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-Project Gutenberg's La città italiana nell'alto Medio Evo, by Guido Mengozzi
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most
-other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
-whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of
-the Project Gutenberg License included with this eBook or online at
-www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have
-to check the laws of the country where you are located before using this ebook.
-
-Title: La città italiana nell'alto Medio Evo
- Il periodo langobardo-franco
-
-Author: Guido Mengozzi
-
-Release Date: July 18, 2020 [EBook #62690]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA CITT ITALIANA NELL'ALTO ***
-
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-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by The Internet Archive)
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- GUIDO MENGOZZI
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- La città italiana
- nell'alto medio evo
-
- Il periodo langobardo-franco
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- ROMA
- ERMANNO LOESCHER & Cº
- (W. REGENBERG)
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- SIENA 1914 — STAB. ARTI GRAFICHE LAZZERI
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-
-_A MIO PADRE
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-CON AFFETTO PARI ALLA STIMA_
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-
-INTRODUZIONE
-
-
-_La storia delle condizioni delle città italiane nell'alto medio evo fu
-oggetto di gravi e fondamentali ricerche, per opera di numerosi storici
-italiani e stranieri, a cominciare dal Muratori, dal Fumagalli, dal
-Sismondi, dal Pagnoncelli e dal Savigny. Ai tempi della preparazione
-del nostro Risorgimento questo tema fu anzi discusso con particolare
-attenzione dal Manzoni, dal Balbo, dal Troya dal Capponi e da molti
-altri perchè si volle quasi in quelle remote origini rinvenire l'anima
-più spontanea della nazione, ricercandovi i diritti della nazionalità._
-
-_Ma quelle dotte discussioni non riuscirono ad appagare in tutto
-i desiderî degli studiosi. Sta di fatto che l'opera di Carlo Hegel
-fu poco appresso una grave critica di quei risultati: e più tardi
-tutti gli studiosi, in Italia e fuori, dovettero muovere da ricerche
-e da argomentazioni nuove e diverse. Il problema delle condizioni
-giuridiche dei vinti Romani, quello della sorte dei municipii e
-delle corporazioni, quello dell'organizzazione ecclesiastica, quello
-dell'origine dei Comuni furono, si può dire, ripresi _ex novo_,
-e recarono luce feconda alla storia generale del diritto pubblico
-italiano del medio evo._
-
-_Tuttavia non si è ancora portata la ricerca, in modo abbastanza ampio
-e profondo, sul punto centrale di tutti questi studii: la città,
-considerata nelle sue condizioni territoriali, nelle sue divisioni
-giuridiche, nella sua compagine particolare, per cui si distingue
-da ogni altro elemento: organizzazione generale, circoscrizione
-provinciale, circoscrizione ecclesiastica, borghi, pievi, ville, centri
-rurali: la città, voglio dire, nel suo aspetto geografico, storico,
-giuridico._
-
-_È stato mio proposito di assumere questo tema, di natura intimamente
-ed esclusivamente giuridica, per esaminarlo con tutte le mie forze,
-senza pretendere di affrontare e di risolvere tutti quei problemi,
-che con quel tema stanno senza dubbio in diretta connessione, ma che
-qualche volta hanno contribuito, con la loro imponenza, a sviare il
-giudizio degli studiosi. Da una ricerca circoscritta a questo argomento
-capitale e d'indole schiettamente giuridica, ho creduto che si potesse
-derivare lume anche su quei problemi, per quanto ciò dovesse avvenire
-per via indiretta e talvolta soltanto per accenni, che potranno
-apparire anche incompleti._
-
-_Ma in un tema così vasto, che ha domandato alle mie forze una lunga e
-faticosa indagine, non ho pretesa di aver portato se non un contributo
-di metodo e di resultati._
-
-_Nell'atto di licenziare il mio libro mi rimane tuttavia la convinzione
-che dai competenti il metodo possa essere giudicato giusto e che i
-resultati non siano del tutto vani._
-
-
-
-
-PARTE PRIMA
-
-La città romana, gota e bizantina[1]
-
- § 1. L'antica cerchia di Roma primitiva. — § 2. La cerchia murata
- del IV sec. av. Cr. — § 3. I _Mille Passus_. Determinazione
- territoriale. — § 4. Determinazione dei _Mille Passus_ riguardo
- alle magistrature. — § 5. _Mille Passus Urbs e suburbium._ — § 6.
- Differenza fra Roma e le altre città: _Pomoerium e Continentia
- Aedificia_. — § 7. Determinazione dei _Mille Passus_ rispetto
- ai plebei. — § 8. Determinazione dei _Mille Passus_ rispetto ai
- beni pubblici. — § 9. Determinazione dei _Mille Passus_ rispetto
- al culto. — § 10. Città e campagna negli ultimi anni dell'impero
- d'occidente. — § 11. La conquista gota. — § 12. Città e campagna
- sotto i Bizantini. — § 13. Le divisioni territoriali interne delle
- città. — § 14. Conclusione.
-
-
-§ 1. — Nei primi tempi storici Roma fu costituita dall'esiguo numero
-delle _gentes_ delle tre tribù dei Ramnes, dei Tities e dei Luceres,
-costrette più che disposte ad unirsi su di un territorio assai limitato
-per necessità della comune difesa contro l'ostilità convergente degli
-elementi circostanti. Ognuna di esse, infatti, conservava inalterato
-l'assetto genetico interno sotto il potere, più di coordinamento
-che di effettivo comando, del «rex», insieme col quale cooperavano
-— per diritto proprio e non per nomina di lui — i capi delle singole
-«gentes».
-
-Questa condizione di cose fece sì che le linee fondamentali
-dell'organizzazione politica romana si formassero in modo singolare.
-Il perdurare delle lotte interne ed esterne indusse a costituire un
-nucleo più saldo e durevole, favorito dalle condizioni topografiche,
-nucleo che divenne così capoluogo ad un tempo del territorio e centro
-di organizzazione della difesa. Ed a questo fenomeno, per cui già
-si divergeva dal primitivo sistema barbarico, nel quale, pur in sedi
-relativamente fisse, oltre la rotazione delle terre, troviamo la vita
-in villaggi facilmente abbandonabili, si aggiunse, come effetto a
-causa, quello della maggior considerazione della terra stessa. Questa,
-appunto perchè limitata, ebbe tanta importanza da superare quella
-dei rapporti familiari, prevalenti nell'organizzazione barbarica, e
-costituì la base di ogni rapporto giuridico.
-
-Sotto l'auctoritas del pater[2], oltre i parenti, vivevano anche tutti
-coloro che, per vicenda sfortunata di guerra — deditio — o per patto
-amichevole — applicatio — si trovavano alla sua dipendenza[3].
-
-Lo Stato primitivo costituisce — si sa — un cielo chiuso entro cui non
-si entra che attraverso l'«hospitalitas»[4]. Nell'epoca in cui prevale
-il potere dei capi delle «gentes» di fronte a quello del re, che, in
-tempo di pace, si limita a regolare i «Sacra» e lo sviluppo edilizio,
-anche questo diritto di rappresentanza è esercitato prevalentemente
-dai «patres». Più tardi, però, il potere regio, favorito dalla
-naturale scissione degli antichi gruppi gentilizi in più piccoli nuclei
-famigliari riconnessi al capostipite ma da esso distinti e separati, fu
-avvantaggiato enormemente per il rapido incremento della popolazione.
-Quest'aumento, dovuto in parte alla necessità di soddisfare bisogni,
-ai quali il sistema agnatizio non sopperiva affatto o inadeguatamente,
-e, in parte di gran lunga maggiore, causato dall'immissione di
-elementi vinti ritenuti meno pericolosi se tolti dal luogo di origine,
-portò alla costituzione entro la «civitas» di una classe speciale in
-condizione giuridica inferiore a quella dei «cives» originarii.
-
-E, questa classe si formò sotto la _manus_ del re.
-
-È certo che le leggende dell'«asylum» e del ratto delle sabine, con
-cui si risolveva il problema dell'aumento della popolazione, sono
-di origine forestiera e quindi, presumibilmente, ostili ai romani;
-ma appare altrettanto evidente, dal complesso dei miti con i quali
-questi ultimi cercarono di modificarle, la modestia delle origini e
-il lungo perdurare nello stadio primitivo[5]. Di più noi sappiamo
-per testimonianza concorde delle disposizioni dell'antico diritto
-quiritario e delle narrazioni degli scrittori[6] che intorno ad ogni
-«domus» correva un _ambitus_ di origine sacrale[7] che la cingeva da
-tutti i lati e che l'_insula_ dei quartieri popolari — quel vasto
-agglomerato di case a diversi piani e a muri comuni — è di epoca
-posteriore.
-
-Popolazione scarsa, dunque, ed occupante nello spazio limitato della
-città un'estensione relativamente assai lata.
-
-Si aggiunga che la scienza ha dimostrato — il Vico con meraviglioso
-genio l'aveva intuito — che le divinità adorate in appositi templi
-fuori del «pomoerium» non che diverse erano addirittura straniere a
-quelle adorate in Roma. E se si riconnettono tutti questi dati con la
-leggenda dell'uccisione di Remo, la cui importanza, notata anche dal
-vecchio Varrone, consiste nel carattere sacro attribuito alla fossa,
-destinata a raccogliere la città entro un cinto inviolabile che non può
-essere oltrepassato se non in luoghi appositamente determinati e cioè
-le porte; se ne deduce la conseguenza che in immediata vicinanza della
-città, ma separati dal vallo e dalla fossa, ci dovessero essere quei
-popoli vinti che per misura di sicurezza Roma strappava al suolo nativo
-e aggregava a sè collocandoli sotto l'«hospitalitas» del re.
-
-Ho parlato di vallo e di fossa e non di mura perchè la costruzione ed
-il culto di queste è posteriore: la leggenda parla di Romolo che uccide
-il fratello per aver superato di un salto la fossa già scavata o il
-solco dell'aratro che segnava il luogo ove avrebbe dovuto esser quindi
-scavata[8]. Non si parla affatto di mura. E il contatto continuo del
-vincitore col vinto, ostile per odio recente e per diversità antica
-di origine e di culto, spiega perchè fosse considerato come delitto
-capitale il traversare il vallo fuori che per le porte[9]. I nomi dei
-luoghi adiacenti alla Roma primitiva, infatti, sono tutti eponimi di
-genti plebee; stirpi diverse, cioè, da quelle originarie di Roma.
-Così il _Celius_, le due _Exquiliae_, l'_Oppius_, il _Cespius_, e
-così via. Invece entro il «pomoerium» si trovavano in pari condizione
-giuridica le tre tribù originarie, le cui divinità si mantennero
-contemporaneamente e con pari vigore fino al tardo prevalere di Giove
-capitolino, che personifica e rappresenta l'unificazione di Roma.
-
-Ma un allargamento di questo concetto non avviene che nel secolo
-IV, quando, con la costruzione delle mura, si inizia un'amplissimo
-movimento di riforme che rinnuova tutta la vecchia Roma. Infatti
-la definizione del pomerio dataci dai libri auspicali[10] come di
-un «locus intra agrum effatum per totius urbis circuitum pone muros
-regionibus certis determinatus, qui facit finem urbani auspicii» è
-posteriore, come si scorge chiaro dalla menzione delle mura, alla
-costruzione delle mura stesse ed è stata presa a torto come prova
-dell'identità del «pomoerium» col cerchio murale. La prova si evince,
-a mio parere, da una induzione, che ritengo legittima, intorno
-all'antichissima distinzione degli auspici in urbani e non urbani (ben
-differente dall'altra «domi et militiae»); poichè se si tien presente
-che il diritto di consultare la volontà divina spettava esclusivamente
-ai patrizi[11] si dovrà anche ammettere che tale diritto in origine
-spettasse soltanto alle «gentes» comprese entro il pomerio. E così
-si spiega pure come l'Aventino, in tempi posteriori a quelli indicati
-dalla tradizione, ma anteriori alla costruzione delle mura, rimanesse
-fuori della cinta per il suo carattere forestiero e plebeo, essendo
-abitato dai cittadini delle città latine vinte e dagli schiavi che ivi
-si rifugiavano nell'«asylum»[12]. E si chiarisce l'altro fenomeno, non
-meno importante, che solo dopo lunghe lotte la triade capitolina riuscì
-a prevalere sulle altre divinità[13].
-
-
-§ 2. — Il nostro Bonfante, con un'indagine tenacemente perseguita,
-ha dimostrato che nella famiglia romana sui membri che compongono
-il gruppo familiare vi è un'autorità di natura politica tanto forte
-da tenere il predominio sull'elemento patrimoniale nel passaggio
-ereditario: autorità che ha una corrispondenza completa e mirabile
-nel campo del diritto pubblico e che fa sì che al modo stesso con cui
-nello Stato il capo apparisce come il rappresentante di un gruppo che
-non muore mai, così anche la famiglia è un perenne organismo politico
-il cui capo si perpetua per la designazione del successore fatta
-dal predecessore[14]. Ma questo stato di cose che poteva prevalere
-finchè le organizzazioni politiche di ordine superiore erano scarse o
-fiacche, doveva mutarsi quando le forze centrali dello Stato operarono
-con efficacia. Ne venne che questo acquistò tanto maggior consistenza
-quanto più quelle, suddividendosi, formarono nuovi nuclei legati alle
-«gentes» originarie da vincoli che andarono sempre più indebolendosi
-fin quasi a sparire del tutto.
-
-Noi sappiamo come di diritto facevano parte del senato quei «patres»
-che, successori dei capostipiti delle genti originarie, erano i
-custodi di ciò che costituiva l'anima della gente stessa: i _sacra_,
-le _feriae_, i _sepulcra_. E ci sedevano — come irrefutabilmente
-dimostra la mancanza di un sistema di maggiorascato e l'uso assoluto
-del regime della designazione — appunto perchè tali e non per ragioni
-di parentela[15]. Il fulcro della gente era costituito dal suo culto
-interno: chi dal «pater» morente era ritenuto il più atto ed il più
-degno a succedergli acquistava con la designazione (dopo la relativa
-accettazione) tutti i diritti annessivi, dai _decreta gentilicia_
-all'_auctoritas_ senatoriale. Il tratto caratteristico dell'eredità
-romana per cui all'erede è imposto ex iure — e questa è la peculiarità
-— l'onere della custodia e del mantenimento dei «sacra» anche quando,
-come al tempo di Cicerone, era divenuto gravissimo, non si spiega
-se non pensando ad un'epoca in cui invece costituiva l'elemento di
-maggior rilievo di tutta l'eredità medesima, la quale — si badi — era
-impossibile senza designazione di erede. E quest'epoca, per la natura
-eminentemente religiosa dei «sacra», corrisponde a quello stadio
-primitivo in cui l'elemento religioso predomina e, cioè, l'epoca regia.
-
-Era dunque la proprietà dei _sacra_ e dell'_hedificium_ in cui questi
-si conservavano che dava diritto di partecipare all'assemblea la cui
-«auctoritas» aveva come scopo precipuo l'osservanza, il mantenimento e
-sopratutto il contemperamento dei vari _mores ritusque majorum_[16].
-
-I rami derivati dai ceppi primitivi — patres minores — non potendo
-vantare eguali diritti, furono logicamente esclusi dal senato. Però,
-come compievano essi pure funzioni vitali per lo Stato, ottennero
-di partecipare al pubblico reggimento mediante un'altra assemblea
-— _comitia curiata_ — cui aprivano l'adito requisiti differenti,
-adeguati al contributo fisico, intellettuale e finanziario che
-questi rami portavano a prò della collettività. E come questo non
-poteva aversi senza la presenza _assidua_ — è il termine usato dalle
-fonti — nello Stato: e questa, alla sua volta, inconcepibile senza
-un valido substrato economico, non poteva basarsi che sulla terra,
-questi requisiti ebbero anch'essi per base l'elemento realistico della
-proprietà.
-
-Ma intanto ne conseguì che, pur rimanendo inalterata la base realistica
-dei diritti pubblici subiettivi, accanto ad una proprietà quasi
-sacrale, cui ex iure essi erano vincolati, se ne ammise un'altra di
-minor efficienza intima alla quale era necessaria la concomitanza di
-elementi personali.
-
-Nè l'evoluzione si fermò qui: questi elementi personali, una volta
-ammessi, agirono con intensità sempre più forte fino al punto di avere
-a base non più la proprietà ma l'abitazione. Così entrarono i plebei.
-
-Insieme con i plebei vivevano intorno alla città anche quei clienti che
-per varie e note cause si erano staccati dalle originarie dipendenze
-patronali e, sempre crescenti di numero, formavano un insieme ben
-distinto — come lo prova l'esistenza dei _concilia plebis_ — dai
-«patres» e dai «patricii». I loro nuclei davano luogo, attraverso
-ad una lenta e faticosa selezione, ad un elemento nuovo, ricco,
-forte e potente, il quale, per la diversità di culto e di origini,
-poteva esplicare tendenze disgregatrici. Inoltre i plebei, cooperanti
-anch'essi alla vita cittadina e alle guerre, erano indotti a ribellarsi
-— e lo fecero con tenacia e moderazione mirabili — a quella condizione,
-imposta loro dall'egemonia assoluta delle classi più elevate, per
-la quale il loro contributo di forze e d'armi era considerato dallo
-Stato come il correspettivo dell'occupazione del suolo pubblico su
-cui abitavano[17]. Lungamente vissuti su quelle terre nella stessa
-posizione di fronte allo stato che i clienti di fronte ai patroni[18]
-e ormai ignari dei remoti patti con cui i loro progenitori erano
-entrati nella «civitas», si sentono — e vogliono esser riconosciuti —
-meritevoli di una maggior tutela giuridica e di un più ampio godimento
-dei frutti delle vittorie.
-
-Per la pressione delle contingenze esterne, per il timore di un
-dissolvimento dell'unità così a lungo e con tanta fortuna mantenuta,
-verso la fine del IV secolo av. Cr. i dominatori, stremati
-dall'invasione gallica, vennero a patti con i plebei e concordarono
-con essi una di quelle leggi eminentemente contrattualistiche, la cui
-natura è stata messa in luce dal Dallari[19].
-
-Da allora, giustamente, il Pais fa datare il risorgimento definitivo di
-Roma per la sua fatidica missione. La piccola cinta primitiva cede il
-posto ad un valido muro che racchiude in più ampio giro la cittadinanza
-rinnovellata da nuova costituzione. Entro il muro furono chiusi anche
-tutti coloro che, topograficamente, già formavano un tutto unico con
-la città stessa. Ma neanche così, presumibilmente, si giunse ad aver
-sufficiente numero di braccia per il compimento impellente di opere
-pubbliche, sopratutto di difesa[20], e fu necessario attribuire alla
-città una parte del territorio circostante, il quale venne determinato
-con l'antichissimo sistema decimale dei latini.
-
-
-§ 3. — Documenti sincroni o sicuri che indichino l'estensione precisa
-della zona esterna attribuita alla città, ma con una serie di caute
-deduzioni mi sembra di poter giungere ad un'accettabile soluzione del
-problema.
-
-In primo luogo è pacifico che la prima e principale funzione del
-pretore plebeo è quella di proteggere la plebe dalle «angariae».
-Ora è altamente significativo che questo magistrato abbia sempre
-esercitato la sua giurisdizione oltre che nella città anche mille passi
-all'intorno. Non solo: la prima magistratura che compare negli albori
-repubblicani non è costituita dai consoli, ma dal _praetor_[21] o
-_judex_, al quale questi sono succeduti. E questa oscura magistratura
-di transizione, su cui le successive hanno trovato fondamento, mi
-pare di importanza peculiare per la storia costituzionale di Roma,
-perchè, oltre a segnare il passaggio dal sistema monarchico a quello
-repubblicano, essa indica anche che si è allargata la originaria base
-del cittadinatico concedendolo anche a coloro che abitavano fuori delle
-mura purchè a distanza non maggiore di un miglio, con il diritto di
-partecipare alla vita pubblica nelle assemblee relativamente assegnate.
-
-Già verso la metà del secolo V, epoca presumibile delle leggi delle
-dodici tavole, la norma in esse sancita, che nessuno sia bruciato
-o seppellito entro la città, dimostra come sia attenuato il vecchio
-concetto dei «sacra». La gran comunità cittadina è ormai formata: resta
-che gli elementi destinati a comporla riescano a trovare un equilibrio
-più equo ed una compenetrazione più piena ed a questo tendono — e con
-fortuna — i plebei, sia dentro le mura che fuori fino a mille passi.
-
-Il Mommsen, indagando la struttura del diritto pubblico romano, ne
-ha indicata con ragione la chiave nella distinzione fra l'«imperium
-domi» e l'«imperium militiae», ma ne ha trascurato troppo il
-modo con cui essa si è formata. Se nell'epoca più florida della
-repubblica il concetto territoriale predomina assoluto senza nessun
-conto dell'elemento personale (cittadinanza, patriziato, plebe) e
-della natura dei singoli reati; a questo non si è giunti che per
-un'evoluzione di cui solo l'ultimo stadio, tipicamente cristallizzato,
-è stato da lui rilevato. I limiti rigidi segnati all'esercizio del
-potere assoluto — chè questo è il contenuto dell'«imperium militiae» —
-significano che originariamente coloro che si trovavano nel territorio
-sacrato — _effatum_ come dicono i libri auspicali — ed erano ammessi
-alla cittadinanza, godevano una protezione accordata loro in virtù di
-un patto giurato da tutti gli ordini dei cittadini — «lex sacrata» —
-e logicamente negata ai non cittadini. Infatti, costruite le mura e
-attuata la divisione delle quattro tribù territoriali urbane, se da
-una parte l'unità della città si rafforzava, dall'altra i nuovi gruppi
-aggregati, per essere rimasto sempre ai patrizi l'_jus auspiciorum_,
-venivano a perdere l'autonomia religiosa e amministrativa mantenuta
-fino ad allora, si sarebbero trovati in condizione peggiore di prima,
-se loro non fossero stati accordati congrui compensi e benefici a
-cominciare da quello della partecipazione alle curie[22].
-
-Nel diritto privato, invece, più compenetrato di elementi religiosi
-e in mano dei soli patrizî, il principio contrattuale della virtù
-legislativa, che aveva per funzione di creare un vincolo sempre più
-stretto di interdipendenza fra le varie «gentes» nell'epoca regia e fra
-le varie classi di cittadini in quella successiva, non si manifestò
-affatto. E quindi mentre il campo del diritto pubblico fu chiuso
-ostinatamente agli stranieri, ai vinti, agli alleati: fu aperto loro
-con gran facilità quello del diritto privato, la cui elaborazione fu
-abbandonata ai giuristi ed ai magistrati[23].
-
-
-§ 4. — L'importanza dei «mille passus» nel campo del diritto pubblico
-fu già rilevata dagli studiosi, ma restano a mettere in luce alcuni
-punti fin qui trascurati del tutto o male intesi.
-
-A questo mirò già in parte lo Zdekauer con un geniale e profondo
-contributo rimasto, pur troppo, interrotto[24]. Egli è riuscito
-a dimostrare che anche nel diritto privato i _mille passus_ si
-differenziano dal rimanente territorio e sono uniti alla città, così
-per l'«actio aquae pluviae arcendae», per la «locatio-conductio»,
-per la dazione dei tutori, per la sorveglianza delle vie da parte
-dell'edile, per le fontane e per la determinazione del luogo di
-nascita. E, di più, ha messo in rilievo la esistenza e la natura di
-una differenza di regime giuridico, fra gli edifici che vi si trovano
-sparsi irregolarmente e quelli che si staccano dalle mura con contatto
-immediato formando le vie che partono dalle porte.
-
-La fonte più importante a questo proposito è data da un passo di Emilio
-Macro, tolto dal primo libro della sua opera sulla vigesima[25], che
-stabilisce il principio che per Roma «mille passus non a miliario urbis
-sed a continentibus aedificiis numerandi sunt»; vale a dire che a Roma
-i «mille passus» si contano non dalle mura (come si faceva in tutte
-le altre città) ma dall'ultima casa ad esse direttamente congiunta in
-senso radiale.
-
-Lo Zdekauer, premesso giustamente che tale maniera eccezionale di
-misura mostra che anteriormente anche a Roma si seguì la regola comune
-di contare le miglia dal segno infisso nelle mura cittadine presso ogni
-porta, ritiene che il passo in questione sia da mettersi in relazione
-con quello di Modestino, il quale fa obbligo al tutore testamentario,
-che vuole scusarsi, di presentarsi personalmente al giudice entro un
-termine di tempo fissato in proporzione della distanza[26].
-
-E realmente anch'esso si riconnette alla questione se i «continentia
-aedificia» sieno considerati o no come facenti parte della città. Non
-credo, però, che questa sia la disposizione principale.
-
-In primo luogo c'è una diversità non piccola, avvertita anche dallo
-Zdekauer, ma non spiegata, fra l'uso assoluto che della formula
-_mille passus_ fa Macro e il modo di esprimersi di Modestino, il
-quale, illustrando la nota costituzione imperiale, parla senz'altro
-di _miliaria_. Nè vale il dire che non conosciamo l'opera dal cui
-insieme è stata tolta l'espressione: qualunque interpretazione se ne
-voglia dare, sta il fatto che l'espressione «mille passus» è quasi un
-anacronismo nel Digesto e che in tutto il titolo «De excusationibus»
-si parla sempre di «miliaria» e mai di «mille passus». Dal momento che
-quantitativamente indicavano la stessa misura non mi par ammissibile
-che in questo titolo se ne debba trovare la spiegazione.
-
-Io credo invece che si debba muovere da un punto di partenza diverso.
-
-Bisogna anzitutto riflettere che i «mille passus» come tali sono una
-statuizione di diritto pubblico, sulla quale, appunto perchè tale, le
-modificazioni sono entrate a stento e tardivamente: di più, sebbene
-rientranti nel disegno del diritto privato con il ciclo evolutivo
-messo in luce dal Bonfante[27], conservano tracce tutt'altro che scarse
-della loro origine. Perciò io ritengo che si debba ricorrere all'esame
-degli istituti di diritto privato che più da vicino si riconnettono col
-diritto pubblico e cioè l'eredità, la tutela e la curatela.
-
-La _Lex municipalis tarentina_[28] e la _Lex coloniae genetivae
-juliae_[29], fanno obbligo a coloro che vogliono partecipare alle
-magistrature cittadine di avere un domicilium nella città stessa o nei
-mille passi circostanti. Il principio, contenuto in germe nella _lex
-Acilia repetundarum_ del 122 o 123 av. Cr. con l'essere stato applicato
-a due colonie così diverse fra loro mostra più che probabile che fosse
-tenuto normalmente a base nell'opera di ricostituzione delle città
-italiane, iniziata subito dopo la «lex julia de civitate», con la quale
-si concesse a tutti gli italiani il diritto di cittadinanza romano[30].
-
-Ora tale possesso urbano che dava luogo a così gravi conseguenze
-politiche ebbe naturalmente una più ferma, quasi direi speciale
-protezione giuridica.
-
-Fra le imposte stabilite da Augusto ci fu la «vigesima hereditatum», la
-quale, come si sa, non era variabile a seconda del grado di parentela
-dell'erede col defunto. Ponendo mente che il passo di Macro proviene da
-un'opera sulla vigesima e tenendo presente che fino alla fine del sec.
-IV dopo Cr. gli immobili entro le città furono immuni da imposte[31],
-e che, d'altra parte, i «mille passus» furono sempre considerati come
-parte integrante della città murata, io ritengo che tali beni fino a
-quest'epoca fossero esenti dalla vigesima.
-
-E in quest'opinione mi conforta l'esame del complesso delle norme
-concernenti l'alienazione, la permuta, l'ipoteca etc. dei beni dei
-minori. La prima disposizione imperiale che ci interessi è l'orazione
-di Settimio Severo del 195 con cui si proibiscono ai tutori gli
-atti dispositivi senza il «decretum judicis». Al suo tempo, si badi,
-l'antica costituzione municipale era già così profondamente modificata
-da presentare le stigmate della decadenza ormai vicina e, sebbene non
-ancora molto esteso il sistema dell'obbligatorietà e dell'ereditarietà
-delle cariche e degli uffici, più non si avevano gli antichi sistemi
-autonomici con cui dalla metà del 1.º secolo av. Cr. Roma aveva tentato
-unificare tutta l'Italia certo e forse tutto l'impero.
-
-Orbene tale orazione[32] si esprime precisamente così: «Praeterea,
-patres conscripti, interdicam tutoribus et curatoribus ne praedia
-rustica vel suburbana distrahant, nisi ut id fieret, parentes
-testamento vel codicillis caverint». E tanto nel principio del titolo,
-che è un commento di Ulpiano, come in tutte le altre leggi che a questa
-si riconnettono, troviamo uniti i «praedia suburbana» con i «rustica».
-Una sola fa eccezione e secondo me, importantissima: la legge con cui
-l'imperatore Gordiano estende all'agnato del furioso le cautele imposte
-al curatore ed al tutore, dicendo che non a torto si viene ad estendere
-il beneficium dell'orazione del divo Severo, per il quale «possessiones
-rusticas sine decreto Praesidis pupillorum seu adolescentium distrahi
-vel obligari prohibitum est». Come si vede secondo questo passo
-l'orazione non si sarebbe occupata dei «praedia rustica et suburbana»
-in contrapposto ai beni urbani, ma dei soli «praedia rustica». E
-«praedia rustica», si osservi, non per la loro destinazione, secondo
-il concetto elaborato dalla giurisprudenza, ma, come è chiaramente
-indicato dall'unione con i «suburbana», per la loro situazione
-territoriale.
-
-Ora, poichè la disposizione gordiana del 239 è solo di pochi anni
-posteriore a quella di Severo, io ritengo molto probabile che il testo
-primitivo di questa parlasse solo di «praedia rustica» e che si debba
-ad interpolazioni di poco posteriori l'aggiunta dei «suburbana» passata
-in tutti i testi successivi.
-
-La regola giuridica che richiede per i soli «praedii» fuori del
-suburbio l'interposizione del Preside può essere illuminata da un
-doppio punto di vista. Prima di tutto da quello interno della famiglia.
-Il capo di essa aveva così ampia sfera di azione che anche dopo la
-morte la sua volontà aveva valore e quindi la sua designazione si
-considerava perfetta nella scelta e nella destinazione specialmente
-per quei beni che costituivano il nucleo più importante dell'eredità.
-Si sa, infatti, che sotto un certo aspetto si può dire che l'erede
-continua la personalità del defunto. In secondo luogo può essere
-interpetrato dal punto di vista fiscale, per l'imposta ereditaria
-della vigesima la quale, attuata la prima volta da Augusto, sparisce
-prima della radicale riforma dioclezianea. Ed è logico che sia così:
-concessa da Caracalla la cittadinanza romana a tutti gli abitanti
-dell'impero e preso a base degli «honores» il censo determinato in base
-all'entità e non alla situazione territoriale[33], i primitivi concetti
-puramente romani, vigenti sopra tutto per l'Italia, andarono in disuso
-ed ebbero conseguenze del tutto opposte a quelle che si sarebbero
-potute immaginare. Infatti quei beni urbani e suburbani che lo Stato,
-in riguardo alla loro funzione lasciava a disposizione più immediata
-e rigorosa dell'autorità familiare e indenni da gravami ereditari,
-quando in seguito, i concetti ereditari romani più che trasformarsi si
-rovesciarono, si trovarono meno tutelati degli altri. Il preside oltre
-e più dell'esazione, della vigesima, tardi entrata e presto sparita,
-curava la salvaguardia degli interessi del minore. Si diminuiva la
-forza creativa della designazione del de cuius ma si aumentava la
-tutela del patrimonio dell'erede. Anzi, come dapprima questa vigilanza
-si esercitava solo su i predi rustici, quando su questi venne invece
-a fondarsi la partecipazione agli «honores», non si capì più —
-specialmente trattandosi di disposizioni che dovevano aver valore nella
-immensa varietà dell'impero — il nesso storico che aveva guidato a quel
-resultato. E come al tempo di Cicerone non si comprendeva l'evoluzione
-ereditaria nè le fasi per cui la tutela e la curatela da istituti a
-vantaggio della famiglia si erano capovolti in vantaggio del minore
-contro di essa; così dopo Alessandro Severo più non si comprese la
-distinzione originaria dei beni in urbani e rustici e si formò la
-corrente giurisprudenziale che intese a spiegarla in base alla funzione
-da loro adempiuta. E come questa era diretta ad uno scopo economico
-cui servivano senza contingenze di elementi politici, la legislazione
-si uniformò ai criteri elaborati dalla scienza. Con questo in più: che
-quei beni rustici, i quali si trovarono più tutelati perchè riguardo
-a loro lo Stato restrinse gli antichi rigidi vincoli dell'autorità
-familiare, resultarono più tardi a maggior vantaggio di questa perchè
-nel periodo di maggior sviluppo economico furono considerati come
-l'elemento indispensabile per il godimento degli «honores». Ed al
-legislatore il problema si presentò in maniera del tutto opposta a
-quella con cui si era impostato, perchè le prime cose che si vendevano
-oltre i mobili, gli argenti, gli ori e le cose preziose erano le case
-cittadine, in cui, come dice Costantino[34], era morto il padre e era
-cresciuto il minore con davanti agli occhi le statue degli antenati.
-Questo, dove l'eredità romana aveva trovato il suo fulcro genetico, per
-cui era lasciata libera al padre la «designatio» decisiva, veniva ora
-ad essere la parte del patrimonio esposta per la prima alla vendita.
-
-E Costantino, che ebbe sacro il culto familiare, insorse contro tali
-alienazioni profanatrici con una legge basata su criteri di distinzione
-dei «praedia» in «rustica» ed «urbana» importantissimi per noi.
-Infatti egli mette insieme «mobilia pretiosa, urbana etiam praedia,
-et mancipia, domos, balnea, horrea atque omnia, quae intra civitatem
-sunt», in contrapposto a «mancipia et praedia rustica». Poichè, — come
-già da più di un secolo Ulpiano aveva insegnato[35], — urbanum praedium
-non locus facit sed materia, — le «domus», i «balnea», gli «horrea»
-etc. sono predi essenzialmente urbani, la specificazione di _intra
-civitatem_ deve avere una significazione speciale e questa non credo
-possa essere che quella della città insieme col territorio che le è
-intorno strettamente avvinto e distinto dal rimanente. Ed allora, se
-solo i «praedia rustica» sono contrapposti a quelli della città ed,
-anzi, insieme con questi sono considerati i suburbani, si avvalora
-l'ipotesi da me espressa che Severo ed Ulpiano abbiano parlato di
-«suburbana» solo per l'interpolazione che i loro passi hanno dovuto
-subire[36].
-
-La trasformazione sostanziale dei concetti su cui si basava la
-partecipazione agli «honores» è importantissima per spiegare anche un
-altro istituto di diritto privato: la fiducia. È noto che l'ipoteca
-è un istituto di origine piuttosto tarda: le sue parti furono per
-lungo tempo sostenute dalla fiducia che ne differiva sostanzialmente
-perchè dava al creditore la proprietà della cosa oggetto del negozio.
-Ponendo in relazione questo fatto con la norma che a base dei diritti
-pubblici metteva la proprietà di una «domus», cioè di un palazzo, di
-una casa signorile[37] appaiono chiare le conseguenze terribili per il
-debitore fiduciario che, privato della proprietà della sua «domus»,
-si trovava ipso fatto privato del diritto della cittadinanza che
-garantiva e tutelava più di ogni altro i cives romani. E la _fiducia_,
-che si basa su un immobile, serve solo per le classi più elevate —
-«patres» e «patricii» — mentre per i plebei si ha il _nexum_ che è il
-titolo esecutivo personale, che dà il debitore insolvente in mano al
-creditore. Solo più tardi, dopo la lunga lotta dei plebei (nella quale
-è noto quanta parte avesse la questione dei debiti) così la _fiducia_
-come il _nexum_ perdono il loro carattere politico e divengono puri
-istituti di diritto privato.
-
-La natura oligarchica della costituzione romana, insieme con le
-condizioni economiche, la maggior garanzia data al creditore e la
-tendenza conservatrice italica, permise a tale istituto di mantenersi
-a lungo; ma anch'esso, sebbene non sparisse dal diritto privato,
-perdette ogni forza nel diritto pubblico quando la magistratura poggiò
-non più sulla «domus» ma sul «praedium» e non fu più ritenuta come
-indispensabile la specifica proprietà dell'«hedificium».
-
-
-§ 5. — Da quanto si è detto fin qui si apre la via ad una congettura di
-fondamentale importanza.
-
-Se leggi speciali sanzionano per Roma il principio che i «_continentia
-aedificia_» fanno parte della città, se ne può dedurre che per le altre
-città vigeva il principio opposto, vale a dire la separazione fra la
-città murata e le costruzioni in immediata vicinanza di essa e, cioè,
-— poichè queste, per necessità di cose non potevano aggrupparsi che
-presso le porte — i borghi della città stessa[38].
-
-Lo Zdekauer[39] ha avanzata l'ipotesi che i borghi fossero preveduti
-nel momento della fondazione della città e non già frutto e conseguenza
-di un successivo incremento della popolazione. Ed ha perfettamente
-ragione.
-
-Per quanto sieno scarsissime le fonti a questo proposito, l'importanza
-del problema che esse concernono è tale che non si può almeno non
-intravederlo, perchè in questo punto sta la chiave della spiegazione
-del problema dell'incolato.
-
-Luciano[40], il mordace filosofo eclettico del secondo secolo dopo Cr.,
-con il suo abituale sarcasmo contrappone gli ’επήλυδες καὶ ξένοι dei
-sobborghi agli indigeni — ’αυθεγευῆς θὲ ούδεις — della città, in cui
-è cittadino chiunque voglia esserlo. Perciò, egli dice, i barbari sono
-molti.
-
-E anche più esplicita è l'iscrizione affricana di Sicca Veneria che
-ci parla di «incolae quae intra continentia coloniae nostrae aedificia
-morabuntur»[41]. E lo stesso fenomeno è confermato per i sobborghi di
-Samos[42].
-
-Ora, come si è visto, soltanto a Roma i «continentia aedificia»
-facevano parte della città. In tutte le altre città, invece, erano
-compresi nella zona dei «mille passus». Ma non erano in tutto
-regolati dallo stesso regime giuridico che reggeva le città. Oltre
-alle magistrature maggiori, la cui autorità si estendeva su tutto il
-territorio giurisdizionalmente soggetto alla «civitas»[43], ve ne
-erano delle minori, delle quali alcune esercitavano il loro potere
-sulla città e sui mille passi adiacenti e altre soltanto entro la
-cinta murata. Asconio nel commento alla quarta orazione di Cicerone
-contro Verre distingue nettamente il MAGISTRATUS INTRAMURANUS dal
-MAGISTRATUS URBANUS[44], mentre due iscrizioni comensi ricordano il
-SEXVIR URBANUS[45], che non è poi così inaudito e inesplicabile, come
-è apparso al Mommsen[46], perchè esaminando tutta la scala delle
-cariche[47], i collegi[48], la popolazione[49], fra la città e i
-sobborghi si trovano sempre delle differenze: differenze di cui si
-hanno tracce anche prostazioni finanziarie[50] e nella costruzione
-dei monumenti[51]. Di più nella generalità delle città, Roma compresa,
-le divinità del suburbio sono differenti da quelle cittadine[52] e da
-quelle rurali.
-
-Qualora si metta in rapporto questo insieme di elementi col diritto
-di cittadinanza romano, si può concludere che originariamente entro
-la città abitavano solo i «cives», mentre i sobborghi erano rilasciati
-agli «incolae». Ed è per questo che si spiega come fino da quando una
-città si fondava, si prevedevano i sobborghi[53].
-
-
-§ 6. — La trasformazione del regime giuridico dei beni urbani e
-suburbani, di cui ho parlato or ora, è relativamente tarda per le altre
-città, ma antichissima per Roma, la quale si trova ad aver sorpassato
-questo stadio gran tempo prima che si sia iniziato il movimento di
-unificazione dei municipi e delle colonie italiane, che, secondo i
-Gracchi, dovevano costituire con Roma il fulcro organico e congruo
-dell'impero. Di qui la ragione della permanenza del passo di Macro nel
-Digesto.
-
-Se il primo miglio da Roma comincia dove i «continentia» aedificia
-finiscono, questi sono, evidentemente, considerati come un tutto
-unico con Roma stessa. E questo è tanto vero che chi è nato nei
-«continentibus aedificiis» è considerato come nato a Roma. Se non
-erro la chiave per spiegare tale differenza è data dalla disposizione
-per la quale chi era cittadino di Roma, per nascita o per domicilio
-— poichè anche per questo valeva la stessa regola — aveva diritto
-a partecipare alle distribuzioni annonarie ed ai _congiaria_ che,
-immesse in modo stabile fra le spese pubbliche dalla _lex sempronia
-frumentaria_ del 133 av. Cr., non furon più tralasciate. Dapprima la
-distribuzione era fatta dietro un lieve correspettivo; ma verso la
-metà del 1.º secolo av. Cr. divenne completamente gratuita. È qui che
-balza fuori l'importanza del «pomoerium», ben differente da quella dei
-secoli antecedenti. Lo Zdekauer ha dimostrato come non sia accettabile
-l'opinione del Mommsen che il pomerio si mantenga quel cerchio
-intramurano che gira intorno città[54]: ma io ritengo che non si debba
-accogliere nemmeno l'altra accettata dallo Zdekauer, dal Detlefsen[55],
-dall'Uelsen[56], dal Nissen[57] e dal Merlin[58], che il pomerio
-si porti avanti non con l'ingrandimento della città, ma quando si
-allargano i confini dell'impero e che rappresenti presenti una cerchia
-sacrale e non un limite amministrativo o di diritto privato.
-
-Il pomerio, per me, conserva sempre il suo carattere peculiare che è
-quello di servire a separare i cittadini della città murata da quelli
-che ne son fuori: esso si allontana dalla sua base primitiva, cioè le
-mura, quando le condizioni peculiarissime di Roma lo richiedono. Per
-la parte politica non necessitano trasformazioni, chè la divisione
-in tribù urbane e rustiche permane fino a che tutto non si accentra
-nelle mani dell'imperatore. Ma la cosa è ben diversa nel campo
-amministrativo: per partecipare alle distribuzioni bisognava esser
-cittadini di Roma città. Ciò è tanto vero che la rubrica VII della
-legge «julia municipalis», posteriore di un'ottantina d'anni, la quale
-stabilisce che l'edile debba sorvegliare in egual modo le vie «in urbem
-Romam propriusve urbem Romam passus mille» non conosce la distinzione
-dottrinaria fra «urbs» e Roma[59], che non si era ben delineata nemmeno
-ai tempi di Alfeno[60].
-
-Ora a chi consideri la natura dell'equilibrio delle forze patrizie
-e plebee nella costituzione di Roma non può sfuggire come la forza
-del veto tribunizio sia tale da impedire ai patrizi quasi tutto ciò
-che alla plebe non piace. Quando il sistema repubblicano decade e
-si prepara l'avvio al principato e la corruzione serpeggia con le
-fraudolente ed arbitrarie inclusioni di cittadini nelle tribù fatte dai
-censori e le violenze della «turba forensis» — ben note e frequenti dai
-tempi di Tiberio Gracco a quelli di Augusto — elemento indispensabile
-per riuscire a dominare era appunto il favore di questa turba. Favore
-interessato, ben inteso, che si risolveva nella concessione delle
-cariche meglio fruttifere ai più potenti e nella distribuzione di pane
-e di circensi agli altri. Varî erano i modi di contentare i primi;
-unico quello di soddisfare i secondi: aumentare il numero di quelli
-che avevano diritto alle distribuzioni annonarie e renderle sempre
-più abbondanti e gratuite. Si vede bene che il concetto genetico era
-l'attuazione pratica di un calmiere da parte dello Stato a favore
-dei meno favoriti suoi membri, per render loro possibile l'acquisto
-delle derrate alimentari al minor costo che la produzione annuale e le
-condizioni dell'erario permettevano.
-
-La «lex Octavia» dell'85 av. Cr. ridusse a 5 i modi assegnati a
-ciascun cittadino, ma lasciò immutato il sistema. Invece Clodio, il
-turbolento e facinoroso strumento di Cesare, nel 58 av. Cr. introdusse
-il principio assoluto della gratuità trasformando l'istituzione
-economico-filantropica in uno strumento di dominio che Cesare ed
-Augusto non si lasciarono sfuggire di mano. Il primo portò il numero
-dei partecipanti a 150000, il secondo a 200000. Gli storici son
-concordi su questo punto.
-
-Si è tentato variamente di spiegare il modo tenuto per arrivare a
-questo resultato ed il Willems[61] ha messo bene in evidenza il sistema
-della redazione delle liste che potevano favorirlo: ma queste erano la
-conseguenza del mezzo adottato per riempirle, non il mezzo stesso.
-
-Questo mezzo era l'allargamento del pomerio.
-
-L'unico storico che si occupi un po' a lungo delle vicende del pomerio
-è Tacito, che ne parla nei suoi annali[62]. Questi, messi in relazione
-con le modificazioni più su accennate, concordano perfettamente. Egli
-dice che il pomerio cittadino fu allargato da Sulla, da Cesare, da
-Augusto e da Claudio e aggiunge che i termini posti da quest'ultimo
-e di cui era stato redatto atto pubblico erano visibili ancora ai
-suoi tempi. È vero che egli dice a proposito di Cesare che questo
-allargamento fu fatto secondo quel «more prisco quo iis qui protulere
-imperium, etiam terminos urbis propagare datur». Ma la consistenza
-di questo antico costume appare evidente nel capitolo successivo nel
-quale egli descrive il cerchio del pomerio segnato da Romolo e da Tazio
-dopo le loro vittorie[63]. Nessun rancore si deve tenere al sobrio
-storico se da buon romano egli accoglie volentieri le magniloquenti
-leggende glorificanti l'Urbs; ma nessun timore che egli ne tenga a
-noi, se noi che lo possiamo, vagliamo con critica severa i dati che
-egli ci somministra. E questi son tutt'altro che da accogliere per
-l'epoca regia. Tratto in inganno dalla somiglianza delle condizioni
-nelle quali Sulla, Cesare ed Augusto avevano ampliato il pomerio con
-quelle attribuite dalla tradizione a Romolo ed a Tazio egli le mette
-in relazione. Ma, per quanto vi sia una remota corrispondenza di fatti,
-non sono e non possono essere in relazione.
-
-Queste notizie servono a consentire una determinazione approssimativa
-per giudicare quando entrò nella legislazione romana la massima che
-considerava come parte di Roma gli edifici continenti senza soluzione
-di continuità lungo le strade. Non prima di Claudio perchè egli
-fissò limiti ben determinati, non dopo Papiniano perchè il passo del
-Digesto[64] che parifica i nati nei «continentibus aedificiis» a quelli
-nati entro le mura è tolto dal suo terzo libro «ad legem Juliam et
-papiam». Dunque fra il 54 e il 212 dopo Cristo e, date le condizioni
-generali dell'impero, piuttosto più vicino al secondo termine che al
-primo.
-
-La mia conclusione si allontana alquanto da ciò che resultò allo
-Zdekauer e agli altri autori ricordati. Se il pomerio include i
-«continentia aedificia» e questi segnano il limite estremo del diritto
-dei cittadini alle distribuzioni annonarie e il massimo termine entro
-il quale il tutore, che vuole scusarsi, si considera come presente
-entro la città, mi pare che sia da giudicarlo come un limite di
-carattere amministrativo e di diritto privato insieme.
-
-Così, oltre alle trasformazioni dei domicilia suburbani, son venuto a
-parlare della condizione speciale dei plebei di Roma.
-
-È tempo di occuparsi della plebe cittadina delle altre città.
-
-
-§ 7. — «Plebs», secondo l'opinione concorde di tutte le fonti, di
-qualunque tempo da Gaio[65], a Paolo[66] a Teodosio il giovane[67]
-giù giù fino a Giustiniano[68], sotto l'aspetto personale, ha un unico
-concetto negativo: è costituita dai «ceteri cives sine senatoribus».
-Secondo alcuni scrittori[69] questa parola, presa in senso più stretto,
-indica quella parte della cittadinanza che, non avendo alcuna fortuna
-patrimoniale, è esonerata da ogni imposta[70]: ma siccome, appunto per
-questo, è esclusa da ogni partecipazione alla vita pubblica attiva,
-così non ne terrò conto che quando la sua posizione giuridica apparrà
-modificata.
-
-Sotto l'aspetto della sua connessione territoriale la «plebs» è stata
-fino ad ora divisa in due grandi categorie: urbana quella entro le mura
-— fatta eccezione per Roma i cui «continentia aedificia», come vedemmo,
-sono considerati parte integrante della città; — rustica l'altra.
-
-Questa bipartizione, secondo me, è errata e deve cedere il posto ad
-una tripartizione così formulata: PLEBS _urbana_ — PLEBS _extra muros
-posita_ — PLEBS _rustica_.
-
-Fondamentale a questo proposito è il tit. 55. (Ut rusticani ad ullum
-obsequium vocentur) del libro XI del codice giustinianeo, che contiene
-queste due leggi:
-
-«Ne quis ex rusticana plebe, quae, extra muros posita, capitationem
-suam detulit et annonam congruam praestat, ad ullum aliud obsequium
-devocetur, neque a rationali nostro mularum fiscalium vel equorum
-ministerium subire cogatur».
-
-«Si qui eorum, qui provinciarum rectoribus obsequuntur quique in
-diversis agunt officiis principatus et qui sub quocumque praetextu
-muneris publici possunt esse terribiles, rusticano cuipiam necessitatem
-obsequii quasi mancipio sui iuris imponant aut servum eius vel
-forte[71] bovem in usus proprios necessitatesque converterint [sive
-xenia aut munuscula quae canonica ex more fecerunt, extorserit, vel
-sponte haec, quae inprobata sunt, oblata non refutaverit], ablatis
-omnibus facultatibus, perpetuo subiugetur exilio[72]: et nihilo
-minus rusticanum, qui se in eiusdem operas sponte propria detulisse
-responderit, par poenae severitudo constringat. [Eadem vero circa eos
-censura servetur qui xenia aut munera deferri sibi a possessoribus
-cogunt aut oblata non respuunt]»[73].
-
-Lo scopo di queste due disposizioni — ce lo dice il titolo — è di
-impedire le concussioni e le sopraffazioni di cui erano vittime i
-_rusticani_ e di proteggerli contro le arbitrarie imposizioni di ogni
-_obsequium_. Quest'ultima parola ha usi svariatissimi nelle fonti
-giustinianee e pregiustinianee, nelle quali ora ha significato di
-_officium_, ora di _munus_, ora di _ministerium_, oscillando da un mero
-contenuto di prestazione di opera ad uno più ampio di contributo di
-opera e di materia.
-
-Nel nostro caso però, se non m'inganno, il senso ne è reso chiaro
-da un'altra legge[74] strettamente connessa con le nostre. In essa
-s'impone al Prefetto del Pretorio di far cessare quella _praebitio
-operarum, quae inlicite a provincialibus hactenus expetita est_.
-
-Ora nella legge di Valentiniano, Valente e Graziano, che è la fonte di
-questa disposizione e che, oltre ad esser più lunga, è diretta ad un
-fine diverso, non solo questa «operarum praebitio», è qualificata come
-un «obsequium», ma è anche specificata: essa si prestava _cum animalia,
-quibus prosecutio debeatur, advenerint_.
-
-Ed in questa interpetrazione concorda anche il senso della parola
-«ministerium» quale la troviamo usata in tutti e due i passi. Essa
-non indica soltanto l'opera che si presta con l'intervento di una
-determinata persona, ma anche un certo sacrifizio pecuniario da parte
-di quest'ultima: sacrifizio che può giungere fino ad una contribuzione
-vera e propria, strettamente connessa con l'opera prestata come, per
-esempio, nella legge dell'anno 406 con cui Onorio e Teodosio limitano
-ai soli Comites e Magistri militum il diritto di pretendere dalle città
-il riscaldamento dei loro bagni privati (ministerium)[75].
-
-Lo scopo generico delle due disposizioni dunque è eguale: vediamo ora
-se lo stesso si può dire del fine specifico di ciascuna di esse.
-
-Nella prima si impone ai Rationales di non costringere al «ministerium»
-delle mule e dei cavalli del fisco la plebe _rusticana extra muros
-posita_ che adempie a certi obblighi. Nella seconda si proibisce a
-tutti gli ufficiali sottoposti ai rettori delle provincie di trattare
-il «rusticanus» come un proprio mancipio e di usare dei servi e dei
-buoi di lui come di cosa propria.
-
-Intanto _mancipes_ ha qui un senso specifico chiarito da numerose leggi
-del codice teodosiano[76]: la parola indica coloro che, preposti alle
-singole _stationes_ e _mutationes_ del _cursus publicus_, ne curavano
-il buon andamento guardando che gli animali non fossero rubati,
-trattati male, troppo percossi, privati del pascolo etc.[77].
-
-La legge dunque vuole che questi magistrati non facciano abuso dei
-poteri da essi tenuti sui provinciali fino a costringerli a fornir
-loro tutto il necessario per i loro viaggi, precisamente come per
-il servizio pubblico erano tenuti a farlo gli appositi mancipi e,
-sopratutto, non adoperino per loro esclusivo e particolare vantaggio
-i servi o i buoi di essi, sempre, ben inteso, sotto lo specioso
-pretesto che si trattasse di un pubblico tributo. Infatti è da tener
-presente che mentre il «cursus publicus» vero e proprio è un servizio
-instaurato dagli imperatori[78] e mantenuto con le contribuzioni
-delle città e dei privati, tali contribuzioni non giungono tuttavia
-a rivestire un carattere specifico di destinazione esclusiva a quel
-particolare scopo, come avviene invece per le contribuzioni dell'annona
-e dell'«hospitalitas»[79].
-
-Ma in breve si aggiunse un sussidiario servizio di trasporto — _cursus
-clabularis_ — cui erano adibiti i buoi. E questi buoi non erano forniti
-dallo Stato ma dai proprietari fondiari sicchè tale fornitura gravava
-sui fondi come un onere reale[80] insieme col «ministerium» occorrente
-e cioè col mantenimento e con la cura degli animali stessi: cioè la
-paglia, il fieno etc. ed il servo o i servi necessari. Costantino, che
-mirava a risollevare le condizioni già tristi dell'agricoltura e a non
-opprimere troppo i possessori rustici, con una legge dell'anno 315,
-oltre a proibire che i buoi aratori ed i servi coltivatori potessero
-essere pignorati per debiti fiscali[81], volle che i primi fossero
-esclusi dal «cursus publicus» a cui dovevano servire soltanto animali
-appositamente destinati[82].
-
-Disgraziatamente le condizioni dell'impero, come è noto e come vedremo
-meglio in seguito, peggioravano sempre più e gli imperatori non
-avevano ormai altro scopo che di estorcere il massimo denaro dalle
-provincie. E perciò anche la maggior parte dei saggi provvedimenti
-del codice teodosiano rivolti al miglioramento ed al progresso dello
-stato o spariscono del tutto o si trasformano profondamente nel codice
-giustinianeo. Così avviene della legge tutelatrice costantiniana di cui
-più non troviamo traccia e così avviene della legge 2 che ho riportato
-integralmente e della quale le mutilazioni triboniane hanno del tutto
-cambiato il senso e lo scopo.
-
-Importantissimo per lumeggiare questo fatto è il vedere che i due passi
-— strettamente connessi l'uno all'altro — non riportati nel codice
-giustinianeo da una parte ci parlano di «xenia» e di «munuscula» e
-dall'altra di «possessores», dimostrando così in modo non dubbio —
-anche se non bastasse il fatto che il titolo sotto cui si trova la
-legge è «ne damna provincialibus inferantur», — che la legge tratta
-e si occupa di «provinciales», cioè di «possessores». Invece — e
-questo è il punto fondamentale — nel codice giustinianeo si occupa
-dei «possessores», dei «provinciales» la legge unica del titolo «ne
-operae a conlatoribus exigantur»[83] e la legge teodosiana che prima
-li regolava, è trasformata completamente. Invece che i «provinciales»
-e i «possessores» essa concerne quei rustici i quali risiedono su una
-terra, della quale non sono proprietari, dal momento che la «praebitio
-operarum» col suo contenuto economico, colpisce questi e non essi,
-mentre li colpisce invece col suo contenuto di prestazione di opera,
-con le angariae[84], per usare il termine tecnico delle fonti.
-
-Ma se noi osserviamo da questo lato la prima delle leggi prese
-in esame, vediamo subito una differenza enorme. Quì la «plebs
-rustica» paga la «capitatio» e presta l'«annona»: anzi è appunto
-il soddisfacimento di questi oneri che dá diritto all'esenzione
-dal «ministerium» delle mule e dei cavalli del fisco, tanto che,
-argomentando a contrario, si può dedurre che fra quelli della plebe
-rustica _posita extra muros_ tale imposta grava solamente su coloro che
-sono esenti dalla «capitatio» e dall'«annona».
-
-Ora nella categoria dei coltivatori di terre altrui, genericamente
-indicati col nome di «plebs rustica» due leggi del codice teodosiano
-fanno una distinzione che permane anche nel codice giustinianeo[85],
-da una parte di coloni originali[86] e dall'altra di «plebs
-adscripta»[87]; ma quantunque ne costituiscano quasi la totalità
-sia con l'opera che con i frutti nè questa nè quelli sono chiamati
-direttamente al soddisfacimento dei «munera», dei quali risponde allo
-Stato il «possessor». È giusta l'osservazione fatta dal Leicht[88] che
-in realtà tali tributi, in via ordinaria, erano pagati dai coltivatori,
-ma non condivido la sua opinione che questi ultimi stieno direttamente
-di fronte allo Stato in qualità di contribuenti. Un caso in cui ciò
-sembra avvenire è quello della legge con cui Valentiniano e Valente
-concedono ai «coloni rei privatae» l'_adhaeratio_ nella _conlatio
-equorum_[89] che consisteva nel pagare 23 soldi invece di ogni cavallo
-da consegnarsi all'esattore[90]. Ma, anche a non considerare che questa
-legge non è stata accolta da Giustiniano, bisogna pensare che siamo nel
-caso specialissimo di coloni non già di un privato qualunque ma della
-_res privatae_, di fronte alla quale essi per l'indissolubile legame
-che ormai li avvince al fondo, appaiono nel rapporto più similiare a
-quello possessorio. E per di più si tratta di coloni dell'Africa, il
-paese classico del colonato e dei _saltus_, le cui «leges», come è
-noto, hanno un processo di formazione[91] ed un'azione rispetto agli
-abitanti del saltus, paragonabile, almeno in parte, a quella delle
-leggi ordinarie per i cittadini dello Stato.
-
-E sopratutto poi bisogna tener presente una fondamentale distinzione
-fra i redditi dei _tituli canonici_ dell'annona e dei tributi
-amministrati, curati e sorvegliati dal «Comes sacrarum largitionum»
-e che pervenivano al _Fiscus_, da quelli dei beni e dei «fundi» della
-«res privata» che erano amministrati dal «Comes rerum privatarum»[92].
-
-La legge su citata non ha carattere pubblico se non in quanto si
-possono considerare di diritto pubblico le cose che compongono la
-«res privata» del principe. In questo caso si tratta dei «saltus»
-africani di cui il principe è proprietario nè più nè meno di un privato
-qualunque[93] onde non si può avere che un rapporto puramente privato
-di natura non diversa da quelli che nascono dalle disposizioni delle
-«leges saltus».
-
-E questo è tanto vero che l'obbligo della collazione di cavalli, in
-natura o in moneta, non grava su tutti i coloni del «saltus» ma solo
-su quelli che, come interpetra acutamente Gotofredo, sono _obnoxii et
-adscripti terrae_ sotto la vigilanza dei _procuratores saltus_ detti
-anche _procuratores rei privatae._
-
-Qui non si giunge ad un concetto di diritto pubblico se non attraverso
-la persona di carattere prevalentemente pubblico del principe, ma la
-natura del rapporto è privata.
-
-L'unico caso in cui si possano veramente vedere i coloni soggetti
-direttamente all'imposta è dato dai coloni dei _praedia fiscalia_.
-Questi appariscono in tale condizione dalla legge che esplicitamente li
-sgrava dai «munera» della «civitas»[94].
-
-Ma questo caso ha pur esso la sua spiegazione. Ciò avviene perchè,
-per la mancanza del concetto di persona giuridica dello Stato,
-concetto limitato al Fiscus, il diritto romano non concepisce dei beni
-fiscali tributari dello Stato e quindi, mancando il soggetto diretto
-dell'imposizione, si vuole impedire che questa venga a gravare su
-coloro che con la terra appartenente al fisco hanno maggiori vincoli e,
-cioè, per la parte affittata e subaffittata, al colono, al servo della
-gleba che rimangono sempre vincolati al suolo per quanto gli affittuari
-cambino; e per la parte dominica al «procurator»[95].
-
-Ora, dunque, nel primo caso s'impone al colono una gravezza che rientra
-nella categoria di quelle che gli incombono per la natura della sua
-condizione giuridica. Non si deve, quindi, in questo caso parlare di
-soggezione all'imposta da parte dei coloni.
-
-Parrebbe invece che legittimamente se ne potesse parlare per il secondo
-caso; ma qui questo assoggettamento avviene per l'incompletezza della
-teoria romana in un punto specialissimo, limitato, circoscritto e non
-estensibile ad alcun altro caso[96].
-
-C'è però una legge importantissima del codice teodosiano[97] che dice:
-«decurio pro ea portione (sc. tributorum) conveniatur in qua vel ipse
-vel colonus vel tributarius eius convenitur et colligit (fructus);
-neque omnino pro alio decurione vel territorio conveniatur». Questa
-legge è riportata dal Leicht[98] a sostegno della sua tesi e forma,
-anzi, la base ed il fulcro della sua dimostrazione[99].
-
-Ma a me sembra, che l'interpetrazione più piana debba considerare
-il «convenitur» come riferentesi al decurione, ed il «colligit»
-a «colonus vel tributarius» onde l'espressione significhi che il
-decurione è responsabile del pagamento dei soli tributi delle terre che
-gli appartengono e di quelle di cui gode i frutti attraverso l'opera
-della «plebs rustica». Ora la natura di questa «plebs» ci è chiarita
-dalle fonti che ce la mostrano assegnata, distribuita e vincolata alla
-terra[100] e comprendente tutta quella scala sociale di individui che
-dal servo addetto ai lavori rustici, saliva attraverso al colonato,
-fino a quegli inquilini e subaffittuari sui quali specialmente,
-dovevano gravare le conseguenze della scarsa certezza del diritto,
-sopra tutto per il fatto che risiedevano su terra altrui[101]. Tutte
-queste persone non giungevano al diritto pubblico che attraverso al
-«dominus» della terra e di fronte a questo dal _servus_, che non aveva
-affatto personalità, si andava fino al _colonus_ che ne aveva una
-così distinta da poter annullare in parte il contenuto dispositivo
-della proprietà dominica e fino al _tributarius_ personalmente
-ancor più indipendente e libero del colono. Per ciò a me pare esatta
-l'espressione della legge «colligit fructus»: tanto il colono, quanto
-— e più — il «tributarius» hanno una sfera di attività e di produzione
-indipendente o almeno autonoma di fronte all'attività dominica; ma lo
-Stato ritiene responsabile il «dominus» del pagamento delle imposte
-di ogni terra da cui tragga vantaggio chiunque è legato a lui e al suo
-fondo.
-
-Stando così le cose, se si mettono a confronto le due leggi del titolo
-48, salta agli occhi una differenza importantissima: quella _plebs
-rustica_ che è _extra muros posita_ paga la _capitatio_ e presta
-l'_annona_ direttamente; l'altra no: la prima è soggetto, la seconda
-oggetto dell'imposta.
-
-E, spingendo anche più avanti l'indagine, vediamo sorgere evidente
-anche un'altra differenza fra i due passi: nel primo l'imperatore si
-rivolge al «Rationalis», nel secondo al «Rector provinciae».
-
-Il _Rationalis_, detto nei primi tempi dell'impero _Procurator
-Caesaris_[102], prima aveva la cura della sola «res privata» del
-principe, ma, quando la fortuna del capo dello Stato s'ingrossò
-del fisco[103], anche per esso si ebbero dei «rationales». detti
-_rationales summae_, o _summarum_. Non è facile distinguere con
-precisione le funzioni degli uni da quelle degli altri: entrambi sono
-egualmente ricordati nella _Notitia imperii_ come ufficiali del _comes
-sacrarum largitionum_ e del _comes rei privatae_[104]. Quel che a
-noi importa osservare è che essi sono ben distinti dai presidi e dai
-rettori delle provincie: a questi era affidata l'_administratio_, a
-quelli l'_actus_.
-
-Ora qual'è la ragione per cui, mirando ad uno stesso scopo generico,
-il codice giustinianeo per alcuni incarica il «rationalis» e per altri
-«il rector provinciae»? Non perchè si tratti di cosa del fisco — il
-«cursus publicus» era «fiscalis» — tanto l'un servizio con i cavalli
-e le mule quanto l'altro con i buoi lo erano. — Non perchè si tratti
-di opere e prestazioni di natura diversa: in tal caso, (ne abbiamo un
-esempio nella legge teodosiana accolta da Giustiniano) il legislatore
-si sarebbe rivolto contemporaneamente a tutti e due, perchè, — è
-bene ricordarlo — Triboniano modifica la legge teodosiana in modo
-da adattarla a quella «plebs» che giustamente Gotofredo equipara ai
-coloni[105]; mentre qui invece abbiamo proprio una «plebs» distinta dai
-«possessores» di cui si occupa un'altra legge e questa «plebs» appare
-di condizione ben diversa a seconda che sia indicata o no come _extra
-muros posita_. E, di più, questa differenza di opere è legata con
-una differenza giuridica rilevantissima, riguardo alla soggettività;
-soggettività equiparabile e simile, ma certo non identica a quella dei
-«possessores», dal momento che di questi si occupa una legge a parte.
-L'aver potuto riconoscere che esiste una speciale categoria di «plebs
-rustica» direttamente assoggettata all'imposta è cosa di importanza
-rilevante, che dà a questa categoria una fisonomia singolare ed una
-autonomia tutta propria così di fronte alla città come di fronte al
-resto della _plebs rustica_ del contado, in un ambito che tutto porta a
-credere essere stato quello dei _Mille Passus_. Questo riconoscimento
-modifica, se non m'inganno, ciò che fino ad ora si è ritenuto in
-proposito e mostra come la concezione della città e del suo territorio
-avuta fino ad oggi non sia stata completa. E siccome uno studio delle
-nostre città medioevali deve muovere da un esame accurato della città
-romana, ognun vede l'importanza di questa constatazione. Essa sarà
-ancor meglio messa in evidenza nel corso del lavoro.
-
-Intanto vediamo se si hanno altre prove dell'esistenza di una zona di
-territorio intorno alla città governata da un regime giuridico diverso
-da quello del restante territorio e i limiti e l'estensione di essa.
-
-Vediamo dei beni pubblici.
-
-
-§ 8. — Senza scendere ad un esame della distinzione fra la «res
-publica» e la «res in patrimonio fisci»[106], che non c'interessa
-ex professo, vediamo come gli scrittori hanno distinto i beni comuni
-pubblici.
-
-Unico, si può dire, che abbia tentato una classificazione in questa
-materia, è il Rudorff[107], alla cui opinione hanno acceduto tutti gli
-scrittori successivi dal Brugi[108], al Roberti[109], al Calisse[110],
-al Finocchiaro-Sartorio[111]. Secondo il Rudorff tali beni si possono
-distinguere in tre categorie. La prima comprende tutti i beni che
-appartengono al municipio come persona giuridica ben distinta dai
-suoi componenti e che — e questa è considerata come caratteristica —
-non possono essere alienati. Tali sono, per un verso, le strade, le
-piazze, le mura, le porte e gli edifici pubblici, «theatra, stadia
-et similia» e dall'altro quelle terre, quei pascoli e quelle «silvae»
-che «in tutela rei urbanae adsignatae sunt». Nella seconda categoria
-sono i beni — anch'essi generalmente pascoli e boschi — appartenenti
-alla comunità non come ente, ma come aggregato di persone che di essi
-potevano godere dietro il correspettivo di un canone. La terza era
-costituita dai beni appartenenti non a tutti i cittadini, ma ad un
-gruppo di essi, con un rapporto di diritto prevalentemente pubblico,
-quantunque non scevro di infiltrazioni, talvolta molto forti, di
-diritto privato. I beni di queste due ultime categorie, a differenza di
-quelli delle prime, erano alienabili.
-
-Secondo il Rudorff, dunque, i beni dell'«universitas» sono inalienabili.
-
-Io non condivido la sua opinione.
-
-Beni comuni a tutti i cittadini, intanto, sono soltanto le cose
-«publicatae, ab eo qui jus publicandi habuit»[112], sulle quali tutti
-i cittadini hanno «iure civitatis», non «quasi propria cuiusque»[113],
-diritto di uso conforme alla destinazione e limitato in modo da rendere
-possibile uguale uso da parte degli altri. Ma non erano inalienabili:
-le fonti ci mostrano la procedura facile e piana con cui si toglievano
-all'«usus publicus» e si alienavano[114]. Non era il carattere di uso
-pubblico che ostasse, ma il consenso dell'imperatore, rappresentante
-della volontà preminente del popolo romano. E quando, dopo Caracalla,
-ogni predominio di Roma fu giuridicamente spento nell'equiparamento
-comune, anche il consenso imperiale, poggiato soltanto su ragioni
-finanziarie, per il fatto che ogni bene delle città fu considerato come
-la garanzia delle imposte, non tardò a sparire. Teodosio e Valentiniano
-nel 443 autorizzano espressamente le città a vendere i loro beni in
-caso di bisogno[115].
-
-Nè meno impreciso è il carattere preso a distinzione fra i beni della
-prima e della seconda categoria. È vero che per i beni della seconda
-specie si ha il pagamento di un «vectigal»[116]; ma questo non può
-essere preso come criterio distintivo. Lo stesso Igino, che chiama
-«vectigal» il canone pagato, distingue in diverso modo gli «agri
-vectigales», i quali, secondo lui, «sunt obligati quidam reipublicae
-populi romani, quidam coloniarum aut municipiorum aut civitatum
-aliquarum». Egli, dunque, distingue i «bona vectigalia» dello Stato
-romano da quelli delle città suddistinte alla lor volta in «coloniae»,
-«municipia» e «civitates»[117].
-
-In realtà, se non m'inganno, a base della teoria del Rudorff sta
-un equivoco causato dalla tendenza a trasportare idee moderne sulle
-condizioni antiche troppo naturalmente diverse.
-
-Nell'epoca nostra, quantunque tale materia presenti difficoltà non
-lievi[118], si hanno sicuri elementi di giudizio. Lo Stato nostro non
-è più costituito da un insieme di classi o di persone una sola delle
-quali domina e governa; ma risulta dalla stretta unione di un nucleo
-di abitatori con un determinato territorio, su cui si aderge un governo
-che è l'emanazione della volontà di questi e che ha per mira il bene di
-tutti con il minor sacrificio possibile dei singoli. E questo grande
-concetto è mirabilmente servito dal duttile istituto della persona
-giuridica, che, teoricamente perfezionata da Savigny, ha preso ora
-larghissimo e degno sviluppo. Ne consegue che criterio di distinzione
-fra i diversi beni sarà, oltre l'appartenenza, la destinazione; e a
-questo criterio potrà tener dietro, sebbene non sempre, ed in ogni modo
-sempre come effetto non necessario, anche l'amministrazione.
-
-Nel diritto romano manca il grande concetto delio Stato moderno e
-di più nell'antichità, quantunque lo Stato sia un'entità concreta,
-mirabilmente perfetta, della fenomenologia sociale, non è un'entità di
-diritto. Lo Stato, come soggetto di diritto, coincide con il «populus
-romanus» e tutto ciò che a questo appartiene e che lo concerne, fu
-considerato come parte integrale della sua natura pubblicistica, così
-per le cose, come per i crediti e le obbligazioni patrimoniali e per
-l'acquisto dei diritti[119]. Inoltre nell'antico diritto romano ogni
-istituto di diritto pubblico trova il suo substrato in un istituto di
-diritto privato, poichè rami interi di questo, originariamente estranei
-al diritto pubblico, vi sono col tempo trapassati[120]. Si deve anche
-aggiungere che l'elemento, più che principale, unico, considerato
-dal diritto romano nelle persone giuridiche è quello personale;
-l'«universitas», il «collegium»[121]. E così se originariamente
-pubblici erano solo i beni del popolo romano[122], come pubblico
-era solo il diritto che «ad statum rei romanae spectat»[123], più
-tardi, essendosi l'imperatore considerato come il rappresentante del
-popolo romano, i beni di lui, appunto perchè suoi, furono investiti
-di carattere pubblico anche se per destinazione e per uso non erano
-tali. Invece sotto altri aspetti si faceva una deviazione a questo
-principio. Infatti come conseguenza dell'applicazione del sistema di
-autonomia così usato dai Romani nelle conquiste, a poco a poco, più o
-meno intensamente nei diversi casi, si equipararono le singole città
-all'«Urbs» e si finì col chiamare pubblici, sebbene impropriamente,
-anche i beni di queste.
-
-E, inoltre, la teoria rudorffiana pecca anche per altre inesattezze
-non lievi. Non tien conto del fatto, rimarcato per la prima volta
-dal Niehbur e confermato dalle indagini successive[124], della gran
-varietà di condizioni di elementi e di vita delle città, ammessa e
-consentita da Roma che si limitò, anche in seguito, ad adattarlo e
-generalizzarlo[125]. E, per di più, ha raccolto indifferentemente
-materiali di ogni tempo e di ogni provenienza senza esaminare se l'uno
-poteva essere accoppiato con l'altro.
-
-Quel «vectigal» — prendo l'esempio più alla mano — sul pagamento o meno
-del quale egli fa gran conto, indica propriamente il reddito ricavato
-dai beni pubblici e riscosso per mezzo dei pubblicani[126]. Invece più
-tardi da Ulpiano[127] esso ha avuto il significato di reddito di beni
-pubblici comunque pagato e riscosso. E tale cambiamento di significato
-fu, come ben si comprende, la conseguenza delle modificazioni subite da
-quei beni che, tolti ai vinti e dichiarati suolo pubblico, formarono
-la parte più importante e più produttiva dei beni dello Stato durante
-la repubblica e furono poi in massima parte distribuiti ai privati con
-le leggi agrarie del settimo secolo[128]. Considerare il pagamento del
-«vectigal» come peculiarità di certi beni — come fa il Rudorff — non è
-giusto per un duplice ordine di ragioni: anzitutto perchè il concetto
-l'estensione ed il valore se ne modifica rapidamente col modificarsi
-della costituzione di Roma e poi perchè non tutte le città, quando
-furono assoggettate all'egemonia di Roma, furono trattate alla stessa
-maniera[129]. E — aggiungo — anche se lo fossero state, beni pubblici
-delle città non furono mai quei «bona vectigalia» che furono, come si
-sa, distribuiti ai privati[130]; mentre invece ad esse fu conservata
-un'aliquota o la totalità dei beni, che già erano goduti in comune dai
-cittadini fino dalla fondazione della città stessa. Questi beni, in
-quanto avevano subìto più o meno intense modificazioni nella natura
-e nella funzione, si trovavano ad essere in condizioni diverse e,
-conseguentemente, sotto un regime giuridico differente da quello che
-regolava i beni comuni delle colonie, sia che fossero fondate «ex novo»
-oppure con una «deductio».
-
-E così il Rudorff non tien conto, da una parte, della mancanza di
-uniformità nei concetti giuridici sostanziali, dall'altra dei criteri
-differenziali portati dalla varietà dei tempi.
-
-Per quest'ultimo riguardo si potrebbe fare a mio parere una distinzione
-in tre periodi: uno (da suddividersi in altri minori, a seconda delle
-vicende della città presa a studiare) fino agli imperatori; un altro
-dal secolo primo alla fine del quinto e l'ultimo che comprenda le
-modificazioni apportate dagli ultimi imperatori romani di occidente e
-quelle ancor più gravi della legislazione gota e bizantina.
-
-Data la differenza enorme su accennata fra lo Stato romano ed il
-moderno, io non credo che la destinazione abbia in quello l'importanza
-che ha in questo e che, invece, criterio distintivo peculiare debba
-essere il sistema di amministrazione, che è, nel diritto attuale, un
-criterio quasi tutto affatto secondario.
-
-Non bisogna dimenticare, però, come la deficiente costituzione
-giuridica dello Stato romano impedisca che questo, come ogni altro
-sistema di distinzione, vada esente da qualche deviazione.
-
-Nell'anno 372 Valentiniano Valente e Graziano inibirono ai curiali
-la facoltà «conducendorum praediorum et saltuum reipublicae»[131];
-ventotto anni dopo ne completarono la disposizione con la legge «de
-locatione fundorum iuris enfiteutici et reipublicae et templorum»[132].
-Dal confronto di queste leggi si vede l'errore del Rudorff nel
-comprendere fra i «communia» delle città, considerate come persone
-giuridiche, le porte, le strade, le mura _et similia_; e le terre, i
-pascoli e le selve assegnati «in tutela rei urbanae».
-
-Nella seconda di queste leggi si considerano i «loca reipublicae,
-quae aut includuntur moenibus aut pomeriis sunt connexa», insieme con
-i «praedia» ed i «saltus» di cui parla la legge del 372, proibendo
-degli uni e degli altri la «conductio» ai curiali. Questi ultimi
-beni vengono distinti dalle mura, porte, strade, piazze, teatri e
-stadi, di cui parla Marciano[133], ossia «omnia aedificia publica
-sive iuris templorum intra muros posita vel etiam muris coherentia»,
-i quali, nel caso che «nullis censibus patuerint obligata», Arcadio e
-Onorio stabilirono nel 401 che «curiales et collegiati teneant atque
-custodiant»[134].
-
-E ciò, si badi, senza che manchi un esatto criterio di distinzione
-fra le due prime specie di beni: nell'un caso si parla di «loca»,
-nell'altro di «praedia» e di «saltus». «Locus», ce lo dice
-Fiorentino[135], «sine aedificio in urbe area, rure autem ager
-appellatur»: esso non è un «fundus,» come nota Ulpiano[136], «sed
-portio aliqua fundi». Ed è chiaro anche il processo di modificazione
-del concetto delle mura e delle porte. Da prima, per il simbolico
-e religioso modo con cui erano costruite, si consideravano come
-sante e pubbliche in quanto edifici destinati al culto, il quale
-era considerato come funzione di Stato. Più tardi un logico senso
-di differenziazione, senza far loro perdere il carattere religioso,
-li separa dagli edifici più propriamente destinati al culto,
-riconnettendoli ai beni pubblici ai quali erano da ascriversi per
-l'appartenenza, per la destinazione e per l'amministrazione.
-
-Arcadio e Onorio, con le due leggi del 400 e del 401, disciplinano
-nuovamente il regime dei beni pubblici, con la mira di stringere
-ancor più il cerchio di ferro, che univa le persone al luogo di
-origine[137]. Essi vogliono che i beni enumerati vengano affidati
-in perpetua conduzione, mediante il pagamento di un annuo canone
-congruamente determinato, ai _municipes collegiati et corporati_[138].
-Gotofredo, nel commento a questa legge, ritiene che «municipes»
-indichi i curiali, i decurioni; ma io penso invece che la parola abbia
-proprio il senso originario ristretto di «muneris participes recepti in
-civitate»[139]. Contro l'interpetrazione comune data da Paolo[140], a
-me sembra che urti la lettera della legge: _penes municipes corporatos
-et collegiatos_ URBIUM _singularum conlocata permaneant_. Ora _urbs_,
-lo sappiamo, ha un significato tecnico che ne circoscrive l'ambito
-al cerchio delle mura[141]. E sappiamo pure che base esclusiva
-dell'organizzazione agraria dei romani era la città, e che solo in
-essa i cittadini abitavano e risiedevano[142], con esclusione, come ho
-cercato di dimostrare, anche dei sobborghi[143].
-
-E c'è di più.
-
-Costantino proibisce ai curiali la conduzione dei PRAEDIA e dei SALTUS
-_reipublicae_, Onorio e Arcadio prima vogliono che i «LOCA _reipublicae
-quae_ (si noti) _aut includuntur moenibus aut pomeriis sunt connexa_
-penes municipes corporatos et collegiatos conlocata permaneant»; e
-l'anno dopo danno delle norme per l'_amministrazione_ di tutti gli
-AEDIFICIA PUBLICA _intra muros posita vel etiam muris coherentia_, i
-quali «aedificia», se «nullis censibus patuerint obligata», «curiales
-et collegiati teneant atque custodiant».
-
-Anche non ponendo mente che gli imperatori medesimi, regolando la
-stessa materia, non potevano dimenticare la norma emessa pochi mesi
-prima — onde si può credere che avrebbero usata la stessa frase se
-avessero voluto esprimere lo stesso concetto —; vi è un altro argomento
-che porta, se non erro, un valido sussidio alla mia ipotesi; ed è la
-clausola che non fossero obbligati a nessun censo, clausola che non può
-indicare se non l'occupazione di suolo pubblico permessa ad un privato,
-dietro il correspettivo di un canone, il cui nome tipico è appunto
-censo.
-
-Ed allora, se non m'inganno, scaturisce chiara una triplice distinzione
-dei beni comuni delle città:
-
-1) _praedia_[144] e _saltus_, cioè appezzamenti di terreno coltivabile
-o ad uso di pascolo da essere locati al migliore offerente;
-
-2) terre, aree, appezzamenti di terreno[145] entro la città o
-riconnessi al pomerio[146], da locarsi a cittadini collegiati o
-corporati;
-
-3) _aedificia_ entro la città o ad essa ricongiunti, i quali, fatta
-eccezione di quelli vincolati a privati dietro il pagamento di un
-censo, devono essere tenuti e custoditi dai curiali.
-
-I primi, del cui reddito i cittadini godevano solo indirettamente,
-potevano essere liberamente locati al miglior offerente. Ma gli altri
-beni, che si trovavano entro la città o in immediata vicinanza e ne
-toccavano più da presso la vita, potevano esser locati soltanto a
-cittadini («omnis venientis extrinsecus... ademptatione remota»),
-i quali offrissero serie garanzie, evitandosi modi di «occultae
-conductionis». Si richiedevano cittadini collegiati e corporati,
-uniti, cioè, in quei collegi ed in quelle corporazioni che, per la loro
-importanza, erano giustamente detti _membra urbis_[147]. Ad essi soli,
-che sostenevano carichi e pesi pubblici, si concedeva il vantaggio
-dei redditi di questi beni, dietro il correspettivo di un canone, che
-il ristretto numero dei concorrenti rendeva assai tenue; mentre se ne
-escludeva quella _plebs urbana_, che Costantino aveva dichiarata immune
-dalla _capitatio_[148] e che veniva a goderne indirettamente a traverso
-al censo annuo riscosso dal municipio ed adoperato a comune vantaggio.
-E, finalmente, gli edifici in città o nella cerchia del pomerio —
-rispettate le concessioni già perfette al momento della promulgazione
-della legge — non potevano essere ceduti; ed i decurioni, come
-rappresentanti della città, dovevano esercitare l'ufficio di vigilanza
-e di custodia di questi beni, che formavano parte integrante della
-città e dei quali tutti i cittadini godevano. Dunque, accanto a fondi
-comunque appartenenti alle città e dovunque situati, si distinguono le
-terre e gli edifici che sono entro le città stesse o sono ricongiunti
-ai loro pomerii.
-
-Quale sia il limite territoriale di questa ricongiunzione la legge non
-dice: segno evidente che la teorica e la pratica concordavano a pieno
-a questo riguardo. E poichè noi non conosciamo altro termine usato dai
-Romani fuori di quello dei _mille passus_, ritengo che appunto questo
-limite fosse pacificamente riconosciuto a base della costituzione dei
-tempi imperiali.
-
-
-§ 9. — Si è visto come la legge di Arcadio ed Onorio accenni anche agli
-edifici _iuris templorum_. Nessuna meraviglia che fossero considerati
-come pubblici in uno Stato in cui il culto era riguardato come una
-funzione statuale:[149] per il problema nostro importa vedere se
-abbiano qualche importanza le divisioni territoriali e più specialmente
-quella dei mille passi. Ammesso come vero ciò che io son venuto fin
-qui esponendo sulla differenziazione di questa cinta suburbana, nulla
-impedisce di supporre che il noto adattamento della Chiesa nelle
-circoscrizioni territoriali laiche non si sia arrestato davanti a
-quella. Ho già ricordato che i templi fuori delle mura sono così
-frequenti da essere giudicati di rito fino dalle prime età di Roma. Ma,
-se non è raro il caso di luoghi ove città suburbio e contado abbiano
-ognuno divinità differenti, come Roma, Aventicum, Selinunte, Segeste,
-Taormina, Samo, Fotidea ed altre[150]; le leggi di Arcadio ed Onorio
-del 400 e del 401, insieme con altri elementi, mostrano che questo
-stato di cose, fatta eccezione di Roma e, forse, di qualche altra
-città, col modificarsi della costituzione romana[151], finì col dare il
-posto ad un altro, nel quale le divinità del suburbio furono accolte
-fra quelle cittadine e la città ebbe un _pagus suburbanus_ ad essa
-ricongiunto per ragioni di culto.
-
-Tale è il _Pagus Aug. Felix suburbanus_ di Pompei[152].
-
-Il Mommsen, illustrando le numerose iscrizioni che lo ricordano, non
-ha creduto di poter giungere ad alcuna conclusione sicura, ed il Voigt
-non si è occupato di tale questione. Ma, considerando come la Chiesa
-cattolica si sia fatta un'arma contro il paganesimo soppiantandone le
-manifestazioni del culto[153] e sostituendo le proprie istituzioni,
-anche nelle divisioni territoriali già da quello costituite, a me
-pare che, se fonti più tarde e documenti attendibili mostrano con
-evidenza che la Chiesa, come norma generale, considerò la città insieme
-ad un cerchio più o meno esteso di territorio all'intorno[154], lo
-stesso si debba presumere essere avvenuto antecedentemente. E valga
-il vero: un documento pontificio interessantissimo toglie ogni dubbio
-a questo riguardo. Nell'aprile del 596 Gregorio Magno si rivolge a
-Mariniano «episcopo ravennati cum caeteris fratribus et coepiscopis
-et sacerdotibus, levitis, clero, nobilibus, populo militibus civitate
-Ravenna consistentibus vel _ex ea foris_ degentibus»[155]. Numerosi
-documenti, che appartengono ad un periodo successivo, provano il
-perdurare inalterato di uno stato di cose da secoli in vigore e
-spiegano il valore della espressione _ex ea foris_, che potrebbe essere
-interpretata in senso più lato che la frase non consenta. Per economia
-del lavoro e per non ripetermi, dovendo esaminare ad uno ad uno i
-documenti in parola nella seconda parte, riporterò ivi i testi, dai
-quali resulterà che l'unica ipotesi accettabile è che il pago suburbano
-si circoscrivesse nel limite dei _mille passus._
-
-
-§ 10. — Parlando del limite dei _mille passus_ rispetto al culto, ho
-accennato ad uno dei mutamenti su essi portati dagli ultimi secoli
-dell'impero d'occidente. Bisogna ora considerare tale questione in modo
-più ampio. E perciò è necessario gettare un colpo d'occhio, per quanto
-rapido, sulla vita cittadina nel suo complesso. Non intendo entrare
-in un esame minuto, quantunque non le condivida, nè dell'opinione del
-Declareuil[156], il quale ha sostenuto che la decadenza dell'impero è
-posteriore di un secolo a quanto si ritiene comunemente; nè di quella
-del Baudi di Vesme[157], il quale, in antitesi piena col Declareuil,
-pensa che già alla metà del secolo quarto l'organizzazione sia stata
-così completamente trasformata da essere del tutto spariti gli antichi
-duumviri giusdicenti, e sostituiti dovunque da un _comes_. A me basta
-considerare le trasformazioni del giuoco delle forze cittadine e le
-conseguenze che esse hanno avuto.
-
-La plebe, nel senso moderno della parola, cioè i nulla tenenti, non
-aveva obblighi e non aveva diritti: l'autorità risiedeva nelle curie
-e nei magistrati. Però, essendo tali organi troppo rigidi; siccome si
-era venuta formando lentamente una nuova classe, uscita dalla plebe per
-ragione di aumentate ricchezze, i suoi componenti, che erano i _minores
-possessores_[158], mentre venivano aggregati alle curie per tutti gli
-oneri, non avevano poi alcun vantaggio, nè difesa speciale. Di ciò fu
-incaricato il _defensor_[159], che fu istituito come rappresentante e
-tutore dei loro interessi dagli imperatori, i quali ne rilasciarono
-la nomina alle città: e queste vi procedettero per mezzo delle
-magistrature e delle curie, senza partecipazione alcuna della plebe,
-che, per essere stata esentata dalla _capitatio_ da Costantino e per la
-sua povertà, non poteva aver bisogno di uno speciale rappresentante,
-nè, logicamente, partecipare all'elezione di esso. La plebe non
-partecipava alla vita pubblica che attraverso alla Chiesa. La Chiesa,
-centro fino dal terzo secolo, di interessi per tutti coloro che dalla
-potestà laica erano meno favoriti, ottenuto pieno riconoscimento
-giuridico e politico, avocò a sè a poco a poco le funzioni degli
-antichi culti, ed al modo di essi fu considerata come funzione
-pubblica e le fu affidata parte rilevante di quell'azione civile che
-lo Stato più non poteva espletare. E poichè, come gli antichi canoni
-sanciscono[160], il vescovo, nominato dal clero e consacrato dal
-pontefice, deve essere eletto da tutti i fedeli; così anche quella
-parte della popolazione che ne era altrimenti impedita, riuscì a
-conseguire una partecipazione, per quanto tenue, alla vita cittadina.
-
-Per necessità di cose, però, la Chiesa, entrata nell'orbita delle
-istituzioni statuali ed uniformandosi ad esse, aveva ristretto
-l'originario _corpus christianorum_ nel _sacrum venerabile concilium_
-costituito dal corpo dei sacerdoti e l'azione della plebe nella
-costituzione politica sarebbe stata ben presto ridotta al nulla, se
-altre e più forti cause non avessero agito vigorosamente. Cominciata
-verso la fine del secolo quarto la serie delle invasioni barbariche,
-s'imposero riattamenti di mura e riordinamento dell'esercito. All'una
-ed all'altra cosa gli imperatori tentarono provvedere. Abolita
-l'antica libertà di disposizione di cui godevano le città per il
-riattamento e la conservazione delle mura[161], Arcadio e Onorio nel
-395 vollero destinata a tale scopo la terza parte del canone «qui ex
-locis fundisque reipublicae annua praestatione confertur»[162]: ma,
-essendosi questo reddito manifestato insufficiente, malgrado che alle
-città fossero state restituite le «possessiones» tolte ad esse dagli
-imperatori cristiani e donate alla Chiesa[163], l'anno dopo stabilirono
-un'imposta apposita, confermata più tardi da Onorio e Teodosio[164],
-che colpiva tutti indistintamente gli abitanti delle città — _ordines
-et incolae_[165].
-
-L'imposta alla quale _universi_ erano soggetti _portione suae
-possessionis et jugationis_, era reale e colpiva solo i possessori,
-compresi quei minori, più su ricordati[166]. Ma non bastava costruire
-e mantenere le mura: bisognava difenderle. E agli imperatori, riuscito
-vano ogni tentativo di riforma dell'esercito[167], ormai divenuto una
-esosa ed obbligatoria contribuzione di uomini e di denaro e precipitato
-dagli antichi nobilissimi elementi romani in un'accozzaglia spregevole
-di barbari, di servi, di schiavi e di coloni[168]; come era riuscito
-vano ogni tentativo di riorganizzare le curie e i collegi[169], non
-rimase che concedere ai cittadini l'uso, fino allora proibito[170],
-delle armi[171] ad esortarli a combattere per la difesa delle loro
-persone e delle loro case. Tale appello muove _ad populum_[172]
-Valentiniano, quando nel 440 Genserico si presenta minaccioso in
-Italia; e lo ripete in speciale modo ai Romani, che le mura aureliane,
-terminate da Onorio e restaurate da Probo, più non riuscivano a
-difendere[173], imponendo a tutti indistintamente — «nullus penitus
-excusetur» — la restaurazione e la «custodia murorum portarumque».
-
-Tutti i cittadini, ormai, anche i nullatenenti dovevano cooperare
-alla difesa della città: quegli oneri che prima gravavano direttamente
-sui patrimoni e sulle terre, si trasformano in pesi personali. Non si
-tratta soltanto di fornire i tironi e i cavalli: occorrono le forze e
-il braccio di tutti; ed il ferro barbarico, aprendo aspre ferite, pur
-nello strazio immane che ne consegue, oltre a deporre il germe fecondo
-del sentimento della necessità che tutti combattano e tutti difendano
-la propria città portò altre non meno gravi conseguenze.
-
-Prima di tutto si veniva lentamente formando quell'insieme dei meno
-favoriti, del quale si vede lo sviluppo successivo nell'_exercitus_
-cittadino delle città bizantine, che comprende tutti gli armati _qui in
-civitate inventi sunt a puero usque ad senem_[174].
-
-Inoltre fin che gli oneri gravavano su coloro che possedevano terre, il
-diritto di decisione spettava ai curiali, e più tardi, per mezzo del
-_defensor,_ a tutti i _possessores_; ed il maggior vantaggio spettava
-a quei _collegiati_ e a quei _corporati_ che soddisfacevano a tante
-necessità della vita pubblica: mutate le condizioni e resa necessaria
-la cooperazione di tutti; anche i minimi, che solo la Chiesa aveva
-uniti alla collettività cittadina, ebbero diritto alla partecipazione
-alla vita pubblica. E mentre già dal 443 Teodosio e Valentiniano[175]
-avevano riconosciuto loro il diritto di decidere in merito
-all'alienazione dei beni della città, i quali possono essere alienati
-solo _cum communi consensu_[176], così da Maioriano li vediamo ammessi
-all'elezione del _defensor: municipes, honoratos,_ PLEBEMQUE....
-_adhibito tractatu atque consilio_, egli stabilisce, _sibi eligant
-defensorem, factumque dematurent_[177].
-
-Ed anche la posizione giuridica di tali beni venne, conseguentemente, a
-mutare.
-
-Che le alienazioni di questi fossero divenute frequenti è dimostrato
-dalla costituzione del 443, che le proibisce quando non sieno promosse
-da uno stato di estrema necessità. Tali beni pubblici segnano ora il
-correspettivo dei nuovi aggravi militari richiesti ai cittadini, oltre
-l'obbligo normale imposto dalla costituzione politica. Di fronte allo
-Stato certe terre rappresentavano un certo contributo di soldati, di
-annona, di tributi: _praebitio tironum, praestatio annonae, tributorum,
-hospitalitatis_ etc. Talune, anzi, _terrae limitaneae, burgariae,_
-avevano questa sola massima e specifica funzione di servire agli
-obblighi della milizia. E da un punto massimo, segnato da queste terre
-limitanee, sulle quali, per l'intensità con cui erano colpite da oneri
-militari nessun'altra imposta gravava[178], si scendeva ad un minimo in
-quelle terre che dovevano fornire contributi di varia indole, ciascuno
-dei quali, e quello militare fra questi, era, necessariamente, meno
-rigido e meno esteso che nelle terre della prima specie. Oramai anche
-le città, per le continue esigenze della difesa, venivano accostandosi
-alla condizione giuridica di quelle colonie militari, per cui il
-servizio armato era scopo principale, e, come queste, erano obbligate
-alla _munitio_[179]. Tale obbligo era generale; sola differenza era che
-i coloni, appunto perchè tali, erano tutti proprietari di una terra;
-i cittadini no; e, quindi, nelle città le terre pubbliche dovevano
-più intensamente servire quasi di correspettivo al servizio personale
-richiesto ai cittadini. L'economia, ormai poverissima, non s'imperniava
-più sul denaro, ma sulla terra, che divenne il fattore dominante: e
-ne conseguì, naturalmente, l'aumento considerevolissimo delle persone
-risiedenti _in terra aliena_: come pure altre deviazioni giuridiche,
-tra cui quella che riconosce l'autorità di scacciare il _metator_, non
-soltanto al proprietario, ma anche alla stessa plebe, concepita così
-come in un rapporto stabile con la terra[180]. Questa ascensione della
-_plebs_ è importante anche da un altro lato: prima, come abbiamo visto,
-della tutela della _plebs_, sia _urbana_ che _rustica_ era incaricato
-il _defensor_. Di esso qui non si parla: prova evidente, a mio credere,
-che esso andava restringendo la sua autorità entro la cerchia delle
-mura o pochissimo al di fuori, anche prima che Maiorano con la sua
-costituzione del 458 sanzionasse ufficialmente questo mutamento[181].
-
-Questo forzato equiparamento di tutte le classi, fatta eccezione dei
-_senatores_ e dei più potenti, porta alla decadenza irrimediabile
-del _defensor_, e dà luogo alla trasformazione finale fattane da
-Giustiniano, il quale, quando riconquistò l'Italia, lo ridusse alla
-condizione di un semplice emissario del governo centrale[182].
-
-
-§ 11. — Tra le disposizioni di Maioriano e quelle di Giustiniano non
-corre soltanto un secolo: cade fra esse il regno di Odoacre e quello
-degli Ostrogoti. Nè l'uno nè l'altro furono senza conseguenze sulla
-costituzione italiana, ma il primo, per la sua corta durata, non segnò
-che il principio di un sistema, che divenne normale solamente con i
-Goti.
-
-Odoacre, come è noto, concesse ai suoi soldati il terzo delle
-terre romane, e queste, dopo la sconfitta di Ravenna, furono date
-agli Ostrogoti. Siccome questi erano in maggior numero dei primi
-ed accolsero anche nelle loro file numerosi gruppi dei precedenti
-conquistatori[183] furono necessarie altre terre, le quali vennero
-distribuite con equanimità rimasta famosa, dalla _tertiarum deputatio_
-presieduta da Liberio e furono assegnate con i _pittacii_[184].
-
-Le terre pubbliche, nella terribile condizione in cui si trovavano
-le curie[185], vennero incamerate dal fisco del re, il quale, per
-mezzo del _curator_, sotto il controllo diretto del _comes Gothorum_,
-invigilò sui prezzi, sulle vendite, sulle distribuzioni dei generi di
-prima necessità[186].
-
-Ma se questo fu l'andamento generico, noi non sappiamo con precisione
-le vere condizioni dell'assegnazione. Bisognerebbe conoscere la grande
-varietà di usi e di consuetudini, che risalivano ai primi tempi della
-conquista romana; usi che l'Impero non aveva unificato e di cui si
-intravede l'esistenza in quel diritto romano volgare, formatosi nella
-pratica accanto al diritto romano classico[187]: diritto volgare che
-ebbe, come si vedrà, singolari manifestazioni anche nel campo del
-diritto pubblico.
-
-L'importanza dei Goti non deve essere considerata soltanto per la
-azione che i resti di questo popolo sopravvissuti alla sconfitta finale
-e rimasti in Italia, possono avere esercitata, servendo quasi di ponte
-di passaggio verso la più fiera invasione germanica[188]; bensì deve
-essere considerata per l'influenza decisiva che la costituzione gotica
-ebbe in Italia durante il regno barbarico.
-
-È fuori di dubbio che le curie rimasero, benchè in tristissime
-condizioni. Quanto al rimanente della popolazione urbana, il Gaudenzi,
-basandosi sul cap. 64 dell'editto teodoriciano, che stabilisce
-che l'uomo libero _nulli obnoxius civitatis_, che abbia violata
-un'ancella altrui vergine, sia sottoposto ad una vigorosa fustigazione
-e poi _vicinae civitatis collegio deputetur_, ritiene che lo Stato,
-obbligando tutti i collegi solidalmente al pagamento integrale della
-_lustralis collatio_, li abbia costretti a fondersi in un collegio
-unico divenuto servo della città[189].
-
-L'idea contiene, secondo me, gran parte di vero; ma non mi pare che
-quella fusione dei collegi, diversi per attribuzioni, per mansioni
-e per lavoro ed ognuno dei quali, in quanto «obnoxius civitati», era
-obbligato a certe peculiari prestazioni, sia avvenuta nel modo indicato
-dal Gaudenzi. Io ritengo che la diversità etnica dei Goti e dei
-Romani, la differente condizione sociale ed economica e la differenza
-di culto, abbiano strette tutte le classi romane meno elevate — non
-le sole corporazioni — in un rude isolamento. I Goti soli avevano il
-diritto alle armi, ed essi soli erano esenti da imposte[190]; e, di
-più, il concetto politico di Teodorico, che giustamente prevedeva
-nell'affratellamento livellatore della Chiesa cattolica,[191]
-l'affievolirsi di ogni egemonia del suo popolo, tenne lontani i
-vincitori dai vinti, dei quali, come abbiamo veduto, anche gli infimi
-erano entrati a far parte della vita cittadina. Oltre le imposte in
-denaro ed in natura, bisognava richiedere di continuo le prestazioni
-personali, per la necessità della difesa, delle fortificazioni, dei
-trasporti, dei servizi sussidiarï, delle opere pubbliche[192]. E
-come da un lato la popolazione diminuiva sempre più[193] e dall'altro
-l'artigianato andava ognor più disgregandosi[194], gli Eruli prima ed
-i Goti dopo, furono tratti a considerare la città tutta — corporati e
-non corporati compresi — come solidalmente responsabile delle imposte
-e delle prestazioni, ed ogni individuo come legato ad una determinata
-città: _obnoxius civitati_, come dice Teodorico[195].
-
-Già le fonti romane degli ultimi anni del secolo quarto parlano del
-_consortio_ cittadino ad _portus et aquaeductus instaurationem_, ed al
-tempo di Giustiniano lo si vede esteso alla _murorum extructionem_,
-da cui nessuno può essere scusato[196]. Teodorico, parlando delle
-persone che potevano esser possedute per un trentennio ricorda i
-curiali, i collegiati ed i servi[197]. Ma, a provare che con la
-parola _collegiati_ non s'intendono solo i corporati, ma tutti i
-cittadini vincolati alla città, mi sembra decisivo il raffronto col
-Breviario Alariciano[198], il quale conserva la disposizione del Codice
-Teodosiano,[199] con cui si richiamano alla loro città i collegiati
-fuggitivi, mentre non conserva alcuna delle molte costituzioni che
-concernono le corporazioni.
-
-Dunque _collegium_ indica tutti i vinti legati alla città, non i soli
-corporati.
-
-Di più i Goti portarono una modificazione sostanziale che, se ebbe poca
-efficacia dove la dominazione bizantina potè cancellarne gli effetti,
-ne ebbe però grandissima nel territorio conquistato dai Langobardi.
-Essendo stato tolto ai Romani l'uso delle armi, ma non gli aggravi
-accessori ed annessi al servizio militare, questi, uniti agli altri
-obblighi finanziarî ed amministrativi ed ormai consuetudinarî, si
-fusero e si confusero con essi, e gli oneri delle albergarie, dei
-trasporti, del rifacimento e costruzione delle mura, delle strade,
-degli edifici pubblici[200] etc., per i quali occorreva così il
-materiale, come la mano d'opera, cambiarono la loro natura giuridica.
-
-Per il fatto che tutti vi erano sottoposti, sparì l'antica massima
-romana che distingueva gli oneri rurali dai cittadini, per ragione
-della sostituzione possibile solo nei secondi: per il fatto che
-vi erano astretti anche i nullatenenti, venne una limitazione al
-tradizionale concetto dei _munera patrimoniorum_[201], dalla quale
-scaturì un sistema che ebbe a base l'ibrido concetto dell'abitazione.
-
-E così fu ristretto ancor più l'elemento personale poggiato su una
-capacità che già da tempo si era venuta ognor più limitando nel diritto
-di mutar sede, ed il quadro fu completato: soggetto all'_auctor_ il
-commendato, soggetto al proprietario il residente in terra altrui,
-vincolato il colono alla terra, legato l'operaio alla corporazione, il
-decurione alla curia e, ora, anche il cittadino alla città.
-
-Il dualismo fra il partito nazionalista e quello romanizzante,
-scoppiato violento alla morte di Teodorico e terminato con la disfatta
-finale dei Goti, stremando ancor più l'Italia con rovine e con stragi,
-ribadì il ferreo anello che strozzava le città.
-
-Le terre comuni cittadine furono incamerate, come ho detto, dal fisco
-regio, il quale ne ebbe la proprietà fino ad allora goduta dalle città;
-ma, apparentemente, non si portarono modificazioni gravi allo stato di
-cose precedente, perchè i cittadini continuarono a goderne. Si instaurò
-così un diritto d'uso che trovava la sua base nella consuetudine
-anteriore e i suoi limiti nella volontà regia[202].
-
-
-§ 12. — Le prime circoscrizioni ecclesiastiche, le urbane,
-sostituendosi a quelle pagane, ne avevano calcato le linee. E come
-queste comprendevano con la città i mille passi, anche la parrocchia
-cittadina ebbe a conseguire gli stessi confini. Infatti un'antichissima
-tradizione cattolica, consacrata nei canoni e nei concili, considera
-il vescovo, oltre che come supremo gerarca nell'ambito della diocesi,
-anche come titolare della parrocchia della città cui il vescovo
-è preposto: il pontefice stesso, prima di essere il capo della
-cristianità, è il parroco di Roma, e come tale, fino al penultimo papa,
-il primo atto compiuto da lui era la visita alla chiesa di S. Giovanni
-in Laterano, considerata come la matrice di Roma.
-
-In questo ambito, la Chiesa, come chiesa cittadina, esercitò le sue
-funzioni religiose e le statuali; ma non riuscì ad equiparare le
-condizioni della plebe rustica _extra muros posita_ a quelle della
-plebe cittadina. Due cause egualmente invincibili vi si opposero: da
-un lato il criterio dell'inamovibilità dal fondo, ormai predominante;
-dall'altro l'azione del fisco bizantino che subentrò a quello gotico
-con qualche nuova e maggiore estensione.
-
-Infatti nella costituzione del Codice giustinianeo[203] riportata
-più su, si mira a proteggere la _plebs rustica extra muros posita_,
-sia che risieda in terra pubblica che in privata, dalle angherie del
-_rationalis_, mentre quella rustica in genere è tutelata contro le
-angarie di coloro che «rectoribus provinciarum obsequuntur». E questo
-e la diversità dell'_obsequium_, che l'una e l'altra plebe è costretta
-a fornire, provano come la prima rientrasse nelle grandi linee
-della plebe rustica piuttosto che di quella urbana: tanto più che la
-legislazione imperiale mirava a considerarla come assimilabile a quella
-dei fondi imperiali[204].
-
-Ma se la Chiesa non riuscì a fondere la _plebs rustica extra muros
-posita_ con la _plebs urbana_, nemmeno all'impero riuscì ad equipararla
-a quella colonica. E ciò per varie cause: la mancanza nella nostra
-Italia del latifondo, nel senso che questa parola ha per l'Africa;
-il formarsi del colonato dal fissarsi dei patti stabiliti nelle
-prestazioni coloniche, prima a tempo e poi perpetue; il mantenersi
-immutato delle circoscrizioni romane, per le quali le terre ove questi
-abitavano furono sempre distinte dal contado e sottratte all'arbitrio
-modificatore di un singolo; l'azione coordinante della chiesa per la
-quale tutti i membri di una determinata circoscrizione sono parificati
-nel diritto di eleggere il proprio antistite; la breve durata
-della legislazione bizantina. Tutte queste cause impedirono che la
-legislazione imperiale avesse il suo effetto e favorirono il mantenersi
-di questa classe singolare fra la popolazione cittadina e quella
-propriamente rurale.
-
-Così al quadro delle classi sociali si deve aggiungere una nuova
-gradazione fin qui ignorata; così al confronto del Beaudoin fra i
-doveri dei cittadini verso la città e i doveri dei coloni verso il
-_fundus_, bisogna immettere un terzo elemento medio — la _plebs rustica
-extra muros posita_ — alla quale realmente si possono contrapporre gli
-altri due, perchè quest'ultimo ha diritti ed oneri, che corrispondono
-alla condizione giuridica degli altri.
-
-
-§ 13. — Resta che consideriamo ora le divisioni territoriali interne
-della città.
-
-La grandezza di Roma cominciò quando le originarie tribù precittadine
-si fusero in nuovi nuclei legati alle circoscrizioni territoriali,
-che delle antiche tribù conservarono solo il nome, ciò che è segno
-dell'armonica e completa fusione degli elementi etnici cittadini. Le
-tribù cittadine, che per lungo tempo rimasero immutate nel numero e nei
-confini, erano indicate tutte con nomi locali: _suburana, esquilina,
-collina_ e _palatina_. La posteriore divisione del territorio, su
-diciassette tribù, dà un solo nome locale: _clustumina_, mentre le
-altre portano tutte il nome di qualche gente patrizia[205], sotto il
-patronato della quale si trovavano.
-
-La tribù era insieme una divisione territoriale ed amministrativa,
-in base alla quale, sotto la direzione dei _curatores tribuum_, si
-faceva il reclutamento, il censimento e la percezione del _tributum_.
-Per esse si compievano anche offici religiosi, per mezzo di collegi
-— _collegia compitalicia_ — presieduti dai _magistri_, onorando
-i _lares compitales_ con feste annuali che ebbero appunto il nome
-di _compitalia_, e si provvedeva alla _cura urbis_ per mezzo dei
-pretori[206].
-
-L'importanza della tribù aumentò con la repubblica, a tutto scapito
-dell'elemento strettamente territoriale di essa, poichè, rimasta
-politicamente intatta, finì con l'essere sostituita amministrativamente
-dai _vici_, nati e causati dall'enorme incremento della città.
-
-Il Marquardt[207] sostiene che i _vici_ ricevettero un carattere
-amministrativo officiale da Augusto, ma a me sembra che il passo di
-Svetonio, dove si parla del _recensum populi_ ordinato da Cesare come
-_praefectus morum_ e compiuto _nec more nec loco solito sed_ VICATIM
-_per dominos insularum_[208], sia da interpetrare come l'annuncio di un
-nuovo sistema officiale della distribuzione della popolazione per vici
-nella costituzione politica. Difatti lo stesso Svetonio, nella vita
-di Augusto[209], si limita a dire che egli ripetè ciò che aveva fatto
-Cesare. Non per questo io intendo dire che il concetto del Marquardt
-sia privo di base; ma esso va inteso nel senso che Augusto, iniziatore
-del principato, attuando questo sistema, ne rendeva normale l'uso per i
-propri successori.
-
-È logico ammettere che, anche prima del loro riconoscimento giuridico,
-questi vici compissero funzioni necessarie alla vita sociale del tempo
-e, verosimilmente, funzioni religiose.
-
-Festo conosce tre specie di _vici_: i _rustici_, aggregati di case in
-campagna; i _suburbani_, aggruppamenti di edifici, «continentia» alle
-mura della città che «itineribus regionibusque dissimilibus discriminis
-causa sunt dispartita»[210] e, finalmente, gli _urbani_ propriamente
-detti, i quali originariamente erano costituiti dal _pervium_ per il
-quale «habitatores ad suam quisque habitationem habent accessum». Il
-Digesto ha appunto un passo in cui si delimitano i casi, in cui questi
-vici debbono essere considerati come _viae publicae_ e come _viae
-privatae_[211]: e da esso appare come questi strettissimi vicoli,
-_angustissimae semitae_, come dice Cicerone[212], o _tenues vici_,
-come li chiama Marziale[213], erano contrapposti alle _viae_, dette
-anche _plateae_ dal glossario latino parigino[214], che erano le _viae
-latae a porta in portam_, e che, secondo l'antichissimo sistema latino
-accolto da Roma e da questa applicato in tutte le colonie, dividevano,
-intersecandosi perpendicolarmente nel _forum_, la città in quattro
-parti.
-
-I vici, come istituzione amministrativa, erano una specialità di Roma
-e forse, ma è molto discutibile, di qualche altra città. Cesare,
-nelle prescrizioni di edilizia e di viabilità della sua _lex Julia
-municipalis_, non parla mai di _vici_, ma sempre di _viae_. Il De
-Marchi[215], che tende a non far distinzione fra Roma e le altre città,
-crede che queste ultime, infinitamente più piccole della metropoli, —
-come conosciamo dall'estensione, molto ristretta, del loro circuito
-— non avessero altra divisione che quella in quartieri e che questi
-fossero delimitati dalle _viae_. Infatti delle grandi città solo la
-_notitia urbis_ di Costantinopoli nomina per quartiere un certo numero
-di «collegiati qui e diversis corporibus ordinati, incendiorum solent
-casibus subvenire». Ma anche ammettendo — e non si può farlo senza
-grandi riserve — che qui per quartiere si intenda proprio la quarta
-parte della città, il Declareuil[216] fa giustamente osservare che
-altri passi[217] fanno ritenere che questo fosse l'eccezione e non la
-regola. Ed in realtà solo a Bisanzio, a Roma, più tardi a Ravenna e a
-Napoli, troviamo la divisione in _regiones_: divisione di cui non si ha
-traccia quasi in nessun'altra città[218].
-
-Attribuzioni specifiche di vero interesse municipale non vengono
-affidate a questi quartieri durante la repubblica ed i primi secoli
-dell'impero: ma non per questo debbono essere rimasti senza importanza
-per la popolazione cittadina, specialmente plebea, per ragioni del
-culto speciale che in essi si celebrava. Lo dimostra il fatto che hanno
-continuato a sussistere per tutto questo tempo; e più tardi, quando,
-forse per l'avvento del cristianesimo, stavano per perdere la loro
-ragione di essere, furono rinvigoriti dal sistema delle distribuzioni
-granarie.
-
-Si è molto discusso se tali largizioni, almeno come istituzioni normali
-e periodiche, avvenissero in tutte o almeno in gran parte delle città
-dell'impero[219]. In realtà i municipi non erano obbligati a nutrire
-la plebe e fare ad essa distribuzioni gratuite[220]: i rescritti
-imperiali di Marco Aurelio e di Vero stabilivano i prezzi cui si
-poteva e doveva vendere il frumento[221], ma lo zelo dei particolari vi
-suppliva così spesso che le fonti stesse parlano di queste elargizioni
-e le disciplinano. Inoltre se varii indizi fanno pensare che queste
-costituzioni imperiali sieno decadute nell'osservanza durante il corso
-del terzo secolo, come si dovrebbe indurre dal passo di Erodiano in cui
-si parla delle casse frumentarie della città della Gallia, di cui si
-impadronì Massimino: la presunzione diviene sempre più sicura quanto
-più, coll'avanzarsi della decadenza, si trasforma la costituzione
-politica, e la plebe, caduta nella desolazione generale, entra a far
-parte della cittadinanza.
-
-Come dissi, il suo primo ingresso essa lo fa indirettamente attraverso
-la Chiesa, la quale, con quella virtù di adattamento splendidamente
-lumeggiata dal Fustel de Coulanges, si appropriò quanto più potè
-degli ordinamenti laici statali. A quel modo stesso che, come risulta
-certo, fu affidata al vescovo la sorveglianza sulla vendita del pane
-e degli altri commestibili[222], possiamo presumere che, quando la
-miseria impose le distribuzioni gratuite[223], queste fossero fatte,
-con tutta probabilità dal vescovo[224]. E dato che tutte le classi
-della città erano chiuse nei rispettivi collegi, ordini e numeri, fatta
-eccezione della parte della cittadinanza a cui queste particolarmente
-si rivolgevano e che pure doveva esser determinata, la divisione
-unica possibile sembra essere stata quella dei quartieri, i quali —
-mantenutisi sempre — si rendevano ora necessari anche per la difesa
-e la manutenzione delle mura imposte a tutti i cittadini. Oltre alle
-conseguenze già accennate, ne scaturì il bisogno di una divisione
-territoriale della città più consona ad accogliere il nuovo sistema
-dell'_exercitus civium_. Nei grandi centri, dove la costituzione
-corporatizia perdurò più a lungo, l'influenza della schola bizantina
-si fece assai sentire, anche nella distribuzione territoriale delle
-_regiones_. Così a Roma, a Ravenna, a Napoli ed in qualche altra città.
-Negli altri luoghi, dove il centro urbano non si era scostato molto
-dalla primitiva distinzione in quartieri, questi restarono a base di
-tutto l'ordinamento.
-
-I _corpora_, gli _ordines_, i _numeri_, ormai stremati, erano incapaci
-di un'azione salda e forte; e così furono assegnate alle divisioni
-territoriali tutte quelle incombenze di cui la città, auspice ormai la
-Chiesa, era tuttora capace. Ed era pur fatale che fosse così! Ormai
-tutto faceva pernio sulla terra ed anche le divisioni delle città
-subirono la prevalenza dell'elemento terriero.
-
-La venuta dei Goti, più che modificato, sembra che abbia aggravato e
-reso più rigido questo sistema, il quale serviva mirabilmente a fondere
-la città nell'unico _collegium civitatis_.
-
-Nè diversamente agì la breve dominazione bizantina. Ma questa, però,
-portò una modificazione sostanziale, di cui le fonti gotiche non ci
-danno nessun indizio e che, quindi, si deve attribuire esclusivamente
-al sistema tributario bizantino.
-
-Sappiamo che il fisco del re goto si era appropriato la massima parte
-delle terre pubbliche, ma non pare che toccasse la posizione giuridica
-della _plebs rustica extra muros_ nella sua relazione con la città e
-più propriamente col vescovo: tanto più dato il sistema di tolleranza
-adottato da Teodorico.
-
-Giustiniano, invece, col sostituire il fisco suo a quello dei Goti,
-non riuscì ad eguagliare le terre intorno alla città alle altre terre
-fiscali, come era sua intenzione, nè a staccarle dalla città, cui la
-parrocchia cittadina ed i diritti di uso le legavano, ma privò coloro
-che vi risiedevano dei vantaggi inerenti alla città stessa e cioè della
-partecipazione alle distribuzioni ed alle elemosine, che il vescovo
-faceva alla plebe delle città, preparando così il terreno a successive
-modificazioni ancor più gravi, delle quali studieremo lo svolgimento
-nel capitolo seguente.
-
-
-§ 14. — In conclusione, mentre nella città la popolazione,
-tradizionalmente divisa negli antichi nuclei, si polarizza verso le
-nuove più pratiche e più feconde divisioni territoriali, le quali,
-pur senza acquistare per varî secoli ancora consistenza giuridica,
-esercitarono tuttavia notevole azione sulla vita cittadina; al di
-fuori, in contatto immediato, si mantiene una classe che non è più
-di liberi, ma non è nemmeno di coloni. Ed a questa classe è dovuta in
-gran parte, come vedremo, la meravigliosa fioritura dei nostri comuni
-medioevali.
-
-La vecchia Roma, negli ultimi suoi secoli, preparava il terreno agli
-istituti che, rinsanguati dai Germani, formarono poi il sistema
-dello Stato barbarico; ma quella fatidica fattrice di civiltà non
-dimenticò il mezzo perchè anche il feudo, con l'evolversi dei tempi,
-avesse a cadere, e perchè su di esso si formasse una nuova e più
-elevata civiltà. Ed attorno alla città, dove restò la culla delle
-manifestazioni civili, pose una mirabile cinta contro cui si spuntò
-l'ira rapace dei dominatori terrieri e si infranse l'azione torpida del
-sistema curtense. E come già dalla fine del secolo quinto aveva dato il
-nome all'elemento fondamentale del feudo, — il _beneficium_ — alla fine
-del sesto non mancò di darlo a questo circuito. E l'una e l'altra volta
-con la voce dell'organo allora più vitale della romanità: la Chiesa.
-Come Pietro Crisologo ricorda il «beneficium»[225], così Gregorio Magno
-parla della _massa_ nel senso di quella parte più aderente alla città
-e pur fuori di essa, che serve a nutrir questa e ne forma quasi una
-necessaria appendice.[226]
-
-
-
-
-PARTE SECONDA
-
-La città langobarda-franca
-
- § 1. _Territorium._ — § 2. _Suburbium_. — § 3. _Campanea_. — § 4.
- _Bona publica_ e _arimanniae_. — § 5. Il _populus_ cittadino. — §
- 6. I suoi elementi: _pars ecclesiae, pars publica, cives_. — § 7.
- La Chiesa come istituzione cittadina. La pieve: origine, elementi
- (territorio, clero, parrocchiani, decime, oblazioni, beni) e
- sviluppo. Modificazione di essa e origine della parrocchia a tipo
- moderno; le chiese cardinali. — § 8. Il mercato cittadino. — § 9.
- Il centro urbano e la sua natura giuridica. — § 10. L'assemblatorio
- cittadino. — § 11. L'assemblea regionale langobarda. — § 12. Azione
- dell'uno e dell'altra nella costituzione della città. — § 13. Le
- divisioni territoriali interne della città. Conclusione.
-
-
-§ 1. — Ai tempi della discesa dei Langobardi, il territorio
-giurisdizionalmente soggetto ad ogni città era, adunque, costituito dal
-_territorium_, dal _pagus suburbanus_ e dall'_urbs_.
-
-Bisogna ora vedere se la nuova invasione abbia portato cambiamenti e
-quali.
-
-Cominciamo dal _territorium_.
-
-Per il primo il Muratori suppose che, pur con qualche eccezione[227],
-le circoscrizioni ecclesiastiche normalmente coincidessero con quelle
-civili[228] e, più tardi, le giuste osservazioni del Beretta[229],
-confermate da buone ricerche particolari[230] e completate
-dall'esauriente indagine del Pabst[231], ne convalidarono l'opinione
-con prove così sicure, che un insistervi da parte mia sarebbe
-completamente superfluo, se con il problema da essa prospettato non
-fosse intimamente connessa un'altra questione, sulla quale, per la
-sua importanza, da gran tempo s'affaticano gli studiosi, senza essere
-riusciti fino ad ora a conclusioni soddisfacenti: la questione,
-notissima, delle controversie vescovili per l'estensione del territorio
-diocesano.
-
-Gli scrittori ammettono tutti come sicuro che prima dei Langobardi
-i confini ecclesiastici coincidessero perfettamente e dovunque con
-quelli civili e che ai Langobardi si debba il perturbamento di cui
-le controversie in parola sono la manifestazione. Qualcuno[232], più
-radicale, sostiene senz'altro che i Langobardi non assegnassero ai
-distretti amministrativi gli stessi confini delle diocesi: altri,
-seguito dai più, ha ritenuto più probabile che i Langobardi, per
-sistema, mantenessero le antiche divisioni territoriali e che le
-vertenze vescovili sieno nate dal fatto che nei luoghi dove l'invasione
-proruppe più cruenta e si mantenne più feroce, alcuni vescovi furono
-costretti a fuggire e l'amministrazione spirituale dei loro fedeli
-fu affidata ad antistiti vicini, i quali, in buona o mala fede,
-ritennero alcune pievi, anche quando la primitiva sede episcopale fu
-ricostituita[233].
-
-Come si vede, causa unica ed assoluta del perturbamento — diretta o
-indiretta che sia — è da tutti ritenuta l'invasione langobarda.
-
-Non è improbabile, invece, che le cause si debbano rintracciare
-in una condizione di cose preesistente rimasta immutata — salvo le
-poche ed inevitabili perturbazioni inerenti ad un così brusco e rude
-passaggio[234] — anche con i Langobardi.
-
-La _lex julia municipalis_[235] ricorda solamente _municipia, coloniae,
-praefecturae, fora, conciliabula, vici_ e _castella_, e queste furono
-certamente le sole divisioni amministrative romane da Cesare in
-poi: ma, d'altra parte, è altrettanto certo che fra le indicazioni
-topografiche richieste dalla _forma censualis_[236] c'è anche quella
-del pago, e i monumenti romani, che ancora possediamo, a cominciar
-dalla tavola alimentaria velleiate[237], ci attestano la persistenza
-del _pagus_. Il _pagus_ — è merito del Voigt l'averlo dimostrato[238]
-— ente a base prevalentemente religiosa, sotto la direzione dei
-_magistri pagorum_, curò anche gli interessi più strettamente locali
-affidatigli dal municipio, nel largo sistema di autonomia proprio della
-costituzione romana fino al terzo e quarto secolo dell'impero. Più
-tardi, sparita l'autonomia, questo agglomerato di tradizioni religiose
-e di bisogni comuni servì alla pubblica amministrazione come efficace
-strumento per le cure dell'esazione finanziaria.
-
-Dato l'originario carattere dell'istituzione, ne era a centro un
-tempio, un luogo sacro, in cui i pagensi convenivano. Si ebbe così
-una circoscrizione composta di varî territorî, qualcuno dei quali era
-molto spesso incluso e sottoposto alla giurisdizione di un diverso
-municipio, ma che pure potevano far capo ad un centro comune tutto
-loro proprio, distinto dai municipi stessi. Il cristianesimo, divenuto
-religione ufficiale dell'impero, non mancò di insediarsi anche nei
-pagi, molto numerosi in Italia; ma portò un'innovazione, di cui non si
-tardò a sentire le conseguenze. Il pago viveva di propria ed autonoma
-vita: la pieve, per l'organizzazione sua, non poteva non dipendere
-direttamente da un vescovo; il primo prescindeva da ogni capoluogo
-municipale, la seconda doveva far necessariamente capo alla _civitas_.
-Criterio distintivo, naturalmente fu tenuto quello della giurisdizione
-ecclesiastica, e così tali pievi dipendettero dall'episcopio a cui
-spettava l'ordinazione dei titolari.
-
-La Chiesa stabilì sino dai primissimi tempi — «sicut in regulis
-contineatur antiquis» — che la diocesi era costituita non dal
-territorio giurisdizionale della città in cui il vescovo risiedeva
-— _territorium non facere diocesim_ — ma dalle parrocchie _unicuique
-ecclesiae pristina dispositione deputatae_[239]. Poteva avvenire che
-la pieve fosse costituita da due o più vici di uno stesso territorio,
-ed allora i parrocchiani si univano pacificamente per la nomina
-dell'arciprete: tale è il noto caso della pieve di Mosciano, la cui
-_plebs congregata_ comprende due centene, che compariscono insieme con
-i loro centenari[240]. La cosa era ben più grave quando i territori
-erano giurisdizionalmente separati: la pieve legava fortemente alla
-città, cui faceva capo per l'episcopio, parte del territorio di altra
-città. Di qui i lunghi ed acri conflitti.
-
-Il Leicht[241] crede che solo all'epoca carolingia, rendendosi
-frequente la costruzione di nuove chiese, _plebs, fundus_ e _vicus_
-venissero regolarmente a coincidere. Si può ammettere che solo
-in quest'epoca la voce _plebs_ acquisti un carattere non soltanto
-religioso, come all'epoca langobarda, ma anche pubblico; come è certo
-dai capitolari franchi che numerose chiese furono costruite al tempo
-franco, oltre quelle, già frequenti, degli ultimi tempi langobardi.
-Ed è pure da accettarsi l'idea che il sistema curtense, largamente
-favorito dall'unione del potere religioso con quello civile, tendesse
-fortemente a stringere la «curtis» intorno alla chiesa che ne era
-considerata come il centro. Ma a queste considerazioni non si può
-rigidamente legare la costituzione di nuove pievi, almeno in linea
-generale; ce ne accerta l'opposto sistema con cui la legislazione
-carolingia tratta le chiese battesimali rispetto alle altre (cappelle,
-oratori etc.). Solo alle prime, sorte sotto il primitivo ordinamento
-cristiano della quadripartizione (di cui larghe tracce si conservano,
-però, anche in tempi assai tardi), spettano le decime. E le usurpazioni
-del feudo tendono più spesso ad una abusiva riscossione di esse, che
-non ad un frazionamento territoriale a beneficio di una chiesa non
-insignita di tal diritto[242]. Il moltiplicarsi delle parrocchie rurali
-si avvera massimamente quando la reazione alla simonia imposta la
-parrocchia su nuove basi e si vale abilmente della _nova consuetudo_,
-invalsa presso i grandi signori nel secolo decimoprimo, di frazionare i
-loro dominî[243] per suddividere molte delle antiche pievi in un numero
-più o meno ampio di parrocchie, il cui popolo, per antica tradizione,
-oltre il nome di _plebs_, conservò anche quello di _populus_.
-
-
-§ 2. — Ancor più grave, perchè del tutto trascurata dagli storici del
-nostro diritto, e, pur tuttavia, di anche maggiore importanza, è la
-questione del _suburbium._
-
-Base di ogni ricerca e punto di partenza di ogni indagine mi sembra che
-debba essere il progetto di divisione dell'impero fatto da Carlo Magno
-nell'anno 806, e che è, del resto, anche l'unica fonte legislativa che
-dia luce sull'argomento.
-
-In questo progetto le città italiane vengono specificate così:
-_civitates cum suburbanis et territoriis suis atque comitatibus que ad
-ipsas pertinent_[244].
-
-La voce _suburbium_, di evidente derivazione, proviene da quel _sub
-urbe_ romano[245] che si è conservato a lungo intatto in alcune parti
-d'Italia e specialmente nella regione emiliana[246]; ma, pur mantenendo
-inalterato il senso generico di vicinanza alla città, riceve vario
-valore e diversa significazione specifica a seconda del variare dei
-tempi e dei luoghi, onde l'indagine è resa assai difficile ed è tenuta
-a procedere con gran cautela ed a far conto anche dei più esigui
-elementi.
-
-Se numerosi documenti, dovendo indicare il territorio prossimo alla
-città, invece di _suburbium_, usano dire _prope, extra, iuxta, foris,
-ad civitatem_ o _ad muros civitatis_ o adoperano qualche altro termine
-consimile, ve ne sono altri molto notevoli, per quanto poco numerosi,
-che adoperano espressioni meno generiche, le quali possono essere prese
-come esponenti di uno stato di cose generale o, almeno, molto diffuso.
-
-Primo esempio di tale uso tecnico, per ordine di tempo, è il testamento
-con cui il monaco Grato di Monza dispose nell'anno 769 delle cose sue,
-curando che tutte capitassero in buone mani, riferendosi specialmente
-a quelle che aveva «in civitate boloniensi vel _foris circa ipsa
-civitate_»[247].
-
-Un secondo esempio ci è dato dal diploma con cui nell'815 Lodovico il
-Pio conferma al monastero di S. Zenone, «constitutum _in suburbium
-civitatis Verone_», le numerose elargizioni di Pipino, e fra le
-altre la chiesa dei SS. martiri Fermo e Rustico con le decime e le
-pertinenze, fra le quali l'«horreum _infra_ civitatem Veronam cum suis
-areis _in circuitu_ (civitatis)»[248].
-
-Anche più evidente, per questo rispetto, è la concessione di alcune
-terre fatta nell'873 da Gherardo, vescovo di Lucca, a un certo
-Cristiano, con l'obbligo, fra gli altri, di tre giorni di opere per
-settimana, «ubique utilitas fuerit _in circ[uit]o civitatis_»[249].
-E più importante ancora è un altro documento lucchese appartenente,
-secondo alcuni critici, al secolo ottavo o alla prima metà del
-successivo[250], secondo altri — e forse non a torto — alla seconda
-metà del secolo nono[251]. È un polittico del vescovado, redatto,
-molto probabilmente, nel momento burrascoso, in cui numerose liti,
-destinate a sminuirne il patrimonio, rendevano necessaria una rassegna
-accurata delle sue terre e delle persone che comunque ne dipendevano.
-Poichè le varie possessioni, sparse su un esteso raggio di territorio,
-non furono riunite in un'unica «curtis», si hanno più polittici
-riguardanti ciascuno una speciale massa di beni. Quello di cui ora si
-tratta concerne le terre situate nel territorio lucchese e distingue
-nettamente quelle _in circuitu civitatis_ da quelle esistenti fuori.
-
-Ed altri documenti usano lo stesso termine: sappiamo di un pascolo
-comune _in circuitu Civitatis Nove_[252], della chiesa di S. Tommaso
-apostolo, «que sita est in Regio civis vetere cum suo domocultila intus
-et foris _in circuitu Regio_»:[253] pure di Reggio conosciamo delle
-«res que sunt _in circuitu civitatis_ que vocatur Aemilia»[254] ed
-abbiamo ricordo delle selve della chiesa cremonese situate _in circuitu
-civitatis_[255].
-
-E gli esempi potrebbero susseguire più numerosi, se si scendesse
-ancora nel tempo: cosa che, per l'esattezza della dimostrazione, non è
-necessario ora di fare[256].
-
-Accanto a quest'espressione, ce ne è anche un'altra di minore
-appariscenza e di uso meno frequente; e ciò — io credo — per aver
-subito più rapidamente dell'altra mutamento di significato. Parlo
-dell'avverbio _infra_. Originariamente esso indicava uno spazio fra
-due punti determinati; ma, nel corso dei secoli, ha subito tali
-modificazioni che la frase _infra civitatem_, per esempio — ed è
-quella che a me preme esaminare — si è intesa come rispondente al
-concetto: «entro la città». Non nego che, in molti casi, talvolta
-anche nei documenti anteriori al secolo XI e quasi normalmente
-in quelli posteriori, tale interpetrazione sia esatta; ma vi sono
-documenti in cui simile significato è in opposizione diretta con la
-verità dei fatti. Nella donazione che, nel 767, il re Desiderio fece
-a sua figlia Angelberga di _molinas duas insimul molentes positas in
-aqua quae exit de cuniculo qui decurrit_ INTRA SUPRASCRIPTA CIVITATE
-BRIXIANA FORIS MUROS CIVITATIS _ante portam beatissimorum martirum
-Faustini et Jovite_[257], è evidente che intra indica tutt'altro che
-l'interno del recinto murato. E il famoso monastero di S. Salvatore,
-sempre detto _infra civitatem_[258], è fuori delle mura; come sono
-fuori delle mura un _ortellum pertinentem de veronense comitatu
-situm_ INFRA CIVITATEM VERONAM _non longe a Curte Alta_, donato da
-Berengario I a Ingelfredo[259] ed una casa ed alcune terre «_infra_
-civitatem Pistoriensem» donate da Rasperto all'oratorio in onore dei
-SS. Paolo Pietro e Anastasio da lui costruito «_intus_ Pistoriensem
-civitatem»[260]. E identico significato ritroviamo in documenti
-lucchesi, piacentini e bolognesi[261] per l'Italia settentrionale e
-centrale; e, per il mezzogiorno, nei documenti beneventani, i quali
-tutti, per indicare un luogo entro le mura, usano _in_ con l'ablativo o
-_intus,_ e adoperano _infra_ per indicare un luogo fuori delle mura ma
-vicino ad esse[262].
-
-Mi sembra da escludere che _infra_ nei casi indicati accenni una
-vicinanza immediata alle mura, e ciò perchè documenti sincroni e
-della stessa regione in genere adoperano _prope_: PROPE _muros_, PROPE
-_civitatem_, o qualche altro avverbio consimile. D'altra parte è pure
-da escludere in modo assoluto il significato di una distanza molto
-grande.
-
-A spiegare perchè tale voce in alcuni casi eccezionali abbia questo
-significato è da pensare all'uso che ne fa Costantino nella legge con
-cui distingue i beni urbani dai rustici in base non alla destinazione,
-ma all'ubicazione, comprendendo fra i primi, come ho cercato di
-dimostrare nella prima parte[263], quelli che sono INTRA _civitatem:_
-entro la città murata, cioè, e nell'ambito di mille passi. Si può
-ritenere che ai termini ed agli istituti antegiustinianei, conservatisi
-a lungo nella nostra Italia, sia da aggiungere anche questo
-avverbio[264]. Così si vede pure come a produrre la grande varietà
-dei nostri formularî notarili abbiano contribuito anche elementi che
-risalgono a tempi non bassi dell'epoca romana. Determinare in quale
-proporzione ciò sia avvenuto non è facile, perchè più tardi le tracce
-del tecnicismo dell'alto medio evo, che si ricollega a tradizioni
-allacciate al diritto teodosiano, furono cancellate dall'opera
-livellatrice ed in parte distruggitrice del rifiorito studio del
-diritto giustinianeo: sicuramente non è privo di importanza. Non è,
-però, compito mio indagarlo: io debbo, invece, ricercare se il medioevo
-offra altri elementi a provare l'unione giuridica del _suburbium_ alla
-città.
-
-Oltre alle fonti giuridiche possono essere di grande aiuto quelle
-ecclesiastiche. L'esistenza di un pago suburbano connesso alla
-città per ragioni di culto, è accertata in modo inconfutabile per
-alcune regioni italiane, come Pompei[265] ed è presumibile con molto
-fondamento per le altre, specialmente dopo il secolo quarto, quando
-la Chiesa, divenuta organo della religione dello Stato, si adattò alle
-divisioni territoriali di questo.
-
-Molti documenti di sicura autenticità mostrano il territorio suburbano
-ecclesiasticamente congiunto alla città e formante con essa un'unica
-parrocchia, con perfetta continuità con la situazione a noi nota per la
-precedente epoca romano-bizantina.
-
-Il monaco Giona, originario di Susa, vissuto a lungo nel monastero di
-S. Colombano e più tardi abate in quello di Enona presso Mastricht,
-dove morì verso il 670, nella vita di S. Eustasio di Luxeuil[266],
-narra che questo santo costruì _in suburbano Bituricensis urbis_ molti
-e floridi monasteri della regola di S. Colombano, cominciando da uno
-_in insula supra fluvium Milmandram_.
-
-Un secolo dopo il pontefice Stefano III (768-772) si duole fortemente
-con Ariberto, vescovo di Narbona, che la «plebs judaica» possegga terre
-frammiste a quelle dei cristiani «in villis et _in suburbanis_»[267].
-
-Il primo capitolare di Teodulfo vescovo aurelianense, dell'anno
-797[268], stabilisce che i _sacerdotes qui_ IN CIRCUITU URBIS _aut_ IN
-EADEM URBE _sunt, conveniant in unum_ il popolo _ad publicam missarum
-celebrationem_ alla chiesa matrice episcopale: e il secondo capitolare,
-di poco posteriore[269], a togliere ogni dubbio, nel ripetere la stessa
-disposizione, parla di sacerdoti _urbani_ e _suburbani_.
-
-E il concilio di Pavia dell'850[270], confortato da documenti che
-ci attestano altrettanto per Roma[271], Verona[272], Pavia[273],
-Ferrara[274], Parma[275], Bergamo[276], etc., conferma come regola
-generale il principio che i _singuli urbium vicini et suburbani_
-sieno retti _per municipalem archipresbyterum_, con netta separazione
-dai parrocchiani delle singole pievi rurali: _suburbane terre que
-dividuntur a plebibus_, dice un atto parmense[277].
-
-Quanto alla estensione di questo territorio suburbano, che non deve
-essere esigua, se il passo di Giona vi include l'isola del fiume
-Milmandra; essa è messa ancor più in evidenza dal diploma dell'842 di
-Ramperto, vescovo di Brescia, al monastero di Faustino e Giovita[278],
-che include nel suburbio un vico intiero, con le sue terre. E il
-vico è detto _vico suburbano episcoporum_, mostrando la generale
-applicazione, almeno territorialmente, della norma amministrativa
-della Chiesa romana che distingueva il patrimonio in _suburbana,
-massae et coloniciae_[279]. E la vita di S. Ebrulfo, di autore anonimo
-ma _perantiquo_, come si esprime il Mabillon, ne narra l'elezione ad
-abate _in suburbanis Ambianensium_ nel monastero sorto nel luogo «ubi
-Fulcianus et Victoricus glorioso certaverunt martyrio» e che dista da
-Ambiano due leghe[280].
-
-E a questi esempi se ne possono aggiungere altri se si ricorre
-all'aiuto offerto dalla decima. Questa, come è noto, si pagava solo
-alle chiese matrici[281]. Nella città essendo matrice la cattedrale,
-tutti i luoghi che appaiono soggetti per la decima alla città fanno
-parte del suburbio[282]. A Bergamo, per esempio, il territorio soggetto
-alla decima non si limitava al solo monte su cui la città è situata, ma
-si estendeva circa quattro miglia[283]. Lo stesso è a dirsi di Brescia,
-posta anch'essa sopra un monte: «in montem Brixiam civitatis», dice
-Luitprando[284].
-
-Il Roberti[285], sulla traccia dello Schupfer[286], che giustamente
-aveva asserito che il «mons Bergomi» era un bene comune della città,
-volle dedurre di qui una regola generale e affermò che allora ogni
-città edificata sopra un monte, aveva il monte stesso come bene comune.
-Tale asserzione, inesatta nel fatto — numerosi documenti provano
-l'esistenza di non poche proprietà private sul monte stesso — non mi
-pare giustificata nemmeno come tentativo di spiegare la specificazione
-possessoria usata dalle fonti, perchè il monte è considerato come
-spettante alla città non perchè fosse gravato, ammettiamo pure, nella
-maggior parte della sua estensione da diritti civici; ma perchè incluso
-in quel suburbio che faceva parte integrante della città in ogni caso:
-anche — in ipotesi — se i beni comuni ne fossero stati tutti al di
-fuori.
-
-Molto vasto era pure il suburbio di Verona[287] quale ce lo raffigura
-un documento dei primissimi anni del secolo IX; e di non piccola
-estensione dovevano essere quelli di Pavia, di Torino, di Ivrea, di
-Vercelli, di Reggio, di Città Nuova e di Modena[288].
-
-E non cito qui altri documenti posteriori, perchè il ricorrere
-indifferentemente a documenti anteriori e posteriori al gran movimento
-di concessione di terre suburbane ai vescovi, iniziato negli ultimi
-anni del secolo nono, porterebbe a unire situazioni giuridicamente
-assai diverse.
-
-Non mi sembra inutile invece un'altra osservazione.
-
-Non si deve credere che il territorio suburbano assegnato probabilmente
-a tutte le città, fosse delimitato da per tutto con la stessa
-unità di misura. Fra gli antichissimi usi indigeni accolti dagli
-agrimensori romani[289], ci fu senza dubbio la _lega_ gallica, che
-troviamo esplicitamente ricordata dagli agrimensori stessi e da
-Ammiano Marcellino[290] e che constava di 1500 passi. Il _bannilega_
-— giurisdizione su una lega di territorio intorno alla città[291] o
-al mercato[292] — si basa senza dubbio sulla _lega_ e non sul miglio
-romano ed era, conseguentemente, più ampio di cinquecento passi del
-corrispondente _pagus suburbanus_ romano; quando non lo era di molto
-di più, come ad Ambiano dove il «suburbium» era costituito da due
-leghe[293].
-
-Considerando che in Francia, sino da antichissimi tempi, questo
-territorio apparteneva alle città entro gli stessi confini[294] e che
-in Italia oltre che a Bergamo e a Verona, anche a Lodi e nelle altre
-città italiane dell'antica Gallia[295] il territorio suburbano appare
-di un'estensione maggiore che altrove, inclino a concludere che, dove
-non si hanno speciali condizioni topografiche, ci si trovi dinanzi ad
-un'antichissima divisione territoriale rimasta inalterata nel passare
-dei secoli e dei popoli[296].
-
-Vediamo ora in quale rapporto questo suburbio si trova colla città e da
-quale regime giuridico fu governato: vedremo più tardi — dopo studiate
-le condizioni interne della città in questo periodo — le modificazioni
-apportatevi dall'azione reciproca della città e del suburbio.
-
-Il passo del sinodo romano _in causa Formosi pape_ distingue nel
-patrimonio ecclesiastico tre elementi: i _suburbana_, le _massae_ e le
-_coloniciae_[297]. Se questa originariamente fu una pura distinzione
-topografica, non credo che tale si mantenesse più tardi. E di fatto,
-per quale ragione si dovrebbe credere che nel suburbio, che conosciamo
-assai esteso, non esistessero terre in rapporto massaritico o colonico
-con la Chiesa? Forse perchè la città era tutta contornata da beni
-comuni? No certo: il fatto stesso dell'esistenza di beni suburbani
-di proprietà di una chiesa esclude la possibilità che fossero tutti
-beni comuni. O forse perchè entro il suburbio non si potevano avere
-massari o coloni? Nemmeno: nessuna legge, che io mi sappia, contiene
-simile disposizione, la quale, del resto, sarebbe sempre contradetta
-da numerosi documenti, che provano l'esistenza di massari e di coloni
-non soltanto nel suburbio, ma anche entro le mura. D'altra parte la
-espressione è così chiara che non lascia luogo a dubbi di sorta: i
-suburbana son differenti dalle massae e tutt'e due dalle coloniciae.
-
-Il diritto romano dei tempi classici, è noto, concepisce la persona
-fisica nei due soli stati di libertà e di servitù. Invece il diritto
-germanico — che conosce già quella categoria intermedia degli aldi,
-così difficile a definire ed a cogliere nella sua vera natura, poichè
-tiene del libero e del servo ad un tempo — venuto in Italia a regolare
-i rapporti giuridici di persone vinte e che la residenza in terra
-altrui, riducendo il rapporto di soggezione da personale in reale,
-aveva anche prima menomato molto nella libertà personale, finì con
-l'ammettere infiniti gradi nelle condizioni dei soggetti; onde si
-venne a costituire una scala, all'ultimo gradino della quale stava il
-servo, mentre il primo era costituito dal figlio di famiglia e dalla
-donna[298].
-
-Nel passo del sinodo romano, l'elemento più basso è quello colonico,
-a cui da quello suburbano si scende non direttamente, ma con il
-gradino intermedio del massaro. È vero che la posizione giuridica del
-massaro non è eguale nè da per tutto nè in ogni tempo[299], ma però
-è certo che, generalmente, era più autonoma se non libera di quella
-del colono[300]. E, logicamente, i coltivatori delle terre che la
-Chiesa possedeva nel suburbio, dovevano trovarsi in una condizione
-giuridica anche migliore. Ma se questo è, si deve anche ammettere che
-tale fenomeno non poteva esser dovuto unicamente ed esclusivamente
-alla Chiesa: questa non poteva porre a base una tal distinzione
-soltanto perchè certe terre erano vicine alla città, mentre altre ne
-erano lontane. Ci voleva una causa più forte; e questa è da trovarsi
-nella diversa condizione giuridica delle classi suburbane; diversa
-condizione giuridica mantenutasi per il consolidamento di una antica
-consuetudine[301], per la quale i lavoratori delle terre suburbane
-erano costretti a prestazioni meno onerose, per numero e per quantità,
-di quelle a cui erano obbligati i massari e, più dei massari, i coloni.
-
-Perchè, bisogna aggiungere, non è la Chiesa di Roma soltanto che usa
-questo sistema: tutte le altre tengono lo stesso procedimento. Un
-esempio ne abbiamo da quella di Lucca, che distingue le terre possedute
-nel territorio lucchese in due grandi categorie, a seconda che sieno
-poste o no _in circuitu civitatis._
-
-Infatti tanto nelle une come nelle altre la popolazione è divisa nelle
-due categorie dei _redditales_ e degli angariales: i primi obbligati
-a prestazioni in danaro o in natura, i secondi a queste ed, inoltre,
-a un certo numero di opere ogni settimana. Ma si hanno differenze
-notevolissime.
-
-Nelle terre suburbane il vescovado possiede 65 _redditales_ e 25
-_angariales_, mentre nelle terre situate nel comitato la proporzione è
-del tutto invertita: 50 angariales di fronte a 19 _redditales_[302].
-E, di più, gli angariales in circuitu, oltre ad un numero fisso di
-angarie — abitualmente tre per settimana — pagano quasi sempre metà
-del vino e dell'olio; mentre gli _angariales_ delle altre terre sono
-esenti da queste ultime prestazioni. E differenze sensibili si notano
-anche riguardo ai _redditales_, dei quali alcuni di quelli in vicinanza
-della città davano, oltre al censo abituale, anche un terzo e talvolta
-perfino la metà «de omne lavoratione» o «de lavore maiore».
-
-A escludere che si tratti di un caso eccezionale, basta la concomitanza
-col documento bresciano e più ancora con quello romano.
-
-D'altra parte si vede bene, come i _redditales_, considerati come tali,
-stanno all'apice della categoria dei non liberi risiedenti su terra
-altrui, e vi sono vincolati meno strettamente dei massari e, a ragione
-maggiore, dei coloni. E un'altra cosa che dà da pensare è la differenza
-fra persone della stessa classe a seconda della loro situazione
-topografica.
-
-Non si può credere che la prevalenza dei _redditales_ sugli
-_angariales_ nel suburbio sia dovuta all'azione o all'influenza del
-mercato cittadino sulle classi servili: noi ci troviamo, nel caso
-del documento lucchese, davanti ad una percentuale molto forte di
-_redditales_, che nulla impedisce di supporre estesa anche alle terre
-possedute da altri nel suburbio cittadino: se realmente essi avessero
-a poco a poco migliorato la loro condizione per i benefici influssi
-del mercato cittadino e della città e, più spesso ancora, del suburbio
-stesso, come sede di quello, non si arriva a capire come questi
-angariali, frequentemente ricordati, sieno in peggiore condizione
-degli angariali comitatini, e come e perchè i _redditales_ che
-risentono il contatto cittadino si trovino più gravati di quelli che
-ne sono distanti. In verità apparirebbe — non dico che sia — tutto il
-contrario.
-
-Dunque la spiegazione di tale stato giuridico deve essere cercata,
-in un altro campo, quello cui ho già accennato: l'irrigidimento dei
-vincoli e dei contratti rurali iniziato negli ultimi tempi romani.
-Io trovo una continuazione diretta con la condizione dei lavoratori
-della terra nei _mille passus_ romani, quando furono anch'essi travolti
-nella gran rovina che li privò della libertà e li legò come gli altri
-alla gleba, lasciando loro l'unico vantaggio di fronte agli altri
-coloni, a cui la legislazione giustinianea tentò di equipararli,
-di un quantitativo diverso e meno oneroso di prestazioni; e queste
-continuarono inalterate nei secoli successivi, in modo che, quantunque
-i lavoratori, su cui gravavano, fossero, al pari degli altri, chiamati
-_redditales_ ed effettivamente rientrassero in tale classe, pure se ne
-differenziarono.
-
-Quanto poi alla coesistenza di un esiguo numero di _angariales_,
-mi pare che questo fatto, oltre ad escludere ancora una volta che
-tutti i dipendenti della Chiesa, solo perchè suburbani, godessero di
-posizione privilegiata, escluda anche che ciò sia dovuto ad un'azione,
-comunque esercitata, della parrocchia cittadina (comprendente come
-sappiamo, anche il suburbio); perchè in tal caso, nè gli _angariales_
-sarebbero rimasti più gravati dei loro confratelli comitatini, nè i
-_redditales_, che erano anche più numerosi, si sarebbero trattenuti
-dall'avvantaggiarsi di più.
-
-Del resto il fenomeno mostrato dal polittico lucchese non è isolato:
-un'altra pagina interessante per la storia della condizione dei
-lavoratori della terra del suburbio può essere offerta dall'esame
-comparativo di due diplomi concernenti Asti.
-
-Nell'anno 924 un certo Oberto chiese a re Rodolfo, di cui era
-_fidelis_, il castello vecchio di Asti ed alcuni _servientes infra
-eamdem civitatem commanentes_, singolarmente nominati, con le mogli
-ed i figli _cum massariciis illorum et omnibus rebus mobilibus
-et inmobilibus_. E il re, con diploma del 5 decembre dello stesso
-anno[303], gli concesse il castello con le sue pertinenze e _cum
-servis et ancillis et omnibus mobilibus ad eosdem iuste et legaliter
-pertinentibus_.
-
-Basta un'occhiata per accorgersi di un fatto abbastanza strano in un
-diploma: la _dispositio_ non corrisponde esattamente alla _narratio_:
-in questa si domandano dei _servientes_ con le loro massaricie ed i
-loro beni mobili ed immobili: in quella si concedono degli immobili con
-i servi e le ancelle che li lavorano e con i beni mobili — i soli beni
-mobili — che ad essi appartengono legalmente: con tutta probabilità si
-accenna al peculio.[304]
-
-Ho detto che questa dissonanza è un fatto abbastanza strano (e chiunque
-conosca un po' le norme delle cancellerie regie ed imperiali, lo sa);
-ma esso diviene ancor più strano per il ripetersi di questa stessa
-discrepanza in un altro diploma regio, di poco posteriore a questo,
-che concerne le stesse precise cose di cui si tratta in questo[305]. È
-un diploma del 23 luglio 938 con il quale Ugo e Lotario confermarono
-al vescovo Brunengo questi stessi beni pervenuti al vescovado nel
-frattempo: sembra per una donazione _mortis causa_. Nella _narratio_
-si parla di _massaritia sex cum servis et ancillis ea rettinentibus_:
-nella _dispositio_ si usa la formula consueta in tutte le _concessioni:
-casis massaritiis ac famulis utriusque sexus_.
-
-Il contrasto è meno stridente che nel diploma del 924, ma non meno
-evidente perchè la parola _rettinentibus_ — qualunque significato abbia
-il verbo _retinere_ — indica pur sempre qualche cosa di diverso da
-quello che si sarebbe desunto se il diploma avesse detto che quei servi
-e quelle ancelle _pertinebant_ alle massaricie donate. La correlazione
-fra i due diplomi impedisce di pensare ad un errore qualunque da parte
-della cancelleria regia e quindi si deve ricercare per altre vie una
-spiegazione dell'incognita.
-
-Si può osservare — rifacendo la via a ritroso attraverso ai due
-diplomi — che la _narratio_ del secondo parte dalla _dispositio_
-del primo e che la _dispositio_ del secondo segna l'ultimo punto
-della trasformazione della condizione di questi lavoratori. Essi da
-prima appaiono in tale stato che se non possono esser detti veri e
-propri _servi_, ci si avvicinano tanto da essere qualificati come
-_servientes_: eppure, per un altro lato — quello di esser considerati
-come soggetti di un diritto su una terra — se ne allontanano così
-profondamente, che il cancelliere di re Rodolfo, non sapendo come
-meglio conciliare questi due elementi così profondamente antitetici
-e per i quali il diritto del tempo non offriva alcun riscontro, li
-qualifica come veri e propri servi concedendo loro il diritto del
-peculio. Ugo e Lotario ne peggiorano ancor più la condizione perchè non
-fanno nemmeno accenno al loro peculio.
-
-Non mi pare si possa negare che il punto di partenza, quale ci è
-fornito dal diploma del 924, è dato dalla condizione ibrida, che ha
-del servo e del non servo; fatta di vincoli personali e di diritti
-d'indole reale che sembrerebbero inconcepibili con i primi. Come è nata
-e come si è formata tale condizione? Per rispondere a questa domanda il
-miglior mezzo è, forse, il cominciare col determinare il luogo in cui
-essa appare.
-
-Questi lavoratori si trovavano nel suburbio della città di Asti. Ciò
-mi sembra dimostrato dall'espressione _infra_ _civitatem_ usata dal
-diploma di re Rodolfo: espressione che non può indicare _entro la
-città_ perchè per indicare il castello vecchio (che si sa di sicuro
-essere stato situato dentro le mura della città) lo stesso diploma
-dice _in civitate A_. L'avverbio _infra_ ha conservato anche qui il suo
-antichissimo significato e ci offre modo, se non m'inganno, di spiegare
-come si sia potuto avere fra le varie classi sociali anche quella di
-questi _servientes_.
-
-Discendenti da antichi lavoratori di terre suburbane, pubbliche fino
-dal tempo romano, o divenute tali in seguito: essi, al sopravvenire dei
-Langobardi, furono considerati come più vicini ai _servi_ che ad ogni
-altra classe, ma, essendo addetti alla lavorazione della terra, come
-tutti i lavoratori della terra in genere, ebbero continuate anche in
-seguito le condizioni antecedenti. Furono, così, chiamati servientes
-invece che servi ed ebbero riconosciuti consuetudinariamente dei
-diritti che i veri e propri servi non avevano. Solo quando l'autorità
-pubblica, nel donarli, si trovò costretta a determinare la loro
-situazione giuridica, essi rientrarono nel quadro delle classi di
-lavoratori, quale si concepiva, secondo le leggi, nel secolo IX. e
-nel X.: e non fu certo a loro vantaggio. Fino ad allora essi avevano
-continuato a mantenersi, salvo, forse, delle deviazioni che oggi
-più non si possono determinare, ma che non furono certamente molto
-sensibili, in uno stadio che solo la speciale condizione giuridica del
-suburbio al tempo romano aveva potuto contribuire in modo decisivo a
-far nascere.
-
-A questo modo si può avere un'idea, certo molto approssimativa ma non
-trascurabile, delle modificazioni che la venuta dei Langobardi portò
-nel territorio suburbano. Il quale — non va dimenticato — fu soggetto
-più che ogni altro a perturbazioni, perchè, sia per ragioni strategiche
-che sociali e politiche, le guerre si risolvevano nella conquista
-delle città, intorno alle quali veniva necessariamente a decidersi la
-maggior parte delle battaglie. L'invasione, infatti, diviene conquista,
-quando, prese le città, i Langobardi ne occupano il territorio e vi si
-insediano stabilmente.
-
-E perciò io credo che intorno alla massima parte delle città italiane
-continuasse l'antico suburbio romano e su di esso prevalessero le
-antiche consuetudini rimaste quasi completamente inalterate.
-
-
-§ 3. — Però l'atto di Carlo Magno non parla soltanto di terre
-suburbane: _civitates_, dice, _cum suburbanis et_ TERRITORIIS SUIS.
-Questi _territoria_ non erano quelli dipendenti giurisdizionalmente
-dalla città: proseguendo, il documento aggiunge _et cum comitatibus
-que ad ipsas pertinent_. Come tali _territoria_ non s'identificano con
-le terre suburbane, distintamente ricordate, così non si confondono
-con i singoli comitati. Non resta che pensare ai beni comuni, la cui
-continuazione ininterrotta dall'epoca romana fino al basso medio
-evo, negata contro il Savigny dal Bethmann Hollweg e dal Roberti,
-ammessa invece dal Tamassia[306] e vittoriosamente dimostrata dallo
-Schupfer[307] è stata ormai riconosciuta dalla opinione comune[308].
-
-Questi beni, posti alla dipendenza del duca o del gastaldo insieme con
-i beni pubblici — _publicum_ — a cui l'autorità suprema li avvicinava
-con l'equipararli amministrativamente all'organismo della _curtis
-regia_, soddisfacevano con i diritti d'uso alle necessità dei cittadini
-e si distinguevano da quelli più propriamente pubblici, perchè, a
-differenza di questi, gli utenti ne potevano godere senza l'obbligo di
-pagarne il canone corrispondente.
-
-Anzi, esaminando più attentamente il noto reclamo dei provinciali
-istriani contro le usurpazioni del duca franco Giovanni[309], non mi
-sembra azzardato il pensare che, più che di diritti di uso, si tratti
-di un vero e proprio diritto di condominio dei cittadini sulle terre
-del comune[310]: NOSTRAS _silvas, unde nostri parentes herbatico
-et glandatico tollebant_, dicono essi, _terras_ NOSTRAS, NOSTRAS
-_runcoras_, NOSTRA _prada_, NOSTRA _pascua_. E non è a dirsi che si
-potesse ingenerare confusione per il fatto che queste, come le altre
-terre pubbliche, si trovavano sotto la dipendenza del duca. Il duca
-riconosce esplicitamente di aver compiuto gli atti che gli si imputano,
-ma dichiara di averlo fatto in buona fede ritenendoli beni pubblici.
-«Istas silvas et pascua quae vos dicitis — ecco le sue parole — ego
-credidi quod ex parte d. imperatoris _in publico_ esse deberent».
-
-Anche ammesso e non concesso che non si trattasse che di diritti
-di uso, questi sono tali da incidere così profondamente l'elemento
-dominico da annientarne quasi il lato dispositivo.
-
-Ma poi, se non m'inganno, la teoria dello Schupfer è sopratutto basata
-sulla terminologia dei documenti: _comunalia, compascua publica,
-campora comunalia, res comunes, comunes, comunanciae, vicanalia_, etc:
-tutte queste espressioni che richiamano alla mente — è innegabile —
-l'idea di una compartecipazione.
-
-Ma non sono le sole.
-
-Alcuni nostri documenti, che concernono importantissime città
-langobarde, a incominciare dalla capitale del regno fino a quella
-Brescia in cui densi si stabilirono i nobili langobardi[311], ne usano
-anche un'altra.
-
-Il placito pavese del 14 marzo 914[312], ricorda un _hortum suburbium
-huius Ticinensis, non multo longe a basilica S. Theodori sive et braida
-una in_ CAMPANIA _huius Ticinensis_. E la stessa parola, oltre che nel
-diploma con cui nel 989 Ottone III concede al monastero di S. Pietro
-in Ciel d'oro _omnem terram in_ CAMPANIA _papiensis urbis_[313], la
-troviamo nel diploma del 1014 di Ottone conte palatino e di Pietro
-vescovo al monastero del Salvatore costruito _foris in_ CAMPANEA
-_ticinensis civitatis_[314].
-
-A Piacenza nel 1085 fu celebrato un «concilium generale» in CAMPANEA
-_civitatis P. ubi est ecclesia S. Victorie martyris et virginis_[315].
-
-Qualche decennio prima il vescovo di Brescia Odofredo si era obbligato
-a non fare alcun «hedificium» in Monacello e nessuna proibizione e
-interdizione ai bresciani «pasculandi, incidendi et capellandi» sul
-Monte Degno e sul Monte Canedulo, a cui «coherent ab una parte via q.
-d. mantuana, ab aliis omnibus _campania_»[316].
-
-Il primo documento pavese, col simultaneo ricordo del _suburbium_ e
-della _campanea_, esclude ogni possibilità di sinonimia tra queste
-voci.
-
-E un bel documento veronese[317] ce ne mostra l'intima natura.
-Essendo potestà di Verona Grimerio Visconte piacentino e lamentandosi
-che, poco tempo prima della sua podesteria, _communis campania
-Veronae_ «a quampluribus esset capta et caperetur», con tal perdita
-che «communis utilitas taliter diminui videbatur quod ad maximum
-universitatis detrimentum spectare posset», pensò di provvedere. E,
-avuto il consiglio dei suoi giudici ed assessori e dei causidici, dei
-militi e dei negozianti e in special modo di tutti coloro che avevan
-giurato di dargli consiglio in buona fede, pose molte persone giurate
-«ad jam dictam _communem campaniam Veronae_ per suum sacramentum a
-praediis privatorum hominum discernendam et separandam», e quindi, con
-queste persone e con molte altre di Verona andava «circumiens eamdem
-_communem campaniam Veronae_ et eam, secundum juratorum sacramenta, ab
-_allodiis_, ponendo terminos, segregans».
-
-Si tratta, evidentemente, di beni pubblici cittadini, per i quali — e
-per essi soltanto — è da credere perdurasse a Verona, come a Pavia, a
-Brescia e a Piacenza il termine di CAMPANEA.
-
-Se questa _campanea_ risulta diversa dal suburbio e dal comitato e —
-come si ammette da tutti — alle città rimasero in proprietà in uso
-— questo per ora non ci riguarda — dei beni; possiamo pensare che
-nell'atto di Carlo Magno tale parte del territorio sia indicata dai
-_territoria_ tenuti distinti dai _suburbanis_ e dai _comitatibus_.
-Ma, in quest'atto, di fronte al vincolo più tenue, per il quale il
-comitato _pertinet_ alle singole città, se ne ha uno più intimo per
-cui e le terre suburbane ed i _territoria_ sono ambedue dichiarati
-proprî delle città — _civitates cum suburbanis et territoriis_
-SUIS. — Ora se si pensa che le terre suburbane non appartenevano
-affatto, nella loro totalità e nemmeno nella maggior parte, alle
-città, in proprietà privata, o ad altro titolo simile, sia pure sotto
-l'amministrazione ducale o gastaldale; nè vi avevan su, se non in
-caso eccezionale e fortuito, diritti di uso; bisogna concludere che
-la triplice distinzione del territorio di fronte alla città, porta al
-riconoscimento della città — come tale e non come sede di autorità
-pubblica — al grado di persona giuridica pubblica con facoltà e con
-diritti distinti da quelli dell'autorità regia e con beni separati da
-quelli che l'autorità pubblica aveva nell'ambito della circoscrizione
-territoriale della città. Il documento è chiaro: son proprie delle
-città — _suae_ — terre di cui i privati non hanno nè proprietà nè
-uso di natura privata e che non si confondono con le proprietà del
-publicum, per riguardo al diritto pubblico.
-
-Esaminiamo più da vicino questi due punti: mancanza di diritto di
-proprietà o di uso e distinzione dai beni del _publicum_.
-
-Poichè l'atto di Carlo M. chiama proprie delle città — _suae_ — le
-terre suburbane, di cui la proprietà spettava a chiese o a privati, ed
-a queste terre equipara senza differenza alcuna le terre appartenenti
-alle città stesse: esaminando a fondo il documento bresciano, veniamo
-a concludere che fra le terre, sulle quali il vescovo riconosceva dei
-diritti ai cittadini, e la _campanea_ circostante c'era sicuramente una
-differenza. Ammesso che la parola _campanea_ a Verona indica beni della
-città, — e non c'è nessuna ragione che induca a credere che a Pavia,
-Brescia, Piacenza etc. avesse significato differente — ne consegue
-che fra i beni pubblici delle città esistevano distinzioni di vario
-genere, per il diverso titolo di proprietà, per il diverso uso a cui
-erano destinate. Nei beni pubblici esaminati dallo Schupfer l'elemento
-predominante è l'uso comune e lo prova — come ho detto — il complesso
-dei termini usati per indicarli[318]. Ma nei casi da me raccolti
-questo concetto dell'uso comune non è indicato nè punto nè poco: eppure
-resulta che la _campanea_ apparteneva alla città e non al _publicum_.
-Infatti nè a Pavia e in un placito, nè a Brescia, in un atto di tanta
-importanza, si sarebbe mancato di farne risaltare il carattere, se
-si fosse veramente trattato di terre demaniali, mentre il genitivo
-possessivo — _huius Ticinensis_ — le dichiara della città.
-
-
-§ 4. — Ma oltre a queste terre, nella costituzione langobarda, ve
-ne sono altre che appaiono collegate a determinati centri abitati,
-fra i quali anche le città, e che occorre quindi esaminare: le terre
-arimanniche.
-
-Il Muratori[319] sostenne per il primo, con il suo meraviglioso
-intuito storico, che si trattava di beni concessi dal fisco; e con
-lui, più tardi, si sono schierati il Roth[320], il Leicht[321] e il
-Checchini[322]. Nessuno di questi scrittori, però, ha considerato a
-fondo quella che mi pare la legge fondamentale in rapporto ai beni
-arimannici e l'unica che veramente sia di applicazione generale.
-
-Tale legge è la nota costituzione emanata da Federigo I nella famosa
-dieta di Roncaglia del 1158 e passata poi nel libro delle consuetudini
-feudali. Con essa, volendo rivendicare i diritti dell'impero, Federigo
-I determinò la serie delle così dette regalie.
-
-E cominciò proprio colle arimannie. _Regalia autem sunt: ARIMANNIAE,
-viae publicae, flumina navigabilia et ex quibus fiunt navigabilia,
-portus, ripatica, vectigalia, quae vulgo dicuntur monetae_ etc.
-
-Poichè è certo che, anche a quel tempo, esistevano terre spettanti al
-_publicum_ e invece la legge fridericiana, se si eccettua la parola
-_arimanniae_, non ne parlerebbe mai[323], è evidente, data l'importanza
-dell'argomento, che con questa parola s'indicarono proprio i beni di
-pertinenza dell'impero[324].
-
-Con questa conclusione non si accorda nè l'opinione del Leicht[325], al
-quale, tuttavia, spetta il merito di aver lumeggiata la riconnessione
-dell'arimannia alle terre pubbliche, nè quella del Checchini[326]: il
-primo ritiene che l'arimannia sia non la proprietà dell'arimanno, bensì
-il diritto che egli gode su terre prative e boschive, originariamente
-concesse dal pubblico al gruppo di cui egli fa parte. E pure il
-Checchini parla solo di originaria appartenenza delle arimannie ai beni
-del fisco.
-
-In conclusione, se non m'inganno, l'uno e l'altro affermano che questi
-beni, prima di proprietà del fisco, sono stati da questo ceduti
-a determinate persone e queste vi hanno conseguito un diritto di
-proprietà, che può esser limitato da restrizioni così gravi da giungere
-fino al divieto di alienazione, ma che non cessa, per questo, di essere
-un vero e proprio diritto di proprietà.
-
-A me invece pare che qui si abbia la concessione non di un diritto di
-proprietà, quale s'intende nella coscienza giuridica del tempo; ma
-di un semplice diritto di possesso ispirato proprio a quei concetti
-barbarici della gewere, i quali, se non giungono, forse, allo sviluppo
-creduto dallo Schupfer, non me ne sembrano, in verità, così lontani
-come il Leicht prima ed il Checchini poi hanno sostenuto: possesso,
-in opposizione al quale Federigo I aveva rivendicata l'alta proprietà
-pubblica, in quanto egli si considerava come continuatore dell'idea
-imperiale in cui si impersonava il _populus romanus_, supremo detentore
-degli attributi della sovranità.
-
-Io credo che l'istituzione dell'arimannia sia una delle manifestazioni
-più rilevanti, se non unica, dello Stato germanico, la quale non abbia
-quasi affatto subito influenza da elementi estranei e che — appunto per
-questo — ci possa offrire una riprova delle energie circostanti che la
-rinchiusero in limitatissima cosa.
-
-Il Leicht[327] ha trovato alcuni punti di analogia fra l'arimannia e
-le terre limitanee romane: altrettanti se ne trovano, secondo me, con
-le terre pubbliche delle città, le quali compiono funzione analoga così
-negli ultimi tempi dell'impero romano, come anche in seguito, durante i
-tempi goti e bizantini.
-
-Certo alcune di queste terre — il Leicht ha ragione — dallo Stato
-romano, appunto perchè le destinava a barbari, furono dotate di quegli
-speciali privilegi che potevano renderle più conformi ai barbari che
-Roma assoldava per costituire la massima parte delle sue milizie. Ma
-è ormai noto come fra grandi civiltà decadenti e nuove civiltà tuttora
-nel sorgere sieno molti e notevoli punti di contatto, senza per questo
-che ne derivi la conseguenza che le prime abbiano agito sulle seconde.
-
-E qui, mi pare, siamo proprio nel caso.
-
-Il Checchini è sostenitore assoluto dell'influenza bizantina
-sull'arimannia langobarda, la quale, secondo lui, riproduce esattamente
-l'organizzazione dei fondi militari di confine[328].
-
-Non posso — ora — fermarmi a lungo su questa questione, incidentale
-per la mia ricerca, e debbo quindi tralasciare di occuparmi così del
-problema che riguarda lo stato personale degli arimanni — gli arimanni
-eran liberi, ma la loro libertà non credo punto fosse quella dei veri
-e proprî _exercitales_ — come dell'esame del modo con cui istituti
-bizantini avrebbero potuto influire sulla costituzione di gruppi
-arimannici già in azione nei primi anni successivi all'interregno, non
-che di tutte le altre questioni relative. Ma non posso fare a meno —
-non foss'altro per giustificare la mia affermazione così recisamente
-opposta — di esaminare un po' attentamente i punti di identità che il
-Checchini ha voluto trovare fra l'arimannia e gli istituti militari
-bizantini.
-
-Egli dice che molti documenti riferentesi all'arimannia riproducono
-esattamente l'importante prescrizione imperiale per cui i «fundi
-limitanei» erano «ab omni munere vacui» e così (son le testuali
-parole del Checchini)[329] «il diploma di Carlo il Grosso alla
-chiesa di Arezzo, — a. 882 — prescrive: «...... in omnibus liberis
-et erimannis prefatae S. Aretinae Ecclesiae filiis.... _iubemus ut
-ab eis nec donaria aut redibitiones neque pignorationes vel iniustae
-districtiones exigantur_», ed un altro diploma di Enrico IV: «nullus
-dux, archiepiscopus ecc..... in eorum domos albergare _theloneum, vel
-aliquam publicam functionem dare eos_ (arimannos) _cogat_».
-
-«Siamo così in grado di trovare (diciamolo tra parentesi), la ragione
-dell'errore in cui sono caduti molti autori, che, avendo constatata
-quest'immunità dell'arimannia da qualsiasi onere fiscale, l'hanno presa
-per una terra allodiale».
-
-I documenti — in verità — suonano in modo un po' diverso da quello con
-cui il Checchini li ha citati.
-
-Il primo è il famoso diploma immunitario alla chiesa aretina che il
-Muratori[330] credette generale per tutte le chiese d'Italia.
-
-L'imperatore, avendo conosciuto come i suoi ministri «contempto
-timore Dei et abiecta a predecessoribus (nostris) interdicta, per
-plebes et ecclesias seu ecclesiastica praedia et domos placita
-teneant, districtiones in liberos, massarios super ecclesiasticas
-res residentes, et servos et aldiones faciant tributa; ab eis
-exigant census et donaria, angarias etiam et opera[s; et] non solum
-ab eis sed ab omnibus liberis eri[man]nis et ecclesiae filiis»,
-vuole assolutamente con la sua imperiale autorità «omnes has
-superstitiones et importunas violentias funditus abolendas» e a
-questo scopo stabilisce (statuentes) che «in sancta aretina ecclesia
-nullus comes, nullusque judex vel quelibet iuditiariae potestatis
-persona tam in plebibus quamque et in monasteriis, titulis aliisque
-ecclesiis vel domibus seu urbanis vel rusticis possessionibus ad eam
-pertinentibus placita tenere, massarios et colonos, liberos, aldiones
-vel servos quosque residentes super res ad predictam sanctam ecclesiam
-pertinentes quolibet modo distringere, pignorare, angariare, census
-et redibitiones et donaria aliqua exigere quoquomodo presumat; sed
-liberos, massarios, quos legalis coactio exigit querere ad placitum,
-per patronum seu a[dvoc]atum ad placita ducan[tur] ut legal[is
-diffi]nitio legalem contentionis finem impo[nat]; ac etiam in omnibus
-liberis et erim[a]nnis praef. s. aretinae ecclesiae filiis et eiusdem
-diocesi commanentibus massariis et colonis observari omnimodis iubemus;
-videlicet ut ab eis nec donaria aut redibitiones neque pignora neque
-iniustae districtiones exigantur, sed unusquisque cum legalis censura
-exigit a patrono suo ad placitum deducatur, ne pignorationis occasio
-aditum rapine depredatoribus in aliquo prestet»[331].
-
-Come si vede — ed è ben noto — l'imperatore per evitare i soprusi, che
-i suoi ministri commettevano nell'esercizio della giustizia, proibisce
-loro l'introito nel territorio diocesano reso immunitario, stabilendo
-che gli abitanti ne siano presentati al placito da apposito avvocato.
-
-Gli _erimanni_ — chiunque si voglia indicare con questo nome — non
-sono trattati diversamente da tutti gli altri abitanti della diocesi
-aretina, qualunque ne sia la condizione, dal servo al libero; perchè
-unico e solo scopo dell'imperatore è di sottrarli tutti alle arbitrarie
-vessazioni dei ministri regi: non si tratta affatto di imposte: ma
-di esenzione da obblighi giurisdizionali, e quindi, da arbitri e da
-soprusi.
-
-Il diploma di Enrico IV è anche più refrattario all'interpetrazione del
-Checchini.
-
-L'imperatore, per intercessione di Adalbergo vescovo di Amburgo,
-concede «cunctis hominibus de vico Viglevani et Serpi atque Pedulae et
-Viginti Columnae, cunctis filiis filiabusque eorum nec non et hominibus
-eorum omnibus _ut ab arimannia exeant_, et nullus dux, archiepiscopus,
-episcopus, marchio, comes, vicecomes, gastaldio, sculdasius nullaque
-regni persona in eorum domos albergare, theloneum vel aliquam publicam
-functionem dare eos cogat, nec eos nec eorum posteritatem placitum
-custodire compellet ultra nostrum placitum»[332].
-
-Tutta la concessione deriva dal primo inciso — non riportato dal
-Checchini — «ut ab arimannia exeant».
-
-E l'altro documento, citato in nota dal Checchini, e che è l'atto di
-pace del 1114 fra la contessa Matilde ed il vescovo di Parma Bernardo;
-fra le altre clausole, ha la promessa del vescovo che agli «_arimannis
-de Monticulo nullos alios_ USUS _vel_ FACTIONES _deinceps requisierit,
-nisi quos eius antecessores_ SOLUMMODO IN PACE _et non in guerra ex
-illis habuerant_»[333].
-
-«Ergo — io non saprei come dir meglio del Muratori — arimanni
-tempore etiam pacis ad quaedam obsequia, servitia et factiones
-obligabantur»[334].
-
-Tutti i documenti dal Checchini stesso citati, non che suffragarne
-l'opinione, ne provano precisamente l'opposto, e rendono quindi
-superfluo il ricordo del _districtu et integro servitio quod de jure
-debebant_ all'imperatore i due arimanni ceduti nel 1159 da Federigo
-I alla chiesa di S. Alessandro di Bergamo[335] e dell'_omni debito,
-districtione et notione atque placitu_ cui erano costretti quei _liberi
-homines qui vulgo herimanni dicuntur_ i quali, insieme col castello
-di Romagnano, Ottone I donò al monastero di S. Zenone di Verona[336];
-e di tutti gli altri documenti — e sono molti — da cui appare in
-modo irrefutabile come gli arimanni fossero soggetti a tributi e a
-prestazioni[337].
-
-E non è soltanto in questo che la voluta analogia fra «fundi limitanei»
-ed arimannie non esiste.
-
-Il Checchini, per dimostrare che comune agli uni e alle altre era anche
-il divieto di alienazione, cita il diploma di Enrico III agli arimanni
-di Sacco con cui l'imperatore stabilisce che «_non liceat ipsam
-erimanniam suam vendere aut archiepiscopo, aut patriarche aut duci, aut
-marchioni, comiti, vicecomiti nec aliquibus ex potentioribus_».
-
-Ma è evidente invece che l'imperatore permette loro la più ampia
-facoltà di vendita e di cessione, fatta unica e sola eccezione delle
-persone più potenti degli arimanni stessi, le quali — i livelli delle
-chiese ne danno una prova evidente — avrebbero avuto di mira e di
-resultato lo scompaginamento di un insieme di forze e di individui,
-che l'imperatore voleva invece, seguendo un sistema tradizionale,
-tenere unito. Anche nei giuramenti di fedeltà e di sottomissione è
-abituale l'eccezione di guerreggiare contro l'imperatore o contro
-il papa ed altre determinate persone. Si dovrebbe sostenere che il
-giuramento di fedeltà non esiste? Nè il procedimento è diverso: sono
-le manifestazioni sociologiche, diciamo così, che confermano, con
-l'eccezionalità di qualche disposizione, la generalità di una norma o
-di un istituto.
-
-Nei «fundi limitanei» esiste un vero e proprio divieto di alienazione;
-mentre qui si ha in diritto una facoltà di alienare la quale può essere
-completa, come nelle arimannie friulane[338], o limitata come nel
-caso su citato; ma in ogni modo esiste sempre senz'altra limitazione
-che quella che il concessionario debba subentrare negli obblighi a
-cui sottostava il concedente, in quanto titolare di una terra, su cui
-incombevano speciali oneri.
-
-E appare anche un'altra differenza fondamentale fra l'istituto
-bizantino e quello langobardo. Nel primo la proprietà della terra
-passava dallo Stato al soldato ed ai suoi successori: nel secondo no;
-il _publicum_ conserva sempre un diritto eminente di proprietà che
-non si manifesta solo in caso di inadempienza degli obblighi e per
-la risoluzione di una condizione; è un diritto che si affievolisce
-coll'andar del tempo e sotto l'azione di numerosi elementi ed, in
-alcuni casi, si trasforma, ma non si estingue. Nei primi anni il
-_publicum_ esercita il suo diritto di distribuzione delle terre comuni
-concesse in precaria ad un determinato gruppo, come nel noto caso
-della _fiurvaida_ pisana, mentre più tardi di questo esercizio di
-autorità non si ha menzione. Ma il diritto eminente dello Stato permane
-e lo si vede apparire nella imposizione fridericiana riguardo alle
-_arimanniae_, nella quale si comprendono tutte le terre sulle quali lo
-Stato vantava diritti non annullati da concessioni speciali.
-
-E in tal modo si viene ad un altro punto più interessante ancora; la
-determinazione del patrimonio dell'arimanno.
-
-Secondo il Leicht, l'arimanno possederebbe, come tale, una terra
-speciale, che sarebbe appunto l'arimannia, oltre il suo allodio:
-l'arimannia, secondo quest'autore, sarebbe solo la terra pascolativa,
-almeno originariamente. Io credo, invece, che arimannia non sia
-soltanto questa ma sia la terra, la _sors_, concessa ad ogni singolo
-arimanno, insieme col diritto sul compascuo e sulle prestazioni, di
-cui queste due terre dovevano rispondere, per mezzo della persona a cui
-erano state concesse.
-
-In tal modo si rende spiegabile la frase del diploma imperiale
-agli arimanni, con la quale si concede a questi _hereditatem et res
-communes_. Nè può far meraviglia il fatto che la terra sia chiamata
-hereditas: con tal nome sappiamo esser stata indicata non soltanto la
-terra allodiale ma anche quella colonica, la quale — ed è questo un
-punto di contatto con l'arimannia — senza staccarsi dal patrimonio
-del «dominus», è suscettibile di cessione, di alienazione e di
-donazione[339] anche fuori dell'ambito del _mithio_, entro il quale i
-coloni fiscalini hanno facoltà anche più ampie[340]. Senza contare che
-ripugna al concetto della costituzione di un gruppo arimannico l'idea
-della mancanza di una terra propria di ciascuno, perchè è proprio
-questo il campo nel quale il sistema della _sors_ e della terra comune
-ad essa assegnata si può e si deve manifestare. Il Leicht[341] ha
-combattuto giustamente, seguito dal Checchini, l'opinione dell'Andrich
-che gli arimanni nei piccoli castelli fossero i soli comunisti
-ed aggiunge che però è innegabile che al gruppo vicinale stesso,
-come ente, gli imperatori ed i loro succedanei sovente investono
-l'arimannia, la quale viene così ad immedesimarsi col comune: così a
-Mantova, a Cremona. Ed è vero. Io aggiungerò che, dall'insieme dei
-documenti, risulta la prevalenza dell'elemento cittadino-romano su
-quello arimannico-germanico.
-
-Nel diploma di Enrico II del 1014[342], si parla esclusivamente di
-arimanni, mentre in quello di Enrico III del 1055[343] si parla di
-tutti i cittadini di Mantova, dei quali gli arimanni, in virtù del
-diploma del 1014, erano potuti entrare a far parte. Infatti con
-quest'ultimo diploma l'imperatore prende sotto la sua protezione tutti
-gli arimanni — _cunctos arimannos_ — che abitano — _habitantes_ — nella
-città di Mantova, nel comitato di essa ed in alcuni vici espressamente
-nominati — _in civitate Mantue, sive in Castro qui d. Portus sive
-in vicoras q. n. S. Georgio, Formicosa, Cepada, seu et in comitatu
-mantuano_ con tutte le loro cose e cioè _cum omni eorum hereditate,
-paterno vel materno jure, proprietate, communaliis sive omnibus rebus
-que ab eorum parentibus possessa fuerunt et eorum adquisita sive
-adquirenda_.
-
-Invece dal diploma di Enrico III del 1055 appare che l'imperatore,
-volendo estirpare le «superstitiosas exactiones et importunas
-violentias» di cui gli arimanni mantovani erano vittime, stabilisce ed
-impone che «nulla magna parvaque persona _predictos cives, videlicet
-ermannos in Mantua civitate habitantes_ (ossia quegli arimanni che
-erano entrati ad abitare come cittadini in Mantova) de suis personis,
-sive de illorum servis et ancillis vel de liberis hominibus in eorum
-residentibus terra, vel DE EREMANNIA _et_ COMMUNIBUS REBUS AD PREDICTAM
-CIVITATEM PERTINENTIBUS ex utraque parte flumine mincii sitis, sive
-de beneficiis, libellariis, precariis, seu eciam de omnibus eorum
-rebus mobilibus et immobilibus iuste conquisitis et iuste conquerendis
-inquietare, molestare, disvestire, sine legali judicio presumat». Ora
-si potrebbe ricordare che a Lucca era avvenuto altrettanto parecchi
-secoli prima: nel 786[344] gli arimanni erano entrati a far parte dei
-cives ricordati fino dal 722[345]. Ma quello che a me preme rilevare
-è la differenza che corre fra i due passi concernenti la terra
-arimannica: nella prima abbiamo l'_hereditas_ distinta ma unita con
-le terre comuni dei singoli gruppi arimannici; nel secondo l'una e le
-altre, sotto la comprensiva dizione di _eremania_, sono nettamente
-separate dai beni comuni pertinenti alla città. E su quest'ultimo
-diploma si modellano quelli successivi del 1090, del 1133 e del 1159 di
-Matilde[346], di Lotario II[347] e di Federigo Barbarossa[348].
-
-A qualunque distanza fossero le arimannie dalle mura cittadine,
-costituivano sempre un'organizzazione distinta da quella della città,
-la cui configurazione territoriale rimane individuata anche per questo
-lato.
-
-Nè si potrebbe obbiettare che si può avere una confusione quando,
-invece di terre lasciate in proprietà alle città, si tratta — ed è il
-caso più frequente — di terre così dette comuni delle quali alle città
-è concesso solo l'uso mentre la proprietà rimane al re.
-
-Prescindendo dal caso del _Palatium_ o _Curtis regia_ che non si
-distingueva dalle altre _curtes_, — lascio da parte la questione, per
-me irrilevante, della distinzione fra fisco e patrimonio privato del
-re, che il Sohm afferma già delineata mentre è negata dall'Hartmann
-— non si distingueva, dico, se non per un più rapido formarsi del
-diritto che scultoriamente fu detto dal Solmi[349] curtense; delle
-altre terre regie bisogna fare una bipartizione. V'erano terre, prati,
-selve, laghi etc. sulle quali dal re potevano venir concessi diritti e
-facoltà di uso, dietro il correspettivo di un canone o magari senza.
-E queste erano terre non specificatamente addette ad una comunità di
-persone. E c'erano poi altre terre sulle quali, in quanto e perchè
-facevano parte di un determinato gruppo politico, i componenti di esso
-avevano speciali diritti. Le une e le altre terre si trovavano sotto il
-dominio eminente del «publicum»; ma nel primo caso predominava assoluto
-l'elemento patrimoniale; nel secondo questo era quasi tutto, per non
-dire addirittura tutto, assorbito dall'elemento pubblico. Conseguenza
-non improbabile del modo con cui sull'esempio dei re goti, i re
-langobardi si considerarono come successori del fisco bizantino[350].
-E la differenza si manifestava anche nel diverso modo di agire della
-potestà pubblica sugli uni e sugli altri: nel primo caso il diritto
-d'uso scaturiva immediatamente dalla concessione regia; nel secondo
-indirettamente; perchè il re, se non commetteva un arbitrio che può,
-magari, giungere fino alla spogliazione, possibile senza dubbio,
-ma, per la sua stessa natura, eccezionale, non poteva ammetterlo
-al godimento dei diritti di uso se non costringendo il gruppo, che
-non avesse voluto accogliere il nuovo venuto di buona volontà, ad
-accettarlo col vigore del suo _preceptum_[351].
-
-Ma nel primo caso il re, sieno beni suoi o dello Stato, può disporne
-come vuole; nel secondo riconosce la consistenza del gruppo dei vicini.
-
-Nel caso nostro della città.
-
-Ed è ormai tempo di avviarsi a ricercare la natura di questa
-consistenza.
-
-
-§ 5. — Una prima osservazione si impone.
-
-Dal momento che i Langobardi rispettarono le antiche divisioni
-territoriali, è certo che esse dovettero avere un'importanza effettiva,
-perchè non è possibile ammettere che ai barbari, pochi e selvaggi,
-convenissero le divisioni territoriali di un popolo evoluto fino alla
-decadenza e, per quanto decimato dalle carestie, dalle pestilenze e
-dalle guerre[352], infinitamente più numeroso; mentre è pure giocoforza
-convenire che ai langobardi ariani, tali divisioni non poterono esser
-date dalla chiesa cattolica.
-
-Prima che il Solmi negasse la continuazione medioevale delle vecchie
-corporazioni romano-bizantine, si era sostenuto unanimemente che
-queste servissero ai dominatori come strumento di estorsione. Dopo di
-lui nessuno si è occupato di colmare la lacuna che veniva lasciata
-scoperta, quantunque — se non m'inganno — non si possano del tutto
-accogliere i risultati negativi a cui egli è pervenuto.
-
-Si hanno tracce sicure di prestazioni _quas homines exinde in publico
-habuerunt consuetudinem faciendum_[353]: Pipino[354] parla del
-rifacimento delle mura, delle porte, delle strade, dei ponti e degli
-edifici pubblici, come di _antiqua consuetudo_ e Carlo Magno[355]
-ricorda _mansionaticos, paraveredos et operas_; tutti dimostrano
-la continuazione ininterrotta dal tempo romano di tutti questi
-aggravi[356] e compiono il quadro datoci dalla famosa _pensio_ dei
-saponai di Piacenza[357], dal taglio e trasporto delle legna dei
-cittadini di Benevento[358], dalle prestazioni dei Veronesi per il
-rifacimento delle mura[359], da quelle dei Cremonesi per l'uso delle
-acque[360] e anche da quella dei Lucchesi[361] e dei Pisani[362] per
-il palazzo imperiale. E che più? Chi non conosce — anche a voler
-tralasciare gli aggravi del triplice placito annuale[363] — il
-famigerato passo di Paolo Diacono che parla di _populi adgravati?_
-
-Il Tamassia[364], nella sua recensione al libro del Solmi sulle
-associazioni precomunali, osservando come il documento piacentino del
-744 sia una conferma regia di una più antica concessione di privilegi,
-per la quale da Liutprando è confermata al vescovo di Piacenza
-_pensionem illam de sapone h. e. libr. XXX. quae palatii nostri in
-civitate Plac. inferebantur et ab ipso patruo nostro ad pauperes
-lavandum concessa sunt_, crede probabile che la chiesa piacentina
-ottenesse dal re langobardo la continuazione di un antichissimo diritto
-a suo favore e gravante gli esercenti dell'industria del sapone.
-
-Egli ritiene così che non si possa disconoscere un certo vincolo
-di dipendenza fra gli operai e la Chiesa, la quale, con i suoi
-organismi associativi, nei secoli V e VI servì di rifugio allo
-spirito corporatizio romano, strangolato dalle istituzioni coatte
-dell'ultimo diritto imperiale; ed in quelli successivi, pur senza
-implicare necessariamente l'esistenza di un _corpus_, ebbe non scarsa
-importanza[365]. Effettivamente, il Tamassia ha messo felicemente
-in rilievo — il Solmi stesso lo ha riconosciuto[366] — l'influsso
-esercitato, in questo rapporto, dalla Chiesa. Ed io credo che la
-Chiesa abbia esercitato nell'epoca langobarda un'azione di eccezionale
-importanza e ne tratterò più innanzi; ma non mi pare che ciò sia
-avvenuto nel modo indicato dal Tamassia e dal Solmi[367].
-
-Per provare l'asserto da essi voluto, sarebbe stato necessario
-dimostrare l'esistenza di un vincolo, intercedente fra il vescovo e
-gli artigiani cittadini, nei rapporti della vita pubblica delle città.
-Invece il documento veronese[368] e quello senese[369] dal Solmi
-citati mostrano, è vero, una certa organizzazione artigiana, se non
-industriale; ma essa nasce, si esplica e si circoscrive nel complesso
-dei beni di proprietà del vescovado: onde non ha nulla di diverso
-dall'organizzazione interna di ogni _curtis_ regia, ecclesiastica,
-o privata, e, sia che il centro ne sia dentro o fuori le mura,
-costituisce sempre un organismo fuori della vita cittadina.
-
-E lo stesso è a dirsi dei monasteri in questo periodo normalmente
-in dipendenza se non in potestà diretta del re[370]. Non aveva
-certo alcun contatto con l'artigianato cittadino quel _laboratorio_
-del monastero femminile di San Michele in Firenze, in cui per il
-convento di Nonantola ogni anno si confezionavano le famose _quinque
-bone stamineae_; e lavoravano dodici ancelle, mandate dal convento
-stesso insieme con la materia prima necessaria per le tele e le
-vesti dei monaci[371]; come non aveva nulla di comune con la città
-l'altro monastero femminile, anch'esso fiorentino, di Sant'Andrea,
-che pure doveva essere un centro di produzione non disprezzabile,
-se era obbligato all'annuo tributo di un vestito di lana di capra
-_in parte palatii persolvendum_[372]. Abbazie e monasteri, anche nei
-rari casi in cui non erano favoriti da quelle concessioni immunitarie
-che avevano come conseguenza precipua di isolarli da ogni contatto
-esterno, non ricorrevano _ad magistros et manuales_ estranei che in
-caso di necessità assoluta ed anche allora solo per costruire _a petre
-et calcina_ gli edifici _ubi sunt omnes officine sicut abbatia habere
-debet_[373].
-
-Facendo capo a quanto ho detto sulla trasformazione subita dalle
-città negli ultimi tempi dell'impero, accentuata nell'epoca gotica ed
-aggravata ancor più in quella bizantina, io ritengo che i Langobardi
-abbiano considerato ogni centro abitato, sia urbano che rustico,
-solidalmente responsabile degli aggravi e delle imposte. Poichè è
-certo che se le corporazioni sparirono, d'altra parte le imposte, sia
-pur modificate, rimasero; mi pare che tale spiegazione sia, se non
-accettabile, ammissibile: tanto più che consente anche di arrivare ad
-un'interpetrazione del passo di Paolo Diacono, la quale oso sperare non
-sia la più campata in aria delle moltissime tirate fuori fin qui.
-
-Il Leicht[374] ritiene che _populi_ si possa riferire con
-verosimiglianza alle popolazioni rustiche dei grandi possessi romani
-prima soggetti alle _tertiae_. Ed è vero: ma _populus_ non indicò
-solo questa popolazione; indicò anche gli altri gruppi vicinali che si
-raccoglievano nel _vicus_ e nell'_urbs_. Ogni _locus_, ogni _vicus_ —
-ce lo dice Rotari[375] — aveva il suo territorio e così quelli vicini
-alla città venivano a chiuderla tutto intorno in un ambito, che si può
-seguire attraverso le divisioni ecclesiastiche, e che era costituito
-dal centro murato e da una certa estensione di territorio di cui la
-città era dotata al pari di ogni vico: non come sede di un _judex_.
-La parola _populus_ nel diritto romano classico indicava abitualmente
-l'insieme degli abitanti in una _civitas_[376], così che la provincia
-si poteva dire divisa in città o _populi_; ma più tardi, forse per
-l'azione della Chiesa[377], anche le circoscrizioni minori furono
-chiamate col nome di _populi_[378], aprendo e facilitando la via al
-sistema goto-bizantino, che, staccando le classi militari e le più
-elevate dalla rimanente popolazione, chiamò _populus_ quest'ultima in
-tutti i suoi agglomerati, fossero essi urbani o rustici[379].
-
-A risolvere il famoso passo di Paolo Diacono, a mio modo di vedere,
-si possono addurre tre elementi sicuri: la coincidenza delle
-circoscrizioni civili con quelle ecclesiastiche, l'esistenza di varie
-prestazioni e la ripugnanza incoercibile dei Langobardi a pagare
-imposte e contribuzioni.
-
-Considerando che i Langobardi erano pochi, ariani e barbari, la
-coincidenza — ripeto — non può essere spiegata, come alcuni autori
-inclinano a credere, con la supposizione che per un certo tempo tali
-divisioni territoriali sieno state usate solo dalla Chiesa e che i
-Langobardi l'abbiano riprese da essa. È molto più verosimile che i
-Langobardi le abbiano conservate perchè tale conservazione apparve
-loro di utilità immediata e indiscutibile: tanto è vero che, dove tale
-utilità generica fu sorpassata da una necessità impellente, non si
-peritarono di procedere a nuove e diverse divisioni[380].
-
-Esaminando le varie prestazioni, di cui si ha notizia per l'epoca
-langobarda, si vede che di una — la _tertia pars frugum_, alla quale
-furono soggetti i romani verso i conquistatori — nessun testo ci dice
-in modo preciso come veniva corrisposta; delle altre i documenti e le
-leggi franche (che ricordandole sino dal 782 come _antiqua consuetudo_
-ne provano sicuramente l'antichità) ce le mostrano come gravanti
-collettivamente su nuclei vicinali determinati per pievi[381]. E poichè
-accanto alla pieve rurale coesiste e predomina la pieve urbana; nè la
-ragione consiglia nè i documenti permettono di credere che tali nuclei
-sieno solamente rurali[382]. Di più dalle più antiche leggi barbariche
-che si conoscano, si vede concepita ed attuata una responsabilità
-collettiva che colpisce un insieme di individui determinato soltanto
-territorialmente con i confini entro i quali abita e vive il gruppo
-vicinale[383]: responsabilità e determinazione che corrisponde
-perfettamente ai documenti langobardi che possediamo[384].
-
-Finalmente dal momento che i Langobardi non contribuirono certamente
-(almeno nei primi tempi: vedremo in seguito perchè questo stato di
-diritto fu più tardi mutato) alle gravezze ed alle imposte, queste
-colpirono soltanto ed esclusivamente i romani.
-
-Premesso questo e tenuto presente il sistema di responsabilità
-collettiva, al quale erano state condotte le singole circoscrizioni
-territoriali dalla decadenza romana e più ancora da quella
-goto-bizantina, mi sembra sintomatica, ma non strana, la disposizione
-imperiale che, proprio a proposito dell'hospitalitas, abbandona i
-classici concetti romani, che basano la persona giuridica sull'elemento
-personale, e riconosce non irrilevanti facoltà giuridiche in un amorfo
-complesso di individui determinati unicamente in base all'elemento
-ibrido dell'abitazione senza alcuna considerazione dell'elemento
-e dello stato delle persone[385]. Tale pervertimento non può esser
-dovuto che all'irrefrenabile dilagare di una decadenza che i consueti
-mezzi giuridici non eran capaci nè di contenere nè di regolare e che
-preparava favorevole terreno alle successive istituzioni barbariche.
-
-A questa stregua il passo in cui Paolo Diacono dice che _populi tamen
-adgravati per Langobardos hospites partiuntur_ mi pare suscettibile
-di questa spiegazione. I singoli _populi_, ossia le singole città
-con le terre cittadine ed il suburbio[386], al pari ed insieme con i
-singoli _vici_ e _loci_ con il loro respettivo territorio, prima furono
-obbligati collettivamente e solidalmente al tributo della _tertia pars
-frugum_[387]; e più tardi, quando, dopo l'interregno, la conquista
-prese un assetto definitivo, furono divisi fra i Langobardi a seconda
-ed in proporzione della necessità e dei bisogni: necessità e bisogni
-che si conguagliavano alle esigenze della difesa[388], al numero
-dei componenti i singoli gruppi, ai loro desideri[389] e alle loro
-tendenze[390].
-
-Questi _populi, adgravati_ dai duchi che si vollero rifare della parte
-di patrimonio ceduta al re, furono senza dubbio soggetti al rifacimento
-delle mura, delle porte, delle strade, dei ponti, degli edifici
-pubblici, delle cloache e, nelle città fluviali, anche dei porti; e,
-dove fu possibile, come a Cremona, a Piacenza, a Benevento e altrove,
-anche ad altri aggravi speciali e furono divisi, secondo l'opportunità
-e la convenienza dei vincitori, fra i vari duchi e fra i diversi
-aggregati di _fare_, che, sotto la loro guida, si distribuirono nel
-paese conquistato, dividendosene le terre.
-
-E come nelle continue e terribili devastazioni, ormai da gran tempo
-imperversanti, la terra abbondava, mentre i grandi possessi dei nobili
-romani uccisi al tempo di Clefi soddisfacevano, o quasi, le richieste
-dei maggiori langobardi; le terre che pur rientravano nei singoli
-_populi_ ma dagli scarsi abitanti non erano utilizzate, furono divise
-fra gli altri Langobardi[391], mentre agli indigeni fu lasciata,
-oltre la proprietà privata di ciascuno, un'altra terra di uso comune,
-necessaria ed indispensabile quanto l'altra. E in alcuni luoghi, in
-cui la terra abbondava ancor più, ne fu lasciata alle città anche
-dell'altra su cui i cittadini non esercitavano un diritto di uso nè
-come tali, nè come facenti parte di un qualche consorzio di diritto
-privato con terre a comune; era una terra che a nessuno di essi
-spettava in proprietà, ma che dallo stato langobardo era riconosciuta
-spettante alla città stessa, in quanto forniva a questa i sassi, le
-pietre, il legname e le altre cose necessarie per il rifacimento delle
-mura, dei ponti, e per le altre speciali imposizioni, cui la città
-doveva sopperire.
-
-Del resto, si accetti o no questa mia interpretazione, confido non
-si possa negare che al tempo langobardo la città si differenziava
-territorialmente dalla _judiciaria_ di cui è a capo.
-
-
-§ 6. — Bisogna ora vedere se e quanto è rimasto dell'antico concetto
-romano della _civitas_, per passare poi all'esame degli elementi
-principali che lo costituiscono.
-
-Cominciamo dal primo punto.
-
-L'atto di fondazione del famoso monastero di Senatore in Pavia, del
-novembre del 714, è stato steso da Felice _subdiaconus et notarius
-sancte ticinensis ecclesie_, e sottoscritto da Todo _notarius regie
-potestatis_ e da Aufrit _notarius regius_[392].
-
-In un altro documento pavese[393], di poco posteriore, — è del 729 — si
-legge:
-
-«Quam donationis seu confirmationis nostre paginam Magno _notarius
-sancte ticinensis ecclesie_ ex iussu Benedicti venerabilis _subdiaconi
-et exceptoris ticinensis_ scribendo rogavimus et subter confirmantibus
-testibusque obtulimus roborandum.
-
-Ego qui supra Magnus _notarius sancte ticinensis ecclesie_ scriptor
-huius cartule donationis post tradita complevi et dedi».
-
-È evidente che Felice e Magno erano notari della chiesa pavese, ma non
-_exceptores ticinenses_ e tanto meno notari _regie potestatis_: e che
-Benedetto era ad un tempo suddiacono e _exceptor_; come era suddiacono
-e _exceptor civitatis_ il suo confratello piacentino Vitale che in un
-documento dell'anno 721[394] si qualifica _Vitalis v. v. subdiaconus
-exceptor civitatis Placentinae_.
-
-C'erano, dunque, notai del re, notai della chiesa e notai della
-città[395]. L'esistenza dei primi due non fa meraviglia; ma riguardo
-agli ultimi non si può non osservare che la forza della _civitas_
-non deve essere stata tenue se riuscì a tenersi distinta dal potere
-pubblico anche nella città in cui esso aveva posto la sua sede
-principale; e che ciò è tanto più notevole in quanto, sparite, con
-la dominazione langobarda, le curie, le corporazioni e le maggiori
-autorità romano-bizantine, erano venuti a mancare i cardini sui quali
-avrebbe potuto poggiare più agevolmente per mantenersi.
-
-Riservando ogni congettura a quando sieno stati raccolti tutti i dati,
-che ho potuto rinvenire, prendiamo atto della tripartizione che si vede
-delineata e proseguiamo.
-
-Un altro bellissimo documento che, per la sua importanza, merita di
-esser segnalato in prima linea, è una _notitia_ veronese dell'837
-riferentesi a fatti avvenuti nell'818[396], sulla quale, ormai quasi
-del tutto trascurata dopo l'Hegel[397], richiamò or non è molto,
-l'attenzione il Leicht[398] e si è servito anche il Mayer[399]. È una
-«notitia» _qualem pedaturam murorum veronensis civitatis pars domus
-episcopii sancti Zenonis praeteritis temporibus facere solita fuerit_.
-
-Al tempo della puerizia di Pipino, verso gli ultimi del 700, essendo
-frequenti le irruzioni degli Ungari, Carlo M. pensò di riparare le più
-importanti città di confine e fra queste Verona, per la massima parte
-distrutta e «muros, turres, fossasque per urbis girum fecit adiectisque
-palis fixis a solo usque munivit». Ma allora _de faciendis muris et
-fossis_ sorse una contesa _inter cives, et urbis judices, ac partem S.
-Zenonis_; perchè mentre i giudici volevano che l'episcopio contribuisse
-per la terza parte; la Chiesa (compresi in essa quattro monasteri, di
-cui tre regi e due xenodochi, pure regi) «quod ad comparationem tanti
-populi exigua esset», _volebat non tertiam sed quartam sicut antiquitus
-fuerat, dare_. E non si veniva a capo di nulla perchè da una parte il
-vescovo non voleva cedere e dall'altra la «pars publica» non poteva
-provare quello che sosteneva, sia perchè era passato molto tempo da
-che la città non era stata munita, sia perchè al tempo dei Langobardi
-«nihil indigebat, _publico studio munita_: si quid modicum ruebat,
-statim a vicario civitatis restituebatur». Finalmente si ricorse al
-giudizio di Dio, che riuscì favorevole al vescovo e pose termine ad
-ogni questione. Tanto che quando nell'837 l'imperatore Lotario mandò
-a Verona i suoi due messi Mario, conte di Berg, e Erimberto, vescovo
-di Lodi, al vescovado ed ai suoi soci fu affidato il rifacimento della
-quarta parte delle mura della città presso la porta nuova e dei muri
-del castello. E «opus illud perfecit».
-
-Sull'attendibilità e l'autenticità di questo documento nessuno ha
-sollevato dubbi: l'Hegel e il Mayer se ne servono per provare che le
-mura e le costruzioni difensive romane continuarono ad esistere anche
-nell'epoca langobarda; il Leicht per mettere in rilievo il saldo
-vincolo dal quale appaiono uniti i cives accanto al rappresentante
-del pubblico potere: e solo si deve tener presente che non è un vero
-e proprio atto pubblico, ma una memoria, una _notitia_, fatta redigere
-dalla chiesa veronese, qualche tempo dopo, a ricordo degli avvenimenti
-occorsile e a scopo di evitare possibili contestazioni future[400].
-
-Questo era da premettere per allontanare qualunque possibile obiezione
-da un documento che offre la prima prova sicura del mantenersi in
-Italia di una parte importantissima di sistemi di diritto pubblico
-prettamente romani.
-
-Non si può dubitare che, ancora nel secolo ottavo, la ragione
-per cui la «pars pubblica» veronese si riconosceva obbligata a
-contribuire alla terza parte dell'opera, si debba trovare nell'antica
-disposizione di Arcadio e Onorio[401], passata integralmente nel
-Codice Giustiniano[402], che assegnava alla riparazione delle mura ed
-al mantenimento delle terme la _tertiam partem de redditibus fundorum
-iuris reipublicae_; e può nascere questione soltanto nel determinare
-con esattezza a quale delle varie raccolte, in cui essa è stata
-inclusa, sia da attribuire. Io credo che non si debba pensare nè al
-Codice Teodosiano nè a quello Giustinianeo, ma sibbene al Breviario
-Alariciano: e ciò perchè l'_Interpretatio_ visigotica trasforma la
-legge in maniera che si attaglia in modo perfetto alle condizioni
-dell'_Emilia_ e della _Tuscia_ — le due grandi regioni in cui era
-divisa l'Italia al tempo dei Franchi — quali ci sono mostrate dal
-documento di Verona e dalle fonti legislative, mentre non si potrebbe
-dire altrettanto del rimanente della penisola.
-
-Nel Breviario Alariciano la disposizione, di cui ci stiamo occupando
-suona così: _Quotiens aedificia vetustate consumpta necesse fuerit
-reparari, ad ipsam reparationem tertiam partem de proprio fiscus
-impendat_. Si è omessa ogni menzione della _subustio thermarum_ e si
-è sostituita l'espressione «fundi iuris reipublicae», che poteva dar
-luogo ad incertezze (per determinare se si fosse trattato di fondi del
-fisco o della città), con il termine _fiscus_, di indubbio significato.
-E la _notitia_ veronese mostra chiaramente la partecipazione del fisco
-regio al riattamento delle mura, mentre un capitolare sicuramente
-italico parla di piazze e di cloache restaurate a totale carico
-dell'erario pubblico e di ponti e di «reliquis similibus operibus»
-mantenute dallo Stato in cooperazione con gli abitanti e con le
-singole chiese senza mai far parola di terme[403]. Invece nella
-parte inferiore dell'Italia centrale la _Summa Perusina_[404] ricorda
-ancora le terme e solo ha una leggiera variante nell'indicazione dei
-redditi pubblici: _moenia publica et therma de tertia parte reditibus
-publicis reparetur_; e nell'Italia meridionale, attraverso alla
-concessione fatta nel 774 dal duca Arechi di Benevento al monastero di
-S. Sofia[405], si vede limpidamente come, per tradizione o per testi
-giuridici, si sia mantenuto il sistema romano-bizantino delle terme
-e del loro riscaldamento per opera del fisco e dei cittadini. E se si
-mantenne nelle regioni langobarde, a più forte ragione è da pensare che
-si conservasse nella parte d'Italia rimasta più a lungo bizantina.
-
-Un solo testo, generalmente attribuito all'Italia, fa eccezione: la c.
-d. _Legge Romana Udinese_.
-
-Questa legge mostra evidentemente di avere calcato in questo punto,
-come in molti altri, il Breviario Alariciano ma svisandolo e,
-conseguentemente, allontanandosi del tutto dalla massima romana e
-dalle applicazioni che, in modo non da per tutto uniforme, ma sempre
-inspirato ad identico concetto, essa ebbe in Italia. In questa, come
-abbiamo visto, si considerano due termini: le mura della città e
-le terme. Di quest'ultime il Breviario non parla, mentre estende la
-comprensione dell'altro termine a tutti gli edifici pubblici, con lo
-scopo evidente di imporre in un numero maggiore di casi l'obbligo della
-prestazione ai cittadini ed alla chiesa vescovile. Ora la legge c.
-d. romana udinese con la sua seconda interpr. alla legge I del libro
-XVI dice: _Si aliquis judex antiqua publici habitacionem in civitatem
-renovare voluerit, tercia parte cum adiutore fisci ipsum aedificium
-renovet_. Non solo non si parla più delle mura; ma, pure a voler passar
-sopra — conoscendo lo spropositato latino del compilatore — alla
-differenza fra una _reparatio_ necessaria ed una _renovatio_ voluta
-dall'«judex», anche il centro della disposizione è spostato perchè si
-parla di un'_habitacio_ che riguarda unicamente l'«judex», al quale, se
-vorrà ripararla, verrà concessa la partecipazione del terzo della spesa
-da parte del fisco.
-
-Per questo punto almeno la c. d. Legge rom. udin. non ha certamente
-avuto applicazione in Italia. Non voglio dire che se ne possa
-senz'altro dedurre che perdano ogni vigore le numerose argomentazioni
-fatte per sostenerne l'italianità, dalle magistrali memorie dello
-Schupfer alle geniali supposizioni del Gaudenzi; ma sta il fatto che su
-una questione determinata con precisione e per la quale si hanno come
-termine di paragone documenti e testi sicuramente italiani, la legge
-romana udinese si è trovata in contrasto aperto.
-
-Dal documento veronese, dunque, si vede come alla riparazione ed al
-mantenimento delle opere pubbliche concorressero insieme, ed oltre ai
-_cives_, la Chiesa e lo Stato.
-
-Di questo fatto si hanno anche altre conferme.
-
-La partecipazione della Chiesa è provata da un Capitolare italico,
-del quale Lodovico il Pio, riportandolo nel suo Capitolare dell'817,
-ci attesta la larga applicazione in Italia[406]. In esso si conferma
-l'_antiquam et justam consuetudinem_ per la quale gli ecclesiastici
-erano obbligati alla costruzione dei ponti e di altre simili opere
-insieme _cum reliquo populo_ e si stabilisce che il rappresentante
-della pubblica autorità non deve chiamarli direttamente al lavoro —
-_per alium exactorem ecclesiastici homines non compellantur_ — ma deve
-rivolgersi al rettore della chiesa — _rector ecclesiae interpelletur_ —
-e questi risponde dell'esecuzione del lavoro.
-
-L'esempio di Verona calza a capello anche a questo proposito: insieme
-col vescovado si vedono formare la quota della Chiesa varî monasteri e
-due xenodochi.
-
-E poichè si parla di _antiqua consuetudo_ è più che probabile che le
-cose non procedessero con sistema diverso al tempo dei Langobardi, i
-quali, presumibilmente, lo ricevettero dai Goti attraverso alla breve
-dominazione bizantina.
-
-È al tempo dei Goti che la Chiesa cattolica comincia a staccarsi
-dallo Stato, per divenire la Chiesa di una sola parte — e della parte
-vinta — della popolazione; ed è allora che si può concepirla gravata
-di una parte dell'onere del rifacimento dei pubblici edifici. Il
-Codice Giustinianeo non ha accolto alcuna delle numerose costituzioni
-imperiali, che da Costantino in poi, avevano costituito alla Chiesa
-una condizione privilegiata in fatto di imposte e di esazioni ed
-ha equiparato in tutto e per tutto gli ecclesiastici ai laici,
-immobilizzandoli, al pari di questi, nelle singole circoscrizioni
-e sottomettendoli a quegli oneri che, prima _sordida munera_, son
-qualificati da lui come nobili e necessari; ma per quanto potesse
-colpirne i membri, non credo che la legislazione bizantina, che
-tanto si valeva della Chiesa da affidarle funzioni pubbliche molto
-importanti, sia potuta giungere a concepire il _corpus_ della Chiesa
-nel suo complesso come un congruo e possibile soggetto di esazione
-tributaria. A questo, secondo me, arrivarono senza sforzo i Goti che
-erano barbari ed ariani; distinti, cioè, per razza e per culto dai
-vinti, fra i quali non poteva essere difficile scorgere e colpire
-quella che formava la parte più importante della loro vita.
-
-Nè le cose dovettero passare altrimenti sotto i Langobardi: soltanto
-la collettività cittadina non avendo raggiunta sotto di loro quella
-consistenza della quale vigorosi sintomi economici non appaiono
-che alla fine del secolo ottavo ed ai primi del successivo, nè la
-Chiesa essendo ancora pervenuta all'importanza politica e sociale,
-riconosciutale da Carlo Magno; l'attività del rappresentante della
-pubblica autorità risaltava per modo da offuscare la partecipazione
-d'opere e di spesa alla quale, sotto la sua direzione ed il suo
-comando, i cittadini e la Chiesa dovevano sobbarcarsi[407].
-
-Per quel che concerne la partecipazione dello Stato alle opere
-pubbliche, le tracce forniteci dal documento veronese vengono
-illuminate, completate e prospettate nelle loro proporzioni nel quadro
-delle istituzioni cittadine del tempo, da un capitolare franco che,
-col carattere generale, proprio delle disposizioni legislative, affida
-che il caso di Verona è da considerarsi non come isolato e particolare
-ad una sola città, ma come un episodio corrispondente al sistema degli
-ordinamenti pubblici che reggevano le città italiane conquistate dai
-Franchi: sistema proprio e caratteristico dell'Italia e tutto affatto
-distinto da quello di ogni altra regione.
-
-Il Capitolare tratta «de plateis vel cloacis curandis _unius cuiusque
-civitatis de regno Italiae_ ut singulis annis curentur» e stabilisce
-che ciò sia fatto a cura e carico totale dello Stato — _non volumus
-quod exinde pandum aliquis ad partem palatii nostri persolvat_[408].
-
-Ora — si badi bene — una cura vigile delle cloache e delle piazze
-cittadine, di per sè stessa poco consona all'organizzazione statuale
-barbarica, non si può assolutamente concepire staccata da quel sistema
-delle angarie che, se ebbe una consistenza giuridica speciale nel
-sistema feudale, ebbe una applicazione non meno estesa nel precedente
-sistema barbarico. Perchè dei bisogni locali fossero soddisfatti dallo
-Stato senza un contributo specifico, destinato ad un particolare scopo,
-degli individui che ne erano avvantaggiati, ci voleva un paese nel
-quale fosse viva e forte la concezione dello Stato come un ente saldo
-ed omogeneo personificante l'insieme di tutti i cittadini. E questo
-paese, anche se la legge non lo dichiarasse in modo esplicito, non
-poteva esser che l'Italia. E la cosa è resa ancor più notevole dal
-fatto che tale tradizione appare non nei primi tempi della conquista
-langobarda, ciò che avrebbe potuto non recar meraviglia, ma quando essa
-è sostituita da quella franca. Dal confronto del documento veronese
-con il capitolare ora ricordato appare indiscutibile la partecipazione
-diretta, a spese proprie, dello Stato ad opere di pubblica utilità
-e necessità; partecipazione non sporadica e saltuaria, ma generale
-e sistematica, che i re franchi non avrebbero, non saprei dire se
-piuttosto subita o accolta, se una speciale condizione di cose non ve
-li avesse costretti. Nessun altro capitolare, infatti, parla mai di
-simile contribuzione da parte dello Stato.
-
-E anche questo elemento ebbe la sua importanza per la costituzione
-delle nostre città. L'autorità pubblica, che con il rapido e
-progressivo decadere del potere centrale, si avviava al sistema
-feudale; costretta a supplire con mezzi propri alle necessità della
-difesa, rese sempre più impellenti dalle invasioni ognor più frequenti
-e minacciose, fu tratta fatalmente ad affidare tale onere (che le
-tristi condizioni della sua finanza e la debolezza dei suoi organi
-non le permettevano di sostenere) alle energie locali. Ma queste,
-giuridicamente non obbligate affatto o solo in parte, non vi si
-sobbarcarono che verso congrue concessioni che diminuirono sempre più
-la forza del governo centrale e dei suoi rappresentanti sulle città
-e le avviarono vigorosamente, attraverso al governo, notoriamente
-mite, dei vescovi, alla completa autonomia. I _cives_, infatti, erano
-anch'essi obbligati a contribuire, come abbiamo veduto a Verona, per
-una certa parte, e questo conferma anche per un altro lato l'ipotesi
-accennata or ora che, per rendere loro possibile di soddisfare a tali
-oneri fossero rilasciati alle città alcuni beni, anche quando, sotto
-il gastaldo, dipendevano direttamente dal re. La discordia ben nota,
-fra i duchi ed i gastaldi, fomentata dalle guerre intestine e dalle
-dissensioni fra il partito nazionalista e quello romanizzante, non fu
-nè la sola nè la principale causa per la quale, istigati e sorretti
-dal duca desideroso di abbattere la concorrente autorità del gastaldo
-— specialmente quando l'uno e l'altro coesistevano nella stessa città —
-i cittadini diminuirono sempre più la facoltà del gastaldo e del re sui
-beni pubblici.
-
-E da questo stato di cose derivò anche un'altra conseguenza. Quando
-l'elemento cittadino riprese vita e vigore, non si accontentò di un
-diritto di uso su quei beni, ma ne pretese la piena proprietà perchè ed
-in quanto considerò l'uso fino ad allora fattone non come un diritto
-in sè stesso finito, ma come la manifestazione esterna di un vero
-e proprio diritto di proprietà, capace di escludere ogni ingerenza
-dell'autorità pubblica.
-
-Non è soltanto a Verona che si vede l'insieme dei cittadini ben
-distinto dalla Chiesa e dalla _pars publica_.
-
-Lo stesso è a Cremona.
-
-Cremona resistè molti anni all'invasione langobarda, finchè nel 603
-Agilulfo, che ne temeva grave pericolo per la vicinanza alla capitale
-mosse contro di essa, la conquistò e ne divise il territorio fra la
-_curtis regia_ di Sospiro ed il ducato di Brescia[409]. E ciò per non
-disturbare i potenti duchi di Bergamo e di Brescia i quali fin dal
-momento dell'invasione avevano occupato gran parte del territorio di
-Cremona[410]. La città in breve risorse, favorita dalla sua felice
-condizione topografica; tanto che la troviamo ricordata nel famoso
-patto del 730 fra Liutprando e i militi comaclensi[411].
-
-Mentre verso la metà del secolo nono Lodovico teneva il suo placito
-generale in Pavia comparvero Rothecario, Dodilo, Gudiberto _et
-ceteri habitatores de civitate Cremona_ e proclamarono che il vescovo
-aveva fatto loro grandi ed ingiuste violenze riguardo alle loro navi
-costringendoli a pagare «ripaticum, palificturam seu pastum» (sono le
-imposizioni del patto del 730) che nè loro nè i loro parenti avevan mai
-pagato.
-
-L'imperatore mandò a Cremona il suo consigliere Teodorico, al ritorno
-del quale si tenne un nuovo placito; ma essendo apparso insufficiente
-il materiale di prova, si rimise la decisione della controversia ad
-un successivo placito che fu tenuto dallo stesso Teodorico «in domo
-ecclesiae» di Cremona nell'852[412]. Vennero di nuovo i sopradetti
-_habitatores cum reliquis habitatoribus de ipsa civitate_ confermando
-le primitive accuse che il vescovo ingiustamente li costringeva agli
-stessi obblighi dei militi comaclensi. Ad essi il vescovo, dopo aver
-detto che a lui la _palifictura_ e il ripatico spettavano di diritto
-«iuxta istud pactum quod Dominus b. m. Karolus inperator confirmavit»,
-produsse idonei testimoni i quali provarono che quegli uomini che
-agivano «de ipso porto» contro la chiesa, _nec ipsi nec parentes sui
-naves habuerunt nisi tempore Pancoardi et Benedicti episcopi_ e che
-fino ad allora avevano portato il sale da Comacchio comuniter con i
-militi comaclensi e _comuniter ripaticum et palificturam dabant_ PARTI
-REGIE _et_ ECCLESIE CREMONENSI; e che anche dopo che negli ultimi
-trent'anni cominciarono a commerciare con navi proprie da Comacchio,
-davano il ripatico e la palifittura. E la deposizione di questi
-testimoni fu così completa e convincente che Teodorico, dopo aver
-sentito dal gastaldo e dall'avvocato della regia corte di Sospiro che
-la corte stessa non aveva da accampare alcun diritto, giudicò che «ipsi
-homines ripaticum vel palificturam de suis navibus iuxta ipsum pactum
-de antea dare deberent».
-
-Da questo documento si vede come la vita cittadina cominciasse
-veramente a svolgersi a Cremona nei primi anni del secolo nono e
-che solo allora i cremonesi cominciarono a possedere navi proprie
-ed esercitare da sè stessi il commercio e ad affacciare pretese di
-indipendenza economica. Prima di allora il complesso della cittadinanza
-era ben distinta dalla Chiesa e dalla parte pubblica, ma formava un
-complesso incolore, incapace, a quanto pare, di possedere in proprio:
-almeno se stiamo a quel che si dice delle navi.
-
-Nè quest'affermazione è in opposizione con quanto sono venuto esponendo
-rispetto alla personalità giuridica della città; perchè accadde alle
-nostre città quello che era avvenuto in Roma ai _collegia tenuiorum_,
-i quali furono riconosciuti come capaci di diritto, quantunque i loro
-membri, singolarmente presi, non fossero soggetti di diritto, per
-ragioni fiscali e di opportunità amministrativa.
-
-Di fronte alla fiacchezza congenita dello Stato barbarico, resa più
-grave dall'indebolimento proprio e caratteristico del periodo feudale;
-fra due grandi forze della società: lo Stato e la Chiesa; la vittoria
-doveva fatalmente arridere a quest'ultima, ricca di donazioni recenti
-e sempre più numerose: forte di antiche, care e solide tradizioni
-rinvigorite dallo spirito di romanità; centro non unico ma prevalente
-della cultura; salda in una organizzazione temprata dalle lunghe
-traversie.
-
-Erano ecclesiastici i due _exceptores_ di Pavia e di Piacenza e così a
-Verona come a Cremona aveva arriso alla Chiesa l'esito del giudizio.
-E in qualche luogo essa giunse a coprire con un suo membro anche
-quell'ufficio di _curator_ di così certa derivazione romana e di così
-incerta determinazione nel medio evo: a Lucca in un documento del 740
-troviamo _Gaudentium presbitero in christo pater curator nostro_[413].
-
-Alla Chiesa, dunque, prima che allo Stato è da rivolgere l'attenzione.
-
-
-§ 7. — La religione cristiana ha esercitato sullo sviluppo della nostra
-civiltà un'influenza vasta e complessa che, considerata da un punto
-di vista generale e d'insieme, si comprende nell'espressione generica
-di azione della Chiesa; però gli elementi, di cui tale azione resulta,
-sono così ingenti per numero e così differenti per origine, per natura,
-per sviluppo e per intensità, che è indispensabile una specificazione;
-e questa specificazione deve esser consona alla natura speciale
-dell'indagine presente.
-
-Avendo per scopo lo studio della costituzione delle nostre città,
-è ovvio che ci si deve occupare dell'azione della Chiesa in tanto
-ed in quanto ha rapporto con essa; e, quindi, si deve stabilire
-fra le varie manifestazioni del fenomeno religioso una gradazione
-di importanza, per cui dalle forme di contatto più immediato e di
-azione più diretta si scenda alle ultime e più remote ripercussioni
-del sentimento religioso[414]. Siccome la Chiesa, oltre che come un
-unico grande corpo, si può considerare anche come la resultante della
-unione dei varî centri locali che la compongono; e questi, in quanto
-costituiscono l'organo intermediario fra quella ed i proprî fedeli,
-sono, per necessità, in continuo contatto con quei centri locali: è
-evidente che nel caso nostro il primo e principale istituto da studiare
-è quello con il quale la Chiesa si organizzò nella città e, cioè, la
-chiesa cittadina; e che si deve individuarlo ed esaminarlo di contro
-e di preferenza ad ogni altro. Inoltre, poichè questa indagine mira a
-valutare quale sia stata l'azione esercitata dalla Chiesa nel periodo
-langobardo-franco, deve basarsi, come punto di partenza e di paragone,
-sulla conoscenza di tale azione nel periodo anteriore: e questa
-conoscenza, alla sua volta, deve esser raggiunta esaminando come la
-Chiesa si è stabilita ed organizzata nella città e quali conseguenze ne
-sono derivate in rapporto alla vita cittadina.
-
-A risalire fino ai più antichi tempi ed a condurre l'indagine con
-questo criterio induce anche un'altra considerazione.
-
-La Chiesa primitiva per rendere più rapida e proficua la propaganda
-e più salda l'organizzazione, ebbe gran cura di adattarsi il più
-possibile ai gusti, alle tendenze, ai costumi, alle usanze dei singoli
-luoghi e concesse ampia facoltà ai vescovi di adottare le formule ed i
-riti ritenuti più consoni alle varie popolazioni, lasciandoli arbitri
-di giudicare fino a qual punto questa che in alcuni casi, giunse ad
-esser piuttosto indipendenza che autonomia, fosse compatibile con
-l'unità dogmatica indispensabile alla Chiesa[415]. Solo dopo la metà
-del secolo quinto si comincia ad avvertire una qualche tendenza ad
-una unificazione specialmente nella Gallia[416] e nella Spagna[417];
-ma in maniera così blanda, che non si andò più in là di un semplice
-coordinamento della dottrina e degli usi nell'ambito ristretto dei
-varî concilî sinodali e metropolitani. Oltre le grandi differenze
-che distinguono la chiesa latina da quella greca[418]; differenze
-notevoli si riscontrano fra le varie chiese componenti la prima e
-cioè l'italiana, la gallica e la spagnuola[419]; ed altre tutt'altro
-che insignificanti si riscontrano pure fra i varî centri di ciascuna
-di esse. Nella nostra Italia, dove traccie numerose attestano la
-forza delle prische razze italiche, il lungo perdurare delle loro
-tradizioni[420] e il vigore del loro diritto[421]; nella nostra Italia,
-la terra classica delle città, questa varietà di liturgia, e non di
-liturgia soltanto, si manifestò più fortemente e persistè più a lungo
-che in ogni altro paese.
-
-Fra i numerosi _ordines officiorum_, che si cominciarono a raccogliere
-nelle cattedrali delle varie città dopo la lotta contro la simonia
-e per le investiture e che rappresentano una tendenza decisa verso
-l'unificazione generale; tendenza che fu accentuata e vittoriosa
-solo con Innocenzo III; fra questi _ordines officiorum_, dico, si
-riscontrano differenze profonde. E la cosa è tanto più notevole in
-quanto la diversità non appare soltanto fra i riti maggiori e più
-noti quali quello romano[422], l'ambrosiano[423], il ravennate[424],
-e, magari, l'eusebiano dovuto in gran parte al noto vescovo
-vercellese del secolo IV[425]; ma anche fra tutti gli altri: la
-chiesa fiorentina[426] mostra una liturgia ben differente da quella
-senese[427], come da quella pisana[428], dalla lucchese[429], dalla
-pistoiese[430] etc.; come quella piacentina[431] non si confonde
-affatto con la parmense[432] o la modenese[433] o la bolognese[434]
-o la padovana[435]. E così via. Ogni chiesa, per quanto fedele figlia
-di Roma e di professione ortodossa, ha riti e liturgie speciali tanto
-che nemmeno il concilio tridentino (che pure snaturò e capovolse
-tante istituzioni della Chiesa e volle ridurla ad assetto organico ed
-omogeneo) riuscì a rimuoverle del tutto.
-
-Ora queste differenze non si sarebbero mantenute tanto a lungo se non
-avessero risposto ad un'esigenza speciale dei luoghi e dei tempi; e
-non si sarebbero tenacemente radicate se non fossero state sinceramente
-sentite e fortemente volute. Siccome la Chiesa, in quanto proveniente
-da un'unica origine, ha dovuto avere in ogni tempo cura o almeno,
-tendenza precipua della sua unità di fede e di culto, è logico pensare
-che dove questa unità appare rotta od attenuata, ciò dipenda non da
-arbitrarî mutamenti dovuti a quella parte dell'elemento locale che
-costituiva per il suo carattere l'organo della Chiesa centrale, cioè,
-del clero; ma da infiltrazioni eterogenee e cioè laiche da quello
-dovute subire o che il clero credette bene di accogliere. Dimostrare
-che tali deviazioni si manifestano da per tutto e differenti da luogo a
-luogo, significa dimostrare che non si trovavano in contraddizione col
-dogma e che cooperavano validamente alla sua diffusione e, cioè, che
-la organizzazione primitiva della Chiesa fu tale che comportò, se non
-resultò a dirittura di elementi particolaristici, tenuti insieme da un
-certo numero di vincoli e di legami generali.
-
-Rilevare ed esaminare questo aspetto della costituzione della
-Chiesa riguardo alla città significa conoscere una delle principali
-istituzioni della città stessa[436]. Le differenze di liturgia erano
-la conseguenza di concessioni destinate a soddisfare particolari e
-speciali esigenze che provenivano da differenze non già dogmatiche, ma
-etniche e territoriali, tanto più forti e, quindi, tanto più importanti
-quanto più a lungo si sono mantenute. Erano una manifestazione
-ed una conseguenza di differenze di natura laica e, perciò, un
-esame comparativo di esse può condurre a rilevare se e quanto del
-particolarismo, a tutti noto, delle nostre città nell'epoca comunale
-risalga nel tempo e può condurre ad offrire un termine di confronto per
-vedere e giudicare i mutamenti e le innovazioni prodottesi nel corso
-dei secoli. Si intravede così, se non m'inganno, qualche cosa (se non
-pure un vero e proprio lato) di quella corrente oscura ma innegabile
-che ha fluito ininterrotta dalla repubblica di Roma alle repubbliche
-d'Italia e per esse, che dello Stato moderno posero le prime basi,
-al tempo nostro: corrente che ha congiunto queste a quella senza
-che lo splendore dell'Urbe spengesse o assorbisse ogni personalità
-delle altre città, le quali, invece, nel compenetrarsi di essa hanno
-trovato la forza ed il mezzo per conservare la parte più intima e più
-caratteristica di sè medesime.
-
-L'unità di misura e di base delle istituzioni della Chiesa fu la
-pieve. Il primo punto, da determinare è la consistenza e la natura
-dell'istituzione civile su cui la pieve s'insediò perchè solo in
-tal modo si può pervenire a determinare quale è stata l'azione della
-Chiesa, così rispetto al tempo romano, come a quello successivo.
-
-Già si è avuto occasione di rilevare che la pieve della città comprende
-la città ed il suburbio e che corrisponde in modo perfetto alla
-circoscrizione civile: per determinare quanta parte di tale coincidenza
-è dovuta alla Chiesa, è necessaria un'indagine relativamente ampia
-dell'istituzione su cui la Chiesa si adagiò e, cioè, del pago. Si
-avrà così anche il vantaggio di conoscerla non soltanto nella sua
-costituzione interna, ma anche nei rispetti e nei rapporti con le pievi
-rurali che la circondano e di avere un punto fisso onde giudicare se
-e quanto degli istituti anteriori all'invasione langobarda, si sia
-conservato per opera della Chiesa.
-
-Il pago ebbe una costituzione saldissima, a formare la quale hanno
-cooperato tre fattori: quello economico, quello civile e quello
-religioso, ognuno dei quali deve esser esaminato a parte.
-
-Cominciamo da quello economico.
-
-Il re Astolfo con un diploma dell'anno 753 fece ai monaci di Nonantola
-questa concessione: «in quibuscumque comitatis vel locis cellas
-acquisiveritis aut _villas ubi silve communes sunt_, vestram semper
-portionem habere[437]».
-
-Al suo tempo, dunque, il regno era costituito da comitatus divisi
-in _loci_, suddivisi in _ville_ e _celle_[438] e a queste ultime
-(celle e ville) potevano spettare delle selve, dei beni comuni. E
-questi diritti spettavano loro per un diritto di natura pubblica,
-perchè la concessione, in sostanza, è una limitazione che l'autorità
-regia stabilisce ed impone all'esercizio normale e giuridico (non già
-arbitrario) del proprio potere e questo non può esplicarsi che nel
-campo del diritto pubblico[439].
-
-Per precisare meglio la posizione giuridica dei beni comuni di queste
-minime circoscrizioni territoriali, occorre scendere per un momento
-a documenti molto posteriori per poi valersi di altri anteriori che
-da questi sono completati, mentre, alla lor volta, contribuiscono
-validamente a illuminare i primi.
-
-In un documento lombardo del 1201 si vedono esistere sino da
-antichissimo tempo varî pascoli e _vicanalia_ nel _loco_ Veliate[440].
-_Vicanalia_ in tutta l'Italia langobarda sono detti i beni comuni
-dei _vici_, compresi nelle loro circoscrizioni territoriali e ad essi
-spettanti[441]: dunque in un solo _locus_ si trovavano più _vici_ e
-ciascuno di essi aveva pascoli e beni comuni distinti e separati da
-quelli di tutti gli altri _vici_ e — si può aggiungere — anche da
-quelli del _locus_ stesso considerato nel suo complesso. Infatti fra
-le consuetudini di Milano ce ne è una[442] che distingue i beni comuni
-dei loci del distretto in _communia_ e _vicanalia_ e li distingue
-in modo che appare chiaro che i _communia_ sono dei _vicanalia_
-sui quali il signore di tutto il distretto — _dominus cui est totum
-districtum_ — ha una facoltà così estesa che in caso di vendita ha
-diritto alla metà del prezzo ricavatone. Questo _dominus_, in sostanza,
-è il rappresentante, la personificazione della giurisdizione del
-distretto[443] e siccome questo distretto è costituito dal _locus_,
-i _communia_ si trovano rispetto al _locus_ in un rapporto nel quale
-non si trovano i _vicanalia_. E poichè nella consistenza di fatto sono
-identici, come è dimostrato dalla consuetudine stessa che a proposito
-di _communia_ parla del prezzo di «illarum omnium _viganalium_»; la
-differenza fra essi è costituita dalla presenza o meno di un rapporto
-diretto col _locus_[444]. Infatti tanto nell'un caso come nell'altro la
-partecipazione e la presenza simultanea dei _domini_ e dei _vicini_ al
-ricavato della vendita delle terre comuni o dei loro frutti, assicura
-che ci troviamo fuori da rapporti d'indole e di natura privata. Ma
-nel caso della vendita di _vicanalia_ tutti i comunisti partecipano
-con eguali facoltà e nella medesima proporzione; mentre invece se si
-tratta di _communia_, il _dominus_, in quanto è investito di facoltà
-giurisdizionali sul distretto intiero, ha diritto alla metà del
-ricavato totale ed in quanto, poi, è comunista ossia possiede delle
-terre partecipa alla distribuzione della metà che rimane in proporzione
-delle terre stesse: «_partem accipit pro parte terrarum quam in ipso
-loco habet_».
-
-I _vicanalia_ sono beni destinati agli abitanti del vico per sopperire
-alle necessità proprie di ogni centro abitato in periodo economico di
-livello molto basso; prevale in essi la considerazione dell'elemento
-personale e, quindi, su di essi hanno indistintamente eguali diritti
-tutti coloro che abitano nel vico, sieno essi _domini_ o semplici
-_vicini_. Invece i _communia_ non sopperiscono ai bisogni delle
-persone ma a quelli dei fondi e la loro funzione è di completare
-l'ossatura economica del _locus_ nei rispetti delle terre lavorative
-che lo compongono, le quali necessitano di altre terre che ne formano
-il complemento indispensabile. Su queste terre comuni a più fondi,
-i vicani hanno diritto solo se possessori dei fondi stessi ed in
-proporzione della loro entità. Ed inoltre, siccome i _communia_ sono
-beni comuni per un rapporto di diritto pubblico che li distingue
-in modo assoluto dalle comunioni di terre originate dall'eventuale
-incontro di volontà di due o più proprietarî; colui che dell'autorità
-pubblica è il rappresentante nel distretto, ha su questi beni una
-facoltà preminente ed assoluta che in caso di vendita è valutata
-economicamente alla metà del ricavato totale.
-
-In un tempo in cui l'economia naturale predomina dappertutto;
-nessun'altra base per l'esercizio delle funzioni militari e politiche
-e amministrative tornava possibile e nessun'altra sarebbe stata più
-solida e appropriata del possesso della terra. Per questo ogni capo
-ottiene grandi possessi. Però accanto a questi possessi che alimentano
-l'economia privata di coloro che sono investiti dell'esercizio di
-pubbliche funzioni[445], si hanno, sempre all'identico scopo di
-sostenere le funzioni stesse, altre facoltà sui beni comuni alle terre
-che formano ciascun distretto. E si conosce anche l'entità di queste
-facoltà. Se al _dominus_ (come ci attesta il Libro delle consuetudini
-milanesi) in quanto _dominus_ spettava la metà dell'intiero ricavato
-della vendita di un bene comune, la sua autorità doveva valere in
-eguale proporzione anche nella deliberazione da cui la vendita traeva
-origine, perchè la vendita non è che la conseguenza e la manifestazione
-esterna di un atto volitivo, a formare il quale hanno cooperato le
-varie volontà aventi diritto su quel bene comune.
-
-La stessa distinzione fra _communi_ e _vigano_[446], fra _communantiae_
-e _viganalia_[447], si trova in documenti anteriori all'epoca in cui le
-consuetudini milanesi sono state raccolte[448] e si conserva inalterata
-negli statuti posteriori[449].
-
-E la continuazione ininterrotta da tempo remotissimo è provata dal
-sussistere di nomi della bassa latinità e perfino del parlare comune e
-volgare.
-
-Un documento laudense del mille[450], per esempio, parla di_
-vicanalibus atque conciliis_. Che i _concilia_ sieno qui rispetto
-al _vicanalia_ quello che nei documenti ricordati or ora sono i
-_vicanalia_ rispetto ai _communia_, non mi pare si possa negare.
-Prima di tutto resulta dal contesto e poi, in ogni modo, l'atto
-aggiunge subito dopo: «cum _ecclesiis_ et _capellis_», mettendo in
-correlazione evidente l'_ecclesiae_ con i _vicanalia_ e le _capellae_
-con i _concilia_; ed il termine _ecclesia_, — ne ha data da più di
-un secolo completa dimostrazione il nostro vecchio e bravo Lupi — di
-regola indica esclusivamente le pievi, delle quali se ne aveva una
-per ogni capoluogo[451] di fronte agli oratorî e alle cappelle private
-liberamente sparse per il pago.
-
-Nè si hanno _concilia_ solo a Lodi: si sa di _concelibus locis_ a
-Gravedona[452] e nel Canton Ticino[453], di _concilibus locas_ sul
-Lago Maggiore[454] e a Bergamo[455], di _concilibus locis_ in quel di
-Como[456]. E se ne possono trovare anche altri esempi; mentre io mi
-limito a quel tanto che mi sembra sufficiente a dimostrare che il fatto
-è generale.
-
-Ma non c'erano soltanto terre pertinenti ad un solo _concilium_:
-ce ne erano anche di pertinenti a più _concilia_ insieme e che si
-chiamavano _interconciliaricia_; e come i varî _concilia_ facevano
-capo al _vicus_; così questi beni erano _interconciliaricia_ rispetto
-ai _concilia_, ma _communia_ rispetto al vico, il quale costituiva una
-circoscrizione maggiore ed unitaria che li comprendeva ed univa tutti.
-_Interconciliaricia_ è una parola sicuramente e genuinamente romana
-e, quindi, lascia supporre che anche l'altra parola _concilia_ sia
-un'antica parola romana o volgare, accolta dai compilatori dell'Editto
-langobardo, perchè già in uso nella pratica. Rotari, infatti, distingue
-nettamente il _concilium_ dal _vicus_: ambedue sono rustici, ma il
-primo, distinto anche topograficamente dal secondo, è considerato come
-l'infima suddivisione dello Stato e composta di elementi servili[457].
-Del resto a confermare che l'antica ossatura romana rimase inalterata,
-si può fare anche un'altra considerazione. Il sistema dell'agricoltura
-non muta dall'epoca romana nella successiva[458] e, quindi, è
-presumibile che nemmeno la parte dell'organizzazione dei _vici_
-relativa ad essa abbia subito modificazioni.
-
-Aggruppati nel respettivo pago questi _vici_ formavano, insieme con le
-minori suddivisioni nelle quali si frazionavano, dei complessi omogenei
-ed organici. Siculo Flacco attesta che della _munitio_ delle vie
-vicinali erano incaricati i _magistri pagorum_, i quali dovevano curare
-la prestazione delle opere necessarie da parte dei possessori[459] ed
-avevano anche altri ufficî, conservati loro dalle leggi teodosiane e
-giustinianee e dalla consuetudine[460], che mostrano chiaramente che il
-pago ed i suoi _magistri_ erano il centro ed il perno dei varî _vici_
-di cui esso è composto, e che tale condizione di cose si è mantenuta
-per secoli e secoli con modificazioni scarse e minime.
-
-Per quanto cautamente si proceda non si riesce a trovare una differenza
-fra le disposizioni delle fonti romane e quelle del secondo capitolo
-mantovano generale con cui Carlo Magno si duole che per la dolosa
-complicità dei _magistri_ (consentientibus magistris), alcuni
-riescano a sottrarsi all'obbligo della restaurazione della chiesa
-battesimale[461]. Quest'obbligo dalle più vetuste fonti è ricordato
-sempre insieme con quello della restaurazione delle strade, dei ponti
-e delle mura ed insieme con esso — come abbiamo veduto — è sempre
-qualificato come _antiqua consuetudo_[462]; ciò che ci assicura che il
-sistema non è stato importato dai Franchi e ci spinge, anche per questo
-lato, a ricercare la riconnessione dell'onere verso la chiesa con
-l'onere verso lo Stato nel tempo romano ed a rilevare fino da ora la
-posizione subordinata che in questa opera di conservazione s'intravede
-aver avuto la Chiesa.
-
-E ciò si vedrà ancor meglio continuando l'individuazione del pago dal
-lato religioso.
-
-Il pago romano aveva _feriae_ speciali che traevano origine dalla sua
-natura economica e corrispondevano alla sua costituzione civile[463].
-Un solo tempio — _compitum_ — serviva a tutti gli abitanti, i quali,
-uniti nei _sacra_ che si facevano nei crocevia in onore dei Lari e
-nelle varie lustrazioni con le quali si invocava dalla divinità che le
-messi e le sementi granissero — _ambarvalia_ — e crescessero — _feriae
-sementivae_ —[464] erano ancor maggiormente stretti fra loro da una
-processione che girava torno torno ai confini e ne faceva annualmente
-così esatta ricognizione che oltre a fornir materia ai poeti[465], se
-ne potevano valere agrimensori e giuristi[466].
-
-I medesimi bisogni, lo stesso timore di eguali pericoli, la medesima
-speranza in un soccorso divino[467], per la nota adattabilità della
-Chiesa cristiana, fecero sì che i riti della nuova religione fossero
-quanto mai simili a quelli dell'antica: la _plebs_ al posto del
-_compitum_; chiamati i fedeli dal caro e ben noto suono delle stesse
-campane che avevano chiamato a quello i gentili[468]; accolte per la
-maggior parte le vecchie usanze dalla mietitura alla vendemmia[469];
-sostituito il contenuto (e non tutto) ma non la forma dei canti
-lustrali con le litanie, suppliche solenni, in forma dialogata,
-appositamente adottate, per invocare la protezione divina sopra i
-beni della terra, che si recitavano nelle stesse epoche percorrendo
-gli stessi itinerarî che per secoli avevano percorso le lustrazioni,
-attraverso gli stessi vici e gli stessi campi nei _pagi_ rustici;
-uscendo e rientrando per le stesse porte e passando per le stesse vie
-e per gli stessi crocicchi nel pago cittadino al quale, superato lo
-stadio primitivo in cui la città coltivava divinità diverse e superiori
-a quelle del suburbio, fu aggregato anche il pago suburbano[470]. E
-come la _lustratio_ e le altre funzioni del culto particolare della
-città erano affidate ai _Flamines_[471], mentre nei più larghi confini
-a cui giungeva l'autorità della magistratura cittadina, ogni incombenza
-di culto spettava al _Sacerdos_; così il vescovo, capo della diocesi,
-è indicato paganamente col nome di _sacerdos_[472] e, accanto a lui,
-è, non meno romanamente, qualificato come _municipalis_ — al pari
-dell'antico flamine — l'arciprete che è preposto agli abitanti della
-città e del suburbio[473].
-
-Il cristianesimo continuò la stessa precisa via del paganesimo e
-cementò e rafforzò sempre più la preesistente e persistente unità
-del pago. Fu suo principio assoluto che non vi potesse essere che
-una sola pieve in una medesima circoscrizione plebana: _plures
-ecclesiae baptismales in una terminatione esse non possunt_[474];
-che non si potessero frazionare le diocesi primitive altro che in
-caso di necessità evidente riconosciuta ed in ogni modo e sempre
-con le maggiori cautele; nè si potessero ridurre pievi a semplici
-cappelle[475], nè creare nuove pievi, quantunque normalmente si
-trovassero a molta distanza fra loro[476].
-
-Le pievi furono erette nel capoluogo dei singoli _pagi_, di cui
-constava ogni _civitas_ e ad esse accorrevano i fedeli di tutti i
-_vici_ circostanti e delle _villae_ pertinenti al pago stesso per
-partecipare nei giorni stabiliti alla sacra sinassi e prender parte
-agli uffici divini[477]. Verso la fine del quarto secolo e ancor più in
-seguito, furono costruite nella maggior parte dei _vici_ del pago altre
-piccole chiese, oltre che nelle ville e nei fondi dei ricchi; ma furono
-soggette alle chiese più antiche del territorio ove si trovavano[478].
-
-Come al capoluogo del _pagus_ erano soggetti civilmente i _vici_,
-i _castra_ e le _villae_, di cui constava; così le _basilicae_ e
-gli _oratoria_ compresi nella circoscrizione delle singole pievi,
-furono messi alla dipendenza rigida e diretta dell'_ecclesia_ matrice
-e dell'arciprete che ne era a capo; ed i confini ecclesiastici
-coincidettero perfettamente con quelli civili in tutta l'Italia[479].
-
-La città per questo lato, s'inquadra nelle stesse linee generali. Al
-pari di ogni pago ebbe (come si è veduto nei primi paragrafi di questa
-seconda parte) il suo territorio — _territorium civitatis_ —[480] che
-per la sua posizione (_sub urbe_) fu indicato col nome di suburbio,
-separato dal contado e comprendente le sue terre ed i suoi beni comuni,
-ben distinti dalle altre terre pubbliche e private e costituì un
-organismo in sè stesso finito e capace di sopperire quasi completamente
-a sè stesso.
-
-La cattedrale era la sua pieve, nella quale risiedeva con il
-vescovo anche l'arciprete[481] e che era la pieve della città per
-eccellenza: _plebs civitatis_[482], _plebs de civitate_[483], _plebs
-brixiana_[484], _plebs, ecclesia mediolanensis_[485], etc. e la
-matrice di tutte le altre chiese che si trovavano nella città e nel
-suburbio. Ad essa sola spettava conferire il battesimo, amministrare i
-sacramenti, celebrare la sacra sinassi, convocare la popolazione alla
-celebrazione dei divini ufficî e ricevere le oblazioni dei fedeli[486].
-Nelle grandi solennità di Natale, della Pentecoste, della Pasqua
-e dell'Ascensione alla chiesa della città dovevano recarsi tutti i
-fedeli della diocesi[487] perchè vi si trovava il vescovo che era capo
-spirituale di tutti: ma in tutto il resto dell'anno, essa funzionava
-come una qualunque pieve e godeva di eguali prerogative.
-
-Era obbligatorio in modo assoluto per tutti coloro che abitavano nella
-città e nel suburbio di assistere ai divini ufficî nella cattedrale
-perchè soltanto ad essa si doveva convenire — _legiptimus est ordinatus
-conventus_[488] — così come dopo morti non potevano essere seppelliti
-in altro cimitero che in quello della cattedrale. Entro la città
-erano altre chiese ed oratorî; ma lettere e decisioni di papi, rituali
-antichissimi, canoni di concilî e documenti varî[489] attestano tutti
-unitamente che non vi si potevano celebrare messe, nè amministrare il
-battesimo, nè fare le vigilie negli anniversari dei santi. Neanche
-il vescovo, nonchè concedere l'autorizzazione ad un prete, poteva
-dir messa in un oratorio[490]: si arrivava fino al punto di ritenere
-che fosse meglio non ascoltare e non celebrare la messa piuttosto che
-celebrare o assistere al sacrificio divino fuori della pieve[491]; anzi
-della propria pieve, perchè l'obbligo era tanto rigoroso che prima di
-incominciare le funzioni l'officiante doveva domandare ai fedeli se fra
-di loro ve ne fosse alcuno appartenente ad altra pieve e la ragione per
-cui aveva abbandonato il suo pastore[492].
-
-Il pago suburbano si trovava rispetto alla città nello stesso rapporto
-che il territorio di ogni pago rurale rispetto al proprio capoluogo.
-Però se la natura del rapporto di soggezione sostanzialmente non
-differiva, non si poteva dire altrettanto dei due termini del rapporto
-stesso, perchè nel suo contenuto intrinseco, nè alla città può essere
-equiparato il centro rurale, nè al suburbio di quella il territorio
-di questo. La città, infatti, giunge ad esistere solo quando il
-nucleo originario ha raggiunto un certo numero di elementi naturali,
-artificiali e giuridici di cui i centri rurali sono privi e la sua
-consistenza di centro urbano si assoda col differenziarsi da essi:
-allora essa lega a sè con vincolo diretto una quantità determinata
-dal territorio che la circonda e l'assoggetta al regime giuridico
-più conveniente al proprio sviluppo; ciò che fa nascere una nuova
-differenziazione fra questo ed il rimanente territorio soggetto alla
-città. Abbiamo vedute alcune delle caratteristiche giuridiche così del
-centro murato come dei _mille passus_ e dei loro rapporti scambievoli:
-vedremo ora le ulteriori conseguenze che da tale stato di fatto e
-di diritto derivano, così per la natura speciale della pieve come
-per l'intima connessione delle istituzioni ecclesiastiche con quelle
-civili.
-
-Verso la fine del secolo ottavo cominciano ad apparire i primi segni di
-due fenomeni, l'uno sostanzialmente economico, l'altro prevalentemente
-religioso, che per vie diverse iniziarono un movimento simultaneo e
-convergente il quale nella pieve cittadina, e soltanto in essa, ruppe
-la coincidenza delle circoscrizioni ecclesiastiche con quelle civili
-e allargò le prime, lasciando le seconde immutate, a tutto vantaggio
-dei vescovi, ai quali fornì il primo e principale coefficiente
-per ottenere dall'autorità pubblica quelle ingenti concessioni di
-territorio suburbano, che caratterizzano l'inizio e il primo periodo
-della loro signoria: concessioni che, nella loro generalità, furono
-il riconoscimento giuridico pubblico di uno stato di fatto che già
-esisteva e che non fu punto creato da esse; che segnarono il momento
-forse più appariscente, ma non certo costitutivo, di un fenomeno
-maturatosi indipendentemente da ogni azione diretta del potere regio ed
-imperiale.
-
-Il risveglio economico generale, di cui appare qualche barlume negli
-ultimi tempi langobardi e che si accentua sempre più in seguito,
-specialmente lungo la grande arteria padana, si manifestò anche nel
-territorio rurale dove l'aumento di popolazione prodottosi nelle città,
-centro prevalente degli scambi, rese necessario un aumento dei mezzi
-di sussistenza, per produrre il quale fu messa a coltura una quantità
-di terre sempre maggiore, scelta di preferenza entro e vicino alle
-città. E poichè le disponibilità offerte dal territorio suburbano erano
-minori che altrove, perchè, appunto per la sua vicinanza alla città,
-non era mai stato disertato del tutto di lavoratori, si mise mano non
-di rado a lavorare anche le terre comuni e, fra queste, talvolta, anche
-quelle pubbliche, le quali, per l'esigenza delle necessità sociali cui
-dovevano soddisfare, si trovavano a non molta distanza dalle mura[493].
-
-Su queste zone, così guadagnate alla coltura, i vescovi, forti
-dell'appoggio delle leggi franche, non mancarono di imporre una decima,
-la quale in vista e ragione dei beni, fino ad allora nuovi all'opera
-agricola, fu appunto, chiamata _decima novalium_.
-
-E questa decima speciale ci servirà appunto di strumento d'indagine per
-rintracciare la speciale condizione del territorio suburbano; così come
-l'istituto generale della decima ci ha servito a rilevare il quadro
-generale dei rapporti fra le divisioni territoriali dello Stato e
-quelle della Chiesa.
-
-Con la riscossione della _decima novalium_ non si iniziò una vera e
-propria trasformazione giuridica: quelle terre incolte, sia private
-che pubbliche, pertinevano alla città: i frutti che di esse si dovevano
-alla chiesa, spettavano, quindi, alla chiesa della città e, per essa,
-al vescovo che ne era a capo. Ma ciò nonostante — senza fermarci ora
-a considerare l'aumento di importanza e di forza che questo aumento
-di redditi conferiva al vescovo di fronte alla immutata e quindi, in
-confronto, diminuita condizione del rappresentante del potere pubblico
-entro la città — merita di esser rilevato un fatto. Prima il territorio
-parrocchiale di decimazione corrispondeva in modo perfetto al suburbio,
-e, perciò, siccome questo si distingueva dalle terre pubbliche e
-comuni, anche se comprese entro il suo perimetro, anch'esso se ne
-era distinto. Ora l'antica armonia delle divisioni ecclesiastiche con
-quelle civili cominciò ad esser turbata a danno di quest'ultime, le
-quali per di più furono sorpassate, dalla Chiesa anche per un altra
-via.
-
-Il forte sentimento religioso dell'epoca — troppo noto perchè occorra
-anche solo accennarne le prove — produsse, insieme con le frequenti
-fondazioni di oratorî e di cappelle, altrettante donazioni di terre
-per il loro mantenimento. Di tali chiese, numerose da per tutto, non
-poche furono costruite anche vicino alle città. In questo caso poteva
-avvenire che i fondi donati all'oratorio fossero tutti situati entro
-il suburbio e si estendessero solo _usque ad suburbii fines_[494]; ma
-più frequentemente avveniva che se ne spingessero al di fuori. Allora,
-siccome facevano capo all'oratorio e questo — per la decima — alla
-città; quest'ultima, prevalente sulla chiesa rurale per la superiore
-autorità del vescovo di fronte a quella dell'arciprete, di tanto estese
-i suoi confini di decimazione a detrimento di quella di quanto spazio
-tali terre occupavano entro i suoi confini. Si aggiunga che non di
-rado simili fondazioni e dotazioni erano dovute a gruppi, relativamente
-numerosi, di persone che si riunivano a questo scopo[495]. La quantità
-delle terre donate, allora, era anche maggiore e la loro estensione
-più ampia: erano germi fecondi di nuovi centri imminenti, nuclei di
-prossime _villae_, quando non erano veri e proprî _vici_ addirittura,
-che venivano a formare con l'antico territorio suburbano un unico
-_territorium decimationis_ (come dicono i documenti)[496], i cui
-confini — _fines, confines decimariae_ — si allontanavano sempre più
-dal perimetro del suburbio civile.
-
-Ad Asti si parla fino dal secolo nono di _quicquid de decimis
-amplius adiacet civitati_:[497] e si può ritenere antica di secoli la
-tripartizione che delle decime cittadine fa un documento bresciano
-del secolo decimosecondo, che ricorda le decime dei cittadini, dei
-suburbani e del territorio appartenente alla pievania cittadina: _omnes
-decimas civium et suburbanorum_ ET TERRITORII AD CIVITATIS PLEBATICUM
-PERTINENTIS.[498]
-
-Naturalmente questa espansione fu tutt'altro che regolare in quanto
-si manifestava e si accentuava a seconda del capriccio dei fondatori;
-per modo che mentre in alcuni punti i confini ecclesiastici ancora
-coincidevano con quelli civili, in altri se ne allontanavano di poco
-ed in altri anche di qualche miglio. A Bergamo, per esempio, a detta di
-una testimonianza della prima metà del mille e cento, erano considerati
-come sacerdoti cittadini tutti i sacerdoti delle chiese della città,
-dei sobborghi e delle _villae.... circa civitatem illam duo miliaria et
-in tali parte etiam infra tria et infra quatuor et ultra_[499].
-
-Circa nello stesso periodo di tempo la pieve cittadina cominciò a
-differenziarsi da quella rurale anche per un altro lato, che ne tocca
-più da vicino la costituzione.
-
-I cristiani, fino dai primissimi tempi, ebbero grande venerazione per
-coloro che erano morti per la fede soffrendo il martirio o che avevano
-condotta una vita di devozione e di sacrificio: ne raccolsero con
-cura amorosa i resti mortali e tributarono loro un gran culto[500];
-tanto che, avendo l'abitudine di raccogliersi a pregare, oltre che
-le domeniche ed insieme con il vescovo, anche tutti gli altri giorni
-e privatamente, preferirono sopratutto quei luoghi dove i confessori
-avevano subito il martirio od erano tumulati i loro corpi o raccolte
-le loro reliquie e quivi furono erette chiese precipuamente destinate
-al culto di essi e che ebbero, appunto perciò, il nome di oratoria,
-martiria e memoriae[501]; mentre, già dal tempo di Costantino,
-abolendosi a questo riguardo le antiche disposizioni romane[502],
-cominciò l'uso delle traslazioni[503] e divenne ben presto norma comune
-e molto osservata quella di consacrare le basiliche col collocarvi
-reliquie di santi[504], che con la maggior solennità venivano deposte
-sotto gli altari[505]; e ivi celebrare in modo speciale i loro _dies
-festi_ che erano l'anniversario della morte o del martirio[506].
-In queste chiese nei primi tempi non si faceva alcun servizio di
-culto, come non si faceva in alcun'altra chiesa all'infuori di quella
-matrice e solo vi si recitavano orazioni, salmi ed inni[507]; e gli
-ecclesiastici che vi si trovavano non dovevano nè potevano far altro
-che assistere i fedeli in tali orazioni e curare la custodia e la
-conservazione dell'edificio e dei sacri arredi. Però verso la fine
-del secolo secondo, probabilmente per iniziativa ed opera di Gregorio
-Taumaturgo, si cominciò a solennizzare con maggior devozione del solito
-l'anniversario della morte, il natale dei santi più venerati[508]. Il
-vescovo con tutto il clero ed il popolo con grande pompa si recava
-in processione dalla cattedrale alla chiesa del santo ed ivi, oltre
-alla recitazione degli inni e delle salmodie particolari a quel
-santo, compiva anche tutti quegli uffici del culto che abitualmente si
-celebravano nella chiesa matrice. Nel quarto secolo queste processioni
-si celebravano già numerose volte dell'anno per uno stesso santo,
-come ci fanno sapere sant'Ambrogio e sant'Agostino[509] ed in seguito
-aumentarono tanto che nel secolo ottavo l'officiante, prima di prendere
-commiato dal popolo, ebbe costume di annunziare in qual chiesa si
-sarebbe officiato la volta successiva[510].
-
-Queste processioni e le relative officiature fin dall'epoca più remota
-— _iuxta antiquam ecclesiae observantiam_ — come dice il vescovo
-Amulone che pontificò a Lione sulla metà del secolo nono[511], si
-fecero in giorni determinati e solo in quelle chiese che per le
-reliquie di santi molto venerati, ne furono dichiarate e riconosciute
-meritevoli: ciò che fece nascere fra tali chiese e la cattedrale un
-vincolo ed un rapporto che non esisteva con le altre chiese private.
-Inoltre la consuetudine romana della posizione dei cimiteri fuori
-delle mura[512], insieme con il sistema, osservato scrupolosamente
-per molti secoli dalla Chiesa, di non rimuovere le reliquie che in
-via eccezionale[513] e senza disgregarne e separarne le varie parti,
-(come si fece in seguito[514]) e, sopra tutto, la proibizione rigorosa
-di deporre corpi di santi in oratorî di campagna[515], ci spiega
-facilmente come la costruzione di simili cappelle fosse frequente
-dentro ed in prossimità delle mura; mentre, d'altra parte, il sistema
-preferito della Chiesa, di andare ad occupare proprio gli stessi
-edificî che prima erano adibiti al culto pagano, portava pure che
-nella città e nel suburbio, ove più numerosi erano stati i templi e le
-divinità pagane, più numerose fossero le nuove chiese e risentissero
-della precedente organizzazione.
-
-La frequenza dei fedeli presso queste chiese fu tanta che il vescovo,
-oltre a recarvisi varie volte all'anno insieme con tutto il clero,
-fu costretto a stabilire un turno settimanale fra i sacerdoti della
-cattedrale perchè ve ne fosse sempre qualcuno ad assisterli e guidarli
-nella recitazione delle preghiere e dei salmi[516].
-
-A Milano, fino dal secolo nono si ha traccia di _decomani_[517].
-
-La forma _decomanus_, _degomanus_ e _dogmanus_ è da considerare come
-una varietà derivata dalla pratica di acconciare a foggia latina le
-voci vernacole e dalla consuetudine di scriverle secondo la ragione del
-suono, ossia secondo che erano pronunziate volgarmente, della parola
-_ebdogmanus_ e _dogmanus_, che si trova anche in altri documenti[518].
-E questa parola _dogmanus_, a sua volta, è una pretta scorciatura della
-voce _hebdogmanus_ nella quale degenerò, conformemente all'indole
-del dialetto lombardo, la più comune e latina _hebdogmadarius_ e
-_hebdomadarius_.
-
-I _decomani_, ossia gli _ebdomadarii_, milanesi originariamente erano
-dei sacerdoti della chiesa cattedrale deputati per una settimana, come
-dice il loro nome, ad officiare una determinata chiesa; ma più tardi,
-per l'aumentare della frequenza dei fedeli presso le chiese preferite,
-l'arcivescovo fu indotto a deputarvi degli ecclesiastici che vi
-risiedessero in permanenza in modo stabile e fisso.
-
-Il più antico esempio di questo mutamento ci è offerto dalla chiesa di
-S. Ambrogio.
-
-Verso la metà del secolo ottavo il clero milanese, affaticato dal
-servizio che doveva prestare presso la cella di questo santo — _diutius
-laborantibus in eadem ecclesia_ — domandò all'arcivescovo di nominarvi
-ed istituirvi un apposito monastero di monaci che di continuo e
-pubblicamente vi celebrassero gli uffizî e le laudi — _ante sancta
-corpora continuatim indifferenter ac publice officia et divinas laudes
-concelebrent_ — e l'arcivescovo li accontentò con un diploma dell'anno
-789[519].
-
-I monaci ebbero in tal modo alcune facoltà che nè il custode Forte,
-a cui prima era affidata la chiesa, nè alcun altro custode di chiesa
-privata aveva. Esse erano di tale entità da trasformare il primitivo e
-modesto oratorio privato — _cella_ — in una chiesa fornita di facoltà
-tali da meritare la qualifica di _ecclesia_[520], propria delle sole
-pievi, pur senza trasformarne il carattere in una vera e propria pieve.
-
-Poichè dall'anno 789 — in cui l'arcivescovo institui il monastero —
-all'anno 864, nel quale sono ricordati i _decomani officiales_ della
-chiesa di S. Ambrogio, non avvenne di sicuro (come si rileva da un
-documento di cui ci occuperemo ben presto) alcun cambiamento presso di
-essa, si ha fondata ragione di ritenere che i preti decumani di cui si
-parla nel secondo documento sieno i monaci ai quali vennero concessi
-col primo speciali facoltà. Ed in tal caso, siccome il testamento di
-prete Gregorio non accenna a differenza alcuna fra i decumani delle
-varie chiese che ricorda; la concessione, fatta dall'arcivescovo
-Pietro, di celebrare pubblicamente e di continuo gli uffizi e le
-laudi, può esser presa come punto di base e di partenza per determinare
-l'ufficiatura propria dei decumani.
-
-Si è accennato ad un documento concernente la chiesa di S. Ambrogio.
-
-Con esso l'abate ottenne dall'arcivescovo Tadone che alcuni sacerdoti,
-che, poco prima per sua utilità, aveva raccolti e collocati presso la
-chiesa per celebrarvi i maggiori ufficî del culto fossero annoverati
-nel consorzio dei sacerdoti cittadini[521]. Ai monaci si aggiunsero,
-dunque, dei preti esclusivamente incaricati dell'officiatura;
-l'officiatura stessa si estese fino alla celebrazione della messa
-cantata ed i preti furono ascritti all'_ordo_ della cattedrale.
-
-I privilegi speciali concessi ai preti istituiti dall'abate nel
-monastero di S. Ambrogio presso la sua chiesa, concernono due obietti
-distinti: le persone di questi preti e le loro facoltà liturgiche.
-
-Essi ottennero di essere annoverati nella congregazione dei preti
-cittadini per una concessione eccezionale dell'arcivescovo in
-conseguenza degli speciali ufficî del culto che furono autorizzati a
-compiere e che erano ben differenti da quelli dei monaci, ai quali,
-appunto perchè ritenuti non idonei, furono aggiunti.
-
-Per la celebrazione dei maggiori ufficî del culto non era meno
-necessaria della capacità dell'officiante (che doveva aver raggiunto il
-presbiterato) la capacità del luogo, che doveva essere chiesa pievana;
-e la prima era subordinata alla seconda per modo che solo i preti di
-una chiesa pievana potevano compierli.
-
-In virtù della concessione dell'arcivescovo Tadone la chiesa di S.
-Ambrogio fu equiparata per certe parti della liturgia alla pieve
-cittadina ed i suoi sacerdoti nel compierle furono equiparati ai
-sacerdoti della cattedrale: ed una volta equiparati venne naturale
-conseguenza che fossero loro aggregati.
-
-Questa concessione è dell'866. Un documento di due anni prima, cioè
-dell'864, ricorda i _decomani officiales_ di varie chiese cominciando
-da quella di S. Ambrogio e nell'atto stesso l'autore ha cura di
-specificare che fa parte dell'_ordo_ della santa chiesa milanese.
-Dunque in quest'anno gli _officiales decomani_ di Sant'Ambrogio non
-emergevano per alcun verso di fronte ai decumani delle chiese di S.
-Valeria, di S. Nabore e di S. Vittore e, al pari di essi, non facevan
-parte del clero maggiore. Anzi si può dire qualche cosa di più:
-quei preti che col diploma arcivescovile vengono aggregati al clero
-cittadino non sono mai stati nè mai divengono _officiales decomani_:
-Berengario I nel suo diploma del 2 decembre 894 ricorda i preti
-distintamente dai monaci che son detti ufficiali — _presbiteris_ ATQVE
-_officialibus S. Ambrosii_[522]. Ed anche in seguito gli uni furono
-distinti dagli altri pure nella gestione patrimoniale affidata ai soli
-monaci.
-
-È evidente che i decumani delle altre chiese, a cominciare dai monaci
-stessi della chiesa ambrosiana, non ebbero mai i privilegi concessi dal
-diploma tadoniano e si trovarono tutti nell'identica posizione.
-
-Decumani s'incontrano anche a Parma[523] e a Monza[524]; e se in
-quest'ultima città, forse, furono istituiti a somiglianza ed imitazione
-della metropoli lombarda — ciò che, del resto, è tutt'altro che sicuro,
-perchè, fra l'altro, in essa si seguì il rito romano e non quello
-ambrosiano —; il trovarli a Parma esclude che le chiese decumane sieno
-una caratteristica di Milano e fa pensare che come la causa prima
-della loro origine e, cioè, il culto dei santi, fu diffusa dovunque,
-anche altrove sieno sorti eguali resultati, se pure indicati con nome
-diverso.
-
-Carlo il Grosso in un diploma dell'883 alla chiesa di Bergamo ricorda
-tre specie di chiese: plebane, cardinali e private — _ecclesiis
-baptismalibus aut_ CARDINALIBUS _seu oraculis_[525].
-
-Le chiese cardinali sono nettamente distinte dalle chiese battesimali:
-la particella disgiuntiva _aut_ è così evidente che non richiederebbe
-nemmeno la conferma dell'altro diploma, pure di Carlo il Grosso, alla
-chiesa di Piacenza, nel quale accanto alle pievi dell'episcopato si
-menzionano le chiese cardinali della città — _ecclesiis baptismalibus
-seu quae intra predictam cardinales habentur_[526] — e quella, ancor
-più esplicita, offerta dal diploma di Ugo e Lotario al vescovo di
-Pavia[527], in cui si parla di cappelle cardinali — _omnes cardinales
-capellas_ —.
-
-Se erano cappelle non potevano essere pievi.
-
-D'altronde, mentre erano prive delle speciali facoltà di cui godevano
-le pievi, la qualifica speciale di _cardinales_ le distingue pure
-dalle altre cappelle ed oratori. _Cardinalis_ è ciò che spetta, che
-appartiene, che è in un qualche modo direttamente o strettamente
-legato, vincolato al _cardo_. Nell'alto medio evo con il nome di
-_cardo_ si è indicata solo ed esclusivamente la chiesa plebana della
-città[528]; dunque la qualifica di _cardinales_ indica che le chiese
-qualificate con tal nome si trovavano in un rapporto più intimo che le
-altre con la cattedrale.
-
-Siamo proprio nel caso delle chiese decumane di Milano e di Parma,
-di cui si può, per mezzo di queste, conoscere il lato di maggiore
-rilevanza per noi.
-
-Il diploma di Carlo il Grosso parla di chiese cardinali _intra
-civitatem_. Quest'espressione indica romanamente anche nel caso
-presente il territorio urbano e suburbano insieme. Lo dimostra il
-can. 56 del concilio di Meaux dell'845 con cui si impone ai vescovi di
-ordinare canonicamente i titoli cardinali costituiti nelle città e nei
-suburbii — _titulos cardinales_ IN URBIBUS ET SUBURBIIS _constitutos_
-—. Siccome è inammissibile che il concilio volesse intendere con questa
-disposizione di imporre ai vescovi il rispetto e l'osservanza delle
-norme della chiesa e dei dettami della giustizia solo per le chiese
-cittadine e suburbane, lasciando loro facoltà di agire disonestamente
-e simoniacamente per le chiese cardinali rurali; è chiaro che chiese
-cardinali — _tituli cardinales_ — esistettero solo nella città e nel
-suburbio.
-
-Costituirono, dunque, una peculiarità della pieve cittadina.
-
-Anche a Vercelli si trovano chiese cardinali, ma non in tutte le città
-furon chiamate con lo stesso nome[529]: a Lucca, dove la chiesa matrice
-della città è detta _sedes_[530], furon dette _sedales_[531], a Verona
-semplicemente _tituli_ e _titularii_ gli officianti[532]; del nome
-che ebbero in altre città, se pur l'ebbero, non ci rimangon documenti
-che ci dieno notizia, mentre ci offrono elementi sufficienti per
-individuarle[533].
-
-Queste chiese si distinsero da tutte le altre perchè tennero ad
-un tempo della pieve e della cappella. Nei giorni feriali vi si
-celebrarono da appositi ecclesiastici le messe piane e le altre
-orazioni minori con la partecipazione del popolo[534] mentre fino
-ad allora questo non era lecito che nella cattedrale e dal clero di
-essa. E si iniziò così un'ampia trasformazione che introdusse nella
-costituzione della chiesa la parrocchia a tipo moderno, priva del fonte
-battesimale e delle maggiori prerogative delle antiche chiese matrici,
-e che dette alla città quelle cappelle che formarono tanta parte della
-sua ossatura nell'epoca comunale.
-
-Cominciarono a formarsi sul finire del secolo ottavo, come è dimostrato
-dal documento del 789, che se ne può considerare come il primo esempio
-perchè S. Ambrogio fu il santo più venerato di Milano[535] e Milano
-fu sempre e in ogni campo la prima fra tutte le città del territorio
-lombardo-tosco; e già agli albori del successivo erano largamente
-diffuse.
-
-Esse ebbero anche altre peculiarità, ma di queste sarà opportuno
-parlare dopo avere almeno accennato alcuni altri elementi generali
-della pieve.
-
-Il clero nei primi tempi della Chiesa riconosciuta viveva intorno al
-suo antistite, in qualche raro caso — e mai per lungo tempo[536] —
-riunito insieme nel modo in cui vissero più tardi i canonici[537],
-in generale con un sistema di vita meno rigidamente regolato; e
-lo assisteva nelle cerimonie del culto e nell'amministrazione dei
-sacramenti, recandosi per tal fine quà e là per la diocesi, secondo il
-bisogno, finchè, stabilite le pievi nei capoluoghi dei singoli pagi, fu
-in gran parte assegnato in modo fisso a ciascuna di esse ed intorno al
-vescovo ne rimase solo un esiguo numero.
-
-Anche in questo la Chiesa fu fedele al suo sistema ed al suo
-programma di assimilare l'ordinamento civile romano. La città aveva
-i suoi magistrati, il suo ordo: la chiesa della città ebbe il clero
-disposto ad immagine di essa[538] e chiamato con lo stesso nome
-di ordo[539] che continua ininterrotto nel medio evo ed origina il
-termine di _ordinarii, ordinarii cardinales_[540]. E come il regime
-municipale ebbe per pernio la città e fu caratterizzato da un sistema
-urbano accentratissimo[541], così la città fu la cellula anche del
-nuovo organismo ecclesiastico ed in questo pure emerse una tendenza
-accentratrice che sopravvisse dovunque all'organizzazione civile
-romana[542] ed in qualche caso si mantenne inalterata per parecchi
-secoli. Il principio, per esempio, che per esser eletto a capo di una
-chiesa bisognava avervi percorso tutti i gradi fino dall'inizio[543],
-lo si trova in pieno vigore a Milano nel secolo decimosecondo[544]
-quantunque le condizioni fossero profondamente diverse, essendosi
-formata una nuova classe di ecclesiastici cittadini.
-
-Originariamente, infatti, il clero cittadino era formato esclusivamente
-dagli ecclesiastici che officiavano la cattedrale. Quelli a cui era
-affidata la custodia delle cappelle e degli oratori, onde, appunto, il
-loro nome di custodes, e che erano, di solito, dei semplici chierici,
-quantunque qualche volta potessero essere anche preti e diaconi e
-magari occupare una posizione sociale elevata[545], non potevano
-compiere presso la loro chiesa, come già si è detto, alcun ufficio
-liturgico.
-
-Più tardi, creati i decumani[546] per togliere agli _ordinarii_ il
-carico del ministerio quotidiano presso altre chiese della città;
-questi risiedettero presso la propria chiesa ed ebbero una competenza
-rituale proporzionata al carattere della chiesa di cui era loro
-affidata la speciale officiatura. E perciò, in quanto non appartenevano
-alla cattedrale non furono aggiunti al clero di essa; ma poichè le loro
-chiese si trovavano entro il perimetro della chiesa della città[547] e
-le loro facoltà di officiatura erano ben maggiori di quelle dei custodi
-degli oratorî privati; costituirono una classe intermedia che fu detta
-_ordo minor_ per distinguerla dall'_ordo major_ della cattedrale e dal
-_reliquo clero_ della città[548].
-
-Gli _ordinarii cardinales_ comprendevano tre ordini: preti, diaconi e
-suddiaconi[549]; i decumani, in ragione delle loro attribuzioni, erano
-tutti preti[550] e, quantunque sparsi nelle varie chiese della città,
-costituirono anch'essi una congregazione, alla quale, a Milano, fino
-dal secolo nono è a capo un primicerio[551], che continua a risiedere
-nella stessa chiesa di cui è officiale[552] pure quando, qualche
-tempo dopo, non volendosi aumentare il numero degli _ordinarii_[553],
-furono istituiti dei decumani anche presso la cattedrale[554]:
-riprova non dubbia che l'origine loro è dovuta ad una spinta che
-muove dall'elemento laico che vive nella città e non dall'elemento
-ecclesiastico che fa capo alla pieve cittadina. L'arcivescovo Ariberto,
-fondando nel 1042 la loro canonica[555] li chiama _peregrini_ appunto
-perchè di fronte agli _ordinarii_, che nella metropolitana erano a casa
-loro, i decumani stavano come ospiti e pellegrini tanto è vero che nel
-compiere le funzioni sacre stavano fuori del coro, che era la parte
-della chiesa riservata al clero officiante[556].
-
-L'_ordo_ si distingueva e quasi si contrapponeva all'elemento laico,
-identicamente a quanto avveniva nella costituzione civile, che era
-stata tenuta a modello[557], ma viveva con essa in stretta unione.
-
-Per l'ordinazione degli ecclesiastici tutti, dal più umile chierico
-all'arcivescovo, era necessario l'assenso dei laici[558], il quale,
-dice S. Agostino[559], doveva manifestarsi secondo la consuetudine
-della Chiesa: consuetudine, che, come già si è avuto occasione di
-accennare, variava da luogo a luogo.
-
-Nella nostra Italia dove lo Stato, per ragioni prevalentemente
-finanziarie, riconobbe nelle minori circoscrizioni una consistenza
-distinta da quella del capoluogo, l'autorità del vescovo,
-contrariamente a quanto avveniva nei paesi franco-germanici[560], fu
-limitata al punto che nelle chiese rurali non poteva esser ordinato un
-ecclesiastico che già non vi fosse appartenuto[561]; ma, in compenso,
-il diritto di partecipare all'elezione del vescovo, che, in virtù del
-principio che chi a tutti è preposto da tutti deve essere eletto[562],
-sarebbe spettato a tutti i diocesani, fu ristretto ai soli componenti
-della pieve cittadina[563].
-
-E accanto a questa indipendenza del gruppo vicinale della città dal
-resto della diocesi è opportuno accennare subito quella di cui godeva
-di fronte allo Stato.
-
-La Chiesa, scioltasi, quando in Italia si costituì il regno ariano
-dei Goti, dai legami che l'avevano fino ad allora tenuta avvinta
-all'Impero, fu libera nei suoi rapporti religiosi e, quando vennero i
-Langobardi, ariani anch'essi e venuti come nemici dichiarati di Roma e
-dell'Impero, svolse la sua attività secondo i principi costituzionali
-conseguiti anteriormente[564]; ed anche in seguito, quando si furono
-convertiti al cattolicesimo ed i loro re mirarono a favorire, per
-fini politici, la nuova religione, permase tuttavia la libertà
-dell'elezione[565]: libertà, anche questa, che mancava nei paesi
-franco-germanici[566]. Sopraffatti i Langobardi, conquistata l'Italia
-e rinnovato l'antico Impero, Carlo M. credette di attuare anche in
-Italia il suo sistema, che continuava quello dei Cesari romani, di far
-degli organi della Chiesa organi dello Stato, ma l'elezione del vescovo
-continuò a spettare unicamente ed esclusivamente a coloro che facevan
-parte della pieve cittadina[567].
-
-La città, dunque, anche per questo lato emerse di fronte alla diocesi
-ed a tutte le altre pievi.
-
-Naturalmente l'intervento dei laici non si avverava sempre nè
-nello stesso modo. La designazione, che era la parte sostanziale
-dell'elezione, spettava a tutti, laici ed ecclesiastici, sebbene non
-nella stessa proporzione. Le formule ed i documenti ecclesiastici
-dall'epoca romana[568] all'alto medio evo, sono concordi[569] nel
-graduare questo diritto per modo che dopo una logica preminenza del
-clero (ritenuto più idoneo a giudicare delle attitudini dell'eligendo
-nel disimpegno delle sue mansioni principali[570]) è fatta larga
-parte all'autorità delle classi più elevate, riservando agli strati
-più bassi una facoltà prevalentemente negativa che consiste quasi
-sempre in un semplice atto di presenza. Dal decretum in cui veniva
-raccolta la documentazione dell'avvenuta elezione[571] si vede chiaro
-che il predominio del clero era tutt'altro che assoluto: non di
-rado era equiparato e sorpassato da quello dei _seniores_[572], dei
-_nobiles_[573] e qualche volta anche dall'impetuoso prorompere della
-turba dei fedeli[574].
-
-La consacrazione, come atto esclusivamente liturgico, era compiuta dai
-soli ecclesiastici[575]; ma anch'essa offre un lato degno di rilievo
-nei riguardi della costituzione cittadina in quanto che, sorte le
-chiese cardinali, per la loro speciale natura occorse una speciale
-consacrazione. Una testimonianza lucchese a proposito della natura e
-della qualità di una chiesa dichiara che il vescovo l'ordinava come le
-altre chiese sedali — sicut alias _ecclesias sedales_ —[576]. Mentre,
-invece, la designazione del titolare avveniva nello stesso modo che
-per la pieve[577] fatto solo eccezione di una tendenza a restringerla
-a coloro ai cui bisogni prevalentemente serviva, la quale si accentua e
-si fissa solo dopo il secolo nono.
-
-E ancor più intimi erano i rapporti fra ecclesiastici e laici nel
-campo patrimoniale. Al loro sostentamento si provvide per parecchi
-secoli con una _mensurna divisio_ prelevata dalla cassa comune
-della comunità formata col contributo di tutti[578]. Tale contributo
-originariamente volontario si trasformò ben presto in obbligatorio per
-gli sforzi tenaci del clero favorito dalla posizione preminente del
-pontefice in Italia, tanto che, quantunque lo Stato tentasse ripetute
-volte di opporvisi[579], verso la metà del quinto secolo erano già
-stabiliti appositi giorni per queste collette — _dies collectarum_
-— che essendo fruttuosissime all'incremento della Chiesa si ritenne
-bene di render perpetue[580]; e per assicurarsele in modo sempre più
-certo si introdusse anche il sistema di obbligare i fedeli a giurare di
-osservare questo precetto[581].
-
-Alla fine del secolo sesto queste collette erano regolarmente diffuse:
-Gregorio I parla come di cosa normale della _«collecta facta inter
-civitatis januensis habitatores»_ in una lettera del 599 al vescovo di
-Genova Costanzo che invita ad esonerarne un vecchio povero e cieco di
-nome Filagrio[582].
-
-Genova allora non faceva parte del regno langobardo; ma anche in esso
-i fedeli corrispondevano alla chiesa il loro contributo annuale, il
-quale costituiva un obbligo di sola coscenza, di natura esclusivamente
-religiosa e privo di ogni riconoscimento da parte dello Stato.
-
-La misura in cui si pagava corrispondeva ad una proporzione largamente
-in uso nell'antico sistema fiscale romano di cui avevan conservata
-ininterrotta ed immutata la tradizione gli scrittori ecclesiastici[583]
-ed a una non meno antica consuetudine rimasta inalterata negli usi
-civili[584] e si conguagliava alla decima parte dei proventi.
-
-Di quì il nome di _decima_; ma questo nome, quantunque non sconosciuto
-in Italia[585], ebbe però la maggiore diffusione al tempo dei Franchi,
-chè le cose cambiarono con loro e cambiarono profondamente: non già
-perchè essa sia sparita o perchè il nuovo Stato, essendo confessionale,
-considerò come doveri pubblici i principali obblighi del credente — e
-fra questi la _collecta_ — e subordinò i diritti civili e politici al
-soddisfacimento di quelli — ciò che avrebbe segnato solo un progressivo
-e, magari, naturale svolgimento — quanto e sopratutto perchè con essi
-fu introdotto un nuovo e tutt'affatto diverso istituto, il quale si
-unì e si confuse con la vetusta _collecta_ italiana e ne perturbò
-profondamente la funzione ed il sistema e ne sostituì anche il nome.
-
-Carlo Martello nella necessità di costituire un nerbo di cavalleria
-capace di far fronte alle mobilissime schiere degli arabi che premevano
-minacciosi al confine orientale, non potendosi valere di terre del
-fisco perchè depauperato dalle pazze prodigalità dei suoi antecessori;
-mise la mano sulle terre delle chiese e le distribuì ai privati
-con concessioni revocabili il cui scopo principale era l'obbligo di
-mantenere e fornire un proporzionato numero di cavalli e di cavalieri.
-
-Dopo di lui la Chiesa non volendo rinunziare alle terre confiscatile,
-nè lo Stato alla facoltà che vi esercitava, nè i concessionari al
-loro godimento; sotto la minaccia di una nuova invasione, si venne
-ad un contemperamento delle varie tendenze, il quale originò un nuovo
-istituto giuridico.
-
-Quest'istituto fu il _beneficio_.
-
-Con esso le Chiese conservarono la proprietà delle terre tolte loro, il
-re la facoltà di disporne con concessioni non oltrepassanti al massimo
-la vita del concessionario; e quest'ultimo, che delle terre stesse
-aveva il godimento per volontà del re e per opera della chiesa, fu
-obbligato a corrispondere al primo un proporzionato servizio militare
-ed a pagare annualmente alla seconda un censo in denaro di un solido
-d'argento per ogni manso ed un contributo in natura fissato nella
-decima e nona parte dei frutti ed a concorrere in modo equo al restauro
-della chiesa stessa in caso di bisogno[586].
-
-L'assetto definitivo il beneficio lo ricevette da Carlo Magno col
-capitolare aristallense del 779.
-
-E questo, dopo l'approvazione della dieta langobarda, passò anche in
-Italia; quantunque con una clausola — si exinde usque nunc ad partem
-ecclesiae decima et nona exivit[587] — che ne mostra tutto il carattere
-esotico che essa aveva per l'Italia e che, in conclusione, nei rispetti
-del passato ne annullava lo spirito perchè l'applicava solo nei casi
-nei quali il concessionario di un fondo ecclesiastico corrispondeva
-già la nona e la decima parte dei frutti: ciò che non poteva essere
-avvenuto che per scambievole convenzione privata, non avendo avuto
-luogo in Italia alcuna confisca di terre ecclesiastiche.
-
-E più tardi il capitolare italico ritorna sull'argomento imponendo
-ai conti ed ai fedeli tutti che chiunque aveva in beneficio terre
-di una chiesa doveva corrispondere alla chiesa stessa regolarmente
-e completamente le decime e le none e concorrere secondo il bisogno
-e la possibilità alla sua restaurazione — ut quicunque de rebus
-æcclesiæ beneficia habent pleniter nonas et decimas ad ipsas ecclesias
-donent.... et iuxta possibilitatem et quando necessitas exigit de opera
-ad ipsas ecclesias restaurandas adiutorium faciant —[588].
-
-E anche Lodovico il Pio, alla sua volta, insistè sull'uno e sull'altro
-obbligo, aggiungendo una forte pena in caso di inadempienza, per
-ricordare ai renitenti che avrebbero finito col perdere il beneficio —
-et insuper bannum nostrum solvat, ut ita castigatus caveat, ne sæpius
-iterando beneficium amittat —[589].
-
-Con questo l'antica _collecta_ italiana non cessò di esistere nè fu
-messa da parte. I vescovi langobardi nel capitolare concordato l'anno
-successivo o poco dopo al capitolare aristallense, ebbero caro di fare
-inserire la disposizione che ciascuno dovesse pagare alla pieve secondo
-il costume e la sacra consuetudine: — De decimis. Ut unusquisque
-suam decimam ad ecclesiam offerat sicut mos vel sacra consuetudo esse
-dinoscitur[590]. —
-
-E, più tardi, Lotario stabilì per legge la procedura da seguire per
-facilitarne la riscossione e renderne obbligatorio il pagamento[591].
-
-La decima franca, quale è configurata dai capitolari, è, dunque, un
-diritto reale che nasce ex iure per esplicita disposizione di legge a
-favore di una chiesa sui beni di essa concessi dal re in beneficio;
-nasce simultaneamente con gli altri obblighi che la legge addossa
-al concessionario ed è uno degli elementi da cui resulta lo speciale
-istituto del beneficio.
-
-La decima italiana, invece, originata da un volontario contributo dei
-fedeli, trasformato in seguito dalla Chiesa in obbligo di coscenza
-rinvigorito dal giuramento e consolidato nella misura, è dovuto ad
-una sola chiesa — la pieve — ed ha carattere e natura esclusivamente
-personale in quanto che investe la persona del parrocchiano, il quale
-appunto e soltanto per questa sua qualità, è tenuto a conferire alla
-pieve, ed alla sua pieve soltanto[592], la decima parte dei suoi
-proventi e questo suo contributo è, insieme con altri e minori obblighi
-della stessa natura, il titolo che gli dà diritto all'assistenza
-religiosa ed all'esercizio delle facoltà proprie del parrocchiano.
-
-Fra questi altri obblighi si deve ricordar per primo il rifacimento e
-la riparazione degli edifici del culto perchè sebbene la Chiesa abbia
-stabilito fin da antichissimo tempo che si dovesse provvedere con la
-quarta parte dei redditi e delle oblazioni; sia per la difficoltà della
-trasformazione delle offerte in natura sia per l'analogia con l'obbligo
-imposto ai concessionarî di benefici ecclesiastici, sia per altra
-ragione, le fonti italiane del tempo franco — e si rimettono sempre ad
-antica consuetudine[593] — la ricordano separatamente. Ciò che attesta
-anche per questo lato quell'autonomia di formazione e di sviluppo, di
-cui già si è avuto occasione di far parola.
-
-La stessa trasformazione della collecta da volontaria a obbligatoria
-subì quella parte di oblazioni che i fedeli facevano in momenti di
-maggiore solennità ed importanza e cioè il battesimo, il matrimonio, e
-la morte[594]. Anzi fu facilitata dalla natura di fatto straordinario
-che ognuno di questi momenti segnava nella vita di ciascun individuo;
-come dalla necessità in cui si trovò la chiesa di proibire le grandi
-agapi, riannodantesi ad antichissimi usi pagani, che si tenevano
-in chiesa per solennizzare questi avvenimenti e che, accolte da
-prima perchè accumunando ricchi e poveri rispondevano ai sentimenti
-dell'uguaglianza e della carità, eran divenute ben presto causa di
-inconvenienti e di disordini[595]. I banchetti in chiesa furon proibiti
-ed una parte della somma che prima essi richiedevano devoluta alla
-chiesa.
-
-Queste oblazioni assunsero così l'aspetto e la natura di una vera
-e propria tassa — diritti di stola — corrisposta per un determinato
-servizio e siccome l'unica chiesa autorizzata all'esercizio del culto
-era la pieve conversero tutte a suo favore aggiungendosi agli altri
-obblighi del parrocchiano e rinsaldarono anche per questo lato gli
-stretti vincoli che lo univano alla sua chiesa.
-
-Accanto ed insieme con queste oblazioni c'erano, poi, anche tutte le
-altre che la pietà dei fedeli offriva alla chiesa di sua spontanea
-volontà e anche queste, naturalmente, spettavano tutte alla sola pieve.
-
-Sorte le chiese cardinali, le quali avevano una speciale officiatura
-per la quale, fatta eccezione di speciali giorni, vi potevano esser
-celebrate le messe e compiuti i servizi e gli uffici divini: ed essendo
-sorte per il culto speciale e straordinario che i fedeli professavano
-per alcuni santi; nacque un contrasto fra i diritti della pieve e la
-volontà dei fedeli. Contrasto talvolta sanato dall'esplicito intervento
-del vescovo e nella più gran parte delle volte causa ed origine prima
-dei conflitti numerosi fra i canonici della chiesa cattedrale e gli
-officianti delle chiese più frequentate delle varie città.
-
-Esempio del primo caso è il diploma tadoniano, già tante volte
-ricordato, a favore del monastero di S. Ambrogio.
-
-Con esso l'arcivescovo non si limita a confermare le donazioni di
-terre e di immobili che il monastero stesso aveva ricevuto in passato
-o avrebbe ricevuto nell'avvenire — quicquid in iamdicta ecclesia S.
-Ambrosii..... collatum fuerit — come nel diploma dell'arcivescovo
-Pietro dell'anno 789; ma concede anche la facoltà di ricevere tutte
-le oblazioni che dai fedeli fossero comunque offerte: CONCEDIMUS atque
-_confirmamus_.... OMNES OBLATIONES que a Cristifidelibus... quoquomodo
-a majoribus five a minoribus delate fuerint, _omnesque res omnesque
-possessiones_ ibidem collatas etc.[596]. E la concessione di queste
-oblazioni è ritenuta di maggior importanza della conferma del possesso
-dei beni perchè è fatta precedere.
-
-In generale, però, alle chiese cardinali era lasciata solo una parte
-delle oblazioni, riservandone il rimanente al clero della cattedrale
-il quale aveva diritto anche ad un gran pranzo e ad altri minori atti
-di ossequio, quando vi si recava collettivamente ed in gran pompa nella
-festa del santo a compiervi l'ufficiatura solenne[597].
-
-Decime ed oblazioni non erano, però, i soli proventi della Chiesa.
-
-Quantunque nella Chiesa di Roma fino al secolo sesto — a concorde
-testimonianza di Teodoro lettore e del _Liber Pontificalis_ — si sia
-avuto per sistema di non tenere altri immobili che quelli strettamente
-necessarî all'esercizio del culto, vendendo le terre e le case
-donate e distribuendone il ricavato fra la chiesa, il vescovo e il
-clero; tale sistema o fu esclusivo della Chiesa di Roma o non durò
-molto a lungo; e, comunque, il problema dell'assetto giuridico della
-proprietà immobiliare della pieve non si pone per gli edifici del culto
-diversamente che per gli altri immobili.
-
-Divenuto il cristianesimo religione ufficiale dello Stato — chè
-l'anteriore ed incerta condizione giuridica[598] non c'interessa —
-lo Stato ebbe nella nuova religione quell'ingerenza che aveva prima
-esercitato sugli altri culti e che segnava quasi il correspettivo della
-protezione accordatale e della posizione di privilegio fattale, ed i
-templi ed i loro beni furon considerati come pubblici e tutelati con
-norme particolari, in continuazione precisa del sistema tenuto con i
-culti anteriori — fatta eccezione, tuttavia, di un punto speciale che è
-proprio quello che c'interessa.
-
-Anteriormente fra i numerosi culti tollerati nell'Impero il maggior
-numero di facoltà e di diritti fu concesso solo ad alcuni di massima
-importanza, ai quali fu concessa anche la _testamentifactio_ passiva;
-e titolare di tali diritti fu istituito il tempio nel quale ciascuna di
-queste divinità era maggiormente e per antonomasia venerata[599].
-
-In seguito, colla religione cattolica, nella necessità di contemperare
-il rispetto all'unità della Chiesa con le ragionevoli esigenze
-locali dei fedeli e rendere agevole il funzionamento delle proprietà
-immobiliari, si andò formando una prassi, riconosciuta e completata
-poi dalle leggi, per cui erede dei beni per volontà di testatore o
-in forza di legge devoluti alla chiesa, fu la chiesa del luogo del de
-cuius[600]; e siccome la Chiesa si era insediata e organizzata sulle
-basi dell'organizzazione pubblica romana e con essa si trovava quindi
-in piena armonia; e la sua unità di organizzazione fu la pieve: così la
-pieve, impersonata dalla sua chiesa, ebbe tutte le facoltà di una vera
-e propria persona giuridica.
-
-Caduto l'impero romano, sopraffatti i Goti e disfatti i bizantini;
-con i Langobardi cessò ogni diritto dello Stato all'ingerenza
-nell'amministrazione della Chiesa ed ogni pieve fu libera nella sua
-organizzazione interna.
-
-E questa presenta due speciali elementi: uno nei rispetti della pieve
-in generale, sia urbana che rustica, l'altra nei soli riguardi della
-prima.
-
-L'una si è che cessata l'ingerenza dello Stato, lontano e non
-ancora completamente assodato nè affermato rigidamente come più
-tardi avvenne, il diritto di intervento dell'autorità pontificale,
-riconosciuta anche dalla legge — ciò che sta a provare anche qui una
-vera e forte resistenza di usi anteriori, contro i quali urtarono
-inutilmente i sistemi franchi — l'autonomia finanziaria della pieve
-dall'episcopato[601]; autonomia che da documenti di ogni parte
-del territorio langobardo ci è dimostrata non minore nei rispetti
-dell'elezione dell'arciprete e delle altre mansioni in cui partecipava
-l'elemento laico[602]; avveratasi con l'invasione langobarda una
-tendenza a restringersi entro la pieve ed i propri correligionarî;
-la comunità cristiana raccolta entro la pieve stessa sia urbana che
-rustica — unita anche per altri legami economici e giuridici in parte
-già accennati e di cui ci occuperemo nei paragrafi seguenti — costituì
-un vero e proprio _corpus_ nel quale l'elemento laico intimamente si
-fondeva con l'elemento ecclesiastico. E, ritornando in parte sotto
-il contatto straniero ed eretico degli ariani, ai primi tempi ed ai
-primitivi sistemi, questa persona giuridica esplicava la sua azione
-nei rispetti del culto per mezzo del clero, assistito dai laici e, nei
-rispetti patrimoniali, per mezzo dei laici sorvegliati dal clero.
-
-La pieve urbana dell'alto medio evo, poi, è caratterizzata dalla
-gradazione con cui le facoltà d'intervento nell'amministrazione del
-suo patrimonio sono distribuite fra i suoi parrocchiani; che è quella
-stessa che si riscontra nel culto dei primi stadî di formazione
-della città e mantenutasi inalterata pur col mutar dei culti e degli
-Stati. In virtù di essa classe dirigente, suddivisa in altre in modo
-vario secondo i tempi, sono solo gli urbani mentre ai suburbani,
-pure uniti nella stessa pieve, è permessa solo una pallida e passiva
-partecipazione.
-
-Laici ed ecclesiastici costituivano insieme una unità sola nella
-quale l'azione degli uni o degli altri prevaleva a seconda che si
-trattava di uffizi divini o di cose terrene: ma che agiva sempre con
-la compartecipazione obbligatoria di tutti, creando un complesso di
-rapporti nel quale le speciali facoltà di ognuno erano a volta a volta
-doveri o diritti.
-
-Alle condizioni del parrocchiano si contrappone quella del fondatore
-di una chiesa privata, al quale, secondo l'antico sistema romano
-pienamente concordante con quello germanico, ne spetta la completa
-proprietà con le sole limitazioni riguardo all'esercizio del culto
-derivanti dall'organizzazione generale della Chiesa.
-
-Le chiese cardinali, le quali non erano nè pievi nè cappelle ed alle
-quali quindi mal si adattavano i sistemi delle une e delle altre,
-furono costrette ad andare cercando un adattamento fra il sistema
-parrocchiale e quello della chiesa privata: e qualche volta, poi, si
-trovavano in una singolare condizione.
-
-Prendiamo il caso della chiesa di Sant'Ambrogio di Milano.
-
-Dopo il diploma del 866 in essa si avevano: una chiesa titolare del
-diritto di proprietà sui beni, un corpo di monaci ai quali ne era
-affidata l'amministrazione ed ai quali in effetto erano concesse e
-donate le oblazioni e gli immobili dai fedeli, una congregazione,
-consortium, di sacerdoti i quali erano incaricati dell'officiatura
-ed ai quali era pure riconosciuto un diritto di natura economica nei
-rispetti dei beni della Chiesa[603].
-
-La delineazione giuridica precisa del diritto di questi ultimi il
-diploma arcivescovile del 866 non la fa; ma essa risulta dai documenti
-che illustrano le lunghe liti che a proposito di esso ebbero in seguito
-monaci e canonici[604].
-
-Era la stessa posizione precisa in cui si trovavano gli _ordinarii_
-della Chiesa di S. Giovanni di Monza rispetto ai _custodes_ della
-Chiesa stessa i quali erano i rappresentanti del diritto di proprietà
-dei beni della chiesa.[605]
-
-La posizione non era troppo semplice; pur tuttavia di colpo non
-furono creati istituti nuovi; furon piegati e modificati con clausole
-speciali i vari istituti romani, non mai abbandonati dalla Chiesa[606]
-che meglio si prestavano. Ma queste modificazioni moltiplicandosi,
-consolidandosi, acquistarono delineazione e configurazione sempre più
-distinte da quelle da cui originariamente furono costituiti e formarono
-alla lor volta un nuovo istituto giuridico, destinato a grande
-avvenire.
-
-Quest'istituto fu il _beneficio ecclesiastico_[607].
-
-La pieve italiana — concludendo ormai in poche parole questa ricerca
-che la mancanza assoluta di ogni lavoro al riguardo ha reso così lunga
-— continuò un'antichissima unità territoriale che ebbe vita in Italia
-prima di Roma e che appunto perchè italiana e non romana rimase anche
-quando Roma non fu più e sopravvisse perchè era un complesso omogeneo e
-completo di elementi economici, giuridici e religiosi.
-
-La città col suo suburbio e le sue pertinenze: il pago rurale col suo
-capoluogo, i suoi vici e le respettive terre comuni furono uniti dal
-culto cattolico come da quelli pagani e dal sistema finanziario dei
-Langobardi come da quello dei Romani e dei Bizantini.
-
-Ogni parrocchiano fu vincolato alla sua parrocchia e l'unione fu
-tale che uffici divini ed affari terreni richiedettero egualmente la
-simultanea presenza e partecipazione degli ecclesiastici e dei laici;
-nè questi potevano senza gravissimo e giustificato motivo astenersi
-dalle funzioni e dagli uffici del culto, nè quelli, senza questi,
-essere eletti o comunque trattare o disporre dei beni della pieve e la
-fissità del domicilio già forte negli ultimi tempi romano-bizantini
-e ancor maggiore in seguito, concordando pienamente col criterio di
-autonomia delle varie pievi, in uso nella Chiesa, strinse ancor più
-i vincoli già così rigidi, che avvincevano il parrocchiano alla sua
-pieve, nei riguardi della decima e delle oblazioni.
-
-Verso la fine del secolo ottavo, però, la pieve urbana comincia a
-differenziarsi da quella rurale allargando i suoi confini all'esterno
-e dando origine nel suo interno a nuovi nuclei i quali acquistano
-parte delle facoltà e dei diritti che prima spettavano alla sola
-pieve. Questi nuclei sono le chiese cardinali, le quali formandosi con
-linee sempre più precise costituiscono la parrocchia a tipo moderno,
-la quale rompe l'unità della antica pieve, le sottrae molte delle sue
-prerogative e dà luogo all'origine di formule e istituti rispondenti
-alla sua speciale natura. E queste formule e questi istituti, essendo
-sorti per complemento necessario di un organismo che era sorto
-per naturale conseguenza e soddisfacimento di bisogni veramente e
-fortemente sentiti, risposero ad essi in modo conveniente e congruo per
-modo che non solo nella maggior parte non furon toccati dalle profonde
-modificazioni che in seguito furono apportate in tanti campi nè dalle
-deformazioni del concilio tridentino; ma qualcuno di essi si allargò
-a disciplinare un immenso numero di rapporti e fu caratteristico
-dell'organizzazione ecclesiastica intiera. E questo fu il _beneficio
-ecclesiastico_.
-
-
-§ 8. — Per studiare l'origine e la costituzione della pieve si è dovuto
-prima ricercare la natura e la consistenza dell'antica circoscrizione
-civile su cui essa s'insediò e a tale scopo è stata dedicata la prima
-parte del capitolo precedente: ora essa — ed appunto per ciò si è
-tenuta un po' più diffusa di quanto a prima vista poteva apparire
-strettamente necessario — ci mette in grado d'indagare anche la
-manifestazione più saliente della sua struttura civile ed economica.
-
-Quantunque lo Stato e la Chiesa lo avessero proibito ripetute
-volte[608], l'abitudine di tener mercato nei giorni festivi si mantenne
-così tenace[609] che lo stesso Carlo Magno fu costretto a permettere
-espressamente ed esplicitamente che UBI ANTIQUITUS FUIT si continuasse
-a tener la riunione del mercato _in die dominico_.
-
-Poichè gli uffici divini si celebravano ordinariamente di domenica,
-e pure di domenica ordinariamente si teneva mercato, è chiaro che lo
-scambio dei prodotti avveniva di regola nell'occasione della festa
-religiosa che radunava molta gente nel capoluogo; e siccome ogni
-parrocchiano era obbligato ad adempiere i suoi doveri presso la propria
-pieve e soltanto presso di essa e le singole pievi erano normalmente
-molto distanti fra loro[610], era difficile e perciò improbabile il
-potersi recare nello stesso giorno ad una pieve per gli ufficî divini
-e ad un'altra per il mercato e quindi ne conseguiva che il mercato era
-normalmente composto dei soli parrocchiani di ciascuna pieve[611]. La
-pieve della città era costituita da _urbs_ e dal _suburbium_: dunque al
-suo mercato abituale partecipavano solo gli urbani ed i suburbani.
-
-«_Per forum_, in circuitu ecclesiae — narra Landolfo Seniore in un
-passo della sua storia[612] — _erant tunc causa negotiandi tam civiles
-viri quam suburbani pariter congregati_.
-
-E alla stessa conclusione si giunge anche seguendo un altro filo
-conduttore, il quale permette anche di conoscere pure la natura di
-questo speciale mercato.
-
-Il Capitolare di Carlo Magno «De truste facienda si esprime così: nemo
-presumat, ad nos venienti mansionem vetare et _quae ei necessaria sunt
-sicut vicino suo vendat_»[613].
-
-Questa disposizione ha un carattere di privilegio che appare evidente
-appena la si metta in relazione con l'altro Capitolare, pure di Carlo
-Magno, che concerne gli _iterantes_[614]. Quest'ultimo si occupa degli
-_iterantes_, dei viaggiatori in genere, sia che si rechino dal re che
-altrove: — «De iterantibus, qui ad palatium aut alicubi pergunt» — per
-scopi e ragioni di loro privata e particolare spettanza e proibisce che
-sieno comunque assaliti e che sia ad essi negata l'erba indispensabile
-per i loro animali. Invece nel primo Capitolare si parla di quella
-classe speciale di viaggiatori, che si recano dal re non per ragioni
-a vantaggio proprio, ma per servizio pubblico. Infatti si conoscono
-due specie di _trustis_: una è la comitiva eletta dal re, la guardia
-più fida e più cara; l'altra è una specie di squadra incaricata di
-perseguitare i delinquenti e organizzata sino dal tempo dei Merovingi,
-dalle cui leggi è passata in quelle carolingie e con esse, anche in
-Italia[615].
-
-In ambedue i casi si tratta di un servizio speciale, per il quale il re
-concede delle facilitazioni di alloggio e di vitto che nega a tutti gli
-altri.
-
-Ora se il re vuole che ad essi le cose necessarie sieno vendute come
-il vicino le vende al vicino, è chiaro che tra i vicini tali scambi
-avvenivano in un modo diverso che fra vicini ed estranei e che questo
-modo offriva speciali vantaggi e, infine, che questa diversità aveva
-natura e consistenza giuridica. Infatti il re, col solo fatto di
-determinare così specificatamente e con un Capitolare le persone alle
-quali era concesso di godere alcuni vantaggi del rapporto di vicinatico
-senza esserne compartecipi, viene a riconoscere anche per questo lato
-del mercato, l'esistenza del gruppo vicinale e dei rapporti giuridici
-che vi si imperniano; così come la riconosce quando, invece di una
-limitazione parziale e temporanea come questa, glie ne impone una
-maggiore e più duratura obbligandolo ad accogliere entro di sè un
-estraneo, già da esso rifiutato[616]. Anche in questo caso dal fatto
-che solo al re con uno speciale preceptum è possibile e lecito vincere
-la resistenza del gruppo vicinale, sgorga limpida la conseguenza che
-in tutti gli altri casi questa resistenza è incoercibile: è cioè,
-lecita, riconosciuta e protetta. Vicinus nei Capitolari come negli
-editti[617] e nelle leggi[618] e nei documenti[619] ha un senso tecnico
-ben definito: indica chi fa parte di una determinata unità, di un
-determinato comune, per usare il termine che comparisce in Francia sin
-dal secolo ottavo[620] e di cui si hanno tracce nella nostra Italia
-fino dai tempi di Carlo Magno[621]. Il comune cittadino — lo si è visto
-— comprende con la città anche il suburbio ed il rapporto vicinatico,
-quindi, unisce anche rispetto al mercato, urbani e suburbani e non
-altri[622].
-
-Il cap. 11 fa obbligo al vicino di vendere a colui che viaggia in
-servizio e per conto del re, come vende al suo vicino — _sicut vicino
-suo vendat_ —: lo scambio, dunque, avveniva direttamente fra vicino
-e vicino senza intromissione di alcun intermediario che comprasse per
-rivendere e non per consumare. D'altra parte i Capitolari parlano[623]
-di telonea solo a proposito di negotiatores, delle persone, cioè, come
-a maggior chiarimento si soggiunge, che a scopo di commercio — _causa
-negotiandi_ — si recano a piccole tappe — _de una domo ad aliam_ — di
-luogo in luogo con la loro _substantiam_ che volta volta si rinnova nel
-contenuto mentre rimane immutata nella destinazione di esser comprata
-per esser rivenduta. I _vicini_ che non si muovono dal loro _comune_ ed
-acquistano e vendono per i bisogni immediati del proprio consumo, non
-hanno alcun carattere di commercianti di professione e, quindi, sono
-immuni dai _telonea_. E, per conseguenza, sono immuni da quei tributi
-che fino dal tempo romano colpivano i generi di commercio[624], anche
-i generi che essi si scambiano e che si possono conoscere grazie al
-cap. 11, il quale parla di _necessaria_: dei commestibili di prima
-necessità.
-
-Le cose più minute ed i generi di prima necessità che formavano
-questo mercato, erano prodotte, nella loro quasi completa totalità,
-nelle terre urbane e suburbane e tutti coloro che vivevano su queste
-terre, essendo obbligati a convenire alla pieve cittadina per i doveri
-cultuali, trovavano in quest'occasione un incentivo e una spinta a
-portare i propri prodotti, che nel concorso di numerose persone avevano
-maggior facilità di esito; mentre, per un altro verso, essendo molti
-i venditori e potendosi trattenere a lungo in città per essere giorno
-festivo, si rendeva inutile e non gradita l'opera di intermediari.
-
-Questo mercato minuto e piccolo, in quanto soddisfaceva bisogni sentiti
-in ogni tempo da qualsiasi centro abitato, durava ininterrottamente
-da secoli e secoli e le fonti continuano a chiamarlo _forum_ come
-al tempo romano[625]; e come al tempo romano si era differenziato
-dalle nundinae[626], così nel medioevo si distingue dalle fiere e
-dai mercati tenuti ad intervalli maggiori[627] e con regime giuridico
-speciale[628] e si tiene tutte le domeniche per provvedere le cose e le
-cibarie indispensabili all'alimentazione degli abitanti di un angusto
-territorio; mentre nelle più note feste della Chiesa e nelle ricorrenze
-dei santi più venerati dei singoli luoghi[629] se ne tengono altri, nei
-quali, per mezzo di mercanti venuti di fuori affluiscono generi di ogni
-natura, di cui la città sente il bisogno o il desiderio. Ed in questi,
-che si tenevano a distanza di tempo non breve l'uno dall'altro, si
-rendeva necessario il commercio in terza mano, perchè solo dei mercanti
-di professione potevano portare merci e derrate da luoghi lontani
-e partecipare ai varî mercati. Ed è proprio ed esclusivamente il
-commercio in terza mano che è soggetto ai gravami riconnessi al diritto
-di regalia, per poter riscuotere i quali si voleva che tali mercati si
-tenessero sempre nello stesso luogo[630].
-
-Un bel documento fornisce a questo proposito elementi preziosi. È
-un atto nel quale è raccolta la decisione di alcuni _viri antiqui
-noscentes usum curadiae_, eletti dal vescovo di Asti sul finire del
-secolo decimosecondo, a ripristinare gli antichi usi del mercato
-astese, turbati da alcune innovazioni fiscali che avevano dato luogo
-ad una perniciosa guerra di tariffe con i marchesi di Ponzono[631].
-Il documento è assai tardo rispetto all'epoca langobardo-franca; ma la
-concessione del mercato al vescovo di Asti risale ai primissimi albori
-del secolo decimo, nè si fa accenno a modificazioni anteriori a quelle
-che gli «antiqui viri» sono chiamati ad eliminare e si può credere che
-la disposizione concernente la cibaria risalga ad epoca molto remota,
-perchè i Capitolari non accennano minimamente ad alcuna imposizione
-su di esse nè si conosce alcun provvedimento dei re d'Italia a questo
-proposito.
-
-Il documento, dopo aver riportato l'elenco della gabella di tutte le
-voci, dice che _de agmis et haedis nihil sicut et de fructibus et de
-ovis et de his omnibus quae brachio portantur. Idem de pullis et de
-piscibus recentibus._
-
-Questo mercato, dunque, resulta costituito esclusivamente dal traffico
-dei commestibili di minor portata: agnelli, pecore, ortaggi, frutta,
-pollame etc. e sussiste accanto e di fronte ad un altro mercato che si
-distingue così da questo più minuto commercio, come dal grande traffico
-che metteva capo alle fiere[632]. Un diploma carolingio è esplicito:
-esso concede il _forum_ ed il _mercatum_ che si tenevano nel giorno di
-S. Zeno nella città di Verona[633].
-
-È evidente che il _forum_ non era la stessa cosa del _mercatum_.
-
-Il mercato nel quale le merci sottostanno a norme e a gravami
-speciali si raduna ad intervalli sempre più brevi con l'aumentare
-dell'importanza e della vita della città e verso la fine dell'epoca
-franca, là dove la città è stata in grado di sostenere e di mantenere
-o, ciò che è lo stesso, di aver bisogno di uno scambio così frequente;
-diviene anch'esso ebdomadario[634]; e si sovrappone a quello minuto
-vicinale, del quale, però, anche dopo vari secoli si possono qua e
-là trovare delle tracce[635]. Ma questo mercato a cui convengono i
-mercanti delle regioni vicine e delle regioni lontane per portarvi
-prodotti altrove comprati e comprarvi prodotti altrove vendibili, non
-avrebbe potuto sorgere se non fosse stato congruamente preceduto da
-un altro sistema di scambio capace di fornire alla città le cose più
-necessarie con un flusso periodico, normale, frequente e continuo:
-i due requisiti che nei diplomi che fanno concessione di mercati
-compariscono più tardi di tutti gli altri. Ed è proprio su questo
-sistema di ristretto scambio vicinale dei prodotti di prima necessità,
-che deve fermare l'attenzione a preferenza ed in modo speciale chi
-voglia conoscere della costituzione e del diritto delle nostre città
-nell'alto medio-evo, cioè nell'epoca anteriore a quella nella quale il
-commercio formò la parte prevalente della loro energia.
-
-Il noto tipo del mercante franco-germanico che sotto una speciale
-protezione del re, gira di regione in regione e risale e discende
-il corso dei fiumi[636], ha presso di noi dei precursori e dei
-contemporanei nei _negotiatores de Langobardia_ che fino dal 629, e
-probabilmente anche prima, si recano alla fiera di Parigi, aperta loro
-dal re Dagoberto in quest'anno[637]: e nei mercanti che percorrono
-il corso del Po e ne rendono attivi la navigazione ed i porti[638]:
-ma questi, come quelli, per quanto fattori eminenti dell'energia
-economica delle nostre città, nulla offrono che in qualche modo ci
-illumini sulle loro particolarità più intime e più speciali, perchè
-il commercio ha per funzione e per scopo di mettere a contatto luoghi
-e persone e prodotti diversi e, quindi, per necessità è tratto ad
-avere un carattere internazionale, che si accentua sempre più quanto
-esso maggiormente si estende. Invece quel piccolo, ristretto scambio,
-limitato entro angusti e ben noti confini, a poche cose ed a poche
-persone, che si perpetua da secoli quasi nello stesso modo e nelle
-stesse proporzioni, è proprio il terreno favorevole per eccellenza
-al conservarsi delle antiche usanze e delle vetuste consuetudini
-particolari ai singoli luoghi.
-
-A Milano il _forum_ si trovava davanti ed intorno alla cattedrale[639],
-ma tale ubicazione si può considerare come un'eccezione[640]. Nelle
-nostre città, generalmente regolari[641], il _forum_ era costituito
-dalla piazza formata dall'incontro del _cardo maximus_ col _decumanus_,
-che erano le due vie principali, intersecantesi perpendicolarmente: era
-il punto centrale della città, l'antico _templum_[642]. Per il modo con
-cui sorse e si sviluppò il cristianesimo, per le difficoltà incontrate
-prima di poter essere tollerato e riconosciuto come culto ufficiale
-e per l'ostacolo, quasi per ogni dove insormontabile, rappresentato
-dalla preesistenza di edifici e fabbriche intorno al foro; quasi mai
-la Chiesa cattolica potè costruire la sede vescovile sul foro, che
-rimase invece il luogo consueto del mercato. Così a Vercelli[643],
-a Cremona[644], a Brescia[645], a Lucca[646], a Piacenza[647], a
-Bergamo[648], a Parma[649], a Pavia[650], a Pisa[651], a Ferrara[652],
-a Verona[653], a Firenze[654], a Arezzo[655], etc.[656].
-
-Il mercato settimanale anche se non si trovava davanti alla chiesa,
-aveva sempre luogo, dunque, dentro alla città, dentro alle sue mura;
-mentre la fiera ed il mercato maggiore, di solito si tenevano fuori.
-E ciò è da rilevare perchè può fornire un buon punto di partenza per
-giungere a formulare un criterio di differenziazione della costituzione
-delle città italiane da quelle franco-belgo-germaniche.
-
-La città italiana mantiene sempre una posizione elevata e distinta
-di fronte al territorio circostante, che le è annesso e soggetto
-ed è caratterizzata da un complesso di norme di natura giuridica,
-che rientrano nella più ampia organizzazione dello Stato, ma, come
-abbiamo già veduto, sono speciali alla sola città ed al suo suburbio;
-e costituiscono il nocciolo da cui con evoluzione progressiva, senza
-alcun distacco da un periodo di tempo all'altro, si è venuto formando e
-sviluppando quel particolarismo che raggiunge nel medioevo comunale il
-momento di maggiore sviluppo[657].
-
-Agli elementi che hanno formato il diritto cittadino deve essere,
-dunque, aggiunto anche il mercato vicinale, in quanto che anch'esso si
-restrinse alla città ed al suburbio e cooperò validamente al formarsi
-di consuetudini e di norme giuridiche, distinte e diverse da quelle del
-territorio rurale[658].
-
-Per determinare con precisione tale azione e per rilevare le differenze
-e le affinità fra gli usi prodotti dagli scambi vicinali, occorrerebbe
-entrare in un'indagine comparativa delle varie consuetudini che si
-trovano sparse negli statuti comunali o raggruppate e raccolte insieme
-fino dal secolo decimoterzo, la quale esorbiterebbe dal campo di studi
-prefisso a questo volume nel quale si vuole esaminare solo la funzione
-economica, in quanto rientra nella costituzione delle nostre città
-nell'alto medioevo, e si mira ad aprire ed indicare soltanto le linee
-generali da cui resulta. Ma non si può fare a meno di determinare
-quale è il colore di fondo del quadro di cui le molteplici consuetudini
-locali rappresentano le gradazioni, le tonalità e l'ultimo sviluppo.
-
-Anche oggi si conserva fra campagnoli e mercanti di bestiame l'uso di
-stringersi a vicenda la mano per conchiudere i contratti; cosicchè il
-momento della perfezione risiede non già nella manifestazione verbale
-della volontà, ma sibbene nella stretta di mano[659]. Questo accordo
-di buona fede, essendo senza alcun valore di fronte alla legge, non
-può essere originato dalla legge stessa; tanto è vero che se ne trova
-traccia fino al secolo decimoterzo anche nei documenti medioevali[660],
-che ne specificano la natura giuridica e lo chiamano col nome tecnico
-di _mercato_.[661] E si può risalire ben più innanzi se si osserva
-che la frase comune, che, appunto perchè comune è certamente antica,
-dell'uso trecentesco «_impalmare la fede_» corrisponde perfettamente,
-sia nella forma esterna che nel contenuto giuridico, alla formula
-«_manu fidem facere, fidem facere_ e _manum facere_», che si trova
-nei documenti del più remoto medioevo[662]. E, quindi, finchè non
-sia dimostrato che fra l'una e l'altra si è avuta una soluzione di
-continuità, durante la quale è stato in vigore un sistema diverso,
-si deve ritenere che il modo di dire volgare sia divenuto comune in
-quanto continuava un uso antichissimo dovunque diffuso. E se questo è,
-siccome tale formula è sicuramente romana[663] ed è dalle fonti romane
-che è passata nei documenti medioevali[664], si può constatare che
-questo sistema si trova in perfetto accordo con il rigido formalismo
-dell'antico diritto romano, il quale non dette mai all'istrumento
-scritto altro valore che probatorio[665]; e si può concludere che anche
-questo formalismo resiste alla pressione dell'ultimo diritto romano,
-insieme ed al pari di tutti quegli istituti del diritto teodosiano che
-si mantennero in Italia malgrado e dopo la legislazione giustinianea;
-e che potè trovare favorevoli condizioni di ambiente nel formalismo
-dei diritti germanici e, specialmente del diritto salico, ma che
-preesistette ad essi e, quindi, non potè esserne originato.
-
-Il che, in conclusione, significa che anche in questo campo si trovano
-elementi che vivono in Italia ininterrottamente sino dal tempo di Roma
-repubblicana.
-
-Il mercato vicinale ha per scopo il sostentamento della città: esso
-le fornisce i mezzi necessarii alla sua esistenza e che da sè stessa
-non si può procurare perchè prevalentemente costituita da edifici e da
-abitazioni; e li fornisce soprattutto alle classi meno elevate della
-popolazione prive di _curtes_ e di terre da cui poterli ricavare. Esso
-vive, perciò, della vita della città, si attenua col suo decadere,
-progredisce e si trasforma col suo progredire. Intimamente legato ad
-essa, ne è elemento sussidiario importante. Non unico però. Quindi
-le norme giuridiche originate da questo scambio costituiscono solo
-una parte del sistema giuridico proprio della città e si aggiungono a
-quelle che già si sono rilevate: ma non completano il quadro; e, per di
-più, per determinare l'importanza e la quantità di questa parte occorre
-prima ricercare o determinare gli altri elementi che hanno formato la
-costituzione e il diritto delle nostre città.
-
-
-§ 9. — I Langobardi quando, assodata la conquista, si fissarono
-stabilmente nel nostro paese, trovarono nelle città e nei castelli, che
-erano luoghi forti e muniti, degli ottimi strumenti di dominio contro
-i vinti e di difesa contro le incursioni esterne e vi si insediarono di
-preferenza curando assiduamente la guardia[666] e la manutenzione delle
-mura[667].
-
-La città ed il castello erano contraddistinti appunto dalla presenza
-della cinta murata: Rotari, impadronitosi di alcune città della
-Liguria, per punirle della resistenza oppostagli, le ridusse a semplici
-_vici_ abbattendone le mura: «_muros_ earum usque ad fundamentum
-_destruens_, _vicos_ has _civitates_ nominari praecepit»[668].
-
-Ma la città si distingueva anche dal castello: il capitolo 39
-dell'Editto stabilisce che quando un reato è stato commesso entro la
-città, la pena ordinaria e consueta sia aggravata di una multa speciale
-a vantaggio del fisco. Si aggiunge, cioè, alla figura normale di ogni
-reato, un nuovo reato che consiste nell'ingiuria alla terra il cui
-mantenimento in buono e pacifico stato, la cui _pace_, per usare il
-termine tecnico, il re impone in modo particolare — _iniuria terrae_
-—; e si fa della città — solo della città, chè del _castrum_ non si fa
-parola — un terreno giuridicamente protetto in modo speciale[669].
-
-Questa zona di particolare natura giuridica ha nelle mura dei confini
-rigidamente ed immutabilmente fissati. Si ha, dunque, aperta la via a
-ricercare da che cosa sia stata costituita in quest'epoca la città nel
-senso giuridico della parola; a ricercare, cioè, se sia esistito e di
-quale natura ed entità e in quali proporzioni un regime giuridico di
-natura pubblica proprio ed esclusivo della sola città, del solo centro
-murato cinto di mura; e la posizione di questo regime nell'ordinamento
-politico.
-
-Con la disposizione del capitolo 39 non si pone il primo substrato
-di una particolare consistenza giuridica della città: se ne
-delinea, piuttosto, il riconoscimento ufficiale, completando con un
-provvedimento consono ai criteri del diritto pubblico dell'epoca e,
-cioè, di natura germanica, uno stato di fatto e di diritto in molta
-parte preesistente.
-
-È tutta romana la distinzione delle città e dei castelli, in quanto
-cinti di mura dai _vici_ e dai _loci_, aperti ed indifesi[670]; come è
-tutta romana la disposizione che punisce severamente chi ne scavalchi
-di soppiatto le mura[671]. È tolta di peso da un passo di Modestino
-riportato nel Digesto e corrisponde in modo perfetto anche allo scopo
-di esso, chiaramente mostrato dal titolo — _de re militari_ — in cui
-è contenuto: si può e si deve considerarla come un'altra e nuova prova
-che i compilatori dell'Editto ebbero conoscenza delle fonti romane non
-solo attraverso a rifacimenti barbarici ma anche direttamente.
-
-I Langobardi, i più feroci dei barbari feroci, ripugnanti ed alieni
-dalle sedi fisse e dagli agglomerati numerosi, abituati a vivere
-sparsi e disseminati in piccoli gruppi — _vicatim_ — furon tratti,
-inconsapevolmente[672], a riconoscere ed accettare la sottile
-distinzione fra _urbs_ e _castrum_, perchè la loro venuta, se spazzò
-via gli ultimi avanzi dell'organizzazione burocratica romano-bizantina,
-non distrusse le basi prime della struttura economica della città,
-consolidata da lunghi secoli e che i due regni barbarici degli Eruli
-e dei Goti e la trista dominazione bizantina, prostrandola fino
-all'ultimo grado di decadenza, avevan dolorosamente preparato a
-sopportare senza urti troppo violenti la loro rude signoria.
-
-In Italia non era mai cessato l'antichissimo sistema, probabilmente
-preesistente alla stessa conquista romana[673], per cui le più elevate
-facoltà giuridiche erano prerogativa esclusiva di coloro che avevano
-diritto alla qualifica di _urbani_, i quali in tutti i rami del vivere
-civile, dalle magistrature — _magistratus urbanus_ — ai collegi e
-corporazioni — _collegium urbanum, collegia urbanorum_ — alle opere
-— _opereis urbanorum_ — alla cittadinanza tutta, insomma, intesa nel
-senso ristretto del gruppo dei rapporti fra l'individuo e la città, di
-cui è cittadino — _urbani_ — _civis urbanus_ — godevano una preminenza
-assoluta ed incontestata.
-
-Anche con la legge dell'anno 400 — e già la rovina di tutte le
-istituzioni premeva — gli edifici, gli orti e le aree dei pubblici
-edifici ed i luoghi pubblici situati entro la città ed il suo suburbio,
-insieme ed al pari dei beni ecclesiastici, furono locati in perpetua
-conduzione ai soli urbani collegiati e corporati delle singole città.
-E più tardi fu solo alla plebe urbana che fu riconosciuto diritto di
-partecipare alla cosa pubblica, specialmente riguardo ai beni comuni,
-quando fu costretta ad aggiungere il suo contributo personale a quello
-ormai insufficiente delle curie e delle corporazioni.
-
-Nè lo perdette quella specie di collegio cittadino, in cui per lo
-sbiadirsi sempre maggiore delle proprie caratteristiche individuali,
-andaron fondendosi in forzata coesione le varie classi sociali dei
-vinti al tempo dei Goti[674].
-
-I Langobardi trovaron tale stato di cose e non lo mutarono.
-
-Erano urbani — _civitatis Reatine habitatoribus_ — quei Reatini i
-quali nel 774 ricercarono i confini del _gualdo publico_ presso la loro
-città, insieme con il notario Insario incaricatone dal re Rachi, con il
-messo del duca Lupone, con il loro gastaldo Immone, con due sculdasci
-ed il _marphais_, ed ai quali fu inviato uno dei quattro brevi redatti
-alla presenza del duca di Spoleto «et quartum (breve) quidem direximus
-ad supradictos _homines in Reate_»: dice il documento[675].
-
-E la presenza del gastaldo stesso di Rieti alla compilazione ed
-all'invio del breve mostra che la solidità e la consistenza giuridica
-del gruppo da essi formato di fronte allo Stato, di cui egli era il
-rappresentante, non era minore di quella, che già si è avuto occasione
-di accennare, dei cittadini di Pavia, di Piacenza, di Cremona, di
-Verona, etc.; i quali erano _urbani_ al pari di questi; come è provato
-dalla qualifica di _habitatores_ urbis, de civitate, con cui li
-vediamo chiamati[676] quando, come in quest'ultima città, non son detti
-addirittura urbani.
-
-Il conte Nannone, per esempio, incaricato da Ottone I. di dirimere
-una controversia fra il vescovo Raterio ed i suoi concittadini, il 30
-giugno 968, seduto al suo tribunale, interroga e si rivolge ai soli
-urbani — «ita orsus est loqui: quid vobis videtur, _urbani_, de isto
-prato?» —[677].
-
-Nella nota convenzione stipulata nel 1037 tra il vescovo Olderico ed i
-cittadini di Brescia, a proposito dei beni comuni della città[678], la
-concessione dei medesimi non è fatta a tutti i _vicini_ della _civitas_
-di Brescia; ma solo a quelli di essi che abitavano entro le mura:
-vos qui supra — (presbisteris ceterisque liberis hominibus Brixiam
-habitantibus) — _vicinos_ eiusdem _Brixiae civitatis habitantes_
-vestrosque filios et heredes, et proheredes simulque omnem progeniam
-vestram.
-
-E ancor più evidente è quello che avviene a Mantova, dove, col diploma
-imperiale del 1055, sono detti e qualificati cives anche gli arimanni
-entrati ad abitare entro le mura e sono protetti in modo speciale
-e differente da tutti gli altri arimanni sparsi per il territorio
-mantovano — predictos cives, videlicet _ermannos in Mantua civitate
-habitantes_[679].
-
-A Bergamo nel 1081 il vescovo Arnulfo decide una grave controversia
-che da tempo si agitava fra i canonici di S. Vincenzo e quelli di S.
-Alessandro per causa di certe decime, con l'aiuto e il consiglio di
-«multorum clericorum, _civium, extraque urbem manentium sapientum et
-nobilium._[680] Dei non urbani (extra urbem manentes) non partecipano
-che i nobili e i sapienti[681] mentre i cittadini partecipano tutti e
-chi fossero questi cives lo indica la contrapposizione e la preminenza
-su quelli che vivevano fuori delle mura: erano gli urbani.
-
-A Pavia nel 1084[682] comparve nella corte del vescovo, alla presenza
-dei capitanei, dei valvassori e dei cittadini maggiori e minori della
-città — presentia capitaneorum, vavasorum et _civium majorum seu
-minorum ipsius civitatis_ — l'abate Veridiolo per querelarsi contro
-l'abbadessa del Monastero di S. Maria Teodota; ed il predetto popolo
-dei maggiori e minori cittadini — _predictus popolus tam majorum
-quamque minorum_ — stabilì di prendere il monastero sotto la propria
-_defensio_ — la parola ed il significato corrispondono pienamente a
-quelli dei diplomi regi ed imperiali — affinchè nessuno osasse turbarlo
-e sempre rimanesse «_in ipsorum istorum civium majorum seu minorum
-potestatis defensione_».
-
-Dato che il notaro Eurico dichiara di avere scritto questo _decretum_
-per invito dei _capitanei_ dei _valvassori_ e dei _cives_ — per
-ammonitionem istorum capitaneorum et vavasorum et _civium_ —: è
-chiaro che questi _cives_ costituiscono una classe sociale distinta
-ed inferiore — dal momento che è ricordata per ultima — alle due prime
-nell'ordine politico: ma di autorità tale da aver diritto di cooperare
-con esse in affari di primaria importanza. Che anzi, dal documento
-appare in modo non dubbio che a prendere l'iniziativa furono proprio e
-soltanto i _cives_.
-
-Nel documento — e l'osservazione vale anche per i documenti ricordati
-più avanti — _civitas_ indica sempre il complesso delle abitazioni
-chiuse entro le mura: il monastero di S. Pietro, per es., è detto
-«extra murum predictae civitatis»; e un altro documento dello stesso
-anno e dello stesso luogo[683] specifica che un tal Uberto, ottimo
-milite, è _civis Papiae urbis_. Il significato di _urbs_ non ha bisogno
-di spiegazioni; così come è sintomatico che il poeta bergamasco Mosè
-del Brolo, fiorito nella prima metà del secolo decimosecondo[684],
-chiami cives solo coloro che abitano entro le mura e urbana negotia
-tutti gli affari d'importanza[685].
-
-Nè si può passar sotto silenzio — pur tralasciando tutti gli altri
-documenti in cui si ricordano cives — l'esempio, che ha con quello
-pavese bei punti di contatto, fornito dalla «Relatio de innovatione
-ecclesie sancti Geminiani» scritta probabilmente verso la fine del
-1106[686].
-
-La vecchia chiesa di S. Geminiano di Modena minacciando rovina, l'_ordo
-clericorum_ e l'_universus eiusdem ecclesiae populus_ cominciano a
-discutere sui provvedimenti da prendersi.
-
-Finalmente in tempo di sede vacante, cioè probabilmente dopo la morte
-del vescovo Benedetto nel 1099, per consiglio concorde così del clero,
-come dei cittadini e degli arcipreti di tutte le pievi rurali e dei
-militi della chiesa stessa — _unito consilio_ non modo _clericorum_...
-sed et _civium_ universarumque _plebium prelatorum_ seu _etiam eiusdem
-ecclesie militum_ — si decide la costruzione di una nuova chiesa.
-
-Nel 1099 _mutinenses cives et omnis populus_ danno principio alla nuova
-fabbrica. Nel 1106, sotto il vescovado di Dodone, la fabbrica del nuovo
-tempio è giunta a tal punto che vi si può trasportare il corpo di S.
-Geminiano.
-
-Fissata la traslazione per il primo giorno di maggio se ne dà avviso
-non solo a tutta la diocesi ed alle «comprovintiales civitates»
-ma anche alle «adiacentes». Si raduna quindi in Modena un «maximum
-episcoporum _concilium_, clericorum, abbatum et monacorum, fitque
-_congregatio militum_, fit et _conventus populorum_ utrisque sexus»
-come a memoria d'uomo non si era visto mai. Vi accorre anche «cum suo
-exercitu» la contessa Matilde.
-
-Avvenuta la traslazione nasce una disputa abbastanza vivace fra
-i vescovi ed i _cives_ perchè i _presules_ desiderano revelare le
-reliquie del santo ed i _cives autem et omnis populus_ ci si oppongono
-recisamente. Si ricorre alla contessa Matilde la quale si toglie
-d'imbarazzo consigliando di attendere la prossima venuta di Pasquale
-II; e giunto il papa nell'ottobre, per suo consiglio si procede
-all'apertura del tumulo dopo aver deputato alla custodia del corpo di
-S. Geminiano _sex viros de ordine militum et bis senos de civibus_
-obbligatisi prima con giuramento a custodirlo e salvarlo da ogni
-pericolo di violazione.
-
-La città, dal punto di vista ecclesiastico, resulta dell'_ordo
-clericorum_ e dell'_universus eiusdem ecclesiae populuis_ e cioè degli
-ecclesiastici e dei laici viventi entro i suoi confini: ma di questi
-ultimi alla deliberazione effettiva con cui si decide la ricostruzione
-della chiesa, insieme con gli arcipreti del contado ed i vassalli del
-vescovado partecipano solo i _cives_; soltanto i _cives_ hanno diritto
-di opporsi al parere dei prelati riguardo alle reliquie e solo i
-_cives_ hanno l'onore di vegliarle e possono pretendere ed ottenere di
-essere in numero doppio di quello dei militi onde pareggiare col numero
-lo squilibrio della diversità di armamento e esser posti in pari grado
-con loro.
-
-Eppure alla ricostruzione della chiesa non sono soltanto i _cives_, ma
-anche tutto il _populus_ che partecipa e concorre.
-
-_Populus_ indica tutti i parrocchiani di una pieve, urbana o rustica
-che sia, maschi e femmine indistintamente — populi utriusque sexus
-— ma fra questi — nel primo caso, che è quello ora in esame — si
-distingue una classe speciale, la quale ha facoltà così energicamente
-assodate che anche nella decisione di affari di apparenza e di veste
-esterna prevalentemente religiosa — di sostanza non si può dire per
-l'intimo legame che univa la cattedrale alla città — non solo supera,
-ma esclude addirittura l'intervento di quegli altri che pure fanno
-parte integrante dell'identica ed unica istituzione, che li accomuna
-egualmente alla stessa chiesa, allo stesso fonte battesimale, allo
-stesso culto.
-
-_Cives_ sono i soli _urbani_: i suburbani costituiscono il rimanente
-del _populus_.
-
-E della distinzione, della separazione anzi, fra gli uni e gli altri si
-ha anche la riprova.
-
-I consoli di Bergamo, avendo deciso nel 1171[687] di erigere in
-borgo franco il castello di Romano nuovo, stabilirono che i burgensi
-dovessero fare «ostem, vardam, et laborem et tractum» secondo i loro
-precetti, pagare i dazî e le imposte solo quando li avrebbe pagati
-la città e godere di una libertà pari a quella di uno dei borghi di
-Bergamo: «ad modum burgi debent stare et esse et _ita debent esse
-liberi ut unus ex burgis civitatis Bergomi_».
-
-Questi borghi sono quelli attaccati alle mura cittadine — i consoli,
-dice il documento, devono comandare a quelli di Romano nuovo
-_sicuti hominibus suburbiorum suorum_ —; e il documento, accennando
-esplicitamente alla libertà dei borghi sorti presso le porte della
-città, fa risaltare in modo evidente che la città doveva godere una
-libertà diversa e, per conseguenza, maggiore: il limite fra i due
-regimi giuridici non poteva esser segnato che dalle mura.
-
-Non si avverte, se non m'inganno, soluzione di continuità fra il più
-antico materiale epigrafico e quest'ultimo documento.
-
-La conversione dei Langobardi al cattolicismo, favorita dalla
-condiscendente negligenza dei sacerdoti ariani, riconosciuta perfino
-da papa Gregorio I, fu rapida e grande: Autari — tanta era già la
-frequenza dei battesimi — proibì che i neonati fossero battezzati e
-a pochi decenni dall'invasione il cattolicismo penetra anche nella
-corte regia, con effetti deleterî per la costituzione langobarda. Il
-culto, come abbiamo veduto, legava con vincoli fortissimi gli adepti
-e li strappava allo Stato: chi, convertito, entrava nella comunità
-cristiana, entrava a viver la vita non soltanto religiosa, ma la
-vita civile, che si assommava in gran parte in quella religiosa,
-del popolo vinto e con l'entrarci dell'elemento germanico vincitore
-ne alzava il livello sociale; e con moto irresistibile spianava la
-via all'equiparazione nel campo del diritto pubblico. La decima
-che il nuovo convertito si obbligava con giuramento a pagare per
-sè e per i suoi successori, era per lui un obbligo volontario
-liberamente contratto: ma per quelli che venivano dopo di lui e
-che si trovavano obbligati per virtù del patto da lui giurato e da
-essi inconsapevolmente accettato con l'involontario ricevimento del
-battesimo nei primi anni della loro puerizia, assumeva l'aspetto di
-una vera e propria imposta facilitata nel pagamento, piuttosto che
-confermata nel diritto e apriva pian piano l'adito alla partecipazione
-di tutti i cittadini, di qualunque origine e di ogni nazionalità,
-agli oneri che gravavano sulla città: oneri, che avevano al momento
-della conquista un carattere in completa opposizione con la natura
-dei Langobardi e che dai Langobardi, nei primi tempi, certamente non
-furono sopportati, mentre poco tempo dopo si vedono gli habitatores
-tutti di varie città obbligati indistintamente a tali prestazioni ed
-oneri: difesa, costruzione e riparazione delle mura etc. etc. ripartite
-secondo il vecchio sistema romano e con una cooperazione dello Stato
-inconcepibile nella organizzazione germanica: segno innegabile di
-un predominio di concetti e sistemi proprî dei vinti e dai vincitori
-accolti e condivisi. Ed in tutti i rami della vita civile l'elemento
-romano assorbiva dentro di sè, trasformandolo ed infondendogli la
-propria civiltà e le proprie consuetudini, l'elemento germanico.
-
-Artefice e fucina di questa trasformazione fu la città.
-
-La città non perdette mai la sua preminenza sul territorio rurale. La
-sua importanza economica attraeva irresistibilmente i Langobardi sia
-che ancora conservassero la _sors_ guadagnata con la vittoria, sia,
-ed ancor più, se l'avevano perduta e la sua importanza strategica
-aumentava rapidamente il livello sociale dei suoi abitanti,
-richiedendone la cooperazione nella difesa e nella guardia delle mura
-a cui l'esercito vero e proprio, mai molto numeroso ed in progressiva
-diminuzione per l'uso di combattere a cavallo, era del tutto
-insufficiente.
-
-Rotari stesso parla della sculca come di un servizio che di poco
-differisce dal servizio militare vero e proprio[688]. E questa sculca,
-che i documenti chiamano, e giustamente, col suo bel nome romano di
-excubiae[689]; comprende ed indica quei varî servizi di riparazione
-e di guardia e di difesa delle mura che gli urbani continuavano a
-sostenere dal tempo romano e che ora, condivisi anche dai vincitori,
-vanno perdendo il carattere umiliante che loro era stato inflitto dai
-Goti. E così gli urbani, riacquistato il diritto alle armi, assurgono
-ad un grado elevato nella considerazione sociale e politica e formano
-anch'essi un esercito: l'esercito degli abitanti della città, dei
-cittadini — _exercitum senensium civitatis_, dice un documento del
-730[690] — distinto dall'esercito formato da quegli altri che abitano
-nel territorio giurisdizionalmente soggetto alla città.
-
-Ma non manca, però, una vigorosa azione germanica la quale con forza
-ed indirizzo prevalentemente negativo in parte non piccola distrusse,
-in parte erose ed in parte trasformò la costituzione della città, per
-modo che quella che ne resultò se fu meno lontana dall'antico municipio
-romano che dal rude _gau_ barbarico, ebbe natura, funzioni, caratteri
-ed elementi tutti suoi proprî.
-
-Nella costituzione langobarda anche quando, conquistata l'Italia, il
-potere regio, sotto l'esempio e l'azione del diritto romano e della
-Chiesa, si fu affermato vigorosamente sui gruppi famigliari e gentilizi
-ed ebbe sostituito pene pubbliche ed irrogate d'autorità pubblica alle
-vetuste pene private, permane e si conserva il criterio barbarico per
-il quale la convivenza sociale piuttosto che dall'azione regolatrice di
-un potere centrale, è assicurata dalla pace intervenuta fra i gruppi
-parentali, in seguito alla coesione spontanea a scopo di difesa e di
-conquista da cui ebbe origine lo Stato; e per il quale la violazione
-del diritto è considerata reato nei rispetti della collettività in
-quanto, riaccendendo uno stato di guerra e di inimicizia fra i nuclei
-che la compongono, perturba questa pace.
-
-Sulla considerazione degli elementi intrinseci del reato (che si fa
-strada a stento e scarsamente, appena per qualcuno dei più generali,
-quale l'elemento subiettivo ed individuale) continua a prevalere la
-considerazione degli elementi oggettivi ed esterni: il danno alla
-pace pubblica ed il danno alla parte lesa. E così, mentre dalle
-composizioni private stabilite per convenzione volontaria delle parti
-nasce il guidrigildo, commisurato sullo stato e la qualità della
-persona e completato dal minuto formalismo delle disposizioni penali;
-così entro la protezione generale che si stende su tutto e su tutti
-si disegna un'altra protezione particolare che il re, per mezzo del
-suo _banno_, concede in modo e misura variabili a persone ed a luoghi,
-proporzionandola, nel primo caso, alla loro condizione, nel secondo
-alla loro importanza. La prima è il _mundio_; la seconda è la _pace_.
-
-Questa _pace_ è tutta germanica.
-
-Quando l'Impero romano raggiunse il massimo splendore, una pace immensa
-e maestosa ne illuminava l'estesissimo territorio dove il diritto e
-la giustizia dominavano sovrani, di contro alle tenebrose regioni
-barbariche, turbate di discordie e di stragi nelle perenni guerre
-interne. E sorse un vero e proprio culto per questa _immensa romanae
-pacis majestas_[691] che formò dal secondo secolo dopo Cristo in poi,
-il substrato di tutti i pensieri politici nell'orbe romano[692] e
-che culminava nel concetto di cittadinanza, per la quale il _civis
-romanus,_ soggetto delle più ampie ed elevate facoltà giuridiche,
-emergeva su tutto e su tutti nel vasto dominio soggetto a Roma e retto
-dal suo diritto.
-
-Invece la _pace_ di cui il re langobardo protegge la città è
-l'esponente della mancanza di unità di criterî giuridici e di impotenza
-di applicazione dei medesimi, per la quale il diritto, non applicato
-ovunque con gli stessi criterî e con lo stesso vigore, forma quà e
-là entro i confini dello Stato delle oasi privilegiate. Fra queste
-tiene il primo posto la città. La città, che era stata anche al tempo
-romano l'unica circoscrizione conosciuta, apparve sino dai primordi
-della conquista come l'unica base del governo locale. E poichè così
-per le contingenze della difesa presente come per le tradizioni e
-le consuetudini dell'antico tempo[693], si chiudeva nelle mura, si
-sviluppò un diritto di cittadinanza ristretto al solo centro murato e
-le cui facoltà, riservate esclusivamente a coloro che vivevano entro le
-mura, non si irradiarono al di là del suburbio ed ogni città fu centro
-e termine di una cittadinanza ed in ognuna _civis_ fu solo l'_urbanus_.
-
-E siccome lo Stato barbarico era incapace di coordinare le varie
-energie locali in modo da fonderle in un unico e saldo organismo, come
-aveva fatto lo Stato romano; questo ristretto sistema di cittadinanza
-si affermò con continuo e crescente vigore nella costituzione
-politica e vi rappresentò e costituì una vera e propria classe sociale
-suscettibile anche di gradazioni interne, distinta da tutte le altre,
-di fronte alle quali, anzi, conquistò una posizione di indiscussa
-egemonia.
-
-A Bergamo i _cives_, l'abbiamo veduto or ora, son chiamati a decidere
-delle questioni più gravi insieme con i _nobiles_ ed i _sapientes_;
-a Modena, a Milano, a Pavia nel secolo decimoprimo, distinti in
-_majores_ e _minores_, contemperano l'azione dei _capitanei_ e dei
-_valvassori_ e il movimento toccò in breve il suo culmine, chè con i
-Comuni il _diritto_, che si può chiamare _urbano_, e che anticamente
-era stato il primo e meno elevato gradino del diritto di cittadinanza,
-fu fine e termine a sè stesso e il paese resultò formato di tante ed
-autonome città senz'altro vincolo comune e reciproco che le ideologiche
-costruzioni della monarchia e dell'Impero.
-
-
-§ 10. — L'organizzazione degli antichi municipî riposava sulle curie
-e sui magistrati e queste e quelli, insieme con le corporazioni
-che costituivano come le membra della città, pensavano al disbrigo
-degli affari. Ma dai primi del secolo quinto, sotto la pressione
-irresistibile delle necessità di difendersi contro le invasioni da
-ogni parte irruenti, fu chiamata a vigilare e a combattere anche
-la plebe urbana ed in correspettivo, le furon riconosciute delle
-speciali facoltà nei rispetti della cosa pubblica le quali si
-aggiunsero, integrandole, a quelle degli organi già esistenti, in
-proporzione del contributo portato dai nuovi venuti; e fecero sì che
-per i provvedimenti di maggiore importanza fu necessario il _communi
-consensu_ di tutti i cittadini[694].
-
-Per manifestare questo comune consenso che richiedeva una generale
-riunione, fu scelto il luogo nel quale era già antica consuetudine
-che tutti indistintamente si riunissero accomunati dalla fede e cioè
-sul sagrato della Chiesa, alla quale lo Stato affidava, per non dire
-addirittura abbandonava, una parte sempre più ampia dei suoi impegni e
-dei suoi doveri.
-
-E così la Chiesa, oltre ai veri e proprî compiti che disimpegnava già
-prima come religione ufficiale dello Stato, coprì con la sua protezione
-questa nuova e speciale assemblea che aveva per carattere distintivo
-una funzione suppletiva ed integratrice dell'amministrazione normale
-della città.
-
-Con i Goti questa funzione suppletiva si accentuò in proporzione
-della decadenza sempre maggiore delle curie e delle corporazioni ed
-in correlazione del formarsi di un unico e forzato _collegium_ che
-comprendeva tutta la città. E di più avendo essi riserbato soltanto
-a sè stessi l'uso delle armi e l'esenzione dalle imposte ed avendo
-incamerati nel Fisco regio i beni pubblici delle città, sanzionarono di
-diritto e di fatto agli italiani una condizione di inferiorità civile e
-ridussero le loro facoltà su tali beni a semplici diritti di uso.
-
-I Langobardi spazzaron via con gli ultimi avanzi delle curie e
-delle corporazioni quanto ancora rimaneva dell'antico organismo
-burocratico romano-bizantino; ma non ebbero ragione di impedire la
-riunione degli indigeni dinanzi alla Chiesa, sia perchè esternamente
-e superficialmente si presentava di natura religiosa, sia perchè
-funzionava molto bene come mezzo di pubblicità e di estorsione di
-imposte; ed in nessun modo poi, allo stato in cui l'avevano ridotta
-i Goti, dava ombra od ostacolava la dispotica volontà dell'ufficiale
-pubblico preposto alla città.
-
-Rotari, inspirandosi al cap. 58 dell'Editto di Teodorico, accenna al
-_conventus ante ecclesiam_ come al luogo dove si poteva far bandire
-dal precone il rinvenimento di un animale smarrito e di cui si
-fosse ignorato il proprietario[695]; quasi come un semplice mezzo
-di pubblicità, così come al tempo goto, durante il quale non fu
-infrequente il caso che anche le leggi, incise in tavole di marmo,
-fossero murate negli atrî delle chiese. Ma, quantunque Rotari, sia
-stato ariano intransigente, nazionalista convinto e per conseguenza
-ostile all'elemento indigeno ed alla parte romanizzante del suo popolo
-e abbia inteso a raccogliere in iscritto le antiche consuetudini e le
-vecchie leggi dei suoi per conservar loro quel predominio assoluto,
-che era andato rapidamente diminuendo; pur dalla stessa sua legge
-appaiono dei sintomi che accennano ad un notevole aumento di importanza
-del convegno che ogni giorno festivo si raccoglieva sul sagrato della
-pieve.
-
-Egli distingue nettamente le riunioni illecite sia dei rustici —
-rusticanorum seditiones, concilios[696] — che dei cittadini — zavas et
-adunaciones... per singulas civitates[697] — dalle altre; e queste, in
-conseguenza e conformità dell'antico sistema germanico per il quale
-non si concepisce un'assemblea senza carattere politico giudiziario,
-appaiono investite di uno spiccato carattere legale. Tutte le riunioni
-e le adunanze contemplate e consentite dall'Editto, invero, sono
-protette con la pena gravissima di 900 solidi — «si quis (stabilisce
-infatti il cap. 8) in consilio vel quodlibet conventu scandalum
-commiserit noningentos solidos sit culpabiles regi» —. Ora dal momento
-che il cap. 343 parla di un _conventus_ ed il cap. 8 protegge con tale
-pena tutti i _conventus_ indistintamente — _quodlibet conventu_ — e
-dall'Editto non è sanzionata alcuna eccezione a tale proposito, si deve
-ammettere che anche il _conventus ante ecclesiam_ sia stato protetto
-dalla stessa pena. Ed allora, essendo certo che la gravità della pena
-non può essere stata causata dalla vicinanza del _conventus_ ad un
-luogo sacro, perchè lo stesso Rotari limita a 40 solidi la pena di
-chi commette uno scandalo in chiesa[698]; il fatto che Rotari abbia
-tutelato il _conventus ante ecclesiam_ con la pena di 900 solidi, che
-è la pena massima che protegge la funzione politico-giudiziaria, anche
-se non si vuol giungere alla conseguenza che egli l'abbia considerato
-come un vero e proprio organo di essa, è, però, un indizio sicuro che
-al suo tempo l'assemblea davanti alla chiesa, nella quale il precone
-esercitava normalmente e giuridicamente le sue abituali funzioni,
-e che, per certi riguardi, era equiparata all'azione dello stesso
-giudice, era qualche cosa di diverso dalle umili e mal sopportate
-riunioni dei fedeli in cui — nei primi anni dell'invasione — si
-trattavano affari e cose esclusivamente religiose.
-
-Venuti come nemici e stabilitisi come conquistatori, i Langobardi
-continuarono a reggersi con i sistemi originarî escludendone
-completamente i vinti e intesero di conservarsi un assoluto e completo
-predominio. Gli effetti furono precisamente opposti. Ciò fece sì che
-quando gli Italiani, riavutisi un po', cominciarono a rialzarsi, ogni
-loro spinta verso l'alto fu un colpo di piccone alla costituzione di
-quelli.
-
-E il fulcro e l'organo primo di questo movimento fu appunto
-l'assemblea cittadina la quale era una forma semplice quant'altra mai
-di amministrazione e si attagliava perfettamente alle consuetudini
-germaniche alle quali si avvicinava in modo singolare per quanto
-concerneva i beni pubblici comuni, rispetto ai quali gli urbani
-avevano un diritto paragonabile, almeno nella manifestazione esterna,
-a quello di cui nell'organizzazione germanica godono i commarcani sui
-beni comuni della marca. Ed offriva un ottimo punto di riunione agli
-elementi germanici che la religione cattolica, la civiltà romana, la
-costituzione cittadina ed il variare delle condizioni economiche e
-speciali strappavano alle schiere dei Langobardi.
-
-Dalla venuta dei Langobardi quest'assemblea perde il carattere di
-organo suppletivo e diviene l'organo esclusivo dell'amministrazione
-interna degli urbani e inizia un'evoluzione per la quale dal
-momento in cui, sotto il duca o il gastaldo, le sono permesse solo
-ristrettissime facoltà, attraverso ad un progressivo incremento,
-sboccia nell'assemblea generale che elegge i consoli e origina e forma
-il Comune.
-
-Rotari, sia pure involontariamente, riconosce alla riunione dinanzi
-alla chiesa un certo valore anche perchè equipara il bando fatto in
-essa dal precone alla denunzia fatta al giudice ed ancor più fortemente
-accentua la consistenza del gruppo vicinale — dal quale non eran certo
-esclusi gli indigeni — nel cap. 176 dove dichiara che per l'espulsione
-del lebbroso è indifferente che la constatazione della malattia sia
-fatta dal giudice o dal popolo — judici vel populo certa rei veritas
-—[699].
-
-Lotario dopo aver stabilito che i documenti dovessero essere redatti
-da veridici ed onesti notai alla presenza del conte, dei vicarî o degli
-scabini, volle che quando questo non era possibile, come, per esempio,
-per i testamenti, la carta fosse mostrata o agli ufficiali pubblici o
-nel convegno davanti alla chiesa — statim charta ostendatur vel ante
-comitem judices vel vicarios, _aut in plebe_, ut verax agnoscatur
-esse[700].
-
-Nei capitolari langobardici dell'803[701], prendendo alla lettera un
-antico concetto della romanità decadente, è detto che certi soprusi
-«_ipsa plebs_ non patiatur» e fu consuetudine che le ordinanze che
-imponevano l'eribanno dovessero esser lette _coram populo_.
-
-E la riunione consueta del popolo era davanti alla pieve.
-
-Più importante di tutti, poi, a lumeggiare l'entità e la consistenza di
-questa riunione è ciò che si sa di Piacenza.
-
-Pipino nel suo Capitolare del 790 circa si esprime testualmente così:
-«Non est nostra voluntas ut homines _Placentini per eorum praeceptum_
-de curte palatii illos aldiones _recipiant_[702].
-
-Il diploma parla in modo non dubbio di un _praeceptum_ fatto dai
-Piacentini. Quest'atto, dunque, non era dovuto nè al rappresentante
-dell'autorità pubblica nella città, nè al vescovo; tanto nell'uno che
-nell'altro caso si sarebbe usata una formula diversa. Si sa quanto
-scrupolosa esattezza sia stata usata dai notai e non è credibile che
-mentre si hanno tante disposizioni che concernono i conti e gli altri
-ufficiali pubblici ed i vescovi e gli altri ecclesiastici, proprio
-in questo documento che ha tutto il carattere di una legge, si fosse
-arrivati ad un'aberrazione simile.
-
-Non era il conte, non era il vescovo che aveva formato il _praeceptum_:
-era la _civitas placentina_: quella civitas che si distingueva
-egualmente dallo Stato e dalla Chiesa e che aveva anche il suo notaro
-— _exceptor civitatis placentinae_ — distinto dal notaro del re e dal
-notaro della Chiesa; e che si radunava a discutere e a risolvere, con
-un'energia giuridica che in qualche caso giungeva fino a tentare di
-sovrapporsi a quella regia, le questioni che più la interessavano.
-Infatti essi in questo caso non trattano dei beni comuni, ma esercitano
-la loro azione anche in altri campi e di grande rilievo. E da troppo
-poco tempo era cessata la dominazione langobarda perchè si possa
-pensare che tale sviluppo si sia avuto solo nei pochi anni del regno
-franco, il quale, è noto ma è bene ricordarlo, non ha portato troppe
-innovazioni in Italia, nè — mai — senza il consenso dei Langobardi.
-
-E ben a ragione Pipino parla di _praeceptum_, adoperando il termine
-che è usato per indicare l'espressione giuridica della volontà delle
-persone pubbliche in atti di grande importanza.
-
-Questo _praeceptum_ in sostanza è una vera e propria concessione di
-cittadinanza con la quale i piacentini accolgono fra loro — recipiunt —
-gli aldî regi e illumina internamente quella consistenza del gruppo dei
-_cives_, che i documenti fin qui riportati lumeggiano esclusivamente
-nei rapporti con l'esterno.
-
-Esso dimostra, infatti, che per essere ammessi a farne parte non
-bastava un'accettazione tacita, ma occorreva una dichiarazione solenne
-la quale era fatta da tutti i _cives_ e soltanto da loro e solennemente
-era consacrata in scritto e comprova così l'importanza del gruppo
-stesso.
-
-E quel che avveniva a Piacenza si può con grande verosimiglianza
-ritenere che sia avvenuto da per tutto. A Rieti, a Verona, a Cremona ed
-in altre città i documenti esaminati nelle pagine precedenti provano
-tutti concordi e sicuri l'esistenza del gruppo ben determinato dei
-_cives_, degli _urbani_, i quali costituiscono una vera e propria
-_universitas_ giuridicamente riconosciuta, così nei rispetti delle
-persone come del territorio ed alla quale inoltre sono perfino
-riconosciute in modo preciso delle terre e dei beni pertinenti con
-rapporti varî di diritto: una _universitas_ che può stare legalmente
-in giudizio presentandosi collettivamente o facendosi rappresentare,
-in quel modo che consentiva la rudimentale procedura dei giudizî del
-tempo, da proprî e speciali delegati, i quali erano riconosciuti come
-tali anche in controversie nelle quali gli _urbani_ stavano contro
-l'autorità pubblica dello Stato e dei suoi rappresentanti e contro la
-Chiesa; un'_universitas_, infine, che ha anche un proprio e speciale e
-caratteristico notaio — l'_exceptor civitatis_.
-
-È all'_universitas_ degli urbani che è dovuto il _praeceptum_
-piacentino.
-
-E gli urbani si raccoglievano per discutere e per decidere nella piazza
-davanti alla Chiesa.
-
-L'uso era così generale che qualche volta dava anche il nome alla
-piazza stessa: a Milano il Foro pubblico (che si trovava dinanzi
-alla Cattedrale) ne fu detto _asamblatorium_. Ce lo fa sapere un bel
-documento del 789[703] e di certo non è a credere che si cominciasse
-proprio da quell'anno.
-
-Nè l'assemblee che in esso si raccoglievano avevano soltanto o
-prevalentemente carattere religioso: la prova offerta da quanto si è
-detto fin qui, è tale da render superfluo la menzione della riunione
-nella quale, verso la fine del secolo nono[704], l'abbate Pietro del
-monastero di Sant'Ambrogio, chiese ed ottenne dall'arcivescovo, dal
-conte, dal clero e dal popolo, la concessione di una strada — pro qua
-Petrus abbas a venerabile antistite Anspertum seu comite Alberico seu
-cuncto clero et populo devotissime petiit —.
-
-E l'ascensione degli urbani e della loro assemblea, una volta sbocciata
-in pieno sole al tempo dei Franchi così favorevoli alla Chiesa,
-progredisce sempre più rapida con i re d'Italia e con gli Ottoni che
-dei vescovi fanno il pernio principale del governo dello Stato e quello
-esclusivo del governo della città. E l'assemblatorium cambia ancora
-il suo nome per denotare il nuovo e più ampio complesso di funzioni:
-diviene il consulatus civium. «Actum in civitate Mediolani in consulatu
-civium prope ecclesiam sancte Marie» dice un documento del secolo
-decimoprimo[705].
-
-E questi _cives_ sono proprio e soltanto gli urbani, i quali si
-raccolgono nella gran piazza per discutere e provvedere ai loro
-particolari bisogni — _consulere_ — separatamente dalle classi feudali
-dei capitanei e dei valvassori e che si uniscono a questi solo per
-gli affari di comune e principalissima importanza quale ad esempio
-l'esenzione per sei giorni della _curtadia_, una speciale tassa di
-mercato durante le feste dei SS. Gervasio e Protasio e la tregua di
-sedici giorni per tutti coloro che vi fossero accorsi, stabilite nel
-1098 ed allora, tutti insieme, formano il _communi consilio totius
-civitatis_ presieduto dall'arcivescovo[706].
-
-Due anni dopo questa generale assemblea si trova qualificata come
-_magistratum_: — Tunc ante Magistratum praeterea sancimus ut etc.[707].
-
-E l'uso ed il senso di tale parola non è nè eccezionale nè isolato.
-Ecco la formula di un documento del 1056 rogato a Bologna con cui
-la contessa Willa vedova del Duca e marchese Ugo di Toscana dona la
-libertà alla sua serva Cleriza. «Abeatis vias apertas, dice ad un certo
-punto l'atto, portas Paradisi, portas Civitatis, portas Castellis, _in
-placitis et in conventis locis ambulare et stare_ et Wadia pro te dare
-et omnes fines facere comodo melius potueritis vel volueritis»[708].
-
-L'espressione «ambulare et stare» messa fra la menzione del placito e
-quella della wadia, ha un senso tecnico giuridico corrispondente alla
-lettera al nostro «andare e stare in giudizio»; e fra quei «conventis
-locis», che non sono delle riunioni qualsiasi dal momento che la
-formula li ricorda così esplicitamente, tiene di certo il primo posto
-il _conventus ante ecclesiam_.
-
-Ancora un passo e la città incapace di _consulere_ direttamente da sè
-stessa in tutti i numerosi bisogni e nell'impossibilità di assistere
-volta per volta i suoi delegati e bisognosa di un organismo più consono
-al suo progredito sviluppo ed ai suoi maggiori bisogni e all'aumento
-della sua popolazione nominerà in _colloquio facto sonantibus
-campanis_[709] con mandato generico, in maniera stabile e a tempo
-determinato, varie persone, incaricate di _consulere_ abitualmente
-al disbrigo normale delle evenienze le quali verranno così ad averne
-l'antico e fatidico nome di _consules_ richiamantesi alla più pura
-romanità: e sarà sorto il Comune.
-
-Così, spinti dalla necessità di seguire la corrente dalle origini fino
-al momento in cui fluisce luminosa in ampia e meno sconosciuta pianura,
-siamo giunti fino al termine dell'epoca storica di cui in questo volume
-si intende solo studiare gli inizi.
-
-Rifacciamoci dunque indietro.
-
-
-§ 11. — Il _consilium civitatis_ è un vero e proprio elemento dinamico
-di primissimo ordine nella costituzione della città. Ma non è il solo.
-
-C'è un altro e non meno importante fattore di norme giuridiche,
-il quale fu importato dai Langobardi e che richiede ora la nostra
-attenzione.
-
-L'_assemblatorium_ milanese non ebbe di certo nulla a che fare con
-la maggiore assemblea del regno langobardo. Questa era composta dei
-primati o ottimati e di tutto il felicissimo esercito e si radunava
-non già sulla piazza della cattedrale; ma nell'antico anfiteatro romano
-che si trovava presso, ma al di fuori delle mura di Milano — _in circo
-apud Mediolanum_, — dice Paolo Diacono narrando l'incoronazione di
-Adaloaldo, e queste parole ci lasciano supporre che con ciò si seguisse
-una consuetudine da gran tempo invalsa, quando speciali esigenze
-specialmente militari, non la chiamavano altrove[710].
-
-E fin qui nulla di strano: l'assemblea generale aveva carattere
-straordinario, eleggeva il re, trattava gli affari di generale
-importanza per tutto il regno, come la formazione e la pubblicazione
-delle leggi, la dichiarazione di guerra o la stipulazione di trattati
-etc. Dovunque si fosse raccolta, si distingueva facilmente, per la
-costituzione e per le funzioni d'indole generale, dalla ristretta
-riunione dei componenti di un'unica pieve.
-
-Ma i Langobardi non si sono assisi soltanto a Milano sulle
-ampie gradinate degli anfiteatri romani.
-
-A Lucca in un atto dell'808 l'antico anfiteatro è detto
-_parlascium_[711] ed il termine non è romano perchè le fonti romane
-non lo hanno, ch'io sappia, mai usato in questo senso e non è
-d'origine germanica[712] perchè, anche senza contare che i documenti
-lucchesi medioevali hanno un sapore di romanità piuttosto classica che
-decadente[713], a poca distanza da Lucca lo stesso termine è stato
-dato ad un luogo dove non è mai esistito alcun anfiteatro[714], ciò
-che prova che il vocabolo non è usato ad indicare i soli anfiteatri,
-ma anche altri luoghi, i quali servissero a simile uso. L'ipotesi più
-plausibile è che il nome sia derivato dalla funzione a cui il luogo
-era adibito; e quale fosse questa funzione è facile congetturare
-dalla relazione intima ed appariscente ed in perfetta armonia con
-la condizione del linguaggio di quel tempo a Lucca (dove appaiono
-prestissimo notevoli e numerosi segni del nuovo volgare italico) della
-parola _parlascium_ col verbo _parlare_, di cui è evidente filiazione:
-era il luogo dove si parlava, dove si discuteva per eccellenza. E
-queste discussioni, se dettero all'edificio un nuovo nome, dovettero
-essere frequenti, numerose ed importanti.
-
-Non è soltanto a Lucca che questo avviene: ad Arezzo[715], a Pisa[716],
-a Firenze[717], in Toscana; a Cremona[718], a Bergamo[719]; in tutta
-Italia, insomma, gli antichi anfiteatri sono chiamati con voci che
-ripetono l'origine dal verbo parlare, più o meno trasformati dal
-vernacolo dei vari luoghi e dal trascorso dei secoli: _parlascium,
-parlasium, perlasium, perilasium, perlassi_, etc.
-
-A Firenze, anzi, c'eran due _parlasci_: il _parlascium majus_ ed il
-_perilasio picculo_, del quale a noi oggi conservano notizia solo
-documenti non anteriori al secolo decimoprimo; ma la cui remota
-esistenza è ben provata dalla qualifica di maggiore data al primo,
-offerta da documenti molto più antichi e che non può esser nata che dal
-bisogno di distinguerlo da un altro più piccolo e più antico.
-
-Di anfiteatri romani a Firenze, come in ogni altro luogo, ce n'era
-uno solo; ed ambedue i _parlasci_ eran fuori delle mura. Resta
-a vedere quale altro luogo ebbe questo nome. Fuori delle mura,
-oltre l'anfiteatro, ci fu fino alla metà del secolo decimo anche
-la cattedrale, allora dedicata ad una santa siriaca ora quasi
-sconosciuta[720]. Ed a chiunque sappia per quanti secoli si sono
-conservati e qualche volta si conservano tutt'oggi, più o meno
-deformati, antichi nomi germanici e perfino romani, non parrà troppo
-strana l'ipotesi che questi documenti conservino il ricordo di due
-antichissime riunioni e ne mostrino anche la diversa considerazione in
-cui erano tenute.
-
-La riunione davanti alla chiesa risale ai primi tempi del cristianesimo
-e fu formata, com'è naturale, dai soli fedeli. I Langobardi venuti in
-Italia cinque secoli e mezzo dopo, ariani, nemici e vincitori, non si
-accostarono a quest'umile assemblea dei vinti, da cui anche i Goti,
-che pur ripetevano dall'Impero romano il titolo giuridico della loro
-signoria, si erano tenuti lontani.
-
-Se si trova traccia di un'altra riunione — chè del _conventus ante
-ecclesiam_ parla l'Editto stesso — questa non può essere stata composta
-che dei Langobardi, e poichè dell'esistenza di quest'ultima offrono
-indizi documenti di regioni diverse, si ha ragione di ritenere che sia
-la loro originaria assemblea regionale.
-
-Anche dopo venuti in Italia, i Langobardi continuarono a reggersi
-secondo l'avita costituzione e tutti gli ufficiali pubblici, a
-cominciare dal re, furono coadiuvati dall'assemblea dei liberi atti
-alle armi che, a maggioranza di consensi, deliberavano intorno a tutto
-ciò che interessava la vita politica comune dello Stato e delle varie
-regioni.
-
-Ma il rapido consolidamento dell'autorità regia, dopo l'interregno, e
-l'aumento del suo potere, reso indispensabile dalla necessità di dar
-compattezza ed unità allo Stato, onde potesse resistere alle pericolose
-pressioni che lo minacciavano ai confini e allo sgretolamento interno
-in cui si sarebbero risoluti i ribelli antagonismi dei duchi, affievolì
-l'originaria cooperazione dell'assemblea nazionale fino a ridurla ad
-una forma di partecipazione, non di rado quasi del tutto passiva, che
-serviva come mezzo di pubblicazione a ciò che la _clementia_ sovrana
-aveva già decretato — _decrevit_ — come dice Liutprando[721] o che,
-come ancor più romanamente si esprime Astolfo[722], _principi placuit_.
-
-E con lo scadere della maggiore, furono sminuite anche di più le minori
-assemblee regionali, alle quali, oltre la trattazione degli affari
-regionali dello Stato, fu sottratta anche la nomina dei gastaldi e dei
-duchi, la prima riservata totalmente, l'altra in gran parte, al re.
-
-Così che la parte di gran lunga maggiore delle loro attribuzioni si
-ridusse all'esercizio della funzione giudiziaria che in tutti i regimi
-barbarici è un complemento ed una prerogativa del potere militare.
-
-Il _thinx_ ed il _gairethinx_, se pure originariamente ebbero
-significazione diversa[723], già al tempo dell'Editto indicano
-egualmente l'adunanza popolare e la ricordano a proposito della
-conferma delle leggi, della donazione e della manomissione. Ma ormai
-non si trattava più che di un ricordo e di una tradizione, mantenuti
-quasi esclusivamente in vita dal nome, perchè si giunge fino alla frase
-_thingare absconse_, che è proprio antinomica col concetto primitivo di
-_thinx_.
-
-Ciò era in diretta relazione ed in parte anche in conseguenza del
-mutamento avvenuto nel sistema militare. In esso il primo posto, che
-in origine era riservato alla fanteria, fu preso ben presto dalla
-cavalleria mentre rimaneva inalterato l'originario sistema per il
-quale milizia e cittadinanza formavano un indissolubile binomio che
-si assommava nell'_exercitalis_ al quale soltanto spettavano i pieni
-diritti civili e politici. E ciò accentuò maggiormente, a beneficio
-di coloro che erano provvisti del possesso fondiario (indispensabile
-al mantenimento dei cavalli), le disuguaglianze fra i liberi che le
-nuove condizioni economiche create dalla conquista avevan prodotto in
-pochissimi anni.
-
-Già molto tempo prima di Liutprando, che ne parla come di consuetudine
-generale e diffusa «consuitudo enim est», con la parola _exercitalis_
-si designava una classe composta di persone della più varia condizione
-economica e giuridica, di cui alcune godevano di un guidrigildo doppio
-di quello assegnato a coloro che stavano all'ultimo gradino ed avevano
-a pena i titoli necessari e sufficienti per meritare la qualifica di
-esercitale — _minima persona, qui exercitalis homo esse invenitur_
-centum quinquaginta solidos componatur et _qui primus est_, trecentos
-solidos[724].
-
-E questi ultimi, privi di case e di terre, — minimi homines qui nec
-casas nec terras suas habent, — quando, nei casi e nei limiti stabiliti
-dalla legge, erano dispensati dal servizio militare attivo, potevano
-essere obbligati ad un determinato numero di opere per settimana a
-vantaggio del giudice, dello sculdascio e, perfino, del saltario.
-
-La trasformazione diviene ancor più grave, come è noto, ai tempi di
-Astolfo.
-
-Si era ben lontani dalla primitiva ed indomita fierezza germanica
-per la quale l'intonsa capellatura, la lancia e le armi erano ambite
-prerogative del libero, che riconosceva piena autorità ai capi e si
-piegava ai loro comandi solo in tempo di guerra.
-
-La trasformazione si ripercosse fortemente nell'ordinamento politico.
-In questo, mentre le maggiori facoltà erano ormai riservate al re con
-detrimento dell'assemblea dei liberi, non più chiamati a dividere il
-potere con i capi, si vennero formando nuove e differenti condizioni
-di idoneità a base delle quali stava, oltre la libertà, che prima era
-l'unico requisito, anche il possesso fondiario, divenuto ora elemento
-indispensabile per l'esercizio completo delle armi.
-
-Con questo mutamento, non mancando il popolo vinto di terre, nè
-essendo stato ridotto in servitù, fu aperto l'accesso all'esercito e
-all'assemblea anche agli indigeni, ai quali non mancava neppure un
-certo titolo di carattere militare, per il servizio di guardia, di
-restaurazione e di difesa delle mura, che si assommava nella sculca, e
-di cui già si è accennato.
-
-E tanto più facilmente avvenne l'accettazione dei vinti in questa
-assemblea in quanto che col progredire del movimento discendente
-spariva sempre più il lato onorifico di tale facoltà, lasciando e
-facendo sentire le conseguenze gravose dell'obbligo che esso imponeva.
-
-Non era soltanto un onore il rendere giustizia; era anche un dovere
-e questo dovere già grave in sè stesso era reso ancor più molesto
-dall'ingorda speculazione degli ufficiali pubblici, i quali, con il
-pretesto di render giustizia, convocavano con ininterrotta frequenza
-tali assemblee onde ottenere i donativi che era antica consuetudine
-offrire a chi presiedeva il tribunale, o, più spesso, per estorcere
-arbitrarie contribuzioni in cambio dell'esonero dal presentarsi volta
-volta concesso.
-
-Le cose erano giunte a tal punto che una riforma s'imponeva; ma essa
-non fu dovuta ai Langobardi; nessuno dei loro re osò porre le mani
-sull'antichissima istituzione quantunque ormai degenerata. Fu Carlo
-Magno che introdusse una modificazione sostanziale, stabilendo che non
-si potesse convocare tutti i liberi in assemblea generale più di tre
-volte all'anno e che per il soddisfacimento dei bisogni della giustizia
-quotidiana volle istituito un corpo stabile e fisso di persone elette
-in numero di sette per ogni pieve e chiamate _scabini_[725].
-
-A questo punto termina il primo periodo dell'antica organizzazione
-germanica. Già mutata profondamente nella costituzione interna; con
-i Franchi la vecchia assemblea si scinde in due ed acquista funzioni
-determinate. Così nasce, sorge il _placito_: placito annuale, generale,
-l'uno, composto di tutti i liberi forniti di possesso fondiario e con
-funzioni in prevalenza giudiziarie, ma di grado più elevato ed alle
-quali ne vanno congiunte anche altre, sebben limitate, politiche e
-sociali; placito quotidiano l'altro, e ristretto al solo esercizio
-della giustizia e composto di un numero preciso di individui, i quali
-finiscono col formare una vera e propria classe distinta nell'assetto
-sociale.
-
-Ambedue hanno un'unica origine nell'assemblea regionale germanica,
-la quale già prima della trasformazione di Carlo Magno senza perdere
-la sua intima natura, subì modificazioni più o meno gravi a seconda
-dell'azione più o meno energica, secondo i tempi ed i luoghi, su di
-essa esercitata dall'elemento indigeno delle varie regioni e dal suo
-diritto, cioè dal diritto italiano; ma in ogni modo e sempre queste
-variazioni devono essere considerate come contingenti, non mai come
-sostanziali. In alcune regioni si conserva inalterato il sistema della
-partecipazione attiva di tutti i liberi al giudizio; in altre tale
-facoltà è ristretta a quelli degli _astantes_ e dei _circumanentes_ che
-sono giudici ed assessori; ed in altre infine, romanamente, la sentenza
-è demandata al solo giudice[726].
-
-Ed anche alla riforma carolingia l'organizzazione sociale e giudiziaria
-che si era venuta formando in Italia oppose una resistenza che non
-deve esser passata sotto silenzio, perchè prova l'intensità delle varie
-energie locali e degli elementi indigeni italiani che le animavano.
-
-Non di rado nel giudizio presieduto dal conte, insieme con gli scabini,
-si trovano e presenziano anche altri ufficiali pubblici e qualche volta
-partecipa, e con facoltà attive, anche un numeroso concorso pubblico;
-presenza e partecipazione piuttosto in contrasto con le disposizioni
-della legge, la quale non sempre viene applicata anche riguardo al
-numero degli scabini che, almeno nei documenti fin qui conosciuti, non
-si vedono mai comparire in sette come essa dispone[727]. E pure nella
-determinazione della competenza — specialmente nei riguardi del placito
-inferiore del centenario — la legge trova forti ostacoli: lo stesso
-capitolare italico di Carlo Magno ha due disposizioni, il cap. 35 ed il
-cap. 93, in aperto contrasto l'una con l'altra.
-
-
-§ 12. — Ad ogni modo però, ed è ciò che a noi preme ora accertare,
-nelle linee generali, la riforma fu attuata; e da allora si delineano
-netti due sistemi di placiti: uno generale in cui alle facoltà
-giudiziarie ne vanno congiunte altre di natura più propriamente
-politica e di alta amministrazione, ed uno quotidiano di competenza
-esclusivamente giudiziaria.
-
-E quest'ultimo, che a noi soltanto interessa, ebbe nei riguardi della
-città un'azione di primaria importanza.
-
-Gli scabini erano eletti a consenso di popolo — totius populi consensu
-— e la città col suo suburbio costituiva un _populus_: il primo dei
-_populi_.
-
-Con la riforma di Carlo Magno essa ottenne che l'amministrazione della
-giustizia fosse affidata a persone di sua scelta e di sua fiducia.
-
-E così la città che, forte dell'unione col suburbio, aveva una salda
-ed omogenea ossatura, era regolarmente alimentata dal suo mercato
-settimanale ed aveva già, oltre ad un proprio notaio, un organo,
-embrionale quanto si vuole, ma esclusivamente suo, per provvedere ai
-suoi speciali bisogni — il consiglio cittadino —: venne ad avere un
-organo proprio anche per l'amministrazione della giustizia.
-
-Fino ad ora la città aveva costituito un complesso organismo di
-persone e di cose che si era mantenuto distinto e in condizione
-eminente dal territorio rurale; quando potè provvedere da sè stesso
-sia pure in parte, ma in parte principale, ai bisogni della giustizia,
-senza l'intervento continuo e la presenza dell'autorità dello Stato,
-cominciò a staccarsene addirittura, poichè ormai essa veniva a trovarsi
-congiunta al paese aperto circostante soltanto con vincoli di diritto
-pubblico sempre meno efficaci e meno sentiti, e questi, in meno di un
-secolo, con le concessioni immunitarie ai vescovi, si spezzano quasi
-del tutto.
-
-I capitolari carolingi stabiliscono, come si è detto, che gli scabini
-debbano essere eletti dal conte e dal popolo insieme, _totius populi
-consensu_; ma nemmeno per questo lato ebbero in Italia applicazione
-completa nè uniforme.
-
-In qualche luogo l'elezione avvenne in una maniera tutta speciale. A
-Lucca, per esempio, si vedono comparire normalmente accanto a persone
-qualificate col semplice nome di _scabini_, altri individui detti
-_scabini ecclesiae_[728] mentre altri documenti ci conservano il
-ricordo di _scabini comitatus_[729]. Queste tre specie di scabini —
-chè la specifica qualifica delle ultime due classi non lascia dubbio
-sulla loro sostanziale diversità — provano l'intensità ed il vigore
-di preesistenti sistemi conservatisi in onta alla nuova legislazione e
-si trovano in perfetta corrispondenza con la triplice partizione della
-città — di tradizione sicuramente non germanica — in _pars pubblica_,
-_pars ecclesiae_ e _cives_[730] e sembrano indicare che l'autorità
-pubblica, la Chiesa ed i cittadini abbiano eletto ognuno un certo
-numero di scabini per conto proprio.
-
-Comunque, pur ammettendo che questo sistema sia esclusivo della città
-di Lucca, la quale presenta una costituzione sensibilmente diversa da
-altre città tosco-lombarde anche in certe linee fondamentali, non è
-meno vero che allorquando il conte ed il popolo partecipavano insieme
-e simultaneamente, a norma dei capitolari, alla scelta degli stessi
-scabini, il consenso di quest'ultimo fu manifestato secondo lo speciale
-sistema giuridico che regolava la costituzione cittadina, in quanto che
-la giurisdizione territoriale degli scabini si estese sulla città e sul
-suburbio insieme; ma la loro nomina fu demandata solo agli urbani.
-
-Non è a credere che in questo caso si dovesse fare eccezione alla
-regola per cui eran riserbate ad essi le maggiori facoltà, ed anche
-senza tener conto di alcuni pochi documenti nei quali si parla di
-«scabini _urbis_»[731] se ne può ricavar la prova dal modo con cui
-si faceva l'elezione. Questa, richiedendo un generale consenso,
-aveva luogo nell'assemblea cittadina e quindi dal momento che la
-partecipazione attiva alle deliberazioni di questa era prerogativa
-degli urbani; era anch'essa, al pari delle altre facoltà, sottratta ai
-suburbani.
-
-E lo stesso è a dirsi della competenza.
-
-Riservato al re il giudizio delle cause più gravi e dei maggiori reati
-ed al conte i casi più rilevanti in cui si trattasse della vita e della
-libertà di una persona e della restituzione di immobili[732], tutte
-le altre questioni divennero competenza del centenario nel comitato e
-degli scabini in città.
-
-La delimitazione non fu regolata con criterî troppo precisi — lo nota
-anche l'_Expositio_[733] — nè applicata dovunque nello stesso modo —
-prova anche questa e sensibile di resistenza di un organismo giuridico
-abituato a funzionare indipendentemente e magari in opposizione alla
-legge; ma cominciò allora a formarsi la antitesi fra il _placitum_ e
-il _bannum_, che si trova più tardi consolidata in modo preciso[734];
-per la quale le maggiori facoltà giudiziarie sono comprese nel banno
-e le minori nel placito e queste ultime, varie di numero e di qualità
-da luogo a luogo, sono caratterizzate dalla mancanza assoluta di ogni
-giurisdizione criminale.
-
-Il consolato del placito conservò, sotto il nome del resto solo in
-parte nuovo, l'antica ed originaria natura di tribunale popolare. È
-composto solo di cittadini ed anche nell'epoca più tarda basta che uno
-solo sia giudice; e questo compie, volta a volta, secondo le esigenze
-della causa ed il proprio criterio, funzioni di arbitro e di giudice;
-ma è completamente privo di ogni giurisdizione criminale mentre il
-nucleo centrale della sua competenza civile è costituito dagli atti
-dei minori e delle donne; competenza che si spiega solo dove e quando
-ai minori e alle donne da norme di carattere singolare è fatta una
-condizione giuridica tutta speciale: e questa condizione speciale gli
-uni e le altre l'ebbero solo nel diritto germanico[735] per il quale al
-re è affidata la protezione dei più deboli e dei meno difesi: minori,
-donne e forestieri.
-
-Questa protezione dal re affidata, con lo stabilirsi in Italia, ai suoi
-rappresentanti locali, passò, con la riforma carolingia, agli scabini,
-ai quali, per il modo con cui si formò la costituzione cittadina, fu
-affidata anche un'altra — e ben importante — incombenza: quella del
-riconoscimento e dell'autenticazione degli atti notarili.
-
-Con i Langobardi, cessate del tutto le curie, l'_exceptor civitatis_,
-che era il trascrittore degli atti municipali, perdette il suo ufficio;
-ma soddisfacendo ad un bisogno sicuramente sentito, quale quello
-di stendere memoria di atti che se pure eran perfetti all'infuori e
-prima della redazione in scritto, trovavano nello scritto una maggiore
-quanto innegabile sicurezza, andò acquistando sempre maggiore autorità;
-e questa autorità, rilevata anche da Liutprando[736], diviene con
-Rachi[737] quella di _scrivane publico_ per eccellenza onde già nel
-periodo franco[738], il notaio diventa _la persona privilegiata
-ad negotia hominum publice et authentica conscribenda_[739],
-caratteristica del territorio langobardo.
-
-Assurto alla dignità ed all'importanza di persona il cui intervento
-è indispensabile per la validità della confezione di un documento e
-divenuto uomo di fede pubblica, esso non può essere più soltanto lo
-scrivano della città e dei suoi abitanti — exceptor civitatis — ma deve
-essere investito della sua autorità da chi della fede pubblica è la
-personificazione per eccellenza e cioè dal re e da quegli a cui egli
-abbia delegata tale facoltà (conti palatini), ed allora esso esercita
-nella città la funzione cui il re lo ha esplicitamente abilitato,
-onde diviene il notaio del re nella città — _notarius regis_ —. Ma per
-l'opera tecnica di questo ufficiale, che doveva conseguire la fiducia —
-e non sempre se la meritava — dei cittadini, era naturale procedimento
-che, creato il corpo degli scabini, a questi, eletti dalla fiducia dei
-cittadini e scelti talvolta nella categoria dei notai, poichè tutti
-al pari degli altri giudici, dovevano essere «legibus eruditi et bonae
-opinionis»[740] fosse demandata la cognizione di tale materia.
-
-Così in tratti generalissimi si son seguite le linee dello sviluppo
-dell'assemblea cittadina e dell'assemblea germanica.
-
-L'una e l'altra hanno origine, natura, sviluppo ed azione diversa.
-
-E questo costituisce una fondamentale differenza fra la costituzione
-della nostra Italia tosco-lombarda e tutti gli altri paesi.
-
-Nei territori germanici, il potere politico e giudiziario si raccoglie
-in un'unica assemblea, che è naturalmente l'assemblea barbarica per
-eccellenza; che si riunisce intorno ai capi ed è da questi presieduta —
-_conventus_, dice la legge alamannica, secundum antiquam consuetudinem
-fiat in omni centena coram comite aut suo misso aut centenario — che
-costituisce il placito — ipsum placitum fiat de sabbato in sabbatum
-aut quali die comes aut centenarius voluerit — e nel quale si discutono
-tutti gli affari di qualche rilievo della comunità[741].
-
-Nella Gallia avviene un contemperamento ed una fusione degli antichi
-istituti romani con le nuove istituzioni germaniche, le quali finiscono
-con una vittoria completa, sicchè l'assemblea dei liberi prende il
-primo posto nell'organizzazione civile e giudiziaria, e scalza con
-fortuna le basi delle vetuste magistrature romane[742].
-
-Non altrimenti in Spagna il _conventus publicus vicinorum_, che la
-legge Visigotica menziona a proposito di eredità, di fughe di servi, e
-di esecuzione di sentenze, è il nocciolo del _concilium_ che nei secoli
-successivi costituisce l'assemblea giudiziaria degli uomini liberi
-presieduta dal conte[743], da cui origina più tardi il Comune.
-
-Nella nostra Italia, invece, per la speciale condizione in cui
-era ridotto il paese quando lo conquistarono i Langobardi e per il
-carattere ostile dei conquistatori, vincitori e vinti ebbero, sul
-principio, costituzione separata e diversa.
-
-Allora a fulcro dell'organizzazione barbarica fu l'assemblea dei
-liberi, mentre germe della organizzazione indigena fu la riunione
-davanti alla chiesa; e poichè da prima lontane l'una dall'altra, in
-seguito si avvicinarono e più tardi, pur senza toccarsi e confondersi,
-si completarono a vicenda per sopperire ai bisogni della società
-e per formare un unico e nuovo organismo politico e giuridico, la
-costituzione italiana si presentò come il resultato di questo doppio
-processo di formazione storica.
-
-Ed invero, l'umile riunione davanti alla chiesa, già elevatasi al tempo
-langobardo e sviluppatasi ancor più in seguito, produce l'assemblea
-generale, che origina il Comune: l'assemblea germanica, strumento
-principale di governo nei primissimi anni, perde rapidamente le
-sue funzioni politiche, si trasforma in un organismo giudiziario e,
-divenuto cittadino, prepara e fucina il diritto che occorre alle nuove
-esigenze, ai nuovi tempi e fonde armonicamente antiche consuetudini
-e nuovi sistemi, sicchè divenuti insufficienti gli uni e gli altri
-ricorre ai vecchi e non mai dimenticati testi romani e dai rudimenti
-delle istituzioni e dai casi pratici del Codice, assurge al sistema
-e riprende il Digesto. Ed è allora — quando il Comune drizza superbo
-il suo bel gonfalone e la voce solenne degli antichi giuristi viene
-riascoltata ed intesa — che l'antica costituzione d'Italia, non di
-Roma, ha la sua _rinascita_.
-
-
-§ 13. — La città italiana, Roma compresa, si è formata aggruppandosi
-con preordinato sviluppo intorno alla piazza formata dall'incrociarsi
-perpendicolare del _cardus maximus_ col _decumanus_ i quali si spingono
-fino ai confini del suburbio e formano così quattro zone entro la città
-ed altrettante nel suburbio, perfettamente corrispondenti e subordinate
-a quelle.
-
-In virtù di tale sistema i componenti di ogni quartiere uniti
-dall'esercizio dei diritti d'uso collettivo dei boschi e dei pascoli e
-delle terre comuni, situate nella zona suburbana corrispondente al loro
-quartiere e stretti dal vincolo intimo della responsabilità collettiva
-del gruppo per il delitto di un singolo, provvedevano congruamente
-al sostentamento di tutto il centro urbano, evitando pericolosi
-antagonismi e cooperavano efficacemente al mantenimento della quiete
-interna; mentre ad ogni quartiere era assegnata in modo semplice ed
-equo la parte di mura e la porta da difendere come era determinato il
-concorso che doveva ricevere dai suburbani.
-
-Con lo sciogliersi della città dai primi e rudimentali viluppi ed il
-progressivo affinarsi della sua costituzione fino a raggiungere il
-fulgido organismo del municipio in pieno fiorire, nei nuovi organi si
-trasmuta la primitiva struttura, sempre attestata tuttavia in modo più
-formale che reale, da fugaci accenni delle fonti.
-
-Ma quella indigena struttura tornò in prima linea quando la rovina
-economica, sociale e politica e l'imperversare delle invasioni
-riportarono le città italiane alle condizioni terribili della lotta
-primitiva per l'esistenza[744].
-
-Allora queste divisioni, che rispondevano a bisogni sentiti da
-qualsiasi convivenza — sostentamento, quiete interna, difesa contro
-l'esterno — furono da prima tollerate e poscia accolte dai Langobardi i
-quali fissatisi in Italia con un brusco distacco dallo stadio nomade in
-cui erano fino ad allora vissuti, impossibilitati così per incapacità
-propria come per insuperabile resistenza dell'ambiente a crearsi una
-costituzione improntata alla loro stirpe, furono attratti da quella
-rudimentale a cui era ridiscesa l'Italia.
-
-Fu anche qui l'antica ossatura italiana che affiorò, mentre la grande
-Roma dell'evo antico moriva e che fornì lo scheletro alla nuova
-costituzione, la quale non poteva averlo dai Langobardi, nomadi e senza
-coesione, nè poteva riceverlo dal mondo romano, poichè la rovina di
-questo non consentiva più qualsiasi azione energica.
-
-Le prime fonti medioevali, continuando più antica abitudine, indicano
-il quartiere col nome della porta[745] a cui mette capo; e questo nome
-talvolta era determinato da ragioni topografiche e locali; come la
-_porta romana_ di numerose città, la _porta vercellina_ di Milano etc.
-e non di rado — specialmente in seguito — fu quello di un santo[746].
-
-Arechi, il noto duca di Benevento, nel 774 con una munificentissima
-donazione[747] al Monastero di S. Sofia da lui fondato, concesse a
-quest'ultimo fra l'altro cento carrate annue di legna. I boschi da
-cui dovevano esser tratte pertinevano tutti nello stesso modo alla
-città; ma ciò nonostante l'onere fu distribuito in modo irregolare:
-una _porta_ fu esclusa dalla contribuzione e delle altre tre la _Porta
-turrea_ doveva corrispondere 50 carri, la _Porta Rufini_ 30 e 20 la
-_Porta Sicardi_.
-
-Documenti langobardi della maggior purezza provano, dunque, che i varî
-quartieri di una stessa città potevano esser gravati in proporzione
-diversa l'uno dall'altro; ed allora si rende verosimile l'ipotesi che
-pure al tempo langobardo, continuando ininterrottamente un più vetusto
-uso italiano, risalga il sistema di distribuire per quartiere i dazî e
-le imposte gravanti sulla città.
-
-Lo Statuto di Verona, pervenuto a noi nella redazione del 1228, ma che
-contiene in gran parte disposizioni di età di gran lunga anteriore,
-vuole che «datia solvantur in waitis propriis»[748].
-
-E — a riprova — si può aggiungere che queste _guaite_, che son
-ricordate anche da Carlo Magno nelle sue leggi italiche, non sono altro
-— come abbiamo veduto — che la _sculca_ langobarda e, attraverso ad
-essa, l'_excubiae_ romane, e tutte si facevano per quartieri[749].
-
-A questa differenziazione negli oneri naturalmente corrispondeva
-un'altra differenza di natura, diciamo così, attiva che completava la
-figura del quartiere con un ambito limitato ma determinato ed effettivo
-di attribuzioni e di facoltà distinte da quelle degli altri quartieri
-e non assorbite — almeno normalmente e di regola — dai diritti della
-città, complessivamente considerata.
-
-E questa autonomia reciproca e di fronte alla città va aumentando
-col tempo. Due documenti milanesi del 1158 e del 1175[750] ricordano
-i _Consules electi a comunantia Porte Vercelline de pascuis: pro
-desbrigandis et recuperandis pascuis ipsius porte_.
-
-Della consistenza delle portae è altra e più sicura prova la menzione
-esplicita degli _urbium vici_ fatta dal sinodo ticinese dell'850[751],
-la quale illumina la disposizione del capitolare langobardo dell'803
-che ordina che si eleggano quattro o otto uomini in ciascuna pieve
-per risolvere le eventuali questioni fra laici ed ecclesiastici
-per la prestazione delle decime. E altra prova può considerarsi la
-caratteristica variante portata da uno dei due vetustissimi codici
-santambrosiani che contengono le leggi langobarde[752].
-
-Il cap. 141 di Liutprando stabilisce che le donne che istigate dai
-propri mariti avessero fatta irruzione o commessa violenza in un vico
-o in una casa, debbano essere decalvate e condotte per i vici più
-prossimi ed ivi fustigate — publicus faciat eas decalvare et frustare
-per _vicus vicinantes ipsius loci_ —.
-
-Il codice in parola — almeno se è vera la lezione datane dal Muratori —
-ha «_vicos civitatis_»[753].
-
-L'amanuense — e non è punto detto che sia stato il primo a iniziare
-la variante — aveva davanti agli occhi la visione delle condizioni
-reali della città. Ed ho parlato di amanuense per non dire, come ne
-avrei gran voglia, che non è punto improbabile che la variante sia la
-conseguenza pensata e voluta dell'opera di un giurista.
-
-Questi quartieri, però, erano strettamente uniti nella città che li
-comprendeva e li completava e come non ebbero personalità giuridica
-distinta da quella della città nel tempo romano[754]; così non ne
-ruppero la compagine nemmeno nell'epoca successiva, sebbene sieno
-giunti ad avere una fisonomia propria molto accentuata[755].
-
-I vicini dei singoli quartieri avevano tutti eguali facoltà rispetto
-alla porzione dei beni comuni assegnata al loro quartiere: ma le
-maggiori facoltà dispositive riguardo a tali beni erano loro sottratte
-e demandate al gruppo intiero di tutti i vicini della città; e la città
-tutta intiera rispondeva solidalmente, come si è veduto, se la suprema
-autorità non imponeva altrimenti, degli oneri imposti ad una sua parte.
-
-La compagine della città non fu allentata nemmeno in seguito quando
-sulle antiche divisioni per quartiere se ne andarono sovrapponendo
-altre di varia natura. Fra queste, per l'importanza acquistata in
-seguito, meritano di essere ricordate per le prime quelle che traevano
-origine dal formarsi entro l'ambito urbano di nuovi centri di vita,
-di azione e di interessi, che si popolarizzavano intorno a quelle
-chiese cardinali, di cui già ci siamo occupati, e che, moltiplicandosi
-rapidamente, giunsero a costituire in un'epoca più tarda il sistema
-predominante di divisione del suolo intramurano.
-
-Nè valse a diminuire la coesione del centro urbano un altro elemento di
-cui pur si sarebbe potuto credere assai potente l'azione disgregativa.
-
-In ogni città c'era una _curtis regia_[756] la quale era il centro
-dell'amministrazione pubblica, a cui convergevano le prestazioni
-civiche e le finanze; e questa _curtis_ era di solito a capo del vasto
-conglomerato di terre che costituivano la dotazione della corona e
-che non di rado si trovavano accanto ai fondi assegnati all'autorità
-pubblica preposta in modo speciale alla città, onde costituivano
-anch'essi un complesso imponente di beni che avevano uno sbocco entro
-la città attraverso alla cella.
-
-Quantunque normalmente, quando era consentito dalle condizioni
-del luogo la corte regia si sia installata entro l'arce che non
-infrequentemente si trovava nell'interno delle antiche città
-italiane[757] emergendo anche materialmente di fronte al resto della
-città; e quantunque questo castello attraverso le donazioni dei
-fiacchi discendenti di Carlo Magno sia passato in mani più energiche,
-pur tuttavia queste _curtes_ non hanno agito in modo sensibile nella
-costituzione cittadina nemmeno nei rapporti esterni delle divisioni
-territoriali.
-
-Almeno io non ne ho trovato traccia alcuna.
-
-E dal momento che non ha influito la _curtis_ più potente e
-maggiormente fornita di facoltà di natura pubblica oltre che
-privata, corre appena l'obbligo di accennare che nessuna azione han
-potuto esercitare le altre curtes private di cui serbano ricordo i
-documenti[758].
-
-
-
-
-CONCLUSIONE
-
-
-La costituzione della nostra Italia, fino dai tempi più antichi ai
-quali si può risalire, fu una costituzione di città, ed i vari gruppi
-etnici furono leghe di città.
-
-I gruppi primitivi si erano, in una certa fase del loro sviluppo,
-fondati su una piccola zona di territorio, la quale provvedeva ai
-bisogni della pastorizia e dell'agricoltura, ed aveva il suo centro
-nel luogo più facilmente difendibile, rafforzato da opere stabili di
-difesa.
-
-I limitatissimi scambî di prodotti avvenivano, probabilmente, in un
-ambito ristrettissimo che non oltrepassava il cerchio delle _gentes_.
-
-_Forum_, secondo la più arcaica delle cinque definizioni datene da
-Varrone (v. 145) le quali segnano altrettante fasi per cui è passata
-l'idea adombrata dalla parola, è la piazzetta davanti al sepolcro
-familiare «quod nunc vestibulum sepulchri dici solet». Sono i sepolcri
-gentilizi intorno ai quali si riunivano, nei giorni di _sacra_, tutte
-le famiglie appartenenti alla medesima _gens_. I primi contratti,
-lo scambio delle derrate e delle merci, la consegna delle cose date
-in permuta si compiva in presenza delle famiglie contraenti; e la
-stessa _mancipatio_ con i suoi cinque classici testimoni, si spiega
-più agevolmente nella sua genesi in un convegno gentilizio che in un
-pubblico mercato. I patti primitivi delle _gentes_, in mancanza di
-garanzia dello Stato, non avevano altra sanzione che la sacertà: e
-_sacer_ doveva essere, prima ancora delle XII tavole e non soltanto a
-Roma, colui che violasse i patti privati, fossero questi di cambio, di
-vendita, di mutuo etc. Nè a proteggere i patti s'invocarono gli Dei del
-cielo, ma bensì gli Inferi; chè presso lo Stige si giurano i patti e
-gli spiriti dei defunti sono quelli che vegliano sulla fede dei vivi.
-
-Questo carattere sacrale si spiega facilmente riflettendo che il
-formulario dell'antico diritto romano — e si può, quindi, agevolmente
-comprendere quanta parte del diritto stesso — proviene dai pontefici,
-ed è senza dubbio sacrale il formulario dei _negotia per aes et
-libram_, vale a dire dei negozî che servono tanto a trasferire diritti
-di proprietà — _mancipatio_ — quanto a creare rapporti obbligatorî —
-_nexum_ —.
-
-Ed inoltre se obbligare allude, secondo il Perozzi, alla garanzia del
-terzo — il _praes_ o _vindex_ — perchè il _nexus_ rimane in catene;
-la parola latina _contrahere_ richiama alla mente la figura di un
-terzo il quale avvicina le parti e rende possibile lo scambio, ossia,
-giuridicamente parlando, perfeziona il negozio e questo terzo, nel
-primitivo ordinamento, non può essere un estraneo, dev'essere un
-congentile.
-
-In seguito, per la diuturna lotta per l'esistenza, gran parte di
-questi nuclei sparì a vantaggio di quelli più forti e più favoriti
-dall'ubicazione e dalla fortuna; e questi si accrebbero della
-popolazione e del territorio di quelli.
-
-Ma l'uno e l'altra non furono equiparati alla condizione dei popoli
-e dei territorî a cui venivano aggiunti: una parte dei nuovi venuti
-fu aggregata alla città, ma all'esterno di questa, e qui continuarono
-a venerare le loro originarie divinità: ed i nuovi territorî furono
-assoggettati alla giurisdizione della città, ma non raggiunsero con
-essa quell'intimità di rapporti che aveva stretto la città al suo
-territorio originario. Ed è da allora, presumibilmente, che la città
-comincia ad avere un contenuto suo particolare e ad assumere aspetto e
-natura giuridica speciale.
-
-Il prolungato contatto di quelli che vivevano dentro la città con
-quelli che abitavano nella sua immediata vicinanza, reso più intimo
-dallo stato continuo di guerra esterna, produsse una coesione, il primo
-resultato della quale fu l'accettazione da parte della città delle
-divinità venerate nel suburbio e delle divinità di quella da parte
-di questo: ciò che a noi è rivelato dalla proibizione di seppellire
-o bruciare i cadaveri entro la città: proibizione inconcepibile senza
-questa equiparazione, perchè la venerazione dei defunti costituiva un
-vero e proprio culto, l'oggetto del quale, il cadavere, non poteva
-sicuramente esser deposto in luogo sacro a divinità straniere e,
-quindi, nemiche.
-
-La derivazione etimologica di _forum_, infatti, da _foris_, _foras_,
-_fores_, con l'o breve, indica la situazione esterna dal luogo chiuso,
-dalla città, e concorda pienamente con il sistema, di origine orientale
-e di importazione etrusca, di cui le XII tavole ci conservano la più
-antica formulazione per l'Italia, che «in urbe neve urito mortuum neve
-sepelito».
-
-La città, intanto, sorge quando il gruppo che la compone ha raggiunto
-un'energia sociale ed economica che vincoli in modo definitivo e
-assoluto gli abitanti al territorio e crei tali rapporti fra questo ed
-il capoluogo da permettergli di cingersi tutt'all'intorno di mura.
-
-È questo un concetto ed un uso italiano antichissimo: con esso furon
-fondate le città della confederazione etrusca e di quella latina e,
-probabilmente, anche quelle, più antiche, dei Liguri; con esso fu
-fondata Roma, e questa ad esso si attenne nella fondazione di tutte le
-colonie.
-
-Con solenne rito sacrale l'aratro segnava per primo il perimetro della
-città ed il solco del vomero significava il giro della fossa, mentre la
-zolla sollevata indicava il cerchio del muro: — _aratrum circumducere_,
-si dice la fondazione della città — e la città (_urbs_) trae il suo
-nome da _urbo_: «urbare est aratro definire»; così come _aratrum
-inducere_ ne simbolizza la distruzione.
-
-Aver dimora stabile e fissa entro il cerchio delle mura e goderne la
-protezione e la difesa era un privilegio, una condizione eminente di
-fronte a tutti gli altri, ai quali tale dimora e tale difesa non erano
-concesse.
-
-Di quì una prima e fondamentale distinzione fra i cittadini e tutti gli
-altri che vivevano nel territorio aperto.
-
-La città, inoltre, così aumentata di popolazione, ha bisogni speciali
-per i quali si differenzia sempre di più, con naturale svolgimento, dal
-terreno che la circonda e la completa; mentre per altra parte con lo
-sviluppo della vita cittadina si intensificano i rapporti fra la città
-stessa e la zona di territorio che le è in immediato contatto e si
-accentua una differenza di natura strettamente giuridica fra questa ed
-il rimanente territorio aperto.
-
-La città, infatti, fu protetta con difese speciali e fisse, fra
-le quali primeggiano le mura; e poichè la loro costruzione e
-riparazione era molto gravosa — _moenia_ deriva da _munera_ —; a
-comparteciparvi, insieme con gli urbani, fu chiamata anche una parte
-della popolazione, la quale abitava in immediata vicinanza, e che di
-tale compartecipazione fu opportunamente compensata. Questo compenso
-accentuò la differenziazione che per spontaneo e naturale sviluppo
-si era già formata fra il territorio più propriamente cittadino
-e la rimanente campagna e le conferì e precisò carattere e natura
-strettamente giuridica. Onde la necessità di delimitarla in modo
-preciso e distribuirla nella maniera più conveniente per la difesa ed i
-bisogni della città.
-
-Questa determinazione fu fatta con misure varie a seconda delle
-consuetudini dei varî popoli; onde fu più o meno estesa; ma sempre
-questo territorio fu suddiviso con uno stesso sistema; e cioè in
-quattro parti, corrispondenti alla divisione interna della città. La
-misura latina, accolta ed applicata da Roma, fu quella dei mille passus
-e le due vie che, intersecandosi perpendicolarmente, quadripartivano la
-città ed il suburbio furono il _decumanus_ ed il _cardo maximus_.
-
-Nella città, intanto, per il contatto di elementi numerosi e per
-l'aumento delle ricchezze e degli agi, moltiplicandosi il bisogno di
-nuovi oggetti di lavoro e di lusso, si va sviluppando, tra le classi
-inferiori sprovviste di terre o impedite ad averne per concessione,
-l'artigianato; e questo, naturalmente, nel suo continuo svolgimento,
-accresce alla sua volta gli oggetti d'artificio per le nuove esigenze
-dell'agricoltura, della pastorizia e della vita civile.
-
-Di quì l'origine di un nuovo sistema di scambio.
-
-Lo scambio dei generi di prima necessità, prodotti in gran prevalenza
-nel suburbio per bisogni principalmente urbani, aveva luogo fuori delle
-porte e senza gravame alcuno, perchè la città dominante, gravando
-questi prodotti, avrebbe in realtà gravato su sè stessa; ed anzi
-la città ebbe cura che questo scambio affluisse in modo continuo e
-periodico, finchè divenne rapidamente ebdomadario.
-
-Ma lo scambio dei prodotti manufatti, giovando prevalentemente alla
-campagna, fu agevolato dalla città a cui interessava, ma fu da questa
-regolato a proprio profitto. Essa assegnò a questo fine una piazza
-apposita entro la città, curando che questa piazza fosse a fronte del
-tempio della divinità tutelare che simboleggiava la città; determinò
-un giorno fisso e volle che lo scambio fosse soggetto a norme e a
-gravami speciali che dettero origine al _mercato_, divenuto così il
-luogo d'offerta di manufatti e di opere dell'artigianato, fatta in una
-pubblica piazza entro la città a persona indeterminata, ma in un giorno
-fisso e da persona qualificata. E a questo mercato accorrevano tutti
-coloro che vivevano nel territorio giurisdizionalmente soggetto alla
-città, la quale lo fissò a periodi più larghi ed in occasione di feste
-solenni che sospendevano dovunque il lavoro dei campi e degli artefici.
-
-In tal modo si viene lentamente formando quel sistema municipale, le
-cui origini si perdono nelle ombre più remote della storia.
-
-Il centro murato, come il migliore e più sicuro, fu abitazione
-privilegiata dei _cives optimo iure_, godenti di un diritto singolare,
-in nome della collettività a cui appartenevano.
-
-Il primo e principale diritto della collettività si manifestava nei
-riguardi dei beni comuni, i quali, essendo indispensabili alla vita
-urbana, divennero diritto speciale dei soli urbani, distribuito
-proporzionalmente per porte e per quartieri; ed a loro soli fu
-riserbata la decisione degli affari che concernevano la città sia in
-pace che in guerra.
-
-E come la religione era religione di Stato ed il culto una
-magistratura; così i templi e gli edifici ed i _loca_ dei templi furono
-affidati alla custodia dei soli urbani e soggetti alla loro vigilanza,
-non solo entro la città ed il suburbio; ma entro tutto il territorio al
-quale giurisdizionalmente la città era preposta.
-
-Il suburbio fu dominato dalla città, e ne divenne il complemento, con
-una trasformazione che ebbe per limiti estremi da un lato i bisogni
-del centro murato e dall'altro la suscettibilità e la capacità di
-trasformarsi proprie del terreno rurale.
-
-Il diritto pubblico interno si formò con riguardo alla condizione
-civica speciale; onde ai cittadini fu concesso di avere il
-_domicilium_, che costituiva l'elemento necessario ed indispensabile
-per il godimento dei diritti civili e politici, non solo entro le mura,
-ma anche entro tutto il suburbio o in una parte di esso — per esempio
-— 500 passi; e dentro il perimetro suburbano il cittadino godè delle
-maggiori garanzie — _imperium domi_ — al pari che entro le mura.
-
-E poichè questi diritti erano in diretta ed immediata relazione con la
-costituzione della famiglia, così anche per questo riguardo il suburbio
-fu assoggettato ed equiparato, in vista degli interessi cittadini,
-alla città stessa e perciò, per es., le tombe familiari e gentilizie
-poterono aver sede in esso e gli atti dei minori e dei tutori che
-riguardavano case e beni entro la città ed il suburbio furono esenti da
-ogni intervento dell'autorità pubblica.
-
-Il suburbio fu escluso da ogni partecipazione attiva alla vita
-pubblica ma ebbe anch'esso qualche vantaggio: in correspettivo della
-cooperazione al mantenimento ed alla difesa delle mura, ebbe il diritto
-di rifugiarvisi dentro nei momenti di pericolo; ed in contraccambio dei
-vantaggi economici procurati alla città, ebbe una condizione giuridica
-speciale per la quale i suoi abitanti, in genere piccoli proprietarî,
-erano esenti da tutti gli oneri rusticani, che gravavano i lavoratori
-della terra nella campagna.
-
-Inoltre fra i suburbani e gli urbani, si incuneava una classe speciale
-formata da coloro che abitavano i sobborghi in immediato contatto con
-le mura ed in continuazione delle porte, i quali si collocavano in
-condizione abbastanza prossima agli urbani, senza confondersi con essi.
-
-Base del regime cittadino rimase sempre la prevalenza degli urbani:
-civis, per eccellenza, fu solo il _civis urbanus_, il quale costituì
-uno speciale sodalizio — _sodalicium urbanorum_ — compose i collegi
-— _collegium urbanum_ — ed ebbe ed elesse i suoi magistrati —
-_magistratus urbanus_ —. Ad essi soli furono riservate le cariche e gli
-onori e fra essi, e fra essi soltanto, si trovavano coloro che godevano
-di tutti i diritti di cittadinanza; la quale, data la posizione
-speciale ed egemonica di Roma, comprendeva, oltre le maggiori facoltà
-di ogni città, anche il godimento di un certo numero di diritti e di
-facoltà nei rispetti delle altre città e di Roma.
-
-Roma, prima parte involontaria di una confederazione etrusca e più
-tardi della confederazione latina, forte di una genuina e vigorosa
-costituzione di Stato, assodata dalla pressione compatta della
-plebe sul comune delle genti originarie e patrizie, rocca salda di
-confine nel territorio latino, collocata nel cuore della penisola, al
-confluente etnico, delle stirpi italiche e della gente etrusca, su
-di una vera linea strategica che separa il nord dal sud e pressata
-in cerchio dalle attività di una vasta regione (Bonfante), ebbe
-quest'origine e questa formazione e per lunghi secoli si governò e si
-resse con questo regime.
-
-Solo verso la metà del secolo secondo dopo Cristo, ampliata enormemente
-nei suoi confini che i successivi allargamenti delle cinte di mura
-spostavano di continuo in più larga cerchia, essa abbandonò l'antico e
-glorioso sistema ed equiparò i _continentia aedificia_ alla città, fece
-degli abitanti dei sobborghi dei veri e propri cittadini e iniziò forme
-e sistemi di governo di carattere sempre più particolare.
-
-Ma Roma rappresenta l'eccezione. La regola era costituita dalle altre
-città italiane.
-
-Anche quando, nell'epoca sillana, il territorio, politicamente così
-vario d'Italia, acquista un'unità compatta con l'estensione della
-cittadinanza romana, il _solum italicum_ è assimilato all'_ager
-romanus_ e reso suscettibile di _dominium ex iure Quiritium_ e via via
-per _leges datae_ il nuovo territorio dello Stato dominante venne a
-costituirsi come un insieme coordinato di municipii, autonomi quanto
-all'amministrazione ed alla giurisdizione inferiore, con uno schema
-abbastanza uniforme in cui tornano le cariche e gli organi della
-città di Roma (_duoviri_ invece di _consules, decuriones_ invece di
-_senatores_ etc.); questi organi e questi magistrati sono eletti e
-formati, secondo l'antico sistema, soltanto dagli _urbani_.
-
-Quando fu istituita la _vigesima hereditatum_, che, come dice la
-parola, colpiva le eredità e forse anche, stando a Dione Cassio, le
-donazioni; questa non ebbe vigore entro il perimetro del suburbio e
-tanto meno poi entro la città.
-
-Ed anche nella decadenza questo sistema speciale di rapporti si
-mantiene in gran parte fermo. Abolito l'antico privilegio dell'immunità
-finanziaria di cui fino allora aveva goduto l'Italia, il territorio
-non fu nè tutto nè contemporaneamente sottoposto a tributo. La
-_plebs rustica extra muros posita_ fu sottoposta alla _capitatio_ ed
-all'annona solo molto più tardi e soltanto nell'anno 400 i _praedia
-urbana_ cominciarono ad esser assoggettati alla _tertia_.
-
-Nell'epoca di Caracalla, probabilmente per la ripercussione della
-_constitutio antoniniana_ del 212 e per effetto di altre costituzioni
-imperiali, le magistrature si concentrano nelle curie, formate col
-voto esclusivo dei cittadini, con esclusione dei _plebeii homines_; ma
-questi continuano a godere dei beni pubblici e a mantenersi distinti
-dai suburbani sui quali, per la lenta stratificazione sociale, si
-consolidano le originarie prestazioni in oneri fissi ed immutabili.
-
-È il fatale avviamento alla rovina.
-
-Il decadere dei commerci, il languire delle industrie, il ristagno
-degli affari, l'estendersi del latifondo, le preoccupazioni delle
-invasioni, prima irrigidiscono, poi spezzano i vincoli amplissimi e
-fecondi che tenevano unito l'Impero. Il centro di esso va lentamente
-spostandosi da Roma: la cittadinanza, estesa da Caracalla, non è più
-la cittadinanza di Roma, ma quella dell'Impero; la capitale non è più
-soltanto Roma e di divisione in divisione, cercando appoggio solido
-al suo gran corpo cadente, l'Impero, bipartito, quadripartito, diviso
-in diocesi e suddiviso in provincie, si appoggia principalmente sulle
-città, dove viene a convergere ogni elemento di vita.
-
-Ma qui le vecchie e gloriose forme della civiltà e dell'opulenza
-intristiscono: le curie, le corporazioni sole, per quanto fatte
-ereditarie, non bastano più, come non bastano i nuovi funzionarî
-dall'Impero creati per sostenerla, quali il _curator_ ed il _defensor_;
-e tutti i cittadini indistintamente, ricchi e poveri, chiamati a
-difenderla, sono chiamati a trattarne gli affari, ripristinando
-l'antica _contio_ dell'epoca remota, composta di tutti gli urbani,
-e questa va acquistando importanza sempre maggiore, perchè risponde
-meglio alle esigenze di un organismo vitale che degrada sempre più in
-basso; mentre a tenerne separati i suburbani, che tanti altri rapporti,
-fra i quali principalissimi la difesa delle mura, le prestazioni
-finanziarie, il mercato ed il culto, tenevano strettamente legati alla
-città, valse il consolidamento delle condizioni dei lavoratori della
-terra incominciato fino dal secolo quarto ed ormai troppo avanzato
-perchè potesse aver mutamento dai fugaci tentativi giustinianei.
-
-La concione, composta di soli urbani, raccolta davanti alla Chiesa,
-la quale appariva ed era ormai l'unica istituzione da cui si poteva
-aspettare qualche sollievo, si mostrò come principale depositaria delle
-tradizioni cittadine e prestò agli urbani sicuro rifugio, allorchè il
-dominio gotico gravò più forte sui Romani vinti e disarmati, con un
-sistema d'organismo burocratico anche più odioso di quello bizantino.
-
-La politica dei Goti tende a restringere il campo di azione della
-_contio_, che si vorrebbe ridotta ad una riunione di natura religiosa,
-utile soltanto alla pubblicazione delle leggi e dei precetti; ma ciò
-valse a salvarla come organismo indipendente, da cui il popolo goto,
-anche per ragioni religiose, restava escluso.
-
-I Langobardi, che avevano conquistato l'Italia con la forza delle
-armi e vi si insediarono come conquistatori, non si abbassarono ad
-accogliere alcuna cooperazione dai vinti e quindi stesero sul paese
-il loro potere assoluto; ossia imposero in modo violento all'Italia la
-propria organizzazione.
-
-Ma questa organizzazione era per più aspetti scarsa: scarsa di
-contenuto e scarsa di mezzi d'azione. I varî nuclei popolari da cui
-resultava la nazione germanica erano abituati a vivere in forme di
-larga autonomia, ed è noto che essi non si adattavano a piegarsi
-all'autorità preminente di un solo, se non sotto la pressione di gravi
-avvenimenti esterni e temporanei, quali la guerra, le conquiste, le
-migrazioni etc.
-
-Abitualmente ogni gruppo provvedeva da sè ai pochi bisogni di un
-popolo nomade. Pertanto per ogni deliberazione era congruo sistema
-la decisione collettiva di coloro che del gruppo formavano la guida e
-la difesa e cioè dei liberi atti alle armi; mentre, per i negozi che
-interessavano più gruppi, tutti concorrevano alla formazione di una
-volontà collettiva più ampia, sotto l'autorità del più prode in guerra
-e miglior giudice in pace.
-
-In Italia, appena compiuta la conquista di una larga zona di
-territorio, la momentanea unione generale si scisse nell'indipendente
-governo dei singoli duchi, bramosi di riconquistare la propria libertà
-d'azione nei limiti del proprio distretto.
-
-Un decennio di interregno fu prova bastante per dimostrare
-l'impossibilità di resistere ai Bizantini, ancora signori di gran parte
-d'Italia, da una parte e ai Franchi dall'altra, continuamente stimolati
-dal pontefice; senza contare la necessità di tenere a freno una
-popolazione numerosa e persuasa che la nuova invasione, al pari delle
-altre, avrebbe dovuto esser solo passeggera.
-
-Si tornò allora ed in modo stabile al sistema monarchico; ed il re ebbe
-cura di consolidare la sua autorità in modo più energico.
-
-Per questo egli frenò il potere dei duchi, sostituendo ad essi, quando
-gli fu possibile, ufficiali di propria nomina esclusiva — gastaldi —;
-e restrinse l'autorità delle varie assemblee regionali che con essi
-collaboravano, riserbandosi la trattazione degli affari di interesse
-generale e di maggiore importanza. Egli si valse abilmente della
-impossibilità di convocare una generale assemblea di tutti i liberi per
-modificare la costituzione e il funzionamento dell'assemblea che più e
-normalmente gli stava vicina.
-
-Il re intese così ad accentrare ogni potere nelle sue mani, senza
-giungere a modificare il fondamento della vecchia organizzazione,
-sicchè anche Liutprando, che dei re langobardi fu il più forte, si
-trovò sempre a fronte l'aperta ribellione dei duchi.
-
-I Langobardi non avevano civiltà, non conoscevano industrie, nè avevano
-conservato con le regioni da cui provenivano relazioni capaci di scambi
-fecondi; sicchè la loro venuta in Italia non creava per alcun verso
-bisogni nuovi, i quali dessero origine ad uno scambio qualsiasi, sia
-pure fittizio e momentaneo, capace di produrne altro più durevole.
-Per quanto intenso fosse il movimento accentratore del potere regio,
-questo non poteva iniziare un movimento che facesse convergere alla
-capitale e da essa riespandere nel territorio dello Stato un'attività
-capace di mutare l'assetto economico del paese — chè tale non poteva
-certo mostrarsi l'affluire delle imposte alla curtis regia di Pavia ed
-il modestissimo scambio cui dava luogo lo smercio di quei prodotti, la
-gran maggioranza dei quali era certo in natura.
-
-Nè le varie regioni eran più strette fra loro per esser soggette allo
-stesso dominio. Ognuna formava un organismo a sè: ogni ducato aveva
-i suoi liberi, che erano ad esso legati, distribuiti nelle minori
-suddivisioni e che dovevano accorrere alla chiamata del rispettivo
-capo; che non avevano attitudini a lavorar la terra in maniera da
-trarne profitti tali da soddisfare i bisogni loro e permetterne un
-commercio, perchè, anzi, il lavoro della terra non era considerato
-degno di chi per natura ed elezione era portato all'uso delle armi
-contro gli uomini e gli animali; nè avevan attitudine alcuna ai
-commerci; quindi, una volta fissatisi in una regione, nessun mezzo di
-muoversi e di prosperare: un'invincibile tendenza a fissarvisi, resa
-più accentuata dai bisogni delle guerre continue, le quali, nemiche
-sempre di scambi e di commerci, richiedevano inoltre sedi fisse di
-riunione, da cui muovere verso il luogo indicato dal re.
-
-La mancanza assoluta di un'energia creativa impedì dunque allo Stato
-langobardo di riuscire a dominare in modo effettivo il nuovo territorio
-e di imprimergli un aspetto ed uno sviluppo improntato al suo
-organismo; mentre quel disgregamento proprio delle stirpi germaniche,
-che con le continue lotte interne aveva facilitato la vittoria di
-Cesare e dei Romani, rendendo più grave la loro dispersione in un ampio
-territorio, fece sì che l'azione dei Langobardi si mostrò quasi del
-tutto negativa.
-
-Di tale situazione si valse abilmente e con fortuna l'altro grande
-organismo in cui si raccoglieva allora gran parte delle energie
-sociali: la Chiesa.
-
-I Langobardi, infatti, nei primi anni in cui infierì la conquista e
-turbinò il governo indipendente dei duchi, non si avvicinarono alla
-chiesa cattolica: ne confiscarono, almeno in parte, i beni e li dettero
-al fisco o al culto ariano, contrapponendo quasi in ogni città una
-chiesa ariana a quella cattolica.
-
-Ma il contatto continuo con i vinti, fra i quali si trovavano come
-disseminati senza un continuo ed intimo rapporto spirituale reciproco,
-e la fortunata propaganda dei sacerdoti cattolici produsse una forte
-e rapida conversione al cattolicismo, la quale già molto sensibile al
-tempo di Autari, che volle ostacolarla proibendo il battesimo, in meno
-di mezzo secolo era già arrivata ai gradini del trono con Teodolinda e
-Agilulfo.
-
-Questa conversione fu dovuta allo spontaneo sentimento dei singoli
-Langobardi, non fu un atto oculato e voluto di governo, nè la
-conseguenza di un patto stipulato fra la suprema autorità della Chiesa
-e la maggiore autorità dello Stato. Perciò i Langobardi entrarono nella
-religione cattolica come neofiti penitenti accolti per misericordia nel
-grembo della grazia e non come alleati — tanto meno come vincitori;
-entrarono, cioè, in essa con dedizione quasi completa, accettandone
-in tutto e per tutto gli insegnamenti, il dogma, i precetti, la
-costituzione, senza chiedere e senza imporre modificazioni o compensi
-speciali.
-
-La loro conversione fu un trionfo completo per la Chiesa cattolica la
-quale finì per assorbire il nuovo popolo senza nulla cambiare in sè
-stessa e fu una rovina per lo Stato langobardo, il quale, anche quando
-la maggior parte dei suoi cittadini fu convertita al cattolicismo,
-ebbe sempre la Chiesa cattolica irriducibilmente e doppiamente nemica:
-nemica perchè per essa lo Stato langobardo continuò ad essere il nemico
-del dogma cattolico e dell'Impero che del dogma era il difensore per
-antonomasia e contro di esso sollevò continuamente insidie e nemici,
-finchè non ebbe ottenuta la fortunata discesa di Carlo Magno; nemica
-perchè parallelamente riuscì a tener viva all'interno una continua
-ostilità che non tardò a minare le basi dello Stato.
-
-I Langobardi finirono per esser stretti dalla fede che accomuna le
-anime e livella le persone; ma le persone a cui furono pareggiati
-non erano che vinti e le anime a cui furono accomunati erano anime
-abituate ad una vita, ad un pensiero, ad una civiltà consolidata con
-secoli e secoli di storia e non mai spenta. Così il livellamento elevò
-questi ultimi, mentre abbassava i primi; e l'accomunamento, che ne fu
-conseguenza, mettendo a contatto una civiltà evoluta ed il vuoto della
-barbarie, empì questa di quel tanto di cui era suscettibile e la rese
-tollerante, se non fautrice, di un ulteriore suo sviluppo.
-
-Quando cominciò l'alterna lotta fra il partito ariano e nazionalista e
-quello cattolico e romanizzante per la conquista del potere, la nuova
-religione metteva contro ai Langobardi fedeli alle origini ed al culto
-avito, non più i soli italiani numerosi ma deboli e vinti; ma altri
-Langobardi, non meno forti e non meno armati, i quali nel bisogno
-d'armi ricorrevano ai fratelli di fede e scindevano il regno in lotte
-fratricide, che rompevano sempre più la cerchia della dominazione
-germanica e aprivano nuove crepe che facilitavano agli Italiani
-maggiori avanzamenti.
-
-Inoltre la Chiesa esplicò anche un'altra azione modificatrice, che
-aveva ricevuto inizio già dal tempo in cui il culto cattolico era
-diventato culto ufficiale dello Stato romano.
-
-Da allora, oltre ai compiti di natura esclusivamente religiosa,
-considerando la Chiesa come uno dei suoi organi, lo Stato affidò
-ad essa altre funzioni che col culto erano solo apparentemente
-o indirettamente collegate; e queste funzioni divennero più
-importanti mano mano che l'Impero diveniva più debole e si trovava
-nell'impossibilità di sopperire alle gravi necessità del momento.
-
-Nell'epoca bizantina il vescovo aveva un'ingerenza riconosciuta nel
-governo locale, partecipava alla nomina dei funzionarî ed all'esame
-ed al controllo dell'amministrazione cittadina e sorvegliava anche i
-giudici e la amministrazione della giustizia e qualche volta, se il
-mutuo consenso delle parti lo voleva, aveva anche autorità di decidere
-— episcopalis audientia —.
-
-Con i Goti prima, con i Langobardi poi, la Chiesa perdette una parte
-di queste funzioni e l'incarico ufficiale di compierle; ma altre,
-per quella parte almeno che poteva essere consentita dal nuovo stato
-di cose, essa continuò ad esercitare, perchè in realtà consistevano
-sopratutto in manifestazioni generiche dello spirito di fratellanza
-e di carità, quali l'aiuto dei poveri e degli oppressi, il riscatto
-dei prigionieri, l'alimentazione e la protezione dei derelitti,
-etc., ed anzi sviluppò a questo riguardo un movimento, per il quale
-le istituzioni di beneficenza, già all'epoca romana appoggiate ai
-municipî si trovarono più tardi addossate alla Chiesa per modo che si
-fondarono e si dotarono chiese con l'incarico e l'obbligo di mantenere
-o vestire continuamente un determinato numero di poveri oppure offrire
-dei banchetti etc. etc.: movimento così intenso che ha inspirato e
-costituito tutto il sistema delle opere pie fino al nostro tempo.
-
-Ma per quanto numerose ed importanti sieno state le funzioni civili
-esercitate dalla Chiesa, specialmente per l'impotenza dello Stato
-germanico, questa non riuscì mai ad organizzare completamente la
-società. Vi si opponeva la sua finalità che trascendeva i confini di
-ogni Stato ed i limiti della vita terrena ed accomunava idealmente
-popolazioni e paesi troppo disformi fra loro e mirava a fini troppo
-diversi da quelli mondani. E vi si opponeva del pari e forse ancora più
-vigorosamente la sua costituzione interna.
-
-Era questa, com'è noto, il prodotto di una imitazione quasi servile
-dell'organizzazione civile. A ciò la Chiesa si era in origine
-indotta, per sua convenienza, perchè nessuna organizzazione migliore
-di quella romana poteva esser presa a modello nè poteva essere
-più efficace: tanto meno fu indotta a staccarsene quando, divenuta
-religione di Stato, le divisioni e gli ordinamenti di quello furono
-obbligatoriamente i suoi. Ma mentre questi ultimi erano come una
-sopra-struttura imposta al paese; le istituzioni civili delle città
-italiane erano invece la resultanza di antichissimi ed ottimi sistemi;
-e quindi queste ultime continuarono a vivere per forza propria e non
-per forza ed opera della Chiesa, anche dopo che fu sparito l'Impero ed
-il suo pesante organismo burocratico.
-
-La pieve è il pago italiano: esso si mantiene perchè il suo territorio
-consta di terre private proporzionatamente completate da terre comuni;
-i cui prodotti trovano nel convegno settimanale del capoluogo ed in
-quello più raro della città lo smercio opportuno.
-
-La processione pagana prima, le rogazioni cristiane poi, girando i
-confini del pago e della pieve, cooperano a mantenerli fissi, ma non li
-determinano.
-
-Basta pensare, infatti, che il pago sopravvisse alle leggi Giulie, le
-quali avrebbero voluto abolirlo: da allora all'epoca del trionfo del
-cattolicismo troppo tempo intercorse, perchè si possa attribuire alla
-Chiesa la virtù di averlo fatto resistere.
-
-La pieve cittadina è costituita anch'essa da un antichissimo pago, il
-_pagus suburbanus_, che chiude nel suo interno la città che ne è il
-capoluogo. Eppure, malgrado lo spirito di fratellanza della Chiesa —
-del resto molto minore di quanto generalmente si ritiene — i suburbani
-non sono mai equiparati agli urbani e la differenza, mantenuta
-rigidamente anche dalla Chiesa, non è certo di creazione ecclesiastica,
-anzi deve essere soltanto accolta dalla Chiesa come forza irriducibile
-delle istituzioni laiche e civili.
-
-A soddisfare i bisogni della società italiana di quel tempo, costituita
-dai nuclei di eredità romana, per numero e per civiltà prevalenti, e
-dagli elementi langobardi preminenti per posizione sociale e per forza
-di armi; mentre i due maggiori organismi, lo Stato e la Chiesa, erano
-entrambi per ragioni diverse egualmente impossibilitati a soddisfarvi,
-agì un altro e diverso organismo: la città.
-
-Incapaci di concepire, non che di formare un ordinato sistema
-di governo, spinti a conservare le divisioni territoriali dalla
-convenienza che presentavano per la esazione dei tributi, i Langobardi
-accettarono tutto l'organismo che serviva a questa esazione e che
-resultava dall'insieme di numerosi e diversi elementi, i quali l'intimo
-e antico contatto aveva fusi armonicamente ed abituati da secoli a
-funzionare.
-
-Il regno fu diviso in ducati, ognuno dei quali normalmente corrispose
-al territorio di un antico municipio o di più municipi riuniti, e
-la città che era capoluogo di quello, fu sede anche del duca o del
-gastaldo, e con lui naturalmente, dei famigliari e dei nobili che
-gli si raccoglievano intorno ed ai quali offriva sicurezza e difesa,
-maestosi edifici e agi sconosciuti ma presto apprezzati.
-
-Con le mura e con le torri la città si prestava a facile difesa, poichè
-per la sua ampiezza poteva accogliere buon numero di armati ed era la
-sede dell'autorità pubblica ed il naturale punto di riunione da ogni
-parte della regione. Essa serviva inoltre a mantenere la pace e la
-tranquillità interna delle classi; e a questo scopo, secondo il sistema
-penale germanico, fu aggiunta un'altra penalità a quella normale per
-ogni delitto, allorchè fosse commesso entro le mura.
-
-Così il centro urbano acquistò nel diritto pubblico langobardo una
-speciale consistenza giuridica di fronte a tutti gli altri centri,
-anche se cinti di mura; in quanto che questa maggiore protezione,
-essendo stata accordata alla città perchè capoluogo di una regione, fu
-tolta in modo preciso e assoluto a tutti gli altri, i quali vennero
-a trovarsi in una condizione riconosciuta e consacrata legalmente
-inferiore.
-
-A proteggere in tal modo la città il legislatore langobardo fu
-mosso da ragioni di convenienza e di polizia: ma, intanto, sia pure
-involontariamente, esso veniva a convalidare, in modo mirabile, il
-concetto giuridico italiano della città: sicchè le antiche tradizioni
-che rendevano le mura cittadine oggetto di un vero e proprio culto, si
-mantenevano in vita con una continuità che dalle più remote leggende
-d'Italia e di Roma fluisce ininterrotta per tutto il medioevo fino
-all'età dei Comuni.
-
-Si formò così il principio della pace speciale, che faceva della città
-un suolo giuridicamente privilegiato e aumentava l'importanza sociale
-di coloro che vi abitavano.
-
-La città aveva conservato lo scheletro suo primitivo: anzitutto il
-suburbio, immiserito ed in qualche parte, magari, deserto, ma sempre
-ad essa legato ed avvinto dal bisogno della difesa e dalle necessità
-del mercato, era tuttora designato col classico nome delle leggi di
-Costantino e delle epigrafi più vetuste, e continuava a sussistere con
-l'antichissimo e speciale regime. In secondo luogo le terre comuni: il
-titolo giuridico ne era cambiato; ma ciò, dati i tempi, non modificava
-la destinazione e l'indole della loro consistenza giuridica.
-
-La città, infatti, anche nello Stato in cui era discesa al tempo dei
-Goti, era pur sempre un organismo non solo capace di vivere — e lo
-dimostrò sopravvivendo all'impeto della conquista — ma di gran lunga
-superiore al più valido organismo di governo barbarico.
-
-Come capoluogo del territorio sottoposto alla sua giurisdizione, essa
-continuava ad attirare in sè quel po' di commercio che si poteva
-tuttora sviluppare e forniva gli oggetti e gli artifici richiesti
-dalla vita sociale continuando l'antica tecnica del mestiere; ed
-accanto a questo mercato non frequente nè intenso, se ne manteneva in
-vita un altro, periodico e settimanale, che non si estendeva al di là
-del suburbio, ma che forniva alla città gli elementi necessari alla
-sussistenza.
-
-La città doveva inoltre fornire facile ricetto a quei Langobardi che,
-nelle nuove condizioni sociali, avevano perduto le terre guadagnate con
-la conquista, perchè il gruppo cittadino, composto di italiani, ad essi
-non poteva rifiutar l'ammissione; mentre i beni comuni rimasti alla
-città consentivano al nuovo venuto una condizione di esistenza di gran
-lunga migliore di qualsiasi lavoratore della terra.
-
-Anche a questo riguardo avvenne ai Langobardi quanto era avvenuto per
-la loro conversione. La città, composta di elementi cattolici e vinti,
-fu sottoposta a tributo insieme col suo suburbio, nei primi tempi
-dell'invasione e la ripartizione fra i quartieri di questi tributi, di
-cui città e suburbio erano solidalmente responsabili, spettò ai soli
-urbani, i quali ne decidevano nella generale antichissima riunione, che
-si teneva davanti alla Chiesa.
-
-Quando la conversione religiosa ebbe cominciato ad avvicinare un
-po' i vincitori ai vinti, i Langobardi convertiti frequentarono,
-naturalmente, le riunioni in cui si trattavano gli affari di maggiore
-importanza della Chiesa e siccome nello stesso modo e con le medesime
-forme si trattavano anche quei pochissimi affari di natura civile,
-che erano rilasciati alla cittadinanza dall'autorità pubblica; così
-anch'essi si trattarono insieme con gli altri.
-
-La cosa era resa tanto più agevole dal fatto che la cittadinanza, fino
-dal tempo goto, formava un unico collegio — _collegium civitatis_
-— che era composto dei soli urbani; era cioè una forma associativa
-rudimentale, facilmente accessibile alle menti rozze dei Langobardi
-e nello stesso tempo arieggiava l'originaria costituzione germanica
-della _marca_, in quanto che solo gli urbani godevano di facoltà sui
-beni pubblici e sulla cosa pubblica; così come ai soli commarcani era
-dall'antico sistema germanico concesso ogni potere.
-
-I Langobardi, entrando in quest'organizzazione, come erano entrati
-nella Chiesa cattolica e cioè individualmente e alla spicciolata,
-furono assorbiti da questa come dall'altra ed in breve stretti
-dai vincoli della Chiesa, vennero immedesimati nella città. Tale
-assorbimento, aumentando l'importanza della città, faceva sempre più
-decadere le antiche ed originarie istituzioni langobarde; mentre,
-d'altro canto, l'assemblea generale del regno era asservita al re
-e quella locale ridotta solo, mutando le facoltà originarie, ad
-amministrare la giustizia, andava perdendo lentamente anche la ragione
-di esistere.
-
-Quando con Carlo M. fu istituito lo scabinato, il maggior vantaggio
-di questo colpo portato all'antico sistema langobardo, lo sentì la
-città, che col privilegio, stabilito per legge, della nomina degli
-scabini, ebbe, oltre l'assemblea per trattare gli affari politici,
-anche un tribunale proprio per giudicare le controversie minori; ma
-appunto perchè minori più frequenti e quindi più importanti, fra i suoi
-componenti.
-
-Entro la città vi era inoltre il rappresentante dello Stato e lo
-Stato ha anch'esso cooperato a formare la costituzione della città
-— piuttosto negativamente — è vero, ma la sua azione è innegabile.
-La riduzione del concetto di cittadinanza al concetto di urbanitas
-è la conseguenza dell'opera germanica nell'elaborazione di elementi
-italiani; e il maggiore sviluppo dell'assemblatorio cittadino si
-ottiene quando la massa dei Langobardi gravita in esso aumentandone il
-peso e l'importanza.
-
-Più difficile è determinare l'importanza reciproca e la posizione
-scambievole della chiesa cittadina e della cittadinanza.
-
-Mentre lo Stato langobardo si sovrappone dovunque alla città nello
-stesso modo; la Chiesa si è insediata luogo per luogo, inspirandosi
-allo stesso fine ma impiegando mezzi diversi; e le conseguenze di
-questo modo di procedere, sensibile a parecchi secoli di distanza,
-è stato accompagnato anche da varie cause speciali; fra le quali,
-prima di ogni altra, la maggiore o minore rapidità dei Langobardi a
-convertirsi e ad entrare nell'ingranaggio religioso e cittadino.
-
-A Lucca, per esempio, sino dai primi documenti, vediamo assimilati ai
-_cives_ anche taluni gruppi di _arimanni_ che non son certo italiani
-e accanto ai _notarii ecclesiae_, diffusi dovunque, compaiono degli
-_scabini ecclesiae_ di cui non si ha traccia altrove, così come altrove
-non si ha traccia di un _curator_ investito di carattere ecclesiastico;
-nè fuori che a Lucca si trovano dei _lociservatores_ di così intenso
-sapore ecclesiastico.
-
-Ma la costituzione lucchese si può considerare, per certi rispetti,
-eccezionale. Del resto essa non contraddice affatto all'asserzione
-che il primo posto, nella organizzazione civile, è tenuto dalla
-cittadinanza.
-
-Esternamente ed apparentemente la Chiesa sembra avviarsi ad una grande
-preminenza: riconosciuta al vescovo la facoltà di cooperare col conte
-all'amministrazione della città e ridotto poi quest'ultimo quasi
-esclusivamente nella campagna; i re d'Italia prima, gli Ottoni in
-seguito fecero del vescovo il caposaldo del loro governo.
-
-Ma in realtà i vescovi agiscono non come capi di una diocesi; ma come
-preposti alla pieve cittadina. E il loro potere è l'esponente del
-potere della città. È ad essa, ai suoi componenti e cioè ai _cives_ che
-spetta il primo posto.
-
-Questi _cives_, isolati dai Goti e dai Langobardi, si stringono fra
-loro in un nucleo tenace, che, assorbendo l'elemento germanico, gli
-imprime il suo suggello e ne adopera l'energia a far salire il proprio
-livello.
-
-I cittadini hanno il proprio notaro, che è l'antico notaro della città.
-Al tempo romano era l'attuario delle curie, perchè nelle curie si
-raccoglieva il governo cittadino: ora che la città si riduce a nuove
-condizioni, esso diviene il notaro dei _cives_; e accanto a questa
-istituzione, che conserva le antiche tradizioni, continuano a vivere
-anche altre forme antiche: il _curator_, con funzioni finanziarie, il
-_perequator_, il _racionator_ etc.
-
-E con i _cives_, naturalmente, cresce d'importanza la _civitas_.
-
-Ma il suo sviluppo ha dei limiti: nelle condizioni generali
-dell'agricoltura povera ed abbandonata e nell'impossibilità da parte
-dello Stato germanico, di coordinare le varie energie locali. Questi
-limiti fecero sì che l'energia cittadina — energia economica ed energia
-giuridica — non si estendesse al di là del suo suburbio. Così che
-il regno fu spezzato e rotta l'antica unità del territorio col suo
-capoluogo, chè, mentre questo rapidamente progrediva, quello rimaneva
-inattivo; mentre nella città cresceva in potenza l'organo che meglio
-rispondeva alla sua organizzazione, e cioè il vescovo: nella campagna
-il potere restava affidato agli organi dello Stato germanico che meglio
-rispondevano ai bisogni di un'economia eminentemente terriera.
-
-Quando il movimento ascensionale della città raggiunse un grado tale da
-permetterle di avere un magistrato tutt'affatto proprio — il consolato
-—; il contado all'intorno era ancora tutto soggetto alle grandi
-signorie laiche, le quali separavano le varie città l'una dall'altra
-senza alcuna coesione d'indole generale e superiore.
-
-Così strette da un cerchio economicamente e politicamente diverso ed
-ostile, le città svilupparono un diritto pubblico che s'imperniava
-tutto sull'appartenenza non ad un regno ma ad una città e che entro
-lo stesso regno contrapponeva città e città, fino ad originare la
-rappresaglia; e, siccome il centro di questa organizzazione restava la
-città murata, cittadinanza e _urbanitas_ furono sinonimi.
-
-Era la cittadinanza medioevale ed il nuovo diritto pubblico italiano.
-
-Ma questo sviluppo non sarebbe stato possibile, se l'energia economica
-e sociale non fosse stata regolata e guidata con norme opportune
-ed appropriate. Ed anche a questo provvide la città, la quale,
-specialmente dopo l'istituzione dello scabinato, elaborò consuetudini e
-norme giuridiche proprie, per cui dallo scheletro scarno dell'Editto si
-giunse allo studio sistematico del diritto: alle Pandette.
-
-Mentre il Comune drizza superbo il suo bel gonfalone, torna a farsi
-sentire la voce solenne degli antichi giuristi e l'Italia rinasce a
-nuova vita.
-
-Così, sia pur in modo imperfetto e sommario, si possono tratteggiare le
-vicende della costituzione giuridica delle nostre città tosco-lombarde.
-
-Da questa ricerca scaturiscono, a mio modo di vedere, due conclusioni:
-una d'indole generale, di indirizzo e di metodo; l'altra, che in parte
-rientra in questa e che direi di proporzione.
-
-Quando Roma ebbe con fortuna iniziato quel gran movimento ascensionale
-che toccò culmini non più raggiunti, faro luminoso, centro di ogni
-specie di attività, attrasse, costrinse a sè le energie di tutti i
-territori soggetti al suo dominio, e la sua lingua, la lingua della
-signora di tutto il mondo, fu la lingua dell'universo e scrittori
-d'ogni provincia accolsero, coltivarono, perfezionarono quella che sola
-aveva dignità di lingua, di fronte alle altre parlate, che non erano
-che dialetti: così come il suo diritto era il diritto per eccellenza e
-rétori e poeti, filosofi e grammatici, storici e giuristi furon tutti
-dominati dalla sua grande potenza.
-
-Più tardi, quando questa potenza cominciò a decadere, l'idea grande di
-Roma non decadde. Non decadde allora e non sparì in seguito: nemmeno
-quando il mondo attonito seppe violate e rotte dall'orda famelica e
-disordinata dei barbari tante volte nei secoli percossi dall'aquila
-superba, le mura fatali che Annibale, vincitore di numerose e cruente
-battaglie, invasore felice di tre paesi, conquistatore fortunato di
-quasi tutta l'Italia, non aveva osato avvicinare. Nemmeno allora sparì:
-si trasformò. Divenne il più caro, il più santo dei ricordi e delle
-tradizioni e fu il termine di paragone delle fervide menti avide, nel
-doloroso presente, del ritorno di un passato luminoso di vittorie e di
-prosperità, e del tempo felice in cui l'immensa pace romana copriva del
-suo manto maestoso quasi tutto il genere umano. E a render più saldo
-questo culto nel tempo in cui la religione era senza dubbio il conforto
-maggiore; il dolce cantor di Virgilio, per divina volontà quasi profeta
-di una venuta che doveva trasformare il mondo, legava con vincoli
-spirituali sempre più intensi l'antico mondo al nuovo.
-
-Le antiche tradizioni popolari di giustizia, di diritto, di tecnica
-del mestiere, che erano e risalivano al tempo romano, furono credute
-— e non tutte lo erano — romane ed ogni città volle vita ed origine
-da Roma e da quelli che in essa raggiunsero fama e splendore; e queste
-antiche leggende, queste tradizioni vetuste nel remoto medioevo furono
-la vita spirituale delle nostre città, in cui notai e giudici avevan
-continuamente sott'occhio formule e parole d'antichi tempi, e in cui
-la Chiesa continuava a parlare al cuore con la voce di Roma, simbolo
-superbo di gloria e di redenzione per il popolo italiano.
-
-Nell'800 un re franco di grande ingegno e di grande potenza, ma
-barbaro, non italiano, intese, cingendo in Roma la corona, di
-continuare, non di far rinascere — chè rinasce solo ciò che è morto —
-l'antico Impero.
-
-Fu un'utopia, ma un'utopia di tal forza che ha vissuto fino al secolo
-decimonono, incardinando per secoli il diritto pubblico dell'Europa
-intiera: qual prova maggiore di intensità e di forza per una
-tradizione?
-
-Di poche diecine d'anni è posteriore il primo documento a noi noto in
-cui appaiono i primi segni del differenziarsi di nuove lingue sul gran
-fondo comune della lingua romana e da allora, più intensamente che
-altrove, la tradizione di Roma si consolida in Italia; nell'Italia che
-da Roma e da Roma sola voleva trovar l'origine per le sue molteplici
-città.
-
-Queste tradizioni si maturano, si ampliano nei secoli e sbocciano
-gloriose nel fulgore delle repubbliche, che si specchiano in Roma,
-e che assurgono a nuova civiltà, fino al trionfo dell'Umanesimo, che
-ridestò intiera l'antica gloria.
-
-Anche in seguito, pur spezzata, frazionata, divisa e sottoposta al
-dominio straniero, l'Italia sentì la sua unità nella grande discendenza
-da Roma: e tutti gli scrittori di storie locali, che dal cinquecento
-all'ottocento hanno illustrato le vicende della propria patria, ne
-iniziaron le origini con la discendenza da Roma e da Roma mossero
-alberi genealogici e costruzioni sociali.
-
-All'epoca del nostro riscatto, Roma, Roma la grande, fu contrapposta
-al barbaro ed all'oppressore e sui campi cruenti delle battaglie,
-nell'oscure torture delle prigioni e dei patiboli, gli esempi di amor
-di patria dell'antica Roma sostenevano i forti spiriti dei martiri e
-degli eroi, mentre nella bocca e nella mente del popolo l'incitamento
-alla vittoria suprema suonava nell'alata parola del poeta che all'itala
-madre cingeva il superbo elmo di Scipio.
-
-Nè gli studiosi della nostra storia giuridica si sottrassero a questa
-corrente; troppo compresi della gran lotta per l'indipendenza per non
-ricollegare agli antichi i nuovi oppressori.
-
-Il culto di Roma tocca l'apogeo con Federigo Carlo di Savigny.
-
-Questo illustre e geniale tedesco, studioso eminente del diritto di
-Roma, sentì, guidato sui primi passi dal genio di un grande, sebbene
-quasi dimenticato, italiano — Antonio d'Asti — sentì che quel complesso
-meraviglioso di norme, frutto di lunghi secoli e di studî mirabili,
-non poteva morire, non poteva esser morto; sentì che quel paese, ove
-tanto fuoco aveva per secoli scaldato le menti, regolato i rapporti,
-guidate le azioni, doveva, pur nel più gelido stato, conservarne pure
-le faville sotto le ceneri; ed ideò una costruzione storica, per cui
-il diritto di Roma si manteneva in vita per tutti i secoli del medio
-evo, e la costituzione romana, abbattuta ma non mai estinta, si reggeva
-pur col passar dei secoli e delle stirpi, per risorgere a nuova vita,
-mentre a nuova vita risorgeva lo studio del diritto all'epoca comunale.
-
-Fu grande questa concezione e luminosa quant'altra mai; e il Savigny
-conta fra gli spiriti vivificatori della nostra stirpe e del nostro
-paese; come grandi resultati portò il metodo storico e giuridico da lui
-inaugurato.
-
-Ma Roma non è, non è mai stata l'Italia. Questa tradizione che fa capo
-a Roma, e a Roma soltanto, deve ora essere ristretta ai suoi naturali
-confini; e deve cessare il metodo che Roma e il diritto romano vuole
-esclusivamente cercati nel corso della storia italiana.
-
-Roma rappresenta un'eccezione e come tale, per la sua immensa
-importanza, ha e deve avere gli studiosi della sua storia, della sua
-costituzione e del suo diritto. La regola è data dalle altre città
-ed è la costituzione di queste città, non affatto quella di Roma, che
-porge gli elementi, che sopravvivono al tempo romano e che a contatto
-con gli elementi germanici producono un nuovo periodo storico. Dunque
-anche questa costituzione deve aver il suo storico ed il suo studioso
-e questi deve essere lo storico non del diritto e della costituzione di
-Roma, ma della costituzione e del diritto d'Italia.
-
-Come Roma non è l'Italia, così la costituzione e il diritto di Roma
-non sono tutto il diritto italiano. E se noi vogliamo conoscere la
-nostra storia dobbiamo sceverar la storia d'Italia da quella di Roma,
-tenendo di questa il debito conto, sì, ma come parte di un tutto che è
-nato prima di lei, ha vissuto in modo diverso e separato da lei e che
-quando quella è morta — perchè Roma, come città antica, è veramente
-morta — non solo non si è spenta con lei, ma ha fornito gli elementi e
-i fondamenti della nuova costituzione. Noi dovremo studiare il nostro
-diritto, non soltanto contrapponendolo e distinguendolo da quello degli
-altri popoli stranieri, ma anche da quello di Roma stessa.
-
-E valga il vero.
-
-L'Hegel, con una ricerca poderosa, ha troncato il sogno così caro al
-Savigny della continuazione delle antiche curie romane nel consolato
-medioevale; pochi anni fa il Solmi ha fatto altrettanto per le
-corporazioni; dimostrando che le corporazioni medioevali non si
-riattaccano affatto a quelle del tempo romano.
-
-Ma, diciamolo forte, con questo non si apre un baratro fra l'evo antico
-ed il medio. La continuazione esiste ed esiste ugualmente, ma deve
-essere ricongiunta alle primi origini della costituzione dell'Italia:
-dell'Italia, non di Roma.
-
-Tali almeno le risultanze delle ricerche di questo studio. E se
-anche queste resultanze dovessero essere riconosciute inesatte o
-completamente errate; altre prove e più sicure si dovranno portare in
-suffragio di quest'asserzione.
-
-Quando, abbandonato l'antico preconcetto per il quale si riteneva
-che le leggi langobarde dovessero considerarsi come depositarie del
-più puro diritto germanico; se ne intraprese un esame più accurato:
-apparvero in esse tracce non dubbie di un diritto che fu detto
-romano e giustamente, perchè emanato dagli Imperatori di Roma. Ma
-quest'espressione apparve ben presto troppo generica.
-
-Il Nani rilevò che fra il diritto romano puro e l'Editto langobardo
-c'era stata una elaborazione della legge romana che aveva servito di
-tipo al legislatore langobardo. Ed il Tamassia, poco dopo, identificava
-questa elaborazione intermedia nella _Lex Romana Visigothorum_,
-più comunemente nota col nome di _Breviario Alariciano_, che è una
-riduzione ed un compendio del Codice Teodosiano; pur mettendo in
-rilievo che nell'Editto stesso si trovano tracce, oltre che di diritto
-visigoto ed ecclesiastico, anche di diritto giustinianeo e di un
-diritto che, sull'esempio del Brunner, chiamò volgare.
-
-E contemporaneamente al Tamassia allo stesso scopo dedicava profonde
-e fruttuose ricerche il Del Giudice; mentre il Calisse dimostrava che
-il diritto classico italiano aveva mantenuto la sua fisonomia anche
-dopo la legislazione giustinianea, così sulle leggi langobarde come nei
-documenti di quel tempo.
-
-Così a proposito della fiera ferita, degli sponsali sciolti per
-ingiustificato ritardo di un biennio ad effettuare le nozze, della
-perdita totale dell'usufrutto per parte della vedova passata a seconde
-nozze, dell'affrancazione dei servi, delle scritture contrattuali,
-delle forme degli atti e del numero dei testimoni, della mancipazione
-nella donazione e nella vendita, dell'uso frequentissimo di dichiarare
-cittadini romani i servi manomessi, della fiducia, del testamento,
-della falcidia.
-
-E il quadro generale fu confermato col resultato degli studii del
-Tamassia sull'alienazione degli immobili, sul testamento del marito,
-sulla falcidia etc. e di quelli, numerosi, del Besta; mentre nuovi
-studii pubblicati e nuovi documenti messi in luce rivelano nuove tracce
-dell'antico diritto italiano, dalla mancipatio al diritto del passo
-necessario.
-
-Orbene questo diritto, che qualche volta è stato detto teodosiano,
-è più propriamente italiano ed esso deve essere messo in relazione
-e completato con tutti gli altri elementi giuridici conservati dalle
-consuetudini, dagli statuti, dai documenti, e da ogni altro materiale,
-che ci ha serbato notizia della nostra vita giuridica.
-
-Il Brunner ha chiamato _diritto volgare_ questo diritto, che considerò
-come una modificazione, una storpiatura del diritto romano, per opera
-di elementi locali. L'espressione non è esatta e il suo pensiero non
-ha colto nel vero. Ciò che a lui parve un fenomeno particolare ed
-eccezionale è invece un fenomeno generale e complesso per il quale le
-norme giuridiche e le consuetudini delle varie regioni d'Italia sono
-state inquadrate dal diritto romano, ma non soprafatte e annientate.
-Dal diritto romano risulta infatti da un lato l'autonomia concessa
-alle varie regioni italiane — e questo è già qualche cosa per la
-storia della costituzione giuridica dell'Italia — e da un altro — e
-questo è infinitamente di più perchè è proprio l'ossatura intima della
-costituzione italiana — che le norme e le consuetudini locali ebbero
-un'importanza preponderante e devono esser considerate come l'elemento
-principale, il quale, nelle sue varietà regionali, è stato coordinato
-dal diritto romano, ma non distrutto.
-
-La distruzione comincia più tardi: quando con la scuola di Bologna
-assurge al primo posto il diritto giustinianeo e questo diritto si
-diffonde e si applica in tutta l'Italia.
-
-Storia italiana, dunque, fatta con elementi italiani.
-
-Accettando, poi, almeno nelle linee generali, le conclusioni delle
-nostre ricerche si è tratti anche ad una altra considerazione, pur essa
-di metodo.
-
-Se la città italiana ha conservato una fisonomia propria e durante
-l'epoca langobarda e quella franca è andata acquistando sempre
-maggiore importanza e consolidandosi in un assetto giuridico sempre più
-completo, tanto che l'evoluzione è terminata quando sono sbocciati i
-Comuni, quando cioè, l'Italia superiore e media è apparsa costituita di
-città libere; è chiaro che nè lo Stato, che ne ha permesso il primo e
-l'ulteriore sviluppo, nè la Chiesa, che per un tempo abbastanza lungo,
-per mezzo dei vescovi, ha tenuto il governo delle città, sono state
-le forze veramente direttive della società italiana di quel tempo:
-se avesse prevalso l'autorità regia, avremmo avuto una costituzione
-simile a quella franca; se avesse avuto il predominio l'autorità
-ecclesiastica, si sarebbe dovuto finire in qualche cosa di simile allo
-Stato della Chiesa. Dunque l'organismo più potente, l'elemento centrale
-della nostra storia e della nostra costituzione è la città.
-
-Orbene se questo è, ne consegue che la città deve essere considerata
-come punto di riferimento e di partenza per la risoluzione dei più
-gravi problemi, che interessano la nostra storia giuridica.
-
-Tutto il fenomeno storico della nostra costituzione si svolge intorno
-ai cardini della città; dunque è la città che ne è il centro e da
-questo centro si deve muovere.
-
-Ma dire città val quanto dire elemento laico, elemento civile, elemento
-italiano, chè la Chiesa è universale e lo Stato è rimasto per lunghi
-secoli straniero.
-
-Auguriamoci che la storia d'Italia la facciano gli Italiani.
-
-
-
-
-INDICE
-
-
- I. La città romana gota e bizantina.
-
- § 1. _L'antica cerchia di Roma primitiva._
- Le origini di Roma Pag. 1-4
- Il vallo e la fossa » 4-6
-
- § 2. _La cerchia murata del IV.º secolo av. Cr._
- Patres, patres minores e plebei » 6-9
- Importanza delle mura » 9-10
-
- § 3. _I mille passus. Determinazione territoriale_ » 10-12
-
- § 4. _Determinazione dei mille passus rispetto alle
- magistrature._
- Il domicilium » 12-14
- Condizione giuridica speciale dei beni dei minori
- situati entro i mille passus » 15
- Esegesi dell'orazione di Severo — sua
- interpolazione » 16-17
- Origine della distinzione dei beni in urbani,
- suburbani e rustici » 18-19
- La fiducia » 19-20
-
- § 5. _Mille passus, urbs e suburbium._
- La preminenza degli urbani » 20-23
-
- § 6. _Differenze fra Roma e le altre città. Pomoerium e
- continentia aedificia._
- Equiparazione dei continentia aedificia al suolo
- intramurano a Roma » 23-25
- Carattere eccezionale per Roma di questa
- equiparazione » 25-26
- Origine e cause » 27-28
-
- § 7. _Determinazione dei mille passus rispetto ai plebei._
- La plebs extra muros posita » 28-29
- Esegesi del tit. 55 del lib. XI. del Cod.
- Giustinianeo » 29-34
- Condizione giuridica di questa plebs » 34-39
- Sua importanza come classe sociale » 40
-
- § 8. _Determinazione dei mille passus rispetto ai beni
- pubblici_.
- I beni pubblici nel diritto romano. Esame e critica
- della teoria del Rudorff » 40-48
- Triplice distinzione di essi fatta dalle
- fonti » 49-51
- Diritti degli urbani a questo riguardo » 52-53
-
- § 9. _Determinazione dei mille passus rispetto al culto._
-
- Il pagus suburbanus » 53-55
-
- § 10. _Città e campagna negli ultimi tempi dell'Impero
- romano d'occidente._
- Trasformazioni del governo della città durante
- la decadenza » 55-57
- Riammissione dei plebei prima esclusi » 58-61
- Cause e conseguenze » 62-64
-
- § 11. _La conquista gota._
- Il collegium cittadino » 64-68
- I beni pubblici » 69
-
- § 12. _Città e campagna sotto i Bizantini._
- Sopravvivenza della condizione giuridica della
- plebs extra muros posita » 69-71
-
- § 13. _Le divisioni territoriali interne della città._
- I quartieri. » 71-73
- Loro attribuzioni » 74
- Quartieri, corpora e numeri » 75-77
-
- § 14. _Conclusione._ » 77
-
-
- II. La città langobarda-franca.
-
- § 1. _Territorium._
- Continuazione delle divisioni territoriali civili
- romane e loro coincidenza con quelle
- ecclesiastiche » 79-80
- Eccezioni a questo sistema dovute non a
- perturbamenti del tempo langobardo ma a
- preesistenti pagi italiani » 81-83
-
- § 2. _Suburbium._
- La legge di Carlo Magno » 84
- Traccie e denominazione » 84-86
- L'espressione »intra civitatem» usata nei
- documenti medioevali per indicare il suburbio
- e la legge dell'imperatore Costantino » 87-90
- Estensione del suburbio diversa da regione a
- regione ma sempre antichissima » 91-96
- Condizione giuridica speciale dei suoi lavoratori
- mantenutasi dal tempo romano » 97-104
-
- § 3. _Campanea._
- Esistenza di un territorio strettamente
- cittadino » 104
- Sua differenziazione così dal suburbio come dal
- comitato » 104-109
- Sua natura giuridica » 109
-
- § 4. _Bona publica e arimannie._
- Origine e natura delle terre arimanniche » 109-110
- Esame e critica delle varie opinioni degli
- scrittori a questo riguardo e specialmente
- di quella del Checchini » 112-117
- Le famose arimannie mantovane » 118-120
- Il _publicum_ » 121-122
-
- § 5. _Il populus cittadino._
- Sua costituzione resultante dall'unione dell'urbs
- col suburbium e con la campanea » 122-123
- Origine e natura di questa unione » 123-126
- I famigerati »populi» di Paolo Diacono » 127-132
-
- § 6. _I suoi elementi: pars ecclesiae, pars publica, cives._
- Notarius regis, notarius ecclesie e exceptor
- civitatis » 132-134
- I cives di Verona » 134-136
- Continuazione dell'antico sistema italiano per il
- quale alla riparazione delle mura e degli edifici
- pubblici concorrono lo Stato, la Chiesa cittadina
- e i cittadini » 136-142
- Eccezione fatta a questo riguardo dalla c. d.
- Legge romana udinese » 137-138
- I cives di Cremona » 138-145
-
- § 7. _La Chiesa come istituzione cittadina. La pieve:
- origine, elementi, sviluppo e modificazioni.
- Origine della parrocchia a tipo moderno: le
- chiese cardinali._
- Numerosi elementi da cui risulta l'azione della
- Chiesa e necessità di sceverarli ed esaminarli
- partitamente » 145-146
- Sistemi di propaganda » 147
- Differenze fra gli ordines officiorum delle
- varie chiese » 148-150
- Origine, natura ed importanza di queste
- differenze » 150-152
- La pieve » 152-153
- Sua sovrapposizione all'antico pago italiano » 153
- Elementi di questo rintracciabili attraverso
- la pieve cristiana.
- Communia, vicanalia e interconciliaricia » 153-161
- Munitio e magistri pagorum » 161-162
- Feriae pagorum » 162-163
- Sistema tenuto dalla Chiesa cattolica » 163-166
- La pieve cittadina » 166-175
- Inizio, sul finire del secolo ottavo, della
- sua differenziazione dalla pieve rurale » 171
- Allargamento del suo territorio. Decima
- novalium e fondazione di nuove cappelle
- estendentisi anche ultra suburbii fines » 171-174
- Inizio di una speciale officiatura delle chiese
- dei santi più venerati » 175-177
- I decomani milanesi » 178-179
- La chiesa di S. Ambrogio di Milano e il diploma
- arcivescovile dell'anno 789 » 179-180
- Altri privilegi concessi a questa chiesa
- dall'arciv. Tadone nell'866 » 181-183
- Chiese decumane, cardinali e sedali » 183-187
- Le caratteristiche di queste chiese. La
- parrocchia moderna » 188-189
- Ordo laico e ordo ecclesiastico. Derivazione di
- quest'ultimo dall'ordo civile del municipio
- italiano » 189-190
- Ordinarii e ordinarii cardinales » 190-194
- Azione ed intervento dei laici nelle elezioni » 194-198
- La consacrazione. — La consacrazione delle
- chiese cardinali » 199
- La mensurna divisio dei primi secoli » 199-200
- Sua trasformazione da offerta volontaria in
- collecta obbligatoria » 200-202
- Origine della decima » 202
- Decima franca e decima italiana » 202-206
- Il rifacimento degli edifici del culto » 206-207
- Le oblazioni: loro trasformazione da volontarie
- in obbligatorie » 207-208
- Condizione speciale, a questo riguardo, delle
- chiese cardinali » 208-209
- I beni della Chiesa » 209-213
- Le chiese cardinali e l'origine del beneficio
- ecclesiastico » 213-215
-
- § 8. _Il mercato cittadino._
- Estensione » 216-220
- Sistema di scambio » 220-221
- Generi di scambio » 221-227
- Ubicazione » 227-229
- Azione ed importanza » 229-235
-
- § 9. _Il centro urbano e la sua natura giuridica._
- Urbs, castrum e vicus » 235-237
- Continuazione dell'antico sistema italiano per
- il quale le maggiori facoltà erano
- prerogativa esclusiva degli urbani » 237-244
- Azione della città » 244-246
- Azione del diritto pubblico germanico » 246-247
- Pace romana e pace germanica. Civis romano e
- urbanus medioevale » 247-249
-
- § 10. _L'assemblatorio cittadino._
- Il communi consensu richiesto dalla legge
- dell'anno 400 per l'alienazione dei beni
- delle città » 249-250
- Il conventus ante ecclesiam e l'Editto di
- Rotari » 250-252
- Continuazione dell'antica assemblea degli
- urbani » 252-253
- Il praeceptum dei Piacentini » 253-255
- L'asamblatorium di Milano » 255
- Asamblatorium, consulatus e origine del
- Comune » 255-258
-
- § 11. _L'assemblea regionale longobarda._
- Gli antichi anfiteatri romani e il termine
- parlascium con cui sono indicati nei
- documenti medioevali » 258-261
- Traccie della coesistenza di due diverse
- riunioni in epoca remota » 261-262
- L'assemblea regionale langobarda » 262-263
- Suo decadimento fino ad esser ridotta ad
- esercitare una funzione quasi esclusivamente
- giudiziaria » 263-265
- Riforma di Carlo Magno. Lo scabinato » 265
- Il placito » 265-266
-
- § 12. _Azione dell'uno e dell'altra nella costituzione della città._
- Elezione degli scabini » 266-268
- Loro competenza. Il consolato del placito » 268-270
- Assemblatorio e placito » 270
- La costituzione dell'Italia e quella degli
- altri paesi » 271-274
-
- § 13. _Le divisioni territoriali interne della città._
- Continuazione degli antichi quartieri
- italiani » 274-275
- Loro rapporti reciproci e con la città » 275-276
- Costituzione interna » 277
- Importanza » 277-278
- Compagine della città » 278-280
-
- _Conclusione._ » 281-310
-
-
-
-
-NOTE:
-
-
-[1] I dati non discussi sono tolti dalla geniale storia del diritto
-romano del nostro BONFANTE (Milano, 1910) e dalle opere fondamentali
-del MOMMSEN e del MARQUARDT (Paris, 1888-93).
-
-[2] CUQ E. _Les institutions juridiques des Romains_. Paris. 1891, pag.
-38.
-
-[3] Recenti studi ormai accolti nella scienza (vedili citati in
-PACCHIONI G. _Corso di diritto romano_, vol. I. Innsbruck 1905 pag. 6)
-hanno dimostrato come sia erronea l'opinione comune, fin qui dominante,
-che trovava il significato originario di _pater_ in vincoli di
-parentela. Questo senso è anzi completamente da escludersi: i resultati
-etimologici danno la sola ed unica idea di dipendenza.
-
-[4] Cfr. la nota di N. TAMASSIA nella _Rivista Italiana per le Scienze
-Giuridiche_ vol. XXII a. 1896 pag 870 e segg., le cui conclusioni sono
-accettate anche dallo SCHUPFER (_ibid_. vol. XXXV a. 1903, pag. 13).
-
-[5] PAIS E. _Storia di Roma_, vol. I, parte I. Torino 1898, pag. 218 e
-segg. e 268 e segg.
-
-[6] Cfr. _De Marchi A_. _Ricerche intorno alle insulae o case a pigione
-di Roma antica_ in Mem. del R. Ist. Lomb. classe lett. sc. stor. e mor.
-1891 ser. III vol. XVIII-IX pag. 244.
-
-[7] È merito del NIEBUHR (_Vorträge über röm. Alterthümer_ 1858, pag.
-168 e segg.) aver pensato per il primo che l'«ambitus» fosse prescritto
-per non funestare, quando c'era un morto, la casa del vicino.
-
-[8] PAIS _loc. cit._ pag. 217.
-
-[9] Ritengo non accettabile la teoria che ha tentato di mettere il mito
-dell'uccisione di Remo in relazione con l'obbligo della difesa della
-città contro il nemico a cui il passaggio non deve esser possibile che
-vinto e sotto le forche caudine, e ciò perchè le forche consistendo in
-una lancia posta trasversalmente su altre due infisse in terra viene
-a riprodurre simbolicamente la rappresentazione di una porta e si lega
-dunque a questa.
-
-Si può osservare in contrario anzitutto che il culto delle mura,
-come ho detto, è posteriore a quello della fossa e del vallo; poi
-che numerose leggende lumeggiano la difesa della città; e, infine,
-l'esistenza di anteriori gruppi vicinali fuori del vallo stesso.
-
-[10] Tramandataci da GELLIO XIII, 14.
-
-[11] Ciò è tanto vero che nel caso in cui manchino magistrature
-patrizie, l'«jus auspiciorum» ritorna ai «patres». Cfr. WILLEMS P. _Le
-droit public romain_. Louvain 1883 pag. 240 e pag. 293.
-
-Del resto insieme con i discendenti degli antichi «patres» entravano a
-far parte dei patrizi anche talune delle principali famiglie nemiche
-vinte, alle quali si concedevano subito la piena cittadinanza ed il
-diritto agli onori. Il PAIS (_ibid_. I. 2. pag. 293) dimostra che tale
-procedimento si seguì con i Nomentani, con gli Aricini, con i Lanuvini,
-con i Pedani etc.
-
-E questo spiega anche — a mio credere — perchè nella lunga lotta delle
-origini invece che schiatte, genti o tribù emergano contrapposti i due
-soli elementi dei patrizi e dei plebei.
-
-[12] PAIS _loc. cit._ I. 1. pag. 331 e I. 2. pag. 341 nota.
-
-[13] ID. _ibid_. I. 2. pag. 207-8.
-
-[14] BONFANTE P. _Diritto romano_. Firenze, Cammelli 1900. special.
-pag. 157 in cui sono raccolti i resultati di numerosi suoi lavori,
-diretti a chiarire questo punto importantissimo del diritto di Roma.
-
-[15] Il CUTRONA (Circolo Giuridico 1904, pag. 218-228), in una sua
-indagine sulla proprietà agnatizia in Roma, sostiene che i diritti
-dei «filii familias» siano dei diritti riflessi a nessuno dei quali
-è data in tutela un'azione diretta: non che il figlio, nessuno, per
-esempio, avrebbe azione per impedire al padre di spogliare i suoi
-discendenti; indirettamente, però, l'assemblea, tutelando gli interessi
-della collettività, provvede agli interessi di questi figli. Ma, a
-parte l'esattezza di alcune comparazioni con altri popoli primitivi, il
-CUTRONA si limita a mettere in luce il fatto, facilmente comprensibile,
-che l'organo tutore della collettività protegge indirettamente anche
-quei componenti che, pur non essendo con essa in immediato contatto,
-fanno parte integrante e vitale del nucleo sociale.
-
-[16] Il MOMMSEN, _Disegno del diritto pubblico romano_ trad. BONFANTE
-Milano, 1895 pag. 33, trova ozioso avanzar delle congetture sul
-rapporto tra le case di città in possesso privato e la partecipazione
-dei loro possessori agli agri gentilizi. A prescindere dal riflesso
-germanistico dell'idea della sors barbarica, che sembra inspirare
-questa frase, mi pare indubbio che il problema debba esser impostato
-diversamente. Nè la casa privata nè la partecipazione agli agri
-gentilizi sono elementi fondamentali di paragone: quella non ha valore
-se non in quanto custodisce e conserva i sacra; questa non è che una
-delle conseguenze, e forse non la maggiore, dei benefici che risentono
-coloro che formano l'assemblea deliberante dello Stato, per partecipare
-alla quale è necessaria la proprietà di quella determinata casa.
-
-[17] _Festo_. 247: Patres.... agrorum partes attribuerant tenuioribus
-ac si liberis suis.
-
-[18] Inquilinus — dice il DE MARCHI _loc. cit._ pag. 288 nota 28 — sta
-a «incola» come «libertus» sta a «libertinus» e si usò prima forse
-come contrapposto ad «exquilinus» ossia abitante delle «exquiliae»
-cioè della parte unita a Roma solo posteriormente. E ci si avvicina a
-Festo che definisce l'«inquilinus», come colui «qui eumdem colit focum
-vel eiusdem loci est cultor». L'unica idea contenuta nell'etimologia
-della parola è quella del domicilio. Infatti così l'«inquilinus» come
-l'«exquilinus» sono del pari esclusi dalla partecipazione alla vita
-pubblica.
-
-[19] DALLARI G. _Le nuove dottrine contrattualiste intorno allo
-Stato, al diritto ed alla società_. Modena 1901. — ID. _Il nuovo
-contrattualismo nella filosofia sociale e giuridica_. Torino 1911.
-
-[20] La derivazione di _moenia_ da _munera_ mostra quanto ne dovevano
-esser gravosi la costruzione e il mantenimento.
-
-[21] _Praetor_ indica veramente il capo dell'esercito, ma questo non è
-costituito che dai cittadini.
-
-[22] WILLEMS _loc. cit._ pag. 48.
-
-[23] PACCHIONI _loc. cit._ pag. 105-107.
-
-[24] ZDEKAUER L. _Mille passus e continentia aedificia_ in _Bullettino
-dell'Istituto di Dir. Romano_, vol. II fasc. VI.
-
-[25] _Dig_. L. 16. 154.
-
-[26] _Ibid_. XXVII. l. 13. 2.
-
-[27] BONFANTE P. _La progressiva diversificazione del diritto pubblico
-e privato in Riv. Ital. di Sociol_. 1902.
-
-[28] r. XCI.
-
-[29] r. XVII.
-
-[30] PACCHIONI _loc. cit_. pag. 189-90.
-
-[31] Dalla legge di Costantino del 346 (_Cod. Theod_. X. 8. 4)
-confrontata con l'altra di Arcadio e Onorio del 395 (_Ibid_. X. 9. 2)
-e con quella di questi due imperatori del 400 (_Ibid_. XI. 20. 3) si
-rileva che solo in quest'anno i «praedia urbana» cominciarono a pagare
-la _tertia_ che consisteva nel pagare ogni tre anni il reddito di un
-anno intiero.
-
-[32] _Dig_. XXVII. 9. leg. 1. § 2.
-
-[33] È tipica la disposizione del _Cod. Theod._ XII. 11. 1. riportata
-anche nel _Cod. Just._ XI. 32. 2.
-
-[34] _Cod. Iust_. V. 37. 22.
-
-[35] _Dig_. L. 16. 198.
-
-[36] Da Plinio (N. H. XIX. 19. 50) sappiamo che «in duodecim tabulis
-legum nostraram nusquam nominatur _villa_: semper in significatione ea
-_hortus_, in horti vero _heredium_». Da questo passo, oltre la conferma
-della forza dell'immobile ereditario nella costituzione di Roma, si
-vede come fossero privi di ogni importanza i beni lontani dalla città
-(_villae_); mentre invece tutto si basava sulle terre entro la città
-stessa o nella sua immediata vicinanza (_horti_): vicinanza determinata
-dai «mille passus». Infatti _nei quis_, dicono le antiche norme (cfr.
-Bullettino della Commissione Archeologica Comunale. XII. Roma. 1884.
-pag. 59) INTRA TERMINOS PROPIUS URBEM _ustrinam fecisse velit neive
-stercus cadaver inserisse velet_.
-
-È da notare l'uso dell'avverbio _intra_.
-
-[37] Tale significato è dimostrato dalla legge tarentina che chiama
-«domicilium» l'edificio coperto di tegole.
-
-[38] Infatti, secondo FESTO, _loc. cit._ i sobborghi sono «continentia
-aedificia itineribus regionibusque distributa, nominibusque
-dissimilibus dispartita».
-
-[39] _Mille passus cit._ pag. 281-82.
-
-[40] Hermotino 24.
-
-[41] _Corp. Inscr. Latin._ VIII. 1641.
-
-[42] GUERIN V. _Étude sur l'île de Samos_. Paris, 1856 pag. 213.
-
-[43] _Dig_. L. 16. 239. § 8.
-
-[44] _Magistratus qui_ INTRAMURANUS _non est nec_ URBANUS, _etiamsi
-administrator eius Romae est, ad urbem dicitur_. (_In_ IV. _Verr_. 6.
-riportata dal FORCELLINI). Questo passo è da riconnettesi all'altro,
-pure di ASCONIO (_in C. Verrem_. II. 2. 817. ed. ORELLI. _Cicero_. V.
-pag. 208) _«Statim Romae et ad urbem»_.
-
-[45] _Corp. Iscr. Lat._ V. 5446, 5447.
-
-[46] _Ibid_. pag. 565.
-
-[47] _Si melioribus viris_ (dice SIMMACO. _Ep_. X. 37) OFFICIA
-INTRAMURANA _mandetis_.
-
-[48] _Corp. Iscr. Lat._ II. 2428. Bracaraugusta. — _Sodalicium
-Urbanorum. D. S. F. C._ — _Ibid_. II. 3244. — D. M. S. HI (sic) JACET
-LAETUS ANNORUM XXV PIUS IN SUIS _collegium urbanum_ EI POSUIT etc.
-
-[49] ORELLI. 110. — M. HERENNIO M. F. PICENTI COS (an. di Roma 720)
-_Municipes_ MUNICIPI AUGUSTI _Intramurani_ PATRONO. _Id._ 3706. —
-CN. CAEZIO ATH[ICTO] AALECTO INTER C[ENTUM]VIROS (OB) PIETATEM EX
-M[UNIFICENTIAM] EIUS [E]RGA DIVINAM (et) MUNICIPUM AUGUSTI VEIOS
-[CE]NTUMVIRI ET SEVIRI ET AUGUSTALES ET _Municipes_ [_In_]_tra.
-Murani_ EX AERE QUOD (IN) ORCHESTRA CONLATUM EST [LU]DIS QUOS FECERUNT
-[V]ERGILIUS COGITATUS [I]ULIUS SENECIO II VIRI.
-
-_Corp. 1. Lat._ X. 5060. — P. TETTIO PF. RUFO FONTIANO. — Q. Tr. PL.
-PR. _Altinates urbani_. — _Patrono D. D._
-
-_Ibid_. IX. 1475. (Ligures Baebiani). — L. IRVINIO A. ... _civis
-urbanus_.
-
-IBID. IX. 982. (Compsa). — APRISCIUS PORRENDA — CURAVERUNT CUIUS
-— DEDICATIONE DECURI — ONIBUS SINGULIS V. — _populo intramurum
-morantibus_ X SINGULOS.
-
-[50] _Ibid. Addit_. XI. 6257 (Aquilonia). — M. LUCCEIUS C. F. IIII
-VIR AED. POT. PISCINAM PURGANDAM ET LORICAM IMPONENDAM DE _urbanorum
-opereis coeravit_.
-
-Cfr. anche IX. 3188. Anche la legge della colonia giulia genitiva (rub.
-98) mostra che gli edili presiedevano alle opere pubbliche, ma mentre
-secondo essa a tali opere era obbligato chiunque «intra eius coloniae
-fines domicilium praediumve habet», qui al contrario sono obbligati
-soltanto gli _urbani_, cioè quelli che abitano entro le mura.
-
-[51] _Corp. 1. Lat._ IX. 2855 (Histrium). — HUIC ... (M. BAEBIS ...
-SVETONIO MARCELLO) ... DECURIONES FUNUS PUBLICUM STATUAM EQUESTREM
-CLIPEUM ARGENTEUM LOCUM SEPULTURAE DECREVERUNT ET URBANI STATUAM
-PEDESTREM.
-
-[52] _Corp. I. Lat._ IX. 2835. — HERCULI EX VOTO ARAM L. SCANTIUS L
-LIB. MODESTUS VI VIR MAG. LARIUM AUGUST. MAG. _Cerialium Urbanorum._
-L. D. D. D. — Addirittura tipico è il caso dell'iscrizione di Aventicum
-(cfr. _Inscr. Helvet._ 155).
-
-[53] A Rimini, per esempio, al tempo della colonia romana esistevano
-tutti e quattro i borghi corrispondenti alle quattro porte. Cfr.
-TONINI L. _Rimini avanti il principio dell'era volgare._ Rimini, 1848,
-pag. 75. E gli esempi si potrebbero addurre numerosi a dismisura.
-Costrettovi dall'economia del lavoro non ho potuto dare che un cenno
-fugacissimo di questo fatto, completamente ignorato dagli storici
-di Roma e del suo diritto, quantunque di importanza fondamentale: mi
-riservo di tornarci con maggiore ampiezza in una trattazione a parte
-per la quale ho già raccolto molto materiale.
-
-[54] Altre ragioni, oltre quelle dello Zdekauer, si possono addurre
-contro l'opinione mommseniana.
-
-Il pomerio è un luogo sacro — effato — non perchè sia dentro le mura,
-ma perchè è dentro il cerchio dei mille passi i quali costituiscono un
-limite sacrale determinato così esattamente che entro di esso ci sono i
-cittadini: fuori gli altri.
-
-Il MANENTI — _Jus ex scripto e jus ex non scripto_ — in _Studi Senesi_
-1906 vol. I pag. 247-48 — studiando la genesi dell'«jus civile»,
-ha affacciata l'ipotesi che il diritto della «civitas» sia stato
-considerato come l'«jus proprium civitatis» in contrapposto non al
-diritto di altri popoli, ma ai costumi gentilizi dei gruppi antecedenti
-alla «civitas» romana e cioè in contrapposto al diritto primitivo
-di quei complessi tribali e gentilizi di stirpe diversa dai quali
-fu composta l'«urbs». Io accedo in linea generale alla sua opinione;
-ma ritengo indispensabile limitarla nel tempo alla costruzione delle
-mura e nello spazio ai «mille passus», che chiudevano i varii elementi
-nell'ambito preciso di un formidabile crogiuolo.
-
-[55] DETLEFSEN. _Das Pomerium Roms und die Grenzen Italiens_. Hermes.
-1886 XXI.
-
-[56] UELSEN H. _Das Pomerium Roms in der Kaiserzeit._ Hermes. XXII,
-1887.
-
-[57] NISSEN E. _Die Stadtgründung der Flavier_ — Rheinisches Museum.
-XLIX. 1894.
-
-[58] MERLIN A. _A propos de l'extension du pomerium par Vespasien._ in
-Mélanges d'archéologie et d'histoire. XXI, 1901. 1-2. pag. 97-115.
-
-[59] ZDEKAUER _loc. cit._ pag. 288.
-
-[60] _Dig_. L. XVI. 87.
-
-[61] WILLEMS _loc. cit._ pag. 360.
-
-[62] _Ann_. lib. XII. cap. XXIII-XXIV.
-
-[63] Era una tradizione cara ai romani e facilmente spiegabile con
-l'autorità del condottiero che per le sue conquiste avesse meritato
-l'onore del trionfo. Per questo è accolta da A. GELLIO (_loc_. e
-_ed_. cit. XIII. 14.), da VOPISCO (_Vita Aureliani_, 21.) e anche da
-DIONE CASSIO nella sua storia (LIII. 2); ma dal fatto che allargare
-il pomerio cittadino era permesso soltanto a chi avesse allargato i
-confini dell'impero, non ne consegue che a _tutti_ quelli che avevan
-fatto delle conquiste spettasse _di diritto_ tale facoltà; e tanto
-meno poi che i limiti del pomerio si allargassero, quasi direi,
-automaticamente, coll'allargarsi dei confini.
-
-[64] _Dig_. L. 16. 147.
-
-[65] _Dig_. L. 16. 238.
-
-[66] _Ibid_. L. 2. 7. 52.
-
-[67] _Cod. Theod._ Nov. dell'a. 445 al PP. Albino.
-
-[68] _Instit_. I. II. 4.
-
-[69] cfr. KARLOWA. _Römische Rechtsgeschichte_. Leipzig 1885 pag. 708 e
-segg.
-
-[70] _Dig_. L. 4. 4 § 2.
-
-[71] Il _Cod. Theod._ XI. 11. 1. dice «forte».
-
-[72] Il _Cod. Theod._ ibid. dice «ultimo subiugetur extio».
-
-[73] Le parole fra parentesi sono quelle della legge di Valentiniano e
-Valente non accolte nel codice giustinianeo.
-
-[74] _Cod. Iust._ X. 10. 1.
-
-[75] _Cod. Iust._ I. 47. Cfr. LIEBENAM. _Städteverwaltung im römischen
-Kaiserreich_. Leipzig 1900, pag. 93 e segg.
-
-[76] VIII. 5, 15, 24, 36, 65, 35, 53, 60, 34, 65, e XII. 16. 1. Per i
-_mancipes balneorum et salinarum_ cfr. _Cod. Theod._ XI. 20. 3.
-
-[77] I _mancipes_ o _praepositi_ non possono essere presi _ab ordine_
-(curia) _nec a magistratibus_ (_duumviri_), ma preferibilmente devono
-essere scelti fra i veterani che ne siano degni e si mostrino idonei.
-_Cod. Iust._ XII. 41. 7. in cui è riportata la disposizione di Onorio e
-Arcadio dell'a. 400 (_Cod. Theod._ VIII. 5. 84).
-
-[78] Fu istituito da Augusto, ma più tardi assunto a spese dello
-Stato da Nerva e Traiano, cfr. BONFANTE P. _Storia cit._ pag. 449.
-e HIRSCHFELD O. _Untersuchungen auf dem Gebiete dev röm. Verwaltungs
-Geschichte_. — Berlin, 1876. pag. 98-108.
-
-[79] MARQUARDT I. _loc. cit._ pag. 132 e segg. a cui son da aggiungere
-le numerose notizie date da Gotofredo.
-
-[80] Patrimoniorum autem munera duplicia sunt: nam quaedam ex his
-muneribus possessionibus sive patrimoniis indicuntur, veluti agminales
-equi, vel mulae, et angariae atque verhedi. Dice Arcadio Charisio.
-_Dig._ IV. 4. 18 § 21.
-
-[81] _Cod. Theod._ VIII. 5. 1. Con Giustiniano solo per i coloni rimane
-in vigore la legge di Onorio e Teodosio per la quale «colonos munquam
-tìscalium nomine debitorum ullius exactoris pulsit intentio». _Cod.
-Iust._ XI. 47. 15.
-
-[82] _Ibidem_ II. 30. 2.
-
-[83] _Cod. Iust._ X. 24. 1.
-
-[84] Cfr. GOTOFREDO nel commento alla leg. 4. tit. 5. libro VII.
-_Angaria_ nel cod. teod. (cfr. VI. 39. 2 e 5; e VIII. 5. 23) indica
-propriamente il servizio di trasporto fatto con carri tirati da buoi
-(due paia, secondo le disposizioni di Costantino, andate, però, assai
-presto in disuso): mentre la _rheda_ era tirata da 8 mule nell'estate
-e da 10 nell'inverno e il _birotum_ da tre (_Cod. Theod._ VIII. 8. 5.
-e _Cod. Iust._ VIII. 5. 3.). E tale si mantiene anche dopo: cfr. _Cod.
-Iust._ I. 2. 11 nov. XVII. 9 e nov. CXXVIII. 22 e il passo di PROCOPIO
-(_Historia arcana_ XXIII) riportato dal LEICHT nei suoi _Studi sulla
-proprietà fondiaria nel medio evo_. II. _Oneri pubblici e diritti
-signorili_. Verona Padova. Drucker. 1907. pag. 46 nota 2.
-
-_Parangaria_ era l'angaria prestata su una via diversa da quella
-pubblica ed in cui mancavano le «stationes» a distanze determinate e
-regolari.
-
-A questo «cursus clabularis» prestavano gli animali i provinciali
-(_Cod. Iust._ VIII. 5. 2, 5, 22.) mentre al cursus davano solo le
-_operae_.
-
-[85] _Cod. Iust._ XI. 48. 4.
-
-[86] _Cod. Theod._ 14. 1. XI.
-
-[87] _Ibidem_ leg. 26.
-
-[88] LEICHT P. S. _Studi cit._ pag. 10-11.
-
-[89] Questa _conlatio equorum_ si faceva «pro rerum necessitate,
-ut instrueretur usus armorum, castrensi usu efflagitante» (cfr.
-_Paratitl._ di GOTOFREDO lib. XI. 16.) ed era ben differente dal
-_cursus publicus_.
-
-[90] _Cod. Theod._ XI. 17. 1.
-
-[91] Così SCHULTEN A. _Die römischen Grundherrschaften eine
-agrarhistorische untersuchung_. Weimar. 1896. pag. 2-12.
-
-Però la rigidità delle sue asserzioni deve esser limitata dalle giuste
-riserve che fanno l'HIS. _Die domänen der römischen Kaiserzeit._
-Leipzig. 1896. pag. 115-117 e BEAUDOIN E. _Les grands domanes dans
-l'empire romain d'après des travaux recents_. Nouv. Rev. Histor. de
-droit franc. et étrang. 1907. e segg. pag. 549 e segg. e SAVAGNONE F.
-G. _Le terre del Fisco nell'impero romano_. Palermo. 1902. cap VI. pag.
-188 e segg. e cap. IV. pag. 758 e segg.
-
-[92] Cfr. VASSALLI F. E. _Concetto e natura del Fisco_. Estr.
-_Studi Senesi_ vol. XXV sopra tutto § 5, pag. 27-31 in cui studia la
-formazione del fisco imperiale e la sua individualizzazione.
-
-[93] VASSALLI _loc. cit._ ritiene che anche il concetto di fisco
-indichi semplicemente una personalità di diritto privato ed ha ragione
-in linea generale; ma una più esatta valutazione dell'elemento
-giurisdizionale non soltanto esterno — l'unico che egli abbia
-considerato — cfr. pag. 57 e 58, — ma anche interno, avrebbe ridotto
-questo concetto ai suoi giusti limiti e ne avrebbe mostrato la rapida
-compenetrazione di elementi pubblici e come non sempre esso si presenti
-quale persona giuridica di diritto privato. Cfr. infatti LEICHT _loc.
-cit._ pag. 29-32.
-
-[94] _Dig._ L. 6. 5 § 11. Coloni Caesaris a municipalibus muneribus
-liberantur ut idoneiores praediis fiscalibus habeantur.
-
-[95] _Cod. Theod._ I, 32. 7.
-
-[96] Con questi coloni sono completamente assimilabili i coloni
-_homologi — Cod. Th._ XI. 24. 6. _more gentilitio adscripti vicis_ —
-non quelli _adscripti dominis_ — con le donne dei quali Valentiniano
-e Valente proibirono nel 370 ogni connubio (_ibidem_ III. 1. 24) e
-che essendo barbari, _gentiles_, erano addetti alla difesa dei valli e
-dei fossati, avevano in compenso una terra da coltivare a certi patti:
-oppure con certe condizioni — more gentilitio — veniva loro affidata
-dallo Stato, al quale appunto corrispondevano le imposte, una terra da
-coltivare.
-
-[97] XI, 7. 2.
-
-[98] _Loc. cit._, pag. 10-11.
-
-[99] Con questa legge concordano e si coordinano la leg. ult. de
-executor, et exactor, la leg. 31 de annona et tributis e la leg. 186 de
-decurionibus.
-
-[100] Oltre il notissimo passo di FRONTINO _ed_. LACHMANN pag. 53, 7.
-«Habent autem in saltibus privati non exiguum populum plebeium et vicos
-circa villam»; cfr. SCHULTEN A. _loc. cit._ pag. 45-46.
-
-[101] Quei _tributarî_ di cui parla la legge giustinianea sono
-i discendenti di quelli che nella legge teodosiana son detti
-possessori e nel rifacimento tribonianeo sono chiamati _rusticani_. E
-contemporaneamente comincia un lento moto di progressivo elevamento
-che si compie dal basso per il quale i coloni si trasformano in
-enfiteuti. Cfr. SOLMI A. _Storia del diritto italiano_. Milano. 1909.
-pag. 89. Io condivido l'opinione del FUSTEL DE COULANGES. _Histoire
-des institutions politiques de l'ancienne France_. Paris. 1889. pag.
-601 che on appellait _tributarii_ dans la langue du quatrième siècle,
-les hommes qui coltivaient le sol sans en avoir la propriété et sous
-condition d'en payer une redevance.
-
-A torto F. THIBAULT. _L'impôt direct dans les royaumes des Ostrogoths,
-des Wisigoths et des Burgundes_. Nouv. Rev. Hist. de droit franc.
-et étr. XXVI. 1902. ritiene che la parola «tributarius» della leg.
-12. _Cod. Just._ XI, 48 (servos, vel tributarios, vel inquilinos
-apud dominos suos volumus remanere) indichi solamente i coloni: essa
-indica tutti quei «residentes in terra aliena» che non erano servi o
-inquilini: i coloni ne formavano la massima parte, non la totalità. E
-a minor ragione egli ricorda a questo proposito i passi di Cassiodoro
-nei quali «tributarius» indica colui che paga il «tributum» ossia
-il possessor. Quello è un rapporto di diritto privato: questo di
-diritto pubblico. Invece mostra giustamente la discendenza diretta
-del «tributum» pagato dai coloni nel secolo ottavo, dal «tributum»
-dei _possessores_ romani. THIBAULT. F. _L'impôt direct et la propriété
-foncière dans le royaume des Lombards_. Nouv. Rev. Hist. XXVIII. 1904
-pag. 181, 82.
-
-[102] Lo mostra chiaramente il tit. del Digesto _De officio
-Procuratoris Caesaris vel Rationalis_.
-
-[103] MARQUARDT I. _loc. cit._ pag. 116 e VASSALLI _loc. cit._
-
-[104] BÖCKING. _Notitia dignitatum utriusque imperii._ Bonnae. 1839.
-
-[105] BONFANTE P. _Manuale cit._ pag. 511.
-
-[106] Cfr. WINDSCHEID trad. ital. I. § 146 n. 15 e indicazioni ivi
-citate.
-
-[107] RUDORFF F. _Gromatische Institutionen._ Berlino. 1852. pag. 393 e
-segg.
-
-[108] BRUGI B. _Dei pascoli accessori a più fondi alienati_, in
-Archivio Giur. F. Serafini. 1886. XXXVIII. 1-2. ID. _Dei pascoli comuni
-nel diritto romano germanico e italiano_, in appendice al Comm. delle
-Pandette del GLÜCK VIII. pag. 42.
-
-[109] ROBERTI M. _Dei beni appartenenti alle città dell'Italia
-Settentrionale dalle invasioni barbariche al sorgere dei comuni_, in
-Archiv. Giur. 1903. LXX. 1.
-
-[110] CALISSE C. _Gli usi civici nella Provincia di Roma._ Prato. 1906.
-
-[111] FINOCCHIARO SARTORIO A. _I beni comuni di diritto pubblico nel
-loro svolgimento storico_. Città di Castello. 1908.
-
-[112] _Dig._ XLIII. 8. fr. 2. § 21.
-
-[113] _Dig._ XLIII. II. fr. 1. § 2.
-
-[114] FERRINI C. _Pandette cit_. n. 220 pag. 272-73.
-
-[115] _Cod. Theod._ Nov. XXIII.
-
-[116] Per la _pensio_ dovuta per l'occupazione di suolo pubblico cfr.
-_Cod. Iust._ XI. p 9. 1. da mettere in relazione con il tit. 7. Ne quid
-in loco publico vel itinere fiat. _Dig._ XLIII. e specialmente leg. 2.
-§ 17. Sul «vectigal» cfr. LIEBENAM. _loc. cit._ pag. 312 e segg.
-
-[117] Su questa triplice distinzione vedi le belle pagine del MOMMSEN e
-del MARQUARDT nel manuale citato vol. 1 e 2.
-
-[118] RANELLETTI O. _Concetto natura e limiti del demanio pubblico_ in
-Riv. Ital. per le Sc. Giurid. vol. XXV. pag. 195 e segg.
-
-[119] VASSALLI F. E. _loc. cit._, pag. 46-59 § 11-15.
-
-[120] BONFANTE P. _La progressiva diversificazione del diritto pubblico
-e privato_ in _Riv. ital. di sociologia_. 1902.
-
-[121] Che il diritto romano non ammetta la consistenza giuridica di
-un patrimonio immediatamente destinato a fini determinati e duraturi,
-amministrato da persone fisiche, è dimostrato dal fatto che si
-attribuisce la funzione ad una persona collettiva preesistente.
-
-Tale è la base delle istituzioni alimentarie. Cfr. FERRINI, _loc.
-cit._, n. 79, pag. 107 e SCHUPFER F. _Il diritto privato dei popoli
-germanici con speciale riguardo all'Italia_, vol. I. Lapi. 1907. pag.
-163-65.
-
-[122] _Dig_. L. 16. 15. Ulpiano.
-
-[123] _Dig_. I. 1. § 2. Ulpiano.
-
-[124] SCHULTEN A. _Die Landgemeinde im römischen Reichs_, in Philologus
-LIII. N. F. VII. Berlin 1895, pag. 629-686. Non mi pare si possa
-accogliere, almeno nella forma con cui l'A. l'espone, la teoria della
-distinzione dei castella in autonomi e incorporati; ma mi sembrano però
-decisive le prove da esso addotte per dimostrare come la divisione in
-_pagi, vici e castella_ sia anteriore alla dominazione romana e comune
-a tutte le popolazioni italiche. A questo proposito sono fondamentali
-le ricerche del VOIGT. _Drei epigraphische Constitutionen Constantin's
-des Grossen und ein epigraphisches Rescript des Praef. Praet.
-Ablarius_. Leipzig. 1860. pag. 53-81
-
-[125] Oltre le belle pagine del BONFANTE basta a provare la persistenza
-di questi elementi una semplice scorsa alle _Inscriptiones Aemiliae
-Etruriae Umbriae Latinae_ del BORMANN. Berlin 1888, nel _Corp. Inscr.
-Lat._ vol. XI. Di Mantova, «Tuscorum trans Padum sola reliqua» (PLINIO.
-_Natur. Hist._ III, 130) Virgilio ci dice che «non genus omnibus
-unum — Gens illi triplex populi sub gente quaterni». Rimini, Budrio,
-Ravenna ed altre si vantavano umbre anche nell'età imperiale (STRABONE.
-_Cosmographia_ V. 214, 216, 217. — PLINIO. _Nat. Hist._ III, 115).
-Quanto ai latini Gaio dice (I, 79) che «proprios populos, propriasque
-civitates habebant». Per gli Etruschi cfr. DUCATI P. _Osservazioni
-archeologiche sulla permanenza degli Etruschi in Felsina_ in Atti
-e Mem. della R. Deput. di Stor. Patr. per le Prov. di Romagna ser.
-III, vol. XXVI, 1908, pag. 54-91. Per il loro diritto l'opera, un po'
-manchevole, di C. CASATI _Elements du droit étrusque._ Paris 1895.
-
-[126] Oltre il MOMMSEN ed il MARQUARDT cfr. MENNESSIER M. _De la ferme
-des impôts et des sociétés vectigaliennes_. Nancy. 1888. e LEFEBRE F.
-_De la société en general et specialment de la société vectigalienne en
-droit romain_. Rennes. 1888.
-
-[127] _Dig_. L. 1. fr. 2, § 4.
-
-Notissimo, a questo riguardo, è il passo di Gaio III, 145.
-
-A proposito dei «fundi vectigales» ricordati nella nota I a pag. 43
-destinati ad istituzioni alimentarie bisogna fare un'osservazione.
-Donatario, nel caso di Plinio, che donò i propri beni al municipio
-di Como, per riprenderli gravati da un «vectigal» molto inferiore al
-loro reddito, per poter trovar sempre uno «a quo ager exerceatur»,
-è il municipio, con l'onere della prestazione alimentaria. Ma — ed
-è cosa del massimo rilievo — il soggetto non è la città, ma il fisco
-imperiale il quale dà a mutuo i denari ai «possessores», ha un credito
-corrispondente ed impiega un suo funzionario per esigere gli interessi
-e devolverli alla cassa alimentare che non è che un dipartimento
-dell'amministrazione fiscale, cfr. FERRINI, _loc. cit_., n. 69-80 e
-sopra tutto pag. 111-112 e SEGRÉ G. _Sulle istituzioni alimentarie
-imperiali_ in _Bull. Istit. di Dir. Rom_. II, 1889, pag. 78-106. Da un
-«nudum preceptum» (Dig. XXX, 114, 14 quia talem legem testamento non
-possunt dicere) si va al legato ad una città (_Dig_. XXXII, 38, 5) ed
-al fisco direttamente (Inscriz. di Preneste. _Corp. Inscr. Latin._,
-XIV, 2234). Ora quando si pensa che alle «civitates» (municipia e
-coloniae), è stata ristretta la capacità negli ultimi tempi della
-repubblica e che l'autorizzazione imposta loro dalla legge giulia o
-dalle due di tal nome, estesa poi a tutto l'impero con senatoconsulti
-(Dig. III, 4, fr. 1, princ.) e costituzioni imperiali (_Dig_. XLVII,
-22, fr. 1, 3.), non è affatto un conferimento di personalità giuridica,
-ma ha un mero significato politico; si vede come (anche nel caso in
-cui la volontà di un singolo ponga delle condizioni per perpetuare uno
-scopo determinato e scelga come mezzo la città, il municipium), sul
-substrato della volontà del singolo si innesta quella dello Stato, di
-fronte al quale l'entità giuridica della città sembra attenuarsi fino a
-metter quasi direttamente a contatto il singolo con il Fiscus.
-
-Fu l'imperatore Leone che permise alle città di vendere i beni avuti
-«hereditatis vel legati seu fideicommissi aut donationis titulo» e
-solo allo scopo «ut summa pretii exinde collecta ad renovanda sive
-restauranda publica moenia dispensata proficiat» (_Cod. Iust_. XI, 31,
-leg. 3.).
-
-[128] MARQUARDT I. _loc. cit._ pag. 193.
-
-[129] A Capua, per es., tutto il territorio fu incamerato nel demanio
-pubblico, (LIVIO 26, 16, 18) mentre abitualmente era il terzo (DIONISIO
-2, 35, 50, 53) e qualche volta la metà (LIVIO 36, 39, 3) cfr. MARQUARDT
-_loc. cit._, pag. 192 e segg.
-
-[130] Per Italiam nullus ager est tributarius, sed aut colonicus
-aut municipalis aut saltus privati, dice FRONTINO (_ed. cit_. pag.
-35). Ma, anche ammettendo che ce ne fossero, la teoria del Rudorff
-rimarrebbe inaccettabile perchè il fatto che il vero «vectigal» deve
-esser raccolto dai pubblicani è l'indice della differenza sostanziale
-che passava fra i beni dello Stato — populus romanus — e quelli delle
-città: pubblici i primi, privati i secondi: «sola ea publica sunt quae
-populi romani sunt», dice ULPIANO; «civitates privatorum loco habentur»
-conferma GAIO, _Dig_. L, 16, 17. Cfr. VASSALLI, loc. cit. pag. 53.
-
-Nell'epoca imperiale questo concetto si modifica profondamente.
-Cfr. _Dig_. L, 16, 16; ma al secolo quarto si avevano ancora tracce
-rilevanti della varietà di condizione giuridica in cui si trovavano i
-beni una volta costituenti l'«ager publicus» e poi ceduti ai privati.
-Cfr. il noto passo di ARCADIO CARISIO _Dig_. L. 4, 18, § 25.
-
-[131] _Cod. Theod._ X, 3, 2. Saltus qui significa pascolo. Cfr.
-_Cod. Iust._ II, 66, _Cod. Theod._ leg. 2 de pascuis, FRONTINO. _De
-controversiis agrorum_ (ed. Lachmann) pag. 17, 18, 19, 54 FESTO (BRUNS.
-_Fontes_, VI, Aufl. 1893, II, pag. 36), VARRONE, _De legibus_, V, 36.
-
-La proibizione ai curiali si mantiene e si fa anche più rigida
-nel diritto giustinianeo, nel quale, non solo «decurio etiam suae
-civitatis vectigalia exercere prohibetur» (_Dig._ L, 2, 6, § 2), ma si
-impediscono anche le locazioni per interposta persona (_Dig._ L, 8. 2,
-§ 1).
-
-[132] _Cod. Theod._ X, 3, 5. Aedificia, hortos, atque areas aedium
-publicarum et ea reipublicae loca quae aut includuntur moenibus
-aut pomeriis sunt connexa, vel ea quae de jure templorum, aut per
-diversos petita aut aeternabli domui fuerint congregata vel civitatum
-territoriis ambiuntur sub perpetua conductione, salvo dumtaxat canone,
-quem sub examine habitae discussionis consistit adscriptum, penes
-municipes collegiatos et corporatos urbium singularum conlocata
-permaneant omni venientis extrinsecus atque occultae conductionis
-ademptatione submota.
-
-[133] _Dig._ I, 8, 6 § 1.
-
-[134] _Cod. Theod._ XV, 1, 46.
-
-[135] _Dig._ L. 16. 211.
-
-[136] _Ibid._ L. 16. 60.
-
-[137] _Dig._ I. 8. 8 § 2.
-
-[138] Ne è un esempio evidente la disposizione di Leone ed Antemio
-del 468, riportata nel codice teodosiano (XI. 24. 6) ed accolta da
-Giustiniano (_Cod_. X. 55 l. un.), che proibisce agli «habitatores
-metrocomiae» di vendere i loro beni ad estranei.
-
-[139] L'avverbio _penes_ è usato dalla legge bene a proposito: penes te
-est quod quodadmodo possidetur. (_Dig._ L. 16. 63. ULPIANO).
-
-[140] _Dig_. L. 1. 1 § 1.
-
-[141] _Dig_. L. 16. 228.
-
-[142] _Dig_. L. 16. 239 § 6 POMPONIO. Del resto è da ricordare a questo
-proposito come la vita dei romani si accentrasse nella città. Cfr.
-SCHULTEN A. _Die Landgemeinde cit._ pag. 633 e segg.
-
-[143] Cfr. § 4 e 5.
-
-[144] Praedium... et ager et possessio huius appellationis species
-sunt. _Dig_. L. 16. 115. GIAVOLENO.
-
-[145] LABEONE ritiene «loci appellationem non solum ad rustica verum ad
-urbana quoque praedia pertinere»; cfr. _Dig._ L. 16. 60 e specialmente
-§ 1.
-
-[146] Non c'è neanche bisogno di dire che con la distinzione dei beni
-seguita dalle leggi costantiniane ed onoriane non ha nulla a che vedere
-quella di ULPIANO, secondo la quale «urbanum praedium non locus facit
-sed materia» (_Dig._ L. 16. 198). Tanto è vero che invece di _praedia_
-si parla di _loca_.
-
-[147] Per il loro numero cfr. LIEBENAM _loc. cit._ pag. 229 e segg.
-Per le funzioni cfr. DECLAREUIL _loc. cit._ pag. 331 e segg. e SOLMI
-_Storia cit._ pag. 24-25.
-
-[148] Questo concetto è confermato dalla condizione dei beni comuni
-delle colonie. Tutti i coloni erano in uguale posizione di fronte allo
-Stato, uguali erano gli oneri, uguali i diritti; e la concessione,
-per la quale e secondo la quale godevano delle terre, era un atto
-che ne fissava _ex novo_ i limiti e le prerogative. Oltre alla terra
-individuale, ce ne era un'altra che, appunto per essere comune a
-soggetti uguali, era comune a tutti e della quale l'alta sovranità
-spettava allo Stato per il riconoscimento di un modestissimo canone:
-«vectigal, quamvis exiguus praestant». Appunto perchè rilasciata non
-ad una preesistente città, ma a coloro, come singoli, che avrebbero
-formato il nucleo cittadino, solo l'unanimità dei consensi dava luogo
-ad una valida alienazione. Nelle colonie mancava quella _plebs_ che,
-non avendo obblighi, non aveva (fatta eccezione di Roma) diritti e
-non c'era il precedente stato di cose da considerare: se, quindi,
-lo Stato, date le condizioni ed i fini speciali in cui la colonia
-veniva dedotta, riteneva che alcuni beni fossero necessari all'uso di
-tutti, ne proibiva l'alienazione. Nel caso della _Colonia Genetiva
-Julia_, per esempio, erano di uso comune così le piazze e le strade
-e gli _aedificia_ in genere, su cui tutti camminavano e di cui tutti
-godevano, come le selve da cui tutti traevano le legna, come i terreni
-adibiti alla pastorizia ed all'agricoltura per il sistema relativo
-di sfruttamento del suolo (cfr. _Lex colon. genetivae Iuliae,_ r.
-LXXXII). Bisogna inoltre considerare che su tutte indistintamente le
-terre della colonia gravava l'obbligo della difesa del territorio, che
-era il fine per cui la colonia stessa era stata dedotta. Ora le terre
-dei singoli potevano essere vendute, perchè l'onere rimaneva sulla
-terra: non così le terre pubbliche le quali dovevano rimaner sempre in
-tale condizione che chiunque ne fruiva, anche temporaneamente, fosse
-soggetto ai carichi militari: «Qui in ea colonia intrave eius coloniae
-fines domicilium praediumque habebit neque eius coloniae colonus erit,
-is eidem munitioni uti colonus parebo» (cfr. _ibid._ r. XCVIII).
-
-[149] LÖNING E., _Geschichte d. deuts. Kirchenrechts_, II. pag. 4-5.
-
-[150] ZDEKAUER L., _Mille passus cit._, pag. 281-82.
-
-[151] Quando il concetto della cittadinanza romana comincia a perdere
-di rigidità, la ripercussione naturalmente si fa sentire su quello
-dell'incolato, il quale si avvantaggia di tanto di quanto l'altro si
-attenua. Si tende ad un equiparamento, raggiunto il quale, la città
-accetta le divinità del suburbio e questo quelle della città. Però
-questo equiparamento avvenne molto lentamente: la proibizione di
-seppellire e bruciare cadaveri entro le mura — che presuppone identiche
-divinità nelle città e nel territorio adiacente — malgrado i reiterati
-comandi degli imperatori (_Dig._ III. 44. 12. _Cod. Theod._ IX. 17.
-6) non fu attuata che a stento per la tenace opposizione di numerosi
-regolamenti municipali (_Dig._ XLVII. 13. 3 § 5. ULPIANO).
-
-[152] CORP. INSCR. LATIN. X. 1, 814, 853, 924, 1042 etc.
-
-[153] L'IMBART DE LA TOUR, _La paroisse rurale cit_. ha acutamente
-osservato che la chiesa cattolica tentò sempre di soppiantare il
-paganesimo insediandosi negli stessi luoghi ad esso destinati, per
-fruire della forza dell'abitudine, per cui si tende a continuare ad
-andare dove si è sempre andati.
-
-[154] LUPUS M. _De parochiis ante annum Christi millesimum_. Bergomi.
-1788. Diss. II. cap. IV. pag. 164 e segg.
-
-[155] TROYA. _Cod. Dipl. Lang._, IV. 1. num. 151. pag. 381.
-
-[156] Il DECLAREUIL (_loc. cit._ XXVI. 1902. pag. 234-67. 437-68.
-554-607. XXVIII. 1904. pag. 306-368. 474-500), oltre a credere che
-la decadenza sia cominciata assai tardi, pensa che il cristianesimo
-non abbia apportato alcun turbamento alla costituzione dell'impero.
-Per quel che riguarda la Chiesa si può accedere senza difficoltà
-alla sua opinione, a sostegno della quale sta, anzi, un argomento
-fondamentale, del quale il Declareuil non si è giovato. È difficile
-ammettere che avanti il riconoscimento ufficiale, iniziato con l'editto
-di Milano, il cristianesimo riuscisse, anche sotto il governo dei più
-miti imperatori, a modificare un regime che dava ai sacerdoti pagani
-un'elevata condizione sociale ed un saldo substrato economico (cfr. A.
-CRIVELLUCCI, _Intorno all'editto di Milano_ negli Studi Storici IV,
-pag. 267 e segg. e CARASSAI C. _La politica religiosa di Costantino
-il Grande e la proprietà della Chiesa_ in Arch. Soc. Romana di St.
-Patr. XXIV. 1901 e bibliografia ivi citata). Ma, per il resto, le sue
-conclusioni non sono accettabili; e prima di tutto, anche non tenendo
-conto del metodo con cui egli ha raccolto d'ogni dove materiali e
-notizie senza considerare l'immensa varietà dell'impero, tolgono vigore
-alla sua conclusione le lacune, dall'autore stesso confessate, nel
-quadro delle istituzioni, alcune delle quali tutt'altro che lievi:
-così per i _curatores_ dell'ultimo tempo repubblicano e dei primi
-secoli dell'impero, e per i _munera_, dei quali abbiamo da Scevola e da
-Arcadio Carisio una tripartizione (_personalia, patrimoniorum, mixta_)
-puramente esemplificativa, mentre sarebbe stato proprio da un esame di
-questi _munera_ che si sarebbe potuto dimostrare — se possibile — che
-le condizioni dell'impero d'occidente non erano ancora in decadenza. E,
-inoltre, la riforma di Diocleziano (a. 282) e quella ancor più grave
-di Galerio (a. 311) investono troppo profondamente tutto l'organismo
-statuale perchè si possa ammettere che indichino uno stato di cose
-temporaneo e non maturato da tempi lontani.
-
-[157] BAUDI DI VESME B. _L'origine romana del comitato longobardo e
-franco_, in Atti del Congr. Intern. di Scienze Storiche. Roma, 1904.
-vol. IX pag. 231 e segg.
-
-Dell'esistenza di questo _Comes_, di cui si conoscono molti altri
-esempi oltre i due soli citati dal Baudi di Vesme, non si può dubitare;
-ma questi, tratto dall'amore della teoria gabottiana sull'origine
-signorile del comune, è caduto in un equivoco. Questi _Comites_
-esistono, è vero, ma sono ufficiali dello Stato, non, come egli
-crede, ufficiali municipali. Anzitutto non si può credere che una
-modificazione così profonda nelle istituzioni municipali non abbia
-lasciato qualche segno nei documenti relativi alla diocesi italiciana
-dai tempi di Diocleziano alla caduta dell'impero d'occidente; mentre
-ciò è escluso dalle accurate indagini del COZZARELLI (cfr. _Studi
-di Storia e Diritto_ vol. XXIV 1. 2. 3. 4). E, di più, nessuna
-delle formule dei territori in cui le curie e le gesta sono rimaste
-anche dopo la loro sparizione dall'Italia (cfr. ZEUMER K. _Formulae
-merowingici et karolini aevi_, in Mon. Germ. Hist. Legum. V.), nè
-alcun documento tra quelli, relativamente non scarsi, a noi pervenuti,
-ricorda il _comes_ al posto del _defensor_ e degli altri ufficiali
-municipali (cfr. i doc. editi dal MARTÈNE e DURAND, dall'IMBART DE LA
-TOUR, dall'ESMEIN, dal _Tardif_, etc.). E nemmeno in via eccezionale
-si può ammettere carattere municipale e cittadino in quel conte
-di Marsiglia del 440, su cui il Baudi d. V. poggia tutta la sua
-argomentazione. Varî lavori serî ed autorevoli, per quanto a lui
-sconosciuti, quali quello del DUVAL-ARNOULD (_Études d'histoire du
-droit romain au V siècle d'après les lettres et le poème de Sidoine
-Apollinaire_. Paris. 1888). quello dell'ESMEIN, a proposito di alcune
-lettere di Sidonio Apollinare (nelle sue _Mélanges d'histoire du droit
-et de critique_, Paris 1886, pagina 379 e segg.), e quelli dell'ALLARD
-(in Rev. des questions hist. 1908), dimostrano in modo irrefutabile che
-esso non differiva dai conti così esaurientemente studiati da Gotofredo
-(cfr. il _Glossarium_ al _Cod. Theod_. e cfr. anche ciò che sotto
-questa voce dice il DE RUGGERO. _Dizionario epigrafico di antichità
-romane_. II. 1. pag. 468-530). Nei primi secoli dell'impero, a capo
-di ogni provincia stava un _rector_ munito d'_imperium_, nominato
-dall'imperatore, incaricato della sorveglianza delle amministrazioni
-municipali. Più tardi, per i bisogni della difesa e per la pronta
-decisione delle numerose liti, tali divisioni apparvero troppo ampie;
-onde, a volta a volta che se ne sentiva più impellente il bisogno,
-furono inviati e stabiliti nelle città dei _comites_ con le loro
-_comitivae_. Così li troviamo a Napoli, a Ravenna, a Roma, a Siracusa
-(cfr. GAUDENZI A. _Un'antica compilazione di dir. rom. e visig. con
-alcuni frammenti delle leggi di Eurico_. Bologna. 1886. pag. 109-111
-e _Mayer E._ _Ital. Verfassungsgesch_. Leipzig. 1910. II. pag. 109).
-Essi come provano le formule di Cassiodoro, mantengono inalterato
-il carattere e le funzioni degli antichi _rectores_, dai quali
-differiscono solo per la minore estensione del territorio affidato alla
-loro sorveglianza.
-
-E nemmeno sono ufficiali municipali, contrariamente a ciò che crede il
-BAUDI D. V., i _comitiaci_ ricordati nel papiro reatino del 557 (MARINI
-_Papiri diplom._ n. 79, pag. 121): le formule di Cassiodoro (_Variar._
-II. 10-11 — V. 6. — VIII. 27), da lui non citate, la nota iscrizione
-piemontese (ed. MARINI _loc. cit._ pag. 266 nota 28) ed un passo di
-Scevola (_Dig._ XXVI. 8. leg. pen.) dimostrano all'evidenza che in
-alcuni casi di tutela e curatela, concernenti famiglie distinte e
-ragguardevoli, l'atto si rogava presso il _Procurator Caesaris_, che è
-tutt'altro che una magistratura municipale (_Inter Curatorem minoris et
-creditorem minoris acta sunt apud Procuratorem caesaris infrascripta_
-etc. Cfr. anche MAFFEI S. _Historia diplomatica_ etc. Mantova. 1727.
-pag. 57).
-
-[158] I _minores possessores_ erano aggregati alle curie per gli oneri,
-ma, e questo è il punto fondamentale, la riscossione dei tributi da
-essi pagati non era affidata nè al curator, che sappiamo eletto _ad
-colligendos civitatis publicos reditus_ (_Dig._ L. 4. 18 § 9) nè ai
-curiali, ai quali spettava l'esazione della _capitatio plebeia_ (_Cod.
-Just._ XI. 28. 2), ma bensì al _defensor_ (cfr. LÉCRIVAIN CH. _Le sénat
-romain depuis Dioclètien_ in Bibl. de l'Ecole d'Athènes et de Rome,
-vol. 411. Paris. 1888. pag. 48 e LEICHT P. S. _Studi cit._ II. pag.
-27).
-
-[159] A torto il BAUDI DI VESME dice che i _defensores_ furono
-istituiti in un'epoca molto antica, a somiglianza dei tribuni della
-plebe di Roma. La _defensio_, cui egli accenna, non ha affatto
-carattere pubblico: è la difesa, la rappresentanza in giudizio della
-città. Di essa parlano in modo da togliere ogni dubbio ULPIANO (_Dig._
-L. 4. 16), ERMOGENIANO (_Dig._ L. 4. 1 § 2. _Defensio civitatis_ id
-est ut _syndicus_ fiat): e da ARCADIO CARISIO (_Dig._ L. 4. 18. § 3
-_Defensores_ quos Graeci _syndicos_ appellant) per la sua natura,
-rilevata da tempo (cfr. BETHMANN-HOLWEG. _Der Civilprozess des
-gemeinen Rechts_. II. pag. 415 e segg.) è distinta anche da quella
-della rappresentanza (_syndicus_) dei collegi (FERRINI _loc. cit._ n.
-73 pag. 99). Il _defensor_ è ricordato per la prima volta nel 365. La
-comparazione con i tribuni della plebe è una inesatta idea di CUIACIO
-(cfr. _Opera omnia_. Paris. 1874. I. col. 63 e III col. 55-56).
-
-Come si vedrà non solo non condivido l'opinione di coloro che ritengono
-che l'elezione del _defensor_ fosse fatta con il suffragio universale
-(CHÉNON E. _Étude historique sur le Defensor Civitatis_ in Nouv. Rev.
-Histor. XIII. pag. 332-33); ma non mi sembra nemmeno da accogliere
-l'interpetrazione predominante (cfr. LIEBENAM. _loc. cit._ p. 449)
-della nota legge di Valentiniano, Teodosio ed Arcadio dell'anno
-387 (_Cod. Theod._ I. 29. 2) e dell'ancor più nota _Interpretatio_,
-che spiega il _decretum_, con il quale le città devono eleggere il
-_defensor_, come il _consensus civium_ e la _subscriptio universorum_.
-
-[160] Riportati nel concilio di Reggio dell'855. MANSI, _loc. cit._
-XIV. col. 216.
-
-[161] Cfr. LIEBENAM. _loc. cit._ pag. 136 e segg.
-
-[162] _Cod. Just._ XI. 69. 8 e VIII. 12. 7.
-
-[163] Ne dette per il primo l'esempio Giuliano l'Apostata nel 362.
-Cfr. _Cod. Theod._ X. 3. 1. confermato da AMMIANO MARCELLINO. (_Rerum
-Gestarum libri qui supersunt._ Leipzig. 1874-75. libr. XXV. cap. IV)
-che parla di _vectigalia civitatibus restituta cum fundis_. Ma le
-distrazioni non cessarono: Teodosio nel 443 ne ordina nuovamente la
-restituzione (_Cod. Theod. nov. Theod._ XXIII).
-
-[164] _Cod. Just._ X. 48. 1.
-
-[165] _Cod. Just._ VIII. 12. 12.
-
-[166] Hoc facto impendiis ordinandis (dicono ARCADIO e ONORIO) ut
-adscriptio currat pro viribus singulorum, deinde adscribantur pro
-aestimatione operis futuri territoria civium.
-
-[167] _Cod. Theod._ VII. 13. 6. a. 370. VALENTE.
-
-[168] Cfr. LEICHT P. S. _Studi cit._ II. pag. 15-16, e la bella
-osservazione del MOMMSEN (_Das römische Militarwesen seit Diokletian_
-in Hermes. XXIV, pag. 239 e segg.) da lui riportata.
-
-[169] _Cod. Theod._ X. 20. 2. a. 358. _gyneciarii_. — X. 19. 5. a. 369.
-_metallarii_. — X. 22. 4. a. 888. _fabricenses_. — XII. 1. 146. a. 396.
-_collegiati singularium urbium_. XIV. 7. 1. etc.
-
-[170] L'uso delle armi era proibito a chi non apparteneva all'esercito.
-CICERONE (_Verrin_. V. 3) ricorda l'editto di L. Domizio pretore di
-Sicilia che proibiva _ne quis telum haberet_ e gli altri editti _ne
-quis servus cum telo esset_. PLINIO (_Nat. Hist._ XXIV. 14) ricorda una
-simile ordinanza emanata per Roma durante il terzo consolato di Pompeo.
-Nell'anno 364 Valentiniano e Valente avevano emanato una disposizione
-analoga passata poi nel Codice giustinianeo (XI. 46. 1.) che restaurò,
-per questo, un uso accolto anche dai Goti e da Teodorico che _ut nullus
-romanus usque ad cultellum uteretur vetuit_. Cfr. TAMASSIA N. _Alcune
-osservazioni sul Comes Gothorum_, in _Arch. Stor. Lombardo_. 1884. pag.
-415 nota 4.
-
-[171] _Cod. Theod. Nov. Valent._ III. T. IX a. 440. _De reddito jure
-armorum_.
-
-[172] Tanto l'uno che l'altro sono un _edictum ad populum_. Su di
-esso, oltre il magistrale e sempre giovane commento di GOTOFREDO, cfr.
-GAUDENZI A. _L'opera di Cassiodorio cit._, pag. 301 e segg.
-
-[173] _Cod. Theod. Nov. Valent._ V. 2 e 3. a. 440.
-
-[174] A Roma appare già formato nel 640. Cfr. _Liber Pontificalis_ ed.
-DUCHESNE. I. pag. 329.
-
-[175] _Cod. Theod. Nov. Theod._ XXIII. _De locis R. P.... restituendis_.
-
-[176] Gli imperatori cedettero _completamente_ alle città il diritto
-di proprietà e di disposizione sui beni pubblici. La riprova è
-data dal fatto che la nomina del _curator_, il quale dapprima è un
-funzionario imperiale, la cui mansione specifica è il coordinamento
-dell'autonomia locale con l'unità dell'impero (cfr. LÈCRIVAIN CH. _Le
-mode de nomination des Curatores Reipublicae_ in _Mélanges d'Arch. et
-d'Hist._ 1884. IV. 3-4. pag. 356 e segg. e la memoria del LIEBENAM in
-_Phylologus_ vol. 4, pag. 290 e segg.), diviene elettiva (_Cod. Theod._
-XII. 2. 171), non quando e perchè, come crede il LÈCRIVAIN, le città
-perdono i loro beni, ma quando l'imperatore lascia alle città, purchè
-si difendano, il libero uso delle proprietà.
-
-[177] _Cod. Theod. Nov. Maior._ Tit. 3.
-
-[178] _Cod. Theod. Nov. Theod._ II. 24 § 4. _Cod. Just._ XI. 60. 3.
-Cfr. anche LEICHT, _Studi cit._ II. pag. 41.
-
-[179] _Lex colon. Genetivae Juliae_ r. 98.
-
-[180] _Cod. Just._ XII. 41. 5. a. 413.
-
-[181] _Cod. Theod. Nov. Maior._ Tit. 3.
-
-[182] _Cod. Just._ I. 1. 4.
-
-[183] TAMASSIA N. _Alcune osservazioni intorno al Comes Gothorum cit_.,
-pag. 248.
-
-[184] GAUDENZI A. _L'opera di Cassiodorio a Ravenna_, in «Atti e Mem.
-R. Dep. Stor. Patr. di Romagna». 1886. pag. 427.
-
-[185] Editto di Teodorico § 69.
-
-[186] CASSIODORO _Variarum_ VII, 11, 12.
-
-[187] BRUNNER. _Zur Rechtsgeschichte d. röm. u. germ. Urkunden_, pagine
-113 e segg., 124 e segg.
-
-[188] TAMASSIA N. _Fonti gotiche della storia longobarda_, in «Atti
-Regia Accad. di Torino», 1896-97, vol. XXXII, pag. 683-707. ID. _Una
-professione di legge gotica in un documento mantovano del 1045_,
-in «Arch. Giuridico», 1902. ID. _Le professioni di legge gotica in
-Italia_, in «Atti e Mem. R. Accad. Sc. Lett. Arti in Padova», vol. XIX,
-disp. I, pag. 14 dell'estr.
-
-[189] GAUDENZI A. _Gli editti di Teodorico e di Alarico e il diritto
-romano nel regno degli Ostrogoti_. Torino, 1884, pag. 41.
-
-[190] LEICHT P. S. _Studi cit._ II, pag. 41.
-
-[191] GAUDENZI A. _L'opera di Cassiodorio, cit_. pag. 448.
-
-[192] Cfr. CASSIODORO. _Var_., I, 28, tutta basata sulla leg. 35
-_Cod. Theod_., XV, 1, confermata da numerosissimi esempi. Teodorico
-infatti ricostruì le mura di Spoleto, di Verona e di molte altre città,
-acquedotti, opere pubbliche etc. (MAFFEI S. _Verona illustrata_. I. 9.
-pag. 448). Nella sua cronaca, all'a. 500. _Patricio et Hispatio coss_.,
-CASSIODORO dice che al tempo di Teodorico _plurimae renovantur urbes,
-munitissima castella conduntur, consurgunt admiranda palatia_.
-
-[193] SALVIOLI G. _Sullo stato e la popolazione d'Italia prima e dopo
-le invasioni barbariche_. Palermo. 1900. pag. 32 e segg.
-
-[194] SOLMI A. _Le associazioni in Italia avanti le origini del
-comune_. Modena. 1898. pag. 125.
-
-[195] Cap. 64... _quisquis ingenuus, nulli tamen quolibet modo obnoxius
-civitati_...
-
-[196] _Cod. Theod_. XV. 1, 23, GRAZIANO, VALENTINIANO e TEODOSIO, a.
-384 e _Cod. Just._, VIII, 12, 7.
-
-[197] _Edict. Theod._, cap. 69.
-
-[198] _Lex Romana Wisigothorum_, XIV, 1, 1.
-
-[199] _Cod. Theod._, XIV, 7, 1.
-
-[200] La sorveglianza spettò ai _Vigili delle porte_, aggiunti dai
-Goti all'amministrazione municipale, nominati dal re ed investiti in
-parte di quel carattere militare (MOMMSEN. _Ostgoth. Studien_ in N.
-Arch. XIV, 1888, pag. 494) di cui è compenetrata la giurisdizione del
-_comes Gothorum,_ che, quantunque in alcuni punti se ne distaccasse,
-(MOMMSEN, _loc. cit._, pag. 529) imitò gli _judices militares romani_
-(DEL GIUDICE P. _Sulla questione della dualità del diritto in Italia
-sotto la dominazione ostrogota_. Rendic. R. Accad. Lombarda, s. II,
-vol. XXXIX, 1906, pag. 795), sui quali si adagiò facilmente (TAMASSIA
-N. _Alcune osservazioni sul Comes Gothorum_, pag. 259).
-
-[201] _Cod. Just._, I, 3, 16.
-
-[202] Tale, almeno, sembra l'ipotesi più probabile, dato che,
-secondo l'opinione dominante, non felicemente combattuta dal
-ROBERTI, beni comuni si trovano nell'epoca romana e nella langobarda
-e nelle successive, senza soluzione di continuità, e sono appunto
-caratterizzati dal diritto d'uso da cui sono gravati a vantaggio di
-determinati gruppi.
-
-[203] _Cod. Just._, XI, 4, 1.
-
-[204] Infatti ad essi sono equiparati nell'immunità dalla giurisdizione
-ordinaria, essendo, come quelli, giudicati dal _rationalis_. Cfr. _Cod.
-Just._, III, 26, 7. Di questo elemento mi sembra non abbia tenuto il
-conto che merita il SAVAGNONE nel suo studio su _Le terre del fisco
-nell'impero romano_. Palermo. 1902.
-
-[205] Aemilia. Camilia. Claudia. Clustumina. Cornelia. Fabia. Galeria.
-Horatia. Lemonia. Menenia. Papiria. Pollia. Papinia. Romilia. Sergia.
-Voltina. Veturia.
-
-[206] Vedi l'acuta nota di S. PEROZZI nel _Comm. alle Pandette_ del
-GLÜCK, lib. XXI. 1. § 1106. pag. 4.
-
-[207] _Loc. cit._, VI. pag. 197.
-
-[208] _Caes._ 41.
-
-[209] _Aug_. 40.
-
-[210] Divisi in rispondenza delle strade che escono dalle porte,
-distinti con appositi nomi e addossati alle mura: proprio come i borghi
-medioevali che si formano entro le stesse linee.
-
-[211] _Dig_. XLIII, 8, 2 § 22.
-
-[212] _De leg. agr_. II. 35.
-
-[213] _Epig_. VII. 61. 3.
-
-[214] Cfr. HERMES. XIV. pag. 604.
-
-[215] DE MARCHI, _loc. cit._, pag. 244.
-
-[216] Cfr. _Revue Historique_. 1902, pag. 437.
-
-[217] Cfr. specialmente _Cod. Theod_. XII. 1. 179. § 1.
-
-[218] Le note carte cremonesi che ricordano le _regiones_, benchè
-recentemente difese dal MAYER. _Die angeblichen Fälschungen
-des Dragoni_. Leipzig. 1908, sono da ritenersi frutto di una
-falsificazione.
-
-[219] DECLAREUIL, _loc. cit._, pag. 444-45: e LIEBENAM, _loc. cit._
-pag. 109 e segg.
-
-[220] _Dig._, L, 8, 1 e 5; XLVIII. 12. 3 § 1.
-
-[221] _Dig._, XXX. 1. 22; XLVIII. 12. 3. § 1.
-
-[222] _Historia_ VII. 3 (della traduzione latina).
-
-[223] Per le istituzioni alimentarie di Nerva, Traiano e degli
-imperatori successivi, cfr. SEGRÈ, _loc. cit._, e sopratutto le belle
-pagine del WILLEMS, _loc. cit._, pag. 491 e segg.
-
-[224] Le multe inflitte agli ecclesiastici da Valentiniano (a. 392),
-con una deroga al sistema comune, furono devolute ai poveri. E lo
-stesso fece Atalarico (CASSIODORO. _Variar._ VIII, 24). È certo che la
-erogazione venne affidata alla Chiesa.
-
-[225] TAMASSIA N. _I sermoni di Pietro Crisologo_ in Studi Senesi.
-1906. I. pag. 63.
-
-[226] EP. IX, 100 a. 599, e TROYA. _Cod. dipl._, IV, 1, 208. Contiene
-una netta distinzione degli _homines callipolitani castri_ in
-_habitatores loci ipsius_ da una parte e _homines massae_ dall'altra,
-con netta separazione giuridica. _Massa_ qui ha il senso che solo più
-tardi troviamo per indicare, insieme con l'espressione _corpi santi_,
-il territorio intorno alla città.
-
-[227] MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XXI (to. II. col. 222. D).
-
-[228] ID. _ibid._ Diss. LXXIV.
-
-[229] BERETTA E. _De tabula chorografica M. Ae_. sect. VI in _Rer.
-Ital. Script._ X. pag. 31 e segg.
-
-[230] Cfr. MAFFEI S. _Verona illustr._ libr. VII, pag. 134. DE VITA
-G. _Antiquitates Beneventanae_, to. I. Diss. 1. cap. 3. CATALANUS M.
-_De eclesia firmana eiusque episcopis et archiepisropis_. Fermo, 1783,
-pag. 12 e segg. ROVELLI G. _Storia di Como._ Milano 1789, vol. II, pag.
-22-28.
-
-[231] PABST. _Geschichte der langobardischen Herzogtümer._ Forschungen
-zur Deutschen Geschichte II. Göttingen, 1862, pag. 437 e segg.
-
-[232] DAVIDSOHN R. _Storia di Firenze_. Vol. I. Firenze, 1907, pag. 94.
-
-[233] LUSINI V. _I confini storici del Vescovado di Siena_ in
-«Bullettino senese di Storia Patria». Vol. V, a. 1901, fase. 3 e segg.
-
-[234] È nota la dotta discussione, a questo proposito, del CRIVELLUCCI
-(_Le chiese cattoliche e i longobardi ariani in Italia_ in «Studi
-Storici» IV. pag. 385-423 — V. pag. 153-177 e 531-554 — VI. pag.
-93-115 e 589- 604) e del DUCHESNE (_Les évêchés d'Italie et l'invasion
-lombarde_ in «Mélanges d'archéologie et d'histoire». XXIII. 1-3. 1903
-p. 83-116).
-
-Nell'Italia settentrionale si è perduto — e per opera dei Bizantini,
-non dei Langobardi — il solo vescovado di Brescello: nell'Italia
-centrale quello di Populonia. Degli altri alcuni furono disorganizzati
-— due per più di un secolo — ma non distrutti. Cfr. ID. _Rectification_
-etc. ibid. a. 1906. XXVI. pag. 565-567.
-
-Il vescovado di Roselle fu trasportato a Grosseto solo nel 1138 da
-Innocenzo II (KEHR P. FR. _Regesta Pontificum Romanorum. III. Etruria._
-Berlin. 1908 n. 8 pag. 260), ma non furono certamente i Langobardi a
-causarne la decadenza: in un documento della badia amiatina (inedito
-nel R. Archivio di Stato di Siena) dell'867 sono ricordati il gastaldo
-ed uno scabino della città di Roselle; ed il 14 settembre dell'892
-da Roselle datò un suo diploma l'imperatore Guido (SCHIAPARELLI L. _I
-diplomi di Guido e di Lamberto_. Roma. 1908 n. 18 pagine 44-45).
-
-[235] Rubr. IX.
-
-[236] _Dig._ L. 13. 4. Forma censuali cavetur ut agri sic in censum
-referantur: nomen fundi, cuiusque, et in qua civitate _et in quo pago_
-sit, et quos duos vicinos proximos habeat.
-
-[237] MAFFEI S. _Verona illustrata cit._ pag. 381 e segg. Ed
-altrettanto si faceva in tutta Italia. Cfr. _Inscr. Regni Neapol._ ed.
-MOMMSEN numeri 216. 1354, in cui si ha la tavola alimentare dei liguri
-bebiani e l'iscrizione di Volcei.
-
-[238] VOIGT. _loc. cit._ pag. 140 e segg.
-
-[239] Questo è il senso del Decreto di papa Gelasio (492-95) riportato
-nel DECRETO di GRAZIANO c. 5, C. XVI, 423. — di un'epoca, cioè, in cui
-nessuna perturbazione era stata portata da elementi estranei.
-
-[240] TROYA. _Cod. dipl. lang._ IV. 1. n. 400. 406. 407.
-
-[241] LEICHT. _Studi cit._ I. pag. 39 e 68-9.
-
-[242] La decadenza del sistema dei mansi e la loro decomposizione,
-manifesta nel secolo IX (cfr. SCHUPFER _Il diritto privato cit._
-II. pagine 81-92) non mi pare abbia influito sul frazionamento delle
-pievi. Lo attesta chiaramente il secondo concilio pavese dell'855 che
-si esprime così (ed. PERTZ, nei «Mon. Germ. Hist. _Leges_ I. pag.
-432 cap. 11): In sacris canonibus praefixum est, ut decimae juxta
-episcopi dispositionem distribuantur. Quidam autem laici, qui vel in
-propriis vel in beneficiis suas habent basilicas, contempta episcopi
-dispositione, non ad ecclesias ubi baptismum et praedicationem et manus
-impositionem et alia Christi sacramenta percipiunt, decimas suas dant,
-set vel propriis basilicis, vel suis clericis pro suo libitu tribuunt.
-
-[243] S. PIER DAMIANO in un bellissimo passo di una sua lettera del
-1076 al marchese Goffredo (Ep. VII. 13) dice che la marchesa Willa
-aveva nel comitato aretino _villam novem quidem mansionibus_ EX ANTIQUO
-MORE _distinctam, quae postmodum_ JUXTA MODERNAM CONSUETUDINEM _in
-plurimos est divisa_.
-
-[244] MON. GERM. HIST. _Leges_ II. ed. BORETIUS. _Capit. Reg. Franc._
-I. 1. n. 45. _Divisio regnorum_. 806. febr. 6. pag. 128. n. 4.
-
-[245] Cfr. il lessico del Forcellini a q. v.
-
-[246] Molendinum edificatum _sub urbem_ huius civitatis Parme, in AFFÒ
-I. _Storia di Parma_, vol. I Parma 1792, n. 57 pag. 839 a 935.
-
-_Sub urbe_ Regio in via publica ipsius loci. _Cod. dipl. lang._ (PORRO)
-n. 672 a 963.
-
-[247] _Cod. Dipl. Lang._ (PORRO) n. 39.
-
-[248] UGHELLI^2. _Italia sacra_. Venezia, 1720, V. col. 705.
-
-[249] _Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di
-Lucca._ Vol. V, parte II, n. 832, pag. 506.
-
-[250] _Memorie e Documenti per servire alla storia del ducato di
-Lucca._ IV (BARSOOCHINI) p. II. 2.
-
-[251] LUZZATTO G. _I servi nelle grandi proprietà ecclesiastiche
-italiane dei secoli IX e X_. Pisa, 1910, pag. 19-20.
-
-[252] TIRABOSCHI G. _Memorie modenesi_ I. 66. a 904.
-
-[253] IDEM. _ibid._ I. 90. a 943. pag. 111.
-
-[254] Diploma di Corrado I. a. 1031 in MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss.
-II.
-
-[255] Bolla dell'antipapa Clemente ai canonici di Reggio, a. 1092 in
-MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XXI.
-
-[256] Si potrebbe supporre, in tal caso, che il _suburbium_ non fosse
-riconnesso alla città fino dall'epoca romana, ma sibbene da qualcuna
-delle frequenti concessioni che si trovano nei diplomi degli ultimi
-Carolingi e dei loro successori.
-
-Anche il diploma di Federigo I. del 1156 (ed. LUPI, _Cod. dipl. cit._
-I. col. 578), probabilmente spurio, ma egualmente valido ad attestare
-l'uso e la frequenza dell'espressione, usa l'indicazione _in circuitu_.
-L'imperatore concede al vescovo, fra l'altro, _nominatim omnes
-districtiones et publicas functiones Pergamensis civitatis et villarum
-et castellorum que sunt_ IN CIRCUITU IPSIUS CIVITATIS _ad eumdem
-comitatum pertinentes._
-
-Della possibilità che _villae_ e _castra_ potessero trovarsi entro il
-_suburbium_ dirò più avanti.
-
-[257] _Cod. dipl. lang._ (TROYA) IV. 1. n. 498.
-
-[258] _Ibid._ (ID.) n. 962. 564. 995. etc.
-
-[259] SCHIAPARELLI L. _I diplomi di Berengario I_. Roma, 1903, n. 14
-pag. 48-49 a. 896.
-
-[260] Cfr. BRUNETTI F. _Codice Diplomatico Toscano_ I. 2. Firenze
-1838, n. 70 a. 806. pag. 70. v. 7. 21. 24. 31 e 14. Per mettere in
-maggior rilievo la differenza fra _infra_ e _intus_ non è fuor di luogo
-osservare che si tratta di un placito.
-
-[261] Diploma di Ottone III. ai canonici di Parma dell'anno 996. —
-MON. GERM. HIST. _Diplomat._ II. 2. _Die Urkunden Otto des_ III, n.
-210, pag. 622 — in cui sono ricordate le _mansiones_ INFRA _civitatem
-Bononiam_ insieme con quelle in SUBURBANO TERRITORIO _Ferrarie_ e con
-le SUBURBANAS TERRAS di Parma.
-
-[262] UGHELLI^2. _loc. cit. VIII_. col. 51: _monasterium Salvatoris_
-INFRA CIVITATEM BENEVENTANAM. — _ibid_. col. 92: _monasterium S.
-Modesti_ INTUS HANC NOVAM CIVITATEM BENEVENTANAM e passim.
-
-E non è soltanto nei documenti concernenti le città che _intra_ ha
-questo significato.
-
-Nel diploma dell'arcivescovo di Milano Todone del febbraio 866 a favore
-del monastero di Sant'Ambrogio, fra le altre concessioni c'è quella di
-INTRA _ecclesiam Sanctorum Vitalis et Agricolae, in honore sanctorum
-Petri et Pauli ecclesiam infirmorum construere_.
-
-Il PURICELLI (_Ambrosianae basilicae Monumenta_. Milano, 1645, numero
-115, pag. 201) presso _intra_ apre una parentesi dicendo: «non _intra_
-sed _iuxta_ legendum est.»
-
-Che nel documento sia stato scritto _intra_ è certo, perchè se fosse
-stato possibile il menomo dubbio di lettura, il Puricelli non avrebbe
-esitato a indicarlo: d'altra parte è egualmente sicuro, per le notizie
-che il Puricelli stesso dà, che la chiesa di S. Pietro e Paolo era
-presso e non dentro la chiesa di S. Vitale e Agricola. A me sembra
-si possa ragionevolmente supporre che ci si trovi dinanzi ad una
-deviazione, non irrilevante, dell'antico significato romano di _infra_.
-
-A Lodi un documento del 9 luglio 931 (VIGNATI C. _Laus Pompeia_ in
-«Bibl. Hist. Ital. cura et studio societatis langobardicae» Milano,
-1879, II. n. 10 pag. 16) contiene la permuta di una terra IN _civitate
-Laude prope ecclesia S. Stephani_ con un'altra terra INTRA _civitatem
-Laude prope porta mediolanense_. La differenza di indicazione di
-un terreno che sappiamo di sicuro essere stato entro la città (cfr.
-ID. _ibid._ pag. LVII) con quella del secondo induce a credere che
-quest'ultimo fosse fuori delle mura.
-
-Anche l'Editto langobardo (_Roth_. 340) usa l'avverbio _infra_. Se
-qualcuno, inforcato il cavallo di un'altro, cavalcherà INFRA _viciniam
-idest_ PROPE _ipsum vicum_, pagherà due soldi di pena; _si in antea_,
-cioè fuori del territorio vicinale, _in actogild reddat_. Dunque
-_infra_ indica lo spazio situato fra il vico, al centro, e i confini,
-alla periferia.
-
-[263] Cfr. pag. 16 e segg.
-
-[264] La critica ormai ha pacificamente ammessa l'origine comune e lo
-svolgimento molto somigliante del notariato dell'Italia langobarda
-e dell'Italia romanico-bizantina (MAYER E. _Ital. Verfassungsg_. I.
-pag. 114 e segg.) e con altrettanta concordia è ammessa, col BRUNNER,
-la diretta derivazione del documento medioevale da quello romano; ed
-è del pari innegabile che i singoli e specifici rilievi del MURATORI
-(_Antiq. Ital._ diss. VIII. to. I. col. 426), del LUPI (_Codex
-Diplomaticus Bergomensis._ Bergomi 1799 to. II. animadv. XLIV col.
-494), dell'HANDLOIKE (_Die lombardischen Städte unter die Herrschaft
-der Bischöfe, und die Entstehung der Communen_, Berlin. 1883 pag.
-111), dello SCHUPFER (_Il diritto privato dei popoli germanici etc._
-II. Città di Castello, 1909 pag. 51 e segg.) danno modo di affermare
-con sicurezza che i notai medioevali, pur nel loro barbaro latino, si
-attennero con cura scrupolosa all'uso di termini tecnici e precisi.
-Ma è altrettanto indiscutibile la grande varietà degli atti di uno
-stesso tipo, derivante, secondo me, da cause che risalgono a ben remota
-antichità: varietà che si è cominciato appena ora a mettere in luce da
-recenti e buoni studi diplomatici.
-
-[265] Il NISSEN (_Templum und Institum e Pompeianische Studien zur
-Städtekunde des Alterthums_. Leipzig. 1877) ha messo opportunamente in
-luce l'importanza di Pompei come tipo delle città italiche che erano
-_regolari_, contrariamente alle antiche città greche.
-
-[266] D'ACHERY L. e MABILLON I. _Acta Sanctorum ordinis S. Benedicti_,
-Venezia, Coletti-Bettinelli, 1733, vol. II. p 330.
-
-[267] IAFFÈ. _Reg. Pontif._, a. 768-772, n. 2389.
-
-[268] MANSI. _Conciliorum amplissima collectio_, vol. XIII. col. 1006,
-cap. XLI. e _Hludowici II, Synodus Ticinensis_ a. 850. c. b. ed. PERTZ.
-in «Mon. Germ. Hist.» III. pag. 397.
-
-[269] ID. _Ibid._, col. 1008.
-
-[270] ID. _Ibid._, vol. XIV, col. 931-2; e PERTZ, _loc. cit_.
-
-[271] _Ordo romanus_, c. 6. Ad maiorem missam debent esse _sex
-suburbani_, diaconi septem etc. in MARTÈNE. _De antiqua disciplina
-Eccles. in Div. off._, pag. 504.
-
-[272] UGHELLI. _loc cit._, vol. V, col. 728, a. 921. Nell'a. 921,
-Raterio, vescovo di Verona, col suo testamento dispose fra l'altro
-«ut advenientibus omnibus kalendis in curriculis totius anni pascant
-pauperes duodecim pro anima domini Berengarii senioris mei Domini
-amabilis imperatoris, et cum de hoc seculo evolaverit omni anno die
-anniversaria pascant pro anima eius pauperes trecentos et _sacerdotes
-sanctae ipsius ecclesiae cardinis omnes_..... (lacuna nel testo) _seu
-et_ SUBURBANOS _omnes_ ita ut in tribus diebus ante eius annualem
-et tribus _omnes_ generaliter _sacerdotes_ DE INTUS ET DE FORIS
-omni die missas cantent et Domino preces offerant pro eius anima».
-UGHELLI-COLETI. _loc. cit._, V, col. 728.
-
-[273] Bolla di Alessandro II dell'a. 1061; al monastero di Senatore di
-Pavia _in suburbio ticinensi_ ecclesiam S. Georgii et S. Pancratii, in
-MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXX.
-
-[274] Diploma di Ottone III ai canonici di Parma dell'a. 996 in nota 5
-pag. 88.
-
-[275] MAYER, _loc. cit._, pag. 434, nota 9.
-
-[276] Cfr. Diploma di Enrico IV del 26 maggio 1111 confermante quelli
-dei precedenti re ed imperatori. AFFÒ I. _Storia di Parma_, I, pag.
-343.
-
-[277] MAYER, _loc. cit._, pag. 434, nota 9.
-
-[278] MANSI, _loc. cit._ vol. XIV, col. 791. Il vescovo concede un
-massaro di nome Gisulfo insieme con tutte le cose che «per ipsum
-reguntur _in suburbano vico episcoporum_». La concessione fu confermata
-dal metropolita milanese Angelberto nel sinodo provinciale. _Ibid._
-col. 792-93.
-
-[279] _Synodus romana in causa Formosi pp_. c. 8. e _Massa_ ha anche un
-altro e ben diverso significato: indica un complesso organico di beni
-nell'amministrazione della Chiesa. Un bellissimo esempio ci è offerto
-dal _Liber diurnus_, ed. SICKEL. Vienna, 1889, VI, 5 e XL, in cui si
-parla del _presbyter_ preposto alla chiesa di una _massa_. GREGORIO
-M. _Epist_. VI, 18-X, 28-X, 52 e dal diploma di Federigo I del 1177
-al monastero di Pomposa. (MURATORI, _Ant. Ital_. Diss. XLVII). Sulle
-massae d'Arno, di Bagno e Trabaria ha pubblicato uno studio P. FABRE
-nell'«Arch. della Soc. Rom. di Stor. Patr.» vol. XVII a. 1894.
-
-[280] D'ACHERY-MABILLON. loc. cit, vol. I. pag. 351 e DELISLE in
-_Orderici Vitalis historia eccles_. 1885 pag. LXXIX-LXXXIV.
-
-[281] Cfr. _Capitulare mantuanum primum mere ecclesiasticum_ a.
-787. c. 11 (ed. BORETIUS in «Mon. Germ. Hist.» _Capit. Reg. Franc_.
-I. 1. _n_. 92, pag. 195). La data, però, non è esatta: il PATETTA
-(_Sull'introduzione in Italia della collezione di Ansegiso e sulla data
-del cosidetto capitulare mantuanum duplex attribuito all'anno 787_
-in «Atti della R. Accad. di Torino» 1890, vol. XXV, pag. 883-85) ha
-dimostrato che invece è da ascriversi all'anno 813.
-
-[282] LUPI. _De Parrochiis_ pag. 253. E il Concilio di Reggio o Pavia
-dell'a. 850 stabilisce (cap. XIII) _sicut episcopus matrici preest, ita
-singulis plebibus archipresbiteros praeesse volumus_. MANSI, loc. cit.
-vol. XIV, col. 935.
-
-[283] LUPI. _Cod. dipl. cit._ I, col. 323. Eccone i confini secondo
-un documento del 928 (_ibid_. col. 900-901). A recta via (partendo
-dalla cattedrale di S. Alessandro) usque ad locum qui vocatur Cultel
-et Canale et per montes et per valles et per culta et per inculta usque
-ad locum qui vocatur Brene. Ex altera parte civitatis a Laticis antrum
-quod vulgo dicitur Lantrum, recta via usque ad Sorisole per omnem illum
-locum qui vocatur Castellum per montes et per valles usque Lemine».
-
-Su questo documento sono da vedersi le giuste osservazioni di A. MAZZI.
-_Corografia bergomense_, Bergamo 1880, sotto la voce Bergamo.
-
-In un documento del 1174 (Lupi. _Cod. dipl_., II, col. 1281), con cui
-la chiesa di S. Michele fu eretta in parrocchia, si legge che quei
-_vicini_, avendo asserito «ex sua parte quod praefata aecclesia S.
-Michaelis habebat jus baptizandi tum ex parte comitum, tum etiam popter
-usum longi temporis», i canonici risposero «hoc non licere eisdem
-hominibus aut ecclesie cum _non esset plebs neque haberet titulum sed
-essent_ SUBURBANI».
-
-Degli aumenti successivi del territorio suburbano parlerò a proposito
-dei diplomi imperiali dell'epoca franca e precomunale.
-
-[284] LUITPR. _Historia Langubardorum_. Mon. Germ. Hist. Ss., II, 16.
-
-[285] ROBERTI. _Dei beni appartenenti alle città cit._, pag. 30-31,
-nota 4, dell'Estr.
-
-[286] SCHUPFER _Fr. Aldi liti e romani cit_., pag. 70.
-
-[287] UGHELLI-COLETI. _Italia Sacra_, V, 707-08. Partizione delle
-decime fatta dal vescovo Rotaldo nell'813. Damus atque concedimus
-sanctae matriculari ecclesiae tres portiones decimarum, quae a fideli
-populo civitatis dantur; quartam pauperibus reservamus. Primo quidem
-omnium decimas, quae a populo civitatis dantur, omnibus canonicis
-communiter concedimus; deinde omnes decimationes que dantur ab
-hominibus habitantibus in Villa, que stat iuxta Portam Sancti Firmi
-largimur illi canonico qui subdiaconibus atque acolitis de secretario
-praeesse debet studio. Cunctas denique decimas, quae dantur a villanis
-indigenis, seu advenis habitantibus sive habitaturis in Villa S.
-Zenonis confessoris usque ad portam civitatis opportune septem
-subdiaconibus et totidem acolitis damus, exceptis tribus massariciis,
-quae in nostra potestate reservamus.
-
-[288] Queste città sono espressamente ricordate nell'atto di divisione
-di Carlo M. _Cfr. Capit. Reg. Franc._ ed. BORETIUS in «Mon. Germ.
-Hist.» n. 45, c. 4, pag. 128.
-
-[289] Cfr. BRUGI B. _Le dottrine giuridiche degli agrimensori romani
-comparate a quelle del Digesto_, Verona-Padova, 1897.
-
-Per la Sardegna differenze notevolissime nella larghezza dell'_iter
-culturas accedentium_, dovute al permanere di preesistenti usi locali,
-sono state messe in rilievo dal BESTA, _Il diritto sardo nel medio
-evo_, Bari 1898, n. 141, pag. 85.
-
-[290] Cfr. il passo nel glossario del DU CANGE a q. v.
-
-[291] LUCHAIRE A. _Les communes françaises à l'époque des Capétiens
-directs_. Paris. 1890. pag. 69-72.
-
-[292] HUVELIN P. _Essai historique sur le droit des marchés et des
-foires_, Paris, 1897, pp. 188, e 200-01.
-
-[293] Vedi il glossario del DU CANGE alla voce cit.
-
-[294] LUCHAIRE A. _loc. cit._, pag. 69.
-
-[295] Cfr. _Mon. Hist. Patr._, XIII, 1561.
-
-[296] La prova e la confutazione di questa ipotesi non può esser data
-che dal materiale metrologico: si conoscono, infatti, tre specie di
-leghe; la _leuca mayor_ di 2962 m., la _leuca minor_ che misura solo
-2222 m., ed infine la _leuca gallica_.
-
-[297] In MON. GERM. HIST. _Capitul_ ed. BORETIUS. II. 125.
-
-[298] LEICHT. _Studi cit_., I, pag. 51.
-
-[299] S'intende che io parlo del massaro come lavoratore e coltivatore
-della terra; non del servo, dello schiavo, incaricato dal padrone delle
-funzioni e dei lavori propri del massaro. Quest'ultimo non acquista
-mai la personalità giuridica, che è propria dell'altro, per quanto ne
-possa compiere tutte le mansioni. Tale distinzione è indispensabile per
-avere un'idea esatta di quelle classi rurali, a proposito delle quali
-e più specialmente del massaro è sorta, or non è molto, una proficua
-discussione fra l'HARTMANN (_Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens_, pag.
-57-62) e il SOLMI (Rec. all'HARTMANN in «Riv. It. di Sociologia IX.
-1905. pag. 15 dell'Estr.), alla quale ha preso parte anche il VOLPE (in
-«Studi Storici» dir. da A. Crivellucci. 1905, pag. 176-77).
-
-[300] Cfr. PIVANO S. _I contratti agrari in Italia nell'alto m. evo._
-Torino. 1904. pag. 314-15.
-
-[301] Sulla tendenza comune nel basso impero, e continuata anche dopo,
-di rendere assoluti ed ereditari i vincoli dei lavoratori della terra e
-tutti i contratti relativi all'economia rurale cfr. LEICHT _Studi cit_,
-I, pag. 46-47.
-
-[302] Cfr. nota 2 pag. 86.
-
-[303] SCHIAPARELLI L. _I diplomi di Ludovico III e di Rodolfo_. Roma,
-1908, n. XV, pag. 67.
-
-[304] Ed. in MON. HIST. PATR. vol. I. chartarum n. 87 col. 143-44.
-
-[305] Questo è dimostrato dalla ripetizione, oltre che del _castrum
-vetus_, dei nomi dei servi. Tale ripetizione è stata rilevata anche
-dal CIPOLLA (_Di Audace Vescovo di Asti e di due documenti inediti che
-lo riguardano_ in «Miscellanea di Storia Italiana» vol. XXVII a. 1889
-pag. 183 nota 1) il quale, ritenendo che la condizione di _servientes_
-possessori di beni immobili sia contradetta dalla parola _massaritia_,
-che indica il manso e considerandola poco verosimile e conciliabile
-con la condizione nella quale appaiono trovarsi i servi, pensa che il
-diploma del 938 autorizzi senz'altro ad intendere che anche nel primo
-diploma si sia trattato di veri e propri servi.
-
-[306] TAMASSIA N. _Una professione di legge gotica cit_., pag. 6. Anche
-il LEICHT (_Studi cit._ I. pag. 104) riporta un documento lombardo dal
-quale si vede che vi erano beni comuni del _comitatus_.
-
-[307] SCHUPFER FR. _Il diritto privato dei popoli germanici_, vol. I.
-pagina 42 e segg.
-
-[308] MAYER. _Ital. Verfass cit_., I, pag. 281. SOLMI. _Storia cit._
-pag. 188.
-
-[309] KANDLER. _Cod. diplom. istriano_ n 804, riportato dal ROBERTI,
-dal FINOCCHIARO-SARTORIO e dallo SCHUPFER. Cfr. anche WAITZ. _Die
-deutsche Verfassungsgeschichte_. II. 1883. pag. 490-92.
-
-[310] Lo SCHUPFER. (_Dir. priv. cit_. I. pag. 64 e 66) veramente crede
-che la natura del diritto dei cittadini sia puramente d'uso, di fronte
-alla proprietà eminente del sovrano, il quale può disporre di questi
-beni senza commettere un arbitrio; ma tale sua concezione è così
-intimamente legata all'affermazione dell'esistenza di forme economiche
-collettivistiche presso i Langobardi, dopo la loro discesa in Italia,
-che non può non risentirsi dei gravi colpi portati a quest'ultima,
-sopra tutti dal LEICHT e dal SOLMI.
-
-[311] PAUL. DIAC. _Hist. Langub._ V. 36.
-
-[312] FICKER _J. Forschungen zur Reichs und Rechtsgeschichte Italiens_.
-IV. Innsbruch 1874, n. 27, pag. 35.
-
-[313] Cfr. _Die Urkunden Otto d. III._ ed. cit. n. 53 pag. 456-7.
-
-[314] MURATORI. _Ant. Ital._ Diss. VIII.
-
-[315] _Cronaca piacentina_, ad an. ediz. BORRA. Parma 1862.
-
-[316] A. 1037. ODORICI. _Storie bresciane_ vol. V. pag. 50. e
-GRADONICUS I. H. _Pontificum brixianorum series commentario historico
-illustrata_. Brescia, 1755, pag. 159.
-
-[317] UGHELLI^2. _Ital. Sacra_ Vol. V, col. 712. a. 1178.
-
-[318] Anche il documento veronese chiama _communis_ la CAMPANEA:
-ma bisogna pensare che siamo in epoca in cui, il comune essendo già
-formato, ogni terra non appartenente a singoli è _communis_.
-
-[319] MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XIII.
-
-[320] ROTH H. _Geschichte des Benefizialwesens_. Erlangen. 1850, pagine
-374-75.
-
-[321] LEICHT P. S. _Ricerche sull'arimannia_ cit., pag. 9 e segg. in
-_Studi e Frammenti_. Udine 1903.
-
-[322] CHECCHINI A. _I fondi militari romano-bizantini considerati in
-relazione con l'arimannia_ in «_Archivio Giuridico F. Serafini_» 1900.
-
-[323] Infatti in tutto il primo capitolo non ricorda che i _bona
-vacantia_ e quelli confiscati per legge ai proscritti ed ai condannati
-per nozze incestuose e per crimine di lesa maestà; ed i _palatia_ nelle
-città consuete (in civitatibus consuetis).
-
-[324] Enrico IV parla di _arimanniam eiusdem civitatis_ (Padova)
-_omnemque districtum ac quicquid ad imperialem potestatem pertinet_.
-Berengario I chiama la terra arimannica _terram juris regni nostri_.
-Cfr. CHECCHINI, _loc. cit.,_ pag. 462.
-
-[325] LEICHT P. S. _Ricerche cit._ e _Studi cit.,_ vol. I, pag. 41-42.
-
-[326] CHECCHINI A. _I fondi militari etc._ pag. 461-62.
-
-[327] LEICHT P. S. _Studi cit._, II, pag. 92. Ma al Leicht non è
-sfuggita l'impossibilità del rude Stato germanico a costituire rapporti
-così complicati come quelli dell'arimannia. Egli ha pensato che essi
-ne fossero già compenetrati nel loro diritto nazionale: ed a questo è
-arrivato perchè crede che l'ordinamento militare bizantino abbia avuto
-una notevole influenza su quello langobardo (pag. 88) e da ciò sieno
-derivati dei punti di identità.
-
-A me, come dico, pare si tratti di semplici analogie spiegabili con i
-punti a comune di due civiltà una all'inizio e l'altra all'occaso.
-
-[328] _Loc. cit._, pag. 443-44. La stessa tesi riguardo alle
-concessioni di terre fatta da Genserico ai suoi vandali, è sostenuta
-dal MARTROYE (_Genséric, la conquête vandale en Afrique et la
-destruction de l'empire d'occident_. Paris 1907, pag. 297 e segg.) e
-dal ROBERTI (_Arimannie vandaliche in Africa_ in «Studi in onore di F.
-CICCAGLIONE. Catania, 1909, vol. I, pag. 103 e segg.).
-
-[329] _Loc. cit_., pag. 466-67.
-
-[330] MURATORI. _Antiq. It._ Diss. XIII. Cfr. anche PIVANO S. _Stato
-e Chiesa in Italia da Berengario I ad Arduino_. Torino 1908, pag.
-20. Il MURATORI dètte di questo diploma — è vero — un'interpetrazione
-estensiva che in realtà esso non ha, essendo rilasciato al solo vescovo
-di Arezzo e non a tutti i vescovi d'Italia, come egli pensò. Ma non mi
-sembra onesto — però — tacere che i diplomi dello stesso imperatore
-a Cremona (PIVANO, _loc. cit._, pag. 21) e a Verona (UGHELLI, _loc.
-cit._, V, col. 724), con formulario identico a questo, dimostrano
-una volta di più la sicurezza d'intuito di lui, che, partendo da un
-punto, che, considerato isolatamente, è inesatto, emetteva tuttavia un
-giudizio in complesso vero e sicuro.
-
-[331] Cito l'ed. del PASQUI U. _Documenti per la storia di Arezzo_,
-Firenze, 1899, n. 49, pag. 71-72.
-
-[332] BÖHMER, _Acta Imperii Selecta_, vol. I. Insbruch. 1870, n. 63,
-pag. 60.
-
-[333] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XIII. col. 736.
-
-[334] ID. _Ibid_.
-
-[335] LUPI. _Cod. dipl. bergam_., II, pag. 1169-70, cit. dal CHECCHINI,
-pag. 461.
-
-[336] Cit. dal CHECCHINI, pag. 462.
-
-[337] Leg. Lang. Guido 3. Nemo comes neque loco eius positus neque
-sculdasius ah arimannis suis _aliquid per vim exigant praeter_ QUOD
-COSTITUTUM LEGIBUS EST.
-
-Doc.to dell'a. 937 riportato dal DUCANGE: de villa Raucho et de omnibus
-arimannis in ea morantibus _omniaque districtionem omnemque publicam
-functionem et querimoniam quam_ ANTEA _publicus nosterque missus
-facere consueverat_... custodiant et observent. Cfr anche SAVIGNY C.
-F. _Storia del dir. rom. nel m. e._ Trad. ital., I, Firenze 1844, pag.
-135-148. Cfr. anche il diploma di Federigo I al comune di Ferrara dal
-1164, in MURATORI _Antiq. Ital._, Diss. XLVIII.
-
-[338] LEICHT. _Ricerche cit_., pag. 8-9
-
-[339] Cfr. SCHUPFER. _Il dir. priv. cit._, I, pag. 67 e segg. e
-II, pag. 91; PERTILE _loc. cit._, III, pag. 35 e segg. VACCARI P.
-_Ricerche di storia giuridica_, Pavia 1907, pag. 3-43. _Il colonato
-romano e l'invasione long._ Cfr. però per lo stato personale le giuste
-osservazioni del LEICHT. _Studi cit._, II, pag. 108, oltre a ciò che ne
-dice nel vol. I, pag. 51 e segg.
-
-Vedi il bel documento del 746. TROYA. _Cod. Dipl. Lang._, n. 594, e le
-osservazioni del TAMASSIA. _Fidem facere_ e _manum facere_ in «Arch.
-giurid.», 1903, pag. 536 e segg.
-
-Noti documenti (TROYA. _Cod. Dipl. Lang._, n. 480 e _Reg. farf._,
-n. 16 e 35) mostrano concessioni regie di una terra con facoltà di
-alienazione e di permuta, senza perdita da parte del sovrano dell'alto
-diritto sulla terra stessa. Al re, infatti, è dovuto sempre il
-pagamento del canone stabilito col primo cessionario e, qualche volta,
-anche la facoltà di sostituire una terra diversa a quella già concessa.
-
-È un'altra prova dei tratti comuni che hanno due civiltà in condizioni
-opposte.
-
-[340] Cfr. i documenti riportati dal PERTILE. _loc. cit._, III, pag. 38.
-
-[341] _Ricerche cit._, pag. 15-17.
-
-[342] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XLV.
-
-[343] ID. _Ibid_.
-
-[344] _Mem. e Doc. p. la storia di Lucca_, IV, ed. BERTINI. Lucca,
-1818, pag. 309. Lo stesso nel documento lucchese dell'819, edito dal
-MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XIII.
-
-[345] _Ibid._, ID., vol. IV, pag. 309.
-
-[346] DELLA RENA C. _Storia degli antichi duchi e marchesi di Toscana._
-Firenze, 1690-1764, vol. III, pag. 41. Per la data cfr. OVERMANN,
-_Gräfin Mathilde von Tuscien_, Innsbruck, 1895, pag. 156.
-
-[347] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XIII.
-
-[348] ID. _Ibid._
-
-[349] SOLMI A. _Le diete imperiali di Roncaglia e la navigazione del Po
-presso Piacenza_. Estr. dall'Archiv. Stor. per le Prov. Parmensi. N. S.
-vol X, 1910, cfr. pag. 20-21 e 31-32; in cui sintetizza il sistema cui
-dette il nome nel lavoro sulle associazioni.
-
-[350] DARMSTÄDTER, _loc. cit._, pag. 7. Alboino occupò i castelli
-di Verona e di Pavia; Liutprando ed Astolfo i palazzi bizantini di
-Ravenna.
-
-[351] Ne offre esempio sicuro la Legge Salica (_Tit_. XLV _De
-migrantibus_). Leggi e documenti provano che anche presso i Langobardi
-ebbe vigore lo stesso sistema.
-
-[352] SALVIOLI G. _Città e campagne_ cit., I.
-
-[353] TROYA. _Cod. dipl. lang._, n. 812, a. 764, n. 671, a. 753, e
-CHROUST, _Untersuchungen über die langob. Konigsurkunden._ Graz. 1888,
-n. 15, pag. 204 e n. 20 pag. 181.
-
-[354] _Capitulare ital. Capitula Pippini_ 4, 19, ed. PADELLETTI pag.
-368 e 373, e _Capit. Papiense_, 787, oct. c. 9, ed. BORETIUS. n. 94,
-pag. 199, e _Capit. Hlotarii_, a. 832, c. 7. _Capit. Hludov._, II. a.
-850, c. 7 e 8. _Capit. C. Pap., Capit. Hludov._, a. 850 c. 6 e 3, per i
-palazzi imperiali in città.
-
-[355] _Epist. ad Pippinum filium,_ a. 807. _Capitulare italicum.
-Capitula Karoli Magni_, 142, ed. PADELLETTI pag. 365-66. e ODORICI.
-_Storie bresciane,_ vol. III, Cod. diplom.. 17 apr. 761. n. XXI, pag.
-39. «intra muros civitatis brixiane prope portam mediolanensem _loco_
-qui dicitur _Parevaret_».
-
-[356] Cfr. _Cod. Just. XI._ 74. 4. ONORIO e TEODOSIO, a. 423. Che
-queste angarie conservino anche nel secolo nono il significato, il
-valore e la natura di imposizioni pubbliche è luminosamente dimostrato
-dal diploma dell'882 al vescovo di Reggio.
-
-[357] TROYA. _Cod. dipl. lang._, n. 566, ripubblicato dall'HARTMANN.
-_Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens in frühen Mittelalter. Analekten._
-Gotha, 1904, pag. 125.
-
-[358] UGHELLI. _Italia Sacra_, VIII, col. 32.
-
-[359] ID. _ibid_., V, col. 711.
-
-[360] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XXXI.
-
-[361] FICKER. _Forschungen cit._, IV, n. 81, pag. 124.
-
-[362] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. XLV. Questi due documenti sono
-relativamente tardi, ma la nota ostilità di alcuni dei re Franchi e dei
-re d'Italia contro l'episcopato toscano (Cfr. LEICHT, _Studi cit._, II.
-pag. 109) spiega perchè questi oneri perdurassero ivi più a lungo che
-altrove.
-
-[363] Cfr. PERTILE^2. _loc. cit._ VI. 1. pag. 29 nota 11.
-
-[364] TAMASSIA N. _Le associazioni in Italia nel periodo precomunale_,
-Estr. dall'Archivio Giuridico, 1898, fasc. 1, pag. 16.
-
-[365] Id. _ibid_., pag. 15-16.
-
-[366] SOLMI A. _Per la storia delle associazioni nell'alto m. evo_,
-Estr. dall'Archivio Giuridico, 1899, fasc. 1, pag. 7-8.
-
-[367] Id. _ibid_, pag. 7.
-
-[368] _Cod._ _dipl._ _Lang._, (TROYA), n. 765, a. 761.
-
-[369] UGHELLI^2. _loc_. _cit_., V, col. 708, a. 813. De vestimentis
-que de _Pisile_ veniunt, vel _Ginicro_ decimam partem. Il pisele ed il
-gineceo sono elementi ben noti del sistema curtense.
-
-[370] Cfr. VOIGT K. _Die königlichen Eigenklöster in Langobardenreiche_
-Gotha 1908.
-
-[371] TIRABOSCHI. _loc_. _cit_., II, pag. 69-70, a. 895.
-
-[372] a. 852, 19 ottobre,.... ut annis singulis ad predictam parte
-nostre hecclesie reddere debeatis pro ipso monasterio vestitum unum
-bonum caprenum sicuti ipso monasterio in parte palatii consuetus fuit
-et ipse dominus imperator nobis concessit. LAMI. _Sanctae ecclesiae
-Florentinae Monumenta_. Firenze, 1758 II, 968.
-
-[373] a. 1048 circa. MURATORI. _Antiq_. _Ital_., Diss. LVI.
-
-[374] LEICHT. _Studi cit_., I, pag, 22. Cfr. anche Solmi. _loc_.
-_cit_., pagina 100.
-
-[375] c. 340.
-
-[376] Cod. Theod. IV, 8, 5 e _Cod_. _Just_. VII, 16, circumductio....
-circumlustratis _provinciae populis_ e _Cod_. _Theod_. _Nov_.
-_Valentin_. X. in fine.
-
-[377] L'abate Teofrido nel suo discorso «De SS. Reliquiis» parla dei
-_singuli_.... _civitatum populi_ a cui le reliquie furono concesse in
-conforto (in solatium). Cfr. MURATORI. _Anecdota_, I, Milano 1697, pag.
-8, nel commento al v. 45 del Natale XI.
-
-[378] _Cod_. _Theod_., XII, 12, 16, a. 426. Teodosio e Valentiniano
-parlano dei «civitatum postulata, decreta urbium, desideria populorum».
-
-[379] _Cod_. _Theod_., IX, 33, I. Si quis.... suscipere _plebem_....
-temptaverit. E l'_Interpr_.: Si quis _populum_ ad seditionem
-concitaverit.
-
-[380] Tale è il caso di Cremona, Sospiro, Bergamo etc. Cfr. più avanti
-pag. 143.
-
-[381] Cfr. specialmente _Capit_. _Ital_. _Lud_. P. 35. 36.
-
-[382] A Piacenza, come si è veduto, la _pensio_ del sapone grava
-su tutta la città. Lo stesso avviene per imposizioni varie in altre
-città: così a Cremona sono tutti gli abitanti (... Rothecarius, Dodito,
-Gudipertus _et ceteri habitatores_) che al placito di Lodovico II.,
-tenuto a Pavia nell'851-52, accusano il vescovo di violenze e soprusi
-contro le loro navi.
-
-E non si può supporre che tutti i cremonesi esercitassero il commercio
-fluviale: come non si può ammettere che tutti gli abitanti di Benevento
-fossero costretti alle prestazioni che un bel documento, che avrò
-modo di illustrare trattando delle divisioni cittadine interne, mostra
-gravare sulla città considerata nel suo complesso.
-
-E lo stesso concetto domina anche per i minori centri locali. Re
-Astolfo nel luglio del 755 conferma alla Basilica di S. Lorenzo presso
-Bergamo la _casam tributariam_ donatale già dal re Ariperto e aggiunge
-la concessione di _omnes scuvies et utilitates quas homines exinde
-in puplico habuerunt consuetudinem faciendum excepto quando utilitas
-fuerit cesas faciendum ubi consuetudinem habuerunt. Nam ab aliis
-scuvies et utilitatibus puplicis quieti permaneant_ (_Cod_. _dipl_.
-_lang_., TROYA IV, 4, n. 693).
-
-[383] Cfr. _Decretio Clotharii regis nel Pactus pro tenore pacis
-domnorum Childeberti et Chlotarii regum_ (ed. BORETIUS in _Monum.
-Germ. Hist. Capitularia regum francorum_, I, 1), cap. 9: «Decretum est
-ut qui ad vigilias constitutas nocturnas fures non caperent eo quod
-per diversa intercedente conludio scelera sua pretermissas custodias
-exercerent, centenas fierent. In cuius centena aliquid deperierit,
-capitale qui perdiderit recipiat, et latro, vel si in alterius centenam
-appareat deduxisse et ad hoc admonitus si neglexerit, quinos solidos
-condempnetur; capitalem tamen qui perdiderat, ad cetena illa accipiat
-absque dubio, hoc est de secunda vel tertia».
-
-[384] Cfr. nota 3 pag. 128.
-
-[385] _Cod. Just_. XII. 41. 5. a. 413.
-
-[386] Sino dal tempo romano il sistema fiscale legava tutti gli
-abitanti alla terra e questa, distinta nelle singole divisioni
-territoriali, alla città che si trovava a capo di ognuna di esse
-(cfr. infatti il libro X del _Cod. Just._; la massima parte delle
-disposizioni del quale ebbe sicuramente applicazione in Italia per
-essere stata compresa nel _Cod. Theod_.); ma non separò la città dal
-_suburbium_, nè confuse quest'ultimo con il territorio circostante.
-
-Un passo che calza perfettamente a questo proposito ci è fornito da
-GREGORIO DI TOURS, il noto vescovo e storico del secolo sesto. Egli
-narra (_In gloria confessorum liber_. cap. 62. — ed. ARNDTS e KRUSCH
-nei «Mon. Germ. Hist.» _Scriptores rer. meroving._ I. pagina 784)
-che l'imperatore romano Leone, richiestone da un arcidiacono, che
-gli aveva guarita la figlia; concesse alla città di Lione l'esenzione
-dal _tributum_ dovutogli _in tertio circa muros miliario civitatis_.
-Anche a dubitare (e non sarebbe punto fuor di luogo) che l'origine del
-privilegio lionese sia proprio dovuta al fatto narrato da Gregorio
-di Tours; non si può ragionevolmente dubitare che, almeno ai suoi
-tempi, Lione godesse di tale esenzione e da epoca abbastanza remota;
-perchè, continuando la sua narrazione, egli aggiunge: _unde usque hodie
-circa muros urbis illius in tertio miliario tributa non reddentur in
-publico_.
-
-Ammesso pure, in ipotesi, che la concessione non risalisse al tempo
-romano — e non c'è ragione di credere che ciò non sia potuto avvenire
-— è indubitabile che una distinzione precisa, in materia di imposte,
-della città e del suo suburbio dal territorio circostante, quale
-Gregorio di Tours ci fa vedere, non sarebbe stata possibile se
-non avesse avuto a base un precedente stato di fatto e di diritto
-vigorosamente stabilito, nettamente applicato e comunemente usato.
-Basti solo pensare che l'estensione della zona riconnessa alla città
-è così vasta — tre miglia — da non poter presentare caratteri e
-dati di fatto capaci di servire ad una delimitazione dal rimanente e
-che Gregorio di Tours rileva la peculiare condizione di Lione e del
-suburbio che sono esenti dal tributo; ma non accenna affatto come
-strano il caso che l'immunità finanziaria, concessa al centro murato,
-si estenda per un certo ambito determinato anche al di fuori. Per le
-tre miglia v. pag. 96.
-
-[387] La πςοτίμησις aveva preparato il terreno alla coattiva unione
-di terre e di persone per il pagamento delle imposte. Cfr. TAMASSIA N.
-_Il diritto di prelazione e l'espropriazione forzata negli statuti dei
-comuni italiani_ in «Archivio giuridico» 1885 vol. XXXV.
-
-[388] Accanto ai gruppi arimannici, i quali costituirono una lunga
-catena serpeggiante lungo la spina centrale della conquista langobarda
-(Cfr. anche LEICHT _Studi cit._, II, pag. 89); ebbe sicuramente vita
-l'elemento militare indipendente, basato senza dubbio sulla terra,
-ma non vincolato inesorabilmente ad una determinata terra, come gli
-arimanni; e che li superò di importanza e di numero. All'individualismo
-germanico ripugna tanto la costrizione, che io ritengo che l'arimanno,
-inteso come colui cui è concessa la terra specificatamente detta
-arimannia, sia ben differente dal vero e proprio esercitale.
-
-[389] Brescia, per esempio, fu prediletta dai nobili Langobardi.
-
-[390] Bergamo fu pure un centro favorito dai Langobardi. Cfr. SCHUPFER.
-_Istituz. cit._, pag. 152.
-
-[391] E così si spiega perchè nei documenti non si parli mai di
-_tertiae_ e di terze parti fatta eccezione di quei _tertiatores_
-della Liburia che è stato dimostrato essere un caso speciale e
-singolarissimo.
-
-[392] _Cod. dipl. lang._ (TROYA), n. 401.
-
-[393] _Ibid_. (Id.), n. 479.
-
-[394] _Ibid_. (ID.), n. 431. A questi _notai della città_ si possono
-aggiungere pure _Arioald notarius de Mantua_ (_Cod. Dipl. Lang._ —
-PORRO — n. 93. a. 818) e _Gisulfus notarius brixianus_ (_Ibid_. — ID. —
-n. 270 a. 877).
-
-Vedi anche il placito tenuto a Trento nell'845 (ed. MURATORI. _Antiq.
-Ital._, Diss. XXI) dai messi dell'imperatore e del duca Liutfredo;
-la «paginam judicati» è stesa da _Grimoaldus notarius civitatis
-Tridentine_. Un documento dell'anno 769 (_Cod. Dipl. Lang._ — PORRO
-— n. 39) ci fa conoscere anche _Thomas subdiaconus notarius sancte
-ticinensis ecclesie._
-
-[395] Non menziono il _receptor_ perchè l'unico esempio di esso (_Cod.
-dipl. lang_., ed. TROYA, n. 453; ed. PORRO, col. 16, n. IV, a. 725) è
-dovuto ad un errore di lettura e di interpetrazione. Lo SCHIAPARELLI
-(in «Archiv. Stor. Ital.» sez. V, to. XLIII, pag. 166, nota 3 e tomo
-XLVIII, pag. 196, nota 1) ha dimostrato che l'abbreviatura, che ricorre
-anche in altre carte langobarde, è «reg p» e va sicuramente sciolta
-«reg(ia) p(otestas)»; il passo relativo del documento citato deve,
-quindi, esser restituito «notarius reg(iae) p(otestatis)».
-
-[396] UGHELLI-COLETI. _loc. cit._, V, Col. 711.
-
-[397] HEGEL C. _Storia della costituzione dei municipi italiani_, trad.
-Corti. Milano 1861, pag. 881, nota 4.
-
-Però non ne fa alcun uso per lo studio della costituzione cittadina.
-
-[398] LEICHT P. S. _Nobili e popolani in una piccola città dell'alta
-Italia_, Rec. al lavoro del PATETTA sullo stesso titolo. Estr.
-dall'«Archivio Giuridico», 1904, pag. 6.
-
-[399] MAYER E. _Ital. Verfassungsg. cit._, I, pag. 413.
-
-[400] Il documento parla di _vicarius civitatis_ al tempo langobardo,
-mentre le fonti non chiamano mai con simile termine chi è a capo di
-una città. Non mi pare azzardato pensare che l'autore della _notitia_,
-che scriveva in tempo franco, abbia usato il termine adoperato
-dai Franchi, ignorando l'altro. Importante è che sia vero il fatto
-della controversia e la sua risoluzione. E questo è sicuro. Anche il
-CIPOLLA (_Fonti edite della storia della regione veneta dalla caduta
-dell'impero romano fino alla fine del secolo X.º_ in «Monumenti Storici
-pubblicati dalla R. Deput. Ven. di Stor. Patr.» vol. VIII. S. IV. vol.
-II. Venezia 1888, n. 56 pag. 80) dà conto di questo documento senza
-accenno alcuno alla possibilità di un dubbio sulla sua autenticità.
-
-[401] _Cod. Theod_., V, 1, 32, ARCADIO ONORIO EUSEBIO, a. 395.
-
-[402] _Cod. Just._, VIII, 11, 11.
-
-Tracce di questa tripartizione si trovano anche nelle città tedesche di
-origine romana.
-
-Nel diploma con il quale nel 1120 Bertoldo duca di Zaringia _in loco
-proprii fundi sui Friburc, secundum jura Coloniae liberam constituit
-fieri civitatem_ è stabilita la seguente disposizione:
-
-«Quicumque carens herede legitimo friburc moritur, omnia sua bona XXIV
-consules diem et annum in sua tenebunt potestate: si autem nullus
-heredum suorum venerit, una pars pro remedio animae suae, altera
-domino, _tertia dabitur ad munitionem civitatis_. (Cfr. EICHHORN.
-_Ueber den Ursprung der städtischen Verfassung in Deutschland_. in
-«Zeitschrift für geschicht. Rechtswissenschaft» 1815, II, nota 175). E
-Colonia — lo dichiarano apertamente i suoi statuti (Cfr. EICHHORN. loc.
-cit., nota 204) — aveva l'_jus italicum_.
-
-[403] Cfr. BORETIUS. _Capit. Reg. Franc._ I. 1. n. 105 pag. 216.
-
-[404] VIII, 11, 10.
-
-[405] UGHELLI-COLETI^2, _loc. cit._, VIII, col. 32.
-
-[406] _Capitulare mantuanum secundum generale_ c. 7. ed. BORETIUS loc.
-cit. n. 93 pag. 197.
-
-[407] I Langobardi, dopo la vittoriosa discesa di Carlo Magno,
-passarono sotto la corona dei re franchi; ma, come è noto, non
-entrarono a far parte del regno e si mantennero separati ed, in
-certo grado, autonomi. Dal momento che i capitolari franchi parlano a
-questo proposito di _antiqua consuetudo,_ non si può dubitare che essi
-attuassero in Italia quel sistema che avevano adoperato i Langobardi.
-
-[408] _Capitula italica_ c. 3. ed. BORETIUS loc. cit. pag. 216.
-
-[409] P. DIACONO. _Hist. Lang._, IV, 29.
-
-[410] Da tutta la narrazione di P. Diacono e dal complesso delle
-notizie che abbiamo della conquista langobarda, appare come
-cosa eccezionale e dovuta a specialissime condizioni strategiche
-l'occupazione del territorio di Cremona fatta dai conti di Bergamo e
-di Brescia e si ha quindi una riprova del fatto che i Langobardi come
-sistema, si servirono delle divisioni territoriali preesistenti.
-
-[411] SOLMI. _Le diete di Roncaglia cit._
-
-[412] Cfr. BÖHMER. _Regesta Carolinorum_. Frankfurt, 1831 pag. 630.
-
-[413] _Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di
-Lucca._ V. p. II, Lucca 1827, n. 30.
-
-Questo Gaudenzio, ricordato in molti documenti, è detto in uno del 746
-(_ibid_., n. 33) _magister_: probabilmente della _schola_ vescovile
-lucchese perchè è un chierico che lo chiama così; infatti l'atto dice:
-«Ego Perteradus clericus ex dectato _Gaudentio presbitero magister meo
-iscripsi_».
-
-[414] Non mi pare che questo concetto sia stato applicato nè dal LIEBE
-_G. Die Städte des Mittelalters und die Kirche_ in «Neue Jahrb. für d.
-klass. Altertum» 1901, to. VII-VIII, 3.; nè da altri.
-
-[415] Questa mi sembra sia stata la ragione del fatto rilevato già da
-tempo (cfr. MURATORI L. A. _Liturgia romana vetus tria sacramentaria
-complectens etc_. nella «Raccolta delle opere minori», Napoli, 1760,
-to. 11, pag. 2-3) ma non spiegato.
-
-[416] Cfr. _concil. veneticum_ (presso Tours) a. 461, c. 15, ed.
-LABBÉ-MANSI. _cit._, vol. IV, col. 1057; _concil. agathense_, a. 506,
-c. 30, ibid., IV, col. 1368; _concil. epaonense_, a. 571, c. 27, ibid.,
-IV, col. 1570.
-
-[417] Cfr. _concil. gerundense_, a. 517, c. 1. ed. cit., IV, col. 1568;
-_concil. toletanum_., IV, a. 633, c. 3, ibid., V, col. 1700; _concil.
-bracarense_, I, a. 563, c. 19-23, ibid., V, col. 838.
-
-[418] Cfr. HARNACK. _Die quellen der sogenannten apostolischen
-Kirchenordnung_, Leipzig, 1886, pag. 98 e segg.
-
-[419] Cfr. su questo punto DUCHESNE L. _Les origines du culte
-chrétien_, Paris, 1902; PHEBEI F. A. _De variis ecclesiae liturgiis et
-de liturgia latina_; MABILLON J._ De liturgia gallicana etc._ Lutetiae
-Parisiorum, 1685; MIGNE J. P. _Origines et raison de la liturgie
-catholique_ etc., Paris, 1844; GERBERT P. M. _De veteri liturgia
-alemannica_ in «Novelle letterarie di Firenze», 1763, col. 299, 317,
-331, 365, 398, 437, 474 etc.
-
-Per l'Italia ha un certo interesse lo studio di P. CAGIN. _L'euchologie
-latine étudiée dans la tradition des formules et des formulaires_,
-Liège, 1912, perchè pone acutamente in rilievo l'importanza
-del palinsesto latino veronese degli statuti apostolici per le
-interpolazioni in esso contenute.
-
-[420] Vedi pag. 45 nota 1.
-
-[421] Vedi pag. 89, specialmente nota 2. A questa forza e a questo
-mantenersi di antichi elementi di diritto deve la sua origine il
-diritto di cui il BRUNNER (_Urkunde_ cit., pag. 113 e segg. e 124
-e segg.) avvertì per primo l'esistenza e che chiamò _diritto romano
-volgare_ con un'espressione che discuteremo più avanti.
-
-[422] Cfr. MAGANI F. _L'antica liturgia romana_, Milano, 1909.
-
-[423] Cfr. _Delle antichità longobardico-milanesi illustrate con
-dissertazioni dai monaci della congregazione cisterciese di Lombardia_,
-Milano, 1793, vol. III, diss. XXV, pag. 1 e segg.
-
-[424] La maggior quantità di notizie si può spigolare dal _Liber
-pontificalis_ di Agnello su cui vedi LANZONI F. _Il Liber pontificalis
-ravennate_ in «Rivista di Sc. Storiche» diretta da R. Maiocchi, VI,
-aprile-giugno 1909 e le _Note marginali al «Liber pontificalis» di
-Agnello R._ di A. TESTI-RASPONI nel Vol. XXVI, 1909, XXVII, 1910, e I
-della 4. serie 1911 degli «Atti e Memorie della R. Dep. di St. Patr.
-per la Romagna».
-
-[425] Cfr. PASTÈ C. R. _Rito eusebiano_ in «Archivio Soc. Vercellese di
-St. e d'Arte», Vol. II, 1910 e segg.
-
-[426] Cfr. UCCELLI G. B. _Della badia fiorentina_, Firenze, 1858;
-DAVIDSOHN _Storia cit._, I, pag. 56 e segg.; II, pag. 1104 e
-_Forschungen_, I, pag. 19 e la bolla di papa Lucio al capitolo
-fiorentino (ed. UGHELLI _loc. cit._, to. II, col. 495, a. 1144); e,
-sopratutto, _Mores et consuetudines ecclesiae florentinae_, ed. D.
-MORENI Firenze, 1794.
-
-[427] Cfr. l'_Ordo officiorum ecclesiae senensis ab Oderico eiusdem
-ecclesie canonico a. MCCXIII compositus_, ed. G. C. TROMBELLI, Bologna,
-1766.
-
-[428] Cfr. la bolla di Anastasio IV.º del 1153 (ed. UGHELLI _loc.
-cit._, III, col. 395); e, sopratutto MATTHEI A. _Ecclesiae pisanae
-historia_, Lucca, 1768.
-
-[429] Ecco la parte principale della bolla con cui Gelasio II.º nel
-1118 conferma gli antichi usi della chiesa di Lucca (ed. UGHELLI
-_loc. cit._, I, col. 819). Petitiones vestras clementer admittimus
-et vobis _antiquas ecclesiae matricis consuetudines_ confirmamus; ut
-videlicet unctiones infirmorum et sepolturae civitatis propriae ad
-matricem ecclesiam pertinentes et officium et participatio beneficii
-funerum ad alias ecclesias pertinentium vobis nulla clericorum
-calliditate, aut laicorum quorumlibet substrahatur: electiones priorum
-et collationes clericorum in aliena ecclesia infra urbem vel extra in
-suburbiis sine consensu episcopi et priorum, qui locopositi nominantur,
-matricis ecclesiae non fiant. Et nulla episcopatus vestri praeter
-eorum consensum alicui subiiciatur ecclesiae, neque publica et majora
-negotia aliqua sibi ecclesiarum ipsis invitis arripiat, aut publicas
-poenitentias tribuat: nec sententias et interdictum matricis ecclesie
-tentet infringere: nulla etiam vestri episcopatus persona sine consensu
-episcopi vel priorum qui locopositi nominantur, matricis ecclesiae
-excomunicetur et quod ab episcopo ligatum fuerit a nemine irritum duci
-tentetur. Sane civitatis vestrae clerici et qui in suburbiis sunt,
-solitas obedientias videlicet in litaniis, in processionibus comunibus,
-in festivitatibus et stationibus majoris ecclesiae eidem impendant
-ecclesiae, ut vobiscum adsint. Porro in quintae feriae nocte ante
-pascha nulla ecclesia secundum morem vestrae ecclesiae campanas sonet,
-neque in sabbato sancto cereum benedicat, sed ad baptismum praedicti
-clerici, prout consuetum est veniant. Nulla praeterea ecclesiarum
-missas solemnes celebret in festivitate B. Martini, et S. Reguli et
-in secunda feria paschae et in processionibus quadragesimae donec
-stationis solvatur conventus. Nullus etiam clericorum officium vivorum
-aut mortuorum ad matricem ecclesiam pertinens facere vel celebrare
-praesumat.
-
-[430] Cfr. i documenti editi dall'UGHELLI _loc. cit._, III, col. 282 e
-segg.
-
-[431] Cfr. ID. _ibid._, II, col. 194 e segg. ed anche CAMPI _loc.
-cit._, passim.
-
-[432] Cfr. _Statuta ecclesiae parmensis_ ed. _Barbieri L._ nei «Mon.
-Hist. ad prov. parm. et plac. pertinentia», Parma, 1866.
-
-[433] Cfr. MURATORI. _Liturgia cit._, pag. 61 e segg.
-
-[434] Cfr. UGHELLI _loc. cit._, II, col. 3 e segg.
-
-[435] Cfr. l'_Ordo totius officii ecclesie paduane per totum circulum
-anni secundum diversorum temporum mutationes_ illustrato da F. S. DONDI
-OROLOGIO (_Dissertazione sopra li riti della chiesa di Padova fino
-al secolo XIV_, Padova, 1816) che lo ritiene scritto fra il 1261 e il
-1263.
-
-[436] Il TAMASSIA quando si è proposto di dimostrare l'attività del
-popolo appartenente ad una circoscrizione ecclesiastica in alcuni fatti
-che presuppongono in esso qualche cosa che lo avvicina ad una persona
-giuridica, almeno per l'istante in cui l'atto si compie (_Chiesa e
-popolo_. Note per la storia dell'Italia precomunale, in «Archivio
-Giurid. F. Serafini» N. S., Vol. VII, fasc. 2, a. 1901, pag. 300-322)
-ha, veramente, dimostrato di sentire che un'indagine sulla costituzione
-delle nostre città deve tenere in massimo conto la chiesa locale e
-non può assolutamente prescindere dalla storia delle diocesi e delle
-parrocchie italiane, ma avendo di mira altro scopo, non è andato più in
-là dell'enunciazione del concetto.
-
-A noi non interessa conoscere come il cristianesimo si sia diffuso.
-(Cfr. per questo HARNACK A. _Die Mission und Ausbreitung des
-Kristentums in den ersten drei Jahrhunderten_, Leipzig, 1902; NEGRI
-G. _Una figura storica nel cristianesimo nascente_ in «Meditazioni
-vagabonde» Milano, 1897, pag. 227 e segg.; DUCHESNE _Histoire ancienne
-de l'église_, Paris, 1906, Vol. I; FEDERICI V. _Della primitiva
-propagazione del cristianesimo_ in «Rassegna Nazionale», 1906, fasc.
-3; SEMERIA G. _Venticinque anni del cristianesimo nascente_, Roma,
-1900; BELGRANO L. T. _I primordi del cristianesimo in Piemonte e in
-particolare a Tortona_ in «Bibliot. d. Società Stor. Subalpina», Vol.
-XXXII, p. I, Pinerolo, 1905; FERRETTO A. _I primordi e lo sviluppo del
-cristianesimo in Liguria ed in particolare a Genova_ in «Atti della
-Società ligure di stor. patria», Vol. XXXIX, Genova, 1907, pag. 171 e
-segg.; PASCHINI P. _Le origini della chiesa di Aquileia_ in «Riv. per
-le scienze storiche» 1904. fasc. 1-4; P. M. da CARBONARA e F. SAVIO
-_S. Marziano e le origini della diocesi di Tortona_, Alessandria,
-1903; ZATTONI G. _Il valore storico della passio di S. Apollinare_
-in «Riv. Stor. Critica delle sc. teolog.», II, fasc. 9, sett., 1906;
-BOGGIO E. _Le prime chiese cristiane nel Canavese_ in «Atti della
-soc. d'archeolog. e belle arti per la prov. di Torino», Vol. V,
-1887); ma, invece, come si è organizzato e la scelta delle fonti deve
-esser fatta tenendo presente lo svolgimento di questa organizzazione.
-Sebbene, infatti, fino dagli ultimi anni del primo secolo dopo Cristo
-cominciassero ad apparire segni palesi di un profondo cambiamento nel
-sentimento religioso del tempo e si andasse maturando una tendenza di
-conciliazione fra il paganesimo ed il cristianesimo (cfr. BAUR _loc.
-cit._) occorsero ancora due secoli, rotti non infrequentemente da
-sanguinose persecuzioni (cfr. DUCHESNE L. _Storia della chiesa antica_,
-Vol. I, cap. XIII, XIV pag. 119 e 149; XIX, pag. 197-212; XXVII pag.
-292-310; Vol. II, cap. I, pag. 9-38), prima che quest'ultimo fosse
-ufficialmente tollerato (cfr. CRIVELLUCCI A. _Storia delle relazioni
-fra lo Stato e la Chiesa_, Vol. I, Bologna 1886, pag. 107). Nè con
-questo riconoscimento, che pure segnò un gran passo innanzi, la via
-fu spianata: dovette trascorrere più che una settantina d'anni, non
-esente da qualche violento tentativo di ripristino (cfr. DUCHESNE _loc.
-cit._, II, cap. IX, pag. 178 e segg. e NEGRI G. _Giuliano l'apostata_
-in «_Nel passato e nel presente_», Milano, 1891), prima che Graziano
-rifiutasse nel 375 il titolo di pontefice massimo, portato da tutti i
-suoi predecessori; e solo cinque anni dopo, nel 380, il cristianesimo
-fu dichiarato religione ufficiale dello Stato; (cfr. Stutz loc. cit.,
-pag. 17; e CRIVELLUCCI _loc. cit._, I, pag. 316) e soltanto a poco a
-poco, con stenti, con fatiche e con incertezze, i vescovi riuscirono
-ad ottenere la giurisdizione arbitrale ed ecclesiastica, il diritto
-di asilo e di intercessione e tutte le altre prerogative che ne fecero
-veri e proprî organi dello Stato.
-
-[437] _Cod. dipl. long._, TROYA. n. 771, a. 753, febbr. 10.
-
-[438] Cfr. HEGEL C. _Storia della costituzione dei municipi italiani_,
-trad. Conti, Milano-Torino, 1861, pag. 344; LEICHT P. S. _Studi cit._,
-I, pag. 11 e segg.; MAYER E. _Ital. Verfassung. cit._, II, pag. 432 e
-segg.
-
-[439] Su alcune caratteristiche del diritto di regalia cfr. SOLMI A.
-_Diete di Roncaglia cit._, pag. 36 e segg.
-
-[440] È una sentenza dei consoli di Milano riportata in parte da F.
-BERLAN. _Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini di
-Milano dell'anno 1216_, Venezia, 1872, pag. 154.
-
-.... prefatus Gigottus condempnavit predictos consules tam nobilium
-quam rusticorum de suprascripto loco Vellate, suo nomine et nomine
-omnium hominum ipsius loci, tam nobilium quam rusticorum, ne de cetero
-impediant massarios ecclesie S. Marie Montis, habitantes in territorio
-de Vellate, ubi dicitur in Vigni, pascuare in pascuis sive vicanalibus
-loci de Vellate cum bubus et bestiis suis, sicut alii vicini loci de
-Vellate faciunt.
-
-[441] SCHUPFER F. _Diritto privato cit._, II, pag. 54 e LEICHT P. S.
-_Studi cit.,_ I, pag. 37-88.
-
-[442] Praeterea in locis, quae sunt de districtu, illud obtinet quod
-_viganalia_ per consensum dominorum et vicinorum debent dividi vel
-vendi; quod alias fieri non potest, nisi dominorum omnium et vicinorum
-consensu _Communia_ taliter inter dominos et vicinos dividuntur ut
-medietas terrarum omnium vel pretii illarum omnium viganalium vel
-fructuum, si forte vendantur, ad dominum cuius est totum districtum,
-iure nostrae civitatis, assignatur; alterius vero medietatis partem
-accipit pro parte terrarum, quas in ipso loco habet. Si vero totum
-districtum non habet, sed partem, secundum partem sui districti, iure
-districti, de praedictis viganalibus partem conseguitur, et de alio
-quod remanet, pro numero terrarum ut dictum est.
-
-Cfr. BERLAN F. _Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini
-di Milano cit._ rubr. XXIV, pag. 254.
-
-L'edizione del Berlan è la migliore: cfr. LATTES A. _Il dir. consuetud.
-cit._, pag. 33, nota 95.
-
-[443] Per un'applicazione di questo concetto cfr. LEICHT P. S.
-_Ricerche sulla responsabilità del Comune in caso di danno_, Udine,
-1904.
-
-[444] Anche il MAYER (_Ital. Verfassungsg. cit._, Vol. I, pag. 281 e
-segg.) ritiene che fino dal tempo langobardo esistano e si differenzino
-_comunalia_ e _vicanalia_ e che i primi sieno i beni su cui gli
-abitanti della città vantavano diritti di uso di natura pubblica,
-indipendenti da qualsiasi rapporto di diritto privato; mentre i
-_vicanalia_ sarebbero delle terre gravate di oneri a favore di altre
-terre in quanto ne costituivano delle pertinenze, rimaste indivise
-fra i vari fondi per volontà dei proprietarî. I _comunalia_ furono
-rivendicati in proprietà dai comunisti cittadini assai presto; i
-_vicanalia_ giunsero ad essere dei _comunalia_ attraverso ad uno stadio
-intermedio, nel quale i _vicini_ riuscirono abusivamente a carpire un
-diritto di condominio ai _domini._
-
-Prima di tutto non è esatto parlare di _comunalia_ solo a proposito
-della città. Senza punto entrare a discutere l'opinione del Mayer sulla
-natura giuridica dei beni comuni cittadini, si può osservare che le
-consuetudini milanesi, che costituiscono il testo su cui s'impernia
-la sua asserzione, parlano di _comunalia_ a proposito di _locus_.
-E il _locus_, a detta del Mayer stesso, non è affatto la città. Ma
-anche ammettendo che la parola ne abbia tradito il pensiero, la sua
-opinione non è fondata perchè manca di un'indagine indispensabile per
-poter giungere alla conclusione che egli sostiene. Bisognava, cioè,
-dimostrare che i _domini_ di cui parlano le Consuetudini Milanesi sono
-dei _domini_ di diritto privato, dei semplici proprietarî e non dei
-titolari di facoltà giurisdizionali. E questo non lo ha fatto: nè lo
-poteva fare. A togliere ogni dubbio a questo riguardo ed a dimostrare
-il carattere giurisdizionale che contraddistingue questi _domini_,
-non c'è niente di meglio che riportare alcuni passi della _rubrica de
-oneribus et districtis et conditionibus_, che è proprio quella stessa
-in cui è contenuta la disposizione concernente i _vicanalia_ e che dal
-titolo stesso dimostra la natura pubblica del diritto signorile.
-
-«Amplius si eiusdem loci plures sint domini licet inter ipsos
-districtabilium praesumatur facta divisio, unus, etiam invitis
-coeteris socijs quanquam minimam partem in eo loco districti habent
-omnes districtabiles compellere potest, ut Castrum reficiant, et murum
-et fossatum et portinarium ponant ad guajtam, et sgieraguajtam, et
-fossatum circa Castrum et Villam, et portas, et clavaturas ferreas
-et in Villa, et Castro, et in eo incastellent quia tale onus utpote
-individuum ab hominibus districtalibus fieri debet et per quemlibet
-dominorum posse postulari Sapientes nostra Civitatis crediderunt.
-
-Porro, quod est notabilius, nostra Consuetudine obtentum invenitur,
-ut si plures dominorum suos districtabiles tam in Castro quam in
-Villa ab omni onere districti liberaverint, alter, qui eos non
-liberavit, potest eos cogere tam suos quam ab aliis dominis liberatos
-ad reficiendum castrum. Sed, et quod est mirabilius, si omnes domini
-qui suos districtabiles divisim possidebant eos liberaverint ab omni
-onere districti licet nullos dominorum illum quem liberavit possit
-ad reficiendum castrum compellere, tamen poterit ab altero dominorum
-liberatus coartari ad reficiendum quod per nostram consuetudine
-obtinet. Ut si plures domini suos districtabiles ab omni onere
-districti liberaverunt, alter qui eos non liberavit poterit cogere
-eos tam suos quam ab alijs dominis liberatos ad pondera stateras et
-mensuras recipiendas per eum seu ab eo quia hoc jus, et reficiendi
-castrum in communi remansisse creditur, nisi vel regionibus Castrum
-inter dominos, et refetio eiusdem in divisione venerit quod raro
-accidit».
-
-Esistevano, senza dubbio, dei _domini_ per diritto privato; ma
-sicuramente non erano questi, che godevano di facoltà pubbliche di tale
-natura.
-
-Secondo il mio pensiero, al tempo langobardo le terre comuni si
-distinguevano in terre comuni di diritto privato e terre comuni di
-diritto pubblico e queste ultime potevano essere comuni rispetto al
-_comitatus_ (cfr. doc. citato dal LEICHT _Studi cit._, I, pag. 51)
-rispetto alla città, rispetto al _locus_, rispetto al _vicus_, rispetto
-al _concilium_ e rispetto ad un determinato gruppo gentilizio. Queste
-ultime soltanto propendo a ritenere col BESTA (_Nuovi appunti di storia
-giuridica sui documenti lucchesi cit._) che sieno sorte all'epoca e per
-opera dei Langobardi e costituiscano le famose _fiwaide_.
-
-[445] DALLARI G. _Intorno all'evoluzione della proprietà_ in «Riv.
-ital. di sociologia», a. XIII. fase. 1, pag. 17 e segg.
-
-[446] a. 1178. Johannes causidicus, assessor domini Archiepiscopi,
-precipit per eius parabolam ut de cetero ipse Johannes eiusque
-successores utatur de vigano seu communi prenominati loci sive sit
-tensatum sive non, sicut alius vicinus de ipso loco utitur ipso communi
-et vigano.
-
-Cfr. PURICELLI, _loc. cit._ pag. 1003.
-
-[447] a. 1189, marzo 7. dederunt... omnia sedimina cum hedifitiis eorum
-campos, vineas, silvas, buscos, zerbos, communiantias seu viganalia,
-atque omnes res cultas et incultas...
-
-Cfr. FRISI A. F. _Memorie storiche di Monza e sua corte._ Milano, 1794,
-to. II, _Codice diplomatico_, n. 78, pag. 73-74.
-
-[448] Cfr. LATTES A. _Il dir. consuetudinario delle città lombarde
-cit._ pag. 32 e segg.
-
-[449] Cfr. _Statuti di Milano_ (vol. II, carte 159^t-160). Aliquae
-Communantiae, Vicanalia, vel Pascua, vel Bona aliqua immobilia vel Jura
-aquarum Civitatis et Ducatus Mediolani, vel alicuius Universitatis,
-quae etiam praesentibus Statutis ligetur, non possint ab aliqua
-singulari persona vel Universitate vendi, alienari, nec obligari...
-Et si fructus vel redditus dictarum Vicanalium, vel Communantiarum,
-vel Pascuum vel Bonorum ipsius Universitatis, venderentur, vel
-compartirentur, detur sua pars cuilibet habenti facere in eis. (DAL
-BERLAN, _loc. cit._, pag. 153).
-
-[450] a. 1094. 8 dec. sunt tam campis quam pratis, pascuis, vineis
-et silvis seu stellariis cum areis earum cultis et incultis, divisis
-et indivisis, usibus aquarum aquarumque ductibus seu cum _vicanalibus
-atque conciliis_ atque ecclesiis et capellis et rebus una cum omnibus
-condiciis et redditibus et honoribus ad iam dictas res.
-
-VIGNATI C. _Cod. dipl. laudense cit._ I, n. 49, pag. 77.
-
-[451] Cfr. ATHANASII. _Apologia contra arianos_, in _Opera omnia_,
-Parisiis, 1698, I, 1, pag. 124: universae eius loci ecclesiae episcopo
-subiaceant: ita tamen ut _singuli pagi_ suos presbyteros habeant.
-
-[452] Cfr. _Cod. dipl. long_. PORRO, n. 171, a. 851, col. 292.
-
-[453] Cfr. _ibid_. n. 519, a. 926, col. 886.
-
-[454] Cfr. _ibid_. n. 497, a. 922, col. 856.
-
-[455] Cfr. _ibid_. n. 617, a. 956, col. 1055.
-
-[456] Cfr. _ibid_. n. 661, a. 962, col. 1141.
-
-[457] _Roth._ 79.
-
-[458] LEICHT. _Studi cit._, Vol. I. pag. ...
-
-[459] Cfr. _loc._ ed _ed. cit._, pag. 16. Per pagos id est per
-magistros pagorum operas a possessoribus ad eas (vias) tuendas exigere
-soliti sunt.
-
-[460] _Cod. Theod._, VII, 20, 2; e le citazioni riportate da Gotofredo
-nel commento a queste leggi e nelle altre indicate nell'indice sotto q.
-voce.
-
-Si chiamavano anche _parochi._
-
-Proxima Campano ponti quae villula tectum. Praebuit et _parochi_ quae
-_debet ligna salemque_. Dice ORAZIO _Satyr._, V, 45, ed anche altrove
-conferma che _parochi_ dicuntur qui _hospitibus et peregrinis publice
-exhibent necessaria._
-
-Qualche volta (cfr. _Cod. Theod._, II, 29, 1) son detti anche
-_praepositi pagorum._
-
-[461] _Capitulare mantuanum secundum generale_ c. 3., ed. BORETIUS cit.
-n. 93, pag. 196.
-
-[462] Cfr. _Capitul. Pippini Italiae regis_ a. 782-86 (ed. BORETIUS
-cit., n. 91, pag. 191), c. 1.
-
-[463] Cfr. MOMMSEN T. _Droit public romain_, to. VI, p. I, pag. 134,
-trad. Girard, Paris, 1889; e VOIGT, _loc. cit._, pag. 156 e segg.
-
-[464] Cfr. i passi riportati sotto queste voci dal FORCELLINI nel suo
-_Lexicon_.
-
-[465] Cfr. TIBULLO. _Elegie_, II, 1.
-
-[466] SICULO FLACCO. _De condit. agror. cit. (ed cit._, pag. 164-65)
-dice: Sed et pagi saepe significanter finiuntur. De quibus non puto
-quaestionem futuram quorum territoriorum ipsi pagi sint, sed quatenus
-territoria. Quod tamen intellegi potest vel ex hoc magistri pagorum
-quod pagus lustrare soliti sunt; ut intueamur quatenus lustrent.
-
-[467] Cfr. DUCHESNE L. _Les origines du culte chrétien, cit._ pag.
-287-89, cap. 8, § 5, n. 9.
-
-[468] Fu San Paolino da Nola che sagacemente pensò di utilizzare per il
-culto cristiano le campane che prima avevano adoperato i pagani.
-
-Cfr. a questo proposito le vecchie ma buone osservazioni di FERRARII B.
-_De ritu sacrarum ecclesiae veteris concionum_, Ultrajecti, 1692, pag.
-85.
-
-[469] Cfr. MURATORI, _Anecdota cit._, I, pag. 18, comm. al v. 169 dei
-Natale XI di S. Paolino di Nola.
-
-[470] A Roma il giorno consacrato era il 25 aprile, data tradizionale
-nella quale gli antichi Romani celebravano la festa dei _Robigalia_.
-Il rito principale di essa era una processione che uscendo dalla città
-per la via Flaminia si dirigeva verso il ponte Milvio, poi si portava
-sino ad un santuario suburbano situato a qualche distanza, fino al
-quinto miglio sulla via Claudia (cfr. Ovidio. Fasti, IV, 901). Il
-_Flamen quirinalis_ immolava in questo tempio un cane e un montone. La
-processione cristiana che le fu sostituita seguiva lo stesso percorso
-fino al ponte Milvio; partiva dalla chiesa di S. Lorenzo in Lucina, la
-più vicina alla porta Flaminia, faceva stazione a S. Valentino fuori
-delle mura; poi al ponte Milvio. Di qui, invece di incamminarsi sulla
-via claudia, volgeva a sinistra verso il Vaticano; si fermava ad una
-croce di cui l'ubicazione non è specificata e poi nell'atrio di S.
-Pietro ed infine entro questa chiesa, dove aveva luogo la stazione.
-
-Se ne ha ricordo fino dal 598 (cfr. IAFFÈ 1153. _Ep._, app. 3).
-
-Queste le testuali parole del DUCHESNE (_loc. cit._) il quale aggiunge
-anche la spiegazione del perchè le feste cristiane si celebravano nelle
-stesse epoche di quelle pagane.
-
-Roma ci offre un esempio tipico per la limpidezza del fatto e
-l'antichità dell'epoca; ma il fenomeno è generale ed avremo occasione
-di parlarne più distesamente fra poco.
-
-[471] Su ciò ho accennato qualche cosa nel § 5 della prima parte (pag.
-20 e segg.); a proposito dei Flamini vedi il commento di Gotofredo alle
-leggi 21, 46, 60, 75, 77, 148, 166 _De decur._ e il _paratitlon_ in
-tit. _De paganis sacris et templ._; di cui (se non mi inganno) nè il
-Mommsen nè il Marquardt hanno saputo trarre vantaggio.
-
-[472] S. AMBROGIO. (_Opera omnia_ ed. G. DI FRISCE e N. LE NOURRI
-1686-90, Ep. V, 30) chiama S. Damaso _romanae ecclesiae sacerdos_ e
-nello stesso senso usano questa parola S. PAOLINO DA NOLA (_Natale_,
-XIII, V. 568 in MURATORI _Anecdota cit._, I. pag. 102) e S. LEONE M.
-(_Ep._, X, 6 e JAFFÈ _Reg. cit._, n. 407) imitando le leggi romane
-(cfr. _Cod. Theod._, XII, 1, 148... ordinando _sacerdote provinciae_);
-e l'uso continua fino al secolo decimoprimo.
-
-[473] Cfr. il can. 6 del concilio ticinense dell'850 (ed. cit. XIV,
-col. 931).
-
-Oportet plebium archipresbyteri per singulos unumquemque patrem
-familias conveniant, quatenus tam ipsi quam omnes in eorum domibus
-commorantes, qui publice crimina perpetrarunt, publice poeniteant;
-qui vero occulte deliquerunt, illis confiteantur quos episcopi et
-plebium archipresbyteri idoneos ad secretiora vulnera mentium medicos
-eligerint, qui si forsan in aliquo dubitaverint, episcoporum suorum non
-dissimulent implorare sententiam. _Similiter autem et singulis urbium
-vicis et suburbanis per municipalem archipresbyterum_ et reliquos ex
-presbyteris strenuos ministros procuret episcopus.
-
-[474] Risale ai primissimi tempi della chiesa: fu formulato rigidamente
-in un canone di un concilio aquisgranense e di qui riportato da
-Burcardo (III, 3). Cfr. MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXXIV, col.
-408.
-
-[475] Vedi i canoni dei concilî e le altre disposizioni riportate dal
-LUPI. _De Parrochiis cit._, pag. 59-60; 97, 192, ecc.
-
-[476] GREGORII TURONENSIS. _In gloria confessorum cit._, c. 56.
-Securinum presbyterum diebus dominicis singulis in ecclesiis duabus
-quae viginti millibus distarent inter se missas celebrasse.
-
-[477] LUPI. _Cod. dipl. cit._, I, col. 362-63: E son da vedere anche
-le buone osservazioni di A. ABATI OLIVIERI. _Memorie di Gnara, terra
-del contado di Pesaro_, Bologna, 1777, pag. 43 e segg. e di G. COLUCCI.
-_Treia, antica città picena oggi Monteschio_, Macerata, 1780, pag.
-183-84.
-
-[478] _Cod. dip. long._, TROYA n. 446.
-
-Nel 724 specioso, vescovo di Firenze dona al capitolo della sua
-chiesa la propria corte e le altre cose poste _in loco Greve ubi et
-Cintoria nominatur infra plebe et episcopio beati Joannis Baptiste
-vel Reparate_, unde ego episcopus esse ideor, seu _infra plebe et
-territorio sancti Iuliani sito Septimo._
-
-Il MURATORI (_Antiq. Ital._, diss. VI) pubblica un placito tenuto nel
-comitato aretino _in loco Piscinate infra plebem sancti Stephani;_ nel
-diploma dell'879 (cfr. PASQUI. _Docti cit._, n. 16). Carlo il Grosso
-prende sotto la sua speciale protezione la chiesa aretina «cum omnibus
-_ecclesiis baptismalibus ac titulis_».
-
-Nei primi del secolo decimoprimo il vescovo di Torino Landolfo
-(1030-1038) concede la pieve di S. Pietro di Gassino _cum titulis
-quatuor_ (cfr. «Mon. Hist. Patr.», _Cartharum_, I, n. 519).
-
-Da un documento dell'803 (ed. TIRABOSCHI G. _Memorie modenesi_, I,
-cod. dipl., n. XVIII) appare che il _locus Colegaria_ era costituito
-da sei decanie. L'imperatore Lotario nel suo diploma dell'833 alla
-chiesa di Aquileia (MURATORI Diss. 70) parla di _ecclesias parochiales_
-AC _titulos earum_. In altro documento dell'844 (ed. TIRABOSCHI _loc.
-cit._, I, cod. dipl. n. XXIV) è ricordato il _salto bonetia in loco ubi
-dicitur vico longo sito in plebe sancti Stephani_. Cfr. anche PÖHL A.
-_Bischoffgut und Mensa episcopalis_, Bonn, 1911-12.
-
-[479] Il LUPI (_Cod. dipl. berg. cit._, I, col. 262-63) ha dimostrato
-che il nome di _ecclesia_ servì ad indicare le sole chiese cattedrali
-e plebane rurali, mentre le altre chiese furono dette _basilicae_ ed
-_oratorie_ e, più tardi, _capellae_.
-
-Il concilio di Pavia dell'850 (ed. PERTZ in «Mon. Germ. Hist.» _Leges_,
-III, pag. 397) stabilisce al can. 13 che _sicut episcopus matrici
-preest, ita singuli plebibus archipresbyteros preesse volumus qui
-imperiti vulgi sollicitudinem gerant et presbyterorum qui per minores
-titulos habitant, vitam jugi circumspectione custodiant_.
-
-E. HACHT (_Die Grundlegung der Kirchenverfassung Westeuropas_, Giessen,
-1888, pag. 50-51) ritenne che l'istituzione delle pievi rurali sia
-dovuta a questa disposizione; ma fin da un secolo circa prima di lui,
-il nostro LUPI aveva dimostrato con un lavoro poderoso e geniale,
-degno in tutto e per tutto della dissertazione — tanto lodata, e
-giustamente, dal Savigny — premessa al codice diplomatico bergomense,
-che esse risalgono indiscutibilmente ad una remota antichità. Cfr. _De
-parrocchiis cit._, dissert. I. passim e specialmente cap. 5, 6, 7.
-
-La ragione delle disposizioni emanate dai due concilî pavesi si deve
-ricercare nel bisogno di rinsaldare le istituzioni ecclesiastiche,
-che non potevano non risentire lo sgretolamento che preparava e
-caratterizzava il feudo.
-
-Vedine un rapido accenno a pag 83-84.
-
-[480] Cfr. MAZZI A. _Note suburbane cit_. pag. 168.
-
-[481] Cfr. nota 2 pag. 165.
-
-[482] Cfr. il diploma del 1015 (ed. MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss.
-LXXIV) con il quale Enrico III concede a Marciano vescovo di Mantova
-tutte le chiese battesimali della sua diocesi a cominciare dalla
-_plebem mantuane civitatis_, che è ricordata anche nel diploma di
-conferma del 1055 (Cfr. Id. _ibid_.).
-
-[483] Cfr. LUPI _Cod. dipl. berg. cit._, II. col. 745-46, a. 1084 «...
-basilica et _plebe sancti Alexandri et sancti Vincentii que est de
-civitate Bergomi_».
-
-Cfr. anche LUPI _De parrocchiis cit._, pag. 147 e segg. e MAZZI
-A. _Studi bergomensi_, Bergamo, 1888, pag. 90-91 e MAZZI A. _Note
-suburbane_, Bergamo, 1892, pag. 169-70.
-
-[484] Cfr. la bolla di papa Niccolò II al capitolo dei canonici di
-Sovana del 27 aprile 1061 (ed. MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXII)
-nella quale si ricorda «Sigizo presbytero olim custos de _plebe in urbe
-posita_», e il docto dell'850 edito dall'Ughelli, _loc. cit._, Vol. V,
-col. 720-721.
-
-[485] Cfr. il doc. dell'864 cit. a pag. 178 nota 2.
-
-[486] Ecco un bellissimo passo di Amulone eletto vescovo di Lione
-nell'anno 840 che specifica i varî attributi della pieve completando il
-quadro offertoci dalla disposizione del concilio di Pavia riportata a
-pag. 84 in nota.
-
-Unaquaeque plebs in parroechiis et ecclesiis, quibus attributa est,
-quieta consistat, ubi sacrum baptisma accipit, ubi sanguinem et
-corpus Domini percipit, ubi missarum solemnia audire consuevit, ubi
-a sacerdote suo poenitentiam de reatu, visitationem in infermitate,
-sepulturam in morte consequitur, ubi etiam decimas et primitias suas
-offerre praecipitur, ubi filios suos baptismati gratia initiari
-gratulatur, ubi verbum Dei assidue audit, et agenda ac non agenda
-cognoscit, illuc vota et oblationes suas alacriter perferat, ibi
-orationes et supplicationes suas Domino effundat, ibi suffragia
-sanctorum quaerat. ... Ibi itaque unaquaeque plebs pupillis et viduis
-pauperibus et peregrinis de facultatibus quas Deus tribuit elemosinarum
-largitionem exibeat, hospitalitatis officia impendat..... Haec est
-enim legitima et ecclesiastica religionis forma, haec antiqua fidelium
-consuetudo.
-
-AMULONIS ARCHIEP. LUGDUNENSIS _Epistola I ad Theodboldum episcop.
-lingonensem_. in «DE LA BIGNE _M. Maxima bibliotheca veterum patrum et
-antiquorum scriptorum ecclesiasticorum_, Vol. XIV, Lugduni, 1677, pag.
-331.
-
-[487] Cfr. _Concil. agathense_, c. 21, ed. cit., Vol. IV, col. 1386.
-
-[488] _Ibid_.
-
-[489] Cfr. _Concil. antisiodor._ c. 3.
-
-Non licere conventus in domibus propriis vel vigilias in festivitatibus
-sanctorum facere
-
-Su queste vigilie cfr. DUCHESNE, _Les origines cit_., pag. 230 e segg.
-
-[490] In domibus ab episcopis sive presbyteris oblationes celebrare
-nullatenus licet, dice papa Felice IV (a. 530, riportato nel DECRETO DI
-GRAZIANO, _De consecratione_, D. I, c. 11) confermato da Gregorio Magno
-che proibisce rigorosamente «missas publicas ab episcopo in coenobio
-fieri.» (Cfr. _loc. cit. Epp_., II, 41).
-
-[491] Satius est missam non cantare aut non audire quam in illis locis
-ubi fieri non oportet, stabilisce il Decreto di papa Felice IV (a. 530)
-riportato anch'esso nel DECRETO DI GRAZIANO (_De consecratione_, dist.
-I, cap. 11).
-
-[492] In dominicis diebus (stabilisce il c. 1, del Concil. Nanetense)
-vel festis antequam missam celebrent, plebem interrogent, si alienus
-parochianus in ecclesia sit, qui proprio contempto presbytero, ibi
-missam velit audire.
-
-Cfr. LUPI, _De parrochiis cit._, pag. 206.
-
-[493] A Brescia erano vicinissimi alla città la corte di Cerropinto ed
-i beni spettanti _ad curtem nostram publicam vel ad curtem ducalem_,
-donati dal re Desiderio al monastero di S. Salvatore (cfr. _Cod. Dipl.
-Long._ — TROYA — n. 727, a. 759 e n. 878, a. 767, su quest'ultimo vedi
-anche quanto è stato detto a pag. 87,) e le altre terre tutte rimaste
-alla pubblica autorità, come si rileva dal noto documento del 1037 nel
-quale si dice _Monte Digno et Castenedolo sunt de foris muro ipsius
-civitatis_, (cfr. GRADONICUS, _loc. cit._, pag. 159, e segg.).
-
-A Cremona le selve che gli imperatori avevan concesse al vescovo e
-sulle quali i cittadini vantavano ed esercitavano larghi diritti di
-uso sono dette _in circuito civiatis_, (cfr. Diploma di Corrado I ai
-cremonesi dell'a. _ed._ e _loc. cit._).
-
-Lo stesso è a Lodi: nell'atto del 1142 con il quale il vescovo dà in
-pegno tutte le rendite del patrimonio del vescovado si ricordano le
-biade e i prati per due miglia intorno alla città. Cfr. _Cod. dipl.
-laud. cit_., (ed. VIGNATI, n. 108, pag. 137-39).
-
-A Pisa dal diploma di Enrico IV (ed. STUMPF _Die Kaiserurkunden
-cit._, n. 4745) si sa di «terras que fuere _pascua_ vel paludes...
-et _communia pascua_... in civitate vel _prope eam_ usque ad medium
-miliarium».
-
-Per Bergamo e per la generalità di questo fatto vedi MAZZI A. _Note
-suburbane cit._, pag. 27 e segg.
-
-[494] Tale è il caso della cappella di S. Grata a Bergamo secondo un
-documento del 1176 con cui il vescovo Guala ne definisce i confini.
-
-Cfr. MAZZI A. _Note suburbane cit_., pag. 142-43.
-
-[495] Cfr. il doc. del 783 ed. dal MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss.
-LXXIV.
-
-[496] LUPI. _Cod. dipl. cit._, II, col. 1087 e 1373.
-
-[497] a. 899 gen. in «Monum. Hist. Patr.», Chart. I, n. 54, col. 89-91.
-E la stessa formula è ripetuta nella donazione del vescovo Audace del
-marzo del 905: cfr. _ibid_. I, n. 66, col. 111-13.
-
-[498] ODORICI, _loc. cit._, VI, 30 e MAZZI. _Note suburbane cit._, pag.
-170 e 184-85.
-
-[499] LUPI. _Cod. dipl. bergom. cit._, I, col. 1185-86.
-
-[500] Cfr. TROMBELLI G. C. _De cultu sanctorum dissertationes decem_,
-Bologna, 1740, Vol. I, p. 2, Diss. VI, pag. 101 e segg.
-
-[501] Cfr. DE ROSSI E. _Roma sotterranea cit._, I, pag. 129-30 e
-_Bullett. Archeolog. crist. cit._, s. II, a. 5, pag. 150 e segg.
-
-[502] _Dig_. XI, 7, 39.
-
-[503] Cfr. il _Natale XI di S. Paolino da Nola_, v. 131, ed. cit.
-
-[504] Cfr. PASCHINI. _Note cit._, pag. 15.
-
-[505] Cfr. LUPI. _De Parrochiis cit._, pag. 185-86. L'idea prima
-dell'altare è appunto quella di essere eretto sopra le ossa di un
-santo.
-
-[506] Vedi il commento del MURATORI, al _Natale XI e XIII di S. Paolino
-da Nola_ nel Vol. I degli _Anecdota cit.;_ e _Delle Antichità longob.
-milan. cit._, Diss. XIX, Vol. III, pag. 77 e 195.
-
-[507] Cfr. S. AGOSTINO. _Ep_. 121. In oratorio praeter orandi et
-psallendi cultum penitus agatur. Cfr. anche l'_ep_. 109.
-
-[508] Cfr. DUCHESNE. _Origines cit_., pag. 283-84.
-
-[509] Cfr. i passi respettivi (_In Hex._ III, 5 e _Confess_. IX, 6 e
-X, 33) cit. nelle _Dissertaz. longob. milan_. _cit_., Diss. XXX, n. 17,
-Vol. III, pag. 347-48.
-
-[510] De vasis vero fusilibus vel etiam productilibus, quae simpliciter
-signa vocantur, quia eorum sonoritate quibusdam pulsis excitata
-significantur horae, quibus in domo Dei statuta celebrantur officia;
-de his inquam, hic dicendum videtur, quod eorum usus non adeo apud
-antiquos habitus proditur, quia nec tam multiplex apud eos conventuum
-assiduitas, ut modo est, habebatur: apud alios enim devotio sola
-cogebat ad statutas horas concurrere; alii _praenuntiationibus publicis
-invitabantur et in una celebritate proxime futuram discebant._
-
-WALAFRIDO STRABONE. _De officiis divinis sive de exordiis et
-incrementis rerum ecclesiasticarum_ nello «Speculum antiquae
-devotionis» del COHLÈE, Mons, 1549, c. 5.
-
-[511] AMULONIS ARCHIEP. LUGDUN. _Epist_. I, _ad Theodboldum episc_. in
-DE LA BIGNE, _loc. cit._, pag. 331-32.
-
-Si votum et desiderium est populorum fidelium, diversorum martirum et
-ceterorum sanctorum limina suppliciter frequentare, sunt dies certi
-et legitimi, quibus id, iuxta antiquam ecclesiae observantiam, devote
-exercere conveniat; tempore videlicet generalium rogationum, et pro
-diversis tribulationibus et necessitatibus indictarum litaniarum,
-seu quadragesimalium ieiuniorum, sive etiam in vigiliis et natalitiis
-martirum. Quae omnia et ex universali ecclesiae lege descendunt, et
-sacerdotum praedicatione ac denuntiatione commendantur, et omnium
-fidelium obedientia et pietate attentius observanda sunt.
-
-Fino dal secolo quarto, a detta di Teodoreto, i cristiani si recavano
-agli oratorî dei martiri «non semel, bisve, aut quinquies quotannis sed
-frequenter».
-
-Cfr. LUPI _De parrochiis_ cit., pag. 226-27.
-
-[512] Cfr. _Delle antichità long. milanesi cit_., to. I, diss. V.
-
-[513] Cfr. MABILLON. _Praefationes in Acta Sanctorum ordinis S.
-Benedicti, Praef. ad. sec. II_, § 42, obs. 7.
-
-[514] Cfr. NITTI DI VITO F. _Di un'iscrizione reliquiaria anteriore al
-1000_, Estr. dall'«Arch. Stor. Ital.» s. V, to. XII, a. 1893.
-
-[515] _Sanctorum reliquiae in villaribus oratoriis non deponantur_
-stabilisce il c. 25 del concilio epaonense del 617 _ed. cit._, IV, col.
-1679.
-
-[516] Il primo e più antico esempio ci è offerto dal _Liber
-Pontificalis_ da cui si apprende che S. Simplicio, che pontificò nella
-seconda metà del secolo quinto (460-483), stabilì presso la chiesa di
-S. Pietro un turno settimanale affinchè vi fossero sempre dei preti per
-accogliere i penitenti e somministrare il battesimo — «costituit ad S.
-Petrum... ebdomadam, ut presbyteri manerent ibi propter poenitentes et
-baptismum» — (ed. DUCHESNE, _cit._, pag. 126).
-
-Tale esempio, però, non deve esser preso proprio come prototipo perchè
-Roma ha una costituzione ecclesiastica tutt'affatto speciale.
-
-[517] A. 864 dec. Manifesta causa est mihi Grecorii venerabilis
-_presbiter de hordine sancte mediolanensis ecclesie_... ut rebus
-omnibus.. quas habere... viso sum in vico et fundo Ueniaco... deveniat
-integrum in iura et potestatem de _presbiteris decomanis, qui pro
-tempore Officiales fuerint in ecclesia beati_ Cristi confessori
-_Ambrosii_, ubi eius sanctum corpus requiescit, sita foris muro hac
-civitate, et illis _decomanis oficialis_ videlicet _sancti Uictoris_,
-ubi ad corpus dicitur; nec non et _uni ex oficialis sancti Naboris
-et Felicis martirum, qui prior in tempore fuerit_, seo et _uni ex
-oficialis sancte Ualerie, similiter qui prior fuerit_; ita volo ut
-omnes isti prenom. oficiales abeant predictis rebus, ut quidquid Deus
-omnipotens exinde dederit, equaliter omnes usifructuare et inter se
-dividere debeant pro anime mee remedio; ea tamen racione ut unusquisque
-eorum binas tantum missas per singulos menses canere debeat mihi....
-et patri meo et matri mee et fratribus meis... et speciale oficium
-uespertini seo matotini temporis cum nouem lectionibus faciant.
-
-BUGATI G. _Memorie istorico-critiche intorno alle reliquie ed al culto
-di S. Celso martire_ Milano, 1782, pag. 211-12. Serie delle carte n. 1.
-
-Le sue disposizioni andarono in esecuzione tre anni dopo.
-
-A. 867 nov. Breve divisionum qualiter diviserunt inter se, id sunt
-_Presbiteris Oficialis Basilice Beati_ Christi Confessoris _Ambrosii_,
-in qua eius s. corpus humadum quiescit, sita foris muro civitatis
-Mediolani, et ille _Presbiter, qui modo prior est Oficiale Basilice
-Sancte Valerie_, nec non et _illis presbiteris Oficialis Basilice
-Sancti Uictoris_ qui dicitur ad Corpus, sed et ille _prebiter qui
-modo prior est Oficiale Basilice Sancti Naboris et Felicis_...
-ex ordinacione quondam Grecorii Presbitero de hordine S. mediol.
-eccles.... sitis in uico et fundo Ueniaco.
-
-ID. _loc. cit._, pag. 213-18, n. II.
-
-Il documento è importante anche per un altro lato. La donazione
-contempla una grande quantità di terre tutte situate nello stesso vico
-e fondo ed offre materiale ottimo per le indagini sulla costituzione
-agraria e rurale del tempo.
-
-[518] Cfr. BARBIERI, _loc. cit._, pag. 16, 71, 53, 157 e 158.
-
-[519] Edito nel Vol. IV, pag. 297-300 delle _Antichità longob.-milanesi
-cit._
-
-[520] ... ipsam _ecclesiam_ que usque nunc _cella_ vocabatur...
-
-Cfr. _ibid._, pag. 298.
-
-[521] A. 866. Diploma dell'arcivescovo di Milano Tadone all'abate
-Pietro del monastero di S. Ambrogio. Ed. nel Vol. III delle _Antichità
-longob.-milanesi cit._, pag. 327-29.
-
-Insuper etiam petiit ut intra ecclesiam santorum Vitalis et Agricole
-in honore sanctorum Petri et Pauli ecclesiam infirmorum ei costruere
-concederemus atque semitam per quam monasterium minus munitum erat
-claudere et in aliam partem transmutare permitteremus, _illosque
-sacerdotes quos pro sua utilitate ad celebrandum missarum solemnia
-in eadem ecclesia_ OLIM NOVITER COLLOCAVERAT _intra nostrorum_
-CONCIVIUM SACERDOTUM _consortium annumerari concederemus_. Nos vero
-per consensum omnium nostrorum sacerdotum petitioni eius adsensum
-prebuimus et _ipsos presbiteros ab eo in ecclesia sancti ambrosii_
-NOVITER ORDINATOS _in_ NOSTRORUM CONCIVIUM CONGREGATIONE PRESBYTERORUM
-_suscipimus_.... Insuper etiam confirmamus atque concedimus prefato
-abbati successoribusque eius sicut prisca consuetudo ex antiquo tenere
-videtur ut in dominicis seu in solemnibus diebus indutus sandaliis
-ceterisque ornamentis episcopalibus [et infula et anulo antiquo] more
-ornatus in ecclesia beati Ambrosii divinum celebrare officium. Preterea
-concedimus atque confirmamus prefato monasterio et fratribus omnes
-oblationes que a Christifidelibus in eadem ecclesia sancti Ambrosii
-quoquo modo a maioribus sive a minoribus delate fuerint omnesque res,
-omnesque possessiones ibidem collatas cunctasque videlicet curtes
-earumque appendicias, simulque decimas omnium laborum seu dominicatus
-eorum, simulque omnes aldiones servos et ancillas seu colonos sed et
-omnia que nunc habere videntur vel que deinceps Deo propitio adquirere
-valuerit.
-
-Le parole fra parentesi, mancanti nel testo, sono state messe
-togliendole dal doc. del 1193 (ed. UGHELLI, _loc. cit._, IV, col.
-171-72) che riporta tutta la frase intiera.
-
-[522] Cfr. SCHIAPARELLI L. _I diplomi di Berengario I_. Roma, 1903, n.
-XIII, pag. 47.
-
-[523] AFFÒ I. _Storia di Parma cit._, Vol. I, pag. 362, doc. 73, a 978.
-
-[524] La famosa chiesa di S. Giovanni, da privata che era in origine,
-essendo stata fondata dalla regina Teodolinda nel 602 (P. DIACONO. _De
-gest. Lang. cit._, IV, 21 e 25) si trasformò rapidamente, tantochè alla
-metà del secolo nono appare fornita di tutti gli attributi di chiesa
-matrice e retta da un _custos_ (a. 769 ... Garoin r. d. _custodes
-basilice s. Johannis_ de fundo Moditia aut qui pro tempore _custus_ in
-ipsa _basilica_ fuerit. Cfr. FRISI A. F. _Memorie storiche di Monza e
-sua Corte_, Milano, 1794, Vol. I, c. 5, pag. 36 e segg. e Vol. II, n.
-II, pag. 3-4) che esercita le funzioni di capo di una pieve e ne porta
-anche il nome (a. 879 ott. Petrus _archipresbiter_ huius ecclesie.
-Cfr. ID. _Ibid._, Vol. II, n. V, pag. 9. — a. 880 dec. 20. Vincentius
-_archipresbiter et custus_ ecclesie et canonice. Cfr. _Ibid._, I, pag.
-37 e III, pag. 263) insieme con i preti, i diaconi e i suddiaconi
-che vivono raccolti in canonica sino dal tempo di Carlo il Grosso
-e ne costituiscono l'_hordo_ (... _de hordine et congregatione s.
-Johannis_ dicono numerosi docti del sec. IX e X. Cfr. ID. _Ibid._, I,
-pag. 47), detto anche _ordo major_ (1061 mag. ... isto campo deveniat
-in potestatem de omnibus presbiteris, diaconibus, suddiaconibus vel
-clericis qui de _ordine majore_ predicte ecclesie sunt. Cfr. _Ibid._,
-II, n. XXXVI, pag. 39-40) per distinguerlo da quello dei decumani, i
-quali, qui come a Milano, formano un corpo ecclesiastico tutt'affatto
-differente (a. 1035 .... fiat prandium... ad presb. diac. et subdiac.
-vel clericis qui in eodem _ordine ecclesie S. Joh._ sunt ET ad
-_presbiteros illos qui decimani sunt_. _Ibid._, Vol. II, n. XXX, pag.
-33-34 — a. 1053. Vitalis presbiter de _ordine decomanorum_ s. modic.
-eccl. _Ibid._, pag. 38).
-
-Gli _ordinarii_, al tempo di Berengario I saliti al numero di 32, oltre
-che dai decumani si distinguevano anche dai _custodes_, i quali, a
-norma della disposizione di Teodolinda (P. DIAC. _loc. cit._ Ordinatio
-vero talis fuit. De rebus s. Johannis nullo modo se debet aliquis
-intromittere nisi tantum sacerdotes qui ibi deserviunt die ac nocte,
-tanquam famuli et famule qui ibi subiecti sunt communiter debeant
-vivere) erano i rappresentanti del diritto di proprietà dei beni, di
-cui era titolare la chiesa di S. Giovanni (Diploma di Berengario I ai
-canonici della chiesa di Monza, ed. SCHIAPPARELLI L. _I dipl. di Ber.
-I_, Roma, 1903, n. 6, pag. 26). — Il re dona tre corti ai canonici
-imponendo loro varî obblighi fra cui quello di dare annualmente _loco
-oblationis, quinque anforas vini et urnam nec non et frumentum sextaria
-duodecim_ CUSTODIBUS _eiusd. eccl._ — a. 1198. Ego Lombardus Gairoldus
-_custos ecclesie s. Jhoa._ consigno d[=no] magistro Corrado et d[=no]
-Michaeli de Besozo et d[=no] Faravo de Modoecia qui sunt _ordinarii
-iste ecclesie_ ad partem et utilitatem iste ecclesie terram illam
-quam habeo et teneo ab ipsa ecclesia. (Cfr. FRISI. _loc. cit._, Vol.
-I, pag. 54) e riproducevano esattamente la posizione dei sacerdoti
-santambrosiani del diploma tadoniano dell'866 di fronte ai monaci
-istituiti nel 789, e della quale avremo da occuparci più avanti.
-
-[525] _Cod. dipl. long._, PORRO, col. 539.
-
-[526] CAMPI. _loc. cit._, I, pag. 467.
-
-[527] _Cod. dipl. long._, PORRO, col. 979-80.
-
-[528] Cfr. LUPI. _Cod. dipl. cit._, I, animadv. XXVII, col. 963-84,
-a cui si può aggiungere il doc. lucchese dell'a. 904 (ed. MURATORI.
-_Antiq. Ital._ t. VI, col. 407) in cui si ricorda «Vincentius
-archipresbyter _cardinis_ et vicedominus» e altri sei _cardinales_.
-
-[529] Anche a Vercelli erano dette _cardinales_.
-
-Nel frammento del sinodo vercellese del 964 rimastoci fra le opere
-di Attone (ed. LUPI. _loc. cit._), è detto: «insuper admonitione
-suorum clericorum sancivit, ut antiquus exigit usus pessima ungariorum
-incursione vastatus, _ecclesiae cardinales_ debitum praeberent
-baptisterio hac in civitate celebrato decenter obsequium. Ita ut
-in ipsis ex ecclesiis, quae sunt in villis, videlicet Patina.....
-presbyteri veniant sic expediti suis vestimentis, qui hic Vercellis
-pueros valeant baptismali tingere aqua.»
-
-[530] A. 819. Breve ordinationis facio ego Petrus gratia dei episcopus,
-qualiter una cum consensu sacerdotus et aremannus huius lucane
-civitatis, ordinare videor te Andripertum presbiterum filio Pauli
-in nostra _ecclesia sedalem_ sancti Donati, sita prope murum huius
-lucane civitatis; in eo vero tenore ut in tua sit potestate ipsa dei
-ecclesia, una cum casis et omnibus rebus ad eam pertinentibus abendum
-resedendum, gubernandum usufructuandum et officium dei die nocteque
-recto moderamine faciendo et nobis obediendum; sicut nostra sancta
-lex continet: et unum prandeum nobis et sacerdotibus nostris singulis
-annis die martis de alba semper preparare et dare debeas in festivitate
-ipsius ecclesie, portionem exinde de oblatis, et candelis tollendum
-ipse, sicut jam olim consuetas fuit; et semper nobis et sancte ecclesie
-nostre obedire, et servitium adimplere debeas, sicut consuetudo fuit;
-et qualiter ut supra te in eadem ecclesia firmavimus stavili ordine
-permaneas firmiter.
-
-Ed. MURATORI _Antiq. Ital._, Diss. XIII.
-
-A. 838. Notitia brevis de inquisitione ecclesie beati Vincentii ubi
-requiescit umatum corpus beati Fridiani iuxta lucanam urbem.
-
-Osprando, arciprete della cattedrale, disse: scivi Jacobum episcopum
-abentem ecclesia S. Fridiani infra istos triginta annos et ita eam
-ordinabat sicut alias _ecclesias sedales_ et pertinens erat de isto
-episcopio S. Martini.
-
-Giovanni chierico e scabino disse: Sibi (= scivi) Iohannem episcopum
-abentem ecclesiam S. Fridiani et dedit illam Jacobi germano suo in
-beneficio. Et postea habuit eam Jacobus episcopus in potestate S.
-Martini infra istos triginta annos, usque ad diem mortis sue.
-
-Alamondo scavino disse: Scivi ecclesiam S. Fridiani abentem Jacobum
-episcopum et imperantem. Sed Adegrimus vassus domni regis illam voluit
-contendere ad parte Palatii, sed minime potuit, quoniam ipse episcopus
-eam pertinentem episcopatui sui faciebat. Pietro disse: Scivi Johannem
-ep. et Jacopum ep. abentem ecclesiam S. Fridiani et imperantes usque
-ad diem mortis eorum et wiganationem exinde faciebant de res ipsius
-ecclesie, et prandia recipiebat, _sicut in cetere ecclesie sedales_
-istius episcopati.
-
-E tutte le altre deposizioni concordarono con queste.
-
-Cfr. MURATORI. _Antiq. Ital._ Diss. XXXI.
-
-[531] Negli _Acta sanctorum_, Vol. III, Venezia, 1788 «Miracula
-S. Zitae virg. lucensis» pag. 511, è detto: «Prior... iniunxit...
-Mandriano quod ipse statim scalciatus et cum corrigia ad collum iret ad
-_ecclesias civitatis lucensis sediales_ et majores.
-
-[532] Il noto vescovo Raterio nel suo itinerario 7 (ed. BALLERINI,
-_cit_. pag. 447) dice: «ad quod cum titularios omnes et illos de
-plebibus paratos, dei gratia invenissem, vos cardinales rogo etc.».
-
-Chi sieno questi _titularii_ che si distinguono dagli arcipreti rurali
-e dal clero della cattedrale è dimostrato dal documento seguente.
-
-A. 995. Dum Johannes patriarcha s. aquilegensis aecclesiae in sinodo
-resideret in ecclesia beatae Mariae sitae in civitate Veronae...
-surgens Obertus episcopus eiusdem sedis beatae Mariae, queri cepit...
-de clericis habitantibus in _titulis_ ipsius idest S. Mariae antiquae
-et S. Margaritae, quia ipsi secundum canonicam traditionem et antiquam
-consuetudinem sibi obedire vetarent, ita ut nec _ad sinodum_, nec
-_ad processionem_ ipsius venire vellent, nec illud observare, quod
-ceteri _tituli de eadem civitate faciunt scilicet et missas publicas
-precipuis festis interdictis ab episcopo facere non deberent_...
-Tunc.... patriarca videns quod rectum et canonicum erat quod ipse
-episcopus sciebat (dicebat?)... statuit ut deinceps clerici de
-prefatis suis titulis parati essent obedire veronensi episcopo tam
-sinodali advocatione quamque et in processionis honore seu etiam in
-missarum, cum ab eodem episcopo interdictum solemnibus festis noverunt,
-observatione.
-
-DE RUBEIS. _Mon. eccl. aquil._ cit. 223.
-
-[533] _Cod. Dipl. Long._, (PORRO), n. 797, col. 1398-99, 1 maggio 980.
-
-Leo diaconus cardinalis sancte Marie Maioris de Cremona, rector
-diaconie sancte Marie in Bethel regionis quinte suprascripta civitate
-Cremona tibi Ambrosio presbitero per hanc cartulam ad tuas preces
-facta comittimus providemus et perdonamus quatinus in oraculum sito
-xenodochio sancte Marie in Bethel, ubi rector ordinatus esse videmur,
-debeas omni _die et noctibus residere pro bona custodia offitio
-et luminaribus in predicto oraculo, ibique, permictente episcopo,
-valeas libere ac liceat diebus dominicis celebrare missam, sed ianuis
-clausis, ne populus a missarum solemniis in domo Domini a predicatione
-abstrahatur; aliis diebus_, permictente episcopo, tibi perdonamus ut
-_ianuis apertis valeas... missam celebrare_. Set tibi predicto Ambrosio
-presbitero stricte inbemus, uti canonica lex abet, ut _omni die festo
-et in omni die dominico in domo Domini ad missam et predicacionem
-episcopi cum populo accedas_ hora tercia; similiter stricte tibi
-iubemus, ut nullo modo nec libere nec licite nec ianuis apertis vel
-clausis in eodem oraculo missam celebrare presumas in Natale Domini,
-nec in die Sancte Pasche, nec in Ascensione, nec in Pentecoste, vel in
-die translacionis domine nostre sancte Marie matris Dei.
-
-[534] Con i documenti riportati nelle note precedenti concorda
-completamente, integrandoli, il c. 2 del capitulare di Teodulfo,
-vescovo aurelianense, del 797 e del quale già si è avuto occasione
-di rilevare qualche altro punto di identità con la costituzione
-ecclesiastica italiana.
-
-[535] S. Ambrogio fu seppellito accanto a S. Protaso e a S. Gervaso,
-primi santi tutelari di Milano, e la sua festa, che avveniva insieme
-con quella degli altri due, il 19 di giugno, era celebre anche per la
-chiesa romana per essersi fatta in tal giorno una pace fra i romani ed
-i langobardi ai tempi di Gregorio Magno e della quale questo pontefice
-fece cenno anche nell'«Introibo» della sua messa che incomincia:
-«Loquetur dominus pacem in plebem suam.»
-
-Cfr. _Delle antichità long. mil. cit._ Diss. XXV, p. 3, vol. III, pag.
-209. Vedi anche _ibid_. Diss. XXXVII, vol. IV, pag. 314.
-
-[536] Lo tentarono S. Eusebio a Vercelli e S. Agostino in Affrica,
-come ci è reso noto da S. Ambrogio; ma pochi anni dopo la loro morte il
-sistema andò in disuso.
-
-[537] A torto, quindi, si tenterebbe di riannodare a questa
-coabitazione del clero antico, l'origine delle canoniche del secolo X.º
-e XI.º. Cfr. MURATORI _Ant. Ital._ Diss. LXII.
-
-[538] Et nos habemus in ecclesia senatum nostrum cetum presbyterorum,
-dice S. Agostino (Opera omnia, Parigi, 1704, V, pag. 16).
-
-[539] Cfr. GREGORI M. _Ep_. I, 6 e 60 e LUPI. _De parrochiis cit._ pag.
-380 e segg.
-
-[540] Nel 787 Dateo, arciprete della cattedrale di Milano, fonda un
-brefotrofio presso di essa stabilendo che i _presbyteri ex ordine
-cardinali_ vi abbiano una sala a disposizione (MURATORI A. _Antiq.
-ital._ diss. XX). Nel doc. dell'864 riportato nella nota 2 a pag. 178 è
-ricordato Gregorio prete _de hordine s. mediol. eccles._ Nel doc., pure
-milanese, del 789, più volte ricordato, l'arciv. Pietro fa esplicita
-menzione del consenso dato dai «sacerdotibus et levitis cunctisque
-ordinis nostri gradus». (Cfr. _Delle antich. long. mil. cit._ IV, pag.
-298). In un altro doc., anch'esso milanese, del 1034 (MURATORI _Antiq_.
-diss. LXI) si ricordano i «presbyteri diaconi et suddiaconi _cardinales
-de hordine s. mediol. eccl._». Nel 1151 gli «_ordinarii_ eccles. s.
-Alexandri» di Bergamo (la cattedrale) stipulano un'interessantissima
-convenzione con i loro cuochi. Cfr. LUPI _Cod. cit._ II, col 1105-1106.
-
-Ed ho citato solo alcuni esempi dei più interessanti. Vedine altri in
-LUPI. _De parr._ pag. 380 e segg. e in MURATORI _Antiq_. diss. LXI.
-
-[541] ESMEIN A. _Cours élémentaire d'histoire du droit français_,
-Paris, 1898, pag. 148 e SCHULTE _loc. cit_. pag. 650 e segg.
-
-[542] _Presbyteri ruris in ecclesia civitatis episcopo presente vel
-presbyteris urbis ipsius offerre non presumant_. Concil. neocesarense
-a. 314 c. 13. Sulla sua applicazione in occidente vedi GALANTE. _Elem.
-di dir. eccles. cit._ pag. 23 e LUPI. _De parroch. cit._ pag. 293 e
-segg. diss. III, cap. 3.
-
-[543] Il principio, sanzionato dal c. 13 del sinodo ottavo — oporteat
-in magna ecclesia in minori gradus constitutos ad maiores honores
-opportune contendere, sed non eos qui foris sunt, inter eos admitti —
-fu confermato pienamente da Giustiniano (Nov. III. 2) e da varî concilî
-posteriori. Cfr. LUPI _De parr. cit._ pag. 328.
-
-[544] Prisca loci consuetudo — dice ARNOLFO _loc. cit._ I, 1. —
-ut, decedente metropolitano, unus ex majoris ecclesiae precipuis
-cardinalibus quos vocant ordinarios succedere debeat.
-
-[545] Questo avveniva quasi esclusivamente quando si trattava di
-custodes _martyrum_, i quali, fino dal tempo di Silvestro I (314-335)
-erano messi fra il diacono e il suddiacono. Cfr. THOMASSIN L. _Nova et
-vetus ecclesiae disciplina cit_. vol. I, parte I, libr. 2, cap. 92, §
-2, pag. 299.
-
-Il _custos_ della chiesa di S. Ambrogio, p. es., è non di rado (cfr.
-PURICELLI loc. cit. n. 8, a. 740; e n. 11, a. 781, 2 maggio e _Delle
-antichità long. mil. cit._ Diss. XXVII, vol. III, pag. 256) chiamato
-_venerabilis_ e _reverendissimus_.
-
-[546] Con questo termine intendo i preti già stabilmente fissati presso
-le chiese che a Milano sono dette decumane, a Lucca sedali, a Bergamo
-cardinali, etc.
-
-[547] Al documento citato a pag. 187, nota 2 si può aggiungere quello
-del 974 in cui si ricorda Giovanni prete decomano della santa chiesa
-milanese ed officiale della chiesa di S. Maria detta di Podone (cfr.
-_Delle antichità long. milan. cit._ vol. III, Diss. XXX, pag. 371) e
-sopra tutto il passo del testamento di Attone vescovo di Vercelli (ed.
-Del Signore cit. prefaz. pag. XVII) in cui, nel lasciar loro le due
-valli di Leventina e Bellenica, distingue nettamente il clero raccolto
-nella cattedrale dai decumani sparsi per la città: _presbyteris seu
-diaconis cardinalibus sancte mediolanensi ecclesie et sacerdotibus
-decomanis qui in eadem civitate pro tempore fuerint_.
-
-[548] a. 1117. Dum in Dei nomine in civitate Mediolani in Arengo
-publico in quo erat Domnus Jordanus archiepiscopus, ibique cum eo eius
-_presbiteri et clerici maioris ordinis et minoris praedictae mediol.
-eccl._.... veniens d. Ardericus ven. laudensis episcopus cum suis
-_clericis majoris ordinis et minoris_....
-
-GIULINI _loc. cit._ parte V, pag. 545.
-
-[549] Cfr. nota 1 a pag. 190.
-
-Per Lodi vedi il doc. del sec. X (ed. VIGNATI _loc. cit._ n. 13, pag.
-19) _«Cardinales presbyteri, diaconi et subdiaconi»._
-
-[550] Tutti i documenti parlano sempre di presbyteri. E, del resto,
-si capisce facilmente che dovendo compiere delle funzioni, a cominciar
-dalla messa, per le quali la Chiesa aveva stabilito indispensabile il
-grado del presbiterato, dovevano essere preti.
-
-In seguito, però, forse per quella corruzione degli ordini
-ecclesiastici che a Milano appare fino dai primissimi decenni del
-secolo nono (cfr. PURICELLI _De S. Arialdo cit._ IV, 1); sembra che
-potessero essere decumani anche i diaconi. Almeno ARNOLFO (_loc. cit._
-III, 8) racconta che Arialdo era _ex decomanis diaconus_. Il GIULINI
-— con ragione, secondo me — suppone (_loc. cit._ parte IV, pag. 13, ad
-an. 1056) che non solo fosse, per abuso, attribuito il nome di decumani
-ai preti di molte chiese di Milano che non erano di quell'ordine; ma
-che fino dai tempi di Arnolfo fosse divenuto un titolo generale a tutti
-gli ecclesiastici di qualunque ordine, che non fossero _ordinarii_.
-
-[551] a. 871. febbraio.
-
-Ego Vuerulfo, qui et Podo vocatur.... offero.. in.. ecclesia S. marie,
-sita intra han civitatem Mediolani, prope locus, ubi quinque vias
-dicitur, quam ego in propria mea terra aedificavi, petiam unam de
-terra cum casas.... et volo.... ut.... deveniat in manus et potestate
-de PRIMICERIO PRESBITERORUM DECUMANORUM S. MEDIOLANENSIS ECCLESIE,
-ad ordinandum presbiterum unum, _qui in jam dicta ecclesia s. marie
-officiare debeat et custodire die noctuque_ pariter et fideliter et
-faciat ipse presbiter de jam dicta terra et casas que cum jam dicta
-ecclesia tenere videtur, usufructuario nomine, quaecumque voluerit....
-autem volo ut _presbiter_ ille qui _in eadem ecclesia officiale_
-fuerit, dare et offerre debeat candelas duas optimas, omnes missas
-ipsius s. marie, ad archiepiscopatum s. mediol. eccl..... et pascere
-debeat per omni anuale meo presbiteros duodecim et pauperes decem et
-missa speciale canere debeat per omne mense, duas in anno. Et ipse
-primicerius, qualis in tempore fuerit, propter honorem ordinationis
-ipsius ecclesie,.... habeat massaricium unum juris mei, qui reiacet
-in vico et fundo Raudo, ut nulla impositio propter ordinationem ipsius
-ecclesie quesierit, nisi illum massaricium.
-
-GIULINI. _Memorie cit_. vol. I, append. pag. 464-65.
-
-Consimile è il testamento dell'arciv. Andrea dell'11 genn. 903, ed.
-_ibid_., vol. II, append. pag. 475-79.
-
-[552] 997. nov. 19. Ego _Andreas presbiter et Primicerius de hordine
-Decomanorum Sancte Mediolanensis Ecclesie Officiale Basilice Sancte
-Genitricis Virginis Marie, que dicitur iemalis_... volo et iubeo... ut
-petia una de terra... deveniat in potestate de presbiteris illis, qui
-tunc tempore et in perpetuum in basilica Sancti Laurentii, constructa
-foris ab ac civitate, non longe ad portam quod clamatur Ticinense,
-Officiales fuerint... mei et parentum meorum, seu Domni Landulfi
-quotidie missas, vesperas, et matutinum et reliquum officium faciant.
-
-SAXII. J. A. _Archiepiscoporum mediolanensium series
-historico-chronologica_ etc. Milano, 1755, vol. II, pag. 378-79.
-
-[553] Erano 30: 15 sacerdoti, 10 diaconi e 5 suddiaconi. Cfr. _Delle
-antichità cit._ Diss. XXV, vol. III. pag. 225. Questi ultimi, però,
-erano esclusi dalle assemblee in cui si discutevano le questioni di
-maggior rilievo. In un diploma dell'arciv. Ariberto, del 1032 (ed.
-PURICELLI _loc. cit._) presenti _senioribus superioris ecclesiae
-suae cardinalibus, presbyteris et cardinalibus_ si sottoscrivono
-l'arcidiacono, il vicedomino, dodici preti e due diaconi; ed in un
-altro dello stesso arciv. (ed. MURATORI _Antiq. It._ Diss. LXI)
-si vedono convocati _venerabilibus suae ecclesiae cardinalibus,
-presbyteris videlicet et diaconibus._
-
-I suddiaconi non sono ricordati mai.
-
-[554] Cfr. _Delle antichità cit._ diss. XXX, vol. III. III, pag. 345 e
-segg.
-
-[555] Cfr. GIULINI _Memorie cit_. parte III, pag. 366.
-
-[556] _Presbyteri decumanorum extra chorum cantant_, dice BEROLDO _loc.
-cit_. ed. MURATORI Diss. LVII.
-
-[557] Dopo un primo stadio di formazione, comunemente noto col nome
-di _periodo apostolico_, la comunità cristiana, sotto l'influsso
-dello spirito giuridico organizzatore dei Romani (FRIEDBERG-RUFFINI.
-_Trattato cit_. pag. 26), cominciò ad acquistare, ancora prima di
-divenire religione di Stato, un aspetto sempre più rispondente a
-quello religioso e civile romano; e gli ecclesiastici furon ben
-presto rivestiti di un carattere ufficiale in tutto simile a quello
-dei funzionarî civili, nello stesso modo dei quali, con le stesse
-parole e con le stesse forme erano nominati (ID. _ibid_. pag. 32 e
-segg.) e tutti coloro che erano investiti del ministerio ecclesiastico
-si vennero a contrapporre ai laici costituendo anch'essi un _ordo_
-distinto dalla _plebs_ in modo del tutto identico a quello che avveniva
-nella costituzione civile.
-
-[558] Cfr. _Concil. carthag_. IV, a. 418-19, c. 22.
-
-[559] In ordinandis sacerdotibus et clericis, diceva S. Agostino (cfr.
-POSSIDIO _Vita Augustini_ cit. c. 21), consensum maiorem cristianorum
-et consuetudinem ecclesiae sequendam esse.
-
-[560] Cfr. i documenti riportati e indicati dall'IMBART DE LA TOUR _Les
-élections episcopales dans l'Eglise de France du IX au XII siècle,_
-Paris, 1891, pag. 12 e segg. e passim.
-
-[561] _Cod. Theod._ XVI, 2, 33.
-
-[562] Cfr. i passi riportati dall'IMBART DE LA TOUR. _Les élections
-episcopales cit_. pag. 12 e segg.
-
-[563] Il sinodo romano di Eugenio II dell'826 (c. 8) stabilisce:
-«Episcopi in subiectis baptismalibus plebibus, ut certe propriis,
-curam habere debent, ut cum in ipsis presbyteros necessitas occurrerit
-ordinandi, ut reverentius observentur, convenit ibidem habitantium
-habere consensum».
-
-E il concilio ticinese dell'850, già tante volte citato, conferma
-che «in ordinandis plebium rationibus, civium instituta serventur et
-primum quidem ipsius loci presbyteri vel ceteri clerici idoneum sibi
-rectorem eligant; deinde populi qui ad eamdem plebem adspicit, sequatur
-assensus».
-
-E dall'esempio offerto dalla pieve di Mosciano a quelli delle pievi
-modenesi e parmensi, le prove dell'autonomia dei centri rurali è
-dovunque dimostrata; ciò che produce come conseguenza che quella della
-pieve urbana, che dai centri rurali è circondata, sia anche maggiore.
-
-[564] Cfr. TAMASSIA N. _Longobardi, Franchi etc cit_., pag. 113-18 e
-SOLMI A. _Stato e Chiesa secondo gli scritti politici da Carlo M. fino
-al concordato di Worms_, Modena, 1901, pag. 3 e segg.
-
-[565] TAMASSIA _loc. cit._, pag. 196 e segg. SOLMI _loc. cit._, pag.
-55-57.
-
-[566] In Gallia, come si rileva anche dalla formula del _Missale
-francorum_ (ed. DUCHESNE _Origines cit._, pag. 359. «Secundum
-voluntatem Domini, in locum s. memoriae illius nomine, virum
-venerabilem illum testimonio presbyterorum et totius cleri et consilio
-civium ac consistentium credimus eligendum») le elezioni vescovili
-anticamente erano indipendenti; ma sotto i Merovingi, per le violenze
-e le agitazioni del popolo, il potere regio ebbe occasione ed agio di
-intervenirvi per modo che da un semplice mantenimento dell'ordine si
-passò rapidamente ad una vera e propria ingerenza; cosicchè la Chiesa
-fu costretta ad iniziare una lotta, che ridusse — è vero — l'autorità
-regia alla sola conferma; ma le dètte, appunto perchè limitandola
-l'ammetteva, pieno ed esplicito e riconosciuto diritto di intervenire
-nell'elezione. L'HAUCK, (_Die Bischofswalhen unter der Merovingern_.
-Erlangen, 1883), forse un po' impressionato dall'opinione del FUSTEL
-DE COULANGES, (_La Monarchie francque_, Paris, 1888, pag. 523-566 e,
-sopra tutto, 555-558) che ritenne che l'autorità regia ridusse a nulla
-l'intervento del clero e del popolo; ha pensato che questa limitazione
-sia stata una grande conquista da parte della Chiesa; ma, in realtà,
-egli ha considerato il fatto rispetto ai suoi presupposti immediati;
-ma non alla costituzione primitiva della Chiesa. Il can. 10 del quinto
-Concilio di Orléans (ed. MAASSEN, _cit_., pag. 103) incomincia «Sed
-_cum voluntate regis_... pontifex consacretur».
-
-Questo già ai primissimi del secolo settimo. L'editto di Clotario è del
-614. (Cfr. «Monum. Germ. Hist.» _Leges_, I, pag. 14).
-
-Sorto in seguito l'astro dei Carolingi, la Chiesa fu trasformata in
-istituzione territoriale e, pienamente sottratta alla dipendenza del
-pontefice (cfr. FRIEDBERG-RUFFINI, _loc. cit._, pag. 16), divenne loro
-docile e poderoso strumento di governo.
-
-[567] Quest'affermazione si limita, s'intende bene, al periodo franco,
-durante il quale l'azione del pontefice nelle elezioni vescovili ebbe
-un'importanza così limitata che non occorre fermarcisi su.
-
-[568] Nell'epoca romana questo fatto si rileva più facilmente perchè
-l'elezione del vescovo è regolata minutamente dalle leggi e queste
-graduano la facoltà degli elettori in proporzione diretta della loro
-posizione nella vita civile.
-
-Vedi a questo proposito a pag. 59 e segg. e _Cod. Theod._ Nov. XVII a.
-445.
-
-[569] Vedi i passi riportati a questo proposito dal FRIEDBERG-RUFFINI,
-dal CALISSE, dall'IMBART D. LA TOUR e dal VACANDARD E. _Les élections
-épiscopales sous les mérovingiens_ in «Rev. d. questions histor.».
-XXXII, 126, avril, 1898. «Expectarentur — dice un tipico passo di
-S. Leone M. (Ep. X, 6 — Iaffè Reg. 467) — vota civium, testimonia
-popolorum; quaereretur honoratorum _arbitrium, electio_ clericorum».
-
-[570] E ciò sopra tutto per la ragione che il clero, come istituzione,
-è ritenuto di origine divina e gode, quindi, di un gran prestigio.
-
-[571] A notariis ecclesiae — dice S. Agostino (Ep. 110) — ...
-excipiuntur quae dicimus et dicitis... Hoc ad ultimum rogo ut gestis
-istis dignemini subscribere qui potestis.
-
-Su questo _decretum quod clerus et populus formare debet de electo
-episcopo_ cfr. specialmente l'_Ordo romanus_ in _Bibl. patruum_ cit.,
-X, col. 104.
-
-[572] S. AGOSTINO li ricorda varie volte.
-
-Dilectissimis fratribus, clero, _senioribus_ et universae plebi
-aecclesiae Hipponensi.... salutem — Ep. 137.
-
-Silvanus a Cirtha traditor est et fur rerum pauperum, quod omnes vos
-episcopi, presbyteri, diacones et _seniores_ scitis — _Contra Crescon_.
-III c. 29 _ed. cit._ vol. VII pag. 177.
-
-E la stessa precisa frase si trova anche nelle _Gesta purgationis
-Felicis et Caeciliani_ in calce alle opere di OPTATO, Parigi, 1567,
-pagina 268 — Ep. di forte.
-
-E nello stesso significato troviamo la parola anche nel medioevo.
-
-Nel testamento del prete Teodaldo dell'a. 768 (ed. FRISI _loc.
-cit._, II, n. 2, pag. 4) è detto: «obsecro principes terre istius vel
-presolis adque _senioris_ ecclesie S. Johannis ut... omnia stavilem
-permittatis permanere. E in una donazione al monastero di S. Ambrogio,
-dell'a. 863 (ed. GIULINI _loc. cit._, vol. I, append. pag. 444-45) si
-stabilisce che se i monaci non adempiono agli obblighi loro imposti
-a proposito di un ospedale fondato dal donatore, l'ospedale stesso
-passi agli _officiales_ della Chiesa di S. Giovanni di Monza «sine ulla
-contrarietatem _senioribus_ ipsius ecclesiae».
-
-Nè son casi isolati. Cfr. a. 787 (MURATORI _Antiq. ital._, III,
-col. 587) pontifex (arciv. di Milano) de ipso ordine presbyterum
-_seniorem_... ordinare dignetur. — a. 951-962 (VIGNATI, _Cod. dipl.
-laud._ cit. I, n. 13, pag. 18-19). Radbertus presbiter de cardine
-s. laud. eccl. scribere per iussu domni _senioris_ communuimus. — a.
-933. (TIRABOSCHI. _Mem. Nonantola_ cit., n. 82), una per consilio et
-consensum _seniorum_ sacerdotis et clerum b. s. Geminiani motinensis,
-il vescovo Gottifredo fa una concessione enfiteutica.
-
-Il TAMASSIA (_I sermoni di Pietro Crisologo_ cit.,) ha indicato alcuni
-passi che gettano uno sprazzo di luce sui rapporti che con anacronismo
-scusabile possono esser detti _prefeudali_, della società romana.
-
-I documenti ora indicati, che contengono il nome di _senior_, di ben
-nota diffusione nel campo feudale, possono, forse, esser presi in
-considerazione anche da questo punto di vista.
-
-[573] Agostino. _Conc. II in Psalm._ 36, to. 8, pag. 201. «Cum
-incestos contra legem decretaque omnium sacerdotum communioni sanctae
-adiungeret, cumque obsistente massima parte plebis, etiam _seniorum
-nobilissimorum_ litteris conveniretur etc.».
-
-LIBERATI. _Breviarium cit_., c. 14. ed. cit. to V, pag. 763. «Collecti
-sunt _nobiles civitatis_ ut eum qui esset vita et sermone dignus
-pontificatu eligerent».
-
-[574] In ordinationibus eorum clamant et dicunt: dignus es et iustus e
-S. AMBROGIO. _De dignitate sacerdot._ c. 5. E S. AGOSTINO (_Ep_. 110):
-Dignus et iustus est dictum est vicies.
-
-Altri esempi per il medioevo ci sono offerti da GREGORIO DI TOURS,
-_loc. cit._ passim e specialmente l'ep. 25 del libro quarto, ad
-Donnulum.
-
-[575] Cfr., oltre i trattati generali già citati, il REVILLE _Les
-origines de l'épiscopat_, Paris, 1894.
-
-[576] Vedi il doc. dell'838 nella nota 2, a pag. 186.
-
-[577] Vedi il doc. riportato nella nota 1, a pag. 186.
-
-[578] Q. FLORENTIS TERTULLIANI _Apologeticus adversus gentes_, Venezia,
-1525, c. 37, cap. XXXIX.
-
-De disciplina christianorum. Si quod arcae genus non de ordinaria summa
-quasi redemtae religionis congregatur: _modicam unusquique stipem
-menstrua die, vel cum velit et si modo possit, apponit_. Nam _nemo
-compellitur_, sed _sponte confert_.
-
-ID. _Ep_. 34 in _Opera omnia_ Parigi, 1666, pag. 49.
-
-Presbiteri honorem designasse nos illis jam sciatis ut et sportulis
-iisdem cum presbyteris honorentur et _divisiones mensurnas_ aequatis
-quantitatibus partiantur.
-
-ID. _Ep_. 66, _ibid_., pag. 109.
-
-Quae nunc ratio et forma in clero tenetur, ut qui in ecclesia domini
-ordinatione clerica promoventur, in nullo ab administratione divina
-avocentur nec molestiis et negotiis saecularibus alligentur, sed
-in honore _sportulantium fratrum_ tamquam _decimas ex fructibus
-accipientes_, ab altari et sacrificiis non recedant.
-
-E quando qualche ecclesiastico mancava ai suoi doveri era punito in
-modo molto semplice e chiaro: «Interim (cfr. _Ep_. 28, pag. 41) se
-a _divisione mensurarum tantum contineant_, non quasi a ministerio
-ecclesiastico privati esse videantur».
-
-[579] _Cod. Just._ I, 3, 33, § 1. Leone e Antemio (467-471). Non
-oportet episcopos aut clericos _cogere quosquam ad fructus offerendos_,
-aut angarias dandas, aut alio modo vexare, aut excommunicare,
-aut anathemate damnare, aut denegare communionem, aut idcirco non
-baptizare, _quamvis usus ita obtinuerit_.
-
-[580] LEONIS M. (440-460). _Sermo de collectarum die_ (ed.
-BALLERINI-CACCIA).
-
-Providenter, dilectissimi, a sanctis patribus pieque dispositum est,
-ut in diversis temporibus quidam essent dies, qui devotionem fidelis
-populi ad Collationem publicam provocarent. Et quia ad ecclesiam
-maxime ab unoquoque opem quaerente decurritur, fieret ex possibilitate
-multorum _voluntaria_ et sancta _Collectio_, quae per Praesidentium
-curam necessariis serviret expensis: ad cuius operis desideratum
-vobis, ut credimus, fructum dies vos vicinus invitat, accedentibus
-admonitionibus nostris, ut ad ecclesias regionum vestrarum sabbato
-proxime futuro misericordiae munera deferatis.
-
-ID. _Sermo IV_.
-
-Quia in die dominica prima est futura Collectio, omnes vos devotioni
-_voluntarie_ praeparate, ut unusquisque secundum sufficientiam habeat
-in sacratissima oblatione consortium.
-
-Id. _Sermo V_.
-
-Ad horum operum, Dilectissimi, piam curam dies nos apostolicae invitat,
-in quo sanctarum Collectionum prima _Collectio_ est prudenter a
-Patribus et utiliter ordinata; ut quia in hoc tempore gentilis quondam
-populus superstitiosius daemonibus serviebat, contra prophanas hostias
-impiorum, sacratissima a nobis nostrarum elemosinarium? celebraretur
-oblatio: quod, quia incrementis ecclesiae fructuosissimum fuit, placuit
-esse perpetuum. Unde hortamur sanctitatem vestram, ut per ecclesias
-regionum vestrarum quarta feria de facultatibus vestris quantum
-suadet possibilitas ac voluntas, expensas misericordiae conferatis, ut
-possitis illam beatitudinem promereri, in qua sine fine gaudebit, qui
-intelligit super egenum et pauperem.
-
-[581] Il capitolare di Mantova del 787 prescrive che la decima sia
-pagata alla presenza di almeno due testimoni ne ideo ibi juramentum
-aliquod faciendi necessitas contingat. (Cfr. M. G. H. Capitularia, I §
-8, pag. 197).
-
-E questo sistema di giuramento concorda pienamente con l'uso
-estesissimo del giuramento quale ci è unanimente dimostrato dalle
-fonti romane (Cfr. _Dig. XII_, 2, 3-I, 3, § 4 e 2, 4 e 5) e con
-quello attestatoci dai documenti posteriori. Il Tiraboschi, p. es., ha
-pubblicato un doc. del secolo X (_Mem. Modenesi_ cit., I, cod. dipl.
-n. 117, pag. 142) che suona così: «Incipit nomina virorum hac mulierum
-qui pro dei timore et christi amore dederunt singuli denarios pro
-redemptione animarum suarum in luminaria ad illuminandum ecclesiam dei
-ut eorum animas illuminet deus in sanctum paradisum et _ipsi omni anno
-Deo auxiliante hoc facere similiter promittunt_».
-
-E si possono citare anche altri esempi posteriori nei quali si vede
-sempre intervenire il giuramento. Cfr. anche lo statuto della Chiesa di
-Parma citato a pag. 1, n. 1 e a pag. 103-104.
-
-[582] Cfr. _Cod. dipl. long_. — Troya, — n. 216.
-
-[583] Cfr. pag. 200 nota e nota 3 di questa pagina.
-
-[584] Di _decimas_ parla il capitolare fissato dal re Liutprando
-con i mercanti di Comacchio nel 730 (Cfr. HARTMANN. _Zur
-Wirtschaftsgeschichte Italiens in frühen Mittelalter. Analekten._
-Gotha. 1904, pag. 123-24); decime pagavano talvolta cittadini e vicini
-per il godimento degli antichissimi diritti d'uso (Cfr. SOLMI A.
-_Manuale cit._, pag. 188) e la decima parte dei frutti della terra da
-loro lavorata corrispondevano numerosi lavoratori (Cfr. _Cod. dipl.
-long._ — TROYA — n. 433, a. 721; n. 476, a. 729; n. 526, a. 740) così
-in occidente come in oriente (cfr. ZACHARIAE V. LINGENTHAL. _Geschichte
-des grieschisch-roemischen Rechts_, Berlin, 1892, II, pag. 255-56 e n.
-843).
-
-[585] S. AGOSTINO. _Comm. in Psalm_. 146 (_Opera omnia_ cit. VIII, pag.
-698). Precidite ergo aliquid et deputate aliquid fixum, vel ex annuis
-fructibus vel ex quotidianis quaestibus vestris... Exime aliquam partem
-redituum tuorum. _Decimas_ vis? decimas exime quamquam parum sit.
-
-ID. _Homil_. 48, X, pag. 48. Maiores nostri copiis omnibus abundabant
-quia Deo _decimas dabant_ et Caesari censum reddebant.
-
-[586] Capit, di Lestimes a. 743 (in «Mon. Germ. Hist.» Boretius.
-I, n. 11, pag. 28). — Statuimus quoque cum consilio servorum Dei et
-populi christiani propter imminentia bella et persecutiones ceterarum
-gentium quae in circuitu nostro sunt, ut _sub precario et censu
-aliquam partem ecclesialis pecuniae in adiutorium exercitus nostri
-cum indulgentia Dei aliquanto tempore retineamus ea conditione, ut
-annis singulis de unaquaque casata solidus, idest duodecim denarii, ad
-ecclesiam vel monasterium reddatur; eo modo, ut si moriatur ille cui
-pecunia commodata fuit, ecclesia cum propria pecunia revestita sit. Et
-iterum si necessitas cogat ut princeps iubeat, precarium renovetur et
-rescribatur novum_.
-
-Col capitolare del 768 (ID. _ibid._ 1, _Capit. aquit._ c. 1, pag.
-42) Pipino aggiunse l'obbligo della restaurazione della chiesa a cui
-appartenevano le terre beneficiate.
-
-E nel 779, col capit. aristallense (ID., _ibid_. I, c. 13, pag. 50),
-Carlo Magno aggiunse l'obbligo del pagamento della decima e della
-nona. De rebus vero ecclesiarum und nunc census exeunt decima et nona
-cum ipso censu sit soluta et unde antea non exierunt similiter nona et
-decima detur; atque de casatis quinquaginta solidum unum et de casatis
-triginta solidum dimidium et de viginti trimisse unum.
-
-La bibliografia sul beneficio ed i suoi rapporti col feudo è troppo
-nota perchè occorra accennare anche solo i principali lavori.
-
-[587] Cfr. _ibid_. I, pag. 46.
-
-[588] Cfr. _Pippini capitulare italicum_ a. 801 (806)-810 (_ibid_. I,
-1, n. 102, pag. 210, c. 6). E questa disposizione deriva in linea retta
-da Carlo M. nella sua «Epistola in Italiam emissa», a. 790-800 (_ibid_.
-n. 97, pag. 203), e con il c. 60 del suo capitolare italico.
-
-[589] _Capit. Ital_. c. 31.
-
-[590] _Capitulare cum episcopis langobardicis deliberatum_, a. 780-90.
-(_Ibid_. n. 89, c. 9, n. 89). E questo costume e questa consuetudine
-di cui parlano e come di cosa antica vescovi langobardi, non poteva
-essersi formata che in Italia e prima dell'invasione franca. Non potè
-essere lo stato langobardo ad istituire un contributo che ripugnava
-all'indole del suo popolo, a vantaggio di un culto che non era il suo e
-per il quale, nei primi tempi specialmente, non furono usate soverchie
-tenerezze; mentre nessuno dei re divenuti cattolici l'ha — che si
-sappia — istituito. E si sarebbe saputo; chè un capitolo dell'Editto,
-una parola di Paolo Diacono, un passo delle lettere e degli scritti cui
-dette luogo la lunga controversia terminata con la calata dei Franchi,
-non avrebbe mancato di farcelo sapere.
-
-Abbiamo dunque una riprova dell'ininterrotto perdurare della antica
-_collecta_.
-
-[591] _Loth_. 43. Che la decima di cui qui si parla sia quella italiana
-è dimostrato da vari fatti. E cioè: 1.) che in esso si parla sempre
-e soltanto di decima e mai si ricorda o menziona la nona; 2.) che
-si istituisce una speciale procedura la quale consiste nella nomina
-di una commissione di quattro o otto o più «homines optimi» per ogni
-pieve i quali sieno testimoni inter sacerdotes et plebem. La pieve è
-il complesso dei parrocchiani e tale commissione sarebbe un assurdo
-per testimoniare il soddisfacimento di uno degli obblighi nascenti dal
-rapporto giuridico intercorrente fra una chiesa, che poteva benissimo
-non essere una pieve ed uno speciale individuo; 3.) infine, che si
-commina ai renitenti la prigione e la confisca dei beni, senza mai far
-parola di omissione di beneficio.
-
-[592] Eccone un esempio tipico.
-
-Et hoc ea consideratione introductum est, ut detracta portione
-dominorum, coloni de sua parte dumtaxat decimam solvant, quia domini in
-civitate vel in aliis locis plerumque habitant, et spiritualia ibi non
-recipiunt ubi decimae solvuntur, et ideo de sua parte fructuum decimas
-dare non tenentur. _Liber Consuetudinum Mediolani_ c. 25 Ed. BERLAN
-cit. pag. 256.
-
-[593] Cfr. _Capit. ital. Pipin._ 4, 17; _Lud_. P. 30; _Loth_. 20.
-
-[594] Cfr. _l'epist._ di GELASIO _ad episc. Lucaniae_ c. 5 (ed. cit.
-to. IV pag. 1189) «Baptizandis consignandisque fidelibus pretia nulla
-praefigant, nec illationibus quibuslibet impositis exagitare cupiant
-renascentes.... Et ideo nihil a predictis prorsus exigere moliantur...»
-E il _conc. illiberit._ c. 48 (ed. cit. I. pag. 97) proibisce già —
-emendari placuit — che «qui baptizantur nummos in concham non mittant».
-
-Per le oblazioni in caso di matrimonio si può citare come tipo il c. 3
-dei _Responsa Bulgarorum_ di Niccolò I. che è dell'866 (Cfr. l'edizione
-corretta fattane dal DUCHESNE. _Origines cit._ pag. 433-34) ma che
-riproduce in modo perfetto nella forma e nella sostanza il sistema di
-celebrazione degli sponsali e del matrimonio romano.
-
-«Et primum quidem in ecclesia domini cum oblationibus quas offerre
-debent Deo per sacerdotis manum statuuntur».
-
-Cfr. anche _Statut. eccl. parm. cit._ pag. 101 nella ricca nota
-illustrativa fattane dal BARBIERI.
-
-Per le oblazioni per i defunti, oltre questo stesso statuto sotto tale
-titolo, pag. 48 e pag. 194, nota 2, sono da vedersi la dissertazione
-18 del MURATORI _Anecdota_ cit. I. pag. 190-95 ed il Natale XII di S.
-PAOLINO da Nola, nel punto ove narra il miracolo di S. Felice.
-
-[595] Cfr. i passi e i documenti riportati ed illustrati da N.
-COMNENO PAPADOPOLI nelle sue _Praenotationes mistagogicae_, Padova,
-1697 r. 1, s. 5 e 6, pag. 28-37 e r. 3, s. 2, 3, 4, pag. 137-138.
-Mi limito a queste pochissime citazioni perchè sarebbe del tutto
-superfluo fare sfoggio della numerosissima bibliografia sull'argomento
-che per l'esperienza che ne ho fatta è, almeno per il nostro tema,
-perfettamente inutile.
-
-[596] Cfr. pag. 181 nota 1.
-
-[597] Cfr. pag. 186 nota 2.
-
-[598] Oltre tutti i lavori che fanno più o meno capo al DE ROSSI e
-al DUCHESNE, i quali hanno formulato a questo proposito due diverse
-opinioni degne del pari di considerazione; è uscito recentemente
-l'articolo di R. SALEILLES. _L'organisations juridique des premierès
-communautés chrétiennes_ nelle «Mélanges P. F. Girard». Paris, 1912,
-II, pag. 469-509, di una notevole chiarezza.
-
-[599] Questa mi sembra la interpetrazione più logica del passo di
-ULPIANO _Liber. singul. reg._ XXII. 6 (ed. BAVIERA _Fontes iuris romani
-antejustinianei_, Firenze, 1908, pag. 235-36) che è, a parer mio,
-l'unico veramente fondamentale sull'argomento.
-
-Deos heredes instituere non possumus praeter eos quos senatusconsulto
-constitutionibusque principum instituere concessum est, sicuti Jovem
-Tarpeium, Apollinem Didymacum Mileti, Martem in Gallia, Minervam
-iliensem, Herculem gaditanum, Dianam Ephesiam, Matrem Deorum Sipylenem,
-Nemesim quae Smirmae colitur et Caelestem Salinensem Carthagini.
-
-E questo paragrafo è intimamente connesso con quello precedente in
-cui si afferma che la _testamentifactio_ passiva non è accordata,
-fatta eccezione che nel caso di testamento di un liberto, nemmeno ai
-municipî.
-
-[600] Cfr. il cap. 36 del 2. libro della Vita di Costantino di Eusebio
-e la Nov. 131. cap. 9 di Giustiniano.
-
-[601] Cfr. _Capitul. mantuanum primum_ c. II. (ed. BORETIUS I,
-1, n. 92, pag. 195) De decimis vero que a populo in plebibus vel
-baptismalibus æcclesiis offeruntur nulla exinde pars maiori æcclesiæ
-vel episcopo inferatur.
-
-[602] Cfr. _Mem. Lucchesi_ cit. V, p. II, pag. 22, n. 34, a. 746 e
-MURATORI. _Antiq. cit._ III, 811-819, a. 796
-
-Cfr. i docc. riguardanti la gestione patrimoniale delle pievi indicati
-dal PERTILE. loc. cit. I, pag. 342, a. 89; e MAZZI A. _Studi cit._ pag.
-9 e 27-28; TIRABOSCHI, _Mem. mod. cit._ I, pag. 155, a. 996; pagina
-158, a. 998; II, pag. 137, a. 1003: UGHELLI^2. loc. cit. V, col. 508,
-a. 997 e IV, col. 1007, a. 1004 (cfr. PROVANA. _Studi critici cit._
-pag. 347).
-
-Alla prova di questa asserzione che involge intimamente la vita civile
-e quella religiosa son dedicati i §§ 9 e 10.
-
-Cfr. TAMASSIA N. _Postille storiche e giuridiche alle opere di
-Zenone vescovo di Verona_ in «Studi storici e giuridici offerti a F.
-Ciccaglione» Catania 1909, I, pag. 8-10.
-
-Cfr. GALANTE A. _Il diritto di patronato nei documenti langobardi_
-negli «Studi in onore di V. Scialoja» Milano, 1905, vol. I.
-
-[603] Cfr. pag. 181 nota 1.
-
-[604] Cfr. i documenti riportati ed illustrati nella Diss. quarta delle
-_Antichità long. milan._ cit., la quale però è inspirata per non dire
-addirittura dominata dall'idea di mostrare la ragionevolezza delle
-pretese dei monaci contro i sacerdoti, riunitisi a vita canonica nel
-secolo XI.
-
-[605] Cfr. nota a pag. 183, nota 2.
-
-[606] Vedi le belle e giustissime parole di N. TAMASSIA in _Fidem
-facere e manum facere cit._, pag. 536-37 sul tipo dei documenti
-lucchesi; alle quali è da aggiungere anche quanto egli dice a tale
-proposito a pag. 367-71.
-
-[607] Sulla personalità giuridica del beneficio e lo sviluppo della
-sua formazione cfr. RUFFINI F. _La rappresentanza giuridica delle
-parrocchie,_ Torino, 1896, § 8-10, pag. 48-74; uno studio che dev'esser
-segnalato fra la moltitudine dei lavori che si sono occupati di questo
-argomento e dei quali fornisce un'abbondante indicazione bibliografica
-il GALANTE, _loc. cit._ pag. 273 nota e nelle note ai §§ segg.
-
-[608] Cfr. _Capitulare italicum. Capitula Karoli M._ 136. _Capitul.
-Hludovici Pii_ (a. 825?) c. 9. _Leges_ I. 244, ed. BORETIUS; e le altre
-disposizioni riportate dal DU-CANGE nel suo _Glossarium_ e dal nostro
-MURATORI nella XXX Dissertazione.
-
-[609] La ragione della tenacia di tale consuetudine, che finiva con
-l'annullare l'antico precetto ecclesiastico del riposo festivo, era di
-natura prevalentemente, se non sostanzialmente, economica. Usufruendo
-di un giorno festivo per lo smercio dei prodotti si guadagnava una di
-quelle giornate di lavoro, che le numerose prestazioni, alle quali
-sopratutto i lavoratori della terra erano obbligati, riducevano
-fortemente.
-
-[610] Vedine la dimostrazione particolareggiata per Bergamo in MAZZI A.
-_Corografia bergomense nei secoli_ VIII, IX, X, Bergamo, 1888. pag. 225
-e segg.
-
-Vedi anche _Capitul. Aquisgranense_ a. 809, c. 9, in «Monum. Germ.
-Hist.» _Leges_, ed. BORETIUS I, pag. 156.
-
-[611] Di ciò si è tentato di dare la dimostrazione nel paragrafo
-precedente. Mi limito qui ad aggiungere le parole della concessione
-dell'imperatore Lodovico II alla pieve rurale di Juvenalta nel
-cremonese.
-
-«Pro plenissima quietitudine confirmamus eidem sancto loco aqueductus
-tam ad divisa molendina quam ad navigia deducenda, sive in Olio atque
-etiam _mercata ibidem devenientia tam in montanis quamque in planicie
-ut abhinc in futurum_ SICUTI ANTIQUITUS CONSUETUM FUIT _deducat_.
-
-[612] LANDULPHI SEN. _loc. cit._, III, 20.
-
-Di questo storico è stato dato — e meritatamente — un severo giudizio
-(vedi, per es. quel che ne dicono i Bollandisti to. VI, julii 28, S.
-Nazario); ma ciò non può toccare in nulla la veridicità della sua
-notizia riguardo all'ubicazione ed alla composizione del mercato,
-perchè egli ne fa menzione incidentalmente e come di cosa normale
-anche al suo tempo. E, per di più, la sua notizia è confermata anche da
-ARNOLFO. Cfr. infatti, _loc. cit._, III, 10.
-
-[613] _Capitul. Ital._ c. 11. _Cap. Forma communi_ c. 14-18 in «Monum
-Germ. Hist.» _Leges_, I, ed. BORETIUS, pag. 37-38.
-
-[614] _Ibid_. c. 14.
-
-L'_Expositio_ a questo capitolo richiama i due capitoli di Rotari 18 e
-358. In realtà il richiamo è molto impreciso. Nel primo caso il Rotari,
-proteggendo con la pena fortissima di 900 solidi _quemcumque ad regem
-venientem_, dimostra chiaramente che si tratta di persone care al re e
-che si recano da lui per suo e non per proprio vantaggio e lo conferma
-stabilendo che la pena sia divisa fra il re stesso e l'offeso. Si
-tratta dunque di _gasindi_ e non di _iterantes_ di viaggiatori comuni,
-come nel cap. 14 di Carlo M., nel quale è ripresa anche la disposizione
-del cap. 368 di Rotari.
-
-[615] Cfr. _Decretio Chlotarii regis_ (a. 511-558) § 9, 3 (Et si
-persequens latronem suum comprehenderit integram sibi composicionem
-accipiat; et si per _trustem_ invenitur, mediam composicionem _trustis_
-adquirat...) e § 16 in «Monum. Germ. Hist.» _Capitul. Meroving._ pag.
-5-7.
-
-Sull'interpretazione di questi passi vedi TAMASSIA N. _La Delatura_
-in «Archivio Giuridico F. Serafini» 1897, vol. LVIII, p. 346-367 e
-specialmente pag. 362-64.
-
-[616] Era tanto un privilegio, che degenerò ben presto in un abuso e
-Pipino dovette provvedervi. Cfr. _Capit. Ital._, c. 1 e 15.
-
-[617] Vedi GIERKE H. _Erbrecht und Vicinenrecht in Edikt Chilperichs_
-in «Zeitschrift für Rechtsgeschichte» II, 1887, pag. 480 e segg.
-
-[618] Cfr. la legge salica nel famoso tit. _De migrantibus_, al quale
-va aggiunto quell'importantissimo (per quanto mutilo) frammento edito
-per la prima volta dal MERKEL (_Lex salica Extrav_. XI, pag. 101) che
-dice: «Non potest homo migrare nisi convicinia et erba et aquam et v |
-am |... | concedente? |».
-
-Geniale, ma da accogliersi con molte riserve, è il lavoro del FUSTEL DE
-COULANGES _Étude sur le titre «De migrantibus»_ Paris 1886.
-
-[619] Vedine indicati un bel numero dallo SCHUPFER _Dir. Priv. cit._,
-II, pag 42 e segg.
-
-[620] Nelle formule di Marcolfo I, 7 ed. ZEUMER cit. in «Monum. Germ.
-Hist.» III, pag. 47.
-
-[621] Cfr. TIRABOSCHI. _Mem. Nonantola cit_., II, n. 19, pag. 36. È una
-concessione livellare fatta dall'abate nonantolano Rodolfo a un certo
-Gualprando _in persona et vice totius_ COMMUNIS _de Battona_.
-
-[622] Per il mercato nelle pievi rurali vedine gli esempi riportati
-dal MAYER (_Ital. Verfassungsg. cit._ § 20, n. 49, vol. I, pag. 339)
-e del quale è pure da vedere ciò che dice dei rapporti della pieve con
-il castello rispetto al mercato (_Ibid_., IV, § 51, vol. II, pag. 437 e
-segg.).
-
-[623] _Capitulare missorum in Theodonis villa datum secundum generale_
-c. 13 (ed. BORETIUS in «Monum Germ. Hist.» Capit. Reg. Franc. I, n.
-44).
-
-De teloneis placet ut antiqua et iusta telonea a negotiatoribus
-exigantur tam de pontibus quam et de navigiis seu mercatis; nova vero
-seu iniusta ubi vel funes tenduntur, vel cum navibus sub pontibus
-transitur seu et his similia, in quibus nullum adiutorium iterantibus
-praestatur, ut non exigantur; similiter etiam nec de his qui sine
-negotiandi causa substantiam suam de una domo ad aliam ducunt aut ad
-palatium aut in exercitum.
-
-Cfr. anche _Ansegisi capitulare_ III, 12 (ed. Id., pag. 427);
-sulla cui introduzione e l'applicazione in Italia vedi PATETTA F.
-_Sull'introduzione in Italia della collezione di Ansegiso_. Torino,
-1890. Estr. dagli Atti della R. Accademia delle Scienze.
-
-Sulla mancanza nei Capitolari e nelle leggi di accenni ai commestibili
-e alle cibarie cfr. anche LEICHT P. S. _Statuta vetera Civitatis
-Austriae_. Cividale, 1902, pag. VII e bibliografia ivi citata. Egli
-ha dimostrato che anche i documenti e gli statuti friulani confermano
-l'opinione del Sohm, del Maurer e del Ritschel che, anche i pesi e le
-misure, insieme e oltre alle cibarie (delle quali, come si è detto,
-nessuna legge imperiale o Capitolare si occupa) erano rilasciate alle
-consuetudini locali ed ha messo in evidenza anche un altro lato di
-grande importanza per noi, dimostrando che il traffico delle cose
-commestibili era permesso anche nei luoghi dove era esplicitamente
-vietato il mercato: ciò che significa — dato che il diritto di mercato
-si risolve in sostanza nel diritto di percepire una tassa da parte del
-titolare — che il commercio dei commestibili non era gravato da alcuna
-contribuzione.
-
-[624] SCHUPFER F. _La pubblicità nei trapassi della proprietà secondo
-il diritto romano del basso Impero_ etc. in «Rivista italiana per
-le scienze giurid.» vol. XXIX, fasc. 1-2, a. 1905, pag. 43 e segg.
-Vedi però anche le vecchie ma buone pagine di J. C. BULENGERUS _De
-vectigalibus populi romani_ in «Thesaur. roman. antiquit.» vol. VIII,
-Venezia, 1735, cap. 5, col. 843 e segg.
-
-Esempi dell'epoca medioevale sono riportati dal MAYER _Ital.
-Verfassungsg_. cit. I, pag. 331, n. 8.
-
-[625] a. 812 (?) Carlo M. dona a Rataldo vescovo di Verona il _forum_
-ed il _mercatum_ soliti a farsi nella festività di S. Zeno a Verona.
-Cfr. CIPOLLA C. _Verzeichniss der Kaiserurkunden in den Archiven
-Veronas_ I in «Muhlbacher's Mittheilungen» II, 88. Innsbruck 1881.
-
-[626] Interessante è a questo proposito il can. 48 degli _Statuta
-eccles. antiqua_ (ed. BRUNS H. T. _Canones apostolorum et conciliorum
-saeculorum_ IV, V, VI, VII. Berlin 1839 I, pag. 146) compilati, molto
-probabilmente, nella seconda metà del secolo quarto (cfr. MAASSEN E.
-_Geschichte der Quellen und der Literatur des kanonischen Rechts in
-Abendlande bis zum Ausgange des Mittelalters_. I, Gratz, 1870, p. 393),
-il quale stabilisce che il chierico che «non pro emendo aliquid _in
-mundinis vel in foro_ deambulat» debba esser degradato. Questo canone,
-infatti, ebbe larga applicazione in Italia, tanto che se ne riscontra
-l'influenza diretta in varie raccolte, a cominciare da un canone
-del famoso Attone vescovo di Vercelli. Cfr. _Attonis vercellensis
-opera-Canones_ n. 43 (ed. Del Signore, Vercelli, 1768, parte II, p.
-278).
-
-[627] I primi germi delle fiere medioevali si trovano nelle ultime
-fiere dell'impero romano. Cfr. HUVELIN _loc. cit._, pag. 135.
-
-[628] Cfr. HUVELIN _loc. cit._, passim, GOLDSCHMIDT E.
-_Universalgeschichte des Handelsrechts_ Stuttgart, 1891, pag. 221 e
-segg. e bibliografia ivi citata. Fondamentale, però, rimane sempre il
-lavoro del BOURQUELOT _Étude sur les foires de Champagne._ Paris, 1865.
-
-[629] Cfr. MURATORI _Antiq. Ital._ Diss. XXX. e gli esempi da lui
-indicati. Anche il commercio dei barbari che si concentrava nei
-mercati che si tenevano nei giorni di feste religiose e di assemblee
-politico-giudiziarie, sia di diversi popoli — _concilia_ — che di varie
-centenae di uno stesso popolo. Cfr. HUVELIN _loc. cit._ pag. 141.
-
-Ciò rese più facile la continuazione delle antiche consuetudini
-italiche sulle quali quelle germaniche poterono adagiarsi facilmente.
-
-[630] Cfr. _Capitul. Ital._ di Carlo M. c. 52.
-
-[631] Cfr. MORIONDO J. B. _Monumenta aquensia._ I, Torino, 1789, col.
-106-7, n. 92, a. 1197.
-
-Credo non inutile riportare integralmente la parte più interessante di
-questo bel documento.
-
-Omnis bestia quadrupes vendita in foro Aquensi et Arcivolio debet
-curadiae in duobus denariis ab autore, totidem a venditore. De agnis
-et haedis nihil sicut et de fructibus et de ovis et de his omnibus
-quae brachio portantur. Idem de pullis et de piscibus recentibus.
-De caballo tamen den. XII. De onere pullorum ovorum den. 1. De fasce
-hominis circulorum mealia (uvae alia) datur. De fasce boum den. II.
-Tellaria habentes pisces, negotiatores drappi et ferri et merces
-vendentes in foro, ut sedeant, unusquisque den. II. curadiae debet. De
-torta lini den. II dantur. De soma lebetum idem. De fasce scutellarum
-et scutorum idem. Artifices sitularum et situlorum omni anno situlam
-debent et situlum. Ferrarii cultellum et mensuram. Facientes conchas
-et lanceas et juga idem. De fasce bailorum I den. De carro lignorum
-II den. De barroccio I den. De carro et barroccio vini II den. De
-fasce ollarum et testarum idem. De asino veniente onerato nihil; si
-egreditur oneratus I den. De mezena I den. Sextarium vero capiendum est
-ad pugnum venditoris. Ex his omnibus predicti memorati antiqui aeque
-concordaverunt.
-
-[632] L'esenzione accordata ad Asti ai commestibili può nel complesso
-esser considerata come un fatto comune di un fenomeno generale.
-
-Le città che più a lungo furono soggette ai pedaggi e alla curatura
-verso l'impero offrono a questo proposito un buon mezzo di riprova. A
-Siena, per esempio, che durò a lungo in tale soggezione, gli elenchi
-che ancor si conservano nel R. Archivio di Stato, delle imposizioni
-e dei tributi dai quali erano colpite le merci che si negoziavano
-nel mercato cittadino, per gran parte del secolo decimoterzo sono
-limitati ad un numero di voci relativamente assai scarso. E non si
-può supporre che la causa si debba ricercare in un tardo svilupparsi
-del commercio senese, perchè fino dai non ultimi decenni del secolo
-decimosecondo si hanno tracce numerose ed importanti dell'attività
-straordinaria dei senesi. Il LISINI (_Indice di due antichi libri di
-imbreviature notarili_ in «Bullettino senese di Storia Patria» vol.
-XIX 1912) illustrando degnamente quasi un migliaio di atti dei primi
-anni del secolo XIII., completa quanto fino ad ora era stato appena
-intraveduto (cfr. SCHULTE _Geschichte des mittelalterlichen Handels
-und Verkehrs zwischens West-deutschland und Italien mit Ausschluss
-von Venedig._ Leipzig, 1900, I. pag. 247) e accennato (cfr. PAOLI C.
-_Siena alle fiere di Sciampagna_ Siena 1898 pag. 19 e segg. e SCHAUBE
-_Handelsgeschichte der romanischen Völker des Mittelmeergebiets bis zum
-Ende der Kreuzzüge._ München 1906, passim) e dimostra che il commercio
-dei senesi era in questo tempo di primissimo ordine.
-
-Sugli istituti di diritto commerciale, sopratutto in un'epoca più tarda
-cfr. ARCANGELI A. _Gli istituti del diritto commerciale_ nello statuto
-senese del 1309-10 in «Rivista di diritto commerciale» di Sraffa e
-Vivante a IV., 1906, fasc. 3-4.
-
-[633] Cfr. nota 1 a pag. 222.
-
-[634] Cfr. HUVELIN _loc. cit._, pag. 176.
-
-[635] Ne offre chiara prova la città di Vercelli. Nel 913 il re
-Berengario concedeva ai canonici delle due cattedrali vercellesi di
-S. Maria Maggiore e di S. Eusebio (ed. SCHIAPARELLI _cit_.) _mercatum
-publicum qui singulis kalendis augusti_ in beati Eusebii festivitate
-continuatim subsequentibus _Et mercatum ebdomadalen_ qui omni die
-sabati perficitur. L'uno e l'altro passarono più tardi nelle mani del
-Comune (Cfr. ADRIANI G. B. _Statuti e monumenti storici del Comune di
-Vercelli_. Torino, 1877, pag. 189, § 260), il quale non vi portò alcun
-mutamento e conservò anche l'antica distinzione del mercato settimanale
-dal mercato dei commestibili di prima necessità, strettamente vicinale.
-Infatti il § CCXCIII (_ibidem_ pag. 209) si esprime così: «Item non
-prohibebo alicui de districtu civitatis tam laicis quam clericis et
-poderio ea quae necessaria fuerint ad usum suum et familie sue et usum
-vicinorum suorum sue ville quibus possint solummodo ad comedendum et
-bibendum vendere et etiam transeuntibus possint vendere ad bibendum et
-comedendum. Item non prohibebo mercatum nec ea que necessaria fuerint
-tam clericis quam lajcis ad usum suum vel locis sive castris qui et que
-tenentur sive custodiuntur a communi sive pro communi civitatis etc.
-
-Al tempo dello statuto, per quanto relativamente assai antico come
-lo dimostra la formula in prima persona, caratteristica del breve
-potestarile, il mercato ebdomadale ha assorbito completamente quello
-vicinale entro la città, mentre nel resto del territorio, ne rimane
-ancora distinto.
-
-Anche a Bergamo si verifica lo stesso fatto: l'antico _forum_ viene col
-tempo a prendere il nome di _mercatum_. Cfr. MAZZI A. _Nota cit._ pag.
-323.
-
-[636] Cfr. HUVELIN _loc. cit._ pag. 151-53 e le citazioni ivi riportate.
-
-[637] _Cod. Dipl. Long._ — TROYA — n. 308.
-
-[638] Cfr. SOLMI. _Diete di Roncaglia cit_.
-
-[639] Vedi nota 2 a pag. 217 e _Antichità longobardiche milanesi cit_.,
-I, pag. 165-68.
-
-[640] Nei centri rurali, invece, la riconnessione del mercato alla
-parrocchia si manifesta anche nell'ubicazione. Normalmente in ognuno
-di essi vi era una sola piazza più o meno grande sulla quale i
-parrocchiani si radunavano fino da antichissimi tempi per i loro
-bisogni spirituali e materiali; tanto che anche Rotari parla del
-_conventus ante ecclesiam_ come di una riunione normale diffusa in
-tutta l'Italia langobarda.
-
-In alcuni luoghi questo spianato ha conservato a lungo dei nomi tipici
-che ne illuminano la natura. Cfr., per esempio, per Barga di Garfagnana
-il bel _Dizionario geografico fisico storico della Toscana_ di E.
-REPETTI (Firenze 1833) sotto q. v. e le _Relazioni di alcuni viaggi
-fatti nelle diverse parti della Toscana_ di G. TARGIONI TOZZETTI vol.
-V, Firenze 1773, pag. 332.
-
-A Toscanella nel 775 fu rogato un atto in _Foro ante ecclesiam S.
-Andree_ (cfr. pergamena originale nel R. Archivio di Stato in Siena,
-prov. S. Salvatore di Monteamiata); nel febbraio del 787 _in vico
-Tofinana ante ecclesiam S. Paternano_ (_ibid_.); nel maggio del 794 nel
-_vico Foro ante ecclesiam S. Andrea_ (_ibid_.); nell'aprile dell'819
-nel _vico Margharita ante ecclesiam S. Petri_ (_ibid_.); nel novembre
-dell'823 _in vico Marianu ante ecclesiam S. Johannis_ (_ibid_.).
-
-[641] Cfr. pag. 90 nota 1.
-
-[642] Traccie abbondanti di tale sistema si sono mantenute a lungo a
-Parma. L'AFFÒ (_loc. cit._, vol. I) ha ricostruito molto bene la pianta
-dell'antica città, al tempo romano chiamata col significativo nome di
-Crisopoli; e da essa si rileva che il punto centrale era costituito dal
-_forum_ e se ne trova la posizione esatta. Un documento del 3 gennaio
-del 1092 (_ibid_., pag. 340) ricorda la chiesa di S. Pietro «que _prope
-forum_ posita est». E anche oggi la chiesa dell'apostolo si trova sulla
-piazza quadrata, che da secoli e secoli è rimasta inalterata nella sua
-tipica forma.
-
-[643] Cfr. FACCIO C. _La corte regia di Vercelli nel basso medioevo_ in
-«Archivio della Società vercellese di storia e d'arte» a. I, 1909, n.
-3-4, pag. 83-84.
-
-[644] _Cod. Dipl. Long._ — TROYA — n. 295, a. 724. In civitate
-cremonensi in curte regia et in laubia eiusdem curtis sita _platea
-magna_ eiusdem civitatis.
-
-[645] _Historiola_ di Rodolfo not. ed. Odorici loc. cit, p. XVII-XVIII
-..._in platea Brixie_.
-
-Questo documento, come quello citato nella nota precedente, sono di
-un'autenticità tutt'altro che indiscutibile (cfr. WUNSTENFELD T. _Delle
-falsificazioni di alcuni documenti concernenti la storia d'Italia
-nel medioevo_ in «Archivio Storico Italiano» 1859, to. X, disp. 3,
-pag. 81 e segg.); ma possono servire egualmente quando s'interpetrino
-con discrezione e se ne voglia dedurre solo una prova generica
-dell'esistenza di una piazza centrale in queste due città fino da epoca
-remota.
-
-[646] _Memorie e documenti lucchesi cit._, V, 2, n. 374, a. 811.
-Austrifonso diacono dona ad una monaca la chiesa di S. Michele _in
-Foro_, da lui costruita.
-
-La cattedrale era ancora fuori delle mura. Cfr. DAVIDSON _loc. cit._,
-I, pag. 238.
-
-[647] CAMPI _Hist. cit._, I, pag. 324. Il vescovo Podone fonda
-nell'antico foro una chiesa dedicata a S. Pietro, nella quale fu
-seppellito nell'839. Il foro è ricordato pure in un altro documento
-dell'anno 857 (ID. _Ibid_. pag. 212) col quale il canonico Leone fa
-donazione di 28 tavole di terra situate presso di esso.
-
-[648] _Cod. Dipl. Long._ — PORRO — n. 292, a. 679. Actum _foro_ civ.
-Bergomi.
-
-[649] Cfr. nota 2 della pag. preced.
-
-[650] Cfr. BOSISIO G. _Intorno al luogo del supplizio di Severino
-Boezio_, Pavia, 1855
-
-[651] MURATORI. _Antiq. Ital. Excerpta e chartis pisani archivii
-archiep._ a. 1112. In _foro_ pisane civitatis que curia marchionis
-appellatur.
-
-Per l'ubicazione dell'antica cattedrale cfr. DAVIDSOHN _loc. cit._, I,
-pag. 197.
-
-[652] MURATORI. _Antiq. Ital._, Diss. LXII. Società fra i Ferraresi e i
-Modenesi a. 1198. È ricordato frequentemente il _forum._
-
-Prima del mille la cattedrale era sicuramente fuori delle mura. Cfr.
-TIRABOSCHI _Mem. moden. cit._, II, Cod. Dipl., n. 166, pag. 3.
-
-[653] UGHELLI. _Italia sacra cit._, V, col. 713. Concio Verone in die
-dominico in domo _fori_ fieri solet.
-
-[654] Un documento del 1018 ricorda il _forum vetus_ (cfr. DAVIDSOHN,
-_loc. cit._, pag. 204) il quale — e si conferma anche qui la
-distinzione del _forum_ e del suo contenuto dal _mercatum_ — si
-differenzia anche per l'ubicazione dal «_mercatum regis_ in civitate
-Florentie» (cfr. LAMI. _Mon. cit._, pag. 885).
-
-[655] Cfr. il diploma di Carlo il Calvo del 1 marzo 876 in PASQUI.
-_Doc. cit._, n. 43, pag. 61-63.
-
-[656] Anche a Rimini fino da antichissimi tempi si ha notizia di un
-_forum publicum_. Cfr. TONINI L. _Rimini dal principio dell'era volgare
-al MCC._ Rimini, 1856, pag. 338.
-
-A Bari pure da epoca immemorabile accanto al pretorio ed alla sede
-catapanile, ove poi sorse la chiesa di S. Nicola, c'era il _forum_.
-Cfr. BESTA E. _Il diritto consuetudinario di Bari e la sua genesi
-cit._, pag. 45.
-
-[657] Nella città franco-germanica la costituzione e, conseguentemente,
-il diritto si possono distinguere in due grandi periodi ben differenti
-l'uno dall'altro. Nel primo la città è governata e retta da poteri
-privati o pubblici che non sono di natura urbana, che non si
-differenziano, cioè, da quelli che reggono il territorio circostante;
-anzi, sono proprio quelli stessi che dominano al di fuori di essa.
-E, come ciascun grande proprietario accentra in sè un certo numero di
-facoltà e di poteri, che nel loro complesso costituiscono il diritto
-della _curtis_, il diritto curtense; ne consegue che la città non si
-differenzia giuridicamente dal territorio aperto e dai gruppi minori
-che vi sono sparsi e lo compongono. Nella città possono trovarsi a
-contatto varî di questi sistemi; ma essa, in quanto e perchè città, può
-costituire e costituisce un'unità di fatto ma non un'unità giuridica.
-
-In seguito, dove la situazione topografica si manifestò più favorevole
-al commercio, in immediato contatto con la parte esterna delle mura
-della città si vennero da ogni parte raccogliendo individui delle
-più svariate provenienze e gradazioni sociali, dal libero ricco
-ed indipendente al servo fuggito dal dominio signorile, attrattivi
-dall'unico scopo del commerciare. L'identità del fine e la comunanza
-del luogo portò rapidamente ad un'unione, se non ad una fusione, di
-tutti questi elementi, pur così eterogenei, e fece sì che insieme con
-il mercato e con le sue _mansiones_, sorgessero tutt'intorno le case
-dei mercanti, dominate, non di rado, dalla chiesa comune; e che lungo
-la parte del borgo che non si appoggiava alle mura, corressero fossi e
-steccati, fatti scavare e costruire dai mercanti stessi stretti, per
-bisogno di reciproca difesa, in quelle gilde che appaiono ai primi
-albori dei comuni franco-germanici. E il numero dei borghi originati
-da _mercatores_ fu tale che furono chiamati quasi indifferentemente
-_mercatores_ e _burgenses_. E questi borghi, per la speciale origine e
-conformazione costituirono come un terreno neutro, nel quale vigevano
-usi, consuetudini e sistemi di scambio differenti da quelli che avevano
-vigore all'intorno.
-
-Però tale stato di cose non si prolungò molto a lungo. La vicinanza
-immediata con la città, le relazioni inevitabilmente venutesi a
-stringere fra quelli dentro e quelli fuori le mura, l'aumento sempre
-più forte di ricchezza da parte dei mercanti ed il bisogno derivatone
-di una difesa e di una protezione più valida che solo le mura potevano
-offrire, fecero sì, che questi _mercatores_, tendessero ad entrare a
-far parte della città. Dal canto suo la città, sempre meno soggetta
-al potere centrale con lo svolgersi del sistema feudale, non aveva
-potuto mantenere inalterata la sua rigida economia agraria primitiva
-e non era in grado di opporre ostacoli troppo forti ai gruppi ormai
-omogenei che le si erano stabiliti sotto le mura; e così questi
-_mercatores_ riuscirono a divenire cittadini. Ma questo nuovo elemento
-divenuto in breve predominante, impresse rapidamente alla città un
-organizzazione rispondente ai proprî bisogni ed alle proprie attitudini
-e con l'organizzazione anche il diritto, che creato sopratutto per
-gli scambi, ebbe come caratteristica, una natura essenzialmente
-internazionale; l'opposto, cioè, del diritto curtense che aveva fino ad
-allora predominato.
-
-E questa è la seconda fase delle città tedesche, quella che si apre al
-tempo dei Comuni.
-
-Come si vede la città franco-belgo-germanica non gode mai in maniera
-apprezzabile di un diritto suo proprio ad essa esclusivo: nella
-prima fase è retta da norme giuridiche che si applicano e vigono
-indifferentemente così dentro come fuori di essa; nella seconda riceve
-da elementi che non le sono originari un nuovo diritto che, se non
-costituisce tutto il complesso delle norme giuridiche, ne forma però la
-parte di gran lunga maggiore e più importante e questo diritto nuovo
-destinato a regolare rapporti d'indole commerciale, è, per necessità
-intrinseca della sua natura e del suo scopo, alieno da ogni tendenza
-particolaristica.
-
-[658] Quanto si è detto nella nota 4 a pag. 220 a proposito delle
-misure è pienamente confermato dai documenti fiorentini, dai quali
-ci è fatto conoscere che non di rado il tipo delle varie misure
-era espresso in una pietra murata presso le porte della città. «Ut
-sit mensurata _cum pede qui designatus est in petra iuxta portam S.
-Pancratii posita_» dice un documento del 1088, edito, insieme con
-molti altri posteriori che fanno menzione di questa misura da TUBALCO
-PANICHIO. _Del piede Aliprando e del piede della porta_ nella «Raccolta
-d'opuscoli scientifici e filologici» del CALOGERÀ, to. X, Venezia,
-1734, pag. 170.
-
-[659] SERAFINI F. _Sulla nullità degli atti giuridici compiuti senza
-l'osservanza delle forme prescritte dalla legge._ Roma, 1874, pag. 6.
-
-[660] Cfr. PAOLI C. _Mercato Scritta e Denaro di Dio_ in «Archivio
-Storico Ital.» s. V, to. XV, disp. 2 del 1895, pag. 307-315.
-
-[661] ZDEKAUER L. _Mercato Scritta e Denaro di Dio_ nota a proposito
-della ricerca del Paoli con lo stesso titolo in «Rivista ital. per le
-scienze giurid.» 1895, fasc. 1.
-
-[662] Ecco un brano di innegabile evidenza tolto dalla prima novella
-intitolata «Vannino da Perugia e la Montanina» di GENTILE SERMINI DA
-SIENA (ed Livorno, 1874, pag. 10): «Disse la Nuta: Dammi tu la fede di
-farlo (di ricevere Vannino) se Andreoccio (il marito) va fuora della
-città? Sì, disse la Montanina, e _la fede impalmò alla Nuta_».
-
-Non meno evidente è un esempio offertoci dai _Fioretti di S. Francesco_
-(c. 21) «Frate lupo, dice s. Francesco, io voglio che tu mi _facci fede
-di questa promessa_, acciocchè io meno possa fidare e _distendendo
-santo Francesco la mano per riceverne fede, il lupo_ levò su _il piè
-diritto dinanzi_ e dimesticamente lo _puose sopra la mano di santo
-Francesco_, dandogli quello segnale di fede ch'egli potea.
-
-Questa stretta di mano simbolica si chiamava la _palmata_. Non per
-nulla anche oggi il linguaggio comune conserva la parola _impalmare_
-per indicare una forma speciale del contratto di matrimonio.
-
-[663] Cfr. GREGORIO DI TOURS. _Hist. Franc._ V, 3; III, 4, 8; _In
-gloria confess_. c. 67 ISIDORO _Origin_. VIII, 2, 4 e 11, I, 67.
-
-Questi passi sono stati indicati, illustrati e pubblicati da N.
-TAMASSIA in _Fidem facere e manu fidem facere_ e _Manum facere citt._
-
-[664] Si trova nelle tavolette cerate daciche (BRUNS _Fontes cit._
-pag. 205-209); in un documento del _Codex antiquissimus pataviensis_ il
-formulario del quale è del quinto secolo (_Monum. Boic._ XXVIII, 2, n.
-2. p. 5); nella _Vita Macriani_ c. 12 (_Scriptores hist. augustae_ ed.
-Teubner II, 111) e perfino nelle commedie di Plauto. (Cfr. COSTA E. _Il
-diritto privato romano nelle commedie di Plauto_ pag. 277 e segg.)
-
-È merito del TAMASSIA averlo dimostrato e di aver indicate queste fonti.
-
-[665] Cfr. MITTEIS _Römischen Privatrecht cit_. I, pag 294 e segg.
-
-[666] _Roth_. 244.
-
-[667] Cfr. la notizia veronese di cui già ci siamo occupati a pagina
-134-36.
-
-[668] Cfr. _Cronica q. dicuntur Fredegarii_ IV, 71 nei «Mon. Germ.
-Hist.» S. S. I, pag. 15.
-
-[669] La misura della protezione speciale accordata dall'Editto
-alla città si rileva dal confronto con le altre disposizioni che
-stabiliscono la scala delle aggravanti dello _scandalum_ rispetto al
-luogo in cui è commesso e cioè: il palazzo del re, «ubi rex presens
-est» (_Roth_. c. 36), la chiesa (_Roth_. c. 35), la città dove si trova
-il re (_Roth_. c. 37, 38) la città (_Roth_. 39, 40).
-
-[670] Cfr. KUHN. _Entstehung der Städte cit_. pag. 440.
-
-[671] _Dig_. XLIX, 16, 3 § 17 ... si vallum quis transcendat aut per
-murum castra ingrediatur... E il cap. 244 di Rotari: Si quis per murum
-de castro aut civitate sine noticia iudecis sui exierit foras aut
-intraverit.
-
-[672] La cosa è tanto più verosimile in quanto che nella maggior parte
-dei casi la _civitas_ era il capoluogo delle singole circoscrizioni:
-e queste, come si è veduto, in linea di massima furono lasciate
-inalterate dai Langobardi. Anche Paolo Diacono mostra un'esattezza
-degna di osservazione nel distinguere la _civitas_ dal _castrum_. Oltre
-passi di minore importanza (cfr. per es. _Hist. Langub_., II, 13 .....
-haut longe a _cenitense castro_ vel _tarvisiana_ distet _civitate_);
-uno mi par degno di nota: (_ibid._, II, 9). Indeque Alboin Venetias
-fines quae prima est Italiae provincia sine aliquo obstaculo, id
-est _civitatis vel potius castri foroiuliani_ terminos introisset.
-Al tempo romano _Forumjulium_ era un _castrum_ e P. Diacono non osa
-chiamarla completamente una _civitas_ nemmeno dopo anni ed anni da
-che i Langobardi l'avevano eletta sede di ducato e ricorda che era un
-semplice _castrum_.
-
-[673] L'importanza del centro urbano è comprovata dalla severità delle
-leggi nel punire coloro che in qualche modo, anche solo attraversandole
-di soppiatto, violassero la santità — è il termine usato dalle fonti —
-delle mura. Chi _violaverit muros_, dice POMPONIO (_Dig_. I, 8, 11), è
-punibile di morte. Questa legge si riannoda all'antichissimo mito del
-salto del vallo da parte di Remo, di cui già si è parlato, consacra
-l'obbligo dei cittadini di non passar che per le porte, e concerne solo
-Roma. Ma a provar che questo culto delle mura non era esclusivo di Roma
-e che in conseguenza non era esclusivo di Roma il contenuto giuridico
-di cui esso era l'esponente e, cioè, la preminenza assoluta degli
-intramurani, MARCIANO, SABINO e CASSIO dichiarano concordi (_Dig_. I,
-8, 1 e 2) che le mura e le porte di tutte le città erano, al pari di
-quelle di Roma, _sanctae et quemadmodum divini juris_.
-
-[674] Cfr. pag. 48-52 e specialmente la legge riportata nella nota 2 a
-pag. 48-49, e pag. 67-69.
-
-[675] Cfr. _Cod. dipl. long._ — TROYA — n. 602.
-
-[676] Cfr. pag. 135, dove si parla proprio di _cives_, e pag. 143.
-
-[677] RATHERII EPISC. VERON. _Opera_. Veronae, 1765, col. 564-66. Il
-passo è stato per la prima volta indicato agli studiosi da N. TAMASSIA
-_Raterio e l'età sua_ in «Studii giuridici dedicati ed offerti a F.
-Schupfer» II, Torino, 1908, pag. 85-94.
-
-[678] GRADONICUS F. _Pontificum brixianorum series_. Brescia, 1755,
-pag. 159 e segg.
-
-[679] Vedi a pag. 119-120. Questi diplomi sono stati ritenuti sospetti
-così dal Niese, come dal BESTA (_Nuove vedute sul diritto pubblico
-italiano nel medio evo_ in «Riv. ital. p. le scienze giurid.» li 1-2,
-pag. 38-39); ma se si ammette l'interpetrazione datane in questo volume
-così nei rispetti dell'arimannia come della cittadinanza, ogni ragione
-di sospetto viene completamente a mancare.
-
-[680] LUPI. _Cod. dipl. berg. cit._ II. col. 729. Cfr. anche MAZZI A.
-_Studi bergomensi cit_. pag. 9.
-
-[681] La partecipazione dei _nobiles_ e dei _sapientes_, che pure ne
-vivono fuori, alla vita della città è dovuta all'azione del sistema
-feudale. Cfr. PERTILE _loc. cit._ I. pag. 342.
-
-[682] FICKER _loc. cit._ IV, n. 85, p. 129.
-
-[683] Id. _ibid_. n. 86, pag. 131.
-
-[684] MAZZI A. _Studî cit._ pag. 107.
-
-[685] ID. _ibid_. pag. 33.
-
-[686] Cfr. PATETTA F. _Studi storici e note sopra alcune iscrizioni
-medioevali_. Modena 1907, pag. 122-23. Riporto le sue precise parole
-perchè non si potrebbe fare della _Relatio_ riassunto più esatto ed
-imparziale.
-
-[687] LUPI. _Cod. dipl. cit._, II, n. 1267 e MAZZI A. _Studi cit_.,
-pagina 119-25.
-
-[688] _Roth_. 21.
-
-[689] _Cod. dipl. long_. — TROYA — n. 693, 971, 985. Cfr. anche
-SCHUPFER _Istituzioni politiche cit._, pag. 384.
-
-[690] BRUNETTI, _loc. cit._, n. 25.
-
-[691] Cfr. PLINIO. _Natur. Hist_. XXVII, 1.
-
-[692] Cfr. ZDEKAUER L. _Il Constituto del Comune di Siena dell'anno
-1262_, Milano 1897, pag. 61-62 della prefazione.
-
-[693] Cfr. nota 2 a pag. 237.
-
-[694] Cfr. pag. 61 e segg.
-
-[695] _Roth_. 343.
-
-[696] _Roth_. 279, 280.
-
-[697] _Roth_. 312.
-
-[698] _Roth_. 35.
-
-[699] Sul contenuto del _populus_ vedi § 5, pag. 122 e segg.
-
-[700] _Cap. italicum_. Cap. Loth. 13.
-
-[701] c. 5, ed. cit. pag. 100. Esso riprende alla lettera il concetto
-della leg. un. tit. 56 libro XI del Cod. Just.
-
-[702] Capit. ital. c. 37.
-
-[703] GIULINI _Mem. cit._ VII. p, I, pag. 890-91. Testam. dell'arciv.
-Ansperto a. 879.
-
-[704] _Delle antichità long. milan._ cit. I. p. 242.
-
-[705] È del 25 agosto 1097 ed è edito dal DEL GIUDICE _Studî cit._,
-pag. 61.
-
-Che nell'espressione — consulatu civium — non si trovi la menzione del
-consolato, del gruppo dei consoli della città di Milano non si può
-ammettere (dice il DEL GIUDICE, a cui sottoscrivo pienamente, fatta
-eccezione del modo d'intendere la parola _cives_) per tre ragioni e
-cioè: primo, che la voce _cives_ nell'uso delle fonti milanesi del
-secolo undecimo, non designa già (come avvenne più tardi) tutto il
-popolo, ma solo la borghesia in senso stretto, cioè un ceto particolare
-opposto alla nobiltà rappresentata dalle due classi feudali dei
-capitanei, e dei valvassori o militi. Per tal modo vi sarebbero stati,
-a tenore di questo documento, i consoli dei borghesi (_cives_) e non
-quelli dei capitanei e dei militi; il che è contradetto dalle più
-antiche sentenze a noi pervenute dai tribunali consolari le quali
-portano il nome dei consoli delle varie classi. In secondo luogo è
-da osservare che dei molti nomi di persone segnate come testimoni o
-presenti all'atto, non uno si legge che porti il titolo di _consul_
-mentre non mancano gli appellativi di giudice, di messo imperiale,
-di notaio. Eppure, se la carta fosse stata scritta nel consolato
-cioè nel luogo di residenza dei consoli ed alla loro presenza, non
-sarebbe mancata l'indicazione del loro nome. La terza difficoltà è
-questa: che negli anni successivi al 1097 non vi è parola di consoli
-in atti pubblici dove la loro presenza o partecipazione sarebbe stata
-necessaria. Non rimane adunque che interpetrare la data della carta
-cremonese come indicante la località dove si radunavano i _cives_; dove
-si teneva il _consilium civitatis_.
-
-[706] DEL GIUDICE. _Studi cit_. pag. 50.
-
-[707] ID. _ibid_. pag. 52.
-
-[708] Ed. dal MURATORI. _Antiq. ital._ diss. XV, col. 853-55.
-
-[709] Nec marchionem aliquem in Tusciam mittemus sine laudamento
-_hominum duodecim electorum in colloquio facto sonantibus campanis_,
-dice il notissimo diploma di Enrico IV ai pisani dell'anno 1081.
-
-[710] P. DIACONO, _loc. cit_. IV, 31 e II cap. ult.
-
-[711] Cfr. _Memorie e doc. cit._ IV, 1, pag 199.
-
-[712] Cfr. FRIEDLAENDER E. _Darstellungen aus der Sittengeschichte
-Roms_. II, pag. 538 e segg.
-
-[713] Cfr. TAMASSIA N. _Fidem facere_ cit. pag.
-
-[714] Nelle nostre colline di Pisa, dice G. LAMI (_Lezioni di antichità
-toscane_, etc. Firenze, 1766, vol. I, lezione 4ª, pag. 86-87) è un
-tratto di paese, vicino al Bagno ad acqua, che si chiama _parlascio_.
-È questo un monticello sulla cui cima si vedono le rovine di una
-mediocre rocca o fortezza di figura quadra con torrioni e baluardi
-tondi negli angoli. Sotto questa rocca verso levante è la chiesa dei
-SS. Quirico e Giulitta ed a ponente di questa chiesa è un borgo, pure
-detto _parlascio, e non vi è stata mai trovata traccia alcuna di antico
-anfiteatro romano._
-
-[715] L'antico _perilascium_, trasformato in postribolo — effectum
-postribolum — fu donato nell'800 alla chiesa aretina per togliere lo
-sconcio. Cfr. PASQUI U. _Documenti cit._ I. n. 16, pag. 29-30.
-
-[716] Fino dal secolo decimo si ha ricordo di una porta a parlascio,
-per la sua vicinanza al _parlascium_. Cfr. LAMI, _loc. cit._ I, pag 90.
-
-[717] Cfr. LAMI, _loc. cit._ I, pag. 96; ALVISI E. _Il libro delle
-origini di Fiesole e di Firenze_, Parma, 1895, pag. 38 e MANNI M. D.
-_Notizie storiche intorno al parlagio ovvero anfiteatro di Firenze_,
-Bologna, 1746. pag. 13-17 e 26.
-
-a. 1171... infra civitatem Florentinam prope _Perilascio picculo._
-
-a. 1133... in civitate Florentina in loco _Parlascio picculo_.
-
-a. 1030... prope _Perilasium majorem._
-
-[718] TIRABOSCHI. _Memorie di Nonantola_ cit. n. 197, a. 1089, «pecia
-una de terra prope civitatem Cremone in loco _parlassi_».
-
-[719] Cfr. MAZZI A, _Perelassi_, Bergamo, 1884.
-
-[720] DAVIDSOHN, _loc. cit_. I, pag. 513.
-
-[721] _Liutpr_. c. 99.
-
-[722] _Aist_. c. 2, 8.
-
-[723] Cfr. TAMASSIA N. _Le alienazioni degli immobili e gli eredi
-secondo gli antichi diritti germanici e specialmente il langobardo_.
-Milano, 1885, pag. 159.
-
-[724] _Liutpr_. c. 62.
-
-[725] _Cap. ital. K. M._ 49, 68, 114 etc.
-
-[726] Vedine gli ess. riportati dal MURATORI _Antiq_. Diss. LXIII.
-
-[727] Cfr. i documenti pubblicati dal PERTILE _loc. cit._ VI, 1, pag.
-25 e segg. e specialmente pag. 33.
-
-[728] _Mem. e doc. cit_. IV, n. 475, a. 825 Anspald cler. scavinus
-ecclesiae, — n. 589, a. 838 Gonfrid. scab. eccl. — n. 648, a. 847
-Iohannes clericus scab. eccl.
-
-[729] _Cod. dipl. lang_. — PORRO. — col. 1561, a. 915 Petrus _scavino
-huius comitato_ (lucense).
-
-[730] Cfr. il § 6, pag. 132 e segg.
-
-[731] Cfr. _Mem. e doc. cit_., V, n. 698. a. 853. A. Scabinus
-florentine urbis.
-
-[732] Cfr. PERTILE, _loc. cit._ VI, pag. 34.
-
-[733] _Cap. it. K. M._ 35 e 93.
-
-[734] Cfr. a questo proposito ZDEKAUER L. _Il Constituto dei Consoli
-del placito del Comune di Siena_ in «Studi Senesi» vol. IX, 1892, pag.
-57-58.
-
-[735] Cfr. ID. _ibid._, pag. 60-61. Lo ZDEKAUER è stato il primo e
-l'unico, ch'io sappia, a sentire come l'indagine sulla competenza
-doveva segnare il primo passo per determinare l'origine del Consolato
-del Placito e come esso si riannodi ad antichissimi sistemi germanici.
-
-[736] _Liutp_. c. 22, 29, 91, 117.
-
-[737] _Rach_. c. 8.
-
-[738] Cfr. _Chart_. I, 45, a. 887; un documento è ritenuto privo di
-valore legale non perchè sia falso ma perchè non è stato scritto o
-firmato da un _notarius scriba publicus_.
-
-[739] È la nota definizione datane da ROLANDINO nel proemio del suo
-_Tractatus notularum_.
-
-[740] _Loth_. 98. Per l'intervento dei notai nel placito come scabini è
-tipico l'esempio del giudice astense Graseverto.
-
-Cfr. FICKER, _loc. cit._, III, pag. 21 e 22 e CIPOLLA. _Di Audace
-cit_., pag. 194-96. A Piacenza, a. 879 uno scabino è _archinotarius_.
-Cfr. MAYER _Ital. Verf. cit._, § 5, nota 83.
-
-[741] _Lex alam._ XXXVI, 1, 2; _Lex Baiuw._ II, 15, 1. E mi piace
-riportare qui anche un caso pratico contemporaneo al periodo che si sta
-studiando in Italia in questo volume.
-
-LOERSCH H. SCHRÖDER R. _Urkunden zur Geschichte des deutschen
-Privatrechtes_. Bonn. 1881, n. 53, pag. 35. _Traditio capturae
-ad Suuarzetmuore._ Isti tradiderunt... Isti tradiderunt et nihil
-acceperunt... Anno ab incarnatione Domini 827 et regni Hludounici
-imperatoris 14 factus est _Conventus publicus_ in loco qui dicitur
-Suuarzetmuor et Hrabanus abbas fuit in eo et Poppo Comes et majores
-natu de comitatu eius, quorum nomina sunt: Liutpraht, Uuidarold,
-Uuotan, Gundacar, Herimot, Friduhelm, Nidhart, Ortheri, Otto, Alspraht,
-Einrat, Helmolt, Ratger, coram quibus Herimot et Berahart dixerunt se
-in illa captura aliquam habere portiunculam, sed tamen eorum adquisitio
-ita difinita est et pacata, ut dominus Hrabanus abbas illis duos boves
-et duo pallia lanea et linea, duos gladios daret, et illi negaverunt
-et abdicaverunt coram suprascriptis nobilibus viris, quod ulterius in
-illa captura nullam communionem habeant. Coram his vero testibus datum
-fuit quod dominus Hrabanus abbas promisit, et negatum et traditum ab
-Herimote et Beraharte et Munihelme et Attamanne et Nidgere et Lungane.
-
-Seguono i nomi di 23 testimoni dei quali i primi due monaci.
-
-[742] Mentre si conserva il sistema dell'allegazione _apud publica
-gestis municipalibus_ (cfr. doc. edito dal SAVIGNY _Stor. cit._, I,
-pag. 348); il testamento di Beltramo dell'anno 615 e quello di Adoindo
-del 642 è in forum delato, turbis circumstantibus a indice reseratum
-recitatunque (ID. _ibid_., pag. 116); le donazioni sono fatte in _mallo
-publico_ (cfr. DACHERY. _Spicilegium sine collectio veterum aliquot
-scriptorum._ Parigi, 1723, pag. 878, luglio 874) e l'assemblea generale
-acquista sempre maggiore importanza.
-
-[743] _Lex Wisig._ VIII, 5, 6 — IX. 1, 8; 2, 5 — VI, 2, 3 — XII, 2,
-14 — VIII, 4, 14 — VII, 4, 7 — III, 4, 17 — VI, 2, 4 — VII, 2, 6 —
-VIII, 1, 3 — IX, 2, 2 — IX, 3, 3 — XII, 2, 4. Per i suoi rapporti con
-l'origine del Comune cfr. DE HINOJOSA E. _Origen del Régimen Municipal
-en Léon y Castilla_ in «_Estudios sobre la historia del derecho
-espanol_» Madrid, 1903, pag. 5 e segg.
-
-[744] Cfr. pag. 1 e segg. e pag. 72 e segg.
-
-[745] La cosa è tanto nota che è inutile citare la numerosa
-bibliografia a questo riguardo. Basti ricordare per tutti PERTILE _loc.
-cit._ II, 1, pag. 15-16; LEICHT P. S. _Antiche divisioni delle terre a
-Cividale_. Estr. dalle Mem. Stor. Cividalesi 1907; LUZZATTO G. _Vicinie
-e Comuni_ in «Riv. ital. di Sociologia» 1909, fasc. 3-4, che ne riporta
-numerose prove e TAMASSIA N. _Due documenti napoletani del 1139_, che
-è importante perchè oltre a indicare e a servirsi di buon materiale,
-prova il perdurare ininterrotto delle antiche divisioni territoriali
-cittadine in regioni ed in quartieri dipendenti dalle singole porte
-anche in provincie esenti dalla dominazione langobarda.
-
-[746] Anche questo è notissimo. È da osservare che lo stesso avveniva
-anche in territori non langobardi. Belisario fece ribattezzare a Roma
-la porta di S. Sebastiano ponendola sotto la protezione dei due santi
-orientali Giorgio e Conone (DIEHL O. _Études cit._ pag. 262) e che
-qualche volta la porta riceveva il nome di un santo venerato in una
-chiesa fuori delle mura. Ciò che è una prova novella dell'intimità del
-vincolo che univa il suburbio alla città. — Tale è il caso della porta
-di S. Stefano a Vercelli. Cfr. ADRIANI _loc. cit._, pag. 628, nota.
-
-[747] UGHELLI _loc. cit._ VIII, col. 32.
-
-[748] Ed. CARMAGNOLA _cit_., cap. 209.
-
-[749] A quanto già si è detto si può aggiungere BERLAN. _Il libro delle
-consuetudini mil. cit._ pag. 145 e segg. e specialmente 147.
-
-[750] GIULINI _loc. cit._ ad an., vol. V, pag. 503 e vol. VI, pag. 463.
-
-[751] Nei «Mon. Germ. Hist.» _Leges_, ed. PERTZ, III, pag. 397.
-
-[752] BORETIUS I, 1, c. 8, pag. 197.
-
-[753] Cfr. MURATORI, Diss. XXIII, col. 824 e RR. II. SS. I, 2, pag. 81,
-libro VI, legge 88.
-
-[754] Il quartiere non figura fra le corporazioni militari provviste di
-personalità giuridica ricordate dal libro V del Codice Teodosiano.
-
-[755] Eccone un esempio che rendo noto perchè inedito e che debbo
-alla cortesia del prof. A. Anzillotti. Pistoia 1109 febbraio. Breve di
-investitura di una terra con casa entro la città prope Sala Loteringa
-fatta da Marchesello di Oggicione a Bonico Romanelli. Ita tamen quod
-si ipse Marchesellus (il locante) et frater suus sit ita impeditus quod
-non audeat habitare in porta Caldatica vel in porta S. Petri quod ipsi
-possint venire ad habitandum in predicta domu donec fuerint ausi redire
-ad habitandum in domu illorum tunc deinde debent ipsa scomborare.
-
-Ed è nota la grave discordia sorta nel 1188 fra due porte della città
-di Lucca. Cfr. gli _Annali_ di TOLOMEO ed. MURATORI in «RR. II. SS.»
-XI, col. 1274.
-
-[756] Cfr. MAZZI A. _Note suburbane cit._ pag. 27 e segg.
-
-[757] Tipico è il _castrum vetus_ di Asti, passato alla Chiesa astese
-fra il 936 e il 937. Cfr. CIPOLLA C. _Di audace cit_., pag. 209
-Lo stesso avviene a Verona (UGHELLI V, col. 711. a 818), a Reggio
-(TIRABOSCHI _Mem. di Nonantola cit._, II, pag. 58), a Modena (a.
-1108... casa in civitate Mut. que jacet prope Castello — a. 1133...
-iuxta murum castelli episcopi — ID. _loco cit._), a Genova ed in
-numerose altre città. Cfr. MAZZI A. _Note cit._, pag. 39.
-
-[758] Cfr. i due documenti indicati dal DAVIDSOHN. _Storia cit_. pagine
-522-23.
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
-
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
-senza annotazione minimi errori tipografici. Nella nota 458 a pag.
-161 il numero della pagina citata, mancante nell'originale, è stato
-indicato con ... .
-
-
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-<body>
-
-
-<pre>
-
-Project Gutenberg's La città italiana nell'alto Medio Evo, by Guido Mengozzi
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most
-other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
-whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of
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-
-Title: La città italiana nell'alto Medio Evo
- Il periodo langobardo-franco
-
-Author: Guido Mengozzi
-
-Release Date: July 18, 2020 [EBook #62690]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA CITT ITALIANA NELL'ALTO ***
-
-
-
-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by The Internet Archive)
-
-
-
-
-
-
-</pre>
-
-
-<div class="booktitle">
-<h1>
-LA CITTÀ ITALIANA<br />
-NELL'ALTO MEDIO EVO
-</h1>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="titlepage">
-<p class="x-large">
-GUIDO MENGOZZI
-</p>
-
-<p class="pad2 main-t">
-La città italiana<br />
-nell'alto medio evo
-</p>
-<hr class="tiny" />
-<p class="pad1 large">
-Il periodo langobardo-franco
-</p>
-
-<p class="pad4">
-ROMA<br />
-ERMANNO LOESCHER &amp; Cº<br />
-<span class="small">(W. REGENBERG)</span>
-</p>
-</div>
-
-<div class="verso">
-<hr class="mid" />
-<p>
-SIENA 1914 — STAB. ARTI GRAFICHE LAZZERI
-</p>
-<hr class="mid" />
-</div>
-
-<div class="somm">
-<hr />
-<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p>
-<hr />
-</div>
-
-<div class="dedica">
-<p>
-<i>A MIO PADRE</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>CON AFFETTO PARI ALLA STIMA</i>
-</p>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_v">[v]</span>
-</p>
-
-<h2>INTRODUZIONE</h2>
-</div>
-
-<p>
-<i>La storia delle condizioni delle città italiane nell'alto
-medio evo fu oggetto di gravi e fondamentali ricerche,
-per opera di numerosi storici italiani e stranieri, a cominciare
-dal Muratori, dal Fumagalli, dal Sismondi, dal
-Pagnoncelli e dal Savigny. Ai tempi della preparazione
-del nostro Risorgimento questo tema fu anzi discusso con
-particolare attenzione dal Manzoni, dal Balbo, dal Troya
-dal Capponi e da molti altri perchè si volle quasi in
-quelle remote origini rinvenire l'anima più spontanea
-della nazione, ricercandovi i diritti della nazionalità.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Ma quelle dotte discussioni non riuscirono ad appagare
-in tutto i desiderî degli studiosi. Sta di fatto che
-l'opera di Carlo Hegel fu poco appresso una grave critica
-di quei risultati: e più tardi tutti gli studiosi, in Italia
-e fuori, dovettero muovere da ricerche e da argomentazioni
-nuove e diverse. Il problema delle condizioni giuridiche
-dei vinti Romani, quello della sorte dei municipii
-e delle corporazioni, quello dell'organizzazione ecclesiastica,
-quello dell'origine dei Comuni furono, si può dire,
-ripresi <span class="upright">ex novo</span>, e recarono luce feconda alla storia generale
-del diritto pubblico italiano del medio evo.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Tuttavia non si è ancora portata la ricerca, in modo
-abbastanza ampio e profondo, sul punto centrale di tutti
-questi studii: la città, considerata nelle sue condizioni
-territoriali, nelle sue divisioni giuridiche, nella sua compagine
-particolare, per cui si distingue da ogni altro elemento:
-organizzazione generale, circoscrizione provinciale,
-<span class="pagenum" id="Page_vi">[vi]</span>
-circoscrizione ecclesiastica, borghi, pievi, ville, centri
-rurali: la città, voglio dire, nel suo aspetto geografico,
-storico, giuridico.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>È stato mio proposito di assumere questo tema, di natura
-intimamente ed esclusivamente giuridica, per esaminarlo
-con tutte le mie forze, senza pretendere di affrontare
-e di risolvere tutti quei problemi, che con quel
-tema stanno senza dubbio in diretta connessione, ma che
-qualche volta hanno contribuito, con la loro imponenza,
-a sviare il giudizio degli studiosi. Da una ricerca circoscritta
-a questo argomento capitale e d'indole schiettamente
-giuridica, ho creduto che si potesse derivare lume
-anche su quei problemi, per quanto ciò dovesse avvenire
-per via indiretta e talvolta soltanto per accenni, che potranno
-apparire anche incompleti.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Ma in un tema così vasto, che ha domandato alle
-mie forze una lunga e faticosa indagine, non ho pretesa
-di aver portato se non un contributo di metodo e di resultati.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Nell'atto di licenziare il mio libro mi rimane tuttavia
-la convinzione che dai competenti il metodo possa
-essere giudicato giusto e che i resultati non siano del tutto
-vani.</i>
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span>
-</p>
-
-<h2 id="parte1">PARTE PRIMA
-<span class="smaller">La città romana, gota e bizantina<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a></span></h2>
-</div>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-§ 1. L'antica cerchia di Roma primitiva. — § 2. La cerchia murata
-del IV sec. av. Cr. — § 3. I <i>Mille Passus</i>. Determinazione territoriale. — §
-4. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> riguardo alle
-magistrature. — § 5. <i>Mille Passus Urbs e suburbium.</i> — § 6. Differenza
-fra Roma e le altre città: <i>Pomoerium e Continentia Aedificia</i>. — §
-7. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> rispetto ai plebei. — §
-8. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> rispetto ai beni pubblici. — §
-9. Determinazione dei <i>Mille Passus</i> rispetto al culto. — § 10.
-Città e campagna negli ultimi anni dell'impero d'occidente. — §
-11. La conquista gota. — § 12. Città e campagna sotto i Bizantini. — §
-13. Le divisioni territoriali interne delle città. — §
-14. Conclusione.
-</p>
-</div>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-1">§ 1.</h3> <p>— Nei primi tempi storici Roma fu costituita
-dall'esiguo numero delle <i>gentes</i> delle tre tribù dei Ramnes,
-dei Tities e dei Luceres, costrette più che disposte
-ad unirsi su di un territorio assai limitato per necessità
-della comune difesa contro l'ostilità convergente degli
-elementi circostanti. Ognuna di esse, infatti, conservava
-inalterato l'assetto genetico interno sotto il potere, più
-di coordinamento che di effettivo comando, del «rex»,
-insieme col quale cooperavano — per diritto proprio e
-non per nomina di lui — i capi delle singole «gentes».
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Questa condizione di cose fece sì che le linee fondamentali
-<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span>
-dell'organizzazione politica romana si formassero
-in modo singolare. Il perdurare delle lotte interne
-ed esterne indusse a costituire un nucleo più saldo e
-durevole, favorito dalle condizioni topografiche, nucleo
-che divenne così capoluogo ad un tempo del territorio
-e centro di organizzazione della difesa. Ed a questo fenomeno,
-per cui già si divergeva dal primitivo sistema
-barbarico, nel quale, pur in sedi relativamente fisse, oltre
-la rotazione delle terre, troviamo la vita in villaggi
-facilmente abbandonabili, si aggiunse, come effetto a
-causa, quello della maggior considerazione della terra
-stessa. Questa, appunto perchè limitata, ebbe tanta importanza
-da superare quella dei rapporti familiari, prevalenti
-nell'organizzazione barbarica, e costituì la base
-di ogni rapporto giuridico.
-</p>
-
-<p>
-Sotto l'auctoritas del pater<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>, oltre i parenti, vivevano
-anche tutti coloro che, per vicenda sfortunata di guerra — deditio — o
-per patto amichevole — applicatio — si
-trovavano alla sua dipendenza<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Lo Stato primitivo costituisce — si sa — un cielo
-chiuso entro cui non si entra che attraverso l'«hospitalitas»<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a>.
-Nell'epoca in cui prevale il potere dei capi
-delle «gentes» di fronte a quello del re, che, in tempo
-di pace, si limita a regolare i «Sacra» e lo sviluppo
-edilizio, anche questo diritto di rappresentanza è esercitato
-prevalentemente dai «patres». Più tardi, però, il
-<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span>
-potere regio, favorito dalla naturale scissione degli antichi
-gruppi gentilizi in più piccoli nuclei famigliari riconnessi
-al capostipite ma da esso distinti e separati, fu avvantaggiato
-enormemente per il rapido incremento della popolazione.
-Quest'aumento, dovuto in parte alla necessità
-di soddisfare bisogni, ai quali il sistema agnatizio non
-sopperiva affatto o inadeguatamente, e, in parte di gran
-lunga maggiore, causato dall'immissione di elementi
-vinti ritenuti meno pericolosi se tolti dal luogo di origine,
-portò alla costituzione entro la «civitas» di una
-classe speciale in condizione giuridica inferiore a quella
-dei «cives» originarii.
-</p>
-
-<p>
-E, questa classe si formò sotto la <i>manus</i> del re.
-</p>
-
-<p>
-È certo che le leggende dell'«asylum» e del ratto
-delle sabine, con cui si risolveva il problema dell'aumento
-della popolazione, sono di origine forestiera e
-quindi, presumibilmente, ostili ai romani; ma appare
-altrettanto evidente, dal complesso dei miti con i quali
-questi ultimi cercarono di modificarle, la modestia delle
-origini e il lungo perdurare nello stadio primitivo<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>.
-Di più noi sappiamo per testimonianza concorde delle
-disposizioni dell'antico diritto quiritario e delle narrazioni
-degli scrittori<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a> che intorno ad ogni «domus»
-correva un <i>ambitus</i> di origine sacrale<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a> che la cingeva
-da tutti i lati e che l'<i>insula</i> dei quartieri popolari — quel
-vasto agglomerato di case a diversi piani e a muri
-comuni — è di epoca posteriore.
-</p>
-
-<p>
-Popolazione scarsa, dunque, ed occupante nello spazio
-limitato della città un'estensione relativamente assai
-lata.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span>
-</p>
-
-<p>
-Si aggiunga che la scienza ha dimostrato — il Vico
-con meraviglioso genio l'aveva intuito — che le divinità
-adorate in appositi templi fuori del «pomoerium» non
-che diverse erano addirittura straniere a quelle adorate
-in Roma. E se si riconnettono tutti questi dati con la
-leggenda dell'uccisione di Remo, la cui importanza, notata
-anche dal vecchio Varrone, consiste nel carattere
-sacro attribuito alla fossa, destinata a raccogliere la città
-entro un cinto inviolabile che non può essere oltrepassato
-se non in luoghi appositamente determinati e cioè
-le porte; se ne deduce la conseguenza che in immediata
-vicinanza della città, ma separati dal vallo e dalla fossa,
-ci dovessero essere quei popoli vinti che per misura di
-sicurezza Roma strappava al suolo nativo e aggregava
-a sè collocandoli sotto l'«hospitalitas» del re.
-</p>
-
-<p>
-Ho parlato di vallo e di fossa e non di mura perchè
-la costruzione ed il culto di queste è posteriore: la leggenda
-parla di Romolo che uccide il fratello per aver
-superato di un salto la fossa già scavata o il solco dell'aratro
-che segnava il luogo ove avrebbe dovuto esser
-quindi scavata<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a>. Non si parla affatto di mura. E il
-contatto continuo del vincitore col vinto, ostile per odio
-recente e per diversità antica di origine e di culto, spiega
-perchè fosse considerato come delitto capitale il traversare
-il vallo fuori che per le porte<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>. I nomi dei luoghi
-adiacenti alla Roma primitiva, infatti, sono tutti eponimi
-<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span>
-di genti plebee; stirpi diverse, cioè, da quelle originarie
-di Roma. Così il <i>Celius</i>, le due <i>Exquiliae</i>, l'<i>Oppius</i>, il
-<i>Cespius</i>, e così via. Invece entro il «pomoerium» si
-trovavano in pari condizione giuridica le tre tribù originarie,
-le cui divinità si mantennero contemporaneamente
-e con pari vigore fino al tardo prevalere di Giove
-capitolino, che personifica e rappresenta l'unificazione
-di Roma.
-</p>
-
-<p>
-Ma un allargamento di questo concetto non avviene
-che nel secolo IV, quando, con la costruzione delle mura,
-si inizia un'amplissimo movimento di riforme che rinnuova
-tutta la vecchia Roma. Infatti la definizione del
-pomerio dataci dai libri auspicali<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a> come di un «locus
-intra agrum effatum per totius urbis circuitum pone muros
-regionibus certis determinatus, qui facit finem urbani
-auspicii» è posteriore, come si scorge chiaro dalla menzione
-delle mura, alla costruzione delle mura stesse ed
-è stata presa a torto come prova dell'identità del «pomoerium»
-col cerchio murale. La prova si evince, a mio
-parere, da una induzione, che ritengo legittima, intorno
-all'antichissima distinzione degli auspici in urbani e
-non urbani (ben differente dall'altra «domi et militiae»);
-poichè se si tien presente che il diritto di consultare la
-volontà divina spettava esclusivamente ai patrizi<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a> si
-dovrà anche ammettere che tale diritto in origine spettasse
-<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span>
-soltanto alle «gentes» comprese entro il pomerio.
-E così si spiega pure come l'Aventino, in tempi posteriori
-a quelli indicati dalla tradizione, ma anteriori alla
-costruzione delle mura, rimanesse fuori della cinta per
-il suo carattere forestiero e plebeo, essendo abitato dai
-cittadini delle città latine vinte e dagli schiavi che ivi
-si rifugiavano nell'«asylum»<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a>. E si chiarisce l'altro
-fenomeno, non meno importante, che solo dopo lunghe
-lotte la triade capitolina riuscì a prevalere sulle altre
-divinità<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-2">§ 2.</h3> <p>— Il nostro Bonfante, con un'indagine tenacemente
-perseguita, ha dimostrato che nella famiglia romana
-sui membri che compongono il gruppo familiare vi
-è un'autorità di natura politica tanto forte da tenere il
-predominio sull'elemento patrimoniale nel passaggio ereditario:
-autorità che ha una corrispondenza completa e
-mirabile nel campo del diritto pubblico e che fa sì che al
-modo stesso con cui nello Stato il capo apparisce come
-il rappresentante di un gruppo che non muore mai, così
-anche la famiglia è un perenne organismo politico il cui
-capo si perpetua per la designazione del successore fatta
-dal predecessore<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a>. Ma questo stato di cose che poteva
-prevalere finchè le organizzazioni politiche di ordine superiore
-erano scarse o fiacche, doveva mutarsi quando
-le forze centrali dello Stato operarono con efficacia. Ne
-venne che questo acquistò tanto maggior consistenza
-quanto più quelle, suddividendosi, formarono nuovi nuclei
-legati alle «gentes» originarie da vincoli che andarono
-sempre più indebolendosi fin quasi a sparire del
-tutto.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span>
-</p>
-
-<p>
-Noi sappiamo come di diritto facevano parte del senato
-quei «patres» che, successori dei capostipiti delle
-genti originarie, erano i custodi di ciò che costituiva
-l'anima della gente stessa: i <i>sacra</i>, le <i>feriae</i>, i <i>sepulcra</i>.
-E ci sedevano — come irrefutabilmente dimostra la
-mancanza di un sistema di maggiorascato e l'uso assoluto
-del regime della designazione — appunto perchè
-tali e non per ragioni di parentela<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a>. Il fulcro della
-gente era costituito dal suo culto interno: chi dal «pater»
-morente era ritenuto il più atto ed il più degno
-a succedergli acquistava con la designazione (dopo la
-relativa accettazione) tutti i diritti annessivi, dai <i>decreta
-gentilicia</i> all'<i>auctoritas</i> senatoriale. Il tratto caratteristico
-dell'eredità romana per cui all'erede è imposto ex iure — e
-questa è la peculiarità — l'onere della custodia e
-del mantenimento dei «sacra» anche quando, come al
-tempo di Cicerone, era divenuto gravissimo, non si spiega
-se non pensando ad un'epoca in cui invece costituiva
-l'elemento di maggior rilievo di tutta l'eredità medesima,
-la quale — si badi — era impossibile senza designazione
-di erede. E quest'epoca, per la natura eminentemente
-religiosa dei «sacra», corrisponde a quello
-stadio primitivo in cui l'elemento religioso predomina
-e, cioè, l'epoca regia.
-</p>
-
-<p>
-Era dunque la proprietà dei <i>sacra</i> e dell'<i>hedificium</i>
-in cui questi si conservavano che dava diritto di partecipare
-<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span>
-all'assemblea la cui «auctoritas» aveva come scopo
-precipuo l'osservanza, il mantenimento e sopratutto il
-contemperamento dei vari <i>mores ritusque majorum</i><a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I rami derivati dai ceppi primitivi — patres minores — non
-potendo vantare eguali diritti, furono logicamente
-esclusi dal senato. Però, come compievano essi pure funzioni
-vitali per lo Stato, ottennero di partecipare al pubblico
-reggimento mediante un'altra assemblea — <i>comitia
-curiata</i> — cui aprivano l'adito requisiti differenti, adeguati
-al contributo fisico, intellettuale e finanziario che
-questi rami portavano a prò della collettività. E come
-questo non poteva aversi senza la presenza <i>assidua</i> — è
-il termine usato dalle fonti — nello Stato: e questa, alla
-sua volta, inconcepibile senza un valido substrato economico,
-non poteva basarsi che sulla terra, questi requisiti
-ebbero anch'essi per base l'elemento realistico
-della proprietà.
-</p>
-
-<p>
-Ma intanto ne conseguì che, pur rimanendo inalterata
-la base realistica dei diritti pubblici subiettivi, accanto ad
-una proprietà quasi sacrale, cui ex iure essi erano vincolati,
-se ne ammise un'altra di minor efficienza intima
-alla quale era necessaria la concomitanza di elementi
-personali.
-</p>
-
-<p>
-Nè l'evoluzione si fermò qui: questi elementi personali,
-una volta ammessi, agirono con intensità sempre più
-<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
-forte fino al punto di avere a base non più la proprietà
-ma l'abitazione. Così entrarono i plebei.
-</p>
-
-<p>
-Insieme con i plebei vivevano intorno alla città anche
-quei clienti che per varie e note cause si erano staccati
-dalle originarie dipendenze patronali e, sempre crescenti
-di numero, formavano un insieme ben distinto — come
-lo prova l'esistenza dei <i>concilia plebis</i> — dai «patres» e
-dai «patricii». I loro nuclei davano luogo, attraverso ad
-una lenta e faticosa selezione, ad un elemento nuovo,
-ricco, forte e potente, il quale, per la diversità di culto e di
-origini, poteva esplicare tendenze disgregatrici. Inoltre i
-plebei, cooperanti anch'essi alla vita cittadina e alle guerre,
-erano indotti a ribellarsi — e lo fecero con tenacia e
-moderazione mirabili — a quella condizione, imposta loro
-dall'egemonia assoluta delle classi più elevate, per la
-quale il loro contributo di forze e d'armi era considerato
-dallo Stato come il correspettivo dell'occupazione del
-suolo pubblico su cui abitavano<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a>. Lungamente vissuti
-su quelle terre nella stessa posizione di fronte allo stato
-che i clienti di fronte ai patroni<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a> e ormai ignari dei
-remoti patti con cui i loro progenitori erano entrati nella
-«civitas», si sentono — e vogliono esser riconosciuti — meritevoli
-di una maggior tutela giuridica e di un più
-ampio godimento dei frutti delle vittorie.
-</p>
-
-<p>
-Per la pressione delle contingenze esterne, per il timore
-di un dissolvimento dell'unità così a lungo e con
-tanta fortuna mantenuta, verso la fine del IV secolo av.
-<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
-Cr. i dominatori, stremati dall'invasione gallica, vennero
-a patti con i plebei e concordarono con essi una di
-quelle leggi eminentemente contrattualistiche, la cui natura
-è stata messa in luce dal Dallari<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Da allora, giustamente, il Pais fa datare il risorgimento
-definitivo di Roma per la sua fatidica missione.
-La piccola cinta primitiva cede il posto ad un valido
-muro che racchiude in più ampio giro la cittadinanza
-rinnovellata da nuova costituzione. Entro il muro furono
-chiusi anche tutti coloro che, topograficamente, già formavano
-un tutto unico con la città stessa. Ma neanche
-così, presumibilmente, si giunse ad aver sufficiente numero
-di braccia per il compimento impellente di opere
-pubbliche, sopratutto di difesa<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a>, e fu necessario attribuire
-alla città una parte del territorio circostante, il
-quale venne determinato con l'antichissimo sistema decimale
-dei latini.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-3">§ 3.</h3> <p>— Documenti sincroni o sicuri che indichino
-l'estensione precisa della zona esterna attribuita alla
-città, ma con una serie di caute deduzioni mi sembra
-di poter giungere ad un'accettabile soluzione del problema.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-In primo luogo è pacifico che la prima e principale
-funzione del pretore plebeo è quella di proteggere la
-plebe dalle «angariae». Ora è altamente significativo
-che questo magistrato abbia sempre esercitato la sua
-giurisdizione oltre che nella città anche mille passi all'intorno.
-Non solo: la prima magistratura che compare negli
-albori repubblicani non è costituita dai consoli, ma
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-dal <i>praetor</i><a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a> o <i>judex</i>, al quale questi sono succeduti. E
-questa oscura magistratura di transizione, su cui le successive
-hanno trovato fondamento, mi pare di importanza
-peculiare per la storia costituzionale di Roma, perchè, oltre
-a segnare il passaggio dal sistema monarchico a
-quello repubblicano, essa indica anche che si è allargata
-la originaria base del cittadinatico concedendolo anche
-a coloro che abitavano fuori delle mura purchè a distanza
-non maggiore di un miglio, con il diritto di partecipare
-alla vita pubblica nelle assemblee relativamente
-assegnate.
-</p>
-
-<p>
-Già verso la metà del secolo V, epoca presumibile
-delle leggi delle dodici tavole, la norma in esse sancita,
-che nessuno sia bruciato o seppellito entro la città, dimostra
-come sia attenuato il vecchio concetto dei «sacra».
-La gran comunità cittadina è ormai formata: resta che
-gli elementi destinati a comporla riescano a trovare un
-equilibrio più equo ed una compenetrazione più piena
-ed a questo tendono — e con fortuna — i plebei, sia
-dentro le mura che fuori fino a mille passi.
-</p>
-
-<p>
-Il Mommsen, indagando la struttura del diritto pubblico
-romano, ne ha indicata con ragione la chiave nella
-distinzione fra l'«imperium domi» e l'«imperium militiae»,
-ma ne ha trascurato troppo il modo con cui essa
-si è formata. Se nell'epoca più florida della repubblica
-il concetto territoriale predomina assoluto senza nessun
-conto dell'elemento personale (cittadinanza, patriziato,
-plebe) e della natura dei singoli reati; a questo
-non si è giunti che per un'evoluzione di cui solo
-l'ultimo stadio, tipicamente cristallizzato, è stato da lui
-rilevato. I limiti rigidi segnati all'esercizio del potere assoluto — chè
-questo è il contenuto dell'«imperium militiae» — significano
-che originariamente coloro che si
-trovavano nel territorio sacrato — <i>effatum</i> come dicono
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-i libri auspicali — ed erano ammessi alla cittadinanza,
-godevano una protezione accordata loro in virtù di un
-patto giurato da tutti gli ordini dei cittadini — «lex sacrata» — e
-logicamente negata ai non cittadini. Infatti,
-costruite le mura e attuata la divisione delle quattro tribù
-territoriali urbane, se da una parte l'unità della città si
-rafforzava, dall'altra i nuovi gruppi aggregati, per essere
-rimasto sempre ai patrizi l'<i>jus auspiciorum</i>, venivano
-a perdere l'autonomia religiosa e amministrativa mantenuta
-fino ad allora, si sarebbero trovati in condizione
-peggiore di prima, se loro non fossero stati accordati
-congrui compensi e benefici a cominciare da quello della
-partecipazione alle curie<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nel diritto privato, invece, più compenetrato di elementi
-religiosi e in mano dei soli patrizî, il principio
-contrattuale della virtù legislativa, che aveva per funzione
-di creare un vincolo sempre più stretto di interdipendenza
-fra le varie «gentes» nell'epoca regia e fra le varie
-classi di cittadini in quella successiva, non si manifestò
-affatto. E quindi mentre il campo del diritto pubblico
-fu chiuso ostinatamente agli stranieri, ai vinti, agli alleati:
-fu aperto loro con gran facilità quello del diritto
-privato, la cui elaborazione fu abbandonata ai giuristi
-ed ai magistrati<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a>.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-4">§ 4.</h3> <p>— L'importanza dei «mille passus» nel campo
-del diritto pubblico fu già rilevata dagli studiosi, ma
-restano a mettere in luce alcuni punti fin qui trascurati
-del tutto o male intesi.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-A questo mirò già in parte lo Zdekauer con un geniale
-e profondo contributo rimasto, pur troppo, interrotto<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a>.
-Egli è riuscito a dimostrare che anche nel diritto
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-privato i <i>mille passus</i> si differenziano dal rimanente territorio
-e sono uniti alla città, così per l'«actio aquae
-pluviae arcendae», per la «locatio-conductio», per la
-dazione dei tutori, per la sorveglianza delle vie da parte
-dell'edile, per le fontane e per la determinazione del
-luogo di nascita. E, di più, ha messo in rilievo la esistenza
-e la natura di una differenza di regime giuridico,
-fra gli edifici che vi si trovano sparsi irregolarmente e
-quelli che si staccano dalle mura con contatto immediato
-formando le vie che partono dalle porte.
-</p>
-
-<p>
-La fonte più importante a questo proposito è data da
-un passo di Emilio Macro, tolto dal primo libro della sua
-opera sulla vigesima<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a>, che stabilisce il principio che
-per Roma «mille passus non a miliario urbis sed a continentibus
-aedificiis numerandi sunt»; vale a dire che a
-Roma i «mille passus» si contano non dalle mura (come
-si faceva in tutte le altre città) ma dall'ultima casa ad
-esse direttamente congiunta in senso radiale.
-</p>
-
-<p>
-Lo Zdekauer, premesso giustamente che tale maniera
-eccezionale di misura mostra che anteriormente anche a
-Roma si seguì la regola comune di contare le miglia dal
-segno infisso nelle mura cittadine presso ogni porta, ritiene
-che il passo in questione sia da mettersi in relazione
-con quello di Modestino, il quale fa obbligo al tutore
-testamentario, che vuole scusarsi, di presentarsi
-personalmente al giudice entro un termine di tempo fissato
-in proporzione della distanza<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E realmente anch'esso si riconnette alla questione se
-i «continentia aedificia» sieno considerati o no come
-facenti parte della città. Non credo, però, che questa sia
-la disposizione principale.
-</p>
-
-<p>
-In primo luogo c'è una diversità non piccola, avvertita
-anche dallo Zdekauer, ma non spiegata, fra l'uso
-assoluto che della formula <i>mille passus</i> fa Macro e il
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-modo di esprimersi di Modestino, il quale, illustrando la
-nota costituzione imperiale, parla senz'altro di <i>miliaria</i>.
-Nè vale il dire che non conosciamo l'opera dal cui insieme
-è stata tolta l'espressione: qualunque interpretazione
-se ne voglia dare, sta il fatto che l'espressione
-«mille passus» è quasi un anacronismo nel Digesto e
-che in tutto il titolo «De excusationibus» si parla sempre
-di «miliaria» e mai di «mille passus». Dal momento
-che quantitativamente indicavano la stessa misura
-non mi par ammissibile che in questo titolo se ne debba
-trovare la spiegazione.
-</p>
-
-<p>
-Io credo invece che si debba muovere da un punto
-di partenza diverso.
-</p>
-
-<p>
-Bisogna anzitutto riflettere che i «mille passus»
-come tali sono una statuizione di diritto pubblico, sulla
-quale, appunto perchè tale, le modificazioni sono entrate
-a stento e tardivamente: di più, sebbene rientranti nel
-disegno del diritto privato con il ciclo evolutivo messo
-in luce dal Bonfante<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a>, conservano tracce tutt'altro che
-scarse della loro origine. Perciò io ritengo che si debba
-ricorrere all'esame degli istituti di diritto privato che
-più da vicino si riconnettono col diritto pubblico e cioè
-l'eredità, la tutela e la curatela.
-</p>
-
-<p>
-La <i>Lex municipalis tarentina</i><a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a> e la <i>Lex coloniae genetivae
-juliae</i><a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a>, fanno obbligo a coloro che vogliono
-partecipare alle magistrature cittadine di avere un domicilium
-nella città stessa o nei mille passi circostanti. Il
-principio, contenuto in germe nella <i>lex Acilia repetundarum</i>
-del 122 o 123 av. Cr. con l'essere stato applicato
-a due colonie così diverse fra loro mostra più che probabile
-che fosse tenuto normalmente a base nell'opera di
-ricostituzione delle città italiane, iniziata subito dopo la
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-«lex julia de civitate», con la quale si concesse a tutti
-gli italiani il diritto di cittadinanza romano<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ora tale possesso urbano che dava luogo a così gravi
-conseguenze politiche ebbe naturalmente una più ferma,
-quasi direi speciale protezione giuridica.
-</p>
-
-<p>
-Fra le imposte stabilite da Augusto ci fu la «vigesima
-hereditatum», la quale, come si sa, non era variabile a
-seconda del grado di parentela dell'erede col defunto.
-Ponendo mente che il passo di Macro proviene da un'opera
-sulla vigesima e tenendo presente che fino alla
-fine del sec. IV dopo Cr. gli immobili entro le città furono
-immuni da imposte<a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a>, e che, d'altra parte, i «mille
-passus» furono sempre considerati come parte integrante
-della città murata, io ritengo che tali beni fino a quest'epoca
-fossero esenti dalla vigesima.
-</p>
-
-<p>
-E in quest'opinione mi conforta l'esame del complesso
-delle norme concernenti l'alienazione, la permuta,
-l'ipoteca etc. dei beni dei minori. La prima disposizione
-imperiale che ci interessi è l'orazione di Settimio
-Severo del 195 con cui si proibiscono ai tutori gli atti dispositivi
-senza il «decretum judicis». Al suo tempo, si
-badi, l'antica costituzione municipale era già così profondamente
-modificata da presentare le stigmate della
-decadenza ormai vicina e, sebbene non ancora molto
-esteso il sistema dell'obbligatorietà e dell'ereditarietà
-delle cariche e degli uffici, più non si avevano gli antichi
-sistemi autonomici con cui dalla metà del 1.º secolo av.
-Cr. Roma aveva tentato unificare tutta l'Italia certo e
-forse tutto l'impero.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-</p>
-
-<p>
-Orbene tale orazione<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a> si esprime precisamente così:
-«Praeterea, patres conscripti, interdicam tutoribus et
-curatoribus ne praedia rustica vel suburbana distrahant,
-nisi ut id fieret, parentes testamento vel codicillis caverint».
-E tanto nel principio del titolo, che è un commento
-di Ulpiano, come in tutte le altre leggi che a questa si
-riconnettono, troviamo uniti i «praedia suburbana» con
-i «rustica». Una sola fa eccezione e secondo me, importantissima:
-la legge con cui l'imperatore Gordiano
-estende all'agnato del furioso le cautele imposte al curatore
-ed al tutore, dicendo che non a torto si viene ad
-estendere il beneficium dell'orazione del divo Severo,
-per il quale «possessiones rusticas sine decreto Praesidis
-pupillorum seu adolescentium distrahi vel obligari prohibitum
-est». Come si vede secondo questo passo l'orazione
-non si sarebbe occupata dei «praedia rustica et
-suburbana» in contrapposto ai beni urbani, ma dei soli
-«praedia rustica». E «praedia rustica», si osservi, non
-per la loro destinazione, secondo il concetto elaborato
-dalla giurisprudenza, ma, come è chiaramente indicato
-dall'unione con i «suburbana», per la loro situazione
-territoriale.
-</p>
-
-<p>
-Ora, poichè la disposizione gordiana del 239 è solo
-di pochi anni posteriore a quella di Severo, io ritengo
-molto probabile che il testo primitivo di questa parlasse
-solo di «praedia rustica» e che si debba ad interpolazioni
-di poco posteriori l'aggiunta dei «suburbana» passata in
-tutti i testi successivi.
-</p>
-
-<p>
-La regola giuridica che richiede per i soli «praedii»
-fuori del suburbio l'interposizione del Preside può essere
-illuminata da un doppio punto di vista. Prima di tutto
-da quello interno della famiglia. Il capo di essa aveva
-così ampia sfera di azione che anche dopo la morte la
-sua volontà aveva valore e quindi la sua designazione
-si considerava perfetta nella scelta e nella destinazione
-<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
-specialmente per quei beni che costituivano il nucleo più
-importante dell'eredità. Si sa, infatti, che sotto un certo
-aspetto si può dire che l'erede continua la personalità
-del defunto. In secondo luogo può essere interpetrato
-dal punto di vista fiscale, per l'imposta ereditaria della
-vigesima la quale, attuata la prima volta da Augusto,
-sparisce prima della radicale riforma dioclezianea. Ed è
-logico che sia così: concessa da Caracalla la cittadinanza
-romana a tutti gli abitanti dell'impero e preso a base
-degli «honores» il censo determinato in base all'entità
-e non alla situazione territoriale<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>, i primitivi concetti
-puramente romani, vigenti sopra tutto per l'Italia, andarono
-in disuso ed ebbero conseguenze del tutto opposte
-a quelle che si sarebbero potute immaginare. Infatti
-quei beni urbani e suburbani che lo Stato, in riguardo
-alla loro funzione lasciava a disposizione più
-immediata e rigorosa dell'autorità familiare e indenni da
-gravami ereditari, quando in seguito, i concetti ereditari
-romani più che trasformarsi si rovesciarono, si trovarono
-meno tutelati degli altri. Il preside oltre e più dell'esazione,
-della vigesima, tardi entrata e presto sparita, curava
-la salvaguardia degli interessi del minore. Si diminuiva
-la forza creativa della designazione del de cuius ma
-si aumentava la tutela del patrimonio dell'erede. Anzi,
-come dapprima questa vigilanza si esercitava solo su i
-predi rustici, quando su questi venne invece a fondarsi
-la partecipazione agli «honores», non si capì più — specialmente
-trattandosi di disposizioni che dovevano aver
-valore nella immensa varietà dell'impero — il nesso storico
-che aveva guidato a quel resultato. E come al tempo
-di Cicerone non si comprendeva l'evoluzione ereditaria
-nè le fasi per cui la tutela e la curatela da istituti a
-vantaggio della famiglia si erano capovolti in vantaggio
-del minore contro di essa; così dopo Alessandro Severo
-<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
-più non si comprese la distinzione originaria dei beni in
-urbani e rustici e si formò la corrente giurisprudenziale
-che intese a spiegarla in base alla funzione da loro adempiuta.
-E come questa era diretta ad uno scopo economico
-cui servivano senza contingenze di elementi politici,
-la legislazione si uniformò ai criteri elaborati dalla scienza.
-Con questo in più: che quei beni rustici, i quali si
-trovarono più tutelati perchè riguardo a loro lo Stato
-restrinse gli antichi rigidi vincoli dell'autorità familiare,
-resultarono più tardi a maggior vantaggio di questa perchè
-nel periodo di maggior sviluppo economico furono
-considerati come l'elemento indispensabile per il godimento
-degli «honores». Ed al legislatore il problema si
-presentò in maniera del tutto opposta a quella con cui
-si era impostato, perchè le prime cose che si vendevano
-oltre i mobili, gli argenti, gli ori e le cose preziose erano
-le case cittadine, in cui, come dice Costantino<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a>, era
-morto il padre e era cresciuto il minore con davanti agli
-occhi le statue degli antenati. Questo, dove l'eredità romana
-aveva trovato il suo fulcro genetico, per cui era
-lasciata libera al padre la «designatio» decisiva, veniva
-ora ad essere la parte del patrimonio esposta per la prima
-alla vendita.
-</p>
-
-<p>
-E Costantino, che ebbe sacro il culto familiare, insorse
-contro tali alienazioni profanatrici con una legge basata
-su criteri di distinzione dei «praedia» in «rustica» ed
-«urbana» importantissimi per noi. Infatti egli mette
-insieme «mobilia pretiosa, urbana etiam praedia, et
-mancipia, domos, balnea, horrea atque omnia, quae intra
-civitatem sunt», in contrapposto a «mancipia et praedia
-rustica». Poichè, — come già da più di un secolo Ulpiano
-aveva insegnato<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a>, — urbanum praedium non locus facit
-sed materia, — le «domus», i «balnea», gli «horrea»
-etc. sono predi essenzialmente urbani, la specificazione
-di <i>intra civitatem</i> deve avere una significazione speciale
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-e questa non credo possa essere che quella della città
-insieme col territorio che le è intorno strettamente avvinto
-e distinto dal rimanente. Ed allora, se solo i «praedia
-rustica» sono contrapposti a quelli della città ed,
-anzi, insieme con questi sono considerati i suburbani,
-si avvalora l'ipotesi da me espressa che Severo ed Ulpiano
-abbiano parlato di «suburbana» solo per l'interpolazione
-che i loro passi hanno dovuto subire<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La trasformazione sostanziale dei concetti su cui si
-basava la partecipazione agli «honores» è importantissima
-per spiegare anche un altro istituto di diritto privato:
-la fiducia. È noto che l'ipoteca è un istituto di
-origine piuttosto tarda: le sue parti furono per lungo
-tempo sostenute dalla fiducia che ne differiva sostanzialmente
-perchè dava al creditore la proprietà della cosa
-oggetto del negozio. Ponendo in relazione questo fatto
-con la norma che a base dei diritti pubblici metteva la
-proprietà di una «domus», cioè di un palazzo, di una
-casa signorile<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a> appaiono chiare le conseguenze terribili
-per il debitore fiduciario che, privato della proprietà
-della sua «domus», si trovava ipso fatto privato
-del diritto della cittadinanza che garantiva e tutelava
-più di ogni altro i cives romani. E la <i>fiducia</i>, che si
-basa su un immobile, serve solo per le classi più
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-elevate — «patres» e «patricii» — mentre per i plebei
-si ha il <i>nexum</i> che è il titolo esecutivo personale, che
-dà il debitore insolvente in mano al creditore. Solo più
-tardi, dopo la lunga lotta dei plebei (nella quale è noto
-quanta parte avesse la questione dei debiti) così la <i>fiducia</i>
-come il <i>nexum</i> perdono il loro carattere politico
-e divengono puri istituti di diritto privato.
-</p>
-
-<p>
-La natura oligarchica della costituzione romana, insieme
-con le condizioni economiche, la maggior garanzia
-data al creditore e la tendenza conservatrice italica, permise
-a tale istituto di mantenersi a lungo; ma anch'esso,
-sebbene non sparisse dal diritto privato, perdette ogni
-forza nel diritto pubblico quando la magistratura poggiò
-non più sulla «domus» ma sul «praedium» e non fu
-più ritenuta come indispensabile la specifica proprietà
-dell'«hedificium».
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-5">§ 5.</h3> <p>— Da quanto si è detto fin qui si apre la via
-ad una congettura di fondamentale importanza.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Se leggi speciali sanzionano per Roma il principio
-che i «<i>continentia aedificia</i>» fanno parte della città, se ne
-può dedurre che per le altre città vigeva il principio
-opposto, vale a dire la separazione fra la città murata
-e le costruzioni in immediata vicinanza di essa e, cioè, — poichè
-queste, per necessità di cose non potevano
-aggrupparsi che presso le porte — i borghi della città
-stessa<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Lo Zdekauer<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a> ha avanzata l'ipotesi che i borghi
-fossero preveduti nel momento della fondazione della
-città e non già frutto e conseguenza di un successivo
-incremento della popolazione. Ed ha perfettamente ragione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per quanto sieno scarsissime le fonti a questo proposito,
-l'importanza del problema che esse concernono
-è tale che non si può almeno non intravederlo, perchè
-in questo punto sta la chiave della spiegazione del problema
-dell'incolato.
-</p>
-
-<p>
-Luciano<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>, il mordace filosofo eclettico del secondo
-secolo dopo Cr., con il suo abituale sarcasmo contrappone
-gli ’επήλυδες καὶ ξένοι dei sobborghi agli indigeni — ’αυθεγευῆς
-θὲ ούδεις — della città, in cui è cittadino
-chiunque voglia esserlo. Perciò, egli dice, i barbari sono
-molti.
-</p>
-
-<p>
-E anche più esplicita è l'iscrizione affricana di Sicca
-Veneria che ci parla di «incolae quae intra continentia
-coloniae nostrae aedificia morabuntur»<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>. E lo stesso
-fenomeno è confermato per i sobborghi di Samos<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ora, come si è visto, soltanto a Roma i «continentia
-aedificia» facevano parte della città. In tutte le altre città,
-invece, erano compresi nella zona dei «mille passus».
-Ma non erano in tutto regolati dallo stesso regime giuridico
-che reggeva le città. Oltre alle magistrature maggiori,
-la cui autorità si estendeva su tutto il territorio
-giurisdizionalmente soggetto alla «civitas»<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>, ve ne
-erano delle minori, delle quali alcune esercitavano il
-loro potere sulla città e sui mille passi adiacenti e altre
-soltanto entro la cinta murata. Asconio nel commento
-alla quarta orazione di Cicerone contro Verre distingue
-nettamente il <span class="smcap lowercase">MAGISTRATUS INTRAMURANUS</span> dal <span class="smcap lowercase">MAGISTRATUS
-URBANUS</span><a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>, mentre due iscrizioni comensi ricordano
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-il <span class="smcap lowercase">SEXVIR URBANUS</span><a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>, che non è poi così inaudito e inesplicabile,
-come è apparso al Mommsen<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a>, perchè esaminando
-tutta la scala delle cariche<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>, i collegi<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a>, la popolazione<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a>,
-fra la città e i sobborghi si trovano sempre
-delle differenze: differenze di cui si hanno tracce anche
-prostazioni finanziarie<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a> e nella costruzione dei monumenti<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a>.
-Di più nella generalità delle città, Roma
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-compresa, le divinità del suburbio sono differenti da
-quelle cittadine<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a> e da quelle rurali.
-</p>
-
-<p>
-Qualora si metta in rapporto questo insieme di elementi
-col diritto di cittadinanza romano, si può concludere
-che originariamente entro la città abitavano solo
-i «cives», mentre i sobborghi erano rilasciati agli «incolae».
-Ed è per questo che si spiega come fino da quando
-una città si fondava, si prevedevano i sobborghi<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a>.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-6">§ 6.</h3> <p>— La trasformazione del regime giuridico dei beni
-urbani e suburbani, di cui ho parlato or ora, è relativamente
-tarda per le altre città, ma antichissima per Roma,
-la quale si trova ad aver sorpassato questo stadio gran
-tempo prima che si sia iniziato il movimento di unificazione
-dei municipi e delle colonie italiane, che, secondo
-i Gracchi, dovevano costituire con Roma il fulcro organico
-e congruo dell'impero. Di qui la ragione della permanenza
-del passo di Macro nel Digesto.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Se il primo miglio da Roma comincia dove i «continentia»
-aedificia finiscono, questi sono, evidentemente,
-considerati come un tutto unico con Roma stessa. E
-questo è tanto vero che chi è nato nei «continentibus
-aedificiis» è considerato come nato a Roma. Se non erro
-la chiave per spiegare tale differenza è data dalla disposizione
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-per la quale chi era cittadino di Roma, per
-nascita o per domicilio — poichè anche per questo valeva
-la stessa regola — aveva diritto a partecipare alle
-distribuzioni annonarie ed ai <i>congiaria</i> che, immesse
-in modo stabile fra le spese pubbliche dalla <i>lex sempronia
-frumentaria</i> del 133 av. Cr., non furon più tralasciate.
-Dapprima la distribuzione era fatta dietro un lieve correspettivo;
-ma verso la metà del 1.º secolo av. Cr. divenne
-completamente gratuita. È qui che balza fuori
-l'importanza del «pomoerium», ben differente da quella
-dei secoli antecedenti. Lo Zdekauer ha dimostrato come
-non sia accettabile l'opinione del Mommsen che il pomerio
-si mantenga quel cerchio intramurano che gira
-intorno città<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a>: ma io ritengo che non si debba accogliere
-nemmeno l'altra accettata dallo Zdekauer, dal Detlefsen<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a>,
-dall'Uelsen<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a>, dal Nissen<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a> e dal Merlin<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a>,
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-che il pomerio si porti avanti non con l'ingrandimento
-della città, ma quando si allargano i confini dell'impero
-e che rappresenti presenti una cerchia sacrale e non un
-limite amministrativo o di diritto privato.
-</p>
-
-<p>
-Il pomerio, per me, conserva sempre il suo carattere
-peculiare che è quello di servire a separare i cittadini
-della città murata da quelli che ne son fuori: esso si allontana
-dalla sua base primitiva, cioè le mura, quando le
-condizioni peculiarissime di Roma lo richiedono. Per la
-parte politica non necessitano trasformazioni, chè la divisione
-in tribù urbane e rustiche permane fino a che
-tutto non si accentra nelle mani dell'imperatore. Ma la
-cosa è ben diversa nel campo amministrativo: per partecipare
-alle distribuzioni bisognava esser cittadini di Roma
-città. Ciò è tanto vero che la rubrica VII della legge
-«julia municipalis», posteriore di un'ottantina d'anni,
-la quale stabilisce che l'edile debba sorvegliare in egual
-modo le vie «in urbem Romam propriusve urbem Romam
-passus mille» non conosce la distinzione dottrinaria
-fra «urbs» e Roma<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a>, che non si era ben delineata
-nemmeno ai tempi di Alfeno<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ora a chi consideri la natura dell'equilibrio delle
-forze patrizie e plebee nella costituzione di Roma non
-può sfuggire come la forza del veto tribunizio sia tale
-da impedire ai patrizi quasi tutto ciò che alla plebe non
-piace. Quando il sistema repubblicano decade e si prepara
-l'avvio al principato e la corruzione serpeggia con
-le fraudolente ed arbitrarie inclusioni di cittadini nelle
-tribù fatte dai censori e le violenze della «turba forensis» — ben
-note e frequenti dai tempi di Tiberio Gracco
-a quelli di Augusto — elemento indispensabile per riuscire
-a dominare era appunto il favore di questa turba.
-Favore interessato, ben inteso, che si risolveva nella
-concessione delle cariche meglio fruttifere ai più potenti
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-e nella distribuzione di pane e di circensi agli altri. Varî
-erano i modi di contentare i primi; unico quello di
-soddisfare i secondi: aumentare il numero di quelli che
-avevano diritto alle distribuzioni annonarie e renderle
-sempre più abbondanti e gratuite. Si vede bene che il
-concetto genetico era l'attuazione pratica di un calmiere
-da parte dello Stato a favore dei meno favoriti suoi
-membri, per render loro possibile l'acquisto delle derrate
-alimentari al minor costo che la produzione annuale e
-le condizioni dell'erario permettevano.
-</p>
-
-<p>
-La «lex Octavia» dell'85 av. Cr. ridusse a 5 i modi
-assegnati a ciascun cittadino, ma lasciò immutato il sistema.
-Invece Clodio, il turbolento e facinoroso strumento
-di Cesare, nel 58 av. Cr. introdusse il principio
-assoluto della gratuità trasformando l'istituzione economico-filantropica
-in uno strumento di dominio che
-Cesare ed Augusto non si lasciarono sfuggire di mano.
-Il primo portò il numero dei partecipanti a 150000, il
-secondo a 200000. Gli storici son concordi su questo
-punto.
-</p>
-
-<p>
-Si è tentato variamente di spiegare il modo tenuto
-per arrivare a questo resultato ed il Willems<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a> ha messo
-bene in evidenza il sistema della redazione delle liste che
-potevano favorirlo: ma queste erano la conseguenza del
-mezzo adottato per riempirle, non il mezzo stesso.
-</p>
-
-<p>
-Questo mezzo era l'allargamento del pomerio.
-</p>
-
-<p>
-L'unico storico che si occupi un po' a lungo delle
-vicende del pomerio è Tacito, che ne parla nei suoi
-annali<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a>. Questi, messi in relazione con le modificazioni
-più su accennate, concordano perfettamente. Egli dice
-che il pomerio cittadino fu allargato da Sulla, da Cesare,
-da Augusto e da Claudio e aggiunge che i termini posti
-da quest'ultimo e di cui era stato redatto atto pubblico
-erano visibili ancora ai suoi tempi. È vero che egli dice
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-a proposito di Cesare che questo allargamento fu fatto
-secondo quel «more prisco quo iis qui protulere imperium,
-etiam terminos urbis propagare datur». Ma la consistenza
-di questo antico costume appare evidente nel
-capitolo successivo nel quale egli descrive il cerchio del
-pomerio segnato da Romolo e da Tazio dopo le loro
-vittorie<a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a>. Nessun rancore si deve tenere al sobrio storico
-se da buon romano egli accoglie volentieri le magniloquenti
-leggende glorificanti l'Urbs; ma nessun timore
-che egli ne tenga a noi, se noi che lo possiamo, vagliamo
-con critica severa i dati che egli ci somministra.
-E questi son tutt'altro che da accogliere per l'epoca
-regia. Tratto in inganno dalla somiglianza delle condizioni
-nelle quali Sulla, Cesare ed Augusto avevano ampliato
-il pomerio con quelle attribuite dalla tradizione a
-Romolo ed a Tazio egli le mette in relazione. Ma, per
-quanto vi sia una remota corrispondenza di fatti, non
-sono e non possono essere in relazione.
-</p>
-
-<p>
-Queste notizie servono a consentire una determinazione
-approssimativa per giudicare quando entrò nella
-legislazione romana la massima che considerava come
-parte di Roma gli edifici continenti senza soluzione di
-continuità lungo le strade. Non prima di Claudio perchè
-egli fissò limiti ben determinati, non dopo Papiniano
-perchè il passo del Digesto<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a> che parifica i nati nei
-«continentibus aedificiis» a quelli nati entro le mura
-è tolto dal suo terzo libro «ad legem Juliam et papiam».
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-Dunque fra il 54 e il 212 dopo Cristo e, date le condizioni
-generali dell'impero, piuttosto più vicino al secondo
-termine che al primo.
-</p>
-
-<p>
-La mia conclusione si allontana alquanto da ciò che
-resultò allo Zdekauer e agli altri autori ricordati. Se il
-pomerio include i «continentia aedificia» e questi segnano
-il limite estremo del diritto dei cittadini alle distribuzioni
-annonarie e il massimo termine entro il quale
-il tutore, che vuole scusarsi, si considera come presente
-entro la città, mi pare che sia da giudicarlo come un limite
-di carattere amministrativo e di diritto privato insieme.
-</p>
-
-<p>
-Così, oltre alle trasformazioni dei domicilia suburbani,
-son venuto a parlare della condizione speciale dei
-plebei di Roma.
-</p>
-
-<p>
-È tempo di occuparsi della plebe cittadina delle
-altre città.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-7">§ 7.</h3> <p>— «Plebs», secondo l'opinione concorde di tutte
-le fonti, di qualunque tempo da Gaio<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a>, a Paolo<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a> a
-Teodosio il giovane<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a> giù giù fino a Giustiniano<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a>, sotto
-l'aspetto personale, ha un unico concetto negativo: è
-costituita dai «ceteri cives sine senatoribus». Secondo
-alcuni scrittori<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a> questa parola, presa in senso più
-stretto, indica quella parte della cittadinanza che, non
-avendo alcuna fortuna patrimoniale, è esonerata da ogni
-imposta<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a>: ma siccome, appunto per questo, è esclusa
-da ogni partecipazione alla vita pubblica attiva, così non
-ne terrò conto che quando la sua posizione giuridica
-apparrà modificata.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sotto l'aspetto della sua connessione territoriale la
-«plebs» è stata fino ad ora divisa in due grandi categorie:
-urbana quella entro le mura — fatta eccezione per
-Roma i cui «continentia aedificia», come vedemmo, sono
-considerati parte integrante della città; — rustica l'altra.
-</p>
-
-<p>
-Questa bipartizione, secondo me, è errata e deve cedere
-il posto ad una tripartizione così formulata: <span class="smcap lowercase">PLEBS</span>
-<i>urbana</i> — <span class="smcap lowercase">PLEBS</span> <i>extra muros posita</i> — <span class="smcap lowercase">PLEBS</span> <i>rustica</i>.
-</p>
-
-<p>
-Fondamentale a questo proposito è il tit. 55. (Ut
-rusticani ad ullum obsequium vocentur) del libro XI del
-codice giustinianeo, che contiene queste due leggi:
-</p>
-
-<p>
-«Ne quis ex rusticana plebe, quae, extra muros posita,
-capitationem suam detulit et annonam congruam
-praestat, ad ullum aliud obsequium devocetur, neque
-a rationali nostro mularum fiscalium vel equorum
-ministerium subire cogatur».
-</p>
-
-<p>
-«Si qui eorum, qui provinciarum rectoribus obsequuntur
-quique in diversis agunt officiis principatus
-et qui sub quocumque praetextu muneris publici possunt
-esse terribiles, rusticano cuipiam necessitatem
-obsequii quasi mancipio sui iuris imponant aut servum
-eius vel forte<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a> bovem in usus proprios necessitatesque
-converterint [sive xenia aut munuscula quae canonica
-ex more fecerunt, extorserit, vel sponte haec, quae
-inprobata sunt, oblata non refutaverit], ablatis omnibus
-facultatibus, perpetuo subiugetur exilio<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a>: et nihilo
-minus rusticanum, qui se in eiusdem operas sponte
-propria detulisse responderit, par poenae severitudo
-constringat. [Eadem vero circa eos censura servetur
-qui xenia aut munera deferri sibi a possessoribus cogunt
-aut oblata non respuunt]»<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Lo scopo di queste due disposizioni — ce lo dice il
-titolo — è di impedire le concussioni e le sopraffazioni
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-di cui erano vittime i <i>rusticani</i> e di proteggerli contro
-le arbitrarie imposizioni di ogni <i>obsequium</i>. Quest'ultima
-parola ha usi svariatissimi nelle fonti giustinianee e pregiustinianee,
-nelle quali ora ha significato di <i>officium</i>, ora
-di <i>munus</i>, ora di <i>ministerium</i>, oscillando da un mero
-contenuto di prestazione di opera ad uno più ampio di
-contributo di opera e di materia.
-</p>
-
-<p>
-Nel nostro caso però, se non m'inganno, il senso ne
-è reso chiaro da un'altra legge<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a> strettamente connessa
-con le nostre. In essa s'impone al Prefetto del Pretorio
-di far cessare quella <i>praebitio operarum, quae inlicite a
-provincialibus hactenus expetita est</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ora nella legge di Valentiniano, Valente e Graziano,
-che è la fonte di questa disposizione e che, oltre ad esser
-più lunga, è diretta ad un fine diverso, non solo questa
-«operarum praebitio», è qualificata come un «obsequium»,
-ma è anche specificata: essa si prestava <i>cum
-animalia, quibus prosecutio debeatur, advenerint</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ed in questa interpetrazione concorda anche il senso
-della parola «ministerium» quale la troviamo usata in
-tutti e due i passi. Essa non indica soltanto l'opera
-che si presta con l'intervento di una determinata persona,
-ma anche un certo sacrifizio pecuniario da parte
-di quest'ultima: sacrifizio che può giungere fino ad una
-contribuzione vera e propria, strettamente connessa con
-l'opera prestata come, per esempio, nella legge dell'anno
-406 con cui Onorio e Teodosio limitano ai soli Comites
-e Magistri militum il diritto di pretendere dalle città
-il riscaldamento dei loro bagni privati (ministerium)<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Lo scopo generico delle due disposizioni dunque è
-eguale: vediamo ora se lo stesso si può dire del fine
-specifico di ciascuna di esse.
-</p>
-
-<p>
-Nella prima si impone ai Rationales di non costringere
-al «ministerium» delle mule e dei cavalli del fisco
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-la plebe <i>rusticana extra muros posita</i> che adempie a
-certi obblighi. Nella seconda si proibisce a tutti gli
-ufficiali sottoposti ai rettori delle provincie di trattare
-il «rusticanus» come un proprio mancipio e di usare
-dei servi e dei buoi di lui come di cosa propria.
-</p>
-
-<p>
-Intanto <i>mancipes</i> ha qui un senso specifico chiarito da
-numerose leggi del codice teodosiano<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a>: la parola indica
-coloro che, preposti alle singole <i>stationes</i> e <i>mutationes</i>
-del <i>cursus publicus</i>, ne curavano il buon andamento
-guardando che gli animali non fossero rubati, trattati
-male, troppo percossi, privati del pascolo etc.<a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La legge dunque vuole che questi magistrati non facciano
-abuso dei poteri da essi tenuti sui provinciali fino
-a costringerli a fornir loro tutto il necessario per i loro
-viaggi, precisamente come per il servizio pubblico erano
-tenuti a farlo gli appositi mancipi e, sopratutto, non adoperino
-per loro esclusivo e particolare vantaggio i servi
-o i buoi di essi, sempre, ben inteso, sotto lo specioso
-pretesto che si trattasse di un pubblico tributo. Infatti
-è da tener presente che mentre il «cursus publicus»
-vero e proprio è un servizio instaurato dagli imperatori<a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a>
-e mantenuto con le contribuzioni delle città e dei
-privati, tali contribuzioni non giungono tuttavia a rivestire
-un carattere specifico di destinazione esclusiva a
-quel particolare scopo, come avviene invece per le contribuzioni
-dell'annona e dell'«hospitalitas»<a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma in breve si aggiunse un sussidiario servizio di
-trasporto — <i>cursus clabularis</i> — cui erano adibiti i buoi.
-E questi buoi non erano forniti dallo Stato ma dai proprietari
-fondiari sicchè tale fornitura gravava sui fondi
-come un onere reale<a class="tag" id="tag80" href="#note80">[80]</a> insieme col «ministerium» occorrente
-e cioè col mantenimento e con la cura degli
-animali stessi: cioè la paglia, il fieno etc. ed il servo o
-i servi necessari. Costantino, che mirava a risollevare le
-condizioni già tristi dell'agricoltura e a non opprimere
-troppo i possessori rustici, con una legge dell'anno 315,
-oltre a proibire che i buoi aratori ed i servi coltivatori
-potessero essere pignorati per debiti fiscali<a class="tag" id="tag81" href="#note81">[81]</a>, volle che
-i primi fossero esclusi dal «cursus publicus» a cui dovevano
-servire soltanto animali appositamente destinati<a class="tag" id="tag82" href="#note82">[82]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Disgraziatamente le condizioni dell'impero, come è
-noto e come vedremo meglio in seguito, peggioravano
-sempre più e gli imperatori non avevano ormai altro
-scopo che di estorcere il massimo denaro dalle provincie.
-E perciò anche la maggior parte dei saggi provvedimenti
-del codice teodosiano rivolti al miglioramento
-ed al progresso dello stato o spariscono del tutto o si
-trasformano profondamente nel codice giustinianeo. Così
-avviene della legge tutelatrice costantiniana di cui più
-non troviamo traccia e così avviene della legge 2 che
-ho riportato integralmente e della quale le mutilazioni
-triboniane hanno del tutto cambiato il senso e lo scopo.
-</p>
-
-<p>
-Importantissimo per lumeggiare questo fatto è il vedere
-che i due passi — strettamente connessi l'uno all'altro — non
-riportati nel codice giustinianeo da una
-<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
-parte ci parlano di «xenia» e di «munuscula» e dall'altra
-di «possessores», dimostrando così in modo non
-dubbio — anche se non bastasse il fatto che il titolo
-sotto cui si trova la legge è «ne damna provincialibus
-inferantur», — che la legge tratta e si occupa di «provinciales»,
-cioè di «possessores». Invece — e questo
-è il punto fondamentale — nel codice giustinianeo si
-occupa dei «possessores», dei «provinciales» la legge
-unica del titolo «ne operae a conlatoribus exigantur»<a class="tag" id="tag83" href="#note83">[83]</a>
-e la legge teodosiana che prima li regolava, è trasformata
-completamente. Invece che i «provinciales» e i
-«possessores» essa concerne quei rustici i quali risiedono
-su una terra, della quale non sono proprietari, dal
-momento che la «praebitio operarum» col suo contenuto
-economico, colpisce questi e non essi, mentre li colpisce
-invece col suo contenuto di prestazione di opera, con
-le angariae<a class="tag" id="tag84" href="#note84">[84]</a>, per usare il termine tecnico delle fonti.
-</p>
-
-<p>
-Ma se noi osserviamo da questo lato la prima delle
-leggi prese in esame, vediamo subito una differenza
-enorme. Quì la «plebs rustica» paga la «capitatio» e
-presta l'«annona»: anzi è appunto il soddisfacimento di
-questi oneri che dá diritto all'esenzione dal «ministerium»
-<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
-delle mule e dei cavalli del fisco, tanto che, argomentando
-a contrario, si può dedurre che fra quelli
-della plebe rustica <i>posita extra muros</i> tale imposta grava
-solamente su coloro che sono esenti dalla «capitatio»
-e dall'«annona».
-</p>
-
-<p>
-Ora nella categoria dei coltivatori di terre altrui, genericamente
-indicati col nome di «plebs rustica» due
-leggi del codice teodosiano fanno una distinzione che
-permane anche nel codice giustinianeo<a class="tag" id="tag85" href="#note85">[85]</a>, da una parte
-di coloni originali<a class="tag" id="tag86" href="#note86">[86]</a> e dall'altra di «plebs adscripta»<a class="tag" id="tag87" href="#note87">[87]</a>;
-ma quantunque ne costituiscano quasi la totalità sia con
-l'opera che con i frutti nè questa nè quelli sono chiamati
-direttamente al soddisfacimento dei «munera», dei quali
-risponde allo Stato il «possessor». È giusta l'osservazione
-fatta dal Leicht<a class="tag" id="tag88" href="#note88">[88]</a> che in realtà tali tributi, in via
-ordinaria, erano pagati dai coltivatori, ma non condivido
-la sua opinione che questi ultimi stieno direttamente di
-fronte allo Stato in qualità di contribuenti. Un caso in
-cui ciò sembra avvenire è quello della legge con cui
-Valentiniano e Valente concedono ai «coloni rei privatae»
-l'<i>adhaeratio</i> nella <i>conlatio equorum</i><a class="tag" id="tag89" href="#note89">[89]</a> che consisteva
-nel pagare 23 soldi invece di ogni cavallo da
-consegnarsi all'esattore<a class="tag" id="tag90" href="#note90">[90]</a>. Ma, anche a non considerare
-che questa legge non è stata accolta da Giustiniano,
-bisogna pensare che siamo nel caso specialissimo di
-coloni non già di un privato qualunque ma della <i>res
-privatae</i>, di fronte alla quale essi per l'indissolubile legame
-che ormai li avvince al fondo, appaiono nel rapporto
-più similiare a quello possessorio. E per di più si
-tratta di coloni dell'Africa, il paese classico del colonato
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-e dei <i>saltus</i>, le cui «leges», come è noto, hanno un
-processo di formazione<a class="tag" id="tag91" href="#note91">[91]</a> ed un'azione rispetto agli abitanti
-del saltus, paragonabile, almeno in parte, a quella
-delle leggi ordinarie per i cittadini dello Stato.
-</p>
-
-<p>
-E sopratutto poi bisogna tener presente una fondamentale
-distinzione fra i redditi dei <i>tituli canonici</i> dell'annona
-e dei tributi amministrati, curati e sorvegliati
-dal «Comes sacrarum largitionum» e che pervenivano
-al <i>Fiscus</i>, da quelli dei beni e dei «fundi» della «res
-privata» che erano amministrati dal «Comes rerum
-privatarum»<a class="tag" id="tag92" href="#note92">[92]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La legge su citata non ha carattere pubblico se
-non in quanto si possono considerare di diritto pubblico
-le cose che compongono la «res privata» del principe.
-In questo caso si tratta dei «saltus» africani di cui
-il principe è proprietario nè più nè meno di un privato
-qualunque<a class="tag" id="tag93" href="#note93">[93]</a> onde non si può avere che un rapporto
-puramente privato di natura non diversa da quelli che
-nascono dalle disposizioni delle «leges saltus».
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-</p>
-
-<p>
-E questo è tanto vero che l'obbligo della collazione
-di cavalli, in natura o in moneta, non grava su tutti i
-coloni del «saltus» ma solo su quelli che, come interpetra
-acutamente Gotofredo, sono <i>obnoxii et adscripti
-terrae</i> sotto la vigilanza dei <i>procuratores saltus</i> detti anche
-<i>procuratores rei privatae.</i>
-</p>
-
-<p>
-Qui non si giunge ad un concetto di diritto pubblico
-se non attraverso la persona di carattere prevalentemente
-pubblico del principe, ma la natura del rapporto
-è privata.
-</p>
-
-<p>
-L'unico caso in cui si possano veramente vedere i
-coloni soggetti direttamente all'imposta è dato dai coloni
-dei <i>praedia fiscalia</i>. Questi appariscono in tale condizione
-dalla legge che esplicitamente li sgrava dai «munera»
-della «civitas»<a class="tag" id="tag94" href="#note94">[94]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ma questo caso ha pur esso la sua spiegazione. Ciò
-avviene perchè, per la mancanza del concetto di persona
-giuridica dello Stato, concetto limitato al Fiscus, il diritto
-romano non concepisce dei beni fiscali tributari dello
-Stato e quindi, mancando il soggetto diretto dell'imposizione,
-si vuole impedire che questa venga a gravare
-su coloro che con la terra appartenente al fisco hanno
-maggiori vincoli e, cioè, per la parte affittata e subaffittata,
-al colono, al servo della gleba che rimangono sempre
-vincolati al suolo per quanto gli affittuari cambino;
-e per la parte dominica al «procurator»<a class="tag" id="tag95" href="#note95">[95]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ora, dunque, nel primo caso s'impone al colono una
-gravezza che rientra nella categoria di quelle che gli
-incombono per la natura della sua condizione giuridica.
-Non si deve, quindi, in questo caso parlare di soggezione
-all'imposta da parte dei coloni.
-</p>
-
-<p>
-Parrebbe invece che legittimamente se ne potesse
-parlare per il secondo caso; ma qui questo assoggettamento
-avviene per l'incompletezza della teoria romana
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-in un punto specialissimo, limitato, circoscritto e non
-estensibile ad alcun altro caso<a class="tag" id="tag96" href="#note96">[96]</a>.
-</p>
-
-<p>
-C'è però una legge importantissima del codice teodosiano<a class="tag" id="tag97" href="#note97">[97]</a>
-che dice: «decurio pro ea portione (sc. tributorum)
-conveniatur in qua vel ipse vel colonus vel tributarius
-eius convenitur et colligit (fructus); neque
-omnino pro alio decurione vel territorio conveniatur».
-Questa legge è riportata dal Leicht<a class="tag" id="tag98" href="#note98">[98]</a> a sostegno della
-sua tesi e forma, anzi, la base ed il fulcro della sua
-dimostrazione<a class="tag" id="tag99" href="#note99">[99]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ma a me sembra, che l'interpetrazione più piana
-debba considerare il «convenitur» come riferentesi al
-decurione, ed il «colligit» a «colonus vel tributarius»
-onde l'espressione significhi che il decurione è responsabile
-del pagamento dei soli tributi delle terre che gli appartengono
-e di quelle di cui gode i frutti attraverso
-l'opera della «plebs rustica». Ora la natura di questa
-«plebs» ci è chiarita dalle fonti che ce la mostrano
-assegnata, distribuita e vincolata alla terra<a class="tag" id="tag100" href="#note100">[100]</a> e comprendente
-tutta quella scala sociale di individui che dal
-servo addetto ai lavori rustici, saliva attraverso al colonato,
-fino a quegli inquilini e subaffittuari sui quali specialmente,
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-dovevano gravare le conseguenze della scarsa
-certezza del diritto, sopra tutto per il fatto che risiedevano
-su terra altrui<a class="tag" id="tag101" href="#note101">[101]</a>. Tutte queste persone non giungevano
-al diritto pubblico che attraverso al «dominus»
-della terra e di fronte a questo dal <i>servus</i>, che non aveva
-affatto personalità, si andava fino al <i>colonus</i> che ne
-aveva una così distinta da poter annullare in parte il
-contenuto dispositivo della proprietà dominica e fino al
-<i>tributarius</i> personalmente ancor più indipendente e libero
-del colono. Per ciò a me pare esatta l'espressione
-della legge «colligit fructus»: tanto il colono, quanto — e
-più — il «tributarius» hanno una sfera di attività e
-di produzione indipendente o almeno autonoma di fronte
-all'attività dominica; ma lo Stato ritiene responsabile il
-«dominus» del pagamento delle imposte di ogni terra
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-da cui tragga vantaggio chiunque è legato a lui e al
-suo fondo.
-</p>
-
-<p>
-Stando così le cose, se si mettono a confronto le due
-leggi del titolo 48, salta agli occhi una differenza importantissima:
-quella <i>plebs rustica</i> che è <i>extra muros posita</i>
-paga la <i>capitatio</i> e presta l'<i>annona</i> direttamente; l'altra
-no: la prima è soggetto, la seconda oggetto dell'imposta.
-</p>
-
-<p>
-E, spingendo anche più avanti l'indagine, vediamo
-sorgere evidente anche un'altra differenza fra i due passi:
-nel primo l'imperatore si rivolge al «Rationalis», nel secondo
-al «Rector provinciae».
-</p>
-
-<p>
-Il <i>Rationalis</i>, detto nei primi tempi dell'impero <i>Procurator
-Caesaris</i><a class="tag" id="tag102" href="#note102">[102]</a>, prima aveva la cura della sola «res
-privata» del principe, ma, quando la fortuna del capo
-dello Stato s'ingrossò del fisco<a class="tag" id="tag103" href="#note103">[103]</a>, anche per esso si
-ebbero dei «rationales». detti <i>rationales summae</i>, o <i>summarum</i>.
-Non è facile distinguere con precisione le funzioni
-degli uni da quelle degli altri: entrambi sono
-egualmente ricordati nella <i>Notitia imperii</i> come ufficiali
-del <i>comes sacrarum largitionum</i> e del <i>comes rei
-privatae</i><a class="tag" id="tag104" href="#note104">[104]</a>. Quel che a noi importa osservare è che essi
-sono ben distinti dai presidi e dai rettori delle provincie:
-a questi era affidata l'<i>administratio</i>, a quelli l'<i>actus</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ora qual'è la ragione per cui, mirando ad uno stesso
-scopo generico, il codice giustinianeo per alcuni incarica
-il «rationalis» e per altri «il rector provinciae»? Non
-perchè si tratti di cosa del fisco — il «cursus publicus»
-era «fiscalis» — tanto l'un servizio con i cavalli e le mule
-quanto l'altro con i buoi lo erano. — Non perchè si
-tratti di opere e prestazioni di natura diversa: in tal
-caso, (ne abbiamo un esempio nella legge teodosiana
-accolta da Giustiniano) il legislatore si sarebbe rivolto
-contemporaneamente a tutti e due, perchè, — è bene
-<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
-ricordarlo — Triboniano modifica la legge teodosiana
-in modo da adattarla a quella «plebs» che giustamente
-Gotofredo equipara ai coloni<a class="tag" id="tag105" href="#note105">[105]</a>; mentre qui invece abbiamo
-proprio una «plebs» distinta dai «possessores»
-di cui si occupa un'altra legge e questa «plebs» appare
-di condizione ben diversa a seconda che sia indicata o
-no come <i>extra muros posita</i>. E, di più, questa differenza
-di opere è legata con una differenza giuridica rilevantissima,
-riguardo alla soggettività; soggettività equiparabile
-e simile, ma certo non identica a quella dei «possessores»,
-dal momento che di questi si occupa una legge
-a parte. L'aver potuto riconoscere che esiste una speciale
-categoria di «plebs rustica» direttamente assoggettata
-all'imposta è cosa di importanza rilevante, che dà a
-questa categoria una fisonomia singolare ed una autonomia
-tutta propria così di fronte alla città come di fronte
-al resto della <i>plebs rustica</i> del contado, in un ambito
-che tutto porta a credere essere stato quello dei <i>Mille
-Passus</i>. Questo riconoscimento modifica, se non m'inganno,
-ciò che fino ad ora si è ritenuto in proposito
-e mostra come la concezione della città e del suo territorio
-avuta fino ad oggi non sia stata completa. E
-siccome uno studio delle nostre città medioevali deve
-muovere da un esame accurato della città romana, ognun
-vede l'importanza di questa constatazione. Essa sarà
-ancor meglio messa in evidenza nel corso del lavoro.
-</p>
-
-<p>
-Intanto vediamo se si hanno altre prove dell'esistenza
-di una zona di territorio intorno alla città governata
-da un regime giuridico diverso da quello del restante
-territorio e i limiti e l'estensione di essa.
-</p>
-
-<p>
-Vediamo dei beni pubblici.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-8">§ 8.</h3> <p>— Senza scendere ad un esame della distinzione
-fra la «res publica» e la «res in patrimonio fisci»<a class="tag" id="tag106" href="#note106">[106]</a>,
-<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
-che non c'interessa ex professo, vediamo come gli scrittori
-hanno distinto i beni comuni pubblici.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Unico, si può dire, che abbia tentato una classificazione
-in questa materia, è il Rudorff<a class="tag" id="tag107" href="#note107">[107]</a>, alla cui opinione
-hanno acceduto tutti gli scrittori successivi dal Brugi<a class="tag" id="tag108" href="#note108">[108]</a>,
-al Roberti<a class="tag" id="tag109" href="#note109">[109]</a>, al Calisse<a class="tag" id="tag110" href="#note110">[110]</a>, al Finocchiaro-Sartorio<a class="tag" id="tag111" href="#note111">[111]</a>.
-Secondo il Rudorff tali beni si possono distinguere in
-tre categorie. La prima comprende tutti i beni che appartengono
-al municipio come persona giuridica ben
-distinta dai suoi componenti e che — e questa è considerata
-come caratteristica — non possono essere alienati.
-Tali sono, per un verso, le strade, le piazze, le
-mura, le porte e gli edifici pubblici, «theatra, stadia et
-similia» e dall'altro quelle terre, quei pascoli e quelle
-«silvae» che «in tutela rei urbanae adsignatae sunt».
-Nella seconda categoria sono i beni — anch'essi generalmente
-pascoli e boschi — appartenenti alla comunità
-non come ente, ma come aggregato di persone che di
-essi potevano godere dietro il correspettivo di un canone.
-La terza era costituita dai beni appartenenti non
-a tutti i cittadini, ma ad un gruppo di essi, con un rapporto
-di diritto prevalentemente pubblico, quantunque
-non scevro di infiltrazioni, talvolta molto forti, di diritto
-privato. I beni di queste due ultime categorie, a differenza
-di quelli delle prime, erano alienabili.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
-</p>
-
-<p>
-Secondo il Rudorff, dunque, i beni dell'«universitas»
-sono inalienabili.
-</p>
-
-<p>
-Io non condivido la sua opinione.
-</p>
-
-<p>
-Beni comuni a tutti i cittadini, intanto, sono soltanto
-le cose «publicatae, ab eo qui jus publicandi habuit»<a class="tag" id="tag112" href="#note112">[112]</a>,
-sulle quali tutti i cittadini hanno «iure civitatis», non
-«quasi propria cuiusque»<a class="tag" id="tag113" href="#note113">[113]</a>, diritto di uso conforme alla
-destinazione e limitato in modo da rendere possibile
-uguale uso da parte degli altri. Ma non erano inalienabili:
-le fonti ci mostrano la procedura facile e piana con
-cui si toglievano all'«usus publicus» e si alienavano<a class="tag" id="tag114" href="#note114">[114]</a>.
-Non era il carattere di uso pubblico che ostasse, ma il
-consenso dell'imperatore, rappresentante della volontà
-preminente del popolo romano. E quando, dopo Caracalla,
-ogni predominio di Roma fu giuridicamente spento nell'equiparamento
-comune, anche il consenso imperiale,
-poggiato soltanto su ragioni finanziarie, per il fatto che
-ogni bene delle città fu considerato come la garanzia
-delle imposte, non tardò a sparire. Teodosio e Valentiniano
-nel 443 autorizzano espressamente le città a vendere
-i loro beni in caso di bisogno<a class="tag" id="tag115" href="#note115">[115]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nè meno impreciso è il carattere preso a distinzione
-fra i beni della prima e della seconda categoria. È vero
-che per i beni della seconda specie si ha il pagamento
-di un «vectigal»<a class="tag" id="tag116" href="#note116">[116]</a>; ma questo non può essere preso
-come criterio distintivo. Lo stesso Igino, che chiama
-«vectigal» il canone pagato, distingue in diverso modo
-gli «agri vectigales», i quali, secondo lui, «sunt obligati
-quidam reipublicae populi romani, quidam coloniarum
-aut municipiorum aut civitatum aliquarum». Egli, dunque,
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-distingue i «bona vectigalia» dello Stato romano
-da quelli delle città suddistinte alla lor volta in «coloniae»,
-«municipia» e «civitates»<a class="tag" id="tag117" href="#note117">[117]</a>.
-</p>
-
-<p>
-In realtà, se non m'inganno, a base della teoria del
-Rudorff sta un equivoco causato dalla tendenza a trasportare
-idee moderne sulle condizioni antiche troppo
-naturalmente diverse.
-</p>
-
-<p>
-Nell'epoca nostra, quantunque tale materia presenti
-difficoltà non lievi<a class="tag" id="tag118" href="#note118">[118]</a>, si hanno sicuri elementi di giudizio.
-Lo Stato nostro non è più costituito da un insieme
-di classi o di persone una sola delle quali domina
-e governa; ma risulta dalla stretta unione di un nucleo
-di abitatori con un determinato territorio, su cui si aderge
-un governo che è l'emanazione della volontà di
-questi e che ha per mira il bene di tutti con il minor
-sacrificio possibile dei singoli. E questo grande concetto
-è mirabilmente servito dal duttile istituto della persona
-giuridica, che, teoricamente perfezionata da Savigny, ha
-preso ora larghissimo e degno sviluppo. Ne consegue
-che criterio di distinzione fra i diversi beni sarà, oltre
-l'appartenenza, la destinazione; e a questo criterio potrà
-tener dietro, sebbene non sempre, ed in ogni modo sempre
-come effetto non necessario, anche l'amministrazione.
-</p>
-
-<p>
-Nel diritto romano manca il grande concetto delio
-Stato moderno e di più nell'antichità, quantunque lo
-Stato sia un'entità concreta, mirabilmente perfetta, della
-fenomenologia sociale, non è un'entità di diritto. Lo
-Stato, come soggetto di diritto, coincide con il «populus
-romanus» e tutto ciò che a questo appartiene e che
-lo concerne, fu considerato come parte integrale della
-sua natura pubblicistica, così per le cose, come per i
-crediti e le obbligazioni patrimoniali e per l'acquisto dei
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-diritti<a class="tag" id="tag119" href="#note119">[119]</a>. Inoltre nell'antico diritto romano ogni istituto
-di diritto pubblico trova il suo substrato in un istituto
-di diritto privato, poichè rami interi di questo, originariamente
-estranei al diritto pubblico, vi sono col tempo
-trapassati<a class="tag" id="tag120" href="#note120">[120]</a>. Si deve anche aggiungere che l'elemento,
-più che principale, unico, considerato dal diritto romano
-nelle persone giuridiche è quello personale; l'«universitas»,
-il «collegium»<a class="tag" id="tag121" href="#note121">[121]</a>. E così se originariamente pubblici
-erano solo i beni del popolo romano<a class="tag" id="tag122" href="#note122">[122]</a>, come
-pubblico era solo il diritto che «ad statum rei romanae
-spectat»<a class="tag" id="tag123" href="#note123">[123]</a>, più tardi, essendosi l'imperatore considerato
-come il rappresentante del popolo romano, i beni di lui,
-appunto perchè suoi, furono investiti di carattere pubblico
-anche se per destinazione e per uso non erano
-tali. Invece sotto altri aspetti si faceva una deviazione
-a questo principio. Infatti come conseguenza dell'applicazione
-del sistema di autonomia così usato dai Romani
-nelle conquiste, a poco a poco, più o meno intensamente
-nei diversi casi, si equipararono le singole città
-all'«Urbs» e si finì col chiamare pubblici, sebbene impropriamente,
-anche i beni di queste.
-</p>
-
-<p>
-E, inoltre, la teoria rudorffiana pecca anche per altre
-inesattezze non lievi. Non tien conto del fatto, rimarcato
-per la prima volta dal Niehbur e confermato dalle
-indagini successive<a class="tag" id="tag124" href="#note124">[124]</a>, della gran varietà di condizioni
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-di elementi e di vita delle città, ammessa e consentita
-da Roma che si limitò, anche in seguito, ad adattarlo e
-generalizzarlo<a class="tag" id="tag125" href="#note125">[125]</a>. E, per di più, ha raccolto indifferentemente
-materiali di ogni tempo e di ogni provenienza
-senza esaminare se l'uno poteva essere accoppiato con
-l'altro.
-</p>
-
-<p>
-Quel «vectigal» — prendo l'esempio più alla mano — sul
-pagamento o meno del quale egli fa gran conto,
-indica propriamente il reddito ricavato dai beni pubblici
-e riscosso per mezzo dei pubblicani<a class="tag" id="tag126" href="#note126">[126]</a>. Invece più tardi
-da Ulpiano<a class="tag" id="tag127" href="#note127">[127]</a> esso ha avuto il significato di reddito di
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-beni pubblici comunque pagato e riscosso. E tale cambiamento
-di significato fu, come ben si comprende, la
-conseguenza delle modificazioni subite da quei beni che,
-tolti ai vinti e dichiarati suolo pubblico, formarono la
-parte più importante e più produttiva dei beni dello
-Stato durante la repubblica e furono poi in massima
-parte distribuiti ai privati con le leggi agrarie del settimo
-secolo<a class="tag" id="tag128" href="#note128">[128]</a>. Considerare il pagamento del «vectigal»
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-come peculiarità di certi beni — come fa il Rudorff — non
-è giusto per un duplice ordine di ragioni: anzitutto
-perchè il concetto l'estensione ed il valore se ne modifica
-rapidamente col modificarsi della costituzione di Roma e
-poi perchè non tutte le città, quando furono assoggettate
-all'egemonia di Roma, furono trattate alla stessa maniera<a class="tag" id="tag129" href="#note129">[129]</a>.
-E — aggiungo — anche se lo fossero state,
-beni pubblici delle città non furono mai quei «bona vectigalia»
-che furono, come si sa, distribuiti ai privati<a class="tag" id="tag130" href="#note130">[130]</a>;
-mentre invece ad esse fu conservata un'aliquota o la
-totalità dei beni, che già erano goduti in comune dai
-cittadini fino dalla fondazione della città stessa. Questi
-beni, in quanto avevano subìto più o meno intense modificazioni
-nella natura e nella funzione, si trovavano ad
-essere in condizioni diverse e, conseguentemente, sotto
-un regime giuridico differente da quello che regolava i
-beni comuni delle colonie, sia che fossero fondate «ex
-novo» oppure con una «deductio».
-</p>
-
-<p>
-E così il Rudorff non tien conto, da una parte, della
-mancanza di uniformità nei concetti giuridici sostanziali,
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-dall'altra dei criteri differenziali portati dalla varietà dei
-tempi.
-</p>
-
-<p>
-Per quest'ultimo riguardo si potrebbe fare a mio parere
-una distinzione in tre periodi: uno (da suddividersi
-in altri minori, a seconda delle vicende della città presa
-a studiare) fino agli imperatori; un altro dal secolo primo
-alla fine del quinto e l'ultimo che comprenda le modificazioni
-apportate dagli ultimi imperatori romani di occidente
-e quelle ancor più gravi della legislazione gota
-e bizantina.
-</p>
-
-<p>
-Data la differenza enorme su accennata fra lo Stato
-romano ed il moderno, io non credo che la destinazione
-abbia in quello l'importanza che ha in questo e che, invece,
-criterio distintivo peculiare debba essere il sistema
-di amministrazione, che è, nel diritto attuale, un criterio
-quasi tutto affatto secondario.
-</p>
-
-<p>
-Non bisogna dimenticare, però, come la deficiente costituzione
-giuridica dello Stato romano impedisca che
-questo, come ogni altro sistema di distinzione, vada esente
-da qualche deviazione.
-</p>
-
-<p>
-Nell'anno 372 Valentiniano Valente e Graziano inibirono
-ai curiali la facoltà «conducendorum praediorum
-et saltuum reipublicae»<a class="tag" id="tag131" href="#note131">[131]</a>; ventotto anni dopo ne completarono
-la disposizione con la legge «de locatione fundorum
-iuris enfiteutici et reipublicae et templorum»<a class="tag" id="tag132" href="#note132">[132]</a>.
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-Dal confronto di queste leggi si vede l'errore del Rudorff
-nel comprendere fra i «communia» delle città, considerate
-come persone giuridiche, le porte, le strade, le mura
-<i>et similia</i>; e le terre, i pascoli e le selve assegnati «in
-tutela rei urbanae».
-</p>
-
-<p>
-Nella seconda di queste leggi si considerano i «loca
-reipublicae, quae aut includuntur moenibus aut pomeriis
-sunt connexa», insieme con i «praedia» ed i «saltus»
-di cui parla la legge del 372, proibendo degli uni e degli
-altri la «conductio» ai curiali. Questi ultimi beni vengono
-distinti dalle mura, porte, strade, piazze, teatri e stadi, di
-cui parla Marciano<a class="tag" id="tag133" href="#note133">[133]</a>, ossia «omnia aedificia publica sive
-iuris templorum intra muros posita vel etiam muris coherentia»,
-i quali, nel caso che «nullis censibus patuerint
-obligata», Arcadio e Onorio stabilirono nel 401 che
-«curiales et collegiati teneant atque custodiant»<a class="tag" id="tag134" href="#note134">[134]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E ciò, si badi, senza che manchi un esatto criterio di
-distinzione fra le due prime specie di beni: nell'un caso
-si parla di «loca», nell'altro di «praedia» e di «saltus».
-«Locus», ce lo dice Fiorentino<a class="tag" id="tag135" href="#note135">[135]</a>, «sine aedificio in urbe
-area, rure autem ager appellatur»: esso non è un «fundus,»
-come nota Ulpiano<a class="tag" id="tag136" href="#note136">[136]</a>, «sed portio aliqua fundi». Ed
-è chiaro anche il processo di modificazione del concetto
-delle mura e delle porte. Da prima, per il simbolico e
-religioso modo con cui erano costruite, si consideravano
-come sante e pubbliche in quanto edifici destinati al
-culto, il quale era considerato come funzione di Stato.
-Più tardi un logico senso di differenziazione, senza far
-loro perdere il carattere religioso, li separa dagli edifici
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-più propriamente destinati al culto, riconnettendoli ai
-beni pubblici ai quali erano da ascriversi per l'appartenenza,
-per la destinazione e per l'amministrazione.
-</p>
-
-<p>
-Arcadio e Onorio, con le due leggi del 400 e del 401,
-disciplinano nuovamente il regime dei beni pubblici, con
-la mira di stringere ancor più il cerchio di ferro, che
-univa le persone al luogo di origine<a class="tag" id="tag137" href="#note137">[137]</a>. Essi vogliono che
-i beni enumerati vengano affidati in perpetua conduzione,
-mediante il pagamento di un annuo canone congruamente
-determinato, ai <i>municipes collegiati et corporati</i><a class="tag" id="tag138" href="#note138">[138]</a>.
-Gotofredo, nel commento a questa legge, ritiene che «municipes»
-indichi i curiali, i decurioni; ma io penso invece
-che la parola abbia proprio il senso originario ristretto di
-«muneris participes recepti in civitate»<a class="tag" id="tag139" href="#note139">[139]</a>. Contro l'interpetrazione
-comune data da Paolo<a class="tag" id="tag140" href="#note140">[140]</a>, a me sembra che
-urti la lettera della legge: <i>penes municipes corporatos et
-collegiatos</i> <span class="smcap lowercase">URBIUM</span> <i>singularum conlocata permaneant</i>. Ora
-<i>urbs</i>, lo sappiamo, ha un significato tecnico che ne circoscrive
-l'ambito al cerchio delle mura<a class="tag" id="tag141" href="#note141">[141]</a>. E sappiamo
-pure che base esclusiva dell'organizzazione agraria dei
-romani era la città, e che solo in essa i cittadini abitavano
-e risiedevano<a class="tag" id="tag142" href="#note142">[142]</a>, con esclusione, come ho cercato di
-dimostrare, anche dei sobborghi<a class="tag" id="tag143" href="#note143">[143]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E c'è di più.
-</p>
-
-<p>
-Costantino proibisce ai curiali la conduzione dei <span class="smcap lowercase">PRAEDIA</span>
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-e dei <span class="smcap lowercase">SALTUS</span> <i>reipublicae</i>, Onorio e Arcadio prima vogliono
-che i «<span class="smcap lowercase">LOCA</span> <i>reipublicae quae</i> (si noti) <i>aut includuntur
-moenibus aut pomeriis sunt connexa</i> penes municipes
-corporatos et collegiatos conlocata permaneant»; e l'anno
-dopo danno delle norme per l'<i>amministrazione</i> di tutti
-gli <span class="smcap lowercase">AEDIFICIA PUBLICA</span> <i>intra muros posita vel etiam muris
-coherentia</i>, i quali «aedificia», se «nullis censibus patuerint
-obligata», «curiales et collegiati teneant atque custodiant».
-</p>
-
-<p>
-Anche non ponendo mente che gli imperatori medesimi,
-regolando la stessa materia, non potevano dimenticare
-la norma emessa pochi mesi prima — onde si può
-credere che avrebbero usata la stessa frase se avessero
-voluto esprimere lo stesso concetto —; vi è un altro argomento
-che porta, se non erro, un valido sussidio alla
-mia ipotesi; ed è la clausola che non fossero obbligati
-a nessun censo, clausola che non può indicare se non
-l'occupazione di suolo pubblico permessa ad un privato,
-dietro il correspettivo di un canone, il cui nome tipico è
-appunto censo.
-</p>
-
-<p>
-Ed allora, se non m'inganno, scaturisce chiara una
-triplice distinzione dei beni comuni delle città:
-</p>
-
-<p>
-1) <i>praedia</i><a class="tag" id="tag144" href="#note144">[144]</a> e <i>saltus</i>, cioè appezzamenti di terreno
-coltivabile o ad uso di pascolo da essere locati al migliore
-offerente;
-</p>
-
-<p>
-2) terre, aree, appezzamenti di terreno<a class="tag" id="tag145" href="#note145">[145]</a> entro la
-città o riconnessi al pomerio<a class="tag" id="tag146" href="#note146">[146]</a>, da locarsi a cittadini collegiati
-o corporati;
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-</p>
-
-<p>
-3) <i>aedificia</i> entro la città o ad essa ricongiunti, i
-quali, fatta eccezione di quelli vincolati a privati dietro
-il pagamento di un censo, devono essere tenuti e custoditi
-dai curiali.
-</p>
-
-<p>
-I primi, del cui reddito i cittadini godevano solo indirettamente,
-potevano essere liberamente locati al miglior
-offerente. Ma gli altri beni, che si trovavano entro
-la città o in immediata vicinanza e ne toccavano più
-da presso la vita, potevano esser locati soltanto a cittadini
-(«omnis venientis extrinsecus... ademptatione remota»),
-i quali offrissero serie garanzie, evitandosi modi
-di «occultae conductionis». Si richiedevano cittadini
-collegiati e corporati, uniti, cioè, in quei collegi ed in
-quelle corporazioni che, per la loro importanza, erano
-giustamente detti <i>membra urbis</i><a class="tag" id="tag147" href="#note147">[147]</a>. Ad essi soli, che sostenevano
-carichi e pesi pubblici, si concedeva il vantaggio
-dei redditi di questi beni, dietro il correspettivo
-di un canone, che il ristretto numero dei concorrenti
-rendeva assai tenue; mentre se ne escludeva quella <i>plebs
-urbana</i>, che Costantino aveva dichiarata immune dalla
-<i>capitatio</i><a class="tag" id="tag148" href="#note148">[148]</a> e che veniva a goderne indirettamente a traverso
-<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
-al censo annuo riscosso dal municipio ed adoperato
-a comune vantaggio. E, finalmente, gli edifici in
-città o nella cerchia del pomerio — rispettate le concessioni
-già perfette al momento della promulgazione
-della legge — non potevano essere ceduti; ed i decurioni,
-come rappresentanti della città, dovevano esercitare l'ufficio
-di vigilanza e di custodia di questi beni, che formavano
-parte integrante della città e dei quali tutti i
-cittadini godevano. Dunque, accanto a fondi comunque
-appartenenti alle città e dovunque situati, si distinguono
-le terre e gli edifici che sono entro le città stesse o sono
-ricongiunti ai loro pomerii.
-</p>
-
-<p>
-Quale sia il limite territoriale di questa ricongiunzione
-la legge non dice: segno evidente che la teorica
-e la pratica concordavano a pieno a questo riguardo. E
-poichè noi non conosciamo altro termine usato dai Romani
-fuori di quello dei <i>mille passus</i>, ritengo che appunto
-questo limite fosse pacificamente riconosciuto a base
-della costituzione dei tempi imperiali.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-9">§ 9.</h3> <p>— Si è visto come la legge di Arcadio ed Onorio
-accenni anche agli edifici <i>iuris templorum</i>. Nessuna meraviglia
-<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span>
-che fossero considerati come pubblici in uno
-Stato in cui il culto era riguardato come una funzione
-statuale:<a class="tag" id="tag149" href="#note149">[149]</a> per il problema nostro importa vedere se
-abbiano qualche importanza le divisioni territoriali e più
-specialmente quella dei mille passi. Ammesso come vero
-ciò che io son venuto fin qui esponendo sulla differenziazione
-di questa cinta suburbana, nulla impedisce di
-supporre che il noto adattamento della Chiesa nelle circoscrizioni
-territoriali laiche non si sia arrestato davanti
-a quella. Ho già ricordato che i templi fuori delle
-mura sono così frequenti da essere giudicati di rito fino
-dalle prime età di Roma. Ma, se non è raro il caso di
-luoghi ove città suburbio e contado abbiano ognuno divinità
-differenti, come Roma, Aventicum, Selinunte, Segeste,
-Taormina, Samo, Fotidea ed altre<a class="tag" id="tag150" href="#note150">[150]</a>; le leggi di
-Arcadio ed Onorio del 400 e del 401, insieme con altri
-elementi, mostrano che questo stato di cose, fatta eccezione
-di Roma e, forse, di qualche altra città, col modificarsi
-della costituzione romana<a class="tag" id="tag151" href="#note151">[151]</a>, finì col dare il posto
-ad un altro, nel quale le divinità del suburbio furono
-accolte fra quelle cittadine e la città ebbe un <i>pagus
-suburbanus</i> ad essa ricongiunto per ragioni di culto.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Tale è il <i>Pagus Aug. Felix suburbanus</i> di Pompei<a class="tag" id="tag152" href="#note152">[152]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il Mommsen, illustrando le numerose iscrizioni che
-lo ricordano, non ha creduto di poter giungere ad alcuna
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-conclusione sicura, ed il Voigt non si è occupato di
-tale questione. Ma, considerando come la Chiesa cattolica
-si sia fatta un'arma contro il paganesimo soppiantandone
-le manifestazioni del culto<a class="tag" id="tag153" href="#note153">[153]</a> e sostituendo le
-proprie istituzioni, anche nelle divisioni territoriali già
-da quello costituite, a me pare che, se fonti più tarde e
-documenti attendibili mostrano con evidenza che la Chiesa,
-come norma generale, considerò la città insieme ad
-un cerchio più o meno esteso di territorio all'intorno<a class="tag" id="tag154" href="#note154">[154]</a>,
-lo stesso si debba presumere essere avvenuto antecedentemente.
-E valga il vero: un documento pontificio interessantissimo
-toglie ogni dubbio a questo riguardo.
-Nell'aprile del 596 Gregorio Magno si rivolge a Mariniano
-«episcopo ravennati cum caeteris fratribus et coepiscopis
-et sacerdotibus, levitis, clero, nobilibus, populo
-militibus civitate Ravenna consistentibus vel <i>ex ea foris</i>
-degentibus»<a class="tag" id="tag155" href="#note155">[155]</a>. Numerosi documenti, che appartengono
-ad un periodo successivo, provano il perdurare inalterato
-di uno stato di cose da secoli in vigore e spiegano
-il valore della espressione <i>ex ea foris</i>, che potrebbe essere
-interpretata in senso più lato che la frase non consenta.
-Per economia del lavoro e per non ripetermi, dovendo
-esaminare ad uno ad uno i documenti in parola
-nella seconda parte, riporterò ivi i testi, dai quali resulterà
-che l'unica ipotesi accettabile è che il pago suburbano
-si circoscrivesse nel limite dei <i>mille passus.</i>
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-10">§ 10.</h3> <p>— Parlando del limite dei <i>mille passus</i> rispetto
-al culto, ho accennato ad uno dei mutamenti su essi portati
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-dagli ultimi secoli dell'impero d'occidente. Bisogna
-ora considerare tale questione in modo più ampio. E
-perciò è necessario gettare un colpo d'occhio, per quanto
-rapido, sulla vita cittadina nel suo complesso. Non intendo
-entrare in un esame minuto, quantunque non le
-condivida, nè dell'opinione del Declareuil<a class="tag" id="tag156" href="#note156">[156]</a>, il quale ha
-sostenuto che la decadenza dell'impero è posteriore di
-un secolo a quanto si ritiene comunemente; nè di quella
-del Baudi di Vesme<a class="tag" id="tag157" href="#note157">[157]</a>, il quale, in antitesi piena col
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-Declareuil, pensa che già alla metà del secolo quarto
-l'organizzazione sia stata così completamente trasformata
-da essere del tutto spariti gli antichi duumviri giusdicenti,
-e sostituiti dovunque da un <i>comes</i>. A me basta
-considerare le trasformazioni del giuoco delle forze cittadine
-e le conseguenze che esse hanno avuto.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-</p>
-
-<p>
-La plebe, nel senso moderno della parola, cioè i nulla
-tenenti, non aveva obblighi e non aveva diritti: l'autorità
-risiedeva nelle curie e nei magistrati. Però, essendo
-tali organi troppo rigidi; siccome si era venuta formando
-lentamente una nuova classe, uscita dalla plebe per ragione
-di aumentate ricchezze, i suoi componenti, che
-erano i <i>minores possessores</i><a class="tag" id="tag158" href="#note158">[158]</a>, mentre venivano aggregati
-alle curie per tutti gli oneri, non avevano poi alcun vantaggio,
-nè difesa speciale. Di ciò fu incaricato il <i>defensor</i><a class="tag" id="tag159" href="#note159">[159]</a>,
-che fu istituito come rappresentante e tutore dei
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-loro interessi dagli imperatori, i quali ne rilasciarono la
-nomina alle città: e queste vi procedettero per mezzo
-delle magistrature e delle curie, senza partecipazione alcuna
-della plebe, che, per essere stata esentata dalla
-<i>capitatio</i> da Costantino e per la sua povertà, non poteva
-aver bisogno di uno speciale rappresentante, nè, logicamente,
-partecipare all'elezione di esso. La plebe non partecipava
-alla vita pubblica che attraverso alla Chiesa. La
-Chiesa, centro fino dal terzo secolo, di interessi per tutti
-coloro che dalla potestà laica erano meno favoriti, ottenuto
-pieno riconoscimento giuridico e politico, avocò a
-sè a poco a poco le funzioni degli antichi culti, ed al
-modo di essi fu considerata come funzione pubblica e
-le fu affidata parte rilevante di quell'azione civile che
-lo Stato più non poteva espletare. E poichè, come gli
-antichi canoni sanciscono<a class="tag" id="tag160" href="#note160">[160]</a>, il vescovo, nominato dal
-clero e consacrato dal pontefice, deve essere eletto da
-tutti i fedeli; così anche quella parte della popolazione
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-che ne era altrimenti impedita, riuscì a conseguire una
-partecipazione, per quanto tenue, alla vita cittadina.
-</p>
-
-<p>
-Per necessità di cose, però, la Chiesa, entrata nell'orbita
-delle istituzioni statuali ed uniformandosi ad
-esse, aveva ristretto l'originario <i>corpus christianorum</i> nel
-<i>sacrum venerabile concilium</i> costituito dal corpo dei sacerdoti
-e l'azione della plebe nella costituzione politica
-sarebbe stata ben presto ridotta al nulla, se altre e più
-forti cause non avessero agito vigorosamente. Cominciata
-verso la fine del secolo quarto la serie delle invasioni
-barbariche, s'imposero riattamenti di mura e riordinamento
-dell'esercito. All'una ed all'altra cosa gli
-imperatori tentarono provvedere. Abolita l'antica libertà
-di disposizione di cui godevano le città per il riattamento
-e la conservazione delle mura<a class="tag" id="tag161" href="#note161">[161]</a>, Arcadio e Onorio
-nel 395 vollero destinata a tale scopo la terza parte
-del canone «qui ex locis fundisque reipublicae annua
-praestatione confertur»<a class="tag" id="tag162" href="#note162">[162]</a>: ma, essendosi questo reddito
-manifestato insufficiente, malgrado che alle città fossero
-state restituite le «possessiones» tolte ad esse dagli
-imperatori cristiani e donate alla Chiesa<a class="tag" id="tag163" href="#note163">[163]</a>, l'anno dopo
-stabilirono un'imposta apposita, confermata più tardi da
-Onorio e Teodosio<a class="tag" id="tag164" href="#note164">[164]</a>, che colpiva tutti indistintamente
-gli abitanti delle città — <i>ordines et incolae</i><a class="tag" id="tag165" href="#note165">[165]</a>.
-</p>
-
-<p>
-L'imposta alla quale <i>universi</i> erano soggetti <i>portione
-suae possessionis et jugationis</i>, era reale e colpiva solo i
-possessori, compresi quei minori, più su ricordati<a class="tag" id="tag166" href="#note166">[166]</a>.
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-Ma non bastava costruire e mantenere le mura: bisognava
-difenderle. E agli imperatori, riuscito vano ogni
-tentativo di riforma dell'esercito<a class="tag" id="tag167" href="#note167">[167]</a>, ormai divenuto una
-esosa ed obbligatoria contribuzione di uomini e di denaro
-e precipitato dagli antichi nobilissimi elementi romani
-in un'accozzaglia spregevole di barbari, di servi,
-di schiavi e di coloni<a class="tag" id="tag168" href="#note168">[168]</a>; come era riuscito vano ogni
-tentativo di riorganizzare le curie e i collegi<a class="tag" id="tag169" href="#note169">[169]</a>, non rimase
-che concedere ai cittadini l'uso, fino allora proibito<a class="tag" id="tag170" href="#note170">[170]</a>,
-delle armi<a class="tag" id="tag171" href="#note171">[171]</a> ad esortarli a combattere per la difesa
-delle loro persone e delle loro case. Tale appello
-muove <i>ad populum</i><a class="tag" id="tag172" href="#note172">[172]</a> Valentiniano, quando nel 440 Genserico
-si presenta minaccioso in Italia; e lo ripete in
-speciale modo ai Romani, che le mura aureliane, terminate
-da Onorio e restaurate da Probo, più non riuscivano
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-a difendere<a class="tag" id="tag173" href="#note173">[173]</a>, imponendo a tutti indistintamente — «nullus
-penitus excusetur» — la restaurazione e la
-«custodia murorum portarumque».
-</p>
-
-<p>
-Tutti i cittadini, ormai, anche i nullatenenti dovevano
-cooperare alla difesa della città: quegli oneri che
-prima gravavano direttamente sui patrimoni e sulle terre,
-si trasformano in pesi personali. Non si tratta soltanto
-di fornire i tironi e i cavalli: occorrono le forze e il
-braccio di tutti; ed il ferro barbarico, aprendo aspre ferite,
-pur nello strazio immane che ne consegue, oltre a
-deporre il germe fecondo del sentimento della necessità
-che tutti combattano e tutti difendano la propria città
-portò altre non meno gravi conseguenze.
-</p>
-
-<p>
-Prima di tutto si veniva lentamente formando quell'insieme
-dei meno favoriti, del quale si vede lo sviluppo
-successivo nell'<i>exercitus</i> cittadino delle città bizantine,
-che comprende tutti gli armati <i>qui in civitate inventi
-sunt a puero usque ad senem</i><a class="tag" id="tag174" href="#note174">[174]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Inoltre fin che gli oneri gravavano su coloro che possedevano
-terre, il diritto di decisione spettava ai curiali,
-e più tardi, per mezzo del <i>defensor,</i> a tutti i <i>possessores</i>;
-ed il maggior vantaggio spettava a quei <i>collegiati</i> e a
-quei <i>corporati</i> che soddisfacevano a tante necessità della
-vita pubblica: mutate le condizioni e resa necessaria la
-cooperazione di tutti; anche i minimi, che solo la Chiesa
-aveva uniti alla collettività cittadina, ebbero diritto alla
-partecipazione alla vita pubblica. E mentre già dal 443 Teodosio
-e Valentiniano<a class="tag" id="tag175" href="#note175">[175]</a> avevano riconosciuto loro il diritto
-di decidere in merito all'alienazione dei beni della città,
-i quali possono essere alienati solo <i>cum communi consensu</i><a class="tag" id="tag176" href="#note176">[176]</a>,
-così da Maioriano li vediamo ammessi all'elezione
-<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
-del <i>defensor: municipes, honoratos,</i> <span class="smcap lowercase">PLEBEMQUE....</span>
-<i>adhibito tractatu atque consilio</i>, egli stabilisce, <i>sibi eligant
-defensorem, factumque dematurent</i><a class="tag" id="tag177" href="#note177">[177]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ed anche la posizione giuridica di tali beni venne,
-conseguentemente, a mutare.
-</p>
-
-<p>
-Che le alienazioni di questi fossero divenute frequenti
-è dimostrato dalla costituzione del 443, che le proibisce
-quando non sieno promosse da uno stato di estrema
-necessità. Tali beni pubblici segnano ora il correspettivo
-dei nuovi aggravi militari richiesti ai cittadini, oltre l'obbligo
-normale imposto dalla costituzione politica. Di
-fronte allo Stato certe terre rappresentavano un certo
-contributo di soldati, di annona, di tributi: <i>praebitio tironum,
-praestatio annonae, tributorum, hospitalitatis</i> etc.
-Talune, anzi, <i>terrae limitaneae, burgariae,</i> avevano questa
-sola massima e specifica funzione di servire agli obblighi
-della milizia. E da un punto massimo, segnato
-da queste terre limitanee, sulle quali, per l'intensità
-con cui erano colpite da oneri militari nessun'altra imposta
-gravava<a class="tag" id="tag178" href="#note178">[178]</a>, si scendeva ad un minimo in quelle
-terre che dovevano fornire contributi di varia indole,
-ciascuno dei quali, e quello militare fra questi, era, necessariamente,
-meno rigido e meno esteso che nelle terre
-della prima specie. Oramai anche le città, per le continue
-esigenze della difesa, venivano accostandosi alla condizione
-giuridica di quelle colonie militari, per cui il servizio
-<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
-armato era scopo principale, e, come queste, erano
-obbligate alla <i>munitio</i><a class="tag" id="tag179" href="#note179">[179]</a>. Tale obbligo era generale; sola
-differenza era che i coloni, appunto perchè tali, erano
-tutti proprietari di una terra; i cittadini no; e, quindi,
-nelle città le terre pubbliche dovevano più intensamente
-servire quasi di correspettivo al servizio personale richiesto
-ai cittadini. L'economia, ormai poverissima, non
-s'imperniava più sul denaro, ma sulla terra, che divenne
-il fattore dominante: e ne conseguì, naturalmente, l'aumento
-considerevolissimo delle persone risiedenti <i>in
-terra aliena</i>: come pure altre deviazioni giuridiche, tra
-cui quella che riconosce l'autorità di scacciare il <i>metator</i>,
-non soltanto al proprietario, ma anche alla stessa
-plebe, concepita così come in un rapporto stabile con
-la terra<a class="tag" id="tag180" href="#note180">[180]</a>. Questa ascensione della <i>plebs</i> è importante
-anche da un altro lato: prima, come abbiamo visto,
-della tutela della <i>plebs</i>, sia <i>urbana</i> che <i>rustica</i> era incaricato
-il <i>defensor</i>. Di esso qui non si parla: prova evidente,
-a mio credere, che esso andava restringendo la
-sua autorità entro la cerchia delle mura o pochissimo
-al di fuori, anche prima che Maiorano con la sua costituzione
-del 458 sanzionasse ufficialmente questo mutamento<a class="tag" id="tag181" href="#note181">[181]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Questo forzato equiparamento di tutte le classi, fatta
-eccezione dei <i>senatores</i> e dei più potenti, porta alla decadenza
-irrimediabile del <i>defensor</i>, e dà luogo alla trasformazione
-finale fattane da Giustiniano, il quale, quando
-riconquistò l'Italia, lo ridusse alla condizione di un semplice
-emissario del governo centrale<a class="tag" id="tag182" href="#note182">[182]</a>.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-11">§ 11.</h3> <p>— Tra le disposizioni di Maioriano e quelle di
-Giustiniano non corre soltanto un secolo: cade fra esse
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-il regno di Odoacre e quello degli Ostrogoti. Nè l'uno
-nè l'altro furono senza conseguenze sulla costituzione
-italiana, ma il primo, per la sua corta durata, non segnò
-che il principio di un sistema, che divenne normale solamente
-con i Goti.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Odoacre, come è noto, concesse ai suoi soldati il terzo
-delle terre romane, e queste, dopo la sconfitta di Ravenna,
-furono date agli Ostrogoti. Siccome questi erano in
-maggior numero dei primi ed accolsero anche nelle loro
-file numerosi gruppi dei precedenti conquistatori<a class="tag" id="tag183" href="#note183">[183]</a> furono
-necessarie altre terre, le quali vennero distribuite
-con equanimità rimasta famosa, dalla <i>tertiarum deputatio</i>
-presieduta da Liberio e furono assegnate con i
-<i>pittacii</i><a class="tag" id="tag184" href="#note184">[184]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Le terre pubbliche, nella terribile condizione in cui si
-trovavano le curie<a class="tag" id="tag185" href="#note185">[185]</a>, vennero incamerate dal fisco del re,
-il quale, per mezzo del <i>curator</i>, sotto il controllo diretto
-del <i>comes Gothorum</i>, invigilò sui prezzi, sulle vendite,
-sulle distribuzioni dei generi di prima necessità<a class="tag" id="tag186" href="#note186">[186]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ma se questo fu l'andamento generico, noi non sappiamo
-con precisione le vere condizioni dell'assegnazione.
-Bisognerebbe conoscere la grande varietà di usi e
-di consuetudini, che risalivano ai primi tempi della conquista
-romana; usi che l'Impero non aveva unificato e
-di cui si intravede l'esistenza in quel diritto romano volgare,
-formatosi nella pratica accanto al diritto romano
-classico<a class="tag" id="tag187" href="#note187">[187]</a>: diritto volgare che ebbe, come si vedrà, singolari
-manifestazioni anche nel campo del diritto pubblico.
-</p>
-
-<p>
-L'importanza dei Goti non deve essere considerata
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-soltanto per la azione che i resti di questo popolo sopravvissuti
-alla sconfitta finale e rimasti in Italia, possono
-avere esercitata, servendo quasi di ponte di passaggio
-verso la più fiera invasione germanica<a class="tag" id="tag188" href="#note188">[188]</a>; bensì deve
-essere considerata per l'influenza decisiva che la costituzione
-gotica ebbe in Italia durante il regno barbarico.
-</p>
-
-<p>
-È fuori di dubbio che le curie rimasero, benchè in
-tristissime condizioni. Quanto al rimanente della popolazione
-urbana, il Gaudenzi, basandosi sul cap. 64 dell'editto
-teodoriciano, che stabilisce che l'uomo libero
-<i>nulli obnoxius civitatis</i>, che abbia violata un'ancella altrui
-vergine, sia sottoposto ad una vigorosa fustigazione
-e poi <i>vicinae civitatis collegio deputetur</i>, ritiene che lo
-Stato, obbligando tutti i collegi solidalmente al pagamento
-integrale della <i>lustralis collatio</i>, li abbia costretti
-a fondersi in un collegio unico divenuto servo della
-città<a class="tag" id="tag189" href="#note189">[189]</a>.
-</p>
-
-<p>
-L'idea contiene, secondo me, gran parte di vero; ma
-non mi pare che quella fusione dei collegi, diversi per
-attribuzioni, per mansioni e per lavoro ed ognuno dei
-quali, in quanto «obnoxius civitati», era obbligato a
-certe peculiari prestazioni, sia avvenuta nel modo indicato
-dal Gaudenzi. Io ritengo che la diversità etnica dei
-Goti e dei Romani, la differente condizione sociale ed
-economica e la differenza di culto, abbiano strette tutte
-le classi romane meno elevate — non le sole corporazioni — in
-un rude isolamento. I Goti soli avevano il
-diritto alle armi, ed essi soli erano esenti da imposte<a class="tag" id="tag190" href="#note190">[190]</a>;
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-e, di più, il concetto politico di Teodorico, che giustamente
-prevedeva nell'affratellamento livellatore della
-Chiesa cattolica,<a class="tag" id="tag191" href="#note191">[191]</a> l'affievolirsi di ogni egemonia del suo
-popolo, tenne lontani i vincitori dai vinti, dei quali, come
-abbiamo veduto, anche gli infimi erano entrati a far parte
-della vita cittadina. Oltre le imposte in denaro ed in natura,
-bisognava richiedere di continuo le prestazioni personali,
-per la necessità della difesa, delle fortificazioni,
-dei trasporti, dei servizi sussidiarï, delle opere pubbliche<a class="tag" id="tag192" href="#note192">[192]</a>.
-E come da un lato la popolazione diminuiva sempre
-più<a class="tag" id="tag193" href="#note193">[193]</a> e dall'altro l'artigianato andava ognor più
-disgregandosi<a class="tag" id="tag194" href="#note194">[194]</a>, gli Eruli prima ed i Goti dopo, furono
-tratti a considerare la città tutta — corporati e non corporati
-compresi — come solidalmente responsabile delle
-imposte e delle prestazioni, ed ogni individuo come legato
-ad una determinata città: <i>obnoxius civitati</i>, come dice
-Teodorico<a class="tag" id="tag195" href="#note195">[195]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Già le fonti romane degli ultimi anni del secolo quarto
-parlano del <i>consortio</i> cittadino ad <i>portus et aquaeductus
-instaurationem</i>, ed al tempo di Giustiniano lo si vede
-esteso alla <i>murorum extructionem</i>, da cui nessuno può
-essere scusato<a class="tag" id="tag196" href="#note196">[196]</a>. Teodorico, parlando delle persone che
-potevano esser possedute per un trentennio ricorda i
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-curiali, i collegiati ed i servi<a class="tag" id="tag197" href="#note197">[197]</a>. Ma, a provare che con
-la parola <i>collegiati</i> non s'intendono solo i corporati, ma
-tutti i cittadini vincolati alla città, mi sembra decisivo
-il raffronto col Breviario Alariciano<a class="tag" id="tag198" href="#note198">[198]</a>, il quale conserva
-la disposizione del Codice Teodosiano,<a class="tag" id="tag199" href="#note199">[199]</a> con cui si richiamano
-alla loro città i collegiati fuggitivi, mentre
-non conserva alcuna delle molte costituzioni che concernono
-le corporazioni.
-</p>
-
-<p>
-Dunque <i>collegium</i> indica tutti i vinti legati alla città,
-non i soli corporati.
-</p>
-
-<p>
-Di più i Goti portarono una modificazione sostanziale
-che, se ebbe poca efficacia dove la dominazione
-bizantina potè cancellarne gli effetti, ne ebbe però grandissima
-nel territorio conquistato dai Langobardi. Essendo
-stato tolto ai Romani l'uso delle armi, ma non
-gli aggravi accessori ed annessi al servizio militare, questi,
-uniti agli altri obblighi finanziarî ed amministrativi
-ed ormai consuetudinarî, si fusero e si confusero con
-essi, e gli oneri delle albergarie, dei trasporti, del rifacimento
-e costruzione delle mura, delle strade, degli edifici
-pubblici<a class="tag" id="tag200" href="#note200">[200]</a> etc., per i quali occorreva così il materiale,
-come la mano d'opera, cambiarono la loro natura
-giuridica.
-</p>
-
-<p>
-Per il fatto che tutti vi erano sottoposti, sparì l'antica
-massima romana che distingueva gli oneri rurali
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-dai cittadini, per ragione della sostituzione possibile solo
-nei secondi: per il fatto che vi erano astretti anche i nullatenenti,
-venne una limitazione al tradizionale concetto
-dei <i>munera patrimoniorum</i><a class="tag" id="tag201" href="#note201">[201]</a>, dalla quale scaturì un
-sistema che ebbe a base l'ibrido concetto dell'abitazione.
-</p>
-
-<p>
-E così fu ristretto ancor più l'elemento personale
-poggiato su una capacità che già da tempo si era venuta
-ognor più limitando nel diritto di mutar sede, ed
-il quadro fu completato: soggetto all'<i>auctor</i> il commendato,
-soggetto al proprietario il residente in terra altrui,
-vincolato il colono alla terra, legato l'operaio alla corporazione,
-il decurione alla curia e, ora, anche il cittadino
-alla città.
-</p>
-
-<p>
-Il dualismo fra il partito nazionalista e quello romanizzante,
-scoppiato violento alla morte di Teodorico e
-terminato con la disfatta finale dei Goti, stremando ancor
-più l'Italia con rovine e con stragi, ribadì il ferreo
-anello che strozzava le città.
-</p>
-
-<p>
-Le terre comuni cittadine furono incamerate, come
-ho detto, dal fisco regio, il quale ne ebbe la proprietà
-fino ad allora goduta dalle città; ma, apparentemente,
-non si portarono modificazioni gravi allo stato di cose
-precedente, perchè i cittadini continuarono a goderne.
-Si instaurò così un diritto d'uso che trovava la sua
-base nella consuetudine anteriore e i suoi limiti nella
-volontà regia<a class="tag" id="tag202" href="#note202">[202]</a>.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-12">§ 12.</h3> <p>— Le prime circoscrizioni ecclesiastiche, le urbane,
-sostituendosi a quelle pagane, ne avevano calcato
-<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
-le linee. E come queste comprendevano con la
-città i mille passi, anche la parrocchia cittadina ebbe a
-conseguire gli stessi confini. Infatti un'antichissima tradizione
-cattolica, consacrata nei canoni e nei concili,
-considera il vescovo, oltre che come supremo gerarca
-nell'ambito della diocesi, anche come titolare della parrocchia
-della città cui il vescovo è preposto: il pontefice
-stesso, prima di essere il capo della cristianità,
-è il parroco di Roma, e come tale, fino al penultimo
-papa, il primo atto compiuto da lui era la visita alla
-chiesa di S. Giovanni in Laterano, considerata come la
-matrice di Roma.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-In questo ambito, la Chiesa, come chiesa cittadina,
-esercitò le sue funzioni religiose e le statuali; ma non
-riuscì ad equiparare le condizioni della plebe rustica
-<i>extra muros posita</i> a quelle della plebe cittadina. Due
-cause egualmente invincibili vi si opposero: da un lato
-il criterio dell'inamovibilità dal fondo, ormai predominante;
-dall'altro l'azione del fisco bizantino che subentrò
-a quello gotico con qualche nuova e maggiore
-estensione.
-</p>
-
-<p>
-Infatti nella costituzione del Codice giustinianeo<a class="tag" id="tag203" href="#note203">[203]</a>
-riportata più su, si mira a proteggere la <i>plebs rustica
-extra muros posita</i>, sia che risieda in terra pubblica che
-in privata, dalle angherie del <i>rationalis</i>, mentre quella
-rustica in genere è tutelata contro le angarie di coloro
-che «rectoribus provinciarum obsequuntur». E questo e
-la diversità dell'<i>obsequium</i>, che l'una e l'altra plebe è costretta
-a fornire, provano come la prima rientrasse nelle
-grandi linee della plebe rustica piuttosto che di quella
-urbana: tanto più che la legislazione imperiale mirava
-a considerarla come assimilabile a quella dei fondi imperiali<a class="tag" id="tag204" href="#note204">[204]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma se la Chiesa non riuscì a fondere la <i>plebs rustica
-extra muros posita</i> con la <i>plebs urbana</i>, nemmeno all'impero
-riuscì ad equipararla a quella colonica. E ciò per
-varie cause: la mancanza nella nostra Italia del latifondo,
-nel senso che questa parola ha per l'Africa; il formarsi
-del colonato dal fissarsi dei patti stabiliti nelle prestazioni
-coloniche, prima a tempo e poi perpetue; il mantenersi
-immutato delle circoscrizioni romane, per le quali
-le terre ove questi abitavano furono sempre distinte dal
-contado e sottratte all'arbitrio modificatore di un singolo;
-l'azione coordinante della chiesa per la quale tutti
-i membri di una determinata circoscrizione sono parificati
-nel diritto di eleggere il proprio antistite; la breve
-durata della legislazione bizantina. Tutte queste cause
-impedirono che la legislazione imperiale avesse il suo
-effetto e favorirono il mantenersi di questa classe singolare
-fra la popolazione cittadina e quella propriamente
-rurale.
-</p>
-
-<p>
-Così al quadro delle classi sociali si deve aggiungere
-una nuova gradazione fin qui ignorata; così al confronto
-del Beaudoin fra i doveri dei cittadini verso la città e
-i doveri dei coloni verso il <i>fundus</i>, bisogna immettere
-un terzo elemento medio — la <i>plebs rustica extra muros
-posita</i> — alla quale realmente si possono contrapporre
-gli altri due, perchè quest'ultimo ha diritti ed oneri,
-che corrispondono alla condizione giuridica degli altri.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-13">§ 13.</h3> <p>— Resta che consideriamo ora le divisioni territoriali
-interne della città.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-La grandezza di Roma cominciò quando le originarie
-tribù precittadine si fusero in nuovi nuclei legati alle
-circoscrizioni territoriali, che delle antiche tribù conservarono
-solo il nome, ciò che è segno dell'armonica e
-<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span>
-completa fusione degli elementi etnici cittadini. Le tribù
-cittadine, che per lungo tempo rimasero immutate nel
-numero e nei confini, erano indicate tutte con nomi locali:
-<i>suburana, esquilina, collina</i> e <i>palatina</i>. La posteriore
-divisione del territorio, su diciassette tribù, dà un
-solo nome locale: <i>clustumina</i>, mentre le altre portano
-tutte il nome di qualche gente patrizia<a class="tag" id="tag205" href="#note205">[205]</a>, sotto il patronato
-della quale si trovavano.
-</p>
-
-<p>
-La tribù era insieme una divisione territoriale ed
-amministrativa, in base alla quale, sotto la direzione
-dei <i>curatores tribuum</i>, si faceva il reclutamento, il censimento
-e la percezione del <i>tributum</i>. Per esse si compievano
-anche offici religiosi, per mezzo di collegi — <i>collegia
-compitalicia</i> — presieduti dai <i>magistri</i>, onorando i
-<i>lares compitales</i> con feste annuali che ebbero appunto
-il nome di <i>compitalia</i>, e si provvedeva alla <i>cura urbis</i>
-per mezzo dei pretori<a class="tag" id="tag206" href="#note206">[206]</a>.
-</p>
-
-<p>
-L'importanza della tribù aumentò con la repubblica,
-a tutto scapito dell'elemento strettamente territoriale di
-essa, poichè, rimasta politicamente intatta, finì con l'essere
-sostituita amministrativamente dai <i>vici</i>, nati e causati
-dall'enorme incremento della città.
-</p>
-
-<p>
-Il Marquardt<a class="tag" id="tag207" href="#note207">[207]</a> sostiene che i <i>vici</i> ricevettero un carattere
-amministrativo officiale da Augusto, ma a me
-sembra che il passo di Svetonio, dove si parla del <i>recensum
-populi</i> ordinato da Cesare come <i>praefectus morum</i>
-e compiuto <i>nec more nec loco solito sed</i> <span class="smcap lowercase">VICATIM</span> <i>per
-dominos insularum</i><a class="tag" id="tag208" href="#note208">[208]</a>, sia da interpetrare come l'annuncio
-di un nuovo sistema officiale della distribuzione
-della popolazione per vici nella costituzione politica. Difatti
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-lo stesso Svetonio, nella vita di Augusto<a class="tag" id="tag209" href="#note209">[209]</a>, si limita
-a dire che egli ripetè ciò che aveva fatto Cesare. Non
-per questo io intendo dire che il concetto del Marquardt
-sia privo di base; ma esso va inteso nel senso che Augusto,
-iniziatore del principato, attuando questo sistema,
-ne rendeva normale l'uso per i propri successori.
-</p>
-
-<p>
-È logico ammettere che, anche prima del loro riconoscimento
-giuridico, questi vici compissero funzioni necessarie
-alla vita sociale del tempo e, verosimilmente,
-funzioni religiose.
-</p>
-
-<p>
-Festo conosce tre specie di <i>vici</i>: i <i>rustici</i>, aggregati
-di case in campagna; i <i>suburbani</i>, aggruppamenti di
-edifici, «continentia» alle mura della città che «itineribus
-regionibusque dissimilibus discriminis causa sunt
-dispartita»<a class="tag" id="tag210" href="#note210">[210]</a> e, finalmente, gli <i>urbani</i> propriamente
-detti, i quali originariamente erano costituiti dal <i>pervium</i>
-per il quale «habitatores ad suam quisque habitationem
-habent accessum». Il Digesto ha appunto un
-passo in cui si delimitano i casi, in cui questi vici debbono
-essere considerati come <i>viae publicae</i> e come <i>viae
-privatae</i><a class="tag" id="tag211" href="#note211">[211]</a>: e da esso appare come questi strettissimi
-vicoli, <i>angustissimae semitae</i>, come dice Cicerone<a class="tag" id="tag212" href="#note212">[212]</a>, o
-<i>tenues vici</i>, come li chiama Marziale<a class="tag" id="tag213" href="#note213">[213]</a>, erano contrapposti
-alle <i>viae</i>, dette anche <i>plateae</i> dal glossario latino
-parigino<a class="tag" id="tag214" href="#note214">[214]</a>, che erano le <i>viae latae a porta in portam</i>, e
-che, secondo l'antichissimo sistema latino accolto da
-Roma e da questa applicato in tutte le colonie, dividevano,
-intersecandosi perpendicolarmente nel <i>forum</i>, la
-città in quattro parti.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-</p>
-
-<p>
-I vici, come istituzione amministrativa, erano una
-specialità di Roma e forse, ma è molto discutibile, di
-qualche altra città. Cesare, nelle prescrizioni di edilizia
-e di viabilità della sua <i>lex Julia municipalis</i>, non parla
-mai di <i>vici</i>, ma sempre di <i>viae</i>. Il De Marchi<a class="tag" id="tag215" href="#note215">[215]</a>, che
-tende a non far distinzione fra Roma e le altre città,
-crede che queste ultime, infinitamente più piccole della
-metropoli, — come conosciamo dall'estensione, molto
-ristretta, del loro circuito — non avessero altra divisione
-che quella in quartieri e che questi fossero delimitati
-dalle <i>viae</i>. Infatti delle grandi città solo la <i>notitia urbis</i>
-di Costantinopoli nomina per quartiere un certo numero
-di «collegiati qui e diversis corporibus ordinati, incendiorum
-solent casibus subvenire». Ma anche ammettendo — e
-non si può farlo senza grandi riserve — che
-qui per quartiere si intenda proprio la quarta parte della
-città, il Declareuil<a class="tag" id="tag216" href="#note216">[216]</a> fa giustamente osservare che altri
-passi<a class="tag" id="tag217" href="#note217">[217]</a> fanno ritenere che questo fosse l'eccezione e
-non la regola. Ed in realtà solo a Bisanzio, a Roma, più
-tardi a Ravenna e a Napoli, troviamo la divisione in
-<i>regiones</i>: divisione di cui non si ha traccia quasi in nessun'altra
-città<a class="tag" id="tag218" href="#note218">[218]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Attribuzioni specifiche di vero interesse municipale
-non vengono affidate a questi quartieri durante la repubblica
-ed i primi secoli dell'impero: ma non per
-questo debbono essere rimasti senza importanza per la
-popolazione cittadina, specialmente plebea, per ragioni
-del culto speciale che in essi si celebrava. Lo dimostra
-il fatto che hanno continuato a sussistere per tutto questo
-tempo; e più tardi, quando, forse per l'avvento del
-cristianesimo, stavano per perdere la loro ragione di essere,
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-furono rinvigoriti dal sistema delle distribuzioni
-granarie.
-</p>
-
-<p>
-Si è molto discusso se tali largizioni, almeno come
-istituzioni normali e periodiche, avvenissero in tutte o
-almeno in gran parte delle città dell'impero<a class="tag" id="tag219" href="#note219">[219]</a>. In realtà
-i municipi non erano obbligati a nutrire la plebe e fare
-ad essa distribuzioni gratuite<a class="tag" id="tag220" href="#note220">[220]</a>: i rescritti imperiali di
-Marco Aurelio e di Vero stabilivano i prezzi cui si poteva
-e doveva vendere il frumento<a class="tag" id="tag221" href="#note221">[221]</a>, ma lo zelo dei
-particolari vi suppliva così spesso che le fonti stesse
-parlano di queste elargizioni e le disciplinano. Inoltre
-se varii indizi fanno pensare che queste costituzioni imperiali
-sieno decadute nell'osservanza durante il corso
-del terzo secolo, come si dovrebbe indurre dal passo di
-Erodiano in cui si parla delle casse frumentarie della
-città della Gallia, di cui si impadronì Massimino: la presunzione
-diviene sempre più sicura quanto più, coll'avanzarsi
-della decadenza, si trasforma la costituzione
-politica, e la plebe, caduta nella desolazione generale,
-entra a far parte della cittadinanza.
-</p>
-
-<p>
-Come dissi, il suo primo ingresso essa lo fa indirettamente
-attraverso la Chiesa, la quale, con quella virtù
-di adattamento splendidamente lumeggiata dal Fustel
-de Coulanges, si appropriò quanto più potè degli ordinamenti
-laici statali. A quel modo stesso che, come
-risulta certo, fu affidata al vescovo la sorveglianza sulla
-vendita del pane e degli altri commestibili<a class="tag" id="tag222" href="#note222">[222]</a>, possiamo
-presumere che, quando la miseria impose le distribuzioni
-gratuite<a class="tag" id="tag223" href="#note223">[223]</a>, queste fossero fatte, con tutta probabilità
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-dal vescovo<a class="tag" id="tag224" href="#note224">[224]</a>. E dato che tutte le classi della
-città erano chiuse nei rispettivi collegi, ordini e numeri,
-fatta eccezione della parte della cittadinanza a
-cui queste particolarmente si rivolgevano e che pure
-doveva esser determinata, la divisione unica possibile
-sembra essere stata quella dei quartieri, i quali — mantenutisi
-sempre — si rendevano ora necessari anche
-per la difesa e la manutenzione delle mura imposte
-a tutti i cittadini. Oltre alle conseguenze già accennate,
-ne scaturì il bisogno di una divisione territoriale della
-città più consona ad accogliere il nuovo sistema dell'<i>exercitus
-civium</i>. Nei grandi centri, dove la costituzione
-corporatizia perdurò più a lungo, l'influenza della
-schola bizantina si fece assai sentire, anche nella distribuzione
-territoriale delle <i>regiones</i>. Così a Roma, a Ravenna,
-a Napoli ed in qualche altra città. Negli altri
-luoghi, dove il centro urbano non si era scostato molto
-dalla primitiva distinzione in quartieri, questi restarono
-a base di tutto l'ordinamento.
-</p>
-
-<p>
-I <i>corpora</i>, gli <i>ordines</i>, i <i>numeri</i>, ormai stremati, erano
-incapaci di un'azione salda e forte; e così furono assegnate
-alle divisioni territoriali tutte quelle incombenze
-di cui la città, auspice ormai la Chiesa, era tuttora capace.
-Ed era pur fatale che fosse così! Ormai tutto faceva
-pernio sulla terra ed anche le divisioni delle città
-subirono la prevalenza dell'elemento terriero.
-</p>
-
-<p>
-La venuta dei Goti, più che modificato, sembra che
-abbia aggravato e reso più rigido questo sistema, il
-quale serviva mirabilmente a fondere la città nell'unico
-<i>collegium civitatis</i>.
-</p>
-
-<p>
-Nè diversamente agì la breve dominazione bizantina.
-Ma questa, però, portò una modificazione sostanziale,
-di cui le fonti gotiche non ci danno nessun indizio e
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-che, quindi, si deve attribuire esclusivamente al sistema
-tributario bizantino.
-</p>
-
-<p>
-Sappiamo che il fisco del re goto si era appropriato
-la massima parte delle terre pubbliche, ma non pare che
-toccasse la posizione giuridica della <i>plebs rustica extra
-muros</i> nella sua relazione con la città e più propriamente
-col vescovo: tanto più dato il sistema di tolleranza
-adottato da Teodorico.
-</p>
-
-<p>
-Giustiniano, invece, col sostituire il fisco suo a quello
-dei Goti, non riuscì ad eguagliare le terre intorno alla
-città alle altre terre fiscali, come era sua intenzione,
-nè a staccarle dalla città, cui la parrocchia cittadina ed
-i diritti di uso le legavano, ma privò coloro che vi risiedevano
-dei vantaggi inerenti alla città stessa e cioè
-della partecipazione alle distribuzioni ed alle elemosine,
-che il vescovo faceva alla plebe delle città, preparando
-così il terreno a successive modificazioni ancor più
-gravi, delle quali studieremo lo svolgimento nel capitolo
-seguente.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte1-14">§ 14.</h3> <p>— In conclusione, mentre nella città la popolazione,
-tradizionalmente divisa negli antichi nuclei, si
-polarizza verso le nuove più pratiche e più feconde
-divisioni territoriali, le quali, pur senza acquistare per
-varî secoli ancora consistenza giuridica, esercitarono
-tuttavia notevole azione sulla vita cittadina; al di fuori,
-in contatto immediato, si mantiene una classe che non
-è più di liberi, ma non è nemmeno di coloni. Ed a questa
-classe è dovuta in gran parte, come vedremo, la meravigliosa
-fioritura dei nostri comuni medioevali.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-La vecchia Roma, negli ultimi suoi secoli, preparava
-il terreno agli istituti che, rinsanguati dai Germani, formarono
-poi il sistema dello Stato barbarico; ma quella
-fatidica fattrice di civiltà non dimenticò il mezzo perchè
-anche il feudo, con l'evolversi dei tempi, avesse a
-cadere, e perchè su di esso si formasse una nuova e
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-più elevata civiltà. Ed attorno alla città, dove restò la
-culla delle manifestazioni civili, pose una mirabile cinta
-contro cui si spuntò l'ira rapace dei dominatori terrieri
-e si infranse l'azione torpida del sistema curtense. E
-come già dalla fine del secolo quinto aveva dato il nome
-all'elemento fondamentale del feudo, — il <i>beneficium</i> — alla
-fine del sesto non mancò di darlo a questo circuito.
-E l'una e l'altra volta con la voce dell'organo allora
-più vitale della romanità: la Chiesa. Come Pietro Crisologo
-ricorda il «beneficium»<a class="tag" id="tag225" href="#note225">[225]</a>, così Gregorio Magno
-parla della <i>massa</i> nel senso di quella parte più aderente
-alla città e pur fuori di essa, che serve a nutrir
-questa e ne forma quasi una necessaria appendice.<a class="tag" id="tag226" href="#note226">[226]</a>
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-</p>
-
-<h2 id="parte2">PARTE SECONDA
-<span class="smaller">La città langobarda-franca</span></h2>
-</div>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-§ 1. <i>Territorium.</i> — § 2. <i>Suburbium</i>. — § 3. <i>Campanea</i>. — § 4. <i>Bona
-publica</i> e <i>arimanniae</i>. — § 5. Il <i>populus</i> cittadino. — § 6. I suoi
-elementi: <i>pars ecclesiae, pars publica, cives</i>. — § 7. La Chiesa
-come istituzione cittadina. La pieve: origine, elementi (territorio,
-clero, parrocchiani, decime, oblazioni, beni) e sviluppo. Modificazione
-di essa e origine della parrocchia a tipo moderno; le chiese
-cardinali. — § 8. Il mercato cittadino. — § 9. Il centro urbano e
-la sua natura giuridica. — § 10. L'assemblatorio cittadino. — §
-11. L'assemblea regionale langobarda. — § 12. Azione dell'uno
-e dell'altra nella costituzione della città. — § 13. Le divisioni
-territoriali interne della città. Conclusione.
-</p>
-</div>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-1">§ 1.</h3> <p>— Ai tempi della discesa dei Langobardi, il territorio
-giurisdizionalmente soggetto ad ogni città era,
-adunque, costituito dal <i>territorium</i>, dal <i>pagus suburbanus</i>
-e dall'<i>urbs</i>.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Bisogna ora vedere se la nuova invasione abbia portato
-cambiamenti e quali.
-</p>
-
-<p>
-Cominciamo dal <i>territorium</i>.
-</p>
-
-<p>
-Per il primo il Muratori suppose che, pur con qualche
-eccezione<a class="tag" id="tag227" href="#note227">[227]</a>, le circoscrizioni ecclesiastiche normalmente
-coincidessero con quelle civili<a class="tag" id="tag228" href="#note228">[228]</a> e, più tardi, le
-giuste osservazioni del Beretta<a class="tag" id="tag229" href="#note229">[229]</a>, confermate da buone
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-ricerche particolari<a class="tag" id="tag230" href="#note230">[230]</a> e completate dall'esauriente indagine
-del Pabst<a class="tag" id="tag231" href="#note231">[231]</a>, ne convalidarono l'opinione con
-prove così sicure, che un insistervi da parte mia sarebbe
-completamente superfluo, se con il problema da
-essa prospettato non fosse intimamente connessa un'altra
-questione, sulla quale, per la sua importanza, da gran
-tempo s'affaticano gli studiosi, senza essere riusciti fino
-ad ora a conclusioni soddisfacenti: la questione, notissima,
-delle controversie vescovili per l'estensione del territorio
-diocesano.
-</p>
-
-<p>
-Gli scrittori ammettono tutti come sicuro che prima
-dei Langobardi i confini ecclesiastici coincidessero perfettamente
-e dovunque con quelli civili e che ai Langobardi
-si debba il perturbamento di cui le controversie in
-parola sono la manifestazione. Qualcuno<a class="tag" id="tag232" href="#note232">[232]</a>, più radicale,
-sostiene senz'altro che i Langobardi non assegnassero
-ai distretti amministrativi gli stessi confini delle diocesi:
-altri, seguito dai più, ha ritenuto più probabile che i
-Langobardi, per sistema, mantenessero le antiche divisioni
-territoriali e che le vertenze vescovili sieno nate
-dal fatto che nei luoghi dove l'invasione proruppe più
-cruenta e si mantenne più feroce, alcuni vescovi furono
-costretti a fuggire e l'amministrazione spirituale dei loro
-fedeli fu affidata ad antistiti vicini, i quali, in buona o
-mala fede, ritennero alcune pievi, anche quando la primitiva
-sede episcopale fu ricostituita<a class="tag" id="tag233" href="#note233">[233]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Come si vede, causa unica ed assoluta del perturbamento — diretta
-o indiretta che sia — è da tutti ritenuta
-l'invasione langobarda.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
-</p>
-
-<p>
-Non è improbabile, invece, che le cause si debbano
-rintracciare in una condizione di cose preesistente rimasta
-immutata — salvo le poche ed inevitabili perturbazioni
-inerenti ad un così brusco e rude passaggio<a class="tag" id="tag234" href="#note234">[234]</a> — anche
-con i Langobardi.
-</p>
-
-<p>
-La <i>lex julia municipalis</i><a class="tag" id="tag235" href="#note235">[235]</a> ricorda solamente <i>municipia,
-coloniae, praefecturae, fora, conciliabula, vici</i> e
-<i>castella</i>, e queste furono certamente le sole divisioni amministrative
-romane da Cesare in poi: ma, d'altra parte,
-è altrettanto certo che fra le indicazioni topografiche richieste
-dalla <i>forma censualis</i><a class="tag" id="tag236" href="#note236">[236]</a> c'è anche quella del pago,
-e i monumenti romani, che ancora possediamo, a cominciar
-dalla tavola alimentaria velleiate<a class="tag" id="tag237" href="#note237">[237]</a>, ci attestano
-<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
-la persistenza del <i>pagus</i>. Il <i>pagus</i> — è merito del Voigt
-l'averlo dimostrato<a class="tag" id="tag238" href="#note238">[238]</a> — ente a base prevalentemente religiosa,
-sotto la direzione dei <i>magistri pagorum</i>, curò anche
-gli interessi più strettamente locali affidatigli dal
-municipio, nel largo sistema di autonomia proprio della
-costituzione romana fino al terzo e quarto secolo dell'impero.
-Più tardi, sparita l'autonomia, questo agglomerato
-di tradizioni religiose e di bisogni comuni servì
-alla pubblica amministrazione come efficace strumento
-per le cure dell'esazione finanziaria.
-</p>
-
-<p>
-Dato l'originario carattere dell'istituzione, ne era a
-centro un tempio, un luogo sacro, in cui i pagensi convenivano.
-Si ebbe così una circoscrizione composta di
-varî territorî, qualcuno dei quali era molto spesso incluso
-e sottoposto alla giurisdizione di un diverso municipio,
-ma che pure potevano far capo ad un centro comune
-tutto loro proprio, distinto dai municipi stessi. Il
-cristianesimo, divenuto religione ufficiale dell'impero, non
-mancò di insediarsi anche nei pagi, molto numerosi in
-Italia; ma portò un'innovazione, di cui non si tardò a
-sentire le conseguenze. Il pago viveva di propria ed autonoma
-vita: la pieve, per l'organizzazione sua, non poteva
-non dipendere direttamente da un vescovo; il primo
-prescindeva da ogni capoluogo municipale, la seconda
-doveva far necessariamente capo alla <i>civitas</i>. Criterio distintivo,
-naturalmente fu tenuto quello della giurisdizione
-ecclesiastica, e così tali pievi dipendettero dall'episcopio
-a cui spettava l'ordinazione dei titolari.
-</p>
-
-<p>
-La Chiesa stabilì sino dai primissimi tempi — «sicut
-in regulis contineatur antiquis» — che la diocesi era costituita
-non dal territorio giurisdizionale della città in cui
-il vescovo risiedeva — <i>territorium non facere diocesim</i> — ma
-dalle parrocchie <i>unicuique ecclesiae pristina dispositione
-deputatae</i><a class="tag" id="tag239" href="#note239">[239]</a>. Poteva avvenire che la pieve fosse
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-costituita da due o più vici di uno stesso territorio, ed
-allora i parrocchiani si univano pacificamente per la nomina
-dell'arciprete: tale è il noto caso della pieve di
-Mosciano, la cui <i>plebs congregata</i> comprende due centene,
-che compariscono insieme con i loro centenari<a class="tag" id="tag240" href="#note240">[240]</a>. La
-cosa era ben più grave quando i territori erano giurisdizionalmente
-separati: la pieve legava fortemente alla
-città, cui faceva capo per l'episcopio, parte del territorio
-di altra città. Di qui i lunghi ed acri conflitti.
-</p>
-
-<p>
-Il Leicht<a class="tag" id="tag241" href="#note241">[241]</a> crede che solo all'epoca carolingia, rendendosi
-frequente la costruzione di nuove chiese, <i>plebs,
-fundus</i> e <i>vicus</i> venissero regolarmente a coincidere. Si
-può ammettere che solo in quest'epoca la voce <i>plebs</i>
-acquisti un carattere non soltanto religioso, come all'epoca
-langobarda, ma anche pubblico; come è certo dai
-capitolari franchi che numerose chiese furono costruite
-al tempo franco, oltre quelle, già frequenti, degli ultimi
-tempi langobardi. Ed è pure da accettarsi l'idea che il sistema
-curtense, largamente favorito dall'unione del potere
-religioso con quello civile, tendesse fortemente a
-stringere la «curtis» intorno alla chiesa che ne era considerata
-come il centro. Ma a queste considerazioni non
-si può rigidamente legare la costituzione di nuove pievi,
-almeno in linea generale; ce ne accerta l'opposto sistema
-con cui la legislazione carolingia tratta le chiese
-battesimali rispetto alle altre (cappelle, oratori etc.). Solo
-alle prime, sorte sotto il primitivo ordinamento cristiano
-della quadripartizione (di cui larghe tracce si conservano,
-però, anche in tempi assai tardi), spettano le decime.
-E le usurpazioni del feudo tendono più spesso ad una
-abusiva riscossione di esse, che non ad un frazionamento
-territoriale a beneficio di una chiesa non insignita
-di tal diritto<a class="tag" id="tag242" href="#note242">[242]</a>. Il moltiplicarsi delle parrocchie
-<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
-rurali si avvera massimamente quando la reazione alla
-simonia imposta la parrocchia su nuove basi e si vale
-abilmente della <i>nova consuetudo</i>, invalsa presso i grandi
-signori nel secolo decimoprimo, di frazionare i loro dominî<a class="tag" id="tag243" href="#note243">[243]</a>
-per suddividere molte delle antiche pievi in un
-numero più o meno ampio di parrocchie, il cui popolo,
-per antica tradizione, oltre il nome di <i>plebs</i>, conservò anche
-quello di <i>populus</i>.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-2">§ 2.</h3> <p>— Ancor più grave, perchè del tutto trascurata
-dagli storici del nostro diritto, e, pur tuttavia, di anche
-maggiore importanza, è la questione del <i>suburbium.</i>
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Base di ogni ricerca e punto di partenza di ogni indagine
-mi sembra che debba essere il progetto di divisione
-dell'impero fatto da Carlo Magno nell'anno 806,
-e che è, del resto, anche l'unica fonte legislativa che dia
-luce sull'argomento.
-</p>
-
-<p>
-In questo progetto le città italiane vengono specificate
-così: <i>civitates cum suburbanis et territoriis suis atque
-comitatibus que ad ipsas pertinent</i><a class="tag" id="tag244" href="#note244">[244]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La voce <i>suburbium</i>, di evidente derivazione, proviene
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-da quel <i>sub urbe</i> romano<a class="tag" id="tag245" href="#note245">[245]</a> che si è conservato a lungo
-intatto in alcune parti d'Italia e specialmente nella regione
-emiliana<a class="tag" id="tag246" href="#note246">[246]</a>; ma, pur mantenendo inalterato il
-senso generico di vicinanza alla città, riceve vario valore
-e diversa significazione specifica a seconda del variare
-dei tempi e dei luoghi, onde l'indagine è resa assai
-difficile ed è tenuta a procedere con gran cautela ed
-a far conto anche dei più esigui elementi.
-</p>
-
-<p>
-Se numerosi documenti, dovendo indicare il territorio
-prossimo alla città, invece di <i>suburbium</i>, usano dire
-<i>prope, extra, iuxta, foris, ad civitatem</i> o <i>ad muros civitatis</i>
-o adoperano qualche altro termine consimile, ve
-ne sono altri molto notevoli, per quanto poco numerosi,
-che adoperano espressioni meno generiche, le quali possono
-essere prese come esponenti di uno stato di cose
-generale o, almeno, molto diffuso.
-</p>
-
-<p>
-Primo esempio di tale uso tecnico, per ordine di
-tempo, è il testamento con cui il monaco Grato di Monza
-dispose nell'anno 769 delle cose sue, curando che
-tutte capitassero in buone mani, riferendosi specialmente
-a quelle che aveva «in civitate boloniensi vel <i>foris circa
-ipsa civitate</i>»<a class="tag" id="tag247" href="#note247">[247]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Un secondo esempio ci è dato dal diploma con cui
-nell'815 Lodovico il Pio conferma al monastero di S. Zenone,
-«constitutum <i>in suburbium civitatis Verone</i>», le
-numerose elargizioni di Pipino, e fra le altre la chiesa
-dei SS. martiri Fermo e Rustico con le decime e le pertinenze,
-fra le quali l'«horreum <i>infra</i> civitatem Veronam
-cum suis areis <i>in circuitu</i> (civitatis)»<a class="tag" id="tag248" href="#note248">[248]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Anche più evidente, per questo rispetto, è la concessione
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-di alcune terre fatta nell'873 da Gherardo, vescovo
-di Lucca, a un certo Cristiano, con l'obbligo, fra gli
-altri, di tre giorni di opere per settimana, «ubique utilitas
-fuerit <i>in circ[uit]o civitatis</i>»<a class="tag" id="tag249" href="#note249">[249]</a>. E più importante ancora
-è un altro documento lucchese appartenente, secondo
-alcuni critici, al secolo ottavo o alla prima metà
-del successivo<a class="tag" id="tag250" href="#note250">[250]</a>, secondo altri — e forse non a torto — alla
-seconda metà del secolo nono<a class="tag" id="tag251" href="#note251">[251]</a>. È un polittico
-del vescovado, redatto, molto probabilmente, nel
-momento burrascoso, in cui numerose liti, destinate a
-sminuirne il patrimonio, rendevano necessaria una rassegna
-accurata delle sue terre e delle persone che comunque
-ne dipendevano. Poichè le varie possessioni,
-sparse su un esteso raggio di territorio, non furono riunite
-in un'unica «curtis», si hanno più polittici riguardanti
-ciascuno una speciale massa di beni. Quello di cui
-ora si tratta concerne le terre situate nel territorio lucchese
-e distingue nettamente quelle <i>in circuitu civitatis</i>
-da quelle esistenti fuori.
-</p>
-
-<p>
-Ed altri documenti usano lo stesso termine: sappiamo
-di un pascolo comune <i>in circuitu Civitatis Nove</i><a class="tag" id="tag252" href="#note252">[252]</a>,
-della chiesa di S. Tommaso apostolo, «que sita est in
-Regio civis vetere cum suo domocultila intus et foris <i>in
-circuitu Regio</i>»:<a class="tag" id="tag253" href="#note253">[253]</a> pure di Reggio conosciamo delle «res
-que sunt <i>in circuitu civitatis</i> que vocatur Aemilia»<a class="tag" id="tag254" href="#note254">[254]</a>
-ed abbiamo ricordo delle selve della chiesa cremonese
-situate <i>in circuitu civitatis</i><a class="tag" id="tag255" href="#note255">[255]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-</p>
-
-<p>
-E gli esempi potrebbero susseguire più numerosi, se
-si scendesse ancora nel tempo: cosa che, per l'esattezza
-della dimostrazione, non è necessario ora di fare<a class="tag" id="tag256" href="#note256">[256]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Accanto a quest'espressione, ce ne è anche un'altra
-di minore appariscenza e di uso meno frequente; e ciò — io
-credo — per aver subito più rapidamente dell'altra
-mutamento di significato. Parlo dell'avverbio <i>infra</i>. Originariamente
-esso indicava uno spazio fra due punti determinati;
-ma, nel corso dei secoli, ha subito tali modificazioni
-che la frase <i>infra civitatem</i>, per esempio — ed
-è quella che a me preme esaminare — si è intesa come
-rispondente al concetto: «entro la città». Non nego che,
-in molti casi, talvolta anche nei documenti anteriori al
-secolo XI e quasi normalmente in quelli posteriori, tale
-interpetrazione sia esatta; ma vi sono documenti in cui
-simile significato è in opposizione diretta con la verità
-dei fatti. Nella donazione che, nel 767, il re Desiderio
-fece a sua figlia Angelberga di <i>molinas duas insimul
-molentes positas in aqua quae exit de cuniculo qui decurrit</i>
-<span class="smcap lowercase">INTRA SUPRASCRIPTA CIVITATE BRIXIANA FORIS MUROS
-CIVITATIS</span> <i>ante portam beatissimorum martirum Faustini
-et Jovite</i><a class="tag" id="tag257" href="#note257">[257]</a>, è evidente che intra indica tutt'altro che
-l'interno del recinto murato. E il famoso monastero di
-S. Salvatore, sempre detto <i>infra civitatem</i><a class="tag" id="tag258" href="#note258">[258]</a>, è fuori
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-delle mura; come sono fuori delle mura un <i>ortellum pertinentem
-de veronense comitatu situm</i> <span class="smcap">infra civitatem Veronam</span>
-<i>non longe a Curte Alta</i>, donato da Berengario I
-a Ingelfredo<a class="tag" id="tag259" href="#note259">[259]</a> ed una casa ed alcune terre «<i>infra</i> civitatem
-Pistoriensem» donate da Rasperto all'oratorio in
-onore dei SS. Paolo Pietro e Anastasio da lui costruito
-«<i>intus</i> Pistoriensem civitatem»<a class="tag" id="tag260" href="#note260">[260]</a>. E identico significato
-ritroviamo in documenti lucchesi, piacentini e bolognesi<a class="tag" id="tag261" href="#note261">[261]</a>
-per l'Italia settentrionale e centrale; e, per il mezzogiorno,
-nei documenti beneventani, i quali tutti, per
-indicare un luogo entro le mura, usano <i>in</i> con l'ablativo
-o <i>intus,</i> e adoperano <i>infra</i> per indicare un luogo
-fuori delle mura ma vicino ad esse<a class="tag" id="tag262" href="#note262">[262]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-</p>
-
-<p>
-Mi sembra da escludere che <i>infra</i> nei casi indicati
-accenni una vicinanza immediata alle mura, e ciò perchè
-documenti sincroni e della stessa regione in genere
-adoperano <i>prope</i>: <span class="smcap lowercase">PROPE</span> <i>muros</i>, <span class="smcap lowercase">PROPE</span> <i>civitatem</i>, o
-qualche altro avverbio consimile. D'altra parte è pure
-da escludere in modo assoluto il significato di una distanza
-molto grande.
-</p>
-
-<p>
-A spiegare perchè tale voce in alcuni casi eccezionali
-abbia questo significato è da pensare all'uso che ne fa
-Costantino nella legge con cui distingue i beni urbani
-dai rustici in base non alla destinazione, ma all'ubicazione,
-comprendendo fra i primi, come ho cercato di
-dimostrare nella prima parte<a class="tag" id="tag263" href="#note263">[263]</a>, quelli che sono <span class="smcap lowercase">INTRA</span>
-<i>civitatem:</i> entro la città murata, cioè, e nell'ambito di
-mille passi. Si può ritenere che ai termini ed agli istituti
-antegiustinianei, conservatisi a lungo nella nostra Italia,
-sia da aggiungere anche questo avverbio<a class="tag" id="tag264" href="#note264">[264]</a>. Così si
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-vede pure come a produrre la grande varietà dei nostri
-formularî notarili abbiano contribuito anche elementi
-che risalgono a tempi non bassi dell'epoca romana. Determinare
-in quale proporzione ciò sia avvenuto non è
-facile, perchè più tardi le tracce del tecnicismo dell'alto
-medio evo, che si ricollega a tradizioni allacciate al diritto
-teodosiano, furono cancellate dall'opera livellatrice
-ed in parte distruggitrice del rifiorito studio del diritto
-giustinianeo: sicuramente non è privo di importanza.
-Non è, però, compito mio indagarlo: io debbo, invece,
-ricercare se il medioevo offra altri elementi a provare
-l'unione giuridica del <i>suburbium</i> alla città.
-</p>
-
-<p>
-Oltre alle fonti giuridiche possono essere di grande
-aiuto quelle ecclesiastiche. L'esistenza di un pago suburbano
-connesso alla città per ragioni di culto, è accertata
-in modo inconfutabile per alcune regioni italiane,
-come Pompei<a class="tag" id="tag265" href="#note265">[265]</a> ed è presumibile con molto fondamento
-per le altre, specialmente dopo il secolo quarto, quando
-la Chiesa, divenuta organo della religione dello Stato,
-si adattò alle divisioni territoriali di questo.
-</p>
-
-<p>
-Molti documenti di sicura autenticità mostrano il territorio
-suburbano ecclesiasticamente congiunto alla città
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-e formante con essa un'unica parrocchia, con perfetta
-continuità con la situazione a noi nota per la precedente
-epoca romano-bizantina.
-</p>
-
-<p>
-Il monaco Giona, originario di Susa, vissuto a lungo
-nel monastero di S. Colombano e più tardi abate in
-quello di Enona presso Mastricht, dove morì verso il
-670, nella vita di S. Eustasio di Luxeuil<a class="tag" id="tag266" href="#note266">[266]</a>, narra che
-questo santo costruì <i>in suburbano Bituricensis urbis</i>
-molti e floridi monasteri della regola di S. Colombano,
-cominciando da uno <i>in insula supra fluvium Milmandram</i>.
-</p>
-
-<p>
-Un secolo dopo il pontefice Stefano III (768-772) si
-duole fortemente con Ariberto, vescovo di Narbona, che
-la «plebs judaica» possegga terre frammiste a quelle
-dei cristiani «in villis et <i>in suburbanis</i>»<a class="tag" id="tag267" href="#note267">[267]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il primo capitolare di Teodulfo vescovo aurelianense,
-dell'anno 797<a class="tag" id="tag268" href="#note268">[268]</a>, stabilisce che i <i>sacerdotes qui</i> <span class="smcap lowercase">IN CIRCUITU
-URBIS</span> <i>aut</i> <span class="smcap lowercase">IN EADEM URBE</span> <i>sunt, conveniant in unum</i>
-il popolo <i>ad publicam missarum celebrationem</i> alla chiesa
-matrice episcopale: e il secondo capitolare, di poco posteriore<a class="tag" id="tag269" href="#note269">[269]</a>,
-a togliere ogni dubbio, nel ripetere la stessa
-disposizione, parla di sacerdoti <i>urbani</i> e <i>suburbani</i>.
-</p>
-
-<p>
-E il concilio di Pavia dell'850<a class="tag" id="tag270" href="#note270">[270]</a>, confortato da documenti
-che ci attestano altrettanto per Roma<a class="tag" id="tag271" href="#note271">[271]</a>, Verona<a class="tag" id="tag272" href="#note272">[272]</a>,
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-Pavia<a class="tag" id="tag273" href="#note273">[273]</a>, Ferrara<a class="tag" id="tag274" href="#note274">[274]</a>, Parma<a class="tag" id="tag275" href="#note275">[275]</a>, Bergamo<a class="tag" id="tag276" href="#note276">[276]</a>, etc., conferma
-come regola generale il principio che i <i>singuli urbium
-vicini et suburbani</i> sieno retti <i>per municipalem archipresbyterum</i>,
-con netta separazione dai parrocchiani delle
-singole pievi rurali: <i>suburbane terre que dividuntur a
-plebibus</i>, dice un atto parmense<a class="tag" id="tag277" href="#note277">[277]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Quanto alla estensione di questo territorio suburbano,
-che non deve essere esigua, se il passo di Giona
-vi include l'isola del fiume Milmandra; essa è messa
-ancor più in evidenza dal diploma dell'842 di Ramperto,
-vescovo di Brescia, al monastero di Faustino e Giovita<a class="tag" id="tag278" href="#note278">[278]</a>,
-che include nel suburbio un vico intiero, con le sue
-terre. E il vico è detto <i>vico suburbano episcoporum</i>, mostrando
-la generale applicazione, almeno territorialmente,
-della norma amministrativa della Chiesa romana che
-distingueva il patrimonio in <i>suburbana, massae et
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-coloniciae</i><a class="tag" id="tag279" href="#note279">[279]</a>. E la vita di S. Ebrulfo, di autore anonimo ma
-<i>perantiquo</i>, come si esprime il Mabillon, ne narra l'elezione
-ad abate <i>in suburbanis Ambianensium</i> nel monastero
-sorto nel luogo «ubi Fulcianus et Victoricus glorioso
-certaverunt martyrio» e che dista da Ambiano
-due leghe<a class="tag" id="tag280" href="#note280">[280]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E a questi esempi se ne possono aggiungere altri se
-si ricorre all'aiuto offerto dalla decima. Questa, come
-è noto, si pagava solo alle chiese matrici<a class="tag" id="tag281" href="#note281">[281]</a>. Nella città
-essendo matrice la cattedrale, tutti i luoghi che appaiono
-soggetti per la decima alla città fanno parte del suburbio<a class="tag" id="tag282" href="#note282">[282]</a>.
-A Bergamo, per esempio, il territorio soggetto
-alla decima non si limitava al solo monte su cui la città è
-situata, ma si estendeva circa quattro miglia<a class="tag" id="tag283" href="#note283">[283]</a>. Lo stesso
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-è a dirsi di Brescia, posta anch'essa sopra un monte:
-«in montem Brixiam civitatis», dice Luitprando<a class="tag" id="tag284" href="#note284">[284]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il Roberti<a class="tag" id="tag285" href="#note285">[285]</a>, sulla traccia dello Schupfer<a class="tag" id="tag286" href="#note286">[286]</a>, che giustamente
-aveva asserito che il «mons Bergomi» era un
-bene comune della città, volle dedurre di qui una regola
-generale e affermò che allora ogni città edificata
-sopra un monte, aveva il monte stesso come bene comune.
-Tale asserzione, inesatta nel fatto — numerosi documenti
-provano l'esistenza di non poche proprietà private
-sul monte stesso — non mi pare giustificata nemmeno
-come tentativo di spiegare la specificazione possessoria
-usata dalle fonti, perchè il monte è considerato
-come spettante alla città non perchè fosse gravato, ammettiamo
-pure, nella maggior parte della sua estensione
-da diritti civici; ma perchè incluso in quel suburbio che
-faceva parte integrante della città in ogni caso: anche — in
-ipotesi — se i beni comuni ne fossero stati tutti
-al di fuori.
-</p>
-
-<p>
-Molto vasto era pure il suburbio di Verona<a class="tag" id="tag287" href="#note287">[287]</a> quale
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-ce lo raffigura un documento dei primissimi anni del
-secolo IX; e di non piccola estensione dovevano essere
-quelli di Pavia, di Torino, di Ivrea, di Vercelli, di Reggio,
-di Città Nuova e di Modena<a class="tag" id="tag288" href="#note288">[288]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E non cito qui altri documenti posteriori, perchè il
-ricorrere indifferentemente a documenti anteriori e posteriori
-al gran movimento di concessione di terre suburbane
-ai vescovi, iniziato negli ultimi anni del secolo
-nono, porterebbe a unire situazioni giuridicamente assai
-diverse.
-</p>
-
-<p>
-Non mi sembra inutile invece un'altra osservazione.
-</p>
-
-<p>
-Non si deve credere che il territorio suburbano assegnato
-probabilmente a tutte le città, fosse delimitato
-da per tutto con la stessa unità di misura. Fra gli antichissimi
-usi indigeni accolti dagli agrimensori romani<a class="tag" id="tag289" href="#note289">[289]</a>,
-ci fu senza dubbio la <i>lega</i> gallica, che troviamo
-esplicitamente ricordata dagli agrimensori stessi e da
-Ammiano Marcellino<a class="tag" id="tag290" href="#note290">[290]</a> e che constava di 1500 passi.
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-Il <i>bannilega</i> — giurisdizione su una lega di territorio
-intorno alla città<a class="tag" id="tag291" href="#note291">[291]</a> o al mercato<a class="tag" id="tag292" href="#note292">[292]</a> — si basa senza
-dubbio sulla <i>lega</i> e non sul miglio romano ed era, conseguentemente,
-più ampio di cinquecento passi del corrispondente
-<i>pagus suburbanus</i> romano; quando non lo
-era di molto di più, come ad Ambiano dove il «suburbium»
-era costituito da due leghe<a class="tag" id="tag293" href="#note293">[293]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Considerando che in Francia, sino da antichissimi
-tempi, questo territorio apparteneva alle città entro gli
-stessi confini<a class="tag" id="tag294" href="#note294">[294]</a> e che in Italia oltre che a Bergamo e a
-Verona, anche a Lodi e nelle altre città italiane dell'antica
-Gallia<a class="tag" id="tag295" href="#note295">[295]</a> il territorio suburbano appare di un'estensione
-maggiore che altrove, inclino a concludere che,
-dove non si hanno speciali condizioni topografiche, ci si
-trovi dinanzi ad un'antichissima divisione territoriale
-rimasta inalterata nel passare dei secoli e dei popoli<a class="tag" id="tag296" href="#note296">[296]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Vediamo ora in quale rapporto questo suburbio si
-trova colla città e da quale regime giuridico fu governato:
-vedremo più tardi — dopo studiate le condizioni
-interne della città in questo periodo — le modificazioni
-apportatevi dall'azione reciproca della città e del suburbio.
-</p>
-
-<p>
-Il passo del sinodo romano <i>in causa Formosi pape</i>
-distingue nel patrimonio ecclesiastico tre elementi: i <i>suburbana</i>,
-le <i>massae</i> e le <i>coloniciae</i><a class="tag" id="tag297" href="#note297">[297]</a>. Se questa originariamente
-fu una pura distinzione topografica, non credo
-<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
-che tale si mantenesse più tardi. E di fatto, per quale
-ragione si dovrebbe credere che nel suburbio, che conosciamo
-assai esteso, non esistessero terre in rapporto
-massaritico o colonico con la Chiesa? Forse perchè la
-città era tutta contornata da beni comuni? No certo: il
-fatto stesso dell'esistenza di beni suburbani di proprietà
-di una chiesa esclude la possibilità che fossero tutti beni
-comuni. O forse perchè entro il suburbio non si potevano
-avere massari o coloni? Nemmeno: nessuna legge,
-che io mi sappia, contiene simile disposizione, la quale,
-del resto, sarebbe sempre contradetta da numerosi documenti,
-che provano l'esistenza di massari e di coloni non
-soltanto nel suburbio, ma anche entro le mura. D'altra
-parte la espressione è così chiara che non lascia luogo
-a dubbi di sorta: i suburbana son differenti dalle massae
-e tutt'e due dalle coloniciae.
-</p>
-
-<p>
-Il diritto romano dei tempi classici, è noto, concepisce
-la persona fisica nei due soli stati di libertà e di servitù.
-Invece il diritto germanico — che conosce già quella
-categoria intermedia degli aldi, così difficile a definire
-ed a cogliere nella sua vera natura, poichè tiene del libero
-e del servo ad un tempo — venuto in Italia a regolare
-i rapporti giuridici di persone vinte e che la residenza
-in terra altrui, riducendo il rapporto di soggezione
-da personale in reale, aveva anche prima menomato
-molto nella libertà personale, finì con l'ammettere
-infiniti gradi nelle condizioni dei soggetti; onde si venne
-a costituire una scala, all'ultimo gradino della quale
-stava il servo, mentre il primo era costituito dal figlio
-di famiglia e dalla donna<a class="tag" id="tag298" href="#note298">[298]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nel passo del sinodo romano, l'elemento più basso
-è quello colonico, a cui da quello suburbano si scende
-non direttamente, ma con il gradino intermedio del
-massaro. È vero che la posizione giuridica del massaro
-<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
-non è eguale nè da per tutto nè in ogni tempo<a class="tag" id="tag299" href="#note299">[299]</a>, ma però
-è certo che, generalmente, era più autonoma se non libera
-di quella del colono<a class="tag" id="tag300" href="#note300">[300]</a>. E, logicamente, i coltivatori
-delle terre che la Chiesa possedeva nel suburbio, dovevano
-trovarsi in una condizione giuridica anche migliore.
-Ma se questo è, si deve anche ammettere che tale fenomeno
-non poteva esser dovuto unicamente ed esclusivamente
-alla Chiesa: questa non poteva porre a base
-una tal distinzione soltanto perchè certe terre erano vicine
-alla città, mentre altre ne erano lontane. Ci voleva
-una causa più forte; e questa è da trovarsi nella diversa
-condizione giuridica delle classi suburbane; diversa condizione
-giuridica mantenutasi per il consolidamento di
-una antica consuetudine<a class="tag" id="tag301" href="#note301">[301]</a>, per la quale i lavoratori delle
-terre suburbane erano costretti a prestazioni meno onerose,
-per numero e per quantità, di quelle a cui erano
-obbligati i massari e, più dei massari, i coloni.
-</p>
-
-<p>
-Perchè, bisogna aggiungere, non è la Chiesa di Roma
-soltanto che usa questo sistema: tutte le altre tengono
-lo stesso procedimento. Un esempio ne abbiamo da
-quella di Lucca, che distingue le terre possedute nel territorio
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-lucchese in due grandi categorie, a seconda che
-sieno poste o no <i>in circuitu civitatis.</i>
-</p>
-
-<p>
-Infatti tanto nelle une come nelle altre la popolazione
-è divisa nelle due categorie dei <i>redditales</i> e degli
-angariales: i primi obbligati a prestazioni in danaro o
-in natura, i secondi a queste ed, inoltre, a un certo numero
-di opere ogni settimana. Ma si hanno differenze
-notevolissime.
-</p>
-
-<p>
-Nelle terre suburbane il vescovado possiede 65 <i>redditales</i>
-e 25 <i>angariales</i>, mentre nelle terre situate nel
-comitato la proporzione è del tutto invertita: 50 angariales
-di fronte a 19 <i>redditales</i><a class="tag" id="tag302" href="#note302">[302]</a>. E, di più, gli angariales
-in circuitu, oltre ad un numero fisso di angarie — abitualmente
-tre per settimana — pagano quasi sempre
-metà del vino e dell'olio; mentre gli <i>angariales</i> delle
-altre terre sono esenti da queste ultime prestazioni. E
-differenze sensibili si notano anche riguardo ai <i>redditales</i>,
-dei quali alcuni di quelli in vicinanza della città
-davano, oltre al censo abituale, anche un terzo e talvolta
-perfino la metà «de omne lavoratione» o «de lavore
-maiore».
-</p>
-
-<p>
-A escludere che si tratti di un caso eccezionale, basta
-la concomitanza col documento bresciano e più ancora
-con quello romano.
-</p>
-
-<p>
-D'altra parte si vede bene, come i <i>redditales</i>, considerati
-come tali, stanno all'apice della categoria dei non
-liberi risiedenti su terra altrui, e vi sono vincolati meno
-strettamente dei massari e, a ragione maggiore, dei coloni.
-E un'altra cosa che dà da pensare è la differenza
-fra persone della stessa classe a seconda della loro situazione
-topografica.
-</p>
-
-<p>
-Non si può credere che la prevalenza dei <i>redditales</i>
-sugli <i>angariales</i> nel suburbio sia dovuta all'azione o all'influenza
-del mercato cittadino sulle classi servili: noi
-ci troviamo, nel caso del documento lucchese, davanti
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-ad una percentuale molto forte di <i>redditales</i>, che nulla
-impedisce di supporre estesa anche alle terre possedute
-da altri nel suburbio cittadino: se realmente essi avessero
-a poco a poco migliorato la loro condizione per i
-benefici influssi del mercato cittadino e della città e, più
-spesso ancora, del suburbio stesso, come sede di quello,
-non si arriva a capire come questi angariali, frequentemente
-ricordati, sieno in peggiore condizione degli angariali
-comitatini, e come e perchè i <i>redditales</i> che risentono
-il contatto cittadino si trovino più gravati di quelli
-che ne sono distanti. In verità apparirebbe — non dico
-che sia — tutto il contrario.
-</p>
-
-<p>
-Dunque la spiegazione di tale stato giuridico deve
-essere cercata, in un altro campo, quello cui ho già accennato:
-l'irrigidimento dei vincoli e dei contratti rurali
-iniziato negli ultimi tempi romani. Io trovo una
-continuazione diretta con la condizione dei lavoratori
-della terra nei <i>mille passus</i> romani, quando furono anch'essi
-travolti nella gran rovina che li privò della libertà
-e li legò come gli altri alla gleba, lasciando loro
-l'unico vantaggio di fronte agli altri coloni, a cui la legislazione
-giustinianea tentò di equipararli, di un quantitativo
-diverso e meno oneroso di prestazioni; e queste
-continuarono inalterate nei secoli successivi, in modo
-che, quantunque i lavoratori, su cui gravavano, fossero,
-al pari degli altri, chiamati <i>redditales</i> ed effettivamente
-rientrassero in tale classe, pure se ne differenziarono.
-</p>
-
-<p>
-Quanto poi alla coesistenza di un esiguo numero di
-<i>angariales</i>, mi pare che questo fatto, oltre ad escludere
-ancora una volta che tutti i dipendenti della Chiesa, solo
-perchè suburbani, godessero di posizione privilegiata,
-escluda anche che ciò sia dovuto ad un'azione, comunque
-esercitata, della parrocchia cittadina (comprendente
-come sappiamo, anche il suburbio); perchè in tal caso,
-nè gli <i>angariales</i> sarebbero rimasti più gravati dei loro
-confratelli comitatini, nè i <i>redditales</i>, che erano anche
-più numerosi, si sarebbero trattenuti dall'avvantaggiarsi
-di più.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-</p>
-
-<p>
-Del resto il fenomeno mostrato dal polittico lucchese
-non è isolato: un'altra pagina interessante per la storia
-della condizione dei lavoratori della terra del suburbio
-può essere offerta dall'esame comparativo di due diplomi
-concernenti Asti.
-</p>
-
-<p>
-Nell'anno 924 un certo Oberto chiese a re Rodolfo,
-di cui era <i>fidelis</i>, il castello vecchio di Asti ed alcuni
-<i>servientes infra eamdem civitatem commanentes</i>, singolarmente
-nominati, con le mogli ed i figli <i>cum massariciis
-illorum et omnibus rebus mobilibus et inmobilibus</i>. E il
-re, con diploma del 5 decembre dello stesso anno<a class="tag" id="tag303" href="#note303">[303]</a>, gli
-concesse il castello con le sue pertinenze e <i>cum servis
-et ancillis et omnibus mobilibus ad eosdem iuste et legaliter
-pertinentibus</i>.
-</p>
-
-<p>
-Basta un'occhiata per accorgersi di un fatto abbastanza
-strano in un diploma: la <i>dispositio</i> non corrisponde
-esattamente alla <i>narratio</i>: in questa si domandano
-dei <i>servientes</i> con le loro massaricie ed i loro beni
-mobili ed immobili: in quella si concedono degli immobili
-con i servi e le ancelle che li lavorano e con i beni
-mobili — i soli beni mobili — che ad essi appartengono
-legalmente: con tutta probabilità si accenna al peculio.<a class="tag" id="tag304" href="#note304">[304]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ho detto che questa dissonanza è un fatto abbastanza
-strano (e chiunque conosca un po' le norme delle
-cancellerie regie ed imperiali, lo sa); ma esso diviene
-ancor più strano per il ripetersi di questa stessa discrepanza
-in un altro diploma regio, di poco posteriore a
-questo, che concerne le stesse precise cose di cui si
-tratta in questo<a class="tag" id="tag305" href="#note305">[305]</a>. È un diploma del 23 luglio 938 con
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-il quale Ugo e Lotario confermarono al vescovo Brunengo
-questi stessi beni pervenuti al vescovado nel frattempo:
-sembra per una donazione <i>mortis causa</i>. Nella
-<i>narratio</i> si parla di <i>massaritia sex cum servis et ancillis
-ea rettinentibus</i>: nella <i>dispositio</i> si usa la formula consueta
-in tutte le <i>concessioni: casis massaritiis ac famulis
-utriusque sexus</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il contrasto è meno stridente che nel diploma del
-924, ma non meno evidente perchè la parola <i>rettinentibus</i> — qualunque
-significato abbia il verbo <i>retinere</i> — indica
-pur sempre qualche cosa di diverso da quello che
-si sarebbe desunto se il diploma avesse detto che quei
-servi e quelle ancelle <i>pertinebant</i> alle massaricie donate.
-La correlazione fra i due diplomi impedisce di pensare
-ad un errore qualunque da parte della cancelleria regia
-e quindi si deve ricercare per altre vie una spiegazione
-dell'incognita.
-</p>
-
-<p>
-Si può osservare — rifacendo la via a ritroso attraverso
-ai due diplomi — che la <i>narratio</i> del secondo
-parte dalla <i>dispositio</i> del primo e che la <i>dispositio</i> del
-secondo segna l'ultimo punto della trasformazione della
-condizione di questi lavoratori. Essi da prima appaiono
-in tale stato che se non possono esser detti veri e propri
-<i>servi</i>, ci si avvicinano tanto da essere qualificati come
-<i>servientes</i>: eppure, per un altro lato — quello di
-esser considerati come soggetti di un diritto su una
-terra — se ne allontanano così profondamente, che il
-cancelliere di re Rodolfo, non sapendo come meglio conciliare
-questi due elementi così profondamente antitetici
-e per i quali il diritto del tempo non offriva alcun riscontro,
-li qualifica come veri e propri servi concedendo
-loro il diritto del peculio. Ugo e Lotario ne peggiorano
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-ancor più la condizione perchè non fanno nemmeno accenno
-al loro peculio.
-</p>
-
-<p>
-Non mi pare si possa negare che il punto di partenza,
-quale ci è fornito dal diploma del 924, è dato
-dalla condizione ibrida, che ha del servo e del non servo;
-fatta di vincoli personali e di diritti d'indole reale che
-sembrerebbero inconcepibili con i primi. Come è nata e
-come si è formata tale condizione? Per rispondere a
-questa domanda il miglior mezzo è, forse, il cominciare
-col determinare il luogo in cui essa appare.
-</p>
-
-<p>
-Questi lavoratori si trovavano nel suburbio della città
-di Asti. Ciò mi sembra dimostrato dall'espressione <i>infra</i>
-<i>civitatem</i> usata dal diploma di re Rodolfo: espressione
-che non può indicare <i>entro la città</i> perchè per indicare
-il castello vecchio (che si sa di sicuro essere stato situato
-dentro le mura della città) lo stesso diploma dice <i>in civitate
-A</i>. L'avverbio <i>infra</i> ha conservato anche qui il
-suo antichissimo significato e ci offre modo, se non m'inganno,
-di spiegare come si sia potuto avere fra le varie
-classi sociali anche quella di questi <i>servientes</i>.
-</p>
-
-<p>
-Discendenti da antichi lavoratori di terre suburbane,
-pubbliche fino dal tempo romano, o divenute tali in seguito:
-essi, al sopravvenire dei Langobardi, furono considerati
-come più vicini ai <i>servi</i> che ad ogni altra classe,
-ma, essendo addetti alla lavorazione della terra, come
-tutti i lavoratori della terra in genere, ebbero continuate
-anche in seguito le condizioni antecedenti. Furono, così,
-chiamati servientes invece che servi ed ebbero riconosciuti
-consuetudinariamente dei diritti che i veri e propri
-servi non avevano. Solo quando l'autorità pubblica, nel
-donarli, si trovò costretta a determinare la loro situazione
-giuridica, essi rientrarono nel quadro delle classi
-di lavoratori, quale si concepiva, secondo le leggi, nel
-secolo IX. e nel X.: e non fu certo a loro vantaggio.
-Fino ad allora essi avevano continuato a mantenersi,
-salvo, forse, delle deviazioni che oggi più non si possono
-determinare, ma che non furono certamente molto sensibili,
-in uno stadio che solo la speciale condizione giuridica
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-del suburbio al tempo romano aveva potuto contribuire
-in modo decisivo a far nascere.
-</p>
-
-<p>
-A questo modo si può avere un'idea, certo molto approssimativa
-ma non trascurabile, delle modificazioni che
-la venuta dei Langobardi portò nel territorio suburbano.
-Il quale — non va dimenticato — fu soggetto più
-che ogni altro a perturbazioni, perchè, sia per ragioni
-strategiche che sociali e politiche, le guerre si risolvevano
-nella conquista delle città, intorno alle quali veniva
-necessariamente a decidersi la maggior parte delle
-battaglie. L'invasione, infatti, diviene conquista, quando,
-prese le città, i Langobardi ne occupano il territorio e
-vi si insediano stabilmente.
-</p>
-
-<p>
-E perciò io credo che intorno alla massima parte
-delle città italiane continuasse l'antico suburbio romano
-e su di esso prevalessero le antiche consuetudini rimaste
-quasi completamente inalterate.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-3">§ 3.</h3> <p>— Però l'atto di Carlo Magno non parla soltanto
-di terre suburbane: <i>civitates</i>, dice, <i>cum suburbanis
-et</i> <span class="smcap lowercase">TERRITORIIS SUIS</span>. Questi <i>territoria</i> non erano quelli
-dipendenti giurisdizionalmente dalla città: proseguendo,
-il documento aggiunge <i>et cum comitatibus que ad ipsas
-pertinent</i>. Come tali <i>territoria</i> non s'identificano con le
-terre suburbane, distintamente ricordate, così non si
-confondono con i singoli comitati. Non resta che pensare
-ai beni comuni, la cui continuazione ininterrotta
-dall'epoca romana fino al basso medio evo, negata contro
-il Savigny dal Bethmann Hollweg e dal Roberti, ammessa
-invece dal Tamassia<a class="tag" id="tag306" href="#note306">[306]</a> e vittoriosamente dimostrata
-dallo Schupfer<a class="tag" id="tag307" href="#note307">[307]</a> è stata ormai riconosciuta dalla
-opinione comune<a class="tag" id="tag308" href="#note308">[308]</a>.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-</p>
-
-<p>
-Questi beni, posti alla dipendenza del duca o del gastaldo
-insieme con i beni pubblici — <i>publicum</i> — a cui
-l'autorità suprema li avvicinava con l'equipararli amministrativamente
-all'organismo della <i>curtis regia</i>, soddisfacevano
-con i diritti d'uso alle necessità dei cittadini
-e si distinguevano da quelli più propriamente pubblici,
-perchè, a differenza di questi, gli utenti ne potevano
-godere senza l'obbligo di pagarne il canone corrispondente.
-</p>
-
-<p>
-Anzi, esaminando più attentamente il noto reclamo
-dei provinciali istriani contro le usurpazioni del duca
-franco Giovanni<a class="tag" id="tag309" href="#note309">[309]</a>, non mi sembra azzardato il pensare
-che, più che di diritti di uso, si tratti di un vero e proprio
-diritto di condominio dei cittadini sulle terre del comune<a class="tag" id="tag310" href="#note310">[310]</a>:
-<span class="smcap lowercase">NOSTRAS</span> <i>silvas, unde nostri parentes herbatico et
-glandatico tollebant</i>, dicono essi, <i>terras</i> <span class="smcap lowercase">NOSTRAS, NOSTRAS</span>
-<i>runcoras</i>, <span class="smcap lowercase">NOSTRA</span> <i>prada</i>, <span class="smcap lowercase">NOSTRA</span> <i>pascua</i>. E non è a dirsi
-che si potesse ingenerare confusione per il fatto che queste,
-come le altre terre pubbliche, si trovavano sotto la
-dipendenza del duca. Il duca riconosce esplicitamente di
-aver compiuto gli atti che gli si imputano, ma dichiara
-di averlo fatto in buona fede ritenendoli beni pubblici.
-«Istas silvas et pascua quae vos dicitis — ecco le sue
-parole — ego credidi quod ex parte d. imperatoris <i>in
-publico</i> esse deberent».
-</p>
-
-<p>
-Anche ammesso e non concesso che non si trattasse
-che di diritti di uso, questi sono tali da incidere così
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-profondamente l'elemento dominico da annientarne quasi
-il lato dispositivo.
-</p>
-
-<p>
-Ma poi, se non m'inganno, la teoria dello Schupfer
-è sopratutto basata sulla terminologia dei documenti:
-<i>comunalia, compascua publica, campora comunalia, res
-comunes, comunes, comunanciae, vicanalia</i>, etc: tutte
-queste espressioni che richiamano alla mente — è innegabile — l'idea
-di una compartecipazione.
-</p>
-
-<p>
-Ma non sono le sole.
-</p>
-
-<p>
-Alcuni nostri documenti, che concernono importantissime
-città langobarde, a incominciare dalla capitale del
-regno fino a quella Brescia in cui densi si stabilirono i
-nobili langobardi<a class="tag" id="tag311" href="#note311">[311]</a>, ne usano anche un'altra.
-</p>
-
-<p>
-Il placito pavese del 14 marzo 914<a class="tag" id="tag312" href="#note312">[312]</a>, ricorda un
-<i>hortum suburbium huius Ticinensis, non multo longe a basilica
-S. Theodori sive et braida una in</i> <span class="smcap lowercase">CAMPANIA</span> <i>huius
-Ticinensis</i>. E la stessa parola, oltre che nel diploma con
-cui nel 989 Ottone III concede al monastero di S. Pietro
-in Ciel d'oro <i>omnem terram in</i> <span class="smcap lowercase">CAMPANIA</span> <i>papiensis urbis</i><a class="tag" id="tag313" href="#note313">[313]</a>,
-la troviamo nel diploma del 1014 di Ottone conte
-palatino e di Pietro vescovo al monastero del Salvatore
-costruito <i>foris in</i> <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span> <i>ticinensis civitatis</i><a class="tag" id="tag314" href="#note314">[314]</a>.
-</p>
-
-<p>
-A Piacenza nel 1085 fu celebrato un «concilium generale»
-in <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span> <i>civitatis P. ubi est ecclesia S. Victorie
-martyris et virginis</i><a class="tag" id="tag315" href="#note315">[315]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Qualche decennio prima il vescovo di Brescia Odofredo
-si era obbligato a non fare alcun «hedificium» in
-Monacello e nessuna proibizione e interdizione ai bresciani
-«pasculandi, incidendi et capellandi» sul Monte
-Degno e sul Monte Canedulo, a cui «coherent ab una
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-parte via q. d. mantuana, ab aliis omnibus <i>campania</i>»<a class="tag" id="tag316" href="#note316">[316]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il primo documento pavese, col simultaneo ricordo
-del <i>suburbium</i> e della <i>campanea</i>, esclude ogni possibilità
-di sinonimia tra queste voci.
-</p>
-
-<p>
-E un bel documento veronese<a class="tag" id="tag317" href="#note317">[317]</a> ce ne mostra l'intima
-natura. Essendo potestà di Verona Grimerio Visconte
-piacentino e lamentandosi che, poco tempo prima
-della sua podesteria, <i>communis campania Veronae</i> «a
-quampluribus esset capta et caperetur», con tal perdita
-che «communis utilitas taliter diminui videbatur quod
-ad maximum universitatis detrimentum spectare posset»,
-pensò di provvedere. E, avuto il consiglio dei suoi giudici
-ed assessori e dei causidici, dei militi e dei negozianti e
-in special modo di tutti coloro che avevan giurato di
-dargli consiglio in buona fede, pose molte persone giurate
-«ad jam dictam <i>communem campaniam Veronae</i> per
-suum sacramentum a praediis privatorum hominum discernendam
-et separandam», e quindi, con queste persone
-e con molte altre di Verona andava «circumiens
-eamdem <i>communem campaniam Veronae</i> et eam, secundum
-juratorum sacramenta, ab <i>allodiis</i>, ponendo terminos,
-segregans».
-</p>
-
-<p>
-Si tratta, evidentemente, di beni pubblici cittadini,
-per i quali — e per essi soltanto — è da credere perdurasse
-a Verona, come a Pavia, a Brescia e a Piacenza
-il termine di <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span>.
-</p>
-
-<p>
-Se questa <i>campanea</i> risulta diversa dal suburbio e dal
-comitato e — come si ammette da tutti — alle città rimasero
-in proprietà in uso — questo per ora non ci
-riguarda — dei beni; possiamo pensare che nell'atto di
-Carlo Magno tale parte del territorio sia indicata dai
-<i>territoria</i> tenuti distinti dai <i>suburbanis</i> e dai <i>comitatibus</i>.
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-Ma, in quest'atto, di fronte al vincolo più tenue, per il
-quale il comitato <i>pertinet</i> alle singole città, se ne ha uno
-più intimo per cui e le terre suburbane ed i <i>territoria</i>
-sono ambedue dichiarati proprî delle città — <i>civitates
-cum suburbanis et territoriis</i> <span class="smcap lowercase">SUIS</span>. — Ora se si pensa che
-le terre suburbane non appartenevano affatto, nella loro
-totalità e nemmeno nella maggior parte, alle città, in
-proprietà privata, o ad altro titolo simile, sia pure sotto
-l'amministrazione ducale o gastaldale; nè vi avevan su,
-se non in caso eccezionale e fortuito, diritti di uso; bisogna
-concludere che la triplice distinzione del territorio
-di fronte alla città, porta al riconoscimento della città — come
-tale e non come sede di autorità pubblica — al
-grado di persona giuridica pubblica con facoltà e con
-diritti distinti da quelli dell'autorità regia e con beni separati
-da quelli che l'autorità pubblica aveva nell'ambito
-della circoscrizione territoriale della città. Il documento
-è chiaro: son proprie delle città — <i>suae</i> — terre
-di cui i privati non hanno nè proprietà nè uso di natura
-privata e che non si confondono con le proprietà del
-publicum, per riguardo al diritto pubblico.
-</p>
-
-<p>
-Esaminiamo più da vicino questi due punti: mancanza
-di diritto di proprietà o di uso e distinzione dai
-beni del <i>publicum</i>.
-</p>
-
-<p>
-Poichè l'atto di Carlo M. chiama proprie delle città — <i>suae</i> — le
-terre suburbane, di cui la proprietà spettava
-a chiese o a privati, ed a queste terre equipara senza differenza
-alcuna le terre appartenenti alle città stesse:
-esaminando a fondo il documento bresciano, veniamo a
-concludere che fra le terre, sulle quali il vescovo riconosceva
-dei diritti ai cittadini, e la <i>campanea</i> circostante
-c'era sicuramente una differenza. Ammesso che la parola
-<i>campanea</i> a Verona indica beni della città, — e non c'è
-nessuna ragione che induca a credere che a Pavia,
-Brescia, Piacenza etc. avesse significato differente — ne
-consegue che fra i beni pubblici delle città esistevano
-distinzioni di vario genere, per il diverso titolo di proprietà,
-per il diverso uso a cui erano destinate. Nei beni
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-pubblici esaminati dallo Schupfer l'elemento predominante
-è l'uso comune e lo prova — come ho detto — il
-complesso dei termini usati per indicarli<a class="tag" id="tag318" href="#note318">[318]</a>. Ma nei
-casi da me raccolti questo concetto dell'uso comune
-non è indicato nè punto nè poco: eppure resulta che la
-<i>campanea</i> apparteneva alla città e non al <i>publicum</i>. Infatti
-nè a Pavia e in un placito, nè a Brescia, in un atto
-di tanta importanza, si sarebbe mancato di farne risaltare
-il carattere, se si fosse veramente trattato di terre
-demaniali, mentre il genitivo possessivo — <i>huius Ticinensis</i> — le
-dichiara della città.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-4">§ 4.</h3> <p>— Ma oltre a queste terre, nella costituzione
-langobarda, ve ne sono altre che appaiono collegate a
-determinati centri abitati, fra i quali anche le città, e
-che occorre quindi esaminare: le terre arimanniche.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Il Muratori<a class="tag" id="tag319" href="#note319">[319]</a> sostenne per il primo, con il suo meraviglioso
-intuito storico, che si trattava di beni concessi
-dal fisco; e con lui, più tardi, si sono schierati il
-Roth<a class="tag" id="tag320" href="#note320">[320]</a>, il Leicht<a class="tag" id="tag321" href="#note321">[321]</a> e il Checchini<a class="tag" id="tag322" href="#note322">[322]</a>. Nessuno di questi
-scrittori, però, ha considerato a fondo quella che mi
-pare la legge fondamentale in rapporto ai beni arimannici
-e l'unica che veramente sia di applicazione generale.
-</p>
-
-<p>
-Tale legge è la nota costituzione emanata da Federigo
-I nella famosa dieta di Roncaglia del 1158 e passata
-poi nel libro delle consuetudini feudali. Con essa,
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-volendo rivendicare i diritti dell'impero, Federigo I determinò
-la serie delle così dette regalie.
-</p>
-
-<p>
-E cominciò proprio colle arimannie. <i>Regalia autem
-sunt: <span class="smcap lowercase">ARIMANNIAE</span>, viae publicae, flumina navigabilia et
-ex quibus fiunt navigabilia, portus, ripatica, vectigalia,
-quae vulgo dicuntur monetae</i> etc.
-</p>
-
-<p>
-Poichè è certo che, anche a quel tempo, esistevano
-terre spettanti al <i>publicum</i> e invece la legge fridericiana,
-se si eccettua la parola <i>arimanniae</i>, non ne parlerebbe
-mai<a class="tag" id="tag323" href="#note323">[323]</a>, è evidente, data l'importanza dell'argomento, che
-con questa parola s'indicarono proprio i beni di pertinenza
-dell'impero<a class="tag" id="tag324" href="#note324">[324]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Con questa conclusione non si accorda nè l'opinione
-del Leicht<a class="tag" id="tag325" href="#note325">[325]</a>, al quale, tuttavia, spetta il merito di aver
-lumeggiata la riconnessione dell'arimannia alle terre
-pubbliche, nè quella del Checchini<a class="tag" id="tag326" href="#note326">[326]</a>: il primo ritiene che
-l'arimannia sia non la proprietà dell'arimanno, bensì il
-diritto che egli gode su terre prative e boschive, originariamente
-concesse dal pubblico al gruppo di cui egli
-fa parte. E pure il Checchini parla solo di originaria appartenenza
-delle arimannie ai beni del fisco.
-</p>
-
-<p>
-In conclusione, se non m'inganno, l'uno e l'altro
-affermano che questi beni, prima di proprietà del fisco,
-sono stati da questo ceduti a determinate persone e queste
-vi hanno conseguito un diritto di proprietà, che può
-esser limitato da restrizioni così gravi da giungere fino
-al divieto di alienazione, ma che non cessa, per questo,
-di essere un vero e proprio diritto di proprietà.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-</p>
-
-<p>
-A me invece pare che qui si abbia la concessione
-non di un diritto di proprietà, quale s'intende nella coscienza
-giuridica del tempo; ma di un semplice diritto
-di possesso ispirato proprio a quei concetti barbarici
-della gewere, i quali, se non giungono, forse, allo sviluppo
-creduto dallo Schupfer, non me ne sembrano, in
-verità, così lontani come il Leicht prima ed il Checchini
-poi hanno sostenuto: possesso, in opposizione al quale
-Federigo I aveva rivendicata l'alta proprietà pubblica,
-in quanto egli si considerava come continuatore dell'idea
-imperiale in cui si impersonava il <i>populus romanus</i>,
-supremo detentore degli attributi della sovranità.
-</p>
-
-<p>
-Io credo che l'istituzione dell'arimannia sia una delle
-manifestazioni più rilevanti, se non unica, dello Stato germanico,
-la quale non abbia quasi affatto subito influenza
-da elementi estranei e che — appunto per questo — ci
-possa offrire una riprova delle energie circostanti che la
-rinchiusero in limitatissima cosa.
-</p>
-
-<p>
-Il Leicht<a class="tag" id="tag327" href="#note327">[327]</a> ha trovato alcuni punti di analogia fra
-l'arimannia e le terre limitanee romane: altrettanti se ne
-trovano, secondo me, con le terre pubbliche delle città,
-le quali compiono funzione analoga così negli ultimi
-tempi dell'impero romano, come anche in seguito, durante
-i tempi goti e bizantini.
-</p>
-
-<p>
-Certo alcune di queste terre — il Leicht ha ragione — dallo
-Stato romano, appunto perchè le destinava a
-barbari, furono dotate di quegli speciali privilegi che potevano
-<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
-renderle più conformi ai barbari che Roma assoldava
-per costituire la massima parte delle sue milizie.
-Ma è ormai noto come fra grandi civiltà decadenti
-e nuove civiltà tuttora nel sorgere sieno molti e notevoli
-punti di contatto, senza per questo che ne derivi la conseguenza
-che le prime abbiano agito sulle seconde.
-</p>
-
-<p>
-E qui, mi pare, siamo proprio nel caso.
-</p>
-
-<p>
-Il Checchini è sostenitore assoluto dell'influenza bizantina
-sull'arimannia langobarda, la quale, secondo lui,
-riproduce esattamente l'organizzazione dei fondi militari
-di confine<a class="tag" id="tag328" href="#note328">[328]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Non posso — ora — fermarmi a lungo su questa
-questione, incidentale per la mia ricerca, e debbo quindi
-tralasciare di occuparmi così del problema che riguarda
-lo stato personale degli arimanni — gli arimanni eran
-liberi, ma la loro libertà non credo punto fosse quella
-dei veri e proprî <i>exercitales</i> — come dell'esame del
-modo con cui istituti bizantini avrebbero potuto influire
-sulla costituzione di gruppi arimannici già in
-azione nei primi anni successivi all'interregno, non che
-di tutte le altre questioni relative. Ma non posso fare
-a meno — non foss'altro per giustificare la mia affermazione
-così recisamente opposta — di esaminare un
-po' attentamente i punti di identità che il Checchini ha
-voluto trovare fra l'arimannia e gli istituti militari bizantini.
-</p>
-
-<p>
-Egli dice che molti documenti riferentesi all'arimannia
-riproducono esattamente l'importante prescrizione imperiale
-per cui i «fundi limitanei» erano «ab omni munere
-vacui» e così (son le testuali parole del Checchini)<a class="tag" id="tag329" href="#note329">[329]</a>
-<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
-«il diploma di Carlo il Grosso alla chiesa di Arezzo, — a.
-882 — prescrive: «...... in omnibus liberis et
-erimannis prefatae S. Aretinae Ecclesiae filiis.... <i>iubemus
-ut ab eis nec donaria aut redibitiones neque pignorationes
-vel iniustae districtiones exigantur</i>», ed un
-altro diploma di Enrico IV: «nullus dux, archiepiscopus
-ecc..... in eorum domos albergare <i>theloneum, vel
-aliquam publicam functionem dare eos</i> (arimannos) <i>cogat</i>».
-</p>
-
-<p>
-«Siamo così in grado di trovare (diciamolo tra parentesi),
-la ragione dell'errore in cui sono caduti
-molti autori, che, avendo constatata quest'immunità
-dell'arimannia da qualsiasi onere fiscale, l'hanno presa
-per una terra allodiale».
-</p>
-
-<p>
-I documenti — in verità — suonano in modo un po'
-diverso da quello con cui il Checchini li ha citati.
-</p>
-
-<p>
-Il primo è il famoso diploma immunitario alla chiesa
-aretina che il Muratori<a class="tag" id="tag330" href="#note330">[330]</a> credette generale per tutte le
-chiese d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-L'imperatore, avendo conosciuto come i suoi ministri
-«contempto timore Dei et abiecta a predecessoribus
-(nostris) interdicta, per plebes et ecclesias seu ecclesiastica
-praedia et domos placita teneant, districtiones in
-liberos, massarios super ecclesiasticas res residentes, et
-servos et aldiones faciant tributa; ab eis exigant census
-et donaria, angarias etiam et opera[s; et] non solum
-ab eis sed ab omnibus liberis eri[man]nis et ecclesiae
-<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
-filiis», vuole assolutamente con la sua imperiale autorità
-«omnes has superstitiones et importunas violentias
-funditus abolendas» e a questo scopo stabilisce (statuentes)
-che «in sancta aretina ecclesia nullus comes,
-nullusque judex vel quelibet iuditiariae potestatis persona
-tam in plebibus quamque et in monasteriis, titulis
-aliisque ecclesiis vel domibus seu urbanis vel rusticis
-possessionibus ad eam pertinentibus placita tenere, massarios
-et colonos, liberos, aldiones vel servos quosque
-residentes super res ad predictam sanctam ecclesiam
-pertinentes quolibet modo distringere, pignorare, angariare,
-census et redibitiones et donaria aliqua exigere
-quoquomodo presumat; sed liberos, massarios, quos legalis
-coactio exigit querere ad placitum, per patronum
-seu a[dvoc]atum ad placita ducan[tur] ut legal[is diffi]nitio
-legalem contentionis finem impo[nat]; ac etiam in
-omnibus liberis et erim[a]nnis praef. s. aretinae ecclesiae
-filiis et eiusdem diocesi commanentibus massariis et colonis
-observari omnimodis iubemus; videlicet ut ab eis
-nec donaria aut redibitiones neque pignora neque iniustae
-districtiones exigantur, sed unusquisque cum legalis
-censura exigit a patrono suo ad placitum deducatur, ne
-pignorationis occasio aditum rapine depredatoribus in
-aliquo prestet»<a class="tag" id="tag331" href="#note331">[331]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Come si vede — ed è ben noto — l'imperatore per
-evitare i soprusi, che i suoi ministri commettevano nell'esercizio
-della giustizia, proibisce loro l'introito nel
-territorio diocesano reso immunitario, stabilendo che gli
-abitanti ne siano presentati al placito da apposito avvocato.
-</p>
-
-<p>
-Gli <i>erimanni</i> — chiunque si voglia indicare con questo
-nome — non sono trattati diversamente da tutti
-gli altri abitanti della diocesi aretina, qualunque ne sia
-la condizione, dal servo al libero; perchè unico e solo
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-scopo dell'imperatore è di sottrarli tutti alle arbitrarie
-vessazioni dei ministri regi: non si tratta affatto di imposte:
-ma di esenzione da obblighi giurisdizionali, e
-quindi, da arbitri e da soprusi.
-</p>
-
-<p>
-Il diploma di Enrico IV è anche più refrattario all'interpetrazione
-del Checchini.
-</p>
-
-<p>
-L'imperatore, per intercessione di Adalbergo vescovo
-di Amburgo, concede «cunctis hominibus de vico Viglevani
-et Serpi atque Pedulae et Viginti Columnae, cunctis
-filiis filiabusque eorum nec non et hominibus eorum
-omnibus <i>ut ab arimannia exeant</i>, et nullus dux,
-archiepiscopus, episcopus, marchio, comes, vicecomes,
-gastaldio, sculdasius nullaque regni persona in eorum
-domos albergare, theloneum vel aliquam publicam functionem
-dare eos cogat, nec eos nec eorum posteritatem
-placitum custodire compellet ultra nostrum placitum»<a class="tag" id="tag332" href="#note332">[332]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Tutta la concessione deriva dal primo inciso — non
-riportato dal Checchini — «ut ab arimannia exeant».
-</p>
-
-<p>
-E l'altro documento, citato in nota dal Checchini, e
-che è l'atto di pace del 1114 fra la contessa Matilde ed
-il vescovo di Parma Bernardo; fra le altre clausole, ha
-la promessa del vescovo che agli «<i>arimannis de Monticulo
-nullos alios</i> <span class="smcap lowercase">USUS</span> <i>vel</i> <span class="smcap lowercase">FACTIONES</span> <i>deinceps requisierit,
-nisi quos eius antecessores</i> <span class="smcap lowercase">SOLUMMODO IN PACE</span> <i>et non in
-guerra ex illis habuerant</i>»<a class="tag" id="tag333" href="#note333">[333]</a>.
-</p>
-
-<p>
-«Ergo — io non saprei come dir meglio del Muratori — arimanni
-tempore etiam pacis ad quaedam obsequia,
-servitia et factiones obligabantur»<a class="tag" id="tag334" href="#note334">[334]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Tutti i documenti dal Checchini stesso citati, non
-che suffragarne l'opinione, ne provano precisamente
-l'opposto, e rendono quindi superfluo il ricordo del
-<i>districtu et integro servitio quod de jure debebant</i> all'imperatore
-i due arimanni ceduti nel 1159 da Federigo I
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-alla chiesa di S. Alessandro di Bergamo<a class="tag" id="tag335" href="#note335">[335]</a> e dell'<i>omni
-debito, districtione et notione atque placitu</i> cui erano costretti
-quei <i>liberi homines qui vulgo herimanni dicuntur</i>
-i quali, insieme col castello di Romagnano, Ottone I donò
-al monastero di S. Zenone di Verona<a class="tag" id="tag336" href="#note336">[336]</a>; e di tutti gli
-altri documenti — e sono molti — da cui appare in
-modo irrefutabile come gli arimanni fossero soggetti a
-tributi e a prestazioni<a class="tag" id="tag337" href="#note337">[337]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E non è soltanto in questo che la voluta analogia fra
-«fundi limitanei» ed arimannie non esiste.
-</p>
-
-<p>
-Il Checchini, per dimostrare che comune agli uni
-e alle altre era anche il divieto di alienazione, cita
-il diploma di Enrico III agli arimanni di Sacco con cui
-l'imperatore stabilisce che «<i>non liceat ipsam erimanniam
-suam vendere aut archiepiscopo, aut patriarche aut
-duci, aut marchioni, comiti, vicecomiti nec aliquibus ex
-potentioribus</i>».
-</p>
-
-<p>
-Ma è evidente invece che l'imperatore permette loro
-la più ampia facoltà di vendita e di cessione, fatta unica
-e sola eccezione delle persone più potenti degli arimanni
-stessi, le quali — i livelli delle chiese ne danno una prova
-evidente — avrebbero avuto di mira e di resultato lo
-scompaginamento di un insieme di forze e di individui,
-che l'imperatore voleva invece, seguendo un sistema
-tradizionale, tenere unito. Anche nei giuramenti di fedeltà
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-e di sottomissione è abituale l'eccezione di guerreggiare
-contro l'imperatore o contro il papa ed altre
-determinate persone. Si dovrebbe sostenere che il giuramento
-di fedeltà non esiste? Nè il procedimento è diverso:
-sono le manifestazioni sociologiche, diciamo così,
-che confermano, con l'eccezionalità di qualche disposizione,
-la generalità di una norma o di un istituto.
-</p>
-
-<p>
-Nei «fundi limitanei» esiste un vero e proprio divieto
-di alienazione; mentre qui si ha in diritto una facoltà di
-alienare la quale può essere completa, come nelle arimannie
-friulane<a class="tag" id="tag338" href="#note338">[338]</a>, o limitata come nel caso su citato;
-ma in ogni modo esiste sempre senz'altra limitazione
-che quella che il concessionario debba subentrare negli
-obblighi a cui sottostava il concedente, in quanto titolare
-di una terra, su cui incombevano speciali oneri.
-</p>
-
-<p>
-E appare anche un'altra differenza fondamentale fra
-l'istituto bizantino e quello langobardo. Nel primo la
-proprietà della terra passava dallo Stato al soldato ed
-ai suoi successori: nel secondo no; il <i>publicum</i> conserva
-sempre un diritto eminente di proprietà che non si manifesta
-solo in caso di inadempienza degli obblighi e
-per la risoluzione di una condizione; è un diritto che si
-affievolisce coll'andar del tempo e sotto l'azione di numerosi
-elementi ed, in alcuni casi, si trasforma, ma non
-si estingue. Nei primi anni il <i>publicum</i> esercita il suo
-diritto di distribuzione delle terre comuni concesse in
-precaria ad un determinato gruppo, come nel noto caso
-della <i>fiurvaida</i> pisana, mentre più tardi di questo esercizio
-di autorità non si ha menzione. Ma il diritto eminente
-dello Stato permane e lo si vede apparire nella
-imposizione fridericiana riguardo alle <i>arimanniae</i>, nella
-quale si comprendono tutte le terre sulle quali lo Stato
-vantava diritti non annullati da concessioni speciali.
-</p>
-
-<p>
-E in tal modo si viene ad un altro punto più interessante
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-ancora; la determinazione del patrimonio dell'arimanno.
-</p>
-
-<p>
-Secondo il Leicht, l'arimanno possederebbe, come
-tale, una terra speciale, che sarebbe appunto l'arimannia,
-oltre il suo allodio: l'arimannia, secondo quest'autore,
-sarebbe solo la terra pascolativa, almeno originariamente.
-Io credo, invece, che arimannia non sia soltanto
-questa ma sia la terra, la <i>sors</i>, concessa ad ogni
-singolo arimanno, insieme col diritto sul compascuo e
-sulle prestazioni, di cui queste due terre dovevano rispondere,
-per mezzo della persona a cui erano state concesse.
-</p>
-
-<p>
-In tal modo si rende spiegabile la frase del diploma
-imperiale agli arimanni, con la quale si concede a questi
-<i>hereditatem et res communes</i>. Nè può far meraviglia
-il fatto che la terra sia chiamata hereditas: con tal nome
-sappiamo esser stata indicata non soltanto la terra allodiale
-ma anche quella colonica, la quale — ed è questo
-un punto di contatto con l'arimannia — senza staccarsi
-dal patrimonio del «dominus», è suscettibile di
-cessione, di alienazione e di donazione<a class="tag" id="tag339" href="#note339">[339]</a> anche fuori
-dell'ambito del <i>mithio</i>, entro il quale i coloni fiscalini
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-hanno facoltà anche più ampie<a class="tag" id="tag340" href="#note340">[340]</a>. Senza contare che
-ripugna al concetto della costituzione di un gruppo
-arimannico l'idea della mancanza di una terra propria
-di ciascuno, perchè è proprio questo il campo nel quale
-il sistema della <i>sors</i> e della terra comune ad essa assegnata
-si può e si deve manifestare. Il Leicht<a class="tag" id="tag341" href="#note341">[341]</a> ha
-combattuto giustamente, seguito dal Checchini, l'opinione
-dell'Andrich che gli arimanni nei piccoli castelli
-fossero i soli comunisti ed aggiunge che però è innegabile
-che al gruppo vicinale stesso, come ente, gli imperatori
-ed i loro succedanei sovente investono l'arimannia,
-la quale viene così ad immedesimarsi col comune:
-così a Mantova, a Cremona. Ed è vero. Io aggiungerò
-che, dall'insieme dei documenti, risulta la prevalenza
-dell'elemento cittadino-romano su quello arimannico-germanico.
-</p>
-
-<p>
-Nel diploma di Enrico II del 1014<a class="tag" id="tag342" href="#note342">[342]</a>, si parla esclusivamente
-di arimanni, mentre in quello di Enrico III del
-1055<a class="tag" id="tag343" href="#note343">[343]</a> si parla di tutti i cittadini di Mantova, dei quali
-gli arimanni, in virtù del diploma del 1014, erano potuti
-entrare a far parte. Infatti con quest'ultimo diploma
-l'imperatore prende sotto la sua protezione tutti gli arimanni — <i>cunctos
-arimannos</i> — che abitano — <i>habitantes</i> — nella
-città di Mantova, nel comitato di essa ed
-in alcuni vici espressamente nominati — <i>in civitate
-Mantue, sive in Castro qui d. Portus sive in vicoras q.
-n. S. Georgio, Formicosa, Cepada, seu et in comitatu
-mantuano</i> con tutte le loro cose e cioè <i>cum omni eorum
-hereditate, paterno vel materno jure, proprietate, communaliis
-sive omnibus rebus que ab eorum parentibus possessa
-fuerunt et eorum adquisita sive adquirenda</i>.
-</p>
-
-<p>
-Invece dal diploma di Enrico III del 1055 appare
-che l'imperatore, volendo estirpare le «superstitiosas
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-exactiones et importunas violentias» di cui gli arimanni
-mantovani erano vittime, stabilisce ed impone
-che «nulla magna parvaque persona <i>predictos cives, videlicet
-ermannos in Mantua civitate habitantes</i> (ossia
-quegli arimanni che erano entrati ad abitare come cittadini
-in Mantova) de suis personis, sive de illorum
-servis et ancillis vel de liberis hominibus in eorum residentibus
-terra, vel <span class="smcap lowercase">DE EREMANNIA</span> <i>et</i> <span class="smcap lowercase">COMMUNIBUS REBUS
-AD PREDICTAM CIVITATEM PERTINENTIBUS</span> ex utraque parte
-flumine mincii sitis, sive de beneficiis, libellariis, precariis,
-seu eciam de omnibus eorum rebus mobilibus et immobilibus
-iuste conquisitis et iuste conquerendis inquietare,
-molestare, disvestire, sine legali judicio presumat».
-Ora si potrebbe ricordare che a Lucca era avvenuto
-altrettanto parecchi secoli prima: nel 786<a class="tag" id="tag344" href="#note344">[344]</a> gli arimanni
-erano entrati a far parte dei cives ricordati fino
-dal 722<a class="tag" id="tag345" href="#note345">[345]</a>. Ma quello che a me preme rilevare è la differenza
-che corre fra i due passi concernenti la terra arimannica:
-nella prima abbiamo l'<i>hereditas</i> distinta ma
-unita con le terre comuni dei singoli gruppi arimannici;
-nel secondo l'una e le altre, sotto la comprensiva dizione
-di <i>eremania</i>, sono nettamente separate dai beni comuni
-pertinenti alla città. E su quest'ultimo diploma si modellano
-quelli successivi del 1090, del 1133 e del 1159 di Matilde<a class="tag" id="tag346" href="#note346">[346]</a>,
-di Lotario II<a class="tag" id="tag347" href="#note347">[347]</a> e di Federigo Barbarossa<a class="tag" id="tag348" href="#note348">[348]</a>.
-</p>
-
-<p>
-A qualunque distanza fossero le arimannie dalle
-mura cittadine, costituivano sempre un'organizzazione
-distinta da quella della città, la cui configurazione territoriale
-rimane individuata anche per questo lato.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nè si potrebbe obbiettare che si può avere una confusione
-quando, invece di terre lasciate in proprietà alle
-città, si tratta — ed è il caso più frequente — di terre
-così dette comuni delle quali alle città è concesso solo
-l'uso mentre la proprietà rimane al re.
-</p>
-
-<p>
-Prescindendo dal caso del <i>Palatium</i> o <i>Curtis regia</i> che
-non si distingueva dalle altre <i>curtes</i>, — lascio da parte la
-questione, per me irrilevante, della distinzione fra fisco e
-patrimonio privato del re, che il Sohm afferma già delineata
-mentre è negata dall'Hartmann — non si distingueva,
-dico, se non per un più rapido formarsi del diritto
-che scultoriamente fu detto dal Solmi<a class="tag" id="tag349" href="#note349">[349]</a> curtense; delle
-altre terre regie bisogna fare una bipartizione. V'erano
-terre, prati, selve, laghi etc. sulle quali dal re potevano
-venir concessi diritti e facoltà di uso, dietro il correspettivo
-di un canone o magari senza. E queste erano terre
-non specificatamente addette ad una comunità di persone.
-E c'erano poi altre terre sulle quali, in quanto e
-perchè facevano parte di un determinato gruppo politico,
-i componenti di esso avevano speciali diritti. Le une e
-le altre terre si trovavano sotto il dominio eminente del
-«publicum»; ma nel primo caso predominava assoluto
-l'elemento patrimoniale; nel secondo questo era quasi
-tutto, per non dire addirittura tutto, assorbito dall'elemento
-pubblico. Conseguenza non improbabile del modo
-con cui sull'esempio dei re goti, i re langobardi si considerarono
-come successori del fisco bizantino<a class="tag" id="tag350" href="#note350">[350]</a>. E la
-differenza si manifestava anche nel diverso modo di
-agire della potestà pubblica sugli uni e sugli altri: nel
-primo caso il diritto d'uso scaturiva immediatamente
-<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
-dalla concessione regia; nel secondo indirettamente;
-perchè il re, se non commetteva un arbitrio che può, magari,
-giungere fino alla spogliazione, possibile senza dubbio,
-ma, per la sua stessa natura, eccezionale, non poteva
-ammetterlo al godimento dei diritti di uso se non
-costringendo il gruppo, che non avesse voluto accogliere
-il nuovo venuto di buona volontà, ad accettarlo col vigore
-del suo <i>preceptum</i><a class="tag" id="tag351" href="#note351">[351]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ma nel primo caso il re, sieno beni suoi o dello Stato,
-può disporne come vuole; nel secondo riconosce la consistenza
-del gruppo dei vicini.
-</p>
-
-<p>
-Nel caso nostro della città.
-</p>
-
-<p>
-Ed è ormai tempo di avviarsi a ricercare la natura
-di questa consistenza.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-5">§ 5.</h3> <p>— Una prima osservazione si impone.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Dal momento che i Langobardi rispettarono le antiche
-divisioni territoriali, è certo che esse dovettero avere
-un'importanza effettiva, perchè non è possibile ammettere
-che ai barbari, pochi e selvaggi, convenissero le divisioni
-territoriali di un popolo evoluto fino alla decadenza
-e, per quanto decimato dalle carestie, dalle pestilenze
-e dalle guerre<a class="tag" id="tag352" href="#note352">[352]</a>, infinitamente più numeroso;
-mentre è pure giocoforza convenire che ai langobardi
-ariani, tali divisioni non poterono esser date dalla chiesa
-cattolica.
-</p>
-
-<p>
-Prima che il Solmi negasse la continuazione medioevale
-delle vecchie corporazioni romano-bizantine, si era
-sostenuto unanimemente che queste servissero ai dominatori
-come strumento di estorsione. Dopo di lui nessuno
-si è occupato di colmare la lacuna che veniva
-lasciata scoperta, quantunque — se non m'inganno — non
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-si possano del tutto accogliere i risultati negativi
-a cui egli è pervenuto.
-</p>
-
-<p>
-Si hanno tracce sicure di prestazioni <i>quas homines
-exinde in publico habuerunt consuetudinem faciendum</i><a class="tag" id="tag353" href="#note353">[353]</a>:
-Pipino<a class="tag" id="tag354" href="#note354">[354]</a> parla del rifacimento delle mura, delle porte,
-delle strade, dei ponti e degli edifici pubblici, come di
-<i>antiqua consuetudo</i> e Carlo Magno<a class="tag" id="tag355" href="#note355">[355]</a> ricorda <i>mansionaticos,
-paraveredos et operas</i>; tutti dimostrano la continuazione
-ininterrotta dal tempo romano di tutti questi aggravi<a class="tag" id="tag356" href="#note356">[356]</a>
-e compiono il quadro datoci dalla famosa <i>pensio</i>
-dei saponai di Piacenza<a class="tag" id="tag357" href="#note357">[357]</a>, dal taglio e trasporto delle
-legna dei cittadini di Benevento<a class="tag" id="tag358" href="#note358">[358]</a>, dalle prestazioni dei
-Veronesi per il rifacimento delle mura<a class="tag" id="tag359" href="#note359">[359]</a>, da quelle dei
-Cremonesi per l'uso delle acque<a class="tag" id="tag360" href="#note360">[360]</a> e anche da quella dei
-Lucchesi<a class="tag" id="tag361" href="#note361">[361]</a> e dei Pisani<a class="tag" id="tag362" href="#note362">[362]</a> per il palazzo imperiale. E
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-che più? Chi non conosce — anche a voler tralasciare
-gli aggravi del triplice placito annuale<a class="tag" id="tag363" href="#note363">[363]</a> — il famigerato
-passo di Paolo Diacono che parla di <i>populi
-adgravati?</i>
-</p>
-
-<p>
-Il Tamassia<a class="tag" id="tag364" href="#note364">[364]</a>, nella sua recensione al libro del
-Solmi sulle associazioni precomunali, osservando come
-il documento piacentino del 744 sia una conferma regia
-di una più antica concessione di privilegi, per la
-quale da Liutprando è confermata al vescovo di Piacenza
-<i>pensionem illam de sapone h. e. libr. XXX. quae
-palatii nostri in civitate Plac. inferebantur et ab ipso
-patruo nostro ad pauperes lavandum concessa sunt</i>, crede
-probabile che la chiesa piacentina ottenesse dal re langobardo
-la continuazione di un antichissimo diritto a
-suo favore e gravante gli esercenti dell'industria del
-sapone.
-</p>
-
-<p>
-Egli ritiene così che non si possa disconoscere un
-certo vincolo di dipendenza fra gli operai e la Chiesa,
-la quale, con i suoi organismi associativi, nei secoli V e
-VI servì di rifugio allo spirito corporatizio romano,
-strangolato dalle istituzioni coatte dell'ultimo diritto
-imperiale; ed in quelli successivi, pur senza implicare
-necessariamente l'esistenza di un <i>corpus</i>, ebbe non scarsa
-importanza<a class="tag" id="tag365" href="#note365">[365]</a>. Effettivamente, il Tamassia ha messo felicemente
-in rilievo — il Solmi stesso lo ha riconosciuto<a class="tag" id="tag366" href="#note366">[366]</a> — l'influsso
-esercitato, in questo rapporto, dalla
-Chiesa. Ed io credo che la Chiesa abbia esercitato nell'epoca
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-langobarda un'azione di eccezionale importanza
-e ne tratterò più innanzi; ma non mi pare che ciò sia
-avvenuto nel modo indicato dal Tamassia e dal Solmi<a class="tag" id="tag367" href="#note367">[367]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Per provare l'asserto da essi voluto, sarebbe stato
-necessario dimostrare l'esistenza di un vincolo, intercedente
-fra il vescovo e gli artigiani cittadini, nei rapporti
-della vita pubblica delle città. Invece il documento veronese<a class="tag" id="tag368" href="#note368">[368]</a>
-e quello senese<a class="tag" id="tag369" href="#note369">[369]</a> dal Solmi citati mostrano,
-è vero, una certa organizzazione artigiana, se non industriale;
-ma essa nasce, si esplica e si circoscrive nel
-complesso dei beni di proprietà del vescovado: onde
-non ha nulla di diverso dall'organizzazione interna di
-ogni <i>curtis</i> regia, ecclesiastica, o privata, e, sia che il
-centro ne sia dentro o fuori le mura, costituisce sempre
-un organismo fuori della vita cittadina.
-</p>
-
-<p>
-E lo stesso è a dirsi dei monasteri in questo periodo
-normalmente in dipendenza se non in potestà diretta
-del re<a class="tag" id="tag370" href="#note370">[370]</a>. Non aveva certo alcun contatto con l'artigianato
-cittadino quel <i>laboratorio</i> del monastero femminile
-di San Michele in Firenze, in cui per il convento di Nonantola
-ogni anno si confezionavano le famose <i>quinque
-bone stamineae</i>; e lavoravano dodici ancelle, mandate dal
-convento stesso insieme con la materia prima necessaria
-per le tele e le vesti dei monaci<a class="tag" id="tag371" href="#note371">[371]</a>; come non aveva
-nulla di comune con la città l'altro monastero femminile,
-anch'esso fiorentino, di Sant'Andrea, che pure doveva
-essere un centro di produzione non disprezzabile,
-se era obbligato all'annuo tributo di un vestito di lana
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-di capra <i>in parte palatii persolvendum</i><a class="tag" id="tag372" href="#note372">[372]</a>. Abbazie e
-monasteri, anche nei rari casi in cui non erano favoriti
-da quelle concessioni immunitarie che avevano come
-conseguenza precipua di isolarli da ogni contatto esterno,
-non ricorrevano <i>ad magistros et manuales</i> estranei che
-in caso di necessità assoluta ed anche allora solo per
-costruire <i>a petre et calcina</i> gli edifici <i>ubi sunt omnes
-officine sicut abbatia habere debet</i><a class="tag" id="tag373" href="#note373">[373]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Facendo capo a quanto ho detto sulla trasformazione
-subita dalle città negli ultimi tempi dell'impero,
-accentuata nell'epoca gotica ed aggravata ancor più in
-quella bizantina, io ritengo che i Langobardi abbiano
-considerato ogni centro abitato, sia urbano che rustico,
-solidalmente responsabile degli aggravi e delle imposte.
-Poichè è certo che se le corporazioni sparirono, d'altra
-parte le imposte, sia pur modificate, rimasero; mi pare
-che tale spiegazione sia, se non accettabile, ammissibile:
-tanto più che consente anche di arrivare ad un'interpetrazione
-del passo di Paolo Diacono, la quale oso sperare
-non sia la più campata in aria delle moltissime
-tirate fuori fin qui.
-</p>
-
-<p>
-Il Leicht<a class="tag" id="tag374" href="#note374">[374]</a> ritiene che <i>populi</i> si possa riferire con
-verosimiglianza alle popolazioni rustiche dei grandi possessi
-romani prima soggetti alle <i>tertiae</i>. Ed è vero: ma
-<i>populus</i> non indicò solo questa popolazione; indicò anche
-gli altri gruppi vicinali che si raccoglievano nel
-<i>vicus</i> e nell'<i>urbs</i>. Ogni <i>locus</i>, ogni <i>vicus</i> — ce lo dice
-Rotari<a class="tag" id="tag375" href="#note375">[375]</a> — aveva il suo territorio e così quelli vicini
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-alla città venivano a chiuderla tutto intorno in un ambito,
-che si può seguire attraverso le divisioni ecclesiastiche,
-e che era costituito dal centro murato e da una
-certa estensione di territorio di cui la città era dotata
-al pari di ogni vico: non come sede di un <i>judex</i>. La
-parola <i>populus</i> nel diritto romano classico indicava abitualmente
-l'insieme degli abitanti in una <i>civitas</i><a class="tag" id="tag376" href="#note376">[376]</a>, così
-che la provincia si poteva dire divisa in città o <i>populi</i>;
-ma più tardi, forse per l'azione della Chiesa<a class="tag" id="tag377" href="#note377">[377]</a>, anche
-le circoscrizioni minori furono chiamate col nome di
-<i>populi</i><a class="tag" id="tag378" href="#note378">[378]</a>, aprendo e facilitando la via al sistema goto-bizantino,
-che, staccando le classi militari e le più elevate
-dalla rimanente popolazione, chiamò <i>populus</i> quest'ultima
-in tutti i suoi agglomerati, fossero essi urbani
-o rustici<a class="tag" id="tag379" href="#note379">[379]</a>.
-</p>
-
-<p>
-A risolvere il famoso passo di Paolo Diacono, a mio
-modo di vedere, si possono addurre tre elementi sicuri:
-la coincidenza delle circoscrizioni civili con quelle ecclesiastiche,
-l'esistenza di varie prestazioni e la ripugnanza
-incoercibile dei Langobardi a pagare imposte e
-contribuzioni.
-</p>
-
-<p>
-Considerando che i Langobardi erano pochi, ariani e
-barbari, la coincidenza — ripeto — non può essere spiegata,
-come alcuni autori inclinano a credere, con la supposizione
-che per un certo tempo tali divisioni territoriali
-sieno state usate solo dalla Chiesa e che i Langobardi
-l'abbiano riprese da essa. È molto più verosimile
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-che i Langobardi le abbiano conservate perchè tale conservazione
-apparve loro di utilità immediata e indiscutibile:
-tanto è vero che, dove tale utilità generica fu
-sorpassata da una necessità impellente, non si peritarono
-di procedere a nuove e diverse divisioni<a class="tag" id="tag380" href="#note380">[380]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Esaminando le varie prestazioni, di cui si ha notizia
-per l'epoca langobarda, si vede che di una — la <i>tertia
-pars frugum</i>, alla quale furono soggetti i romani verso
-i conquistatori — nessun testo ci dice in modo preciso
-come veniva corrisposta; delle altre i documenti e le
-leggi franche (che ricordandole sino dal 782 come <i>antiqua
-consuetudo</i> ne provano sicuramente l'antichità) ce
-le mostrano come gravanti collettivamente su nuclei vicinali
-determinati per pievi<a class="tag" id="tag381" href="#note381">[381]</a>. E poichè accanto alla
-pieve rurale coesiste e predomina la pieve urbana; nè
-la ragione consiglia nè i documenti permettono di credere
-che tali nuclei sieno solamente rurali<a class="tag" id="tag382" href="#note382">[382]</a>. Di più
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-dalle più antiche leggi barbariche che si conoscano, si
-vede concepita ed attuata una responsabilità collettiva
-che colpisce un insieme di individui determinato soltanto
-territorialmente con i confini entro i quali abita e vive
-il gruppo vicinale<a class="tag" id="tag383" href="#note383">[383]</a>: responsabilità e determinazione che
-corrisponde perfettamente ai documenti langobardi che
-possediamo<a class="tag" id="tag384" href="#note384">[384]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente dal momento che i Langobardi non contribuirono
-certamente (almeno nei primi tempi: vedremo
-in seguito perchè questo stato di diritto fu più tardi
-mutato) alle gravezze ed alle imposte, queste colpirono
-soltanto ed esclusivamente i romani.
-</p>
-
-<p>
-Premesso questo e tenuto presente il sistema di responsabilità
-collettiva, al quale erano state condotte le
-singole circoscrizioni territoriali dalla decadenza romana
-e più ancora da quella goto-bizantina, mi sembra sintomatica,
-ma non strana, la disposizione imperiale che,
-proprio a proposito dell'hospitalitas, abbandona i classici
-concetti romani, che basano la persona giuridica
-sull'elemento personale, e riconosce non irrilevanti facoltà
-giuridiche in un amorfo complesso di individui
-determinati unicamente in base all'elemento ibrido dell'abitazione
-senza alcuna considerazione dell'elemento e
-dello stato delle persone<a class="tag" id="tag385" href="#note385">[385]</a>. Tale pervertimento non può
-esser dovuto che all'irrefrenabile dilagare di una decadenza
-che i consueti mezzi giuridici non eran capaci nè
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-di contenere nè di regolare e che preparava favorevole
-terreno alle successive istituzioni barbariche.
-</p>
-
-<p>
-A questa stregua il passo in cui Paolo Diacono dice
-che <i>populi tamen adgravati per Langobardos hospites partiuntur</i>
-mi pare suscettibile di questa spiegazione. I singoli
-<i>populi</i>, ossia le singole città con le terre cittadine ed
-il suburbio<a class="tag" id="tag386" href="#note386">[386]</a>, al pari ed insieme con i singoli <i>vici</i> e <i>loci</i>
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-con il loro respettivo territorio, prima furono obbligati
-collettivamente e solidalmente al tributo della <i>tertia pars
-frugum</i><a class="tag" id="tag387" href="#note387">[387]</a>; e più tardi, quando, dopo l'interregno, la conquista
-prese un assetto definitivo, furono divisi fra i Langobardi
-a seconda ed in proporzione della necessità e
-dei bisogni: necessità e bisogni che si conguagliavano
-alle esigenze della difesa<a class="tag" id="tag388" href="#note388">[388]</a>, al numero dei componenti i
-singoli gruppi, ai loro desideri<a class="tag" id="tag389" href="#note389">[389]</a> e alle loro tendenze<a class="tag" id="tag390" href="#note390">[390]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Questi <i>populi, adgravati</i> dai duchi che si vollero rifare
-della parte di patrimonio ceduta al re, furono senza
-dubbio soggetti al rifacimento delle mura, delle porte,
-delle strade, dei ponti, degli edifici pubblici, delle cloache
-e, nelle città fluviali, anche dei porti; e, dove fu possibile,
-come a Cremona, a Piacenza, a Benevento e altrove, anche
-ad altri aggravi speciali e furono divisi, secondo
-l'opportunità e la convenienza dei vincitori, fra i vari
-duchi e fra i diversi aggregati di <i>fare</i>, che, sotto la loro
-guida, si distribuirono nel paese conquistato, dividendosene
-le terre.
-</p>
-
-<p>
-E come nelle continue e terribili devastazioni, ormai
-da gran tempo imperversanti, la terra abbondava, mentre
-i grandi possessi dei nobili romani uccisi al tempo
-di Clefi soddisfacevano, o quasi, le richieste dei maggiori
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-langobardi; le terre che pur rientravano nei singoli
-<i>populi</i> ma dagli scarsi abitanti non erano utilizzate,
-furono divise fra gli altri Langobardi<a class="tag" id="tag391" href="#note391">[391]</a>, mentre agli indigeni
-fu lasciata, oltre la proprietà privata di ciascuno,
-un'altra terra di uso comune, necessaria ed indispensabile
-quanto l'altra. E in alcuni luoghi, in cui la terra
-abbondava ancor più, ne fu lasciata alle città anche
-dell'altra su cui i cittadini non esercitavano un diritto
-di uso nè come tali, nè come facenti parte di un qualche
-consorzio di diritto privato con terre a comune; era
-una terra che a nessuno di essi spettava in proprietà, ma
-che dallo stato langobardo era riconosciuta spettante alla
-città stessa, in quanto forniva a questa i sassi, le pietre,
-il legname e le altre cose necessarie per il rifacimento
-delle mura, dei ponti, e per le altre speciali imposizioni,
-cui la città doveva sopperire.
-</p>
-
-<p>
-Del resto, si accetti o no questa mia interpretazione,
-confido non si possa negare che al tempo langobardo
-la città si differenziava territorialmente dalla <i>judiciaria</i>
-di cui è a capo.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-6">§ 6.</h3> <p>— Bisogna ora vedere se e quanto è rimasto
-dell'antico concetto romano della <i>civitas</i>, per passare poi
-all'esame degli elementi principali che lo costituiscono.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Cominciamo dal primo punto.
-</p>
-
-<p>
-L'atto di fondazione del famoso monastero di Senatore
-in Pavia, del novembre del 714, è stato steso da
-Felice <i>subdiaconus et notarius sancte ticinensis ecclesie</i>,
-e sottoscritto da Todo <i>notarius regie potestatis</i> e da Aufrit
-<i>notarius regius</i><a class="tag" id="tag392" href="#note392">[392]</a>.
-</p>
-
-<p>
-In un altro documento pavese<a class="tag" id="tag393" href="#note393">[393]</a>, di poco posteriore, — è
-del 729 — si legge:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-</p>
-
-<p>
-«Quam donationis seu confirmationis nostre paginam
-Magno <i>notarius sancte ticinensis ecclesie</i> ex iussu
-Benedicti venerabilis <i>subdiaconi et exceptoris ticinensis</i>
-scribendo rogavimus et subter confirmantibus testibusque
-obtulimus roborandum.
-</p>
-
-<p>
-Ego qui supra Magnus <i>notarius sancte ticinensis ecclesie</i>
-scriptor huius cartule donationis post tradita complevi
-et dedi».
-</p>
-
-<p>
-È evidente che Felice e Magno erano notari della
-chiesa pavese, ma non <i>exceptores ticinenses</i> e tanto meno
-notari <i>regie potestatis</i>: e che Benedetto era ad un tempo
-suddiacono e <i>exceptor</i>; come era suddiacono e <i>exceptor
-civitatis</i> il suo confratello piacentino Vitale che in un
-documento dell'anno 721<a class="tag" id="tag394" href="#note394">[394]</a> si qualifica <i>Vitalis v. v. subdiaconus
-exceptor civitatis Placentinae</i>.
-</p>
-
-<p>
-C'erano, dunque, notai del re, notai della chiesa e
-notai della città<a class="tag" id="tag395" href="#note395">[395]</a>. L'esistenza dei primi due non fa
-meraviglia; ma riguardo agli ultimi non si può non osservare
-che la forza della <i>civitas</i> non deve essere stata
-tenue se riuscì a tenersi distinta dal potere pubblico
-anche nella città in cui esso aveva posto la sua sede principale;
-e che ciò è tanto più notevole in quanto, sparite,
-<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
-con la dominazione langobarda, le curie, le corporazioni
-e le maggiori autorità romano-bizantine, erano venuti
-a mancare i cardini sui quali avrebbe potuto poggiare
-più agevolmente per mantenersi.
-</p>
-
-<p>
-Riservando ogni congettura a quando sieno stati
-raccolti tutti i dati, che ho potuto rinvenire, prendiamo
-atto della tripartizione che si vede delineata e proseguiamo.
-</p>
-
-<p>
-Un altro bellissimo documento che, per la sua importanza,
-merita di esser segnalato in prima linea, è una
-<i>notitia</i> veronese dell'837 riferentesi a fatti avvenuti nell'818<a class="tag" id="tag396" href="#note396">[396]</a>,
-sulla quale, ormai quasi del tutto trascurata
-dopo l'Hegel<a class="tag" id="tag397" href="#note397">[397]</a>, richiamò or non è molto, l'attenzione
-il Leicht<a class="tag" id="tag398" href="#note398">[398]</a> e si è servito anche il Mayer<a class="tag" id="tag399" href="#note399">[399]</a>. È una «notitia»
-<i>qualem pedaturam murorum veronensis civitatis
-pars domus episcopii sancti Zenonis praeteritis temporibus
-facere solita fuerit</i>.
-</p>
-
-<p>
-Al tempo della puerizia di Pipino, verso gli ultimi del
-700, essendo frequenti le irruzioni degli Ungari, Carlo M.
-pensò di riparare le più importanti città di confine e
-fra queste Verona, per la massima parte distrutta e «muros,
-turres, fossasque per urbis girum fecit adiectisque
-palis fixis a solo usque munivit». Ma allora <i>de faciendis
-muris et fossis</i> sorse una contesa <i>inter cives, et urbis
-judices, ac partem S. Zenonis</i>; perchè mentre i giudici
-volevano che l'episcopio contribuisse per la terza parte;
-la Chiesa (compresi in essa quattro monasteri, di cui tre
-regi e due xenodochi, pure regi) «quod ad comparationem
-tanti populi exigua esset», <i>volebat non tertiam
-<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
-sed quartam sicut antiquitus fuerat, dare</i>. E non si veniva
-a capo di nulla perchè da una parte il vescovo
-non voleva cedere e dall'altra la «pars publica» non
-poteva provare quello che sosteneva, sia perchè era
-passato molto tempo da che la città non era stata munita,
-sia perchè al tempo dei Langobardi «nihil indigebat,
-<i>publico studio munita</i>: si quid modicum ruebat, statim
-a vicario civitatis restituebatur». Finalmente si
-ricorse al giudizio di Dio, che riuscì favorevole al vescovo
-e pose termine ad ogni questione. Tanto che
-quando nell'837 l'imperatore Lotario mandò a Verona
-i suoi due messi Mario, conte di Berg, e Erimberto, vescovo
-di Lodi, al vescovado ed ai suoi soci fu affidato
-il rifacimento della quarta parte delle mura della città
-presso la porta nuova e dei muri del castello. E «opus
-illud perfecit».
-</p>
-
-<p>
-Sull'attendibilità e l'autenticità di questo documento
-nessuno ha sollevato dubbi: l'Hegel e il Mayer se ne
-servono per provare che le mura e le costruzioni difensive
-romane continuarono ad esistere anche nell'epoca
-langobarda; il Leicht per mettere in rilievo il saldo
-vincolo dal quale appaiono uniti i cives accanto al rappresentante
-del pubblico potere: e solo si deve tener
-presente che non è un vero e proprio atto pubblico, ma
-una memoria, una <i>notitia</i>, fatta redigere dalla chiesa
-veronese, qualche tempo dopo, a ricordo degli avvenimenti
-occorsile e a scopo di evitare possibili contestazioni
-future<a class="tag" id="tag400" href="#note400">[400]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
-</p>
-
-<p>
-Questo era da premettere per allontanare qualunque
-possibile obiezione da un documento che offre la prima
-prova sicura del mantenersi in Italia di una parte importantissima
-di sistemi di diritto pubblico prettamente
-romani.
-</p>
-
-<p>
-Non si può dubitare che, ancora nel secolo ottavo,
-la ragione per cui la «pars pubblica» veronese si riconosceva
-obbligata a contribuire alla terza parte dell'opera,
-si debba trovare nell'antica disposizione di Arcadio
-e Onorio<a class="tag" id="tag401" href="#note401">[401]</a>, passata integralmente nel Codice Giustiniano<a class="tag" id="tag402" href="#note402">[402]</a>,
-che assegnava alla riparazione delle mura
-ed al mantenimento delle terme la <i>tertiam partem de
-redditibus fundorum iuris reipublicae</i>; e può nascere
-questione soltanto nel determinare con esattezza a quale
-delle varie raccolte, in cui essa è stata inclusa, sia da
-attribuire. Io credo che non si debba pensare nè al Codice
-Teodosiano nè a quello Giustinianeo, ma sibbene
-al Breviario Alariciano: e ciò perchè l'<i>Interpretatio</i> visigotica
-trasforma la legge in maniera che si attaglia in
-modo perfetto alle condizioni dell'<i>Emilia</i> e della <i>Tuscia</i> — le
-due grandi regioni in cui era divisa l'Italia al
-tempo dei Franchi — quali ci sono mostrate dal documento
-di Verona e dalle fonti legislative, mentre non si
-potrebbe dire altrettanto del rimanente della penisola.
-</p>
-
-<p>
-Nel Breviario Alariciano la disposizione, di cui ci
-stiamo occupando suona così: <i>Quotiens aedificia vetustate
-consumpta necesse fuerit reparari, ad ipsam reparationem
-tertiam partem de proprio fiscus impendat</i>. Si è omessa
-ogni menzione della <i>subustio thermarum</i> e si è sostituita
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-l'espressione «fundi iuris reipublicae», che poteva dar
-luogo ad incertezze (per determinare se si fosse trattato
-di fondi del fisco o della città), con il termine <i>fiscus</i>, di
-indubbio significato. E la <i>notitia</i> veronese mostra chiaramente
-la partecipazione del fisco regio al riattamento
-delle mura, mentre un capitolare sicuramente italico
-parla di piazze e di cloache restaurate a totale carico
-dell'erario pubblico e di ponti e di «reliquis similibus
-operibus» mantenute dallo Stato in cooperazione con gli
-abitanti e con le singole chiese senza mai far parola di
-terme<a class="tag" id="tag403" href="#note403">[403]</a>. Invece nella parte inferiore dell'Italia centrale
-la <i>Summa Perusina</i><a class="tag" id="tag404" href="#note404">[404]</a> ricorda ancora le terme e solo
-ha una leggiera variante nell'indicazione dei redditi
-pubblici: <i>moenia publica et therma de tertia parte reditibus
-publicis reparetur</i>; e nell'Italia meridionale, attraverso
-alla concessione fatta nel 774 dal duca Arechi di
-Benevento al monastero di S. Sofia<a class="tag" id="tag405" href="#note405">[405]</a>, si vede limpidamente
-come, per tradizione o per testi giuridici, si sia
-mantenuto il sistema romano-bizantino delle terme e del
-loro riscaldamento per opera del fisco e dei cittadini. E
-se si mantenne nelle regioni langobarde, a più forte ragione
-è da pensare che si conservasse nella parte d'Italia
-rimasta più a lungo bizantina.
-</p>
-
-<p>
-Un solo testo, generalmente attribuito all'Italia, fa
-eccezione: la c. d. <i>Legge Romana Udinese</i>.
-</p>
-
-<p>
-Questa legge mostra evidentemente di avere calcato
-in questo punto, come in molti altri, il Breviario Alariciano
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-ma svisandolo e, conseguentemente, allontanandosi
-del tutto dalla massima romana e dalle applicazioni che,
-in modo non da per tutto uniforme, ma sempre inspirato
-ad identico concetto, essa ebbe in Italia. In questa, come
-abbiamo visto, si considerano due termini: le mura della
-città e le terme. Di quest'ultime il Breviario non parla,
-mentre estende la comprensione dell'altro termine a tutti
-gli edifici pubblici, con lo scopo evidente di imporre in
-un numero maggiore di casi l'obbligo della prestazione
-ai cittadini ed alla chiesa vescovile. Ora la legge c. d. romana
-udinese con la sua seconda interpr. alla legge I del
-libro XVI dice: <i>Si aliquis judex antiqua publici habitacionem
-in civitatem renovare voluerit, tercia parte cum
-adiutore fisci ipsum aedificium renovet</i>. Non solo non si
-parla più delle mura; ma, pure a voler passar sopra — conoscendo
-lo spropositato latino del compilatore — alla
-differenza fra una <i>reparatio</i> necessaria ed una <i>renovatio</i>
-voluta dall'«judex», anche il centro della disposizione
-è spostato perchè si parla di un'<i>habitacio</i> che riguarda
-unicamente l'«judex», al quale, se vorrà ripararla, verrà
-concessa la partecipazione del terzo della spesa da parte
-del fisco.
-</p>
-
-<p>
-Per questo punto almeno la c. d. Legge rom. udin. non
-ha certamente avuto applicazione in Italia. Non voglio
-dire che se ne possa senz'altro dedurre che perdano
-ogni vigore le numerose argomentazioni fatte per sostenerne
-l'italianità, dalle magistrali memorie dello Schupfer
-alle geniali supposizioni del Gaudenzi; ma sta il fatto
-che su una questione determinata con precisione e per
-la quale si hanno come termine di paragone documenti
-e testi sicuramente italiani, la legge romana udinese si
-è trovata in contrasto aperto.
-</p>
-
-<p>
-Dal documento veronese, dunque, si vede come alla
-riparazione ed al mantenimento delle opere pubbliche
-concorressero insieme, ed oltre ai <i>cives</i>, la Chiesa e lo
-Stato.
-</p>
-
-<p>
-Di questo fatto si hanno anche altre conferme.
-</p>
-
-<p>
-La partecipazione della Chiesa è provata da un Capitolare
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-italico, del quale Lodovico il Pio, riportandolo
-nel suo Capitolare dell'817, ci attesta la larga applicazione
-in Italia<a class="tag" id="tag406" href="#note406">[406]</a>. In esso si conferma l'<i>antiquam et justam
-consuetudinem</i> per la quale gli ecclesiastici erano obbligati
-alla costruzione dei ponti e di altre simili opere
-insieme <i>cum reliquo populo</i> e si stabilisce che il rappresentante
-della pubblica autorità non deve chiamarli direttamente
-al lavoro — <i>per alium exactorem ecclesiastici
-homines non compellantur</i> — ma deve rivolgersi al rettore
-della chiesa — <i>rector ecclesiae interpelletur</i> — e questi risponde
-dell'esecuzione del lavoro.
-</p>
-
-<p>
-L'esempio di Verona calza a capello anche a questo
-proposito: insieme col vescovado si vedono formare
-la quota della Chiesa varî monasteri e due xenodochi.
-</p>
-
-<p>
-E poichè si parla di <i>antiqua consuetudo</i> è più che
-probabile che le cose non procedessero con sistema diverso
-al tempo dei Langobardi, i quali, presumibilmente,
-lo ricevettero dai Goti attraverso alla breve dominazione
-bizantina.
-</p>
-
-<p>
-È al tempo dei Goti che la Chiesa cattolica comincia
-a staccarsi dallo Stato, per divenire la Chiesa di
-una sola parte — e della parte vinta — della popolazione;
-ed è allora che si può concepirla gravata di una
-parte dell'onere del rifacimento dei pubblici edifici. Il
-Codice Giustinianeo non ha accolto alcuna delle numerose
-costituzioni imperiali, che da Costantino in poi,
-avevano costituito alla Chiesa una condizione privilegiata
-in fatto di imposte e di esazioni ed ha equiparato
-in tutto e per tutto gli ecclesiastici ai laici, immobilizzandoli,
-al pari di questi, nelle singole circoscrizioni
-e sottomettendoli a quegli oneri che, prima <i>sordida munera</i>,
-son qualificati da lui come nobili e necessari; ma
-per quanto potesse colpirne i membri, non credo che
-la legislazione bizantina, che tanto si valeva della Chiesa
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-da affidarle funzioni pubbliche molto importanti, sia potuta
-giungere a concepire il <i>corpus</i> della Chiesa nel suo
-complesso come un congruo e possibile soggetto di esazione
-tributaria. A questo, secondo me, arrivarono senza
-sforzo i Goti che erano barbari ed ariani; distinti, cioè,
-per razza e per culto dai vinti, fra i quali non poteva
-essere difficile scorgere e colpire quella che formava la
-parte più importante della loro vita.
-</p>
-
-<p>
-Nè le cose dovettero passare altrimenti sotto i Langobardi:
-soltanto la collettività cittadina non avendo
-raggiunta sotto di loro quella consistenza della quale
-vigorosi sintomi economici non appaiono che alla fine
-del secolo ottavo ed ai primi del successivo, nè la Chiesa
-essendo ancora pervenuta all'importanza politica e sociale,
-riconosciutale da Carlo Magno; l'attività del rappresentante
-della pubblica autorità risaltava per modo
-da offuscare la partecipazione d'opere e di spesa alla
-quale, sotto la sua direzione ed il suo comando, i cittadini
-e la Chiesa dovevano sobbarcarsi<a class="tag" id="tag407" href="#note407">[407]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Per quel che concerne la partecipazione dello Stato
-alle opere pubbliche, le tracce forniteci dal documento
-veronese vengono illuminate, completate e prospettate
-nelle loro proporzioni nel quadro delle istituzioni cittadine
-del tempo, da un capitolare franco che, col carattere
-generale, proprio delle disposizioni legislative,
-affida che il caso di Verona è da considerarsi non come
-isolato e particolare ad una sola città, ma come un episodio
-corrispondente al sistema degli ordinamenti pubblici
-che reggevano le città italiane conquistate dai Franchi:
-sistema proprio e caratteristico dell'Italia e tutto
-affatto distinto da quello di ogni altra regione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il Capitolare tratta «de plateis vel cloacis curandis
-<i>unius cuiusque civitatis de regno Italiae</i> ut singulis annis
-curentur» e stabilisce che ciò sia fatto a cura e
-carico totale dello Stato — <i>non volumus quod exinde
-pandum aliquis ad partem palatii nostri persolvat</i><a class="tag" id="tag408" href="#note408">[408]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ora — si badi bene — una cura vigile delle cloache
-e delle piazze cittadine, di per sè stessa poco consona
-all'organizzazione statuale barbarica, non si può assolutamente
-concepire staccata da quel sistema delle angarie
-che, se ebbe una consistenza giuridica speciale nel
-sistema feudale, ebbe una applicazione non meno estesa
-nel precedente sistema barbarico. Perchè dei bisogni locali
-fossero soddisfatti dallo Stato senza un contributo
-specifico, destinato ad un particolare scopo, degli individui
-che ne erano avvantaggiati, ci voleva un paese nel
-quale fosse viva e forte la concezione dello Stato come
-un ente saldo ed omogeneo personificante l'insieme di
-tutti i cittadini. E questo paese, anche se la legge non
-lo dichiarasse in modo esplicito, non poteva esser che
-l'Italia. E la cosa è resa ancor più notevole dal fatto che
-tale tradizione appare non nei primi tempi della conquista
-langobarda, ciò che avrebbe potuto non recar
-meraviglia, ma quando essa è sostituita da quella franca.
-Dal confronto del documento veronese con il capitolare
-ora ricordato appare indiscutibile la partecipazione diretta,
-a spese proprie, dello Stato ad opere di pubblica
-utilità e necessità; partecipazione non sporadica e saltuaria,
-ma generale e sistematica, che i re franchi non
-avrebbero, non saprei dire se piuttosto subita o accolta,
-se una speciale condizione di cose non ve li avesse costretti.
-Nessun altro capitolare, infatti, parla mai di simile
-contribuzione da parte dello Stato.
-</p>
-
-<p>
-E anche questo elemento ebbe la sua importanza
-per la costituzione delle nostre città. L'autorità pubblica,
-che con il rapido e progressivo decadere del potere centrale,
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-si avviava al sistema feudale; costretta a supplire
-con mezzi propri alle necessità della difesa, rese sempre
-più impellenti dalle invasioni ognor più frequenti e minacciose,
-fu tratta fatalmente ad affidare tale onere (che le
-tristi condizioni della sua finanza e la debolezza dei suoi
-organi non le permettevano di sostenere) alle energie
-locali. Ma queste, giuridicamente non obbligate affatto o
-solo in parte, non vi si sobbarcarono che verso congrue
-concessioni che diminuirono sempre più la forza del
-governo centrale e dei suoi rappresentanti sulle città e
-le avviarono vigorosamente, attraverso al governo, notoriamente
-mite, dei vescovi, alla completa autonomia. I
-<i>cives</i>, infatti, erano anch'essi obbligati a contribuire,
-come abbiamo veduto a Verona, per una certa parte,
-e questo conferma anche per un altro lato l'ipotesi accennata
-or ora che, per rendere loro possibile di soddisfare
-a tali oneri fossero rilasciati alle città alcuni beni,
-anche quando, sotto il gastaldo, dipendevano direttamente
-dal re. La discordia ben nota, fra i duchi ed i
-gastaldi, fomentata dalle guerre intestine e dalle dissensioni
-fra il partito nazionalista e quello romanizzante,
-non fu nè la sola nè la principale causa per la quale,
-istigati e sorretti dal duca desideroso di abbattere la
-concorrente autorità del gastaldo — specialmente quando
-l'uno e l'altro coesistevano nella stessa città — i cittadini
-diminuirono sempre più la facoltà del gastaldo e
-del re sui beni pubblici.
-</p>
-
-<p>
-E da questo stato di cose derivò anche un'altra conseguenza.
-Quando l'elemento cittadino riprese vita e
-vigore, non si accontentò di un diritto di uso su quei
-beni, ma ne pretese la piena proprietà perchè ed in
-quanto considerò l'uso fino ad allora fattone non come
-un diritto in sè stesso finito, ma come la manifestazione
-esterna di un vero e proprio diritto di proprietà, capace
-di escludere ogni ingerenza dell'autorità pubblica.
-</p>
-
-<p>
-Non è soltanto a Verona che si vede l'insieme dei
-cittadini ben distinto dalla Chiesa e dalla <i>pars publica</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
-</p>
-
-<p>
-Lo stesso è a Cremona.
-</p>
-
-<p>
-Cremona resistè molti anni all'invasione langobarda,
-finchè nel 603 Agilulfo, che ne temeva grave pericolo
-per la vicinanza alla capitale mosse contro di essa, la
-conquistò e ne divise il territorio fra la <i>curtis regia</i> di
-Sospiro ed il ducato di Brescia<a class="tag" id="tag409" href="#note409">[409]</a>. E ciò per non disturbare
-i potenti duchi di Bergamo e di Brescia i quali
-fin dal momento dell'invasione avevano occupato gran
-parte del territorio di Cremona<a class="tag" id="tag410" href="#note410">[410]</a>. La città in breve risorse,
-favorita dalla sua felice condizione topografica;
-tanto che la troviamo ricordata nel famoso patto del 730
-fra Liutprando e i militi comaclensi<a class="tag" id="tag411" href="#note411">[411]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Mentre verso la metà del secolo nono Lodovico teneva
-il suo placito generale in Pavia comparvero Rothecario,
-Dodilo, Gudiberto <i>et ceteri habitatores de civitate Cremona</i>
-e proclamarono che il vescovo aveva fatto loro
-grandi ed ingiuste violenze riguardo alle loro navi costringendoli
-a pagare «ripaticum, palificturam seu pastum»
-(sono le imposizioni del patto del 730) che nè
-loro nè i loro parenti avevan mai pagato.
-</p>
-
-<p>
-L'imperatore mandò a Cremona il suo consigliere
-Teodorico, al ritorno del quale si tenne un nuovo placito;
-ma essendo apparso insufficiente il materiale di
-prova, si rimise la decisione della controversia ad un
-successivo placito che fu tenuto dallo stesso Teodorico
-«in domo ecclesiae» di Cremona nell'852<a class="tag" id="tag412" href="#note412">[412]</a>. Vennero
-di nuovo i sopradetti <i>habitatores cum reliquis habitatoribus
-de ipsa civitate</i> confermando le primitive accuse
-<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
-che il vescovo ingiustamente li costringeva agli stessi
-obblighi dei militi comaclensi. Ad essi il vescovo, dopo
-aver detto che a lui la <i>palifictura</i> e il ripatico spettavano
-di diritto «iuxta istud pactum quod Dominus b.
-m. Karolus inperator confirmavit», produsse idonei testimoni
-i quali provarono che quegli uomini che agivano
-«de ipso porto» contro la chiesa, <i>nec ipsi nec parentes
-sui naves habuerunt nisi tempore Pancoardi et Benedicti
-episcopi</i> e che fino ad allora avevano portato il sale da
-Comacchio comuniter con i militi comaclensi e <i>comuniter
-ripaticum et palificturam dabant</i> <span class="smcap lowercase">PARTI REGIE</span> <i>et</i> <span class="smcap lowercase">ECCLESIE
-CREMONENSI</span>; e che anche dopo che negli ultimi
-trent'anni cominciarono a commerciare con navi proprie
-da Comacchio, davano il ripatico e la palifittura.
-E la deposizione di questi testimoni fu così completa e
-convincente che Teodorico, dopo aver sentito dal gastaldo
-e dall'avvocato della regia corte di Sospiro che
-la corte stessa non aveva da accampare alcun diritto,
-giudicò che «ipsi homines ripaticum vel palificturam
-de suis navibus iuxta ipsum pactum de antea dare deberent».
-</p>
-
-<p>
-Da questo documento si vede come la vita cittadina
-cominciasse veramente a svolgersi a Cremona nei primi
-anni del secolo nono e che solo allora i cremonesi cominciarono
-a possedere navi proprie ed esercitare da
-sè stessi il commercio e ad affacciare pretese di indipendenza
-economica. Prima di allora il complesso della
-cittadinanza era ben distinta dalla Chiesa e dalla parte
-pubblica, ma formava un complesso incolore, incapace,
-a quanto pare, di possedere in proprio: almeno se stiamo
-a quel che si dice delle navi.
-</p>
-
-<p>
-Nè quest'affermazione è in opposizione con quanto
-sono venuto esponendo rispetto alla personalità giuridica
-della città; perchè accadde alle nostre città quello
-che era avvenuto in Roma ai <i>collegia tenuiorum</i>, i quali
-furono riconosciuti come capaci di diritto, quantunque i
-loro membri, singolarmente presi, non fossero soggetti
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-di diritto, per ragioni fiscali e di opportunità amministrativa.
-</p>
-
-<p>
-Di fronte alla fiacchezza congenita dello Stato barbarico,
-resa più grave dall'indebolimento proprio e caratteristico
-del periodo feudale; fra due grandi forze
-della società: lo Stato e la Chiesa; la vittoria doveva
-fatalmente arridere a quest'ultima, ricca di donazioni
-recenti e sempre più numerose: forte di antiche, care e
-solide tradizioni rinvigorite dallo spirito di romanità;
-centro non unico ma prevalente della cultura; salda in
-una organizzazione temprata dalle lunghe traversie.
-</p>
-
-<p>
-Erano ecclesiastici i due <i>exceptores</i> di Pavia e di Piacenza
-e così a Verona come a Cremona aveva arriso alla
-Chiesa l'esito del giudizio. E in qualche luogo essa
-giunse a coprire con un suo membro anche quell'ufficio
-di <i>curator</i> di così certa derivazione romana e di
-così incerta determinazione nel medio evo: a Lucca in
-un documento del 740 troviamo <i>Gaudentium presbitero
-in christo pater curator nostro</i><a class="tag" id="tag413" href="#note413">[413]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Alla Chiesa, dunque, prima che allo Stato è da rivolgere
-l'attenzione.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-7">§ 7.</h3> <p>— La religione cristiana ha esercitato sullo sviluppo
-della nostra civiltà un'influenza vasta e complessa
-che, considerata da un punto di vista generale e d'insieme,
-si comprende nell'espressione generica di azione
-della Chiesa; però gli elementi, di cui tale azione resulta,
-sono così ingenti per numero e così differenti per
-origine, per natura, per sviluppo e per intensità, che è
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-indispensabile una specificazione; e questa specificazione
-deve esser consona alla natura speciale dell'indagine
-presente.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Avendo per scopo lo studio della costituzione delle
-nostre città, è ovvio che ci si deve occupare dell'azione
-della Chiesa in tanto ed in quanto ha rapporto con essa;
-e, quindi, si deve stabilire fra le varie manifestazioni del
-fenomeno religioso una gradazione di importanza, per
-cui dalle forme di contatto più immediato e di azione
-più diretta si scenda alle ultime e più remote ripercussioni
-del sentimento religioso<a class="tag" id="tag414" href="#note414">[414]</a>. Siccome la Chiesa,
-oltre che come un unico grande corpo, si può considerare
-anche come la resultante della unione dei varî
-centri locali che la compongono; e questi, in quanto costituiscono
-l'organo intermediario fra quella ed i proprî
-fedeli, sono, per necessità, in continuo contatto con
-quei centri locali: è evidente che nel caso nostro il primo
-e principale istituto da studiare è quello con il quale la
-Chiesa si organizzò nella città e, cioè, la chiesa cittadina;
-e che si deve individuarlo ed esaminarlo di contro e di
-preferenza ad ogni altro. Inoltre, poichè questa indagine
-mira a valutare quale sia stata l'azione esercitata dalla
-Chiesa nel periodo langobardo-franco, deve basarsi, come
-punto di partenza e di paragone, sulla conoscenza di
-tale azione nel periodo anteriore: e questa conoscenza,
-alla sua volta, deve esser raggiunta esaminando come
-la Chiesa si è stabilita ed organizzata nella città e quali
-conseguenze ne sono derivate in rapporto alla vita cittadina.
-</p>
-
-<p>
-A risalire fino ai più antichi tempi ed a condurre
-l'indagine con questo criterio induce anche un'altra
-considerazione.
-</p>
-
-<p>
-La Chiesa primitiva per rendere più rapida e proficua
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-la propaganda e più salda l'organizzazione, ebbe
-gran cura di adattarsi il più possibile ai gusti, alle tendenze,
-ai costumi, alle usanze dei singoli luoghi e concesse
-ampia facoltà ai vescovi di adottare le formule ed
-i riti ritenuti più consoni alle varie popolazioni, lasciandoli
-arbitri di giudicare fino a qual punto questa che
-in alcuni casi, giunse ad esser piuttosto indipendenza
-che autonomia, fosse compatibile con l'unità dogmatica
-indispensabile alla Chiesa<a class="tag" id="tag415" href="#note415">[415]</a>. Solo dopo la metà del secolo
-quinto si comincia ad avvertire una qualche tendenza
-ad una unificazione specialmente nella Gallia<a class="tag" id="tag416" href="#note416">[416]</a>
-e nella Spagna<a class="tag" id="tag417" href="#note417">[417]</a>; ma in maniera così blanda, che non
-si andò più in là di un semplice coordinamento della
-dottrina e degli usi nell'ambito ristretto dei varî concilî
-sinodali e metropolitani. Oltre le grandi differenze che
-distinguono la chiesa latina da quella greca<a class="tag" id="tag418" href="#note418">[418]</a>; differenze
-notevoli si riscontrano fra le varie chiese componenti
-la prima e cioè l'italiana, la gallica e la spagnuola<a class="tag" id="tag419" href="#note419">[419]</a>;
-ed altre tutt'altro che insignificanti si riscontrano
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-pure fra i varî centri di ciascuna di esse.
-Nella nostra Italia, dove traccie numerose attestano la
-forza delle prische razze italiche, il lungo perdurare
-delle loro tradizioni<a class="tag" id="tag420" href="#note420">[420]</a> e il vigore del loro diritto<a class="tag" id="tag421" href="#note421">[421]</a>;
-nella nostra Italia, la terra classica delle città, questa
-varietà di liturgia, e non di liturgia soltanto, si manifestò
-più fortemente e persistè più a lungo che in ogni
-altro paese.
-</p>
-
-<p>
-Fra i numerosi <i>ordines officiorum</i>, che si cominciarono
-a raccogliere nelle cattedrali delle varie città dopo
-la lotta contro la simonia e per le investiture e che
-rappresentano una tendenza decisa verso l'unificazione
-generale; tendenza che fu accentuata e vittoriosa solo
-con Innocenzo III; fra questi <i>ordines officiorum</i>, dico, si
-riscontrano differenze profonde. E la cosa è tanto più
-notevole in quanto la diversità non appare soltanto fra i
-riti maggiori e più noti quali quello romano<a class="tag" id="tag422" href="#note422">[422]</a>, l'ambrosiano<a class="tag" id="tag423" href="#note423">[423]</a>,
-il ravennate<a class="tag" id="tag424" href="#note424">[424]</a>, e, magari, l'eusebiano dovuto
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-in gran parte al noto vescovo vercellese del secolo IV<a class="tag" id="tag425" href="#note425">[425]</a>;
-ma anche fra tutti gli altri: la chiesa fiorentina<a class="tag" id="tag426" href="#note426">[426]</a>
-mostra una liturgia ben differente da quella senese<a class="tag" id="tag427" href="#note427">[427]</a>,
-come da quella pisana<a class="tag" id="tag428" href="#note428">[428]</a>, dalla lucchese<a class="tag" id="tag429" href="#note429">[429]</a>, dalla
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-pistoiese<a class="tag" id="tag430" href="#note430">[430]</a> etc.; come quella piacentina<a class="tag" id="tag431" href="#note431">[431]</a> non si confonde
-affatto con la parmense<a class="tag" id="tag432" href="#note432">[432]</a> o la modenese<a class="tag" id="tag433" href="#note433">[433]</a> o la
-bolognese<a class="tag" id="tag434" href="#note434">[434]</a> o la padovana<a class="tag" id="tag435" href="#note435">[435]</a>. E così via. Ogni chiesa,
-per quanto fedele figlia di Roma e di professione ortodossa,
-ha riti e liturgie speciali tanto che nemmeno il
-concilio tridentino (che pure snaturò e capovolse tante
-istituzioni della Chiesa e volle ridurla ad assetto organico
-ed omogeneo) riuscì a rimuoverle del tutto.
-</p>
-
-<p>
-Ora queste differenze non si sarebbero mantenute
-tanto a lungo se non avessero risposto ad un'esigenza
-speciale dei luoghi e dei tempi; e non si sarebbero tenacemente
-radicate se non fossero state sinceramente
-sentite e fortemente volute. Siccome la Chiesa, in quanto
-proveniente da un'unica origine, ha dovuto avere in
-ogni tempo cura o almeno, tendenza precipua della sua
-unità di fede e di culto, è logico pensare che dove questa
-unità appare rotta od attenuata, ciò dipenda non da
-arbitrarî mutamenti dovuti a quella parte dell'elemento
-locale che costituiva per il suo carattere l'organo della
-Chiesa centrale, cioè, del clero; ma da infiltrazioni eterogenee
-e cioè laiche da quello dovute subire o che il
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-clero credette bene di accogliere. Dimostrare che tali deviazioni
-si manifestano da per tutto e differenti da luogo
-a luogo, significa dimostrare che non si trovavano in
-contraddizione col dogma e che cooperavano validamente
-alla sua diffusione e, cioè, che la organizzazione
-primitiva della Chiesa fu tale che comportò, se non
-resultò a dirittura di elementi particolaristici, tenuti insieme
-da un certo numero di vincoli e di legami generali.
-</p>
-
-<p>
-Rilevare ed esaminare questo aspetto della costituzione
-della Chiesa riguardo alla città significa conoscere
-una delle principali istituzioni della città stessa<a class="tag" id="tag436" href="#note436">[436]</a>. Le
-differenze di liturgia erano la conseguenza di concessioni
-destinate a soddisfare particolari e speciali esigenze che
-provenivano da differenze non già dogmatiche, ma etniche
-e territoriali, tanto più forti e, quindi, tanto più
-importanti quanto più a lungo si sono mantenute. Erano
-una manifestazione ed una conseguenza di differenze di
-natura laica e, perciò, un esame comparativo di esse può
-condurre a rilevare se e quanto del particolarismo, a
-tutti noto, delle nostre città nell'epoca comunale risalga
-nel tempo e può condurre ad offrire un termine di
-confronto per vedere e giudicare i mutamenti e le innovazioni
-prodottesi nel corso dei secoli. Si intravede
-così, se non m'inganno, qualche cosa (se non pure un
-vero e proprio lato) di quella corrente oscura ma innegabile
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-che ha fluito ininterrotta dalla repubblica di Roma
-alle repubbliche d'Italia e per esse, che dello Stato moderno
-posero le prime basi, al tempo nostro: corrente
-che ha congiunto queste a quella senza che lo splendore
-dell'Urbe spengesse o assorbisse ogni personalità
-delle altre città, le quali, invece, nel compenetrarsi di
-essa hanno trovato la forza ed il mezzo per conservare
-la parte più intima e più caratteristica di sè medesime.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'unità di misura e di base delle istituzioni della
-Chiesa fu la pieve. Il primo punto, da determinare è la
-consistenza e la natura dell'istituzione civile su cui la
-pieve s'insediò perchè solo in tal modo si può pervenire
-a determinare quale è stata l'azione della Chiesa,
-così rispetto al tempo romano, come a quello successivo.
-</p>
-
-<p>
-Già si è avuto occasione di rilevare che la pieve
-della città comprende la città ed il suburbio e che corrisponde
-in modo perfetto alla circoscrizione civile: per
-determinare quanta parte di tale coincidenza è dovuta
-alla Chiesa, è necessaria un'indagine relativamente ampia
-dell'istituzione su cui la Chiesa si adagiò e, cioè,
-del pago. Si avrà così anche il vantaggio di conoscerla
-non soltanto nella sua costituzione interna, ma anche
-nei rispetti e nei rapporti con le pievi rurali che la circondano
-e di avere un punto fisso onde giudicare se e
-quanto degli istituti anteriori all'invasione langobarda,
-si sia conservato per opera della Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Il pago ebbe una costituzione saldissima, a formare
-la quale hanno cooperato tre fattori: quello economico,
-quello civile e quello religioso, ognuno dei quali deve
-esser esaminato a parte.
-</p>
-
-<p>
-Cominciamo da quello economico.
-</p>
-
-<p>
-Il re Astolfo con un diploma dell'anno 753 fece ai
-monaci di Nonantola questa concessione: «in quibuscumque
-<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
-comitatis vel locis cellas acquisiveritis aut <i>villas
-ubi silve communes sunt</i>, vestram semper portionem
-habere<a class="tag" id="tag437" href="#note437">[437]</a>».
-</p>
-
-<p>
-Al suo tempo, dunque, il regno era costituito da
-comitatus divisi in <i>loci</i>, suddivisi in <i>ville</i> e <i>celle</i><a class="tag" id="tag438" href="#note438">[438]</a> e a
-queste ultime (celle e ville) potevano spettare delle selve,
-dei beni comuni. E questi diritti spettavano loro per
-un diritto di natura pubblica, perchè la concessione, in
-sostanza, è una limitazione che l'autorità regia stabilisce
-ed impone all'esercizio normale e giuridico (non già
-arbitrario) del proprio potere e questo non può esplicarsi
-che nel campo del diritto pubblico<a class="tag" id="tag439" href="#note439">[439]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Per precisare meglio la posizione giuridica dei beni
-comuni di queste minime circoscrizioni territoriali, occorre
-scendere per un momento a documenti molto posteriori
-per poi valersi di altri anteriori che da questi
-sono completati, mentre, alla lor volta, contribuiscono
-validamente a illuminare i primi.
-</p>
-
-<p>
-In un documento lombardo del 1201 si vedono esistere
-sino da antichissimo tempo varî pascoli e <i>vicanalia</i>
-nel <i>loco</i> Veliate<a class="tag" id="tag440" href="#note440">[440]</a>. <i>Vicanalia</i> in tutta l'Italia langobarda
-<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
-sono detti i beni comuni dei <i>vici</i>, compresi nelle
-loro circoscrizioni territoriali e ad essi spettanti<a class="tag" id="tag441" href="#note441">[441]</a>: dunque
-in un solo <i>locus</i> si trovavano più <i>vici</i> e ciascuno di
-essi aveva pascoli e beni comuni distinti e separati da
-quelli di tutti gli altri <i>vici</i> e — si può aggiungere — anche
-da quelli del <i>locus</i> stesso considerato nel suo complesso.
-Infatti fra le consuetudini di Milano ce ne è una<a class="tag" id="tag442" href="#note442">[442]</a>
-che distingue i beni comuni dei loci del distretto in <i>communia</i>
-e <i>vicanalia</i> e li distingue in modo che appare
-chiaro che i <i>communia</i> sono dei <i>vicanalia</i> sui quali il
-signore di tutto il distretto — <i>dominus cui est totum districtum</i> — ha
-una facoltà così estesa che in caso di vendita
-ha diritto alla metà del prezzo ricavatone. Questo <i>dominus</i>,
-in sostanza, è il rappresentante, la personificazione
-della giurisdizione del distretto<a class="tag" id="tag443" href="#note443">[443]</a> e siccome questo distretto
-è costituito dal <i>locus</i>, i <i>communia</i> si trovano rispetto
-al <i>locus</i> in un rapporto nel quale non si trovano i
-<i>vicanalia</i>. E poichè nella consistenza di fatto sono identici,
-<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
-come è dimostrato dalla consuetudine stessa che a proposito
-di <i>communia</i> parla del prezzo di «illarum omnium
-<i>viganalium</i>»; la differenza fra essi è costituita dalla
-presenza o meno di un rapporto diretto col <i>locus</i><a class="tag" id="tag444" href="#note444">[444]</a>. Infatti
-tanto nell'un caso come nell'altro la partecipazione
-e la presenza simultanea dei <i>domini</i> e dei <i>vicini</i>
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-al ricavato della vendita delle terre comuni o dei loro
-frutti, assicura che ci troviamo fuori da rapporti d'indole
-e di natura privata. Ma nel caso della vendita di
-<i>vicanalia</i> tutti i comunisti partecipano con eguali facoltà
-e nella medesima proporzione; mentre invece se si tratta
-di <i>communia</i>, il <i>dominus</i>, in quanto è investito di facoltà
-giurisdizionali sul distretto intiero, ha diritto alla metà
-del ricavato totale ed in quanto, poi, è comunista ossia
-possiede delle terre partecipa alla distribuzione della
-metà che rimane in proporzione delle terre stesse:
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-«<i>partem accipit pro parte terrarum quam in ipso loco
-habet</i>».
-</p>
-
-<p>
-I <i>vicanalia</i> sono beni destinati agli abitanti del vico
-per sopperire alle necessità proprie di ogni centro abitato
-in periodo economico di livello molto basso; prevale
-in essi la considerazione dell'elemento personale
-e, quindi, su di essi hanno indistintamente eguali diritti
-tutti coloro che abitano nel vico, sieno essi <i>domini</i> o
-semplici <i>vicini</i>. Invece i <i>communia</i> non sopperiscono ai
-bisogni delle persone ma a quelli dei fondi e la loro
-funzione è di completare l'ossatura economica del <i>locus</i>
-nei rispetti delle terre lavorative che lo compongono, le
-quali necessitano di altre terre che ne formano il complemento
-indispensabile. Su queste terre comuni a più
-fondi, i vicani hanno diritto solo se possessori dei fondi
-stessi ed in proporzione della loro entità. Ed inoltre,
-siccome i <i>communia</i> sono beni comuni per un rapporto
-di diritto pubblico che li distingue in modo assoluto
-dalle comunioni di terre originate dall'eventuale incontro
-di volontà di due o più proprietarî; colui che dell'autorità
-pubblica è il rappresentante nel distretto, ha
-su questi beni una facoltà preminente ed assoluta che
-in caso di vendita è valutata economicamente alla metà
-del ricavato totale.
-</p>
-
-<p>
-In un tempo in cui l'economia naturale predomina
-dappertutto; nessun'altra base per l'esercizio delle funzioni
-militari e politiche e amministrative tornava possibile
-e nessun'altra sarebbe stata più solida e appropriata
-del possesso della terra. Per questo ogni capo
-ottiene grandi possessi. Però accanto a questi possessi
-che alimentano l'economia privata di coloro che sono
-investiti dell'esercizio di pubbliche funzioni<a class="tag" id="tag445" href="#note445">[445]</a>, si hanno,
-sempre all'identico scopo di sostenere le funzioni stesse,
-altre facoltà sui beni comuni alle terre che formano ciascun
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-distretto. E si conosce anche l'entità di queste
-facoltà. Se al <i>dominus</i> (come ci attesta il Libro delle
-consuetudini milanesi) in quanto <i>dominus</i> spettava la
-metà dell'intiero ricavato della vendita di un bene comune,
-la sua autorità doveva valere in eguale proporzione
-anche nella deliberazione da cui la vendita traeva
-origine, perchè la vendita non è che la conseguenza e
-la manifestazione esterna di un atto volitivo, a formare
-il quale hanno cooperato le varie volontà aventi diritto
-su quel bene comune.
-</p>
-
-<p>
-La stessa distinzione fra <i>communi</i> e <i>vigano</i><a class="tag" id="tag446" href="#note446">[446]</a>, fra
-<i>communantiae</i> e <i>viganalia</i><a class="tag" id="tag447" href="#note447">[447]</a>, si trova in documenti anteriori
-all'epoca in cui le consuetudini milanesi sono
-state raccolte<a class="tag" id="tag448" href="#note448">[448]</a> e si conserva inalterata negli statuti
-posteriori<a class="tag" id="tag449" href="#note449">[449]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E la continuazione ininterrotta da tempo remotissimo
-è provata dal sussistere di nomi della bassa latinità e
-perfino del parlare comune e volgare.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-</p>
-
-<p>
-Un documento laudense del mille<a class="tag" id="tag450" href="#note450">[450]</a>, per esempio,
-parla di<i> vicanalibus atque conciliis</i>. Che i <i>concilia</i> sieno
-qui rispetto al <i>vicanalia</i> quello che nei documenti ricordati
-or ora sono i <i>vicanalia</i> rispetto ai <i>communia</i>, non
-mi pare si possa negare. Prima di tutto resulta dal contesto
-e poi, in ogni modo, l'atto aggiunge subito dopo:
-«cum <i>ecclesiis</i> et <i>capellis</i>», mettendo in correlazione
-evidente l'<i>ecclesiae</i> con i <i>vicanalia</i> e le <i>capellae</i> con i
-<i>concilia</i>; ed il termine <i>ecclesia</i>, — ne ha data da più di
-un secolo completa dimostrazione il nostro vecchio e
-bravo Lupi — di regola indica esclusivamente le pievi,
-delle quali se ne aveva una per ogni capoluogo<a class="tag" id="tag451" href="#note451">[451]</a> di
-fronte agli oratorî e alle cappelle private liberamente
-sparse per il pago.
-</p>
-
-<p>
-Nè si hanno <i>concilia</i> solo a Lodi: si sa di <i>concelibus
-locis</i> a Gravedona<a class="tag" id="tag452" href="#note452">[452]</a> e nel Canton Ticino<a class="tag" id="tag453" href="#note453">[453]</a>, di <i>concilibus
-locas</i> sul Lago Maggiore<a class="tag" id="tag454" href="#note454">[454]</a> e a Bergamo<a class="tag" id="tag455" href="#note455">[455]</a>, di <i>concilibus
-locis</i> in quel di Como<a class="tag" id="tag456" href="#note456">[456]</a>. E se ne possono trovare
-anche altri esempi; mentre io mi limito a quel tanto
-che mi sembra sufficiente a dimostrare che il fatto è
-generale.
-</p>
-
-<p>
-Ma non c'erano soltanto terre pertinenti ad un solo
-<i>concilium</i>: ce ne erano anche di pertinenti a più <i>concilia</i>
-insieme e che si chiamavano <i>interconciliaricia</i>; e
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-come i varî <i>concilia</i> facevano capo al <i>vicus</i>; così questi
-beni erano <i>interconciliaricia</i> rispetto ai <i>concilia</i>, ma
-<i>communia</i> rispetto al vico, il quale costituiva una circoscrizione
-maggiore ed unitaria che li comprendeva ed
-univa tutti. <i>Interconciliaricia</i> è una parola sicuramente
-e genuinamente romana e, quindi, lascia supporre che
-anche l'altra parola <i>concilia</i> sia un'antica parola romana
-o volgare, accolta dai compilatori dell'Editto langobardo,
-perchè già in uso nella pratica. Rotari, infatti, distingue
-nettamente il <i>concilium</i> dal <i>vicus</i>: ambedue sono rustici,
-ma il primo, distinto anche topograficamente dal secondo,
-è considerato come l'infima suddivisione dello
-Stato e composta di elementi servili<a class="tag" id="tag457" href="#note457">[457]</a>. Del resto a confermare
-che l'antica ossatura romana rimase inalterata,
-si può fare anche un'altra considerazione. Il sistema
-dell'agricoltura non muta dall'epoca romana nella successiva<a class="tag" id="tag458" href="#note458">[458]</a>
-e, quindi, è presumibile che nemmeno la parte
-dell'organizzazione dei <i>vici</i> relativa ad essa abbia subito
-modificazioni.
-</p>
-
-<p>
-Aggruppati nel respettivo pago questi <i>vici</i> formavano,
-insieme con le minori suddivisioni nelle quali si frazionavano,
-dei complessi omogenei ed organici. Siculo
-Flacco attesta che della <i>munitio</i> delle vie vicinali erano
-incaricati i <i>magistri pagorum</i>, i quali dovevano curare la
-prestazione delle opere necessarie da parte dei possessori<a class="tag" id="tag459" href="#note459">[459]</a>
-ed avevano anche altri ufficî, conservati loro
-dalle leggi teodosiane e giustinianee e dalla consuetudine<a class="tag" id="tag460" href="#note460">[460]</a>,
-che mostrano chiaramente che il pago ed i suoi
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-<i>magistri</i> erano il centro ed il perno dei varî <i>vici</i> di cui
-esso è composto, e che tale condizione di cose si è mantenuta
-per secoli e secoli con modificazioni scarse e
-minime.
-</p>
-
-<p>
-Per quanto cautamente si proceda non si riesce a
-trovare una differenza fra le disposizioni delle fonti romane
-e quelle del secondo capitolo mantovano generale
-con cui Carlo Magno si duole che per la dolosa complicità
-dei <i>magistri</i> (consentientibus magistris), alcuni riescano
-a sottrarsi all'obbligo della restaurazione della
-chiesa battesimale<a class="tag" id="tag461" href="#note461">[461]</a>. Quest'obbligo dalle più vetuste
-fonti è ricordato sempre insieme con quello della restaurazione
-delle strade, dei ponti e delle mura ed insieme
-con esso — come abbiamo veduto — è sempre qualificato
-come <i>antiqua consuetudo</i><a class="tag" id="tag462" href="#note462">[462]</a>; ciò che ci assicura
-che il sistema non è stato importato dai Franchi e ci
-spinge, anche per questo lato, a ricercare la riconnessione
-dell'onere verso la chiesa con l'onere verso lo
-Stato nel tempo romano ed a rilevare fino da ora la
-posizione subordinata che in questa opera di conservazione
-s'intravede aver avuto la Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-E ciò si vedrà ancor meglio continuando l'individuazione
-del pago dal lato religioso.
-</p>
-
-<p>
-Il pago romano aveva <i>feriae</i> speciali che traevano
-origine dalla sua natura economica e corrispondevano
-alla sua costituzione civile<a class="tag" id="tag463" href="#note463">[463]</a>. Un solo
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-tempio — <i>compitum</i> — serviva a tutti gli abitanti, i quali, uniti nei
-<i>sacra</i> che si facevano nei crocevia in onore dei Lari e
-nelle varie lustrazioni con le quali si invocava dalla divinità
-che le messi e le sementi granissero — <i>ambarvalia</i> — e
-crescessero — <i>feriae sementivae</i> —<a class="tag" id="tag464" href="#note464">[464]</a> erano
-ancor maggiormente stretti fra loro da una processione
-che girava torno torno ai confini e ne faceva annualmente
-così esatta ricognizione che oltre a fornir materia
-ai poeti<a class="tag" id="tag465" href="#note465">[465]</a>, se ne potevano valere agrimensori e
-giuristi<a class="tag" id="tag466" href="#note466">[466]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I medesimi bisogni, lo stesso timore di eguali pericoli,
-la medesima speranza in un soccorso divino<a class="tag" id="tag467" href="#note467">[467]</a>,
-per la nota adattabilità della Chiesa cristiana, fecero sì
-che i riti della nuova religione fossero quanto mai simili
-a quelli dell'antica: la <i>plebs</i> al posto del <i>compitum</i>; chiamati
-i fedeli dal caro e ben noto suono delle stesse campane
-che avevano chiamato a quello i gentili<a class="tag" id="tag468" href="#note468">[468]</a>; accolte
-per la maggior parte le vecchie usanze dalla mietitura alla
-vendemmia<a class="tag" id="tag469" href="#note469">[469]</a>; sostituito il contenuto (e non tutto) ma
-non la forma dei canti lustrali con le litanie, suppliche
-solenni, in forma dialogata, appositamente adottate, per
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-invocare la protezione divina sopra i beni della terra,
-che si recitavano nelle stesse epoche percorrendo gli
-stessi itinerarî che per secoli avevano percorso le lustrazioni,
-attraverso gli stessi vici e gli stessi campi nei <i>pagi</i>
-rustici; uscendo e rientrando per le stesse porte e passando
-per le stesse vie e per gli stessi crocicchi nel
-pago cittadino al quale, superato lo stadio primitivo in
-cui la città coltivava divinità diverse e superiori a quelle
-del suburbio, fu aggregato anche il pago suburbano<a class="tag" id="tag470" href="#note470">[470]</a>.
-E come la <i>lustratio</i> e le altre funzioni del culto particolare
-della città erano affidate ai <i>Flamines</i><a class="tag" id="tag471" href="#note471">[471]</a>, mentre
-nei più larghi confini a cui giungeva l'autorità della
-magistratura cittadina, ogni incombenza di culto spettava
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-al <i>Sacerdos</i>; così il vescovo, capo della diocesi,
-è indicato paganamente col nome di <i>sacerdos</i><a class="tag" id="tag472" href="#note472">[472]</a> e, accanto
-a lui, è, non meno romanamente, qualificato come
-<i>municipalis</i> — al pari dell'antico flamine — l'arciprete
-che è preposto agli abitanti della città e del suburbio<a class="tag" id="tag473" href="#note473">[473]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il cristianesimo continuò la stessa precisa via del
-paganesimo e cementò e rafforzò sempre più la preesistente
-e persistente unità del pago. Fu suo principio
-assoluto che non vi potesse essere che una sola pieve
-in una medesima circoscrizione plebana: <i>plures ecclesiae
-baptismales in una terminatione esse non possunt</i><a class="tag" id="tag474" href="#note474">[474]</a>;
-che non si potessero frazionare le diocesi primitive altro
-che in caso di necessità evidente riconosciuta ed in ogni
-modo e sempre con le maggiori cautele; nè si potessero
-ridurre pievi a semplici cappelle<a class="tag" id="tag475" href="#note475">[475]</a>, nè creare
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-nuove pievi, quantunque normalmente si trovassero a
-molta distanza fra loro<a class="tag" id="tag476" href="#note476">[476]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Le pievi furono erette nel capoluogo dei singoli
-<i>pagi</i>, di cui constava ogni <i>civitas</i> e ad esse accorrevano
-i fedeli di tutti i <i>vici</i> circostanti e delle <i>villae</i> pertinenti
-al pago stesso per partecipare nei giorni stabiliti alla
-sacra sinassi e prender parte agli uffici divini<a class="tag" id="tag477" href="#note477">[477]</a>. Verso
-la fine del quarto secolo e ancor più in seguito, furono
-costruite nella maggior parte dei <i>vici</i> del pago altre
-piccole chiese, oltre che nelle ville e nei fondi dei ricchi;
-ma furono soggette alle chiese più antiche del territorio
-ove si trovavano<a class="tag" id="tag478" href="#note478">[478]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-</p>
-
-<p>
-Come al capoluogo del <i>pagus</i> erano soggetti civilmente
-i <i>vici</i>, i <i>castra</i> e le <i>villae</i>, di cui constava; così
-le <i>basilicae</i> e gli <i>oratoria</i> compresi nella circoscrizione
-delle singole pievi, furono messi alla dipendenza rigida
-e diretta dell'<i>ecclesia</i> matrice e dell'arciprete che ne era
-a capo; ed i confini ecclesiastici coincidettero perfettamente
-con quelli civili in tutta l'Italia<a class="tag" id="tag479" href="#note479">[479]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La città per questo lato, s'inquadra nelle stesse linee
-generali. Al pari di ogni pago ebbe (come si è veduto
-nei primi paragrafi di questa seconda parte) il suo
-territorio — <i>territorium civitatis</i> —<a class="tag" id="tag480" href="#note480">[480]</a> che per la sua posizione
-(<i>sub urbe</i>) fu indicato col nome di suburbio, separato
-dal contado e comprendente le sue terre ed i
-suoi beni comuni, ben distinti dalle altre terre pubbliche
-e private e costituì un organismo in sè stesso finito
-e capace di sopperire quasi completamente a sè stesso.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-</p>
-
-<p>
-La cattedrale era la sua pieve, nella quale risiedeva
-con il vescovo anche l'arciprete<a class="tag" id="tag481" href="#note481">[481]</a> e che era la pieve
-della città per eccellenza: <i>plebs civitatis</i><a class="tag" id="tag482" href="#note482">[482]</a>, <i>plebs de civitate</i><a class="tag" id="tag483" href="#note483">[483]</a>,
-<i>plebs brixiana</i><a class="tag" id="tag484" href="#note484">[484]</a>, <i>plebs, ecclesia mediolanensis</i><a class="tag" id="tag485" href="#note485">[485]</a>,
-etc. e la matrice di tutte le altre chiese che si
-trovavano nella città e nel suburbio. Ad essa sola spettava
-conferire il battesimo, amministrare i sacramenti,
-celebrare la sacra sinassi, convocare la popolazione alla
-celebrazione dei divini ufficî e ricevere le oblazioni dei
-fedeli<a class="tag" id="tag486" href="#note486">[486]</a>. Nelle grandi solennità di Natale, della Pentecoste,
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-della Pasqua e dell'Ascensione alla chiesa della
-città dovevano recarsi tutti i fedeli della diocesi<a class="tag" id="tag487" href="#note487">[487]</a> perchè
-vi si trovava il vescovo che era capo spirituale di
-tutti: ma in tutto il resto dell'anno, essa funzionava
-come una qualunque pieve e godeva di eguali prerogative.
-</p>
-
-<p>
-Era obbligatorio in modo assoluto per tutti coloro
-che abitavano nella città e nel suburbio di assistere ai
-divini ufficî nella cattedrale perchè soltanto ad essa si doveva
-convenire — <i>legiptimus est ordinatus conventus</i><a class="tag" id="tag488" href="#note488">[488]</a> — così
-come dopo morti non potevano essere seppelliti in
-altro cimitero che in quello della cattedrale. Entro la città
-erano altre chiese ed oratorî; ma lettere e decisioni di
-papi, rituali antichissimi, canoni di concilî e documenti
-varî<a class="tag" id="tag489" href="#note489">[489]</a> attestano tutti unitamente che non vi si potevano
-celebrare messe, nè amministrare il battesimo, nè
-fare le vigilie negli anniversari dei santi. Neanche il vescovo,
-nonchè concedere l'autorizzazione ad un prete,
-poteva dir messa in un oratorio<a class="tag" id="tag490" href="#note490">[490]</a>: si arrivava fino al
-punto di ritenere che fosse meglio non ascoltare e non
-celebrare la messa piuttosto che celebrare o assistere al
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-sacrificio divino fuori della pieve<a class="tag" id="tag491" href="#note491">[491]</a>; anzi della propria
-pieve, perchè l'obbligo era tanto rigoroso che prima di
-incominciare le funzioni l'officiante doveva domandare
-ai fedeli se fra di loro ve ne fosse alcuno appartenente
-ad altra pieve e la ragione per cui aveva abbandonato
-il suo pastore<a class="tag" id="tag492" href="#note492">[492]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il pago suburbano si trovava rispetto alla città nello
-stesso rapporto che il territorio di ogni pago rurale rispetto
-al proprio capoluogo. Però se la natura del rapporto
-di soggezione sostanzialmente non differiva, non
-si poteva dire altrettanto dei due termini del rapporto
-stesso, perchè nel suo contenuto intrinseco, nè alla città
-può essere equiparato il centro rurale, nè al suburbio
-di quella il territorio di questo. La città, infatti, giunge
-ad esistere solo quando il nucleo originario ha raggiunto
-un certo numero di elementi naturali, artificiali e giuridici
-di cui i centri rurali sono privi e la sua consistenza
-di centro urbano si assoda col differenziarsi da essi:
-allora essa lega a sè con vincolo diretto una quantità
-determinata dal territorio che la circonda e l'assoggetta
-al regime giuridico più conveniente al proprio sviluppo;
-ciò che fa nascere una nuova differenziazione fra questo
-ed il rimanente territorio soggetto alla città. Abbiamo
-vedute alcune delle caratteristiche giuridiche così del
-centro murato come dei <i>mille passus</i> e dei loro rapporti
-scambievoli: vedremo ora le ulteriori conseguenze che
-da tale stato di fatto e di diritto derivano, così per la
-natura speciale della pieve come per l'intima connessione
-delle istituzioni ecclesiastiche con quelle civili.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
-</p>
-
-<p>
-Verso la fine del secolo ottavo cominciano ad apparire
-i primi segni di due fenomeni, l'uno sostanzialmente
-economico, l'altro prevalentemente religioso, che
-per vie diverse iniziarono un movimento simultaneo e
-convergente il quale nella pieve cittadina, e soltanto
-in essa, ruppe la coincidenza delle circoscrizioni ecclesiastiche
-con quelle civili e allargò le prime, lasciando
-le seconde immutate, a tutto vantaggio dei vescovi, ai
-quali fornì il primo e principale coefficiente per ottenere
-dall'autorità pubblica quelle ingenti concessioni di territorio
-suburbano, che caratterizzano l'inizio e il primo
-periodo della loro signoria: concessioni che, nella loro
-generalità, furono il riconoscimento giuridico pubblico
-di uno stato di fatto che già esisteva e che non fu
-punto creato da esse; che segnarono il momento forse
-più appariscente, ma non certo costitutivo, di un fenomeno
-maturatosi indipendentemente da ogni azione diretta
-del potere regio ed imperiale.
-</p>
-
-<p>
-Il risveglio economico generale, di cui appare qualche
-barlume negli ultimi tempi langobardi e che si accentua
-sempre più in seguito, specialmente lungo la grande
-arteria padana, si manifestò anche nel territorio
-rurale dove l'aumento di popolazione prodottosi nelle
-città, centro prevalente degli scambi, rese necessario
-un aumento dei mezzi di sussistenza, per produrre
-il quale fu messa a coltura una quantità di terre sempre
-maggiore, scelta di preferenza entro e vicino alle
-città. E poichè le disponibilità offerte dal territorio
-suburbano erano minori che altrove, perchè, appunto
-per la sua vicinanza alla città, non era mai stato disertato
-del tutto di lavoratori, si mise mano non di rado
-a lavorare anche le terre comuni e, fra queste, talvolta,
-anche quelle pubbliche, le quali, per l'esigenza delle
-necessità sociali cui dovevano soddisfare, si trovavano
-a non molta distanza dalle mura<a class="tag" id="tag493" href="#note493">[493]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
-</p>
-
-<p>
-Su queste zone, così guadagnate alla coltura, i vescovi,
-forti dell'appoggio delle leggi franche, non mancarono
-di imporre una decima, la quale in vista e ragione
-dei beni, fino ad allora nuovi all'opera agricola,
-fu appunto, chiamata <i>decima novalium</i>.
-</p>
-
-<p>
-E questa decima speciale ci servirà appunto di strumento
-d'indagine per rintracciare la speciale condizione
-del territorio suburbano; così come l'istituto generale
-della decima ci ha servito a rilevare il quadro generale
-dei rapporti fra le divisioni territoriali dello Stato e
-quelle della Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Con la riscossione della <i>decima novalium</i> non si iniziò
-una vera e propria trasformazione giuridica: quelle
-terre incolte, sia private che pubbliche, pertinevano alla
-città: i frutti che di esse si dovevano alla chiesa, spettavano,
-quindi, alla chiesa della città e, per essa, al
-vescovo che ne era a capo. Ma ciò nonostante — senza
-fermarci ora a considerare l'aumento di importanza e
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-di forza che questo aumento di redditi conferiva al vescovo
-di fronte alla immutata e quindi, in confronto,
-diminuita condizione del rappresentante del potere pubblico
-entro la città — merita di esser rilevato un fatto.
-Prima il territorio parrocchiale di decimazione corrispondeva
-in modo perfetto al suburbio, e, perciò, siccome
-questo si distingueva dalle terre pubbliche e comuni,
-anche se comprese entro il suo perimetro, anch'esso se
-ne era distinto. Ora l'antica armonia delle divisioni ecclesiastiche
-con quelle civili cominciò ad esser turbata
-a danno di quest'ultime, le quali per di più furono
-sorpassate, dalla Chiesa anche per un altra via.
-</p>
-
-<p>
-Il forte sentimento religioso dell'epoca — troppo
-noto perchè occorra anche solo accennarne le prove — produsse,
-insieme con le frequenti fondazioni di oratorî
-e di cappelle, altrettante donazioni di terre per il loro
-mantenimento. Di tali chiese, numerose da per tutto,
-non poche furono costruite anche vicino alle città. In
-questo caso poteva avvenire che i fondi donati all'oratorio
-fossero tutti situati entro il suburbio e si estendessero
-solo <i>usque ad suburbii fines</i><a class="tag" id="tag494" href="#note494">[494]</a>; ma più frequentemente
-avveniva che se ne spingessero al di fuori.
-Allora, siccome facevano capo all'oratorio e questo — per
-la decima — alla città; quest'ultima, prevalente sulla
-chiesa rurale per la superiore autorità del vescovo di
-fronte a quella dell'arciprete, di tanto estese i suoi confini
-di decimazione a detrimento di quella di quanto
-spazio tali terre occupavano entro i suoi confini. Si
-aggiunga che non di rado simili fondazioni e dotazioni
-erano dovute a gruppi, relativamente numerosi, di persone
-che si riunivano a questo scopo<a class="tag" id="tag495" href="#note495">[495]</a>. La quantità
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-delle terre donate, allora, era anche maggiore e la loro
-estensione più ampia: erano germi fecondi di nuovi
-centri imminenti, nuclei di prossime <i>villae</i>, quando non
-erano veri e proprî <i>vici</i> addirittura, che venivano a
-formare con l'antico territorio suburbano un unico
-<i>territorium decimationis</i> (come dicono i documenti)<a class="tag" id="tag496" href="#note496">[496]</a>,
-i cui confini — <i>fines, confines decimariae</i> — si allontanavano
-sempre più dal perimetro del suburbio civile.
-</p>
-
-<p>
-Ad Asti si parla fino dal secolo nono di <i>quicquid de
-decimis amplius adiacet civitati</i>:<a class="tag" id="tag497" href="#note497">[497]</a> e si può ritenere antica
-di secoli la tripartizione che delle decime cittadine
-fa un documento bresciano del secolo decimosecondo,
-che ricorda le decime dei cittadini, dei suburbani e del
-territorio appartenente alla pievania cittadina: <i>omnes
-decimas civium et suburbanorum</i> <span class="smcap lowercase">ET TERRITORII AD CIVITATIS
-PLEBATICUM PERTINENTIS</span>.<a class="tag" id="tag498" href="#note498">[498]</a>
-</p>
-
-<p>
-Naturalmente questa espansione fu tutt'altro che regolare
-in quanto si manifestava e si accentuava a seconda
-del capriccio dei fondatori; per modo che mentre in alcuni
-punti i confini ecclesiastici ancora coincidevano
-con quelli civili, in altri se ne allontanavano di poco ed
-in altri anche di qualche miglio. A Bergamo, per esempio,
-a detta di una testimonianza della prima metà del
-mille e cento, erano considerati come sacerdoti cittadini
-tutti i sacerdoti delle chiese della città, dei sobborghi e
-delle <i>villae.... circa civitatem illam duo miliaria et in
-tali parte etiam infra tria et infra quatuor et ultra</i><a class="tag" id="tag499" href="#note499">[499]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Circa nello stesso periodo di tempo la pieve cittadina
-cominciò a differenziarsi da quella rurale anche
-per un altro lato, che ne tocca più da vicino la costituzione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-</p>
-
-<p>
-I cristiani, fino dai primissimi tempi, ebbero grande
-venerazione per coloro che erano morti per la fede soffrendo
-il martirio o che avevano condotta una vita di
-devozione e di sacrificio: ne raccolsero con cura amorosa
-i resti mortali e tributarono loro un gran culto<a class="tag" id="tag500" href="#note500">[500]</a>; tanto
-che, avendo l'abitudine di raccogliersi a pregare, oltre
-che le domeniche ed insieme con il vescovo, anche tutti
-gli altri giorni e privatamente, preferirono sopratutto
-quei luoghi dove i confessori avevano subito il martirio
-od erano tumulati i loro corpi o raccolte le loro
-reliquie e quivi furono erette chiese precipuamente destinate
-al culto di essi e che ebbero, appunto perciò,
-il nome di oratoria, martiria e memoriae<a class="tag" id="tag501" href="#note501">[501]</a>; mentre, già
-dal tempo di Costantino, abolendosi a questo riguardo
-le antiche disposizioni romane<a class="tag" id="tag502" href="#note502">[502]</a>, cominciò l'uso delle
-traslazioni<a class="tag" id="tag503" href="#note503">[503]</a> e divenne ben presto norma comune e
-molto osservata quella di consacrare le basiliche col collocarvi
-reliquie di santi<a class="tag" id="tag504" href="#note504">[504]</a>, che con la maggior solennità
-venivano deposte sotto gli altari<a class="tag" id="tag505" href="#note505">[505]</a>; e ivi celebrare
-in modo speciale i loro <i>dies festi</i> che erano l'anniversario
-della morte o del martirio<a class="tag" id="tag506" href="#note506">[506]</a>. In queste chiese nei
-primi tempi non si faceva alcun servizio di culto, come
-non si faceva in alcun'altra chiesa all'infuori di quella
-matrice e solo vi si recitavano orazioni, salmi ed inni<a class="tag" id="tag507" href="#note507">[507]</a>;
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-e gli ecclesiastici che vi si trovavano non dovevano nè
-potevano far altro che assistere i fedeli in tali orazioni
-e curare la custodia e la conservazione dell'edificio e
-dei sacri arredi. Però verso la fine del secolo secondo,
-probabilmente per iniziativa ed opera di Gregorio Taumaturgo,
-si cominciò a solennizzare con maggior devozione
-del solito l'anniversario della morte, il natale dei
-santi più venerati<a class="tag" id="tag508" href="#note508">[508]</a>. Il vescovo con tutto il clero ed il
-popolo con grande pompa si recava in processione dalla
-cattedrale alla chiesa del santo ed ivi, oltre alla recitazione
-degli inni e delle salmodie particolari a quel santo,
-compiva anche tutti quegli uffici del culto che abitualmente
-si celebravano nella chiesa matrice. Nel quarto
-secolo queste processioni si celebravano già numerose
-volte dell'anno per uno stesso santo, come ci fanno sapere
-sant'Ambrogio e sant'Agostino<a class="tag" id="tag509" href="#note509">[509]</a> ed in seguito
-aumentarono tanto che nel secolo ottavo l'officiante,
-prima di prendere commiato dal popolo, ebbe costume
-di annunziare in qual chiesa si sarebbe officiato la volta
-successiva<a class="tag" id="tag510" href="#note510">[510]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Queste processioni e le relative officiature fin dall'epoca
-più remota — <i>iuxta antiquam ecclesiae observantiam</i> — come
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-dice il vescovo Amulone che pontificò a
-Lione sulla metà del secolo nono<a class="tag" id="tag511" href="#note511">[511]</a>, si fecero in giorni
-determinati e solo in quelle chiese che per le reliquie
-di santi molto venerati, ne furono dichiarate e riconosciute
-meritevoli: ciò che fece nascere fra tali chiese e
-la cattedrale un vincolo ed un rapporto che non esisteva
-con le altre chiese private. Inoltre la consuetudine romana
-della posizione dei cimiteri fuori delle mura<a class="tag" id="tag512" href="#note512">[512]</a>,
-insieme con il sistema, osservato scrupolosamente per
-molti secoli dalla Chiesa, di non rimuovere le reliquie
-che in via eccezionale<a class="tag" id="tag513" href="#note513">[513]</a> e senza disgregarne e separarne
-le varie parti, (come si fece in seguito<a class="tag" id="tag514" href="#note514">[514]</a>) e, sopra
-tutto, la proibizione rigorosa di deporre corpi di santi in
-oratorî di campagna<a class="tag" id="tag515" href="#note515">[515]</a>, ci spiega facilmente come la costruzione
-di simili cappelle fosse frequente dentro ed in
-prossimità delle mura; mentre, d'altra parte, il sistema
-preferito della Chiesa, di andare ad occupare proprio
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-gli stessi edificî che prima erano adibiti al culto pagano,
-portava pure che nella città e nel suburbio, ove più numerosi
-erano stati i templi e le divinità pagane, più
-numerose fossero le nuove chiese e risentissero della
-precedente organizzazione.
-</p>
-
-<p>
-La frequenza dei fedeli presso queste chiese fu tanta
-che il vescovo, oltre a recarvisi varie volte all'anno insieme
-con tutto il clero, fu costretto a stabilire un turno
-settimanale fra i sacerdoti della cattedrale perchè ve ne
-fosse sempre qualcuno ad assisterli e guidarli nella recitazione
-delle preghiere e dei salmi<a class="tag" id="tag516" href="#note516">[516]</a>.
-</p>
-
-<p>
-A Milano, fino dal secolo nono si ha traccia di <i>decomani</i><a class="tag" id="tag517" href="#note517">[517]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-</p>
-
-<p>
-La forma <i>decomanus</i>, <i>degomanus</i> e <i>dogmanus</i> è da considerare
-come una varietà derivata dalla pratica di acconciare
-a foggia latina le voci vernacole e dalla consuetudine
-di scriverle secondo la ragione del suono, ossia
-secondo che erano pronunziate volgarmente, della parola
-<i>ebdogmanus</i> e <i>dogmanus</i>, che si trova anche in altri
-documenti<a class="tag" id="tag518" href="#note518">[518]</a>. E questa parola <i>dogmanus</i>, a sua volta,
-è una pretta scorciatura della voce <i>hebdogmanus</i> nella
-quale degenerò, conformemente all'indole del dialetto
-lombardo, la più comune e latina <i>hebdogmadarius</i> e <i>hebdomadarius</i>.
-</p>
-
-<p>
-I <i>decomani</i>, ossia gli <i>ebdomadarii</i>, milanesi originariamente
-erano dei sacerdoti della chiesa cattedrale deputati
-per una settimana, come dice il loro nome, ad
-officiare una determinata chiesa; ma più tardi, per l'aumentare
-della frequenza dei fedeli presso le chiese preferite,
-l'arcivescovo fu indotto a deputarvi degli ecclesiastici
-che vi risiedessero in permanenza in modo stabile
-e fisso.
-</p>
-
-<p>
-Il più antico esempio di questo mutamento ci è offerto
-dalla chiesa di S. Ambrogio.
-</p>
-
-<p>
-Verso la metà del secolo ottavo il clero milanese, affaticato
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-dal servizio che doveva prestare presso la cella
-di questo santo — <i>diutius laborantibus in eadem ecclesia</i> — domandò
-all'arcivescovo di nominarvi ed istituirvi un
-apposito monastero di monaci che di continuo e pubblicamente
-vi celebrassero gli uffizî e le laudi — <i>ante
-sancta corpora continuatim indifferenter ac publice officia
-et divinas laudes concelebrent</i> — e l'arcivescovo li accontentò
-con un diploma dell'anno 789<a class="tag" id="tag519" href="#note519">[519]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I monaci ebbero in tal modo alcune facoltà che nè
-il custode Forte, a cui prima era affidata la chiesa, nè
-alcun altro custode di chiesa privata aveva. Esse erano
-di tale entità da trasformare il primitivo e modesto oratorio
-privato — <i>cella</i> — in una chiesa fornita di facoltà
-tali da meritare la qualifica di <i>ecclesia</i><a class="tag" id="tag520" href="#note520">[520]</a>, propria delle
-sole pievi, pur senza trasformarne il carattere in una
-vera e propria pieve.
-</p>
-
-<p>
-Poichè dall'anno 789 — in cui l'arcivescovo institui il
-monastero — all'anno 864, nel quale sono ricordati i <i>decomani
-officiales</i> della chiesa di S. Ambrogio, non avvenne
-di sicuro (come si rileva da un documento di cui ci occuperemo
-ben presto) alcun cambiamento presso di essa,
-si ha fondata ragione di ritenere che i preti decumani
-di cui si parla nel secondo documento sieno i monaci
-ai quali vennero concessi col primo speciali facoltà. Ed
-in tal caso, siccome il testamento di prete Gregorio non
-accenna a differenza alcuna fra i decumani delle varie
-chiese che ricorda; la concessione, fatta dall'arcivescovo
-Pietro, di celebrare pubblicamente e di continuo gli uffizi
-e le laudi, può esser presa come punto di base e di
-partenza per determinare l'ufficiatura propria dei decumani.
-</p>
-
-<p>
-Si è accennato ad un documento concernente la
-chiesa di S. Ambrogio.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-</p>
-
-<p>
-Con esso l'abate ottenne dall'arcivescovo Tadone
-che alcuni sacerdoti, che, poco prima per sua utilità,
-aveva raccolti e collocati presso la chiesa per celebrarvi
-i maggiori ufficî del culto fossero annoverati nel consorzio
-dei sacerdoti cittadini<a class="tag" id="tag521" href="#note521">[521]</a>. Ai monaci si aggiunsero,
-dunque, dei preti esclusivamente incaricati dell'officiatura;
-l'officiatura stessa si estese fino alla celebrazione
-della messa cantata ed i preti furono ascritti all'<i>ordo</i>
-della cattedrale.
-</p>
-
-<p>
-I privilegi speciali concessi ai preti istituiti dall'abate
-nel monastero di S. Ambrogio presso la sua chiesa,
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-concernono due obietti distinti: le persone di questi
-preti e le loro facoltà liturgiche.
-</p>
-
-<p>
-Essi ottennero di essere annoverati nella congregazione
-dei preti cittadini per una concessione eccezionale
-dell'arcivescovo in conseguenza degli speciali ufficî del
-culto che furono autorizzati a compiere e che erano ben
-differenti da quelli dei monaci, ai quali, appunto perchè
-ritenuti non idonei, furono aggiunti.
-</p>
-
-<p>
-Per la celebrazione dei maggiori ufficî del culto non
-era meno necessaria della capacità dell'officiante (che
-doveva aver raggiunto il presbiterato) la capacità del
-luogo, che doveva essere chiesa pievana; e la prima era
-subordinata alla seconda per modo che solo i preti di
-una chiesa pievana potevano compierli.
-</p>
-
-<p>
-In virtù della concessione dell'arcivescovo Tadone la
-chiesa di S. Ambrogio fu equiparata per certe parti della
-liturgia alla pieve cittadina ed i suoi sacerdoti nel compierle
-furono equiparati ai sacerdoti della cattedrale: ed
-una volta equiparati venne naturale conseguenza che
-fossero loro aggregati.
-</p>
-
-<p>
-Questa concessione è dell'866. Un documento di due
-anni prima, cioè dell'864, ricorda i <i>decomani officiales</i> di
-varie chiese cominciando da quella di S. Ambrogio e
-nell'atto stesso l'autore ha cura di specificare che fa
-parte dell'<i>ordo</i> della santa chiesa milanese. Dunque in
-quest'anno gli <i>officiales decomani</i> di Sant'Ambrogio non
-emergevano per alcun verso di fronte ai decumani delle
-chiese di S. Valeria, di S. Nabore e di S. Vittore e, al
-pari di essi, non facevan parte del clero maggiore. Anzi
-si può dire qualche cosa di più: quei preti che col diploma
-arcivescovile vengono aggregati al clero cittadino
-non sono mai stati nè mai divengono <i>officiales decomani</i>:
-Berengario I nel suo diploma del 2 decembre 894 ricorda
-i preti distintamente dai monaci che son detti ufficiali — <i>presbiteris</i>
-<span class="smcap lowercase">ATQVE</span> <i>officialibus S. Ambrosii</i><a class="tag" id="tag522" href="#note522">[522]</a>. Ed
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-anche in seguito gli uni furono distinti dagli altri pure
-nella gestione patrimoniale affidata ai soli monaci.
-</p>
-
-<p>
-È evidente che i decumani delle altre chiese, a cominciare
-dai monaci stessi della chiesa ambrosiana, non
-ebbero mai i privilegi concessi dal diploma tadoniano e
-si trovarono tutti nell'identica posizione.
-</p>
-
-<p>
-Decumani s'incontrano anche a Parma<a class="tag" id="tag523" href="#note523">[523]</a> e a Monza<a class="tag" id="tag524" href="#note524">[524]</a>;
-e se in quest'ultima città, forse, furono istituiti a somiglianza
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-ed imitazione della metropoli lombarda — ciò
-che, del resto, è tutt'altro che sicuro, perchè, fra l'altro,
-in essa si seguì il rito romano e non quello ambrosiano —; il
-trovarli a Parma esclude che le chiese decumane
-sieno una caratteristica di Milano e fa pensare
-che come la causa prima della loro origine e, cioè, il
-culto dei santi, fu diffusa dovunque, anche altrove sieno
-sorti eguali resultati, se pure indicati con nome diverso.
-</p>
-
-<p>
-Carlo il Grosso in un diploma dell'883 alla chiesa di
-Bergamo ricorda tre specie di chiese: plebane, cardinali
-e private — <i>ecclesiis baptismalibus aut</i> <span class="smcap lowercase">CARDINALIBUS</span>
-<i>seu oraculis</i><a class="tag" id="tag525" href="#note525">[525]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Le chiese cardinali sono nettamente distinte dalle
-chiese battesimali: la particella disgiuntiva <i>aut</i> è così
-evidente che non richiederebbe nemmeno la conferma
-dell'altro diploma, pure di Carlo il Grosso, alla chiesa
-di Piacenza, nel quale accanto alle pievi dell'episcopato
-si menzionano le chiese cardinali della città — <i>ecclesiis
-baptismalibus seu quae intra predictam cardinales habentur</i><a class="tag" id="tag526" href="#note526">[526]</a> — e
-quella, ancor più esplicita, offerta dal diploma
-di Ugo e Lotario al vescovo di Pavia<a class="tag" id="tag527" href="#note527">[527]</a>, in cui si parla
-di cappelle cardinali — <i>omnes cardinales capellas</i> —.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
-</p>
-
-<p>
-Se erano cappelle non potevano essere pievi.
-</p>
-
-<p>
-D'altronde, mentre erano prive delle speciali facoltà
-di cui godevano le pievi, la qualifica speciale di <i>cardinales</i>
-le distingue pure dalle altre cappelle ed oratori.
-<i>Cardinalis</i> è ciò che spetta, che appartiene, che è in un
-qualche modo direttamente o strettamente legato, vincolato
-al <i>cardo</i>. Nell'alto medio evo con il nome di <i>cardo</i>
-si è indicata solo ed esclusivamente la chiesa plebana
-della città<a class="tag" id="tag528" href="#note528">[528]</a>; dunque la qualifica di <i>cardinales</i> indica
-che le chiese qualificate con tal nome si trovavano in un
-rapporto più intimo che le altre con la cattedrale.
-</p>
-
-<p>
-Siamo proprio nel caso delle chiese decumane di
-Milano e di Parma, di cui si può, per mezzo di queste,
-conoscere il lato di maggiore rilevanza per noi.
-</p>
-
-<p>
-Il diploma di Carlo il Grosso parla di chiese cardinali
-<i>intra civitatem</i>. Quest'espressione indica romanamente
-anche nel caso presente il territorio urbano e suburbano
-insieme. Lo dimostra il can. 56 del concilio di
-Meaux dell'845 con cui si impone ai vescovi di ordinare
-canonicamente i titoli cardinali costituiti nelle città
-e nei suburbii — <i>titulos cardinales</i> <span class="smcap lowercase">IN URBIBUS ET SUBURBIIS</span>
-<i>constitutos</i> —. Siccome è inammissibile che il concilio
-volesse intendere con questa disposizione di imporre
-ai vescovi il rispetto e l'osservanza delle norme
-della chiesa e dei dettami della giustizia solo per le
-chiese cittadine e suburbane, lasciando loro facoltà di
-agire disonestamente e simoniacamente per le chiese
-cardinali rurali; è chiaro che chiese cardinali — <i>tituli
-cardinales</i> — esistettero solo nella città e nel suburbio.
-</p>
-
-<p>
-Costituirono, dunque, una peculiarità della pieve cittadina.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
-</p>
-
-<p>
-Anche a Vercelli si trovano chiese cardinali, ma non
-in tutte le città furon chiamate con lo stesso nome<a class="tag" id="tag529" href="#note529">[529]</a>: a
-Lucca, dove la chiesa matrice della città è detta <i>sedes</i><a class="tag" id="tag530" href="#note530">[530]</a>,
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-furon dette <i>sedales</i><a class="tag" id="tag531" href="#note531">[531]</a>, a Verona semplicemente <i>tituli</i> e
-<i>titularii</i> gli officianti<a class="tag" id="tag532" href="#note532">[532]</a>; del nome che ebbero in altre
-città, se pur l'ebbero, non ci rimangon documenti che
-ci dieno notizia, mentre ci offrono elementi sufficienti
-per individuarle<a class="tag" id="tag533" href="#note533">[533]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-</p>
-
-<p>
-Queste chiese si distinsero da tutte le altre perchè
-tennero ad un tempo della pieve e della cappella. Nei
-giorni feriali vi si celebrarono da appositi ecclesiastici
-le messe piane e le altre orazioni minori con la partecipazione
-del popolo<a class="tag" id="tag534" href="#note534">[534]</a> mentre fino ad allora questo
-non era lecito che nella cattedrale e dal clero di essa. E
-si iniziò così un'ampia trasformazione che introdusse
-nella costituzione della chiesa la parrocchia a tipo moderno,
-priva del fonte battesimale e delle maggiori prerogative
-delle antiche chiese matrici, e che dette alla
-città quelle cappelle che formarono tanta parte della sua
-ossatura nell'epoca comunale.
-</p>
-
-<p>
-Cominciarono a formarsi sul finire del secolo ottavo,
-come è dimostrato dal documento del 789, che se ne
-può considerare come il primo esempio perchè S. Ambrogio
-fu il santo più venerato di Milano<a class="tag" id="tag535" href="#note535">[535]</a> e Milano
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-fu sempre e in ogni campo la prima fra tutte le città
-del territorio lombardo-tosco; e già agli albori del successivo
-erano largamente diffuse.
-</p>
-
-<p>
-Esse ebbero anche altre peculiarità, ma di queste
-sarà opportuno parlare dopo avere almeno accennato
-alcuni altri elementi generali della pieve.
-</p>
-
-<p>
-Il clero nei primi tempi della Chiesa riconosciuta viveva
-intorno al suo antistite, in qualche raro caso — e
-mai per lungo tempo<a class="tag" id="tag536" href="#note536">[536]</a> — riunito insieme nel modo in cui
-vissero più tardi i canonici<a class="tag" id="tag537" href="#note537">[537]</a>, in generale con un sistema
-di vita meno rigidamente regolato; e lo assisteva
-nelle cerimonie del culto e nell'amministrazione dei sacramenti,
-recandosi per tal fine quà e là per la diocesi,
-secondo il bisogno, finchè, stabilite le pievi nei capoluoghi
-dei singoli pagi, fu in gran parte assegnato in modo
-fisso a ciascuna di esse ed intorno al vescovo ne rimase
-solo un esiguo numero.
-</p>
-
-<p>
-Anche in questo la Chiesa fu fedele al suo sistema
-ed al suo programma di assimilare l'ordinamento civile
-romano. La città aveva i suoi magistrati, il suo ordo:
-la chiesa della città ebbe il clero disposto ad immagine
-di essa<a class="tag" id="tag538" href="#note538">[538]</a> e chiamato con lo stesso nome di ordo<a class="tag" id="tag539" href="#note539">[539]</a> che
-continua ininterrotto nel medio evo ed origina il termine
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-di <i>ordinarii, ordinarii cardinales</i><a class="tag" id="tag540" href="#note540">[540]</a>. E come il regime
-municipale ebbe per pernio la città e fu caratterizzato
-da un sistema urbano accentratissimo<a class="tag" id="tag541" href="#note541">[541]</a>, così la città fu
-la cellula anche del nuovo organismo ecclesiastico ed
-in questo pure emerse una tendenza accentratrice che
-sopravvisse dovunque all'organizzazione civile romana<a class="tag" id="tag542" href="#note542">[542]</a>
-ed in qualche caso si mantenne inalterata per parecchi
-secoli. Il principio, per esempio, che per esser
-eletto a capo di una chiesa bisognava avervi percorso
-tutti i gradi fino dall'inizio<a class="tag" id="tag543" href="#note543">[543]</a>, lo si trova in pieno vigore
-a Milano nel secolo decimosecondo<a class="tag" id="tag544" href="#note544">[544]</a> quantunque
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-le condizioni fossero profondamente diverse, essendosi
-formata una nuova classe di ecclesiastici cittadini.
-</p>
-
-<p>
-Originariamente, infatti, il clero cittadino era formato
-esclusivamente dagli ecclesiastici che officiavano la cattedrale.
-Quelli a cui era affidata la custodia delle cappelle
-e degli oratori, onde, appunto, il loro nome di custodes,
-e che erano, di solito, dei semplici chierici, quantunque
-qualche volta potessero essere anche preti e
-diaconi e magari occupare una posizione sociale elevata<a class="tag" id="tag545" href="#note545">[545]</a>,
-non potevano compiere presso la loro chiesa,
-come già si è detto, alcun ufficio liturgico.
-</p>
-
-<p>
-Più tardi, creati i decumani<a class="tag" id="tag546" href="#note546">[546]</a> per togliere agli <i>ordinarii</i>
-il carico del ministerio quotidiano presso altre
-chiese della città; questi risiedettero presso la propria
-chiesa ed ebbero una competenza rituale proporzionata
-al carattere della chiesa di cui era loro affidata la speciale
-officiatura. E perciò, in quanto non appartenevano
-alla cattedrale non furono aggiunti al clero di essa;
-ma poichè le loro chiese si trovavano entro il perimetro
-della chiesa della città<a class="tag" id="tag547" href="#note547">[547]</a> e le loro facoltà di officiatura
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-erano ben maggiori di quelle dei custodi degli oratorî
-privati; costituirono una classe intermedia che fu
-detta <i>ordo minor</i> per distinguerla dall'<i>ordo major</i> della
-cattedrale e dal <i>reliquo clero</i> della città<a class="tag" id="tag548" href="#note548">[548]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Gli <i>ordinarii cardinales</i> comprendevano tre ordini:
-preti, diaconi e suddiaconi<a class="tag" id="tag549" href="#note549">[549]</a>; i decumani, in ragione
-delle loro attribuzioni, erano tutti preti<a class="tag" id="tag550" href="#note550">[550]</a> e, quantunque
-sparsi nelle varie chiese della città, costituirono anch'essi
-una congregazione, alla quale, a Milano, fino dal
-secolo nono è a capo un primicerio<a class="tag" id="tag551" href="#note551">[551]</a>, che continua a
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-risiedere nella stessa chiesa di cui è officiale<a class="tag" id="tag552" href="#note552">[552]</a> pure
-quando, qualche tempo dopo, non volendosi aumentare
-il numero degli <i>ordinarii</i><a class="tag" id="tag553" href="#note553">[553]</a>, furono istituiti dei decumani
-anche presso la cattedrale<a class="tag" id="tag554" href="#note554">[554]</a>: riprova non dubbia
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-che l'origine loro è dovuta ad una spinta che muove
-dall'elemento laico che vive nella città e non dall'elemento
-ecclesiastico che fa capo alla pieve cittadina. L'arcivescovo
-Ariberto, fondando nel 1042 la loro canonica<a class="tag" id="tag555" href="#note555">[555]</a>
-li chiama <i>peregrini</i> appunto perchè di fronte agli
-<i>ordinarii</i>, che nella metropolitana erano a casa loro, i
-decumani stavano come ospiti e pellegrini tanto è vero
-che nel compiere le funzioni sacre stavano fuori del
-coro, che era la parte della chiesa riservata al clero officiante<a class="tag" id="tag556" href="#note556">[556]</a>.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>ordo</i> si distingueva e quasi si contrapponeva all'elemento
-laico, identicamente a quanto avveniva nella
-costituzione civile, che era stata tenuta a modello<a class="tag" id="tag557" href="#note557">[557]</a>, ma
-viveva con essa in stretta unione.
-</p>
-
-<p>
-Per l'ordinazione degli ecclesiastici tutti, dal più
-umile chierico all'arcivescovo, era necessario l'assenso
-dei laici<a class="tag" id="tag558" href="#note558">[558]</a>, il quale, dice S. Agostino<a class="tag" id="tag559" href="#note559">[559]</a>, doveva manifestarsi
-secondo la consuetudine della Chiesa: consuetudine,
-che, come già si è avuto occasione di accennare,
-variava da luogo a luogo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nella nostra Italia dove lo Stato, per ragioni prevalentemente
-finanziarie, riconobbe nelle minori circoscrizioni
-una consistenza distinta da quella del capoluogo,
-l'autorità del vescovo, contrariamente a quanto avveniva
-nei paesi franco-germanici<a class="tag" id="tag560" href="#note560">[560]</a>, fu limitata al punto
-che nelle chiese rurali non poteva esser ordinato un
-ecclesiastico che già non vi fosse appartenuto<a class="tag" id="tag561" href="#note561">[561]</a>; ma,
-in compenso, il diritto di partecipare all'elezione del
-vescovo, che, in virtù del principio che chi a tutti è preposto
-da tutti deve essere eletto<a class="tag" id="tag562" href="#note562">[562]</a>, sarebbe spettato a
-tutti i diocesani, fu ristretto ai soli componenti della
-pieve cittadina<a class="tag" id="tag563" href="#note563">[563]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E accanto a questa indipendenza del gruppo vicinale
-della città dal resto della diocesi è opportuno accennare
-subito quella di cui godeva di fronte allo Stato.
-</p>
-
-<p>
-La Chiesa, scioltasi, quando in Italia si costituì il
-regno ariano dei Goti, dai legami che l'avevano fino
-ad allora tenuta avvinta all'Impero, fu libera nei suoi
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-rapporti religiosi e, quando vennero i Langobardi, ariani
-anch'essi e venuti come nemici dichiarati di Roma
-e dell'Impero, svolse la sua attività secondo i principi
-costituzionali conseguiti anteriormente<a class="tag" id="tag564" href="#note564">[564]</a>; ed anche in
-seguito, quando si furono convertiti al cattolicesimo ed
-i loro re mirarono a favorire, per fini politici, la nuova
-religione, permase tuttavia la libertà dell'elezione<a class="tag" id="tag565" href="#note565">[565]</a>:
-libertà, anche questa, che mancava nei paesi franco-germanici<a class="tag" id="tag566" href="#note566">[566]</a>.
-Sopraffatti i Langobardi, conquistata l'Italia
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-e rinnovato l'antico Impero, Carlo M. credette di attuare
-anche in Italia il suo sistema, che continuava
-quello dei Cesari romani, di far degli organi della Chiesa
-organi dello Stato, ma l'elezione del vescovo continuò
-a spettare unicamente ed esclusivamente a coloro che
-facevan parte della pieve cittadina<a class="tag" id="tag567" href="#note567">[567]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La città, dunque, anche per questo lato emerse di
-fronte alla diocesi ed a tutte le altre pievi.
-</p>
-
-<p>
-Naturalmente l'intervento dei laici non si avverava
-sempre nè nello stesso modo. La designazione, che era
-la parte sostanziale dell'elezione, spettava a tutti, laici
-ed ecclesiastici, sebbene non nella stessa proporzione.
-Le formule ed i documenti ecclesiastici dall'epoca romana<a class="tag" id="tag568" href="#note568">[568]</a>
-all'alto medio evo, sono concordi<a class="tag" id="tag569" href="#note569">[569]</a> nel graduare
-questo diritto per modo che dopo una logica
-preminenza del clero (ritenuto più idoneo a giudicare
-delle attitudini dell'eligendo nel disimpegno delle sue
-mansioni principali<a class="tag" id="tag570" href="#note570">[570]</a>) è fatta larga parte all'autorità
-delle classi più elevate, riservando agli strati più bassi
-una facoltà prevalentemente negativa che consiste quasi
-sempre in un semplice atto di presenza. Dal decretum
-in cui veniva raccolta la documentazione dell'avvenuta
-<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
-elezione<a class="tag" id="tag571" href="#note571">[571]</a> si vede chiaro che il predominio del clero
-era tutt'altro che assoluto: non di rado era equiparato
-e sorpassato da quello dei <i>seniores</i><a class="tag" id="tag572" href="#note572">[572]</a>, dei <i>nobiles</i><a class="tag" id="tag573" href="#note573">[573]</a> e
-<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
-qualche volta anche dall'impetuoso prorompere della
-turba dei fedeli<a class="tag" id="tag574" href="#note574">[574]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La consacrazione, come atto esclusivamente liturgico,
-era compiuta dai soli ecclesiastici<a class="tag" id="tag575" href="#note575">[575]</a>; ma anch'essa
-offre un lato degno di rilievo nei riguardi della costituzione
-cittadina in quanto che, sorte le chiese cardinali,
-per la loro speciale natura occorse una speciale
-consacrazione. Una testimonianza lucchese a proposito
-della natura e della qualità di una chiesa dichiara che
-il vescovo l'ordinava come le altre chiese sedali — sicut
-alias <i>ecclesias sedales</i> —<a class="tag" id="tag576" href="#note576">[576]</a>. Mentre, invece, la designazione
-del titolare avveniva nello stesso modo che per la pieve<a class="tag" id="tag577" href="#note577">[577]</a>
-fatto solo eccezione di una tendenza a restringerla a
-coloro ai cui bisogni prevalentemente serviva, la quale
-si accentua e si fissa solo dopo il secolo nono.
-</p>
-
-<p>
-E ancor più intimi erano i rapporti fra ecclesiastici
-e laici nel campo patrimoniale. Al loro sostentamento
-si provvide per parecchi secoli con una <i>mensurna divisio</i>
-prelevata dalla cassa comune della comunità formata
-col contributo di tutti<a class="tag" id="tag578" href="#note578">[578]</a>. Tale contributo originariamente
-<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
-volontario si trasformò ben presto in obbligatorio
-per gli sforzi tenaci del clero favorito dalla
-posizione preminente del pontefice in Italia, tanto che,
-quantunque lo Stato tentasse ripetute volte di opporvisi<a class="tag" id="tag579" href="#note579">[579]</a>,
-verso la metà del quinto secolo erano già stabiliti
-appositi giorni per queste collette — <i>dies collectarum</i> — che
-essendo fruttuosissime all'incremento della Chiesa
-si ritenne bene di render perpetue<a class="tag" id="tag580" href="#note580">[580]</a>; e per assicurarsele
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-in modo sempre più certo si introdusse anche
-il sistema di obbligare i fedeli a giurare di osservare
-questo precetto<a class="tag" id="tag581" href="#note581">[581]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Alla fine del secolo sesto queste collette erano regolarmente
-diffuse: Gregorio I parla come di cosa normale
-della <i>«collecta facta inter civitatis januensis habitatores»</i>
-in una lettera del 599 al vescovo di Genova Costanzo
-che invita ad esonerarne un vecchio povero e cieco di
-nome Filagrio<a class="tag" id="tag582" href="#note582">[582]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-</p>
-
-<p>
-Genova allora non faceva parte del regno langobardo;
-ma anche in esso i fedeli corrispondevano alla chiesa il
-loro contributo annuale, il quale costituiva un obbligo
-di sola coscenza, di natura esclusivamente religiosa e
-privo di ogni riconoscimento da parte dello Stato.
-</p>
-
-<p>
-La misura in cui si pagava corrispondeva ad una
-proporzione largamente in uso nell'antico sistema fiscale
-romano di cui avevan conservata ininterrotta ed
-immutata la tradizione gli scrittori ecclesiastici<a class="tag" id="tag583" href="#note583">[583]</a> ed a
-una non meno antica consuetudine rimasta inalterata
-negli usi civili<a class="tag" id="tag584" href="#note584">[584]</a> e si conguagliava alla decima parte dei
-proventi.
-</p>
-
-<p>
-Di quì il nome di <i>decima</i>; ma questo nome, quantunque
-non sconosciuto in Italia<a class="tag" id="tag585" href="#note585">[585]</a>, ebbe però la maggiore
-diffusione al tempo dei Franchi, chè le cose cambiarono
-con loro e cambiarono profondamente: non già
-perchè essa sia sparita o perchè il nuovo Stato, essendo
-confessionale, considerò come doveri pubblici i principali
-obblighi del credente — e fra questi la <i>collecta</i> — e
-subordinò i diritti civili e politici al soddisfacimento
-di quelli — ciò che avrebbe segnato solo un progressivo
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-e, magari, naturale svolgimento — quanto e sopratutto
-perchè con essi fu introdotto un nuovo e tutt'affatto
-diverso istituto, il quale si unì e si confuse con la vetusta
-<i>collecta</i> italiana e ne perturbò profondamente la
-funzione ed il sistema e ne sostituì anche il nome.
-</p>
-
-<p>
-Carlo Martello nella necessità di costituire un nerbo
-di cavalleria capace di far fronte alle mobilissime schiere
-degli arabi che premevano minacciosi al confine orientale,
-non potendosi valere di terre del fisco perchè depauperato
-dalle pazze prodigalità dei suoi antecessori;
-mise la mano sulle terre delle chiese e le distribuì ai
-privati con concessioni revocabili il cui scopo principale
-era l'obbligo di mantenere e fornire un proporzionato
-numero di cavalli e di cavalieri.
-</p>
-
-<p>
-Dopo di lui la Chiesa non volendo rinunziare alle
-terre confiscatile, nè lo Stato alla facoltà che vi esercitava,
-nè i concessionari al loro godimento; sotto la minaccia
-di una nuova invasione, si venne ad un contemperamento
-delle varie tendenze, il quale originò un
-nuovo istituto giuridico.
-</p>
-
-<p>
-Quest'istituto fu il <i>beneficio</i>.
-</p>
-
-<p>
-Con esso le Chiese conservarono la proprietà delle
-terre tolte loro, il re la facoltà di disporne con concessioni
-non oltrepassanti al massimo la vita del concessionario;
-e quest'ultimo, che delle terre stesse aveva il
-godimento per volontà del re e per opera della chiesa,
-fu obbligato a corrispondere al primo un proporzionato
-servizio militare ed a pagare annualmente alla seconda
-un censo in denaro di un solido d'argento per ogni manso
-ed un contributo in natura fissato nella decima e nona
-parte dei frutti ed a concorrere in modo equo al restauro
-della chiesa stessa in caso di bisogno<a class="tag" id="tag586" href="#note586">[586]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'assetto definitivo il beneficio lo ricevette da Carlo
-Magno col capitolare aristallense del 779.
-</p>
-
-<p>
-E questo, dopo l'approvazione della dieta langobarda,
-passò anche in Italia; quantunque con una clausola — si
-exinde usque nunc ad partem ecclesiae decima et
-nona exivit<a class="tag" id="tag587" href="#note587">[587]</a> — che ne mostra tutto il carattere esotico
-che essa aveva per l'Italia e che, in conclusione,
-nei rispetti del passato ne annullava lo spirito perchè
-l'applicava solo nei casi nei quali il concessionario di
-un fondo ecclesiastico corrispondeva già la nona e la
-decima parte dei frutti: ciò che non poteva essere avvenuto
-che per scambievole convenzione privata, non
-avendo avuto luogo in Italia alcuna confisca di terre ecclesiastiche.
-</p>
-
-<p>
-E più tardi il capitolare italico ritorna sull'argomento
-imponendo ai conti ed ai fedeli tutti che chiunque aveva
-in beneficio terre di una chiesa doveva corrispondere
-alla chiesa stessa regolarmente e completamente
-le decime e le none e concorrere secondo il bisogno e
-la possibilità alla sua restaurazione — ut quicunque de
-rebus æcclesiæ beneficia habent pleniter nonas et decimas
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-ad ipsas ecclesias donent.... et iuxta possibilitatem
-et quando necessitas exigit de opera ad ipsas ecclesias
-restaurandas adiutorium faciant —<a class="tag" id="tag588" href="#note588">[588]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E anche Lodovico il Pio, alla sua volta, insistè sull'uno
-e sull'altro obbligo, aggiungendo una forte pena
-in caso di inadempienza, per ricordare ai renitenti che
-avrebbero finito col perdere il beneficio — et insuper
-bannum nostrum solvat, ut ita castigatus caveat, ne
-sæpius iterando beneficium amittat —<a class="tag" id="tag589" href="#note589">[589]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Con questo l'antica <i>collecta</i> italiana non cessò di
-esistere nè fu messa da parte. I vescovi langobardi nel
-capitolare concordato l'anno successivo o poco dopo
-al capitolare aristallense, ebbero caro di fare inserire
-la disposizione che ciascuno dovesse pagare alla pieve
-secondo il costume e la sacra consuetudine: — De decimis.
-Ut unusquisque suam decimam ad ecclesiam offerat
-sicut mos vel sacra consuetudo esse dinoscitur<a class="tag" id="tag590" href="#note590">[590]</a>.&nbsp;—
-</p>
-
-<p>
-E, più tardi, Lotario stabilì per legge la procedura
-da seguire per facilitarne la riscossione e renderne obbligatorio
-il pagamento<a class="tag" id="tag591" href="#note591">[591]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-</p>
-
-<p>
-La decima franca, quale è configurata dai capitolari,
-è, dunque, un diritto reale che nasce ex iure per esplicita
-disposizione di legge a favore di una chiesa sui
-beni di essa concessi dal re in beneficio; nasce simultaneamente
-con gli altri obblighi che la legge addossa
-al concessionario ed è uno degli elementi da cui resulta
-lo speciale istituto del beneficio.
-</p>
-
-<p>
-La decima italiana, invece, originata da un volontario
-contributo dei fedeli, trasformato in seguito dalla
-Chiesa in obbligo di coscenza rinvigorito dal giuramento
-e consolidato nella misura, è dovuto ad una sola chiesa — la
-pieve — ed ha carattere e natura esclusivamente
-personale in quanto che investe la persona del parrocchiano,
-il quale appunto e soltanto per questa sua qualità,
-è tenuto a conferire alla pieve, ed alla sua pieve
-soltanto<a class="tag" id="tag592" href="#note592">[592]</a>, la decima parte dei suoi proventi e questo
-suo contributo è, insieme con altri e minori obblighi
-della stessa natura, il titolo che gli dà diritto all'assistenza
-religiosa ed all'esercizio delle facoltà proprie del
-parrocchiano.
-</p>
-
-<p>
-Fra questi altri obblighi si deve ricordar per primo
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-il rifacimento e la riparazione degli edifici del culto
-perchè sebbene la Chiesa abbia stabilito fin da antichissimo
-tempo che si dovesse provvedere con la quarta
-parte dei redditi e delle oblazioni; sia per la difficoltà
-della trasformazione delle offerte in natura sia per l'analogia
-con l'obbligo imposto ai concessionarî di benefici
-ecclesiastici, sia per altra ragione, le fonti italiane
-del tempo franco — e si rimettono sempre ad antica consuetudine<a class="tag" id="tag593" href="#note593">[593]</a> — la
-ricordano separatamente. Ciò che attesta
-anche per questo lato quell'autonomia di formazione
-e di sviluppo, di cui già si è avuto occasione di
-far parola.
-</p>
-
-<p>
-La stessa trasformazione della collecta da volontaria
-a obbligatoria subì quella parte di oblazioni che i fedeli
-facevano in momenti di maggiore solennità ed importanza
-e cioè il battesimo, il matrimonio, e la morte<a class="tag" id="tag594" href="#note594">[594]</a>.
-Anzi fu facilitata dalla natura di fatto straordinario che
-ognuno di questi momenti segnava nella vita di ciascun
-individuo; come dalla necessità in cui si trovò la chiesa
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-di proibire le grandi agapi, riannodantesi ad antichissimi
-usi pagani, che si tenevano in chiesa per solennizzare
-questi avvenimenti e che, accolte da prima perchè
-accumunando ricchi e poveri rispondevano ai sentimenti
-dell'uguaglianza e della carità, eran divenute
-ben presto causa di inconvenienti e di disordini<a class="tag" id="tag595" href="#note595">[595]</a>. I
-banchetti in chiesa furon proibiti ed una parte della
-somma che prima essi richiedevano devoluta alla chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Queste oblazioni assunsero così l'aspetto e la natura
-di una vera e propria tassa — diritti di stola — corrisposta
-per un determinato servizio e siccome l'unica chiesa
-autorizzata all'esercizio del culto era la pieve conversero
-tutte a suo favore aggiungendosi agli altri obblighi
-del parrocchiano e rinsaldarono anche per questo
-lato gli stretti vincoli che lo univano alla sua chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Accanto ed insieme con queste oblazioni c'erano,
-poi, anche tutte le altre che la pietà dei fedeli offriva
-alla chiesa di sua spontanea volontà e anche queste,
-naturalmente, spettavano tutte alla sola pieve.
-</p>
-
-<p>
-Sorte le chiese cardinali, le quali avevano una speciale
-officiatura per la quale, fatta eccezione di speciali
-giorni, vi potevano esser celebrate le messe e compiuti
-i servizi e gli uffici divini: ed essendo sorte per il culto
-speciale e straordinario che i fedeli professavano per
-alcuni santi; nacque un contrasto fra i diritti della
-pieve e la volontà dei fedeli. Contrasto talvolta sanato
-dall'esplicito intervento del vescovo e nella più gran
-parte delle volte causa ed origine prima dei conflitti
-numerosi fra i canonici della chiesa cattedrale e gli officianti
-delle chiese più frequentate delle varie città.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-</p>
-
-<p>
-Esempio del primo caso è il diploma tadoniano, già
-tante volte ricordato, a favore del monastero di S. Ambrogio.
-</p>
-
-<p>
-Con esso l'arcivescovo non si limita a confermare
-le donazioni di terre e di immobili che il monastero
-stesso aveva ricevuto in passato o avrebbe ricevuto
-nell'avvenire — quicquid in iamdicta ecclesia S. Ambrosii.....
-collatum fuerit — come nel diploma dell'arcivescovo
-Pietro dell'anno 789; ma concede anche
-la facoltà di ricevere tutte le oblazioni che dai fedeli
-fossero comunque offerte: <span class="smcap lowercase">CONCEDIMUS</span> atque <i>confirmamus</i>....
-<span class="smcap lowercase">OMNES OBLATIONES</span> que a Cristifidelibus...
-quoquomodo a majoribus five a minoribus delate fuerint,
-<i>omnesque res omnesque possessiones</i> ibidem collatas
-etc.<a class="tag" id="tag596" href="#note596">[596]</a>. E la concessione di queste oblazioni è ritenuta
-di maggior importanza della conferma del possesso dei
-beni perchè è fatta precedere.
-</p>
-
-<p>
-In generale, però, alle chiese cardinali era lasciata
-solo una parte delle oblazioni, riservandone il rimanente
-al clero della cattedrale il quale aveva diritto anche
-ad un gran pranzo e ad altri minori atti di ossequio,
-quando vi si recava collettivamente ed in gran pompa
-nella festa del santo a compiervi l'ufficiatura solenne<a class="tag" id="tag597" href="#note597">[597]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Decime ed oblazioni non erano, però, i soli proventi
-della Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque nella Chiesa di Roma fino al secolo
-sesto — a concorde testimonianza di Teodoro lettore e
-del <i>Liber Pontificalis</i> — si sia avuto per sistema di non
-tenere altri immobili che quelli strettamente necessarî
-all'esercizio del culto, vendendo le terre e le case donate
-e distribuendone il ricavato fra la chiesa, il vescovo
-e il clero; tale sistema o fu esclusivo della Chiesa
-di Roma o non durò molto a lungo; e, comunque, il
-problema dell'assetto giuridico della proprietà immobiliare
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-della pieve non si pone per gli edifici del culto
-diversamente che per gli altri immobili.
-</p>
-
-<p>
-Divenuto il cristianesimo religione ufficiale dello Stato — chè
-l'anteriore ed incerta condizione giuridica<a class="tag" id="tag598" href="#note598">[598]</a>
-non c'interessa — lo Stato ebbe nella nuova religione
-quell'ingerenza che aveva prima esercitato sugli altri
-culti e che segnava quasi il correspettivo della protezione
-accordatale e della posizione di privilegio fattale,
-ed i templi ed i loro beni furon considerati come pubblici
-e tutelati con norme particolari, in continuazione
-precisa del sistema tenuto con i culti anteriori — fatta
-eccezione, tuttavia, di un punto speciale che è proprio
-quello che c'interessa.
-</p>
-
-<p>
-Anteriormente fra i numerosi culti tollerati nell'Impero
-il maggior numero di facoltà e di diritti fu concesso
-solo ad alcuni di massima importanza, ai quali
-fu concessa anche la <i>testamentifactio</i> passiva; e titolare
-di tali diritti fu istituito il tempio nel quale ciascuna di
-queste divinità era maggiormente e per antonomasia
-venerata<a class="tag" id="tag599" href="#note599">[599]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-</p>
-
-<p>
-In seguito, colla religione cattolica, nella necessità
-di contemperare il rispetto all'unità della Chiesa con
-le ragionevoli esigenze locali dei fedeli e rendere agevole
-il funzionamento delle proprietà immobiliari, si
-andò formando una prassi, riconosciuta e completata
-poi dalle leggi, per cui erede dei beni per volontà di testatore
-o in forza di legge devoluti alla chiesa, fu la
-chiesa del luogo del de cuius<a class="tag" id="tag600" href="#note600">[600]</a>; e siccome la Chiesa
-si era insediata e organizzata sulle basi dell'organizzazione
-pubblica romana e con essa si trovava quindi in
-piena armonia; e la sua unità di organizzazione fu la
-pieve: così la pieve, impersonata dalla sua chiesa, ebbe
-tutte le facoltà di una vera e propria persona giuridica.
-</p>
-
-<p>
-Caduto l'impero romano, sopraffatti i Goti e disfatti
-i bizantini; con i Langobardi cessò ogni diritto dello
-Stato all'ingerenza nell'amministrazione della Chiesa
-ed ogni pieve fu libera nella sua organizzazione interna.
-</p>
-
-<p>
-E questa presenta due speciali elementi: uno nei
-rispetti della pieve in generale, sia urbana che rustica,
-l'altra nei soli riguardi della prima.
-</p>
-
-<p>
-L'una si è che cessata l'ingerenza dello Stato, lontano
-e non ancora completamente assodato nè affermato
-rigidamente come più tardi avvenne, il diritto di intervento
-dell'autorità pontificale, riconosciuta anche dalla
-legge — ciò che sta a provare anche qui una vera e
-forte resistenza di usi anteriori, contro i quali urtarono
-inutilmente i sistemi franchi — l'autonomia finanziaria
-della pieve dall'episcopato<a class="tag" id="tag601" href="#note601">[601]</a>; autonomia che da documenti
-di ogni parte del territorio langobardo ci è dimostrata
-non minore nei rispetti dell'elezione dell'arciprete
-e delle altre mansioni in cui partecipava l'elemento
-<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
-laico<a class="tag" id="tag602" href="#note602">[602]</a>; avveratasi con l'invasione langobarda una tendenza
-a restringersi entro la pieve ed i propri correligionarî;
-la comunità cristiana raccolta entro la pieve
-stessa sia urbana che rustica — unita anche per altri
-legami economici e giuridici in parte già accennati e di
-cui ci occuperemo nei paragrafi seguenti — costituì un
-vero e proprio <i>corpus</i> nel quale l'elemento laico intimamente
-si fondeva con l'elemento ecclesiastico. E, ritornando
-in parte sotto il contatto straniero ed eretico degli
-ariani, ai primi tempi ed ai primitivi sistemi, questa
-persona giuridica esplicava la sua azione nei rispetti del
-culto per mezzo del clero, assistito dai laici e, nei rispetti
-patrimoniali, per mezzo dei laici sorvegliati dal
-clero.
-</p>
-
-<p>
-La pieve urbana dell'alto medio evo, poi, è caratterizzata
-dalla gradazione con cui le facoltà d'intervento
-nell'amministrazione del suo patrimonio sono distribuite
-fra i suoi parrocchiani; che è quella stessa che si
-riscontra nel culto dei primi stadî di formazione della
-città e mantenutasi inalterata pur col mutar dei culti
-e degli Stati. In virtù di essa classe dirigente, suddivisa
-in altre in modo vario secondo i tempi, sono solo gli
-urbani mentre ai suburbani, pure uniti nella stessa pieve,
-è permessa solo una pallida e passiva partecipazione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
-</p>
-
-<p>
-Laici ed ecclesiastici costituivano insieme una unità
-sola nella quale l'azione degli uni o degli altri prevaleva
-a seconda che si trattava di uffizi divini o di cose
-terrene: ma che agiva sempre con la compartecipazione
-obbligatoria di tutti, creando un complesso di rapporti
-nel quale le speciali facoltà di ognuno erano a volta a
-volta doveri o diritti.
-</p>
-
-<p>
-Alle condizioni del parrocchiano si contrappone quella
-del fondatore di una chiesa privata, al quale, secondo
-l'antico sistema romano pienamente concordante con
-quello germanico, ne spetta la completa proprietà con
-le sole limitazioni riguardo all'esercizio del culto derivanti
-dall'organizzazione generale della Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Le chiese cardinali, le quali non erano nè pievi nè
-cappelle ed alle quali quindi mal si adattavano i sistemi
-delle une e delle altre, furono costrette ad andare
-cercando un adattamento fra il sistema parrocchiale e
-quello della chiesa privata: e qualche volta, poi, si trovavano
-in una singolare condizione.
-</p>
-
-<p>
-Prendiamo il caso della chiesa di Sant'Ambrogio di
-Milano.
-</p>
-
-<p>
-Dopo il diploma del 866 in essa si avevano: una
-chiesa titolare del diritto di proprietà sui beni, un corpo
-di monaci ai quali ne era affidata l'amministrazione ed
-ai quali in effetto erano concesse e donate le oblazioni
-e gli immobili dai fedeli, una congregazione, consortium,
-di sacerdoti i quali erano incaricati dell'officiatura ed
-ai quali era pure riconosciuto un diritto di natura economica
-nei rispetti dei beni della Chiesa<a class="tag" id="tag603" href="#note603">[603]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La delineazione giuridica precisa del diritto di questi
-ultimi il diploma arcivescovile del 866 non la fa; ma
-essa risulta dai documenti che illustrano le lunghe liti
-che a proposito di esso ebbero in seguito monaci e canonici<a class="tag" id="tag604" href="#note604">[604]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
-</p>
-
-<p>
-Era la stessa posizione precisa in cui si trovavano gli
-<i>ordinarii</i> della Chiesa di S. Giovanni di Monza rispetto
-ai <i>custodes</i> della Chiesa stessa i quali erano i rappresentanti
-del diritto di proprietà dei beni della chiesa.<a class="tag" id="tag605" href="#note605">[605]</a>
-</p>
-
-<p>
-La posizione non era troppo semplice; pur tuttavia
-di colpo non furono creati istituti nuovi; furon piegati
-e modificati con clausole speciali i vari istituti romani,
-non mai abbandonati dalla Chiesa<a class="tag" id="tag606" href="#note606">[606]</a> che meglio si prestavano.
-Ma queste modificazioni moltiplicandosi, consolidandosi,
-acquistarono delineazione e configurazione
-sempre più distinte da quelle da cui originariamente
-furono costituiti e formarono alla lor volta un nuovo
-istituto giuridico, destinato a grande avvenire.
-</p>
-
-<p>
-Quest'istituto fu il <i>beneficio ecclesiastico</i><a class="tag" id="tag607" href="#note607">[607]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La pieve italiana — concludendo ormai in poche parole
-questa ricerca che la mancanza assoluta di ogni lavoro
-al riguardo ha reso così lunga — continuò un'antichissima
-unità territoriale che ebbe vita in Italia prima
-di Roma e che appunto perchè italiana e non romana
-rimase anche quando Roma non fu più e sopravvisse
-perchè era un complesso omogeneo e completo di elementi
-economici, giuridici e religiosi.
-</p>
-
-<p>
-La città col suo suburbio e le sue pertinenze: il pago
-rurale col suo capoluogo, i suoi vici e le respettive terre
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-comuni furono uniti dal culto cattolico come da quelli
-pagani e dal sistema finanziario dei Langobardi come
-da quello dei Romani e dei Bizantini.
-</p>
-
-<p>
-Ogni parrocchiano fu vincolato alla sua parrocchia
-e l'unione fu tale che uffici divini ed affari terreni richiedettero
-egualmente la simultanea presenza e partecipazione
-degli ecclesiastici e dei laici; nè questi potevano
-senza gravissimo e giustificato motivo astenersi
-dalle funzioni e dagli uffici del culto, nè quelli, senza
-questi, essere eletti o comunque trattare o disporre dei
-beni della pieve e la fissità del domicilio già forte negli
-ultimi tempi romano-bizantini e ancor maggiore in seguito,
-concordando pienamente col criterio di autonomia
-delle varie pievi, in uso nella Chiesa, strinse ancor più i
-vincoli già così rigidi, che avvincevano il parrocchiano
-alla sua pieve, nei riguardi della decima e delle oblazioni.
-</p>
-
-<p>
-Verso la fine del secolo ottavo, però, la pieve urbana
-comincia a differenziarsi da quella rurale allargando
-i suoi confini all'esterno e dando origine nel suo
-interno a nuovi nuclei i quali acquistano parte delle facoltà
-e dei diritti che prima spettavano alla sola pieve.
-Questi nuclei sono le chiese cardinali, le quali formandosi
-con linee sempre più precise costituiscono la parrocchia
-a tipo moderno, la quale rompe l'unità della
-antica pieve, le sottrae molte delle sue prerogative e dà
-luogo all'origine di formule e istituti rispondenti alla
-sua speciale natura. E queste formule e questi istituti,
-essendo sorti per complemento necessario di un organismo
-che era sorto per naturale conseguenza e soddisfacimento
-di bisogni veramente e fortemente sentiti,
-risposero ad essi in modo conveniente e congruo per
-modo che non solo nella maggior parte non furon toccati
-dalle profonde modificazioni che in seguito furono
-apportate in tanti campi nè dalle deformazioni del concilio
-tridentino; ma qualcuno di essi si allargò a disciplinare
-un immenso numero di rapporti e fu caratteristico
-dell'organizzazione ecclesiastica intiera. E questo
-fu il <i>beneficio ecclesiastico</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-8">§ 8.</h3> <p>— Per studiare l'origine e la costituzione della
-pieve si è dovuto prima ricercare la natura e la consistenza
-dell'antica circoscrizione civile su cui essa s'insediò
-e a tale scopo è stata dedicata la prima parte del
-capitolo precedente: ora essa — ed appunto per ciò si
-è tenuta un po' più diffusa di quanto a prima vista poteva
-apparire strettamente necessario — ci mette in
-grado d'indagare anche la manifestazione più saliente
-della sua struttura civile ed economica.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Quantunque lo Stato e la Chiesa lo avessero proibito
-ripetute volte<a class="tag" id="tag608" href="#note608">[608]</a>, l'abitudine di tener mercato nei giorni
-festivi si mantenne così tenace<a class="tag" id="tag609" href="#note609">[609]</a> che lo stesso Carlo
-Magno fu costretto a permettere espressamente ed esplicitamente
-che <span class="smcap lowercase">UBI ANTIQUITUS FUIT</span> si continuasse a tener
-la riunione del mercato <i>in die dominico</i>.
-</p>
-
-<p>
-Poichè gli uffici divini si celebravano ordinariamente
-di domenica, e pure di domenica ordinariamente si teneva
-mercato, è chiaro che lo scambio dei prodotti avveniva
-di regola nell'occasione della festa religiosa che
-radunava molta gente nel capoluogo; e siccome ogni
-parrocchiano era obbligato ad adempiere i suoi doveri
-presso la propria pieve e soltanto presso di essa e le
-singole pievi erano normalmente molto distanti fra loro<a class="tag" id="tag610" href="#note610">[610]</a>,
-era difficile e perciò improbabile il potersi recare
-nello stesso giorno ad una pieve per gli ufficî divini e
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-ad un'altra per il mercato e quindi ne conseguiva che
-il mercato era normalmente composto dei soli parrocchiani
-di ciascuna pieve<a class="tag" id="tag611" href="#note611">[611]</a>. La pieve della città era costituita
-da <i>urbs</i> e dal <i>suburbium</i>: dunque al suo mercato
-abituale partecipavano solo gli urbani ed i suburbani.
-</p>
-
-<p>
-«<i>Per forum</i>, in circuitu ecclesiae — narra Landolfo
-Seniore in un passo della sua storia<a class="tag" id="tag612" href="#note612">[612]</a> — <i>erant tunc
-causa negotiandi tam civiles viri quam suburbani pariter
-congregati</i>.
-</p>
-
-<p>
-E alla stessa conclusione si giunge anche seguendo
-un altro filo conduttore, il quale permette anche di conoscere
-pure la natura di questo speciale mercato.
-</p>
-
-<p>
-Il Capitolare di Carlo Magno «De truste facienda si
-esprime così: nemo presumat, ad nos venienti mansionem
-vetare et <i>quae ei necessaria sunt sicut vicino suo
-vendat</i>»<a class="tag" id="tag613" href="#note613">[613]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
-</p>
-
-<p>
-Questa disposizione ha un carattere di privilegio che
-appare evidente appena la si metta in relazione con
-l'altro Capitolare, pure di Carlo Magno, che concerne
-gli <i>iterantes</i><a class="tag" id="tag614" href="#note614">[614]</a>. Quest'ultimo si occupa degli <i>iterantes</i>,
-dei viaggiatori in genere, sia che si rechino dal re che
-altrove: — «De iterantibus, qui ad palatium aut alicubi
-pergunt» — per scopi e ragioni di loro privata e particolare
-spettanza e proibisce che sieno comunque assaliti
-e che sia ad essi negata l'erba indispensabile per
-i loro animali. Invece nel primo Capitolare si parla di
-quella classe speciale di viaggiatori, che si recano dal
-re non per ragioni a vantaggio proprio, ma per servizio
-pubblico. Infatti si conoscono due specie di <i>trustis</i>: una
-è la comitiva eletta dal re, la guardia più fida e più
-cara; l'altra è una specie di squadra incaricata di perseguitare
-i delinquenti e organizzata sino dal tempo dei
-Merovingi, dalle cui leggi è passata in quelle carolingie
-e con esse, anche in Italia<a class="tag" id="tag615" href="#note615">[615]</a>.
-</p>
-
-<p>
-In ambedue i casi si tratta di un servizio speciale,
-per il quale il re concede delle facilitazioni di alloggio
-e di vitto che nega a tutti gli altri.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ora se il re vuole che ad essi le cose necessarie sieno
-vendute come il vicino le vende al vicino, è chiaro che
-tra i vicini tali scambi avvenivano in un modo diverso
-che fra vicini ed estranei e che questo modo offriva
-speciali vantaggi e, infine, che questa diversità aveva
-natura e consistenza giuridica. Infatti il re, col solo
-fatto di determinare così specificatamente e con un
-Capitolare le persone alle quali era concesso di godere
-alcuni vantaggi del rapporto di vicinatico senza
-esserne compartecipi, viene a riconoscere anche per
-questo lato del mercato, l'esistenza del gruppo vicinale
-e dei rapporti giuridici che vi si imperniano; così come
-la riconosce quando, invece di una limitazione parziale
-e temporanea come questa, glie ne impone una maggiore
-e più duratura obbligandolo ad accogliere entro
-di sè un estraneo, già da esso rifiutato<a class="tag" id="tag616" href="#note616">[616]</a>. Anche in questo
-caso dal fatto che solo al re con uno speciale preceptum
-è possibile e lecito vincere la resistenza del
-gruppo vicinale, sgorga limpida la conseguenza che in
-tutti gli altri casi questa resistenza è incoercibile: è cioè,
-lecita, riconosciuta e protetta. Vicinus nei Capitolari
-come negli editti<a class="tag" id="tag617" href="#note617">[617]</a> e nelle leggi<a class="tag" id="tag618" href="#note618">[618]</a> e nei documenti<a class="tag" id="tag619" href="#note619">[619]</a>
-ha un senso tecnico ben definito: indica chi fa parte
-di una determinata unità, di un determinato comune, per
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-usare il termine che comparisce in Francia sin dal secolo
-ottavo<a class="tag" id="tag620" href="#note620">[620]</a> e di cui si hanno tracce nella nostra Italia
-fino dai tempi di Carlo Magno<a class="tag" id="tag621" href="#note621">[621]</a>. Il comune cittadino — lo
-si è visto — comprende con la città anche il suburbio
-ed il rapporto vicinatico, quindi, unisce anche
-rispetto al mercato, urbani e suburbani e non altri<a class="tag" id="tag622" href="#note622">[622]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il cap. 11 fa obbligo al vicino di vendere a colui che
-viaggia in servizio e per conto del re, come vende al
-suo vicino — <i>sicut vicino suo vendat</i> —: lo scambio,
-dunque, avveniva direttamente fra vicino e vicino senza
-intromissione di alcun intermediario che comprasse per
-rivendere e non per consumare. D'altra parte i Capitolari
-parlano<a class="tag" id="tag623" href="#note623">[623]</a> di telonea solo a proposito di negotiatores,
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-delle persone, cioè, come a maggior chiarimento si
-soggiunge, che a scopo di commercio — <i>causa negotiandi</i> — si
-recano a piccole tappe — <i>de una domo ad
-aliam</i> — di luogo in luogo con la loro <i>substantiam</i> che
-volta volta si rinnova nel contenuto mentre rimane immutata
-nella destinazione di esser comprata per esser
-rivenduta. I <i>vicini</i> che non si muovono dal loro <i>comune</i>
-ed acquistano e vendono per i bisogni immediati del
-proprio consumo, non hanno alcun carattere di commercianti
-di professione e, quindi, sono immuni dai <i>telonea</i>.
-E, per conseguenza, sono immuni da quei tributi
-che fino dal tempo romano colpivano i generi di commercio<a class="tag" id="tag624" href="#note624">[624]</a>,
-anche i generi che essi si scambiano e che
-si possono conoscere grazie al cap. 11, il quale parla di
-<i>necessaria</i>: dei commestibili di prima necessità.
-</p>
-
-<p>
-Le cose più minute ed i generi di prima necessità
-che formavano questo mercato, erano prodotte, nella
-loro quasi completa totalità, nelle terre urbane e suburbane
-e tutti coloro che vivevano su queste terre, essendo
-obbligati a convenire alla pieve cittadina per i
-doveri cultuali, trovavano in quest'occasione un incentivo
-<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
-e una spinta a portare i propri prodotti, che nel
-concorso di numerose persone avevano maggior facilità
-di esito; mentre, per un altro verso, essendo molti i
-venditori e potendosi trattenere a lungo in città per essere
-giorno festivo, si rendeva inutile e non gradita l'opera
-di intermediari.
-</p>
-
-<p>
-Questo mercato minuto e piccolo, in quanto soddisfaceva
-bisogni sentiti in ogni tempo da qualsiasi centro
-abitato, durava ininterrottamente da secoli e secoli e le
-fonti continuano a chiamarlo <i>forum</i> come al tempo romano<a class="tag" id="tag625" href="#note625">[625]</a>;
-e come al tempo romano si era differenziato
-dalle nundinae<a class="tag" id="tag626" href="#note626">[626]</a>, così nel medioevo si distingue dalle
-fiere e dai mercati tenuti ad intervalli maggiori<a class="tag" id="tag627" href="#note627">[627]</a> e con
-regime giuridico speciale<a class="tag" id="tag628" href="#note628">[628]</a> e si tiene tutte le domeniche
-per provvedere le cose e le cibarie indispensabili
-all'alimentazione degli abitanti di un angusto territorio;
-mentre nelle più note feste della Chiesa e nelle ricorrenze
-<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
-dei santi più venerati dei singoli luoghi<a class="tag" id="tag629" href="#note629">[629]</a> se ne
-tengono altri, nei quali, per mezzo di mercanti venuti
-di fuori affluiscono generi di ogni natura, di cui la città
-sente il bisogno o il desiderio. Ed in questi, che si tenevano
-a distanza di tempo non breve l'uno dall'altro,
-si rendeva necessario il commercio in terza mano, perchè
-solo dei mercanti di professione potevano portare
-merci e derrate da luoghi lontani e partecipare ai varî
-mercati. Ed è proprio ed esclusivamente il commercio
-in terza mano che è soggetto ai gravami riconnessi al
-diritto di regalia, per poter riscuotere i quali si voleva
-che tali mercati si tenessero sempre nello stesso luogo<a class="tag" id="tag630" href="#note630">[630]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Un bel documento fornisce a questo proposito elementi
-preziosi. È un atto nel quale è raccolta la decisione
-di alcuni <i>viri antiqui noscentes usum curadiae</i>,
-eletti dal vescovo di Asti sul finire del secolo decimosecondo,
-a ripristinare gli antichi usi del mercato astese,
-turbati da alcune innovazioni fiscali che avevano dato
-luogo ad una perniciosa guerra di tariffe con i marchesi
-di Ponzono<a class="tag" id="tag631" href="#note631">[631]</a>. Il documento è assai tardo rispetto all'epoca
-<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span>
-langobardo-franca; ma la concessione del mercato
-al vescovo di Asti risale ai primissimi albori del
-secolo decimo, nè si fa accenno a modificazioni anteriori
-a quelle che gli «antiqui viri» sono chiamati ad
-eliminare e si può credere che la disposizione concernente
-la cibaria risalga ad epoca molto remota, perchè
-i Capitolari non accennano minimamente ad alcuna imposizione
-su di esse nè si conosce alcun provvedimento
-dei re d'Italia a questo proposito.
-</p>
-
-<p>
-Il documento, dopo aver riportato l'elenco della gabella
-di tutte le voci, dice che <i>de agmis et haedis nihil
-sicut et de fructibus et de ovis et de his omnibus quae
-brachio portantur. Idem de pullis et de piscibus recentibus.</i>
-</p>
-
-<p>
-Questo mercato, dunque, resulta costituito esclusivamente
-dal traffico dei commestibili di minor portata:
-agnelli, pecore, ortaggi, frutta, pollame etc. e sussiste
-accanto e di fronte ad un altro mercato che si distingue
-così da questo più minuto commercio, come dal grande
-traffico che metteva capo alle fiere<a class="tag" id="tag632" href="#note632">[632]</a>. Un diploma carolingio
-<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
-è esplicito: esso concede il <i>forum</i> ed il <i>mercatum</i>
-che si tenevano nel giorno di S. Zeno nella città di
-Verona<a class="tag" id="tag633" href="#note633">[633]</a>.
-</p>
-
-<p>
-È evidente che il <i>forum</i> non era la stessa cosa del
-<i>mercatum</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il mercato nel quale le merci sottostanno a norme
-e a gravami speciali si raduna ad intervalli sempre più
-brevi con l'aumentare dell'importanza e della vita della
-città e verso la fine dell'epoca franca, là dove la città
-è stata in grado di sostenere e di mantenere o, ciò che
-è lo stesso, di aver bisogno di uno scambio così frequente;
-diviene anch'esso ebdomadario<a class="tag" id="tag634" href="#note634">[634]</a>; e si sovrappone
-a quello minuto vicinale, del quale, però, anche
-dopo vari secoli si possono qua e là trovare delle
-tracce<a class="tag" id="tag635" href="#note635">[635]</a>. Ma questo mercato a cui convengono i mercanti
-<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
-delle regioni vicine e delle regioni lontane per
-portarvi prodotti altrove comprati e comprarvi prodotti
-altrove vendibili, non avrebbe potuto sorgere se non
-fosse stato congruamente preceduto da un altro sistema
-di scambio capace di fornire alla città le cose più necessarie
-con un flusso periodico, normale, frequente e
-continuo: i due requisiti che nei diplomi che fanno
-concessione di mercati compariscono più tardi di tutti
-gli altri. Ed è proprio su questo sistema di ristretto
-scambio vicinale dei prodotti di prima necessità, che
-deve fermare l'attenzione a preferenza ed in modo speciale
-chi voglia conoscere della costituzione e del diritto
-delle nostre città nell'alto medio-evo, cioè nell'epoca
-anteriore a quella nella quale il commercio formò la
-parte prevalente della loro energia.
-</p>
-
-<p>
-Il noto tipo del mercante franco-germanico che sotto
-<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
-una speciale protezione del re, gira di regione in regione
-e risale e discende il corso dei fiumi<a class="tag" id="tag636" href="#note636">[636]</a>, ha presso di
-noi dei precursori e dei contemporanei nei <i>negotiatores
-de Langobardia</i> che fino dal 629, e probabilmente anche
-prima, si recano alla fiera di Parigi, aperta loro dal re
-Dagoberto in quest'anno<a class="tag" id="tag637" href="#note637">[637]</a>: e nei mercanti che percorrono
-il corso del Po e ne rendono attivi la navigazione
-ed i porti<a class="tag" id="tag638" href="#note638">[638]</a>: ma questi, come quelli, per quanto fattori
-eminenti dell'energia economica delle nostre città, nulla
-offrono che in qualche modo ci illumini sulle loro particolarità
-più intime e più speciali, perchè il commercio ha
-per funzione e per scopo di mettere a contatto luoghi e
-persone e prodotti diversi e, quindi, per necessità è tratto
-ad avere un carattere internazionale, che si accentua
-sempre più quanto esso maggiormente si estende. Invece
-quel piccolo, ristretto scambio, limitato entro angusti
-e ben noti confini, a poche cose ed a poche persone,
-che si perpetua da secoli quasi nello stesso modo
-e nelle stesse proporzioni, è proprio il terreno favorevole
-per eccellenza al conservarsi delle antiche usanze
-e delle vetuste consuetudini particolari ai singoli luoghi.
-</p>
-
-<p>
-A Milano il <i>forum</i> si trovava davanti ed intorno alla
-cattedrale<a class="tag" id="tag639" href="#note639">[639]</a>, ma tale ubicazione si può considerare
-come un'eccezione<a class="tag" id="tag640" href="#note640">[640]</a>. Nelle nostre città, generalmente
-<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
-regolari<a class="tag" id="tag641" href="#note641">[641]</a>, il <i>forum</i> era costituito dalla piazza formata
-dall'incontro del <i>cardo maximus</i> col <i>decumanus</i>, che erano
-le due vie principali, intersecantesi perpendicolarmente:
-era il punto centrale della città, l'antico <i>templum</i><a class="tag" id="tag642" href="#note642">[642]</a>.
-Per il modo con cui sorse e si sviluppò il cristianesimo,
-per le difficoltà incontrate prima di poter essere tollerato
-e riconosciuto come culto ufficiale e per l'ostacolo, quasi
-per ogni dove insormontabile, rappresentato dalla
-preesistenza di edifici e fabbriche intorno al foro; quasi
-mai la Chiesa cattolica potè costruire la sede vescovile
-sul foro, che rimase invece il luogo consueto del mercato.
-Così a Vercelli<a class="tag" id="tag643" href="#note643">[643]</a>, a Cremona<a class="tag" id="tag644" href="#note644">[644]</a>, a Brescia<a class="tag" id="tag645" href="#note645">[645]</a>,
-<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
-a Lucca<a class="tag" id="tag646" href="#note646">[646]</a>, a Piacenza<a class="tag" id="tag647" href="#note647">[647]</a>, a Bergamo<a class="tag" id="tag648" href="#note648">[648]</a>, a Parma<a class="tag" id="tag649" href="#note649">[649]</a>, a
-Pavia<a class="tag" id="tag650" href="#note650">[650]</a>, a Pisa<a class="tag" id="tag651" href="#note651">[651]</a>, a Ferrara<a class="tag" id="tag652" href="#note652">[652]</a>, a Verona<a class="tag" id="tag653" href="#note653">[653]</a>, a Firenze<a class="tag" id="tag654" href="#note654">[654]</a>,
-a Arezzo<a class="tag" id="tag655" href="#note655">[655]</a>, etc.<a class="tag" id="tag656" href="#note656">[656]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il mercato settimanale anche se non si trovava davanti
-alla chiesa, aveva sempre luogo, dunque, dentro
-alla città, dentro alle sue mura; mentre la fiera ed il
-mercato maggiore, di solito si tenevano fuori. E ciò è
-da rilevare perchè può fornire un buon punto di partenza
-per giungere a formulare un criterio di differenziazione
-della costituzione delle città italiane da quelle
-franco-belgo-germaniche.
-</p>
-
-<p>
-La città italiana mantiene sempre una posizione elevata
-e distinta di fronte al territorio circostante, che le
-è annesso e soggetto ed è caratterizzata da un complesso
-di norme di natura giuridica, che rientrano nella
-più ampia organizzazione dello Stato, ma, come abbiamo
-già veduto, sono speciali alla sola città ed al suo suburbio;
-e costituiscono il nocciolo da cui con evoluzione
-progressiva, senza alcun distacco da un periodo
-di tempo all'altro, si è venuto formando e sviluppando
-quel particolarismo che raggiunge nel medioevo comunale
-il momento di maggiore sviluppo<a class="tag" id="tag657" href="#note657">[657]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
-</p>
-
-<p>
-Agli elementi che hanno formato il diritto cittadino
-deve essere, dunque, aggiunto anche il mercato vicinale,
-in quanto che anch'esso si restrinse alla città ed
-al suburbio e cooperò validamente al formarsi di consuetudini
-<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
-e di norme giuridiche, distinte e diverse da
-quelle del territorio rurale<a class="tag" id="tag658" href="#note658">[658]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Per determinare con precisione tale azione e per rilevare
-le differenze e le affinità fra gli usi prodotti dagli
-scambi vicinali, occorrerebbe entrare in un'indagine
-comparativa delle varie consuetudini che si trovano
-sparse negli statuti comunali o raggruppate e raccolte
-insieme fino dal secolo decimoterzo, la quale esorbiterebbe
-dal campo di studi prefisso a questo volume nel
-quale si vuole esaminare solo la funzione economica,
-in quanto rientra nella costituzione delle nostre città nell'alto
-medioevo, e si mira ad aprire ed indicare soltanto
-le linee generali da cui resulta. Ma non si può fare a
-meno di determinare quale è il colore di fondo del quadro
-di cui le molteplici consuetudini locali rappresentano
-le gradazioni, le tonalità e l'ultimo sviluppo.
-</p>
-
-<p>
-Anche oggi si conserva fra campagnoli e mercanti
-di bestiame l'uso di stringersi a vicenda la mano per
-conchiudere i contratti; cosicchè il momento della perfezione
-risiede non già nella manifestazione verbale della
-<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
-volontà, ma sibbene nella stretta di mano<a class="tag" id="tag659" href="#note659">[659]</a>. Questo
-accordo di buona fede, essendo senza alcun valore di
-fronte alla legge, non può essere originato dalla legge
-stessa; tanto è vero che se ne trova traccia fino al secolo
-decimoterzo anche nei documenti medioevali<a class="tag" id="tag660" href="#note660">[660]</a>, che
-ne specificano la natura giuridica e lo chiamano col nome
-tecnico di <i>mercato</i>.<a class="tag" id="tag661" href="#note661">[661]</a> E si può risalire ben più innanzi
-se si osserva che la frase comune, che, appunto perchè
-comune è certamente antica, dell'uso trecentesco «<i>impalmare
-la fede</i>» corrisponde perfettamente, sia nella
-forma esterna che nel contenuto giuridico, alla formula
-«<i>manu fidem facere, fidem facere</i> e <i>manum facere</i>»,
-che si trova nei documenti del più remoto medioevo<a class="tag" id="tag662" href="#note662">[662]</a>.
-E, quindi, finchè non sia dimostrato che fra l'una e
-l'altra si è avuta una soluzione di continuità, durante
-la quale è stato in vigore un sistema diverso, si deve
-ritenere che il modo di dire volgare sia divenuto comune
-in quanto continuava un uso antichissimo dovunque
-<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
-diffuso. E se questo è, siccome tale formula è
-sicuramente romana<a class="tag" id="tag663" href="#note663">[663]</a> ed è dalle fonti romane che è
-passata nei documenti medioevali<a class="tag" id="tag664" href="#note664">[664]</a>, si può constatare
-che questo sistema si trova in perfetto accordo con il
-rigido formalismo dell'antico diritto romano, il quale
-non dette mai all'istrumento scritto altro valore che
-probatorio<a class="tag" id="tag665" href="#note665">[665]</a>; e si può concludere che anche questo
-formalismo resiste alla pressione dell'ultimo diritto romano,
-insieme ed al pari di tutti quegli istituti del diritto
-teodosiano che si mantennero in Italia malgrado
-e dopo la legislazione giustinianea; e che potè trovare
-favorevoli condizioni di ambiente nel formalismo dei
-diritti germanici e, specialmente del diritto salico, ma
-che preesistette ad essi e, quindi, non potè esserne originato.
-</p>
-
-<p>
-Il che, in conclusione, significa che anche in questo
-campo si trovano elementi che vivono in Italia ininterrottamente
-sino dal tempo di Roma repubblicana.
-</p>
-
-<p>
-Il mercato vicinale ha per scopo il sostentamento
-della città: esso le fornisce i mezzi necessarii alla sua
-esistenza e che da sè stessa non si può procurare perchè
-prevalentemente costituita da edifici e da abitazioni;
-e li fornisce soprattutto alle classi meno elevate della
-popolazione prive di <i>curtes</i> e di terre da cui poterli ricavare.
-Esso vive, perciò, della vita della città, si attenua
-<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span>
-col suo decadere, progredisce e si trasforma col
-suo progredire. Intimamente legato ad essa, ne è elemento
-sussidiario importante. Non unico però. Quindi
-le norme giuridiche originate da questo scambio costituiscono
-solo una parte del sistema giuridico proprio
-della città e si aggiungono a quelle che già si sono rilevate:
-ma non completano il quadro; e, per di più,
-per determinare l'importanza e la quantità di questa
-parte occorre prima ricercare o determinare gli altri elementi
-che hanno formato la costituzione e il diritto
-delle nostre città.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-9">§ 9.</h3> <p>— I Langobardi quando, assodata la conquista,
-si fissarono stabilmente nel nostro paese, trovarono
-nelle città e nei castelli, che erano luoghi forti e muniti,
-degli ottimi strumenti di dominio contro i vinti e
-di difesa contro le incursioni esterne e vi si insediarono
-di preferenza curando assiduamente la guardia<a class="tag" id="tag666" href="#note666">[666]</a> e la
-manutenzione delle mura<a class="tag" id="tag667" href="#note667">[667]</a>.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-La città ed il castello erano contraddistinti appunto
-dalla presenza della cinta murata: Rotari, impadronitosi
-di alcune città della Liguria, per punirle della resistenza
-oppostagli, le ridusse a semplici <i>vici</i> abbattendone le
-mura: «<i>muros</i> earum usque ad fundamentum <i>destruens</i>,
-<i>vicos</i> has <i>civitates</i> nominari praecepit»<a class="tag" id="tag668" href="#note668">[668]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ma la città si distingueva anche dal castello: il capitolo
-39 dell'Editto stabilisce che quando un reato è
-stato commesso entro la città, la pena ordinaria e consueta
-sia aggravata di una multa speciale a vantaggio
-del fisco. Si aggiunge, cioè, alla figura normale di ogni
-reato, un nuovo reato che consiste nell'ingiuria alla
-<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
-terra il cui mantenimento in buono e pacifico stato, la
-cui <i>pace</i>, per usare il termine tecnico, il re impone in
-modo particolare — <i>iniuria terrae</i> —; e si fa della città — solo
-della città, chè del <i>castrum</i> non si fa parola — un
-terreno giuridicamente protetto in modo speciale<a class="tag" id="tag669" href="#note669">[669]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Questa zona di particolare natura giuridica ha nelle
-mura dei confini rigidamente ed immutabilmente fissati.
-Si ha, dunque, aperta la via a ricercare da che cosa sia
-stata costituita in quest'epoca la città nel senso giuridico
-della parola; a ricercare, cioè, se sia esistito e di
-quale natura ed entità e in quali proporzioni un regime
-giuridico di natura pubblica proprio ed esclusivo della
-sola città, del solo centro murato cinto di mura; e la
-posizione di questo regime nell'ordinamento politico.
-</p>
-
-<p>
-Con la disposizione del capitolo 39 non si pone il
-primo substrato di una particolare consistenza giuridica
-della città: se ne delinea, piuttosto, il riconoscimento
-ufficiale, completando con un provvedimento consono
-ai criteri del diritto pubblico dell'epoca e, cioè, di natura
-germanica, uno stato di fatto e di diritto in molta
-parte preesistente.
-</p>
-
-<p>
-È tutta romana la distinzione delle città e dei castelli,
-in quanto cinti di mura dai <i>vici</i> e dai <i>loci</i>, aperti
-ed indifesi<a class="tag" id="tag670" href="#note670">[670]</a>; come è tutta romana la disposizione che
-punisce severamente chi ne scavalchi di soppiatto le
-mura<a class="tag" id="tag671" href="#note671">[671]</a>. È tolta di peso da un passo di Modestino riportato
-nel Digesto e corrisponde in modo perfetto anche
-<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
-allo scopo di esso, chiaramente mostrato dal titolo — <i>de
-re militari</i> — in cui è contenuto: si può e si
-deve considerarla come un'altra e nuova prova che i
-compilatori dell'Editto ebbero conoscenza delle fonti
-romane non solo attraverso a rifacimenti barbarici ma
-anche direttamente.
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi, i più feroci dei barbari feroci, ripugnanti
-ed alieni dalle sedi fisse e dagli agglomerati numerosi,
-abituati a vivere sparsi e disseminati in piccoli
-gruppi — <i>vicatim</i> — furon tratti, inconsapevolmente<a class="tag" id="tag672" href="#note672">[672]</a>,
-a riconoscere ed accettare la sottile distinzione fra <i>urbs</i>
-e <i>castrum</i>, perchè la loro venuta, se spazzò via gli ultimi
-avanzi dell'organizzazione burocratica romano-bizantina,
-non distrusse le basi prime della struttura
-economica della città, consolidata da lunghi secoli e che
-i due regni barbarici degli Eruli e dei Goti e la trista
-dominazione bizantina, prostrandola fino all'ultimo grado
-di decadenza, avevan dolorosamente preparato a sopportare
-senza urti troppo violenti la loro rude signoria.
-</p>
-
-<p>
-In Italia non era mai cessato l'antichissimo sistema,
-probabilmente preesistente alla stessa conquista romana<a class="tag" id="tag673" href="#note673">[673]</a>,
-per cui le più elevate facoltà giuridiche erano
-<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
-prerogativa esclusiva di coloro che avevano diritto alla
-qualifica di <i>urbani</i>, i quali in tutti i rami del vivere civile,
-dalle magistrature — <i>magistratus urbanus</i> — ai
-collegi e corporazioni — <i>collegium urbanum, collegia urbanorum</i> — alle
-opere — <i>opereis urbanorum</i> — alla cittadinanza
-tutta, insomma, intesa nel senso ristretto del
-gruppo dei rapporti fra l'individuo e la città, di cui
-è cittadino — <i>urbani</i> — <i>civis urbanus</i> — godevano una
-preminenza assoluta ed incontestata.
-</p>
-
-<p>
-Anche con la legge dell'anno 400 — e già la rovina
-di tutte le istituzioni premeva — gli edifici, gli orti e le
-aree dei pubblici edifici ed i luoghi pubblici situati entro
-la città ed il suo suburbio, insieme ed al pari dei
-beni ecclesiastici, furono locati in perpetua conduzione
-ai soli urbani collegiati e corporati delle singole città.
-E più tardi fu solo alla plebe urbana che fu riconosciuto
-diritto di partecipare alla cosa pubblica, specialmente
-riguardo ai beni comuni, quando fu costretta ad aggiungere
-il suo contributo personale a quello ormai
-insufficiente delle curie e delle corporazioni.
-</p>
-
-<p>
-Nè lo perdette quella specie di collegio cittadino, in
-cui per lo sbiadirsi sempre maggiore delle proprie caratteristiche
-individuali, andaron fondendosi in forzata
-coesione le varie classi sociali dei vinti al tempo dei
-Goti<a class="tag" id="tag674" href="#note674">[674]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi trovaron tale stato di cose e non lo
-mutarono.
-</p>
-
-<p>
-Erano urbani — <i>civitatis Reatine habitatoribus</i> — quei
-Reatini i quali nel 774 ricercarono i confini del
-<i>gualdo publico</i> presso la loro città, insieme con il notario
-Insario incaricatone dal re Rachi, con il messo del
-duca Lupone, con il loro gastaldo Immone, con due
-sculdasci ed il <i>marphais</i>, ed ai quali fu inviato uno dei
-quattro brevi redatti alla presenza del duca di Spoleto
-«et quartum (breve) quidem direximus ad supradictos
-<i>homines in Reate</i>»: dice il documento<a class="tag" id="tag675" href="#note675">[675]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E la presenza del gastaldo stesso di Rieti alla compilazione
-ed all'invio del breve mostra che la solidità
-e la consistenza giuridica del gruppo da essi formato
-di fronte allo Stato, di cui egli era il rappresentante,
-non era minore di quella, che già si è avuto occasione
-di accennare, dei cittadini di Pavia, di Piacenza, di Cremona,
-di Verona, etc.; i quali erano <i>urbani</i> al pari di
-questi; come è provato dalla qualifica di <i>habitatores</i>
-urbis, de civitate, con cui li vediamo chiamati<a class="tag" id="tag676" href="#note676">[676]</a> quando,
-come in quest'ultima città, non son detti addirittura
-urbani.
-</p>
-
-<p>
-Il conte Nannone, per esempio, incaricato da Ottone
-I. di dirimere una controversia fra il vescovo Raterio
-ed i suoi concittadini, il 30 giugno 968, seduto al suo
-tribunale, interroga e si rivolge ai soli urbani — «ita
-orsus est loqui: quid vobis videtur, <i>urbani</i>, de isto prato?» —<a class="tag" id="tag677" href="#note677">[677]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nella nota convenzione stipulata nel 1037 tra il vescovo
-Olderico ed i cittadini di Brescia, a proposito dei
-<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
-beni comuni della città<a class="tag" id="tag678" href="#note678">[678]</a>, la concessione dei medesimi
-non è fatta a tutti i <i>vicini</i> della <i>civitas</i> di Brescia; ma
-solo a quelli di essi che abitavano entro le mura: vos
-qui supra — (presbisteris ceterisque liberis hominibus
-Brixiam habitantibus) — <i>vicinos</i> eiusdem <i>Brixiae civitatis
-habitantes</i> vestrosque filios et heredes, et proheredes
-simulque omnem progeniam vestram.
-</p>
-
-<p>
-E ancor più evidente è quello che avviene a Mantova,
-dove, col diploma imperiale del 1055, sono detti e
-qualificati cives anche gli arimanni entrati ad abitare entro
-le mura e sono protetti in modo speciale e differente
-da tutti gli altri arimanni sparsi per il territorio mantovano — predictos
-cives, videlicet <i>ermannos in Mantua
-civitate habitantes</i><a class="tag" id="tag679" href="#note679">[679]</a>.
-</p>
-
-<p>
-A Bergamo nel 1081 il vescovo Arnulfo decide
-una grave controversia che da tempo si agitava fra i
-canonici di S. Vincenzo e quelli di S. Alessandro per
-causa di certe decime, con l'aiuto e il consiglio di «multorum
-clericorum, <i>civium, extraque urbem manentium
-sapientum et nobilium.</i><a class="tag" id="tag680" href="#note680">[680]</a> Dei non urbani (extra urbem
-manentes) non partecipano che i nobili e i sapienti<a class="tag" id="tag681" href="#note681">[681]</a>
-mentre i cittadini partecipano tutti e chi fossero questi
-cives lo indica la contrapposizione e la preminenza su
-quelli che vivevano fuori delle mura: erano gli urbani.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
-</p>
-
-<p>
-A Pavia nel 1084<a class="tag" id="tag682" href="#note682">[682]</a> comparve nella corte del vescovo,
-alla presenza dei capitanei, dei valvassori e dei
-cittadini maggiori e minori della città — presentia capitaneorum,
-vavasorum et <i>civium majorum seu minorum
-ipsius civitatis</i> — l'abate Veridiolo per querelarsi contro
-l'abbadessa del Monastero di S. Maria Teodota; ed il
-predetto popolo dei maggiori e minori cittadini — <i>predictus
-popolus tam majorum quamque minorum</i> — stabilì
-di prendere il monastero sotto la propria <i>defensio</i> — la
-parola ed il significato corrispondono pienamente a
-quelli dei diplomi regi ed imperiali — affinchè nessuno
-osasse turbarlo e sempre rimanesse «<i>in ipsorum istorum
-civium majorum seu minorum potestatis defensione</i>».
-</p>
-
-<p>
-Dato che il notaro Eurico dichiara di avere scritto
-questo <i>decretum</i> per invito dei <i>capitanei</i> dei <i>valvassori</i>
-e dei <i>cives</i> — per ammonitionem istorum capitaneorum
-et vavasorum et <i>civium</i> —: è chiaro che questi <i>cives</i>
-costituiscono una classe sociale distinta ed inferiore — dal
-momento che è ricordata per ultima — alle due
-prime nell'ordine politico: ma di autorità tale da aver
-diritto di cooperare con esse in affari di primaria importanza.
-Che anzi, dal documento appare in modo non
-dubbio che a prendere l'iniziativa furono proprio e soltanto
-i <i>cives</i>.
-</p>
-
-<p>
-Nel documento — e l'osservazione vale anche per i
-documenti ricordati più avanti — <i>civitas</i> indica sempre
-il complesso delle abitazioni chiuse entro le mura: il
-monastero di S. Pietro, per es., è detto «extra murum
-predictae civitatis»; e un altro documento dello stesso
-anno e dello stesso luogo<a class="tag" id="tag683" href="#note683">[683]</a> specifica che un tal Uberto,
-ottimo milite, è <i>civis Papiae urbis</i>. Il significato di <i>urbs</i>
-non ha bisogno di spiegazioni; così come è sintomatico
-che il poeta bergamasco Mosè del Brolo, fiorito nella
-prima metà del secolo decimosecondo<a class="tag" id="tag684" href="#note684">[684]</a>, chiami cives
-<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
-solo coloro che abitano entro le mura e urbana negotia
-tutti gli affari d'importanza<a class="tag" id="tag685" href="#note685">[685]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nè si può passar sotto silenzio — pur tralasciando
-tutti gli altri documenti in cui si ricordano cives — l'esempio,
-che ha con quello pavese bei punti di contatto,
-fornito dalla «Relatio de innovatione ecclesie sancti Geminiani»
-scritta probabilmente verso la fine del 1106<a class="tag" id="tag686" href="#note686">[686]</a>.
-</p>
-
-<p>
-La vecchia chiesa di S. Geminiano di Modena minacciando
-rovina, l'<i>ordo clericorum</i> e l'<i>universus eiusdem
-ecclesiae populus</i> cominciano a discutere sui provvedimenti
-da prendersi.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente in tempo di sede vacante, cioè probabilmente
-dopo la morte del vescovo Benedetto nel 1099,
-per consiglio concorde così del clero, come dei cittadini
-e degli arcipreti di tutte le pievi rurali e dei militi della
-chiesa stessa — <i>unito consilio</i> non modo <i>clericorum</i>...
-sed et <i>civium</i> universarumque <i>plebium prelatorum</i> seu
-<i>etiam eiusdem ecclesie militum</i> — si decide la costruzione
-di una nuova chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Nel 1099 <i>mutinenses cives et omnis populus</i> danno
-principio alla nuova fabbrica. Nel 1106, sotto il vescovado
-di Dodone, la fabbrica del nuovo tempio è giunta
-a tal punto che vi si può trasportare il corpo di S. Geminiano.
-</p>
-
-<p>
-Fissata la traslazione per il primo giorno di maggio
-se ne dà avviso non solo a tutta la diocesi ed alle
-«comprovintiales civitates» ma anche alle «adiacentes».
-Si raduna quindi in Modena un «maximum episcoporum
-<i>concilium</i>, clericorum, abbatum et monacorum, fitque
-<i>congregatio militum</i>, fit et <i>conventus populorum</i> utrisque
-sexus» come a memoria d'uomo non si era visto
-<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span>
-mai. Vi accorre anche «cum suo exercitu» la contessa
-Matilde.
-</p>
-
-<p>
-Avvenuta la traslazione nasce una disputa abbastanza
-vivace fra i vescovi ed i <i>cives</i> perchè i <i>presules</i>
-desiderano revelare le reliquie del santo ed i <i>cives autem
-et omnis populus</i> ci si oppongono recisamente. Si
-ricorre alla contessa Matilde la quale si toglie d'imbarazzo
-consigliando di attendere la prossima venuta di
-Pasquale II; e giunto il papa nell'ottobre, per suo consiglio
-si procede all'apertura del tumulo dopo aver deputato
-alla custodia del corpo di S. Geminiano <i>sex viros
-de ordine militum et bis senos de civibus</i> obbligatisi prima
-con giuramento a custodirlo e salvarlo da ogni pericolo
-di violazione.
-</p>
-
-<p>
-La città, dal punto di vista ecclesiastico, resulta dell'<i>ordo
-clericorum</i> e dell'<i>universus eiusdem ecclesiae populuis</i>
-e cioè degli ecclesiastici e dei laici viventi entro i
-suoi confini: ma di questi ultimi alla deliberazione effettiva
-con cui si decide la ricostruzione della chiesa,
-insieme con gli arcipreti del contado ed i vassalli del
-vescovado partecipano solo i <i>cives</i>; soltanto i <i>cives</i> hanno
-diritto di opporsi al parere dei prelati riguardo alle reliquie
-e solo i <i>cives</i> hanno l'onore di vegliarle e possono
-pretendere ed ottenere di essere in numero doppio
-di quello dei militi onde pareggiare col numero lo squilibrio
-della diversità di armamento e esser posti in pari
-grado con loro.
-</p>
-
-<p>
-Eppure alla ricostruzione della chiesa non sono soltanto
-i <i>cives</i>, ma anche tutto il <i>populus</i> che partecipa e
-concorre.
-</p>
-
-<p>
-<i>Populus</i> indica tutti i parrocchiani di una pieve, urbana
-o rustica che sia, maschi e femmine indistintamente — populi
-utriusque sexus — ma fra questi — nel
-primo caso, che è quello ora in esame — si distingue
-una classe speciale, la quale ha facoltà così energicamente
-assodate che anche nella decisione di affari di
-apparenza e di veste esterna prevalentemente religiosa — di
-<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
-sostanza non si può dire per l'intimo legame che
-univa la cattedrale alla città — non solo supera, ma
-esclude addirittura l'intervento di quegli altri che pure
-fanno parte integrante dell'identica ed unica istituzione,
-che li accomuna egualmente alla stessa chiesa, allo stesso
-fonte battesimale, allo stesso culto.
-</p>
-
-<p>
-<i>Cives</i> sono i soli <i>urbani</i>: i suburbani costituiscono il
-rimanente del <i>populus</i>.
-</p>
-
-<p>
-E della distinzione, della separazione anzi, fra gli
-uni e gli altri si ha anche la riprova.
-</p>
-
-<p>
-I consoli di Bergamo, avendo deciso nel 1171<a class="tag" id="tag687" href="#note687">[687]</a> di
-erigere in borgo franco il castello di Romano nuovo,
-stabilirono che i burgensi dovessero fare «ostem, vardam,
-et laborem et tractum» secondo i loro precetti,
-pagare i dazî e le imposte solo quando li avrebbe pagati
-la città e godere di una libertà pari a quella di uno
-dei borghi di Bergamo: «ad modum burgi debent stare
-et esse et <i>ita debent esse liberi ut unus ex burgis civitatis
-Bergomi</i>».
-</p>
-
-<p>
-Questi borghi sono quelli attaccati alle mura cittadine — i
-consoli, dice il documento, devono comandare
-a quelli di Romano nuovo <i>sicuti hominibus suburbiorum
-suorum</i> —; e il documento, accennando esplicitamente
-alla libertà dei borghi sorti presso le porte della città,
-fa risaltare in modo evidente che la città doveva godere
-una libertà diversa e, per conseguenza, maggiore: il limite
-fra i due regimi giuridici non poteva esser segnato
-che dalle mura.
-</p>
-
-<p>
-Non si avverte, se non m'inganno, soluzione di continuità
-fra il più antico materiale epigrafico e quest'ultimo
-documento.
-</p>
-
-<p>
-La conversione dei Langobardi al cattolicismo, favorita
-dalla condiscendente negligenza dei sacerdoti ariani,
-riconosciuta perfino da papa Gregorio I, fu rapida e
-<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
-grande: Autari — tanta era già la frequenza dei battesimi — proibì
-che i neonati fossero battezzati e a pochi
-decenni dall'invasione il cattolicismo penetra anche nella
-corte regia, con effetti deleterî per la costituzione langobarda.
-Il culto, come abbiamo veduto, legava con vincoli
-fortissimi gli adepti e li strappava allo Stato: chi,
-convertito, entrava nella comunità cristiana, entrava a
-viver la vita non soltanto religiosa, ma la vita civile,
-che si assommava in gran parte in quella religiosa, del
-popolo vinto e con l'entrarci dell'elemento germanico
-vincitore ne alzava il livello sociale; e con moto irresistibile
-spianava la via all'equiparazione nel campo del
-diritto pubblico. La decima che il nuovo convertito si
-obbligava con giuramento a pagare per sè e per i suoi
-successori, era per lui un obbligo volontario liberamente
-contratto: ma per quelli che venivano dopo di lui e che
-si trovavano obbligati per virtù del patto da lui giurato
-e da essi inconsapevolmente accettato con l'involontario
-ricevimento del battesimo nei primi anni della loro puerizia,
-assumeva l'aspetto di una vera e propria imposta
-facilitata nel pagamento, piuttosto che confermata nel
-diritto e apriva pian piano l'adito alla partecipazione di
-tutti i cittadini, di qualunque origine e di ogni nazionalità,
-agli oneri che gravavano sulla città: oneri, che
-avevano al momento della conquista un carattere in
-completa opposizione con la natura dei Langobardi e
-che dai Langobardi, nei primi tempi, certamente non furono
-sopportati, mentre poco tempo dopo si vedono gli
-habitatores tutti di varie città obbligati indistintamente
-a tali prestazioni ed oneri: difesa, costruzione e riparazione
-delle mura etc. etc. ripartite secondo il vecchio
-sistema romano e con una cooperazione dello Stato inconcepibile
-nella organizzazione germanica: segno innegabile
-di un predominio di concetti e sistemi proprî dei
-vinti e dai vincitori accolti e condivisi. Ed in tutti i rami
-della vita civile l'elemento romano assorbiva dentro di
-sè, trasformandolo ed infondendogli la propria civiltà e
-le proprie consuetudini, l'elemento germanico.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
-</p>
-
-<p>
-Artefice e fucina di questa trasformazione fu la città.
-</p>
-
-<p>
-La città non perdette mai la sua preminenza sul territorio
-rurale. La sua importanza economica attraeva
-irresistibilmente i Langobardi sia che ancora conservassero
-la <i>sors</i> guadagnata con la vittoria, sia, ed ancor più,
-se l'avevano perduta e la sua importanza strategica aumentava
-rapidamente il livello sociale dei suoi abitanti,
-richiedendone la cooperazione nella difesa e nella guardia
-delle mura a cui l'esercito vero e proprio, mai molto
-numeroso ed in progressiva diminuzione per l'uso di
-combattere a cavallo, era del tutto insufficiente.
-</p>
-
-<p>
-Rotari stesso parla della sculca come di un servizio
-che di poco differisce dal servizio militare vero e proprio<a class="tag" id="tag688" href="#note688">[688]</a>.
-E questa sculca, che i documenti chiamano, e
-giustamente, col suo bel nome romano di excubiae<a class="tag" id="tag689" href="#note689">[689]</a>;
-comprende ed indica quei varî servizi di riparazione e
-di guardia e di difesa delle mura che gli urbani continuavano
-a sostenere dal tempo romano e che ora, condivisi
-anche dai vincitori, vanno perdendo il carattere
-umiliante che loro era stato inflitto dai Goti. E così gli
-urbani, riacquistato il diritto alle armi, assurgono ad un
-grado elevato nella considerazione sociale e politica e
-formano anch'essi un esercito: l'esercito degli abitanti
-della città, dei cittadini — <i>exercitum senensium civitatis</i>,
-dice un documento del 730<a class="tag" id="tag690" href="#note690">[690]</a> — distinto dall'esercito
-formato da quegli altri che abitano nel territorio giurisdizionalmente
-soggetto alla città.
-</p>
-
-<p>
-Ma non manca, però, una vigorosa azione germanica
-la quale con forza ed indirizzo prevalentemente negativo
-in parte non piccola distrusse, in parte erose ed in
-parte trasformò la costituzione della città, per modo che
-quella che ne resultò se fu meno lontana dall'antico
-<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
-municipio romano che dal rude <i>gau</i> barbarico, ebbe natura,
-funzioni, caratteri ed elementi tutti suoi proprî.
-</p>
-
-<p>
-Nella costituzione langobarda anche quando, conquistata
-l'Italia, il potere regio, sotto l'esempio e l'azione
-del diritto romano e della Chiesa, si fu affermato vigorosamente
-sui gruppi famigliari e gentilizi ed ebbe sostituito
-pene pubbliche ed irrogate d'autorità pubblica alle
-vetuste pene private, permane e si conserva il criterio barbarico
-per il quale la convivenza sociale piuttosto che dall'azione
-regolatrice di un potere centrale, è assicurata
-dalla pace intervenuta fra i gruppi parentali, in seguito
-alla coesione spontanea a scopo di difesa e di conquista
-da cui ebbe origine lo Stato; e per il quale la violazione
-del diritto è considerata reato nei rispetti della
-collettività in quanto, riaccendendo uno stato di guerra
-e di inimicizia fra i nuclei che la compongono, perturba
-questa pace.
-</p>
-
-<p>
-Sulla considerazione degli elementi intrinseci del reato
-(che si fa strada a stento e scarsamente, appena per qualcuno
-dei più generali, quale l'elemento subiettivo ed
-individuale) continua a prevalere la considerazione degli
-elementi oggettivi ed esterni: il danno alla pace pubblica
-ed il danno alla parte lesa. E così, mentre dalle composizioni
-private stabilite per convenzione volontaria delle
-parti nasce il guidrigildo, commisurato sullo stato e la
-qualità della persona e completato dal minuto formalismo
-delle disposizioni penali; così entro la protezione
-generale che si stende su tutto e su tutti si disegna
-un'altra protezione particolare che il re, per mezzo del
-suo <i>banno</i>, concede in modo e misura variabili a persone
-ed a luoghi, proporzionandola, nel primo caso, alla
-loro condizione, nel secondo alla loro importanza. La
-prima è il <i>mundio</i>; la seconda è la <i>pace</i>.
-</p>
-
-<p>
-Questa <i>pace</i> è tutta germanica.
-</p>
-
-<p>
-Quando l'Impero romano raggiunse il massimo splendore,
-una pace immensa e maestosa ne illuminava l'estesissimo
-territorio dove il diritto e la giustizia dominavano
-sovrani, di contro alle tenebrose regioni barbariche,
-<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
-turbate di discordie e di stragi nelle perenni guerre
-interne. E sorse un vero e proprio culto per questa <i>immensa
-romanae pacis majestas</i><a class="tag" id="tag691" href="#note691">[691]</a> che formò dal secondo
-secolo dopo Cristo in poi, il substrato di tutti i pensieri
-politici nell'orbe romano<a class="tag" id="tag692" href="#note692">[692]</a> e che culminava nel concetto
-di cittadinanza, per la quale il <i>civis romanus,</i> soggetto
-delle più ampie ed elevate facoltà giuridiche, emergeva
-su tutto e su tutti nel vasto dominio soggetto a
-Roma e retto dal suo diritto.
-</p>
-
-<p>
-Invece la <i>pace</i> di cui il re langobardo protegge la
-città è l'esponente della mancanza di unità di criterî
-giuridici e di impotenza di applicazione dei medesimi,
-per la quale il diritto, non applicato ovunque con gli
-stessi criterî e con lo stesso vigore, forma quà e là entro
-i confini dello Stato delle oasi privilegiate. Fra queste tiene
-il primo posto la città. La città, che era stata anche al
-tempo romano l'unica circoscrizione conosciuta, apparve
-sino dai primordi della conquista come l'unica base del
-governo locale. E poichè così per le contingenze della
-difesa presente come per le tradizioni e le consuetudini
-dell'antico tempo<a class="tag" id="tag693" href="#note693">[693]</a>, si chiudeva nelle mura, si sviluppò
-un diritto di cittadinanza ristretto al solo centro murato
-e le cui facoltà, riservate esclusivamente a coloro che
-vivevano entro le mura, non si irradiarono al di là del
-suburbio ed ogni città fu centro e termine di una cittadinanza
-ed in ognuna <i>civis</i> fu solo l'<i>urbanus</i>.
-</p>
-
-<p>
-E siccome lo Stato barbarico era incapace di coordinare
-le varie energie locali in modo da fonderle in un
-unico e saldo organismo, come aveva fatto lo Stato romano;
-questo ristretto sistema di cittadinanza si affermò
-con continuo e crescente vigore nella costituzione politica
-e vi rappresentò e costituì una vera e propria classe
-sociale suscettibile anche di gradazioni interne, distinta
-<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
-da tutte le altre, di fronte alle quali, anzi, conquistò
-una posizione di indiscussa egemonia.
-</p>
-
-<p>
-A Bergamo i <i>cives</i>, l'abbiamo veduto or ora, son
-chiamati a decidere delle questioni più gravi insieme
-con i <i>nobiles</i> ed i <i>sapientes</i>; a Modena, a Milano, a Pavia
-nel secolo decimoprimo, distinti in <i>majores</i> e <i>minores</i>,
-contemperano l'azione dei <i>capitanei</i> e dei <i>valvassori</i>
-e il movimento toccò in breve il suo culmine, chè
-con i Comuni il <i>diritto</i>, che si può chiamare <i>urbano</i>, e
-che anticamente era stato il primo e meno elevato gradino
-del diritto di cittadinanza, fu fine e termine a sè
-stesso e il paese resultò formato di tante ed autonome
-città senz'altro vincolo comune e reciproco che le ideologiche
-costruzioni della monarchia e dell'Impero.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-10">§ 10.</h3> <p>— L'organizzazione degli antichi municipî riposava
-sulle curie e sui magistrati e queste e quelli, insieme
-con le corporazioni che costituivano come le membra
-della città, pensavano al disbrigo degli affari. Ma
-dai primi del secolo quinto, sotto la pressione irresistibile
-delle necessità di difendersi contro le invasioni da
-ogni parte irruenti, fu chiamata a vigilare e a combattere
-anche la plebe urbana ed in correspettivo, le furon
-riconosciute delle speciali facoltà nei rispetti della cosa
-pubblica le quali si aggiunsero, integrandole, a quelle
-degli organi già esistenti, in proporzione del contributo
-portato dai nuovi venuti; e fecero sì che per i provvedimenti
-di maggiore importanza fu necessario il <i>communi
-consensu</i> di tutti i cittadini<a class="tag" id="tag694" href="#note694">[694]</a>.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-Per manifestare questo comune consenso che richiedeva
-una generale riunione, fu scelto il luogo nel
-quale era già antica consuetudine che tutti indistintamente
-si riunissero accomunati dalla fede e cioè sul sagrato
-della Chiesa, alla quale lo Stato affidava, per non
-<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
-dire addirittura abbandonava, una parte sempre più ampia
-dei suoi impegni e dei suoi doveri.
-</p>
-
-<p>
-E così la Chiesa, oltre ai veri e proprî compiti che
-disimpegnava già prima come religione ufficiale dello
-Stato, coprì con la sua protezione questa nuova e speciale
-assemblea che aveva per carattere distintivo una
-funzione suppletiva ed integratrice dell'amministrazione
-normale della città.
-</p>
-
-<p>
-Con i Goti questa funzione suppletiva si accentuò
-in proporzione della decadenza sempre maggiore delle
-curie e delle corporazioni ed in correlazione del formarsi
-di un unico e forzato <i>collegium</i> che comprendeva
-tutta la città. E di più avendo essi riserbato soltanto a
-sè stessi l'uso delle armi e l'esenzione dalle imposte ed
-avendo incamerati nel Fisco regio i beni pubblici delle
-città, sanzionarono di diritto e di fatto agli italiani una
-condizione di inferiorità civile e ridussero le loro facoltà
-su tali beni a semplici diritti di uso.
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi spazzaron via con gli ultimi avanzi
-delle curie e delle corporazioni quanto ancora rimaneva
-dell'antico organismo burocratico romano-bizantino; ma
-non ebbero ragione di impedire la riunione degli indigeni
-dinanzi alla Chiesa, sia perchè esternamente e superficialmente
-si presentava di natura religiosa, sia perchè
-funzionava molto bene come mezzo di pubblicità
-e di estorsione di imposte; ed in nessun modo poi, allo
-stato in cui l'avevano ridotta i Goti, dava ombra od
-ostacolava la dispotica volontà dell'ufficiale pubblico
-preposto alla città.
-</p>
-
-<p>
-Rotari, inspirandosi al cap. 58 dell'Editto di Teodorico,
-accenna al <i>conventus ante ecclesiam</i> come al luogo
-dove si poteva far bandire dal precone il rinvenimento
-di un animale smarrito e di cui si fosse ignorato il proprietario<a class="tag" id="tag695" href="#note695">[695]</a>;
-quasi come un semplice mezzo di pubblicità,
-così come al tempo goto, durante il quale non fu
-<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span>
-infrequente il caso che anche le leggi, incise in tavole
-di marmo, fossero murate negli atrî delle chiese. Ma,
-quantunque Rotari, sia stato ariano intransigente, nazionalista
-convinto e per conseguenza ostile all'elemento
-indigeno ed alla parte romanizzante del suo popolo e
-abbia inteso a raccogliere in iscritto le antiche consuetudini
-e le vecchie leggi dei suoi per conservar loro
-quel predominio assoluto, che era andato rapidamente
-diminuendo; pur dalla stessa sua legge appaiono dei
-sintomi che accennano ad un notevole aumento di importanza
-del convegno che ogni giorno festivo si raccoglieva
-sul sagrato della pieve.
-</p>
-
-<p>
-Egli distingue nettamente le riunioni illecite sia dei
-rustici — rusticanorum seditiones, concilios<a class="tag" id="tag696" href="#note696">[696]</a> — che dei
-cittadini — zavas et adunaciones... per singulas civitates<a class="tag" id="tag697" href="#note697">[697]</a> — dalle
-altre; e queste, in conseguenza e conformità
-dell'antico sistema germanico per il quale non
-si concepisce un'assemblea senza carattere politico giudiziario,
-appaiono investite di uno spiccato carattere
-legale. Tutte le riunioni e le adunanze contemplate e
-consentite dall'Editto, invero, sono protette con la pena
-gravissima di 900 solidi — «si quis (stabilisce infatti il
-cap. 8) in consilio vel quodlibet conventu scandalum
-commiserit noningentos solidos sit culpabiles regi» —. Ora
-dal momento che il cap. 343 parla di un <i>conventus</i>
-ed il cap. 8 protegge con tale pena tutti i <i>conventus</i> indistintamente — <i>quodlibet
-conventu</i> — e dall'Editto non
-è sanzionata alcuna eccezione a tale proposito, si deve
-ammettere che anche il <i>conventus ante ecclesiam</i> sia
-stato protetto dalla stessa pena. Ed allora, essendo certo
-che la gravità della pena non può essere stata causata
-dalla vicinanza del <i>conventus</i> ad un luogo sacro, perchè
-lo stesso Rotari limita a 40 solidi la pena di chi commette
-uno scandalo in chiesa<a class="tag" id="tag698" href="#note698">[698]</a>; il fatto che Rotari abbia
-<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
-tutelato il <i>conventus ante ecclesiam</i> con la pena di
-900 solidi, che è la pena massima che protegge la funzione
-politico-giudiziaria, anche se non si vuol giungere
-alla conseguenza che egli l'abbia considerato come un
-vero e proprio organo di essa, è, però, un indizio sicuro
-che al suo tempo l'assemblea davanti alla chiesa, nella
-quale il precone esercitava normalmente e giuridicamente
-le sue abituali funzioni, e che, per certi riguardi,
-era equiparata all'azione dello stesso giudice, era qualche
-cosa di diverso dalle umili e mal sopportate riunioni
-dei fedeli in cui — nei primi anni dell'invasione — si
-trattavano affari e cose esclusivamente religiose.
-</p>
-
-<p>
-Venuti come nemici e stabilitisi come conquistatori,
-i Langobardi continuarono a reggersi con i sistemi originarî
-escludendone completamente i vinti e intesero di
-conservarsi un assoluto e completo predominio. Gli effetti
-furono precisamente opposti. Ciò fece sì che quando
-gli Italiani, riavutisi un po', cominciarono a rialzarsi,
-ogni loro spinta verso l'alto fu un colpo di piccone
-alla costituzione di quelli.
-</p>
-
-<p>
-E il fulcro e l'organo primo di questo movimento
-fu appunto l'assemblea cittadina la quale era una forma
-semplice quant'altra mai di amministrazione e si attagliava
-perfettamente alle consuetudini germaniche alle
-quali si avvicinava in modo singolare per quanto concerneva
-i beni pubblici comuni, rispetto ai quali gli urbani
-avevano un diritto paragonabile, almeno nella manifestazione
-esterna, a quello di cui nell'organizzazione
-germanica godono i commarcani sui beni comuni della
-marca. Ed offriva un ottimo punto di riunione agli elementi
-germanici che la religione cattolica, la civiltà romana,
-la costituzione cittadina ed il variare delle condizioni
-economiche e speciali strappavano alle schiere
-dei Langobardi.
-</p>
-
-<p>
-Dalla venuta dei Langobardi quest'assemblea perde
-il carattere di organo suppletivo e diviene l'organo esclusivo
-dell'amministrazione interna degli urbani e inizia
-un'evoluzione per la quale dal momento in cui,
-<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
-sotto il duca o il gastaldo, le sono permesse solo ristrettissime
-facoltà, attraverso ad un progressivo incremento,
-sboccia nell'assemblea generale che elegge i consoli
-e origina e forma il Comune.
-</p>
-
-<p>
-Rotari, sia pure involontariamente, riconosce alla
-riunione dinanzi alla chiesa un certo valore anche perchè
-equipara il bando fatto in essa dal precone alla
-denunzia fatta al giudice ed ancor più fortemente accentua
-la consistenza del gruppo vicinale — dal quale
-non eran certo esclusi gli indigeni — nel cap. 176 dove
-dichiara che per l'espulsione del lebbroso è indifferente
-che la constatazione della malattia sia fatta dal giudice
-o dal popolo — judici vel populo certa rei veritas —<a class="tag" id="tag699" href="#note699">[699]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Lotario dopo aver stabilito che i documenti dovessero
-essere redatti da veridici ed onesti notai alla presenza
-del conte, dei vicarî o degli scabini, volle che
-quando questo non era possibile, come, per esempio,
-per i testamenti, la carta fosse mostrata o agli ufficiali
-pubblici o nel convegno davanti alla chiesa — statim
-charta ostendatur vel ante comitem judices vel vicarios,
-<i>aut in plebe</i>, ut verax agnoscatur esse<a class="tag" id="tag700" href="#note700">[700]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nei capitolari langobardici dell'803<a class="tag" id="tag701" href="#note701">[701]</a>, prendendo alla
-lettera un antico concetto della romanità decadente, è
-detto che certi soprusi «<i>ipsa plebs</i> non patiatur» e fu consuetudine
-che le ordinanze che imponevano l'eribanno
-dovessero esser lette <i>coram populo</i>.
-</p>
-
-<p>
-E la riunione consueta del popolo era davanti alla
-pieve.
-</p>
-
-<p>
-Più importante di tutti, poi, a lumeggiare l'entità e
-la consistenza di questa riunione è ciò che si sa di Piacenza.
-</p>
-
-<p>
-Pipino nel suo Capitolare del 790 circa si esprime
-testualmente così: «Non est nostra voluntas ut homines
-<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
-<i>Placentini per eorum praeceptum</i> de curte palatii illos
-aldiones <i>recipiant</i><a class="tag" id="tag702" href="#note702">[702]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il diploma parla in modo non dubbio di un <i>praeceptum</i>
-fatto dai Piacentini. Quest'atto, dunque, non era
-dovuto nè al rappresentante dell'autorità pubblica nella
-città, nè al vescovo; tanto nell'uno che nell'altro caso
-si sarebbe usata una formula diversa. Si sa quanto scrupolosa
-esattezza sia stata usata dai notai e non è credibile
-che mentre si hanno tante disposizioni che concernono
-i conti e gli altri ufficiali pubblici ed i vescovi
-e gli altri ecclesiastici, proprio in questo documento
-che ha tutto il carattere di una legge, si fosse arrivati
-ad un'aberrazione simile.
-</p>
-
-<p>
-Non era il conte, non era il vescovo che aveva formato
-il <i>praeceptum</i>: era la <i>civitas placentina</i>: quella
-civitas che si distingueva egualmente dallo Stato e dalla
-Chiesa e che aveva anche il suo notaro — <i>exceptor civitatis
-placentinae</i> — distinto dal notaro del re e dal
-notaro della Chiesa; e che si radunava a discutere e a
-risolvere, con un'energia giuridica che in qualche caso
-giungeva fino a tentare di sovrapporsi a quella regia,
-le questioni che più la interessavano. Infatti essi in questo
-caso non trattano dei beni comuni, ma esercitano
-la loro azione anche in altri campi e di grande rilievo.
-E da troppo poco tempo era cessata la dominazione
-langobarda perchè si possa pensare che tale sviluppo
-si sia avuto solo nei pochi anni del regno franco, il
-quale, è noto ma è bene ricordarlo, non ha portato
-troppe innovazioni in Italia, nè — mai — senza il consenso
-dei Langobardi.
-</p>
-
-<p>
-E ben a ragione Pipino parla di <i>praeceptum</i>, adoperando
-il termine che è usato per indicare l'espressione
-giuridica della volontà delle persone pubbliche in atti
-di grande importanza.
-</p>
-
-<p>
-Questo <i>praeceptum</i> in sostanza è una vera e propria
-<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
-concessione di cittadinanza con la quale i piacentini accolgono
-fra loro — recipiunt — gli aldî regi e illumina
-internamente quella consistenza del gruppo dei <i>cives</i>,
-che i documenti fin qui riportati lumeggiano esclusivamente
-nei rapporti con l'esterno.
-</p>
-
-<p>
-Esso dimostra, infatti, che per essere ammessi a farne
-parte non bastava un'accettazione tacita, ma occorreva
-una dichiarazione solenne la quale era fatta da tutti i
-<i>cives</i> e soltanto da loro e solennemente era consacrata
-in scritto e comprova così l'importanza del gruppo
-stesso.
-</p>
-
-<p>
-E quel che avveniva a Piacenza si può con grande
-verosimiglianza ritenere che sia avvenuto da per tutto.
-A Rieti, a Verona, a Cremona ed in altre città i documenti
-esaminati nelle pagine precedenti provano tutti
-concordi e sicuri l'esistenza del gruppo ben determinato
-dei <i>cives</i>, degli <i>urbani</i>, i quali costituiscono una vera e
-propria <i>universitas</i> giuridicamente riconosciuta, così nei
-rispetti delle persone come del territorio ed alla quale
-inoltre sono perfino riconosciute in modo preciso delle
-terre e dei beni pertinenti con rapporti varî di diritto:
-una <i>universitas</i> che può stare legalmente in giudizio
-presentandosi collettivamente o facendosi rappresentare,
-in quel modo che consentiva la rudimentale procedura
-dei giudizî del tempo, da proprî e speciali delegati, i
-quali erano riconosciuti come tali anche in controversie
-nelle quali gli <i>urbani</i> stavano contro l'autorità pubblica
-dello Stato e dei suoi rappresentanti e contro la Chiesa;
-un'<i>universitas</i>, infine, che ha anche un proprio e speciale
-e caratteristico notaio — l'<i>exceptor civitatis</i>.
-</p>
-
-<p>
-È all'<i>universitas</i> degli urbani che è dovuto il <i>praeceptum</i>
-piacentino.
-</p>
-
-<p>
-E gli urbani si raccoglievano per discutere e per decidere
-nella piazza davanti alla Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-L'uso era così generale che qualche volta dava anche
-il nome alla piazza stessa: a Milano il Foro pubblico
-(che si trovava dinanzi alla Cattedrale) ne fu detto
-<i>asamblatorium</i>. Ce lo fa sapere un bel documento del
-<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
-789<a class="tag" id="tag703" href="#note703">[703]</a> e di certo non è a credere che si cominciasse
-proprio da quell'anno.
-</p>
-
-<p>
-Nè l'assemblee che in esso si raccoglievano avevano
-soltanto o prevalentemente carattere religioso: la prova
-offerta da quanto si è detto fin qui, è tale da render
-superfluo la menzione della riunione nella quale, verso
-la fine del secolo nono<a class="tag" id="tag704" href="#note704">[704]</a>, l'abbate Pietro del monastero
-di Sant'Ambrogio, chiese ed ottenne dall'arcivescovo,
-dal conte, dal clero e dal popolo, la concessione
-di una strada — pro qua Petrus abbas a venerabile
-antistite Anspertum seu comite Alberico seu cuncto
-clero et populo devotissime petiit —.
-</p>
-
-<p>
-E l'ascensione degli urbani e della loro assemblea,
-una volta sbocciata in pieno sole al tempo dei Franchi
-così favorevoli alla Chiesa, progredisce sempre più rapida
-con i re d'Italia e con gli Ottoni che dei vescovi
-fanno il pernio principale del governo dello Stato e
-quello esclusivo del governo della città. E l'assemblatorium
-cambia ancora il suo nome per denotare il nuovo
-e più ampio complesso di funzioni: diviene il consulatus
-civium. «Actum in civitate Mediolani in consulatu civium
-prope ecclesiam sancte Marie» dice un documento
-del secolo decimoprimo<a class="tag" id="tag705" href="#note705">[705]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
-</p>
-
-<p>
-E questi <i>cives</i> sono proprio e soltanto gli urbani, i
-quali si raccolgono nella gran piazza per discutere e
-provvedere ai loro particolari bisogni — <i>consulere</i> — separatamente
-dalle classi feudali dei capitanei e dei
-valvassori e che si uniscono a questi solo per gli affari
-di comune e principalissima importanza quale ad esempio
-l'esenzione per sei giorni della <i>curtadia</i>, una speciale
-tassa di mercato durante le feste dei SS. Gervasio e
-Protasio e la tregua di sedici giorni per tutti coloro che
-vi fossero accorsi, stabilite nel 1098 ed allora, tutti insieme,
-formano il <i>communi consilio totius civitatis</i> presieduto
-dall'arcivescovo<a class="tag" id="tag706" href="#note706">[706]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Due anni dopo questa generale assemblea si trova
-qualificata come <i>magistratum</i>: — Tunc ante Magistratum
-praeterea sancimus ut etc.<a class="tag" id="tag707" href="#note707">[707]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E l'uso ed il senso di tale parola non è nè eccezionale
-nè isolato. Ecco la formula di un documento del
-1056 rogato a Bologna con cui la contessa Willa vedova
-del Duca e marchese Ugo di Toscana dona la libertà
-alla sua serva Cleriza. «Abeatis vias apertas, dice ad
-un certo punto l'atto, portas Paradisi, portas Civitatis,
-portas Castellis, <i>in placitis et in conventis locis ambulare
-<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
-et stare</i> et Wadia pro te dare et omnes fines facere comodo
-melius potueritis vel volueritis»<a class="tag" id="tag708" href="#note708">[708]</a>.
-</p>
-
-<p>
-L'espressione «ambulare et stare» messa fra la
-menzione del placito e quella della wadia, ha un senso
-tecnico giuridico corrispondente alla lettera al nostro
-«andare e stare in giudizio»; e fra quei «conventis
-locis», che non sono delle riunioni qualsiasi dal momento
-che la formula li ricorda così esplicitamente,
-tiene di certo il primo posto il <i>conventus ante ecclesiam</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ancora un passo e la città incapace di <i>consulere</i> direttamente
-da sè stessa in tutti i numerosi bisogni e
-nell'impossibilità di assistere volta per volta i suoi delegati
-e bisognosa di un organismo più consono al suo
-progredito sviluppo ed ai suoi maggiori bisogni e all'aumento
-della sua popolazione nominerà in <i>colloquio facto
-sonantibus campanis</i><a class="tag" id="tag709" href="#note709">[709]</a> con mandato generico, in maniera
-stabile e a tempo determinato, varie persone, incaricate
-di <i>consulere</i> abitualmente al disbrigo normale
-delle evenienze le quali verranno così ad averne l'antico
-e fatidico nome di <i>consules</i> richiamantesi alla più
-pura romanità: e sarà sorto il Comune.
-</p>
-
-<p>
-Così, spinti dalla necessità di seguire la corrente dalle
-origini fino al momento in cui fluisce luminosa in ampia
-e meno sconosciuta pianura, siamo giunti fino al
-termine dell'epoca storica di cui in questo volume si
-intende solo studiare gli inizi.
-</p>
-
-<p>
-Rifacciamoci dunque indietro.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-11">§ 11.</h3> <p>— Il <i>consilium civitatis</i> è un vero e proprio elemento
-dinamico di primissimo ordine nella costituzione
-della città. Ma non è il solo.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-C'è un altro e non meno importante fattore di norme
-<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
-giuridiche, il quale fu importato dai Langobardi e che
-richiede ora la nostra attenzione.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>assemblatorium</i> milanese non ebbe di certo nulla
-a che fare con la maggiore assemblea del regno langobardo.
-Questa era composta dei primati o ottimati e di
-tutto il felicissimo esercito e si radunava non già sulla
-piazza della cattedrale; ma nell'antico anfiteatro romano
-che si trovava presso, ma al di fuori delle mura di Milano — <i>in
-circo apud Mediolanum</i>, — dice Paolo Diacono
-narrando l'incoronazione di Adaloaldo, e queste parole
-ci lasciano supporre che con ciò si seguisse una consuetudine
-da gran tempo invalsa, quando speciali esigenze
-specialmente militari, non la chiamavano altrove<a class="tag" id="tag710" href="#note710">[710]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E fin qui nulla di strano: l'assemblea generale aveva
-carattere straordinario, eleggeva il re, trattava gli affari
-di generale importanza per tutto il regno, come la formazione
-e la pubblicazione delle leggi, la dichiarazione
-di guerra o la stipulazione di trattati etc. Dovunque si
-fosse raccolta, si distingueva facilmente, per la costituzione
-e per le funzioni d'indole generale, dalla ristretta
-riunione dei componenti di un'unica pieve.
-</p>
-
-<p>
-Ma i Langobardi non si sono assisi soltanto a Milano
-sulle ampie gradinate degli anfiteatri romani.
-</p>
-
-<p>
-A Lucca in un atto dell'808 l'antico anfiteatro è
-detto <i>parlascium</i><a class="tag" id="tag711" href="#note711">[711]</a> ed il termine non è romano perchè
-le fonti romane non lo hanno, ch'io sappia, mai usato
-in questo senso e non è d'origine germanica<a class="tag" id="tag712" href="#note712">[712]</a> perchè,
-anche senza contare che i documenti lucchesi medioevali
-hanno un sapore di romanità piuttosto classica che
-decadente<a class="tag" id="tag713" href="#note713">[713]</a>, a poca distanza da Lucca lo stesso termine
-è stato dato ad un luogo dove non è mai esistito
-<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span>
-alcun anfiteatro<a class="tag" id="tag714" href="#note714">[714]</a>, ciò che prova che il vocabolo non è
-usato ad indicare i soli anfiteatri, ma anche altri luoghi,
-i quali servissero a simile uso. L'ipotesi più plausibile
-è che il nome sia derivato dalla funzione a cui il luogo
-era adibito; e quale fosse questa funzione è facile congetturare
-dalla relazione intima ed appariscente ed in
-perfetta armonia con la condizione del linguaggio di
-quel tempo a Lucca (dove appaiono prestissimo notevoli
-e numerosi segni del nuovo volgare italico) della parola
-<i>parlascium</i> col verbo <i>parlare</i>, di cui è evidente filiazione:
-era il luogo dove si parlava, dove si discuteva per eccellenza.
-E queste discussioni, se dettero all'edificio un
-nuovo nome, dovettero essere frequenti, numerose ed
-importanti.
-</p>
-
-<p>
-Non è soltanto a Lucca che questo avviene: ad Arezzo<a class="tag" id="tag715" href="#note715">[715]</a>,
-a Pisa<a class="tag" id="tag716" href="#note716">[716]</a>, a Firenze<a class="tag" id="tag717" href="#note717">[717]</a>, in Toscana; a Cremona<a class="tag" id="tag718" href="#note718">[718]</a>,
-a Bergamo<a class="tag" id="tag719" href="#note719">[719]</a>; in tutta Italia, insomma, gli
-<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
-antichi anfiteatri sono chiamati con voci che ripetono
-l'origine dal verbo parlare, più o meno trasformati dal
-vernacolo dei vari luoghi e dal trascorso dei secoli: <i>parlascium,
-parlasium, perlasium, perilasium, perlassi</i>, etc.
-</p>
-
-<p>
-A Firenze, anzi, c'eran due <i>parlasci</i>: il <i>parlascium
-majus</i> ed il <i>perilasio picculo</i>, del quale a noi oggi conservano
-notizia solo documenti non anteriori al secolo
-decimoprimo; ma la cui remota esistenza è ben provata
-dalla qualifica di maggiore data al primo, offerta da documenti
-molto più antichi e che non può esser nata che
-dal bisogno di distinguerlo da un altro più piccolo e più
-antico.
-</p>
-
-<p>
-Di anfiteatri romani a Firenze, come in ogni altro
-luogo, ce n'era uno solo; ed ambedue i <i>parlasci</i> eran
-fuori delle mura. Resta a vedere quale altro luogo ebbe
-questo nome. Fuori delle mura, oltre l'anfiteatro, ci fu
-fino alla metà del secolo decimo anche la cattedrale,
-allora dedicata ad una santa siriaca ora quasi sconosciuta<a class="tag" id="tag720" href="#note720">[720]</a>.
-Ed a chiunque sappia per quanti secoli si sono
-conservati e qualche volta si conservano tutt'oggi, più
-o meno deformati, antichi nomi germanici e perfino romani,
-non parrà troppo strana l'ipotesi che questi documenti
-conservino il ricordo di due antichissime riunioni
-e ne mostrino anche la diversa considerazione in cui
-erano tenute.
-</p>
-
-<p>
-La riunione davanti alla chiesa risale ai primi tempi
-del cristianesimo e fu formata, com'è naturale, dai soli
-fedeli. I Langobardi venuti in Italia cinque secoli e mezzo
-dopo, ariani, nemici e vincitori, non si accostarono a
-quest'umile assemblea dei vinti, da cui anche i Goti,
-che pur ripetevano dall'Impero romano il titolo giuridico
-della loro signoria, si erano tenuti lontani.
-</p>
-
-<p>
-Se si trova traccia di un'altra riunione — chè del
-<i>conventus ante ecclesiam</i> parla l'Editto stesso — questa
-non può essere stata composta che dei Langobardi, e
-<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
-poichè dell'esistenza di quest'ultima offrono indizi documenti
-di regioni diverse, si ha ragione di ritenere che
-sia la loro originaria assemblea regionale.
-</p>
-
-<p>
-Anche dopo venuti in Italia, i Langobardi continuarono
-a reggersi secondo l'avita costituzione e tutti gli
-ufficiali pubblici, a cominciare dal re, furono coadiuvati
-dall'assemblea dei liberi atti alle armi che, a maggioranza
-di consensi, deliberavano intorno a tutto ciò che
-interessava la vita politica comune dello Stato e delle
-varie regioni.
-</p>
-
-<p>
-Ma il rapido consolidamento dell'autorità regia, dopo
-l'interregno, e l'aumento del suo potere, reso indispensabile
-dalla necessità di dar compattezza ed unità allo
-Stato, onde potesse resistere alle pericolose pressioni che
-lo minacciavano ai confini e allo sgretolamento interno
-in cui si sarebbero risoluti i ribelli antagonismi dei duchi,
-affievolì l'originaria cooperazione dell'assemblea
-nazionale fino a ridurla ad una forma di partecipazione,
-non di rado quasi del tutto passiva, che serviva come
-mezzo di pubblicazione a ciò che la <i>clementia</i> sovrana
-aveva già decretato — <i>decrevit</i> — come dice Liutprando<a class="tag" id="tag721" href="#note721">[721]</a>
-o che, come ancor più romanamente si esprime Astolfo<a class="tag" id="tag722" href="#note722">[722]</a>,
-<i>principi placuit</i>.
-</p>
-
-<p>
-E con lo scadere della maggiore, furono sminuite anche
-di più le minori assemblee regionali, alle quali, oltre
-la trattazione degli affari regionali dello Stato, fu sottratta
-anche la nomina dei gastaldi e dei duchi, la prima
-riservata totalmente, l'altra in gran parte, al re.
-</p>
-
-<p>
-Così che la parte di gran lunga maggiore delle loro
-attribuzioni si ridusse all'esercizio della funzione giudiziaria
-che in tutti i regimi barbarici è un complemento
-ed una prerogativa del potere militare.
-</p>
-
-<p>
-Il <i>thinx</i> ed il <i>gairethinx</i>, se pure originariamente ebbero
-significazione diversa<a class="tag" id="tag723" href="#note723">[723]</a>, già al tempo dell'Editto indicano
-<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
-egualmente l'adunanza popolare e la ricordano a proposito
-della conferma delle leggi, della donazione e della
-manomissione. Ma ormai non si trattava più che di un
-ricordo e di una tradizione, mantenuti quasi esclusivamente
-in vita dal nome, perchè si giunge fino alla frase
-<i>thingare absconse</i>, che è proprio antinomica col concetto
-primitivo di <i>thinx</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ciò era in diretta relazione ed in parte anche in conseguenza
-del mutamento avvenuto nel sistema militare.
-In esso il primo posto, che in origine era riservato alla
-fanteria, fu preso ben presto dalla cavalleria mentre rimaneva
-inalterato l'originario sistema per il quale milizia
-e cittadinanza formavano un indissolubile binomio
-che si assommava nell'<i>exercitalis</i> al quale soltanto spettavano
-i pieni diritti civili e politici. E ciò accentuò maggiormente,
-a beneficio di coloro che erano provvisti del
-possesso fondiario (indispensabile al mantenimento dei
-cavalli), le disuguaglianze fra i liberi che le nuove condizioni
-economiche create dalla conquista avevan prodotto
-in pochissimi anni.
-</p>
-
-<p>
-Già molto tempo prima di Liutprando, che ne parla
-come di consuetudine generale e diffusa «consuitudo
-enim est», con la parola <i>exercitalis</i> si designava una
-classe composta di persone della più varia condizione
-economica e giuridica, di cui alcune godevano di un guidrigildo
-doppio di quello assegnato a coloro che stavano
-all'ultimo gradino ed avevano a pena i titoli necessari
-e sufficienti per meritare la qualifica di esercitale — <i>minima
-persona, qui exercitalis homo esse invenitur</i> centum
-quinquaginta solidos componatur et <i>qui primus est</i>,
-trecentos solidos<a class="tag" id="tag724" href="#note724">[724]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E questi ultimi, privi di case e di terre, — minimi
-homines qui nec casas nec terras suas habent, — quando,
-nei casi e nei limiti stabiliti dalla legge, erano dispensati
-<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
-dal servizio militare attivo, potevano essere obbligati
-ad un determinato numero di opere per settimana
-a vantaggio del giudice, dello sculdascio e, perfino, del
-saltario.
-</p>
-
-<p>
-La trasformazione diviene ancor più grave, come è
-noto, ai tempi di Astolfo.
-</p>
-
-<p>
-Si era ben lontani dalla primitiva ed indomita fierezza
-germanica per la quale l'intonsa capellatura, la
-lancia e le armi erano ambite prerogative del libero, che
-riconosceva piena autorità ai capi e si piegava ai loro
-comandi solo in tempo di guerra.
-</p>
-
-<p>
-La trasformazione si ripercosse fortemente nell'ordinamento
-politico. In questo, mentre le maggiori facoltà
-erano ormai riservate al re con detrimento dell'assemblea
-dei liberi, non più chiamati a dividere il potere con
-i capi, si vennero formando nuove e differenti condizioni
-di idoneità a base delle quali stava, oltre la libertà, che
-prima era l'unico requisito, anche il possesso fondiario,
-divenuto ora elemento indispensabile per l'esercizio completo
-delle armi.
-</p>
-
-<p>
-Con questo mutamento, non mancando il popolo vinto
-di terre, nè essendo stato ridotto in servitù, fu aperto
-l'accesso all'esercito e all'assemblea anche agli indigeni,
-ai quali non mancava neppure un certo titolo di carattere
-militare, per il servizio di guardia, di restaurazione
-e di difesa delle mura, che si assommava nella sculca,
-e di cui già si è accennato.
-</p>
-
-<p>
-E tanto più facilmente avvenne l'accettazione dei
-vinti in questa assemblea in quanto che col progredire
-del movimento discendente spariva sempre più il lato
-onorifico di tale facoltà, lasciando e facendo sentire le
-conseguenze gravose dell'obbligo che esso imponeva.
-</p>
-
-<p>
-Non era soltanto un onore il rendere giustizia; era
-anche un dovere e questo dovere già grave in sè stesso
-era reso ancor più molesto dall'ingorda speculazione
-degli ufficiali pubblici, i quali, con il pretesto di render
-giustizia, convocavano con ininterrotta frequenza tali
-assemblee onde ottenere i donativi che era antica consuetudine
-<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
-offrire a chi presiedeva il tribunale, o, più
-spesso, per estorcere arbitrarie contribuzioni in cambio
-dell'esonero dal presentarsi volta volta concesso.
-</p>
-
-<p>
-Le cose erano giunte a tal punto che una riforma
-s'imponeva; ma essa non fu dovuta ai Langobardi;
-nessuno dei loro re osò porre le mani sull'antichissima
-istituzione quantunque ormai degenerata. Fu Carlo Magno
-che introdusse una modificazione sostanziale, stabilendo
-che non si potesse convocare tutti i liberi in
-assemblea generale più di tre volte all'anno e che per
-il soddisfacimento dei bisogni della giustizia quotidiana
-volle istituito un corpo stabile e fisso di persone elette
-in numero di sette per ogni pieve e chiamate <i>scabini</i><a class="tag" id="tag725" href="#note725">[725]</a>.
-</p>
-
-<p>
-A questo punto termina il primo periodo dell'antica
-organizzazione germanica. Già mutata profondamente
-nella costituzione interna; con i Franchi la vecchia assemblea
-si scinde in due ed acquista funzioni determinate.
-Così nasce, sorge il <i>placito</i>: placito annuale, generale,
-l'uno, composto di tutti i liberi forniti di possesso
-fondiario e con funzioni in prevalenza giudiziarie, ma di
-grado più elevato ed alle quali ne vanno congiunte anche
-altre, sebben limitate, politiche e sociali; placito quotidiano
-l'altro, e ristretto al solo esercizio della giustizia
-e composto di un numero preciso di individui, i quali
-finiscono col formare una vera e propria classe distinta
-nell'assetto sociale.
-</p>
-
-<p>
-Ambedue hanno un'unica origine nell'assemblea regionale
-germanica, la quale già prima della trasformazione
-di Carlo Magno senza perdere la sua intima natura,
-subì modificazioni più o meno gravi a seconda
-dell'azione più o meno energica, secondo i tempi ed i
-luoghi, su di essa esercitata dall'elemento indigeno delle
-varie regioni e dal suo diritto, cioè dal diritto italiano;
-ma in ogni modo e sempre queste variazioni devono
-essere considerate come contingenti, non mai come sostanziali.
-<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
-In alcune regioni si conserva inalterato il sistema
-della partecipazione attiva di tutti i liberi al giudizio;
-in altre tale facoltà è ristretta a quelli degli <i>astantes</i>
-e dei <i>circumanentes</i> che sono giudici ed assessori; ed in
-altre infine, romanamente, la sentenza è demandata al
-solo giudice<a class="tag" id="tag726" href="#note726">[726]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Ed anche alla riforma carolingia l'organizzazione
-sociale e giudiziaria che si era venuta formando in Italia
-oppose una resistenza che non deve esser passata sotto
-silenzio, perchè prova l'intensità delle varie energie locali
-e degli elementi indigeni italiani che le animavano.
-</p>
-
-<p>
-Non di rado nel giudizio presieduto dal conte, insieme
-con gli scabini, si trovano e presenziano anche
-altri ufficiali pubblici e qualche volta partecipa, e con
-facoltà attive, anche un numeroso concorso pubblico;
-presenza e partecipazione piuttosto in contrasto con le
-disposizioni della legge, la quale non sempre viene applicata
-anche riguardo al numero degli scabini che, almeno
-nei documenti fin qui conosciuti, non si vedono
-mai comparire in sette come essa dispone<a class="tag" id="tag727" href="#note727">[727]</a>. E pure
-nella determinazione della competenza — specialmente
-nei riguardi del placito inferiore del centenario — la
-legge trova forti ostacoli: lo stesso capitolare italico di
-Carlo Magno ha due disposizioni, il cap. 35 ed il cap. 93,
-in aperto contrasto l'una con l'altra.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-12">§ 12.</h3> <p>— Ad ogni modo però, ed è ciò che a noi preme ora
-accertare, nelle linee generali, la riforma fu attuata; e
-da allora si delineano netti due sistemi di placiti: uno
-generale in cui alle facoltà giudiziarie ne vanno congiunte
-altre di natura più propriamente politica e di alta
-amministrazione, ed uno quotidiano di competenza esclusivamente
-giudiziaria.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
-</p>
-
-<p>
-E quest'ultimo, che a noi soltanto interessa, ebbe
-nei riguardi della città un'azione di primaria importanza.
-</p>
-
-<p>
-Gli scabini erano eletti a consenso di popolo — totius
-populi consensu — e la città col suo suburbio costituiva
-un <i>populus</i>: il primo dei <i>populi</i>.
-</p>
-
-<p>
-Con la riforma di Carlo Magno essa ottenne che l'amministrazione
-della giustizia fosse affidata a persone di
-sua scelta e di sua fiducia.
-</p>
-
-<p>
-E così la città che, forte dell'unione col suburbio,
-aveva una salda ed omogenea ossatura, era regolarmente
-alimentata dal suo mercato settimanale ed aveva
-già, oltre ad un proprio notaio, un organo, embrionale
-quanto si vuole, ma esclusivamente suo, per provvedere
-ai suoi speciali bisogni — il consiglio cittadino —: venne
-ad avere un organo proprio anche per l'amministrazione
-della giustizia.
-</p>
-
-<p>
-Fino ad ora la città aveva costituito un complesso
-organismo di persone e di cose che si era mantenuto
-distinto e in condizione eminente dal territorio rurale;
-quando potè provvedere da sè stesso sia pure in parte,
-ma in parte principale, ai bisogni della giustizia, senza
-l'intervento continuo e la presenza dell'autorità dello
-Stato, cominciò a staccarsene addirittura, poichè ormai
-essa veniva a trovarsi congiunta al paese aperto circostante
-soltanto con vincoli di diritto pubblico sempre
-meno efficaci e meno sentiti, e questi, in meno di un
-secolo, con le concessioni immunitarie ai vescovi, si
-spezzano quasi del tutto.
-</p>
-
-<p>
-I capitolari carolingi stabiliscono, come si è detto,
-che gli scabini debbano essere eletti dal conte e dal popolo
-insieme, <i>totius populi consensu</i>; ma nemmeno per
-questo lato ebbero in Italia applicazione completa nè
-uniforme.
-</p>
-
-<p>
-In qualche luogo l'elezione avvenne in una maniera
-tutta speciale. A Lucca, per esempio, si vedono comparire
-normalmente accanto a persone qualificate col semplice
-nome di <i>scabini</i>, altri individui detti <i>scabini
-<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
-ecclesiae</i><a class="tag" id="tag728" href="#note728">[728]</a> mentre altri documenti ci conservano il ricordo
-di <i>scabini comitatus</i><a class="tag" id="tag729" href="#note729">[729]</a>. Queste tre specie di scabini — chè
-la specifica qualifica delle ultime due classi non lascia
-dubbio sulla loro sostanziale diversità — provano
-l'intensità ed il vigore di preesistenti sistemi conservatisi
-in onta alla nuova legislazione e si trovano in perfetta
-corrispondenza con la triplice partizione della città — di
-tradizione sicuramente non germanica — in <i>pars
-pubblica</i>, <i>pars ecclesiae</i> e <i>cives</i><a class="tag" id="tag730" href="#note730">[730]</a> e sembrano indicare
-che l'autorità pubblica, la Chiesa ed i cittadini abbiano
-eletto ognuno un certo numero di scabini per conto
-proprio.
-</p>
-
-<p>
-Comunque, pur ammettendo che questo sistema sia
-esclusivo della città di Lucca, la quale presenta una costituzione
-sensibilmente diversa da altre città tosco-lombarde
-anche in certe linee fondamentali, non è meno
-vero che allorquando il conte ed il popolo partecipavano
-insieme e simultaneamente, a norma dei capitolari,
-alla scelta degli stessi scabini, il consenso di quest'ultimo
-fu manifestato secondo lo speciale sistema giuridico
-che regolava la costituzione cittadina, in quanto
-che la giurisdizione territoriale degli scabini si estese
-sulla città e sul suburbio insieme; ma la loro nomina
-fu demandata solo agli urbani.
-</p>
-
-<p>
-Non è a credere che in questo caso si dovesse fare
-eccezione alla regola per cui eran riserbate ad essi le
-maggiori facoltà, ed anche senza tener conto di alcuni
-pochi documenti nei quali si parla di «scabini <i>urbis</i>»<a class="tag" id="tag731" href="#note731">[731]</a>
-se ne può ricavar la prova dal modo con cui si faceva
-l'elezione. Questa, richiedendo un generale consenso,
-<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
-aveva luogo nell'assemblea cittadina e quindi dal momento
-che la partecipazione attiva alle deliberazioni di
-questa era prerogativa degli urbani; era anch'essa, al
-pari delle altre facoltà, sottratta ai suburbani.
-</p>
-
-<p>
-E lo stesso è a dirsi della competenza.
-</p>
-
-<p>
-Riservato al re il giudizio delle cause più gravi e dei
-maggiori reati ed al conte i casi più rilevanti in cui si
-trattasse della vita e della libertà di una persona e della
-restituzione di immobili<a class="tag" id="tag732" href="#note732">[732]</a>, tutte le altre questioni divennero
-competenza del centenario nel comitato e degli
-scabini in città.
-</p>
-
-<p>
-La delimitazione non fu regolata con criterî troppo
-precisi — lo nota anche l'<i>Expositio</i><a class="tag" id="tag733" href="#note733">[733]</a> — nè applicata
-dovunque nello stesso modo — prova anche questa e
-sensibile di resistenza di un organismo giuridico abituato
-a funzionare indipendentemente e magari in opposizione
-alla legge; ma cominciò allora a formarsi la
-antitesi fra il <i>placitum</i> e il <i>bannum</i>, che si trova più
-tardi consolidata in modo preciso<a class="tag" id="tag734" href="#note734">[734]</a>; per la quale le
-maggiori facoltà giudiziarie sono comprese nel banno e
-le minori nel placito e queste ultime, varie di numero
-e di qualità da luogo a luogo, sono caratterizzate dalla
-mancanza assoluta di ogni giurisdizione criminale.
-</p>
-
-<p>
-Il consolato del placito conservò, sotto il nome del
-resto solo in parte nuovo, l'antica ed originaria natura
-di tribunale popolare. È composto solo di cittadini ed
-anche nell'epoca più tarda basta che uno solo sia giudice;
-e questo compie, volta a volta, secondo le esigenze
-della causa ed il proprio criterio, funzioni di arbitro
-e di giudice; ma è completamente privo di ogni
-giurisdizione criminale mentre il nucleo centrale della
-sua competenza civile è costituito dagli atti dei minori
-<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
-e delle donne; competenza che si spiega solo dove e
-quando ai minori e alle donne da norme di carattere
-singolare è fatta una condizione giuridica tutta speciale:
-e questa condizione speciale gli uni e le altre l'ebbero
-solo nel diritto germanico<a class="tag" id="tag735" href="#note735">[735]</a> per il quale al re è affidata
-la protezione dei più deboli e dei meno difesi: minori,
-donne e forestieri.
-</p>
-
-<p>
-Questa protezione dal re affidata, con lo stabilirsi in
-Italia, ai suoi rappresentanti locali, passò, con la riforma
-carolingia, agli scabini, ai quali, per il modo con cui si
-formò la costituzione cittadina, fu affidata anche un'altra — e
-ben importante — incombenza: quella del riconoscimento
-e dell'autenticazione degli atti notarili.
-</p>
-
-<p>
-Con i Langobardi, cessate del tutto le curie, l'<i>exceptor
-civitatis</i>, che era il trascrittore degli atti municipali, perdette
-il suo ufficio; ma soddisfacendo ad un bisogno
-sicuramente sentito, quale quello di stendere memoria
-di atti che se pure eran perfetti all'infuori e prima della
-redazione in scritto, trovavano nello scritto una maggiore
-quanto innegabile sicurezza, andò acquistando
-sempre maggiore autorità; e questa autorità, rilevata
-anche da Liutprando<a class="tag" id="tag736" href="#note736">[736]</a>, diviene con Rachi<a class="tag" id="tag737" href="#note737">[737]</a> quella di
-<i>scrivane publico</i> per eccellenza onde già nel periodo
-franco<a class="tag" id="tag738" href="#note738">[738]</a>, il notaio diventa <i>la persona privilegiata ad
-negotia hominum publice et authentica conscribenda</i><a class="tag" id="tag739" href="#note739">[739]</a>,
-caratteristica del territorio langobardo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
-</p>
-
-<p>
-Assurto alla dignità ed all'importanza di persona il
-cui intervento è indispensabile per la validità della confezione
-di un documento e divenuto uomo di fede pubblica,
-esso non può essere più soltanto lo scrivano della
-città e dei suoi abitanti — exceptor civitatis — ma deve
-essere investito della sua autorità da chi della fede pubblica
-è la personificazione per eccellenza e cioè dal re
-e da quegli a cui egli abbia delegata tale facoltà (conti
-palatini), ed allora esso esercita nella città la funzione
-cui il re lo ha esplicitamente abilitato, onde diviene il
-notaio del re nella città — <i>notarius regis</i> —. Ma per
-l'opera tecnica di questo ufficiale, che doveva conseguire
-la fiducia — e non sempre se la meritava — dei
-cittadini, era naturale procedimento che, creato il corpo
-degli scabini, a questi, eletti dalla fiducia dei cittadini
-e scelti talvolta nella categoria dei notai, poichè tutti
-al pari degli altri giudici, dovevano essere «legibus eruditi
-et bonae opinionis»<a class="tag" id="tag740" href="#note740">[740]</a> fosse demandata la cognizione
-di tale materia.
-</p>
-
-<p>
-Così in tratti generalissimi si son seguite le linee dello
-sviluppo dell'assemblea cittadina e dell'assemblea germanica.
-</p>
-
-<p>
-L'una e l'altra hanno origine, natura, sviluppo ed
-azione diversa.
-</p>
-
-<p>
-E questo costituisce una fondamentale differenza fra
-la costituzione della nostra Italia tosco-lombarda e tutti
-gli altri paesi.
-</p>
-
-<p>
-Nei territori germanici, il potere politico e giudiziario
-si raccoglie in un'unica assemblea, che è naturalmente
-l'assemblea barbarica per eccellenza; che si riunisce
-intorno ai capi ed è da questi presieduta — <i>conventus</i>,
-dice la legge alamannica, secundum antiquam
-<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
-consuetudinem fiat in omni centena coram comite aut
-suo misso aut centenario — che costituisce il placito — ipsum
-placitum fiat de sabbato in sabbatum aut quali
-die comes aut centenarius voluerit — e nel quale si
-discutono tutti gli affari di qualche rilievo della comunità<a class="tag" id="tag741" href="#note741">[741]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Nella Gallia avviene un contemperamento ed una fusione
-degli antichi istituti romani con le nuove istituzioni
-germaniche, le quali finiscono con una vittoria
-completa, sicchè l'assemblea dei liberi prende il primo
-posto nell'organizzazione civile e giudiziaria, e scalza
-con fortuna le basi delle vetuste magistrature romane<a class="tag" id="tag742" href="#note742">[742]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
-</p>
-
-<p>
-Non altrimenti in Spagna il <i>conventus publicus vicinorum</i>,
-che la legge Visigotica menziona a proposito di
-eredità, di fughe di servi, e di esecuzione di sentenze,
-è il nocciolo del <i>concilium</i> che nei secoli successivi costituisce
-l'assemblea giudiziaria degli uomini liberi presieduta
-dal conte<a class="tag" id="tag743" href="#note743">[743]</a>, da cui origina più tardi il Comune.
-</p>
-
-<p>
-Nella nostra Italia, invece, per la speciale condizione
-in cui era ridotto il paese quando lo conquistarono i
-Langobardi e per il carattere ostile dei conquistatori,
-vincitori e vinti ebbero, sul principio, costituzione separata
-e diversa.
-</p>
-
-<p>
-Allora a fulcro dell'organizzazione barbarica fu l'assemblea
-dei liberi, mentre germe della organizzazione
-indigena fu la riunione davanti alla chiesa; e poichè
-da prima lontane l'una dall'altra, in seguito si avvicinarono
-e più tardi, pur senza toccarsi e confondersi, si
-completarono a vicenda per sopperire ai bisogni della
-società e per formare un unico e nuovo organismo politico
-e giuridico, la costituzione italiana si presentò
-come il resultato di questo doppio processo di formazione
-storica.
-</p>
-
-<p>
-Ed invero, l'umile riunione davanti alla chiesa, già
-elevatasi al tempo langobardo e sviluppatasi ancor più
-in seguito, produce l'assemblea generale, che origina il
-Comune: l'assemblea germanica, strumento principale
-di governo nei primissimi anni, perde rapidamente le
-sue funzioni politiche, si trasforma in un organismo
-giudiziario e, divenuto cittadino, prepara e fucina il diritto
-che occorre alle nuove esigenze, ai nuovi tempi e
-fonde armonicamente antiche consuetudini e nuovi sistemi,
-<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span>
-sicchè divenuti insufficienti gli uni e gli altri ricorre
-ai vecchi e non mai dimenticati testi romani e dai
-rudimenti delle istituzioni e dai casi pratici del Codice,
-assurge al sistema e riprende il Digesto. Ed è allora — quando
-il Comune drizza superbo il suo bel gonfalone
-e la voce solenne degli antichi giuristi viene riascoltata
-ed intesa — che l'antica costituzione d'Italia, non di
-Roma, ha la sua <i>rinascita</i>.
-</p>
-
-<div class="head-inline">
-<h3 id="parte2-13">§ 13.</h3> <p>— La città italiana, Roma compresa, si è formata
-aggruppandosi con preordinato sviluppo intorno
-alla piazza formata dall'incrociarsi perpendicolare del
-<i>cardus maximus</i> col <i>decumanus</i> i quali si spingono fino
-ai confini del suburbio e formano così quattro zone
-entro la città ed altrettante nel suburbio, perfettamente
-corrispondenti e subordinate a quelle.
-</p>
-</div>
-
-<p>
-In virtù di tale sistema i componenti di ogni quartiere
-uniti dall'esercizio dei diritti d'uso collettivo dei
-boschi e dei pascoli e delle terre comuni, situate nella
-zona suburbana corrispondente al loro quartiere e stretti
-dal vincolo intimo della responsabilità collettiva del
-gruppo per il delitto di un singolo, provvedevano congruamente
-al sostentamento di tutto il centro urbano,
-evitando pericolosi antagonismi e cooperavano efficacemente
-al mantenimento della quiete interna; mentre ad
-ogni quartiere era assegnata in modo semplice ed equo
-la parte di mura e la porta da difendere come era determinato
-il concorso che doveva ricevere dai suburbani.
-</p>
-
-<p>
-Con lo sciogliersi della città dai primi e rudimentali
-viluppi ed il progressivo affinarsi della sua costituzione
-fino a raggiungere il fulgido organismo del municipio
-in pieno fiorire, nei nuovi organi si trasmuta la primitiva
-struttura, sempre attestata tuttavia in modo più
-formale che reale, da fugaci accenni delle fonti.
-</p>
-
-<p>
-Ma quella indigena struttura tornò in prima linea
-quando la rovina economica, sociale e politica e l'imperversare
-<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
-delle invasioni riportarono le città italiane
-alle condizioni terribili della lotta primitiva per l'esistenza<a class="tag" id="tag744" href="#note744">[744]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Allora queste divisioni, che rispondevano a bisogni
-sentiti da qualsiasi convivenza — sostentamento, quiete
-interna, difesa contro l'esterno — furono da prima tollerate
-e poscia accolte dai Langobardi i quali fissatisi
-in Italia con un brusco distacco dallo stadio nomade in
-cui erano fino ad allora vissuti, impossibilitati così per
-incapacità propria come per insuperabile resistenza dell'ambiente
-a crearsi una costituzione improntata alla
-loro stirpe, furono attratti da quella rudimentale a cui
-era ridiscesa l'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Fu anche qui l'antica ossatura italiana che affiorò,
-mentre la grande Roma dell'evo antico moriva e che
-fornì lo scheletro alla nuova costituzione, la quale non
-poteva averlo dai Langobardi, nomadi e senza coesione,
-nè poteva riceverlo dal mondo romano, poichè la rovina
-di questo non consentiva più qualsiasi azione energica.
-</p>
-
-<p>
-Le prime fonti medioevali, continuando più antica
-abitudine, indicano il quartiere col nome della porta<a class="tag" id="tag745" href="#note745">[745]</a>
-a cui mette capo; e questo nome talvolta era determinato
-da ragioni topografiche e locali; come la <i>porta romana</i>
-di numerose città, la <i>porta vercellina</i> di Milano
-etc. e non di rado — specialmente in seguito — fu
-quello di un santo<a class="tag" id="tag746" href="#note746">[746]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
-</p>
-
-<p>
-Arechi, il noto duca di Benevento, nel 774 con una
-munificentissima donazione<a class="tag" id="tag747" href="#note747">[747]</a> al Monastero di S. Sofia
-da lui fondato, concesse a quest'ultimo fra l'altro cento
-carrate annue di legna. I boschi da cui dovevano esser
-tratte pertinevano tutti nello stesso modo alla città; ma
-ciò nonostante l'onere fu distribuito in modo irregolare:
-una <i>porta</i> fu esclusa dalla contribuzione e delle altre
-tre la <i>Porta turrea</i> doveva corrispondere 50 carri, la
-<i>Porta Rufini</i> 30 e 20 la <i>Porta Sicardi</i>.
-</p>
-
-<p>
-Documenti langobardi della maggior purezza provano,
-dunque, che i varî quartieri di una stessa città
-potevano esser gravati in proporzione diversa l'uno
-dall'altro; ed allora si rende verosimile l'ipotesi che
-pure al tempo langobardo, continuando ininterrottamente
-un più vetusto uso italiano, risalga il sistema di
-distribuire per quartiere i dazî e le imposte gravanti
-sulla città.
-</p>
-
-<p>
-Lo Statuto di Verona, pervenuto a noi nella redazione
-del 1228, ma che contiene in gran parte disposizioni
-di età di gran lunga anteriore, vuole che «datia
-solvantur in waitis propriis»<a class="tag" id="tag748" href="#note748">[748]</a>.
-</p>
-
-<p>
-E — a riprova — si può aggiungere che queste <i>guaite</i>,
-che son ricordate anche da Carlo Magno nelle sue leggi
-italiche, non sono altro — come abbiamo veduto — che
-la <i>sculca</i> langobarda e, attraverso ad essa, l'<i>excubiae</i> romane,
-e tutte si facevano per quartieri<a class="tag" id="tag749" href="#note749">[749]</a>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
-</p>
-
-<p>
-A questa differenziazione negli oneri naturalmente
-corrispondeva un'altra differenza di natura, diciamo
-così, attiva che completava la figura del quartiere con
-un ambito limitato ma determinato ed effettivo di attribuzioni
-e di facoltà distinte da quelle degli altri quartieri
-e non assorbite — almeno normalmente e di regola — dai
-diritti della città, complessivamente considerata.
-</p>
-
-<p>
-E questa autonomia reciproca e di fronte alla città
-va aumentando col tempo. Due documenti milanesi del
-1158 e del 1175<a class="tag" id="tag750" href="#note750">[750]</a> ricordano i <i>Consules electi a comunantia
-Porte Vercelline de pascuis: pro desbrigandis et
-recuperandis pascuis ipsius porte</i>.
-</p>
-
-<p>
-Della consistenza delle portae è altra e più sicura
-prova la menzione esplicita degli <i>urbium vici</i> fatta dal
-sinodo ticinese dell'850<a class="tag" id="tag751" href="#note751">[751]</a>, la quale illumina la disposizione
-del capitolare langobardo dell'803 che ordina che
-si eleggano quattro o otto uomini in ciascuna pieve per
-risolvere le eventuali questioni fra laici ed ecclesiastici
-per la prestazione delle decime. E altra prova può considerarsi
-la caratteristica variante portata da uno dei
-due vetustissimi codici santambrosiani che contengono
-le leggi langobarde<a class="tag" id="tag752" href="#note752">[752]</a>.
-</p>
-
-<p>
-Il cap. 141 di Liutprando stabilisce che le donne che
-istigate dai propri mariti avessero fatta irruzione o commessa
-violenza in un vico o in una casa, debbano essere
-decalvate e condotte per i vici più prossimi ed ivi fustigate — publicus
-faciat eas decalvare et frustare per
-<i>vicus vicinantes ipsius loci</i> —.
-</p>
-
-<p>
-Il codice in parola — almeno se è vera la lezione
-datane dal Muratori — ha «<i>vicos civitatis</i>»<a class="tag" id="tag753" href="#note753">[753]</a>.
-</p>
-
-<p>
-L'amanuense — e non è punto detto che sia stato
-<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
-il primo a iniziare la variante — aveva davanti agli
-occhi la visione delle condizioni reali della città. Ed ho
-parlato di amanuense per non dire, come ne avrei gran
-voglia, che non è punto improbabile che la variante sia
-la conseguenza pensata e voluta dell'opera di un giurista.
-</p>
-
-<p>
-Questi quartieri, però, erano strettamente uniti nella
-città che li comprendeva e li completava e come non
-ebbero personalità giuridica distinta da quella della città
-nel tempo romano<a class="tag" id="tag754" href="#note754">[754]</a>; così non ne ruppero la compagine
-nemmeno nell'epoca successiva, sebbene sieno giunti
-ad avere una fisonomia propria molto accentuata<a class="tag" id="tag755" href="#note755">[755]</a>.
-</p>
-
-<p>
-I vicini dei singoli quartieri avevano tutti eguali facoltà
-rispetto alla porzione dei beni comuni assegnata
-al loro quartiere: ma le maggiori facoltà dispositive riguardo
-a tali beni erano loro sottratte e demandate al
-gruppo intiero di tutti i vicini della città; e la città tutta
-intiera rispondeva solidalmente, come si è veduto, se la
-suprema autorità non imponeva altrimenti, degli oneri
-imposti ad una sua parte.
-</p>
-
-<p>
-La compagine della città non fu allentata nemmeno
-in seguito quando sulle antiche divisioni per quartiere
-se ne andarono sovrapponendo altre di varia natura.
-<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
-Fra queste, per l'importanza acquistata in seguito, meritano
-di essere ricordate per le prime quelle che traevano
-origine dal formarsi entro l'ambito urbano di nuovi
-centri di vita, di azione e di interessi, che si popolarizzavano
-intorno a quelle chiese cardinali, di cui già ci
-siamo occupati, e che, moltiplicandosi rapidamente, giunsero
-a costituire in un'epoca più tarda il sistema predominante
-di divisione del suolo intramurano.
-</p>
-
-<p>
-Nè valse a diminuire la coesione del centro urbano
-un altro elemento di cui pur si sarebbe potuto credere
-assai potente l'azione disgregativa.
-</p>
-
-<p>
-In ogni città c'era una <i>curtis regia</i><a class="tag" id="tag756" href="#note756">[756]</a> la quale era
-il centro dell'amministrazione pubblica, a cui convergevano
-le prestazioni civiche e le finanze; e questa <i>curtis</i>
-era di solito a capo del vasto conglomerato di terre che
-costituivano la dotazione della corona e che non di rado
-si trovavano accanto ai fondi assegnati all'autorità pubblica
-preposta in modo speciale alla città, onde costituivano
-anch'essi un complesso imponente di beni che
-avevano uno sbocco entro la città attraverso alla cella.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque normalmente, quando era consentito
-dalle condizioni del luogo la corte regia si sia installata
-entro l'arce che non infrequentemente si trovava nell'interno
-delle antiche città italiane<a class="tag" id="tag757" href="#note757">[757]</a> emergendo anche
-materialmente di fronte al resto della città; e quantunque
-questo castello attraverso le donazioni dei fiacchi
-discendenti di Carlo Magno sia passato in mani più energiche,
-pur tuttavia queste <i>curtes</i> non hanno agito in
-modo sensibile nella costituzione cittadina nemmeno nei
-rapporti esterni delle divisioni territoriali.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span>
-</p>
-
-<p>
-Almeno io non ne ho trovato traccia alcuna.
-</p>
-
-<p>
-E dal momento che non ha influito la <i>curtis</i> più potente
-e maggiormente fornita di facoltà di natura pubblica
-oltre che privata, corre appena l'obbligo di accennare
-che nessuna azione han potuto esercitare le altre
-curtes private di cui serbano ricordo i documenti<a class="tag" id="tag758" href="#note758">[758]</a>.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span>
-</p>
-
-<h2 id="conclusione">CONCLUSIONE</h2>
-</div>
-
-<p>
-La costituzione della nostra Italia, fino dai tempi più
-antichi ai quali si può risalire, fu una costituzione di
-città, ed i vari gruppi etnici furono leghe di città.
-</p>
-
-<p>
-I gruppi primitivi si erano, in una certa fase del loro
-sviluppo, fondati su una piccola zona di territorio, la
-quale provvedeva ai bisogni della pastorizia e dell'agricoltura,
-ed aveva il suo centro nel luogo più facilmente
-difendibile, rafforzato da opere stabili di difesa.
-</p>
-
-<p>
-I limitatissimi scambî di prodotti avvenivano, probabilmente,
-in un ambito ristrettissimo che non oltrepassava
-il cerchio delle <i>gentes</i>.
-</p>
-
-<p>
-<i>Forum</i>, secondo la più arcaica delle cinque definizioni
-datene da Varrone (v. 145) le quali segnano altrettante
-fasi per cui è passata l'idea adombrata dalla
-parola, è la piazzetta davanti al sepolcro familiare «quod
-nunc vestibulum sepulchri dici solet». Sono i sepolcri
-gentilizi intorno ai quali si riunivano, nei giorni di <i>sacra</i>,
-tutte le famiglie appartenenti alla medesima <i>gens</i>.
-I primi contratti, lo scambio delle derrate e delle merci,
-la consegna delle cose date in permuta si compiva in
-presenza delle famiglie contraenti; e la stessa <i>mancipatio</i>
-con i suoi cinque classici testimoni, si spiega più
-agevolmente nella sua genesi in un convegno gentilizio
-che in un pubblico mercato. I patti primitivi delle <i>gentes</i>,
-in mancanza di garanzia dello Stato, non avevano
-<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span>
-altra sanzione che la sacertà: e <i>sacer</i> doveva essere,
-prima ancora delle XII tavole e non soltanto a Roma,
-colui che violasse i patti privati, fossero questi di cambio,
-di vendita, di mutuo etc. Nè a proteggere i patti
-s'invocarono gli Dei del cielo, ma bensì gli Inferi; chè
-presso lo Stige si giurano i patti e gli spiriti dei defunti
-sono quelli che vegliano sulla fede dei vivi.
-</p>
-
-<p>
-Questo carattere sacrale si spiega facilmente riflettendo
-che il formulario dell'antico diritto romano — e
-si può, quindi, agevolmente comprendere quanta parte
-del diritto stesso — proviene dai pontefici, ed è senza
-dubbio sacrale il formulario dei <i>negotia per aes et libram</i>,
-vale a dire dei negozî che servono tanto a trasferire
-diritti di proprietà — <i>mancipatio</i> — quanto a
-creare rapporti obbligatorî — <i>nexum</i> —.
-</p>
-
-<p>
-Ed inoltre se obbligare allude, secondo il Perozzi,
-alla garanzia del terzo — il <i>praes</i> o <i>vindex</i> — perchè
-il <i>nexus</i> rimane in catene; la parola latina <i>contrahere</i>
-richiama alla mente la figura di un terzo il quale avvicina
-le parti e rende possibile lo scambio, ossia, giuridicamente
-parlando, perfeziona il negozio e questo terzo,
-nel primitivo ordinamento, non può essere un estraneo,
-dev'essere un congentile.
-</p>
-
-<p>
-In seguito, per la diuturna lotta per l'esistenza, gran
-parte di questi nuclei sparì a vantaggio di quelli più
-forti e più favoriti dall'ubicazione e dalla fortuna; e
-questi si accrebbero della popolazione e del territorio di
-quelli.
-</p>
-
-<p>
-Ma l'uno e l'altra non furono equiparati alla condizione
-dei popoli e dei territorî a cui venivano aggiunti:
-una parte dei nuovi venuti fu aggregata alla città, ma
-all'esterno di questa, e qui continuarono a venerare le
-loro originarie divinità: ed i nuovi territorî furono assoggettati
-alla giurisdizione della città, ma non raggiunsero
-con essa quell'intimità di rapporti che aveva stretto
-la città al suo territorio originario. Ed è da allora, presumibilmente,
-che la città comincia ad avere un contenuto
-<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span>
-suo particolare e ad assumere aspetto e natura giuridica
-speciale.
-</p>
-
-<p>
-Il prolungato contatto di quelli che vivevano dentro
-la città con quelli che abitavano nella sua immediata
-vicinanza, reso più intimo dallo stato continuo di guerra
-esterna, produsse una coesione, il primo resultato della
-quale fu l'accettazione da parte della città delle divinità
-venerate nel suburbio e delle divinità di quella da parte
-di questo: ciò che a noi è rivelato dalla proibizione di
-seppellire o bruciare i cadaveri entro la città: proibizione
-inconcepibile senza questa equiparazione, perchè
-la venerazione dei defunti costituiva un vero e proprio
-culto, l'oggetto del quale, il cadavere, non poteva sicuramente
-esser deposto in luogo sacro a divinità straniere
-e, quindi, nemiche.
-</p>
-
-<p>
-La derivazione etimologica di <i>forum</i>, infatti, da <i>foris</i>,
-<i>foras</i>, <i>fores</i>, con l'o breve, indica la situazione esterna
-dal luogo chiuso, dalla città, e concorda pienamente con
-il sistema, di origine orientale e di importazione etrusca,
-di cui le XII tavole ci conservano la più antica formulazione
-per l'Italia, che «in urbe neve urito mortuum
-neve sepelito».
-</p>
-
-<p>
-La città, intanto, sorge quando il gruppo che la compone
-ha raggiunto un'energia sociale ed economica che
-vincoli in modo definitivo e assoluto gli abitanti al territorio
-e crei tali rapporti fra questo ed il capoluogo da
-permettergli di cingersi tutt'all'intorno di mura.
-</p>
-
-<p>
-È questo un concetto ed un uso italiano antichissimo:
-con esso furon fondate le città della confederazione
-etrusca e di quella latina e, probabilmente, anche
-quelle, più antiche, dei Liguri; con esso fu fondata
-Roma, e questa ad esso si attenne nella fondazione di
-tutte le colonie.
-</p>
-
-<p>
-Con solenne rito sacrale l'aratro segnava per primo
-il perimetro della città ed il solco del vomero significava
-il giro della fossa, mentre la zolla sollevata indicava il
-cerchio del muro: — <i>aratrum circumducere</i>, si dice la
-fondazione della città — e la città (<i>urbs</i>) trae il suo
-<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span>
-nome da <i>urbo</i>: «urbare est aratro definire»; così come
-<i>aratrum inducere</i> ne simbolizza la distruzione.
-</p>
-
-<p>
-Aver dimora stabile e fissa entro il cerchio delle
-mura e goderne la protezione e la difesa era un privilegio,
-una condizione eminente di fronte a tutti gli altri,
-ai quali tale dimora e tale difesa non erano concesse.
-</p>
-
-<p>
-Di quì una prima e fondamentale distinzione fra i
-cittadini e tutti gli altri che vivevano nel territorio aperto.
-</p>
-
-<p>
-La città, inoltre, così aumentata di popolazione, ha
-bisogni speciali per i quali si differenzia sempre di più,
-con naturale svolgimento, dal terreno che la circonda e
-la completa; mentre per altra parte con lo sviluppo
-della vita cittadina si intensificano i rapporti fra la città
-stessa e la zona di territorio che le è in immediato contatto
-e si accentua una differenza di natura strettamente
-giuridica fra questa ed il rimanente territorio aperto.
-</p>
-
-<p>
-La città, infatti, fu protetta con difese speciali e fisse,
-fra le quali primeggiano le mura; e poichè la loro costruzione
-e riparazione era molto gravosa — <i>moenia</i> deriva
-da <i>munera</i> —; a comparteciparvi, insieme con gli
-urbani, fu chiamata anche una parte della popolazione,
-la quale abitava in immediata vicinanza, e che di tale
-compartecipazione fu opportunamente compensata. Questo
-compenso accentuò la differenziazione che per spontaneo
-e naturale sviluppo si era già formata fra il
-territorio più propriamente cittadino e la rimanente
-campagna e le conferì e precisò carattere e natura strettamente
-giuridica. Onde la necessità di delimitarla in
-modo preciso e distribuirla nella maniera più conveniente
-per la difesa ed i bisogni della città.
-</p>
-
-<p>
-Questa determinazione fu fatta con misure varie a
-seconda delle consuetudini dei varî popoli; onde fu più
-o meno estesa; ma sempre questo territorio fu suddiviso
-con uno stesso sistema; e cioè in quattro parti,
-corrispondenti alla divisione interna della città. La misura
-latina, accolta ed applicata da Roma, fu quella dei
-mille passus e le due vie che, intersecandosi perpendicolarmente,
-<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span>
-quadripartivano la città ed il suburbio furono
-il <i>decumanus</i> ed il <i>cardo maximus</i>.
-</p>
-
-<p>
-Nella città, intanto, per il contatto di elementi numerosi
-e per l'aumento delle ricchezze e degli agi, moltiplicandosi
-il bisogno di nuovi oggetti di lavoro e di
-lusso, si va sviluppando, tra le classi inferiori sprovviste
-di terre o impedite ad averne per concessione, l'artigianato;
-e questo, naturalmente, nel suo continuo
-svolgimento, accresce alla sua volta gli oggetti d'artificio
-per le nuove esigenze dell'agricoltura, della pastorizia
-e della vita civile.
-</p>
-
-<p>
-Di quì l'origine di un nuovo sistema di scambio.
-</p>
-
-<p>
-Lo scambio dei generi di prima necessità, prodotti
-in gran prevalenza nel suburbio per bisogni principalmente
-urbani, aveva luogo fuori delle porte e senza
-gravame alcuno, perchè la città dominante, gravando
-questi prodotti, avrebbe in realtà gravato su sè stessa;
-ed anzi la città ebbe cura che questo scambio affluisse
-in modo continuo e periodico, finchè divenne rapidamente
-ebdomadario.
-</p>
-
-<p>
-Ma lo scambio dei prodotti manufatti, giovando prevalentemente
-alla campagna, fu agevolato dalla città a
-cui interessava, ma fu da questa regolato a proprio
-profitto. Essa assegnò a questo fine una piazza apposita
-entro la città, curando che questa piazza fosse a
-fronte del tempio della divinità tutelare che simboleggiava
-la città; determinò un giorno fisso e volle che lo
-scambio fosse soggetto a norme e a gravami speciali
-che dettero origine al <i>mercato</i>, divenuto così il luogo
-d'offerta di manufatti e di opere dell'artigianato, fatta
-in una pubblica piazza entro la città a persona indeterminata,
-ma in un giorno fisso e da persona qualificata.
-E a questo mercato accorrevano tutti coloro che vivevano
-nel territorio giurisdizionalmente soggetto alla
-città, la quale lo fissò a periodi più larghi ed in occasione
-di feste solenni che sospendevano dovunque il lavoro
-dei campi e degli artefici.
-</p>
-
-<p>
-In tal modo si viene lentamente formando quel sistema
-<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span>
-municipale, le cui origini si perdono nelle ombre
-più remote della storia.
-</p>
-
-<p>
-Il centro murato, come il migliore e più sicuro, fu
-abitazione privilegiata dei <i>cives optimo iure</i>, godenti di
-un diritto singolare, in nome della collettività a cui appartenevano.
-</p>
-
-<p>
-Il primo e principale diritto della collettività si manifestava
-nei riguardi dei beni comuni, i quali, essendo
-indispensabili alla vita urbana, divennero diritto speciale
-dei soli urbani, distribuito proporzionalmente per
-porte e per quartieri; ed a loro soli fu riserbata la decisione
-degli affari che concernevano la città sia in pace
-che in guerra.
-</p>
-
-<p>
-E come la religione era religione di Stato ed il culto
-una magistratura; così i templi e gli edifici ed i <i>loca</i>
-dei templi furono affidati alla custodia dei soli urbani
-e soggetti alla loro vigilanza, non solo entro la città
-ed il suburbio; ma entro tutto il territorio al quale giurisdizionalmente
-la città era preposta.
-</p>
-
-<p>
-Il suburbio fu dominato dalla città, e ne divenne
-il complemento, con una trasformazione che ebbe per
-limiti estremi da un lato i bisogni del centro murato e
-dall'altro la suscettibilità e la capacità di trasformarsi
-proprie del terreno rurale.
-</p>
-
-<p>
-Il diritto pubblico interno si formò con riguardo alla
-condizione civica speciale; onde ai cittadini fu concesso
-di avere il <i>domicilium</i>, che costituiva l'elemento necessario
-ed indispensabile per il godimento dei diritti civili
-e politici, non solo entro le mura, ma anche entro
-tutto il suburbio o in una parte di esso — per esempio — 500
-passi; e dentro il perimetro suburbano il
-cittadino godè delle maggiori garanzie — <i>imperium domi</i> — al
-pari che entro le mura.
-</p>
-
-<p>
-E poichè questi diritti erano in diretta ed immediata
-relazione con la costituzione della famiglia, così anche
-per questo riguardo il suburbio fu assoggettato ed equiparato,
-in vista degli interessi cittadini, alla città stessa
-e perciò, per es., le tombe familiari e gentilizie poterono
-<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span>
-aver sede in esso e gli atti dei minori e dei tutori che
-riguardavano case e beni entro la città ed il suburbio
-furono esenti da ogni intervento dell'autorità pubblica.
-</p>
-
-<p>
-Il suburbio fu escluso da ogni partecipazione attiva
-alla vita pubblica ma ebbe anch'esso qualche vantaggio:
-in correspettivo della cooperazione al mantenimento
-ed alla difesa delle mura, ebbe il diritto di rifugiarvisi
-dentro nei momenti di pericolo; ed in contraccambio
-dei vantaggi economici procurati alla città, ebbe
-una condizione giuridica speciale per la quale i suoi abitanti,
-in genere piccoli proprietarî, erano esenti da
-tutti gli oneri rusticani, che gravavano i lavoratori della
-terra nella campagna.
-</p>
-
-<p>
-Inoltre fra i suburbani e gli urbani, si incuneava
-una classe speciale formata da coloro che abitavano i
-sobborghi in immediato contatto con le mura ed in
-continuazione delle porte, i quali si collocavano in condizione
-abbastanza prossima agli urbani, senza confondersi
-con essi.
-</p>
-
-<p>
-Base del regime cittadino rimase sempre la prevalenza
-degli urbani: civis, per eccellenza, fu solo il <i>civis
-urbanus</i>, il quale costituì uno speciale sodalizio — <i>sodalicium
-urbanorum</i> — compose i collegi — <i>collegium
-urbanum</i> — ed ebbe ed elesse i suoi magistrati — <i>magistratus
-urbanus</i> —. Ad essi soli furono riservate le
-cariche e gli onori e fra essi, e fra essi soltanto, si trovavano
-coloro che godevano di tutti i diritti di cittadinanza;
-la quale, data la posizione speciale ed egemonica
-di Roma, comprendeva, oltre le maggiori facoltà
-di ogni città, anche il godimento di un certo numero
-di diritti e di facoltà nei rispetti delle altre città e di
-Roma.
-</p>
-
-<p>
-Roma, prima parte involontaria di una confederazione
-etrusca e più tardi della confederazione latina,
-forte di una genuina e vigorosa costituzione di Stato,
-assodata dalla pressione compatta della plebe sul comune
-delle genti originarie e patrizie, rocca salda di
-confine nel territorio latino, collocata nel cuore della penisola,
-<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span>
-al confluente etnico, delle stirpi italiche e della
-gente etrusca, su di una vera linea strategica che separa
-il nord dal sud e pressata in cerchio dalle attività
-di una vasta regione (Bonfante), ebbe quest'origine e
-questa formazione e per lunghi secoli si governò e si
-resse con questo regime.
-</p>
-
-<p>
-Solo verso la metà del secolo secondo dopo Cristo,
-ampliata enormemente nei suoi confini che i successivi
-allargamenti delle cinte di mura spostavano di continuo
-in più larga cerchia, essa abbandonò l'antico e glorioso
-sistema ed equiparò i <i>continentia aedificia</i> alla
-città, fece degli abitanti dei sobborghi dei veri e propri
-cittadini e iniziò forme e sistemi di governo di carattere
-sempre più particolare.
-</p>
-
-<p>
-Ma Roma rappresenta l'eccezione. La regola era costituita
-dalle altre città italiane.
-</p>
-
-<p>
-Anche quando, nell'epoca sillana, il territorio, politicamente
-così vario d'Italia, acquista un'unità compatta
-con l'estensione della cittadinanza romana, il <i>solum italicum</i>
-è assimilato all'<i>ager romanus</i> e reso suscettibile
-di <i>dominium ex iure Quiritium</i> e via via per <i>leges datae</i>
-il nuovo territorio dello Stato dominante venne a costituirsi
-come un insieme coordinato di municipii, autonomi
-quanto all'amministrazione ed alla giurisdizione
-inferiore, con uno schema abbastanza uniforme in cui
-tornano le cariche e gli organi della città di Roma (<i>duoviri</i>
-invece di <i>consules, decuriones</i> invece di <i>senatores</i> etc.);
-questi organi e questi magistrati sono eletti e formati,
-secondo l'antico sistema, soltanto dagli <i>urbani</i>.
-</p>
-
-<p>
-Quando fu istituita la <i>vigesima hereditatum</i>, che,
-come dice la parola, colpiva le eredità e forse anche,
-stando a Dione Cassio, le donazioni; questa non ebbe
-vigore entro il perimetro del suburbio e tanto meno poi
-entro la città.
-</p>
-
-<p>
-Ed anche nella decadenza questo sistema speciale di
-rapporti si mantiene in gran parte fermo. Abolito l'antico
-privilegio dell'immunità finanziaria di cui fino allora
-aveva goduto l'Italia, il territorio non fu nè tutto
-<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span>
-nè contemporaneamente sottoposto a tributo. La <i>plebs
-rustica extra muros posita</i> fu sottoposta alla <i>capitatio</i>
-ed all'annona solo molto più tardi e soltanto nell'anno
-400 i <i>praedia urbana</i> cominciarono ad esser assoggettati
-alla <i>tertia</i>.
-</p>
-
-<p>
-Nell'epoca di Caracalla, probabilmente per la ripercussione
-della <i>constitutio antoniniana</i> del 212 e per effetto
-di altre costituzioni imperiali, le magistrature si concentrano
-nelle curie, formate col voto esclusivo dei cittadini,
-con esclusione dei <i>plebeii homines</i>; ma questi
-continuano a godere dei beni pubblici e a mantenersi
-distinti dai suburbani sui quali, per la lenta stratificazione
-sociale, si consolidano le originarie prestazioni in
-oneri fissi ed immutabili.
-</p>
-
-<p>
-È il fatale avviamento alla rovina.
-</p>
-
-<p>
-Il decadere dei commerci, il languire delle industrie,
-il ristagno degli affari, l'estendersi del latifondo, le preoccupazioni
-delle invasioni, prima irrigidiscono, poi spezzano
-i vincoli amplissimi e fecondi che tenevano unito
-l'Impero. Il centro di esso va lentamente spostandosi
-da Roma: la cittadinanza, estesa da Caracalla, non è
-più la cittadinanza di Roma, ma quella dell'Impero; la
-capitale non è più soltanto Roma e di divisione in divisione,
-cercando appoggio solido al suo gran corpo
-cadente, l'Impero, bipartito, quadripartito, diviso in diocesi
-e suddiviso in provincie, si appoggia principalmente
-sulle città, dove viene a convergere ogni elemento di
-vita.
-</p>
-
-<p>
-Ma qui le vecchie e gloriose forme della civiltà e dell'opulenza
-intristiscono: le curie, le corporazioni sole,
-per quanto fatte ereditarie, non bastano più, come non
-bastano i nuovi funzionarî dall'Impero creati per sostenerla,
-quali il <i>curator</i> ed il <i>defensor</i>; e tutti i cittadini
-indistintamente, ricchi e poveri, chiamati a difenderla,
-sono chiamati a trattarne gli affari, ripristinando
-l'antica <i>contio</i> dell'epoca remota, composta di tutti gli
-urbani, e questa va acquistando importanza sempre
-maggiore, perchè risponde meglio alle esigenze di un
-<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span>
-organismo vitale che degrada sempre più in basso; mentre
-a tenerne separati i suburbani, che tanti altri rapporti,
-fra i quali principalissimi la difesa delle mura, le
-prestazioni finanziarie, il mercato ed il culto, tenevano
-strettamente legati alla città, valse il consolidamento
-delle condizioni dei lavoratori della terra incominciato
-fino dal secolo quarto ed ormai troppo avanzato perchè
-potesse aver mutamento dai fugaci tentativi giustinianei.
-</p>
-
-<p>
-La concione, composta di soli urbani, raccolta davanti
-alla Chiesa, la quale appariva ed era ormai l'unica
-istituzione da cui si poteva aspettare qualche sollievo,
-si mostrò come principale depositaria delle tradizioni
-cittadine e prestò agli urbani sicuro rifugio, allorchè il
-dominio gotico gravò più forte sui Romani vinti e disarmati,
-con un sistema d'organismo burocratico anche
-più odioso di quello bizantino.
-</p>
-
-<p>
-La politica dei Goti tende a restringere il campo di
-azione della <i>contio</i>, che si vorrebbe ridotta ad una riunione
-di natura religiosa, utile soltanto alla pubblicazione
-delle leggi e dei precetti; ma ciò valse a salvarla
-come organismo indipendente, da cui il popolo goto, anche
-per ragioni religiose, restava escluso.
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi, che avevano conquistato l'Italia con
-la forza delle armi e vi si insediarono come conquistatori,
-non si abbassarono ad accogliere alcuna cooperazione
-dai vinti e quindi stesero sul paese il loro potere
-assoluto; ossia imposero in modo violento all'Italia la
-propria organizzazione.
-</p>
-
-<p>
-Ma questa organizzazione era per più aspetti scarsa:
-scarsa di contenuto e scarsa di mezzi d'azione. I varî
-nuclei popolari da cui resultava la nazione germanica
-erano abituati a vivere in forme di larga autonomia, ed
-è noto che essi non si adattavano a piegarsi all'autorità
-preminente di un solo, se non sotto la pressione di
-gravi avvenimenti esterni e temporanei, quali la guerra,
-le conquiste, le migrazioni etc.
-</p>
-
-<p>
-Abitualmente ogni gruppo provvedeva da sè ai pochi
-<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span>
-bisogni di un popolo nomade. Pertanto per ogni
-deliberazione era congruo sistema la decisione collettiva
-di coloro che del gruppo formavano la guida e la difesa
-e cioè dei liberi atti alle armi; mentre, per i negozi
-che interessavano più gruppi, tutti concorrevano
-alla formazione di una volontà collettiva più ampia,
-sotto l'autorità del più prode in guerra e miglior giudice
-in pace.
-</p>
-
-<p>
-In Italia, appena compiuta la conquista di una larga
-zona di territorio, la momentanea unione generale si
-scisse nell'indipendente governo dei singoli duchi, bramosi
-di riconquistare la propria libertà d'azione nei
-limiti del proprio distretto.
-</p>
-
-<p>
-Un decennio di interregno fu prova bastante per dimostrare
-l'impossibilità di resistere ai Bizantini, ancora
-signori di gran parte d'Italia, da una parte e ai Franchi
-dall'altra, continuamente stimolati dal pontefice;
-senza contare la necessità di tenere a freno una popolazione
-numerosa e persuasa che la nuova invasione, al
-pari delle altre, avrebbe dovuto esser solo passeggera.
-</p>
-
-<p>
-Si tornò allora ed in modo stabile al sistema monarchico;
-ed il re ebbe cura di consolidare la sua autorità
-in modo più energico.
-</p>
-
-<p>
-Per questo egli frenò il potere dei duchi, sostituendo
-ad essi, quando gli fu possibile, ufficiali di propria nomina
-esclusiva — gastaldi —; e restrinse l'autorità delle
-varie assemblee regionali che con essi collaboravano, riserbandosi
-la trattazione degli affari di interesse generale
-e di maggiore importanza. Egli si valse abilmente
-della impossibilità di convocare una generale assemblea
-di tutti i liberi per modificare la costituzione e il funzionamento
-dell'assemblea che più e normalmente gli
-stava vicina.
-</p>
-
-<p>
-Il re intese così ad accentrare ogni potere nelle sue
-mani, senza giungere a modificare il fondamento della
-vecchia organizzazione, sicchè anche Liutprando, che
-dei re langobardi fu il più forte, si trovò sempre a
-fronte l'aperta ribellione dei duchi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span>
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi non avevano civiltà, non conoscevano
-industrie, nè avevano conservato con le regioni da cui
-provenivano relazioni capaci di scambi fecondi; sicchè
-la loro venuta in Italia non creava per alcun verso bisogni
-nuovi, i quali dessero origine ad uno scambio
-qualsiasi, sia pure fittizio e momentaneo, capace di produrne
-altro più durevole. Per quanto intenso fosse il
-movimento accentratore del potere regio, questo non
-poteva iniziare un movimento che facesse convergere
-alla capitale e da essa riespandere nel territorio dello
-Stato un'attività capace di mutare l'assetto economico
-del paese — chè tale non poteva certo mostrarsi l'affluire
-delle imposte alla curtis regia di Pavia ed il modestissimo
-scambio cui dava luogo lo smercio di quei
-prodotti, la gran maggioranza dei quali era certo in natura.
-</p>
-
-<p>
-Nè le varie regioni eran più strette fra loro per esser
-soggette allo stesso dominio. Ognuna formava un
-organismo a sè: ogni ducato aveva i suoi liberi, che
-erano ad esso legati, distribuiti nelle minori suddivisioni
-e che dovevano accorrere alla chiamata del rispettivo
-capo; che non avevano attitudini a lavorar la terra
-in maniera da trarne profitti tali da soddisfare i bisogni
-loro e permetterne un commercio, perchè, anzi, il lavoro
-della terra non era considerato degno di chi per natura
-ed elezione era portato all'uso delle armi contro
-gli uomini e gli animali; nè avevan attitudine alcuna
-ai commerci; quindi, una volta fissatisi in una regione,
-nessun mezzo di muoversi e di prosperare: un'invincibile
-tendenza a fissarvisi, resa più accentuata dai bisogni
-delle guerre continue, le quali, nemiche sempre di
-scambi e di commerci, richiedevano inoltre sedi fisse di
-riunione, da cui muovere verso il luogo indicato dal re.
-</p>
-
-<p>
-La mancanza assoluta di un'energia creativa impedì
-dunque allo Stato langobardo di riuscire a dominare
-in modo effettivo il nuovo territorio e di imprimergli un
-aspetto ed uno sviluppo improntato al suo organismo;
-mentre quel disgregamento proprio delle stirpi germaniche,
-<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span>
-che con le continue lotte interne aveva facilitato
-la vittoria di Cesare e dei Romani, rendendo più grave
-la loro dispersione in un ampio territorio, fece sì che
-l'azione dei Langobardi si mostrò quasi del tutto negativa.
-</p>
-
-<p>
-Di tale situazione si valse abilmente e con fortuna
-l'altro grande organismo in cui si raccoglieva allora
-gran parte delle energie sociali: la Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi, infatti, nei primi anni in cui infierì la
-conquista e turbinò il governo indipendente dei duchi,
-non si avvicinarono alla chiesa cattolica: ne confiscarono,
-almeno in parte, i beni e li dettero al fisco o al
-culto ariano, contrapponendo quasi in ogni città una
-chiesa ariana a quella cattolica.
-</p>
-
-<p>
-Ma il contatto continuo con i vinti, fra i quali si trovavano
-come disseminati senza un continuo ed intimo
-rapporto spirituale reciproco, e la fortunata propaganda
-dei sacerdoti cattolici produsse una forte e rapida conversione
-al cattolicismo, la quale già molto sensibile al
-tempo di Autari, che volle ostacolarla proibendo il battesimo,
-in meno di mezzo secolo era già arrivata ai
-gradini del trono con Teodolinda e Agilulfo.
-</p>
-
-<p>
-Questa conversione fu dovuta allo spontaneo sentimento
-dei singoli Langobardi, non fu un atto oculato e
-voluto di governo, nè la conseguenza di un patto stipulato
-fra la suprema autorità della Chiesa e la maggiore
-autorità dello Stato. Perciò i Langobardi entrarono
-nella religione cattolica come neofiti penitenti accolti
-per misericordia nel grembo della grazia e non
-come alleati — tanto meno come vincitori; entrarono,
-cioè, in essa con dedizione quasi completa, accettandone
-in tutto e per tutto gli insegnamenti, il dogma, i
-precetti, la costituzione, senza chiedere e senza imporre
-modificazioni o compensi speciali.
-</p>
-
-<p>
-La loro conversione fu un trionfo completo per la
-Chiesa cattolica la quale finì per assorbire il nuovo
-popolo senza nulla cambiare in sè stessa e fu una
-rovina per lo Stato langobardo, il quale, anche quando
-<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span>
-la maggior parte dei suoi cittadini fu convertita al
-cattolicismo, ebbe sempre la Chiesa cattolica irriducibilmente
-e doppiamente nemica: nemica perchè per
-essa lo Stato langobardo continuò ad essere il nemico
-del dogma cattolico e dell'Impero che del dogma era
-il difensore per antonomasia e contro di esso sollevò continuamente
-insidie e nemici, finchè non ebbe ottenuta
-la fortunata discesa di Carlo Magno; nemica perchè
-parallelamente riuscì a tener viva all'interno una continua
-ostilità che non tardò a minare le basi dello Stato.
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi finirono per esser stretti dalla fede che
-accomuna le anime e livella le persone; ma le persone
-a cui furono pareggiati non erano che vinti e le anime
-a cui furono accomunati erano anime abituate ad una
-vita, ad un pensiero, ad una civiltà consolidata con secoli
-e secoli di storia e non mai spenta. Così il livellamento
-elevò questi ultimi, mentre abbassava i primi; e
-l'accomunamento, che ne fu conseguenza, mettendo a
-contatto una civiltà evoluta ed il vuoto della barbarie,
-empì questa di quel tanto di cui era suscettibile e la
-rese tollerante, se non fautrice, di un ulteriore suo sviluppo.
-</p>
-
-<p>
-Quando cominciò l'alterna lotta fra il partito ariano
-e nazionalista e quello cattolico e romanizzante per la
-conquista del potere, la nuova religione metteva contro
-ai Langobardi fedeli alle origini ed al culto avito, non
-più i soli italiani numerosi ma deboli e vinti; ma altri
-Langobardi, non meno forti e non meno armati, i quali
-nel bisogno d'armi ricorrevano ai fratelli di fede e scindevano
-il regno in lotte fratricide, che rompevano sempre
-più la cerchia della dominazione germanica e aprivano
-nuove crepe che facilitavano agli Italiani maggiori
-avanzamenti.
-</p>
-
-<p>
-Inoltre la Chiesa esplicò anche un'altra azione modificatrice,
-che aveva ricevuto inizio già dal tempo in
-cui il culto cattolico era diventato culto ufficiale dello
-Stato romano.
-</p>
-
-<p>
-Da allora, oltre ai compiti di natura esclusivamente
-<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span>
-religiosa, considerando la Chiesa come uno dei suoi organi,
-lo Stato affidò ad essa altre funzioni che col
-culto erano solo apparentemente o indirettamente collegate;
-e queste funzioni divennero più importanti mano
-mano che l'Impero diveniva più debole e si trovava nell'impossibilità
-di sopperire alle gravi necessità del momento.
-</p>
-
-<p>
-Nell'epoca bizantina il vescovo aveva un'ingerenza
-riconosciuta nel governo locale, partecipava alla nomina
-dei funzionarî ed all'esame ed al controllo dell'amministrazione
-cittadina e sorvegliava anche i giudici e la
-amministrazione della giustizia e qualche volta, se il
-mutuo consenso delle parti lo voleva, aveva anche autorità
-di decidere — episcopalis audientia —.
-</p>
-
-<p>
-Con i Goti prima, con i Langobardi poi, la Chiesa
-perdette una parte di queste funzioni e l'incarico ufficiale
-di compierle; ma altre, per quella parte almeno
-che poteva essere consentita dal nuovo stato di cose,
-essa continuò ad esercitare, perchè in realtà consistevano
-sopratutto in manifestazioni generiche dello spirito
-di fratellanza e di carità, quali l'aiuto dei poveri e
-degli oppressi, il riscatto dei prigionieri, l'alimentazione
-e la protezione dei derelitti, etc., ed anzi sviluppò a
-questo riguardo un movimento, per il quale le istituzioni
-di beneficenza, già all'epoca romana appoggiate
-ai municipî si trovarono più tardi addossate alla Chiesa
-per modo che si fondarono e si dotarono chiese con l'incarico
-e l'obbligo di mantenere o vestire continuamente
-un determinato numero di poveri oppure offrire dei banchetti
-etc. etc.: movimento così intenso che ha inspirato
-e costituito tutto il sistema delle opere pie fino al nostro
-tempo.
-</p>
-
-<p>
-Ma per quanto numerose ed importanti sieno state
-le funzioni civili esercitate dalla Chiesa, specialmente
-per l'impotenza dello Stato germanico, questa non riuscì
-mai ad organizzare completamente la società. Vi si
-opponeva la sua finalità che trascendeva i confini di
-ogni Stato ed i limiti della vita terrena ed accomunava
-<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span>
-idealmente popolazioni e paesi troppo disformi fra loro
-e mirava a fini troppo diversi da quelli mondani. E vi
-si opponeva del pari e forse ancora più vigorosamente
-la sua costituzione interna.
-</p>
-
-<p>
-Era questa, com'è noto, il prodotto di una imitazione
-quasi servile dell'organizzazione civile. A ciò la
-Chiesa si era in origine indotta, per sua convenienza,
-perchè nessuna organizzazione migliore di quella romana
-poteva esser presa a modello nè poteva essere
-più efficace: tanto meno fu indotta a staccarsene quando,
-divenuta religione di Stato, le divisioni e gli ordinamenti
-di quello furono obbligatoriamente i suoi. Ma
-mentre questi ultimi erano come una sopra-struttura
-imposta al paese; le istituzioni civili delle città italiane
-erano invece la resultanza di antichissimi ed ottimi sistemi;
-e quindi queste ultime continuarono a vivere per
-forza propria e non per forza ed opera della Chiesa,
-anche dopo che fu sparito l'Impero ed il suo pesante
-organismo burocratico.
-</p>
-
-<p>
-La pieve è il pago italiano: esso si mantiene perchè
-il suo territorio consta di terre private proporzionatamente
-completate da terre comuni; i cui prodotti trovano
-nel convegno settimanale del capoluogo ed in
-quello più raro della città lo smercio opportuno.
-</p>
-
-<p>
-La processione pagana prima, le rogazioni cristiane
-poi, girando i confini del pago e della pieve, cooperano
-a mantenerli fissi, ma non li determinano.
-</p>
-
-<p>
-Basta pensare, infatti, che il pago sopravvisse alle
-leggi Giulie, le quali avrebbero voluto abolirlo: da allora
-all'epoca del trionfo del cattolicismo troppo tempo
-intercorse, perchè si possa attribuire alla Chiesa la virtù
-di averlo fatto resistere.
-</p>
-
-<p>
-La pieve cittadina è costituita anch'essa da un antichissimo
-pago, il <i>pagus suburbanus</i>, che chiude nel suo
-interno la città che ne è il capoluogo. Eppure, malgrado
-lo spirito di fratellanza della Chiesa — del resto molto
-minore di quanto generalmente si ritiene — i suburbani
-non sono mai equiparati agli urbani e la differenza,
-<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span>
-mantenuta rigidamente anche dalla Chiesa, non è certo
-di creazione ecclesiastica, anzi deve essere soltanto accolta
-dalla Chiesa come forza irriducibile delle istituzioni
-laiche e civili.
-</p>
-
-<p>
-A soddisfare i bisogni della società italiana di quel
-tempo, costituita dai nuclei di eredità romana, per numero
-e per civiltà prevalenti, e dagli elementi langobardi
-preminenti per posizione sociale e per forza di
-armi; mentre i due maggiori organismi, lo Stato e la
-Chiesa, erano entrambi per ragioni diverse egualmente
-impossibilitati a soddisfarvi, agì un altro e diverso organismo:
-la città.
-</p>
-
-<p>
-Incapaci di concepire, non che di formare un ordinato
-sistema di governo, spinti a conservare le divisioni
-territoriali dalla convenienza che presentavano per la
-esazione dei tributi, i Langobardi accettarono tutto l'organismo
-che serviva a questa esazione e che resultava
-dall'insieme di numerosi e diversi elementi, i quali l'intimo
-e antico contatto aveva fusi armonicamente ed abituati
-da secoli a funzionare.
-</p>
-
-<p>
-Il regno fu diviso in ducati, ognuno dei quali normalmente
-corrispose al territorio di un antico municipio
-o di più municipi riuniti, e la città che era capoluogo
-di quello, fu sede anche del duca o del gastaldo, e con
-lui naturalmente, dei famigliari e dei nobili che gli si
-raccoglievano intorno ed ai quali offriva sicurezza e difesa,
-maestosi edifici e agi sconosciuti ma presto apprezzati.
-</p>
-
-<p>
-Con le mura e con le torri la città si prestava a facile
-difesa, poichè per la sua ampiezza poteva accogliere buon
-numero di armati ed era la sede dell'autorità pubblica
-ed il naturale punto di riunione da ogni parte della regione.
-Essa serviva inoltre a mantenere la pace e la tranquillità
-interna delle classi; e a questo scopo, secondo
-il sistema penale germanico, fu aggiunta un'altra penalità
-a quella normale per ogni delitto, allorchè fosse
-commesso entro le mura.
-</p>
-
-<p>
-Così il centro urbano acquistò nel diritto pubblico
-<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span>
-langobardo una speciale consistenza giuridica di fronte
-a tutti gli altri centri, anche se cinti di mura; in quanto
-che questa maggiore protezione, essendo stata accordata
-alla città perchè capoluogo di una regione, fu tolta in
-modo preciso e assoluto a tutti gli altri, i quali vennero
-a trovarsi in una condizione riconosciuta e consacrata
-legalmente inferiore.
-</p>
-
-<p>
-A proteggere in tal modo la città il legislatore langobardo
-fu mosso da ragioni di convenienza e di polizia:
-ma, intanto, sia pure involontariamente, esso veniva a
-convalidare, in modo mirabile, il concetto giuridico italiano
-della città: sicchè le antiche tradizioni che rendevano
-le mura cittadine oggetto di un vero e proprio
-culto, si mantenevano in vita con una continuità che
-dalle più remote leggende d'Italia e di Roma fluisce
-ininterrotta per tutto il medioevo fino all'età dei Comuni.
-</p>
-
-<p>
-Si formò così il principio della pace speciale, che faceva
-della città un suolo giuridicamente privilegiato e
-aumentava l'importanza sociale di coloro che vi abitavano.
-</p>
-
-<p>
-La città aveva conservato lo scheletro suo primitivo:
-anzitutto il suburbio, immiserito ed in qualche parte,
-magari, deserto, ma sempre ad essa legato ed avvinto
-dal bisogno della difesa e dalle necessità del mercato,
-era tuttora designato col classico nome delle leggi di
-Costantino e delle epigrafi più vetuste, e continuava a
-sussistere con l'antichissimo e speciale regime. In secondo
-luogo le terre comuni: il titolo giuridico ne era
-cambiato; ma ciò, dati i tempi, non modificava la destinazione
-e l'indole della loro consistenza giuridica.
-</p>
-
-<p>
-La città, infatti, anche nello Stato in cui era discesa
-al tempo dei Goti, era pur sempre un organismo non
-solo capace di vivere — e lo dimostrò sopravvivendo
-all'impeto della conquista — ma di gran lunga superiore
-al più valido organismo di governo barbarico.
-</p>
-
-<p>
-Come capoluogo del territorio sottoposto alla sua
-giurisdizione, essa continuava ad attirare in sè quel po'
-di commercio che si poteva tuttora sviluppare e forniva
-<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span>
-gli oggetti e gli artifici richiesti dalla vita sociale continuando
-l'antica tecnica del mestiere; ed accanto a questo
-mercato non frequente nè intenso, se ne manteneva
-in vita un altro, periodico e settimanale, che non si
-estendeva al di là del suburbio, ma che forniva alla città
-gli elementi necessari alla sussistenza.
-</p>
-
-<p>
-La città doveva inoltre fornire facile ricetto a quei
-Langobardi che, nelle nuove condizioni sociali, avevano
-perduto le terre guadagnate con la conquista, perchè il
-gruppo cittadino, composto di italiani, ad essi non poteva
-rifiutar l'ammissione; mentre i beni comuni rimasti
-alla città consentivano al nuovo venuto una condizione
-di esistenza di gran lunga migliore di qualsiasi lavoratore
-della terra.
-</p>
-
-<p>
-Anche a questo riguardo avvenne ai Langobardi
-quanto era avvenuto per la loro conversione. La città,
-composta di elementi cattolici e vinti, fu sottoposta a
-tributo insieme col suo suburbio, nei primi tempi dell'invasione
-e la ripartizione fra i quartieri di questi tributi,
-di cui città e suburbio erano solidalmente responsabili,
-spettò ai soli urbani, i quali ne decidevano nella
-generale antichissima riunione, che si teneva davanti
-alla Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Quando la conversione religiosa ebbe cominciato ad
-avvicinare un po' i vincitori ai vinti, i Langobardi convertiti
-frequentarono, naturalmente, le riunioni in cui si
-trattavano gli affari di maggiore importanza della Chiesa
-e siccome nello stesso modo e con le medesime forme
-si trattavano anche quei pochissimi affari di natura civile,
-che erano rilasciati alla cittadinanza dall'autorità
-pubblica; così anch'essi si trattarono insieme con gli
-altri.
-</p>
-
-<p>
-La cosa era resa tanto più agevole dal fatto che la
-cittadinanza, fino dal tempo goto, formava un unico
-collegio — <i>collegium civitatis</i> — che era composto dei
-soli urbani; era cioè una forma associativa rudimentale,
-facilmente accessibile alle menti rozze dei Langobardi
-e nello stesso tempo arieggiava l'originaria costituzione
-<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span>
-germanica della <i>marca</i>, in quanto che solo gli urbani
-godevano di facoltà sui beni pubblici e sulla cosa pubblica;
-così come ai soli commarcani era dall'antico sistema
-germanico concesso ogni potere.
-</p>
-
-<p>
-I Langobardi, entrando in quest'organizzazione, come
-erano entrati nella Chiesa cattolica e cioè individualmente
-e alla spicciolata, furono assorbiti da questa come
-dall'altra ed in breve stretti dai vincoli della Chiesa,
-vennero immedesimati nella città. Tale assorbimento,
-aumentando l'importanza della città, faceva sempre più
-decadere le antiche ed originarie istituzioni langobarde;
-mentre, d'altro canto, l'assemblea generale del regno
-era asservita al re e quella locale ridotta solo, mutando
-le facoltà originarie, ad amministrare la giustizia, andava
-perdendo lentamente anche la ragione di esistere.
-</p>
-
-<p>
-Quando con Carlo M. fu istituito lo scabinato, il
-maggior vantaggio di questo colpo portato all'antico sistema
-langobardo, lo sentì la città, che col privilegio,
-stabilito per legge, della nomina degli scabini, ebbe, oltre
-l'assemblea per trattare gli affari politici, anche un tribunale
-proprio per giudicare le controversie minori; ma
-appunto perchè minori più frequenti e quindi più importanti,
-fra i suoi componenti.
-</p>
-
-<p>
-Entro la città vi era inoltre il rappresentante dello
-Stato e lo Stato ha anch'esso cooperato a formare la
-costituzione della città — piuttosto negativamente — è
-vero, ma la sua azione è innegabile. La riduzione del
-concetto di cittadinanza al concetto di urbanitas è la
-conseguenza dell'opera germanica nell'elaborazione di
-elementi italiani; e il maggiore sviluppo dell'assemblatorio
-cittadino si ottiene quando la massa dei Langobardi
-gravita in esso aumentandone il peso e l'importanza.
-</p>
-
-<p>
-Più difficile è determinare l'importanza reciproca e
-la posizione scambievole della chiesa cittadina e della
-cittadinanza.
-</p>
-
-<p>
-Mentre lo Stato langobardo si sovrappone dovunque
-alla città nello stesso modo; la Chiesa si è insediata
-<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span>
-luogo per luogo, inspirandosi allo stesso fine ma impiegando
-mezzi diversi; e le conseguenze di questo
-modo di procedere, sensibile a parecchi secoli di distanza,
-è stato accompagnato anche da varie cause speciali;
-fra le quali, prima di ogni altra, la maggiore o
-minore rapidità dei Langobardi a convertirsi e ad entrare
-nell'ingranaggio religioso e cittadino.
-</p>
-
-<p>
-A Lucca, per esempio, sino dai primi documenti, vediamo
-assimilati ai <i>cives</i> anche taluni gruppi di <i>arimanni</i>
-che non son certo italiani e accanto ai <i>notarii ecclesiae</i>,
-diffusi dovunque, compaiono degli <i>scabini ecclesiae</i> di cui
-non si ha traccia altrove, così come altrove non si ha
-traccia di un <i>curator</i> investito di carattere ecclesiastico;
-nè fuori che a Lucca si trovano dei <i>lociservatores</i> di così
-intenso sapore ecclesiastico.
-</p>
-
-<p>
-Ma la costituzione lucchese si può considerare, per
-certi rispetti, eccezionale. Del resto essa non contraddice
-affatto all'asserzione che il primo posto, nella organizzazione
-civile, è tenuto dalla cittadinanza.
-</p>
-
-<p>
-Esternamente ed apparentemente la Chiesa sembra
-avviarsi ad una grande preminenza: riconosciuta al vescovo
-la facoltà di cooperare col conte all'amministrazione
-della città e ridotto poi quest'ultimo quasi esclusivamente
-nella campagna; i re d'Italia prima, gli Ottoni
-in seguito fecero del vescovo il caposaldo del loro
-governo.
-</p>
-
-<p>
-Ma in realtà i vescovi agiscono non come capi di
-una diocesi; ma come preposti alla pieve cittadina. E il
-loro potere è l'esponente del potere della città. È ad
-essa, ai suoi componenti e cioè ai <i>cives</i> che spetta il
-primo posto.
-</p>
-
-<p>
-Questi <i>cives</i>, isolati dai Goti e dai Langobardi, si stringono
-fra loro in un nucleo tenace, che, assorbendo l'elemento
-germanico, gli imprime il suo suggello e ne adopera
-l'energia a far salire il proprio livello.
-</p>
-
-<p>
-I cittadini hanno il proprio notaro, che è l'antico
-notaro della città. Al tempo romano era l'attuario delle
-curie, perchè nelle curie si raccoglieva il governo cittadino:
-<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span>
-ora che la città si riduce a nuove condizioni, esso
-diviene il notaro dei <i>cives</i>; e accanto a questa istituzione,
-che conserva le antiche tradizioni, continuano a vivere
-anche altre forme antiche: il <i>curator</i>, con funzioni finanziarie,
-il <i>perequator</i>, il <i>racionator</i> etc.
-</p>
-
-<p>
-E con i <i>cives</i>, naturalmente, cresce d'importanza la
-<i>civitas</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ma il suo sviluppo ha dei limiti: nelle condizioni
-generali dell'agricoltura povera ed abbandonata e nell'impossibilità
-da parte dello Stato germanico, di coordinare
-le varie energie locali. Questi limiti fecero sì che
-l'energia cittadina — energia economica ed energia giuridica — non
-si estendesse al di là del suo suburbio.
-Così che il regno fu spezzato e rotta l'antica unità del
-territorio col suo capoluogo, chè, mentre questo rapidamente
-progrediva, quello rimaneva inattivo; mentre nella
-città cresceva in potenza l'organo che meglio rispondeva
-alla sua organizzazione, e cioè il vescovo: nella
-campagna il potere restava affidato agli organi dello
-Stato germanico che meglio rispondevano ai bisogni di
-un'economia eminentemente terriera.
-</p>
-
-<p>
-Quando il movimento ascensionale della città raggiunse
-un grado tale da permetterle di avere un magistrato
-tutt'affatto proprio — il consolato —; il contado
-all'intorno era ancora tutto soggetto alle grandi signorie
-laiche, le quali separavano le varie città l'una dall'altra
-senza alcuna coesione d'indole generale e superiore.
-</p>
-
-<p>
-Così strette da un cerchio economicamente e politicamente
-diverso ed ostile, le città svilupparono un diritto
-pubblico che s'imperniava tutto sull'appartenenza
-non ad un regno ma ad una città e che entro lo stesso
-regno contrapponeva città e città, fino ad originare la
-rappresaglia; e, siccome il centro di questa organizzazione
-restava la città murata, cittadinanza e <i>urbanitas</i>
-furono sinonimi.
-</p>
-
-<p>
-Era la cittadinanza medioevale ed il nuovo diritto
-pubblico italiano.
-</p>
-
-<p>
-Ma questo sviluppo non sarebbe stato possibile, se
-<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span>
-l'energia economica e sociale non fosse stata regolata e
-guidata con norme opportune ed appropriate. Ed anche
-a questo provvide la città, la quale, specialmente dopo
-l'istituzione dello scabinato, elaborò consuetudini e norme
-giuridiche proprie, per cui dallo scheletro scarno dell'Editto
-si giunse allo studio sistematico del diritto:
-alle Pandette.
-</p>
-
-<p>
-Mentre il Comune drizza superbo il suo bel gonfalone,
-torna a farsi sentire la voce solenne degli antichi
-giuristi e l'Italia rinasce a nuova vita.
-</p>
-
-<p>
-Così, sia pur in modo imperfetto e sommario, si possono
-tratteggiare le vicende della costituzione giuridica
-delle nostre città tosco-lombarde.
-</p>
-
-<p>
-Da questa ricerca scaturiscono, a mio modo di vedere,
-due conclusioni: una d'indole generale, di indirizzo
-e di metodo; l'altra, che in parte rientra in questa
-e che direi di proporzione.
-</p>
-
-<p>
-Quando Roma ebbe con fortuna iniziato quel gran
-movimento ascensionale che toccò culmini non più raggiunti,
-faro luminoso, centro di ogni specie di attività,
-attrasse, costrinse a sè le energie di tutti i territori soggetti
-al suo dominio, e la sua lingua, la lingua della
-signora di tutto il mondo, fu la lingua dell'universo e
-scrittori d'ogni provincia accolsero, coltivarono, perfezionarono
-quella che sola aveva dignità di lingua, di
-fronte alle altre parlate, che non erano che dialetti:
-così come il suo diritto era il diritto per eccellenza e
-rétori e poeti, filosofi e grammatici, storici e giuristi furon
-tutti dominati dalla sua grande potenza.
-</p>
-
-<p>
-Più tardi, quando questa potenza cominciò a decadere,
-l'idea grande di Roma non decadde. Non decadde
-allora e non sparì in seguito: nemmeno quando il mondo
-attonito seppe violate e rotte dall'orda famelica e
-disordinata dei barbari tante volte nei secoli percossi
-dall'aquila superba, le mura fatali che Annibale, vincitore
-di numerose e cruente battaglie, invasore felice di
-tre paesi, conquistatore fortunato di quasi tutta l'Italia,
-non aveva osato avvicinare. Nemmeno allora sparì: si
-<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span>
-trasformò. Divenne il più caro, il più santo dei ricordi
-e delle tradizioni e fu il termine di paragone delle fervide
-menti avide, nel doloroso presente, del ritorno di
-un passato luminoso di vittorie e di prosperità, e del
-tempo felice in cui l'immensa pace romana copriva del
-suo manto maestoso quasi tutto il genere umano. E a
-render più saldo questo culto nel tempo in cui la religione
-era senza dubbio il conforto maggiore; il dolce
-cantor di Virgilio, per divina volontà quasi profeta di
-una venuta che doveva trasformare il mondo, legava
-con vincoli spirituali sempre più intensi l'antico mondo
-al nuovo.
-</p>
-
-<p>
-Le antiche tradizioni popolari di giustizia, di diritto,
-di tecnica del mestiere, che erano e risalivano al tempo
-romano, furono credute — e non tutte lo erano — romane
-ed ogni città volle vita ed origine da Roma e da
-quelli che in essa raggiunsero fama e splendore; e queste
-antiche leggende, queste tradizioni vetuste nel remoto
-medioevo furono la vita spirituale delle nostre
-città, in cui notai e giudici avevan continuamente sott'occhio
-formule e parole d'antichi tempi, e in cui la
-Chiesa continuava a parlare al cuore con la voce di
-Roma, simbolo superbo di gloria e di redenzione per il
-popolo italiano.
-</p>
-
-<p>
-Nell'800 un re franco di grande ingegno e di grande
-potenza, ma barbaro, non italiano, intese, cingendo in
-Roma la corona, di continuare, non di far rinascere — chè
-rinasce solo ciò che è morto — l'antico Impero.
-</p>
-
-<p>
-Fu un'utopia, ma un'utopia di tal forza che ha vissuto
-fino al secolo decimonono, incardinando per secoli
-il diritto pubblico dell'Europa intiera: qual prova maggiore
-di intensità e di forza per una tradizione?
-</p>
-
-<p>
-Di poche diecine d'anni è posteriore il primo documento
-a noi noto in cui appaiono i primi segni del differenziarsi
-di nuove lingue sul gran fondo comune della
-lingua romana e da allora, più intensamente che altrove,
-la tradizione di Roma si consolida in Italia; nell'Italia
-<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span>
-che da Roma e da Roma sola voleva trovar l'origine
-per le sue molteplici città.
-</p>
-
-<p>
-Queste tradizioni si maturano, si ampliano nei secoli
-e sbocciano gloriose nel fulgore delle repubbliche, che
-si specchiano in Roma, e che assurgono a nuova civiltà,
-fino al trionfo dell'Umanesimo, che ridestò intiera
-l'antica gloria.
-</p>
-
-<p>
-Anche in seguito, pur spezzata, frazionata, divisa e
-sottoposta al dominio straniero, l'Italia sentì la sua unità
-nella grande discendenza da Roma: e tutti gli scrittori
-di storie locali, che dal cinquecento all'ottocento hanno
-illustrato le vicende della propria patria, ne iniziaron le
-origini con la discendenza da Roma e da Roma mossero
-alberi genealogici e costruzioni sociali.
-</p>
-
-<p>
-All'epoca del nostro riscatto, Roma, Roma la grande,
-fu contrapposta al barbaro ed all'oppressore e sui campi
-cruenti delle battaglie, nell'oscure torture delle prigioni
-e dei patiboli, gli esempi di amor di patria dell'antica
-Roma sostenevano i forti spiriti dei martiri e degli eroi,
-mentre nella bocca e nella mente del popolo l'incitamento
-alla vittoria suprema suonava nell'alata parola
-del poeta che all'itala madre cingeva il superbo elmo
-di Scipio.
-</p>
-
-<p>
-Nè gli studiosi della nostra storia giuridica si sottrassero
-a questa corrente; troppo compresi della gran
-lotta per l'indipendenza per non ricollegare agli antichi
-i nuovi oppressori.
-</p>
-
-<p>
-Il culto di Roma tocca l'apogeo con Federigo Carlo
-di Savigny.
-</p>
-
-<p>
-Questo illustre e geniale tedesco, studioso eminente
-del diritto di Roma, sentì, guidato sui primi passi dal
-genio di un grande, sebbene quasi dimenticato, italiano — Antonio
-d'Asti — sentì che quel complesso meraviglioso
-di norme, frutto di lunghi secoli e di studî mirabili,
-non poteva morire, non poteva esser morto; sentì
-che quel paese, ove tanto fuoco aveva per secoli scaldato
-le menti, regolato i rapporti, guidate le azioni, doveva,
-pur nel più gelido stato, conservarne pure le faville
-<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span>
-sotto le ceneri; ed ideò una costruzione storica,
-per cui il diritto di Roma si manteneva in vita per tutti
-i secoli del medio evo, e la costituzione romana, abbattuta
-ma non mai estinta, si reggeva pur col passar dei
-secoli e delle stirpi, per risorgere a nuova vita, mentre
-a nuova vita risorgeva lo studio del diritto all'epoca
-comunale.
-</p>
-
-<p>
-Fu grande questa concezione e luminosa quant'altra
-mai; e il Savigny conta fra gli spiriti vivificatori della
-nostra stirpe e del nostro paese; come grandi resultati
-portò il metodo storico e giuridico da lui inaugurato.
-</p>
-
-<p>
-Ma Roma non è, non è mai stata l'Italia. Questa
-tradizione che fa capo a Roma, e a Roma soltanto, deve
-ora essere ristretta ai suoi naturali confini; e deve cessare
-il metodo che Roma e il diritto romano vuole esclusivamente
-cercati nel corso della storia italiana.
-</p>
-
-<p>
-Roma rappresenta un'eccezione e come tale, per la
-sua immensa importanza, ha e deve avere gli studiosi
-della sua storia, della sua costituzione e del suo diritto.
-La regola è data dalle altre città ed è la costituzione di
-queste città, non affatto quella di Roma, che porge gli
-elementi, che sopravvivono al tempo romano e che a
-contatto con gli elementi germanici producono un nuovo
-periodo storico. Dunque anche questa costituzione deve
-aver il suo storico ed il suo studioso e questi deve essere
-lo storico non del diritto e della costituzione di
-Roma, ma della costituzione e del diritto d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Come Roma non è l'Italia, così la costituzione e il
-diritto di Roma non sono tutto il diritto italiano. E se
-noi vogliamo conoscere la nostra storia dobbiamo sceverar
-la storia d'Italia da quella di Roma, tenendo di
-questa il debito conto, sì, ma come parte di un tutto
-che è nato prima di lei, ha vissuto in modo diverso e
-separato da lei e che quando quella è morta — perchè
-Roma, come città antica, è veramente morta — non
-solo non si è spenta con lei, ma ha fornito gli elementi
-e i fondamenti della nuova costituzione. Noi dovremo
-studiare il nostro diritto, non soltanto contrapponendolo
-<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span>
-e distinguendolo da quello degli altri popoli stranieri,
-ma anche da quello di Roma stessa.
-</p>
-
-<p>
-E valga il vero.
-</p>
-
-<p>
-L'Hegel, con una ricerca poderosa, ha troncato il
-sogno così caro al Savigny della continuazione delle
-antiche curie romane nel consolato medioevale; pochi
-anni fa il Solmi ha fatto altrettanto per le corporazioni;
-dimostrando che le corporazioni medioevali non si riattaccano
-affatto a quelle del tempo romano.
-</p>
-
-<p>
-Ma, diciamolo forte, con questo non si apre un baratro
-fra l'evo antico ed il medio. La continuazione
-esiste ed esiste ugualmente, ma deve essere ricongiunta
-alle primi origini della costituzione dell'Italia: dell'Italia,
-non di Roma.
-</p>
-
-<p>
-Tali almeno le risultanze delle ricerche di questo
-studio. E se anche queste resultanze dovessero essere
-riconosciute inesatte o completamente errate; altre prove
-e più sicure si dovranno portare in suffragio di quest'asserzione.
-</p>
-
-<p>
-Quando, abbandonato l'antico preconcetto per il quale
-si riteneva che le leggi langobarde dovessero considerarsi
-come depositarie del più puro diritto germanico;
-se ne intraprese un esame più accurato: apparvero in
-esse tracce non dubbie di un diritto che fu detto romano
-e giustamente, perchè emanato dagli Imperatori di Roma.
-Ma quest'espressione apparve ben presto troppo generica.
-</p>
-
-<p>
-Il Nani rilevò che fra il diritto romano puro e l'Editto
-langobardo c'era stata una elaborazione della legge romana
-che aveva servito di tipo al legislatore langobardo.
-Ed il Tamassia, poco dopo, identificava questa elaborazione
-intermedia nella <i>Lex Romana Visigothorum</i>, più
-comunemente nota col nome di <i>Breviario Alariciano</i>,
-che è una riduzione ed un compendio del Codice Teodosiano;
-pur mettendo in rilievo che nell'Editto stesso
-si trovano tracce, oltre che di diritto visigoto ed ecclesiastico,
-anche di diritto giustinianeo e di un diritto che,
-sull'esempio del Brunner, chiamò volgare.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span>
-</p>
-
-<p>
-E contemporaneamente al Tamassia allo stesso scopo
-dedicava profonde e fruttuose ricerche il Del Giudice;
-mentre il Calisse dimostrava che il diritto classico italiano
-aveva mantenuto la sua fisonomia anche dopo la
-legislazione giustinianea, così sulle leggi langobarde come
-nei documenti di quel tempo.
-</p>
-
-<p>
-Così a proposito della fiera ferita, degli sponsali
-sciolti per ingiustificato ritardo di un biennio ad effettuare
-le nozze, della perdita totale dell'usufrutto per
-parte della vedova passata a seconde nozze, dell'affrancazione
-dei servi, delle scritture contrattuali, delle forme
-degli atti e del numero dei testimoni, della mancipazione
-nella donazione e nella vendita, dell'uso frequentissimo
-di dichiarare cittadini romani i servi manomessi, della
-fiducia, del testamento, della falcidia.
-</p>
-
-<p>
-E il quadro generale fu confermato col resultato degli
-studii del Tamassia sull'alienazione degli immobili, sul
-testamento del marito, sulla falcidia etc. e di quelli, numerosi,
-del Besta; mentre nuovi studii pubblicati e
-nuovi documenti messi in luce rivelano nuove tracce
-dell'antico diritto italiano, dalla mancipatio al diritto
-del passo necessario.
-</p>
-
-<p>
-Orbene questo diritto, che qualche volta è stato detto
-teodosiano, è più propriamente italiano ed esso deve
-essere messo in relazione e completato con tutti gli
-altri elementi giuridici conservati dalle consuetudini,
-dagli statuti, dai documenti, e da ogni altro materiale,
-che ci ha serbato notizia della nostra vita giuridica.
-</p>
-
-<p>
-Il Brunner ha chiamato <i>diritto volgare</i> questo diritto,
-che considerò come una modificazione, una storpiatura
-del diritto romano, per opera di elementi locali. L'espressione
-non è esatta e il suo pensiero non ha colto
-nel vero. Ciò che a lui parve un fenomeno particolare
-ed eccezionale è invece un fenomeno generale e complesso
-per il quale le norme giuridiche e le consuetudini
-delle varie regioni d'Italia sono state inquadrate
-dal diritto romano, ma non soprafatte e annientate. Dal
-diritto romano risulta infatti da un lato l'autonomia
-<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span>
-concessa alle varie regioni italiane — e questo è già
-qualche cosa per la storia della costituzione giuridica
-dell'Italia — e da un altro — e questo è infinitamente
-di più perchè è proprio l'ossatura intima della costituzione
-italiana — che le norme e le consuetudini locali
-ebbero un'importanza preponderante e devono esser
-considerate come l'elemento principale, il quale, nelle
-sue varietà regionali, è stato coordinato dal diritto romano,
-ma non distrutto.
-</p>
-
-<p>
-La distruzione comincia più tardi: quando con la
-scuola di Bologna assurge al primo posto il diritto giustinianeo
-e questo diritto si diffonde e si applica in
-tutta l'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Storia italiana, dunque, fatta con elementi italiani.
-</p>
-
-<p>
-Accettando, poi, almeno nelle linee generali, le conclusioni
-delle nostre ricerche si è tratti anche ad una
-altra considerazione, pur essa di metodo.
-</p>
-
-<p>
-Se la città italiana ha conservato una fisonomia propria
-e durante l'epoca langobarda e quella franca è
-andata acquistando sempre maggiore importanza e consolidandosi
-in un assetto giuridico sempre più completo,
-tanto che l'evoluzione è terminata quando sono sbocciati
-i Comuni, quando cioè, l'Italia superiore e media
-è apparsa costituita di città libere; è chiaro che nè lo
-Stato, che ne ha permesso il primo e l'ulteriore sviluppo,
-nè la Chiesa, che per un tempo abbastanza lungo,
-per mezzo dei vescovi, ha tenuto il governo delle città,
-sono state le forze veramente direttive della società
-italiana di quel tempo: se avesse prevalso l'autorità
-regia, avremmo avuto una costituzione simile a quella
-franca; se avesse avuto il predominio l'autorità ecclesiastica,
-si sarebbe dovuto finire in qualche cosa di simile
-allo Stato della Chiesa. Dunque l'organismo più
-potente, l'elemento centrale della nostra storia e della
-nostra costituzione è la città.
-</p>
-
-<p>
-Orbene se questo è, ne consegue che la città deve
-essere considerata come punto di riferimento e di partenza
-<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span>
-per la risoluzione dei più gravi problemi, che interessano
-la nostra storia giuridica.
-</p>
-
-<p>
-Tutto il fenomeno storico della nostra costituzione
-si svolge intorno ai cardini della città; dunque è la città
-che ne è il centro e da questo centro si deve muovere.
-</p>
-
-<p>
-Ma dire città val quanto dire elemento laico, elemento
-civile, elemento italiano, chè la Chiesa è universale
-e lo Stato è rimasto per lunghi secoli straniero.
-</p>
-
-<p>
-Auguriamoci che la storia d'Italia la facciano gli
-Italiani.
-</p>
-
-<div class="somm">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span>
-</p>
-
-<h2><a id="indice" href="#indfront">
-INDICE</a></h2>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td colspan="4" class="center">I. La città romana gota e bizantina.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">1.</td> <td><i>L'antica cerchia di Roma primitiva.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Le origini di Roma</td> <td class="pag"><a href="#parte1-1">Pag. 1-4</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il vallo e la fossa</td> <td class="pag"><a href="#Page_4">4-6</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">2.</td> <td><i>La cerchia murata del IV.º secolo av. Cr.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Patres, patres minores e plebei</td> <td class="pag"><a href="#parte1-2">6-9</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Importanza delle mura</td> <td class="pag"><a href="#Page_9">9-10</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">3.</td> <td><i>I mille passus. Determinazione territoriale</i></td> <td class="pag"><a href="#parte1-3">10-12</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">4.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto alle magistrature.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il domicilium</td> <td class="pag"><a href="#parte1-4">12-14</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Condizione giuridica speciale dei beni dei minori situati entro i mille passus</td> <td class="pag"><a href="#Page_15">15</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Esegesi dell'orazione di Severo — sua interpolazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_16">16-17</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Origine della distinzione dei beni in urbani, suburbani e rustici</td> <td class="pag"><a href="#Page_18">18-19</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La fiducia</td> <td class="pag"><a href="#Page_19">19-20</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">5.</td> <td><i>Mille passus, urbs e suburbium.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La preminenza degli urbani</td> <td class="pag"><a href="#parte1-5">20-23</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">6.</td> <td><i>Differenze fra Roma e le altre città. Pomoerium e continentia aedificia.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Equiparazione dei continentia aedificia al suolo intramurano a Roma</td> <td class="pag"><a href="#parte1-6">23-25</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Carattere eccezionale per Roma di questa equiparazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_25">25-26</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Origine e cause</td> <td class="pag"><a href="#Page_27">27-28</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">7.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto ai plebei.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La plebs extra muros posita</td> <td class="pag"><a href="#parte1-7">28-29</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Esegesi del tit. 55 del lib. XI. del Cod. Giustinianeo</td> <td class="pag"><a href="#Page_29">29-34</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Condizione giuridica di questa plebs</td> <td class="pag"><a href="#Page_34">34-39</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sua importanza come classe sociale</td> <td class="pag"><a href="#Page_40">40</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">8.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto ai beni pubblici</i>. I beni pubblici nel diritto romano. Esame e critica della teoria del Rudorff</td> <td class="pag"><a href="#parte1-8">40-48</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Triplice distinzione di essi fatta dalle fonti</td> <td class="pag"><a href="#Page_49">49-51</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Diritti degli urbani a questo riguardo</td> <td class="pag"><a href="#Page_52">52-53</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">9.</td> <td><i>Determinazione dei mille passus rispetto al culto.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il pagus suburbanus</td> <td class="pag"><a href="#parte1-9">53-55</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">10.</td> <td><i>Città e campagna negli ultimi tempi dell'Impero romano d'occidente.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Trasformazioni del governo della città durante la decadenza</td> <td class="pag"><a href="#parte1-10">55-57</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Riammissione dei plebei prima esclusi</td> <td class="pag"><a href="#Page_58">58-61</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Cause e conseguenze</td> <td class="pag"><a href="#Page_62">62-64</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">11.</td> <td><i>La conquista gota.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il collegium cittadino</td> <td class="pag"><a href="#parte1-11">64-68</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>I beni pubblici</td> <td class="pag"><a href="#Page_69">69</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">12.</td> <td><i>Città e campagna sotto i Bizantini.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sopravvivenza della condizione giuridica della plebs extra muros posita</td> <td class="pag"><a href="#parte1-12">69-71</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">13.</td> <td><i>Le divisioni territoriali interne della città.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>I quartieri.</td> <td class="pag"><a href="#parte1-13">71-73</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Loro attribuzioni</td> <td class="pag"><a href="#Page_74">74</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Quartieri, corpora e numeri</td> <td class="pag"><a href="#Page_75">75-77</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">14.</td> <td><i>Conclusione.</i></td> <td class="pag"><a href="#parte1-14">77</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="4" class="center">II. La città langobarda-franca.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">1.</td> <td><i>Territorium.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Continuazione delle divisioni territoriali civili romane e loro coincidenza con quelle ecclesiastiche</td> <td class="pag"><a href="#parte2-1">79-80</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Eccezioni a questo sistema dovute non a perturbamenti del tempo langobardo ma a preesistenti pagi italiani</td> <td class="pag"><a href="#Page_81">81-83</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">2.</td> <td><i>Suburbium.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La legge di Carlo Magno</td> <td class="pag"><a href="#parte2-2">84</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Traccie e denominazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_84">84-86</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>L'espressione intra civitatem usata nei documenti medioevali per indicare il suburbio e la legge dell'imperatore Costantino</td> <td class="pag"><a href="#Page_87">87-90</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Estensione del suburbio diversa da regione a regione ma sempre antichissima</td> <td class="pag"><a href="#Page_91">91-96</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Condizione giuridica speciale dei suoi lavoratori mantenutasi dal tempo romano</td> <td class="pag"><a href="#Page_97">97-104</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">3.</td> <td><i>Campanea.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Esistenza di un territorio strettamente cittadino</td> <td class="pag"><a href="#parte2-3">104</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sua differenziazione così dal suburbio come dal comitato</td> <td class="pag"><a href="#Page_104">104-109</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sua natura giuridica</td> <td class="pag"><a href="#Page_109">109</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">4.</td> <td><i>Bona publica e arimannie.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Origine e natura delle terre arimanniche</td> <td class="pag"><a href="#parte2-4">109-110</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Esame e critica delle varie opinioni degli scrittori a questo riguardo e specialmente di quella del Checchini</td> <td class="pag"><a href="#Page_112">112-117</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Le famose arimannie mantovane</td> <td class="pag"><a href="#Page_118">118-120</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il <i>publicum</i></td> <td class="pag"><a href="#Page_121">121-122</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">5.</td> <td><i>Il populus cittadino.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sua costituzione resultante dall'unione dell'urbs col suburbium e con la campanea</td> <td class="pag"><a href="#parte2-5">122-123</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Origine e natura di questa unione</td> <td class="pag"><a href="#Page_123">123-126</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>I famigerati populi di Paolo Diacono</td> <td class="pag"><a href="#Page_127">127-132</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">6.</td> <td><i>I suoi elementi: pars ecclesiae, pars publica, cives.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Notarius regis, notarius ecclesie e exceptor civitatis</td> <td class="pag"><a href="#parte2-6">132-134</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>I cives di Verona</td> <td class="pag"><a href="#Page_134">134-136</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Continuazione dell'antico sistema italiano per il quale alla riparazione delle mura e degli edifici pubblici concorrono lo Stato, la Chiesa cittadina e i cittadini</td> <td class="pag"><a href="#Page_136">136-142</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Eccezione fatta a questo riguardo dalla c. d. Legge romana udinese</td> <td class="pag"><a href="#Page_137">137-138</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>I cives di Cremona</td> <td class="pag"><a href="#Page_138">138-145</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">7.</td> <td><i>La Chiesa come istituzione cittadina. La pieve: origine, elementi, sviluppo e modificazioni. Origine della parrocchia a tipo moderno: le chiese cardinali.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Numerosi elementi da cui risulta l'azione della Chiesa e necessità di sceverarli ed esaminarli partitamente</td> <td class="pag"><a href="#parte2-7">145-146</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sistemi di propaganda</td> <td class="pag"><a href="#Page_147">147</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Differenze fra gli ordines officiorum delle varie chiese</td> <td class="pag"><a href="#Page_148">148-150</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Origine, natura ed importanza di queste differenze</td> <td class="pag"><a href="#Page_150">150-152</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La pieve</td> <td class="pag"><a href="#Page_152">152-153</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sua sovrapposizione all'antico pago italiano</td> <td class="pag"><a href="#Page_153">153</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Elementi di questo rintracciabili attraverso la pieve cristiana. Communia, vicanalia e interconciliaricia</td> <td class="pag"><a href="#Page_153">153-161</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Munitio e magistri pagorum</td> <td class="pag"><a href="#Page_161">161-162</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Feriae pagorum</td> <td class="pag"><a href="#Page_162">162-163</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sistema tenuto dalla Chiesa cattolica</td> <td class="pag"><a href="#Page_163">163-166</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La pieve cittadina</td> <td class="pag"><a href="#Page_166">166-175</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Inizio, sul finire del secolo ottavo, della sua differenziazione dalla pieve rurale</td> <td class="pag"><a href="#Page_171">171</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Allargamento del suo territorio. Decima novalium e fondazione di nuove cappelle estendentisi anche ultra suburbii fines</td> <td class="pag"><a href="#Page_171">171-174</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Inizio di una speciale officiatura delle chiese dei santi più venerati</td> <td class="pag"><a href="#Page_175">175-177</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>I decomani milanesi</td> <td class="pag"><a href="#Page_178">178-179</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La chiesa di S. Ambrogio di Milano e il diploma arcivescovile dell'anno 789</td> <td class="pag"><a href="#Page_179">179-180</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Altri privilegi concessi a questa chiesa dall'arciv. Tadone nell'866</td> <td class="pag"><a href="#Page_181">181-183</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Chiese decumane, cardinali e sedali</td> <td class="pag"><a href="#Page_183">183-187</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Le caratteristiche di queste chiese. La parrocchia moderna</td> <td class="pag"><a href="#Page_188">188-189</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Ordo laico e ordo ecclesiastico. Derivazione di quest'ultimo dall'ordo civile del municipio italiano</td> <td class="pag"><a href="#Page_189">189-190</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Ordinarii e ordinarii cardinales</td> <td class="pag"><a href="#Page_190">190-194</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Azione ed intervento dei laici nelle elezioni</td> <td class="pag"><a href="#Page_194">194-198</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La consacrazione. — La consacrazione delle chiese cardinali</td> <td class="pag"><a href="#Page_199">199</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La mensurna divisio dei primi secoli</td> <td class="pag"><a href="#Page_199">199-200</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sua trasformazione da offerta volontaria in collecta obbligatoria</td> <td class="pag"><a href="#Page_200">200-202</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Origine della decima</td> <td class="pag"><a href="#Page_202">202</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Decima franca e decima italiana</td> <td class="pag"><a href="#Page_202">202-206</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il rifacimento degli edifici del culto</td> <td class="pag"><a href="#Page_206">206-207</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Le oblazioni: loro trasformazione da volontarie in obbligatorie</td> <td class="pag"><a href="#Page_207">207-208</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Condizione speciale, a questo riguardo, delle chiese cardinali</td> <td class="pag"><a href="#Page_208">208-209</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>I beni della Chiesa</td> <td class="pag"><a href="#Page_209">209-213</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Le chiese cardinali e l'origine del beneficio ecclesiastico</td> <td class="pag"><a href="#Page_213">213-215</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">8.</td> <td><i>Il mercato cittadino.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Estensione</td> <td class="pag"><a href="#parte2-8">216-220</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Sistema di scambio</td> <td class="pag"><a href="#Page_220">220-221</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Generi di scambio</td> <td class="pag"><a href="#Page_221">221-227</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Ubicazione</td> <td class="pag"><a href="#Page_227">227-229</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Azione ed importanza</td> <td class="pag"><a href="#Page_229">229-235</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">9.</td> <td><i>Il centro urbano e la sua natura giuridica.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Urbs, castrum e vicus</td> <td class="pag"><a href="#parte2-9">235-237</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Continuazione dell'antico sistema italiano per il quale le maggiori facoltà erano prerogativa esclusiva degli urbani</td> <td class="pag"><a href="#Page_237">237-244</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Azione della città</td> <td class="pag"><a href="#Page_244">244-246</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Azione del diritto pubblico germanico</td> <td class="pag"><a href="#Page_246">246-247</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Pace romana e pace germanica. Civis romano e urbanus medioevale</td> <td class="pag"><a href="#Page_247">247-249</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">10.</td> <td><i>L'assemblatorio cittadino.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il communi consensu richiesto dalla legge dell'anno 400 per l'alienazione dei beni delle città</td> <td class="pag"><a href="#parte2-10">249-250</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il conventus ante ecclesiam e l'Editto di Rotari</td> <td class="pag"><a href="#Page_250">250-252</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Continuazione dell'antica assemblea degli urbani</td> <td class="pag"><a href="#Page_252">252-253</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il praeceptum dei Piacentini</td> <td class="pag"><a href="#Page_253">253-255</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>L'asamblatorium di Milano</td> <td class="pag"><a href="#Page_255">255</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Asamblatorium, consulatus e origine del Comune</td> <td class="pag"><a href="#Page_255">255-258</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">11.</td> <td><i>L'assemblea regionale longobarda.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Gli antichi anfiteatri romani e il termine parlascium con cui sono indicati nei documenti medioevali</td> <td class="pag"><a href="#parte2-11">258-261</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Traccie della coesistenza di due diverse riunioni in epoca remota</td> <td class="pag"><a href="#Page_261">261-262</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>L'assemblea regionale langobarda</td> <td class="pag"><a href="#Page_262">262-263</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Suo decadimento fino ad esser ridotta ad esercitare una funzione quasi esclusivamente giudiziaria</td> <td class="pag"><a href="#Page_263">263-265</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Riforma di Carlo Magno. Lo scabinato</td> <td class="pag"><a href="#Page_265">265</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Il placito</td> <td class="pag"><a href="#Page_265">265-266</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">12.</td> <td><i>Azione dell'uno e dell'altra nella costituzione della città.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Elezione degli scabini</td> <td class="pag"><a href="#parte2-12">266-268</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Loro competenza. Il consolato del placito</td> <td class="pag"><a href="#Page_268">268-270</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Assemblatorio e placito</td> <td class="pag"><a href="#Page_270">270</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>La costituzione dell'Italia e quella degli altri paesi</td> <td class="pag"><a href="#Page_271">271-274</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="sp">&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>§</td> <td class="cap">13.</td> <td><i>Le divisioni territoriali interne della città.</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Continuazione degli antichi quartieri italiani</td> <td class="pag"><a href="#parte2-13">274-275</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Loro rapporti reciproci e con la città</td> <td class="pag"><a href="#Page_275">275-276</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Costituzione interna</td> <td class="pag"><a href="#Page_277">277</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Importanza</td> <td class="pag"><a href="#Page_277">277-278</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td> <td>&nbsp;</td> <td>Compagine della città</td> <td class="pag"><a href="#Page_278">278-280</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="3"><i>Conclusione.</i></td> <td class="pag"><a href="#conclusione">281-310</a></td>
- </tr>
-</table>
-<hr />
-</div>
-
-<div class="footnotes">
-
-<h2>
-NOTE:
-</h2>
-
-<div class="footnote" id="note1">
-<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I dati non discussi sono tolti dalla geniale storia del diritto
-romano del nostro <span class="smcap">Bonfante</span> (Milano, 1910) e dalle opere fondamentali
-del <span class="smcap">Mommsen</span> e del <span class="smcap">Marquardt</span> (Paris, 1888-93).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note2">
-<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Cuq E</span>. <i>Les institutions juridiques des Romains</i>. Paris. 1891,
-pag. 38.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note3">
-<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Recenti studi ormai accolti nella scienza (vedili citati in <span class="smcap">Pacchioni</span>
-G. <i>Corso di diritto romano</i>, vol. I. Innsbruck 1905 pag. 6) hanno
-dimostrato come sia erronea l'opinione comune, fin qui dominante,
-che trovava il significato originario di <i>pater</i> in vincoli di parentela.
-Questo senso è anzi completamente da escludersi: i resultati etimologici
-danno la sola ed unica idea di dipendenza.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note4">
-<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. la nota di <span class="smcap">N. Tamassia</span> nella <i>Rivista Italiana per le
-Scienze Giuridiche</i> vol. XXII a. 1896 pag 870 e segg., le cui conclusioni
-sono accettate anche dallo <span class="smcap">Schupfer</span> (<i>ibid</i>. vol. XXXV a. 1903,
-pag. 13).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note5">
-<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Pais</span> E. <i>Storia di Roma</i>, vol. I, parte I. Torino 1898, pag. 218
-e segg. e 268 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note6">
-<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>De Marchi A</i>. <i>Ricerche intorno alle insulae o case a pigione
-di Roma antica</i> in Mem. del R. Ist. Lomb. classe lett. sc.
-stor. e mor. 1891 ser. III vol. XVIII-IX pag. 244.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note7">
-<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È merito del <span class="smcap">Niebuhr</span> (<i>Vorträge über röm. Alterthümer</i> 1858,
-pag. 168 e segg.) aver pensato per il primo che l'«ambitus» fosse prescritto
-per non funestare, quando c'era un morto, la casa del vicino.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note8">
-<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Pais</span> <i>loc. cit.</i> pag. 217.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note9">
-<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ritengo non accettabile la teoria che ha tentato di mettere il
-mito dell'uccisione di Remo in relazione con l'obbligo della difesa
-della città contro il nemico a cui il passaggio non deve esser possibile
-che vinto e sotto le forche caudine, e ciò perchè le forche consistendo
-in una lancia posta trasversalmente su altre due infisse in
-terra viene a riprodurre simbolicamente la rappresentazione di una
-porta e si lega dunque a questa.
-</p>
-
-<p>
-Si può osservare in contrario anzitutto che il culto delle mura,
-come ho detto, è posteriore a quello della fossa e del vallo; poi che
-numerose leggende lumeggiano la difesa della città; e, infine, l'esistenza
-di anteriori gruppi vicinali fuori del vallo stesso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note10">
-<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tramandataci da <span class="smcap">Gellio</span> XIII, 14.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note11">
-<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ciò è tanto vero che nel caso in cui manchino magistrature
-patrizie, l'«jus auspiciorum» ritorna ai «patres». Cfr. <span class="smcap">Willems P.</span>
-<i>Le droit public romain</i>. Louvain 1883 pag. 240 e pag. 293.
-</p>
-
-<p>
-Del resto insieme con i discendenti degli antichi «patres» entravano
-a far parte dei patrizi anche talune delle principali famiglie
-nemiche vinte, alle quali si concedevano subito la piena cittadinanza
-ed il diritto agli onori. Il <span class="smcap">Pais</span> (<i>ibid</i>. I. 2. pag. 293) dimostra che tale
-procedimento si seguì con i Nomentani, con gli Aricini, con i Lanuvini,
-con i Pedani etc.
-</p>
-
-<p>
-E questo spiega anche — a mio credere — perchè nella lunga
-lotta delle origini invece che schiatte, genti o tribù emergano contrapposti
-i due soli elementi dei patrizi e dei plebei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note12">
-<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Pais</span> <i>loc. cit.</i> I. 1. pag. 331 e I. 2. pag. 341 nota.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note13">
-<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. I. 2. pag. 207-8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note14">
-<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonfante</span> P. <i>Diritto romano</i>. Firenze, Cammelli 1900. special.
-pag. 157 in cui sono raccolti i resultati di numerosi suoi lavori, diretti
-a chiarire questo punto importantissimo del diritto di Roma.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note15">
-<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Cutrona</span> (Circolo Giuridico 1904, pag. 218-228), in una sua
-indagine sulla proprietà agnatizia in Roma, sostiene che i diritti dei
-«filii familias» siano dei diritti riflessi a nessuno dei quali è data in
-tutela un'azione diretta: non che il figlio, nessuno, per esempio, avrebbe
-azione per impedire al padre di spogliare i suoi discendenti;
-indirettamente, però, l'assemblea, tutelando gli interessi della collettività,
-provvede agli interessi di questi figli. Ma, a parte l'esattezza
-di alcune comparazioni con altri popoli primitivi, il <span class="smcap">Cutrona</span> si limita
-a mettere in luce il fatto, facilmente comprensibile, che l'organo tutore
-della collettività protegge indirettamente anche quei componenti
-che, pur non essendo con essa in immediato contatto, fanno parte
-integrante e vitale del nucleo sociale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note16">
-<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Mommsen</span>, <i>Disegno del diritto pubblico romano</i> trad. <span class="smcap">Bonfante</span>
-Milano, 1895 pag. 33, trova ozioso avanzar delle congetture sul
-rapporto tra le case di città in possesso privato e la partecipazione
-dei loro possessori agli agri gentilizi. A prescindere dal riflesso germanistico
-dell'idea della sors barbarica, che sembra inspirare questa
-frase, mi pare indubbio che il problema debba esser impostato diversamente.
-Nè la casa privata nè la partecipazione agli agri gentilizi
-sono elementi fondamentali di paragone: quella non ha valore
-se non in quanto custodisce e conserva i sacra; questa non è che una
-delle conseguenze, e forse non la maggiore, dei benefici che risentono
-coloro che formano l'assemblea deliberante dello Stato, per partecipare
-alla quale è necessaria la proprietà di quella determinata casa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note17">
-<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Festo</i>. 247: Patres.... agrorum partes attribuerant tenuioribus
-ac si liberis suis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note18">
-<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Inquilinus — dice il <span class="smcap">De Marchi</span> <i>loc. cit.</i> pag. 288 nota 28 — sta
-a «incola» come «libertus» sta a «libertinus» e si usò prima
-forse come contrapposto ad «exquilinus» ossia abitante delle «exquiliae»
-cioè della parte unita a Roma solo posteriormente. E ci si
-avvicina a Festo che definisce l'«inquilinus», come colui «qui eumdem
-colit focum vel eiusdem loci est cultor». L'unica idea contenuta
-nell'etimologia della parola è quella del domicilio. Infatti così l'«inquilinus»
-come l'«exquilinus» sono del pari esclusi dalla partecipazione
-alla vita pubblica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note19">
-<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dallari G</span>. <i>Le nuove dottrine contrattualiste intorno allo Stato,
-al diritto ed alla società</i>. Modena 1901. — <span class="smcap">Id</span>. <i>Il nuovo contrattualismo
-nella filosofia sociale e giuridica</i>. Torino 1911.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note20">
-<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La derivazione di <i>moenia</i> da <i>munera</i> mostra quanto ne dovevano
-esser gravosi la costruzione e il mantenimento.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note21">
-<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Praetor</i> indica veramente il capo dell'esercito, ma questo non
-è costituito che dai cittadini.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note22">
-<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Willems</span> <i>loc. cit.</i> pag. 48.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note23">
-<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Pacchioni</span> <i>loc. cit.</i> pag. 105-107.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note24">
-<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Zdekauer L</span>. <i>Mille passus e continentia aedificia</i> in <i>Bullettino
-dell'Istituto di Dir. Romano</i>, vol. II fasc. VI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note25">
-<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 154.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note26">
-<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid</i>. XXVII. l. 13. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note27">
-<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonfante P</span>. <i>La progressiva diversificazione del diritto pubblico
-e privato in Riv. Ital. di Sociol</i>. 1902.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note28">
-<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>.&nbsp;&nbsp;</span>r. XCI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note29">
-<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>.&nbsp;&nbsp;</span>r. XVII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note30">
-<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Pacchioni</span> <i>loc. cit</i>. pag. 189-90.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note31">
-<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dalla legge di Costantino del 346 (<i>Cod. Theod</i>. X. 8. 4) confrontata
-con l'altra di Arcadio e Onorio del 395 (<i>Ibid</i>. X. 9. 2) e
-con quella di questi due imperatori del 400 (<i>Ibid</i>. XI. 20. 3) si rileva
-che solo in quest'anno i «praedia urbana» cominciarono a pagare
-la <i>tertia</i> che consisteva nel pagare ogni tre anni il reddito di un
-anno intiero.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note32">
-<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. XXVII. 9. leg. 1. § 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note33">
-<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È tipica la disposizione del <i>Cod. Theod.</i> XII. 11. 1. riportata anche
-nel <i>Cod. Just.</i> XI. 32. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note34">
-<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Iust</i>. V. 37. 22.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note35">
-<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 198.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note36">
-<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da Plinio (N. H. XIX. 19. 50) sappiamo che «in duodecim
-tabulis legum nostraram nusquam nominatur <i>villa</i>: semper in significatione
-ea <i>hortus</i>, in horti vero <i>heredium</i>». Da questo passo, oltre
-la conferma della forza dell'immobile ereditario nella costituzione
-di Roma, si vede come fossero privi di ogni importanza i beni lontani
-dalla città (<i>villae</i>); mentre invece tutto si basava sulle terre
-entro la città stessa o nella sua immediata vicinanza (<i>horti</i>): vicinanza
-determinata dai «mille passus». Infatti <i>nei quis</i>, dicono le
-antiche norme (cfr. Bullettino della Commissione Archeologica Comunale.
-XII. Roma. 1884. pag. 59) <span class="smcap lowercase">INTRA TERMINOS PROPIUS URBEM</span>
-<i>ustrinam fecisse velit neive stercus cadaver inserisse velet</i>.
-</p>
-
-<p>
-È da notare l'uso dell'avverbio <i>intra</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note37">
-<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tale significato è dimostrato dalla legge tarentina che chiama
-«domicilium» l'edificio coperto di tegole.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note38">
-<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Infatti, secondo <span class="smcap">Festo</span>, <i>loc. cit.</i> i sobborghi sono «continentia
-aedificia itineribus regionibusque distributa, nominibusque dissimilibus
-dispartita».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note39">
-<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Mille passus cit.</i> pag. 281-82.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note40">
-<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Hermotino 24.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note41">
-<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Corp. Inscr. Latin.</i> VIII. 1641.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note42">
-<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Guerin V</span>. <i>Étude sur l'île de Samos</i>. Paris, 1856 pag. 213.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note43">
-<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 239. § 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note44">
-<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Magistratus qui</i> <span class="smcap lowercase">INTRAMURANUS</span> <i>non est nec</i> <span class="smcap lowercase">URBANUS</span>, <i>etiamsi
-administrator eius Romae est, ad urbem dicitur</i>. (<i>In</i> IV. <i>Verr</i>. 6. riportata
-dal <span class="smcap">Forcellini</span>). Questo passo è da riconnettesi all'altro, pure
-di <span class="smcap">Asconio</span> (<i>in C. Verrem</i>. II. 2. 817. ed. <span class="smcap">Orelli</span>. <i>Cicero</i>. V. pag. 208)
-<i>«Statim Romae et ad urbem»</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note45">
-<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Corp. Iscr. Lat.</i> V. 5446, 5447.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note46">
-<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid</i>. pag. 565.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note47">
-<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Si melioribus viris</i> (dice <span class="smcap">Simmaco</span>. <i>Ep</i>. X. 37) <span class="smcap lowercase">OFFICIA INTRAMURANA</span>
-<i>mandetis</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note48">
-<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Corp. Iscr. Lat.</i> II. 2428. Bracaraugusta. — <i>Sodalicium Urbanorum.
-D. S. F. C.</i> — <i>Ibid</i>. II. 3244. — D. M. S. <span class="smcap">Hi</span> (sic) <span class="smcap">jacet Laetus
-annorum XXV pius in suis</span> <i>collegium urbanum</i> <span class="smcap lowercase">EI POSUIT</span> etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note49">
-<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Orelli</span>. 110. — <span class="smcap">M. Herennio M. F. Picenti Cos</span> (an. di Roma
-720) <i>Municipes</i> <span class="smcap">Municipi Augusti</span> <i>Intramurani</i> <span class="smcap">Patrono</span>. <i>Id.</i> 3706. — <span class="smcap">Cn.
-Caezio Ath[icto] Aalecto inter C[entum]viros (ob) Pietatem Ex
-M[unificentiam] eius [e]rga Divinam</span> (et) <span class="smcap">Municipum Augusti Veios
-[Ce]ntumviri et Seviri et Augustales et</span> <i>Municipes</i> [<i>In</i>]<i>tra. Murani</i>
-<span class="smcap lowercase">EX AERE QUOD (IN) ORCHESTRA CONLATUM EST [LU]DIS QUOS FECERUNT</span>
-<span class="smcap">[V]ergilius Cogitatus [I]ulius Senecio II viri</span>.
-</p>
-
-<p>
-<i>Corp. 1. Lat.</i> X. 5060. — <span class="smcap">P. Tettio Pf. Rufo Fontiano</span>. — Q. Tr.
-<span class="smcap">Pl. Pr.</span> <i>Altinates urbani</i>. — <i>Patrono D. D.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Ibid</i>. IX. 1475. (Ligures Baebiani). — <span class="smcap">L. Irvinio A.</span> ... <i>civis urbanus</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Ibid</span>. IX. 982. (Compsa). — <span class="smcap">Apriscius Porrenda — curaverunt
-cuius — dedicatione decuri — onibus singulis V.</span> — <i>populo intramurum
-morantibus</i> X <span class="smcap lowercase">SINGULOS</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note50">
-<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid. Addit</i>. XI. 6257 (Aquilonia). — <span class="smcap">M. Lucceius C. F. IiiI vir
-aed. pot. piscinam purgandam et loricam imponendam de</span> <i>urbanorum
-opereis coeravit</i>.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. anche IX. 3188. Anche la legge della colonia giulia genitiva
-(rub. 98) mostra che gli edili presiedevano alle opere pubbliche, ma
-mentre secondo essa a tali opere era obbligato chiunque «intra eius
-coloniae fines domicilium praediumve habet», qui al contrario sono
-obbligati soltanto gli <i>urbani</i>, cioè quelli che abitano entro le mura.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note51">
-<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Corp. 1. Lat.</i> IX. 2855 (Histrium). — <span class="smcap">Huic ... (M. Baebis ...
-Svetonio Marcello) ... decuriones funus publicum statuam equestrem
-clipeum argenteum locum sepulturae decreverunt et
-urbani statuam pedestrem.</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note52">
-<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Corp. I. Lat.</i> IX. 2835. — <span class="smcap">Herculi ex voto aram L. Scantius
-L Lib. Modestus VI vir Mag. Larium August. Mag.</span> <i>Cerialium
-Urbanorum.</i> <span class="smcap">L. d. d. d.</span> — Addirittura tipico è il caso dell'iscrizione
-di Aventicum (cfr. <i>Inscr. Helvet.</i> 155).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note53">
-<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Rimini, per esempio, al tempo della colonia romana esistevano
-tutti e quattro i borghi corrispondenti alle quattro porte. Cfr.
-<span class="smcap">Tonini L.</span> <i>Rimini avanti il principio dell'era volgare.</i> Rimini, 1848,
-pag. 75. E gli esempi si potrebbero addurre numerosi a dismisura.
-Costrettovi dall'economia del lavoro non ho potuto dare che un
-cenno fugacissimo di questo fatto, completamente ignorato dagli
-storici di Roma e del suo diritto, quantunque di importanza fondamentale:
-mi riservo di tornarci con maggiore ampiezza in una trattazione
-a parte per la quale ho già raccolto molto materiale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note54">
-<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Altre ragioni, oltre quelle dello Zdekauer, si possono addurre
-contro l'opinione mommseniana.
-</p>
-
-<p>
-Il pomerio è un luogo sacro — effato — non perchè sia dentro le
-mura, ma perchè è dentro il cerchio dei mille passi i quali costituiscono
-un limite sacrale determinato così esattamente che entro di
-esso ci sono i cittadini: fuori gli altri.
-</p>
-
-<p>
-Il <span class="smcap">Manenti</span> — <i>Jus ex scripto e jus ex non scripto</i> — in <i>Studi Senesi</i>
-1906 vol. I pag. 247-48 — studiando la genesi dell'«jus civile», ha
-affacciata l'ipotesi che il diritto della «civitas» sia stato considerato
-come l'«jus proprium civitatis» in contrapposto non al diritto di
-altri popoli, ma ai costumi gentilizi dei gruppi antecedenti alla «civitas»
-romana e cioè in contrapposto al diritto primitivo di quei complessi
-tribali e gentilizi di stirpe diversa dai quali fu composta
-l'«urbs». Io accedo in linea generale alla sua opinione; ma ritengo
-indispensabile limitarla nel tempo alla costruzione delle mura e nello
-spazio ai «mille passus», che chiudevano i varii elementi nell'ambito
-preciso di un formidabile crogiuolo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note55">
-<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Detlefsen.</span> <i>Das Pomerium Roms und die Grenzen Italiens</i>. Hermes.
-1886 XXI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note56">
-<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Uelsen H.</span> <i>Das Pomerium Roms in der Kaiserzeit.</i> Hermes.
-XXII, 1887.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note57">
-<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Nissen E.</span> <i>Die Stadtgründung der Flavier</i> — Rheinisches Museum.
-XLIX. 1894.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note58">
-<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Merlin A.</span> <i>A propos de l'extension du pomerium par Vespasien.</i>
-in Mélanges d'archéologie et d'histoire. XXI, 1901. 1-2. pag. 97-115.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note59">
-<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Zdekauer</span> <i>loc. cit.</i> pag. 288.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note60">
-<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. XVI. 87.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note61">
-<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Willems</span> <i>loc. cit.</i> pag. 360.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note62">
-<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ann</i>. lib. XII. cap. XXIII-XXIV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note63">
-<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Era una tradizione cara ai romani e facilmente spiegabile con
-l'autorità del condottiero che per le sue conquiste avesse meritato
-l'onore del trionfo. Per questo è accolta da <span class="smcap">A. Gellio</span> (<i>loc</i>. e <i>ed</i>.
-cit. XIII. 14.), da <span class="smcap">Vopisco</span> (<i>Vita Aureliani</i>, 21.) e anche da <span class="smcap">Dione
-Cassio</span> nella sua storia (LIII. 2); ma dal fatto che allargare il pomerio
-cittadino era permesso soltanto a chi avesse allargato i confini
-dell'impero, non ne consegue che a <i>tutti</i> quelli che avevan fatto
-delle conquiste spettasse <i>di diritto</i> tale facoltà; e tanto meno poi
-che i limiti del pomerio si allargassero, quasi direi, automaticamente,
-coll'allargarsi dei confini.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note64">
-<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 147.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note65">
-<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 238.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note66">
-<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid</i>. L. 2. 7. 52.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note67">
-<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> Nov. dell'a. 445 al PP. Albino.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note68">
-<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Instit</i>. I. II. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note69">
-<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>.&nbsp;&nbsp;</span>cfr. <span class="smcap">Karlowa</span>. <i>Römische Rechtsgeschichte</i>. Leipzig 1885 pag. 708
-e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note70">
-<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 4. 4 § 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note71">
-<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <i>Cod. Theod.</i> XI. 11. 1. dice «forte».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note72">
-<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <i>Cod. Theod.</i> ibid. dice «ultimo subiugetur extio».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note73">
-<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le parole fra parentesi sono quelle della legge di Valentiniano
-e Valente non accolte nel codice giustinianeo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note74">
-<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Iust.</i> X. 10. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note75">
-<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Iust.</i> I. 47. Cfr. <span class="smcap">Liebenam</span>. <i>Städteverwaltung im römischen
-Kaiserreich</i>. Leipzig 1900, pag. 93 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note76">
-<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>.&nbsp;&nbsp;</span>VIII. 5, 15, 24, 36, 65, 35, 53, 60, 34, 65, e XII. 16. 1. Per i
-<i>mancipes balneorum et salinarum</i> cfr. <i>Cod. Theod.</i> XI. 20. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note77">
-<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I <i>mancipes</i> o <i>praepositi</i> non possono essere presi <i>ab ordine</i>
-(curia) <i>nec a magistratibus</i> (<i>duumviri</i>), ma preferibilmente devono essere
-scelti fra i veterani che ne siano degni e si mostrino idonei.
-<i>Cod. Iust.</i> XII. 41. 7. in cui è riportata la disposizione di Onorio
-e Arcadio dell'a. 400 (<i>Cod. Theod.</i> VIII. 5. 84).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note78">
-<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fu istituito da Augusto, ma più tardi assunto a spese dello
-Stato da Nerva e Traiano, cfr. <span class="smcap">Bonfante P.</span> <i>Storia cit.</i> pag. 449. e
-<span class="smcap">Hirschfeld O.</span> <i>Untersuchungen auf dem Gebiete dev röm. Verwaltungs
-Geschichte</i>. — Berlin, 1876. pag. 98-108.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note79">
-<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Marquardt I.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 132 e segg. a cui son da aggiungere
-le numerose notizie date da Gotofredo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note80">
-<p><span class="label"><a href="#tag80">80</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Patrimoniorum autem munera duplicia sunt: nam quaedam ex
-his muneribus possessionibus sive patrimoniis indicuntur, veluti agminales
-equi, vel mulae, et angariae atque verhedi. Dice Arcadio Charisio.
-<i>Dig.</i> IV. 4. 18 § 21.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note81">
-<p><span class="label"><a href="#tag81">81</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> VIII. 5. 1. Con Giustiniano solo per i coloni rimane
-in vigore la legge di Onorio e Teodosio per la quale «colonos
-munquam tìscalium nomine debitorum ullius exactoris pulsit
-intentio». <i>Cod. Iust.</i> XI. 47. 15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note82">
-<p><span class="label"><a href="#tag82">82</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibidem</i> II. 30. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note83">
-<p><span class="label"><a href="#tag83">83</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Iust.</i> X. 24. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note84">
-<p><span class="label"><a href="#tag84">84</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Gotofredo</span> nel commento alla leg. 4. tit. 5. libro VII. <i>Angaria</i>
-nel cod. teod. (cfr. VI. 39. 2 e 5; e VIII. 5. 23) indica propriamente
-il servizio di trasporto fatto con carri tirati da buoi (due paia,
-secondo le disposizioni di Costantino, andate, però, assai presto in
-disuso): mentre la <i>rheda</i> era tirata da 8 mule nell'estate e da 10
-nell'inverno e il <i>birotum</i> da tre (<i>Cod. Theod.</i> VIII. 8. 5. e <i>Cod. Iust.</i>
-VIII. 5. 3.). E tale si mantiene anche dopo: cfr. <i>Cod. Iust.</i> I. 2. 11
-nov. XVII. 9 e nov. CXXVIII. 22 e il passo di <span class="smcap">Procopio</span> (<i>Historia
-arcana</i> XXIII) riportato dal <span class="smcap">Leicht</span> nei suoi <i>Studi sulla proprietà
-fondiaria nel medio evo</i>. II. <i>Oneri pubblici e diritti signorili</i>. Verona
-Padova. Drucker. 1907. pag. 46 nota 2.
-</p>
-
-<p>
-<i>Parangaria</i> era l'angaria prestata su una via diversa da quella
-pubblica ed in cui mancavano le «stationes» a distanze determinate
-e regolari.
-</p>
-
-<p>
-A questo «cursus clabularis» prestavano gli animali i provinciali
-(<i>Cod. Iust.</i> VIII. 5. 2, 5, 22.) mentre al cursus davano solo le <i>operae</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note85">
-<p><span class="label"><a href="#tag85">85</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Iust.</i> XI. 48. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note86">
-<p><span class="label"><a href="#tag86">86</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> 14. 1. XI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note87">
-<p><span class="label"><a href="#tag87">87</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibidem</i> leg. 26.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note88">
-<p><span class="label"><a href="#tag88">88</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i> pag. 10-11.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note89">
-<p><span class="label"><a href="#tag89">89</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa <i>conlatio equorum</i> si faceva «pro rerum necessitate, ut
-instrueretur usus armorum, castrensi usu efflagitante» (cfr. <i>Paratitl.</i>
-di <span class="smcap">Gotofredo</span> lib. XI. 16.) ed era ben differente dal <i>cursus publicus</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note90">
-<p><span class="label"><a href="#tag90">90</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> XI. 17. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note91">
-<p><span class="label"><a href="#tag91">91</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Così <span class="smcap">Schulten A.</span> <i>Die römischen Grundherrschaften eine agrarhistorische
-untersuchung</i>. Weimar. 1896. pag. 2-12.
-</p>
-
-<p>
-Però la rigidità delle sue asserzioni deve esser limitata dalle
-giuste riserve che fanno l'<span class="smcap">His.</span> <i>Die domänen der römischen Kaiserzeit.</i>
-Leipzig. 1896. pag. 115-117 e <span class="smcap">Beaudoin E.</span> <i>Les grands domanes
-dans l'empire romain d'après des travaux recents</i>. Nouv. Rev. Histor.
-de droit franc. et étrang. 1907. e segg. pag. 549 e segg. e <span class="smcap">Savagnone
-F. G.</span> <i>Le terre del Fisco nell'impero romano</i>. Palermo. 1902. cap VI.
-pag. 188 e segg. e cap. IV. pag. 758 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note92">
-<p><span class="label"><a href="#tag92">92</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Vassalli F. E.</span> <i>Concetto e natura del Fisco</i>. Estr. <i>Studi
-Senesi</i> vol. XXV sopra tutto § 5, pag. 27-31 in cui studia la formazione
-del fisco imperiale e la sua individualizzazione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note93">
-<p><span class="label"><a href="#tag93">93</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Vassalli</span> <i>loc. cit.</i> ritiene che anche il concetto di fisco indichi
-semplicemente una personalità di diritto privato ed ha ragione in
-linea generale; ma una più esatta valutazione dell'elemento giurisdizionale
-non soltanto esterno — l'unico che egli abbia considerato — cfr.
-pag. 57 e 58, — ma anche interno, avrebbe ridotto questo concetto
-ai suoi giusti limiti e ne avrebbe mostrato la rapida compenetrazione
-di elementi pubblici e come non sempre esso si presenti quale
-persona giuridica di diritto privato. Cfr. infatti <span class="smcap">Leicht</span> <i>loc. cit.</i> pag.
-29-32.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note94">
-<p><span class="label"><a href="#tag94">94</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i> L. 6. 5 § 11. Coloni Caesaris a municipalibus muneribus
-liberantur ut idoneiores praediis fiscalibus habeantur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note95">
-<p><span class="label"><a href="#tag95">95</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> I, 32. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note96">
-<p><span class="label"><a href="#tag96">96</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Con questi coloni sono completamente assimilabili i coloni <i>homologi — Cod.
-Th.</i> XI. 24. 6. <i>more gentilitio adscripti vicis</i> — non
-quelli <i>adscripti dominis</i> — con le donne dei quali Valentiniano e
-Valente proibirono nel 370 ogni connubio (<i>ibidem</i> III. 1. 24) e che
-essendo barbari, <i>gentiles</i>, erano addetti alla difesa dei valli e dei
-fossati, avevano in compenso una terra da coltivare a certi patti:
-oppure con certe condizioni — more gentilitio — veniva loro affidata
-dallo Stato, al quale appunto corrispondevano le imposte, una terra
-da coltivare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note97">
-<p><span class="label"><a href="#tag97">97</a>.&nbsp;&nbsp;</span>XI, 7. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note98">
-<p><span class="label"><a href="#tag98">98</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Loc. cit.</i>, pag. 10-11.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note99">
-<p><span class="label"><a href="#tag99">99</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Con questa legge concordano e si coordinano la leg. ult. de
-executor, et exactor, la leg. 31 de annona et tributis e la leg. 186 de
-decurionibus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note100">
-<p><span class="label"><a href="#tag100">100</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Oltre il notissimo passo di <span class="smcap">Frontino</span> <i>ed</i>. <span class="smcap">Lachmann</span> pag. 53, 7.
-«Habent autem in saltibus privati non exiguum populum plebeium
-et vicos circa villam»; cfr. <span class="smcap">Schulten A.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 45-46.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note101">
-<p><span class="label"><a href="#tag101">101</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quei <i>tributarî</i> di cui parla la legge giustinianea sono i discendenti
-di quelli che nella legge teodosiana son detti possessori e nel
-rifacimento tribonianeo sono chiamati <i>rusticani</i>. E contemporaneamente
-comincia un lento moto di progressivo elevamento che si
-compie dal basso per il quale i coloni si trasformano in enfiteuti.
-Cfr. <span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Storia del diritto italiano</i>. Milano. 1909. pag. 89. Io
-condivido l'opinione del <span class="smcap">Fustel de Coulanges</span>. <i>Histoire des institutions
-politiques de l'ancienne France</i>. Paris. 1889. pag. 601 che on
-appellait <i>tributarii</i> dans la langue du quatrième siècle, les hommes
-qui coltivaient le sol sans en avoir la propriété et sous condition
-d'en payer une redevance.
-</p>
-
-<p>
-A torto <span class="smcap">F. Thibault</span>. <i>L'impôt direct dans les royaumes des Ostrogoths,
-des Wisigoths et des Burgundes</i>. Nouv. Rev. Hist. de droit franc.
-et étr. XXVI. 1902. ritiene che la parola «tributarius» della leg. 12.
-<i>Cod. Just.</i> XI, 48 (servos, vel tributarios, vel inquilinos apud dominos
-suos volumus remanere) indichi solamente i coloni: essa indica tutti
-quei «residentes in terra aliena» che non erano servi o inquilini: i
-coloni ne formavano la massima parte, non la totalità. E a minor ragione
-egli ricorda a questo proposito i passi di Cassiodoro nei quali
-«tributarius» indica colui che paga il «tributum» ossia il possessor.
-Quello è un rapporto di diritto privato: questo di diritto pubblico.
-Invece mostra giustamente la discendenza diretta del «tributum»
-pagato dai coloni nel secolo ottavo, dal «tributum» dei <i>possessores</i>
-romani. <span class="smcap">Thibault. F.</span> <i>L'impôt direct et la propriété foncière dans le
-royaume des Lombards</i>. Nouv. Rev. Hist. XXVIII. 1904 pag. 181, 82.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note102">
-<p><span class="label"><a href="#tag102">102</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo mostra chiaramente il tit. del Digesto <i>De officio Procuratoris
-Caesaris vel Rationalis</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note103">
-<p><span class="label"><a href="#tag103">103</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Marquardt I.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 116 e <span class="smcap">Vassalli</span> <i>loc. cit.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note104">
-<p><span class="label"><a href="#tag104">104</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Böcking.</span> <i>Notitia dignitatum utriusque imperii.</i> Bonnae. 1839.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note105">
-<p><span class="label"><a href="#tag105">105</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonfante P.</span> <i>Manuale cit.</i> pag. 511.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note106">
-<p><span class="label"><a href="#tag106">106</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Windscheid</span> trad. ital. I. § 146 n. 15 e indicazioni ivi
-citate.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note107">
-<p><span class="label"><a href="#tag107">107</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Rudorff F.</span> <i>Gromatische Institutionen.</i> Berlino. 1852. pag. 393
-e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note108">
-<p><span class="label"><a href="#tag108">108</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Brugi B.</span> <i>Dei pascoli accessori a più fondi alienati</i>, in Archivio
-Giur. F. Serafini. 1886. XXXVIII. 1-2. <span class="smcap">Id.</span> <i>Dei pascoli comuni nel
-diritto romano germanico e italiano</i>, in appendice al Comm. delle Pandette
-del <span class="smcap">Glück</span> VIII. pag. 42.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note109">
-<p><span class="label"><a href="#tag109">109</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Roberti M.</span> <i>Dei beni appartenenti alle città dell'Italia Settentrionale
-dalle invasioni barbariche al sorgere dei comuni</i>, in Archiv.
-Giur. 1903. LXX. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note110">
-<p><span class="label"><a href="#tag110">110</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Calisse C.</span> <i>Gli usi civici nella Provincia di Roma.</i> Prato. 1906.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note111">
-<p><span class="label"><a href="#tag111">111</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Finocchiaro Sartorio A.</span> <i>I beni comuni di diritto pubblico nel
-loro svolgimento storico</i>. Città di Castello. 1908.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note112">
-<p><span class="label"><a href="#tag112">112</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i> XLIII. 8. fr. 2. § 21.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note113">
-<p><span class="label"><a href="#tag113">113</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i> XLIII. II. fr. 1. § 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note114">
-<p><span class="label"><a href="#tag114">114</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ferrini C.</span> <i>Pandette cit</i>. n. 220 pag. 272-73.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note115">
-<p><span class="label"><a href="#tag115">115</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> Nov. XXIII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note116">
-<p><span class="label"><a href="#tag116">116</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per la <i>pensio</i> dovuta per l'occupazione di suolo pubblico cfr.
-<i>Cod. Iust.</i> XI. p 9. 1. da mettere in relazione con il tit. 7. Ne quid in
-loco publico vel itinere fiat. <i>Dig.</i> XLIII. e specialmente leg. 2. § 17.
-Sul «vectigal» cfr. <span class="smcap">Liebenam</span>. <i>loc. cit.</i> pag. 312 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note117">
-<p><span class="label"><a href="#tag117">117</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Su questa triplice distinzione vedi le belle pagine del <span class="smcap">Mommsen</span>
-e del <span class="smcap">Marquardt</span> nel manuale citato vol. 1 e 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note118">
-<p><span class="label"><a href="#tag118">118</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ranelletti O</span>. <i>Concetto natura e limiti del demanio pubblico</i>
-in Riv. Ital. per le Sc. Giurid. vol. XXV. pag. 195 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note119">
-<p><span class="label"><a href="#tag119">119</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Vassalli F. E.</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 46-59 § 11-15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note120">
-<p><span class="label"><a href="#tag120">120</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Bonfante P.</span> <i>La progressiva diversificazione del diritto pubblico
-e privato</i> in <i>Riv. ital. di sociologia</i>. 1902.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note121">
-<p><span class="label"><a href="#tag121">121</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Che il diritto romano non ammetta la consistenza giuridica di
-un patrimonio immediatamente destinato a fini determinati e duraturi,
-amministrato da persone fisiche, è dimostrato dal fatto che si
-attribuisce la funzione ad una persona collettiva preesistente.
-</p>
-
-<p>
-Tale è la base delle istituzioni alimentarie. Cfr. <span class="smcap">Ferrini</span>, <i>loc. cit.</i>,
-n. 79, pag. 107 e <span class="smcap">Schupfer F.</span> <i>Il diritto privato dei popoli germanici
-con speciale riguardo all'Italia</i>, vol. I. Lapi. 1907. pag. 163-65.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note122">
-<p><span class="label"><a href="#tag122">122</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 15. Ulpiano.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note123">
-<p><span class="label"><a href="#tag123">123</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. I. 1. § 2. Ulpiano.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note124">
-<p><span class="label"><a href="#tag124">124</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schulten A</span>. <i>Die Landgemeinde im römischen Reichs</i>, in Philologus
-LIII. N. F. VII. Berlin 1895, pag. 629-686. Non mi pare si possa
-accogliere, almeno nella forma con cui l'A. l'espone, la teoria della
-distinzione dei castella in autonomi e incorporati; ma mi sembrano
-però decisive le prove da esso addotte per dimostrare come la divisione
-in <i>pagi, vici e castella</i> sia anteriore alla dominazione romana
-e comune a tutte le popolazioni italiche. A questo proposito sono
-fondamentali le ricerche del <span class="smcap">Voigt</span>. <i>Drei epigraphische Constitutionen
-Constantin's des Grossen und ein epigraphisches Rescript des Praef.
-Praet. Ablarius</i>. Leipzig. 1860. pag. 53-81</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note125">
-<p><span class="label"><a href="#tag125">125</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Oltre le belle pagine del <span class="smcap">Bonfante</span> basta a provare la persistenza
-di questi elementi una semplice scorsa alle <i>Inscriptiones Aemiliae
-Etruriae Umbriae Latinae</i> del <span class="smcap">Bormann</span>. Berlin 1888, nel <i>Corp.
-Inscr. Lat.</i> vol. XI. Di Mantova, «Tuscorum trans Padum sola reliqua»
-(<span class="smcap">Plinio</span>. <i>Natur. Hist.</i> III, 130) Virgilio ci dice che «non genus omnibus
-unum — Gens illi triplex populi sub gente quaterni». Rimini,
-Budrio, Ravenna ed altre si vantavano umbre anche nell'età imperiale
-(<span class="smcap">Strabone</span>. <i>Cosmographia</i> V. 214, 216, 217. — <span class="smcap">Plinio</span>. <i>Nat. Hist.</i>
-III, 115). Quanto ai latini Gaio dice (I, 79) che «proprios populos, propriasque
-civitates habebant». Per gli Etruschi cfr. <span class="smcap">Ducati P.</span> <i>Osservazioni
-archeologiche sulla permanenza degli Etruschi in Felsina</i> in
-Atti e Mem. della R. Deput. di Stor. Patr. per le Prov. di Romagna
-ser. III, vol. XXVI, 1908, pag. 54-91. Per il loro diritto l'opera, un
-po' manchevole, di <span class="smcap">C. Casati</span> <i>Elements du droit étrusque.</i> Paris 1895.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note126">
-<p><span class="label"><a href="#tag126">126</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Oltre il <span class="smcap">Mommsen</span> ed il <span class="smcap">Marquardt</span> cfr. <span class="smcap">Mennessier M</span>. <i>De
-la ferme des impôts et des sociétés vectigaliennes</i>. Nancy. 1888. e <span class="smcap">Lefebre
-F</span>. <i>De la société en general et specialment de la société vectigalienne
-en droit romain</i>. Rennes. 1888.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note127">
-<p><span class="label"><a href="#tag127">127</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 1. fr. 2, § 4.
-</p>
-
-<p>
-Notissimo, a questo riguardo, è il passo di Gaio III, 145.
-</p>
-
-<p>
-A proposito dei «fundi vectigales» ricordati nella nota I a pag. 43
-destinati ad istituzioni alimentarie bisogna fare un'osservazione.
-Donatario, nel caso di Plinio, che donò i propri beni al municipio di
-Como, per riprenderli gravati da un «vectigal» molto inferiore al loro
-reddito, per poter trovar sempre uno «a quo ager exerceatur», è il
-municipio, con l'onere della prestazione alimentaria. Ma — ed è cosa
-del massimo rilievo — il soggetto non è la città, ma il fisco imperiale
-il quale dà a mutuo i denari ai «possessores», ha un credito corrispondente
-ed impiega un suo funzionario per esigere gli interessi
-e devolverli alla cassa alimentare che non è che un dipartimento
-dell'amministrazione fiscale, cfr. <span class="smcap">Ferrini</span>, <i>loc. cit</i>., n. 69-80 e sopra
-tutto pag. 111-112 e <span class="smcap">Segré G</span>. <i>Sulle istituzioni alimentarie imperiali</i>
-in <i>Bull. Istit. di Dir. Rom</i>. II, 1889, pag. 78-106. Da un «nudum preceptum»
-(Dig. XXX, 114, 14 quia talem legem testamento non possunt
-dicere) si va al legato ad una città (<i>Dig</i>. XXXII, 38, 5) ed
-al fisco direttamente (Inscriz. di Preneste. <i>Corp. Inscr. Latin.</i>, XIV,
-2234). Ora quando si pensa che alle «civitates» (municipia e coloniae),
-è stata ristretta la capacità negli ultimi tempi della repubblica
-e che l'autorizzazione imposta loro dalla legge giulia o
-dalle due di tal nome, estesa poi a tutto l'impero con senatoconsulti
-(Dig. III, 4, fr. 1, princ.) e costituzioni imperiali (<i>Dig</i>. XLVII, 22,
-fr. 1, 3.), non è affatto un conferimento di personalità giuridica, ma
-ha un mero significato politico; si vede come (anche nel caso in cui
-la volontà di un singolo ponga delle condizioni per perpetuare uno
-scopo determinato e scelga come mezzo la città, il municipium), sul
-substrato della volontà del singolo si innesta quella dello Stato, di
-fronte al quale l'entità giuridica della città sembra attenuarsi fino
-a metter quasi direttamente a contatto il singolo con il Fiscus.
-</p>
-
-<p>
-Fu l'imperatore Leone che permise alle città di vendere i beni
-avuti «hereditatis vel legati seu fideicommissi aut donationis titulo»
-e solo allo scopo «ut summa pretii exinde collecta ad renovanda sive
-restauranda publica moenia dispensata proficiat» (<i>Cod. Iust</i>. XI, 31,
-leg. 3.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note128">
-<p><span class="label"><a href="#tag128">128</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Marquardt I</span>. <i>loc. cit.</i> pag. 193.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note129">
-<p><span class="label"><a href="#tag129">129</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Capua, per es., tutto il territorio fu incamerato nel demanio
-pubblico, (<span class="smcap">Livio</span> 26, 16, 18) mentre abitualmente era il terzo (<span class="smcap">Dionisio</span>
-2, 35, 50, 53) e qualche volta la metà (<span class="smcap">Livio</span> 36, 39, 3) cfr. <span class="smcap">Marquardt</span>
-<i>loc. cit.</i>, pag. 192 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note130">
-<p><span class="label"><a href="#tag130">130</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per Italiam nullus ager est tributarius, sed aut colonicus aut
-municipalis aut saltus privati, dice <span class="smcap">Frontino</span> (<i>ed. cit</i>. pag. 35). Ma,
-anche ammettendo che ce ne fossero, la teoria del Rudorff rimarrebbe
-inaccettabile perchè il fatto che il vero «vectigal» deve esser
-raccolto dai pubblicani è l'indice della differenza sostanziale che
-passava fra i beni dello Stato — populus romanus — e quelli delle
-città: pubblici i primi, privati i secondi: «sola ea publica sunt quae
-populi romani sunt», dice <span class="smcap">Ulpiano</span>; «civitates privatorum loco habentur»
-conferma <span class="smcap">Gaio</span>, <i>Dig</i>. L, 16, 17. Cfr. <span class="smcap">Vassalli</span>, loc. cit. pag. 53.
-</p>
-
-<p>
-Nell'epoca imperiale questo concetto si modifica profondamente.
-Cfr. <i>Dig</i>. L, 16, 16; ma al secolo quarto si avevano ancora tracce
-rilevanti della varietà di condizione giuridica in cui si trovavano i
-beni una volta costituenti l'«ager publicus» e poi ceduti ai privati.
-Cfr. il noto passo di <span class="smcap">Arcadio Carisio</span> <i>Dig</i>. L. 4, 18, § 25.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note131">
-<p><span class="label"><a href="#tag131">131</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> X, 3, 2. Saltus qui significa pascolo. Cfr. <i>Cod.
-Iust.</i> II, 66, <i>Cod. Theod.</i> leg. 2 de pascuis, <span class="smcap">Frontino</span>. <i>De controversiis
-agrorum</i> (ed. Lachmann) pag. 17, 18, 19, 54 <span class="smcap">Festo</span> (<span class="smcap">Bruns.</span> <i>Fontes</i>, VI,
-Aufl. 1893, II, pag. 36), <span class="smcap">Varrone</span>, <i>De legibus</i>, V, 36.
-</p>
-
-<p>
-La proibizione ai curiali si mantiene e si fa anche più rigida nel
-diritto giustinianeo, nel quale, non solo «decurio etiam suae civitatis
-vectigalia exercere prohibetur» (<i>Dig.</i> L, 2, 6, § 2), ma si impediscono
-anche le locazioni per interposta persona (<i>Dig.</i> L, 8. 2, § 1).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note132">
-<p><span class="label"><a href="#tag132">132</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> X, 3, 5. Aedificia, hortos, atque areas aedium publicarum
-et ea reipublicae loca quae aut includuntur moenibus aut
-pomeriis sunt connexa, vel ea quae de jure templorum, aut per diversos
-petita aut aeternabli domui fuerint congregata vel civitatum
-territoriis ambiuntur sub perpetua conductione, salvo dumtaxat canone,
-quem sub examine habitae discussionis consistit adscriptum,
-penes municipes collegiatos et corporatos urbium singularum conlocata
-permaneant omni venientis extrinsecus atque occultae conductionis
-ademptatione submota.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note133">
-<p><span class="label"><a href="#tag133">133</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i> I, 8, 6 § 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note134">
-<p><span class="label"><a href="#tag134">134</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> XV, 1, 46.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note135">
-<p><span class="label"><a href="#tag135">135</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i> L. 16. 211.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note136">
-<p><span class="label"><a href="#tag136">136</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid.</i> L. 16. 60.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note137">
-<p><span class="label"><a href="#tag137">137</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i> I. 8. 8 § 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note138">
-<p><span class="label"><a href="#tag138">138</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ne è un esempio evidente la disposizione di Leone ed Antemio
-del 468, riportata nel codice teodosiano (XI. 24. 6) ed accolta da Giustiniano
-(<i>Cod</i>. X. 55 l. un.), che proibisce agli «habitatores metrocomiae»
-di vendere i loro beni ad estranei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note139">
-<p><span class="label"><a href="#tag139">139</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'avverbio <i>penes</i> è usato dalla legge bene a proposito: penes
-te est quod quodadmodo possidetur. (<i>Dig.</i> L. 16. 63. <span class="smcap">Ulpiano</span>).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note140">
-<p><span class="label"><a href="#tag140">140</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 1. 1 § 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note141">
-<p><span class="label"><a href="#tag141">141</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 228.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note142">
-<p><span class="label"><a href="#tag142">142</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. L. 16. 239 § 6 <span class="smcap">Pomponio</span>. Del resto è da ricordare a
-questo proposito come la vita dei romani si accentrasse nella città.
-Cfr. <span class="smcap">Schulten A.</span> <i>Die Landgemeinde cit.</i> pag. 633 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note143">
-<p><span class="label"><a href="#tag143">143</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. § 4 e 5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note144">
-<p><span class="label"><a href="#tag144">144</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Praedium... et ager et possessio huius appellationis species sunt.
-<i>Dig</i>. L. 16. 115. <span class="smcap">Giavoleno</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note145">
-<p><span class="label"><a href="#tag145">145</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Labeone</span> ritiene «loci appellationem non solum ad rustica verum
-ad urbana quoque praedia pertinere»; cfr. <i>Dig.</i> L. 16. 60 e specialmente
-§ 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note146">
-<p><span class="label"><a href="#tag146">146</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Non c'è neanche bisogno di dire che con la distinzione dei
-beni seguita dalle leggi costantiniane ed onoriane non ha nulla a che
-vedere quella di <span class="smcap">Ulpiano</span>, secondo la quale «urbanum praedium non
-locus facit sed materia» (<i>Dig.</i> L. 16. 198). Tanto è vero che invece
-di <i>praedia</i> si parla di <i>loca</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note147">
-<p><span class="label"><a href="#tag147">147</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per il loro numero cfr. <span class="smcap">Liebenam</span> <i>loc. cit.</i> pag. 229 e segg. Per
-le funzioni cfr. <span class="smcap">Declareuil</span> <i>loc. cit.</i> pag. 331 e segg. e <span class="smcap">Solmi</span> <i>Storia
-cit.</i> pag. 24-25.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note148">
-<p><span class="label"><a href="#tag148">148</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo concetto è confermato dalla condizione dei beni comuni
-delle colonie. Tutti i coloni erano in uguale posizione di fronte allo
-Stato, uguali erano gli oneri, uguali i diritti; e la concessione, per la
-quale e secondo la quale godevano delle terre, era un atto che ne
-fissava <i>ex novo</i> i limiti e le prerogative. Oltre alla terra individuale,
-ce ne era un'altra che, appunto per essere comune a soggetti uguali,
-era comune a tutti e della quale l'alta sovranità spettava allo Stato
-per il riconoscimento di un modestissimo canone: «vectigal, quamvis
-exiguus praestant». Appunto perchè rilasciata non ad una preesistente
-città, ma a coloro, come singoli, che avrebbero formato il
-nucleo cittadino, solo l'unanimità dei consensi dava luogo ad una
-valida alienazione. Nelle colonie mancava quella <i>plebs</i> che, non avendo
-obblighi, non aveva (fatta eccezione di Roma) diritti e non c'era il
-precedente stato di cose da considerare: se, quindi, lo Stato, date le
-condizioni ed i fini speciali in cui la colonia veniva dedotta, riteneva
-che alcuni beni fossero necessari all'uso di tutti, ne proibiva l'alienazione.
-Nel caso della <i>Colonia Genetiva Julia</i>, per esempio, erano di
-uso comune così le piazze e le strade e gli <i>aedificia</i> in genere, su cui
-tutti camminavano e di cui tutti godevano, come le selve da cui tutti
-traevano le legna, come i terreni adibiti alla pastorizia ed all'agricoltura
-per il sistema relativo di sfruttamento del suolo (cfr. <i>Lex
-colon. genetivae Iuliae,</i> r. LXXXII). Bisogna inoltre considerare che su
-tutte indistintamente le terre della colonia gravava l'obbligo della
-difesa del territorio, che era il fine per cui la colonia stessa era stata
-dedotta. Ora le terre dei singoli potevano essere vendute, perchè l'onere
-rimaneva sulla terra: non così le terre pubbliche le quali dovevano
-rimaner sempre in tale condizione che chiunque ne fruiva,
-anche temporaneamente, fosse soggetto ai carichi militari: «Qui in
-ea colonia intrave eius coloniae fines domicilium praediumque habebit
-neque eius coloniae colonus erit, is eidem munitioni uti colonus
-parebo» (cfr. <i>ibid.</i> r. XCVIII).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note149">
-<p><span class="label"><a href="#tag149">149</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Löning E.</span>, <i>Geschichte d. deuts. Kirchenrechts</i>, II. pag. 4-5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note150">
-<p><span class="label"><a href="#tag150">150</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Zdekauer L.</span>, <i>Mille passus cit.</i>, pag. 281-82.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note151">
-<p><span class="label"><a href="#tag151">151</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quando il concetto della cittadinanza romana comincia a perdere
-di rigidità, la ripercussione naturalmente si fa sentire su quello
-dell'incolato, il quale si avvantaggia di tanto di quanto l'altro si
-attenua. Si tende ad un equiparamento, raggiunto il quale, la città
-accetta le divinità del suburbio e questo quelle della città. Però questo
-equiparamento avvenne molto lentamente: la proibizione di seppellire
-e bruciare cadaveri entro le mura — che presuppone identiche
-divinità nelle città e nel territorio adiacente — malgrado i
-reiterati comandi degli imperatori (<i>Dig.</i> III. 44. 12. <i>Cod. Theod.</i> IX.
-17. 6) non fu attuata che a stento per la tenace opposizione di numerosi
-regolamenti municipali (<i>Dig.</i> XLVII. 13. 3 § 5. <span class="smcap">Ulpiano</span>).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note152">
-<p><span class="label"><a href="#tag152">152</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Corp. Inscr. Latin.</span> X. 1, 814, 853, 924, 1042 etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note153">
-<p><span class="label"><a href="#tag153">153</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'<span class="smcap">Imbart de la Tour</span>, <i>La paroisse rurale cit</i>. ha acutamente
-osservato che la chiesa cattolica tentò sempre di soppiantare il paganesimo
-insediandosi negli stessi luoghi ad esso destinati, per fruire
-della forza dell'abitudine, per cui si tende a continuare ad andare
-dove si è sempre andati.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note154">
-<p><span class="label"><a href="#tag154">154</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupus M.</span> <i>De parochiis ante annum Christi millesimum</i>. Bergomi.
-1788. Diss. II. cap. IV. pag. 164 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note155">
-<p><span class="label"><a href="#tag155">155</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. Dipl. Lang.</i>, IV. 1. num. 151. pag. 381.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note156">
-<p><span class="label"><a href="#tag156">156</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Declareuil</span> (<i>loc. cit.</i> XXVI. 1902. pag. 234-67. 437-68. 554-607.
-XXVIII. 1904. pag. 306-368. 474-500), oltre a credere che la decadenza
-sia cominciata assai tardi, pensa che il cristianesimo non abbia apportato
-alcun turbamento alla costituzione dell'impero. Per quel che
-riguarda la Chiesa si può accedere senza difficoltà alla sua opinione,
-a sostegno della quale sta, anzi, un argomento fondamentale, del
-quale il Declareuil non si è giovato. È difficile ammettere che avanti
-il riconoscimento ufficiale, iniziato con l'editto di Milano, il cristianesimo
-riuscisse, anche sotto il governo dei più miti imperatori, a
-modificare un regime che dava ai sacerdoti pagani un'elevata condizione
-sociale ed un saldo substrato economico (cfr. <span class="smcap">A. Crivellucci</span>,
-<i>Intorno all'editto di Milano</i> negli Studi Storici IV, pag. 267 e segg.
-e <span class="smcap">Carassai C.</span> <i>La politica religiosa di Costantino il Grande e la proprietà
-della Chiesa</i> in Arch. Soc. Romana di St. Patr. XXIV. 1901 e
-bibliografia ivi citata). Ma, per il resto, le sue conclusioni non sono
-accettabili; e prima di tutto, anche non tenendo conto del metodo con
-cui egli ha raccolto d'ogni dove materiali e notizie senza considerare
-l'immensa varietà dell'impero, tolgono vigore alla sua conclusione
-le lacune, dall'autore stesso confessate, nel quadro delle istituzioni,
-alcune delle quali tutt'altro che lievi: così per i <i>curatores</i> dell'ultimo
-tempo repubblicano e dei primi secoli dell'impero, e per i <i>munera</i>,
-dei quali abbiamo da Scevola e da Arcadio Carisio una tripartizione
-(<i>personalia, patrimoniorum, mixta</i>) puramente esemplificativa,
-mentre sarebbe stato proprio da un esame di questi <i>munera</i> che si
-sarebbe potuto dimostrare — se possibile — che le condizioni dell'impero
-d'occidente non erano ancora in decadenza. E, inoltre, la
-riforma di Diocleziano (a. 282) e quella ancor più grave di Galerio
-(a. 311) investono troppo profondamente tutto l'organismo statuale
-perchè si possa ammettere che indichino uno stato di cose temporaneo
-e non maturato da tempi lontani.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note157">
-<p><span class="label"><a href="#tag157">157</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Baudi di Vesme B.</span> <i>L'origine romana del comitato longobardo
-e franco</i>, in Atti del Congr. Intern. di Scienze Storiche. Roma, 1904.
-vol. IX pag. 231 e segg.
-</p>
-
-<p>
-Dell'esistenza di questo <i>Comes</i>, di cui si conoscono molti altri
-esempi oltre i due soli citati dal Baudi di Vesme, non si può dubitare;
-ma questi, tratto dall'amore della teoria gabottiana sull'origine
-signorile del comune, è caduto in un equivoco. Questi <i>Comites</i> esistono,
-è vero, ma sono ufficiali dello Stato, non, come egli crede, ufficiali
-municipali. Anzitutto non si può credere che una modificazione
-così profonda nelle istituzioni municipali non abbia lasciato qualche
-segno nei documenti relativi alla diocesi italiciana dai tempi di Diocleziano
-alla caduta dell'impero d'occidente; mentre ciò è escluso
-dalle accurate indagini del <span class="smcap">Cozzarelli</span> (cfr. <i>Studi di Storia e Diritto</i>
-vol. XXIV 1. 2. 3. 4). E, di più, nessuna delle formule dei territori
-in cui le curie e le gesta sono rimaste anche dopo la loro sparizione
-dall'Italia (cfr. <span class="smcap">Zeumer K.</span> <i>Formulae merowingici et karolini aevi</i>,
-in Mon. Germ. Hist. Legum. V.), nè alcun documento tra quelli,
-relativamente non scarsi, a noi pervenuti, ricorda il <i>comes</i> al posto
-del <i>defensor</i> e degli altri ufficiali municipali (cfr. i doc. editi dal
-<span class="smcap">Martène</span> e <span class="smcap">Durand</span>, dall'<span class="smcap">Imbart De La Tour</span>, dall'<span class="smcap">Esmein</span>, dal
-<i>Tardif</i>, etc.). E nemmeno in via eccezionale si può ammettere
-carattere municipale e cittadino in quel conte di Marsiglia del 440,
-su cui il Baudi d. V. poggia tutta la sua argomentazione. Varî
-lavori serî ed autorevoli, per quanto a lui sconosciuti, quali quello
-del <span class="smcap">Duval-Arnould</span> (<i>Études d'histoire du droit romain au V siècle
-d'après les lettres et le poème de Sidoine Apollinaire</i>. Paris. 1888).
-quello dell'<span class="smcap">Esmein</span>, a proposito di alcune lettere di Sidonio Apollinare
-(nelle sue <i>Mélanges d'histoire du droit et de critique</i>, Paris 1886, pagina
-379 e segg.), e quelli dell'<span class="smcap">Allard</span> (in Rev. des questions hist.
-1908), dimostrano in modo irrefutabile che esso non differiva dai conti
-così esaurientemente studiati da Gotofredo (cfr. il <i>Glossarium</i> al <i>Cod.
-Theod</i>. e cfr. anche ciò che sotto questa voce dice il <span class="smcap">De Ruggero</span>.
-<i>Dizionario epigrafico di antichità romane</i>. II. 1. pag. 468-530). Nei primi
-secoli dell'impero, a capo di ogni provincia stava un <i>rector</i> munito
-d'<i>imperium</i>, nominato dall'imperatore, incaricato della sorveglianza
-delle amministrazioni municipali. Più tardi, per i bisogni della difesa
-e per la pronta decisione delle numerose liti, tali divisioni apparvero
-troppo ampie; onde, a volta a volta che se ne sentiva più impellente il
-bisogno, furono inviati e stabiliti nelle città dei <i>comites</i> con le loro
-<i>comitivae</i>. Così li troviamo a Napoli, a Ravenna, a Roma, a Siracusa
-(cfr. <span class="smcap">Gaudenzi A.</span> <i>Un'antica compilazione di dir. rom. e visig. con alcuni
-frammenti delle leggi di Eurico</i>. Bologna. 1886. pag. 109-111 e
-<i>Mayer E.</i> <i>Ital. Verfassungsgesch</i>. Leipzig. 1910. II. pag. 109). Essi
-come provano le formule di Cassiodoro, mantengono inalterato il carattere
-e le funzioni degli antichi <i>rectores</i>, dai quali differiscono solo
-per la minore estensione del territorio affidato alla loro sorveglianza.
-</p>
-
-<p>
-E nemmeno sono ufficiali municipali, contrariamente a ciò che
-crede il <span class="smcap">Baudi d. v.</span>, i <i>comitiaci</i> ricordati nel papiro reatino del 557
-(<span class="smcap">Marini</span> <i>Papiri diplom.</i> n. 79, pag. 121): le formule di Cassiodoro
-(<i>Variar.</i> II. 10-11 — V. 6. — VIII. 27), da lui non citate, la nota iscrizione
-piemontese (ed. <span class="smcap">Marini</span> <i>loc. cit.</i> pag. 266 nota 28) ed un passo di Scevola
-(<i>Dig.</i> XXVI. 8. leg. pen.) dimostrano all'evidenza che in alcuni
-casi di tutela e curatela, concernenti famiglie distinte e ragguardevoli,
-l'atto si rogava presso il <i>Procurator Caesaris</i>, che è tutt'altro
-che una magistratura municipale (<i>Inter Curatorem minoris et creditorem
-minoris acta sunt apud Procuratorem caesaris infrascripta</i> etc.
-Cfr. anche <span class="smcap">Maffei S.</span> <i>Historia diplomatica</i> etc. Mantova. 1727. pag. 57).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note158">
-<p><span class="label"><a href="#tag158">158</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I <i>minores possessores</i> erano aggregati alle curie per gli oneri,
-ma, e questo è il punto fondamentale, la riscossione dei tributi da
-essi pagati non era affidata nè al curator, che sappiamo eletto <i>ad colligendos
-civitatis publicos reditus</i> (<i>Dig.</i> L. 4. 18 § 9) nè ai curiali, ai
-quali spettava l'esazione della <i>capitatio plebeia</i> (<i>Cod. Just.</i> XI. 28. 2),
-ma bensì al <i>defensor</i> (cfr. <span class="smcap">Lécrivain Ch.</span> <i>Le sénat romain depuis
-Dioclètien</i> in Bibl. de l'Ecole d'Athènes et de Rome, vol. 411. Paris. 1888.
-pag. 48 e <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i> II. pag. 27).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note159">
-<p><span class="label"><a href="#tag159">159</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A torto il <span class="smcap">Baudi di Vesme</span> dice che i <i>defensores</i> furono istituiti
-in un'epoca molto antica, a somiglianza dei tribuni della plebe
-di Roma. La <i>defensio</i>, cui egli accenna, non ha affatto carattere pubblico:
-è la difesa, la rappresentanza in giudizio della città. Di essa
-parlano in modo da togliere ogni dubbio <span class="smcap">Ulpiano</span> (<i>Dig.</i> L. 4. 16), <span class="smcap">Ermogeniano</span>
-(<i>Dig.</i> L. 4. 1 § 2. <i>Defensio civitatis</i> id est ut <i>syndicus</i> fiat):
-e da <span class="smcap">Arcadio Carisio</span> (<i>Dig.</i> L. 4. 18. § 3 <i>Defensores</i> quos Graeci
-<i>syndicos</i> appellant) per la sua natura, rilevata da tempo (cfr. <span class="smcap">Bethmann-Holweg</span>.
-<i>Der Civilprozess des gemeinen Rechts</i>. II. pag. 415 e
-segg.) è distinta anche da quella della rappresentanza (<i>syndicus</i>) dei
-collegi (<span class="smcap">Ferrini</span> <i>loc. cit.</i> n. 73 pag. 99). Il <i>defensor</i> è ricordato per la
-prima volta nel 365. La comparazione con i tribuni della plebe è una
-inesatta idea di <span class="smcap">Cuiacio</span> (cfr. <i>Opera omnia</i>. Paris. 1874. I. col. 63 e
-III col. 55-56).
-</p>
-
-<p>
-Come si vedrà non solo non condivido l'opinione di coloro che ritengono
-che l'elezione del <i>defensor</i> fosse fatta con il suffragio universale
-(<span class="smcap">Chénon E.</span> <i>Étude historique sur le Defensor Civitatis</i> in Nouv.
-Rev. Histor. XIII. pag. 332-33); ma non mi sembra nemmeno da accogliere
-l'interpetrazione predominante (cfr. <span class="smcap">Liebenam.</span> <i>loc. cit.</i> p. 449)
-della nota legge di Valentiniano, Teodosio ed Arcadio dell'anno 387
-(<i>Cod. Theod.</i> I. 29. 2) e dell'ancor più nota <i>Interpretatio</i>, che spiega
-il <i>decretum</i>, con il quale le città devono eleggere il <i>defensor</i>, come
-il <i>consensus civium</i> e la <i>subscriptio universorum</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note160">
-<p><span class="label"><a href="#tag160">160</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Riportati nel concilio di Reggio dell'855. <span class="smcap">Mansi</span>, <i>loc. cit.</i> XIV.
-col. 216.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note161">
-<p><span class="label"><a href="#tag161">161</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Liebenam.</span> <i>loc. cit.</i> pag. 136 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note162">
-<p><span class="label"><a href="#tag162">162</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i> XI. 69. 8 e VIII. 12. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note163">
-<p><span class="label"><a href="#tag163">163</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ne dette per il primo l'esempio Giuliano l'Apostata nel 362.
-Cfr. <i>Cod. Theod.</i> X. 3. 1. confermato da <span class="smcap">Ammiano Marcellino.</span> (<i>Rerum
-Gestarum libri qui supersunt.</i> Leipzig. 1874-75. libr. XXV. cap. IV) che
-parla di <i>vectigalia civitatibus restituta cum fundis</i>. Ma le distrazioni
-non cessarono: Teodosio nel 443 ne ordina nuovamente la restituzione
-(<i>Cod. Theod. nov. Theod.</i> XXIII).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note164">
-<p><span class="label"><a href="#tag164">164</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i> X. 48. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note165">
-<p><span class="label"><a href="#tag165">165</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i> VIII. 12. 12.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note166">
-<p><span class="label"><a href="#tag166">166</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Hoc facto impendiis ordinandis (dicono <span class="smcap">Arcadio</span> e <span class="smcap">Onorio</span>) ut
-adscriptio currat pro viribus singulorum, deinde adscribantur pro
-aestimatione operis futuri territoria civium.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note167">
-<p><span class="label"><a href="#tag167">167</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> VII. 13. 6. a. 370. <span class="smcap">Valente</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note168">
-<p><span class="label"><a href="#tag168">168</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i> II. pag. 15-16, e la bella osservazione
-del <span class="smcap">Mommsen</span> (<i>Das römische Militarwesen seit Diokletian</i> in
-Hermes. XXIV, pag. 239 e segg.) da lui riportata.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note169">
-<p><span class="label"><a href="#tag169">169</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> X. 20. 2. a. 358. <i>gyneciarii</i>. — X. 19. 5. a. 369.
-<i>metallarii</i>. — X. 22. 4. a. 888. <i>fabricenses</i>. — XII. 1. 146. a. 396. <i>collegiati
-singularium urbium</i>. XIV. 7. 1. etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note170">
-<p><span class="label"><a href="#tag170">170</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'uso delle armi era proibito a chi non apparteneva all'esercito.
-<span class="smcap">Cicerone</span> (<i>Verrin</i>. V. 3) ricorda l'editto di L. Domizio pretore
-di Sicilia che proibiva <i>ne quis telum haberet</i> e gli altri editti <i>ne quis
-servus cum telo esset</i>. <span class="smcap">Plinio</span> (<i>Nat. Hist.</i> XXIV. 14) ricorda una simile
-ordinanza emanata per Roma durante il terzo consolato di
-Pompeo. Nell'anno 364 Valentiniano e Valente avevano emanato una
-disposizione analoga passata poi nel Codice giustinianeo (XI. 46. 1.)
-che restaurò, per questo, un uso accolto anche dai Goti e da Teodorico
-che <i>ut nullus romanus usque ad cultellum uteretur vetuit</i>. Cfr.
-<span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Alcune osservazioni sul Comes Gothorum</i>, in <i>Arch. Stor.
-Lombardo</i>. 1884. pag. 415 nota 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note171">
-<p><span class="label"><a href="#tag171">171</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod. Nov. Valent.</i> III. T. IX a. 440. <i>De reddito jure armorum</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note172">
-<p><span class="label"><a href="#tag172">172</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tanto l'uno che l'altro sono un <i>edictum ad populum</i>. Su di
-esso, oltre il magistrale e sempre giovane commento di <span class="smcap">Gotofredo</span>,
-cfr. <span class="smcap">Gaudenzi A.</span> <i>L'opera di Cassiodorio cit.</i>, pag. 301 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note173">
-<p><span class="label"><a href="#tag173">173</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod. Nov. Valent.</i> V. 2 e 3. a. 440.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note174">
-<p><span class="label"><a href="#tag174">174</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Roma appare già formato nel 640. Cfr. <i>Liber Pontificalis</i> ed.
-<span class="smcap">Duchesne.</span> I. pag. 329.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note175">
-<p><span class="label"><a href="#tag175">175</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod. Nov. Theod.</i> XXIII. <i>De locis R. P.... restituendis</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note176">
-<p><span class="label"><a href="#tag176">176</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gli imperatori cedettero <i>completamente</i> alle città il diritto di
-proprietà e di disposizione sui beni pubblici. La riprova è data dal
-fatto che la nomina del <i>curator</i>, il quale dapprima è un funzionario
-imperiale, la cui mansione specifica è il coordinamento dell'autonomia
-locale con l'unità dell'impero (cfr. <span class="smcap">Lècrivain Ch.</span> <i>Le mode de nomination
-des Curatores Reipublicae</i> in <i>Mélanges d'Arch. et d'Hist.</i>
-1884. IV. 3-4. pag. 356 e segg. e la memoria del <span class="smcap">Liebenam</span> in <i>Phylologus</i>
-vol. 4, pag. 290 e segg.), diviene elettiva (<i>Cod. Theod.</i> XII. 2.
-171), non quando e perchè, come crede il <span class="smcap">Lècrivain</span>, le città perdono
-i loro beni, ma quando l'imperatore lascia alle città, purchè si difendano,
-il libero uso delle proprietà.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note177">
-<p><span class="label"><a href="#tag177">177</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod. Nov. Maior.</i> Tit. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note178">
-<p><span class="label"><a href="#tag178">178</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod. Nov. Theod.</i> II. 24 § 4. <i>Cod. Just.</i> XI. 60. 3. Cfr.
-anche <span class="smcap">Leicht</span>, <i>Studi cit.</i> II. pag. 41.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note179">
-<p><span class="label"><a href="#tag179">179</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Lex colon. Genetivae Juliae</i> r. 98.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note180">
-<p><span class="label"><a href="#tag180">180</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i> XII. 41. 5. a. 413.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note181">
-<p><span class="label"><a href="#tag181">181</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod. Nov. Maior.</i> Tit. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note182">
-<p><span class="label"><a href="#tag182">182</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i> I. 1. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note183">
-<p><span class="label"><a href="#tag183">183</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tamassia N</span>. <i>Alcune osservazioni intorno al Comes Gothorum
-cit</i>., pag. 248.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note184">
-<p><span class="label"><a href="#tag184">184</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gaudenzi A</span>. <i>L'opera di Cassiodorio a Ravenna</i>, in «Atti e
-Mem. R. Dep. Stor. Patr. di Romagna». 1886. pag. 427.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note185">
-<p><span class="label"><a href="#tag185">185</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Editto di Teodorico § 69.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note186">
-<p><span class="label"><a href="#tag186">186</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Cassiodoro</span> <i>Variarum</i> VII, 11, 12.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note187">
-<p><span class="label"><a href="#tag187">187</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Brunner</span>. <i>Zur Rechtsgeschichte d. röm. u. germ. Urkunden</i>, pagine
-113 e segg., 124 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note188">
-<p><span class="label"><a href="#tag188">188</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Fonti gotiche della storia longobarda</i>, in «Atti Regia
-Accad. di Torino», 1896-97, vol. XXXII, pag. 683-707. <span class="smcap">Id.</span> <i>Una professione
-di legge gotica in un documento mantovano del 1045</i>, in «Arch.
-Giuridico», 1902. <span class="smcap">Id</span>. <i>Le professioni di legge gotica in Italia</i>, in «Atti e
-Mem. R. Accad. Sc. Lett. Arti in Padova», vol. XIX, disp. I, pag. 14
-dell'estr.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note189">
-<p><span class="label"><a href="#tag189">189</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gaudenzi A.</span> <i>Gli editti di Teodorico e di Alarico e il diritto
-romano nel regno degli Ostrogoti</i>. Torino, 1884, pag. 41.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note190">
-<p><span class="label"><a href="#tag190">190</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht</span> P. S. <i>Studi cit.</i> II, pag. 41.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note191">
-<p><span class="label"><a href="#tag191">191</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gaudenzi A</span>. <i>L'opera di Cassiodorio, cit</i>. pag. 448.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note192">
-<p><span class="label"><a href="#tag192">192</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Cassiodoro</span>. <i>Var</i>., I, 28, tutta basata sulla leg. 35 <i>Cod.
-Theod</i>., XV, 1, confermata da numerosissimi esempi. Teodorico infatti
-ricostruì le mura di Spoleto, di Verona e di molte altre città, acquedotti,
-opere pubbliche etc. (<span class="smcap">Maffei S</span>. <i>Verona illustrata</i>. I. 9. pag. 448).
-Nella sua cronaca, all'a. 500. <i>Patricio et Hispatio coss</i>., <span class="smcap">Cassiodoro
-</span>dice che al tempo di Teodorico <i>plurimae renovantur urbes, munitissima
-castella conduntur, consurgunt admiranda palatia</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note193">
-<p><span class="label"><a href="#tag193">193</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salvioli G</span>. <i>Sullo stato e la popolazione d'Italia prima e dopo
-le invasioni barbariche</i>. Palermo. 1900. pag. 32 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note194">
-<p><span class="label"><a href="#tag194">194</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Solmi A</span>. <i>Le associazioni in Italia avanti le origini del comune</i>.
-Modena. 1898. pag. 125.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note195">
-<p><span class="label"><a href="#tag195">195</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cap. 64... <i>quisquis ingenuus, nulli tamen quolibet modo obnoxius
-civitati</i>...</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note196">
-<p><span class="label"><a href="#tag196">196</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod</i>. XV. 1, 23, <span class="smcap">Graziano, Valentiniano</span> e <span class="smcap">Teodosio</span>,
-a. 384 e <i>Cod. Just.</i>, VIII, 12, 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note197">
-<p><span class="label"><a href="#tag197">197</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Edict. Theod.</i>, cap. 69.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note198">
-<p><span class="label"><a href="#tag198">198</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Lex Romana Wisigothorum</i>, XIV, 1, 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note199">
-<p><span class="label"><a href="#tag199">199</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i>, XIV, 7, 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note200">
-<p><span class="label"><a href="#tag200">200</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La sorveglianza spettò ai <i>Vigili delle porte</i>, aggiunti dai Goti
-all'amministrazione municipale, nominati dal re ed investiti in parte
-di quel carattere militare (<span class="smcap">Mommsen</span>. <i>Ostgoth. Studien</i> in N. Arch.
-XIV, 1888, pag. 494) di cui è compenetrata la giurisdizione del <i>comes
-Gothorum,</i> che, quantunque in alcuni punti se ne distaccasse,
-(<span class="smcap">Mommsen</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 529) imitò gli <i>judices militares romani</i> (<span class="smcap">Del
-Giudice P.</span> <i>Sulla questione della dualità del diritto in Italia sotto la
-dominazione ostrogota</i>. Rendic. R. Accad. Lombarda, s. II, vol. XXXIX,
-1906, pag. 795), sui quali si adagiò facilmente (<span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Alcune osservazioni
-sul Comes Gothorum</i>, pag. 259).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note201">
-<p><span class="label"><a href="#tag201">201</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i>, I, 3, 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note202">
-<p><span class="label"><a href="#tag202">202</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tale, almeno, sembra l'ipotesi più probabile, dato che, secondo
-l'opinione dominante, non felicemente combattuta dal <span class="smcap">Roberti</span>, beni
-comuni si trovano nell'epoca romana e nella langobarda e nelle successive,
-senza soluzione di continuità, e sono appunto caratterizzati
-dal diritto d'uso da cui sono gravati a vantaggio di determinati
-gruppi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note203">
-<p><span class="label"><a href="#tag203">203</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i>, XI, 4, 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note204">
-<p><span class="label"><a href="#tag204">204</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Infatti ad essi sono equiparati nell'immunità dalla giurisdizione
-ordinaria, essendo, come quelli, giudicati dal <i>rationalis</i>. Cfr. <i>Cod.
-Just.</i>, III, 26, 7. Di questo elemento mi sembra non abbia tenuto il
-conto che merita il <span class="smcap">Savagnone</span> nel suo studio su <i>Le terre del fisco
-nell'impero romano</i>. Palermo. 1902.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note205">
-<p><span class="label"><a href="#tag205">205</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Aemilia. Camilia. Claudia. Clustumina. Cornelia. Fabia. Galeria.
-Horatia. Lemonia. Menenia. Papiria. Pollia. Papinia. Romilia. Sergia.
-Voltina. Veturia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note206">
-<p><span class="label"><a href="#tag206">206</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi l'acuta nota di <span class="smcap">S. Perozzi</span> nel <i>Comm. alle Pandette</i> del
-<span class="smcap">Glück</span>, lib. XXI. 1. § 1106. pag. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note207">
-<p><span class="label"><a href="#tag207">207</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Loc. cit.</i>, VI. pag. 197.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note208">
-<p><span class="label"><a href="#tag208">208</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Caes.</i> 41.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note209">
-<p><span class="label"><a href="#tag209">209</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Aug</i>. 40.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note210">
-<p><span class="label"><a href="#tag210">210</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Divisi in rispondenza delle strade che escono dalle porte, distinti
-con appositi nomi e addossati alle mura: proprio come i borghi
-medioevali che si formano entro le stesse linee.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note211">
-<p><span class="label"><a href="#tag211">211</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. XLIII, 8, 2 § 22.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note212">
-<p><span class="label"><a href="#tag212">212</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>De leg. agr</i>. II. 35.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note213">
-<p><span class="label"><a href="#tag213">213</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epig</i>. VII. 61. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note214">
-<p><span class="label"><a href="#tag214">214</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Hermes</span>. XIV. pag. 604.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note215">
-<p><span class="label"><a href="#tag215">215</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">De Marchi</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 244.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note216">
-<p><span class="label"><a href="#tag216">216</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Revue Historique</i>. 1902, pag. 437.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note217">
-<p><span class="label"><a href="#tag217">217</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. specialmente <i>Cod. Theod</i>. XII. 1. 179. § 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note218">
-<p><span class="label"><a href="#tag218">218</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le note carte cremonesi che ricordano le <i>regiones</i>, benchè recentemente
-difese dal <span class="smcap">Mayer</span>. <i>Die angeblichen Fälschungen des Dragoni</i>.
-Leipzig. 1908, sono da ritenersi frutto di una falsificazione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note219">
-<p><span class="label"><a href="#tag219">219</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Declareuil</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 444-45: e <span class="smcap">Liebenam</span>, <i>loc. cit.</i> pag. 109
-e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note220">
-<p><span class="label"><a href="#tag220">220</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i>, L, 8, 1 e 5; XLVIII. 12. 3 § 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note221">
-<p><span class="label"><a href="#tag221">221</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i>, XXX. 1. 22; XLVIII. 12. 3. § 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note222">
-<p><span class="label"><a href="#tag222">222</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Historia</i> VII. 3 (della traduzione latina).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note223">
-<p><span class="label"><a href="#tag223">223</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per le istituzioni alimentarie di Nerva, Traiano e degli imperatori
-successivi, cfr. <span class="smcap">Segrè</span>, <i>loc. cit.</i>, e sopratutto le belle pagine del
-<span class="smcap">Willems</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 491 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note224">
-<p><span class="label"><a href="#tag224">224</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le multe inflitte agli ecclesiastici da Valentiniano (a. 392), con
-una deroga al sistema comune, furono devolute ai poveri. E lo
-stesso fece Atalarico (<span class="smcap">Cassiodoro</span>. <i>Variar.</i> VIII, 24). È certo che la
-erogazione venne affidata alla Chiesa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note225">
-<p><span class="label"><a href="#tag225">225</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>I sermoni di Pietro Crisologo</i> in Studi Senesi. 1906.
-I. pag. 63.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note226">
-<p><span class="label"><a href="#tag226">226</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ep.</span> IX, 100 a. 599, e <span class="smcap">Troya.</span> <i>Cod. dipl.</i>, IV, 1, 208. Contiene una
-netta distinzione degli <i>homines callipolitani castri</i> in <i>habitatores loci
-ipsius</i> da una parte e <i>homines massae</i> dall'altra, con netta separazione
-giuridica. <i>Massa</i> qui ha il senso che solo più tardi troviamo
-per indicare, insieme con l'espressione <i>corpi santi</i>, il territorio intorno
-alla città.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note227">
-<p><span class="label"><a href="#tag227">227</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXI (to. II. col. 222. D).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note228">
-<p><span class="label"><a href="#tag228">228</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i> Diss. LXXIV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note229">
-<p><span class="label"><a href="#tag229">229</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Beretta E.</span> <i>De tabula chorografica M. Ae</i>. sect. VI in <i>Rer. Ital.
-Script.</i> X. pag. 31 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note230">
-<p><span class="label"><a href="#tag230">230</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Maffei S.</span> <i>Verona illustr.</i> libr. VII, pag. 134. <span class="smcap">De Vita G.</span>
-<i>Antiquitates Beneventanae</i>, to. I. Diss. 1. cap. 3. <span class="smcap">Catalanus M.</span> <i>De
-eclesia firmana eiusque episcopis et archiepisropis</i>. Fermo, 1783, pag. 12
-e segg. <span class="smcap">Rovelli G.</span> <i>Storia di Como.</i> Milano 1789, vol. II, pag. 22-28.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note231">
-<p><span class="label"><a href="#tag231">231</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Pabst.</span> <i>Geschichte der langobardischen Herzogtümer.</i> Forschungen
-zur Deutschen Geschichte II. Göttingen, 1862, pag. 437 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note232">
-<p><span class="label"><a href="#tag232">232</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davidsohn R.</span> <i>Storia di Firenze</i>. Vol. I. Firenze, 1907, pag. 94.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note233">
-<p><span class="label"><a href="#tag233">233</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lusini V.</span> <i>I confini storici del Vescovado di Siena</i> in «Bullettino
-senese di Storia Patria». Vol. V, a. 1901, fase. 3 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note234">
-<p><span class="label"><a href="#tag234">234</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È nota la dotta discussione, a questo proposito, del <span class="smcap">Crivellucci</span>
-(<i>Le chiese cattoliche e i longobardi ariani in Italia</i> in «Studi Storici»
-IV. pag. 385-423 — V. pag. 153-177 e 531-554 — VI. pag. 93-115 e 589-
-604) e del <span class="smcap">Duchesne</span> (<i>Les évêchés d'Italie et l'invasion lombarde</i> in
-«Mélanges d'archéologie et d'histoire». XXIII. 1-3. 1903 p. 83-116).
-</p>
-
-<p>
-Nell'Italia settentrionale si è perduto — e per opera dei Bizantini,
-non dei Langobardi — il solo vescovado di Brescello: nell'Italia
-centrale quello di Populonia. Degli altri alcuni furono disorganizzati — due
-per più di un secolo — ma non distrutti. Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>Rectification</i>
-etc. ibid. a. 1906. XXVI. pag. 565-567.
-</p>
-
-<p>
-Il vescovado di Roselle fu trasportato a Grosseto solo nel 1138 da
-Innocenzo II (<span class="smcap">Kehr P. Fr.</span> <i>Regesta Pontificum Romanorum. III. Etruria.</i>
-Berlin. 1908 n. 8 pag. 260), ma non furono certamente i Langobardi
-a causarne la decadenza: in un documento della badia amiatina
-(inedito nel R. Archivio di Stato di Siena) dell'867 sono ricordati
-il gastaldo ed uno scabino della città di Roselle; ed il 14 settembre
-dell'892 da Roselle datò un suo diploma l'imperatore Guido (<span class="smcap">Schiaparelli
-L.</span> <i>I diplomi di Guido e di Lamberto</i>. Roma. 1908 n. 18 pagine
-44-45).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note235">
-<p><span class="label"><a href="#tag235">235</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Rubr. IX.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note236">
-<p><span class="label"><a href="#tag236">236</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig.</i> L. 13. 4. Forma censuali cavetur ut agri sic in censum
-referantur: nomen fundi, cuiusque, et in qua civitate <i>et in quo pago</i>
-sit, et quos duos vicinos proximos habeat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note237">
-<p><span class="label"><a href="#tag237">237</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Maffei S.</span> <i>Verona illustrata cit.</i> pag. 381 e segg. Ed altrettanto
-si faceva in tutta Italia. Cfr. <i>Inscr. Regni Neapol.</i> ed. <span class="smcap">Mommsen</span> numeri
-216. 1354, in cui si ha la tavola alimentare dei liguri bebiani e
-l'iscrizione di Volcei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note238">
-<p><span class="label"><a href="#tag238">238</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Voigt</span>. <i>loc. cit.</i> pag. 140 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note239">
-<p><span class="label"><a href="#tag239">239</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo è il senso del Decreto di papa Gelasio (492-95) riportato
-nel <span class="smcap">Decreto</span> di <span class="smcap">Graziano</span> c. 5, C. XVI, 423. — di un'epoca, cioè, in
-cui nessuna perturbazione era stata portata da elementi estranei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note240">
-<p><span class="label"><a href="#tag240">240</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. dipl. lang.</i> IV. 1. n. 400. 406. 407.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note241">
-<p><span class="label"><a href="#tag241">241</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Studi cit.</i> I. pag. 39 e 68-9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note242">
-<p><span class="label"><a href="#tag242">242</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La decadenza del sistema dei mansi e la loro decomposizione,
-manifesta nel secolo IX (cfr. <span class="smcap">Schupfer</span> <i>Il diritto privato cit.</i> II. pagine
-81-92) non mi pare abbia influito sul frazionamento delle pievi.
-Lo attesta chiaramente il secondo concilio pavese dell'855 che si esprime
-così (ed. <span class="smcap">Pertz</span>, nei «Mon. Germ. Hist. <i>Leges</i> I. pag. 432
-cap. 11): In sacris canonibus praefixum est, ut decimae juxta episcopi
-dispositionem distribuantur. Quidam autem laici, qui vel in propriis
-vel in beneficiis suas habent basilicas, contempta episcopi dispositione,
-non ad ecclesias ubi baptismum et praedicationem et manus impositionem
-et alia Christi sacramenta percipiunt, decimas suas dant,
-set vel propriis basilicis, vel suis clericis pro suo libitu tribuunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note243">
-<p><span class="label"><a href="#tag243">243</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Pier Damiano</span> in un bellissimo passo di una sua lettera
-del 1076 al marchese Goffredo (Ep. VII. 13) dice che la marchesa
-Willa aveva nel comitato aretino <i>villam novem quidem mansionibus</i>
-<span class="smcap lowercase">EX ANTIQUO MORE</span> <i>distinctam, quae postmodum</i> <span class="smcap lowercase">JUXTA MODERNAM CONSUETUDINEM</span>
-<i>in plurimos est divisa</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note244">
-<p><span class="label"><a href="#tag244">244</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mon. Germ. Hist.</span> <i>Leges</i> II. ed. <span class="smcap">Boretius</span>. <i>Capit. Reg. Franc.</i> I.
-1. n. 45. <i>Divisio regnorum</i>. 806. febr. 6. pag. 128. n. 4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note245">
-<p><span class="label"><a href="#tag245">245</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il lessico del Forcellini a q. v.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note246">
-<p><span class="label"><a href="#tag246">246</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Molendinum edificatum <i>sub urbem</i> huius civitatis Parme, in
-<span class="smcap">Affò I.</span> <i>Storia di Parma</i>, vol. I Parma 1792, n. 57 pag. 839 a 935.
-</p>
-
-<p>
-<i>Sub urbe</i> Regio in via publica ipsius loci. <i>Cod. dipl. lang.</i> (<span class="smcap">Porro</span>)
-n. 672 a 963.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note247">
-<p><span class="label"><a href="#tag247">247</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Dipl. Lang.</i> (<span class="smcap">Porro</span>) n. 39.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note248">
-<p><span class="label"><a href="#tag248">248</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>Italia sacra</i>. Venezia, 1720, V. col. 705.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note249">
-<p><span class="label"><a href="#tag249">249</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di Lucca.</i>
-Vol. V, parte II, n. 832, pag. 506.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note250">
-<p><span class="label"><a href="#tag250">250</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Memorie e Documenti per servire alla storia del ducato di Lucca.</i>
-IV (<span class="smcap">Barsoochini</span>) p. II. 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note251">
-<p><span class="label"><a href="#tag251">251</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Luzzatto G.</span> <i>I servi nelle grandi proprietà ecclesiastiche italiane
-dei secoli IX e X</i>. Pisa, 1910, pag. 19-20.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note252">
-<p><span class="label"><a href="#tag252">252</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tiraboschi G.</span> <i>Memorie modenesi</i> I. 66. a 904.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note253">
-<p><span class="label"><a href="#tag253">253</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Idem.</span> <i>ibid.</i> I. 90. a 943. pag. 111.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note254">
-<p><span class="label"><a href="#tag254">254</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Diploma di Corrado I. a. 1031 in <span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital.</i> Diss. II.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note255">
-<p><span class="label"><a href="#tag255">255</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bolla dell'antipapa Clemente ai canonici di Reggio, a. 1092 in
-<span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note256">
-<p><span class="label"><a href="#tag256">256</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Si potrebbe supporre, in tal caso, che il <i>suburbium</i> non fosse
-riconnesso alla città fino dall'epoca romana, ma sibbene da qualcuna
-delle frequenti concessioni che si trovano nei diplomi degli ultimi
-Carolingi e dei loro successori.
-</p>
-
-<p>
-Anche il diploma di Federigo I. del 1156 (ed. <span class="smcap">Lupi</span>, <i>Cod. dipl. cit.</i>
-I. col. 578), probabilmente spurio, ma egualmente valido ad attestare
-l'uso e la frequenza dell'espressione, usa l'indicazione <i>in circuitu</i>.
-L'imperatore concede al vescovo, fra l'altro, <i>nominatim omnes districtiones
-et publicas functiones Pergamensis civitatis et villarum et castellorum
-que sunt</i> <span class="smcap lowercase">IN CIRCUITU IPSIUS CIVITATIS</span> <i>ad eumdem comitatum
-pertinentes.</i>
-</p>
-
-<p>
-Della possibilità che <i>villae</i> e <i>castra</i> potessero trovarsi entro il <i>suburbium</i>
-dirò più avanti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note257">
-<p><span class="label"><a href="#tag257">257</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dipl. lang.</i> (<span class="smcap">Troya</span>) IV. 1. n. 498.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note258">
-<p><span class="label"><a href="#tag258">258</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid.</i> (<span class="smcap lowercase">ID.</span>) n. 962. 564. 995. etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note259">
-<p><span class="label"><a href="#tag259">259</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schiaparelli L.</span> <i>I diplomi di Berengario I</i>. Roma, 1903, n. 14
-pag. 48-49 a. 896.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note260">
-<p><span class="label"><a href="#tag260">260</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Brunetti F.</span> <i>Codice Diplomatico Toscano</i> I. 2. Firenze 1838,
-n. 70 a. 806. pag. 70. v. 7. 21. 24. 31 e 14. Per mettere in maggior
-rilievo la differenza fra <i>infra</i> e <i>intus</i> non è fuor di luogo osservare
-che si tratta di un placito.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note261">
-<p><span class="label"><a href="#tag261">261</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Diploma di Ottone III. ai canonici di Parma dell'anno 996. — <span class="smcap">Mon.
-Germ. Hist.</span> <i>Diplomat.</i> II. 2. <i>Die Urkunden Otto des</i> III, n. 210,
-pag. 622 — in cui sono ricordate le <i>mansiones</i> <span class="smcap lowercase">INFRA</span> <i>civitatem Bononiam</i>
-insieme con quelle in <span class="smcap lowercase">SUBURBANO TERRITORIO</span> <i>Ferrarie</i> e con le
-<span class="smcap lowercase">SUBURBANAS TERRAS</span> di Parma.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note262">
-<p><span class="label"><a href="#tag262">262</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>loc. cit. VIII</i>. col. 51: <i>monasterium Salvatoris</i> <span class="smcap">infra
-civitatem Beneventanam</span>. — <i>ibid</i>. col. 92: <i>monasterium S. Modesti</i>
-<span class="smcap">intus hanc novam civitatem Beneventanam</span> e passim.
-</p>
-
-<p>
-E non è soltanto nei documenti concernenti le città che <i>intra</i> ha
-questo significato.
-</p>
-
-<p>
-Nel diploma dell'arcivescovo di Milano Todone del febbraio 866
-a favore del monastero di Sant'Ambrogio, fra le altre concessioni c'è
-quella di <span class="smcap lowercase">INTRA</span> <i>ecclesiam Sanctorum Vitalis et Agricolae, in honore
-sanctorum Petri et Pauli ecclesiam infirmorum construere</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il <span class="smcap">Puricelli</span> (<i>Ambrosianae basilicae Monumenta</i>. Milano, 1645, numero
-115, pag. 201) presso <i>intra</i> apre una parentesi dicendo: «non
-<i>intra</i> sed <i>iuxta</i> legendum est.»
-</p>
-
-<p>
-Che nel documento sia stato scritto <i>intra</i> è certo, perchè se fosse
-stato possibile il menomo dubbio di lettura, il Puricelli non avrebbe
-esitato a indicarlo: d'altra parte è egualmente sicuro, per le notizie
-che il Puricelli stesso dà, che la chiesa di S. Pietro e Paolo era presso
-e non dentro la chiesa di S. Vitale e Agricola. A me sembra si possa
-ragionevolmente supporre che ci si trovi dinanzi ad una deviazione,
-non irrilevante, dell'antico significato romano di <i>infra</i>.
-</p>
-
-<p>
-A Lodi un documento del 9 luglio 931 (<span class="smcap">Vignati C.</span> <i>Laus Pompeia</i>
-in «Bibl. Hist. Ital. cura et studio societatis langobardicae» Milano,
-1879, II. n. 10 pag. 16) contiene la permuta di una terra <span class="smcap lowercase">IN</span> <i>civitate
-Laude prope ecclesia S. Stephani</i> con un'altra terra <span class="smcap lowercase">INTRA</span> <i>civitatem
-Laude prope porta mediolanense</i>. La differenza di indicazione di un
-terreno che sappiamo di sicuro essere stato entro la città (cfr. <span class="smcap">Id.</span>
-<i>ibid.</i> pag. LVII) con quella del secondo induce a credere che quest'ultimo
-fosse fuori delle mura.
-</p>
-
-<p>
-Anche l'Editto langobardo (<i>Roth</i>. 340) usa l'avverbio <i>infra</i>. Se
-qualcuno, inforcato il cavallo di un'altro, cavalcherà <span class="smcap lowercase">INFRA</span> <i>viciniam
-idest</i> <span class="smcap lowercase">PROPE</span> <i>ipsum vicum</i>, pagherà due soldi di pena; <i>si in antea</i>, cioè
-fuori del territorio vicinale, <i>in actogild reddat</i>. Dunque <i>infra</i> indica
-lo spazio situato fra il vico, al centro, e i confini, alla periferia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note263">
-<p><span class="label"><a href="#tag263">263</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 16 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note264">
-<p><span class="label"><a href="#tag264">264</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La critica ormai ha pacificamente ammessa l'origine comune
-e lo svolgimento molto somigliante del notariato dell'Italia langobarda
-e dell'Italia romanico-bizantina (<span class="smcap">Mayer E.</span> <i>Ital. Verfassungsg</i>. I.
-pag. 114 e segg.) e con altrettanta concordia è ammessa, col <span class="smcap">Brunner</span>,
-la diretta derivazione del documento medioevale da quello romano; ed
-è del pari innegabile che i singoli e specifici rilievi del <span class="smcap">Muratori</span> (<i>Antiq.
-Ital.</i> diss. VIII. to. I. col. 426), del <span class="smcap">Lupi</span> (<i>Codex Diplomaticus Bergomensis.</i>
-Bergomi 1799 to. II. animadv. XLIV col. 494), dell'<span class="smcap">Handloike</span>
-(<i>Die lombardischen Städte unter die Herrschaft der Bischöfe, und
-die Entstehung der Communen</i>, Berlin. 1883 pag. 111), dello <span class="smcap">Schupfer</span>
-(<i>Il diritto privato dei popoli germanici etc.</i> II. Città di Castello, 1909
-pag. 51 e segg.) danno modo di affermare con sicurezza che i notai
-medioevali, pur nel loro barbaro latino, si attennero con cura scrupolosa
-all'uso di termini tecnici e precisi. Ma è altrettanto indiscutibile
-la grande varietà degli atti di uno stesso tipo, derivante, secondo
-me, da cause che risalgono a ben remota antichità: varietà
-che si è cominciato appena ora a mettere in luce da recenti e buoni
-studi diplomatici.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note265">
-<p><span class="label"><a href="#tag265">265</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Nissen</span> (<i>Templum und Institum e Pompeianische Studien zur
-Städtekunde des Alterthums</i>. Leipzig. 1877) ha messo opportunamente
-in luce l'importanza di Pompei come tipo delle città italiche che
-erano <i>regolari</i>, contrariamente alle antiche città greche.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note266">
-<p><span class="label"><a href="#tag266">266</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">D'Achery L.</span> e <span class="smcap">Mabillon I.</span> <i>Acta Sanctorum ordinis S. Benedicti</i>,
-Venezia, Coletti-Bettinelli, 1733, vol. II. p 330.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note267">
-<p><span class="label"><a href="#tag267">267</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Iaffè</span>. <i>Reg. Pontif.</i>, a. 768-772, n. 2389.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note268">
-<p><span class="label"><a href="#tag268">268</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi.</span> <i>Conciliorum amplissima collectio</i>, vol. XIII. col. 1006,
-cap. XLI. e <i>Hludowici II, Synodus Ticinensis</i> a. 850. c. b. ed. <span class="smcap">Pertz</span>.
-in «Mon. Germ. Hist.» III. pag. 397.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note269">
-<p><span class="label"><a href="#tag269">269</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, col. 1008.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note270">
-<p><span class="label"><a href="#tag270">270</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, vol. XIV, col. 931-2; e <span class="smcap">Pertz</span>, <i>loc. cit</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note271">
-<p><span class="label"><a href="#tag271">271</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ordo romanus</i>, c. 6. Ad maiorem missam debent esse <i>sex suburbani</i>,
-diaconi septem etc. in <span class="smcap">Martène</span>. <i>De antiqua disciplina Eccles.
-in Div. off.</i>, pag. 504.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note272">
-<p><span class="label"><a href="#tag272">272</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span>. <i>loc cit.</i>, vol. V, col. 728, a. 921. Nell'a. 921, Raterio,
-vescovo di Verona, col suo testamento dispose fra l'altro «ut advenientibus
-omnibus kalendis in curriculis totius anni pascant pauperes
-duodecim pro anima domini Berengarii senioris mei Domini amabilis
-imperatoris, et cum de hoc seculo evolaverit omni anno die
-anniversaria pascant pro anima eius pauperes trecentos et <i>sacerdotes
-sanctae ipsius ecclesiae cardinis omnes</i>..... (lacuna nel testo) <i>seu et</i>
-<span class="smcap lowercase">SUBURBANOS</span> <i>omnes</i> ita ut in tribus diebus ante eius annualem et tribus
-<i>omnes</i> generaliter <i>sacerdotes</i> <span class="smcap lowercase">DE INTUS ET DE FORIS</span> omni die missas
-cantent et Domino preces offerant pro eius anima». <span class="smcap">Ughelli-Coleti</span>.
-<i>loc. cit.</i>, V, col. 728.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note273">
-<p><span class="label"><a href="#tag273">273</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bolla di Alessandro II dell'a. 1061; al monastero di Senatore
-di Pavia <i>in suburbio ticinensi</i> ecclesiam S. Georgii et S. Pancratii, in
-<span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXX.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note274">
-<p><span class="label"><a href="#tag274">274</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Diploma di Ottone III ai canonici di Parma dell'a. 996 in nota
-5 pag. 88.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note275">
-<p><span class="label"><a href="#tag275">275</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mayer</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 434, nota 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note276">
-<p><span class="label"><a href="#tag276">276</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. Diploma di Enrico IV del 26 maggio 1111 confermante
-quelli dei precedenti re ed imperatori. <span class="smcap">Affò I.</span> <i>Storia di Parma</i>, I,
-pag. 343.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note277">
-<p><span class="label"><a href="#tag277">277</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mayer</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 434, nota 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note278">
-<p><span class="label"><a href="#tag278">278</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mansi</span>, <i>loc. cit.</i> vol. XIV, col. 791. Il vescovo concede un massaro
-di nome Gisulfo insieme con tutte le cose che «per ipsum reguntur
-<i>in suburbano vico episcoporum</i>». La concessione fu confermata
-dal metropolita milanese Angelberto nel sinodo provinciale.
-<i>Ibid.</i> col. 792-93.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note279">
-<p><span class="label"><a href="#tag279">279</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Synodus romana in causa Formosi pp</i>. c. 8. e <i>Massa</i> ha anche
-un altro e ben diverso significato: indica un complesso organico di
-beni nell'amministrazione della Chiesa. Un bellissimo esempio ci è
-offerto dal <i>Liber diurnus</i>, ed. <span class="smcap">Sickel</span>. Vienna, 1889, VI, 5 e XL, in cui
-si parla del <i>presbyter</i> preposto alla chiesa di una <i>massa</i>. <span class="smcap">Gregorio M</span>.
-<i>Epist</i>. VI, 18-X, 28-X, 52 e dal diploma di Federigo I del 1177 al
-monastero di Pomposa. (<span class="smcap">Muratori</span>, <i>Ant. Ital</i>. Diss. XLVII). Sulle
-massae d'Arno, di Bagno e Trabaria ha pubblicato uno studio <span class="smcap">P. Fabre</span>
-nell'«Arch. della Soc. Rom. di Stor. Patr.» vol. XVII a. 1894.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note280">
-<p><span class="label"><a href="#tag280">280</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">D'Achery-Mabillon</span>. loc. cit, vol. I. pag. 351 e <span class="smcap">Delisle</span> in <i>Orderici
-Vitalis historia eccles</i>. 1885 pag. LXXIX-LXXXIV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note281">
-<p><span class="label"><a href="#tag281">281</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Capitulare mantuanum primum mere ecclesiasticum</i> a. 787.
-c. 11 (ed. <span class="smcap">Boretius</span> in «Mon. Germ. Hist.» <i>Capit. Reg. Franc</i>. I. 1.
-<i>n</i>. 92, pag. 195). La data, però, non è esatta: il <span class="smcap">Patetta</span> (<i>Sull'introduzione
-in Italia della collezione di Ansegiso e sulla data del cosidetto
-capitulare mantuanum duplex attribuito all'anno 787</i> in «Atti della
-R. Accad. di Torino» 1890, vol. XXV, pag. 883-85) ha dimostrato che
-invece è da ascriversi all'anno 813.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note282">
-<p><span class="label"><a href="#tag282">282</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>De Parrochiis</i> pag. 253. E il Concilio di Reggio o Pavia
-dell'a. 850 stabilisce (cap. XIII) <i>sicut episcopus matrici preest, ita singulis
-plebibus archipresbiteros praeesse volumus</i>. <span class="smcap">Mansi</span>, loc. cit. vol. XIV,
-col. 935.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note283">
-<p><span class="label"><a href="#tag283">283</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i> I, col. 323. Eccone i confini secondo un
-documento del 928 (<i>ibid</i>. col. 900-901). A recta via (partendo dalla
-cattedrale di S. Alessandro) usque ad locum qui vocatur Cultel et
-Canale et per montes et per valles et per culta et per inculta usque
-ad locum qui vocatur Brene. Ex altera parte civitatis a Laticis antrum
-quod vulgo dicitur Lantrum, recta via usque ad Sorisole per
-omnem illum locum qui vocatur Castellum per montes et per valles
-usque Lemine».
-</p>
-
-<p>
-Su questo documento sono da vedersi le giuste osservazioni di A.
-<span class="smcap">Mazzi</span>. <i>Corografia bergomense</i>, Bergamo 1880, sotto la voce Bergamo.
-</p>
-
-<p>
-In un documento del 1174 (Lupi. <i>Cod. dipl</i>., II, col. 1281), con cui
-la chiesa di S. Michele fu eretta in parrocchia, si legge che quei <i>vicini</i>,
-avendo asserito «ex sua parte quod praefata aecclesia S. Michaelis
-habebat jus baptizandi tum ex parte comitum, tum etiam
-popter usum longi temporis», i canonici risposero «hoc non licere
-eisdem hominibus aut ecclesie cum <i>non esset plebs neque haberet titulum
-sed essent</i> <span class="smcap lowercase">SUBURBANI</span>».
-</p>
-
-<p>
-Degli aumenti successivi del territorio suburbano parlerò a proposito
-dei diplomi imperiali dell'epoca franca e precomunale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note284">
-<p><span class="label"><a href="#tag284">284</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Luitpr</span>. <i>Historia Langubardorum</i>. Mon. Germ. Hist. Ss., II, 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note285">
-<p><span class="label"><a href="#tag285">285</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Roberti</span>. <i>Dei beni appartenenti alle città cit.</i>, pag. 30-31, nota 4,
-dell'Estr.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note286">
-<p><span class="label"><a href="#tag286">286</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schupfer</span> <i>Fr. Aldi liti e romani cit</i>., pag. 70.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note287">
-<p><span class="label"><a href="#tag287">287</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli-Coleti</span>. <i>Italia Sacra</i>, V, 707-08. Partizione delle decime
-fatta dal vescovo Rotaldo nell'813. Damus atque concedimus
-sanctae matriculari ecclesiae tres portiones decimarum, quae a fideli
-populo civitatis dantur; quartam pauperibus reservamus. Primo quidem
-omnium decimas, quae a populo civitatis dantur, omnibus canonicis
-communiter concedimus; deinde omnes decimationes que dantur
-ab hominibus habitantibus in Villa, que stat iuxta Portam Sancti
-Firmi largimur illi canonico qui subdiaconibus atque acolitis de
-secretario praeesse debet studio. Cunctas denique decimas, quae dantur
-a villanis indigenis, seu advenis habitantibus sive habitaturis in
-Villa S. Zenonis confessoris usque ad portam civitatis opportune septem
-subdiaconibus et totidem acolitis damus, exceptis tribus massariciis,
-quae in nostra potestate reservamus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note288">
-<p><span class="label"><a href="#tag288">288</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste città sono espressamente ricordate nell'atto di divisione
-di Carlo M. <i>Cfr. Capit. Reg. Franc.</i> ed. <span class="smcap">Boretius</span> in «Mon. Germ.
-Hist.» n. 45, c. 4, pag. 128.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note289">
-<p><span class="label"><a href="#tag289">289</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Brugi B.</span> <i>Le dottrine giuridiche degli agrimensori romani
-comparate a quelle del Digesto</i>, Verona-Padova, 1897.
-</p>
-
-<p>
-Per la Sardegna differenze notevolissime nella larghezza dell'<i>iter
-culturas accedentium</i>, dovute al permanere di preesistenti usi locali,
-sono state messe in rilievo dal <span class="smcap">Besta</span>, <i>Il diritto sardo nel medio evo</i>,
-Bari 1898, n. 141, pag. 85.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note290">
-<p><span class="label"><a href="#tag290">290</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il passo nel glossario del <span class="smcap">Du Cange</span> a q. v.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note291">
-<p><span class="label"><a href="#tag291">291</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Luchaire A.</span> <i>Les communes françaises à l'époque des Capétiens
-directs</i>. Paris. 1890. pag. 69-72.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note292">
-<p><span class="label"><a href="#tag292">292</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Huvelin P.</span> <i>Essai historique sur le droit des marchés et des foires</i>,
-Paris, 1897, pp. 188, e 200-01.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note293">
-<p><span class="label"><a href="#tag293">293</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il glossario del <span class="smcap">Du Cange</span> alla voce cit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note294">
-<p><span class="label"><a href="#tag294">294</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Luchaire A.</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 69.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note295">
-<p><span class="label"><a href="#tag295">295</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Mon. Hist. Patr.</i>, XIII, 1561.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note296">
-<p><span class="label"><a href="#tag296">296</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La prova e la confutazione di questa ipotesi non può esser
-data che dal materiale metrologico: si conoscono, infatti, tre specie
-di leghe; la <i>leuca mayor</i> di 2962 m., la <i>leuca minor</i> che misura solo
-2222 m., ed infine la <i>leuca gallica</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note297">
-<p><span class="label"><a href="#tag297">297</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In <span class="smcap">Mon. Germ. Hist</span>. <i>Capitul</i> ed. <span class="smcap">Boretius</span>. II. 125.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note298">
-<p><span class="label"><a href="#tag298">298</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Studi cit</i>., I, pag. 51.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note299">
-<p><span class="label"><a href="#tag299">299</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S'intende che io parlo del massaro come lavoratore e coltivatore
-della terra; non del servo, dello schiavo, incaricato dal padrone
-delle funzioni e dei lavori propri del massaro. Quest'ultimo non acquista
-mai la personalità giuridica, che è propria dell'altro, per quanto
-ne possa compiere tutte le mansioni. Tale distinzione è indispensabile
-per avere un'idea esatta di quelle classi rurali, a proposito delle
-quali e più specialmente del massaro è sorta, or non è molto, una
-proficua discussione fra l'<span class="smcap">Hartmann</span> (<i>Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens</i>,
-pag. 57-62) e il <span class="smcap">Solmi</span> (Rec. all'<span class="smcap">Hartmann</span> in «Riv. It. di Sociologia
-IX. 1905. pag. 15 dell'Estr.), alla quale ha preso parte anche il
-<span class="smcap">Volpe</span> (in «Studi Storici» dir. da A. Crivellucci. 1905, pag. 176-77).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note300">
-<p><span class="label"><a href="#tag300">300</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Pivano S.</span> <i>I contratti agrari in Italia nell'alto m. evo.</i> Torino.
-1904. pag. 314-15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note301">
-<p><span class="label"><a href="#tag301">301</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sulla tendenza comune nel basso impero, e continuata anche
-dopo, di rendere assoluti ed ereditari i vincoli dei lavoratori della
-terra e tutti i contratti relativi all'economia rurale cfr. <span class="smcap">Leicht</span> <i>Studi
-cit</i>, I, pag. 46-47.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note302">
-<p><span class="label"><a href="#tag302">302</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota 2 pag. 86.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note303">
-<p><span class="label"><a href="#tag303">303</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schiaparelli L.</span> <i>I diplomi di Ludovico III e di Rodolfo</i>. Roma,
-1908, n. XV, pag. 67.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note304">
-<p><span class="label"><a href="#tag304">304</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ed. in <span class="smcap">Mon. Hist. Patr.</span> vol. I. chartarum n. 87 col. 143-44.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note305">
-<p><span class="label"><a href="#tag305">305</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo è dimostrato dalla ripetizione, oltre che del <i>castrum
-vetus</i>, dei nomi dei servi. Tale ripetizione è stata rilevata anche dal
-<span class="smcap">Cipolla</span> (<i>Di Audace Vescovo di Asti e di due documenti inediti che
-lo riguardano</i> in «Miscellanea di Storia Italiana» vol. XXVII a. 1889
-pag. 183 nota 1) il quale, ritenendo che la condizione di <i>servientes</i> possessori
-di beni immobili sia contradetta dalla parola <i>massaritia</i>, che
-indica il manso e considerandola poco verosimile e conciliabile con
-la condizione nella quale appaiono trovarsi i servi, pensa che il diploma
-del 938 autorizzi senz'altro ad intendere che anche nel primo
-diploma si sia trattato di veri e propri servi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note306">
-<p><span class="label"><a href="#tag306">306</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tamassia</span> N. <i>Una professione di legge gotica cit</i>., pag. 6. Anche
-il <span class="smcap">Leicht</span> (<i>Studi cit.</i> I. pag. 104) riporta un documento lombardo dal
-quale si vede che vi erano beni comuni del <i>comitatus</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note307">
-<p><span class="label"><a href="#tag307">307</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schupfer Fr</span>. <i>Il diritto privato dei popoli germanici</i>, vol. I. pagina
-42 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note308">
-<p><span class="label"><a href="#tag308">308</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mayer</span>. <i>Ital. Verfass cit</i>., I, pag. 281. <span class="smcap">Solmi</span>. <i>Storia cit.</i> pag. 188.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note309">
-<p><span class="label"><a href="#tag309">309</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Kandler</span>. <i>Cod. diplom. istriano</i> n 804, riportato dal <span class="smcap">Roberti</span>,
-dal <span class="smcap">Finocchiaro-Sartorio</span> e dallo <span class="smcap">Schupfer</span>. Cfr. anche <span class="smcap">Waitz</span>. <i>Die
-deutsche Verfassungsgeschichte</i>. II. 1883. pag. 490-92.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note310">
-<p><span class="label"><a href="#tag310">310</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo <span class="smcap">Schupfer</span>. (<i>Dir. priv. cit</i>. I. pag. 64 e 66) veramente crede
-che la natura del diritto dei cittadini sia puramente d'uso, di fronte
-alla proprietà eminente del sovrano, il quale può disporre di questi
-beni senza commettere un arbitrio; ma tale sua concezione è così
-intimamente legata all'affermazione dell'esistenza di forme economiche
-collettivistiche presso i Langobardi, dopo la loro discesa in Italia,
-che non può non risentirsi dei gravi colpi portati a quest'ultima, sopra
-tutti dal <span class="smcap">Leicht</span> e dal <span class="smcap">Solmi</span>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note311">
-<p><span class="label"><a href="#tag311">311</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Paul. Diac.</span> <i>Hist. Langub.</i> V. 36.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note312">
-<p><span class="label"><a href="#tag312">312</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ficker</span> <i>J. Forschungen zur Reichs und Rechtsgeschichte Italiens</i>.
-IV. Innsbruch 1874, n. 27, pag. 35.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note313">
-<p><span class="label"><a href="#tag313">313</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Die Urkunden Otto d. III.</i> ed. cit. n. 53 pag. 456-7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note314">
-<p><span class="label"><a href="#tag314">314</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Ant. Ital.</i> Diss. VIII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note315">
-<p><span class="label"><a href="#tag315">315</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronaca piacentina</i>, ad an. ediz. <span class="smcap">Borra</span>. Parma 1862.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note316">
-<p><span class="label"><a href="#tag316">316</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A. 1037. <span class="smcap">Odorici</span>. <i>Storie bresciane</i> vol. V. pag. 50. e <span class="smcap">Gradonicus</span>
-I. H. <i>Pontificum brixianorum series commentario historico illustrata</i>.
-Brescia, 1755, pag. 159.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note317">
-<p><span class="label"><a href="#tag317">317</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>Ital. Sacra</i> Vol. V, col. 712. a. 1178.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note318">
-<p><span class="label"><a href="#tag318">318</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche il documento veronese chiama <i>communis</i> la <span class="smcap lowercase">CAMPANEA</span>:
-ma bisogna pensare che siamo in epoca in cui, il comune essendo
-già formato, ogni terra non appartenente a singoli è <i>communis</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note319">
-<p><span class="label"><a href="#tag319">319</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XIII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note320">
-<p><span class="label"><a href="#tag320">320</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Roth H.</span> <i>Geschichte des Benefizialwesens</i>. Erlangen. 1850, pagine
-374-75.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note321">
-<p><span class="label"><a href="#tag321">321</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht</span> P. S. <i>Ricerche sull'arimannia</i> cit., pag. 9 e segg. in
-<i>Studi e Frammenti</i>. Udine 1903.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note322">
-<p><span class="label"><a href="#tag322">322</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Checchini A</span>. <i>I fondi militari romano-bizantini considerati in
-relazione con l'arimannia</i> in «<i>Archivio Giuridico F. Serafini</i>» 1900.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note323">
-<p><span class="label"><a href="#tag323">323</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Infatti in tutto il primo capitolo non ricorda che i <i>bona vacantia</i>
-e quelli confiscati per legge ai proscritti ed ai condannati per
-nozze incestuose e per crimine di lesa maestà; ed i <i>palatia</i> nelle città
-consuete (in civitatibus consuetis).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note324">
-<p><span class="label"><a href="#tag324">324</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Enrico IV parla di <i>arimanniam eiusdem civitatis</i> (Padova) <i>omnemque
-districtum ac quicquid ad imperialem potestatem pertinet</i>. Berengario
-I chiama la terra arimannica <i>terram juris regni nostri</i>. Cfr.
-<span class="smcap">Checchini</span>, <i>loc. cit.,</i> pag. 462.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note325">
-<p><span class="label"><a href="#tag325">325</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Ricerche cit.</i> e <i>Studi cit.,</i> vol. I, pag. 41-42.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note326">
-<p><span class="label"><a href="#tag326">326</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Checchini A.</span> <i>I fondi militari etc.</i> pag. 461-62.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note327">
-<p><span class="label"><a href="#tag327">327</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i>, II, pag. 92. Ma al Leicht non è sfuggita
-l'impossibilità del rude Stato germanico a costituire rapporti
-così complicati come quelli dell'arimannia. Egli ha pensato che essi
-ne fossero già compenetrati nel loro diritto nazionale: ed a questo
-è arrivato perchè crede che l'ordinamento militare bizantino abbia
-avuto una notevole influenza su quello langobardo (pag. 88) e da ciò
-sieno derivati dei punti di identità.
-</p>
-
-<p>
-A me, come dico, pare si tratti di semplici analogie spiegabili
-con i punti a comune di due civiltà una all'inizio e l'altra all'occaso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note328">
-<p><span class="label"><a href="#tag328">328</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Loc. cit.</i>, pag. 443-44. La stessa tesi riguardo alle concessioni
-di terre fatta da Genserico ai suoi vandali, è sostenuta dal <span class="smcap">Martroye</span>
-(<i>Genséric, la conquête vandale en Afrique et la destruction de l'empire
-d'occident</i>. Paris 1907, pag. 297 e segg.) e dal <span class="smcap">Roberti</span> (<i>Arimannie
-vandaliche in Africa</i> in «Studi in onore di <span class="smcap">F. Ciccaglione</span>. Catania,
-1909, vol. I, pag. 103 e segg.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note329">
-<p><span class="label"><a href="#tag329">329</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Loc. cit</i>., pag. 466-67.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note330">
-<p><span class="label"><a href="#tag330">330</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. It.</i> Diss. XIII. Cfr. anche <span class="smcap">Pivano S.</span> <i>Stato e
-Chiesa in Italia da Berengario I ad Arduino</i>. Torino 1908, pag. 20.
-Il <span class="smcap">Muratori</span> dètte di questo diploma — è vero — un'interpetrazione
-estensiva che in realtà esso non ha, essendo rilasciato al solo vescovo
-di Arezzo e non a tutti i vescovi d'Italia, come egli pensò.
-Ma non mi sembra onesto — però — tacere che i diplomi dello stesso
-imperatore a Cremona (<span class="smcap">Pivano</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 21) e a Verona (<span class="smcap">Ughelli</span>,
-<i>loc. cit.</i>, V, col. 724), con formulario identico a questo, dimostrano una
-volta di più la sicurezza d'intuito di lui, che, partendo da un punto,
-che, considerato isolatamente, è inesatto, emetteva tuttavia un giudizio
-in complesso vero e sicuro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note331">
-<p><span class="label"><a href="#tag331">331</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cito l'ed. del <span class="smcap">Pasqui U</span>. <i>Documenti per la storia di Arezzo</i>, Firenze,
-1899, n. 49, pag. 71-72.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note332">
-<p><span class="label"><a href="#tag332">332</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Böhmer</span>, <i>Acta Imperii Selecta</i>, vol. I. Insbruch. 1870, n. 63, pag. 60.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note333">
-<p><span class="label"><a href="#tag333">333</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII. col. 736.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note334">
-<p><span class="label"><a href="#tag334">334</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id</span>. <i>Ibid</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note335">
-<p><span class="label"><a href="#tag335">335</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. bergam</i>., II, pag. 1169-70, cit. dal <span class="smcap">Checchini</span>,
-pag. 461.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note336">
-<p><span class="label"><a href="#tag336">336</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cit. dal <span class="smcap">Checchini</span>, pag. 462.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note337">
-<p><span class="label"><a href="#tag337">337</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Leg. Lang. Guido 3. Nemo comes neque loco eius positus neque
-sculdasius ah arimannis suis <i>aliquid per vim exigant praeter</i> <span class="smcap lowercase">QUOD
-COSTITUTUM LEGIBUS EST.</span>
-</p>
-
-<p>
-Doc.<sup>to</sup> dell'a. 937 riportato dal <span class="smcap">Ducange</span>: de villa Raucho et de
-omnibus arimannis in ea morantibus <i>omniaque districtionem omnemque
-publicam functionem et querimoniam quam</i> <span class="smcap lowercase">ANTEA</span> <i>publicus nosterque
-missus facere consueverat</i>... custodiant et observent. Cfr anche
-<span class="smcap">Savigny C. F.</span> <i>Storia del dir. rom. nel m. e.</i> Trad. ital., I, Firenze 1844,
-pag. 135-148. Cfr. anche il diploma di Federigo I al comune di Ferrara
-dal 1164, in <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XLVIII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note338">
-<p><span class="label"><a href="#tag338">338</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Ricerche cit</i>., pag. 8-9</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note339">
-<p><span class="label"><a href="#tag339">339</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Schupfer</span>. <i>Il dir. priv. cit.</i>, I, pag. 67 e segg. e II, pag. 91;
-<span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i>, III, pag. 35 e segg. <span class="smcap">Vaccari P.</span> <i>Ricerche di storia
-giuridica</i>, Pavia 1907, pag. 3-43. <i>Il colonato romano e l'invasione long.</i>
-Cfr. però per lo stato personale le giuste osservazioni del <span class="smcap">Leicht</span>.
-<i>Studi cit.</i>, II, pag. 108, oltre a ciò che ne dice nel vol. I, pag. 51 e segg.
-</p>
-
-<p>
-Vedi il bel documento del 746. <span class="smcap">Troya.</span> <i>Cod. Dipl. Lang.</i>, n. 594,
-e le osservazioni del <span class="smcap">Tamassia</span>. <i>Fidem facere</i> e <i>manum facere</i> in
-«Arch. giurid.», 1903, pag. 536 e segg.
-</p>
-
-<p>
-Noti documenti (<span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. Dipl. Lang.</i>, n. 480 e <i>Reg. farf.</i>, n. 16
-e 35) mostrano concessioni regie di una terra con facoltà di alienazione
-e di permuta, senza perdita da parte del sovrano dell'alto diritto
-sulla terra stessa. Al re, infatti, è dovuto sempre il pagamento
-del canone stabilito col primo cessionario e, qualche volta, anche la
-facoltà di sostituire una terra diversa a quella già concessa.
-</p>
-
-<p>
-È un'altra prova dei tratti comuni che hanno due civiltà in condizioni
-opposte.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note340">
-<p><span class="label"><a href="#tag340">340</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i documenti riportati dal <span class="smcap">Pertile</span>. <i>loc. cit.</i>, III, pag. 38.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note341">
-<p><span class="label"><a href="#tag341">341</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ricerche cit.</i>, pag. 15-17.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note342">
-<p><span class="label"><a href="#tag342">342</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XLV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note343">
-<p><span class="label"><a href="#tag343">343</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note344">
-<p><span class="label"><a href="#tag344">344</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Mem. e Doc. p. la storia di Lucca</i>, IV, ed. <span class="smcap">Bertini</span>. Lucca, 1818,
-pag. 309. Lo stesso nel documento lucchese dell'819, edito dal <span class="smcap">Muratori</span>.
-<i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note345">
-<p><span class="label"><a href="#tag345">345</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid.</i>, <span class="smcap">Id.</span>, vol. IV, pag. 309.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note346">
-<p><span class="label"><a href="#tag346">346</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Della Rena C.</span> <i>Storia degli antichi duchi e marchesi di Toscana.</i>
-Firenze, 1690-1764, vol. III, pag. 41. Per la data cfr. <span class="smcap">Overmann</span>,
-<i>Gräfin Mathilde von Tuscien</i>, Innsbruck, 1895, pag. 156.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note347">
-<p><span class="label"><a href="#tag347">347</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note348">
-<p><span class="label"><a href="#tag348">348</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note349">
-<p><span class="label"><a href="#tag349">349</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Le diete imperiali di Roncaglia e la navigazione del
-Po presso Piacenza</i>. Estr. dall'Archiv. Stor. per le Prov. Parmensi.
-N. S. vol X, 1910, cfr. pag. 20-21 e 31-32; in cui sintetizza il sistema
-cui dette il nome nel lavoro sulle associazioni.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note350">
-<p><span class="label"><a href="#tag350">350</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Darmstädter</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 7. Alboino occupò i castelli di Verona
-e di Pavia; Liutprando ed Astolfo i palazzi bizantini di Ravenna.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note351">
-<p><span class="label"><a href="#tag351">351</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ne offre esempio sicuro la Legge Salica (<i>Tit</i>. XLV <i>De migrantibus</i>).
-Leggi e documenti provano che anche presso i Langobardi
-ebbe vigore lo stesso sistema.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note352">
-<p><span class="label"><a href="#tag352">352</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Salvioli G.</span> <i>Città e campagne</i> cit., I.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note353">
-<p><span class="label"><a href="#tag353">353</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. dipl. lang.</i>, n. 812, a. 764, n. 671, a. 753, e <span class="smcap">Chroust</span>,
-<i>Untersuchungen über die langob. Konigsurkunden.</i> Graz. 1888, n. 15,
-pag. 204 e n. 20 pag. 181.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note354">
-<p><span class="label"><a href="#tag354">354</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capitulare ital. Capitula Pippini</i> 4, 19, ed. <span class="smcap">Padelletti</span> pag. 368
-e 373, e <i>Capit. Papiense</i>, 787, oct. c. 9, ed. <span class="smcap">Boretius</span>. n. 94, pag. 199,
-e <i>Capit. Hlotarii</i>, a. 832, c. 7. <i>Capit. Hludov.</i>, II. a. 850, c. 7 e 8.
-<i>Capit. C. Pap., Capit. Hludov.</i>, a. 850 c. 6 e 3, per i palazzi imperiali
-in città.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note355">
-<p><span class="label"><a href="#tag355">355</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epist. ad Pippinum filium,</i> a. 807. <i>Capitulare italicum. Capitula
-Karoli Magni</i>, 142, ed. <span class="smcap">Padelletti</span> pag. 365-66. e <span class="smcap">Odorici</span>. <i>Storie bresciane,</i>
-vol. III, Cod. diplom.. 17 apr. 761. n. XXI, pag. 39. «intra muros
-civitatis brixiane prope portam mediolanensem <i>loco</i> qui dicitur
-<i>Parevaret</i>».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note356">
-<p><span class="label"><a href="#tag356">356</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Cod. Just. XI.</i> 74. 4. <span class="smcap">Onorio</span> e <span class="smcap">Teodosio</span>, a. 423. Che queste
-angarie conservino anche nel secolo nono il significato, il valore e la
-natura di imposizioni pubbliche è luminosamente dimostrato dal diploma
-dell'882 al vescovo di Reggio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note357">
-<p><span class="label"><a href="#tag357">357</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Troya</span>. <i>Cod. dipl. lang.</i>, n. 566, ripubblicato dall'<span class="smcap">Hartmann</span>.
-<i>Zur Wirtschaftsgeschichte Italiens in frühen Mittelalter. Analekten.</i>
-Gotha, 1904, pag. 125.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note358">
-<p><span class="label"><a href="#tag358">358</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span>. <i>Italia Sacra</i>, VIII, col. 32.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note359">
-<p><span class="label"><a href="#tag359">359</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>., V, col. 711.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note360">
-<p><span class="label"><a href="#tag360">360</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XXXI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note361">
-<p><span class="label"><a href="#tag361">361</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ficker</span>. <i>Forschungen cit.</i>, IV, n. 81, pag. 124.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note362">
-<p><span class="label"><a href="#tag362">362</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XLV. Questi due documenti sono
-relativamente tardi, ma la nota ostilità di alcuni dei re Franchi e dei
-re d'Italia contro l'episcopato toscano (Cfr. <span class="smcap">Leicht</span>, <i>Studi cit.</i>, II.
-pag. 109) spiega perchè questi oneri perdurassero ivi più a lungo che
-altrove.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note363">
-<p><span class="label"><a href="#tag363">363</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Pertile</span><sup>2</sup>. <i>loc. cit.</i> VI. 1. pag. 29 nota 11.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note364">
-<p><span class="label"><a href="#tag364">364</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tamassia N</span>. <i>Le associazioni in Italia nel periodo precomunale</i>,
-Estr. dall'Archivio Giuridico, 1898, fasc. 1, pag. 16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note365">
-<p><span class="label"><a href="#tag365">365</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Id. <i>ibid</i>., pag. 15-16.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note366">
-<p><span class="label"><a href="#tag366">366</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Solmi A</span>. <i>Per la storia delle associazioni nell'alto m. evo</i>, Estr.
-dall'Archivio Giuridico, 1899, fasc. 1, pag. 7-8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note367">
-<p><span class="label"><a href="#tag367">367</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Id. <i>ibid</i>, pag. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note368">
-<p><span class="label"><a href="#tag368">368</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod.</i> <i>dipl.</i> <i>Lang.</i>, (<span class="smcap">Troya</span>), n. 765, a. 761.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note369">
-<p><span class="label"><a href="#tag369">369</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. <i>loc</i>. <i>cit</i>., V, col. 708, a. 813. De vestimentis que de
-<i>Pisile</i> veniunt, vel <i>Ginicro</i> decimam partem. Il pisele ed il gineceo
-sono elementi ben noti del sistema curtense.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note370">
-<p><span class="label"><a href="#tag370">370</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Voigt K</span>. <i>Die königlichen Eigenklöster in Langobardenreiche</i>
-Gotha 1908.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note371">
-<p><span class="label"><a href="#tag371">371</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>loc</i>. <i>cit</i>., II, pag. 69-70, a. 895.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note372">
-<p><span class="label"><a href="#tag372">372</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 852, 19 ottobre,.... ut annis singulis ad predictam parte
-nostre hecclesie reddere debeatis pro ipso monasterio vestitum unum
-bonum caprenum sicuti ipso monasterio in parte palatii consuetus
-fuit et ipse dominus imperator nobis concessit. <span class="smcap">Lami</span>. <i>Sanctae ecclesiae
-Florentinae Monumenta</i>. Firenze, 1758 II, 968.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note373">
-<p><span class="label"><a href="#tag373">373</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 1048 circa. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq</i>. <i>Ital</i>., Diss. LVI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note374">
-<p><span class="label"><a href="#tag374">374</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht</span>. <i>Studi cit</i>., I, pag, 22. Cfr. anche Solmi. <i>loc</i>. <i>cit</i>., pagina
-100.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note375">
-<p><span class="label"><a href="#tag375">375</a>.&nbsp;&nbsp;</span>c. 340.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note376">
-<p><span class="label"><a href="#tag376">376</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cod. Theod. IV, 8, 5 e <i>Cod</i>. <i>Just</i>. VII, 16, circumductio.... circumlustratis
-<i>provinciae populis</i> e <i>Cod</i>. <i>Theod</i>. <i>Nov</i>. <i>Valentin</i>. X. in fine.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note377">
-<p><span class="label"><a href="#tag377">377</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'abate Teofrido nel suo discorso «De SS. Reliquiis» parla dei
-<i>singuli</i>.... <i>civitatum populi</i> a cui le reliquie furono concesse in conforto
-(in solatium). Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Anecdota</i>, I, Milano 1697, pag. 8,
-nel commento al v. 45 del Natale XI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note378">
-<p><span class="label"><a href="#tag378">378</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod</i>. <i>Theod</i>., XII, 12, 16, a. 426. Teodosio e Valentiniano parlano
-dei «civitatum postulata, decreta urbium, desideria populorum».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note379">
-<p><span class="label"><a href="#tag379">379</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod</i>. <i>Theod</i>., IX, 33, I. Si quis.... suscipere <i>plebem</i>.... temptaverit.
-E l'<i>Interpr</i>.: Si quis <i>populum</i> ad seditionem concitaverit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note380">
-<p><span class="label"><a href="#tag380">380</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tale è il caso di Cremona, Sospiro, Bergamo etc. Cfr. più avanti
-pag. 143.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note381">
-<p><span class="label"><a href="#tag381">381</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. specialmente <i>Capit</i>. <i>Ital</i>. <i>Lud</i>. P. 35. 36.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note382">
-<p><span class="label"><a href="#tag382">382</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Piacenza, come si è veduto, la <i>pensio</i> del sapone grava su
-tutta la città. Lo stesso avviene per imposizioni varie in altre città:
-così a Cremona sono tutti gli abitanti (... Rothecarius, Dodito, Gudipertus
-<i>et ceteri habitatores</i>) che al placito di Lodovico II., tenuto a
-Pavia nell'851-52, accusano il vescovo di violenze e soprusi contro
-le loro navi.
-</p>
-
-<p>
-E non si può supporre che tutti i cremonesi esercitassero il commercio
-fluviale: come non si può ammettere che tutti gli abitanti di
-Benevento fossero costretti alle prestazioni che un bel documento, che
-avrò modo di illustrare trattando delle divisioni cittadine interne,
-mostra gravare sulla città considerata nel suo complesso.
-</p>
-
-<p>
-E lo stesso concetto domina anche per i minori centri locali. Re
-Astolfo nel luglio del 755 conferma alla Basilica di S. Lorenzo presso
-Bergamo la <i>casam tributariam</i> donatale già dal re Ariperto e aggiunge
-la concessione di <i>omnes scuvies et utilitates quas homines exinde
-in puplico habuerunt consuetudinem faciendum excepto quando utilitas
-fuerit cesas faciendum ubi consuetudinem habuerunt. Nam ab aliis
-scuvies et utilitatibus puplicis quieti permaneant</i> (<i>Cod</i>. <i>dipl</i>. <i>lang</i>., <span class="smcap">Troya</span>
-IV, 4, n. 693).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note383">
-<p><span class="label"><a href="#tag383">383</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Decretio Clotharii regis nel Pactus pro tenore pacis domnorum
-Childeberti et Chlotarii regum</i> (ed. <span class="smcap">Boretius</span> in <i>Monum. Germ.
-Hist. Capitularia regum francorum</i>, I, 1), cap. 9: «Decretum est ut
-qui ad vigilias constitutas nocturnas fures non caperent eo quod
-per diversa intercedente conludio scelera sua pretermissas custodias
-exercerent, centenas fierent. In cuius centena aliquid deperierit, capitale
-qui perdiderit recipiat, et latro, vel si in alterius centenam
-appareat deduxisse et ad hoc admonitus si neglexerit, quinos solidos
-condempnetur; capitalem tamen qui perdiderat, ad cetena illa accipiat
-absque dubio, hoc est de secunda vel tertia».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note384">
-<p><span class="label"><a href="#tag384">384</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota 3 pag. 128.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note385">
-<p><span class="label"><a href="#tag385">385</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just</i>. XII. 41. 5. a. 413.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note386">
-<p><span class="label"><a href="#tag386">386</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sino dal tempo romano il sistema fiscale legava tutti gli abitanti
-alla terra e questa, distinta nelle singole divisioni territoriali,
-alla città che si trovava a capo di ognuna di esse (cfr. infatti il libro
-X del <i>Cod. Just.</i>; la massima parte delle disposizioni del quale
-ebbe sicuramente applicazione in Italia per essere stata compresa nel
-<i>Cod. Theod</i>.); ma non separò la città dal <i>suburbium</i>, nè confuse quest'ultimo
-con il territorio circostante.
-</p>
-
-<p>
-Un passo che calza perfettamente a questo proposito ci è fornito
-da <span class="smcap">Gregorio di Tours</span>, il noto vescovo e storico del secolo
-sesto. Egli narra (<i>In gloria confessorum liber</i>. cap. 62. — ed. <span class="smcap">Arndts</span>
-e <span class="smcap">Krusch</span> nei «Mon. Germ. Hist.» <i>Scriptores rer. meroving.</i> I. pagina
-784) che l'imperatore romano Leone, richiestone da un arcidiacono,
-che gli aveva guarita la figlia; concesse alla città di Lione l'esenzione
-dal <i>tributum</i> dovutogli <i>in tertio circa muros miliario civitatis</i>.
-Anche a dubitare (e non sarebbe punto fuor di luogo) che l'origine
-del privilegio lionese sia proprio dovuta al fatto narrato da Gregorio
-di Tours; non si può ragionevolmente dubitare che, almeno ai suoi
-tempi, Lione godesse di tale esenzione e da epoca abbastanza remota;
-perchè, continuando la sua narrazione, egli aggiunge: <i>unde usque
-hodie circa muros urbis illius in tertio miliario tributa non reddentur
-in publico</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ammesso pure, in ipotesi, che la concessione non risalisse al tempo
-romano — e non c'è ragione di credere che ciò non sia potuto avvenire — è
-indubitabile che una distinzione precisa, in materia di
-imposte, della città e del suo suburbio dal territorio circostante, quale
-Gregorio di Tours ci fa vedere, non sarebbe stata possibile se non
-avesse avuto a base un precedente stato di fatto e di diritto vigorosamente
-stabilito, nettamente applicato e comunemente usato. Basti
-solo pensare che l'estensione della zona riconnessa alla città è
-così vasta — tre miglia — da non poter presentare caratteri e dati
-di fatto capaci di servire ad una delimitazione dal rimanente e che
-Gregorio di Tours rileva la peculiare condizione di Lione e del suburbio
-che sono esenti dal tributo; ma non accenna affatto come
-strano il caso che l'immunità finanziaria, concessa al centro murato,
-si estenda per un certo ambito determinato anche al di fuori. Per le
-tre miglia v. pag. 96.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note387">
-<p><span class="label"><a href="#tag387">387</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La πςοτίμησις aveva preparato il terreno alla coattiva unione di
-terre e di persone per il pagamento delle imposte. Cfr. <span class="smcap">Tamassia</span> N.
-<i>Il diritto di prelazione e l'espropriazione forzata negli statuti dei comuni
-italiani</i> in «Archivio giuridico» 1885 vol. XXXV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note388">
-<p><span class="label"><a href="#tag388">388</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Accanto ai gruppi arimannici, i quali costituirono una lunga
-catena serpeggiante lungo la spina centrale della conquista langobarda
-(Cfr. anche <span class="smcap">Leicht</span> <i>Studi cit.</i>, II, pag. 89); ebbe sicuramente
-vita l'elemento militare indipendente, basato senza dubbio sulla terra,
-ma non vincolato inesorabilmente ad una determinata terra, come
-gli arimanni; e che li superò di importanza e di numero. All'individualismo
-germanico ripugna tanto la costrizione, che io ritengo che
-l'arimanno, inteso come colui cui è concessa la terra specificatamente
-detta arimannia, sia ben differente dal vero e proprio esercitale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note389">
-<p><span class="label"><a href="#tag389">389</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Brescia, per esempio, fu prediletta dai nobili Langobardi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note390">
-<p><span class="label"><a href="#tag390">390</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bergamo fu pure un centro favorito dai Langobardi. Cfr. <span class="smcap">Schupfer</span>.
-<i>Istituz. cit.</i>, pag. 152.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note391">
-<p><span class="label"><a href="#tag391">391</a>.&nbsp;&nbsp;</span>E così si spiega perchè nei documenti non si parli mai di <i>tertiae</i>
-e di terze parti fatta eccezione di quei <i>tertiatores</i> della Liburia
-che è stato dimostrato essere un caso speciale e singolarissimo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note392">
-<p><span class="label"><a href="#tag392">392</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dipl. lang.</i> (<span class="smcap">Troya</span>), n. 401.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note393">
-<p><span class="label"><a href="#tag393">393</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid</i>. (Id.), n. 479.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note394">
-<p><span class="label"><a href="#tag394">394</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid</i>. (<span class="smcap">Id</span>.), n. 431. A questi <i>notai della città</i> si possono aggiungere
-pure <i>Arioald notarius de Mantua</i> (<i>Cod. Dipl. Lang.</i> — <span class="smcap">Porro</span> — n.
-93. a. 818) e <i>Gisulfus notarius brixianus</i> (<i>Ibid</i>. — <span class="smcap">Id</span>. — n. 270 a. 877).
-</p>
-
-<p>
-Vedi anche il placito tenuto a Trento nell'845 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq.
-Ital.</i>, Diss. XXI) dai messi dell'imperatore e del duca Liutfredo;
-la «paginam judicati» è stesa da <i>Grimoaldus notarius civitatis Tridentine</i>.
-Un documento dell'anno 769 (<i>Cod. Dipl. Lang.</i> — <span class="smcap">Porro</span> — n.
-39) ci fa conoscere anche <i>Thomas subdiaconus notarius sancte ticinensis
-ecclesie.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note395">
-<p><span class="label"><a href="#tag395">395</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Non menziono il <i>receptor</i> perchè l'unico esempio di esso (<i>Cod.
-dipl. lang</i>., ed. <span class="smcap">Troya</span>, n. 453; ed. <span class="smcap">Porro</span>, col. 16, n. IV, a. 725) è dovuto
-ad un errore di lettura e di interpetrazione. Lo <span class="smcap">Schiaparelli</span>
-(in «Archiv. Stor. Ital.» sez. V, to. XLIII, pag. 166, nota 3 e tomo
-XLVIII, pag. 196, nota 1) ha dimostrato che l'abbreviatura, che ricorre
-anche in altre carte langobarde, è «reg p» e va sicuramente
-sciolta «reg(ia) p(otestas)»; il passo relativo del documento citato
-deve, quindi, esser restituito «notarius reg(iae) p(otestatis)».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note396">
-<p><span class="label"><a href="#tag396">396</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli-Coleti</span>. <i>loc. cit.</i>, V, Col. 711.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note397">
-<p><span class="label"><a href="#tag397">397</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Hegel C.</span> <i>Storia della costituzione dei municipi italiani</i>, trad. Corti.
-Milano 1861, pag. 881, nota 4.
-</p>
-
-<p>
-Però non ne fa alcun uso per lo studio della costituzione cittadina.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note398">
-<p><span class="label"><a href="#tag398">398</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Nobili e popolani in una piccola città dell'alta
-Italia</i>, Rec. al lavoro del <span class="smcap">Patetta</span> sullo stesso titolo. Estr. dall'«Archivio
-Giuridico», 1904, pag. 6.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note399">
-<p><span class="label"><a href="#tag399">399</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mayer E.</span> <i>Ital. Verfassungsg. cit.</i>, I, pag. 413.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note400">
-<p><span class="label"><a href="#tag400">400</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il documento parla di <i>vicarius civitatis</i> al tempo langobardo,
-mentre le fonti non chiamano mai con simile termine chi è a capo
-di una città. Non mi pare azzardato pensare che l'autore della <i>notitia</i>,
-che scriveva in tempo franco, abbia usato il termine adoperato
-dai Franchi, ignorando l'altro. Importante è che sia vero il fatto
-della controversia e la sua risoluzione. E questo è sicuro. Anche il
-<span class="smcap">Cipolla</span> (<i>Fonti edite della storia della regione veneta dalla caduta dell'impero
-romano fino alla fine del secolo X.º</i> in «Monumenti Storici
-pubblicati dalla R. Deput. Ven. di Stor. Patr.» vol. VIII. S. IV. vol. II.
-Venezia 1888, n. 56 pag. 80) dà conto di questo documento senza accenno
-alcuno alla possibilità di un dubbio sulla sua autenticità.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note401">
-<p><span class="label"><a href="#tag401">401</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod</i>., V, 1, 32, <span class="smcap">Arcadio Onorio Eusebio</span>, a. 395.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note402">
-<p><span class="label"><a href="#tag402">402</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i>, VIII, 11, 11.
-</p>
-
-<p>
-Tracce di questa tripartizione si trovano anche nelle città tedesche
-di origine romana.
-</p>
-
-<p>
-Nel diploma con il quale nel 1120 Bertoldo duca di Zaringia <i>in
-loco proprii fundi sui Friburc, secundum jura Coloniae liberam constituit
-fieri civitatem</i> è stabilita la seguente disposizione:
-</p>
-
-<p>
-«Quicumque carens herede legitimo friburc moritur, omnia sua
-bona XXIV consules diem et annum in sua tenebunt potestate: si
-autem nullus heredum suorum venerit, una pars pro remedio animae
-suae, altera domino, <i>tertia dabitur ad munitionem civitatis</i>. (Cfr. <span class="smcap">Eichhorn</span>.
-<i>Ueber den Ursprung der städtischen Verfassung in Deutschland</i>.
-in «Zeitschrift für geschicht. Rechtswissenschaft» 1815, II, nota 175).
-E Colonia — lo dichiarano apertamente i suoi statuti (Cfr. <span class="smcap">Eichhorn</span>.
-loc. cit., nota 204) — aveva l'<i>jus italicum</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note403">
-<p><span class="label"><a href="#tag403">403</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Boretius</span>. <i>Capit. Reg. Franc.</i> I. 1. n. 105 pag. 216.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note404">
-<p><span class="label"><a href="#tag404">404</a>.&nbsp;&nbsp;</span>VIII, 11, 10.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note405">
-<p><span class="label"><a href="#tag405">405</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli-Coleti</span><sup>2</sup>, <i>loc. cit.</i>, VIII, col. 32.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note406">
-<p><span class="label"><a href="#tag406">406</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capitulare mantuanum secundum generale</i> c. 7. ed. <span class="smcap">Boretius</span>
-loc. cit. n. 93 pag. 197.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note407">
-<p><span class="label"><a href="#tag407">407</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Langobardi, dopo la vittoriosa discesa di Carlo Magno, passarono
-sotto la corona dei re franchi; ma, come è noto, non entrarono
-a far parte del regno e si mantennero separati ed, in certo
-grado, autonomi. Dal momento che i capitolari franchi parlano a
-questo proposito di <i>antiqua consuetudo,</i> non si può dubitare che essi
-attuassero in Italia quel sistema che avevano adoperato i Langobardi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note408">
-<p><span class="label"><a href="#tag408">408</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capitula italica</i> c. 3. ed. <span class="smcap">Boretius</span> loc. cit. pag. 216.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note409">
-<p><span class="label"><a href="#tag409">409</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">P. Diacono</span>. <i>Hist. Lang.</i>, IV, 29.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note410">
-<p><span class="label"><a href="#tag410">410</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da tutta la narrazione di P. Diacono e dal complesso delle
-notizie che abbiamo della conquista langobarda, appare come cosa
-eccezionale e dovuta a specialissime condizioni strategiche l'occupazione
-del territorio di Cremona fatta dai conti di Bergamo e di Brescia
-e si ha quindi una riprova del fatto che i Langobardi come sistema,
-si servirono delle divisioni territoriali preesistenti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note411">
-<p><span class="label"><a href="#tag411">411</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Solmi</span>. <i>Le diete di Roncaglia cit.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note412">
-<p><span class="label"><a href="#tag412">412</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Böhmer</span>. <i>Regesta Carolinorum</i>. Frankfurt, 1831 pag. 630.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note413">
-<p><span class="label"><a href="#tag413">413</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Memorie e Documenti per servire all'istoria del ducato di Lucca.</i>
-V. p. II, Lucca 1827, n. 30.
-</p>
-
-<p>
-Questo Gaudenzio, ricordato in molti documenti, è detto in uno
-del 746 (<i>ibid</i>., n. 33) <i>magister</i>: probabilmente della <i>schola</i> vescovile
-lucchese perchè è un chierico che lo chiama così; infatti l'atto dice:
-«Ego Perteradus clericus ex dectato <i>Gaudentio presbitero magister
-meo iscripsi</i>».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note414">
-<p><span class="label"><a href="#tag414">414</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Non mi pare che questo concetto sia stato applicato nè dal
-<span class="smcap">Liebe</span> <i>G. Die Städte des Mittelalters und die Kirche</i> in «Neue Jahrb.
-für d. klass. Altertum» 1901, to. VII-VIII, 3.; nè da altri.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note415">
-<p><span class="label"><a href="#tag415">415</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa mi sembra sia stata la ragione del fatto rilevato già
-da tempo (cfr. <span class="smcap">Muratori</span> L. A. <i>Liturgia romana vetus tria sacramentaria
-complectens etc</i>. nella «Raccolta delle opere minori», Napoli,
-1760, to. 11, pag. 2-3) ma non spiegato.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note416">
-<p><span class="label"><a href="#tag416">416</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>concil. veneticum</i> (presso Tours) a. 461, c. 15, ed. <span class="smcap">Labbé-Mansi</span>.
-<i>cit.</i>, vol. IV, col. 1057; <i>concil. agathense</i>, a. 506, c. 30, ibid.,
-IV, col. 1368; <i>concil. epaonense</i>, a. 571, c. 27, ibid., IV, col. 1570.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note417">
-<p><span class="label"><a href="#tag417">417</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>concil. gerundense</i>, a. 517, c. 1. ed. cit., IV, col. 1568; <i>concil.
-toletanum</i>., IV, a. 633, c. 3, ibid., V, col. 1700; <i>concil. bracarense</i>,
-I, a. 563, c. 19-23, ibid., V, col. 838.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note418">
-<p><span class="label"><a href="#tag418">418</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Harnack</span>. <i>Die quellen der sogenannten apostolischen Kirchenordnung</i>,
-Leipzig, 1886, pag. 98 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note419">
-<p><span class="label"><a href="#tag419">419</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. su questo punto <span class="smcap">Duchesne</span> L. <i>Les origines du culte chrétien</i>,
-Paris, 1902; <span class="smcap">Phebei F. A.</span> <i>De variis ecclesiae liturgiis et de liturgia
-latina</i>; <span class="smcap">Mabillon J</span>.<i> De liturgia gallicana etc.</i> Lutetiae Parisiorum,
-1685; <span class="smcap">Migne J. P.</span> <i>Origines et raison de la liturgie catholique</i>
-etc., Paris, 1844; <span class="smcap">Gerbert P. M.</span> <i>De veteri liturgia alemannica</i> in
-«Novelle letterarie di Firenze», 1763, col. 299, 317, 331, 365, 398,
-437, 474 etc.
-</p>
-
-<p>
-Per l'Italia ha un certo interesse lo studio di <span class="smcap">P. Cagin.</span> <i>L'euchologie
-latine étudiée dans la tradition des formules et des formulaires</i>,
-Liège, 1912, perchè pone acutamente in rilievo l'importanza del
-palinsesto latino veronese degli statuti apostolici per le interpolazioni
-in esso contenute.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note420">
-<p><span class="label"><a href="#tag420">420</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi pag. 45 nota 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note421">
-<p><span class="label"><a href="#tag421">421</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi pag. 89, specialmente nota 2. A questa forza e a questo
-mantenersi di antichi elementi di diritto deve la sua origine il diritto
-di cui il <span class="smcap">Brunner</span> (<i>Urkunde</i> cit., pag. 113 e segg. e 124 e segg.)
-avvertì per primo l'esistenza e che chiamò <i>diritto romano volgare</i>
-con un'espressione che discuteremo più avanti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note422">
-<p><span class="label"><a href="#tag422">422</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Magani F.</span> <i>L'antica liturgia romana</i>, Milano, 1909.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note423">
-<p><span class="label"><a href="#tag423">423</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Delle antichità longobardico-milanesi illustrate con dissertazioni
-dai monaci della congregazione cisterciese di Lombardia</i>, Milano,
-1793, vol. III, diss. XXV, pag. 1 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note424">
-<p><span class="label"><a href="#tag424">424</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La maggior quantità di notizie si può spigolare dal <i>Liber pontificalis</i>
-di Agnello su cui vedi <span class="smcap">Lanzoni F.</span> <i>Il Liber pontificalis ravennate</i>
-in «Rivista di Sc. Storiche» diretta da R. Maiocchi, VI,
-aprile-giugno 1909 e le <i>Note marginali al «Liber pontificalis» di
-Agnello R.</i> di <span class="smcap">A. Testi-Rasponi</span> nel Vol. XXVI, 1909, XXVII, 1910,
-e I della 4. serie 1911 degli «Atti e Memorie della R. Dep. di St.
-Patr. per la Romagna».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note425">
-<p><span class="label"><a href="#tag425">425</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Pastè C. R.</span> <i>Rito eusebiano</i> in «Archivio Soc. Vercellese
-di St. e d'Arte», Vol. II, 1910 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note426">
-<p><span class="label"><a href="#tag426">426</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Uccelli G. B.</span> <i>Della badia fiorentina</i>, Firenze, 1858; <span class="smcap">Davidsohn</span>
-<i>Storia cit.</i>, I, pag. 56 e segg.; II, pag. 1104 e <i>Forschungen</i>,
-I, pag. 19 e la bolla di papa Lucio al capitolo fiorentino (ed. <span class="smcap">Ughelli</span>
-<i>loc. cit.</i>, to. II, col. 495, a. 1144); e, sopratutto, <i>Mores et consuetudines
-ecclesiae florentinae</i>, ed. <span class="smcap">D. Moreni</span> Firenze, 1794.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note427">
-<p><span class="label"><a href="#tag427">427</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. l'<i>Ordo officiorum ecclesiae senensis ab Oderico eiusdem ecclesie
-canonico a. MCCXIII compositus</i>, ed. <span class="smcap">G. C. Trombelli</span>, Bologna,
-1766.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note428">
-<p><span class="label"><a href="#tag428">428</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. la bolla di Anastasio IV.º del 1153 (ed. <span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i>,
-III, col. 395); e, sopratutto <span class="smcap">Matthei A.</span> <i>Ecclesiae pisanae historia</i>,
-Lucca, 1768.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note429">
-<p><span class="label"><a href="#tag429">429</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ecco la parte principale della bolla con cui Gelasio II.º nel
-1118 conferma gli antichi usi della chiesa di Lucca (ed. <span class="smcap">Ughelli</span>
-<i>loc. cit.</i>, I, col. 819). Petitiones vestras clementer admittimus et vobis
-<i>antiquas ecclesiae matricis consuetudines</i> confirmamus; ut videlicet
-unctiones infirmorum et sepolturae civitatis propriae ad matricem
-ecclesiam pertinentes et officium et participatio beneficii funerum
-ad alias ecclesias pertinentium vobis nulla clericorum calliditate, aut
-laicorum quorumlibet substrahatur: electiones priorum et collationes
-clericorum in aliena ecclesia infra urbem vel extra in suburbiis
-sine consensu episcopi et priorum, qui locopositi nominantur, matricis
-ecclesiae non fiant. Et nulla episcopatus vestri praeter eorum
-consensum alicui subiiciatur ecclesiae, neque publica et majora negotia
-aliqua sibi ecclesiarum ipsis invitis arripiat, aut publicas poenitentias
-tribuat: nec sententias et interdictum matricis ecclesie tentet
-infringere: nulla etiam vestri episcopatus persona sine consensu
-episcopi vel priorum qui locopositi nominantur, matricis ecclesiae
-excomunicetur et quod ab episcopo ligatum fuerit a nemine irritum
-duci tentetur. Sane civitatis vestrae clerici et qui in suburbiis sunt,
-solitas obedientias videlicet in litaniis, in processionibus comunibus,
-in festivitatibus et stationibus majoris ecclesiae eidem impendant
-ecclesiae, ut vobiscum adsint. Porro in quintae feriae nocte ante
-pascha nulla ecclesia secundum morem vestrae ecclesiae campanas
-sonet, neque in sabbato sancto cereum benedicat, sed ad baptismum
-praedicti clerici, prout consuetum est veniant. Nulla praeterea ecclesiarum
-missas solemnes celebret in festivitate B. Martini, et S. Reguli
-et in secunda feria paschae et in processionibus quadragesimae
-donec stationis solvatur conventus. Nullus etiam clericorum officium
-vivorum aut mortuorum ad matricem ecclesiam pertinens facere vel
-celebrare praesumat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note430">
-<p><span class="label"><a href="#tag430">430</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i documenti editi dall'<span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i>, III, col. 282
-e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note431">
-<p><span class="label"><a href="#tag431">431</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i>, II, col. 194 e segg. ed anche <span class="smcap">Campi</span> <i>loc. cit.</i>,
-passim.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note432">
-<p><span class="label"><a href="#tag432">432</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Statuta ecclesiae parmensis</i> ed. <i>Barbieri L.</i> nei «Mon.
-Hist. ad prov. parm. et plac. pertinentia», Parma, 1866.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note433">
-<p><span class="label"><a href="#tag433">433</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Liturgia cit.</i>, pag. 61 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note434">
-<p><span class="label"><a href="#tag434">434</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i>, II, col. 3 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note435">
-<p><span class="label"><a href="#tag435">435</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. l'<i>Ordo totius officii ecclesie paduane per totum circulum
-anni secundum diversorum temporum mutationes</i> illustrato da <span class="smcap">F. S.
-Dondi Orologio</span> (<i>Dissertazione sopra li riti della chiesa di Padova
-fino al secolo XIV</i>, Padova, 1816) che lo ritiene scritto fra il 1261 e
-il 1263.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note436">
-<p><span class="label"><a href="#tag436">436</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Tamassia</span> quando si è proposto di dimostrare l'attività del
-popolo appartenente ad una circoscrizione ecclesiastica in alcuni
-fatti che presuppongono in esso qualche cosa che lo avvicina ad una
-persona giuridica, almeno per l'istante in cui l'atto si compie (<i>Chiesa
-e popolo</i>. Note per la storia dell'Italia precomunale, in «Archivio
-Giurid. F. Serafini» N. S., Vol. VII, fasc. 2, a. 1901, pag. 300-322) ha,
-veramente, dimostrato di sentire che un'indagine sulla costituzione
-delle nostre città deve tenere in massimo conto la chiesa locale e
-non può assolutamente prescindere dalla storia delle diocesi e delle
-parrocchie italiane, ma avendo di mira altro scopo, non è andato più
-in là dell'enunciazione del concetto.
-</p>
-
-<p>
-A noi non interessa conoscere come il cristianesimo si sia diffuso.
-(Cfr. per questo <span class="smcap">Harnack A.</span> <i>Die Mission und Ausbreitung des Kristentums
-in den ersten drei Jahrhunderten</i>, Leipzig, 1902; <span class="smcap">Negri G.</span>
-<i>Una figura storica nel cristianesimo nascente</i> in «Meditazioni vagabonde»
-Milano, 1897, pag. 227 e segg.; <span class="smcap">Duchesne</span> <i>Histoire ancienne de
-l'église</i>, Paris, 1906, Vol. I; <span class="smcap">Federici V.</span> <i>Della primitiva propagazione del
-cristianesimo</i> in «Rassegna Nazionale», 1906, fasc. 3; <span class="smcap">Semeria G.</span> <i>Venticinque
-anni del cristianesimo nascente</i>, Roma, 1900; <span class="smcap">Belgrano L. T.</span>
-<i>I primordi del cristianesimo in Piemonte e in particolare a Tortona</i>
-in «Bibliot. d. Società Stor. Subalpina», Vol. XXXII, p. I, Pinerolo,
-1905; <span class="smcap">Ferretto A.</span> <i>I primordi e lo sviluppo del cristianesimo in Liguria
-ed in particolare a Genova</i> in «Atti della Società ligure di
-stor. patria», Vol. XXXIX, Genova, 1907, pag. 171 e segg.; <span class="smcap">Paschini
-P.</span> <i>Le origini della chiesa di Aquileia</i> in «Riv. per le scienze storiche»
-1904. fasc. 1-4; P. M. da <span class="smcap">Carbonara</span> e <span class="smcap">F. Savio</span> <i>S. Marziano
-e le origini della diocesi di Tortona</i>, Alessandria, 1903; <span class="smcap">Zattoni G.</span>
-<i>Il valore storico della passio di S. Apollinare</i> in «Riv. Stor. Critica
-delle sc. teolog.», II, fasc. 9, sett., 1906; <span class="smcap">Boggio E.</span> <i>Le prime chiese
-cristiane nel Canavese</i> in «Atti della soc. d'archeolog. e belle arti
-per la prov. di Torino», Vol. V, 1887); ma, invece, come si è organizzato
-e la scelta delle fonti deve esser fatta tenendo presente lo
-svolgimento di questa organizzazione. Sebbene, infatti, fino dagli
-ultimi anni del primo secolo dopo Cristo cominciassero ad apparire
-segni palesi di un profondo cambiamento nel sentimento religioso
-del tempo e si andasse maturando una tendenza di conciliazione fra
-il paganesimo ed il cristianesimo (cfr. <span class="smcap">Baur</span> <i>loc. cit.</i>) occorsero ancora
-due secoli, rotti non infrequentemente da sanguinose persecuzioni
-(cfr. <span class="smcap">Duchesne L.</span> <i>Storia della chiesa antica</i>, Vol. I, cap. XIII,
-XIV pag. 119 e 149; XIX, pag. 197-212; XXVII pag. 292-310; Vol.
-II, cap. I, pag. 9-38), prima che quest'ultimo fosse ufficialmente tollerato
-(cfr. <span class="smcap">Crivellucci A.</span> <i>Storia delle relazioni fra lo Stato e la
-Chiesa</i>, Vol. I, Bologna 1886, pag. 107). Nè con questo riconoscimento,
-che pure segnò un gran passo innanzi, la via fu spianata: dovette
-trascorrere più che una settantina d'anni, non esente da qualche
-violento tentativo di ripristino (cfr. <span class="smcap">Duchesne</span> <i>loc. cit.</i>, II, cap. IX,
-pag. 178 e segg. e <span class="smcap">Negri G.</span> <i>Giuliano l'apostata</i> in «<i>Nel passato e
-nel presente</i>», Milano, 1891), prima che Graziano rifiutasse nel 375
-il titolo di pontefice massimo, portato da tutti i suoi predecessori; e
-solo cinque anni dopo, nel 380, il cristianesimo fu dichiarato religione
-ufficiale dello Stato; (cfr. Stutz loc. cit., pag. 17; e <span class="smcap">Crivellucci</span> <i>loc.
-cit.</i>, I, pag. 316) e soltanto a poco a poco, con stenti, con fatiche e con
-incertezze, i vescovi riuscirono ad ottenere la giurisdizione arbitrale
-ed ecclesiastica, il diritto di asilo e di intercessione e tutte le altre
-prerogative che ne fecero veri e proprî organi dello Stato.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note437">
-<p><span class="label"><a href="#tag437">437</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dipl. long.</i>, <span class="smcap">Troya.</span> n. 771, a. 753, febbr. 10.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note438">
-<p><span class="label"><a href="#tag438">438</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Hegel C.</span> <i>Storia della costituzione dei municipi italiani</i>,
-trad. Conti, Milano-Torino, 1861, pag. 344; <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Studi cit.</i>,
-I, pag. 11 e segg.; <span class="smcap">Mayer E.</span> <i>Ital. Verfassung. cit.</i>, II, pag. 432 e
-segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note439">
-<p><span class="label"><a href="#tag439">439</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Su alcune caratteristiche del diritto di regalia cfr. <span class="smcap">Solmi A.</span>
-<i>Diete di Roncaglia cit.</i>, pag. 36 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note440">
-<p><span class="label"><a href="#tag440">440</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È una sentenza dei consoli di Milano riportata in parte da
-<span class="smcap">F. Berlan.</span> <i>Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini di Milano
-dell'anno 1216</i>, Venezia, 1872, pag. 154.
-</p>
-
-<p>
-.... prefatus Gigottus condempnavit predictos consules tam nobilium
-quam rusticorum de suprascripto loco Vellate, suo nomine et
-nomine omnium hominum ipsius loci, tam nobilium quam rusticorum,
-ne de cetero impediant massarios ecclesie S. Marie Montis, habitantes
-in territorio de Vellate, ubi dicitur in Vigni, pascuare in pascuis sive
-vicanalibus loci de Vellate cum bubus et bestiis suis, sicut alii vicini
-loci de Vellate faciunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note441">
-<p><span class="label"><a href="#tag441">441</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schupfer F.</span> <i>Diritto privato cit.</i>, II, pag. 54 e <span class="smcap">Leicht P. S.</span>
-<i>Studi cit.,</i> I, pag. 37-88.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note442">
-<p><span class="label"><a href="#tag442">442</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Praeterea in locis, quae sunt de districtu, illud obtinet quod
-<i>viganalia</i> per consensum dominorum et vicinorum debent dividi vel
-vendi; quod alias fieri non potest, nisi dominorum omnium et vicinorum
-consensu <i>Communia</i> taliter inter dominos et vicinos dividuntur
-ut medietas terrarum omnium vel pretii illarum omnium viganalium
-vel fructuum, si forte vendantur, ad dominum cuius est
-totum districtum, iure nostrae civitatis, assignatur; alterius vero
-medietatis partem accipit pro parte terrarum, quas in ipso loco habet.
-Si vero totum districtum non habet, sed partem, secundum
-partem sui districti, iure districti, de praedictis viganalibus partem
-conseguitur, et de alio quod remanet, pro numero terrarum ut dictum
-est.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Berlan F.</span> <i>Le due edizioni milanese e torinese delle consuetudini
-di Milano cit.</i> rubr. XXIV, pag. 254.
-</p>
-
-<p>
-L'edizione del Berlan è la migliore: cfr. <span class="smcap">Lattes A.</span> <i>Il dir. consuetud.
-cit.</i>, pag. 33, nota 95.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note443">
-<p><span class="label"><a href="#tag443">443</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per un'applicazione di questo concetto cfr. <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Ricerche
-sulla responsabilità del Comune in caso di danno</i>, Udine,
-1904.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note444">
-<p><span class="label"><a href="#tag444">444</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche il <span class="smcap">Mayer</span> (<i>Ital. Verfassungsg. cit.</i>, Vol. I, pag. 281 e segg.)
-ritiene che fino dal tempo langobardo esistano e si differenzino <i>comunalia</i>
-e <i>vicanalia</i> e che i primi sieno i beni su cui gli abitanti
-della città vantavano diritti di uso di natura pubblica, indipendenti
-da qualsiasi rapporto di diritto privato; mentre i <i>vicanalia</i> sarebbero
-delle terre gravate di oneri a favore di altre terre in quanto ne costituivano
-delle pertinenze, rimaste indivise fra i vari fondi per volontà
-dei proprietarî. I <i>comunalia</i> furono rivendicati in proprietà dai
-comunisti cittadini assai presto; i <i>vicanalia</i> giunsero ad essere dei
-<i>comunalia</i> attraverso ad uno stadio intermedio, nel quale i <i>vicini</i> riuscirono
-abusivamente a carpire un diritto di condominio ai <i>domini.</i>
-</p>
-
-<p>
-Prima di tutto non è esatto parlare di <i>comunalia</i> solo a proposito
-della città. Senza punto entrare a discutere l'opinione del Mayer
-sulla natura giuridica dei beni comuni cittadini, si può osservare
-che le consuetudini milanesi, che costituiscono il testo su cui s'impernia
-la sua asserzione, parlano di <i>comunalia</i> a proposito di <i>locus</i>.
-E il <i>locus</i>, a detta del Mayer stesso, non è affatto la città. Ma anche
-ammettendo che la parola ne abbia tradito il pensiero, la sua
-opinione non è fondata perchè manca di un'indagine indispensabile
-per poter giungere alla conclusione che egli sostiene. Bisognava, cioè,
-dimostrare che i <i>domini</i> di cui parlano le Consuetudini Milanesi
-sono dei <i>domini</i> di diritto privato, dei semplici proprietarî e non dei
-titolari di facoltà giurisdizionali. E questo non lo ha fatto: nè lo
-poteva fare. A togliere ogni dubbio a questo riguardo ed a dimostrare
-il carattere giurisdizionale che contraddistingue questi <i>domini</i>,
-non c'è niente di meglio che riportare alcuni passi della <i>rubrica de
-oneribus et districtis et conditionibus</i>, che è proprio quella stessa in
-cui è contenuta la disposizione concernente i <i>vicanalia</i> e che dal
-titolo stesso dimostra la natura pubblica del diritto signorile.
-</p>
-
-<p>
-«Amplius si eiusdem loci plures sint domini licet inter ipsos
-districtabilium praesumatur facta divisio, unus, etiam invitis coeteris
-socijs quanquam minimam partem in eo loco districti habent omnes
-districtabiles compellere potest, ut Castrum reficiant, et murum et
-fossatum et portinarium ponant ad guajtam, et sgieraguajtam, et
-fossatum circa Castrum et Villam, et portas, et clavaturas ferreas
-et in Villa, et Castro, et in eo incastellent quia tale onus utpote individuum
-ab hominibus districtalibus fieri debet et per quemlibet
-dominorum posse postulari Sapientes nostra Civitatis crediderunt.
-</p>
-
-<p>
-Porro, quod est notabilius, nostra Consuetudine obtentum invenitur,
-ut si plures dominorum suos districtabiles tam in Castro quam
-in Villa ab omni onere districti liberaverint, alter, qui eos non liberavit,
-potest eos cogere tam suos quam ab aliis dominis liberatos
-ad reficiendum castrum. Sed, et quod est mirabilius, si omnes domini
-qui suos districtabiles divisim possidebant eos liberaverint ab omni
-onere districti licet nullos dominorum illum quem liberavit possit ad
-reficiendum castrum compellere, tamen poterit ab altero dominorum
-liberatus coartari ad reficiendum quod per nostram consuetudine
-obtinet. Ut si plures domini suos districtabiles ab omni onere districti
-liberaverunt, alter qui eos non liberavit poterit cogere eos
-tam suos quam ab alijs dominis liberatos ad pondera stateras et
-mensuras recipiendas per eum seu ab eo quia hoc jus, et reficiendi
-castrum in communi remansisse creditur, nisi vel regionibus Castrum
-inter dominos, et refetio eiusdem in divisione venerit quod raro accidit».
-</p>
-
-<p>
-Esistevano, senza dubbio, dei <i>domini</i> per diritto privato; ma sicuramente
-non erano questi, che godevano di facoltà pubbliche di
-tale natura.
-</p>
-
-<p>
-Secondo il mio pensiero, al tempo langobardo le terre comuni si
-distinguevano in terre comuni di diritto privato e terre comuni di
-diritto pubblico e queste ultime potevano essere comuni rispetto al
-<i>comitatus</i> (cfr. doc. citato dal <span class="smcap">Leicht</span> <i>Studi cit.</i>, I, pag. 51) rispetto
-alla città, rispetto al <i>locus</i>, rispetto al <i>vicus</i>, rispetto al <i>concilium</i>
-e rispetto ad un determinato gruppo gentilizio. Queste ultime soltanto
-propendo a ritenere col <span class="smcap">Besta</span> (<i>Nuovi appunti di storia giuridica
-sui documenti lucchesi cit.</i>) che sieno sorte all'epoca e per opera
-dei Langobardi e costituiscano le famose <i>fiwaide</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note445">
-<p><span class="label"><a href="#tag445">445</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Dallari G.</span> <i>Intorno all'evoluzione della proprietà</i> in «Riv.
-ital. di sociologia», a. XIII. fase. 1, pag. 17 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note446">
-<p><span class="label"><a href="#tag446">446</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 1178. Johannes causidicus, assessor domini Archiepiscopi,
-precipit per eius parabolam ut de cetero ipse Johannes eiusque successores
-utatur de vigano seu communi prenominati loci sive sit
-tensatum sive non, sicut alius vicinus de ipso loco utitur ipso communi
-et vigano.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Puricelli</span>, <i>loc. cit.</i> pag. 1003.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note447">
-<p><span class="label"><a href="#tag447">447</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 1189, marzo 7. dederunt... omnia sedimina cum hedifitiis
-eorum campos, vineas, silvas, buscos, zerbos, communiantias seu viganalia,
-atque omnes res cultas et incultas...
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Frisi A. F.</span> <i>Memorie storiche di Monza e sua corte.</i> Milano,
-1794, to. II, <i>Codice diplomatico</i>, n. 78, pag. 73-74.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note448">
-<p><span class="label"><a href="#tag448">448</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Lattes A.</span> <i>Il dir. consuetudinario delle città lombarde cit.</i>
-pag. 32 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note449">
-<p><span class="label"><a href="#tag449">449</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Statuti di Milano</i> (vol. II, carte 159<sup>t</sup>-160). Aliquae Communantiae,
-Vicanalia, vel Pascua, vel Bona aliqua immobilia vel Jura
-aquarum Civitatis et Ducatus Mediolani, vel alicuius Universitatis,
-quae etiam praesentibus Statutis ligetur, non possint ab aliqua singulari
-persona vel Universitate vendi, alienari, nec obligari... Et si
-fructus vel redditus dictarum Vicanalium, vel Communantiarum, vel
-Pascuum vel Bonorum ipsius Universitatis, venderentur, vel compartirentur,
-detur sua pars cuilibet habenti facere in eis. (<span class="smcap">Dal Berlan</span>,
-<i>loc. cit.</i>, pag. 153).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note450">
-<p><span class="label"><a href="#tag450">450</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 1094. 8 dec. sunt tam campis quam pratis, pascuis, vineis
-et silvis seu stellariis cum areis earum cultis et incultis, divisis et
-indivisis, usibus aquarum aquarumque ductibus seu cum <i>vicanalibus
-atque conciliis</i> atque ecclesiis et capellis et rebus una cum omnibus
-condiciis et redditibus et honoribus ad iam dictas res.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Vignati C.</span> <i>Cod. dipl. laudense cit.</i> I, n. 49, pag. 77.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note451">
-<p><span class="label"><a href="#tag451">451</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Athanasii</span>. <i>Apologia contra arianos</i>, in <i>Opera omnia</i>, Parisiis,
-1698, I, 1, pag. 124: universae eius loci ecclesiae episcopo subiaceant:
-ita tamen ut <i>singuli pagi</i> suos presbyteros habeant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note452">
-<p><span class="label"><a href="#tag452">452</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Cod. dipl. long</i>. <span class="smcap">Porro</span>, n. 171, a. 851, col. 292.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note453">
-<p><span class="label"><a href="#tag453">453</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 519, a. 926, col. 886.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note454">
-<p><span class="label"><a href="#tag454">454</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 497, a. 922, col. 856.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note455">
-<p><span class="label"><a href="#tag455">455</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 617, a. 956, col. 1055.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note456">
-<p><span class="label"><a href="#tag456">456</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>ibid</i>. n. 661, a. 962, col. 1141.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note457">
-<p><span class="label"><a href="#tag457">457</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Roth.</i> 79.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note458">
-<p><span class="label"><a href="#tag458">458</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leicht.</span> <i>Studi cit.</i>, Vol. I. pag. ...</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note459">
-<p><span class="label"><a href="#tag459">459</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>loc.</i> ed <i>ed. cit.</i>, pag. 16. Per pagos id est per magistros
-pagorum operas a possessoribus ad eas (vias) tuendas exigere soliti
-sunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note460">
-<p><span class="label"><a href="#tag460">460</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i>, VII, 20, 2; e le citazioni riportate da Gotofredo
-nel commento a queste leggi e nelle altre indicate nell'indice sotto
-q. voce.
-</p>
-
-<p>
-Si chiamavano anche <i>parochi.</i>
-</p>
-
-<p>
-Proxima Campano ponti quae villula tectum. Praebuit et <i>parochi</i>
-quae <i>debet ligna salemque</i>. Dice <span class="smcap">Orazio</span> <i>Satyr.</i>, V, 45, ed anche altrove
-conferma che <i>parochi</i> dicuntur qui <i>hospitibus et peregrinis publice
-exhibent necessaria.</i>
-</p>
-
-<p>
-Qualche volta (cfr. <i>Cod. Theod.</i>, II, 29, 1) son detti anche <i>praepositi
-pagorum.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note461">
-<p><span class="label"><a href="#tag461">461</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capitulare mantuanum secundum generale</i> c. 3., ed. <span class="smcap">Boretius</span>
-cit. n. 93, pag. 196.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note462">
-<p><span class="label"><a href="#tag462">462</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Capitul. Pippini Italiae regis</i> a. 782-86 (ed. <span class="smcap">Boretius</span> cit.,
-n. 91, pag. 191), c. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note463">
-<p><span class="label"><a href="#tag463">463</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr.<span class="smcap"> Mommsen T.</span> <i>Droit public romain</i>, to. VI, p. I, pag. 134,
-trad. Girard, Paris, 1889; e <span class="smcap">Voigt</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 156 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note464">
-<p><span class="label"><a href="#tag464">464</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i passi riportati sotto queste voci dal <span class="smcap">Forcellini</span> nel
-suo <i>Lexicon</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note465">
-<p><span class="label"><a href="#tag465">465</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Tibullo</span>. <i>Elegie</i>, II, 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note466">
-<p><span class="label"><a href="#tag466">466</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Siculo Flacco</span>. <i>De condit. agror. cit. (ed cit.</i>, pag. 164-65) dice:
-Sed et pagi saepe significanter finiuntur. De quibus non puto quaestionem
-futuram quorum territoriorum ipsi pagi sint, sed quatenus
-territoria. Quod tamen intellegi potest vel ex hoc magistri pagorum
-quod pagus lustrare soliti sunt; ut intueamur quatenus lustrent.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note467">
-<p><span class="label"><a href="#tag467">467</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Duchesne L.</span> <i>Les origines du culte chrétien, cit.</i> pag.
-287-89, cap. 8, § 5, n. 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note468">
-<p><span class="label"><a href="#tag468">468</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fu San Paolino da Nola che sagacemente pensò di utilizzare
-per il culto cristiano le campane che prima avevano adoperato i
-pagani.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. a questo proposito le vecchie ma buone osservazioni di <span class="smcap">Ferrarii</span>
-B. <i>De ritu sacrarum ecclesiae veteris concionum</i>, Ultrajecti, 1692,
-pag. 85.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note469">
-<p><span class="label"><a href="#tag469">469</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>, <i>Anecdota cit.</i>, I, pag. 18, comm. al v. 169 dei
-Natale XI di S. Paolino di Nola.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note470">
-<p><span class="label"><a href="#tag470">470</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Roma il giorno consacrato era il 25 aprile, data tradizionale
-nella quale gli antichi Romani celebravano la festa dei <i>Robigalia</i>.
-Il rito principale di essa era una processione che uscendo
-dalla città per la via Flaminia si dirigeva verso il ponte Milvio, poi
-si portava sino ad un santuario suburbano situato a qualche distanza,
-fino al quinto miglio sulla via Claudia (cfr. Ovidio. Fasti, IV, 901).
-Il <i>Flamen quirinalis</i> immolava in questo tempio un cane e un montone.
-La processione cristiana che le fu sostituita seguiva lo stesso percorso
-fino al ponte Milvio; partiva dalla chiesa di S. Lorenzo in Lucina,
-la più vicina alla porta Flaminia, faceva stazione a S. Valentino
-fuori delle mura; poi al ponte Milvio. Di qui, invece di incamminarsi
-sulla via claudia, volgeva a sinistra verso il Vaticano; si
-fermava ad una croce di cui l'ubicazione non è specificata e poi nell'atrio
-di S. Pietro ed infine entro questa chiesa, dove aveva luogo
-la stazione.
-</p>
-
-<p>
-Se ne ha ricordo fino dal 598 (cfr. <span class="smcap">Iaffè</span> 1153. <i>Ep.</i>, app. 3).
-</p>
-
-<p>
-Queste le testuali parole del <span class="smcap">Duchesne</span> (<i>loc. cit.</i>) il quale aggiunge
-anche la spiegazione del perchè le feste cristiane si celebravano nelle
-stesse epoche di quelle pagane.
-</p>
-
-<p>
-Roma ci offre un esempio tipico per la limpidezza del fatto e
-l'antichità dell'epoca; ma il fenomeno è generale ed avremo occasione
-di parlarne più distesamente fra poco.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note471">
-<p><span class="label"><a href="#tag471">471</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Su ciò ho accennato qualche cosa nel § 5 della prima parte
-(pag. 20 e segg.); a proposito dei Flamini vedi il commento di Gotofredo
-alle leggi 21, 46, 60, 75, 77, 148, 166 <i>De decur.</i> e il <i>paratitlon</i>
-in tit. <i>De paganis sacris et templ.</i>; di cui (se non mi inganno) nè il
-Mommsen nè il Marquardt hanno saputo trarre vantaggio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note472">
-<p><span class="label"><a href="#tag472">472</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Ambrogio.</span> (<i>Opera omnia</i> ed. <span class="smcap">G. di Frisce</span> e <span class="smcap">N. Le Nourri</span>
-1686-90, Ep. V, 30) chiama S. Damaso <i>romanae ecclesiae sacerdos</i> e
-nello stesso senso usano questa parola <span class="smcap">S. Paolino da Nola</span> (<i>Natale</i>,
-XIII, V. 568 in <span class="smcap">Muratori</span> <i>Anecdota cit.</i>, I. pag. 102) e <span class="smcap">S. Leone M.</span>
-(<i>Ep.</i>, X, 6 e <span class="smcap">Jaffè</span> <i>Reg. cit.</i>, n. 407) imitando le leggi romane (cfr.
-<i>Cod. Theod.</i>, XII, 1, 148... ordinando <i>sacerdote provinciae</i>); e l'uso
-continua fino al secolo decimoprimo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note473">
-<p><span class="label"><a href="#tag473">473</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il can. 6 del concilio ticinense dell'850 (ed. cit. XIV,
-col. 931).
-</p>
-
-<p>
-Oportet plebium archipresbyteri per singulos unumquemque patrem
-familias conveniant, quatenus tam ipsi quam omnes in eorum
-domibus commorantes, qui publice crimina perpetrarunt, publice
-poeniteant; qui vero occulte deliquerunt, illis confiteantur quos episcopi
-et plebium archipresbyteri idoneos ad secretiora vulnera mentium
-medicos eligerint, qui si forsan in aliquo dubitaverint, episcoporum
-suorum non dissimulent implorare sententiam. <i>Similiter autem
-et singulis urbium vicis et suburbanis per municipalem archipresbyterum</i>
-et reliquos ex presbyteris strenuos ministros procuret episcopus.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note474">
-<p><span class="label"><a href="#tag474">474</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Risale ai primissimi tempi della chiesa: fu formulato rigidamente
-in un canone di un concilio aquisgranense e di qui riportato
-da Burcardo (III, 3). Cfr. <span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXXIV, col. 408.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note475">
-<p><span class="label"><a href="#tag475">475</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi i canoni dei concilî e le altre disposizioni riportate
-dal <span class="smcap">Lupi.</span> <i>De Parrochiis cit.</i>, pag. 59-60; 97, 192, ecc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note476">
-<p><span class="label"><a href="#tag476">476</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gregorii Turonensis.</span> <i>In gloria confessorum cit.</i>, c. 56. Securinum
-presbyterum diebus dominicis singulis in ecclesiis duabus
-quae viginti millibus distarent inter se missas celebrasse.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note477">
-<p><span class="label"><a href="#tag477">477</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi.</span> <i>Cod. dipl. cit.</i>, I, col. 362-63: E son da vedere anche le
-buone osservazioni di <span class="smcap">A. Abati Olivieri</span>. <i>Memorie di Gnara, terra
-del contado di Pesaro</i>, Bologna, 1777, pag. 43 e segg. e di <span class="smcap">G. Colucci.</span>
-<i>Treia, antica città picena oggi Monteschio</i>, Macerata, 1780, pag. 183-84.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note478">
-<p><span class="label"><a href="#tag478">478</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dip. long.</i>, <span class="smcap">Troya</span> n. 446.
-</p>
-
-<p>
-Nel 724 specioso, vescovo di Firenze dona al capitolo della sua
-chiesa la propria corte e le altre cose poste <i>in loco Greve ubi et Cintoria
-nominatur infra plebe et episcopio beati Joannis Baptiste vel Reparate</i>,
-unde ego episcopus esse ideor, seu <i>infra plebe et territorio
-sancti Iuliani sito Septimo.</i>
-</p>
-
-<p>
-Il <span class="smcap">Muratori</span> (<i>Antiq. Ital.</i>, diss. VI) pubblica un placito tenuto
-nel comitato aretino <i>in loco Piscinate infra plebem sancti Stephani;</i>
-nel diploma dell'879 (cfr. <span class="smcap">Pasqui.</span> <i>Docti cit.</i>, n. 16). Carlo il Grosso
-prende sotto la sua speciale protezione la chiesa aretina «cum omnibus
-<i>ecclesiis baptismalibus ac titulis</i>».
-</p>
-
-<p>
-Nei primi del secolo decimoprimo il vescovo di Torino Landolfo
-(1030-1038) concede la pieve di S. Pietro di Gassino <i>cum titulis quatuor</i>
-(cfr. «Mon. Hist. Patr.», <i>Cartharum</i>, I, n. 519).
-</p>
-
-<p>
-Da un documento dell'803 (ed. <span class="smcap">Tiraboschi G.</span> <i>Memorie modenesi</i>,
-I, cod. dipl., n. XVIII) appare che il <i>locus Colegaria</i> era costituito
-da sei decanie. L'imperatore Lotario nel suo diploma dell'833 alla
-chiesa di Aquileia (<span class="smcap">Muratori</span> Diss. 70) parla di <i>ecclesias parochiales</i>
-<span class="smcap lowercase">AC</span> <i>titulos earum</i>. In altro documento dell'844 (ed. <span class="smcap">Tiraboschi</span> <i>loc.
-cit.</i>, I, cod. dipl. n. XXIV) è ricordato il <i>salto bonetia in loco ubi dicitur
-vico longo sito in plebe sancti Stephani</i>. Cfr. anche <span class="smcap">Pöhl A.</span> <i>Bischoffgut
-und Mensa episcopalis</i>, Bonn, 1911-12.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note479">
-<p><span class="label"><a href="#tag479">479</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il <span class="smcap">Lupi</span> (<i>Cod. dipl. berg. cit.</i>, I, col. 262-63) ha dimostrato che
-il nome di <i>ecclesia</i> servì ad indicare le sole chiese cattedrali e plebane
-rurali, mentre le altre chiese furono dette <i>basilicae</i> ed <i>oratorie</i>
-e, più tardi, <i>capellae</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il concilio di Pavia dell'850 (ed. <span class="smcap">Pertz</span> in «Mon. Germ. Hist.»
-<i>Leges</i>, III, pag. 397) stabilisce al can. 13 che <i>sicut episcopus matrici
-preest, ita singuli plebibus archipresbyteros preesse volumus qui imperiti
-vulgi sollicitudinem gerant et presbyterorum qui per minores titulos
-habitant, vitam jugi circumspectione custodiant</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">E. Hacht</span> (<i>Die Grundlegung der Kirchenverfassung Westeuropas</i>,
-Giessen, 1888, pag. 50-51) ritenne che l'istituzione delle pievi rurali
-sia dovuta a questa disposizione; ma fin da un secolo circa prima
-di lui, il nostro <span class="smcap">Lupi</span> aveva dimostrato con un lavoro poderoso e
-geniale, degno in tutto e per tutto della dissertazione — tanto lodata,
-e giustamente, dal Savigny — premessa al codice diplomatico
-bergomense, che esse risalgono indiscutibilmente ad una remota antichità.
-Cfr. <i>De parrocchiis cit.</i>, dissert. I. passim e specialmente
-cap. 5, 6, 7.
-</p>
-
-<p>
-La ragione delle disposizioni emanate dai due concilî pavesi si
-deve ricercare nel bisogno di rinsaldare le istituzioni ecclesiastiche,
-che non potevano non risentire lo sgretolamento che preparava e
-caratterizzava il feudo.
-</p>
-
-<p>
-Vedine un rapido accenno a pag 83-84.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note480">
-<p><span class="label"><a href="#tag480">480</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane cit</i>. pag. 168.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note481">
-<p><span class="label"><a href="#tag481">481</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota 2 pag. 165.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note482">
-<p><span class="label"><a href="#tag482">482</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il diploma del 1015 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss.
-LXXIV) con il quale Enrico III concede a Marciano vescovo di Mantova
-tutte le chiese battesimali della sua diocesi a cominciare dalla
-<i>plebem mantuane civitatis</i>, che è ricordata anche nel diploma di conferma
-del 1055 (Cfr. Id. <i>ibid</i>.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note483">
-<p><span class="label"><a href="#tag483">483</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>Cod. dipl. berg. cit.</i>, II. col. 745-46, a. 1084 «... basilica
-et <i>plebe sancti Alexandri et sancti Vincentii que est de civitate
-Bergomi</i>».
-</p>
-
-<p>
-Cfr. anche <span class="smcap">Lupi</span> <i>De parrocchiis cit.</i>, pag. 147 e segg. e <span class="smcap">Mazzi
-A.</span> <i>Studi bergomensi</i>, Bergamo, 1888, pag. 90-91 e <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane</i>,
-Bergamo, 1892, pag. 169-70.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note484">
-<p><span class="label"><a href="#tag484">484</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. la bolla di papa Niccolò II al capitolo dei canonici di
-Sovana del 27 aprile 1061 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXII)
-nella quale si ricorda «Sigizo presbytero olim custos de <i>plebe in urbe
-posita</i>», e il docto dell'850 edito dall'Ughelli, <i>loc. cit.</i>, Vol. V,
-col. 720-721.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note485">
-<p><span class="label"><a href="#tag485">485</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il doc. dell'864 cit. a pag. 178 nota 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note486">
-<p><span class="label"><a href="#tag486">486</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ecco un bellissimo passo di Amulone eletto vescovo di Lione
-nell'anno 840 che specifica i varî attributi della pieve completando
-il quadro offertoci dalla disposizione del concilio di Pavia riportata
-a pag. 84 in nota.
-</p>
-
-<p>
-Unaquaeque plebs in parroechiis et ecclesiis, quibus attributa est,
-quieta consistat, ubi sacrum baptisma accipit, ubi sanguinem et corpus
-Domini percipit, ubi missarum solemnia audire consuevit, ubi a
-sacerdote suo poenitentiam de reatu, visitationem in infermitate, sepulturam
-in morte consequitur, ubi etiam decimas et primitias suas
-offerre praecipitur, ubi filios suos baptismati gratia initiari gratulatur,
-ubi verbum Dei assidue audit, et agenda ac non agenda cognoscit,
-illuc vota et oblationes suas alacriter perferat, ibi orationes et
-supplicationes suas Domino effundat, ibi suffragia sanctorum quaerat.
-... Ibi itaque unaquaeque plebs pupillis et viduis pauperibus et peregrinis
-de facultatibus quas Deus tribuit elemosinarum largitionem
-exibeat, hospitalitatis officia impendat..... Haec est enim legitima
-et ecclesiastica religionis forma, haec antiqua fidelium consuetudo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Amulonis archiep. lugdunensis</span> <i>Epistola I ad Theodboldum episcop.
-lingonensem</i>. in «<span class="smcap">De La Bigne</span> <i>M. Maxima bibliotheca veterum
-patrum et antiquorum scriptorum ecclesiasticorum</i>, Vol. XIV, Lugduni,
-1677, pag. 331.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note487">
-<p><span class="label"><a href="#tag487">487</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Concil. agathense</i>, c. 21, ed. cit., Vol. IV, col. 1386.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note488">
-<p><span class="label"><a href="#tag488">488</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note489">
-<p><span class="label"><a href="#tag489">489</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Concil. antisiodor.</i> c. 3.
-</p>
-
-<p>
-Non licere conventus in domibus propriis vel vigilias in festivitatibus
-sanctorum facere
-</p>
-
-<p>
-Su queste vigilie cfr. <span class="smcap">Duchesne</span>, <i>Les origines cit</i>., pag. 230 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note490">
-<p><span class="label"><a href="#tag490">490</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In domibus ab episcopis sive presbyteris oblationes celebrare
-nullatenus licet, dice papa Felice IV (a. 530, riportato nel <span class="smcap">Decreto
-di Graziano</span>, <i>De consecratione</i>, D. I, c. 11) confermato da Gregorio
-Magno che proibisce rigorosamente «missas publicas ab episcopo in
-coenobio fieri.» (Cfr. <i>loc. cit. Epp</i>., II, 41).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note491">
-<p><span class="label"><a href="#tag491">491</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Satius est missam non cantare aut non audire quam in illis
-locis ubi fieri non oportet, stabilisce il Decreto di papa Felice IV
-(a. 530) riportato anch'esso nel <span class="smcap">Decreto di Graziano</span> (<i>De consecratione</i>,
-dist. I, cap. 11).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note492">
-<p><span class="label"><a href="#tag492">492</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In dominicis diebus (stabilisce il c. 1, del Concil. Nanetense)
-vel festis antequam missam celebrent, plebem interrogent, si alienus
-parochianus in ecclesia sit, qui proprio contempto presbytero,
-ibi missam velit audire.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Lupi</span>, <i>De parrochiis cit.</i>, pag. 206.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note493">
-<p><span class="label"><a href="#tag493">493</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Brescia erano vicinissimi alla città la corte di Cerropinto
-ed i beni spettanti <i>ad curtem nostram publicam vel ad curtem ducalem</i>,
-donati dal re Desiderio al monastero di S. Salvatore (cfr. <i>Cod.
-Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 727, a. 759 e n. 878, a. 767, su quest'ultimo
-vedi anche quanto è stato detto a pag. 87,) e le altre terre
-tutte rimaste alla pubblica autorità, come si rileva dal noto documento
-del 1037 nel quale si dice <i>Monte Digno et Castenedolo sunt
-de foris muro ipsius civitatis</i>, (cfr. <span class="smcap">Gradonicus</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 159,
-e segg.).
-</p>
-
-<p>
-A Cremona le selve che gli imperatori avevan concesse al vescovo
-e sulle quali i cittadini vantavano ed esercitavano larghi diritti
-di uso sono dette <i>in circuito civiatis</i>, (cfr. Diploma di Corrado I
-ai cremonesi dell'a. <i>ed.</i> e <i>loc. cit.</i>).
-</p>
-
-<p>
-Lo stesso è a Lodi: nell'atto del 1142 con il quale il vescovo
-dà in pegno tutte le rendite del patrimonio del vescovado si ricordano
-le biade e i prati per due miglia intorno alla città. Cfr. <i>Cod.
-dipl. laud. cit</i>., (ed. <span class="smcap">Vignati</span>, n. 108, pag. 137-39).
-</p>
-
-<p>
-A Pisa dal diploma di Enrico IV (ed. <span class="smcap">Stumpf</span> <i>Die Kaiserurkunden
-cit.</i>, n. 4745) si sa di «terras que fuere <i>pascua</i> vel paludes...
-et <i>communia pascua</i>... in civitate vel <i>prope eam</i> usque ad medium
-miliarium».
-</p>
-
-<p>
-Per Bergamo e per la generalità di questo fatto vedi <span class="smcap">Mazzi A.</span>
-<i>Note suburbane cit.</i>, pag. 27 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note494">
-<p><span class="label"><a href="#tag494">494</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tale è il caso della cappella di S. Grata a Bergamo secondo
-un documento del 1176 con cui il vescovo Guala ne definisce i
-confini.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane cit</i>., pag. 142-43.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note495">
-<p><span class="label"><a href="#tag495">495</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il doc. del 783 ed. dal <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss.
-LXXIV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note496">
-<p><span class="label"><a href="#tag496">496</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i>, II, col. 1087 e 1373.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note497">
-<p><span class="label"><a href="#tag497">497</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 899 gen. in «Monum. Hist. Patr.», Chart. I, n. 54, col. 89-91.
-E la stessa formula è ripetuta nella donazione del vescovo Audace
-del marzo del 905: cfr. <i>ibid</i>. I, n. 66, col. 111-13.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note498">
-<p><span class="label"><a href="#tag498">498</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Odorici</span>, <i>loc. cit.</i>, VI, 30 e <span class="smcap">Mazzi</span>. <i>Note suburbane cit.</i>, pag. 170
-e 184-85.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note499">
-<p><span class="label"><a href="#tag499">499</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. bergom. cit.</i>, I, col. 1185-86.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note500">
-<p><span class="label"><a href="#tag500">500</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Trombelli G. C.</span> <i>De cultu sanctorum dissertationes decem</i>,
-Bologna, 1740, Vol. I, p. 2, Diss. VI, pag. 101 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note501">
-<p><span class="label"><a href="#tag501">501</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">De Rossi E.</span> <i>Roma sotterranea cit.</i>, I, pag. 129-30 e <i>Bullett.
-Archeolog. crist. cit.</i>, s. II, a. 5, pag. 150 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note502">
-<p><span class="label"><a href="#tag502">502</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. XI, 7, 39.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note503">
-<p><span class="label"><a href="#tag503">503</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il <i>Natale XI di S. Paolino da Nola</i>, v. 131, ed. cit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note504">
-<p><span class="label"><a href="#tag504">504</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Paschini</span>. <i>Note cit.</i>, pag. 15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note505">
-<p><span class="label"><a href="#tag505">505</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De Parrochiis cit.</i>, pag. 185-86. L'idea prima dell'altare
-è appunto quella di essere eretto sopra le ossa di un santo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note506">
-<p><span class="label"><a href="#tag506">506</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il commento del <span class="smcap">Muratori</span>, al <i>Natale XI e XIII di S.
-Paolino da Nola</i> nel Vol. I degli <i>Anecdota cit.;</i> e <i>Delle Antichità longob.
-milan. cit.</i>, Diss. XIX, Vol. III, pag. 77 e 195.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note507">
-<p><span class="label"><a href="#tag507">507</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">S. Agostino.</span> <i>Ep</i>. 121. In oratorio praeter orandi et psallendi
-cultum penitus agatur. Cfr. anche l'<i>ep</i>. 109.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note508">
-<p><span class="label"><a href="#tag508">508</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Duchesne</span>. <i>Origines cit</i>., pag. 283-84.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note509">
-<p><span class="label"><a href="#tag509">509</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i passi respettivi (<i>In Hex.</i> III, 5 e <i>Confess</i>. IX, 6 e X,
-33) cit. nelle <i>Dissertaz. longob. milan</i>. <i>cit</i>., Diss. XXX, n. 17, Vol. III,
-pag. 347-48.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note510">
-<p><span class="label"><a href="#tag510">510</a>.&nbsp;&nbsp;</span>De vasis vero fusilibus vel etiam productilibus, quae simpliciter
-signa vocantur, quia eorum sonoritate quibusdam pulsis
-excitata significantur horae, quibus in domo Dei statuta celebrantur
-officia; de his inquam, hic dicendum videtur, quod eorum usus non
-adeo apud antiquos habitus proditur, quia nec tam multiplex apud
-eos conventuum assiduitas, ut modo est, habebatur: apud alios enim
-devotio sola cogebat ad statutas horas concurrere; alii <i>praenuntiationibus
-publicis invitabantur et in una celebritate proxime futuram
-discebant.</i>
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Walafrido Strabone</span>. <i>De officiis divinis sive de exordiis et incrementis
-rerum ecclesiasticarum</i> nello «Speculum antiquae devotionis»
-del <span class="smcap">Cohlèe</span>, Mons, 1549, c. 5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note511">
-<p><span class="label"><a href="#tag511">511</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Amulonis Archiep. Lugdun.</span> <i>Epist</i>. I, <i>ad Theodboldum episc</i>.
-in <span class="smcap">De La Bigne</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 331-32.
-</p>
-
-<p>
-Si votum et desiderium est populorum fidelium, diversorum martirum
-et ceterorum sanctorum limina suppliciter frequentare, sunt
-dies certi et legitimi, quibus id, iuxta antiquam ecclesiae observantiam,
-devote exercere conveniat; tempore videlicet generalium rogationum,
-et pro diversis tribulationibus et necessitatibus indictarum litaniarum,
-seu quadragesimalium ieiuniorum, sive etiam in vigiliis et natalitiis
-martirum. Quae omnia et ex universali ecclesiae lege descendunt,
-et sacerdotum praedicatione ac denuntiatione commendantur,
-et omnium fidelium obedientia et pietate attentius observanda sunt.
-</p>
-
-<p>
-Fino dal secolo quarto, a detta di Teodoreto, i cristiani si recavano
-agli oratorî dei martiri «non semel, bisve, aut quinquies quotannis
-sed frequenter».
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>De parrochiis</i> cit., pag. 226-27.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note512">
-<p><span class="label"><a href="#tag512">512</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Delle antichità long. milanesi cit</i>., to. I, diss. V.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note513">
-<p><span class="label"><a href="#tag513">513</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Mabillon</span>. <i>Praefationes in Acta Sanctorum ordinis S. Benedicti,
-Praef. ad. sec. II</i>, § 42, obs. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note514">
-<p><span class="label"><a href="#tag514">514</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Nitti Di Vito F.</span> <i>Di un'iscrizione reliquiaria anteriore
-al 1000</i>, Estr. dall'«Arch. Stor. Ital.» s. V, to. XII, a. 1893.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note515">
-<p><span class="label"><a href="#tag515">515</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Sanctorum reliquiae in villaribus oratoriis non deponantur</i>
-stabilisce il c. 25 del concilio epaonense del 617 <i>ed. cit.</i>, IV, col. 1679.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note516">
-<p><span class="label"><a href="#tag516">516</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il primo e più antico esempio ci è offerto dal <i>Liber Pontificalis</i>
-da cui si apprende che S. Simplicio, che pontificò nella seconda
-metà del secolo quinto (460-483), stabilì presso la chiesa di S. Pietro
-un turno settimanale affinchè vi fossero sempre dei preti per accogliere
-i penitenti e somministrare il battesimo — «costituit ad
-S. Petrum... ebdomadam, ut presbyteri manerent ibi propter poenitentes
-et baptismum» — (ed. <span class="smcap">Duchesne</span>, <i>cit.</i>, pag. 126).
-</p>
-
-<p>
-Tale esempio, però, non deve esser preso proprio come prototipo
-perchè Roma ha una costituzione ecclesiastica tutt'affatto speciale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note517">
-<p><span class="label"><a href="#tag517">517</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A. 864 dec. Manifesta causa est mihi Grecorii venerabilis <i>presbiter
-de hordine sancte mediolanensis ecclesie</i>... ut rebus omnibus..
-quas habere... viso sum in vico et fundo Ueniaco... deveniat integrum
-in iura et potestatem de <i>presbiteris decomanis, qui pro tempore
-Officiales fuerint in ecclesia beati</i> Cristi confessori <i>Ambrosii</i>, ubi eius
-sanctum corpus requiescit, sita foris muro hac civitate, et illis <i>decomanis
-oficialis</i> videlicet <i>sancti Uictoris</i>, ubi ad corpus dicitur; nec
-non et <i>uni ex oficialis sancti Naboris et Felicis martirum, qui prior
-in tempore fuerit</i>, seo et <i>uni ex oficialis sancte Ualerie, similiter qui
-prior fuerit</i>; ita volo ut omnes isti prenom. oficiales abeant predictis
-rebus, ut quidquid Deus omnipotens exinde dederit, equaliter omnes
-usifructuare et inter se dividere debeant pro anime mee remedio;
-ea tamen racione ut unusquisque eorum binas tantum missas per
-singulos menses canere debeat mihi.... et patri meo et matri mee
-et fratribus meis... et speciale oficium uespertini seo matotini temporis
-cum nouem lectionibus faciant.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Bugati G.</span> <i>Memorie istorico-critiche intorno alle reliquie ed al culto
-di S. Celso martire</i> Milano, 1782, pag. 211-12. Serie delle carte n. 1.
-</p>
-
-<p>
-Le sue disposizioni andarono in esecuzione tre anni dopo.
-</p>
-
-<p>
-A. 867 nov. Breve divisionum qualiter diviserunt inter se, id
-sunt <i>Presbiteris Oficialis Basilice Beati</i> Christi Confessoris <i>Ambrosii</i>,
-in qua eius s. corpus humadum quiescit, sita foris muro civitatis
-Mediolani, et ille <i>Presbiter, qui modo prior est Oficiale Basilice Sancte
-Valerie</i>, nec non et <i>illis presbiteris Oficialis Basilice Sancti Uictoris</i>
-qui dicitur ad Corpus, sed et ille <i>prebiter qui modo prior est Oficiale
-Basilice Sancti Naboris et Felicis</i>... ex ordinacione quondam Grecorii
-Presbitero de hordine S. mediol. eccles.... sitis in uico et fundo
-Ueniaco.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Id.</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 213-18, n. II.
-</p>
-
-<p>
-Il documento è importante anche per un altro lato. La donazione
-contempla una grande quantità di terre tutte situate nello stesso
-vico e fondo ed offre materiale ottimo per le indagini sulla costituzione
-agraria e rurale del tempo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note518">
-<p><span class="label"><a href="#tag518">518</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Barbieri</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 16, 71, 53, 157 e 158.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note519">
-<p><span class="label"><a href="#tag519">519</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Edito nel Vol. IV, pag. 297-300 delle <i>Antichità longob.-milanesi
-cit.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note520">
-<p><span class="label"><a href="#tag520">520</a>.&nbsp;&nbsp;</span>... ipsam <i>ecclesiam</i> que usque nunc <i>cella</i> vocabatur...
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <i>ibid.</i>, pag. 298.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note521">
-<p><span class="label"><a href="#tag521">521</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A. 866. Diploma dell'arcivescovo di Milano Tadone all'abate
-Pietro del monastero di S. Ambrogio. Ed. nel Vol. III delle <i>Antichità
-longob.-milanesi cit.</i>, pag. 327-29.
-</p>
-
-<p>
-Insuper etiam petiit ut intra ecclesiam santorum Vitalis et Agricole
-in honore sanctorum Petri et Pauli ecclesiam infirmorum ei
-costruere concederemus atque semitam per quam monasterium minus
-munitum erat claudere et in aliam partem transmutare permitteremus,
-<i>illosque sacerdotes quos pro sua utilitate ad celebrandum missarum
-solemnia in eadem ecclesia</i> <span class="smcap lowercase">OLIM NOVITER COLLOCAVERAT</span> <i>intra
-nostrorum</i> <span class="smcap lowercase">CONCIVIUM SACERDOTUM</span> <i>consortium annumerari concederemus</i>.
-Nos vero per consensum omnium nostrorum sacerdotum petitioni
-eius adsensum prebuimus et <i>ipsos presbiteros ab eo in ecclesia
-sancti ambrosii</i> <span class="smcap lowercase">NOVITER ORDINATOS</span> <i>in</i> <span class="smcap lowercase">NOSTRORUM CONCIVIUM CONGREGATIONE
-PRESBYTERORUM</span> <i>suscipimus</i>.... Insuper etiam confirmamus
-atque concedimus prefato abbati successoribusque eius sicut prisca
-consuetudo ex antiquo tenere videtur ut in dominicis seu in solemnibus
-diebus indutus sandaliis ceterisque ornamentis episcopalibus
-[et infula et anulo antiquo] more ornatus in ecclesia beati Ambrosii
-divinum celebrare officium. Preterea concedimus atque confirmamus
-prefato monasterio et fratribus omnes oblationes que a Christifidelibus
-in eadem ecclesia sancti Ambrosii quoquo modo a maioribus
-sive a minoribus delate fuerint omnesque res, omnesque possessiones
-ibidem collatas cunctasque videlicet curtes earumque appendicias,
-simulque decimas omnium laborum seu dominicatus eorum, simulque
-omnes aldiones servos et ancillas seu colonos sed et omnia que
-nunc habere videntur vel que deinceps Deo propitio adquirere valuerit.
-</p>
-
-<p>
-Le parole fra parentesi, mancanti nel testo, sono state messe
-togliendole dal doc. del 1193 (ed. <span class="smcap">Ughelli</span>, <i>loc. cit.</i>, IV, col. 171-72)
-che riporta tutta la frase intiera.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note522">
-<p><span class="label"><a href="#tag522">522</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Schiaparelli L.</span> <i>I diplomi di Berengario I</i>. Roma, 1903,
-n. XIII, pag. 47.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note523">
-<p><span class="label"><a href="#tag523">523</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Affò I.</span> <i>Storia di Parma cit.</i>, Vol. I, pag. 362, doc. 73, a 978.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note524">
-<p><span class="label"><a href="#tag524">524</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La famosa chiesa di S. Giovanni, da privata che era in origine,
-essendo stata fondata dalla regina Teodolinda nel 602 (<span class="smcap">P. Diacono</span>.
-<i>De gest. Lang. cit.</i>, IV, 21 e 25) si trasformò rapidamente, tantochè
-alla metà del secolo nono appare fornita di tutti gli attributi di
-chiesa matrice e retta da un <i>custos</i> (a. 769 ... Garoin r. d. <i>custodes
-basilice s. Johannis</i> de fundo Moditia aut qui pro tempore <i>custus</i> in
-ipsa <i>basilica</i> fuerit. Cfr. <span class="smcap">Frisi A. F.</span> <i>Memorie storiche di Monza e
-sua Corte</i>, Milano, 1794, Vol. I, c. 5, pag. 36 e segg. e Vol. II, n. II,
-pag. 3-4) che esercita le funzioni di capo di una pieve e ne porta
-anche il nome (a. 879 ott. Petrus <i>archipresbiter</i> huius ecclesie. Cfr.
-<span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, Vol. II, n. V, pag. 9. — a. 880 dec. 20. Vincentius <i>archipresbiter
-et custus</i> ecclesie et canonice. Cfr. <i>Ibid.</i>, I, pag. 37 e III,
-pag. 263) insieme con i preti, i diaconi e i suddiaconi che vivono raccolti
-in canonica sino dal tempo di Carlo il Grosso e ne costituiscono
-l'<i>hordo</i> (... <i>de hordine et congregatione s. Johannis</i> dicono numerosi
-docti del sec. IX e X. Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>Ibid.</i>, I, pag. 47), detto anche <i>ordo
-major</i> (1061 mag. ... isto campo deveniat in potestatem de omnibus
-presbiteris, diaconibus, suddiaconibus vel clericis qui de <i>ordine majore</i>
-predicte ecclesie sunt. Cfr. <i>Ibid.</i>, II, n. XXXVI, pag. 39-40) per
-distinguerlo da quello dei decumani, i quali, qui come a Milano, formano
-un corpo ecclesiastico tutt'affatto differente (a. 1035 .... fiat
-prandium... ad presb. diac. et subdiac. vel clericis qui in eodem <i>ordine
-ecclesie S. Joh.</i> sunt <span class="smcap lowercase">ET</span> ad <i>presbiteros illos qui decimani sunt</i>.
-<i>Ibid.</i>, Vol. II, n. XXX, pag. 33-34 — a. 1053. Vitalis presbiter de
-<i>ordine decomanorum</i> s. modic. eccl. <i>Ibid.</i>, pag. 38).
-</p>
-
-<p>
-Gli <i>ordinarii</i>, al tempo di Berengario I saliti al numero di 32,
-oltre che dai decumani si distinguevano anche dai <i>custodes</i>, i quali,
-a norma della disposizione di Teodolinda (<span class="smcap">P. Diac.</span> <i>loc. cit.</i> Ordinatio
-vero talis fuit. De rebus s. Johannis nullo modo se debet aliquis intromittere
-nisi tantum sacerdotes qui ibi deserviunt die ac nocte,
-tanquam famuli et famule qui ibi subiecti sunt communiter debeant
-vivere) erano i rappresentanti del diritto di proprietà dei beni, di
-cui era titolare la chiesa di S. Giovanni (Diploma di Berengario I
-ai canonici della chiesa di Monza, ed. <span class="smcap">Schiapparelli L.</span> <i>I dipl. di
-Ber. I</i>, Roma, 1903, n. 6, pag. 26). — Il re dona tre corti ai canonici
-imponendo loro varî obblighi fra cui quello di dare annualmente
-<i>loco oblationis, quinque anforas vini et urnam nec non et frumentum
-sextaria duodecim</i> <span class="smcap lowercase">CUSTODIBUS</span> <i>eiusd. eccl.</i> — a. 1198. Ego Lombardus
-Gairoldus <i>custos ecclesie s. Jhoa.</i> consigno d<span class="over">no</span> magistro
-Corrado et d<span class="over">no</span> Michaeli de Besozo et d<span class="over">no</span> Faravo de Modoecia qui
-sunt <i>ordinarii iste ecclesie</i> ad partem et utilitatem iste ecclesie terram
-illam quam habeo et teneo ab ipsa ecclesia. (Cfr. <span class="smcap">Frisi</span>. <i>loc. cit.</i>,
-Vol. I, pag. 54) e riproducevano esattamente la posizione dei sacerdoti
-santambrosiani del diploma tadoniano dell'866 di fronte ai monaci
-istituiti nel 789, e della quale avremo da occuparci più avanti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note525">
-<p><span class="label"><a href="#tag525">525</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dipl. long.</i>, <span class="smcap">Porro</span>, col. 539.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note526">
-<p><span class="label"><a href="#tag526">526</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Campi</span>. <i>loc. cit.</i>, I, pag. 467.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note527">
-<p><span class="label"><a href="#tag527">527</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dipl. long.</i>, <span class="smcap">Porro</span>, col. 979-80.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note528">
-<p><span class="label"><a href="#tag528">528</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i>, I, animadv. XXVII, col. 963-84, a
-cui si può aggiungere il doc. lucchese dell'a. 904 (ed. <span class="smcap">Muratori</span>.
-<i>Antiq. Ital.</i> t. VI, col. 407) in cui si ricorda «Vincentius archipresbyter
-<i>cardinis</i> et vicedominus» e altri sei <i>cardinales</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note529">
-<p><span class="label"><a href="#tag529">529</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche a Vercelli erano dette <i>cardinales</i>.
-</p>
-
-<p>
-Nel frammento del sinodo vercellese del 964 rimastoci fra le opere
-di Attone (ed. <span class="smcap">Lupi</span>. <i>loc. cit.</i>), è detto: «insuper admonitione
-suorum clericorum sancivit, ut antiquus exigit usus pessima ungariorum
-incursione vastatus, <i>ecclesiae cardinales</i> debitum praeberent
-baptisterio hac in civitate celebrato decenter obsequium. Ita ut in
-ipsis ex ecclesiis, quae sunt in villis, videlicet Patina.....
-presbyteri veniant sic expediti suis vestimentis, qui hic Vercellis
-pueros valeant baptismali tingere aqua.»</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note530">
-<p><span class="label"><a href="#tag530">530</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A. 819. Breve ordinationis facio ego Petrus gratia dei episcopus,
-qualiter una cum consensu sacerdotus et aremannus huius lucane
-civitatis, ordinare videor te Andripertum presbiterum filio
-Pauli in nostra <i>ecclesia sedalem</i> sancti Donati, sita prope murum
-huius lucane civitatis; in eo vero tenore ut in tua sit potestate ipsa
-dei ecclesia, una cum casis et omnibus rebus ad eam pertinentibus
-abendum resedendum, gubernandum usufructuandum et officium dei
-die nocteque recto moderamine faciendo et nobis obediendum; sicut
-nostra sancta lex continet: et unum prandeum nobis et sacerdotibus
-nostris singulis annis die martis de alba semper preparare et dare
-debeas in festivitate ipsius ecclesie, portionem exinde de oblatis, et
-candelis tollendum ipse, sicut jam olim consuetas fuit; et semper
-nobis et sancte ecclesie nostre obedire, et servitium adimplere debeas,
-sicut consuetudo fuit; et qualiter ut supra te in eadem ecclesia firmavimus
-stavili ordine permaneas firmiter.
-</p>
-
-<p>
-Ed. <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. XIII.
-</p>
-
-<p>
-A. 838. Notitia brevis de inquisitione ecclesie beati Vincentii ubi
-requiescit umatum corpus beati Fridiani iuxta lucanam urbem.
-</p>
-
-<p>
-Osprando, arciprete della cattedrale, disse: scivi Jacobum episcopum
-abentem ecclesia S. Fridiani infra istos triginta annos et ita
-eam ordinabat sicut alias <i>ecclesias sedales</i> et pertinens erat de isto
-episcopio S. Martini.
-</p>
-
-<p>
-Giovanni chierico e scabino disse: Sibi (= scivi) Iohannem episcopum
-abentem ecclesiam S. Fridiani et dedit illam Jacobi germano
-suo in beneficio. Et postea habuit eam Jacobus episcopus in potestate
-S. Martini infra istos triginta annos, usque ad diem mortis sue.
-</p>
-
-<p>
-Alamondo scavino disse: Scivi ecclesiam S. Fridiani abentem
-Jacobum episcopum et imperantem. Sed Adegrimus vassus domni
-regis illam voluit contendere ad parte Palatii, sed minime potuit,
-quoniam ipse episcopus eam pertinentem episcopatui sui faciebat.
-Pietro disse: Scivi Johannem ep. et Jacopum ep. abentem ecclesiam
-S. Fridiani et imperantes usque ad diem mortis eorum et wiganationem
-exinde faciebant de res ipsius ecclesie, et prandia recipiebat,
-<i>sicut in cetere ecclesie sedales</i> istius episcopati.
-</p>
-
-<p>
-E tutte le altre deposizioni concordarono con queste.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXXI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note531">
-<p><span class="label"><a href="#tag531">531</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Negli <i>Acta sanctorum</i>, Vol. III, Venezia, 1788 «Miracula S.
-Zitae virg. lucensis» pag. 511, è detto: «Prior... iniunxit... Mandriano
-quod ipse statim scalciatus et cum corrigia ad collum iret ad
-<i>ecclesias civitatis lucensis sediales</i> et majores.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note532">
-<p><span class="label"><a href="#tag532">532</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il noto vescovo Raterio nel suo itinerario 7 (ed. <span class="smcap">Ballerini</span>, <i>cit</i>.
-pag. 447) dice: «ad quod cum titularios omnes et illos de plebibus
-paratos, dei gratia invenissem, vos cardinales rogo etc.».
-</p>
-
-<p>
-Chi sieno questi <i>titularii</i> che si distinguono dagli arcipreti rurali
-e dal clero della cattedrale è dimostrato dal documento seguente.
-</p>
-
-<p>
-A. 995. Dum Johannes patriarcha s. aquilegensis aecclesiae in
-sinodo resideret in ecclesia beatae Mariae sitae in civitate Veronae...
-surgens Obertus episcopus eiusdem sedis beatae Mariae, queri cepit...
-de clericis habitantibus in <i>titulis</i> ipsius idest S. Mariae antiquae et
-S. Margaritae, quia ipsi secundum canonicam traditionem et antiquam
-consuetudinem sibi obedire vetarent, ita ut nec <i>ad sinodum</i>,
-nec <i>ad processionem</i> ipsius venire vellent, nec illud observare, quod
-ceteri <i>tituli de eadem civitate faciunt scilicet et missas publicas precipuis
-festis interdictis ab episcopo facere non deberent</i>... Tunc....
-patriarca videns quod rectum et canonicum erat quod ipse episcopus
-sciebat (dicebat?)... statuit ut deinceps clerici de prefatis suis titulis
-parati essent obedire veronensi episcopo tam sinodali advocatione
-quamque et in processionis honore seu etiam in missarum, cum
-ab eodem episcopo interdictum solemnibus festis noverunt, observatione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">De Rubeis</span>. <i>Mon. eccl. aquil.</i> cit. 223.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note533">
-<p><span class="label"><a href="#tag533">533</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Dipl. Long.</i>, (<span class="smcap">Porro</span>), n. 797, col. 1398-99, 1 maggio 980.
-</p>
-
-<p>
-Leo diaconus cardinalis sancte Marie Maioris de Cremona, rector
-diaconie sancte Marie in Bethel regionis quinte suprascripta civitate
-Cremona tibi Ambrosio presbitero per hanc cartulam ad tuas preces
-facta comittimus providemus et perdonamus quatinus in oraculum
-sito xenodochio sancte Marie in Bethel, ubi rector ordinatus esse
-videmur, debeas omni <i>die et noctibus residere pro bona custodia offitio
-et luminaribus in predicto oraculo, ibique, permictente episcopo, valeas
-libere ac liceat diebus dominicis celebrare missam, sed ianuis clausis,
-ne populus a missarum solemniis in domo Domini a predicatione abstrahatur;
-aliis diebus</i>, permictente episcopo, tibi perdonamus ut
-<i>ianuis apertis valeas... missam celebrare</i>. Set tibi predicto Ambrosio
-presbitero stricte inbemus, uti canonica lex abet, ut <i>omni die festo
-et in omni die dominico in domo Domini ad missam et predicacionem
-episcopi cum populo accedas</i> hora tercia; similiter stricte tibi iubemus,
-ut nullo modo nec libere nec licite nec ianuis apertis vel clausis
-in eodem oraculo missam celebrare presumas in Natale Domini,
-nec in die Sancte Pasche, nec in Ascensione, nec in Pentecoste,
-vel in die translacionis domine nostre sancte Marie matris Dei.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note534">
-<p><span class="label"><a href="#tag534">534</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Con i documenti riportati nelle note precedenti concorda completamente,
-integrandoli, il c. 2 del capitulare di Teodulfo, vescovo
-aurelianense, del 797 e del quale già si è avuto occasione di rilevare
-qualche altro punto di identità con la costituzione ecclesiastica
-italiana.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note535">
-<p><span class="label"><a href="#tag535">535</a>.&nbsp;&nbsp;</span>S. Ambrogio fu seppellito accanto a S. Protaso e a S. Gervaso,
-primi santi tutelari di Milano, e la sua festa, che avveniva
-insieme con quella degli altri due, il 19 di giugno, era celebre anche
-per la chiesa romana per essersi fatta in tal giorno una pace
-fra i romani ed i langobardi ai tempi di Gregorio Magno e della
-quale questo pontefice fece cenno anche nell'«Introibo» della sua
-messa che incomincia: «Loquetur dominus pacem in plebem suam.»
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <i>Delle antichità long. mil. cit.</i> Diss. XXV, p. 3, vol. III, pag.
-209. Vedi anche <i>ibid</i>. Diss. XXXVII, vol. IV, pag. 314.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note536">
-<p><span class="label"><a href="#tag536">536</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo tentarono S. Eusebio a Vercelli e S. Agostino in Affrica,
-come ci è reso noto da S. Ambrogio; ma pochi anni dopo la loro
-morte il sistema andò in disuso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note537">
-<p><span class="label"><a href="#tag537">537</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A torto, quindi, si tenterebbe di riannodare a questa coabitazione
-del clero antico, l'origine delle canoniche del secolo X.º e
-XI.º. Cfr. <span class="smcap">Muratori</span> <i>Ant. Ital.</i> Diss. LXII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note538">
-<p><span class="label"><a href="#tag538">538</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Et nos habemus in ecclesia senatum nostrum cetum presbyterorum,
-dice S. Agostino (Opera omnia, Parigi, 1704, V, pag. 16).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note539">
-<p><span class="label"><a href="#tag539">539</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Gregori M.</span> <i>Ep</i>. I, 6 e 60 e <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De parrochiis cit.</i>
-pag. 380 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note540">
-<p><span class="label"><a href="#tag540">540</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel 787 Dateo, arciprete della cattedrale di Milano, fonda
-un brefotrofio presso di essa stabilendo che i <i>presbyteri ex ordine
-cardinali</i> vi abbiano una sala a disposizione (<span class="smcap">Muratori</span> A. <i>Antiq.
-ital.</i> diss. XX). Nel doc. dell'864 riportato nella nota 2 a pag. 178
-è ricordato Gregorio prete <i>de hordine s. mediol. eccles.</i> Nel doc., pure
-milanese, del 789, più volte ricordato, l'arciv. Pietro fa esplicita
-menzione del consenso dato dai «sacerdotibus et levitis cunctisque
-ordinis nostri gradus». (Cfr. <i>Delle antich. long. mil. cit.</i> IV, pag. 298).
-In un altro doc., anch'esso milanese, del 1034 (<span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq</i>.
-diss. LXI) si ricordano i «presbyteri diaconi et suddiaconi <i>cardinales
-de hordine s. mediol. eccl.</i>». Nel 1151 gli «<i>ordinarii</i> eccles. s. Alexandri»
-di Bergamo (la cattedrale) stipulano un'interessantissima convenzione
-con i loro cuochi. Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>Cod. cit.</i> II, col 1105-1106.
-</p>
-
-<p>
-Ed ho citato solo alcuni esempi dei più interessanti. Vedine altri
-in <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De parr.</i> pag. 380 e segg. e in <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq</i>. diss. LXI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note541">
-<p><span class="label"><a href="#tag541">541</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Esmein A.</span> <i>Cours élémentaire d'histoire du droit français</i>,
-Paris, 1898, pag. 148 e <span class="smcap">Schulte</span> <i>loc. cit</i>. pag. 650 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note542">
-<p><span class="label"><a href="#tag542">542</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Presbyteri ruris in ecclesia civitatis episcopo presente vel presbyteris
-urbis ipsius offerre non presumant</i>. Concil. neocesarense a. 314
-c. 13. Sulla sua applicazione in occidente vedi <span class="smcap">Galante</span>. <i>Elem.
-di dir. eccles. cit.</i> pag. 23 e <span class="smcap">Lupi</span>. <i>De parroch. cit.</i> pag. 293 e segg.
-diss. III, cap. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note543">
-<p><span class="label"><a href="#tag543">543</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il principio, sanzionato dal c. 13 del sinodo ottavo — oporteat
-in magna ecclesia in minori gradus constitutos ad maiores honores
-opportune contendere, sed non eos qui foris sunt, inter eos admitti — fu
-confermato pienamente da Giustiniano (Nov. III. 2) e da varî
-concilî posteriori. Cfr. <span class="smcap">Lupi</span> <i>De parr. cit.</i> pag. 328.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note544">
-<p><span class="label"><a href="#tag544">544</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Prisca loci consuetudo — dice <span class="smcap">Arnolfo</span> <i>loc. cit.</i> I, 1. — ut,
-decedente metropolitano, unus ex majoris ecclesiae precipuis cardinalibus
-quos vocant ordinarios succedere debeat.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note545">
-<p><span class="label"><a href="#tag545">545</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo avveniva quasi esclusivamente quando si trattava di
-custodes <i>martyrum</i>, i quali, fino dal tempo di Silvestro I (314-335)
-erano messi fra il diacono e il suddiacono. Cfr. <span class="smcap">Thomassin</span> L. <i>Nova
-et vetus ecclesiae disciplina cit</i>. vol. I, parte I, libr. 2, cap. 92, § 2,
-pag. 299.
-</p>
-
-<p>
-Il <i>custos</i> della chiesa di S. Ambrogio, p. es., è non di rado (cfr.
-<span class="smcap">Puricelli</span> loc. cit. n. 8, a. 740; e n. 11, a. 781, 2 maggio e <i>Delle antichità
-long. mil. cit.</i> Diss. XXVII, vol. III, pag. 256) chiamato <i>venerabilis</i>
-e <i>reverendissimus</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note546">
-<p><span class="label"><a href="#tag546">546</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Con questo termine intendo i preti già stabilmente fissati presso
-le chiese che a Milano sono dette decumane, a Lucca sedali, a Bergamo
-cardinali, etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note547">
-<p><span class="label"><a href="#tag547">547</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Al documento citato a pag. 187, nota 2 si può aggiungere
-quello del 974 in cui si ricorda Giovanni prete decomano della santa
-chiesa milanese ed officiale della chiesa di S. Maria detta di Podone
-(cfr. <i>Delle antichità long. milan. cit.</i> vol. III, Diss. XXX, pag. 371) e
-sopra tutto il passo del testamento di Attone vescovo di Vercelli
-(ed. Del Signore cit. prefaz. pag. XVII) in cui, nel lasciar loro le
-due valli di Leventina e Bellenica, distingue nettamente il clero raccolto
-nella cattedrale dai decumani sparsi per la città: <i>presbyteris
-seu diaconis cardinalibus sancte mediolanensi ecclesie et sacerdotibus
-decomanis qui in eadem civitate pro tempore fuerint</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note548">
-<p><span class="label"><a href="#tag548">548</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 1117. Dum in Dei nomine in civitate Mediolani in Arengo
-publico in quo erat Domnus Jordanus archiepiscopus, ibique cum eo
-eius <i>presbiteri et clerici maioris ordinis et minoris praedictae mediol.
-eccl.</i>.... veniens d. Ardericus ven. laudensis episcopus cum suis <i>clericis
-majoris ordinis et minoris</i>....
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Giulini</span> <i>loc. cit.</i> parte V, pag. 545.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note549">
-<p><span class="label"><a href="#tag549">549</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota 1 a pag. 190.
-</p>
-
-<p>
-Per Lodi vedi il doc. del sec. X (ed. <span class="smcap">Vignati</span> <i>loc. cit.</i> n. 13, pag. 19)
-<i>«Cardinales presbyteri, diaconi et subdiaconi».</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note550">
-<p><span class="label"><a href="#tag550">550</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tutti i documenti parlano sempre di presbyteri. E, del resto, si
-capisce facilmente che dovendo compiere delle funzioni, a cominciar
-dalla messa, per le quali la Chiesa aveva stabilito indispensabile il
-grado del presbiterato, dovevano essere preti.
-</p>
-
-<p>
-In seguito, però, forse per quella corruzione degli ordini ecclesiastici
-che a Milano appare fino dai primissimi decenni del secolo nono
-(cfr. <span class="smcap">Puricelli</span> <i>De S. Arialdo cit.</i> IV, 1); sembra che potessero essere
-decumani anche i diaconi. Almeno <span class="smcap">Arnolfo</span> (<i>loc. cit.</i> III, 8) racconta
-che Arialdo era <i>ex decomanis diaconus</i>. Il <span class="smcap">Giulini</span> — con ragione,
-secondo me — suppone (<i>loc. cit.</i> parte IV, pag. 13, ad an. 1056) che non
-solo fosse, per abuso, attribuito il nome di decumani ai preti di molte
-chiese di Milano che non erano di quell'ordine; ma che fino dai tempi
-di Arnolfo fosse divenuto un titolo generale a tutti gli ecclesiastici
-di qualunque ordine, che non fossero <i>ordinarii</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note551">
-<p><span class="label"><a href="#tag551">551</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 871. febbraio.
-</p>
-
-<p>
-Ego Vuerulfo, qui et Podo vocatur.... offero.. in.. ecclesia S.
-marie, sita intra han civitatem Mediolani, prope locus, ubi quinque
-vias dicitur, quam ego in propria mea terra aedificavi, petiam unam
-de terra cum casas.... et volo.... ut.... deveniat in manus et potestate
-de <span class="smcap lowercase">PRIMICERIO PRESBITERORUM DECUMANORUM S. MEDIOLANENSIS
-ECCLESIE</span>, ad ordinandum presbiterum unum, <i>qui in jam dicta
-ecclesia s. marie officiare debeat et custodire die noctuque</i> pariter et
-fideliter et faciat ipse presbiter de jam dicta terra et casas que cum
-jam dicta ecclesia tenere videtur, usufructuario nomine, quaecumque
-voluerit.... autem volo ut <i>presbiter</i> ille qui <i>in eadem ecclesia officiale</i>
-fuerit, dare et offerre debeat candelas duas optimas, omnes missas
-ipsius s. marie, ad archiepiscopatum s. mediol. eccl..... et pascere
-debeat per omni anuale meo presbiteros duodecim et pauperes decem
-et missa speciale canere debeat per omne mense, duas in anno. Et
-ipse primicerius, qualis in tempore fuerit, propter honorem ordinationis
-ipsius ecclesie,.... habeat massaricium unum juris mei, qui
-reiacet in vico et fundo Raudo, ut nulla impositio propter ordinationem
-ipsius ecclesie quesierit, nisi illum massaricium.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Giulini</span>. <i>Memorie cit</i>. vol. I, append. pag. 464-65.
-</p>
-
-<p>
-Consimile è il testamento dell'arciv. Andrea dell'11 genn. 903,
-ed. <i>ibid</i>., vol. II, append. pag. 475-79.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note552">
-<p><span class="label"><a href="#tag552">552</a>.&nbsp;&nbsp;</span>997. nov. 19. Ego <i>Andreas presbiter et Primicerius de hordine
-Decomanorum Sancte Mediolanensis Ecclesie Officiale Basilice Sancte
-Genitricis Virginis Marie, que dicitur iemalis</i>... volo et iubeo... ut
-petia una de terra... deveniat in potestate de presbiteris illis, qui
-tunc tempore et in perpetuum in basilica Sancti Laurentii, constructa
-foris ab ac civitate, non longe ad portam quod clamatur Ticinense,
-Officiales fuerint... mei et parentum meorum, seu Domni Landulfi
-quotidie missas, vesperas, et matutinum et reliquum officium faciant.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Saxii. J. A.</span> <i>Archiepiscoporum mediolanensium series historico-chronologica</i>
-etc. Milano, 1755, vol. II, pag. 378-79.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note553">
-<p><span class="label"><a href="#tag553">553</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Erano 30: 15 sacerdoti, 10 diaconi e 5 suddiaconi. Cfr. <i>Delle
-antichità cit.</i> Diss. XXV, vol. III. pag. 225. Questi ultimi, però, erano
-esclusi dalle assemblee in cui si discutevano le questioni di maggior
-rilievo. In un diploma dell'arciv. Ariberto, del 1032 (ed. <span class="smcap">Puricelli</span>
-<i>loc. cit.</i>) presenti <i>senioribus superioris ecclesiae suae cardinalibus, presbyteris
-et cardinalibus</i> si sottoscrivono l'arcidiacono, il vicedomino,
-dodici preti e due diaconi; ed in un altro dello stesso arciv. (ed. <span class="smcap">Muratori</span>
-<i>Antiq. It.</i> Diss. LXI) si vedono convocati <i>venerabilibus suae
-ecclesiae cardinalibus, presbyteris videlicet et diaconibus.</i>
-</p>
-
-<p>
-I suddiaconi non sono ricordati mai.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note554">
-<p><span class="label"><a href="#tag554">554</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Delle antichità cit.</i> diss. XXX, vol. III. III, pag. 345 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note555">
-<p><span class="label"><a href="#tag555">555</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Giulini</span> <i>Memorie cit</i>. parte III, pag. 366.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note556">
-<p><span class="label"><a href="#tag556">556</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Presbyteri decumanorum extra chorum cantant</i>, dice <span class="smcap">Beroldo</span> <i>loc. cit</i>. ed. <span class="smcap">Muratori</span> Diss. LVII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note557">
-<p><span class="label"><a href="#tag557">557</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dopo un primo stadio di formazione, comunemente noto col
-nome di <i>periodo apostolico</i>, la comunità cristiana, sotto l'influsso dello
-spirito giuridico organizzatore dei Romani (<span class="smcap">Friedberg-Ruffini</span>. <i>Trattato
-cit</i>. pag. 26), cominciò ad acquistare, ancora prima di divenire
-religione di Stato, un aspetto sempre più rispondente a quello religioso
-e civile romano; e gli ecclesiastici furon ben presto rivestiti
-di un carattere ufficiale in tutto simile a quello dei funzionarî civili,
-nello stesso modo dei quali, con le stesse parole e con le stesse forme
-erano nominati (<span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. pag. 32 e segg.) e tutti coloro che erano
-investiti del ministerio ecclesiastico si vennero a contrapporre ai laici
-costituendo anch'essi un <i>ordo</i> distinto dalla <i>plebs</i> in modo del tutto
-identico a quello che avveniva nella costituzione civile.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note558">
-<p><span class="label"><a href="#tag558">558</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Concil. carthag</i>. IV, a. 418-19, c. 22.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note559">
-<p><span class="label"><a href="#tag559">559</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In ordinandis sacerdotibus et clericis, diceva S. Agostino (cfr.
-<span class="smcap">Possidio</span> <i>Vita Augustini</i> cit. c. 21), consensum maiorem cristianorum
-et consuetudinem ecclesiae sequendam esse.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note560">
-<p><span class="label"><a href="#tag560">560</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i documenti riportati e indicati dall'<span class="smcap">Imbart de la Tour</span>
-<i>Les élections episcopales dans l'Eglise de France du IX au XII siècle,</i>
-Paris, 1891, pag. 12 e segg. e passim.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note561">
-<p><span class="label"><a href="#tag561">561</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Theod.</i> XVI, 2, 33.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note562">
-<p><span class="label"><a href="#tag562">562</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i passi riportati dall'<span class="smcap">Imbart de la Tour</span>. <i>Les élections
-episcopales cit</i>. pag. 12 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note563">
-<p><span class="label"><a href="#tag563">563</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il sinodo romano di Eugenio II dell'826 (c. 8) stabilisce:
-«Episcopi in subiectis baptismalibus plebibus, ut certe propriis, curam
-habere debent, ut cum in ipsis presbyteros necessitas occurrerit
-ordinandi, ut reverentius observentur, convenit ibidem habitantium
-habere consensum».
-</p>
-
-<p>
-E il concilio ticinese dell'850, già tante volte citato, conferma
-che «in ordinandis plebium rationibus, civium instituta serventur
-et primum quidem ipsius loci presbyteri vel ceteri clerici idoneum
-sibi rectorem eligant; deinde populi qui ad eamdem plebem adspicit,
-sequatur assensus».
-</p>
-
-<p>
-E dall'esempio offerto dalla pieve di Mosciano a quelli delle pievi
-modenesi e parmensi, le prove dell'autonomia dei centri rurali è dovunque
-dimostrata; ciò che produce come conseguenza che quella
-della pieve urbana, che dai centri rurali è circondata, sia anche maggiore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note564">
-<p><span class="label"><a href="#tag564">564</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Longobardi, Franchi etc cit</i>., pag. 113-18 e
-<span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Stato e Chiesa secondo gli scritti politici da Carlo M. fino
-al concordato di Worms</i>, Modena, 1901, pag. 3 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note565">
-<p><span class="label"><a href="#tag565">565</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tamassia</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 196 e segg. <span class="smcap">Solmi</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 55-57.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note566">
-<p><span class="label"><a href="#tag566">566</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In Gallia, come si rileva anche dalla formula del <i>Missale francorum</i>
-(ed. <span class="smcap">Duchesne</span> <i>Origines cit.</i>, pag. 359. «Secundum voluntatem
-Domini, in locum s. memoriae illius nomine, virum venerabilem illum
-testimonio presbyterorum et totius cleri et consilio civium ac
-consistentium credimus eligendum») le elezioni vescovili anticamente
-erano indipendenti; ma sotto i Merovingi, per le violenze e le agitazioni
-del popolo, il potere regio ebbe occasione ed agio di intervenirvi
-per modo che da un semplice mantenimento dell'ordine si passò
-rapidamente ad una vera e propria ingerenza; cosicchè la Chiesa fu
-costretta ad iniziare una lotta, che ridusse — è vero — l'autorità regia
-alla sola conferma; ma le dètte, appunto perchè limitandola l'ammetteva,
-pieno ed esplicito e riconosciuto diritto di intervenire nell'elezione.
-L'<span class="smcap">Hauck</span>, (<i>Die Bischofswalhen unter der Merovingern</i>. Erlangen,
-1883), forse un po' impressionato dall'opinione del <span class="smcap">Fustel
-de Coulanges</span>, (<i>La Monarchie francque</i>, Paris, 1888, pag. 523-566 e,
-sopra tutto, 555-558) che ritenne che l'autorità regia ridusse a nulla
-l'intervento del clero e del popolo; ha pensato che questa limitazione
-sia stata una grande conquista da parte della Chiesa; ma, in
-realtà, egli ha considerato il fatto rispetto ai suoi presupposti immediati;
-ma non alla costituzione primitiva della Chiesa. Il can. 10
-del quinto Concilio di Orléans (ed. <span class="smcap">Maassen</span>, <i>cit</i>., pag. 103) incomincia
-«Sed <i>cum voluntate regis</i>... pontifex consacretur».
-</p>
-
-<p>
-Questo già ai primissimi del secolo settimo. L'editto di Clotario
-è del 614. (Cfr. «Monum. Germ. Hist.» <i>Leges</i>, I, pag. 14).
-</p>
-
-<p>
-Sorto in seguito l'astro dei Carolingi, la Chiesa fu trasformata in
-istituzione territoriale e, pienamente sottratta alla dipendenza del
-pontefice (cfr. <span class="smcap">Friedberg-Ruffini</span>, <i>loc. cit.</i>, pag. 16), divenne loro
-docile e poderoso strumento di governo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note567">
-<p><span class="label"><a href="#tag567">567</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quest'affermazione si limita, s'intende bene, al periodo franco,
-durante il quale l'azione del pontefice nelle elezioni vescovili ebbe
-un'importanza così limitata che non occorre fermarcisi su.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note568">
-<p><span class="label"><a href="#tag568">568</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nell'epoca romana questo fatto si rileva più facilmente perchè
-l'elezione del vescovo è regolata minutamente dalle leggi e queste
-graduano la facoltà degli elettori in proporzione diretta della loro
-posizione nella vita civile.
-</p>
-
-<p>
-Vedi a questo proposito a pag. 59 e segg. e <i>Cod. Theod.</i> Nov.
-XVII a. 445.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note569">
-<p><span class="label"><a href="#tag569">569</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi i passi riportati a questo proposito dal <span class="smcap">Friedberg-Ruffini</span>,
-dal <span class="smcap">Calisse</span>, dall'<span class="smcap">Imbart d. la Tour</span> e dal <span class="smcap">Vacandard E.</span> <i>Les
-élections épiscopales sous les mérovingiens</i> in «Rev. d. questions histor.».
-XXXII, 126, avril, 1898. «Expectarentur — dice un tipico passo
-di S. Leone M. (Ep. X, 6 — Iaffè Reg. 467) — vota civium, testimonia
-popolorum; quaereretur honoratorum <i>arbitrium, electio</i> clericorum».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note570">
-<p><span class="label"><a href="#tag570">570</a>.&nbsp;&nbsp;</span>E ciò sopra tutto per la ragione che il clero, come istituzione,
-è ritenuto di origine divina e gode, quindi, di un gran prestigio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note571">
-<p><span class="label"><a href="#tag571">571</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A notariis ecclesiae — dice S. Agostino (Ep. 110) — ... excipiuntur
-quae dicimus et dicitis... Hoc ad ultimum rogo ut gestis
-istis dignemini subscribere qui potestis.
-</p>
-
-<p>
-Su questo <i>decretum quod clerus et populus formare debet de electo
-episcopo</i> cfr. specialmente l'<i>Ordo romanus</i> in <i>Bibl. patruum</i> cit., X,
-col. 104.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note572">
-<p><span class="label"><a href="#tag572">572</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Agostino</span> li ricorda varie volte.
-</p>
-
-<p>
-Dilectissimis fratribus, clero, <i>senioribus</i> et universae plebi aecclesiae
-Hipponensi.... salutem — Ep. 137.
-</p>
-
-<p>
-Silvanus a Cirtha traditor est et fur rerum pauperum, quod omnes
-vos episcopi, presbyteri, diacones et <i>seniores</i> scitis — <i>Contra Crescon</i>.
-III c. 29 <i>ed. cit.</i> vol. VII pag. 177.
-</p>
-
-<p>
-E la stessa precisa frase si trova anche nelle <i>Gesta purgationis
-Felicis et Caeciliani</i> in calce alle opere di <span class="smcap">Optato</span>, Parigi, 1567, pagina
-268 — Ep. di forte.
-</p>
-
-<p>
-E nello stesso significato troviamo la parola anche nel medioevo.
-</p>
-
-<p>
-Nel testamento del prete Teodaldo dell'a. 768 (ed. <span class="smcap">Frisi</span> <i>loc. cit.</i>,
-II, n. 2, pag. 4) è detto: «obsecro principes terre istius vel presolis
-adque <i>senioris</i> ecclesie S. Johannis ut... omnia stavilem permittatis
-permanere. E in una donazione al monastero di S. Ambrogio, dell'a.
-863 (ed. <span class="smcap">Giulini</span> <i>loc. cit.</i>, vol. I, append. pag. 444-45) si stabilisce
-che se i monaci non adempiono agli obblighi loro imposti a proposito
-di un ospedale fondato dal donatore, l'ospedale stesso passi agli <i>officiales</i>
-della Chiesa di S. Giovanni di Monza «sine ulla contrarietatem
-<i>senioribus</i> ipsius ecclesiae».
-</p>
-
-<p>
-Nè son casi isolati. Cfr. a. 787 (<span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. ital.</i>, III, col. 587)
-pontifex (arciv. di Milano) de ipso ordine presbyterum <i>seniorem</i>...
-ordinare dignetur. — a. 951-962 (<span class="smcap">Vignati</span>, <i>Cod. dipl. laud.</i> cit. I, n. 13,
-pag. 18-19). Radbertus presbiter de cardine s. laud. eccl. scribere per
-iussu domni <i>senioris</i> communuimus. — a. 933. (<span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>Mem. Nonantola</i>
-cit., n. 82), una per consilio et consensum <i>seniorum</i> sacerdotis
-et clerum b. s. Geminiani motinensis, il vescovo Gottifredo fa una
-concessione enfiteutica.
-</p>
-
-<p>
-Il <span class="smcap">Tamassia</span> (<i>I sermoni di Pietro Crisologo</i> cit.,) ha indicato alcuni
-passi che gettano uno sprazzo di luce sui rapporti che con anacronismo
-scusabile possono esser detti <i>prefeudali</i>, della società romana.
-</p>
-
-<p>
-I documenti ora indicati, che contengono il nome di <i>senior</i>, di
-ben nota diffusione nel campo feudale, possono, forse, esser presi in
-considerazione anche da questo punto di vista.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note573">
-<p><span class="label"><a href="#tag573">573</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Agostino. <i>Conc. II in Psalm.</i> 36, to. 8, pag. 201. «Cum
-incestos contra legem decretaque omnium sacerdotum communioni
-sanctae adiungeret, cumque obsistente massima parte plebis, etiam
-<i>seniorum nobilissimorum</i> litteris conveniretur etc.».
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Liberati</span>. <i>Breviarium cit</i>., c. 14. ed. cit. to V, pag. 763. «Collecti
-sunt <i>nobiles civitatis</i> ut eum qui esset vita et sermone dignus pontificatu
-eligerent».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note574">
-<p><span class="label"><a href="#tag574">574</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In ordinationibus eorum clamant et dicunt: dignus es et iustus
-e <span class="smcap">S. Ambrogio</span>. <i>De dignitate sacerdot.</i> c. 5. E <span class="smcap">S. Agostino</span> (<i>Ep</i>.
-110): Dignus et iustus est dictum est vicies.
-</p>
-
-<p>
-Altri esempi per il medioevo ci sono offerti da <span class="smcap">Gregorio di
-Tours</span>, <i>loc. cit.</i> passim e specialmente l'ep. 25 del libro quarto, ad
-Donnulum.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note575">
-<p><span class="label"><a href="#tag575">575</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr., oltre i trattati generali già citati, il <span class="smcap">Reville</span> <i>Les origines
-de l'épiscopat</i>, Paris, 1894.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note576">
-<p><span class="label"><a href="#tag576">576</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il doc. dell'838 nella nota 2, a pag. 186.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note577">
-<p><span class="label"><a href="#tag577">577</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il doc. riportato nella nota 1, a pag. 186.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note578">
-<p><span class="label"><a href="#tag578">578</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Q. Florentis Tertulliani</span> <i>Apologeticus adversus gentes</i>, Venezia,
-1525, c. 37, cap. XXXIX.
-</p>
-
-<p>
-De disciplina christianorum. Si quod arcae genus non de ordinaria
-summa quasi redemtae religionis congregatur: <i>modicam unusquique
-stipem menstrua die, vel cum velit et si modo possit, apponit</i>.
-Nam <i>nemo compellitur</i>, sed <i>sponte confert</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Id</span>. <i>Ep</i>. 34 in <i>Opera omnia</i> Parigi, 1666, pag. 49.
-</p>
-
-<p>
-Presbiteri honorem designasse nos illis jam sciatis ut et sportulis
-iisdem cum presbyteris honorentur et <i>divisiones mensurnas</i> aequatis
-quantitatibus partiantur.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Id</span>. <i>Ep</i>. 66, <i>ibid</i>., pag. 109.
-</p>
-
-<p>
-Quae nunc ratio et forma in clero tenetur, ut qui in ecclesia
-domini ordinatione clerica promoventur, in nullo ab administratione
-divina avocentur nec molestiis et negotiis saecularibus alligentur,
-sed in honore <i>sportulantium fratrum</i> tamquam <i>decimas ex fructibus
-accipientes</i>, ab altari et sacrificiis non recedant.
-</p>
-
-<p>
-E quando qualche ecclesiastico mancava ai suoi doveri era punito
-in modo molto semplice e chiaro: «Interim (cfr. <i>Ep</i>. 28, pag. 41)
-se a <i>divisione mensurarum tantum contineant</i>, non quasi a ministerio
-ecclesiastico privati esse videantur».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note579">
-<p><span class="label"><a href="#tag579">579</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Just.</i> I, 3, 33, § 1. Leone e Antemio (467-471). Non oportet
-episcopos aut clericos <i>cogere quosquam ad fructus offerendos</i>, aut
-angarias dandas, aut alio modo vexare, aut excommunicare, aut anathemate
-damnare, aut denegare communionem, aut idcirco non baptizare,
-<i>quamvis usus ita obtinuerit</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note580">
-<p><span class="label"><a href="#tag580">580</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Leonis M.</span> (440-460). <i>Sermo de collectarum die</i> (ed. <span class="smcap">Ballerini-Caccia</span>).
-</p>
-
-<p>
-Providenter, dilectissimi, a sanctis patribus pieque dispositum
-est, ut in diversis temporibus quidam essent dies, qui devotionem
-fidelis populi ad Collationem publicam provocarent. Et quia ad ecclesiam
-maxime ab unoquoque opem quaerente decurritur, fieret ex
-possibilitate multorum <i>voluntaria</i> et sancta <i>Collectio</i>, quae per Praesidentium
-curam necessariis serviret expensis: ad cuius operis desideratum
-vobis, ut credimus, fructum dies vos vicinus invitat, accedentibus
-admonitionibus nostris, ut ad ecclesias regionum vestrarum
-sabbato proxime futuro misericordiae munera deferatis.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Id</span>. <i>Sermo IV</i>.
-</p>
-
-<p>
-Quia in die dominica prima est futura Collectio, omnes vos devotioni
-<i>voluntarie</i> praeparate, ut unusquisque secundum sufficientiam
-habeat in sacratissima oblatione consortium.
-</p>
-
-<p>
-Id. <i>Sermo V</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ad horum operum, Dilectissimi, piam curam dies nos apostolicae
-invitat, in quo sanctarum Collectionum prima <i>Collectio</i> est prudenter
-a Patribus et utiliter ordinata; ut quia in hoc tempore gentilis
-quondam populus superstitiosius daemonibus serviebat, contra
-prophanas hostias impiorum, sacratissima a nobis nostrarum elemosinarium?
-celebraretur oblatio: quod, quia incrementis ecclesiae
-fructuosissimum fuit, placuit esse perpetuum. Unde hortamur sanctitatem
-vestram, ut per ecclesias regionum vestrarum quarta feria
-de facultatibus vestris quantum suadet possibilitas ac voluntas, expensas
-misericordiae conferatis, ut possitis illam beatitudinem promereri,
-in qua sine fine gaudebit, qui intelligit super egenum et
-pauperem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note581">
-<p><span class="label"><a href="#tag581">581</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il capitolare di Mantova del 787 prescrive che la decima sia
-pagata alla presenza di almeno due testimoni ne ideo ibi juramentum
-aliquod faciendi necessitas contingat. (Cfr. M. G. H. Capitularia,
-I § 8, pag. 197).
-</p>
-
-<p>
-E questo sistema di giuramento concorda pienamente con l'uso
-estesissimo del giuramento quale ci è unanimente dimostrato dalle
-fonti romane (Cfr. <i>Dig. XII</i>, 2, 3-I, 3, § 4 e 2, 4 e 5) e con quello
-attestatoci dai documenti posteriori. Il Tiraboschi, p. es., ha pubblicato
-un doc. del secolo X (<i>Mem. Modenesi</i> cit., I, cod. dipl. n. 117, pag. 142)
-che suona così: «Incipit nomina virorum hac mulierum qui pro dei
-timore et christi amore dederunt singuli denarios pro redemptione
-animarum suarum in luminaria ad illuminandum ecclesiam dei ut
-eorum animas illuminet deus in sanctum paradisum et <i>ipsi omni anno
-Deo auxiliante hoc facere similiter promittunt</i>».
-</p>
-
-<p>
-E si possono citare anche altri esempi posteriori nei quali si
-vede sempre intervenire il giuramento. Cfr. anche lo statuto della
-Chiesa di Parma citato a pag. 1, n. 1 e a pag. 103-104.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note582">
-<p><span class="label"><a href="#tag582">582</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Cod. dipl. long</i>. — Troya, — n. 216.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note583">
-<p><span class="label"><a href="#tag583">583</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 200 nota e nota 3 di questa pagina.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note584">
-<p><span class="label"><a href="#tag584">584</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Di <i>decimas</i> parla il capitolare fissato dal re Liutprando con
-i mercanti di Comacchio nel 730 (Cfr. <span class="smcap">Hartmann</span>. <i>Zur Wirtschaftsgeschichte
-Italiens in frühen Mittelalter. Analekten.</i> Gotha. 1904, pag.
-123-24); decime pagavano talvolta cittadini e vicini per il godimento
-degli antichissimi diritti d'uso (Cfr. <span class="smcap">Solmi A.</span> <i>Manuale cit.</i>, pag. 188)
-e la decima parte dei frutti della terra da loro lavorata corrispondevano
-numerosi lavoratori (Cfr. <i>Cod. dipl. long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 433,
-a. 721; n. 476, a. 729; n. 526, a. 740) così in occidente come in oriente
-(cfr. <span class="smcap">Zachariae V. Lingenthal.</span> <i>Geschichte des grieschisch-roemischen
-Rechts</i>, Berlin, 1892, II, pag. 255-56 e n. 843).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note585">
-<p><span class="label"><a href="#tag585">585</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">S. Agostino</span>. <i>Comm. in Psalm</i>. 146 (<i>Opera omnia</i> cit. VIII,
-pag. 698). Precidite ergo aliquid et deputate aliquid fixum, vel ex
-annuis fructibus vel ex quotidianis quaestibus vestris... Exime aliquam
-partem redituum tuorum. <i>Decimas</i> vis? decimas exime quamquam
-parum sit.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Id</span>. <i>Homil</i>. 48, X, pag. 48. Maiores nostri copiis omnibus abundabant
-quia Deo <i>decimas dabant</i> et Caesari censum reddebant.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note586">
-<p><span class="label"><a href="#tag586">586</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Capit, di Lestimes a. 743 (in «Mon. Germ. Hist.» Boretius.
-I, n. 11, pag. 28). — Statuimus quoque cum consilio servorum Dei et
-populi christiani propter imminentia bella et persecutiones ceterarum
-gentium quae in circuitu nostro sunt, ut <i>sub precario et censu
-aliquam partem ecclesialis pecuniae in adiutorium exercitus nostri cum
-indulgentia Dei aliquanto tempore retineamus ea conditione, ut annis
-singulis de unaquaque casata solidus, idest duodecim denarii, ad ecclesiam
-vel monasterium reddatur; eo modo, ut si moriatur ille cui
-pecunia commodata fuit, ecclesia cum propria pecunia revestita sit.
-Et iterum si necessitas cogat ut princeps iubeat, precarium renovetur
-et rescribatur novum</i>.
-</p>
-
-<p>
-Col capitolare del 768 (<span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i> 1, <i>Capit. aquit.</i> c. 1, pag. 42) Pipino
-aggiunse l'obbligo della restaurazione della chiesa a cui appartenevano
-le terre beneficiate.
-</p>
-
-<p>
-E nel 779, col capit. aristallense (<span class="smcap">Id</span>., <i>ibid</i>. I, c. 13, pag. 50), Carlo
-Magno aggiunse l'obbligo del pagamento della decima e della nona.
-De rebus vero ecclesiarum und nunc census exeunt decima et nona
-cum ipso censu sit soluta et unde antea non exierunt similiter nona
-et decima detur; atque de casatis quinquaginta solidum unum et de
-casatis triginta solidum dimidium et de viginti trimisse unum.
-</p>
-
-<p>
-La bibliografia sul beneficio ed i suoi rapporti col feudo è troppo
-nota perchè occorra accennare anche solo i principali lavori.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note587">
-<p><span class="label"><a href="#tag587">587</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>ibid</i>. I, pag. 46.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note588">
-<p><span class="label"><a href="#tag588">588</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Pippini capitulare italicum</i> a. 801 (806)-810 (<i>ibid</i>. I, 1,
-n. 102, pag. 210, c. 6). E questa disposizione deriva in linea retta da
-Carlo M. nella sua «Epistola in Italiam emissa», a. 790-800 (<i>ibid</i>.
-n. 97, pag. 203), e con il c. 60 del suo capitolare italico.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note589">
-<p><span class="label"><a href="#tag589">589</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capit. Ital</i>. c. 31.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note590">
-<p><span class="label"><a href="#tag590">590</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capitulare cum episcopis langobardicis deliberatum</i>, a. 780-90.
-(<i>Ibid</i>. n. 89, c. 9, n. 89). E questo costume e questa consuetudine di
-cui parlano e come di cosa antica vescovi langobardi, non poteva
-essersi formata che in Italia e prima dell'invasione franca. Non
-potè essere lo stato langobardo ad istituire un contributo che ripugnava
-all'indole del suo popolo, a vantaggio di un culto che non
-era il suo e per il quale, nei primi tempi specialmente, non furono
-usate soverchie tenerezze; mentre nessuno dei re divenuti cattolici
-l'ha — che si sappia — istituito. E si sarebbe saputo; chè un capitolo
-dell'Editto, una parola di Paolo Diacono, un passo delle lettere
-e degli scritti cui dette luogo la lunga controversia terminata con
-la calata dei Franchi, non avrebbe mancato di farcelo sapere.
-</p>
-
-<p>
-Abbiamo dunque una riprova dell'ininterrotto perdurare della
-antica <i>collecta</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note591">
-<p><span class="label"><a href="#tag591">591</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Loth</i>. 43. Che la decima di cui qui si parla sia quella italiana
-è dimostrato da vari fatti. E cioè: 1.) che in esso si parla sempre e
-soltanto di decima e mai si ricorda o menziona la nona; 2.) che si
-istituisce una speciale procedura la quale consiste nella nomina di
-una commissione di quattro o otto o più «homines optimi» per ogni
-pieve i quali sieno testimoni inter sacerdotes et plebem. La pieve è il
-complesso dei parrocchiani e tale commissione sarebbe un assurdo
-per testimoniare il soddisfacimento di uno degli obblighi nascenti
-dal rapporto giuridico intercorrente fra una chiesa, che poteva benissimo
-non essere una pieve ed uno speciale individuo; 3.) infine,
-che si commina ai renitenti la prigione e la confisca dei beni, senza
-mai far parola di omissione di beneficio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note592">
-<p><span class="label"><a href="#tag592">592</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Eccone un esempio tipico.
-</p>
-
-<p>
-Et hoc ea consideratione introductum est, ut detracta portione
-dominorum, coloni de sua parte dumtaxat decimam solvant, quia domini
-in civitate vel in aliis locis plerumque habitant, et spiritualia
-ibi non recipiunt ubi decimae solvuntur, et ideo de sua parte fructuum
-decimas dare non tenentur. <i>Liber Consuetudinum Mediolani</i>
-c. 25 Ed. <span class="smcap">Berlan</span> cit. pag. 256.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note593">
-<p><span class="label"><a href="#tag593">593</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Capit. ital. Pipin.</i> 4, 17; <i>Lud</i>. P. 30; <i>Loth</i>. 20.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note594">
-<p><span class="label"><a href="#tag594">594</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>l'epist.</i> di <span class="smcap">Gelasio</span> <i>ad episc. Lucaniae</i> c. 5 (ed. cit. to. IV
-pag. 1189) «Baptizandis consignandisque fidelibus pretia nulla praefigant,
-nec illationibus quibuslibet impositis exagitare cupiant renascentes....
-Et ideo nihil a predictis prorsus exigere moliantur...»
-E il <i>conc. illiberit.</i> c. 48 (ed. cit. I. pag. 97) proibisce già — emendari
-placuit — che «qui baptizantur nummos in concham non mittant».
-</p>
-
-<p>
-Per le oblazioni in caso di matrimonio si può citare come tipo
-il c. 3 dei <i>Responsa Bulgarorum</i> di Niccolò I. che è dell'866 (Cfr.
-l'edizione corretta fattane dal <span class="smcap">Duchesne</span>. <i>Origines cit.</i> pag. 433-34)
-ma che riproduce in modo perfetto nella forma e nella sostanza il
-sistema di celebrazione degli sponsali e del matrimonio romano.
-</p>
-
-<p>
-«Et primum quidem in ecclesia domini cum oblationibus quas
-offerre debent Deo per sacerdotis manum statuuntur».
-</p>
-
-<p>
-Cfr. anche <i>Statut. eccl. parm. cit.</i> pag. 101 nella ricca nota illustrativa
-fattane dal <span class="smcap">Barbieri</span>.
-</p>
-
-<p>
-Per le oblazioni per i defunti, oltre questo stesso statuto sotto
-tale titolo, pag. 48 e pag. 194, nota 2, sono da vedersi la dissertazione
-18 del <span class="smcap">Muratori</span> <i>Anecdota</i> cit. I. pag. 190-95 ed il Natale XII
-di <span class="smcap">S. Paolino</span> da Nola, nel punto ove narra il miracolo di S. Felice.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note595">
-<p><span class="label"><a href="#tag595">595</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i passi e i documenti riportati ed illustrati da <span class="smcap">N. Comneno
-Papadopoli</span> nelle sue <i>Praenotationes mistagogicae</i>, Padova, 1697
-r. 1, s. 5 e 6, pag. 28-37 e r. 3, s. 2, 3, 4, pag. 137-138. Mi limito a
-queste pochissime citazioni perchè sarebbe del tutto superfluo fare
-sfoggio della numerosissima bibliografia sull'argomento che per l'esperienza
-che ne ho fatta è, almeno per il nostro tema, perfettamente
-inutile.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note596">
-<p><span class="label"><a href="#tag596">596</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 181 nota 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note597">
-<p><span class="label"><a href="#tag597">597</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 186 nota 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note598">
-<p><span class="label"><a href="#tag598">598</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Oltre tutti i lavori che fanno più o meno capo al <span class="smcap">De Rossi</span>
-e al <span class="smcap">Duchesne</span>, i quali hanno formulato a questo proposito due diverse
-opinioni degne del pari di considerazione; è uscito recentemente
-l'articolo di <span class="smcap">R. Saleilles</span>. <i>L'organisations juridique des premierès
-communautés chrétiennes</i> nelle «Mélanges P. F. Girard».
-Paris, 1912, II, pag. 469-509, di una notevole chiarezza.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note599">
-<p><span class="label"><a href="#tag599">599</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa mi sembra la interpetrazione più logica del passo di
-<span class="smcap">Ulpiano</span> <i>Liber. singul. reg.</i> XXII. 6 (ed. <span class="smcap">Baviera</span> <i>Fontes iuris romani
-antejustinianei</i>, Firenze, 1908, pag. 235-36) che è, a parer mio, l'unico
-veramente fondamentale sull'argomento.
-</p>
-
-<p>
-Deos heredes instituere non possumus praeter eos quos senatusconsulto
-constitutionibusque principum instituere concessum est,
-sicuti Jovem Tarpeium, Apollinem Didymacum Mileti, Martem in
-Gallia, Minervam iliensem, Herculem gaditanum, Dianam Ephesiam,
-Matrem Deorum Sipylenem, Nemesim quae Smirmae colitur et Caelestem
-Salinensem Carthagini.
-</p>
-
-<p>
-E questo paragrafo è intimamente connesso con quello precedente
-in cui si afferma che la <i>testamentifactio</i> passiva non è accordata,
-fatta eccezione che nel caso di testamento di un liberto, nemmeno
-ai municipî.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note600">
-<p><span class="label"><a href="#tag600">600</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il cap. 36 del 2. libro della Vita di Costantino di Eusebio
-e la Nov. 131. cap. 9 di Giustiniano.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note601">
-<p><span class="label"><a href="#tag601">601</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Capitul. mantuanum primum</i> c. II. (ed. <span class="smcap">Boretius</span> I, 1,
-n. 92, pag. 195) De decimis vero que a populo in plebibus vel baptismalibus
-æcclesiis offeruntur nulla exinde pars maiori æcclesiæ vel
-episcopo inferatur.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note602">
-<p><span class="label"><a href="#tag602">602</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Mem. Lucchesi</i> cit. V, p. II, pag. 22, n. 34, a. 746 e <span class="smcap">Muratori</span>.
-<i>Antiq. cit.</i> III, 811-819, a. 796
-</p>
-
-<p>
-Cfr. i docc. riguardanti la gestione patrimoniale delle pievi indicati
-dal <span class="smcap">Pertile</span>. loc. cit. I, pag. 342, a. 89; e <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Studi cit.</i>
-pag. 9 e 27-28; <span class="smcap">Tiraboschi</span>, <i>Mem. mod. cit.</i> I, pag. 155, a. 996; pagina
-158, a. 998; II, pag. 137, a. 1003: <span class="smcap">Ughelli</span><sup>2</sup>. loc. cit. V, col. 508,
-a. 997 e IV, col. 1007, a. 1004 (cfr. <span class="smcap">Provana</span>. <i>Studi critici cit.</i> pag. 347).
-</p>
-
-<p>
-Alla prova di questa asserzione che involge intimamente la vita
-civile e quella religiosa son dedicati i §§ 9 e 10.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Postille storiche e giuridiche alle opere di Zenone
-vescovo di Verona</i> in «Studi storici e giuridici offerti a F. Ciccaglione»
-Catania 1909, I, pag. 8-10.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Galante A.</span> <i>Il diritto di patronato nei documenti langobardi</i>
-negli «Studi in onore di V. Scialoja» Milano, 1905, vol. I.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note603">
-<p><span class="label"><a href="#tag603">603</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 181 nota 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note604">
-<p><span class="label"><a href="#tag604">604</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i documenti riportati ed illustrati nella Diss. quarta delle
-<i>Antichità long. milan.</i> cit., la quale però è inspirata per non dire addirittura
-dominata dall'idea di mostrare la ragionevolezza delle pretese
-dei monaci contro i sacerdoti, riunitisi a vita canonica nel secolo
-XI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note605">
-<p><span class="label"><a href="#tag605">605</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota a pag. 183, nota 2.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note606">
-<p><span class="label"><a href="#tag606">606</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi le belle e giustissime parole di <span class="smcap">N. Tamassia</span> in <i>Fidem
-facere e manum facere cit.</i>, pag. 536-37 sul tipo dei documenti lucchesi;
-alle quali è da aggiungere anche quanto egli dice a tale proposito
-a pag. 367-71.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note607">
-<p><span class="label"><a href="#tag607">607</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sulla personalità giuridica del beneficio e lo sviluppo della
-sua formazione cfr. <span class="smcap">Ruffini F.</span> <i>La rappresentanza giuridica delle parrocchie,</i>
-Torino, 1896, § 8-10, pag. 48-74; uno studio che dev'esser segnalato
-fra la moltitudine dei lavori che si sono occupati di questo
-argomento e dei quali fornisce un'abbondante indicazione bibliografica
-il <span class="smcap">Galante</span>, <i>loc. cit.</i> pag. 273 nota e nelle note ai §§ segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note608">
-<p><span class="label"><a href="#tag608">608</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Capitulare italicum. Capitula Karoli M.</i> 136. <i>Capitul. Hludovici
-Pii</i> (a. 825?) c. 9. <i>Leges</i> I. 244, ed. <span class="smcap">Boretius</span>; e le altre disposizioni
-riportate dal <span class="smcap">Du-Cange</span> nel suo <i>Glossarium</i> e dal nostro
-<span class="smcap">Muratori</span> nella XXX Dissertazione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note609">
-<p><span class="label"><a href="#tag609">609</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La ragione della tenacia di tale consuetudine, che finiva con
-l'annullare l'antico precetto ecclesiastico del riposo festivo, era di
-natura prevalentemente, se non sostanzialmente, economica. Usufruendo
-di un giorno festivo per lo smercio dei prodotti si guadagnava
-una di quelle giornate di lavoro, che le numerose prestazioni,
-alle quali sopratutto i lavoratori della terra erano obbligati, riducevano
-fortemente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note610">
-<p><span class="label"><a href="#tag610">610</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedine la dimostrazione particolareggiata per Bergamo in
-<span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Corografia bergomense nei secoli</i> VIII, IX, X, Bergamo, 1888.
-pag. 225 e segg.
-</p>
-
-<p>
-Vedi anche <i>Capitul. Aquisgranense</i> a. 809, c. 9, in «Monum. Germ.
-Hist.» <i>Leges</i>, ed. <span class="smcap">Boretius</span> I, pag. 156.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note611">
-<p><span class="label"><a href="#tag611">611</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Di ciò si è tentato di dare la dimostrazione nel paragrafo
-precedente. Mi limito qui ad aggiungere le parole della concessione
-dell'imperatore Lodovico II alla pieve rurale di Juvenalta nel cremonese.
-</p>
-
-<p>
-«Pro plenissima quietitudine confirmamus eidem sancto loco
-aqueductus tam ad divisa molendina quam ad navigia deducenda,
-sive in Olio atque etiam <i>mercata ibidem devenientia tam in montanis
-quamque in planicie ut abhinc in futurum</i> <span class="smcap lowercase">SICUTI ANTIQUITUS CONSUETUM
-FUIT</span> <i>deducat</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note612">
-<p><span class="label"><a href="#tag612">612</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Landulphi Sen.</span> <i>loc. cit.</i>, III, 20.
-</p>
-
-<p>
-Di questo storico è stato dato — e meritatamente — un severo
-giudizio (vedi, per es. quel che ne dicono i Bollandisti to. VI, julii
-28, S. Nazario); ma ciò non può toccare in nulla la veridicità della
-sua notizia riguardo all'ubicazione ed alla composizione del mercato,
-perchè egli ne fa menzione incidentalmente e come di cosa normale
-anche al suo tempo. E, per di più, la sua notizia è confermata anche
-da <span class="smcap">Arnolfo</span>. Cfr. infatti, <i>loc. cit.</i>, III, 10.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note613">
-<p><span class="label"><a href="#tag613">613</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capitul. Ital.</i> c. 11. <i>Cap. Forma communi</i> c. 14-18 in «Monum
-Germ. Hist.» <i>Leges</i>, I, ed. <span class="smcap">Boretius</span>, pag. 37-38.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note614">
-<p><span class="label"><a href="#tag614">614</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ibid</i>. c. 14.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>Expositio</i> a questo capitolo richiama i due capitoli di Rotari
-18 e 358. In realtà il richiamo è molto impreciso. Nel primo caso il
-Rotari, proteggendo con la pena fortissima di 900 solidi <i>quemcumque
-ad regem venientem</i>, dimostra chiaramente che si tratta di persone
-care al re e che si recano da lui per suo e non per proprio
-vantaggio e lo conferma stabilendo che la pena sia divisa fra il re
-stesso e l'offeso. Si tratta dunque di <i>gasindi</i> e non di <i>iterantes</i> di
-viaggiatori comuni, come nel cap. 14 di Carlo M., nel quale è ripresa
-anche la disposizione del cap. 368 di Rotari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note615">
-<p><span class="label"><a href="#tag615">615</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Decretio Chlotarii regis</i> (a. 511-558) § 9, 3 (Et si persequens
-latronem suum comprehenderit integram sibi composicionem
-accipiat; et si per <i>trustem</i> invenitur, mediam composicionem <i>trustis</i>
-adquirat...) e § 16 in «Monum. Germ. Hist.» <i>Capitul. Meroving.</i>
-pag. 5-7.
-</p>
-
-<p>
-Sull'interpretazione di questi passi vedi <span class="smcap">Tamassia</span> N. <i>La Delatura</i>
-in «Archivio Giuridico F. Serafini» 1897, vol. LVIII, p. 346-367
-e specialmente pag. 362-64.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note616">
-<p><span class="label"><a href="#tag616">616</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Era tanto un privilegio, che degenerò ben presto in un abuso
-e Pipino dovette provvedervi. Cfr. <i>Capit. Ital.</i>, c. 1 e 15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note617">
-<p><span class="label"><a href="#tag617">617</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi <span class="smcap">Gierke H</span>. <i>Erbrecht und Vicinenrecht in Edikt Chilperichs</i>
-in «Zeitschrift für Rechtsgeschichte» II, 1887, pag. 480 e
-segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note618">
-<p><span class="label"><a href="#tag618">618</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. la legge salica nel famoso tit. <i>De migrantibus</i>, al quale
-va aggiunto quell'importantissimo (per quanto mutilo) frammento
-edito per la prima volta dal <span class="smcap">Merkel</span> (<i>Lex salica Extrav</i>. XI, pag. 101)
-che dice: «Non potest homo migrare nisi convicinia et erba et aquam
-et v | am |... | concedente? |».
-</p>
-
-<p>
-Geniale, ma da accogliersi con molte riserve, è il lavoro del <span class="smcap">Fustel
-de Coulanges</span> <i>Étude sur le titre «De migrantibus»</i> Paris 1886.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note619">
-<p><span class="label"><a href="#tag619">619</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedine indicati un bel numero dallo <span class="smcap">Schupfer</span> <i>Dir. Priv. cit.</i>,
-II, pag 42 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note620">
-<p><span class="label"><a href="#tag620">620</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nelle formule di Marcolfo I, 7 ed. <span class="smcap">Zeumer</span> cit. in «Monum.
-Germ. Hist.» III, pag. 47.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note621">
-<p><span class="label"><a href="#tag621">621</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>Mem. Nonantola cit</i>., II, n. 19, pag. 36. È una
-concessione livellare fatta dall'abate nonantolano Rodolfo a un certo
-Gualprando <i>in persona et vice totius</i> <span class="smcap lowercase">COMMUNIS</span> <i>de Battona</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note622">
-<p><span class="label"><a href="#tag622">622</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Per il mercato nelle pievi rurali vedine gli esempi riportati
-dal <span class="smcap">Mayer</span> (<i>Ital. Verfassungsg. cit.</i> § 20, n. 49, vol. I, pag. 339) e
-del quale è pure da vedere ciò che dice dei rapporti della pieve con
-il castello rispetto al mercato (<i>Ibid</i>., IV, § 51, vol. II, pag. 437 e
-segg.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note623">
-<p><span class="label"><a href="#tag623">623</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Capitulare missorum in Theodonis villa datum secundum generale</i>
-c. 13 (ed. <span class="smcap">Boretius</span> in «Monum Germ. Hist.» Capit. Reg.
-Franc. I, n. 44).
-</p>
-
-<p>
-De teloneis placet ut antiqua et iusta telonea a negotiatoribus exigantur
-tam de pontibus quam et de navigiis seu mercatis; nova vero
-seu iniusta ubi vel funes tenduntur, vel cum navibus sub pontibus
-transitur seu et his similia, in quibus nullum adiutorium iterantibus
-praestatur, ut non exigantur; similiter etiam nec de his qui sine negotiandi
-causa substantiam suam de una domo ad aliam ducunt aut
-ad palatium aut in exercitum.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. anche <i>Ansegisi capitulare</i> III, 12 (ed. Id., pag. 427); sulla cui
-introduzione e l'applicazione in Italia vedi <span class="smcap">Patetta</span> F. <i>Sull'introduzione
-in Italia della collezione di Ansegiso</i>. Torino, 1890. Estr. dagli
-Atti della R. Accademia delle Scienze.
-</p>
-
-<p>
-Sulla mancanza nei Capitolari e nelle leggi di accenni ai commestibili
-e alle cibarie cfr. anche <span class="smcap">Leicht P. S</span>. <i>Statuta vetera Civitatis
-Austriae</i>. Cividale, 1902, pag. VII e bibliografia ivi citata. Egli ha
-dimostrato che anche i documenti e gli statuti friulani confermano
-l'opinione del Sohm, del Maurer e del Ritschel che, anche i pesi e
-le misure, insieme e oltre alle cibarie (delle quali, come si è detto,
-nessuna legge imperiale o Capitolare si occupa) erano rilasciate alle
-consuetudini locali ed ha messo in evidenza anche un altro lato di
-grande importanza per noi, dimostrando che il traffico delle cose
-commestibili era permesso anche nei luoghi dove era esplicitamente
-vietato il mercato: ciò che significa — dato che il diritto di mercato
-si risolve in sostanza nel diritto di percepire una tassa da parte del
-titolare — che il commercio dei commestibili non era gravato da alcuna
-contribuzione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note624">
-<p><span class="label"><a href="#tag624">624</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Schupfer F.</span> <i>La pubblicità nei trapassi della proprietà secondo
-il diritto romano del basso Impero</i> etc. in «Rivista italiana per le
-scienze giurid.» vol. XXIX, fasc. 1-2, a. 1905, pag. 43 e segg. Vedi
-però anche le vecchie ma buone pagine di <span class="smcap">J. C. Bulengerus</span> <i>De vectigalibus
-populi romani</i> in «Thesaur. roman. antiquit.» vol. VIII,
-Venezia, 1735, cap. 5, col. 843 e segg.
-</p>
-
-<p>
-Esempi dell'epoca medioevale sono riportati dal <span class="smcap">Mayer</span> <i>Ital. Verfassungsg</i>.
-cit. I, pag. 331, n. 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note625">
-<p><span class="label"><a href="#tag625">625</a>.&nbsp;&nbsp;</span>a. 812 (?) Carlo M. dona a Rataldo vescovo di Verona il <i>forum</i>
-ed il <i>mercatum</i> soliti a farsi nella festività di S. Zeno a Verona.
-Cfr. <span class="smcap">Cipolla C.</span> <i>Verzeichniss der Kaiserurkunden in den Archiven Veronas</i>
-I in «Muhlbacher's Mittheilungen» II, 88. Innsbruck 1881.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note626">
-<p><span class="label"><a href="#tag626">626</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Interessante è a questo proposito il can. 48 degli <i>Statuta eccles.
-antiqua</i> (ed. <span class="smcap">Bruns H. T.</span> <i>Canones apostolorum et conciliorum
-saeculorum</i> IV, V, VI, VII. Berlin 1839 I, pag. 146) compilati, molto
-probabilmente, nella seconda metà del secolo quarto (cfr. <span class="smcap">Maassen E.</span>
-<i>Geschichte der Quellen und der Literatur des kanonischen Rechts in
-Abendlande bis zum Ausgange des Mittelalters</i>. I, Gratz, 1870, p. 393),
-il quale stabilisce che il chierico che «non pro emendo aliquid <i>in
-mundinis vel in foro</i> deambulat» debba esser degradato. Questo canone,
-infatti, ebbe larga applicazione in Italia, tanto che se ne riscontra
-l'influenza diretta in varie raccolte, a cominciare da un canone
-del famoso Attone vescovo di Vercelli. Cfr. <i>Attonis vercellensis
-opera-Canones</i> n. 43 (ed. Del Signore, Vercelli, 1768, parte II, p. 278).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note627">
-<p><span class="label"><a href="#tag627">627</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I primi germi delle fiere medioevali si trovano nelle ultime
-fiere dell'impero romano. Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 135.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note628">
-<p><span class="label"><a href="#tag628">628</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i>, passim, <span class="smcap">Goldschmidt E.</span> <i>Universalgeschichte
-des Handelsrechts</i> Stuttgart, 1891, pag. 221 e segg. e bibliografia
-ivi citata. Fondamentale, però, rimane sempre il lavoro del
-<span class="smcap">Bourquelot</span> <i>Étude sur les foires de Champagne.</i> Paris, 1865.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note629">
-<p><span class="label"><a href="#tag629">629</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq. Ital.</i> Diss. XXX. e gli esempi da lui indicati.
-Anche il commercio dei barbari che si concentrava nei mercati
-che si tenevano nei giorni di feste religiose e di assemblee politico-giudiziarie,
-sia di diversi popoli — <i>concilia</i> — che di varie centenae
-di uno stesso popolo. Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i> pag. 141.
-</p>
-
-<p>
-Ciò rese più facile la continuazione delle antiche consuetudini
-italiche sulle quali quelle germaniche poterono adagiarsi facilmente.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note630">
-<p><span class="label"><a href="#tag630">630</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Capitul. Ital.</i> di Carlo M. c. 52.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note631">
-<p><span class="label"><a href="#tag631">631</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Moriondo J. B.</span> <i>Monumenta aquensia.</i> I, Torino, 1789,
-col. 106-7, n. 92, a. 1197.
-</p>
-
-<p>
-Credo non inutile riportare integralmente la parte più interessante
-di questo bel documento.
-</p>
-
-<p>
-Omnis bestia quadrupes vendita in foro Aquensi et Arcivolio debet
-curadiae in duobus denariis ab autore, totidem a venditore. De
-agnis et haedis nihil sicut et de fructibus et de ovis et de his omnibus
-quae brachio portantur. Idem de pullis et de piscibus recentibus.
-De caballo tamen den. XII. De onere pullorum ovorum den. 1.
-De fasce hominis circulorum mealia (uvae alia) datur. De fasce boum
-den. II. Tellaria habentes pisces, negotiatores drappi et ferri et merces
-vendentes in foro, ut sedeant, unusquisque den. II. curadiae debet.
-De torta lini den. II dantur. De soma lebetum idem. De fasce
-scutellarum et scutorum idem. Artifices sitularum et situlorum omni
-anno situlam debent et situlum. Ferrarii cultellum et mensuram.
-Facientes conchas et lanceas et juga idem. De fasce bailorum I den.
-De carro lignorum II den. De barroccio I den. De carro et barroccio
-vini II den. De fasce ollarum et testarum idem. De asino veniente
-onerato nihil; si egreditur oneratus I den. De mezena I den. Sextarium
-vero capiendum est ad pugnum venditoris. Ex his omnibus
-predicti memorati antiqui aeque concordaverunt.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note632">
-<p><span class="label"><a href="#tag632">632</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'esenzione accordata ad Asti ai commestibili può nel complesso
-esser considerata come un fatto comune di un fenomeno generale.
-</p>
-
-<p>
-Le città che più a lungo furono soggette ai pedaggi e alla curatura
-verso l'impero offrono a questo proposito un buon mezzo di
-riprova. A Siena, per esempio, che durò a lungo in tale soggezione,
-gli elenchi che ancor si conservano nel R. Archivio di Stato, delle
-imposizioni e dei tributi dai quali erano colpite le merci che si negoziavano
-nel mercato cittadino, per gran parte del secolo decimoterzo
-sono limitati ad un numero di voci relativamente assai scarso.
-E non si può supporre che la causa si debba ricercare in un
-tardo svilupparsi del commercio senese, perchè fino dai non ultimi
-decenni del secolo decimosecondo si hanno tracce numerose ed importanti
-dell'attività straordinaria dei senesi. Il <span class="smcap">Lisini</span> (<i>Indice di
-due antichi libri di imbreviature notarili</i> in «Bullettino senese di
-Storia Patria» vol. XIX 1912) illustrando degnamente quasi un migliaio
-di atti dei primi anni del secolo XIII., completa quanto fino
-ad ora era stato appena intraveduto (cfr. <span class="smcap">Schulte</span> <i>Geschichte des
-mittelalterlichen Handels und Verkehrs zwischens West-deutschland
-und Italien mit Ausschluss von Venedig.</i> Leipzig, 1900, I. pag. 247)
-e accennato (cfr. <span class="smcap">Paoli C.</span> <i>Siena alle fiere di Sciampagna</i> Siena 1898
-pag. 19 e segg. e <span class="smcap">Schaube</span> <i>Handelsgeschichte der romanischen Völker
-des Mittelmeergebiets bis zum Ende der Kreuzzüge.</i> München 1906,
-passim) e dimostra che il commercio dei senesi era in questo tempo
-di primissimo ordine.
-</p>
-
-<p>
-Sugli istituti di diritto commerciale, sopratutto in un'epoca più
-tarda cfr. <span class="smcap">Arcangeli A.</span> <i>Gli istituti del diritto commerciale</i> nello statuto
-senese del 1309-10 in «Rivista di diritto commerciale» di
-Sraffa e Vivante a IV., 1906, fasc. 3-4.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note633">
-<p><span class="label"><a href="#tag633">633</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota 1 a pag. 222.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note634">
-<p><span class="label"><a href="#tag634">634</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 176.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note635">
-<p><span class="label"><a href="#tag635">635</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ne offre chiara prova la città di Vercelli. Nel 913 il re Berengario
-concedeva ai canonici delle due cattedrali vercellesi di
-S. Maria Maggiore e di S. Eusebio (ed. <span class="smcap">Schiaparelli</span> <i>cit</i>.) <i>mercatum
-publicum qui singulis kalendis augusti</i> in beati Eusebii festivitate
-continuatim subsequentibus <i>Et mercatum ebdomadalen</i>
-qui omni die sabati perficitur. L'uno e l'altro passarono più tardi
-nelle mani del Comune (Cfr. <span class="smcap">Adriani G. B.</span> <i>Statuti e monumenti storici
-del Comune di Vercelli</i>. Torino, 1877, pag. 189, § 260), il quale
-non vi portò alcun mutamento e conservò anche l'antica distinzione
-del mercato settimanale dal mercato dei commestibili di prima necessità,
-strettamente vicinale. Infatti il § CCXCIII (<i>ibidem</i> pag. 209) si
-esprime così: «Item non prohibebo alicui de districtu civitatis tam
-laicis quam clericis et poderio ea quae necessaria fuerint ad usum
-suum et familie sue et usum vicinorum suorum sue ville quibus
-possint solummodo ad comedendum et bibendum vendere et etiam
-transeuntibus possint vendere ad bibendum et comedendum. Item
-non prohibebo mercatum nec ea que necessaria fuerint tam clericis
-quam lajcis ad usum suum vel locis sive castris qui et que tenentur
-sive custodiuntur a communi sive pro communi civitatis etc.
-</p>
-
-<p>
-Al tempo dello statuto, per quanto relativamente assai antico
-come lo dimostra la formula in prima persona, caratteristica del
-breve potestarile, il mercato ebdomadale ha assorbito completamente
-quello vicinale entro la città, mentre nel resto del territorio, ne
-rimane ancora distinto.
-</p>
-
-<p>
-Anche a Bergamo si verifica lo stesso fatto: l'antico <i>forum</i>
-viene col tempo a prendere il nome di <i>mercatum</i>. Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span>
-<i>Nota cit.</i> pag. 323.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note636">
-<p><span class="label"><a href="#tag636">636</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Huvelin</span> <i>loc. cit.</i> pag. 151-53 e le citazioni ivi riportate.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note637">
-<p><span class="label"><a href="#tag637">637</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 308.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note638">
-<p><span class="label"><a href="#tag638">638</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Solmi</span>. <i>Diete di Roncaglia cit</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note639">
-<p><span class="label"><a href="#tag639">639</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi nota 2 a pag. 217 e <i>Antichità longobardiche milanesi cit</i>.,
-I, pag. 165-68.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note640">
-<p><span class="label"><a href="#tag640">640</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nei centri rurali, invece, la riconnessione del mercato alla
-parrocchia si manifesta anche nell'ubicazione. Normalmente in ognuno
-di essi vi era una sola piazza più o meno grande sulla quale i parrocchiani
-si radunavano fino da antichissimi tempi per i loro bisogni
-spirituali e materiali; tanto che anche Rotari parla del <i>conventus
-ante ecclesiam</i> come di una riunione normale diffusa in tutta l'Italia
-langobarda.
-</p>
-
-<p>
-In alcuni luoghi questo spianato ha conservato a lungo dei nomi
-tipici che ne illuminano la natura. Cfr., per esempio, per Barga di
-Garfagnana il bel <i>Dizionario geografico fisico storico della Toscana</i>
-di <span class="smcap">E. Repetti</span> (Firenze 1833) sotto q. v. e le <i>Relazioni di alcuni viaggi
-fatti nelle diverse parti della Toscana</i> di <span class="smcap">G. Targioni Tozzetti</span> vol. V,
-Firenze 1773, pag. 332.
-</p>
-
-<p>
-A Toscanella nel 775 fu rogato un atto in <i>Foro ante ecclesiam
-S. Andree</i> (cfr. pergamena originale nel R. Archivio di Stato in Siena,
-prov. S. Salvatore di Monteamiata); nel febbraio del 787 <i>in vico Tofinana
-ante ecclesiam S. Paternano</i> (<i>ibid</i>.); nel maggio del 794 nel
-<i>vico Foro ante ecclesiam S. Andrea</i> (<i>ibid</i>.); nell'aprile dell'819 nel
-<i>vico Margharita ante ecclesiam S. Petri</i> (<i>ibid</i>.); nel novembre dell'823
-<i>in vico Marianu ante ecclesiam S. Johannis</i> (<i>ibid</i>.).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note641">
-<p><span class="label"><a href="#tag641">641</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 90 nota 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note642">
-<p><span class="label"><a href="#tag642">642</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Traccie abbondanti di tale sistema si sono mantenute a lungo
-a Parma. L'<span class="smcap">Affò</span> (<i>loc. cit.</i>, vol. I) ha ricostruito molto bene la pianta
-dell'antica città, al tempo romano chiamata col significativo nome
-di Crisopoli; e da essa si rileva che il punto centrale era costituito
-dal <i>forum</i> e se ne trova la posizione esatta. Un documento del 3
-gennaio del 1092 (<i>ibid</i>., pag. 340) ricorda la chiesa di S. Pietro «que
-<i>prope forum</i> posita est». E anche oggi la chiesa dell'apostolo si
-trova sulla piazza quadrata, che da secoli e secoli è rimasta inalterata
-nella sua tipica forma.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note643">
-<p><span class="label"><a href="#tag643">643</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Faccio C.</span> <i>La corte regia di Vercelli nel basso medioevo</i>
-in «Archivio della Società vercellese di storia e d'arte» a. I, 1909,
-n. 3-4, pag. 83-84.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note644">
-<p><span class="label"><a href="#tag644">644</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 295, a. 724. In civitate cremonensi
-in curte regia et in laubia eiusdem curtis sita <i>platea magna</i> eiusdem
-civitatis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note645">
-<p><span class="label"><a href="#tag645">645</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Historiola</i> di Rodolfo not. ed. Odorici loc. cit, p. XVII-XVIII
-...<i>in platea Brixie</i>.
-</p>
-
-<p>
-Questo documento, come quello citato nella nota precedente, sono
-di un'autenticità tutt'altro che indiscutibile (cfr. <span class="smcap">Wunstenfeld T.</span>
-<i>Delle falsificazioni di alcuni documenti concernenti la storia d'Italia
-nel medioevo</i> in «Archivio Storico Italiano» 1859, to. X, disp. 3,
-pag. 81 e segg.); ma possono servire egualmente quando s'interpetrino
-con discrezione e se ne voglia dedurre solo una prova generica
-dell'esistenza di una piazza centrale in queste due città fino
-da epoca remota.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note646">
-<p><span class="label"><a href="#tag646">646</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Memorie e documenti lucchesi cit.</i>, V, 2, n. 374, a. 811. Austrifonso
-diacono dona ad una monaca la chiesa di S. Michele <i>in Foro</i>,
-da lui costruita.
-</p>
-
-<p>
-La cattedrale era ancora fuori delle mura. Cfr. <span class="smcap">Davidson</span> <i>loc. cit.</i>,
-I, pag. 238.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note647">
-<p><span class="label"><a href="#tag647">647</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Campi</span> <i>Hist. cit.</i>, I, pag. 324. Il vescovo Podone fonda nell'antico
-foro una chiesa dedicata a S. Pietro, nella quale fu seppellito
-nell'839. Il foro è ricordato pure in un altro documento dell'anno
-857 (<span class="smcap">Id</span>. <i>Ibid</i>. pag. 212) col quale il canonico Leone fa donazione di
-28 tavole di terra situate presso di esso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note648">
-<p><span class="label"><a href="#tag648">648</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Dipl. Long.</i> — <span class="smcap">Porro</span> — n. 292, a. 679. Actum <i>foro</i> civ.
-Bergomi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note649">
-<p><span class="label"><a href="#tag649">649</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota 2 della pag. preced.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note650">
-<p><span class="label"><a href="#tag650">650</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Bosisio G.</span> <i>Intorno al luogo del supplizio di Severino Boezio</i>,
-Pavia, 1855</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note651">
-<p><span class="label"><a href="#tag651">651</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori.</span> <i>Antiq. Ital. Excerpta e chartis pisani archivii archiep.</i>
-a. 1112. In <i>foro</i> pisane civitatis que curia marchionis appellatur.
-</p>
-
-<p>
-Per l'ubicazione dell'antica cattedrale cfr. <span class="smcap">Davidsohn</span> <i>loc. cit.</i>,
-I, pag. 197.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note652">
-<p><span class="label"><a href="#tag652">652</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. Ital.</i>, Diss. LXII. Società fra i Ferraresi
-e i Modenesi a. 1198. È ricordato frequentemente il <i>forum.</i>
-</p>
-
-<p>
-Prima del mille la cattedrale era sicuramente fuori delle mura.
-Cfr. <span class="smcap">Tiraboschi</span> <i>Mem. moden. cit.</i>, II, Cod. Dipl., n. 166, pag. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note653">
-<p><span class="label"><a href="#tag653">653</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span>. <i>Italia sacra cit.</i>, V, col. 713. Concio Verone in die
-dominico in domo <i>fori</i> fieri solet.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note654">
-<p><span class="label"><a href="#tag654">654</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Un documento del 1018 ricorda il <i>forum vetus</i> (cfr. <span class="smcap">Davidsohn</span>,
-<i>loc. cit.</i>, pag. 204) il quale — e si conferma anche qui la distinzione
-del <i>forum</i> e del suo contenuto dal <i>mercatum</i> — si differenzia
-anche per l'ubicazione dal «<i>mercatum regis</i> in civitate Florentie»
-(cfr. <span class="smcap">Lami</span>. <i>Mon. cit.</i>, pag. 885).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note655">
-<p><span class="label"><a href="#tag655">655</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il diploma di Carlo il Calvo del 1 marzo 876 in <span class="smcap">Pasqui.</span>
-<i>Doc. cit.</i>, n. 43, pag. 61-63.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note656">
-<p><span class="label"><a href="#tag656">656</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche a Rimini fino da antichissimi tempi si ha notizia di
-un <i>forum publicum</i>. Cfr. <span class="smcap">Tonini L.</span> <i>Rimini dal principio dell'era volgare
-al MCC.</i> Rimini, 1856, pag. 338.
-</p>
-
-<p>
-A Bari pure da epoca immemorabile accanto al pretorio ed alla
-sede catapanile, ove poi sorse la chiesa di S. Nicola, c'era il <i>forum</i>.
-Cfr. <span class="smcap">Besta E.</span> <i>Il diritto consuetudinario di Bari e la sua genesi cit.</i>,
-pag. 45.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note657">
-<p><span class="label"><a href="#tag657">657</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella città franco-germanica la costituzione e, conseguentemente,
-il diritto si possono distinguere in due grandi periodi ben
-differenti l'uno dall'altro. Nel primo la città è governata e retta da
-poteri privati o pubblici che non sono di natura urbana, che non si
-differenziano, cioè, da quelli che reggono il territorio circostante;
-anzi, sono proprio quelli stessi che dominano al di fuori di essa. E,
-come ciascun grande proprietario accentra in sè un certo numero di
-facoltà e di poteri, che nel loro complesso costituiscono il diritto
-della <i>curtis</i>, il diritto curtense; ne consegue che la città non si differenzia
-giuridicamente dal territorio aperto e dai gruppi minori che
-vi sono sparsi e lo compongono. Nella città possono trovarsi a contatto
-varî di questi sistemi; ma essa, in quanto e perchè città, può
-costituire e costituisce un'unità di fatto ma non un'unità giuridica.
-</p>
-
-<p>
-In seguito, dove la situazione topografica si manifestò più favorevole
-al commercio, in immediato contatto con la parte esterna delle
-mura della città si vennero da ogni parte raccogliendo individui
-delle più svariate provenienze e gradazioni sociali, dal libero ricco
-ed indipendente al servo fuggito dal dominio signorile, attrattivi
-dall'unico scopo del commerciare. L'identità del fine e la comunanza
-del luogo portò rapidamente ad un'unione, se non ad una fusione, di
-tutti questi elementi, pur così eterogenei, e fece sì che insieme con
-il mercato e con le sue <i>mansiones</i>, sorgessero tutt'intorno le case
-dei mercanti, dominate, non di rado, dalla chiesa comune; e che
-lungo la parte del borgo che non si appoggiava alle mura, corressero
-fossi e steccati, fatti scavare e costruire dai mercanti stessi
-stretti, per bisogno di reciproca difesa, in quelle gilde che appaiono
-ai primi albori dei comuni franco-germanici. E il numero dei borghi
-originati da <i>mercatores</i> fu tale che furono chiamati quasi indifferentemente
-<i>mercatores</i> e <i>burgenses</i>. E questi borghi, per la speciale origine
-e conformazione costituirono come un terreno neutro, nel quale
-vigevano usi, consuetudini e sistemi di scambio differenti da quelli
-che avevano vigore all'intorno.
-</p>
-
-<p>
-Però tale stato di cose non si prolungò molto a lungo. La vicinanza
-immediata con la città, le relazioni inevitabilmente venutesi
-a stringere fra quelli dentro e quelli fuori le mura, l'aumento sempre
-più forte di ricchezza da parte dei mercanti ed il bisogno derivatone
-di una difesa e di una protezione più valida che solo le mura
-potevano offrire, fecero sì, che questi <i>mercatores</i>, tendessero ad entrare
-a far parte della città. Dal canto suo la città, sempre meno
-soggetta al potere centrale con lo svolgersi del sistema feudale, non
-aveva potuto mantenere inalterata la sua rigida economia agraria
-primitiva e non era in grado di opporre ostacoli troppo forti ai gruppi
-ormai omogenei che le si erano stabiliti sotto le mura; e così questi
-<i>mercatores</i> riuscirono a divenire cittadini. Ma questo nuovo elemento
-divenuto in breve predominante, impresse rapidamente alla città un
-organizzazione rispondente ai proprî bisogni ed alle proprie attitudini
-e con l'organizzazione anche il diritto, che creato sopratutto
-per gli scambi, ebbe come caratteristica, una natura essenzialmente
-internazionale; l'opposto, cioè, del diritto curtense che aveva fino ad
-allora predominato.
-</p>
-
-<p>
-E questa è la seconda fase delle città tedesche, quella che si apre
-al tempo dei Comuni.
-</p>
-
-<p>
-Come si vede la città franco-belgo-germanica non gode mai in
-maniera apprezzabile di un diritto suo proprio ad essa esclusivo:
-nella prima fase è retta da norme giuridiche che si applicano e vigono
-indifferentemente così dentro come fuori di essa; nella seconda
-riceve da elementi che non le sono originari un nuovo diritto che,
-se non costituisce tutto il complesso delle norme giuridiche, ne forma
-però la parte di gran lunga maggiore e più importante e questo diritto
-nuovo destinato a regolare rapporti d'indole commerciale, è,
-per necessità intrinseca della sua natura e del suo scopo, alieno da
-ogni tendenza particolaristica.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note658">
-<p><span class="label"><a href="#tag658">658</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quanto si è detto nella nota 4 a pag. 220 a proposito delle
-misure è pienamente confermato dai documenti fiorentini, dai quali
-ci è fatto conoscere che non di rado il tipo delle varie misure era
-espresso in una pietra murata presso le porte della città. «Ut sit
-mensurata <i>cum pede qui designatus est in petra iuxta portam S. Pancratii
-posita</i>» dice un documento del 1088, edito, insieme con molti
-altri posteriori che fanno menzione di questa misura da <span class="smcap">Tubalco
-Panichio</span>. <i>Del piede Aliprando e del piede della porta</i> nella «Raccolta
-d'opuscoli scientifici e filologici» del <span class="smcap">Calogerà</span>, to. X, Venezia, 1734,
-pag. 170.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note659">
-<p><span class="label"><a href="#tag659">659</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Serafini F.</span> <i>Sulla nullità degli atti giuridici compiuti senza
-l'osservanza delle forme prescritte dalla legge.</i> Roma, 1874, pag. 6.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note660">
-<p><span class="label"><a href="#tag660">660</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Paoli C.</span> <i>Mercato Scritta e Denaro di Dio</i> in «Archivio
-Storico Ital.» s. V, to. XV, disp. 2 del 1895, pag. 307-315.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note661">
-<p><span class="label"><a href="#tag661">661</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Zdekauer L.</span> <i>Mercato Scritta e Denaro di Dio</i> nota a proposito
-della ricerca del Paoli con lo stesso titolo in «Rivista ital.
-per le scienze giurid.» 1895, fasc. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note662">
-<p><span class="label"><a href="#tag662">662</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ecco un brano di innegabile evidenza tolto dalla prima novella
-intitolata «Vannino da Perugia e la Montanina» di <span class="smcap">Gentile
-Sermini da Siena</span> (ed Livorno, 1874, pag. 10): «Disse la Nuta:
-Dammi tu la fede di farlo (di ricevere Vannino) se Andreoccio (il
-marito) va fuora della città? Sì, disse la Montanina, e <i>la fede impalmò
-alla Nuta</i>».
-</p>
-
-<p>
-Non meno evidente è un esempio offertoci dai <i>Fioretti di S.
-Francesco</i> (c. 21) «Frate lupo, dice s. Francesco, io voglio che tu
-mi <i>facci fede di questa promessa</i>, acciocchè io meno possa fidare e
-<i>distendendo santo Francesco la mano per riceverne fede, il lupo</i> levò
-su <i>il piè diritto dinanzi</i> e dimesticamente lo <i>puose sopra la mano di
-santo Francesco</i>, dandogli quello segnale di fede ch'egli potea.
-</p>
-
-<p>
-Questa stretta di mano simbolica si chiamava la <i>palmata</i>. Non
-per nulla anche oggi il linguaggio comune conserva la parola <i>impalmare</i>
-per indicare una forma speciale del contratto di matrimonio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note663">
-<p><span class="label"><a href="#tag663">663</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Gregorio di Tours.</span> <i>Hist. Franc.</i> V, 3; III, 4, 8; <i>In gloria
-confess</i>. c. 67 <span class="smcap">Isidoro</span> <i>Origin</i>. VIII, 2, 4 e 11, I, 67.
-</p>
-
-<p>
-Questi passi sono stati indicati, illustrati e pubblicati da <span class="smcap">N. Tamassia</span>
-in <i>Fidem facere e manu fidem facere</i> e <i>Manum facere citt.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note664">
-<p><span class="label"><a href="#tag664">664</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Si trova nelle tavolette cerate daciche (<span class="smcap">Bruns</span> <i>Fontes cit.</i>
-pag. 205-209); in un documento del <i>Codex antiquissimus pataviensis</i>
-il formulario del quale è del quinto secolo (<i>Monum. Boic.</i> XXVIII, 2,
-n. 2. p. 5); nella <i>Vita Macriani</i> c. 12 (<i>Scriptores hist. augustae</i> ed.
-Teubner II, 111) e perfino nelle commedie di Plauto. (Cfr. <span class="smcap">Costa E.</span>
-<i>Il diritto privato romano nelle commedie di Plauto</i> pag. 277 e segg.)
-</p>
-
-<p>
-È merito del <span class="smcap">Tamassia</span> averlo dimostrato e di aver indicate
-queste fonti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note665">
-<p><span class="label"><a href="#tag665">665</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Mitteis</span> <i>Römischen Privatrecht cit</i>. I, pag 294 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note666">
-<p><span class="label"><a href="#tag666">666</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Roth</i>. 244.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note667">
-<p><span class="label"><a href="#tag667">667</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. la notizia veronese di cui già ci siamo occupati a pagina
-134-36.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note668">
-<p><span class="label"><a href="#tag668">668</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Cronica q. dicuntur Fredegarii</i> IV, 71 nei «Mon. Germ.
-Hist.» S. S. I, pag. 15.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note669">
-<p><span class="label"><a href="#tag669">669</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La misura della protezione speciale accordata dall'Editto alla
-città si rileva dal confronto con le altre disposizioni che stabiliscono
-la scala delle aggravanti dello <i>scandalum</i> rispetto al luogo in cui è
-commesso e cioè: il palazzo del re, «ubi rex presens est» (<i>Roth</i>.
-c. 36), la chiesa (<i>Roth</i>. c. 35), la città dove si trova il re (<i>Roth</i>. c. 37,
-38) la città (<i>Roth</i>. 39, 40).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note670">
-<p><span class="label"><a href="#tag670">670</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Kuhn</span>. <i>Entstehung der Städte cit</i>. pag. 440.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note671">
-<p><span class="label"><a href="#tag671">671</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dig</i>. XLIX, 16, 3 § 17 ... si vallum quis transcendat aut per
-murum castra ingrediatur... E il cap. 244 di Rotari: Si quis per
-murum de castro aut civitate sine noticia iudecis sui exierit foras
-aut intraverit.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note672">
-<p><span class="label"><a href="#tag672">672</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La cosa è tanto più verosimile in quanto che nella maggior
-parte dei casi la <i>civitas</i> era il capoluogo delle singole circoscrizioni:
-e queste, come si è veduto, in linea di massima furono lasciate inalterate
-dai Langobardi. Anche Paolo Diacono mostra un'esattezza
-degna di osservazione nel distinguere la <i>civitas</i> dal <i>castrum</i>. Oltre
-passi di minore importanza (cfr. per es. <i>Hist. Langub</i>., II, 13 .....
-haut longe a <i>cenitense castro</i> vel <i>tarvisiana</i> distet <i>civitate</i>); uno mi
-par degno di nota: (<i>ibid.</i>, II, 9). Indeque Alboin Venetias fines quae
-prima est Italiae provincia sine aliquo obstaculo, id est <i>civitatis vel
-potius castri foroiuliani</i> terminos introisset. Al tempo romano <i>Forumjulium</i>
-era un <i>castrum</i> e P. Diacono non osa chiamarla completamente
-una <i>civitas</i> nemmeno dopo anni ed anni da che i Langobardi
-l'avevano eletta sede di ducato e ricorda che era un semplice
-<i>castrum</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note673">
-<p><span class="label"><a href="#tag673">673</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'importanza del centro urbano è comprovata dalla severità
-delle leggi nel punire coloro che in qualche modo, anche solo attraversandole
-di soppiatto, violassero la santità — è il termine usato
-dalle fonti — delle mura. Chi <i>violaverit muros</i>, dice <span class="smcap">Pomponio</span> (<i>Dig</i>.
-I, 8, 11), è punibile di morte. Questa legge si riannoda all'antichissimo
-mito del salto del vallo da parte di Remo, di cui già si è
-parlato, consacra l'obbligo dei cittadini di non passar che per le porte,
-e concerne solo Roma. Ma a provar che questo culto delle mura
-non era esclusivo di Roma e che in conseguenza non era esclusivo
-di Roma il contenuto giuridico di cui esso era l'esponente e, cioè,
-la preminenza assoluta degli intramurani, <span class="smcap">Marciano, Sabino</span> e <span class="smcap">Cassio</span>
-dichiarano concordi (<i>Dig</i>. I, 8, 1 e 2) che le mura e le porte di tutte
-le città erano, al pari di quelle di Roma, <i>sanctae et quemadmodum
-divini juris</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note674">
-<p><span class="label"><a href="#tag674">674</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 48-52 e specialmente la legge riportata nella nota 2
-a pag. 48-49, e pag. 67-69.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note675">
-<p><span class="label"><a href="#tag675">675</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Cod. dipl. long.</i> — <span class="smcap">Troya</span> — n. 602.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note676">
-<p><span class="label"><a href="#tag676">676</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 135, dove si parla proprio di <i>cives</i>, e pag. 143.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note677">
-<p><span class="label"><a href="#tag677">677</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ratherii episc. veron.</span> <i>Opera</i>. Veronae, 1765, col. 564-66. Il
-passo è stato per la prima volta indicato agli studiosi da <span class="smcap">N. Tamassia</span>
-<i>Raterio e l'età sua</i> in «Studii giuridici dedicati ed offerti a
-F. Schupfer» II, Torino, 1908, pag. 85-94.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note678">
-<p><span class="label"><a href="#tag678">678</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Gradonicus F.</span> <i>Pontificum brixianorum series</i>. Brescia, 1755,
-pag. 159 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note679">
-<p><span class="label"><a href="#tag679">679</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi a pag. 119-120. Questi diplomi sono stati ritenuti sospetti
-così dal Niese, come dal <span class="smcap">Besta</span> (<i>Nuove vedute sul diritto pubblico
-italiano nel medio evo</i> in «Riv. ital. p. le scienze giurid.» li
-1-2, pag. 38-39); ma se si ammette l'interpetrazione datane in questo
-volume così nei rispetti dell'arimannia come della cittadinanza, ogni
-ragione di sospetto viene completamente a mancare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note680">
-<p><span class="label"><a href="#tag680">680</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. berg. cit.</i> II. col. 729. Cfr. anche <span class="smcap">Mazzi A.</span>
-<i>Studi bergomensi cit</i>. pag. 9.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note681">
-<p><span class="label"><a href="#tag681">681</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La partecipazione dei <i>nobiles</i> e dei <i>sapientes</i>, che pure ne vivono
-fuori, alla vita della città è dovuta all'azione del sistema feudale.
-Cfr. <span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i> I. pag. 342.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note682">
-<p><span class="label"><a href="#tag682">682</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ficker</span> <i>loc. cit.</i> IV, n. 85, p. 129.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note683">
-<p><span class="label"><a href="#tag683">683</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Id. <i>ibid</i>. n. 86, pag. 131.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note684">
-<p><span class="label"><a href="#tag684">684</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Mazzi</span> A. <i>Studî cit.</i> pag. 107.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note685">
-<p><span class="label"><a href="#tag685">685</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. pag. 33.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note686">
-<p><span class="label"><a href="#tag686">686</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Patetta F.</span> <i>Studi storici e note sopra alcune iscrizioni
-medioevali</i>. Modena 1907, pag. 122-23. Riporto le sue precise parole
-perchè non si potrebbe fare della <i>Relatio</i> riassunto più esatto ed
-imparziale.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note687">
-<p><span class="label"><a href="#tag687">687</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Lupi</span>. <i>Cod. dipl. cit.</i>, II, n. 1267 e <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Studi cit</i>., pagina
-119-25.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note688">
-<p><span class="label"><a href="#tag688">688</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Roth</i>. 21.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note689">
-<p><span class="label"><a href="#tag689">689</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dipl. long</i>. — <span class="smcap">Troya</span> — n. 693, 971, 985. Cfr. anche <span class="smcap">Schupfer</span>
-<i>Istituzioni politiche cit.</i>, pag. 384.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note690">
-<p><span class="label"><a href="#tag690">690</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Brunetti</span>, <i>loc. cit.</i>, n. 25.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note691">
-<p><span class="label"><a href="#tag691">691</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Plinio</span>. <i>Natur. Hist</i>. XXVII, 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note692">
-<p><span class="label"><a href="#tag692">692</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Zdekauer L.</span> <i>Il Constituto del Comune di Siena dell'anno
-1262</i>, Milano 1897, pag. 61-62 della prefazione.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note693">
-<p><span class="label"><a href="#tag693">693</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. nota 2 a pag. 237.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note694">
-<p><span class="label"><a href="#tag694">694</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 61 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note695">
-<p><span class="label"><a href="#tag695">695</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Roth</i>. 343.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note696">
-<p><span class="label"><a href="#tag696">696</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Roth</i>. 279, 280.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note697">
-<p><span class="label"><a href="#tag697">697</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Roth</i>. 312.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note698">
-<p><span class="label"><a href="#tag698">698</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Roth</i>. 35.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note699">
-<p><span class="label"><a href="#tag699">699</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sul contenuto del <i>populus</i> vedi § 5, pag. 122 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note700">
-<p><span class="label"><a href="#tag700">700</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cap. italicum</i>. Cap. Loth. 13.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note701">
-<p><span class="label"><a href="#tag701">701</a>.&nbsp;&nbsp;</span>c. 5, ed. cit. pag. 100. Esso riprende alla lettera il concetto
-della leg. un. tit. 56 libro XI del Cod. Just.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note702">
-<p><span class="label"><a href="#tag702">702</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Capit. ital. c. 37.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note703">
-<p><span class="label"><a href="#tag703">703</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giulini</span> <i>Mem. cit.</i> VII. p, I, pag. 890-91. Testam. dell'arciv.
-Ansperto a. 879.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note704">
-<p><span class="label"><a href="#tag704">704</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Delle antichità long. milan.</i> cit. I. p. 242.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note705">
-<p><span class="label"><a href="#tag705">705</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È del 25 agosto 1097 ed è edito dal <span class="smcap">Del Giudice</span> <i>Studî cit.</i>,
-pag. 61.
-</p>
-
-<p>
-Che nell'espressione — consulatu civium — non si trovi la menzione
-del consolato, del gruppo dei consoli della città di Milano non
-si può ammettere (dice il <span class="smcap">Del Giudice</span>, a cui sottoscrivo pienamente,
-fatta eccezione del modo d'intendere la parola <i>cives</i>) per tre ragioni
-e cioè: primo, che la voce <i>cives</i> nell'uso delle fonti milanesi del secolo
-undecimo, non designa già (come avvenne più tardi) tutto il popolo,
-ma solo la borghesia in senso stretto, cioè un ceto particolare
-opposto alla nobiltà rappresentata dalle due classi feudali dei capitanei,
-e dei valvassori o militi. Per tal modo vi sarebbero stati, a tenore
-di questo documento, i consoli dei borghesi (<i>cives</i>) e non quelli
-dei capitanei e dei militi; il che è contradetto dalle più antiche sentenze
-a noi pervenute dai tribunali consolari le quali portano il nome
-dei consoli delle varie classi. In secondo luogo è da osservare che
-dei molti nomi di persone segnate come testimoni o presenti all'atto,
-non uno si legge che porti il titolo di <i>consul</i> mentre non mancano
-gli appellativi di giudice, di messo imperiale, di notaio. Eppure, se
-la carta fosse stata scritta nel consolato cioè nel luogo di residenza
-dei consoli ed alla loro presenza, non sarebbe mancata l'indicazione
-del loro nome. La terza difficoltà è questa: che negli anni successivi
-al 1097 non vi è parola di consoli in atti pubblici dove la loro presenza
-o partecipazione sarebbe stata necessaria. Non rimane adunque
-che interpetrare la data della carta cremonese come indicante
-la località dove si radunavano i <i>cives</i>; dove si teneva il <i>consilium
-civitatis</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note706">
-<p><span class="label"><a href="#tag706">706</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Del Giudice</span>. <i>Studi cit</i>. pag. 50.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note707">
-<p><span class="label"><a href="#tag707">707</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>. pag. 52.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note708">
-<p><span class="label"><a href="#tag708">708</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ed. dal <span class="smcap">Muratori</span>. <i>Antiq. ital.</i> diss. XV, col. 853-55.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note709">
-<p><span class="label"><a href="#tag709">709</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nec marchionem aliquem in Tusciam mittemus sine laudamento
-<i>hominum duodecim electorum in colloquio facto sonantibus campanis</i>,
-dice il notissimo diploma di Enrico IV ai pisani dell'anno 1081.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note710">
-<p><span class="label"><a href="#tag710">710</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">P. Diacono</span>, <i>loc. cit</i>. IV, 31 e II cap. ult.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note711">
-<p><span class="label"><a href="#tag711">711</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Memorie e doc. cit.</i> IV, 1, pag 199.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note712">
-<p><span class="label"><a href="#tag712">712</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Friedlaender E.</span> <i>Darstellungen aus der Sittengeschichte
-Roms</i>. II, pag. 538 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note713">
-<p><span class="label"><a href="#tag713">713</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Tamassia N</span>. <i>Fidem facere</i> cit. pag.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note714">
-<p><span class="label"><a href="#tag714">714</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nelle nostre colline di Pisa, dice <span class="smcap">G. Lami</span> (<i>Lezioni di antichità
-toscane</i>, etc. Firenze, 1766, vol. I, lezione 4ª, pag. 86-87) è un tratto
-di paese, vicino al Bagno ad acqua, che si chiama <i>parlascio</i>. È questo
-un monticello sulla cui cima si vedono le rovine di una mediocre rocca
-o fortezza di figura quadra con torrioni e baluardi tondi negli angoli.
-Sotto questa rocca verso levante è la chiesa dei SS. Quirico e Giulitta
-ed a ponente di questa chiesa è un borgo, pure detto <i>parlascio,
-e non vi è stata mai trovata traccia alcuna di antico anfiteatro romano.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note715">
-<p><span class="label"><a href="#tag715">715</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'antico <i>perilascium</i>, trasformato in postribolo — effectum postribolum — fu
-donato nell'800 alla chiesa aretina per togliere lo
-sconcio. Cfr. <span class="smcap">Pasqui U.</span> <i>Documenti cit.</i> I. n. 16, pag. 29-30.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note716">
-<p><span class="label"><a href="#tag716">716</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Fino dal secolo decimo si ha ricordo di una porta a parlascio,
-per la sua vicinanza al <i>parlascium</i>. Cfr. <span class="smcap">Lami</span>, <i>loc. cit.</i> I, pag 90.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note717">
-<p><span class="label"><a href="#tag717">717</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Lami</span>, <i>loc. cit.</i> I, pag. 96; <span class="smcap">Alvisi E.</span> <i>Il libro delle origini
-di Fiesole e di Firenze</i>, Parma, 1895, pag. 38 e <span class="smcap">Manni M. D.</span> <i>Notizie
-storiche intorno al parlagio ovvero anfiteatro di Firenze</i>, Bologna, 1746.
-pag. 13-17 e 26.
-</p>
-
-<p>
-a. 1171... infra civitatem Florentinam prope <i>Perilascio picculo.</i>
-</p>
-
-<p>
-a. 1133... in civitate Florentina in loco <i>Parlascio picculo</i>.
-</p>
-
-<p>
-a. 1030... prope <i>Perilasium majorem.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note718">
-<p><span class="label"><a href="#tag718">718</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Tiraboschi</span>. <i>Memorie di Nonantola</i> cit. n. 197, a. 1089, «pecia
-una de terra prope civitatem Cremone in loco <i>parlassi</i>».</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note719">
-<p><span class="label"><a href="#tag719">719</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr.<span class="smcap"> Mazzi A</span>, <i>Perelassi</i>, Bergamo, 1884.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note720">
-<p><span class="label"><a href="#tag720">720</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Davidsohn</span>, <i>loc. cit</i>. I, pag. 513.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note721">
-<p><span class="label"><a href="#tag721">721</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liutpr</i>. c. 99.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note722">
-<p><span class="label"><a href="#tag722">722</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Aist</i>. c. 2, 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note723">
-<p><span class="label"><a href="#tag723">723</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Le alienazioni degli immobili e gli eredi secondo
-gli antichi diritti germanici e specialmente il langobardo</i>. Milano,
-1885, pag. 159.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note724">
-<p><span class="label"><a href="#tag724">724</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liutpr</i>. c. 62.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note725">
-<p><span class="label"><a href="#tag725">725</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cap. ital. K. M.</i> 49, 68, 114 etc.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note726">
-<p><span class="label"><a href="#tag726">726</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedine gli ess. riportati dal <span class="smcap">Muratori</span> <i>Antiq</i>. Diss. LXIII.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note727">
-<p><span class="label"><a href="#tag727">727</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i documenti pubblicati dal <span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i> VI, 1, pag. 25
-e segg. e specialmente pag. 33.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note728">
-<p><span class="label"><a href="#tag728">728</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Mem. e doc. cit</i>. IV, n. 475, a. 825 Anspald cler. scavinus
-ecclesiae, — n. 589, a. 838 Gonfrid. scab. eccl. — n. 648, a. 847 Iohannes
-clericus scab. eccl.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note729">
-<p><span class="label"><a href="#tag729">729</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. dipl. lang</i>. — <span class="smcap">Porro</span>. — col. 1561, a. 915 Petrus <i>scavino
-huius comitato</i> (lucense).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note730">
-<p><span class="label"><a href="#tag730">730</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. il § 6, pag. 132 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note731">
-<p><span class="label"><a href="#tag731">731</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Mem. e doc. cit</i>., V, n. 698. a. 853. A. Scabinus florentine
-urbis.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note732">
-<p><span class="label"><a href="#tag732">732</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Pertile</span>, <i>loc. cit.</i> VI, pag. 34.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note733">
-<p><span class="label"><a href="#tag733">733</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cap. it. K. M.</i> 35 e 93.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note734">
-<p><span class="label"><a href="#tag734">734</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. a questo proposito <span class="smcap">Zdekauer L.</span> <i>Il Constituto dei Consoli
-del placito del Comune di Siena</i> in «Studi Senesi» vol. IX, 1892,
-pag. 57-58.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note735">
-<p><span class="label"><a href="#tag735">735</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Id.</span> <i>ibid.</i>, pag. 60-61. Lo <span class="smcap">Zdekauer</span> è stato il primo e l'unico,
-ch'io sappia, a sentire come l'indagine sulla competenza doveva
-segnare il primo passo per determinare l'origine del Consolato
-del Placito e come esso si riannodi ad antichissimi sistemi germanici.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note736">
-<p><span class="label"><a href="#tag736">736</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Liutp</i>. c. 22, 29, 91, 117.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note737">
-<p><span class="label"><a href="#tag737">737</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Rach</i>. c. 8.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note738">
-<p><span class="label"><a href="#tag738">738</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <i>Chart</i>. I, 45, a. 887; un documento è ritenuto privo di
-valore legale non perchè sia falso ma perchè non è stato scritto o
-firmato da un <i>notarius scriba publicus</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note739">
-<p><span class="label"><a href="#tag739">739</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È la nota definizione datane da <span class="smcap">Rolandino</span> nel proemio del suo
-<i>Tractatus notularum</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note740">
-<p><span class="label"><a href="#tag740">740</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Loth</i>. 98. Per l'intervento dei notai nel placito come scabini
-è tipico l'esempio del giudice astense Graseverto.
-</p>
-
-<p>
-Cfr. <span class="smcap">Ficker</span>, <i>loc. cit.</i>, III, pag. 21 e 22 e <span class="smcap">Cipolla</span>. <i>Di Audace cit</i>.,
-pag. 194-96. A Piacenza, a. 879 uno scabino è <i>archinotarius</i>. Cfr. <span class="smcap">Mayer</span>
-<i>Ital. Verf. cit.</i>, § 5, nota 83.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note741">
-<p><span class="label"><a href="#tag741">741</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Lex alam.</i> XXXVI, 1, 2; <i>Lex Baiuw.</i> II, 15, 1. E mi piace riportare
-qui anche un caso pratico contemporaneo al periodo che si
-sta studiando in Italia in questo volume.
-</p>
-
-<p>
-<span class="smcap">Loersch H. Schröder R.</span> <i>Urkunden zur Geschichte des deutschen
-Privatrechtes</i>. Bonn. 1881, n. 53, pag. 35. <i>Traditio capturae ad Suuarzetmuore.</i>
-Isti tradiderunt... Isti tradiderunt et nihil acceperunt...
-Anno ab incarnatione Domini 827 et regni Hludounici imperatoris
-14 factus est <i>Conventus publicus</i> in loco qui dicitur Suuarzetmuor et
-Hrabanus abbas fuit in eo et Poppo Comes et majores natu de comitatu
-eius, quorum nomina sunt: Liutpraht, Uuidarold, Uuotan,
-Gundacar, Herimot, Friduhelm, Nidhart, Ortheri, Otto, Alspraht,
-Einrat, Helmolt, Ratger, coram quibus Herimot et Berahart dixerunt
-se in illa captura aliquam habere portiunculam, sed tamen eorum
-adquisitio ita difinita est et pacata, ut dominus Hrabanus abbas
-illis duos boves et duo pallia lanea et linea, duos gladios daret, et
-illi negaverunt et abdicaverunt coram suprascriptis nobilibus viris,
-quod ulterius in illa captura nullam communionem habeant. Coram
-his vero testibus datum fuit quod dominus Hrabanus abbas promisit,
-et negatum et traditum ab Herimote et Beraharte et Munihelme et
-Attamanne et Nidgere et Lungane.
-</p>
-
-<p>
-Seguono i nomi di 23 testimoni dei quali i primi due monaci.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note742">
-<p><span class="label"><a href="#tag742">742</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Mentre si conserva il sistema dell'allegazione <i>apud publica
-gestis municipalibus</i> (cfr. doc. edito dal <span class="smcap">Savigny</span> <i>Stor. cit.</i>, I, pag. 348);
-il testamento di Beltramo dell'anno 615 e quello di Adoindo del 642
-è in forum delato, turbis circumstantibus a indice reseratum recitatunque
-(<span class="smcap">Id</span>. <i>ibid</i>., pag. 116); le donazioni sono fatte in <i>mallo publico</i>
-(cfr. <span class="smcap">Dachery</span>. <i>Spicilegium sine collectio veterum aliquot scriptorum.</i>
-Parigi, 1723, pag. 878, luglio 874) e l'assemblea generale acquista
-sempre maggiore importanza.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note743">
-<p><span class="label"><a href="#tag743">743</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Lex Wisig.</i> VIII, 5, 6 — IX. 1, 8; 2, 5 — VI, 2, 3 — XII, 2, 14 — VIII,
-4, 14 — VII, 4, 7 — III, 4, 17 — VI, 2, 4 — VII, 2, 6 — VIII,
-1, 3 — IX, 2, 2 — IX, 3, 3 — XII, 2, 4. Per i suoi rapporti
-con l'origine del Comune cfr. <span class="smcap">De Hinojosa E.</span> <i>Origen del Régimen
-Municipal en Léon y Castilla</i> in «<i>Estudios sobre la historia del derecho
-espanol</i>» Madrid, 1903, pag. 5 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note744">
-<p><span class="label"><a href="#tag744">744</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. pag. 1 e segg. e pag. 72 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note745">
-<p><span class="label"><a href="#tag745">745</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La cosa è tanto nota che è inutile citare la numerosa bibliografia
-a questo riguardo. Basti ricordare per tutti <span class="smcap">Pertile</span> <i>loc. cit.</i>
-II, 1, pag. 15-16; <span class="smcap">Leicht P. S.</span> <i>Antiche divisioni delle terre a Cividale</i>.
-Estr. dalle Mem. Stor. Cividalesi 1907; <span class="smcap">Luzzatto G.</span> <i>Vicinie e Comuni</i>
-in «Riv. ital. di Sociologia» 1909, fasc. 3-4, che ne riporta numerose
-prove e <span class="smcap">Tamassia N.</span> <i>Due documenti napoletani del 1139</i>, che
-è importante perchè oltre a indicare e a servirsi di buon materiale,
-prova il perdurare ininterrotto delle antiche divisioni territoriali
-cittadine in regioni ed in quartieri dipendenti dalle singole porte
-anche in provincie esenti dalla dominazione langobarda.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note746">
-<p><span class="label"><a href="#tag746">746</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Anche questo è notissimo. È da osservare che lo stesso avveniva
-anche in territori non langobardi. Belisario fece ribattezzare
-a Roma la porta di S. Sebastiano ponendola sotto la protezione dei
-due santi orientali Giorgio e Conone (<span class="smcap">Diehl O.</span> <i>Études cit.</i> pag. 262)
-e che qualche volta la porta riceveva il nome di un santo venerato
-in una chiesa fuori delle mura. Ciò che è una prova novella dell'intimità
-del vincolo che univa il suburbio alla città. — Tale è il caso
-della porta di S. Stefano a Vercelli. Cfr. <span class="smcap">Adriani</span> <i>loc. cit.</i>, pag. 628,
-nota.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note747">
-<p><span class="label"><a href="#tag747">747</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Ughelli</span> <i>loc. cit.</i> VIII, col. 32.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note748">
-<p><span class="label"><a href="#tag748">748</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ed. <span class="smcap">Carmagnola</span> <i>cit</i>., cap. 209.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note749">
-<p><span class="label"><a href="#tag749">749</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A quanto già si è detto si può aggiungere <span class="smcap">Berlan</span>. <i>Il libro
-delle consuetudini mil. cit.</i> pag. 145 e segg. e specialmente 147.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note750">
-<p><span class="label"><a href="#tag750">750</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Giulini</span> <i>loc. cit.</i> ad an., vol. V, pag. 503 e vol. VI, pag. 463.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note751">
-<p><span class="label"><a href="#tag751">751</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nei «Mon. Germ. Hist.» <i>Leges</i>, ed. <span class="smcap">Pertz</span>, III, pag. 397.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note752">
-<p><span class="label"><a href="#tag752">752</a>.&nbsp;&nbsp;</span><span class="smcap">Boretius</span> I, 1, c. 8, pag. 197.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note753">
-<p><span class="label"><a href="#tag753">753</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Muratori</span>, Diss. XXIII, col. 824 e RR. II. SS. I, 2, pag. 81,
-libro VI, legge 88.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note754">
-<p><span class="label"><a href="#tag754">754</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il quartiere non figura fra le corporazioni militari provviste
-di personalità giuridica ricordate dal libro V del Codice Teodosiano.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note755">
-<p><span class="label"><a href="#tag755">755</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Eccone un esempio che rendo noto perchè inedito e che debbo
-alla cortesia del prof. A. Anzillotti. Pistoia 1109 febbraio. Breve di
-investitura di una terra con casa entro la città prope Sala Loteringa
-fatta da Marchesello di Oggicione a Bonico Romanelli. Ita tamen
-quod si ipse Marchesellus (il locante) et frater suus sit ita impeditus
-quod non audeat habitare in porta Caldatica vel in porta S. Petri
-quod ipsi possint venire ad habitandum in predicta domu donec fuerint
-ausi redire ad habitandum in domu illorum tunc deinde debent
-ipsa scomborare.
-</p>
-
-<p>
-Ed è nota la grave discordia sorta nel 1188 fra due porte della
-città di Lucca. Cfr. gli <i>Annali</i> di <span class="smcap">Tolomeo</span> ed. <span class="smcap">Muratori</span> in «RR.
-II. SS.» XI, col. 1274.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note756">
-<p><span class="label"><a href="#tag756">756</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. <span class="smcap">Mazzi A.</span> <i>Note suburbane cit.</i> pag. 27 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note757">
-<p><span class="label"><a href="#tag757">757</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tipico è il <i>castrum vetus</i> di Asti, passato alla Chiesa astese
-fra il 936 e il 937. Cfr. <span class="smcap">Cipolla C.</span> <i>Di audace cit</i>., pag. 209 Lo stesso
-avviene a Verona (<span class="smcap">Ughelli V</span>, col. 711. a 818), a Reggio (<span class="smcap">Tiraboschi</span>
-<i>Mem. di Nonantola cit.</i>, II, pag. 58), a Modena (a. 1108... casa in civitate
-Mut. que jacet prope Castello — a. 1133... iuxta murum castelli
-episcopi — <span class="smcap">Id.</span> <i>loco cit.</i>), a Genova ed in numerose altre città.
-Cfr. <span class="smcap">Mazzi A</span>. <i>Note cit.</i>, pag. 39.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note758">
-<p><span class="label"><a href="#tag758">758</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cfr. i due documenti indicati dal <span class="smcap">Davidsohn</span>. <i>Storia cit</i>. pagine
-522-23.</p>
-</div>
-</div>
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici. Nella nota 458 a pag. <a href="#Page_161">161</a> il numero della pagina citata, mancante nell'originale, è stato indicato con ... .
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-
-
-
-
-
-
-
-<pre>
-
-
-
-
-
-End of the Project Gutenberg EBook of La città italiana nell'alto Medio Evo, by
-Guido Mengozzi
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA CITT ITALIANA NELL'ALTO ***
-
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