiam sed quartam sicut antiquitus -fuerat, dare_. E non si veniva a capo di nulla perchè da una parte il -vescovo non voleva cedere e dall'altra la «pars publica» non poteva -provare quello che sosteneva, sia perchè era passato molto tempo da -che la città non era stata munita, sia perchè al tempo dei Langobardi -«nihil indigebat, _publico studio munita_: si quid modicum ruebat, -statim a vicario civitatis restituebatur». Finalmente si ricorse al -giudizio di Dio, che riuscì favorevole al vescovo e pose termine ad -ogni questione. Tanto che quando nell'837 l'imperatore Lotario mandò -a Verona i suoi due messi Mario, conte di Berg, e Erimberto, vescovo -di Lodi, al vescovado ed ai suoi soci fu affidato il rifacimento della -quarta parte delle mura della città presso la porta nuova e dei muri -del castello. E «opus illud perfecit». - -Sull'attendibilità e l'autenticità di questo documento nessuno ha -sollevato dubbi: l'Hegel e il Mayer se ne servono per provare che le -mura e le costruzioni difensive romane continuarono ad esistere anche -nell'epoca langobarda; il Leicht per mettere in rilievo il saldo -vincolo dal quale appaiono uniti i cives accanto al rappresentante -del pubblico potere: e solo si deve tener presente che non è un vero -e proprio atto pubblico, ma una memoria, una _notitia_, fatta redigere -dalla chiesa veronese, qualche tempo dopo, a ricordo degli avvenimenti -occorsile e a scopo di evitare possibili contestazioni future[400]. - -Questo era da premettere per allontanare qualunque possibile obiezione -da un documento che offre la prima prova sicura del mantenersi in -Italia di una parte importantissima di sistemi di diritto pubblico -prettamente romani. - -Non si può dubitare che, ancora nel secolo ottavo, la ragione -per cui la «pars pubblica» veronese si riconosceva obbligata a -contribuire alla terza parte dell'opera, si debba trovare nell'antica -disposizione di Arcadio e Onorio[401], passata integralmente nel -Codice Giustiniano[402], che assegnava alla riparazione delle mura ed -al mantenimento delle terme la _tertiam partem de redditibus fundorum -iuris reipublicae_; e può nascere questione soltanto nel determinare -con esattezza a quale delle varie raccolte, in cui essa è stata -inclusa, sia da attribuire. Io credo che non si debba pensare nè al -Codice Teodosiano nè a quello Giustinianeo, ma sibbene al Breviario -Alariciano: e ciò perchè l'_Interpretatio_ visigotica trasforma la -legge in maniera che si attaglia in modo perfetto alle condizioni -dell'_Emilia_ e della _Tuscia_ — le due grandi regioni in cui era -divisa l'Italia al tempo dei Franchi — quali ci sono mostrate dal -documento di Verona e dalle fonti legislative, mentre non si potrebbe -dire altrettanto del rimanente della penisola. - -Nel Breviario Alariciano la disposizione, di cui ci stiamo occupando -suona così: _Quotiens aedificia vetustate consumpta necesse fuerit -reparari, ad ipsam reparationem tertiam partem de proprio fiscus -impendat_. Si è omessa ogni menzione della _subustio thermarum_ e si -è sostituita l'espressione «fundi iuris reipublicae», che poteva dar -luogo ad incertezze (per determinare se si fosse trattato di fondi del -fisco o della città), con il termine _fiscus_, di indubbio significato. -E la _notitia_ veronese mostra chiaramente la partecipazione del fisco -regio al riattamento delle mura, mentre un capitolare sicuramente -italico parla di piazze e di cloache restaurate a totale carico -dell'erario pubblico e di ponti e di «reliquis similibus operibus» -mantenute dallo Stato in cooperazione con gli abitanti e con le -singole chiese senza mai far parola di terme[403]. Invece nella -parte inferiore dell'Italia centrale la _Summa Perusina_[404] ricorda -ancora le terme e solo ha una leggiera variante nell'indicazione dei -redditi pubblici: _moenia publica et therma de tertia parte reditibus -publicis reparetur_; e nell'Italia meridionale, attraverso alla -concessione fatta nel 774 dal duca Arechi di Benevento al monastero di -S. Sofia[405], si vede limpidamente come, per tradizione o per testi -giuridici, si sia mantenuto il sistema romano-bizantino delle terme -e del loro riscaldamento per opera del fisco e dei cittadini. E se si -mantenne nelle regioni langobarde, a più forte ragione è da pensare che -si conservasse nella parte d'Italia rimasta più a lungo bizantina. - -Un solo testo, generalmente attribuito all'Italia, fa eccezione: la c. -d. _Legge Romana Udinese_. - -Questa legge mostra evidentemente di avere calcato in questo punto, -come in molti altri, il Breviario Alariciano ma svisandolo e, -conseguentemente, allontanandosi del tutto dalla massima romana e -dalle applicazioni che, in modo non da per tutto uniforme, ma sempre -inspirato ad identico concetto, essa ebbe in Italia. In questa, come -abbiamo visto, si considerano due termini: le mura della città e -le terme. Di quest'ultime il Breviario non parla, mentre estende la -comprensione dell'altro termine a tutti gli edifici pubblici, con lo -scopo evidente di imporre in un numero maggiore di casi l'obbligo della -prestazione ai cittadini ed alla chiesa vescovile. Ora la legge c. -d. romana udinese con la sua seconda interpr. alla legge I del libro -XVI dice: _Si aliquis judex antiqua publici habitacionem in civitatem -renovare voluerit, tercia parte cum adiutore fisci ipsum aedificium -renovet_. Non solo non si parla più delle mura; ma, pure a voler passar -sopra — conoscendo lo spropositato latino del compilatore — alla -differenza fra una _reparatio_ necessaria ed una _renovatio_ voluta -dall'«judex», anche il centro della disposizione è spostato perchè si -parla di un'_habitacio_ che riguarda unicamente l'«judex», al quale, se -vorrà ripararla, verrà concessa la partecipazione del terzo della spesa -da parte del fisco. - -Per questo punto almeno la c. d. Legge rom. udin. non ha certamente -avuto applicazione in Italia. Non voglio dire che se ne possa -senz'altro dedurre che perdano ogni vigore le numerose argomentazioni -fatte per sostenerne l'italianità, dalle magistrali memorie dello -Schupfer alle geniali supposizioni del Gaudenzi; ma sta il fatto che su -una questione determinata con precisione e per la quale si hanno come -termine di paragone documenti e testi sicuramente italiani, la legge -romana udinese si è trovata in contrasto aperto. - -Dal documento veronese, dunque, si vede come alla riparazione ed al -mantenimento delle opere pubbliche concorressero insieme, ed oltre ai -_cives_, la Chiesa e lo Stato. - -Di questo fatto si hanno anche altre conferme. - -La partecipazione della Chiesa è provata da un Capitolare italico, -del quale Lodovico il Pio, riportandolo nel suo Capitolare dell'817, -ci attesta la larga applicazione in Italia[406]. In esso si conferma -l'_antiquam et justam consuetudinem_ per la quale gli ecclesiastici -erano obbligati alla costruzione dei ponti e di altre simili opere -insieme _cum reliquo populo_ e si stabilisce che il rappresentante -della pubblica autorità non deve chiamarli direttamente al lavoro — -_per alium exactorem ecclesiastici homines non compellantur_ — ma deve -rivolgersi al rettore della chiesa — _rector ecclesiae interpelletur_ — -e questi risponde dell'esecuzione del lavoro. - -L'esempio di Verona calza a capello anche a questo proposito: insieme -col vescovado si vedono formare la quota della Chiesa varî monasteri e -due xenodochi. - -E poichè si parla di _antiqua consuetudo_ è più che probabile che le -cose non procedessero con sistema diverso al tempo dei Langobardi, i -quali, presumibilmente, lo ricevettero dai Goti attraverso alla breve -dominazione bizantina. - -È al tempo dei Goti che la Chiesa cattolica comincia a staccarsi -dallo Stato, per divenire la Chiesa di una sola parte — e della parte -vinta — della popolazione; ed è allora che si può concepirla gravata -di una parte dell'onere del rifacimento dei pubblici edifici. Il -Codice Giustinianeo non ha accolto alcuna delle numerose costituzioni -imperiali, che da Costantino in poi, avevano costituito alla Chiesa -una condizione privilegiata in fatto di imposte e di esazioni ed -ha equiparato in tutto e per tutto gli ecclesiastici ai laici, -immobilizzandoli, al pari di questi, nelle singole circoscrizioni -e sottomettendoli a quegli oneri che, prima _sordida munera_, son -qualificati da lui come nobili e necessari; ma per quanto potesse -colpirne i membri, non credo che la legislazione bizantina, che -tanto si valeva della Chiesa da affidarle funzioni pubbliche molto -importanti, sia potuta giungere a concepire il _corpus_ della Chiesa -nel suo complesso come un congruo e possibile soggetto di esazione -tributaria. A questo, secondo me, arrivarono senza sforzo i Goti che -erano barbari ed ariani; distinti, cioè, per razza e per culto dai -vinti, fra i quali non poteva essere difficile scorgere e colpire -quella che formava la parte più importante della loro vita. - -Nè le cose dovettero passare altrimenti sotto i Langobardi: soltanto -la collettività cittadina non avendo raggiunta sotto di loro quella -consistenza della quale vigorosi sintomi economici non appaiono -che alla fine del secolo ottavo ed ai primi del successivo, nè la -Chiesa essendo ancora pervenuta all'importanza politica e sociale, -riconosciutale da Carlo Magno; l'attività del rappresentante della -pubblica autorità risaltava per modo da offuscare la partecipazione -d'opere e di spesa alla quale, sotto la sua direzione ed il suo -comando, i cittadini e la Chiesa dovevano sobbarcarsi[407]. - -Per quel che concerne la partecipazione dello Stato alle opere -pubbliche, le tracce forniteci dal documento veronese vengono -illuminate, completate e prospettate nelle loro proporzioni nel quadro -delle istituzioni cittadine del tempo, da un capitolare franco che, -col carattere generale, proprio delle disposizioni legislative, affida -che il caso di Verona è da considerarsi non come isolato e particolare -ad una sola città, ma come un episodio corrispondente al sistema degli -ordinamenti pubblici che reggevano le città italiane conquistate dai -Franchi: sistema proprio e caratteristico dell'Italia e tutto affatto -distinto da quello di ogni altra regione. - -Il Capitolare tratta «de plateis vel cloacis curandis _unius cuiusque -civitatis de regno Italiae_ ut singulis annis curentur» e stabilisce -che ciò sia fatto a cura e carico totale dello Stato — _non volumus -quod exinde pandum aliquis ad partem palatii nostri persolvat_[408]. - -Ora — si badi bene — una cura vigile delle cloache e delle piazze -cittadine, di per sè stessa poco consona all'organizzazione statuale -barbarica, non si può assolutamente concepire staccata da quel sistema -delle angarie che, se ebbe una consistenza giuridica speciale nel -sistema feudale, ebbe una applicazione non meno estesa nel precedente -sistema barbarico. Perchè dei bisogni locali fossero soddisfatti dallo -Stato senza un contributo specifico, destinato ad un particolare scopo, -degli individui che ne erano avvantaggiati, ci voleva un paese nel -quale fosse viva e forte la concezione dello Stato come un ente saldo -ed omogeneo personificante l'insieme di tutti i cittadini. E questo -paese, anche se la legge non lo dichiarasse in modo esplicito, non -poteva esser che l'Italia. E la cosa è resa ancor più notevole dal -fatto che tale tradizione appare non nei primi tempi della conquista -langobarda, ciò che avrebbe potuto non recar meraviglia, ma quando essa -è sostituita da quella franca. Dal confronto del documento veronese -con il capitolare ora ricordato appare indiscutibile la partecipazione -diretta, a spese proprie, dello Stato ad opere di pubblica utilità -e necessità; partecipazione non sporadica e saltuaria, ma generale -e sistematica, che i re franchi non avrebbero, non saprei dire se -piuttosto subita o accolta, se una speciale condizione di cose non ve -li avesse costretti. Nessun altro capitolare, infatti, parla mai di -simile contribuzione da parte dello Stato. - -E anche questo elemento ebbe la sua importanza per la costituzione -delle nostre città. L'autorità pubblica, che con il rapido e -progressivo decadere del potere centrale, si avviava al sistema -feudale; costretta a supplire con mezzi propri alle necessità della -difesa, rese sempre più impellenti dalle invasioni ognor più frequenti -e minacciose, fu tratta fatalmente ad affidare tale onere (che le -tristi condizioni della sua finanza e la debolezza dei suoi organi -non le permettevano di sostenere) alle energie locali. Ma queste, -giuridicamente non obbligate affatto o solo in parte, non vi si -sobbarcarono che verso congrue concessioni che diminuirono sempre più -la forza del governo centrale e dei suoi rappresentanti sulle città -e le avviarono vigorosamente, attraverso al governo, notoriamente -mite, dei vescovi, alla completa autonomia. I _cives_, infatti, erano -anch'essi obbligati a contribuire, come abbiamo veduto a Verona, per -una certa parte, e questo conferma anche per un altro lato l'ipotesi -accennata or ora che, per rendere loro possibile di soddisfare a tali -oneri fossero rilasciati alle città alcuni beni, anche quando, sotto -il gastaldo, dipendevano direttamente dal re. La discordia ben nota, -fra i duchi ed i gastaldi, fomentata dalle guerre intestine e dalle -dissensioni fra il partito nazionalista e quello romanizzante, non fu -nè la sola nè la principale causa per la quale, istigati e sorretti -dal duca desideroso di abbattere la concorrente autorità del gastaldo -— specialmente quando l'uno e l'altro coesistevano nella stessa città — -i cittadini diminuirono sempre più la facoltà del gastaldo e del re sui -beni pubblici. - -E da questo stato di cose derivò anche un'altra conseguenza. Quando -l'elemento cittadino riprese vita e vigore, non si accontentò di un -diritto di uso su quei beni, ma ne pretese la piena proprietà perchè ed -in quanto considerò l'uso fino ad allora fattone non come un diritto -in sè stesso finito, ma come la manifestazione esterna di un vero -e proprio diritto di proprietà, capace di escludere ogni ingerenza -dell'autorità pubblica. - -Non è soltanto a Verona che si vede l'insieme dei cittadini ben -distinto dalla Chiesa e dalla _pars publica_. - -Lo stesso è a Cremona. - -Cremona resistè molti anni all'invasione langobarda, finchè nel 603 -Agilulfo, che ne temeva grave pericolo per la vicinanza alla capitale -mosse contro di essa, la conquistò e ne divise il territorio fra la -_curtis regia_ di Sospiro ed il ducato di Brescia[409]. E ciò per non -disturbare i potenti duchi di Bergamo e di Brescia i quali fin dal -momento dell'invasione avevano occupato gran parte del territorio di -Cremona[410]. La città in breve risorse, favorita dalla sua felice -condizione topografica; tanto che la troviamo ricordata nel famoso -patto del 730 fra Liutprando e i militi comaclensi[411]. - -Mentre verso la metà del secolo nono Lodovico teneva il suo placito -generale in Pavia comparvero Rothecario, Dodilo, Gudiberto _et -ceteri habitatores de civitate Cremona_ e proclamarono che il vescovo -aveva fatto loro grandi ed ingiuste violenze riguardo alle loro navi -costringendoli a pagare «ripaticum, palificturam seu pastum» (sono le -imposizioni del patto del 730) che nè loro nè i loro parenti avevan mai -pagato. - -L'imperatore mandò a Cremona il suo consigliere Teodorico, al ritorno -del quale si tenne un nuovo placito; ma essendo apparso insufficiente -il materiale di prova, si rimise la decisione della controversia ad -un successivo placito che fu tenuto dallo stesso Teodorico «in domo -ecclesiae» di Cremona nell'852[412]. Vennero di nuovo i sopradetti -_habitatores cum reliquis habitatoribus de ipsa civitate_ confermando -le primitive accuse che il vescovo ingiustamente li costringeva agli -stessi obblighi dei militi comaclensi. Ad essi il vescovo, dopo aver -detto che a lui la _palifictura_ e il ripatico spettavano di diritto -«iuxta istud pactum quod Dominus b. m. Karolus inperator confirmavit», -produsse idonei testimoni i quali provarono che quegli uomini che -agivano «de ipso porto» contro la chiesa, _nec ipsi nec parentes sui -naves habuerunt nisi tempore Pancoardi et Benedicti episcopi_ e che -fino ad allora avevano portato il sale da Comacchio comuniter con i -militi comaclensi e _comuniter ripaticum et palificturam dabant_ PARTI -REGIE _et_ ECCLESIE CREMONENSI; e che anche dopo che negli ultimi -trent'anni cominciarono a commerciare con navi proprie da Comacchio, -davano il ripatico e la palifittura. E la deposizione di questi -testimoni fu così completa e convincente che Teodorico, dopo aver -sentito dal gastaldo e dall'avvocato della regia corte di Sospiro che -la corte stessa non aveva da accampare alcun diritto, giudicò che «ipsi -homines ripaticum vel palificturam de suis navibus iuxta ipsum pactum -de antea dare deberent». - -Da questo documento si vede come la vita cittadina cominciasse -veramente a svolgersi a Cremona nei primi anni del secolo nono e -che solo allora i cremonesi cominciarono a possedere navi proprie -ed esercitare da sè stessi il commercio e ad affacciare pretese di -indipendenza economica. Prima di allora il complesso della cittadinanza -era ben distinta dalla Chiesa e dalla parte pubblica, ma formava un -complesso incolore, incapace, a quanto pare, di possedere in proprio: -almeno se stiamo a quel che si dice delle navi. - -Nè quest'affermazione è in opposizione con quanto sono venuto esponendo -rispetto alla personalità giuridica della città; perchè accadde alle -nostre città quello che era avvenuto in Roma ai _collegia tenuiorum_, -i quali furono riconosciuti come capaci di diritto, quantunque i loro -membri, singolarmente presi, non fossero soggetti di diritto, per -ragioni fiscali e di opportunità amministrativa. - -Di fronte alla fiacchezza congenita dello Stato barbarico, resa più -grave dall'indebolimento proprio e caratteristico del periodo feudale; -fra due grandi forze della società: lo Stato e la Chiesa; la vittoria -doveva fatalmente arridere a quest'ultima, ricca di donazioni recenti -e sempre più numerose: forte di antiche, care e solide tradizioni -rinvigorite dallo spirito di romanità; centro non unico ma prevalente -della cultura; salda in una organizzazione temprata dalle lunghe -traversie. - -Erano ecclesiastici i due _exceptores_ di Pavia e di Piacenza e così a -Verona come a Cremona aveva arriso alla Chiesa l'esito del giudizio. -E in qualche luogo essa giunse a coprire con un suo membro anche -quell'ufficio di _curator_ di così certa derivazione romana e di così -incerta determinazione nel medio evo: a Lucca in un documento del 740 -troviamo _Gaudentium presbitero in christo pater curator nostro_[413]. - -Alla Chiesa, dunque, prima che allo Stato è da rivolgere l'attenzione. - - -§ 7. — La religione cristiana ha esercitato sullo sviluppo della nostra -civiltà un'influenza vasta e complessa che, considerata da un punto -di vista generale e d'insieme, si comprende nell'espressione generica -di azione della Chiesa; però gli elementi, di cui tale azione resulta, -sono così ingenti per numero e così differenti per origine, per natura, -per sviluppo e per intensità, che è indispensabile una specificazione; -e questa specificazione deve esser consona alla natura speciale -dell'indagine presente. - -Avendo per scopo lo studio della costituzione delle nostre città, -è ovvio che ci si deve occupare dell'azione della Chiesa in tanto -ed in quanto ha rapporto con essa; e, quindi, si deve stabilire -fra le varie manifestazioni del fenomeno religioso una gradazione -di importanza, per cui dalle forme di contatto più immediato e di -azione più diretta si scenda alle ultime e più remote ripercussioni -del sentimento religioso[414]. Siccome la Chiesa, oltre che come un -unico grande corpo, si può considerare anche come la resultante della -unione dei varî centri locali che la compongono; e questi, in quanto -costituiscono l'organo intermediario fra quella ed i proprî fedeli, -sono, per necessità, in continuo contatto con quei centri locali: è -evidente che nel caso nostro il primo e principale istituto da studiare -è quello con il quale la Chiesa si organizzò nella città e, cioè, la -chiesa cittadina; e che si deve individuarlo ed esaminarlo di contro -e di preferenza ad ogni altro. Inoltre, poichè questa indagine mira a -valutare quale sia stata l'azione esercitata dalla Chiesa nel periodo -langobardo-franco, deve basarsi, come punto di partenza e di paragone, -sulla conoscenza di tale azione nel periodo anteriore: e questa -conoscenza, alla sua volta, deve esser raggiunta esaminando come la -Chiesa si è stabilita ed organizzata nella città e quali conseguenze ne -sono derivate in rapporto alla vita cittadina. - -A risalire fino ai più antichi tempi ed a condurre l'indagine con -questo criterio induce anche un'altra considerazione. - -La Chiesa primitiva per rendere più rapida e proficua la propaganda -e più salda l'organizzazione, ebbe gran cura di adattarsi il più -possibile ai gusti, alle tendenze, ai costumi, alle usanze dei singoli -luoghi e concesse ampia facoltà ai vescovi di adottare le formule ed i -riti ritenuti più consoni alle varie popolazioni, lasciandoli arbitri -di giudicare fino a qual punto questa che in alcuni casi, giunse ad -esser piuttosto indipendenza che autonomia, fosse compatibile con -l'unità dogmatica indispensabile alla Chiesa[415]. Solo dopo la metà -del secolo quinto si comincia ad avvertire una qualche tendenza ad -una unificazione specialmente nella Gallia[416] e nella Spagna[417]; -ma in maniera così blanda, che non si andò più in là di un semplice -coordinamento della dottrina e degli usi nell'ambito ristretto dei -varî concilî sinodali e metropolitani. Oltre le grandi differenze -che distinguono la chiesa latina da quella greca[418]; differenze -notevoli si riscontrano fra le varie chiese componenti la prima e -cioè l'italiana, la gallica e la spagnuola[419]; ed altre tutt'altro -che insignificanti si riscontrano pure fra i varî centri di ciascuna -di esse. Nella nostra Italia, dove traccie numerose attestano la -forza delle prische razze italiche, il lungo perdurare delle loro -tradizioni[420] e il vigore del loro diritto[421]; nella nostra Italia, -la terra classica delle città, questa varietà di liturgia, e non di -liturgia soltanto, si manifestò più fortemente e persistè più a lungo -che in ogni altro paese. - -Fra i numerosi _ordines officiorum_, che si cominciarono a raccogliere -nelle cattedrali delle varie città dopo la lotta contro la simonia -e per le investiture e che rappresentano una tendenza decisa verso -l'unificazione generale; tendenza che fu accentuata e vittoriosa -solo con Innocenzo III; fra questi _ordines officiorum_, dico, si -riscontrano differenze profonde. E la cosa è tanto più notevole in -quanto la diversità non appare soltanto fra i riti maggiori e più -noti quali quello romano[422], l'ambrosiano[423], il ravennate[424], -e, magari, l'eusebiano dovuto in gran parte al noto vescovo -vercellese del secolo IV[425]; ma anche fra tutti gli altri: la -chiesa fiorentina[426] mostra una liturgia ben differente da quella -senese[427], come da quella pisana[428], dalla lucchese[429], dalla -pistoiese[430] etc.; come quella piacentina[431] non si confonde -affatto con la parmense[432] o la modenese[433] o la bolognese[434] -o la padovana[435]. E così via. Ogni chiesa, per quanto fedele figlia -di Roma e di professione ortodossa, ha riti e liturgie speciali tanto -che nemmeno il concilio tridentino (che pure snaturò e capovolse -tante istituzioni della Chiesa e volle ridurla ad assetto organico ed -omogeneo) riuscì a rimuoverle del tutto. - -Ora queste differenze non si sarebbero mantenute tanto a lungo se non -avessero risposto ad un'esigenza speciale dei luoghi e dei tempi; e -non si sarebbero tenacemente radicate se non fossero state sinceramente -sentite e fortemente volute. Siccome la Chiesa, in quanto proveniente -da un'unica origine, ha dovuto avere in ogni tempo cura o almeno, -tendenza precipua della sua unità di fede e di culto, è logico pensare -che dove questa unità appare rotta od attenuata, ciò dipenda non da -arbitrarî mutamenti dovuti a quella parte dell'elemento locale che -costituiva per il suo carattere l'organo della Chiesa centrale, cioè, -del clero; ma da infiltrazioni eterogenee e cioè laiche da quello -dovute subire o che il clero credette bene di accogliere. Dimostrare -che tali deviazioni si manifestano da per tutto e differenti da luogo a -luogo, significa dimostrare che non si trovavano in contraddizione col -dogma e che cooperavano validamente alla sua diffusione e, cioè, che -la organizzazione primitiva della Chiesa fu tale che comportò, se non -resultò a dirittura di elementi particolaristici, tenuti insieme da un -certo numero di vincoli e di legami generali. - -Rilevare ed esaminare questo aspetto della costituzione della -Chiesa riguardo alla città significa conoscere una delle principali -istituzioni della città stessa[436]. Le differenze di liturgia erano -la conseguenza di concessioni destinate a soddisfare particolari e -speciali esigenze che provenivano da differenze non già dogmatiche, ma -etniche e territoriali, tanto più forti e, quindi, tanto più importanti -quanto più a lungo si sono mantenute. Erano una manifestazione -ed una conseguenza di differenze di natura laica e, perciò, un -esame comparativo di esse può condurre a rilevare se e quanto del -particolarismo, a tutti noto, delle nostre città nell'epoca comunale -risalga nel tempo e può condurre ad offrire un termine di confronto per -vedere e giudicare i mutamenti e le innovazioni prodottesi nel corso -dei secoli. Si intravede così, se non m'inganno, qualche cosa (se non -pure un vero e proprio lato) di quella corrente oscura ma innegabile -che ha fluito ininterrotta dalla repubblica di Roma alle repubbliche -d'Italia e per esse, che dello Stato moderno posero le prime basi, -al tempo nostro: corrente che ha congiunto queste a quella senza -che lo splendore dell'Urbe spengesse o assorbisse ogni personalità -delle altre città, le quali, invece, nel compenetrarsi di essa hanno -trovato la forza ed il mezzo per conservare la parte più intima e più -caratteristica di sè medesime. - -L'unità di misura e di base delle istituzioni della Chiesa fu la -pieve. Il primo punto, da determinare è la consistenza e la natura -dell'istituzione civile su cui la pieve s'insediò perchè solo in -tal modo si può pervenire a determinare quale è stata l'azione della -Chiesa, così rispetto al tempo romano, come a quello successivo. - -Già si è avuto occasione di rilevare che la pieve della città comprende -la città ed il suburbio e che corrisponde in modo perfetto alla -circoscrizione civile: per determinare quanta parte di tale coincidenza -è dovuta alla Chiesa, è necessaria un'indagine relativamente ampia -dell'istituzione su cui la Chiesa si adagiò e, cioè, del pago. Si -avrà così anche il vantaggio di conoscerla non soltanto nella sua -costituzione interna, ma anche nei rispetti e nei rapporti con le pievi -rurali che la circondano e di avere un punto fisso onde giudicare se -e quanto degli istituti anteriori all'invasione langobarda, si sia -conservato per opera della Chiesa. - -Il pago ebbe una costituzione saldissima, a formare la quale hanno -cooperato tre fattori: quello economico, quello civile e quello -religioso, ognuno dei quali deve esser esaminato a parte. - -Cominciamo da quello economico. - -Il re Astolfo con un diploma dell'anno 753 fece ai monaci di Nonantola -questa concessione: «in quibuscumque comitatis vel locis cellas -acquisiveritis aut _villas ubi silve communes sunt_, vestram semper -portionem habere[437]». - -Al suo tempo, dunque, il regno era costituito da comitatus divisi -in _loci_, suddivisi in _ville_ e _celle_[438] e a queste ultime -(celle e ville) potevano spettare delle selve, dei beni comuni. E -questi diritti spettavano loro per un diritto di natura pubblica, -perchè la concessione, in sostanza, è una limitazione che l'autorità -regia stabilisce ed impone all'esercizio normale e giuridico (non già -arbitrario) del proprio potere e questo non può esplicarsi che nel -campo del diritto pubblico[439]. - -Per precisare meglio la posizione giuridica dei beni comuni di queste -minime circoscrizioni territoriali, occorre scendere per un momento -a documenti molto posteriori per poi valersi di altri anteriori che -da questi sono completati, mentre, alla lor volta, contribuiscono -validamente a illuminare i primi. - -In un documento lombardo del 1201 si vedono esistere sino da -antichissimo tempo varî pascoli e _vicanalia_ nel _loco_ Veliate[440]. -_Vicanalia_ in tutta l'Italia langobarda sono detti i beni comuni -dei _vici_, compresi nelle loro circoscrizioni territoriali e ad essi -spettanti[441]: dunque in un solo _locus_ si trovavano più _vici_ e -ciascuno di essi aveva pascoli e beni comuni distinti e separati da -quelli di tutti gli altri _vici_ e — si può aggiungere — anche da -quelli del _locus_ stesso considerato nel suo complesso. Infatti fra -le consuetudini di Milano ce ne è una[442] che distingue i beni comuni -dei loci del distretto in _communia_ e _vicanalia_ e li distingue -in modo che appare chiaro che i _communia_ sono dei _vicanalia_ -sui quali il signore di tutto il distretto — _dominus cui est totum -districtum_ — ha una facoltà così estesa che in caso di vendita ha -diritto alla metà del prezzo ricavatone. Questo _dominus_, in sostanza, -è il rappresentante, la personificazione della giurisdizione del -distretto[443] e siccome questo distretto è costituito dal _locus_, -i _communia_ si trovano rispetto al _locus_ in un rapporto nel quale -non si trovano i _vicanalia_. E poichè nella consistenza di fatto sono -identici, come è dimostrato dalla consuetudine stessa che a proposito -di _communia_ parla del prezzo di «illarum omnium _viganalium_»; la -differenza fra essi è costituita dalla presenza o meno di un rapporto -diretto col _locus_[444]. Infatti tanto nell'un caso come nell'altro la -partecipazione e la presenza simultanea dei _domini_ e dei _vicini_ al -ricavato della vendita delle terre comuni o dei loro frutti, assicura -che ci troviamo fuori da rapporti d'indole e di natura privata. Ma -nel caso della vendita di _vicanalia_ tutti i comunisti partecipano -con eguali facoltà e nella medesima proporzione; mentre invece se si -tratta di _communia_, il _dominus_, in quanto è investito di facoltà -giurisdizionali sul distretto intiero, ha diritto alla metà del -ricavato totale ed in quanto, poi, è comunista ossia possiede delle -terre partecipa alla distribuzione della metà che rimane in proporzione -delle terre stesse: «_partem accipit pro parte terrarum quam in ipso -loco habet_». - -I _vicanalia_ sono beni destinati agli abitanti del vico per sopperire -alle necessità proprie di ogni centro abitato in periodo economico di -livello molto basso; prevale in essi la considerazione dell'elemento -personale e, quindi, su di essi hanno indistintamente eguali diritti -tutti coloro che abitano nel vico, sieno essi _domini_ o semplici -_vicini_. Invece i _communia_ non sopperiscono ai bisogni delle -persone ma a quelli dei fondi e la loro funzione è di completare -l'ossatura economica del _locus_ nei rispetti delle terre lavorative -che lo compongono, le quali necessitano di altre terre che ne formano -il complemento indispensabile. Su queste terre comuni a più fondi, -i vicani hanno diritto solo se possessori dei fondi stessi ed in -proporzione della loro entità. Ed inoltre, siccome i _communia_ sono -beni comuni per un rapporto di diritto pubblico che li distingue -in modo assoluto dalle comunioni di terre originate dall'eventuale -incontro di volontà di due o più proprietarî; colui che dell'autorità -pubblica è il rappresentante nel distretto, ha su questi beni una -facoltà preminente ed assoluta che in caso di vendita è valutata -economicamente alla metà del ricavato totale. - -In un tempo in cui l'economia naturale predomina dappertutto; -nessun'altra base per l'esercizio delle funzioni militari e politiche -e amministrative tornava possibile e nessun'altra sarebbe stata più -solida e appropriata del possesso della terra. Per questo ogni capo -ottiene grandi possessi. Però accanto a questi possessi che alimentano -l'economia privata di coloro che sono investiti dell'esercizio di -pubbliche funzioni[445], si hanno, sempre all'identico scopo di -sostenere le funzioni stesse, altre facoltà sui beni comuni alle terre -che formano ciascun distretto. E si conosce anche l'entità di queste -facoltà. Se al _dominus_ (come ci attesta il Libro delle consuetudini -milanesi) in quanto _dominus_ spettava la metà dell'intiero ricavato -della vendita di un bene comune, la sua autorità doveva valere in -eguale proporzione anche nella deliberazione da cui la vendita traeva -origine, perchè la vendita non è che la conseguenza e la manifestazione -esterna di un atto volitivo, a formare il quale hanno cooperato le -varie volontà aventi diritto su quel bene comune. - -La stessa distinzione fra _communi_ e _vigano_[446], fra _communantiae_ -e _viganalia_[447], si trova in documenti anteriori all'epoca in cui le -consuetudini milanesi sono state raccolte[448] e si conserva inalterata -negli statuti posteriori[449]. - -E la continuazione ininterrotta da tempo remotissimo è provata dal -sussistere di nomi della bassa latinità e perfino del parlare comune e -volgare. - -Un documento laudense del mille[450], per esempio, parla di_ -vicanalibus atque conciliis_. Che i _concilia_ sieno qui rispetto -al _vicanalia_ quello che nei documenti ricordati or ora sono i -_vicanalia_ rispetto ai _communia_, non mi pare si possa negare. -Prima di tutto resulta dal contesto e poi, in ogni modo, l'atto -aggiunge subito dopo: «cum _ecclesiis_ et _capellis_», mettendo in -correlazione evidente l'_ecclesiae_ con i _vicanalia_ e le _capellae_ -con i _concilia_; ed il termine _ecclesia_, — ne ha data da più di -un secolo completa dimostrazione il nostro vecchio e bravo Lupi — di -regola indica esclusivamente le pievi, delle quali se ne aveva una -per ogni capoluogo[451] di fronte agli oratorî e alle cappelle private -liberamente sparse per il pago. - -Nè si hanno _concilia_ solo a Lodi: si sa di _concelibus locis_ a -Gravedona[452] e nel Canton Ticino[453], di _concilibus locas_ sul -Lago Maggiore[454] e a Bergamo[455], di _concilibus locis_ in quel di -Como[456]. E se ne possono trovare anche altri esempi; mentre io mi -limito a quel tanto che mi sembra sufficiente a dimostrare che il fatto -è generale. - -Ma non c'erano soltanto terre pertinenti ad un solo _concilium_: -ce ne erano anche di pertinenti a più _concilia_ insieme e che si -chiamavano _interconciliaricia_; e come i varî _concilia_ facevano -capo al _vicus_; così questi beni erano _interconciliaricia_ rispetto -ai _concilia_, ma _communia_ rispetto al vico, il quale costituiva una -circoscrizione maggiore ed unitaria che li comprendeva ed univa tutti. -_Interconciliaricia_ è una parola sicuramente e genuinamente romana -e, quindi, lascia supporre che anche l'altra parola _concilia_ sia -un'antica parola romana o volgare, accolta dai compilatori dell'Editto -langobardo, perchè già in uso nella pratica. Rotari, infatti, distingue -nettamente il _concilium_ dal _vicus_: ambedue sono rustici, ma il -primo, distinto anche topograficamente dal secondo, è considerato come -l'infima suddivisione dello Stato e composta di elementi servili[457]. -Del resto a confermare che l'antica ossatura romana rimase inalterata, -si può fare anche un'altra considerazione. Il sistema dell'agricoltura -non muta dall'epoca romana nella successiva[458] e, quindi, è -presumibile che nemmeno la parte dell'organizzazione dei _vici_ -relativa ad essa abbia subito modificazioni. - -Aggruppati nel respettivo pago questi _vici_ formavano, insieme con le -minori suddivisioni nelle quali si frazionavano, dei complessi omogenei -ed organici. Siculo Flacco attesta che della _munitio_ delle vie -vicinali erano incaricati i _magistri pagorum_, i quali dovevano curare -la prestazione delle opere necessarie da parte dei possessori[459] ed -avevano anche altri ufficî, conservati loro dalle leggi teodosiane e -giustinianee e dalla consuetudine[460], che mostrano chiaramente che il -pago ed i suoi _magistri_ erano il centro ed il perno dei varî _vici_ -di cui esso è composto, e che tale condizione di cose si è mantenuta -per secoli e secoli con modificazioni scarse e minime. - -Per quanto cautamente si proceda non si riesce a trovare una differenza -fra le disposizioni delle fonti romane e quelle del secondo capitolo -mantovano generale con cui Carlo Magno si duole che per la dolosa -complicità dei _magistri_ (consentientibus magistris), alcuni -riescano a sottrarsi all'obbligo della restaurazione della chiesa -battesimale[461]. Quest'obbligo dalle più vetuste fonti è ricordato -sempre insieme con quello della restaurazione delle strade, dei ponti -e delle mura ed insieme con esso — come abbiamo veduto — è sempre -qualificato come _antiqua consuetudo_[462]; ciò che ci assicura che il -sistema non è stato importato dai Franchi e ci spinge, anche per questo -lato, a ricercare la riconnessione dell'onere verso la chiesa con -l'onere verso lo Stato nel tempo romano ed a rilevare fino da ora la -posizione subordinata che in questa opera di conservazione s'intravede -aver avuto la Chiesa. - -E ciò si vedrà ancor meglio continuando l'individuazione del pago dal -lato religioso. - -Il pago romano aveva _feriae_ speciali che traevano origine dalla sua -natura economica e corrispondevano alla sua costituzione civile[463]. -Un solo tempio — _compitum_ — serviva a tutti gli abitanti, i quali, -uniti nei _sacra_ che si facevano nei crocevia in onore dei Lari e -nelle varie lustrazioni con le quali si invocava dalla divinità che le -messi e le sementi granissero — _ambarvalia_ — e crescessero — _feriae -sementivae_ —[464] erano ancor maggiormente stretti fra loro da una -processione che girava torno torno ai confini e ne faceva annualmente -così esatta ricognizione che oltre a fornir materia ai poeti[465], se -ne potevano valere agrimensori e giuristi[466]. - -I medesimi bisogni, lo stesso timore di eguali pericoli, la medesima -speranza in un soccorso divino[467], per la nota adattabilità della -Chiesa cristiana, fecero sì che i riti della nuova religione fossero -quanto mai simili a quelli dell'antica: la _plebs_ al posto del -_compitum_; chiamati i fedeli dal caro e ben noto suono delle stesse -campane che avevano chiamato a quello i gentili[468]; accolte per la -maggior parte le vecchie usanze dalla mietitura alla vendemmia[469]; -sostituito il contenuto (e non tutto) ma non la forma dei canti -lustrali con le litanie, suppliche solenni, in forma dialogata, -appositamente adottate, per invocare la protezione divina sopra i -beni della terra, che si recitavano nelle stesse epoche percorrendo -gli stessi itinerarî che per secoli avevano percorso le lustrazioni, -attraverso gli stessi vici e gli stessi campi nei _pagi_ rustici; -uscendo e rientrando per le stesse porte e passando per le stesse vie -e per gli stessi crocicchi nel pago cittadino al quale, superato lo -stadio primitivo in cui la città coltivava divinità diverse e superiori -a quelle del suburbio, fu aggregato anche il pago suburbano[470]. E -come la _lustratio_ e le altre funzioni del culto particolare della -città erano affidate ai _Flamines_[471], mentre nei più larghi confini -a cui giungeva l'autorità della magistratura cittadina, ogni incombenza -di culto spettava al _Sacerdos_; così il vescovo, capo della diocesi, -è indicato paganamente col nome di _sacerdos_[472] e, accanto a lui, -è, non meno romanamente, qualificato come _municipalis_ — al pari -dell'antico flamine — l'arciprete che è preposto agli abitanti della -città e del suburbio[473]. - -Il cristianesimo continuò la stessa precisa via del paganesimo e -cementò e rafforzò sempre più la preesistente e persistente unità -del pago. Fu suo principio assoluto che non vi potesse essere che -una sola pieve in una medesima circoscrizione plebana: _plures -ecclesiae baptismales in una terminatione esse non possunt_[474]; -che non si potessero frazionare le diocesi primitive altro che in -caso di necessità evidente riconosciuta ed in ogni modo e sempre -con le maggiori cautele; nè si potessero ridurre pievi a semplici -cappelle[475], nè creare nuove pievi, quantunque normalmente si -trovassero a molta distanza fra loro[476]. - -Le pievi furono erette nel capoluogo dei singoli _pagi_, di cui -constava ogni _civitas_ e ad esse accorrevano i fedeli di tutti i -_vici_ circostanti e delle _villae_ pertinenti al pago stesso per -partecipare nei giorni stabiliti alla sacra sinassi e prender parte -agli uffici divini[477]. Verso la fine del quarto secolo e ancor più in -seguito, furono costruite nella maggior parte dei _vici_ del pago altre -piccole chiese, oltre che nelle ville e nei fondi dei ricchi; ma furono -soggette alle chiese più antiche del territorio ove si trovavano[478]. - -Come al capoluogo del _pagus_ erano soggetti civilmente i _vici_, -i _castra_ e le _villae_, di cui constava; così le _basilicae_ e -gli _oratoria_ compresi nella circoscrizione delle singole pievi, -furono messi alla dipendenza rigida e diretta dell'_ecclesia_ matrice -e dell'arciprete che ne era a capo; ed i confini ecclesiastici -coincidettero perfettamente con quelli civili in tutta l'Italia[479]. - -La città per questo lato, s'inquadra nelle stesse linee generali. Al -pari di ogni pago ebbe (come si è veduto nei primi paragrafi di questa -seconda parte) il suo territorio — _territorium civitatis_ —[480] che -per la sua posizione (_sub urbe_) fu indicato col nome di suburbio, -separato dal contado e comprendente le sue terre ed i suoi beni comuni, -ben distinti dalle altre terre pubbliche e private e costituì un -organismo in sè stesso finito e capace di sopperire quasi completamente -a sè stesso. - -La cattedrale era la sua pieve, nella quale risiedeva con il -vescovo anche l'arciprete[481] e che era la pieve della città per -eccellenza: _plebs civitatis_[482], _plebs de civitate_[483], _plebs -brixiana_[484], _plebs, ecclesia mediolanensis_[485], etc. e la -matrice di tutte le altre chiese che si trovavano nella città e nel -suburbio. Ad essa sola spettava conferire il battesimo, amministrare i -sacramenti, celebrare la sacra sinassi, convocare la popolazione alla -celebrazione dei divini ufficî e ricevere le oblazioni dei fedeli[486]. -Nelle grandi solennità di Natale, della Pentecoste, della Pasqua -e dell'Ascensione alla chiesa della città dovevano recarsi tutti i -fedeli della diocesi[487] perchè vi si trovava il vescovo che era capo -spirituale di tutti: ma in tutto il resto dell'anno, essa funzionava -come una qualunque pieve e godeva di eguali prerogative. - -Era obbligatorio in modo assoluto per tutti coloro che abitavano nella -città e nel suburbio di assistere ai divini ufficî nella cattedrale -perchè soltanto ad essa si doveva convenire — _legiptimus est ordinatus -conventus_[488] — così come dopo morti non potevano essere seppelliti -in altro cimitero che in quello della cattedrale. Entro la città -erano altre chiese ed oratorî; ma lettere e decisioni di papi, rituali -antichissimi, canoni di concilî e documenti varî[489] attestano tutti -unitamente che non vi si potevano celebrare messe, nè amministrare il -battesimo, nè fare le vigilie negli anniversari dei santi. Neanche -il vescovo, nonchè concedere l'autorizzazione ad un prete, poteva -dir messa in un oratorio[490]: si arrivava fino al punto di ritenere -che fosse meglio non ascoltare e non celebrare la messa piuttosto che -celebrare o assistere al sacrificio divino fuori della pieve[491]; anzi -della propria pieve, perchè l'obbligo era tanto rigoroso che prima di -incominciare le funzioni l'officiante doveva domandare ai fedeli se fra -di loro ve ne fosse alcuno appartenente ad altra pieve e la ragione per -cui aveva abbandonato il suo pastore[492]. - -Il pago suburbano si trovava rispetto alla città nello stesso rapporto -che il territorio di ogni pago rurale rispetto al proprio capoluogo. -Però se la natura del rapporto di soggezione sostanzialmente non -differiva, non si poteva dire altrettanto dei due termini del rapporto -stesso, perchè nel suo contenuto intrinseco, nè alla città può essere -equiparato il centro rurale, nè al suburbio di quella il territorio -di questo. La città, infatti, giunge ad esistere solo quando il -nucleo originario ha raggiunto un certo numero di elementi naturali, -artificiali e giuridici di cui i centri rurali sono privi e la sua -consistenza di centro urbano si assoda col differenziarsi da essi: -allora essa lega a sè con vincolo diretto una quantità determinata -dal territorio che la circonda e l'assoggetta al regime giuridico -più conveniente al proprio sviluppo; ciò che fa nascere una nuova -differenziazione fra questo ed il rimanente territorio soggetto alla -città. Abbiamo vedute alcune delle caratteristiche giuridiche così del -centro murato come dei _mille passus_ e dei loro rapporti scambievoli: -vedremo ora le ulteriori conseguenze che da tale stato di fatto e -di diritto derivano, così per la natura speciale della pieve come -per l'intima connessione delle istituzioni ecclesiastiche con quelle -civili. - -Verso la fine del secolo ottavo cominciano ad apparire i primi segni di -due fenomeni, l'uno sostanzialmente economico, l'altro prevalentemente -religioso, che per vie diverse iniziarono un movimento simultaneo e -convergente il quale nella pieve cittadina, e soltanto in essa, ruppe -la coincidenza delle circoscrizioni ecclesiastiche con quelle civili -e allargò le prime, lasciando le seconde immutate, a tutto vantaggio -dei vescovi, ai quali fornì il primo e principale coefficiente -per ottenere dall'autorità pubblica quelle ingenti concessioni di -territorio suburbano, che caratterizzano l'inizio e il primo periodo -della loro signoria: concessioni che, nella loro generalità, furono -il riconoscimento giuridico pubblico di uno stato di fatto che già -esisteva e che non fu punto creato da esse; che segnarono il momento -forse più appariscente, ma non certo costitutivo, di un fenomeno -maturatosi indipendentemente da ogni azione diretta del potere regio ed -imperiale. - -Il risveglio economico generale, di cui appare qualche barlume negli -ultimi tempi langobardi e che si accentua sempre più in seguito, -specialmente lungo la grande arteria padana, si manifestò anche nel -territorio rurale dove l'aumento di popolazione prodottosi nelle città, -centro prevalente degli scambi, rese necessario un aumento dei mezzi -di sussistenza, per produrre il quale fu messa a coltura una quantità -di terre sempre maggiore, scelta di preferenza entro e vicino alle -città. E poichè le disponibilità offerte dal territorio suburbano erano -minori che altrove, perchè, appunto per la sua vicinanza alla città, -non era mai stato disertato del tutto di lavoratori, si mise mano non -di rado a lavorare anche le terre comuni e, fra queste, talvolta, anche -quelle pubbliche, le quali, per l'esigenza delle necessità sociali cui -dovevano soddisfare, si trovavano a non molta distanza dalle mura[493]. - -Su queste zone, così guadagnate alla coltura, i vescovi, forti -dell'appoggio delle leggi franche, non mancarono di imporre una decima, -la quale in vista e ragione dei beni, fino ad allora nuovi all'opera -agricola, fu appunto, chiamata _decima novalium_. - -E questa decima speciale ci servirà appunto di strumento d'indagine per -rintracciare la speciale condizione del territorio suburbano; così come -l'istituto generale della decima ci ha servito a rilevare il quadro -generale dei rapporti fra le divisioni territoriali dello Stato e -quelle della Chiesa. - -Con la riscossione della _decima novalium_ non si iniziò una vera e -propria trasformazione giuridica: quelle terre incolte, sia private -che pubbliche, pertinevano alla città: i frutti che di esse si dovevano -alla chiesa, spettavano, quindi, alla chiesa della città e, per essa, -al vescovo che ne era a capo. Ma ciò nonostante — senza fermarci ora -a considerare l'aumento di importanza e di forza che questo aumento -di redditi conferiva al vescovo di fronte alla immutata e quindi, in -confronto, diminuita condizione del rappresentante del potere pubblico -entro la città — merita di esser rilevato un fatto. Prima il territorio -parrocchiale di decimazione corrispondeva in modo perfetto al suburbio, -e, perciò, siccome questo si distingueva dalle terre pubbliche e -comuni, anche se comprese entro il suo perimetro, anch'esso se ne -era distinto. Ora l'antica armonia delle divisioni ecclesiastiche con -quelle civili cominciò ad esser turbata a danno di quest'ultime, le -quali per di più furono sorpassate, dalla Chiesa anche per un altra -via. - -Il forte sentimento religioso dell'epoca — troppo noto perchè occorra -anche solo accennarne le prove — produsse, insieme con le frequenti -fondazioni di oratorî e di cappelle, altrettante donazioni di terre -per il loro mantenimento. Di tali chiese, numerose da per tutto, non -poche furono costruite anche vicino alle città. In questo caso poteva -avvenire che i fondi donati all'oratorio fossero tutti situati entro -il suburbio e si estendessero solo _usque ad suburbii fines_[494]; ma -più frequentemente avveniva che se ne spingessero al di fuori. Allora, -siccome facevano capo all'oratorio e questo — per la decima — alla -città; quest'ultima, prevalente sulla chiesa rurale per la superiore -autorità del vescovo di fronte a quella dell'arciprete, di tanto estese -i suoi confini di decimazione a detrimento di quella di quanto spazio -tali terre occupavano entro i suoi confini. Si aggiunga che non di -rado simili fondazioni e dotazioni erano dovute a gruppi, relativamente -numerosi, di persone che si riunivano a questo scopo[495]. La quantità -delle terre donate, allora, era anche maggiore e la loro estensione -più ampia: erano germi fecondi di nuovi centri imminenti, nuclei di -prossime _villae_, quando non erano veri e proprî _vici_ addirittura, -che venivano a formare con l'antico territorio suburbano un unico -_territorium decimationis_ (come dicono i documenti)[496], i cui -confini — _fines, confines decimariae_ — si allontanavano sempre più -dal perimetro del suburbio civile. - -Ad Asti si parla fino dal secolo nono di _quicquid de decimis -amplius adiacet civitati_:[497] e si può ritenere antica di secoli la -tripartizione che delle decime cittadine fa un documento bresciano -del secolo decimosecondo, che ricorda le decime dei cittadini, dei -suburbani e del territorio appartenente alla pievania cittadina: _omnes -decimas civium et suburbanorum_ ET TERRITORII AD CIVITATIS PLEBATICUM -PERTINENTIS.[498] - -Naturalmente questa espansione fu tutt'altro che regolare in quanto -si manifestava e si accentuava a seconda del capriccio dei fondatori; -per modo che mentre in alcuni punti i confini ecclesiastici ancora -coincidevano con quelli civili, in altri se ne allontanavano di poco -ed in altri anche di qualche miglio. A Bergamo, per esempio, a detta di -una testimonianza della prima metà del mille e cento, erano considerati -come sacerdoti cittadini tutti i sacerdoti delle chiese della città, -dei sobborghi e delle _villae.... circa civitatem illam duo miliaria et -in tali parte etiam infra tria et infra quatuor et ultra_[499]. - -Circa nello stesso periodo di tempo la pieve cittadina cominciò a -differenziarsi da quella rurale anche per un altro lato, che ne tocca -più da vicino la costituzione. - -I cristiani, fino dai primissimi tempi, ebbero grande venerazione per -coloro che erano morti per la fede soffrendo il martirio o che avevano -condotta una vita di devozione e di sacrificio: ne raccolsero con -cura amorosa i resti mortali e tributarono loro un gran culto[500]; -tanto che, avendo l'abitudine di raccogliersi a pregare, oltre che -le domeniche ed insieme con il vescovo, anche tutti gli altri giorni -e privatamente, preferirono sopratutto quei luoghi dove i confessori -avevano subito il martirio od erano tumulati i loro corpi o raccolte -le loro reliquie e quivi furono erette chiese precipuamente destinate -al culto di essi e che ebbero, appunto perciò, il nome di oratoria, -martiria e memoriae[501]; mentre, già dal tempo di Costantino, -abolendosi a questo riguardo le antiche disposizioni romane[502], -cominciò l'uso delle traslazioni[503] e divenne ben presto norma comune -e molto osservata quella di consacrare le basiliche col collocarvi -reliquie di santi[504], che con la maggior solennità venivano deposte -sotto gli altari[505]; e ivi celebrare in modo speciale i loro _dies -festi_ che erano l'anniversario della morte o del martirio[506]. -In queste chiese nei primi tempi non si faceva alcun servizio di -culto, come non si faceva in alcun'altra chiesa all'infuori di quella -matrice e solo vi si recitavano orazioni, salmi ed inni[507]; e gli -ecclesiastici che vi si trovavano non dovevano nè potevano far altro -che assistere i fedeli in tali orazioni e curare la custodia e la -conservazione dell'edificio e dei sacri arredi. Però verso la fine -del secolo secondo, probabilmente per iniziativa ed opera di Gregorio -Taumaturgo, si cominciò a solennizzare con maggior devozione del solito -l'anniversario della morte, il natale dei santi più venerati[508]. Il -vescovo con tutto il clero ed il popolo con grande pompa si recava -in processione dalla cattedrale alla chiesa del santo ed ivi, oltre -alla recitazione degli inni e delle salmodie particolari a quel -santo, compiva anche tutti quegli uffici del culto che abitualmente si -celebravano nella chiesa matrice. Nel quarto secolo queste processioni -si celebravano già numerose volte dell'anno per uno stesso santo, -come ci fanno sapere sant'Ambrogio e sant'Agostino[509] ed in seguito -aumentarono tanto che nel secolo ottavo l'officiante, prima di prendere -commiato dal popolo, ebbe costume di annunziare in qual chiesa si -sarebbe officiato la volta successiva[510]. - -Queste processioni e le relative officiature fin dall'epoca più remota -— _iuxta antiquam ecclesiae observantiam_ — come dice il vescovo -Amulone che pontificò a Lione sulla metà del secolo nono[511], si -fecero in giorni determinati e solo in quelle chiese che per le -reliquie di santi molto venerati, ne furono dichiarate e riconosciute -meritevoli: ciò che fece nascere fra tali chiese e la cattedrale un -vincolo ed un rapporto che non esisteva con le altre chiese private. -Inoltre la consuetudine romana della posizione dei cimiteri fuori -delle mura[512], insieme con il sistema, osservato scrupolosamente -per molti secoli dalla Chiesa, di non rimuovere le reliquie che in -via eccezionale[513] e senza disgregarne e separarne le varie parti, -(come si fece in seguito[514]) e, sopra tutto, la proibizione rigorosa -di deporre corpi di santi in oratorî di campagna[515], ci spiega -facilmente come la costruzione di simili cappelle fosse frequente -dentro ed in prossimità delle mura; mentre, d'altra parte, il sistema -preferito della Chiesa, di andare ad occupare proprio gli stessi -edificî che prima erano adibiti al culto pagano, portava pure che -nella città e nel suburbio, ove più numerosi erano stati i templi e le -divinità pagane, più numerose fossero le nuove chiese e risentissero -della precedente organizzazione. - -La frequenza dei fedeli presso queste chiese fu tanta che il vescovo, -oltre a recarvisi varie volte all'anno insieme con tutto il clero, -fu costretto a stabilire un turno settimanale fra i sacerdoti della -cattedrale perchè ve ne fosse sempre qualcuno ad assisterli e guidarli -nella recitazione delle preghiere e dei salmi[516]. - -A Milano, fino dal secolo nono si ha traccia di _decomani_[517]. - -La forma _decomanus_, _degomanus_ e _dogmanus_ è da considerare come -una varietà derivata dalla pratica di acconciare a foggia latina le -voci vernacole e dalla consuetudine di scriverle secondo la ragione del -suono, ossia secondo che erano pronunziate volgarmente, della parola -_ebdogmanus_ e _dogmanus_, che si trova anche in altri documenti[518]. -E questa parola _dogmanus_, a sua volta, è una pretta scorciatura della -voce _hebdogmanus_ nella quale degenerò, conformemente all'indole -del dialetto lombardo, la più comune e latina _hebdogmadarius_ e -_hebdomadarius_. - -I _decomani_, ossia gli _ebdomadarii_, milanesi originariamente erano -dei sacerdoti della chiesa cattedrale deputati per una settimana, come -dice il loro nome, ad officiare una determinata chiesa; ma più tardi, -per l'aumentare della frequenza dei fedeli presso le chiese preferite, -l'arcivescovo fu indotto a deputarvi degli ecclesiastici che vi -risiedessero in permanenza in modo stabile e fisso. - -Il più antico esempio di questo mutamento ci è offerto dalla chiesa di -S. Ambrogio. - -Verso la metà del secolo ottavo il clero milanese, affaticato dal -servizio che doveva prestare presso la cella di questo santo — _diutius -laborantibus in eadem ecclesia_ — domandò all'arcivescovo di nominarvi -ed istituirvi un apposito monastero di monaci che di continuo e -pubblicamente vi celebrassero gli uffizî e le laudi — _ante sancta -corpora continuatim indifferenter ac publice officia et divinas laudes -concelebrent_ — e l'arcivescovo li accontentò con un diploma dell'anno -789[519]. - -I monaci ebbero in tal modo alcune facoltà che nè il custode Forte, -a cui prima era affidata la chiesa, nè alcun altro custode di chiesa -privata aveva. Esse erano di tale entità da trasformare il primitivo e -modesto oratorio privato — _cella_ — in una chiesa fornita di facoltà -tali da meritare la qualifica di _ecclesia_[520], propria delle sole -pievi, pur senza trasformarne il carattere in una vera e propria pieve. - -Poichè dall'anno 789 — in cui l'arcivescovo institui il monastero — -all'anno 864, nel quale sono ricordati i _decomani officiales_ della -chiesa di S. Ambrogio, non avvenne di sicuro (come si rileva da un -documento di cui ci occuperemo ben presto) alcun cambiamento presso di -essa, si ha fondata ragione di ritenere che i preti decumani di cui si -parla nel secondo documento sieno i monaci ai quali vennero concessi -col primo speciali facoltà. Ed in tal caso, siccome il testamento di -prete Gregorio non accenna a differenza alcuna fra i decumani delle -varie chiese che ricorda; la concessione, fatta dall'arcivescovo -Pietro, di celebrare pubblicamente e di continuo gli uffizi e le -laudi, può esser presa come punto di base e di partenza per determinare -l'ufficiatura propria dei decumani. - -Si è accennato ad un documento concernente la chiesa di S. Ambrogio. - -Con esso l'abate ottenne dall'arcivescovo Tadone che alcuni sacerdoti, -che, poco prima per sua utilità, aveva raccolti e collocati presso la -chiesa per celebrarvi i maggiori ufficî del culto fossero annoverati -nel consorzio dei sacerdoti cittadini[521]. Ai monaci si aggiunsero, -dunque, dei preti esclusivamente incaricati dell'officiatura; -l'officiatura stessa si estese fino alla celebrazione della messa -cantata ed i preti furono ascritti all'_ordo_ della cattedrale. - -I privilegi speciali concessi ai preti istituiti dall'abate nel -monastero di S. Ambrogio presso la sua chiesa, concernono due obietti -distinti: le persone di questi preti e le loro facoltà liturgiche. - -Essi ottennero di essere annoverati nella congregazione dei preti -cittadini per una concessione eccezionale dell'arcivescovo in -conseguenza degli speciali ufficî del culto che furono autorizzati a -compiere e che erano ben differenti da quelli dei monaci, ai quali, -appunto perchè ritenuti non idonei, furono aggiunti. - -Per la celebrazione dei maggiori ufficî del culto non era meno -necessaria della capacità dell'officiante (che doveva aver raggiunto il -presbiterato) la capacità del luogo, che doveva essere chiesa pievana; -e la prima era subordinata alla seconda per modo che solo i preti di -una chiesa pievana potevano compierli. - -In virtù della concessione dell'arcivescovo Tadone la chiesa di S. -Ambrogio fu equiparata per certe parti della liturgia alla pieve -cittadina ed i suoi sacerdoti nel compierle furono equiparati ai -sacerdoti della cattedrale: ed una volta equiparati venne naturale -conseguenza che fossero loro aggregati. - -Questa concessione è dell'866. Un documento di due anni prima, cioè -dell'864, ricorda i _decomani officiales_ di varie chiese cominciando -da quella di S. Ambrogio e nell'atto stesso l'autore ha cura di -specificare che fa parte dell'_ordo_ della santa chiesa milanese. -Dunque in quest'anno gli _officiales decomani_ di Sant'Ambrogio non -emergevano per alcun verso di fronte ai decumani delle chiese di S. -Valeria, di S. Nabore e di S. Vittore e, al pari di essi, non facevan -parte del clero maggiore. Anzi si può dire qualche cosa di più: -quei preti che col diploma arcivescovile vengono aggregati al clero -cittadino non sono mai stati nè mai divengono _officiales decomani_: -Berengario I nel suo diploma del 2 decembre 894 ricorda i preti -distintamente dai monaci che son detti ufficiali — _presbiteris_ ATQVE -_officialibus S. Ambrosii_[522]. Ed anche in seguito gli uni furono -distinti dagli altri pure nella gestione patrimoniale affidata ai soli -monaci. - -È evidente che i decumani delle altre chiese, a cominciare dai monaci -stessi della chiesa ambrosiana, non ebbero mai i privilegi concessi dal -diploma tadoniano e si trovarono tutti nell'identica posizione. - -Decumani s'incontrano anche a Parma[523] e a Monza[524]; e se in -quest'ultima città, forse, furono istituiti a somiglianza ed imitazione -della metropoli lombarda — ciò che, del resto, è tutt'altro che sicuro, -perchè, fra l'altro, in essa si seguì il rito romano e non quello -ambrosiano —; il trovarli a Parma esclude che le chiese decumane sieno -una caratteristica di Milano e fa pensare che come la causa prima -della loro origine e, cioè, il culto dei santi, fu diffusa dovunque, -anche altrove sieno sorti eguali resultati, se pure indicati con nome -diverso. - -Carlo il Grosso in un diploma dell'883 alla chiesa di Bergamo ricorda -tre specie di chiese: plebane, cardinali e private — _ecclesiis -baptismalibus aut_ CARDINALIBUS _seu oraculis_[525]. - -Le chiese cardinali sono nettamente distinte dalle chiese battesimali: -la particella disgiuntiva _aut_ è così evidente che non richiederebbe -nemmeno la conferma dell'altro diploma, pure di Carlo il Grosso, alla -chiesa di Piacenza, nel quale accanto alle pievi dell'episcopato si -menzionano le chiese cardinali della città — _ecclesiis baptismalibus -seu quae intra predictam cardinales habentur_[526] — e quella, ancor -più esplicita, offerta dal diploma di Ugo e Lotario al vescovo di -Pavia[527], in cui si parla di cappelle cardinali — _omnes cardinales -capellas_ —. - -Se erano cappelle non potevano essere pievi. - -D'altronde, mentre erano prive delle speciali facoltà di cui godevano -le pievi, la qualifica speciale di _cardinales_ le distingue pure -dalle altre cappelle ed oratori. _Cardinalis_ è ciò che spetta, che -appartiene, che è in un qualche modo direttamente o strettamente -legato, vincolato al _cardo_. Nell'alto medio evo con il nome di -_cardo_ si è indicata solo ed esclusivamente la chiesa plebana della -città[528]; dunque la qualifica di _cardinales_ indica che le chiese -qualificate con tal nome si trovavano in un rapporto più intimo che le -altre con la cattedrale. - -Siamo proprio nel caso delle chiese decumane di Milano e di Parma, -di cui si può, per mezzo di queste, conoscere il lato di maggiore -rilevanza per noi. - -Il diploma di Carlo il Grosso parla di chiese cardinali _intra -civitatem_. Quest'espressione indica romanamente anche nel caso -presente il territorio urbano e suburbano insieme. Lo dimostra il -can. 56 del concilio di Meaux dell'845 con cui si impone ai vescovi di -ordinare canonicamente i titoli cardinali costituiti nelle città e nei -suburbii — _titulos cardinales_ IN URBIBUS ET SUBURBIIS _constitutos_ -—. Siccome è inammissibile che il concilio volesse intendere con questa -disposizione di imporre ai vescovi il rispetto e l'osservanza delle -norme della chiesa e dei dettami della giustizia solo per le chiese -cittadine e suburbane, lasciando loro facoltà di agire disonestamente -e simoniacamente per le chiese cardinali rurali; è chiaro che chiese -cardinali — _tituli cardinales_ — esistettero solo nella città e nel -suburbio. - -Costituirono, dunque, una peculiarità della pieve cittadina. - -Anche a Vercelli si trovano chiese cardinali, ma non in tutte le città -furon chiamate con lo stesso nome[529]: a Lucca, dove la chiesa matrice -della città è detta _sedes_[530], furon dette _sedales_[531], a Verona -semplicemente _tituli_ e _titularii_ gli officianti[532]; del nome -che ebbero in altre città, se pur l'ebbero, non ci rimangon documenti -che ci dieno notizia, mentre ci offrono elementi sufficienti per -individuarle[533]. - -Queste chiese si distinsero da tutte le altre perchè tennero ad -un tempo della pieve e della cappella. Nei giorni feriali vi si -celebrarono da appositi ecclesiastici le messe piane e le altre -orazioni minori con la partecipazione del popolo[534] mentre fino -ad allora questo non era lecito che nella cattedrale e dal clero di -essa. E si iniziò così un'ampia trasformazione che introdusse nella -costituzione della chiesa la parrocchia a tipo moderno, priva del fonte -battesimale e delle maggiori prerogative delle antiche chiese matrici, -e che dette alla città quelle cappelle che formarono tanta parte della -sua ossatura nell'epoca comunale. - -Cominciarono a formarsi sul finire del secolo ottavo, come è dimostrato -dal documento del 789, che se ne può considerare come il primo esempio -perchè S. Ambrogio fu il santo più venerato di Milano[535] e Milano -fu sempre e in ogni campo la prima fra tutte le città del territorio -lombardo-tosco; e già agli albori del successivo erano largamente -diffuse. - -Esse ebbero anche altre peculiarità, ma di queste sarà opportuno -parlare dopo avere almeno accennato alcuni altri elementi generali -della pieve. - -Il clero nei primi tempi della Chiesa riconosciuta viveva intorno al -suo antistite, in qualche raro caso — e mai per lungo tempo[536] — -riunito insieme nel modo in cui vissero più tardi i canonici[537], -in generale con un sistema di vita meno rigidamente regolato; e -lo assisteva nelle cerimonie del culto e nell'amministrazione dei -sacramenti, recandosi per tal fine quà e là per la diocesi, secondo il -bisogno, finchè, stabilite le pievi nei capoluoghi dei singoli pagi, fu -in gran parte assegnato in modo fisso a ciascuna di esse ed intorno al -vescovo ne rimase solo un esiguo numero. - -Anche in questo la Chiesa fu fedele al suo sistema ed al suo -programma di assimilare l'ordinamento civile romano. La città aveva -i suoi magistrati, il suo ordo: la chiesa della città ebbe il clero -disposto ad immagine di essa[538] e chiamato con lo stesso nome -di ordo[539] che continua ininterrotto nel medio evo ed origina il -termine di _ordinarii, ordinarii cardinales_[540]. E come il regime -municipale ebbe per pernio la città e fu caratterizzato da un sistema -urbano accentratissimo[541], così la città fu la cellula anche del -nuovo organismo ecclesiastico ed in questo pure emerse una tendenza -accentratrice che sopravvisse dovunque all'organizzazione civile -romana[542] ed in qualche caso si mantenne inalterata per parecchi -secoli. Il principio, per esempio, che per esser eletto a capo di una -chiesa bisognava avervi percorso tutti i gradi fino dall'inizio[543], -lo si trova in pieno vigore a Milano nel secolo decimosecondo[544] -quantunque le condizioni fossero profondamente diverse, essendosi -formata una nuova classe di ecclesiastici cittadini. - -Originariamente, infatti, il clero cittadino era formato esclusivamente -dagli ecclesiastici che officiavano la cattedrale. Quelli a cui era -affidata la custodia delle cappelle e degli oratori, onde, appunto, il -loro nome di custodes, e che erano, di solito, dei semplici chierici, -quantunque qualche volta potessero essere anche preti e diaconi e -magari occupare una posizione sociale elevata[545], non potevano -compiere presso la loro chiesa, come già si è detto, alcun ufficio -liturgico. - -Più tardi, creati i decumani[546] per togliere agli _ordinarii_ il -carico del ministerio quotidiano presso altre chiese della città; -questi risiedettero presso la propria chiesa ed ebbero una competenza -rituale proporzionata al carattere della chiesa di cui era loro -affidata la speciale officiatura. E perciò, in quanto non appartenevano -alla cattedrale non furono aggiunti al clero di essa; ma poichè le loro -chiese si trovavano entro il perimetro della chiesa della città[547] e -le loro facoltà di officiatura erano ben maggiori di quelle dei custodi -degli oratorî privati; costituirono una classe intermedia che fu detta -_ordo minor_ per distinguerla dall'_ordo major_ della cattedrale e dal -_reliquo clero_ della città[548]. - -Gli _ordinarii cardinales_ comprendevano tre ordini: preti, diaconi e -suddiaconi[549]; i decumani, in ragione delle loro attribuzioni, erano -tutti preti[550] e, quantunque sparsi nelle varie chiese della città, -costituirono anch'essi una congregazione, alla quale, a Milano, fino -dal secolo nono è a capo un primicerio[551], che continua a risiedere -nella stessa chiesa di cui è officiale[552] pure quando, qualche -tempo dopo, non volendosi aumentare il numero degli _ordinarii_[553], -furono istituiti dei decumani anche presso la cattedrale[554]: -riprova non dubbia che l'origine loro è dovuta ad una spinta che -muove dall'elemento laico che vive nella città e non dall'elemento -ecclesiastico che fa capo alla pieve cittadina. L'arcivescovo Ariberto, -fondando nel 1042 la loro canonica[555] li chiama _peregrini_ appunto -perchè di fronte agli _ordinarii_, che nella metropolitana erano a casa -loro, i decumani stavano come ospiti e pellegrini tanto è vero che nel -compiere le funzioni sacre stavano fuori del coro, che era la parte -della chiesa riservata al clero officiante[556]. - -L'_ordo_ si distingueva e quasi si contrapponeva all'elemento laico, -identicamente a quanto avveniva nella costituzione civile, che era -stata tenuta a modello[557], ma viveva con essa in stretta unione. - -Per l'ordinazione degli ecclesiastici tutti, dal più umile chierico -all'arcivescovo, era necessario l'assenso dei laici[558], il quale, -dice S. Agostino[559], doveva manifestarsi secondo la consuetudine -della Chiesa: consuetudine, che, come già si è avuto occasione di -accennare, variava da luogo a luogo. - -Nella nostra Italia dove lo Stato, per ragioni prevalentemente -finanziarie, riconobbe nelle minori circoscrizioni una consistenza -distinta da quella del capoluogo, l'autorità del vescovo, -contrariamente a quanto avveniva nei paesi franco-germanici[560], fu -limitata al punto che nelle chiese rurali non poteva esser ordinato un -ecclesiastico che già non vi fosse appartenuto[561]; ma, in compenso, -il diritto di partecipare all'elezione del vescovo, che, in virtù del -principio che chi a tutti è preposto da tutti deve essere eletto[562], -sarebbe spettato a tutti i diocesani, fu ristretto ai soli componenti -della pieve cittadina[563]. - -E accanto a questa indipendenza del gruppo vicinale della città dal -resto della diocesi è opportuno accennare subito quella di cui godeva -di fronte allo Stato. - -La Chiesa, scioltasi, quando in Italia si costituì il regno ariano -dei Goti, dai legami che l'avevano fino ad allora tenuta avvinta -all'Impero, fu libera nei suoi rapporti religiosi e, quando vennero i -Langobardi, ariani anch'essi e venuti come nemici dichiarati di Roma e -dell'Impero, svolse la sua attività secondo i principi costituzionali -conseguiti anteriormente[564]; ed anche in seguito, quando si furono -convertiti al cattolicesimo ed i loro re mirarono a favorire, per -fini politici, la nuova religione, permase tuttavia la libertà -dell'elezione[565]: libertà, anche questa, che mancava nei paesi -franco-germanici[566]. Sopraffatti i Langobardi, conquistata l'Italia -e rinnovato l'antico Impero, Carlo M. credette di attuare anche in -Italia il suo sistema, che continuava quello dei Cesari romani, di far -degli organi della Chiesa organi dello Stato, ma l'elezione del vescovo -continuò a spettare unicamente ed esclusivamente a coloro che facevan -parte della pieve cittadina[567]. - -La città, dunque, anche per questo lato emerse di fronte alla diocesi -ed a tutte le altre pievi. - -Naturalmente l'intervento dei laici non si avverava sempre nè -nello stesso modo. La designazione, che era la parte sostanziale -dell'elezione, spettava a tutti, laici ed ecclesiastici, sebbene non -nella stessa proporzione. Le formule ed i documenti ecclesiastici -dall'epoca romana[568] all'alto medio evo, sono concordi[569] nel -graduare questo diritto per modo che dopo una logica preminenza del -clero (ritenuto più idoneo a giudicare delle attitudini dell'eligendo -nel disimpegno delle sue mansioni principali[570]) è fatta larga -parte all'autorità delle classi più elevate, riservando agli strati -più bassi una facoltà prevalentemente negativa che consiste quasi -sempre in un semplice atto di presenza. Dal decretum in cui veniva -raccolta la documentazione dell'avvenuta elezione[571] si vede chiaro -che il predominio del clero era tutt'altro che assoluto: non di -rado era equiparato e sorpassato da quello dei _seniores_[572], dei -_nobiles_[573] e qualche volta anche dall'impetuoso prorompere della -turba dei fedeli[574]. - -La consacrazione, come atto esclusivamente liturgico, era compiuta dai -soli ecclesiastici[575]; ma anch'essa offre un lato degno di rilievo -nei riguardi della costituzione cittadina in quanto che, sorte le -chiese cardinali, per la loro speciale natura occorse una speciale -consacrazione. Una testimonianza lucchese a proposito della natura e -della qualità di una chiesa dichiara che il vescovo l'ordinava come le -altre chiese sedali — sicut alias _ecclesias sedales_ —[576]. Mentre, -invece, la designazione del titolare avveniva nello stesso modo che -per la pieve[577] fatto solo eccezione di una tendenza a restringerla -a coloro ai cui bisogni prevalentemente serviva, la quale si accentua e -si fissa solo dopo il secolo nono. - -E ancor più intimi erano i rapporti fra ecclesiastici e laici nel -campo patrimoniale. Al loro sostentamento si provvide per parecchi -secoli con una _mensurna divisio_ prelevata dalla cassa comune -della comunità formata col contributo di tutti[578]. Tale contributo -originariamente volontario si trasformò ben presto in obbligatorio per -gli sforzi tenaci del clero favorito dalla posizione preminente del -pontefice in Italia, tanto che, quantunque lo Stato tentasse ripetute -volte di opporvisi[579], verso la metà del quinto secolo erano già -stabiliti appositi giorni per queste collette — _dies collectarum_ -— che essendo fruttuosissime all'incremento della Chiesa si ritenne -bene di render perpetue[580]; e per assicurarsele in modo sempre più -certo si introdusse anche il sistema di obbligare i fedeli a giurare di -osservare questo precetto[581]. - -Alla fine del secolo sesto queste collette erano regolarmente diffuse: -Gregorio I parla come di cosa normale della _«collecta facta inter -civitatis januensis habitatores»_ in una lettera del 599 al vescovo di -Genova Costanzo che invita ad esonerarne un vecchio povero e cieco di -nome Filagrio[582]. - -Genova allora non faceva parte del regno langobardo; ma anche in esso -i fedeli corrispondevano alla chiesa il loro contributo annuale, il -quale costituiva un obbligo di sola coscenza, di natura esclusivamente -religiosa e privo di ogni riconoscimento da parte dello Stato. - -La misura in cui si pagava corrispondeva ad una proporzione largamente -in uso nell'antico sistema fiscale romano di cui avevan conservata -ininterrotta ed immutata la tradizione gli scrittori ecclesiastici[583] -ed a una non meno antica consuetudine rimasta inalterata negli usi -civili[584] e si conguagliava alla decima parte dei proventi. - -Di quì il nome di _decima_; ma questo nome, quantunque non sconosciuto -in Italia[585], ebbe però la maggiore diffusione al tempo dei Franchi, -chè le cose cambiarono con loro e cambiarono profondamente: non già -perchè essa sia sparita o perchè il nuovo Stato, essendo confessionale, -considerò come doveri pubblici i principali obblighi del credente — e -fra questi la _collecta_ — e subordinò i diritti civili e politici al -soddisfacimento di quelli — ciò che avrebbe segnato solo un progressivo -e, magari, naturale svolgimento — quanto e sopratutto perchè con essi -fu introdotto un nuovo e tutt'affatto diverso istituto, il quale si -unì e si confuse con la vetusta _collecta_ italiana e ne perturbò -profondamente la funzione ed il sistema e ne sostituì anche il nome. - -Carlo Martello nella necessità di costituire un nerbo di cavalleria -capace di far fronte alle mobilissime schiere degli arabi che premevano -minacciosi al confine orientale, non potendosi valere di terre del -fisco perchè depauperato dalle pazze prodigalità dei suoi antecessori; -mise la mano sulle terre delle chiese e le distribuì ai privati -con concessioni revocabili il cui scopo principale era l'obbligo di -mantenere e fornire un proporzionato numero di cavalli e di cavalieri. - -Dopo di lui la Chiesa non volendo rinunziare alle terre confiscatile, -nè lo Stato alla facoltà che vi esercitava, nè i concessionari al -loro godimento; sotto la minaccia di una nuova invasione, si venne -ad un contemperamento delle varie tendenze, il quale originò un nuovo -istituto giuridico. - -Quest'istituto fu il _beneficio_. - -Con esso le Chiese conservarono la proprietà delle terre tolte loro, il -re la facoltà di disporne con concessioni non oltrepassanti al massimo -la vita del concessionario; e quest'ultimo, che delle terre stesse -aveva il godimento per volontà del re e per opera della chiesa, fu -obbligato a corrispondere al primo un proporzionato servizio militare -ed a pagare annualmente alla seconda un censo in denaro di un solido -d'argento per ogni manso ed un contributo in natura fissato nella -decima e nona parte dei frutti ed a concorrere in modo equo al restauro -della chiesa stessa in caso di bisogno[586]. - -L'assetto definitivo il beneficio lo ricevette da Carlo Magno col -capitolare aristallense del 779. - -E questo, dopo l'approvazione della dieta langobarda, passò anche in -Italia; quantunque con una clausola — si exinde usque nunc ad partem -ecclesiae decima et nona exivit[587] — che ne mostra tutto il carattere -esotico che essa aveva per l'Italia e che, in conclusione, nei rispetti -del passato ne annullava lo spirito perchè l'applicava solo nei casi -nei quali il concessionario di un fondo ecclesiastico corrispondeva -già la nona e la decima parte dei frutti: ciò che non poteva essere -avvenuto che per scambievole convenzione privata, non avendo avuto -luogo in Italia alcuna confisca di terre ecclesiastiche. - -E più tardi il capitolare italico ritorna sull'argomento imponendo -ai conti ed ai fedeli tutti che chiunque aveva in beneficio terre -di una chiesa doveva corrispondere alla chiesa stessa regolarmente -e completamente le decime e le none e concorrere secondo il bisogno -e la possibilità alla sua restaurazione — ut quicunque de rebus -æcclesiæ beneficia habent pleniter nonas et decimas ad ipsas ecclesias -donent.... et iuxta possibilitatem et quando necessitas exigit de opera -ad ipsas ecclesias restaurandas adiutorium faciant —[588]. - -E anche Lodovico il Pio, alla sua volta, insistè sull'uno e sull'altro -obbligo, aggiungendo una forte pena in caso di inadempienza, per -ricordare ai renitenti che avrebbero finito col perdere il beneficio — -et insuper bannum nostrum solvat, ut ita castigatus caveat, ne sæpius -iterando beneficium amittat —[589]. - -Con questo l'antica _collecta_ italiana non cessò di esistere nè fu -messa da parte. I vescovi langobardi nel capitolare concordato l'anno -successivo o poco dopo al capitolare aristallense, ebbero caro di fare -inserire la disposizione che ciascuno dovesse pagare alla pieve secondo -il costume e la sacra consuetudine: — De decimis. Ut unusquisque -suam decimam ad ecclesiam offerat sicut mos vel sacra consuetudo esse -dinoscitur[590]. — - -E, più tardi, Lotario stabilì per legge la procedura da seguire per -facilitarne la riscossione e renderne obbligatorio il pagamento[591]. - -La decima franca, quale è configurata dai capitolari, è, dunque, un -diritto reale che nasce ex iure per esplicita disposizione di legge a -favore di una chiesa sui beni di essa concessi dal re in beneficio; -nasce simultaneamente con gli altri obblighi che la legge addossa -al concessionario ed è uno degli elementi da cui resulta lo speciale -istituto del beneficio. - -La decima italiana, invece, originata da un volontario contributo dei -fedeli, trasformato in seguito dalla Chiesa in obbligo di coscenza -rinvigorito dal giuramento e consolidato nella misura, è dovuto ad -una sola chiesa — la pieve — ed ha carattere e natura esclusivamente -personale in quanto che investe la persona del parrocchiano, il quale -appunto e soltanto per questa sua qualità, è tenuto a conferire alla -pieve, ed alla sua pieve soltanto[592], la decima parte dei suoi -proventi e questo suo contributo è, insieme con altri e minori obblighi -della stessa natura, il titolo che gli dà diritto all'assistenza -religiosa ed all'esercizio delle facoltà proprie del parrocchiano. - -Fra questi altri obblighi si deve ricordar per primo il rifacimento e -la riparazione degli edifici del culto perchè sebbene la Chiesa abbia -stabilito fin da antichissimo tempo che si dovesse provvedere con la -quarta parte dei redditi e delle oblazioni; sia per la difficoltà della -trasformazione delle offerte in natura sia per l'analogia con l'obbligo -imposto ai concessionarî di benefici ecclesiastici, sia per altra -ragione, le fonti italiane del tempo franco — e si rimettono sempre ad -antica consuetudine[593] — la ricordano separatamente. Ciò che attesta -anche per questo lato quell'autonomia di formazione e di sviluppo, di -cui già si è avuto occasione di far parola. - -La stessa trasformazione della collecta da volontaria a obbligatoria -subì quella parte di oblazioni che i fedeli facevano in momenti di -maggiore solennità ed importanza e cioè il battesimo, il matrimonio, e -la morte[594]. Anzi fu facilitata dalla natura di fatto straordinario -che ognuno di questi momenti segnava nella vita di ciascun individuo; -come dalla necessità in cui si trovò la chiesa di proibire le grandi -agapi, riannodantesi ad antichissimi usi pagani, che si tenevano -in chiesa per solennizzare questi avvenimenti e che, accolte da -prima perchè accumunando ricchi e poveri rispondevano ai sentimenti -dell'uguaglianza e della carità, eran divenute ben presto causa di -inconvenienti e di disordini[595]. I banchetti in chiesa furon proibiti -ed una parte della somma che prima essi richiedevano devoluta alla -chiesa. - -Queste oblazioni assunsero così l'aspetto e la natura di una vera -e propria tassa — diritti di stola — corrisposta per un determinato -servizio e siccome l'unica chiesa autorizzata all'esercizio del culto -era la pieve conversero tutte a suo favore aggiungendosi agli altri -obblighi del parrocchiano e rinsaldarono anche per questo lato gli -stretti vincoli che lo univano alla sua chiesa. - -Accanto ed insieme con queste oblazioni c'erano, poi, anche tutte le -altre che la pietà dei fedeli offriva alla chiesa di sua spontanea -volontà e anche queste, naturalmente, spettavano tutte alla sola pieve. - -Sorte le chiese cardinali, le quali avevano una speciale officiatura -per la quale, fatta eccezione di speciali giorni, vi potevano esser -celebrate le messe e compiuti i servizi e gli uffici divini: ed essendo -sorte per il culto speciale e straordinario che i fedeli professavano -per alcuni santi; nacque un contrasto fra i diritti della pieve e la -volontà dei fedeli. Contrasto talvolta sanato dall'esplicito intervento -del vescovo e nella più gran parte delle volte causa ed origine prima -dei conflitti numerosi fra i canonici della chiesa cattedrale e gli -officianti delle chiese più frequentate delle varie città. - -Esempio del primo caso è il diploma tadoniano, già tante volte -ricordato, a favore del monastero di S. Ambrogio. - -Con esso l'arcivescovo non si limita a confermare le donazioni di -terre e di immobili che il monastero stesso aveva ricevuto in passato -o avrebbe ricevuto nell'avvenire — quicquid in iamdicta ecclesia S. -Ambrosii..... collatum fuerit — come nel diploma dell'arcivescovo -Pietro dell'anno 789; ma concede anche la facoltà di ricevere tutte -le oblazioni che dai fedeli fossero comunque offerte: CONCEDIMUS atque -_confirmamus_.... OMNES OBLATIONES que a Cristifidelibus... quoquomodo -a majoribus five a minoribus delate fuerint, _omnesque res omnesque -possessiones_ ibidem collatas etc.[596]. E la concessione di queste -oblazioni è ritenuta di maggior importanza della conferma del possesso -dei beni perchè è fatta precedere. - -In generale, però, alle chiese cardinali era lasciata solo una parte -delle oblazioni, riservandone il rimanente al clero della cattedrale -il quale aveva diritto anche ad un gran pranzo e ad altri minori atti -di ossequio, quando vi si recava collettivamente ed in gran pompa nella -festa del santo a compiervi l'ufficiatura solenne[597]. - -Decime ed oblazioni non erano, però, i soli proventi della Chiesa. - -Quantunque nella Chiesa di Roma fino al secolo sesto — a concorde -testimonianza di Teodoro lettore e del _Liber Pontificalis_ — si sia -avuto per sistema di non tenere altri immobili che quelli strettamente -necessarî all'esercizio del culto, vendendo le terre e le case -donate e distribuendone il ricavato fra la chiesa, il vescovo e il -clero; tale sistema o fu esclusivo della Chiesa di Roma o non durò -molto a lungo; e, comunque, il problema dell'assetto giuridico della -proprietà immobiliare della pieve non si pone per gli edifici del culto -diversamente che per gli altri immobili. - -Divenuto il cristianesimo religione ufficiale dello Stato — chè -l'anteriore ed incerta condizione giuridica[598] non c'interessa — -lo Stato ebbe nella nuova religione quell'ingerenza che aveva prima -esercitato sugli altri culti e che segnava quasi il correspettivo della -protezione accordatale e della posizione di privilegio fattale, ed i -templi ed i loro beni furon considerati come pubblici e tutelati con -norme particolari, in continuazione precisa del sistema tenuto con i -culti anteriori — fatta eccezione, tuttavia, di un punto speciale che è -proprio quello che c'interessa. - -Anteriormente fra i numerosi culti tollerati nell'Impero il maggior -numero di facoltà e di diritti fu concesso solo ad alcuni di massima -importanza, ai quali fu concessa anche la _testamentifactio_ passiva; -e titolare di tali diritti fu istituito il tempio nel quale ciascuna di -queste divinità era maggiormente e per antonomasia venerata[599]. - -In seguito, colla religione cattolica, nella necessità di contemperare -il rispetto all'unità della Chiesa con le ragionevoli esigenze -locali dei fedeli e rendere agevole il funzionamento delle proprietà -immobiliari, si andò formando una prassi, riconosciuta e completata -poi dalle leggi, per cui erede dei beni per volontà di testatore o -in forza di legge devoluti alla chiesa, fu la chiesa del luogo del de -cuius[600]; e siccome la Chiesa si era insediata e organizzata sulle -basi dell'organizzazione pubblica romana e con essa si trovava quindi -in piena armonia; e la sua unità di organizzazione fu la pieve: così la -pieve, impersonata dalla sua chiesa, ebbe tutte le facoltà di una vera -e propria persona giuridica. - -Caduto l'impero romano, sopraffatti i Goti e disfatti i bizantini; -con i Langobardi cessò ogni diritto dello Stato all'ingerenza -nell'amministrazione della Chiesa ed ogni pieve fu libera nella sua -organizzazione interna. - -E questa presenta due speciali elementi: uno nei rispetti della pieve -in generale, sia urbana che rustica, l'altra nei soli riguardi della -prima. - -L'una si è che cessata l'ingerenza dello Stato, lontano e non -ancora completamente assodato nè affermato rigidamente come più -tardi avvenne, il diritto di intervento dell'autorità pontificale, -riconosciuta anche dalla legge — ciò che sta a provare anche qui una -vera e forte resistenza di usi anteriori, contro i quali urtarono -inutilmente i sistemi franchi — l'autonomia finanziaria della pieve -dall'episcopato[601]; autonomia che da documenti di ogni parte -del territorio langobardo ci è dimostrata non minore nei rispetti -dell'elezione dell'arciprete e delle altre mansioni in cui partecipava -l'elemento laico[602]; avveratasi con l'invasione langobarda una -tendenza a restringersi entro la pieve ed i propri correligionarî; -la comunità cristiana raccolta entro la pieve stessa sia urbana che -rustica — unita anche per altri legami economici e giuridici in parte -già accennati e di cui ci occuperemo nei paragrafi seguenti — costituì -un vero e proprio _corpus_ nel quale l'elemento laico intimamente si -fondeva con l'elemento ecclesiastico. E, ritornando in parte sotto -il contatto straniero ed eretico degli ariani, ai primi tempi ed ai -primitivi sistemi, questa persona giuridica esplicava la sua azione -nei rispetti del culto per mezzo del clero, assistito dai laici e, nei -rispetti patrimoniali, per mezzo dei laici sorvegliati dal clero. - -La pieve urbana dell'alto medio evo, poi, è caratterizzata dalla -gradazione con cui le facoltà d'intervento nell'amministrazione del -suo patrimonio sono distribuite fra i suoi parrocchiani; che è quella -stessa che si riscontra nel culto dei primi stadî di formazione -della città e mantenutasi inalterata pur col mutar dei culti e degli -Stati. In virtù di essa classe dirigente, suddivisa in altre in modo -vario secondo i tempi, sono solo gli urbani mentre ai suburbani, -pure uniti nella stessa pieve, è permessa solo una pallida e passiva -partecipazione. - -Laici ed ecclesiastici costituivano insieme una unità sola nella -quale l'azione degli uni o degli altri prevaleva a seconda che si -trattava di uffizi divini o di cose terrene: ma che agiva sempre con -la compartecipazione obbligatoria di tutti, creando un complesso di -rapporti nel quale le speciali facoltà di ognuno erano a volta a volta -doveri o diritti. - -Alle condizioni del parrocchiano si contrappone quella del fondatore -di una chiesa privata, al quale, secondo l'antico sistema romano -pienamente concordante con quello germanico, ne spetta la completa -proprietà con le sole limitazioni riguardo all'esercizio del culto -derivanti dall'organizzazione generale della Chiesa. - -Le chiese cardinali, le quali non erano nè pievi nè cappelle ed alle -quali quindi mal si adattavano i sistemi delle une e delle altre, -furono costrette ad andare cercando un adattamento fra il sistema -parrocchiale e quello della chiesa privata: e qualche volta, poi, si -trovavano in una singolare condizione. - -Prendiamo il caso della chiesa di Sant'Ambrogio di Milano. - -Dopo il diploma del 866 in essa si avevano: una chiesa titolare del -diritto di proprietà sui beni, un corpo di monaci ai quali ne era -affidata l'amministrazione ed ai quali in effetto erano concesse e -donate le oblazioni e gli immobili dai fedeli, una congregazione, -consortium, di sacerdoti i quali erano incaricati dell'officiatura -ed ai quali era pure riconosciuto un diritto di natura economica nei -rispetti dei beni della Chiesa[603]. - -La delineazione giuridica precisa del diritto di questi ultimi il -diploma arcivescovile del 866 non la fa; ma essa risulta dai documenti -che illustrano le lunghe liti che a proposito di esso ebbero in seguito -monaci e canonici[604]. - -Era la stessa posizione precisa in cui si trovavano gli _ordinarii_ -della Chiesa di S. Giovanni di Monza rispetto ai _custodes_ della -Chiesa stessa i quali erano i rappresentanti del diritto di proprietà -dei beni della chiesa.[605] - -La posizione non era troppo semplice; pur tuttavia di colpo non -furono creati istituti nuovi; furon piegati e modificati con clausole -speciali i vari istituti romani, non mai abbandonati dalla Chiesa[606] -che meglio si prestavano. Ma queste modificazioni moltiplicandosi, -consolidandosi, acquistarono delineazione e configurazione sempre più -distinte da quelle da cui originariamente furono costituiti e formarono -alla lor volta un nuovo istituto giuridico, destinato a grande -avvenire. - -Quest'istituto fu il _beneficio ecclesiastico_[607]. - -La pieve italiana — concludendo ormai in poche parole questa ricerca -che la mancanza assoluta di ogni lavoro al riguardo ha reso così lunga -— continuò un'antichissima unità territoriale che ebbe vita in Italia -prima di Roma e che appunto perchè italiana e non romana rimase anche -quando Roma non fu più e sopravvisse perchè era un complesso omogeneo e -completo di elementi economici, giuridici e religiosi. - -La città col suo suburbio e le sue pertinenze: il pago rurale col suo -capoluogo, i suoi vici e le respettive terre comuni furono uniti dal -culto cattolico come da quelli pagani e dal sistema finanziario dei -Langobardi come da quello dei Romani e dei Bizantini. - -Ogni parrocchiano fu vincolato alla sua parrocchia e l'unione fu -tale che uffici divini ed affari terreni richiedettero egualmente la -simultanea presenza e partecipazione degli ecclesiastici e dei laici; -nè questi potevano senza gravissimo e giustificato motivo astenersi -dalle funzioni e dagli uffici del culto, nè quelli, senza questi, -essere eletti o comunque trattare o disporre dei beni della pieve e la -fissità del domicilio già forte negli ultimi tempi romano-bizantini -e ancor maggiore in seguito, concordando pienamente col criterio di -autonomia delle varie pievi, in uso nella Chiesa, strinse ancor più -i vincoli già così rigidi, che avvincevano il parrocchiano alla sua -pieve, nei riguardi della decima e delle oblazioni. - -Verso la fine del secolo ottavo, però, la pieve urbana comincia a -differenziarsi da quella rurale allargando i suoi confini all'esterno -e dando origine nel suo interno a nuovi nuclei i quali acquistano -parte delle facoltà e dei diritti che prima spettavano alla sola -pieve. Questi nuclei sono le chiese cardinali, le quali formandosi con -linee sempre più precise costituiscono la parrocchia a tipo moderno, -la quale rompe l'unità della antica pieve, le sottrae molte delle sue -prerogative e dà luogo all'origine di formule e istituti rispondenti -alla sua speciale natura. E queste formule e questi istituti, essendo -sorti per complemento necessario di un organismo che era sorto -per naturale conseguenza e soddisfacimento di bisogni veramente e -fortemente sentiti, risposero ad essi in modo conveniente e congruo per -modo che non solo nella maggior parte non furon toccati dalle profonde -modificazioni che in seguito furono apportate in tanti campi nè dalle -deformazioni del concilio tridentino; ma qualcuno di essi si allargò -a disciplinare un immenso numero di rapporti e fu caratteristico -dell'organizzazione ecclesiastica intiera. E questo fu il _beneficio -ecclesiastico_. - - -§ 8. — Per studiare l'origine e la costituzione della pieve si è dovuto -prima ricercare la natura e la consistenza dell'antica circoscrizione -civile su cui essa s'insediò e a tale scopo è stata dedicata la prima -parte del capitolo precedente: ora essa — ed appunto per ciò si è -tenuta un po' più diffusa di quanto a prima vista poteva apparire -strettamente necessario — ci mette in grado d'indagare anche la -manifestazione più saliente della sua struttura civile ed economica. - -Quantunque lo Stato e la Chiesa lo avessero proibito ripetute -volte[608], l'abitudine di tener mercato nei giorni festivi si mantenne -così tenace[609] che lo stesso Carlo Magno fu costretto a permettere -espressamente ed esplicitamente che UBI ANTIQUITUS FUIT si continuasse -a tener la riunione del mercato _in die dominico_. - -Poichè gli uffici divini si celebravano ordinariamente di domenica, -e pure di domenica ordinariamente si teneva mercato, è chiaro che lo -scambio dei prodotti avveniva di regola nell'occasione della festa -religiosa che radunava molta gente nel capoluogo; e siccome ogni -parrocchiano era obbligato ad adempiere i suoi doveri presso la propria -pieve e soltanto presso di essa e le singole pievi erano normalmente -molto distanti fra loro[610], era difficile e perciò improbabile il -potersi recare nello stesso giorno ad una pieve per gli ufficî divini -e ad un'altra per il mercato e quindi ne conseguiva che il mercato era -normalmente composto dei soli parrocchiani di ciascuna pieve[611]. La -pieve della città era costituita da _urbs_ e dal _suburbium_: dunque al -suo mercato abituale partecipavano solo gli urbani ed i suburbani. - -«_Per forum_, in circuitu ecclesiae — narra Landolfo Seniore in un -passo della sua storia[612] — _erant tunc causa negotiandi tam civiles -viri quam suburbani pariter congregati_. - -E alla stessa conclusione si giunge anche seguendo un altro filo -conduttore, il quale permette anche di conoscere pure la natura di -questo speciale mercato. - -Il Capitolare di Carlo Magno «De truste facienda si esprime così: nemo -presumat, ad nos venienti mansionem vetare et _quae ei necessaria sunt -sicut vicino suo vendat_»[613]. - -Questa disposizione ha un carattere di privilegio che appare evidente -appena la si metta in relazione con l'altro Capitolare, pure di Carlo -Magno, che concerne gli _iterantes_[614]. Quest'ultimo si occupa degli -_iterantes_, dei viaggiatori in genere, sia che si rechino dal re che -altrove: — «De iterantibus, qui ad palatium aut alicubi pergunt» — per -scopi e ragioni di loro privata e particolare spettanza e proibisce che -sieno comunque assaliti e che sia ad essi negata l'erba indispensabile -per i loro animali. Invece nel primo Capitolare si parla di quella -classe speciale di viaggiatori, che si recano dal re non per ragioni -a vantaggio proprio, ma per servizio pubblico. Infatti si conoscono -due specie di _trustis_: una è la comitiva eletta dal re, la guardia -più fida e più cara; l'altra è una specie di squadra incaricata di -perseguitare i delinquenti e organizzata sino dal tempo dei Merovingi, -dalle cui leggi è passata in quelle carolingie e con esse, anche in -Italia[615]. - -In ambedue i casi si tratta di un servizio speciale, per il quale il re -concede delle facilitazioni di alloggio e di vitto che nega a tutti gli -altri. - -Ora se il re vuole che ad essi le cose necessarie sieno vendute come -il vicino le vende al vicino, è chiaro che tra i vicini tali scambi -avvenivano in un modo diverso che fra vicini ed estranei e che questo -modo offriva speciali vantaggi e, infine, che questa diversità aveva -natura e consistenza giuridica. Infatti il re, col solo fatto di -determinare così specificatamente e con un Capitolare le persone alle -quali era concesso di godere alcuni vantaggi del rapporto di vicinatico -senza esserne compartecipi, viene a riconoscere anche per questo lato -del mercato, l'esistenza del gruppo vicinale e dei rapporti giuridici -che vi si imperniano; così come la riconosce quando, invece di una -limitazione parziale e temporanea come questa, glie ne impone una -maggiore e più duratura obbligandolo ad accogliere entro di sè un -estraneo, già da esso rifiutato[616]. Anche in questo caso dal fatto -che solo al re con uno speciale preceptum è possibile e lecito vincere -la resistenza del gruppo vicinale, sgorga limpida la conseguenza che -in tutti gli altri casi questa resistenza è incoercibile: è cioè, -lecita, riconosciuta e protetta. Vicinus nei Capitolari come negli -editti[617] e nelle leggi[618] e nei documenti[619] ha un senso tecnico -ben definito: indica chi fa parte di una determinata unità, di un -determinato comune, per usare il termine che comparisce in Francia sin -dal secolo ottavo[620] e di cui si hanno tracce nella nostra Italia -fino dai tempi di Carlo Magno[621]. Il comune cittadino — lo si è visto -— comprende con la città anche il suburbio ed il rapporto vicinatico, -quindi, unisce anche rispetto al mercato, urbani e suburbani e non -altri[622]. - -Il cap. 11 fa obbligo al vicino di vendere a colui che viaggia in -servizio e per conto del re, come vende al suo vicino — _sicut vicino -suo vendat_ —: lo scambio, dunque, avveniva direttamente fra vicino -e vicino senza intromissione di alcun intermediario che comprasse per -rivendere e non per consumare. D'altra parte i Capitolari parlano[623] -di telonea solo a proposito di negotiatores, delle persone, cioè, come -a maggior chiarimento si soggiunge, che a scopo di commercio — _causa -negotiandi_ — si recano a piccole tappe — _de una domo ad aliam_ — di -luogo in luogo con la loro _substantiam_ che volta volta si rinnova nel -contenuto mentre rimane immutata nella destinazione di esser comprata -per esser rivenduta. I _vicini_ che non si muovono dal loro _comune_ ed -acquistano e vendono per i bisogni immediati del proprio consumo, non -hanno alcun carattere di commercianti di professione e, quindi, sono -immuni dai _telonea_. E, per conseguenza, sono immuni da quei tributi -che fino dal tempo romano colpivano i generi di commercio[624], anche -i generi che essi si scambiano e che si possono conoscere grazie al -cap. 11, il quale parla di _necessaria_: dei commestibili di prima -necessità. - -Le cose più minute ed i generi di prima necessità che formavano -questo mercato, erano prodotte, nella loro quasi completa totalità, -nelle terre urbane e suburbane e tutti coloro che vivevano su queste -terre, essendo obbligati a convenire alla pieve cittadina per i doveri -cultuali, trovavano in quest'occasione un incentivo e una spinta a -portare i propri prodotti, che nel concorso di numerose persone avevano -maggior facilità di esito; mentre, per un altro verso, essendo molti -i venditori e potendosi trattenere a lungo in città per essere giorno -festivo, si rendeva inutile e non gradita l'opera di intermediari. - -Questo mercato minuto e piccolo, in quanto soddisfaceva bisogni sentiti -in ogni tempo da qualsiasi centro abitato, durava ininterrottamente -da secoli e secoli e le fonti continuano a chiamarlo _forum_ come -al tempo romano[625]; e come al tempo romano si era differenziato -dalle nundinae[626], così nel medioevo si distingue dalle fiere e -dai mercati tenuti ad intervalli maggiori[627] e con regime giuridico -speciale[628] e si tiene tutte le domeniche per provvedere le cose e le -cibarie indispensabili all'alimentazione degli abitanti di un angusto -territorio; mentre nelle più note feste della Chiesa e nelle ricorrenze -dei santi più venerati dei singoli luoghi[629] se ne tengono altri, nei -quali, per mezzo di mercanti venuti di fuori affluiscono generi di ogni -natura, di cui la città sente il bisogno o il desiderio. Ed in questi, -che si tenevano a distanza di tempo non breve l'uno dall'altro, si -rendeva necessario il commercio in terza mano, perchè solo dei mercanti -di professione potevano portare merci e derrate da luoghi lontani -e partecipare ai varî mercati. Ed è proprio ed esclusivamente il -commercio in terza mano che è soggetto ai gravami riconnessi al diritto -di regalia, per poter riscuotere i quali si voleva che tali mercati si -tenessero sempre nello stesso luogo[630]. - -Un bel documento fornisce a questo proposito elementi preziosi. È -un atto nel quale è raccolta la decisione di alcuni _viri antiqui -noscentes usum curadiae_, eletti dal vescovo di Asti sul finire del -secolo decimosecondo, a ripristinare gli antichi usi del mercato -astese, turbati da alcune innovazioni fiscali che avevano dato luogo -ad una perniciosa guerra di tariffe con i marchesi di Ponzono[631]. -Il documento è assai tardo rispetto all'epoca langobardo-franca; ma la -concessione del mercato al vescovo di Asti risale ai primissimi albori -del secolo decimo, nè si fa accenno a modificazioni anteriori a quelle -che gli «antiqui viri» sono chiamati ad eliminare e si può credere che -la disposizione concernente la cibaria risalga ad epoca molto remota, -perchè i Capitolari non accennano minimamente ad alcuna imposizione -su di esse nè si conosce alcun provvedimento dei re d'Italia a questo -proposito. - -Il documento, dopo aver riportato l'elenco della gabella di tutte le -voci, dice che _de agmis et haedis nihil sicut et de fructibus et de -ovis et de his omnibus quae brachio portantur. Idem de pullis et de -piscibus recentibus._ - -Questo mercato, dunque, resulta costituito esclusivamente dal traffico -dei commestibili di minor portata: agnelli, pecore, ortaggi, frutta, -pollame etc. e sussiste accanto e di fronte ad un altro mercato che si -distingue così da questo più minuto commercio, come dal grande traffico -che metteva capo alle fiere[632]. Un diploma carolingio è esplicito: -esso concede il _forum_ ed il _mercatum_ che si tenevano nel giorno di -S. Zeno nella città di Verona[633]. - -È evidente che il _forum_ non era la stessa cosa del _mercatum_. - -Il mercato nel quale le merci sottostanno a norme e a gravami -speciali si raduna ad intervalli sempre più brevi con l'aumentare -dell'importanza e della vita della città e verso la fine dell'epoca -franca, là dove la città è stata in grado di sostenere e di mantenere -o, ciò che è lo stesso, di aver bisogno di uno scambio così frequente; -diviene anch'esso ebdomadario[634]; e si sovrappone a quello minuto -vicinale, del quale, però, anche dopo vari secoli si possono qua e -là trovare delle tracce[635]. Ma questo mercato a cui convengono i -mercanti delle regioni vicine e delle regioni lontane per portarvi -prodotti altrove comprati e comprarvi prodotti altrove vendibili, non -avrebbe potuto sorgere se non fosse stato congruamente preceduto da -un altro sistema di scambio capace di fornire alla città le cose più -necessarie con un flusso periodico, normale, frequente e continuo: -i due requisiti che nei diplomi che fanno concessione di mercati -compariscono più tardi di tutti gli altri. Ed è proprio su questo -sistema di ristretto scambio vicinale dei prodotti di prima necessità, -che deve fermare l'attenzione a preferenza ed in modo speciale chi -voglia conoscere della costituzione e del diritto delle nostre città -nell'alto medio-evo, cioè nell'epoca anteriore a quella nella quale il -commercio formò la parte prevalente della loro energia. - -Il noto tipo del mercante franco-germanico che sotto una speciale -protezione del re, gira di regione in regione e risale e discende -il corso dei fiumi[636], ha presso di noi dei precursori e dei -contemporanei nei _negotiatores de Langobardia_ che fino dal 629, e -probabilmente anche prima, si recano alla fiera di Parigi, aperta loro -dal re Dagoberto in quest'anno[637]: e nei mercanti che percorrono -il corso del Po e ne rendono attivi la navigazione ed i porti[638]: -ma questi, come quelli, per quanto fattori eminenti dell'energia -economica delle nostre città, nulla offrono che in qualche modo ci -illumini sulle loro particolarità più intime e più speciali, perchè -il commercio ha per funzione e per scopo di mettere a contatto luoghi -e persone e prodotti diversi e, quindi, per necessità è tratto ad -avere un carattere internazionale, che si accentua sempre più quanto -esso maggiormente si estende. Invece quel piccolo, ristretto scambio, -limitato entro angusti e ben noti confini, a poche cose ed a poche -persone, che si perpetua da secoli quasi nello stesso modo e nelle -stesse proporzioni, è proprio il terreno favorevole per eccellenza -al conservarsi delle antiche usanze e delle vetuste consuetudini -particolari ai singoli luoghi. - -A Milano il _forum_ si trovava davanti ed intorno alla cattedrale[639], -ma tale ubicazione si può considerare come un'eccezione[640]. Nelle -nostre città, generalmente regolari[641], il _forum_ era costituito -dalla piazza formata dall'incontro del _cardo maximus_ col _decumanus_, -che erano le due vie principali, intersecantesi perpendicolarmente: era -il punto centrale della città, l'antico _templum_[642]. Per il modo con -cui sorse e si sviluppò il cristianesimo, per le difficoltà incontrate -prima di poter essere tollerato e riconosciuto come culto ufficiale -e per l'ostacolo, quasi per ogni dove insormontabile, rappresentato -dalla preesistenza di edifici e fabbriche intorno al foro; quasi mai -la Chiesa cattolica potè costruire la sede vescovile sul foro, che -rimase invece il luogo consueto del mercato. Così a Vercelli[643], -a Cremona[644], a Brescia[645], a Lucca[646], a Piacenza[647], a -Bergamo[648], a Parma[649], a Pavia[650], a Pisa[651], a Ferrara[652], -a Verona[653], a Firenze[654], a Arezzo[655], etc.[656]. - -Il mercato settimanale anche se non si trovava davanti alla chiesa, -aveva sempre luogo, dunque, dentro alla città, dentro alle sue mura; -mentre la fiera ed il mercato maggiore, di solito si tenevano fuori. -E ciò è da rilevare perchè può fornire un buon punto di partenza per -giungere a formulare un criterio di differenziazione della costituzione -delle città italiane da quelle franco-belgo-germaniche. - -La città italiana mantiene sempre una posizione elevata e distinta -di fronte al territorio circostante, che le è annesso e soggetto -ed è caratterizzata da un complesso di norme di natura giuridica, -che rientrano nella più ampia organizzazione dello Stato, ma, come -abbiamo già veduto, sono speciali alla sola città ed al suo suburbio; -e costituiscono il nocciolo da cui con evoluzione progressiva, senza -alcun distacco da un periodo di tempo all'altro, si è venuto formando e -sviluppando quel particolarismo che raggiunge nel medioevo comunale il -momento di maggiore sviluppo[657]. - -Agli elementi che hanno formato il diritto cittadino deve essere, -dunque, aggiunto anche il mercato vicinale, in quanto che anch'esso si -restrinse alla città ed al suburbio e cooperò validamente al formarsi -di consuetudini e di norme giuridiche, distinte e diverse da quelle del -territorio rurale[658]. - -Per determinare con precisione tale azione e per rilevare le differenze -e le affinità fra gli usi prodotti dagli scambi vicinali, occorrerebbe -entrare in un'indagine comparativa delle varie consuetudini che si -trovano sparse negli statuti comunali o raggruppate e raccolte insieme -fino dal secolo decimoterzo, la quale esorbiterebbe dal campo di studi -prefisso a questo volume nel quale si vuole esaminare solo la funzione -economica, in quanto rientra nella costituzione delle nostre città -nell'alto medioevo, e si mira ad aprire ed indicare soltanto le linee -generali da cui resulta. Ma non si può fare a meno di determinare -quale è il colore di fondo del quadro di cui le molteplici consuetudini -locali rappresentano le gradazioni, le tonalità e l'ultimo sviluppo. - -Anche oggi si conserva fra campagnoli e mercanti di bestiame l'uso di -stringersi a vicenda la mano per conchiudere i contratti; cosicchè il -momento della perfezione risiede non già nella manifestazione verbale -della volontà, ma sibbene nella stretta di mano[659]. Questo accordo -di buona fede, essendo senza alcun valore di fronte alla legge, non -può essere originato dalla legge stessa; tanto è vero che se ne trova -traccia fino al secolo decimoterzo anche nei documenti medioevali[660], -che ne specificano la natura giuridica e lo chiamano col nome tecnico -di _mercato_.[661] E si può risalire ben più innanzi se si osserva -che la frase comune, che, appunto perchè comune è certamente antica, -dell'uso trecentesco «_impalmare la fede_» corrisponde perfettamente, -sia nella forma esterna che nel contenuto giuridico, alla formula -«_manu fidem facere, fidem facere_ e _manum facere_», che si trova -nei documenti del più remoto medioevo[662]. E, quindi, finchè non -sia dimostrato che fra l'una e l'altra si è avuta una soluzione di -continuità, durante la quale è stato in vigore un sistema diverso, -si deve ritenere che il modo di dire volgare sia divenuto comune in -quanto continuava un uso antichissimo dovunque diffuso. E se questo è, -siccome tale formula è sicuramente romana[663] ed è dalle fonti romane -che è passata nei documenti medioevali[664], si può constatare che -questo sistema si trova in perfetto accordo con il rigido formalismo -dell'antico diritto romano, il quale non dette mai all'istrumento -scritto altro valore che probatorio[665]; e si può concludere che anche -questo formalismo resiste alla pressione dell'ultimo diritto romano, -insieme ed al pari di tutti quegli istituti del diritto teodosiano che -si mantennero in Italia malgrado e dopo la legislazione giustinianea; -e che potè trovare favorevoli condizioni di ambiente nel formalismo -dei diritti germanici e, specialmente del diritto salico, ma che -preesistette ad essi e, quindi, non potè esserne originato. - -Il che, in conclusione, significa che anche in questo campo si trovano -elementi che vivono in Italia ininterrottamente sino dal tempo di Roma -repubblicana. - -Il mercato vicinale ha per scopo il sostentamento della città: esso -le fornisce i mezzi necessarii alla sua esistenza e che da sè stessa -non si può procurare perchè prevalentemente costituita da edifici e da -abitazioni; e li fornisce soprattutto alle classi meno elevate della -popolazione prive di _curtes_ e di terre da cui poterli ricavare. Esso -vive, perciò, della vita della città, si attenua col suo decadere, -progredisce e si trasforma col suo progredire. Intimamente legato ad -essa, ne è elemento sussidiario importante. Non unico però. Quindi -le norme giuridiche originate da questo scambio costituiscono solo -una parte del sistema giuridico proprio della città e si aggiungono a -quelle che già si sono rilevate: ma non completano il quadro; e, per di -più, per determinare l'importanza e la quantità di questa parte occorre -prima ricercare o determinare gli altri elementi che hanno formato la -costituzione e il diritto delle nostre città. - - -§ 9. — I Langobardi quando, assodata la conquista, si fissarono -stabilmente nel nostro paese, trovarono nelle città e nei castelli, che -erano luoghi forti e muniti, degli ottimi strumenti di dominio contro -i vinti e di difesa contro le incursioni esterne e vi si insediarono di -preferenza curando assiduamente la guardia[666] e la manutenzione delle -mura[667]. - -La città ed il castello erano contraddistinti appunto dalla presenza -della cinta murata: Rotari, impadronitosi di alcune città della -Liguria, per punirle della resistenza oppostagli, le ridusse a semplici -_vici_ abbattendone le mura: «_muros_ earum usque ad fundamentum -_destruens_, _vicos_ has _civitates_ nominari praecepit»[668]. - -Ma la città si distingueva anche dal castello: il capitolo 39 -dell'Editto stabilisce che quando un reato è stato commesso entro la -città, la pena ordinaria e consueta sia aggravata di una multa speciale -a vantaggio del fisco. Si aggiunge, cioè, alla figura normale di ogni -reato, un nuovo reato che consiste nell'ingiuria alla terra il cui -mantenimento in buono e pacifico stato, la cui _pace_, per usare il -termine tecnico, il re impone in modo particolare — _iniuria terrae_ -—; e si fa della città — solo della città, chè del _castrum_ non si fa -parola — un terreno giuridicamente protetto in modo speciale[669]. - -Questa zona di particolare natura giuridica ha nelle mura dei confini -rigidamente ed immutabilmente fissati. Si ha, dunque, aperta la via a -ricercare da che cosa sia stata costituita in quest'epoca la città nel -senso giuridico della parola; a ricercare, cioè, se sia esistito e di -quale natura ed entità e in quali proporzioni un regime giuridico di -natura pubblica proprio ed esclusivo della sola città, del solo centro -murato cinto di mura; e la posizione di questo regime nell'ordinamento -politico. - -Con la disposizione del capitolo 39 non si pone il primo substrato -di una particolare consistenza giuridica della città: se ne -delinea, piuttosto, il riconoscimento ufficiale, completando con un -provvedimento consono ai criteri del diritto pubblico dell'epoca e, -cioè, di natura germanica, uno stato di fatto e di diritto in molta -parte preesistente. - -È tutta romana la distinzione delle città e dei castelli, in quanto -cinti di mura dai _vici_ e dai _loci_, aperti ed indifesi[670]; come è -tutta romana la disposizione che punisce severamente chi ne scavalchi -di soppiatto le mura[671]. È tolta di peso da un passo di Modestino -riportato nel Digesto e corrisponde in modo perfetto anche allo scopo -di esso, chiaramente mostrato dal titolo — _de re militari_ — in cui -è contenuto: si può e si deve considerarla come un'altra e nuova prova -che i compilatori dell'Editto ebbero conoscenza delle fonti romane non -solo attraverso a rifacimenti barbarici ma anche direttamente. - -I Langobardi, i più feroci dei barbari feroci, ripugnanti ed alieni -dalle sedi fisse e dagli agglomerati numerosi, abituati a vivere -sparsi e disseminati in piccoli gruppi — _vicatim_ — furon tratti, -inconsapevolmente[672], a riconoscere ed accettare la sottile -distinzione fra _urbs_ e _castrum_, perchè la loro venuta, se spazzò -via gli ultimi avanzi dell'organizzazione burocratica romano-bizantina, -non distrusse le basi prime della struttura economica della città, -consolidata da lunghi secoli e che i due regni barbarici degli Eruli -e dei Goti e la trista dominazione bizantina, prostrandola fino -all'ultimo grado di decadenza, avevan dolorosamente preparato a -sopportare senza urti troppo violenti la loro rude signoria. - -In Italia non era mai cessato l'antichissimo sistema, probabilmente -preesistente alla stessa conquista romana[673], per cui le più elevate -facoltà giuridiche erano prerogativa esclusiva di coloro che avevano -diritto alla qualifica di _urbani_, i quali in tutti i rami del vivere -civile, dalle magistrature — _magistratus urbanus_ — ai collegi e -corporazioni — _collegium urbanum, collegia urbanorum_ — alle opere -— _opereis urbanorum_ — alla cittadinanza tutta, insomma, intesa nel -senso ristretto del gruppo dei rapporti fra l'individuo e la città, di -cui è cittadino — _urbani_ — _civis urbanus_ — godevano una preminenza -assoluta ed incontestata. - -Anche con la legge dell'anno 400 — e già la rovina di tutte le -istituzioni premeva — gli edifici, gli orti e le aree dei pubblici -edifici ed i luoghi pubblici situati entro la città ed il suo suburbio, -insieme ed al pari dei beni ecclesiastici, furono locati in perpetua -conduzione ai soli urbani collegiati e corporati delle singole città. -E più tardi fu solo alla plebe urbana che fu riconosciuto diritto di -partecipare alla cosa pubblica, specialmente riguardo ai beni comuni, -quando fu costretta ad aggiungere il suo contributo personale a quello -ormai insufficiente delle curie e delle corporazioni. - -Nè lo perdette quella specie di collegio cittadino, in cui per lo -sbiadirsi sempre maggiore delle proprie caratteristiche individuali, -andaron fondendosi in forzata coesione le varie classi sociali dei -vinti al tempo dei Goti[674]. - -I Langobardi trovaron tale stato di cose e non lo mutarono. - -Erano urbani — _civitatis Reatine habitatoribus_ — quei Reatini i -quali nel 774 ricercarono i confini del _gualdo publico_ presso la loro -città, insieme con il notario Insario incaricatone dal re Rachi, con il -messo del duca Lupone, con il loro gastaldo Immone, con due sculdasci -ed il _marphais_, ed ai quali fu inviato uno dei quattro brevi redatti -alla presenza del duca di Spoleto «et quartum (breve) quidem direximus -ad supradictos _homines in Reate_»: dice il documento[675]. - -E la presenza del gastaldo stesso di Rieti alla compilazione ed -all'invio del breve mostra che la solidità e la consistenza giuridica -del gruppo da essi formato di fronte allo Stato, di cui egli era il -rappresentante, non era minore di quella, che già si è avuto occasione -di accennare, dei cittadini di Pavia, di Piacenza, di Cremona, di -Verona, etc.; i quali erano _urbani_ al pari di questi; come è provato -dalla qualifica di _habitatores_ urbis, de civitate, con cui li -vediamo chiamati[676] quando, come in quest'ultima città, non son detti -addirittura urbani. - -Il conte Nannone, per esempio, incaricato da Ottone I. di dirimere -una controversia fra il vescovo Raterio ed i suoi concittadini, il 30 -giugno 968, seduto al suo tribunale, interroga e si rivolge ai soli -urbani — «ita orsus est loqui: quid vobis videtur, _urbani_, de isto -prato?» —[677]. - -Nella nota convenzione stipulata nel 1037 tra il vescovo Olderico ed i -cittadini di Brescia, a proposito dei beni comuni della città[678], la -concessione dei medesimi non è fatta a tutti i _vicini_ della _civitas_ -di Brescia; ma solo a quelli di essi che abitavano entro le mura: -vos qui supra — (presbisteris ceterisque liberis hominibus Brixiam -habitantibus) — _vicinos_ eiusdem _Brixiae civitatis habitantes_ -vestrosque filios et heredes, et proheredes simulque omnem progeniam -vestram. - -E ancor più evidente è quello che avviene a Mantova, dove, col diploma -imperiale del 1055, sono detti e qualificati cives anche gli arimanni -entrati ad abitare entro le mura e sono protetti in modo speciale -e differente da tutti gli altri arimanni sparsi per il territorio -mantovano — predictos cives, videlicet _ermannos in Mantua civitate -habitantes_[679]. - -A Bergamo nel 1081 il vescovo Arnulfo decide una grave controversia -che da tempo si agitava fra i canonici di S. Vincenzo e quelli di S. -Alessandro per causa di certe decime, con l'aiuto e il consiglio di -«multorum clericorum, _civium, extraque urbem manentium sapientum et -nobilium._[680] Dei non urbani (extra urbem manentes) non partecipano -che i nobili e i sapienti[681] mentre i cittadini partecipano tutti e -chi fossero questi cives lo indica la contrapposizione e la preminenza -su quelli che vivevano fuori delle mura: erano gli urbani. - -A Pavia nel 1084[682] comparve nella corte del vescovo, alla presenza -dei capitanei, dei valvassori e dei cittadini maggiori e minori della -città — presentia capitaneorum, vavasorum et _civium majorum seu -minorum ipsius civitatis_ — l'abate Veridiolo per querelarsi contro -l'abbadessa del Monastero di S. Maria Teodota; ed il predetto popolo -dei maggiori e minori cittadini — _predictus popolus tam majorum -quamque minorum_ — stabilì di prendere il monastero sotto la propria -_defensio_ — la parola ed il significato corrispondono pienamente a -quelli dei diplomi regi ed imperiali — affinchè nessuno osasse turbarlo -e sempre rimanesse «_in ipsorum istorum civium majorum seu minorum -potestatis defensione_». - -Dato che il notaro Eurico dichiara di avere scritto questo _decretum_ -per invito dei _capitanei_ dei _valvassori_ e dei _cives_ — per -ammonitionem istorum capitaneorum et vavasorum et _civium_ —: è -chiaro che questi _cives_ costituiscono una classe sociale distinta -ed inferiore — dal momento che è ricordata per ultima — alle due prime -nell'ordine politico: ma di autorità tale da aver diritto di cooperare -con esse in affari di primaria importanza. Che anzi, dal documento -appare in modo non dubbio che a prendere l'iniziativa furono proprio e -soltanto i _cives_. - -Nel documento — e l'osservazione vale anche per i documenti ricordati -più avanti — _civitas_ indica sempre il complesso delle abitazioni -chiuse entro le mura: il monastero di S. Pietro, per es., è detto -«extra murum predictae civitatis»; e un altro documento dello stesso -anno e dello stesso luogo[683] specifica che un tal Uberto, ottimo -milite, è _civis Papiae urbis_. Il significato di _urbs_ non ha bisogno -di spiegazioni; così come è sintomatico che il poeta bergamasco Mosè -del Brolo, fiorito nella prima metà del secolo decimosecondo[684], -chiami cives solo coloro che abitano entro le mura e urbana negotia -tutti gli affari d'importanza[685]. - -Nè si può passar sotto silenzio — pur tralasciando tutti gli altri -documenti in cui si ricordano cives — l'esempio, che ha con quello -pavese bei punti di contatto, fornito dalla «Relatio de innovatione -ecclesie sancti Geminiani» scritta probabilmente verso la fine del -1106[686]. - -La vecchia chiesa di S. Geminiano di Modena minacciando rovina, l'_ordo -clericorum_ e l'_universus eiusdem ecclesiae populus_ cominciano a -discutere sui provvedimenti da prendersi. - -Finalmente in tempo di sede vacante, cioè probabilmente dopo la morte -del vescovo Benedetto nel 1099, per consiglio concorde così del clero, -come dei cittadini e degli arcipreti di tutte le pievi rurali e dei -militi della chiesa stessa — _unito consilio_ non modo _clericorum_... -sed et _civium_ universarumque _plebium prelatorum_ seu _etiam eiusdem -ecclesie militum_ — si decide la costruzione di una nuova chiesa. - -Nel 1099 _mutinenses cives et omnis populus_ danno principio alla nuova -fabbrica. Nel 1106, sotto il vescovado di Dodone, la fabbrica del nuovo -tempio è giunta a tal punto che vi si può trasportare il corpo di S. -Geminiano. - -Fissata la traslazione per il primo giorno di maggio se ne dà avviso -non solo a tutta la diocesi ed alle «comprovintiales civitates» -ma anche alle «adiacentes». Si raduna quindi in Modena un «maximum -episcoporum _concilium_, clericorum, abbatum et monacorum, fitque -_congregatio militum_, fit et _conventus populorum_ utrisque sexus» -come a memoria d'uomo non si era visto mai. Vi accorre anche «cum suo -exercitu» la contessa Matilde. - -Avvenuta la traslazione nasce una disputa abbastanza vivace fra -i vescovi ed i _cives_ perchè i _presules_ desiderano revelare le -reliquie del santo ed i _cives autem et omnis populus_ ci si oppongono -recisamente. Si ricorre alla contessa Matilde la quale si toglie -d'imbarazzo consigliando di attendere la prossima venuta di Pasquale -II; e giunto il papa nell'ottobre, per suo consiglio si procede -all'apertura del tumulo dopo aver deputato alla custodia del corpo di -S. Geminiano _sex viros de ordine militum et bis senos de civibus_ -obbligatisi prima con giuramento a custodirlo e salvarlo da ogni -pericolo di violazione. - -La città, dal punto di vista ecclesiastico, resulta dell'_ordo -clericorum_ e dell'_universus eiusdem ecclesiae populuis_ e cioè degli -ecclesiastici e dei laici viventi entro i suoi confini: ma di questi -ultimi alla deliberazione effettiva con cui si decide la ricostruzione -della chiesa, insieme con gli arcipreti del contado ed i vassalli del -vescovado partecipano solo i _cives_; soltanto i _cives_ hanno diritto -di opporsi al parere dei prelati riguardo alle reliquie e solo i -_cives_ hanno l'onore di vegliarle e possono pretendere ed ottenere di -essere in numero doppio di quello dei militi onde pareggiare col numero -lo squilibrio della diversità di armamento e esser posti in pari grado -con loro. - -Eppure alla ricostruzione della chiesa non sono soltanto i _cives_, ma -anche tutto il _populus_ che partecipa e concorre. - -_Populus_ indica tutti i parrocchiani di una pieve, urbana o rustica -che sia, maschi e femmine indistintamente — populi utriusque sexus -— ma fra questi — nel primo caso, che è quello ora in esame — si -distingue una classe speciale, la quale ha facoltà così energicamente -assodate che anche nella decisione di affari di apparenza e di veste -esterna prevalentemente religiosa — di sostanza non si può dire per -l'intimo legame che univa la cattedrale alla città — non solo supera, -ma esclude addirittura l'intervento di quegli altri che pure fanno -parte integrante dell'identica ed unica istituzione, che li accomuna -egualmente alla stessa chiesa, allo stesso fonte battesimale, allo -stesso culto. - -_Cives_ sono i soli _urbani_: i suburbani costituiscono il rimanente -del _populus_. - -E della distinzione, della separazione anzi, fra gli uni e gli altri si -ha anche la riprova. - -I consoli di Bergamo, avendo deciso nel 1171[687] di erigere in -borgo franco il castello di Romano nuovo, stabilirono che i burgensi -dovessero fare «ostem, vardam, et laborem et tractum» secondo i loro -precetti, pagare i dazî e le imposte solo quando li avrebbe pagati -la città e godere di una libertà pari a quella di uno dei borghi di -Bergamo: «ad modum burgi debent stare et esse et _ita debent esse -liberi ut unus ex burgis civitatis Bergomi_». - -Questi borghi sono quelli attaccati alle mura cittadine — i consoli, -dice il documento, devono comandare a quelli di Romano nuovo -_sicuti hominibus suburbiorum suorum_ —; e il documento, accennando -esplicitamente alla libertà dei borghi sorti presso le porte della -città, fa risaltare in modo evidente che la città doveva godere una -libertà diversa e, per conseguenza, maggiore: il limite fra i due -regimi giuridici non poteva esser segnato che dalle mura. - -Non si avverte, se non m'inganno, soluzione di continuità fra il più -antico materiale epigrafico e quest'ultimo documento. - -La conversione dei Langobardi al cattolicismo, favorita dalla -condiscendente negligenza dei sacerdoti ariani, riconosciuta perfino -da papa Gregorio I, fu rapida e grande: Autari — tanta era già la -frequenza dei battesimi — proibì che i neonati fossero battezzati e -a pochi decenni dall'invasione il cattolicismo penetra anche nella -corte regia, con effetti deleterî per la costituzione langobarda. Il -culto, come abbiamo veduto, legava con vincoli fortissimi gli adepti -e li strappava allo Stato: chi, convertito, entrava nella comunità -cristiana, entrava a viver la vita non soltanto religiosa, ma la -vita civile, che si assommava in gran parte in quella religiosa, -del popolo vinto e con l'entrarci dell'elemento germanico vincitore -ne alzava il livello sociale; e con moto irresistibile spianava la -via all'equiparazione nel campo del diritto pubblico. La decima -che il nuovo convertito si obbligava con giuramento a pagare per -sè e per i suoi successori, era per lui un obbligo volontario -liberamente contratto: ma per quelli che venivano dopo di lui e -che si trovavano obbligati per virtù del patto da lui giurato e da -essi inconsapevolmente accettato con l'involontario ricevimento del -battesimo nei primi anni della loro puerizia, assumeva l'aspetto di -una vera e propria imposta facilitata nel pagamento, piuttosto che -confermata nel diritto e apriva pian piano l'adito alla partecipazione -di tutti i cittadini, di qualunque origine e di ogni nazionalità, -agli oneri che gravavano sulla città: oneri, che avevano al momento -della conquista un carattere in completa opposizione con la natura -dei Langobardi e che dai Langobardi, nei primi tempi, certamente non -furono sopportati, mentre poco tempo dopo si vedono gli habitatores -tutti di varie città obbligati indistintamente a tali prestazioni ed -oneri: difesa, costruzione e riparazione delle mura etc. etc. ripartite -secondo il vecchio sistema romano e con una cooperazione dello Stato -inconcepibile nella organizzazione germanica: segno innegabile di -un predominio di concetti e sistemi proprî dei vinti e dai vincitori -accolti e condivisi. Ed in tutti i rami della vita civile l'elemento -romano assorbiva dentro di sè, trasformandolo ed infondendogli la -propria civiltà e le proprie consuetudini, l'elemento germanico. - -Artefice e fucina di questa trasformazione fu la città. - -La città non perdette mai la sua preminenza sul territorio rurale. La -sua importanza economica attraeva irresistibilmente i Langobardi sia -che ancora conservassero la _sors_ guadagnata con la vittoria, sia, -ed ancor più, se l'avevano perduta e la sua importanza strategica -aumentava rapidamente il livello sociale dei suoi abitanti, -richiedendone la cooperazione nella difesa e nella guardia delle mura -a cui l'esercito vero e proprio, mai molto numeroso ed in progressiva -diminuzione per l'uso di combattere a cavallo, era del tutto -insufficiente. - -Rotari stesso parla della sculca come di un servizio che di poco -differisce dal servizio militare vero e proprio[688]. E questa sculca, -che i documenti chiamano, e giustamente, col suo bel nome romano di -excubiae[689]; comprende ed indica quei varî servizi di riparazione -e di guardia e di difesa delle mura che gli urbani continuavano a -sostenere dal tempo romano e che ora, condivisi anche dai vincitori, -vanno perdendo il carattere umiliante che loro era stato inflitto dai -Goti. E così gli urbani, riacquistato il diritto alle armi, assurgono -ad un grado elevato nella considerazione sociale e politica e formano -anch'essi un esercito: l'esercito degli abitanti della città, dei -cittadini — _exercitum senensium civitatis_, dice un documento del -730[690] — distinto dall'esercito formato da quegli altri che abitano -nel territorio giurisdizionalmente soggetto alla città. - -Ma non manca, però, una vigorosa azione germanica la quale con forza -ed indirizzo prevalentemente negativo in parte non piccola distrusse, -in parte erose ed in parte trasformò la costituzione della città, per -modo che quella che ne resultò se fu meno lontana dall'antico municipio -romano che dal rude _gau_ barbarico, ebbe natura, funzioni, caratteri -ed elementi tutti suoi proprî. - -Nella costituzione langobarda anche quando, conquistata l'Italia, il -potere regio, sotto l'esempio e l'azione del diritto romano e della -Chiesa, si fu affermato vigorosamente sui gruppi famigliari e gentilizi -ed ebbe sostituito pene pubbliche ed irrogate d'autorità pubblica alle -vetuste pene private, permane e si conserva il criterio barbarico per -il quale la convivenza sociale piuttosto che dall'azione regolatrice di -un potere centrale, è assicurata dalla pace intervenuta fra i gruppi -parentali, in seguito alla coesione spontanea a scopo di difesa e di -conquista da cui ebbe origine lo Stato; e per il quale la violazione -del diritto è considerata reato nei rispetti della collettività in -quanto, riaccendendo uno stato di guerra e di inimicizia fra i nuclei -che la compongono, perturba questa pace. - -Sulla considerazione degli elementi intrinseci del reato (che si fa -strada a stento e scarsamente, appena per qualcuno dei più generali, -quale l'elemento subiettivo ed individuale) continua a prevalere la -considerazione degli elementi oggettivi ed esterni: il danno alla -pace pubblica ed il danno alla parte lesa. E così, mentre dalle -composizioni private stabilite per convenzione volontaria delle parti -nasce il guidrigildo, commisurato sullo stato e la qualità della -persona e completato dal minuto formalismo delle disposizioni penali; -così entro la protezione generale che si stende su tutto e su tutti -si disegna un'altra protezione particolare che il re, per mezzo del -suo _banno_, concede in modo e misura variabili a persone ed a luoghi, -proporzionandola, nel primo caso, alla loro condizione, nel secondo -alla loro importanza. La prima è il _mundio_; la seconda è la _pace_. - -Questa _pace_ è tutta germanica. - -Quando l'Impero romano raggiunse il massimo splendore, una pace immensa -e maestosa ne illuminava l'estesissimo territorio dove il diritto e -la giustizia dominavano sovrani, di contro alle tenebrose regioni -barbariche, turbate di discordie e di stragi nelle perenni guerre -interne. E sorse un vero e proprio culto per questa _immensa romanae -pacis majestas_[691] che formò dal secondo secolo dopo Cristo in poi, -il substrato di tutti i pensieri politici nell'orbe romano[692] e -che culminava nel concetto di cittadinanza, per la quale il _civis -romanus,_ soggetto delle più ampie ed elevate facoltà giuridiche, -emergeva su tutto e su tutti nel vasto dominio soggetto a Roma e retto -dal suo diritto. - -Invece la _pace_ di cui il re langobardo protegge la città è -l'esponente della mancanza di unità di criterî giuridici e di impotenza -di applicazione dei medesimi, per la quale il diritto, non applicato -ovunque con gli stessi criterî e con lo stesso vigore, forma quà e -là entro i confini dello Stato delle oasi privilegiate. Fra queste -tiene il primo posto la città. La città, che era stata anche al tempo -romano l'unica circoscrizione conosciuta, apparve sino dai primordi -della conquista come l'unica base del governo locale. E poichè così -per le contingenze della difesa presente come per le tradizioni e -le consuetudini dell'antico tempo[693], si chiudeva nelle mura, si -sviluppò un diritto di cittadinanza ristretto al solo centro murato e -le cui facoltà, riservate esclusivamente a coloro che vivevano entro le -mura, non si irradiarono al di là del suburbio ed ogni città fu centro -e termine di una cittadinanza ed in ognuna _civis_ fu solo l'_urbanus_. - -E siccome lo Stato barbarico era incapace di coordinare le varie -energie locali in modo da fonderle in un unico e saldo organismo, come -aveva fatto lo Stato romano; questo ristretto sistema di cittadinanza -si affermò con continuo e crescente vigore nella costituzione -politica e vi rappresentò e costituì una vera e propria classe sociale -suscettibile anche di gradazioni interne, distinta da tutte le altre, -di fronte alle quali, anzi, conquistò una posizione di indiscussa -egemonia. - -A Bergamo i _cives_, l'abbiamo veduto or ora, son chiamati a decidere -delle questioni più gravi insieme con i _nobiles_ ed i _sapientes_; -a Modena, a Milano, a Pavia nel secolo decimoprimo, distinti in -_majores_ e _minores_, contemperano l'azione dei _capitanei_ e dei -_valvassori_ e il movimento toccò in breve il suo culmine, chè con i -Comuni il _diritto_, che si può chiamare _urbano_, e che anticamente -era stato il primo e meno elevato gradino del diritto di cittadinanza, -fu fine e termine a sè stesso e il paese resultò formato di tante ed -autonome città senz'altro vincolo comune e reciproco che le ideologiche -costruzioni della monarchia e dell'Impero. - - -§ 10. — L'organizzazione degli antichi municipî riposava sulle curie -e sui magistrati e queste e quelli, insieme con le corporazioni -che costituivano come le membra della città, pensavano al disbrigo -degli affari. Ma dai primi del secolo quinto, sotto la pressione -irresistibile delle necessità di difendersi contro le invasioni da -ogni parte irruenti, fu chiamata a vigilare e a combattere anche -la plebe urbana ed in correspettivo, le furon riconosciute delle -speciali facoltà nei rispetti della cosa pubblica le quali si -aggiunsero, integrandole, a quelle degli organi già esistenti, in -proporzione del contributo portato dai nuovi venuti; e fecero sì che -per i provvedimenti di maggiore importanza fu necessario il _communi -consensu_ di tutti i cittadini[694]. - -Per manifestare questo comune consenso che richiedeva una generale -riunione, fu scelto il luogo nel quale era già antica consuetudine -che tutti indistintamente si riunissero accomunati dalla fede e cioè -sul sagrato della Chiesa, alla quale lo Stato affidava, per non dire -addirittura abbandonava, una parte sempre più ampia dei suoi impegni e -dei suoi doveri. - -E così la Chiesa, oltre ai veri e proprî compiti che disimpegnava già -prima come religione ufficiale dello Stato, coprì con la sua protezione -questa nuova e speciale assemblea che aveva per carattere distintivo -una funzione suppletiva ed integratrice dell'amministrazione normale -della città. - -Con i Goti questa funzione suppletiva si accentuò in proporzione -della decadenza sempre maggiore delle curie e delle corporazioni ed -in correlazione del formarsi di un unico e forzato _collegium_ che -comprendeva tutta la città. E di più avendo essi riserbato soltanto -a sè stessi l'uso delle armi e l'esenzione dalle imposte ed avendo -incamerati nel Fisco regio i beni pubblici delle città, sanzionarono di -diritto e di fatto agli italiani una condizione di inferiorità civile e -ridussero le loro facoltà su tali beni a semplici diritti di uso. - -I Langobardi spazzaron via con gli ultimi avanzi delle curie e -delle corporazioni quanto ancora rimaneva dell'antico organismo -burocratico romano-bizantino; ma non ebbero ragione di impedire la -riunione degli indigeni dinanzi alla Chiesa, sia perchè esternamente -e superficialmente si presentava di natura religiosa, sia perchè -funzionava molto bene come mezzo di pubblicità e di estorsione di -imposte; ed in nessun modo poi, allo stato in cui l'avevano ridotta -i Goti, dava ombra od ostacolava la dispotica volontà dell'ufficiale -pubblico preposto alla città. - -Rotari, inspirandosi al cap. 58 dell'Editto di Teodorico, accenna al -_conventus ante ecclesiam_ come al luogo dove si poteva far bandire -dal precone il rinvenimento di un animale smarrito e di cui si -fosse ignorato il proprietario[695]; quasi come un semplice mezzo -di pubblicità, così come al tempo goto, durante il quale non fu -infrequente il caso che anche le leggi, incise in tavole di marmo, -fossero murate negli atrî delle chiese. Ma, quantunque Rotari, sia -stato ariano intransigente, nazionalista convinto e per conseguenza -ostile all'elemento indigeno ed alla parte romanizzante del suo popolo -e abbia inteso a raccogliere in iscritto le antiche consuetudini e le -vecchie leggi dei suoi per conservar loro quel predominio assoluto, -che era andato rapidamente diminuendo; pur dalla stessa sua legge -appaiono dei sintomi che accennano ad un notevole aumento di importanza -del convegno che ogni giorno festivo si raccoglieva sul sagrato della -pieve. - -Egli distingue nettamente le riunioni illecite sia dei rustici — -rusticanorum seditiones, concilios[696] — che dei cittadini — zavas et -adunaciones... per singulas civitates[697] — dalle altre; e queste, in -conseguenza e conformità dell'antico sistema germanico per il quale -non si concepisce un'assemblea senza carattere politico giudiziario, -appaiono investite di uno spiccato carattere legale. Tutte le riunioni -e le adunanze contemplate e consentite dall'Editto, invero, sono -protette con la pena gravissima di 900 solidi — «si quis (stabilisce -infatti il cap. 8) in consilio vel quodlibet conventu scandalum -commiserit noningentos solidos sit culpabiles regi» —. Ora dal momento -che il cap. 343 parla di un _conventus_ ed il cap. 8 protegge con tale -pena tutti i _conventus_ indistintamente — _quodlibet conventu_ — e -dall'Editto non è sanzionata alcuna eccezione a tale proposito, si deve -ammettere che anche il _conventus ante ecclesiam_ sia stato protetto -dalla stessa pena. Ed allora, essendo certo che la gravità della pena -non può essere stata causata dalla vicinanza del _conventus_ ad un -luogo sacro, perchè lo stesso Rotari limita a 40 solidi la pena di -chi commette uno scandalo in chiesa[698]; il fatto che Rotari abbia -tutelato il _conventus ante ecclesiam_ con la pena di 900 solidi, che -è la pena massima che protegge la funzione politico-giudiziaria, anche -se non si vuol giungere alla conseguenza che egli l'abbia considerato -come un vero e proprio organo di essa, è, però, un indizio sicuro che -al suo tempo l'assemblea davanti alla chiesa, nella quale il precone -esercitava normalmente e giuridicamente le sue abituali funzioni, -e che, per certi riguardi, era equiparata all'azione dello stesso -giudice, era qualche cosa di diverso dalle umili e mal sopportate -riunioni dei fedeli in cui — nei primi anni dell'invasione — si -trattavano affari e cose esclusivamente religiose. - -Venuti come nemici e stabilitisi come conquistatori, i Langobardi -continuarono a reggersi con i sistemi originarî escludendone -completamente i vinti e intesero di conservarsi un assoluto e completo -predominio. Gli effetti furono precisamente opposti. Ciò fece sì che -quando gli Italiani, riavutisi un po', cominciarono a rialzarsi, ogni -loro spinta verso l'alto fu un colpo di piccone alla costituzione di -quelli. - -E il fulcro e l'organo primo di questo movimento fu appunto -l'assemblea cittadina la quale era una forma semplice quant'altra mai -di amministrazione e si attagliava perfettamente alle consuetudini -germaniche alle quali si avvicinava in modo singolare per quanto -concerneva i beni pubblici comuni, rispetto ai quali gli urbani -avevano un diritto paragonabile, almeno nella manifestazione esterna, -a quello di cui nell'organizzazione germanica godono i commarcani sui -beni comuni della marca. Ed offriva un ottimo punto di riunione agli -elementi germanici che la religione cattolica, la civiltà romana, la -costituzione cittadina ed il variare delle condizioni economiche e -speciali strappavano alle schiere dei Langobardi. - -Dalla venuta dei Langobardi quest'assemblea perde il carattere di -organo suppletivo e diviene l'organo esclusivo dell'amministrazione -interna degli urbani e inizia un'evoluzione per la quale dal -momento in cui, sotto il duca o il gastaldo, le sono permesse solo -ristrettissime facoltà, attraverso ad un progressivo incremento, -sboccia nell'assemblea generale che elegge i consoli e origina e forma -il Comune. - -Rotari, sia pure involontariamente, riconosce alla riunione dinanzi -alla chiesa un certo valore anche perchè equipara il bando fatto in -essa dal precone alla denunzia fatta al giudice ed ancor più fortemente -accentua la consistenza del gruppo vicinale — dal quale non eran certo -esclusi gli indigeni — nel cap. 176 dove dichiara che per l'espulsione -del lebbroso è indifferente che la constatazione della malattia sia -fatta dal giudice o dal popolo — judici vel populo certa rei veritas -—[699]. - -Lotario dopo aver stabilito che i documenti dovessero essere redatti -da veridici ed onesti notai alla presenza del conte, dei vicarî o degli -scabini, volle che quando questo non era possibile, come, per esempio, -per i testamenti, la carta fosse mostrata o agli ufficiali pubblici o -nel convegno davanti alla chiesa — statim charta ostendatur vel ante -comitem judices vel vicarios, _aut in plebe_, ut verax agnoscatur -esse[700]. - -Nei capitolari langobardici dell'803[701], prendendo alla lettera un -antico concetto della romanità decadente, è detto che certi soprusi -«_ipsa plebs_ non patiatur» e fu consuetudine che le ordinanze che -imponevano l'eribanno dovessero esser lette _coram populo_. - -E la riunione consueta del popolo era davanti alla pieve. - -Più importante di tutti, poi, a lumeggiare l'entità e la consistenza di -questa riunione è ciò che si sa di Piacenza. - -Pipino nel suo Capitolare del 790 circa si esprime testualmente così: -«Non est nostra voluntas ut homines _Placentini per eorum praeceptum_ -de curte palatii illos aldiones _recipiant_[702]. - -Il diploma parla in modo non dubbio di un _praeceptum_ fatto dai -Piacentini. Quest'atto, dunque, non era dovuto nè al rappresentante -dell'autorità pubblica nella città, nè al vescovo; tanto nell'uno che -nell'altro caso si sarebbe usata una formula diversa. Si sa quanto -scrupolosa esattezza sia stata usata dai notai e non è credibile che -mentre si hanno tante disposizioni che concernono i conti e gli altri -ufficiali pubblici ed i vescovi e gli altri ecclesiastici, proprio -in questo documento che ha tutto il carattere di una legge, si fosse -arrivati ad un'aberrazione simile. - -Non era il conte, non era il vescovo che aveva formato il _praeceptum_: -era la _civitas placentina_: quella civitas che si distingueva -egualmente dallo Stato e dalla Chiesa e che aveva anche il suo notaro -— _exceptor civitatis placentinae_ — distinto dal notaro del re e dal -notaro della Chiesa; e che si radunava a discutere e a risolvere, con -un'energia giuridica che in qualche caso giungeva fino a tentare di -sovrapporsi a quella regia, le questioni che più la interessavano. -Infatti essi in questo caso non trattano dei beni comuni, ma esercitano -la loro azione anche in altri campi e di grande rilievo. E da troppo -poco tempo era cessata la dominazione langobarda perchè si possa -pensare che tale sviluppo si sia avuto solo nei pochi anni del regno -franco, il quale, è noto ma è bene ricordarlo, non ha portato troppe -innovazioni in Italia, nè — mai — senza il consenso dei Langobardi. - -E ben a ragione Pipino parla di _praeceptum_, adoperando il termine -che è usato per indicare l'espressione giuridica della volontà delle -persone pubbliche in atti di grande importanza. - -Questo _praeceptum_ in sostanza è una vera e propria concessione di -cittadinanza con la quale i piacentini accolgono fra loro — recipiunt — -gli aldî regi e illumina internamente quella consistenza del gruppo dei -_cives_, che i documenti fin qui riportati lumeggiano esclusivamente -nei rapporti con l'esterno. - -Esso dimostra, infatti, che per essere ammessi a farne parte non -bastava un'accettazione tacita, ma occorreva una dichiarazione solenne -la quale era fatta da tutti i _cives_ e soltanto da loro e solennemente -era consacrata in scritto e comprova così l'importanza del gruppo -stesso. - -E quel che avveniva a Piacenza si può con grande verosimiglianza -ritenere che sia avvenuto da per tutto. A Rieti, a Verona, a Cremona ed -in altre città i documenti esaminati nelle pagine precedenti provano -tutti concordi e sicuri l'esistenza del gruppo ben determinato dei -_cives_, degli _urbani_, i quali costituiscono una vera e propria -_universitas_ giuridicamente riconosciuta, così nei rispetti delle -persone come del territorio ed alla quale inoltre sono perfino -riconosciute in modo preciso delle terre e dei beni pertinenti con -rapporti varî di diritto: una _universitas_ che può stare legalmente -in giudizio presentandosi collettivamente o facendosi rappresentare, -in quel modo che consentiva la rudimentale procedura dei giudizî del -tempo, da proprî e speciali delegati, i quali erano riconosciuti come -tali anche in controversie nelle quali gli _urbani_ stavano contro -l'autorità pubblica dello Stato e dei suoi rappresentanti e contro la -Chiesa; un'_universitas_, infine, che ha anche un proprio e speciale e -caratteristico notaio — l'_exceptor civitatis_. - -È all'_universitas_ degli urbani che è dovuto il _praeceptum_ -piacentino. - -E gli urbani si raccoglievano per discutere e per decidere nella piazza -davanti alla Chiesa. - -L'uso era così generale che qualche volta dava anche il nome alla -piazza stessa: a Milano il Foro pubblico (che si trovava dinanzi -alla Cattedrale) ne fu detto _asamblatorium_. Ce lo fa sapere un bel -documento del 789[703] e di certo non è a credere che si cominciasse -proprio da quell'anno. - -Nè l'assemblee che in esso si raccoglievano avevano soltanto o -prevalentemente carattere religioso: la prova offerta da quanto si è -detto fin qui, è tale da render superfluo la menzione della riunione -nella quale, verso la fine del secolo nono[704], l'abbate Pietro del -monastero di Sant'Ambrogio, chiese ed ottenne dall'arcivescovo, dal -conte, dal clero e dal popolo, la concessione di una strada — pro qua -Petrus abbas a venerabile antistite Anspertum seu comite Alberico seu -cuncto clero et populo devotissime petiit —. - -E l'ascensione degli urbani e della loro assemblea, una volta sbocciata -in pieno sole al tempo dei Franchi così favorevoli alla Chiesa, -progredisce sempre più rapida con i re d'Italia e con gli Ottoni che -dei vescovi fanno il pernio principale del governo dello Stato e quello -esclusivo del governo della città. E l'assemblatorium cambia ancora -il suo nome per denotare il nuovo e più ampio complesso di funzioni: -diviene il consulatus civium. «Actum in civitate Mediolani in consulatu -civium prope ecclesiam sancte Marie» dice un documento del secolo -decimoprimo[705]. - -E questi _cives_ sono proprio e soltanto gli urbani, i quali si -raccolgono nella gran piazza per discutere e provvedere ai loro -particolari bisogni — _consulere_ — separatamente dalle classi feudali -dei capitanei e dei valvassori e che si uniscono a questi solo per -gli affari di comune e principalissima importanza quale ad esempio -l'esenzione per sei giorni della _curtadia_, una speciale tassa di -mercato durante le feste dei SS. Gervasio e Protasio e la tregua di -sedici giorni per tutti coloro che vi fossero accorsi, stabilite nel -1098 ed allora, tutti insieme, formano il _communi consilio totius -civitatis_ presieduto dall'arcivescovo[706]. - -Due anni dopo questa generale assemblea si trova qualificata come -_magistratum_: — Tunc ante Magistratum praeterea sancimus ut etc.[707]. - -E l'uso ed il senso di tale parola non è nè eccezionale nè isolato. -Ecco la formula di un documento del 1056 rogato a Bologna con cui -la contessa Willa vedova del Duca e marchese Ugo di Toscana dona la -libertà alla sua serva Cleriza. «Abeatis vias apertas, dice ad un certo -punto l'atto, portas Paradisi, portas Civitatis, portas Castellis, _in -placitis et in conventis locis ambulare et stare_ et Wadia pro te dare -et omnes fines facere comodo melius potueritis vel volueritis»[708]. - -L'espressione «ambulare et stare» messa fra la menzione del placito e -quella della wadia, ha un senso tecnico giuridico corrispondente alla -lettera al nostro «andare e stare in giudizio»; e fra quei «conventis -locis», che non sono delle riunioni qualsiasi dal momento che la -formula li ricorda così esplicitamente, tiene di certo il primo posto -il _conventus ante ecclesiam_. - -Ancora un passo e la città incapace di _consulere_ direttamente da sè -stessa in tutti i numerosi bisogni e nell'impossibilità di assistere -volta per volta i suoi delegati e bisognosa di un organismo più consono -al suo progredito sviluppo ed ai suoi maggiori bisogni e all'aumento -della sua popolazione nominerà in _colloquio facto sonantibus -campanis_[709] con mandato generico, in maniera stabile e a tempo -determinato, varie persone, incaricate di _consulere_ abitualmente -al disbrigo normale delle evenienze le quali verranno così ad averne -l'antico e fatidico nome di _consules_ richiamantesi alla più pura -romanità: e sarà sorto il Comune. - -Così, spinti dalla necessità di seguire la corrente dalle origini fino -al momento in cui fluisce luminosa in ampia e meno sconosciuta pianura, -siamo giunti fino al termine dell'epoca storica di cui in questo volume -si intende solo studiare gli inizi. - -Rifacciamoci dunque indietro. - - -§ 11. — Il _consilium civitatis_ è un vero e proprio elemento dinamico -di primissimo ordine nella costituzione della città. Ma non è il solo. - -C'è un altro e non meno importante fattore di norme giuridiche, -il quale fu importato dai Langobardi e che richiede ora la nostra -attenzione. - -L'_assemblatorium_ milanese non ebbe di certo nulla a che fare con -la maggiore assemblea del regno langobardo. Questa era composta dei -primati o ottimati e di tutto il felicissimo esercito e si radunava -non già sulla piazza della cattedrale; ma nell'antico anfiteatro romano -che si trovava presso, ma al di fuori delle mura di Milano — _in circo -apud Mediolanum_, — dice Paolo Diacono narrando l'incoronazione di -Adaloaldo, e queste parole ci lasciano supporre che con ciò si seguisse -una consuetudine da gran tempo invalsa, quando speciali esigenze -specialmente militari, non la chiamavano altrove[710]. - -E fin qui nulla di strano: l'assemblea generale aveva carattere -straordinario, eleggeva il re, trattava gli affari di generale -importanza per tutto il regno, come la formazione e la pubblicazione -delle leggi, la dichiarazione di guerra o la stipulazione di trattati -etc. Dovunque si fosse raccolta, si distingueva facilmente, per la -costituzione e per le funzioni d'indole generale, dalla ristretta -riunione dei componenti di un'unica pieve. - -Ma i Langobardi non si sono assisi soltanto a Milano sulle -ampie gradinate degli anfiteatri romani. - -A Lucca in un atto dell'808 l'antico anfiteatro è detto -_parlascium_[711] ed il termine non è romano perchè le fonti romane -non lo hanno, ch'io sappia, mai usato in questo senso e non è -d'origine germanica[712] perchè, anche senza contare che i documenti -lucchesi medioevali hanno un sapore di romanità piuttosto classica che -decadente[713], a poca distanza da Lucca lo stesso termine è stato -dato ad un luogo dove non è mai esistito alcun anfiteatro[714], ciò -che prova che il vocabolo non è usato ad indicare i soli anfiteatri, -ma anche altri luoghi, i quali servissero a simile uso. L'ipotesi più -plausibile è che il nome sia derivato dalla funzione a cui il luogo -era adibito; e quale fosse questa funzione è facile congetturare -dalla relazione intima ed appariscente ed in perfetta armonia con -la condizione del linguaggio di quel tempo a Lucca (dove appaiono -prestissimo notevoli e numerosi segni del nuovo volgare italico) della -parola _parlascium_ col verbo _parlare_, di cui è evidente filiazione: -era il luogo dove si parlava, dove si discuteva per eccellenza. E -queste discussioni, se dettero all'edificio un nuovo nome, dovettero -essere frequenti, numerose ed importanti. - -Non è soltanto a Lucca che questo avviene: ad Arezzo[715], a Pisa[716], -a Firenze[717], in Toscana; a Cremona[718], a Bergamo[719]; in tutta -Italia, insomma, gli antichi anfiteatri sono chiamati con voci che -ripetono l'origine dal verbo parlare, più o meno trasformati dal -vernacolo dei vari luoghi e dal trascorso dei secoli: _parlascium, -parlasium, perlasium, perilasium, perlassi_, etc. - -A Firenze, anzi, c'eran due _parlasci_: il _parlascium majus_ ed il -_perilasio picculo_, del quale a noi oggi conservano notizia solo -documenti non anteriori al secolo decimoprimo; ma la cui remota -esistenza è ben provata dalla qualifica di maggiore data al primo, -offerta da documenti molto più antichi e che non può esser nata che dal -bisogno di distinguerlo da un altro più piccolo e più antico. - -Di anfiteatri romani a Firenze, come in ogni altro luogo, ce n'era -uno solo; ed ambedue i _parlasci_ eran fuori delle mura. Resta -a vedere quale altro luogo ebbe questo nome. Fuori delle mura, -oltre l'anfiteatro, ci fu fino alla metà del secolo decimo anche -la cattedrale, allora dedicata ad una santa siriaca ora quasi -sconosciuta[720]. Ed a chiunque sappia per quanti secoli si sono -conservati e qualche volta si conservano tutt'oggi, più o meno -deformati, antichi nomi germanici e perfino romani, non parrà troppo -strana l'ipotesi che questi documenti conservino il ricordo di due -antichissime riunioni e ne mostrino anche la diversa considerazione in -cui erano tenute. - -La riunione davanti alla chiesa risale ai primi tempi del cristianesimo -e fu formata, com'è naturale, dai soli fedeli. I Langobardi venuti in -Italia cinque secoli e mezzo dopo, ariani, nemici e vincitori, non si -accostarono a quest'umile assemblea dei vinti, da cui anche i Goti, -che pur ripetevano dall'Impero romano il titolo giuridico della loro -signoria, si erano tenuti lontani. - -Se si trova traccia di un'altra riunione — chè del _conventus ante -ecclesiam_ parla l'Editto stesso — questa non può essere stata composta -che dei Langobardi, e poichè dell'esistenza di quest'ultima offrono -indizi documenti di regioni diverse, si ha ragione di ritenere che sia -la loro originaria assemblea regionale. - -Anche dopo venuti in Italia, i Langobardi continuarono a reggersi -secondo l'avita costituzione e tutti gli ufficiali pubblici, a -cominciare dal re, furono coadiuvati dall'assemblea dei liberi atti -alle armi che, a maggioranza di consensi, deliberavano intorno a tutto -ciò che interessava la vita politica comune dello Stato e delle varie -regioni. - -Ma il rapido consolidamento dell'autorità regia, dopo l'interregno, e -l'aumento del suo potere, reso indispensabile dalla necessità di dar -compattezza ed unità allo Stato, onde potesse resistere alle pericolose -pressioni che lo minacciavano ai confini e allo sgretolamento interno -in cui si sarebbero risoluti i ribelli antagonismi dei duchi, affievolì -l'originaria cooperazione dell'assemblea nazionale fino a ridurla ad -una forma di partecipazione, non di rado quasi del tutto passiva, che -serviva come mezzo di pubblicazione a ciò che la _clementia_ sovrana -aveva già decretato — _decrevit_ — come dice Liutprando[721] o che, -come ancor più romanamente si esprime Astolfo[722], _principi placuit_. - -E con lo scadere della maggiore, furono sminuite anche di più le minori -assemblee regionali, alle quali, oltre la trattazione degli affari -regionali dello Stato, fu sottratta anche la nomina dei gastaldi e dei -duchi, la prima riservata totalmente, l'altra in gran parte, al re. - -Così che la parte di gran lunga maggiore delle loro attribuzioni si -ridusse all'esercizio della funzione giudiziaria che in tutti i regimi -barbarici è un complemento ed una prerogativa del potere militare. - -Il _thinx_ ed il _gairethinx_, se pure originariamente ebbero -significazione diversa[723], già al tempo dell'Editto indicano -egualmente l'adunanza popolare e la ricordano a proposito della -conferma delle leggi, della donazione e della manomissione. Ma ormai -non si trattava più che di un ricordo e di una tradizione, mantenuti -quasi esclusivamente in vita dal nome, perchè si giunge fino alla frase -_thingare absconse_, che è proprio antinomica col concetto primitivo di -_thinx_. - -Ciò era in diretta relazione ed in parte anche in conseguenza del -mutamento avvenuto nel sistema militare. In esso il primo posto, che -in origine era riservato alla fanteria, fu preso ben presto dalla -cavalleria mentre rimaneva inalterato l'originario sistema per il -quale milizia e cittadinanza formavano un indissolubile binomio che -si assommava nell'_exercitalis_ al quale soltanto spettavano i pieni -diritti civili e politici. E ciò accentuò maggiormente, a beneficio -di coloro che erano provvisti del possesso fondiario (indispensabile -al mantenimento dei cavalli), le disuguaglianze fra i liberi che le -nuove condizioni economiche create dalla conquista avevan prodotto in -pochissimi anni. - -Già molto tempo prima di Liutprando, che ne parla come di consuetudine -generale e diffusa «consuitudo enim est», con la parola _exercitalis_ -si designava una classe composta di persone della più varia condizione -economica e giuridica, di cui alcune godevano di un guidrigildo doppio -di quello assegnato a coloro che stavano all'ultimo gradino ed avevano -a pena i titoli necessari e sufficienti per meritare la qualifica di -esercitale — _minima persona, qui exercitalis homo esse invenitur_ -centum quinquaginta solidos componatur et _qui primus est_, trecentos -solidos[724]. - -E questi ultimi, privi di case e di terre, — minimi homines qui nec -casas nec terras suas habent, — quando, nei casi e nei limiti stabiliti -dalla legge, erano dispensati dal servizio militare attivo, potevano -essere obbligati ad un determinato numero di opere per settimana a -vantaggio del giudice, dello sculdascio e, perfino, del saltario. - -La trasformazione diviene ancor più grave, come è noto, ai tempi di -Astolfo. - -Si era ben lontani dalla primitiva ed indomita fierezza germanica -per la quale l'intonsa capellatura, la lancia e le armi erano ambite -prerogative del libero, che riconosceva piena autorità ai capi e si -piegava ai loro comandi solo in tempo di guerra. - -La trasformazione si ripercosse fortemente nell'ordinamento politico. -In questo, mentre le maggiori facoltà erano ormai riservate al re con -detrimento dell'assemblea dei liberi, non più chiamati a dividere il -potere con i capi, si vennero formando nuove e differenti condizioni -di idoneità a base delle quali stava, oltre la libertà, che prima era -l'unico requisito, anche il possesso fondiario, divenuto ora elemento -indispensabile per l'esercizio completo delle armi. - -Con questo mutamento, non mancando il popolo vinto di terre, nè -essendo stato ridotto in servitù, fu aperto l'accesso all'esercito e -all'assemblea anche agli indigeni, ai quali non mancava neppure un -certo titolo di carattere militare, per il servizio di guardia, di -restaurazione e di difesa delle mura, che si assommava nella sculca, e -di cui già si è accennato. - -E tanto più facilmente avvenne l'accettazione dei vinti in questa -assemblea in quanto che col progredire del movimento discendente -spariva sempre più il lato onorifico di tale facoltà, lasciando e -facendo sentire le conseguenze gravose dell'obbligo che esso imponeva. - -Non era soltanto un onore il rendere giustizia; era anche un dovere -e questo dovere già grave in sè stesso era reso ancor più molesto -dall'ingorda speculazione degli ufficiali pubblici, i quali, con il -pretesto di render giustizia, convocavano con ininterrotta frequenza -tali assemblee onde ottenere i donativi che era antica consuetudine -offrire a chi presiedeva il tribunale, o, più spesso, per estorcere -arbitrarie contribuzioni in cambio dell'esonero dal presentarsi volta -volta concesso. - -Le cose erano giunte a tal punto che una riforma s'imponeva; ma essa -non fu dovuta ai Langobardi; nessuno dei loro re osò porre le mani -sull'antichissima istituzione quantunque ormai degenerata. Fu Carlo -Magno che introdusse una modificazione sostanziale, stabilendo che non -si potesse convocare tutti i liberi in assemblea generale più di tre -volte all'anno e che per il soddisfacimento dei bisogni della giustizia -quotidiana volle istituito un corpo stabile e fisso di persone elette -in numero di sette per ogni pieve e chiamate _scabini_[725]. - -A questo punto termina il primo periodo dell'antica organizzazione -germanica. Già mutata profondamente nella costituzione interna; con -i Franchi la vecchia assemblea si scinde in due ed acquista funzioni -determinate. Così nasce, sorge il _placito_: placito annuale, generale, -l'uno, composto di tutti i liberi forniti di possesso fondiario e con -funzioni in prevalenza giudiziarie, ma di grado più elevato ed alle -quali ne vanno congiunte anche altre, sebben limitate, politiche e -sociali; placito quotidiano l'altro, e ristretto al solo esercizio -della giustizia e composto di un numero preciso di individui, i quali -finiscono col formare una vera e propria classe distinta nell'assetto -sociale. - -Ambedue hanno un'unica origine nell'assemblea regionale germanica, -la quale già prima della trasformazione di Carlo Magno senza perdere -la sua intima natura, subì modificazioni più o meno gravi a seconda -dell'azione più o meno energica, secondo i tempi ed i luoghi, su di -essa esercitata dall'elemento indigeno delle varie regioni e dal suo -diritto, cioè dal diritto italiano; ma in ogni modo e sempre queste -variazioni devono essere considerate come contingenti, non mai come -sostanziali. In alcune regioni si conserva inalterato il sistema della -partecipazione attiva di tutti i liberi al giudizio; in altre tale -facoltà è ristretta a quelli degli _astantes_ e dei _circumanentes_ che -sono giudici ed assessori; ed in altre infine, romanamente, la sentenza -è demandata al solo giudice[726]. - -Ed anche alla riforma carolingia l'organizzazione sociale e giudiziaria -che si era venuta formando in Italia oppose una resistenza che non -deve esser passata sotto silenzio, perchè prova l'intensità delle varie -energie locali e degli elementi indigeni italiani che le animavano. - -Non di rado nel giudizio presieduto dal conte, insieme con gli scabini, -si trovano e presenziano anche altri ufficiali pubblici e qualche volta -partecipa, e con facoltà attive, anche un numeroso concorso pubblico; -presenza e partecipazione piuttosto in contrasto con le disposizioni -della legge, la quale non sempre viene applicata anche riguardo al -numero degli scabini che, almeno nei documenti fin qui conosciuti, non -si vedono mai comparire in sette come essa dispone[727]. E pure nella -determinazione della competenza — specialmente nei riguardi del placito -inferiore del centenario — la legge trova forti ostacoli: lo stesso -capitolare italico di Carlo Magno ha due disposizioni, il cap. 35 ed il -cap. 93, in aperto contrasto l'una con l'altra. - - -§ 12. — Ad ogni modo però, ed è ciò che a noi preme ora accertare, -nelle linee generali, la riforma fu attuata; e da allora si delineano -netti due sistemi di placiti: uno generale in cui alle facoltà -giudiziarie ne vanno congiunte altre di natura più propriamente -politica e di alta amministrazione, ed uno quotidiano di competenza -esclusivamente giudiziaria. - -E quest'ultimo, che a noi soltanto interessa, ebbe nei riguardi della -città un'azione di primaria importanza. - -Gli scabini erano eletti a consenso di popolo — totius populi consensu -— e la città col suo suburbio costituiva un _populus_: il primo dei -_populi_. - -Con la riforma di Carlo Magno essa ottenne che l'amministrazione della -giustizia fosse affidata a persone di sua scelta e di sua fiducia. - -E così la città che, forte dell'unione col suburbio, aveva una salda -ed omogenea ossatura, era regolarmente alimentata dal suo mercato -settimanale ed aveva già, oltre ad un proprio notaio, un organo, -embrionale quanto si vuole, ma esclusivamente suo, per provvedere ai -suoi speciali bisogni — il consiglio cittadino —: venne ad avere un -organo proprio anche per l'amministrazione della giustizia. - -Fino ad ora la città aveva costituito un complesso organismo di -persone e di cose che si era mantenuto distinto e in condizione -eminente dal territorio rurale; quando potè provvedere da sè stesso -sia pure in parte, ma in parte principale, ai bisogni della giustizia, -senza l'intervento continuo e la presenza dell'autorità dello Stato, -cominciò a staccarsene addirittura, poichè ormai essa veniva a trovarsi -congiunta al paese aperto circostante soltanto con vincoli di diritto -pubblico sempre meno efficaci e meno sentiti, e questi, in meno di un -secolo, con le concessioni immunitarie ai vescovi, si spezzano quasi -del tutto. - -I capitolari carolingi stabiliscono, come si è detto, che gli scabini -debbano essere eletti dal conte e dal popolo insieme, _totius populi -consensu_; ma nemmeno per questo lato ebbero in Italia applicazione -completa nè uniforme. - -In qualche luogo l'elezione avvenne in una maniera tutta speciale. A -Lucca, per esempio, si vedono comparire normalmente accanto a persone -qualificate col semplice nome di _scabini_, altri individui detti -_scabini ecclesiae_[728] mentre altri documenti ci conservano il -ricordo di _scabini comitatus_[729]. Queste tre specie di scabini — -chè la specifica qualifica delle ultime due classi non lascia dubbio -sulla loro sostanziale diversità — provano l'intensità ed il vigore -di preesistenti sistemi conservatisi in onta alla nuova legislazione e -si trovano in perfetta corrispondenza con la triplice partizione della -città — di tradizione sicuramente non germanica — in _pars pubblica_, -_pars ecclesiae_ e _cives_[730] e sembrano indicare che l'autorità -pubblica, la Chiesa ed i cittadini abbiano eletto ognuno un certo -numero di scabini per conto proprio. - -Comunque, pur ammettendo che questo sistema sia esclusivo della città -di Lucca, la quale presenta una costituzione sensibilmente diversa da -altre città tosco-lombarde anche in certe linee fondamentali, non è -meno vero che allorquando il conte ed il popolo partecipavano insieme -e simultaneamente, a norma dei capitolari, alla scelta degli stessi -scabini, il consenso di quest'ultimo fu manifestato secondo lo speciale -sistema giuridico che regolava la costituzione cittadina, in quanto che -la giurisdizione territoriale degli scabini si estese sulla città e sul -suburbio insieme; ma la loro nomina fu demandata solo agli urbani. - -Non è a credere che in questo caso si dovesse fare eccezione alla -regola per cui eran riserbate ad essi le maggiori facoltà, ed anche -senza tener conto di alcuni pochi documenti nei quali si parla di -«scabini _urbis_»[731] se ne può ricavar la prova dal modo con cui -si faceva l'elezione. Questa, richiedendo un generale consenso, -aveva luogo nell'assemblea cittadina e quindi dal momento che la -partecipazione attiva alle deliberazioni di questa era prerogativa -degli urbani; era anch'essa, al pari delle altre facoltà, sottratta ai -suburbani. - -E lo stesso è a dirsi della competenza. - -Riservato al re il giudizio delle cause più gravi e dei maggiori reati -ed al conte i casi più rilevanti in cui si trattasse della vita e della -libertà di una persona e della restituzione di immobili[732], tutte -le altre questioni divennero competenza del centenario nel comitato e -degli scabini in città. - -La delimitazione non fu regolata con criterî troppo precisi — lo nota -anche l'_Expositio_[733] — nè applicata dovunque nello stesso modo — -prova anche questa e sensibile di resistenza di un organismo giuridico -abituato a funzionare indipendentemente e magari in opposizione alla -legge; ma cominciò allora a formarsi la antitesi fra il _placitum_ e -il _bannum_, che si trova più tardi consolidata in modo preciso[734]; -per la quale le maggiori facoltà giudiziarie sono comprese nel banno -e le minori nel placito e queste ultime, varie di numero e di qualità -da luogo a luogo, sono caratterizzate dalla mancanza assoluta di ogni -giurisdizione criminale. - -Il consolato del placito conservò, sotto il nome del resto solo in -parte nuovo, l'antica ed originaria natura di tribunale popolare. È -composto solo di cittadini ed anche nell'epoca più tarda basta che uno -solo sia giudice; e questo compie, volta a volta, secondo le esigenze -della causa ed il proprio criterio, funzioni di arbitro e di giudice; -ma è completamente privo di ogni giurisdizione criminale mentre il -nucleo centrale della sua competenza civile è costituito dagli atti -dei minori e delle donne; competenza che si spiega solo dove e quando -ai minori e alle donne da norme di carattere singolare è fatta una -condizione giuridica tutta speciale: e questa condizione speciale gli -uni e le altre l'ebbero solo nel diritto germanico[735] per il quale al -re è affidata la protezione dei più deboli e dei meno difesi: minori, -donne e forestieri. - -Questa protezione dal re affidata, con lo stabilirsi in Italia, ai suoi -rappresentanti locali, passò, con la riforma carolingia, agli scabini, -ai quali, per il modo con cui si formò la costituzione cittadina, fu -affidata anche un'altra — e ben importante — incombenza: quella del -riconoscimento e dell'autenticazione degli atti notarili. - -Con i Langobardi, cessate del tutto le curie, l'_exceptor civitatis_, -che era il trascrittore degli atti municipali, perdette il suo ufficio; -ma soddisfacendo ad un bisogno sicuramente sentito, quale quello -di stendere memoria di atti che se pure eran perfetti all'infuori e -prima della redazione in scritto, trovavano nello scritto una maggiore -quanto innegabile sicurezza, andò acquistando sempre maggiore autorità; -e questa autorità, rilevata anche da Liutprando[736], diviene con -Rachi[737] quella di _scrivane publico_ per eccellenza onde già nel -periodo franco[738], il notaio diventa _la persona privilegiata -ad negotia hominum publice et authentica conscribenda_[739], -caratteristica del territorio langobardo. - -Assurto alla dignità ed all'importanza di persona il cui intervento -è indispensabile per la validità della confezione di un documento e -divenuto uomo di fede pubblica, esso non può essere più soltanto lo -scrivano della città e dei suoi abitanti — exceptor civitatis — ma deve -essere investito della sua autorità da chi della fede pubblica è la -personificazione per eccellenza e cioè dal re e da quegli a cui egli -abbia delegata tale facoltà (conti palatini), ed allora esso esercita -nella città la funzione cui il re lo ha esplicitamente abilitato, -onde diviene il notaio del re nella città — _notarius regis_ —. Ma per -l'opera tecnica di questo ufficiale, che doveva conseguire la fiducia — -e non sempre se la meritava — dei cittadini, era naturale procedimento -che, creato il corpo degli scabini, a questi, eletti dalla fiducia dei -cittadini e scelti talvolta nella categoria dei notai, poichè tutti -al pari degli altri giudici, dovevano essere «legibus eruditi et bonae -opinionis»[740] fosse demandata la cognizione di tale materia. - -Così in tratti generalissimi si son seguite le linee dello sviluppo -dell'assemblea cittadina e dell'assemblea germanica. - -L'una e l'altra hanno origine, natura, sviluppo ed azione diversa. - -E questo costituisce una fondamentale differenza fra la costituzione -della nostra Italia tosco-lombarda e tutti gli altri paesi. - -Nei territori germanici, il potere politico e giudiziario si raccoglie -in un'unica assemblea, che è naturalmente l'assemblea barbarica per -eccellenza; che si riunisce intorno ai capi ed è da questi presieduta — -_conventus_, dice la legge alamannica, secundum antiquam consuetudinem -fiat in omni centena coram comite aut suo misso aut centenario — che -costituisce il placito — ipsum placitum fiat de sabbato in sabbatum -aut quali die comes aut centenarius voluerit — e nel quale si discutono -tutti gli affari di qualche rilievo della comunità[741]. - -Nella Gallia avviene un contemperamento ed una fusione degli antichi -istituti romani con le nuove istituzioni germaniche, le quali finiscono -con una vittoria completa, sicchè l'assemblea dei liberi prende il -primo posto nell'organizzazione civile e giudiziaria, e scalza con -fortuna le basi delle vetuste magistrature romane[742]. - -Non altrimenti in Spagna il _conventus publicus vicinorum_, che la -legge Visigotica menziona a proposito di eredità, di fughe di servi, e -di esecuzione di sentenze, è il nocciolo del _concilium_ che nei secoli -successivi costituisce l'assemblea giudiziaria degli uomini liberi -presieduta dal conte[743], da cui origina più tardi il Comune. - -Nella nostra Italia, invece, per la speciale condizione in cui -era ridotto il paese quando lo conquistarono i Langobardi e per il -carattere ostile dei conquistatori, vincitori e vinti ebbero, sul -principio, costituzione separata e diversa. - -Allora a fulcro dell'organizzazione barbarica fu l'assemblea dei -liberi, mentre germe della organizzazione indigena fu la riunione -davanti alla chiesa; e poichè da prima lontane l'una dall'altra, in -seguito si avvicinarono e più tardi, pur senza toccarsi e confondersi, -si completarono a vicenda per sopperire ai bisogni della società -e per formare un unico e nuovo organismo politico e giuridico, la -costituzione italiana si presentò come il resultato di questo doppio -processo di formazione storica. - -Ed invero, l'umile riunione davanti alla chiesa, già elevatasi al tempo -langobardo e sviluppatasi ancor più in seguito, produce l'assemblea -generale, che origina il Comune: l'assemblea germanica, strumento -principale di governo nei primissimi anni, perde rapidamente le -sue funzioni politiche, si trasforma in un organismo giudiziario e, -divenuto cittadino, prepara e fucina il diritto che occorre alle nuove -esigenze, ai nuovi tempi e fonde armonicamente antiche consuetudini -e nuovi sistemi, sicchè divenuti insufficienti gli uni e gli altri -ricorre ai vecchi e non mai dimenticati testi romani e dai rudimenti -delle istituzioni e dai casi pratici del Codice, assurge al sistema -e riprende il Digesto. Ed è allora — quando il Comune drizza superbo -il suo bel gonfalone e la voce solenne degli antichi giuristi viene -riascoltata ed intesa — che l'antica costituzione d'Italia, non di -Roma, ha la sua _rinascita_. - - -§ 13. — La città italiana, Roma compresa, si è formata aggruppandosi -con preordinato sviluppo intorno alla piazza formata dall'incrociarsi -perpendicolare del _cardus maximus_ col _decumanus_ i quali si spingono -fino ai confini del suburbio e formano così quattro zone entro la città -ed altrettante nel suburbio, perfettamente corrispondenti e subordinate -a quelle. - -In virtù di tale sistema i componenti di ogni quartiere uniti -dall'esercizio dei diritti d'uso collettivo dei boschi e dei pascoli e -delle terre comuni, situate nella zona suburbana corrispondente al loro -quartiere e stretti dal vincolo intimo della responsabilità collettiva -del gruppo per il delitto di un singolo, provvedevano congruamente -al sostentamento di tutto il centro urbano, evitando pericolosi -antagonismi e cooperavano efficacemente al mantenimento della quiete -interna; mentre ad ogni quartiere era assegnata in modo semplice ed -equo la parte di mura e la porta da difendere come era determinato il -concorso che doveva ricevere dai suburbani. - -Con lo sciogliersi della città dai primi e rudimentali viluppi ed il -progressivo affinarsi della sua costituzione fino a raggiungere il -fulgido organismo del municipio in pieno fiorire, nei nuovi organi si -trasmuta la primitiva struttura, sempre attestata tuttavia in modo più -formale che reale, da fugaci accenni delle fonti. - -Ma quella indigena struttura tornò in prima linea quando la rovina -economica, sociale e politica e l'imperversare delle invasioni -riportarono le città italiane alle condizioni terribili della lotta -primitiva per l'esistenza[744]. - -Allora queste divisioni, che rispondevano a bisogni sentiti da -qualsiasi convivenza — sostentamento, quiete interna, difesa contro -l'esterno — furono da prima tollerate e poscia accolte dai Langobardi i -quali fissatisi in Italia con un brusco distacco dallo stadio nomade in -cui erano fino ad allora vissuti, impossibilitati così per incapacità -propria come per insuperabile resistenza dell'ambiente a crearsi una -costituzione improntata alla loro stirpe, furono attratti da quella -rudimentale a cui era ridiscesa l'Italia. - -Fu anche qui l'antica ossatura italiana che affiorò, mentre la grande -Roma dell'evo antico moriva e che fornì lo scheletro alla nuova -costituzione, la quale non poteva averlo dai Langobardi, nomadi e senza -coesione, nè poteva riceverlo dal mondo romano, poichè la rovina di -questo non consentiva più qualsiasi azione energica. - -Le prime fonti medioevali, continuando più antica abitudine, indicano -il quartiere col nome della porta[745] a cui mette capo; e questo nome -talvolta era determinato da ragioni topografiche e locali; come la -_porta romana_ di numerose città, la _porta vercellina_ di Milano etc. -e non di rado — specialmente in seguito — fu quello di un santo[746]. - -Arechi, il noto duca di Benevento, nel 774 con una munificentissima -donazione[747] al Monastero di S. Sofia da lui fondato, concesse a -quest'ultimo fra l'altro cento carrate annue di legna. I boschi da -cui dovevano esser tratte pertinevano tutti nello stesso modo alla -città; ma ciò nonostante l'onere fu distribuito in modo irregolare: -una _porta_ fu esclusa dalla contribuzione e delle altre tre la _Porta -turrea_ doveva corrispondere 50 carri, la _Porta Rufini_ 30 e 20 la -_Porta Sicardi_. - -Documenti langobardi della maggior purezza provano, dunque, che i varî -quartieri di una stessa città potevano esser gravati in proporzione -diversa l'uno dall'altro; ed allora si rende verosimile l'ipotesi che -pure al tempo langobardo, continuando ininterrottamente un più vetusto -uso italiano, risalga il sistema di distribuire per quartiere i dazî e -le imposte gravanti sulla città. - -Lo Statuto di Verona, pervenuto a noi nella redazione del 1228, ma che -contiene in gran parte disposizioni di età di gran lunga anteriore, -vuole che «datia solvantur in waitis propriis»[748]. - -E — a riprova — si può aggiungere che queste _guaite_, che son -ricordate anche da Carlo Magno nelle sue leggi italiche, non sono altro -— come abbiamo veduto — che la _sculca_ langobarda e, attraverso ad -essa, l'_excubiae_ romane, e tutte si facevano per quartieri[749]. - -A questa differenziazione negli oneri naturalmente corrispondeva -un'altra differenza di natura, diciamo così, attiva che completava la -figura del quartiere con un ambito limitato ma determinato ed effettivo -di attribuzioni e di facoltà distinte da quelle degli altri quartieri -e non assorbite — almeno normalmente e di regola — dai diritti della -città, complessivamente considerata. - -E questa autonomia reciproca e di fronte alla città va aumentando -col tempo. Due documenti milanesi del 1158 e del 1175[750] ricordano -i _Consules electi a comunantia Porte Vercelline de pascuis: pro -desbrigandis et recuperandis pascuis ipsius porte_. - -Della consistenza delle portae è altra e più sicura prova la menzione -esplicita degli _urbium vici_ fatta dal sinodo ticinese dell'850[751], -la quale illumina la disposizione del capitolare langobardo dell'803 -che ordina che si eleggano quattro o otto uomini in ciascuna pieve -per risolvere le eventuali questioni fra laici ed ecclesiastici -per la prestazione delle decime. E altra prova può considerarsi la -caratteristica variante portata da uno dei due vetustissimi codici -santambrosiani che contengono le leggi langobarde[752]. - -Il cap. 141 di Liutprando stabilisce che le donne che istigate dai -propri mariti avessero fatta irruzione o commessa violenza in un vico -o in una casa, debbano essere decalvate e condotte per i vici più -prossimi ed ivi fustigate — publicus faciat eas decalvare et frustare -per _vicus vicinantes ipsius loci_ —. - -Il codice in parola — almeno se è vera la lezione datane dal Muratori — -ha «_vicos civitatis_»[753]. - -L'amanuense — e non è punto detto che sia stato il primo a iniziare -la variante — aveva davanti agli occhi la visione delle condizioni -reali della città. Ed ho parlato di amanuense per non dire, come ne -avrei gran voglia, che non è punto improbabile che la variante sia la -conseguenza pensata e voluta dell'opera di un giurista. - -Questi quartieri, però, erano strettamente uniti nella città che li -comprendeva e li completava e come non ebbero personalità giuridica -distinta da quella della città nel tempo romano[754]; così non ne -ruppero la compagine nemmeno nell'epoca successiva, sebbene sieno -giunti ad avere una fisonomia propria molto accentuata[755]. - -I vicini dei singoli quartieri avevano tutti eguali facoltà rispetto -alla porzione dei beni comuni assegnata al loro quartiere: ma le -maggiori facoltà dispositive riguardo a tali beni erano loro sottratte -e demandate al gruppo intiero di tutti i vicini della città; e la città -tutta intiera rispondeva solidalmente, come si è veduto, se la suprema -autorità non imponeva altrimenti, degli oneri imposti ad una sua parte. - -La compagine della città non fu allentata nemmeno in seguito quando -sulle antiche divisioni per quartiere se ne andarono sovrapponendo -altre di varia natura. Fra queste, per l'importanza acquistata in -seguito, meritano di essere ricordate per le prime quelle che traevano -origine dal formarsi entro l'ambito urbano di nuovi centri di vita, -di azione e di interessi, che si popolarizzavano intorno a quelle -chiese cardinali, di cui già ci siamo occupati, e che, moltiplicandosi -rapidamente, giunsero a costituire in un'epoca più tarda il sistema -predominante di divisione del suolo intramurano. - -Nè valse a diminuire la coesione del centro urbano un altro elemento di -cui pur si sarebbe potuto credere assai potente l'azione disgregativa. - -In ogni città c'era una _curtis regia_[756] la quale era il centro -dell'amministrazione pubblica, a cui convergevano le prestazioni -civiche e le finanze; e questa _curtis_ era di solito a capo del vasto -conglomerato di terre che costituivano la dotazione della corona e -che non di rado si trovavano accanto ai fondi assegnati all'autorità -pubblica preposta in modo speciale alla città, onde costituivano -anch'essi un complesso imponente di beni che avevano uno sbocco entro -la città attraverso alla cella. - -Quantunque normalmente, quando era consentito dalle condizioni -del luogo la corte regia si sia installata entro l'arce che non -infrequentemente si trovava nell'interno delle antiche città -italiane[757] emergendo anche materialmente di fronte al resto della -città; e quantunque questo castello attraverso le donazioni dei -fiacchi discendenti di Carlo Magno sia passato in mani più energiche, -pur tuttavia queste _curtes_ non hanno agito in modo sensibile nella -costituzione cittadina nemmeno nei rapporti esterni delle divisioni -territoriali. - -Almeno io non ne ho trovato traccia alcuna. - -E dal momento che non ha influito la _curtis_ più potente e -maggiormente fornita di facoltà di natura pubblica oltre che -privata, corre appena l'obbligo di accennare che nessuna azione han -potuto esercitare le altre curtes private di cui serbano ricordo i -documenti[758]. - - - - -CONCLUSIONE - - -La costituzione della nostra Italia, fino dai tempi più antichi ai -quali si può risalire, fu una costituzione di città, ed i vari gruppi -etnici furono leghe di città. - -I gruppi primitivi si erano, in una certa fase del loro sviluppo, -fondati su una piccola zona di territorio, la quale provvedeva ai -bisogni della pastorizia e dell'agricoltura, ed aveva il suo centro -nel luogo più facilmente difendibile, rafforzato da opere stabili di -difesa. - -I limitatissimi scambî di prodotti avvenivano, probabilmente, in un -ambito ristrettissimo che non oltrepassava il cerchio delle _gentes_. - -_Forum_, secondo la più arcaica delle cinque definizioni datene da -Varrone (v. 145) le quali segnano altrettante fasi per cui è passata -l'idea adombrata dalla parola, è la piazzetta davanti al sepolcro -familiare «quod nunc vestibulum sepulchri dici solet». Sono i sepolcri -gentilizi intorno ai quali si riunivano, nei giorni di _sacra_, tutte -le famiglie appartenenti alla medesima _gens_. I primi contratti, -lo scambio delle derrate e delle merci, la consegna delle cose date -in permuta si compiva in presenza delle famiglie contraenti; e la -stessa _mancipatio_ con i suoi cinque classici testimoni, si spiega -più agevolmente nella sua genesi in un convegno gentilizio che in un -pubblico mercato. I patti primitivi delle _gentes_, in mancanza di -garanzia dello Stato, non avevano altra sanzione che la sacertà: e -_sacer_ doveva essere, prima ancora delle XII tavole e non soltanto a -Roma, colui che violasse i patti privati, fossero questi di cambio, di -vendita, di mutuo etc. Nè a proteggere i patti s'invocarono gli Dei del -cielo, ma bensì gli Inferi; chè presso lo Stige si giurano i patti e -gli spiriti dei defunti sono quelli che vegliano sulla fede dei vivi. - -Questo carattere sacrale si spiega facilmente riflettendo che il -formulario dell'antico diritto romano — e si può, quindi, agevolmente -comprendere quanta parte del diritto stesso — proviene dai pontefici, -ed è senza dubbio sacrale il formulario dei _negotia per aes et -libram_, vale a dire dei negozî che servono tanto a trasferire diritti -di proprietà — _mancipatio_ — quanto a creare rapporti obbligatorî — -_nexum_ —. - -Ed inoltre se obbligare allude, secondo il Perozzi, alla garanzia del -terzo — il _praes_ o _vindex_ — perchè il _nexus_ rimane in catene; -la parola latina _contrahere_ richiama alla mente la figura di un -terzo il quale avvicina le parti e rende possibile lo scambio, ossia, -giuridicamente parlando, perfeziona il negozio e questo terzo, nel -primitivo ordinamento, non può essere un estraneo, dev'essere un -congentile. - -In seguito, per la diuturna lotta per l'esistenza, gran parte di -questi nuclei sparì a vantaggio di quelli più forti e più favoriti -dall'ubicazione e dalla fortuna; e questi si accrebbero della -popolazione e del territorio di quelli. - -Ma l'uno e l'altra non furono equiparati alla condizione dei popoli -e dei territorî a cui venivano aggiunti: una parte dei nuovi venuti -fu aggregata alla città, ma all'esterno di questa, e qui continuarono -a venerare le loro originarie divinità: ed i nuovi territorî furono -assoggettati alla giurisdizione della città, ma non raggiunsero con -essa quell'intimità di rapporti che aveva stretto la città al suo -territorio originario. Ed è da allora, presumibilmente, che la città -comincia ad avere un contenuto suo particolare e ad assumere aspetto e -natura giuridica speciale. - -Il prolungato contatto di quelli che vivevano dentro la città con -quelli che abitavano nella sua immediata vicinanza, reso più intimo -dallo stato continuo di guerra esterna, produsse una coesione, il primo -resultato della quale fu l'accettazione da parte della città delle -divinità venerate nel suburbio e delle divinità di quella da parte -di questo: ciò che a noi è rivelato dalla proibizione di seppellire -o bruciare i cadaveri entro la città: proibizione inconcepibile senza -questa equiparazione, perchè la venerazione dei defunti costituiva un -vero e proprio culto, l'oggetto del quale, il cadavere, non poteva -sicuramente esser deposto in luogo sacro a divinità straniere e, -quindi, nemiche. - -La derivazione etimologica di _forum_, infatti, da _foris_, _foras_, -_fores_, con l'o breve, indica la situazione esterna dal luogo chiuso, -dalla città, e concorda pienamente con il sistema, di origine orientale -e di importazione etrusca, di cui le XII tavole ci conservano la più -antica formulazione per l'Italia, che «in urbe neve urito mortuum neve -sepelito». - -La città, intanto, sorge quando il gruppo che la compone ha raggiunto -un'energia sociale ed economica che vincoli in modo definitivo e -assoluto gli abitanti al territorio e crei tali rapporti fra questo ed -il capoluogo da permettergli di cingersi tutt'all'intorno di mura. - -È questo un concetto ed un uso italiano antichissimo: con esso furon -fondate le città della confederazione etrusca e di quella latina e, -probabilmente, anche quelle, più antiche, dei Liguri; con esso fu -fondata Roma, e questa ad esso si attenne nella fondazione di tutte le -colonie. - -Con solenne rito sacrale l'aratro segnava per primo il perimetro della -città ed il solco del vomero significava il giro della fossa, mentre la -zolla sollevata indicava il cerchio del muro: — _aratrum circumducere_, -si dice la fondazione della città — e la città (_urbs_) trae il suo -nome da _urbo_: «urbare est aratro definire»; così come _aratrum -inducere_ ne simbolizza la distruzione. - -Aver dimora stabile e fissa entro il cerchio delle mura e goderne la -protezione e la difesa era un privilegio, una condizione eminente di -fronte a tutti gli altri, ai quali tale dimora e tale difesa non erano -concesse. - -Di quì una prima e fondamentale distinzione fra i cittadini e tutti gli -altri che vivevano nel territorio aperto. - -La città, inoltre, così aumentata di popolazione, ha bisogni speciali -per i quali si differenzia sempre di più, con naturale svolgimento, dal -terreno che la circonda e la completa; mentre per altra parte con lo -sviluppo della vita cittadina si intensificano i rapporti fra la città -stessa e la zona di territorio che le è in immediato contatto e si -accentua una differenza di natura strettamente giuridica fra questa ed -il rimanente territorio aperto. - -La città, infatti, fu protetta con difese speciali e fisse, fra -le quali primeggiano le mura; e poichè la loro costruzione e -riparazione era molto gravosa — _moenia_ deriva da _munera_ —; a -comparteciparvi, insieme con gli urbani, fu chiamata anche una parte -della popolazione, la quale abitava in immediata vicinanza, e che di -tale compartecipazione fu opportunamente compensata. Questo compenso -accentuò la differenziazione che per spontaneo e naturale sviluppo -si era già formata fra il territorio più propriamente cittadino -e la rimanente campagna e le conferì e precisò carattere e natura -strettamente giuridica. Onde la necessità di delimitarla in modo -preciso e distribuirla nella maniera più conveniente per la difesa ed i -bisogni della città. - -Questa determinazione fu fatta con misure varie a seconda delle -consuetudini dei varî popoli; onde fu più o meno estesa; ma sempre -questo territorio fu suddiviso con uno stesso sistema; e cioè in -quattro parti, corrispondenti alla divisione interna della città. La -misura latina, accolta ed applicata da Roma, fu quella dei mille passus -e le due vie che, intersecandosi perpendicolarmente, quadripartivano la -città ed il suburbio furono il _decumanus_ ed il _cardo maximus_. - -Nella città, intanto, per il contatto di elementi numerosi e per -l'aumento delle ricchezze e degli agi, moltiplicandosi il bisogno di -nuovi oggetti di lavoro e di lusso, si va sviluppando, tra le classi -inferiori sprovviste di terre o impedite ad averne per concessione, -l'artigianato; e questo, naturalmente, nel suo continuo svolgimento, -accresce alla sua volta gli oggetti d'artificio per le nuove esigenze -dell'agricoltura, della pastorizia e della vita civile. - -Di quì l'origine di un nuovo sistema di scambio. - -Lo scambio dei generi di prima necessità, prodotti in gran prevalenza -nel suburbio per bisogni principalmente urbani, aveva luogo fuori delle -porte e senza gravame alcuno, perchè la città dominante, gravando -questi prodotti, avrebbe in realtà gravato su sè stessa; ed anzi -la città ebbe cura che questo scambio affluisse in modo continuo e -periodico, finchè divenne rapidamente ebdomadario. - -Ma lo scambio dei prodotti manufatti, giovando prevalentemente alla -campagna, fu agevolato dalla città a cui interessava, ma fu da questa -regolato a proprio profitto. Essa assegnò a questo fine una piazza -apposita entro la città, curando che questa piazza fosse a fronte del -tempio della divinità tutelare che simboleggiava la città; determinò -un giorno fisso e volle che lo scambio fosse soggetto a norme e a -gravami speciali che dettero origine al _mercato_, divenuto così il -luogo d'offerta di manufatti e di opere dell'artigianato, fatta in una -pubblica piazza entro la città a persona indeterminata, ma in un giorno -fisso e da persona qualificata. E a questo mercato accorrevano tutti -coloro che vivevano nel territorio giurisdizionalmente soggetto alla -città, la quale lo fissò a periodi più larghi ed in occasione di feste -solenni che sospendevano dovunque il lavoro dei campi e degli artefici. - -In tal modo si viene lentamente formando quel sistema municipale, le -cui origini si perdono nelle ombre più remote della storia. - -Il centro murato, come il migliore e più sicuro, fu abitazione -privilegiata dei _cives optimo iure_, godenti di un diritto singolare, -in nome della collettività a cui appartenevano. - -Il primo e principale diritto della collettività si manifestava nei -riguardi dei beni comuni, i quali, essendo indispensabili alla vita -urbana, divennero diritto speciale dei soli urbani, distribuito -proporzionalmente per porte e per quartieri; ed a loro soli fu -riserbata la decisione degli affari che concernevano la città sia in -pace che in guerra. - -E come la religione era religione di Stato ed il culto una -magistratura; così i templi e gli edifici ed i _loca_ dei templi furono -affidati alla custodia dei soli urbani e soggetti alla loro vigilanza, -non solo entro la città ed il suburbio; ma entro tutto il territorio al -quale giurisdizionalmente la città era preposta. - -Il suburbio fu dominato dalla città, e ne divenne il complemento, con -una trasformazione che ebbe per limiti estremi da un lato i bisogni -del centro murato e dall'altro la suscettibilità e la capacità di -trasformarsi proprie del terreno rurale. - -Il diritto pubblico interno si formò con riguardo alla condizione -civica speciale; onde ai cittadini fu concesso di avere il -_domicilium_, che costituiva l'elemento necessario ed indispensabile -per il godimento dei diritti civili e politici, non solo entro le mura, -ma anche entro tutto il suburbio o in una parte di esso — per esempio -— 500 passi; e dentro il perimetro suburbano il cittadino godè delle -maggiori garanzie — _imperium domi_ — al pari che entro le mura. - -E poichè questi diritti erano in diretta ed immediata relazione con la -costituzione della famiglia, così anche per questo riguardo il suburbio -fu assoggettato ed equiparato, in vista degli interessi cittadini, -alla città stessa e perciò, per es., le tombe familiari e gentilizie -poterono aver sede in esso e gli atti dei minori e dei tutori che -riguardavano case e beni entro la città ed il suburbio furono esenti da -ogni intervento dell'autorità pubblica. - -Il suburbio fu escluso da ogni partecipazione attiva alla vita -pubblica ma ebbe anch'esso qualche vantaggio: in correspettivo della -cooperazione al mantenimento ed alla difesa delle mura, ebbe il diritto -di rifugiarvisi dentro nei momenti di pericolo; ed in contraccambio dei -vantaggi economici procurati alla città, ebbe una condizione giuridica -speciale per la quale i suoi abitanti, in genere piccoli proprietarî, -erano esenti da tutti gli oneri rusticani, che gravavano i lavoratori -della terra nella campagna. - -Inoltre fra i suburbani e gli urbani, si incuneava una classe speciale -formata da coloro che abitavano i sobborghi in immediato contatto con -le mura ed in continuazione delle porte, i quali si collocavano in -condizione abbastanza prossima agli urbani, senza confondersi con essi. - -Base del regime cittadino rimase sempre la prevalenza degli urbani: -civis, per eccellenza, fu solo il _civis urbanus_, il quale costituì -uno speciale sodalizio — _sodalicium urbanorum_ — compose i collegi -— _collegium urbanum_ — ed ebbe ed elesse i suoi magistrati — -_magistratus urbanus_ —. Ad essi soli furono riservate le cariche e gli -onori e fra essi, e fra essi soltanto, si trovavano coloro che godevano -di tutti i diritti di cittadinanza; la quale, data la posizione -speciale ed egemonica di Roma, comprendeva, oltre le maggiori facoltà -di ogni città, anche il godimento di un certo numero di diritti e di -facoltà nei rispetti delle altre città e di Roma. - -Roma, prima parte involontaria di una confederazione etrusca e più -tardi della confederazione latina, forte di una genuina e vigorosa -costituzione di Stato, assodata dalla pressione compatta della -plebe sul comune delle genti originarie e patrizie, rocca salda di -confine nel territorio latino, collocata nel cuore della penisola, al -confluente etnico, delle stirpi italiche e della gente etrusca, su -di una vera linea strategica che separa il nord dal sud e pressata -in cerchio dalle attività di una vasta regione (Bonfante), ebbe -quest'origine e questa formazione e per lunghi secoli si governò e si -resse con questo regime. - -Solo verso la metà del secolo secondo dopo Cristo, ampliata enormemente -nei suoi confini che i successivi allargamenti delle cinte di mura -spostavano di continuo in più larga cerchia, essa abbandonò l'antico e -glorioso sistema ed equiparò i _continentia aedificia_ alla città, fece -degli abitanti dei sobborghi dei veri e propri cittadini e iniziò forme -e sistemi di governo di carattere sempre più particolare. - -Ma Roma rappresenta l'eccezione. La regola era costituita dalle altre -città italiane. - -Anche quando, nell'epoca sillana, il territorio, politicamente così -vario d'Italia, acquista un'unità compatta con l'estensione della -cittadinanza romana, il _solum italicum_ è assimilato all'_ager -romanus_ e reso suscettibile di _dominium ex iure Quiritium_ e via via -per _leges datae_ il nuovo territorio dello Stato dominante venne a -costituirsi come un insieme coordinato di municipii, autonomi quanto -all'amministrazione ed alla giurisdizione inferiore, con uno schema -abbastanza uniforme in cui tornano le cariche e gli organi della -città di Roma (_duoviri_ invece di _consules, decuriones_ invece di -_senatores_ etc.); questi organi e questi magistrati sono eletti e -formati, secondo l'antico sistema, soltanto dagli _urbani_. - -Quando fu istituita la _vigesima hereditatum_, che, come dice la -parola, colpiva le eredità e forse anche, stando a Dione Cassio, le -donazioni; questa non ebbe vigore entro il perimetro del suburbio e -tanto meno poi entro la città. - -Ed anche nella decadenza questo sistema speciale di rapporti si -mantiene in gran parte fermo. Abolito l'antico privilegio dell'immunità -finanziaria di cui fino allora aveva goduto l'Italia, il territorio -non fu nè tutto nè contemporaneamente sottoposto a tributo. La -_plebs rustica extra muros posita_ fu sottoposta alla _capitatio_ ed -all'annona solo molto più tardi e soltanto nell'anno 400 i _praedia -urbana_ cominciarono ad esser assoggettati alla _tertia_. - -Nell'epoca di Caracalla, probabilmente per la ripercussione della -_constitutio antoniniana_ del 212 e per effetto di altre costituzioni -imperiali, le magistrature si concentrano nelle curie, formate col -voto esclusivo dei cittadini, con esclusione dei _plebeii homines_; ma -questi continuano a godere dei beni pubblici e a mantenersi distinti -dai suburbani sui quali, per la lenta stratificazione sociale, si -consolidano le originarie prestazioni in oneri fissi ed immutabili. - -È il fatale avviamento alla rovina. - -Il decadere dei commerci, il languire delle industrie, il ristagno -degli affari, l'estendersi del latifondo, le preoccupazioni delle -invasioni, prima irrigidiscono, poi spezzano i vincoli amplissimi e -fecondi che tenevano unito l'Impero. Il centro di esso va lentamente -spostandosi da Roma: la cittadinanza, estesa da Caracalla, non è più -la cittadinanza di Roma, ma quella dell'Impero; la capitale non è più -soltanto Roma e di divisione in divisione, cercando appoggio solido -al suo gran corpo cadente, l'Impero, bipartito, quadripartito, diviso -in diocesi e suddiviso in provincie, si appoggia principalmente sulle -città, dove viene a convergere ogni elemento di vita. - -Ma qui le vecchie e gloriose forme della civiltà e dell'opulenza -intristiscono: le curie, le corporazioni sole, per quanto fatte -ereditarie, non bastano più, come non bastano i nuovi funzionarî -dall'Impero creati per sostenerla, quali il _curator_ ed il _defensor_; -e tutti i cittadini indistintamente, ricchi e poveri, chiamati a -difenderla, sono chiamati a trattarne gli affari, ripristinando -l'antica _contio_ dell'epoca remota, composta di tutti gli urbani, -e questa va acquistando importanza sempre maggiore, perchè risponde -meglio alle esigenze di un organismo vitale che degrada sempre più in -basso; mentre a tenerne separati i suburbani, che tanti altri rapporti, -fra i quali principalissimi la difesa delle mura, le prestazioni -finanziarie, il mercato ed il culto, tenevano strettamente legati alla -città, valse il consolidamento delle condizioni dei lavoratori della -terra incominciato fino dal secolo quarto ed ormai troppo avanzato -perchè potesse aver mutamento dai fugaci tentativi giustinianei. - -La concione, composta di soli urbani, raccolta davanti alla Chiesa, -la quale appariva ed era ormai l'unica istituzione da cui si poteva -aspettare qualche sollievo, si mostrò come principale depositaria delle -tradizioni cittadine e prestò agli urbani sicuro rifugio, allorchè il -dominio gotico gravò più forte sui Romani vinti e disarmati, con un -sistema d'organismo burocratico anche più odioso di quello bizantino. - -La politica dei Goti tende a restringere il campo di azione della -_contio_, che si vorrebbe ridotta ad una riunione di natura religiosa, -utile soltanto alla pubblicazione delle leggi e dei precetti; ma ciò -valse a salvarla come organismo indipendente, da cui il popolo goto, -anche per ragioni religiose, restava escluso. - -I Langobardi, che avevano conquistato l'Italia con la forza delle -armi e vi si insediarono come conquistatori, non si abbassarono ad -accogliere alcuna cooperazione dai vinti e quindi stesero sul paese -il loro potere assoluto; ossia imposero in modo violento all'Italia la -propria organizzazione. - -Ma questa organizzazione era per più aspetti scarsa: scarsa di -contenuto e scarsa di mezzi d'azione. I varî nuclei popolari da cui -resultava la nazione germanica erano abituati a vivere in forme di -larga autonomia, ed è noto che essi non si adattavano a piegarsi -all'autorità preminente di un solo, se non sotto la pressione di gravi -avvenimenti esterni e temporanei, quali la guerra, le conquiste, le -migrazioni etc. - -Abitualmente ogni gruppo provvedeva da sè ai pochi bisogni di un -popolo nomade. Pertanto per ogni deliberazione era congruo sistema -la decisione collettiva di coloro che del gruppo formavano la guida e -la difesa e cioè dei liberi atti alle armi; mentre, per i negozi che -interessavano più gruppi, tutti concorrevano alla formazione di una -volontà collettiva più ampia, sotto l'autorità del più prode in guerra -e miglior giudice in pace. - -In Italia, appena compiuta la conquista di una larga zona di -territorio, la momentanea unione generale si scisse nell'indipendente -governo dei singoli duchi, bramosi di riconquistare la propria libertà -d'azione nei limiti del proprio distretto. - -Un decennio di interregno fu prova bastante per dimostrare -l'impossibilità di resistere ai Bizantini, ancora signori di gran parte -d'Italia, da una parte e ai Franchi dall'altra, continuamente stimolati -dal pontefice; senza contare la necessità di tenere a freno una -popolazione numerosa e persuasa che la nuova invasione, al pari delle -altre, avrebbe dovuto esser solo passeggera. - -Si tornò allora ed in modo stabile al sistema monarchico; ed il re ebbe -cura di consolidare la sua autorità in modo più energico. - -Per questo egli frenò il potere dei duchi, sostituendo ad essi, quando -gli fu possibile, ufficiali di propria nomina esclusiva — gastaldi —; -e restrinse l'autorità delle varie assemblee regionali che con essi -collaboravano, riserbandosi la trattazione degli affari di interesse -generale e di maggiore importanza. Egli si valse abilmente della -impossibilità di convocare una generale assemblea di tutti i liberi per -modificare la costituzione e il funzionamento dell'assemblea che più e -normalmente gli stava vicina. - -Il re intese così ad accentrare ogni potere nelle sue mani, senza -giungere a modificare il fondamento della vecchia organizzazione, -sicchè anche Liutprando, che dei re langobardi fu il più forte, si -trovò sempre a fronte l'aperta ribellione dei duchi. - -I Langobardi non avevano civiltà, non conoscevano industrie, nè avevano -conservato con le regioni da cui provenivano relazioni capaci di scambi -fecondi; sicchè la loro venuta in Italia non creava per alcun verso -bisogni nuovi, i quali dessero origine ad uno scambio qualsiasi, sia -pure fittizio e momentaneo, capace di produrne altro più durevole. -Per quanto intenso fosse il movimento accentratore del potere regio, -questo non poteva iniziare un movimento che facesse convergere alla -capitale e da essa riespandere nel territorio dello Stato un'attività -capace di mutare l'assetto economico del paese — chè tale non poteva -certo mostrarsi l'affluire delle imposte alla curtis regia di Pavia ed -il modestissimo scambio cui dava luogo lo smercio di quei prodotti, la -gran maggioranza dei quali era certo in natura. - -Nè le varie regioni eran più strette fra loro per esser soggette allo -stesso dominio. Ognuna formava un organismo a sè: ogni ducato aveva -i suoi liberi, che erano ad esso legati, distribuiti nelle minori -suddivisioni e che dovevano accorrere alla chiamata del rispettivo -capo; che non avevano attitudini a lavorar la terra in maniera da -trarne profitti tali da soddisfare i bisogni loro e permetterne un -commercio, perchè, anzi, il lavoro della terra non era considerato -degno di chi per natura ed elezione era portato all'uso delle armi -contro gli uomini e gli animali; nè avevan attitudine alcuna ai -commerci; quindi, una volta fissatisi in una regione, nessun mezzo di -muoversi e di prosperare: un'invincibile tendenza a fissarvisi, resa -più accentuata dai bisogni delle guerre continue, le quali, nemiche -sempre di scambi e di commerci, richiedevano inoltre sedi fisse di -riunione, da cui muovere verso il luogo indicato dal re. - -La mancanza assoluta di un'energia creativa impedì dunque allo Stato -langobardo di riuscire a dominare in modo effettivo il nuovo territorio -e di imprimergli un aspetto ed uno sviluppo improntato al suo -organismo; mentre quel disgregamento proprio delle stirpi germaniche, -che con le continue lotte interne aveva facilitato la vittoria di -Cesare e dei Romani, rendendo più grave la loro dispersione in un ampio -territorio, fece sì che l'azione dei Langobardi si mostrò quasi del -tutto negativa. - -Di tale situazione si valse abilmente e con fortuna l'altro grande -organismo in cui si raccoglieva allora gran parte delle energie -sociali: la Chiesa. - -I Langobardi, infatti, nei primi anni in cui infierì la conquista e -turbinò il governo indipendente dei duchi, non si avvicinarono alla -chiesa cattolica: ne confiscarono, almeno in parte, i beni e li dettero -al fisco o al culto ariano, contrapponendo quasi in ogni città una -chiesa ariana a quella cattolica. - -Ma il contatto continuo con i vinti, fra i quali si trovavano come -disseminati senza un continuo ed intimo rapporto spirituale reciproco, -e la fortunata propaganda dei sacerdoti cattolici produsse una forte -e rapida conversione al cattolicismo, la quale già molto sensibile al -tempo di Autari, che volle ostacolarla proibendo il battesimo, in meno -di mezzo secolo era già arrivata ai gradini del trono con Teodolinda e -Agilulfo. - -Questa conversione fu dovuta allo spontaneo sentimento dei singoli -Langobardi, non fu un atto oculato e voluto di governo, nè la -conseguenza di un patto stipulato fra la suprema autorità della Chiesa -e la maggiore autorità dello Stato. Perciò i Langobardi entrarono nella -religione cattolica come neofiti penitenti accolti per misericordia nel -grembo della grazia e non come alleati — tanto meno come vincitori; -entrarono, cioè, in essa con dedizione quasi completa, accettandone -in tutto e per tutto gli insegnamenti, il dogma, i precetti, la -costituzione, senza chiedere e senza imporre modificazioni o compensi -speciali. - -La loro conversione fu un trionfo completo per la Chiesa cattolica la -quale finì per assorbire il nuovo popolo senza nulla cambiare in sè -stessa e fu una rovina per lo Stato langobardo, il quale, anche quando -la maggior parte dei suoi cittadini fu convertita al cattolicismo, -ebbe sempre la Chiesa cattolica irriducibilmente e doppiamente nemica: -nemica perchè per essa lo Stato langobardo continuò ad essere il nemico -del dogma cattolico e dell'Impero che del dogma era il difensore per -antonomasia e contro di esso sollevò continuamente insidie e nemici, -finchè non ebbe ottenuta la fortunata discesa di Carlo Magno; nemica -perchè parallelamente riuscì a tener viva all'interno una continua -ostilità che non tardò a minare le basi dello Stato. - -I Langobardi finirono per esser stretti dalla fede che accomuna le -anime e livella le persone; ma le persone a cui furono pareggiati -non erano che vinti e le anime a cui furono accomunati erano anime -abituate ad una vita, ad un pensiero, ad una civiltà consolidata con -secoli e secoli di storia e non mai spenta. Così il livellamento elevò -questi ultimi, mentre abbassava i primi; e l'accomunamento, che ne fu -conseguenza, mettendo a contatto una civiltà evoluta ed il vuoto della -barbarie, empì questa di quel tanto di cui era suscettibile e la rese -tollerante, se non fautrice, di un ulteriore suo sviluppo. - -Quando cominciò l'alterna lotta fra il partito ariano e nazionalista e -quello cattolico e romanizzante per la conquista del potere, la nuova -religione metteva contro ai Langobardi fedeli alle origini ed al culto -avito, non più i soli italiani numerosi ma deboli e vinti; ma altri -Langobardi, non meno forti e non meno armati, i quali nel bisogno -d'armi ricorrevano ai fratelli di fede e scindevano il regno in lotte -fratricide, che rompevano sempre più la cerchia della dominazione -germanica e aprivano nuove crepe che facilitavano agli Italiani -maggiori avanzamenti. - -Inoltre la Chiesa esplicò anche un'altra azione modificatrice, che -aveva ricevuto inizio già dal tempo in cui il culto cattolico era -diventato culto ufficiale dello Stato romano. - -Da allora, oltre ai compiti di natura esclusivamente religiosa, -considerando la Chiesa come uno dei suoi organi, lo Stato affidò -ad essa altre funzioni che col culto erano solo apparentemente -o indirettamente collegate; e queste funzioni divennero più -importanti mano mano che l'Impero diveniva più debole e si trovava -nell'impossibilità di sopperire alle gravi necessità del momento. - -Nell'epoca bizantina il vescovo aveva un'ingerenza riconosciuta nel -governo locale, partecipava alla nomina dei funzionarî ed all'esame -ed al controllo dell'amministrazione cittadina e sorvegliava anche i -giudici e la amministrazione della giustizia e qualche volta, se il -mutuo consenso delle parti lo voleva, aveva anche autorità di decidere -— episcopalis audientia —. - -Con i Goti prima, con i Langobardi poi, la Chiesa perdette una parte -di queste funzioni e l'incarico ufficiale di compierle; ma altre, -per quella parte almeno che poteva essere consentita dal nuovo stato -di cose, essa continuò ad esercitare, perchè in realtà consistevano -sopratutto in manifestazioni generiche dello spirito di fratellanza -e di carità, quali l'aiuto dei poveri e degli oppressi, il riscatto -dei prigionieri, l'alimentazione e la protezione dei derelitti, -etc., ed anzi sviluppò a questo riguardo un movimento, per il quale -le istituzioni di beneficenza, già all'epoca romana appoggiate ai -municipî si trovarono più tardi addossate alla Chiesa per modo che si -fondarono e si dotarono chiese con l'incarico e l'obbligo di mantenere -o vestire continuamente un determinato numero di poveri oppure offrire -dei banchetti etc. etc.: movimento così intenso che ha inspirato e -costituito tutto il sistema delle opere pie fino al nostro tempo. - -Ma per quanto numerose ed importanti sieno state le funzioni civili -esercitate dalla Chiesa, specialmente per l'impotenza dello Stato -germanico, questa non riuscì mai ad organizzare completamente la -società. Vi si opponeva la sua finalità che trascendeva i confini di -ogni Stato ed i limiti della vita terrena ed accomunava idealmente -popolazioni e paesi troppo disformi fra loro e mirava a fini troppo -diversi da quelli mondani. E vi si opponeva del pari e forse ancora più -vigorosamente la sua costituzione interna. - -Era questa, com'è noto, il prodotto di una imitazione quasi servile -dell'organizzazione civile. A ciò la Chiesa si era in origine -indotta, per sua convenienza, perchè nessuna organizzazione migliore -di quella romana poteva esser presa a modello nè poteva essere -più efficace: tanto meno fu indotta a staccarsene quando, divenuta -religione di Stato, le divisioni e gli ordinamenti di quello furono -obbligatoriamente i suoi. Ma mentre questi ultimi erano come una -sopra-struttura imposta al paese; le istituzioni civili delle città -italiane erano invece la resultanza di antichissimi ed ottimi sistemi; -e quindi queste ultime continuarono a vivere per forza propria e non -per forza ed opera della Chiesa, anche dopo che fu sparito l'Impero ed -il suo pesante organismo burocratico. - -La pieve è il pago italiano: esso si mantiene perchè il suo territorio -consta di terre private proporzionatamente completate da terre comuni; -i cui prodotti trovano nel convegno settimanale del capoluogo ed in -quello più raro della città lo smercio opportuno. - -La processione pagana prima, le rogazioni cristiane poi, girando i -confini del pago e della pieve, cooperano a mantenerli fissi, ma non li -determinano. - -Basta pensare, infatti, che il pago sopravvisse alle leggi Giulie, le -quali avrebbero voluto abolirlo: da allora all'epoca del trionfo del -cattolicismo troppo tempo intercorse, perchè si possa attribuire alla -Chiesa la virtù di averlo fatto resistere. - -La pieve cittadina è costituita anch'essa da un antichissimo pago, il -_pagus suburbanus_, che chiude nel suo interno la città che ne è il -capoluogo. Eppure, malgrado lo spirito di fratellanza della Chiesa — -del resto molto minore di quanto generalmente si ritiene — i suburbani -non sono mai equiparati agli urbani e la differenza, mantenuta -rigidamente anche dalla Chiesa, non è certo di creazione ecclesiastica, -anzi deve essere soltanto accolta dalla Chiesa come forza irriducibile -delle istituzioni laiche e civili. - -A soddisfare i bisogni della società italiana di quel tempo, costituita -dai nuclei di eredità romana, per numero e per civiltà prevalenti, e -dagli elementi langobardi preminenti per posizione sociale e per forza -di armi; mentre i due maggiori organismi, lo Stato e la Chiesa, erano -entrambi per ragioni diverse egualmente impossibilitati a soddisfarvi, -agì un altro e diverso organismo: la città. - -Incapaci di concepire, non che di formare un ordinato sistema -di governo, spinti a conservare le divisioni territoriali dalla -convenienza che presentavano per la esazione dei tributi, i Langobardi -accettarono tutto l'organismo che serviva a questa esazione e che -resultava dall'insieme di numerosi e diversi elementi, i quali l'intimo -e antico contatto aveva fusi armonicamente ed abituati da secoli a -funzionare. - -Il regno fu diviso in ducati, ognuno dei quali normalmente corrispose -al territorio di un antico municipio o di più municipi riuniti, e -la città che era capoluogo di quello, fu sede anche del duca o del -gastaldo, e con lui naturalmente, dei famigliari e dei nobili che -gli si raccoglievano intorno ed ai quali offriva sicurezza e difesa, -maestosi edifici e agi sconosciuti ma presto apprezzati. - -Con le mura e con le torri la città si prestava a facile difesa, poichè -per la sua ampiezza poteva accogliere buon numero di armati ed era la -sede dell'autorità pubblica ed il naturale punto di riunione da ogni -parte della regione. Essa serviva inoltre a mantenere la pace e la -tranquillità interna delle classi; e a questo scopo, secondo il sistema -penale germanico, fu aggiunta un'altra penalità a quella normale per -ogni delitto, allorchè fosse commesso entro le mura. - -Così il centro urbano acquistò nel diritto pubblico langobardo una -speciale consistenza giuridica di fronte a tutti gli altri centri, -anche se cinti di mura; in quanto che questa maggiore protezione, -essendo stata accordata alla città perchè capoluogo di una regione, fu -tolta in modo preciso e assoluto a tutti gli altri, i quali vennero -a trovarsi in una condizione riconosciuta e consacrata legalmente -inferiore. - -A proteggere in tal modo la città il legislatore langobardo fu -mosso da ragioni di convenienza e di polizia: ma, intanto, sia pure -involontariamente, esso veniva a convalidare, in modo mirabile, il -concetto giuridico italiano della città: sicchè le antiche tradizioni -che rendevano le mura cittadine oggetto di un vero e proprio culto, si -mantenevano in vita con una continuità che dalle più remote leggende -d'Italia e di Roma fluisce ininterrotta per tutto il medioevo fino -all'età dei Comuni. - -Si formò così il principio della pace speciale, che faceva della città -un suolo giuridicamente privilegiato e aumentava l'importanza sociale -di coloro che vi abitavano. - -La città aveva conservato lo scheletro suo primitivo: anzitutto il -suburbio, immiserito ed in qualche parte, magari, deserto, ma sempre -ad essa legato ed avvinto dal bisogno della difesa e dalle necessità -del mercato, era tuttora designato col classico nome delle leggi di -Costantino e delle epigrafi più vetuste, e continuava a sussistere con -l'antichissimo e speciale regime. In secondo luogo le terre comuni: il -titolo giuridico ne era cambiato; ma ciò, dati i tempi, non modificava -la destinazione e l'indole della loro consistenza giuridica. - -La città, infatti, anche nello Stato in cui era discesa al tempo dei -Goti, era pur sempre un organismo non solo capace di vivere — e lo -dimostrò sopravvivendo all'impeto della conquista — ma di gran lunga -superiore al più valido organismo di governo barbarico. - -Come capoluogo del territorio sottoposto alla sua giurisdizione, essa -continuava ad attirare in sè quel po' di commercio che si poteva -tuttora sviluppare e forniva gli oggetti e gli artifici richiesti -dalla vita sociale continuando l'antica tecnica del mestiere; ed -accanto a questo mercato non frequente nè intenso, se ne manteneva in -vita un altro, periodico e settimanale, che non si estendeva al di là -del suburbio, ma che forniva alla città gli elementi necessari alla -sussistenza. - -La città doveva inoltre fornire facile ricetto a quei Langobardi che, -nelle nuove condizioni sociali, avevano perduto le terre guadagnate con -la conquista, perchè il gruppo cittadino, composto di italiani, ad essi -non poteva rifiutar l'ammissione; mentre i beni comuni rimasti alla -città consentivano al nuovo venuto una condizione di esistenza di gran -lunga migliore di qualsiasi lavoratore della terra. - -Anche a questo riguardo avvenne ai Langobardi quanto era avvenuto per -la loro conversione. La città, composta di elementi cattolici e vinti, -fu sottoposta a tributo insieme col suo suburbio, nei primi tempi -dell'invasione e la ripartizione fra i quartieri di questi tributi, di -cui città e suburbio erano solidalmente responsabili, spettò ai soli -urbani, i quali ne decidevano nella generale antichissima riunione, che -si teneva davanti alla Chiesa. - -Quando la conversione religiosa ebbe cominciato ad avvicinare un -po' i vincitori ai vinti, i Langobardi convertiti frequentarono, -naturalmente, le riunioni in cui si trattavano gli affari di maggiore -importanza della Chiesa e siccome nello stesso modo e con le medesime -forme si trattavano anche quei pochissimi affari di natura civile, -che erano rilasciati alla cittadinanza dall'autorità pubblica; così -anch'essi si trattarono insieme con gli altri. - -La cosa era resa tanto più agevole dal fatto che la cittadinanza, fino -dal tempo goto, formava un unico collegio — _collegium civitatis_ -— che era composto dei soli urbani; era cioè una forma associativa -rudimentale, facilmente accessibile alle menti rozze dei Langobardi -e nello stesso tempo arieggiava l'originaria costituzione germanica -della _marca_, in quanto che solo gli urbani godevano di facoltà sui -beni pubblici e sulla cosa pubblica; così come ai soli commarcani era -dall'antico sistema germanico concesso ogni potere. - -I Langobardi, entrando in quest'organizzazione, come erano entrati -nella Chiesa cattolica e cioè individualmente e alla spicciolata, -furono assorbiti da questa come dall'altra ed in breve stretti -dai vincoli della Chiesa, vennero immedesimati nella città. Tale -assorbimento, aumentando l'importanza della città, faceva sempre più -decadere le antiche ed originarie istituzioni langobarde; mentre, -d'altro canto, l'assemblea generale del regno era asservita al re -e quella locale ridotta solo, mutando le facoltà originarie, ad -amministrare la giustizia, andava perdendo lentamente anche la ragione -di esistere. - -Quando con Carlo M. fu istituito lo scabinato, il maggior vantaggio -di questo colpo portato all'antico sistema langobardo, lo sentì la -città, che col privilegio, stabilito per legge, della nomina degli -scabini, ebbe, oltre l'assemblea per trattare gli affari politici, -anche un tribunale proprio per giudicare le controversie minori; ma -appunto perchè minori più frequenti e quindi più importanti, fra i suoi -componenti. - -Entro la città vi era inoltre il rappresentante dello Stato e lo -Stato ha anch'esso cooperato a formare la costituzione della città -— piuttosto negativamente — è vero, ma la sua azione è innegabile. -La riduzione del concetto di cittadinanza al concetto di urbanitas -è la conseguenza dell'opera germanica nell'elaborazione di elementi -italiani; e il maggiore sviluppo dell'assemblatorio cittadino si -ottiene quando la massa dei Langobardi gravita in esso aumentandone il -peso e l'importanza. - -Più difficile è determinare l'importanza reciproca e la posizione -scambievole della chiesa cittadina e della cittadinanza. - -Mentre lo Stato langobardo si sovrappone dovunque alla città nello -stesso modo; la Chiesa si è insediata luogo per luogo, inspirandosi -allo stesso fine ma impiegando mezzi diversi; e le conseguenze di -questo modo di procedere, sensibile a parecchi secoli di distanza, -è stato accompagnato anche da varie cause speciali; fra le quali, -prima di ogni altra, la maggiore o minore rapidità dei Langobardi a -convertirsi e ad entrare nell'ingranaggio religioso e cittadino. - -A Lucca, per esempio, sino dai primi documenti, vediamo assimilati ai -_cives_ anche taluni gruppi di _arimanni_ che non son certo italiani -e accanto ai _notarii ecclesiae_, diffusi dovunque, compaiono degli -_scabini ecclesiae_ di cui non si ha traccia altrove, così come altrove -non si ha traccia di un _curator_ investito di carattere ecclesiastico; -nè fuori che a Lucca si trovano dei _lociservatores_ di così intenso -sapore ecclesiastico. - -Ma la costituzione lucchese si può considerare, per certi rispetti, -eccezionale. Del resto essa non contraddice affatto all'asserzione -che il primo posto, nella organizzazione civile, è tenuto dalla -cittadinanza. - -Esternamente ed apparentemente la Chiesa sembra avviarsi ad una grande -preminenza: riconosciuta al vescovo la facoltà di cooperare col conte -all'amministrazione della città e ridotto poi quest'ultimo quasi -esclusivamente nella campagna; i re d'Italia prima, gli Ottoni in -seguito fecero del vescovo il caposaldo del loro governo. - -Ma in realtà i vescovi agiscono non come capi di una diocesi; ma come -preposti alla pieve cittadina. E il loro potere è l'esponente del -potere della città. È ad essa, ai suoi componenti e cioè ai _cives_ che -spetta il primo posto. - -Questi _cives_, isolati dai Goti e dai Langobardi, si stringono fra -loro in un nucleo tenace, che, assorbendo l'elemento germanico, gli -imprime il suo suggello e ne adopera l'energia a far salire il proprio -livello. - -I cittadini hanno il proprio notaro, che è l'antico notaro della città. -Al tempo romano era l'attuario delle curie, perchè nelle curie si -raccoglieva il governo cittadino: ora che la città si riduce a nuove -condizioni, esso diviene il notaro dei _cives_; e accanto a questa -istituzione, che conserva le antiche tradizioni, continuano a vivere -anche altre forme antiche: il _curator_, con funzioni finanziarie, il -_perequator_, il _racionator_ etc. - -E con i _cives_, naturalmente, cresce d'importanza la _civitas_. - -Ma il suo sviluppo ha dei limiti: nelle condizioni generali -dell'agricoltura povera ed abbandonata e nell'impossibilità da parte -dello Stato germanico, di coordinare le varie energie locali. Questi -limiti fecero sì che l'energia cittadina — energia economica ed energia -giuridica — non si estendesse al di là del suo suburbio. Così che -il regno fu spezzato e rotta l'antica unità del territorio col suo -capoluogo, chè, mentre questo rapidamente progrediva, quello rimaneva -inattivo; mentre nella città cresceva in potenza l'organo che meglio -rispondeva alla sua organizzazione, e cioè il vescovo: nella campagna -il potere restava affidato agli organi dello Stato germanico che meglio -rispondevano ai bisogni di un'economia eminentemente terriera. - -Quando il movimento ascensionale della città raggiunse un grado tale da -permetterle di avere un magistrato tutt'affatto proprio — il consolato -—; il contado all'intorno era ancora tutto soggetto alle grandi -signorie laiche, le quali separavano le varie città l'una dall'altra -senza alcuna coesione d'indole generale e superiore. - -Così strette da un cerchio economicamente e politicamente diverso ed -ostile, le città svilupparono un diritto pubblico che s'imperniava -tutto sull'appartenenza non ad un regno ma ad una città e che entro -lo stesso regno contrapponeva città e città, fino ad originare la -rappresaglia; e, siccome il centro di questa organizzazione restava la -città murata, cittadinanza e _urbanitas_ furono sinonimi. - -Era la cittadinanza medioevale ed il nuovo diritto pubblico italiano. - -Ma questo sviluppo non sarebbe stato possibile, se l'energia economica -e sociale non fosse stata regolata e guidata con norme opportune -ed appropriate. Ed anche a questo provvide la città, la quale, -specialmente dopo l'istituzione dello scabinato, elaborò consuetudini e -norme giuridiche proprie, per cui dallo scheletro scarno dell'Editto si -giunse allo studio sistematico del diritto: alle Pandette. - -Mentre il Comune drizza superbo il suo bel gonfalone, torna a farsi -sentire la voce solenne degli antichi giuristi e l'Italia rinasce a -nuova vita. - -Così, sia pur in modo imperfetto e sommario, si possono tratteggiare le -vicende della costituzione giuridica delle nostre città tosco-lombarde. - -Da questa ricerca scaturiscono, a mio modo di vedere, due conclusioni: -una d'indole generale, di indirizzo e di metodo; l'altra, che in parte -rientra in questa e che direi di proporzione. - -Quando Roma ebbe con fortuna iniziato quel gran movimento ascensionale -che toccò culmini non più raggiunti, faro luminoso, centro di ogni -specie di attività, attrasse, costrinse a sè le energie di tutti i -territori soggetti al suo dominio, e la sua lingua, la lingua della -signora di tutto il mondo, fu la lingua dell'universo e scrittori -d'ogni provincia accolsero, coltivarono, perfezionarono quella che sola -aveva dignità di lingua, di fronte alle altre parlate, che non erano -che dialetti: così come il suo diritto era il diritto per eccellenza e -rétori e poeti, filosofi e grammatici, storici e giuristi furon tutti -dominati dalla sua grande potenza. - -Più tardi, quando questa potenza cominciò a decadere, l'idea grande di -Roma non decadde. Non decadde allora e non sparì in seguito: nemmeno -quando il mondo attonito seppe violate e rotte dall'orda famelica e -disordinata dei barbari tante volte nei secoli percossi dall'aquila -superba, le mura fatali che Annibale, vincitore di numerose e cruente -battaglie, invasore felice di tre paesi, conquistatore fortunato di -quasi tutta l'Italia, non aveva osato avvicinare. Nemmeno allora sparì: -si trasformò. Divenne il più caro, il più santo dei ricordi e delle -tradizioni e fu il termine di paragone delle fervide menti avide, nel -doloroso presente, del ritorno di un passato luminoso di vittorie e di -prosperità, e del tempo felice in cui l'immensa pace romana copriva del -suo manto maestoso quasi tutto il genere umano. E a render più saldo -questo culto nel tempo in cui la religione era senza dubbio il conforto -maggiore; il dolce cantor di Virgilio, per divina volontà quasi profeta -di una venuta che doveva trasformare il mondo, legava con vincoli -spirituali sempre più intensi l'antico mondo al nuovo. - -Le antiche tradizioni popolari di giustizia, di diritto, di tecnica -del mestiere, che erano e risalivano al tempo romano, furono credute -— e non tutte lo erano — romane ed ogni città volle vita ed origine -da Roma e da quelli che in essa raggiunsero fama e splendore; e queste -antiche leggende, queste tradizioni vetuste nel remoto medioevo furono -la vita spirituale delle nostre città, in cui notai e giudici avevan -continuamente sott'occhio formule e parole d'antichi tempi, e in cui -la Chiesa continuava a parlare al cuore con la voce di Roma, simbolo -superbo di gloria e di redenzione per il popolo italiano. - -Nell'800 un re franco di grande ingegno e di grande potenza, ma -barbaro, non italiano, intese, cingendo in Roma la corona, di -continuare, non di far rinascere — chè rinasce solo ciò che è morto — -l'antico Impero. - -Fu un'utopia, ma un'utopia di tal forza che ha vissuto fino al secolo -decimonono, incardinando per secoli il diritto pubblico dell'Europa -intiera: qual prova maggiore di intensità e di forza per una -tradizione? - -Di poche diecine d'anni è posteriore il primo documento a noi noto in -cui appaiono i primi segni del differenziarsi di nuove lingue sul gran -fondo comune della lingua romana e da allora, più intensamente che -altrove, la tradizione di Roma si consolida in Italia; nell'Italia che -da Roma e da Roma sola voleva trovar l'origine per le sue molteplici -città. - -Queste tradizioni si maturano, si ampliano nei secoli e sbocciano -gloriose nel fulgore delle repubbliche, che si specchiano in Roma, -e che assurgono a nuova civiltà, fino al trionfo dell'Umanesimo, che -ridestò intiera l'antica gloria. - -Anche in seguito, pur spezzata, frazionata, divisa e sottoposta al -dominio straniero, l'Italia sentì la sua unità nella grande discendenza -da Roma: e tutti gli scrittori di storie locali, che dal cinquecento -all'ottocento hanno illustrato le vicende della propria patria, ne -iniziaron le origini con la discendenza da Roma e da Roma mossero -alberi genealogici e costruzioni sociali. - -All'epoca del nostro riscatto, Roma, Roma la grande, fu contrapposta -al barbaro ed all'oppressore e sui campi cruenti delle battaglie, -nell'oscure torture delle prigioni e dei patiboli, gli esempi di amor -di patria dell'antica Roma sostenevano i forti spiriti dei martiri e -degli eroi, mentre nella bocca e nella mente del popolo l'incitamento -alla vittoria suprema suonava nell'alata parola del poeta che all'itala -madre cingeva il superbo elmo di Scipio. - -Nè gli studiosi della nostra storia giuridica si sottrassero a questa -corrente; troppo compresi della gran lotta per l'indipendenza per non -ricollegare agli antichi i nuovi oppressori. - -Il culto di Roma tocca l'apogeo con Federigo Carlo di Savigny. - -Questo illustre e geniale tedesco, studioso eminente del diritto di -Roma, sentì, guidato sui primi passi dal genio di un grande, sebbene -quasi dimenticato, italiano — Antonio d'Asti — sentì che quel complesso -meraviglioso di norme, frutto di lunghi secoli e di studî mirabili, -non poteva morire, non poteva esser morto; sentì che quel paese, ove -tanto fuoco aveva per secoli scaldato le menti, regolato i rapporti, -guidate le azioni, doveva, pur nel più gelido stato, conservarne pure -le faville sotto le ceneri; ed ideò una costruzione storica, per cui -il diritto di Roma si manteneva in vita per tutti i secoli del medio -evo, e la costituzione romana, abbattuta ma non mai estinta, si reggeva -pur col passar dei secoli e delle stirpi, per risorgere a nuova vita, -mentre a nuova vita risorgeva lo studio del diritto all'epoca comunale. - -Fu grande questa concezione e luminosa quant'altra mai; e il Savigny -conta fra gli spiriti vivificatori della nostra stirpe e del nostro -paese; come grandi resultati portò il metodo storico e giuridico da lui -inaugurato. - -Ma Roma non è, non è mai stata l'Italia. Questa tradizione che fa capo -a Roma, e a Roma soltanto, deve ora essere ristretta ai suoi naturali -confini; e deve cessare il metodo che Roma e il diritto romano vuole -esclusivamente cercati nel corso della storia italiana. - -Roma rappresenta un'eccezione e come tale, per la sua immensa -importanza, ha e deve avere gli studiosi della sua storia, della sua -costituzione e del suo diritto. La regola è data dalle altre città -ed è la costituzione di queste città, non affatto quella di Roma, che -porge gli elementi, che sopravvivono al tempo romano e che a contatto -con gli elementi germanici producono un nuovo periodo storico. Dunque -anche questa costituzione deve aver il suo storico ed il suo studioso -e questi deve essere lo storico non del diritto e della costituzione di -Roma, ma della costituzione e del diritto d'Italia. - -Come Roma non è l'Italia, così la costituzione e il diritto di Roma -non sono tutto il diritto italiano. E se noi vogliamo conoscere la -nostra storia dobbiamo sceverar la storia d'Italia da quella di Roma, -tenendo di questa il debito conto, sì, ma come parte di un tutto che è -nato prima di lei, ha vissuto in modo diverso e separato da lei e che -quando quella è morta — perchè Roma, come città antica, è veramente -morta — non solo non si è spenta con lei, ma ha fornito gli elementi e -i fondamenti della nuova costituzione. Noi dovremo studiare il nostro -diritto, non soltanto contrapponendolo e distinguendolo da quello degli -altri popoli stranieri, ma anche da quello di Roma stessa. - -E valga il vero. - -L'Hegel, con una ricerca poderosa, ha troncato il sogno così caro al -Savigny della continuazione delle antiche curie romane nel consolato -medioevale; pochi anni fa il Solmi ha fatto altrettanto per le -corporazioni; dimostrando che le corporazioni medioevali non si -riattaccano affatto a quelle del tempo romano. - -Ma, diciamolo forte, con questo non si apre un baratro fra l'evo antico -ed il medio. La continuazione esiste ed esiste ugualmente, ma deve -essere ricongiunta alle primi origini della costituzione dell'Italia: -dell'Italia, non di Roma. - -Tali almeno le risultanze delle ricerche di questo studio. E se -anche queste resultanze dovessero essere riconosciute inesatte o -completamente errate; altre prove e più sicure si dovranno portare in -suffragio di quest'asserzione. - -Quando, abbandonato l'antico preconcetto per il quale si riteneva -che le leggi langobarde dovessero considerarsi come depositarie del -più puro diritto germanico; se ne intraprese un esame più accurato: -apparvero in esse tracce non dubbie di un diritto che fu detto -romano e giustamente, perchè emanato dagli Imperatori di Roma. Ma -quest'espressione apparve ben presto troppo generica. - -Il Nani rilevò che fra il diritto romano puro e l'Editto langobardo -c'era stata una elaborazione della legge romana che aveva servito di -tipo al legislatore langobardo. Ed il Tamassia, poco dopo, identificava -questa elaborazione intermedia nella _Lex Romana Visigothorum_, -più comunemente nota col nome di _Breviario Alariciano_, che è una -riduzione ed un compendio del Codice Teodosiano; pur mettendo in -rilievo che nell'Editto stesso si trovano tracce, oltre che di diritto -visigoto ed ecclesiastico, anche di diritto giustinianeo e di un -diritto che, sull'esempio del Brunner, chiamò volgare. - -E contemporaneamente al Tamassia allo stesso scopo dedicava profonde -e fruttuose ricerche il Del Giudice; mentre il Calisse dimostrava che -il diritto classico italiano aveva mantenuto la sua fisonomia anche -dopo la legislazione giustinianea, così sulle leggi langobarde come nei -documenti di quel tempo. - -Così a proposito della fiera ferita, degli sponsali sciolti per -ingiustificato ritardo di un biennio ad effettuare le nozze, della -perdita totale dell'usufrutto per parte della vedova passata a seconde -nozze, dell'affrancazione dei servi, delle scritture contrattuali, -delle forme degli atti e del numero dei testimoni, della mancipazione -nella donazione e nella vendita, dell'uso frequentissimo di dichiarare -cittadini romani i servi manomessi, della fiducia, del testamento, -della falcidia. - -E il quadro generale fu confermato col resultato degli studii del -Tamassia sull'alienazione degli immobili, sul testamento del marito, -sulla falcidia etc. e di quelli, numerosi, del Besta; mentre nuovi -studii pubblicati e nuovi documenti messi in luce rivelano nuove tracce -dell'antico diritto italiano, dalla mancipatio al diritto del passo -necessario. - -Orbene questo diritto, che qualche volta è stato detto teodosiano, -è più propriamente italiano ed esso deve essere messo in relazione -e completato con tutti gli altri elementi giuridici conservati dalle -consuetudini, dagli statuti, dai documenti, e da ogni altro materiale, -che ci ha serbato notizia della nostra vita giuridica. - -Il Brunner ha chiamato _diritto volgare_ questo diritto, che considerò -come una modificazione, una storpiatura del diritto romano, per opera -di elementi locali. L'espressione non è esatta e il suo pensiero non -ha colto nel vero. Ciò che a lui parve un fenomeno particolare ed -eccezionale è invece un fenomeno generale e complesso per il quale le -norme giuridiche e le consuetudini delle varie regioni d'Italia sono -state inquadrate dal diritto romano, ma non soprafatte e annientate. -Dal diritto romano risulta infatti da un lato l'autonomia concessa -alle varie regioni italiane — e questo è già qualche cosa per la -storia della costituzione giuridica dell'Italia — e da un altro — e -questo è infinitamente di più perchè è proprio l'ossatura intima della -costituzione italiana — che le norme e le consuetudini locali ebbero -un'importanza preponderante e devono esser considerate come l'elemento -principale, il quale, nelle sue varietà regionali, è stato coordinato -dal diritto romano, ma non distrutto. - -La distruzione comincia più tardi: quando con la scuola di Bologna -assurge al primo posto il diritto giustinianeo e questo diritto si -diffonde e si applica in tutta l'Italia. - -Storia italiana, dunque, fatta con elementi italiani. - -Accettando, poi, almeno nelle linee generali, le conclusioni delle -nostre ricerche si è tratti anche ad una altra considerazione, pur essa -di metodo. - -Se la città italiana ha conservato una fisonomia propria e durante -l'epoca langobarda e quella franca è andata acquistando sempre -maggiore importanza e consolidandosi in un assetto giuridico sempre più -completo, tanto che l'evoluzione è terminata quando sono sbocciati i -Comuni, quando cioè, l'Italia superiore e media è apparsa costituita di -città libere; è chiaro che nè lo Stato, che ne ha permesso il primo e -l'ulteriore sviluppo, nè la Chiesa, che per un tempo abbastanza lungo, -per mezzo dei vescovi, ha tenuto il governo delle città, sono state -le forze veramente direttive della società italiana di quel tempo: -se avesse prevalso l'autorità regia, avremmo avuto una costituzione -simile a quella franca; se avesse avuto il predominio l'autorità -ecclesiastica, si sarebbe dovuto finire in qualche cosa di simile allo -Stato della Chiesa. Dunque l'organismo più potente, l'elemento centrale -della nostra storia e della nostra costituzione è la città. - -Orbene se questo è, ne consegue che la città deve essere considerata -come punto di riferimento e di partenza per la risoluzione dei più -gravi problemi, che interessano la nostra storia giuridica. - -Tutto il fenomeno storico della nostra costituzione si svolge intorno -ai cardini della città; dunque è la città che ne è il centro e da -questo centro si deve muovere. - -Ma dire città val quanto dire elemento laico, elemento civile, elemento -italiano, chè la Chiesa è universale e lo Stato è rimasto per lunghi -secoli straniero. - -Auguriamoci che la storia d'Italia la facciano gli Italiani. - - - - -INDICE - - - I. La città romana gota e bizantina. - - § 1. _L'antica cerchia di Roma primitiva._ - Le origini di Roma Pag. 1-4 - Il vallo e la fossa » 4-6 - - § 2. _La cerchia murata del IV.º secolo av. Cr._ - Patres, patres minores e plebei » 6-9 - Importanza delle mura » 9-10 - - § 3. _I mille passus. Determinazione territoriale_ » 10-12 - - § 4. _Determinazione dei mille passus rispetto alle - magistrature._ - Il domicilium » 12-14 - Condizione giuridica speciale dei beni dei minori - situati entro i mille passus » 15 - Esegesi dell'orazione di Severo — sua - interpolazione » 16-17 - Origine della distinzione dei beni in urbani, - suburbani e rustici » 18-19 - La fiducia » 19-20 - - § 5. _Mille passus, urbs e suburbium._ - La preminenza degli urbani » 20-23 - - § 6. _Differenze fra Roma e le altre città. Pomoerium e - continentia aedificia._ - Equiparazione dei continentia aedificia al suolo - intramurano a Roma » 23-25 - Carattere eccezionale per Roma di questa - equiparazione » 25-26 - Origine e cause » 27-28 - - § 7. _Determinazione dei mille passus rispetto ai plebei._ - La plebs extra muros posita » 28-29 - Esegesi del tit. 55 del lib. XI. del Cod. - Giustinianeo » 29-34 - Condizione giuridica di questa plebs » 34-39 - Sua importanza come classe sociale » 40 - - § 8. _Determinazione dei mille passus rispetto ai beni - pubblici_. - I beni pubblici nel diritto romano. Esame e critica - della teoria del Rudorff » 40-48 - Triplice distinzione di essi fatta dalle - fonti » 49-51 - Diritti degli urbani a questo riguardo » 52-53 - - § 9. _Determinazione dei mille passus rispetto al culto._ - - Il pagus suburbanus » 53-55 - - § 10. _Città e campagna negli ultimi tempi dell'Impero - romano d'occidente._ - Trasformazioni del governo della città durante - la decadenza » 55-57 - Riammissione dei plebei prima esclusi » 58-61 - Cause e conseguenze » 62-64 - - § 11. _La conquista gota._ - Il collegium cittadino » 64-68 - I beni pubblici » 69 - - § 12. _Città e campagna sotto i Bizantini._ - Sopravvivenza della condizione giuridica della - plebs extra muros posita » 69-71 - - § 13. _Le divisioni territoriali interne della città._ - I quartieri. » 71-73 - Loro attribuzioni » 74 - Quartieri, corpora e numeri » 75-77 - - § 14. _Conclusione._ » 77 - - - II. La città langobarda-franca. - - § 1. _Territorium._ - Continuazione delle divisioni territoriali civili - romane e loro coincidenza con quelle - ecclesiastiche » 79-80 - Eccezioni a questo sistema dovute non a - perturbamenti del tempo langobardo ma a - preesistenti pagi italiani » 81-83 - - § 2. _Suburbium._ - La legge di Carlo Magno » 84 - Traccie e denominazione » 84-86 - L'espressione »intra civitatem» usata nei - documenti medioevali per indicare il suburbio - e la legge dell'imperatore Costantino » 87-90 - Estensione del suburbio diversa da regione a - regione ma sempre antichissima » 91-96 - Condizione giuridica speciale dei suoi lavoratori - mantenutasi dal tempo romano » 97-104 - - § 3. _Campanea._ - Esistenza di un territorio strettamente - cittadino » 104 - Sua differenziazione così dal suburbio come dal - comitato » 104-109 - Sua natura giuridica » 109 - - § 4. _Bona publica e arimannie._ - Origine e natura delle terre arimanniche » 109-110 - Esame e critica delle varie opinioni degli - scrittori a questo riguardo e specialmente - di quella del Checchini » 112-117 - Le famose arimannie mantovane » 118-120 - Il _publicum_ » 121-122 - - § 5. _Il populus cittadino._ - Sua costituzione resultante dall'unione dell'urbs - col suburbium e con la campanea » 122-123 - Origine e natura di questa unione » 123-126 - I famigerati »populi» di Paolo Diacono » 127-132 - - § 6. _I suoi elementi: pars ecclesiae, pars publica, cives._ - Notarius regis, notarius ecclesie e exceptor - civitatis » 132-134 - I cives di Verona » 134-136 - Continuazione dell'antico sistema italiano per il - quale alla riparazione delle mura e degli edifici - pubblici concorrono lo Stato, la Chiesa cittadina - e i cittadini » 136-142 - Eccezione fatta a questo riguardo dalla c. d. - Legge romana udinese » 137-138 - I cives di Cremona » 138-145 - - § 7. _La Chiesa come istituzione cittadina. La pieve: - origine, elementi, sviluppo e modificazioni. - Origine della parrocchia a tipo moderno: le - chiese cardinali._ - Numerosi elementi da cui risulta l'azione della - Chiesa e necessità di sceverarli ed esaminarli - partitamente » 145-146 - Sistemi di propaganda » 147 - Differenze fra gli ordines officiorum delle - varie chiese » 148-150 - Origine, natura ed importanza di queste - differenze » 150-152 - La pieve » 152-153 - Sua sovrapposizione all'antico pago italiano » 153 - Elementi di questo rintracciabili attraverso - la pieve cristiana. - Communia, vicanalia e interconciliaricia » 153-161 - Munitio e magistri pagorum » 161-162 - Feriae pagorum » 162-163 - Sistema tenuto dalla Chiesa cattolica » 163-166 - La pieve cittadina » 166-175 - Inizio, sul finire del secolo ottavo, della - sua differenziazione dalla pieve rurale » 171 - Allargamento del suo territorio. Decima - novalium e fondazione di nuove cappelle - estendentisi anche ultra suburbii fines » 171-174 - Inizio di una speciale officiatura delle chiese - dei santi più venerati » 175-177 - I decomani milanesi » 178-179 - La chiesa di S. Ambrogio di Milano e il diploma - arcivescovile dell'anno 789 » 179-180 - Altri privilegi concessi a questa chiesa - dall'arciv. Tadone nell'866 » 181-183 - Chiese decumane, cardinali e sedali » 183-187 - Le caratteristiche di queste chiese. La - parrocchia moderna » 188-189 - Ordo laico e ordo ecclesiastico. Derivazione di - quest'ultimo dall'ordo civile del municipio - italiano » 189-190 - Ordinarii e ordinarii cardinales » 190-194 - Azione ed intervento dei laici nelle elezioni » 194-198 - La consacrazione. — La consacrazione delle - chiese cardinali » 199 - La mensurna divisio dei primi secoli » 199-200 - Sua trasformazione da offerta volontaria in - collecta obbligatoria » 200-202 - Origine della decima » 202 - Decima franca e decima italiana » 202-206 - Il rifacimento degli edifici del culto » 206-207 - Le oblazioni: loro trasformazione da volontarie - in obbligatorie » 207-208 - Condizione speciale, a questo riguardo, delle - chiese cardinali » 208-209 - I beni della Chiesa » 209-213 - Le chiese cardinali e l'origine del beneficio - ecclesiastico » 213-215 - - § 8. _Il mercato cittadino._ - Estensione » 216-220 - Sistema di scambio » 220-221 - Generi di scambio » 221-227 - Ubicazione » 227-229 - Azione ed importanza » 229-235 - - § 9. _Il centro urbano e la sua natura giuridica._ - Urbs, castrum e vicus » 235-237 - Continuazione dell'antico sistema italiano per - il quale le maggiori facoltà erano - prerogativa esclusiva degli urbani » 237-244 - Azione della città » 244-246 - Azione del diritto pubblico germanico » 246-247 - Pace romana e pace germanica. Civis romano e - urbanus medioevale » 247-249 - - § 10. _L'assemblatorio cittadino._ - Il communi consensu richiesto dalla legge - dell'anno 400 per l'alienazione dei beni - delle città » 249-250 - Il conventus ante ecclesiam e l'Editto di - Rotari » 250-252 - Continuazione dell'antica assemblea degli - urbani » 252-253 - Il praeceptum dei Piacentini » 253-255 - L'asamblatorium di Milano » 255 - Asamblatorium, consulatus e origine del - Comune » 255-258 - - § 11. _L'assemblea regionale longobarda._ - Gli antichi anfiteatri romani e il termine - parlascium con cui sono indicati nei - documenti medioevali » 258-261 - Traccie della coesistenza di due diverse - riunioni in epoca remota » 261-262 - L'assemblea regionale langobarda » 262-263 - Suo decadimento fino ad esser ridotta ad - esercitare una funzione quasi esclusivamente - giudiziaria » 263-265 - Riforma di Carlo Magno. Lo scabinato » 265 - Il placito » 265-266 - - § 12. _Azione dell'uno e dell'altra nella costituzione della città._ - Elezione degli scabini » 266-268 - Loro competenza. Il consolato del placito » 268-270 - Assemblatorio e placito » 270 - La costituzione dell'Italia e quella degli - altri paesi » 271-274 - - § 13. _Le divisioni territoriali interne della città._ - Continuazione degli antichi quartieri - italiani » 274-275 - Loro rapporti reciproci e con la città » 275-276 - Costituzione interna » 277 - Importanza » 277-278 - Compagine della città » 278-280 - - _Conclusione._ » 281-310 - - - - -NOTE: - - -[1] I dati non discussi sono tolti dalla geniale storia del diritto -romano del nostro BONFANTE (Milano, 1910) e dalle opere fondamentali -del MOMMSEN e del MARQUARDT (Paris, 1888-93). - -[2] CUQ E. _Les institutions juridiques des Romains_. Paris. 1891, pag. -38. - -[3] Recenti studi ormai accolti nella scienza (vedili citati in -PACCHIONI G. _Corso di diritto romano_, vol. I. Innsbruck 1905 pag. 6) -hanno dimostrato come sia erronea l'opinione comune, fin qui dominante, -che trovava il significato originario di _pater_ in vincoli di -parentela. Questo senso è anzi completamente da escludersi: i resultati -etimologici danno la sola ed unica idea di dipendenza. - -[4] Cfr. la nota di N. TAMASSIA nella _Rivista Italiana per le Scienze -Giuridiche_ vol. XXII a. 1896 pag 870 e segg., le cui conclusioni sono -accettate anche dallo SCHUPFER (_ibid_. vol. XXXV a. 1903, pag. 13). - -[5] PAIS E. _Storia di Roma_, vol. I, parte I. Torino 1898, pag. 218 e -segg. e 268 e segg. - -[6] Cfr. _De Marchi A_. _Ricerche intorno alle insulae o case a pigione -di Roma antica_ in Mem. del R. Ist. Lomb. classe lett. sc. stor. e mor. -1891 ser. III vol. XVIII-IX pag. 244. - -[7] È merito del NIEBUHR (_Vorträge über röm. Alterthümer_ 1858, pag. -168 e segg.) aver pensato per il primo che l'«ambitus» fosse prescritto -per non funestare, quando c'era un morto, la casa del vicino. - -[8] PAIS _loc. cit._ pag. 217. - -[9] Ritengo non accettabile la teoria che ha tentato di mettere il mito -dell'uccisione di Remo in relazione con l'obbligo della difesa della -città contro il nemico a cui il passaggio non deve esser possibile che -vinto e sotto le forche caudine, e ciò perchè le forche consistendo in -una lancia posta trasversalmente su altre due infisse in terra viene -a riprodurre simbolicamente la rappresentazione di una porta e si lega -dunque a questa. - -Si può osservare in contrario anzitutto che il culto delle mura, -come ho detto, è posteriore a quello della fossa e del vallo; poi -che numerose leggende lumeggiano la difesa della città; e, infine, -l'esistenza di anteriori gruppi vicinali fuori del vallo stesso. - -[10] Tramandataci da GELLIO XIII, 14. - -[11] Ciò è tanto vero che nel caso in cui manchino magistrature -patrizie, l'«jus auspiciorum» ritorna ai «patres». Cfr. WILLEMS P. _Le -droit public romain_. Louvain 1883 pag. 240 e pag. 293. - -Del resto insieme con i discendenti degli antichi «patres» entravano a -far parte dei patrizi anche talune delle principali famiglie nemiche -vinte, alle quali si concedevano subito la piena cittadinanza ed il -diritto agli onori. Il PAIS (_ibid_. I. 2. pag. 293) dimostra che tale -procedimento si seguì con i Nomentani, con gli Aricini, con i Lanuvini, -con i Pedani etc. - -E questo spiega anche — a mio credere — perchè nella lunga lotta delle -origini invece che schiatte, genti o tribù emergano contrapposti i due -soli elementi dei patrizi e dei plebei. - -[12] PAIS _loc. cit._ I. 1. pag. 331 e I. 2. pag. 341 nota. - -[13] ID. _ibid_. I. 2. pag. 207-8. - -[14] BONFANTE P. _Diritto romano_. Firenze, Cammelli 1900. special. -pag. 157 in cui sono raccolti i resultati di numerosi suoi lavori, -diretti a chiarire questo punto importantissimo del diritto di Roma. - -[15] Il CUTRONA (Circolo Giuridico 1904, pag. 218-228), in una sua -indagine sulla proprietà agnatizia in Roma, sostiene che i diritti -dei «filii familias» siano dei diritti riflessi a nessuno dei quali -è data in tutela un'azione diretta: non che il figlio, nessuno, per -esempio, avrebbe azione per impedire al padre di spogliare i suoi -discendenti; indirettamente, però, l'assemblea, tutelando gli interessi -della collettività, provvede agli interessi di questi figli. Ma, a -parte l'esattezza di alcune comparazioni con altri popoli primitivi, il -CUTRONA si limita a mettere in luce il fatto, facilmente comprensibile, -che l'organo tutore della collettività protegge indirettamente anche -quei componenti che, pur non essendo con essa in immediato contatto, -fanno parte integrante e vitale del nucleo sociale. - -[16] Il MOMMSEN, _Disegno del diritto pubblico romano_ trad. BONFANTE -Milano, 1895 pag. 33, trova ozioso avanzar delle congetture sul -rapporto tra le case di città in possesso privato e la partecipazione -dei loro possessori agli agri gentilizi. A prescindere dal riflesso -germanistico dell'idea della sors barbarica, che sembra inspirare -questa frase, mi pare indubbio che il problema debba esser impostato -diversamente. Nè la casa privata nè la partecipazione agli agri -gentilizi sono elementi fondamentali di paragone: quella non ha valore -se non in quanto custodisce e conserva i sacra; questa non è che una -delle conseguenze, e forse non la maggiore, dei benefici che risentono -coloro che formano l'assemblea deliberante dello Stato, per partecipare -alla quale è necessaria la proprietà di quella determinata casa. - -[17] _Festo_. 247: Patres.... agrorum partes attribuerant tenuioribus -ac si liberis suis. - -[18] Inquilinus — dice il DE MARCHI _loc. cit._ pag. 288 nota 28 — sta -a «incola» come «libertus» sta a «libertinus» e si usò prima forse -come contrapposto ad «exquilinus» ossia abitante delle «exquiliae» -cioè della parte unita a Roma solo posteriormente. E ci si avvicina a -Festo che definisce l'«inquilinus», come colui «qui eumdem colit focum -vel eiusdem loci est cultor». L'unica idea contenuta nell'etimologia -della parola è quella del domicilio. Infatti così l'«inquilinus» come -l'«exquilinus» sono del pari esclusi dalla partecipazione alla vita -pubblica. - -[19] DALLARI G. _Le nuove dottrine contrattualiste intorno allo -Stato, al diritto ed alla società_. Modena 1901. — ID. _Il nuovo -contrattualismo nella filosofia sociale e giuridica_. Torino 1911. - -[20] La derivazione di _moenia_ da _munera_ mostra quanto ne dovevano -esser gravosi la costruzione e il mantenimento. - -[21] _Praetor_ indica veramente il capo dell'esercito, ma questo non è -costituito che dai cittadini. - -[22] WILLEMS _loc. cit._ pag. 48. - -[23] PACCHIONI _loc. cit._ pag. 105-107. - -[24] ZDEKAUER L. _Mille passus e continentia aedificia_ in _Bullettino -dell'Istituto di Dir. Romano_, vol. II fasc. VI. - -[25] _Dig_. L. 16. 154. - -[26] _Ibid_. XXVII. l. 13. 2. - -[27] BONFANTE P. _La progressiva diversificazione del diritto pubblico -e privato in Riv. Ital. di Sociol_. 1902. - -[28] r. XCI. - -[29] r. XVII. - -[30] PACCHIONI _loc. cit_. pag. 189-90. - -[31] Dalla legge di Costantino del 346 (_Cod. Theod_. X. 8. 4) -confrontata con l'altra di Arcadio e Onorio del 395 (_Ibid_. X. 9. 2) -e con quella di questi due imperatori del 400 (_Ibid_. XI. 20. 3) si -rileva che solo in quest'anno i «praedia urbana» cominciarono a pagare -la _tertia_ che consisteva nel pagare ogni tre anni il reddito di un -anno intiero. - -[32] _Dig_. XXVII. 9. leg. 1. § 2. - -[33] È tipica la disposizione del _Cod. Theod._ XII. 11. 1. riportata -anche nel _Cod. Just._ XI. 32. 2. - -[34] _Cod. Iust_. V. 37. 22. - -[35] _Dig_. L. 16. 198. - -[36] Da Plinio (N. H. XIX. 19. 50) sappiamo che «in duodecim tabulis -legum nostraram nusquam nominatur _villa_: semper in significatione ea -_hortus_, in horti vero _heredium_». Da questo passo, oltre la conferma -della forza dell'immobile ereditario nella costituzione di Roma, si -vede come fossero privi di ogni importanza i beni lontani dalla città -(_villae_); mentre invece tutto si basava sulle terre entro la città -stessa o nella sua immediata vicinanza (_horti_): vicinanza determinata -dai «mille passus». Infatti _nei quis_, dicono le antiche norme (cfr. -Bullettino della Commissione Archeologica Comunale. XII. Roma. 1884. -pag. 59) INTRA TERMINOS PROPIUS URBEM _ustrinam fecisse velit neive -stercus cadaver inserisse velet_. - -È da notare l'uso dell'avverbio _intra_. - -[37] Tale significato è dimostrato dalla legge tarentina che chiama -«domicilium» l'edificio coperto di tegole. - -[38] Infatti, secondo FESTO, _loc. cit._ i sobborghi sono «continentia -aedificia itineribus regionibusque distributa, nominibusque -dissimilibus dispartita». - -[39] _Mille passus cit._ pag. 281-82. - -[40] Hermotino 24. - -[41] _Corp. Inscr. Latin._ VIII. 1641. - -[42] GUERIN V. _Étude sur l'île de Samos_. Paris, 1856 pag. 213. - -[43] _Dig_. L. 16. 239. § 8. - -[44] _Magistratus qui_ INTRAMURANUS _non est nec_ URBANUS, _etiamsi -administrator eius Romae est, ad urbem dicitur_. (_In_ IV. _Verr_. 6. -riportata dal FORCELLINI). Questo passo è da riconnettesi all'altro, -pure di ASCONIO (_in C. Verrem_. II. 2. 817. ed. ORELLI. _Cicero_. V. -pag. 208) _«Statim Romae et ad urbem»_. - -[45] _Corp. Iscr. Lat._ V. 5446, 5447. - -[46] _Ibid_. pag. 565. - -[47] _Si melioribus viris_ (dice SIMMACO. _Ep_. X. 37) OFFICIA -INTRAMURANA _mandetis_. - -[48] _Corp. Iscr. Lat._ II. 2428. Bracaraugusta. — _Sodalicium -Urbanorum. D. S. F. C._ — _Ibid_. II. 3244. — D. M. S. HI (sic) JACET -LAETUS ANNORUM XXV PIUS IN SUIS _collegium urbanum_ EI POSUIT etc. - -[49] ORELLI. 110. — M. HERENNIO M. F. PICENTI COS (an. di Roma 720) -_Municipes_ MUNICIPI AUGUSTI _Intramurani_ PATRONO. _Id._ 3706. — -CN. CAEZIO ATH[ICTO] AALECTO INTER C[ENTUM]VIROS (OB) PIETATEM EX -M[UNIFICENTIAM] EIUS [E]RGA DIVINAM (et) MUNICIPUM AUGUSTI VEIOS -[CE]NTUMVIRI ET SEVIRI ET AUGUSTALES ET _Municipes_ [_In_]_tra. -Murani_ EX AERE QUOD (IN) ORCHESTRA CONLATUM EST [LU]DIS QUOS FECERUNT -[V]ERGILIUS COGITATUS [I]ULIUS SENECIO II VIRI. - -_Corp. 1. Lat._ X. 5060. — P. TETTIO PF. RUFO FONTIANO. — Q. Tr. PL. -PR. _Altinates urbani_. — _Patrono D. D._ - -_Ibid_. IX. 1475. (Ligures Baebiani). — L. IRVINIO A. ... _civis -urbanus_. - -IBID. IX. 982. (Compsa). — APRISCIUS PORRENDA — CURAVERUNT CUIUS -— DEDICATIONE DECURI — ONIBUS SINGULIS V. — _populo intramurum -morantibus_ X SINGULOS. - -[50] _Ibid. Addit_. XI. 6257 (Aquilonia). — M. LUCCEIUS C. F. IIII -VIR AED. POT. PISCINAM PURGANDAM ET LORICAM IMPONENDAM DE _urbanorum -opereis coeravit_. - -Cfr. anche IX. 3188. Anche la legge della colonia giulia genitiva (rub. -98) mostra che gli edili presiedevano alle opere pubbliche, ma mentre -secondo essa a tali opere era obbligato chiunque «intra eius coloniae -fines domicilium praediumve habet», qui al contrario sono obbligati -soltanto gli _urbani_, cioè quelli che abitano entro le mura. - -[51] _Corp. 1. Lat._ IX. 2855 (Histrium). — HUIC ... (M. BAEBIS ... -SVETONIO MARCELLO) ... DECURIONES FUNUS PUBLICUM STATUAM EQUESTREM -CLIPEUM ARGENTEUM LOCUM SEPULTURAE DECREVERUNT ET URBANI STATUAM -PEDESTREM. - -[52] _Corp. I. Lat._ IX. 2835. — HERCULI EX VOTO ARAM L. SCANTIUS L -LIB. MODESTUS VI VIR MAG. LARIUM AUGUST. MAG. _Cerialium Urbanorum._ -L. D. D. D. — Addirittura tipico è il caso dell'iscrizione di Aventicum -(cfr. _Inscr. Helvet._ 155). - -[53] A Rimini, per esempio, al tempo della colonia romana esistevano -tutti e quattro i borghi corrispondenti alle quattro porte. Cfr. -TONINI L. _Rimini avanti il principio dell'era volgare._ Rimini, 1848, -pag. 75. E gli esempi si potrebbero addurre numerosi a dismisura. -Costrettovi dall'economia del lavoro non ho potuto dare che un cenno -fugacissimo di questo fatto, completamente ignorato dagli storici -di Roma e del suo diritto, quantunque di importanza fondamentale: mi -riservo di tornarci con maggiore ampiezza in una trattazione a parte -per la quale ho già raccolto molto materiale. - -[54] Altre ragioni, oltre quelle dello Zdekauer, si possono addurre -contro l'opinione mommseniana. - -Il pomerio è un luogo sacro — effato — non perchè sia dentro le mura, -ma perchè è dentro il cerchio dei mille passi i quali costituiscono un -limite sacrale determinato così esattamente che entro di esso ci sono i -cittadini: fuori gli altri. - -Il MANENTI — _Jus ex scripto e jus ex non scripto_ — in _Studi Senesi_ -1906 vol. I pag. 247-48 — studiando la genesi dell'«jus civile», -ha affacciata l'ipotesi che il diritto della «civitas» sia stato -considerato come l'«jus proprium civitatis» in contrapposto non al -diritto di altri popoli, ma ai costumi gentilizi dei gruppi antecedenti -alla «civitas» romana e cioè in contrapposto al diritto primitivo -di quei complessi tribali e gentilizi di stirpe diversa dai quali -fu composta l'«urbs». Io accedo in linea generale alla sua opinione; -ma ritengo indispensabile limitarla nel tempo alla costruzione delle -mura e nello spazio ai «mille passus», che chiudevano i varii elementi -nell'ambito preciso di un formidabile crogiuolo. - -[55] DETLEFSEN. _Das Pomerium Roms und die Grenzen Italiens_. Hermes. -1886 XXI. - -[56] UELSEN H. _Das Pomerium Roms in der Kaiserzeit._ Hermes. XXII, -1887. - -[57] NISSEN E. _Die Stadtgründung der Flavier_ — Rheinisches Museum. -XLIX. 1894. - -[58] MERLIN A. _A propos de l'extension du pomerium par Vespasien._ in -Mélanges d'archéologie et d'histoire. XXI, 1901. 1-2. pag. 97-115. - -[59] ZDEKAUER _loc. cit._ pag. 288. - -[60] _Dig_. L. XVI. 87. - -[61] WILLEMS _loc. cit._ pag. 360. - -[62] _Ann_. lib. XII. cap. XXIII-XXIV. - -[63] Era una tradizione cara ai romani e facilmente spiegabile con -l'autorità del condottiero che per le sue conquiste avesse meritato -l'onore del trionfo. Per questo è accolta da A. GELLIO (_loc_. e -_ed_. cit. XIII. 14.), da VOPISCO (_Vita Aureliani_, 21.) e anche da -DIONE CASSIO nella sua storia (LIII. 2); ma dal fatto che allargare -il pomerio cittadino era permesso soltanto a chi avesse allargato i -confini dell'impero, non ne consegue che a _tutti_ quelli che avevan -fatto delle conquiste spettasse _di diritto_ tale facoltà; e tanto -meno poi che i limiti del pomerio si allargassero, quasi direi, -automaticamente, coll'allargarsi dei confini. - -[64] _Dig_. L. 16. 147. - -[65] _Dig_. L. 16. 238. - -[66] _Ibid_. L. 2. 7. 52. - -[67] _Cod. Theod._ Nov. dell'a. 445 al PP. Albino. - -[68] _Instit_. I. II. 4. - -[69] cfr. KARLOWA. _Römische Rechtsgeschichte_. Leipzig 1885 pag. 708 e -segg. - -[70] _Dig_. L. 4. 4 § 2. - -[71] Il _Cod. Theod._ XI. 11. 1. dice «forte». - -[72] Il _Cod. Theod._ ibid. dice «ultimo subiugetur extio». - -[73] Le parole fra parentesi sono quelle della legge di Valentiniano e -Valente non accolte nel codice giustinianeo. - -[74] _Cod. Iust._ X. 10. 1. - -[75] _Cod. Iust._ I. 47. Cfr. LIEBENAM. _Städteverwaltung im römischen -Kaiserreich_. Leipzig 1900, pag. 93 e segg. - -[76] VIII. 5, 15, 24, 36, 65, 35, 53, 60, 34, 65, e XII. 16. 1. Per i -_mancipes balneorum et salinarum_ cfr. _Cod. Theod._ XI. 20. 3. - -[77] I _mancipes_ o _praepositi_ non possono essere presi _ab ordine_ -(curia) _nec a magistratibus_ (_duumviri_), ma preferibilmente devono -essere scelti fra i veterani che ne siano degni e si mostrino idonei. -_Cod. Iust._ XII. 41. 7. in cui è riportata la disposizione di Onorio e -Arcadio dell'a. 400 (_Cod. Theod._ VIII. 5. 84). - -[78] Fu istituito da Augusto, ma più tardi assunto a spese dello -Stato da Nerva e Traiano, cfr. BONFANTE P. _Storia cit._ pag. 449. -e HIRSCHFELD O. _Untersuchungen auf dem Gebiete dev röm. Verwaltungs -Geschichte_. — Berlin, 1876. pag. 98-108. - -[79] MARQUARDT I. _loc. cit._ pag. 132 e segg. a cui son da aggiungere -le numerose notizie date da Gotofredo. - -[80] Patrimoniorum autem munera duplicia sunt: nam quaedam ex his -muneribus possessionibus sive patrimoniis indicuntur, veluti agminales -equi, vel mulae, et angariae atque verhedi. Dice Arcadio Charisio. -_Dig._ IV. 4. 18 § 21. - -[81] _Cod. Theod._ VIII. 5. 1. Con Giustiniano solo per i coloni rimane -in vigore la legge di Onorio e Teodosio per la quale «colonos munquam -tìscalium nomine debitorum ullius exactoris pulsit intentio». _Cod. -Iust._ XI. 47. 15. - -[82] _Ibidem_ II. 30. 2. - -[83] _Cod. Iust._ X. 24. 1. - -[84] Cfr. GOTOFREDO nel commento alla leg. 4. tit. 5. libro VII. -_Angaria_ nel cod. teod. (cfr. VI. 39. 2 e 5; e VIII. 5. 23) indica -propriamente il servizio di trasporto fatto con carri tirati da buoi -(due paia, secondo le disposizioni di Costantino, andate, però, assai -presto in disuso): mentre la _rheda_ era tirata da 8 mule nell'estate -e da 10 nell'inverno e il _birotum_ da tre (_Cod. Theod._ VIII. 8. 5. -e _Cod. Iust._ VIII. 5. 3.). E tale si mantiene anche dopo: cfr. _Cod. -Iust._ I. 2. 11 nov. XVII. 9 e nov. CXXVIII. 22 e il passo di PROCOPIO -(_Historia arcana_ XXIII) riportato dal LEICHT nei suoi _Studi sulla -proprietà fondiaria nel medio evo_. II. _Oneri pubblici e diritti -signorili_. Verona Padova. Drucker. 1907. pag. 46 nota 2. - -_Parangaria_ era l'angaria prestata su una via diversa da quella -pubblica ed in cui mancavano le «stationes» a distanze determinate e -regolari. - -A questo «cursus clabularis» prestavano gli animali i provinciali -(_Cod. Iust._ VIII. 5. 2, 5, 22.) mentre al cursus davano solo le -_operae_. - -[85] _Cod. Iust._ XI. 48. 4. - -[86] _Cod. Theod._ 14. 1. XI. - -[87] _Ibidem_ leg. 26. - -[88] LEICHT P. S. _Studi cit._ pag. 10-11. - -[89] Questa _conlatio equorum_ si faceva «pro rerum necessitate, -ut instrueretur usus armorum, castrensi usu efflagitante» (cfr. -_Paratitl._ di GOTOFREDO lib. XI. 16.) ed era ben differente dal -_cursus publicus_. - -[90] _Cod. Theod._ XI. 17. 1. - -[91] Così SCHULTEN A. _Die römischen Grundherrschaften eine -agrarhistorische untersuchung_. Weimar. 1896. pag. 2-12. - -Però la rigidità delle sue asserzioni deve esser limitata dalle giuste -riserve che fanno l'HIS. _Die domänen der römischen Kaiserzeit._ -Leipzig. 1896. pag. 115-117 e BEAUDOIN E. _Les grands domanes dans -l'empire romain d'après des travaux recents_. Nouv. Rev. Histor. de -droit franc. et étrang. 1907. e segg. pag. 549 e segg. e SAVAGNONE F. -G. _Le terre del Fisco nell'impero romano_. Palermo. 1902. cap VI. pag. -188 e segg. e cap. IV. pag. 758 e segg. - -[92] Cfr. VASSALLI F. E. _Concetto e natura del Fisco_. Estr. -_Studi Senesi_ vol. XXV sopra tutto § 5, pag. 27-31 in cui studia la -formazione del fisco imperiale e la sua individualizzazione. - -[93] VASSALLI _loc. cit._ ritiene che anche il concetto di fisco -indichi semplicemente una personalità di diritto privato ed ha ragione -in linea generale; ma una più esatta valutazione dell'elemento -giurisdizionale non soltanto esterno — l'unico che egli abbia -considerato — cfr. pag. 57 e 58, — ma anche interno, avrebbe ridotto -questo concetto ai suoi giusti limiti e ne avrebbe mostrato la rapida -compenetrazione di elementi pubblici e come non sempre esso si presenti -quale persona giuridica di diritto privato. Cfr. infatti LEICHT _loc. -cit._ pag. 29-32. - -[94] _Dig._ L. 6. 5 § 11. Coloni Caesaris a municipalibus muneribus -liberantur ut idoneiores praediis fiscalibus habeantur. - -[95] _Cod. Theod._ I, 32. 7. - -[96] Con questi coloni sono completamente assimilabili i coloni -_homologi — Cod. Th._ XI. 24. 6. _more gentilitio adscripti vicis_ — -non quelli _adscripti dominis_ — con le donne dei quali Valentiniano -e Valente proibirono nel 370 ogni connubio (_ibidem_ III. 1. 24) e -che essendo barbari, _gentiles_, erano addetti alla difesa dei valli e -dei fossati, avevano in compenso una terra da coltivare a certi patti: -oppure con certe condizioni — more gentilitio — veniva loro affidata -dallo Stato, al quale appunto corrispondevano le imposte, una terra da -coltivare. - -[97] XI, 7. 2. - -[98] _Loc. cit._, pag. 10-11. - -[99] Con questa legge concordano e si coordinano la leg. ult. de -executor, et exactor, la leg. 31 de annona et tributis e la leg. 186 de -decurionibus. - -[100] Oltre il notissimo passo di FRONTINO _ed_. LACHMANN pag. 53, 7. -«Habent autem in saltibus privati non exiguum populum plebeium et vicos -circa villam»; cfr. SCHULTEN A. _loc. cit._ pag. 45-46. - -[101] Quei _tributarî_ di cui parla la legge giustinianea sono -i discendenti di quelli che nella legge teodosiana son detti -possessori e nel rifacimento tribonianeo sono chiamati _rusticani_. E -contemporaneamente comincia un lento moto di progressivo elevamento -che si compie dal basso per il quale i coloni si trasformano in -enfiteuti. Cfr. SOLMI A. _Storia del diritto italiano_. Milano. 1909. -pag. 89. Io condivido l'opinione del FUSTEL DE COULANGES. _Histoire -des institutions politiques de l'ancienne France_. Paris. 1889. pag. -601 che on appellait _tributarii_ dans la langue du quatrième siècle, -les hommes qui coltivaient le sol sans en avoir la propriété et sous -condition d'en payer une redevance. - -A torto F. THIBAULT. _L'impôt direct dans les royaumes des Ostrogoths, -des Wisigoths et des Burgundes_. Nouv. Rev. Hist. de droit franc. -et étr. XXVI. 1902. ritiene che la parola «tributarius» della leg. -12. _Cod. Just._ XI, 48 (servos, vel tributarios, vel inquilinos -apud dominos suos volumus remanere) indichi solamente i coloni: essa -indica tutti quei «residentes in terra aliena» che non erano servi o -inquilini: i coloni ne formavano la massima parte, non la totalità. E -a minor ragione egli ricorda a questo proposito i passi di Cassiodoro -nei quali «tributarius» indica colui che paga il «tributum» ossia -il possessor. Quello è un rapporto di diritto privato: questo di -diritto pubblico. Invece mostra giustamente la discendenza diretta -del «tributum» pagato dai coloni nel secolo ottavo, dal «tributum» -dei _possessores_ romani. THIBAULT. F. _L'impôt direct et la propriété -foncière dans le royaume des Lombards_. Nouv. Rev. Hist. XXVIII. 1904 -pag. 181, 82. - -[102] Lo mostra chiaramente il tit. del Digesto _De officio -Procuratoris Caesaris vel Rationalis_. - -[103] MARQUARDT I. _loc. cit._ pag. 116 e VASSALLI _loc. cit._ - -[104] BÖCKING. _Notitia dignitatum utriusque imperii._ Bonnae. 1839. - -[105] BONFANTE P. _Manuale cit._ pag. 511. - -[106] Cfr. WINDSCHEID trad. ital. I. § 146 n. 15 e indicazioni ivi -citate. - -[107] RUDORFF F. _Gromatische Institutionen._ Berlino. 1852. pag. 393 e -segg. - -[108] BRUGI B. _Dei pascoli accessori a più fondi alienati_, in -Archivio Giur. F. Serafini. 1886. XXXVIII. 1-2. ID. _Dei pascoli comuni -nel diritto romano germanico e italiano_, in appendice al Comm. delle -Pandette del GLÜCK VIII. pag. 42. - -[109] ROBERTI M. _Dei beni appartenenti alle città dell'Italia -Settentrionale dalle invasioni barbariche al sorgere dei comuni_, in -Archiv. Giur. 1903. LXX. 1. - -[110] CALISSE C. _Gli usi civici nella Provincia di Roma._ Prato. 1906. - -[111] FINOCCHIARO SARTORIO A. _I beni comuni di diritto pubblico nel -loro svolgimento storico_. Città di Castello. 1908. - -[112] _Dig._ XLIII. 8. fr. 2. § 21. - -[113] _Dig._ XLIII. II. fr. 1. § 2. - -[114] FERRINI C. _Pandette cit_. n. 220 pag. 272-73. - -[115] _Cod. Theod._ Nov. XXIII. - -[116] Per la _pensio_ dovuta per l'occupazione di suolo pubblico cfr. -_Cod. Iust._ XI. p 9. 1. da mettere in relazione con il tit. 7. Ne quid -in loco publico vel itinere fiat. _Dig._ XLIII. e specialmente leg. 2. -§ 17. Sul «vectigal» cfr. LIEBENAM. _loc. cit._ pag. 312 e segg. - -[117] Su questa triplice distinzione vedi le belle pagine del MOMMSEN e -del MARQUARDT nel manuale citato vol. 1 e 2. - -[118] RANELLETTI O. _Concetto natura e limiti del demanio pubblico_ in -Riv. Ital. per le Sc. Giurid. vol. XXV. pag. 195 e segg. - -[119] VASSALLI F. E. _loc. cit._, pag. 46-59 § 11-15. - -[120] BONFANTE P. _La progressiva diversificazione del diritto pubblico -e privato_ in _Riv. ital. di sociologia_. 1902. - -[121] Che il diritto romano non ammetta la consistenza giuridica di -un patrimonio immediatamente destinato a fini determinati e duraturi, -amministrato da persone fisiche, è dimostrato dal fatto che si -attribuisce la funzione ad una persona collettiva preesistente. - -Tale è la base delle istituzioni alimentarie. Cfr. FERRINI, _loc. -cit._, n. 79, pag. 107 e SCHUPFER F. _Il diritto privato dei popoli -germanici con speciale riguardo all'Italia_, vol. I. Lapi. 1907. pag. -163-65. - -[122] _Dig_. L. 16. 15. Ulpiano. - -[123] _Dig_. I. 1. § 2. Ulpiano. - -[124] SCHULTEN A. _Die Landgemeinde im römischen Reichs_, in Philologus -LIII. N. F. VII. Berlin 1895, pag. 629-686. Non mi pare si possa -accogliere, almeno nella forma con cui l'A. l'espone, la teoria della -distinzione dei castella in autonomi e incorporati; ma mi sembrano però -decisive le prove da esso addotte per dimostrare come la divisione in -_pagi, vici e castella_ sia anteriore alla dominazione romana e comune -a tutte le popolazioni italiche. A questo proposito sono fondamentali -le ricerche del VOIGT. _Drei epigraphische Constitutionen Constantin's -des Grossen und ein epigraphisches Rescript des Praef. Praet. -Ablarius_. Leipzig. 1860. pag. 53-81 - -[125] Oltre le belle pagine del BONFANTE basta a provare la persistenza -di questi elementi una semplice scorsa alle _Inscriptiones Aemiliae -Etruriae Umbriae Latinae_ del BORMANN. Berlin 1888, nel _Corp. Inscr. -Lat._ vol. XI. Di Mantova, «Tuscorum trans Padum sola reliqua» (PLINIO. -_Natur. Hist._ III, 130) Virgilio ci dice che «non genus omnibus -unum — Gens illi triplex populi sub gente quaterni». Rimini, Budrio, -Ravenna ed altre si vantavano umbre anche nell'età imperiale (STRABONE. -_Cosmographia_ V. 214, 216, 217. — PLINIO. _Nat. Hist._ III, 115). -Quanto ai latini Gaio dice (I, 79) che «proprios populos, propriasque -civitates habebant». Per gli Etruschi cfr. DUCATI P. _Osservazioni -archeologiche sulla permanenza degli Etruschi in Felsina_ in Atti -e Mem. della R. Deput. di Stor. Patr. per le Prov. di Romagna ser. -III, vol. XXVI, 1908, pag. 54-91. Per il loro diritto l'opera, un po' -manchevole, di C. CASATI _Elements du droit étrusque._ Paris 1895. - -[126] Oltre il MOMMSEN ed il MARQUARDT cfr. MENNESSIER M. _De la ferme -des impôts et des sociétés vectigaliennes_. Nancy. 1888. e LEFEBRE F. -_De la société en general et specialment de la société vectigalienne en -droit romain_. Rennes. 1888. - -[127] _Dig_. L. 1. fr. 2, § 4. - -Notissimo, a questo riguardo, è il passo di Gaio III, 145. - -A proposito dei «fundi vectigales» ricordati nella nota I a pag. 43 -destinati ad istituzioni alimentarie bisogna fare un'osservazione. -Donatario, nel caso di Plinio, che donò i propri beni al municipio -di Como, per riprenderli gravati da un «vectigal» molto inferiore al -loro reddito, per poter trovar sempre uno «a quo ager exerceatur», -è il municipio, con l'onere della prestazione alimentaria. Ma — ed -è cosa del massimo rilievo — il soggetto non è la città, ma il fisco -imperiale il quale dà a mutuo i denari ai «possessores», ha un credito -corrispondente ed impiega un suo funzionario per esigere gli interessi -e devolverli alla cassa alimentare che non è che un dipartimento -dell'amministrazione fiscale, cfr. FERRINI, _loc. cit_., n. 69-80 e -sopra tutto pag. 111-112 e SEGRÉ G. _Sulle istituzioni alimentarie -imperiali_ in _Bull. Istit. di Dir. Rom_. II, 1889, pag. 78-106. Da un -«nudum preceptum» (Dig. XXX, 114, 14 quia talem legem testamento non -possunt dicere) si va al legato ad una città (_Dig_. XXXII, 38, 5) ed -al fisco direttamente (Inscriz. di Preneste. _Corp. Inscr. Latin._, -XIV, 2234). Ora quando si pensa che alle «civitates» (municipia e -coloniae), è stata ristretta la capacità negli ultimi tempi della -repubblica e che l'autorizzazione imposta loro dalla legge giulia o -dalle due di tal nome, estesa poi a tutto l'impero con senatoconsulti -(Dig. III, 4, fr. 1, princ.) e costituzioni imperiali (_Dig_. XLVII, -22, fr. 1, 3.), non è affatto un conferimento di personalità giuridica, -ma ha un mero significato politico; si vede come (anche nel caso in -cui la volontà di un singolo ponga delle condizioni per perpetuare uno -scopo determinato e scelga come mezzo la città, il municipium), sul -substrato della volontà del singolo si innesta quella dello Stato, di -fronte al quale l'entità giuridica della città sembra attenuarsi fino a -metter quasi direttamente a contatto il singolo con il Fiscus. - -Fu l'imperatore Leone che permise alle città di vendere i beni avuti -«hereditatis vel legati seu fideicommissi aut donationis titulo» e -solo allo scopo «ut summa pretii exinde collecta ad renovanda sive -restauranda publica moenia dispensata proficiat» (_Cod. Iust_. XI, 31, -leg. 3.). - -[128] MARQUARDT I. _loc. cit._ pag. 193. - -[129] A Capua, per es., tutto il territorio fu incamerato nel demanio -pubblico, (LIVIO 26, 16, 18) mentre abitualmente era il terzo (DIONISIO -2, 35, 50, 53) e qualche volta la metà (LIVIO 36, 39, 3) cfr. MARQUARDT -_loc. cit._, pag. 192 e segg. - -[130] Per Italiam nullus ager est tributarius, sed aut colonicus -aut municipalis aut saltus privati, dice FRONTINO (_ed. cit_. pag. -35). Ma, anche ammettendo che ce ne fossero, la teoria del Rudorff -rimarrebbe inaccettabile perchè il fatto che il vero «vectigal» deve -esser raccolto dai pubblicani è l'indice della differenza sostanziale -che passava fra i beni dello Stato — populus romanus — e quelli delle -città: pubblici i primi, privati i secondi: «sola ea publica sunt quae -populi romani sunt», dice ULPIANO; «civitates privatorum loco habentur» -conferma GAIO, _Dig_. L, 16, 17. Cfr. VASSALLI, loc. cit. pag. 53. - -Nell'epoca imperiale questo concetto si modifica profondamente. -Cfr. _Dig_. L, 16, 16; ma al secolo quarto si avevano ancora tracce -rilevanti della varietà di condizione giuridica in cui si trovavano i -beni una volta costituenti l'«ager publicus» e poi ceduti ai privati. -Cfr. il noto passo di ARCADIO CARISIO _Dig_. L. 4, 18, § 25. - -[131] _Cod. Theod._ X, 3, 2. Saltus qui significa pascolo. Cfr. -_Cod. Iust._ II, 66, _Cod. Theod._ leg. 2 de pascuis, FRONTINO. _De -controversiis agrorum_ (ed. Lachmann) pag. 17, 18, 19, 54 FESTO (BRUNS. -_Fontes_, VI, Aufl. 1893, II, pag. 36), VARRONE, _De legibus_, V, 36. - -La proibizione ai curiali si mantiene e si fa anche più rigida -nel diritto giustinianeo, nel quale, non solo «decurio etiam suae -civitatis vectigalia exercere prohibetur» (_Dig._ L, 2, 6, § 2), ma si -impediscono anche le locazioni per interposta persona (_Dig._ L, 8. 2, -§ 1). - -[132] _Cod. Theod._ X, 3, 5. Aedificia, hortos, atque areas aedium -publicarum et ea reipublicae loca quae aut includuntur moenibus -aut pomeriis sunt connexa, vel ea quae de jure templorum, aut per -diversos petita aut aeternabli domui fuerint congregata vel civitatum -territoriis ambiuntur sub perpetua conductione, salvo dumtaxat canone, -quem sub examine habitae discussionis consistit adscriptum, penes -municipes collegiatos et corporatos urbium singularum conlocata -permaneant omni venientis extrinsecus atque occultae conductionis -ademptatione submota. - -[133] _Dig._ I, 8, 6 § 1. - -[134] _Cod. Theod._ XV, 1, 46. - -[135] _Dig._ L. 16. 211. - -[136] _Ibid._ L. 16. 60. - -[137] _Dig._ I. 8. 8 § 2. - -[138] Ne è un esempio evidente la disposizione di Leone ed Antemio -del 468, riportata nel codice teodosiano (XI. 24. 6) ed accolta da -Giustiniano (_Cod_. X. 55 l. un.), che proibisce agli «habitatores -metrocomiae» di vendere i loro beni ad estranei. - -[139] L'avverbio _penes_ è usato dalla legge bene a proposito: penes te -est quod quodadmodo possidetur. (_Dig._ L. 16. 63. ULPIANO). - -[140] _Dig_. L. 1. 1 § 1. - -[141] _Dig_. L. 16. 228. - -[142] _Dig_. L. 16. 239 § 6 POMPONIO. Del resto è da ricordare a questo -proposito come la vita dei romani si accentrasse nella città. Cfr. -SCHULTEN A. _Die Landgemeinde cit._ pag. 633 e segg. - -[143] Cfr. § 4 e 5. - -[144] Praedium... et ager et possessio huius appellationis species -sunt. _Dig_. L. 16. 115. GIAVOLENO. - -[145] LABEONE ritiene «loci appellationem non solum ad rustica verum ad -urbana quoque praedia pertinere»; cfr. _Dig._ L. 16. 60 e specialmente -§ 1. - -[146] Non c'è neanche bisogno di dire che con la distinzione dei beni -seguita dalle leggi costantiniane ed onoriane non ha nulla a che vedere -quella di ULPIANO, secondo la quale «urbanum praedium non locus facit -sed materia» (_Dig._ L. 16. 198). Tanto è vero che invece di _praedia_ -si parla di _loca_. - -[147] Per il loro numero cfr. LIEBENAM _loc. cit._ pag. 229 e segg. -Per le funzioni cfr. DECLAREUIL _loc. cit._ pag. 331 e segg. e SOLMI -_Storia cit._ pag. 24-25. - -[148] Questo concetto è confermato dalla condizione dei beni comuni -delle colonie. Tutti i coloni erano in uguale posizione di fronte allo -Stato, uguali erano gli oneri, uguali i diritti; e la concessione, -per la quale e secondo la quale godevano delle terre, era un atto -che ne fissava _ex novo_ i limiti e le prerogative. Oltre alla terra -individuale, ce ne era un'altra che, appunto per essere comune a -soggetti uguali, era comune a tutti e della quale l'alta sovranità -spettava allo Stato per il riconoscimento di un modestissimo canone: -«vectigal, quamvis exiguus praestant». Appunto perchè rilasciata non -ad una preesistente città, ma a coloro, come singoli, che avrebbero -formato il nucleo cittadino, solo l'unanimità dei consensi dava luogo -ad una valida alienazione. Nelle colonie mancava quella _plebs_ che, -non avendo obblighi, non aveva (fatta eccezione di Roma) diritti e -non c'era il precedente stato di cose da considerare: se, quindi, -lo Stato, date le condizioni ed i fini speciali in cui la colonia -veniva dedotta, riteneva che alcuni beni fossero necessari all'uso di -tutti, ne proibiva l'alienazione. Nel caso della _Colonia Genetiva -Julia_, per esempio, erano di uso comune così le piazze e le strade -e gli _aedificia_ in genere, su cui tutti camminavano e di cui tutti -godevano, come le selve da cui tutti traevano le legna, come i terreni -adibiti alla pastorizia ed all'agricoltura per il sistema relativo -di sfruttamento del suolo (cfr. _Lex colon. genetivae Iuliae,_ r. -LXXXII). Bisogna inoltre considerare che su tutte indistintamente le -terre della colonia gravava l'obbligo della difesa del territorio, che -era il fine per cui la colonia stessa era stata dedotta. Ora le terre -dei singoli potevano essere vendute, perchè l'onere rimaneva sulla -terra: non così le terre pubbliche le quali dovevano rimaner sempre in -tale condizione che chiunque ne fruiva, anche temporaneamente, fosse -soggetto ai carichi militari: «Qui in ea colonia intrave eius coloniae -fines domicilium praediumque habebit neque eius coloniae colonus erit, -is eidem munitioni uti colonus parebo» (cfr. _ibid._ r. XCVIII). - -[149] LÖNING E., _Geschichte d. deuts. Kirchenrechts_, II. pag. 4-5. - -[150] ZDEKAUER L., _Mille passus cit._, pag. 281-82. - -[151] Quando il concetto della cittadinanza romana comincia a perdere -di rigidità, la ripercussione naturalmente si fa sentire su quello -dell'incolato, il quale si avvantaggia di tanto di quanto l'altro si -attenua. Si tende ad un equiparamento, raggiunto il quale, la città -accetta le divinità del suburbio e questo quelle della città. Però -questo equiparamento avvenne molto lentamente: la proibizione di -seppellire e bruciare cadaveri entro le mura — che presuppone identiche -divinità nelle città e nel territorio adiacente — malgrado i reiterati -comandi degli imperatori (_Dig._ III. 44. 12. _Cod. Theod._ IX. 17. -6) non fu attuata che a stento per la tenace opposizione di numerosi -regolamenti municipali (_Dig._ XLVII. 13. 3 § 5. ULPIANO). - -[152] CORP. INSCR. LATIN. X. 1, 814, 853, 924, 1042 etc. - -[153] L'IMBART DE LA TOUR, _La paroisse rurale cit_. ha acutamente -osservato che la chiesa cattolica tentò sempre di soppiantare il -paganesimo insediandosi negli stessi luoghi ad esso destinati, per -fruire della forza dell'abitudine, per cui si tende a continuare ad -andare dove si è sempre andati. - -[154] LUPUS M. _De parochiis ante annum Christi millesimum_. Bergomi. -1788. Diss. II. cap. IV. pag. 164 e segg. - -[155] TROYA. _Cod. Dipl. Lang._, IV. 1. num. 151. pag. 381. - -[156] Il DECLAREUIL (_loc. cit._ XXVI. 1902. pag. 234-67. 437-68. -554-607. XXVIII. 1904. pag. 306-368. 474-500), oltre a credere che -la decadenza sia cominciata assai tardi, pensa che il cristianesimo -non abbia apportato alcun turbamento alla costituzione dell'impero. -Per quel che riguarda la Chiesa si può accedere senza difficoltà -alla sua opinione, a sostegno della quale sta, anzi, un argomento -fondamentale, del quale il Declareuil non si è giovato. È difficile -ammettere che avanti il riconoscimento ufficiale, iniziato con l'editto -di Milano, il cristianesimo riuscisse, anche sotto il governo dei più -miti imperatori, a modificare un regime che dava ai sacerdoti pagani -un'elevata condizione sociale ed un saldo substrato economico (cfr. A. -CRIVELLUCCI, _Intorno all'editto di Milano_ negli Studi Storici IV, -pag. 267 e segg. e CARASSAI C. _La politica religiosa di Costantino -il Grande e la proprietà della Chiesa_ in Arch. Soc. Romana di St. -Patr. XXIV. 1901 e bibliografia ivi citata). Ma, per il resto, le sue -conclusioni non sono accettabili; e prima di tutto, anche non tenendo -conto del metodo con cui egli ha raccolto d'ogni dove materiali e -notizie senza considerare l'immensa varietà dell'impero, tolgono vigore -alla sua conclusione le lacune, dall'autore stesso confessate, nel -quadro delle istituzioni, alcune delle quali tutt'altro che lievi: -così per i _curatores_ dell'ultimo tempo repubblicano e dei primi -secoli dell'impero, e per i _munera_, dei quali abbiamo da Scevola e da -Arcadio Carisio una tripartizione (_personalia, patrimoniorum, mixta_) -puramente esemplificativa, mentre sarebbe stato proprio da un esame di -questi _munera_ che si sarebbe potuto dimostrare — se possibile — che -le condizioni dell'impero d'occidente non erano ancora in decadenza. E, -inoltre, la riforma di Diocleziano (a. 282) e quella ancor più grave -di Galerio (a. 311) investono troppo profondamente tutto l'organismo -statuale perchè si possa ammettere che indichino uno stato di cose -temporaneo e non maturato da tempi lontani. - -[157] BAUDI DI VESME B. _L'origine romana del comitato longobardo e -franco_, in Atti del Congr. Intern. di Scienze Storiche. Roma, 1904. -vol. IX pag. 231 e segg. - -Dell'esistenza di questo _Comes_, di cui si conoscono molti altri -esempi oltre i due soli citati dal Baudi di Vesme, non si può dubitare; -ma questi, tratto dall'amore della teoria gabottiana sull'origine -signorile del comune, è caduto in un equivoco. Questi _Comites_ -esistono, è vero, ma sono ufficiali dello Stato, non, come egli -crede, ufficiali municipali. Anzitutto non si può credere che una -modificazione così profonda nelle istituzioni municipali non abbia -lasciato qualche segno nei documenti relativi alla diocesi italiciana -dai tempi di Diocleziano alla caduta dell'impero d'occidente; mentre -ciò è escluso dalle accurate indagini del COZZARELLI (cfr. _Studi -di Storia e Diritto_ vol. XXIV 1. 2. 3. 4). E, di più, nessuna -delle formule dei territori in cui le curie e le gesta sono rimaste -anche dopo la loro sparizione dall'Italia (cfr. ZEUMER K. _Formulae -merowingici et karolini aevi_, in Mon. Germ. Hist. Legum. V.), nè -alcun documento tra quelli, relativamente non scarsi, a noi pervenuti, -ricorda il _comes_ al posto del _defensor_ e degli altri ufficiali -municipali (cfr. i doc. editi dal MARTÈNE e DURAND, dall'IMBART DE LA -TOUR, dall'ESMEIN, dal _Tardif_, etc.). E nemmeno in via eccezionale -si può ammettere carattere municipale e cittadino in quel conte -di Marsiglia del 440, su cui il Baudi d. V. poggia tutta la sua -argomentazione. Varî lavori serî ed autorevoli, per quanto a lui -sconosciuti, quali quello del DUVAL-ARNOULD (_Études d'histoire du -droit romain au V siècle d'après les lettres et le poème de Sidoine -Apollinaire_. Paris. 1888). quello dell'ESMEIN, a proposito di alcune -lettere di Sidonio Apollinare (nelle sue _Mélanges d'histoire du droit -et de critique_, Paris 1886, pagina 379 e segg.), e quelli dell'ALLARD -(in Rev. des questions hist. 1908), dimostrano in modo irrefutabile che -esso non differiva dai conti così esaurientemente studiati da Gotofredo -(cfr. il _Glossarium_ al _Cod. Theod_. e cfr. anche ciò che sotto -questa voce dice il DE RUGGERO. _Dizionario epigrafico di antichità -romane_. II. 1. pag. 468-530). Nei primi secoli dell'impero, a capo -di ogni provincia stava un _rector_ munito d'_imperium_, nominato -dall'imperatore, incaricato della sorveglianza delle amministrazioni -municipali. Più tardi, per i bisogni della difesa e per la pronta -decisione delle numerose liti, tali divisioni apparvero troppo ampie; -onde, a volta a volta che se ne sentiva più impellente il bisogno, -furono inviati e stabiliti nelle città dei _comites_ con le loro -_comitivae_. Così li troviamo a Napoli, a Ravenna, a Roma, a Siracusa -(cfr. GAUDENZI A. _Un'antica compilazione di dir. rom. e visig. con -alcuni frammenti delle leggi di Eurico_. Bologna. 1886. pag. 109-111 -e _Mayer E._ _Ital. Verfassungsgesch_. Leipzig. 1910. II. pag. 109). -Essi come provano le formule di Cassiodoro, mantengono inalterato -il carattere e le funzioni degli antichi _rectores_, dai quali -differiscono solo per la minore estensione del territorio affidato alla -loro sorveglianza. - -E nemmeno sono ufficiali municipali, contrariamente a ciò che crede il -BAUDI D. V., i _comitiaci_ ricordati nel papiro reatino del 557 (MARINI -_Papiri diplom._ n. 79, pag. 121): le formule di Cassiodoro (_Variar._ -II. 10-11 — V. 6. — VIII. 27), da lui non citate, la nota iscrizione -piemontese (ed. MARINI _loc. cit._ pag. 266 nota 28) ed un passo di -Scevola (_Dig._ XXVI. 8. leg. pen.) dimostrano all'evidenza che in -alcuni casi di tutela e curatela, concernenti famiglie distinte e -ragguardevoli, l'atto si rogava presso il _Procurator Caesaris_, che è -tutt'altro che una magistratura municipale (_Inter Curatorem minoris et -creditorem minoris acta sunt apud Procuratorem caesaris infrascripta_ -etc. Cfr. anche MAFFEI S. _Historia diplomatica_ etc. Mantova. 1727. -pag. 57). - -[158] I _minores possessores_ erano aggregati alle curie per gli oneri, -ma, e questo è il punto fondamentale, la riscossione dei tributi da -essi pagati non era affidata nè al curator, che sappiamo eletto _ad -colligendos civitatis publicos reditus_ (_Dig._ L. 4. 18 § 9) nè ai -curiali, ai quali spettava l'esazione della _capitatio plebeia_ (_Cod. -Just._ XI. 28. 2), ma bensì al _defensor_ (cfr. LÉCRIVAIN CH. _Le sénat -romain depuis Dioclètien_ in Bibl. de l'Ecole d'Athènes et de Rome, -vol. 411. Paris. 1888. pag. 48 e LEICHT P. S. _Studi cit._ II. pag. -27). - -[159] A torto il BAUDI DI VESME dice che i _defensores_ furono -istituiti in un'epoca molto antica, a somiglianza dei tribuni della -plebe di Roma. La _defensio_, cui egli accenna, non ha affatto -carattere pubblico: è la difesa, la rappresentanza in giudizio della -città. Di essa parlano in modo da togliere ogni dubbio ULPIANO (_Dig._ -L. 4. 16), ERMOGENIANO (_Dig._ L. 4. 1 § 2. _Defensio civitatis_ id -est ut _syndicus_ fiat): e da ARCADIO CARISIO (_Dig._ L. 4. 18. § 3 -_Defensores_ quos Graeci _syndicos_ appellant) per la sua natura, -rilevata da tempo (cfr. BETHMANN-HOLWEG. _Der Civilprozess des -gemeinen Rechts_. II. pag. 415 e segg.) è distinta anche da quella -della rappresentanza (_syndicus_) dei collegi (FERRINI _loc. cit._ n. -73 pag. 99). Il _defensor_ è ricordato per la prima volta nel 365. La -comparazione con i tribuni della plebe è una inesatta idea di CUIACIO -(cfr. _Opera omnia_. Paris. 1874. I. col. 63 e III col. 55-56). - -Come si vedrà non solo non condivido l'opinione di coloro che ritengono -che l'elezione del _defensor_ fosse fatta con il suffragio universale -(CHÉNON E. _Étude historique sur le Defensor Civitatis_ in Nouv. Rev. -Histor. XIII. pag. 332-33); ma non mi sembra nemmeno da accogliere -l'interpetrazione predominante (cfr. LIEBENAM. _loc. cit._ p. 449) -della nota legge di Valentiniano, Teodosio ed Arcadio dell'anno -387 (_Cod. Theod._ I. 29. 2) e dell'ancor più nota _Interpretatio_, -che spiega il _decretum_, con il quale le città devono eleggere il -_defensor_, come il _consensus civium_ e la _subscriptio universorum_. - -[160] Riportati nel concilio di Reggio dell'855. MANSI, _loc. cit._ -XIV. col. 216. - -[161] Cfr. LIEBENAM. _loc. cit._ pag. 136 e segg. - -[162] _Cod. Just._ XI. 69. 8 e VIII. 12. 7. - -[163] Ne dette per il primo l'esempio Giuliano l'Apostata nel 362. -Cfr. _Cod. Theod._ X. 3. 1. confermato da AMMIANO MARCELLINO. (_Rerum -Gestarum libri qui supersunt._ Leipzig. 1874-75. libr. XXV. cap. IV) -che parla di _vectigalia civitatibus restituta cum fundis_. Ma le -distrazioni non cessarono: Teodosio nel 443 ne ordina nuovamente la -restituzione (_Cod. Theod. nov. Theod._ XXIII). - -[164] _Cod. Just._ X. 48. 1. - -[165] _Cod. Just._ VIII. 12. 12. - -[166] Hoc facto impendiis ordinandis (dicono ARCADIO e ONORIO) ut -adscriptio currat pro viribus singulorum, deinde adscribantur pro -aestimatione operis futuri territoria civium. - -[167] _Cod. Theod._ VII. 13. 6. a. 370. VALENTE. - -[168] Cfr. LEICHT P. S. _Studi cit._ II. pag. 15-16, e la bella -osservazione del MOMMSEN (_Das römische Militarwesen seit Diokletian_ -in Hermes. XXIV, pag. 239 e segg.) da lui riportata. - -[169] _Cod. Theod._ X. 20. 2. a. 358. _gyneciarii_. — X. 19. 5. a. 369. -_metallarii_. — X. 22. 4. a. 888. _fabricenses_. — XII. 1. 146. a. 396. -_collegiati singularium urbium_. XIV. 7. 1. etc. - -[170] L'uso delle armi era proibito a chi non apparteneva all'esercito. -CICERONE (_Verrin_. V. 3) ricorda l'editto di L. Domizio pretore di -Sicilia che proibiva _ne quis telum haberet_ e gli altri editti _ne -quis servus cum telo esset_. PLINIO (_Nat. Hist._ XXIV. 14) ricorda una -simile ordinanza emanata per Roma durante il terzo consolato di Pompeo. -Nell'anno 364 Valentiniano e Valente avevano emanato una disposizione -analoga passata poi nel Codice giustinianeo (XI. 46. 1.) che restaurò, -per questo, un uso accolto anche dai Goti e da Teodorico che _ut nullus -romanus usque ad cultellum uteretur vetuit_. Cfr. TAMASSIA N. _Alcune -osservazioni sul Comes Gothorum_, in _Arch. Stor. Lombardo_. 1884. pag. -415 nota 4. - -[171] _Cod. Theod. Nov. Valent._ III. T. IX a. 440. _De reddito jure -armorum_. - -[172] Tanto l'uno che l'altro sono un _edictum ad populum_. Su di -esso, oltre il magistrale e sempre giovane commento di GOTOFREDO, cfr. -GAUDENZI A. _L'opera di Cassiodorio cit._, pag. 301 e segg. - -[173] _Cod. Theod. Nov. Valent._ V. 2 e 3. a. 440. - -[174] A Roma appare già formato nel 640. Cfr. _Liber Pontificalis_ ed. -DUCHESNE. I. pag. 329. - -[175] _Cod. Theod. Nov. Theod._ XXIII. _De locis R. P.... restituendis_. - -[176] Gli imperatori cedettero _completamente_ alle città il diritto -di proprietà e di disposizione sui beni pubblici. La riprova è -data dal fatto che la nomina del _curator_, il quale dapprima è un -funzionario imperiale, la cui mansione specifica è il coordinamento -dell'autonomia locale con l'unità dell'impero (cfr. LÈCRIVAIN CH. _Le -mode de nomination des Curatores Reipublicae_ in _Mélanges d'Arch. et -d'Hist._ 1884. IV. 3-4. pag. 356 e segg. e la memoria del LIEBENAM in -_Phylologus_ vol. 4, pag. 290 e segg.), diviene elettiva (_Cod. Theod._ -XII. 2. 171), non quando e perchè, come crede il LÈCRIVAIN, le città -perdono i loro beni, ma quando l'imperatore lascia alle città, purchè -si difendano, il libero uso delle proprietà. - -[177] _Cod. Theod. Nov. Maior._ Tit. 3. - -[178] _Cod. Theod. Nov. Theod._ II. 24 § 4. _Cod. Just._ XI. 60. 3. -Cfr. anche LEICHT, _Studi cit._ II. pag. 41. - -[179] _Lex colon. Genetivae Juliae_ r. 98. - -[180] _Cod. Just._ XII. 41. 5. a. 413. - -[181] _Cod. Theod. Nov. Maior._ Tit. 3. - -[182] _Cod. Just._ I. 1. 4. - -[183] TAMASSIA N. _Alcune osservazioni intorno al Comes Gothorum cit_., -pag. 248. - -[184] GAUDENZI A. _L'opera di Cassiodorio a Ravenna_, in «Atti e Mem. -R. Dep. Stor. Patr. di Romagna». 1886. pag. 427. - -[185] Editto di Teodorico § 69. - -[186] CASSIODORO _Variarum_ VII, 11, 12. - -[187] BRUNNER. _Zur Rechtsgeschichte d. röm. u. germ. Urkunden_, pagine -113 e segg., 124 e segg. - -[188] TAMASSIA N. _Fonti gotiche della storia longobarda_, in «Atti -Regia Accad. di Torino», 1896-97, vol. XXXII, pag. 683-707. ID. _Una -professione di legge gotica in un documento mantovano del 1045_, -in «Arch. Giuridico», 1902. ID. _Le professioni di legge gotica in -Italia_, in «Atti e Mem. R. Accad. Sc. Lett. Arti in Padova», vol. XIX, -disp. I, pag. 14 dell'estr. - -[189] GAUDENZI A. _Gli editti di Teodorico e di Alarico e il diritto -romano nel regno degli Ostrogoti_. Torino, 1884, pag. 41. - -[190] LEICHT P. S. _Studi cit._ II, pag. 41. - -[191] GAUDENZI A. _L'opera di Cassiodorio, cit_. pag. 448. - -[192] Cfr. CASSIODORO. _Var_., I, 28, tutta basata sulla leg. 35 -_Cod. Theod_., XV, 1, confermata da numerosissimi esempi. Teodorico -infatti ricostruì le mura di Spoleto, di Verona e di molte altre città, -acquedotti, opere pubbliche etc. (MAFFEI S. _Verona illustrata_. I. 9. -pag. 448). Nella sua cronaca, all'a. 500. _Patricio et Hispatio coss_., -CASSIODORO dice che al tempo di Teodorico _plurimae renovantur urbes, -munitissima castella conduntur, consurgunt admiranda palatia_. - -[193] SALVIOLI G. _Sullo stato e la popolazione d'Italia prima e dopo -le invasioni barbariche_. Palermo. 1900. pag. 32 e segg. - -[194] SOLMI A. _Le associazioni in Italia avanti le origini del -comune_. Modena. 1898. pag. 125. - -[195] Cap. 64... _quisquis ingenuus, nulli tamen quolibet modo obnoxius -civitati_... - -[196] _Cod. Theod_. XV. 1, 23, GRAZIANO, VALENTINIANO e TEODOSIO, a. -384 e _Cod. Just._, VIII, 12, 7. - -[197] _Edict. Theod._, cap. 69. - -[198] _Lex Romana Wisigothorum_, XIV, 1, 1. - -[199] _Cod. Theod._, XIV, 7, 1. - -[200] La sorveglianza spettò ai _Vigili delle porte_, aggiunti dai -Goti all'amministrazione municipale, nominati dal re ed investiti in -parte di quel carattere militare (MOMMSEN. _Ostgoth. Studien_ in N. -Arch. XIV, 1888, pag. 494) di cui è compenetrata la giurisdizione del -_comes Gothorum,_ che, quantunque in alcuni punti se ne distaccasse, -(MOMMSEN, _loc. cit._, pag. 529) imitò gli _judices militares romani_ -(DEL GIUDICE P. _Sulla questione della dualità del diritto in Italia -sotto la dominazione ostrogota_. Rendic. R. Accad. Lombarda, s. II, -vol. XXXIX, 1906, pag. 795), sui quali si adagiò facilmente (TAMASSIA -N. _Alcune osservazioni sul Comes Gothorum_, pag. 259). - -[201] _Cod. Just._, I, 3, 16. - -[202] Tale, almeno, sembra l'ipotesi più probabile, dato che, -secondo l'opinione dominante, non felicemente combattuta dal -ROBERTI, beni comuni si trovano nell'epoca romana e nella langobarda -e nelle successive, senza soluzione di continuità, e sono appunto -caratterizzati dal diritto d'uso da cui sono gravati a vantaggio di -determinati gruppi. - -[203] _Cod. Just._, XI, 4, 1. - -[204] Infatti ad essi sono equiparati nell'immunità dalla giurisdizione -ordinaria, essendo, come quelli, giudicati dal _rationalis_. Cfr. _Cod. -Just._, III, 26, 7. Di questo elemento mi sembra non abbia tenuto il -conto che merita il SAVAGNONE nel suo studio su _Le terre del fisco -nell'impero romano_. Palermo. 1902. - -[205] Aemilia. Camilia. Claudia. Clustumina. Cornelia. Fabia. Galeria. -Horatia. Lemonia. Menenia. Papiria. Pollia. Papinia. Romilia. Sergia. -Voltina. Veturia. - -[206] Vedi l'acuta nota di S. PEROZZI nel _Comm. alle Pandette_ del -GLÜCK, lib. XXI. 1. § 1106. pag. 4. - -[207] _Loc. cit._, VI. pag. 197. - -[208] _Caes._ 41. - -[209] _Aug_. 40. - -[210] Divisi in rispondenza delle strade che escono dalle porte, -distinti con appositi nomi e addossati alle mura: proprio come i borghi -medioevali che si formano entro le stesse linee. - -[211] _Dig_. XLIII, 8, 2 § 22. - -[212] _De leg. agr_. II. 35. - -[213] _Epig_. VII. 61. 3. - -[214] Cfr. HERMES. XIV. pag. 604. - -[215] DE MARCHI, _loc. cit._, pag. 244. - -[216] Cfr. _Revue Historique_. 1902, pag. 437. - -[217] Cfr. specialmente _Cod. Theod_. XII. 1. 179. § 1. - -[218] Le note carte cremonesi che ricordano le _regiones_, benchè -recentemente difese dal MAYER. _Die angeblichen Fälschungen -des Dragoni_. Leipzig. 1908, sono da ritenersi frutto di una -falsificazione. - -[219] DECLAREUIL, _loc. cit._, pag. 444-45: e LIEBENAM, _loc. cit._ -pag. 109 e segg. - -[220] _Dig._, L, 8, 1 e 5; XLVIII. 12. 3 § 1. - -[221] _Dig._, XXX. 1. 22; XLVIII. 12. 3. § 1. - -[222] _Historia_ VII. 3 (della traduzione latina). - -[223] Per le istituzioni alimentarie di Nerva, Traiano e degli -imperatori successivi, cfr. SEGRÈ, _loc. cit._, e sopratutto le belle -pagine del WILLEMS, _loc. cit._, pag. 491 e segg. - -[224] Le multe inflitte agli ecclesiastici da Valentiniano (a. 392), -con una deroga al sistema comune, furono devolute ai poveri. E lo -stesso fece Atalarico (CASSIODORO. _Variar._ VIII, 24). È certo che la -erogazione venne affidata alla Chiesa. - -[225] TAMASSIA N. _I sermoni di Pietro Crisologo_ in Studi Senesi. -1906. I. pag. 63. - -[226] EP. IX, 100 a. 599, e TROYA. _Cod. dipl._, IV, 1, 208. Contiene -una netta distinzione degli _homines callipolitani castri_ in -_habitatores loci ipsius_ da una parte e _homines massae_ dall'altra, -con netta separazione giuridica. _Massa_ qui ha il senso che solo più -tardi troviamo per indicare, insieme con l'espressione _corpi santi_, -il territorio intorno alla città. - -[227] MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XXI (to. II. col. 222. D). - -[228] ID. _ibid._ Diss. LXXIV. - -[229] BERETTA E. _De tabula chorografica M. Ae_. sect. VI in _Rer. -Ital. Script._ X. pag. 31 e segg. - -[230] Cfr. MAFFEI S. _Verona illustr._ libr. VII, pag. 134. DE VITA -G. _Antiquitates Beneventanae_, to. I. Diss. 1. cap. 3. CATALANUS M. -_De eclesia firmana eiusque episcopis et archiepisropis_. Fermo, 1783, -pag. 12 e segg. ROVELLI G. _Storia di Como._ Milano 1789, vol. II, pag. -22-28. - -[231] PABST. _Geschichte der langobardischen Herzogtümer._ Forschungen -zur Deutschen Geschichte II. Göttingen, 1862, pag. 437 e segg. - -[232] DAVIDSOHN R. _Storia di Firenze_. Vol. I. Firenze, 1907, pag. 94. - -[233] LUSINI V. _I confini storici del Vescovado di Siena_ in -«Bullettino senese di Storia Patria». Vol. V, a. 1901, fase. 3 e segg. - -[234] È nota la dotta discussione, a questo proposito, del CRIVELLUCCI -(_Le chiese cattoliche e i longobardi ariani in Italia_ in «Studi -Storici» IV. pag. 385-423 — V. pag. 153-177 e 531-554 — VI. pag. -93-115 e 589- 604) e del DUCHESNE (_Les évêchés d'Italie et l'invasion -lombarde_ in «Mélanges d'archéologie et d'histoire». XXIII. 1-3. 1903 -p. 83-116). - -Nell'Italia settentrionale si è perduto — e per opera dei Bizantini, -non dei Langobardi — il solo vescovado di Brescello: nell'Italia -centrale quello di Populonia. Degli altri alcuni furono disorganizzati -— due per più di un secolo — ma non distrutti. Cfr. ID. _Rectification_ -etc. ibid. a. 1906. XXVI. pag. 565-567. - -Il vescovado di Roselle fu trasportato a Grosseto solo nel 1138 da -Innocenzo II (KEHR P. FR. _Regesta Pontificum Romanorum. III. Etruria._ -Berlin. 1908 n. 8 pag. 260), ma non furono certamente i Langobardi a -causarne la decadenza: in un documento della badia amiatina (inedito -nel R. Archivio di Stato di Siena) dell'867 sono ricordati il gastaldo -ed uno scabino della città di Roselle; ed il 14 settembre dell'892 -da Roselle datò un suo diploma l'imperatore Guido (SCHIAPARELLI L. _I -diplomi di Guido e di Lamberto_. Roma. 1908 n. 18 pagine 44-45). - -[235] Rubr. IX. - -[236] _Dig._ L. 13. 4. Forma censuali cavetur ut agri sic in censum -referantur: nomen fundi, cuiusque, et in qua civitate _et in quo pago_ -sit, et quos duos vicinos proximos habeat. - -[237] MAFFEI S. _Verona illustrata cit._ pag. 381 e segg. Ed -altrettanto si faceva in tutta Italia. Cfr. _Inscr. Regni Neapol._ ed. -MOMMSEN numeri 216. 1354, in cui si ha la tavola alimentare dei liguri -bebiani e l'iscrizione di Volcei. - -[238] VOIGT. _loc. cit._ pag. 140 e segg. - -[239] Questo è il senso del Decreto di papa Gelasio (492-95) riportato -nel DECRETO di GRAZIANO c. 5, C. XVI, 423. — di un'epoca, cioè, in cui -nessuna perturbazione era stata portata da elementi estranei. - -[240] TROYA. _Cod. dipl. lang._ IV. 1. n. 400. 406. 407. - -[241] LEICHT. _Studi cit._ I. pag. 39 e 68-9. - -[242] La decadenza del sistema dei mansi e la loro decomposizione, -manifesta nel secolo IX (cfr. SCHUPFER _Il diritto privato cit._ -II. pagine 81-92) non mi pare abbia influito sul frazionamento delle -pievi. Lo attesta chiaramente il secondo concilio pavese dell'855 che -si esprime così (ed. PERTZ, nei «Mon. Germ. Hist. _Leges_ I. pag. -432 cap. 11): In sacris canonibus praefixum est, ut decimae juxta -episcopi dispositionem distribuantur. Quidam autem laici, qui vel in -propriis vel in beneficiis suas habent basilicas, contempta episcopi -dispositione, non ad ecclesias ubi baptismum et praedicationem et manus -impositionem et alia Christi sacramenta percipiunt, decimas suas dant, -set vel propriis basilicis, vel suis clericis pro suo libitu tribuunt. - -[243] S. PIER DAMIANO in un bellissimo passo di una sua lettera del -1076 al marchese Goffredo (Ep. VII. 13) dice che la marchesa Willa -aveva nel comitato aretino _villam novem quidem mansionibus_ EX ANTIQUO -MORE _distinctam, quae postmodum_ JUXTA MODERNAM CONSUETUDINEM _in -plurimos est divisa_. - -[244] MON. GERM. HIST. _Leges_ II. ed. BORETIUS. _Capit. Reg. Franc._ -I. 1. n. 45. _Divisio regnorum_. 806. febr. 6. pag. 128. n. 4. - -[245] Cfr. il lessico del Forcellini a q. v. - -[246] Molendinum edificatum _sub urbem_ huius civitatis Parme, in AFFÒ -I. _Storia di Parma_, vol. I Parma 1792, n. 57 pag. 839 a 935. - -_Sub urbe_ Regio in via publica ipsius loci. _Cod. dipl. lang._ (PORRO) -n. 672 a 963. - -[247] _Cod. Dipl. Lang._ (PORRO) n. 39. - -[248] UGHELLI^2. _Italia sacra_. Venezia, 1720, V. col. 705. - -[249] _Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di -Lucca._ Vol. V, parte II, n. 832, pag. 506. - -[250] _Memorie e Documenti per servire alla storia del ducato di -Lucca._ IV (BARSOOCHINI) p. II. 2. - -[251] LUZZATTO G. _I servi nelle grandi proprietà ecclesiastiche -italiane dei secoli IX e X_. Pisa, 1910, pag. 19-20. - -[252] TIRABOSCHI G. _Memorie modenesi_ I. 66. a 904. - -[253] IDEM. _ibid._ I. 90. a 943. pag. 111. - -[254] Diploma di Corrado I. a. 1031 in MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. -II. - -[255] Bolla dell'antipapa Clemente ai canonici di Reggio, a. 1092 in -MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XXI. - -[256] Si potrebbe supporre, in tal caso, che il _suburbium_ non fosse -riconnesso alla città fino dall'epoca romana, ma sibbene da qualcuna -delle frequenti concessioni che si trovano nei diplomi degli ultimi -Carolingi e dei loro successori. - -Anche il diploma di Federigo I. del 1156 (ed. LUPI, _Cod. dipl. cit._ -I. col. 578), probabilmente spurio, ma egualmente valido ad attestare -l'uso e la frequenza dell'espressione, usa l'indicazione _in circuitu_. -L'imperatore concede al vescovo, fra l'altro, _nominatim omnes -districtiones et publicas functiones Pergamensis civitatis et villarum -et castellorum que sunt_ IN CIRCUITU IPSIUS CIVITATIS _ad eumdem -comitatum pertinentes._ - -Della possibilità che _villae_ e _castra_ potessero trovarsi entro il -_suburbium_ dirò più avanti. - -[257] _Cod. dipl. lang._ (TROYA) IV. 1. n. 498. - -[258] _Ibid._ (ID.) n. 962. 564. 995. etc. - -[259] SCHIAPARELLI L. _I diplomi di Berengario I_. Roma, 1903, n. 14 -pag. 48-49 a. 896. - -[260] Cfr. BRUNETTI F. _Codice Diplomatico Toscano_ I. 2. Firenze -1838, n. 70 a. 806. pag. 70. v. 7. 21. 24. 31 e 14. Per mettere in -maggior rilievo la differenza fra _infra_ e _intus_ non è fuor di luogo -osservare che si tratta di un placito. - -[261] Diploma di Ottone III. ai canonici di Parma dell'anno 996. — -MON. GERM. HIST. _Diplomat._ II. 2. _Die Urkunden Otto des_ III, n. -210, pag. 622 — in cui sono ricordate le _mansiones_ INFRA _civitatem -Bononiam_ insieme con quelle in SUBURBANO TERRITORIO _Ferrarie_ e con -le SUBURBANAS TERRAS di Parma. - -[262] UGHELLI^2. _loc. cit. VIII_. col. 51: _monasterium Salvatoris_ -INFRA CIVITATEM BENEVENTANAM. — _ibid_. col. 92: _monasterium S. -Modesti_ INTUS HANC NOVAM CIVITATEM BENEVENTANAM e passim. - -E non è soltanto nei documenti concernenti le città che _intra_ ha -questo significato. - -Nel diploma dell'arcivescovo di Milano Todone del febbraio 866 a favore -del monastero di Sant'Ambrogio, fra le altre concessioni c'è quella di -INTRA _ecclesiam Sanctorum Vitalis et Agricolae, in honore sanctorum -Petri et Pauli ecclesiam infirmorum construere_. - -Il PURICELLI (_Ambrosianae basilicae Monumenta_. Milano, 1645, numero -115, pag. 201) presso _intra_ apre una parentesi dicendo: «non _intra_ -sed _iuxta_ legendum est.» - -Che nel documento sia stato scritto _intra_ è certo, perchè se fosse -stato possibile il menomo dubbio di lettura, il Puricelli non avrebbe -esitato a indicarlo: d'altra parte è egualmente sicuro, per le notizie -che il Puricelli stesso dà, che la chiesa di S. Pietro e Paolo era -presso e non dentro la chiesa di S. Vitale e Agricola. A me sembra -si possa ragionevolmente supporre che ci si trovi dinanzi ad una -deviazione, non irrilevante, dell'antico significato romano di _infra_. - -A Lodi un documento del 9 luglio 931 (VIGNATI C. _Laus Pompeia_ in -«Bibl. Hist. Ital. cura et studio societatis langobardicae» Milano, -1879, II. n. 10 pag. 16) contiene la permuta di una terra IN _civitate -Laude prope ecclesia S. Stephani_ con un'altra terra INTRA _civitatem -Laude prope porta mediolanense_. La differenza di indicazione di -un terreno che sappiamo di sicuro essere stato entro la città (cfr. -ID. _ibid._ pag. LVII) con quella del secondo induce a credere che -quest'ultimo fosse fuori delle mura. - -Anche l'Editto langobardo (_Roth_. 340) usa l'avverbio _infra_. Se -qualcuno, inforcato il cavallo di un'altro, cavalcherà INFRA _viciniam -idest_ PROPE _ipsum vicum_, pagherà due soldi di pena; _si in antea_, -cioè fuori del territorio vicinale, _in actogild reddat_. Dunque -_infra_ indica lo spazio situato fra il vico, al centro, e i confini, -alla periferia. - -[263] Cfr. pag. 16 e segg. - -[264] La critica ormai ha pacificamente ammessa l'origine comune e lo -svolgimento molto somigliante del notariato dell'Italia langobarda -e dell'Italia romanico-bizantina (MAYER E. _Ital. Verfassungsg_. I. -pag. 114 e segg.) e con altrettanta concordia è ammessa, col BRUNNER, -la diretta derivazione del documento medioevale da quello romano; ed -è del pari innegabile che i singoli e specifici rilievi del MURATORI -(_Antiq. Ital._ diss. VIII. to. I. col. 426), del LUPI (_Codex -Diplomaticus Bergomensis._ Bergomi 1799 to. II. animadv. XLIV col. -494), dell'HANDLOIKE (_Die lombardischen Städte unter die Herrschaft -der Bischöfe, und die Entstehung der Communen_, Berlin. 1883 pag. -111), dello SCHUPFER (_Il diritto privato dei popoli germanici etc._ -II. Città di Castello, 1909 pag. 51 e segg.) danno modo di affermare -con sicurezza che i notai medioevali, pur nel loro barbaro latino, si -attennero con cura scrupolosa all'uso di termini tecnici e precisi. -Ma è altrettanto indiscutibile la grande varietà degli atti di uno -stesso tipo, derivante, secondo me, da cause che risalgono a ben remota -antichità: varietà che si è cominciato appena ora a mettere in luce da -recenti e buoni studi diplomatici. - -[265] Il NISSEN (_Templum und Institum e Pompeianische Studien zur -Städtekunde des Alterthums_. Leipzig. 1877) ha messo opportunamente in -luce l'importanza di Pompei come tipo delle città italiche che erano -_regolari_, contrariamente alle antiche città greche. - -[266] D'ACHERY L. e MABILLON I. _Acta Sanctorum ordinis S. Benedicti_, -Venezia, Coletti-Bettinelli, 1733, vol. II. p 330. - -[267] IAFFÈ. _Reg. Pontif._, a. 768-772, n. 2389. - -[268] MANSI. _Conciliorum amplissima collectio_, vol. XIII. col. 1006, -cap. XLI. e _Hludowici II, Synodus Ticinensis_ a. 850. c. b. ed. PERTZ. -in «Mon. Germ. Hist.» III. pag. 397. - -[269] ID. _Ibid._, col. 1008. - -[270] ID. _Ibid._, vol. XIV, col. 931-2; e PERTZ, _loc. cit_. - -[271] _Ordo romanus_, c. 6. Ad maiorem missam debent esse _sex -suburbani_, diaconi septem etc. in MARTÈNE. _De antiqua disciplina -Eccles. in Div. off._, pag. 504. - -[272] UGHELLI. _loc cit._, vol. V, col. 728, a. 921. Nell'a. 921, -Raterio, vescovo di Verona, col suo testamento dispose fra l'altro -«ut advenientibus omnibus kalendis in curriculis totius anni pascant -pauperes duodecim pro anima domini Berengarii senioris mei Domini -amabilis imperatoris, et cum de hoc seculo evolaverit omni anno die -anniversaria pascant pro anima eius pauperes trecentos et _sacerdotes -sanctae ipsius ecclesiae cardinis omnes_..... (lacuna nel testo) _seu -et_ SUBURBANOS _omnes_ ita ut in tribus diebus ante eius annualem -et tribus _omnes_ generaliter _sacerdotes_ DE INTUS ET DE FORIS -omni die missas cantent et Domino preces offerant pro eius anima». -UGHELLI-COLETI. _loc. cit._, V, col. 728. - -[273] Bolla di Alessandro II dell'a. 1061; al monastero di Senatore di -Pavia _in suburbio ticinensi_ ecclesiam S. Georgii et S. Pancratii, in -MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXX. - -[274] Diploma di Ottone III ai canonici di Parma dell'a. 996 in nota 5 -pag. 88. - -[275] MAYER, _loc. cit._, pag. 434, nota 9. - -[276] Cfr. Diploma di Enrico IV del 26 maggio 1111 confermante quelli -dei precedenti re ed imperatori. AFFÒ I. _Storia di Parma_, I, pag. -343. - -[277] MAYER, _loc. cit._, pag. 434, nota 9. - -[278] MANSI, _loc. cit._ vol. XIV, col. 791. Il vescovo concede un -massaro di nome Gisulfo insieme con tutte le cose che «per ipsum -reguntur _in suburbano vico episcoporum_». La concessione fu confermata -dal metropolita milanese Angelberto nel sinodo provinciale. _Ibid._ -col. 792-93. - -[279] _Synodus romana in causa Formosi pp_. c. 8. e _Massa_ ha anche un -altro e ben diverso significato: indica un complesso organico di beni -nell'amministrazione della Chiesa. Un bellissimo esempio ci è offerto -dal _Liber diurnus_, ed. SICKEL. Vienna, 1889, VI, 5 e XL, in cui si -parla del _presbyter_ preposto alla chiesa di una _massa_. GREGORIO -M. _Epist_. VI, 18-X, 28-X, 52 e dal diploma di Federigo I del 1177 -al monastero di Pomposa. (MURATORI, _Ant. Ital_. Diss. XLVII). Sulle -massae d'Arno, di Bagno e Trabaria ha pubblicato uno studio P. FABRE -nell'«Arch. della Soc. Rom. di Stor. Patr.» vol. XVII a. 1894. - -[280] D'ACHERY-MABILLON. loc. cit, vol. I. pag. 351 e DELISLE in -_Orderici Vitalis historia eccles_. 1885 pag. LXXIX-LXXXIV. - -[281] Cfr. _Capitulare mantuanum primum mere ecclesiasticum_ a. -787. c. 11 (ed. BORETIUS in «Mon. Germ. Hist.» _Capit. Reg. Franc_. -I. 1. _n_. 92, pag. 195). La data, però, non è esatta: il PATETTA -(_Sull'introduzione in Italia della collezione di Ansegiso e sulla data -del cosidetto capitulare mantuanum duplex attribuito all'anno 787_ -in «Atti della R. Accad. di Torino» 1890, vol. XXV, pag. 883-85) ha -dimostrato che invece è da ascriversi all'anno 813. - -[282] LUPI. _De Parrochiis_ pag. 253. E il Concilio di Reggio o Pavia -dell'a. 850 stabilisce (cap. XIII) _sicut episcopus matrici preest, ita -singulis plebibus archipresbiteros praeesse volumus_. MANSI, loc. cit. -vol. XIV, col. 935. - -[283] LUPI. _Cod. dipl. cit._ I, col. 323. Eccone i confini secondo -un documento del 928 (_ibid_. col. 900-901). A recta via (partendo -dalla cattedrale di S. Alessandro) usque ad locum qui vocatur Cultel -et Canale et per montes et per valles et per culta et per inculta usque -ad locum qui vocatur Brene. Ex altera parte civitatis a Laticis antrum -quod vulgo dicitur Lantrum, recta via usque ad Sorisole per omnem illum -locum qui vocatur Castellum per montes et per valles usque Lemine». - -Su questo documento sono da vedersi le giuste osservazioni di A. MAZZI. -_Corografia bergomense_, Bergamo 1880, sotto la voce Bergamo. - -In un documento del 1174 (Lupi. _Cod. dipl_., II, col. 1281), con cui -la chiesa di S. Michele fu eretta in parrocchia, si legge che quei -_vicini_, avendo asserito «ex sua parte quod praefata aecclesia S. -Michaelis habebat jus baptizandi tum ex parte comitum, tum etiam popter -usum longi temporis», i canonici risposero «hoc non licere eisdem -hominibus aut ecclesie cum _non esset plebs neque haberet titulum sed -essent_ SUBURBANI». - -Degli aumenti successivi del territorio suburbano parlerò a proposito -dei diplomi imperiali dell'epoca franca e precomunale. - -[284] LUITPR. _Historia Langubardorum_. Mon. Germ. Hist. Ss., II, 16. - -[285] ROBERTI. _Dei beni appartenenti alle città cit._, pag. 30-31, -nota 4, dell'Estr. - -[286] SCHUPFER _Fr. Aldi liti e romani cit_., pag. 70. - -[287] UGHELLI-COLETI. _Italia Sacra_, V, 707-08. Partizione delle -decime fatta dal vescovo Rotaldo nell'813. Damus atque concedimus -sanctae matriculari ecclesiae tres portiones decimarum, quae a fideli -populo civitatis dantur; quartam pauperibus reservamus. Primo quidem -omnium decimas, quae a populo civitatis dantur, omnibus canonicis -communiter concedimus; deinde omnes decimationes que dantur ab -hominibus habitantibus in Villa, que stat iuxta Portam Sancti Firmi -largimur illi canonico qui subdiaconibus atque acolitis de secretario -praeesse debet studio. Cunctas denique decimas, quae dantur a villanis -indigenis, seu advenis habitantibus sive habitaturis in Villa S. -Zenonis confessoris usque ad portam civitatis opportune septem -subdiaconibus et totidem acolitis damus, exceptis tribus massariciis, -quae in nostra potestate reservamus. - -[288] Queste città sono espressamente ricordate nell'atto di divisione -di Carlo M. _Cfr. Capit. Reg. Franc._ ed. BORETIUS in «Mon. Germ. -Hist.» n. 45, c. 4, pag. 128. - -[289] Cfr. BRUGI B. _Le dottrine giuridiche degli agrimensori romani -comparate a quelle del Digesto_, Verona-Padova, 1897. - -Per la Sardegna differenze notevolissime nella larghezza dell'_iter -culturas accedentium_, dovute al permanere di preesistenti usi locali, -sono state messe in rilievo dal BESTA, _Il diritto sardo nel medio -evo_, Bari 1898, n. 141, pag. 85. - -[290] Cfr. il passo nel glossario del DU CANGE a q. v. - -[291] LUCHAIRE A. _Les communes françaises à l'époque des Capétiens -directs_. Paris. 1890. pag. 69-72. - -[292] HUVELIN P. _Essai historique sur le droit des marchés et des -foires_, Paris, 1897, pp. 188, e 200-01. - -[293] Vedi il glossario del DU CANGE alla voce cit. - -[294] LUCHAIRE A. _loc. cit._, pag. 69. - -[295] Cfr. _Mon. Hist. Patr._, XIII, 1561. - -[296] La prova e la confutazione di questa ipotesi non può esser data -che dal materiale metrologico: si conoscono, infatti, tre specie di -leghe; la _leuca mayor_ di 2962 m., la _leuca minor_ che misura solo -2222 m., ed infine la _leuca gallica_. - -[297] In MON. GERM. HIST. _Capitul_ ed. BORETIUS. II. 125. - -[298] LEICHT. _Studi cit_., I, pag. 51. - -[299] S'intende che io parlo del massaro come lavoratore e coltivatore -della terra; non del servo, dello schiavo, incaricato dal padrone delle -funzioni e dei lavori propri del massaro. Quest'ultimo non acquista -mai la personalità giuridica, che è propria dell'altro, per quanto ne -possa compiere tutte le mansioni. Tale distinzione è indispensabile per -avere un'idea esatta di quelle classi rurali, a proposito delle quali -e più specialmente del massaro è sorta, or non è molto, una proficua -discussione fra l'HARTMANN (_Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens_, pag. -57-62) e il SOLMI (Rec. all'HARTMANN in «Riv. It. di Sociologia IX. -1905. pag. 15 dell'Estr.), alla quale ha preso parte anche il VOLPE (in -«Studi Storici» dir. da A. Crivellucci. 1905, pag. 176-77). - -[300] Cfr. PIVANO S. _I contratti agrari in Italia nell'alto m. evo._ -Torino. 1904. pag. 314-15. - -[301] Sulla tendenza comune nel basso impero, e continuata anche dopo, -di rendere assoluti ed ereditari i vincoli dei lavoratori della terra e -tutti i contratti relativi all'economia rurale cfr. LEICHT _Studi cit_, -I, pag. 46-47. - -[302] Cfr. nota 2 pag. 86. - -[303] SCHIAPARELLI L. _I diplomi di Ludovico III e di Rodolfo_. Roma, -1908, n. XV, pag. 67. - -[304] Ed. in MON. HIST. PATR. vol. I. chartarum n. 87 col. 143-44. - -[305] Questo è dimostrato dalla ripetizione, oltre che del _castrum -vetus_, dei nomi dei servi. Tale ripetizione è stata rilevata anche -dal CIPOLLA (_Di Audace Vescovo di Asti e di due documenti inediti che -lo riguardano_ in «Miscellanea di Storia Italiana» vol. XXVII a. 1889 -pag. 183 nota 1) il quale, ritenendo che la condizione di _servientes_ -possessori di beni immobili sia contradetta dalla parola _massaritia_, -che indica il manso e considerandola poco verosimile e conciliabile -con la condizione nella quale appaiono trovarsi i servi, pensa che il -diploma del 938 autorizzi senz'altro ad intendere che anche nel primo -diploma si sia trattato di veri e propri servi. - -[306] TAMASSIA N. _Una professione di legge gotica cit_., pag. 6. Anche -il LEICHT (_Studi cit._ I. pag. 104) riporta un documento lombardo dal -quale si vede che vi erano beni comuni del _comitatus_. - -[307] SCHUPFER FR. _Il diritto privato dei popoli germanici_, vol. I. -pagina 42 e segg. - -[308] MAYER. _Ital. Verfass cit_., I, pag. 281. SOLMI. _Storia cit._ -pag. 188. - -[309] KANDLER. _Cod. diplom. istriano_ n 804, riportato dal ROBERTI, -dal FINOCCHIARO-SARTORIO e dallo SCHUPFER. Cfr. anche WAITZ. _Die -deutsche Verfassungsgeschichte_. II. 1883. pag. 490-92. - -[310] Lo SCHUPFER. (_Dir. priv. cit_. I. pag. 64 e 66) veramente crede -che la natura del diritto dei cittadini sia puramente d'uso, di fronte -alla proprietà eminente del sovrano, il quale può disporre di questi -beni senza commettere un arbitrio; ma tale sua concezione è così -intimamente legata all'affermazione dell'esistenza di forme economiche -collettivistiche presso i Langobardi, dopo la loro discesa in Italia, -che non può non risentirsi dei gravi colpi portati a quest'ultima, -sopra tutti dal LEICHT e dal SOLMI. - -[311] PAUL. DIAC. _Hist. Langub._ V. 36. - -[312] FICKER _J. Forschungen zur Reichs und Rechtsgeschichte Italiens_. -IV. Innsbruch 1874, n. 27, pag. 35. - -[313] Cfr. _Die Urkunden Otto d. III._ ed. cit. n. 53 pag. 456-7. - -[314] MURATORI. _Ant. Ital._ Diss. VIII. - -[315] _Cronaca piacentina_, ad an. ediz. BORRA. Parma 1862. - -[316] A. 1037. ODORICI. _Storie bresciane_ vol. V. pag. 50. e -GRADONICUS I. H. _Pontificum brixianorum series commentario historico -illustrata_. Brescia, 1755, pag. 159. - -[317] UGHELLI^2. _Ital. Sacra_ Vol. V, col. 712. a. 1178. - -[318] Anche il documento veronese chiama _communis_ la CAMPANEA: -ma bisogna pensare che siamo in epoca in cui, il comune essendo già -formato, ogni terra non appartenente a singoli è _communis_. - -[319] MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XIII. - -[320] ROTH H. _Geschichte des Benefizialwesens_. Erlangen. 1850, pagine -374-75. - -[321] LEICHT P. S. _Ricerche sull'arimannia_ cit., pag. 9 e segg. in -_Studi e Frammenti_. Udine 1903. - -[322] CHECCHINI A. _I fondi militari romano-bizantini considerati in -relazione con l'arimannia_ in «_Archivio Giuridico F. Serafini_» 1900. - -[323] Infatti in tutto il primo capitolo non ricorda che i _bona -vacantia_ e quelli confiscati per legge ai proscritti ed ai condannati -per nozze incestuose e per crimine di lesa maestà; ed i _palatia_ nelle -città consuete (in civitatibus consuetis). - -[324] Enrico IV parla di _arimanniam eiusdem civitatis_ (Padova) -_omnemque districtum ac quicquid ad imperialem potestatem pertinet_. -Berengario I chiama la terra arimannica _terram juris regni nostri_. -Cfr. CHECCHINI, _loc. cit.,_ pag. 462. - -[325] LEICHT P. S. _Ricerche cit._ e _Studi cit.,_ vol. I, pag. 41-42. - -[326] CHECCHINI A. _I fondi militari etc._ pag. 461-62. - -[327] LEICHT P. S. _Studi cit._, II, pag. 92. Ma al Leicht non è -sfuggita l'impossibilità del rude Stato germanico a costituire rapporti -così complicati come quelli dell'arimannia. Egli ha pensato che essi -ne fossero già compenetrati nel loro diritto nazionale: ed a questo è -arrivato perchè crede che l'ordinamento militare bizantino abbia avuto -una notevole influenza su quello langobardo (pag. 88) e da ciò sieno -derivati dei punti di identità. - -A me, come dico, pare si tratti di semplici analogie spiegabili con i -punti a comune di due civiltà una all'inizio e l'altra all'occaso. - -[328] _Loc. cit._, pag. 443-44. La stessa tesi riguardo alle -concessioni di terre fatta da Genserico ai suoi vandali, è sostenuta -dal MARTROYE (_Genséric, la conquête vandale en Afrique et la -destruction de l'empire d'occident_. Paris 1907, pag. 297 e segg.) e -dal ROBERTI (_Arimannie vandaliche in Africa_ in «Studi in onore di F. -CICCAGLIONE. Catania, 1909, vol. I, pag. 103 e segg.). - -[329] _Loc. cit_., pag. 466-67. - -[330] MURATORI. _Antiq. It._ Diss. XIII. Cfr. anche PIVANO S. _Stato -e Chiesa in Italia da Berengario I ad Arduino_. Torino 1908, pag. -20. Il MURATORI dètte di questo diploma — è vero — un'interpetrazione -estensiva che in realtà esso non ha, essendo rilasciato al solo vescovo -di Arezzo e non a tutti i vescovi d'Italia, come egli pensò. Ma non mi -sembra onesto — però — tacere che i diplomi dello stesso imperatore -a Cremona (PIVANO, _loc. cit._, pag. 21) e a Verona (UGHELLI, _loc. -cit._, V, col. 724), con formulario identico a questo, dimostrano -una volta di più la sicurezza d'intuito di lui, che, partendo da un -punto, che, considerato isolatamente, è inesatto, emetteva tuttavia un -giudizio in complesso vero e sicuro. - -[331] Cito l'ed. del PASQUI U. _Documenti per la storia di Arezzo_, -Firenze, 1899, n. 49, pag. 71-72. - -[332] BÖHMER, _Acta Imperii Selecta_, vol. I. Insbruch. 1870, n. 63, -pag. 60. - -[333] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XIII. col. 736. - -[334] ID. _Ibid_. - -[335] LUPI. _Cod. dipl. bergam_., II, pag. 1169-70, cit. dal CHECCHINI, -pag. 461. - -[336] Cit. dal CHECCHINI, pag. 462. - -[337] Leg. Lang. Guido 3. Nemo comes neque loco eius positus neque -sculdasius ah arimannis suis _aliquid per vim exigant praeter_ QUOD -COSTITUTUM LEGIBUS EST. - -Doc.to dell'a. 937 riportato dal DUCANGE: de villa Raucho et de omnibus -arimannis in ea morantibus _omniaque districtionem omnemque publicam -functionem et querimoniam quam_ ANTEA _publicus nosterque missus -facere consueverat_... custodiant et observent. Cfr anche SAVIGNY C. -F. _Storia del dir. rom. nel m. e._ Trad. ital., I, Firenze 1844, pag. -135-148. Cfr. anche il diploma di Federigo I al comune di Ferrara dal -1164, in MURATORI _Antiq. Ital._, Diss. XLVIII. - -[338] LEICHT. _Ricerche cit_., pag. 8-9 - -[339] Cfr. SCHUPFER. _Il dir. priv. cit._, I, pag. 67 e segg. e -II, pag. 91; PERTILE _loc. cit._, III, pag. 35 e segg. VACCARI P. -_Ricerche di storia giuridica_, Pavia 1907, pag. 3-43. _Il colonato -romano e l'invasione long._ Cfr. però per lo stato personale le giuste -osservazioni del LEICHT. _Studi cit._, II, pag. 108, oltre a ciò che ne -dice nel vol. I, pag. 51 e segg. - -Vedi il bel documento del 746. TROYA. _Cod. Dipl. Lang._, n. 594, e le -osservazioni del TAMASSIA. _Fidem facere_ e _manum facere_ in «Arch. -giurid.», 1903, pag. 536 e segg. - -Noti documenti (TROYA. _Cod. Dipl. Lang._, n. 480 e _Reg. farf._, -n. 16 e 35) mostrano concessioni regie di una terra con facoltà di -alienazione e di permuta, senza perdita da parte del sovrano dell'alto -diritto sulla terra stessa. Al re, infatti, è dovuto sempre il -pagamento del canone stabilito col primo cessionario e, qualche volta, -anche la facoltà di sostituire una terra diversa a quella già concessa. - -È un'altra prova dei tratti comuni che hanno due civiltà in condizioni -opposte. - -[340] Cfr. i documenti riportati dal PERTILE. _loc. cit._, III, pag. 38. - -[341] _Ricerche cit._, pag. 15-17. - -[342] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XLV. - -[343] ID. _Ibid_. - -[344] _Mem. e Doc. p. la storia di Lucca_, IV, ed. BERTINI. Lucca, -1818, pag. 309. Lo stesso nel documento lucchese dell'819, edito dal -MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XIII. - -[345] _Ibid._, ID., vol. IV, pag. 309. - -[346] DELLA RENA C. _Storia degli antichi duchi e marchesi di Toscana._ -Firenze, 1690-1764, vol. III, pag. 41. Per la data cfr. OVERMANN, -_Gräfin Mathilde von Tuscien_, Innsbruck, 1895, pag. 156. - -[347] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XIII. - -[348] ID. _Ibid._ - -[349] SOLMI A. _Le diete imperiali di Roncaglia e la navigazione del Po -presso Piacenza_. Estr. dall'Archiv. Stor. per le Prov. Parmensi. N. S. -vol X, 1910, cfr. pag. 20-21 e 31-32; in cui sintetizza il sistema cui -dette il nome nel lavoro sulle associazioni. - -[350] DARMSTÄDTER, _loc. cit._, pag. 7. Alboino occupò i castelli -di Verona e di Pavia; Liutprando ed Astolfo i palazzi bizantini di -Ravenna. - -[351] Ne offre esempio sicuro la Legge Salica (_Tit_. XLV _De -migrantibus_). Leggi e documenti provano che anche presso i Langobardi -ebbe vigore lo stesso sistema. - -[352] SALVIOLI G. _Città e campagne_ cit., I. - -[353] TROYA. _Cod. dipl. lang._, n. 812, a. 764, n. 671, a. 753, e -CHROUST, _Untersuchungen über die langob. Konigsurkunden._ Graz. 1888, -n. 15, pag. 204 e n. 20 pag. 181. - -[354] _Capitulare ital. Capitula Pippini_ 4, 19, ed. PADELLETTI pag. -368 e 373, e _Capit. Papiense_, 787, oct. c. 9, ed. BORETIUS. n. 94, -pag. 199, e _Capit. Hlotarii_, a. 832, c. 7. _Capit. Hludov._, II. a. -850, c. 7 e 8. _Capit. C. Pap., Capit. Hludov._, a. 850 c. 6 e 3, per i -palazzi imperiali in città. - -[355] _Epist. ad Pippinum filium,_ a. 807. _Capitulare italicum. -Capitula Karoli Magni_, 142, ed. PADELLETTI pag. 365-66. e ODORICI. -_Storie bresciane,_ vol. III, Cod. diplom.. 17 apr. 761. n. XXI, pag. -39. «intra muros civitatis brixiane prope portam mediolanensem _loco_ -qui dicitur _Parevaret_». - -[356] Cfr. _Cod. Just. XI._ 74. 4. ONORIO e TEODOSIO, a. 423. Che -queste angarie conservino anche nel secolo nono il significato, il -valore e la natura di imposizioni pubbliche è luminosamente dimostrato -dal diploma dell'882 al vescovo di Reggio. - -[357] TROYA. _Cod. dipl. lang._, n. 566, ripubblicato dall'HARTMANN. -_Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens in frühen Mittelalter. Analekten._ -Gotha, 1904, pag. 125. - -[358] UGHELLI. _Italia Sacra_, VIII, col. 32. - -[359] ID. _ibid_., V, col. 711. - -[360] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XXXI. - -[361] FICKER. _Forschungen cit._, IV, n. 81, pag. 124. - -[362] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XLV. Questi due documenti sono -relativamente tardi, ma la nota ostilità di alcuni dei re Franchi e dei -re d'Italia contro l'episcopato toscano (Cfr. LEICHT, _Studi cit._, II. -pag. 109) spiega perchè questi oneri perdurassero ivi più a lungo che -altrove. - -[363] Cfr. PERTILE^2. _loc. cit._ VI. 1. pag. 29 nota 11. - -[364] TAMASSIA N. _Le associazioni in Italia nel periodo precomunale_, -Estr. dall'Archivio Giuridico, 1898, fasc. 1, pag. 16. - -[365] Id. _ibid_., pag. 15-16. - -[366] SOLMI A. _Per la storia delle associazioni nell'alto m. evo_, -Estr. dall'Archivio Giuridico, 1899, fasc. 1, pag. 7-8. - -[367] Id. _ibid_, pag. 7. - -[368] _Cod._ _dipl._ _Lang._, (TROYA), n. 765, a. 761. - -[369] UGHELLI^2. _loc_. _cit_., V, col. 708, a. 813. De vestimentis -que de _Pisile_ veniunt, vel _Ginicro_ decimam partem. Il pisele ed il -gineceo sono elementi ben noti del sistema curtense. - -[370] Cfr. VOIGT K. _Die königlichen Eigenklöster in Langobardenreiche_ -Gotha 1908. - -[371] TIRABOSCHI. _loc_. _cit_., II, pag. 69-70, a. 895. - -[372] a. 852, 19 ottobre,.... ut annis singulis ad predictam parte -nostre hecclesie reddere debeatis pro ipso monasterio vestitum unum -bonum caprenum sicuti ipso monasterio in parte palatii consuetus fuit -et ipse dominus imperator nobis concessit. LAMI. _Sanctae ecclesiae -Florentinae Monumenta_. Firenze, 1758 II, 968. - -[373] a. 1048 circa. MURATORI. _Antiq_. _Ital_., Diss. LVI. - -[374] LEICHT. _Studi cit_., I, pag, 22. Cfr. anche Solmi. _loc_. -_cit_., pagina 100. - -[375] c. 340. - -[376] Cod. Theod. IV, 8, 5 e _Cod_. _Just_. VII, 16, circumductio.... -circumlustratis _provinciae populis_ e _Cod_. _Theod_. _Nov_. -_Valentin_. X. in fine. - -[377] L'abate Teofrido nel suo discorso «De SS. Reliquiis» parla dei -_singuli_.... _civitatum populi_ a cui le reliquie furono concesse in -conforto (in solatium). Cfr. MURATORI. _Anecdota_, I, Milano 1697, pag. -8, nel commento al v. 45 del Natale XI. - -[378] _Cod_. _Theod_., XII, 12, 16, a. 426. Teodosio e Valentiniano -parlano dei «civitatum postulata, decreta urbium, desideria populorum». - -[379] _Cod_. _Theod_., IX, 33, I. Si quis.... suscipere _plebem_.... -temptaverit. E l'_Interpr_.: Si quis _populum_ ad seditionem -concitaverit. - -[380] Tale è il caso di Cremona, Sospiro, Bergamo etc. Cfr. più avanti -pag. 143. - -[381] Cfr. specialmente _Capit_. _Ital_. _Lud_. P. 35. 36. - -[382] A Piacenza, come si è veduto, la _pensio_ del sapone grava -su tutta la città. Lo stesso avviene per imposizioni varie in altre -città: così a Cremona sono tutti gli abitanti (... Rothecarius, Dodito, -Gudipertus _et ceteri habitatores_) che al placito di Lodovico II., -tenuto a Pavia nell'851-52, accusano il vescovo di violenze e soprusi -contro le loro navi. - -E non si può supporre che tutti i cremonesi esercitassero il commercio -fluviale: come non si può ammettere che tutti gli abitanti di Benevento -fossero costretti alle prestazioni che un bel documento, che avrò -modo di illustrare trattando delle divisioni cittadine interne, mostra -gravare sulla città considerata nel suo complesso. - -E lo stesso concetto domina anche per i minori centri locali. Re -Astolfo nel luglio del 755 conferma alla Basilica di S. Lorenzo presso -Bergamo la _casam tributariam_ donatale già dal re Ariperto e aggiunge -la concessione di _omnes scuvies et utilitates quas homines exinde -in puplico habuerunt consuetudinem faciendum excepto quando utilitas -fuerit cesas faciendum ubi consuetudinem habuerunt. Nam ab aliis -scuvies et utilitatibus puplicis quieti permaneant_ (_Cod_. _dipl_. -_lang_., TROYA IV, 4, n. 693). - -[383] Cfr. _Decretio Clotharii regis nel Pactus pro tenore pacis -domnorum Childeberti et Chlotarii regum_ (ed. BORETIUS in _Monum. -Germ. Hist. Capitularia regum francorum_, I, 1), cap. 9: «Decretum est -ut qui ad vigilias constitutas nocturnas fures non caperent eo quod -per diversa intercedente conludio scelera sua pretermissas custodias -exercerent, centenas fierent. In cuius centena aliquid deperierit, -capitale qui perdiderit recipiat, et latro, vel si in alterius centenam -appareat deduxisse et ad hoc admonitus si neglexerit, quinos solidos -condempnetur; capitalem tamen qui perdiderat, ad cetena illa accipiat -absque dubio, hoc est de secunda vel tertia». - -[384] Cfr. nota 3 pag. 128. - -[385] _Cod. Just_. XII. 41. 5. a. 413. - -[386] Sino dal tempo romano il sistema fiscale legava tutti gli -abitanti alla terra e questa, distinta nelle singole divisioni -territoriali, alla città che si trovava a capo di ognuna di esse -(cfr. infatti il libro X del _Cod. Just._; la massima parte delle -disposizioni del quale ebbe sicuramente applicazione in Italia per -essere stata compresa nel _Cod. Theod_.); ma non separò la città dal -_suburbium_, nè confuse quest'ultimo con il territorio circostante. - -Un passo che calza perfettamente a questo proposito ci è fornito da -GREGORIO DI TOURS, il noto vescovo e storico del secolo sesto. Egli -narra (_In gloria confessorum liber_. cap. 62. — ed. ARNDTS e KRUSCH -nei «Mon. Germ. Hist.» _Scriptores rer. meroving._ I. pagina 784) -che l'imperatore romano Leone, richiestone da un arcidiacono, che -gli aveva guarita la figlia; concesse alla città di Lione l'esenzione -dal _tributum_ dovutogli _in tertio circa muros miliario civitatis_. -Anche a dubitare (e non sarebbe punto fuor di luogo) che l'origine del -privilegio lionese sia proprio dovuta al fatto narrato da Gregorio -di Tours; non si può ragionevolmente dubitare che, almeno ai suoi -tempi, Lione godesse di tale esenzione e da epoca abbastanza remota; -perchè, continuando la sua narrazione, egli aggiunge: _unde usque hodie -circa muros urbis illius in tertio miliario tributa non reddentur in -publico_. - -Ammesso pure, in ipotesi, che la concessione non risalisse al tempo -romano — e non c'è ragione di credere che ciò non sia potuto avvenire -— è indubitabile che una distinzione precisa, in materia di imposte, -della città e del suo suburbio dal territorio circostante, quale -Gregorio di Tours ci fa vedere, non sarebbe stata possibile se -non avesse avuto a base un precedente stato di fatto e di diritto -vigorosamente stabilito, nettamente applicato e comunemente usato. -Basti solo pensare che l'estensione della zona riconnessa alla città -è così vasta — tre miglia — da non poter presentare caratteri e -dati di fatto capaci di servire ad una delimitazione dal rimanente e -che Gregorio di Tours rileva la peculiare condizione di Lione e del -suburbio che sono esenti dal tributo; ma non accenna affatto come -strano il caso che l'immunità finanziaria, concessa al centro murato, -si estenda per un certo ambito determinato anche al di fuori. Per le -tre miglia v. pag. 96. - -[387] La πςοτίμησις aveva preparato il terreno alla coattiva unione -di terre e di persone per il pagamento delle imposte. Cfr. TAMASSIA N. -_Il diritto di prelazione e l'espropriazione forzata negli statuti dei -comuni italiani_ in «Archivio giuridico» 1885 vol. XXXV. - -[388] Accanto ai gruppi arimannici, i quali costituirono una lunga -catena serpeggiante lungo la spina centrale della conquista langobarda -(Cfr. anche LEICHT _Studi cit._, II, pag. 89); ebbe sicuramente vita -l'elemento militare indipendente, basato senza dubbio sulla terra, -ma non vincolato inesorabilmente ad una determinata terra, come gli -arimanni; e che li superò di importanza e di numero. All'individualismo -germanico ripugna tanto la costrizione, che io ritengo che l'arimanno, -inteso come colui cui è concessa la terra specificatamente detta -arimannia, sia ben differente dal vero e proprio esercitale. - -[389] Brescia, per esempio, fu prediletta dai nobili Langobardi. - -[390] Bergamo fu pure un centro favorito dai Langobardi. Cfr. SCHUPFER. -_Istituz. cit._, pag. 152. - -[391] E così si spiega perchè nei documenti non si parli mai di -_tertiae_ e di terze parti fatta eccezione di quei _tertiatores_ -della Liburia che è stato dimostrato essere un caso speciale e -singolarissimo. - -[392] _Cod. dipl. lang._ (TROYA), n. 401. - -[393] _Ibid_. (Id.), n. 479. - -[394] _Ibid_. (ID.), n. 431. A questi _notai della città_ si possono -aggiungere pure _Arioald notarius de Mantua_ (_Cod. Dipl. Lang._ — -PORRO — n. 93. a. 818) e _Gisulfus notarius brixianus_ (_Ibid_. — ID. — -n. 270 a. 877). - -Vedi anche il placito tenuto a Trento nell'845 (ed. MURATORI. _Antiq. -Ital._, Diss. XXI) dai messi dell'imperatore e del duca Liutfredo; -la «paginam judicati» è stesa da _Grimoaldus notarius civitatis -Tridentine_. Un documento dell'anno 769 (_Cod. Dipl. Lang._ — PORRO -— n. 39) ci fa conoscere anche _Thomas subdiaconus notarius sancte -ticinensis ecclesie._ - -[395] Non menziono il _receptor_ perchè l'unico esempio di esso (_Cod. -dipl. lang_., ed. TROYA, n. 453; ed. PORRO, col. 16, n. IV, a. 725) è -dovuto ad un errore di lettura e di interpetrazione. Lo SCHIAPARELLI -(in «Archiv. Stor. Ital.» sez. V, to. XLIII, pag. 166, nota 3 e tomo -XLVIII, pag. 196, nota 1) ha dimostrato che l'abbreviatura, che ricorre -anche in altre carte langobarde, è «reg p» e va sicuramente sciolta -«reg(ia) p(otestas)»; il passo relativo del documento citato deve, -quindi, esser restituito «notarius reg(iae) p(otestatis)». - -[396] UGHELLI-COLETI. _loc. cit._, V, Col. 711. - -[397] HEGEL C. _Storia della costituzione dei municipi italiani_, trad. -Corti. Milano 1861, pag. 881, nota 4. - -Però non ne fa alcun uso per lo studio della costituzione cittadina. - -[398] LEICHT P. S. _Nobili e popolani in una piccola città dell'alta -Italia_, Rec. al lavoro del PATETTA sullo stesso titolo. Estr. -dall'«Archivio Giuridico», 1904, pag. 6. - -[399] MAYER E. _Ital. Verfassungsg. cit._, I, pag. 413. - -[400] Il documento parla di _vicarius civitatis_ al tempo langobardo, -mentre le fonti non chiamano mai con simile termine chi è a capo di -una città. Non mi pare azzardato pensare che l'autore della _notitia_, -che scriveva in tempo franco, abbia usato il termine adoperato -dai Franchi, ignorando l'altro. Importante è che sia vero il fatto -della controversia e la sua risoluzione. E questo è sicuro. Anche il -CIPOLLA (_Fonti edite della storia della regione veneta dalla caduta -dell'impero romano fino alla fine del secolo X.º_ in «Monumenti Storici -pubblicati dalla R. Deput. Ven. di Stor. Patr.» vol. VIII. S. IV. vol. -II. Venezia 1888, n. 56 pag. 80) dà conto di questo documento senza -accenno alcuno alla possibilità di un dubbio sulla sua autenticità. - -[401] _Cod. Theod_., V, 1, 32, ARCADIO ONORIO EUSEBIO, a. 395. - -[402] _Cod. Just._, VIII, 11, 11. - -Tracce di questa tripartizione si trovano anche nelle città tedesche di -origine romana. - -Nel diploma con il quale nel 1120 Bertoldo duca di Zaringia _in loco -proprii fundi sui Friburc, secundum jura Coloniae liberam constituit -fieri civitatem_ è stabilita la seguente disposizione: - -«Quicumque carens herede legitimo friburc moritur, omnia sua bona XXIV -consules diem et annum in sua tenebunt potestate: si autem nullus -heredum suorum venerit, una pars pro remedio animae suae, altera -domino, _tertia dabitur ad munitionem civitatis_. (Cfr. EICHHORN. -_Ueber den Ursprung der städtischen Verfassung in Deutschland_. in -«Zeitschrift für geschicht. Rechtswissenschaft» 1815, II, nota 175). E -Colonia — lo dichiarano apertamente i suoi statuti (Cfr. EICHHORN. loc. -cit., nota 204) — aveva l'_jus italicum_. - -[403] Cfr. BORETIUS. _Capit. Reg. Franc._ I. 1. n. 105 pag. 216. - -[404] VIII, 11, 10. - -[405] UGHELLI-COLETI^2, _loc. cit._, VIII, col. 32. - -[406] _Capitulare mantuanum secundum generale_ c. 7. ed. BORETIUS loc. -cit. n. 93 pag. 197. - -[407] I Langobardi, dopo la vittoriosa discesa di Carlo Magno, -passarono sotto la corona dei re franchi; ma, come è noto, non -entrarono a far parte del regno e si mantennero separati ed, in -certo grado, autonomi. Dal momento che i capitolari franchi parlano a -questo proposito di _antiqua consuetudo,_ non si può dubitare che essi -attuassero in Italia quel sistema che avevano adoperato i Langobardi. - -[408] _Capitula italica_ c. 3. ed. BORETIUS loc. cit. pag. 216. - -[409] P. DIACONO. _Hist. Lang._, IV, 29. - -[410] Da tutta la narrazione di P. Diacono e dal complesso delle -notizie che abbiamo della conquista langobarda, appare come -cosa eccezionale e dovuta a specialissime condizioni strategiche -l'occupazione del territorio di Cremona fatta dai conti di Bergamo e -di Brescia e si ha quindi una riprova del fatto che i Langobardi come -sistema, si servirono delle divisioni territoriali preesistenti. - -[411] SOLMI. _Le diete di Roncaglia cit._ - -[412] Cfr. BÖHMER. _Regesta Carolinorum_. Frankfurt, 1831 pag. 630. - -[413] _Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di -Lucca._ V. p. II, Lucca 1827, n. 30. - -Questo Gaudenzio, ricordato in molti documenti, è detto in uno del 746 -(_ibid_., n. 33) _magister_: probabilmente della _schola_ vescovile -lucchese perchè è un chierico che lo chiama così; infatti l'atto dice: -«Ego Perteradus clericus ex dectato _Gaudentio presbitero magister meo -iscripsi_». - -[414] Non mi pare che questo concetto sia stato applicato nè dal LIEBE -_G. Die Städte des Mittelalters und die Kirche_ in «Neue Jahrb. für d. -klass. Altertum» 1901, to. VII-VIII, 3.; nè da altri. - -[415] Questa mi sembra sia stata la ragione del fatto rilevato già da -tempo (cfr. MURATORI L. A. _Liturgia romana vetus tria sacramentaria -complectens etc_. nella «Raccolta delle opere minori», Napoli, 1760, -to. 11, pag. 2-3) ma non spiegato. - -[416] Cfr. _concil. veneticum_ (presso Tours) a. 461, c. 15, ed. -LABBÉ-MANSI. _cit._, vol. IV, col. 1057; _concil. agathense_, a. 506, -c. 30, ibid., IV, col. 1368; _concil. epaonense_, a. 571, c. 27, ibid., -IV, col. 1570. - -[417] Cfr. _concil. gerundense_, a. 517, c. 1. ed. cit., IV, col. 1568; -_concil. toletanum_., IV, a. 633, c. 3, ibid., V, col. 1700; _concil. -bracarense_, I, a. 563, c. 19-23, ibid., V, col. 838. - -[418] Cfr. HARNACK. _Die quellen der sogenannten apostolischen -Kirchenordnung_, Leipzig, 1886, pag. 98 e segg. - -[419] Cfr. su questo punto DUCHESNE L. _Les origines du culte -chrétien_, Paris, 1902; PHEBEI F. A. _De variis ecclesiae liturgiis et -de liturgia latina_; MABILLON J._ De liturgia gallicana etc._ Lutetiae -Parisiorum, 1685; MIGNE J. P. _Origines et raison de la liturgie -catholique_ etc., Paris, 1844; GERBERT P. M. _De veteri liturgia -alemannica_ in «Novelle letterarie di Firenze», 1763, col. 299, 317, -331, 365, 398, 437, 474 etc. - -Per l'Italia ha un certo interesse lo studio di P. CAGIN. _L'euchologie -latine étudiée dans la tradition des formules et des formulaires_, -Liège, 1912, perchè pone acutamente in rilievo l'importanza -del palinsesto latino veronese degli statuti apostolici per le -interpolazioni in esso contenute. - -[420] Vedi pag. 45 nota 1. - -[421] Vedi pag. 89, specialmente nota 2. A questa forza e a questo -mantenersi di antichi elementi di diritto deve la sua origine il -diritto di cui il BRUNNER (_Urkunde_ cit., pag. 113 e segg. e 124 -e segg.) avvertì per primo l'esistenza e che chiamò _diritto romano -volgare_ con un'espressione che discuteremo più avanti. - -[422] Cfr. MAGANI F. _L'antica liturgia romana_, Milano, 1909. - -[423] Cfr. _Delle antichità longobardico-milanesi illustrate con -dissertazioni dai monaci della congregazione cisterciese di Lombardia_, -Milano, 1793, vol. III, diss. XXV, pag. 1 e segg. - -[424] La maggior quantità di notizie si può spigolare dal _Liber -pontificalis_ di Agnello su cui vedi LANZONI F. _Il Liber pontificalis -ravennate_ in «Rivista di Sc. Storiche» diretta da R. Maiocchi, VI, -aprile-giugno 1909 e le _Note marginali al «Liber pontificalis» di -Agnello R._ di A. TESTI-RASPONI nel Vol. XXVI, 1909, XXVII, 1910, e I -della 4. serie 1911 degli «Atti e Memorie della R. Dep. di St. Patr. -per la Romagna». - -[425] Cfr. PASTÈ C. R. _Rito eusebiano_ in «Archivio Soc. Vercellese di -St. e d'Arte», Vol. II, 1910 e segg. - -[426] Cfr. UCCELLI G. B. _Della badia fiorentina_, Firenze, 1858; -DAVIDSOHN _Storia cit._, I, pag. 56 e segg.; II, pag. 1104 e -_Forschungen_, I, pag. 19 e la bolla di papa Lucio al capitolo -fiorentino (ed. UGHELLI _loc. cit._, to. II, col. 495, a. 1144); e, -sopratutto, _Mores et consuetudines ecclesiae florentinae_, ed. D. -MORENI Firenze, 1794. - -[427] Cfr. l'_Ordo officiorum ecclesiae senensis ab Oderico eiusdem -ecclesie canonico a. MCCXIII compositus_, ed. G. C. TROMBELLI, Bologna, -1766. - -[428] Cfr. la bolla di Anastasio IV.º del 1153 (ed. UGHELLI _loc. -cit._, III, col. 395); e, sopratutto MATTHEI A. _Ecclesiae pisanae -historia_, Lucca, 1768. - -[429] Ecco la parte principale della bolla con cui Gelasio II.º nel -1118 conferma gli antichi usi della chiesa di Lucca (ed. UGHELLI -_loc. cit._, I, col. 819). Petitiones vestras clementer admittimus -et vobis _antiquas ecclesiae matricis consuetudines_ confirmamus; ut -videlicet unctiones infirmorum et sepolturae civitatis propriae ad -matricem ecclesiam pertinentes et officium et participatio beneficii -funerum ad alias ecclesias pertinentium vobis nulla clericorum -calliditate, aut laicorum quorumlibet substrahatur: electiones priorum -et collationes clericorum in aliena ecclesia infra urbem vel extra in -suburbiis sine consensu episcopi et priorum, qui locopositi nominantur, -matricis ecclesiae non fiant. Et nulla episcopatus vestri praeter -eorum consensum alicui subiiciatur ecclesiae, neque publica et majora -negotia aliqua sibi ecclesiarum ipsis invitis arripiat, aut publicas -poenitentias tribuat: nec sententias et interdictum matricis ecclesie -tentet infringere: nulla etiam vestri episcopatus persona sine consensu -episcopi vel priorum qui locopositi nominantur, matricis ecclesiae -excomunicetur et quod ab episcopo ligatum fuerit a nemine irritum duci -tentetur. Sane civitatis vestrae clerici et qui in suburbiis sunt, -solitas obedientias videlicet in litaniis, in processionibus comunibus, -in festivitatibus et stationibus majoris ecclesiae eidem impendant -ecclesiae, ut vobiscum adsint. Porro in quintae feriae nocte ante -pascha nulla ecclesia secundum morem vestrae ecclesiae campanas sonet, -neque in sabbato sancto cereum benedicat, sed ad baptismum praedicti -clerici, prout consuetum est veniant. Nulla praeterea ecclesiarum -missas solemnes celebret in festivitate B. Martini, et S. Reguli et -in secunda feria paschae et in processionibus quadragesimae donec -stationis solvatur conventus. Nullus etiam clericorum officium vivorum -aut mortuorum ad matricem ecclesiam pertinens facere vel celebrare -praesumat. - -[430] Cfr. i documenti editi dall'UGHELLI _loc. cit._, III, col. 282 e -segg. - -[431] Cfr. ID. _ibid._, II, col. 194 e segg. ed anche CAMPI _loc. -cit._, passim. - -[432] Cfr. _Statuta ecclesiae parmensis_ ed. _Barbieri L._ nei «Mon. -Hist. ad prov. parm. et plac. pertinentia», Parma, 1866. - -[433] Cfr. MURATORI. _Liturgia cit._, pag. 61 e segg. - -[434] Cfr. UGHELLI _loc. cit._, II, col. 3 e segg. - -[435] Cfr. l'_Ordo totius officii ecclesie paduane per totum circulum -anni secundum diversorum temporum mutationes_ illustrato da F. S. DONDI -OROLOGIO (_Dissertazione sopra li riti della chiesa di Padova fino -al secolo XIV_, Padova, 1816) che lo ritiene scritto fra il 1261 e il -1263. - -[436] Il TAMASSIA quando si è proposto di dimostrare l'attività del -popolo appartenente ad una circoscrizione ecclesiastica in alcuni fatti -che presuppongono in esso qualche cosa che lo avvicina ad una persona -giuridica, almeno per l'istante in cui l'atto si compie (_Chiesa e -popolo_. Note per la storia dell'Italia precomunale, in «Archivio -Giurid. F. Serafini» N. S., Vol. VII, fasc. 2, a. 1901, pag. 300-322) -ha, veramente, dimostrato di sentire che un'indagine sulla costituzione -delle nostre città deve tenere in massimo conto la chiesa locale e -non può assolutamente prescindere dalla storia delle diocesi e delle -parrocchie italiane, ma avendo di mira altro scopo, non è andato più in -là dell'enunciazione del concetto. - -A noi non interessa conoscere come il cristianesimo si sia diffuso. -(Cfr. per questo HARNACK A. _Die Mission und Ausbreitung des -Kristentums in den ersten drei Jahrhunderten_, Leipzig, 1902; NEGRI -G. _Una figura storica nel cristianesimo nascente_ in «Meditazioni -vagabonde» Milano, 1897, pag. 227 e segg.; DUCHESNE _Histoire ancienne -de l'église_, Paris, 1906, Vol. I; FEDERICI V. _Della primitiva -propagazione del cristianesimo_ in «Rassegna Nazionale», 1906, fasc. -3; SEMERIA G. _Venticinque anni del cristianesimo nascente_, Roma, -1900; BELGRANO L. T. _I primordi del cristianesimo in Piemonte e in -particolare a Tortona_ in «Bibliot. d. Società Stor. Subalpina», Vol. -XXXII, p. I, Pinerolo, 1905; FERRETTO A. _I primordi e lo sviluppo del -cristianesimo in Liguria ed in particolare a Genova_ in «Atti della -Società ligure di stor. patria», Vol. XXXIX, Genova, 1907, pag. 171 e -segg.; PASCHINI P. _Le origini della chiesa di Aquileia_ in «Riv. per -le scienze storiche» 1904. fasc. 1-4; P. M. da CARBONARA e F. SAVIO -_S. Marziano e le origini della diocesi di Tortona_, Alessandria, -1903; ZATTONI G. _Il valore storico della passio di S. Apollinare_ -in «Riv. Stor. Critica delle sc. teolog.», II, fasc. 9, sett., 1906; -BOGGIO E. _Le prime chiese cristiane nel Canavese_ in «Atti della -soc. d'archeolog. e belle arti per la prov. di Torino», Vol. V, -1887); ma, invece, come si è organizzato e la scelta delle fonti deve -esser fatta tenendo presente lo svolgimento di questa organizzazione. -Sebbene, infatti, fino dagli ultimi anni del primo secolo dopo Cristo -cominciassero ad apparire segni palesi di un profondo cambiamento nel -sentimento religioso del tempo e si andasse maturando una tendenza di -conciliazione fra il paganesimo ed il cristianesimo (cfr. BAUR _loc. -cit._) occorsero ancora due secoli, rotti non infrequentemente da -sanguinose persecuzioni (cfr. DUCHESNE L. _Storia della chiesa antica_, -Vol. I, cap. XIII, XIV pag. 119 e 149; XIX, pag. 197-212; XXVII pag. -292-310; Vol. II, cap. I, pag. 9-38), prima che quest'ultimo fosse -ufficialmente tollerato (cfr. CRIVELLUCCI A. _Storia delle relazioni -fra lo Stato e la Chiesa_, Vol. I, Bologna 1886, pag. 107). Nè con -questo riconoscimento, che pure segnò un gran passo innanzi, la via -fu spianata: dovette trascorrere più che una settantina d'anni, non -esente da qualche violento tentativo di ripristino (cfr. DUCHESNE _loc. -cit._, II, cap. IX, pag. 178 e segg. e NEGRI G. _Giuliano l'apostata_ -in «_Nel passato e nel presente_», Milano, 1891), prima che Graziano -rifiutasse nel 375 il titolo di pontefice massimo, portato da tutti i -suoi predecessori; e solo cinque anni dopo, nel 380, il cristianesimo -fu dichiarato religione ufficiale dello Stato; (cfr. Stutz loc. cit., -pag. 17; e CRIVELLUCCI _loc. cit._, I, pag. 316) e soltanto a poco a -poco, con stenti, con fatiche e con incertezze, i vescovi riuscirono -ad ottenere la giurisdizione arbitrale ed ecclesiastica, il diritto -di asilo e di intercessione e tutte le altre prerogative che ne fecero -veri e proprî organi dello Stato. - -[437] _Cod. dipl. long._, TROYA. n. 771, a. 753, febbr. 10. - -[438] Cfr. HEGEL C. _Storia della costituzione dei municipi italiani_, -trad. Conti, Milano-Torino, 1861, pag. 344; LEICHT P. S. _Studi cit._, -I, pag. 11 e segg.; MAYER E. _Ital. Verfassung. cit._, II, pag. 432 e -segg. - -[439] Su alcune caratteristiche del diritto di regalia cfr. SOLMI A. -_Diete di Roncaglia cit._, pag. 36 e segg. - -[440] È una sentenza dei consoli di Milano riportata in parte da F. -BERLAN. _Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini di -Milano dell'anno 1216_, Venezia, 1872, pag. 154. - -.... prefatus Gigottus condempnavit predictos consules tam nobilium -quam rusticorum de suprascripto loco Vellate, suo nomine et nomine -omnium hominum ipsius loci, tam nobilium quam rusticorum, ne de cetero -impediant massarios ecclesie S. Marie Montis, habitantes in territorio -de Vellate, ubi dicitur in Vigni, pascuare in pascuis sive vicanalibus -loci de Vellate cum bubus et bestiis suis, sicut alii vicini loci de -Vellate faciunt. - -[441] SCHUPFER F. _Diritto privato cit._, II, pag. 54 e LEICHT P. S. -_Studi cit.,_ I, pag. 37-88. - -[442] Praeterea in locis, quae sunt de districtu, illud obtinet quod -_viganalia_ per consensum dominorum et vicinorum debent dividi vel -vendi; quod alias fieri non potest, nisi dominorum omnium et vicinorum -consensu _Communia_ taliter inter dominos et vicinos dividuntur ut -medietas terrarum omnium vel pretii illarum omnium viganalium vel -fructuum, si forte vendantur, ad dominum cuius est totum districtum, -iure nostrae civitatis, assignatur; alterius vero medietatis partem -accipit pro parte terrarum, quas in ipso loco habet. Si vero totum -districtum non habet, sed partem, secundum partem sui districti, iure -districti, de praedictis viganalibus partem conseguitur, et de alio -quod remanet, pro numero terrarum ut dictum est. - -Cfr. BERLAN F. _Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini -di Milano cit._ rubr. XXIV, pag. 254. - -L'edizione del Berlan è la migliore: cfr. LATTES A. _Il dir. consuetud. -cit._, pag. 33, nota 95. - -[443] Per un'applicazione di questo concetto cfr. LEICHT P. S. -_Ricerche sulla responsabilità del Comune in caso di danno_, Udine, -1904. - -[444] Anche il MAYER (_Ital. Verfassungsg. cit._, Vol. I, pag. 281 e -segg.) ritiene che fino dal tempo langobardo esistano e si differenzino -_comunalia_ e _vicanalia_ e che i primi sieno i beni su cui gli -abitanti della città vantavano diritti di uso di natura pubblica, -indipendenti da qualsiasi rapporto di diritto privato; mentre i -_vicanalia_ sarebbero delle terre gravate di oneri a favore di altre -terre in quanto ne costituivano delle pertinenze, rimaste indivise -fra i vari fondi per volontà dei proprietarî. I _comunalia_ furono -rivendicati in proprietà dai comunisti cittadini assai presto; i -_vicanalia_ giunsero ad essere dei _comunalia_ attraverso ad uno stadio -intermedio, nel quale i _vicini_ riuscirono abusivamente a carpire un -diritto di condominio ai _domini._ - -Prima di tutto non è esatto parlare di _comunalia_ solo a proposito -della città. Senza punto entrare a discutere l'opinione del Mayer sulla -natura giuridica dei beni comuni cittadini, si può osservare che le -consuetudini milanesi, che costituiscono il testo su cui s'impernia -la sua asserzione, parlano di _comunalia_ a proposito di _locus_. -E il _locus_, a detta del Mayer stesso, non è affatto la città. Ma -anche ammettendo che la parola ne abbia tradito il pensiero, la sua -opinione non è fondata perchè manca di un'indagine indispensabile per -poter giungere alla conclusione che egli sostiene. Bisognava, cioè, -dimostrare che i _domini_ di cui parlano le Consuetudini Milanesi sono -dei _domini_ di diritto privato, dei semplici proprietarî e non dei -titolari di facoltà giurisdizionali. E questo non lo ha fatto: nè lo -poteva fare. A togliere ogni dubbio a questo riguardo ed a dimostrare -il carattere giurisdizionale che contraddistingue questi _domini_, -non c'è niente di meglio che riportare alcuni passi della _rubrica de -oneribus et districtis et conditionibus_, che è proprio quella stessa -in cui è contenuta la disposizione concernente i _vicanalia_ e che dal -titolo stesso dimostra la natura pubblica del diritto signorile. - -«Amplius si eiusdem loci plures sint domini licet inter ipsos -districtabilium praesumatur facta divisio, unus, etiam invitis -coeteris socijs quanquam minimam partem in eo loco districti habent -omnes districtabiles compellere potest, ut Castrum reficiant, et murum -et fossatum et portinarium ponant ad guajtam, et sgieraguajtam, et -fossatum circa Castrum et Villam, et portas, et clavaturas ferreas -et in Villa, et Castro, et in eo incastellent quia tale onus utpote -individuum ab hominibus districtalibus fieri debet et per quemlibet -dominorum posse postulari Sapientes nostra Civitatis crediderunt. - -Porro, quod est notabilius, nostra Consuetudine obtentum invenitur, -ut si plures dominorum suos districtabiles tam in Castro quam in -Villa ab omni onere districti liberaverint, alter, qui eos non -liberavit, potest eos cogere tam suos quam ab aliis dominis liberatos -ad reficiendum castrum. Sed, et quod est mirabilius, si omnes domini -qui suos districtabiles divisim possidebant eos liberaverint ab omni -onere districti licet nullos dominorum illum quem liberavit possit -ad reficiendum castrum compellere, tamen poterit ab altero dominorum -liberatus coartari ad reficiendum quod per nostram consuetudine -obtinet. Ut si plures domini suos districtabiles ab omni onere -districti liberaverunt, alter qui eos non liberavit poterit cogere -eos tam suos quam ab alijs dominis liberatos ad pondera stateras et -mensuras recipiendas per eum seu ab eo quia hoc jus, et reficiendi -castrum in communi remansisse creditur, nisi vel regionibus Castrum -inter dominos, et refetio eiusdem in divisione venerit quod raro -accidit». - -Esistevano, senza dubbio, dei _domini_ per diritto privato; ma -sicuramente non erano questi, che godevano di facoltà pubbliche di tale -natura. - -Secondo il mio pensiero, al tempo langobardo le terre comuni si -distinguevano in terre comuni di diritto privato e terre comuni di -diritto pubblico e queste ultime potevano essere comuni rispetto al -_comitatus_ (cfr. doc. citato dal LEICHT _Studi cit._, I, pag. 51) -rispetto alla città, rispetto al _locus_, rispetto al _vicus_, rispetto -al _concilium_ e rispetto ad un determinato gruppo gentilizio. Queste -ultime soltanto propendo a ritenere col BESTA (_Nuovi appunti di storia -giuridica sui documenti lucchesi cit._) che sieno sorte all'epoca e per -opera dei Langobardi e costituiscano le famose _fiwaide_. - -[445] DALLARI G. _Intorno all'evoluzione della proprietà_ in «Riv. -ital. di sociologia», a. XIII. fase. 1, pag. 17 e segg. - -[446] a. 1178. Johannes causidicus, assessor domini Archiepiscopi, -precipit per eius parabolam ut de cetero ipse Johannes eiusque -successores utatur de vigano seu communi prenominati loci sive sit -tensatum sive non, sicut alius vicinus de ipso loco utitur ipso communi -et vigano. - -Cfr. PURICELLI, _loc. cit._ pag. 1003. - -[447] a. 1189, marzo 7. dederunt... omnia sedimina cum hedifitiis eorum -campos, vineas, silvas, buscos, zerbos, communiantias seu viganalia, -atque omnes res cultas et incultas... - -Cfr. FRISI A. F. _Memorie storiche di Monza e sua corte._ Milano, 1794, -to. II, _Codice diplomatico_, n. 78, pag. 73-74. - -[448] Cfr. LATTES A. _Il dir. consuetudinario delle città lombarde -cit._ pag. 32 e segg. - -[449] Cfr. _Statuti di Milano_ (vol. II, carte 159^t-160). Aliquae -Communantiae, Vicanalia, vel Pascua, vel Bona aliqua immobilia vel Jura -aquarum Civitatis et Ducatus Mediolani, vel alicuius Universitatis, -quae etiam praesentibus Statutis ligetur, non possint ab aliqua -singulari persona vel Universitate vendi, alienari, nec obligari... -Et si fructus vel redditus dictarum Vicanalium, vel Communantiarum, -vel Pascuum vel Bonorum ipsius Universitatis, venderentur, vel -compartirentur, detur sua pars cuilibet habenti facere in eis. (DAL -BERLAN, _loc. cit._, pag. 153). - -[450] a. 1094. 8 dec. sunt tam campis quam pratis, pascuis, vineis -et silvis seu stellariis cum areis earum cultis et incultis, divisis -et indivisis, usibus aquarum aquarumque ductibus seu cum _vicanalibus -atque conciliis_ atque ecclesiis et capellis et rebus una cum omnibus -condiciis et redditibus et honoribus ad iam dictas res. - -VIGNATI C. _Cod. dipl. laudense cit._ I, n. 49, pag. 77. - -[451] Cfr. ATHANASII. _Apologia contra arianos_, in _Opera omnia_, -Parisiis, 1698, I, 1, pag. 124: universae eius loci ecclesiae episcopo -subiaceant: ita tamen ut _singuli pagi_ suos presbyteros habeant. - -[452] Cfr. _Cod. dipl. long_. PORRO, n. 171, a. 851, col. 292. - -[453] Cfr. _ibid_. n. 519, a. 926, col. 886. - -[454] Cfr. _ibid_. n. 497, a. 922, col. 856. - -[455] Cfr. _ibid_. n. 617, a. 956, col. 1055. - -[456] Cfr. _ibid_. n. 661, a. 962, col. 1141. - -[457] _Roth._ 79. - -[458] LEICHT. _Studi cit._, Vol. I. pag. ... - -[459] Cfr. _loc._ ed _ed. cit._, pag. 16. Per pagos id est per -magistros pagorum operas a possessoribus ad eas (vias) tuendas exigere -soliti sunt. - -[460] _Cod. Theod._, VII, 20, 2; e le citazioni riportate da Gotofredo -nel commento a queste leggi e nelle altre indicate nell'indice sotto q. -voce. - -Si chiamavano anche _parochi._ - -Proxima Campano ponti quae villula tectum. Praebuit et _parochi_ quae -_debet ligna salemque_. Dice ORAZIO _Satyr._, V, 45, ed anche altrove -conferma che _parochi_ dicuntur qui _hospitibus et peregrinis publice -exhibent necessaria._ - -Qualche volta (cfr. _Cod. Theod._, II, 29, 1) son detti anche -_praepositi pagorum._ - -[461] _Capitulare mantuanum secundum generale_ c. 3., ed. BORETIUS cit. -n. 93, pag. 196. - -[462] Cfr. _Capitul. Pippini Italiae regis_ a. 782-86 (ed. BORETIUS -cit., n. 91, pag. 191), c. 1. - -[463] Cfr. MOMMSEN T. _Droit public romain_, to. VI, p. I, pag. 134, -trad. Girard, Paris, 1889; e VOIGT, _loc. cit._, pag. 156 e segg. - -[464] Cfr. i passi riportati sotto queste voci dal FORCELLINI nel suo -_Lexicon_. - -[465] Cfr. TIBULLO. _Elegie_, II, 1. - -[466] SICULO FLACCO. _De condit. agror. cit. (ed cit._, pag. 164-65) -dice: Sed et pagi saepe significanter finiuntur. De quibus non puto -quaestionem futuram quorum territoriorum ipsi pagi sint, sed quatenus -territoria. Quod tamen intellegi potest vel ex hoc magistri pagorum -quod pagus lustrare soliti sunt; ut intueamur quatenus lustrent. - -[467] Cfr. DUCHESNE L. _Les origines du culte chrétien, cit._ pag. -287-89, cap. 8, § 5, n. 9. - -[468] Fu San Paolino da Nola che sagacemente pensò di utilizzare per il -culto cristiano le campane che prima avevano adoperato i pagani. - -Cfr. a questo proposito le vecchie ma buone osservazioni di FERRARII B. -_De ritu sacrarum ecclesiae veteris concionum_, Ultrajecti, 1692, pag. -85. - -[469] Cfr. MURATORI, _Anecdota cit._, I, pag. 18, comm. al v. 169 dei -Natale XI di S. Paolino di Nola. - -[470] A Roma il giorno consacrato era il 25 aprile, data tradizionale -nella quale gli antichi Romani celebravano la festa dei _Robigalia_. -Il rito principale di essa era una processione che uscendo dalla città -per la via Flaminia si dirigeva verso il ponte Milvio, poi si portava -sino ad un santuario suburbano situato a qualche distanza, fino al -quinto miglio sulla via Claudia (cfr. Ovidio. Fasti, IV, 901). Il -_Flamen quirinalis_ immolava in questo tempio un cane e un montone. La -processione cristiana che le fu sostituita seguiva lo stesso percorso -fino al ponte Milvio; partiva dalla chiesa di S. Lorenzo in Lucina, la -più vicina alla porta Flaminia, faceva stazione a S. Valentino fuori -delle mura; poi al ponte Milvio. Di qui, invece di incamminarsi sulla -via claudia, volgeva a sinistra verso il Vaticano; si fermava ad una -croce di cui l'ubicazione non è specificata e poi nell'atrio di S. -Pietro ed infine entro questa chiesa, dove aveva luogo la stazione. - -Se ne ha ricordo fino dal 598 (cfr. IAFFÈ 1153. _Ep._, app. 3). - -Queste le testuali parole del DUCHESNE (_loc. cit._) il quale aggiunge -anche la spiegazione del perchè le feste cristiane si celebravano nelle -stesse epoche di quelle pagane. - -Roma ci offre un esempio tipico per la limpidezza del fatto e -l'antichità dell'epoca; ma il fenomeno è generale ed avremo occasione -di parlarne più distesamente fra poco. - -[471] Su ciò ho accennato qualche cosa nel § 5 della prima parte (pag. -20 e segg.); a proposito dei Flamini vedi il commento di Gotofredo alle -leggi 21, 46, 60, 75, 77, 148, 166 _De decur._ e il _paratitlon_ in -tit. _De paganis sacris et templ._; di cui (se non mi inganno) nè il -Mommsen nè il Marquardt hanno saputo trarre vantaggio. - -[472] S. AMBROGIO. (_Opera omnia_ ed. G. DI FRISCE e N. LE NOURRI -1686-90, Ep. V, 30) chiama S. Damaso _romanae ecclesiae sacerdos_ e -nello stesso senso usano questa parola S. PAOLINO DA NOLA (_Natale_, -XIII, V. 568 in MURATORI _Anecdota cit._, I. pag. 102) e S. LEONE M. -(_Ep._, X, 6 e JAFFÈ _Reg. cit._, n. 407) imitando le leggi romane -(cfr. _Cod. Theod._, XII, 1, 148... ordinando _sacerdote provinciae_); -e l'uso continua fino al secolo decimoprimo. - -[473] Cfr. il can. 6 del concilio ticinense dell'850 (ed. cit. XIV, -col. 931). - -Oportet plebium archipresbyteri per singulos unumquemque patrem -familias conveniant, quatenus tam ipsi quam omnes in eorum domibus -commorantes, qui publice crimina perpetrarunt, publice poeniteant; -qui vero occulte deliquerunt, illis confiteantur quos episcopi et -plebium archipresbyteri idoneos ad secretiora vulnera mentium medicos -eligerint, qui si forsan in aliquo dubitaverint, episcoporum suorum non -dissimulent implorare sententiam. _Similiter autem et singulis urbium -vicis et suburbanis per municipalem archipresbyterum_ et reliquos ex -presbyteris strenuos ministros procuret episcopus. - -[474] Risale ai primissimi tempi della chiesa: fu formulato rigidamente -in un canone di un concilio aquisgranense e di qui riportato da -Burcardo (III, 3). Cfr. MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXXIV, col. -408. - -[475] Vedi i canoni dei concilî e le altre disposizioni riportate dal -LUPI. _De Parrochiis cit._, pag. 59-60; 97, 192, ecc. - -[476] GREGORII TURONENSIS. _In gloria confessorum cit._, c. 56. -Securinum presbyterum diebus dominicis singulis in ecclesiis duabus -quae viginti millibus distarent inter se missas celebrasse. - -[477] LUPI. _Cod. dipl. cit._, I, col. 362-63: E son da vedere anche -le buone osservazioni di A. ABATI OLIVIERI. _Memorie di Gnara, terra -del contado di Pesaro_, Bologna, 1777, pag. 43 e segg. e di G. COLUCCI. -_Treia, antica città picena oggi Monteschio_, Macerata, 1780, pag. -183-84. - -[478] _Cod. dip. long._, TROYA n. 446. - -Nel 724 specioso, vescovo di Firenze dona al capitolo della sua -chiesa la propria corte e le altre cose poste _in loco Greve ubi et -Cintoria nominatur infra plebe et episcopio beati Joannis Baptiste -vel Reparate_, unde ego episcopus esse ideor, seu _infra plebe et -territorio sancti Iuliani sito Septimo._ - -Il MURATORI (_Antiq. Ital._, diss. VI) pubblica un placito tenuto nel -comitato aretino _in loco Piscinate infra plebem sancti Stephani;_ nel -diploma dell'879 (cfr. PASQUI. _Docti cit._, n. 16). Carlo il Grosso -prende sotto la sua speciale protezione la chiesa aretina «cum omnibus -_ecclesiis baptismalibus ac titulis_». - -Nei primi del secolo decimoprimo il vescovo di Torino Landolfo -(1030-1038) concede la pieve di S. Pietro di Gassino _cum titulis -quatuor_ (cfr. «Mon. Hist. Patr.», _Cartharum_, I, n. 519). - -Da un documento dell'803 (ed. TIRABOSCHI G. _Memorie modenesi_, I, -cod. dipl., n. XVIII) appare che il _locus Colegaria_ era costituito -da sei decanie. L'imperatore Lotario nel suo diploma dell'833 alla -chiesa di Aquileia (MURATORI Diss. 70) parla di _ecclesias parochiales_ -AC _titulos earum_. In altro documento dell'844 (ed. TIRABOSCHI _loc. -cit._, I, cod. dipl. n. XXIV) è ricordato il _salto bonetia in loco ubi -dicitur vico longo sito in plebe sancti Stephani_. Cfr. anche PÖHL A. -_Bischoffgut und Mensa episcopalis_, Bonn, 1911-12. - -[479] Il LUPI (_Cod. dipl. berg. cit._, I, col. 262-63) ha dimostrato -che il nome di _ecclesia_ servì ad indicare le sole chiese cattedrali -e plebane rurali, mentre le altre chiese furono dette _basilicae_ ed -_oratorie_ e, più tardi, _capellae_. - -Il concilio di Pavia dell'850 (ed. PERTZ in «Mon. Germ. Hist.» _Leges_, -III, pag. 397) stabilisce al can. 13 che _sicut episcopus matrici -preest, ita singuli plebibus archipresbyteros preesse volumus qui -imperiti vulgi sollicitudinem gerant et presbyterorum qui per minores -titulos habitant, vitam jugi circumspectione custodiant_. - -E. HACHT (_Die Grundlegung der Kirchenverfassung Westeuropas_, Giessen, -1888, pag. 50-51) ritenne che l'istituzione delle pievi rurali sia -dovuta a questa disposizione; ma fin da un secolo circa prima di lui, -il nostro LUPI aveva dimostrato con un lavoro poderoso e geniale, -degno in tutto e per tutto della dissertazione — tanto lodata, e -giustamente, dal Savigny — premessa al codice diplomatico bergomense, -che esse risalgono indiscutibilmente ad una remota antichità. Cfr. _De -parrocchiis cit._, dissert. I. passim e specialmente cap. 5, 6, 7. - -La ragione delle disposizioni emanate dai due concilî pavesi si deve -ricercare nel bisogno di rinsaldare le istituzioni ecclesiastiche, -che non potevano non risentire lo sgretolamento che preparava e -caratterizzava il feudo. - -Vedine un rapido accenno a pag 83-84. - -[480] Cfr. MAZZI A. _Note suburbane cit_. pag. 168. - -[481] Cfr. nota 2 pag. 165. - -[482] Cfr. il diploma del 1015 (ed. MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. -LXXIV) con il quale Enrico III concede a Marciano vescovo di Mantova -tutte le chiese battesimali della sua diocesi a cominciare dalla -_plebem mantuane civitatis_, che è ricordata anche nel diploma di -conferma del 1055 (Cfr. Id. _ibid_.). - -[483] Cfr. LUPI _Cod. dipl. berg. cit._, II. col. 745-46, a. 1084 «... -basilica et _plebe sancti Alexandri et sancti Vincentii que est de -civitate Bergomi_». - -Cfr. anche LUPI _De parrocchiis cit._, pag. 147 e segg. e MAZZI -A. _Studi bergomensi_, Bergamo, 1888, pag. 90-91 e MAZZI A. _Note -suburbane_, Bergamo, 1892, pag. 169-70. - -[484] Cfr. la bolla di papa Niccolò II al capitolo dei canonici di -Sovana del 27 aprile 1061 (ed. MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXII) -nella quale si ricorda «Sigizo presbytero olim custos de _plebe in urbe -posita_», e il docto dell'850 edito dall'Ughelli, _loc. cit._, Vol. V, -col. 720-721. - -[485] Cfr. il doc. dell'864 cit. a pag. 178 nota 2. - -[486] Ecco un bellissimo passo di Amulone eletto vescovo di Lione -nell'anno 840 che specifica i varî attributi della pieve completando il -quadro offertoci dalla disposizione del concilio di Pavia riportata a -pag. 84 in nota. - -Unaquaeque plebs in parroechiis et ecclesiis, quibus attributa est, -quieta consistat, ubi sacrum baptisma accipit, ubi sanguinem et -corpus Domini percipit, ubi missarum solemnia audire consuevit, ubi -a sacerdote suo poenitentiam de reatu, visitationem in infermitate, -sepulturam in morte consequitur, ubi etiam decimas et primitias suas -offerre praecipitur, ubi filios suos baptismati gratia initiari -gratulatur, ubi verbum Dei assidue audit, et agenda ac non agenda -cognoscit, illuc vota et oblationes suas alacriter perferat, ibi -orationes et supplicationes suas Domino effundat, ibi suffragia -sanctorum quaerat. ... Ibi itaque unaquaeque plebs pupillis et viduis -pauperibus et peregrinis de facultatibus quas Deus tribuit elemosinarum -largitionem exibeat, hospitalitatis officia impendat..... Haec est -enim legitima et ecclesiastica religionis forma, haec antiqua fidelium -consuetudo. - -AMULONIS ARCHIEP. LUGDUNENSIS _Epistola I ad Theodboldum episcop. -lingonensem_. in «DE LA BIGNE _M. Maxima bibliotheca veterum patrum et -antiquorum scriptorum ecclesiasticorum_, Vol. XIV, Lugduni, 1677, pag. -331. - -[487] Cfr. _Concil. agathense_, c. 21, ed. cit., Vol. IV, col. 1386. - -[488] _Ibid_. - -[489] Cfr. _Concil. antisiodor._ c. 3. - -Non licere conventus in domibus propriis vel vigilias in festivitatibus -sanctorum facere - -Su queste vigilie cfr. DUCHESNE, _Les origines cit_., pag. 230 e segg. - -[490] In domibus ab episcopis sive presbyteris oblationes celebrare -nullatenus licet, dice papa Felice IV (a. 530, riportato nel DECRETO DI -GRAZIANO, _De consecratione_, D. I, c. 11) confermato da Gregorio Magno -che proibisce rigorosamente «missas publicas ab episcopo in coenobio -fieri.» (Cfr. _loc. cit. Epp_., II, 41). - -[491] Satius est missam non cantare aut non audire quam in illis locis -ubi fieri non oportet, stabilisce il Decreto di papa Felice IV (a. 530) -riportato anch'esso nel DECRETO DI GRAZIANO (_De consecratione_, dist. -I, cap. 11). - -[492] In dominicis diebus (stabilisce il c. 1, del Concil. Nanetense) -vel festis antequam missam celebrent, plebem interrogent, si alienus -parochianus in ecclesia sit, qui proprio contempto presbytero, ibi -missam velit audire. - -Cfr. LUPI, _De parrochiis cit._, pag. 206. - -[493] A Brescia erano vicinissimi alla città la corte di Cerropinto ed -i beni spettanti _ad curtem nostram publicam vel ad curtem ducalem_, -donati dal re Desiderio al monastero di S. Salvatore (cfr. _Cod. Dipl. -Long._ — TROYA — n. 727, a. 759 e n. 878, a. 767, su quest'ultimo vedi -anche quanto è stato detto a pag. 87,) e le altre terre tutte rimaste -alla pubblica autorità, come si rileva dal noto documento del 1037 nel -quale si dice _Monte Digno et Castenedolo sunt de foris muro ipsius -civitatis_, (cfr. GRADONICUS, _loc. cit._, pag. 159, e segg.). - -A Cremona le selve che gli imperatori avevan concesse al vescovo e -sulle quali i cittadini vantavano ed esercitavano larghi diritti di -uso sono dette _in circuito civiatis_, (cfr. Diploma di Corrado I ai -cremonesi dell'a. _ed._ e _loc. cit._). - -Lo stesso è a Lodi: nell'atto del 1142 con il quale il vescovo dà in -pegno tutte le rendite del patrimonio del vescovado si ricordano le -biade e i prati per due miglia intorno alla città. Cfr. _Cod. dipl. -laud. cit_., (ed. VIGNATI, n. 108, pag. 137-39). - -A Pisa dal diploma di Enrico IV (ed. STUMPF _Die Kaiserurkunden -cit._, n. 4745) si sa di «terras que fuere _pascua_ vel paludes... -et _communia pascua_... in civitate vel _prope eam_ usque ad medium -miliarium». - -Per Bergamo e per la generalità di questo fatto vedi MAZZI A. _Note -suburbane cit._, pag. 27 e segg. - -[494] Tale è il caso della cappella di S. Grata a Bergamo secondo un -documento del 1176 con cui il vescovo Guala ne definisce i confini. - -Cfr. MAZZI A. _Note suburbane cit_., pag. 142-43. - -[495] Cfr. il doc. del 783 ed. dal MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. -LXXIV. - -[496] LUPI. _Cod. dipl. cit._, II, col. 1087 e 1373. - -[497] a. 899 gen. in «Monum. Hist. Patr.», Chart. I, n. 54, col. 89-91. -E la stessa formula è ripetuta nella donazione del vescovo Audace del -marzo del 905: cfr. _ibid_. I, n. 66, col. 111-13. - -[498] ODORICI, _loc. cit._, VI, 30 e MAZZI. _Note suburbane cit._, pag. -170 e 184-85. - -[499] LUPI. _Cod. dipl. bergom. cit._, I, col. 1185-86. - -[500] Cfr. TROMBELLI G. C. _De cultu sanctorum dissertationes decem_, -Bologna, 1740, Vol. I, p. 2, Diss. VI, pag. 101 e segg. - -[501] Cfr. DE ROSSI E. _Roma sotterranea cit._, I, pag. 129-30 e -_Bullett. Archeolog. crist. cit._, s. II, a. 5, pag. 150 e segg. - -[502] _Dig_. XI, 7, 39. - -[503] Cfr. il _Natale XI di S. Paolino da Nola_, v. 131, ed. cit. - -[504] Cfr. PASCHINI. _Note cit._, pag. 15. - -[505] Cfr. LUPI. _De Parrochiis cit._, pag. 185-86. L'idea prima -dell'altare è appunto quella di essere eretto sopra le ossa di un -santo. - -[506] Vedi il commento del MURATORI, al _Natale XI e XIII di S. Paolino -da Nola_ nel Vol. I degli _Anecdota cit.;_ e _Delle Antichità longob. -milan. cit._, Diss. XIX, Vol. III, pag. 77 e 195. - -[507] Cfr. S. AGOSTINO. _Ep_. 121. In oratorio praeter orandi et -psallendi cultum penitus agatur. Cfr. anche l'_ep_. 109. - -[508] Cfr. DUCHESNE. _Origines cit_., pag. 283-84. - -[509] Cfr. i passi respettivi (_In Hex._ III, 5 e _Confess_. IX, 6 e -X, 33) cit. nelle _Dissertaz. longob. milan_. _cit_., Diss. XXX, n. 17, -Vol. III, pag. 347-48. - -[510] De vasis vero fusilibus vel etiam productilibus, quae simpliciter -signa vocantur, quia eorum sonoritate quibusdam pulsis excitata -significantur horae, quibus in domo Dei statuta celebrantur officia; -de his inquam, hic dicendum videtur, quod eorum usus non adeo apud -antiquos habitus proditur, quia nec tam multiplex apud eos conventuum -assiduitas, ut modo est, habebatur: apud alios enim devotio sola -cogebat ad statutas horas concurrere; alii _praenuntiationibus publicis -invitabantur et in una celebritate proxime futuram discebant._ - -WALAFRIDO STRABONE. _De officiis divinis sive de exordiis et -incrementis rerum ecclesiasticarum_ nello «Speculum antiquae -devotionis» del COHLÈE, Mons, 1549, c. 5. - -[511] AMULONIS ARCHIEP. LUGDUN. _Epist_. I, _ad Theodboldum episc_. in -DE LA BIGNE, _loc. cit._, pag. 331-32. - -Si votum et desiderium est populorum fidelium, diversorum martirum et -ceterorum sanctorum limina suppliciter frequentare, sunt dies certi -et legitimi, quibus id, iuxta antiquam ecclesiae observantiam, devote -exercere conveniat; tempore videlicet generalium rogationum, et pro -diversis tribulationibus et necessitatibus indictarum litaniarum, -seu quadragesimalium ieiuniorum, sive etiam in vigiliis et natalitiis -martirum. Quae omnia et ex universali ecclesiae lege descendunt, et -sacerdotum praedicatione ac denuntiatione commendantur, et omnium -fidelium obedientia et pietate attentius observanda sunt. - -Fino dal secolo quarto, a detta di Teodoreto, i cristiani si recavano -agli oratorî dei martiri «non semel, bisve, aut quinquies quotannis sed -frequenter». - -Cfr. LUPI _De parrochiis_ cit., pag. 226-27. - -[512] Cfr. _Delle antichità long. milanesi cit_., to. I, diss. V. - -[513] Cfr. MABILLON. _Praefationes in Acta Sanctorum ordinis S. -Benedicti, Praef. ad. sec. II_, § 42, obs. 7. - -[514] Cfr. NITTI DI VITO F. _Di un'iscrizione reliquiaria anteriore al -1000_, Estr. dall'«Arch. Stor. Ital.» s. V, to. XII, a. 1893. - -[515] _Sanctorum reliquiae in villaribus oratoriis non deponantur_ -stabilisce il c. 25 del concilio epaonense del 617 _ed. cit._, IV, col. -1679. - -[516] Il primo e più antico esempio ci è offerto dal _Liber -Pontificalis_ da cui si apprende che S. Simplicio, che pontificò nella -seconda metà del secolo quinto (460-483), stabilì presso la chiesa di -S. Pietro un turno settimanale affinchè vi fossero sempre dei preti per -accogliere i penitenti e somministrare il battesimo — «costituit ad S. -Petrum... ebdomadam, ut presbyteri manerent ibi propter poenitentes et -baptismum» — (ed. DUCHESNE, _cit._, pag. 126). - -Tale esempio, però, non deve esser preso proprio come prototipo perchè -Roma ha una costituzione ecclesiastica tutt'affatto speciale. - -[517] A. 864 dec. Manifesta causa est mihi Grecorii venerabilis -_presbiter de hordine sancte mediolanensis ecclesie_... ut rebus -omnibus.. quas habere... viso sum in vico et fundo Ueniaco... deveniat -integrum in iura et potestatem de _presbiteris decomanis, qui pro -tempore Officiales fuerint in ecclesia beati_ Cristi confessori -_Ambrosii_, ubi eius sanctum corpus requiescit, sita foris muro hac -civitate, et illis _decomanis oficialis_ videlicet _sancti Uictoris_, -ubi ad corpus dicitur; nec non et _uni ex oficialis sancti Naboris -et Felicis martirum, qui prior in tempore fuerit_, seo et _uni ex -oficialis sancte Ualerie, similiter qui prior fuerit_; ita volo ut -omnes isti prenom. oficiales abeant predictis rebus, ut quidquid Deus -omnipotens exinde dederit, equaliter omnes usifructuare et inter se -dividere debeant pro anime mee remedio; ea tamen racione ut unusquisque -eorum binas tantum missas per singulos menses canere debeat mihi.... -et patri meo et matri mee et fratribus meis... et speciale oficium -uespertini seo matotini temporis cum nouem lectionibus faciant. - -BUGATI G. _Memorie istorico-critiche intorno alle reliquie ed al culto -di S. Celso martire_ Milano, 1782, pag. 211-12. Serie delle carte n. 1. - -Le sue disposizioni andarono in esecuzione tre anni dopo. - -A. 867 nov. Breve divisionum qualiter diviserunt inter se, id sunt -_Presbiteris Oficialis Basilice Beati_ Christi Confessoris _Ambrosii_, -in qua eius s. corpus humadum quiescit, sita foris muro civitatis -Mediolani, et ille _Presbiter, qui modo prior est Oficiale Basilice -Sancte Valerie_, nec non et _illis presbiteris Oficialis Basilice -Sancti Uictoris_ qui dicitur ad Corpus, sed et ille _prebiter qui -modo prior est Oficiale Basilice Sancti Naboris et Felicis_... -ex ordinacione quondam Grecorii Presbitero de hordine S. mediol. -eccles.... sitis in uico et fundo Ueniaco. - -ID. _loc. cit._, pag. 213-18, n. II. - -Il documento è importante anche per un altro lato. La donazione -contempla una grande quantità di terre tutte situate nello stesso vico -e fondo ed offre materiale ottimo per le indagini sulla costituzione -agraria e rurale del tempo. - -[518] Cfr. BARBIERI, _loc. cit._, pag. 16, 71, 53, 157 e 158. - -[519] Edito nel Vol. IV, pag. 297-300 delle _Antichità longob.-milanesi -cit._ - -[520] ... ipsam _ecclesiam_ que usque nunc _cella_ vocabatur... - -Cfr. _ibid._, pag. 298. - -[521] A. 866. Diploma dell'arcivescovo di Milano Tadone all'abate -Pietro del monastero di S. Ambrogio. Ed. nel Vol. III delle _Antichità -longob.-milanesi cit._, pag. 327-29. - -Insuper etiam petiit ut intra ecclesiam santorum Vitalis et Agricole -in honore sanctorum Petri et Pauli ecclesiam infirmorum ei costruere -concederemus atque semitam per quam monasterium minus munitum erat -claudere et in aliam partem transmutare permitteremus, _illosque -sacerdotes quos pro sua utilitate ad celebrandum missarum solemnia -in eadem ecclesia_ OLIM NOVITER COLLOCAVERAT _intra nostrorum_ -CONCIVIUM SACERDOTUM _consortium annumerari concederemus_. Nos vero -per consensum omnium nostrorum sacerdotum petitioni eius adsensum -prebuimus et _ipsos presbiteros ab eo in ecclesia sancti ambrosii_ -NOVITER ORDINATOS _in_ NOSTRORUM CONCIVIUM CONGREGATIONE PRESBYTERORUM -_suscipimus_.... Insuper etiam confirmamus atque concedimus prefato -abbati successoribusque eius sicut prisca consuetudo ex antiquo tenere -videtur ut in dominicis seu in solemnibus diebus indutus sandaliis -ceterisque ornamentis episcopalibus [et infula et anulo antiquo] more -ornatus in ecclesia beati Ambrosii divinum celebrare officium. Preterea -concedimus atque confirmamus prefato monasterio et fratribus omnes -oblationes que a Christifidelibus in eadem ecclesia sancti Ambrosii -quoquo modo a maioribus sive a minoribus delate fuerint omnesque res, -omnesque possessiones ibidem collatas cunctasque videlicet curtes -earumque appendicias, simulque decimas omnium laborum seu dominicatus -eorum, simulque omnes aldiones servos et ancillas seu colonos sed et -omnia que nunc habere videntur vel que deinceps Deo propitio adquirere -valuerit. - -Le parole fra parentesi, mancanti nel testo, sono state messe -togliendole dal doc. del 1193 (ed. UGHELLI, _loc. cit._, IV, col. -171-72) che riporta tutta la frase intiera. - -[522] Cfr. SCHIAPARELLI L. _I diplomi di Berengario I_. Roma, 1903, n. -XIII, pag. 47. - -[523] AFFÒ I. _Storia di Parma cit._, Vol. I, pag. 362, doc. 73, a 978. - -[524] La famosa chiesa di S. Giovanni, da privata che era in origine, -essendo stata fondata dalla regina Teodolinda nel 602 (P. DIACONO. _De -gest. Lang. cit._, IV, 21 e 25) si trasformò rapidamente, tantochè alla -metà del secolo nono appare fornita di tutti gli attributi di chiesa -matrice e retta da un _custos_ (a. 769 ... Garoin r. d. _custodes -basilice s. Johannis_ de fundo Moditia aut qui pro tempore _custus_ in -ipsa _basilica_ fuerit. Cfr. FRISI A. F. _Memorie storiche di Monza e -sua Corte_, Milano, 1794, Vol. I, c. 5, pag. 36 e segg. e Vol. II, n. -II, pag. 3-4) che esercita le funzioni di capo di una pieve e ne porta -anche il nome (a. 879 ott. Petrus _archipresbiter_ huius ecclesie. -Cfr. ID. _Ibid._, Vol. II, n. V, pag. 9. — a. 880 dec. 20. Vincentius -_archipresbiter et custus_ ecclesie et canonice. Cfr. _Ibid._, I, pag. -37 e III, pag. 263) insieme con i preti, i diaconi e i suddiaconi -che vivono raccolti in canonica sino dal tempo di Carlo il Grosso -e ne costituiscono l'_hordo_ (... _de hordine et congregatione s. -Johannis_ dicono numerosi docti del sec. IX e X. Cfr. ID. _Ibid._, I, -pag. 47), detto anche _ordo major_ (1061 mag. ... isto campo deveniat -in potestatem de omnibus presbiteris, diaconibus, suddiaconibus vel -clericis qui de _ordine majore_ predicte ecclesie sunt. Cfr. _Ibid._, -II, n. XXXVI, pag. 39-40) per distinguerlo da quello dei decumani, i -quali, qui come a Milano, formano un corpo ecclesiastico tutt'affatto -differente (a. 1035 .... fiat prandium... ad presb. diac. et subdiac. -vel clericis qui in eodem _ordine ecclesie S. Joh._ sunt ET ad -_presbiteros illos qui decimani sunt_. _Ibid._, Vol. II, n. XXX, pag. -33-34 — a. 1053. Vitalis presbiter de _ordine decomanorum_ s. modic. -eccl. _Ibid._, pag. 38). - -Gli _ordinarii_, al tempo di Berengario I saliti al numero di 32, oltre -che dai decumani si distinguevano anche dai _custodes_, i quali, a -norma della disposizione di Teodolinda (P. DIAC. _loc. cit._ Ordinatio -vero talis fuit. De rebus s. Johannis nullo modo se debet aliquis -intromittere nisi tantum sacerdotes qui ibi deserviunt die ac nocte, -tanquam famuli et famule qui ibi subiecti sunt communiter debeant -vivere) erano i rappresentanti del diritto di proprietà dei beni, di -cui era titolare la chiesa di S. Giovanni (Diploma di Berengario I ai -canonici della chiesa di Monza, ed. SCHIAPPARELLI L. _I dipl. di Ber. -I_, Roma, 1903, n. 6, pag. 26). — Il re dona tre corti ai canonici -imponendo loro varî obblighi fra cui quello di dare annualmente _loco -oblationis, quinque anforas vini et urnam nec non et frumentum sextaria -duodecim_ CUSTODIBUS _eiusd. eccl._ — a. 1198. Ego Lombardus Gairoldus -_custos ecclesie s. Jhoa._ consigno d[=no] magistro Corrado et d[=no] -Michaeli de Besozo et d[=no] Faravo de Modoecia qui sunt _ordinarii -iste ecclesie_ ad partem et utilitatem iste ecclesie terram illam -quam habeo et teneo ab ipsa ecclesia. (Cfr. FRISI. _loc. cit._, Vol. -I, pag. 54) e riproducevano esattamente la posizione dei sacerdoti -santambrosiani del diploma tadoniano dell'866 di fronte ai monaci -istituiti nel 789, e della quale avremo da occuparci più avanti. - -[525] _Cod. dipl. long._, PORRO, col. 539. - -[526] CAMPI. _loc. cit._, I, pag. 467. - -[527] _Cod. dipl. long._, PORRO, col. 979-80. - -[528] Cfr. LUPI. _Cod. dipl. cit._, I, animadv. XXVII, col. 963-84, -a cui si può aggiungere il doc. lucchese dell'a. 904 (ed. MURATORI. -_Antiq. Ital._ t. VI, col. 407) in cui si ricorda «Vincentius -archipresbyter _cardinis_ et vicedominus» e altri sei _cardinales_. - -[529] Anche a Vercelli erano dette _cardinales_. - -Nel frammento del sinodo vercellese del 964 rimastoci fra le opere -di Attone (ed. LUPI. _loc. cit._), è detto: «insuper admonitione -suorum clericorum sancivit, ut antiquus exigit usus pessima ungariorum -incursione vastatus, _ecclesiae cardinales_ debitum praeberent -baptisterio hac in civitate celebrato decenter obsequium. Ita ut -in ipsis ex ecclesiis, quae sunt in villis, videlicet Patina..... -presbyteri veniant sic expediti suis vestimentis, qui hic Vercellis -pueros valeant baptismali tingere aqua.» - -[530] A. 819. Breve ordinationis facio ego Petrus gratia dei episcopus, -qualiter una cum consensu sacerdotus et aremannus huius lucane -civitatis, ordinare videor te Andripertum presbiterum filio Pauli -in nostra _ecclesia sedalem_ sancti Donati, sita prope murum huius -lucane civitatis; in eo vero tenore ut in tua sit potestate ipsa dei -ecclesia, una cum casis et omnibus rebus ad eam pertinentibus abendum -resedendum, gubernandum usufructuandum et officium dei die nocteque -recto moderamine faciendo et nobis obediendum; sicut nostra sancta -lex continet: et unum prandeum nobis et sacerdotibus nostris singulis -annis die martis de alba semper preparare et dare debeas in festivitate -ipsius ecclesie, portionem exinde de oblatis, et candelis tollendum -ipse, sicut jam olim consuetas fuit; et semper nobis et sancte ecclesie -nostre obedire, et servitium adimplere debeas, sicut consuetudo fuit; -et qualiter ut supra te in eadem ecclesia firmavimus stavili ordine -permaneas firmiter. - -Ed. MURATORI _Antiq. Ital._, Diss. XIII. - -A. 838. Notitia brevis de inquisitione ecclesie beati Vincentii ubi -requiescit umatum corpus beati Fridiani iuxta lucanam urbem. - -Osprando, arciprete della cattedrale, disse: scivi Jacobum episcopum -abentem ecclesia S. Fridiani infra istos triginta annos et ita eam -ordinabat sicut alias _ecclesias sedales_ et pertinens erat de isto -episcopio S. Martini. - -Giovanni chierico e scabino disse: Sibi (= scivi) Iohannem episcopum -abentem ecclesiam S. Fridiani et dedit illam Jacobi germano suo in -beneficio. Et postea habuit eam Jacobus episcopus in potestate S. -Martini infra istos triginta annos, usque ad diem mortis sue. - -Alamondo scavino disse: Scivi ecclesiam S. Fridiani abentem Jacobum -episcopum et imperantem. Sed Adegrimus vassus domni regis illam voluit -contendere ad parte Palatii, sed minime potuit, quoniam ipse episcopus -eam pertinentem episcopatui sui faciebat. Pietro disse: Scivi Johannem -ep. et Jacopum ep. abentem ecclesiam S. Fridiani et imperantes usque -ad diem mortis eorum et wiganationem exinde faciebant de res ipsius -ecclesie, et prandia recipiebat, _sicut in cetere ecclesie sedales_ -istius episcopati. - -E tutte le altre deposizioni concordarono con queste. - -Cfr. MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XXXI. - -[531] Negli _Acta sanctorum_, Vol. III, Venezia, 1788 «Miracula -S. Zitae virg. lucensis» pag. 511, è detto: «Prior... iniunxit... -Mandriano quod ipse statim scalciatus et cum corrigia ad collum iret ad -_ecclesias civitatis lucensis sediales_ et majores. - -[532] Il noto vescovo Raterio nel suo itinerario 7 (ed. BALLERINI, -_cit_. pag. 447) dice: «ad quod cum titularios omnes et illos de -plebibus paratos, dei gratia invenissem, vos cardinales rogo etc.». - -Chi sieno questi _titularii_ che si distinguono dagli arcipreti rurali -e dal clero della cattedrale è dimostrato dal documento seguente. - -A. 995. Dum Johannes patriarcha s. aquilegensis aecclesiae in sinodo -resideret in ecclesia beatae Mariae sitae in civitate Veronae... -surgens Obertus episcopus eiusdem sedis beatae Mariae, queri cepit... -de clericis habitantibus in _titulis_ ipsius idest S. Mariae antiquae -et S. Margaritae, quia ipsi secundum canonicam traditionem et antiquam -consuetudinem sibi obedire vetarent, ita ut nec _ad sinodum_, nec -_ad processionem_ ipsius venire vellent, nec illud observare, quod -ceteri _tituli de eadem civitate faciunt scilicet et missas publicas -precipuis festis interdictis ab episcopo facere non deberent_... -Tunc.... patriarca videns quod rectum et canonicum erat quod ipse -episcopus sciebat (dicebat?)... statuit ut deinceps clerici de -prefatis suis titulis parati essent obedire veronensi episcopo tam -sinodali advocatione quamque et in processionis honore seu etiam in -missarum, cum ab eodem episcopo interdictum solemnibus festis noverunt, -observatione. - -DE RUBEIS. _Mon. eccl. aquil._ cit. 223. - -[533] _Cod. Dipl. Long._, (PORRO), n. 797, col. 1398-99, 1 maggio 980. - -Leo diaconus cardinalis sancte Marie Maioris de Cremona, rector -diaconie sancte Marie in Bethel regionis quinte suprascripta civitate -Cremona tibi Ambrosio presbitero per hanc cartulam ad tuas preces -facta comittimus providemus et perdonamus quatinus in oraculum sito -xenodochio sancte Marie in Bethel, ubi rector ordinatus esse videmur, -debeas omni _die et noctibus residere pro bona custodia offitio -et luminaribus in predicto oraculo, ibique, permictente episcopo, -valeas libere ac liceat diebus dominicis celebrare missam, sed ianuis -clausis, ne populus a missarum solemniis in domo Domini a predicatione -abstrahatur; aliis diebus_, permictente episcopo, tibi perdonamus ut -_ianuis apertis valeas... missam celebrare_. Set tibi predicto Ambrosio -presbitero stricte inbemus, uti canonica lex abet, ut _omni die festo -et in omni die dominico in domo Domini ad missam et predicacionem -episcopi cum populo accedas_ hora tercia; similiter stricte tibi -iubemus, ut nullo modo nec libere nec licite nec ianuis apertis vel -clausis in eodem oraculo missam celebrare presumas in Natale Domini, -nec in die Sancte Pasche, nec in Ascensione, nec in Pentecoste, vel in -die translacionis domine nostre sancte Marie matris Dei. - -[534] Con i documenti riportati nelle note precedenti concorda -completamente, integrandoli, il c. 2 del capitulare di Teodulfo, -vescovo aurelianense, del 797 e del quale già si è avuto occasione -di rilevare qualche altro punto di identità con la costituzione -ecclesiastica italiana. - -[535] S. Ambrogio fu seppellito accanto a S. Protaso e a S. Gervaso, -primi santi tutelari di Milano, e la sua festa, che avveniva insieme -con quella degli altri due, il 19 di giugno, era celebre anche per la -chiesa romana per essersi fatta in tal giorno una pace fra i romani ed -i langobardi ai tempi di Gregorio Magno e della quale questo pontefice -fece cenno anche nell'«Introibo» della sua messa che incomincia: -«Loquetur dominus pacem in plebem suam.» - -Cfr. _Delle antichità long. mil. cit._ Diss. XXV, p. 3, vol. III, pag. -209. Vedi anche _ibid_. Diss. XXXVII, vol. IV, pag. 314. - -[536] Lo tentarono S. Eusebio a Vercelli e S. Agostino in Affrica, -come ci è reso noto da S. Ambrogio; ma pochi anni dopo la loro morte il -sistema andò in disuso. - -[537] A torto, quindi, si tenterebbe di riannodare a questa -coabitazione del clero antico, l'origine delle canoniche del secolo X.º -e XI.º. Cfr. MURATORI _Ant. Ital._ Diss. LXII. - -[538] Et nos habemus in ecclesia senatum nostrum cetum presbyterorum, -dice S. Agostino (Opera omnia, Parigi, 1704, V, pag. 16). - -[539] Cfr. GREGORI M. _Ep_. I, 6 e 60 e LUPI. _De parrochiis cit._ pag. -380 e segg. - -[540] Nel 787 Dateo, arciprete della cattedrale di Milano, fonda un -brefotrofio presso di essa stabilendo che i _presbyteri ex ordine -cardinali_ vi abbiano una sala a disposizione (MURATORI A. _Antiq. -ital._ diss. XX). Nel doc. dell'864 riportato nella nota 2 a pag. 178 è -ricordato Gregorio prete _de hordine s. mediol. eccles._ Nel doc., pure -milanese, del 789, più volte ricordato, l'arciv. Pietro fa esplicita -menzione del consenso dato dai «sacerdotibus et levitis cunctisque -ordinis nostri gradus». (Cfr. _Delle antich. long. mil. cit._ IV, pag. -298). In un altro doc., anch'esso milanese, del 1034 (MURATORI _Antiq_. -diss. LXI) si ricordano i «presbyteri diaconi et suddiaconi _cardinales -de hordine s. mediol. eccl._». Nel 1151 gli «_ordinarii_ eccles. s. -Alexandri» di Bergamo (la cattedrale) stipulano un'interessantissima -convenzione con i loro cuochi. Cfr. LUPI _Cod. cit._ II, col 1105-1106. - -Ed ho citato solo alcuni esempi dei più interessanti. Vedine altri in -LUPI. _De parr._ pag. 380 e segg. e in MURATORI _Antiq_. diss. LXI. - -[541] ESMEIN A. _Cours élémentaire d'histoire du droit français_, -Paris, 1898, pag. 148 e SCHULTE _loc. cit_. pag. 650 e segg. - -[542] _Presbyteri ruris in ecclesia civitatis episcopo presente vel -presbyteris urbis ipsius offerre non presumant_. Concil. neocesarense -a. 314 c. 13. Sulla sua applicazione in occidente vedi GALANTE. _Elem. -di dir. eccles. cit._ pag. 23 e LUPI. _De parroch. cit._ pag. 293 e -segg. diss. III, cap. 3. - -[543] Il principio, sanzionato dal c. 13 del sinodo ottavo — oporteat -in magna ecclesia in minori gradus constitutos ad maiores honores -opportune contendere, sed non eos qui foris sunt, inter eos admitti — -fu confermato pienamente da Giustiniano (Nov. III. 2) e da varî concilî -posteriori. Cfr. LUPI _De parr. cit._ pag. 328. - -[544] Prisca loci consuetudo — dice ARNOLFO _loc. cit._ I, 1. — -ut, decedente metropolitano, unus ex majoris ecclesiae precipuis -cardinalibus quos vocant ordinarios succedere debeat. - -[545] Questo avveniva quasi esclusivamente quando si trattava di -custodes _martyrum_, i quali, fino dal tempo di Silvestro I (314-335) -erano messi fra il diacono e il suddiacono. Cfr. THOMASSIN L. _Nova et -vetus ecclesiae disciplina cit_. vol. I, parte I, libr. 2, cap. 92, § -2, pag. 299. - -Il _custos_ della chiesa di S. Ambrogio, p. es., è non di rado (cfr. -PURICELLI loc. cit. n. 8, a. 740; e n. 11, a. 781, 2 maggio e _Delle -antichità long. mil. cit._ Diss. XXVII, vol. III, pag. 256) chiamato -_venerabilis_ e _reverendissimus_. - -[546] Con questo termine intendo i preti già stabilmente fissati presso -le chiese che a Milano sono dette decumane, a Lucca sedali, a Bergamo -cardinali, etc. - -[547] Al documento citato a pag. 187, nota 2 si può aggiungere quello -del 974 in cui si ricorda Giovanni prete decomano della santa chiesa -milanese ed officiale della chiesa di S. Maria detta di Podone (cfr. -_Delle antichità long. milan. cit._ vol. III, Diss. XXX, pag. 371) e -sopra tutto il passo del testamento di Attone vescovo di Vercelli (ed. -Del Signore cit. prefaz. pag. XVII) in cui, nel lasciar loro le due -valli di Leventina e Bellenica, distingue nettamente il clero raccolto -nella cattedrale dai decumani sparsi per la città: _presbyteris seu -diaconis cardinalibus sancte mediolanensi ecclesie et sacerdotibus -decomanis qui in eadem civitate pro tempore fuerint_. - -[548] a. 1117. Dum in Dei nomine in civitate Mediolani in Arengo -publico in quo erat Domnus Jordanus archiepiscopus, ibique cum eo eius -_presbiteri et clerici maioris ordinis et minoris praedictae mediol. -eccl._.... veniens d. Ardericus ven. laudensis episcopus cum suis -_clericis majoris ordinis et minoris_.... - -GIULINI _loc. cit._ parte V, pag. 545. - -[549] Cfr. nota 1 a pag. 190. - -Per Lodi vedi il doc. del sec. X (ed. VIGNATI _loc. cit._ n. 13, pag. -19) _«Cardinales presbyteri, diaconi et subdiaconi»._ - -[550] Tutti i documenti parlano sempre di presbyteri. E, del resto, -si capisce facilmente che dovendo compiere delle funzioni, a cominciar -dalla messa, per le quali la Chiesa aveva stabilito indispensabile il -grado del presbiterato, dovevano essere preti. - -In seguito, però, forse per quella corruzione degli ordini -ecclesiastici che a Milano appare fino dai primissimi decenni del -secolo nono (cfr. PURICELLI _De S. Arialdo cit._ IV, 1); sembra che -potessero essere decumani anche i diaconi. Almeno ARNOLFO (_loc. cit._ -III, 8) racconta che Arialdo era _ex decomanis diaconus_. Il GIULINI -— con ragione, secondo me — suppone (_loc. cit._ parte IV, pag. 13, ad -an. 1056) che non solo fosse, per abuso, attribuito il nome di decumani -ai preti di molte chiese di Milano che non erano di quell'ordine; ma -che fino dai tempi di Arnolfo fosse divenuto un titolo generale a tutti -gli ecclesiastici di qualunque ordine, che non fossero _ordinarii_. - -[551] a. 871. febbraio. - -Ego Vuerulfo, qui et Podo vocatur.... offero.. in.. ecclesia S. marie, -sita intra han civitatem Mediolani, prope locus, ubi quinque vias -dicitur, quam ego in propria mea terra aedificavi, petiam unam de -terra cum casas.... et volo.... ut.... deveniat in manus et potestate -de PRIMICERIO PRESBITERORUM DECUMANORUM S. MEDIOLANENSIS ECCLESIE, -ad ordinandum presbiterum unum, _qui in jam dicta ecclesia s. marie -officiare debeat et custodire die noctuque_ pariter et fideliter et -faciat ipse presbiter de jam dicta terra et casas que cum jam dicta -ecclesia tenere videtur, usufructuario nomine, quaecumque voluerit.... -autem volo ut _presbiter_ ille qui _in eadem ecclesia officiale_ -fuerit, dare et offerre debeat candelas duas optimas, omnes missas -ipsius s. marie, ad archiepiscopatum s. mediol. eccl..... et pascere -debeat per omni anuale meo presbiteros duodecim et pauperes decem et -missa speciale canere debeat per omne mense, duas in anno. Et ipse -primicerius, qualis in tempore fuerit, propter honorem ordinationis -ipsius ecclesie,.... habeat massaricium unum juris mei, qui reiacet -in vico et fundo Raudo, ut nulla impositio propter ordinationem ipsius -ecclesie quesierit, nisi illum massaricium. - -GIULINI. _Memorie cit_. vol. I, append. pag. 464-65. - -Consimile è il testamento dell'arciv. Andrea dell'11 genn. 903, ed. -_ibid_., vol. II, append. pag. 475-79. - -[552] 997. nov. 19. Ego _Andreas presbiter et Primicerius de hordine -Decomanorum Sancte Mediolanensis Ecclesie Officiale Basilice Sancte -Genitricis Virginis Marie, que dicitur iemalis_... volo et iubeo... ut -petia una de terra... deveniat in potestate de presbiteris illis, qui -tunc tempore et in perpetuum in basilica Sancti Laurentii, constructa -foris ab ac civitate, non longe ad portam quod clamatur Ticinense, -Officiales fuerint... mei et parentum meorum, seu Domni Landulfi -quotidie missas, vesperas, et matutinum et reliquum officium faciant. - -SAXII. J. A. _Archiepiscoporum mediolanensium series -historico-chronologica_ etc. Milano, 1755, vol. II, pag. 378-79. - -[553] Erano 30: 15 sacerdoti, 10 diaconi e 5 suddiaconi. Cfr. _Delle -antichità cit._ Diss. XXV, vol. III. pag. 225. Questi ultimi, però, -erano esclusi dalle assemblee in cui si discutevano le questioni di -maggior rilievo. In un diploma dell'arciv. Ariberto, del 1032 (ed. -PURICELLI _loc. cit._) presenti _senioribus superioris ecclesiae -suae cardinalibus, presbyteris et cardinalibus_ si sottoscrivono -l'arcidiacono, il vicedomino, dodici preti e due diaconi; ed in un -altro dello stesso arciv. (ed. MURATORI _Antiq. It._ Diss. LXI) -si vedono convocati _venerabilibus suae ecclesiae cardinalibus, -presbyteris videlicet et diaconibus._ - -I suddiaconi non sono ricordati mai. - -[554] Cfr. _Delle antichità cit._ diss. XXX, vol. III. III, pag. 345 e -segg. - -[555] Cfr. GIULINI _Memorie cit_. parte III, pag. 366. - -[556] _Presbyteri decumanorum extra chorum cantant_, dice BEROLDO _loc. -cit_. ed. MURATORI Diss. LVII. - -[557] Dopo un primo stadio di formazione, comunemente noto col nome -di _periodo apostolico_, la comunità cristiana, sotto l'influsso -dello spirito giuridico organizzatore dei Romani (FRIEDBERG-RUFFINI. -_Trattato cit_. pag. 26), cominciò ad acquistare, ancora prima di -divenire religione di Stato, un aspetto sempre più rispondente a -quello religioso e civile romano; e gli ecclesiastici furon ben -presto rivestiti di un carattere ufficiale in tutto simile a quello -dei funzionarî civili, nello stesso modo dei quali, con le stesse -parole e con le stesse forme erano nominati (ID. _ibid_. pag. 32 e -segg.) e tutti coloro che erano investiti del ministerio ecclesiastico -si vennero a contrapporre ai laici costituendo anch'essi un _ordo_ -distinto dalla _plebs_ in modo del tutto identico a quello che avveniva -nella costituzione civile. - -[558] Cfr. _Concil. carthag_. IV, a. 418-19, c. 22. - -[559] In ordinandis sacerdotibus et clericis, diceva S. Agostino (cfr. -POSSIDIO _Vita Augustini_ cit. c. 21), consensum maiorem cristianorum -et consuetudinem ecclesiae sequendam esse. - -[560] Cfr. i documenti riportati e indicati dall'IMBART DE LA TOUR _Les -élections episcopales dans l'Eglise de France du IX au XII siècle,_ -Paris, 1891, pag. 12 e segg. e passim. - -[561] _Cod. Theod._ XVI, 2, 33. - -[562] Cfr. i passi riportati dall'IMBART DE LA TOUR. _Les élections -episcopales cit_. pag. 12 e segg. - -[563] Il sinodo romano di Eugenio II dell'826 (c. 8) stabilisce: -«Episcopi in subiectis baptismalibus plebibus, ut certe propriis, -curam habere debent, ut cum in ipsis presbyteros necessitas occurrerit -ordinandi, ut reverentius observentur, convenit ibidem habitantium -habere consensum». - -E il concilio ticinese dell'850, già tante volte citato, conferma -che «in ordinandis plebium rationibus, civium instituta serventur et -primum quidem ipsius loci presbyteri vel ceteri clerici idoneum sibi -rectorem eligant; deinde populi qui ad eamdem plebem adspicit, sequatur -assensus». - -E dall'esempio offerto dalla pieve di Mosciano a quelli delle pievi -modenesi e parmensi, le prove dell'autonomia dei centri rurali è -dovunque dimostrata; ciò che produce come conseguenza che quella della -pieve urbana, che dai centri rurali è circondata, sia anche maggiore. - -[564] Cfr. TAMASSIA N. _Longobardi, Franchi etc cit_., pag. 113-18 e -SOLMI A. _Stato e Chiesa secondo gli scritti politici da Carlo M. fino -al concordato di Worms_, Modena, 1901, pag. 3 e segg. - -[565] TAMASSIA _loc. cit._, pag. 196 e segg. SOLMI _loc. cit._, pag. -55-57. - -[566] In Gallia, come si rileva anche dalla formula del _Missale -francorum_ (ed. DUCHESNE _Origines cit._, pag. 359. «Secundum -voluntatem Domini, in locum s. memoriae illius nomine, virum -venerabilem illum testimonio presbyterorum et totius cleri et consilio -civium ac consistentium credimus eligendum») le elezioni vescovili -anticamente erano indipendenti; ma sotto i Merovingi, per le violenze -e le agitazioni del popolo, il potere regio ebbe occasione ed agio di -intervenirvi per modo che da un semplice mantenimento dell'ordine si -passò rapidamente ad una vera e propria ingerenza; cosicchè la Chiesa -fu costretta ad iniziare una lotta, che ridusse — è vero — l'autorità -regia alla sola conferma; ma le dètte, appunto perchè limitandola -l'ammetteva, pieno ed esplicito e riconosciuto diritto di intervenire -nell'elezione. L'HAUCK, (_Die Bischofswalhen unter der Merovingern_. -Erlangen, 1883), forse un po' impressionato dall'opinione del FUSTEL -DE COULANGES, (_La Monarchie francque_, Paris, 1888, pag. 523-566 e, -sopra tutto, 555-558) che ritenne che l'autorità regia ridusse a nulla -l'intervento del clero e del popolo; ha pensato che questa limitazione -sia stata una grande conquista da parte della Chiesa; ma, in realtà, -egli ha considerato il fatto rispetto ai suoi presupposti immediati; -ma non alla costituzione primitiva della Chiesa. Il can. 10 del quinto -Concilio di Orléans (ed. MAASSEN, _cit_., pag. 103) incomincia «Sed -_cum voluntate regis_... pontifex consacretur». - -Questo già ai primissimi del secolo settimo. L'editto di Clotario è del -614. (Cfr. «Monum. Germ. Hist.» _Leges_, I, pag. 14). - -Sorto in seguito l'astro dei Carolingi, la Chiesa fu trasformata in -istituzione territoriale e, pienamente sottratta alla dipendenza del -pontefice (cfr. FRIEDBERG-RUFFINI, _loc. cit._, pag. 16), divenne loro -docile e poderoso strumento di governo. - -[567] Quest'affermazione si limita, s'intende bene, al periodo franco, -durante il quale l'azione del pontefice nelle elezioni vescovili ebbe -un'importanza così limitata che non occorre fermarcisi su. - -[568] Nell'epoca romana questo fatto si rileva più facilmente perchè -l'elezione del vescovo è regolata minutamente dalle leggi e queste -graduano la facoltà degli elettori in proporzione diretta della loro -posizione nella vita civile. - -Vedi a questo proposito a pag. 59 e segg. e _Cod. Theod._ Nov. XVII a. -445. - -[569] Vedi i passi riportati a questo proposito dal FRIEDBERG-RUFFINI, -dal CALISSE, dall'IMBART D. LA TOUR e dal VACANDARD E. _Les élections -épiscopales sous les mérovingiens_ in «Rev. d. questions histor.». -XXXII, 126, avril, 1898. «Expectarentur — dice un tipico passo di -S. Leone M. (Ep. X, 6 — Iaffè Reg. 467) — vota civium, testimonia -popolorum; quaereretur honoratorum _arbitrium, electio_ clericorum». - -[570] E ciò sopra tutto per la ragione che il clero, come istituzione, -è ritenuto di origine divina e gode, quindi, di un gran prestigio. - -[571] A notariis ecclesiae — dice S. Agostino (Ep. 110) — ... -excipiuntur quae dicimus et dicitis... Hoc ad ultimum rogo ut gestis -istis dignemini subscribere qui potestis. - -Su questo _decretum quod clerus et populus formare debet de electo -episcopo_ cfr. specialmente l'_Ordo romanus_ in _Bibl. patruum_ cit., -X, col. 104. - -[572] S. AGOSTINO li ricorda varie volte. - -Dilectissimis fratribus, clero, _senioribus_ et universae plebi -aecclesiae Hipponensi.... salutem — Ep. 137. - -Silvanus a Cirtha traditor est et fur rerum pauperum, quod omnes vos -episcopi, presbyteri, diacones et _seniores_ scitis — _Contra Crescon_. -III c. 29 _ed. cit._ vol. VII pag. 177. - -E la stessa precisa frase si trova anche nelle _Gesta purgationis -Felicis et Caeciliani_ in calce alle opere di OPTATO, Parigi, 1567, -pagina 268 — Ep. di forte. - -E nello stesso significato troviamo la parola anche nel medioevo. - -Nel testamento del prete Teodaldo dell'a. 768 (ed. FRISI _loc. -cit._, II, n. 2, pag. 4) è detto: «obsecro principes terre istius vel -presolis adque _senioris_ ecclesie S. Johannis ut... omnia stavilem -permittatis permanere. E in una donazione al monastero di S. Ambrogio, -dell'a. 863 (ed. GIULINI _loc. cit._, vol. I, append. pag. 444-45) si -stabilisce che se i monaci non adempiono agli obblighi loro imposti -a proposito di un ospedale fondato dal donatore, l'ospedale stesso -passi agli _officiales_ della Chiesa di S. Giovanni di Monza «sine ulla -contrarietatem _senioribus_ ipsius ecclesiae». - -Nè son casi isolati. Cfr. a. 787 (MURATORI _Antiq. ital._, III, -col. 587) pontifex (arciv. di Milano) de ipso ordine presbyterum -_seniorem_... ordinare dignetur. — a. 951-962 (VIGNATI, _Cod. dipl. -laud._ cit. I, n. 13, pag. 18-19). Radbertus presbiter de cardine -s. laud. eccl. scribere per iussu domni _senioris_ communuimus. — a. -933. (TIRABOSCHI. _Mem. Nonantola_ cit., n. 82), una per consilio et -consensum _seniorum_ sacerdotis et clerum b. s. Geminiani motinensis, -il vescovo Gottifredo fa una concessione enfiteutica. - -Il TAMASSIA (_I sermoni di Pietro Crisologo_ cit.,) ha indicato alcuni -passi che gettano uno sprazzo di luce sui rapporti che con anacronismo -scusabile possono esser detti _prefeudali_, della società romana. - -I documenti ora indicati, che contengono il nome di _senior_, di ben -nota diffusione nel campo feudale, possono, forse, esser presi in -considerazione anche da questo punto di vista. - -[573] Agostino. _Conc. II in Psalm._ 36, to. 8, pag. 201. «Cum -incestos contra legem decretaque omnium sacerdotum communioni sanctae -adiungeret, cumque obsistente massima parte plebis, etiam _seniorum -nobilissimorum_ litteris conveniretur etc.». - -LIBERATI. _Breviarium cit_., c. 14. ed. cit. to V, pag. 763. «Collecti -sunt _nobiles civitatis_ ut eum qui esset vita et sermone dignus -pontificatu eligerent». - -[574] In ordinationibus eorum clamant et dicunt: dignus es et iustus e -S. AMBROGIO. _De dignitate sacerdot._ c. 5. E S. AGOSTINO (_Ep_. 110): -Dignus et iustus est dictum est vicies. - -Altri esempi per il medioevo ci sono offerti da GREGORIO DI TOURS, -_loc. cit._ passim e specialmente l'ep. 25 del libro quarto, ad -Donnulum. - -[575] Cfr., oltre i trattati generali già citati, il REVILLE _Les -origines de l'épiscopat_, Paris, 1894. - -[576] Vedi il doc. dell'838 nella nota 2, a pag. 186. - -[577] Vedi il doc. riportato nella nota 1, a pag. 186. - -[578] Q. FLORENTIS TERTULLIANI _Apologeticus adversus gentes_, Venezia, -1525, c. 37, cap. XXXIX. - -De disciplina christianorum. Si quod arcae genus non de ordinaria summa -quasi redemtae religionis congregatur: _modicam unusquique stipem -menstrua die, vel cum velit et si modo possit, apponit_. Nam _nemo -compellitur_, sed _sponte confert_. - -ID. _Ep_. 34 in _Opera omnia_ Parigi, 1666, pag. 49. - -Presbiteri honorem designasse nos illis jam sciatis ut et sportulis -iisdem cum presbyteris honorentur et _divisiones mensurnas_ aequatis -quantitatibus partiantur. - -ID. _Ep_. 66, _ibid_., pag. 109. - -Quae nunc ratio et forma in clero tenetur, ut qui in ecclesia domini -ordinatione clerica promoventur, in nullo ab administratione divina -avocentur nec molestiis et negotiis saecularibus alligentur, sed -in honore _sportulantium fratrum_ tamquam _decimas ex fructibus -accipientes_, ab altari et sacrificiis non recedant. - -E quando qualche ecclesiastico mancava ai suoi doveri era punito in -modo molto semplice e chiaro: «Interim (cfr. _Ep_. 28, pag. 41) se -a _divisione mensurarum tantum contineant_, non quasi a ministerio -ecclesiastico privati esse videantur». - -[579] _Cod. Just._ I, 3, 33, § 1. Leone e Antemio (467-471). Non -oportet episcopos aut clericos _cogere quosquam ad fructus offerendos_, -aut angarias dandas, aut alio modo vexare, aut excommunicare, -aut anathemate damnare, aut denegare communionem, aut idcirco non -baptizare, _quamvis usus ita obtinuerit_. - -[580] LEONIS M. (440-460). _Sermo de collectarum die_ (ed. -BALLERINI-CACCIA). - -Providenter, dilectissimi, a sanctis patribus pieque dispositum est, -ut in diversis temporibus quidam essent dies, qui devotionem fidelis -populi ad Collationem publicam provocarent. Et quia ad ecclesiam -maxime ab unoquoque opem quaerente decurritur, fieret ex possibilitate -multorum _voluntaria_ et sancta _Collectio_, quae per Praesidentium -curam necessariis serviret expensis: ad cuius operis desideratum -vobis, ut credimus, fructum dies vos vicinus invitat, accedentibus -admonitionibus nostris, ut ad ecclesias regionum vestrarum sabbato -proxime futuro misericordiae munera deferatis. - -ID. _Sermo IV_. - -Quia in die dominica prima est futura Collectio, omnes vos devotioni -_voluntarie_ praeparate, ut unusquisque secundum sufficientiam habeat -in sacratissima oblatione consortium. - -Id. _Sermo V_. - -Ad horum operum, Dilectissimi, piam curam dies nos apostolicae invitat, -in quo sanctarum Collectionum prima _Collectio_ est prudenter a -Patribus et utiliter ordinata; ut quia in hoc tempore gentilis quondam -populus superstitiosius daemonibus serviebat, contra prophanas hostias -impiorum, sacratissima a nobis nostrarum elemosinarium? celebraretur -oblatio: quod, quia incrementis ecclesiae fructuosissimum fuit, placuit -esse perpetuum. Unde hortamur sanctitatem vestram, ut per ecclesias -regionum vestrarum quarta feria de facultatibus vestris quantum -suadet possibilitas ac voluntas, expensas misericordiae conferatis, ut -possitis illam beatitudinem promereri, in qua sine fine gaudebit, qui -intelligit super egenum et pauperem. - -[581] Il capitolare di Mantova del 787 prescrive che la decima sia -pagata alla presenza di almeno due testimoni ne ideo ibi juramentum -aliquod faciendi necessitas contingat. (Cfr. M. G. H. Capitularia, I § -8, pag. 197). - -E questo sistema di giuramento concorda pienamente con l'uso -estesissimo del giuramento quale ci è unanimente dimostrato dalle -fonti romane (Cfr. _Dig. XII_, 2, 3-I, 3, § 4 e 2, 4 e 5) e con -quello attestatoci dai documenti posteriori. Il Tiraboschi, p. es., ha -pubblicato un doc. del secolo X (_Mem. Modenesi_ cit., I, cod. dipl. -n. 117, pag. 142) che suona così: «Incipit nomina virorum hac mulierum -qui pro dei timore et christi amore dederunt singuli denarios pro -redemptione animarum suarum in luminaria ad illuminandum ecclesiam dei -ut eorum animas illuminet deus in sanctum paradisum et _ipsi omni anno -Deo auxiliante hoc facere similiter promittunt_». - -E si possono citare anche altri esempi posteriori nei quali si vede -sempre intervenire il giuramento. Cfr. anche lo statuto della Chiesa di -Parma citato a pag. 1, n. 1 e a pag. 103-104. - -[582] Cfr. _Cod. dipl. long_. — Troya, — n. 216. - -[583] Cfr. pag. 200 nota e nota 3 di questa pagina. - -[584] Di _decimas_ parla il capitolare fissato dal re Liutprando -con i mercanti di Comacchio nel 730 (Cfr. HARTMANN. _Zur -Wirtschaftsgeschichte Italiens in frühen Mittelalter. Analekten._ -Gotha. 1904, pag. 123-24); decime pagavano talvolta cittadini e vicini -per il godimento degli antichissimi diritti d'uso (Cfr. SOLMI A. -_Manuale cit._, pag. 188) e la decima parte dei frutti della terra da -loro lavorata corrispondevano numerosi lavoratori (Cfr. _Cod. dipl. -long._ — TROYA — n. 433, a. 721; n. 476, a. 729; n. 526, a. 740) così -in occidente come in oriente (cfr. ZACHARIAE V. LINGENTHAL. _Geschichte -des grieschisch-roemischen Rechts_, Berlin, 1892, II, pag. 255-56 e n. -843). - -[585] S. AGOSTINO. _Comm. in Psalm_. 146 (_Opera omnia_ cit. VIII, pag. -698). Precidite ergo aliquid et deputate aliquid fixum, vel ex annuis -fructibus vel ex quotidianis quaestibus vestris... Exime aliquam partem -redituum tuorum. _Decimas_ vis? decimas exime quamquam parum sit. - -ID. _Homil_. 48, X, pag. 48. Maiores nostri copiis omnibus abundabant -quia Deo _decimas dabant_ et Caesari censum reddebant. - -[586] Capit, di Lestimes a. 743 (in «Mon. Germ. Hist.» Boretius. -I, n. 11, pag. 28). — Statuimus quoque cum consilio servorum Dei et -populi christiani propter imminentia bella et persecutiones ceterarum -gentium quae in circuitu nostro sunt, ut _sub precario et censu -aliquam partem ecclesialis pecuniae in adiutorium exercitus nostri -cum indulgentia Dei aliquanto tempore retineamus ea conditione, ut -annis singulis de unaquaque casata solidus, idest duodecim denarii, ad -ecclesiam vel monasterium reddatur; eo modo, ut si moriatur ille cui -pecunia commodata fuit, ecclesia cum propria pecunia revestita sit. Et -iterum si necessitas cogat ut princeps iubeat, precarium renovetur et -rescribatur novum_. - -Col capitolare del 768 (ID. _ibid._ 1, _Capit. aquit._ c. 1, pag. -42) Pipino aggiunse l'obbligo della restaurazione della chiesa a cui -appartenevano le terre beneficiate. - -E nel 779, col capit. aristallense (ID., _ibid_. I, c. 13, pag. 50), -Carlo Magno aggiunse l'obbligo del pagamento della decima e della -nona. De rebus vero ecclesiarum und nunc census exeunt decima et nona -cum ipso censu sit soluta et unde antea non exierunt similiter nona et -decima detur; atque de casatis quinquaginta solidum unum et de casatis -triginta solidum dimidium et de viginti trimisse unum. - -La bibliografia sul beneficio ed i suoi rapporti col feudo è troppo -nota perchè occorra accennare anche solo i principali lavori. - -[587] Cfr. _ibid_. I, pag. 46. - -[588] Cfr. _Pippini capitulare italicum_ a. 801 (806)-810 (_ibid_. I, -1, n. 102, pag. 210, c. 6). E questa disposizione deriva in linea retta -da Carlo M. nella sua «Epistola in Italiam emissa», a. 790-800 (_ibid_. -n. 97, pag. 203), e con il c. 60 del suo capitolare italico. - -[589] _Capit. Ital_. c. 31. - -[590] _Capitulare cum episcopis langobardicis deliberatum_, a. 780-90. -(_Ibid_. n. 89, c. 9, n. 89). E questo costume e questa consuetudine -di cui parlano e come di cosa antica vescovi langobardi, non poteva -essersi formata che in Italia e prima dell'invasione franca. Non potè -essere lo stato langobardo ad istituire un contributo che ripugnava -all'indole del suo popolo, a vantaggio di un culto che non era il suo e -per il quale, nei primi tempi specialmente, non furono usate soverchie -tenerezze; mentre nessuno dei re divenuti cattolici l'ha — che si -sappia — istituito. E si sarebbe saputo; chè un capitolo dell'Editto, -una parola di Paolo Diacono, un passo delle lettere e degli scritti cui -dette luogo la lunga controversia terminata con la calata dei Franchi, -non avrebbe mancato di farcelo sapere. - -Abbiamo dunque una riprova dell'ininterrotto perdurare della antica -_collecta_. - -[591] _Loth_. 43. Che la decima di cui qui si parla sia quella italiana -è dimostrato da vari fatti. E cioè: 1.) che in esso si parla sempre -e soltanto di decima e mai si ricorda o menziona la nona; 2.) che -si istituisce una speciale procedura la quale consiste nella nomina -di una commissione di quattro o otto o più «homines optimi» per ogni -pieve i quali sieno testimoni inter sacerdotes et plebem. La pieve è -il complesso dei parrocchiani e tale commissione sarebbe un assurdo -per testimoniare il soddisfacimento di uno degli obblighi nascenti dal -rapporto giuridico intercorrente fra una chiesa, che poteva benissimo -non essere una pieve ed uno speciale individuo; 3.) infine, che si -commina ai renitenti la prigione e la confisca dei beni, senza mai far -parola di omissione di beneficio. - -[592] Eccone un esempio tipico. - -Et hoc ea consideratione introductum est, ut detracta portione -dominorum, coloni de sua parte dumtaxat decimam solvant, quia domini in -civitate vel in aliis locis plerumque habitant, et spiritualia ibi non -recipiunt ubi decimae solvuntur, et ideo de sua parte fructuum decimas -dare non tenentur. _Liber Consuetudinum Mediolani_ c. 25 Ed. BERLAN -cit. pag. 256. - -[593] Cfr. _Capit. ital. Pipin._ 4, 17; _Lud_. P. 30; _Loth_. 20. - -[594] Cfr. _l'epist._ di GELASIO _ad episc. Lucaniae_ c. 5 (ed. cit. -to. IV pag. 1189) «Baptizandis consignandisque fidelibus pretia nulla -praefigant, nec illationibus quibuslibet impositis exagitare cupiant -renascentes.... Et ideo nihil a predictis prorsus exigere moliantur...» -E il _conc. illiberit._ c. 48 (ed. cit. I. pag. 97) proibisce già — -emendari placuit — che «qui baptizantur nummos in concham non mittant». - -Per le oblazioni in caso di matrimonio si può citare come tipo il c. 3 -dei _Responsa Bulgarorum_ di Niccolò I. che è dell'866 (Cfr. l'edizione -corretta fattane dal DUCHESNE. _Origines cit._ pag. 433-34) ma che -riproduce in modo perfetto nella forma e nella sostanza il sistema di -celebrazione degli sponsali e del matrimonio romano. - -«Et primum quidem in ecclesia domini cum oblationibus quas offerre -debent Deo per sacerdotis manum statuuntur». - -Cfr. anche _Statut. eccl. parm. cit._ pag. 101 nella ricca nota -illustrativa fattane dal BARBIERI. - -Per le oblazioni per i defunti, oltre questo stesso statuto sotto tale -titolo, pag. 48 e pag. 194, nota 2, sono da vedersi la dissertazione -18 del MURATORI _Anecdota_ cit. I. pag. 190-95 ed il Natale XII di S. -PAOLINO da Nola, nel punto ove narra il miracolo di S. Felice. - -[595] Cfr. i passi e i documenti riportati ed illustrati da N. -COMNENO PAPADOPOLI nelle sue _Praenotationes mistagogicae_, Padova, -1697 r. 1, s. 5 e 6, pag. 28-37 e r. 3, s. 2, 3, 4, pag. 137-138. -Mi limito a queste pochissime citazioni perchè sarebbe del tutto -superfluo fare sfoggio della numerosissima bibliografia sull'argomento -che per l'esperienza che ne ho fatta è, almeno per il nostro tema, -perfettamente inutile. - -[596] Cfr. pag. 181 nota 1. - -[597] Cfr. pag. 186 nota 2. - -[598] Oltre tutti i lavori che fanno più o meno capo al DE ROSSI e -al DUCHESNE, i quali hanno formulato a questo proposito due diverse -opinioni degne del pari di considerazione; è uscito recentemente -l'articolo di R. SALEILLES. _L'organisations juridique des premierès -communautés chrétiennes_ nelle «Mélanges P. F. Girard». Paris, 1912, -II, pag. 469-509, di una notevole chiarezza. - -[599] Questa mi sembra la interpetrazione più logica del passo di -ULPIANO _Liber. singul. reg._ XXII. 6 (ed. BAVIERA _Fontes iuris romani -antejustinianei_, Firenze, 1908, pag. 235-36) che è, a parer mio, -l'unico veramente fondamentale sull'argomento. - -Deos heredes instituere non possumus praeter eos quos senatusconsulto -constitutionibusque principum instituere concessum est, sicuti Jovem -Tarpeium, Apollinem Didymacum Mileti, Martem in Gallia, Minervam -iliensem, Herculem gaditanum, Dianam Ephesiam, Matrem Deorum Sipylenem, -Nemesim quae Smirmae colitur et Caelestem Salinensem Carthagini. - -E questo paragrafo è intimamente connesso con quello precedente in -cui si afferma che la _testamentifactio_ passiva non è accordata, -fatta eccezione che nel caso di testamento di un liberto, nemmeno ai -municipî. - -[600] Cfr. il cap. 36 del 2. libro della Vita di Costantino di Eusebio -e la Nov. 131. cap. 9 di Giustiniano. - -[601] Cfr. _Capitul. mantuanum primum_ c. II. (ed. BORETIUS I, -1, n. 92, pag. 195) De decimis vero que a populo in plebibus vel -baptismalibus æcclesiis offeruntur nulla exinde pars maiori æcclesiæ -vel episcopo inferatur. - -[602] Cfr. _Mem. Lucchesi_ cit. V, p. II, pag. 22, n. 34, a. 746 e -MURATORI. _Antiq. cit._ III, 811-819, a. 796 - -Cfr. i docc. riguardanti la gestione patrimoniale delle pievi indicati -dal PERTILE. loc. cit. I, pag. 342, a. 89; e MAZZI A. _Studi cit._ pag. -9 e 27-28; TIRABOSCHI, _Mem. mod. cit._ I, pag. 155, a. 996; pagina -158, a. 998; II, pag. 137, a. 1003: UGHELLI^2. loc. cit. V, col. 508, -a. 997 e IV, col. 1007, a. 1004 (cfr. PROVANA. _Studi critici cit._ -pag. 347). - -Alla prova di questa asserzione che involge intimamente la vita civile -e quella religiosa son dedicati i §§ 9 e 10. - -Cfr. TAMASSIA N. _Postille storiche e giuridiche alle opere di -Zenone vescovo di Verona_ in «Studi storici e giuridici offerti a F. -Ciccaglione» Catania 1909, I, pag. 8-10. - -Cfr. GALANTE A. _Il diritto di patronato nei documenti langobardi_ -negli «Studi in onore di V. Scialoja» Milano, 1905, vol. I. - -[603] Cfr. pag. 181 nota 1. - -[604] Cfr. i documenti riportati ed illustrati nella Diss. quarta delle -_Antichità long. milan._ cit., la quale però è inspirata per non dire -addirittura dominata dall'idea di mostrare la ragionevolezza delle -pretese dei monaci contro i sacerdoti, riunitisi a vita canonica nel -secolo XI. - -[605] Cfr. nota a pag. 183, nota 2. - -[606] Vedi le belle e giustissime parole di N. TAMASSIA in _Fidem -facere e manum facere cit._, pag. 536-37 sul tipo dei documenti -lucchesi; alle quali è da aggiungere anche quanto egli dice a tale -proposito a pag. 367-71. - -[607] Sulla personalità giuridica del beneficio e lo sviluppo della -sua formazione cfr. RUFFINI F. _La rappresentanza giuridica delle -parrocchie,_ Torino, 1896, § 8-10, pag. 48-74; uno studio che dev'esser -segnalato fra la moltitudine dei lavori che si sono occupati di questo -argomento e dei quali fornisce un'abbondante indicazione bibliografica -il GALANTE, _loc. cit._ pag. 273 nota e nelle note ai §§ segg. - -[608] Cfr. _Capitulare italicum. Capitula Karoli M._ 136. _Capitul. -Hludovici Pii_ (a. 825?) c. 9. _Leges_ I. 244, ed. BORETIUS; e le altre -disposizioni riportate dal DU-CANGE nel suo _Glossarium_ e dal nostro -MURATORI nella XXX Dissertazione. - -[609] La ragione della tenacia di tale consuetudine, che finiva con -l'annullare l'antico precetto ecclesiastico del riposo festivo, era di -natura prevalentemente, se non sostanzialmente, economica. Usufruendo -di un giorno festivo per lo smercio dei prodotti si guadagnava una di -quelle giornate di lavoro, che le numerose prestazioni, alle quali -sopratutto i lavoratori della terra erano obbligati, riducevano -fortemente. - -[610] Vedine la dimostrazione particolareggiata per Bergamo in MAZZI A. -_Corografia bergomense nei secoli_ VIII, IX, X, Bergamo, 1888. pag. 225 -e segg. - -Vedi anche _Capitul. Aquisgranense_ a. 809, c. 9, in «Monum. Germ. -Hist.» _Leges_, ed. BORETIUS I, pag. 156. - -[611] Di ciò si è tentato di dare la dimostrazione nel paragrafo -precedente. Mi limito qui ad aggiungere le parole della concessione -dell'imperatore Lodovico II alla pieve rurale di Juvenalta nel -cremonese. - -«Pro plenissima quietitudine confirmamus eidem sancto loco aqueductus -tam ad divisa molendina quam ad navigia deducenda, sive in Olio atque -etiam _mercata ibidem devenientia tam in montanis quamque in planicie -ut abhinc in futurum_ SICUTI ANTIQUITUS CONSUETUM FUIT _deducat_. - -[612] LANDULPHI SEN. _loc. cit._, III, 20. - -Di questo storico è stato dato — e meritatamente — un severo giudizio -(vedi, per es. quel che ne dicono i Bollandisti to. VI, julii 28, S. -Nazario); ma ciò non può toccare in nulla la veridicità della sua -notizia riguardo all'ubicazione ed alla composizione del mercato, -perchè egli ne fa menzione incidentalmente e come di cosa normale -anche al suo tempo. E, per di più, la sua notizia è confermata anche da -ARNOLFO. Cfr. infatti, _loc. cit._, III, 10. - -[613] _Capitul. Ital._ c. 11. _Cap. Forma communi_ c. 14-18 in «Monum -Germ. Hist.» _Leges_, I, ed. BORETIUS, pag. 37-38. - -[614] _Ibid_. c. 14. - -L'_Expositio_ a questo capitolo richiama i due capitoli di Rotari 18 e -358. In realtà il richiamo è molto impreciso. Nel primo caso il Rotari, -proteggendo con la pena fortissima di 900 solidi _quemcumque ad regem -venientem_, dimostra chiaramente che si tratta di persone care al re e -che si recano da lui per suo e non per proprio vantaggio e lo conferma -stabilendo che la pena sia divisa fra il re stesso e l'offeso. Si -tratta dunque di _gasindi_ e non di _iterantes_ di viaggiatori comuni, -come nel cap. 14 di Carlo M., nel quale è ripresa anche la disposizione -del cap. 368 di Rotari. - -[615] Cfr. _Decretio Chlotarii regis_ (a. 511-558) § 9, 3 (Et si -persequens latronem suum comprehenderit integram sibi composicionem -accipiat; et si per _trustem_ invenitur, mediam composicionem _trustis_ -adquirat...) e § 16 in «Monum. Germ. Hist.» _Capitul. Meroving._ pag. -5-7. - -Sull'interpretazione di questi passi vedi TAMASSIA N. _La Delatura_ -in «Archivio Giuridico F. Serafini» 1897, vol. LVIII, p. 346-367 e -specialmente pag. 362-64. - -[616] Era tanto un privilegio, che degenerò ben presto in un abuso e -Pipino dovette provvedervi. Cfr. _Capit. Ital._, c. 1 e 15. - -[617] Vedi GIERKE H. _Erbrecht und Vicinenrecht in Edikt Chilperichs_ -in «Zeitschrift für Rechtsgeschichte» II, 1887, pag. 480 e segg. - -[618] Cfr. la legge salica nel famoso tit. _De migrantibus_, al quale -va aggiunto quell'importantissimo (per quanto mutilo) frammento edito -per la prima volta dal MERKEL (_Lex salica Extrav_. XI, pag. 101) che -dice: «Non potest homo migrare nisi convicinia et erba et aquam et v | -am |... | concedente? |». - -Geniale, ma da accogliersi con molte riserve, è il lavoro del FUSTEL DE -COULANGES _Étude sur le titre «De migrantibus»_ Paris 1886. - -[619] Vedine indicati un bel numero dallo SCHUPFER _Dir. Priv. cit._, -II, pag 42 e segg. - -[620] Nelle formule di Marcolfo I, 7 ed. ZEUMER cit. in «Monum. Germ. -Hist.» III, pag. 47. - -[621] Cfr. TIRABOSCHI. _Mem. Nonantola cit_., II, n. 19, pag. 36. È una -concessione livellare fatta dall'abate nonantolano Rodolfo a un certo -Gualprando _in persona et vice totius_ COMMUNIS _de Battona_. - -[622] Per il mercato nelle pievi rurali vedine gli esempi riportati -dal MAYER (_Ital. Verfassungsg. cit._ § 20, n. 49, vol. I, pag. 339) -e del quale è pure da vedere ciò che dice dei rapporti della pieve con -il castello rispetto al mercato (_Ibid_., IV, § 51, vol. II, pag. 437 e -segg.). - -[623] _Capitulare missorum in Theodonis villa datum secundum generale_ -c. 13 (ed. BORETIUS in «Monum Germ. Hist.» Capit. Reg. Franc. I, n. -44). - -De teloneis placet ut antiqua et iusta telonea a negotiatoribus -exigantur tam de pontibus quam et de navigiis seu mercatis; nova vero -seu iniusta ubi vel funes tenduntur, vel cum navibus sub pontibus -transitur seu et his similia, in quibus nullum adiutorium iterantibus -praestatur, ut non exigantur; similiter etiam nec de his qui sine -negotiandi causa substantiam suam de una domo ad aliam ducunt aut ad -palatium aut in exercitum. - -Cfr. anche _Ansegisi capitulare_ III, 12 (ed. Id., pag. 427); -sulla cui introduzione e l'applicazione in Italia vedi PATETTA F. -_Sull'introduzione in Italia della collezione di Ansegiso_. Torino, -1890. Estr. dagli Atti della R. Accademia delle Scienze. - -Sulla mancanza nei Capitolari e nelle leggi di accenni ai commestibili -e alle cibarie cfr. anche LEICHT P. S. _Statuta vetera Civitatis -Austriae_. Cividale, 1902, pag. VII e bibliografia ivi citata. Egli -ha dimostrato che anche i documenti e gli statuti friulani confermano -l'opinione del Sohm, del Maurer e del Ritschel che, anche i pesi e le -misure, insieme e oltre alle cibarie (delle quali, come si è detto, -nessuna legge imperiale o Capitolare si occupa) erano rilasciate alle -consuetudini locali ed ha messo in evidenza anche un altro lato di -grande importanza per noi, dimostrando che il traffico delle cose -commestibili era permesso anche nei luoghi dove era esplicitamente -vietato il mercato: ciò che significa — dato che il diritto di mercato -si risolve in sostanza nel diritto di percepire una tassa da parte del -titolare — che il commercio dei commestibili non era gravato da alcuna -contribuzione. - -[624] SCHUPFER F. _La pubblicità nei trapassi della proprietà secondo -il diritto romano del basso Impero_ etc. in «Rivista italiana per -le scienze giurid.» vol. XXIX, fasc. 1-2, a. 1905, pag. 43 e segg. -Vedi però anche le vecchie ma buone pagine di J. C. BULENGERUS _De -vectigalibus populi romani_ in «Thesaur. roman. antiquit.» vol. VIII, -Venezia, 1735, cap. 5, col. 843 e segg. - -Esempi dell'epoca medioevale sono riportati dal MAYER _Ital. -Verfassungsg_. cit. I, pag. 331, n. 8. - -[625] a. 812 (?) Carlo M. dona a Rataldo vescovo di Verona il _forum_ -ed il _mercatum_ soliti a farsi nella festività di S. Zeno a Verona. -Cfr. CIPOLLA C. _Verzeichniss der Kaiserurkunden in den Archiven -Veronas_ I in «Muhlbacher's Mittheilungen» II, 88. Innsbruck 1881. - -[626] Interessante è a questo proposito il can. 48 degli _Statuta -eccles. antiqua_ (ed. BRUNS H. T. _Canones apostolorum et conciliorum -saeculorum_ IV, V, VI, VII. Berlin 1839 I, pag. 146) compilati, molto -probabilmente, nella seconda metà del secolo quarto (cfr. MAASSEN E. -_Geschichte der Quellen und der Literatur des kanonischen Rechts in -Abendlande bis zum Ausgange des Mittelalters_. I, Gratz, 1870, p. 393), -il quale stabilisce che il chierico che «non pro emendo aliquid _in -mundinis vel in foro_ deambulat» debba esser degradato. Questo canone, -infatti, ebbe larga applicazione in Italia, tanto che se ne riscontra -l'influenza diretta in varie raccolte, a cominciare da un canone -del famoso Attone vescovo di Vercelli. Cfr. _Attonis vercellensis -opera-Canones_ n. 43 (ed. Del Signore, Vercelli, 1768, parte II, p. -278). - -[627] I primi germi delle fiere medioevali si trovano nelle ultime -fiere dell'impero romano. Cfr. HUVELIN _loc. cit._, pag. 135. - -[628] Cfr. HUVELIN _loc. cit._, passim, GOLDSCHMIDT E. -_Universalgeschichte des Handelsrechts_ Stuttgart, 1891, pag. 221 e -segg. e bibliografia ivi citata. Fondamentale, però, rimane sempre il -lavoro del BOURQUELOT _Étude sur les foires de Champagne._ Paris, 1865. - -[629] Cfr. MURATORI _Antiq. Ital._ Diss. XXX. e gli esempi da lui -indicati. Anche il commercio dei barbari che si concentrava nei -mercati che si tenevano nei giorni di feste religiose e di assemblee -politico-giudiziarie, sia di diversi popoli — _concilia_ — che di varie -centenae di uno stesso popolo. Cfr. HUVELIN _loc. cit._ pag. 141. - -Ciò rese più facile la continuazione delle antiche consuetudini -italiche sulle quali quelle germaniche poterono adagiarsi facilmente. - -[630] Cfr. _Capitul. Ital._ di Carlo M. c. 52. - -[631] Cfr. MORIONDO J. B. _Monumenta aquensia._ I, Torino, 1789, col. -106-7, n. 92, a. 1197. - -Credo non inutile riportare integralmente la parte più interessante di -questo bel documento. - -Omnis bestia quadrupes vendita in foro Aquensi et Arcivolio debet -curadiae in duobus denariis ab autore, totidem a venditore. De agnis -et haedis nihil sicut et de fructibus et de ovis et de his omnibus -quae brachio portantur. Idem de pullis et de piscibus recentibus. -De caballo tamen den. XII. De onere pullorum ovorum den. 1. De fasce -hominis circulorum mealia (uvae alia) datur. De fasce boum den. II. -Tellaria habentes pisces, negotiatores drappi et ferri et merces -vendentes in foro, ut sedeant, unusquisque den. II. curadiae debet. De -torta lini den. II dantur. De soma lebetum idem. De fasce scutellarum -et scutorum idem. Artifices sitularum et situlorum omni anno situlam -debent et situlum. Ferrarii cultellum et mensuram. Facientes conchas -et lanceas et juga idem. De fasce bailorum I den. De carro lignorum -II den. De barroccio I den. De carro et barroccio vini II den. De -fasce ollarum et testarum idem. De asino veniente onerato nihil; si -egreditur oneratus I den. De mezena I den. Sextarium vero capiendum est -ad pugnum venditoris. Ex his omnibus predicti memorati antiqui aeque -concordaverunt. - -[632] L'esenzione accordata ad Asti ai commestibili può nel complesso -esser considerata come un fatto comune di un fenomeno generale. - -Le città che più a lungo furono soggette ai pedaggi e alla curatura -verso l'impero offrono a questo proposito un buon mezzo di riprova. A -Siena, per esempio, che durò a lungo in tale soggezione, gli elenchi -che ancor si conservano nel R. Archivio di Stato, delle imposizioni -e dei tributi dai quali erano colpite le merci che si negoziavano -nel mercato cittadino, per gran parte del secolo decimoterzo sono -limitati ad un numero di voci relativamente assai scarso. E non si -può supporre che la causa si debba ricercare in un tardo svilupparsi -del commercio senese, perchè fino dai non ultimi decenni del secolo -decimosecondo si hanno tracce numerose ed importanti dell'attività -straordinaria dei senesi. Il LISINI (_Indice di due antichi libri di -imbreviature notarili_ in «Bullettino senese di Storia Patria» vol. -XIX 1912) illustrando degnamente quasi un migliaio di atti dei primi -anni del secolo XIII., completa quanto fino ad ora era stato appena -intraveduto (cfr. SCHULTE _Geschichte des mittelalterlichen Handels -und Verkehrs zwischens West-deutschland und Italien mit Ausschluss -von Venedig._ Leipzig, 1900, I. pag. 247) e accennato (cfr. PAOLI C. -_Siena alle fiere di Sciampagna_ Siena 1898 pag. 19 e segg. e SCHAUBE -_Handelsgeschichte der romanischen Völker des Mittelmeergebiets bis zum -Ende der Kreuzzüge._ München 1906, passim) e dimostra che il commercio -dei senesi era in questo tempo di primissimo ordine. - -Sugli istituti di diritto commerciale, sopratutto in un'epoca più tarda -cfr. ARCANGELI A. _Gli istituti del diritto commerciale_ nello statuto -senese del 1309-10 in «Rivista di diritto commerciale» di Sraffa e -Vivante a IV., 1906, fasc. 3-4. - -[633] Cfr. nota 1 a pag. 222. - -[634] Cfr. HUVELIN _loc. cit._, pag. 176. - -[635] Ne offre chiara prova la città di Vercelli. Nel 913 il re -Berengario concedeva ai canonici delle due cattedrali vercellesi di -S. Maria Maggiore e di S. Eusebio (ed. SCHIAPARELLI _cit_.) _mercatum -publicum qui singulis kalendis augusti_ in beati Eusebii festivitate -continuatim subsequentibus _Et mercatum ebdomadalen_ qui omni die -sabati perficitur. L'uno e l'altro passarono più tardi nelle mani del -Comune (Cfr. ADRIANI G. B. _Statuti e monumenti storici del Comune di -Vercelli_. Torino, 1877, pag. 189, § 260), il quale non vi portò alcun -mutamento e conservò anche l'antica distinzione del mercato settimanale -dal mercato dei commestibili di prima necessità, strettamente vicinale. -Infatti il § CCXCIII (_ibidem_ pag. 209) si esprime così: «Item non -prohibebo alicui de districtu civitatis tam laicis quam clericis et -poderio ea quae necessaria fuerint ad usum suum et familie sue et usum -vicinorum suorum sue ville quibus possint solummodo ad comedendum et -bibendum vendere et etiam transeuntibus possint vendere ad bibendum et -comedendum. Item non prohibebo mercatum nec ea que necessaria fuerint -tam clericis quam lajcis ad usum suum vel locis sive castris qui et que -tenentur sive custodiuntur a communi sive pro communi civitatis etc. - -Al tempo dello statuto, per quanto relativamente assai antico come -lo dimostra la formula in prima persona, caratteristica del breve -potestarile, il mercato ebdomadale ha assorbito completamente quello -vicinale entro la città, mentre nel resto del territorio, ne rimane -ancora distinto. - -Anche a Bergamo si verifica lo stesso fatto: l'antico _forum_ viene col -tempo a prendere il nome di _mercatum_. Cfr. MAZZI A. _Nota cit._ pag. -323. - -[636] Cfr. HUVELIN _loc. cit._ pag. 151-53 e le citazioni ivi riportate. - -[637] _Cod. Dipl. Long._ — TROYA — n. 308. - -[638] Cfr. SOLMI. _Diete di Roncaglia cit_. - -[639] Vedi nota 2 a pag. 217 e _Antichità longobardiche milanesi cit_., -I, pag. 165-68. - -[640] Nei centri rurali, invece, la riconnessione del mercato alla -parrocchia si manifesta anche nell'ubicazione. Normalmente in ognuno -di essi vi era una sola piazza più o meno grande sulla quale i -parrocchiani si radunavano fino da antichissimi tempi per i loro -bisogni spirituali e materiali; tanto che anche Rotari parla del -_conventus ante ecclesiam_ come di una riunione normale diffusa in -tutta l'Italia langobarda. - -In alcuni luoghi questo spianato ha conservato a lungo dei nomi tipici -che ne illuminano la natura. Cfr., per esempio, per Barga di Garfagnana -il bel _Dizionario geografico fisico storico della Toscana_ di E. -REPETTI (Firenze 1833) sotto q. v. e le _Relazioni di alcuni viaggi -fatti nelle diverse parti della Toscana_ di G. TARGIONI TOZZETTI vol. -V, Firenze 1773, pag. 332. - -A Toscanella nel 775 fu rogato un atto in _Foro ante ecclesiam S. -Andree_ (cfr. pergamena originale nel R. Archivio di Stato in Siena, -prov. S. Salvatore di Monteamiata); nel febbraio del 787 _in vico -Tofinana ante ecclesiam S. Paternano_ (_ibid_.); nel maggio del 794 nel -_vico Foro ante ecclesiam S. Andrea_ (_ibid_.); nell'aprile dell'819 -nel _vico Margharita ante ecclesiam S. Petri_ (_ibid_.); nel novembre -dell'823 _in vico Marianu ante ecclesiam S. Johannis_ (_ibid_.). - -[641] Cfr. pag. 90 nota 1. - -[642] Traccie abbondanti di tale sistema si sono mantenute a lungo a -Parma. L'AFFÒ (_loc. cit._, vol. I) ha ricostruito molto bene la pianta -dell'antica città, al tempo romano chiamata col significativo nome di -Crisopoli; e da essa si rileva che il punto centrale era costituito dal -_forum_ e se ne trova la posizione esatta. Un documento del 3 gennaio -del 1092 (_ibid_., pag. 340) ricorda la chiesa di S. Pietro «que _prope -forum_ posita est». E anche oggi la chiesa dell'apostolo si trova sulla -piazza quadrata, che da secoli e secoli è rimasta inalterata nella sua -tipica forma. - -[643] Cfr. FACCIO C. _La corte regia di Vercelli nel basso medioevo_ in -«Archivio della Società vercellese di storia e d'arte» a. I, 1909, n. -3-4, pag. 83-84. - -[644] _Cod. Dipl. Long._ — TROYA — n. 295, a. 724. In civitate -cremonensi in curte regia et in laubia eiusdem curtis sita _platea -magna_ eiusdem civitatis. - -[645] _Historiola_ di Rodolfo not. ed. Odorici loc. cit, p. XVII-XVIII -..._in platea Brixie_. - -Questo documento, come quello citato nella nota precedente, sono di -un'autenticità tutt'altro che indiscutibile (cfr. WUNSTENFELD T. _Delle -falsificazioni di alcuni documenti concernenti la storia d'Italia -nel medioevo_ in «Archivio Storico Italiano» 1859, to. X, disp. 3, -pag. 81 e segg.); ma possono servire egualmente quando s'interpetrino -con discrezione e se ne voglia dedurre solo una prova generica -dell'esistenza di una piazza centrale in queste due città fino da epoca -remota. - -[646] _Memorie e documenti lucchesi cit._, V, 2, n. 374, a. 811. -Austrifonso diacono dona ad una monaca la chiesa di S. Michele _in -Foro_, da lui costruita. - -La cattedrale era ancora fuori delle mura. Cfr. DAVIDSON _loc. cit._, -I, pag. 238. - -[647] CAMPI _Hist. cit._, I, pag. 324. Il vescovo Podone fonda -nell'antico foro una chiesa dedicata a S. Pietro, nella quale fu -seppellito nell'839. Il foro è ricordato pure in un altro documento -dell'anno 857 (ID. _Ibid_. pag. 212) col quale il canonico Leone fa -donazione di 28 tavole di terra situate presso di esso. - -[648] _Cod. Dipl. Long._ — PORRO — n. 292, a. 679. Actum _foro_ civ. -Bergomi. - -[649] Cfr. nota 2 della pag. preced. - -[650] Cfr. BOSISIO G. _Intorno al luogo del supplizio di Severino -Boezio_, Pavia, 1855 - -[651] MURATORI. _Antiq. Ital. Excerpta e chartis pisani archivii -archiep._ a. 1112. In _foro_ pisane civitatis que curia marchionis -appellatur. - -Per l'ubicazione dell'antica cattedrale cfr. DAVIDSOHN _loc. cit._, I, -pag. 197. - -[652] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXII. Società fra i Ferraresi e i -Modenesi a. 1198. È ricordato frequentemente il _forum._ - -Prima del mille la cattedrale era sicuramente fuori delle mura. Cfr. -TIRABOSCHI _Mem. moden. cit._, II, Cod. Dipl., n. 166, pag. 3. - -[653] UGHELLI. _Italia sacra cit._, V, col. 713. Concio Verone in die -dominico in domo _fori_ fieri solet. - -[654] Un documento del 1018 ricorda il _forum vetus_ (cfr. DAVIDSOHN, -_loc. cit._, pag. 204) il quale — e si conferma anche qui la -distinzione del _forum_ e del suo contenuto dal _mercatum_ — si -differenzia anche per l'ubicazione dal «_mercatum regis_ in civitate -Florentie» (cfr. LAMI. _Mon. cit._, pag. 885). - -[655] Cfr. il diploma di Carlo il Calvo del 1 marzo 876 in PASQUI. -_Doc. cit._, n. 43, pag. 61-63. - -[656] Anche a Rimini fino da antichissimi tempi si ha notizia di un -_forum publicum_. Cfr. TONINI L. _Rimini dal principio dell'era volgare -al MCC._ Rimini, 1856, pag. 338. - -A Bari pure da epoca immemorabile accanto al pretorio ed alla sede -catapanile, ove poi sorse la chiesa di S. Nicola, c'era il _forum_. -Cfr. BESTA E. _Il diritto consuetudinario di Bari e la sua genesi -cit._, pag. 45. - -[657] Nella città franco-germanica la costituzione e, conseguentemente, -il diritto si possono distinguere in due grandi periodi ben differenti -l'uno dall'altro. Nel primo la città è governata e retta da poteri -privati o pubblici che non sono di natura urbana, che non si -differenziano, cioè, da quelli che reggono il territorio circostante; -anzi, sono proprio quelli stessi che dominano al di fuori di essa. -E, come ciascun grande proprietario accentra in sè un certo numero di -facoltà e di poteri, che nel loro complesso costituiscono il diritto -della _curtis_, il diritto curtense; ne consegue che la città non si -differenzia giuridicamente dal territorio aperto e dai gruppi minori -che vi sono sparsi e lo compongono. Nella città possono trovarsi a -contatto varî di questi sistemi; ma essa, in quanto e perchè città, può -costituire e costituisce un'unità di fatto ma non un'unità giuridica. - -In seguito, dove la situazione topografica si manifestò più favorevole -al commercio, in immediato contatto con la parte esterna delle mura -della città si vennero da ogni parte raccogliendo individui delle -più svariate provenienze e gradazioni sociali, dal libero ricco -ed indipendente al servo fuggito dal dominio signorile, attrattivi -dall'unico scopo del commerciare. L'identità del fine e la comunanza -del luogo portò rapidamente ad un'unione, se non ad una fusione, di -tutti questi elementi, pur così eterogenei, e fece sì che insieme con -il mercato e con le sue _mansiones_, sorgessero tutt'intorno le case -dei mercanti, dominate, non di rado, dalla chiesa comune; e che lungo -la parte del borgo che non si appoggiava alle mura, corressero fossi e -steccati, fatti scavare e costruire dai mercanti stessi stretti, per -bisogno di reciproca difesa, in quelle gilde che appaiono ai primi -albori dei comuni franco-germanici. E il numero dei borghi originati -da _mercatores_ fu tale che furono chiamati quasi indifferentemente -_mercatores_ e _burgenses_. E questi borghi, per la speciale origine e -conformazione costituirono come un terreno neutro, nel quale vigevano -usi, consuetudini e sistemi di scambio differenti da quelli che avevano -vigore all'intorno. - -Però tale stato di cose non si prolungò molto a lungo. La vicinanza -immediata con la città, le relazioni inevitabilmente venutesi a -stringere fra quelli dentro e quelli fuori le mura, l'aumento sempre -più forte di ricchezza da parte dei mercanti ed il bisogno derivatone -di una difesa e di una protezione più valida che solo le mura potevano -offrire, fecero sì, che questi _mercatores_, tendessero ad entrare a -far parte della città. Dal canto suo la città, sempre meno soggetta -al potere centrale con lo svolgersi del sistema feudale, non aveva -potuto mantenere inalterata la sua rigida economia agraria primitiva -e non era in grado di opporre ostacoli troppo forti ai gruppi ormai -omogenei che le si erano stabiliti sotto le mura; e così questi -_mercatores_ riuscirono a divenire cittadini. Ma questo nuovo elemento -divenuto in breve predominante, impresse rapidamente alla città un -organizzazione rispondente ai proprî bisogni ed alle proprie attitudini -e con l'organizzazione anche il diritto, che creato sopratutto per -gli scambi, ebbe come caratteristica, una natura essenzialmente -internazionale; l'opposto, cioè, del diritto curtense che aveva fino ad -allora predominato. - -E questa è la seconda fase delle città tedesche, quella che si apre al -tempo dei Comuni. - -Come si vede la città franco-belgo-germanica non gode mai in maniera -apprezzabile di un diritto suo proprio ad essa esclusivo: nella -prima fase è retta da norme giuridiche che si applicano e vigono -indifferentemente così dentro come fuori di essa; nella seconda riceve -da elementi che non le sono originari un nuovo diritto che, se non -costituisce tutto il complesso delle norme giuridiche, ne forma però la -parte di gran lunga maggiore e più importante e questo diritto nuovo -destinato a regolare rapporti d'indole commerciale, è, per necessità -intrinseca della sua natura e del suo scopo, alieno da ogni tendenza -particolaristica. - -[658] Quanto si è detto nella nota 4 a pag. 220 a proposito delle -misure è pienamente confermato dai documenti fiorentini, dai quali -ci è fatto conoscere che non di rado il tipo delle varie misure -era espresso in una pietra murata presso le porte della città. «Ut -sit mensurata _cum pede qui designatus est in petra iuxta portam S. -Pancratii posita_» dice un documento del 1088, edito, insieme con -molti altri posteriori che fanno menzione di questa misura da TUBALCO -PANICHIO. _Del piede Aliprando e del piede della porta_ nella «Raccolta -d'opuscoli scientifici e filologici» del CALOGERÀ, to. X, Venezia, -1734, pag. 170. - -[659] SERAFINI F. _Sulla nullità degli atti giuridici compiuti senza -l'osservanza delle forme prescritte dalla legge._ Roma, 1874, pag. 6. - -[660] Cfr. PAOLI C. _Mercato Scritta e Denaro di Dio_ in «Archivio -Storico Ital.» s. V, to. XV, disp. 2 del 1895, pag. 307-315. - -[661] ZDEKAUER L. _Mercato Scritta e Denaro di Dio_ nota a proposito -della ricerca del Paoli con lo stesso titolo in «Rivista ital. per le -scienze giurid.» 1895, fasc. 1. - -[662] Ecco un brano di innegabile evidenza tolto dalla prima novella -intitolata «Vannino da Perugia e la Montanina» di GENTILE SERMINI DA -SIENA (ed Livorno, 1874, pag. 10): «Disse la Nuta: Dammi tu la fede di -farlo (di ricevere Vannino) se Andreoccio (il marito) va fuora della -città? Sì, disse la Montanina, e _la fede impalmò alla Nuta_». - -Non meno evidente è un esempio offertoci dai _Fioretti di S. Francesco_ -(c. 21) «Frate lupo, dice s. Francesco, io voglio che tu mi _facci fede -di questa promessa_, acciocchè io meno possa fidare e _distendendo -santo Francesco la mano per riceverne fede, il lupo_ levò su _il piè -diritto dinanzi_ e dimesticamente lo _puose sopra la mano di santo -Francesco_, dandogli quello segnale di fede ch'egli potea. - -Questa stretta di mano simbolica si chiamava la _palmata_. Non per -nulla anche oggi il linguaggio comune conserva la parola _impalmare_ -per indicare una forma speciale del contratto di matrimonio. - -[663] Cfr. GREGORIO DI TOURS. _Hist. Franc._ V, 3; III, 4, 8; _In -gloria confess_. c. 67 ISIDORO _Origin_. VIII, 2, 4 e 11, I, 67. - -Questi passi sono stati indicati, illustrati e pubblicati da N. -TAMASSIA in _Fidem facere e manu fidem facere_ e _Manum facere citt._ - -[664] Si trova nelle tavolette cerate daciche (BRUNS _Fontes cit._ -pag. 205-209); in un documento del _Codex antiquissimus pataviensis_ il -formulario del quale è del quinto secolo (_Monum. Boic._ XXVIII, 2, n. -2. p. 5); nella _Vita Macriani_ c. 12 (_Scriptores hist. augustae_ ed. -Teubner II, 111) e perfino nelle commedie di Plauto. (Cfr. COSTA E. _Il -diritto privato romano nelle commedie di Plauto_ pag. 277 e segg.) - -È merito del TAMASSIA averlo dimostrato e di aver indicate queste fonti. - -[665] Cfr. MITTEIS _Römischen Privatrecht cit_. I, pag 294 e segg. - -[666] _Roth_. 244. - -[667] Cfr. la notizia veronese di cui già ci siamo occupati a pagina -134-36. - -[668] Cfr. _Cronica q. dicuntur Fredegarii_ IV, 71 nei «Mon. Germ. -Hist.» S. S. I, pag. 15. - -[669] La misura della protezione speciale accordata dall'Editto -alla città si rileva dal confronto con le altre disposizioni che -stabiliscono la scala delle aggravanti dello _scandalum_ rispetto al -luogo in cui è commesso e cioè: il palazzo del re, «ubi rex presens -est» (_Roth_. c. 36), la chiesa (_Roth_. c. 35), la città dove si trova -il re (_Roth_. c. 37, 38) la città (_Roth_. 39, 40). - -[670] Cfr. KUHN. _Entstehung der Städte cit_. pag. 440. - -[671] _Dig_. XLIX, 16, 3 § 17 ... si vallum quis transcendat aut per -murum castra ingrediatur... E il cap. 244 di Rotari: Si quis per murum -de castro aut civitate sine noticia iudecis sui exierit foras aut -intraverit. - -[672] La cosa è tanto più verosimile in quanto che nella maggior parte -dei casi la _civitas_ era il capoluogo delle singole circoscrizioni: -e queste, come si è veduto, in linea di massima furono lasciate -inalterate dai Langobardi. Anche Paolo Diacono mostra un'esattezza -degna di osservazione nel distinguere la _civitas_ dal _castrum_. Oltre -passi di minore importanza (cfr. per es. _Hist. Langub_., II, 13 ..... -haut longe a _cenitense castro_ vel _tarvisiana_ distet _civitate_); -uno mi par degno di nota: (_ibid._, II, 9). Indeque Alboin Venetias -fines quae prima est Italiae provincia sine aliquo obstaculo, id -est _civitatis vel potius castri foroiuliani_ terminos introisset. -Al tempo romano _Forumjulium_ era un _castrum_ e P. Diacono non osa -chiamarla completamente una _civitas_ nemmeno dopo anni ed anni da -che i Langobardi l'avevano eletta sede di ducato e ricorda che era un -semplice _castrum_. - -[673] L'importanza del centro urbano è comprovata dalla severità delle -leggi nel punire coloro che in qualche modo, anche solo attraversandole -di soppiatto, violassero la santità — è il termine usato dalle fonti — -delle mura. Chi _violaverit muros_, dice POMPONIO (_Dig_. I, 8, 11), è -punibile di morte. Questa legge si riannoda all'antichissimo mito del -salto del vallo da parte di Remo, di cui già si è parlato, consacra -l'obbligo dei cittadini di non passar che per le porte, e concerne solo -Roma. Ma a provar che questo culto delle mura non era esclusivo di Roma -e che in conseguenza non era esclusivo di Roma il contenuto giuridico -di cui esso era l'esponente e, cioè, la preminenza assoluta degli -intramurani, MARCIANO, SABINO e CASSIO dichiarano concordi (_Dig_. I, -8, 1 e 2) che le mura e le porte di tutte le città erano, al pari di -quelle di Roma, _sanctae et quemadmodum divini juris_. - -[674] Cfr. pag. 48-52 e specialmente la legge riportata nella nota 2 a -pag. 48-49, e pag. 67-69. - -[675] Cfr. _Cod. dipl. long._ — TROYA — n. 602. - -[676] Cfr. pag. 135, dove si parla proprio di _cives_, e pag. 143. - -[677] RATHERII EPISC. VERON. _Opera_. Veronae, 1765, col. 564-66. Il -passo è stato per la prima volta indicato agli studiosi da N. TAMASSIA -_Raterio e l'età sua_ in «Studii giuridici dedicati ed offerti a F. -Schupfer» II, Torino, 1908, pag. 85-94. - -[678] GRADONICUS F. _Pontificum brixianorum series_. Brescia, 1755, -pag. 159 e segg. - -[679] Vedi a pag. 119-120. Questi diplomi sono stati ritenuti sospetti -così dal Niese, come dal BESTA (_Nuove vedute sul diritto pubblico -italiano nel medio evo_ in «Riv. ital. p. le scienze giurid.» li 1-2, -pag. 38-39); ma se si ammette l'interpetrazione datane in questo volume -così nei rispetti dell'arimannia come della cittadinanza, ogni ragione -di sospetto viene completamente a mancare. - -[680] LUPI. _Cod. dipl. berg. cit._ II. col. 729. Cfr. anche MAZZI A. -_Studi bergomensi cit_. pag. 9. - -[681] La partecipazione dei _nobiles_ e dei _sapientes_, che pure ne -vivono fuori, alla vita della città è dovuta all'azione del sistema -feudale. Cfr. PERTILE _loc. cit._ I. pag. 342. - -[682] FICKER _loc. cit._ IV, n. 85, p. 129. - -[683] Id. _ibid_. n. 86, pag. 131. - -[684] MAZZI A. _Studî cit._ pag. 107. - -[685] ID. _ibid_. pag. 33. - -[686] Cfr. PATETTA F. _Studi storici e note sopra alcune iscrizioni -medioevali_. Modena 1907, pag. 122-23. Riporto le sue precise parole -perchè non si potrebbe fare della _Relatio_ riassunto più esatto ed -imparziale. - -[687] LUPI. _Cod. dipl. cit._, II, n. 1267 e MAZZI A. _Studi cit_., -pagina 119-25. - -[688] _Roth_. 21. - -[689] _Cod. dipl. long_. — TROYA — n. 693, 971, 985. Cfr. anche -SCHUPFER _Istituzioni politiche cit._, pag. 384. - -[690] BRUNETTI, _loc. cit._, n. 25. - -[691] Cfr. PLINIO. _Natur. Hist_. XXVII, 1. - -[692] Cfr. ZDEKAUER L. _Il Constituto del Comune di Siena dell'anno -1262_, Milano 1897, pag. 61-62 della prefazione. - -[693] Cfr. nota 2 a pag. 237. - -[694] Cfr. pag. 61 e segg. - -[695] _Roth_. 343. - -[696] _Roth_. 279, 280. - -[697] _Roth_. 312. - -[698] _Roth_. 35. - -[699] Sul contenuto del _populus_ vedi § 5, pag. 122 e segg. - -[700] _Cap. italicum_. Cap. Loth. 13. - -[701] c. 5, ed. cit. pag. 100. Esso riprende alla lettera il concetto -della leg. un. tit. 56 libro XI del Cod. Just. - -[702] Capit. ital. c. 37. - -[703] GIULINI _Mem. cit._ VII. p, I, pag. 890-91. Testam. dell'arciv. -Ansperto a. 879. - -[704] _Delle antichità long. milan._ cit. I. p. 242. - -[705] È del 25 agosto 1097 ed è edito dal DEL GIUDICE _Studî cit._, -pag. 61. - -Che nell'espressione — consulatu civium — non si trovi la menzione del -consolato, del gruppo dei consoli della città di Milano non si può -ammettere (dice il DEL GIUDICE, a cui sottoscrivo pienamente, fatta -eccezione del modo d'intendere la parola _cives_) per tre ragioni e -cioè: primo, che la voce _cives_ nell'uso delle fonti milanesi del -secolo undecimo, non designa già (come avvenne più tardi) tutto il -popolo, ma solo la borghesia in senso stretto, cioè un ceto particolare -opposto alla nobiltà rappresentata dalle due classi feudali dei -capitanei, e dei valvassori o militi. Per tal modo vi sarebbero stati, -a tenore di questo documento, i consoli dei borghesi (_cives_) e non -quelli dei capitanei e dei militi; il che è contradetto dalle più -antiche sentenze a noi pervenute dai tribunali consolari le quali -portano il nome dei consoli delle varie classi. In secondo luogo è -da osservare che dei molti nomi di persone segnate come testimoni o -presenti all'atto, non uno si legge che porti il titolo di _consul_ -mentre non mancano gli appellativi di giudice, di messo imperiale, -di notaio. Eppure, se la carta fosse stata scritta nel consolato -cioè nel luogo di residenza dei consoli ed alla loro presenza, non -sarebbe mancata l'indicazione del loro nome. La terza difficoltà è -questa: che negli anni successivi al 1097 non vi è parola di consoli -in atti pubblici dove la loro presenza o partecipazione sarebbe stata -necessaria. Non rimane adunque che interpetrare la data della carta -cremonese come indicante la località dove si radunavano i _cives_; dove -si teneva il _consilium civitatis_. - -[706] DEL GIUDICE. _Studi cit_. pag. 50. - -[707] ID. _ibid_. pag. 52. - -[708] Ed. dal MURATORI. _Antiq. ital._ diss. XV, col. 853-55. - -[709] Nec marchionem aliquem in Tusciam mittemus sine laudamento -_hominum duodecim electorum in colloquio facto sonantibus campanis_, -dice il notissimo diploma di Enrico IV ai pisani dell'anno 1081. - -[710] P. DIACONO, _loc. cit_. IV, 31 e II cap. ult. - -[711] Cfr. _Memorie e doc. cit._ IV, 1, pag 199. - -[712] Cfr. FRIEDLAENDER E. _Darstellungen aus der Sittengeschichte -Roms_. II, pag. 538 e segg. - -[713] Cfr. TAMASSIA N. _Fidem facere_ cit. pag. - -[714] Nelle nostre colline di Pisa, dice G. LAMI (_Lezioni di antichità -toscane_, etc. Firenze, 1766, vol. I, lezione 4ª, pag. 86-87) è un -tratto di paese, vicino al Bagno ad acqua, che si chiama _parlascio_. -È questo un monticello sulla cui cima si vedono le rovine di una -mediocre rocca o fortezza di figura quadra con torrioni e baluardi -tondi negli angoli. Sotto questa rocca verso levante è la chiesa dei -SS. Quirico e Giulitta ed a ponente di questa chiesa è un borgo, pure -detto _parlascio, e non vi è stata mai trovata traccia alcuna di antico -anfiteatro romano._ - -[715] L'antico _perilascium_, trasformato in postribolo — effectum -postribolum — fu donato nell'800 alla chiesa aretina per togliere lo -sconcio. Cfr. PASQUI U. _Documenti cit._ I. n. 16, pag. 29-30. - -[716] Fino dal secolo decimo si ha ricordo di una porta a parlascio, -per la sua vicinanza al _parlascium_. Cfr. LAMI, _loc. cit._ I, pag 90. - -[717] Cfr. LAMI, _loc. cit._ I, pag. 96; ALVISI E. _Il libro delle -origini di Fiesole e di Firenze_, Parma, 1895, pag. 38 e MANNI M. D. -_Notizie storiche intorno al parlagio ovvero anfiteatro di Firenze_, -Bologna, 1746. pag. 13-17 e 26. - -a. 1171... infra civitatem Florentinam prope _Perilascio picculo._ - -a. 1133... in civitate Florentina in loco _Parlascio picculo_. - -a. 1030... prope _Perilasium majorem._ - -[718] TIRABOSCHI. _Memorie di Nonantola_ cit. n. 197, a. 1089, «pecia -una de terra prope civitatem Cremone in loco _parlassi_». - -[719] Cfr. MAZZI A, _Perelassi_, Bergamo, 1884. - -[720] DAVIDSOHN, _loc. cit_. I, pag. 513. - -[721] _Liutpr_. c. 99. - -[722] _Aist_. c. 2, 8. - -[723] Cfr. TAMASSIA N. _Le alienazioni degli immobili e gli eredi -secondo gli antichi diritti germanici e specialmente il langobardo_. -Milano, 1885, pag. 159. - -[724] _Liutpr_. c. 62. - -[725] _Cap. ital. K. M._ 49, 68, 114 etc. - -[726] Vedine gli ess. riportati dal MURATORI _Antiq_. Diss. LXIII. - -[727] Cfr. i documenti pubblicati dal PERTILE _loc. cit._ VI, 1, pag. -25 e segg. e specialmente pag. 33. - -[728] _Mem. e doc. cit_. IV, n. 475, a. 825 Anspald cler. scavinus -ecclesiae, — n. 589, a. 838 Gonfrid. scab. eccl. — n. 648, a. 847 -Iohannes clericus scab. eccl. - -[729] _Cod. dipl. lang_. — PORRO. — col. 1561, a. 915 Petrus _scavino -huius comitato_ (lucense). - -[730] Cfr. il § 6, pag. 132 e segg. - -[731] Cfr. _Mem. e doc. cit_., V, n. 698. a. 853. A. Scabinus -florentine urbis. - -[732] Cfr. PERTILE, _loc. cit._ VI, pag. 34. - -[733] _Cap. it. K. M._ 35 e 93. - -[734] Cfr. a questo proposito ZDEKAUER L. _Il Constituto dei Consoli -del placito del Comune di Siena_ in «Studi Senesi» vol. IX, 1892, pag. -57-58. - -[735] Cfr. ID. _ibid._, pag. 60-61. Lo ZDEKAUER è stato il primo e -l'unico, ch'io sappia, a sentire come l'indagine sulla competenza -doveva segnare il primo passo per determinare l'origine del Consolato -del Placito e come esso si riannodi ad antichissimi sistemi germanici. - -[736] _Liutp_. c. 22, 29, 91, 117. - -[737] _Rach_. c. 8. - -[738] Cfr. _Chart_. I, 45, a. 887; un documento è ritenuto privo di -valore legale non perchè sia falso ma perchè non è stato scritto o -firmato da un _notarius scriba publicus_. - -[739] È la nota definizione datane da ROLANDINO nel proemio del suo -_Tractatus notularum_. - -[740] _Loth_. 98. Per l'intervento dei notai nel placito come scabini è -tipico l'esempio del giudice astense Graseverto. - -Cfr. FICKER, _loc. cit._, III, pag. 21 e 22 e CIPOLLA. _Di Audace -cit_., pag. 194-96. A Piacenza, a. 879 uno scabino è _archinotarius_. -Cfr. MAYER _Ital. Verf. cit._, § 5, nota 83. - -[741] _Lex alam._ XXXVI, 1, 2; _Lex Baiuw._ II, 15, 1. E mi piace -riportare qui anche un caso pratico contemporaneo al periodo che si sta -studiando in Italia in questo volume. - -LOERSCH H. SCHRÖDER R. _Urkunden zur Geschichte des deutschen -Privatrechtes_. Bonn. 1881, n. 53, pag. 35. _Traditio capturae -ad Suuarzetmuore._ Isti tradiderunt... Isti tradiderunt et nihil -acceperunt... Anno ab incarnatione Domini 827 et regni Hludounici -imperatoris 14 factus est _Conventus publicus_ in loco qui dicitur -Suuarzetmuor et Hrabanus abbas fuit in eo et Poppo Comes et majores -natu de comitatu eius, quorum nomina sunt: Liutpraht, Uuidarold, -Uuotan, Gundacar, Herimot, Friduhelm, Nidhart, Ortheri, Otto, Alspraht, -Einrat, Helmolt, Ratger, coram quibus Herimot et Berahart dixerunt se -in illa captura aliquam habere portiunculam, sed tamen eorum adquisitio -ita difinita est et pacata, ut dominus Hrabanus abbas illis duos boves -et duo pallia lanea et linea, duos gladios daret, et illi negaverunt -et abdicaverunt coram suprascriptis nobilibus viris, quod ulterius in -illa captura nullam communionem habeant. Coram his vero testibus datum -fuit quod dominus Hrabanus abbas promisit, et negatum et traditum ab -Herimote et Beraharte et Munihelme et Attamanne et Nidgere et Lungane. - -Seguono i nomi di 23 testimoni dei quali i primi due monaci. - -[742] Mentre si conserva il sistema dell'allegazione _apud publica -gestis municipalibus_ (cfr. doc. edito dal SAVIGNY _Stor. cit._, I, -pag. 348); il testamento di Beltramo dell'anno 615 e quello di Adoindo -del 642 è in forum delato, turbis circumstantibus a indice reseratum -recitatunque (ID. _ibid_., pag. 116); le donazioni sono fatte in _mallo -publico_ (cfr. DACHERY. _Spicilegium sine collectio veterum aliquot -scriptorum._ Parigi, 1723, pag. 878, luglio 874) e l'assemblea generale -acquista sempre maggiore importanza. - -[743] _Lex Wisig._ VIII, 5, 6 — IX. 1, 8; 2, 5 — VI, 2, 3 — XII, 2, -14 — VIII, 4, 14 — VII, 4, 7 — III, 4, 17 — VI, 2, 4 — VII, 2, 6 — -VIII, 1, 3 — IX, 2, 2 — IX, 3, 3 — XII, 2, 4. Per i suoi rapporti con -l'origine del Comune cfr. DE HINOJOSA E. _Origen del Régimen Municipal -en Léon y Castilla_ in «_Estudios sobre la historia del derecho -espanol_» Madrid, 1903, pag. 5 e segg. - -[744] Cfr. pag. 1 e segg. e pag. 72 e segg. - -[745] La cosa è tanto nota che è inutile citare la numerosa -bibliografia a questo riguardo. Basti ricordare per tutti PERTILE _loc. -cit._ II, 1, pag. 15-16; LEICHT P. S. _Antiche divisioni delle terre a -Cividale_. Estr. dalle Mem. Stor. Cividalesi 1907; LUZZATTO G. _Vicinie -e Comuni_ in «Riv. ital. di Sociologia» 1909, fasc. 3-4, che ne riporta -numerose prove e TAMASSIA N. _Due documenti napoletani del 1139_, che -è importante perchè oltre a indicare e a servirsi di buon materiale, -prova il perdurare ininterrotto delle antiche divisioni territoriali -cittadine in regioni ed in quartieri dipendenti dalle singole porte -anche in provincie esenti dalla dominazione langobarda. - -[746] Anche questo è notissimo. È da osservare che lo stesso avveniva -anche in territori non langobardi. Belisario fece ribattezzare a Roma -la porta di S. Sebastiano ponendola sotto la protezione dei due santi -orientali Giorgio e Conone (DIEHL O. _Études cit._ pag. 262) e che -qualche volta la porta riceveva il nome di un santo venerato in una -chiesa fuori delle mura. Ciò che è una prova novella dell'intimità del -vincolo che univa il suburbio alla città. — Tale è il caso della porta -di S. Stefano a Vercelli. Cfr. ADRIANI _loc. cit._, pag. 628, nota. - -[747] UGHELLI _loc. cit._ VIII, col. 32. - -[748] Ed. CARMAGNOLA _cit_., cap. 209. - -[749] A quanto già si è detto si può aggiungere BERLAN. _Il libro delle -consuetudini mil. cit._ pag. 145 e segg. e specialmente 147. - -[750] GIULINI _loc. cit._ ad an., vol. V, pag. 503 e vol. VI, pag. 463. - -[751] Nei «Mon. Germ. Hist.» _Leges_, ed. PERTZ, III, pag. 397. - -[752] BORETIUS I, 1, c. 8, pag. 197. - -[753] Cfr. MURATORI, Diss. XXIII, col. 824 e RR. II. SS. I, 2, pag. 81, -libro VI, legge 88. - -[754] Il quartiere non figura fra le corporazioni militari provviste di -personalità giuridica ricordate dal libro V del Codice Teodosiano. - -[755] Eccone un esempio che rendo noto perchè inedito e che debbo -alla cortesia del prof. A. Anzillotti. Pistoia 1109 febbraio. Breve di -investitura di una terra con casa entro la città prope Sala Loteringa -fatta da Marchesello di Oggicione a Bonico Romanelli. Ita tamen quod -si ipse Marchesellus (il locante) et frater suus sit ita impeditus quod -non audeat habitare in porta Caldatica vel in porta S. Petri quod ipsi -possint venire ad habitandum in predicta domu donec fuerint ausi redire -ad habitandum in domu illorum tunc deinde debent ipsa scomborare. - -Ed è nota la grave discordia sorta nel 1188 fra due porte della città -di Lucca. Cfr. gli _Annali_ di TOLOMEO ed. MURATORI in «RR. II. SS.» -XI, col. 1274. - -[756] Cfr. MAZZI A. _Note suburbane cit._ pag. 27 e segg. - -[757] Tipico è il _castrum vetus_ di Asti, passato alla Chiesa astese -fra il 936 e il 937. Cfr. CIPOLLA C. _Di audace cit_., pag. 209 -Lo stesso avviene a Verona (UGHELLI V, col. 711. a 818), a Reggio -(TIRABOSCHI _Mem. di Nonantola cit._, II, pag. 58), a Modena (a. -1108... casa in civitate Mut. que jacet prope Castello — a. 1133... -iuxta murum castelli episcopi — ID. _loco cit._), a Genova ed in -numerose altre città. Cfr. MAZZI A. _Note cit._, pag. 39. - -[758] Cfr. i due documenti indicati dal DAVIDSOHN. _Storia cit_. pagine -522-23. - - - - - -Nota del Trascrittore - -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo -senza annotazione minimi errori tipografici. Nella nota 458 a pag. -161 il numero della pagina citata, mancante nell'originale, è stato -indicato con ... . - - - - - -End of the Project Gutenberg EBook of La città italiana nell'alto Medio Evo, by -Guido Mengozzi - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA CITT ITALIANA NELL'ALTO *** - -***** This file should be named 62690-0.txt or 62690-0.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/6/9/62690/ - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. 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You may copy it, give it away or re-use it under the terms of -the Project Gutenberg License included with this eBook or online at -www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have -to check the laws of the country where you are located before using this ebook. - -Title: La città italiana nell'alto Medio Evo - Il periodo langobardo-franco - -Author: Guido Mengozzi - -Release Date: July 18, 2020 [EBook #62690] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA CITT ITALIANA NELL'ALTO *** - - - - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - - - - - -</pre> - - -<div class="booktitle"> -<h1> -LA CITTÀ ITALIANA<br /> -NELL'ALTO MEDIO EVO -</h1> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="titlepage"> -<p class="x-large"> -GUIDO MENGOZZI -</p> - -<p class="pad2 main-t"> -La città italiana<br /> -nell'alto medio evo -</p> -<hr class="tiny" /> -<p class="pad1 large"> -Il periodo langobardo-franco -</p> - -<p class="pad4"> -ROMA<br /> -ERMANNO LOESCHER & Cº<br /> -<span class="small">(W. REGENBERG)</span> -</p> -</div> - -<div class="verso"> -<hr class="mid" /> -<p> -SIENA 1914 — STAB. ARTI GRAFICHE LAZZERI -</p> -<hr class="mid" /> -</div> - -<div class="somm"> -<hr /> -<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p> -<hr /> -</div> - -<div class="dedica"> -<p> -<i>A MIO PADRE</i> -</p> - -<p> -<i>CON AFFETTO PARI ALLA STIMA</i> -</p> -</div> - -<hr class="silver" /> -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_v">[v]</span> -</p> - -<h2>INTRODUZIONE</h2> -</div> - -<p> -<i>La storia delle condizioni delle città italiane nell'alto -medio evo fu oggetto di gravi e fondamentali ricerche, -per opera di numerosi storici italiani e stranieri, a cominciare -dal Muratori, dal Fumagalli, dal Sismondi, dal -Pagnoncelli e dal Savigny. Ai tempi della preparazione -del nostro Risorgimento questo tema fu anzi discusso con -particolare attenzione dal Manzoni, dal Balbo, dal Troya -dal Capponi e da molti altri perchè si volle quasi in -quelle remote origini rinvenire l'anima più spontanea -della nazione, ricercandovi i diritti della nazionalità.</i> -</p> - -<p> -<i>Ma quelle dotte discussioni non riuscirono ad appagare -in tutto i desiderî degli studiosi. Sta di fatto che -l'opera di Carlo Hegel fu poco appresso una grave critica -di quei risultati: e più tardi tutti gli studiosi, in Italia -e fuori, dovettero muovere da ricerche e da argomentazioni -nuove e diverse. Il problema delle condizioni giuridiche -dei vinti Romani, quello della sorte dei municipii -e delle corporazioni, quello dell'organizzazione ecclesiastica, -quello dell'origine dei Comuni furono, si può dire, -ripresi <span class="upright">ex novo</span>, e recarono luce feconda alla storia generale -del diritto pubblico italiano del medio evo.</i> -</p> - -<p> -<i>Tuttavia non si è ancora portata la ricerca, in modo -abbastanza ampio e profondo, sul punto centrale di tutti -questi studii: la città, considerata nelle sue condizioni -territoriali, nelle sue divisioni giuridiche, nella sua compagine -particolare, per cui si distingue da ogni altro elemento: -organizzazione generale, circoscrizione provinciale, -<span class="pagenum" id="Page_vi">[vi]</span> -circoscrizione ecclesiastica, borghi, pievi, ville, centri -rurali: la città, voglio dire, nel suo aspetto geografico, -storico, giuridico.</i> -</p> - -<p> -<i>È stato mio proposito di assumere questo tema, di natura -intimamente ed esclusivamente giuridica, per esaminarlo -con tutte le mie forze, senza pretendere di affrontare -e di risolvere tutti quei problemi, che con quel -tema stanno senza dubbio in diretta connessione, ma che -qualche volta hanno contribuito, con la loro imponenza, -a sviare il giudizio degli studiosi. Da una ricerca circoscritta -a questo argomento capitale e d'indole schiettamente -giuridica, ho creduto che si potesse derivare lume -anche su quei problemi, per quanto ciò dovesse avvenire -per via indiretta e talvolta soltanto per accenni, che potranno -apparire anche incompleti.</i> -</p> - -<p> -<i>Ma in un tema così vasto, che ha domandato alle -mie forze una lunga e faticosa indagine, non ho pretesa -di aver portato se non un contributo di metodo e di resultati.</i> -</p> - -<p> -<i>Nell'atto di licenziare il mio libro mi rimane tuttavia -la convinzione che dai competenti il metodo possa -essere giudicato giusto e che i resultati non siano del tutto -vani.</i> -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span> -</p> - -<h2 id="parte1">PARTE PRIMA -<span class="smaller">La città romana, gota e bizantina<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a></span></h2> -</div> - -<div class="blockquote"> -<p> -§ 1. L'antica cerchia di Roma primitiva. — § 2. La cerchia murata -del IV sec. av. Cr. — § 3. I <i>Mille Passus</i>. Determinazione territoriale. — § -4. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> riguardo alle -magistrature. — § 5. <i>Mille Passus Urbs e suburbium.</i> — § 6. Differenza -fra Roma e le altre città: <i>Pomoerium e Continentia Aedificia</i>. — § -7. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> rispetto ai plebei. — § -8. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> rispetto ai beni pubblici. — § -9. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> rispetto al culto. — § 10. -Città e campagna negli ultimi anni dell'impero d'occidente. — § -11. La conquista gota. — § 12. Città e campagna sotto i Bizantini. — § -13. Le divisioni territoriali interne delle città. — § -14. Conclusione. -</p> -</div> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-1">§ 1.</h3> <p>— Nei primi tempi storici Roma fu costituita -dall'esiguo numero delle <i>gentes</i> delle tre tribù dei Ramnes, -dei Tities e dei Luceres, costrette più che disposte -ad unirsi su di un territorio assai limitato per necessità -della comune difesa contro l'ostilità convergente degli -elementi circostanti. Ognuna di esse, infatti, conservava -inalterato l'assetto genetico interno sotto il potere, più -di coordinamento che di effettivo comando, del «rex», -insieme col quale cooperavano — per diritto proprio e -non per nomina di lui — i capi delle singole «gentes». -</p> -</div> - -<p> -Questa condizione di cose fece sì che le linee fondamentali -<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span> -dell'organizzazione politica romana si formassero -in modo singolare. Il perdurare delle lotte interne -ed esterne indusse a costituire un nucleo più saldo e -durevole, favorito dalle condizioni topografiche, nucleo -che divenne così capoluogo ad un tempo del territorio -e centro di organizzazione della difesa. Ed a questo fenomeno, -per cui già si divergeva dal primitivo sistema -barbarico, nel quale, pur in sedi relativamente fisse, oltre -la rotazione delle terre, troviamo la vita in villaggi -facilmente abbandonabili, si aggiunse, come effetto a -causa, quello della maggior considerazione della terra -stessa. Questa, appunto perchè limitata, ebbe tanta importanza -da superare quella dei rapporti familiari, prevalenti -nell'organizzazione barbarica, e costituì la base -di ogni rapporto giuridico. -</p> - -<p> -Sotto l'auctoritas del pater<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>, oltre i parenti, vivevano -anche tutti coloro che, per vicenda sfortunata di guerra — deditio — o -per patto amichevole — applicatio — si -trovavano alla sua dipendenza<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a>. -</p> - -<p> -Lo Stato primitivo costituisce — si sa — un cielo -chiuso entro cui non si entra che attraverso l'«hospitalitas»<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a>. -Nell'epoca in cui prevale il potere dei capi -delle «gentes» di fronte a quello del re, che, in tempo -di pace, si limita a regolare i «Sacra» e lo sviluppo -edilizio, anche questo diritto di rappresentanza è esercitato -prevalentemente dai «patres». Più tardi, però, il -<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span> -potere regio, favorito dalla naturale scissione degli antichi -gruppi gentilizi in più piccoli nuclei famigliari riconnessi -al capostipite ma da esso distinti e separati, fu avvantaggiato -enormemente per il rapido incremento della popolazione. -Quest'aumento, dovuto in parte alla necessità -di soddisfare bisogni, ai quali il sistema agnatizio non -sopperiva affatto o inadeguatamente, e, in parte di gran -lunga maggiore, causato dall'immissione di elementi -vinti ritenuti meno pericolosi se tolti dal luogo di origine, -portò alla costituzione entro la «civitas» di una -classe speciale in condizione giuridica inferiore a quella -dei «cives» originarii. -</p> - -<p> -E, questa classe si formò sotto la <i>manus</i> del re. -</p> - -<p> -È certo che le leggende dell'«asylum» e del ratto -delle sabine, con cui si risolveva il problema dell'aumento -della popolazione, sono di origine forestiera e -quindi, presumibilmente, ostili ai romani; ma appare -altrettanto evidente, dal complesso dei miti con i quali -questi ultimi cercarono di modificarle, la modestia delle -origini e il lungo perdurare nello stadio primitivo<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>. -Di più noi sappiamo per testimonianza concorde delle -disposizioni dell'antico diritto quiritario e delle narrazioni -degli scrittori<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a> che intorno ad ogni «domus» -correva un <i>ambitus</i> di origine sacrale<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a> che la cingeva -da tutti i lati e che l'<i>insula</i> dei quartieri popolari — quel -vasto agglomerato di case a diversi piani e a muri -comuni — è di epoca posteriore. -</p> - -<p> -Popolazione scarsa, dunque, ed occupante nello spazio -limitato della città un'estensione relativamente assai -lata. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span> -</p> - -<p> -Si aggiunga che la scienza ha dimostrato — il Vico -con meraviglioso genio l'aveva intuito — che le divinità -adorate in appositi templi fuori del «pomoerium» non -che diverse erano addirittura straniere a quelle adorate -in Roma. E se si riconnettono tutti questi dati con la -leggenda dell'uccisione di Remo, la cui importanza, notata -anche dal vecchio Varrone, consiste nel carattere -sacro attribuito alla fossa, destinata a raccogliere la città -entro un cinto inviolabile che non può essere oltrepassato -se non in luoghi appositamente determinati e cioè -le porte; se ne deduce la conseguenza che in immediata -vicinanza della città, ma separati dal vallo e dalla fossa, -ci dovessero essere quei popoli vinti che per misura di -sicurezza Roma strappava al suolo nativo e aggregava -a sè collocandoli sotto l'«hospitalitas» del re. -</p> - -<p> -Ho parlato di vallo e di fossa e non di mura perchè -la costruzione ed il culto di queste è posteriore: la leggenda -parla di Romolo che uccide il fratello per aver -superato di un salto la fossa già scavata o il solco dell'aratro -che segnava il luogo ove avrebbe dovuto esser -quindi scavata<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a>. Non si parla affatto di mura. E il -contatto continuo del vincitore col vinto, ostile per odio -recente e per diversità antica di origine e di culto, spiega -perchè fosse considerato come delitto capitale il traversare -il vallo fuori che per le porte<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>. I nomi dei luoghi -adiacenti alla Roma primitiva, infatti, sono tutti eponimi -<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span> -di genti plebee; stirpi diverse, cioè, da quelle originarie -di Roma. Così il <i>Celius</i>, le due <i>Exquiliae</i>, l'<i>Oppius</i>, il -<i>Cespius</i>, e così via. Invece entro il «pomoerium» si -trovavano in pari condizione giuridica le tre tribù originarie, -le cui divinità si mantennero contemporaneamente -e con pari vigore fino al tardo prevalere di Giove -capitolino, che personifica e rappresenta l'unificazione -di Roma. -</p> - -<p> -Ma un allargamento di questo concetto non avviene -che nel secolo IV, quando, con la costruzione delle mura, -si inizia un'amplissimo movimento di riforme che rinnuova -tutta la vecchia Roma. Infatti la definizione del -pomerio dataci dai libri auspicali<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a> come di un «locus -intra agrum effatum per totius urbis circuitum pone muros -regionibus certis determinatus, qui facit finem urbani -auspicii» è posteriore, come si scorge chiaro dalla menzione -delle mura, alla costruzione delle mura stesse ed -è stata presa a torto come prova dell'identità del «pomoerium» -col cerchio murale. La prova si evince, a mio -parere, da una induzione, che ritengo legittima, intorno -all'antichissima distinzione degli auspici in urbani e -non urbani (ben differente dall'altra «domi et militiae»); -poichè se si tien presente che il diritto di consultare la -volontà divina spettava esclusivamente ai patrizi<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a> si -dovrà anche ammettere che tale diritto in origine spettasse -<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span> -soltanto alle «gentes» comprese entro il pomerio. -E così si spiega pure come l'Aventino, in tempi posteriori -a quelli indicati dalla tradizione, ma anteriori alla -costruzione delle mura, rimanesse fuori della cinta per -il suo carattere forestiero e plebeo, essendo abitato dai -cittadini delle città latine vinte e dagli schiavi che ivi -si rifugiavano nell'«asylum»<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a>. E si chiarisce l'altro -fenomeno, non meno importante, che solo dopo lunghe -lotte la triade capitolina riuscì a prevalere sulle altre -divinità<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-2">§ 2.</h3> <p>— Il nostro Bonfante, con un'indagine tenacemente -perseguita, ha dimostrato che nella famiglia romana -sui membri che compongono il gruppo familiare vi -è un'autorità di natura politica tanto forte da tenere il -predominio sull'elemento patrimoniale nel passaggio ereditario: -autorità che ha una corrispondenza completa e -mirabile nel campo del diritto pubblico e che fa sì che al -modo stesso con cui nello Stato il capo apparisce come -il rappresentante di un gruppo che non muore mai, così -anche la famiglia è un perenne organismo politico il cui -capo si perpetua per la designazione del successore fatta -dal predecessore<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a>. Ma questo stato di cose che poteva -prevalere finchè le organizzazioni politiche di ordine superiore -erano scarse o fiacche, doveva mutarsi quando -le forze centrali dello Stato operarono con efficacia. Ne -venne che questo acquistò tanto maggior consistenza -quanto più quelle, suddividendosi, formarono nuovi nuclei -legati alle «gentes» originarie da vincoli che andarono -sempre più indebolendosi fin quasi a sparire del -tutto. -</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span> -</p> - -<p> -Noi sappiamo come di diritto facevano parte del senato -quei «patres» che, successori dei capostipiti delle -genti originarie, erano i custodi di ciò che costituiva -l'anima della gente stessa: i <i>sacra</i>, le <i>feriae</i>, i <i>sepulcra</i>. -E ci sedevano — come irrefutabilmente dimostra la -mancanza di un sistema di maggiorascato e l'uso assoluto -del regime della designazione — appunto perchè -tali e non per ragioni di parentela<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a>. Il fulcro della -gente era costituito dal suo culto interno: chi dal «pater» -morente era ritenuto il più atto ed il più degno -a succedergli acquistava con la designazione (dopo la -relativa accettazione) tutti i diritti annessivi, dai <i>decreta -gentilicia</i> all'<i>auctoritas</i> senatoriale. Il tratto caratteristico -dell'eredità romana per cui all'erede è imposto ex iure — e -questa è la peculiarità — l'onere della custodia e -del mantenimento dei «sacra» anche quando, come al -tempo di Cicerone, era divenuto gravissimo, non si spiega -se non pensando ad un'epoca in cui invece costituiva -l'elemento di maggior rilievo di tutta l'eredità medesima, -la quale — si badi — era impossibile senza designazione -di erede. E quest'epoca, per la natura eminentemente -religiosa dei «sacra», corrisponde a quello -stadio primitivo in cui l'elemento religioso predomina -e, cioè, l'epoca regia. -</p> - -<p> -Era dunque la proprietà dei <i>sacra</i> e dell'<i>hedificium</i> -in cui questi si conservavano che dava diritto di partecipare -<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span> -all'assemblea la cui «auctoritas» aveva come scopo -precipuo l'osservanza, il mantenimento e sopratutto il -contemperamento dei vari <i>mores ritusque majorum</i><a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a>. -</p> - -<p> -I rami derivati dai ceppi primitivi — patres minores — non -potendo vantare eguali diritti, furono logicamente -esclusi dal senato. Però, come compievano essi pure funzioni -vitali per lo Stato, ottennero di partecipare al pubblico -reggimento mediante un'altra assemblea — <i>comitia -curiata</i> — cui aprivano l'adito requisiti differenti, adeguati -al contributo fisico, intellettuale e finanziario che -questi rami portavano a prò della collettività. E come -questo non poteva aversi senza la presenza <i>assidua</i> — è -il termine usato dalle fonti — nello Stato: e questa, alla -sua volta, inconcepibile senza un valido substrato economico, -non poteva basarsi che sulla terra, questi requisiti -ebbero anch'essi per base l'elemento realistico -della proprietà. -</p> - -<p> -Ma intanto ne conseguì che, pur rimanendo inalterata -la base realistica dei diritti pubblici subiettivi, accanto ad -una proprietà quasi sacrale, cui ex iure essi erano vincolati, -se ne ammise un'altra di minor efficienza intima -alla quale era necessaria la concomitanza di elementi -personali. -</p> - -<p> -Nè l'evoluzione si fermò qui: questi elementi personali, -una volta ammessi, agirono con intensità sempre più -<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span> -forte fino al punto di avere a base non più la proprietà -ma l'abitazione. Così entrarono i plebei. -</p> - -<p> -Insieme con i plebei vivevano intorno alla città anche -quei clienti che per varie e note cause si erano staccati -dalle originarie dipendenze patronali e, sempre crescenti -di numero, formavano un insieme ben distinto — come -lo prova l'esistenza dei <i>concilia plebis</i> — dai «patres» e -dai «patricii». I loro nuclei davano luogo, attraverso ad -una lenta e faticosa selezione, ad un elemento nuovo, -ricco, forte e potente, il quale, per la diversità di culto e di -origini, poteva esplicare tendenze disgregatrici. Inoltre i -plebei, cooperanti anch'essi alla vita cittadina e alle guerre, -erano indotti a ribellarsi — e lo fecero con tenacia e -moderazione mirabili — a quella condizione, imposta loro -dall'egemonia assoluta delle classi più elevate, per la -quale il loro contributo di forze e d'armi era considerato -dallo Stato come il correspettivo dell'occupazione del -suolo pubblico su cui abitavano<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a>. Lungamente vissuti -su quelle terre nella stessa posizione di fronte allo stato -che i clienti di fronte ai patroni<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a> e ormai ignari dei -remoti patti con cui i loro progenitori erano entrati nella -«civitas», si sentono — e vogliono esser riconosciuti — meritevoli -di una maggior tutela giuridica e di un più -ampio godimento dei frutti delle vittorie. -</p> - -<p> -Per la pressione delle contingenze esterne, per il timore -di un dissolvimento dell'unità così a lungo e con -tanta fortuna mantenuta, verso la fine del IV secolo av. -<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span> -Cr. i dominatori, stremati dall'invasione gallica, vennero -a patti con i plebei e concordarono con essi una di -quelle leggi eminentemente contrattualistiche, la cui natura -è stata messa in luce dal Dallari<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a>. -</p> - -<p> -Da allora, giustamente, il Pais fa datare il risorgimento -definitivo di Roma per la sua fatidica missione. -La piccola cinta primitiva cede il posto ad un valido -muro che racchiude in più ampio giro la cittadinanza -rinnovellata da nuova costituzione. Entro il muro furono -chiusi anche tutti coloro che, topograficamente, già formavano -un tutto unico con la città stessa. Ma neanche -così, presumibilmente, si giunse ad aver sufficiente numero -di braccia per il compimento impellente di opere -pubbliche, sopratutto di difesa<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a>, e fu necessario attribuire -alla città una parte del territorio circostante, il -quale venne determinato con l'antichissimo sistema decimale -dei latini. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-3">§ 3.</h3> <p>— Documenti sincroni o sicuri che indichino -l'estensione precisa della zona esterna attribuita alla -città, ma con una serie di caute deduzioni mi sembra -di poter giungere ad un'accettabile soluzione del problema. -</p> -</div> - -<p> -In primo luogo è pacifico che la prima e principale -funzione del pretore plebeo è quella di proteggere la -plebe dalle «angariae». Ora è altamente significativo -che questo magistrato abbia sempre esercitato la sua -giurisdizione oltre che nella città anche mille passi all'intorno. -Non solo: la prima magistratura che compare negli -albori repubblicani non è costituita dai consoli, ma -<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span> -dal <i>praetor</i><a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a> o <i>judex</i>, al quale questi sono succeduti. E -questa oscura magistratura di transizione, su cui le successive -hanno trovato fondamento, mi pare di importanza -peculiare per la storia costituzionale di Roma, perchè, oltre -a segnare il passaggio dal sistema monarchico a -quello repubblicano, essa indica anche che si è allargata -la originaria base del cittadinatico concedendolo anche -a coloro che abitavano fuori delle mura purchè a distanza -non maggiore di un miglio, con il diritto di partecipare -alla vita pubblica nelle assemblee relativamente -assegnate. -</p> - -<p> -Già verso la metà del secolo V, epoca presumibile -delle leggi delle dodici tavole, la norma in esse sancita, -che nessuno sia bruciato o seppellito entro la città, dimostra -come sia attenuato il vecchio concetto dei «sacra». -La gran comunità cittadina è ormai formata: resta che -gli elementi destinati a comporla riescano a trovare un -equilibrio più equo ed una compenetrazione più piena -ed a questo tendono — e con fortuna — i plebei, sia -dentro le mura che fuori fino a mille passi. -</p> - -<p> -Il Mommsen, indagando la struttura del diritto pubblico -romano, ne ha indicata con ragione la chiave nella -distinzione fra l'«imperium domi» e l'«imperium militiae», -ma ne ha trascurato troppo il modo con cui essa -si è formata. Se nell'epoca più florida della repubblica -il concetto territoriale predomina assoluto senza nessun -conto dell'elemento personale (cittadinanza, patriziato, -plebe) e della natura dei singoli reati; a questo -non si è giunti che per un'evoluzione di cui solo -l'ultimo stadio, tipicamente cristallizzato, è stato da lui -rilevato. I limiti rigidi segnati all'esercizio del potere assoluto — chè -questo è il contenuto dell'«imperium militiae» — significano -che originariamente coloro che si -trovavano nel territorio sacrato — <i>effatum</i> come dicono -<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span> -i libri auspicali — ed erano ammessi alla cittadinanza, -godevano una protezione accordata loro in virtù di un -patto giurato da tutti gli ordini dei cittadini — «lex sacrata» — e -logicamente negata ai non cittadini. Infatti, -costruite le mura e attuata la divisione delle quattro tribù -territoriali urbane, se da una parte l'unità della città si -rafforzava, dall'altra i nuovi gruppi aggregati, per essere -rimasto sempre ai patrizi l'<i>jus auspiciorum</i>, venivano -a perdere l'autonomia religiosa e amministrativa mantenuta -fino ad allora, si sarebbero trovati in condizione -peggiore di prima, se loro non fossero stati accordati -congrui compensi e benefici a cominciare da quello della -partecipazione alle curie<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a>. -</p> - -<p> -Nel diritto privato, invece, più compenetrato di elementi -religiosi e in mano dei soli patrizî, il principio -contrattuale della virtù legislativa, che aveva per funzione -di creare un vincolo sempre più stretto di interdipendenza -fra le varie «gentes» nell'epoca regia e fra le varie -classi di cittadini in quella successiva, non si manifestò -affatto. E quindi mentre il campo del diritto pubblico -fu chiuso ostinatamente agli stranieri, ai vinti, agli alleati: -fu aperto loro con gran facilità quello del diritto -privato, la cui elaborazione fu abbandonata ai giuristi -ed ai magistrati<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-4">§ 4.</h3> <p>— L'importanza dei «mille passus» nel campo -del diritto pubblico fu già rilevata dagli studiosi, ma -restano a mettere in luce alcuni punti fin qui trascurati -del tutto o male intesi. -</p> -</div> - -<p> -A questo mirò già in parte lo Zdekauer con un geniale -e profondo contributo rimasto, pur troppo, interrotto<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a>. -Egli è riuscito a dimostrare che anche nel diritto -<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span> -privato i <i>mille passus</i> si differenziano dal rimanente territorio -e sono uniti alla città, così per l'«actio aquae -pluviae arcendae», per la «locatio-conductio», per la -dazione dei tutori, per la sorveglianza delle vie da parte -dell'edile, per le fontane e per la determinazione del -luogo di nascita. E, di più, ha messo in rilievo la esistenza -e la natura di una differenza di regime giuridico, -fra gli edifici che vi si trovano sparsi irregolarmente e -quelli che si staccano dalle mura con contatto immediato -formando le vie che partono dalle porte. -</p> - -<p> -La fonte più importante a questo proposito è data da -un passo di Emilio Macro, tolto dal primo libro della sua -opera sulla vigesima<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a>, che stabilisce il principio che -per Roma «mille passus non a miliario urbis sed a continentibus -aedificiis numerandi sunt»; vale a dire che a -Roma i «mille passus» si contano non dalle mura (come -si faceva in tutte le altre città) ma dall'ultima casa ad -esse direttamente congiunta in senso radiale. -</p> - -<p> -Lo Zdekauer, premesso giustamente che tale maniera -eccezionale di misura mostra che anteriormente anche a -Roma si seguì la regola comune di contare le miglia dal -segno infisso nelle mura cittadine presso ogni porta, ritiene -che il passo in questione sia da mettersi in relazione -con quello di Modestino, il quale fa obbligo al tutore -testamentario, che vuole scusarsi, di presentarsi -personalmente al giudice entro un termine di tempo fissato -in proporzione della distanza<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>. -</p> - -<p> -E realmente anch'esso si riconnette alla questione se -i «continentia aedificia» sieno considerati o no come -facenti parte della città. Non credo, però, che questa sia -la disposizione principale. -</p> - -<p> -In primo luogo c'è una diversità non piccola, avvertita -anche dallo Zdekauer, ma non spiegata, fra l'uso -assoluto che della formula <i>mille passus</i> fa Macro e il -<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span> -modo di esprimersi di Modestino, il quale, illustrando la -nota costituzione imperiale, parla senz'altro di <i>miliaria</i>. -Nè vale il dire che non conosciamo l'opera dal cui insieme -è stata tolta l'espressione: qualunque interpretazione -se ne voglia dare, sta il fatto che l'espressione -«mille passus» è quasi un anacronismo nel Digesto e -che in tutto il titolo «De excusationibus» si parla sempre -di «miliaria» e mai di «mille passus». Dal momento -che quantitativamente indicavano la stessa misura -non mi par ammissibile che in questo titolo se ne debba -trovare la spiegazione. -</p> - -<p> -Io credo invece che si debba muovere da un punto -di partenza diverso. -</p> - -<p> -Bisogna anzitutto riflettere che i «mille passus» -come tali sono una statuizione di diritto pubblico, sulla -quale, appunto perchè tale, le modificazioni sono entrate -a stento e tardivamente: di più, sebbene rientranti nel -disegno del diritto privato con il ciclo evolutivo messo -in luce dal Bonfante<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>, conservano tracce tutt'altro che -scarse della loro origine. Perciò io ritengo che si debba -ricorrere all'esame degli istituti di diritto privato che -più da vicino si riconnettono col diritto pubblico e cioè -l'eredità, la tutela e la curatela. -</p> - -<p> -La <i>Lex municipalis tarentina</i><a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a> e la <i>Lex coloniae genetivae -juliae</i><a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>, fanno obbligo a coloro che vogliono -partecipare alle magistrature cittadine di avere un domicilium -nella città stessa o nei mille passi circostanti. Il -principio, contenuto in germe nella <i>lex Acilia repetundarum</i> -del 122 o 123 av. Cr. con l'essere stato applicato -a due colonie così diverse fra loro mostra più che probabile -che fosse tenuto normalmente a base nell'opera di -ricostituzione delle città italiane, iniziata subito dopo la -<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span> -«lex julia de civitate», con la quale si concesse a tutti -gli italiani il diritto di cittadinanza romano<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>. -</p> - -<p> -Ora tale possesso urbano che dava luogo a così gravi -conseguenze politiche ebbe naturalmente una più ferma, -quasi direi speciale protezione giuridica. -</p> - -<p> -Fra le imposte stabilite da Augusto ci fu la «vigesima -hereditatum», la quale, come si sa, non era variabile a -seconda del grado di parentela dell'erede col defunto. -Ponendo mente che il passo di Macro proviene da un'opera -sulla vigesima e tenendo presente che fino alla -fine del sec. IV dopo Cr. gli immobili entro le città furono -immuni da imposte<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a>, e che, d'altra parte, i «mille -passus» furono sempre considerati come parte integrante -della città murata, io ritengo che tali beni fino a quest'epoca -fossero esenti dalla vigesima. -</p> - -<p> -E in quest'opinione mi conforta l'esame del complesso -delle norme concernenti l'alienazione, la permuta, -l'ipoteca etc. dei beni dei minori. La prima disposizione -imperiale che ci interessi è l'orazione di Settimio -Severo del 195 con cui si proibiscono ai tutori gli atti dispositivi -senza il «decretum judicis». Al suo tempo, si -badi, l'antica costituzione municipale era già così profondamente -modificata da presentare le stigmate della -decadenza ormai vicina e, sebbene non ancora molto -esteso il sistema dell'obbligatorietà e dell'ereditarietà -delle cariche e degli uffici, più non si avevano gli antichi -sistemi autonomici con cui dalla metà del 1.º secolo av. -Cr. Roma aveva tentato unificare tutta l'Italia certo e -forse tutto l'impero. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span> -</p> - -<p> -Orbene tale orazione<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a> si esprime precisamente così: -«Praeterea, patres conscripti, interdicam tutoribus et -curatoribus ne praedia rustica vel suburbana distrahant, -nisi ut id fieret, parentes testamento vel codicillis caverint». -E tanto nel principio del titolo, che è un commento -di Ulpiano, come in tutte le altre leggi che a questa si -riconnettono, troviamo uniti i «praedia suburbana» con -i «rustica». Una sola fa eccezione e secondo me, importantissima: -la legge con cui l'imperatore Gordiano -estende all'agnato del furioso le cautele imposte al curatore -ed al tutore, dicendo che non a torto si viene ad -estendere il beneficium dell'orazione del divo Severo, -per il quale «possessiones rusticas sine decreto Praesidis -pupillorum seu adolescentium distrahi vel obligari prohibitum -est». Come si vede secondo questo passo l'orazione -non si sarebbe occupata dei «praedia rustica et -suburbana» in contrapposto ai beni urbani, ma dei soli -«praedia rustica». E «praedia rustica», si osservi, non -per la loro destinazione, secondo il concetto elaborato -dalla giurisprudenza, ma, come è chiaramente indicato -dall'unione con i «suburbana», per la loro situazione -territoriale. -</p> - -<p> -Ora, poichè la disposizione gordiana del 239 è solo -di pochi anni posteriore a quella di Severo, io ritengo -molto probabile che il testo primitivo di questa parlasse -solo di «praedia rustica» e che si debba ad interpolazioni -di poco posteriori l'aggiunta dei «suburbana» passata in -tutti i testi successivi. -</p> - -<p> -La regola giuridica che richiede per i soli «praedii» -fuori del suburbio l'interposizione del Preside può essere -illuminata da un doppio punto di vista. Prima di tutto -da quello interno della famiglia. Il capo di essa aveva -così ampia sfera di azione che anche dopo la morte la -sua volontà aveva valore e quindi la sua designazione -si considerava perfetta nella scelta e nella destinazione -<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span> -specialmente per quei beni che costituivano il nucleo più -importante dell'eredità. Si sa, infatti, che sotto un certo -aspetto si può dire che l'erede continua la personalità -del defunto. In secondo luogo può essere interpetrato -dal punto di vista fiscale, per l'imposta ereditaria della -vigesima la quale, attuata la prima volta da Augusto, -sparisce prima della radicale riforma dioclezianea. Ed è -logico che sia così: concessa da Caracalla la cittadinanza -romana a tutti gli abitanti dell'impero e preso a base -degli «honores» il censo determinato in base all'entità -e non alla situazione territoriale<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>, i primitivi concetti -puramente romani, vigenti sopra tutto per l'Italia, andarono -in disuso ed ebbero conseguenze del tutto opposte -a quelle che si sarebbero potute immaginare. Infatti -quei beni urbani e suburbani che lo Stato, in riguardo -alla loro funzione lasciava a disposizione più -immediata e rigorosa dell'autorità familiare e indenni da -gravami ereditari, quando in seguito, i concetti ereditari -romani più che trasformarsi si rovesciarono, si trovarono -meno tutelati degli altri. Il preside oltre e più dell'esazione, -della vigesima, tardi entrata e presto sparita, curava -la salvaguardia degli interessi del minore. Si diminuiva -la forza creativa della designazione del de cuius ma -si aumentava la tutela del patrimonio dell'erede. Anzi, -come dapprima questa vigilanza si esercitava solo su i -predi rustici, quando su questi venne invece a fondarsi -la partecipazione agli «honores», non si capì più — specialmente -trattandosi di disposizioni che dovevano aver -valore nella immensa varietà dell'impero — il nesso storico -che aveva guidato a quel resultato. E come al tempo -di Cicerone non si comprendeva l'evoluzione ereditaria -nè le fasi per cui la tutela e la curatela da istituti a -vantaggio della famiglia si erano capovolti in vantaggio -del minore contro di essa; così dopo Alessandro Severo -<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span> -più non si comprese la distinzione originaria dei beni in -urbani e rustici e si formò la corrente giurisprudenziale -che intese a spiegarla in base alla funzione da loro adempiuta. -E come questa era diretta ad uno scopo economico -cui servivano senza contingenze di elementi politici, -la legislazione si uniformò ai criteri elaborati dalla scienza. -Con questo in più: che quei beni rustici, i quali si -trovarono più tutelati perchè riguardo a loro lo Stato -restrinse gli antichi rigidi vincoli dell'autorità familiare, -resultarono più tardi a maggior vantaggio di questa perchè -nel periodo di maggior sviluppo economico furono -considerati come l'elemento indispensabile per il godimento -degli «honores». Ed al legislatore il problema si -presentò in maniera del tutto opposta a quella con cui -si era impostato, perchè le prime cose che si vendevano -oltre i mobili, gli argenti, gli ori e le cose preziose erano -le case cittadine, in cui, come dice Costantino<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a>, era -morto il padre e era cresciuto il minore con davanti agli -occhi le statue degli antenati. Questo, dove l'eredità romana -aveva trovato il suo fulcro genetico, per cui era -lasciata libera al padre la «designatio» decisiva, veniva -ora ad essere la parte del patrimonio esposta per la prima -alla vendita. -</p> - -<p> -E Costantino, che ebbe sacro il culto familiare, insorse -contro tali alienazioni profanatrici con una legge basata -su criteri di distinzione dei «praedia» in «rustica» ed -«urbana» importantissimi per noi. Infatti egli mette -insieme «mobilia pretiosa, urbana etiam praedia, et -mancipia, domos, balnea, horrea atque omnia, quae intra -civitatem sunt», in contrapposto a «mancipia et praedia -rustica». Poichè, — come già da più di un secolo Ulpiano -aveva insegnato<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a>, — urbanum praedium non locus facit -sed materia, — le «domus», i «balnea», gli «horrea» -etc. sono predi essenzialmente urbani, la specificazione -di <i>intra civitatem</i> deve avere una significazione speciale -<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span> -e questa non credo possa essere che quella della città -insieme col territorio che le è intorno strettamente avvinto -e distinto dal rimanente. Ed allora, se solo i «praedia -rustica» sono contrapposti a quelli della città ed, -anzi, insieme con questi sono considerati i suburbani, -si avvalora l'ipotesi da me espressa che Severo ed Ulpiano -abbiano parlato di «suburbana» solo per l'interpolazione -che i loro passi hanno dovuto subire<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>. -</p> - -<p> -La trasformazione sostanziale dei concetti su cui si -basava la partecipazione agli «honores» è importantissima -per spiegare anche un altro istituto di diritto privato: -la fiducia. È noto che l'ipoteca è un istituto di -origine piuttosto tarda: le sue parti furono per lungo -tempo sostenute dalla fiducia che ne differiva sostanzialmente -perchè dava al creditore la proprietà della cosa -oggetto del negozio. Ponendo in relazione questo fatto -con la norma che a base dei diritti pubblici metteva la -proprietà di una «domus», cioè di un palazzo, di una -casa signorile<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a> appaiono chiare le conseguenze terribili -per il debitore fiduciario che, privato della proprietà -della sua «domus», si trovava ipso fatto privato -del diritto della cittadinanza che garantiva e tutelava -più di ogni altro i cives romani. E la <i>fiducia</i>, che si -basa su un immobile, serve solo per le classi più -<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span> -elevate — «patres» e «patricii» — mentre per i plebei -si ha il <i>nexum</i> che è il titolo esecutivo personale, che -dà il debitore insolvente in mano al creditore. Solo più -tardi, dopo la lunga lotta dei plebei (nella quale è noto -quanta parte avesse la questione dei debiti) così la <i>fiducia</i> -come il <i>nexum</i> perdono il loro carattere politico -e divengono puri istituti di diritto privato. -</p> - -<p> -La natura oligarchica della costituzione romana, insieme -con le condizioni economiche, la maggior garanzia -data al creditore e la tendenza conservatrice italica, permise -a tale istituto di mantenersi a lungo; ma anch'esso, -sebbene non sparisse dal diritto privato, perdette ogni -forza nel diritto pubblico quando la magistratura poggiò -non più sulla «domus» ma sul «praedium» e non fu -più ritenuta come indispensabile la specifica proprietà -dell'«hedificium». -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-5">§ 5.</h3> <p>— Da quanto si è detto fin qui si apre la via -ad una congettura di fondamentale importanza. -</p> -</div> - -<p> -Se leggi speciali sanzionano per Roma il principio -che i «<i>continentia aedificia</i>» fanno parte della città, se ne -può dedurre che per le altre città vigeva il principio -opposto, vale a dire la separazione fra la città murata -e le costruzioni in immediata vicinanza di essa e, cioè, — poichè -queste, per necessità di cose non potevano -aggrupparsi che presso le porte — i borghi della città -stessa<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a>. -</p> - -<p> -Lo Zdekauer<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a> ha avanzata l'ipotesi che i borghi -fossero preveduti nel momento della fondazione della -città e non già frutto e conseguenza di un successivo -incremento della popolazione. Ed ha perfettamente ragione. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span> -</p> - -<p> -Per quanto sieno scarsissime le fonti a questo proposito, -l'importanza del problema che esse concernono -è tale che non si può almeno non intravederlo, perchè -in questo punto sta la chiave della spiegazione del problema -dell'incolato. -</p> - -<p> -Luciano<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>, il mordace filosofo eclettico del secondo -secolo dopo Cr., con il suo abituale sarcasmo contrappone -gli ’επήλυδες καὶ ξένοι dei sobborghi agli indigeni — ’αυθεγευῆς -θὲ ούδεις — della città, in cui è cittadino -chiunque voglia esserlo. Perciò, egli dice, i barbari sono -molti. -</p> - -<p> -E anche più esplicita è l'iscrizione affricana di Sicca -Veneria che ci parla di «incolae quae intra continentia -coloniae nostrae aedificia morabuntur»<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>. E lo stesso -fenomeno è confermato per i sobborghi di Samos<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a>. -</p> - -<p> -Ora, come si è visto, soltanto a Roma i «continentia -aedificia» facevano parte della città. In tutte le altre città, -invece, erano compresi nella zona dei «mille passus». -Ma non erano in tutto regolati dallo stesso regime giuridico -che reggeva le città. Oltre alle magistrature maggiori, -la cui autorità si estendeva su tutto il territorio -giurisdizionalmente soggetto alla «civitas»<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>, ve ne -erano delle minori, delle quali alcune esercitavano il -loro potere sulla città e sui mille passi adiacenti e altre -soltanto entro la cinta murata. Asconio nel commento -alla quarta orazione di Cicerone contro Verre distingue -nettamente il <span class="smcap lowercase">MAGISTRATUS INTRAMURANUS</span> dal <span class="smcap lowercase">MAGISTRATUS -URBANUS</span><a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>, mentre due iscrizioni comensi ricordano -<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span> -il <span class="smcap lowercase">SEXVIR URBANUS</span><a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>, che non è poi così inaudito e inesplicabile, -come è apparso al Mommsen<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a>, perchè esaminando -tutta la scala delle cariche<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>, i collegi<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a>, la popolazione<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a>, -fra la città e i sobborghi si trovano sempre -delle differenze: differenze di cui si hanno tracce anche -prostazioni finanziarie<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a> e nella costruzione dei monumenti<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a>. -Di più nella generalità delle città, Roma -<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span> -compresa, le divinità del suburbio sono differenti da -quelle cittadine<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a> e da quelle rurali. -</p> - -<p> -Qualora si metta in rapporto questo insieme di elementi -col diritto di cittadinanza romano, si può concludere -che originariamente entro la città abitavano solo -i «cives», mentre i sobborghi erano rilasciati agli «incolae». -Ed è per questo che si spiega come fino da quando -una città si fondava, si prevedevano i sobborghi<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a>. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-6">§ 6.</h3> <p>— La trasformazione del regime giuridico dei beni -urbani e suburbani, di cui ho parlato or ora, è relativamente -tarda per le altre città, ma antichissima per Roma, -la quale si trova ad aver sorpassato questo stadio gran -tempo prima che si sia iniziato il movimento di unificazione -dei municipi e delle colonie italiane, che, secondo -i Gracchi, dovevano costituire con Roma il fulcro organico -e congruo dell'impero. Di qui la ragione della permanenza -del passo di Macro nel Digesto. -</p> -</div> - -<p> -Se il primo miglio da Roma comincia dove i «continentia» -aedificia finiscono, questi sono, evidentemente, -considerati come un tutto unico con Roma stessa. E -questo è tanto vero che chi è nato nei «continentibus -aedificiis» è considerato come nato a Roma. Se non erro -la chiave per spiegare tale differenza è data dalla disposizione -<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span> -per la quale chi era cittadino di Roma, per -nascita o per domicilio — poichè anche per questo valeva -la stessa regola — aveva diritto a partecipare alle -distribuzioni annonarie ed ai <i>congiaria</i> che, immesse -in modo stabile fra le spese pubbliche dalla <i>lex sempronia -frumentaria</i> del 133 av. Cr., non furon più tralasciate. -Dapprima la distribuzione era fatta dietro un lieve correspettivo; -ma verso la metà del 1.º secolo av. Cr. divenne -completamente gratuita. È qui che balza fuori -l'importanza del «pomoerium», ben differente da quella -dei secoli antecedenti. Lo Zdekauer ha dimostrato come -non sia accettabile l'opinione del Mommsen che il pomerio -si mantenga quel cerchio intramurano che gira -intorno città<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a>: ma io ritengo che non si debba accogliere -nemmeno l'altra accettata dallo Zdekauer, dal Detlefsen<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a>, -dall'Uelsen<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a>, dal Nissen<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a> e dal Merlin<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a>, -<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span> -che il pomerio si porti avanti non con l'ingrandimento -della città, ma quando si allargano i confini dell'impero -e che rappresenti presenti una cerchia sacrale e non un -limite amministrativo o di diritto privato. -</p> - -<p> -Il pomerio, per me, conserva sempre il suo carattere -peculiare che è quello di servire a separare i cittadini -della città murata da quelli che ne son fuori: esso si allontana -dalla sua base primitiva, cioè le mura, quando le -condizioni peculiarissime di Roma lo richiedono. Per la -parte politica non necessitano trasformazioni, chè la divisione -in tribù urbane e rustiche permane fino a che -tutto non si accentra nelle mani dell'imperatore. Ma la -cosa è ben diversa nel campo amministrativo: per partecipare -alle distribuzioni bisognava esser cittadini di Roma -città. Ciò è tanto vero che la rubrica VII della legge -«julia municipalis», posteriore di un'ottantina d'anni, -la quale stabilisce che l'edile debba sorvegliare in egual -modo le vie «in urbem Romam propriusve urbem Romam -passus mille» non conosce la distinzione dottrinaria -fra «urbs» e Roma<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a>, che non si era ben delineata -nemmeno ai tempi di Alfeno<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a>. -</p> - -<p> -Ora a chi consideri la natura dell'equilibrio delle -forze patrizie e plebee nella costituzione di Roma non -può sfuggire come la forza del veto tribunizio sia tale -da impedire ai patrizi quasi tutto ciò che alla plebe non -piace. Quando il sistema repubblicano decade e si prepara -l'avvio al principato e la corruzione serpeggia con -le fraudolente ed arbitrarie inclusioni di cittadini nelle -tribù fatte dai censori e le violenze della «turba forensis» — ben -note e frequenti dai tempi di Tiberio Gracco -a quelli di Augusto — elemento indispensabile per riuscire -a dominare era appunto il favore di questa turba. -Favore interessato, ben inteso, che si risolveva nella -concessione delle cariche meglio fruttifere ai più potenti -<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span> -e nella distribuzione di pane e di circensi agli altri. Varî -erano i modi di contentare i primi; unico quello di -soddisfare i secondi: aumentare il numero di quelli che -avevano diritto alle distribuzioni annonarie e renderle -sempre più abbondanti e gratuite. Si vede bene che il -concetto genetico era l'attuazione pratica di un calmiere -da parte dello Stato a favore dei meno favoriti suoi -membri, per render loro possibile l'acquisto delle derrate -alimentari al minor costo che la produzione annuale e -le condizioni dell'erario permettevano. -</p> - -<p> -La «lex Octavia» dell'85 av. Cr. ridusse a 5 i modi -assegnati a ciascun cittadino, ma lasciò immutato il sistema. -Invece Clodio, il turbolento e facinoroso strumento -di Cesare, nel 58 av. Cr. introdusse il principio -assoluto della gratuità trasformando l'istituzione economico-filantropica -in uno strumento di dominio che -Cesare ed Augusto non si lasciarono sfuggire di mano. -Il primo portò il numero dei partecipanti a 150000, il -secondo a 200000. Gli storici son concordi su questo -punto. -</p> - -<p> -Si è tentato variamente di spiegare il modo tenuto -per arrivare a questo resultato ed il Willems<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a> ha messo -bene in evidenza il sistema della redazione delle liste che -potevano favorirlo: ma queste erano la conseguenza del -mezzo adottato per riempirle, non il mezzo stesso. -</p> - -<p> -Questo mezzo era l'allargamento del pomerio. -</p> - -<p> -L'unico storico che si occupi un po' a lungo delle -vicende del pomerio è Tacito, che ne parla nei suoi -annali<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a>. Questi, messi in relazione con le modificazioni -più su accennate, concordano perfettamente. Egli dice -che il pomerio cittadino fu allargato da Sulla, da Cesare, -da Augusto e da Claudio e aggiunge che i termini posti -da quest'ultimo e di cui era stato redatto atto pubblico -erano visibili ancora ai suoi tempi. È vero che egli dice -<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span> -a proposito di Cesare che questo allargamento fu fatto -secondo quel «more prisco quo iis qui protulere imperium, -etiam terminos urbis propagare datur». Ma la consistenza -di questo antico costume appare evidente nel -capitolo successivo nel quale egli descrive il cerchio del -pomerio segnato da Romolo e da Tazio dopo le loro -vittorie<a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a>. Nessun rancore si deve tenere al sobrio storico -se da buon romano egli accoglie volentieri le magniloquenti -leggende glorificanti l'Urbs; ma nessun timore -che egli ne tenga a noi, se noi che lo possiamo, vagliamo -con critica severa i dati che egli ci somministra. -E questi son tutt'altro che da accogliere per l'epoca -regia. Tratto in inganno dalla somiglianza delle condizioni -nelle quali Sulla, Cesare ed Augusto avevano ampliato -il pomerio con quelle attribuite dalla tradizione a -Romolo ed a Tazio egli le mette in relazione. Ma, per -quanto vi sia una remota corrispondenza di fatti, non -sono e non possono essere in relazione. -</p> - -<p> -Queste notizie servono a consentire una determinazione -approssimativa per giudicare quando entrò nella -legislazione romana la massima che considerava come -parte di Roma gli edifici continenti senza soluzione di -continuità lungo le strade. Non prima di Claudio perchè -egli fissò limiti ben determinati, non dopo Papiniano -perchè il passo del Digesto<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a> che parifica i nati nei -«continentibus aedificiis» a quelli nati entro le mura -è tolto dal suo terzo libro «ad legem Juliam et papiam». -<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span> -Dunque fra il 54 e il 212 dopo Cristo e, date le condizioni -generali dell'impero, piuttosto più vicino al secondo -termine che al primo. -</p> - -<p> -La mia conclusione si allontana alquanto da ciò che -resultò allo Zdekauer e agli altri autori ricordati. Se il -pomerio include i «continentia aedificia» e questi segnano -il limite estremo del diritto dei cittadini alle distribuzioni -annonarie e il massimo termine entro il quale -il tutore, che vuole scusarsi, si considera come presente -entro la città, mi pare che sia da giudicarlo come un limite -di carattere amministrativo e di diritto privato insieme. -</p> - -<p> -Così, oltre alle trasformazioni dei domicilia suburbani, -son venuto a parlare della condizione speciale dei -plebei di Roma. -</p> - -<p> -È tempo di occuparsi della plebe cittadina delle -altre città. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-7">§ 7.</h3> <p>— «Plebs», secondo l'opinione concorde di tutte -le fonti, di qualunque tempo da Gaio<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a>, a Paolo<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a> a -Teodosio il giovane<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a> giù giù fino a Giustiniano<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a>, sotto -l'aspetto personale, ha un unico concetto negativo: è -costituita dai «ceteri cives sine senatoribus». Secondo -alcuni scrittori<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a> questa parola, presa in senso più -stretto, indica quella parte della cittadinanza che, non -avendo alcuna fortuna patrimoniale, è esonerata da ogni -imposta<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a>: ma siccome, appunto per questo, è esclusa -da ogni partecipazione alla vita pubblica attiva, così non -ne terrò conto che quando la sua posizione giuridica -apparrà modificata. -</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span> -</p> - -<p> -Sotto l'aspetto della sua connessione territoriale la -«plebs» è stata fino ad ora divisa in due grandi categorie: -urbana quella entro le mura — fatta eccezione per -Roma i cui «continentia aedificia», come vedemmo, sono -considerati parte integrante della città; — rustica l'altra. -</p> - -<p> -Questa bipartizione, secondo me, è errata e deve cedere -il posto ad una tripartizione così formulata: <span class="smcap lowercase">PLEBS</span> -<i>urbana</i> — <span class="smcap lowercase">PLEBS</span> <i>extra muros posita</i> — <span class="smcap lowercase">PLEBS</span> <i>rustica</i>. -</p> - -<p> -Fondamentale a questo proposito è il tit. 55. (Ut -rusticani ad ullum obsequium vocentur) del libro XI del -codice giustinianeo, che contiene queste due leggi: -</p> - -<p> -«Ne quis ex rusticana plebe, quae, extra muros posita, -capitationem suam detulit et annonam congruam -praestat, ad ullum aliud obsequium devocetur, neque -a rationali nostro mularum fiscalium vel equorum -ministerium subire cogatur». -</p> - -<p> -«Si qui eorum, qui provinciarum rectoribus obsequuntur -quique in diversis agunt officiis principatus -et qui sub quocumque praetextu muneris publici possunt -esse terribiles, rusticano cuipiam necessitatem -obsequii quasi mancipio sui iuris imponant aut servum -eius vel forte<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a> bovem in usus proprios necessitatesque -converterint [sive xenia aut munuscula quae canonica -ex more fecerunt, extorserit, vel sponte haec, quae -inprobata sunt, oblata non refutaverit], ablatis omnibus -facultatibus, perpetuo subiugetur exilio<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a>: et nihilo -minus rusticanum, qui se in eiusdem operas sponte -propria detulisse responderit, par poenae severitudo -constringat. [Eadem vero circa eos censura servetur -qui xenia aut munera deferri sibi a possessoribus cogunt -aut oblata non respuunt]»<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a>. -</p> - -<p> -Lo scopo di queste due disposizioni — ce lo dice il -titolo — è di impedire le concussioni e le sopraffazioni -<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span> -di cui erano vittime i <i>rusticani</i> e di proteggerli contro -le arbitrarie imposizioni di ogni <i>obsequium</i>. Quest'ultima -parola ha usi svariatissimi nelle fonti giustinianee e pregiustinianee, -nelle quali ora ha significato di <i>officium</i>, ora -di <i>munus</i>, ora di <i>ministerium</i>, oscillando da un mero -contenuto di prestazione di opera ad uno più ampio di -contributo di opera e di materia. -</p> - -<p> -Nel nostro caso però, se non m'inganno, il senso ne -è reso chiaro da un'altra legge<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a> strettamente connessa -con le nostre. In essa s'impone al Prefetto del Pretorio -di far cessare quella <i>praebitio operarum, quae inlicite a -provincialibus hactenus expetita est</i>. -</p> - -<p> -Ora nella legge di Valentiniano, Valente e Graziano, -che è la fonte di questa disposizione e che, oltre ad esser -più lunga, è diretta ad un fine diverso, non solo questa -«operarum praebitio», è qualificata come un «obsequium», -ma è anche specificata: essa si prestava <i>cum -animalia, quibus prosecutio debeatur, advenerint</i>. -</p> - -<p> -Ed in questa interpetrazione concorda anche il senso -della parola «ministerium» quale la troviamo usata in -tutti e due i passi. Essa non indica soltanto l'opera -che si presta con l'intervento di una determinata persona, -ma anche un certo sacrifizio pecuniario da parte -di quest'ultima: sacrifizio che può giungere fino ad una -contribuzione vera e propria, strettamente connessa con -l'opera prestata come, per esempio, nella legge dell'anno -406 con cui Onorio e Teodosio limitano ai soli Comites -e Magistri militum il diritto di pretendere dalle città -il riscaldamento dei loro bagni privati (ministerium)<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a>. -</p> - -<p> -Lo scopo generico delle due disposizioni dunque è -eguale: vediamo ora se lo stesso si può dire del fine -specifico di ciascuna di esse. -</p> - -<p> -Nella prima si impone ai Rationales di non costringere -al «ministerium» delle mule e dei cavalli del fisco -<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span> -la plebe <i>rusticana extra muros posita</i> che adempie a -certi obblighi. Nella seconda si proibisce a tutti gli -ufficiali sottoposti ai rettori delle provincie di trattare -il «rusticanus» come un proprio mancipio e di usare -dei servi e dei buoi di lui come di cosa propria. -</p> - -<p> -Intanto <i>mancipes</i> ha qui un senso specifico chiarito da -numerose leggi del codice teodosiano<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a>: la parola indica -coloro che, preposti alle singole <i>stationes</i> e <i>mutationes</i> -del <i>cursus publicus</i>, ne curavano il buon andamento -guardando che gli animali non fossero rubati, trattati -male, troppo percossi, privati del pascolo etc.<a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a>. -</p> - -<p> -La legge dunque vuole che questi magistrati non facciano -abuso dei poteri da essi tenuti sui provinciali fino -a costringerli a fornir loro tutto il necessario per i loro -viaggi, precisamente come per il servizio pubblico erano -tenuti a farlo gli appositi mancipi e, sopratutto, non adoperino -per loro esclusivo e particolare vantaggio i servi -o i buoi di essi, sempre, ben inteso, sotto lo specioso -pretesto che si trattasse di un pubblico tributo. Infatti -è da tener presente che mentre il «cursus publicus» -vero e proprio è un servizio instaurato dagli imperatori<a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a> -e mantenuto con le contribuzioni delle città e dei -privati, tali contribuzioni non giungono tuttavia a rivestire -un carattere specifico di destinazione esclusiva a -quel particolare scopo, come avviene invece per le contribuzioni -dell'annona e dell'«hospitalitas»<a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span> -</p> - -<p> -Ma in breve si aggiunse un sussidiario servizio di -trasporto — <i>cursus clabularis</i> — cui erano adibiti i buoi. -E questi buoi non erano forniti dallo Stato ma dai proprietari -fondiari sicchè tale fornitura gravava sui fondi -come un onere reale<a class="tag" id="tag80" href="#note80">[80]</a> insieme col «ministerium» occorrente -e cioè col mantenimento e con la cura degli -animali stessi: cioè la paglia, il fieno etc. ed il servo o -i servi necessari. Costantino, che mirava a risollevare le -condizioni già tristi dell'agricoltura e a non opprimere -troppo i possessori rustici, con una legge dell'anno 315, -oltre a proibire che i buoi aratori ed i servi coltivatori -potessero essere pignorati per debiti fiscali<a class="tag" id="tag81" href="#note81">[81]</a>, volle che -i primi fossero esclusi dal «cursus publicus» a cui dovevano -servire soltanto animali appositamente destinati<a class="tag" id="tag82" href="#note82">[82]</a>. -</p> - -<p> -Disgraziatamente le condizioni dell'impero, come è -noto e come vedremo meglio in seguito, peggioravano -sempre più e gli imperatori non avevano ormai altro -scopo che di estorcere il massimo denaro dalle provincie. -E perciò anche la maggior parte dei saggi provvedimenti -del codice teodosiano rivolti al miglioramento -ed al progresso dello stato o spariscono del tutto o si -trasformano profondamente nel codice giustinianeo. Così -avviene della legge tutelatrice costantiniana di cui più -non troviamo traccia e così avviene della legge 2 che -ho riportato integralmente e della quale le mutilazioni -triboniane hanno del tutto cambiato il senso e lo scopo. -</p> - -<p> -Importantissimo per lumeggiare questo fatto è il vedere -che i due passi — strettamente connessi l'uno all'altro — non -riportati nel codice giustinianeo da una -<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span> -parte ci parlano di «xenia» e di «munuscula» e dall'altra -di «possessores», dimostrando così in modo non -dubbio — anche se non bastasse il fatto che il titolo -sotto cui si trova la legge è «ne damna provincialibus -inferantur», — che la legge tratta e si occupa di «provinciales», -cioè di «possessores». Invece — e questo -è il punto fondamentale — nel codice giustinianeo si -occupa dei «possessores», dei «provinciales» la legge -unica del titolo «ne operae a conlatoribus exigantur»<a class="tag" id="tag83" href="#note83">[83]</a> -e la legge teodosiana che prima li regolava, è trasformata -completamente. Invece che i «provinciales» e i -«possessores» essa concerne quei rustici i quali risiedono -su una terra, della quale non sono proprietari, dal -momento che la «praebitio operarum» col suo contenuto -economico, colpisce questi e non essi, mentre li colpisce -invece col suo contenuto di prestazione di opera, con -le angariae<a class="tag" id="tag84" href="#note84">[84]</a>, per usare il termine tecnico delle fonti. -</p> - -<p> -Ma se noi osserviamo da questo lato la prima delle -leggi prese in esame, vediamo subito una differenza -enorme. Quì la «plebs rustica» paga la «capitatio» e -presta l'«annona»: anzi è appunto il soddisfacimento di -questi oneri che dá diritto all'esenzione dal «ministerium» -<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span> -delle mule e dei cavalli del fisco, tanto che, argomentando -a contrario, si può dedurre che fra quelli -della plebe rustica <i>posita extra muros</i> tale imposta grava -solamente su coloro che sono esenti dalla «capitatio» -e dall'«annona». -</p> - -<p> -Ora nella categoria dei coltivatori di terre altrui, genericamente -indicati col nome di «plebs rustica» due -leggi del codice teodosiano fanno una distinzione che -permane anche nel codice giustinianeo<a class="tag" id="tag85" href="#note85">[85]</a>, da una parte -di coloni originali<a class="tag" id="tag86" href="#note86">[86]</a> e dall'altra di «plebs adscripta»<a class="tag" id="tag87" href="#note87">[87]</a>; -ma quantunque ne costituiscano quasi la totalità sia con -l'opera che con i frutti nè questa nè quelli sono chiamati -direttamente al soddisfacimento dei «munera», dei quali -risponde allo Stato il «possessor». È giusta l'osservazione -fatta dal Leicht<a class="tag" id="tag88" href="#note88">[88]</a> che in realtà tali tributi, in via -ordinaria, erano pagati dai coltivatori, ma non condivido -la sua opinione che questi ultimi stieno direttamente di -fronte allo Stato in qualità di contribuenti. Un caso in -cui ciò sembra avvenire è quello della legge con cui -Valentiniano e Valente concedono ai «coloni rei privatae» -l'<i>adhaeratio</i> nella <i>conlatio equorum</i><a class="tag" id="tag89" href="#note89">[89]</a> che consisteva -nel pagare 23 soldi invece di ogni cavallo da -consegnarsi all'esattore<a class="tag" id="tag90" href="#note90">[90]</a>. Ma, anche a non considerare -che questa legge non è stata accolta da Giustiniano, -bisogna pensare che siamo nel caso specialissimo di -coloni non già di un privato qualunque ma della <i>res -privatae</i>, di fronte alla quale essi per l'indissolubile legame -che ormai li avvince al fondo, appaiono nel rapporto -più similiare a quello possessorio. E per di più si -tratta di coloni dell'Africa, il paese classico del colonato -<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span> -e dei <i>saltus</i>, le cui «leges», come è noto, hanno un -processo di formazione<a class="tag" id="tag91" href="#note91">[91]</a> ed un'azione rispetto agli abitanti -del saltus, paragonabile, almeno in parte, a quella -delle leggi ordinarie per i cittadini dello Stato. -</p> - -<p> -E sopratutto poi bisogna tener presente una fondamentale -distinzione fra i redditi dei <i>tituli canonici</i> dell'annona -e dei tributi amministrati, curati e sorvegliati -dal «Comes sacrarum largitionum» e che pervenivano -al <i>Fiscus</i>, da quelli dei beni e dei «fundi» della «res -privata» che erano amministrati dal «Comes rerum -privatarum»<a class="tag" id="tag92" href="#note92">[92]</a>. -</p> - -<p> -La legge su citata non ha carattere pubblico se -non in quanto si possono considerare di diritto pubblico -le cose che compongono la «res privata» del principe. -In questo caso si tratta dei «saltus» africani di cui -il principe è proprietario nè più nè meno di un privato -qualunque<a class="tag" id="tag93" href="#note93">[93]</a> onde non si può avere che un rapporto -puramente privato di natura non diversa da quelli che -nascono dalle disposizioni delle «leges saltus». -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span> -</p> - -<p> -E questo è tanto vero che l'obbligo della collazione -di cavalli, in natura o in moneta, non grava su tutti i -coloni del «saltus» ma solo su quelli che, come interpetra -acutamente Gotofredo, sono <i>obnoxii et adscripti -terrae</i> sotto la vigilanza dei <i>procuratores saltus</i> detti anche -<i>procuratores rei privatae.</i> -</p> - -<p> -Qui non si giunge ad un concetto di diritto pubblico -se non attraverso la persona di carattere prevalentemente -pubblico del principe, ma la natura del rapporto -è privata. -</p> - -<p> -L'unico caso in cui si possano veramente vedere i -coloni soggetti direttamente all'imposta è dato dai coloni -dei <i>praedia fiscalia</i>. Questi appariscono in tale condizione -dalla legge che esplicitamente li sgrava dai «munera» -della «civitas»<a class="tag" id="tag94" href="#note94">[94]</a>. -</p> - -<p> -Ma questo caso ha pur esso la sua spiegazione. Ciò -avviene perchè, per la mancanza del concetto di persona -giuridica dello Stato, concetto limitato al Fiscus, il diritto -romano non concepisce dei beni fiscali tributari dello -Stato e quindi, mancando il soggetto diretto dell'imposizione, -si vuole impedire che questa venga a gravare -su coloro che con la terra appartenente al fisco hanno -maggiori vincoli e, cioè, per la parte affittata e subaffittata, -al colono, al servo della gleba che rimangono sempre -vincolati al suolo per quanto gli affittuari cambino; -e per la parte dominica al «procurator»<a class="tag" id="tag95" href="#note95">[95]</a>. -</p> - -<p> -Ora, dunque, nel primo caso s'impone al colono una -gravezza che rientra nella categoria di quelle che gli -incombono per la natura della sua condizione giuridica. -Non si deve, quindi, in questo caso parlare di soggezione -all'imposta da parte dei coloni. -</p> - -<p> -Parrebbe invece che legittimamente se ne potesse -parlare per il secondo caso; ma qui questo assoggettamento -avviene per l'incompletezza della teoria romana -<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span> -in un punto specialissimo, limitato, circoscritto e non -estensibile ad alcun altro caso<a class="tag" id="tag96" href="#note96">[96]</a>. -</p> - -<p> -C'è però una legge importantissima del codice teodosiano<a class="tag" id="tag97" href="#note97">[97]</a> -che dice: «decurio pro ea portione (sc. tributorum) -conveniatur in qua vel ipse vel colonus vel tributarius -eius convenitur et colligit (fructus); neque -omnino pro alio decurione vel territorio conveniatur». -Questa legge è riportata dal Leicht<a class="tag" id="tag98" href="#note98">[98]</a> a sostegno della -sua tesi e forma, anzi, la base ed il fulcro della sua -dimostrazione<a class="tag" id="tag99" href="#note99">[99]</a>. -</p> - -<p> -Ma a me sembra, che l'interpetrazione più piana -debba considerare il «convenitur» come riferentesi al -decurione, ed il «colligit» a «colonus vel tributarius» -onde l'espressione significhi che il decurione è responsabile -del pagamento dei soli tributi delle terre che gli appartengono -e di quelle di cui gode i frutti attraverso -l'opera della «plebs rustica». Ora la natura di questa -«plebs» ci è chiarita dalle fonti che ce la mostrano -assegnata, distribuita e vincolata alla terra<a class="tag" id="tag100" href="#note100">[100]</a> e comprendente -tutta quella scala sociale di individui che dal -servo addetto ai lavori rustici, saliva attraverso al colonato, -fino a quegli inquilini e subaffittuari sui quali specialmente, -<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span> -dovevano gravare le conseguenze della scarsa -certezza del diritto, sopra tutto per il fatto che risiedevano -su terra altrui<a class="tag" id="tag101" href="#note101">[101]</a>. Tutte queste persone non giungevano -al diritto pubblico che attraverso al «dominus» -della terra e di fronte a questo dal <i>servus</i>, che non aveva -affatto personalità, si andava fino al <i>colonus</i> che ne -aveva una così distinta da poter annullare in parte il -contenuto dispositivo della proprietà dominica e fino al -<i>tributarius</i> personalmente ancor più indipendente e libero -del colono. Per ciò a me pare esatta l'espressione -della legge «colligit fructus»: tanto il colono, quanto — e -più — il «tributarius» hanno una sfera di attività e -di produzione indipendente o almeno autonoma di fronte -all'attività dominica; ma lo Stato ritiene responsabile il -«dominus» del pagamento delle imposte di ogni terra -<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span> -da cui tragga vantaggio chiunque è legato a lui e al -suo fondo. -</p> - -<p> -Stando così le cose, se si mettono a confronto le due -leggi del titolo 48, salta agli occhi una differenza importantissima: -quella <i>plebs rustica</i> che è <i>extra muros posita</i> -paga la <i>capitatio</i> e presta l'<i>annona</i> direttamente; l'altra -no: la prima è soggetto, la seconda oggetto dell'imposta. -</p> - -<p> -E, spingendo anche più avanti l'indagine, vediamo -sorgere evidente anche un'altra differenza fra i due passi: -nel primo l'imperatore si rivolge al «Rationalis», nel secondo -al «Rector provinciae». -</p> - -<p> -Il <i>Rationalis</i>, detto nei primi tempi dell'impero <i>Procurator -Caesaris</i><a class="tag" id="tag102" href="#note102">[102]</a>, prima aveva la cura della sola «res -privata» del principe, ma, quando la fortuna del capo -dello Stato s'ingrossò del fisco<a class="tag" id="tag103" href="#note103">[103]</a>, anche per esso si -ebbero dei «rationales». detti <i>rationales summae</i>, o <i>summarum</i>. -Non è facile distinguere con precisione le funzioni -degli uni da quelle degli altri: entrambi sono -egualmente ricordati nella <i>Notitia imperii</i> come ufficiali -del <i>comes sacrarum largitionum</i> e del <i>comes rei -privatae</i><a class="tag" id="tag104" href="#note104">[104]</a>. Quel che a noi importa osservare è che essi -sono ben distinti dai presidi e dai rettori delle provincie: -a questi era affidata l'<i>administratio</i>, a quelli l'<i>actus</i>. -</p> - -<p> -Ora qual'è la ragione per cui, mirando ad uno stesso -scopo generico, il codice giustinianeo per alcuni incarica -il «rationalis» e per altri «il rector provinciae»? Non -perchè si tratti di cosa del fisco — il «cursus publicus» -era «fiscalis» — tanto l'un servizio con i cavalli e le mule -quanto l'altro con i buoi lo erano. — Non perchè si -tratti di opere e prestazioni di natura diversa: in tal -caso, (ne abbiamo un esempio nella legge teodosiana -accolta da Giustiniano) il legislatore si sarebbe rivolto -contemporaneamente a tutti e due, perchè, — è bene -<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span> -ricordarlo — Triboniano modifica la legge teodosiana -in modo da adattarla a quella «plebs» che giustamente -Gotofredo equipara ai coloni<a class="tag" id="tag105" href="#note105">[105]</a>; mentre qui invece abbiamo -proprio una «plebs» distinta dai «possessores» -di cui si occupa un'altra legge e questa «plebs» appare -di condizione ben diversa a seconda che sia indicata o -no come <i>extra muros posita</i>. E, di più, questa differenza -di opere è legata con una differenza giuridica rilevantissima, -riguardo alla soggettività; soggettività equiparabile -e simile, ma certo non identica a quella dei «possessores», -dal momento che di questi si occupa una legge -a parte. L'aver potuto riconoscere che esiste una speciale -categoria di «plebs rustica» direttamente assoggettata -all'imposta è cosa di importanza rilevante, che dà a -questa categoria una fisonomia singolare ed una autonomia -tutta propria così di fronte alla città come di fronte -al resto della <i>plebs rustica</i> del contado, in un ambito -che tutto porta a credere essere stato quello dei <i>Mille -Passus</i>. Questo riconoscimento modifica, se non m'inganno, -ciò che fino ad ora si è ritenuto in proposito -e mostra come la concezione della città e del suo territorio -avuta fino ad oggi non sia stata completa. E -siccome uno studio delle nostre città medioevali deve -muovere da un esame accurato della città romana, ognun -vede l'importanza di questa constatazione. Essa sarà -ancor meglio messa in evidenza nel corso del lavoro. -</p> - -<p> -Intanto vediamo se si hanno altre prove dell'esistenza -di una zona di territorio intorno alla città governata -da un regime giuridico diverso da quello del restante -territorio e i limiti e l'estensione di essa. -</p> - -<p> -Vediamo dei beni pubblici. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-8">§ 8.</h3> <p>— Senza scendere ad un esame della distinzione -fra la «res publica» e la «res in patrimonio fisci»<a class="tag" id="tag106" href="#note106">[106]</a>, -<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span> -che non c'interessa ex professo, vediamo come gli scrittori -hanno distinto i beni comuni pubblici. -</p> -</div> - -<p> -Unico, si può dire, che abbia tentato una classificazione -in questa materia, è il Rudorff<a class="tag" id="tag107" href="#note107">[107]</a>, alla cui opinione -hanno acceduto tutti gli scrittori successivi dal Brugi<a class="tag" id="tag108" href="#note108">[108]</a>, -al Roberti<a class="tag" id="tag109" href="#note109">[109]</a>, al Calisse<a class="tag" id="tag110" href="#note110">[110]</a>, al Finocchiaro-Sartorio<a class="tag" id="tag111" href="#note111">[111]</a>. -Secondo il Rudorff tali beni si possono distinguere in -tre categorie. La prima comprende tutti i beni che appartengono -al municipio come persona giuridica ben -distinta dai suoi componenti e che — e questa è considerata -come caratteristica — non possono essere alienati. -Tali sono, per un verso, le strade, le piazze, le -mura, le porte e gli edifici pubblici, «theatra, stadia et -similia» e dall'altro quelle terre, quei pascoli e quelle -«silvae» che «in tutela rei urbanae adsignatae sunt». -Nella seconda categoria sono i beni — anch'essi generalmente -pascoli e boschi — appartenenti alla comunità -non come ente, ma come aggregato di persone che di -essi potevano godere dietro il correspettivo di un canone. -La terza era costituita dai beni appartenenti non -a tutti i cittadini, ma ad un gruppo di essi, con un rapporto -di diritto prevalentemente pubblico, quantunque -non scevro di infiltrazioni, talvolta molto forti, di diritto -privato. I beni di queste due ultime categorie, a differenza -di quelli delle prime, erano alienabili. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span> -</p> - -<p> -Secondo il Rudorff, dunque, i beni dell'«universitas» -sono inalienabili. -</p> - -<p> -Io non condivido la sua opinione. -</p> - -<p> -Beni comuni a tutti i cittadini, intanto, sono soltanto -le cose «publicatae, ab eo qui jus publicandi habuit»<a class="tag" id="tag112" href="#note112">[112]</a>, -sulle quali tutti i cittadini hanno «iure civitatis», non -«quasi propria cuiusque»<a class="tag" id="tag113" href="#note113">[113]</a>, diritto di uso conforme alla -destinazione e limitato in modo da rendere possibile -uguale uso da parte degli altri. Ma non erano inalienabili: -le fonti ci mostrano la procedura facile e piana con -cui si toglievano all'«usus publicus» e si alienavano<a class="tag" id="tag114" href="#note114">[114]</a>. -Non era il carattere di uso pubblico che ostasse, ma il -consenso dell'imperatore, rappresentante della volontà -preminente del popolo romano. E quando, dopo Caracalla, -ogni predominio di Roma fu giuridicamente spento nell'equiparamento -comune, anche il consenso imperiale, -poggiato soltanto su ragioni finanziarie, per il fatto che -ogni bene delle città fu considerato come la garanzia -delle imposte, non tardò a sparire. Teodosio e Valentiniano -nel 443 autorizzano espressamente le città a vendere -i loro beni in caso di bisogno<a class="tag" id="tag115" href="#note115">[115]</a>. -</p> - -<p> -Nè meno impreciso è il carattere preso a distinzione -fra i beni della prima e della seconda categoria. È vero -che per i beni della seconda specie si ha il pagamento -di un «vectigal»<a class="tag" id="tag116" href="#note116">[116]</a>; ma questo non può essere preso -come criterio distintivo. Lo stesso Igino, che chiama -«vectigal» il canone pagato, distingue in diverso modo -gli «agri vectigales», i quali, secondo lui, «sunt obligati -quidam reipublicae populi romani, quidam coloniarum -aut municipiorum aut civitatum aliquarum». Egli, dunque, -<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span> -distingue i «bona vectigalia» dello Stato romano -da quelli delle città suddistinte alla lor volta in «coloniae», -«municipia» e «civitates»<a class="tag" id="tag117" href="#note117">[117]</a>. -</p> - -<p> -In realtà, se non m'inganno, a base della teoria del -Rudorff sta un equivoco causato dalla tendenza a trasportare -idee moderne sulle condizioni antiche troppo -naturalmente diverse. -</p> - -<p> -Nell'epoca nostra, quantunque tale materia presenti -difficoltà non lievi<a class="tag" id="tag118" href="#note118">[118]</a>, si hanno sicuri elementi di giudizio. -Lo Stato nostro non è più costituito da un insieme -di classi o di persone una sola delle quali domina -e governa; ma risulta dalla stretta unione di un nucleo -di abitatori con un determinato territorio, su cui si aderge -un governo che è l'emanazione della volontà di -questi e che ha per mira il bene di tutti con il minor -sacrificio possibile dei singoli. E questo grande concetto -è mirabilmente servito dal duttile istituto della persona -giuridica, che, teoricamente perfezionata da Savigny, ha -preso ora larghissimo e degno sviluppo. Ne consegue -che criterio di distinzione fra i diversi beni sarà, oltre -l'appartenenza, la destinazione; e a questo criterio potrà -tener dietro, sebbene non sempre, ed in ogni modo sempre -come effetto non necessario, anche l'amministrazione. -</p> - -<p> -Nel diritto romano manca il grande concetto delio -Stato moderno e di più nell'antichità, quantunque lo -Stato sia un'entità concreta, mirabilmente perfetta, della -fenomenologia sociale, non è un'entità di diritto. Lo -Stato, come soggetto di diritto, coincide con il «populus -romanus» e tutto ciò che a questo appartiene e che -lo concerne, fu considerato come parte integrale della -sua natura pubblicistica, così per le cose, come per i -crediti e le obbligazioni patrimoniali e per l'acquisto dei -<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span> -diritti<a class="tag" id="tag119" href="#note119">[119]</a>. Inoltre nell'antico diritto romano ogni istituto -di diritto pubblico trova il suo substrato in un istituto -di diritto privato, poichè rami interi di questo, originariamente -estranei al diritto pubblico, vi sono col tempo -trapassati<a class="tag" id="tag120" href="#note120">[120]</a>. Si deve anche aggiungere che l'elemento, -più che principale, unico, considerato dal diritto romano -nelle persone giuridiche è quello personale; l'«universitas», -il «collegium»<a class="tag" id="tag121" href="#note121">[121]</a>. E così se originariamente pubblici -erano solo i beni del popolo romano<a class="tag" id="tag122" href="#note122">[122]</a>, come -pubblico era solo il diritto che «ad statum rei romanae -spectat»<a class="tag" id="tag123" href="#note123">[123]</a>, più tardi, essendosi l'imperatore considerato -come il rappresentante del popolo romano, i beni di lui, -appunto perchè suoi, furono investiti di carattere pubblico -anche se per destinazione e per uso non erano -tali. Invece sotto altri aspetti si faceva una deviazione -a questo principio. Infatti come conseguenza dell'applicazione -del sistema di autonomia così usato dai Romani -nelle conquiste, a poco a poco, più o meno intensamente -nei diversi casi, si equipararono le singole città -all'«Urbs» e si finì col chiamare pubblici, sebbene impropriamente, -anche i beni di queste. -</p> - -<p> -E, inoltre, la teoria rudorffiana pecca anche per altre -inesattezze non lievi. Non tien conto del fatto, rimarcato -per la prima volta dal Niehbur e confermato dalle -indagini successive<a class="tag" id="tag124" href="#note124">[124]</a>, della gran varietà di condizioni -<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span> -di elementi e di vita delle città, ammessa e consentita -da Roma che si limitò, anche in seguito, ad adattarlo e -generalizzarlo<a class="tag" id="tag125" href="#note125">[125]</a>. E, per di più, ha raccolto indifferentemente -materiali di ogni tempo e di ogni provenienza -senza esaminare se l'uno poteva essere accoppiato con -l'altro. -</p> - -<p> -Quel «vectigal» — prendo l'esempio più alla mano — sul -pagamento o meno del quale egli fa gran conto, -indica propriamente il reddito ricavato dai beni pubblici -e riscosso per mezzo dei pubblicani<a class="tag" id="tag126" href="#note126">[126]</a>. Invece più tardi -da Ulpiano<a class="tag" id="tag127" href="#note127">[127]</a> esso ha avuto il significato di reddito di -<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span> -beni pubblici comunque pagato e riscosso. E tale cambiamento -di significato fu, come ben si comprende, la -conseguenza delle modificazioni subite da quei beni che, -tolti ai vinti e dichiarati suolo pubblico, formarono la -parte più importante e più produttiva dei beni dello -Stato durante la repubblica e furono poi in massima -parte distribuiti ai privati con le leggi agrarie del settimo -secolo<a class="tag" id="tag128" href="#note128">[128]</a>. Considerare il pagamento del «vectigal» -<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span> -come peculiarità di certi beni — come fa il Rudorff — non -è giusto per un duplice ordine di ragioni: anzitutto -perchè il concetto l'estensione ed il valore se ne modifica -rapidamente col modificarsi della costituzione di Roma e -poi perchè non tutte le città, quando furono assoggettate -all'egemonia di Roma, furono trattate alla stessa maniera<a class="tag" id="tag129" href="#note129">[129]</a>. -E — aggiungo — anche se lo fossero state, -beni pubblici delle città non furono mai quei «bona vectigalia» -che furono, come si sa, distribuiti ai privati<a class="tag" id="tag130" href="#note130">[130]</a>; -mentre invece ad esse fu conservata un'aliquota o la -totalità dei beni, che già erano goduti in comune dai -cittadini fino dalla fondazione della città stessa. Questi -beni, in quanto avevano subìto più o meno intense modificazioni -nella natura e nella funzione, si trovavano ad -essere in condizioni diverse e, conseguentemente, sotto -un regime giuridico differente da quello che regolava i -beni comuni delle colonie, sia che fossero fondate «ex -novo» oppure con una «deductio». -</p> - -<p> -E così il Rudorff non tien conto, da una parte, della -mancanza di uniformità nei concetti giuridici sostanziali, -<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span> -dall'altra dei criteri differenziali portati dalla varietà dei -tempi. -</p> - -<p> -Per quest'ultimo riguardo si potrebbe fare a mio parere -una distinzione in tre periodi: uno (da suddividersi -in altri minori, a seconda delle vicende della città presa -a studiare) fino agli imperatori; un altro dal secolo primo -alla fine del quinto e l'ultimo che comprenda le modificazioni -apportate dagli ultimi imperatori romani di occidente -e quelle ancor più gravi della legislazione gota -e bizantina. -</p> - -<p> -Data la differenza enorme su accennata fra lo Stato -romano ed il moderno, io non credo che la destinazione -abbia in quello l'importanza che ha in questo e che, invece, -criterio distintivo peculiare debba essere il sistema -di amministrazione, che è, nel diritto attuale, un criterio -quasi tutto affatto secondario. -</p> - -<p> -Non bisogna dimenticare, però, come la deficiente costituzione -giuridica dello Stato romano impedisca che -questo, come ogni altro sistema di distinzione, vada esente -da qualche deviazione. -</p> - -<p> -Nell'anno 372 Valentiniano Valente e Graziano inibirono -ai curiali la facoltà «conducendorum praediorum -et saltuum reipublicae»<a class="tag" id="tag131" href="#note131">[131]</a>; ventotto anni dopo ne completarono -la disposizione con la legge «de locatione fundorum -iuris enfiteutici et reipublicae et templorum»<a class="tag" id="tag132" href="#note132">[132]</a>. -<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span> -Dal confronto di queste leggi si vede l'errore del Rudorff -nel comprendere fra i «communia» delle città, considerate -come persone giuridiche, le porte, le strade, le mura -<i>et similia</i>; e le terre, i pascoli e le selve assegnati «in -tutela rei urbanae». -</p> - -<p> -Nella seconda di queste leggi si considerano i «loca -reipublicae, quae aut includuntur moenibus aut pomeriis -sunt connexa», insieme con i «praedia» ed i «saltus» -di cui parla la legge del 372, proibendo degli uni e degli -altri la «conductio» ai curiali. Questi ultimi beni vengono -distinti dalle mura, porte, strade, piazze, teatri e stadi, di -cui parla Marciano<a class="tag" id="tag133" href="#note133">[133]</a>, ossia «omnia aedificia publica sive -iuris templorum intra muros posita vel etiam muris coherentia», -i quali, nel caso che «nullis censibus patuerint -obligata», Arcadio e Onorio stabilirono nel 401 che -«curiales et collegiati teneant atque custodiant»<a class="tag" id="tag134" href="#note134">[134]</a>. -</p> - -<p> -E ciò, si badi, senza che manchi un esatto criterio di -distinzione fra le due prime specie di beni: nell'un caso -si parla di «loca», nell'altro di «praedia» e di «saltus». -«Locus», ce lo dice Fiorentino<a class="tag" id="tag135" href="#note135">[135]</a>, «sine aedificio in urbe -area, rure autem ager appellatur»: esso non è un «fundus,» -come nota Ulpiano<a class="tag" id="tag136" href="#note136">[136]</a>, «sed portio aliqua fundi». Ed -è chiaro anche il processo di modificazione del concetto -delle mura e delle porte. Da prima, per il simbolico e -religioso modo con cui erano costruite, si consideravano -come sante e pubbliche in quanto edifici destinati al -culto, il quale era considerato come funzione di Stato. -Più tardi un logico senso di differenziazione, senza far -loro perdere il carattere religioso, li separa dagli edifici -<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span> -più propriamente destinati al culto, riconnettendoli ai -beni pubblici ai quali erano da ascriversi per l'appartenenza, -per la destinazione e per l'amministrazione. -</p> - -<p> -Arcadio e Onorio, con le due leggi del 400 e del 401, -disciplinano nuovamente il regime dei beni pubblici, con -la mira di stringere ancor più il cerchio di ferro, che -univa le persone al luogo di origine<a class="tag" id="tag137" href="#note137">[137]</a>. Essi vogliono che -i beni enumerati vengano affidati in perpetua conduzione, -mediante il pagamento di un annuo canone congruamente -determinato, ai <i>municipes collegiati et corporati</i><a class="tag" id="tag138" href="#note138">[138]</a>. -Gotofredo, nel commento a questa legge, ritiene che «municipes» -indichi i curiali, i decurioni; ma io penso invece -che la parola abbia proprio il senso originario ristretto di -«muneris participes recepti in civitate»<a class="tag" id="tag139" href="#note139">[139]</a>. Contro l'interpetrazione -comune data da Paolo<a class="tag" id="tag140" href="#note140">[140]</a>, a me sembra che -urti la lettera della legge: <i>penes municipes corporatos et -collegiatos</i> <span class="smcap lowercase">URBIUM</span> <i>singularum conlocata permaneant</i>. Ora -<i>urbs</i>, lo sappiamo, ha un significato tecnico che ne circoscrive -l'ambito al cerchio delle mura<a class="tag" id="tag141" href="#note141">[141]</a>. E sappiamo -pure che base esclusiva dell'organizzazione agraria dei -romani era la città, e che solo in essa i cittadini abitavano -e risiedevano<a class="tag" id="tag142" href="#note142">[142]</a>, con esclusione, come ho cercato di -dimostrare, anche dei sobborghi<a class="tag" id="tag143" href="#note143">[143]</a>. -</p> - -<p> -E c'è di più. -</p> - -<p> -Costantino proibisce ai curiali la conduzione dei <span class="smcap lowercase">PRAEDIA</span> -<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span> -e dei <span class="smcap lowercase">SALTUS</span> <i>reipublicae</i>, Onorio e Arcadio prima vogliono -che i «<span class="smcap lowercase">LOCA</span> <i>reipublicae quae</i> (si noti) <i>aut includuntur -moenibus aut pomeriis sunt connexa</i> penes municipes -corporatos et collegiatos conlocata permaneant»; e l'anno -dopo danno delle norme per l'<i>amministrazione</i> di tutti -gli <span class="smcap lowercase">AEDIFICIA PUBLICA</span> <i>intra muros posita vel etiam muris -coherentia</i>, i quali «aedificia», se «nullis censibus patuerint -obligata», «curiales et collegiati teneant atque custodiant». -</p> - -<p> -Anche non ponendo mente che gli imperatori medesimi, -regolando la stessa materia, non potevano dimenticare -la norma emessa pochi mesi prima — onde si può -credere che avrebbero usata la stessa frase se avessero -voluto esprimere lo stesso concetto —; vi è un altro argomento -che porta, se non erro, un valido sussidio alla -mia ipotesi; ed è la clausola che non fossero obbligati -a nessun censo, clausola che non può indicare se non -l'occupazione di suolo pubblico permessa ad un privato, -dietro il correspettivo di un canone, il cui nome tipico è -appunto censo. -</p> - -<p> -Ed allora, se non m'inganno, scaturisce chiara una -triplice distinzione dei beni comuni delle città: -</p> - -<p> -1) <i>praedia</i><a class="tag" id="tag144" href="#note144">[144]</a> e <i>saltus</i>, cioè appezzamenti di terreno -coltivabile o ad uso di pascolo da essere locati al migliore -offerente; -</p> - -<p> -2) terre, aree, appezzamenti di terreno<a class="tag" id="tag145" href="#note145">[145]</a> entro la -città o riconnessi al pomerio<a class="tag" id="tag146" href="#note146">[146]</a>, da locarsi a cittadini collegiati -o corporati; -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span> -</p> - -<p> -3) <i>aedificia</i> entro la città o ad essa ricongiunti, i -quali, fatta eccezione di quelli vincolati a privati dietro -il pagamento di un censo, devono essere tenuti e custoditi -dai curiali. -</p> - -<p> -I primi, del cui reddito i cittadini godevano solo indirettamente, -potevano essere liberamente locati al miglior -offerente. Ma gli altri beni, che si trovavano entro -la città o in immediata vicinanza e ne toccavano più -da presso la vita, potevano esser locati soltanto a cittadini -(«omnis venientis extrinsecus... ademptatione remota»), -i quali offrissero serie garanzie, evitandosi modi -di «occultae conductionis». Si richiedevano cittadini -collegiati e corporati, uniti, cioè, in quei collegi ed in -quelle corporazioni che, per la loro importanza, erano -giustamente detti <i>membra urbis</i><a class="tag" id="tag147" href="#note147">[147]</a>. Ad essi soli, che sostenevano -carichi e pesi pubblici, si concedeva il vantaggio -dei redditi di questi beni, dietro il correspettivo -di un canone, che il ristretto numero dei concorrenti -rendeva assai tenue; mentre se ne escludeva quella <i>plebs -urbana</i>, che Costantino aveva dichiarata immune dalla -<i>capitatio</i><a class="tag" id="tag148" href="#note148">[148]</a> e che veniva a goderne indirettamente a traverso -<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span> -al censo annuo riscosso dal municipio ed adoperato -a comune vantaggio. E, finalmente, gli edifici in -città o nella cerchia del pomerio — rispettate le concessioni -già perfette al momento della promulgazione -della legge — non potevano essere ceduti; ed i decurioni, -come rappresentanti della città, dovevano esercitare l'ufficio -di vigilanza e di custodia di questi beni, che formavano -parte integrante della città e dei quali tutti i -cittadini godevano. Dunque, accanto a fondi comunque -appartenenti alle città e dovunque situati, si distinguono -le terre e gli edifici che sono entro le città stesse o sono -ricongiunti ai loro pomerii. -</p> - -<p> -Quale sia il limite territoriale di questa ricongiunzione -la legge non dice: segno evidente che la teorica -e la pratica concordavano a pieno a questo riguardo. E -poichè noi non conosciamo altro termine usato dai Romani -fuori di quello dei <i>mille passus</i>, ritengo che appunto -questo limite fosse pacificamente riconosciuto a base -della costituzione dei tempi imperiali. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-9">§ 9.</h3> <p>— Si è visto come la legge di Arcadio ed Onorio -accenni anche agli edifici <i>iuris templorum</i>. Nessuna meraviglia -<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span> -che fossero considerati come pubblici in uno -Stato in cui il culto era riguardato come una funzione -statuale:<a class="tag" id="tag149" href="#note149">[149]</a> per il problema nostro importa vedere se -abbiano qualche importanza le divisioni territoriali e più -specialmente quella dei mille passi. Ammesso come vero -ciò che io son venuto fin qui esponendo sulla differenziazione -di questa cinta suburbana, nulla impedisce di -supporre che il noto adattamento della Chiesa nelle circoscrizioni -territoriali laiche non si sia arrestato davanti -a quella. Ho già ricordato che i templi fuori delle -mura sono così frequenti da essere giudicati di rito fino -dalle prime età di Roma. Ma, se non è raro il caso di -luoghi ove città suburbio e contado abbiano ognuno divinità -differenti, come Roma, Aventicum, Selinunte, Segeste, -Taormina, Samo, Fotidea ed altre<a class="tag" id="tag150" href="#note150">[150]</a>; le leggi di -Arcadio ed Onorio del 400 e del 401, insieme con altri -elementi, mostrano che questo stato di cose, fatta eccezione -di Roma e, forse, di qualche altra città, col modificarsi -della costituzione romana<a class="tag" id="tag151" href="#note151">[151]</a>, finì col dare il posto -ad un altro, nel quale le divinità del suburbio furono -accolte fra quelle cittadine e la città ebbe un <i>pagus -suburbanus</i> ad essa ricongiunto per ragioni di culto. -</p> -</div> - -<p> -Tale è il <i>Pagus Aug. Felix suburbanus</i> di Pompei<a class="tag" id="tag152" href="#note152">[152]</a>. -</p> - -<p> -Il Mommsen, illustrando le numerose iscrizioni che -lo ricordano, non ha creduto di poter giungere ad alcuna -<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span> -conclusione sicura, ed il Voigt non si è occupato di -tale questione. Ma, considerando come la Chiesa cattolica -si sia fatta un'arma contro il paganesimo soppiantandone -le manifestazioni del culto<a class="tag" id="tag153" href="#note153">[153]</a> e sostituendo le -proprie istituzioni, anche nelle divisioni territoriali già -da quello costituite, a me pare che, se fonti più tarde e -documenti attendibili mostrano con evidenza che la Chiesa, -come norma generale, considerò la città insieme ad -un cerchio più o meno esteso di territorio all'intorno<a class="tag" id="tag154" href="#note154">[154]</a>, -lo stesso si debba presumere essere avvenuto antecedentemente. -E valga il vero: un documento pontificio interessantissimo -toglie ogni dubbio a questo riguardo. -Nell'aprile del 596 Gregorio Magno si rivolge a Mariniano -«episcopo ravennati cum caeteris fratribus et coepiscopis -et sacerdotibus, levitis, clero, nobilibus, populo -militibus civitate Ravenna consistentibus vel <i>ex ea foris</i> -degentibus»<a class="tag" id="tag155" href="#note155">[155]</a>. Numerosi documenti, che appartengono -ad un periodo successivo, provano il perdurare inalterato -di uno stato di cose da secoli in vigore e spiegano -il valore della espressione <i>ex ea foris</i>, che potrebbe essere -interpretata in senso più lato che la frase non consenta. -Per economia del lavoro e per non ripetermi, dovendo -esaminare ad uno ad uno i documenti in parola -nella seconda parte, riporterò ivi i testi, dai quali resulterà -che l'unica ipotesi accettabile è che il pago suburbano -si circoscrivesse nel limite dei <i>mille passus.</i> -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-10">§ 10.</h3> <p>— Parlando del limite dei <i>mille passus</i> rispetto -al culto, ho accennato ad uno dei mutamenti su essi portati -<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span> -dagli ultimi secoli dell'impero d'occidente. Bisogna -ora considerare tale questione in modo più ampio. E -perciò è necessario gettare un colpo d'occhio, per quanto -rapido, sulla vita cittadina nel suo complesso. Non intendo -entrare in un esame minuto, quantunque non le -condivida, nè dell'opinione del Declareuil<a class="tag" id="tag156" href="#note156">[156]</a>, il quale ha -sostenuto che la decadenza dell'impero è posteriore di -un secolo a quanto si ritiene comunemente; nè di quella -del Baudi di Vesme<a class="tag" id="tag157" href="#note157">[157]</a>, il quale, in antitesi piena col -<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span> -Declareuil, pensa che già alla metà del secolo quarto -l'organizzazione sia stata così completamente trasformata -da essere del tutto spariti gli antichi duumviri giusdicenti, -e sostituiti dovunque da un <i>comes</i>. A me basta -considerare le trasformazioni del giuoco delle forze cittadine -e le conseguenze che esse hanno avuto. -</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span> -</p> - -<p> -La plebe, nel senso moderno della parola, cioè i nulla -tenenti, non aveva obblighi e non aveva diritti: l'autorità -risiedeva nelle curie e nei magistrati. Però, essendo -tali organi troppo rigidi; siccome si era venuta formando -lentamente una nuova classe, uscita dalla plebe per ragione -di aumentate ricchezze, i suoi componenti, che -erano i <i>minores possessores</i><a class="tag" id="tag158" href="#note158">[158]</a>, mentre venivano aggregati -alle curie per tutti gli oneri, non avevano poi alcun vantaggio, -nè difesa speciale. Di ciò fu incaricato il <i>defensor</i><a class="tag" id="tag159" href="#note159">[159]</a>, -che fu istituito come rappresentante e tutore dei -<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span> -loro interessi dagli imperatori, i quali ne rilasciarono la -nomina alle città: e queste vi procedettero per mezzo -delle magistrature e delle curie, senza partecipazione alcuna -della plebe, che, per essere stata esentata dalla -<i>capitatio</i> da Costantino e per la sua povertà, non poteva -aver bisogno di uno speciale rappresentante, nè, logicamente, -partecipare all'elezione di esso. La plebe non partecipava -alla vita pubblica che attraverso alla Chiesa. La -Chiesa, centro fino dal terzo secolo, di interessi per tutti -coloro che dalla potestà laica erano meno favoriti, ottenuto -pieno riconoscimento giuridico e politico, avocò a -sè a poco a poco le funzioni degli antichi culti, ed al -modo di essi fu considerata come funzione pubblica e -le fu affidata parte rilevante di quell'azione civile che -lo Stato più non poteva espletare. E poichè, come gli -antichi canoni sanciscono<a class="tag" id="tag160" href="#note160">[160]</a>, il vescovo, nominato dal -clero e consacrato dal pontefice, deve essere eletto da -tutti i fedeli; così anche quella parte della popolazione -<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span> -che ne era altrimenti impedita, riuscì a conseguire una -partecipazione, per quanto tenue, alla vita cittadina. -</p> - -<p> -Per necessità di cose, però, la Chiesa, entrata nell'orbita -delle istituzioni statuali ed uniformandosi ad -esse, aveva ristretto l'originario <i>corpus christianorum</i> nel -<i>sacrum venerabile concilium</i> costituito dal corpo dei sacerdoti -e l'azione della plebe nella costituzione politica -sarebbe stata ben presto ridotta al nulla, se altre e più -forti cause non avessero agito vigorosamente. Cominciata -verso la fine del secolo quarto la serie delle invasioni -barbariche, s'imposero riattamenti di mura e riordinamento -dell'esercito. All'una ed all'altra cosa gli -imperatori tentarono provvedere. Abolita l'antica libertà -di disposizione di cui godevano le città per il riattamento -e la conservazione delle mura<a class="tag" id="tag161" href="#note161">[161]</a>, Arcadio e Onorio -nel 395 vollero destinata a tale scopo la terza parte -del canone «qui ex locis fundisque reipublicae annua -praestatione confertur»<a class="tag" id="tag162" href="#note162">[162]</a>: ma, essendosi questo reddito -manifestato insufficiente, malgrado che alle città fossero -state restituite le «possessiones» tolte ad esse dagli -imperatori cristiani e donate alla Chiesa<a class="tag" id="tag163" href="#note163">[163]</a>, l'anno dopo -stabilirono un'imposta apposita, confermata più tardi da -Onorio e Teodosio<a class="tag" id="tag164" href="#note164">[164]</a>, che colpiva tutti indistintamente -gli abitanti delle città — <i>ordines et incolae</i><a class="tag" id="tag165" href="#note165">[165]</a>. -</p> - -<p> -L'imposta alla quale <i>universi</i> erano soggetti <i>portione -suae possessionis et jugationis</i>, era reale e colpiva solo i -possessori, compresi quei minori, più su ricordati<a class="tag" id="tag166" href="#note166">[166]</a>. -<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span> -Ma non bastava costruire e mantenere le mura: bisognava -difenderle. E agli imperatori, riuscito vano ogni -tentativo di riforma dell'esercito<a class="tag" id="tag167" href="#note167">[167]</a>, ormai divenuto una -esosa ed obbligatoria contribuzione di uomini e di denaro -e precipitato dagli antichi nobilissimi elementi romani -in un'accozzaglia spregevole di barbari, di servi, -di schiavi e di coloni<a class="tag" id="tag168" href="#note168">[168]</a>; come era riuscito vano ogni -tentativo di riorganizzare le curie e i collegi<a class="tag" id="tag169" href="#note169">[169]</a>, non rimase -che concedere ai cittadini l'uso, fino allora proibito<a class="tag" id="tag170" href="#note170">[170]</a>, -delle armi<a class="tag" id="tag171" href="#note171">[171]</a> ad esortarli a combattere per la difesa -delle loro persone e delle loro case. Tale appello -muove <i>ad populum</i><a class="tag" id="tag172" href="#note172">[172]</a> Valentiniano, quando nel 440 Genserico -si presenta minaccioso in Italia; e lo ripete in -speciale modo ai Romani, che le mura aureliane, terminate -da Onorio e restaurate da Probo, più non riuscivano -<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span> -a difendere<a class="tag" id="tag173" href="#note173">[173]</a>, imponendo a tutti indistintamente — «nullus -penitus excusetur» — la restaurazione e la -«custodia murorum portarumque». -</p> - -<p> -Tutti i cittadini, ormai, anche i nullatenenti dovevano -cooperare alla difesa della città: quegli oneri che -prima gravavano direttamente sui patrimoni e sulle terre, -si trasformano in pesi personali. Non si tratta soltanto -di fornire i tironi e i cavalli: occorrono le forze e il -braccio di tutti; ed il ferro barbarico, aprendo aspre ferite, -pur nello strazio immane che ne consegue, oltre a -deporre il germe fecondo del sentimento della necessità -che tutti combattano e tutti difendano la propria città -portò altre non meno gravi conseguenze. -</p> - -<p> -Prima di tutto si veniva lentamente formando quell'insieme -dei meno favoriti, del quale si vede lo sviluppo -successivo nell'<i>exercitus</i> cittadino delle città bizantine, -che comprende tutti gli armati <i>qui in civitate inventi -sunt a puero usque ad senem</i><a class="tag" id="tag174" href="#note174">[174]</a>. -</p> - -<p> -Inoltre fin che gli oneri gravavano su coloro che possedevano -terre, il diritto di decisione spettava ai curiali, -e più tardi, per mezzo del <i>defensor,</i> a tutti i <i>possessores</i>; -ed il maggior vantaggio spettava a quei <i>collegiati</i> e a -quei <i>corporati</i> che soddisfacevano a tante necessità della -vita pubblica: mutate le condizioni e resa necessaria la -cooperazione di tutti; anche i minimi, che solo la Chiesa -aveva uniti alla collettività cittadina, ebbero diritto alla -partecipazione alla vita pubblica. E mentre già dal 443 Teodosio -e Valentiniano<a class="tag" id="tag175" href="#note175">[175]</a> avevano riconosciuto loro il diritto -di decidere in merito all'alienazione dei beni della città, -i quali possono essere alienati solo <i>cum communi consensu</i><a class="tag" id="tag176" href="#note176">[176]</a>, -così da Maioriano li vediamo ammessi all'elezione -<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span> -del <i>defensor: municipes, honoratos,</i> <span class="smcap lowercase">PLEBEMQUE....</span> -<i>adhibito tractatu atque consilio</i>, egli stabilisce, <i>sibi eligant -defensorem, factumque dematurent</i><a class="tag" id="tag177" href="#note177">[177]</a>. -</p> - -<p> -Ed anche la posizione giuridica di tali beni venne, -conseguentemente, a mutare. -</p> - -<p> -Che le alienazioni di questi fossero divenute frequenti -è dimostrato dalla costituzione del 443, che le proibisce -quando non sieno promosse da uno stato di estrema -necessità. Tali beni pubblici segnano ora il correspettivo -dei nuovi aggravi militari richiesti ai cittadini, oltre l'obbligo -normale imposto dalla costituzione politica. Di -fronte allo Stato certe terre rappresentavano un certo -contributo di soldati, di annona, di tributi: <i>praebitio tironum, -praestatio annonae, tributorum, hospitalitatis</i> etc. -Talune, anzi, <i>terrae limitaneae, burgariae,</i> avevano questa -sola massima e specifica funzione di servire agli obblighi -della milizia. E da un punto massimo, segnato -da queste terre limitanee, sulle quali, per l'intensità -con cui erano colpite da oneri militari nessun'altra imposta -gravava<a class="tag" id="tag178" href="#note178">[178]</a>, si scendeva ad un minimo in quelle -terre che dovevano fornire contributi di varia indole, -ciascuno dei quali, e quello militare fra questi, era, necessariamente, -meno rigido e meno esteso che nelle terre -della prima specie. Oramai anche le città, per le continue -esigenze della difesa, venivano accostandosi alla condizione -giuridica di quelle colonie militari, per cui il servizio -<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span> -armato era scopo principale, e, come queste, erano -obbligate alla <i>munitio</i><a class="tag" id="tag179" href="#note179">[179]</a>. Tale obbligo era generale; sola -differenza era che i coloni, appunto perchè tali, erano -tutti proprietari di una terra; i cittadini no; e, quindi, -nelle città le terre pubbliche dovevano più intensamente -servire quasi di correspettivo al servizio personale richiesto -ai cittadini. L'economia, ormai poverissima, non -s'imperniava più sul denaro, ma sulla terra, che divenne -il fattore dominante: e ne conseguì, naturalmente, l'aumento -considerevolissimo delle persone risiedenti <i>in -terra aliena</i>: come pure altre deviazioni giuridiche, tra -cui quella che riconosce l'autorità di scacciare il <i>metator</i>, -non soltanto al proprietario, ma anche alla stessa -plebe, concepita così come in un rapporto stabile con -la terra<a class="tag" id="tag180" href="#note180">[180]</a>. Questa ascensione della <i>plebs</i> è importante -anche da un altro lato: prima, come abbiamo visto, -della tutela della <i>plebs</i>, sia <i>urbana</i> che <i>rustica</i> era incaricato -il <i>defensor</i>. Di esso qui non si parla: prova evidente, -a mio credere, che esso andava restringendo la -sua autorità entro la cerchia delle mura o pochissimo -al di fuori, anche prima che Maiorano con la sua costituzione -del 458 sanzionasse ufficialmente questo mutamento<a class="tag" id="tag181" href="#note181">[181]</a>. -</p> - -<p> -Questo forzato equiparamento di tutte le classi, fatta -eccezione dei <i>senatores</i> e dei più potenti, porta alla decadenza -irrimediabile del <i>defensor</i>, e dà luogo alla trasformazione -finale fattane da Giustiniano, il quale, quando -riconquistò l'Italia, lo ridusse alla condizione di un semplice -emissario del governo centrale<a class="tag" id="tag182" href="#note182">[182]</a>. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-11">§ 11.</h3> <p>— Tra le disposizioni di Maioriano e quelle di -Giustiniano non corre soltanto un secolo: cade fra esse -<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span> -il regno di Odoacre e quello degli Ostrogoti. Nè l'uno -nè l'altro furono senza conseguenze sulla costituzione -italiana, ma il primo, per la sua corta durata, non segnò -che il principio di un sistema, che divenne normale solamente -con i Goti. -</p> -</div> - -<p> -Odoacre, come è noto, concesse ai suoi soldati il terzo -delle terre romane, e queste, dopo la sconfitta di Ravenna, -furono date agli Ostrogoti. Siccome questi erano in -maggior numero dei primi ed accolsero anche nelle loro -file numerosi gruppi dei precedenti conquistatori<a class="tag" id="tag183" href="#note183">[183]</a> furono -necessarie altre terre, le quali vennero distribuite -con equanimità rimasta famosa, dalla <i>tertiarum deputatio</i> -presieduta da Liberio e furono assegnate con i -<i>pittacii</i><a class="tag" id="tag184" href="#note184">[184]</a>. -</p> - -<p> -Le terre pubbliche, nella terribile condizione in cui si -trovavano le curie<a class="tag" id="tag185" href="#note185">[185]</a>, vennero incamerate dal fisco del re, -il quale, per mezzo del <i>curator</i>, sotto il controllo diretto -del <i>comes Gothorum</i>, invigilò sui prezzi, sulle vendite, -sulle distribuzioni dei generi di prima necessità<a class="tag" id="tag186" href="#note186">[186]</a>. -</p> - -<p> -Ma se questo fu l'andamento generico, noi non sappiamo -con precisione le vere condizioni dell'assegnazione. -Bisognerebbe conoscere la grande varietà di usi e -di consuetudini, che risalivano ai primi tempi della conquista -romana; usi che l'Impero non aveva unificato e -di cui si intravede l'esistenza in quel diritto romano volgare, -formatosi nella pratica accanto al diritto romano -classico<a class="tag" id="tag187" href="#note187">[187]</a>: diritto volgare che ebbe, come si vedrà, singolari -manifestazioni anche nel campo del diritto pubblico. -</p> - -<p> -L'importanza dei Goti non deve essere considerata -<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span> -soltanto per la azione che i resti di questo popolo sopravvissuti -alla sconfitta finale e rimasti in Italia, possono -avere esercitata, servendo quasi di ponte di passaggio -verso la più fiera invasione germanica<a class="tag" id="tag188" href="#note188">[188]</a>; bensì deve -essere considerata per l'influenza decisiva che la costituzione -gotica ebbe in Italia durante il regno barbarico. -</p> - -<p> -È fuori di dubbio che le curie rimasero, benchè in -tristissime condizioni. Quanto al rimanente della popolazione -urbana, il Gaudenzi, basandosi sul cap. 64 dell'editto -teodoriciano, che stabilisce che l'uomo libero -<i>nulli obnoxius civitatis</i>, che abbia violata un'ancella altrui -vergine, sia sottoposto ad una vigorosa fustigazione -e poi <i>vicinae civitatis collegio deputetur</i>, ritiene che lo -Stato, obbligando tutti i collegi solidalmente al pagamento -integrale della <i>lustralis collatio</i>, li abbia costretti -a fondersi in un collegio unico divenuto servo della -città<a class="tag" id="tag189" href="#note189">[189]</a>. -</p> - -<p> -L'idea contiene, secondo me, gran parte di vero; ma -non mi pare che quella fusione dei collegi, diversi per -attribuzioni, per mansioni e per lavoro ed ognuno dei -quali, in quanto «obnoxius civitati», era obbligato a -certe peculiari prestazioni, sia avvenuta nel modo indicato -dal Gaudenzi. Io ritengo che la diversità etnica dei -Goti e dei Romani, la differente condizione sociale ed -economica e la differenza di culto, abbiano strette tutte -le classi romane meno elevate — non le sole corporazioni — in -un rude isolamento. I Goti soli avevano il -diritto alle armi, ed essi soli erano esenti da imposte<a class="tag" id="tag190" href="#note190">[190]</a>; -<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span> -e, di più, il concetto politico di Teodorico, che giustamente -prevedeva nell'affratellamento livellatore della -Chiesa cattolica,<a class="tag" id="tag191" href="#note191">[191]</a> l'affievolirsi di ogni egemonia del suo -popolo, tenne lontani i vincitori dai vinti, dei quali, come -abbiamo veduto, anche gli infimi erano entrati a far parte -della vita cittadina. Oltre le imposte in denaro ed in natura, -bisognava richiedere di continuo le prestazioni personali, -per la necessità della difesa, delle fortificazioni, -dei trasporti, dei servizi sussidiarï, delle opere pubbliche<a class="tag" id="tag192" href="#note192">[192]</a>. -E come da un lato la popolazione diminuiva sempre -più<a class="tag" id="tag193" href="#note193">[193]</a> e dall'altro l'artigianato andava ognor più -disgregandosi<a class="tag" id="tag194" href="#note194">[194]</a>, gli Eruli prima ed i Goti dopo, furono -tratti a considerare la città tutta — corporati e non corporati -compresi — come solidalmente responsabile delle -imposte e delle prestazioni, ed ogni individuo come legato -ad una determinata città: <i>obnoxius civitati</i>, come dice -Teodorico<a class="tag" id="tag195" href="#note195">[195]</a>. -</p> - -<p> -Già le fonti romane degli ultimi anni del secolo quarto -parlano del <i>consortio</i> cittadino ad <i>portus et aquaeductus -instaurationem</i>, ed al tempo di Giustiniano lo si vede -esteso alla <i>murorum extructionem</i>, da cui nessuno può -essere scusato<a class="tag" id="tag196" href="#note196">[196]</a>. Teodorico, parlando delle persone che -potevano esser possedute per un trentennio ricorda i -<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span> -curiali, i collegiati ed i servi<a class="tag" id="tag197" href="#note197">[197]</a>. Ma, a provare che con -la parola <i>collegiati</i> non s'intendono solo i corporati, ma -tutti i cittadini vincolati alla città, mi sembra decisivo -il raffronto col Breviario Alariciano<a class="tag" id="tag198" href="#note198">[198]</a>, il quale conserva -la disposizione del Codice Teodosiano,<a class="tag" id="tag199" href="#note199">[199]</a> con cui si richiamano -alla loro città i collegiati fuggitivi, mentre -non conserva alcuna delle molte costituzioni che concernono -le corporazioni. -</p> - -<p> -Dunque <i>collegium</i> indica tutti i vinti legati alla città, -non i soli corporati. -</p> - -<p> -Di più i Goti portarono una modificazione sostanziale -che, se ebbe poca efficacia dove la dominazione -bizantina potè cancellarne gli effetti, ne ebbe però grandissima -nel territorio conquistato dai Langobardi. Essendo -stato tolto ai Romani l'uso delle armi, ma non -gli aggravi accessori ed annessi al servizio militare, questi, -uniti agli altri obblighi finanziarî ed amministrativi -ed ormai consuetudinarî, si fusero e si confusero con -essi, e gli oneri delle albergarie, dei trasporti, del rifacimento -e costruzione delle mura, delle strade, degli edifici -pubblici<a class="tag" id="tag200" href="#note200">[200]</a> etc., per i quali occorreva così il materiale, -come la mano d'opera, cambiarono la loro natura -giuridica. -</p> - -<p> -Per il fatto che tutti vi erano sottoposti, sparì l'antica -massima romana che distingueva gli oneri rurali -<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span> -dai cittadini, per ragione della sostituzione possibile solo -nei secondi: per il fatto che vi erano astretti anche i nullatenenti, -venne una limitazione al tradizionale concetto -dei <i>munera patrimoniorum</i><a class="tag" id="tag201" href="#note201">[201]</a>, dalla quale scaturì un -sistema che ebbe a base l'ibrido concetto dell'abitazione. -</p> - -<p> -E così fu ristretto ancor più l'elemento personale -poggiato su una capacità che già da tempo si era venuta -ognor più limitando nel diritto di mutar sede, ed -il quadro fu completato: soggetto all'<i>auctor</i> il commendato, -soggetto al proprietario il residente in terra altrui, -vincolato il colono alla terra, legato l'operaio alla corporazione, -il decurione alla curia e, ora, anche il cittadino -alla città. -</p> - -<p> -Il dualismo fra il partito nazionalista e quello romanizzante, -scoppiato violento alla morte di Teodorico e -terminato con la disfatta finale dei Goti, stremando ancor -più l'Italia con rovine e con stragi, ribadì il ferreo -anello che strozzava le città. -</p> - -<p> -Le terre comuni cittadine furono incamerate, come -ho detto, dal fisco regio, il quale ne ebbe la proprietà -fino ad allora goduta dalle città; ma, apparentemente, -non si portarono modificazioni gravi allo stato di cose -precedente, perchè i cittadini continuarono a goderne. -Si instaurò così un diritto d'uso che trovava la sua -base nella consuetudine anteriore e i suoi limiti nella -volontà regia<a class="tag" id="tag202" href="#note202">[202]</a>. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-12">§ 12.</h3> <p>— Le prime circoscrizioni ecclesiastiche, le urbane, -sostituendosi a quelle pagane, ne avevano calcato -<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span> -le linee. E come queste comprendevano con la -città i mille passi, anche la parrocchia cittadina ebbe a -conseguire gli stessi confini. Infatti un'antichissima tradizione -cattolica, consacrata nei canoni e nei concili, -considera il vescovo, oltre che come supremo gerarca -nell'ambito della diocesi, anche come titolare della parrocchia -della città cui il vescovo è preposto: il pontefice -stesso, prima di essere il capo della cristianità, -è il parroco di Roma, e come tale, fino al penultimo -papa, il primo atto compiuto da lui era la visita alla -chiesa di S. Giovanni in Laterano, considerata come la -matrice di Roma. -</p> -</div> - -<p> -In questo ambito, la Chiesa, come chiesa cittadina, -esercitò le sue funzioni religiose e le statuali; ma non -riuscì ad equiparare le condizioni della plebe rustica -<i>extra muros posita</i> a quelle della plebe cittadina. Due -cause egualmente invincibili vi si opposero: da un lato -il criterio dell'inamovibilità dal fondo, ormai predominante; -dall'altro l'azione del fisco bizantino che subentrò -a quello gotico con qualche nuova e maggiore -estensione. -</p> - -<p> -Infatti nella costituzione del Codice giustinianeo<a class="tag" id="tag203" href="#note203">[203]</a> -riportata più su, si mira a proteggere la <i>plebs rustica -extra muros posita</i>, sia che risieda in terra pubblica che -in privata, dalle angherie del <i>rationalis</i>, mentre quella -rustica in genere è tutelata contro le angarie di coloro -che «rectoribus provinciarum obsequuntur». E questo e -la diversità dell'<i>obsequium</i>, che l'una e l'altra plebe è costretta -a fornire, provano come la prima rientrasse nelle -grandi linee della plebe rustica piuttosto che di quella -urbana: tanto più che la legislazione imperiale mirava -a considerarla come assimilabile a quella dei fondi imperiali<a class="tag" id="tag204" href="#note204">[204]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span> -</p> - -<p> -Ma se la Chiesa non riuscì a fondere la <i>plebs rustica -extra muros posita</i> con la <i>plebs urbana</i>, nemmeno all'impero -riuscì ad equipararla a quella colonica. E ciò per -varie cause: la mancanza nella nostra Italia del latifondo, -nel senso che questa parola ha per l'Africa; il formarsi -del colonato dal fissarsi dei patti stabiliti nelle prestazioni -coloniche, prima a tempo e poi perpetue; il mantenersi -immutato delle circoscrizioni romane, per le quali -le terre ove questi abitavano furono sempre distinte dal -contado e sottratte all'arbitrio modificatore di un singolo; -l'azione coordinante della chiesa per la quale tutti -i membri di una determinata circoscrizione sono parificati -nel diritto di eleggere il proprio antistite; la breve -durata della legislazione bizantina. Tutte queste cause -impedirono che la legislazione imperiale avesse il suo -effetto e favorirono il mantenersi di questa classe singolare -fra la popolazione cittadina e quella propriamente -rurale. -</p> - -<p> -Così al quadro delle classi sociali si deve aggiungere -una nuova gradazione fin qui ignorata; così al confronto -del Beaudoin fra i doveri dei cittadini verso la città e -i doveri dei coloni verso il <i>fundus</i>, bisogna immettere -un terzo elemento medio — la <i>plebs rustica extra muros -posita</i> — alla quale realmente si possono contrapporre -gli altri due, perchè quest'ultimo ha diritti ed oneri, -che corrispondono alla condizione giuridica degli altri. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-13">§ 13.</h3> <p>— Resta che consideriamo ora le divisioni territoriali -interne della città. -</p> -</div> - -<p> -La grandezza di Roma cominciò quando le originarie -tribù precittadine si fusero in nuovi nuclei legati alle -circoscrizioni territoriali, che delle antiche tribù conservarono -solo il nome, ciò che è segno dell'armonica e -<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span> -completa fusione degli elementi etnici cittadini. Le tribù -cittadine, che per lungo tempo rimasero immutate nel -numero e nei confini, erano indicate tutte con nomi locali: -<i>suburana, esquilina, collina</i> e <i>palatina</i>. La posteriore -divisione del territorio, su diciassette tribù, dà un -solo nome locale: <i>clustumina</i>, mentre le altre portano -tutte il nome di qualche gente patrizia<a class="tag" id="tag205" href="#note205">[205]</a>, sotto il patronato -della quale si trovavano. -</p> - -<p> -La tribù era insieme una divisione territoriale ed -amministrativa, in base alla quale, sotto la direzione -dei <i>curatores tribuum</i>, si faceva il reclutamento, il censimento -e la percezione del <i>tributum</i>. Per esse si compievano -anche offici religiosi, per mezzo di collegi — <i>collegia -compitalicia</i> — presieduti dai <i>magistri</i>, onorando i -<i>lares compitales</i> con feste annuali che ebbero appunto -il nome di <i>compitalia</i>, e si provvedeva alla <i>cura urbis</i> -per mezzo dei pretori<a class="tag" id="tag206" href="#note206">[206]</a>. -</p> - -<p> -L'importanza della tribù aumentò con la repubblica, -a tutto scapito dell'elemento strettamente territoriale di -essa, poichè, rimasta politicamente intatta, finì con l'essere -sostituita amministrativamente dai <i>vici</i>, nati e causati -dall'enorme incremento della città. -</p> - -<p> -Il Marquardt<a class="tag" id="tag207" href="#note207">[207]</a> sostiene che i <i>vici</i> ricevettero un carattere -amministrativo officiale da Augusto, ma a me -sembra che il passo di Svetonio, dove si parla del <i>recensum -populi</i> ordinato da Cesare come <i>praefectus morum</i> -e compiuto <i>nec more nec loco solito sed</i> <span class="smcap lowercase">VICATIM</span> <i>per -dominos insularum</i><a class="tag" id="tag208" href="#note208">[208]</a>, sia da interpetrare come l'annuncio -di un nuovo sistema officiale della distribuzione -della popolazione per vici nella costituzione politica. Difatti -<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span> -lo stesso Svetonio, nella vita di Augusto<a class="tag" id="tag209" href="#note209">[209]</a>, si limita -a dire che egli ripetè ciò che aveva fatto Cesare. Non -per questo io intendo dire che il concetto del Marquardt -sia privo di base; ma esso va inteso nel senso che Augusto, -iniziatore del principato, attuando questo sistema, -ne rendeva normale l'uso per i propri successori. -</p> - -<p> -È logico ammettere che, anche prima del loro riconoscimento -giuridico, questi vici compissero funzioni necessarie -alla vita sociale del tempo e, verosimilmente, -funzioni religiose. -</p> - -<p> -Festo conosce tre specie di <i>vici</i>: i <i>rustici</i>, aggregati -di case in campagna; i <i>suburbani</i>, aggruppamenti di -edifici, «continentia» alle mura della città che «itineribus -regionibusque dissimilibus discriminis causa sunt -dispartita»<a class="tag" id="tag210" href="#note210">[210]</a> e, finalmente, gli <i>urbani</i> propriamente -detti, i quali originariamente erano costituiti dal <i>pervium</i> -per il quale «habitatores ad suam quisque habitationem -habent accessum». Il Digesto ha appunto un -passo in cui si delimitano i casi, in cui questi vici debbono -essere considerati come <i>viae publicae</i> e come <i>viae -privatae</i><a class="tag" id="tag211" href="#note211">[211]</a>: e da esso appare come questi strettissimi -vicoli, <i>angustissimae semitae</i>, come dice Cicerone<a class="tag" id="tag212" href="#note212">[212]</a>, o -<i>tenues vici</i>, come li chiama Marziale<a class="tag" id="tag213" href="#note213">[213]</a>, erano contrapposti -alle <i>viae</i>, dette anche <i>plateae</i> dal glossario latino -parigino<a class="tag" id="tag214" href="#note214">[214]</a>, che erano le <i>viae latae a porta in portam</i>, e -che, secondo l'antichissimo sistema latino accolto da -Roma e da questa applicato in tutte le colonie, dividevano, -intersecandosi perpendicolarmente nel <i>forum</i>, la -città in quattro parti. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span> -</p> - -<p> -I vici, come istituzione amministrativa, erano una -specialità di Roma e forse, ma è molto discutibile, di -qualche altra città. Cesare, nelle prescrizioni di edilizia -e di viabilità della sua <i>lex Julia municipalis</i>, non parla -mai di <i>vici</i>, ma sempre di <i>viae</i>. Il De Marchi<a class="tag" id="tag215" href="#note215">[215]</a>, che -tende a non far distinzione fra Roma e le altre città, -crede che queste ultime, infinitamente più piccole della -metropoli, — come conosciamo dall'estensione, molto -ristretta, del loro circuito — non avessero altra divisione -che quella in quartieri e che questi fossero delimitati -dalle <i>viae</i>. Infatti delle grandi città solo la <i>notitia urbis</i> -di Costantinopoli nomina per quartiere un certo numero -di «collegiati qui e diversis corporibus ordinati, incendiorum -solent casibus subvenire». Ma anche ammettendo — e -non si può farlo senza grandi riserve — che -qui per quartiere si intenda proprio la quarta parte della -città, il Declareuil<a class="tag" id="tag216" href="#note216">[216]</a> fa giustamente osservare che altri -passi<a class="tag" id="tag217" href="#note217">[217]</a> fanno ritenere che questo fosse l'eccezione e -non la regola. Ed in realtà solo a Bisanzio, a Roma, più -tardi a Ravenna e a Napoli, troviamo la divisione in -<i>regiones</i>: divisione di cui non si ha traccia quasi in nessun'altra -città<a class="tag" id="tag218" href="#note218">[218]</a>. -</p> - -<p> -Attribuzioni specifiche di vero interesse municipale -non vengono affidate a questi quartieri durante la repubblica -ed i primi secoli dell'impero: ma non per -questo debbono essere rimasti senza importanza per la -popolazione cittadina, specialmente plebea, per ragioni -del culto speciale che in essi si celebrava. Lo dimostra -il fatto che hanno continuato a sussistere per tutto questo -tempo; e più tardi, quando, forse per l'avvento del -cristianesimo, stavano per perdere la loro ragione di essere, -<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span> -furono rinvigoriti dal sistema delle distribuzioni -granarie. -</p> - -<p> -Si è molto discusso se tali largizioni, almeno come -istituzioni normali e periodiche, avvenissero in tutte o -almeno in gran parte delle città dell'impero<a class="tag" id="tag219" href="#note219">[219]</a>. In realtà -i municipi non erano obbligati a nutrire la plebe e fare -ad essa distribuzioni gratuite<a class="tag" id="tag220" href="#note220">[220]</a>: i rescritti imperiali di -Marco Aurelio e di Vero stabilivano i prezzi cui si poteva -e doveva vendere il frumento<a class="tag" id="tag221" href="#note221">[221]</a>, ma lo zelo dei -particolari vi suppliva così spesso che le fonti stesse -parlano di queste elargizioni e le disciplinano. Inoltre -se varii indizi fanno pensare che queste costituzioni imperiali -sieno decadute nell'osservanza durante il corso -del terzo secolo, come si dovrebbe indurre dal passo di -Erodiano in cui si parla delle casse frumentarie della -città della Gallia, di cui si impadronì Massimino: la presunzione -diviene sempre più sicura quanto più, coll'avanzarsi -della decadenza, si trasforma la costituzione -politica, e la plebe, caduta nella desolazione generale, -entra a far parte della cittadinanza. -</p> - -<p> -Come dissi, il suo primo ingresso essa lo fa indirettamente -attraverso la Chiesa, la quale, con quella virtù -di adattamento splendidamente lumeggiata dal Fustel -de Coulanges, si appropriò quanto più potè degli ordinamenti -laici statali. A quel modo stesso che, come -risulta certo, fu affidata al vescovo la sorveglianza sulla -vendita del pane e degli altri commestibili<a class="tag" id="tag222" href="#note222">[222]</a>, possiamo -presumere che, quando la miseria impose le distribuzioni -gratuite<a class="tag" id="tag223" href="#note223">[223]</a>, queste fossero fatte, con tutta probabilità -<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span> -dal vescovo<a class="tag" id="tag224" href="#note224">[224]</a>. E dato che tutte le classi della -città erano chiuse nei rispettivi collegi, ordini e numeri, -fatta eccezione della parte della cittadinanza a -cui queste particolarmente si rivolgevano e che pure -doveva esser determinata, la divisione unica possibile -sembra essere stata quella dei quartieri, i quali — mantenutisi -sempre — si rendevano ora necessari anche -per la difesa e la manutenzione delle mura imposte -a tutti i cittadini. Oltre alle conseguenze già accennate, -ne scaturì il bisogno di una divisione territoriale della -città più consona ad accogliere il nuovo sistema dell'<i>exercitus -civium</i>. Nei grandi centri, dove la costituzione -corporatizia perdurò più a lungo, l'influenza della -schola bizantina si fece assai sentire, anche nella distribuzione -territoriale delle <i>regiones</i>. Così a Roma, a Ravenna, -a Napoli ed in qualche altra città. Negli altri -luoghi, dove il centro urbano non si era scostato molto -dalla primitiva distinzione in quartieri, questi restarono -a base di tutto l'ordinamento. -</p> - -<p> -I <i>corpora</i>, gli <i>ordines</i>, i <i>numeri</i>, ormai stremati, erano -incapaci di un'azione salda e forte; e così furono assegnate -alle divisioni territoriali tutte quelle incombenze -di cui la città, auspice ormai la Chiesa, era tuttora capace. -Ed era pur fatale che fosse così! Ormai tutto faceva -pernio sulla terra ed anche le divisioni delle città -subirono la prevalenza dell'elemento terriero. -</p> - -<p> -La venuta dei Goti, più che modificato, sembra che -abbia aggravato e reso più rigido questo sistema, il -quale serviva mirabilmente a fondere la città nell'unico -<i>collegium civitatis</i>. -</p> - -<p> -Nè diversamente agì la breve dominazione bizantina. -Ma questa, però, portò una modificazione sostanziale, -di cui le fonti gotiche non ci danno nessun indizio e -<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span> -che, quindi, si deve attribuire esclusivamente al sistema -tributario bizantino. -</p> - -<p> -Sappiamo che il fisco del re goto si era appropriato -la massima parte delle terre pubbliche, ma non pare che -toccasse la posizione giuridica della <i>plebs rustica extra -muros</i> nella sua relazione con la città e più propriamente -col vescovo: tanto più dato il sistema di tolleranza -adottato da Teodorico. -</p> - -<p> -Giustiniano, invece, col sostituire il fisco suo a quello -dei Goti, non riuscì ad eguagliare le terre intorno alla -città alle altre terre fiscali, come era sua intenzione, -nè a staccarle dalla città, cui la parrocchia cittadina ed -i diritti di uso le legavano, ma privò coloro che vi risiedevano -dei vantaggi inerenti alla città stessa e cioè -della partecipazione alle distribuzioni ed alle elemosine, -che il vescovo faceva alla plebe delle città, preparando -così il terreno a successive modificazioni ancor più -gravi, delle quali studieremo lo svolgimento nel capitolo -seguente. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte1-14">§ 14.</h3> <p>— In conclusione, mentre nella città la popolazione, -tradizionalmente divisa negli antichi nuclei, si -polarizza verso le nuove più pratiche e più feconde -divisioni territoriali, le quali, pur senza acquistare per -varî secoli ancora consistenza giuridica, esercitarono -tuttavia notevole azione sulla vita cittadina; al di fuori, -in contatto immediato, si mantiene una classe che non -è più di liberi, ma non è nemmeno di coloni. Ed a questa -classe è dovuta in gran parte, come vedremo, la meravigliosa -fioritura dei nostri comuni medioevali. -</p> -</div> - -<p> -La vecchia Roma, negli ultimi suoi secoli, preparava -il terreno agli istituti che, rinsanguati dai Germani, formarono -poi il sistema dello Stato barbarico; ma quella -fatidica fattrice di civiltà non dimenticò il mezzo perchè -anche il feudo, con l'evolversi dei tempi, avesse a -cadere, e perchè su di esso si formasse una nuova e -<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span> -più elevata civiltà. Ed attorno alla città, dove restò la -culla delle manifestazioni civili, pose una mirabile cinta -contro cui si spuntò l'ira rapace dei dominatori terrieri -e si infranse l'azione torpida del sistema curtense. E -come già dalla fine del secolo quinto aveva dato il nome -all'elemento fondamentale del feudo, — il <i>beneficium</i> — alla -fine del sesto non mancò di darlo a questo circuito. -E l'una e l'altra volta con la voce dell'organo allora -più vitale della romanità: la Chiesa. Come Pietro Crisologo -ricorda il «beneficium»<a class="tag" id="tag225" href="#note225">[225]</a>, così Gregorio Magno -parla della <i>massa</i> nel senso di quella parte più aderente -alla città e pur fuori di essa, che serve a nutrir -questa e ne forma quasi una necessaria appendice.<a class="tag" id="tag226" href="#note226">[226]</a> -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span> -</p> - -<h2 id="parte2">PARTE SECONDA -<span class="smaller">La città langobarda-franca</span></h2> -</div> - -<div class="blockquote"> -<p> -§ 1. <i>Territorium.</i> — § 2. <i>Suburbium</i>. — § 3. <i>Campanea</i>. — § 4. <i>Bona -publica</i> e <i>arimanniae</i>. — § 5. Il <i>populus</i> cittadino. — § 6. I suoi -elementi: <i>pars ecclesiae, pars publica, cives</i>. — § 7. La Chiesa -come istituzione cittadina. La pieve: origine, elementi (territorio, -clero, parrocchiani, decime, oblazioni, beni) e sviluppo. Modificazione -di essa e origine della parrocchia a tipo moderno; le chiese -cardinali. — § 8. Il mercato cittadino. — § 9. Il centro urbano e -la sua natura giuridica. — § 10. L'assemblatorio cittadino. — § -11. L'assemblea regionale langobarda. — § 12. Azione dell'uno -e dell'altra nella costituzione della città. — § 13. Le divisioni -territoriali interne della città. Conclusione. -</p> -</div> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-1">§ 1.</h3> <p>— Ai tempi della discesa dei Langobardi, il territorio -giurisdizionalmente soggetto ad ogni città era, -adunque, costituito dal <i>territorium</i>, dal <i>pagus suburbanus</i> -e dall'<i>urbs</i>. -</p> -</div> - -<p> -Bisogna ora vedere se la nuova invasione abbia portato -cambiamenti e quali. -</p> - -<p> -Cominciamo dal <i>territorium</i>. -</p> - -<p> -Per il primo il Muratori suppose che, pur con qualche -eccezione<a class="tag" id="tag227" href="#note227">[227]</a>, le circoscrizioni ecclesiastiche normalmente -coincidessero con quelle civili<a class="tag" id="tag228" href="#note228">[228]</a> e, più tardi, le -giuste osservazioni del Beretta<a class="tag" id="tag229" href="#note229">[229]</a>, confermate da buone -<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span> -ricerche particolari<a class="tag" id="tag230" href="#note230">[230]</a> e completate dall'esauriente indagine -del Pabst<a class="tag" id="tag231" href="#note231">[231]</a>, ne convalidarono l'opinione con -prove così sicure, che un insistervi da parte mia sarebbe -completamente superfluo, se con il problema da -essa prospettato non fosse intimamente connessa un'altra -questione, sulla quale, per la sua importanza, da gran -tempo s'affaticano gli studiosi, senza essere riusciti fino -ad ora a conclusioni soddisfacenti: la questione, notissima, -delle controversie vescovili per l'estensione del territorio -diocesano. -</p> - -<p> -Gli scrittori ammettono tutti come sicuro che prima -dei Langobardi i confini ecclesiastici coincidessero perfettamente -e dovunque con quelli civili e che ai Langobardi -si debba il perturbamento di cui le controversie in -parola sono la manifestazione. Qualcuno<a class="tag" id="tag232" href="#note232">[232]</a>, più radicale, -sostiene senz'altro che i Langobardi non assegnassero -ai distretti amministrativi gli stessi confini delle diocesi: -altri, seguito dai più, ha ritenuto più probabile che i -Langobardi, per sistema, mantenessero le antiche divisioni -territoriali e che le vertenze vescovili sieno nate -dal fatto che nei luoghi dove l'invasione proruppe più -cruenta e si mantenne più feroce, alcuni vescovi furono -costretti a fuggire e l'amministrazione spirituale dei loro -fedeli fu affidata ad antistiti vicini, i quali, in buona o -mala fede, ritennero alcune pievi, anche quando la primitiva -sede episcopale fu ricostituita<a class="tag" id="tag233" href="#note233">[233]</a>. -</p> - -<p> -Come si vede, causa unica ed assoluta del perturbamento — diretta -o indiretta che sia — è da tutti ritenuta -l'invasione langobarda. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span> -</p> - -<p> -Non è improbabile, invece, che le cause si debbano -rintracciare in una condizione di cose preesistente rimasta -immutata — salvo le poche ed inevitabili perturbazioni -inerenti ad un così brusco e rude passaggio<a class="tag" id="tag234" href="#note234">[234]</a> — anche -con i Langobardi. -</p> - -<p> -La <i>lex julia municipalis</i><a class="tag" id="tag235" href="#note235">[235]</a> ricorda solamente <i>municipia, -coloniae, praefecturae, fora, conciliabula, vici</i> e -<i>castella</i>, e queste furono certamente le sole divisioni amministrative -romane da Cesare in poi: ma, d'altra parte, -è altrettanto certo che fra le indicazioni topografiche richieste -dalla <i>forma censualis</i><a class="tag" id="tag236" href="#note236">[236]</a> c'è anche quella del pago, -e i monumenti romani, che ancora possediamo, a cominciar -dalla tavola alimentaria velleiate<a class="tag" id="tag237" href="#note237">[237]</a>, ci attestano -<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span> -la persistenza del <i>pagus</i>. Il <i>pagus</i> — è merito del Voigt -l'averlo dimostrato<a class="tag" id="tag238" href="#note238">[238]</a> — ente a base prevalentemente religiosa, -sotto la direzione dei <i>magistri pagorum</i>, curò anche -gli interessi più strettamente locali affidatigli dal -municipio, nel largo sistema di autonomia proprio della -costituzione romana fino al terzo e quarto secolo dell'impero. -Più tardi, sparita l'autonomia, questo agglomerato -di tradizioni religiose e di bisogni comuni servì -alla pubblica amministrazione come efficace strumento -per le cure dell'esazione finanziaria. -</p> - -<p> -Dato l'originario carattere dell'istituzione, ne era a -centro un tempio, un luogo sacro, in cui i pagensi convenivano. -Si ebbe così una circoscrizione composta di -varî territorî, qualcuno dei quali era molto spesso incluso -e sottoposto alla giurisdizione di un diverso municipio, -ma che pure potevano far capo ad un centro comune -tutto loro proprio, distinto dai municipi stessi. Il -cristianesimo, divenuto religione ufficiale dell'impero, non -mancò di insediarsi anche nei pagi, molto numerosi in -Italia; ma portò un'innovazione, di cui non si tardò a -sentire le conseguenze. Il pago viveva di propria ed autonoma -vita: la pieve, per l'organizzazione sua, non poteva -non dipendere direttamente da un vescovo; il primo -prescindeva da ogni capoluogo municipale, la seconda -doveva far necessariamente capo alla <i>civitas</i>. Criterio distintivo, -naturalmente fu tenuto quello della giurisdizione -ecclesiastica, e così tali pievi dipendettero dall'episcopio -a cui spettava l'ordinazione dei titolari. -</p> - -<p> -La Chiesa stabilì sino dai primissimi tempi — «sicut -in regulis contineatur antiquis» — che la diocesi era costituita -non dal territorio giurisdizionale della città in cui -il vescovo risiedeva — <i>territorium non facere diocesim</i> — ma -dalle parrocchie <i>unicuique ecclesiae pristina dispositione -deputatae</i><a class="tag" id="tag239" href="#note239">[239]</a>. Poteva avvenire che la pieve fosse -<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span> -costituita da due o più vici di uno stesso territorio, ed -allora i parrocchiani si univano pacificamente per la nomina -dell'arciprete: tale è il noto caso della pieve di -Mosciano, la cui <i>plebs congregata</i> comprende due centene, -che compariscono insieme con i loro centenari<a class="tag" id="tag240" href="#note240">[240]</a>. La -cosa era ben più grave quando i territori erano giurisdizionalmente -separati: la pieve legava fortemente alla -città, cui faceva capo per l'episcopio, parte del territorio -di altra città. Di qui i lunghi ed acri conflitti. -</p> - -<p> -Il Leicht<a class="tag" id="tag241" href="#note241">[241]</a> crede che solo all'epoca carolingia, rendendosi -frequente la costruzione di nuove chiese, <i>plebs, -fundus</i> e <i>vicus</i> venissero regolarmente a coincidere. Si -può ammettere che solo in quest'epoca la voce <i>plebs</i> -acquisti un carattere non soltanto religioso, come all'epoca -langobarda, ma anche pubblico; come è certo dai -capitolari franchi che numerose chiese furono costruite -al tempo franco, oltre quelle, già frequenti, degli ultimi -tempi langobardi. Ed è pure da accettarsi l'idea che il sistema -curtense, largamente favorito dall'unione del potere -religioso con quello civile, tendesse fortemente a -stringere la «curtis» intorno alla chiesa che ne era considerata -come il centro. Ma a queste considerazioni non -si può rigidamente legare la costituzione di nuove pievi, -almeno in linea generale; ce ne accerta l'opposto sistema -con cui la legislazione carolingia tratta le chiese -battesimali rispetto alle altre (cappelle, oratori etc.). Solo -alle prime, sorte sotto il primitivo ordinamento cristiano -della quadripartizione (di cui larghe tracce si conservano, -però, anche in tempi assai tardi), spettano le decime. -E le usurpazioni del feudo tendono più spesso ad una -abusiva riscossione di esse, che non ad un frazionamento -territoriale a beneficio di una chiesa non insignita -di tal diritto<a class="tag" id="tag242" href="#note242">[242]</a>. Il moltiplicarsi delle parrocchie -<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span> -rurali si avvera massimamente quando la reazione alla -simonia imposta la parrocchia su nuove basi e si vale -abilmente della <i>nova consuetudo</i>, invalsa presso i grandi -signori nel secolo decimoprimo, di frazionare i loro dominî<a class="tag" id="tag243" href="#note243">[243]</a> -per suddividere molte delle antiche pievi in un -numero più o meno ampio di parrocchie, il cui popolo, -per antica tradizione, oltre il nome di <i>plebs</i>, conservò anche -quello di <i>populus</i>. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-2">§ 2.</h3> <p>— Ancor più grave, perchè del tutto trascurata -dagli storici del nostro diritto, e, pur tuttavia, di anche -maggiore importanza, è la questione del <i>suburbium.</i> -</p> -</div> - -<p> -Base di ogni ricerca e punto di partenza di ogni indagine -mi sembra che debba essere il progetto di divisione -dell'impero fatto da Carlo Magno nell'anno 806, -e che è, del resto, anche l'unica fonte legislativa che dia -luce sull'argomento. -</p> - -<p> -In questo progetto le città italiane vengono specificate -così: <i>civitates cum suburbanis et territoriis suis atque -comitatibus que ad ipsas pertinent</i><a class="tag" id="tag244" href="#note244">[244]</a>. -</p> - -<p> -La voce <i>suburbium</i>, di evidente derivazione, proviene -<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span> -da quel <i>sub urbe</i> romano<a class="tag" id="tag245" href="#note245">[245]</a> che si è conservato a lungo -intatto in alcune parti d'Italia e specialmente nella regione -emiliana<a class="tag" id="tag246" href="#note246">[246]</a>; ma, pur mantenendo inalterato il -senso generico di vicinanza alla città, riceve vario valore -e diversa significazione specifica a seconda del variare -dei tempi e dei luoghi, onde l'indagine è resa assai -difficile ed è tenuta a procedere con gran cautela ed -a far conto anche dei più esigui elementi. -</p> - -<p> -Se numerosi documenti, dovendo indicare il territorio -prossimo alla città, invece di <i>suburbium</i>, usano dire -<i>prope, extra, iuxta, foris, ad civitatem</i> o <i>ad muros civitatis</i> -o adoperano qualche altro termine consimile, ve -ne sono altri molto notevoli, per quanto poco numerosi, -che adoperano espressioni meno generiche, le quali possono -essere prese come esponenti di uno stato di cose -generale o, almeno, molto diffuso. -</p> - -<p> -Primo esempio di tale uso tecnico, per ordine di -tempo, è il testamento con cui il monaco Grato di Monza -dispose nell'anno 769 delle cose sue, curando che -tutte capitassero in buone mani, riferendosi specialmente -a quelle che aveva «in civitate boloniensi vel <i>foris circa -ipsa civitate</i>»<a class="tag" id="tag247" href="#note247">[247]</a>. -</p> - -<p> -Un secondo esempio ci è dato dal diploma con cui -nell'815 Lodovico il Pio conferma al monastero di S. Zenone, -«constitutum <i>in suburbium civitatis Verone</i>», le -numerose elargizioni di Pipino, e fra le altre la chiesa -dei SS. martiri Fermo e Rustico con le decime e le pertinenze, -fra le quali l'«horreum <i>infra</i> civitatem Veronam -cum suis areis <i>in circuitu</i> (civitatis)»<a class="tag" id="tag248" href="#note248">[248]</a>. -</p> - -<p> -Anche più evidente, per questo rispetto, è la concessione -<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span> -di alcune terre fatta nell'873 da Gherardo, vescovo -di Lucca, a un certo Cristiano, con l'obbligo, fra gli -altri, di tre giorni di opere per settimana, «ubique utilitas -fuerit <i>in circ[uit]o civitatis</i>»<a class="tag" id="tag249" href="#note249">[249]</a>. E più importante ancora -è un altro documento lucchese appartenente, secondo -alcuni critici, al secolo ottavo o alla prima metà -del successivo<a class="tag" id="tag250" href="#note250">[250]</a>, secondo altri — e forse non a torto — alla -seconda metà del secolo nono<a class="tag" id="tag251" href="#note251">[251]</a>. È un polittico -del vescovado, redatto, molto probabilmente, nel -momento burrascoso, in cui numerose liti, destinate a -sminuirne il patrimonio, rendevano necessaria una rassegna -accurata delle sue terre e delle persone che comunque -ne dipendevano. Poichè le varie possessioni, -sparse su un esteso raggio di territorio, non furono riunite -in un'unica «curtis», si hanno più polittici riguardanti -ciascuno una speciale massa di beni. Quello di cui -ora si tratta concerne le terre situate nel territorio lucchese -e distingue nettamente quelle <i>in circuitu civitatis</i> -da quelle esistenti fuori. -</p> - -<p> -Ed altri documenti usano lo stesso termine: sappiamo -di un pascolo comune <i>in circuitu Civitatis Nove</i><a class="tag" id="tag252" href="#note252">[252]</a>, -della chiesa di S. Tommaso apostolo, «que sita est in -Regio civis vetere cum suo domocultila intus et foris <i>in -circuitu Regio</i>»:<a class="tag" id="tag253" href="#note253">[253]</a> pure di Reggio conosciamo delle «res -que sunt <i>in circuitu civitatis</i> que vocatur Aemilia»<a class="tag" id="tag254" href="#note254">[254]</a> -ed abbiamo ricordo delle selve della chiesa cremonese -situate <i>in circuitu civitatis</i><a class="tag" id="tag255" href="#note255">[255]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span> -</p> - -<p> -E gli esempi potrebbero susseguire più numerosi, se -si scendesse ancora nel tempo: cosa che, per l'esattezza -della dimostrazione, non è necessario ora di fare<a class="tag" id="tag256" href="#note256">[256]</a>. -</p> - -<p> -Accanto a quest'espressione, ce ne è anche un'altra -di minore appariscenza e di uso meno frequente; e ciò — io -credo — per aver subito più rapidamente dell'altra -mutamento di significato. Parlo dell'avverbio <i>infra</i>. Originariamente -esso indicava uno spazio fra due punti determinati; -ma, nel corso dei secoli, ha subito tali modificazioni -che la frase <i>infra civitatem</i>, per esempio — ed -è quella che a me preme esaminare — si è intesa come -rispondente al concetto: «entro la città». Non nego che, -in molti casi, talvolta anche nei documenti anteriori al -secolo XI e quasi normalmente in quelli posteriori, tale -interpetrazione sia esatta; ma vi sono documenti in cui -simile significato è in opposizione diretta con la verità -dei fatti. Nella donazione che, nel 767, il re Desiderio -fece a sua figlia Angelberga di <i>molinas duas insimul -molentes positas in aqua quae exit de cuniculo qui decurrit</i> -<span class="smcap lowercase">INTRA SUPRASCRIPTA CIVITATE BRIXIANA FORIS MUROS -CIVITATIS</span> <i>ante portam beatissimorum martirum Faustini -et Jovite</i><a class="tag" id="tag257" href="#note257">[257]</a>, è evidente che intra indica tutt'altro che -l'interno del recinto murato. E il famoso monastero di -S. Salvatore, sempre detto <i>infra civitatem</i><a class="tag" id="tag258" href="#note258">[258]</a>, è fuori -<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span> -delle mura; come sono fuori delle mura un <i>ortellum pertinentem -de veronense comitatu situm</i> <span class="smcap">infra civitatem Veronam</span> -<i>non longe a Curte Alta</i>, donato da Berengario I -a Ingelfredo<a class="tag" id="tag259" href="#note259">[259]</a> ed una casa ed alcune terre «<i>infra</i> civitatem -Pistoriensem» donate da Rasperto all'oratorio in -onore dei SS. Paolo Pietro e Anastasio da lui costruito -«<i>intus</i> Pistoriensem civitatem»<a class="tag" id="tag260" href="#note260">[260]</a>. E identico significato -ritroviamo in documenti lucchesi, piacentini e bolognesi<a class="tag" id="tag261" href="#note261">[261]</a> -per l'Italia settentrionale e centrale; e, per il mezzogiorno, -nei documenti beneventani, i quali tutti, per -indicare un luogo entro le mura, usano <i>in</i> con l'ablativo -o <i>intus,</i> e adoperano <i>infra</i> per indicare un luogo -fuori delle mura ma vicino ad esse<a class="tag" id="tag262" href="#note262">[262]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span> -</p> - -<p> -Mi sembra da escludere che <i>infra</i> nei casi indicati -accenni una vicinanza immediata alle mura, e ciò perchè -documenti sincroni e della stessa regione in genere -adoperano <i>prope</i>: <span class="smcap lowercase">PROPE</span> <i>muros</i>, <span class="smcap lowercase">PROPE</span> <i>civitatem</i>, o -qualche altro avverbio consimile. D'altra parte è pure -da escludere in modo assoluto il significato di una distanza -molto grande. -</p> - -<p> -A spiegare perchè tale voce in alcuni casi eccezionali -abbia questo significato è da pensare all'uso che ne fa -Costantino nella legge con cui distingue i beni urbani -dai rustici in base non alla destinazione, ma all'ubicazione, -comprendendo fra i primi, come ho cercato di -dimostrare nella prima parte<a class="tag" id="tag263" href="#note263">[263]</a>, quelli che sono <span class="smcap lowercase">INTRA</span> -<i>civitatem:</i> entro la città murata, cioè, e nell'ambito di -mille passi. Si può ritenere che ai termini ed agli istituti -antegiustinianei, conservatisi a lungo nella nostra Italia, -sia da aggiungere anche questo avverbio<a class="tag" id="tag264" href="#note264">[264]</a>. Così si -<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span> -vede pure come a produrre la grande varietà dei nostri -formularî notarili abbiano contribuito anche elementi -che risalgono a tempi non bassi dell'epoca romana. Determinare -in quale proporzione ciò sia avvenuto non è -facile, perchè più tardi le tracce del tecnicismo dell'alto -medio evo, che si ricollega a tradizioni allacciate al diritto -teodosiano, furono cancellate dall'opera livellatrice -ed in parte distruggitrice del rifiorito studio del diritto -giustinianeo: sicuramente non è privo di importanza. -Non è, però, compito mio indagarlo: io debbo, invece, -ricercare se il medioevo offra altri elementi a provare -l'unione giuridica del <i>suburbium</i> alla città. -</p> - -<p> -Oltre alle fonti giuridiche possono essere di grande -aiuto quelle ecclesiastiche. L'esistenza di un pago suburbano -connesso alla città per ragioni di culto, è accertata -in modo inconfutabile per alcune regioni italiane, -come Pompei<a class="tag" id="tag265" href="#note265">[265]</a> ed è presumibile con molto fondamento -per le altre, specialmente dopo il secolo quarto, quando -la Chiesa, divenuta organo della religione dello Stato, -si adattò alle divisioni territoriali di questo. -</p> - -<p> -Molti documenti di sicura autenticità mostrano il territorio -suburbano ecclesiasticamente congiunto alla città -<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span> -e formante con essa un'unica parrocchia, con perfetta -continuità con la situazione a noi nota per la precedente -epoca romano-bizantina. -</p> - -<p> -Il monaco Giona, originario di Susa, vissuto a lungo -nel monastero di S. Colombano e più tardi abate in -quello di Enona presso Mastricht, dove morì verso il -670, nella vita di S. Eustasio di Luxeuil<a class="tag" id="tag266" href="#note266">[266]</a>, narra che -questo santo costruì <i>in suburbano Bituricensis urbis</i> -molti e floridi monasteri della regola di S. Colombano, -cominciando da uno <i>in insula supra fluvium Milmandram</i>. -</p> - -<p> -Un secolo dopo il pontefice Stefano III (768-772) si -duole fortemente con Ariberto, vescovo di Narbona, che -la «plebs judaica» possegga terre frammiste a quelle -dei cristiani «in villis et <i>in suburbanis</i>»<a class="tag" id="tag267" href="#note267">[267]</a>. -</p> - -<p> -Il primo capitolare di Teodulfo vescovo aurelianense, -dell'anno 797<a class="tag" id="tag268" href="#note268">[268]</a>, stabilisce che i <i>sacerdotes qui</i> <span class="smcap lowercase">IN CIRCUITU -URBIS</span> <i>aut</i> <span class="smcap lowercase">IN EADEM URBE</span> <i>sunt, conveniant in unum</i> -il popolo <i>ad publicam missarum celebrationem</i> alla chiesa -matrice episcopale: e il secondo capitolare, di poco posteriore<a class="tag" id="tag269" href="#note269">[269]</a>, -a togliere ogni dubbio, nel ripetere la stessa -disposizione, parla di sacerdoti <i>urbani</i> e <i>suburbani</i>. -</p> - -<p> -E il concilio di Pavia dell'850<a class="tag" id="tag270" href="#note270">[270]</a>, confortato da documenti -che ci attestano altrettanto per Roma<a class="tag" id="tag271" href="#note271">[271]</a>, Verona<a class="tag" id="tag272" href="#note272">[272]</a>, -<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span> -Pavia<a class="tag" id="tag273" href="#note273">[273]</a>, Ferrara<a class="tag" id="tag274" href="#note274">[274]</a>, Parma<a class="tag" id="tag275" href="#note275">[275]</a>, Bergamo<a class="tag" id="tag276" href="#note276">[276]</a>, etc., conferma -come regola generale il principio che i <i>singuli urbium -vicini et suburbani</i> sieno retti <i>per municipalem archipresbyterum</i>, -con netta separazione dai parrocchiani delle -singole pievi rurali: <i>suburbane terre que dividuntur a -plebibus</i>, dice un atto parmense<a class="tag" id="tag277" href="#note277">[277]</a>. -</p> - -<p> -Quanto alla estensione di questo territorio suburbano, -che non deve essere esigua, se il passo di Giona -vi include l'isola del fiume Milmandra; essa è messa -ancor più in evidenza dal diploma dell'842 di Ramperto, -vescovo di Brescia, al monastero di Faustino e Giovita<a class="tag" id="tag278" href="#note278">[278]</a>, -che include nel suburbio un vico intiero, con le sue -terre. E il vico è detto <i>vico suburbano episcoporum</i>, mostrando -la generale applicazione, almeno territorialmente, -della norma amministrativa della Chiesa romana che -distingueva il patrimonio in <i>suburbana, massae et -<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span> -coloniciae</i><a class="tag" id="tag279" href="#note279">[279]</a>. E la vita di S. Ebrulfo, di autore anonimo ma -<i>perantiquo</i>, come si esprime il Mabillon, ne narra l'elezione -ad abate <i>in suburbanis Ambianensium</i> nel monastero -sorto nel luogo «ubi Fulcianus et Victoricus glorioso -certaverunt martyrio» e che dista da Ambiano -due leghe<a class="tag" id="tag280" href="#note280">[280]</a>. -</p> - -<p> -E a questi esempi se ne possono aggiungere altri se -si ricorre all'aiuto offerto dalla decima. Questa, come -è noto, si pagava solo alle chiese matrici<a class="tag" id="tag281" href="#note281">[281]</a>. Nella città -essendo matrice la cattedrale, tutti i luoghi che appaiono -soggetti per la decima alla città fanno parte del suburbio<a class="tag" id="tag282" href="#note282">[282]</a>. -A Bergamo, per esempio, il territorio soggetto -alla decima non si limitava al solo monte su cui la città è -situata, ma si estendeva circa quattro miglia<a class="tag" id="tag283" href="#note283">[283]</a>. Lo stesso -<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span> -è a dirsi di Brescia, posta anch'essa sopra un monte: -«in montem Brixiam civitatis», dice Luitprando<a class="tag" id="tag284" href="#note284">[284]</a>. -</p> - -<p> -Il Roberti<a class="tag" id="tag285" href="#note285">[285]</a>, sulla traccia dello Schupfer<a class="tag" id="tag286" href="#note286">[286]</a>, che giustamente -aveva asserito che il «mons Bergomi» era un -bene comune della città, volle dedurre di qui una regola -generale e affermò che allora ogni città edificata -sopra un monte, aveva il monte stesso come bene comune. -Tale asserzione, inesatta nel fatto — numerosi documenti -provano l'esistenza di non poche proprietà private -sul monte stesso — non mi pare giustificata nemmeno -come tentativo di spiegare la specificazione possessoria -usata dalle fonti, perchè il monte è considerato -come spettante alla città non perchè fosse gravato, ammettiamo -pure, nella maggior parte della sua estensione -da diritti civici; ma perchè incluso in quel suburbio che -faceva parte integrante della città in ogni caso: anche — in -ipotesi — se i beni comuni ne fossero stati tutti -al di fuori. -</p> - -<p> -Molto vasto era pure il suburbio di Verona<a class="tag" id="tag287" href="#note287">[287]</a> quale -<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span> -ce lo raffigura un documento dei primissimi anni del -secolo IX; e di non piccola estensione dovevano essere -quelli di Pavia, di Torino, di Ivrea, di Vercelli, di Reggio, -di Città Nuova e di Modena<a class="tag" id="tag288" href="#note288">[288]</a>. -</p> - -<p> -E non cito qui altri documenti posteriori, perchè il -ricorrere indifferentemente a documenti anteriori e posteriori -al gran movimento di concessione di terre suburbane -ai vescovi, iniziato negli ultimi anni del secolo -nono, porterebbe a unire situazioni giuridicamente assai -diverse. -</p> - -<p> -Non mi sembra inutile invece un'altra osservazione. -</p> - -<p> -Non si deve credere che il territorio suburbano assegnato -probabilmente a tutte le città, fosse delimitato -da per tutto con la stessa unità di misura. Fra gli antichissimi -usi indigeni accolti dagli agrimensori romani<a class="tag" id="tag289" href="#note289">[289]</a>, -ci fu senza dubbio la <i>lega</i> gallica, che troviamo -esplicitamente ricordata dagli agrimensori stessi e da -Ammiano Marcellino<a class="tag" id="tag290" href="#note290">[290]</a> e che constava di 1500 passi. -<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span> -Il <i>bannilega</i> — giurisdizione su una lega di territorio -intorno alla città<a class="tag" id="tag291" href="#note291">[291]</a> o al mercato<a class="tag" id="tag292" href="#note292">[292]</a> — si basa senza -dubbio sulla <i>lega</i> e non sul miglio romano ed era, conseguentemente, -più ampio di cinquecento passi del corrispondente -<i>pagus suburbanus</i> romano; quando non lo -era di molto di più, come ad Ambiano dove il «suburbium» -era costituito da due leghe<a class="tag" id="tag293" href="#note293">[293]</a>. -</p> - -<p> -Considerando che in Francia, sino da antichissimi -tempi, questo territorio apparteneva alle città entro gli -stessi confini<a class="tag" id="tag294" href="#note294">[294]</a> e che in Italia oltre che a Bergamo e a -Verona, anche a Lodi e nelle altre città italiane dell'antica -Gallia<a class="tag" id="tag295" href="#note295">[295]</a> il territorio suburbano appare di un'estensione -maggiore che altrove, inclino a concludere che, -dove non si hanno speciali condizioni topografiche, ci si -trovi dinanzi ad un'antichissima divisione territoriale -rimasta inalterata nel passare dei secoli e dei popoli<a class="tag" id="tag296" href="#note296">[296]</a>. -</p> - -<p> -Vediamo ora in quale rapporto questo suburbio si -trova colla città e da quale regime giuridico fu governato: -vedremo più tardi — dopo studiate le condizioni -interne della città in questo periodo — le modificazioni -apportatevi dall'azione reciproca della città e del suburbio. -</p> - -<p> -Il passo del sinodo romano <i>in causa Formosi pape</i> -distingue nel patrimonio ecclesiastico tre elementi: i <i>suburbana</i>, -le <i>massae</i> e le <i>coloniciae</i><a class="tag" id="tag297" href="#note297">[297]</a>. Se questa originariamente -fu una pura distinzione topografica, non credo -<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span> -che tale si mantenesse più tardi. E di fatto, per quale -ragione si dovrebbe credere che nel suburbio, che conosciamo -assai esteso, non esistessero terre in rapporto -massaritico o colonico con la Chiesa? Forse perchè la -città era tutta contornata da beni comuni? No certo: il -fatto stesso dell'esistenza di beni suburbani di proprietà -di una chiesa esclude la possibilità che fossero tutti beni -comuni. O forse perchè entro il suburbio non si potevano -avere massari o coloni? Nemmeno: nessuna legge, -che io mi sappia, contiene simile disposizione, la quale, -del resto, sarebbe sempre contradetta da numerosi documenti, -che provano l'esistenza di massari e di coloni non -soltanto nel suburbio, ma anche entro le mura. D'altra -parte la espressione è così chiara che non lascia luogo -a dubbi di sorta: i suburbana son differenti dalle massae -e tutt'e due dalle coloniciae. -</p> - -<p> -Il diritto romano dei tempi classici, è noto, concepisce -la persona fisica nei due soli stati di libertà e di servitù. -Invece il diritto germanico — che conosce già quella -categoria intermedia degli aldi, così difficile a definire -ed a cogliere nella sua vera natura, poichè tiene del libero -e del servo ad un tempo — venuto in Italia a regolare -i rapporti giuridici di persone vinte e che la residenza -in terra altrui, riducendo il rapporto di soggezione -da personale in reale, aveva anche prima menomato -molto nella libertà personale, finì con l'ammettere -infiniti gradi nelle condizioni dei soggetti; onde si venne -a costituire una scala, all'ultimo gradino della quale -stava il servo, mentre il primo era costituito dal figlio -di famiglia e dalla donna<a class="tag" id="tag298" href="#note298">[298]</a>. -</p> - -<p> -Nel passo del sinodo romano, l'elemento più basso -è quello colonico, a cui da quello suburbano si scende -non direttamente, ma con il gradino intermedio del -massaro. È vero che la posizione giuridica del massaro -<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span> -non è eguale nè da per tutto nè in ogni tempo<a class="tag" id="tag299" href="#note299">[299]</a>, ma però -è certo che, generalmente, era più autonoma se non libera -di quella del colono<a class="tag" id="tag300" href="#note300">[300]</a>. E, logicamente, i coltivatori -delle terre che la Chiesa possedeva nel suburbio, dovevano -trovarsi in una condizione giuridica anche migliore. -Ma se questo è, si deve anche ammettere che tale fenomeno -non poteva esser dovuto unicamente ed esclusivamente -alla Chiesa: questa non poteva porre a base -una tal distinzione soltanto perchè certe terre erano vicine -alla città, mentre altre ne erano lontane. Ci voleva -una causa più forte; e questa è da trovarsi nella diversa -condizione giuridica delle classi suburbane; diversa condizione -giuridica mantenutasi per il consolidamento di -una antica consuetudine<a class="tag" id="tag301" href="#note301">[301]</a>, per la quale i lavoratori delle -terre suburbane erano costretti a prestazioni meno onerose, -per numero e per quantità, di quelle a cui erano -obbligati i massari e, più dei massari, i coloni. -</p> - -<p> -Perchè, bisogna aggiungere, non è la Chiesa di Roma -soltanto che usa questo sistema: tutte le altre tengono -lo stesso procedimento. Un esempio ne abbiamo da -quella di Lucca, che distingue le terre possedute nel territorio -<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span> -lucchese in due grandi categorie, a seconda che -sieno poste o no <i>in circuitu civitatis.</i> -</p> - -<p> -Infatti tanto nelle une come nelle altre la popolazione -è divisa nelle due categorie dei <i>redditales</i> e degli -angariales: i primi obbligati a prestazioni in danaro o -in natura, i secondi a queste ed, inoltre, a un certo numero -di opere ogni settimana. Ma si hanno differenze -notevolissime. -</p> - -<p> -Nelle terre suburbane il vescovado possiede 65 <i>redditales</i> -e 25 <i>angariales</i>, mentre nelle terre situate nel -comitato la proporzione è del tutto invertita: 50 angariales -di fronte a 19 <i>redditales</i><a class="tag" id="tag302" href="#note302">[302]</a>. E, di più, gli angariales -in circuitu, oltre ad un numero fisso di angarie — abitualmente -tre per settimana — pagano quasi sempre -metà del vino e dell'olio; mentre gli <i>angariales</i> delle -altre terre sono esenti da queste ultime prestazioni. E -differenze sensibili si notano anche riguardo ai <i>redditales</i>, -dei quali alcuni di quelli in vicinanza della città -davano, oltre al censo abituale, anche un terzo e talvolta -perfino la metà «de omne lavoratione» o «de lavore -maiore». -</p> - -<p> -A escludere che si tratti di un caso eccezionale, basta -la concomitanza col documento bresciano e più ancora -con quello romano. -</p> - -<p> -D'altra parte si vede bene, come i <i>redditales</i>, considerati -come tali, stanno all'apice della categoria dei non -liberi risiedenti su terra altrui, e vi sono vincolati meno -strettamente dei massari e, a ragione maggiore, dei coloni. -E un'altra cosa che dà da pensare è la differenza -fra persone della stessa classe a seconda della loro situazione -topografica. -</p> - -<p> -Non si può credere che la prevalenza dei <i>redditales</i> -sugli <i>angariales</i> nel suburbio sia dovuta all'azione o all'influenza -del mercato cittadino sulle classi servili: noi -ci troviamo, nel caso del documento lucchese, davanti -<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span> -ad una percentuale molto forte di <i>redditales</i>, che nulla -impedisce di supporre estesa anche alle terre possedute -da altri nel suburbio cittadino: se realmente essi avessero -a poco a poco migliorato la loro condizione per i -benefici influssi del mercato cittadino e della città e, più -spesso ancora, del suburbio stesso, come sede di quello, -non si arriva a capire come questi angariali, frequentemente -ricordati, sieno in peggiore condizione degli angariali -comitatini, e come e perchè i <i>redditales</i> che risentono -il contatto cittadino si trovino più gravati di quelli -che ne sono distanti. In verità apparirebbe — non dico -che sia — tutto il contrario. -</p> - -<p> -Dunque la spiegazione di tale stato giuridico deve -essere cercata, in un altro campo, quello cui ho già accennato: -l'irrigidimento dei vincoli e dei contratti rurali -iniziato negli ultimi tempi romani. Io trovo una -continuazione diretta con la condizione dei lavoratori -della terra nei <i>mille passus</i> romani, quando furono anch'essi -travolti nella gran rovina che li privò della libertà -e li legò come gli altri alla gleba, lasciando loro -l'unico vantaggio di fronte agli altri coloni, a cui la legislazione -giustinianea tentò di equipararli, di un quantitativo -diverso e meno oneroso di prestazioni; e queste -continuarono inalterate nei secoli successivi, in modo -che, quantunque i lavoratori, su cui gravavano, fossero, -al pari degli altri, chiamati <i>redditales</i> ed effettivamente -rientrassero in tale classe, pure se ne differenziarono. -</p> - -<p> -Quanto poi alla coesistenza di un esiguo numero di -<i>angariales</i>, mi pare che questo fatto, oltre ad escludere -ancora una volta che tutti i dipendenti della Chiesa, solo -perchè suburbani, godessero di posizione privilegiata, -escluda anche che ciò sia dovuto ad un'azione, comunque -esercitata, della parrocchia cittadina (comprendente -come sappiamo, anche il suburbio); perchè in tal caso, -nè gli <i>angariales</i> sarebbero rimasti più gravati dei loro -confratelli comitatini, nè i <i>redditales</i>, che erano anche -più numerosi, si sarebbero trattenuti dall'avvantaggiarsi -di più. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span> -</p> - -<p> -Del resto il fenomeno mostrato dal polittico lucchese -non è isolato: un'altra pagina interessante per la storia -della condizione dei lavoratori della terra del suburbio -può essere offerta dall'esame comparativo di due diplomi -concernenti Asti. -</p> - -<p> -Nell'anno 924 un certo Oberto chiese a re Rodolfo, -di cui era <i>fidelis</i>, il castello vecchio di Asti ed alcuni -<i>servientes infra eamdem civitatem commanentes</i>, singolarmente -nominati, con le mogli ed i figli <i>cum massariciis -illorum et omnibus rebus mobilibus et inmobilibus</i>. E il -re, con diploma del 5 decembre dello stesso anno<a class="tag" id="tag303" href="#note303">[303]</a>, gli -concesse il castello con le sue pertinenze e <i>cum servis -et ancillis et omnibus mobilibus ad eosdem iuste et legaliter -pertinentibus</i>. -</p> - -<p> -Basta un'occhiata per accorgersi di un fatto abbastanza -strano in un diploma: la <i>dispositio</i> non corrisponde -esattamente alla <i>narratio</i>: in questa si domandano -dei <i>servientes</i> con le loro massaricie ed i loro beni -mobili ed immobili: in quella si concedono degli immobili -con i servi e le ancelle che li lavorano e con i beni -mobili — i soli beni mobili — che ad essi appartengono -legalmente: con tutta probabilità si accenna al peculio.<a class="tag" id="tag304" href="#note304">[304]</a> -</p> - -<p> -Ho detto che questa dissonanza è un fatto abbastanza -strano (e chiunque conosca un po' le norme delle -cancellerie regie ed imperiali, lo sa); ma esso diviene -ancor più strano per il ripetersi di questa stessa discrepanza -in un altro diploma regio, di poco posteriore a -questo, che concerne le stesse precise cose di cui si -tratta in questo<a class="tag" id="tag305" href="#note305">[305]</a>. È un diploma del 23 luglio 938 con -<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span> -il quale Ugo e Lotario confermarono al vescovo Brunengo -questi stessi beni pervenuti al vescovado nel frattempo: -sembra per una donazione <i>mortis causa</i>. Nella -<i>narratio</i> si parla di <i>massaritia sex cum servis et ancillis -ea rettinentibus</i>: nella <i>dispositio</i> si usa la formula consueta -in tutte le <i>concessioni: casis massaritiis ac famulis -utriusque sexus</i>. -</p> - -<p> -Il contrasto è meno stridente che nel diploma del -924, ma non meno evidente perchè la parola <i>rettinentibus</i> — qualunque -significato abbia il verbo <i>retinere</i> — indica -pur sempre qualche cosa di diverso da quello che -si sarebbe desunto se il diploma avesse detto che quei -servi e quelle ancelle <i>pertinebant</i> alle massaricie donate. -La correlazione fra i due diplomi impedisce di pensare -ad un errore qualunque da parte della cancelleria regia -e quindi si deve ricercare per altre vie una spiegazione -dell'incognita. -</p> - -<p> -Si può osservare — rifacendo la via a ritroso attraverso -ai due diplomi — che la <i>narratio</i> del secondo -parte dalla <i>dispositio</i> del primo e che la <i>dispositio</i> del -secondo segna l'ultimo punto della trasformazione della -condizione di questi lavoratori. Essi da prima appaiono -in tale stato che se non possono esser detti veri e propri -<i>servi</i>, ci si avvicinano tanto da essere qualificati come -<i>servientes</i>: eppure, per un altro lato — quello di -esser considerati come soggetti di un diritto su una -terra — se ne allontanano così profondamente, che il -cancelliere di re Rodolfo, non sapendo come meglio conciliare -questi due elementi così profondamente antitetici -e per i quali il diritto del tempo non offriva alcun riscontro, -li qualifica come veri e propri servi concedendo -loro il diritto del peculio. Ugo e Lotario ne peggiorano -<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span> -ancor più la condizione perchè non fanno nemmeno accenno -al loro peculio. -</p> - -<p> -Non mi pare si possa negare che il punto di partenza, -quale ci è fornito dal diploma del 924, è dato -dalla condizione ibrida, che ha del servo e del non servo; -fatta di vincoli personali e di diritti d'indole reale che -sembrerebbero inconcepibili con i primi. Come è nata e -come si è formata tale condizione? Per rispondere a -questa domanda il miglior mezzo è, forse, il cominciare -col determinare il luogo in cui essa appare. -</p> - -<p> -Questi lavoratori si trovavano nel suburbio della città -di Asti. Ciò mi sembra dimostrato dall'espressione <i>infra</i> -<i>civitatem</i> usata dal diploma di re Rodolfo: espressione -che non può indicare <i>entro la città</i> perchè per indicare -il castello vecchio (che si sa di sicuro essere stato situato -dentro le mura della città) lo stesso diploma dice <i>in civitate -A</i>. L'avverbio <i>infra</i> ha conservato anche qui il -suo antichissimo significato e ci offre modo, se non m'inganno, -di spiegare come si sia potuto avere fra le varie -classi sociali anche quella di questi <i>servientes</i>. -</p> - -<p> -Discendenti da antichi lavoratori di terre suburbane, -pubbliche fino dal tempo romano, o divenute tali in seguito: -essi, al sopravvenire dei Langobardi, furono considerati -come più vicini ai <i>servi</i> che ad ogni altra classe, -ma, essendo addetti alla lavorazione della terra, come -tutti i lavoratori della terra in genere, ebbero continuate -anche in seguito le condizioni antecedenti. Furono, così, -chiamati servientes invece che servi ed ebbero riconosciuti -consuetudinariamente dei diritti che i veri e propri -servi non avevano. Solo quando l'autorità pubblica, nel -donarli, si trovò costretta a determinare la loro situazione -giuridica, essi rientrarono nel quadro delle classi -di lavoratori, quale si concepiva, secondo le leggi, nel -secolo IX. e nel X.: e non fu certo a loro vantaggio. -Fino ad allora essi avevano continuato a mantenersi, -salvo, forse, delle deviazioni che oggi più non si possono -determinare, ma che non furono certamente molto sensibili, -in uno stadio che solo la speciale condizione giuridica -<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span> -del suburbio al tempo romano aveva potuto contribuire -in modo decisivo a far nascere. -</p> - -<p> -A questo modo si può avere un'idea, certo molto approssimativa -ma non trascurabile, delle modificazioni che -la venuta dei Langobardi portò nel territorio suburbano. -Il quale — non va dimenticato — fu soggetto più -che ogni altro a perturbazioni, perchè, sia per ragioni -strategiche che sociali e politiche, le guerre si risolvevano -nella conquista delle città, intorno alle quali veniva -necessariamente a decidersi la maggior parte delle -battaglie. L'invasione, infatti, diviene conquista, quando, -prese le città, i Langobardi ne occupano il territorio e -vi si insediano stabilmente. -</p> - -<p> -E perciò io credo che intorno alla massima parte -delle città italiane continuasse l'antico suburbio romano -e su di esso prevalessero le antiche consuetudini rimaste -quasi completamente inalterate. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-3">§ 3.</h3> <p>— Però l'atto di Carlo Magno non parla soltanto -di terre suburbane: <i>civitates</i>, dice, <i>cum suburbanis -et</i> <span class="smcap lowercase">TERRITORIIS SUIS</span>. Questi <i>territoria</i> non erano quelli -dipendenti giurisdizionalmente dalla città: proseguendo, -il documento aggiunge <i>et cum comitatibus que ad ipsas -pertinent</i>. Come tali <i>territoria</i> non s'identificano con le -terre suburbane, distintamente ricordate, così non si -confondono con i singoli comitati. Non resta che pensare -ai beni comuni, la cui continuazione ininterrotta -dall'epoca romana fino al basso medio evo, negata contro -il Savigny dal Bethmann Hollweg e dal Roberti, ammessa -invece dal Tamassia<a class="tag" id="tag306" href="#note306">[306]</a> e vittoriosamente dimostrata -dallo Schupfer<a class="tag" id="tag307" href="#note307">[307]</a> è stata ormai riconosciuta dalla -opinione comune<a class="tag" id="tag308" href="#note308">[308]</a>. -</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span> -</p> - -<p> -Questi beni, posti alla dipendenza del duca o del gastaldo -insieme con i beni pubblici — <i>publicum</i> — a cui -l'autorità suprema li avvicinava con l'equipararli amministrativamente -all'organismo della <i>curtis regia</i>, soddisfacevano -con i diritti d'uso alle necessità dei cittadini -e si distinguevano da quelli più propriamente pubblici, -perchè, a differenza di questi, gli utenti ne potevano -godere senza l'obbligo di pagarne il canone corrispondente. -</p> - -<p> -Anzi, esaminando più attentamente il noto reclamo -dei provinciali istriani contro le usurpazioni del duca -franco Giovanni<a class="tag" id="tag309" href="#note309">[309]</a>, non mi sembra azzardato il pensare -che, più che di diritti di uso, si tratti di un vero e proprio -diritto di condominio dei cittadini sulle terre del comune<a class="tag" id="tag310" href="#note310">[310]</a>: -<span class="smcap lowercase">NOSTRAS</span> <i>silvas, unde nostri parentes herbatico et -glandatico tollebant</i>, dicono essi, <i>terras</i> <span class="smcap lowercase">NOSTRAS, NOSTRAS</span> -<i>runcoras</i>, <span class="smcap lowercase">NOSTRA</span> <i>prada</i>, <span class="smcap lowercase">NOSTRA</span> <i>pascua</i>. E non è a dirsi -che si potesse ingenerare confusione per il fatto che queste, -come le altre terre pubbliche, si trovavano sotto la -dipendenza del duca. Il duca riconosce esplicitamente di -aver compiuto gli atti che gli si imputano, ma dichiara -di averlo fatto in buona fede ritenendoli beni pubblici. -«Istas silvas et pascua quae vos dicitis — ecco le sue -parole — ego credidi quod ex parte d. imperatoris <i>in -publico</i> esse deberent». -</p> - -<p> -Anche ammesso e non concesso che non si trattasse -che di diritti di uso, questi sono tali da incidere così -<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span> -profondamente l'elemento dominico da annientarne quasi -il lato dispositivo. -</p> - -<p> -Ma poi, se non m'inganno, la teoria dello Schupfer -è sopratutto basata sulla terminologia dei documenti: -<i>comunalia, compascua publica, campora comunalia, res -comunes, comunes, comunanciae, vicanalia</i>, etc: tutte -queste espressioni che richiamano alla mente — è innegabile — l'idea -di una compartecipazione. -</p> - -<p> -Ma non sono le sole. -</p> - -<p> -Alcuni nostri documenti, che concernono importantissime -città langobarde, a incominciare dalla capitale del -regno fino a quella Brescia in cui densi si stabilirono i -nobili langobardi<a class="tag" id="tag311" href="#note311">[311]</a>, ne usano anche un'altra. -</p> - -<p> -Il placito pavese del 14 marzo 914<a class="tag" id="tag312" href="#note312">[312]</a>, ricorda un -<i>hortum suburbium huius Ticinensis, non multo longe a basilica -S. Theodori sive et braida una in</i> <span class="smcap lowercase">CAMPANIA</span> <i>huius -Ticinensis</i>. E la stessa parola, oltre che nel diploma con -cui nel 989 Ottone III concede al monastero di S. Pietro -in Ciel d'oro <i>omnem terram in</i> <span class="smcap lowercase">CAMPANIA</span> <i>papiensis urbis</i><a class="tag" id="tag313" href="#note313">[313]</a>, -la troviamo nel diploma del 1014 di Ottone conte -palatino e di Pietro vescovo al monastero del Salvatore -costruito <i>foris in</i> <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span> <i>ticinensis civitatis</i><a class="tag" id="tag314" href="#note314">[314]</a>. -</p> - -<p> -A Piacenza nel 1085 fu celebrato un «concilium generale» -in <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span> <i>civitatis P. ubi est ecclesia S. Victorie -martyris et virginis</i><a class="tag" id="tag315" href="#note315">[315]</a>. -</p> - -<p> -Qualche decennio prima il vescovo di Brescia Odofredo -si era obbligato a non fare alcun «hedificium» in -Monacello e nessuna proibizione e interdizione ai bresciani -«pasculandi, incidendi et capellandi» sul Monte -Degno e sul Monte Canedulo, a cui «coherent ab una -<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span> -parte via q. d. mantuana, ab aliis omnibus <i>campania</i>»<a class="tag" id="tag316" href="#note316">[316]</a>. -</p> - -<p> -Il primo documento pavese, col simultaneo ricordo -del <i>suburbium</i> e della <i>campanea</i>, esclude ogni possibilità -di sinonimia tra queste voci. -</p> - -<p> -E un bel documento veronese<a class="tag" id="tag317" href="#note317">[317]</a> ce ne mostra l'intima -natura. Essendo potestà di Verona Grimerio Visconte -piacentino e lamentandosi che, poco tempo prima -della sua podesteria, <i>communis campania Veronae</i> «a -quampluribus esset capta et caperetur», con tal perdita -che «communis utilitas taliter diminui videbatur quod -ad maximum universitatis detrimentum spectare posset», -pensò di provvedere. E, avuto il consiglio dei suoi giudici -ed assessori e dei causidici, dei militi e dei negozianti e -in special modo di tutti coloro che avevan giurato di -dargli consiglio in buona fede, pose molte persone giurate -«ad jam dictam <i>communem campaniam Veronae</i> per -suum sacramentum a praediis privatorum hominum discernendam -et separandam», e quindi, con queste persone -e con molte altre di Verona andava «circumiens -eamdem <i>communem campaniam Veronae</i> et eam, secundum -juratorum sacramenta, ab <i>allodiis</i>, ponendo terminos, -segregans». -</p> - -<p> -Si tratta, evidentemente, di beni pubblici cittadini, -per i quali — e per essi soltanto — è da credere perdurasse -a Verona, come a Pavia, a Brescia e a Piacenza -il termine di <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span>. -</p> - -<p> -Se questa <i>campanea</i> risulta diversa dal suburbio e dal -comitato e — come si ammette da tutti — alle città rimasero -in proprietà in uso — questo per ora non ci -riguarda — dei beni; possiamo pensare che nell'atto di -Carlo Magno tale parte del territorio sia indicata dai -<i>territoria</i> tenuti distinti dai <i>suburbanis</i> e dai <i>comitatibus</i>. -<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span> -Ma, in quest'atto, di fronte al vincolo più tenue, per il -quale il comitato <i>pertinet</i> alle singole città, se ne ha uno -più intimo per cui e le terre suburbane ed i <i>territoria</i> -sono ambedue dichiarati proprî delle città — <i>civitates -cum suburbanis et territoriis</i> <span class="smcap lowercase">SUIS</span>. — Ora se si pensa che -le terre suburbane non appartenevano affatto, nella loro -totalità e nemmeno nella maggior parte, alle città, in -proprietà privata, o ad altro titolo simile, sia pure sotto -l'amministrazione ducale o gastaldale; nè vi avevan su, -se non in caso eccezionale e fortuito, diritti di uso; bisogna -concludere che la triplice distinzione del territorio -di fronte alla città, porta al riconoscimento della città — come -tale e non come sede di autorità pubblica — al -grado di persona giuridica pubblica con facoltà e con -diritti distinti da quelli dell'autorità regia e con beni separati -da quelli che l'autorità pubblica aveva nell'ambito -della circoscrizione territoriale della città. Il documento -è chiaro: son proprie delle città — <i>suae</i> — terre -di cui i privati non hanno nè proprietà nè uso di natura -privata e che non si confondono con le proprietà del -publicum, per riguardo al diritto pubblico. -</p> - -<p> -Esaminiamo più da vicino questi due punti: mancanza -di diritto di proprietà o di uso e distinzione dai -beni del <i>publicum</i>. -</p> - -<p> -Poichè l'atto di Carlo M. chiama proprie delle città — <i>suae</i> — le -terre suburbane, di cui la proprietà spettava -a chiese o a privati, ed a queste terre equipara senza differenza -alcuna le terre appartenenti alle città stesse: -esaminando a fondo il documento bresciano, veniamo a -concludere che fra le terre, sulle quali il vescovo riconosceva -dei diritti ai cittadini, e la <i>campanea</i> circostante -c'era sicuramente una differenza. Ammesso che la parola -<i>campanea</i> a Verona indica beni della città, — e non c'è -nessuna ragione che induca a credere che a Pavia, -Brescia, Piacenza etc. avesse significato differente — ne -consegue che fra i beni pubblici delle città esistevano -distinzioni di vario genere, per il diverso titolo di proprietà, -per il diverso uso a cui erano destinate. Nei beni -<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span> -pubblici esaminati dallo Schupfer l'elemento predominante -è l'uso comune e lo prova — come ho detto — il -complesso dei termini usati per indicarli<a class="tag" id="tag318" href="#note318">[318]</a>. Ma nei -casi da me raccolti questo concetto dell'uso comune -non è indicato nè punto nè poco: eppure resulta che la -<i>campanea</i> apparteneva alla città e non al <i>publicum</i>. Infatti -nè a Pavia e in un placito, nè a Brescia, in un atto -di tanta importanza, si sarebbe mancato di farne risaltare -il carattere, se si fosse veramente trattato di terre -demaniali, mentre il genitivo possessivo — <i>huius Ticinensis</i> — le -dichiara della città. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-4">§ 4.</h3> <p>— Ma oltre a queste terre, nella costituzione -langobarda, ve ne sono altre che appaiono collegate a -determinati centri abitati, fra i quali anche le città, e -che occorre quindi esaminare: le terre arimanniche. -</p> -</div> - -<p> -Il Muratori<a class="tag" id="tag319" href="#note319">[319]</a> sostenne per il primo, con il suo meraviglioso -intuito storico, che si trattava di beni concessi -dal fisco; e con lui, più tardi, si sono schierati il -Roth<a class="tag" id="tag320" href="#note320">[320]</a>, il Leicht<a class="tag" id="tag321" href="#note321">[321]</a> e il Checchini<a class="tag" id="tag322" href="#note322">[322]</a>. Nessuno di questi -scrittori, però, ha considerato a fondo quella che mi -pare la legge fondamentale in rapporto ai beni arimannici -e l'unica che veramente sia di applicazione generale. -</p> - -<p> -Tale legge è la nota costituzione emanata da Federigo -I nella famosa dieta di Roncaglia del 1158 e passata -poi nel libro delle consuetudini feudali. Con essa, -<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span> -volendo rivendicare i diritti dell'impero, Federigo I determinò -la serie delle così dette regalie. -</p> - -<p> -E cominciò proprio colle arimannie. <i>Regalia autem -sunt: <span class="smcap lowercase">ARIMANNIAE</span>, viae publicae, flumina navigabilia et -ex quibus fiunt navigabilia, portus, ripatica, vectigalia, -quae vulgo dicuntur monetae</i> etc. -</p> - -<p> -Poichè è certo che, anche a quel tempo, esistevano -terre spettanti al <i>publicum</i> e invece la legge fridericiana, -se si eccettua la parola <i>arimanniae</i>, non ne parlerebbe -mai<a class="tag" id="tag323" href="#note323">[323]</a>, è evidente, data l'importanza dell'argomento, che -con questa parola s'indicarono proprio i beni di pertinenza -dell'impero<a class="tag" id="tag324" href="#note324">[324]</a>. -</p> - -<p> -Con questa conclusione non si accorda nè l'opinione -del Leicht<a class="tag" id="tag325" href="#note325">[325]</a>, al quale, tuttavia, spetta il merito di aver -lumeggiata la riconnessione dell'arimannia alle terre -pubbliche, nè quella del Checchini<a class="tag" id="tag326" href="#note326">[326]</a>: il primo ritiene che -l'arimannia sia non la proprietà dell'arimanno, bensì il -diritto che egli gode su terre prative e boschive, originariamente -concesse dal pubblico al gruppo di cui egli -fa parte. E pure il Checchini parla solo di originaria appartenenza -delle arimannie ai beni del fisco. -</p> - -<p> -In conclusione, se non m'inganno, l'uno e l'altro -affermano che questi beni, prima di proprietà del fisco, -sono stati da questo ceduti a determinate persone e queste -vi hanno conseguito un diritto di proprietà, che può -esser limitato da restrizioni così gravi da giungere fino -al divieto di alienazione, ma che non cessa, per questo, -di essere un vero e proprio diritto di proprietà. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span> -</p> - -<p> -A me invece pare che qui si abbia la concessione -non di un diritto di proprietà, quale s'intende nella coscienza -giuridica del tempo; ma di un semplice diritto -di possesso ispirato proprio a quei concetti barbarici -della gewere, i quali, se non giungono, forse, allo sviluppo -creduto dallo Schupfer, non me ne sembrano, in -verità, così lontani come il Leicht prima ed il Checchini -poi hanno sostenuto: possesso, in opposizione al quale -Federigo I aveva rivendicata l'alta proprietà pubblica, -in quanto egli si considerava come continuatore dell'idea -imperiale in cui si impersonava il <i>populus romanus</i>, -supremo detentore degli attributi della sovranità. -</p> - -<p> -Io credo che l'istituzione dell'arimannia sia una delle -manifestazioni più rilevanti, se non unica, dello Stato germanico, -la quale non abbia quasi affatto subito influenza -da elementi estranei e che — appunto per questo — ci -possa offrire una riprova delle energie circostanti che la -rinchiusero in limitatissima cosa. -</p> - -<p> -Il Leicht<a class="tag" id="tag327" href="#note327">[327]</a> ha trovato alcuni punti di analogia fra -l'arimannia e le terre limitanee romane: altrettanti se ne -trovano, secondo me, con le terre pubbliche delle città, -le quali compiono funzione analoga così negli ultimi -tempi dell'impero romano, come anche in seguito, durante -i tempi goti e bizantini. -</p> - -<p> -Certo alcune di queste terre — il Leicht ha ragione — dallo -Stato romano, appunto perchè le destinava a -barbari, furono dotate di quegli speciali privilegi che potevano -<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span> -renderle più conformi ai barbari che Roma assoldava -per costituire la massima parte delle sue milizie. -Ma è ormai noto come fra grandi civiltà decadenti -e nuove civiltà tuttora nel sorgere sieno molti e notevoli -punti di contatto, senza per questo che ne derivi la conseguenza -che le prime abbiano agito sulle seconde. -</p> - -<p> -E qui, mi pare, siamo proprio nel caso. -</p> - -<p> -Il Checchini è sostenitore assoluto dell'influenza bizantina -sull'arimannia langobarda, la quale, secondo lui, -riproduce esattamente l'organizzazione dei fondi militari -di confine<a class="tag" id="tag328" href="#note328">[328]</a>. -</p> - -<p> -Non posso — ora — fermarmi a lungo su questa -questione, incidentale per la mia ricerca, e debbo quindi -tralasciare di occuparmi così del problema che riguarda -lo stato personale degli arimanni — gli arimanni eran -liberi, ma la loro libertà non credo punto fosse quella -dei veri e proprî <i>exercitales</i> — come dell'esame del -modo con cui istituti bizantini avrebbero potuto influire -sulla costituzione di gruppi arimannici già in -azione nei primi anni successivi all'interregno, non che -di tutte le altre questioni relative. Ma non posso fare -a meno — non foss'altro per giustificare la mia affermazione -così recisamente opposta — di esaminare un -po' attentamente i punti di identità che il Checchini ha -voluto trovare fra l'arimannia e gli istituti militari bizantini. -</p> - -<p> -Egli dice che molti documenti riferentesi all'arimannia -riproducono esattamente l'importante prescrizione imperiale -per cui i «fundi limitanei» erano «ab omni munere -vacui» e così (son le testuali parole del Checchini)<a class="tag" id="tag329" href="#note329">[329]</a> -<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span> -«il diploma di Carlo il Grosso alla chiesa di Arezzo, — a. -882 — prescrive: «...... in omnibus liberis et -erimannis prefatae S. Aretinae Ecclesiae filiis.... <i>iubemus -ut ab eis nec donaria aut redibitiones neque pignorationes -vel iniustae districtiones exigantur</i>», ed un -altro diploma di Enrico IV: «nullus dux, archiepiscopus -ecc..... in eorum domos albergare <i>theloneum, vel -aliquam publicam functionem dare eos</i> (arimannos) <i>cogat</i>». -</p> - -<p> -«Siamo così in grado di trovare (diciamolo tra parentesi), -la ragione dell'errore in cui sono caduti -molti autori, che, avendo constatata quest'immunità -dell'arimannia da qualsiasi onere fiscale, l'hanno presa -per una terra allodiale». -</p> - -<p> -I documenti — in verità — suonano in modo un po' -diverso da quello con cui il Checchini li ha citati. -</p> - -<p> -Il primo è il famoso diploma immunitario alla chiesa -aretina che il Muratori<a class="tag" id="tag330" href="#note330">[330]</a> credette generale per tutte le -chiese d'Italia. -</p> - -<p> -L'imperatore, avendo conosciuto come i suoi ministri -«contempto timore Dei et abiecta a predecessoribus -(nostris) interdicta, per plebes et ecclesias seu ecclesiastica -praedia et domos placita teneant, districtiones in -liberos, massarios super ecclesiasticas res residentes, et -servos et aldiones faciant tributa; ab eis exigant census -et donaria, angarias etiam et opera[s; et] non solum -ab eis sed ab omnibus liberis eri[man]nis et ecclesiae -<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span> -filiis», vuole assolutamente con la sua imperiale autorità -«omnes has superstitiones et importunas violentias -funditus abolendas» e a questo scopo stabilisce (statuentes) -che «in sancta aretina ecclesia nullus comes, -nullusque judex vel quelibet iuditiariae potestatis persona -tam in plebibus quamque et in monasteriis, titulis -aliisque ecclesiis vel domibus seu urbanis vel rusticis -possessionibus ad eam pertinentibus placita tenere, massarios -et colonos, liberos, aldiones vel servos quosque -residentes super res ad predictam sanctam ecclesiam -pertinentes quolibet modo distringere, pignorare, angariare, -census et redibitiones et donaria aliqua exigere -quoquomodo presumat; sed liberos, massarios, quos legalis -coactio exigit querere ad placitum, per patronum -seu a[dvoc]atum ad placita ducan[tur] ut legal[is diffi]nitio -legalem contentionis finem impo[nat]; ac etiam in -omnibus liberis et erim[a]nnis praef. s. aretinae ecclesiae -filiis et eiusdem diocesi commanentibus massariis et colonis -observari omnimodis iubemus; videlicet ut ab eis -nec donaria aut redibitiones neque pignora neque iniustae -districtiones exigantur, sed unusquisque cum legalis -censura exigit a patrono suo ad placitum deducatur, ne -pignorationis occasio aditum rapine depredatoribus in -aliquo prestet»<a class="tag" id="tag331" href="#note331">[331]</a>. -</p> - -<p> -Come si vede — ed è ben noto — l'imperatore per -evitare i soprusi, che i suoi ministri commettevano nell'esercizio -della giustizia, proibisce loro l'introito nel -territorio diocesano reso immunitario, stabilendo che gli -abitanti ne siano presentati al placito da apposito avvocato. -</p> - -<p> -Gli <i>erimanni</i> — chiunque si voglia indicare con questo -nome — non sono trattati diversamente da tutti -gli altri abitanti della diocesi aretina, qualunque ne sia -la condizione, dal servo al libero; perchè unico e solo -<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span> -scopo dell'imperatore è di sottrarli tutti alle arbitrarie -vessazioni dei ministri regi: non si tratta affatto di imposte: -ma di esenzione da obblighi giurisdizionali, e -quindi, da arbitri e da soprusi. -</p> - -<p> -Il diploma di Enrico IV è anche più refrattario all'interpetrazione -del Checchini. -</p> - -<p> -L'imperatore, per intercessione di Adalbergo vescovo -di Amburgo, concede «cunctis hominibus de vico Viglevani -et Serpi atque Pedulae et Viginti Columnae, cunctis -filiis filiabusque eorum nec non et hominibus eorum -omnibus <i>ut ab arimannia exeant</i>, et nullus dux, -archiepiscopus, episcopus, marchio, comes, vicecomes, -gastaldio, sculdasius nullaque regni persona in eorum -domos albergare, theloneum vel aliquam publicam functionem -dare eos cogat, nec eos nec eorum posteritatem -placitum custodire compellet ultra nostrum placitum»<a class="tag" id="tag332" href="#note332">[332]</a>. -</p> - -<p> -Tutta la concessione deriva dal primo inciso — non -riportato dal Checchini — «ut ab arimannia exeant». -</p> - -<p> -E l'altro documento, citato in nota dal Checchini, e -che è l'atto di pace del 1114 fra la contessa Matilde ed -il vescovo di Parma Bernardo; fra le altre clausole, ha -la promessa del vescovo che agli «<i>arimannis de Monticulo -nullos alios</i> <span class="smcap lowercase">USUS</span> <i>vel</i> <span class="smcap lowercase">FACTIONES</span> <i>deinceps requisierit, -nisi quos eius antecessores</i> <span class="smcap lowercase">SOLUMMODO IN PACE</span> <i>et non in -guerra ex illis habuerant</i>»<a class="tag" id="tag333" href="#note333">[333]</a>. -</p> - -<p> -«Ergo — io non saprei come dir meglio del Muratori — arimanni -tempore etiam pacis ad quaedam obsequia, -servitia et factiones obligabantur»<a class="tag" id="tag334" href="#note334">[334]</a>. -</p> - -<p> -Tutti i documenti dal Checchini stesso citati, non -che suffragarne l'opinione, ne provano precisamente -l'opposto, e rendono quindi superfluo il ricordo del -<i>districtu et integro servitio quod de jure debebant</i> all'imperatore -i due arimanni ceduti nel 1159 da Federigo I -<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span> -alla chiesa di S. Alessandro di Bergamo<a class="tag" id="tag335" href="#note335">[335]</a> e dell'<i>omni -debito, districtione et notione atque placitu</i> cui erano costretti -quei <i>liberi homines qui vulgo herimanni dicuntur</i> -i quali, insieme col castello di Romagnano, Ottone I donò -al monastero di S. Zenone di Verona<a class="tag" id="tag336" href="#note336">[336]</a>; e di tutti gli -altri documenti — e sono molti — da cui appare in -modo irrefutabile come gli arimanni fossero soggetti a -tributi e a prestazioni<a class="tag" id="tag337" href="#note337">[337]</a>. -</p> - -<p> -E non è soltanto in questo che la voluta analogia fra -«fundi limitanei» ed arimannie non esiste. -</p> - -<p> -Il Checchini, per dimostrare che comune agli uni -e alle altre era anche il divieto di alienazione, cita -il diploma di Enrico III agli arimanni di Sacco con cui -l'imperatore stabilisce che «<i>non liceat ipsam erimanniam -suam vendere aut archiepiscopo, aut patriarche aut -duci, aut marchioni, comiti, vicecomiti nec aliquibus ex -potentioribus</i>». -</p> - -<p> -Ma è evidente invece che l'imperatore permette loro -la più ampia facoltà di vendita e di cessione, fatta unica -e sola eccezione delle persone più potenti degli arimanni -stessi, le quali — i livelli delle chiese ne danno una prova -evidente — avrebbero avuto di mira e di resultato lo -scompaginamento di un insieme di forze e di individui, -che l'imperatore voleva invece, seguendo un sistema -tradizionale, tenere unito. Anche nei giuramenti di fedeltà -<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span> -e di sottomissione è abituale l'eccezione di guerreggiare -contro l'imperatore o contro il papa ed altre -determinate persone. Si dovrebbe sostenere che il giuramento -di fedeltà non esiste? Nè il procedimento è diverso: -sono le manifestazioni sociologiche, diciamo così, -che confermano, con l'eccezionalità di qualche disposizione, -la generalità di una norma o di un istituto. -</p> - -<p> -Nei «fundi limitanei» esiste un vero e proprio divieto -di alienazione; mentre qui si ha in diritto una facoltà di -alienare la quale può essere completa, come nelle arimannie -friulane<a class="tag" id="tag338" href="#note338">[338]</a>, o limitata come nel caso su citato; -ma in ogni modo esiste sempre senz'altra limitazione -che quella che il concessionario debba subentrare negli -obblighi a cui sottostava il concedente, in quanto titolare -di una terra, su cui incombevano speciali oneri. -</p> - -<p> -E appare anche un'altra differenza fondamentale fra -l'istituto bizantino e quello langobardo. Nel primo la -proprietà della terra passava dallo Stato al soldato ed -ai suoi successori: nel secondo no; il <i>publicum</i> conserva -sempre un diritto eminente di proprietà che non si manifesta -solo in caso di inadempienza degli obblighi e -per la risoluzione di una condizione; è un diritto che si -affievolisce coll'andar del tempo e sotto l'azione di numerosi -elementi ed, in alcuni casi, si trasforma, ma non -si estingue. Nei primi anni il <i>publicum</i> esercita il suo -diritto di distribuzione delle terre comuni concesse in -precaria ad un determinato gruppo, come nel noto caso -della <i>fiurvaida</i> pisana, mentre più tardi di questo esercizio -di autorità non si ha menzione. Ma il diritto eminente -dello Stato permane e lo si vede apparire nella -imposizione fridericiana riguardo alle <i>arimanniae</i>, nella -quale si comprendono tutte le terre sulle quali lo Stato -vantava diritti non annullati da concessioni speciali. -</p> - -<p> -E in tal modo si viene ad un altro punto più interessante -<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span> -ancora; la determinazione del patrimonio dell'arimanno. -</p> - -<p> -Secondo il Leicht, l'arimanno possederebbe, come -tale, una terra speciale, che sarebbe appunto l'arimannia, -oltre il suo allodio: l'arimannia, secondo quest'autore, -sarebbe solo la terra pascolativa, almeno originariamente. -Io credo, invece, che arimannia non sia soltanto -questa ma sia la terra, la <i>sors</i>, concessa ad ogni -singolo arimanno, insieme col diritto sul compascuo e -sulle prestazioni, di cui queste due terre dovevano rispondere, -per mezzo della persona a cui erano state concesse. -</p> - -<p> -In tal modo si rende spiegabile la frase del diploma -imperiale agli arimanni, con la quale si concede a questi -<i>hereditatem et res communes</i>. Nè può far meraviglia -il fatto che la terra sia chiamata hereditas: con tal nome -sappiamo esser stata indicata non soltanto la terra allodiale -ma anche quella colonica, la quale — ed è questo -un punto di contatto con l'arimannia — senza staccarsi -dal patrimonio del «dominus», è suscettibile di -cessione, di alienazione e di donazione<a class="tag" id="tag339" href="#note339">[339]</a> anche fuori -dell'ambito del <i>mithio</i>, entro il quale i coloni fiscalini -<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span> -hanno facoltà anche più ampie<a class="tag" id="tag340" href="#note340">[340]</a>. Senza contare che -ripugna al concetto della costituzione di un gruppo -arimannico l'idea della mancanza di una terra propria -di ciascuno, perchè è proprio questo il campo nel quale -il sistema della <i>sors</i> e della terra comune ad essa assegnata -si può e si deve manifestare. Il Leicht<a class="tag" id="tag341" href="#note341">[341]</a> ha -combattuto giustamente, seguito dal Checchini, l'opinione -dell'Andrich che gli arimanni nei piccoli castelli -fossero i soli comunisti ed aggiunge che però è innegabile -che al gruppo vicinale stesso, come ente, gli imperatori -ed i loro succedanei sovente investono l'arimannia, -la quale viene così ad immedesimarsi col comune: -così a Mantova, a Cremona. Ed è vero. Io aggiungerò -che, dall'insieme dei documenti, risulta la prevalenza -dell'elemento cittadino-romano su quello arimannico-germanico. -</p> - -<p> -Nel diploma di Enrico II del 1014<a class="tag" id="tag342" href="#note342">[342]</a>, si parla esclusivamente -di arimanni, mentre in quello di Enrico III del -1055<a class="tag" id="tag343" href="#note343">[343]</a> si parla di tutti i cittadini di Mantova, dei quali -gli arimanni, in virtù del diploma del 1014, erano potuti -entrare a far parte. Infatti con quest'ultimo diploma -l'imperatore prende sotto la sua protezione tutti gli arimanni — <i>cunctos -arimannos</i> — che abitano — <i>habitantes</i> — nella -città di Mantova, nel comitato di essa ed -in alcuni vici espressamente nominati — <i>in civitate -Mantue, sive in Castro qui d. Portus sive in vicoras q. -n. S. Georgio, Formicosa, Cepada, seu et in comitatu -mantuano</i> con tutte le loro cose e cioè <i>cum omni eorum -hereditate, paterno vel materno jure, proprietate, communaliis -sive omnibus rebus que ab eorum parentibus possessa -fuerunt et eorum adquisita sive adquirenda</i>. -</p> - -<p> -Invece dal diploma di Enrico III del 1055 appare -che l'imperatore, volendo estirpare le «superstitiosas -<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span> -exactiones et importunas violentias» di cui gli arimanni -mantovani erano vittime, stabilisce ed impone -che «nulla magna parvaque persona <i>predictos cives, videlicet -ermannos in Mantua civitate habitantes</i> (ossia -quegli arimanni che erano entrati ad abitare come cittadini -in Mantova) de suis personis, sive de illorum -servis et ancillis vel de liberis hominibus in eorum residentibus -terra, vel <span class="smcap lowercase">DE EREMANNIA</span> <i>et</i> <span class="smcap lowercase">COMMUNIBUS REBUS -AD PREDICTAM CIVITATEM PERTINENTIBUS</span> ex utraque parte -flumine mincii sitis, sive de beneficiis, libellariis, precariis, -seu eciam de omnibus eorum rebus mobilibus et immobilibus -iuste conquisitis et iuste conquerendis inquietare, -molestare, disvestire, sine legali judicio presumat». -Ora si potrebbe ricordare che a Lucca era avvenuto -altrettanto parecchi secoli prima: nel 786<a class="tag" id="tag344" href="#note344">[344]</a> gli arimanni -erano entrati a far parte dei cives ricordati fino -dal 722<a class="tag" id="tag345" href="#note345">[345]</a>. Ma quello che a me preme rilevare è la differenza -che corre fra i due passi concernenti la terra arimannica: -nella prima abbiamo l'<i>hereditas</i> distinta ma -unita con le terre comuni dei singoli gruppi arimannici; -nel secondo l'una e le altre, sotto la comprensiva dizione -di <i>eremania</i>, sono nettamente separate dai beni comuni -pertinenti alla città. E su quest'ultimo diploma si modellano -quelli successivi del 1090, del 1133 e del 1159 di Matilde<a class="tag" id="tag346" href="#note346">[346]</a>, -di Lotario II<a class="tag" id="tag347" href="#note347">[347]</a> e di Federigo Barbarossa<a class="tag" id="tag348" href="#note348">[348]</a>. -</p> - -<p> -A qualunque distanza fossero le arimannie dalle -mura cittadine, costituivano sempre un'organizzazione -distinta da quella della città, la cui configurazione territoriale -rimane individuata anche per questo lato. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span> -</p> - -<p> -Nè si potrebbe obbiettare che si può avere una confusione -quando, invece di terre lasciate in proprietà alle -città, si tratta — ed è il caso più frequente — di terre -così dette comuni delle quali alle città è concesso solo -l'uso mentre la proprietà rimane al re. -</p> - -<p> -Prescindendo dal caso del <i>Palatium</i> o <i>Curtis regia</i> che -non si distingueva dalle altre <i>curtes</i>, — lascio da parte la -questione, per me irrilevante, della distinzione fra fisco e -patrimonio privato del re, che il Sohm afferma già delineata -mentre è negata dall'Hartmann — non si distingueva, -dico, se non per un più rapido formarsi del diritto -che scultoriamente fu detto dal Solmi<a class="tag" id="tag349" href="#note349">[349]</a> curtense; delle -altre terre regie bisogna fare una bipartizione. V'erano -terre, prati, selve, laghi etc. sulle quali dal re potevano -venir concessi diritti e facoltà di uso, dietro il correspettivo -di un canone o magari senza. E queste erano terre -non specificatamente addette ad una comunità di persone. -E c'erano poi altre terre sulle quali, in quanto e -perchè facevano parte di un determinato gruppo politico, -i componenti di esso avevano speciali diritti. Le une e -le altre terre si trovavano sotto il dominio eminente del -«publicum»; ma nel primo caso predominava assoluto -l'elemento patrimoniale; nel secondo questo era quasi -tutto, per non dire addirittura tutto, assorbito dall'elemento -pubblico. Conseguenza non improbabile del modo -con cui sull'esempio dei re goti, i re langobardi si considerarono -come successori del fisco bizantino<a class="tag" id="tag350" href="#note350">[350]</a>. E la -differenza si manifestava anche nel diverso modo di -agire della potestà pubblica sugli uni e sugli altri: nel -primo caso il diritto d'uso scaturiva immediatamente -<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span> -dalla concessione regia; nel secondo indirettamente; -perchè il re, se non commetteva un arbitrio che può, magari, -giungere fino alla spogliazione, possibile senza dubbio, -ma, per la sua stessa natura, eccezionale, non poteva -ammetterlo al godimento dei diritti di uso se non -costringendo il gruppo, che non avesse voluto accogliere -il nuovo venuto di buona volontà, ad accettarlo col vigore -del suo <i>preceptum</i><a class="tag" id="tag351" href="#note351">[351]</a>. -</p> - -<p> -Ma nel primo caso il re, sieno beni suoi o dello Stato, -può disporne come vuole; nel secondo riconosce la consistenza -del gruppo dei vicini. -</p> - -<p> -Nel caso nostro della città. -</p> - -<p> -Ed è ormai tempo di avviarsi a ricercare la natura -di questa consistenza. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-5">§ 5.</h3> <p>— Una prima osservazione si impone. -</p> -</div> - -<p> -Dal momento che i Langobardi rispettarono le antiche -divisioni territoriali, è certo che esse dovettero avere -un'importanza effettiva, perchè non è possibile ammettere -che ai barbari, pochi e selvaggi, convenissero le divisioni -territoriali di un popolo evoluto fino alla decadenza -e, per quanto decimato dalle carestie, dalle pestilenze -e dalle guerre<a class="tag" id="tag352" href="#note352">[352]</a>, infinitamente più numeroso; -mentre è pure giocoforza convenire che ai langobardi -ariani, tali divisioni non poterono esser date dalla chiesa -cattolica. -</p> - -<p> -Prima che il Solmi negasse la continuazione medioevale -delle vecchie corporazioni romano-bizantine, si era -sostenuto unanimemente che queste servissero ai dominatori -come strumento di estorsione. Dopo di lui nessuno -si è occupato di colmare la lacuna che veniva -lasciata scoperta, quantunque — se non m'inganno — non -<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span> -si possano del tutto accogliere i risultati negativi -a cui egli è pervenuto. -</p> - -<p> -Si hanno tracce sicure di prestazioni <i>quas homines -exinde in publico habuerunt consuetudinem faciendum</i><a class="tag" id="tag353" href="#note353">[353]</a>: -Pipino<a class="tag" id="tag354" href="#note354">[354]</a> parla del rifacimento delle mura, delle porte, -delle strade, dei ponti e degli edifici pubblici, come di -<i>antiqua consuetudo</i> e Carlo Magno<a class="tag" id="tag355" href="#note355">[355]</a> ricorda <i>mansionaticos, -paraveredos et operas</i>; tutti dimostrano la continuazione -ininterrotta dal tempo romano di tutti questi aggravi<a class="tag" id="tag356" href="#note356">[356]</a> -e compiono il quadro datoci dalla famosa <i>pensio</i> -dei saponai di Piacenza<a class="tag" id="tag357" href="#note357">[357]</a>, dal taglio e trasporto delle -legna dei cittadini di Benevento<a class="tag" id="tag358" href="#note358">[358]</a>, dalle prestazioni dei -Veronesi per il rifacimento delle mura<a class="tag" id="tag359" href="#note359">[359]</a>, da quelle dei -Cremonesi per l'uso delle acque<a class="tag" id="tag360" href="#note360">[360]</a> e anche da quella dei -Lucchesi<a class="tag" id="tag361" href="#note361">[361]</a> e dei Pisani<a class="tag" id="tag362" href="#note362">[362]</a> per il palazzo imperiale. E -<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span> -che più? Chi non conosce — anche a voler tralasciare -gli aggravi del triplice placito annuale<a class="tag" id="tag363" href="#note363">[363]</a> — il famigerato -passo di Paolo Diacono che parla di <i>populi -adgravati?</i> -</p> - -<p> -Il Tamassia<a class="tag" id="tag364" href="#note364">[364]</a>, nella sua recensione al libro del -Solmi sulle associazioni precomunali, osservando come -il documento piacentino del 744 sia una conferma regia -di una più antica concessione di privilegi, per la -quale da Liutprando è confermata al vescovo di Piacenza -<i>pensionem illam de sapone h. e. libr. XXX. quae -palatii nostri in civitate Plac. inferebantur et ab ipso -patruo nostro ad pauperes lavandum concessa sunt</i>, crede -probabile che la chiesa piacentina ottenesse dal re langobardo -la continuazione di un antichissimo diritto a -suo favore e gravante gli esercenti dell'industria del -sapone. -</p> - -<p> -Egli ritiene così che non si possa disconoscere un -certo vincolo di dipendenza fra gli operai e la Chiesa, -la quale, con i suoi organismi associativi, nei secoli V e -VI servì di rifugio allo spirito corporatizio romano, -strangolato dalle istituzioni coatte dell'ultimo diritto -imperiale; ed in quelli successivi, pur senza implicare -necessariamente l'esistenza di un <i>corpus</i>, ebbe non scarsa -importanza<a class="tag" id="tag365" href="#note365">[365]</a>. Effettivamente, il Tamassia ha messo felicemente -in rilievo — il Solmi stesso lo ha riconosciuto<a class="tag" id="tag366" href="#note366">[366]</a> — l'influsso -esercitato, in questo rapporto, dalla -Chiesa. Ed io credo che la Chiesa abbia esercitato nell'epoca -<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span> -langobarda un'azione di eccezionale importanza -e ne tratterò più innanzi; ma non mi pare che ciò sia -avvenuto nel modo indicato dal Tamassia e dal Solmi<a class="tag" id="tag367" href="#note367">[367]</a>. -</p> - -<p> -Per provare l'asserto da essi voluto, sarebbe stato -necessario dimostrare l'esistenza di un vincolo, intercedente -fra il vescovo e gli artigiani cittadini, nei rapporti -della vita pubblica delle città. Invece il documento veronese<a class="tag" id="tag368" href="#note368">[368]</a> -e quello senese<a class="tag" id="tag369" href="#note369">[369]</a> dal Solmi citati mostrano, -è vero, una certa organizzazione artigiana, se non industriale; -ma essa nasce, si esplica e si circoscrive nel -complesso dei beni di proprietà del vescovado: onde -non ha nulla di diverso dall'organizzazione interna di -ogni <i>curtis</i> regia, ecclesiastica, o privata, e, sia che il -centro ne sia dentro o fuori le mura, costituisce sempre -un organismo fuori della vita cittadina. -</p> - -<p> -E lo stesso è a dirsi dei monasteri in questo periodo -normalmente in dipendenza se non in potestà diretta -del re<a class="tag" id="tag370" href="#note370">[370]</a>. Non aveva certo alcun contatto con l'artigianato -cittadino quel <i>laboratorio</i> del monastero femminile -di San Michele in Firenze, in cui per il convento di Nonantola -ogni anno si confezionavano le famose <i>quinque -bone stamineae</i>; e lavoravano dodici ancelle, mandate dal -convento stesso insieme con la materia prima necessaria -per le tele e le vesti dei monaci<a class="tag" id="tag371" href="#note371">[371]</a>; come non aveva -nulla di comune con la città l'altro monastero femminile, -anch'esso fiorentino, di Sant'Andrea, che pure doveva -essere un centro di produzione non disprezzabile, -se era obbligato all'annuo tributo di un vestito di lana -<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span> -di capra <i>in parte palatii persolvendum</i><a class="tag" id="tag372" href="#note372">[372]</a>. Abbazie e -monasteri, anche nei rari casi in cui non erano favoriti -da quelle concessioni immunitarie che avevano come -conseguenza precipua di isolarli da ogni contatto esterno, -non ricorrevano <i>ad magistros et manuales</i> estranei che -in caso di necessità assoluta ed anche allora solo per -costruire <i>a petre et calcina</i> gli edifici <i>ubi sunt omnes -officine sicut abbatia habere debet</i><a class="tag" id="tag373" href="#note373">[373]</a>. -</p> - -<p> -Facendo capo a quanto ho detto sulla trasformazione -subita dalle città negli ultimi tempi dell'impero, -accentuata nell'epoca gotica ed aggravata ancor più in -quella bizantina, io ritengo che i Langobardi abbiano -considerato ogni centro abitato, sia urbano che rustico, -solidalmente responsabile degli aggravi e delle imposte. -Poichè è certo che se le corporazioni sparirono, d'altra -parte le imposte, sia pur modificate, rimasero; mi pare -che tale spiegazione sia, se non accettabile, ammissibile: -tanto più che consente anche di arrivare ad un'interpetrazione -del passo di Paolo Diacono, la quale oso sperare -non sia la più campata in aria delle moltissime -tirate fuori fin qui. -</p> - -<p> -Il Leicht<a class="tag" id="tag374" href="#note374">[374]</a> ritiene che <i>populi</i> si possa riferire con -verosimiglianza alle popolazioni rustiche dei grandi possessi -romani prima soggetti alle <i>tertiae</i>. Ed è vero: ma -<i>populus</i> non indicò solo questa popolazione; indicò anche -gli altri gruppi vicinali che si raccoglievano nel -<i>vicus</i> e nell'<i>urbs</i>. Ogni <i>locus</i>, ogni <i>vicus</i> — ce lo dice -Rotari<a class="tag" id="tag375" href="#note375">[375]</a> — aveva il suo territorio e così quelli vicini -<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span> -alla città venivano a chiuderla tutto intorno in un ambito, -che si può seguire attraverso le divisioni ecclesiastiche, -e che era costituito dal centro murato e da una -certa estensione di territorio di cui la città era dotata -al pari di ogni vico: non come sede di un <i>judex</i>. La -parola <i>populus</i> nel diritto romano classico indicava abitualmente -l'insieme degli abitanti in una <i>civitas</i><a class="tag" id="tag376" href="#note376">[376]</a>, così -che la provincia si poteva dire divisa in città o <i>populi</i>; -ma più tardi, forse per l'azione della Chiesa<a class="tag" id="tag377" href="#note377">[377]</a>, anche -le circoscrizioni minori furono chiamate col nome di -<i>populi</i><a class="tag" id="tag378" href="#note378">[378]</a>, aprendo e facilitando la via al sistema goto-bizantino, -che, staccando le classi militari e le più elevate -dalla rimanente popolazione, chiamò <i>populus</i> quest'ultima -in tutti i suoi agglomerati, fossero essi urbani -o rustici<a class="tag" id="tag379" href="#note379">[379]</a>. -</p> - -<p> -A risolvere il famoso passo di Paolo Diacono, a mio -modo di vedere, si possono addurre tre elementi sicuri: -la coincidenza delle circoscrizioni civili con quelle ecclesiastiche, -l'esistenza di varie prestazioni e la ripugnanza -incoercibile dei Langobardi a pagare imposte e -contribuzioni. -</p> - -<p> -Considerando che i Langobardi erano pochi, ariani e -barbari, la coincidenza — ripeto — non può essere spiegata, -come alcuni autori inclinano a credere, con la supposizione -che per un certo tempo tali divisioni territoriali -sieno state usate solo dalla Chiesa e che i Langobardi -l'abbiano riprese da essa. È molto più verosimile -<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span> -che i Langobardi le abbiano conservate perchè tale conservazione -apparve loro di utilità immediata e indiscutibile: -tanto è vero che, dove tale utilità generica fu -sorpassata da una necessità impellente, non si peritarono -di procedere a nuove e diverse divisioni<a class="tag" id="tag380" href="#note380">[380]</a>. -</p> - -<p> -Esaminando le varie prestazioni, di cui si ha notizia -per l'epoca langobarda, si vede che di una — la <i>tertia -pars frugum</i>, alla quale furono soggetti i romani verso -i conquistatori — nessun testo ci dice in modo preciso -come veniva corrisposta; delle altre i documenti e le -leggi franche (che ricordandole sino dal 782 come <i>antiqua -consuetudo</i> ne provano sicuramente l'antichità) ce -le mostrano come gravanti collettivamente su nuclei vicinali -determinati per pievi<a class="tag" id="tag381" href="#note381">[381]</a>. E poichè accanto alla -pieve rurale coesiste e predomina la pieve urbana; nè -la ragione consiglia nè i documenti permettono di credere -che tali nuclei sieno solamente rurali<a class="tag" id="tag382" href="#note382">[382]</a>. Di più -<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span> -dalle più antiche leggi barbariche che si conoscano, si -vede concepita ed attuata una responsabilità collettiva -che colpisce un insieme di individui determinato soltanto -territorialmente con i confini entro i quali abita e vive -il gruppo vicinale<a class="tag" id="tag383" href="#note383">[383]</a>: responsabilità e determinazione che -corrisponde perfettamente ai documenti langobardi che -possediamo<a class="tag" id="tag384" href="#note384">[384]</a>. -</p> - -<p> -Finalmente dal momento che i Langobardi non contribuirono -certamente (almeno nei primi tempi: vedremo -in seguito perchè questo stato di diritto fu più tardi -mutato) alle gravezze ed alle imposte, queste colpirono -soltanto ed esclusivamente i romani. -</p> - -<p> -Premesso questo e tenuto presente il sistema di responsabilità -collettiva, al quale erano state condotte le -singole circoscrizioni territoriali dalla decadenza romana -e più ancora da quella goto-bizantina, mi sembra sintomatica, -ma non strana, la disposizione imperiale che, -proprio a proposito dell'hospitalitas, abbandona i classici -concetti romani, che basano la persona giuridica -sull'elemento personale, e riconosce non irrilevanti facoltà -giuridiche in un amorfo complesso di individui -determinati unicamente in base all'elemento ibrido dell'abitazione -senza alcuna considerazione dell'elemento e -dello stato delle persone<a class="tag" id="tag385" href="#note385">[385]</a>. Tale pervertimento non può -esser dovuto che all'irrefrenabile dilagare di una decadenza -che i consueti mezzi giuridici non eran capaci nè -<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span> -di contenere nè di regolare e che preparava favorevole -terreno alle successive istituzioni barbariche. -</p> - -<p> -A questa stregua il passo in cui Paolo Diacono dice -che <i>populi tamen adgravati per Langobardos hospites partiuntur</i> -mi pare suscettibile di questa spiegazione. I singoli -<i>populi</i>, ossia le singole città con le terre cittadine ed -il suburbio<a class="tag" id="tag386" href="#note386">[386]</a>, al pari ed insieme con i singoli <i>vici</i> e <i>loci</i> -<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span> -con il loro respettivo territorio, prima furono obbligati -collettivamente e solidalmente al tributo della <i>tertia pars -frugum</i><a class="tag" id="tag387" href="#note387">[387]</a>; e più tardi, quando, dopo l'interregno, la conquista -prese un assetto definitivo, furono divisi fra i Langobardi -a seconda ed in proporzione della necessità e -dei bisogni: necessità e bisogni che si conguagliavano -alle esigenze della difesa<a class="tag" id="tag388" href="#note388">[388]</a>, al numero dei componenti i -singoli gruppi, ai loro desideri<a class="tag" id="tag389" href="#note389">[389]</a> e alle loro tendenze<a class="tag" id="tag390" href="#note390">[390]</a>. -</p> - -<p> -Questi <i>populi, adgravati</i> dai duchi che si vollero rifare -della parte di patrimonio ceduta al re, furono senza -dubbio soggetti al rifacimento delle mura, delle porte, -delle strade, dei ponti, degli edifici pubblici, delle cloache -e, nelle città fluviali, anche dei porti; e, dove fu possibile, -come a Cremona, a Piacenza, a Benevento e altrove, anche -ad altri aggravi speciali e furono divisi, secondo -l'opportunità e la convenienza dei vincitori, fra i vari -duchi e fra i diversi aggregati di <i>fare</i>, che, sotto la loro -guida, si distribuirono nel paese conquistato, dividendosene -le terre. -</p> - -<p> -E come nelle continue e terribili devastazioni, ormai -da gran tempo imperversanti, la terra abbondava, mentre -i grandi possessi dei nobili romani uccisi al tempo -di Clefi soddisfacevano, o quasi, le richieste dei maggiori -<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span> -langobardi; le terre che pur rientravano nei singoli -<i>populi</i> ma dagli scarsi abitanti non erano utilizzate, -furono divise fra gli altri Langobardi<a class="tag" id="tag391" href="#note391">[391]</a>, mentre agli indigeni -fu lasciata, oltre la proprietà privata di ciascuno, -un'altra terra di uso comune, necessaria ed indispensabile -quanto l'altra. E in alcuni luoghi, in cui la terra -abbondava ancor più, ne fu lasciata alle città anche -dell'altra su cui i cittadini non esercitavano un diritto -di uso nè come tali, nè come facenti parte di un qualche -consorzio di diritto privato con terre a comune; era -una terra che a nessuno di essi spettava in proprietà, ma -che dallo stato langobardo era riconosciuta spettante alla -città stessa, in quanto forniva a questa i sassi, le pietre, -il legname e le altre cose necessarie per il rifacimento -delle mura, dei ponti, e per le altre speciali imposizioni, -cui la città doveva sopperire. -</p> - -<p> -Del resto, si accetti o no questa mia interpretazione, -confido non si possa negare che al tempo langobardo -la città si differenziava territorialmente dalla <i>judiciaria</i> -di cui è a capo. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-6">§ 6.</h3> <p>— Bisogna ora vedere se e quanto è rimasto -dell'antico concetto romano della <i>civitas</i>, per passare poi -all'esame degli elementi principali che lo costituiscono. -</p> -</div> - -<p> -Cominciamo dal primo punto. -</p> - -<p> -L'atto di fondazione del famoso monastero di Senatore -in Pavia, del novembre del 714, è stato steso da -Felice <i>subdiaconus et notarius sancte ticinensis ecclesie</i>, -e sottoscritto da Todo <i>notarius regie potestatis</i> e da Aufrit -<i>notarius regius</i><a class="tag" id="tag392" href="#note392">[392]</a>. -</p> - -<p> -In un altro documento pavese<a class="tag" id="tag393" href="#note393">[393]</a>, di poco posteriore, — è -del 729 — si legge: -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span> -</p> - -<p> -«Quam donationis seu confirmationis nostre paginam -Magno <i>notarius sancte ticinensis ecclesie</i> ex iussu -Benedicti venerabilis <i>subdiaconi et exceptoris ticinensis</i> -scribendo rogavimus et subter confirmantibus testibusque -obtulimus roborandum. -</p> - -<p> -Ego qui supra Magnus <i>notarius sancte ticinensis ecclesie</i> -scriptor huius cartule donationis post tradita complevi -et dedi». -</p> - -<p> -È evidente che Felice e Magno erano notari della -chiesa pavese, ma non <i>exceptores ticinenses</i> e tanto meno -notari <i>regie potestatis</i>: e che Benedetto era ad un tempo -suddiacono e <i>exceptor</i>; come era suddiacono e <i>exceptor -civitatis</i> il suo confratello piacentino Vitale che in un -documento dell'anno 721<a class="tag" id="tag394" href="#note394">[394]</a> si qualifica <i>Vitalis v. v. subdiaconus -exceptor civitatis Placentinae</i>. -</p> - -<p> -C'erano, dunque, notai del re, notai della chiesa e -notai della città<a class="tag" id="tag395" href="#note395">[395]</a>. L'esistenza dei primi due non fa -meraviglia; ma riguardo agli ultimi non si può non osservare -che la forza della <i>civitas</i> non deve essere stata -tenue se riuscì a tenersi distinta dal potere pubblico -anche nella città in cui esso aveva posto la sua sede principale; -e che ciò è tanto più notevole in quanto, sparite, -<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span> -con la dominazione langobarda, le curie, le corporazioni -e le maggiori autorità romano-bizantine, erano venuti -a mancare i cardini sui quali avrebbe potuto poggiare -più agevolmente per mantenersi. -</p> - -<p> -Riservando ogni congettura a quando sieno stati -raccolti tutti i dati, che ho potuto rinvenire, prendiamo -atto della tripartizione che si vede delineata e proseguiamo. -</p> - -<p> -Un altro bellissimo documento che, per la sua importanza, -merita di esser segnalato in prima linea, è una -<i>notitia</i> veronese dell'837 riferentesi a fatti avvenuti nell'818<a class="tag" id="tag396" href="#note396">[396]</a>, -sulla quale, ormai quasi del tutto trascurata -dopo l'Hegel<a class="tag" id="tag397" href="#note397">[397]</a>, richiamò or non è molto, l'attenzione -il Leicht<a class="tag" id="tag398" href="#note398">[398]</a> e si è servito anche il Mayer<a class="tag" id="tag399" href="#note399">[399]</a>. È una «notitia» -<i>qualem pedaturam murorum veronensis civitatis -pars domus episcopii sancti Zenonis praeteritis temporibus -facere solita fuerit</i>. -</p> - -<p> -Al tempo della puerizia di Pipino, verso gli ultimi del -700, essendo frequenti le irruzioni degli Ungari, Carlo M. -pensò di riparare le più importanti città di confine e -fra queste Verona, per la massima parte distrutta e «muros, -turres, fossasque per urbis girum fecit adiectisque -palis fixis a solo usque munivit». Ma allora <i>de faciendis -muris et fossis</i> sorse una contesa <i>inter cives, et urbis -judices, ac partem S. Zenonis</i>; perchè mentre i giudici -volevano che l'episcopio contribuisse per la terza parte; -la Chiesa (compresi in essa quattro monasteri, di cui tre -regi e due xenodochi, pure regi) «quod ad comparationem -tanti populi exigua esset», <i>volebat non tertiam -<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span> -sed quartam sicut antiquitus fuerat, dare</i>. E non si veniva -a capo di nulla perchè da una parte il vescovo -non voleva cedere e dall'altra la «pars publica» non -poteva provare quello che sosteneva, sia perchè era -passato molto tempo da che la città non era stata munita, -sia perchè al tempo dei Langobardi «nihil indigebat, -<i>publico studio munita</i>: si quid modicum ruebat, statim -a vicario civitatis restituebatur». Finalmente si -ricorse al giudizio di Dio, che riuscì favorevole al vescovo -e pose termine ad ogni questione. Tanto che -quando nell'837 l'imperatore Lotario mandò a Verona -i suoi due messi Mario, conte di Berg, e Erimberto, vescovo -di Lodi, al vescovado ed ai suoi soci fu affidato -il rifacimento della quarta parte delle mura della città -presso la porta nuova e dei muri del castello. E «opus -illud perfecit». -</p> - -<p> -Sull'attendibilità e l'autenticità di questo documento -nessuno ha sollevato dubbi: l'Hegel e il Mayer se ne -servono per provare che le mura e le costruzioni difensive -romane continuarono ad esistere anche nell'epoca -langobarda; il Leicht per mettere in rilievo il saldo -vincolo dal quale appaiono uniti i cives accanto al rappresentante -del pubblico potere: e solo si deve tener -presente che non è un vero e proprio atto pubblico, ma -una memoria, una <i>notitia</i>, fatta redigere dalla chiesa -veronese, qualche tempo dopo, a ricordo degli avvenimenti -occorsile e a scopo di evitare possibili contestazioni -future<a class="tag" id="tag400" href="#note400">[400]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span> -</p> - -<p> -Questo era da premettere per allontanare qualunque -possibile obiezione da un documento che offre la prima -prova sicura del mantenersi in Italia di una parte importantissima -di sistemi di diritto pubblico prettamente -romani. -</p> - -<p> -Non si può dubitare che, ancora nel secolo ottavo, -la ragione per cui la «pars pubblica» veronese si riconosceva -obbligata a contribuire alla terza parte dell'opera, -si debba trovare nell'antica disposizione di Arcadio -e Onorio<a class="tag" id="tag401" href="#note401">[401]</a>, passata integralmente nel Codice Giustiniano<a class="tag" id="tag402" href="#note402">[402]</a>, -che assegnava alla riparazione delle mura -ed al mantenimento delle terme la <i>tertiam partem de -redditibus fundorum iuris reipublicae</i>; e può nascere -questione soltanto nel determinare con esattezza a quale -delle varie raccolte, in cui essa è stata inclusa, sia da -attribuire. Io credo che non si debba pensare nè al Codice -Teodosiano nè a quello Giustinianeo, ma sibbene -al Breviario Alariciano: e ciò perchè l'<i>Interpretatio</i> visigotica -trasforma la legge in maniera che si attaglia in -modo perfetto alle condizioni dell'<i>Emilia</i> e della <i>Tuscia</i> — le -due grandi regioni in cui era divisa l'Italia al -tempo dei Franchi — quali ci sono mostrate dal documento -di Verona e dalle fonti legislative, mentre non si -potrebbe dire altrettanto del rimanente della penisola. -</p> - -<p> -Nel Breviario Alariciano la disposizione, di cui ci -stiamo occupando suona così: <i>Quotiens aedificia vetustate -consumpta necesse fuerit reparari, ad ipsam reparationem -tertiam partem de proprio fiscus impendat</i>. Si è omessa -ogni menzione della <i>subustio thermarum</i> e si è sostituita -<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span> -l'espressione «fundi iuris reipublicae», che poteva dar -luogo ad incertezze (per determinare se si fosse trattato -di fondi del fisco o della città), con il termine <i>fiscus</i>, di -indubbio significato. E la <i>notitia</i> veronese mostra chiaramente -la partecipazione del fisco regio al riattamento -delle mura, mentre un capitolare sicuramente italico -parla di piazze e di cloache restaurate a totale carico -dell'erario pubblico e di ponti e di «reliquis similibus -operibus» mantenute dallo Stato in cooperazione con gli -abitanti e con le singole chiese senza mai far parola di -terme<a class="tag" id="tag403" href="#note403">[403]</a>. Invece nella parte inferiore dell'Italia centrale -la <i>Summa Perusina</i><a class="tag" id="tag404" href="#note404">[404]</a> ricorda ancora le terme e solo -ha una leggiera variante nell'indicazione dei redditi -pubblici: <i>moenia publica et therma de tertia parte reditibus -publicis reparetur</i>; e nell'Italia meridionale, attraverso -alla concessione fatta nel 774 dal duca Arechi di -Benevento al monastero di S. Sofia<a class="tag" id="tag405" href="#note405">[405]</a>, si vede limpidamente -come, per tradizione o per testi giuridici, si sia -mantenuto il sistema romano-bizantino delle terme e del -loro riscaldamento per opera del fisco e dei cittadini. E -se si mantenne nelle regioni langobarde, a più forte ragione -è da pensare che si conservasse nella parte d'Italia -rimasta più a lungo bizantina. -</p> - -<p> -Un solo testo, generalmente attribuito all'Italia, fa -eccezione: la c. d. <i>Legge Romana Udinese</i>. -</p> - -<p> -Questa legge mostra evidentemente di avere calcato -in questo punto, come in molti altri, il Breviario Alariciano -<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span> -ma svisandolo e, conseguentemente, allontanandosi -del tutto dalla massima romana e dalle applicazioni che, -in modo non da per tutto uniforme, ma sempre inspirato -ad identico concetto, essa ebbe in Italia. In questa, come -abbiamo visto, si considerano due termini: le mura della -città e le terme. Di quest'ultime il Breviario non parla, -mentre estende la comprensione dell'altro termine a tutti -gli edifici pubblici, con lo scopo evidente di imporre in -un numero maggiore di casi l'obbligo della prestazione -ai cittadini ed alla chiesa vescovile. Ora la legge c. d. romana -udinese con la sua seconda interpr. alla legge I del -libro XVI dice: <i>Si aliquis judex antiqua publici habitacionem -in civitatem renovare voluerit, tercia parte cum -adiutore fisci ipsum aedificium renovet</i>. Non solo non si -parla più delle mura; ma, pure a voler passar sopra — conoscendo -lo spropositato latino del compilatore — alla -differenza fra una <i>reparatio</i> necessaria ed una <i>renovatio</i> -voluta dall'«judex», anche il centro della disposizione -è spostato perchè si parla di un'<i>habitacio</i> che riguarda -unicamente l'«judex», al quale, se vorrà ripararla, verrà -concessa la partecipazione del terzo della spesa da parte -del fisco. -</p> - -<p> -Per questo punto almeno la c. d. Legge rom. udin. non -ha certamente avuto applicazione in Italia. Non voglio -dire che se ne possa senz'altro dedurre che perdano -ogni vigore le numerose argomentazioni fatte per sostenerne -l'italianità, dalle magistrali memorie dello Schupfer -alle geniali supposizioni del Gaudenzi; ma sta il fatto -che su una questione determinata con precisione e per -la quale si hanno come termine di paragone documenti -e testi sicuramente italiani, la legge romana udinese si -è trovata in contrasto aperto. -</p> - -<p> -Dal documento veronese, dunque, si vede come alla -riparazione ed al mantenimento delle opere pubbliche -concorressero insieme, ed oltre ai <i>cives</i>, la Chiesa e lo -Stato. -</p> - -<p> -Di questo fatto si hanno anche altre conferme. -</p> - -<p> -La partecipazione della Chiesa è provata da un Capitolare -<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span> -italico, del quale Lodovico il Pio, riportandolo -nel suo Capitolare dell'817, ci attesta la larga applicazione -in Italia<a class="tag" id="tag406" href="#note406">[406]</a>. In esso si conferma l'<i>antiquam et justam -consuetudinem</i> per la quale gli ecclesiastici erano obbligati -alla costruzione dei ponti e di altre simili opere -insieme <i>cum reliquo populo</i> e si stabilisce che il rappresentante -della pubblica autorità non deve chiamarli direttamente -al lavoro — <i>per alium exactorem ecclesiastici -homines non compellantur</i> — ma deve rivolgersi al rettore -della chiesa — <i>rector ecclesiae interpelletur</i> — e questi risponde -dell'esecuzione del lavoro. -</p> - -<p> -L'esempio di Verona calza a capello anche a questo -proposito: insieme col vescovado si vedono formare -la quota della Chiesa varî monasteri e due xenodochi. -</p> - -<p> -E poichè si parla di <i>antiqua consuetudo</i> è più che -probabile che le cose non procedessero con sistema diverso -al tempo dei Langobardi, i quali, presumibilmente, -lo ricevettero dai Goti attraverso alla breve dominazione -bizantina. -</p> - -<p> -È al tempo dei Goti che la Chiesa cattolica comincia -a staccarsi dallo Stato, per divenire la Chiesa di -una sola parte — e della parte vinta — della popolazione; -ed è allora che si può concepirla gravata di una -parte dell'onere del rifacimento dei pubblici edifici. Il -Codice Giustinianeo non ha accolto alcuna delle numerose -costituzioni imperiali, che da Costantino in poi, -avevano costituito alla Chiesa una condizione privilegiata -in fatto di imposte e di esazioni ed ha equiparato -in tutto e per tutto gli ecclesiastici ai laici, immobilizzandoli, -al pari di questi, nelle singole circoscrizioni -e sottomettendoli a quegli oneri che, prima <i>sordida munera</i>, -son qualificati da lui come nobili e necessari; ma -per quanto potesse colpirne i membri, non credo che -la legislazione bizantina, che tanto si valeva della Chiesa -<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span> -da affidarle funzioni pubbliche molto importanti, sia potuta -giungere a concepire il <i>corpus</i> della Chiesa nel suo -complesso come un congruo e possibile soggetto di esazione -tributaria. A questo, secondo me, arrivarono senza -sforzo i Goti che erano barbari ed ariani; distinti, cioè, -per razza e per culto dai vinti, fra i quali non poteva -essere difficile scorgere e colpire quella che formava la -parte più importante della loro vita. -</p> - -<p> -Nè le cose dovettero passare altrimenti sotto i Langobardi: -soltanto la collettività cittadina non avendo -raggiunta sotto di loro quella consistenza della quale -vigorosi sintomi economici non appaiono che alla fine -del secolo ottavo ed ai primi del successivo, nè la Chiesa -essendo ancora pervenuta all'importanza politica e sociale, -riconosciutale da Carlo Magno; l'attività del rappresentante -della pubblica autorità risaltava per modo -da offuscare la partecipazione d'opere e di spesa alla -quale, sotto la sua direzione ed il suo comando, i cittadini -e la Chiesa dovevano sobbarcarsi<a class="tag" id="tag407" href="#note407">[407]</a>. -</p> - -<p> -Per quel che concerne la partecipazione dello Stato -alle opere pubbliche, le tracce forniteci dal documento -veronese vengono illuminate, completate e prospettate -nelle loro proporzioni nel quadro delle istituzioni cittadine -del tempo, da un capitolare franco che, col carattere -generale, proprio delle disposizioni legislative, -affida che il caso di Verona è da considerarsi non come -isolato e particolare ad una sola città, ma come un episodio -corrispondente al sistema degli ordinamenti pubblici -che reggevano le città italiane conquistate dai Franchi: -sistema proprio e caratteristico dell'Italia e tutto -affatto distinto da quello di ogni altra regione. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span> -</p> - -<p> -Il Capitolare tratta «de plateis vel cloacis curandis -<i>unius cuiusque civitatis de regno Italiae</i> ut singulis annis -curentur» e stabilisce che ciò sia fatto a cura e -carico totale dello Stato — <i>non volumus quod exinde -pandum aliquis ad partem palatii nostri persolvat</i><a class="tag" id="tag408" href="#note408">[408]</a>. -</p> - -<p> -Ora — si badi bene — una cura vigile delle cloache -e delle piazze cittadine, di per sè stessa poco consona -all'organizzazione statuale barbarica, non si può assolutamente -concepire staccata da quel sistema delle angarie -che, se ebbe una consistenza giuridica speciale nel -sistema feudale, ebbe una applicazione non meno estesa -nel precedente sistema barbarico. Perchè dei bisogni locali -fossero soddisfatti dallo Stato senza un contributo -specifico, destinato ad un particolare scopo, degli individui -che ne erano avvantaggiati, ci voleva un paese nel -quale fosse viva e forte la concezione dello Stato come -un ente saldo ed omogeneo personificante l'insieme di -tutti i cittadini. E questo paese, anche se la legge non -lo dichiarasse in modo esplicito, non poteva esser che -l'Italia. E la cosa è resa ancor più notevole dal fatto che -tale tradizione appare non nei primi tempi della conquista -langobarda, ciò che avrebbe potuto non recar -meraviglia, ma quando essa è sostituita da quella franca. -Dal confronto del documento veronese con il capitolare -ora ricordato appare indiscutibile la partecipazione diretta, -a spese proprie, dello Stato ad opere di pubblica -utilità e necessità; partecipazione non sporadica e saltuaria, -ma generale e sistematica, che i re franchi non -avrebbero, non saprei dire se piuttosto subita o accolta, -se una speciale condizione di cose non ve li avesse costretti. -Nessun altro capitolare, infatti, parla mai di simile -contribuzione da parte dello Stato. -</p> - -<p> -E anche questo elemento ebbe la sua importanza -per la costituzione delle nostre città. L'autorità pubblica, -che con il rapido e progressivo decadere del potere centrale, -<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span> -si avviava al sistema feudale; costretta a supplire -con mezzi propri alle necessità della difesa, rese sempre -più impellenti dalle invasioni ognor più frequenti e minacciose, -fu tratta fatalmente ad affidare tale onere (che le -tristi condizioni della sua finanza e la debolezza dei suoi -organi non le permettevano di sostenere) alle energie -locali. Ma queste, giuridicamente non obbligate affatto o -solo in parte, non vi si sobbarcarono che verso congrue -concessioni che diminuirono sempre più la forza del -governo centrale e dei suoi rappresentanti sulle città e -le avviarono vigorosamente, attraverso al governo, notoriamente -mite, dei vescovi, alla completa autonomia. I -<i>cives</i>, infatti, erano anch'essi obbligati a contribuire, -come abbiamo veduto a Verona, per una certa parte, -e questo conferma anche per un altro lato l'ipotesi accennata -or ora che, per rendere loro possibile di soddisfare -a tali oneri fossero rilasciati alle città alcuni beni, -anche quando, sotto il gastaldo, dipendevano direttamente -dal re. La discordia ben nota, fra i duchi ed i -gastaldi, fomentata dalle guerre intestine e dalle dissensioni -fra il partito nazionalista e quello romanizzante, -non fu nè la sola nè la principale causa per la quale, -istigati e sorretti dal duca desideroso di abbattere la -concorrente autorità del gastaldo — specialmente quando -l'uno e l'altro coesistevano nella stessa città — i cittadini -diminuirono sempre più la facoltà del gastaldo e -del re sui beni pubblici. -</p> - -<p> -E da questo stato di cose derivò anche un'altra conseguenza. -Quando l'elemento cittadino riprese vita e -vigore, non si accontentò di un diritto di uso su quei -beni, ma ne pretese la piena proprietà perchè ed in -quanto considerò l'uso fino ad allora fattone non come -un diritto in sè stesso finito, ma come la manifestazione -esterna di un vero e proprio diritto di proprietà, capace -di escludere ogni ingerenza dell'autorità pubblica. -</p> - -<p> -Non è soltanto a Verona che si vede l'insieme dei -cittadini ben distinto dalla Chiesa e dalla <i>pars publica</i>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span> -</p> - -<p> -Lo stesso è a Cremona. -</p> - -<p> -Cremona resistè molti anni all'invasione langobarda, -finchè nel 603 Agilulfo, che ne temeva grave pericolo -per la vicinanza alla capitale mosse contro di essa, la -conquistò e ne divise il territorio fra la <i>curtis regia</i> di -Sospiro ed il ducato di Brescia<a class="tag" id="tag409" href="#note409">[409]</a>. E ciò per non disturbare -i potenti duchi di Bergamo e di Brescia i quali -fin dal momento dell'invasione avevano occupato gran -parte del territorio di Cremona<a class="tag" id="tag410" href="#note410">[410]</a>. La città in breve risorse, -favorita dalla sua felice condizione topografica; -tanto che la troviamo ricordata nel famoso patto del 730 -fra Liutprando e i militi comaclensi<a class="tag" id="tag411" href="#note411">[411]</a>. -</p> - -<p> -Mentre verso la metà del secolo nono Lodovico teneva -il suo placito generale in Pavia comparvero Rothecario, -Dodilo, Gudiberto <i>et ceteri habitatores de civitate Cremona</i> -e proclamarono che il vescovo aveva fatto loro -grandi ed ingiuste violenze riguardo alle loro navi costringendoli -a pagare «ripaticum, palificturam seu pastum» -(sono le imposizioni del patto del 730) che nè -loro nè i loro parenti avevan mai pagato. -</p> - -<p> -L'imperatore mandò a Cremona il suo consigliere -Teodorico, al ritorno del quale si tenne un nuovo placito; -ma essendo apparso insufficiente il materiale di -prova, si rimise la decisione della controversia ad un -successivo placito che fu tenuto dallo stesso Teodorico -«in domo ecclesiae» di Cremona nell'852<a class="tag" id="tag412" href="#note412">[412]</a>. Vennero -di nuovo i sopradetti <i>habitatores cum reliquis habitatoribus -de ipsa civitate</i> confermando le primitive accuse -<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span> -che il vescovo ingiustamente li costringeva agli stessi -obblighi dei militi comaclensi. Ad essi il vescovo, dopo -aver detto che a lui la <i>palifictura</i> e il ripatico spettavano -di diritto «iuxta istud pactum quod Dominus b. -m. Karolus inperator confirmavit», produsse idonei testimoni -i quali provarono che quegli uomini che agivano -«de ipso porto» contro la chiesa, <i>nec ipsi nec parentes -sui naves habuerunt nisi tempore Pancoardi et Benedicti -episcopi</i> e che fino ad allora avevano portato il sale da -Comacchio comuniter con i militi comaclensi e <i>comuniter -ripaticum et palificturam dabant</i> <span class="smcap lowercase">PARTI REGIE</span> <i>et</i> <span class="smcap lowercase">ECCLESIE -CREMONENSI</span>; e che anche dopo che negli ultimi -trent'anni cominciarono a commerciare con navi proprie -da Comacchio, davano il ripatico e la palifittura. -E la deposizione di questi testimoni fu così completa e -convincente che Teodorico, dopo aver sentito dal gastaldo -e dall'avvocato della regia corte di Sospiro che -la corte stessa non aveva da accampare alcun diritto, -giudicò che «ipsi homines ripaticum vel palificturam -de suis navibus iuxta ipsum pactum de antea dare deberent». -</p> - -<p> -Da questo documento si vede come la vita cittadina -cominciasse veramente a svolgersi a Cremona nei primi -anni del secolo nono e che solo allora i cremonesi cominciarono -a possedere navi proprie ed esercitare da -sè stessi il commercio e ad affacciare pretese di indipendenza -economica. Prima di allora il complesso della -cittadinanza era ben distinta dalla Chiesa e dalla parte -pubblica, ma formava un complesso incolore, incapace, -a quanto pare, di possedere in proprio: almeno se stiamo -a quel che si dice delle navi. -</p> - -<p> -Nè quest'affermazione è in opposizione con quanto -sono venuto esponendo rispetto alla personalità giuridica -della città; perchè accadde alle nostre città quello -che era avvenuto in Roma ai <i>collegia tenuiorum</i>, i quali -furono riconosciuti come capaci di diritto, quantunque i -loro membri, singolarmente presi, non fossero soggetti -<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span> -di diritto, per ragioni fiscali e di opportunità amministrativa. -</p> - -<p> -Di fronte alla fiacchezza congenita dello Stato barbarico, -resa più grave dall'indebolimento proprio e caratteristico -del periodo feudale; fra due grandi forze -della società: lo Stato e la Chiesa; la vittoria doveva -fatalmente arridere a quest'ultima, ricca di donazioni -recenti e sempre più numerose: forte di antiche, care e -solide tradizioni rinvigorite dallo spirito di romanità; -centro non unico ma prevalente della cultura; salda in -una organizzazione temprata dalle lunghe traversie. -</p> - -<p> -Erano ecclesiastici i due <i>exceptores</i> di Pavia e di Piacenza -e così a Verona come a Cremona aveva arriso alla -Chiesa l'esito del giudizio. E in qualche luogo essa -giunse a coprire con un suo membro anche quell'ufficio -di <i>curator</i> di così certa derivazione romana e di -così incerta determinazione nel medio evo: a Lucca in -un documento del 740 troviamo <i>Gaudentium presbitero -in christo pater curator nostro</i><a class="tag" id="tag413" href="#note413">[413]</a>. -</p> - -<p> -Alla Chiesa, dunque, prima che allo Stato è da rivolgere -l'attenzione. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-7">§ 7.</h3> <p>— La religione cristiana ha esercitato sullo sviluppo -della nostra civiltà un'influenza vasta e complessa -che, considerata da un punto di vista generale e d'insieme, -si comprende nell'espressione generica di azione -della Chiesa; però gli elementi, di cui tale azione resulta, -sono così ingenti per numero e così differenti per -origine, per natura, per sviluppo e per intensità, che è -<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span> -indispensabile una specificazione; e questa specificazione -deve esser consona alla natura speciale dell'indagine -presente. -</p> -</div> - -<p> -Avendo per scopo lo studio della costituzione delle -nostre città, è ovvio che ci si deve occupare dell'azione -della Chiesa in tanto ed in quanto ha rapporto con essa; -e, quindi, si deve stabilire fra le varie manifestazioni del -fenomeno religioso una gradazione di importanza, per -cui dalle forme di contatto più immediato e di azione -più diretta si scenda alle ultime e più remote ripercussioni -del sentimento religioso<a class="tag" id="tag414" href="#note414">[414]</a>. Siccome la Chiesa, -oltre che come un unico grande corpo, si può considerare -anche come la resultante della unione dei varî -centri locali che la compongono; e questi, in quanto costituiscono -l'organo intermediario fra quella ed i proprî -fedeli, sono, per necessità, in continuo contatto con -quei centri locali: è evidente che nel caso nostro il primo -e principale istituto da studiare è quello con il quale la -Chiesa si organizzò nella città e, cioè, la chiesa cittadina; -e che si deve individuarlo ed esaminarlo di contro e di -preferenza ad ogni altro. Inoltre, poichè questa indagine -mira a valutare quale sia stata l'azione esercitata dalla -Chiesa nel periodo langobardo-franco, deve basarsi, come -punto di partenza e di paragone, sulla conoscenza di -tale azione nel periodo anteriore: e questa conoscenza, -alla sua volta, deve esser raggiunta esaminando come -la Chiesa si è stabilita ed organizzata nella città e quali -conseguenze ne sono derivate in rapporto alla vita cittadina. -</p> - -<p> -A risalire fino ai più antichi tempi ed a condurre -l'indagine con questo criterio induce anche un'altra -considerazione. -</p> - -<p> -La Chiesa primitiva per rendere più rapida e proficua -<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span> -la propaganda e più salda l'organizzazione, ebbe -gran cura di adattarsi il più possibile ai gusti, alle tendenze, -ai costumi, alle usanze dei singoli luoghi e concesse -ampia facoltà ai vescovi di adottare le formule ed -i riti ritenuti più consoni alle varie popolazioni, lasciandoli -arbitri di giudicare fino a qual punto questa che -in alcuni casi, giunse ad esser piuttosto indipendenza -che autonomia, fosse compatibile con l'unità dogmatica -indispensabile alla Chiesa<a class="tag" id="tag415" href="#note415">[415]</a>. Solo dopo la metà del secolo -quinto si comincia ad avvertire una qualche tendenza -ad una unificazione specialmente nella Gallia<a class="tag" id="tag416" href="#note416">[416]</a> -e nella Spagna<a class="tag" id="tag417" href="#note417">[417]</a>; ma in maniera così blanda, che non -si andò più in là di un semplice coordinamento della -dottrina e degli usi nell'ambito ristretto dei varî concilî -sinodali e metropolitani. Oltre le grandi differenze che -distinguono la chiesa latina da quella greca<a class="tag" id="tag418" href="#note418">[418]</a>; differenze -notevoli si riscontrano fra le varie chiese componenti -la prima e cioè l'italiana, la gallica e la spagnuola<a class="tag" id="tag419" href="#note419">[419]</a>; -ed altre tutt'altro che insignificanti si riscontrano -<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span> -pure fra i varî centri di ciascuna di esse. -Nella nostra Italia, dove traccie numerose attestano la -forza delle prische razze italiche, il lungo perdurare -delle loro tradizioni<a class="tag" id="tag420" href="#note420">[420]</a> e il vigore del loro diritto<a class="tag" id="tag421" href="#note421">[421]</a>; -nella nostra Italia, la terra classica delle città, questa -varietà di liturgia, e non di liturgia soltanto, si manifestò -più fortemente e persistè più a lungo che in ogni -altro paese. -</p> - -<p> -Fra i numerosi <i>ordines officiorum</i>, che si cominciarono -a raccogliere nelle cattedrali delle varie città dopo -la lotta contro la simonia e per le investiture e che -rappresentano una tendenza decisa verso l'unificazione -generale; tendenza che fu accentuata e vittoriosa solo -con Innocenzo III; fra questi <i>ordines officiorum</i>, dico, si -riscontrano differenze profonde. E la cosa è tanto più -notevole in quanto la diversità non appare soltanto fra i -riti maggiori e più noti quali quello romano<a class="tag" id="tag422" href="#note422">[422]</a>, l'ambrosiano<a class="tag" id="tag423" href="#note423">[423]</a>, -il ravennate<a class="tag" id="tag424" href="#note424">[424]</a>, e, magari, l'eusebiano dovuto -<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span> -in gran parte al noto vescovo vercellese del secolo IV<a class="tag" id="tag425" href="#note425">[425]</a>; -ma anche fra tutti gli altri: la chiesa fiorentina<a class="tag" id="tag426" href="#note426">[426]</a> -mostra una liturgia ben differente da quella senese<a class="tag" id="tag427" href="#note427">[427]</a>, -come da quella pisana<a class="tag" id="tag428" href="#note428">[428]</a>, dalla lucchese<a class="tag" id="tag429" href="#note429">[429]</a>, dalla -<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span> -pistoiese<a class="tag" id="tag430" href="#note430">[430]</a> etc.; come quella piacentina<a class="tag" id="tag431" href="#note431">[431]</a> non si confonde -affatto con la parmense<a class="tag" id="tag432" href="#note432">[432]</a> o la modenese<a class="tag" id="tag433" href="#note433">[433]</a> o la -bolognese<a class="tag" id="tag434" href="#note434">[434]</a> o la padovana<a class="tag" id="tag435" href="#note435">[435]</a>. E così via. Ogni chiesa, -per quanto fedele figlia di Roma e di professione ortodossa, -ha riti e liturgie speciali tanto che nemmeno il -concilio tridentino (che pure snaturò e capovolse tante -istituzioni della Chiesa e volle ridurla ad assetto organico -ed omogeneo) riuscì a rimuoverle del tutto. -</p> - -<p> -Ora queste differenze non si sarebbero mantenute -tanto a lungo se non avessero risposto ad un'esigenza -speciale dei luoghi e dei tempi; e non si sarebbero tenacemente -radicate se non fossero state sinceramente -sentite e fortemente volute. Siccome la Chiesa, in quanto -proveniente da un'unica origine, ha dovuto avere in -ogni tempo cura o almeno, tendenza precipua della sua -unità di fede e di culto, è logico pensare che dove questa -unità appare rotta od attenuata, ciò dipenda non da -arbitrarî mutamenti dovuti a quella parte dell'elemento -locale che costituiva per il suo carattere l'organo della -Chiesa centrale, cioè, del clero; ma da infiltrazioni eterogenee -e cioè laiche da quello dovute subire o che il -<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span> -clero credette bene di accogliere. Dimostrare che tali deviazioni -si manifestano da per tutto e differenti da luogo -a luogo, significa dimostrare che non si trovavano in -contraddizione col dogma e che cooperavano validamente -alla sua diffusione e, cioè, che la organizzazione -primitiva della Chiesa fu tale che comportò, se non -resultò a dirittura di elementi particolaristici, tenuti insieme -da un certo numero di vincoli e di legami generali. -</p> - -<p> -Rilevare ed esaminare questo aspetto della costituzione -della Chiesa riguardo alla città significa conoscere -una delle principali istituzioni della città stessa<a class="tag" id="tag436" href="#note436">[436]</a>. Le -differenze di liturgia erano la conseguenza di concessioni -destinate a soddisfare particolari e speciali esigenze che -provenivano da differenze non già dogmatiche, ma etniche -e territoriali, tanto più forti e, quindi, tanto più -importanti quanto più a lungo si sono mantenute. Erano -una manifestazione ed una conseguenza di differenze di -natura laica e, perciò, un esame comparativo di esse può -condurre a rilevare se e quanto del particolarismo, a -tutti noto, delle nostre città nell'epoca comunale risalga -nel tempo e può condurre ad offrire un termine di -confronto per vedere e giudicare i mutamenti e le innovazioni -prodottesi nel corso dei secoli. Si intravede -così, se non m'inganno, qualche cosa (se non pure un -vero e proprio lato) di quella corrente oscura ma innegabile -<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span> -che ha fluito ininterrotta dalla repubblica di Roma -alle repubbliche d'Italia e per esse, che dello Stato moderno -posero le prime basi, al tempo nostro: corrente -che ha congiunto queste a quella senza che lo splendore -dell'Urbe spengesse o assorbisse ogni personalità -delle altre città, le quali, invece, nel compenetrarsi di -essa hanno trovato la forza ed il mezzo per conservare -la parte più intima e più caratteristica di sè medesime. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span> -</p> - -<p> -L'unità di misura e di base delle istituzioni della -Chiesa fu la pieve. Il primo punto, da determinare è la -consistenza e la natura dell'istituzione civile su cui la -pieve s'insediò perchè solo in tal modo si può pervenire -a determinare quale è stata l'azione della Chiesa, -così rispetto al tempo romano, come a quello successivo. -</p> - -<p> -Già si è avuto occasione di rilevare che la pieve -della città comprende la città ed il suburbio e che corrisponde -in modo perfetto alla circoscrizione civile: per -determinare quanta parte di tale coincidenza è dovuta -alla Chiesa, è necessaria un'indagine relativamente ampia -dell'istituzione su cui la Chiesa si adagiò e, cioè, -del pago. Si avrà così anche il vantaggio di conoscerla -non soltanto nella sua costituzione interna, ma anche -nei rispetti e nei rapporti con le pievi rurali che la circondano -e di avere un punto fisso onde giudicare se e -quanto degli istituti anteriori all'invasione langobarda, -si sia conservato per opera della Chiesa. -</p> - -<p> -Il pago ebbe una costituzione saldissima, a formare -la quale hanno cooperato tre fattori: quello economico, -quello civile e quello religioso, ognuno dei quali deve -esser esaminato a parte. -</p> - -<p> -Cominciamo da quello economico. -</p> - -<p> -Il re Astolfo con un diploma dell'anno 753 fece ai -monaci di Nonantola questa concessione: «in quibuscumque -<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span> -comitatis vel locis cellas acquisiveritis aut <i>villas -ubi silve communes sunt</i>, vestram semper portionem -habere<a class="tag" id="tag437" href="#note437">[437]</a>». -</p> - -<p> -Al suo tempo, dunque, il regno era costituito da -comitatus divisi in <i>loci</i>, suddivisi in <i>ville</i> e <i>celle</i><a class="tag" id="tag438" href="#note438">[438]</a> e a -queste ultime (celle e ville) potevano spettare delle selve, -dei beni comuni. E questi diritti spettavano loro per -un diritto di natura pubblica, perchè la concessione, in -sostanza, è una limitazione che l'autorità regia stabilisce -ed impone all'esercizio normale e giuridico (non già -arbitrario) del proprio potere e questo non può esplicarsi -che nel campo del diritto pubblico<a class="tag" id="tag439" href="#note439">[439]</a>. -</p> - -<p> -Per precisare meglio la posizione giuridica dei beni -comuni di queste minime circoscrizioni territoriali, occorre -scendere per un momento a documenti molto posteriori -per poi valersi di altri anteriori che da questi -sono completati, mentre, alla lor volta, contribuiscono -validamente a illuminare i primi. -</p> - -<p> -In un documento lombardo del 1201 si vedono esistere -sino da antichissimo tempo varî pascoli e <i>vicanalia</i> -nel <i>loco</i> Veliate<a class="tag" id="tag440" href="#note440">[440]</a>. <i>Vicanalia</i> in tutta l'Italia langobarda -<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span> -sono detti i beni comuni dei <i>vici</i>, compresi nelle -loro circoscrizioni territoriali e ad essi spettanti<a class="tag" id="tag441" href="#note441">[441]</a>: dunque -in un solo <i>locus</i> si trovavano più <i>vici</i> e ciascuno di -essi aveva pascoli e beni comuni distinti e separati da -quelli di tutti gli altri <i>vici</i> e — si può aggiungere — anche -da quelli del <i>locus</i> stesso considerato nel suo complesso. -Infatti fra le consuetudini di Milano ce ne è una<a class="tag" id="tag442" href="#note442">[442]</a> -che distingue i beni comuni dei loci del distretto in <i>communia</i> -e <i>vicanalia</i> e li distingue in modo che appare -chiaro che i <i>communia</i> sono dei <i>vicanalia</i> sui quali il -signore di tutto il distretto — <i>dominus cui est totum districtum</i> — ha -una facoltà così estesa che in caso di vendita -ha diritto alla metà del prezzo ricavatone. Questo <i>dominus</i>, -in sostanza, è il rappresentante, la personificazione -della giurisdizione del distretto<a class="tag" id="tag443" href="#note443">[443]</a> e siccome questo distretto -è costituito dal <i>locus</i>, i <i>communia</i> si trovano rispetto -al <i>locus</i> in un rapporto nel quale non si trovano i -<i>vicanalia</i>. E poichè nella consistenza di fatto sono identici, -<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span> -come è dimostrato dalla consuetudine stessa che a proposito -di <i>communia</i> parla del prezzo di «illarum omnium -<i>viganalium</i>»; la differenza fra essi è costituita dalla -presenza o meno di un rapporto diretto col <i>locus</i><a class="tag" id="tag444" href="#note444">[444]</a>. Infatti -tanto nell'un caso come nell'altro la partecipazione -e la presenza simultanea dei <i>domini</i> e dei <i>vicini</i> -<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span> -al ricavato della vendita delle terre comuni o dei loro -frutti, assicura che ci troviamo fuori da rapporti d'indole -e di natura privata. Ma nel caso della vendita di -<i>vicanalia</i> tutti i comunisti partecipano con eguali facoltà -e nella medesima proporzione; mentre invece se si tratta -di <i>communia</i>, il <i>dominus</i>, in quanto è investito di facoltà -giurisdizionali sul distretto intiero, ha diritto alla metà -del ricavato totale ed in quanto, poi, è comunista ossia -possiede delle terre partecipa alla distribuzione della -metà che rimane in proporzione delle terre stesse: -<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span> -«<i>partem accipit pro parte terrarum quam in ipso loco -habet</i>». -</p> - -<p> -I <i>vicanalia</i> sono beni destinati agli abitanti del vico -per sopperire alle necessità proprie di ogni centro abitato -in periodo economico di livello molto basso; prevale -in essi la considerazione dell'elemento personale -e, quindi, su di essi hanno indistintamente eguali diritti -tutti coloro che abitano nel vico, sieno essi <i>domini</i> o -semplici <i>vicini</i>. Invece i <i>communia</i> non sopperiscono ai -bisogni delle persone ma a quelli dei fondi e la loro -funzione è di completare l'ossatura economica del <i>locus</i> -nei rispetti delle terre lavorative che lo compongono, le -quali necessitano di altre terre che ne formano il complemento -indispensabile. Su queste terre comuni a più -fondi, i vicani hanno diritto solo se possessori dei fondi -stessi ed in proporzione della loro entità. Ed inoltre, -siccome i <i>communia</i> sono beni comuni per un rapporto -di diritto pubblico che li distingue in modo assoluto -dalle comunioni di terre originate dall'eventuale incontro -di volontà di due o più proprietarî; colui che dell'autorità -pubblica è il rappresentante nel distretto, ha -su questi beni una facoltà preminente ed assoluta che -in caso di vendita è valutata economicamente alla metà -del ricavato totale. -</p> - -<p> -In un tempo in cui l'economia naturale predomina -dappertutto; nessun'altra base per l'esercizio delle funzioni -militari e politiche e amministrative tornava possibile -e nessun'altra sarebbe stata più solida e appropriata -del possesso della terra. Per questo ogni capo -ottiene grandi possessi. Però accanto a questi possessi -che alimentano l'economia privata di coloro che sono -investiti dell'esercizio di pubbliche funzioni<a class="tag" id="tag445" href="#note445">[445]</a>, si hanno, -sempre all'identico scopo di sostenere le funzioni stesse, -altre facoltà sui beni comuni alle terre che formano ciascun -<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span> -distretto. E si conosce anche l'entità di queste -facoltà. Se al <i>dominus</i> (come ci attesta il Libro delle -consuetudini milanesi) in quanto <i>dominus</i> spettava la -metà dell'intiero ricavato della vendita di un bene comune, -la sua autorità doveva valere in eguale proporzione -anche nella deliberazione da cui la vendita traeva -origine, perchè la vendita non è che la conseguenza e -la manifestazione esterna di un atto volitivo, a formare -il quale hanno cooperato le varie volontà aventi diritto -su quel bene comune. -</p> - -<p> -La stessa distinzione fra <i>communi</i> e <i>vigano</i><a class="tag" id="tag446" href="#note446">[446]</a>, fra -<i>communantiae</i> e <i>viganalia</i><a class="tag" id="tag447" href="#note447">[447]</a>, si trova in documenti anteriori -all'epoca in cui le consuetudini milanesi sono -state raccolte<a class="tag" id="tag448" href="#note448">[448]</a> e si conserva inalterata negli statuti -posteriori<a class="tag" id="tag449" href="#note449">[449]</a>. -</p> - -<p> -E la continuazione ininterrotta da tempo remotissimo -è provata dal sussistere di nomi della bassa latinità e -perfino del parlare comune e volgare. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span> -</p> - -<p> -Un documento laudense del mille<a class="tag" id="tag450" href="#note450">[450]</a>, per esempio, -parla di<i> vicanalibus atque conciliis</i>. Che i <i>concilia</i> sieno -qui rispetto al <i>vicanalia</i> quello che nei documenti ricordati -or ora sono i <i>vicanalia</i> rispetto ai <i>communia</i>, non -mi pare si possa negare. Prima di tutto resulta dal contesto -e poi, in ogni modo, l'atto aggiunge subito dopo: -«cum <i>ecclesiis</i> et <i>capellis</i>», mettendo in correlazione -evidente l'<i>ecclesiae</i> con i <i>vicanalia</i> e le <i>capellae</i> con i -<i>concilia</i>; ed il termine <i>ecclesia</i>, — ne ha data da più di -un secolo completa dimostrazione il nostro vecchio e -bravo Lupi — di regola indica esclusivamente le pievi, -delle quali se ne aveva una per ogni capoluogo<a class="tag" id="tag451" href="#note451">[451]</a> di -fronte agli oratorî e alle cappelle private liberamente -sparse per il pago. -</p> - -<p> -Nè si hanno <i>concilia</i> solo a Lodi: si sa di <i>concelibus -locis</i> a Gravedona<a class="tag" id="tag452" href="#note452">[452]</a> e nel Canton Ticino<a class="tag" id="tag453" href="#note453">[453]</a>, di <i>concilibus -locas</i> sul Lago Maggiore<a class="tag" id="tag454" href="#note454">[454]</a> e a Bergamo<a class="tag" id="tag455" href="#note455">[455]</a>, di <i>concilibus -locis</i> in quel di Como<a class="tag" id="tag456" href="#note456">[456]</a>. E se ne possono trovare -anche altri esempi; mentre io mi limito a quel tanto -che mi sembra sufficiente a dimostrare che il fatto è -generale. -</p> - -<p> -Ma non c'erano soltanto terre pertinenti ad un solo -<i>concilium</i>: ce ne erano anche di pertinenti a più <i>concilia</i> -insieme e che si chiamavano <i>interconciliaricia</i>; e -<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span> -come i varî <i>concilia</i> facevano capo al <i>vicus</i>; così questi -beni erano <i>interconciliaricia</i> rispetto ai <i>concilia</i>, ma -<i>communia</i> rispetto al vico, il quale costituiva una circoscrizione -maggiore ed unitaria che li comprendeva ed -univa tutti. <i>Interconciliaricia</i> è una parola sicuramente -e genuinamente romana e, quindi, lascia supporre che -anche l'altra parola <i>concilia</i> sia un'antica parola romana -o volgare, accolta dai compilatori dell'Editto langobardo, -perchè già in uso nella pratica. Rotari, infatti, distingue -nettamente il <i>concilium</i> dal <i>vicus</i>: ambedue sono rustici, -ma il primo, distinto anche topograficamente dal secondo, -è considerato come l'infima suddivisione dello -Stato e composta di elementi servili<a class="tag" id="tag457" href="#note457">[457]</a>. Del resto a confermare -che l'antica ossatura romana rimase inalterata, -si può fare anche un'altra considerazione. Il sistema -dell'agricoltura non muta dall'epoca romana nella successiva<a class="tag" id="tag458" href="#note458">[458]</a> -e, quindi, è presumibile che nemmeno la parte -dell'organizzazione dei <i>vici</i> relativa ad essa abbia subito -modificazioni. -</p> - -<p> -Aggruppati nel respettivo pago questi <i>vici</i> formavano, -insieme con le minori suddivisioni nelle quali si frazionavano, -dei complessi omogenei ed organici. Siculo -Flacco attesta che della <i>munitio</i> delle vie vicinali erano -incaricati i <i>magistri pagorum</i>, i quali dovevano curare la -prestazione delle opere necessarie da parte dei possessori<a class="tag" id="tag459" href="#note459">[459]</a> -ed avevano anche altri ufficî, conservati loro -dalle leggi teodosiane e giustinianee e dalla consuetudine<a class="tag" id="tag460" href="#note460">[460]</a>, -che mostrano chiaramente che il pago ed i suoi -<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span> -<i>magistri</i> erano il centro ed il perno dei varî <i>vici</i> di cui -esso è composto, e che tale condizione di cose si è mantenuta -per secoli e secoli con modificazioni scarse e -minime. -</p> - -<p> -Per quanto cautamente si proceda non si riesce a -trovare una differenza fra le disposizioni delle fonti romane -e quelle del secondo capitolo mantovano generale -con cui Carlo Magno si duole che per la dolosa complicità -dei <i>magistri</i> (consentientibus magistris), alcuni riescano -a sottrarsi all'obbligo della restaurazione della -chiesa battesimale<a class="tag" id="tag461" href="#note461">[461]</a>. Quest'obbligo dalle più vetuste -fonti è ricordato sempre insieme con quello della restaurazione -delle strade, dei ponti e delle mura ed insieme -con esso — come abbiamo veduto — è sempre qualificato -come <i>antiqua consuetudo</i><a class="tag" id="tag462" href="#note462">[462]</a>; ciò che ci assicura -che il sistema non è stato importato dai Franchi e ci -spinge, anche per questo lato, a ricercare la riconnessione -dell'onere verso la chiesa con l'onere verso lo -Stato nel tempo romano ed a rilevare fino da ora la -posizione subordinata che in questa opera di conservazione -s'intravede aver avuto la Chiesa. -</p> - -<p> -E ciò si vedrà ancor meglio continuando l'individuazione -del pago dal lato religioso. -</p> - -<p> -Il pago romano aveva <i>feriae</i> speciali che traevano -origine dalla sua natura economica e corrispondevano -alla sua costituzione civile<a class="tag" id="tag463" href="#note463">[463]</a>. Un solo -<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span> -tempio — <i>compitum</i> — serviva a tutti gli abitanti, i quali, uniti nei -<i>sacra</i> che si facevano nei crocevia in onore dei Lari e -nelle varie lustrazioni con le quali si invocava dalla divinità -che le messi e le sementi granissero — <i>ambarvalia</i> — e -crescessero — <i>feriae sementivae</i> —<a class="tag" id="tag464" href="#note464">[464]</a> erano -ancor maggiormente stretti fra loro da una processione -che girava torno torno ai confini e ne faceva annualmente -così esatta ricognizione che oltre a fornir materia -ai poeti<a class="tag" id="tag465" href="#note465">[465]</a>, se ne potevano valere agrimensori e -giuristi<a class="tag" id="tag466" href="#note466">[466]</a>. -</p> - -<p> -I medesimi bisogni, lo stesso timore di eguali pericoli, -la medesima speranza in un soccorso divino<a class="tag" id="tag467" href="#note467">[467]</a>, -per la nota adattabilità della Chiesa cristiana, fecero sì -che i riti della nuova religione fossero quanto mai simili -a quelli dell'antica: la <i>plebs</i> al posto del <i>compitum</i>; chiamati -i fedeli dal caro e ben noto suono delle stesse campane -che avevano chiamato a quello i gentili<a class="tag" id="tag468" href="#note468">[468]</a>; accolte -per la maggior parte le vecchie usanze dalla mietitura alla -vendemmia<a class="tag" id="tag469" href="#note469">[469]</a>; sostituito il contenuto (e non tutto) ma -non la forma dei canti lustrali con le litanie, suppliche -solenni, in forma dialogata, appositamente adottate, per -<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span> -invocare la protezione divina sopra i beni della terra, -che si recitavano nelle stesse epoche percorrendo gli -stessi itinerarî che per secoli avevano percorso le lustrazioni, -attraverso gli stessi vici e gli stessi campi nei <i>pagi</i> -rustici; uscendo e rientrando per le stesse porte e passando -per le stesse vie e per gli stessi crocicchi nel -pago cittadino al quale, superato lo stadio primitivo in -cui la città coltivava divinità diverse e superiori a quelle -del suburbio, fu aggregato anche il pago suburbano<a class="tag" id="tag470" href="#note470">[470]</a>. -E come la <i>lustratio</i> e le altre funzioni del culto particolare -della città erano affidate ai <i>Flamines</i><a class="tag" id="tag471" href="#note471">[471]</a>, mentre -nei più larghi confini a cui giungeva l'autorità della -magistratura cittadina, ogni incombenza di culto spettava -<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span> -al <i>Sacerdos</i>; così il vescovo, capo della diocesi, -è indicato paganamente col nome di <i>sacerdos</i><a class="tag" id="tag472" href="#note472">[472]</a> e, accanto -a lui, è, non meno romanamente, qualificato come -<i>municipalis</i> — al pari dell'antico flamine — l'arciprete -che è preposto agli abitanti della città e del suburbio<a class="tag" id="tag473" href="#note473">[473]</a>. -</p> - -<p> -Il cristianesimo continuò la stessa precisa via del -paganesimo e cementò e rafforzò sempre più la preesistente -e persistente unità del pago. Fu suo principio -assoluto che non vi potesse essere che una sola pieve -in una medesima circoscrizione plebana: <i>plures ecclesiae -baptismales in una terminatione esse non possunt</i><a class="tag" id="tag474" href="#note474">[474]</a>; -che non si potessero frazionare le diocesi primitive altro -che in caso di necessità evidente riconosciuta ed in ogni -modo e sempre con le maggiori cautele; nè si potessero -ridurre pievi a semplici cappelle<a class="tag" id="tag475" href="#note475">[475]</a>, nè creare -<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span> -nuove pievi, quantunque normalmente si trovassero a -molta distanza fra loro<a class="tag" id="tag476" href="#note476">[476]</a>. -</p> - -<p> -Le pievi furono erette nel capoluogo dei singoli -<i>pagi</i>, di cui constava ogni <i>civitas</i> e ad esse accorrevano -i fedeli di tutti i <i>vici</i> circostanti e delle <i>villae</i> pertinenti -al pago stesso per partecipare nei giorni stabiliti alla -sacra sinassi e prender parte agli uffici divini<a class="tag" id="tag477" href="#note477">[477]</a>. Verso -la fine del quarto secolo e ancor più in seguito, furono -costruite nella maggior parte dei <i>vici</i> del pago altre -piccole chiese, oltre che nelle ville e nei fondi dei ricchi; -ma furono soggette alle chiese più antiche del territorio -ove si trovavano<a class="tag" id="tag478" href="#note478">[478]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span> -</p> - -<p> -Come al capoluogo del <i>pagus</i> erano soggetti civilmente -i <i>vici</i>, i <i>castra</i> e le <i>villae</i>, di cui constava; così -le <i>basilicae</i> e gli <i>oratoria</i> compresi nella circoscrizione -delle singole pievi, furono messi alla dipendenza rigida -e diretta dell'<i>ecclesia</i> matrice e dell'arciprete che ne era -a capo; ed i confini ecclesiastici coincidettero perfettamente -con quelli civili in tutta l'Italia<a class="tag" id="tag479" href="#note479">[479]</a>. -</p> - -<p> -La città per questo lato, s'inquadra nelle stesse linee -generali. Al pari di ogni pago ebbe (come si è veduto -nei primi paragrafi di questa seconda parte) il suo -territorio — <i>territorium civitatis</i> —<a class="tag" id="tag480" href="#note480">[480]</a> che per la sua posizione -(<i>sub urbe</i>) fu indicato col nome di suburbio, separato -dal contado e comprendente le sue terre ed i -suoi beni comuni, ben distinti dalle altre terre pubbliche -e private e costituì un organismo in sè stesso finito -e capace di sopperire quasi completamente a sè stesso. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span> -</p> - -<p> -La cattedrale era la sua pieve, nella quale risiedeva -con il vescovo anche l'arciprete<a class="tag" id="tag481" href="#note481">[481]</a> e che era la pieve -della città per eccellenza: <i>plebs civitatis</i><a class="tag" id="tag482" href="#note482">[482]</a>, <i>plebs de civitate</i><a class="tag" id="tag483" href="#note483">[483]</a>, -<i>plebs brixiana</i><a class="tag" id="tag484" href="#note484">[484]</a>, <i>plebs, ecclesia mediolanensis</i><a class="tag" id="tag485" href="#note485">[485]</a>, -etc. e la matrice di tutte le altre chiese che si -trovavano nella città e nel suburbio. Ad essa sola spettava -conferire il battesimo, amministrare i sacramenti, -celebrare la sacra sinassi, convocare la popolazione alla -celebrazione dei divini ufficî e ricevere le oblazioni dei -fedeli<a class="tag" id="tag486" href="#note486">[486]</a>. Nelle grandi solennità di Natale, della Pentecoste, -<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span> -della Pasqua e dell'Ascensione alla chiesa della -città dovevano recarsi tutti i fedeli della diocesi<a class="tag" id="tag487" href="#note487">[487]</a> perchè -vi si trovava il vescovo che era capo spirituale di -tutti: ma in tutto il resto dell'anno, essa funzionava -come una qualunque pieve e godeva di eguali prerogative. -</p> - -<p> -Era obbligatorio in modo assoluto per tutti coloro -che abitavano nella città e nel suburbio di assistere ai -divini ufficî nella cattedrale perchè soltanto ad essa si doveva -convenire — <i>legiptimus est ordinatus conventus</i><a class="tag" id="tag488" href="#note488">[488]</a> — così -come dopo morti non potevano essere seppelliti in -altro cimitero che in quello della cattedrale. Entro la città -erano altre chiese ed oratorî; ma lettere e decisioni di -papi, rituali antichissimi, canoni di concilî e documenti -varî<a class="tag" id="tag489" href="#note489">[489]</a> attestano tutti unitamente che non vi si potevano -celebrare messe, nè amministrare il battesimo, nè -fare le vigilie negli anniversari dei santi. Neanche il vescovo, -nonchè concedere l'autorizzazione ad un prete, -poteva dir messa in un oratorio<a class="tag" id="tag490" href="#note490">[490]</a>: si arrivava fino al -punto di ritenere che fosse meglio non ascoltare e non -celebrare la messa piuttosto che celebrare o assistere al -<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span> -sacrificio divino fuori della pieve<a class="tag" id="tag491" href="#note491">[491]</a>; anzi della propria -pieve, perchè l'obbligo era tanto rigoroso che prima di -incominciare le funzioni l'officiante doveva domandare -ai fedeli se fra di loro ve ne fosse alcuno appartenente -ad altra pieve e la ragione per cui aveva abbandonato -il suo pastore<a class="tag" id="tag492" href="#note492">[492]</a>. -</p> - -<p> -Il pago suburbano si trovava rispetto alla città nello -stesso rapporto che il territorio di ogni pago rurale rispetto -al proprio capoluogo. Però se la natura del rapporto -di soggezione sostanzialmente non differiva, non -si poteva dire altrettanto dei due termini del rapporto -stesso, perchè nel suo contenuto intrinseco, nè alla città -può essere equiparato il centro rurale, nè al suburbio -di quella il territorio di questo. La città, infatti, giunge -ad esistere solo quando il nucleo originario ha raggiunto -un certo numero di elementi naturali, artificiali e giuridici -di cui i centri rurali sono privi e la sua consistenza -di centro urbano si assoda col differenziarsi da essi: -allora essa lega a sè con vincolo diretto una quantità -determinata dal territorio che la circonda e l'assoggetta -al regime giuridico più conveniente al proprio sviluppo; -ciò che fa nascere una nuova differenziazione fra questo -ed il rimanente territorio soggetto alla città. Abbiamo -vedute alcune delle caratteristiche giuridiche così del -centro murato come dei <i>mille passus</i> e dei loro rapporti -scambievoli: vedremo ora le ulteriori conseguenze che -da tale stato di fatto e di diritto derivano, così per la -natura speciale della pieve come per l'intima connessione -delle istituzioni ecclesiastiche con quelle civili. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span> -</p> - -<p> -Verso la fine del secolo ottavo cominciano ad apparire -i primi segni di due fenomeni, l'uno sostanzialmente -economico, l'altro prevalentemente religioso, che -per vie diverse iniziarono un movimento simultaneo e -convergente il quale nella pieve cittadina, e soltanto -in essa, ruppe la coincidenza delle circoscrizioni ecclesiastiche -con quelle civili e allargò le prime, lasciando -le seconde immutate, a tutto vantaggio dei vescovi, ai -quali fornì il primo e principale coefficiente per ottenere -dall'autorità pubblica quelle ingenti concessioni di territorio -suburbano, che caratterizzano l'inizio e il primo -periodo della loro signoria: concessioni che, nella loro -generalità, furono il riconoscimento giuridico pubblico -di uno stato di fatto che già esisteva e che non fu -punto creato da esse; che segnarono il momento forse -più appariscente, ma non certo costitutivo, di un fenomeno -maturatosi indipendentemente da ogni azione diretta -del potere regio ed imperiale. -</p> - -<p> -Il risveglio economico generale, di cui appare qualche -barlume negli ultimi tempi langobardi e che si accentua -sempre più in seguito, specialmente lungo la grande -arteria padana, si manifestò anche nel territorio -rurale dove l'aumento di popolazione prodottosi nelle -città, centro prevalente degli scambi, rese necessario -un aumento dei mezzi di sussistenza, per produrre -il quale fu messa a coltura una quantità di terre sempre -maggiore, scelta di preferenza entro e vicino alle -città. E poichè le disponibilità offerte dal territorio -suburbano erano minori che altrove, perchè, appunto -per la sua vicinanza alla città, non era mai stato disertato -del tutto di lavoratori, si mise mano non di rado -a lavorare anche le terre comuni e, fra queste, talvolta, -anche quelle pubbliche, le quali, per l'esigenza delle -necessità sociali cui dovevano soddisfare, si trovavano -a non molta distanza dalle mura<a class="tag" id="tag493" href="#note493">[493]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span> -</p> - -<p> -Su queste zone, così guadagnate alla coltura, i vescovi, -forti dell'appoggio delle leggi franche, non mancarono -di imporre una decima, la quale in vista e ragione -dei beni, fino ad allora nuovi all'opera agricola, -fu appunto, chiamata <i>decima novalium</i>. -</p> - -<p> -E questa decima speciale ci servirà appunto di strumento -d'indagine per rintracciare la speciale condizione -del territorio suburbano; così come l'istituto generale -della decima ci ha servito a rilevare il quadro generale -dei rapporti fra le divisioni territoriali dello Stato e -quelle della Chiesa. -</p> - -<p> -Con la riscossione della <i>decima novalium</i> non si iniziò -una vera e propria trasformazione giuridica: quelle -terre incolte, sia private che pubbliche, pertinevano alla -città: i frutti che di esse si dovevano alla chiesa, spettavano, -quindi, alla chiesa della città e, per essa, al -vescovo che ne era a capo. Ma ciò nonostante — senza -fermarci ora a considerare l'aumento di importanza e -<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span> -di forza che questo aumento di redditi conferiva al vescovo -di fronte alla immutata e quindi, in confronto, -diminuita condizione del rappresentante del potere pubblico -entro la città — merita di esser rilevato un fatto. -Prima il territorio parrocchiale di decimazione corrispondeva -in modo perfetto al suburbio, e, perciò, siccome -questo si distingueva dalle terre pubbliche e comuni, -anche se comprese entro il suo perimetro, anch'esso se -ne era distinto. Ora l'antica armonia delle divisioni ecclesiastiche -con quelle civili cominciò ad esser turbata -a danno di quest'ultime, le quali per di più furono -sorpassate, dalla Chiesa anche per un altra via. -</p> - -<p> -Il forte sentimento religioso dell'epoca — troppo -noto perchè occorra anche solo accennarne le prove — produsse, -insieme con le frequenti fondazioni di oratorî -e di cappelle, altrettante donazioni di terre per il loro -mantenimento. Di tali chiese, numerose da per tutto, -non poche furono costruite anche vicino alle città. In -questo caso poteva avvenire che i fondi donati all'oratorio -fossero tutti situati entro il suburbio e si estendessero -solo <i>usque ad suburbii fines</i><a class="tag" id="tag494" href="#note494">[494]</a>; ma più frequentemente -avveniva che se ne spingessero al di fuori. -Allora, siccome facevano capo all'oratorio e questo — per -la decima — alla città; quest'ultima, prevalente sulla -chiesa rurale per la superiore autorità del vescovo di -fronte a quella dell'arciprete, di tanto estese i suoi confini -di decimazione a detrimento di quella di quanto -spazio tali terre occupavano entro i suoi confini. Si -aggiunga che non di rado simili fondazioni e dotazioni -erano dovute a gruppi, relativamente numerosi, di persone -che si riunivano a questo scopo<a class="tag" id="tag495" href="#note495">[495]</a>. La quantità -<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span> -delle terre donate, allora, era anche maggiore e la loro -estensione più ampia: erano germi fecondi di nuovi -centri imminenti, nuclei di prossime <i>villae</i>, quando non -erano veri e proprî <i>vici</i> addirittura, che venivano a -formare con l'antico territorio suburbano un unico -<i>territorium decimationis</i> (come dicono i documenti)<a class="tag" id="tag496" href="#note496">[496]</a>, -i cui confini — <i>fines, confines decimariae</i> — si allontanavano -sempre più dal perimetro del suburbio civile. -</p> - -<p> -Ad Asti si parla fino dal secolo nono di <i>quicquid de -decimis amplius adiacet civitati</i>:<a class="tag" id="tag497" href="#note497">[497]</a> e si può ritenere antica -di secoli la tripartizione che delle decime cittadine -fa un documento bresciano del secolo decimosecondo, -che ricorda le decime dei cittadini, dei suburbani e del -territorio appartenente alla pievania cittadina: <i>omnes -decimas civium et suburbanorum</i> <span class="smcap lowercase">ET TERRITORII AD CIVITATIS -PLEBATICUM PERTINENTIS</span>.<a class="tag" id="tag498" href="#note498">[498]</a> -</p> - -<p> -Naturalmente questa espansione fu tutt'altro che regolare -in quanto si manifestava e si accentuava a seconda -del capriccio dei fondatori; per modo che mentre in alcuni -punti i confini ecclesiastici ancora coincidevano -con quelli civili, in altri se ne allontanavano di poco ed -in altri anche di qualche miglio. A Bergamo, per esempio, -a detta di una testimonianza della prima metà del -mille e cento, erano considerati come sacerdoti cittadini -tutti i sacerdoti delle chiese della città, dei sobborghi e -delle <i>villae.... circa civitatem illam duo miliaria et in -tali parte etiam infra tria et infra quatuor et ultra</i><a class="tag" id="tag499" href="#note499">[499]</a>. -</p> - -<p> -Circa nello stesso periodo di tempo la pieve cittadina -cominciò a differenziarsi da quella rurale anche -per un altro lato, che ne tocca più da vicino la costituzione. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span> -</p> - -<p> -I cristiani, fino dai primissimi tempi, ebbero grande -venerazione per coloro che erano morti per la fede soffrendo -il martirio o che avevano condotta una vita di -devozione e di sacrificio: ne raccolsero con cura amorosa -i resti mortali e tributarono loro un gran culto<a class="tag" id="tag500" href="#note500">[500]</a>; tanto -che, avendo l'abitudine di raccogliersi a pregare, oltre -che le domeniche ed insieme con il vescovo, anche tutti -gli altri giorni e privatamente, preferirono sopratutto -quei luoghi dove i confessori avevano subito il martirio -od erano tumulati i loro corpi o raccolte le loro -reliquie e quivi furono erette chiese precipuamente destinate -al culto di essi e che ebbero, appunto perciò, -il nome di oratoria, martiria e memoriae<a class="tag" id="tag501" href="#note501">[501]</a>; mentre, già -dal tempo di Costantino, abolendosi a questo riguardo -le antiche disposizioni romane<a class="tag" id="tag502" href="#note502">[502]</a>, cominciò l'uso delle -traslazioni<a class="tag" id="tag503" href="#note503">[503]</a> e divenne ben presto norma comune e -molto osservata quella di consacrare le basiliche col collocarvi -reliquie di santi<a class="tag" id="tag504" href="#note504">[504]</a>, che con la maggior solennità -venivano deposte sotto gli altari<a class="tag" id="tag505" href="#note505">[505]</a>; e ivi celebrare -in modo speciale i loro <i>dies festi</i> che erano l'anniversario -della morte o del martirio<a class="tag" id="tag506" href="#note506">[506]</a>. In queste chiese nei -primi tempi non si faceva alcun servizio di culto, come -non si faceva in alcun'altra chiesa all'infuori di quella -matrice e solo vi si recitavano orazioni, salmi ed inni<a class="tag" id="tag507" href="#note507">[507]</a>; -<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span> -e gli ecclesiastici che vi si trovavano non dovevano nè -potevano far altro che assistere i fedeli in tali orazioni -e curare la custodia e la conservazione dell'edificio e -dei sacri arredi. Però verso la fine del secolo secondo, -probabilmente per iniziativa ed opera di Gregorio Taumaturgo, -si cominciò a solennizzare con maggior devozione -del solito l'anniversario della morte, il natale dei -santi più venerati<a class="tag" id="tag508" href="#note508">[508]</a>. Il vescovo con tutto il clero ed il -popolo con grande pompa si recava in processione dalla -cattedrale alla chiesa del santo ed ivi, oltre alla recitazione -degli inni e delle salmodie particolari a quel santo, -compiva anche tutti quegli uffici del culto che abitualmente -si celebravano nella chiesa matrice. Nel quarto -secolo queste processioni si celebravano già numerose -volte dell'anno per uno stesso santo, come ci fanno sapere -sant'Ambrogio e sant'Agostino<a class="tag" id="tag509" href="#note509">[509]</a> ed in seguito -aumentarono tanto che nel secolo ottavo l'officiante, -prima di prendere commiato dal popolo, ebbe costume -di annunziare in qual chiesa si sarebbe officiato la volta -successiva<a class="tag" id="tag510" href="#note510">[510]</a>. -</p> - -<p> -Queste processioni e le relative officiature fin dall'epoca -più remota — <i>iuxta antiquam ecclesiae observantiam</i> — come -<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span> -dice il vescovo Amulone che pontificò a -Lione sulla metà del secolo nono<a class="tag" id="tag511" href="#note511">[511]</a>, si fecero in giorni -determinati e solo in quelle chiese che per le reliquie -di santi molto venerati, ne furono dichiarate e riconosciute -meritevoli: ciò che fece nascere fra tali chiese e -la cattedrale un vincolo ed un rapporto che non esisteva -con le altre chiese private. Inoltre la consuetudine romana -della posizione dei cimiteri fuori delle mura<a class="tag" id="tag512" href="#note512">[512]</a>, -insieme con il sistema, osservato scrupolosamente per -molti secoli dalla Chiesa, di non rimuovere le reliquie -che in via eccezionale<a class="tag" id="tag513" href="#note513">[513]</a> e senza disgregarne e separarne -le varie parti, (come si fece in seguito<a class="tag" id="tag514" href="#note514">[514]</a>) e, sopra -tutto, la proibizione rigorosa di deporre corpi di santi in -oratorî di campagna<a class="tag" id="tag515" href="#note515">[515]</a>, ci spiega facilmente come la costruzione -di simili cappelle fosse frequente dentro ed in -prossimità delle mura; mentre, d'altra parte, il sistema -preferito della Chiesa, di andare ad occupare proprio -<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span> -gli stessi edificî che prima erano adibiti al culto pagano, -portava pure che nella città e nel suburbio, ove più numerosi -erano stati i templi e le divinità pagane, più -numerose fossero le nuove chiese e risentissero della -precedente organizzazione. -</p> - -<p> -La frequenza dei fedeli presso queste chiese fu tanta -che il vescovo, oltre a recarvisi varie volte all'anno insieme -con tutto il clero, fu costretto a stabilire un turno -settimanale fra i sacerdoti della cattedrale perchè ve ne -fosse sempre qualcuno ad assisterli e guidarli nella recitazione -delle preghiere e dei salmi<a class="tag" id="tag516" href="#note516">[516]</a>. -</p> - -<p> -A Milano, fino dal secolo nono si ha traccia di <i>decomani</i><a class="tag" id="tag517" href="#note517">[517]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span> -</p> - -<p> -La forma <i>decomanus</i>, <i>degomanus</i> e <i>dogmanus</i> è da considerare -come una varietà derivata dalla pratica di acconciare -a foggia latina le voci vernacole e dalla consuetudine -di scriverle secondo la ragione del suono, ossia -secondo che erano pronunziate volgarmente, della parola -<i>ebdogmanus</i> e <i>dogmanus</i>, che si trova anche in altri -documenti<a class="tag" id="tag518" href="#note518">[518]</a>. E questa parola <i>dogmanus</i>, a sua volta, -è una pretta scorciatura della voce <i>hebdogmanus</i> nella -quale degenerò, conformemente all'indole del dialetto -lombardo, la più comune e latina <i>hebdogmadarius</i> e <i>hebdomadarius</i>. -</p> - -<p> -I <i>decomani</i>, ossia gli <i>ebdomadarii</i>, milanesi originariamente -erano dei sacerdoti della chiesa cattedrale deputati -per una settimana, come dice il loro nome, ad -officiare una determinata chiesa; ma più tardi, per l'aumentare -della frequenza dei fedeli presso le chiese preferite, -l'arcivescovo fu indotto a deputarvi degli ecclesiastici -che vi risiedessero in permanenza in modo stabile -e fisso. -</p> - -<p> -Il più antico esempio di questo mutamento ci è offerto -dalla chiesa di S. Ambrogio. -</p> - -<p> -Verso la metà del secolo ottavo il clero milanese, affaticato -<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span> -dal servizio che doveva prestare presso la cella -di questo santo — <i>diutius laborantibus in eadem ecclesia</i> — domandò -all'arcivescovo di nominarvi ed istituirvi un -apposito monastero di monaci che di continuo e pubblicamente -vi celebrassero gli uffizî e le laudi — <i>ante -sancta corpora continuatim indifferenter ac publice officia -et divinas laudes concelebrent</i> — e l'arcivescovo li accontentò -con un diploma dell'anno 789<a class="tag" id="tag519" href="#note519">[519]</a>. -</p> - -<p> -I monaci ebbero in tal modo alcune facoltà che nè -il custode Forte, a cui prima era affidata la chiesa, nè -alcun altro custode di chiesa privata aveva. Esse erano -di tale entità da trasformare il primitivo e modesto oratorio -privato — <i>cella</i> — in una chiesa fornita di facoltà -tali da meritare la qualifica di <i>ecclesia</i><a class="tag" id="tag520" href="#note520">[520]</a>, propria delle -sole pievi, pur senza trasformarne il carattere in una -vera e propria pieve. -</p> - -<p> -Poichè dall'anno 789 — in cui l'arcivescovo institui il -monastero — all'anno 864, nel quale sono ricordati i <i>decomani -officiales</i> della chiesa di S. Ambrogio, non avvenne -di sicuro (come si rileva da un documento di cui ci occuperemo -ben presto) alcun cambiamento presso di essa, -si ha fondata ragione di ritenere che i preti decumani -di cui si parla nel secondo documento sieno i monaci -ai quali vennero concessi col primo speciali facoltà. Ed -in tal caso, siccome il testamento di prete Gregorio non -accenna a differenza alcuna fra i decumani delle varie -chiese che ricorda; la concessione, fatta dall'arcivescovo -Pietro, di celebrare pubblicamente e di continuo gli uffizi -e le laudi, può esser presa come punto di base e di -partenza per determinare l'ufficiatura propria dei decumani. -</p> - -<p> -Si è accennato ad un documento concernente la -chiesa di S. Ambrogio. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span> -</p> - -<p> -Con esso l'abate ottenne dall'arcivescovo Tadone -che alcuni sacerdoti, che, poco prima per sua utilità, -aveva raccolti e collocati presso la chiesa per celebrarvi -i maggiori ufficî del culto fossero annoverati nel consorzio -dei sacerdoti cittadini<a class="tag" id="tag521" href="#note521">[521]</a>. Ai monaci si aggiunsero, -dunque, dei preti esclusivamente incaricati dell'officiatura; -l'officiatura stessa si estese fino alla celebrazione -della messa cantata ed i preti furono ascritti all'<i>ordo</i> -della cattedrale. -</p> - -<p> -I privilegi speciali concessi ai preti istituiti dall'abate -nel monastero di S. Ambrogio presso la sua chiesa, -<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span> -concernono due obietti distinti: le persone di questi -preti e le loro facoltà liturgiche. -</p> - -<p> -Essi ottennero di essere annoverati nella congregazione -dei preti cittadini per una concessione eccezionale -dell'arcivescovo in conseguenza degli speciali ufficî del -culto che furono autorizzati a compiere e che erano ben -differenti da quelli dei monaci, ai quali, appunto perchè -ritenuti non idonei, furono aggiunti. -</p> - -<p> -Per la celebrazione dei maggiori ufficî del culto non -era meno necessaria della capacità dell'officiante (che -doveva aver raggiunto il presbiterato) la capacità del -luogo, che doveva essere chiesa pievana; e la prima era -subordinata alla seconda per modo che solo i preti di -una chiesa pievana potevano compierli. -</p> - -<p> -In virtù della concessione dell'arcivescovo Tadone la -chiesa di S. Ambrogio fu equiparata per certe parti della -liturgia alla pieve cittadina ed i suoi sacerdoti nel compierle -furono equiparati ai sacerdoti della cattedrale: ed -una volta equiparati venne naturale conseguenza che -fossero loro aggregati. -</p> - -<p> -Questa concessione è dell'866. Un documento di due -anni prima, cioè dell'864, ricorda i <i>decomani officiales</i> di -varie chiese cominciando da quella di S. Ambrogio e -nell'atto stesso l'autore ha cura di specificare che fa -parte dell'<i>ordo</i> della santa chiesa milanese. Dunque in -quest'anno gli <i>officiales decomani</i> di Sant'Ambrogio non -emergevano per alcun verso di fronte ai decumani delle -chiese di S. Valeria, di S. Nabore e di S. Vittore e, al -pari di essi, non facevan parte del clero maggiore. Anzi -si può dire qualche cosa di più: quei preti che col diploma -arcivescovile vengono aggregati al clero cittadino -non sono mai stati nè mai divengono <i>officiales decomani</i>: -Berengario I nel suo diploma del 2 decembre 894 ricorda -i preti distintamente dai monaci che son detti ufficiali — <i>presbiteris</i> -<span class="smcap lowercase">ATQVE</span> <i>officialibus S. Ambrosii</i><a class="tag" id="tag522" href="#note522">[522]</a>. Ed -<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span> -anche in seguito gli uni furono distinti dagli altri pure -nella gestione patrimoniale affidata ai soli monaci. -</p> - -<p> -È evidente che i decumani delle altre chiese, a cominciare -dai monaci stessi della chiesa ambrosiana, non -ebbero mai i privilegi concessi dal diploma tadoniano e -si trovarono tutti nell'identica posizione. -</p> - -<p> -Decumani s'incontrano anche a Parma<a class="tag" id="tag523" href="#note523">[523]</a> e a Monza<a class="tag" id="tag524" href="#note524">[524]</a>; -e se in quest'ultima città, forse, furono istituiti a somiglianza -<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span> -ed imitazione della metropoli lombarda — ciò -che, del resto, è tutt'altro che sicuro, perchè, fra l'altro, -in essa si seguì il rito romano e non quello ambrosiano —; il -trovarli a Parma esclude che le chiese decumane -sieno una caratteristica di Milano e fa pensare -che come la causa prima della loro origine e, cioè, il -culto dei santi, fu diffusa dovunque, anche altrove sieno -sorti eguali resultati, se pure indicati con nome diverso. -</p> - -<p> -Carlo il Grosso in un diploma dell'883 alla chiesa di -Bergamo ricorda tre specie di chiese: plebane, cardinali -e private — <i>ecclesiis baptismalibus aut</i> <span class="smcap lowercase">CARDINALIBUS</span> -<i>seu oraculis</i><a class="tag" id="tag525" href="#note525">[525]</a>. -</p> - -<p> -Le chiese cardinali sono nettamente distinte dalle -chiese battesimali: la particella disgiuntiva <i>aut</i> è così -evidente che non richiederebbe nemmeno la conferma -dell'altro diploma, pure di Carlo il Grosso, alla chiesa -di Piacenza, nel quale accanto alle pievi dell'episcopato -si menzionano le chiese cardinali della città — <i>ecclesiis -baptismalibus seu quae intra predictam cardinales habentur</i><a class="tag" id="tag526" href="#note526">[526]</a> — e -quella, ancor più esplicita, offerta dal diploma -di Ugo e Lotario al vescovo di Pavia<a class="tag" id="tag527" href="#note527">[527]</a>, in cui si parla -di cappelle cardinali — <i>omnes cardinales capellas</i> —. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span> -</p> - -<p> -Se erano cappelle non potevano essere pievi. -</p> - -<p> -D'altronde, mentre erano prive delle speciali facoltà -di cui godevano le pievi, la qualifica speciale di <i>cardinales</i> -le distingue pure dalle altre cappelle ed oratori. -<i>Cardinalis</i> è ciò che spetta, che appartiene, che è in un -qualche modo direttamente o strettamente legato, vincolato -al <i>cardo</i>. Nell'alto medio evo con il nome di <i>cardo</i> -si è indicata solo ed esclusivamente la chiesa plebana -della città<a class="tag" id="tag528" href="#note528">[528]</a>; dunque la qualifica di <i>cardinales</i> indica -che le chiese qualificate con tal nome si trovavano in un -rapporto più intimo che le altre con la cattedrale. -</p> - -<p> -Siamo proprio nel caso delle chiese decumane di -Milano e di Parma, di cui si può, per mezzo di queste, -conoscere il lato di maggiore rilevanza per noi. -</p> - -<p> -Il diploma di Carlo il Grosso parla di chiese cardinali -<i>intra civitatem</i>. Quest'espressione indica romanamente -anche nel caso presente il territorio urbano e suburbano -insieme. Lo dimostra il can. 56 del concilio di -Meaux dell'845 con cui si impone ai vescovi di ordinare -canonicamente i titoli cardinali costituiti nelle città -e nei suburbii — <i>titulos cardinales</i> <span class="smcap lowercase">IN URBIBUS ET SUBURBIIS</span> -<i>constitutos</i> —. Siccome è inammissibile che il concilio -volesse intendere con questa disposizione di imporre -ai vescovi il rispetto e l'osservanza delle norme -della chiesa e dei dettami della giustizia solo per le -chiese cittadine e suburbane, lasciando loro facoltà di -agire disonestamente e simoniacamente per le chiese -cardinali rurali; è chiaro che chiese cardinali — <i>tituli -cardinales</i> — esistettero solo nella città e nel suburbio. -</p> - -<p> -Costituirono, dunque, una peculiarità della pieve cittadina. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span> -</p> - -<p> -Anche a Vercelli si trovano chiese cardinali, ma non -in tutte le città furon chiamate con lo stesso nome<a class="tag" id="tag529" href="#note529">[529]</a>: a -Lucca, dove la chiesa matrice della città è detta <i>sedes</i><a class="tag" id="tag530" href="#note530">[530]</a>, -<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span> -furon dette <i>sedales</i><a class="tag" id="tag531" href="#note531">[531]</a>, a Verona semplicemente <i>tituli</i> e -<i>titularii</i> gli officianti<a class="tag" id="tag532" href="#note532">[532]</a>; del nome che ebbero in altre -città, se pur l'ebbero, non ci rimangon documenti che -ci dieno notizia, mentre ci offrono elementi sufficienti -per individuarle<a class="tag" id="tag533" href="#note533">[533]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span> -</p> - -<p> -Queste chiese si distinsero da tutte le altre perchè -tennero ad un tempo della pieve e della cappella. Nei -giorni feriali vi si celebrarono da appositi ecclesiastici -le messe piane e le altre orazioni minori con la partecipazione -del popolo<a class="tag" id="tag534" href="#note534">[534]</a> mentre fino ad allora questo -non era lecito che nella cattedrale e dal clero di essa. E -si iniziò così un'ampia trasformazione che introdusse -nella costituzione della chiesa la parrocchia a tipo moderno, -priva del fonte battesimale e delle maggiori prerogative -delle antiche chiese matrici, e che dette alla -città quelle cappelle che formarono tanta parte della sua -ossatura nell'epoca comunale. -</p> - -<p> -Cominciarono a formarsi sul finire del secolo ottavo, -come è dimostrato dal documento del 789, che se ne -può considerare come il primo esempio perchè S. Ambrogio -fu il santo più venerato di Milano<a class="tag" id="tag535" href="#note535">[535]</a> e Milano -<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span> -fu sempre e in ogni campo la prima fra tutte le città -del territorio lombardo-tosco; e già agli albori del successivo -erano largamente diffuse. -</p> - -<p> -Esse ebbero anche altre peculiarità, ma di queste -sarà opportuno parlare dopo avere almeno accennato -alcuni altri elementi generali della pieve. -</p> - -<p> -Il clero nei primi tempi della Chiesa riconosciuta viveva -intorno al suo antistite, in qualche raro caso — e -mai per lungo tempo<a class="tag" id="tag536" href="#note536">[536]</a> — riunito insieme nel modo in cui -vissero più tardi i canonici<a class="tag" id="tag537" href="#note537">[537]</a>, in generale con un sistema -di vita meno rigidamente regolato; e lo assisteva -nelle cerimonie del culto e nell'amministrazione dei sacramenti, -recandosi per tal fine quà e là per la diocesi, -secondo il bisogno, finchè, stabilite le pievi nei capoluoghi -dei singoli pagi, fu in gran parte assegnato in modo -fisso a ciascuna di esse ed intorno al vescovo ne rimase -solo un esiguo numero. -</p> - -<p> -Anche in questo la Chiesa fu fedele al suo sistema -ed al suo programma di assimilare l'ordinamento civile -romano. La città aveva i suoi magistrati, il suo ordo: -la chiesa della città ebbe il clero disposto ad immagine -di essa<a class="tag" id="tag538" href="#note538">[538]</a> e chiamato con lo stesso nome di ordo<a class="tag" id="tag539" href="#note539">[539]</a> che -continua ininterrotto nel medio evo ed origina il termine -<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span> -di <i>ordinarii, ordinarii cardinales</i><a class="tag" id="tag540" href="#note540">[540]</a>. E come il regime -municipale ebbe per pernio la città e fu caratterizzato -da un sistema urbano accentratissimo<a class="tag" id="tag541" href="#note541">[541]</a>, così la città fu -la cellula anche del nuovo organismo ecclesiastico ed -in questo pure emerse una tendenza accentratrice che -sopravvisse dovunque all'organizzazione civile romana<a class="tag" id="tag542" href="#note542">[542]</a> -ed in qualche caso si mantenne inalterata per parecchi -secoli. Il principio, per esempio, che per esser -eletto a capo di una chiesa bisognava avervi percorso -tutti i gradi fino dall'inizio<a class="tag" id="tag543" href="#note543">[543]</a>, lo si trova in pieno vigore -a Milano nel secolo decimosecondo<a class="tag" id="tag544" href="#note544">[544]</a> quantunque -<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span> -le condizioni fossero profondamente diverse, essendosi -formata una nuova classe di ecclesiastici cittadini. -</p> - -<p> -Originariamente, infatti, il clero cittadino era formato -esclusivamente dagli ecclesiastici che officiavano la cattedrale. -Quelli a cui era affidata la custodia delle cappelle -e degli oratori, onde, appunto, il loro nome di custodes, -e che erano, di solito, dei semplici chierici, quantunque -qualche volta potessero essere anche preti e -diaconi e magari occupare una posizione sociale elevata<a class="tag" id="tag545" href="#note545">[545]</a>, -non potevano compiere presso la loro chiesa, -come già si è detto, alcun ufficio liturgico. -</p> - -<p> -Più tardi, creati i decumani<a class="tag" id="tag546" href="#note546">[546]</a> per togliere agli <i>ordinarii</i> -il carico del ministerio quotidiano presso altre -chiese della città; questi risiedettero presso la propria -chiesa ed ebbero una competenza rituale proporzionata -al carattere della chiesa di cui era loro affidata la speciale -officiatura. E perciò, in quanto non appartenevano -alla cattedrale non furono aggiunti al clero di essa; -ma poichè le loro chiese si trovavano entro il perimetro -della chiesa della città<a class="tag" id="tag547" href="#note547">[547]</a> e le loro facoltà di officiatura -<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span> -erano ben maggiori di quelle dei custodi degli oratorî -privati; costituirono una classe intermedia che fu -detta <i>ordo minor</i> per distinguerla dall'<i>ordo major</i> della -cattedrale e dal <i>reliquo clero</i> della città<a class="tag" id="tag548" href="#note548">[548]</a>. -</p> - -<p> -Gli <i>ordinarii cardinales</i> comprendevano tre ordini: -preti, diaconi e suddiaconi<a class="tag" id="tag549" href="#note549">[549]</a>; i decumani, in ragione -delle loro attribuzioni, erano tutti preti<a class="tag" id="tag550" href="#note550">[550]</a> e, quantunque -sparsi nelle varie chiese della città, costituirono anch'essi -una congregazione, alla quale, a Milano, fino dal -secolo nono è a capo un primicerio<a class="tag" id="tag551" href="#note551">[551]</a>, che continua a -<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span> -risiedere nella stessa chiesa di cui è officiale<a class="tag" id="tag552" href="#note552">[552]</a> pure -quando, qualche tempo dopo, non volendosi aumentare -il numero degli <i>ordinarii</i><a class="tag" id="tag553" href="#note553">[553]</a>, furono istituiti dei decumani -anche presso la cattedrale<a class="tag" id="tag554" href="#note554">[554]</a>: riprova non dubbia -<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span> -che l'origine loro è dovuta ad una spinta che muove -dall'elemento laico che vive nella città e non dall'elemento -ecclesiastico che fa capo alla pieve cittadina. L'arcivescovo -Ariberto, fondando nel 1042 la loro canonica<a class="tag" id="tag555" href="#note555">[555]</a> -li chiama <i>peregrini</i> appunto perchè di fronte agli -<i>ordinarii</i>, che nella metropolitana erano a casa loro, i -decumani stavano come ospiti e pellegrini tanto è vero -che nel compiere le funzioni sacre stavano fuori del -coro, che era la parte della chiesa riservata al clero officiante<a class="tag" id="tag556" href="#note556">[556]</a>. -</p> - -<p> -L'<i>ordo</i> si distingueva e quasi si contrapponeva all'elemento -laico, identicamente a quanto avveniva nella -costituzione civile, che era stata tenuta a modello<a class="tag" id="tag557" href="#note557">[557]</a>, ma -viveva con essa in stretta unione. -</p> - -<p> -Per l'ordinazione degli ecclesiastici tutti, dal più -umile chierico all'arcivescovo, era necessario l'assenso -dei laici<a class="tag" id="tag558" href="#note558">[558]</a>, il quale, dice S. Agostino<a class="tag" id="tag559" href="#note559">[559]</a>, doveva manifestarsi -secondo la consuetudine della Chiesa: consuetudine, -che, come già si è avuto occasione di accennare, -variava da luogo a luogo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span> -</p> - -<p> -Nella nostra Italia dove lo Stato, per ragioni prevalentemente -finanziarie, riconobbe nelle minori circoscrizioni -una consistenza distinta da quella del capoluogo, -l'autorità del vescovo, contrariamente a quanto avveniva -nei paesi franco-germanici<a class="tag" id="tag560" href="#note560">[560]</a>, fu limitata al punto -che nelle chiese rurali non poteva esser ordinato un -ecclesiastico che già non vi fosse appartenuto<a class="tag" id="tag561" href="#note561">[561]</a>; ma, -in compenso, il diritto di partecipare all'elezione del -vescovo, che, in virtù del principio che chi a tutti è preposto -da tutti deve essere eletto<a class="tag" id="tag562" href="#note562">[562]</a>, sarebbe spettato a -tutti i diocesani, fu ristretto ai soli componenti della -pieve cittadina<a class="tag" id="tag563" href="#note563">[563]</a>. -</p> - -<p> -E accanto a questa indipendenza del gruppo vicinale -della città dal resto della diocesi è opportuno accennare -subito quella di cui godeva di fronte allo Stato. -</p> - -<p> -La Chiesa, scioltasi, quando in Italia si costituì il -regno ariano dei Goti, dai legami che l'avevano fino -ad allora tenuta avvinta all'Impero, fu libera nei suoi -<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span> -rapporti religiosi e, quando vennero i Langobardi, ariani -anch'essi e venuti come nemici dichiarati di Roma -e dell'Impero, svolse la sua attività secondo i principi -costituzionali conseguiti anteriormente<a class="tag" id="tag564" href="#note564">[564]</a>; ed anche in -seguito, quando si furono convertiti al cattolicesimo ed -i loro re mirarono a favorire, per fini politici, la nuova -religione, permase tuttavia la libertà dell'elezione<a class="tag" id="tag565" href="#note565">[565]</a>: -libertà, anche questa, che mancava nei paesi franco-germanici<a class="tag" id="tag566" href="#note566">[566]</a>. -Sopraffatti i Langobardi, conquistata l'Italia -<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span> -e rinnovato l'antico Impero, Carlo M. credette di attuare -anche in Italia il suo sistema, che continuava -quello dei Cesari romani, di far degli organi della Chiesa -organi dello Stato, ma l'elezione del vescovo continuò -a spettare unicamente ed esclusivamente a coloro che -facevan parte della pieve cittadina<a class="tag" id="tag567" href="#note567">[567]</a>. -</p> - -<p> -La città, dunque, anche per questo lato emerse di -fronte alla diocesi ed a tutte le altre pievi. -</p> - -<p> -Naturalmente l'intervento dei laici non si avverava -sempre nè nello stesso modo. La designazione, che era -la parte sostanziale dell'elezione, spettava a tutti, laici -ed ecclesiastici, sebbene non nella stessa proporzione. -Le formule ed i documenti ecclesiastici dall'epoca romana<a class="tag" id="tag568" href="#note568">[568]</a> -all'alto medio evo, sono concordi<a class="tag" id="tag569" href="#note569">[569]</a> nel graduare -questo diritto per modo che dopo una logica -preminenza del clero (ritenuto più idoneo a giudicare -delle attitudini dell'eligendo nel disimpegno delle sue -mansioni principali<a class="tag" id="tag570" href="#note570">[570]</a>) è fatta larga parte all'autorità -delle classi più elevate, riservando agli strati più bassi -una facoltà prevalentemente negativa che consiste quasi -sempre in un semplice atto di presenza. Dal decretum -in cui veniva raccolta la documentazione dell'avvenuta -<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span> -elezione<a class="tag" id="tag571" href="#note571">[571]</a> si vede chiaro che il predominio del clero -era tutt'altro che assoluto: non di rado era equiparato -e sorpassato da quello dei <i>seniores</i><a class="tag" id="tag572" href="#note572">[572]</a>, dei <i>nobiles</i><a class="tag" id="tag573" href="#note573">[573]</a> e -<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span> -qualche volta anche dall'impetuoso prorompere della -turba dei fedeli<a class="tag" id="tag574" href="#note574">[574]</a>. -</p> - -<p> -La consacrazione, come atto esclusivamente liturgico, -era compiuta dai soli ecclesiastici<a class="tag" id="tag575" href="#note575">[575]</a>; ma anch'essa -offre un lato degno di rilievo nei riguardi della costituzione -cittadina in quanto che, sorte le chiese cardinali, -per la loro speciale natura occorse una speciale -consacrazione. Una testimonianza lucchese a proposito -della natura e della qualità di una chiesa dichiara che -il vescovo l'ordinava come le altre chiese sedali — sicut -alias <i>ecclesias sedales</i> —<a class="tag" id="tag576" href="#note576">[576]</a>. Mentre, invece, la designazione -del titolare avveniva nello stesso modo che per la pieve<a class="tag" id="tag577" href="#note577">[577]</a> -fatto solo eccezione di una tendenza a restringerla a -coloro ai cui bisogni prevalentemente serviva, la quale -si accentua e si fissa solo dopo il secolo nono. -</p> - -<p> -E ancor più intimi erano i rapporti fra ecclesiastici -e laici nel campo patrimoniale. Al loro sostentamento -si provvide per parecchi secoli con una <i>mensurna divisio</i> -prelevata dalla cassa comune della comunità formata -col contributo di tutti<a class="tag" id="tag578" href="#note578">[578]</a>. Tale contributo originariamente -<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span> -volontario si trasformò ben presto in obbligatorio -per gli sforzi tenaci del clero favorito dalla -posizione preminente del pontefice in Italia, tanto che, -quantunque lo Stato tentasse ripetute volte di opporvisi<a class="tag" id="tag579" href="#note579">[579]</a>, -verso la metà del quinto secolo erano già stabiliti -appositi giorni per queste collette — <i>dies collectarum</i> — che -essendo fruttuosissime all'incremento della Chiesa -si ritenne bene di render perpetue<a class="tag" id="tag580" href="#note580">[580]</a>; e per assicurarsele -<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span> -in modo sempre più certo si introdusse anche -il sistema di obbligare i fedeli a giurare di osservare -questo precetto<a class="tag" id="tag581" href="#note581">[581]</a>. -</p> - -<p> -Alla fine del secolo sesto queste collette erano regolarmente -diffuse: Gregorio I parla come di cosa normale -della <i>«collecta facta inter civitatis januensis habitatores»</i> -in una lettera del 599 al vescovo di Genova Costanzo -che invita ad esonerarne un vecchio povero e cieco di -nome Filagrio<a class="tag" id="tag582" href="#note582">[582]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span> -</p> - -<p> -Genova allora non faceva parte del regno langobardo; -ma anche in esso i fedeli corrispondevano alla chiesa il -loro contributo annuale, il quale costituiva un obbligo -di sola coscenza, di natura esclusivamente religiosa e -privo di ogni riconoscimento da parte dello Stato. -</p> - -<p> -La misura in cui si pagava corrispondeva ad una -proporzione largamente in uso nell'antico sistema fiscale -romano di cui avevan conservata ininterrotta ed -immutata la tradizione gli scrittori ecclesiastici<a class="tag" id="tag583" href="#note583">[583]</a> ed a -una non meno antica consuetudine rimasta inalterata -negli usi civili<a class="tag" id="tag584" href="#note584">[584]</a> e si conguagliava alla decima parte dei -proventi. -</p> - -<p> -Di quì il nome di <i>decima</i>; ma questo nome, quantunque -non sconosciuto in Italia<a class="tag" id="tag585" href="#note585">[585]</a>, ebbe però la maggiore -diffusione al tempo dei Franchi, chè le cose cambiarono -con loro e cambiarono profondamente: non già -perchè essa sia sparita o perchè il nuovo Stato, essendo -confessionale, considerò come doveri pubblici i principali -obblighi del credente — e fra questi la <i>collecta</i> — e -subordinò i diritti civili e politici al soddisfacimento -di quelli — ciò che avrebbe segnato solo un progressivo -<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span> -e, magari, naturale svolgimento — quanto e sopratutto -perchè con essi fu introdotto un nuovo e tutt'affatto -diverso istituto, il quale si unì e si confuse con la vetusta -<i>collecta</i> italiana e ne perturbò profondamente la -funzione ed il sistema e ne sostituì anche il nome. -</p> - -<p> -Carlo Martello nella necessità di costituire un nerbo -di cavalleria capace di far fronte alle mobilissime schiere -degli arabi che premevano minacciosi al confine orientale, -non potendosi valere di terre del fisco perchè depauperato -dalle pazze prodigalità dei suoi antecessori; -mise la mano sulle terre delle chiese e le distribuì ai -privati con concessioni revocabili il cui scopo principale -era l'obbligo di mantenere e fornire un proporzionato -numero di cavalli e di cavalieri. -</p> - -<p> -Dopo di lui la Chiesa non volendo rinunziare alle -terre confiscatile, nè lo Stato alla facoltà che vi esercitava, -nè i concessionari al loro godimento; sotto la minaccia -di una nuova invasione, si venne ad un contemperamento -delle varie tendenze, il quale originò un -nuovo istituto giuridico. -</p> - -<p> -Quest'istituto fu il <i>beneficio</i>. -</p> - -<p> -Con esso le Chiese conservarono la proprietà delle -terre tolte loro, il re la facoltà di disporne con concessioni -non oltrepassanti al massimo la vita del concessionario; -e quest'ultimo, che delle terre stesse aveva il -godimento per volontà del re e per opera della chiesa, -fu obbligato a corrispondere al primo un proporzionato -servizio militare ed a pagare annualmente alla seconda -un censo in denaro di un solido d'argento per ogni manso -ed un contributo in natura fissato nella decima e nona -parte dei frutti ed a concorrere in modo equo al restauro -della chiesa stessa in caso di bisogno<a class="tag" id="tag586" href="#note586">[586]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span> -</p> - -<p> -L'assetto definitivo il beneficio lo ricevette da Carlo -Magno col capitolare aristallense del 779. -</p> - -<p> -E questo, dopo l'approvazione della dieta langobarda, -passò anche in Italia; quantunque con una clausola — si -exinde usque nunc ad partem ecclesiae decima et -nona exivit<a class="tag" id="tag587" href="#note587">[587]</a> — che ne mostra tutto il carattere esotico -che essa aveva per l'Italia e che, in conclusione, -nei rispetti del passato ne annullava lo spirito perchè -l'applicava solo nei casi nei quali il concessionario di -un fondo ecclesiastico corrispondeva già la nona e la -decima parte dei frutti: ciò che non poteva essere avvenuto -che per scambievole convenzione privata, non -avendo avuto luogo in Italia alcuna confisca di terre ecclesiastiche. -</p> - -<p> -E più tardi il capitolare italico ritorna sull'argomento -imponendo ai conti ed ai fedeli tutti che chiunque aveva -in beneficio terre di una chiesa doveva corrispondere -alla chiesa stessa regolarmente e completamente -le decime e le none e concorrere secondo il bisogno e -la possibilità alla sua restaurazione — ut quicunque de -rebus æcclesiæ beneficia habent pleniter nonas et decimas -<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span> -ad ipsas ecclesias donent.... et iuxta possibilitatem -et quando necessitas exigit de opera ad ipsas ecclesias -restaurandas adiutorium faciant —<a class="tag" id="tag588" href="#note588">[588]</a>. -</p> - -<p> -E anche Lodovico il Pio, alla sua volta, insistè sull'uno -e sull'altro obbligo, aggiungendo una forte pena -in caso di inadempienza, per ricordare ai renitenti che -avrebbero finito col perdere il beneficio — et insuper -bannum nostrum solvat, ut ita castigatus caveat, ne -sæpius iterando beneficium amittat —<a class="tag" id="tag589" href="#note589">[589]</a>. -</p> - -<p> -Con questo l'antica <i>collecta</i> italiana non cessò di -esistere nè fu messa da parte. I vescovi langobardi nel -capitolare concordato l'anno successivo o poco dopo -al capitolare aristallense, ebbero caro di fare inserire -la disposizione che ciascuno dovesse pagare alla pieve -secondo il costume e la sacra consuetudine: — De decimis. -Ut unusquisque suam decimam ad ecclesiam offerat -sicut mos vel sacra consuetudo esse dinoscitur<a class="tag" id="tag590" href="#note590">[590]</a>. — -</p> - -<p> -E, più tardi, Lotario stabilì per legge la procedura -da seguire per facilitarne la riscossione e renderne obbligatorio -il pagamento<a class="tag" id="tag591" href="#note591">[591]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span> -</p> - -<p> -La decima franca, quale è configurata dai capitolari, -è, dunque, un diritto reale che nasce ex iure per esplicita -disposizione di legge a favore di una chiesa sui -beni di essa concessi dal re in beneficio; nasce simultaneamente -con gli altri obblighi che la legge addossa -al concessionario ed è uno degli elementi da cui resulta -lo speciale istituto del beneficio. -</p> - -<p> -La decima italiana, invece, originata da un volontario -contributo dei fedeli, trasformato in seguito dalla -Chiesa in obbligo di coscenza rinvigorito dal giuramento -e consolidato nella misura, è dovuto ad una sola chiesa — la -pieve — ed ha carattere e natura esclusivamente -personale in quanto che investe la persona del parrocchiano, -il quale appunto e soltanto per questa sua qualità, -è tenuto a conferire alla pieve, ed alla sua pieve -soltanto<a class="tag" id="tag592" href="#note592">[592]</a>, la decima parte dei suoi proventi e questo -suo contributo è, insieme con altri e minori obblighi -della stessa natura, il titolo che gli dà diritto all'assistenza -religiosa ed all'esercizio delle facoltà proprie del -parrocchiano. -</p> - -<p> -Fra questi altri obblighi si deve ricordar per primo -<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span> -il rifacimento e la riparazione degli edifici del culto -perchè sebbene la Chiesa abbia stabilito fin da antichissimo -tempo che si dovesse provvedere con la quarta -parte dei redditi e delle oblazioni; sia per la difficoltà -della trasformazione delle offerte in natura sia per l'analogia -con l'obbligo imposto ai concessionarî di benefici -ecclesiastici, sia per altra ragione, le fonti italiane -del tempo franco — e si rimettono sempre ad antica consuetudine<a class="tag" id="tag593" href="#note593">[593]</a> — la -ricordano separatamente. Ciò che attesta -anche per questo lato quell'autonomia di formazione -e di sviluppo, di cui già si è avuto occasione di -far parola. -</p> - -<p> -La stessa trasformazione della collecta da volontaria -a obbligatoria subì quella parte di oblazioni che i fedeli -facevano in momenti di maggiore solennità ed importanza -e cioè il battesimo, il matrimonio, e la morte<a class="tag" id="tag594" href="#note594">[594]</a>. -Anzi fu facilitata dalla natura di fatto straordinario che -ognuno di questi momenti segnava nella vita di ciascun -individuo; come dalla necessità in cui si trovò la chiesa -<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span> -di proibire le grandi agapi, riannodantesi ad antichissimi -usi pagani, che si tenevano in chiesa per solennizzare -questi avvenimenti e che, accolte da prima perchè -accumunando ricchi e poveri rispondevano ai sentimenti -dell'uguaglianza e della carità, eran divenute -ben presto causa di inconvenienti e di disordini<a class="tag" id="tag595" href="#note595">[595]</a>. I -banchetti in chiesa furon proibiti ed una parte della -somma che prima essi richiedevano devoluta alla chiesa. -</p> - -<p> -Queste oblazioni assunsero così l'aspetto e la natura -di una vera e propria tassa — diritti di stola — corrisposta -per un determinato servizio e siccome l'unica chiesa -autorizzata all'esercizio del culto era la pieve conversero -tutte a suo favore aggiungendosi agli altri obblighi -del parrocchiano e rinsaldarono anche per questo -lato gli stretti vincoli che lo univano alla sua chiesa. -</p> - -<p> -Accanto ed insieme con queste oblazioni c'erano, -poi, anche tutte le altre che la pietà dei fedeli offriva -alla chiesa di sua spontanea volontà e anche queste, -naturalmente, spettavano tutte alla sola pieve. -</p> - -<p> -Sorte le chiese cardinali, le quali avevano una speciale -officiatura per la quale, fatta eccezione di speciali -giorni, vi potevano esser celebrate le messe e compiuti -i servizi e gli uffici divini: ed essendo sorte per il culto -speciale e straordinario che i fedeli professavano per -alcuni santi; nacque un contrasto fra i diritti della -pieve e la volontà dei fedeli. Contrasto talvolta sanato -dall'esplicito intervento del vescovo e nella più gran -parte delle volte causa ed origine prima dei conflitti -numerosi fra i canonici della chiesa cattedrale e gli officianti -delle chiese più frequentate delle varie città. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span> -</p> - -<p> -Esempio del primo caso è il diploma tadoniano, già -tante volte ricordato, a favore del monastero di S. Ambrogio. -</p> - -<p> -Con esso l'arcivescovo non si limita a confermare -le donazioni di terre e di immobili che il monastero -stesso aveva ricevuto in passato o avrebbe ricevuto -nell'avvenire — quicquid in iamdicta ecclesia S. Ambrosii..... -collatum fuerit — come nel diploma dell'arcivescovo -Pietro dell'anno 789; ma concede anche -la facoltà di ricevere tutte le oblazioni che dai fedeli -fossero comunque offerte: <span class="smcap lowercase">CONCEDIMUS</span> atque <i>confirmamus</i>.... -<span class="smcap lowercase">OMNES OBLATIONES</span> que a Cristifidelibus... -quoquomodo a majoribus five a minoribus delate fuerint, -<i>omnesque res omnesque possessiones</i> ibidem collatas -etc.<a class="tag" id="tag596" href="#note596">[596]</a>. E la concessione di queste oblazioni è ritenuta -di maggior importanza della conferma del possesso dei -beni perchè è fatta precedere. -</p> - -<p> -In generale, però, alle chiese cardinali era lasciata -solo una parte delle oblazioni, riservandone il rimanente -al clero della cattedrale il quale aveva diritto anche -ad un gran pranzo e ad altri minori atti di ossequio, -quando vi si recava collettivamente ed in gran pompa -nella festa del santo a compiervi l'ufficiatura solenne<a class="tag" id="tag597" href="#note597">[597]</a>. -</p> - -<p> -Decime ed oblazioni non erano, però, i soli proventi -della Chiesa. -</p> - -<p> -Quantunque nella Chiesa di Roma fino al secolo -sesto — a concorde testimonianza di Teodoro lettore e -del <i>Liber Pontificalis</i> — si sia avuto per sistema di non -tenere altri immobili che quelli strettamente necessarî -all'esercizio del culto, vendendo le terre e le case donate -e distribuendone il ricavato fra la chiesa, il vescovo -e il clero; tale sistema o fu esclusivo della Chiesa -di Roma o non durò molto a lungo; e, comunque, il -problema dell'assetto giuridico della proprietà immobiliare -<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span> -della pieve non si pone per gli edifici del culto -diversamente che per gli altri immobili. -</p> - -<p> -Divenuto il cristianesimo religione ufficiale dello Stato — chè -l'anteriore ed incerta condizione giuridica<a class="tag" id="tag598" href="#note598">[598]</a> -non c'interessa — lo Stato ebbe nella nuova religione -quell'ingerenza che aveva prima esercitato sugli altri -culti e che segnava quasi il correspettivo della protezione -accordatale e della posizione di privilegio fattale, -ed i templi ed i loro beni furon considerati come pubblici -e tutelati con norme particolari, in continuazione -precisa del sistema tenuto con i culti anteriori — fatta -eccezione, tuttavia, di un punto speciale che è proprio -quello che c'interessa. -</p> - -<p> -Anteriormente fra i numerosi culti tollerati nell'Impero -il maggior numero di facoltà e di diritti fu concesso -solo ad alcuni di massima importanza, ai quali -fu concessa anche la <i>testamentifactio</i> passiva; e titolare -di tali diritti fu istituito il tempio nel quale ciascuna di -queste divinità era maggiormente e per antonomasia -venerata<a class="tag" id="tag599" href="#note599">[599]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span> -</p> - -<p> -In seguito, colla religione cattolica, nella necessità -di contemperare il rispetto all'unità della Chiesa con -le ragionevoli esigenze locali dei fedeli e rendere agevole -il funzionamento delle proprietà immobiliari, si -andò formando una prassi, riconosciuta e completata -poi dalle leggi, per cui erede dei beni per volontà di testatore -o in forza di legge devoluti alla chiesa, fu la -chiesa del luogo del de cuius<a class="tag" id="tag600" href="#note600">[600]</a>; e siccome la Chiesa -si era insediata e organizzata sulle basi dell'organizzazione -pubblica romana e con essa si trovava quindi in -piena armonia; e la sua unità di organizzazione fu la -pieve: così la pieve, impersonata dalla sua chiesa, ebbe -tutte le facoltà di una vera e propria persona giuridica. -</p> - -<p> -Caduto l'impero romano, sopraffatti i Goti e disfatti -i bizantini; con i Langobardi cessò ogni diritto dello -Stato all'ingerenza nell'amministrazione della Chiesa -ed ogni pieve fu libera nella sua organizzazione interna. -</p> - -<p> -E questa presenta due speciali elementi: uno nei -rispetti della pieve in generale, sia urbana che rustica, -l'altra nei soli riguardi della prima. -</p> - -<p> -L'una si è che cessata l'ingerenza dello Stato, lontano -e non ancora completamente assodato nè affermato -rigidamente come più tardi avvenne, il diritto di intervento -dell'autorità pontificale, riconosciuta anche dalla -legge — ciò che sta a provare anche qui una vera e -forte resistenza di usi anteriori, contro i quali urtarono -inutilmente i sistemi franchi — l'autonomia finanziaria -della pieve dall'episcopato<a class="tag" id="tag601" href="#note601">[601]</a>; autonomia che da documenti -di ogni parte del territorio langobardo ci è dimostrata -non minore nei rispetti dell'elezione dell'arciprete -e delle altre mansioni in cui partecipava l'elemento -<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span> -laico<a class="tag" id="tag602" href="#note602">[602]</a>; avveratasi con l'invasione langobarda una tendenza -a restringersi entro la pieve ed i propri correligionarî; -la comunità cristiana raccolta entro la pieve -stessa sia urbana che rustica — unita anche per altri -legami economici e giuridici in parte già accennati e di -cui ci occuperemo nei paragrafi seguenti — costituì un -vero e proprio <i>corpus</i> nel quale l'elemento laico intimamente -si fondeva con l'elemento ecclesiastico. E, ritornando -in parte sotto il contatto straniero ed eretico degli -ariani, ai primi tempi ed ai primitivi sistemi, questa -persona giuridica esplicava la sua azione nei rispetti del -culto per mezzo del clero, assistito dai laici e, nei rispetti -patrimoniali, per mezzo dei laici sorvegliati dal -clero. -</p> - -<p> -La pieve urbana dell'alto medio evo, poi, è caratterizzata -dalla gradazione con cui le facoltà d'intervento -nell'amministrazione del suo patrimonio sono distribuite -fra i suoi parrocchiani; che è quella stessa che si -riscontra nel culto dei primi stadî di formazione della -città e mantenutasi inalterata pur col mutar dei culti -e degli Stati. In virtù di essa classe dirigente, suddivisa -in altre in modo vario secondo i tempi, sono solo gli -urbani mentre ai suburbani, pure uniti nella stessa pieve, -è permessa solo una pallida e passiva partecipazione. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span> -</p> - -<p> -Laici ed ecclesiastici costituivano insieme una unità -sola nella quale l'azione degli uni o degli altri prevaleva -a seconda che si trattava di uffizi divini o di cose -terrene: ma che agiva sempre con la compartecipazione -obbligatoria di tutti, creando un complesso di rapporti -nel quale le speciali facoltà di ognuno erano a volta a -volta doveri o diritti. -</p> - -<p> -Alle condizioni del parrocchiano si contrappone quella -del fondatore di una chiesa privata, al quale, secondo -l'antico sistema romano pienamente concordante con -quello germanico, ne spetta la completa proprietà con -le sole limitazioni riguardo all'esercizio del culto derivanti -dall'organizzazione generale della Chiesa. -</p> - -<p> -Le chiese cardinali, le quali non erano nè pievi nè -cappelle ed alle quali quindi mal si adattavano i sistemi -delle une e delle altre, furono costrette ad andare -cercando un adattamento fra il sistema parrocchiale e -quello della chiesa privata: e qualche volta, poi, si trovavano -in una singolare condizione. -</p> - -<p> -Prendiamo il caso della chiesa di Sant'Ambrogio di -Milano. -</p> - -<p> -Dopo il diploma del 866 in essa si avevano: una -chiesa titolare del diritto di proprietà sui beni, un corpo -di monaci ai quali ne era affidata l'amministrazione ed -ai quali in effetto erano concesse e donate le oblazioni -e gli immobili dai fedeli, una congregazione, consortium, -di sacerdoti i quali erano incaricati dell'officiatura ed -ai quali era pure riconosciuto un diritto di natura economica -nei rispetti dei beni della Chiesa<a class="tag" id="tag603" href="#note603">[603]</a>. -</p> - -<p> -La delineazione giuridica precisa del diritto di questi -ultimi il diploma arcivescovile del 866 non la fa; ma -essa risulta dai documenti che illustrano le lunghe liti -che a proposito di esso ebbero in seguito monaci e canonici<a class="tag" id="tag604" href="#note604">[604]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span> -</p> - -<p> -Era la stessa posizione precisa in cui si trovavano gli -<i>ordinarii</i> della Chiesa di S. Giovanni di Monza rispetto -ai <i>custodes</i> della Chiesa stessa i quali erano i rappresentanti -del diritto di proprietà dei beni della chiesa.<a class="tag" id="tag605" href="#note605">[605]</a> -</p> - -<p> -La posizione non era troppo semplice; pur tuttavia -di colpo non furono creati istituti nuovi; furon piegati -e modificati con clausole speciali i vari istituti romani, -non mai abbandonati dalla Chiesa<a class="tag" id="tag606" href="#note606">[606]</a> che meglio si prestavano. -Ma queste modificazioni moltiplicandosi, consolidandosi, -acquistarono delineazione e configurazione -sempre più distinte da quelle da cui originariamente -furono costituiti e formarono alla lor volta un nuovo -istituto giuridico, destinato a grande avvenire. -</p> - -<p> -Quest'istituto fu il <i>beneficio ecclesiastico</i><a class="tag" id="tag607" href="#note607">[607]</a>. -</p> - -<p> -La pieve italiana — concludendo ormai in poche parole -questa ricerca che la mancanza assoluta di ogni lavoro -al riguardo ha reso così lunga — continuò un'antichissima -unità territoriale che ebbe vita in Italia prima -di Roma e che appunto perchè italiana e non romana -rimase anche quando Roma non fu più e sopravvisse -perchè era un complesso omogeneo e completo di elementi -economici, giuridici e religiosi. -</p> - -<p> -La città col suo suburbio e le sue pertinenze: il pago -rurale col suo capoluogo, i suoi vici e le respettive terre -<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span> -comuni furono uniti dal culto cattolico come da quelli -pagani e dal sistema finanziario dei Langobardi come -da quello dei Romani e dei Bizantini. -</p> - -<p> -Ogni parrocchiano fu vincolato alla sua parrocchia -e l'unione fu tale che uffici divini ed affari terreni richiedettero -egualmente la simultanea presenza e partecipazione -degli ecclesiastici e dei laici; nè questi potevano -senza gravissimo e giustificato motivo astenersi -dalle funzioni e dagli uffici del culto, nè quelli, senza -questi, essere eletti o comunque trattare o disporre dei -beni della pieve e la fissità del domicilio già forte negli -ultimi tempi romano-bizantini e ancor maggiore in seguito, -concordando pienamente col criterio di autonomia -delle varie pievi, in uso nella Chiesa, strinse ancor più i -vincoli già così rigidi, che avvincevano il parrocchiano -alla sua pieve, nei riguardi della decima e delle oblazioni. -</p> - -<p> -Verso la fine del secolo ottavo, però, la pieve urbana -comincia a differenziarsi da quella rurale allargando -i suoi confini all'esterno e dando origine nel suo -interno a nuovi nuclei i quali acquistano parte delle facoltà -e dei diritti che prima spettavano alla sola pieve. -Questi nuclei sono le chiese cardinali, le quali formandosi -con linee sempre più precise costituiscono la parrocchia -a tipo moderno, la quale rompe l'unità della -antica pieve, le sottrae molte delle sue prerogative e dà -luogo all'origine di formule e istituti rispondenti alla -sua speciale natura. E queste formule e questi istituti, -essendo sorti per complemento necessario di un organismo -che era sorto per naturale conseguenza e soddisfacimento -di bisogni veramente e fortemente sentiti, -risposero ad essi in modo conveniente e congruo per -modo che non solo nella maggior parte non furon toccati -dalle profonde modificazioni che in seguito furono -apportate in tanti campi nè dalle deformazioni del concilio -tridentino; ma qualcuno di essi si allargò a disciplinare -un immenso numero di rapporti e fu caratteristico -dell'organizzazione ecclesiastica intiera. E questo -fu il <i>beneficio ecclesiastico</i>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span> -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-8">§ 8.</h3> <p>— Per studiare l'origine e la costituzione della -pieve si è dovuto prima ricercare la natura e la consistenza -dell'antica circoscrizione civile su cui essa s'insediò -e a tale scopo è stata dedicata la prima parte del -capitolo precedente: ora essa — ed appunto per ciò si -è tenuta un po' più diffusa di quanto a prima vista poteva -apparire strettamente necessario — ci mette in -grado d'indagare anche la manifestazione più saliente -della sua struttura civile ed economica. -</p> -</div> - -<p> -Quantunque lo Stato e la Chiesa lo avessero proibito -ripetute volte<a class="tag" id="tag608" href="#note608">[608]</a>, l'abitudine di tener mercato nei giorni -festivi si mantenne così tenace<a class="tag" id="tag609" href="#note609">[609]</a> che lo stesso Carlo -Magno fu costretto a permettere espressamente ed esplicitamente -che <span class="smcap lowercase">UBI ANTIQUITUS FUIT</span> si continuasse a tener -la riunione del mercato <i>in die dominico</i>. -</p> - -<p> -Poichè gli uffici divini si celebravano ordinariamente -di domenica, e pure di domenica ordinariamente si teneva -mercato, è chiaro che lo scambio dei prodotti avveniva -di regola nell'occasione della festa religiosa che -radunava molta gente nel capoluogo; e siccome ogni -parrocchiano era obbligato ad adempiere i suoi doveri -presso la propria pieve e soltanto presso di essa e le -singole pievi erano normalmente molto distanti fra loro<a class="tag" id="tag610" href="#note610">[610]</a>, -era difficile e perciò improbabile il potersi recare -nello stesso giorno ad una pieve per gli ufficî divini e -<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span> -ad un'altra per il mercato e quindi ne conseguiva che -il mercato era normalmente composto dei soli parrocchiani -di ciascuna pieve<a class="tag" id="tag611" href="#note611">[611]</a>. La pieve della città era costituita -da <i>urbs</i> e dal <i>suburbium</i>: dunque al suo mercato -abituale partecipavano solo gli urbani ed i suburbani. -</p> - -<p> -«<i>Per forum</i>, in circuitu ecclesiae — narra Landolfo -Seniore in un passo della sua storia<a class="tag" id="tag612" href="#note612">[612]</a> — <i>erant tunc -causa negotiandi tam civiles viri quam suburbani pariter -congregati</i>. -</p> - -<p> -E alla stessa conclusione si giunge anche seguendo -un altro filo conduttore, il quale permette anche di conoscere -pure la natura di questo speciale mercato. -</p> - -<p> -Il Capitolare di Carlo Magno «De truste facienda si -esprime così: nemo presumat, ad nos venienti mansionem -vetare et <i>quae ei necessaria sunt sicut vicino suo -vendat</i>»<a class="tag" id="tag613" href="#note613">[613]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span> -</p> - -<p> -Questa disposizione ha un carattere di privilegio che -appare evidente appena la si metta in relazione con -l'altro Capitolare, pure di Carlo Magno, che concerne -gli <i>iterantes</i><a class="tag" id="tag614" href="#note614">[614]</a>. Quest'ultimo si occupa degli <i>iterantes</i>, -dei viaggiatori in genere, sia che si rechino dal re che -altrove: — «De iterantibus, qui ad palatium aut alicubi -pergunt» — per scopi e ragioni di loro privata e particolare -spettanza e proibisce che sieno comunque assaliti -e che sia ad essi negata l'erba indispensabile per -i loro animali. Invece nel primo Capitolare si parla di -quella classe speciale di viaggiatori, che si recano dal -re non per ragioni a vantaggio proprio, ma per servizio -pubblico. Infatti si conoscono due specie di <i>trustis</i>: una -è la comitiva eletta dal re, la guardia più fida e più -cara; l'altra è una specie di squadra incaricata di perseguitare -i delinquenti e organizzata sino dal tempo dei -Merovingi, dalle cui leggi è passata in quelle carolingie -e con esse, anche in Italia<a class="tag" id="tag615" href="#note615">[615]</a>. -</p> - -<p> -In ambedue i casi si tratta di un servizio speciale, -per il quale il re concede delle facilitazioni di alloggio -e di vitto che nega a tutti gli altri. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span> -</p> - -<p> -Ora se il re vuole che ad essi le cose necessarie sieno -vendute come il vicino le vende al vicino, è chiaro che -tra i vicini tali scambi avvenivano in un modo diverso -che fra vicini ed estranei e che questo modo offriva -speciali vantaggi e, infine, che questa diversità aveva -natura e consistenza giuridica. Infatti il re, col solo -fatto di determinare così specificatamente e con un -Capitolare le persone alle quali era concesso di godere -alcuni vantaggi del rapporto di vicinatico senza -esserne compartecipi, viene a riconoscere anche per -questo lato del mercato, l'esistenza del gruppo vicinale -e dei rapporti giuridici che vi si imperniano; così come -la riconosce quando, invece di una limitazione parziale -e temporanea come questa, glie ne impone una maggiore -e più duratura obbligandolo ad accogliere entro -di sè un estraneo, già da esso rifiutato<a class="tag" id="tag616" href="#note616">[616]</a>. Anche in questo -caso dal fatto che solo al re con uno speciale preceptum -è possibile e lecito vincere la resistenza del -gruppo vicinale, sgorga limpida la conseguenza che in -tutti gli altri casi questa resistenza è incoercibile: è cioè, -lecita, riconosciuta e protetta. Vicinus nei Capitolari -come negli editti<a class="tag" id="tag617" href="#note617">[617]</a> e nelle leggi<a class="tag" id="tag618" href="#note618">[618]</a> e nei documenti<a class="tag" id="tag619" href="#note619">[619]</a> -ha un senso tecnico ben definito: indica chi fa parte -di una determinata unità, di un determinato comune, per -<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span> -usare il termine che comparisce in Francia sin dal secolo -ottavo<a class="tag" id="tag620" href="#note620">[620]</a> e di cui si hanno tracce nella nostra Italia -fino dai tempi di Carlo Magno<a class="tag" id="tag621" href="#note621">[621]</a>. Il comune cittadino — lo -si è visto — comprende con la città anche il suburbio -ed il rapporto vicinatico, quindi, unisce anche -rispetto al mercato, urbani e suburbani e non altri<a class="tag" id="tag622" href="#note622">[622]</a>. -</p> - -<p> -Il cap. 11 fa obbligo al vicino di vendere a colui che -viaggia in servizio e per conto del re, come vende al -suo vicino — <i>sicut vicino suo vendat</i> —: lo scambio, -dunque, avveniva direttamente fra vicino e vicino senza -intromissione di alcun intermediario che comprasse per -rivendere e non per consumare. D'altra parte i Capitolari -parlano<a class="tag" id="tag623" href="#note623">[623]</a> di telonea solo a proposito di negotiatores, -<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span> -delle persone, cioè, come a maggior chiarimento si -soggiunge, che a scopo di commercio — <i>causa negotiandi</i> — si -recano a piccole tappe — <i>de una domo ad -aliam</i> — di luogo in luogo con la loro <i>substantiam</i> che -volta volta si rinnova nel contenuto mentre rimane immutata -nella destinazione di esser comprata per esser -rivenduta. I <i>vicini</i> che non si muovono dal loro <i>comune</i> -ed acquistano e vendono per i bisogni immediati del -proprio consumo, non hanno alcun carattere di commercianti -di professione e, quindi, sono immuni dai <i>telonea</i>. -E, per conseguenza, sono immuni da quei tributi -che fino dal tempo romano colpivano i generi di commercio<a class="tag" id="tag624" href="#note624">[624]</a>, -anche i generi che essi si scambiano e che -si possono conoscere grazie al cap. 11, il quale parla di -<i>necessaria</i>: dei commestibili di prima necessità. -</p> - -<p> -Le cose più minute ed i generi di prima necessità -che formavano questo mercato, erano prodotte, nella -loro quasi completa totalità, nelle terre urbane e suburbane -e tutti coloro che vivevano su queste terre, essendo -obbligati a convenire alla pieve cittadina per i -doveri cultuali, trovavano in quest'occasione un incentivo -<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span> -e una spinta a portare i propri prodotti, che nel -concorso di numerose persone avevano maggior facilità -di esito; mentre, per un altro verso, essendo molti i -venditori e potendosi trattenere a lungo in città per essere -giorno festivo, si rendeva inutile e non gradita l'opera -di intermediari. -</p> - -<p> -Questo mercato minuto e piccolo, in quanto soddisfaceva -bisogni sentiti in ogni tempo da qualsiasi centro -abitato, durava ininterrottamente da secoli e secoli e le -fonti continuano a chiamarlo <i>forum</i> come al tempo romano<a class="tag" id="tag625" href="#note625">[625]</a>; -e come al tempo romano si era differenziato -dalle nundinae<a class="tag" id="tag626" href="#note626">[626]</a>, così nel medioevo si distingue dalle -fiere e dai mercati tenuti ad intervalli maggiori<a class="tag" id="tag627" href="#note627">[627]</a> e con -regime giuridico speciale<a class="tag" id="tag628" href="#note628">[628]</a> e si tiene tutte le domeniche -per provvedere le cose e le cibarie indispensabili -all'alimentazione degli abitanti di un angusto territorio; -mentre nelle più note feste della Chiesa e nelle ricorrenze -<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span> -dei santi più venerati dei singoli luoghi<a class="tag" id="tag629" href="#note629">[629]</a> se ne -tengono altri, nei quali, per mezzo di mercanti venuti -di fuori affluiscono generi di ogni natura, di cui la città -sente il bisogno o il desiderio. Ed in questi, che si tenevano -a distanza di tempo non breve l'uno dall'altro, -si rendeva necessario il commercio in terza mano, perchè -solo dei mercanti di professione potevano portare -merci e derrate da luoghi lontani e partecipare ai varî -mercati. Ed è proprio ed esclusivamente il commercio -in terza mano che è soggetto ai gravami riconnessi al -diritto di regalia, per poter riscuotere i quali si voleva -che tali mercati si tenessero sempre nello stesso luogo<a class="tag" id="tag630" href="#note630">[630]</a>. -</p> - -<p> -Un bel documento fornisce a questo proposito elementi -preziosi. È un atto nel quale è raccolta la decisione -di alcuni <i>viri antiqui noscentes usum curadiae</i>, -eletti dal vescovo di Asti sul finire del secolo decimosecondo, -a ripristinare gli antichi usi del mercato astese, -turbati da alcune innovazioni fiscali che avevano dato -luogo ad una perniciosa guerra di tariffe con i marchesi -di Ponzono<a class="tag" id="tag631" href="#note631">[631]</a>. Il documento è assai tardo rispetto all'epoca -<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span> -langobardo-franca; ma la concessione del mercato -al vescovo di Asti risale ai primissimi albori del -secolo decimo, nè si fa accenno a modificazioni anteriori -a quelle che gli «antiqui viri» sono chiamati ad -eliminare e si può credere che la disposizione concernente -la cibaria risalga ad epoca molto remota, perchè -i Capitolari non accennano minimamente ad alcuna imposizione -su di esse nè si conosce alcun provvedimento -dei re d'Italia a questo proposito. -</p> - -<p> -Il documento, dopo aver riportato l'elenco della gabella -di tutte le voci, dice che <i>de agmis et haedis nihil -sicut et de fructibus et de ovis et de his omnibus quae -brachio portantur. Idem de pullis et de piscibus recentibus.</i> -</p> - -<p> -Questo mercato, dunque, resulta costituito esclusivamente -dal traffico dei commestibili di minor portata: -agnelli, pecore, ortaggi, frutta, pollame etc. e sussiste -accanto e di fronte ad un altro mercato che si distingue -così da questo più minuto commercio, come dal grande -traffico che metteva capo alle fiere<a class="tag" id="tag632" href="#note632">[632]</a>. Un diploma carolingio -<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span> -è esplicito: esso concede il <i>forum</i> ed il <i>mercatum</i> -che si tenevano nel giorno di S. Zeno nella città di -Verona<a class="tag" id="tag633" href="#note633">[633]</a>. -</p> - -<p> -È evidente che il <i>forum</i> non era la stessa cosa del -<i>mercatum</i>. -</p> - -<p> -Il mercato nel quale le merci sottostanno a norme -e a gravami speciali si raduna ad intervalli sempre più -brevi con l'aumentare dell'importanza e della vita della -città e verso la fine dell'epoca franca, là dove la città -è stata in grado di sostenere e di mantenere o, ciò che -è lo stesso, di aver bisogno di uno scambio così frequente; -diviene anch'esso ebdomadario<a class="tag" id="tag634" href="#note634">[634]</a>; e si sovrappone -a quello minuto vicinale, del quale, però, anche -dopo vari secoli si possono qua e là trovare delle -tracce<a class="tag" id="tag635" href="#note635">[635]</a>. Ma questo mercato a cui convengono i mercanti -<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span> -delle regioni vicine e delle regioni lontane per -portarvi prodotti altrove comprati e comprarvi prodotti -altrove vendibili, non avrebbe potuto sorgere se non -fosse stato congruamente preceduto da un altro sistema -di scambio capace di fornire alla città le cose più necessarie -con un flusso periodico, normale, frequente e -continuo: i due requisiti che nei diplomi che fanno -concessione di mercati compariscono più tardi di tutti -gli altri. Ed è proprio su questo sistema di ristretto -scambio vicinale dei prodotti di prima necessità, che -deve fermare l'attenzione a preferenza ed in modo speciale -chi voglia conoscere della costituzione e del diritto -delle nostre città nell'alto medio-evo, cioè nell'epoca -anteriore a quella nella quale il commercio formò la -parte prevalente della loro energia. -</p> - -<p> -Il noto tipo del mercante franco-germanico che sotto -<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span> -una speciale protezione del re, gira di regione in regione -e risale e discende il corso dei fiumi<a class="tag" id="tag636" href="#note636">[636]</a>, ha presso di -noi dei precursori e dei contemporanei nei <i>negotiatores -de Langobardia</i> che fino dal 629, e probabilmente anche -prima, si recano alla fiera di Parigi, aperta loro dal re -Dagoberto in quest'anno<a class="tag" id="tag637" href="#note637">[637]</a>: e nei mercanti che percorrono -il corso del Po e ne rendono attivi la navigazione -ed i porti<a class="tag" id="tag638" href="#note638">[638]</a>: ma questi, come quelli, per quanto fattori -eminenti dell'energia economica delle nostre città, nulla -offrono che in qualche modo ci illumini sulle loro particolarità -più intime e più speciali, perchè il commercio ha -per funzione e per scopo di mettere a contatto luoghi e -persone e prodotti diversi e, quindi, per necessità è tratto -ad avere un carattere internazionale, che si accentua -sempre più quanto esso maggiormente si estende. Invece -quel piccolo, ristretto scambio, limitato entro angusti -e ben noti confini, a poche cose ed a poche persone, -che si perpetua da secoli quasi nello stesso modo -e nelle stesse proporzioni, è proprio il terreno favorevole -per eccellenza al conservarsi delle antiche usanze -e delle vetuste consuetudini particolari ai singoli luoghi. -</p> - -<p> -A Milano il <i>forum</i> si trovava davanti ed intorno alla -cattedrale<a class="tag" id="tag639" href="#note639">[639]</a>, ma tale ubicazione si può considerare -come un'eccezione<a class="tag" id="tag640" href="#note640">[640]</a>. Nelle nostre città, generalmente -<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span> -regolari<a class="tag" id="tag641" href="#note641">[641]</a>, il <i>forum</i> era costituito dalla piazza formata -dall'incontro del <i>cardo maximus</i> col <i>decumanus</i>, che erano -le due vie principali, intersecantesi perpendicolarmente: -era il punto centrale della città, l'antico <i>templum</i><a class="tag" id="tag642" href="#note642">[642]</a>. -Per il modo con cui sorse e si sviluppò il cristianesimo, -per le difficoltà incontrate prima di poter essere tollerato -e riconosciuto come culto ufficiale e per l'ostacolo, quasi -per ogni dove insormontabile, rappresentato dalla -preesistenza di edifici e fabbriche intorno al foro; quasi -mai la Chiesa cattolica potè costruire la sede vescovile -sul foro, che rimase invece il luogo consueto del mercato. -Così a Vercelli<a class="tag" id="tag643" href="#note643">[643]</a>, a Cremona<a class="tag" id="tag644" href="#note644">[644]</a>, a Brescia<a class="tag" id="tag645" href="#note645">[645]</a>, -<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span> -a Lucca<a class="tag" id="tag646" href="#note646">[646]</a>, a Piacenza<a class="tag" id="tag647" href="#note647">[647]</a>, a Bergamo<a class="tag" id="tag648" href="#note648">[648]</a>, a Parma<a class="tag" id="tag649" href="#note649">[649]</a>, a -Pavia<a class="tag" id="tag650" href="#note650">[650]</a>, a Pisa<a class="tag" id="tag651" href="#note651">[651]</a>, a Ferrara<a class="tag" id="tag652" href="#note652">[652]</a>, a Verona<a class="tag" id="tag653" href="#note653">[653]</a>, a Firenze<a class="tag" id="tag654" href="#note654">[654]</a>, -a Arezzo<a class="tag" id="tag655" href="#note655">[655]</a>, etc.<a class="tag" id="tag656" href="#note656">[656]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span> -</p> - -<p> -Il mercato settimanale anche se non si trovava davanti -alla chiesa, aveva sempre luogo, dunque, dentro -alla città, dentro alle sue mura; mentre la fiera ed il -mercato maggiore, di solito si tenevano fuori. E ciò è -da rilevare perchè può fornire un buon punto di partenza -per giungere a formulare un criterio di differenziazione -della costituzione delle città italiane da quelle -franco-belgo-germaniche. -</p> - -<p> -La città italiana mantiene sempre una posizione elevata -e distinta di fronte al territorio circostante, che le -è annesso e soggetto ed è caratterizzata da un complesso -di norme di natura giuridica, che rientrano nella -più ampia organizzazione dello Stato, ma, come abbiamo -già veduto, sono speciali alla sola città ed al suo suburbio; -e costituiscono il nocciolo da cui con evoluzione -progressiva, senza alcun distacco da un periodo -di tempo all'altro, si è venuto formando e sviluppando -quel particolarismo che raggiunge nel medioevo comunale -il momento di maggiore sviluppo<a class="tag" id="tag657" href="#note657">[657]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span> -</p> - -<p> -Agli elementi che hanno formato il diritto cittadino -deve essere, dunque, aggiunto anche il mercato vicinale, -in quanto che anch'esso si restrinse alla città ed -al suburbio e cooperò validamente al formarsi di consuetudini -<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span> -e di norme giuridiche, distinte e diverse da -quelle del territorio rurale<a class="tag" id="tag658" href="#note658">[658]</a>. -</p> - -<p> -Per determinare con precisione tale azione e per rilevare -le differenze e le affinità fra gli usi prodotti dagli -scambi vicinali, occorrerebbe entrare in un'indagine -comparativa delle varie consuetudini che si trovano -sparse negli statuti comunali o raggruppate e raccolte -insieme fino dal secolo decimoterzo, la quale esorbiterebbe -dal campo di studi prefisso a questo volume nel -quale si vuole esaminare solo la funzione economica, -in quanto rientra nella costituzione delle nostre città nell'alto -medioevo, e si mira ad aprire ed indicare soltanto -le linee generali da cui resulta. Ma non si può fare a -meno di determinare quale è il colore di fondo del quadro -di cui le molteplici consuetudini locali rappresentano -le gradazioni, le tonalità e l'ultimo sviluppo. -</p> - -<p> -Anche oggi si conserva fra campagnoli e mercanti -di bestiame l'uso di stringersi a vicenda la mano per -conchiudere i contratti; cosicchè il momento della perfezione -risiede non già nella manifestazione verbale della -<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span> -volontà, ma sibbene nella stretta di mano<a class="tag" id="tag659" href="#note659">[659]</a>. Questo -accordo di buona fede, essendo senza alcun valore di -fronte alla legge, non può essere originato dalla legge -stessa; tanto è vero che se ne trova traccia fino al secolo -decimoterzo anche nei documenti medioevali<a class="tag" id="tag660" href="#note660">[660]</a>, che -ne specificano la natura giuridica e lo chiamano col nome -tecnico di <i>mercato</i>.<a class="tag" id="tag661" href="#note661">[661]</a> E si può risalire ben più innanzi -se si osserva che la frase comune, che, appunto perchè -comune è certamente antica, dell'uso trecentesco «<i>impalmare -la fede</i>» corrisponde perfettamente, sia nella -forma esterna che nel contenuto giuridico, alla formula -«<i>manu fidem facere, fidem facere</i> e <i>manum facere</i>», -che si trova nei documenti del più remoto medioevo<a class="tag" id="tag662" href="#note662">[662]</a>. -E, quindi, finchè non sia dimostrato che fra l'una e -l'altra si è avuta una soluzione di continuità, durante -la quale è stato in vigore un sistema diverso, si deve -ritenere che il modo di dire volgare sia divenuto comune -in quanto continuava un uso antichissimo dovunque -<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span> -diffuso. E se questo è, siccome tale formula è -sicuramente romana<a class="tag" id="tag663" href="#note663">[663]</a> ed è dalle fonti romane che è -passata nei documenti medioevali<a class="tag" id="tag664" href="#note664">[664]</a>, si può constatare -che questo sistema si trova in perfetto accordo con il -rigido formalismo dell'antico diritto romano, il quale -non dette mai all'istrumento scritto altro valore che -probatorio<a class="tag" id="tag665" href="#note665">[665]</a>; e si può concludere che anche questo -formalismo resiste alla pressione dell'ultimo diritto romano, -insieme ed al pari di tutti quegli istituti del diritto -teodosiano che si mantennero in Italia malgrado -e dopo la legislazione giustinianea; e che potè trovare -favorevoli condizioni di ambiente nel formalismo dei -diritti germanici e, specialmente del diritto salico, ma -che preesistette ad essi e, quindi, non potè esserne originato. -</p> - -<p> -Il che, in conclusione, significa che anche in questo -campo si trovano elementi che vivono in Italia ininterrottamente -sino dal tempo di Roma repubblicana. -</p> - -<p> -Il mercato vicinale ha per scopo il sostentamento -della città: esso le fornisce i mezzi necessarii alla sua -esistenza e che da sè stessa non si può procurare perchè -prevalentemente costituita da edifici e da abitazioni; -e li fornisce soprattutto alle classi meno elevate della -popolazione prive di <i>curtes</i> e di terre da cui poterli ricavare. -Esso vive, perciò, della vita della città, si attenua -<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span> -col suo decadere, progredisce e si trasforma col -suo progredire. Intimamente legato ad essa, ne è elemento -sussidiario importante. Non unico però. Quindi -le norme giuridiche originate da questo scambio costituiscono -solo una parte del sistema giuridico proprio -della città e si aggiungono a quelle che già si sono rilevate: -ma non completano il quadro; e, per di più, -per determinare l'importanza e la quantità di questa -parte occorre prima ricercare o determinare gli altri elementi -che hanno formato la costituzione e il diritto -delle nostre città. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-9">§ 9.</h3> <p>— I Langobardi quando, assodata la conquista, -si fissarono stabilmente nel nostro paese, trovarono -nelle città e nei castelli, che erano luoghi forti e muniti, -degli ottimi strumenti di dominio contro i vinti e -di difesa contro le incursioni esterne e vi si insediarono -di preferenza curando assiduamente la guardia<a class="tag" id="tag666" href="#note666">[666]</a> e la -manutenzione delle mura<a class="tag" id="tag667" href="#note667">[667]</a>. -</p> -</div> - -<p> -La città ed il castello erano contraddistinti appunto -dalla presenza della cinta murata: Rotari, impadronitosi -di alcune città della Liguria, per punirle della resistenza -oppostagli, le ridusse a semplici <i>vici</i> abbattendone le -mura: «<i>muros</i> earum usque ad fundamentum <i>destruens</i>, -<i>vicos</i> has <i>civitates</i> nominari praecepit»<a class="tag" id="tag668" href="#note668">[668]</a>. -</p> - -<p> -Ma la città si distingueva anche dal castello: il capitolo -39 dell'Editto stabilisce che quando un reato è -stato commesso entro la città, la pena ordinaria e consueta -sia aggravata di una multa speciale a vantaggio -del fisco. Si aggiunge, cioè, alla figura normale di ogni -reato, un nuovo reato che consiste nell'ingiuria alla -<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span> -terra il cui mantenimento in buono e pacifico stato, la -cui <i>pace</i>, per usare il termine tecnico, il re impone in -modo particolare — <i>iniuria terrae</i> —; e si fa della città — solo -della città, chè del <i>castrum</i> non si fa parola — un -terreno giuridicamente protetto in modo speciale<a class="tag" id="tag669" href="#note669">[669]</a>. -</p> - -<p> -Questa zona di particolare natura giuridica ha nelle -mura dei confini rigidamente ed immutabilmente fissati. -Si ha, dunque, aperta la via a ricercare da che cosa sia -stata costituita in quest'epoca la città nel senso giuridico -della parola; a ricercare, cioè, se sia esistito e di -quale natura ed entità e in quali proporzioni un regime -giuridico di natura pubblica proprio ed esclusivo della -sola città, del solo centro murato cinto di mura; e la -posizione di questo regime nell'ordinamento politico. -</p> - -<p> -Con la disposizione del capitolo 39 non si pone il -primo substrato di una particolare consistenza giuridica -della città: se ne delinea, piuttosto, il riconoscimento -ufficiale, completando con un provvedimento consono -ai criteri del diritto pubblico dell'epoca e, cioè, di natura -germanica, uno stato di fatto e di diritto in molta -parte preesistente. -</p> - -<p> -È tutta romana la distinzione delle città e dei castelli, -in quanto cinti di mura dai <i>vici</i> e dai <i>loci</i>, aperti -ed indifesi<a class="tag" id="tag670" href="#note670">[670]</a>; come è tutta romana la disposizione che -punisce severamente chi ne scavalchi di soppiatto le -mura<a class="tag" id="tag671" href="#note671">[671]</a>. È tolta di peso da un passo di Modestino riportato -nel Digesto e corrisponde in modo perfetto anche -<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span> -allo scopo di esso, chiaramente mostrato dal titolo — <i>de -re militari</i> — in cui è contenuto: si può e si -deve considerarla come un'altra e nuova prova che i -compilatori dell'Editto ebbero conoscenza delle fonti -romane non solo attraverso a rifacimenti barbarici ma -anche direttamente. -</p> - -<p> -I Langobardi, i più feroci dei barbari feroci, ripugnanti -ed alieni dalle sedi fisse e dagli agglomerati numerosi, -abituati a vivere sparsi e disseminati in piccoli -gruppi — <i>vicatim</i> — furon tratti, inconsapevolmente<a class="tag" id="tag672" href="#note672">[672]</a>, -a riconoscere ed accettare la sottile distinzione fra <i>urbs</i> -e <i>castrum</i>, perchè la loro venuta, se spazzò via gli ultimi -avanzi dell'organizzazione burocratica romano-bizantina, -non distrusse le basi prime della struttura -economica della città, consolidata da lunghi secoli e che -i due regni barbarici degli Eruli e dei Goti e la trista -dominazione bizantina, prostrandola fino all'ultimo grado -di decadenza, avevan dolorosamente preparato a sopportare -senza urti troppo violenti la loro rude signoria. -</p> - -<p> -In Italia non era mai cessato l'antichissimo sistema, -probabilmente preesistente alla stessa conquista romana<a class="tag" id="tag673" href="#note673">[673]</a>, -per cui le più elevate facoltà giuridiche erano -<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span> -prerogativa esclusiva di coloro che avevano diritto alla -qualifica di <i>urbani</i>, i quali in tutti i rami del vivere civile, -dalle magistrature — <i>magistratus urbanus</i> — ai -collegi e corporazioni — <i>collegium urbanum, collegia urbanorum</i> — alle -opere — <i>opereis urbanorum</i> — alla cittadinanza -tutta, insomma, intesa nel senso ristretto del -gruppo dei rapporti fra l'individuo e la città, di cui -è cittadino — <i>urbani</i> — <i>civis urbanus</i> — godevano una -preminenza assoluta ed incontestata. -</p> - -<p> -Anche con la legge dell'anno 400 — e già la rovina -di tutte le istituzioni premeva — gli edifici, gli orti e le -aree dei pubblici edifici ed i luoghi pubblici situati entro -la città ed il suo suburbio, insieme ed al pari dei -beni ecclesiastici, furono locati in perpetua conduzione -ai soli urbani collegiati e corporati delle singole città. -E più tardi fu solo alla plebe urbana che fu riconosciuto -diritto di partecipare alla cosa pubblica, specialmente -riguardo ai beni comuni, quando fu costretta ad aggiungere -il suo contributo personale a quello ormai -insufficiente delle curie e delle corporazioni. -</p> - -<p> -Nè lo perdette quella specie di collegio cittadino, in -cui per lo sbiadirsi sempre maggiore delle proprie caratteristiche -individuali, andaron fondendosi in forzata -coesione le varie classi sociali dei vinti al tempo dei -Goti<a class="tag" id="tag674" href="#note674">[674]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span> -</p> - -<p> -I Langobardi trovaron tale stato di cose e non lo -mutarono. -</p> - -<p> -Erano urbani — <i>civitatis Reatine habitatoribus</i> — quei -Reatini i quali nel 774 ricercarono i confini del -<i>gualdo publico</i> presso la loro città, insieme con il notario -Insario incaricatone dal re Rachi, con il messo del -duca Lupone, con il loro gastaldo Immone, con due -sculdasci ed il <i>marphais</i>, ed ai quali fu inviato uno dei -quattro brevi redatti alla presenza del duca di Spoleto -«et quartum (breve) quidem direximus ad supradictos -<i>homines in Reate</i>»: dice il documento<a class="tag" id="tag675" href="#note675">[675]</a>. -</p> - -<p> -E la presenza del gastaldo stesso di Rieti alla compilazione -ed all'invio del breve mostra che la solidità -e la consistenza giuridica del gruppo da essi formato -di fronte allo Stato, di cui egli era il rappresentante, -non era minore di quella, che già si è avuto occasione -di accennare, dei cittadini di Pavia, di Piacenza, di Cremona, -di Verona, etc.; i quali erano <i>urbani</i> al pari di -questi; come è provato dalla qualifica di <i>habitatores</i> -urbis, de civitate, con cui li vediamo chiamati<a class="tag" id="tag676" href="#note676">[676]</a> quando, -come in quest'ultima città, non son detti addirittura -urbani. -</p> - -<p> -Il conte Nannone, per esempio, incaricato da Ottone -I. di dirimere una controversia fra il vescovo Raterio -ed i suoi concittadini, il 30 giugno 968, seduto al suo -tribunale, interroga e si rivolge ai soli urbani — «ita -orsus est loqui: quid vobis videtur, <i>urbani</i>, de isto prato?» —<a class="tag" id="tag677" href="#note677">[677]</a>. -</p> - -<p> -Nella nota convenzione stipulata nel 1037 tra il vescovo -Olderico ed i cittadini di Brescia, a proposito dei -<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span> -beni comuni della città<a class="tag" id="tag678" href="#note678">[678]</a>, la concessione dei medesimi -non è fatta a tutti i <i>vicini</i> della <i>civitas</i> di Brescia; ma -solo a quelli di essi che abitavano entro le mura: vos -qui supra — (presbisteris ceterisque liberis hominibus -Brixiam habitantibus) — <i>vicinos</i> eiusdem <i>Brixiae civitatis -habitantes</i> vestrosque filios et heredes, et proheredes -simulque omnem progeniam vestram. -</p> - -<p> -E ancor più evidente è quello che avviene a Mantova, -dove, col diploma imperiale del 1055, sono detti e -qualificati cives anche gli arimanni entrati ad abitare entro -le mura e sono protetti in modo speciale e differente -da tutti gli altri arimanni sparsi per il territorio mantovano — predictos -cives, videlicet <i>ermannos in Mantua -civitate habitantes</i><a class="tag" id="tag679" href="#note679">[679]</a>. -</p> - -<p> -A Bergamo nel 1081 il vescovo Arnulfo decide -una grave controversia che da tempo si agitava fra i -canonici di S. Vincenzo e quelli di S. Alessandro per -causa di certe decime, con l'aiuto e il consiglio di «multorum -clericorum, <i>civium, extraque urbem manentium -sapientum et nobilium.</i><a class="tag" id="tag680" href="#note680">[680]</a> Dei non urbani (extra urbem -manentes) non partecipano che i nobili e i sapienti<a class="tag" id="tag681" href="#note681">[681]</a> -mentre i cittadini partecipano tutti e chi fossero questi -cives lo indica la contrapposizione e la preminenza su -quelli che vivevano fuori delle mura: erano gli urbani. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span> -</p> - -<p> -A Pavia nel 1084<a class="tag" id="tag682" href="#note682">[682]</a> comparve nella corte del vescovo, -alla presenza dei capitanei, dei valvassori e dei -cittadini maggiori e minori della città — presentia capitaneorum, -vavasorum et <i>civium majorum seu minorum -ipsius civitatis</i> — l'abate Veridiolo per querelarsi contro -l'abbadessa del Monastero di S. Maria Teodota; ed il -predetto popolo dei maggiori e minori cittadini — <i>predictus -popolus tam majorum quamque minorum</i> — stabilì -di prendere il monastero sotto la propria <i>defensio</i> — la -parola ed il significato corrispondono pienamente a -quelli dei diplomi regi ed imperiali — affinchè nessuno -osasse turbarlo e sempre rimanesse «<i>in ipsorum istorum -civium majorum seu minorum potestatis defensione</i>». -</p> - -<p> -Dato che il notaro Eurico dichiara di avere scritto -questo <i>decretum</i> per invito dei <i>capitanei</i> dei <i>valvassori</i> -e dei <i>cives</i> — per ammonitionem istorum capitaneorum -et vavasorum et <i>civium</i> —: è chiaro che questi <i>cives</i> -costituiscono una classe sociale distinta ed inferiore — dal -momento che è ricordata per ultima — alle due -prime nell'ordine politico: ma di autorità tale da aver -diritto di cooperare con esse in affari di primaria importanza. -Che anzi, dal documento appare in modo non -dubbio che a prendere l'iniziativa furono proprio e soltanto -i <i>cives</i>. -</p> - -<p> -Nel documento — e l'osservazione vale anche per i -documenti ricordati più avanti — <i>civitas</i> indica sempre -il complesso delle abitazioni chiuse entro le mura: il -monastero di S. Pietro, per es., è detto «extra murum -predictae civitatis»; e un altro documento dello stesso -anno e dello stesso luogo<a class="tag" id="tag683" href="#note683">[683]</a> specifica che un tal Uberto, -ottimo milite, è <i>civis Papiae urbis</i>. Il significato di <i>urbs</i> -non ha bisogno di spiegazioni; così come è sintomatico -che il poeta bergamasco Mosè del Brolo, fiorito nella -prima metà del secolo decimosecondo<a class="tag" id="tag684" href="#note684">[684]</a>, chiami cives -<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span> -solo coloro che abitano entro le mura e urbana negotia -tutti gli affari d'importanza<a class="tag" id="tag685" href="#note685">[685]</a>. -</p> - -<p> -Nè si può passar sotto silenzio — pur tralasciando -tutti gli altri documenti in cui si ricordano cives — l'esempio, -che ha con quello pavese bei punti di contatto, -fornito dalla «Relatio de innovatione ecclesie sancti Geminiani» -scritta probabilmente verso la fine del 1106<a class="tag" id="tag686" href="#note686">[686]</a>. -</p> - -<p> -La vecchia chiesa di S. Geminiano di Modena minacciando -rovina, l'<i>ordo clericorum</i> e l'<i>universus eiusdem -ecclesiae populus</i> cominciano a discutere sui provvedimenti -da prendersi. -</p> - -<p> -Finalmente in tempo di sede vacante, cioè probabilmente -dopo la morte del vescovo Benedetto nel 1099, -per consiglio concorde così del clero, come dei cittadini -e degli arcipreti di tutte le pievi rurali e dei militi della -chiesa stessa — <i>unito consilio</i> non modo <i>clericorum</i>... -sed et <i>civium</i> universarumque <i>plebium prelatorum</i> seu -<i>etiam eiusdem ecclesie militum</i> — si decide la costruzione -di una nuova chiesa. -</p> - -<p> -Nel 1099 <i>mutinenses cives et omnis populus</i> danno -principio alla nuova fabbrica. Nel 1106, sotto il vescovado -di Dodone, la fabbrica del nuovo tempio è giunta -a tal punto che vi si può trasportare il corpo di S. Geminiano. -</p> - -<p> -Fissata la traslazione per il primo giorno di maggio -se ne dà avviso non solo a tutta la diocesi ed alle -«comprovintiales civitates» ma anche alle «adiacentes». -Si raduna quindi in Modena un «maximum episcoporum -<i>concilium</i>, clericorum, abbatum et monacorum, fitque -<i>congregatio militum</i>, fit et <i>conventus populorum</i> utrisque -sexus» come a memoria d'uomo non si era visto -<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span> -mai. Vi accorre anche «cum suo exercitu» la contessa -Matilde. -</p> - -<p> -Avvenuta la traslazione nasce una disputa abbastanza -vivace fra i vescovi ed i <i>cives</i> perchè i <i>presules</i> -desiderano revelare le reliquie del santo ed i <i>cives autem -et omnis populus</i> ci si oppongono recisamente. Si -ricorre alla contessa Matilde la quale si toglie d'imbarazzo -consigliando di attendere la prossima venuta di -Pasquale II; e giunto il papa nell'ottobre, per suo consiglio -si procede all'apertura del tumulo dopo aver deputato -alla custodia del corpo di S. Geminiano <i>sex viros -de ordine militum et bis senos de civibus</i> obbligatisi prima -con giuramento a custodirlo e salvarlo da ogni pericolo -di violazione. -</p> - -<p> -La città, dal punto di vista ecclesiastico, resulta dell'<i>ordo -clericorum</i> e dell'<i>universus eiusdem ecclesiae populuis</i> -e cioè degli ecclesiastici e dei laici viventi entro i -suoi confini: ma di questi ultimi alla deliberazione effettiva -con cui si decide la ricostruzione della chiesa, -insieme con gli arcipreti del contado ed i vassalli del -vescovado partecipano solo i <i>cives</i>; soltanto i <i>cives</i> hanno -diritto di opporsi al parere dei prelati riguardo alle reliquie -e solo i <i>cives</i> hanno l'onore di vegliarle e possono -pretendere ed ottenere di essere in numero doppio -di quello dei militi onde pareggiare col numero lo squilibrio -della diversità di armamento e esser posti in pari -grado con loro. -</p> - -<p> -Eppure alla ricostruzione della chiesa non sono soltanto -i <i>cives</i>, ma anche tutto il <i>populus</i> che partecipa e -concorre. -</p> - -<p> -<i>Populus</i> indica tutti i parrocchiani di una pieve, urbana -o rustica che sia, maschi e femmine indistintamente — populi -utriusque sexus — ma fra questi — nel -primo caso, che è quello ora in esame — si distingue -una classe speciale, la quale ha facoltà così energicamente -assodate che anche nella decisione di affari di -apparenza e di veste esterna prevalentemente religiosa — di -<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span> -sostanza non si può dire per l'intimo legame che -univa la cattedrale alla città — non solo supera, ma -esclude addirittura l'intervento di quegli altri che pure -fanno parte integrante dell'identica ed unica istituzione, -che li accomuna egualmente alla stessa chiesa, allo stesso -fonte battesimale, allo stesso culto. -</p> - -<p> -<i>Cives</i> sono i soli <i>urbani</i>: i suburbani costituiscono il -rimanente del <i>populus</i>. -</p> - -<p> -E della distinzione, della separazione anzi, fra gli -uni e gli altri si ha anche la riprova. -</p> - -<p> -I consoli di Bergamo, avendo deciso nel 1171<a class="tag" id="tag687" href="#note687">[687]</a> di -erigere in borgo franco il castello di Romano nuovo, -stabilirono che i burgensi dovessero fare «ostem, vardam, -et laborem et tractum» secondo i loro precetti, -pagare i dazî e le imposte solo quando li avrebbe pagati -la città e godere di una libertà pari a quella di uno -dei borghi di Bergamo: «ad modum burgi debent stare -et esse et <i>ita debent esse liberi ut unus ex burgis civitatis -Bergomi</i>». -</p> - -<p> -Questi borghi sono quelli attaccati alle mura cittadine — i -consoli, dice il documento, devono comandare -a quelli di Romano nuovo <i>sicuti hominibus suburbiorum -suorum</i> —; e il documento, accennando esplicitamente -alla libertà dei borghi sorti presso le porte della città, -fa risaltare in modo evidente che la città doveva godere -una libertà diversa e, per conseguenza, maggiore: il limite -fra i due regimi giuridici non poteva esser segnato -che dalle mura. -</p> - -<p> -Non si avverte, se non m'inganno, soluzione di continuità -fra il più antico materiale epigrafico e quest'ultimo -documento. -</p> - -<p> -La conversione dei Langobardi al cattolicismo, favorita -dalla condiscendente negligenza dei sacerdoti ariani, -riconosciuta perfino da papa Gregorio I, fu rapida e -<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span> -grande: Autari — tanta era già la frequenza dei battesimi — proibì -che i neonati fossero battezzati e a pochi -decenni dall'invasione il cattolicismo penetra anche nella -corte regia, con effetti deleterî per la costituzione langobarda. -Il culto, come abbiamo veduto, legava con vincoli -fortissimi gli adepti e li strappava allo Stato: chi, -convertito, entrava nella comunità cristiana, entrava a -viver la vita non soltanto religiosa, ma la vita civile, -che si assommava in gran parte in quella religiosa, del -popolo vinto e con l'entrarci dell'elemento germanico -vincitore ne alzava il livello sociale; e con moto irresistibile -spianava la via all'equiparazione nel campo del -diritto pubblico. La decima che il nuovo convertito si -obbligava con giuramento a pagare per sè e per i suoi -successori, era per lui un obbligo volontario liberamente -contratto: ma per quelli che venivano dopo di lui e che -si trovavano obbligati per virtù del patto da lui giurato -e da essi inconsapevolmente accettato con l'involontario -ricevimento del battesimo nei primi anni della loro puerizia, -assumeva l'aspetto di una vera e propria imposta -facilitata nel pagamento, piuttosto che confermata nel -diritto e apriva pian piano l'adito alla partecipazione di -tutti i cittadini, di qualunque origine e di ogni nazionalità, -agli oneri che gravavano sulla città: oneri, che -avevano al momento della conquista un carattere in -completa opposizione con la natura dei Langobardi e -che dai Langobardi, nei primi tempi, certamente non furono -sopportati, mentre poco tempo dopo si vedono gli -habitatores tutti di varie città obbligati indistintamente -a tali prestazioni ed oneri: difesa, costruzione e riparazione -delle mura etc. etc. ripartite secondo il vecchio -sistema romano e con una cooperazione dello Stato inconcepibile -nella organizzazione germanica: segno innegabile -di un predominio di concetti e sistemi proprî dei -vinti e dai vincitori accolti e condivisi. Ed in tutti i rami -della vita civile l'elemento romano assorbiva dentro di -sè, trasformandolo ed infondendogli la propria civiltà e -le proprie consuetudini, l'elemento germanico. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span> -</p> - -<p> -Artefice e fucina di questa trasformazione fu la città. -</p> - -<p> -La città non perdette mai la sua preminenza sul territorio -rurale. La sua importanza economica attraeva -irresistibilmente i Langobardi sia che ancora conservassero -la <i>sors</i> guadagnata con la vittoria, sia, ed ancor più, -se l'avevano perduta e la sua importanza strategica aumentava -rapidamente il livello sociale dei suoi abitanti, -richiedendone la cooperazione nella difesa e nella guardia -delle mura a cui l'esercito vero e proprio, mai molto -numeroso ed in progressiva diminuzione per l'uso di -combattere a cavallo, era del tutto insufficiente. -</p> - -<p> -Rotari stesso parla della sculca come di un servizio -che di poco differisce dal servizio militare vero e proprio<a class="tag" id="tag688" href="#note688">[688]</a>. -E questa sculca, che i documenti chiamano, e -giustamente, col suo bel nome romano di excubiae<a class="tag" id="tag689" href="#note689">[689]</a>; -comprende ed indica quei varî servizi di riparazione e -di guardia e di difesa delle mura che gli urbani continuavano -a sostenere dal tempo romano e che ora, condivisi -anche dai vincitori, vanno perdendo il carattere -umiliante che loro era stato inflitto dai Goti. E così gli -urbani, riacquistato il diritto alle armi, assurgono ad un -grado elevato nella considerazione sociale e politica e -formano anch'essi un esercito: l'esercito degli abitanti -della città, dei cittadini — <i>exercitum senensium civitatis</i>, -dice un documento del 730<a class="tag" id="tag690" href="#note690">[690]</a> — distinto dall'esercito -formato da quegli altri che abitano nel territorio giurisdizionalmente -soggetto alla città. -</p> - -<p> -Ma non manca, però, una vigorosa azione germanica -la quale con forza ed indirizzo prevalentemente negativo -in parte non piccola distrusse, in parte erose ed in -parte trasformò la costituzione della città, per modo che -quella che ne resultò se fu meno lontana dall'antico -<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span> -municipio romano che dal rude <i>gau</i> barbarico, ebbe natura, -funzioni, caratteri ed elementi tutti suoi proprî. -</p> - -<p> -Nella costituzione langobarda anche quando, conquistata -l'Italia, il potere regio, sotto l'esempio e l'azione -del diritto romano e della Chiesa, si fu affermato vigorosamente -sui gruppi famigliari e gentilizi ed ebbe sostituito -pene pubbliche ed irrogate d'autorità pubblica alle -vetuste pene private, permane e si conserva il criterio barbarico -per il quale la convivenza sociale piuttosto che dall'azione -regolatrice di un potere centrale, è assicurata -dalla pace intervenuta fra i gruppi parentali, in seguito -alla coesione spontanea a scopo di difesa e di conquista -da cui ebbe origine lo Stato; e per il quale la violazione -del diritto è considerata reato nei rispetti della -collettività in quanto, riaccendendo uno stato di guerra -e di inimicizia fra i nuclei che la compongono, perturba -questa pace. -</p> - -<p> -Sulla considerazione degli elementi intrinseci del reato -(che si fa strada a stento e scarsamente, appena per qualcuno -dei più generali, quale l'elemento subiettivo ed -individuale) continua a prevalere la considerazione degli -elementi oggettivi ed esterni: il danno alla pace pubblica -ed il danno alla parte lesa. E così, mentre dalle composizioni -private stabilite per convenzione volontaria delle -parti nasce il guidrigildo, commisurato sullo stato e la -qualità della persona e completato dal minuto formalismo -delle disposizioni penali; così entro la protezione -generale che si stende su tutto e su tutti si disegna -un'altra protezione particolare che il re, per mezzo del -suo <i>banno</i>, concede in modo e misura variabili a persone -ed a luoghi, proporzionandola, nel primo caso, alla -loro condizione, nel secondo alla loro importanza. La -prima è il <i>mundio</i>; la seconda è la <i>pace</i>. -</p> - -<p> -Questa <i>pace</i> è tutta germanica. -</p> - -<p> -Quando l'Impero romano raggiunse il massimo splendore, -una pace immensa e maestosa ne illuminava l'estesissimo -territorio dove il diritto e la giustizia dominavano -sovrani, di contro alle tenebrose regioni barbariche, -<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span> -turbate di discordie e di stragi nelle perenni guerre -interne. E sorse un vero e proprio culto per questa <i>immensa -romanae pacis majestas</i><a class="tag" id="tag691" href="#note691">[691]</a> che formò dal secondo -secolo dopo Cristo in poi, il substrato di tutti i pensieri -politici nell'orbe romano<a class="tag" id="tag692" href="#note692">[692]</a> e che culminava nel concetto -di cittadinanza, per la quale il <i>civis romanus,</i> soggetto -delle più ampie ed elevate facoltà giuridiche, emergeva -su tutto e su tutti nel vasto dominio soggetto a -Roma e retto dal suo diritto. -</p> - -<p> -Invece la <i>pace</i> di cui il re langobardo protegge la -città è l'esponente della mancanza di unità di criterî -giuridici e di impotenza di applicazione dei medesimi, -per la quale il diritto, non applicato ovunque con gli -stessi criterî e con lo stesso vigore, forma quà e là entro -i confini dello Stato delle oasi privilegiate. Fra queste tiene -il primo posto la città. La città, che era stata anche al -tempo romano l'unica circoscrizione conosciuta, apparve -sino dai primordi della conquista come l'unica base del -governo locale. E poichè così per le contingenze della -difesa presente come per le tradizioni e le consuetudini -dell'antico tempo<a class="tag" id="tag693" href="#note693">[693]</a>, si chiudeva nelle mura, si sviluppò -un diritto di cittadinanza ristretto al solo centro murato -e le cui facoltà, riservate esclusivamente a coloro che -vivevano entro le mura, non si irradiarono al di là del -suburbio ed ogni città fu centro e termine di una cittadinanza -ed in ognuna <i>civis</i> fu solo l'<i>urbanus</i>. -</p> - -<p> -E siccome lo Stato barbarico era incapace di coordinare -le varie energie locali in modo da fonderle in un -unico e saldo organismo, come aveva fatto lo Stato romano; -questo ristretto sistema di cittadinanza si affermò -con continuo e crescente vigore nella costituzione politica -e vi rappresentò e costituì una vera e propria classe -sociale suscettibile anche di gradazioni interne, distinta -<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span> -da tutte le altre, di fronte alle quali, anzi, conquistò -una posizione di indiscussa egemonia. -</p> - -<p> -A Bergamo i <i>cives</i>, l'abbiamo veduto or ora, son -chiamati a decidere delle questioni più gravi insieme -con i <i>nobiles</i> ed i <i>sapientes</i>; a Modena, a Milano, a Pavia -nel secolo decimoprimo, distinti in <i>majores</i> e <i>minores</i>, -contemperano l'azione dei <i>capitanei</i> e dei <i>valvassori</i> -e il movimento toccò in breve il suo culmine, chè -con i Comuni il <i>diritto</i>, che si può chiamare <i>urbano</i>, e -che anticamente era stato il primo e meno elevato gradino -del diritto di cittadinanza, fu fine e termine a sè -stesso e il paese resultò formato di tante ed autonome -città senz'altro vincolo comune e reciproco che le ideologiche -costruzioni della monarchia e dell'Impero. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-10">§ 10.</h3> <p>— L'organizzazione degli antichi municipî riposava -sulle curie e sui magistrati e queste e quelli, insieme -con le corporazioni che costituivano come le membra -della città, pensavano al disbrigo degli affari. Ma -dai primi del secolo quinto, sotto la pressione irresistibile -delle necessità di difendersi contro le invasioni da -ogni parte irruenti, fu chiamata a vigilare e a combattere -anche la plebe urbana ed in correspettivo, le furon -riconosciute delle speciali facoltà nei rispetti della cosa -pubblica le quali si aggiunsero, integrandole, a quelle -degli organi già esistenti, in proporzione del contributo -portato dai nuovi venuti; e fecero sì che per i provvedimenti -di maggiore importanza fu necessario il <i>communi -consensu</i> di tutti i cittadini<a class="tag" id="tag694" href="#note694">[694]</a>. -</p> -</div> - -<p> -Per manifestare questo comune consenso che richiedeva -una generale riunione, fu scelto il luogo nel -quale era già antica consuetudine che tutti indistintamente -si riunissero accomunati dalla fede e cioè sul sagrato -della Chiesa, alla quale lo Stato affidava, per non -<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span> -dire addirittura abbandonava, una parte sempre più ampia -dei suoi impegni e dei suoi doveri. -</p> - -<p> -E così la Chiesa, oltre ai veri e proprî compiti che -disimpegnava già prima come religione ufficiale dello -Stato, coprì con la sua protezione questa nuova e speciale -assemblea che aveva per carattere distintivo una -funzione suppletiva ed integratrice dell'amministrazione -normale della città. -</p> - -<p> -Con i Goti questa funzione suppletiva si accentuò -in proporzione della decadenza sempre maggiore delle -curie e delle corporazioni ed in correlazione del formarsi -di un unico e forzato <i>collegium</i> che comprendeva -tutta la città. E di più avendo essi riserbato soltanto a -sè stessi l'uso delle armi e l'esenzione dalle imposte ed -avendo incamerati nel Fisco regio i beni pubblici delle -città, sanzionarono di diritto e di fatto agli italiani una -condizione di inferiorità civile e ridussero le loro facoltà -su tali beni a semplici diritti di uso. -</p> - -<p> -I Langobardi spazzaron via con gli ultimi avanzi -delle curie e delle corporazioni quanto ancora rimaneva -dell'antico organismo burocratico romano-bizantino; ma -non ebbero ragione di impedire la riunione degli indigeni -dinanzi alla Chiesa, sia perchè esternamente e superficialmente -si presentava di natura religiosa, sia perchè -funzionava molto bene come mezzo di pubblicità -e di estorsione di imposte; ed in nessun modo poi, allo -stato in cui l'avevano ridotta i Goti, dava ombra od -ostacolava la dispotica volontà dell'ufficiale pubblico -preposto alla città. -</p> - -<p> -Rotari, inspirandosi al cap. 58 dell'Editto di Teodorico, -accenna al <i>conventus ante ecclesiam</i> come al luogo -dove si poteva far bandire dal precone il rinvenimento -di un animale smarrito e di cui si fosse ignorato il proprietario<a class="tag" id="tag695" href="#note695">[695]</a>; -quasi come un semplice mezzo di pubblicità, -così come al tempo goto, durante il quale non fu -<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span> -infrequente il caso che anche le leggi, incise in tavole -di marmo, fossero murate negli atrî delle chiese. Ma, -quantunque Rotari, sia stato ariano intransigente, nazionalista -convinto e per conseguenza ostile all'elemento -indigeno ed alla parte romanizzante del suo popolo e -abbia inteso a raccogliere in iscritto le antiche consuetudini -e le vecchie leggi dei suoi per conservar loro -quel predominio assoluto, che era andato rapidamente -diminuendo; pur dalla stessa sua legge appaiono dei -sintomi che accennano ad un notevole aumento di importanza -del convegno che ogni giorno festivo si raccoglieva -sul sagrato della pieve. -</p> - -<p> -Egli distingue nettamente le riunioni illecite sia dei -rustici — rusticanorum seditiones, concilios<a class="tag" id="tag696" href="#note696">[696]</a> — che dei -cittadini — zavas et adunaciones... per singulas civitates<a class="tag" id="tag697" href="#note697">[697]</a> — dalle -altre; e queste, in conseguenza e conformità -dell'antico sistema germanico per il quale non -si concepisce un'assemblea senza carattere politico giudiziario, -appaiono investite di uno spiccato carattere -legale. Tutte le riunioni e le adunanze contemplate e -consentite dall'Editto, invero, sono protette con la pena -gravissima di 900 solidi — «si quis (stabilisce infatti il -cap. 8) in consilio vel quodlibet conventu scandalum -commiserit noningentos solidos sit culpabiles regi» —. Ora -dal momento che il cap. 343 parla di un <i>conventus</i> -ed il cap. 8 protegge con tale pena tutti i <i>conventus</i> indistintamente — <i>quodlibet -conventu</i> — e dall'Editto non -è sanzionata alcuna eccezione a tale proposito, si deve -ammettere che anche il <i>conventus ante ecclesiam</i> sia -stato protetto dalla stessa pena. Ed allora, essendo certo -che la gravità della pena non può essere stata causata -dalla vicinanza del <i>conventus</i> ad un luogo sacro, perchè -lo stesso Rotari limita a 40 solidi la pena di chi commette -uno scandalo in chiesa<a class="tag" id="tag698" href="#note698">[698]</a>; il fatto che Rotari abbia -<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span> -tutelato il <i>conventus ante ecclesiam</i> con la pena di -900 solidi, che è la pena massima che protegge la funzione -politico-giudiziaria, anche se non si vuol giungere -alla conseguenza che egli l'abbia considerato come un -vero e proprio organo di essa, è, però, un indizio sicuro -che al suo tempo l'assemblea davanti alla chiesa, nella -quale il precone esercitava normalmente e giuridicamente -le sue abituali funzioni, e che, per certi riguardi, -era equiparata all'azione dello stesso giudice, era qualche -cosa di diverso dalle umili e mal sopportate riunioni -dei fedeli in cui — nei primi anni dell'invasione — si -trattavano affari e cose esclusivamente religiose. -</p> - -<p> -Venuti come nemici e stabilitisi come conquistatori, -i Langobardi continuarono a reggersi con i sistemi originarî -escludendone completamente i vinti e intesero di -conservarsi un assoluto e completo predominio. Gli effetti -furono precisamente opposti. Ciò fece sì che quando -gli Italiani, riavutisi un po', cominciarono a rialzarsi, -ogni loro spinta verso l'alto fu un colpo di piccone -alla costituzione di quelli. -</p> - -<p> -E il fulcro e l'organo primo di questo movimento -fu appunto l'assemblea cittadina la quale era una forma -semplice quant'altra mai di amministrazione e si attagliava -perfettamente alle consuetudini germaniche alle -quali si avvicinava in modo singolare per quanto concerneva -i beni pubblici comuni, rispetto ai quali gli urbani -avevano un diritto paragonabile, almeno nella manifestazione -esterna, a quello di cui nell'organizzazione -germanica godono i commarcani sui beni comuni della -marca. Ed offriva un ottimo punto di riunione agli elementi -germanici che la religione cattolica, la civiltà romana, -la costituzione cittadina ed il variare delle condizioni -economiche e speciali strappavano alle schiere -dei Langobardi. -</p> - -<p> -Dalla venuta dei Langobardi quest'assemblea perde -il carattere di organo suppletivo e diviene l'organo esclusivo -dell'amministrazione interna degli urbani e inizia -un'evoluzione per la quale dal momento in cui, -<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span> -sotto il duca o il gastaldo, le sono permesse solo ristrettissime -facoltà, attraverso ad un progressivo incremento, -sboccia nell'assemblea generale che elegge i consoli -e origina e forma il Comune. -</p> - -<p> -Rotari, sia pure involontariamente, riconosce alla -riunione dinanzi alla chiesa un certo valore anche perchè -equipara il bando fatto in essa dal precone alla -denunzia fatta al giudice ed ancor più fortemente accentua -la consistenza del gruppo vicinale — dal quale -non eran certo esclusi gli indigeni — nel cap. 176 dove -dichiara che per l'espulsione del lebbroso è indifferente -che la constatazione della malattia sia fatta dal giudice -o dal popolo — judici vel populo certa rei veritas —<a class="tag" id="tag699" href="#note699">[699]</a>. -</p> - -<p> -Lotario dopo aver stabilito che i documenti dovessero -essere redatti da veridici ed onesti notai alla presenza -del conte, dei vicarî o degli scabini, volle che -quando questo non era possibile, come, per esempio, -per i testamenti, la carta fosse mostrata o agli ufficiali -pubblici o nel convegno davanti alla chiesa — statim -charta ostendatur vel ante comitem judices vel vicarios, -<i>aut in plebe</i>, ut verax agnoscatur esse<a class="tag" id="tag700" href="#note700">[700]</a>. -</p> - -<p> -Nei capitolari langobardici dell'803<a class="tag" id="tag701" href="#note701">[701]</a>, prendendo alla -lettera un antico concetto della romanità decadente, è -detto che certi soprusi «<i>ipsa plebs</i> non patiatur» e fu consuetudine -che le ordinanze che imponevano l'eribanno -dovessero esser lette <i>coram populo</i>. -</p> - -<p> -E la riunione consueta del popolo era davanti alla -pieve. -</p> - -<p> -Più importante di tutti, poi, a lumeggiare l'entità e -la consistenza di questa riunione è ciò che si sa di Piacenza. -</p> - -<p> -Pipino nel suo Capitolare del 790 circa si esprime -testualmente così: «Non est nostra voluntas ut homines -<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span> -<i>Placentini per eorum praeceptum</i> de curte palatii illos -aldiones <i>recipiant</i><a class="tag" id="tag702" href="#note702">[702]</a>. -</p> - -<p> -Il diploma parla in modo non dubbio di un <i>praeceptum</i> -fatto dai Piacentini. Quest'atto, dunque, non era -dovuto nè al rappresentante dell'autorità pubblica nella -città, nè al vescovo; tanto nell'uno che nell'altro caso -si sarebbe usata una formula diversa. Si sa quanto scrupolosa -esattezza sia stata usata dai notai e non è credibile -che mentre si hanno tante disposizioni che concernono -i conti e gli altri ufficiali pubblici ed i vescovi -e gli altri ecclesiastici, proprio in questo documento -che ha tutto il carattere di una legge, si fosse arrivati -ad un'aberrazione simile. -</p> - -<p> -Non era il conte, non era il vescovo che aveva formato -il <i>praeceptum</i>: era la <i>civitas placentina</i>: quella -civitas che si distingueva egualmente dallo Stato e dalla -Chiesa e che aveva anche il suo notaro — <i>exceptor civitatis -placentinae</i> — distinto dal notaro del re e dal -notaro della Chiesa; e che si radunava a discutere e a -risolvere, con un'energia giuridica che in qualche caso -giungeva fino a tentare di sovrapporsi a quella regia, -le questioni che più la interessavano. Infatti essi in questo -caso non trattano dei beni comuni, ma esercitano -la loro azione anche in altri campi e di grande rilievo. -E da troppo poco tempo era cessata la dominazione -langobarda perchè si possa pensare che tale sviluppo -si sia avuto solo nei pochi anni del regno franco, il -quale, è noto ma è bene ricordarlo, non ha portato -troppe innovazioni in Italia, nè — mai — senza il consenso -dei Langobardi. -</p> - -<p> -E ben a ragione Pipino parla di <i>praeceptum</i>, adoperando -il termine che è usato per indicare l'espressione -giuridica della volontà delle persone pubbliche in atti -di grande importanza. -</p> - -<p> -Questo <i>praeceptum</i> in sostanza è una vera e propria -<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span> -concessione di cittadinanza con la quale i piacentini accolgono -fra loro — recipiunt — gli aldî regi e illumina -internamente quella consistenza del gruppo dei <i>cives</i>, -che i documenti fin qui riportati lumeggiano esclusivamente -nei rapporti con l'esterno. -</p> - -<p> -Esso dimostra, infatti, che per essere ammessi a farne -parte non bastava un'accettazione tacita, ma occorreva -una dichiarazione solenne la quale era fatta da tutti i -<i>cives</i> e soltanto da loro e solennemente era consacrata -in scritto e comprova così l'importanza del gruppo -stesso. -</p> - -<p> -E quel che avveniva a Piacenza si può con grande -verosimiglianza ritenere che sia avvenuto da per tutto. -A Rieti, a Verona, a Cremona ed in altre città i documenti -esaminati nelle pagine precedenti provano tutti -concordi e sicuri l'esistenza del gruppo ben determinato -dei <i>cives</i>, degli <i>urbani</i>, i quali costituiscono una vera e -propria <i>universitas</i> giuridicamente riconosciuta, così nei -rispetti delle persone come del territorio ed alla quale -inoltre sono perfino riconosciute in modo preciso delle -terre e dei beni pertinenti con rapporti varî di diritto: -una <i>universitas</i> che può stare legalmente in giudizio -presentandosi collettivamente o facendosi rappresentare, -in quel modo che consentiva la rudimentale procedura -dei giudizî del tempo, da proprî e speciali delegati, i -quali erano riconosciuti come tali anche in controversie -nelle quali gli <i>urbani</i> stavano contro l'autorità pubblica -dello Stato e dei suoi rappresentanti e contro la Chiesa; -un'<i>universitas</i>, infine, che ha anche un proprio e speciale -e caratteristico notaio — l'<i>exceptor civitatis</i>. -</p> - -<p> -È all'<i>universitas</i> degli urbani che è dovuto il <i>praeceptum</i> -piacentino. -</p> - -<p> -E gli urbani si raccoglievano per discutere e per decidere -nella piazza davanti alla Chiesa. -</p> - -<p> -L'uso era così generale che qualche volta dava anche -il nome alla piazza stessa: a Milano il Foro pubblico -(che si trovava dinanzi alla Cattedrale) ne fu detto -<i>asamblatorium</i>. Ce lo fa sapere un bel documento del -<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span> -789<a class="tag" id="tag703" href="#note703">[703]</a> e di certo non è a credere che si cominciasse -proprio da quell'anno. -</p> - -<p> -Nè l'assemblee che in esso si raccoglievano avevano -soltanto o prevalentemente carattere religioso: la prova -offerta da quanto si è detto fin qui, è tale da render -superfluo la menzione della riunione nella quale, verso -la fine del secolo nono<a class="tag" id="tag704" href="#note704">[704]</a>, l'abbate Pietro del monastero -di Sant'Ambrogio, chiese ed ottenne dall'arcivescovo, -dal conte, dal clero e dal popolo, la concessione -di una strada — pro qua Petrus abbas a venerabile -antistite Anspertum seu comite Alberico seu cuncto -clero et populo devotissime petiit —. -</p> - -<p> -E l'ascensione degli urbani e della loro assemblea, -una volta sbocciata in pieno sole al tempo dei Franchi -così favorevoli alla Chiesa, progredisce sempre più rapida -con i re d'Italia e con gli Ottoni che dei vescovi -fanno il pernio principale del governo dello Stato e -quello esclusivo del governo della città. E l'assemblatorium -cambia ancora il suo nome per denotare il nuovo -e più ampio complesso di funzioni: diviene il consulatus -civium. «Actum in civitate Mediolani in consulatu civium -prope ecclesiam sancte Marie» dice un documento -del secolo decimoprimo<a class="tag" id="tag705" href="#note705">[705]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span> -</p> - -<p> -E questi <i>cives</i> sono proprio e soltanto gli urbani, i -quali si raccolgono nella gran piazza per discutere e -provvedere ai loro particolari bisogni — <i>consulere</i> — separatamente -dalle classi feudali dei capitanei e dei -valvassori e che si uniscono a questi solo per gli affari -di comune e principalissima importanza quale ad esempio -l'esenzione per sei giorni della <i>curtadia</i>, una speciale -tassa di mercato durante le feste dei SS. Gervasio e -Protasio e la tregua di sedici giorni per tutti coloro che -vi fossero accorsi, stabilite nel 1098 ed allora, tutti insieme, -formano il <i>communi consilio totius civitatis</i> presieduto -dall'arcivescovo<a class="tag" id="tag706" href="#note706">[706]</a>. -</p> - -<p> -Due anni dopo questa generale assemblea si trova -qualificata come <i>magistratum</i>: — Tunc ante Magistratum -praeterea sancimus ut etc.<a class="tag" id="tag707" href="#note707">[707]</a>. -</p> - -<p> -E l'uso ed il senso di tale parola non è nè eccezionale -nè isolato. Ecco la formula di un documento del -1056 rogato a Bologna con cui la contessa Willa vedova -del Duca e marchese Ugo di Toscana dona la libertà -alla sua serva Cleriza. «Abeatis vias apertas, dice ad -un certo punto l'atto, portas Paradisi, portas Civitatis, -portas Castellis, <i>in placitis et in conventis locis ambulare -<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span> -et stare</i> et Wadia pro te dare et omnes fines facere comodo -melius potueritis vel volueritis»<a class="tag" id="tag708" href="#note708">[708]</a>. -</p> - -<p> -L'espressione «ambulare et stare» messa fra la -menzione del placito e quella della wadia, ha un senso -tecnico giuridico corrispondente alla lettera al nostro -«andare e stare in giudizio»; e fra quei «conventis -locis», che non sono delle riunioni qualsiasi dal momento -che la formula li ricorda così esplicitamente, -tiene di certo il primo posto il <i>conventus ante ecclesiam</i>. -</p> - -<p> -Ancora un passo e la città incapace di <i>consulere</i> direttamente -da sè stessa in tutti i numerosi bisogni e -nell'impossibilità di assistere volta per volta i suoi delegati -e bisognosa di un organismo più consono al suo -progredito sviluppo ed ai suoi maggiori bisogni e all'aumento -della sua popolazione nominerà in <i>colloquio facto -sonantibus campanis</i><a class="tag" id="tag709" href="#note709">[709]</a> con mandato generico, in maniera -stabile e a tempo determinato, varie persone, incaricate -di <i>consulere</i> abitualmente al disbrigo normale -delle evenienze le quali verranno così ad averne l'antico -e fatidico nome di <i>consules</i> richiamantesi alla più -pura romanità: e sarà sorto il Comune. -</p> - -<p> -Così, spinti dalla necessità di seguire la corrente dalle -origini fino al momento in cui fluisce luminosa in ampia -e meno sconosciuta pianura, siamo giunti fino al -termine dell'epoca storica di cui in questo volume si -intende solo studiare gli inizi. -</p> - -<p> -Rifacciamoci dunque indietro. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-11">§ 11.</h3> <p>— Il <i>consilium civitatis</i> è un vero e proprio elemento -dinamico di primissimo ordine nella costituzione -della città. Ma non è il solo. -</p> -</div> - -<p> -C'è un altro e non meno importante fattore di norme -<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span> -giuridiche, il quale fu importato dai Langobardi e che -richiede ora la nostra attenzione. -</p> - -<p> -L'<i>assemblatorium</i> milanese non ebbe di certo nulla -a che fare con la maggiore assemblea del regno langobardo. -Questa era composta dei primati o ottimati e di -tutto il felicissimo esercito e si radunava non già sulla -piazza della cattedrale; ma nell'antico anfiteatro romano -che si trovava presso, ma al di fuori delle mura di Milano — <i>in -circo apud Mediolanum</i>, — dice Paolo Diacono -narrando l'incoronazione di Adaloaldo, e queste parole -ci lasciano supporre che con ciò si seguisse una consuetudine -da gran tempo invalsa, quando speciali esigenze -specialmente militari, non la chiamavano altrove<a class="tag" id="tag710" href="#note710">[710]</a>. -</p> - -<p> -E fin qui nulla di strano: l'assemblea generale aveva -carattere straordinario, eleggeva il re, trattava gli affari -di generale importanza per tutto il regno, come la formazione -e la pubblicazione delle leggi, la dichiarazione -di guerra o la stipulazione di trattati etc. Dovunque si -fosse raccolta, si distingueva facilmente, per la costituzione -e per le funzioni d'indole generale, dalla ristretta -riunione dei componenti di un'unica pieve. -</p> - -<p> -Ma i Langobardi non si sono assisi soltanto a Milano -sulle ampie gradinate degli anfiteatri romani. -</p> - -<p> -A Lucca in un atto dell'808 l'antico anfiteatro è -detto <i>parlascium</i><a class="tag" id="tag711" href="#note711">[711]</a> ed il termine non è romano perchè -le fonti romane non lo hanno, ch'io sappia, mai usato -in questo senso e non è d'origine germanica<a class="tag" id="tag712" href="#note712">[712]</a> perchè, -anche senza contare che i documenti lucchesi medioevali -hanno un sapore di romanità piuttosto classica che -decadente<a class="tag" id="tag713" href="#note713">[713]</a>, a poca distanza da Lucca lo stesso termine -è stato dato ad un luogo dove non è mai esistito -<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span> -alcun anfiteatro<a class="tag" id="tag714" href="#note714">[714]</a>, ciò che prova che il vocabolo non è -usato ad indicare i soli anfiteatri, ma anche altri luoghi, -i quali servissero a simile uso. L'ipotesi più plausibile -è che il nome sia derivato dalla funzione a cui il luogo -era adibito; e quale fosse questa funzione è facile congetturare -dalla relazione intima ed appariscente ed in -perfetta armonia con la condizione del linguaggio di -quel tempo a Lucca (dove appaiono prestissimo notevoli -e numerosi segni del nuovo volgare italico) della parola -<i>parlascium</i> col verbo <i>parlare</i>, di cui è evidente filiazione: -era il luogo dove si parlava, dove si discuteva per eccellenza. -E queste discussioni, se dettero all'edificio un -nuovo nome, dovettero essere frequenti, numerose ed -importanti. -</p> - -<p> -Non è soltanto a Lucca che questo avviene: ad Arezzo<a class="tag" id="tag715" href="#note715">[715]</a>, -a Pisa<a class="tag" id="tag716" href="#note716">[716]</a>, a Firenze<a class="tag" id="tag717" href="#note717">[717]</a>, in Toscana; a Cremona<a class="tag" id="tag718" href="#note718">[718]</a>, -a Bergamo<a class="tag" id="tag719" href="#note719">[719]</a>; in tutta Italia, insomma, gli -<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span> -antichi anfiteatri sono chiamati con voci che ripetono -l'origine dal verbo parlare, più o meno trasformati dal -vernacolo dei vari luoghi e dal trascorso dei secoli: <i>parlascium, -parlasium, perlasium, perilasium, perlassi</i>, etc. -</p> - -<p> -A Firenze, anzi, c'eran due <i>parlasci</i>: il <i>parlascium -majus</i> ed il <i>perilasio picculo</i>, del quale a noi oggi conservano -notizia solo documenti non anteriori al secolo -decimoprimo; ma la cui remota esistenza è ben provata -dalla qualifica di maggiore data al primo, offerta da documenti -molto più antichi e che non può esser nata che -dal bisogno di distinguerlo da un altro più piccolo e più -antico. -</p> - -<p> -Di anfiteatri romani a Firenze, come in ogni altro -luogo, ce n'era uno solo; ed ambedue i <i>parlasci</i> eran -fuori delle mura. Resta a vedere quale altro luogo ebbe -questo nome. Fuori delle mura, oltre l'anfiteatro, ci fu -fino alla metà del secolo decimo anche la cattedrale, -allora dedicata ad una santa siriaca ora quasi sconosciuta<a class="tag" id="tag720" href="#note720">[720]</a>. -Ed a chiunque sappia per quanti secoli si sono -conservati e qualche volta si conservano tutt'oggi, più -o meno deformati, antichi nomi germanici e perfino romani, -non parrà troppo strana l'ipotesi che questi documenti -conservino il ricordo di due antichissime riunioni -e ne mostrino anche la diversa considerazione in cui -erano tenute. -</p> - -<p> -La riunione davanti alla chiesa risale ai primi tempi -del cristianesimo e fu formata, com'è naturale, dai soli -fedeli. I Langobardi venuti in Italia cinque secoli e mezzo -dopo, ariani, nemici e vincitori, non si accostarono a -quest'umile assemblea dei vinti, da cui anche i Goti, -che pur ripetevano dall'Impero romano il titolo giuridico -della loro signoria, si erano tenuti lontani. -</p> - -<p> -Se si trova traccia di un'altra riunione — chè del -<i>conventus ante ecclesiam</i> parla l'Editto stesso — questa -non può essere stata composta che dei Langobardi, e -<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span> -poichè dell'esistenza di quest'ultima offrono indizi documenti -di regioni diverse, si ha ragione di ritenere che -sia la loro originaria assemblea regionale. -</p> - -<p> -Anche dopo venuti in Italia, i Langobardi continuarono -a reggersi secondo l'avita costituzione e tutti gli -ufficiali pubblici, a cominciare dal re, furono coadiuvati -dall'assemblea dei liberi atti alle armi che, a maggioranza -di consensi, deliberavano intorno a tutto ciò che -interessava la vita politica comune dello Stato e delle -varie regioni. -</p> - -<p> -Ma il rapido consolidamento dell'autorità regia, dopo -l'interregno, e l'aumento del suo potere, reso indispensabile -dalla necessità di dar compattezza ed unità allo -Stato, onde potesse resistere alle pericolose pressioni che -lo minacciavano ai confini e allo sgretolamento interno -in cui si sarebbero risoluti i ribelli antagonismi dei duchi, -affievolì l'originaria cooperazione dell'assemblea -nazionale fino a ridurla ad una forma di partecipazione, -non di rado quasi del tutto passiva, che serviva come -mezzo di pubblicazione a ciò che la <i>clementia</i> sovrana -aveva già decretato — <i>decrevit</i> — come dice Liutprando<a class="tag" id="tag721" href="#note721">[721]</a> -o che, come ancor più romanamente si esprime Astolfo<a class="tag" id="tag722" href="#note722">[722]</a>, -<i>principi placuit</i>. -</p> - -<p> -E con lo scadere della maggiore, furono sminuite anche -di più le minori assemblee regionali, alle quali, oltre -la trattazione degli affari regionali dello Stato, fu sottratta -anche la nomina dei gastaldi e dei duchi, la prima -riservata totalmente, l'altra in gran parte, al re. -</p> - -<p> -Così che la parte di gran lunga maggiore delle loro -attribuzioni si ridusse all'esercizio della funzione giudiziaria -che in tutti i regimi barbarici è un complemento -ed una prerogativa del potere militare. -</p> - -<p> -Il <i>thinx</i> ed il <i>gairethinx</i>, se pure originariamente ebbero -significazione diversa<a class="tag" id="tag723" href="#note723">[723]</a>, già al tempo dell'Editto indicano -<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span> -egualmente l'adunanza popolare e la ricordano a proposito -della conferma delle leggi, della donazione e della -manomissione. Ma ormai non si trattava più che di un -ricordo e di una tradizione, mantenuti quasi esclusivamente -in vita dal nome, perchè si giunge fino alla frase -<i>thingare absconse</i>, che è proprio antinomica col concetto -primitivo di <i>thinx</i>. -</p> - -<p> -Ciò era in diretta relazione ed in parte anche in conseguenza -del mutamento avvenuto nel sistema militare. -In esso il primo posto, che in origine era riservato alla -fanteria, fu preso ben presto dalla cavalleria mentre rimaneva -inalterato l'originario sistema per il quale milizia -e cittadinanza formavano un indissolubile binomio -che si assommava nell'<i>exercitalis</i> al quale soltanto spettavano -i pieni diritti civili e politici. E ciò accentuò maggiormente, -a beneficio di coloro che erano provvisti del -possesso fondiario (indispensabile al mantenimento dei -cavalli), le disuguaglianze fra i liberi che le nuove condizioni -economiche create dalla conquista avevan prodotto -in pochissimi anni. -</p> - -<p> -Già molto tempo prima di Liutprando, che ne parla -come di consuetudine generale e diffusa «consuitudo -enim est», con la parola <i>exercitalis</i> si designava una -classe composta di persone della più varia condizione -economica e giuridica, di cui alcune godevano di un guidrigildo -doppio di quello assegnato a coloro che stavano -all'ultimo gradino ed avevano a pena i titoli necessari -e sufficienti per meritare la qualifica di esercitale — <i>minima -persona, qui exercitalis homo esse invenitur</i> centum -quinquaginta solidos componatur et <i>qui primus est</i>, -trecentos solidos<a class="tag" id="tag724" href="#note724">[724]</a>. -</p> - -<p> -E questi ultimi, privi di case e di terre, — minimi -homines qui nec casas nec terras suas habent, — quando, -nei casi e nei limiti stabiliti dalla legge, erano dispensati -<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span> -dal servizio militare attivo, potevano essere obbligati -ad un determinato numero di opere per settimana -a vantaggio del giudice, dello sculdascio e, perfino, del -saltario. -</p> - -<p> -La trasformazione diviene ancor più grave, come è -noto, ai tempi di Astolfo. -</p> - -<p> -Si era ben lontani dalla primitiva ed indomita fierezza -germanica per la quale l'intonsa capellatura, la -lancia e le armi erano ambite prerogative del libero, che -riconosceva piena autorità ai capi e si piegava ai loro -comandi solo in tempo di guerra. -</p> - -<p> -La trasformazione si ripercosse fortemente nell'ordinamento -politico. In questo, mentre le maggiori facoltà -erano ormai riservate al re con detrimento dell'assemblea -dei liberi, non più chiamati a dividere il potere con -i capi, si vennero formando nuove e differenti condizioni -di idoneità a base delle quali stava, oltre la libertà, che -prima era l'unico requisito, anche il possesso fondiario, -divenuto ora elemento indispensabile per l'esercizio completo -delle armi. -</p> - -<p> -Con questo mutamento, non mancando il popolo vinto -di terre, nè essendo stato ridotto in servitù, fu aperto -l'accesso all'esercito e all'assemblea anche agli indigeni, -ai quali non mancava neppure un certo titolo di carattere -militare, per il servizio di guardia, di restaurazione -e di difesa delle mura, che si assommava nella sculca, -e di cui già si è accennato. -</p> - -<p> -E tanto più facilmente avvenne l'accettazione dei -vinti in questa assemblea in quanto che col progredire -del movimento discendente spariva sempre più il lato -onorifico di tale facoltà, lasciando e facendo sentire le -conseguenze gravose dell'obbligo che esso imponeva. -</p> - -<p> -Non era soltanto un onore il rendere giustizia; era -anche un dovere e questo dovere già grave in sè stesso -era reso ancor più molesto dall'ingorda speculazione -degli ufficiali pubblici, i quali, con il pretesto di render -giustizia, convocavano con ininterrotta frequenza tali -assemblee onde ottenere i donativi che era antica consuetudine -<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span> -offrire a chi presiedeva il tribunale, o, più -spesso, per estorcere arbitrarie contribuzioni in cambio -dell'esonero dal presentarsi volta volta concesso. -</p> - -<p> -Le cose erano giunte a tal punto che una riforma -s'imponeva; ma essa non fu dovuta ai Langobardi; -nessuno dei loro re osò porre le mani sull'antichissima -istituzione quantunque ormai degenerata. Fu Carlo Magno -che introdusse una modificazione sostanziale, stabilendo -che non si potesse convocare tutti i liberi in -assemblea generale più di tre volte all'anno e che per -il soddisfacimento dei bisogni della giustizia quotidiana -volle istituito un corpo stabile e fisso di persone elette -in numero di sette per ogni pieve e chiamate <i>scabini</i><a class="tag" id="tag725" href="#note725">[725]</a>. -</p> - -<p> -A questo punto termina il primo periodo dell'antica -organizzazione germanica. Già mutata profondamente -nella costituzione interna; con i Franchi la vecchia assemblea -si scinde in due ed acquista funzioni determinate. -Così nasce, sorge il <i>placito</i>: placito annuale, generale, -l'uno, composto di tutti i liberi forniti di possesso -fondiario e con funzioni in prevalenza giudiziarie, ma di -grado più elevato ed alle quali ne vanno congiunte anche -altre, sebben limitate, politiche e sociali; placito quotidiano -l'altro, e ristretto al solo esercizio della giustizia -e composto di un numero preciso di individui, i quali -finiscono col formare una vera e propria classe distinta -nell'assetto sociale. -</p> - -<p> -Ambedue hanno un'unica origine nell'assemblea regionale -germanica, la quale già prima della trasformazione -di Carlo Magno senza perdere la sua intima natura, -subì modificazioni più o meno gravi a seconda -dell'azione più o meno energica, secondo i tempi ed i -luoghi, su di essa esercitata dall'elemento indigeno delle -varie regioni e dal suo diritto, cioè dal diritto italiano; -ma in ogni modo e sempre queste variazioni devono -essere considerate come contingenti, non mai come sostanziali. -<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span> -In alcune regioni si conserva inalterato il sistema -della partecipazione attiva di tutti i liberi al giudizio; -in altre tale facoltà è ristretta a quelli degli <i>astantes</i> -e dei <i>circumanentes</i> che sono giudici ed assessori; ed in -altre infine, romanamente, la sentenza è demandata al -solo giudice<a class="tag" id="tag726" href="#note726">[726]</a>. -</p> - -<p> -Ed anche alla riforma carolingia l'organizzazione -sociale e giudiziaria che si era venuta formando in Italia -oppose una resistenza che non deve esser passata sotto -silenzio, perchè prova l'intensità delle varie energie locali -e degli elementi indigeni italiani che le animavano. -</p> - -<p> -Non di rado nel giudizio presieduto dal conte, insieme -con gli scabini, si trovano e presenziano anche -altri ufficiali pubblici e qualche volta partecipa, e con -facoltà attive, anche un numeroso concorso pubblico; -presenza e partecipazione piuttosto in contrasto con le -disposizioni della legge, la quale non sempre viene applicata -anche riguardo al numero degli scabini che, almeno -nei documenti fin qui conosciuti, non si vedono -mai comparire in sette come essa dispone<a class="tag" id="tag727" href="#note727">[727]</a>. E pure -nella determinazione della competenza — specialmente -nei riguardi del placito inferiore del centenario — la -legge trova forti ostacoli: lo stesso capitolare italico di -Carlo Magno ha due disposizioni, il cap. 35 ed il cap. 93, -in aperto contrasto l'una con l'altra. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-12">§ 12.</h3> <p>— Ad ogni modo però, ed è ciò che a noi preme ora -accertare, nelle linee generali, la riforma fu attuata; e -da allora si delineano netti due sistemi di placiti: uno -generale in cui alle facoltà giudiziarie ne vanno congiunte -altre di natura più propriamente politica e di alta -amministrazione, ed uno quotidiano di competenza esclusivamente -giudiziaria. -</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span> -</p> - -<p> -E quest'ultimo, che a noi soltanto interessa, ebbe -nei riguardi della città un'azione di primaria importanza. -</p> - -<p> -Gli scabini erano eletti a consenso di popolo — totius -populi consensu — e la città col suo suburbio costituiva -un <i>populus</i>: il primo dei <i>populi</i>. -</p> - -<p> -Con la riforma di Carlo Magno essa ottenne che l'amministrazione -della giustizia fosse affidata a persone di -sua scelta e di sua fiducia. -</p> - -<p> -E così la città che, forte dell'unione col suburbio, -aveva una salda ed omogenea ossatura, era regolarmente -alimentata dal suo mercato settimanale ed aveva -già, oltre ad un proprio notaio, un organo, embrionale -quanto si vuole, ma esclusivamente suo, per provvedere -ai suoi speciali bisogni — il consiglio cittadino —: venne -ad avere un organo proprio anche per l'amministrazione -della giustizia. -</p> - -<p> -Fino ad ora la città aveva costituito un complesso -organismo di persone e di cose che si era mantenuto -distinto e in condizione eminente dal territorio rurale; -quando potè provvedere da sè stesso sia pure in parte, -ma in parte principale, ai bisogni della giustizia, senza -l'intervento continuo e la presenza dell'autorità dello -Stato, cominciò a staccarsene addirittura, poichè ormai -essa veniva a trovarsi congiunta al paese aperto circostante -soltanto con vincoli di diritto pubblico sempre -meno efficaci e meno sentiti, e questi, in meno di un -secolo, con le concessioni immunitarie ai vescovi, si -spezzano quasi del tutto. -</p> - -<p> -I capitolari carolingi stabiliscono, come si è detto, -che gli scabini debbano essere eletti dal conte e dal popolo -insieme, <i>totius populi consensu</i>; ma nemmeno per -questo lato ebbero in Italia applicazione completa nè -uniforme. -</p> - -<p> -In qualche luogo l'elezione avvenne in una maniera -tutta speciale. A Lucca, per esempio, si vedono comparire -normalmente accanto a persone qualificate col semplice -nome di <i>scabini</i>, altri individui detti <i>scabini -<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span> -ecclesiae</i><a class="tag" id="tag728" href="#note728">[728]</a> mentre altri documenti ci conservano il ricordo -di <i>scabini comitatus</i><a class="tag" id="tag729" href="#note729">[729]</a>. Queste tre specie di scabini — chè -la specifica qualifica delle ultime due classi non lascia -dubbio sulla loro sostanziale diversità — provano -l'intensità ed il vigore di preesistenti sistemi conservatisi -in onta alla nuova legislazione e si trovano in perfetta -corrispondenza con la triplice partizione della città — di -tradizione sicuramente non germanica — in <i>pars -pubblica</i>, <i>pars ecclesiae</i> e <i>cives</i><a class="tag" id="tag730" href="#note730">[730]</a> e sembrano indicare -che l'autorità pubblica, la Chiesa ed i cittadini abbiano -eletto ognuno un certo numero di scabini per conto -proprio. -</p> - -<p> -Comunque, pur ammettendo che questo sistema sia -esclusivo della città di Lucca, la quale presenta una costituzione -sensibilmente diversa da altre città tosco-lombarde -anche in certe linee fondamentali, non è meno -vero che allorquando il conte ed il popolo partecipavano -insieme e simultaneamente, a norma dei capitolari, -alla scelta degli stessi scabini, il consenso di quest'ultimo -fu manifestato secondo lo speciale sistema giuridico -che regolava la costituzione cittadina, in quanto -che la giurisdizione territoriale degli scabini si estese -sulla città e sul suburbio insieme; ma la loro nomina -fu demandata solo agli urbani. -</p> - -<p> -Non è a credere che in questo caso si dovesse fare -eccezione alla regola per cui eran riserbate ad essi le -maggiori facoltà, ed anche senza tener conto di alcuni -pochi documenti nei quali si parla di «scabini <i>urbis</i>»<a class="tag" id="tag731" href="#note731">[731]</a> -se ne può ricavar la prova dal modo con cui si faceva -l'elezione. Questa, richiedendo un generale consenso, -<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span> -aveva luogo nell'assemblea cittadina e quindi dal momento -che la partecipazione attiva alle deliberazioni di -questa era prerogativa degli urbani; era anch'essa, al -pari delle altre facoltà, sottratta ai suburbani. -</p> - -<p> -E lo stesso è a dirsi della competenza. -</p> - -<p> -Riservato al re il giudizio delle cause più gravi e dei -maggiori reati ed al conte i casi più rilevanti in cui si -trattasse della vita e della libertà di una persona e della -restituzione di immobili<a class="tag" id="tag732" href="#note732">[732]</a>, tutte le altre questioni divennero -competenza del centenario nel comitato e degli -scabini in città. -</p> - -<p> -La delimitazione non fu regolata con criterî troppo -precisi — lo nota anche l'<i>Expositio</i><a class="tag" id="tag733" href="#note733">[733]</a> — nè applicata -dovunque nello stesso modo — prova anche questa e -sensibile di resistenza di un organismo giuridico abituato -a funzionare indipendentemente e magari in opposizione -alla legge; ma cominciò allora a formarsi la -antitesi fra il <i>placitum</i> e il <i>bannum</i>, che si trova più -tardi consolidata in modo preciso<a class="tag" id="tag734" href="#note734">[734]</a>; per la quale le -maggiori facoltà giudiziarie sono comprese nel banno e -le minori nel placito e queste ultime, varie di numero -e di qualità da luogo a luogo, sono caratterizzate dalla -mancanza assoluta di ogni giurisdizione criminale. -</p> - -<p> -Il consolato del placito conservò, sotto il nome del -resto solo in parte nuovo, l'antica ed originaria natura -di tribunale popolare. È composto solo di cittadini ed -anche nell'epoca più tarda basta che uno solo sia giudice; -e questo compie, volta a volta, secondo le esigenze -della causa ed il proprio criterio, funzioni di arbitro -e di giudice; ma è completamente privo di ogni -giurisdizione criminale mentre il nucleo centrale della -sua competenza civile è costituito dagli atti dei minori -<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span> -e delle donne; competenza che si spiega solo dove e -quando ai minori e alle donne da norme di carattere -singolare è fatta una condizione giuridica tutta speciale: -e questa condizione speciale gli uni e le altre l'ebbero -solo nel diritto germanico<a class="tag" id="tag735" href="#note735">[735]</a> per il quale al re è affidata -la protezione dei più deboli e dei meno difesi: minori, -donne e forestieri. -</p> - -<p> -Questa protezione dal re affidata, con lo stabilirsi in -Italia, ai suoi rappresentanti locali, passò, con la riforma -carolingia, agli scabini, ai quali, per il modo con cui si -formò la costituzione cittadina, fu affidata anche un'altra — e -ben importante — incombenza: quella del riconoscimento -e dell'autenticazione degli atti notarili. -</p> - -<p> -Con i Langobardi, cessate del tutto le curie, l'<i>exceptor -civitatis</i>, che era il trascrittore degli atti municipali, perdette -il suo ufficio; ma soddisfacendo ad un bisogno -sicuramente sentito, quale quello di stendere memoria -di atti che se pure eran perfetti all'infuori e prima della -redazione in scritto, trovavano nello scritto una maggiore -quanto innegabile sicurezza, andò acquistando -sempre maggiore autorità; e questa autorità, rilevata -anche da Liutprando<a class="tag" id="tag736" href="#note736">[736]</a>, diviene con Rachi<a class="tag" id="tag737" href="#note737">[737]</a> quella di -<i>scrivane publico</i> per eccellenza onde già nel periodo -franco<a class="tag" id="tag738" href="#note738">[738]</a>, il notaio diventa <i>la persona privilegiata ad -negotia hominum publice et authentica conscribenda</i><a class="tag" id="tag739" href="#note739">[739]</a>, -caratteristica del territorio langobardo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span> -</p> - -<p> -Assurto alla dignità ed all'importanza di persona il -cui intervento è indispensabile per la validità della confezione -di un documento e divenuto uomo di fede pubblica, -esso non può essere più soltanto lo scrivano della -città e dei suoi abitanti — exceptor civitatis — ma deve -essere investito della sua autorità da chi della fede pubblica -è la personificazione per eccellenza e cioè dal re -e da quegli a cui egli abbia delegata tale facoltà (conti -palatini), ed allora esso esercita nella città la funzione -cui il re lo ha esplicitamente abilitato, onde diviene il -notaio del re nella città — <i>notarius regis</i> —. Ma per -l'opera tecnica di questo ufficiale, che doveva conseguire -la fiducia — e non sempre se la meritava — dei -cittadini, era naturale procedimento che, creato il corpo -degli scabini, a questi, eletti dalla fiducia dei cittadini -e scelti talvolta nella categoria dei notai, poichè tutti -al pari degli altri giudici, dovevano essere «legibus eruditi -et bonae opinionis»<a class="tag" id="tag740" href="#note740">[740]</a> fosse demandata la cognizione -di tale materia. -</p> - -<p> -Così in tratti generalissimi si son seguite le linee dello -sviluppo dell'assemblea cittadina e dell'assemblea germanica. -</p> - -<p> -L'una e l'altra hanno origine, natura, sviluppo ed -azione diversa. -</p> - -<p> -E questo costituisce una fondamentale differenza fra -la costituzione della nostra Italia tosco-lombarda e tutti -gli altri paesi. -</p> - -<p> -Nei territori germanici, il potere politico e giudiziario -si raccoglie in un'unica assemblea, che è naturalmente -l'assemblea barbarica per eccellenza; che si riunisce -intorno ai capi ed è da questi presieduta — <i>conventus</i>, -dice la legge alamannica, secundum antiquam -<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span> -consuetudinem fiat in omni centena coram comite aut -suo misso aut centenario — che costituisce il placito — ipsum -placitum fiat de sabbato in sabbatum aut quali -die comes aut centenarius voluerit — e nel quale si -discutono tutti gli affari di qualche rilievo della comunità<a class="tag" id="tag741" href="#note741">[741]</a>. -</p> - -<p> -Nella Gallia avviene un contemperamento ed una fusione -degli antichi istituti romani con le nuove istituzioni -germaniche, le quali finiscono con una vittoria -completa, sicchè l'assemblea dei liberi prende il primo -posto nell'organizzazione civile e giudiziaria, e scalza -con fortuna le basi delle vetuste magistrature romane<a class="tag" id="tag742" href="#note742">[742]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span> -</p> - -<p> -Non altrimenti in Spagna il <i>conventus publicus vicinorum</i>, -che la legge Visigotica menziona a proposito di -eredità, di fughe di servi, e di esecuzione di sentenze, -è il nocciolo del <i>concilium</i> che nei secoli successivi costituisce -l'assemblea giudiziaria degli uomini liberi presieduta -dal conte<a class="tag" id="tag743" href="#note743">[743]</a>, da cui origina più tardi il Comune. -</p> - -<p> -Nella nostra Italia, invece, per la speciale condizione -in cui era ridotto il paese quando lo conquistarono i -Langobardi e per il carattere ostile dei conquistatori, -vincitori e vinti ebbero, sul principio, costituzione separata -e diversa. -</p> - -<p> -Allora a fulcro dell'organizzazione barbarica fu l'assemblea -dei liberi, mentre germe della organizzazione -indigena fu la riunione davanti alla chiesa; e poichè -da prima lontane l'una dall'altra, in seguito si avvicinarono -e più tardi, pur senza toccarsi e confondersi, si -completarono a vicenda per sopperire ai bisogni della -società e per formare un unico e nuovo organismo politico -e giuridico, la costituzione italiana si presentò -come il resultato di questo doppio processo di formazione -storica. -</p> - -<p> -Ed invero, l'umile riunione davanti alla chiesa, già -elevatasi al tempo langobardo e sviluppatasi ancor più -in seguito, produce l'assemblea generale, che origina il -Comune: l'assemblea germanica, strumento principale -di governo nei primissimi anni, perde rapidamente le -sue funzioni politiche, si trasforma in un organismo -giudiziario e, divenuto cittadino, prepara e fucina il diritto -che occorre alle nuove esigenze, ai nuovi tempi e -fonde armonicamente antiche consuetudini e nuovi sistemi, -<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span> -sicchè divenuti insufficienti gli uni e gli altri ricorre -ai vecchi e non mai dimenticati testi romani e dai -rudimenti delle istituzioni e dai casi pratici del Codice, -assurge al sistema e riprende il Digesto. Ed è allora — quando -il Comune drizza superbo il suo bel gonfalone -e la voce solenne degli antichi giuristi viene riascoltata -ed intesa — che l'antica costituzione d'Italia, non di -Roma, ha la sua <i>rinascita</i>. -</p> - -<div class="head-inline"> -<h3 id="parte2-13">§ 13.</h3> <p>— La città italiana, Roma compresa, si è formata -aggruppandosi con preordinato sviluppo intorno -alla piazza formata dall'incrociarsi perpendicolare del -<i>cardus maximus</i> col <i>decumanus</i> i quali si spingono fino -ai confini del suburbio e formano così quattro zone -entro la città ed altrettante nel suburbio, perfettamente -corrispondenti e subordinate a quelle. -</p> -</div> - -<p> -In virtù di tale sistema i componenti di ogni quartiere -uniti dall'esercizio dei diritti d'uso collettivo dei -boschi e dei pascoli e delle terre comuni, situate nella -zona suburbana corrispondente al loro quartiere e stretti -dal vincolo intimo della responsabilità collettiva del -gruppo per il delitto di un singolo, provvedevano congruamente -al sostentamento di tutto il centro urbano, -evitando pericolosi antagonismi e cooperavano efficacemente -al mantenimento della quiete interna; mentre ad -ogni quartiere era assegnata in modo semplice ed equo -la parte di mura e la porta da difendere come era determinato -il concorso che doveva ricevere dai suburbani. -</p> - -<p> -Con lo sciogliersi della città dai primi e rudimentali -viluppi ed il progressivo affinarsi della sua costituzione -fino a raggiungere il fulgido organismo del municipio -in pieno fiorire, nei nuovi organi si trasmuta la primitiva -struttura, sempre attestata tuttavia in modo più -formale che reale, da fugaci accenni delle fonti. -</p> - -<p> -Ma quella indigena struttura tornò in prima linea -quando la rovina economica, sociale e politica e l'imperversare -<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span> -delle invasioni riportarono le città italiane -alle condizioni terribili della lotta primitiva per l'esistenza<a class="tag" id="tag744" href="#note744">[744]</a>. -</p> - -<p> -Allora queste divisioni, che rispondevano a bisogni -sentiti da qualsiasi convivenza — sostentamento, quiete -interna, difesa contro l'esterno — furono da prima tollerate -e poscia accolte dai Langobardi i quali fissatisi -in Italia con un brusco distacco dallo stadio nomade in -cui erano fino ad allora vissuti, impossibilitati così per -incapacità propria come per insuperabile resistenza dell'ambiente -a crearsi una costituzione improntata alla -loro stirpe, furono attratti da quella rudimentale a cui -era ridiscesa l'Italia. -</p> - -<p> -Fu anche qui l'antica ossatura italiana che affiorò, -mentre la grande Roma dell'evo antico moriva e che -fornì lo scheletro alla nuova costituzione, la quale non -poteva averlo dai Langobardi, nomadi e senza coesione, -nè poteva riceverlo dal mondo romano, poichè la rovina -di questo non consentiva più qualsiasi azione energica. -</p> - -<p> -Le prime fonti medioevali, continuando più antica -abitudine, indicano il quartiere col nome della porta<a class="tag" id="tag745" href="#note745">[745]</a> -a cui mette capo; e questo nome talvolta era determinato -da ragioni topografiche e locali; come la <i>porta romana</i> -di numerose città, la <i>porta vercellina</i> di Milano -etc. e non di rado — specialmente in seguito — fu -quello di un santo<a class="tag" id="tag746" href="#note746">[746]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span> -</p> - -<p> -Arechi, il noto duca di Benevento, nel 774 con una -munificentissima donazione<a class="tag" id="tag747" href="#note747">[747]</a> al Monastero di S. Sofia -da lui fondato, concesse a quest'ultimo fra l'altro cento -carrate annue di legna. I boschi da cui dovevano esser -tratte pertinevano tutti nello stesso modo alla città; ma -ciò nonostante l'onere fu distribuito in modo irregolare: -una <i>porta</i> fu esclusa dalla contribuzione e delle altre -tre la <i>Porta turrea</i> doveva corrispondere 50 carri, la -<i>Porta Rufini</i> 30 e 20 la <i>Porta Sicardi</i>. -</p> - -<p> -Documenti langobardi della maggior purezza provano, -dunque, che i varî quartieri di una stessa città -potevano esser gravati in proporzione diversa l'uno -dall'altro; ed allora si rende verosimile l'ipotesi che -pure al tempo langobardo, continuando ininterrottamente -un più vetusto uso italiano, risalga il sistema di -distribuire per quartiere i dazî e le imposte gravanti -sulla città. -</p> - -<p> -Lo Statuto di Verona, pervenuto a noi nella redazione -del 1228, ma che contiene in gran parte disposizioni -di età di gran lunga anteriore, vuole che «datia -solvantur in waitis propriis»<a class="tag" id="tag748" href="#note748">[748]</a>. -</p> - -<p> -E — a riprova — si può aggiungere che queste <i>guaite</i>, -che son ricordate anche da Carlo Magno nelle sue leggi -italiche, non sono altro — come abbiamo veduto — che -la <i>sculca</i> langobarda e, attraverso ad essa, l'<i>excubiae</i> romane, -e tutte si facevano per quartieri<a class="tag" id="tag749" href="#note749">[749]</a>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span> -</p> - -<p> -A questa differenziazione negli oneri naturalmente -corrispondeva un'altra differenza di natura, diciamo -così, attiva che completava la figura del quartiere con -un ambito limitato ma determinato ed effettivo di attribuzioni -e di facoltà distinte da quelle degli altri quartieri -e non assorbite — almeno normalmente e di regola — dai -diritti della città, complessivamente considerata. -</p> - -<p> -E questa autonomia reciproca e di fronte alla città -va aumentando col tempo. Due documenti milanesi del -1158 e del 1175<a class="tag" id="tag750" href="#note750">[750]</a> ricordano i <i>Consules electi a comunantia -Porte Vercelline de pascuis: pro desbrigandis et -recuperandis pascuis ipsius porte</i>. -</p> - -<p> -Della consistenza delle portae è altra e più sicura -prova la menzione esplicita degli <i>urbium vici</i> fatta dal -sinodo ticinese dell'850<a class="tag" id="tag751" href="#note751">[751]</a>, la quale illumina la disposizione -del capitolare langobardo dell'803 che ordina che -si eleggano quattro o otto uomini in ciascuna pieve per -risolvere le eventuali questioni fra laici ed ecclesiastici -per la prestazione delle decime. E altra prova può considerarsi -la caratteristica variante portata da uno dei -due vetustissimi codici santambrosiani che contengono -le leggi langobarde<a class="tag" id="tag752" href="#note752">[752]</a>. -</p> - -<p> -Il cap. 141 di Liutprando stabilisce che le donne che -istigate dai propri mariti avessero fatta irruzione o commessa -violenza in un vico o in una casa, debbano essere -decalvate e condotte per i vici più prossimi ed ivi fustigate — publicus -faciat eas decalvare et frustare per -<i>vicus vicinantes ipsius loci</i> —. -</p> - -<p> -Il codice in parola — almeno se è vera la lezione -datane dal Muratori — ha «<i>vicos civitatis</i>»<a class="tag" id="tag753" href="#note753">[753]</a>. -</p> - -<p> -L'amanuense — e non è punto detto che sia stato -<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span> -il primo a iniziare la variante — aveva davanti agli -occhi la visione delle condizioni reali della città. Ed ho -parlato di amanuense per non dire, come ne avrei gran -voglia, che non è punto improbabile che la variante sia -la conseguenza pensata e voluta dell'opera di un giurista. -</p> - -<p> -Questi quartieri, però, erano strettamente uniti nella -città che li comprendeva e li completava e come non -ebbero personalità giuridica distinta da quella della città -nel tempo romano<a class="tag" id="tag754" href="#note754">[754]</a>; così non ne ruppero la compagine -nemmeno nell'epoca successiva, sebbene sieno giunti -ad avere una fisonomia propria molto accentuata<a class="tag" id="tag755" href="#note755">[755]</a>. -</p> - -<p> -I vicini dei singoli quartieri avevano tutti eguali facoltà -rispetto alla porzione dei beni comuni assegnata -al loro quartiere: ma le maggiori facoltà dispositive riguardo -a tali beni erano loro sottratte e demandate al -gruppo intiero di tutti i vicini della città; e la città tutta -intiera rispondeva solidalmente, come si è veduto, se la -suprema autorità non imponeva altrimenti, degli oneri -imposti ad una sua parte. -</p> - -<p> -La compagine della città non fu allentata nemmeno -in seguito quando sulle antiche divisioni per quartiere -se ne andarono sovrapponendo altre di varia natura. -<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span> -Fra queste, per l'importanza acquistata in seguito, meritano -di essere ricordate per le prime quelle che traevano -origine dal formarsi entro l'ambito urbano di nuovi -centri di vita, di azione e di interessi, che si popolarizzavano -intorno a quelle chiese cardinali, di cui già ci -siamo occupati, e che, moltiplicandosi rapidamente, giunsero -a costituire in un'epoca più tarda il sistema predominante -di divisione del suolo intramurano. -</p> - -<p> -Nè valse a diminuire la coesione del centro urbano -un altro elemento di cui pur si sarebbe potuto credere -assai potente l'azione disgregativa. -</p> - -<p> -In ogni città c'era una <i>curtis regia</i><a class="tag" id="tag756" href="#note756">[756]</a> la quale era -il centro dell'amministrazione pubblica, a cui convergevano -le prestazioni civiche e le finanze; e questa <i>curtis</i> -era di solito a capo del vasto conglomerato di terre che -costituivano la dotazione della corona e che non di rado -si trovavano accanto ai fondi assegnati all'autorità pubblica -preposta in modo speciale alla città, onde costituivano -anch'essi un complesso imponente di beni che -avevano uno sbocco entro la città attraverso alla cella. -</p> - -<p> -Quantunque normalmente, quando era consentito -dalle condizioni del luogo la corte regia si sia installata -entro l'arce che non infrequentemente si trovava nell'interno -delle antiche città italiane<a class="tag" id="tag757" href="#note757">[757]</a> emergendo anche -materialmente di fronte al resto della città; e quantunque -questo castello attraverso le donazioni dei fiacchi -discendenti di Carlo Magno sia passato in mani più energiche, -pur tuttavia queste <i>curtes</i> non hanno agito in -modo sensibile nella costituzione cittadina nemmeno nei -rapporti esterni delle divisioni territoriali. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span> -</p> - -<p> -Almeno io non ne ho trovato traccia alcuna. -</p> - -<p> -E dal momento che non ha influito la <i>curtis</i> più potente -e maggiormente fornita di facoltà di natura pubblica -oltre che privata, corre appena l'obbligo di accennare -che nessuna azione han potuto esercitare le altre -curtes private di cui serbano ricordo i documenti<a class="tag" id="tag758" href="#note758">[758]</a>. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span> -</p> - -<h2 id="conclusione">CONCLUSIONE</h2> -</div> - -<p> -La costituzione della nostra Italia, fino dai tempi più -antichi ai quali si può risalire, fu una costituzione di -città, ed i vari gruppi etnici furono leghe di città. -</p> - -<p> -I gruppi primitivi si erano, in una certa fase del loro -sviluppo, fondati su una piccola zona di territorio, la -quale provvedeva ai bisogni della pastorizia e dell'agricoltura, -ed aveva il suo centro nel luogo più facilmente -difendibile, rafforzato da opere stabili di difesa. -</p> - -<p> -I limitatissimi scambî di prodotti avvenivano, probabilmente, -in un ambito ristrettissimo che non oltrepassava -il cerchio delle <i>gentes</i>. -</p> - -<p> -<i>Forum</i>, secondo la più arcaica delle cinque definizioni -datene da Varrone (v. 145) le quali segnano altrettante -fasi per cui è passata l'idea adombrata dalla -parola, è la piazzetta davanti al sepolcro familiare «quod -nunc vestibulum sepulchri dici solet». Sono i sepolcri -gentilizi intorno ai quali si riunivano, nei giorni di <i>sacra</i>, -tutte le famiglie appartenenti alla medesima <i>gens</i>. -I primi contratti, lo scambio delle derrate e delle merci, -la consegna delle cose date in permuta si compiva in -presenza delle famiglie contraenti; e la stessa <i>mancipatio</i> -con i suoi cinque classici testimoni, si spiega più -agevolmente nella sua genesi in un convegno gentilizio -che in un pubblico mercato. I patti primitivi delle <i>gentes</i>, -in mancanza di garanzia dello Stato, non avevano -<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span> -altra sanzione che la sacertà: e <i>sacer</i> doveva essere, -prima ancora delle XII tavole e non soltanto a Roma, -colui che violasse i patti privati, fossero questi di cambio, -di vendita, di mutuo etc. Nè a proteggere i patti -s'invocarono gli Dei del cielo, ma bensì gli Inferi; chè -presso lo Stige si giurano i patti e gli spiriti dei defunti -sono quelli che vegliano sulla fede dei vivi. -</p> - -<p> -Questo carattere sacrale si spiega facilmente riflettendo -che il formulario dell'antico diritto romano — e -si può, quindi, agevolmente comprendere quanta parte -del diritto stesso — proviene dai pontefici, ed è senza -dubbio sacrale il formulario dei <i>negotia per aes et libram</i>, -vale a dire dei negozî che servono tanto a trasferire -diritti di proprietà — <i>mancipatio</i> — quanto a -creare rapporti obbligatorî — <i>nexum</i> —. -</p> - -<p> -Ed inoltre se obbligare allude, secondo il Perozzi, -alla garanzia del terzo — il <i>praes</i> o <i>vindex</i> — perchè -il <i>nexus</i> rimane in catene; la parola latina <i>contrahere</i> -richiama alla mente la figura di un terzo il quale avvicina -le parti e rende possibile lo scambio, ossia, giuridicamente -parlando, perfeziona il negozio e questo terzo, -nel primitivo ordinamento, non può essere un estraneo, -dev'essere un congentile. -</p> - -<p> -In seguito, per la diuturna lotta per l'esistenza, gran -parte di questi nuclei sparì a vantaggio di quelli più -forti e più favoriti dall'ubicazione e dalla fortuna; e -questi si accrebbero della popolazione e del territorio di -quelli. -</p> - -<p> -Ma l'uno e l'altra non furono equiparati alla condizione -dei popoli e dei territorî a cui venivano aggiunti: -una parte dei nuovi venuti fu aggregata alla città, ma -all'esterno di questa, e qui continuarono a venerare le -loro originarie divinità: ed i nuovi territorî furono assoggettati -alla giurisdizione della città, ma non raggiunsero -con essa quell'intimità di rapporti che aveva stretto -la città al suo territorio originario. Ed è da allora, presumibilmente, -che la città comincia ad avere un contenuto -<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span> -suo particolare e ad assumere aspetto e natura giuridica -speciale. -</p> - -<p> -Il prolungato contatto di quelli che vivevano dentro -la città con quelli che abitavano nella sua immediata -vicinanza, reso più intimo dallo stato continuo di guerra -esterna, produsse una coesione, il primo resultato della -quale fu l'accettazione da parte della città delle divinità -venerate nel suburbio e delle divinità di quella da parte -di questo: ciò che a noi è rivelato dalla proibizione di -seppellire o bruciare i cadaveri entro la città: proibizione -inconcepibile senza questa equiparazione, perchè -la venerazione dei defunti costituiva un vero e proprio -culto, l'oggetto del quale, il cadavere, non poteva sicuramente -esser deposto in luogo sacro a divinità straniere -e, quindi, nemiche. -</p> - -<p> -La derivazione etimologica di <i>forum</i>, infatti, da <i>foris</i>, -<i>foras</i>, <i>fores</i>, con l'o breve, indica la situazione esterna -dal luogo chiuso, dalla città, e concorda pienamente con -il sistema, di origine orientale e di importazione etrusca, -di cui le XII tavole ci conservano la più antica formulazione -per l'Italia, che «in urbe neve urito mortuum -neve sepelito». -</p> - -<p> -La città, intanto, sorge quando il gruppo che la compone -ha raggiunto un'energia sociale ed economica che -vincoli in modo definitivo e assoluto gli abitanti al territorio -e crei tali rapporti fra questo ed il capoluogo da -permettergli di cingersi tutt'all'intorno di mura. -</p> - -<p> -È questo un concetto ed un uso italiano antichissimo: -con esso furon fondate le città della confederazione -etrusca e di quella latina e, probabilmente, anche -quelle, più antiche, dei Liguri; con esso fu fondata -Roma, e questa ad esso si attenne nella fondazione di -tutte le colonie. -</p> - -<p> -Con solenne rito sacrale l'aratro segnava per primo -il perimetro della città ed il solco del vomero significava -il giro della fossa, mentre la zolla sollevata indicava il -cerchio del muro: — <i>aratrum circumducere</i>, si dice la -fondazione della città — e la città (<i>urbs</i>) trae il suo -<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span> -nome da <i>urbo</i>: «urbare est aratro definire»; così come -<i>aratrum inducere</i> ne simbolizza la distruzione. -</p> - -<p> -Aver dimora stabile e fissa entro il cerchio delle -mura e goderne la protezione e la difesa era un privilegio, -una condizione eminente di fronte a tutti gli altri, -ai quali tale dimora e tale difesa non erano concesse. -</p> - -<p> -Di quì una prima e fondamentale distinzione fra i -cittadini e tutti gli altri che vivevano nel territorio aperto. -</p> - -<p> -La città, inoltre, così aumentata di popolazione, ha -bisogni speciali per i quali si differenzia sempre di più, -con naturale svolgimento, dal terreno che la circonda e -la completa; mentre per altra parte con lo sviluppo -della vita cittadina si intensificano i rapporti fra la città -stessa e la zona di territorio che le è in immediato contatto -e si accentua una differenza di natura strettamente -giuridica fra questa ed il rimanente territorio aperto. -</p> - -<p> -La città, infatti, fu protetta con difese speciali e fisse, -fra le quali primeggiano le mura; e poichè la loro costruzione -e riparazione era molto gravosa — <i>moenia</i> deriva -da <i>munera</i> —; a comparteciparvi, insieme con gli -urbani, fu chiamata anche una parte della popolazione, -la quale abitava in immediata vicinanza, e che di tale -compartecipazione fu opportunamente compensata. Questo -compenso accentuò la differenziazione che per spontaneo -e naturale sviluppo si era già formata fra il -territorio più propriamente cittadino e la rimanente -campagna e le conferì e precisò carattere e natura strettamente -giuridica. Onde la necessità di delimitarla in -modo preciso e distribuirla nella maniera più conveniente -per la difesa ed i bisogni della città. -</p> - -<p> -Questa determinazione fu fatta con misure varie a -seconda delle consuetudini dei varî popoli; onde fu più -o meno estesa; ma sempre questo territorio fu suddiviso -con uno stesso sistema; e cioè in quattro parti, -corrispondenti alla divisione interna della città. La misura -latina, accolta ed applicata da Roma, fu quella dei -mille passus e le due vie che, intersecandosi perpendicolarmente, -<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span> -quadripartivano la città ed il suburbio furono -il <i>decumanus</i> ed il <i>cardo maximus</i>. -</p> - -<p> -Nella città, intanto, per il contatto di elementi numerosi -e per l'aumento delle ricchezze e degli agi, moltiplicandosi -il bisogno di nuovi oggetti di lavoro e di -lusso, si va sviluppando, tra le classi inferiori sprovviste -di terre o impedite ad averne per concessione, l'artigianato; -e questo, naturalmente, nel suo continuo -svolgimento, accresce alla sua volta gli oggetti d'artificio -per le nuove esigenze dell'agricoltura, della pastorizia -e della vita civile. -</p> - -<p> -Di quì l'origine di un nuovo sistema di scambio. -</p> - -<p> -Lo scambio dei generi di prima necessità, prodotti -in gran prevalenza nel suburbio per bisogni principalmente -urbani, aveva luogo fuori delle porte e senza -gravame alcuno, perchè la città dominante, gravando -questi prodotti, avrebbe in realtà gravato su sè stessa; -ed anzi la città ebbe cura che questo scambio affluisse -in modo continuo e periodico, finchè divenne rapidamente -ebdomadario. -</p> - -<p> -Ma lo scambio dei prodotti manufatti, giovando prevalentemente -alla campagna, fu agevolato dalla città a -cui interessava, ma fu da questa regolato a proprio -profitto. Essa assegnò a questo fine una piazza apposita -entro la città, curando che questa piazza fosse a -fronte del tempio della divinità tutelare che simboleggiava -la città; determinò un giorno fisso e volle che lo -scambio fosse soggetto a norme e a gravami speciali -che dettero origine al <i>mercato</i>, divenuto così il luogo -d'offerta di manufatti e di opere dell'artigianato, fatta -in una pubblica piazza entro la città a persona indeterminata, -ma in un giorno fisso e da persona qualificata. -E a questo mercato accorrevano tutti coloro che vivevano -nel territorio giurisdizionalmente soggetto alla -città, la quale lo fissò a periodi più larghi ed in occasione -di feste solenni che sospendevano dovunque il lavoro -dei campi e degli artefici. -</p> - -<p> -In tal modo si viene lentamente formando quel sistema -<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span> -municipale, le cui origini si perdono nelle ombre -più remote della storia. -</p> - -<p> -Il centro murato, come il migliore e più sicuro, fu -abitazione privilegiata dei <i>cives optimo iure</i>, godenti di -un diritto singolare, in nome della collettività a cui appartenevano. -</p> - -<p> -Il primo e principale diritto della collettività si manifestava -nei riguardi dei beni comuni, i quali, essendo -indispensabili alla vita urbana, divennero diritto speciale -dei soli urbani, distribuito proporzionalmente per -porte e per quartieri; ed a loro soli fu riserbata la decisione -degli affari che concernevano la città sia in pace -che in guerra. -</p> - -<p> -E come la religione era religione di Stato ed il culto -una magistratura; così i templi e gli edifici ed i <i>loca</i> -dei templi furono affidati alla custodia dei soli urbani -e soggetti alla loro vigilanza, non solo entro la città -ed il suburbio; ma entro tutto il territorio al quale giurisdizionalmente -la città era preposta. -</p> - -<p> -Il suburbio fu dominato dalla città, e ne divenne -il complemento, con una trasformazione che ebbe per -limiti estremi da un lato i bisogni del centro murato e -dall'altro la suscettibilità e la capacità di trasformarsi -proprie del terreno rurale. -</p> - -<p> -Il diritto pubblico interno si formò con riguardo alla -condizione civica speciale; onde ai cittadini fu concesso -di avere il <i>domicilium</i>, che costituiva l'elemento necessario -ed indispensabile per il godimento dei diritti civili -e politici, non solo entro le mura, ma anche entro -tutto il suburbio o in una parte di esso — per esempio — 500 -passi; e dentro il perimetro suburbano il -cittadino godè delle maggiori garanzie — <i>imperium domi</i> — al -pari che entro le mura. -</p> - -<p> -E poichè questi diritti erano in diretta ed immediata -relazione con la costituzione della famiglia, così anche -per questo riguardo il suburbio fu assoggettato ed equiparato, -in vista degli interessi cittadini, alla città stessa -e perciò, per es., le tombe familiari e gentilizie poterono -<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span> -aver sede in esso e gli atti dei minori e dei tutori che -riguardavano case e beni entro la città ed il suburbio -furono esenti da ogni intervento dell'autorità pubblica. -</p> - -<p> -Il suburbio fu escluso da ogni partecipazione attiva -alla vita pubblica ma ebbe anch'esso qualche vantaggio: -in correspettivo della cooperazione al mantenimento -ed alla difesa delle mura, ebbe il diritto di rifugiarvisi -dentro nei momenti di pericolo; ed in contraccambio -dei vantaggi economici procurati alla città, ebbe -una condizione giuridica speciale per la quale i suoi abitanti, -in genere piccoli proprietarî, erano esenti da -tutti gli oneri rusticani, che gravavano i lavoratori della -terra nella campagna. -</p> - -<p> -Inoltre fra i suburbani e gli urbani, si incuneava -una classe speciale formata da coloro che abitavano i -sobborghi in immediato contatto con le mura ed in -continuazione delle porte, i quali si collocavano in condizione -abbastanza prossima agli urbani, senza confondersi -con essi. -</p> - -<p> -Base del regime cittadino rimase sempre la prevalenza -degli urbani: civis, per eccellenza, fu solo il <i>civis -urbanus</i>, il quale costituì uno speciale sodalizio — <i>sodalicium -urbanorum</i> — compose i collegi — <i>collegium -urbanum</i> — ed ebbe ed elesse i suoi magistrati — <i>magistratus -urbanus</i> —. Ad essi soli furono riservate le -cariche e gli onori e fra essi, e fra essi soltanto, si trovavano -coloro che godevano di tutti i diritti di cittadinanza; -la quale, data la posizione speciale ed egemonica -di Roma, comprendeva, oltre le maggiori facoltà -di ogni città, anche il godimento di un certo numero -di diritti e di facoltà nei rispetti delle altre città e di -Roma. -</p> - -<p> -Roma, prima parte involontaria di una confederazione -etrusca e più tardi della confederazione latina, -forte di una genuina e vigorosa costituzione di Stato, -assodata dalla pressione compatta della plebe sul comune -delle genti originarie e patrizie, rocca salda di -confine nel territorio latino, collocata nel cuore della penisola, -<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span> -al confluente etnico, delle stirpi italiche e della -gente etrusca, su di una vera linea strategica che separa -il nord dal sud e pressata in cerchio dalle attività -di una vasta regione (Bonfante), ebbe quest'origine e -questa formazione e per lunghi secoli si governò e si -resse con questo regime. -</p> - -<p> -Solo verso la metà del secolo secondo dopo Cristo, -ampliata enormemente nei suoi confini che i successivi -allargamenti delle cinte di mura spostavano di continuo -in più larga cerchia, essa abbandonò l'antico e glorioso -sistema ed equiparò i <i>continentia aedificia</i> alla -città, fece degli abitanti dei sobborghi dei veri e propri -cittadini e iniziò forme e sistemi di governo di carattere -sempre più particolare. -</p> - -<p> -Ma Roma rappresenta l'eccezione. La regola era costituita -dalle altre città italiane. -</p> - -<p> -Anche quando, nell'epoca sillana, il territorio, politicamente -così vario d'Italia, acquista un'unità compatta -con l'estensione della cittadinanza romana, il <i>solum italicum</i> -è assimilato all'<i>ager romanus</i> e reso suscettibile -di <i>dominium ex iure Quiritium</i> e via via per <i>leges datae</i> -il nuovo territorio dello Stato dominante venne a costituirsi -come un insieme coordinato di municipii, autonomi -quanto all'amministrazione ed alla giurisdizione -inferiore, con uno schema abbastanza uniforme in cui -tornano le cariche e gli organi della città di Roma (<i>duoviri</i> -invece di <i>consules, decuriones</i> invece di <i>senatores</i> etc.); -questi organi e questi magistrati sono eletti e formati, -secondo l'antico sistema, soltanto dagli <i>urbani</i>. -</p> - -<p> -Quando fu istituita la <i>vigesima hereditatum</i>, che, -come dice la parola, colpiva le eredità e forse anche, -stando a Dione Cassio, le donazioni; questa non ebbe -vigore entro il perimetro del suburbio e tanto meno poi -entro la città. -</p> - -<p> -Ed anche nella decadenza questo sistema speciale di -rapporti si mantiene in gran parte fermo. Abolito l'antico -privilegio dell'immunità finanziaria di cui fino allora -aveva goduto l'Italia, il territorio non fu nè tutto -<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span> -nè contemporaneamente sottoposto a tributo. La <i>plebs -rustica extra muros posita</i> fu sottoposta alla <i>capitatio</i> -ed all'annona solo molto più tardi e soltanto nell'anno -400 i <i>praedia urbana</i> cominciarono ad esser assoggettati -alla <i>tertia</i>. -</p> - -<p> -Nell'epoca di Caracalla, probabilmente per la ripercussione -della <i>constitutio antoniniana</i> del 212 e per effetto -di altre costituzioni imperiali, le magistrature si concentrano -nelle curie, formate col voto esclusivo dei cittadini, -con esclusione dei <i>plebeii homines</i>; ma questi -continuano a godere dei beni pubblici e a mantenersi -distinti dai suburbani sui quali, per la lenta stratificazione -sociale, si consolidano le originarie prestazioni in -oneri fissi ed immutabili. -</p> - -<p> -È il fatale avviamento alla rovina. -</p> - -<p> -Il decadere dei commerci, il languire delle industrie, -il ristagno degli affari, l'estendersi del latifondo, le preoccupazioni -delle invasioni, prima irrigidiscono, poi spezzano -i vincoli amplissimi e fecondi che tenevano unito -l'Impero. Il centro di esso va lentamente spostandosi -da Roma: la cittadinanza, estesa da Caracalla, non è -più la cittadinanza di Roma, ma quella dell'Impero; la -capitale non è più soltanto Roma e di divisione in divisione, -cercando appoggio solido al suo gran corpo -cadente, l'Impero, bipartito, quadripartito, diviso in diocesi -e suddiviso in provincie, si appoggia principalmente -sulle città, dove viene a convergere ogni elemento di -vita. -</p> - -<p> -Ma qui le vecchie e gloriose forme della civiltà e dell'opulenza -intristiscono: le curie, le corporazioni sole, -per quanto fatte ereditarie, non bastano più, come non -bastano i nuovi funzionarî dall'Impero creati per sostenerla, -quali il <i>curator</i> ed il <i>defensor</i>; e tutti i cittadini -indistintamente, ricchi e poveri, chiamati a difenderla, -sono chiamati a trattarne gli affari, ripristinando -l'antica <i>contio</i> dell'epoca remota, composta di tutti gli -urbani, e questa va acquistando importanza sempre -maggiore, perchè risponde meglio alle esigenze di un -<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span> -organismo vitale che degrada sempre più in basso; mentre -a tenerne separati i suburbani, che tanti altri rapporti, -fra i quali principalissimi la difesa delle mura, le -prestazioni finanziarie, il mercato ed il culto, tenevano -strettamente legati alla città, valse il consolidamento -delle condizioni dei lavoratori della terra incominciato -fino dal secolo quarto ed ormai troppo avanzato perchè -potesse aver mutamento dai fugaci tentativi giustinianei. -</p> - -<p> -La concione, composta di soli urbani, raccolta davanti -alla Chiesa, la quale appariva ed era ormai l'unica -istituzione da cui si poteva aspettare qualche sollievo, -si mostrò come principale depositaria delle tradizioni -cittadine e prestò agli urbani sicuro rifugio, allorchè il -dominio gotico gravò più forte sui Romani vinti e disarmati, -con un sistema d'organismo burocratico anche -più odioso di quello bizantino. -</p> - -<p> -La politica dei Goti tende a restringere il campo di -azione della <i>contio</i>, che si vorrebbe ridotta ad una riunione -di natura religiosa, utile soltanto alla pubblicazione -delle leggi e dei precetti; ma ciò valse a salvarla -come organismo indipendente, da cui il popolo goto, anche -per ragioni religiose, restava escluso. -</p> - -<p> -I Langobardi, che avevano conquistato l'Italia con -la forza delle armi e vi si insediarono come conquistatori, -non si abbassarono ad accogliere alcuna cooperazione -dai vinti e quindi stesero sul paese il loro potere -assoluto; ossia imposero in modo violento all'Italia la -propria organizzazione. -</p> - -<p> -Ma questa organizzazione era per più aspetti scarsa: -scarsa di contenuto e scarsa di mezzi d'azione. I varî -nuclei popolari da cui resultava la nazione germanica -erano abituati a vivere in forme di larga autonomia, ed -è noto che essi non si adattavano a piegarsi all'autorità -preminente di un solo, se non sotto la pressione di -gravi avvenimenti esterni e temporanei, quali la guerra, -le conquiste, le migrazioni etc. -</p> - -<p> -Abitualmente ogni gruppo provvedeva da sè ai pochi -<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span> -bisogni di un popolo nomade. Pertanto per ogni -deliberazione era congruo sistema la decisione collettiva -di coloro che del gruppo formavano la guida e la difesa -e cioè dei liberi atti alle armi; mentre, per i negozi -che interessavano più gruppi, tutti concorrevano -alla formazione di una volontà collettiva più ampia, -sotto l'autorità del più prode in guerra e miglior giudice -in pace. -</p> - -<p> -In Italia, appena compiuta la conquista di una larga -zona di territorio, la momentanea unione generale si -scisse nell'indipendente governo dei singoli duchi, bramosi -di riconquistare la propria libertà d'azione nei -limiti del proprio distretto. -</p> - -<p> -Un decennio di interregno fu prova bastante per dimostrare -l'impossibilità di resistere ai Bizantini, ancora -signori di gran parte d'Italia, da una parte e ai Franchi -dall'altra, continuamente stimolati dal pontefice; -senza contare la necessità di tenere a freno una popolazione -numerosa e persuasa che la nuova invasione, al -pari delle altre, avrebbe dovuto esser solo passeggera. -</p> - -<p> -Si tornò allora ed in modo stabile al sistema monarchico; -ed il re ebbe cura di consolidare la sua autorità -in modo più energico. -</p> - -<p> -Per questo egli frenò il potere dei duchi, sostituendo -ad essi, quando gli fu possibile, ufficiali di propria nomina -esclusiva — gastaldi —; e restrinse l'autorità delle -varie assemblee regionali che con essi collaboravano, riserbandosi -la trattazione degli affari di interesse generale -e di maggiore importanza. Egli si valse abilmente -della impossibilità di convocare una generale assemblea -di tutti i liberi per modificare la costituzione e il funzionamento -dell'assemblea che più e normalmente gli -stava vicina. -</p> - -<p> -Il re intese così ad accentrare ogni potere nelle sue -mani, senza giungere a modificare il fondamento della -vecchia organizzazione, sicchè anche Liutprando, che -dei re langobardi fu il più forte, si trovò sempre a -fronte l'aperta ribellione dei duchi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span> -</p> - -<p> -I Langobardi non avevano civiltà, non conoscevano -industrie, nè avevano conservato con le regioni da cui -provenivano relazioni capaci di scambi fecondi; sicchè -la loro venuta in Italia non creava per alcun verso bisogni -nuovi, i quali dessero origine ad uno scambio -qualsiasi, sia pure fittizio e momentaneo, capace di produrne -altro più durevole. Per quanto intenso fosse il -movimento accentratore del potere regio, questo non -poteva iniziare un movimento che facesse convergere -alla capitale e da essa riespandere nel territorio dello -Stato un'attività capace di mutare l'assetto economico -del paese — chè tale non poteva certo mostrarsi l'affluire -delle imposte alla curtis regia di Pavia ed il modestissimo -scambio cui dava luogo lo smercio di quei -prodotti, la gran maggioranza dei quali era certo in natura. -</p> - -<p> -Nè le varie regioni eran più strette fra loro per esser -soggette allo stesso dominio. Ognuna formava un -organismo a sè: ogni ducato aveva i suoi liberi, che -erano ad esso legati, distribuiti nelle minori suddivisioni -e che dovevano accorrere alla chiamata del rispettivo -capo; che non avevano attitudini a lavorar la terra -in maniera da trarne profitti tali da soddisfare i bisogni -loro e permetterne un commercio, perchè, anzi, il lavoro -della terra non era considerato degno di chi per natura -ed elezione era portato all'uso delle armi contro -gli uomini e gli animali; nè avevan attitudine alcuna -ai commerci; quindi, una volta fissatisi in una regione, -nessun mezzo di muoversi e di prosperare: un'invincibile -tendenza a fissarvisi, resa più accentuata dai bisogni -delle guerre continue, le quali, nemiche sempre di -scambi e di commerci, richiedevano inoltre sedi fisse di -riunione, da cui muovere verso il luogo indicato dal re. -</p> - -<p> -La mancanza assoluta di un'energia creativa impedì -dunque allo Stato langobardo di riuscire a dominare -in modo effettivo il nuovo territorio e di imprimergli un -aspetto ed uno sviluppo improntato al suo organismo; -mentre quel disgregamento proprio delle stirpi germaniche, -<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span> -che con le continue lotte interne aveva facilitato -la vittoria di Cesare e dei Romani, rendendo più grave -la loro dispersione in un ampio territorio, fece sì che -l'azione dei Langobardi si mostrò quasi del tutto negativa. -</p> - -<p> -Di tale situazione si valse abilmente e con fortuna -l'altro grande organismo in cui si raccoglieva allora -gran parte delle energie sociali: la Chiesa. -</p> - -<p> -I Langobardi, infatti, nei primi anni in cui infierì la -conquista e turbinò il governo indipendente dei duchi, -non si avvicinarono alla chiesa cattolica: ne confiscarono, -almeno in parte, i beni e li dettero al fisco o al -culto ariano, contrapponendo quasi in ogni città una -chiesa ariana a quella cattolica. -</p> - -<p> -Ma il contatto continuo con i vinti, fra i quali si trovavano -come disseminati senza un continuo ed intimo -rapporto spirituale reciproco, e la fortunata propaganda -dei sacerdoti cattolici produsse una forte e rapida conversione -al cattolicismo, la quale già molto sensibile al -tempo di Autari, che volle ostacolarla proibendo il battesimo, -in meno di mezzo secolo era già arrivata ai -gradini del trono con Teodolinda e Agilulfo. -</p> - -<p> -Questa conversione fu dovuta allo spontaneo sentimento -dei singoli Langobardi, non fu un atto oculato e -voluto di governo, nè la conseguenza di un patto stipulato -fra la suprema autorità della Chiesa e la maggiore -autorità dello Stato. Perciò i Langobardi entrarono -nella religione cattolica come neofiti penitenti accolti -per misericordia nel grembo della grazia e non -come alleati — tanto meno come vincitori; entrarono, -cioè, in essa con dedizione quasi completa, accettandone -in tutto e per tutto gli insegnamenti, il dogma, i -precetti, la costituzione, senza chiedere e senza imporre -modificazioni o compensi speciali. -</p> - -<p> -La loro conversione fu un trionfo completo per la -Chiesa cattolica la quale finì per assorbire il nuovo -popolo senza nulla cambiare in sè stessa e fu una -rovina per lo Stato langobardo, il quale, anche quando -<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span> -la maggior parte dei suoi cittadini fu convertita al -cattolicismo, ebbe sempre la Chiesa cattolica irriducibilmente -e doppiamente nemica: nemica perchè per -essa lo Stato langobardo continuò ad essere il nemico -del dogma cattolico e dell'Impero che del dogma era -il difensore per antonomasia e contro di esso sollevò continuamente -insidie e nemici, finchè non ebbe ottenuta -la fortunata discesa di Carlo Magno; nemica perchè -parallelamente riuscì a tener viva all'interno una continua -ostilità che non tardò a minare le basi dello Stato. -</p> - -<p> -I Langobardi finirono per esser stretti dalla fede che -accomuna le anime e livella le persone; ma le persone -a cui furono pareggiati non erano che vinti e le anime -a cui furono accomunati erano anime abituate ad una -vita, ad un pensiero, ad una civiltà consolidata con secoli -e secoli di storia e non mai spenta. Così il livellamento -elevò questi ultimi, mentre abbassava i primi; e -l'accomunamento, che ne fu conseguenza, mettendo a -contatto una civiltà evoluta ed il vuoto della barbarie, -empì questa di quel tanto di cui era suscettibile e la -rese tollerante, se non fautrice, di un ulteriore suo sviluppo. -</p> - -<p> -Quando cominciò l'alterna lotta fra il partito ariano -e nazionalista e quello cattolico e romanizzante per la -conquista del potere, la nuova religione metteva contro -ai Langobardi fedeli alle origini ed al culto avito, non -più i soli italiani numerosi ma deboli e vinti; ma altri -Langobardi, non meno forti e non meno armati, i quali -nel bisogno d'armi ricorrevano ai fratelli di fede e scindevano -il regno in lotte fratricide, che rompevano sempre -più la cerchia della dominazione germanica e aprivano -nuove crepe che facilitavano agli Italiani maggiori -avanzamenti. -</p> - -<p> -Inoltre la Chiesa esplicò anche un'altra azione modificatrice, -che aveva ricevuto inizio già dal tempo in -cui il culto cattolico era diventato culto ufficiale dello -Stato romano. -</p> - -<p> -Da allora, oltre ai compiti di natura esclusivamente -<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span> -religiosa, considerando la Chiesa come uno dei suoi organi, -lo Stato affidò ad essa altre funzioni che col -culto erano solo apparentemente o indirettamente collegate; -e queste funzioni divennero più importanti mano -mano che l'Impero diveniva più debole e si trovava nell'impossibilità -di sopperire alle gravi necessità del momento. -</p> - -<p> -Nell'epoca bizantina il vescovo aveva un'ingerenza -riconosciuta nel governo locale, partecipava alla nomina -dei funzionarî ed all'esame ed al controllo dell'amministrazione -cittadina e sorvegliava anche i giudici e la -amministrazione della giustizia e qualche volta, se il -mutuo consenso delle parti lo voleva, aveva anche autorità -di decidere — episcopalis audientia —. -</p> - -<p> -Con i Goti prima, con i Langobardi poi, la Chiesa -perdette una parte di queste funzioni e l'incarico ufficiale -di compierle; ma altre, per quella parte almeno -che poteva essere consentita dal nuovo stato di cose, -essa continuò ad esercitare, perchè in realtà consistevano -sopratutto in manifestazioni generiche dello spirito -di fratellanza e di carità, quali l'aiuto dei poveri e -degli oppressi, il riscatto dei prigionieri, l'alimentazione -e la protezione dei derelitti, etc., ed anzi sviluppò a -questo riguardo un movimento, per il quale le istituzioni -di beneficenza, già all'epoca romana appoggiate -ai municipî si trovarono più tardi addossate alla Chiesa -per modo che si fondarono e si dotarono chiese con l'incarico -e l'obbligo di mantenere o vestire continuamente -un determinato numero di poveri oppure offrire dei banchetti -etc. etc.: movimento così intenso che ha inspirato -e costituito tutto il sistema delle opere pie fino al nostro -tempo. -</p> - -<p> -Ma per quanto numerose ed importanti sieno state -le funzioni civili esercitate dalla Chiesa, specialmente -per l'impotenza dello Stato germanico, questa non riuscì -mai ad organizzare completamente la società. Vi si -opponeva la sua finalità che trascendeva i confini di -ogni Stato ed i limiti della vita terrena ed accomunava -<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span> -idealmente popolazioni e paesi troppo disformi fra loro -e mirava a fini troppo diversi da quelli mondani. E vi -si opponeva del pari e forse ancora più vigorosamente -la sua costituzione interna. -</p> - -<p> -Era questa, com'è noto, il prodotto di una imitazione -quasi servile dell'organizzazione civile. A ciò la -Chiesa si era in origine indotta, per sua convenienza, -perchè nessuna organizzazione migliore di quella romana -poteva esser presa a modello nè poteva essere -più efficace: tanto meno fu indotta a staccarsene quando, -divenuta religione di Stato, le divisioni e gli ordinamenti -di quello furono obbligatoriamente i suoi. Ma -mentre questi ultimi erano come una sopra-struttura -imposta al paese; le istituzioni civili delle città italiane -erano invece la resultanza di antichissimi ed ottimi sistemi; -e quindi queste ultime continuarono a vivere per -forza propria e non per forza ed opera della Chiesa, -anche dopo che fu sparito l'Impero ed il suo pesante -organismo burocratico. -</p> - -<p> -La pieve è il pago italiano: esso si mantiene perchè -il suo territorio consta di terre private proporzionatamente -completate da terre comuni; i cui prodotti trovano -nel convegno settimanale del capoluogo ed in -quello più raro della città lo smercio opportuno. -</p> - -<p> -La processione pagana prima, le rogazioni cristiane -poi, girando i confini del pago e della pieve, cooperano -a mantenerli fissi, ma non li determinano. -</p> - -<p> -Basta pensare, infatti, che il pago sopravvisse alle -leggi Giulie, le quali avrebbero voluto abolirlo: da allora -all'epoca del trionfo del cattolicismo troppo tempo -intercorse, perchè si possa attribuire alla Chiesa la virtù -di averlo fatto resistere. -</p> - -<p> -La pieve cittadina è costituita anch'essa da un antichissimo -pago, il <i>pagus suburbanus</i>, che chiude nel suo -interno la città che ne è il capoluogo. Eppure, malgrado -lo spirito di fratellanza della Chiesa — del resto molto -minore di quanto generalmente si ritiene — i suburbani -non sono mai equiparati agli urbani e la differenza, -<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span> -mantenuta rigidamente anche dalla Chiesa, non è certo -di creazione ecclesiastica, anzi deve essere soltanto accolta -dalla Chiesa come forza irriducibile delle istituzioni -laiche e civili. -</p> - -<p> -A soddisfare i bisogni della società italiana di quel -tempo, costituita dai nuclei di eredità romana, per numero -e per civiltà prevalenti, e dagli elementi langobardi -preminenti per posizione sociale e per forza di -armi; mentre i due maggiori organismi, lo Stato e la -Chiesa, erano entrambi per ragioni diverse egualmente -impossibilitati a soddisfarvi, agì un altro e diverso organismo: -la città. -</p> - -<p> -Incapaci di concepire, non che di formare un ordinato -sistema di governo, spinti a conservare le divisioni -territoriali dalla convenienza che presentavano per la -esazione dei tributi, i Langobardi accettarono tutto l'organismo -che serviva a questa esazione e che resultava -dall'insieme di numerosi e diversi elementi, i quali l'intimo -e antico contatto aveva fusi armonicamente ed abituati -da secoli a funzionare. -</p> - -<p> -Il regno fu diviso in ducati, ognuno dei quali normalmente -corrispose al territorio di un antico municipio -o di più municipi riuniti, e la città che era capoluogo -di quello, fu sede anche del duca o del gastaldo, e con -lui naturalmente, dei famigliari e dei nobili che gli si -raccoglievano intorno ed ai quali offriva sicurezza e difesa, -maestosi edifici e agi sconosciuti ma presto apprezzati. -</p> - -<p> -Con le mura e con le torri la città si prestava a facile -difesa, poichè per la sua ampiezza poteva accogliere buon -numero di armati ed era la sede dell'autorità pubblica -ed il naturale punto di riunione da ogni parte della regione. -Essa serviva inoltre a mantenere la pace e la tranquillità -interna delle classi; e a questo scopo, secondo -il sistema penale germanico, fu aggiunta un'altra penalità -a quella normale per ogni delitto, allorchè fosse -commesso entro le mura. -</p> - -<p> -Così il centro urbano acquistò nel diritto pubblico -<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span> -langobardo una speciale consistenza giuridica di fronte -a tutti gli altri centri, anche se cinti di mura; in quanto -che questa maggiore protezione, essendo stata accordata -alla città perchè capoluogo di una regione, fu tolta in -modo preciso e assoluto a tutti gli altri, i quali vennero -a trovarsi in una condizione riconosciuta e consacrata -legalmente inferiore. -</p> - -<p> -A proteggere in tal modo la città il legislatore langobardo -fu mosso da ragioni di convenienza e di polizia: -ma, intanto, sia pure involontariamente, esso veniva a -convalidare, in modo mirabile, il concetto giuridico italiano -della città: sicchè le antiche tradizioni che rendevano -le mura cittadine oggetto di un vero e proprio -culto, si mantenevano in vita con una continuità che -dalle più remote leggende d'Italia e di Roma fluisce -ininterrotta per tutto il medioevo fino all'età dei Comuni. -</p> - -<p> -Si formò così il principio della pace speciale, che faceva -della città un suolo giuridicamente privilegiato e -aumentava l'importanza sociale di coloro che vi abitavano. -</p> - -<p> -La città aveva conservato lo scheletro suo primitivo: -anzitutto il suburbio, immiserito ed in qualche parte, -magari, deserto, ma sempre ad essa legato ed avvinto -dal bisogno della difesa e dalle necessità del mercato, -era tuttora designato col classico nome delle leggi di -Costantino e delle epigrafi più vetuste, e continuava a -sussistere con l'antichissimo e speciale regime. In secondo -luogo le terre comuni: il titolo giuridico ne era -cambiato; ma ciò, dati i tempi, non modificava la destinazione -e l'indole della loro consistenza giuridica. -</p> - -<p> -La città, infatti, anche nello Stato in cui era discesa -al tempo dei Goti, era pur sempre un organismo non -solo capace di vivere — e lo dimostrò sopravvivendo -all'impeto della conquista — ma di gran lunga superiore -al più valido organismo di governo barbarico. -</p> - -<p> -Come capoluogo del territorio sottoposto alla sua -giurisdizione, essa continuava ad attirare in sè quel po' -di commercio che si poteva tuttora sviluppare e forniva -<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span> -gli oggetti e gli artifici richiesti dalla vita sociale continuando -l'antica tecnica del mestiere; ed accanto a questo -mercato non frequente nè intenso, se ne manteneva -in vita un altro, periodico e settimanale, che non si -estendeva al di là del suburbio, ma che forniva alla città -gli elementi necessari alla sussistenza. -</p> - -<p> -La città doveva inoltre fornire facile ricetto a quei -Langobardi che, nelle nuove condizioni sociali, avevano -perduto le terre guadagnate con la conquista, perchè il -gruppo cittadino, composto di italiani, ad essi non poteva -rifiutar l'ammissione; mentre i beni comuni rimasti -alla città consentivano al nuovo venuto una condizione -di esistenza di gran lunga migliore di qualsiasi lavoratore -della terra. -</p> - -<p> -Anche a questo riguardo avvenne ai Langobardi -quanto era avvenuto per la loro conversione. La città, -composta di elementi cattolici e vinti, fu sottoposta a -tributo insieme col suo suburbio, nei primi tempi dell'invasione -e la ripartizione fra i quartieri di questi tributi, -di cui città e suburbio erano solidalmente responsabili, -spettò ai soli urbani, i quali ne decidevano nella -generale antichissima riunione, che si teneva davanti -alla Chiesa. -</p> - -<p> -Quando la conversione religiosa ebbe cominciato ad -avvicinare un po' i vincitori ai vinti, i Langobardi convertiti -frequentarono, naturalmente, le riunioni in cui si -trattavano gli affari di maggiore importanza della Chiesa -e siccome nello stesso modo e con le medesime forme -si trattavano anche quei pochissimi affari di natura civile, -che erano rilasciati alla cittadinanza dall'autorità -pubblica; così anch'essi si trattarono insieme con gli -altri. -</p> - -<p> -La cosa era resa tanto più agevole dal fatto che la -cittadinanza, fino dal tempo goto, formava un unico -collegio — <i>collegium civitatis</i> — che era composto dei -soli urbani; era cioè una forma associativa rudimentale, -facilmente accessibile alle menti rozze dei Langobardi -e nello stesso tempo arieggiava l'originaria costituzione -<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span> -germanica della <i>marca</i>, in quanto che solo gli urbani -godevano di facoltà sui beni pubblici e sulla cosa pubblica; -così come ai soli commarcani era dall'antico sistema -germanico concesso ogni potere. -</p> - -<p> -I Langobardi, entrando in quest'organizzazione, come -erano entrati nella Chiesa cattolica e cioè individualmente -e alla spicciolata, furono assorbiti da questa come -dall'altra ed in breve stretti dai vincoli della Chiesa, -vennero immedesimati nella città. Tale assorbimento, -aumentando l'importanza della città, faceva sempre più -decadere le antiche ed originarie istituzioni langobarde; -mentre, d'altro canto, l'assemblea generale del regno -era asservita al re e quella locale ridotta solo, mutando -le facoltà originarie, ad amministrare la giustizia, andava -perdendo lentamente anche la ragione di esistere. -</p> - -<p> -Quando con Carlo M. fu istituito lo scabinato, il -maggior vantaggio di questo colpo portato all'antico sistema -langobardo, lo sentì la città, che col privilegio, -stabilito per legge, della nomina degli scabini, ebbe, oltre -l'assemblea per trattare gli affari politici, anche un tribunale -proprio per giudicare le controversie minori; ma -appunto perchè minori più frequenti e quindi più importanti, -fra i suoi componenti. -</p> - -<p> -Entro la città vi era inoltre il rappresentante dello -Stato e lo Stato ha anch'esso cooperato a formare la -costituzione della città — piuttosto negativamente — è -vero, ma la sua azione è innegabile. La riduzione del -concetto di cittadinanza al concetto di urbanitas è la -conseguenza dell'opera germanica nell'elaborazione di -elementi italiani; e il maggiore sviluppo dell'assemblatorio -cittadino si ottiene quando la massa dei Langobardi -gravita in esso aumentandone il peso e l'importanza. -</p> - -<p> -Più difficile è determinare l'importanza reciproca e -la posizione scambievole della chiesa cittadina e della -cittadinanza. -</p> - -<p> -Mentre lo Stato langobardo si sovrappone dovunque -alla città nello stesso modo; la Chiesa si è insediata -<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span> -luogo per luogo, inspirandosi allo stesso fine ma impiegando -mezzi diversi; e le conseguenze di questo -modo di procedere, sensibile a parecchi secoli di distanza, -è stato accompagnato anche da varie cause speciali; -fra le quali, prima di ogni altra, la maggiore o -minore rapidità dei Langobardi a convertirsi e ad entrare -nell'ingranaggio religioso e cittadino. -</p> - -<p> -A Lucca, per esempio, sino dai primi documenti, vediamo -assimilati ai <i>cives</i> anche taluni gruppi di <i>arimanni</i> -che non son certo italiani e accanto ai <i>notarii ecclesiae</i>, -diffusi dovunque, compaiono degli <i>scabini ecclesiae</i> di cui -non si ha traccia altrove, così come altrove non si ha -traccia di un <i>curator</i> investito di carattere ecclesiastico; -nè fuori che a Lucca si trovano dei <i>lociservatores</i> di così -intenso sapore ecclesiastico. -</p> - -<p> -Ma la costituzione lucchese si può considerare, per -certi rispetti, eccezionale. Del resto essa non contraddice -affatto all'asserzione che il primo posto, nella organizzazione -civile, è tenuto dalla cittadinanza. -</p> - -<p> -Esternamente ed apparentemente la Chiesa sembra -avviarsi ad una grande preminenza: riconosciuta al vescovo -la facoltà di cooperare col conte all'amministrazione -della città e ridotto poi quest'ultimo quasi esclusivamente -nella campagna; i re d'Italia prima, gli Ottoni -in seguito fecero del vescovo il caposaldo del loro -governo. -</p> - -<p> -Ma in realtà i vescovi agiscono non come capi di -una diocesi; ma come preposti alla pieve cittadina. E il -loro potere è l'esponente del potere della città. È ad -essa, ai suoi componenti e cioè ai <i>cives</i> che spetta il -primo posto. -</p> - -<p> -Questi <i>cives</i>, isolati dai Goti e dai Langobardi, si stringono -fra loro in un nucleo tenace, che, assorbendo l'elemento -germanico, gli imprime il suo suggello e ne adopera -l'energia a far salire il proprio livello. -</p> - -<p> -I cittadini hanno il proprio notaro, che è l'antico -notaro della città. Al tempo romano era l'attuario delle -curie, perchè nelle curie si raccoglieva il governo cittadino: -<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span> -ora che la città si riduce a nuove condizioni, esso -diviene il notaro dei <i>cives</i>; e accanto a questa istituzione, -che conserva le antiche tradizioni, continuano a vivere -anche altre forme antiche: il <i>curator</i>, con funzioni finanziarie, -il <i>perequator</i>, il <i>racionator</i> etc. -</p> - -<p> -E con i <i>cives</i>, naturalmente, cresce d'importanza la -<i>civitas</i>. -</p> - -<p> -Ma il suo sviluppo ha dei limiti: nelle condizioni -generali dell'agricoltura povera ed abbandonata e nell'impossibilità -da parte dello Stato germanico, di coordinare -le varie energie locali. Questi limiti fecero sì che -l'energia cittadina — energia economica ed energia giuridica — non -si estendesse al di là del suo suburbio. -Così che il regno fu spezzato e rotta l'antica unità del -territorio col suo capoluogo, chè, mentre questo rapidamente -progrediva, quello rimaneva inattivo; mentre nella -città cresceva in potenza l'organo che meglio rispondeva -alla sua organizzazione, e cioè il vescovo: nella -campagna il potere restava affidato agli organi dello -Stato germanico che meglio rispondevano ai bisogni di -un'economia eminentemente terriera. -</p> - -<p> -Quando il movimento ascensionale della città raggiunse -un grado tale da permetterle di avere un magistrato -tutt'affatto proprio — il consolato —; il contado -all'intorno era ancora tutto soggetto alle grandi signorie -laiche, le quali separavano le varie città l'una dall'altra -senza alcuna coesione d'indole generale e superiore. -</p> - -<p> -Così strette da un cerchio economicamente e politicamente -diverso ed ostile, le città svilupparono un diritto -pubblico che s'imperniava tutto sull'appartenenza -non ad un regno ma ad una città e che entro lo stesso -regno contrapponeva città e città, fino ad originare la -rappresaglia; e, siccome il centro di questa organizzazione -restava la città murata, cittadinanza e <i>urbanitas</i> -furono sinonimi. -</p> - -<p> -Era la cittadinanza medioevale ed il nuovo diritto -pubblico italiano. -</p> - -<p> -Ma questo sviluppo non sarebbe stato possibile, se -<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span> -l'energia economica e sociale non fosse stata regolata e -guidata con norme opportune ed appropriate. Ed anche -a questo provvide la città, la quale, specialmente dopo -l'istituzione dello scabinato, elaborò consuetudini e norme -giuridiche proprie, per cui dallo scheletro scarno dell'Editto -si giunse allo studio sistematico del diritto: -alle Pandette. -</p> - -<p> -Mentre il Comune drizza superbo il suo bel gonfalone, -torna a farsi sentire la voce solenne degli antichi -giuristi e l'Italia rinasce a nuova vita. -</p> - -<p> -Così, sia pur in modo imperfetto e sommario, si possono -tratteggiare le vicende della costituzione giuridica -delle nostre città tosco-lombarde. -</p> - -<p> -Da questa ricerca scaturiscono, a mio modo di vedere, -due conclusioni: una d'indole generale, di indirizzo -e di metodo; l'altra, che in parte rientra in questa -e che direi di proporzione. -</p> - -<p> -Quando Roma ebbe con fortuna iniziato quel gran -movimento ascensionale che toccò culmini non più raggiunti, -faro luminoso, centro di ogni specie di attività, -attrasse, costrinse a sè le energie di tutti i territori soggetti -al suo dominio, e la sua lingua, la lingua della -signora di tutto il mondo, fu la lingua dell'universo e -scrittori d'ogni provincia accolsero, coltivarono, perfezionarono -quella che sola aveva dignità di lingua, di -fronte alle altre parlate, che non erano che dialetti: -così come il suo diritto era il diritto per eccellenza e -rétori e poeti, filosofi e grammatici, storici e giuristi furon -tutti dominati dalla sua grande potenza. -</p> - -<p> -Più tardi, quando questa potenza cominciò a decadere, -l'idea grande di Roma non decadde. Non decadde -allora e non sparì in seguito: nemmeno quando il mondo -attonito seppe violate e rotte dall'orda famelica e -disordinata dei barbari tante volte nei secoli percossi -dall'aquila superba, le mura fatali che Annibale, vincitore -di numerose e cruente battaglie, invasore felice di -tre paesi, conquistatore fortunato di quasi tutta l'Italia, -non aveva osato avvicinare. Nemmeno allora sparì: si -<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span> -trasformò. Divenne il più caro, il più santo dei ricordi -e delle tradizioni e fu il termine di paragone delle fervide -menti avide, nel doloroso presente, del ritorno di -un passato luminoso di vittorie e di prosperità, e del -tempo felice in cui l'immensa pace romana copriva del -suo manto maestoso quasi tutto il genere umano. E a -render più saldo questo culto nel tempo in cui la religione -era senza dubbio il conforto maggiore; il dolce -cantor di Virgilio, per divina volontà quasi profeta di -una venuta che doveva trasformare il mondo, legava -con vincoli spirituali sempre più intensi l'antico mondo -al nuovo. -</p> - -<p> -Le antiche tradizioni popolari di giustizia, di diritto, -di tecnica del mestiere, che erano e risalivano al tempo -romano, furono credute — e non tutte lo erano — romane -ed ogni città volle vita ed origine da Roma e da -quelli che in essa raggiunsero fama e splendore; e queste -antiche leggende, queste tradizioni vetuste nel remoto -medioevo furono la vita spirituale delle nostre -città, in cui notai e giudici avevan continuamente sott'occhio -formule e parole d'antichi tempi, e in cui la -Chiesa continuava a parlare al cuore con la voce di -Roma, simbolo superbo di gloria e di redenzione per il -popolo italiano. -</p> - -<p> -Nell'800 un re franco di grande ingegno e di grande -potenza, ma barbaro, non italiano, intese, cingendo in -Roma la corona, di continuare, non di far rinascere — chè -rinasce solo ciò che è morto — l'antico Impero. -</p> - -<p> -Fu un'utopia, ma un'utopia di tal forza che ha vissuto -fino al secolo decimonono, incardinando per secoli -il diritto pubblico dell'Europa intiera: qual prova maggiore -di intensità e di forza per una tradizione? -</p> - -<p> -Di poche diecine d'anni è posteriore il primo documento -a noi noto in cui appaiono i primi segni del differenziarsi -di nuove lingue sul gran fondo comune della -lingua romana e da allora, più intensamente che altrove, -la tradizione di Roma si consolida in Italia; nell'Italia -<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span> -che da Roma e da Roma sola voleva trovar l'origine -per le sue molteplici città. -</p> - -<p> -Queste tradizioni si maturano, si ampliano nei secoli -e sbocciano gloriose nel fulgore delle repubbliche, che -si specchiano in Roma, e che assurgono a nuova civiltà, -fino al trionfo dell'Umanesimo, che ridestò intiera -l'antica gloria. -</p> - -<p> -Anche in seguito, pur spezzata, frazionata, divisa e -sottoposta al dominio straniero, l'Italia sentì la sua unità -nella grande discendenza da Roma: e tutti gli scrittori -di storie locali, che dal cinquecento all'ottocento hanno -illustrato le vicende della propria patria, ne iniziaron le -origini con la discendenza da Roma e da Roma mossero -alberi genealogici e costruzioni sociali. -</p> - -<p> -All'epoca del nostro riscatto, Roma, Roma la grande, -fu contrapposta al barbaro ed all'oppressore e sui campi -cruenti delle battaglie, nell'oscure torture delle prigioni -e dei patiboli, gli esempi di amor di patria dell'antica -Roma sostenevano i forti spiriti dei martiri e degli eroi, -mentre nella bocca e nella mente del popolo l'incitamento -alla vittoria suprema suonava nell'alata parola -del poeta che all'itala madre cingeva il superbo elmo -di Scipio. -</p> - -<p> -Nè gli studiosi della nostra storia giuridica si sottrassero -a questa corrente; troppo compresi della gran -lotta per l'indipendenza per non ricollegare agli antichi -i nuovi oppressori. -</p> - -<p> -Il culto di Roma tocca l'apogeo con Federigo Carlo -di Savigny. -</p> - -<p> -Questo illustre e geniale tedesco, studioso eminente -del diritto di Roma, sentì, guidato sui primi passi dal -genio di un grande, sebbene quasi dimenticato, italiano — Antonio -d'Asti — sentì che quel complesso meraviglioso -di norme, frutto di lunghi secoli e di studî mirabili, -non poteva morire, non poteva esser morto; sentì -che quel paese, ove tanto fuoco aveva per secoli scaldato -le menti, regolato i rapporti, guidate le azioni, doveva, -pur nel più gelido stato, conservarne pure le faville -<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span> -sotto le ceneri; ed ideò una costruzione storica, -per cui il diritto di Roma si manteneva in vita per tutti -i secoli del medio evo, e la costituzione romana, abbattuta -ma non mai estinta, si reggeva pur col passar dei -secoli e delle stirpi, per risorgere a nuova vita, mentre -a nuova vita risorgeva lo studio del diritto all'epoca -comunale. -</p> - -<p> -Fu grande questa concezione e luminosa quant'altra -mai; e il Savigny conta fra gli spiriti vivificatori della -nostra stirpe e del nostro paese; come grandi resultati -portò il metodo storico e giuridico da lui inaugurato. -</p> - -<p> -Ma Roma non è, non è mai stata l'Italia. Questa -tradizione che fa capo a Roma, e a Roma soltanto, deve -ora essere ristretta ai suoi naturali confini; e deve cessare -il metodo che Roma e il diritto romano vuole esclusivamente -cercati nel corso della storia italiana. -</p> - -<p> -Roma rappresenta un'eccezione e come tale, per la -sua immensa importanza, ha e deve avere gli studiosi -della sua storia, della sua costituzione e del suo diritto. -La regola è data dalle altre città ed è la costituzione di -queste città, non affatto quella di Roma, che porge gli -elementi, che sopravvivono al tempo romano e che a -contatto con gli elementi germanici producono un nuovo -periodo storico. Dunque anche questa costituzione deve -aver il suo storico ed il suo studioso e questi deve essere -lo storico non del diritto e della costituzione di -Roma, ma della costituzione e del diritto d'Italia. -</p> - -<p> -Come Roma non è l'Italia, così la costituzione e il -diritto di Roma non sono tutto il diritto italiano. E se -noi vogliamo conoscere la nostra storia dobbiamo sceverar -la storia d'Italia da quella di Roma, tenendo di -questa il debito conto, sì, ma come parte di un tutto -che è nato prima di lei, ha vissuto in modo diverso e -separato da lei e che quando quella è morta — perchè -Roma, come città antica, è veramente morta — non -solo non si è spenta con lei, ma ha fornito gli elementi -e i fondamenti della nuova costituzione. Noi dovremo -studiare il nostro diritto, non soltanto contrapponendolo -<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span> -e distinguendolo da quello degli altri popoli stranieri, -ma anche da quello di Roma stessa. -</p> - -<p> -E valga il vero. -</p> - -<p> -L'Hegel, con una ricerca poderosa, ha troncato il -sogno così caro al Savigny della continuazione delle -antiche curie romane nel consolato medioevale; pochi -anni fa il Solmi ha fatto altrettanto per le corporazioni; -dimostrando che le corporazioni medioevali non si riattaccano -affatto a quelle del tempo romano. -</p> - -<p> -Ma, diciamolo forte, con questo non si apre un baratro -fra l'evo antico ed il medio. La continuazione -esiste ed esiste ugualmente, ma deve essere ricongiunta -alle primi origini della costituzione dell'Italia: dell'Italia, -non di Roma. -</p> - -<p> -Tali almeno le risultanze delle ricerche di questo -studio. E se anche queste resultanze dovessero essere -riconosciute inesatte o completamente errate; altre prove -e più sicure si dovranno portare in suffragio di quest'asserzione. -</p> - -<p> -Quando, abbandonato l'antico preconcetto per il quale -si riteneva che le leggi langobarde dovessero considerarsi -come depositarie del più puro diritto germanico; -se ne intraprese un esame più accurato: apparvero in -esse tracce non dubbie di un diritto che fu detto romano -e giustamente, perchè emanato dagli Imperatori di Roma. -Ma quest'espressione apparve ben presto troppo generica. -</p> - -<p> -Il Nani rilevò che fra il diritto romano puro e l'Editto -langobardo c'era stata una elaborazione della legge romana -che aveva servito di tipo al legislatore langobardo. -Ed il Tamassia, poco dopo, identificava questa elaborazione -intermedia nella <i>Lex Romana Visigothorum</i>, più -comunemente nota col nome di <i>Breviario Alariciano</i>, -che è una riduzione ed un compendio del Codice Teodosiano; -pur mettendo in rilievo che nell'Editto stesso -si trovano tracce, oltre che di diritto visigoto ed ecclesiastico, -anche di diritto giustinianeo e di un diritto che, -sull'esempio del Brunner, chiamò volgare. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span> -</p> - -<p> -E contemporaneamente al Tamassia allo stesso scopo -dedicava profonde e fruttuose ricerche il Del Giudice; -mentre il Calisse dimostrava che il diritto classico italiano -aveva mantenuto la sua fisonomia anche dopo la -legislazione giustinianea, così sulle leggi langobarde come -nei documenti di quel tempo. -</p> - -<p> -Così a proposito della fiera ferita, degli sponsali -sciolti per ingiustificato ritardo di un biennio ad effettuare -le nozze, della perdita totale dell'usufrutto per -parte della vedova passata a seconde nozze, dell'affrancazione -dei servi, delle scritture contrattuali, delle forme -degli atti e del numero dei testimoni, della mancipazione -nella donazione e nella vendita, dell'uso frequentissimo -di dichiarare cittadini romani i servi manomessi, della -fiducia, del testamento, della falcidia. -</p> - -<p> -E il quadro generale fu confermato col resultato degli -studii del Tamassia sull'alienazione degli immobili, sul -testamento del marito, sulla falcidia etc. e di quelli, numerosi, -del Besta; mentre nuovi studii pubblicati e -nuovi documenti messi in luce rivelano nuove tracce -dell'antico diritto italiano, dalla mancipatio al diritto -del passo necessario. -</p> - -<p> -Orbene questo diritto, che qualche volta è stato detto -teodosiano, è più propriamente italiano ed esso deve -essere messo in relazione e completato con tutti gli -altri elementi giuridici conservati dalle consuetudini, -dagli statuti, dai documenti, e da ogni altro materiale, -che ci ha serbato notizia della nostra vita giuridica. -</p> - -<p> -Il Brunner ha chiamato <i>diritto volgare</i> questo diritto, -che considerò come una modificazione, una storpiatura -del diritto romano, per opera di elementi locali. L'espressione -non è esatta e il suo pensiero non ha colto -nel vero. Ciò che a lui parve un fenomeno particolare -ed eccezionale è invece un fenomeno generale e complesso -per il quale le norme giuridiche e le consuetudini -delle varie regioni d'Italia sono state inquadrate -dal diritto romano, ma non soprafatte e annientate. Dal -diritto romano risulta infatti da un lato l'autonomia -<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span> -concessa alle varie regioni italiane — e questo è già -qualche cosa per la storia della costituzione giuridica -dell'Italia — e da un altro — e questo è infinitamente -di più perchè è proprio l'ossatura intima della costituzione -italiana — che le norme e le consuetudini locali -ebbero un'importanza preponderante e devono esser -considerate come l'elemento principale, il quale, nelle -sue varietà regionali, è stato coordinato dal diritto romano, -ma non distrutto. -</p> - -<p> -La distruzione comincia più tardi: quando con la -scuola di Bologna assurge al primo posto il diritto giustinianeo -e questo diritto si diffonde e si applica in -tutta l'Italia. -</p> - -<p> -Storia italiana, dunque, fatta con elementi italiani. -</p> - -<p> -Accettando, poi, almeno nelle linee generali, le conclusioni -delle nostre ricerche si è tratti anche ad una -altra considerazione, pur essa di metodo. -</p> - -<p> -Se la città italiana ha conservato una fisonomia propria -e durante l'epoca langobarda e quella franca è -andata acquistando sempre maggiore importanza e consolidandosi -in un assetto giuridico sempre più completo, -tanto che l'evoluzione è terminata quando sono sbocciati -i Comuni, quando cioè, l'Italia superiore e media -è apparsa costituita di città libere; è chiaro che nè lo -Stato, che ne ha permesso il primo e l'ulteriore sviluppo, -nè la Chiesa, che per un tempo abbastanza lungo, -per mezzo dei vescovi, ha tenuto il governo delle città, -sono state le forze veramente direttive della società -italiana di quel tempo: se avesse prevalso l'autorità -regia, avremmo avuto una costituzione simile a quella -franca; se avesse avuto il predominio l'autorità ecclesiastica, -si sarebbe dovuto finire in qualche cosa di simile -allo Stato della Chiesa. Dunque l'organismo più -potente, l'elemento centrale della nostra storia e della -nostra costituzione è la città. -</p> - -<p> -Orbene se questo è, ne consegue che la città deve -essere considerata come punto di riferimento e di partenza -<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span> -per la risoluzione dei più gravi problemi, che interessano -la nostra storia giuridica. -</p> - -<p> -Tutto il fenomeno storico della nostra costituzione -si svolge intorno ai cardini della città; dunque è la città -che ne è il centro e da questo centro si deve muovere. -</p> - -<p> -Ma dire città val quanto dire elemento laico, elemento -civile, elemento italiano, chè la Chiesa è universale -e lo Stato è rimasto per lunghi secoli straniero. -</p> - -<p> -Auguriamoci che la storia d'Italia la facciano gli -Italiani. -</p> - -<div class="somm"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span> -</p> - -<h2><a id="indice" href="#indfront"> -INDICE</a></h2> - -<table class="indice" summary=""> - <tr> - <td colspan="4" class="center">I. La città romana gota e bizantina.</td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">1.</td> <td><i>L'antica cerchia di Roma primitiva.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Le origini di Roma</td> <td class="pag"><a href="#parte1-1">Pag. 1-4</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il vallo e la fossa</td> <td class="pag"><a href="#Page_4">4-6</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">2.</td> <td><i>La cerchia murata del IV.º secolo av. Cr.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Patres, patres minores e plebei</td> <td class="pag"><a href="#parte1-2">6-9</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Importanza delle mura</td> <td class="pag"><a href="#Page_9">9-10</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">3.</td> <td><i>I mille passus. Determinazione territoriale</i></td> <td class="pag"><a href="#parte1-3">10-12</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">4.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto alle magistrature.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il domicilium</td> <td class="pag"><a href="#parte1-4">12-14</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Condizione giuridica speciale dei beni dei minori situati entro i mille passus</td> <td class="pag"><a href="#Page_15">15</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Esegesi dell'orazione di Severo — sua interpolazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_16">16-17</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Origine della distinzione dei beni in urbani, suburbani e rustici</td> <td class="pag"><a href="#Page_18">18-19</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La fiducia</td> <td class="pag"><a href="#Page_19">19-20</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">5.</td> <td><i>Mille passus, urbs e suburbium.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La preminenza degli urbani</td> <td class="pag"><a href="#parte1-5">20-23</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span></td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">6.</td> <td><i>Differenze fra Roma e le altre città. Pomoerium e continentia aedificia.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Equiparazione dei continentia aedificia al suolo intramurano a Roma</td> <td class="pag"><a href="#parte1-6">23-25</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Carattere eccezionale per Roma di questa equiparazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_25">25-26</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Origine e cause</td> <td class="pag"><a href="#Page_27">27-28</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">7.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto ai plebei.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La plebs extra muros posita</td> <td class="pag"><a href="#parte1-7">28-29</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Esegesi del tit. 55 del lib. XI. del Cod. Giustinianeo</td> <td class="pag"><a href="#Page_29">29-34</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Condizione giuridica di questa plebs</td> <td class="pag"><a href="#Page_34">34-39</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sua importanza come classe sociale</td> <td class="pag"><a href="#Page_40">40</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">8.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto ai beni pubblici</i>. I beni pubblici nel diritto romano. Esame e critica della teoria del Rudorff</td> <td class="pag"><a href="#parte1-8">40-48</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Triplice distinzione di essi fatta dalle fonti</td> <td class="pag"><a href="#Page_49">49-51</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Diritti degli urbani a questo riguardo</td> <td class="pag"><a href="#Page_52">52-53</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">9.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto al culto.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il pagus suburbanus</td> <td class="pag"><a href="#parte1-9">53-55</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">10.</td> <td><i>Città e campagna negli ultimi tempi dell'Impero romano d'occidente.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Trasformazioni del governo della città durante la decadenza</td> <td class="pag"><a href="#parte1-10">55-57</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Riammissione dei plebei prima esclusi</td> <td class="pag"><a href="#Page_58">58-61</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Cause e conseguenze</td> <td class="pag"><a href="#Page_62">62-64</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">11.</td> <td><i>La conquista gota.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il collegium cittadino</td> <td class="pag"><a href="#parte1-11">64-68</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>I beni pubblici</td> <td class="pag"><a href="#Page_69">69</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">12.</td> <td><i>Città e campagna sotto i Bizantini.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sopravvivenza della condizione giuridica della plebs extra muros posita</td> <td class="pag"><a href="#parte1-12">69-71</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span></td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">13.</td> <td><i>Le divisioni territoriali interne della città.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>I quartieri.</td> <td class="pag"><a href="#parte1-13">71-73</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Loro attribuzioni</td> <td class="pag"><a href="#Page_74">74</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Quartieri, corpora e numeri</td> <td class="pag"><a href="#Page_75">75-77</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">14.</td> <td><i>Conclusione.</i></td> <td class="pag"><a href="#parte1-14">77</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="4" class="center">II. La città langobarda-franca.</td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">1.</td> <td><i>Territorium.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Continuazione delle divisioni territoriali civili romane e loro coincidenza con quelle ecclesiastiche</td> <td class="pag"><a href="#parte2-1">79-80</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Eccezioni a questo sistema dovute non a perturbamenti del tempo langobardo ma a preesistenti pagi italiani</td> <td class="pag"><a href="#Page_81">81-83</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">2.</td> <td><i>Suburbium.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La legge di Carlo Magno</td> <td class="pag"><a href="#parte2-2">84</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Traccie e denominazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_84">84-86</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>L'espressione intra civitatem usata nei documenti medioevali per indicare il suburbio e la legge dell'imperatore Costantino</td> <td class="pag"><a href="#Page_87">87-90</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Estensione del suburbio diversa da regione a regione ma sempre antichissima</td> <td class="pag"><a href="#Page_91">91-96</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Condizione giuridica speciale dei suoi lavoratori mantenutasi dal tempo romano</td> <td class="pag"><a href="#Page_97">97-104</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">3.</td> <td><i>Campanea.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Esistenza di un territorio strettamente cittadino</td> <td class="pag"><a href="#parte2-3">104</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sua differenziazione così dal suburbio come dal comitato</td> <td class="pag"><a href="#Page_104">104-109</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sua natura giuridica</td> <td class="pag"><a href="#Page_109">109</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">4.</td> <td><i>Bona publica e arimannie.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Origine e natura delle terre arimanniche</td> <td class="pag"><a href="#parte2-4">109-110</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Esame e critica delle varie opinioni degli scrittori a questo riguardo e specialmente di quella del Checchini</td> <td class="pag"><a href="#Page_112">112-117</a></td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Le famose arimannie mantovane</td> <td class="pag"><a href="#Page_118">118-120</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il <i>publicum</i></td> <td class="pag"><a href="#Page_121">121-122</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">5.</td> <td><i>Il populus cittadino.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sua costituzione resultante dall'unione dell'urbs col suburbium e con la campanea</td> <td class="pag"><a href="#parte2-5">122-123</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Origine e natura di questa unione</td> <td class="pag"><a href="#Page_123">123-126</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>I famigerati populi di Paolo Diacono</td> <td class="pag"><a href="#Page_127">127-132</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">6.</td> <td><i>I suoi elementi: pars ecclesiae, pars publica, cives.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Notarius regis, notarius ecclesie e exceptor civitatis</td> <td class="pag"><a href="#parte2-6">132-134</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>I cives di Verona</td> <td class="pag"><a href="#Page_134">134-136</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Continuazione dell'antico sistema italiano per il quale alla riparazione delle mura e degli edifici pubblici concorrono lo Stato, la Chiesa cittadina e i cittadini</td> <td class="pag"><a href="#Page_136">136-142</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Eccezione fatta a questo riguardo dalla c. d. Legge romana udinese</td> <td class="pag"><a href="#Page_137">137-138</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>I cives di Cremona</td> <td class="pag"><a href="#Page_138">138-145</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">7.</td> <td><i>La Chiesa come istituzione cittadina. La pieve: origine, elementi, sviluppo e modificazioni. Origine della parrocchia a tipo moderno: le chiese cardinali.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Numerosi elementi da cui risulta l'azione della Chiesa e necessità di sceverarli ed esaminarli partitamente</td> <td class="pag"><a href="#parte2-7">145-146</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sistemi di propaganda</td> <td class="pag"><a href="#Page_147">147</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Differenze fra gli ordines officiorum delle varie chiese</td> <td class="pag"><a href="#Page_148">148-150</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Origine, natura ed importanza di queste differenze</td> <td class="pag"><a href="#Page_150">150-152</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La pieve</td> <td class="pag"><a href="#Page_152">152-153</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sua sovrapposizione all'antico pago italiano</td> <td class="pag"><a href="#Page_153">153</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Elementi di questo rintracciabili attraverso la pieve cristiana. Communia, vicanalia e interconciliaricia</td> <td class="pag"><a href="#Page_153">153-161</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Munitio e magistri pagorum</td> <td class="pag"><a href="#Page_161">161-162</a></td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Feriae pagorum</td> <td class="pag"><a href="#Page_162">162-163</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sistema tenuto dalla Chiesa cattolica</td> <td class="pag"><a href="#Page_163">163-166</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La pieve cittadina</td> <td class="pag"><a href="#Page_166">166-175</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Inizio, sul finire del secolo ottavo, della sua differenziazione dalla pieve rurale</td> <td class="pag"><a href="#Page_171">171</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Allargamento del suo territorio. Decima novalium e fondazione di nuove cappelle estendentisi anche ultra suburbii fines</td> <td class="pag"><a href="#Page_171">171-174</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Inizio di una speciale officiatura delle chiese dei santi più venerati</td> <td class="pag"><a href="#Page_175">175-177</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>I decomani milanesi</td> <td class="pag"><a href="#Page_178">178-179</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La chiesa di S. Ambrogio di Milano e il diploma arcivescovile dell'anno 789</td> <td class="pag"><a href="#Page_179">179-180</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Altri privilegi concessi a questa chiesa dall'arciv. Tadone nell'866</td> <td class="pag"><a href="#Page_181">181-183</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Chiese decumane, cardinali e sedali</td> <td class="pag"><a href="#Page_183">183-187</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Le caratteristiche di queste chiese. La parrocchia moderna</td> <td class="pag"><a href="#Page_188">188-189</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Ordo laico e ordo ecclesiastico. Derivazione di quest'ultimo dall'ordo civile del municipio italiano</td> <td class="pag"><a href="#Page_189">189-190</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Ordinarii e ordinarii cardinales</td> <td class="pag"><a href="#Page_190">190-194</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Azione ed intervento dei laici nelle elezioni</td> <td class="pag"><a href="#Page_194">194-198</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La consacrazione. — La consacrazione delle chiese cardinali</td> <td class="pag"><a href="#Page_199">199</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La mensurna divisio dei primi secoli</td> <td class="pag"><a href="#Page_199">199-200</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sua trasformazione da offerta volontaria in collecta obbligatoria</td> <td class="pag"><a href="#Page_200">200-202</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Origine della decima</td> <td class="pag"><a href="#Page_202">202</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Decima franca e decima italiana</td> <td class="pag"><a href="#Page_202">202-206</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il rifacimento degli edifici del culto</td> <td class="pag"><a href="#Page_206">206-207</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Le oblazioni: loro trasformazione da volontarie in obbligatorie</td> <td class="pag"><a href="#Page_207">207-208</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Condizione speciale, a questo riguardo, delle chiese cardinali</td> <td class="pag"><a href="#Page_208">208-209</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>I beni della Chiesa</td> <td class="pag"><a href="#Page_209">209-213</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Le chiese cardinali e l'origine del beneficio ecclesiastico</td> <td class="pag"><a href="#Page_213">213-215</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span></td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">8.</td> <td><i>Il mercato cittadino.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Estensione</td> <td class="pag"><a href="#parte2-8">216-220</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Sistema di scambio</td> <td class="pag"><a href="#Page_220">220-221</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Generi di scambio</td> <td class="pag"><a href="#Page_221">221-227</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Ubicazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_227">227-229</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Azione ed importanza</td> <td class="pag"><a href="#Page_229">229-235</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">9.</td> <td><i>Il centro urbano e la sua natura giuridica.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Urbs, castrum e vicus</td> <td class="pag"><a href="#parte2-9">235-237</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Continuazione dell'antico sistema italiano per il quale le maggiori facoltà erano prerogativa esclusiva degli urbani</td> <td class="pag"><a href="#Page_237">237-244</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Azione della città</td> <td class="pag"><a href="#Page_244">244-246</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Azione del diritto pubblico germanico</td> <td class="pag"><a href="#Page_246">246-247</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Pace romana e pace germanica. Civis romano e urbanus medioevale</td> <td class="pag"><a href="#Page_247">247-249</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">10.</td> <td><i>L'assemblatorio cittadino.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il communi consensu richiesto dalla legge dell'anno 400 per l'alienazione dei beni delle città</td> <td class="pag"><a href="#parte2-10">249-250</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il conventus ante ecclesiam e l'Editto di Rotari</td> <td class="pag"><a href="#Page_250">250-252</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Continuazione dell'antica assemblea degli urbani</td> <td class="pag"><a href="#Page_252">252-253</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il praeceptum dei Piacentini</td> <td class="pag"><a href="#Page_253">253-255</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>L'asamblatorium di Milano</td> <td class="pag"><a href="#Page_255">255</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Asamblatorium, consulatus e origine del Comune</td> <td class="pag"><a href="#Page_255">255-258</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">11.</td> <td><i>L'assemblea regionale longobarda.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Gli antichi anfiteatri romani e il termine parlascium con cui sono indicati nei documenti medioevali</td> <td class="pag"><a href="#parte2-11">258-261</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Traccie della coesistenza di due diverse riunioni in epoca remota</td> <td class="pag"><a href="#Page_261">261-262</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>L'assemblea regionale langobarda</td> <td class="pag"><a href="#Page_262">262-263</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Suo decadimento fino ad esser ridotta ad esercitare una funzione quasi esclusivamente giudiziaria</td> <td class="pag"><a href="#Page_263">263-265</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Riforma di Carlo Magno. Lo scabinato</td> <td class="pag"><a href="#Page_265">265</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Il placito</td> <td class="pag"><a href="#Page_265">265-266</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span></td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">12.</td> <td><i>Azione dell'uno e dell'altra nella costituzione della città.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Elezione degli scabini</td> <td class="pag"><a href="#parte2-12">266-268</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Loro competenza. Il consolato del placito</td> <td class="pag"><a href="#Page_268">268-270</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Assemblatorio e placito</td> <td class="pag"><a href="#Page_270">270</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>La costituzione dell'Italia e quella degli altri paesi</td> <td class="pag"><a href="#Page_271">271-274</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="sp"> </td> - </tr> - <tr> - <td>§</td> <td class="cap">13.</td> <td><i>Le divisioni territoriali interne della città.</i></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Continuazione degli antichi quartieri italiani</td> <td class="pag"><a href="#parte2-13">274-275</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Loro rapporti reciproci e con la città</td> <td class="pag"><a href="#Page_275">275-276</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Costituzione interna</td> <td class="pag"><a href="#Page_277">277</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Importanza</td> <td class="pag"><a href="#Page_277">277-278</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> <td> </td> <td>Compagine della città</td> <td class="pag"><a href="#Page_278">278-280</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3"><i>Conclusione.</i></td> <td class="pag"><a href="#conclusione">281-310</a></td> - </tr> -</table> -<hr /> -</div> - -<div class="footnotes"> - -<h2> -NOTE: -</h2> - -<div class="footnote" id="note1"> -<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>. </span>I dati non discussi sono tolti dalla geniale storia del diritto -romano del nostro <span class="smcap">Bonfante</span> (Milano, 1910) e dalle opere fondamentali -del <span class="smcap">Mommsen</span> e del <span class="smcap">Marquardt</span> (Paris, 1888-93).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note2"> -<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>. </span><span class="smcap">Cuq E</span>. <i>Les institutions juridiques des Romains</i>. Paris. 1891, -pag. 38.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note3"> -<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>. </span>Recenti studi ormai accolti nella scienza (vedili citati in <span class="smcap">Pacchioni</span> -G. <i>Corso di diritto romano</i>, vol. I. Innsbruck 1905 pag. 6) hanno -dimostrato come sia erronea l'opinione comune, fin qui dominante, -che trovava il significato originario di <i>pater</i> in vincoli di parentela. -Questo senso è anzi completamente da escludersi: i resultati etimologici -danno la sola ed unica idea di dipendenza.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note4"> -<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>. </span>Cfr. la nota di <span class="smcap">N. Tamassia</span> nella <i>Rivista Italiana per le -Scienze Giuridiche</i> vol. XXII a. 1896 pag 870 e segg., le cui conclusioni -sono accettate anche dallo <span class="smcap">Schupfer</span> (<i>ibid</i>. vol. XXXV a. 1903, -pag. 13).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note5"> -<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>. </span><span class="smcap">Pais</span> E. <i>Storia di Roma</i>, vol. I, parte I. Torino 1898, pag. 218 -e segg. e 268 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note6"> -<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>. </span>Cfr. <i>De Marchi A</i>. <i>Ricerche intorno alle insulae o case a pigione -di Roma antica</i> in Mem. del R. Ist. Lomb. classe lett. sc. -stor. e mor. 1891 ser. III vol. XVIII-IX pag. 244.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note7"> -<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>. </span>È merito del <span class="smcap">Niebuhr</span> (<i>Vorträge über röm. Alterthümer</i> 1858, -pag. 168 e segg.) aver pensato per il primo che l'«ambitus» fosse prescritto -per non funestare, quando c'era un morto, la casa del vicino.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note8"> -<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>. </span><span class="smcap">Pais</span> <i>loc. cit.</i> pag. 217.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note9"> -<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>. </span>Ritengo non accettabile la teoria che ha tentato di mettere il -mito dell'uccisione di Remo in relazione con l'obbligo della difesa -della città contro il nemico a cui il passaggio non deve esser possibile -che vinto e sotto le forche caudine, e ciò perchè le forche consistendo -in una lancia posta trasversalmente su altre due infisse in -terra viene a riprodurre simbolicamente la rappresentazione di una -porta e si lega dunque a questa. -</p> - -<p> -Si può osservare in contrario anzitutto che il culto delle mura, -come ho detto, è posteriore a quello della fossa e del vallo; poi che -numerose leggende lumeggiano la difesa della città; e, infine, l'esistenza -di anteriori gruppi vicinali fuori del vallo stesso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note10"> -<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>. </span>Tramandataci da <span class="smcap">Gellio</span> XIII, 14.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note11"> -<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>. </span>Ciò è tanto vero che nel caso in cui manchino magistrature -patrizie, l'«jus auspiciorum» ritorna ai «patres». Cfr. <span class="smcap">Willems P.</span> -<i>Le droit public romain</i>. Louvain 1883 pag. 240 e pag. 293. -</p> - -<p> -Del resto insieme con i discendenti degli antichi «patres» entravano -a far parte dei patrizi anche talune delle principali famiglie -nemiche vinte, alle quali si concedevano subito la piena cittadinanza -ed il diritto agli onori. Il <span class="smcap">Pais</span> (<i>ibid</i>. I. 2. pag. 293) dimostra che tale -procedimento si seguì con i Nomentani, con gli Aricini, con i Lanuvini, -con i Pedani etc. -</p> - -<p> -E questo spiega anche — a mio credere — perchè nella lunga -lotta delle origini invece che schiatte, genti o tribù emergano contrapposti -i due soli elementi dei patrizi e dei plebei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note12"> -<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>. </span><span class="smcap">Pais</span> <i>loc. cit.</i> I. 1. pag. 331 e I. 2. pag. 341 nota.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note13"> -<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>. </span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. I. 2. pag. 207-8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note14"> -<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>. </span><span class="smcap">Bonfante</span> P. <i>Diritto romano</i>. Firenze, Cammelli 1900. special. -pag. 157 in cui sono raccolti i resultati di numerosi suoi lavori, diretti -a chiarire questo punto importantissimo del diritto di Roma.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note15"> -<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>. </span>Il <span class="smcap">Cutrona</span> (Circolo Giuridico 1904, pag. 218-228), in una sua -indagine sulla proprietà agnatizia in Roma, sostiene che i diritti dei -«filii familias» siano dei diritti riflessi a nessuno dei quali è data in -tutela un'azione diretta: non che il figlio, nessuno, per esempio, avrebbe -azione per impedire al padre di spogliare i suoi discendenti; -indirettamente, però, l'assemblea, tutelando gli interessi della collettività, -provvede agli interessi di questi figli. Ma, a parte l'esattezza -di alcune comparazioni con altri popoli primitivi, il <span class="smcap">Cutrona</span> si limita -a mettere in luce il fatto, facilmente comprensibile, che l'organo tutore -della collettività protegge indirettamente anche quei componenti -che, pur non essendo con essa in immediato contatto, fanno parte -integrante e vitale del nucleo sociale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note16"> -<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>. </span>Il <span class="smcap">Mommsen</span>, <i>Disegno del diritto pubblico romano</i> trad. <span class="smcap">Bonfante</span> -Milano, 1895 pag. 33, trova ozioso avanzar delle congetture sul -rapporto tra le case di città in possesso privato e la partecipazione -dei loro possessori agli agri gentilizi. A prescindere dal riflesso germanistico -dell'idea della sors barbarica, che sembra inspirare questa -frase, mi pare indubbio che il problema debba esser impostato diversamente. -Nè la casa privata nè la partecipazione agli agri gentilizi -sono elementi fondamentali di paragone: quella non ha valore -se non in quanto custodisce e conserva i sacra; questa non è che una -delle conseguenze, e forse non la maggiore, dei benefici che risentono -coloro che formano l'assemblea deliberante dello Stato, per partecipare -alla quale è necessaria la proprietà di quella determinata casa.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note17"> -<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>. </span><i>Festo</i>. 247: Patres.... agrorum partes attribuerant tenuioribus -ac si liberis suis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note18"> -<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>. </span>Inquilinus — dice il <span class="smcap">De Marchi</span> <i>loc. cit.</i> pag. 288 nota 28 — sta -a «incola» come «libertus» sta a «libertinus» e si usò prima -forse come contrapposto ad «exquilinus» ossia abitante delle «exquiliae» -cioè della parte unita a Roma solo posteriormente. E ci si -avvicina a Festo che definisce l'«inquilinus», come colui «qui eumdem -colit focum vel eiusdem loci est cultor». L'unica idea contenuta -nell'etimologia della parola è quella del domicilio. Infatti così l'«inquilinus» -come l'«exquilinus» sono del pari esclusi dalla partecipazione -alla vita pubblica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note19"> -<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>. </span><span class="smcap">Dallari G</span>. <i>Le nuove dottrine contrattualiste intorno allo Stato, -al diritto ed alla società</i>. Modena 1901. — <span class="smcap">Id</span>. <i>Il nuovo contrattualismo -nella filosofia sociale e giuridica</i>. Torino 1911.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note20"> -<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>. </span>La derivazione di <i>moenia</i> da <i>munera</i> mostra quanto ne dovevano -esser gravosi la costruzione e il mantenimento.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note21"> -<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>. </span><i>Praetor</i> indica veramente il capo dell'esercito, ma questo non -è costituito che dai cittadini.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note22"> -<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>. </span><span class="smcap">Willems</span> <i>loc. cit.</i> pag. 48.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note23"> -<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>. </span><span class="smcap">Pacchioni</span> <i>loc. cit.</i> pag. 105-107.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note24"> -<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>. </span><span class="smcap">Zdekauer L</span>. <i>Mille passus e continentia aedificia</i> in <i>Bullettino -dell'Istituto di Dir. Romano</i>, vol. II fasc. VI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note25"> -<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 154.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note26"> -<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>. </span><i>Ibid</i>. XXVII. l. 13. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note27"> -<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>. </span><span class="smcap">Bonfante P</span>. <i>La progressiva diversificazione del diritto pubblico -e privato in Riv. Ital. di Sociol</i>. 1902.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note28"> -<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>. </span>r. XCI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note29"> -<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>. </span>r. XVII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note30"> -<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>. </span><span class="smcap">Pacchioni</span> <i>loc. cit</i>. pag. 189-90.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note31"> -<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>. </span>Dalla legge di Costantino del 346 (<i>Cod. Theod</i>. X. 8. 4) confrontata -con l'altra di Arcadio e Onorio del 395 (<i>Ibid</i>. X. 9. 2) e -con quella di questi due imperatori del 400 (<i>Ibid</i>. XI. 20. 3) si rileva -che solo in quest'anno i «praedia urbana» cominciarono a pagare -la <i>tertia</i> che consisteva nel pagare ogni tre anni il reddito di un -anno intiero.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note32"> -<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>. </span><i>Dig</i>. XXVII. 9. leg. 1. § 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note33"> -<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>. </span>È tipica la disposizione del <i>Cod. Theod.</i> XII. 11. 1. riportata anche -nel <i>Cod. Just.</i> XI. 32. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note34"> -<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>. </span><i>Cod. Iust</i>. V. 37. 22.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note35"> -<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 198.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note36"> -<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>. </span>Da Plinio (N. H. XIX. 19. 50) sappiamo che «in duodecim -tabulis legum nostraram nusquam nominatur <i>villa</i>: semper in significatione -ea <i>hortus</i>, in horti vero <i>heredium</i>». Da questo passo, oltre -la conferma della forza dell'immobile ereditario nella costituzione -di Roma, si vede come fossero privi di ogni importanza i beni lontani -dalla città (<i>villae</i>); mentre invece tutto si basava sulle terre -entro la città stessa o nella sua immediata vicinanza (<i>horti</i>): vicinanza -determinata dai «mille passus». Infatti <i>nei quis</i>, dicono le -antiche norme (cfr. Bullettino della Commissione Archeologica Comunale. -XII. Roma. 1884. pag. 59) <span class="smcap lowercase">INTRA TERMINOS PROPIUS URBEM</span> -<i>ustrinam fecisse velit neive stercus cadaver inserisse velet</i>. -</p> - -<p> -È da notare l'uso dell'avverbio <i>intra</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note37"> -<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>. </span>Tale significato è dimostrato dalla legge tarentina che chiama -«domicilium» l'edificio coperto di tegole.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note38"> -<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>. </span>Infatti, secondo <span class="smcap">Festo</span>, <i>loc. cit.</i> i sobborghi sono «continentia -aedificia itineribus regionibusque distributa, nominibusque dissimilibus -dispartita».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note39"> -<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>. </span><i>Mille passus cit.</i> pag. 281-82.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note40"> -<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>. </span>Hermotino 24.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note41"> -<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>. </span><i>Corp. Inscr. Latin.</i> VIII. 1641.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note42"> -<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>. </span><span class="smcap">Guerin V</span>. <i>Étude sur l'île de Samos</i>. Paris, 1856 pag. 213.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note43"> -<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 239. § 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note44"> -<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>. </span><i>Magistratus qui</i> <span class="smcap lowercase">INTRAMURANUS</span> <i>non est nec</i> <span class="smcap lowercase">URBANUS</span>, <i>etiamsi -administrator eius Romae est, ad urbem dicitur</i>. (<i>In</i> IV. <i>Verr</i>. 6. riportata -dal <span class="smcap">Forcellini</span>). Questo passo è da riconnettesi all'altro, pure -di <span class="smcap">Asconio</span> (<i>in C. Verrem</i>. II. 2. 817. ed. <span class="smcap">Orelli</span>. <i>Cicero</i>. V. pag. 208) -<i>«Statim Romae et ad urbem»</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note45"> -<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>. </span><i>Corp. Iscr. Lat.</i> V. 5446, 5447.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note46"> -<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>. </span><i>Ibid</i>. pag. 565.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note47"> -<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>. </span><i>Si melioribus viris</i> (dice <span class="smcap">Simmaco</span>. <i>Ep</i>. X. 37) <span class="smcap lowercase">OFFICIA INTRAMURANA</span> -<i>mandetis</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note48"> -<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>. </span><i>Corp. Iscr. Lat.</i> II. 2428. Bracaraugusta. — <i>Sodalicium Urbanorum. -D. S. F. C.</i> — <i>Ibid</i>. II. 3244. — D. M. S. <span class="smcap">Hi</span> (sic) <span class="smcap">jacet Laetus -annorum XXV pius in suis</span> <i>collegium urbanum</i> <span class="smcap lowercase">EI POSUIT</span> etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note49"> -<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>. </span><span class="smcap">Orelli</span>. 110. — <span class="smcap">M. Herennio M. F. Picenti Cos</span> (an. di Roma -720) <i>Municipes</i> <span class="smcap">Municipi Augusti</span> <i>Intramurani</i> <span class="smcap">Patrono</span>. <i>Id.</i> 3706. — <span class="smcap">Cn. -Caezio Ath[icto] Aalecto inter C[entum]viros (ob) Pietatem Ex -M[unificentiam] eius [e]rga Divinam</span> (et) <span class="smcap">Municipum Augusti Veios -[Ce]ntumviri et Seviri et Augustales et</span> <i>Municipes</i> [<i>In</i>]<i>tra. Murani</i> -<span class="smcap lowercase">EX AERE QUOD (IN) ORCHESTRA CONLATUM EST [LU]DIS QUOS FECERUNT</span> -<span class="smcap">[V]ergilius Cogitatus [I]ulius Senecio II viri</span>. -</p> - -<p> -<i>Corp. 1. Lat.</i> X. 5060. — <span class="smcap">P. Tettio Pf. Rufo Fontiano</span>. — Q. Tr. -<span class="smcap">Pl. Pr.</span> <i>Altinates urbani</i>. — <i>Patrono D. D.</i> -</p> - -<p> -<i>Ibid</i>. IX. 1475. (Ligures Baebiani). — <span class="smcap">L. Irvinio A.</span> ... <i>civis urbanus</i>. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Ibid</span>. IX. 982. (Compsa). — <span class="smcap">Apriscius Porrenda — curaverunt -cuius — dedicatione decuri — onibus singulis V.</span> — <i>populo intramurum -morantibus</i> X <span class="smcap lowercase">SINGULOS</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note50"> -<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>. </span><i>Ibid. Addit</i>. XI. 6257 (Aquilonia). — <span class="smcap">M. Lucceius C. F. IiiI vir -aed. pot. piscinam purgandam et loricam imponendam de</span> <i>urbanorum -opereis coeravit</i>. -</p> - -<p> -Cfr. anche IX. 3188. Anche la legge della colonia giulia genitiva -(rub. 98) mostra che gli edili presiedevano alle opere pubbliche, ma -mentre secondo essa a tali opere era obbligato chiunque «intra eius -coloniae fines domicilium praediumve habet», qui al contrario sono -obbligati soltanto gli <i>urbani</i>, cioè quelli che abitano entro le mura.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note51"> -<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>. </span><i>Corp. 1. Lat.</i> IX. 2855 (Histrium). — <span class="smcap">Huic ... (M. Baebis ... -Svetonio Marcello) ... decuriones funus publicum statuam equestrem -clipeum argenteum locum sepulturae decreverunt et -urbani statuam pedestrem.</span></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note52"> -<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>. </span><i>Corp. I. Lat.</i> IX. 2835. — <span class="smcap">Herculi ex voto aram L. Scantius -L Lib. Modestus VI vir Mag. Larium August. Mag.</span> <i>Cerialium -Urbanorum.</i> <span class="smcap">L. d. d. d.</span> — Addirittura tipico è il caso dell'iscrizione -di Aventicum (cfr. <i>Inscr. Helvet.</i> 155).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note53"> -<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>. </span>A Rimini, per esempio, al tempo della colonia romana esistevano -tutti e quattro i borghi corrispondenti alle quattro porte. Cfr. -<span class="smcap">Tonini L.</span> <i>Rimini avanti il principio dell'era volgare.</i> Rimini, 1848, -pag. 75. E gli esempi si potrebbero addurre numerosi a dismisura. -Costrettovi dall'economia del lavoro non ho potuto dare che un -cenno fugacissimo di questo fatto, completamente ignorato dagli -storici di Roma e del suo diritto, quantunque di importanza fondamentale: -mi riservo di tornarci con maggiore ampiezza in una trattazione -a parte per la quale ho già raccolto molto materiale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note54"> -<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>. </span>Altre ragioni, oltre quelle dello Zdekauer, si possono addurre -contro l'opinione mommseniana. -</p> - -<p> -Il pomerio è un luogo sacro — effato — non perchè sia dentro le -mura, ma perchè è dentro il cerchio dei mille passi i quali costituiscono -un limite sacrale determinato così esattamente che entro di -esso ci sono i cittadini: fuori gli altri. -</p> - -<p> -Il <span class="smcap">Manenti</span> — <i>Jus ex scripto e jus ex non scripto</i> — in <i>Studi Senesi</i> -1906 vol. I pag. 247-48 — studiando la genesi dell'«jus civile», ha -affacciata l'ipotesi che il diritto della «civitas» sia stato considerato -come l'«jus proprium civitatis» in contrapposto non al diritto di -altri popoli, ma ai costumi gentilizi dei gruppi antecedenti alla «civitas» -romana e cioè in contrapposto al diritto primitivo di quei complessi -tribali e gentilizi di stirpe diversa dai quali fu composta -l'«urbs». Io accedo in linea generale alla sua opinione; ma ritengo -indispensabile limitarla nel tempo alla costruzione delle mura e nello -spazio ai «mille passus», che chiudevano i varii elementi nell'ambito -preciso di un formidabile crogiuolo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note55"> -<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>. </span><span class="smcap">Detlefsen.</span> <i>Das Pomerium Roms und die Grenzen Italiens</i>. Hermes. -1886 XXI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note56"> -<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>. </span><span class="smcap">Uelsen H.</span> <i>Das Pomerium Roms in der Kaiserzeit.</i> Hermes. -XXII, 1887.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note57"> -<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>. </span><span class="smcap">Nissen E.</span> <i>Die Stadtgründung der Flavier</i> — Rheinisches Museum. -XLIX. 1894.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note58"> -<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>. </span><span class="smcap">Merlin A.</span> <i>A propos de l'extension du pomerium par Vespasien.</i> -in Mélanges d'archéologie et d'histoire. XXI, 1901. 1-2. pag. 97-115.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note59"> -<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>. </span><span class="smcap">Zdekauer</span> <i>loc. cit.</i> pag. 288.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note60"> -<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>. </span><i>Dig</i>. L. XVI. 87.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note61"> -<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>. </span><span class="smcap">Willems</span> <i>loc. cit.</i> pag. 360.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note62"> -<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>. </span><i>Ann</i>. lib. XII. cap. XXIII-XXIV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note63"> -<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>. </span>Era una tradizione cara ai romani e facilmente spiegabile con -l'autorità del condottiero che per le sue conquiste avesse meritato -l'onore del trionfo. Per questo è accolta da <span class="smcap">A. Gellio</span> (<i>loc</i>. e <i>ed</i>. -cit. XIII. 14.), da <span class="smcap">Vopisco</span> (<i>Vita Aureliani</i>, 21.) e anche da <span class="smcap">Dione -Cassio</span> nella sua storia (LIII. 2); ma dal fatto che allargare il pomerio -cittadino era permesso soltanto a chi avesse allargato i confini -dell'impero, non ne consegue che a <i>tutti</i> quelli che avevan fatto -delle conquiste spettasse <i>di diritto</i> tale facoltà; e tanto meno poi -che i limiti del pomerio si allargassero, quasi direi, automaticamente, -coll'allargarsi dei confini.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note64"> -<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 147.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note65"> -<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 238.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note66"> -<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>. </span><i>Ibid</i>. L. 2. 7. 52.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note67"> -<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> Nov. dell'a. 445 al PP. Albino.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note68"> -<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>. </span><i>Instit</i>. I. II. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note69"> -<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>. </span>cfr. <span class="smcap">Karlowa</span>. <i>Römische Rechtsgeschichte</i>. Leipzig 1885 pag. 708 -e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note70"> -<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>. </span><i>Dig</i>. L. 4. 4 § 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note71"> -<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>. </span>Il <i>Cod. Theod.</i> XI. 11. 1. dice «forte».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note72"> -<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>. </span>Il <i>Cod. Theod.</i> ibid. dice «ultimo subiugetur extio».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note73"> -<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>. </span>Le parole fra parentesi sono quelle della legge di Valentiniano -e Valente non accolte nel codice giustinianeo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note74"> -<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>. </span><i>Cod. Iust.</i> X. 10. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note75"> -<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>. </span><i>Cod. Iust.</i> I. 47. Cfr. <span class="smcap">Liebenam</span>. <i>Städteverwaltung im römischen -Kaiserreich</i>. Leipzig 1900, pag. 93 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note76"> -<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>. </span>VIII. 5, 15, 24, 36, 65, 35, 53, 60, 34, 65, e XII. 16. 1. Per i -<i>mancipes balneorum et salinarum</i> cfr. <i>Cod. Theod.</i> XI. 20. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note77"> -<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>. </span>I <i>mancipes</i> o <i>praepositi</i> non possono essere presi <i>ab ordine</i> -(curia) <i>nec a magistratibus</i> (<i>duumviri</i>), ma preferibilmente devono essere -scelti fra i veterani che ne siano degni e si mostrino idonei. -<i>Cod. Iust.</i> XII. 41. 7. in cui è riportata la disposizione di Onorio -e Arcadio dell'a. 400 (<i>Cod. Theod.</i> VIII. 5. 84).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note78"> -<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>. </span>Fu istituito da Augusto, ma più tardi assunto a spese dello -Stato da Nerva e Traiano, cfr. <span class="smcap">Bonfante P.</span> <i>Storia cit.</i> pag. 449. e -<span class="smcap">Hirschfeld O.</span> <i>Untersuchungen auf dem Gebiete dev röm. Verwaltungs -Geschichte</i>. — Berlin, 1876. pag. 98-108.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note79"> -<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>. </span><span class="smcap">Marquardt I.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 132 e segg. a cui son da aggiungere -le numerose notizie date da Gotofredo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note80"> -<p><span class="label"><a href="#tag80">80</a>. </span>Patrimoniorum autem munera duplicia sunt: nam quaedam ex -his muneribus possessionibus sive patrimoniis indicuntur, veluti agminales -equi, vel mulae, et angariae atque verhedi. Dice Arcadio Charisio. -<i>Dig.</i> IV. 4. 18 § 21.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note81"> -<p><span class="label"><a href="#tag81">81</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> VIII. 5. 1. Con Giustiniano solo per i coloni rimane -in vigore la legge di Onorio e Teodosio per la quale «colonos -munquam tìscalium nomine debitorum ullius exactoris pulsit -intentio». <i>Cod. Iust.</i> XI. 47. 15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note82"> -<p><span class="label"><a href="#tag82">82</a>. </span><i>Ibidem</i> II. 30. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note83"> -<p><span class="label"><a href="#tag83">83</a>. </span><i>Cod. Iust.</i> X. 24. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note84"> -<p><span class="label"><a href="#tag84">84</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Gotofredo</span> nel commento alla leg. 4. tit. 5. libro VII. <i>Angaria</i> -nel cod. teod. (cfr. VI. 39. 2 e 5; e VIII. 5. 23) indica propriamente -il servizio di trasporto fatto con carri tirati da buoi (due paia, -secondo le disposizioni di Costantino, andate, però, assai presto in -disuso): mentre la <i>rheda</i> era tirata da 8 mule nell'estate e da 10 -nell'inverno e il <i>birotum</i> da tre (<i>Cod. Theod.</i> VIII. 8. 5. e <i>Cod. Iust.</i> -VIII. 5. 3.). E tale si mantiene anche dopo: cfr. <i>Cod. Iust.</i> I. 2. 11 -nov. XVII. 9 e nov. CXXVIII. 22 e il passo di <span class="smcap">Procopio</span> (<i>Historia -arcana</i> XXIII) riportato dal <span class="smcap">Leicht</span> nei suoi <i>Studi sulla proprietà -fondiaria nel medio evo</i>. II. <i>Oneri pubblici e diritti signorili</i>. Verona -Padova. Drucker. 1907. pag. 46 nota 2. -</p> - -<p> -<i>Parangaria</i> era l'angaria prestata su una via diversa da quella -pubblica ed in cui mancavano le «stationes» a distanze determinate -e regolari. -</p> - -<p> -A questo «cursus clabularis» prestavano gli animali i provinciali -(<i>Cod. Iust.</i> VIII. 5. 2, 5, 22.) mentre al cursus davano solo le <i>operae</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note85"> -<p><span class="label"><a href="#tag85">85</a>. </span><i>Cod. Iust.</i> XI. 48. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note86"> -<p><span class="label"><a href="#tag86">86</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> 14. 1. XI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note87"> -<p><span class="label"><a href="#tag87">87</a>. </span><i>Ibidem</i> leg. 26.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note88"> -<p><span class="label"><a href="#tag88">88</a>. </span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i> pag. 10-11.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note89"> -<p><span class="label"><a href="#tag89">89</a>. </span>Questa <i>conlatio equorum</i> si faceva «pro rerum necessitate, ut -instrueretur usus armorum, castrensi usu efflagitante» (cfr. <i>Paratitl.</i> -di <span class="smcap">Gotofredo</span> lib. XI. 16.) ed era ben differente dal <i>cursus publicus</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note90"> -<p><span class="label"><a href="#tag90">90</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> XI. 17. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note91"> -<p><span class="label"><a href="#tag91">91</a>. </span>Così <span class="smcap">Schulten A.</span> <i>Die römischen Grundherrschaften eine agrarhistorische -untersuchung</i>. Weimar. 1896. pag. 2-12. -</p> - -<p> -Però la rigidità delle sue asserzioni deve esser limitata dalle -giuste riserve che fanno l'<span class="smcap">His.</span> <i>Die domänen der römischen Kaiserzeit.</i> -Leipzig. 1896. pag. 115-117 e <span class="smcap">Beaudoin E.</span> <i>Les grands domanes -dans l'empire romain d'après des travaux recents</i>. Nouv. Rev. Histor. -de droit franc. et étrang. 1907. e segg. pag. 549 e segg. e <span class="smcap">Savagnone -F. G.</span> <i>Le terre del Fisco nell'impero romano</i>. Palermo. 1902. cap VI. -pag. 188 e segg. e cap. IV. pag. 758 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note92"> -<p><span class="label"><a href="#tag92">92</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Vassalli F. E.</span> <i>Concetto e natura del Fisco</i>. Estr. <i>Studi -Senesi</i> vol. XXV sopra tutto § 5, pag. 27-31 in cui studia la formazione -del fisco imperiale e la sua individualizzazione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note93"> -<p><span class="label"><a href="#tag93">93</a>. </span><span class="smcap">Vassalli</span> <i>loc. cit.</i> ritiene che anche il concetto di fisco indichi -semplicemente una personalità di diritto privato ed ha ragione in -linea generale; ma una più esatta valutazione dell'elemento giurisdizionale -non soltanto esterno — l'unico che egli abbia considerato — cfr. -pag. 57 e 58, — ma anche interno, avrebbe ridotto questo concetto -ai suoi giusti limiti e ne avrebbe mostrato la rapida compenetrazione -di elementi pubblici e come non sempre esso si presenti quale -persona giuridica di diritto privato. Cfr. infatti <span class="smcap">Leicht</span> <i>loc. cit.</i> pag. -29-32.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note94"> -<p><span class="label"><a href="#tag94">94</a>. </span><i>Dig.</i> L. 6. 5 § 11. Coloni Caesaris a municipalibus muneribus -liberantur ut idoneiores praediis fiscalibus habeantur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note95"> -<p><span class="label"><a href="#tag95">95</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> I, 32. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note96"> -<p><span class="label"><a href="#tag96">96</a>. </span>Con questi coloni sono completamente assimilabili i coloni <i>homologi — Cod. -Th.</i> XI. 24. 6. <i>more gentilitio adscripti vicis</i> — non -quelli <i>adscripti dominis</i> — con le donne dei quali Valentiniano e -Valente proibirono nel 370 ogni connubio (<i>ibidem</i> III. 1. 24) e che -essendo barbari, <i>gentiles</i>, erano addetti alla difesa dei valli e dei -fossati, avevano in compenso una terra da coltivare a certi patti: -oppure con certe condizioni — more gentilitio — veniva loro affidata -dallo Stato, al quale appunto corrispondevano le imposte, una terra -da coltivare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note97"> -<p><span class="label"><a href="#tag97">97</a>. </span>XI, 7. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note98"> -<p><span class="label"><a href="#tag98">98</a>. </span><i>Loc. cit.</i>, pag. 10-11.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note99"> -<p><span class="label"><a href="#tag99">99</a>. </span>Con questa legge concordano e si coordinano la leg. ult. de -executor, et exactor, la leg. 31 de annona et tributis e la leg. 186 de -decurionibus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note100"> -<p><span class="label"><a href="#tag100">100</a>. </span>Oltre il notissimo passo di <span class="smcap">Frontino</span> <i>ed</i>. <span class="smcap">Lachmann</span> pag. 53, 7. -«Habent autem in saltibus privati non exiguum populum plebeium -et vicos circa villam»; cfr. <span class="smcap">Schulten A.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 45-46.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note101"> -<p><span class="label"><a href="#tag101">101</a>. </span>Quei <i>tributarî</i> di cui parla la legge giustinianea sono i discendenti -di quelli che nella legge teodosiana son detti possessori e nel -rifacimento tribonianeo sono chiamati <i>rusticani</i>. E contemporaneamente -comincia un lento moto di progressivo elevamento che si -compie dal basso per il quale i coloni si trasformano in enfiteuti. -Cfr. <span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Storia del diritto italiano</i>. Milano. 1909. pag. 89. Io -condivido l'opinione del <span class="smcap">Fustel de Coulanges</span>. <i>Histoire des institutions -politiques de l'ancienne France</i>. Paris. 1889. pag. 601 che on -appellait <i>tributarii</i> dans la langue du quatrième siècle, les hommes -qui coltivaient le sol sans en avoir la propriété et sous condition -d'en payer une redevance. -</p> - -<p> -A torto <span class="smcap">F. Thibault</span>. <i>L'impôt direct dans les royaumes des Ostrogoths, -des Wisigoths et des Burgundes</i>. Nouv. Rev. Hist. de droit franc. -et étr. XXVI. 1902. ritiene che la parola «tributarius» della leg. 12. -<i>Cod. Just.</i> XI, 48 (servos, vel tributarios, vel inquilinos apud dominos -suos volumus remanere) indichi solamente i coloni: essa indica tutti -quei «residentes in terra aliena» che non erano servi o inquilini: i -coloni ne formavano la massima parte, non la totalità. E a minor ragione -egli ricorda a questo proposito i passi di Cassiodoro nei quali -«tributarius» indica colui che paga il «tributum» ossia il possessor. -Quello è un rapporto di diritto privato: questo di diritto pubblico. -Invece mostra giustamente la discendenza diretta del «tributum» -pagato dai coloni nel secolo ottavo, dal «tributum» dei <i>possessores</i> -romani. <span class="smcap">Thibault. F.</span> <i>L'impôt direct et la propriété foncière dans le -royaume des Lombards</i>. Nouv. Rev. Hist. XXVIII. 1904 pag. 181, 82.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note102"> -<p><span class="label"><a href="#tag102">102</a>. </span>Lo mostra chiaramente il tit. del Digesto <i>De officio Procuratoris -Caesaris vel Rationalis</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note103"> -<p><span class="label"><a href="#tag103">103</a>. </span><span class="smcap">Marquardt I.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 116 e <span class="smcap">Vassalli</span> <i>loc. cit.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note104"> -<p><span class="label"><a href="#tag104">104</a>. </span><span class="smcap">Böcking.</span> <i>Notitia dignitatum utriusque imperii.</i> Bonnae. 1839.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note105"> -<p><span class="label"><a href="#tag105">105</a>. </span><span class="smcap">Bonfante P.</span> <i>Manuale cit.</i> pag. 511.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note106"> -<p><span class="label"><a href="#tag106">106</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Windscheid</span> trad. ital. I. § 146 n. 15 e indicazioni ivi -citate.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note107"> -<p><span class="label"><a href="#tag107">107</a>. </span><span class="smcap">Rudorff F.</span> <i>Gromatische Institutionen.</i> Berlino. 1852. pag. 393 -e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note108"> -<p><span class="label"><a href="#tag108">108</a>. </span><span class="smcap">Brugi B.</span> <i>Dei pascoli accessori a più fondi alienati</i>, in Archivio -Giur. F. Serafini. 1886. XXXVIII. 1-2. <span class="smcap">Id.</span> <i>Dei pascoli comuni nel -diritto romano germanico e italiano</i>, in appendice al Comm. delle Pandette -del <span class="smcap">Glück</span> VIII. pag. 42.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note109"> -<p><span class="label"><a href="#tag109">109</a>. </span><span class="smcap">Roberti M.</span> <i>Dei beni appartenenti alle città dell'Italia Settentrionale -dalle invasioni barbariche al sorgere dei comuni</i>, in Archiv. -Giur. 1903. LXX. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note110"> -<p><span class="label"><a href="#tag110">110</a>. </span><span class="smcap">Calisse C.</span> <i>Gli usi civici nella Provincia di Roma.</i> Prato. 1906.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note111"> -<p><span class="label"><a href="#tag111">111</a>. </span><span class="smcap">Finocchiaro Sartorio A.</span> <i>I beni comuni di diritto pubblico nel -loro svolgimento storico</i>. Città di Castello. 1908.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note112"> -<p><span class="label"><a href="#tag112">112</a>. </span><i>Dig.</i> XLIII. 8. fr. 2. § 21.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note113"> -<p><span class="label"><a href="#tag113">113</a>. </span><i>Dig.</i> XLIII. II. fr. 1. § 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note114"> -<p><span class="label"><a href="#tag114">114</a>. </span><span class="smcap">Ferrini C.</span> <i>Pandette cit</i>. n. 220 pag. 272-73.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note115"> -<p><span class="label"><a href="#tag115">115</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> Nov. XXIII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note116"> -<p><span class="label"><a href="#tag116">116</a>. </span>Per la <i>pensio</i> dovuta per l'occupazione di suolo pubblico cfr. -<i>Cod. Iust.</i> XI. p 9. 1. da mettere in relazione con il tit. 7. Ne quid in -loco publico vel itinere fiat. <i>Dig.</i> XLIII. e specialmente leg. 2. § 17. -Sul «vectigal» cfr. <span class="smcap">Liebenam</span>. <i>loc. cit.</i> pag. 312 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note117"> -<p><span class="label"><a href="#tag117">117</a>. </span>Su questa triplice distinzione vedi le belle pagine del <span class="smcap">Mommsen</span> -e del <span class="smcap">Marquardt</span> nel manuale citato vol. 1 e 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note118"> -<p><span class="label"><a href="#tag118">118</a>. </span><span class="smcap">Ranelletti O</span>. <i>Concetto natura e limiti del demanio pubblico</i> -in Riv. Ital. per le Sc. Giurid. vol. XXV. pag. 195 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note119"> -<p><span class="label"><a href="#tag119">119</a>. </span><span class="smcap">Vassalli F. E.</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 46-59 § 11-15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note120"> -<p><span class="label"><a href="#tag120">120</a>. </span><span class="smcap">Bonfante P.</span> <i>La progressiva diversificazione del diritto pubblico -e privato</i> in <i>Riv. ital. di sociologia</i>. 1902.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note121"> -<p><span class="label"><a href="#tag121">121</a>. </span>Che il diritto romano non ammetta la consistenza giuridica di -un patrimonio immediatamente destinato a fini determinati e duraturi, -amministrato da persone fisiche, è dimostrato dal fatto che si -attribuisce la funzione ad una persona collettiva preesistente. -</p> - -<p> -Tale è la base delle istituzioni alimentarie. Cfr. <span class="smcap">Ferrini</span>, <i>loc. cit.</i>, -n. 79, pag. 107 e <span class="smcap">Schupfer F.</span> <i>Il diritto privato dei popoli germanici -con speciale riguardo all'Italia</i>, vol. I. Lapi. 1907. pag. 163-65.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note122"> -<p><span class="label"><a href="#tag122">122</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 15. Ulpiano.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note123"> -<p><span class="label"><a href="#tag123">123</a>. </span><i>Dig</i>. I. 1. § 2. Ulpiano.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note124"> -<p><span class="label"><a href="#tag124">124</a>. </span><span class="smcap">Schulten A</span>. <i>Die Landgemeinde im römischen Reichs</i>, in Philologus -LIII. N. F. VII. Berlin 1895, pag. 629-686. Non mi pare si possa -accogliere, almeno nella forma con cui l'A. l'espone, la teoria della -distinzione dei castella in autonomi e incorporati; ma mi sembrano -però decisive le prove da esso addotte per dimostrare come la divisione -in <i>pagi, vici e castella</i> sia anteriore alla dominazione romana -e comune a tutte le popolazioni italiche. A questo proposito sono -fondamentali le ricerche del <span class="smcap">Voigt</span>. <i>Drei epigraphische Constitutionen -Constantin's des Grossen und ein epigraphisches Rescript des Praef. -Praet. Ablarius</i>. Leipzig. 1860. pag. 53-81</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note125"> -<p><span class="label"><a href="#tag125">125</a>. </span>Oltre le belle pagine del <span class="smcap">Bonfante</span> basta a provare la persistenza -di questi elementi una semplice scorsa alle <i>Inscriptiones Aemiliae -Etruriae Umbriae Latinae</i> del <span class="smcap">Bormann</span>. Berlin 1888, nel <i>Corp. -Inscr. Lat.</i> vol. XI. Di Mantova, «Tuscorum trans Padum sola reliqua» -(<span class="smcap">Plinio</span>. <i>Natur. Hist.</i> III, 130) Virgilio ci dice che «non genus omnibus -unum — Gens illi triplex populi sub gente quaterni». Rimini, -Budrio, Ravenna ed altre si vantavano umbre anche nell'età imperiale -(<span class="smcap">Strabone</span>. <i>Cosmographia</i> V. 214, 216, 217. — <span class="smcap">Plinio</span>. <i>Nat. Hist.</i> -III, 115). Quanto ai latini Gaio dice (I, 79) che «proprios populos, propriasque -civitates habebant». Per gli Etruschi cfr. <span class="smcap">Ducati P.</span> <i>Osservazioni -archeologiche sulla permanenza degli Etruschi in Felsina</i> in -Atti e Mem. della R. Deput. di Stor. Patr. per le Prov. di Romagna -ser. III, vol. XXVI, 1908, pag. 54-91. Per il loro diritto l'opera, un -po' manchevole, di <span class="smcap">C. Casati</span> <i>Elements du droit étrusque.</i> Paris 1895.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note126"> -<p><span class="label"><a href="#tag126">126</a>. </span>Oltre il <span class="smcap">Mommsen</span> ed il <span class="smcap">Marquardt</span> cfr. <span class="smcap">Mennessier M</span>. <i>De -la ferme des impôts et des sociétés vectigaliennes</i>. Nancy. 1888. e <span class="smcap">Lefebre -F</span>. <i>De la société en general et specialment de la société vectigalienne -en droit romain</i>. Rennes. 1888.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note127"> -<p><span class="label"><a href="#tag127">127</a>. </span><i>Dig</i>. L. 1. fr. 2, § 4. -</p> - -<p> -Notissimo, a questo riguardo, è il passo di Gaio III, 145. -</p> - -<p> -A proposito dei «fundi vectigales» ricordati nella nota I a pag. 43 -destinati ad istituzioni alimentarie bisogna fare un'osservazione. -Donatario, nel caso di Plinio, che donò i propri beni al municipio di -Como, per riprenderli gravati da un «vectigal» molto inferiore al loro -reddito, per poter trovar sempre uno «a quo ager exerceatur», è il -municipio, con l'onere della prestazione alimentaria. Ma — ed è cosa -del massimo rilievo — il soggetto non è la città, ma il fisco imperiale -il quale dà a mutuo i denari ai «possessores», ha un credito corrispondente -ed impiega un suo funzionario per esigere gli interessi -e devolverli alla cassa alimentare che non è che un dipartimento -dell'amministrazione fiscale, cfr. <span class="smcap">Ferrini</span>, <i>loc. cit</i>., n. 69-80 e sopra -tutto pag. 111-112 e <span class="smcap">Segré G</span>. <i>Sulle istituzioni alimentarie imperiali</i> -in <i>Bull. Istit. di Dir. Rom</i>. II, 1889, pag. 78-106. Da un «nudum preceptum» -(Dig. XXX, 114, 14 quia talem legem testamento non possunt -dicere) si va al legato ad una città (<i>Dig</i>. XXXII, 38, 5) ed -al fisco direttamente (Inscriz. di Preneste. <i>Corp. Inscr. Latin.</i>, XIV, -2234). Ora quando si pensa che alle «civitates» (municipia e coloniae), -è stata ristretta la capacità negli ultimi tempi della repubblica -e che l'autorizzazione imposta loro dalla legge giulia o -dalle due di tal nome, estesa poi a tutto l'impero con senatoconsulti -(Dig. III, 4, fr. 1, princ.) e costituzioni imperiali (<i>Dig</i>. XLVII, 22, -fr. 1, 3.), non è affatto un conferimento di personalità giuridica, ma -ha un mero significato politico; si vede come (anche nel caso in cui -la volontà di un singolo ponga delle condizioni per perpetuare uno -scopo determinato e scelga come mezzo la città, il municipium), sul -substrato della volontà del singolo si innesta quella dello Stato, di -fronte al quale l'entità giuridica della città sembra attenuarsi fino -a metter quasi direttamente a contatto il singolo con il Fiscus. -</p> - -<p> -Fu l'imperatore Leone che permise alle città di vendere i beni -avuti «hereditatis vel legati seu fideicommissi aut donationis titulo» -e solo allo scopo «ut summa pretii exinde collecta ad renovanda sive -restauranda publica moenia dispensata proficiat» (<i>Cod. Iust</i>. XI, 31, -leg. 3.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note128"> -<p><span class="label"><a href="#tag128">128</a>. </span><span class="smcap">Marquardt I</span>. <i>loc. cit.</i> pag. 193.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note129"> -<p><span class="label"><a href="#tag129">129</a>. </span>A Capua, per es., tutto il territorio fu incamerato nel demanio -pubblico, (<span class="smcap">Livio</span> 26, 16, 18) mentre abitualmente era il terzo (<span class="smcap">Dionisio</span> -2, 35, 50, 53) e qualche volta la metà (<span class="smcap">Livio</span> 36, 39, 3) cfr. <span class="smcap">Marquardt</span> -<i>loc. cit.</i>, pag. 192 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note130"> -<p><span class="label"><a href="#tag130">130</a>. </span>Per Italiam nullus ager est tributarius, sed aut colonicus aut -municipalis aut saltus privati, dice <span class="smcap">Frontino</span> (<i>ed. cit</i>. pag. 35). Ma, -anche ammettendo che ce ne fossero, la teoria del Rudorff rimarrebbe -inaccettabile perchè il fatto che il vero «vectigal» deve esser -raccolto dai pubblicani è l'indice della differenza sostanziale che -passava fra i beni dello Stato — populus romanus — e quelli delle -città: pubblici i primi, privati i secondi: «sola ea publica sunt quae -populi romani sunt», dice <span class="smcap">Ulpiano</span>; «civitates privatorum loco habentur» -conferma <span class="smcap">Gaio</span>, <i>Dig</i>. L, 16, 17. Cfr. <span class="smcap">Vassalli</span>, loc. cit. pag. 53. -</p> - -<p> -Nell'epoca imperiale questo concetto si modifica profondamente. -Cfr. <i>Dig</i>. L, 16, 16; ma al secolo quarto si avevano ancora tracce -rilevanti della varietà di condizione giuridica in cui si trovavano i -beni una volta costituenti l'«ager publicus» e poi ceduti ai privati. -Cfr. il noto passo di <span class="smcap">Arcadio Carisio</span> <i>Dig</i>. L. 4, 18, § 25.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note131"> -<p><span class="label"><a href="#tag131">131</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> X, 3, 2. Saltus qui significa pascolo. Cfr. <i>Cod. -Iust.</i> II, 66, <i>Cod. Theod.</i> leg. 2 de pascuis, <span class="smcap">Frontino</span>. <i>De controversiis -agrorum</i> (ed. Lachmann) pag. 17, 18, 19, 54 <span class="smcap">Festo</span> (<span class="smcap">Bruns.</span> <i>Fontes</i>, VI, -Aufl. 1893, II, pag. 36), <span class="smcap">Varrone</span>, <i>De legibus</i>, V, 36. -</p> - -<p> -La proibizione ai curiali si mantiene e si fa anche più rigida nel -diritto giustinianeo, nel quale, non solo «decurio etiam suae civitatis -vectigalia exercere prohibetur» (<i>Dig.</i> L, 2, 6, § 2), ma si impediscono -anche le locazioni per interposta persona (<i>Dig.</i> L, 8. 2, § 1).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note132"> -<p><span class="label"><a href="#tag132">132</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> X, 3, 5. Aedificia, hortos, atque areas aedium publicarum -et ea reipublicae loca quae aut includuntur moenibus aut -pomeriis sunt connexa, vel ea quae de jure templorum, aut per diversos -petita aut aeternabli domui fuerint congregata vel civitatum -territoriis ambiuntur sub perpetua conductione, salvo dumtaxat canone, -quem sub examine habitae discussionis consistit adscriptum, -penes municipes collegiatos et corporatos urbium singularum conlocata -permaneant omni venientis extrinsecus atque occultae conductionis -ademptatione submota.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note133"> -<p><span class="label"><a href="#tag133">133</a>. </span><i>Dig.</i> I, 8, 6 § 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note134"> -<p><span class="label"><a href="#tag134">134</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> XV, 1, 46.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note135"> -<p><span class="label"><a href="#tag135">135</a>. </span><i>Dig.</i> L. 16. 211.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note136"> -<p><span class="label"><a href="#tag136">136</a>. </span><i>Ibid.</i> L. 16. 60.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note137"> -<p><span class="label"><a href="#tag137">137</a>. </span><i>Dig.</i> I. 8. 8 § 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note138"> -<p><span class="label"><a href="#tag138">138</a>. </span>Ne è un esempio evidente la disposizione di Leone ed Antemio -del 468, riportata nel codice teodosiano (XI. 24. 6) ed accolta da Giustiniano -(<i>Cod</i>. X. 55 l. un.), che proibisce agli «habitatores metrocomiae» -di vendere i loro beni ad estranei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note139"> -<p><span class="label"><a href="#tag139">139</a>. </span>L'avverbio <i>penes</i> è usato dalla legge bene a proposito: penes -te est quod quodadmodo possidetur. (<i>Dig.</i> L. 16. 63. <span class="smcap">Ulpiano</span>).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note140"> -<p><span class="label"><a href="#tag140">140</a>. </span><i>Dig</i>. L. 1. 1 § 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note141"> -<p><span class="label"><a href="#tag141">141</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 228.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note142"> -<p><span class="label"><a href="#tag142">142</a>. </span><i>Dig</i>. L. 16. 239 § 6 <span class="smcap">Pomponio</span>. Del resto è da ricordare a -questo proposito come la vita dei romani si accentrasse nella città. -Cfr. <span class="smcap">Schulten A.</span> <i>Die Landgemeinde cit.</i> pag. 633 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note143"> -<p><span class="label"><a href="#tag143">143</a>. </span>Cfr. § 4 e 5.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note144"> -<p><span class="label"><a href="#tag144">144</a>. </span>Praedium... et ager et possessio huius appellationis species sunt. -<i>Dig</i>. L. 16. 115. <span class="smcap">Giavoleno</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note145"> -<p><span class="label"><a href="#tag145">145</a>. </span><span class="smcap">Labeone</span> ritiene «loci appellationem non solum ad rustica verum -ad urbana quoque praedia pertinere»; cfr. <i>Dig.</i> L. 16. 60 e specialmente -§ 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note146"> -<p><span class="label"><a href="#tag146">146</a>. </span>Non c'è neanche bisogno di dire che con la distinzione dei -beni seguita dalle leggi costantiniane ed onoriane non ha nulla a che -vedere quella di <span class="smcap">Ulpiano</span>, secondo la quale «urbanum praedium non -locus facit sed materia» (<i>Dig.</i> L. 16. 198). Tanto è vero che invece -di <i>praedia</i> si parla di <i>loca</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note147"> -<p><span class="label"><a href="#tag147">147</a>. </span>Per il loro numero cfr. <span class="smcap">Liebenam</span> <i>loc. cit.</i> pag. 229 e segg. Per -le funzioni cfr. <span class="smcap">Declareuil</span> <i>loc. cit.</i> pag. 331 e segg. e <span class="smcap">Solmi</span> <i>Storia -cit.</i> pag. 24-25.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note148"> -<p><span class="label"><a href="#tag148">148</a>. </span>Questo concetto è confermato dalla condizione dei beni comuni -delle colonie. Tutti i coloni erano in uguale posizione di fronte allo -Stato, uguali erano gli oneri, uguali i diritti; e la concessione, per la -quale e secondo la quale godevano delle terre, era un atto che ne -fissava <i>ex novo</i> i limiti e le prerogative. Oltre alla terra individuale, -ce ne era un'altra che, appunto per essere comune a soggetti uguali, -era comune a tutti e della quale l'alta sovranità spettava allo Stato -per il riconoscimento di un modestissimo canone: «vectigal, quamvis -exiguus praestant». Appunto perchè rilasciata non ad una preesistente -città, ma a coloro, come singoli, che avrebbero formato il -nucleo cittadino, solo l'unanimità dei consensi dava luogo ad una -valida alienazione. Nelle colonie mancava quella <i>plebs</i> che, non avendo -obblighi, non aveva (fatta eccezione di Roma) diritti e non c'era il -precedente stato di cose da considerare: se, quindi, lo Stato, date le -condizioni ed i fini speciali in cui la colonia veniva dedotta, riteneva -che alcuni beni fossero necessari all'uso di tutti, ne proibiva l'alienazione. -Nel caso della <i>Colonia Genetiva Julia</i>, per esempio, erano di -uso comune così le piazze e le strade e gli <i>aedificia</i> in genere, su cui -tutti camminavano e di cui tutti godevano, come le selve da cui tutti -traevano le legna, come i terreni adibiti alla pastorizia ed all'agricoltura -per il sistema relativo di sfruttamento del suolo (cfr. <i>Lex -colon. genetivae Iuliae,</i> r. LXXXII). Bisogna inoltre considerare che su -tutte indistintamente le terre della colonia gravava l'obbligo della -difesa del territorio, che era il fine per cui la colonia stessa era stata -dedotta. Ora le terre dei singoli potevano essere vendute, perchè l'onere -rimaneva sulla terra: non così le terre pubbliche le quali dovevano -rimaner sempre in tale condizione che chiunque ne fruiva, -anche temporaneamente, fosse soggetto ai carichi militari: «Qui in -ea colonia intrave eius coloniae fines domicilium praediumque habebit -neque eius coloniae colonus erit, is eidem munitioni uti colonus -parebo» (cfr. <i>ibid.</i> r. XCVIII).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note149"> -<p><span class="label"><a href="#tag149">149</a>. </span><span class="smcap">Löning E.</span>, <i>Geschichte d. deuts. Kirchenrechts</i>, II. pag. 4-5.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note150"> -<p><span class="label"><a href="#tag150">150</a>. </span><span class="smcap">Zdekauer L.</span>, <i>Mille passus cit.</i>, pag. 281-82.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note151"> -<p><span class="label"><a href="#tag151">151</a>. </span>Quando il concetto della cittadinanza romana comincia a perdere -di rigidità, la ripercussione naturalmente si fa sentire su quello -dell'incolato, il quale si avvantaggia di tanto di quanto l'altro si -attenua. Si tende ad un equiparamento, raggiunto il quale, la città -accetta le divinità del suburbio e questo quelle della città. Però questo -equiparamento avvenne molto lentamente: la proibizione di seppellire -e bruciare cadaveri entro le mura — che presuppone identiche -divinità nelle città e nel territorio adiacente — malgrado i -reiterati comandi degli imperatori (<i>Dig.</i> III. 44. 12. <i>Cod. Theod.</i> IX. -17. 6) non fu attuata che a stento per la tenace opposizione di numerosi -regolamenti municipali (<i>Dig.</i> XLVII. 13. 3 § 5. <span class="smcap">Ulpiano</span>).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note152"> -<p><span class="label"><a href="#tag152">152</a>. </span><span class="smcap">Corp. Inscr. Latin.</span> X. 1, 814, 853, 924, 1042 etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note153"> -<p><span class="label"><a href="#tag153">153</a>. </span>L'<span class="smcap">Imbart de la Tour</span>, <i>La paroisse rurale cit</i>. ha acutamente -osservato che la chiesa cattolica tentò sempre di soppiantare il paganesimo -insediandosi negli stessi luoghi ad esso destinati, per fruire -della forza dell'abitudine, per cui si tende a continuare ad andare -dove si è sempre andati.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note154"> -<p><span class="label"><a href="#tag154">154</a>. </span><span class="smcap">Lupus M.</span> <i>De parochiis ante annum Christi millesimum</i>. Bergomi. -1788. Diss. II. cap. IV. pag. 164 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note155"> -<p><span class="label"><a href="#tag155">155</a>. </span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. Dipl. Lang.</i>, IV. 1. num. 151. pag. 381.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note156"> -<p><span class="label"><a href="#tag156">156</a>. </span>Il <span class="smcap">Declareuil</span> (<i>loc. cit.</i> XXVI. 1902. pag. 234-67. 437-68. 554-607. -XXVIII. 1904. pag. 306-368. 474-500), oltre a credere che la decadenza -sia cominciata assai tardi, pensa che il cristianesimo non abbia apportato -alcun turbamento alla costituzione dell'impero. Per quel che -riguarda la Chiesa si può accedere senza difficoltà alla sua opinione, -a sostegno della quale sta, anzi, un argomento fondamentale, del -quale il Declareuil non si è giovato. È difficile ammettere che avanti -il riconoscimento ufficiale, iniziato con l'editto di Milano, il cristianesimo -riuscisse, anche sotto il governo dei più miti imperatori, a -modificare un regime che dava ai sacerdoti pagani un'elevata condizione -sociale ed un saldo substrato economico (cfr. <span class="smcap">A. Crivellucci</span>, -<i>Intorno all'editto di Milano</i> negli Studi Storici IV, pag. 267 e segg. -e <span class="smcap">Carassai C.</span> <i>La politica religiosa di Costantino il Grande e la proprietà -della Chiesa</i> in Arch. Soc. Romana di St. Patr. XXIV. 1901 e -bibliografia ivi citata). Ma, per il resto, le sue conclusioni non sono -accettabili; e prima di tutto, anche non tenendo conto del metodo con -cui egli ha raccolto d'ogni dove materiali e notizie senza considerare -l'immensa varietà dell'impero, tolgono vigore alla sua conclusione -le lacune, dall'autore stesso confessate, nel quadro delle istituzioni, -alcune delle quali tutt'altro che lievi: così per i <i>curatores</i> dell'ultimo -tempo repubblicano e dei primi secoli dell'impero, e per i <i>munera</i>, -dei quali abbiamo da Scevola e da Arcadio Carisio una tripartizione -(<i>personalia, patrimoniorum, mixta</i>) puramente esemplificativa, -mentre sarebbe stato proprio da un esame di questi <i>munera</i> che si -sarebbe potuto dimostrare — se possibile — che le condizioni dell'impero -d'occidente non erano ancora in decadenza. E, inoltre, la -riforma di Diocleziano (a. 282) e quella ancor più grave di Galerio -(a. 311) investono troppo profondamente tutto l'organismo statuale -perchè si possa ammettere che indichino uno stato di cose temporaneo -e non maturato da tempi lontani.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note157"> -<p><span class="label"><a href="#tag157">157</a>. </span><span class="smcap">Baudi di Vesme B.</span> <i>L'origine romana del comitato longobardo -e franco</i>, in Atti del Congr. Intern. di Scienze Storiche. Roma, 1904. -vol. IX pag. 231 e segg. -</p> - -<p> -Dell'esistenza di questo <i>Comes</i>, di cui si conoscono molti altri -esempi oltre i due soli citati dal Baudi di Vesme, non si può dubitare; -ma questi, tratto dall'amore della teoria gabottiana sull'origine -signorile del comune, è caduto in un equivoco. Questi <i>Comites</i> esistono, -è vero, ma sono ufficiali dello Stato, non, come egli crede, ufficiali -municipali. Anzitutto non si può credere che una modificazione -così profonda nelle istituzioni municipali non abbia lasciato qualche -segno nei documenti relativi alla diocesi italiciana dai tempi di Diocleziano -alla caduta dell'impero d'occidente; mentre ciò è escluso -dalle accurate indagini del <span class="smcap">Cozzarelli</span> (cfr. <i>Studi di Storia e Diritto</i> -vol. XXIV 1. 2. 3. 4). E, di più, nessuna delle formule dei territori -in cui le curie e le gesta sono rimaste anche dopo la loro sparizione -dall'Italia (cfr. <span class="smcap">Zeumer K.</span> <i>Formulae merowingici et karolini aevi</i>, -in Mon. Germ. Hist. Legum. V.), nè alcun documento tra quelli, -relativamente non scarsi, a noi pervenuti, ricorda il <i>comes</i> al posto -del <i>defensor</i> e degli altri ufficiali municipali (cfr. i doc. editi dal -<span class="smcap">Martène</span> e <span class="smcap">Durand</span>, dall'<span class="smcap">Imbart De La Tour</span>, dall'<span class="smcap">Esmein</span>, dal -<i>Tardif</i>, etc.). E nemmeno in via eccezionale si può ammettere -carattere municipale e cittadino in quel conte di Marsiglia del 440, -su cui il Baudi d. V. poggia tutta la sua argomentazione. Varî -lavori serî ed autorevoli, per quanto a lui sconosciuti, quali quello -del <span class="smcap">Duval-Arnould</span> (<i>Études d'histoire du droit romain au V siècle -d'après les lettres et le poème de Sidoine Apollinaire</i>. Paris. 1888). -quello dell'<span class="smcap">Esmein</span>, a proposito di alcune lettere di Sidonio Apollinare -(nelle sue <i>Mélanges d'histoire du droit et de critique</i>, Paris 1886, pagina -379 e segg.), e quelli dell'<span class="smcap">Allard</span> (in Rev. des questions hist. -1908), dimostrano in modo irrefutabile che esso non differiva dai conti -così esaurientemente studiati da Gotofredo (cfr. il <i>Glossarium</i> al <i>Cod. -Theod</i>. e cfr. anche ciò che sotto questa voce dice il <span class="smcap">De Ruggero</span>. -<i>Dizionario epigrafico di antichità romane</i>. II. 1. pag. 468-530). Nei primi -secoli dell'impero, a capo di ogni provincia stava un <i>rector</i> munito -d'<i>imperium</i>, nominato dall'imperatore, incaricato della sorveglianza -delle amministrazioni municipali. Più tardi, per i bisogni della difesa -e per la pronta decisione delle numerose liti, tali divisioni apparvero -troppo ampie; onde, a volta a volta che se ne sentiva più impellente il -bisogno, furono inviati e stabiliti nelle città dei <i>comites</i> con le loro -<i>comitivae</i>. Così li troviamo a Napoli, a Ravenna, a Roma, a Siracusa -(cfr. <span class="smcap">Gaudenzi A.</span> <i>Un'antica compilazione di dir. rom. e visig. con alcuni -frammenti delle leggi di Eurico</i>. Bologna. 1886. pag. 109-111 e -<i>Mayer E.</i> <i>Ital. Verfassungsgesch</i>. Leipzig. 1910. II. pag. 109). Essi -come provano le formule di Cassiodoro, mantengono inalterato il carattere -e le funzioni degli antichi <i>rectores</i>, dai quali differiscono solo -per la minore estensione del territorio affidato alla loro sorveglianza. -</p> - -<p> -E nemmeno sono ufficiali municipali, contrariamente a ciò che -crede il <span class="smcap">Baudi d. v.</span>, i <i>comitiaci</i> ricordati nel papiro reatino del 557 -(<span class="smcap">Marini</span> <i>Papiri diplom.</i> n. 79, pag. 121): le formule di Cassiodoro -(<i>Variar.</i> II. 10-11 — V. 6. — VIII. 27), da lui non citate, la nota iscrizione -piemontese (ed. <span class="smcap">Marini</span> <i>loc. cit.</i> pag. 266 nota 28) ed un passo di Scevola -(<i>Dig.</i> XXVI. 8. leg. pen.) dimostrano all'evidenza che in alcuni -casi di tutela e curatela, concernenti famiglie distinte e ragguardevoli, -l'atto si rogava presso il <i>Procurator Caesaris</i>, che è tutt'altro -che una magistratura municipale (<i>Inter Curatorem minoris et creditorem -minoris acta sunt apud Procuratorem caesaris infrascripta</i> etc. -Cfr. anche <span class="smcap">Maffei S.</span> <i>Historia diplomatica</i> etc. Mantova. 1727. pag. 57).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note158"> -<p><span class="label"><a href="#tag158">158</a>. </span>I <i>minores possessores</i> erano aggregati alle curie per gli oneri, -ma, e questo è il punto fondamentale, la riscossione dei tributi da -essi pagati non era affidata nè al curator, che sappiamo eletto <i>ad colligendos -civitatis publicos reditus</i> (<i>Dig.</i> L. 4. 18 § 9) nè ai curiali, ai -quali spettava l'esazione della <i>capitatio plebeia</i> (<i>Cod. Just.</i> XI. 28. 2), -ma bensì al <i>defensor</i> (cfr. <span class="smcap">Lécrivain Ch.</span> <i>Le sénat romain depuis -Dioclètien</i> in Bibl. de l'Ecole d'Athènes et de Rome, vol. 411. Paris. 1888. -pag. 48 e <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i> II. pag. 27).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note159"> -<p><span class="label"><a href="#tag159">159</a>. </span>A torto il <span class="smcap">Baudi di Vesme</span> dice che i <i>defensores</i> furono istituiti -in un'epoca molto antica, a somiglianza dei tribuni della plebe -di Roma. La <i>defensio</i>, cui egli accenna, non ha affatto carattere pubblico: -è la difesa, la rappresentanza in giudizio della città. Di essa -parlano in modo da togliere ogni dubbio <span class="smcap">Ulpiano</span> (<i>Dig.</i> L. 4. 16), <span class="smcap">Ermogeniano</span> -(<i>Dig.</i> L. 4. 1 § 2. <i>Defensio civitatis</i> id est ut <i>syndicus</i> fiat): -e da <span class="smcap">Arcadio Carisio</span> (<i>Dig.</i> L. 4. 18. § 3 <i>Defensores</i> quos Graeci -<i>syndicos</i> appellant) per la sua natura, rilevata da tempo (cfr. <span class="smcap">Bethmann-Holweg</span>. -<i>Der Civilprozess des gemeinen Rechts</i>. II. pag. 415 e -segg.) è distinta anche da quella della rappresentanza (<i>syndicus</i>) dei -collegi (<span class="smcap">Ferrini</span> <i>loc. cit.</i> n. 73 pag. 99). Il <i>defensor</i> è ricordato per la -prima volta nel 365. La comparazione con i tribuni della plebe è una -inesatta idea di <span class="smcap">Cuiacio</span> (cfr. <i>Opera omnia</i>. Paris. 1874. I. col. 63 e -III col. 55-56). -</p> - -<p> -Come si vedrà non solo non condivido l'opinione di coloro che ritengono -che l'elezione del <i>defensor</i> fosse fatta con il suffragio universale -(<span class="smcap">Chénon E.</span> <i>Étude historique sur le Defensor Civitatis</i> in Nouv. -Rev. Histor. XIII. pag. 332-33); ma non mi sembra nemmeno da accogliere -l'interpetrazione predominante (cfr. <span class="smcap">Liebenam.</span> <i>loc. cit.</i> p. 449) -della nota legge di Valentiniano, Teodosio ed Arcadio dell'anno 387 -(<i>Cod. Theod.</i> I. 29. 2) e dell'ancor più nota <i>Interpretatio</i>, che spiega -il <i>decretum</i>, con il quale le città devono eleggere il <i>defensor</i>, come -il <i>consensus civium</i> e la <i>subscriptio universorum</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note160"> -<p><span class="label"><a href="#tag160">160</a>. </span>Riportati nel concilio di Reggio dell'855. <span class="smcap">Mansi</span>, <i>loc. cit.</i> XIV. -col. 216.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note161"> -<p><span class="label"><a href="#tag161">161</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Liebenam.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 136 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note162"> -<p><span class="label"><a href="#tag162">162</a>. </span><i>Cod. Just.</i> XI. 69. 8 e VIII. 12. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note163"> -<p><span class="label"><a href="#tag163">163</a>. </span>Ne dette per il primo l'esempio Giuliano l'Apostata nel 362. -Cfr. <i>Cod. Theod.</i> X. 3. 1. confermato da <span class="smcap">Ammiano Marcellino.</span> (<i>Rerum -Gestarum libri qui supersunt.</i> Leipzig. 1874-75. libr. XXV. cap. IV) che -parla di <i>vectigalia civitatibus restituta cum fundis</i>. Ma le distrazioni -non cessarono: Teodosio nel 443 ne ordina nuovamente la restituzione -(<i>Cod. Theod. nov. Theod.</i> XXIII).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note164"> -<p><span class="label"><a href="#tag164">164</a>. </span><i>Cod. Just.</i> X. 48. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note165"> -<p><span class="label"><a href="#tag165">165</a>. </span><i>Cod. Just.</i> VIII. 12. 12.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note166"> -<p><span class="label"><a href="#tag166">166</a>. </span>Hoc facto impendiis ordinandis (dicono <span class="smcap">Arcadio</span> e <span class="smcap">Onorio</span>) ut -adscriptio currat pro viribus singulorum, deinde adscribantur pro -aestimatione operis futuri territoria civium.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note167"> -<p><span class="label"><a href="#tag167">167</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> VII. 13. 6. a. 370. <span class="smcap">Valente</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note168"> -<p><span class="label"><a href="#tag168">168</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i> II. pag. 15-16, e la bella osservazione -del <span class="smcap">Mommsen</span> (<i>Das römische Militarwesen seit Diokletian</i> in -Hermes. XXIV, pag. 239 e segg.) da lui riportata.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note169"> -<p><span class="label"><a href="#tag169">169</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> X. 20. 2. a. 358. <i>gyneciarii</i>. — X. 19. 5. a. 369. -<i>metallarii</i>. — X. 22. 4. a. 888. <i>fabricenses</i>. — XII. 1. 146. a. 396. <i>collegiati -singularium urbium</i>. XIV. 7. 1. etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note170"> -<p><span class="label"><a href="#tag170">170</a>. </span>L'uso delle armi era proibito a chi non apparteneva all'esercito. -<span class="smcap">Cicerone</span> (<i>Verrin</i>. V. 3) ricorda l'editto di L. Domizio pretore -di Sicilia che proibiva <i>ne quis telum haberet</i> e gli altri editti <i>ne quis -servus cum telo esset</i>. <span class="smcap">Plinio</span> (<i>Nat. Hist.</i> XXIV. 14) ricorda una simile -ordinanza emanata per Roma durante il terzo consolato di -Pompeo. Nell'anno 364 Valentiniano e Valente avevano emanato una -disposizione analoga passata poi nel Codice giustinianeo (XI. 46. 1.) -che restaurò, per questo, un uso accolto anche dai Goti e da Teodorico -che <i>ut nullus romanus usque ad cultellum uteretur vetuit</i>. Cfr. -<span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Alcune osservazioni sul Comes Gothorum</i>, in <i>Arch. Stor. -Lombardo</i>. 1884. pag. 415 nota 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note171"> -<p><span class="label"><a href="#tag171">171</a>. </span><i>Cod. Theod. Nov. Valent.</i> III. T. IX a. 440. <i>De reddito jure armorum</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note172"> -<p><span class="label"><a href="#tag172">172</a>. </span>Tanto l'uno che l'altro sono un <i>edictum ad populum</i>. Su di -esso, oltre il magistrale e sempre giovane commento di <span class="smcap">Gotofredo</span>, -cfr. <span class="smcap">Gaudenzi A.</span> <i>L'opera di Cassiodorio cit.</i>, pag. 301 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note173"> -<p><span class="label"><a href="#tag173">173</a>. </span><i>Cod. Theod. Nov. Valent.</i> V. 2 e 3. a. 440.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note174"> -<p><span class="label"><a href="#tag174">174</a>. </span>A Roma appare già formato nel 640. Cfr. <i>Liber Pontificalis</i> ed. -<span class="smcap">Duchesne.</span> I. pag. 329.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note175"> -<p><span class="label"><a href="#tag175">175</a>. </span><i>Cod. Theod. Nov. Theod.</i> XXIII. <i>De locis R. P.... restituendis</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note176"> -<p><span class="label"><a href="#tag176">176</a>. </span>Gli imperatori cedettero <i>completamente</i> alle città il diritto di -proprietà e di disposizione sui beni pubblici. La riprova è data dal -fatto che la nomina del <i>curator</i>, il quale dapprima è un funzionario -imperiale, la cui mansione specifica è il coordinamento dell'autonomia -locale con l'unità dell'impero (cfr. <span class="smcap">Lècrivain Ch.</span> <i>Le mode de nomination -des Curatores Reipublicae</i> in <i>Mélanges d'Arch. et d'Hist.</i> -1884. IV. 3-4. pag. 356 e segg. e la memoria del <span class="smcap">Liebenam</span> in <i>Phylologus</i> -vol. 4, pag. 290 e segg.), diviene elettiva (<i>Cod. Theod.</i> XII. 2. -171), non quando e perchè, come crede il <span class="smcap">Lècrivain</span>, le città perdono -i loro beni, ma quando l'imperatore lascia alle città, purchè si difendano, -il libero uso delle proprietà.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note177"> -<p><span class="label"><a href="#tag177">177</a>. </span><i>Cod. Theod. Nov. Maior.</i> Tit. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note178"> -<p><span class="label"><a href="#tag178">178</a>. </span><i>Cod. Theod. Nov. Theod.</i> II. 24 § 4. <i>Cod. Just.</i> XI. 60. 3. Cfr. -anche <span class="smcap">Leicht</span>, <i>Studi cit.</i> II. pag. 41.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note179"> -<p><span class="label"><a href="#tag179">179</a>. </span><i>Lex colon. Genetivae Juliae</i> r. 98.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note180"> -<p><span class="label"><a href="#tag180">180</a>. </span><i>Cod. Just.</i> XII. 41. 5. a. 413.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note181"> -<p><span class="label"><a href="#tag181">181</a>. </span><i>Cod. Theod. Nov. Maior.</i> Tit. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note182"> -<p><span class="label"><a href="#tag182">182</a>. </span><i>Cod. Just.</i> I. 1. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note183"> -<p><span class="label"><a href="#tag183">183</a>. </span><span class="smcap">Tamassia N</span>. <i>Alcune osservazioni intorno al Comes Gothorum -cit</i>., pag. 248.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note184"> -<p><span class="label"><a href="#tag184">184</a>. </span><span class="smcap">Gaudenzi A</span>. <i>L'opera di Cassiodorio a Ravenna</i>, in «Atti e -Mem. R. Dep. Stor. Patr. di Romagna». 1886. pag. 427.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note185"> -<p><span class="label"><a href="#tag185">185</a>. </span>Editto di Teodorico § 69.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note186"> -<p><span class="label"><a href="#tag186">186</a>. </span><span class="smcap">Cassiodoro</span> <i>Variarum</i> VII, 11, 12.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note187"> -<p><span class="label"><a href="#tag187">187</a>. </span><span class="smcap">Brunner</span>. <i>Zur Rechtsgeschichte d. röm. u. germ. Urkunden</i>, pagine -113 e segg., 124 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note188"> -<p><span class="label"><a href="#tag188">188</a>. </span><span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Fonti gotiche della storia longobarda</i>, in «Atti Regia -Accad. di Torino», 1896-97, vol. XXXII, pag. 683-707. <span class="smcap">Id.</span> <i>Una professione -di legge gotica in un documento mantovano del 1045</i>, in «Arch. -Giuridico», 1902. <span class="smcap">Id</span>. <i>Le professioni di legge gotica in Italia</i>, in «Atti e -Mem. R. Accad. Sc. Lett. Arti in Padova», vol. XIX, disp. I, pag. 14 -dell'estr.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note189"> -<p><span class="label"><a href="#tag189">189</a>. </span><span class="smcap">Gaudenzi A.</span> <i>Gli editti di Teodorico e di Alarico e il diritto -romano nel regno degli Ostrogoti</i>. Torino, 1884, pag. 41.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note190"> -<p><span class="label"><a href="#tag190">190</a>. </span><span class="smcap">Leicht</span> P. S. <i>Studi cit.</i> II, pag. 41.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note191"> -<p><span class="label"><a href="#tag191">191</a>. </span><span class="smcap">Gaudenzi A</span>. <i>L'opera di Cassiodorio, cit</i>. pag. 448.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note192"> -<p><span class="label"><a href="#tag192">192</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Cassiodoro</span>. <i>Var</i>., I, 28, tutta basata sulla leg. 35 <i>Cod. -Theod</i>., XV, 1, confermata da numerosissimi esempi. Teodorico infatti -ricostruì le mura di Spoleto, di Verona e di molte altre città, acquedotti, -opere pubbliche etc. (<span class="smcap">Maffei S</span>. <i>Verona illustrata</i>. I. 9. pag. 448). -Nella sua cronaca, all'a. 500. <i>Patricio et Hispatio coss</i>., <span class="smcap">Cassiodoro -</span>dice che al tempo di Teodorico <i>plurimae renovantur urbes, munitissima -castella conduntur, consurgunt admiranda palatia</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note193"> -<p><span class="label"><a href="#tag193">193</a>. </span><span class="smcap">Salvioli G</span>. <i>Sullo stato e la popolazione d'Italia prima e dopo -le invasioni barbariche</i>. Palermo. 1900. pag. 32 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note194"> -<p><span class="label"><a href="#tag194">194</a>. </span><span class="smcap">Solmi A</span>. <i>Le associazioni in Italia avanti le origini del comune</i>. -Modena. 1898. pag. 125.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note195"> -<p><span class="label"><a href="#tag195">195</a>. </span>Cap. 64... <i>quisquis ingenuus, nulli tamen quolibet modo obnoxius -civitati</i>...</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note196"> -<p><span class="label"><a href="#tag196">196</a>. </span><i>Cod. Theod</i>. XV. 1, 23, <span class="smcap">Graziano, Valentiniano</span> e <span class="smcap">Teodosio</span>, -a. 384 e <i>Cod. Just.</i>, VIII, 12, 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note197"> -<p><span class="label"><a href="#tag197">197</a>. </span><i>Edict. Theod.</i>, cap. 69.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note198"> -<p><span class="label"><a href="#tag198">198</a>. </span><i>Lex Romana Wisigothorum</i>, XIV, 1, 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note199"> -<p><span class="label"><a href="#tag199">199</a>. </span><i>Cod. Theod.</i>, XIV, 7, 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note200"> -<p><span class="label"><a href="#tag200">200</a>. </span>La sorveglianza spettò ai <i>Vigili delle porte</i>, aggiunti dai Goti -all'amministrazione municipale, nominati dal re ed investiti in parte -di quel carattere militare (<span class="smcap">Mommsen</span>. <i>Ostgoth. Studien</i> in N. Arch. -XIV, 1888, pag. 494) di cui è compenetrata la giurisdizione del <i>comes -Gothorum,</i> che, quantunque in alcuni punti se ne distaccasse, -(<span class="smcap">Mommsen</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 529) imitò gli <i>judices militares romani</i> (<span class="smcap">Del -Giudice P.</span> <i>Sulla questione della dualità del diritto in Italia sotto la -dominazione ostrogota</i>. Rendic. R. Accad. Lombarda, s. II, vol. XXXIX, -1906, pag. 795), sui quali si adagiò facilmente (<span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Alcune osservazioni -sul Comes Gothorum</i>, pag. 259).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note201"> -<p><span class="label"><a href="#tag201">201</a>. </span><i>Cod. Just.</i>, I, 3, 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note202"> -<p><span class="label"><a href="#tag202">202</a>. </span>Tale, almeno, sembra l'ipotesi più probabile, dato che, secondo -l'opinione dominante, non felicemente combattuta dal <span class="smcap">Roberti</span>, beni -comuni si trovano nell'epoca romana e nella langobarda e nelle successive, -senza soluzione di continuità, e sono appunto caratterizzati -dal diritto d'uso da cui sono gravati a vantaggio di determinati -gruppi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note203"> -<p><span class="label"><a href="#tag203">203</a>. </span><i>Cod. Just.</i>, XI, 4, 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note204"> -<p><span class="label"><a href="#tag204">204</a>. </span>Infatti ad essi sono equiparati nell'immunità dalla giurisdizione -ordinaria, essendo, come quelli, giudicati dal <i>rationalis</i>. Cfr. <i>Cod. -Just.</i>, III, 26, 7. Di questo elemento mi sembra non abbia tenuto il -conto che merita il <span class="smcap">Savagnone</span> nel suo studio su <i>Le terre del fisco -nell'impero romano</i>. Palermo. 1902.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note205"> -<p><span class="label"><a href="#tag205">205</a>. </span>Aemilia. Camilia. Claudia. Clustumina. Cornelia. Fabia. Galeria. -Horatia. Lemonia. Menenia. Papiria. Pollia. Papinia. Romilia. Sergia. -Voltina. Veturia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note206"> -<p><span class="label"><a href="#tag206">206</a>. </span>Vedi l'acuta nota di <span class="smcap">S. Perozzi</span> nel <i>Comm. alle Pandette</i> del -<span class="smcap">Glück</span>, lib. XXI. 1. § 1106. pag. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note207"> -<p><span class="label"><a href="#tag207">207</a>. </span><i>Loc. cit.</i>, VI. pag. 197.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note208"> -<p><span class="label"><a href="#tag208">208</a>. </span><i>Caes.</i> 41.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note209"> -<p><span class="label"><a href="#tag209">209</a>. </span><i>Aug</i>. 40.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note210"> -<p><span class="label"><a href="#tag210">210</a>. </span>Divisi in rispondenza delle strade che escono dalle porte, distinti -con appositi nomi e addossati alle mura: proprio come i borghi -medioevali che si formano entro le stesse linee.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note211"> -<p><span class="label"><a href="#tag211">211</a>. </span><i>Dig</i>. XLIII, 8, 2 § 22.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note212"> -<p><span class="label"><a href="#tag212">212</a>. </span><i>De leg. agr</i>. II. 35.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note213"> -<p><span class="label"><a href="#tag213">213</a>. </span><i>Epig</i>. VII. 61. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note214"> -<p><span class="label"><a href="#tag214">214</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Hermes</span>. XIV. pag. 604.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note215"> -<p><span class="label"><a href="#tag215">215</a>. </span><span class="smcap">De Marchi</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 244.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note216"> -<p><span class="label"><a href="#tag216">216</a>. </span>Cfr. <i>Revue Historique</i>. 1902, pag. 437.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note217"> -<p><span class="label"><a href="#tag217">217</a>. </span>Cfr. specialmente <i>Cod. Theod</i>. XII. 1. 179. § 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note218"> -<p><span class="label"><a href="#tag218">218</a>. </span>Le note carte cremonesi che ricordano le <i>regiones</i>, benchè recentemente -difese dal <span class="smcap">Mayer</span>. <i>Die angeblichen Fälschungen des Dragoni</i>. -Leipzig. 1908, sono da ritenersi frutto di una falsificazione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note219"> -<p><span class="label"><a href="#tag219">219</a>. </span><span class="smcap">Declareuil</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 444-45: e <span class="smcap">Liebenam</span>, <i>loc. cit.</i> pag. 109 -e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note220"> -<p><span class="label"><a href="#tag220">220</a>. </span><i>Dig.</i>, L, 8, 1 e 5; XLVIII. 12. 3 § 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note221"> -<p><span class="label"><a href="#tag221">221</a>. </span><i>Dig.</i>, XXX. 1. 22; XLVIII. 12. 3. § 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note222"> -<p><span class="label"><a href="#tag222">222</a>. </span><i>Historia</i> VII. 3 (della traduzione latina).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note223"> -<p><span class="label"><a href="#tag223">223</a>. </span>Per le istituzioni alimentarie di Nerva, Traiano e degli imperatori -successivi, cfr. <span class="smcap">Segrè</span>, <i>loc. cit.</i>, e sopratutto le belle pagine del -<span class="smcap">Willems</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 491 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note224"> -<p><span class="label"><a href="#tag224">224</a>. </span>Le multe inflitte agli ecclesiastici da Valentiniano (a. 392), con -una deroga al sistema comune, furono devolute ai poveri. E lo -stesso fece Atalarico (<span class="smcap">Cassiodoro</span>. <i>Variar.</i> VIII, 24). È certo che la -erogazione venne affidata alla Chiesa.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note225"> -<p><span class="label"><a href="#tag225">225</a>. </span><span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>I sermoni di Pietro Crisologo</i> in Studi Senesi. 1906. -I. pag. 63.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note226"> -<p><span class="label"><a href="#tag226">226</a>. </span><span class="smcap">Ep.</span> IX, 100 a. 599, e <span class="smcap">Troya.</span> <i>Cod. dipl.</i>, IV, 1, 208. Contiene una -netta distinzione degli <i>homines callipolitani castri</i> in <i>habitatores loci -ipsius</i> da una parte e <i>homines massae</i> dall'altra, con netta separazione -giuridica. <i>Massa</i> qui ha il senso che solo più tardi troviamo -per indicare, insieme con l'espressione <i>corpi santi</i>, il territorio intorno -alla città.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note227"> -<p><span class="label"><a href="#tag227">227</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXI (to. II. col. 222. D).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note228"> -<p><span class="label"><a href="#tag228">228</a>. </span><span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i> Diss. LXXIV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note229"> -<p><span class="label"><a href="#tag229">229</a>. </span><span class="smcap">Beretta E.</span> <i>De tabula chorografica M. Ae</i>. sect. VI in <i>Rer. Ital. -Script.</i> X. pag. 31 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note230"> -<p><span class="label"><a href="#tag230">230</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Maffei S.</span> <i>Verona illustr.</i> libr. VII, pag. 134. <span class="smcap">De Vita G.</span> -<i>Antiquitates Beneventanae</i>, to. I. Diss. 1. cap. 3. <span class="smcap">Catalanus M.</span> <i>De -eclesia firmana eiusque episcopis et archiepisropis</i>. Fermo, 1783, pag. 12 -e segg. <span class="smcap">Rovelli G.</span> <i>Storia di Como.</i> Milano 1789, vol. II, pag. 22-28.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note231"> -<p><span class="label"><a href="#tag231">231</a>. </span><span class="smcap">Pabst.</span> <i>Geschichte der langobardischen Herzogtümer.</i> Forschungen -zur Deutschen Geschichte II. Göttingen, 1862, pag. 437 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note232"> -<p><span class="label"><a href="#tag232">232</a>. </span><span class="smcap">Davidsohn R.</span> <i>Storia di Firenze</i>. Vol. I. Firenze, 1907, pag. 94.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note233"> -<p><span class="label"><a href="#tag233">233</a>. </span><span class="smcap">Lusini V.</span> <i>I confini storici del Vescovado di Siena</i> in «Bullettino -senese di Storia Patria». Vol. V, a. 1901, fase. 3 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note234"> -<p><span class="label"><a href="#tag234">234</a>. </span>È nota la dotta discussione, a questo proposito, del <span class="smcap">Crivellucci</span> -(<i>Le chiese cattoliche e i longobardi ariani in Italia</i> in «Studi Storici» -IV. pag. 385-423 — V. pag. 153-177 e 531-554 — VI. pag. 93-115 e 589- -604) e del <span class="smcap">Duchesne</span> (<i>Les évêchés d'Italie et l'invasion lombarde</i> in -«Mélanges d'archéologie et d'histoire». XXIII. 1-3. 1903 p. 83-116). -</p> - -<p> -Nell'Italia settentrionale si è perduto — e per opera dei Bizantini, -non dei Langobardi — il solo vescovado di Brescello: nell'Italia -centrale quello di Populonia. Degli altri alcuni furono disorganizzati — due -per più di un secolo — ma non distrutti. Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>Rectification</i> -etc. ibid. a. 1906. XXVI. pag. 565-567. -</p> - -<p> -Il vescovado di Roselle fu trasportato a Grosseto solo nel 1138 da -Innocenzo II (<span class="smcap">Kehr P. Fr.</span> <i>Regesta Pontificum Romanorum. III. Etruria.</i> -Berlin. 1908 n. 8 pag. 260), ma non furono certamente i Langobardi -a causarne la decadenza: in un documento della badia amiatina -(inedito nel R. Archivio di Stato di Siena) dell'867 sono ricordati -il gastaldo ed uno scabino della città di Roselle; ed il 14 settembre -dell'892 da Roselle datò un suo diploma l'imperatore Guido (<span class="smcap">Schiaparelli -L.</span> <i>I diplomi di Guido e di Lamberto</i>. Roma. 1908 n. 18 pagine -44-45).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note235"> -<p><span class="label"><a href="#tag235">235</a>. </span>Rubr. IX.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note236"> -<p><span class="label"><a href="#tag236">236</a>. </span><i>Dig.</i> L. 13. 4. Forma censuali cavetur ut agri sic in censum -referantur: nomen fundi, cuiusque, et in qua civitate <i>et in quo pago</i> -sit, et quos duos vicinos proximos habeat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note237"> -<p><span class="label"><a href="#tag237">237</a>. </span><span class="smcap">Maffei S.</span> <i>Verona illustrata cit.</i> pag. 381 e segg. Ed altrettanto -si faceva in tutta Italia. Cfr. <i>Inscr. Regni Neapol.</i> ed. <span class="smcap">Mommsen</span> numeri -216. 1354, in cui si ha la tavola alimentare dei liguri bebiani e -l'iscrizione di Volcei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note238"> -<p><span class="label"><a href="#tag238">238</a>. </span><span class="smcap">Voigt</span>. <i>loc. cit.</i> pag. 140 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note239"> -<p><span class="label"><a href="#tag239">239</a>. </span>Questo è il senso del Decreto di papa Gelasio (492-95) riportato -nel <span class="smcap">Decreto</span> di <span class="smcap">Graziano</span> c. 5, C. XVI, 423. — di un'epoca, cioè, in -cui nessuna perturbazione era stata portata da elementi estranei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note240"> -<p><span class="label"><a href="#tag240">240</a>. </span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. dipl. lang.</i> IV. 1. n. 400. 406. 407.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note241"> -<p><span class="label"><a href="#tag241">241</a>. </span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Studi cit.</i> I. pag. 39 e 68-9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note242"> -<p><span class="label"><a href="#tag242">242</a>. </span>La decadenza del sistema dei mansi e la loro decomposizione, -manifesta nel secolo IX (cfr. <span class="smcap">Schupfer</span> <i>Il diritto privato cit.</i> II. pagine -81-92) non mi pare abbia influito sul frazionamento delle pievi. -Lo attesta chiaramente il secondo concilio pavese dell'855 che si esprime -così (ed. <span class="smcap">Pertz</span>, nei «Mon. Germ. Hist. <i>Leges</i> I. pag. 432 -cap. 11): In sacris canonibus praefixum est, ut decimae juxta episcopi -dispositionem distribuantur. Quidam autem laici, qui vel in propriis -vel in beneficiis suas habent basilicas, contempta episcopi dispositione, -non ad ecclesias ubi baptismum et praedicationem et manus impositionem -et alia Christi sacramenta percipiunt, decimas suas dant, -set vel propriis basilicis, vel suis clericis pro suo libitu tribuunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note243"> -<p><span class="label"><a href="#tag243">243</a>. </span><span class="smcap">S. Pier Damiano</span> in un bellissimo passo di una sua lettera -del 1076 al marchese Goffredo (Ep. VII. 13) dice che la marchesa -Willa aveva nel comitato aretino <i>villam novem quidem mansionibus</i> -<span class="smcap lowercase">EX ANTIQUO MORE</span> <i>distinctam, quae postmodum</i> <span class="smcap lowercase">JUXTA MODERNAM CONSUETUDINEM</span> -<i>in plurimos est divisa</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note244"> -<p><span class="label"><a href="#tag244">244</a>. </span><span class="smcap">Mon. Germ. Hist.</span> <i>Leges</i> II. ed. <span class="smcap">Boretius</span>. <i>Capit. Reg. Franc.</i> I. -1. n. 45. <i>Divisio regnorum</i>. 806. febr. 6. pag. 128. n. 4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note245"> -<p><span class="label"><a href="#tag245">245</a>. </span>Cfr. il lessico del Forcellini a q. v.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note246"> -<p><span class="label"><a href="#tag246">246</a>. </span>Molendinum edificatum <i>sub urbem</i> huius civitatis Parme, in -<span class="smcap">Affò I.</span> <i>Storia di Parma</i>, vol. I Parma 1792, n. 57 pag. 839 a 935. -</p> - -<p> -<i>Sub urbe</i> Regio in via publica ipsius loci. <i>Cod. dipl. lang.</i> (<span class="smcap">Porro</span>) -n. 672 a 963.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note247"> -<p><span class="label"><a href="#tag247">247</a>. </span><i>Cod. Dipl. Lang.</i> (<span class="smcap">Porro</span>) n. 39.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note248"> -<p><span class="label"><a href="#tag248">248</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>Italia sacra</i>. Venezia, 1720, V. col. 705.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note249"> -<p><span class="label"><a href="#tag249">249</a>. </span><i>Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di Lucca.</i> -Vol. V, parte II, n. 832, pag. 506.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note250"> -<p><span class="label"><a href="#tag250">250</a>. </span><i>Memorie e Documenti per servire alla storia del ducato di Lucca.</i> -IV (<span class="smcap">Barsoochini</span>) p. II. 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note251"> -<p><span class="label"><a href="#tag251">251</a>. </span><span class="smcap">Luzzatto G.</span> <i>I servi nelle grandi proprietà ecclesiastiche italiane -dei secoli IX e X</i>. Pisa, 1910, pag. 19-20.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note252"> -<p><span class="label"><a href="#tag252">252</a>. </span><span class="smcap">Tiraboschi G.</span> <i>Memorie modenesi</i> I. 66. a 904.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note253"> -<p><span class="label"><a href="#tag253">253</a>. </span><span class="smcap">Idem.</span> <i>ibid.</i> I. 90. a 943. pag. 111.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note254"> -<p><span class="label"><a href="#tag254">254</a>. </span>Diploma di Corrado I. a. 1031 in <span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital.</i> Diss. II.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note255"> -<p><span class="label"><a href="#tag255">255</a>. </span>Bolla dell'antipapa Clemente ai canonici di Reggio, a. 1092 in -<span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note256"> -<p><span class="label"><a href="#tag256">256</a>. </span>Si potrebbe supporre, in tal caso, che il <i>suburbium</i> non fosse -riconnesso alla città fino dall'epoca romana, ma sibbene da qualcuna -delle frequenti concessioni che si trovano nei diplomi degli ultimi -Carolingi e dei loro successori. -</p> - -<p> -Anche il diploma di Federigo I. del 1156 (ed. <span class="smcap">Lupi</span>, <i>Cod. dipl. cit.</i> -I. col. 578), probabilmente spurio, ma egualmente valido ad attestare -l'uso e la frequenza dell'espressione, usa l'indicazione <i>in circuitu</i>. -L'imperatore concede al vescovo, fra l'altro, <i>nominatim omnes districtiones -et publicas functiones Pergamensis civitatis et villarum et castellorum -que sunt</i> <span class="smcap lowercase">IN CIRCUITU IPSIUS CIVITATIS</span> <i>ad eumdem comitatum -pertinentes.</i> -</p> - -<p> -Della possibilità che <i>villae</i> e <i>castra</i> potessero trovarsi entro il <i>suburbium</i> -dirò più avanti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note257"> -<p><span class="label"><a href="#tag257">257</a>. </span><i>Cod. dipl. lang.</i> (<span class="smcap">Troya</span>) IV. 1. n. 498.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note258"> -<p><span class="label"><a href="#tag258">258</a>. </span><i>Ibid.</i> (<span class="smcap lowercase">ID.</span>) n. 962. 564. 995. etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note259"> -<p><span class="label"><a href="#tag259">259</a>. </span><span class="smcap">Schiaparelli L.</span> <i>I diplomi di Berengario I</i>. Roma, 1903, n. 14 -pag. 48-49 a. 896.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note260"> -<p><span class="label"><a href="#tag260">260</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Brunetti F.</span> <i>Codice Diplomatico Toscano</i> I. 2. Firenze 1838, -n. 70 a. 806. pag. 70. v. 7. 21. 24. 31 e 14. Per mettere in maggior -rilievo la differenza fra <i>infra</i> e <i>intus</i> non è fuor di luogo osservare -che si tratta di un placito.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note261"> -<p><span class="label"><a href="#tag261">261</a>. </span>Diploma di Ottone III. ai canonici di Parma dell'anno 996. — <span class="smcap">Mon. -Germ. Hist.</span> <i>Diplomat.</i> II. 2. <i>Die Urkunden Otto des</i> III, n. 210, -pag. 622 — in cui sono ricordate le <i>mansiones</i> <span class="smcap lowercase">INFRA</span> <i>civitatem Bononiam</i> -insieme con quelle in <span class="smcap lowercase">SUBURBANO TERRITORIO</span> <i>Ferrarie</i> e con le -<span class="smcap lowercase">SUBURBANAS TERRAS</span> di Parma.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note262"> -<p><span class="label"><a href="#tag262">262</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>loc. cit. VIII</i>. col. 51: <i>monasterium Salvatoris</i> <span class="smcap">infra -civitatem Beneventanam</span>. — <i>ibid</i>. col. 92: <i>monasterium S. Modesti</i> -<span class="smcap">intus hanc novam civitatem Beneventanam</span> e passim. -</p> - -<p> -E non è soltanto nei documenti concernenti le città che <i>intra</i> ha -questo significato. -</p> - -<p> -Nel diploma dell'arcivescovo di Milano Todone del febbraio 866 -a favore del monastero di Sant'Ambrogio, fra le altre concessioni c'è -quella di <span class="smcap lowercase">INTRA</span> <i>ecclesiam Sanctorum Vitalis et Agricolae, in honore -sanctorum Petri et Pauli ecclesiam infirmorum construere</i>. -</p> - -<p> -Il <span class="smcap">Puricelli</span> (<i>Ambrosianae basilicae Monumenta</i>. Milano, 1645, numero -115, pag. 201) presso <i>intra</i> apre una parentesi dicendo: «non -<i>intra</i> sed <i>iuxta</i> legendum est.» -</p> - -<p> -Che nel documento sia stato scritto <i>intra</i> è certo, perchè se fosse -stato possibile il menomo dubbio di lettura, il Puricelli non avrebbe -esitato a indicarlo: d'altra parte è egualmente sicuro, per le notizie -che il Puricelli stesso dà, che la chiesa di S. Pietro e Paolo era presso -e non dentro la chiesa di S. Vitale e Agricola. A me sembra si possa -ragionevolmente supporre che ci si trovi dinanzi ad una deviazione, -non irrilevante, dell'antico significato romano di <i>infra</i>. -</p> - -<p> -A Lodi un documento del 9 luglio 931 (<span class="smcap">Vignati C.</span> <i>Laus Pompeia</i> -in «Bibl. Hist. Ital. cura et studio societatis langobardicae» Milano, -1879, II. n. 10 pag. 16) contiene la permuta di una terra <span class="smcap lowercase">IN</span> <i>civitate -Laude prope ecclesia S. Stephani</i> con un'altra terra <span class="smcap lowercase">INTRA</span> <i>civitatem -Laude prope porta mediolanense</i>. La differenza di indicazione di un -terreno che sappiamo di sicuro essere stato entro la città (cfr. <span class="smcap">Id.</span> -<i>ibid.</i> pag. LVII) con quella del secondo induce a credere che quest'ultimo -fosse fuori delle mura. -</p> - -<p> -Anche l'Editto langobardo (<i>Roth</i>. 340) usa l'avverbio <i>infra</i>. Se -qualcuno, inforcato il cavallo di un'altro, cavalcherà <span class="smcap lowercase">INFRA</span> <i>viciniam -idest</i> <span class="smcap lowercase">PROPE</span> <i>ipsum vicum</i>, pagherà due soldi di pena; <i>si in antea</i>, cioè -fuori del territorio vicinale, <i>in actogild reddat</i>. Dunque <i>infra</i> indica -lo spazio situato fra il vico, al centro, e i confini, alla periferia.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note263"> -<p><span class="label"><a href="#tag263">263</a>. </span>Cfr. pag. 16 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note264"> -<p><span class="label"><a href="#tag264">264</a>. </span>La critica ormai ha pacificamente ammessa l'origine comune -e lo svolgimento molto somigliante del notariato dell'Italia langobarda -e dell'Italia romanico-bizantina (<span class="smcap">Mayer E.</span> <i>Ital. Verfassungsg</i>. I. -pag. 114 e segg.) e con altrettanta concordia è ammessa, col <span class="smcap">Brunner</span>, -la diretta derivazione del documento medioevale da quello romano; ed -è del pari innegabile che i singoli e specifici rilievi del <span class="smcap">Muratori</span> (<i>Antiq. -Ital.</i> diss. VIII. to. I. col. 426), del <span class="smcap">Lupi</span> (<i>Codex Diplomaticus Bergomensis.</i> -Bergomi 1799 to. II. animadv. XLIV col. 494), dell'<span class="smcap">Handloike</span> -(<i>Die lombardischen Städte unter die Herrschaft der Bischöfe, und -die Entstehung der Communen</i>, Berlin. 1883 pag. 111), dello <span class="smcap">Schupfer</span> -(<i>Il diritto privato dei popoli germanici etc.</i> II. Città di Castello, 1909 -pag. 51 e segg.) danno modo di affermare con sicurezza che i notai -medioevali, pur nel loro barbaro latino, si attennero con cura scrupolosa -all'uso di termini tecnici e precisi. Ma è altrettanto indiscutibile -la grande varietà degli atti di uno stesso tipo, derivante, secondo -me, da cause che risalgono a ben remota antichità: varietà -che si è cominciato appena ora a mettere in luce da recenti e buoni -studi diplomatici.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note265"> -<p><span class="label"><a href="#tag265">265</a>. </span>Il <span class="smcap">Nissen</span> (<i>Templum und Institum e Pompeianische Studien zur -Städtekunde des Alterthums</i>. Leipzig. 1877) ha messo opportunamente -in luce l'importanza di Pompei come tipo delle città italiche che -erano <i>regolari</i>, contrariamente alle antiche città greche.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note266"> -<p><span class="label"><a href="#tag266">266</a>. </span><span class="smcap">D'Achery L.</span> e <span class="smcap">Mabillon I.</span> <i>Acta Sanctorum ordinis S. Benedicti</i>, -Venezia, Coletti-Bettinelli, 1733, vol. II. p 330.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note267"> -<p><span class="label"><a href="#tag267">267</a>. </span><span class="smcap">Iaffè</span>. <i>Reg. Pontif.</i>, a. 768-772, n. 2389.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note268"> -<p><span class="label"><a href="#tag268">268</a>. </span><span class="smcap">Mansi.</span> <i>Conciliorum amplissima collectio</i>, vol. XIII. col. 1006, -cap. XLI. e <i>Hludowici II, Synodus Ticinensis</i> a. 850. c. b. ed. <span class="smcap">Pertz</span>. -in «Mon. Germ. Hist.» III. pag. 397.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note269"> -<p><span class="label"><a href="#tag269">269</a>. </span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, col. 1008.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note270"> -<p><span class="label"><a href="#tag270">270</a>. </span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, vol. XIV, col. 931-2; e <span class="smcap">Pertz</span>, <i>loc. cit</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note271"> -<p><span class="label"><a href="#tag271">271</a>. </span><i>Ordo romanus</i>, c. 6. Ad maiorem missam debent esse <i>sex suburbani</i>, -diaconi septem etc. in <span class="smcap">Martène</span>. <i>De antiqua disciplina Eccles. -in Div. off.</i>, pag. 504.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note272"> -<p><span class="label"><a href="#tag272">272</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span>. <i>loc cit.</i>, vol. V, col. 728, a. 921. Nell'a. 921, Raterio, -vescovo di Verona, col suo testamento dispose fra l'altro «ut advenientibus -omnibus kalendis in curriculis totius anni pascant pauperes -duodecim pro anima domini Berengarii senioris mei Domini amabilis -imperatoris, et cum de hoc seculo evolaverit omni anno die -anniversaria pascant pro anima eius pauperes trecentos et <i>sacerdotes -sanctae ipsius ecclesiae cardinis omnes</i>..... (lacuna nel testo) <i>seu et</i> -<span class="smcap lowercase">SUBURBANOS</span> <i>omnes</i> ita ut in tribus diebus ante eius annualem et tribus -<i>omnes</i> generaliter <i>sacerdotes</i> <span class="smcap lowercase">DE INTUS ET DE FORIS</span> omni die missas -cantent et Domino preces offerant pro eius anima». <span class="smcap">Ughelli-Coleti</span>. -<i>loc. cit.</i>, V, col. 728.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note273"> -<p><span class="label"><a href="#tag273">273</a>. </span>Bolla di Alessandro II dell'a. 1061; al monastero di Senatore -di Pavia <i>in suburbio ticinensi</i> ecclesiam S. Georgii et S. Pancratii, in -<span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXX.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note274"> -<p><span class="label"><a href="#tag274">274</a>. </span>Diploma di Ottone III ai canonici di Parma dell'a. 996 in nota -5 pag. 88.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note275"> -<p><span class="label"><a href="#tag275">275</a>. </span><span class="smcap">Mayer</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 434, nota 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note276"> -<p><span class="label"><a href="#tag276">276</a>. </span>Cfr. Diploma di Enrico IV del 26 maggio 1111 confermante -quelli dei precedenti re ed imperatori. <span class="smcap">Affò I.</span> <i>Storia di Parma</i>, I, -pag. 343.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note277"> -<p><span class="label"><a href="#tag277">277</a>. </span><span class="smcap">Mayer</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 434, nota 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note278"> -<p><span class="label"><a href="#tag278">278</a>. </span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>loc. cit.</i> vol. XIV, col. 791. Il vescovo concede un massaro -di nome Gisulfo insieme con tutte le cose che «per ipsum reguntur -<i>in suburbano vico episcoporum</i>». La concessione fu confermata -dal metropolita milanese Angelberto nel sinodo provinciale. -<i>Ibid.</i> col. 792-93.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note279"> -<p><span class="label"><a href="#tag279">279</a>. </span><i>Synodus romana in causa Formosi pp</i>. c. 8. e <i>Massa</i> ha anche -un altro e ben diverso significato: indica un complesso organico di -beni nell'amministrazione della Chiesa. Un bellissimo esempio ci è -offerto dal <i>Liber diurnus</i>, ed. <span class="smcap">Sickel</span>. Vienna, 1889, VI, 5 e XL, in cui -si parla del <i>presbyter</i> preposto alla chiesa di una <i>massa</i>. <span class="smcap">Gregorio M</span>. -<i>Epist</i>. VI, 18-X, 28-X, 52 e dal diploma di Federigo I del 1177 al -monastero di Pomposa. (<span class="smcap">Muratori</span>, <i>Ant. Ital</i>. Diss. XLVII). Sulle -massae d'Arno, di Bagno e Trabaria ha pubblicato uno studio <span class="smcap">P. Fabre</span> -nell'«Arch. della Soc. Rom. di Stor. Patr.» vol. XVII a. 1894.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note280"> -<p><span class="label"><a href="#tag280">280</a>. </span><span class="smcap">D'Achery-Mabillon</span>. loc. cit, vol. I. pag. 351 e <span class="smcap">Delisle</span> in <i>Orderici -Vitalis historia eccles</i>. 1885 pag. LXXIX-LXXXIV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note281"> -<p><span class="label"><a href="#tag281">281</a>. </span>Cfr. <i>Capitulare mantuanum primum mere ecclesiasticum</i> a. 787. -c. 11 (ed. <span class="smcap">Boretius</span> in «Mon. Germ. Hist.» <i>Capit. Reg. Franc</i>. I. 1. -<i>n</i>. 92, pag. 195). La data, però, non è esatta: il <span class="smcap">Patetta</span> (<i>Sull'introduzione -in Italia della collezione di Ansegiso e sulla data del cosidetto -capitulare mantuanum duplex attribuito all'anno 787</i> in «Atti della -R. Accad. di Torino» 1890, vol. XXV, pag. 883-85) ha dimostrato che -invece è da ascriversi all'anno 813.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note282"> -<p><span class="label"><a href="#tag282">282</a>. </span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>De Parrochiis</i> pag. 253. E il Concilio di Reggio o Pavia -dell'a. 850 stabilisce (cap. XIII) <i>sicut episcopus matrici preest, ita singulis -plebibus archipresbiteros praeesse volumus</i>. <span class="smcap">Mansi</span>, loc. cit. vol. XIV, -col. 935.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note283"> -<p><span class="label"><a href="#tag283">283</a>. </span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i> I, col. 323. Eccone i confini secondo un -documento del 928 (<i>ibid</i>. col. 900-901). A recta via (partendo dalla -cattedrale di S. Alessandro) usque ad locum qui vocatur Cultel et -Canale et per montes et per valles et per culta et per inculta usque -ad locum qui vocatur Brene. Ex altera parte civitatis a Laticis antrum -quod vulgo dicitur Lantrum, recta via usque ad Sorisole per -omnem illum locum qui vocatur Castellum per montes et per valles -usque Lemine». -</p> - -<p> -Su questo documento sono da vedersi le giuste osservazioni di A. -<span class="smcap">Mazzi</span>. <i>Corografia bergomense</i>, Bergamo 1880, sotto la voce Bergamo. -</p> - -<p> -In un documento del 1174 (Lupi. <i>Cod. dipl</i>., II, col. 1281), con cui -la chiesa di S. Michele fu eretta in parrocchia, si legge che quei <i>vicini</i>, -avendo asserito «ex sua parte quod praefata aecclesia S. Michaelis -habebat jus baptizandi tum ex parte comitum, tum etiam -popter usum longi temporis», i canonici risposero «hoc non licere -eisdem hominibus aut ecclesie cum <i>non esset plebs neque haberet titulum -sed essent</i> <span class="smcap lowercase">SUBURBANI</span>». -</p> - -<p> -Degli aumenti successivi del territorio suburbano parlerò a proposito -dei diplomi imperiali dell'epoca franca e precomunale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note284"> -<p><span class="label"><a href="#tag284">284</a>. </span><span class="smcap">Luitpr</span>. <i>Historia Langubardorum</i>. Mon. Germ. Hist. Ss., II, 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note285"> -<p><span class="label"><a href="#tag285">285</a>. </span><span class="smcap">Roberti</span>. <i>Dei beni appartenenti alle città cit.</i>, pag. 30-31, nota 4, -dell'Estr.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note286"> -<p><span class="label"><a href="#tag286">286</a>. </span><span class="smcap">Schupfer</span> <i>Fr. Aldi liti e romani cit</i>., pag. 70.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note287"> -<p><span class="label"><a href="#tag287">287</a>. </span><span class="smcap">Ughelli-Coleti</span>. <i>Italia Sacra</i>, V, 707-08. Partizione delle decime -fatta dal vescovo Rotaldo nell'813. Damus atque concedimus -sanctae matriculari ecclesiae tres portiones decimarum, quae a fideli -populo civitatis dantur; quartam pauperibus reservamus. Primo quidem -omnium decimas, quae a populo civitatis dantur, omnibus canonicis -communiter concedimus; deinde omnes decimationes que dantur -ab hominibus habitantibus in Villa, que stat iuxta Portam Sancti -Firmi largimur illi canonico qui subdiaconibus atque acolitis de -secretario praeesse debet studio. Cunctas denique decimas, quae dantur -a villanis indigenis, seu advenis habitantibus sive habitaturis in -Villa S. Zenonis confessoris usque ad portam civitatis opportune septem -subdiaconibus et totidem acolitis damus, exceptis tribus massariciis, -quae in nostra potestate reservamus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note288"> -<p><span class="label"><a href="#tag288">288</a>. </span>Queste città sono espressamente ricordate nell'atto di divisione -di Carlo M. <i>Cfr. Capit. Reg. Franc.</i> ed. <span class="smcap">Boretius</span> in «Mon. Germ. -Hist.» n. 45, c. 4, pag. 128.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note289"> -<p><span class="label"><a href="#tag289">289</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Brugi B.</span> <i>Le dottrine giuridiche degli agrimensori romani -comparate a quelle del Digesto</i>, Verona-Padova, 1897. -</p> - -<p> -Per la Sardegna differenze notevolissime nella larghezza dell'<i>iter -culturas accedentium</i>, dovute al permanere di preesistenti usi locali, -sono state messe in rilievo dal <span class="smcap">Besta</span>, <i>Il diritto sardo nel medio evo</i>, -Bari 1898, n. 141, pag. 85.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note290"> -<p><span class="label"><a href="#tag290">290</a>. </span>Cfr. il passo nel glossario del <span class="smcap">Du Cange</span> a q. v.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note291"> -<p><span class="label"><a href="#tag291">291</a>. </span><span class="smcap">Luchaire A.</span> <i>Les communes françaises à l'époque des Capétiens -directs</i>. Paris. 1890. pag. 69-72.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note292"> -<p><span class="label"><a href="#tag292">292</a>. </span><span class="smcap">Huvelin P.</span> <i>Essai historique sur le droit des marchés et des foires</i>, -Paris, 1897, pp. 188, e 200-01.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note293"> -<p><span class="label"><a href="#tag293">293</a>. </span>Vedi il glossario del <span class="smcap">Du Cange</span> alla voce cit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note294"> -<p><span class="label"><a href="#tag294">294</a>. </span><span class="smcap">Luchaire A.</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 69.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note295"> -<p><span class="label"><a href="#tag295">295</a>. </span>Cfr. <i>Mon. Hist. Patr.</i>, XIII, 1561.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note296"> -<p><span class="label"><a href="#tag296">296</a>. </span>La prova e la confutazione di questa ipotesi non può esser -data che dal materiale metrologico: si conoscono, infatti, tre specie -di leghe; la <i>leuca mayor</i> di 2962 m., la <i>leuca minor</i> che misura solo -2222 m., ed infine la <i>leuca gallica</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note297"> -<p><span class="label"><a href="#tag297">297</a>. </span>In <span class="smcap">Mon. Germ. Hist</span>. <i>Capitul</i> ed. <span class="smcap">Boretius</span>. II. 125.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note298"> -<p><span class="label"><a href="#tag298">298</a>. </span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Studi cit</i>., I, pag. 51.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note299"> -<p><span class="label"><a href="#tag299">299</a>. </span>S'intende che io parlo del massaro come lavoratore e coltivatore -della terra; non del servo, dello schiavo, incaricato dal padrone -delle funzioni e dei lavori propri del massaro. Quest'ultimo non acquista -mai la personalità giuridica, che è propria dell'altro, per quanto -ne possa compiere tutte le mansioni. Tale distinzione è indispensabile -per avere un'idea esatta di quelle classi rurali, a proposito delle -quali e più specialmente del massaro è sorta, or non è molto, una -proficua discussione fra l'<span class="smcap">Hartmann</span> (<i>Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens</i>, -pag. 57-62) e il <span class="smcap">Solmi</span> (Rec. all'<span class="smcap">Hartmann</span> in «Riv. It. di Sociologia -IX. 1905. pag. 15 dell'Estr.), alla quale ha preso parte anche il -<span class="smcap">Volpe</span> (in «Studi Storici» dir. da A. Crivellucci. 1905, pag. 176-77).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note300"> -<p><span class="label"><a href="#tag300">300</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Pivano S.</span> <i>I contratti agrari in Italia nell'alto m. evo.</i> Torino. -1904. pag. 314-15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note301"> -<p><span class="label"><a href="#tag301">301</a>. </span>Sulla tendenza comune nel basso impero, e continuata anche -dopo, di rendere assoluti ed ereditari i vincoli dei lavoratori della -terra e tutti i contratti relativi all'economia rurale cfr. <span class="smcap">Leicht</span> <i>Studi -cit</i>, I, pag. 46-47.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note302"> -<p><span class="label"><a href="#tag302">302</a>. </span>Cfr. nota 2 pag. 86.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note303"> -<p><span class="label"><a href="#tag303">303</a>. </span><span class="smcap">Schiaparelli L.</span> <i>I diplomi di Ludovico III e di Rodolfo</i>. Roma, -1908, n. XV, pag. 67.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note304"> -<p><span class="label"><a href="#tag304">304</a>. </span>Ed. in <span class="smcap">Mon. Hist. Patr.</span> vol. I. chartarum n. 87 col. 143-44.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note305"> -<p><span class="label"><a href="#tag305">305</a>. </span>Questo è dimostrato dalla ripetizione, oltre che del <i>castrum -vetus</i>, dei nomi dei servi. Tale ripetizione è stata rilevata anche dal -<span class="smcap">Cipolla</span> (<i>Di Audace Vescovo di Asti e di due documenti inediti che -lo riguardano</i> in «Miscellanea di Storia Italiana» vol. XXVII a. 1889 -pag. 183 nota 1) il quale, ritenendo che la condizione di <i>servientes</i> possessori -di beni immobili sia contradetta dalla parola <i>massaritia</i>, che -indica il manso e considerandola poco verosimile e conciliabile con -la condizione nella quale appaiono trovarsi i servi, pensa che il diploma -del 938 autorizzi senz'altro ad intendere che anche nel primo -diploma si sia trattato di veri e propri servi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note306"> -<p><span class="label"><a href="#tag306">306</a>. </span><span class="smcap">Tamassia</span> N. <i>Una professione di legge gotica cit</i>., pag. 6. Anche -il <span class="smcap">Leicht</span> (<i>Studi cit.</i> I. pag. 104) riporta un documento lombardo dal -quale si vede che vi erano beni comuni del <i>comitatus</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note307"> -<p><span class="label"><a href="#tag307">307</a>. </span><span class="smcap">Schupfer Fr</span>. <i>Il diritto privato dei popoli germanici</i>, vol. I. pagina -42 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note308"> -<p><span class="label"><a href="#tag308">308</a>. </span><span class="smcap">Mayer</span>. <i>Ital. Verfass cit</i>., I, pag. 281. <span class="smcap">Solmi</span>. <i>Storia cit.</i> pag. 188.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note309"> -<p><span class="label"><a href="#tag309">309</a>. </span><span class="smcap">Kandler</span>. <i>Cod. diplom. istriano</i> n 804, riportato dal <span class="smcap">Roberti</span>, -dal <span class="smcap">Finocchiaro-Sartorio</span> e dallo <span class="smcap">Schupfer</span>. Cfr. anche <span class="smcap">Waitz</span>. <i>Die -deutsche Verfassungsgeschichte</i>. II. 1883. pag. 490-92.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note310"> -<p><span class="label"><a href="#tag310">310</a>. </span>Lo <span class="smcap">Schupfer</span>. (<i>Dir. priv. cit</i>. I. pag. 64 e 66) veramente crede -che la natura del diritto dei cittadini sia puramente d'uso, di fronte -alla proprietà eminente del sovrano, il quale può disporre di questi -beni senza commettere un arbitrio; ma tale sua concezione è così -intimamente legata all'affermazione dell'esistenza di forme economiche -collettivistiche presso i Langobardi, dopo la loro discesa in Italia, -che non può non risentirsi dei gravi colpi portati a quest'ultima, sopra -tutti dal <span class="smcap">Leicht</span> e dal <span class="smcap">Solmi</span>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note311"> -<p><span class="label"><a href="#tag311">311</a>. </span><span class="smcap">Paul. Diac.</span> <i>Hist. Langub.</i> V. 36.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note312"> -<p><span class="label"><a href="#tag312">312</a>. </span><span class="smcap">Ficker</span> <i>J. Forschungen zur Reichs und Rechtsgeschichte Italiens</i>. -IV. Innsbruch 1874, n. 27, pag. 35.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note313"> -<p><span class="label"><a href="#tag313">313</a>. </span>Cfr. <i>Die Urkunden Otto d. III.</i> ed. cit. n. 53 pag. 456-7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note314"> -<p><span class="label"><a href="#tag314">314</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Ant. Ital.</i> Diss. VIII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note315"> -<p><span class="label"><a href="#tag315">315</a>. </span><i>Cronaca piacentina</i>, ad an. ediz. <span class="smcap">Borra</span>. Parma 1862.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note316"> -<p><span class="label"><a href="#tag316">316</a>. </span>A. 1037. <span class="smcap">Odorici</span>. <i>Storie bresciane</i> vol. V. pag. 50. e <span class="smcap">Gradonicus</span> -I. H. <i>Pontificum brixianorum series commentario historico illustrata</i>. -Brescia, 1755, pag. 159.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note317"> -<p><span class="label"><a href="#tag317">317</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>Ital. Sacra</i> Vol. V, col. 712. a. 1178.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note318"> -<p><span class="label"><a href="#tag318">318</a>. </span>Anche il documento veronese chiama <i>communis</i> la <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span>: -ma bisogna pensare che siamo in epoca in cui, il comune essendo -già formato, ogni terra non appartenente a singoli è <i>communis</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note319"> -<p><span class="label"><a href="#tag319">319</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XIII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note320"> -<p><span class="label"><a href="#tag320">320</a>. </span><span class="smcap">Roth H.</span> <i>Geschichte des Benefizialwesens</i>. Erlangen. 1850, pagine -374-75.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note321"> -<p><span class="label"><a href="#tag321">321</a>. </span><span class="smcap">Leicht</span> P. S. <i>Ricerche sull'arimannia</i> cit., pag. 9 e segg. in -<i>Studi e Frammenti</i>. Udine 1903.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note322"> -<p><span class="label"><a href="#tag322">322</a>. </span><span class="smcap">Checchini A</span>. <i>I fondi militari romano-bizantini considerati in -relazione con l'arimannia</i> in «<i>Archivio Giuridico F. Serafini</i>» 1900.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note323"> -<p><span class="label"><a href="#tag323">323</a>. </span>Infatti in tutto il primo capitolo non ricorda che i <i>bona vacantia</i> -e quelli confiscati per legge ai proscritti ed ai condannati per -nozze incestuose e per crimine di lesa maestà; ed i <i>palatia</i> nelle città -consuete (in civitatibus consuetis).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note324"> -<p><span class="label"><a href="#tag324">324</a>. </span>Enrico IV parla di <i>arimanniam eiusdem civitatis</i> (Padova) <i>omnemque -districtum ac quicquid ad imperialem potestatem pertinet</i>. Berengario -I chiama la terra arimannica <i>terram juris regni nostri</i>. Cfr. -<span class="smcap">Checchini</span>, <i>loc. cit.,</i> pag. 462.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note325"> -<p><span class="label"><a href="#tag325">325</a>. </span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Ricerche cit.</i> e <i>Studi cit.,</i> vol. I, pag. 41-42.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note326"> -<p><span class="label"><a href="#tag326">326</a>. </span><span class="smcap">Checchini A.</span> <i>I fondi militari etc.</i> pag. 461-62.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note327"> -<p><span class="label"><a href="#tag327">327</a>. </span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i>, II, pag. 92. Ma al Leicht non è sfuggita -l'impossibilità del rude Stato germanico a costituire rapporti -così complicati come quelli dell'arimannia. Egli ha pensato che essi -ne fossero già compenetrati nel loro diritto nazionale: ed a questo -è arrivato perchè crede che l'ordinamento militare bizantino abbia -avuto una notevole influenza su quello langobardo (pag. 88) e da ciò -sieno derivati dei punti di identità. -</p> - -<p> -A me, come dico, pare si tratti di semplici analogie spiegabili -con i punti a comune di due civiltà una all'inizio e l'altra all'occaso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note328"> -<p><span class="label"><a href="#tag328">328</a>. </span><i>Loc. cit.</i>, pag. 443-44. La stessa tesi riguardo alle concessioni -di terre fatta da Genserico ai suoi vandali, è sostenuta dal <span class="smcap">Martroye</span> -(<i>Genséric, la conquête vandale en Afrique et la destruction de l'empire -d'occident</i>. Paris 1907, pag. 297 e segg.) e dal <span class="smcap">Roberti</span> (<i>Arimannie -vandaliche in Africa</i> in «Studi in onore di <span class="smcap">F. Ciccaglione</span>. Catania, -1909, vol. I, pag. 103 e segg.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note329"> -<p><span class="label"><a href="#tag329">329</a>. </span><i>Loc. cit</i>., pag. 466-67.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note330"> -<p><span class="label"><a href="#tag330">330</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. It.</i> Diss. XIII. Cfr. anche <span class="smcap">Pivano S.</span> <i>Stato e -Chiesa in Italia da Berengario I ad Arduino</i>. Torino 1908, pag. 20. -Il <span class="smcap">Muratori</span> dètte di questo diploma — è vero — un'interpetrazione -estensiva che in realtà esso non ha, essendo rilasciato al solo vescovo -di Arezzo e non a tutti i vescovi d'Italia, come egli pensò. -Ma non mi sembra onesto — però — tacere che i diplomi dello stesso -imperatore a Cremona (<span class="smcap">Pivano</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 21) e a Verona (<span class="smcap">Ughelli</span>, -<i>loc. cit.</i>, V, col. 724), con formulario identico a questo, dimostrano una -volta di più la sicurezza d'intuito di lui, che, partendo da un punto, -che, considerato isolatamente, è inesatto, emetteva tuttavia un giudizio -in complesso vero e sicuro.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note331"> -<p><span class="label"><a href="#tag331">331</a>. </span>Cito l'ed. del <span class="smcap">Pasqui U</span>. <i>Documenti per la storia di Arezzo</i>, Firenze, -1899, n. 49, pag. 71-72.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note332"> -<p><span class="label"><a href="#tag332">332</a>. </span><span class="smcap">Böhmer</span>, <i>Acta Imperii Selecta</i>, vol. I. Insbruch. 1870, n. 63, pag. 60.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note333"> -<p><span class="label"><a href="#tag333">333</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII. col. 736.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note334"> -<p><span class="label"><a href="#tag334">334</a>. </span><span class="smcap">Id</span>. <i>Ibid</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note335"> -<p><span class="label"><a href="#tag335">335</a>. </span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. bergam</i>., II, pag. 1169-70, cit. dal <span class="smcap">Checchini</span>, -pag. 461.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note336"> -<p><span class="label"><a href="#tag336">336</a>. </span>Cit. dal <span class="smcap">Checchini</span>, pag. 462.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note337"> -<p><span class="label"><a href="#tag337">337</a>. </span>Leg. Lang. Guido 3. Nemo comes neque loco eius positus neque -sculdasius ah arimannis suis <i>aliquid per vim exigant praeter</i> <span class="smcap lowercase">QUOD -COSTITUTUM LEGIBUS EST.</span> -</p> - -<p> -Doc.<sup>to</sup> dell'a. 937 riportato dal <span class="smcap">Ducange</span>: de villa Raucho et de -omnibus arimannis in ea morantibus <i>omniaque districtionem omnemque -publicam functionem et querimoniam quam</i> <span class="smcap lowercase">ANTEA</span> <i>publicus nosterque -missus facere consueverat</i>... custodiant et observent. Cfr anche -<span class="smcap">Savigny C. F.</span> <i>Storia del dir. rom. nel m. e.</i> Trad. ital., I, Firenze 1844, -pag. 135-148. Cfr. anche il diploma di Federigo I al comune di Ferrara -dal 1164, in <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XLVIII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note338"> -<p><span class="label"><a href="#tag338">338</a>. </span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Ricerche cit</i>., pag. 8-9</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note339"> -<p><span class="label"><a href="#tag339">339</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Schupfer</span>. <i>Il dir. priv. cit.</i>, I, pag. 67 e segg. e II, pag. 91; -<span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i>, III, pag. 35 e segg. <span class="smcap">Vaccari P.</span> <i>Ricerche di storia -giuridica</i>, Pavia 1907, pag. 3-43. <i>Il colonato romano e l'invasione long.</i> -Cfr. però per lo stato personale le giuste osservazioni del <span class="smcap">Leicht</span>. -<i>Studi cit.</i>, II, pag. 108, oltre a ciò che ne dice nel vol. I, pag. 51 e segg. -</p> - -<p> -Vedi il bel documento del 746. <span class="smcap">Troya.</span> <i>Cod. Dipl. Lang.</i>, n. 594, -e le osservazioni del <span class="smcap">Tamassia</span>. <i>Fidem facere</i> e <i>manum facere</i> in -«Arch. giurid.», 1903, pag. 536 e segg. -</p> - -<p> -Noti documenti (<span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. Dipl. Lang.</i>, n. 480 e <i>Reg. farf.</i>, n. 16 -e 35) mostrano concessioni regie di una terra con facoltà di alienazione -e di permuta, senza perdita da parte del sovrano dell'alto diritto -sulla terra stessa. Al re, infatti, è dovuto sempre il pagamento -del canone stabilito col primo cessionario e, qualche volta, anche la -facoltà di sostituire una terra diversa a quella già concessa. -</p> - -<p> -È un'altra prova dei tratti comuni che hanno due civiltà in condizioni -opposte.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note340"> -<p><span class="label"><a href="#tag340">340</a>. </span>Cfr. i documenti riportati dal <span class="smcap">Pertile</span>. <i>loc. cit.</i>, III, pag. 38.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note341"> -<p><span class="label"><a href="#tag341">341</a>. </span><i>Ricerche cit.</i>, pag. 15-17.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note342"> -<p><span class="label"><a href="#tag342">342</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XLV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note343"> -<p><span class="label"><a href="#tag343">343</a>. </span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note344"> -<p><span class="label"><a href="#tag344">344</a>. </span><i>Mem. e Doc. p. la storia di Lucca</i>, IV, ed. <span class="smcap">Bertini</span>. Lucca, 1818, -pag. 309. Lo stesso nel documento lucchese dell'819, edito dal <span class="smcap">Muratori</span>. -<i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note345"> -<p><span class="label"><a href="#tag345">345</a>. </span><i>Ibid.</i>, <span class="smcap">Id.</span>, vol. IV, pag. 309.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note346"> -<p><span class="label"><a href="#tag346">346</a>. </span><span class="smcap">Della Rena C.</span> <i>Storia degli antichi duchi e marchesi di Toscana.</i> -Firenze, 1690-1764, vol. III, pag. 41. Per la data cfr. <span class="smcap">Overmann</span>, -<i>Gräfin Mathilde von Tuscien</i>, Innsbruck, 1895, pag. 156.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note347"> -<p><span class="label"><a href="#tag347">347</a>. </span><span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note348"> -<p><span class="label"><a href="#tag348">348</a>. </span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note349"> -<p><span class="label"><a href="#tag349">349</a>. </span><span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Le diete imperiali di Roncaglia e la navigazione del -Po presso Piacenza</i>. Estr. dall'Archiv. Stor. per le Prov. Parmensi. -N. S. vol X, 1910, cfr. pag. 20-21 e 31-32; in cui sintetizza il sistema -cui dette il nome nel lavoro sulle associazioni.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note350"> -<p><span class="label"><a href="#tag350">350</a>. </span><span class="smcap">Darmstädter</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 7. Alboino occupò i castelli di Verona -e di Pavia; Liutprando ed Astolfo i palazzi bizantini di Ravenna.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note351"> -<p><span class="label"><a href="#tag351">351</a>. </span>Ne offre esempio sicuro la Legge Salica (<i>Tit</i>. XLV <i>De migrantibus</i>). -Leggi e documenti provano che anche presso i Langobardi -ebbe vigore lo stesso sistema.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note352"> -<p><span class="label"><a href="#tag352">352</a>. </span><span class="smcap">Salvioli G.</span> <i>Città e campagne</i> cit., I.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note353"> -<p><span class="label"><a href="#tag353">353</a>. </span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. dipl. lang.</i>, n. 812, a. 764, n. 671, a. 753, e <span class="smcap">Chroust</span>, -<i>Untersuchungen über die langob. Konigsurkunden.</i> Graz. 1888, n. 15, -pag. 204 e n. 20 pag. 181.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note354"> -<p><span class="label"><a href="#tag354">354</a>. </span><i>Capitulare ital. Capitula Pippini</i> 4, 19, ed. <span class="smcap">Padelletti</span> pag. 368 -e 373, e <i>Capit. Papiense</i>, 787, oct. c. 9, ed. <span class="smcap">Boretius</span>. n. 94, pag. 199, -e <i>Capit. Hlotarii</i>, a. 832, c. 7. <i>Capit. Hludov.</i>, II. a. 850, c. 7 e 8. -<i>Capit. C. Pap., Capit. Hludov.</i>, a. 850 c. 6 e 3, per i palazzi imperiali -in città.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note355"> -<p><span class="label"><a href="#tag355">355</a>. </span><i>Epist. ad Pippinum filium,</i> a. 807. <i>Capitulare italicum. Capitula -Karoli Magni</i>, 142, ed. <span class="smcap">Padelletti</span> pag. 365-66. e <span class="smcap">Odorici</span>. <i>Storie bresciane,</i> -vol. III, Cod. diplom.. 17 apr. 761. n. XXI, pag. 39. «intra muros -civitatis brixiane prope portam mediolanensem <i>loco</i> qui dicitur -<i>Parevaret</i>».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note356"> -<p><span class="label"><a href="#tag356">356</a>. </span>Cfr. <i>Cod. Just. XI.</i> 74. 4. <span class="smcap">Onorio</span> e <span class="smcap">Teodosio</span>, a. 423. Che queste -angarie conservino anche nel secolo nono il significato, il valore e la -natura di imposizioni pubbliche è luminosamente dimostrato dal diploma -dell'882 al vescovo di Reggio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note357"> -<p><span class="label"><a href="#tag357">357</a>. </span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. dipl. lang.</i>, n. 566, ripubblicato dall'<span class="smcap">Hartmann</span>. -<i>Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens in frühen Mittelalter. Analekten.</i> -Gotha, 1904, pag. 125.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note358"> -<p><span class="label"><a href="#tag358">358</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span>. <i>Italia Sacra</i>, VIII, col. 32.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note359"> -<p><span class="label"><a href="#tag359">359</a>. </span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>., V, col. 711.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note360"> -<p><span class="label"><a href="#tag360">360</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XXXI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note361"> -<p><span class="label"><a href="#tag361">361</a>. </span><span class="smcap">Ficker</span>. <i>Forschungen cit.</i>, IV, n. 81, pag. 124.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note362"> -<p><span class="label"><a href="#tag362">362</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XLV. Questi due documenti sono -relativamente tardi, ma la nota ostilità di alcuni dei re Franchi e dei -re d'Italia contro l'episcopato toscano (Cfr. <span class="smcap">Leicht</span>, <i>Studi cit.</i>, II. -pag. 109) spiega perchè questi oneri perdurassero ivi più a lungo che -altrove.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note363"> -<p><span class="label"><a href="#tag363">363</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Pertile</span><sup>2</sup>. <i>loc. cit.</i> VI. 1. pag. 29 nota 11.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note364"> -<p><span class="label"><a href="#tag364">364</a>. </span><span class="smcap">Tamassia N</span>. <i>Le associazioni in Italia nel periodo precomunale</i>, -Estr. dall'Archivio Giuridico, 1898, fasc. 1, pag. 16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note365"> -<p><span class="label"><a href="#tag365">365</a>. </span>Id. <i>ibid</i>., pag. 15-16.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note366"> -<p><span class="label"><a href="#tag366">366</a>. </span><span class="smcap">Solmi A</span>. <i>Per la storia delle associazioni nell'alto m. evo</i>, Estr. -dall'Archivio Giuridico, 1899, fasc. 1, pag. 7-8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note367"> -<p><span class="label"><a href="#tag367">367</a>. </span>Id. <i>ibid</i>, pag. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note368"> -<p><span class="label"><a href="#tag368">368</a>. </span><i>Cod.</i> <i>dipl.</i> <i>Lang.</i>, (<span class="smcap">Troya</span>), n. 765, a. 761.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note369"> -<p><span class="label"><a href="#tag369">369</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>loc</i>. <i>cit</i>., V, col. 708, a. 813. De vestimentis que de -<i>Pisile</i> veniunt, vel <i>Ginicro</i> decimam partem. Il pisele ed il gineceo -sono elementi ben noti del sistema curtense.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note370"> -<p><span class="label"><a href="#tag370">370</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Voigt K</span>. <i>Die königlichen Eigenklöster in Langobardenreiche</i> -Gotha 1908.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note371"> -<p><span class="label"><a href="#tag371">371</a>. </span><span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>loc</i>. <i>cit</i>., II, pag. 69-70, a. 895.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note372"> -<p><span class="label"><a href="#tag372">372</a>. </span>a. 852, 19 ottobre,.... ut annis singulis ad predictam parte -nostre hecclesie reddere debeatis pro ipso monasterio vestitum unum -bonum caprenum sicuti ipso monasterio in parte palatii consuetus -fuit et ipse dominus imperator nobis concessit. <span class="smcap">Lami</span>. <i>Sanctae ecclesiae -Florentinae Monumenta</i>. Firenze, 1758 II, 968.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note373"> -<p><span class="label"><a href="#tag373">373</a>. </span>a. 1048 circa. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq</i>. <i>Ital</i>., Diss. LVI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note374"> -<p><span class="label"><a href="#tag374">374</a>. </span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Studi cit</i>., I, pag, 22. Cfr. anche Solmi. <i>loc</i>. <i>cit</i>., pagina -100.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note375"> -<p><span class="label"><a href="#tag375">375</a>. </span>c. 340.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note376"> -<p><span class="label"><a href="#tag376">376</a>. </span>Cod. Theod. IV, 8, 5 e <i>Cod</i>. <i>Just</i>. VII, 16, circumductio.... circumlustratis -<i>provinciae populis</i> e <i>Cod</i>. <i>Theod</i>. <i>Nov</i>. <i>Valentin</i>. X. in fine.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note377"> -<p><span class="label"><a href="#tag377">377</a>. </span>L'abate Teofrido nel suo discorso «De SS. Reliquiis» parla dei -<i>singuli</i>.... <i>civitatum populi</i> a cui le reliquie furono concesse in conforto -(in solatium). Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Anecdota</i>, I, Milano 1697, pag. 8, -nel commento al v. 45 del Natale XI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note378"> -<p><span class="label"><a href="#tag378">378</a>. </span><i>Cod</i>. <i>Theod</i>., XII, 12, 16, a. 426. Teodosio e Valentiniano parlano -dei «civitatum postulata, decreta urbium, desideria populorum».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note379"> -<p><span class="label"><a href="#tag379">379</a>. </span><i>Cod</i>. <i>Theod</i>., IX, 33, I. Si quis.... suscipere <i>plebem</i>.... temptaverit. -E l'<i>Interpr</i>.: Si quis <i>populum</i> ad seditionem concitaverit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note380"> -<p><span class="label"><a href="#tag380">380</a>. </span>Tale è il caso di Cremona, Sospiro, Bergamo etc. Cfr. più avanti -pag. 143.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note381"> -<p><span class="label"><a href="#tag381">381</a>. </span>Cfr. specialmente <i>Capit</i>. <i>Ital</i>. <i>Lud</i>. P. 35. 36.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note382"> -<p><span class="label"><a href="#tag382">382</a>. </span>A Piacenza, come si è veduto, la <i>pensio</i> del sapone grava su -tutta la città. Lo stesso avviene per imposizioni varie in altre città: -così a Cremona sono tutti gli abitanti (... Rothecarius, Dodito, Gudipertus -<i>et ceteri habitatores</i>) che al placito di Lodovico II., tenuto a -Pavia nell'851-52, accusano il vescovo di violenze e soprusi contro -le loro navi. -</p> - -<p> -E non si può supporre che tutti i cremonesi esercitassero il commercio -fluviale: come non si può ammettere che tutti gli abitanti di -Benevento fossero costretti alle prestazioni che un bel documento, che -avrò modo di illustrare trattando delle divisioni cittadine interne, -mostra gravare sulla città considerata nel suo complesso. -</p> - -<p> -E lo stesso concetto domina anche per i minori centri locali. Re -Astolfo nel luglio del 755 conferma alla Basilica di S. Lorenzo presso -Bergamo la <i>casam tributariam</i> donatale già dal re Ariperto e aggiunge -la concessione di <i>omnes scuvies et utilitates quas homines exinde -in puplico habuerunt consuetudinem faciendum excepto quando utilitas -fuerit cesas faciendum ubi consuetudinem habuerunt. Nam ab aliis -scuvies et utilitatibus puplicis quieti permaneant</i> (<i>Cod</i>. <i>dipl</i>. <i>lang</i>., <span class="smcap">Troya</span> -IV, 4, n. 693).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note383"> -<p><span class="label"><a href="#tag383">383</a>. </span>Cfr. <i>Decretio Clotharii regis nel Pactus pro tenore pacis domnorum -Childeberti et Chlotarii regum</i> (ed. <span class="smcap">Boretius</span> in <i>Monum. Germ. -Hist. Capitularia regum francorum</i>, I, 1), cap. 9: «Decretum est ut -qui ad vigilias constitutas nocturnas fures non caperent eo quod -per diversa intercedente conludio scelera sua pretermissas custodias -exercerent, centenas fierent. In cuius centena aliquid deperierit, capitale -qui perdiderit recipiat, et latro, vel si in alterius centenam -appareat deduxisse et ad hoc admonitus si neglexerit, quinos solidos -condempnetur; capitalem tamen qui perdiderat, ad cetena illa accipiat -absque dubio, hoc est de secunda vel tertia».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note384"> -<p><span class="label"><a href="#tag384">384</a>. </span>Cfr. nota 3 pag. 128.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note385"> -<p><span class="label"><a href="#tag385">385</a>. </span><i>Cod. Just</i>. XII. 41. 5. a. 413.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note386"> -<p><span class="label"><a href="#tag386">386</a>. </span>Sino dal tempo romano il sistema fiscale legava tutti gli abitanti -alla terra e questa, distinta nelle singole divisioni territoriali, -alla città che si trovava a capo di ognuna di esse (cfr. infatti il libro -X del <i>Cod. Just.</i>; la massima parte delle disposizioni del quale -ebbe sicuramente applicazione in Italia per essere stata compresa nel -<i>Cod. Theod</i>.); ma non separò la città dal <i>suburbium</i>, nè confuse quest'ultimo -con il territorio circostante. -</p> - -<p> -Un passo che calza perfettamente a questo proposito ci è fornito -da <span class="smcap">Gregorio di Tours</span>, il noto vescovo e storico del secolo -sesto. Egli narra (<i>In gloria confessorum liber</i>. cap. 62. — ed. <span class="smcap">Arndts</span> -e <span class="smcap">Krusch</span> nei «Mon. Germ. Hist.» <i>Scriptores rer. meroving.</i> I. pagina -784) che l'imperatore romano Leone, richiestone da un arcidiacono, -che gli aveva guarita la figlia; concesse alla città di Lione l'esenzione -dal <i>tributum</i> dovutogli <i>in tertio circa muros miliario civitatis</i>. -Anche a dubitare (e non sarebbe punto fuor di luogo) che l'origine -del privilegio lionese sia proprio dovuta al fatto narrato da Gregorio -di Tours; non si può ragionevolmente dubitare che, almeno ai suoi -tempi, Lione godesse di tale esenzione e da epoca abbastanza remota; -perchè, continuando la sua narrazione, egli aggiunge: <i>unde usque -hodie circa muros urbis illius in tertio miliario tributa non reddentur -in publico</i>. -</p> - -<p> -Ammesso pure, in ipotesi, che la concessione non risalisse al tempo -romano — e non c'è ragione di credere che ciò non sia potuto avvenire — è -indubitabile che una distinzione precisa, in materia di -imposte, della città e del suo suburbio dal territorio circostante, quale -Gregorio di Tours ci fa vedere, non sarebbe stata possibile se non -avesse avuto a base un precedente stato di fatto e di diritto vigorosamente -stabilito, nettamente applicato e comunemente usato. Basti -solo pensare che l'estensione della zona riconnessa alla città è -così vasta — tre miglia — da non poter presentare caratteri e dati -di fatto capaci di servire ad una delimitazione dal rimanente e che -Gregorio di Tours rileva la peculiare condizione di Lione e del suburbio -che sono esenti dal tributo; ma non accenna affatto come -strano il caso che l'immunità finanziaria, concessa al centro murato, -si estenda per un certo ambito determinato anche al di fuori. Per le -tre miglia v. pag. 96.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note387"> -<p><span class="label"><a href="#tag387">387</a>. </span>La πςοτίμησις aveva preparato il terreno alla coattiva unione di -terre e di persone per il pagamento delle imposte. Cfr. <span class="smcap">Tamassia</span> N. -<i>Il diritto di prelazione e l'espropriazione forzata negli statuti dei comuni -italiani</i> in «Archivio giuridico» 1885 vol. XXXV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note388"> -<p><span class="label"><a href="#tag388">388</a>. </span>Accanto ai gruppi arimannici, i quali costituirono una lunga -catena serpeggiante lungo la spina centrale della conquista langobarda -(Cfr. anche <span class="smcap">Leicht</span> <i>Studi cit.</i>, II, pag. 89); ebbe sicuramente -vita l'elemento militare indipendente, basato senza dubbio sulla terra, -ma non vincolato inesorabilmente ad una determinata terra, come -gli arimanni; e che li superò di importanza e di numero. All'individualismo -germanico ripugna tanto la costrizione, che io ritengo che -l'arimanno, inteso come colui cui è concessa la terra specificatamente -detta arimannia, sia ben differente dal vero e proprio esercitale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note389"> -<p><span class="label"><a href="#tag389">389</a>. </span>Brescia, per esempio, fu prediletta dai nobili Langobardi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note390"> -<p><span class="label"><a href="#tag390">390</a>. </span>Bergamo fu pure un centro favorito dai Langobardi. Cfr. <span class="smcap">Schupfer</span>. -<i>Istituz. cit.</i>, pag. 152.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note391"> -<p><span class="label"><a href="#tag391">391</a>. </span>E così si spiega perchè nei documenti non si parli mai di <i>tertiae</i> -e di terze parti fatta eccezione di quei <i>tertiatores</i> della Liburia -che è stato dimostrato essere un caso speciale e singolarissimo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note392"> -<p><span class="label"><a href="#tag392">392</a>. </span><i>Cod. dipl. lang.</i> (<span class="smcap">Troya</span>), n. 401.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note393"> -<p><span class="label"><a href="#tag393">393</a>. </span><i>Ibid</i>. (Id.), n. 479.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note394"> -<p><span class="label"><a href="#tag394">394</a>. </span><i>Ibid</i>. (<span class="smcap">Id</span>.), n. 431. A questi <i>notai della città</i> si possono aggiungere -pure <i>Arioald notarius de Mantua</i> (<i>Cod. Dipl. Lang.</i> — <span class="smcap">Porro</span> — n. -93. a. 818) e <i>Gisulfus notarius brixianus</i> (<i>Ibid</i>. — <span class="smcap">Id</span>. — n. 270 a. 877). -</p> - -<p> -Vedi anche il placito tenuto a Trento nell'845 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. -Ital.</i>, Diss. XXI) dai messi dell'imperatore e del duca Liutfredo; -la «paginam judicati» è stesa da <i>Grimoaldus notarius civitatis Tridentine</i>. -Un documento dell'anno 769 (<i>Cod. Dipl. Lang.</i> — <span class="smcap">Porro</span> — n. -39) ci fa conoscere anche <i>Thomas subdiaconus notarius sancte ticinensis -ecclesie.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note395"> -<p><span class="label"><a href="#tag395">395</a>. </span>Non menziono il <i>receptor</i> perchè l'unico esempio di esso (<i>Cod. -dipl. lang</i>., ed. <span class="smcap">Troya</span>, n. 453; ed. <span class="smcap">Porro</span>, col. 16, n. IV, a. 725) è dovuto -ad un errore di lettura e di interpetrazione. Lo <span class="smcap">Schiaparelli</span> -(in «Archiv. Stor. Ital.» sez. V, to. XLIII, pag. 166, nota 3 e tomo -XLVIII, pag. 196, nota 1) ha dimostrato che l'abbreviatura, che ricorre -anche in altre carte langobarde, è «reg p» e va sicuramente -sciolta «reg(ia) p(otestas)»; il passo relativo del documento citato -deve, quindi, esser restituito «notarius reg(iae) p(otestatis)».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note396"> -<p><span class="label"><a href="#tag396">396</a>. </span><span class="smcap">Ughelli-Coleti</span>. <i>loc. cit.</i>, V, Col. 711.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note397"> -<p><span class="label"><a href="#tag397">397</a>. </span><span class="smcap">Hegel C.</span> <i>Storia della costituzione dei municipi italiani</i>, trad. Corti. -Milano 1861, pag. 881, nota 4. -</p> - -<p> -Però non ne fa alcun uso per lo studio della costituzione cittadina.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note398"> -<p><span class="label"><a href="#tag398">398</a>. </span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Nobili e popolani in una piccola città dell'alta -Italia</i>, Rec. al lavoro del <span class="smcap">Patetta</span> sullo stesso titolo. Estr. dall'«Archivio -Giuridico», 1904, pag. 6.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note399"> -<p><span class="label"><a href="#tag399">399</a>. </span><span class="smcap">Mayer E.</span> <i>Ital. Verfassungsg. cit.</i>, I, pag. 413.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note400"> -<p><span class="label"><a href="#tag400">400</a>. </span>Il documento parla di <i>vicarius civitatis</i> al tempo langobardo, -mentre le fonti non chiamano mai con simile termine chi è a capo -di una città. Non mi pare azzardato pensare che l'autore della <i>notitia</i>, -che scriveva in tempo franco, abbia usato il termine adoperato -dai Franchi, ignorando l'altro. Importante è che sia vero il fatto -della controversia e la sua risoluzione. E questo è sicuro. Anche il -<span class="smcap">Cipolla</span> (<i>Fonti edite della storia della regione veneta dalla caduta dell'impero -romano fino alla fine del secolo X.º</i> in «Monumenti Storici -pubblicati dalla R. Deput. Ven. di Stor. Patr.» vol. VIII. S. IV. vol. II. -Venezia 1888, n. 56 pag. 80) dà conto di questo documento senza accenno -alcuno alla possibilità di un dubbio sulla sua autenticità.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note401"> -<p><span class="label"><a href="#tag401">401</a>. </span><i>Cod. Theod</i>., V, 1, 32, <span class="smcap">Arcadio Onorio Eusebio</span>, a. 395.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note402"> -<p><span class="label"><a href="#tag402">402</a>. </span><i>Cod. Just.</i>, VIII, 11, 11. -</p> - -<p> -Tracce di questa tripartizione si trovano anche nelle città tedesche -di origine romana. -</p> - -<p> -Nel diploma con il quale nel 1120 Bertoldo duca di Zaringia <i>in -loco proprii fundi sui Friburc, secundum jura Coloniae liberam constituit -fieri civitatem</i> è stabilita la seguente disposizione: -</p> - -<p> -«Quicumque carens herede legitimo friburc moritur, omnia sua -bona XXIV consules diem et annum in sua tenebunt potestate: si -autem nullus heredum suorum venerit, una pars pro remedio animae -suae, altera domino, <i>tertia dabitur ad munitionem civitatis</i>. (Cfr. <span class="smcap">Eichhorn</span>. -<i>Ueber den Ursprung der städtischen Verfassung in Deutschland</i>. -in «Zeitschrift für geschicht. Rechtswissenschaft» 1815, II, nota 175). -E Colonia — lo dichiarano apertamente i suoi statuti (Cfr. <span class="smcap">Eichhorn</span>. -loc. cit., nota 204) — aveva l'<i>jus italicum</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note403"> -<p><span class="label"><a href="#tag403">403</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Boretius</span>. <i>Capit. Reg. Franc.</i> I. 1. n. 105 pag. 216.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note404"> -<p><span class="label"><a href="#tag404">404</a>. </span>VIII, 11, 10.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note405"> -<p><span class="label"><a href="#tag405">405</a>. </span><span class="smcap">Ughelli-Coleti</span><sup>2</sup>, <i>loc. cit.</i>, VIII, col. 32.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note406"> -<p><span class="label"><a href="#tag406">406</a>. </span><i>Capitulare mantuanum secundum generale</i> c. 7. ed. <span class="smcap">Boretius</span> -loc. cit. n. 93 pag. 197.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note407"> -<p><span class="label"><a href="#tag407">407</a>. </span>I Langobardi, dopo la vittoriosa discesa di Carlo Magno, passarono -sotto la corona dei re franchi; ma, come è noto, non entrarono -a far parte del regno e si mantennero separati ed, in certo -grado, autonomi. Dal momento che i capitolari franchi parlano a -questo proposito di <i>antiqua consuetudo,</i> non si può dubitare che essi -attuassero in Italia quel sistema che avevano adoperato i Langobardi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note408"> -<p><span class="label"><a href="#tag408">408</a>. </span><i>Capitula italica</i> c. 3. ed. <span class="smcap">Boretius</span> loc. cit. pag. 216.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note409"> -<p><span class="label"><a href="#tag409">409</a>. </span><span class="smcap">P. Diacono</span>. <i>Hist. Lang.</i>, IV, 29.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note410"> -<p><span class="label"><a href="#tag410">410</a>. </span>Da tutta la narrazione di P. Diacono e dal complesso delle -notizie che abbiamo della conquista langobarda, appare come cosa -eccezionale e dovuta a specialissime condizioni strategiche l'occupazione -del territorio di Cremona fatta dai conti di Bergamo e di Brescia -e si ha quindi una riprova del fatto che i Langobardi come sistema, -si servirono delle divisioni territoriali preesistenti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note411"> -<p><span class="label"><a href="#tag411">411</a>. </span><span class="smcap">Solmi</span>. <i>Le diete di Roncaglia cit.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note412"> -<p><span class="label"><a href="#tag412">412</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Böhmer</span>. <i>Regesta Carolinorum</i>. Frankfurt, 1831 pag. 630.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note413"> -<p><span class="label"><a href="#tag413">413</a>. </span><i>Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di Lucca.</i> -V. p. II, Lucca 1827, n. 30. -</p> - -<p> -Questo Gaudenzio, ricordato in molti documenti, è detto in uno -del 746 (<i>ibid</i>., n. 33) <i>magister</i>: probabilmente della <i>schola</i> vescovile -lucchese perchè è un chierico che lo chiama così; infatti l'atto dice: -«Ego Perteradus clericus ex dectato <i>Gaudentio presbitero magister -meo iscripsi</i>».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note414"> -<p><span class="label"><a href="#tag414">414</a>. </span>Non mi pare che questo concetto sia stato applicato nè dal -<span class="smcap">Liebe</span> <i>G. Die Städte des Mittelalters und die Kirche</i> in «Neue Jahrb. -für d. klass. Altertum» 1901, to. VII-VIII, 3.; nè da altri.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note415"> -<p><span class="label"><a href="#tag415">415</a>. </span>Questa mi sembra sia stata la ragione del fatto rilevato già -da tempo (cfr. <span class="smcap">Muratori</span> L. A. <i>Liturgia romana vetus tria sacramentaria -complectens etc</i>. nella «Raccolta delle opere minori», Napoli, -1760, to. 11, pag. 2-3) ma non spiegato.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note416"> -<p><span class="label"><a href="#tag416">416</a>. </span>Cfr. <i>concil. veneticum</i> (presso Tours) a. 461, c. 15, ed. <span class="smcap">Labbé-Mansi</span>. -<i>cit.</i>, vol. IV, col. 1057; <i>concil. agathense</i>, a. 506, c. 30, ibid., -IV, col. 1368; <i>concil. epaonense</i>, a. 571, c. 27, ibid., IV, col. 1570.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note417"> -<p><span class="label"><a href="#tag417">417</a>. </span>Cfr. <i>concil. gerundense</i>, a. 517, c. 1. ed. cit., IV, col. 1568; <i>concil. -toletanum</i>., IV, a. 633, c. 3, ibid., V, col. 1700; <i>concil. bracarense</i>, -I, a. 563, c. 19-23, ibid., V, col. 838.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note418"> -<p><span class="label"><a href="#tag418">418</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Harnack</span>. <i>Die quellen der sogenannten apostolischen Kirchenordnung</i>, -Leipzig, 1886, pag. 98 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note419"> -<p><span class="label"><a href="#tag419">419</a>. </span>Cfr. su questo punto <span class="smcap">Duchesne</span> L. <i>Les origines du culte chrétien</i>, -Paris, 1902; <span class="smcap">Phebei F. A.</span> <i>De variis ecclesiae liturgiis et de liturgia -latina</i>; <span class="smcap">Mabillon J</span>.<i> De liturgia gallicana etc.</i> Lutetiae Parisiorum, -1685; <span class="smcap">Migne J. P.</span> <i>Origines et raison de la liturgie catholique</i> -etc., Paris, 1844; <span class="smcap">Gerbert P. M.</span> <i>De veteri liturgia alemannica</i> in -«Novelle letterarie di Firenze», 1763, col. 299, 317, 331, 365, 398, -437, 474 etc. -</p> - -<p> -Per l'Italia ha un certo interesse lo studio di <span class="smcap">P. Cagin.</span> <i>L'euchologie -latine étudiée dans la tradition des formules et des formulaires</i>, -Liège, 1912, perchè pone acutamente in rilievo l'importanza del -palinsesto latino veronese degli statuti apostolici per le interpolazioni -in esso contenute.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note420"> -<p><span class="label"><a href="#tag420">420</a>. </span>Vedi pag. 45 nota 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note421"> -<p><span class="label"><a href="#tag421">421</a>. </span>Vedi pag. 89, specialmente nota 2. A questa forza e a questo -mantenersi di antichi elementi di diritto deve la sua origine il diritto -di cui il <span class="smcap">Brunner</span> (<i>Urkunde</i> cit., pag. 113 e segg. e 124 e segg.) -avvertì per primo l'esistenza e che chiamò <i>diritto romano volgare</i> -con un'espressione che discuteremo più avanti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note422"> -<p><span class="label"><a href="#tag422">422</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Magani F.</span> <i>L'antica liturgia romana</i>, Milano, 1909.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note423"> -<p><span class="label"><a href="#tag423">423</a>. </span>Cfr. <i>Delle antichità longobardico-milanesi illustrate con dissertazioni -dai monaci della congregazione cisterciese di Lombardia</i>, Milano, -1793, vol. III, diss. XXV, pag. 1 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note424"> -<p><span class="label"><a href="#tag424">424</a>. </span>La maggior quantità di notizie si può spigolare dal <i>Liber pontificalis</i> -di Agnello su cui vedi <span class="smcap">Lanzoni F.</span> <i>Il Liber pontificalis ravennate</i> -in «Rivista di Sc. Storiche» diretta da R. Maiocchi, VI, -aprile-giugno 1909 e le <i>Note marginali al «Liber pontificalis» di -Agnello R.</i> di <span class="smcap">A. Testi-Rasponi</span> nel Vol. XXVI, 1909, XXVII, 1910, -e I della 4. serie 1911 degli «Atti e Memorie della R. Dep. di St. -Patr. per la Romagna».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note425"> -<p><span class="label"><a href="#tag425">425</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Pastè C. R.</span> <i>Rito eusebiano</i> in «Archivio Soc. Vercellese -di St. e d'Arte», Vol. II, 1910 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note426"> -<p><span class="label"><a href="#tag426">426</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Uccelli G. B.</span> <i>Della badia fiorentina</i>, Firenze, 1858; <span class="smcap">Davidsohn</span> -<i>Storia cit.</i>, I, pag. 56 e segg.; II, pag. 1104 e <i>Forschungen</i>, -I, pag. 19 e la bolla di papa Lucio al capitolo fiorentino (ed. <span class="smcap">Ughelli</span> -<i>loc. cit.</i>, to. II, col. 495, a. 1144); e, sopratutto, <i>Mores et consuetudines -ecclesiae florentinae</i>, ed. <span class="smcap">D. Moreni</span> Firenze, 1794.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note427"> -<p><span class="label"><a href="#tag427">427</a>. </span>Cfr. l'<i>Ordo officiorum ecclesiae senensis ab Oderico eiusdem ecclesie -canonico a. MCCXIII compositus</i>, ed. <span class="smcap">G. C. Trombelli</span>, Bologna, -1766.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note428"> -<p><span class="label"><a href="#tag428">428</a>. </span>Cfr. la bolla di Anastasio IV.º del 1153 (ed. <span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i>, -III, col. 395); e, sopratutto <span class="smcap">Matthei A.</span> <i>Ecclesiae pisanae historia</i>, -Lucca, 1768.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note429"> -<p><span class="label"><a href="#tag429">429</a>. </span>Ecco la parte principale della bolla con cui Gelasio II.º nel -1118 conferma gli antichi usi della chiesa di Lucca (ed. <span class="smcap">Ughelli</span> -<i>loc. cit.</i>, I, col. 819). Petitiones vestras clementer admittimus et vobis -<i>antiquas ecclesiae matricis consuetudines</i> confirmamus; ut videlicet -unctiones infirmorum et sepolturae civitatis propriae ad matricem -ecclesiam pertinentes et officium et participatio beneficii funerum -ad alias ecclesias pertinentium vobis nulla clericorum calliditate, aut -laicorum quorumlibet substrahatur: electiones priorum et collationes -clericorum in aliena ecclesia infra urbem vel extra in suburbiis -sine consensu episcopi et priorum, qui locopositi nominantur, matricis -ecclesiae non fiant. Et nulla episcopatus vestri praeter eorum -consensum alicui subiiciatur ecclesiae, neque publica et majora negotia -aliqua sibi ecclesiarum ipsis invitis arripiat, aut publicas poenitentias -tribuat: nec sententias et interdictum matricis ecclesie tentet -infringere: nulla etiam vestri episcopatus persona sine consensu -episcopi vel priorum qui locopositi nominantur, matricis ecclesiae -excomunicetur et quod ab episcopo ligatum fuerit a nemine irritum -duci tentetur. Sane civitatis vestrae clerici et qui in suburbiis sunt, -solitas obedientias videlicet in litaniis, in processionibus comunibus, -in festivitatibus et stationibus majoris ecclesiae eidem impendant -ecclesiae, ut vobiscum adsint. Porro in quintae feriae nocte ante -pascha nulla ecclesia secundum morem vestrae ecclesiae campanas -sonet, neque in sabbato sancto cereum benedicat, sed ad baptismum -praedicti clerici, prout consuetum est veniant. Nulla praeterea ecclesiarum -missas solemnes celebret in festivitate B. Martini, et S. Reguli -et in secunda feria paschae et in processionibus quadragesimae -donec stationis solvatur conventus. Nullus etiam clericorum officium -vivorum aut mortuorum ad matricem ecclesiam pertinens facere vel -celebrare praesumat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note430"> -<p><span class="label"><a href="#tag430">430</a>. </span>Cfr. i documenti editi dall'<span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i>, III, col. 282 -e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note431"> -<p><span class="label"><a href="#tag431">431</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i>, II, col. 194 e segg. ed anche <span class="smcap">Campi</span> <i>loc. cit.</i>, -passim.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note432"> -<p><span class="label"><a href="#tag432">432</a>. </span>Cfr. <i>Statuta ecclesiae parmensis</i> ed. <i>Barbieri L.</i> nei «Mon. -Hist. ad prov. parm. et plac. pertinentia», Parma, 1866.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note433"> -<p><span class="label"><a href="#tag433">433</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Liturgia cit.</i>, pag. 61 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note434"> -<p><span class="label"><a href="#tag434">434</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i>, II, col. 3 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note435"> -<p><span class="label"><a href="#tag435">435</a>. </span>Cfr. l'<i>Ordo totius officii ecclesie paduane per totum circulum -anni secundum diversorum temporum mutationes</i> illustrato da <span class="smcap">F. S. -Dondi Orologio</span> (<i>Dissertazione sopra li riti della chiesa di Padova -fino al secolo XIV</i>, Padova, 1816) che lo ritiene scritto fra il 1261 e -il 1263.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note436"> -<p><span class="label"><a href="#tag436">436</a>. </span>Il <span class="smcap">Tamassia</span> quando si è proposto di dimostrare l'attività del -popolo appartenente ad una circoscrizione ecclesiastica in alcuni -fatti che presuppongono in esso qualche cosa che lo avvicina ad una -persona giuridica, almeno per l'istante in cui l'atto si compie (<i>Chiesa -e popolo</i>. Note per la storia dell'Italia precomunale, in «Archivio -Giurid. F. Serafini» N. S., Vol. VII, fasc. 2, a. 1901, pag. 300-322) ha, -veramente, dimostrato di sentire che un'indagine sulla costituzione -delle nostre città deve tenere in massimo conto la chiesa locale e -non può assolutamente prescindere dalla storia delle diocesi e delle -parrocchie italiane, ma avendo di mira altro scopo, non è andato più -in là dell'enunciazione del concetto. -</p> - -<p> -A noi non interessa conoscere come il cristianesimo si sia diffuso. -(Cfr. per questo <span class="smcap">Harnack A.</span> <i>Die Mission und Ausbreitung des Kristentums -in den ersten drei Jahrhunderten</i>, Leipzig, 1902; <span class="smcap">Negri G.</span> -<i>Una figura storica nel cristianesimo nascente</i> in «Meditazioni vagabonde» -Milano, 1897, pag. 227 e segg.; <span class="smcap">Duchesne</span> <i>Histoire ancienne de -l'église</i>, Paris, 1906, Vol. I; <span class="smcap">Federici V.</span> <i>Della primitiva propagazione del -cristianesimo</i> in «Rassegna Nazionale», 1906, fasc. 3; <span class="smcap">Semeria G.</span> <i>Venticinque -anni del cristianesimo nascente</i>, Roma, 1900; <span class="smcap">Belgrano L. T.</span> -<i>I primordi del cristianesimo in Piemonte e in particolare a Tortona</i> -in «Bibliot. d. Società Stor. Subalpina», Vol. XXXII, p. I, Pinerolo, -1905; <span class="smcap">Ferretto A.</span> <i>I primordi e lo sviluppo del cristianesimo in Liguria -ed in particolare a Genova</i> in «Atti della Società ligure di -stor. patria», Vol. XXXIX, Genova, 1907, pag. 171 e segg.; <span class="smcap">Paschini -P.</span> <i>Le origini della chiesa di Aquileia</i> in «Riv. per le scienze storiche» -1904. fasc. 1-4; P. M. da <span class="smcap">Carbonara</span> e <span class="smcap">F. Savio</span> <i>S. Marziano -e le origini della diocesi di Tortona</i>, Alessandria, 1903; <span class="smcap">Zattoni G.</span> -<i>Il valore storico della passio di S. Apollinare</i> in «Riv. Stor. Critica -delle sc. teolog.», II, fasc. 9, sett., 1906; <span class="smcap">Boggio E.</span> <i>Le prime chiese -cristiane nel Canavese</i> in «Atti della soc. d'archeolog. e belle arti -per la prov. di Torino», Vol. V, 1887); ma, invece, come si è organizzato -e la scelta delle fonti deve esser fatta tenendo presente lo -svolgimento di questa organizzazione. Sebbene, infatti, fino dagli -ultimi anni del primo secolo dopo Cristo cominciassero ad apparire -segni palesi di un profondo cambiamento nel sentimento religioso -del tempo e si andasse maturando una tendenza di conciliazione fra -il paganesimo ed il cristianesimo (cfr. <span class="smcap">Baur</span> <i>loc. cit.</i>) occorsero ancora -due secoli, rotti non infrequentemente da sanguinose persecuzioni -(cfr. <span class="smcap">Duchesne L.</span> <i>Storia della chiesa antica</i>, Vol. I, cap. XIII, -XIV pag. 119 e 149; XIX, pag. 197-212; XXVII pag. 292-310; Vol. -II, cap. I, pag. 9-38), prima che quest'ultimo fosse ufficialmente tollerato -(cfr. <span class="smcap">Crivellucci A.</span> <i>Storia delle relazioni fra lo Stato e la -Chiesa</i>, Vol. I, Bologna 1886, pag. 107). Nè con questo riconoscimento, -che pure segnò un gran passo innanzi, la via fu spianata: dovette -trascorrere più che una settantina d'anni, non esente da qualche -violento tentativo di ripristino (cfr. <span class="smcap">Duchesne</span> <i>loc. cit.</i>, II, cap. IX, -pag. 178 e segg. e <span class="smcap">Negri G.</span> <i>Giuliano l'apostata</i> in «<i>Nel passato e -nel presente</i>», Milano, 1891), prima che Graziano rifiutasse nel 375 -il titolo di pontefice massimo, portato da tutti i suoi predecessori; e -solo cinque anni dopo, nel 380, il cristianesimo fu dichiarato religione -ufficiale dello Stato; (cfr. Stutz loc. cit., pag. 17; e <span class="smcap">Crivellucci</span> <i>loc. -cit.</i>, I, pag. 316) e soltanto a poco a poco, con stenti, con fatiche e con -incertezze, i vescovi riuscirono ad ottenere la giurisdizione arbitrale -ed ecclesiastica, il diritto di asilo e di intercessione e tutte le altre -prerogative che ne fecero veri e proprî organi dello Stato.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note437"> -<p><span class="label"><a href="#tag437">437</a>. </span><i>Cod. dipl. long.</i>, <span class="smcap">Troya.</span> n. 771, a. 753, febbr. 10.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note438"> -<p><span class="label"><a href="#tag438">438</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Hegel C.</span> <i>Storia della costituzione dei municipi italiani</i>, -trad. Conti, Milano-Torino, 1861, pag. 344; <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i>, -I, pag. 11 e segg.; <span class="smcap">Mayer E.</span> <i>Ital. Verfassung. cit.</i>, II, pag. 432 e -segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note439"> -<p><span class="label"><a href="#tag439">439</a>. </span>Su alcune caratteristiche del diritto di regalia cfr. <span class="smcap">Solmi A.</span> -<i>Diete di Roncaglia cit.</i>, pag. 36 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note440"> -<p><span class="label"><a href="#tag440">440</a>. </span>È una sentenza dei consoli di Milano riportata in parte da -<span class="smcap">F. Berlan.</span> <i>Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini di Milano -dell'anno 1216</i>, Venezia, 1872, pag. 154. -</p> - -<p> -.... prefatus Gigottus condempnavit predictos consules tam nobilium -quam rusticorum de suprascripto loco Vellate, suo nomine et -nomine omnium hominum ipsius loci, tam nobilium quam rusticorum, -ne de cetero impediant massarios ecclesie S. Marie Montis, habitantes -in territorio de Vellate, ubi dicitur in Vigni, pascuare in pascuis sive -vicanalibus loci de Vellate cum bubus et bestiis suis, sicut alii vicini -loci de Vellate faciunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note441"> -<p><span class="label"><a href="#tag441">441</a>. </span><span class="smcap">Schupfer F.</span> <i>Diritto privato cit.</i>, II, pag. 54 e <span class="smcap">Leicht P. S.</span> -<i>Studi cit.,</i> I, pag. 37-88.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note442"> -<p><span class="label"><a href="#tag442">442</a>. </span>Praeterea in locis, quae sunt de districtu, illud obtinet quod -<i>viganalia</i> per consensum dominorum et vicinorum debent dividi vel -vendi; quod alias fieri non potest, nisi dominorum omnium et vicinorum -consensu <i>Communia</i> taliter inter dominos et vicinos dividuntur -ut medietas terrarum omnium vel pretii illarum omnium viganalium -vel fructuum, si forte vendantur, ad dominum cuius est -totum districtum, iure nostrae civitatis, assignatur; alterius vero -medietatis partem accipit pro parte terrarum, quas in ipso loco habet. -Si vero totum districtum non habet, sed partem, secundum -partem sui districti, iure districti, de praedictis viganalibus partem -conseguitur, et de alio quod remanet, pro numero terrarum ut dictum -est. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Berlan F.</span> <i>Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini -di Milano cit.</i> rubr. XXIV, pag. 254. -</p> - -<p> -L'edizione del Berlan è la migliore: cfr. <span class="smcap">Lattes A.</span> <i>Il dir. consuetud. -cit.</i>, pag. 33, nota 95.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note443"> -<p><span class="label"><a href="#tag443">443</a>. </span>Per un'applicazione di questo concetto cfr. <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Ricerche -sulla responsabilità del Comune in caso di danno</i>, Udine, -1904.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note444"> -<p><span class="label"><a href="#tag444">444</a>. </span>Anche il <span class="smcap">Mayer</span> (<i>Ital. Verfassungsg. cit.</i>, Vol. I, pag. 281 e segg.) -ritiene che fino dal tempo langobardo esistano e si differenzino <i>comunalia</i> -e <i>vicanalia</i> e che i primi sieno i beni su cui gli abitanti -della città vantavano diritti di uso di natura pubblica, indipendenti -da qualsiasi rapporto di diritto privato; mentre i <i>vicanalia</i> sarebbero -delle terre gravate di oneri a favore di altre terre in quanto ne costituivano -delle pertinenze, rimaste indivise fra i vari fondi per volontà -dei proprietarî. I <i>comunalia</i> furono rivendicati in proprietà dai -comunisti cittadini assai presto; i <i>vicanalia</i> giunsero ad essere dei -<i>comunalia</i> attraverso ad uno stadio intermedio, nel quale i <i>vicini</i> riuscirono -abusivamente a carpire un diritto di condominio ai <i>domini.</i> -</p> - -<p> -Prima di tutto non è esatto parlare di <i>comunalia</i> solo a proposito -della città. Senza punto entrare a discutere l'opinione del Mayer -sulla natura giuridica dei beni comuni cittadini, si può osservare -che le consuetudini milanesi, che costituiscono il testo su cui s'impernia -la sua asserzione, parlano di <i>comunalia</i> a proposito di <i>locus</i>. -E il <i>locus</i>, a detta del Mayer stesso, non è affatto la città. Ma anche -ammettendo che la parola ne abbia tradito il pensiero, la sua -opinione non è fondata perchè manca di un'indagine indispensabile -per poter giungere alla conclusione che egli sostiene. Bisognava, cioè, -dimostrare che i <i>domini</i> di cui parlano le Consuetudini Milanesi -sono dei <i>domini</i> di diritto privato, dei semplici proprietarî e non dei -titolari di facoltà giurisdizionali. E questo non lo ha fatto: nè lo -poteva fare. A togliere ogni dubbio a questo riguardo ed a dimostrare -il carattere giurisdizionale che contraddistingue questi <i>domini</i>, -non c'è niente di meglio che riportare alcuni passi della <i>rubrica de -oneribus et districtis et conditionibus</i>, che è proprio quella stessa in -cui è contenuta la disposizione concernente i <i>vicanalia</i> e che dal -titolo stesso dimostra la natura pubblica del diritto signorile. -</p> - -<p> -«Amplius si eiusdem loci plures sint domini licet inter ipsos -districtabilium praesumatur facta divisio, unus, etiam invitis coeteris -socijs quanquam minimam partem in eo loco districti habent omnes -districtabiles compellere potest, ut Castrum reficiant, et murum et -fossatum et portinarium ponant ad guajtam, et sgieraguajtam, et -fossatum circa Castrum et Villam, et portas, et clavaturas ferreas -et in Villa, et Castro, et in eo incastellent quia tale onus utpote individuum -ab hominibus districtalibus fieri debet et per quemlibet -dominorum posse postulari Sapientes nostra Civitatis crediderunt. -</p> - -<p> -Porro, quod est notabilius, nostra Consuetudine obtentum invenitur, -ut si plures dominorum suos districtabiles tam in Castro quam -in Villa ab omni onere districti liberaverint, alter, qui eos non liberavit, -potest eos cogere tam suos quam ab aliis dominis liberatos -ad reficiendum castrum. Sed, et quod est mirabilius, si omnes domini -qui suos districtabiles divisim possidebant eos liberaverint ab omni -onere districti licet nullos dominorum illum quem liberavit possit ad -reficiendum castrum compellere, tamen poterit ab altero dominorum -liberatus coartari ad reficiendum quod per nostram consuetudine -obtinet. Ut si plures domini suos districtabiles ab omni onere districti -liberaverunt, alter qui eos non liberavit poterit cogere eos -tam suos quam ab alijs dominis liberatos ad pondera stateras et -mensuras recipiendas per eum seu ab eo quia hoc jus, et reficiendi -castrum in communi remansisse creditur, nisi vel regionibus Castrum -inter dominos, et refetio eiusdem in divisione venerit quod raro accidit». -</p> - -<p> -Esistevano, senza dubbio, dei <i>domini</i> per diritto privato; ma sicuramente -non erano questi, che godevano di facoltà pubbliche di -tale natura. -</p> - -<p> -Secondo il mio pensiero, al tempo langobardo le terre comuni si -distinguevano in terre comuni di diritto privato e terre comuni di -diritto pubblico e queste ultime potevano essere comuni rispetto al -<i>comitatus</i> (cfr. doc. citato dal <span class="smcap">Leicht</span> <i>Studi cit.</i>, I, pag. 51) rispetto -alla città, rispetto al <i>locus</i>, rispetto al <i>vicus</i>, rispetto al <i>concilium</i> -e rispetto ad un determinato gruppo gentilizio. Queste ultime soltanto -propendo a ritenere col <span class="smcap">Besta</span> (<i>Nuovi appunti di storia giuridica -sui documenti lucchesi cit.</i>) che sieno sorte all'epoca e per opera -dei Langobardi e costituiscano le famose <i>fiwaide</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note445"> -<p><span class="label"><a href="#tag445">445</a>. </span><span class="smcap">Dallari G.</span> <i>Intorno all'evoluzione della proprietà</i> in «Riv. -ital. di sociologia», a. XIII. fase. 1, pag. 17 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note446"> -<p><span class="label"><a href="#tag446">446</a>. </span>a. 1178. Johannes causidicus, assessor domini Archiepiscopi, -precipit per eius parabolam ut de cetero ipse Johannes eiusque successores -utatur de vigano seu communi prenominati loci sive sit -tensatum sive non, sicut alius vicinus de ipso loco utitur ipso communi -et vigano. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Puricelli</span>, <i>loc. cit.</i> pag. 1003.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note447"> -<p><span class="label"><a href="#tag447">447</a>. </span>a. 1189, marzo 7. dederunt... omnia sedimina cum hedifitiis -eorum campos, vineas, silvas, buscos, zerbos, communiantias seu viganalia, -atque omnes res cultas et incultas... -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Frisi A. F.</span> <i>Memorie storiche di Monza e sua corte.</i> Milano, -1794, to. II, <i>Codice diplomatico</i>, n. 78, pag. 73-74.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note448"> -<p><span class="label"><a href="#tag448">448</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Lattes A.</span> <i>Il dir. consuetudinario delle città lombarde cit.</i> -pag. 32 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note449"> -<p><span class="label"><a href="#tag449">449</a>. </span>Cfr. <i>Statuti di Milano</i> (vol. II, carte 159<sup>t</sup>-160). Aliquae Communantiae, -Vicanalia, vel Pascua, vel Bona aliqua immobilia vel Jura -aquarum Civitatis et Ducatus Mediolani, vel alicuius Universitatis, -quae etiam praesentibus Statutis ligetur, non possint ab aliqua singulari -persona vel Universitate vendi, alienari, nec obligari... Et si -fructus vel redditus dictarum Vicanalium, vel Communantiarum, vel -Pascuum vel Bonorum ipsius Universitatis, venderentur, vel compartirentur, -detur sua pars cuilibet habenti facere in eis. (<span class="smcap">Dal Berlan</span>, -<i>loc. cit.</i>, pag. 153).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note450"> -<p><span class="label"><a href="#tag450">450</a>. </span>a. 1094. 8 dec. sunt tam campis quam pratis, pascuis, vineis -et silvis seu stellariis cum areis earum cultis et incultis, divisis et -indivisis, usibus aquarum aquarumque ductibus seu cum <i>vicanalibus -atque conciliis</i> atque ecclesiis et capellis et rebus una cum omnibus -condiciis et redditibus et honoribus ad iam dictas res. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Vignati C.</span> <i>Cod. dipl. laudense cit.</i> I, n. 49, pag. 77.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note451"> -<p><span class="label"><a href="#tag451">451</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Athanasii</span>. <i>Apologia contra arianos</i>, in <i>Opera omnia</i>, Parisiis, -1698, I, 1, pag. 124: universae eius loci ecclesiae episcopo subiaceant: -ita tamen ut <i>singuli pagi</i> suos presbyteros habeant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note452"> -<p><span class="label"><a href="#tag452">452</a>. </span>Cfr. <i>Cod. dipl. long</i>. <span class="smcap">Porro</span>, n. 171, a. 851, col. 292.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note453"> -<p><span class="label"><a href="#tag453">453</a>. </span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 519, a. 926, col. 886.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note454"> -<p><span class="label"><a href="#tag454">454</a>. </span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 497, a. 922, col. 856.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note455"> -<p><span class="label"><a href="#tag455">455</a>. </span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 617, a. 956, col. 1055.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note456"> -<p><span class="label"><a href="#tag456">456</a>. </span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 661, a. 962, col. 1141.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note457"> -<p><span class="label"><a href="#tag457">457</a>. </span><i>Roth.</i> 79.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note458"> -<p><span class="label"><a href="#tag458">458</a>. </span><span class="smcap">Leicht.</span> <i>Studi cit.</i>, Vol. I. pag. ...</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note459"> -<p><span class="label"><a href="#tag459">459</a>. </span>Cfr. <i>loc.</i> ed <i>ed. cit.</i>, pag. 16. Per pagos id est per magistros -pagorum operas a possessoribus ad eas (vias) tuendas exigere soliti -sunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note460"> -<p><span class="label"><a href="#tag460">460</a>. </span><i>Cod. Theod.</i>, VII, 20, 2; e le citazioni riportate da Gotofredo -nel commento a queste leggi e nelle altre indicate nell'indice sotto -q. voce. -</p> - -<p> -Si chiamavano anche <i>parochi.</i> -</p> - -<p> -Proxima Campano ponti quae villula tectum. Praebuit et <i>parochi</i> -quae <i>debet ligna salemque</i>. Dice <span class="smcap">Orazio</span> <i>Satyr.</i>, V, 45, ed anche altrove -conferma che <i>parochi</i> dicuntur qui <i>hospitibus et peregrinis publice -exhibent necessaria.</i> -</p> - -<p> -Qualche volta (cfr. <i>Cod. Theod.</i>, II, 29, 1) son detti anche <i>praepositi -pagorum.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note461"> -<p><span class="label"><a href="#tag461">461</a>. </span><i>Capitulare mantuanum secundum generale</i> c. 3., ed. <span class="smcap">Boretius</span> -cit. n. 93, pag. 196.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note462"> -<p><span class="label"><a href="#tag462">462</a>. </span>Cfr. <i>Capitul. Pippini Italiae regis</i> a. 782-86 (ed. <span class="smcap">Boretius</span> cit., -n. 91, pag. 191), c. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note463"> -<p><span class="label"><a href="#tag463">463</a>. </span>Cfr.<span class="smcap"> Mommsen T.</span> <i>Droit public romain</i>, to. VI, p. I, pag. 134, -trad. Girard, Paris, 1889; e <span class="smcap">Voigt</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 156 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note464"> -<p><span class="label"><a href="#tag464">464</a>. </span>Cfr. i passi riportati sotto queste voci dal <span class="smcap">Forcellini</span> nel -suo <i>Lexicon</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note465"> -<p><span class="label"><a href="#tag465">465</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Tibullo</span>. <i>Elegie</i>, II, 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note466"> -<p><span class="label"><a href="#tag466">466</a>. </span><span class="smcap">Siculo Flacco</span>. <i>De condit. agror. cit. (ed cit.</i>, pag. 164-65) dice: -Sed et pagi saepe significanter finiuntur. De quibus non puto quaestionem -futuram quorum territoriorum ipsi pagi sint, sed quatenus -territoria. Quod tamen intellegi potest vel ex hoc magistri pagorum -quod pagus lustrare soliti sunt; ut intueamur quatenus lustrent.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note467"> -<p><span class="label"><a href="#tag467">467</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Duchesne L.</span> <i>Les origines du culte chrétien, cit.</i> pag. -287-89, cap. 8, § 5, n. 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note468"> -<p><span class="label"><a href="#tag468">468</a>. </span>Fu San Paolino da Nola che sagacemente pensò di utilizzare -per il culto cristiano le campane che prima avevano adoperato i -pagani. -</p> - -<p> -Cfr. a questo proposito le vecchie ma buone osservazioni di <span class="smcap">Ferrarii</span> -B. <i>De ritu sacrarum ecclesiae veteris concionum</i>, Ultrajecti, 1692, -pag. 85.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note469"> -<p><span class="label"><a href="#tag469">469</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>, <i>Anecdota cit.</i>, I, pag. 18, comm. al v. 169 dei -Natale XI di S. Paolino di Nola.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note470"> -<p><span class="label"><a href="#tag470">470</a>. </span>A Roma il giorno consacrato era il 25 aprile, data tradizionale -nella quale gli antichi Romani celebravano la festa dei <i>Robigalia</i>. -Il rito principale di essa era una processione che uscendo -dalla città per la via Flaminia si dirigeva verso il ponte Milvio, poi -si portava sino ad un santuario suburbano situato a qualche distanza, -fino al quinto miglio sulla via Claudia (cfr. Ovidio. Fasti, IV, 901). -Il <i>Flamen quirinalis</i> immolava in questo tempio un cane e un montone. -La processione cristiana che le fu sostituita seguiva lo stesso percorso -fino al ponte Milvio; partiva dalla chiesa di S. Lorenzo in Lucina, -la più vicina alla porta Flaminia, faceva stazione a S. Valentino -fuori delle mura; poi al ponte Milvio. Di qui, invece di incamminarsi -sulla via claudia, volgeva a sinistra verso il Vaticano; si -fermava ad una croce di cui l'ubicazione non è specificata e poi nell'atrio -di S. Pietro ed infine entro questa chiesa, dove aveva luogo -la stazione. -</p> - -<p> -Se ne ha ricordo fino dal 598 (cfr. <span class="smcap">Iaffè</span> 1153. <i>Ep.</i>, app. 3). -</p> - -<p> -Queste le testuali parole del <span class="smcap">Duchesne</span> (<i>loc. cit.</i>) il quale aggiunge -anche la spiegazione del perchè le feste cristiane si celebravano nelle -stesse epoche di quelle pagane. -</p> - -<p> -Roma ci offre un esempio tipico per la limpidezza del fatto e -l'antichità dell'epoca; ma il fenomeno è generale ed avremo occasione -di parlarne più distesamente fra poco.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note471"> -<p><span class="label"><a href="#tag471">471</a>. </span>Su ciò ho accennato qualche cosa nel § 5 della prima parte -(pag. 20 e segg.); a proposito dei Flamini vedi il commento di Gotofredo -alle leggi 21, 46, 60, 75, 77, 148, 166 <i>De decur.</i> e il <i>paratitlon</i> -in tit. <i>De paganis sacris et templ.</i>; di cui (se non mi inganno) nè il -Mommsen nè il Marquardt hanno saputo trarre vantaggio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note472"> -<p><span class="label"><a href="#tag472">472</a>. </span><span class="smcap">S. Ambrogio.</span> (<i>Opera omnia</i> ed. <span class="smcap">G. di Frisce</span> e <span class="smcap">N. Le Nourri</span> -1686-90, Ep. V, 30) chiama S. Damaso <i>romanae ecclesiae sacerdos</i> e -nello stesso senso usano questa parola <span class="smcap">S. Paolino da Nola</span> (<i>Natale</i>, -XIII, V. 568 in <span class="smcap">Muratori</span> <i>Anecdota cit.</i>, I. pag. 102) e <span class="smcap">S. Leone M.</span> -(<i>Ep.</i>, X, 6 e <span class="smcap">Jaffè</span> <i>Reg. cit.</i>, n. 407) imitando le leggi romane (cfr. -<i>Cod. Theod.</i>, XII, 1, 148... ordinando <i>sacerdote provinciae</i>); e l'uso -continua fino al secolo decimoprimo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note473"> -<p><span class="label"><a href="#tag473">473</a>. </span>Cfr. il can. 6 del concilio ticinense dell'850 (ed. cit. XIV, -col. 931). -</p> - -<p> -Oportet plebium archipresbyteri per singulos unumquemque patrem -familias conveniant, quatenus tam ipsi quam omnes in eorum -domibus commorantes, qui publice crimina perpetrarunt, publice -poeniteant; qui vero occulte deliquerunt, illis confiteantur quos episcopi -et plebium archipresbyteri idoneos ad secretiora vulnera mentium -medicos eligerint, qui si forsan in aliquo dubitaverint, episcoporum -suorum non dissimulent implorare sententiam. <i>Similiter autem -et singulis urbium vicis et suburbanis per municipalem archipresbyterum</i> -et reliquos ex presbyteris strenuos ministros procuret episcopus.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note474"> -<p><span class="label"><a href="#tag474">474</a>. </span>Risale ai primissimi tempi della chiesa: fu formulato rigidamente -in un canone di un concilio aquisgranense e di qui riportato -da Burcardo (III, 3). Cfr. <span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXXIV, col. 408.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note475"> -<p><span class="label"><a href="#tag475">475</a>. </span>Vedi i canoni dei concilî e le altre disposizioni riportate -dal <span class="smcap">Lupi.</span> <i>De Parrochiis cit.</i>, pag. 59-60; 97, 192, ecc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note476"> -<p><span class="label"><a href="#tag476">476</a>. </span><span class="smcap">Gregorii Turonensis.</span> <i>In gloria confessorum cit.</i>, c. 56. Securinum -presbyterum diebus dominicis singulis in ecclesiis duabus -quae viginti millibus distarent inter se missas celebrasse.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note477"> -<p><span class="label"><a href="#tag477">477</a>. </span><span class="smcap">Lupi.</span> <i>Cod. dipl. cit.</i>, I, col. 362-63: E son da vedere anche le -buone osservazioni di <span class="smcap">A. Abati Olivieri</span>. <i>Memorie di Gnara, terra -del contado di Pesaro</i>, Bologna, 1777, pag. 43 e segg. e di <span class="smcap">G. Colucci.</span> -<i>Treia, antica città picena oggi Monteschio</i>, Macerata, 1780, pag. 183-84.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note478"> -<p><span class="label"><a href="#tag478">478</a>. </span><i>Cod. dip. long.</i>, <span class="smcap">Troya</span> n. 446. -</p> - -<p> -Nel 724 specioso, vescovo di Firenze dona al capitolo della sua -chiesa la propria corte e le altre cose poste <i>in loco Greve ubi et Cintoria -nominatur infra plebe et episcopio beati Joannis Baptiste vel Reparate</i>, -unde ego episcopus esse ideor, seu <i>infra plebe et territorio -sancti Iuliani sito Septimo.</i> -</p> - -<p> -Il <span class="smcap">Muratori</span> (<i>Antiq. Ital.</i>, diss. VI) pubblica un placito tenuto -nel comitato aretino <i>in loco Piscinate infra plebem sancti Stephani;</i> -nel diploma dell'879 (cfr. <span class="smcap">Pasqui.</span> <i>Docti cit.</i>, n. 16). Carlo il Grosso -prende sotto la sua speciale protezione la chiesa aretina «cum omnibus -<i>ecclesiis baptismalibus ac titulis</i>». -</p> - -<p> -Nei primi del secolo decimoprimo il vescovo di Torino Landolfo -(1030-1038) concede la pieve di S. Pietro di Gassino <i>cum titulis quatuor</i> -(cfr. «Mon. Hist. Patr.», <i>Cartharum</i>, I, n. 519). -</p> - -<p> -Da un documento dell'803 (ed. <span class="smcap">Tiraboschi G.</span> <i>Memorie modenesi</i>, -I, cod. dipl., n. XVIII) appare che il <i>locus Colegaria</i> era costituito -da sei decanie. L'imperatore Lotario nel suo diploma dell'833 alla -chiesa di Aquileia (<span class="smcap">Muratori</span> Diss. 70) parla di <i>ecclesias parochiales</i> -<span class="smcap lowercase">AC</span> <i>titulos earum</i>. In altro documento dell'844 (ed. <span class="smcap">Tiraboschi</span> <i>loc. -cit.</i>, I, cod. dipl. n. XXIV) è ricordato il <i>salto bonetia in loco ubi dicitur -vico longo sito in plebe sancti Stephani</i>. Cfr. anche <span class="smcap">Pöhl A.</span> <i>Bischoffgut -und Mensa episcopalis</i>, Bonn, 1911-12.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note479"> -<p><span class="label"><a href="#tag479">479</a>. </span>Il <span class="smcap">Lupi</span> (<i>Cod. dipl. berg. cit.</i>, I, col. 262-63) ha dimostrato che -il nome di <i>ecclesia</i> servì ad indicare le sole chiese cattedrali e plebane -rurali, mentre le altre chiese furono dette <i>basilicae</i> ed <i>oratorie</i> -e, più tardi, <i>capellae</i>. -</p> - -<p> -Il concilio di Pavia dell'850 (ed. <span class="smcap">Pertz</span> in «Mon. Germ. Hist.» -<i>Leges</i>, III, pag. 397) stabilisce al can. 13 che <i>sicut episcopus matrici -preest, ita singuli plebibus archipresbyteros preesse volumus qui imperiti -vulgi sollicitudinem gerant et presbyterorum qui per minores titulos -habitant, vitam jugi circumspectione custodiant</i>. -</p> - -<p> -<span class="smcap">E. Hacht</span> (<i>Die Grundlegung der Kirchenverfassung Westeuropas</i>, -Giessen, 1888, pag. 50-51) ritenne che l'istituzione delle pievi rurali -sia dovuta a questa disposizione; ma fin da un secolo circa prima -di lui, il nostro <span class="smcap">Lupi</span> aveva dimostrato con un lavoro poderoso e -geniale, degno in tutto e per tutto della dissertazione — tanto lodata, -e giustamente, dal Savigny — premessa al codice diplomatico -bergomense, che esse risalgono indiscutibilmente ad una remota antichità. -Cfr. <i>De parrocchiis cit.</i>, dissert. I. passim e specialmente -cap. 5, 6, 7. -</p> - -<p> -La ragione delle disposizioni emanate dai due concilî pavesi si -deve ricercare nel bisogno di rinsaldare le istituzioni ecclesiastiche, -che non potevano non risentire lo sgretolamento che preparava e -caratterizzava il feudo. -</p> - -<p> -Vedine un rapido accenno a pag 83-84.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note480"> -<p><span class="label"><a href="#tag480">480</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane cit</i>. pag. 168.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note481"> -<p><span class="label"><a href="#tag481">481</a>. </span>Cfr. nota 2 pag. 165.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note482"> -<p><span class="label"><a href="#tag482">482</a>. </span>Cfr. il diploma del 1015 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. -LXXIV) con il quale Enrico III concede a Marciano vescovo di Mantova -tutte le chiese battesimali della sua diocesi a cominciare dalla -<i>plebem mantuane civitatis</i>, che è ricordata anche nel diploma di conferma -del 1055 (Cfr. Id. <i>ibid</i>.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note483"> -<p><span class="label"><a href="#tag483">483</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>Cod. dipl. berg. cit.</i>, II. col. 745-46, a. 1084 «... basilica -et <i>plebe sancti Alexandri et sancti Vincentii que est de civitate -Bergomi</i>». -</p> - -<p> -Cfr. anche <span class="smcap">Lupi</span> <i>De parrocchiis cit.</i>, pag. 147 e segg. e <span class="smcap">Mazzi -A.</span> <i>Studi bergomensi</i>, Bergamo, 1888, pag. 90-91 e <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane</i>, -Bergamo, 1892, pag. 169-70.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note484"> -<p><span class="label"><a href="#tag484">484</a>. </span>Cfr. la bolla di papa Niccolò II al capitolo dei canonici di -Sovana del 27 aprile 1061 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXII) -nella quale si ricorda «Sigizo presbytero olim custos de <i>plebe in urbe -posita</i>», e il docto dell'850 edito dall'Ughelli, <i>loc. cit.</i>, Vol. V, -col. 720-721.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note485"> -<p><span class="label"><a href="#tag485">485</a>. </span>Cfr. il doc. dell'864 cit. a pag. 178 nota 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note486"> -<p><span class="label"><a href="#tag486">486</a>. </span>Ecco un bellissimo passo di Amulone eletto vescovo di Lione -nell'anno 840 che specifica i varî attributi della pieve completando -il quadro offertoci dalla disposizione del concilio di Pavia riportata -a pag. 84 in nota. -</p> - -<p> -Unaquaeque plebs in parroechiis et ecclesiis, quibus attributa est, -quieta consistat, ubi sacrum baptisma accipit, ubi sanguinem et corpus -Domini percipit, ubi missarum solemnia audire consuevit, ubi a -sacerdote suo poenitentiam de reatu, visitationem in infermitate, sepulturam -in morte consequitur, ubi etiam decimas et primitias suas -offerre praecipitur, ubi filios suos baptismati gratia initiari gratulatur, -ubi verbum Dei assidue audit, et agenda ac non agenda cognoscit, -illuc vota et oblationes suas alacriter perferat, ibi orationes et -supplicationes suas Domino effundat, ibi suffragia sanctorum quaerat. -... Ibi itaque unaquaeque plebs pupillis et viduis pauperibus et peregrinis -de facultatibus quas Deus tribuit elemosinarum largitionem -exibeat, hospitalitatis officia impendat..... Haec est enim legitima -et ecclesiastica religionis forma, haec antiqua fidelium consuetudo. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Amulonis archiep. lugdunensis</span> <i>Epistola I ad Theodboldum episcop. -lingonensem</i>. in «<span class="smcap">De La Bigne</span> <i>M. Maxima bibliotheca veterum -patrum et antiquorum scriptorum ecclesiasticorum</i>, Vol. XIV, Lugduni, -1677, pag. 331.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note487"> -<p><span class="label"><a href="#tag487">487</a>. </span>Cfr. <i>Concil. agathense</i>, c. 21, ed. cit., Vol. IV, col. 1386.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note488"> -<p><span class="label"><a href="#tag488">488</a>. </span><i>Ibid</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note489"> -<p><span class="label"><a href="#tag489">489</a>. </span>Cfr. <i>Concil. antisiodor.</i> c. 3. -</p> - -<p> -Non licere conventus in domibus propriis vel vigilias in festivitatibus -sanctorum facere -</p> - -<p> -Su queste vigilie cfr. <span class="smcap">Duchesne</span>, <i>Les origines cit</i>., pag. 230 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note490"> -<p><span class="label"><a href="#tag490">490</a>. </span>In domibus ab episcopis sive presbyteris oblationes celebrare -nullatenus licet, dice papa Felice IV (a. 530, riportato nel <span class="smcap">Decreto -di Graziano</span>, <i>De consecratione</i>, D. I, c. 11) confermato da Gregorio -Magno che proibisce rigorosamente «missas publicas ab episcopo in -coenobio fieri.» (Cfr. <i>loc. cit. Epp</i>., II, 41).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note491"> -<p><span class="label"><a href="#tag491">491</a>. </span>Satius est missam non cantare aut non audire quam in illis -locis ubi fieri non oportet, stabilisce il Decreto di papa Felice IV -(a. 530) riportato anch'esso nel <span class="smcap">Decreto di Graziano</span> (<i>De consecratione</i>, -dist. I, cap. 11).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note492"> -<p><span class="label"><a href="#tag492">492</a>. </span>In dominicis diebus (stabilisce il c. 1, del Concil. Nanetense) -vel festis antequam missam celebrent, plebem interrogent, si alienus -parochianus in ecclesia sit, qui proprio contempto presbytero, -ibi missam velit audire. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Lupi</span>, <i>De parrochiis cit.</i>, pag. 206.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note493"> -<p><span class="label"><a href="#tag493">493</a>. </span>A Brescia erano vicinissimi alla città la corte di Cerropinto -ed i beni spettanti <i>ad curtem nostram publicam vel ad curtem ducalem</i>, -donati dal re Desiderio al monastero di S. Salvatore (cfr. <i>Cod. -Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 727, a. 759 e n. 878, a. 767, su quest'ultimo -vedi anche quanto è stato detto a pag. 87,) e le altre terre -tutte rimaste alla pubblica autorità, come si rileva dal noto documento -del 1037 nel quale si dice <i>Monte Digno et Castenedolo sunt -de foris muro ipsius civitatis</i>, (cfr. <span class="smcap">Gradonicus</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 159, -e segg.). -</p> - -<p> -A Cremona le selve che gli imperatori avevan concesse al vescovo -e sulle quali i cittadini vantavano ed esercitavano larghi diritti -di uso sono dette <i>in circuito civiatis</i>, (cfr. Diploma di Corrado I -ai cremonesi dell'a. <i>ed.</i> e <i>loc. cit.</i>). -</p> - -<p> -Lo stesso è a Lodi: nell'atto del 1142 con il quale il vescovo -dà in pegno tutte le rendite del patrimonio del vescovado si ricordano -le biade e i prati per due miglia intorno alla città. Cfr. <i>Cod. -dipl. laud. cit</i>., (ed. <span class="smcap">Vignati</span>, n. 108, pag. 137-39). -</p> - -<p> -A Pisa dal diploma di Enrico IV (ed. <span class="smcap">Stumpf</span> <i>Die Kaiserurkunden -cit.</i>, n. 4745) si sa di «terras que fuere <i>pascua</i> vel paludes... -et <i>communia pascua</i>... in civitate vel <i>prope eam</i> usque ad medium -miliarium». -</p> - -<p> -Per Bergamo e per la generalità di questo fatto vedi <span class="smcap">Mazzi A.</span> -<i>Note suburbane cit.</i>, pag. 27 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note494"> -<p><span class="label"><a href="#tag494">494</a>. </span>Tale è il caso della cappella di S. Grata a Bergamo secondo -un documento del 1176 con cui il vescovo Guala ne definisce i -confini. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane cit</i>., pag. 142-43.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note495"> -<p><span class="label"><a href="#tag495">495</a>. </span>Cfr. il doc. del 783 ed. dal <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. -LXXIV.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note496"> -<p><span class="label"><a href="#tag496">496</a>. </span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i>, II, col. 1087 e 1373.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note497"> -<p><span class="label"><a href="#tag497">497</a>. </span>a. 899 gen. in «Monum. Hist. Patr.», Chart. I, n. 54, col. 89-91. -E la stessa formula è ripetuta nella donazione del vescovo Audace -del marzo del 905: cfr. <i>ibid</i>. I, n. 66, col. 111-13.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note498"> -<p><span class="label"><a href="#tag498">498</a>. </span><span class="smcap">Odorici</span>, <i>loc. cit.</i>, VI, 30 e <span class="smcap">Mazzi</span>. <i>Note suburbane cit.</i>, pag. 170 -e 184-85.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note499"> -<p><span class="label"><a href="#tag499">499</a>. </span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. bergom. cit.</i>, I, col. 1185-86.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note500"> -<p><span class="label"><a href="#tag500">500</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Trombelli G. C.</span> <i>De cultu sanctorum dissertationes decem</i>, -Bologna, 1740, Vol. I, p. 2, Diss. VI, pag. 101 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note501"> -<p><span class="label"><a href="#tag501">501</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">De Rossi E.</span> <i>Roma sotterranea cit.</i>, I, pag. 129-30 e <i>Bullett. -Archeolog. crist. cit.</i>, s. II, a. 5, pag. 150 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note502"> -<p><span class="label"><a href="#tag502">502</a>. </span><i>Dig</i>. XI, 7, 39.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note503"> -<p><span class="label"><a href="#tag503">503</a>. </span>Cfr. il <i>Natale XI di S. Paolino da Nola</i>, v. 131, ed. cit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note504"> -<p><span class="label"><a href="#tag504">504</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Paschini</span>. <i>Note cit.</i>, pag. 15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note505"> -<p><span class="label"><a href="#tag505">505</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De Parrochiis cit.</i>, pag. 185-86. L'idea prima dell'altare -è appunto quella di essere eretto sopra le ossa di un santo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note506"> -<p><span class="label"><a href="#tag506">506</a>. </span>Vedi il commento del <span class="smcap">Muratori</span>, al <i>Natale XI e XIII di S. -Paolino da Nola</i> nel Vol. I degli <i>Anecdota cit.;</i> e <i>Delle Antichità longob. -milan. cit.</i>, Diss. XIX, Vol. III, pag. 77 e 195.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note507"> -<p><span class="label"><a href="#tag507">507</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">S. Agostino.</span> <i>Ep</i>. 121. In oratorio praeter orandi et psallendi -cultum penitus agatur. Cfr. anche l'<i>ep</i>. 109.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note508"> -<p><span class="label"><a href="#tag508">508</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Duchesne</span>. <i>Origines cit</i>., pag. 283-84.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note509"> -<p><span class="label"><a href="#tag509">509</a>. </span>Cfr. i passi respettivi (<i>In Hex.</i> III, 5 e <i>Confess</i>. IX, 6 e X, -33) cit. nelle <i>Dissertaz. longob. milan</i>. <i>cit</i>., Diss. XXX, n. 17, Vol. III, -pag. 347-48.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note510"> -<p><span class="label"><a href="#tag510">510</a>. </span>De vasis vero fusilibus vel etiam productilibus, quae simpliciter -signa vocantur, quia eorum sonoritate quibusdam pulsis -excitata significantur horae, quibus in domo Dei statuta celebrantur -officia; de his inquam, hic dicendum videtur, quod eorum usus non -adeo apud antiquos habitus proditur, quia nec tam multiplex apud -eos conventuum assiduitas, ut modo est, habebatur: apud alios enim -devotio sola cogebat ad statutas horas concurrere; alii <i>praenuntiationibus -publicis invitabantur et in una celebritate proxime futuram -discebant.</i> -</p> - -<p> -<span class="smcap">Walafrido Strabone</span>. <i>De officiis divinis sive de exordiis et incrementis -rerum ecclesiasticarum</i> nello «Speculum antiquae devotionis» -del <span class="smcap">Cohlèe</span>, Mons, 1549, c. 5.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note511"> -<p><span class="label"><a href="#tag511">511</a>. </span><span class="smcap">Amulonis Archiep. Lugdun.</span> <i>Epist</i>. I, <i>ad Theodboldum episc</i>. -in <span class="smcap">De La Bigne</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 331-32. -</p> - -<p> -Si votum et desiderium est populorum fidelium, diversorum martirum -et ceterorum sanctorum limina suppliciter frequentare, sunt -dies certi et legitimi, quibus id, iuxta antiquam ecclesiae observantiam, -devote exercere conveniat; tempore videlicet generalium rogationum, -et pro diversis tribulationibus et necessitatibus indictarum litaniarum, -seu quadragesimalium ieiuniorum, sive etiam in vigiliis et natalitiis -martirum. Quae omnia et ex universali ecclesiae lege descendunt, -et sacerdotum praedicatione ac denuntiatione commendantur, -et omnium fidelium obedientia et pietate attentius observanda sunt. -</p> - -<p> -Fino dal secolo quarto, a detta di Teodoreto, i cristiani si recavano -agli oratorî dei martiri «non semel, bisve, aut quinquies quotannis -sed frequenter». -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>De parrochiis</i> cit., pag. 226-27.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note512"> -<p><span class="label"><a href="#tag512">512</a>. </span>Cfr. <i>Delle antichità long. milanesi cit</i>., to. I, diss. V.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note513"> -<p><span class="label"><a href="#tag513">513</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Mabillon</span>. <i>Praefationes in Acta Sanctorum ordinis S. Benedicti, -Praef. ad. sec. II</i>, § 42, obs. 7.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note514"> -<p><span class="label"><a href="#tag514">514</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Nitti Di Vito F.</span> <i>Di un'iscrizione reliquiaria anteriore -al 1000</i>, Estr. dall'«Arch. Stor. Ital.» s. V, to. XII, a. 1893.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note515"> -<p><span class="label"><a href="#tag515">515</a>. </span><i>Sanctorum reliquiae in villaribus oratoriis non deponantur</i> -stabilisce il c. 25 del concilio epaonense del 617 <i>ed. cit.</i>, IV, col. 1679.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note516"> -<p><span class="label"><a href="#tag516">516</a>. </span>Il primo e più antico esempio ci è offerto dal <i>Liber Pontificalis</i> -da cui si apprende che S. Simplicio, che pontificò nella seconda -metà del secolo quinto (460-483), stabilì presso la chiesa di S. Pietro -un turno settimanale affinchè vi fossero sempre dei preti per accogliere -i penitenti e somministrare il battesimo — «costituit ad -S. Petrum... ebdomadam, ut presbyteri manerent ibi propter poenitentes -et baptismum» — (ed. <span class="smcap">Duchesne</span>, <i>cit.</i>, pag. 126). -</p> - -<p> -Tale esempio, però, non deve esser preso proprio come prototipo -perchè Roma ha una costituzione ecclesiastica tutt'affatto speciale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note517"> -<p><span class="label"><a href="#tag517">517</a>. </span>A. 864 dec. Manifesta causa est mihi Grecorii venerabilis <i>presbiter -de hordine sancte mediolanensis ecclesie</i>... ut rebus omnibus.. -quas habere... viso sum in vico et fundo Ueniaco... deveniat integrum -in iura et potestatem de <i>presbiteris decomanis, qui pro tempore -Officiales fuerint in ecclesia beati</i> Cristi confessori <i>Ambrosii</i>, ubi eius -sanctum corpus requiescit, sita foris muro hac civitate, et illis <i>decomanis -oficialis</i> videlicet <i>sancti Uictoris</i>, ubi ad corpus dicitur; nec -non et <i>uni ex oficialis sancti Naboris et Felicis martirum, qui prior -in tempore fuerit</i>, seo et <i>uni ex oficialis sancte Ualerie, similiter qui -prior fuerit</i>; ita volo ut omnes isti prenom. oficiales abeant predictis -rebus, ut quidquid Deus omnipotens exinde dederit, equaliter omnes -usifructuare et inter se dividere debeant pro anime mee remedio; -ea tamen racione ut unusquisque eorum binas tantum missas per -singulos menses canere debeat mihi.... et patri meo et matri mee -et fratribus meis... et speciale oficium uespertini seo matotini temporis -cum nouem lectionibus faciant. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Bugati G.</span> <i>Memorie istorico-critiche intorno alle reliquie ed al culto -di S. Celso martire</i> Milano, 1782, pag. 211-12. Serie delle carte n. 1. -</p> - -<p> -Le sue disposizioni andarono in esecuzione tre anni dopo. -</p> - -<p> -A. 867 nov. Breve divisionum qualiter diviserunt inter se, id -sunt <i>Presbiteris Oficialis Basilice Beati</i> Christi Confessoris <i>Ambrosii</i>, -in qua eius s. corpus humadum quiescit, sita foris muro civitatis -Mediolani, et ille <i>Presbiter, qui modo prior est Oficiale Basilice Sancte -Valerie</i>, nec non et <i>illis presbiteris Oficialis Basilice Sancti Uictoris</i> -qui dicitur ad Corpus, sed et ille <i>prebiter qui modo prior est Oficiale -Basilice Sancti Naboris et Felicis</i>... ex ordinacione quondam Grecorii -Presbitero de hordine S. mediol. eccles.... sitis in uico et fundo -Ueniaco. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Id.</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 213-18, n. II. -</p> - -<p> -Il documento è importante anche per un altro lato. La donazione -contempla una grande quantità di terre tutte situate nello stesso -vico e fondo ed offre materiale ottimo per le indagini sulla costituzione -agraria e rurale del tempo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note518"> -<p><span class="label"><a href="#tag518">518</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Barbieri</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 16, 71, 53, 157 e 158.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note519"> -<p><span class="label"><a href="#tag519">519</a>. </span>Edito nel Vol. IV, pag. 297-300 delle <i>Antichità longob.-milanesi -cit.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note520"> -<p><span class="label"><a href="#tag520">520</a>. </span>... ipsam <i>ecclesiam</i> que usque nunc <i>cella</i> vocabatur... -</p> - -<p> -Cfr. <i>ibid.</i>, pag. 298.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note521"> -<p><span class="label"><a href="#tag521">521</a>. </span>A. 866. Diploma dell'arcivescovo di Milano Tadone all'abate -Pietro del monastero di S. Ambrogio. Ed. nel Vol. III delle <i>Antichità -longob.-milanesi cit.</i>, pag. 327-29. -</p> - -<p> -Insuper etiam petiit ut intra ecclesiam santorum Vitalis et Agricole -in honore sanctorum Petri et Pauli ecclesiam infirmorum ei -costruere concederemus atque semitam per quam monasterium minus -munitum erat claudere et in aliam partem transmutare permitteremus, -<i>illosque sacerdotes quos pro sua utilitate ad celebrandum missarum -solemnia in eadem ecclesia</i> <span class="smcap lowercase">OLIM NOVITER COLLOCAVERAT</span> <i>intra -nostrorum</i> <span class="smcap lowercase">CONCIVIUM SACERDOTUM</span> <i>consortium annumerari concederemus</i>. -Nos vero per consensum omnium nostrorum sacerdotum petitioni -eius adsensum prebuimus et <i>ipsos presbiteros ab eo in ecclesia -sancti ambrosii</i> <span class="smcap lowercase">NOVITER ORDINATOS</span> <i>in</i> <span class="smcap lowercase">NOSTRORUM CONCIVIUM CONGREGATIONE -PRESBYTERORUM</span> <i>suscipimus</i>.... Insuper etiam confirmamus -atque concedimus prefato abbati successoribusque eius sicut prisca -consuetudo ex antiquo tenere videtur ut in dominicis seu in solemnibus -diebus indutus sandaliis ceterisque ornamentis episcopalibus -[et infula et anulo antiquo] more ornatus in ecclesia beati Ambrosii -divinum celebrare officium. Preterea concedimus atque confirmamus -prefato monasterio et fratribus omnes oblationes que a Christifidelibus -in eadem ecclesia sancti Ambrosii quoquo modo a maioribus -sive a minoribus delate fuerint omnesque res, omnesque possessiones -ibidem collatas cunctasque videlicet curtes earumque appendicias, -simulque decimas omnium laborum seu dominicatus eorum, simulque -omnes aldiones servos et ancillas seu colonos sed et omnia que -nunc habere videntur vel que deinceps Deo propitio adquirere valuerit. -</p> - -<p> -Le parole fra parentesi, mancanti nel testo, sono state messe -togliendole dal doc. del 1193 (ed. <span class="smcap">Ughelli</span>, <i>loc. cit.</i>, IV, col. 171-72) -che riporta tutta la frase intiera.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note522"> -<p><span class="label"><a href="#tag522">522</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Schiaparelli L.</span> <i>I diplomi di Berengario I</i>. Roma, 1903, -n. XIII, pag. 47.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note523"> -<p><span class="label"><a href="#tag523">523</a>. </span><span class="smcap">Affò I.</span> <i>Storia di Parma cit.</i>, Vol. I, pag. 362, doc. 73, a 978.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note524"> -<p><span class="label"><a href="#tag524">524</a>. </span>La famosa chiesa di S. Giovanni, da privata che era in origine, -essendo stata fondata dalla regina Teodolinda nel 602 (<span class="smcap">P. Diacono</span>. -<i>De gest. Lang. cit.</i>, IV, 21 e 25) si trasformò rapidamente, tantochè -alla metà del secolo nono appare fornita di tutti gli attributi di -chiesa matrice e retta da un <i>custos</i> (a. 769 ... Garoin r. d. <i>custodes -basilice s. Johannis</i> de fundo Moditia aut qui pro tempore <i>custus</i> in -ipsa <i>basilica</i> fuerit. Cfr. <span class="smcap">Frisi A. F.</span> <i>Memorie storiche di Monza e -sua Corte</i>, Milano, 1794, Vol. I, c. 5, pag. 36 e segg. e Vol. II, n. II, -pag. 3-4) che esercita le funzioni di capo di una pieve e ne porta -anche il nome (a. 879 ott. Petrus <i>archipresbiter</i> huius ecclesie. Cfr. -<span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, Vol. II, n. V, pag. 9. — a. 880 dec. 20. Vincentius <i>archipresbiter -et custus</i> ecclesie et canonice. Cfr. <i>Ibid.</i>, I, pag. 37 e III, -pag. 263) insieme con i preti, i diaconi e i suddiaconi che vivono raccolti -in canonica sino dal tempo di Carlo il Grosso e ne costituiscono -l'<i>hordo</i> (... <i>de hordine et congregatione s. Johannis</i> dicono numerosi -docti del sec. IX e X. Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, I, pag. 47), detto anche <i>ordo -major</i> (1061 mag. ... isto campo deveniat in potestatem de omnibus -presbiteris, diaconibus, suddiaconibus vel clericis qui de <i>ordine majore</i> -predicte ecclesie sunt. Cfr. <i>Ibid.</i>, II, n. XXXVI, pag. 39-40) per -distinguerlo da quello dei decumani, i quali, qui come a Milano, formano -un corpo ecclesiastico tutt'affatto differente (a. 1035 .... fiat -prandium... ad presb. diac. et subdiac. vel clericis qui in eodem <i>ordine -ecclesie S. Joh.</i> sunt <span class="smcap lowercase">ET</span> ad <i>presbiteros illos qui decimani sunt</i>. -<i>Ibid.</i>, Vol. II, n. XXX, pag. 33-34 — a. 1053. Vitalis presbiter de -<i>ordine decomanorum</i> s. modic. eccl. <i>Ibid.</i>, pag. 38). -</p> - -<p> -Gli <i>ordinarii</i>, al tempo di Berengario I saliti al numero di 32, -oltre che dai decumani si distinguevano anche dai <i>custodes</i>, i quali, -a norma della disposizione di Teodolinda (<span class="smcap">P. Diac.</span> <i>loc. cit.</i> Ordinatio -vero talis fuit. De rebus s. Johannis nullo modo se debet aliquis intromittere -nisi tantum sacerdotes qui ibi deserviunt die ac nocte, -tanquam famuli et famule qui ibi subiecti sunt communiter debeant -vivere) erano i rappresentanti del diritto di proprietà dei beni, di -cui era titolare la chiesa di S. Giovanni (Diploma di Berengario I -ai canonici della chiesa di Monza, ed. <span class="smcap">Schiapparelli L.</span> <i>I dipl. di -Ber. I</i>, Roma, 1903, n. 6, pag. 26). — Il re dona tre corti ai canonici -imponendo loro varî obblighi fra cui quello di dare annualmente -<i>loco oblationis, quinque anforas vini et urnam nec non et frumentum -sextaria duodecim</i> <span class="smcap lowercase">CUSTODIBUS</span> <i>eiusd. eccl.</i> — a. 1198. Ego Lombardus -Gairoldus <i>custos ecclesie s. Jhoa.</i> consigno d<span class="over">no</span> magistro -Corrado et d<span class="over">no</span> Michaeli de Besozo et d<span class="over">no</span> Faravo de Modoecia qui -sunt <i>ordinarii iste ecclesie</i> ad partem et utilitatem iste ecclesie terram -illam quam habeo et teneo ab ipsa ecclesia. (Cfr. <span class="smcap">Frisi</span>. <i>loc. cit.</i>, -Vol. I, pag. 54) e riproducevano esattamente la posizione dei sacerdoti -santambrosiani del diploma tadoniano dell'866 di fronte ai monaci -istituiti nel 789, e della quale avremo da occuparci più avanti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note525"> -<p><span class="label"><a href="#tag525">525</a>. </span><i>Cod. dipl. long.</i>, <span class="smcap">Porro</span>, col. 539.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note526"> -<p><span class="label"><a href="#tag526">526</a>. </span><span class="smcap">Campi</span>. <i>loc. cit.</i>, I, pag. 467.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note527"> -<p><span class="label"><a href="#tag527">527</a>. </span><i>Cod. dipl. long.</i>, <span class="smcap">Porro</span>, col. 979-80.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note528"> -<p><span class="label"><a href="#tag528">528</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i>, I, animadv. XXVII, col. 963-84, a -cui si può aggiungere il doc. lucchese dell'a. 904 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>. -<i>Antiq. Ital.</i> t. VI, col. 407) in cui si ricorda «Vincentius archipresbyter -<i>cardinis</i> et vicedominus» e altri sei <i>cardinales</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note529"> -<p><span class="label"><a href="#tag529">529</a>. </span>Anche a Vercelli erano dette <i>cardinales</i>. -</p> - -<p> -Nel frammento del sinodo vercellese del 964 rimastoci fra le opere -di Attone (ed. <span class="smcap">Lupi</span>. <i>loc. cit.</i>), è detto: «insuper admonitione -suorum clericorum sancivit, ut antiquus exigit usus pessima ungariorum -incursione vastatus, <i>ecclesiae cardinales</i> debitum praeberent -baptisterio hac in civitate celebrato decenter obsequium. Ita ut in -ipsis ex ecclesiis, quae sunt in villis, videlicet Patina..... -presbyteri veniant sic expediti suis vestimentis, qui hic Vercellis -pueros valeant baptismali tingere aqua.»</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note530"> -<p><span class="label"><a href="#tag530">530</a>. </span>A. 819. Breve ordinationis facio ego Petrus gratia dei episcopus, -qualiter una cum consensu sacerdotus et aremannus huius lucane -civitatis, ordinare videor te Andripertum presbiterum filio -Pauli in nostra <i>ecclesia sedalem</i> sancti Donati, sita prope murum -huius lucane civitatis; in eo vero tenore ut in tua sit potestate ipsa -dei ecclesia, una cum casis et omnibus rebus ad eam pertinentibus -abendum resedendum, gubernandum usufructuandum et officium dei -die nocteque recto moderamine faciendo et nobis obediendum; sicut -nostra sancta lex continet: et unum prandeum nobis et sacerdotibus -nostris singulis annis die martis de alba semper preparare et dare -debeas in festivitate ipsius ecclesie, portionem exinde de oblatis, et -candelis tollendum ipse, sicut jam olim consuetas fuit; et semper -nobis et sancte ecclesie nostre obedire, et servitium adimplere debeas, -sicut consuetudo fuit; et qualiter ut supra te in eadem ecclesia firmavimus -stavili ordine permaneas firmiter. -</p> - -<p> -Ed. <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII. -</p> - -<p> -A. 838. Notitia brevis de inquisitione ecclesie beati Vincentii ubi -requiescit umatum corpus beati Fridiani iuxta lucanam urbem. -</p> - -<p> -Osprando, arciprete della cattedrale, disse: scivi Jacobum episcopum -abentem ecclesia S. Fridiani infra istos triginta annos et ita -eam ordinabat sicut alias <i>ecclesias sedales</i> et pertinens erat de isto -episcopio S. Martini. -</p> - -<p> -Giovanni chierico e scabino disse: Sibi (= scivi) Iohannem episcopum -abentem ecclesiam S. Fridiani et dedit illam Jacobi germano -suo in beneficio. Et postea habuit eam Jacobus episcopus in potestate -S. Martini infra istos triginta annos, usque ad diem mortis sue. -</p> - -<p> -Alamondo scavino disse: Scivi ecclesiam S. Fridiani abentem -Jacobum episcopum et imperantem. Sed Adegrimus vassus domni -regis illam voluit contendere ad parte Palatii, sed minime potuit, -quoniam ipse episcopus eam pertinentem episcopatui sui faciebat. -Pietro disse: Scivi Johannem ep. et Jacopum ep. abentem ecclesiam -S. Fridiani et imperantes usque ad diem mortis eorum et wiganationem -exinde faciebant de res ipsius ecclesie, et prandia recipiebat, -<i>sicut in cetere ecclesie sedales</i> istius episcopati. -</p> - -<p> -E tutte le altre deposizioni concordarono con queste. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXXI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note531"> -<p><span class="label"><a href="#tag531">531</a>. </span>Negli <i>Acta sanctorum</i>, Vol. III, Venezia, 1788 «Miracula S. -Zitae virg. lucensis» pag. 511, è detto: «Prior... iniunxit... Mandriano -quod ipse statim scalciatus et cum corrigia ad collum iret ad -<i>ecclesias civitatis lucensis sediales</i> et majores.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note532"> -<p><span class="label"><a href="#tag532">532</a>. </span>Il noto vescovo Raterio nel suo itinerario 7 (ed. <span class="smcap">Ballerini</span>, <i>cit</i>. -pag. 447) dice: «ad quod cum titularios omnes et illos de plebibus -paratos, dei gratia invenissem, vos cardinales rogo etc.». -</p> - -<p> -Chi sieno questi <i>titularii</i> che si distinguono dagli arcipreti rurali -e dal clero della cattedrale è dimostrato dal documento seguente. -</p> - -<p> -A. 995. Dum Johannes patriarcha s. aquilegensis aecclesiae in -sinodo resideret in ecclesia beatae Mariae sitae in civitate Veronae... -surgens Obertus episcopus eiusdem sedis beatae Mariae, queri cepit... -de clericis habitantibus in <i>titulis</i> ipsius idest S. Mariae antiquae et -S. Margaritae, quia ipsi secundum canonicam traditionem et antiquam -consuetudinem sibi obedire vetarent, ita ut nec <i>ad sinodum</i>, -nec <i>ad processionem</i> ipsius venire vellent, nec illud observare, quod -ceteri <i>tituli de eadem civitate faciunt scilicet et missas publicas precipuis -festis interdictis ab episcopo facere non deberent</i>... Tunc.... -patriarca videns quod rectum et canonicum erat quod ipse episcopus -sciebat (dicebat?)... statuit ut deinceps clerici de prefatis suis titulis -parati essent obedire veronensi episcopo tam sinodali advocatione -quamque et in processionis honore seu etiam in missarum, cum -ab eodem episcopo interdictum solemnibus festis noverunt, observatione. -</p> - -<p> -<span class="smcap">De Rubeis</span>. <i>Mon. eccl. aquil.</i> cit. 223.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note533"> -<p><span class="label"><a href="#tag533">533</a>. </span><i>Cod. Dipl. Long.</i>, (<span class="smcap">Porro</span>), n. 797, col. 1398-99, 1 maggio 980. -</p> - -<p> -Leo diaconus cardinalis sancte Marie Maioris de Cremona, rector -diaconie sancte Marie in Bethel regionis quinte suprascripta civitate -Cremona tibi Ambrosio presbitero per hanc cartulam ad tuas preces -facta comittimus providemus et perdonamus quatinus in oraculum -sito xenodochio sancte Marie in Bethel, ubi rector ordinatus esse -videmur, debeas omni <i>die et noctibus residere pro bona custodia offitio -et luminaribus in predicto oraculo, ibique, permictente episcopo, valeas -libere ac liceat diebus dominicis celebrare missam, sed ianuis clausis, -ne populus a missarum solemniis in domo Domini a predicatione abstrahatur; -aliis diebus</i>, permictente episcopo, tibi perdonamus ut -<i>ianuis apertis valeas... missam celebrare</i>. Set tibi predicto Ambrosio -presbitero stricte inbemus, uti canonica lex abet, ut <i>omni die festo -et in omni die dominico in domo Domini ad missam et predicacionem -episcopi cum populo accedas</i> hora tercia; similiter stricte tibi iubemus, -ut nullo modo nec libere nec licite nec ianuis apertis vel clausis -in eodem oraculo missam celebrare presumas in Natale Domini, -nec in die Sancte Pasche, nec in Ascensione, nec in Pentecoste, -vel in die translacionis domine nostre sancte Marie matris Dei.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note534"> -<p><span class="label"><a href="#tag534">534</a>. </span>Con i documenti riportati nelle note precedenti concorda completamente, -integrandoli, il c. 2 del capitulare di Teodulfo, vescovo -aurelianense, del 797 e del quale già si è avuto occasione di rilevare -qualche altro punto di identità con la costituzione ecclesiastica -italiana.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note535"> -<p><span class="label"><a href="#tag535">535</a>. </span>S. Ambrogio fu seppellito accanto a S. Protaso e a S. Gervaso, -primi santi tutelari di Milano, e la sua festa, che avveniva -insieme con quella degli altri due, il 19 di giugno, era celebre anche -per la chiesa romana per essersi fatta in tal giorno una pace -fra i romani ed i langobardi ai tempi di Gregorio Magno e della -quale questo pontefice fece cenno anche nell'«Introibo» della sua -messa che incomincia: «Loquetur dominus pacem in plebem suam.» -</p> - -<p> -Cfr. <i>Delle antichità long. mil. cit.</i> Diss. XXV, p. 3, vol. III, pag. -209. Vedi anche <i>ibid</i>. Diss. XXXVII, vol. IV, pag. 314.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note536"> -<p><span class="label"><a href="#tag536">536</a>. </span>Lo tentarono S. Eusebio a Vercelli e S. Agostino in Affrica, -come ci è reso noto da S. Ambrogio; ma pochi anni dopo la loro -morte il sistema andò in disuso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note537"> -<p><span class="label"><a href="#tag537">537</a>. </span>A torto, quindi, si tenterebbe di riannodare a questa coabitazione -del clero antico, l'origine delle canoniche del secolo X.º e -XI.º. Cfr. <span class="smcap">Muratori</span> <i>Ant. Ital.</i> Diss. LXII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note538"> -<p><span class="label"><a href="#tag538">538</a>. </span>Et nos habemus in ecclesia senatum nostrum cetum presbyterorum, -dice S. Agostino (Opera omnia, Parigi, 1704, V, pag. 16).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note539"> -<p><span class="label"><a href="#tag539">539</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Gregori M.</span> <i>Ep</i>. I, 6 e 60 e <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De parrochiis cit.</i> -pag. 380 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note540"> -<p><span class="label"><a href="#tag540">540</a>. </span>Nel 787 Dateo, arciprete della cattedrale di Milano, fonda -un brefotrofio presso di essa stabilendo che i <i>presbyteri ex ordine -cardinali</i> vi abbiano una sala a disposizione (<span class="smcap">Muratori</span> A. <i>Antiq. -ital.</i> diss. XX). Nel doc. dell'864 riportato nella nota 2 a pag. 178 -è ricordato Gregorio prete <i>de hordine s. mediol. eccles.</i> Nel doc., pure -milanese, del 789, più volte ricordato, l'arciv. Pietro fa esplicita -menzione del consenso dato dai «sacerdotibus et levitis cunctisque -ordinis nostri gradus». (Cfr. <i>Delle antich. long. mil. cit.</i> IV, pag. 298). -In un altro doc., anch'esso milanese, del 1034 (<span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq</i>. -diss. LXI) si ricordano i «presbyteri diaconi et suddiaconi <i>cardinales -de hordine s. mediol. eccl.</i>». Nel 1151 gli «<i>ordinarii</i> eccles. s. Alexandri» -di Bergamo (la cattedrale) stipulano un'interessantissima convenzione -con i loro cuochi. Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>Cod. cit.</i> II, col 1105-1106. -</p> - -<p> -Ed ho citato solo alcuni esempi dei più interessanti. Vedine altri -in <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De parr.</i> pag. 380 e segg. e in <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq</i>. diss. LXI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note541"> -<p><span class="label"><a href="#tag541">541</a>. </span><span class="smcap">Esmein A.</span> <i>Cours élémentaire d'histoire du droit français</i>, -Paris, 1898, pag. 148 e <span class="smcap">Schulte</span> <i>loc. cit</i>. pag. 650 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note542"> -<p><span class="label"><a href="#tag542">542</a>. </span><i>Presbyteri ruris in ecclesia civitatis episcopo presente vel presbyteris -urbis ipsius offerre non presumant</i>. Concil. neocesarense a. 314 -c. 13. Sulla sua applicazione in occidente vedi <span class="smcap">Galante</span>. <i>Elem. -di dir. eccles. cit.</i> pag. 23 e <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De parroch. cit.</i> pag. 293 e segg. -diss. III, cap. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note543"> -<p><span class="label"><a href="#tag543">543</a>. </span>Il principio, sanzionato dal c. 13 del sinodo ottavo — oporteat -in magna ecclesia in minori gradus constitutos ad maiores honores -opportune contendere, sed non eos qui foris sunt, inter eos admitti — fu -confermato pienamente da Giustiniano (Nov. III. 2) e da varî -concilî posteriori. Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>De parr. cit.</i> pag. 328.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note544"> -<p><span class="label"><a href="#tag544">544</a>. </span>Prisca loci consuetudo — dice <span class="smcap">Arnolfo</span> <i>loc. cit.</i> I, 1. — ut, -decedente metropolitano, unus ex majoris ecclesiae precipuis cardinalibus -quos vocant ordinarios succedere debeat.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note545"> -<p><span class="label"><a href="#tag545">545</a>. </span>Questo avveniva quasi esclusivamente quando si trattava di -custodes <i>martyrum</i>, i quali, fino dal tempo di Silvestro I (314-335) -erano messi fra il diacono e il suddiacono. Cfr. <span class="smcap">Thomassin</span> L. <i>Nova -et vetus ecclesiae disciplina cit</i>. vol. I, parte I, libr. 2, cap. 92, § 2, -pag. 299. -</p> - -<p> -Il <i>custos</i> della chiesa di S. Ambrogio, p. es., è non di rado (cfr. -<span class="smcap">Puricelli</span> loc. cit. n. 8, a. 740; e n. 11, a. 781, 2 maggio e <i>Delle antichità -long. mil. cit.</i> Diss. XXVII, vol. III, pag. 256) chiamato <i>venerabilis</i> -e <i>reverendissimus</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note546"> -<p><span class="label"><a href="#tag546">546</a>. </span>Con questo termine intendo i preti già stabilmente fissati presso -le chiese che a Milano sono dette decumane, a Lucca sedali, a Bergamo -cardinali, etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note547"> -<p><span class="label"><a href="#tag547">547</a>. </span>Al documento citato a pag. 187, nota 2 si può aggiungere -quello del 974 in cui si ricorda Giovanni prete decomano della santa -chiesa milanese ed officiale della chiesa di S. Maria detta di Podone -(cfr. <i>Delle antichità long. milan. cit.</i> vol. III, Diss. XXX, pag. 371) e -sopra tutto il passo del testamento di Attone vescovo di Vercelli -(ed. Del Signore cit. prefaz. pag. XVII) in cui, nel lasciar loro le -due valli di Leventina e Bellenica, distingue nettamente il clero raccolto -nella cattedrale dai decumani sparsi per la città: <i>presbyteris -seu diaconis cardinalibus sancte mediolanensi ecclesie et sacerdotibus -decomanis qui in eadem civitate pro tempore fuerint</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note548"> -<p><span class="label"><a href="#tag548">548</a>. </span>a. 1117. Dum in Dei nomine in civitate Mediolani in Arengo -publico in quo erat Domnus Jordanus archiepiscopus, ibique cum eo -eius <i>presbiteri et clerici maioris ordinis et minoris praedictae mediol. -eccl.</i>.... veniens d. Ardericus ven. laudensis episcopus cum suis <i>clericis -majoris ordinis et minoris</i>.... -</p> - -<p> -<span class="smcap">Giulini</span> <i>loc. cit.</i> parte V, pag. 545.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note549"> -<p><span class="label"><a href="#tag549">549</a>. </span>Cfr. nota 1 a pag. 190. -</p> - -<p> -Per Lodi vedi il doc. del sec. X (ed. <span class="smcap">Vignati</span> <i>loc. cit.</i> n. 13, pag. 19) -<i>«Cardinales presbyteri, diaconi et subdiaconi».</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note550"> -<p><span class="label"><a href="#tag550">550</a>. </span>Tutti i documenti parlano sempre di presbyteri. E, del resto, si -capisce facilmente che dovendo compiere delle funzioni, a cominciar -dalla messa, per le quali la Chiesa aveva stabilito indispensabile il -grado del presbiterato, dovevano essere preti. -</p> - -<p> -In seguito, però, forse per quella corruzione degli ordini ecclesiastici -che a Milano appare fino dai primissimi decenni del secolo nono -(cfr. <span class="smcap">Puricelli</span> <i>De S. Arialdo cit.</i> IV, 1); sembra che potessero essere -decumani anche i diaconi. Almeno <span class="smcap">Arnolfo</span> (<i>loc. cit.</i> III, 8) racconta -che Arialdo era <i>ex decomanis diaconus</i>. Il <span class="smcap">Giulini</span> — con ragione, -secondo me — suppone (<i>loc. cit.</i> parte IV, pag. 13, ad an. 1056) che non -solo fosse, per abuso, attribuito il nome di decumani ai preti di molte -chiese di Milano che non erano di quell'ordine; ma che fino dai tempi -di Arnolfo fosse divenuto un titolo generale a tutti gli ecclesiastici -di qualunque ordine, che non fossero <i>ordinarii</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note551"> -<p><span class="label"><a href="#tag551">551</a>. </span>a. 871. febbraio. -</p> - -<p> -Ego Vuerulfo, qui et Podo vocatur.... offero.. in.. ecclesia S. -marie, sita intra han civitatem Mediolani, prope locus, ubi quinque -vias dicitur, quam ego in propria mea terra aedificavi, petiam unam -de terra cum casas.... et volo.... ut.... deveniat in manus et potestate -de <span class="smcap lowercase">PRIMICERIO PRESBITERORUM DECUMANORUM S. MEDIOLANENSIS -ECCLESIE</span>, ad ordinandum presbiterum unum, <i>qui in jam dicta -ecclesia s. marie officiare debeat et custodire die noctuque</i> pariter et -fideliter et faciat ipse presbiter de jam dicta terra et casas que cum -jam dicta ecclesia tenere videtur, usufructuario nomine, quaecumque -voluerit.... autem volo ut <i>presbiter</i> ille qui <i>in eadem ecclesia officiale</i> -fuerit, dare et offerre debeat candelas duas optimas, omnes missas -ipsius s. marie, ad archiepiscopatum s. mediol. eccl..... et pascere -debeat per omni anuale meo presbiteros duodecim et pauperes decem -et missa speciale canere debeat per omne mense, duas in anno. Et -ipse primicerius, qualis in tempore fuerit, propter honorem ordinationis -ipsius ecclesie,.... habeat massaricium unum juris mei, qui -reiacet in vico et fundo Raudo, ut nulla impositio propter ordinationem -ipsius ecclesie quesierit, nisi illum massaricium. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Giulini</span>. <i>Memorie cit</i>. vol. I, append. pag. 464-65. -</p> - -<p> -Consimile è il testamento dell'arciv. Andrea dell'11 genn. 903, -ed. <i>ibid</i>., vol. II, append. pag. 475-79.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note552"> -<p><span class="label"><a href="#tag552">552</a>. </span>997. nov. 19. Ego <i>Andreas presbiter et Primicerius de hordine -Decomanorum Sancte Mediolanensis Ecclesie Officiale Basilice Sancte -Genitricis Virginis Marie, que dicitur iemalis</i>... volo et iubeo... ut -petia una de terra... deveniat in potestate de presbiteris illis, qui -tunc tempore et in perpetuum in basilica Sancti Laurentii, constructa -foris ab ac civitate, non longe ad portam quod clamatur Ticinense, -Officiales fuerint... mei et parentum meorum, seu Domni Landulfi -quotidie missas, vesperas, et matutinum et reliquum officium faciant. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Saxii. J. A.</span> <i>Archiepiscoporum mediolanensium series historico-chronologica</i> -etc. Milano, 1755, vol. II, pag. 378-79.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note553"> -<p><span class="label"><a href="#tag553">553</a>. </span>Erano 30: 15 sacerdoti, 10 diaconi e 5 suddiaconi. Cfr. <i>Delle -antichità cit.</i> Diss. XXV, vol. III. pag. 225. Questi ultimi, però, erano -esclusi dalle assemblee in cui si discutevano le questioni di maggior -rilievo. In un diploma dell'arciv. Ariberto, del 1032 (ed. <span class="smcap">Puricelli</span> -<i>loc. cit.</i>) presenti <i>senioribus superioris ecclesiae suae cardinalibus, presbyteris -et cardinalibus</i> si sottoscrivono l'arcidiacono, il vicedomino, -dodici preti e due diaconi; ed in un altro dello stesso arciv. (ed. <span class="smcap">Muratori</span> -<i>Antiq. It.</i> Diss. LXI) si vedono convocati <i>venerabilibus suae -ecclesiae cardinalibus, presbyteris videlicet et diaconibus.</i> -</p> - -<p> -I suddiaconi non sono ricordati mai.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note554"> -<p><span class="label"><a href="#tag554">554</a>. </span>Cfr. <i>Delle antichità cit.</i> diss. XXX, vol. III. III, pag. 345 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note555"> -<p><span class="label"><a href="#tag555">555</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Giulini</span> <i>Memorie cit</i>. parte III, pag. 366.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note556"> -<p><span class="label"><a href="#tag556">556</a>. </span><i>Presbyteri decumanorum extra chorum cantant</i>, dice <span class="smcap">Beroldo</span> <i>loc. cit</i>. ed. <span class="smcap">Muratori</span> Diss. LVII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note557"> -<p><span class="label"><a href="#tag557">557</a>. </span>Dopo un primo stadio di formazione, comunemente noto col -nome di <i>periodo apostolico</i>, la comunità cristiana, sotto l'influsso dello -spirito giuridico organizzatore dei Romani (<span class="smcap">Friedberg-Ruffini</span>. <i>Trattato -cit</i>. pag. 26), cominciò ad acquistare, ancora prima di divenire -religione di Stato, un aspetto sempre più rispondente a quello religioso -e civile romano; e gli ecclesiastici furon ben presto rivestiti -di un carattere ufficiale in tutto simile a quello dei funzionarî civili, -nello stesso modo dei quali, con le stesse parole e con le stesse forme -erano nominati (<span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. pag. 32 e segg.) e tutti coloro che erano -investiti del ministerio ecclesiastico si vennero a contrapporre ai laici -costituendo anch'essi un <i>ordo</i> distinto dalla <i>plebs</i> in modo del tutto -identico a quello che avveniva nella costituzione civile.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note558"> -<p><span class="label"><a href="#tag558">558</a>. </span>Cfr. <i>Concil. carthag</i>. IV, a. 418-19, c. 22.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note559"> -<p><span class="label"><a href="#tag559">559</a>. </span>In ordinandis sacerdotibus et clericis, diceva S. Agostino (cfr. -<span class="smcap">Possidio</span> <i>Vita Augustini</i> cit. c. 21), consensum maiorem cristianorum -et consuetudinem ecclesiae sequendam esse.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note560"> -<p><span class="label"><a href="#tag560">560</a>. </span>Cfr. i documenti riportati e indicati dall'<span class="smcap">Imbart de la Tour</span> -<i>Les élections episcopales dans l'Eglise de France du IX au XII siècle,</i> -Paris, 1891, pag. 12 e segg. e passim.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note561"> -<p><span class="label"><a href="#tag561">561</a>. </span><i>Cod. Theod.</i> XVI, 2, 33.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note562"> -<p><span class="label"><a href="#tag562">562</a>. </span>Cfr. i passi riportati dall'<span class="smcap">Imbart de la Tour</span>. <i>Les élections -episcopales cit</i>. pag. 12 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note563"> -<p><span class="label"><a href="#tag563">563</a>. </span>Il sinodo romano di Eugenio II dell'826 (c. 8) stabilisce: -«Episcopi in subiectis baptismalibus plebibus, ut certe propriis, curam -habere debent, ut cum in ipsis presbyteros necessitas occurrerit -ordinandi, ut reverentius observentur, convenit ibidem habitantium -habere consensum». -</p> - -<p> -E il concilio ticinese dell'850, già tante volte citato, conferma -che «in ordinandis plebium rationibus, civium instituta serventur -et primum quidem ipsius loci presbyteri vel ceteri clerici idoneum -sibi rectorem eligant; deinde populi qui ad eamdem plebem adspicit, -sequatur assensus». -</p> - -<p> -E dall'esempio offerto dalla pieve di Mosciano a quelli delle pievi -modenesi e parmensi, le prove dell'autonomia dei centri rurali è dovunque -dimostrata; ciò che produce come conseguenza che quella -della pieve urbana, che dai centri rurali è circondata, sia anche maggiore.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note564"> -<p><span class="label"><a href="#tag564">564</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Longobardi, Franchi etc cit</i>., pag. 113-18 e -<span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Stato e Chiesa secondo gli scritti politici da Carlo M. fino -al concordato di Worms</i>, Modena, 1901, pag. 3 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note565"> -<p><span class="label"><a href="#tag565">565</a>. </span><span class="smcap">Tamassia</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 196 e segg. <span class="smcap">Solmi</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 55-57.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note566"> -<p><span class="label"><a href="#tag566">566</a>. </span>In Gallia, come si rileva anche dalla formula del <i>Missale francorum</i> -(ed. <span class="smcap">Duchesne</span> <i>Origines cit.</i>, pag. 359. «Secundum voluntatem -Domini, in locum s. memoriae illius nomine, virum venerabilem illum -testimonio presbyterorum et totius cleri et consilio civium ac -consistentium credimus eligendum») le elezioni vescovili anticamente -erano indipendenti; ma sotto i Merovingi, per le violenze e le agitazioni -del popolo, il potere regio ebbe occasione ed agio di intervenirvi -per modo che da un semplice mantenimento dell'ordine si passò -rapidamente ad una vera e propria ingerenza; cosicchè la Chiesa fu -costretta ad iniziare una lotta, che ridusse — è vero — l'autorità regia -alla sola conferma; ma le dètte, appunto perchè limitandola l'ammetteva, -pieno ed esplicito e riconosciuto diritto di intervenire nell'elezione. -L'<span class="smcap">Hauck</span>, (<i>Die Bischofswalhen unter der Merovingern</i>. Erlangen, -1883), forse un po' impressionato dall'opinione del <span class="smcap">Fustel -de Coulanges</span>, (<i>La Monarchie francque</i>, Paris, 1888, pag. 523-566 e, -sopra tutto, 555-558) che ritenne che l'autorità regia ridusse a nulla -l'intervento del clero e del popolo; ha pensato che questa limitazione -sia stata una grande conquista da parte della Chiesa; ma, in -realtà, egli ha considerato il fatto rispetto ai suoi presupposti immediati; -ma non alla costituzione primitiva della Chiesa. Il can. 10 -del quinto Concilio di Orléans (ed. <span class="smcap">Maassen</span>, <i>cit</i>., pag. 103) incomincia -«Sed <i>cum voluntate regis</i>... pontifex consacretur». -</p> - -<p> -Questo già ai primissimi del secolo settimo. L'editto di Clotario -è del 614. (Cfr. «Monum. Germ. Hist.» <i>Leges</i>, I, pag. 14). -</p> - -<p> -Sorto in seguito l'astro dei Carolingi, la Chiesa fu trasformata in -istituzione territoriale e, pienamente sottratta alla dipendenza del -pontefice (cfr. <span class="smcap">Friedberg-Ruffini</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 16), divenne loro -docile e poderoso strumento di governo.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note567"> -<p><span class="label"><a href="#tag567">567</a>. </span>Quest'affermazione si limita, s'intende bene, al periodo franco, -durante il quale l'azione del pontefice nelle elezioni vescovili ebbe -un'importanza così limitata che non occorre fermarcisi su.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note568"> -<p><span class="label"><a href="#tag568">568</a>. </span>Nell'epoca romana questo fatto si rileva più facilmente perchè -l'elezione del vescovo è regolata minutamente dalle leggi e queste -graduano la facoltà degli elettori in proporzione diretta della loro -posizione nella vita civile. -</p> - -<p> -Vedi a questo proposito a pag. 59 e segg. e <i>Cod. Theod.</i> Nov. -XVII a. 445.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note569"> -<p><span class="label"><a href="#tag569">569</a>. </span>Vedi i passi riportati a questo proposito dal <span class="smcap">Friedberg-Ruffini</span>, -dal <span class="smcap">Calisse</span>, dall'<span class="smcap">Imbart d. la Tour</span> e dal <span class="smcap">Vacandard E.</span> <i>Les -élections épiscopales sous les mérovingiens</i> in «Rev. d. questions histor.». -XXXII, 126, avril, 1898. «Expectarentur — dice un tipico passo -di S. Leone M. (Ep. X, 6 — Iaffè Reg. 467) — vota civium, testimonia -popolorum; quaereretur honoratorum <i>arbitrium, electio</i> clericorum».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note570"> -<p><span class="label"><a href="#tag570">570</a>. </span>E ciò sopra tutto per la ragione che il clero, come istituzione, -è ritenuto di origine divina e gode, quindi, di un gran prestigio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note571"> -<p><span class="label"><a href="#tag571">571</a>. </span>A notariis ecclesiae — dice S. Agostino (Ep. 110) — ... excipiuntur -quae dicimus et dicitis... Hoc ad ultimum rogo ut gestis -istis dignemini subscribere qui potestis. -</p> - -<p> -Su questo <i>decretum quod clerus et populus formare debet de electo -episcopo</i> cfr. specialmente l'<i>Ordo romanus</i> in <i>Bibl. patruum</i> cit., X, -col. 104.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note572"> -<p><span class="label"><a href="#tag572">572</a>. </span><span class="smcap">S. Agostino</span> li ricorda varie volte. -</p> - -<p> -Dilectissimis fratribus, clero, <i>senioribus</i> et universae plebi aecclesiae -Hipponensi.... salutem — Ep. 137. -</p> - -<p> -Silvanus a Cirtha traditor est et fur rerum pauperum, quod omnes -vos episcopi, presbyteri, diacones et <i>seniores</i> scitis — <i>Contra Crescon</i>. -III c. 29 <i>ed. cit.</i> vol. VII pag. 177. -</p> - -<p> -E la stessa precisa frase si trova anche nelle <i>Gesta purgationis -Felicis et Caeciliani</i> in calce alle opere di <span class="smcap">Optato</span>, Parigi, 1567, pagina -268 — Ep. di forte. -</p> - -<p> -E nello stesso significato troviamo la parola anche nel medioevo. -</p> - -<p> -Nel testamento del prete Teodaldo dell'a. 768 (ed. <span class="smcap">Frisi</span> <i>loc. cit.</i>, -II, n. 2, pag. 4) è detto: «obsecro principes terre istius vel presolis -adque <i>senioris</i> ecclesie S. Johannis ut... omnia stavilem permittatis -permanere. E in una donazione al monastero di S. Ambrogio, dell'a. -863 (ed. <span class="smcap">Giulini</span> <i>loc. cit.</i>, vol. I, append. pag. 444-45) si stabilisce -che se i monaci non adempiono agli obblighi loro imposti a proposito -di un ospedale fondato dal donatore, l'ospedale stesso passi agli <i>officiales</i> -della Chiesa di S. Giovanni di Monza «sine ulla contrarietatem -<i>senioribus</i> ipsius ecclesiae». -</p> - -<p> -Nè son casi isolati. Cfr. a. 787 (<span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. ital.</i>, III, col. 587) -pontifex (arciv. di Milano) de ipso ordine presbyterum <i>seniorem</i>... -ordinare dignetur. — a. 951-962 (<span class="smcap">Vignati</span>, <i>Cod. dipl. laud.</i> cit. I, n. 13, -pag. 18-19). Radbertus presbiter de cardine s. laud. eccl. scribere per -iussu domni <i>senioris</i> communuimus. — a. 933. (<span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>Mem. Nonantola</i> -cit., n. 82), una per consilio et consensum <i>seniorum</i> sacerdotis -et clerum b. s. Geminiani motinensis, il vescovo Gottifredo fa una -concessione enfiteutica. -</p> - -<p> -Il <span class="smcap">Tamassia</span> (<i>I sermoni di Pietro Crisologo</i> cit.,) ha indicato alcuni -passi che gettano uno sprazzo di luce sui rapporti che con anacronismo -scusabile possono esser detti <i>prefeudali</i>, della società romana. -</p> - -<p> -I documenti ora indicati, che contengono il nome di <i>senior</i>, di -ben nota diffusione nel campo feudale, possono, forse, esser presi in -considerazione anche da questo punto di vista.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note573"> -<p><span class="label"><a href="#tag573">573</a>. </span>Agostino. <i>Conc. II in Psalm.</i> 36, to. 8, pag. 201. «Cum -incestos contra legem decretaque omnium sacerdotum communioni -sanctae adiungeret, cumque obsistente massima parte plebis, etiam -<i>seniorum nobilissimorum</i> litteris conveniretur etc.». -</p> - -<p> -<span class="smcap">Liberati</span>. <i>Breviarium cit</i>., c. 14. ed. cit. to V, pag. 763. «Collecti -sunt <i>nobiles civitatis</i> ut eum qui esset vita et sermone dignus pontificatu -eligerent».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note574"> -<p><span class="label"><a href="#tag574">574</a>. </span>In ordinationibus eorum clamant et dicunt: dignus es et iustus -e <span class="smcap">S. Ambrogio</span>. <i>De dignitate sacerdot.</i> c. 5. E <span class="smcap">S. Agostino</span> (<i>Ep</i>. -110): Dignus et iustus est dictum est vicies. -</p> - -<p> -Altri esempi per il medioevo ci sono offerti da <span class="smcap">Gregorio di -Tours</span>, <i>loc. cit.</i> passim e specialmente l'ep. 25 del libro quarto, ad -Donnulum.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note575"> -<p><span class="label"><a href="#tag575">575</a>. </span>Cfr., oltre i trattati generali già citati, il <span class="smcap">Reville</span> <i>Les origines -de l'épiscopat</i>, Paris, 1894.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note576"> -<p><span class="label"><a href="#tag576">576</a>. </span>Vedi il doc. dell'838 nella nota 2, a pag. 186.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note577"> -<p><span class="label"><a href="#tag577">577</a>. </span>Vedi il doc. riportato nella nota 1, a pag. 186.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note578"> -<p><span class="label"><a href="#tag578">578</a>. </span><span class="smcap">Q. Florentis Tertulliani</span> <i>Apologeticus adversus gentes</i>, Venezia, -1525, c. 37, cap. XXXIX. -</p> - -<p> -De disciplina christianorum. Si quod arcae genus non de ordinaria -summa quasi redemtae religionis congregatur: <i>modicam unusquique -stipem menstrua die, vel cum velit et si modo possit, apponit</i>. -Nam <i>nemo compellitur</i>, sed <i>sponte confert</i>. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Id</span>. <i>Ep</i>. 34 in <i>Opera omnia</i> Parigi, 1666, pag. 49. -</p> - -<p> -Presbiteri honorem designasse nos illis jam sciatis ut et sportulis -iisdem cum presbyteris honorentur et <i>divisiones mensurnas</i> aequatis -quantitatibus partiantur. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Id</span>. <i>Ep</i>. 66, <i>ibid</i>., pag. 109. -</p> - -<p> -Quae nunc ratio et forma in clero tenetur, ut qui in ecclesia -domini ordinatione clerica promoventur, in nullo ab administratione -divina avocentur nec molestiis et negotiis saecularibus alligentur, -sed in honore <i>sportulantium fratrum</i> tamquam <i>decimas ex fructibus -accipientes</i>, ab altari et sacrificiis non recedant. -</p> - -<p> -E quando qualche ecclesiastico mancava ai suoi doveri era punito -in modo molto semplice e chiaro: «Interim (cfr. <i>Ep</i>. 28, pag. 41) -se a <i>divisione mensurarum tantum contineant</i>, non quasi a ministerio -ecclesiastico privati esse videantur».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note579"> -<p><span class="label"><a href="#tag579">579</a>. </span><i>Cod. Just.</i> I, 3, 33, § 1. Leone e Antemio (467-471). Non oportet -episcopos aut clericos <i>cogere quosquam ad fructus offerendos</i>, aut -angarias dandas, aut alio modo vexare, aut excommunicare, aut anathemate -damnare, aut denegare communionem, aut idcirco non baptizare, -<i>quamvis usus ita obtinuerit</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note580"> -<p><span class="label"><a href="#tag580">580</a>. </span><span class="smcap">Leonis M.</span> (440-460). <i>Sermo de collectarum die</i> (ed. <span class="smcap">Ballerini-Caccia</span>). -</p> - -<p> -Providenter, dilectissimi, a sanctis patribus pieque dispositum -est, ut in diversis temporibus quidam essent dies, qui devotionem -fidelis populi ad Collationem publicam provocarent. Et quia ad ecclesiam -maxime ab unoquoque opem quaerente decurritur, fieret ex -possibilitate multorum <i>voluntaria</i> et sancta <i>Collectio</i>, quae per Praesidentium -curam necessariis serviret expensis: ad cuius operis desideratum -vobis, ut credimus, fructum dies vos vicinus invitat, accedentibus -admonitionibus nostris, ut ad ecclesias regionum vestrarum -sabbato proxime futuro misericordiae munera deferatis. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Id</span>. <i>Sermo IV</i>. -</p> - -<p> -Quia in die dominica prima est futura Collectio, omnes vos devotioni -<i>voluntarie</i> praeparate, ut unusquisque secundum sufficientiam -habeat in sacratissima oblatione consortium. -</p> - -<p> -Id. <i>Sermo V</i>. -</p> - -<p> -Ad horum operum, Dilectissimi, piam curam dies nos apostolicae -invitat, in quo sanctarum Collectionum prima <i>Collectio</i> est prudenter -a Patribus et utiliter ordinata; ut quia in hoc tempore gentilis -quondam populus superstitiosius daemonibus serviebat, contra -prophanas hostias impiorum, sacratissima a nobis nostrarum elemosinarium? -celebraretur oblatio: quod, quia incrementis ecclesiae -fructuosissimum fuit, placuit esse perpetuum. Unde hortamur sanctitatem -vestram, ut per ecclesias regionum vestrarum quarta feria -de facultatibus vestris quantum suadet possibilitas ac voluntas, expensas -misericordiae conferatis, ut possitis illam beatitudinem promereri, -in qua sine fine gaudebit, qui intelligit super egenum et -pauperem.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note581"> -<p><span class="label"><a href="#tag581">581</a>. </span>Il capitolare di Mantova del 787 prescrive che la decima sia -pagata alla presenza di almeno due testimoni ne ideo ibi juramentum -aliquod faciendi necessitas contingat. (Cfr. M. G. H. Capitularia, -I § 8, pag. 197). -</p> - -<p> -E questo sistema di giuramento concorda pienamente con l'uso -estesissimo del giuramento quale ci è unanimente dimostrato dalle -fonti romane (Cfr. <i>Dig. XII</i>, 2, 3-I, 3, § 4 e 2, 4 e 5) e con quello -attestatoci dai documenti posteriori. Il Tiraboschi, p. es., ha pubblicato -un doc. del secolo X (<i>Mem. Modenesi</i> cit., I, cod. dipl. n. 117, pag. 142) -che suona così: «Incipit nomina virorum hac mulierum qui pro dei -timore et christi amore dederunt singuli denarios pro redemptione -animarum suarum in luminaria ad illuminandum ecclesiam dei ut -eorum animas illuminet deus in sanctum paradisum et <i>ipsi omni anno -Deo auxiliante hoc facere similiter promittunt</i>». -</p> - -<p> -E si possono citare anche altri esempi posteriori nei quali si -vede sempre intervenire il giuramento. Cfr. anche lo statuto della -Chiesa di Parma citato a pag. 1, n. 1 e a pag. 103-104.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note582"> -<p><span class="label"><a href="#tag582">582</a>. </span>Cfr. <i>Cod. dipl. long</i>. — Troya, — n. 216.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note583"> -<p><span class="label"><a href="#tag583">583</a>. </span>Cfr. pag. 200 nota e nota 3 di questa pagina.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note584"> -<p><span class="label"><a href="#tag584">584</a>. </span>Di <i>decimas</i> parla il capitolare fissato dal re Liutprando con -i mercanti di Comacchio nel 730 (Cfr. <span class="smcap">Hartmann</span>. <i>Zur Wirtschaftsgeschichte -Italiens in frühen Mittelalter. Analekten.</i> Gotha. 1904, pag. -123-24); decime pagavano talvolta cittadini e vicini per il godimento -degli antichissimi diritti d'uso (Cfr. <span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Manuale cit.</i>, pag. 188) -e la decima parte dei frutti della terra da loro lavorata corrispondevano -numerosi lavoratori (Cfr. <i>Cod. dipl. long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 433, -a. 721; n. 476, a. 729; n. 526, a. 740) così in occidente come in oriente -(cfr. <span class="smcap">Zachariae V. Lingenthal.</span> <i>Geschichte des grieschisch-roemischen -Rechts</i>, Berlin, 1892, II, pag. 255-56 e n. 843).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note585"> -<p><span class="label"><a href="#tag585">585</a>. </span><span class="smcap">S. Agostino</span>. <i>Comm. in Psalm</i>. 146 (<i>Opera omnia</i> cit. VIII, -pag. 698). Precidite ergo aliquid et deputate aliquid fixum, vel ex -annuis fructibus vel ex quotidianis quaestibus vestris... Exime aliquam -partem redituum tuorum. <i>Decimas</i> vis? decimas exime quamquam -parum sit. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Id</span>. <i>Homil</i>. 48, X, pag. 48. Maiores nostri copiis omnibus abundabant -quia Deo <i>decimas dabant</i> et Caesari censum reddebant.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note586"> -<p><span class="label"><a href="#tag586">586</a>. </span>Capit, di Lestimes a. 743 (in «Mon. Germ. Hist.» Boretius. -I, n. 11, pag. 28). — Statuimus quoque cum consilio servorum Dei et -populi christiani propter imminentia bella et persecutiones ceterarum -gentium quae in circuitu nostro sunt, ut <i>sub precario et censu -aliquam partem ecclesialis pecuniae in adiutorium exercitus nostri cum -indulgentia Dei aliquanto tempore retineamus ea conditione, ut annis -singulis de unaquaque casata solidus, idest duodecim denarii, ad ecclesiam -vel monasterium reddatur; eo modo, ut si moriatur ille cui -pecunia commodata fuit, ecclesia cum propria pecunia revestita sit. -Et iterum si necessitas cogat ut princeps iubeat, precarium renovetur -et rescribatur novum</i>. -</p> - -<p> -Col capitolare del 768 (<span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i> 1, <i>Capit. aquit.</i> c. 1, pag. 42) Pipino -aggiunse l'obbligo della restaurazione della chiesa a cui appartenevano -le terre beneficiate. -</p> - -<p> -E nel 779, col capit. aristallense (<span class="smcap">Id</span>., <i>ibid</i>. I, c. 13, pag. 50), Carlo -Magno aggiunse l'obbligo del pagamento della decima e della nona. -De rebus vero ecclesiarum und nunc census exeunt decima et nona -cum ipso censu sit soluta et unde antea non exierunt similiter nona -et decima detur; atque de casatis quinquaginta solidum unum et de -casatis triginta solidum dimidium et de viginti trimisse unum. -</p> - -<p> -La bibliografia sul beneficio ed i suoi rapporti col feudo è troppo -nota perchè occorra accennare anche solo i principali lavori.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note587"> -<p><span class="label"><a href="#tag587">587</a>. </span>Cfr. <i>ibid</i>. I, pag. 46.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note588"> -<p><span class="label"><a href="#tag588">588</a>. </span>Cfr. <i>Pippini capitulare italicum</i> a. 801 (806)-810 (<i>ibid</i>. I, 1, -n. 102, pag. 210, c. 6). E questa disposizione deriva in linea retta da -Carlo M. nella sua «Epistola in Italiam emissa», a. 790-800 (<i>ibid</i>. -n. 97, pag. 203), e con il c. 60 del suo capitolare italico.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note589"> -<p><span class="label"><a href="#tag589">589</a>. </span><i>Capit. Ital</i>. c. 31.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note590"> -<p><span class="label"><a href="#tag590">590</a>. </span><i>Capitulare cum episcopis langobardicis deliberatum</i>, a. 780-90. -(<i>Ibid</i>. n. 89, c. 9, n. 89). E questo costume e questa consuetudine di -cui parlano e come di cosa antica vescovi langobardi, non poteva -essersi formata che in Italia e prima dell'invasione franca. Non -potè essere lo stato langobardo ad istituire un contributo che ripugnava -all'indole del suo popolo, a vantaggio di un culto che non -era il suo e per il quale, nei primi tempi specialmente, non furono -usate soverchie tenerezze; mentre nessuno dei re divenuti cattolici -l'ha — che si sappia — istituito. E si sarebbe saputo; chè un capitolo -dell'Editto, una parola di Paolo Diacono, un passo delle lettere -e degli scritti cui dette luogo la lunga controversia terminata con -la calata dei Franchi, non avrebbe mancato di farcelo sapere. -</p> - -<p> -Abbiamo dunque una riprova dell'ininterrotto perdurare della -antica <i>collecta</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note591"> -<p><span class="label"><a href="#tag591">591</a>. </span><i>Loth</i>. 43. Che la decima di cui qui si parla sia quella italiana -è dimostrato da vari fatti. E cioè: 1.) che in esso si parla sempre e -soltanto di decima e mai si ricorda o menziona la nona; 2.) che si -istituisce una speciale procedura la quale consiste nella nomina di -una commissione di quattro o otto o più «homines optimi» per ogni -pieve i quali sieno testimoni inter sacerdotes et plebem. La pieve è il -complesso dei parrocchiani e tale commissione sarebbe un assurdo -per testimoniare il soddisfacimento di uno degli obblighi nascenti -dal rapporto giuridico intercorrente fra una chiesa, che poteva benissimo -non essere una pieve ed uno speciale individuo; 3.) infine, -che si commina ai renitenti la prigione e la confisca dei beni, senza -mai far parola di omissione di beneficio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note592"> -<p><span class="label"><a href="#tag592">592</a>. </span>Eccone un esempio tipico. -</p> - -<p> -Et hoc ea consideratione introductum est, ut detracta portione -dominorum, coloni de sua parte dumtaxat decimam solvant, quia domini -in civitate vel in aliis locis plerumque habitant, et spiritualia -ibi non recipiunt ubi decimae solvuntur, et ideo de sua parte fructuum -decimas dare non tenentur. <i>Liber Consuetudinum Mediolani</i> -c. 25 Ed. <span class="smcap">Berlan</span> cit. pag. 256.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note593"> -<p><span class="label"><a href="#tag593">593</a>. </span>Cfr. <i>Capit. ital. Pipin.</i> 4, 17; <i>Lud</i>. P. 30; <i>Loth</i>. 20.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note594"> -<p><span class="label"><a href="#tag594">594</a>. </span>Cfr. <i>l'epist.</i> di <span class="smcap">Gelasio</span> <i>ad episc. Lucaniae</i> c. 5 (ed. cit. to. IV -pag. 1189) «Baptizandis consignandisque fidelibus pretia nulla praefigant, -nec illationibus quibuslibet impositis exagitare cupiant renascentes.... -Et ideo nihil a predictis prorsus exigere moliantur...» -E il <i>conc. illiberit.</i> c. 48 (ed. cit. I. pag. 97) proibisce già — emendari -placuit — che «qui baptizantur nummos in concham non mittant». -</p> - -<p> -Per le oblazioni in caso di matrimonio si può citare come tipo -il c. 3 dei <i>Responsa Bulgarorum</i> di Niccolò I. che è dell'866 (Cfr. -l'edizione corretta fattane dal <span class="smcap">Duchesne</span>. <i>Origines cit.</i> pag. 433-34) -ma che riproduce in modo perfetto nella forma e nella sostanza il -sistema di celebrazione degli sponsali e del matrimonio romano. -</p> - -<p> -«Et primum quidem in ecclesia domini cum oblationibus quas -offerre debent Deo per sacerdotis manum statuuntur». -</p> - -<p> -Cfr. anche <i>Statut. eccl. parm. cit.</i> pag. 101 nella ricca nota illustrativa -fattane dal <span class="smcap">Barbieri</span>. -</p> - -<p> -Per le oblazioni per i defunti, oltre questo stesso statuto sotto -tale titolo, pag. 48 e pag. 194, nota 2, sono da vedersi la dissertazione -18 del <span class="smcap">Muratori</span> <i>Anecdota</i> cit. I. pag. 190-95 ed il Natale XII -di <span class="smcap">S. Paolino</span> da Nola, nel punto ove narra il miracolo di S. Felice.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note595"> -<p><span class="label"><a href="#tag595">595</a>. </span>Cfr. i passi e i documenti riportati ed illustrati da <span class="smcap">N. Comneno -Papadopoli</span> nelle sue <i>Praenotationes mistagogicae</i>, Padova, 1697 -r. 1, s. 5 e 6, pag. 28-37 e r. 3, s. 2, 3, 4, pag. 137-138. Mi limito a -queste pochissime citazioni perchè sarebbe del tutto superfluo fare -sfoggio della numerosissima bibliografia sull'argomento che per l'esperienza -che ne ho fatta è, almeno per il nostro tema, perfettamente -inutile.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note596"> -<p><span class="label"><a href="#tag596">596</a>. </span>Cfr. pag. 181 nota 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note597"> -<p><span class="label"><a href="#tag597">597</a>. </span>Cfr. pag. 186 nota 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note598"> -<p><span class="label"><a href="#tag598">598</a>. </span>Oltre tutti i lavori che fanno più o meno capo al <span class="smcap">De Rossi</span> -e al <span class="smcap">Duchesne</span>, i quali hanno formulato a questo proposito due diverse -opinioni degne del pari di considerazione; è uscito recentemente -l'articolo di <span class="smcap">R. Saleilles</span>. <i>L'organisations juridique des premierès -communautés chrétiennes</i> nelle «Mélanges P. F. Girard». -Paris, 1912, II, pag. 469-509, di una notevole chiarezza.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note599"> -<p><span class="label"><a href="#tag599">599</a>. </span>Questa mi sembra la interpetrazione più logica del passo di -<span class="smcap">Ulpiano</span> <i>Liber. singul. reg.</i> XXII. 6 (ed. <span class="smcap">Baviera</span> <i>Fontes iuris romani -antejustinianei</i>, Firenze, 1908, pag. 235-36) che è, a parer mio, l'unico -veramente fondamentale sull'argomento. -</p> - -<p> -Deos heredes instituere non possumus praeter eos quos senatusconsulto -constitutionibusque principum instituere concessum est, -sicuti Jovem Tarpeium, Apollinem Didymacum Mileti, Martem in -Gallia, Minervam iliensem, Herculem gaditanum, Dianam Ephesiam, -Matrem Deorum Sipylenem, Nemesim quae Smirmae colitur et Caelestem -Salinensem Carthagini. -</p> - -<p> -E questo paragrafo è intimamente connesso con quello precedente -in cui si afferma che la <i>testamentifactio</i> passiva non è accordata, -fatta eccezione che nel caso di testamento di un liberto, nemmeno -ai municipî.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note600"> -<p><span class="label"><a href="#tag600">600</a>. </span>Cfr. il cap. 36 del 2. libro della Vita di Costantino di Eusebio -e la Nov. 131. cap. 9 di Giustiniano.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note601"> -<p><span class="label"><a href="#tag601">601</a>. </span>Cfr. <i>Capitul. mantuanum primum</i> c. II. (ed. <span class="smcap">Boretius</span> I, 1, -n. 92, pag. 195) De decimis vero que a populo in plebibus vel baptismalibus -æcclesiis offeruntur nulla exinde pars maiori æcclesiæ vel -episcopo inferatur.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note602"> -<p><span class="label"><a href="#tag602">602</a>. </span>Cfr. <i>Mem. Lucchesi</i> cit. V, p. II, pag. 22, n. 34, a. 746 e <span class="smcap">Muratori</span>. -<i>Antiq. cit.</i> III, 811-819, a. 796 -</p> - -<p> -Cfr. i docc. riguardanti la gestione patrimoniale delle pievi indicati -dal <span class="smcap">Pertile</span>. loc. cit. I, pag. 342, a. 89; e <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Studi cit.</i> -pag. 9 e 27-28; <span class="smcap">Tiraboschi</span>, <i>Mem. mod. cit.</i> I, pag. 155, a. 996; pagina -158, a. 998; II, pag. 137, a. 1003: <span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. loc. cit. V, col. 508, -a. 997 e IV, col. 1007, a. 1004 (cfr. <span class="smcap">Provana</span>. <i>Studi critici cit.</i> pag. 347). -</p> - -<p> -Alla prova di questa asserzione che involge intimamente la vita -civile e quella religiosa son dedicati i §§ 9 e 10. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Postille storiche e giuridiche alle opere di Zenone -vescovo di Verona</i> in «Studi storici e giuridici offerti a F. Ciccaglione» -Catania 1909, I, pag. 8-10. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Galante A.</span> <i>Il diritto di patronato nei documenti langobardi</i> -negli «Studi in onore di V. Scialoja» Milano, 1905, vol. I.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note603"> -<p><span class="label"><a href="#tag603">603</a>. </span>Cfr. pag. 181 nota 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note604"> -<p><span class="label"><a href="#tag604">604</a>. </span>Cfr. i documenti riportati ed illustrati nella Diss. quarta delle -<i>Antichità long. milan.</i> cit., la quale però è inspirata per non dire addirittura -dominata dall'idea di mostrare la ragionevolezza delle pretese -dei monaci contro i sacerdoti, riunitisi a vita canonica nel secolo -XI.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note605"> -<p><span class="label"><a href="#tag605">605</a>. </span>Cfr. nota a pag. 183, nota 2.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note606"> -<p><span class="label"><a href="#tag606">606</a>. </span>Vedi le belle e giustissime parole di <span class="smcap">N. Tamassia</span> in <i>Fidem -facere e manum facere cit.</i>, pag. 536-37 sul tipo dei documenti lucchesi; -alle quali è da aggiungere anche quanto egli dice a tale proposito -a pag. 367-71.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note607"> -<p><span class="label"><a href="#tag607">607</a>. </span>Sulla personalità giuridica del beneficio e lo sviluppo della -sua formazione cfr. <span class="smcap">Ruffini F.</span> <i>La rappresentanza giuridica delle parrocchie,</i> -Torino, 1896, § 8-10, pag. 48-74; uno studio che dev'esser segnalato -fra la moltitudine dei lavori che si sono occupati di questo -argomento e dei quali fornisce un'abbondante indicazione bibliografica -il <span class="smcap">Galante</span>, <i>loc. cit.</i> pag. 273 nota e nelle note ai §§ segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note608"> -<p><span class="label"><a href="#tag608">608</a>. </span>Cfr. <i>Capitulare italicum. Capitula Karoli M.</i> 136. <i>Capitul. Hludovici -Pii</i> (a. 825?) c. 9. <i>Leges</i> I. 244, ed. <span class="smcap">Boretius</span>; e le altre disposizioni -riportate dal <span class="smcap">Du-Cange</span> nel suo <i>Glossarium</i> e dal nostro -<span class="smcap">Muratori</span> nella XXX Dissertazione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note609"> -<p><span class="label"><a href="#tag609">609</a>. </span>La ragione della tenacia di tale consuetudine, che finiva con -l'annullare l'antico precetto ecclesiastico del riposo festivo, era di -natura prevalentemente, se non sostanzialmente, economica. Usufruendo -di un giorno festivo per lo smercio dei prodotti si guadagnava -una di quelle giornate di lavoro, che le numerose prestazioni, -alle quali sopratutto i lavoratori della terra erano obbligati, riducevano -fortemente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note610"> -<p><span class="label"><a href="#tag610">610</a>. </span>Vedine la dimostrazione particolareggiata per Bergamo in -<span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Corografia bergomense nei secoli</i> VIII, IX, X, Bergamo, 1888. -pag. 225 e segg. -</p> - -<p> -Vedi anche <i>Capitul. Aquisgranense</i> a. 809, c. 9, in «Monum. Germ. -Hist.» <i>Leges</i>, ed. <span class="smcap">Boretius</span> I, pag. 156.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note611"> -<p><span class="label"><a href="#tag611">611</a>. </span>Di ciò si è tentato di dare la dimostrazione nel paragrafo -precedente. Mi limito qui ad aggiungere le parole della concessione -dell'imperatore Lodovico II alla pieve rurale di Juvenalta nel cremonese. -</p> - -<p> -«Pro plenissima quietitudine confirmamus eidem sancto loco -aqueductus tam ad divisa molendina quam ad navigia deducenda, -sive in Olio atque etiam <i>mercata ibidem devenientia tam in montanis -quamque in planicie ut abhinc in futurum</i> <span class="smcap lowercase">SICUTI ANTIQUITUS CONSUETUM -FUIT</span> <i>deducat</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note612"> -<p><span class="label"><a href="#tag612">612</a>. </span><span class="smcap">Landulphi Sen.</span> <i>loc. cit.</i>, III, 20. -</p> - -<p> -Di questo storico è stato dato — e meritatamente — un severo -giudizio (vedi, per es. quel che ne dicono i Bollandisti to. VI, julii -28, S. Nazario); ma ciò non può toccare in nulla la veridicità della -sua notizia riguardo all'ubicazione ed alla composizione del mercato, -perchè egli ne fa menzione incidentalmente e come di cosa normale -anche al suo tempo. E, per di più, la sua notizia è confermata anche -da <span class="smcap">Arnolfo</span>. Cfr. infatti, <i>loc. cit.</i>, III, 10.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note613"> -<p><span class="label"><a href="#tag613">613</a>. </span><i>Capitul. Ital.</i> c. 11. <i>Cap. Forma communi</i> c. 14-18 in «Monum -Germ. Hist.» <i>Leges</i>, I, ed. <span class="smcap">Boretius</span>, pag. 37-38.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note614"> -<p><span class="label"><a href="#tag614">614</a>. </span><i>Ibid</i>. c. 14. -</p> - -<p> -L'<i>Expositio</i> a questo capitolo richiama i due capitoli di Rotari -18 e 358. In realtà il richiamo è molto impreciso. Nel primo caso il -Rotari, proteggendo con la pena fortissima di 900 solidi <i>quemcumque -ad regem venientem</i>, dimostra chiaramente che si tratta di persone -care al re e che si recano da lui per suo e non per proprio -vantaggio e lo conferma stabilendo che la pena sia divisa fra il re -stesso e l'offeso. Si tratta dunque di <i>gasindi</i> e non di <i>iterantes</i> di -viaggiatori comuni, come nel cap. 14 di Carlo M., nel quale è ripresa -anche la disposizione del cap. 368 di Rotari.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note615"> -<p><span class="label"><a href="#tag615">615</a>. </span>Cfr. <i>Decretio Chlotarii regis</i> (a. 511-558) § 9, 3 (Et si persequens -latronem suum comprehenderit integram sibi composicionem -accipiat; et si per <i>trustem</i> invenitur, mediam composicionem <i>trustis</i> -adquirat...) e § 16 in «Monum. Germ. Hist.» <i>Capitul. Meroving.</i> -pag. 5-7. -</p> - -<p> -Sull'interpretazione di questi passi vedi <span class="smcap">Tamassia</span> N. <i>La Delatura</i> -in «Archivio Giuridico F. Serafini» 1897, vol. LVIII, p. 346-367 -e specialmente pag. 362-64.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note616"> -<p><span class="label"><a href="#tag616">616</a>. </span>Era tanto un privilegio, che degenerò ben presto in un abuso -e Pipino dovette provvedervi. Cfr. <i>Capit. Ital.</i>, c. 1 e 15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note617"> -<p><span class="label"><a href="#tag617">617</a>. </span>Vedi <span class="smcap">Gierke H</span>. <i>Erbrecht und Vicinenrecht in Edikt Chilperichs</i> -in «Zeitschrift für Rechtsgeschichte» II, 1887, pag. 480 e -segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note618"> -<p><span class="label"><a href="#tag618">618</a>. </span>Cfr. la legge salica nel famoso tit. <i>De migrantibus</i>, al quale -va aggiunto quell'importantissimo (per quanto mutilo) frammento -edito per la prima volta dal <span class="smcap">Merkel</span> (<i>Lex salica Extrav</i>. XI, pag. 101) -che dice: «Non potest homo migrare nisi convicinia et erba et aquam -et v | am |... | concedente? |». -</p> - -<p> -Geniale, ma da accogliersi con molte riserve, è il lavoro del <span class="smcap">Fustel -de Coulanges</span> <i>Étude sur le titre «De migrantibus»</i> Paris 1886.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note619"> -<p><span class="label"><a href="#tag619">619</a>. </span>Vedine indicati un bel numero dallo <span class="smcap">Schupfer</span> <i>Dir. Priv. cit.</i>, -II, pag 42 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note620"> -<p><span class="label"><a href="#tag620">620</a>. </span>Nelle formule di Marcolfo I, 7 ed. <span class="smcap">Zeumer</span> cit. in «Monum. -Germ. Hist.» III, pag. 47.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note621"> -<p><span class="label"><a href="#tag621">621</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>Mem. Nonantola cit</i>., II, n. 19, pag. 36. È una -concessione livellare fatta dall'abate nonantolano Rodolfo a un certo -Gualprando <i>in persona et vice totius</i> <span class="smcap lowercase">COMMUNIS</span> <i>de Battona</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note622"> -<p><span class="label"><a href="#tag622">622</a>. </span>Per il mercato nelle pievi rurali vedine gli esempi riportati -dal <span class="smcap">Mayer</span> (<i>Ital. Verfassungsg. cit.</i> § 20, n. 49, vol. I, pag. 339) e -del quale è pure da vedere ciò che dice dei rapporti della pieve con -il castello rispetto al mercato (<i>Ibid</i>., IV, § 51, vol. II, pag. 437 e -segg.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note623"> -<p><span class="label"><a href="#tag623">623</a>. </span><i>Capitulare missorum in Theodonis villa datum secundum generale</i> -c. 13 (ed. <span class="smcap">Boretius</span> in «Monum Germ. Hist.» Capit. Reg. -Franc. I, n. 44). -</p> - -<p> -De teloneis placet ut antiqua et iusta telonea a negotiatoribus exigantur -tam de pontibus quam et de navigiis seu mercatis; nova vero -seu iniusta ubi vel funes tenduntur, vel cum navibus sub pontibus -transitur seu et his similia, in quibus nullum adiutorium iterantibus -praestatur, ut non exigantur; similiter etiam nec de his qui sine negotiandi -causa substantiam suam de una domo ad aliam ducunt aut -ad palatium aut in exercitum. -</p> - -<p> -Cfr. anche <i>Ansegisi capitulare</i> III, 12 (ed. Id., pag. 427); sulla cui -introduzione e l'applicazione in Italia vedi <span class="smcap">Patetta</span> F. <i>Sull'introduzione -in Italia della collezione di Ansegiso</i>. Torino, 1890. Estr. dagli -Atti della R. Accademia delle Scienze. -</p> - -<p> -Sulla mancanza nei Capitolari e nelle leggi di accenni ai commestibili -e alle cibarie cfr. anche <span class="smcap">Leicht P. S</span>. <i>Statuta vetera Civitatis -Austriae</i>. Cividale, 1902, pag. VII e bibliografia ivi citata. Egli ha -dimostrato che anche i documenti e gli statuti friulani confermano -l'opinione del Sohm, del Maurer e del Ritschel che, anche i pesi e -le misure, insieme e oltre alle cibarie (delle quali, come si è detto, -nessuna legge imperiale o Capitolare si occupa) erano rilasciate alle -consuetudini locali ed ha messo in evidenza anche un altro lato di -grande importanza per noi, dimostrando che il traffico delle cose -commestibili era permesso anche nei luoghi dove era esplicitamente -vietato il mercato: ciò che significa — dato che il diritto di mercato -si risolve in sostanza nel diritto di percepire una tassa da parte del -titolare — che il commercio dei commestibili non era gravato da alcuna -contribuzione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note624"> -<p><span class="label"><a href="#tag624">624</a>. </span><span class="smcap">Schupfer F.</span> <i>La pubblicità nei trapassi della proprietà secondo -il diritto romano del basso Impero</i> etc. in «Rivista italiana per le -scienze giurid.» vol. XXIX, fasc. 1-2, a. 1905, pag. 43 e segg. Vedi -però anche le vecchie ma buone pagine di <span class="smcap">J. C. Bulengerus</span> <i>De vectigalibus -populi romani</i> in «Thesaur. roman. antiquit.» vol. VIII, -Venezia, 1735, cap. 5, col. 843 e segg. -</p> - -<p> -Esempi dell'epoca medioevale sono riportati dal <span class="smcap">Mayer</span> <i>Ital. Verfassungsg</i>. -cit. I, pag. 331, n. 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note625"> -<p><span class="label"><a href="#tag625">625</a>. </span>a. 812 (?) Carlo M. dona a Rataldo vescovo di Verona il <i>forum</i> -ed il <i>mercatum</i> soliti a farsi nella festività di S. Zeno a Verona. -Cfr. <span class="smcap">Cipolla C.</span> <i>Verzeichniss der Kaiserurkunden in den Archiven Veronas</i> -I in «Muhlbacher's Mittheilungen» II, 88. Innsbruck 1881.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note626"> -<p><span class="label"><a href="#tag626">626</a>. </span>Interessante è a questo proposito il can. 48 degli <i>Statuta eccles. -antiqua</i> (ed. <span class="smcap">Bruns H. T.</span> <i>Canones apostolorum et conciliorum -saeculorum</i> IV, V, VI, VII. Berlin 1839 I, pag. 146) compilati, molto -probabilmente, nella seconda metà del secolo quarto (cfr. <span class="smcap">Maassen E.</span> -<i>Geschichte der Quellen und der Literatur des kanonischen Rechts in -Abendlande bis zum Ausgange des Mittelalters</i>. I, Gratz, 1870, p. 393), -il quale stabilisce che il chierico che «non pro emendo aliquid <i>in -mundinis vel in foro</i> deambulat» debba esser degradato. Questo canone, -infatti, ebbe larga applicazione in Italia, tanto che se ne riscontra -l'influenza diretta in varie raccolte, a cominciare da un canone -del famoso Attone vescovo di Vercelli. Cfr. <i>Attonis vercellensis -opera-Canones</i> n. 43 (ed. Del Signore, Vercelli, 1768, parte II, p. 278).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note627"> -<p><span class="label"><a href="#tag627">627</a>. </span>I primi germi delle fiere medioevali si trovano nelle ultime -fiere dell'impero romano. Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 135.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note628"> -<p><span class="label"><a href="#tag628">628</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i>, passim, <span class="smcap">Goldschmidt E.</span> <i>Universalgeschichte -des Handelsrechts</i> Stuttgart, 1891, pag. 221 e segg. e bibliografia -ivi citata. Fondamentale, però, rimane sempre il lavoro del -<span class="smcap">Bourquelot</span> <i>Étude sur les foires de Champagne.</i> Paris, 1865.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note629"> -<p><span class="label"><a href="#tag629">629</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXX. e gli esempi da lui indicati. -Anche il commercio dei barbari che si concentrava nei mercati -che si tenevano nei giorni di feste religiose e di assemblee politico-giudiziarie, -sia di diversi popoli — <i>concilia</i> — che di varie centenae -di uno stesso popolo. Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i> pag. 141. -</p> - -<p> -Ciò rese più facile la continuazione delle antiche consuetudini -italiche sulle quali quelle germaniche poterono adagiarsi facilmente.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note630"> -<p><span class="label"><a href="#tag630">630</a>. </span>Cfr. <i>Capitul. Ital.</i> di Carlo M. c. 52.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note631"> -<p><span class="label"><a href="#tag631">631</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Moriondo J. B.</span> <i>Monumenta aquensia.</i> I, Torino, 1789, -col. 106-7, n. 92, a. 1197. -</p> - -<p> -Credo non inutile riportare integralmente la parte più interessante -di questo bel documento. -</p> - -<p> -Omnis bestia quadrupes vendita in foro Aquensi et Arcivolio debet -curadiae in duobus denariis ab autore, totidem a venditore. De -agnis et haedis nihil sicut et de fructibus et de ovis et de his omnibus -quae brachio portantur. Idem de pullis et de piscibus recentibus. -De caballo tamen den. XII. De onere pullorum ovorum den. 1. -De fasce hominis circulorum mealia (uvae alia) datur. De fasce boum -den. II. Tellaria habentes pisces, negotiatores drappi et ferri et merces -vendentes in foro, ut sedeant, unusquisque den. II. curadiae debet. -De torta lini den. II dantur. De soma lebetum idem. De fasce -scutellarum et scutorum idem. Artifices sitularum et situlorum omni -anno situlam debent et situlum. Ferrarii cultellum et mensuram. -Facientes conchas et lanceas et juga idem. De fasce bailorum I den. -De carro lignorum II den. De barroccio I den. De carro et barroccio -vini II den. De fasce ollarum et testarum idem. De asino veniente -onerato nihil; si egreditur oneratus I den. De mezena I den. Sextarium -vero capiendum est ad pugnum venditoris. Ex his omnibus -predicti memorati antiqui aeque concordaverunt.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note632"> -<p><span class="label"><a href="#tag632">632</a>. </span>L'esenzione accordata ad Asti ai commestibili può nel complesso -esser considerata come un fatto comune di un fenomeno generale. -</p> - -<p> -Le città che più a lungo furono soggette ai pedaggi e alla curatura -verso l'impero offrono a questo proposito un buon mezzo di -riprova. A Siena, per esempio, che durò a lungo in tale soggezione, -gli elenchi che ancor si conservano nel R. Archivio di Stato, delle -imposizioni e dei tributi dai quali erano colpite le merci che si negoziavano -nel mercato cittadino, per gran parte del secolo decimoterzo -sono limitati ad un numero di voci relativamente assai scarso. -E non si può supporre che la causa si debba ricercare in un -tardo svilupparsi del commercio senese, perchè fino dai non ultimi -decenni del secolo decimosecondo si hanno tracce numerose ed importanti -dell'attività straordinaria dei senesi. Il <span class="smcap">Lisini</span> (<i>Indice di -due antichi libri di imbreviature notarili</i> in «Bullettino senese di -Storia Patria» vol. XIX 1912) illustrando degnamente quasi un migliaio -di atti dei primi anni del secolo XIII., completa quanto fino -ad ora era stato appena intraveduto (cfr. <span class="smcap">Schulte</span> <i>Geschichte des -mittelalterlichen Handels und Verkehrs zwischens West-deutschland -und Italien mit Ausschluss von Venedig.</i> Leipzig, 1900, I. pag. 247) -e accennato (cfr. <span class="smcap">Paoli C.</span> <i>Siena alle fiere di Sciampagna</i> Siena 1898 -pag. 19 e segg. e <span class="smcap">Schaube</span> <i>Handelsgeschichte der romanischen Völker -des Mittelmeergebiets bis zum Ende der Kreuzzüge.</i> München 1906, -passim) e dimostra che il commercio dei senesi era in questo tempo -di primissimo ordine. -</p> - -<p> -Sugli istituti di diritto commerciale, sopratutto in un'epoca più -tarda cfr. <span class="smcap">Arcangeli A.</span> <i>Gli istituti del diritto commerciale</i> nello statuto -senese del 1309-10 in «Rivista di diritto commerciale» di -Sraffa e Vivante a IV., 1906, fasc. 3-4.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note633"> -<p><span class="label"><a href="#tag633">633</a>. </span>Cfr. nota 1 a pag. 222.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note634"> -<p><span class="label"><a href="#tag634">634</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 176.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note635"> -<p><span class="label"><a href="#tag635">635</a>. </span>Ne offre chiara prova la città di Vercelli. Nel 913 il re Berengario -concedeva ai canonici delle due cattedrali vercellesi di -S. Maria Maggiore e di S. Eusebio (ed. <span class="smcap">Schiaparelli</span> <i>cit</i>.) <i>mercatum -publicum qui singulis kalendis augusti</i> in beati Eusebii festivitate -continuatim subsequentibus <i>Et mercatum ebdomadalen</i> -qui omni die sabati perficitur. L'uno e l'altro passarono più tardi -nelle mani del Comune (Cfr. <span class="smcap">Adriani G. B.</span> <i>Statuti e monumenti storici -del Comune di Vercelli</i>. Torino, 1877, pag. 189, § 260), il quale -non vi portò alcun mutamento e conservò anche l'antica distinzione -del mercato settimanale dal mercato dei commestibili di prima necessità, -strettamente vicinale. Infatti il § CCXCIII (<i>ibidem</i> pag. 209) si -esprime così: «Item non prohibebo alicui de districtu civitatis tam -laicis quam clericis et poderio ea quae necessaria fuerint ad usum -suum et familie sue et usum vicinorum suorum sue ville quibus -possint solummodo ad comedendum et bibendum vendere et etiam -transeuntibus possint vendere ad bibendum et comedendum. Item -non prohibebo mercatum nec ea que necessaria fuerint tam clericis -quam lajcis ad usum suum vel locis sive castris qui et que tenentur -sive custodiuntur a communi sive pro communi civitatis etc. -</p> - -<p> -Al tempo dello statuto, per quanto relativamente assai antico -come lo dimostra la formula in prima persona, caratteristica del -breve potestarile, il mercato ebdomadale ha assorbito completamente -quello vicinale entro la città, mentre nel resto del territorio, ne -rimane ancora distinto. -</p> - -<p> -Anche a Bergamo si verifica lo stesso fatto: l'antico <i>forum</i> -viene col tempo a prendere il nome di <i>mercatum</i>. Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span> -<i>Nota cit.</i> pag. 323.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note636"> -<p><span class="label"><a href="#tag636">636</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i> pag. 151-53 e le citazioni ivi riportate.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note637"> -<p><span class="label"><a href="#tag637">637</a>. </span><i>Cod. Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 308.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note638"> -<p><span class="label"><a href="#tag638">638</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Solmi</span>. <i>Diete di Roncaglia cit</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note639"> -<p><span class="label"><a href="#tag639">639</a>. </span>Vedi nota 2 a pag. 217 e <i>Antichità longobardiche milanesi cit</i>., -I, pag. 165-68.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note640"> -<p><span class="label"><a href="#tag640">640</a>. </span>Nei centri rurali, invece, la riconnessione del mercato alla -parrocchia si manifesta anche nell'ubicazione. Normalmente in ognuno -di essi vi era una sola piazza più o meno grande sulla quale i parrocchiani -si radunavano fino da antichissimi tempi per i loro bisogni -spirituali e materiali; tanto che anche Rotari parla del <i>conventus -ante ecclesiam</i> come di una riunione normale diffusa in tutta l'Italia -langobarda. -</p> - -<p> -In alcuni luoghi questo spianato ha conservato a lungo dei nomi -tipici che ne illuminano la natura. Cfr., per esempio, per Barga di -Garfagnana il bel <i>Dizionario geografico fisico storico della Toscana</i> -di <span class="smcap">E. Repetti</span> (Firenze 1833) sotto q. v. e le <i>Relazioni di alcuni viaggi -fatti nelle diverse parti della Toscana</i> di <span class="smcap">G. Targioni Tozzetti</span> vol. V, -Firenze 1773, pag. 332. -</p> - -<p> -A Toscanella nel 775 fu rogato un atto in <i>Foro ante ecclesiam -S. Andree</i> (cfr. pergamena originale nel R. Archivio di Stato in Siena, -prov. S. Salvatore di Monteamiata); nel febbraio del 787 <i>in vico Tofinana -ante ecclesiam S. Paternano</i> (<i>ibid</i>.); nel maggio del 794 nel -<i>vico Foro ante ecclesiam S. Andrea</i> (<i>ibid</i>.); nell'aprile dell'819 nel -<i>vico Margharita ante ecclesiam S. Petri</i> (<i>ibid</i>.); nel novembre dell'823 -<i>in vico Marianu ante ecclesiam S. Johannis</i> (<i>ibid</i>.).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note641"> -<p><span class="label"><a href="#tag641">641</a>. </span>Cfr. pag. 90 nota 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note642"> -<p><span class="label"><a href="#tag642">642</a>. </span>Traccie abbondanti di tale sistema si sono mantenute a lungo -a Parma. L'<span class="smcap">Affò</span> (<i>loc. cit.</i>, vol. I) ha ricostruito molto bene la pianta -dell'antica città, al tempo romano chiamata col significativo nome -di Crisopoli; e da essa si rileva che il punto centrale era costituito -dal <i>forum</i> e se ne trova la posizione esatta. Un documento del 3 -gennaio del 1092 (<i>ibid</i>., pag. 340) ricorda la chiesa di S. Pietro «que -<i>prope forum</i> posita est». E anche oggi la chiesa dell'apostolo si -trova sulla piazza quadrata, che da secoli e secoli è rimasta inalterata -nella sua tipica forma.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note643"> -<p><span class="label"><a href="#tag643">643</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Faccio C.</span> <i>La corte regia di Vercelli nel basso medioevo</i> -in «Archivio della Società vercellese di storia e d'arte» a. I, 1909, -n. 3-4, pag. 83-84.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note644"> -<p><span class="label"><a href="#tag644">644</a>. </span><i>Cod. Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 295, a. 724. In civitate cremonensi -in curte regia et in laubia eiusdem curtis sita <i>platea magna</i> eiusdem -civitatis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note645"> -<p><span class="label"><a href="#tag645">645</a>. </span><i>Historiola</i> di Rodolfo not. ed. Odorici loc. cit, p. XVII-XVIII -...<i>in platea Brixie</i>. -</p> - -<p> -Questo documento, come quello citato nella nota precedente, sono -di un'autenticità tutt'altro che indiscutibile (cfr. <span class="smcap">Wunstenfeld T.</span> -<i>Delle falsificazioni di alcuni documenti concernenti la storia d'Italia -nel medioevo</i> in «Archivio Storico Italiano» 1859, to. X, disp. 3, -pag. 81 e segg.); ma possono servire egualmente quando s'interpetrino -con discrezione e se ne voglia dedurre solo una prova generica -dell'esistenza di una piazza centrale in queste due città fino -da epoca remota.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note646"> -<p><span class="label"><a href="#tag646">646</a>. </span><i>Memorie e documenti lucchesi cit.</i>, V, 2, n. 374, a. 811. Austrifonso -diacono dona ad una monaca la chiesa di S. Michele <i>in Foro</i>, -da lui costruita. -</p> - -<p> -La cattedrale era ancora fuori delle mura. Cfr. <span class="smcap">Davidson</span> <i>loc. cit.</i>, -I, pag. 238.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note647"> -<p><span class="label"><a href="#tag647">647</a>. </span><span class="smcap">Campi</span> <i>Hist. cit.</i>, I, pag. 324. Il vescovo Podone fonda nell'antico -foro una chiesa dedicata a S. Pietro, nella quale fu seppellito -nell'839. Il foro è ricordato pure in un altro documento dell'anno -857 (<span class="smcap">Id</span>. <i>Ibid</i>. pag. 212) col quale il canonico Leone fa donazione di -28 tavole di terra situate presso di esso.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note648"> -<p><span class="label"><a href="#tag648">648</a>. </span><i>Cod. Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Porro</span> — n. 292, a. 679. Actum <i>foro</i> civ. -Bergomi.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note649"> -<p><span class="label"><a href="#tag649">649</a>. </span>Cfr. nota 2 della pag. preced.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note650"> -<p><span class="label"><a href="#tag650">650</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Bosisio G.</span> <i>Intorno al luogo del supplizio di Severino Boezio</i>, -Pavia, 1855</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note651"> -<p><span class="label"><a href="#tag651">651</a>. </span><span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital. Excerpta e chartis pisani archivii archiep.</i> -a. 1112. In <i>foro</i> pisane civitatis que curia marchionis appellatur. -</p> - -<p> -Per l'ubicazione dell'antica cattedrale cfr. <span class="smcap">Davidsohn</span> <i>loc. cit.</i>, -I, pag. 197.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note652"> -<p><span class="label"><a href="#tag652">652</a>. </span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXII. Società fra i Ferraresi -e i Modenesi a. 1198. È ricordato frequentemente il <i>forum.</i> -</p> - -<p> -Prima del mille la cattedrale era sicuramente fuori delle mura. -Cfr. <span class="smcap">Tiraboschi</span> <i>Mem. moden. cit.</i>, II, Cod. Dipl., n. 166, pag. 3.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note653"> -<p><span class="label"><a href="#tag653">653</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span>. <i>Italia sacra cit.</i>, V, col. 713. Concio Verone in die -dominico in domo <i>fori</i> fieri solet.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note654"> -<p><span class="label"><a href="#tag654">654</a>. </span>Un documento del 1018 ricorda il <i>forum vetus</i> (cfr. <span class="smcap">Davidsohn</span>, -<i>loc. cit.</i>, pag. 204) il quale — e si conferma anche qui la distinzione -del <i>forum</i> e del suo contenuto dal <i>mercatum</i> — si differenzia -anche per l'ubicazione dal «<i>mercatum regis</i> in civitate Florentie» -(cfr. <span class="smcap">Lami</span>. <i>Mon. cit.</i>, pag. 885).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note655"> -<p><span class="label"><a href="#tag655">655</a>. </span>Cfr. il diploma di Carlo il Calvo del 1 marzo 876 in <span class="smcap">Pasqui.</span> -<i>Doc. cit.</i>, n. 43, pag. 61-63.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note656"> -<p><span class="label"><a href="#tag656">656</a>. </span>Anche a Rimini fino da antichissimi tempi si ha notizia di -un <i>forum publicum</i>. Cfr. <span class="smcap">Tonini L.</span> <i>Rimini dal principio dell'era volgare -al MCC.</i> Rimini, 1856, pag. 338. -</p> - -<p> -A Bari pure da epoca immemorabile accanto al pretorio ed alla -sede catapanile, ove poi sorse la chiesa di S. Nicola, c'era il <i>forum</i>. -Cfr. <span class="smcap">Besta E.</span> <i>Il diritto consuetudinario di Bari e la sua genesi cit.</i>, -pag. 45.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note657"> -<p><span class="label"><a href="#tag657">657</a>. </span>Nella città franco-germanica la costituzione e, conseguentemente, -il diritto si possono distinguere in due grandi periodi ben -differenti l'uno dall'altro. Nel primo la città è governata e retta da -poteri privati o pubblici che non sono di natura urbana, che non si -differenziano, cioè, da quelli che reggono il territorio circostante; -anzi, sono proprio quelli stessi che dominano al di fuori di essa. E, -come ciascun grande proprietario accentra in sè un certo numero di -facoltà e di poteri, che nel loro complesso costituiscono il diritto -della <i>curtis</i>, il diritto curtense; ne consegue che la città non si differenzia -giuridicamente dal territorio aperto e dai gruppi minori che -vi sono sparsi e lo compongono. Nella città possono trovarsi a contatto -varî di questi sistemi; ma essa, in quanto e perchè città, può -costituire e costituisce un'unità di fatto ma non un'unità giuridica. -</p> - -<p> -In seguito, dove la situazione topografica si manifestò più favorevole -al commercio, in immediato contatto con la parte esterna delle -mura della città si vennero da ogni parte raccogliendo individui -delle più svariate provenienze e gradazioni sociali, dal libero ricco -ed indipendente al servo fuggito dal dominio signorile, attrattivi -dall'unico scopo del commerciare. L'identità del fine e la comunanza -del luogo portò rapidamente ad un'unione, se non ad una fusione, di -tutti questi elementi, pur così eterogenei, e fece sì che insieme con -il mercato e con le sue <i>mansiones</i>, sorgessero tutt'intorno le case -dei mercanti, dominate, non di rado, dalla chiesa comune; e che -lungo la parte del borgo che non si appoggiava alle mura, corressero -fossi e steccati, fatti scavare e costruire dai mercanti stessi -stretti, per bisogno di reciproca difesa, in quelle gilde che appaiono -ai primi albori dei comuni franco-germanici. E il numero dei borghi -originati da <i>mercatores</i> fu tale che furono chiamati quasi indifferentemente -<i>mercatores</i> e <i>burgenses</i>. E questi borghi, per la speciale origine -e conformazione costituirono come un terreno neutro, nel quale -vigevano usi, consuetudini e sistemi di scambio differenti da quelli -che avevano vigore all'intorno. -</p> - -<p> -Però tale stato di cose non si prolungò molto a lungo. La vicinanza -immediata con la città, le relazioni inevitabilmente venutesi -a stringere fra quelli dentro e quelli fuori le mura, l'aumento sempre -più forte di ricchezza da parte dei mercanti ed il bisogno derivatone -di una difesa e di una protezione più valida che solo le mura -potevano offrire, fecero sì, che questi <i>mercatores</i>, tendessero ad entrare -a far parte della città. Dal canto suo la città, sempre meno -soggetta al potere centrale con lo svolgersi del sistema feudale, non -aveva potuto mantenere inalterata la sua rigida economia agraria -primitiva e non era in grado di opporre ostacoli troppo forti ai gruppi -ormai omogenei che le si erano stabiliti sotto le mura; e così questi -<i>mercatores</i> riuscirono a divenire cittadini. Ma questo nuovo elemento -divenuto in breve predominante, impresse rapidamente alla città un -organizzazione rispondente ai proprî bisogni ed alle proprie attitudini -e con l'organizzazione anche il diritto, che creato sopratutto -per gli scambi, ebbe come caratteristica, una natura essenzialmente -internazionale; l'opposto, cioè, del diritto curtense che aveva fino ad -allora predominato. -</p> - -<p> -E questa è la seconda fase delle città tedesche, quella che si apre -al tempo dei Comuni. -</p> - -<p> -Come si vede la città franco-belgo-germanica non gode mai in -maniera apprezzabile di un diritto suo proprio ad essa esclusivo: -nella prima fase è retta da norme giuridiche che si applicano e vigono -indifferentemente così dentro come fuori di essa; nella seconda -riceve da elementi che non le sono originari un nuovo diritto che, -se non costituisce tutto il complesso delle norme giuridiche, ne forma -però la parte di gran lunga maggiore e più importante e questo diritto -nuovo destinato a regolare rapporti d'indole commerciale, è, -per necessità intrinseca della sua natura e del suo scopo, alieno da -ogni tendenza particolaristica.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note658"> -<p><span class="label"><a href="#tag658">658</a>. </span>Quanto si è detto nella nota 4 a pag. 220 a proposito delle -misure è pienamente confermato dai documenti fiorentini, dai quali -ci è fatto conoscere che non di rado il tipo delle varie misure era -espresso in una pietra murata presso le porte della città. «Ut sit -mensurata <i>cum pede qui designatus est in petra iuxta portam S. Pancratii -posita</i>» dice un documento del 1088, edito, insieme con molti -altri posteriori che fanno menzione di questa misura da <span class="smcap">Tubalco -Panichio</span>. <i>Del piede Aliprando e del piede della porta</i> nella «Raccolta -d'opuscoli scientifici e filologici» del <span class="smcap">Calogerà</span>, to. X, Venezia, 1734, -pag. 170.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note659"> -<p><span class="label"><a href="#tag659">659</a>. </span><span class="smcap">Serafini F.</span> <i>Sulla nullità degli atti giuridici compiuti senza -l'osservanza delle forme prescritte dalla legge.</i> Roma, 1874, pag. 6.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note660"> -<p><span class="label"><a href="#tag660">660</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Paoli C.</span> <i>Mercato Scritta e Denaro di Dio</i> in «Archivio -Storico Ital.» s. V, to. XV, disp. 2 del 1895, pag. 307-315.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note661"> -<p><span class="label"><a href="#tag661">661</a>. </span><span class="smcap">Zdekauer L.</span> <i>Mercato Scritta e Denaro di Dio</i> nota a proposito -della ricerca del Paoli con lo stesso titolo in «Rivista ital. -per le scienze giurid.» 1895, fasc. 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note662"> -<p><span class="label"><a href="#tag662">662</a>. </span>Ecco un brano di innegabile evidenza tolto dalla prima novella -intitolata «Vannino da Perugia e la Montanina» di <span class="smcap">Gentile -Sermini da Siena</span> (ed Livorno, 1874, pag. 10): «Disse la Nuta: -Dammi tu la fede di farlo (di ricevere Vannino) se Andreoccio (il -marito) va fuora della città? Sì, disse la Montanina, e <i>la fede impalmò -alla Nuta</i>». -</p> - -<p> -Non meno evidente è un esempio offertoci dai <i>Fioretti di S. -Francesco</i> (c. 21) «Frate lupo, dice s. Francesco, io voglio che tu -mi <i>facci fede di questa promessa</i>, acciocchè io meno possa fidare e -<i>distendendo santo Francesco la mano per riceverne fede, il lupo</i> levò -su <i>il piè diritto dinanzi</i> e dimesticamente lo <i>puose sopra la mano di -santo Francesco</i>, dandogli quello segnale di fede ch'egli potea. -</p> - -<p> -Questa stretta di mano simbolica si chiamava la <i>palmata</i>. Non -per nulla anche oggi il linguaggio comune conserva la parola <i>impalmare</i> -per indicare una forma speciale del contratto di matrimonio.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note663"> -<p><span class="label"><a href="#tag663">663</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Gregorio di Tours.</span> <i>Hist. Franc.</i> V, 3; III, 4, 8; <i>In gloria -confess</i>. c. 67 <span class="smcap">Isidoro</span> <i>Origin</i>. VIII, 2, 4 e 11, I, 67. -</p> - -<p> -Questi passi sono stati indicati, illustrati e pubblicati da <span class="smcap">N. Tamassia</span> -in <i>Fidem facere e manu fidem facere</i> e <i>Manum facere citt.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note664"> -<p><span class="label"><a href="#tag664">664</a>. </span>Si trova nelle tavolette cerate daciche (<span class="smcap">Bruns</span> <i>Fontes cit.</i> -pag. 205-209); in un documento del <i>Codex antiquissimus pataviensis</i> -il formulario del quale è del quinto secolo (<i>Monum. Boic.</i> XXVIII, 2, -n. 2. p. 5); nella <i>Vita Macriani</i> c. 12 (<i>Scriptores hist. augustae</i> ed. -Teubner II, 111) e perfino nelle commedie di Plauto. (Cfr. <span class="smcap">Costa E.</span> -<i>Il diritto privato romano nelle commedie di Plauto</i> pag. 277 e segg.) -</p> - -<p> -È merito del <span class="smcap">Tamassia</span> averlo dimostrato e di aver indicate -queste fonti.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note665"> -<p><span class="label"><a href="#tag665">665</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Mitteis</span> <i>Römischen Privatrecht cit</i>. I, pag 294 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note666"> -<p><span class="label"><a href="#tag666">666</a>. </span><i>Roth</i>. 244.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note667"> -<p><span class="label"><a href="#tag667">667</a>. </span>Cfr. la notizia veronese di cui già ci siamo occupati a pagina -134-36.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note668"> -<p><span class="label"><a href="#tag668">668</a>. </span>Cfr. <i>Cronica q. dicuntur Fredegarii</i> IV, 71 nei «Mon. Germ. -Hist.» S. S. I, pag. 15.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note669"> -<p><span class="label"><a href="#tag669">669</a>. </span>La misura della protezione speciale accordata dall'Editto alla -città si rileva dal confronto con le altre disposizioni che stabiliscono -la scala delle aggravanti dello <i>scandalum</i> rispetto al luogo in cui è -commesso e cioè: il palazzo del re, «ubi rex presens est» (<i>Roth</i>. -c. 36), la chiesa (<i>Roth</i>. c. 35), la città dove si trova il re (<i>Roth</i>. c. 37, -38) la città (<i>Roth</i>. 39, 40).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note670"> -<p><span class="label"><a href="#tag670">670</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Kuhn</span>. <i>Entstehung der Städte cit</i>. pag. 440.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note671"> -<p><span class="label"><a href="#tag671">671</a>. </span><i>Dig</i>. XLIX, 16, 3 § 17 ... si vallum quis transcendat aut per -murum castra ingrediatur... E il cap. 244 di Rotari: Si quis per -murum de castro aut civitate sine noticia iudecis sui exierit foras -aut intraverit.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note672"> -<p><span class="label"><a href="#tag672">672</a>. </span>La cosa è tanto più verosimile in quanto che nella maggior -parte dei casi la <i>civitas</i> era il capoluogo delle singole circoscrizioni: -e queste, come si è veduto, in linea di massima furono lasciate inalterate -dai Langobardi. Anche Paolo Diacono mostra un'esattezza -degna di osservazione nel distinguere la <i>civitas</i> dal <i>castrum</i>. Oltre -passi di minore importanza (cfr. per es. <i>Hist. Langub</i>., II, 13 ..... -haut longe a <i>cenitense castro</i> vel <i>tarvisiana</i> distet <i>civitate</i>); uno mi -par degno di nota: (<i>ibid.</i>, II, 9). Indeque Alboin Venetias fines quae -prima est Italiae provincia sine aliquo obstaculo, id est <i>civitatis vel -potius castri foroiuliani</i> terminos introisset. Al tempo romano <i>Forumjulium</i> -era un <i>castrum</i> e P. Diacono non osa chiamarla completamente -una <i>civitas</i> nemmeno dopo anni ed anni da che i Langobardi -l'avevano eletta sede di ducato e ricorda che era un semplice -<i>castrum</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note673"> -<p><span class="label"><a href="#tag673">673</a>. </span>L'importanza del centro urbano è comprovata dalla severità -delle leggi nel punire coloro che in qualche modo, anche solo attraversandole -di soppiatto, violassero la santità — è il termine usato -dalle fonti — delle mura. Chi <i>violaverit muros</i>, dice <span class="smcap">Pomponio</span> (<i>Dig</i>. -I, 8, 11), è punibile di morte. Questa legge si riannoda all'antichissimo -mito del salto del vallo da parte di Remo, di cui già si è -parlato, consacra l'obbligo dei cittadini di non passar che per le porte, -e concerne solo Roma. Ma a provar che questo culto delle mura -non era esclusivo di Roma e che in conseguenza non era esclusivo -di Roma il contenuto giuridico di cui esso era l'esponente e, cioè, -la preminenza assoluta degli intramurani, <span class="smcap">Marciano, Sabino</span> e <span class="smcap">Cassio</span> -dichiarano concordi (<i>Dig</i>. I, 8, 1 e 2) che le mura e le porte di tutte -le città erano, al pari di quelle di Roma, <i>sanctae et quemadmodum -divini juris</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note674"> -<p><span class="label"><a href="#tag674">674</a>. </span>Cfr. pag. 48-52 e specialmente la legge riportata nella nota 2 -a pag. 48-49, e pag. 67-69.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note675"> -<p><span class="label"><a href="#tag675">675</a>. </span>Cfr. <i>Cod. dipl. long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 602.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note676"> -<p><span class="label"><a href="#tag676">676</a>. </span>Cfr. pag. 135, dove si parla proprio di <i>cives</i>, e pag. 143.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note677"> -<p><span class="label"><a href="#tag677">677</a>. </span><span class="smcap">Ratherii episc. veron.</span> <i>Opera</i>. Veronae, 1765, col. 564-66. Il -passo è stato per la prima volta indicato agli studiosi da <span class="smcap">N. Tamassia</span> -<i>Raterio e l'età sua</i> in «Studii giuridici dedicati ed offerti a -F. Schupfer» II, Torino, 1908, pag. 85-94.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note678"> -<p><span class="label"><a href="#tag678">678</a>. </span><span class="smcap">Gradonicus F.</span> <i>Pontificum brixianorum series</i>. Brescia, 1755, -pag. 159 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note679"> -<p><span class="label"><a href="#tag679">679</a>. </span>Vedi a pag. 119-120. Questi diplomi sono stati ritenuti sospetti -così dal Niese, come dal <span class="smcap">Besta</span> (<i>Nuove vedute sul diritto pubblico -italiano nel medio evo</i> in «Riv. ital. p. le scienze giurid.» li -1-2, pag. 38-39); ma se si ammette l'interpetrazione datane in questo -volume così nei rispetti dell'arimannia come della cittadinanza, ogni -ragione di sospetto viene completamente a mancare.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note680"> -<p><span class="label"><a href="#tag680">680</a>. </span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. berg. cit.</i> II. col. 729. Cfr. anche <span class="smcap">Mazzi A.</span> -<i>Studi bergomensi cit</i>. pag. 9.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note681"> -<p><span class="label"><a href="#tag681">681</a>. </span>La partecipazione dei <i>nobiles</i> e dei <i>sapientes</i>, che pure ne vivono -fuori, alla vita della città è dovuta all'azione del sistema feudale. -Cfr. <span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i> I. pag. 342.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note682"> -<p><span class="label"><a href="#tag682">682</a>. </span><span class="smcap">Ficker</span> <i>loc. cit.</i> IV, n. 85, p. 129.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note683"> -<p><span class="label"><a href="#tag683">683</a>. </span>Id. <i>ibid</i>. n. 86, pag. 131.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note684"> -<p><span class="label"><a href="#tag684">684</a>. </span><span class="smcap">Mazzi</span> A. <i>Studî cit.</i> pag. 107.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note685"> -<p><span class="label"><a href="#tag685">685</a>. </span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. pag. 33.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note686"> -<p><span class="label"><a href="#tag686">686</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Patetta F.</span> <i>Studi storici e note sopra alcune iscrizioni -medioevali</i>. Modena 1907, pag. 122-23. Riporto le sue precise parole -perchè non si potrebbe fare della <i>Relatio</i> riassunto più esatto ed -imparziale.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note687"> -<p><span class="label"><a href="#tag687">687</a>. </span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i>, II, n. 1267 e <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Studi cit</i>., pagina -119-25.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note688"> -<p><span class="label"><a href="#tag688">688</a>. </span><i>Roth</i>. 21.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note689"> -<p><span class="label"><a href="#tag689">689</a>. </span><i>Cod. dipl. long</i>. — <span class="smcap">Troya</span> — n. 693, 971, 985. Cfr. anche <span class="smcap">Schupfer</span> -<i>Istituzioni politiche cit.</i>, pag. 384.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note690"> -<p><span class="label"><a href="#tag690">690</a>. </span><span class="smcap">Brunetti</span>, <i>loc. cit.</i>, n. 25.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note691"> -<p><span class="label"><a href="#tag691">691</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Plinio</span>. <i>Natur. Hist</i>. XXVII, 1.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note692"> -<p><span class="label"><a href="#tag692">692</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Zdekauer L.</span> <i>Il Constituto del Comune di Siena dell'anno -1262</i>, Milano 1897, pag. 61-62 della prefazione.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note693"> -<p><span class="label"><a href="#tag693">693</a>. </span>Cfr. nota 2 a pag. 237.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note694"> -<p><span class="label"><a href="#tag694">694</a>. </span>Cfr. pag. 61 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note695"> -<p><span class="label"><a href="#tag695">695</a>. </span><i>Roth</i>. 343.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note696"> -<p><span class="label"><a href="#tag696">696</a>. </span><i>Roth</i>. 279, 280.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note697"> -<p><span class="label"><a href="#tag697">697</a>. </span><i>Roth</i>. 312.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note698"> -<p><span class="label"><a href="#tag698">698</a>. </span><i>Roth</i>. 35.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note699"> -<p><span class="label"><a href="#tag699">699</a>. </span>Sul contenuto del <i>populus</i> vedi § 5, pag. 122 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note700"> -<p><span class="label"><a href="#tag700">700</a>. </span><i>Cap. italicum</i>. Cap. Loth. 13.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note701"> -<p><span class="label"><a href="#tag701">701</a>. </span>c. 5, ed. cit. pag. 100. Esso riprende alla lettera il concetto -della leg. un. tit. 56 libro XI del Cod. Just.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note702"> -<p><span class="label"><a href="#tag702">702</a>. </span>Capit. ital. c. 37.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note703"> -<p><span class="label"><a href="#tag703">703</a>. </span><span class="smcap">Giulini</span> <i>Mem. cit.</i> VII. p, I, pag. 890-91. Testam. dell'arciv. -Ansperto a. 879.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note704"> -<p><span class="label"><a href="#tag704">704</a>. </span><i>Delle antichità long. milan.</i> cit. I. p. 242.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note705"> -<p><span class="label"><a href="#tag705">705</a>. </span>È del 25 agosto 1097 ed è edito dal <span class="smcap">Del Giudice</span> <i>Studî cit.</i>, -pag. 61. -</p> - -<p> -Che nell'espressione — consulatu civium — non si trovi la menzione -del consolato, del gruppo dei consoli della città di Milano non -si può ammettere (dice il <span class="smcap">Del Giudice</span>, a cui sottoscrivo pienamente, -fatta eccezione del modo d'intendere la parola <i>cives</i>) per tre ragioni -e cioè: primo, che la voce <i>cives</i> nell'uso delle fonti milanesi del secolo -undecimo, non designa già (come avvenne più tardi) tutto il popolo, -ma solo la borghesia in senso stretto, cioè un ceto particolare -opposto alla nobiltà rappresentata dalle due classi feudali dei capitanei, -e dei valvassori o militi. Per tal modo vi sarebbero stati, a tenore -di questo documento, i consoli dei borghesi (<i>cives</i>) e non quelli -dei capitanei e dei militi; il che è contradetto dalle più antiche sentenze -a noi pervenute dai tribunali consolari le quali portano il nome -dei consoli delle varie classi. In secondo luogo è da osservare che -dei molti nomi di persone segnate come testimoni o presenti all'atto, -non uno si legge che porti il titolo di <i>consul</i> mentre non mancano -gli appellativi di giudice, di messo imperiale, di notaio. Eppure, se -la carta fosse stata scritta nel consolato cioè nel luogo di residenza -dei consoli ed alla loro presenza, non sarebbe mancata l'indicazione -del loro nome. La terza difficoltà è questa: che negli anni successivi -al 1097 non vi è parola di consoli in atti pubblici dove la loro presenza -o partecipazione sarebbe stata necessaria. Non rimane adunque -che interpetrare la data della carta cremonese come indicante -la località dove si radunavano i <i>cives</i>; dove si teneva il <i>consilium -civitatis</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note706"> -<p><span class="label"><a href="#tag706">706</a>. </span><span class="smcap">Del Giudice</span>. <i>Studi cit</i>. pag. 50.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note707"> -<p><span class="label"><a href="#tag707">707</a>. </span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. pag. 52.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note708"> -<p><span class="label"><a href="#tag708">708</a>. </span>Ed. dal <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. ital.</i> diss. XV, col. 853-55.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note709"> -<p><span class="label"><a href="#tag709">709</a>. </span>Nec marchionem aliquem in Tusciam mittemus sine laudamento -<i>hominum duodecim electorum in colloquio facto sonantibus campanis</i>, -dice il notissimo diploma di Enrico IV ai pisani dell'anno 1081.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note710"> -<p><span class="label"><a href="#tag710">710</a>. </span><span class="smcap">P. Diacono</span>, <i>loc. cit</i>. IV, 31 e II cap. ult.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note711"> -<p><span class="label"><a href="#tag711">711</a>. </span>Cfr. <i>Memorie e doc. cit.</i> IV, 1, pag 199.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note712"> -<p><span class="label"><a href="#tag712">712</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Friedlaender E.</span> <i>Darstellungen aus der Sittengeschichte -Roms</i>. II, pag. 538 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note713"> -<p><span class="label"><a href="#tag713">713</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Tamassia N</span>. <i>Fidem facere</i> cit. pag.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note714"> -<p><span class="label"><a href="#tag714">714</a>. </span>Nelle nostre colline di Pisa, dice <span class="smcap">G. Lami</span> (<i>Lezioni di antichità -toscane</i>, etc. Firenze, 1766, vol. I, lezione 4ª, pag. 86-87) è un tratto -di paese, vicino al Bagno ad acqua, che si chiama <i>parlascio</i>. È questo -un monticello sulla cui cima si vedono le rovine di una mediocre rocca -o fortezza di figura quadra con torrioni e baluardi tondi negli angoli. -Sotto questa rocca verso levante è la chiesa dei SS. Quirico e Giulitta -ed a ponente di questa chiesa è un borgo, pure detto <i>parlascio, -e non vi è stata mai trovata traccia alcuna di antico anfiteatro romano.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note715"> -<p><span class="label"><a href="#tag715">715</a>. </span>L'antico <i>perilascium</i>, trasformato in postribolo — effectum postribolum — fu -donato nell'800 alla chiesa aretina per togliere lo -sconcio. Cfr. <span class="smcap">Pasqui U.</span> <i>Documenti cit.</i> I. n. 16, pag. 29-30.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note716"> -<p><span class="label"><a href="#tag716">716</a>. </span>Fino dal secolo decimo si ha ricordo di una porta a parlascio, -per la sua vicinanza al <i>parlascium</i>. Cfr. <span class="smcap">Lami</span>, <i>loc. cit.</i> I, pag 90.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note717"> -<p><span class="label"><a href="#tag717">717</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Lami</span>, <i>loc. cit.</i> I, pag. 96; <span class="smcap">Alvisi E.</span> <i>Il libro delle origini -di Fiesole e di Firenze</i>, Parma, 1895, pag. 38 e <span class="smcap">Manni M. D.</span> <i>Notizie -storiche intorno al parlagio ovvero anfiteatro di Firenze</i>, Bologna, 1746. -pag. 13-17 e 26. -</p> - -<p> -a. 1171... infra civitatem Florentinam prope <i>Perilascio picculo.</i> -</p> - -<p> -a. 1133... in civitate Florentina in loco <i>Parlascio picculo</i>. -</p> - -<p> -a. 1030... prope <i>Perilasium majorem.</i></p> -</div> - -<div class="footnote" id="note718"> -<p><span class="label"><a href="#tag718">718</a>. </span><span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>Memorie di Nonantola</i> cit. n. 197, a. 1089, «pecia -una de terra prope civitatem Cremone in loco <i>parlassi</i>».</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note719"> -<p><span class="label"><a href="#tag719">719</a>. </span>Cfr.<span class="smcap"> Mazzi A</span>, <i>Perelassi</i>, Bergamo, 1884.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note720"> -<p><span class="label"><a href="#tag720">720</a>. </span><span class="smcap">Davidsohn</span>, <i>loc. cit</i>. I, pag. 513.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note721"> -<p><span class="label"><a href="#tag721">721</a>. </span><i>Liutpr</i>. c. 99.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note722"> -<p><span class="label"><a href="#tag722">722</a>. </span><i>Aist</i>. c. 2, 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note723"> -<p><span class="label"><a href="#tag723">723</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Le alienazioni degli immobili e gli eredi secondo -gli antichi diritti germanici e specialmente il langobardo</i>. Milano, -1885, pag. 159.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note724"> -<p><span class="label"><a href="#tag724">724</a>. </span><i>Liutpr</i>. c. 62.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note725"> -<p><span class="label"><a href="#tag725">725</a>. </span><i>Cap. ital. K. M.</i> 49, 68, 114 etc.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note726"> -<p><span class="label"><a href="#tag726">726</a>. </span>Vedine gli ess. riportati dal <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq</i>. Diss. LXIII.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note727"> -<p><span class="label"><a href="#tag727">727</a>. </span>Cfr. i documenti pubblicati dal <span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i> VI, 1, pag. 25 -e segg. e specialmente pag. 33.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note728"> -<p><span class="label"><a href="#tag728">728</a>. </span><i>Mem. e doc. cit</i>. IV, n. 475, a. 825 Anspald cler. scavinus -ecclesiae, — n. 589, a. 838 Gonfrid. scab. eccl. — n. 648, a. 847 Iohannes -clericus scab. eccl.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note729"> -<p><span class="label"><a href="#tag729">729</a>. </span><i>Cod. dipl. lang</i>. — <span class="smcap">Porro</span>. — col. 1561, a. 915 Petrus <i>scavino -huius comitato</i> (lucense).</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note730"> -<p><span class="label"><a href="#tag730">730</a>. </span>Cfr. il § 6, pag. 132 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note731"> -<p><span class="label"><a href="#tag731">731</a>. </span>Cfr. <i>Mem. e doc. cit</i>., V, n. 698. a. 853. A. Scabinus florentine -urbis.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note732"> -<p><span class="label"><a href="#tag732">732</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Pertile</span>, <i>loc. cit.</i> VI, pag. 34.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note733"> -<p><span class="label"><a href="#tag733">733</a>. </span><i>Cap. it. K. M.</i> 35 e 93.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note734"> -<p><span class="label"><a href="#tag734">734</a>. </span>Cfr. a questo proposito <span class="smcap">Zdekauer L.</span> <i>Il Constituto dei Consoli -del placito del Comune di Siena</i> in «Studi Senesi» vol. IX, 1892, -pag. 57-58.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note735"> -<p><span class="label"><a href="#tag735">735</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i>, pag. 60-61. Lo <span class="smcap">Zdekauer</span> è stato il primo e l'unico, -ch'io sappia, a sentire come l'indagine sulla competenza doveva -segnare il primo passo per determinare l'origine del Consolato -del Placito e come esso si riannodi ad antichissimi sistemi germanici.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note736"> -<p><span class="label"><a href="#tag736">736</a>. </span><i>Liutp</i>. c. 22, 29, 91, 117.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note737"> -<p><span class="label"><a href="#tag737">737</a>. </span><i>Rach</i>. c. 8.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note738"> -<p><span class="label"><a href="#tag738">738</a>. </span>Cfr. <i>Chart</i>. I, 45, a. 887; un documento è ritenuto privo di -valore legale non perchè sia falso ma perchè non è stato scritto o -firmato da un <i>notarius scriba publicus</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note739"> -<p><span class="label"><a href="#tag739">739</a>. </span>È la nota definizione datane da <span class="smcap">Rolandino</span> nel proemio del suo -<i>Tractatus notularum</i>.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note740"> -<p><span class="label"><a href="#tag740">740</a>. </span><i>Loth</i>. 98. Per l'intervento dei notai nel placito come scabini -è tipico l'esempio del giudice astense Graseverto. -</p> - -<p> -Cfr. <span class="smcap">Ficker</span>, <i>loc. cit.</i>, III, pag. 21 e 22 e <span class="smcap">Cipolla</span>. <i>Di Audace cit</i>., -pag. 194-96. A Piacenza, a. 879 uno scabino è <i>archinotarius</i>. Cfr. <span class="smcap">Mayer</span> -<i>Ital. Verf. cit.</i>, § 5, nota 83.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note741"> -<p><span class="label"><a href="#tag741">741</a>. </span><i>Lex alam.</i> XXXVI, 1, 2; <i>Lex Baiuw.</i> II, 15, 1. E mi piace riportare -qui anche un caso pratico contemporaneo al periodo che si -sta studiando in Italia in questo volume. -</p> - -<p> -<span class="smcap">Loersch H. Schröder R.</span> <i>Urkunden zur Geschichte des deutschen -Privatrechtes</i>. Bonn. 1881, n. 53, pag. 35. <i>Traditio capturae ad Suuarzetmuore.</i> -Isti tradiderunt... Isti tradiderunt et nihil acceperunt... -Anno ab incarnatione Domini 827 et regni Hludounici imperatoris -14 factus est <i>Conventus publicus</i> in loco qui dicitur Suuarzetmuor et -Hrabanus abbas fuit in eo et Poppo Comes et majores natu de comitatu -eius, quorum nomina sunt: Liutpraht, Uuidarold, Uuotan, -Gundacar, Herimot, Friduhelm, Nidhart, Ortheri, Otto, Alspraht, -Einrat, Helmolt, Ratger, coram quibus Herimot et Berahart dixerunt -se in illa captura aliquam habere portiunculam, sed tamen eorum -adquisitio ita difinita est et pacata, ut dominus Hrabanus abbas -illis duos boves et duo pallia lanea et linea, duos gladios daret, et -illi negaverunt et abdicaverunt coram suprascriptis nobilibus viris, -quod ulterius in illa captura nullam communionem habeant. Coram -his vero testibus datum fuit quod dominus Hrabanus abbas promisit, -et negatum et traditum ab Herimote et Beraharte et Munihelme et -Attamanne et Nidgere et Lungane. -</p> - -<p> -Seguono i nomi di 23 testimoni dei quali i primi due monaci.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note742"> -<p><span class="label"><a href="#tag742">742</a>. </span>Mentre si conserva il sistema dell'allegazione <i>apud publica -gestis municipalibus</i> (cfr. doc. edito dal <span class="smcap">Savigny</span> <i>Stor. cit.</i>, I, pag. 348); -il testamento di Beltramo dell'anno 615 e quello di Adoindo del 642 -è in forum delato, turbis circumstantibus a indice reseratum recitatunque -(<span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>., pag. 116); le donazioni sono fatte in <i>mallo publico</i> -(cfr. <span class="smcap">Dachery</span>. <i>Spicilegium sine collectio veterum aliquot scriptorum.</i> -Parigi, 1723, pag. 878, luglio 874) e l'assemblea generale acquista -sempre maggiore importanza.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note743"> -<p><span class="label"><a href="#tag743">743</a>. </span><i>Lex Wisig.</i> VIII, 5, 6 — IX. 1, 8; 2, 5 — VI, 2, 3 — XII, 2, 14 — VIII, -4, 14 — VII, 4, 7 — III, 4, 17 — VI, 2, 4 — VII, 2, 6 — VIII, -1, 3 — IX, 2, 2 — IX, 3, 3 — XII, 2, 4. Per i suoi rapporti -con l'origine del Comune cfr. <span class="smcap">De Hinojosa E.</span> <i>Origen del Régimen -Municipal en Léon y Castilla</i> in «<i>Estudios sobre la historia del derecho -espanol</i>» Madrid, 1903, pag. 5 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note744"> -<p><span class="label"><a href="#tag744">744</a>. </span>Cfr. pag. 1 e segg. e pag. 72 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note745"> -<p><span class="label"><a href="#tag745">745</a>. </span>La cosa è tanto nota che è inutile citare la numerosa bibliografia -a questo riguardo. Basti ricordare per tutti <span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i> -II, 1, pag. 15-16; <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Antiche divisioni delle terre a Cividale</i>. -Estr. dalle Mem. Stor. Cividalesi 1907; <span class="smcap">Luzzatto G.</span> <i>Vicinie e Comuni</i> -in «Riv. ital. di Sociologia» 1909, fasc. 3-4, che ne riporta numerose -prove e <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Due documenti napoletani del 1139</i>, che -è importante perchè oltre a indicare e a servirsi di buon materiale, -prova il perdurare ininterrotto delle antiche divisioni territoriali -cittadine in regioni ed in quartieri dipendenti dalle singole porte -anche in provincie esenti dalla dominazione langobarda.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note746"> -<p><span class="label"><a href="#tag746">746</a>. </span>Anche questo è notissimo. È da osservare che lo stesso avveniva -anche in territori non langobardi. Belisario fece ribattezzare -a Roma la porta di S. Sebastiano ponendola sotto la protezione dei -due santi orientali Giorgio e Conone (<span class="smcap">Diehl O.</span> <i>Études cit.</i> pag. 262) -e che qualche volta la porta riceveva il nome di un santo venerato -in una chiesa fuori delle mura. Ciò che è una prova novella dell'intimità -del vincolo che univa il suburbio alla città. — Tale è il caso -della porta di S. Stefano a Vercelli. Cfr. <span class="smcap">Adriani</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 628, -nota.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note747"> -<p><span class="label"><a href="#tag747">747</a>. </span><span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i> VIII, col. 32.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note748"> -<p><span class="label"><a href="#tag748">748</a>. </span>Ed. <span class="smcap">Carmagnola</span> <i>cit</i>., cap. 209.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note749"> -<p><span class="label"><a href="#tag749">749</a>. </span>A quanto già si è detto si può aggiungere <span class="smcap">Berlan</span>. <i>Il libro -delle consuetudini mil. cit.</i> pag. 145 e segg. e specialmente 147.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note750"> -<p><span class="label"><a href="#tag750">750</a>. </span><span class="smcap">Giulini</span> <i>loc. cit.</i> ad an., vol. V, pag. 503 e vol. VI, pag. 463.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note751"> -<p><span class="label"><a href="#tag751">751</a>. </span>Nei «Mon. Germ. Hist.» <i>Leges</i>, ed. <span class="smcap">Pertz</span>, III, pag. 397.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note752"> -<p><span class="label"><a href="#tag752">752</a>. </span><span class="smcap">Boretius</span> I, 1, c. 8, pag. 197.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note753"> -<p><span class="label"><a href="#tag753">753</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>, Diss. XXIII, col. 824 e RR. II. SS. I, 2, pag. 81, -libro VI, legge 88.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note754"> -<p><span class="label"><a href="#tag754">754</a>. </span>Il quartiere non figura fra le corporazioni militari provviste -di personalità giuridica ricordate dal libro V del Codice Teodosiano.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note755"> -<p><span class="label"><a href="#tag755">755</a>. </span>Eccone un esempio che rendo noto perchè inedito e che debbo -alla cortesia del prof. A. Anzillotti. Pistoia 1109 febbraio. Breve di -investitura di una terra con casa entro la città prope Sala Loteringa -fatta da Marchesello di Oggicione a Bonico Romanelli. Ita tamen -quod si ipse Marchesellus (il locante) et frater suus sit ita impeditus -quod non audeat habitare in porta Caldatica vel in porta S. Petri -quod ipsi possint venire ad habitandum in predicta domu donec fuerint -ausi redire ad habitandum in domu illorum tunc deinde debent -ipsa scomborare. -</p> - -<p> -Ed è nota la grave discordia sorta nel 1188 fra due porte della -città di Lucca. Cfr. gli <i>Annali</i> di <span class="smcap">Tolomeo</span> ed. <span class="smcap">Muratori</span> in «RR. -II. SS.» XI, col. 1274.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note756"> -<p><span class="label"><a href="#tag756">756</a>. </span>Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane cit.</i> pag. 27 e segg.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note757"> -<p><span class="label"><a href="#tag757">757</a>. </span>Tipico è il <i>castrum vetus</i> di Asti, passato alla Chiesa astese -fra il 936 e il 937. Cfr. <span class="smcap">Cipolla C.</span> <i>Di audace cit</i>., pag. 209 Lo stesso -avviene a Verona (<span class="smcap">Ughelli V</span>, col. 711. a 818), a Reggio (<span class="smcap">Tiraboschi</span> -<i>Mem. di Nonantola cit.</i>, II, pag. 58), a Modena (a. 1108... casa in civitate -Mut. que jacet prope Castello — a. 1133... iuxta murum castelli -episcopi — <span class="smcap">Id.</span> <i>loco cit.</i>), a Genova ed in numerose altre città. -Cfr. <span class="smcap">Mazzi A</span>. <i>Note cit.</i>, pag. 39.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note758"> -<p><span class="label"><a href="#tag758">758</a>. </span>Cfr. i due documenti indicati dal <span class="smcap">Davidsohn</span>. <i>Storia cit</i>. pagine -522-23.</p> -</div> -</div> - -<div class="tnote"> -<p class="tntitle"> -Nota del Trascrittore -</p> - -<p> -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione -minimi errori tipografici. Nella nota 458 a pag. <a href="#Page_161">161</a> il numero della pagina citata, mancante nell'originale, è stato indicato con ... . -</p> - -<p class="covernote"> -Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio. -</p> -</div> - - - - - - - - -<pre> - - - - - -End of the Project Gutenberg EBook of La città italiana nell'alto Medio Evo, by -Guido Mengozzi - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA CITT ITALIANA NELL'ALTO *** - -***** This file should be named 62690-h.htm or 62690-h.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/6/9/62690/ - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. 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