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-The Project Gutenberg EBook of Lucrezia Borgia, by Ferdinand Gregorovius
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most
-other parts of the world at no cost and with almost no restrictions
-whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of
-the Project Gutenberg License included with this eBook or online at
-www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have
-to check the laws of the country where you are located before using this ebook.
-
-Title: Lucrezia Borgia
- secondo documenti e carteggi del tempo
-
-Author: Ferdinand Gregorovius
-
-Translator: Raffaele Mariano
-
-Release Date: July 27, 2020 [EBook #62773]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LUCREZIA BORGIA ***
-
-
-
-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by the HathiTrust
-Digital Library)
-
-
-
-
-
-
- [Illustrazione: Monete.]
-
-
- F. GREGOROVIUS.
-
-
- LUCREZIA BORGIA
-
- SECONDO DOCUMENTI E CARTEGGI DEL TEMPO.
-
-
- TRADUZIONE DAL TEDESCO
- PER
- RAFFAELE MARIANO.
-
- 3ª Ristampa.
-
-
-
- FIRENZE.
- SUCCESSORI LE MONNIER.
- 1885.
-
-
-
-
- Proprietà degli Editori.
-
-
-
-
-A
-
-DON MICHELANGELO GAETANI
-
-DUCA DI SERMONETA.
-
-
- ONOREVOLE SIGNOR DUCA,
-
-A dedicarle questo scritto mi mossero non solo eventi storici trattati
-in esso, ma altresì personali relazioni. Ed a Lei è piaciuto accogliere
-gentilmente ambo i motivi.
-
-In questo libro Ella vedrà comparire antenati dell'antica e celebre
-casa sua, ma non in prospera luce. I Borgia sono stati nemici capitali
-dei Gaetani. E gran mercè per costoro, se schivarono quella rovina,
-che Alessandro VI e il suo formidabile figliuolo avevan loro giurata.
-Sermoneta con tutti i vistosi beni, appartenuti da tempo antichissimo
-alla casa Gaetani, furon dai Borgia rapiti. E per mano degli stessi
-gli avi suoi ebbero morte o dovettero prendere la via dell'esilio.
-Signora di Sermoneta divenne Donna Lucrezia. E poscia il figliuolo di
-lei, Rodrigo d'Aragona, fu, come Duca, investito delle possessioni dei
-Gaetani.
-
-Da quel tempo sono oramai trascorsi secoli; ond'Ella può perdonare le
-prepotenti manomissioni de' diritti della Casa sua ad una donna bella
-e sventurata. Già la Bolla di Giulio II, ch'Ella, anche per riguardo
-alla perfezione calligrafica, serba qual gioiello nell'Archivio della
-famiglia, valse a ricostituir ben presto la casa dei Gaetani. E da quel
-tempo questa conservò sempre il retaggio de' padri gloriosi. E si deve
-poi a Lei, se gli aviti possedimenti, grazie ad un governo esemplare,
-siano oggidì tornati di nuovo in fiore.
-
-Il persistere delle tradizioni storiche rispetto alle cose e agli
-uomini esercita in Roma indicibile attrattiva su tutti i cultori
-della storia. Su me ha in particolar modo avuto influenza potentissima
-l'osservare come perdurino caratteri proprii di un passato storico in
-famiglie romane antichissime, ma che tuttora sussistono, che ancora
-oggi sono vegete e floride; e l'aver potuto entrare con queste in
-personali relazioni. I Colonna, gli Orsini e i Gaetani si mostraron
-meco sempre benevoli. E sempre queste tre celeberrime famiglie mi
-furono larghe di ogni desiderabile agevolezza. Ed Ella, signor Duca, fu
-primo in Roma ad aprirmi senza riserva gli archivii della Casa sua. Poi
-per lunghi anni Don Vincenzo Colonna, del quale serberò eterna memoria,
-mi concesse pari favore, sino a che l'onorando vegliardo non morì nel
-Castello di Marino.
-
-I Gaetani, gli Orsini e i Colonna s'erano ritirati da un pezzo dal
-teatro della storia di Roma. I primi anzi se ne allontanarono molto
-più presto degli altri. Venne però giorno, in cui Ella, illustre Duca,
-doveva far rientrare la sua antica stirpe nella storia della città. Fu
-il giorno, per quella il più onorevole, che, caduto il secolare dominio
-del Papato, Ella, a capo del Governo cittadino, depose nelle mani di Re
-Vittorio Emanuele, a Firenze, l'atto di dedizione del popolo romano.
-Momento memorando, che chiuse per sempre un lungo periodo della vita
-della città, iniziandone uno novello! Esso vivrà eterno nella storia
-de' Gaetani accoppiato al nome suo, e renderà quest'ultimo indelebile
-dalla memoria de' Romani.
-
-Di quell'avvenimento in Roma io non fui testimone. Pure, parlandone, mi
-torna in mente tutto quel moto e quella progressiva attività pubblica e
-privata, alla quale mi fu dato assistere per lunga serie d'anni. Devo a
-Lei e alla liberale Casa sua l'esser rimasto per sì gran tempo nel più
-vivo contatto con la storia di Roma. E di tutte le relazioni, che ebbi
-l'onore di stabilire con insigni famiglie d'Italia, quelle che alla sua
-mi legano, sono, senza dubbio, le più antiche e le più personali.
-
-Vidi già venir su i suoi nobili figliuoli; e veggo ora con gioia
-la schiera de' piccoli nipoti, che intorno a Lei, nuovo fondatore
-della famiglia, comincia a crescere rigogliosa. Possano prosperare, e
-perpetuare ancora per lunga e felice età la sua antichissima schiatta,
-e nel più lontano avvenire arricchirla ancora di geste e nomi d'uomini
-e donne nobili e famosi.
-
-Con tali voti Le offro questo scritto ornato del nome suo. So che Ella
-lo accoglierà con bontà, che non sarà da meno dell'animo semplice e
-senza pretensione, col quale io glielo presento. In verità io intendo
-dare per esso un segno da me desiderato alla casa Gaetani; segno di
-riconoscente ricordanza, di profonda venerazione per Lei, di devozione
-grande che mai sempre mi legherà all'illustre famiglia sua.
-
- _Roma, 9 marzo 1874._
-
- GREGOROVIUS.
-
-
-
-
-INTRODUZIONE.
-
-
-Lucrezia Borgia è la figura della più sciagurata delle donne nella
-storia moderna. È forse tale, perchè fu insieme la più colpevole?
-Ovvero le tocca soltanto portare il peso dell'esecrazione, che il mondo
-per errore le ha inflitto? Perchè il mondo, in verità, si diletta dello
-spettacolo di virtù e di colpe in persone tipiche, appartengano esse al
-mito o alla storia.
-
-Quelle domande aspettano ancora una risposta.
-
-I Borgia stimoleranno per lungo tempo lo storico e lo psicologo
-alla ricerca. Un amico di molto ingegno mi domandava un giorno, come
-accadesse che tutto quanto si riferisce ad Alessandro VI e a Cesare e a
-Lucrezia Borgia, e ogni fatto della vita loro e ogni lettera nuovamente
-scoperta dell'uno o dell'altro di essi, ecciti la curiosità nostra più
-vivamente che non facciano simili cose rispetto ad altri individui,
-storicamente anche più importanti. Io non conosco spiegazione migliore
-di questa: la Chiesa di Cristo è pe' Borgia il loro fondo stabile;
-su questo sorgono e crescono; su questo si mantengono; e l'acuta
-opposizione della natura loro col concetto del santo gl'impronta di
-un carattere demoniaco. I Borgia sono la satira di una forma o di un
-concetto grande del mondo ecclesiastico, che essi abbattono o negano.
-Le basi, sulle quali s'elevano le loro figure, spiccano in alto, e
-i visi loro sono pur sempre tocchi dalla luce dell'ideale cristiano.
-Mediante questa noi li vediamo e riconosciamo. L'impressione morale
-delle azioni loro a noi non giunge che attraverso quel mezzo, tutto
-penetrato di concetti religiosi. Senza ciò, i Borgia, posti in loco
-profano, scenderebbero al livello di molti altri uomini della stessa
-tempra, e presto finirebbero per essere non più che singoli nomi di una
-grande classe.
-
-Di Alessandro VI e di Cesare v'è una storia: di Lucrezia Borgia invece
-abbiamo appena qualcosa più di una leggenda. E, stando a questa, essa
-non è che una Menade, l'ampollina del veleno in una mano, nell'altra il
-pugnale: una Furia, con insieme i lineamenti belli e dolcissimi di una
-Grazia.
-
-Vittor Hugo l'ha rappresentata qual mostro morale. E, come tale, fa
-ancora oggidì il giro de' teatri d'Europa. E così pure la concepisce
-tuttora l'immaginazione degli uomini in generale. Chi ami la vera
-poesia condannerà, come un grottesco traviamento dell'arte poetica,
-la _Lucrezia Borgia_, il dramma mostruoso del romantico poeta. Quanto
-poi al conoscitore della storia, questi, di certo, potrà sorriderne,
-non senza, per altro, scusare al tempo stesso lo spiritoso poeta
-della ignoranza e della credulità di lui ad una tradizione ammessa dal
-Guicciardini in poi.
-
-Il Roscoe aveva già posto in dubbio siffatta tradizione e tentato
-confutarla. L'apologia scritta da lui venne dagl'italiani, per amor
-di patria, accolta con grato animo. E fra loro stessi s'è andato
-propagando negl'ultimi tempi un moto di reazione contro quella comune
-maniera di rappresentarsi la Lucrezia.
-
-La miglior critica della leggenda non poteva esser fatta che ne'
-luoghi, ove sussiste il più gran numero di memorie e documenti relativi
-alla vita di lei: Roma e Ferrara; poi Modena e Mantova, ove trovasi
-nell'una l'Archivio degli Este, nell'altra quello dei Gonzaga. Alcuni
-scritti d'occasione mostrarono, che la questione sollevata continuava
-ad essere dibattuta ed esigeva una soluzione.
-
-Ai tempi nostri scriveva primieramente di nuovo la storia de' Borgia
-Domenico Cerri nel suo: _Borgia, ossia Alessandro VI papa, e i suoi
-contemporanei_, Torino, 1858. Un anno dopo, Bernardo Gatti pubblicava
-in Milano le lettere di Lucrezia al Bembo. Nel 1866 il marchese
-G. Campori di Modena diè nel fascicolo di settembre della _Nuova
-Antologia_ un breve scritto: _Una vittima della storia — Lucrezia
-Borgia_. E nel 1867 venne alla luce quello di monsignor Antonelli
-ferrarese: _Lucrezia Borgia in Ferrara, sposa a Don Alfonso d'Este —
-Memorie storiche_. Ed un altro opuscolo: _Lucrezia Borgia duchessa di
-Ferrara_, Milano, 1869, fu quindi pubblicato da Giovanni Zucchetti
-di Mantova. Intendimento di tutti questi autori fu di schiarire
-storicamente la leggenda di Lucrezia, e di fare un'apologia della
-sventurata donna.
-
-Anche altri non Italiani, sopra tutto Francesi e Inglesi, cooperarono
-all'intento medesimo. Armando Baschet, al quale dobbiamo alcune
-meritevoli pubblicazioni diplomatiche, annunziava nel suo _Aldo
-Manuzio, Lettres et Documents_, 1475-1515, Venezia, 1867, che da
-anni preparava un'opera sulla vita di madonna Lucrezia Borgia, e che
-all'uopo aveva raccolto grande copia di documenti. Sciaguratamente il
-lavoro di codesto esimio conoscitore di parecchi Archivii d'Italia
-non è sin qui apparso; cosa che per mia parte deploro, senza però
-rinunziare alla speranza che il Baschet sciolga un giorno la sua
-promessa.
-
-Frattanto vedeva la luce a Londra nel 1869 un libro, il primo
-abbastanza esteso, sull'argomento: _Lucrezia Borgia Duchess of
-Ferrara, a Biography illustrated by rare and unpublished documents_,
-di Guglielmo Gilbert. Disgraziatamente il manco di scienza e di metodo
-diminuisce il valore di questo libro, utile, del resto, che, come
-discendente inglese del libro del Roscoe, richiamò su di sè una certa
-attenzione.
-
-Il torrente delle apologie, fatto oramai fiumana, produsse in Francia
-una delle più architettate manipolazioni che siano mai sbocciate nel
-campo della letteratura storica. L'Ollivier, un Domenicano, pubblicò
-nel 1870 la prima parte di un libro: _Le pape Alexandre VI et les
-Borgia_. È l'estremo opposto fantastico del dramma di Vittor Hugo.
-L'Hugo maltrattò la storia a fin di ottenere un mostruoso morale per
-l'effetto scenico; non la falsò meno l'Ollivier con l'intenzione
-contraria affatto. Se non che i tempi, in che i frati Domenicani
-imponevano al mondo i loro favolosi libri storici, ormai non è più
-possibile ripristinare. Il ridicolo romanzo dell'Ollivier fu senza
-tregua confutato sin da' più rigidi rappresentanti della Chiesa:
-primieramente dal Malagne nella _Revue des questions historiques_
-(Parigi, aprile 1871 e gennaio 1872); poi dalla _Civiltà Cattolica_,
-giornale della Compagnia di Gesù. Questa pubblicò il 15 marzo 1873 un
-articolo, nel quale l'autore abbandona la difesa del carattere morale
-di Alessandro VI, come quello che non è più dato poter salvare in
-presenza di documenti indubitabili.
-
-L'articolo si fondava sul _Saggio di Albero genealogico e di Memorie
-su la famiglia Borgia, specialmente in relazione a Ferrara_, quivi
-pubblicato nel 1872 da L. N. Cittadella, Bibliotecario della Comunale
-di quella città. Il Saggio segnò notevole progresso ne' modi di
-schiarire la storia della famiglia Borgia, abbenchè non potesse essere
-scevro d'errori.
-
-Sullo scorcio del 1872 mi posi anch'io nella serie degli scrittori
-enumerati. Dopochè nel 1870 fu apparso il volume della mia _Geschichte
-der Stadt Rom im Mittelalter_, che comprende i tempi di Alessandro
-VI, volli io pure portare il mio contributo romano alla storia dei
-Borgia. Nelle ricerche da me fatte negli Archivii d'Italia ero già
-venuto in possesso di molti documenti relativi ai Borgia. Ma non tutto
-potei mettere a profitto nella _Storia della città di Roma_. Epperò mi
-proposi impiegare il prezioso materiale in una monografia, che poteva
-avere per soggetto principale Cesare o la sorella.
-
-Mi decisi per Madonna Lucrezia per motivi varii, il primo de' quali
-estrinseco, e fu questo. Nella primavera del 1872 nell'Archivio de'
-Notai al Campidoglio mi capitò in mano il Protocollo di Camillo de
-Beneimbene, per moltissimi anni notaio di fiducia di Alessandro VI.
-In quel voluminoso manoscritto scoprii un tesoro insperato. Avevo
-innanzi un'intera e lunga serie di documenti autentici, sino allora
-sconosciuti. Vi trovai tutte le tavole nuziali di Donna Lucrezia e
-molti altri pubblici contratti, che si riferiscono alle più intime
-faccende dei Borgia. Nel novembre 1872 lessi, a proposito di questo
-Protocollo, una memoria nella Sezione storica della Reale Accademia di
-scienze di Monaco, che fu pubblicata nel _Bollettino delle tornate_.
-Il contenuto de' documenti da quello estratti gettava nuova luce sulla
-storia della famiglia Borgia, intorno alla quale appunto allora il
-Cittadella aveva pubblicato la genealogia innanzi citata.
-
-A tali fatti s'aggiunsero anche altre ragioni per determinarmi a
-scrivere di Donna Lucrezia. La storia politica di Alessandro VI e di
-Cesare era già stata da me largamente trattata e nuovamente esposta;
-ma di Lucrezia non m'ero occupato che solo alla lontana. E la figura
-di costei m'attraeva, come qualcosa di misterioso, che portava nel seno
-suo una contraddizione non spiegata e che voleva essere sciolta.
-
-Io mi posi all'opera senza intenzione preconcetta. Non intendevo
-scrivere un'apologia, ma in rapidi tratti una storia di Lucrezia. E a
-me era per di più concesso fermarmi soprattutto sul periodo della vita
-di quella in Roma, ch'è pure il periodo veramente importante rispetto
-all'enimma non ancora risoluto. Volevo vedere quale specie di figura
-s'andrebbe formando tra le mie mani, ove facessi di Lucrezia Borgia il
-soggetto di una trattazione storica nel modo più rigoroso e sicuro che
-mai si potesse, appoggiandomi cioè a' documenti.
-
-Raccolsi gli altri materiali necessarii. Feci ricerche ne' luoghi, ove
-quella donna aveva vissuto. Andai ripetute volte a Modena e a Mantova.
-Gli Archivii colà esistenti sono tesori inesausti, massime per la
-storia della Rinascenza, e anche di lì trassi materiali copiosissimi.
-Come sempre, vi trovai persone amiche, pronte a prestarsi per me; e
-così in Mantova il signor Zucchetti, sino a poco tempo fa direttore
-dell'Archivio dei Gonzaga, e il signor Stefano Davari, cancelliere del
-medesimo.
-
-Ma la più ricca mèsse cavai dall'Archivio di Stato degli Este in
-Modena. Il signor Cesare Foucard n'è direttore. L'egregio uomo
-s'adoperò per l'intento mio con una liberalità veramente degna di un
-successore del Muratori in quell'ufficio. Egli mi agevolò il lavoro
-in ogni maniera possibile. Da un giovane impiegato dell'Archivio, il
-signor Ognibene, egli fece prima ordinare il gran numero di lettere e
-dispacci che potevano servirmi, e me ne consegnò quindi il catalogo,
-e mi provvide anche di molte copie. E per questo motivo se lo scritto
-presente ha qualche merito, una parte non piccola ne va dovuta alla
-bontà del Foucard.
-
-Anche in altri luoghi, in Nepi, Pesaro e Ferrara, ebbi schiarimenti e
-trovai le più amichevoli cooperazioni. Devo al signor Cesare Guasti
-dell'Archivio di Stato di Firenze le lunghe e faticose copie delle
-importanti lettere di Lorenzo Pucci, da lui fatte fare per me.
-
-Il materiale, del quale disponevo, non poteva, come è naturale, dirsi
-intero e compiuto; era pur sempre abbondevole e nuovo. Una piccola
-parte soltanto n'ho aggiunta al libro, come Appendice di documenti. E
-di questi non pubblico se non quelli che erano sin qui inediti. Per
-mezzo di essi il lettore ha in mano le prove di ciò che dico. Essi
-serviranno fors'anco di preservativo contro gli assalti di tali, che,
-a quanto preveggo, cercheranno anticipatamente in questo scritto una
-intenzione odiosa. Ad interpetrazioni cosiffatte non risguarderò più
-che tanto, avvegnachè il libro stesso mostri a sufficienza l'intenzione
-mia. Questa non fu altra che quella dello storico in generale. Io ho
-sostituito la storia ad un romanzo.
-
-Ho dato nello scritto al periodo della vita di Lucrezia in Roma maggior
-peso che non a quello in Ferrara. Ciò è perchè quest'ultimo, se anche
-in modo insufficiente, pure è già stato trattato; mentre invece il
-primo è rimasto essenzialmente leggendario. Avendo composto il mio
-libro, fondandomi rigorosamente e sempre sopra documenti, mi fu dato,
-per quel ch'io penso, tentare un metodo di trattazione, mercè il quale
-venisse di per sè fuori un carattere proprio del tempo con la impronta
-della più concreta personalità.
-
-
-
-
-LIBRO PRIMO.
-
-LUCREZIA BORGIA IN ROMA.
-
-
-I.
-
-La stirpe spagnuola dei Borja — o Borgia, come usano pronunziare
-gl'Italiani — fu ricca d'individui singolari. La natura le fu larga
-di qualità sontuose: bellezza di forme, forza, intelligenza e quella
-energia di volontà, che costringe la fortuna, e grazie alla quale
-Cortez e Pizarro e altri avventurieri spagnuoli divennero grandi.
-
-Pari agli Aragona, anche i Borgia furono in Italia conquistatori. Quivi
-ottennero onori e potenza; ebbero efficacia profonda sui destini di
-tutto il paese; contribuirono a spagnoleggiarlo; e vi si propagarono
-copiosamente. Pretendevano discendere dagli antichi re d'Aragona. Pure
-delle origini dei Borgia si sa tanto poco, che la storia loro comincia
-appena col vero fondatore della casa, Alfonso, il cui padre talvolta è
-chiamato Juan, tal'altra Domenico, e della cui madre Francesca è ignoto
-il nome di famiglia.
-
-Era nato nel 1378 a Xativa presso Valenza. Qual secretario intimo fu
-al servizio di re Alfonso d'Aragona, e divenne vescovo di Valenza. Con
-colui andò a Napoli, ove quel principe geniale, si assise sul trono. Fu
-fatto cardinale nel 1444.
-
-La Spagna, uscita appena dalle sue guerre di religione, cominciava
-a venir su in grandezza di nazione e ad acquistare significazione
-europea. Andava ora in cerca di quel che innanzi aveva negletto: porsi
-anch'essa come attrice in Italia, cuore del mondo latino e pur sempre
-centro di gravità della politica e della civiltà d'Europa. La Spagna
-s'impossessò del Papato e dell'Impero. Di là vennero prima i Borgia
-sulla Santa Sede; di là venne più tardi Carlo V ad assidersi sul trono
-imperiale. Dalla Spagna venne pure Ignazio Loyola, il fondatore della
-più potente di tutte le sètte di natura politico-ecclesiastica, che la
-storia abbia mai vista.
-
-Alfonso Borgia, uno de' più fervidi avversarii del Concilio di Basilea
-e degli sforzi di riforma della Germania, divenne papa nel 1455 col
-nome di Callisto III. Numeroso il parentado suo; e già in parte venuto
-a Roma sin da quando egli stesso come cardinale vi s'era stabilito.
-Componevasi originariamente delle tre famiglie di Valenza, tra loro
-congiunte, i Borgia, i Mila — o Mella — e i Lanzol. Delle sorelle
-di Callisto, Caterina Borgia era moglie di Giovanni Mila, barone di
-Mazalanes, e madre del giovane Gianluigi; e Isabella aveva sposato
-Jofrè Lanzol, ricco gentiluomo di Xativa, ed era madre di Pierluigi e
-Rodrigo e di parecchie figliole. A questi due nipoti lo zio diede per
-adozione il proprio nome di famiglia. E di Lanzol divennero Borgia.
-
-Callisto III sollevò due di casa Mila alla dignità cardinalizia; il
-vescovo Giovanni di Zamora, morto poscia il 1467 in Roma, ove, in
-Santa Maria del Monserrato, se ne vede tuttora il mausoleo; e quel più
-giovane Gianluigi. Nell'anno stesso 1456 anche Rodrigo Borgia ricevette
-la porpora. Altri membri di casa Mila si stabilirono in Roma, come
-Don Pedro, la cui figliola Adriana Mila incontreremo nelle più intime
-relazioni con la famiglia dello zio suo, Rodrigo.
-
-Delle sorelle dello stesso Rodrigo, Beatrice s'era sposata con Don
-Ximenes Perez de Arenos; Tecla con Don Vidal de Villanova; e Giovanna
-con Don Pedro Guillen Lanzol.[1] Tutte rimasero in Spagna. Di Beatrice
-abbiamo una lettera da Valenza al fratello, appena creato papa.[2]
-
-Rodrigo Borgia aveva 25 anni, quando ricevette la dignità di
-cardinale. Alla quale un anno dopo accoppiò anche l'alto ufficio di
-Vicecancelliere della Chiesa Romana. Il fratello Don Pierluigi non lo
-superava in età che di un anno. Callisto elevò questo giovane valenzano
-ai massimi onori di nepote. Dopo d'allora comincia a mostrarsi il
-fenomeno di codesta creazione del Vaticano: un principe nepote, nel
-quale il Papa mira a concentrare ogni potere civile. Questo diviene
-il suo condottiero, il suo luogotenente, il custode del suo trono,
-e da ultimo l'erede de' beni suoi. A lui è permesso di farsi con la
-forza padrone di territorii nell'ambito dello Stato della Chiesa e
-di aggirarsi quale angelo sterminatore fra tiranni e repubbliche, per
-fondare una dinastia, nella quale il fugace momento del non ereditario
-Papato s'eterni.
-
-Callisto fece Pierluigi capitan generale della Chiesa, prefetto della
-Città, duca di Spoleto e vicario di Terracina e Benevento. In questo
-primo nepote spagnuolo è anticipatamente abbozzata la carriera, che
-descriverà poi Cesare Borgia.
-
-Gli Spagnoli, sinchè Callisto visse, furono in Roma onnipotenti.
-Soprattutto dal regno di Valenza ne venivan giù a torme a far
-fortuna alla Corte del Papa, come monsignori e scrittori, capitani e
-intendenti, o in altro modo pur che fosse. Ma Callisto III morì il 6
-agosto 1458; e già la vigilia Don Pierluigi con pena e stento erasi
-fuggito da Roma, ove la nobiltà sin allora oppressa, i Colonna e
-gli Orsini s'eran levati contro gli odiati stranieri. Poco dopo, nel
-dicembre di quell'anno, il giovane avventuriero fu colto da improvvisa
-morte a Civitavecchia. Niuno può dire, se Pierluigi Borgia fosse
-ammogliato o lasciasse discendenti.[3]
-
-Il cardinal Rodrigo pianse la perdita del fratello, forse unico ed
-a lui molto caro. Ma ne raccolse l'eredità; e d'altra parte l'alto
-stato suo nella Curia, pel mutare del Papa, non fu scosso punto. Come
-Vicecancelliere abitava nel quartiere Ponte una casa, che fu già la
-Zecca. E ne fece uno de' più ragguardevoli palazzi di Roma. L'edifìzio
-con due corti, i cui portici primitivi al pianterreno sono ancora
-riconoscibili, era costrutto a forma di castello, come il palazzo
-di Venezia, a un dipresso dello stesso tempo. Ma nè per bellezza di
-disegno nè per spaziosità il palazzo Borgia reggeva al paragone con
-quello di Paolo II. Nel corso del tempo subì alquante modificazioni.
-Oggi, e già da gran pezza, appartiene agli Sforza Cesarini.
-
-La vita privata di Rodrigo durante il Pontificato di quattro papi,
-successori di Callisto, Pio II, Paolo II, Sisto IV e Innocenzo VIII,
-è piena d'oscurità. Memorie del tempo non ve ne sono, o ne abbiamo
-qualche frammento appena.
-
-Codesto Borgia, uomo di bellezza e forza singolari, sin nella più tarda
-età sua fu dominato da inesauribile sensualità. Fu questo il demone
-della sua vita, dal quale non potè affrancarsi mai. Una volta coi suoi
-eccessi suscitò la collera di Pio II. Un monitorio di costui scritto
-da' bagni di Petriolo agl'11 giugno 1460 è il primo barlume sulla vita
-privata di Rodrigo. Il Borgia aveva allora 29 anni. Trovavasi nella
-vezzosa e seducente Siena, ove anche il Piccolomini aveva trascorso la
-giovanezza, certo, non da santo. Colà un giorno dispose un baccanale,
-di cui la lettera del Papa ci porge appunto una descrizione.
-
-«Amato figliolo. Quando, or sono quattro giorni, convennero negli orti
-di Giovanni de Bichis parecchie donne di Siena, dedite alla vanità
-mondana, la dignità tua, come abbiamo appreso, poco memore dell'ufficio
-che copri, s'intrattenne con esse loro dalle 7 sino alle 22 ore. Dei
-tuoi colleghi avesti a compagno tale, cui se non l'onore della Santa
-Sede, certo l'età avrebbe dovuto ricordare il dover suo. A quanto
-abbiam sentito, costì si ballò dissolutamente; costì non una delle
-attrattive d'amore fu risparmiata, e il contegno tuo non fu diverso da
-quello che se fossi stato della schiera dei giovani mondani. Ciò che
-costì occorse il pudore impone tacere; imperocchè è indegno del tuo
-grado non solo il fatto, ma insino il nome suo. I mariti, i genitori,
-i fratelli, i parenti delle giovani donne e delle donzelle intervenute
-non furono ammessi, perchè il piacer vostro potess'essere tanto più
-sfrenato. Voi soltanto, con pochi domestici, v'incaricaste di dirigere
-e animare quei cori. Dicesi, che oggi in Siena d'altro non si parli che
-della frivolezza tua, diventata la favola di tutti. Certo è che qui,
-in questi bagni, ove il concorso di ecclesiastici e secolari è grande,
-tu sei il discorso del giorno. Il nostro dispiacere è indicibile;
-poichè questo torna a disdoro dello stato e dell'ufficio sacerdotale.
-Di noi si dirà che ci si arricchisce e aggrandisce, non perchè meniamo
-vita illibata, ma perchè ci procuriamo i mezzi a sodisfare il piacer
-nostro. Di qui il disprezzo per noi dei Principi e delle Potenze, e
-il sarcasmo quotidiano dei laici. Di qui pure il rimprovero per la
-nostra propria maniera di vivere, allorchè ci facciamo a riprovare
-quella degli altri. Anche il Vicario di Cristo è involto nel disprezzo
-medesimo, avvegnachè sembri ch'ei si contenti di tale stato di cose.
-Tu, amato figliolo, presiedi il Vescovado di Valenza, il primo della
-Spagna; tu sei anche Cancelliere della Chiesa; e, ciò che rende la
-condotta tua tanto più meritevole di biasimo, sei col Papa tra i
-cardinali, uno dei consiglieri della Santa Sede. Ce ne rimettiamo al
-tuo proprio giudicio, se sia conveniente per la dignità tua lusingar
-fanciulle, mandar frutta e vino a quella che tu ami, e l'intero giorno
-non ad altro pensare che ad ogni forma di voluttà. Per cagion tua noi
-riceviam censura; si vitupera la felice memoria di tuo zio Callisto,
-che, nel giudicio di molti, ebbe torto di coprirti di tanti onori. Se
-cerchi scusa nell'età, non sei più tanto giovane da non comprendere
-quali doveri la dignità tua t'imponga. Un cardinale deve essere
-irreprensibile, un modello di condotta morale agli occhi di tutti. E
-qual giusto motivo abbiamo poi d'irritarci, se i Principi della terra
-ci fregiano di titoli poco onorevoli, se ci contrastano il possesso
-dei nostri beni e ci costringono a sottometterci ai comandamenti loro?
-In verità codeste ferite ce le portiamo noi stessi, e da noi stessi
-ci apparecchiamo siffatti mali, scemando ogni giorno più con le azioni
-nostre l'autorità della Chiesa. Il nostro castigo in questo mondo è la
-vergogna; e nell'altro il patimento condegno. Possa adunque la prudenza
-tua porre argine a siffatte vanità, e tener in vista la dignità tua, e
-non volere che tra mogli e fanciulle ti si apponga il nome di galante.
-Imperocchè, ove fatti simili avessero a ripetersi, dovremmo costretti
-significare, che sono occorsi senza voler nostro e con nostro dolore;
-e la censura nostra non sarebbe senza tua ignominia. Noi ti abbiamo
-amato sempre; e ti tenemmo degno della protezione nostra, come uomo che
-rivelava natura seria e modesta. Opera dunque in guisa che ci sia dato
-mantenere cosiffatta opinione: e nulla può meglio a ciò contribuire
-che l'usare un genere di vita ordinata. L'età tua, che promette ancora
-miglioramenti, ci consente di ammonirti paternamente. Petriolo, 11
-giugno 1460.»[4]
-
-Pochi anni più tardi, sotto il reggimento di Paolo II, lo storico
-Gasparre da Verona schizzava così il ritratto del cardinal Borgia:
-«È bello; ha sguardo grazioso e gaio, ed eloquio ornato e dolce.
-Ove appena vegga donne belle, le eccita in modo quasi meraviglioso
-all'amore, e a sè le attira piu che calamita il ferro.»
-
-Temperamenti, come quello disegnato da Gasparre, non mancano: sono gli
-uomini della natura fisica e morale di un Casanova e di un Reggente di
-Orléans.
-
-La bellezza di Rodrigo, anche essendo già papa, è decantata da molti
-dei contemporanei suoi. Nel 1493 Jeronimo Porzio diceva: «Alessandro
-è alto di statura; di colore medio; nero ha l'occhio e le labbra
-turgidette. La sua salute è rigogliosa; egli sopporta, più che si possa
-immaginare, fatiche d'ogni specie. È straordinariamente facondo; e ogni
-modo men che civile gli ripugna.»[5]
-
-La potenza di questo felice temperamento consisteva, a quel che pare,
-nella proporzione di tutte le forze. Derivava da questa la gioconda
-serenità della natura sua. Nulla è di fatto più falso del modo in
-che d'ordinario siam soliti rappresentarci questo Borgia, come uomo
-tenebroso e mostruoso. Anche il celebre Giasone Maino di Milano lodava
-in lui «l'elegante aspetto, la fronte serena, lo sguardo regale, il
-viso esprimente insieme liberalità e maestà, la geniale ed eroica
-compostezza di tutta la persona.»
-
-
-II.
-
-Una romana, Vannozza Catanei, verso l'anno 1466 o 67, fu vittima della
-potenza magnetica del cardinal Rodrigo. Sappiamo che era nata nel
-luglio 1442; ma nulla delle attenenze di famiglia. Autori del tempo
-le danno anche i nomi di Rosa e Caterina; ma essa stessa in documenti
-autentici si chiamò Vannozza Catanei. Abbenchè il Giovio tenga che il
-suo nome di famiglia fosse Vanotti, ed esistesse in effetto in Roma
-una famiglia popolana dei Vanotti; pure è asserzione erronea la sua.
-Vannozza era piuttosto l'abbreviazione in uso di Giovanna. E così ne'
-documenti di quel tempo s'incontra una Vannozza di Nardis, una Vannozza
-di Zanobeis, De Pontianis, e altre.
-
-In Roma, come in Ferrara, Genova e altrove, v'era una famiglia Catanei.
-Questo nome così frequente venne dal titolo di _Capitaneus_. In un
-istrumento notarile dell'anno 1502 il nome dell'amante di Alessandro VI
-è scritto ancora nella sua forma antica: _Vanotia de Captaneis_.
-
-Il Litta, al quale l'Italia deve la grande opera sulle sue famiglie
-storiche, — opera, malgrado degli errori e difetti, veramente
-ammirabile, — espresse l'opinione che Vannozza appartenesse alla casa
-dei Farnesi, e fosse una figlia di Ranuccio. Anche ciò è intieramente
-erroneo. Negli scritti del tempo questa donna vien chiamata: _Madonna
-Vannozza de casa Catanei_.
-
-Niun contemporaneo ha notato le qualità, mercè le quali fu dato alla
-Vannozza di legare si fortemente il più lussurioso dei cardinali da
-divenir madre di parecchi dei figlioli da lui riconosciuti. Liberi
-noi di raffigurarcela come una di quelle possenti e voluttuose figure
-di donne, quali ancora se ne vedono a Roma. Nulla in loro delle
-grazie della donna ideale propria alla pittura umbra. Hanno però
-qualcosa della grandiosità di Roma. Giunone e Venere sembrano in esse
-accoppiate insieme. S'accosterebbero agl'ideali di Tiziano e di Paolo
-Veronese, se la negra chioma e il colorito più bruno da quelli non
-le allontanassero. Capelli biondi e rubei sono stati sempre rari fra'
-Romani.
-
-Senza dubbio, Vannozza fu piena di bellezza e di focosa sensualità;
-senza che non avrebbe cotanto acceso un Rodrigo Borgia. Similmente
-il suo spirito, comunque privo di coltura, doveva possedere energia
-non comune; altrimenti, non si comprende nemmeno come sia riuscita a
-mantenere la relazione sua con colui.
-
-Il tempo indicato segna certamente il cominciare di questo legame,
-massime se dobbiamo aggiustar fede allo storico spagnuolo Mariana,
-il quale dice, che Vannozza fu madre di Don Pierluigi, il maggiore
-dei figli di Rodrigo. Ora in un istrumento notarile del 1482 codesto
-figliolo del cardinale vien chiamato giovanetto — _adolescens_, — il
-che fa supporre un'età di 14, se non forse 15 anni.[6]
-
-Non sappiamo in quali condizioni Vannozza vivesse, quando conobbe
-il Borgia. Difficilmente poteva aver appartenuto alla classe in
-Roma numerosa, e tutt'altro che spregiata, delle cortigiane di alto
-stato, le quali, grazie al favore degli adoratori loro, menavano vita
-splendida e lussuriosa. In tal caso sarebbe stata al tempo suo famosa;
-e novellieri ed epigrammisti n'avrebbero detto alcunchè.
-
-Il cronista Infessura, che dovette conoscere personalmente Vannozza,
-racconta che Alessandro VI, volendo crear cardinale il suo bastardo
-Cesare, fece affermare da falsi testimoni esser quegli legittimo
-figliolo di un tal Domenico d'Arignano; ed osserva su tal proposito,
-che il Papa aveva maritata Vannozza appunto con quest'uomo. La
-testimonianza di un contemporaneo e romano ha qualche peso. Nulladimeno
-niun altro scrittore, eccetto il Mariana, che evidentemente si affida
-all'Infessura, fa menzione di Domenico; e presto vedremo, che per lo
-meno non si può parlare di un matrimonio legalmente riconosciuto di
-Vannozza con quest'uomo ignoto. Essa era già stata lungo tempo l'amante
-del cardinale, prima che questi le désse un marito officiale per
-coprire la sua propria relazione e agevolarla insieme. Questa difatti
-continuò, anche dopo che la Vannozza ebbe un marito legittimo.
-
-E, come tale, primo ad apparire è nel 1480 un milanese, Giorgio de
-Croce, cui il cardinal Rodrigo aveva ottenuto da Sisto IV la carica di
-scrittore apostolico. Incerto rimane il tempo, in cui Vannozza s'unì
-col De Croce. Ammogliatasi, abitava una casa sulla piazza Pizzo di
-Merlo oggi chiamata Sforza Cesarini; lì vicino era appunto il palazzo
-del cardinal Borgia.
-
-In quell'anno 1480 Vannozza era già madre di parecchi figlioli
-riconosciuti dal cardinale; Giovanni, Cesare e Lucrezia. Sulla origine
-di costoro non cade dubbio di sorta; mentre quella del maggiore,
-Pierluigi, dalla stessa madre è soltanto molto probabile. La data
-della nascita di questi bastardi Borgia è stata sin qui ignota, e
-ne furono assegnate diverse. Io scoprii in documenti incontrastabili
-quella di Cesare e di Lucrezia; e per tal mezzo molti errori rispetto
-alla genealogia e anche alla storia di questa casa sono tolti per
-sempre. Cesare nacque in un giorno del mese d'aprile nell'anno 1476,
-Lucrezia il 18 aprile 1480. Il padre, essendo papa, indicò l'età di
-entrambi, parlandone nell'ottobre 1501 con l'ambasciatore di Ferrara; e
-questi scrisse al duca Ercole: «Il Papa mi fece sapere che la nominata
-duchessa (Lucrezia) ha ventidue anni, i quali compirà nel prossimo
-aprile; e in quel tempo stesso l'illustrissimo duca di Romagna (Cesare)
-fornirà ventisei anni.»[7]
-
-Se l'esattezza delle indicazioni del padre sull'età dei propri figlioli
-lasciasse ancora a dubitare, ogni dubbio sarebbe tolto da altre notizie
-e documenti. Nei dispacci che l'ambasciatore di Ferrara molto innanzi,
-nel febbraio e marzo 1493, spediva da Roma allo stesso duca Ercole,
-dava a Cesare in quel tempo 16 a 17 anni; il che concorda coi dati
-del padre.[8] Il figliolo di Alessandro VI era più giovane di alcuni
-anni di quel che sin qui s'era creduto. Questo fatto è importante per
-la storia della sua breve quanto orribile vita. Onde s'ingannarono il
-Mariana e gli altri autori, che a lui tennero dietro, affermando Cesare
-essere il secondogenito di Rodrigo, e quindi maggiore del fratello
-Don Juan. Invece è questi, che realmente dev'essere stato di due anni
-maggiore. A Venezia, per informazioni avute da Roma nell'ottobre 1496,
-si chiama Don Juan un giovane di 22 anni; epperò era nato nel 1474.[9]
-
-Quanto a Lucrezia, essa venne al mondo il 18 aprile 1480. Questa
-data precisa si ricava da un documento valenzano.[11] Il padre aveva
-49 anni, e la madre 38. Dalla costellazione celeste dominante gli
-astrologhi romani e spagnuoli poterono forse cavar l'oròscopo e
-rallegrarsi molto col cardinal Rodrigo e felicitarlo dello splendore,
-cui le stelle avevan destinata la figliola sua.
-
-Erano appena trascorsi i giorni di Pasqua; feste sontuose erano state
-date in onore dell'elettore Ernesto di Sassonia, venuto a Roma ai
-22 di marzo, accompagnato dal duca di Braunschweig e da Guglielmo
-di Henneberg. Questi signori erano entrati con un seguito di 200
-cavalieri. Presero stanza in una casa nel quartiere Parione. Il papa,
-Sisto IV, gli onorò con profusione grande; ed una splendida caccia loro
-offerta da Girolamo Riario, l'onnipotente nepote, alla Malliana sul
-Tevere, levò molto rumore. Lasciarono Roma ai 14 di aprile.
-
-In quel tempo il Papato andava divenendo tirannia politica; e il
-nepotismo assumeva quel carattere, che più tardi Cesare Borgia doveva
-svolgere in tutta la sua formidabile essenza. Sisto IV, uomo energico,
-e di tempra ancora più forte di Alessandro VI, era tuttora in guerra
-con Firenze, ove aveva ordito la congiura dei Pazzi per far trucidare
-i Medici ed elevare Girolamo Riario ad un gran principato in Romagna.
-Queste vie medesime doveva più tardi seguire Alessandro VI pel figlio
-Cesare.
-
-Il tempo, in cui Lucrezia nacque, era orribile davvero. Il Papato
-spogliatosi di ogni santità sacerdotale; la religione materializzata
-del tutto; l'immoralità senza freni nè limiti. La più selvaggia lotta
-intestina infuriava nella città, massime ne' quartieri Ponte, Parione
-e Regola, ove quotidianamente stuoli di partigiani, eccitati dagli
-assassinii, scendevano in armi per le vie. E proprio nell'anno 1480 si
-levarono in Roma le antiche fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini. Là i
-Savelli e i Colonna contro il Papa; qui gli Orsini per lui; mentre le
-famiglie dei Valle, dei Margana e dei Santa Croce, assetate di sangue e
-di vendetta, legavansi all'uno o all'altro partito.
-
-
-III.
-
-Lucrezia passò, senza dubbio, i primi anni della fanciullezza presso
-la madre. La casa di costei, come dicevamo, era sulla piazza Pizzo di
-Merlo, a pochi passi dal palazzo del cardinale. Il quartiere Ponte,
-cui apparteneva, era dei più animati di Roma, come quello che menava
-a Ponte Sant'Angelo e al Vaticano. Vi stavano molti mercatanti e
-i banchieri di Firenze, Genova e Siena; v'abitavan pure parecchi
-impiegati papali; e le cortigiane di maggior grido. Invece il numero
-delle antiche famiglie nobili non v'era grande, forse perchè gli Orsini
-non ve le lasciavano venire. Da lungo tempo in effetto questi potenti
-baroni dimoravano nella regione Ponte nel loro gran palazzo a Monte
-Giordano. Non lungi di lì era il loro antico castello. Torre di Nona,
-che in origine faceva parte delle mura della città sul Tevere. Allora
-era invece carcere pei condannati politici ed altri infelici.
-
-Noi possiamo chiaramente immaginarci qual fosse l'ordinamento della
-casa di Vannozza, perchè il carattere della casa romana sugl'inizii
-della Rinascenza non era gran fatto diverso da quel ch'è tuttora
-oggi. Nel complesso oggi ancora ha alcunchè di grave e di triste. Una
-massiccia scala di peperino conduceva alle stanze abitate; una sala
-con camere accessorie, da' nudi pavimenti di mattoni, dalle soffitte
-di travi e assi dipinte. Le pareti semplicemente imbiancate; solo nelle
-più ricche case ricoperte di tappeti oprati, e questo, per altro, nelle
-sole ricorrenze solenni. L'uso dei grandi quadri paretali nel XV secolo
-era ancora raro; restringevasi a qualche ritratto di famiglia. E se
-Vannozza n'aveva nella sala sua, certo, tra essi, deve esservi stato
-quello del cardinal Rodrigo. Del resto mai non mancavano un reliquario,
-immagini di Santi e l'effigie della Madonna con lampade innanzi sempre
-accese.
-
-Mobilia pesante; grandi, larghi letti, parati a sopraccielo; alte
-sedie di legno scuro, intagliato, con cuscini; massicci tavolini, con
-superficie di marmo o di legno variopinto, stavano intorno intorno alle
-pareti. Tra gli immensi forzieri uno veramente colossale sorgeva nella
-sala: era destinato a serbare la biancheria. In una di queste casse,
-il forziere della sorella, tenevasi nascosto l'infelice cavaliere
-Stefano Porcaro, quando il 5 gennaio 1453, fallito il suo tentativo
-d'insurrezione, cercò salvezza nella fuga. La sorella e un'altra donna,
-per maggior sicurezza del fuggiasco, s'erano assise su quella cassa; ma
-gli agenti della forza seppero cavarnelo fuori.
-
-Se Vannozza aveva gusto per le cose antiche, il che non possiamo
-davvero supporre in lei se non in omaggio alla moda, nella sala sua
-doveva esservi pure di quelle. Le si raccoglievano allora con passione.
-Correva il tempo dei primi scavi. Il suolo di Roma ogni giorno metteva
-alla luce i suoi tesori. E da Ostia, da Tivoli e dalla Villa Adriana,
-da Porto d'Anzo e Palestrina le antichità affluivano innumerevoli
-nella città. Ma se Vannozza e il marito non partecipavano con gli altri
-Romani a codesta passione, non indarno si sarebbe cercato nella casa
-loro oggetti di valore, prodotti della moderna industria artistica, e
-coppe, e vasi di marmo e di porfido, e ornamenti d'oro dei gioiellieri.
-La parte essenziale di una casa romana tenuta con decenza e con cura
-era primieramente la credenza, grande armadio con vasellami e bicchieri
-d'oro e d'argento e di belle maioliche. Nei conviti tutti questi
-utensili facevan mostra e spettacolo.
-
-Si pena molto ad ammettere che l'amica di Rodrigo possedesse anche una
-biblioteca. Private biblioteche nelle case della borghesia erano allora
-in Roma una grande rarità. Ma a breve andare fu facile crearne pel buon
-mercato della stampa, che vi fu importata da tipografi tedeschi.
-
-La casa di Vannozza dovette, senza dubbio, avere aria d'agiatezza, non
-di lusso. Alcuna volta v'ebbe forse ospite il cardinale, o potette
-ricevervi gli amici della famiglia, a preferenza, i più intimi
-confidenti del Borgia, Giovanni Lopez, Caranza e Marades, e, dei
-Romani, gli Orsini, Porcari, Cesarini e Barberini. Egli, il cardinale,
-era per sè uomo molto temperato, ma sfarzoso in tutto che si riferisse
-a rappresentanza della sua dignità. La precipua necessità per un
-cardinale di quel tempo era un'abitazione principesca, con una corte
-numerosa e splendida.
-
-Rodrigo Borgia viveva nel suo palazzo come uno de' più ricchi principi
-della Chiesa, con splendore pari al suo grado. Il contemporaneo Jacopo
-da Volterra ci ha lasciato di lui nel 1486 questo ritratto: «Egli
-è uomo di uno spirito atto ad ogni cosa e di largo senno. Pronto al
-discorso, cui, malgrado della sua mediocre cultura letteraria, riesce
-benissimo a dare uno stile. Per natura accorto e fornito di arte
-meravigliosa nella trattazione degli affari. Egli è straordinariamente
-ricco; e la protezione di molti re e principi gli dà fama. Abita un
-bello e comodo palazzo, che s'è fabbricato tra Ponte Sant'Angelo e
-Campo di Fiore. Dalle sue cariche ecclesiastiche, da molte abbazie in
-Italia e Spagna e da tre vescovadi, Valenza, Porto e Cartagine, cava
-redditi smisurati; mentre il solo ufficio di Vicecancelliere gli rende,
-a quanto si dice, 8000 fiorini d'oro l'anno. La copia del suo vasellame
-d'argento, delle sue perle, delle sue coperte tessute d'oro e di seta
-e dei suoi libri in ogni scienza è grandissima, e tutto ciò accoppiato
-ad una magnificenza splendida, quale sarebbe degna di un re o di un
-papa. E mi rimango poi dal dire degli innumerevoli ornamenti de' suoi
-letti e di quelli de' suoi cavalli e di altre simili decorazioni d'oro,
-d'argento e di seta, e della sua superba guardaroba, e della grande
-quantità d'oro coniato ch'ei possiede. Credesi, di fatto, ch'egli
-in oro e ricchezze d'ogni sorta vinca tutti i cardinali, eccettuato
-l'Estouteville.»
-
-Il cardinal Rodrigo era dunque ricco abbastanza da dare ai figliuoli
-la più splendida educazione, in quella che venivan su crescendo nella
-modesta qualità di suoi nipoti. E non potè mostrarli alla chiara luce
-del giorno che quando fu giunto il tempo della vera grandezza sua.
-
-Nell'anno 1482 egli non abitava la sua casa nella regione Ponte,
-forse perchè vi faceva fabbricare. Risiedeva invece in quel palazzo
-nel quartiere Parione, che Stefano Nardini aveva terminato nel 1475.
-Chiamasi oggi Palazzo del Governo Vecchio. Quivi troviamo Rodrigo
-nel gennaio 1482. Ce ne informa un istrumento del notar Beneimbene,
-un contratto nuziale tra Giannandrea Cesarini e Girolama Borgia, una
-figlia naturale dello stesso cardinal Rodrigo. Colà le tavole nuziali
-furon rogate in presenza del padre della sposa, de' cardinali Stefano
-Nardini e Giambattista Savelli e de' nobili romani Virginio Orsini,
-Giuliano Cesarini e Antonio Porcaro.[12]
-
-Quest'atto è il primo documento autentico intorno alle intime relazioni
-di famiglia del cardinal Borgia.
-
-Egli vi si dichiarò padre della _nobile donzella Jeronyma_, la quale
-vien indicata come sorella del _nobile giovanetto Pietro Ludovico
-de Borgia e dell'infante Giovanni de Borgia_. Poichè questi due,
-manifestamente nominati qui come figliuoli maggiori, erano illegittimi,
-è naturale che non si facesse parola della madre. Anche di Cesare fu
-taciuto, perchè non aveva più di sei anni.
-
-Girolama era ancora minore, ed aveva forse 13 anni; e anche lo sposo
-Giannandrea, figliuolo di Gabriele Cesarini e di Godina Colonna, aveva
-di poco oltrepassata la fanciullezza. La nobile casa de' Cesarini
-con questo matrimonio entrò in istretta parentela con i Borgia; e di
-qui trasse più tardi copiosi vantaggi. La vicendevole amicizia loro
-risaliva al tempo di Callisto; mentre era stato il protonotario Giorgio
-Cesarini, che alla morte di quel Papa aveva aiutato Don Pier Luigi,
-fratello di Rodrigo, a fuggir da Roma. Girolama Borgia moriva già nel
-1483, contemporaneamente al suo giovane marito.
-
-Era essa figlia della stessa madre, come Lucrezia e Cesare?
-Lo ignoriamo, nè a noi sembra verosimile. Non v'ha, per dirlo
-anticipatamente, che una sola testimonianza autentica, ove insieme
-coi figliuoli di Rodrigo sia nominata anche la madre. È l'iscrizione
-sepolcrale nella chiesa di Santa Maria del Popolo in Roma, ove Vannozza
-è chiamata madre di Cesare, Giovanni, Jofrè e Lucrezia. Del maggiore di
-questi figliuoli Don Pierluigi e di Girolama non si parla punto.
-
-Del resto Rodrigo ebbe pure una terza figliuola, di nome Isabella; e
-di questa neanche può essere stata madre la Vannozza. Egli la maritò il
-primo aprile 1483 col nobile romano Piergiovanni Mattuzi della regione
-Parione.[13]
-
-
-IV.
-
-La relazione del cardinale con Vannozza continuò forse sino all'anno
-1482, perchè questa, dopo Lucrezia, gli diede ancora un figliuolo,
-Jofrè, nato il 1481 o 1482.
-
-Poscia la passione del Borgia per questa donna quasi quarantenne
-s'estinse. Nullameno riguardava in essa la madre dei figliuoli suoi, e
-la confidente di molti dei suoi misteri.
-
-Vannozza, del resto, al marito suo Giorgio de Croce aveva partorito un
-figliuolo, a nome Ottaviano: per lo meno il bambino passò per figlio di
-colui. Essa, grazie agli aiuti del cardinale, crebbe di molto le sue
-entrate. In documenti legali ci si presenta qual locataria di alcune
-osterie in Roma; e presso Santa Lucia in Selce nel quartiere della
-Suburra acquistò una vigna e una casa di campagna, a quel che pare, da'
-Cesarini. Giorgio de Croce s'era fatto ricco; in Santa Maria del Popolo
-fondò una cappella per sè e per i suoi. Egli morì il 1486, e l'anno
-medesimo morì pure il figlio Ottaviano.[14]
-
-La morte di lui addusse un mutamento nelle relazioni di Vannozza. Il
-cardinale incalzava, perchè la madre dei suoi figliuoli passasse a
-seconde nozze. Così avrebbe avuto chi potesse difenderla, ed assicurare
-alla casa una esistenza decente. Secondo marito fu un mantovano, Carlo
-Canale. Prima di venire a Roma, s'era già fatto conoscere per la sua
-cultura ne' circoli umanistici di Mantova. Abbiamo ancora la lettera di
-Angelo Poliziano, nella quale il giovane poeta raccomandava al Canale
-il suo _Orfeo_. Il manoscritto di questo primo tentativo drammatico,
-col quale s'iniziò la rinascenza del teatro italiano, era di fatto
-nelle mani del Canale. E questi, riconoscendo il merito del lavoro,
-incoraggiava il poeta ancora pauroso e di sè incerto.[15] Poliziano
-aveva composta la poesia a richiesta del cardinale Francesco Gonzaga,
-grande favoreggiatore della bella letteratura, e distesala in due
-giorni soltanto: e Carlo Canale era cameriere del cardinale. L'_Orfeo_
-fu composto verso il 1472. Morto nel 1483 il Gonzaga, il Canale andò
-a Roma, e si pose al servizio del cardinale Sclafetano di Parma. Qual
-confidente e suddito dei Gonzaga si tenne sempre legato con questa casa
-principesca.[16] Nella sua nuova condizione appoggiò le pratiche di
-Ludovico Gonzaga, fratello di Francesco, quando nel 1484, fatto vescovo
-di Mantova, venne a Roma per ottener la porpora.[17]
-
-Il Borgia aveva già conosciuto il Canale sin da quando era al servizio
-del Gonzaga; e lo incontrò dappoi in casa Sclafetano. Se lo destinò
-a marito della sua vedova amica, fu in grazia dell'ingegno e delle
-aderenze di lui che potevano essergli utili. Dall'altra parte il Canale
-non potè annuire alla proposta di farsi marito della Vannozza se non
-per avidità di guadagno; e l'aver accettato mostra che la condizione
-sin allora tenuta di cortigiano di cardinali non l'aveva arricchito.
-
-Il nuovo contratto di nozze fu rogato l'8 giugno 1486 dal notaio di
-casa Borgia, Camillo Beneimbene. Furon testimoni Francesco Maffei,
-scrittore apostolico e canonico di San Pietro, Lorenzo Barberini
-de Catellinis, cittadino romano, Giuliano Gallo, un noto mercatante
-romano, i signori Burcardo Barberini, De Carnariis, e altri molti.
-Come dote la Vannozza portava allo sposo, oltre altri donativi, la
-somma di 1000 fiorini d'oro, e il diploma dato gratuitamente al posto
-di sollecitatore delle Bolle papali. Nell'istrumento il matrimonio di
-Vannozza è espressamente indicato come il _secondo_. Ed è chiaro, si
-sarebbe invece parlato di _terze_ o in generale di _nuove_ nozze, ove
-quelle pretese prime con Domenico di Arignano avessero realmente avuto
-luogo.[18]
-
-Nel contratto come abitazione di Vannozza, dove le nozze furono
-stipulate, è indicata la casa sua nel quartiere Regola, a Piazza de
-Branchis, nome che la piazza porta ancora da una estinta famiglia De
-Branca. Ciò mostra che dopo la morte del primo marito essa aveva dovuto
-abbandonar la casa a Pizzo di Merlo e passare in quest'altra a Piazza
-Branca. La quale doveva essere di proprietà di lei; mentre il secondo
-marito pare uomo sprovvisto di sostanze, che solo col matrimonio e con
-la protezione del potente cardinale sperava far fortuna.
-
-Da una lettera del nominato Ludovico Gonzaga, del 19 febbraio 1488,
-risulta che il nuovo matrimonio di Vannozza non fu sterile. Il vescovo
-di Mantova incaricava il suo agente in Roma di fare in vece sua da
-padrino a Carlo Canale, che di tale onore avevalo richiesto. La lettera
-non aggiunge altro: pure ciò non può essere inteso che nel senso
-indicato.[19]
-
-Non si sa in qual tempo Lucrezia abbandonasse la casa della madre e
-andasse per determinazione del cardinale in tutela ad una donna, che su
-lui e su tutta la famiglia Borgia esercitava grande influenza.
-
-Questa era Adriana della casa dei Mila, figlia di Don Pietro, uno dei
-nipoti di Callisto III e cugino di Rodrigo. Quale stato costui tenesse
-in Roma, ignoriamo.
-
-Egli sposò la figliuola Adriana con un membro della nobile casa degli
-Orsini, Ludovico, signore di Bassanello presso Civitacastellana.
-Essendosi Ursino Orsino, nato da questo matrimonio, ammogliato
-nell'anno 1489, è da tenere che la madre Adriana sia divenuta moglie
-almeno 16 anni prima. In quell'anno stesso 1489 il marito Ludovico
-Orsino era già morto.
-
-Nello stato matrimoniale e poscia nella vedovanza Adriana abitò in Roma
-uno de' palazzi degli Orsini, probabilmente quello a Monte Giordano,
-di qua da Ponte Sant'Angelo. Di fatto più tardi nella eredità di suo
-figlio Ursino si nomina la parte, cui egli aveva diritto appunto su tal
-palazzo.
-
-Il cardinale Rodrigo viveva in istrettissima relazione con Adriana.
-Essa era per lui più che congiunta: la confidente de' peccati suoi, de'
-suoi intrighi e de' suoi disegni, e tale la ebbe sino alla morte.
-
-A lei affidò anche sin dalla tenera età la figliuola Lucrezia, perchè
-la educasse. Di questo fatto non si può dubitare. Si rileva da una
-lettera dell'ambasciatore di Ferrara in Roma, Giannandrea Boccaccio,
-vescovo di Modena, indirizzata al duca Ercole nell'anno 1493. A
-proposito di Madonna Adriana Ursina dice, che questa ha sempre tenuta
-ed educata Lucrezia in sua propria casa.[20]
-
-Secondo il costume italiano, mantenutosi insino ad oggi, l'educazione
-delle figliuole era affidata a monache. D'ordinario le fanciulle,
-passati alquanti anni in un monastero, andavano poscia a marito
-ed entravano nel mondo. Se non che, se è vera la descrizione che
-l'Infessura ci porge delle condizioni dei monasteri di donne, anche
-il cardinale dovette esitar molto prima di confidare la sua figliuola
-a quegli stinchi di sante. V'erano nulladimeno anche monasteri, ove
-tanta indisciplinatezza non era penetrata, come forse San Silvestro in
-Capite, nel quale i Colonna facevano educare alcune delle loro figlie,
-ovvero Santa Maria Nuova o San Sisto sulla via Appia. Essendo il Borgia
-papa, Lucrezia scelse appunto l'ultimo di questi chiostri per asilo,
-forse per la ragione che già bambina v'aveva per un pezzo ricevuta
-l'educazione religiosa.
-
-Fondamento della educazione di una donna italiana fu in ogni tempo la
-devozione per la Chiesa. Quella non era già rivolta a formare il cuore
-e l'animo; ma una bella forma di contegno religioso, mercè la quale la
-fede potesse dare una certa ritenutezza alla morale. Il peccare in sè
-non rendeva brutta niuna donna; ma dalla peccatrice, fosse pure la più
-dissoluta, il costume esigeva che adempisse tutti gli obblighi della
-Chiesa, e si mostrasse all'apparenza una cristiana ben composta. Donne
-scettiche e di libero spirito, si può dir, non ve n'erano; in quelle
-condizioni di socievolezza sarebbero state impossibili. Quell'empio
-tiranno, che fu Gismondo Malatesta di Rimini, edificò una magnifica
-chiesa, e in essa una cappella in onore della sua amante Isotta.
-E Isotta sicuramente non fu a nessuna seconda quanto a praticar in
-chiesa. Vannozza fece costruire e ornare una cappella in Santa Maria
-del Popolo. Fu in voce di donna devota, e non mica dopo la morte di
-Alessandro VI. Suprema delle sue cure materne, come di Adriana, fu,
-senza dubbio, di dare alla figliuola quel decente contegno cristiano;
-e Lucrezia se l'era appropriato tanto per bene, che più tardi un
-ambasciatore di Ferrara potè lodarsi delle sue maniere rigorosamente
-cattoliche.
-
-È erroneo credere che qui si tratti di una ipocrisia. Questa
-implicherebbe un pensiero indipendente intorno ai problemi religiosi
-o un processo interiore e morale, ch'è estraneo affatto alle donne di
-quel tempo, e che in massima parte tal è tuttora alle donne italiane.
-La religione era ed è in Italia forma di educazione; e, per minimo
-che fosse il suo valore etico, era pur sempre una specie di bella
-formalità, nella quale la vita quotidiana era rinchiusa e assicurata
-come in una cornice.
-
-Le figliuole di famiglie fornite di mezzi di fortuna non potevano nei
-chiostri attendere agli studii letterarii; ricevevano invece questa
-istruzione da maestri, dati forse loro in comune coi fratelli. Non ê
-un'esagerazione il dire, che le donne bennate nel XV e nel XVI secolo
-avevano una coltura più soda e più erudita di quella del tempo nostro.
-La ragione di ciò è da riporre non nella vastità, ma ben piuttosto
-nel carattere esclusivo e nella limitazione della coltura d'allora. Le
-mancava quel patrimonio immenso e veramente incalcolabile di materiali
-di civiltà, che lo svolgimento e il progresso dello spirito europeo
-nel corso di tre secoli ha generati. La coltura della donna nella
-Rinascenza si concentrava essenzialmente nell'antichità classica. Si
-lasciava da banda come di niun valore tutto quanto potesse allora
-meritare il nome di moderno. Per tanto era una coltura dotta. In
-quella vece la coltura odierna della donna non è più classica; ma
-trae esclusivamente alimento dal tesoro delle cognizioni moderne. Se
-non che appunto la varia e multiforme natura di queste le toglie oggi
-quel carattere posato e sicuro, facilmente ottenibile dalla donna
-della Rinascenza in una cerchia limitata di educazione. L'istruzione
-odierna delle donne, anche nella Germania, tanto lodata per le sue
-scuole, è suppergiù senza fondo e superficiale, anzi scientificamente
-nulla. Tutt'al più si riduce ad imparare un paio di lingue viventi e
-a suonare il pianoforte; e per questo si spende un tempo sterminato.
-L'eccessiva lettura de' giornali, de' libri di amena letteratura e
-de' romanzi quasi non lascia più agio alle nostre donne di acquistare
-una cultura seria. Nella Rinascenza il pianoforte non si conosceva; ma
-ogni donna bene educata usava suonare il liuto. Il romanzo era appena
-su' primi albori. Ancora oggi l'Italia è il paese, ove si produca
-e legga il meno in quel genere letterario. Ebbe, dopo il Boccaccio,
-novelle; ma anche queste piuttosto con parsimonia. Le poesie furono
-numerosissime; ma per metà scritte in latino. Il commercio librario
-e la stampa erano bambini. Il teatro sorto appena; e solo una volta
-l'anno, nel carnevale, si davano rappresentazioni drammatiche, e non su
-pubbliche, ma su scene private. Ciò che noi oggi chiamiamo letteratura
-o coltura internazionale, consisteva allora nello studio de' classici,
-cui si attendeva con passione. Quel luogo che nella educazione delle
-nostre donne hanno preso le lingue straniere, era tenuto allora dalla
-conoscenza delle lingue latina e greca.
-
-Agl'Italiani della Rinascenza non entrava in mente il pregiudizio, che
-la famigliarità con queste ultime lingue, che il sapere erudito rompa
-il fascino della natura femminile; e che le donne in genere debbano
-tenersi in una sfera inferiore di coltura. È un pregiudizio codesto,
-come alcuni altri penetrati nelle società nostre, d'origine germanica.
-Ideale della natura della donna ai Tedeschi parve sempre l'amoroso
-governo della madre nella cerchia della famiglia. Per lunga pezza le
-donne tedesche schivarono ogni esistenza pubblica per un sentimento
-di pudore e di moralità. Le attitudini loro restaron nascose, tranne
-il caso che peculiari condizioni, specialmente vivendo in Corte o per
-ragioni dinastiche, non le costringessero a mostrarle. Riandando, anche
-sino ai tempi moderni, la storia della coltura dei popoli germanici,
-non si trova un numero così grande di caratteri di donne pubblicamente
-famose, quali l'Italia, la terra prediletta della personalità, ha
-possedute nella Rinascenza. L'influenza, esercitata da donne di alto
-intelletto sulla vita socievole italiana ne' secoli XV e XVI, e nel
-tempo posteriore in Francia sullo svolgimento spirituale e sociale, fu
-ignota in Inghilterra e in Germania.
-
-Nulladimeno più tardi le condizioni della coltura femminile nei
-paesi germanici e nei latini si sono invertite. Si elevò in quelli,
-mentre in questi diè giù, massime in Italia. La donna italiana, che
-durante la Rinascenza si poneva a fianco dell'uomo, e gareggiava con
-lui per la palma della coltura, e prendeva amore ad ogni progresso
-spirituale, restò poscia indietro e in basso. Da due secoli in qua si
-tenne indifferente ed estranea del tutto alla più elevata sfera della
-vita nazionale. Divenne piuttosto, nelle mani del prete, istrumento
-di servitù spirituale. In cambio, alle donne germaniche la Riforma
-rese maggior libertà personale. E a cominciare soprattutto dagl'inizii
-del secolo XVIII anche la Germania e l'Inghilterra han potuto esporre
-la loro serie di donne largamente colte e anche erudite. Non è colpa
-della Chiesa, ma della moda, delle abitudini sociali, e un po' anche
-del manco di ricchezza nelle famiglie, se in Germania la coltura delle
-donne è in generale mediocre.
-
-Ai nostri tempi in una scuola tedesca superiore, nella Svizzera, è
-stato fatto un primo tentativo di rinnovamento di quell'antica coltura
-erudita per le donne; quale fu intesa in Italia. L'impresa fallì,
-perchè si volle aggiungervi altri scopi, oltre quello della coltura,
-e perchè non fu tutta opera di donne germaniche. Ma per dubbioso
-e incerto che dovess'essere l'esito di tale tentativo scolastico,
-rispetto alle abitudini e disposizioni della donna, fu pur forse il
-segno di una incipiente riforma nella istruzione femminile.
-
-Una donna dotta, per la quale oggi gli uomini sentono d'ordinario più
-avversione che rispetto, noi Tedeschi la chiamiamo, massime se scrive
-libri, _dottoressa_.[21] Nella Rinascenza la si chiamava _Virago_,
-predicato ch'era titolo d'onore. Jacopo da Bergamo nello scritto
-_Sulle donne celebri_, composto nel 1496,[22] l'adopera sempre come
-segno di distinzione. Raramente quella parola trovasi in scrittori
-italiani usata per significare quel concetto che comunemente sveglia
-in noi Tedeschi. Chiamavasi a quel tempo _Virago_ la donna, che per
-coraggio, intelligenza e coltura si levava al di sopra delle altre.
-Tanto era più festeggiata, se con simili doti accoppiava grazia
-e bellezza. Imperocchè l'erudizione e la classica coltura presso
-gl'Italiani non eran nemiche delle grazie femminili. Piuttosto quelle
-davano a queste nuova e maggior forza. Dell'una donna o dell'altra
-Jacopo mai non tralascia di notare, che, quantunque volte mostravansi
-in pubblico come poetesse od oratrici, ciò che affascinava l'uditorio
-era appunto _l'incredibile pudore e la decenza loro_. Loda così
-Cassandra Fedeli; e di Ginevra Sforza ammira l'eleganza della forma,
-la grazia straordinaria in ogni movimento della persona, la franca
-regal maniera e soprattutto la morale bellezza. Altrettanto dice di
-Ippolita Sforza, moglie d'Alfonso d'Aragona, che in sè riuniva coltura
-finissima, meravigliosa eloquenza, bellezza rara e nobilissimo pudore
-femmineo. Ciò che allora chiamavasi pudore (_pudor_), altro non era
-che la colta grazia naturale di una donna altamente dotata: in una
-parola, la grazia svolta e perfezionata. Lucrezia Borgia ne era fornita
-a dovizia. Nella donna rispondeva a quel che nell'uomo era il decoro
-del perfetto cavaliere. Forse non senza maraviglia si leggerà, che
-alcuni contemporanei lodavano in Cesare, nell'uomo di sì trista fama,
-la _modestia_, come una delle qualità sue più spiccate. Ma anche ciò
-bisogna intendere sotto il rispetto della coltura della personalità,
-della quale era essenzial forma di educazione e di manifestazione la
-modestia nell'uomo, nella donna il pudore.
-
-Certo nel secolo XV o nel XVI sui banchi delle scuole pubbliche in
-Bologna, Ferrara e Padova non sedettero donne emancipate, quali,
-non ha molto, se ne videro a Zurigo per attendere a studii pratici
-professionali. Ma le scienze stesse umanistiche, coltivate da giovani
-e da uomini, erano una necessità anche per l'alta coltura femminile.
-Come nel Medio Evo tènere fanciulle dedicavansi ai Santi del chiostro
-per divenir monache, così nella Rinascenza bambine straordinariamente
-dotate venivano offerte alle Muse. Jacopo da Bergamo, a proposito
-della Trivulzia di Milano, contemporanea di Lucrezia, che già a 14 anni
-suscitava per l'eloquenza sua incredibile ammirazione, dice: «Allorchè
-i genitori si accorsero delle straordinarie facoltà della bambina, la
-dedicarono quando aveva appena sette anni alle Muse, e la confidarono a
-loro, perchè la educassero.»
-
-Gli studii scientifici delle donne comprendevano allora le lingue
-classiche e i tesori letterarii delle stesse, l'eloquenza, la poesia,
-l'arte cioè di versificare, e la musica. Il dilettantismo nelle arti
-del disegno nacque naturalmente di per sè. La grande copia di creazioni
-artistiche della Rinascenza porgeva modo ad ogni donna colta italiana
-di acquistare senza fatica gusto e senso pel bello artistico.
-
-Filosofia e teologia entravano esse pure nella coltura perfetta della
-donna. Dispute intorno a problemi relativi a tali discipline avevan
-luogo nelle corti e nelle sale delle Università tutti i giorni;
-e non mancavano donne aspiranti alla gloria di prendervi parte e
-illustrarvisi. La veneziana Cassandra Fedeli, un miracolo del tempo,
-sullo scorcio del secolo XV era tanto addentro nella filosofia e
-teologia quanto ogni dotto uomo. Essa disputava in pubblico con molta
-grazia, tra l'entusiasmo degli ascoltatori, in presenza del doge
-Agostino Barbarigo, e sovente nella pubblica scuola di Padova. La
-bella moglie di Alessandro Sforza di Pesaro, Costanza Varano, era
-versata nella poesia, eloquenza e filosofia. Scrisse molti dotti
-trattati. «Aveva quotidianamente tra mano gli scritti di Agostino,
-Ambrogio, Jeronimo e Gregorio, quelli di Seneca, Cicerone e Lattanzio.»
-Egualmente erudita la figliola, Battista Sforza, la nobile moglie
-di quel coltissimo uomo di Federico da Urbino. E della famosa Isotta
-Nugarola di Verona si racconta, che fu pienamente familiare coi libri
-dei Padri della Chiesa e dei filosofi. Nè erano poi sconosciuti ad
-Isabella Gonzaga ed Elisabetta di Urbino, per non dire di altre che
-subito dopo vennero del pari in celebrità, quali Vittoria Colonna
-e Veronica Gambara. I nomi di queste e di altre donne indicano il
-culmine della coltura femminile nella Rinascenza. E quando pure
-l'ingegno e l'istruzione loro fossero stati per ogni tempo eccezionali,
-è certo che quegli studii, che in sì alto grado si appropriarono,
-non entravan punto per eccezione nella sfera di coltura delle donne
-bennate. Eran coltivati invece per complemento della personalità
-e per render più adorna l'esistenza socievole. La frivolezza delle
-conversazioni nostre è veramente sconfinata: a siffatta vuotaggine
-si cerca rimedio nel canto e nel suono del pianoforte. Certo nelle
-sale stesse della Rinascenza le cose non saranno sempre ite come nei
-simposii platonici; e quelle dispute nelle conversazioni sarebbero oggi
-per noi motivo di noia insopportabile. Non di meno i bisogni d'allora
-eran diversi. Un discorso bello e pieno di spirito tra gente di valore
-e finamente educata, dandogli una tinta e un carattere di classicismo,
-introducendovi pensieri tolti da antichi autori; ovvero svolgere e
-compiere dialogizzando un discorso sopra un dato tèma: era questo
-l'altissimo de' diletti per la socievolezza d'allora. Questa forma di
-conversazione propria alla Rinascenza, toccò più tardi in Francia la
-vera altezza dell'arte. Il Talleyrand la chiamava la più bella e più
-grande felicità dell'uomo. Il dialogo classico rifiorì, con questo
-progresso, che vi pigliavan parte anche donne altamente istruite.
-Come modelli di siffatta elegante e geniale socievolezza valgono il
-_Cortegiano_ del Castiglione e _Gli Asolani_, che il Bembo dedicò a
-Lucrezia Borgia.
-
-La figlia di Alessandro non ebbe grido fra le donne italiane
-classicamente colte; mentre sembra l'educazione di lei non essersi
-di molto levata oltre il livello comune. Ma pel tempo suo ricevette
-istruzione compiuta. Aveva imparato le lingue, la musica e le arti del
-disegno; e più tardi in Ferrara la sua abilità artistica nel fare bei
-ricami in seta e oro fu oggetto di ammirazione. «Parlava spagnuolo,
-greco, italiano e francese, un tantino anche e correttamente latino;
-e in tutte queste lingue scriveva e faceva versi:» così di lei il
-biografo del Bayard nel 1512. Sotto l'influenza del Bembo e dello
-Strozzi, Lucrezia potè più tardi, nel periodo più tranquillo della vita
-sua, perfezionare la sua educazione. Pure è certo che dovette averne
-gettate le basi in Roma. Essa era ad una volta spagnuola e italiana;
-e delle lingue de' due paesi fu interamente padrona. Delle lettere sue
-al Bembo due sono scritte in spagnuolo: le molte altre — più di 100 —
-che ancora di lei rimangono, sono in italiano di quel tempo, semplici
-nell'espressione e spigliate nel concetto. Per contenuto non hanno
-importanza di sorta: v'appariscono l'animo e il sentimento, ma nessuna
-profondità spirituale. La calligrafia non è sempre uguale: talvolta ha
-tratti duri e forti, che ricordano la maniera di scrivere tutta piena
-di energia del padre; tal'altra è netta e fine come quella di Vittoria
-Colonna.
-
-Nessuna delle lettere prova che Lucrezia comprendesse il latino; e il
-padre stesso ebbe una volta a dire com'ella non ne fosse padrona del
-tutto. Ad ogni modo doveva essere in grado d'intendere le scritture
-latine; altrimenti Alessandro non averebbe potuto più tardi farla
-sua rappresentante in Vaticano, con facoltà di aprire le lettere.
-Similmente gli studii di lei nel greco non devono essere stati molti
-serii; pure non è a dire che l'ignorasse affatto. Nella sua gioventù
-fiorivano ancora in Roma le scuole di letteratura greca, che vi
-andarono crescendo dopo il Crisolora e il Bessarione. Nella città
-dimoravano sempre molti Greci, parte esuli dalla Grecia, parte venuti
-con la regina Carlotta di Cipro. Questa principessa così vaga di
-avventure visse, sino alla morte, nel luglio 1487, in un palazzo del
-Borgo Vaticano, ove teneva corte e forse raccoglieva a sè d'intorno la
-gente dotta di Roma, come appunto usò molto più tardi la colta regina
-Cristina di Svezia. Nella casa di lei il cardinal Rodrigo doveva aver
-conosciuto, fra gli altri nobili Ciprioti, anche Ludovico Podocatharo,
-che fu poi suo secretario. Forse fu questi che insegnò il greco ai
-bambini Borgia.
-
-Nel palazzo del cardinale viveva pure un umanista tedesco, Lorenzo
-Behaim di Nurenberga. A questo fu per 20 anni affidato il governo di
-casa Borgia; e poichè era latinista e membro dell'Accademia romana di
-Pomponio Leto, è naturale che la presenza sua non fosse senza una certa
-influenza sulla educazione dei figliuoli del suo signore. Del resto,
-d'insegnanti nelle scienze umanistiche non era difetto in Roma. Eran
-quelle nel loro fiore. E l'Accademia come l'Università producevano
-grande copia di uomini d'ingegno. V'erano quindi molti maestri che
-tenevano scuola, e molti giovani eruditi, accademici attivi e operosi,
-che in parte cercavano far fortuna alla Corte de' cardinali, come
-uomini di compagnia e secretarii, o come insegnanti dei loro bastardi.
-Anche Lucrezia ebbe da tali maestri lezioni di letteratura classica.
-Quanto alla poesia italiana o alla virtuosità di far sonetti, allora
-universalmente comune anche alle donne, essa potette facilmente
-apprenderla da uno de' tanti poeti, che allora vivevano in Roma. Imparò
-senza dubbio a far versi; ma nulla dava diritto agli storici della
-letteratura Quadrio e Crescimbeni ad assegnarle un posto nella poesia
-italiana. Di fatto nè il Bembo nè Aldo nè lo Strozzi l'hanno giammai
-nominata come poetessa, nè di lei si conoscono poesie. Anche le canzoni
-spagnuole, che si trovano nelle sue lettere al Bembo, nemmeno è certo
-che siano composizioni sue.
-
-
-V.
-
-È facile immaginare quanta commozione dovette cagionare in Lucrezia
-il primo sentore delle sue reali condizioni di famiglia. Il marito
-della madre non era suo padre. Insieme coi fratelli, ella si trovava
-figliuola di un cardinale. Lo spuntar di questa coscienza si accoppiava
-in lei con la comprensione di relazioni, che, condannate dalla Chiesa,
-volevano al cospetto del mondo rimaner coperte da un velo. Essa anzi
-fu sempre trattata come la nipote del cardinal Borgia. Nel padre suo
-onorava ad un tempo uno dei più eminenti principi della Chiesa di Roma,
-che sentiva anche designare come papa futuro.
-
-Per certo la conoscenza degl'eminenti vantaggi di tal condizione
-ebbe sulla fantasia di Lucrezia efficacia più energica del concetto
-dell'immoralità. Il mondo, nel quale viveva, non si tormentava
-davvero con scrupoli morali; e raramente vi fu tempo, in cui l'abito
-di sfruttare in ogni modo e al massimo grado possibile le relazioni
-di fatto esistenti fosse altrettanto diffuso e radicato. Ben presto
-apprese come legami di quella natura fossero in Roma comuni e
-universali. Sentì che la più parte dei cardinali vivevano con amiche, e
-largamente provvedevano ai loro figliuoli. Le fu raccontato di quelli
-del cardinal Giuliano Della Rovere o Piccolomini. Vide coi proprii
-occhi i figli e le figlie di Estouteville; e sentì parlare dei feudi
-che il ricco padre aveva per loro acquistati sui monti Albani. Vide
-anche i figliuoli di papa Innocenzo salire in grande onore; le fu
-mostrato il figlio di lui Franceschetto Cibo con l'illustrissima moglie
-Maddalena Medici. Seppe che nel Vaticano vivevano altri figli e nipoti
-del Papa; e vedeva continuamente uscirne ed entrarvi la figlia, Madonna
-Teodorina, la moglie del genovese Uso di Mare. Aveva 8 anni, quando la
-figlia di costoro, Donna Peretta, fu sposata in Vaticano col marchese
-Alfonso del Carretto con tanta pompa e feste, che tutta Roma ne parlò.
-
-Il primo concetto della sorte non comune, che a lei ed ai fratelli suoi
-per ragion della nascita poteva spettare, erasi già formato in Lucrezia
-al veder duca spagnuolo il maggiore di essi, Pierluigi. Non sappiamo
-con precisione in qual tempo il giovane Borgia lo divenisse: nel 1482
-non era ancora. I legami potenti, che suo padre manteneva con la Corte
-spagnuola, avevano a costui reso possibile di far nominare il figlio
-Duca di Gandia nel regno di Valenza. E, come il Mariana osserva, il
-Ducato egli lo comprò.
-
-Don Pierluigi moriva in Spagna ancora giovanissimo. Di fatto in un
-documento del 1491 si parla di lui come morto, e si fa menzione di
-un legato nel suo testamento a favore della sorella Lucrezia.[23] Il
-ducato di Gandia passò al secondogenito di Rodrigo, Don Juan, che si
-affrettò ad andare a Valenza per prenderne possesso.
-
-E frattanto le inclinazioni del cardinale s'erano rivolte ad altre
-donne. Nel maggio 1489, quando Lucrezia aveva 9 anni, vediamo la prima
-volta apparire Giulia Farnese, giovane di maravigliosa bellezza, dal
-cui fascino fu preso con passione e ardore giovanile il già maturo
-cardinale e più tardi papa Borgia.
-
-Si deve a questo adultero amore di lui per la Giulia, se la casa dei
-Farnese entrò prima nella storia di Roma e poscia in quella del mondo.
-Rodrigo Borgia fu di fatto il creatore della grandezza di questa
-famiglia, nominando cardinale Alessandro, fratello della Giulia. Così
-pose la base al papato di Paolo III, stipite dei Farnesi di Parma;
-schiatta famosa, che non s'estinse che nel 1758 sul trono di Spagna con
-la regina Elisabetta.
-
-In Roma, dove due de' più belli edifizii della Rinascenza han reso
-immortale il nome dei Farnesi, non avevan costoro, sino al tempo del
-Borgia, importanza alcuna. Non abitavano nemmeno la città, ma l'Etruria
-romana. Possedevano ivi alcuni luoghi, come Farneto, donde devono aver
-tratto il nome, Ischia, Caprarola e Capodimonte. Più tardi, non si
-sa quando, vennero anche momentaneamente in possesso d'Isola Farnese,
-castello antichissimo sulle rovine di Veja, che già dal secolo XIV era
-stato degli Orsini. L'origine dei Farnesi è oscura, ma la tradizione,
-che gli fa derivare dai Longobardi o dai Franchi, ha per sè ogni
-verosimiglianza. Essa trova sostegno nel nome _Ranuccio_ così frequente
-in quella casa, forma italianizzata di _Rainer_ (_Raniero_).
-
-I Farnesi s'agitavano in Etruria come piccola dinastia di feudatarii
-rapaci, senza però giungere alla potenza dei loro vicini, degli Orsini
-di Anguillara e Bracciano e di quei famosi Conti di Vico, tedeschi
-d'origine, che dominarono da prefetti nell'Etruria per secoli, sino a
-che non caddero sotto Eugenio IV. Mentre questi prefetti erano i più
-ardenti ghibellini e più feroci nemici dei papi, i Farnesi invece, al
-pari degli Este, furon sempre del partito guelfo. Dall'XI secolo in
-poi andarono Consoli e Podestà in Orvieto, quindi qua e là capitani
-della Chiesa in quelle molte guerricciole con città e baroni, specie
-nell'Umbria e nel Patrimonio di San Pietro. Ranuccio, avo di Giulia, fu
-tra' più valenti generali di Eugenio IV, e compagno del Vitelleschi,
-il terribile domatore di tiranni. Mercè sua la casa dei Farnesi era
-salita in maggior reputazione. Il figlio Pierluigi si sposò con Donna
-Giovannella della stirpe dei Gaetani di Sermoneta. Figliuoli di costui
-furono Alessandro, Bartolomeo e Angiolo, Girolama e Giulia.
-
-Alessandro Farnese, nato il 28 febbraio 1468, era giovane di spirito e
-di mente colta, ma di cattiva fama per le sfrenate passioni. Nel 1487
-aveva, dietro malvage imputazioni, messo in prigione la propria madre,
-per la qual cosa fu a volta sua da Innocenzo VIII fatto rinchiudere
-in Castel Sant'Angelo. Ma seppe evaderne, senza che ciò avesse per lui
-ulteriori conseguenze. Egli era Protonotario della Chiesa. La sorella
-maggiore Girolama si sposò con Puccio Pucci, uno dei più ragguardevoli
-uomini politici di Firenze, membro di numerosa famiglia molto
-intimamente legata coi Medici.
-
-Il 20 maggio 1489 nella _Camera Stellata_ del palazzo Borgia comparve
-la giovane Giulia Farnese con Ursino Orsini, giovane egualmente, per
-stipulare il loro contratto nuziale. Prima di tutto fa maraviglia che
-ciò avesse luogo nella casa del cardinal Rodrigo. Il nome suo sta nel
-contratto il primo di tutti i testimoni, come quello di persona che ha
-preso gli sposi sotto la sua protezione e concluso il matrimonio. Le
-nozze, del resto, erano già state innanzi fissate dai genitori — non
-più viventi nel 1489 — degli sposi, essendo questi ancora minori, cioè
-dire, da Ludovico Orsini, signore di Bassanello e da Pierluigi Farnese.
-Usava allora fidanzar legalmente bambini; e, come già nell'antica
-Roma, i promessi sposi contraevano poscia il matrimonio in età ancora
-minore, spesso a 13 anni appena. Il 20 maggio 1489 Giulia poteva
-aver solo 15 anni; era sotto la tutela dei fratelli e degli zii della
-casa dei Gaetani. Il giovane Orsini stava sotto la tutela della madre
-Adriana, che era l'Adriana de Mila, la parente del cardinal Rodrigo e
-l'educatrice di Lucrezia. Ciò rende a sufficienza ragione della parte
-officiale e personale che colui prendeva al matrimonio della Giulia.
-
-Al contratto nuziale stipulato dal notaro Beneimbene furono, oltre
-il cardinale, testimoni il vescovo Martini di Segovia, i canonici
-spagnuoli Garcetto e Caranza e il nobile romano Giovanni Astalli.
-Assistenti della sposa dovevano essere i fratelli, ma venne solo il
-più giovane, Angiolo: Alessandro s'astenne. Il non essere apparso nel
-palazzo Borgia, in occasione così solenne per la famiglia, è notevole:
-nondimeno può essere stato per circostanze accidentali. Il protonotario
-Jacopo e suo fratello Don Nicola Gaetani, zii della sposa, eran
-presenti. La somma di 3000 fiorini d'oro fu la dote di Giulia, che per
-quel tempo era molto ragguardevole.[24]
-
-Il giorno dopo, il 21 maggio, fu festeggiato lo sposalizio della
-giovane coppia nello stesso palazzo Borgia. Molti grandi signori vi
-presero parte, de' quali sono specialmente nominati i parenti dello
-sposo, il cardinal Gianbattista Orsini e Rainaldo Orsini, arcivescovo
-di Firenze. La bella stagione potè permettere agli sposi di andarsene
-al castello di Bassanello; ovvero, se così non fecero, essi presero
-stanza nel palazzo Orsini a Monte Giordano.
-
-In questo palazzo, presso Madonna Adriana, madre del giovane Orsini,
-il cardinal Rodrigo aveva dovuto già prima del matrimonio conoscere
-e spesse volte vedere la Giulia Farnese. Colà pure la Lucrezia, più
-giovane di parecchi anni, dovette fare la conoscenza della stessa.
-Giulia era bella tanto, che si ebbe per soprannome _la bella_. Al pari
-di Lucrezia, aveva bionda la chioma come oro. Nella casa di Adriana
-questa dolce e vaga fanciulla diè nella rete del libertino Rodrigo.
-Cedette alle arti seduttrici di lui o già prima di sposarsi col giovane
-Orsini o subito dopo. Probabilmente accese la sensualità del cardinale,
-uomo già di 58 anni, allorchè gli si presentò nel palazzo in abito da
-sposa, in tutto lo splendore della sua gioventù affascinante. Comunque,
-il certo è, che già dopo due anni dal matrimonio la Giulia era l'amante
-dichiarata del cardinale. Quando Madonna Adriana ebbe scoperta la
-relazione, chiuse gli occhi e si rese complice delle turpitudini della
-nuora. Per tal guisa divenne la persona più potente e influente nella
-casa Borgia.
-
-Dei tre figlioli del cardinale, Juan e Cesare eran frattanto venuti
-crescendo. Entrambi nel 1490 non erano a Roma. L'uno trovavasi in
-Spagna; l'altro agli studii nell'Università di Perugia, donde passò
-poi in quella di Pisa. Già nel 1488 Cesare deve aver frequentato una
-di quelle scuole superiori, e probabilmente la prima. In quell'anno di
-fatto Paolo Pompilio gli dedicò la sua _Syllabica_, uno scritto sulle
-regole per ben comporre in versi. Egli vi lodava il genio ascendente
-di Cesare, speranza e decoro di casa Borgia, i progressi di lui
-nelle scienze, la maturità dello spirito in età così giovanile, e ne
-predicava la gloria a venire.[25]
-
-Il padre l'aveva destinato alla carriera ecclesiastica, abbenchè Cesare
-non sentisse per essa che repugnanza. Da Innocenzo VIII aveva colui
-ottenuto, che il figlio suo fosse fatto Protonotario della Chiesa e di
-più preconizzato vescovo di Pampelona. Come Protonotario apparisce in
-un documento del febbraio 1491. E in quel tempo stesso il più giovane
-dei figlioli di Rodrigo, Don Jofrè, fanciullo di circa 9 anni, è
-nominato Canonico e Arcidiacono di Valenza.[26]
-
-Cesare dovette andare a Pisa nel 1491. Quell'Università accoglieva
-molti giovani di cospicue famiglie italiane, soprattutto per la
-rinomanza grande del Rettore degli studii, il milanese Filippo Decio.
-Il giovane Cesare v'andò con due condiscepoli spagnuoli, favoriti del
-padre, Francesco Romolini da Ilerda e Giovanni Vera da Arcilla nel
-regno di Valenza. L'ultimo gli venne dato come aio, così qualificandolo
-Cesare stesso in una lettera dell'ottobre 1492, ove lo chiama il
-più fido dei famigliari suoi.[27] Nel 1491 Francesco Romolini aveva
-già più di 30 anni; studiò con fervore Diritto, del quale acquistò
-ampia cognizione. Egli è il Romolino stesso, che più tardi in Firenze
-condusse il processo contro Savonarola. Nel 1503 Alessandro lo fece
-cardinale; e cardinale era pur divenuto Vera sin dal 1500. I mezzi di
-fortuna del padre permettevano al giovane Cesare di vivere in Pisa con
-sontuosità principesca; e lo stato di colui lo pose anche in grado di
-entrare in amichevoli relazioni coi Medici.
-
-Il cardinal Borgia continuava allora a cercare nella Spagna la
-fortuna dei figliuoli suoi. Anche per la figlia Lucrezia non sapeva
-immaginare avvenire più splendido di un matrimonio spagnuolo. E, senza
-dubbio, dovette avere a segnalata fortuna, che il figliolo di una di
-quelle antiche e nobili case di Spagna acconsentisse a diventare il
-marito della bastarda di un cardinale. Questi fu Don Cherubin Juan de
-Centelles, signore di Val d'Ayora nel regno di Valenza, fratello del
-Conte di Oliva.
-
-Nel 26 febbraio e 16 giugno 1491 in Roma furono firmate le tavole
-nuziali e distese in lingua valenzana. Il giovane sposo trovavasi
-a Valenza e la sposa a Roma; e a questa il padre aveva dato per
-procuratore il nobile romano Antonio Porcaro. Nel contratto fu per
-Lucrezia sborsata la somma di 300,000 _timbres_ o soldi di moneta
-valenzana, ch'essa portava in dote al marito Don Cherubin, parte in
-moneta contante, parte in gioielli e altri oggetti di corredo. Fu
-espressamente notato, 11,000 _timbres_ provenire dal testamento del
-fu Don Pierluigi de Borgia, duca di Gandia, che gli aveva assegnati in
-dote alla sorella sua, ed altri 8000 donarsi alla stessa pel medesimo
-titolo dagli altri suoi fratelli Don Cesare e Don Jofrè, similmente,
-com'è da presumersi, sulla eredità di costoro. Fu stabilito che
-Donna Lucrezia sarebbe condotta a Valenza a spese del cardinale entro
-l'anno dal contratto, e che il matrimonio sarebbe ecclesiasticamente
-solennizzato entro i sei mesi dall'arrivo di lei in Spagna.[28]
-
-Così Lucrezia, bambina ancora di 11 anni, vide una volontà a lei
-estranea disporre della sua mano e della felicità sua, e da quel
-momento non fu più padrona del suo destino. Tale, del resto, era la
-sorte di tutte le figliole di alta e anche di bassa condizione. Poco
-innanzi che il padre divenisse papa, sembrò proprio deciso ch'ella
-dovesse trascorrere la vita sua in Spagna. E facilmente sarebbe sparita
-dalla storia del Papato e d'Italia, se quelle nozze si fossero in
-effetto avverate. Ma ciò non accadde. Impedimenti, che non conosciamo,
-ovvero mutamenti nei disegni del padre valsero a fare sciogliere quella
-promessa di matrimonio con Don Cherubin. Sin dal momento che tale
-promessa, mercè procura, veniva legalmente stipulata, il padre pensava
-già per la figlia ad altro matrimonio. Il marito predestinatole era Don
-Gasparo, anche lui giovane spagnuolo, figlio del cavaliere Don Juan
-Francesco di Procida, conte d'Aversa. Questa famiglia doveva essere
-andata a Napoli con la casa Aragonese. Madre di Don Juan Francesco vien
-chiamata Donna Leonora di Procida e Castelleta, contessa d'Aversa. Il
-padre di Gasparo viveva in Aversa; ma quest'ultimo trovavasi il 1491
-in Valenza, dove forse attese alla sua educazione presso i parenti,
-essendo egli ancora fanciullo sotto i 15 anni. In un istrumento del
-notaro Beneimbene, del 9 novembre 1492, è espressamente detto, che
-nel 30 aprile dell'anno antecedente 1491, con tutte le formalità e
-mercè regolare procura, era stata conclusa promessa di matrimonio
-tra Lucrezia e Gasparo, e che il cardinal Rodrigo si era obbligato a
-mandare a spese sue la figlia a Valenza, ove il matrimonio sarebbesi
-solennizzato innanzi alla Chiesa. Ma un'identica promessa col giovane
-Centelles era stata legalmente stipulata solo il 26 febbraio dello
-stesso anno 1491, e ratificata ancora nel giugno 1491. Epperò vi
-sarebbe luogo a dubitare della esattezza della data. Se non che
-non solo l'istrumento nel protocollo del Beneimbene, ma anche una
-copia dello stesso nell'Archivio dell'Ospedale di Roma alla _Sancta
-Sanctorum_ porta la data dell'ultimo d'aprile 1491, come giorno in
-cui ebbero luogo i capitoli matrimoniali tra Lucrezia e Don Gasparo.
-In questo atto fu procuratore di lei non più Antonio Porcaro, ma Don
-Jofrè Borgia, barone di Villa Longa insieme col canonico Jacopo Serra
-di Valenza e col valenzano Vicario generale Matteo Cucia.[29] Onde
-è innegabile questo fatto strano, che Lucrezia al tempo stesso fu
-promessa sposa di due giovani spagnuoli.
-
-Malgrado della mancata promessa verso il primo degli sposi, sembra
-che la famiglia dei Centelles sia rimasta in buoni termini coi Borgia.
-Più tardi di fatto, quando Rodrigo era papa, tra i camerieri a lui più
-intimi troviamo un Guglielmo de Centelles, e un Raimondo della stessa
-casa qual Protonotario e Tesoriere di Perugia.
-
-
-VI.
-
-Il 25 luglio 1492 accadde ciò che i Borgia da tempo e con tanto
-ardore avevano sospirato e atteso, la morte di Innocenzo VIII. Quattro
-cardinali erano allora, a preferenza di tutti, candidati al Papato,
-Raffaele Riario e Giuliano Della Rovere, i due potenti nepoti di Sisto
-IV; quindi Ascanio Sforza e Rodrigo Borgia.
-
-Per la famiglia di quest'ultimo, sino a che la nuova elezione non
-fu decisa, trascorsero giorni di ansietà febbrile. Dei figliuoli di
-lui erano in Roma soltanto Lucrezia e Jofrè, ambedue in casa Madonna
-Adriana. Vannozza viveva nella propria col marito Canale, che da un
-pezzo copriva la carica di Scrittore della Penitenzeria. Essa aveva
-allora 50 anni, e null'altro le restava a desiderare in vita che di
-veder effettuato il supremo e più fervido voto dell'animo suo, di
-veder salire il padre dei suoi figliuoli sul trono papale. Santi del
-Cielo! Con quante preci e con quali promesse solenni non saranno stati
-assaliti, perchè esaudissero quel voto! E con quante e quali non gli
-avranno pur tempestati Madonna Adriana, Lucrezia e Giulia Farnese!
-
-L'11 agosto, di buon mattino, anelanti messi potettero a quelle donne
-recare dal Vaticano la nuova, che Rodrigo Borgia era uscito vincitore
-dal difficile agone. A lui, maggiore offerente, il Papato era stato
-venduto. Nella elezione il cardinale Ascanio aveva dato il tratto
-alla bilancia; e in guiderdone ebbe la città di Nepi, il posto di
-Vicecancelliere e il palazzo Borgia. Ancora oggi questo porta il nome
-di Sforza Cesarini.
-
-Quando, la mattina dopo l'avventuroso giorno, Alessandro VI dalla sala
-del Conclave fu portato giù in San Pietro per ricevervi i primi omaggi,
-lo sguardo suo, raggiante di gioia, dovette fra la stipata moltitudine
-cercar le persone a lui care. Dovettero invero queste esser forse le
-prime a venire per festeggiare sì gran trionfo. Da lungo tempo Roma
-non aveva più visto un nuovo Papa dalla figura così piena di maestà
-e bellezza. Il suo modo di vita era generalmente noto a tutti. Pure
-niuno in quel momento lo conosceva tanto intimamente quanto quella
-donna, Vannozza Catanei. Essa se ne stava certamente ginocchioni in
-San Pietro, mentre fra i sacri cantici della Messa le immagini di un
-peccaminoso passato le agitavan l'animo.
-
-Non tutte le Potenze accolsero sospettose l'elezione del Borgia.
-In Milano Ludovico il Moro dispose pubbliche feste; credeva, mercè
-l'influenza del fratello Ascanio, diventare egli stesso un _mezzo
-Papa_. Molto s'aspettavano da Alessandro i Medici; meno gli Aragonesi
-di Napoli. Incollerita si mostrò Venezia. L'ambasciatore della
-Repubblica, già nell'agosto, dichiarava apertamente che la Santa Sede
-era stata venduta con simonìa e molte ribalderie, e che la Signoria di
-Venezia era convinta che Francia e Spagna negherebbero obbedienza al
-Papa, non prima fossero venute in sentore di tali empietà.[30]
-
-Frattanto con omaggi infiniti Alessandro VI riceveva il riconoscimento
-di tutti gli Stati italiani. La festa della sua esaltazione, il 26
-agosto, fu solennizzata con pompa straordinaria. L'arme dei Borgia,
-un bove che pascola, fu vista in sì varii emblemi e figure e con tanti
-epigrammi salutata, che un satirico avrebbe potuto dire, festeggiarsi
-in Roma il ritrovamento del divino Api. Più tardi il bove dei Borgia è
-stato bene spesso bersaglio alla più avvelenata satira; ma sugl'inizii
-del reggimento di Alessandro era molto ingenuamente il portatore
-simbolico della magnificenza papale. Simbolismo di tal fatta oggi
-muoverebbe al riso e al sarcasmo; ma il senso plastico degl'Italiani
-d'allora lo trovava naturale.
-
-Allorchè Alessandro, nella processione solenne al Laterano, passò
-innanzi al palazzo dei suoi fanatici partigiani, i Porcari, un
-fanciullo della casa con molta espressione e passione declamò alcuni
-distici, la cui chiusa suonava così:
-
- _Vive diu bos, vive diu celebrande per annos._
- _Inter Pontificum gloria prima choros._[31]
-
-Bisogna leggere le relazioni di Michele Ferno e di Jeronimo Porcio
-sulla festa dell'incoronazione e su' discorsi di obbedienza degli
-ambasciatori italiani per formarsi una idea sin dove giungesse allora
-l'adulazione. Certamente oggi noi possiamo con difficoltà immaginare
-quell'imponente spettacolo, in cui un Papa dalla natura largamente
-favorito si presentava sul teatro di Roma, in un tempo che il Papato vi
-toccava appunto la più superba altezza. È vero che a siffatto culmine
-lo aveva sospinto, non il bene della Chiesa, non la religione da lungo
-profanata, ma il lusso del tempo e la politica moderna. Nulladimeno dal
-Medio Evo in poi un certo fondo interiore tradizionale s'era pur sempre
-mantenuto, che costringeva i credenti alla venerazione.
-
-Il Ferno in un luogo osservò, che tutta la storia della terra non
-offriva nulla da esser comparato con l'elevatezza del Papato e con
-questo culto reso ad una persona. E l'autore non era già un papista
-bigotto, ma sì un zelante discepolo di Pomponio Leto. Egli era però,
-come tutti quei romantici del classicismo, di una impressionabilità
-estrema per ogni effetto teatrale. E così non trova abbastanza parole
-per descrivere una processione di Alessandro a Santa Maria del Popolo:
-quella moltitudine di uomini riccamente adorni, che festosa si muove
-ed agita; e i 700 preti e cardinali coi loro famigliari; e quegli
-splendidi corteggi di cavalieri e grandi di Roma, e gli arcieri e
-cavalieri turchi; e quella guardia palatina dalle lunghe alabarde e
-dagli scudi rilucenti; e i dodici cavalli bianchi dagli aurei freni,
-condotti a mano, e le innumerevoli altre decorazioni della sfarzosa
-comparsa. Processione simile, pari a corteo trionfale, che oggi non
-potrebbe avere luogo che dopo lunga e molta preparazione, il Papa può
-improvvisarla ad ogni istante, perchè attori e guardaroba son sempre
-lì, bell'e pronti. Pel Papa è occasione di mostrarsi una volta ai
-Romani; sicchè Sua Santità si porge al popolo oggetto di divertimento e
-di festa.
-
-Il Ferno poi dipinge il Borgia stesso come un vero semidio, sceso dal
-cielo. «Egli cavalca sopra cavallo bianco come neve con serena fronte,
-con dignità istantaneamente maestosa; così si presenta al popolo;
-così benedice tutti; così è la mira di tutti gli sguardi; così pure lo
-sguardo suo penetra per tutto; così tutto rallegra; così l'apparizione
-sua è per tutti segno di buon augurio. Quanto maraviglioso quel
-dolce abbandono della sua fisionomia; la schietta nobiltà del suo
-volto, e la liberalità del suo sguardo. Questo rigoglio e contegno
-di disinvolta bellezza e la fresca e piena sanità del corpo come non
-accrescono la venerazione ch'egli ispira!» Così e non altrimenti deve,
-a parere del Ferno, essersi mostrato un tempo Alessandro il Grande.
-Era un'idolatria, insomma, della quale si continuava a circondare il
-Papato, senza che mai alcuno prendesse la pena di domandarsi qual fosse
-l'intima e personale essenza dell'idolo fastoso.
-
-Il giorno della incoronazione Alessandro nominò il figlio Cesare,
-giovanetto di 16 anni, vescovo di Valenza. Lo nominò, senza esser
-sicuro dell'assentimento di Ferdinando il Cattolico. E in realtà questo
-monarca resistette a lungo pria di concederlo, avvegnachè per tal guisa
-i Borgia facessero del primo Vescovado di Spagna un loro possedimento
-ereditario. Cesare intanto non era a Roma alla festa d'incoronazione
-del padre. Il 22 agosto, undici giorni dopo l'elezione di Alessandro,
-l'ambasciatore ferrarese Manfredi in Firenze informava la duchessa
-Eleonora d'Este «il figlio del Papa, vescovo di Pampelona, che era
-all'Università di Pisa, essersi il mattino avanti di colà partito per
-comando del padre e andato nella cittadella di Spoleto.»
-
-Quivi trovavasi ancora Cesare il 5 ottobre, avendo in quel giorno da
-Spoleto mandato lettera a Piero de' Medici. Questo scritto al figlio
-di Lorenzo, fratello del cardinale Giovanni, è concepito in termini,
-che implicano confidenza molta tra lui e Cesare. Questi vi dice, che
-per la improvvisa partenza da Pisa non aveva più potuto abboccarsi con
-lui, ma che il precettore suo, Giovanni Vera, n'avrebbe fatto le parti.
-Raccomanda anche il suo fido famigliare Francesco Romolini pel posto
-di professore di Diritto canonico in Pisa, preferendo questo dotto uomo
-la carriera dell'insegnamento alla ecclesiastica. La lettera è firmata:
-«Come fratello Vostro Cesare de Borja, eletto di Valenza.»[32]
-
-Se Alessandro non fece immediatamente venire il figliuolo a Roma, fu,
-senza dubbio, per confermare ciò che solennemente aveva dichiarato, di
-tenersi puro dal nepotismo. Probabilmente vi fu un momento, in cui la
-ricordanza dello spettacolo dato da Callisto, da Sisto e da Innocenzo
-lo indusse a riflettere e far proponimento di temperare l'amore suo
-pei congiunti. Nondimeno la nomina di suo figlio a vescovo il giorno
-stesso della incoronazione già mostrava che il proposito non era serio.
-Nell'ottobre Cesare era già in Vaticano, ove ora i Borgia si posero al
-posto dei miserabili Cibo.
-
-Il primo settembre il Papa fece cardinale Giovanni Borgia, seniore,
-vescovo di Monreale. Era questi figliuolo di sua sorella Giovanna. Il
-Vaticano s'andava popolando di Spagnuoli, parenti o amici della casa
-ora onnipotente. Vi accorrevano avidi di fortuna e di onori. «Nemmeno
-dieci papati basterebbero a sbramare tutto questo parentado;» così, già
-nel novembre 1492, Giannandrea Boccaccio al duca di Ferrara. Fra i più
-prossimi amici di Alessandro, Giovanni Lopez fu suo Datario, Pietro
-Garanza e Giovanni Marades furono suoi camerieri secreti. Rodrigo
-Borgia, un pronipote del Papa, divenne capitano della guardia palatina,
-comandata prima di lui da un Doria.
-
-Ben presto Alessandro pensò a provvedere in modo più splendido a sua
-figlia. Volle che non si parlasse più degli sponsali con un gentiluomo
-spagnuolo. Solo un principe poteva ottenerne la mano. Ludovico ed
-Ascanio gli proposero il loro parente, Giovanni Sforza; ed egli lo
-accettò per genero. Comunque colui non fosse che Conte di Cotognola e
-Vicario della Chiesa per Pesaro, pure nel suo dominio era indipendente
-e apparteneva alla illustre casa Sforza. E nei primi tempi Alessandro
-s'era legato con gli Sforza tanto strettamente, che il cardinale
-Ascanio era in Roma onnipotente. Giovanni Sforza, un bastardo di
-Costanzo di Pesaro, e successore di lui in quel dominio solo per grazia
-di Sisto IV e d'Innocenzo VIII, era uomo di 26 anni, di bello aspetto
-e largamente colto, come, a un dipresso, tutti i piccoli tiranni
-italiani. Nel 1489 erasi sposato con Maddalena, la bella sorella di
-Elisabetta Gonzaga, il giorno stesso in che quest'ultima si unì in
-matrimonio col duca Guidobaldo di Urbino. Ma dagli 8 d'agosto 1490,
-morta la moglie di cattivo parto, era rimasto vedovo.
-
-Lo Sforza fu prontissimo ad accettare la mano della giovane Lucrezia,
-prima che altro dei molti pretendenti gliela togliesse via. Da Pesaro
-si condusse primieramente a Nepi, città data da Alessandro VI al
-cardinale Ascanio. Vi si trattenne pochi giorni, e quindi il 31 ottobre
-1492 mosse secretamente per Roma. Quivi prese stanza nel palazzo del
-cardinale di San Clemente, che Domenico Della Rovere aveva edificato
-in Borgo, e che esiste ancora ben conservato rimpetto all'altro
-Giraud-Torlonia. L'ambasciatore ferrarese informò il suo signore
-dell'arrivo dello Sforza, osservando che colui sarebbe uomo grande
-sino a che regnerebbe quel Papa. E dava poi ragione del mistero, in
-cui lo Sforza tenevasi, notando come in quel tempo si trovasse in Roma
-anche secretamente quegli, che era già legalmente promesso sposo di
-Lucrezia.[33]
-
-Il giovane conte Gasparo era di fatto venuto col padre a Roma, per
-dare effetto a' diritti suoi su Lucrezia, che ora appunto promettevano
-vantaggi così smisurati. Vi trovò invece un rivale nascoso, ma
-pubblicamente riconosciuto per tale; e andò sulle furie, quando il Papa
-si fece a richiederlo di una formale rinunzia. Per tal modo Lucrezia,
-fanciulla appena di 12 anni e mezzo, era involontario soggetto di
-litigi tra due pretendenti, ed insieme la prima volta motivo di
-pubblico scandalo. Il 5 novembre l'ambasciatore di Ferrara scriveva al
-suo signore: «Qui si fa un gran parlare di questo matrimonio di Pesaro;
-il primo sposo è ancora qui, e da vero Catalano fa molte bravate,
-protestando che leverà rimostranze presso tutti i principi e potentati
-della Cristianità; pure, il voglia o no, bisognerà pigliarsela con
-pazienza.» E lo stesso scriveva il 9 novembre: «Faccia il Cielo che
-il matrimonio di Pesaro non porti sciagura. Sembra il Re (di Napoli)
-aver espresso al proposito il suo dispiacere, stando almeno a ciò che
-Giacomo, il nipote del Pontano, ha detto l'altr'ieri al Papa. L'affare
-pende ancora sospeso; ad ambo le parti si dànno buone parole, voglio
-dire, al primo come al secondo sposo. Entrambi son qui. Pure si crede
-che a Pesaro sia serbata la vittoria, soprattutto perchè la causa sua
-è difesa dal cardinale Ascanio, che a parole come a fatti è potente
-davvero.»
-
-Frattanto agli 8 novembre il contratto di matrimonio tra Don Gasparo
-e Lucrezia fu giuridicamente risoluto. Lo sposo e il padre di lui
-espressero soltanto la speranza, che l'unione potesse non per tanto
-avverarsi a circostanze più propizie. E all'uopo Gasparo prese impegno
-di non maritarsi con altra, prima che un anno fosse decorso.[34] Eppure
-non fu per questo Giovanni Sforza sicuro del trionfo. Ancora il 9
-dicembre l'agente mantovano Fioravante Brognolo scriveva al marchese
-Gonzaga: «L'affare dell'illustre signore Giovanni di Pesaro è tuttora
-indeciso; sembrami che quel gentiluomo spagnuolo, cui la nipote di
-Sua Santità era promessa, non voglia rinunziarvi; egli ha anche molto
-séguito in Spagna; cosicchè è intenzione del Papa di lasciar maturare
-questa faccenda prima di risolverla.»[35]
-
-E insino nel febbraio 1493 si parlò pure di un matrimonio di Lucrezia
-con lo spagnuolo Conte de Prada, nè si sposò con Giovanni Sforza che
-quando quel disegno fu sfumato.[36]
-
-Quest'ultimo era frattanto tornato a Pesaro, donde mandò a Roma Niccolò
-de Savano suo procuratore per concludere i capitoli matrimoniali.
-Il conte d'Aversa cedette alla forza, e si tirò indietro, facendosi
-pagare il silenzio con 3000 ducati. Allora, il 2 febbraio 1493, le
-nozze dello Sforza con Lucrezia furono con formale istrumento stipulate
-in Vaticano; e, oltre l'ambasciatore di Milano, vi presero di nuovo
-parte come testimoni i più intimi amici e familiari di Alessandro,
-Giovanni Lopez, Giovanni Casanova, Pietro Caranza e Giovanni Marades.
-La figliuola del Papa ebbe 31,000 ducati in dote: entro l'anno doveva
-esser condotta dallo sposo nel paese di lui.[37]
-
-Quando la nuova della cosa giunse a Pesaro, il fortunato Sforza diede
-una festa nel suo palazzo. Si ballò nella grande sala, e, condotte
-da monsignor Scaltes, ambasciatore del Papa, le coppie uscirono dal
-castello danzando. Per modo che si continuò così per le strade della
-città fra gli applausi del popolo.[38]
-
-
-VII.
-
-Alessandro aveva fatto disporre per Lucrezia un'abitazione vicinissima
-al Vaticano. Era una casa fatta edificare dal cardinale Battista Zeno
-nel 1483. Da lui o dal titolo della sua Chiesa ebbe nome di palazzo
-di Santa Maria in Portico. Era posto sulla sinistra della scala di San
-Pietro, quasi dirimpetto al palazzo dell'Inquisizione. La costruzione
-del Colonnato del Bernini ha reso quei luoghi quasi irriconoscibili del
-tutto.
-
-Nel suo palazzo la giovane Lucrezia teneva già propria corte, cui
-presiedeva come dama d'onore, che quasi teneva il luogo di madre,
-Adriana Ursina, la sua educatrice. Alessandro aveva forse indotto
-questa sua parente a lasciare, in compagnia di Lucrezia, il palazzo
-Orsini e ad abitare l'altro di Santa Maria in Portico. E ivi la vedremo
-presto apparire, e con essa anche un'altra donna che stava pur troppo a
-cuore al Papa.
-
-Vannozza restò nella propria casa alla Regola. Il marito fu fatto
-Soldano o Capitano di Torre di Nona, per la quale di lì a poco
-occorreva ad Alessandro VI un prevosto a lui devoto. Ed anche il Canale
-per parte sua accettava con compiacimento grande il ragguardevole e
-lucroso ufficio. Da questo tempo in poi tra Vannozza e i figliuoli
-si fece un più grande distacco, che non divenne però mai totale
-separazione. Le relazioni fra loro non furono spezzate. Pure quella non
-poteva che solo indirettamente partecipare alla felicità e grandezza
-di questi. Vannozza non si permise mai, ovvero Alessandro giammai non
-le consentì influenza di sorta in Vaticano. Molto di rado soltanto
-apparisce il nome di lei nelle notizie del tempo.
-
-Oramai nel suo palazzo Lucrezia faceva le pratiche da principessa
-esordiente. Ivi riceveva le visite de' numerosi parenti di casa sua,
-come degli amici e adulatori de' Borgia, ora dominanti. È notevole che
-nello stesso tempo, in che si trattava del matrimonio con lo Sforza, in
-opposizione ancora con le pretensioni di Don Gasparo, apparve in casa
-di lei anche colui che, dopo tempeste spaventevoli, doveva alla fine
-menarla a salvamento in tranquillo porto.
-
-Tra i principi italiani, che allora mandarono ambasciatori o vennero
-di persona ad offrire omaggio al nuovo Papa, vi fu anche il principe
-ereditario di Ferrara. Nessuna casa d'Italia splendeva così chiara come
-quella di Ercole d'Este e di sua moglie Eleonora d'Aragona, figliuola
-di re Ferdinando di Napoli, morta poco dopo, l'11 ottobre 1493. Dei
-loro figliuoli Beatrice, nel dicembre 1490, erasi sposata con Ludovico
-il Moro, l'avveduto quanto spietato reggente dello Stato di Milano in
-luogo del nipote Giangaleazzo. L'altra figlia Isabella, una delle più
-avvenenti e più ragguardevoli donne del tempo suo, era nel febbraio
-1490, di 16 anni, divenuta moglie del marchese Francesco Gonzaga di
-Mantova. Alfonso era principe erede: a 15 anni, il 12 febbraio 1491,
-erasi sposato con Anna Sforza, sorella del nominato Giangaleazzo.
-
-Suo padre nel novembre 1492 lo mandò a Roma per raccomandare gli Stati
-suoi al Papa. Questi accolse con grande onoranza il giovane parente di
-casa Sforza, nella quale la propria figlia doveva entrare. Don Alfonso
-fu ospitato in Vaticano. Durante la sua dimora di parecchie settimane
-ebbe non solo occasione, ma si fece un dovere di visitare donna
-Lucrezia. Così, tutto pieno di curiosità, potè la prima volta vedere
-la bella fanciulla dagli aurei capelli, da' grandi occhi espressivi.
-E nulla fu più estraneo alla mente sua quanto il presentimento, che la
-promessa sposa dello Sforza sarebbe dopo nove anni entrata nel castello
-degli Este a Ferrara come sua propria moglie.
-
-Con quanta speciale premura Alessandro trattasse il principe erede si
-ricava dalla lettera di ringraziamento speditagli dal padre di costui.
-Il duca scrivevagli:
-
-«Santissimo Padre e Signore, Signor mio venerabilissimo. Bacio prima
-di tutto i piedi della Santità Vostra e umilmente me le raccomando.
-Quanto Vostra Santità fosse da esaltare con le lodi più sublimi, già
-da tempo sapevo; ma ora me lo dicono anche le lettere del vescovo
-di Modena, mio ambasciatore presso Vostra Santità, e del mio amato
-primogenito Alfonso non solo, ma di tutti coloro che lo accompagnarono.
-Essi m'informano della singolare benignità, liberalità, grazia, umanità
-ed ineffabile carità della Santità Vostra per tutti, ma soprattutto
-per me e pe' miei, all'arrivo del mio figliuolo e durante tutto il
-soggiorno di lui in Roma. Per questo, come già da lungo tempo lo era
-di tutto quanto potessi, mi dichiaro ora debitore della Beatitudine
-Vostra anche di più di quello che sia in poter mio. Mando pure a Vostra
-Santità grazie imperiture, e quanto la terra tutta può concepirne,
-qual servo devotissimo e prontissimo a qualunque cosa possa esserle
-utile ed accetta. E voglio e desidero con ogni possibile umiltà esserle
-raccomandato io e tutti i miei. Ferrara, 3 gennaio 1493. — Della
-Santità Vostra figlio e servitore Ercole, duca di Ferrara.»[39]
-
-La lettera fa vedere con quanto studio il duca cercasse tenersi bene
-col Papa. Egli era feudatario della Chiesa di Roma per Ferrara; e la
-Chiesa tendeva a trasformarsi in monarchia. Principi e repubbliche
-italiani, prossimi alla sfera di dominio della Santa Sede o legati
-ad essa con vincoli feudali, guardavan naturalmente sospettosi e
-timorosi ogni nuovo papa, e l'attitudine che sotto l'influenza di lui
-il nepotismo andava assumendo. Quanto facile non era che Alessandro
-VI tornasse daccapo ai disegni di casa Borgia, ripigliandoli al punto,
-in cui la morte dello zio Callisto gli aveva interrotti, e seguisse le
-tracce di Sisto IV?
-
-Erano scorsi 10 anni appena da che quest'ultimo Papa, collegato con
-Venezia, aveva fatto guerra contro Ferrara.
-
-Ercole aveva mantenuto amichevoli relazioni con Alessandro VI,
-durante il cardinalato. Insino al battesimo di suo figlio Alfonso,
-Rodrigo Borgia era stato padrino. Per l'altro figlio Ippolito il duca
-ambiva la porpora cardinalizia. A tale scopo l'ambasciatore suo a
-Roma, Giannandrea Boccaccio, si dava gran moto. Questi si rivolse ai
-confidenti di Alessandro più ricchi d'influenza, ad Ascanio Sforza, al
-cameriere segreto Marades e a madonna Adriana. Il Papa inoltre voleva
-far cardinale suo figlio Cesare; e il Boccaccio sperava che il giovane
-Ippolito gli sarebbe stato compagno di fortuna. L'ambasciatore dava
-a intendere al Marades che i due giovani, de' quali l'uno arcivescovo
-di Valenza, l'altro di Gran, stavan tra loro in perfetta convenienza.
-«L'età di ambedue differisce di poco; io credo che Valenza non
-abbia oltrepassato i 16 anni, mentre il nostro Strigonia (Gran) vi
-s'accosta.» Il Marades rispose questo conto non tornar giusto del
-tutto, perchè Ippolito non aveva ancora 14 anni compiuti, mentre
-l'arcivescovo di Valenza trovavasi nel diciottesimo.[40]
-
-Le tendenze del giovane Cesare erano altre che alle dignità
-ecclesiastiche. Solo per comando del padre portava l'abito sacerdotale
-a lui esoso. Ma tuttochè arcivescovo, non aveva ancora che la prima
-tonsura. E viveva del resto in modo affatto mondano. Si diceva pure che
-il re di Napoli volesse dargli in moglie una sua figliuola naturale,
-e che per questo sarebbe tornato allo stato di laico. L'ambasciatore
-di Ferrara fu a fargli visita il 17 marzo 1493 nella casa di lui in
-Trastevere, volendo forse significare il Borgo. La dipintura, che in
-tale occasione il Boccaccio fece al duca Ercole della natura di questo
-giovane di 17 anni, è veramente importante e notevole, ed è forse il
-primo ritratto di Cesare Borgia:
-
-«L'altr'ieri trovai Cesare a casa in Trastevere; andava appunto a
-caccia in abito affatto mondano, cioè dire, vestito di seta e armato,
-solo con piccola cherca da semplice tonsurato. Insieme cavalcando
-c'intrattenemmo un pezzo. Io sono tra suoi conoscenti molto familiare
-con lui. Egli è persona d'ingegno grande ed eccellente e d'indole
-squisita; i modi son di figlio di un gran principe; particolarmente
-l'umore ha sereno e gaio, e tutto festa. Fornito di modestia grande, il
-suo contegno è di molto maggiore e preferibile effetto, che non quello
-del fratello, il duca di Gandia. Anche questi non manca di buone doti.
-L'arcivescovo non ebbe mai inclinazione alcuna pel sacerdozio. Ma il
-benefizio gli rende più di 16,000 ducati. Se il disegno di matrimonio
-si avvera, le sue prebende andranno a un altro de' fratelli, che ha 13
-anni appena.»[41]
-
-L'altro fratello era Jofrè, la cui età è esattamente indicata dal
-Boccaccio. Si osserverà che l'ambasciatore mette specialmente in
-rilievo la serenità della natura di Cesare. Questo era pure il tratto
-fondamentale di quella di Alessandro; e da lui Cesare e Lucrezia
-l'avevano ereditata. Anche, di fatto, in quest'ultima viene più tardi
-lodata l'apparenza serena e gaia sempre, come la qualità più spiccata.
-Quanto alla modestia, la virtù medesima esaltava in Cesare, sei anni
-dopo, niente meno che Giuliano Della Rovere, il futuro Giulio II.
-
-Il duca di Gandia trovavasi in quel tempo in Roma, ma doveva tornarsene
-dalla moglie in Spagna, solennizzato il matrimonio dello Sforza con
-Lucrezia. Era stato questo fissato pel giorno di San Giorgio, ma fu poi
-differito, non avendo potuto lo sposo arrivare a tempo. Alessandro con
-gioia da non si dire provvedeva al corredo della figlia. La felicità
-o, ciò che per lui era lo stesso, l'elevata condizione di quella gli
-stava moltissimo a cuore. Egli l'amava passionatamente, _in superlativo
-grado_, come l'ambasciatore ferrarese scriveva al suo signore.[42] E
-per esortazione dello stesso, il duca di Ferrara mandò un presente di
-nozze, due grandi bacini con coppe analoghe, d'argento del più squisito
-lavoro. Per l'abitazione della giovane coppia si pensò a uno de' due
-palazzi, quello di Santa Maria in Portico o l'altro del cardinale
-Domenico Porta d'Aleria, morto il 4 febbraio 1493, presso Castel
-Sant'Angelo. Ma fu scelto il primo, nel quale Lucrezia già abitava.
-
-Arrivò finalmente lo Sforza. Fece il suo ingresso il 9 giugno per
-Porta del Popolo, accolto da tutta la Curia, da' suoi cognati e dagli
-ambasciatori delle potenze. Lucrezia con molte dame d'onore aveva preso
-posto su un terrazzino del suo palazzo per vedere il corteo dello sposo
-diretto al Vaticano. Lo Sforza a cavallo, passando, le fece un saluto
-con molta galanteria, e la sposa corrispose. Il suocero lo ricevette
-molto graziosamente.
-
-Lo Sforza era uomo di piacevole aspetto. Di che veramente non possiamo
-giudicare che da una medaglia fatta imprimere 10 anni più tardi.
-V'è rappresentato con lunghi ondeggianti capelli e con barba intera;
-la bocca ha sottile, il labbro inferiore un po' compresso, alquanto
-ricurvo il naso, e libera e prominente la fronte. I tratti del volto
-son nobili, ma non certo significanti.
-
-Tre giorni dopo il suo arrivo, il 12 giugno, fu festeggiato il
-matrimonio in Vaticano con clamorosa solennità.
-
-Alessandro vi aveva invitato la nobiltà, i magistrati di Roma e gli
-ambasciatori stranieri. Vi fu banchetto, e furono pure rappresentate
-commedie di carattere affatto mondano e lascivo, come l'Infessura ha
-descritto.[43]
-
-Per apprezzare l'esattezza della breve relazione di questo Romano e
-compierla insieme, mettiamole qui allato le parti più essenziali di
-un dispaccio dell'ambasciatore ferrarese. Il 13 giugno il Boccaccio
-scriveva al suo signore:
-
-«Ieri, 12 del corrente, fu festeggiato lo sposalizio nel Palazzo,
-pubblicamente, con grandissima pompa ed apparato. V'erano invitate
-tutte le matrone romane. V'assistettero anche i cittadini più
-ragguardevoli e molti cardinali, dodici in numero; ed il Papa sedeva
-nel bel mezzo, sul trono della maestà. Palazzo e camere eran per tutto
-zeppi di gente, maravigliata di tanta magnificenza. Il signor di Pesaro
-si sposò con le debite solennità con sua moglie, e subito dopo il
-vescovo di Concordia tenne una degnissima orazione. Degli ambasciatori,
-per altro, non eran presenti che quel di Venezia, di Milano e io, e in
-fine uno di quelli del re di Francia.
-
-»Il cardinale Ascanio era d'opinione che io rimettessi il donativo
-durante la cerimonia. Ma ne feci interrogare il Papa, osservando, a
-me non parer conveniente, e reputar meglio la minor dimostrazione
-possibile. Non dispiacque a Sua Santità e ad Ascanio stesso. Pure
-fra loro con alcuni cardinali vollero di poi consultar meglio la
-cosa. Tutti convennero meco; tanto che il Papa, chiamatomi, mi disse:
-«Sembrami quel che tu hai detto esser bene.» E così fu disposto, che la
-sera sul tardi mi troverei in Palazzo col donativo. Sua Santità diede
-una cena di famiglia in onore dello sposo e della sposa. Vi presero
-parte i cardinali Ascanio, Sant'Anastasia e Colonna; poi la sposa e
-quindi lo sposo; dopo il conte di Pitigliano, capitano della Chiesa, il
-signor Giulio Orsini; e poscia madonna Giulia Farnese, della quale si
-fa sì gran parlare — _de qua est tantus sermo_, — madonna Teodorina con
-la figlia, la marchesana di Gerazo; una figlia del nominato capitano,
-moglie del signor Angelo Farnese, fratello della detta madonna Giulia.
-Seguivano un giovane fratello del cardinale Colonna e madonna Adriana
-Ursina. Questa è la suocera della indicata madonna Giulia. È quella
-che, essendo nipote del Papa, ha sempre tenuto in sua casa la sposa
-in educazione. Era di fatto figlia del cugino carnale di colui, del fu
-signor Pietro de Milla, noto a Vostra Eccellenza.
-
-»Finita la tavola, che fu tra le tre e le quattro di notte, fu rimesso
-alla sposa il regalo del nobile duca di Milano: 5 pezzi staccati
-di broccato in oro e due anella, un diamante e un rubino. Il tutto
-fu stimato su 1000 ducati. Dopo presentai io il regalo di Vostra
-Eccellenza con acconce parole, esprimenti voti di felicità e letizia
-per l'avvenuto matrimonio e la profferta di servizii. Il regalo piacque
-molto al Papa. Insieme con la sposa e lo sposo, egli manifestò la sua
-infinita gratitudine. Quindi Ascanio offrì il regalo suo, consistente
-in un compiuto apparecchio di credenza in argento dorato, quasi del
-valore di 1000 ducati. Il cardinale Monreale offri due anelli, un
-zaffiro e un diamante, belli assai e del valore di circa 3000 ducati;
-il protonotario Cesarini un bacile con boccale del prezzo di 800
-ducati; il duca di Gandia una coppa, ammontante a un 70 ducati; il
-protonotario Lunate un'altra, in forma di diaspro, di argento dorato,
-che poteva valere da' 70 agli 80 ducati. Non vi furono altri regali.
-Alle feste per le nozze si supplirà dagli altri, cioè cardinali,
-ambasciatori e via di seguito: e anch'io mi sforzerò fare il simile.
-Credesi avran luogo domenica prossima; ma non si sa di certo.
-
-»Di poi le donne ballarono, e per intermezzo fu rappresentata una buona
-commedia con molti canti e suoni. Il Papa e tutti noi altri eravamo
-presenti. Che cosa mi resta a dire ancora? sarebbe un lungo scrivere.
-Così spendemmo tutta la notte; se bene o male lascio giudicarlo
-all'Eccellenza Vostra.»[44]
-
-
-VIII.
-
-Il matrimonio di Lucrezia con Giovanni Sforza valse a suggellare
-l'alleanza politica stretta tra Alessandro VI e Ludovico il Moro. Il
-reggente di Milano voleva chiamare Carlo VIII dalla Francia in Italia,
-perchè andasse a portar guerra al re Ferdinando di Napoli, ed egli
-stesso, Ludovico, potesse impadronirsi del Ducato di Milano. Egli di
-fatto era tutto divorato dall'ambizione e dall'impazienza di deporre
-dal trono il suo malaticcio nipote Giangaleazzo. Ma questi era marito
-d'Isabella d'Aragona, figlia di Alfonso di Calabria e nipote del re
-Ferdinando.
-
-Il 25 aprile la lega fra Venezia, Ludovico, il Papa e alcuni altri
-signori italiani era già stata pubblicamente annunziata in Roma. Niun
-dubbio che la era rivolta contro Napoli; epperò è naturale che quella
-Corte ne fosse terribilmente agitata.
-
-Malgrado di ciò, re Ferdinando mandò i suoi augurii felici al signore
-di Pesaro per l'avvenuto matrimonio. Egli lo risguardava come suo
-congiunto, e Giovanni Sforza era anche stato ammesso nella famiglia
-degli Aragonesi. Il re gli scrisse da Capua il 15 giugno 1493:
-
-«Illustrissimo Cugino e Amico nostro amatissimo. — Abbiamo ricevuto la
-vostra lettera del 22 del passato, per la quale ne avete significato
-il matrimonio contratto con la illustre donna Lucrezia, nipote di Sua
-Santità Signor Nostro. Di che abbiamo preso singolarissimo piacere e
-contentezza, sì per l'amore che sempre abbiamo portato e portiamo a
-voi e a tutta la casa vostra, e sì perchè crediamo che tale matrimonio
-non potrebbe essere più al proposito vostro di quel ch'è. Epperò ce ne
-congratuliamo sommamente, pregando con voi Nostro Signore Dio che esso
-sia con felicità della persona e dello Stato, e con aumento di autorità
-e reputazione.»[45]
-
-Otto giorni innanzi, lo stesso re aveva mandato lettera al suo
-ambasciatore in Spagna, invocando la protezione di Ferdinando e
-d'Isabella contro gl'intrighi del Papa, la cui vita egli chiamava
-detestabile affatto. E non intendeva già della condotta diplomatica,
-ma della personalità stessa di Alessandro. Giulia Farnese, che fra
-gl'invitati allo sposalizio in Vaticano è dall'Infessura designata
-addirittura come _concubina_ del Papa, faceva allora parlare tutto il
-mondo di sè e di costui. Questa donna giovane si dava ad un vecchio
-di 62 anni, nel quale ad un tempo doveva venerare il sacerdote supremo
-della Chiesa. Dell'adulterio suo durato per anni non è a dubitare. Ma
-i motivi della sua passione sono un mistero. Perchè, per potente che
-fosse stata la natura demoniaca di Alessandro, pure aveva dovuto già
-perder molto della sua forza magnetica. Forse, poichè ebbe ceduto alla
-seduzione e fatto tacere ogni senso di vergogna, quella giovane e vana
-creatura dovette sentirsi forte attrarre dall'idea di veder languire a'
-piedi suoi, a' piedi d'una debole fanciulla, il dominatore spirituale
-del mondo, colui innanzi al quale tutto si prosternava nella polvere.
-
-Certamente, il sospetto che gl'ingordi Farnesi si facessero lenoni
-di tanta ignominia, è molto naturale. In vero la prima ricompensa del
-peccato di Giulia non fu meno della porpora cardinalizia, guadagnata
-dal fratello suo Alessandro. Il Papa lo aveva già preconizzato con
-altri; ma la nomina incontrava ancora l'opposizione del Sacro Collegio,
-a capo della quale stava Giuliano Della Rovere. Anche il re Ferdinando
-appoggiava l'opposizione. Egli pose agli ordini de' cardinali, che la
-componevano, l'esercito suo in quei giorni appunto, in cui Lucrezia
-festeggiava il suo matrimonio con Pesaro.
-
-Per un momento il marito Sforza fu un uomo d'importanza in Roma e
-intimo con tutti i Borgia. Il 16 giugno fu visto a cavallo col duca
-di Gandia andare all'incontro dell'ambasciatore spagnuolo, vestiti
-entrambi di abiti costosi, splendenti di pietre preziose, _come se
-fossero due re_. Gandia ritardò la sua partenza per la Spagna. Egli
-s'era colà sposato con donna Maria Enriquez, nobile valenzana, poco
-tempo innanzi l'ascensione al trono di suo padre. Di fatto un Breve
-di Alessandro, fin dal 6 ottobre 1492, permetteva a questo figlio e
-alla moglie di prendere l'assoluzione da qualunque confessore a scelta
-loro. L'alta origine di donna Maria mostra in quali splendide relazioni
-il bastardo Juan Borgia entrasse come Grande di Spagna. La moglie di
-fatto era figlia di Don Enrigo Enriquez, visconte di Leon e di donna
-Maria de Luna, prossima parente con la Casa reale d'Aragona. Don Juan
-lasciò Roma il 4 agosto 1493 per imbarcarsi sulle galee spagnuole in
-Civitavecchia. Stando alla relazione dell'agente ferrarese, tolse seco
-gran copia di oggetti preziosi, alla lavorazione de' quali gli orafi di
-Roma erano stati da mesi occupati.
-
-De' figli quindi di Alessandro rimanevano in Roma Cesare, che
-doveva divenire cardinale, e Jofrè, che doveva andare a vivere
-principescamente in Napoli. Perchè, grazie agli sforzi di Spagna, la
-rottura tra il Papa e il re Ferdinando era cessata. La Spagna riuscì
-a far ritrarre il Papa dalla Francia e dalla lega con Ludovico il
-Moro. Questa repentina mutazione fu suggellata con lo sposalizio di
-Don Jofrè, bambino di 13 anni appena, con donna Sancia, figliuola
-naturale del duca Alfonso di Calabria. Lo sposalizio fu concluso il 16
-agosto 1493 in Vaticano mercè procura, ed il matrimonio doveva essere
-solennizzato più tardi in Napoli.
-
-Ora anche Cesare divenne cardinale, il 20 settembre 1493. I cardinali
-Pallavicini e Orsini, incaricati di esaminarne lo stato di legittimità,
-avevan fatto felicemente sparire la macchia della sua origine.
-A proposito di tale legittimazione Giannandrea Boccaccio in tono
-ironico scriveva a Ferrara, il 25 febbraio 1493: «Il vizio suo di
-figliuolo naturale sarà tolto via, e con ragione; e si giudicherà esser
-legittimo, essendo stato generato in casa, quando il marito della madre
-viveva; su ciò non cade dubbio: colui era allora in vita e presente,
-talvolta in città, tal'altra per ragion d'ufficio nelle terre della
-Chiesa, qua e là viaggiando.» Pure il nome di quest'uomo, che il solo
-Infessura chiama Domenico d'Arignano, non è nominato dall'ambasciatore.
-
-In quel giorno medesimo furono anche elevati alla dignità di cardinali
-Ippolito d'Este e Alessandro Farnese. Questo giovane libertino doveva
-il suo alto stato nella Chiesa all'adulterio della sorella. Ciò era
-tanto saputo, che l'arguzia popolare de' Romani avevagli dato nome di
-_Cardinale della Gonnella_. I congiunti gaudenti non vedevano nella
-Giulia che l'istrumento della loro fortuna. Girolama Farnese, il 21
-ottobre 1493, scriveva da Casignano al marito Puccio: «Voi avrete
-ricevuto lettere da Firenze anche prima di questa mia, e sentito quali
-beneficii Lorenzo abbia ottenuti, e tutti per opera della Giulia; e ciò
-vi farà molto piacere.»[46]
-
-Anche il Governo di Firenze cercava sfruttare la relazione della Giulia
-con Alessandro, nominando Puccio, cognato di lei, ambasciatore a Roma.
-I Fiorentini avevano, appena dopo l'assunzione al trono di Alessandro,
-mandato colà questo insigne giurista per fare atto di obbedienza.
-Fu poscia per un anno lor commissario a Faenza, ove resse il Governo
-pel minorenne Astorre Manfredi. Andò poi sul cominciar dell'anno 1494
-ambasciatore a Roma; e vi morì non più tardi dell'agosto.[47]
-
-Suo fratello Lorenzo Pucci fu molto favorito nella sua carriera
-ecclesiastica. Più tardi, sotto Leon X, fu cardinale potente.
-
-I Farnesi e la loro numerosa parentela erano ora nella migliore
-grazia del Papa come di tutti i Borgia. Nell'ottobre 1493 invitarono
-Alessandro e Cesare ad una riunione di famiglia nel castello
-Capodimonte, ove madonna Giovannella, madre della Giulia, preparò
-una festa. Non si sa se questa abbia in effetto avuto luogo; pure è
-da crederlo, poichè gli ultimi di quel mese Alessandro trovavasi a
-Viterbo.
-
-La Giulia nel 1492 aveva partorito una figliuola, che ebbe nome Laura.
-Officialmente la bambina passava per figlia del marito Orsini; ma di
-fatto padre suo era il Papa. I Farnesi e i Pucci conoscevano benissimo
-il secreto, e senza il minimo sentimento di pudore cercavano trarne
-ogni possibile profitto. La Giulia si curava sì poco del giudizio del
-mondo, che se ne stava nel palazzo di Santa Maria in Portico, quasi
-fosse parente carnale di Lucrezia. Alessandro stesso ve l'aveva messa a
-dimorare, come dama di compagnia di sua figlia. Il marito Orsini aveva
-preferito, o forse dovuto preferire, di vivere, invece che a Roma,
-testimone importuno della vergogna sua, nel suo castello di Bassanello
-o di scegliersi a soggiorno una delle tenute che il Papa aveva regalate
-a lui, marito di madonna Giulia, della _Sposa di Cristo_, come la
-satira la chiamava.
-
-Una lettera singolare di Lorenzo Pucci al fratello Giannozzo, del
-23 al 24 dicembre 1493 da Roma, chiarisce questi ed altri secreti di
-famiglia. Egli ci fa assistere a scene intime nel palazzo di Lucrezia.
-Lorenzo era stato richiesto dal cardinal Farnese d'accompagnarlo a
-Roma pel Natale. E con costui era ito da Viterbo a Rignano, ove con
-gran festa furono ricevuti da' baroni di casa Savelli, parenti del
-cardinale. Quindi a cavallo continuarono il viaggio per Roma. Ora
-Lorenzo comunicava innanzi tutto al fratello i discorsi confidenziali,
-avuti, via facendo, col cardinale. Trattavasi di fidanzare la piccola
-figliuola di Giulia con qualcuno, che potesse poscia diventarle marito.
-Su ciò il cardinale apriva a Lorenzo l'animo suo. Al giovane Astorre
-Manfredi di Faenza Piero de' Medici voleva dare una sua figliuola:
-invece desiderio del Farnese era che Astorre impegnasse la sua mano
-con la nipote, la figlia della Giulia. Egli sperava persuadere Pietro
-de' Medici che tal matrimonio sarebbe utile a lui e alla Repubblica di
-Firenze, e che varrebbe a raffermare le relazioni di lui con la Santa
-Sede. Simile disegno occorreva svolgere in guisa che apparisse affatto
-come risultato dell'accordo del Papa e di Piero. Il cardinale contava
-sul consenso di Alessandro e di Giuliano e sull'influenza di madonna
-Adriana. A siffatte espansioni confidenziali Lorenzo Pucci rispose:
-«Monsignore, io credo sicuramente che il Signor Nostro (il Papa) darà
-una figliuola a questo signore (Astorre), perchè, intendiamoci bene,
-tengo che quella bambina sia figlia del Papa, come madonna Lucrezia,
-e nipote di Vostra Eminenza.»[48] Lorenzo nella lettera non dice che
-il cardinale abbia replicato motto a questa osservazione spinta sino
-all'impudenza, e che avrebbe fatto arrossire ogni uomo d'onore. In
-quella vece a noi sembra scorgere sulle labbra di Alessandro Farnese
-un sorriso di approvazione. Il temerario Pucci insisteva, del resto,
-ripetendo subito il pensier suo: «Essa (dic'egli nella lettera stessa)
-è figlia del Papa, nipote del cardinale, e figlia putativa del signor
-Orsini, al quale il Signor Nostro darà ancora altri tre o quattro
-castelli presso Bassanello. Oltracciò il cardinale pretende, che caso
-mai il signor Angelo (suo fratello) avesse a rimanere senza figli, i
-loro beni proprii non andranno ad altri che a quella bambina, avendola
-egli molto cara; e già pensare a ciò. Per tanto l'illustre Piero potrà
-disporre del suffragio del cardinale e averselo obbligato per sempre.»
-Fra tutti questi disegni Lorenzo non dimenticava se stesso. Esprimeva
-apertamente la speranza, che il fratello suo Puccio venisse a Roma,
-come in effetto venne, quale ambasciatore della Repubblica, e che anche
-per sè, grazie alla cooperazione di madonna Adriana e della Giulia, vi
-fosse da guadagnare qualche pingue beneficio.
-
-Il 24 dicembre Lorenzo Pucci continuava la sua lettera, descrivendo una
-scena domestica nel palazzo di Lucrezia. Col suo racconto ci presenta
-quelle donne, specie la Giulia, in tutta la loro viva realtà.
-
-«Giannozzo mio, vi scrissi iersera quel che più su; oggi poi, vigilia
-della Pasqua, sono andato a cavallo con monsignor Farnese in Palazzo
-al vespro papale. Prima però che il Signor Nostro entrasse nella
-cappella, sono stato nella casa di Santa Maria in Portico per vedere
-madonna Giulia. La incontrai giusto al punto, in cui s'era lavato
-il capo e, con madonna Lucrezia, la figliuola del Signor Nostro, e
-madonna Adriana ne stava accanto al fuoco. E l'una e le altre mi videro
-tanto volentieri quanto è possibile dire. Madonna Giulia volle che le
-sedessi vicino, ringraziandomi d'aver io condotto a casa Jeronima, e
-dicendomi che, a volerla contentare, era necessario che la conducessi
-ancora qua. Madonna Adriana aggiunse: «È egli vero che essa non abbia
-licenza di venir qua più che di andare a Capodimonte e Marta?» Risposi
-non m'esser noto, e quanto a me bastare di aver contentato madonna
-Giulia, conducendo colei a casa, della qual cosa avevami per lettere
-richiesto; che ora lasciavo a madonna Giulia, che nelle cose sue non
-mancava d'ingegno, la cura dei mezzi per trovarsi con quella; e che
-anche Jeronima non desiderava meno vedere Sua Signoria che questa
-desiderasse veder lei. Di che madonna Giulia mi ringraziò assai,
-dicendomi tenersi soddisfatta di me. Poscia le ricordai gli obblighi
-che con Sua Signoria aveva per tutto ciò che aveva operato per me;
-e che per questo non aveva saputo mostrarle meglio l'animo mio grato
-che accompagnando madonna Jeronima a casa. Ella mi rispose non valer
-la pena di ringraziarla per sì poca cosa; sperare potermi ancora
-compiacere in cose di maggior momento, ed all'occorrenza n'avrei fatta
-esperienza. Madonna Adriana replicò ch'io fossi certo di questo, che
-non pel cancelliere messer Antonio o per ambasciate sue, ma solo per
-favore di madonna Giulia avevo io ottenuto quei benefizii.
-
-»Io mostrai crederlo per non contraddire, e ringraziai ancora una
-volta Sua Signoria. Quindi madonna Giulia mi domandò con molta premura
-di messer Puccio, e mi disse: «Noi lo faremo un dì venir qua; e se,
-quando ci fu, malgrado di tutti gli sforzi nostri non ci fu possibile
-ottenerlo, oggi invece riusciremo senza difficoltà.» M'accertò anche
-averle il cardinale iersera parlato di quel che per la via avevamo
-insieme conferito, e mi pregò di scrivere. Reputava però che, ove
-le cose si trattassero con l'intermezzo vostro, il magnifico Piero
-le udrebbe volentieri. Sicchè vedete ove le cose sono già ite. Volle
-anche che vedessi la fanciulla, la quale è già grandicella, e, a quanto
-mi sembra, somiglia al Papa _adeo ut vero ex eius semine orta dici
-possit_. Madonna Giulia si è ingrassata e fatta una cosa bellissima.
-In mia presenza si sciolse i capelli e se gli fece acconciare; le
-andavano sin giù a' piedi; nulla di simile vidi mai. Ha la più bella
-capigliatura che possa immaginarsi. Portava al capo un cuffione di
-rensa, con sopra una reticella leggiera come fumo con certi profili
-di oro: pareva davvero un sole. Gran cosa avrei pagato, perchè
-foste potuto esser presente per chiarirvi di quello più volte avete
-desiderato. Aveva un fodero indosso alla napoletana, e così anche
-madonna Lucrezia, che dopo poco andò via a cavarselo. Tornò di poi in
-veste foderata, pressochè tutta di raso pavonazzo. Le lasciai quando il
-vespro fu finito e i cardinali partivano.»[49]
-
-Le relazioni intime con la Giulia, gl'illeciti legami del padre con
-colei, de' quali la Lucrezia era ogni giorno testimone, se non le
-furono proprio scuola del vizio, la fecero stare con questo in continuo
-contatto. In tale atmosfera poteva mai una fanciulla di soli 14 anni
-mantenersi pura? Non doveva l'elemento della immoralità, nel cui
-mezzo era costretta a vivere, avvelenare i sentimenti suoi, attutire o
-falsare in lei ogni idea di morale e di virtù, e quindi penetrare anche
-tutta la natura sua?
-
-
-IX.
-
-Sul finire dell'anno 1493 Alessandro VI aveva largamente provvisto
-all'avvenire de' figli suoi. Cesare era cardinale; Juan duca in Spagna;
-Jofrè fu presto principe a Napoli. Questo più giovane figliuolo del
-Papa si sposò con donna Sancia in Napoli il 7 maggio 1494, il giorno
-stesso in cui suo suocero Alfonso, qual successore di re Ferdinando,
-salì al trono e fu incoronato dal cardinale legato Giovanni Borgia.
-Don Jofrè restò a Napoli: egli divenne principe di Squillace. Anche
-Don Juan ricevette grandi feudi in quel reame, e portava per questo i
-titoli di duca di Sessa e principe di Teano.
-
-Il marito di Lucrezia dimorò ancora un pezzo a Roma, ove il Papa
-avevalo preso al suo soldo, conforme al preesistente trattato
-d'alleanza con Ludovico il Moro. Del resto, lo Sforza era al tempo
-stesso anche uno de' condottieri di quest'ultimo. Ma già la condizione
-di lui alla Corte d'Alessandro cominciava a farsi ambigua. Gli zii
-suoi l'avevano sposato con Lucrezia, per fare del Papa un partigiano
-e complice della loro politica, che mirava ad una rivoluzione in
-Napoli. Ed ora invece Alessandro si legava strettamente con la dinastia
-Aragonese; dava al re Alfonso l'investitura del regno; e dichiaravasi
-contrario alla vagheggiata spedizione di Carlo VIII.
-
-L'imbroglio per lo Sforza non era quindi piccolo. Sui primi d'aprile
-1494 informava lo zio Ludovico della sua disperata condizione.
-
-«Vedendo (così scriveagli) queste bandiere contro ogni debito
-dirizzarsi ad un cammino, che non mi piace, nè mai avrei creduto,
-tutto perplesso, come colui che non vorrei maculare la fede mia, nè
-contravvenire alle obbligazioni, che ho per capitoli col Pontefice e
-con l'Eccellenza Vostra, non avendo altro rifugio, non altro signore nè
-padrone qui che il Reverendissimo Cardinale Vicecancelliere (Ascanio
-Sforza), il quale mi fermò a' comuni stipendii, mi rivolsi a lui e lo
-supplicai che nel caso presente si degnasse consigliarmi e drizzarmi
-a quel cammino che più salutifero per me gli paresse e pel quale io
-venissi a conservare la fede mia, che mentre vivrò intendo mi sia
-una dote di ricchezza. E il cardinale mi rispose che ne parlassi al
-Pontefice, e facessi che Sua Beatitudine ne parlasse a lei; chè ella
-vedrebbe di assettare i fatti miei; e così feci. E ieri, dicendomi
-Sua Santità al cospetto di esso cardinale: «Ben ecco qua messer Gio.
-Sforza, che vuo' tu mo dire?» Gli risposi: «Padre Santo, per tutta Roma
-si tiene che la Santità Vostra sia d'accordo col Re (di Napoli), il
-quale è inimico dello Stato di Milano. Quando così sia, io mi trovo a
-un mal partito. Perchè, essendo ai comuni stipendii di Vostra Santità
-e di tale Stato, quando le cose andassero innanzi di questo passo,
-non vedo poter servire ad uno che non disserva all'altro. E spezzare
-la compagnia io nol vorrei fare. Supplico Vostra Beatitudine si degni
-ordinare la condizione mia in modo che non resti inimico al sangue
-mio, nè debba contravvenire alle obbligazioni che ho per capitoli.» Mi
-rispose, ch'io volevo intender troppo de' fatti suoi, e che togliessi
-la prestanza dall'uno e dall'altro, e non cercassi dai coppi in su.
-E così commise al detto cardinale ne scrivesse all'Eccellenza Vostra,
-come più diffusamente ella intenderà dalle lettere dello stesso, alle
-quali mi rimetto. — Signor mio, se avessi creduto venire a termini
-tali, avanti di essermi legato per questa via, sarìa stato a mangiarmi
-la paglia sotto. Io mi getto nelle braccia vostre. Prego l'Eccellenza
-Vostra non mi voglia abbandonare, ma considerare lo stato in che io mi
-ritrovo, e non mi mancare dell'affetto suo ed aiutarmi, favorirmi e
-consigliarmi, perchè io resti buon servitore dell'Eccellenza Vostra;
-e mi conservi il credito e quel poco di mio, che grazie allo Stato
-di Milano mi hanno lasciato i miei progenitori; e il quale, insieme
-con la propria persona e genti d'armi, io manterrò sempre agli ordini
-dell'Eccellenza Vostra.
-
- »Roma.... aprile 1494.
-
- »GIOVANNI SFORZA.»[50]
-
-La lettera rivela anche altri più profondi e più ascosi timori circa la
-durata del dominio su Pesaro. Sin d'allora i propositi del Papa di far
-sparire dallo Stato della Chiesa tutti quei tirannelli e vicarii eran
-già in qualche modo trapelati.
-
-Poco tempo dopo, il 23 aprile, il cardinal Della Rovere fuggì da Ostia
-e andò in Francia per spingere Carlo VIII alla spedizione in Italia,
-non tanto per rovesciare l'ordine di cose esistenti in Napoli, quanto
-per trascinare quel Papa simoniaco innanzi a un Concilio e deporlo.
-
-Ne' primi di luglio lasciò similmente la città Ascanio Sforza, oramai
-compiutamente rotto con Alessandro. Andò dai Colonna, a Genazzano, i
-quali erano al soldo di Francia. Carlo VIII si disponeva già a muovere
-per l'Italia. Intanto il 14 luglio il Papa e re Alfonso ebbero un
-convegno a Vicovaro presso Tivoli.
-
-Erano in questo frattempo occorsi mutamenti importanti nel palazzo di
-Lucrezia. Il marito s'affrettò ad allontanarsi da Roma, il che dovette
-fare come condottiero della Chiesa. In tal qualità doveva unirsi
-all'esercito napoletano, che, sotto gli ordini del duca Ferrante di
-Calabria, s'andava concentrando in Romagna. Gli articoli del contratto
-matrimoniale gli davano facoltà di condur seco la moglie in Pesaro.
-Andarono con essa anche la madre Vannozza, Giulia Farnese e madonna
-Adriana. Alessandro stesso volle che partissero, temendo della peste,
-che cominciava a manifestarsi. Di ciò l'ambasciatore di Mantova in Roma
-informava sin dal 6 maggio il marchese Gonzaga; e il 15 scriveva allo
-stesso: «L'illustre signor Giovanni partirà immancabilmente lunedì o
-martedì in compagnia di tutte e tre le dame, che, per ordine del Papa,
-restano a Pesaro sino all'agosto: poscia faranno insieme ritorno.»[51]
-
-Lo Sforza deve esser partito su' primi del giugno, essendo l'11 di
-questo mese giunta lettera di Ascanio al fratello a Milano, con la
-quale informavalo essere il signore di Pesaro con la moglie, con
-madonna Giulia, _l'amante del Papa_, e la madre del duca di Gandia e
-di Jofrè, partito da Roma e andato a Pesaro; e Sua Santità aver pregato
-madonna Giulia di ritornare al più presto.[52]
-
-Il 18 luglio Alessandro fu di ritorno da Vicovaro a Roma; ed ecco la
-lettera che il 24 scrisse a sua figlia in Pesaro:
-
-«Alessandro Papa VI, _manu propria_.
-
-»Donna Lucrezia, figlia carissima. Da parecchi giorni non abbiamo tue
-lettere. A noi reca grandissima maraviglia che tu trascuri scriverci
-più spesso e darci nuove della salute tua e di quella del signor
-Giovanni, nostro carissimo figliuolo. Fa per l'avvenire di essere
-più accurata e diligente. Madonna Adriana e Giulia sono giunte a
-Capodimonte, ove trovarono morto il fratello. Della qual perdita han
-preso tanta alterazione e afflizione il cardinale e la Giulia, che
-entrambi sono stati colti da febbre. Noi abbiamo mandato Pietro Caranza
-a visitarli e provveduto a medici e al necessario. Speriamo in Dio e
-nella Nostra Donna gloriosa, che in breve staranno bene. Veramente
-in questa faccenda della partenza di madonna Adriana e di Giulia,
-il signor Giovanni e tu avete avuto poco rispetto e considerazione
-verso di noi. Le lasciaste partire senza espressa licenza nostra;
-mentre avreste, com'era debito vostro, dovuto pensare che un repentino
-allontanamento, senza nostra saputa, non ci poteva che sommamente
-dispiacere. Che se dici aver loro così voluto, perchè il cardinal
-Farnese così voleva e comandava; voi altri avreste dovuto considerare,
-se ciò fosse di gradimento al Papa. Oramai è fatto. Altra volta saremo
-più accorti, e penseremo molto bene in mano di chi mettiamo le cose
-nostre. Grazie a Dio e alla gloriosa Nostra Donna, noi stiamo benissimo
-di salute. Abbiamo avuto un convegno col Serenissimo re Alfonso. Egli
-s'è portato con noi con tanto amore ed osservanza ed obbedienza, come
-se fosse nostro proprio figlio. Non ti potremmo dire nè esprimere
-quanto siam partiti contenti e soddisfatti l'uno dell'altro. E sii
-certa che Sua Maestà metterà per lo Stato e in servizio nostro la
-propria persona e quanto al mondo possiede.
-
-»Noi speriamo che ogni suspicione e tutte le differenze con questi
-Colonnesi in tre o quattro dì saran tolte. Per ora non resta che
-esortarti ad attendere a star sana e ad esser devota della gloriosa
-Nostra Donna. — Data a Roma da San Pietro, il 24 luglio 1494.»[53]
-
-Questa lettera, la prima delle poche che ancora restano di Alessandro
-alla figlia, fa vedere che Giulia Farnese era, è vero, andata con
-madonna Lucrezia a Pesaro; ma che presto erane, all'insaputa e senza
-permesso di Alessandro, ripartita per rendersi alle terre della casa
-sua in Etruria. Stando ai dispacci di quell'ambasciatore mantovano,
-ella vi sarebbe accorsa per la malattia del fratello Angelo, che in
-effetto, poco dopo, nell'agosto, morì. Invece secondo una lettera
-veneziana in Marin Sanuto, la Giulia avrebbe abbandonato Roma per
-assistere ad un matrimonio presso i suoi congiunti, e in questa
-occasione lo scrittore la chiama: «la favorita del Papa, giovane sposa
-di grande bellezza, intelligente, savia e di dolce carattere.»
-
-La lettera del Papa ci fa conoscere che le relazioni di lui con
-l'amante, tuttochè allontanatasi da Roma, rimanevan le stesse.
-
-
-X.
-
-Le tempeste, che vennero allora a scatenarsi sul capo di Alessandro,
-non toccarono Lucrezia, che col marito entrava in Pesaro l'8
-giugno 1494. Sotto una pioggia torrenziale, che turbò la festa del
-ricevimento, essa prese possesso del palazzo degli Sforza, che ora
-doveva essere la sua residenza.
-
-Ecco in brevissimi cenni la storia di Pesaro sino a quel tempo:
-
-L'antica _Pisaurum_ si dice edificata dai Siculi, e aver preso nome
-dal fiume, che non lungi dalla città va a sboccare nel mare, chiamato
-oggi Foglia. Nell'anno 570 di Roma la città divenne colonia Romana.
-Cominciando da Augusto fece parte della quarta Regione dell'Italia: da
-Costantino poi della provincia Flaminia. Caduto l'Impero Romano, Pesaro
-corse la sorte di tutte le altre città italiane, specialmente nella
-grande guerra de' Goti con l'imperatore greco: Vitige la distrusse;
-Belisario la riedificò.
-
-Caduti i Goti, Pesaro fu incorporata all'Esarcato, componendo con le
-altre quattro città sull'Adriatico, Ancona, Fano, Sinigaglia e Rimini,
-la Pentapoli. Allorchè Ravenna venne in potere di Astolfo, re de'
-Longobardi, anche Pesaro diventò longobarda. Ma poscia per effetto
-della donazione di Pipino e di Carlo passò in possesso del Papa.
-
-La storia ulteriore della città s'intreccia con quella dell'Impero,
-della Chiesa e del Marchesato d'Ancona. Per lunga pezza residettero
-colà Conti imperiali. Innocenzo III ne investì Azzo d'Este, signore
-di quella Marca. Più tardi, durante la lotta degli Hohenstaufen col
-Papato, fu talvolta dell'Impero, tal'altra della Chiesa, sino a che al
-finire del XIII secolo i Malatesta, dapprima suoi Podestà, se ne fecero
-poscia signori. Questa famosa stirpe Guelfa, proveniente da Castel
-Verrucchio, posto fra Rimini e San Marino, acquistò nel territorio di
-Pesaro prima la cittadella Gradara e via via estese il suo dominio sino
-ad Ancona. Nel 1285 Gianciotto Malatesta divenne signore di Pesaro.
-Alla morte sua nel 1504 ereditò il potere il fratello Pandolfo.
-
-Poscia i Malatesta, signori nella prossima Rimini, dominarono
-non solo su Pesaro, ma su una gran parte della Marca, della quale
-s'impadronirono, mentre i papi sedevano in Avignone. Si assicurarono
-il possesso di Rimini, Pesaro, Fano e Fossombrone mercè un trattato al
-tempo del celebre Gil d'Albornoz, che gli confirmò colà quali Vicarii
-della Chiesa. Un ramo secondario della casa ebbe sede in Pesaro sino
-a Galeazzo Malatesta. Minacciato questi dal parente suo Gismondo, il
-tiranno di Rimini, e inetto a proteggere Pesaro contro gli assalti
-di lui, nel 1445 vendette la città per 20,000 fiorini d'oro al conte
-Francesco Sforza; il quale ne investì per contratto suo fratello
-Alessandro, marito di una nipote di Galeazzo. Lo Sforza fu quel gran
-condottiero, che, estinti i Visconti, salì sul trono di Milano, come
-primo Duca della casa sua. Mentre egli fondava colà la linea de' duchi
-Sforza, il fratello suo Alessandro si faceva fondatore della casa de'
-signori di Pesaro.
-
-Questo valoroso capitano prese possesso di Pesaro nel marzo 1445;
-due anni dopo ricevette l'investitura papale. Egli era maritato con
-Costanza Varano, una di quelle donne più esimie per bellezza e per
-spirito, che fiorirono in Italia nei primi tempi della Rinascenza.
-
-Costei gli partorì Costanzo e una figliuola, Battista, la quale
-benanche, come moglie di Federico d'Urbino, sfolgorò più tardi per
-le virtù sue e pel suo genio. Le vicine corti di Pesaro e d'Urbino
-s'imparentarono e gareggiarono a vicenda nel culto delle arti belle
-e delle scienze. Un'altra figliuola non legittima di Alessandro fu
-Ginevra Sforza, donna a tempo suo non meno ammirata, famosa come moglie
-di Sante prima, poi di Giovanni Bentivoglio, signori di Bologna.
-
-Dopo la morte della moglie, Alessandro Sforza passò a seconde nozze con
-Sveva Montefeltro, figlia di Guidantonio d'Urbino. Il 3 d'aprile 1473,
-dopo un regno felice, lasciò il suo bel paese al figlio.
-
-Costanzo Sforza l'anno appresso si sposò con Camilla Marzana d'Aragona,
-principessa bella e di larga mente della Casa reale di Napoli. Egli
-pure era uomo illustre e liberale. Morì nel 1483 a 36 anni appena,
-senza eredi legittimi, Giovanni e Galeazzo essendo suoi figliuoli
-naturali. Il governo di Pesaro fu quindi retto dalla vedova Camilla per
-sè e pel figliastro Giovanni, sino a che questi nel novembre 1489 non
-la costrinse a lasciargli intero il reggimento.
-
-Tale la storia della famiglia Sforza di Pesaro, nella quale ora
-Lucrezia Borgia era entrata come moglie appunto di Giovanni.
-
-Il dominio comprendeva allora la città di Pesaro ed un novero di
-piccole comunità, chiamate castelli o ville: cioè Sant'Angelo in
-Lizzola, Candelara, Montebaroccio, Tomba di Pesaro, Montelabbate,
-Gradara, Monte Santa Maria, Novilara, Fiorenzuola, Castel di Mezzo,
-Ginestreto, Gabicce, Monteciccardo e Monte Gaudio. Di più anche
-Fossombrone da' Malatesta era passato agli Sforza.
-
-Il Principato, come s'è detto, apparteneva da tempo antichissimo alla
-Chiesa, dalla quale prima i Malatesta e poi gli Sforza ne erano stati
-come Vicarii investiti, a titolo feudale, contro l'annuo canone di 750
-fiorini d'oro. La figlia quindi di un papa per un tiranno di Pesaro
-doveva essere la più conveniente delle mogli, che potesse augurarsi
-nelle condizioni d'allora, quando i papi sforzavansi a far scomparire
-dallo Stato della Chiesa quelle illegittime dominazioni. Se Lucrezia
-guardava l'estensione e l'importanza del suo piccolo regno, certo
-doveva a se stessa confessare, che rimaneva indietro rispetto alle
-altre donne residenti a Urbino, Ferrara e Mantova, o in Milano e
-Bologna. Pure, sotto il supremo dominio del Papa, del proprio padre,
-ella era sempre diventata principessa indipendente. E comecchè i
-possedimenti suoi non abbracciassero che poche miglia quadrate, eran
-pur sempre uno de' più preziosi giardini d'Italia.
-
-Pesaro giace libera e piana in spaziosa valle. Una catena di
-verdeggianti colline le fa corona d'intorno, quasi a forma
-d'anfiteatro, che va a terminarsi nel mare. E su questo, all'estremità
-del semicerchio, due erti promontorii si spiccano, l'Accio e l'Ardizio.
-Il Foglia serpeggia attraverso la valle. La graziosa città siede sulla
-destra sponda, e con le sue torri, e le mura e il castello si stende
-sulla piaggia biancastra. A settentrione, verso Rimini, i monti si
-serrano al mare; a mezzogiorno invece la riva è più larga. E di quivi
-attraverso i tenui vapori marini veggonsi spuntare le torri di Fano. E
-più in là si mostra il Capo d'Ancona.
-
-Quelle deliziose colline e quella valle ridente, e quel cilestre cielo
-che le copre, e il mare raggiante formano insieme un quadro, ove
-spira un soffio di amenità che rapisce. Gli è il più soave idillio
-sulla spiaggia adriatica. Le aure dalla terra e dal mare sembrano
-colà comporre una lirica melodia, che slarga il cuore e fa vibrare
-nell'anima immagini belle e felici. Pesaro è la culla del Rossini e di
-Terenzio Mamiani, dell'esimio poeta ed uomo di Stato, che oggi ancora
-sa consacrare le più nobili facoltà sue al risorgimento d'Italia.
-
-Le passioni de' tiranni di questa città non furono così spaventevoli
-come di altri dinasti del loro tempo, forse anche perchè il bel paese
-era troppo piccolo per feroci ambiziose geste. Dico forse, perchè lo
-spirito umano non sempre si forma secondo le influenze della natura.
-Uno de' più empii scellerati fu Gismondo Malatesta nella mite e bella
-città di Rimini. Gli Sforza però, quando si paragonino co' loro cugini
-di Milano, sembrano signori buoni e felici. Una serie di nobili dame
-fu ornamento della loro piccola corte. Ed ora Lucrezia doveva sentirsi
-chiamata a modellarsi su quelle.
-
-Poichè fu entrata a Pesaro, se in età così giovane l'anima sua non
-era per anco resa incapace di una felicità modesta, dovette la prima
-volta provare l'inebbriante sentimento della libertà. Colà Roma severa
-col sinistro Vaticano, con i suoi delitti e le sue passioni, potette
-apparirle quasi carcere, dal quale erasi sottratta. Certamente,
-tutto quello che in Pesaro la circondava, era piccino in confronto
-della grandezza di ogni cosa a Roma. Pure colà non era più soggetta
-all'influenza immediata e al volere del padre e del fratello, da' quali
-oramai la dividevano l'Appennino e una distanza per quel tempo grande.
-
-La città di Pesaro, che oggi conta più di 10,000 abitanti e col suo
-territorio n'ha quasi 20,000, allora ne conteneva forse la metà. Aveva
-strade e piazze regolari, con architettura essenzialmente gotica, però
-già interrotta da edifizii in stile della Rinascenza. Alcuni chiostri e
-chiese, che ancora oggi serbano le antiche facciate, come San Domenico,
-San Francesco, Sant'Agostino e San Giovanni, davano alla città aspetto
-degno e onorevole, tuttochè non straordinariamente bello.
-
-I più grandi edifizii monumentali di Pesaro erano quelli dei tiranni
-regnanti; il castello sul mare, e il palazzo sulla piazza della città.
-Quello fu costrutto da Costanzo Sforza nel 1474, e poi interamente
-rifatto dal figlio Giovanni. Ancora oggi se ne vede il nome su una
-lapide di marmo alla porta d'ingresso. Con quattro torri rotonde e
-tozze, e bastioni, in rasa pianura, circondato da una fossa, esso
-è posto all'angolo delle mura della città verso il mare; e solo la
-prossimità di questo poteva dargli certa saldezza. Malgrado di ciò, ha
-apparenza di sì poco rilievo, che v'è da maravigliarsi come, anche in
-quel tempo, per imperfettissima che fosse ancora l'artiglieria, potesse
-esser tenuto atto a resistere.
-
-Il palazzo degli Sforza sta ancora sulla leggiadra piazza della
-città, della quale occupa un lato. Costruzione a due grandi cortili,
-di bell'aspetto, ma non maestoso. I Rovere, successori degli Sforza,
-l'abbellirono nel secolo XVI. N'edificarono pure la sontuosa facciata
-che posa su portico a sei archi rotondi. Le armi degli Sforza nel
-palazzo sono sparite. Sulle facciate e sotto le vôlte sono invece
-frequenti le iscrizioni _Guidobaldus II Dux_, e l'arme de' Rovere.
-V'era già al tempo di Lucrezia la magnifica sala per le feste, il più
-bel fregio del palazzo; grande e vasta da farla degna del più potente
-de' monarchi. Ma la mancanza di decorazione alle pareti, o di porte
-guernite di marmi finissimi, quali si ammirano nel Castello di Urbino,
-mostra anch'essa le modeste condizioni della dinastia di Pesaro. La
-ricca vôlta della sala in legno dorato e dipinto risale al tempo del
-duca Guidobaldo.
-
-Ogni memoria del tempo, in cui quel palazzo fu abitato da Lucrezia
-Borgia, è morta. Non vivono che i ricordi di un tempo posteriore; della
-vita della corte de' Rovere, ove il Bembo, il Castiglione e il Tasso
-furono più volte ospiti. La corte ufficiale, che Lucrezia aveva seco
-menata, non bastava a popolare quegli ampii spazii. Anche la madre,
-madonna Adriana e Giulia Farnese non si trattennero con lei che breve
-tempo. Essa maritò in Pesaro una giovane spagnuola del suo seguito,
-donna Lucrezia Lopez, nipote del Datario, e poscia cardinale Giovanni
-Lopez, con Gianfrancesco Ardizio, il medico e il confidente di Giovanni
-Sforza.
-
-Nel palazzo non trovò altri parenti del marito che il più giovane
-fratello Galeazzo. Questa dinastia non fu feconda, e già tendeva
-all'estinguimento. Anche Camilla d'Aragona, la madrigna di Giovanni,
-non era della compagnia di lei, avendo sin dal 1489 abbandonato Pesaro
-per sempre, ed essendosi ritirata in un castello presso Parma.
-
-L'estate, l'attraente paese potette procacciare alla giovane
-principessa qualche svago. Potè visitare la vicina corte di Urbino, ove
-vivevano Guidobaldo di Montefeltro e la moglie Elisabetta nel superbo
-castello, del quale l'intelligente Federico aveva fatto un centro
-di coltura. Viveva allora in Urbino Raffaello, fanciullo di 11 anni,
-discepolo assiduo e zelante nello studio del padre suo Sanzio.
-
-Lucrezia andò nella state in una delle belle ville sulle colline
-de' pressi. Soggiorno preferito dal marito era Gradara, castello in
-luogo elevato sulla strada di Rimini, che ancora oggi con le sue mura
-rosse e con le sue torri si mantiene intatto. Ma il più magnifico
-dei castelli era la Villa Imperiale. Rimane a mezz'ora da Pesaro;
-sul Monte Accio; e si gode di là una estesa vista sul mare e sul
-continente. Sontuoso palazzo d'estate per gran signori e per gente
-felice, nata ai più eletti comodi e ai godimenti più belli. Questa
-villa deve aver somigliato a un giardino di Armida. Alessandro Sforza
-l'edificò il 1464; l'imperatore Federico III, tornando dal suo viaggio
-in Roma per l'incoronazione, ne pose la prima pietra; indi il nome di
-Villa Imperiale. Più tardi fu compiuta da Eleonora Gonzaga, moglie
-di Francesco Maria Della Rovere, erede di Urbino e successore di
-Giovanni Sforza nel dominio di Pesaro. Artisti celebri l'ornarono di
-pitture allegoriche e storiche; il Bembo e Bernardo Tasso la cantarono
-in versi; e Torquato vi lesse alla corte dei Rovere la sua favola
-boschereccia, l'_Aminta_. Oggi è anch'essa in uno stato di deplorevole
-rovina.
-
-Pesaro, del resto, non poteva offrire grande divertimento ad una
-giovane signora abituata alla rumorosa vita di Roma. La piccola città
-non aveva nobili d'importanza. Le case dei Brizi, degli Ondedei,
-dei Giontini, Magistri, Lana, Ardizii ed altri con le loro maniere
-e costumanze patriarcali non potevano per Lucrezia supplire alle
-relazioni tanto cospicue e importanti con i grandi di Roma. Del
-movimento umanistico della coltura italiana qualche soffio era pur
-penetrato in Pesaro. Colà, come nelle città limitrofe sull'Adriatico
-e sin nell'Umbria, era in fiore quella leggiadra arte industriale, la
-dipintura delle maioliche, che, portata alla sua perfezione, degnamente
-successe all'arte vasaria della Magna Grecia e dell'Etruria. Aveva già
-preso largo incremento al tempo degli Sforza. Una delle più antiche
-maioliche nel Museo Correr a Venezia, rappresentante Salomone in
-adorazione innanzi a un idolo, porta la data del 1482. E sin dal secolo
-XIV era quell'arte coltivata anche in Pesaro, e v'aveva preso poderoso
-slancio sotto il reggimento di Camilla d'Aragona. Ancora oggi nella
-Casa Comunale si conservano alcuni avanzi della ricchezza delle antiche
-fabbriche cittadine.
-
-Anche per altre vie si muoveva colà la vita dello spirito, che v'era
-stata suscitata dagli Sforza o dalle donne loro, gareggiando con Urbino
-e Rimini. In quest'ultima città Gismondo Malatesta raccoglieva intorno
-a sè poeti ed eruditi, ai quali dava stipendii in vita, e, morti,
-faceva erigere sarcofaghi sul muro esterno del Duomo. Specialmente
-Camilla ebbe molto a cuore il culto delle scienze. Nel 1489 chiamò a
-Pesaro un greco, Giorgio Diplovatazio di Corfù, uomo di merito, parente
-di Laskari e Vatazes, che, fuggito da' Turchi, era venuto in Italia.
-E in quel tempo stesso già vivevano nella ospitale Pesaro altri esuli
-Greci delle stirpi degli Angeli, de' Komneni e de' Paleologhi. Il
-Diplovatazio aveva studiato a Padova; a Pesaro Giovanni Sforza lo fece
-nel 1492 Avvocato del fisco. Dopo d'allora e sino alla morte, nell'anno
-1541, sfolgorò colà come giurisperito.[54]
-
-Lucrezia adunque trovò in Pesaro quest'uomo illustre. Con lui e con
-altri Greci avrebbe potuto continuare i suoi studii, ove la maturità
-degli anni o la natia inclinazione ve l'avesse spinta. Una biblioteca,
-raccolta dagli Sforza, gliene offriva i mezzi. Mancava colà un altro
-uomo allora non meno celebre, Pandolfo Collenuccio, poeta, retore
-e filologo, divenuto conosciutissimo per la sua storia di Napoli.
-Aveva servito la casa Sforza come segretario e diplomatico; e alla
-sua eloquenza il marito della Lucrezia doveva, se a lui, bastardo
-di Costanzo, fu concessa l'investitura di Pesaro da Sisto IV e da
-Innocenzo VIII. Ma il Collenuccio cadde poscia in disgrazia; Giovanni
-Sforza nel 1488 prima lo mise in prigione, e poi lo esiliò. Andò
-a Ferrara a prestare i suoi servizii a quella corte. Accompagnò il
-cardinale Ippolito a Roma; e vi si trovava nel 1494, proprio al tempo,
-in cui Lucrezia andò a prender possesso di Pesaro. Probabilmente in
-Roma ella ebbe occasione di conoscerlo.[55]
-
-Ai tempi di Lucrezia non era neanche in Pesaro il giovane poeta Guido
-Postumo Silvestro, allora sempre a Padova agli studii. Ben dovette
-forse a Lucrezia rincrescere di non aver potuto accogliere alla sua
-corte questo poeta pieno di spirito quanto irrequieto. La sua grazia
-affascinante gli avrebbe probabilmente ispirato altri versi, diversi da
-quelli ch'ei più tardi indirizzò ai Borgia.
-
-La sposa dello Sforza fu accolta in Pesaro con amore; e ben presto
-v'ebbe amici molti. Era in sul primo schiudersi della florida
-giovanezza sua. Niuno di quegli eventi, che più tardi la resero oggetto
-di diffidenza o di pietà, ne turbava ancora l'esistenza. Se nel suo
-matrimonio con lo Sforza godette mai realmente la felicità della vita,
-furono, certo, i giorni passati in Pesaro quelli che poterono farla
-vivere come invidiabile regina di un idillio pastorale. Ma tale non era
-la sorte a lei destinata. L'ombra sinistra del Vaticano si spandeva sin
-sulla Villa Imperiale del Monte Accio. Un dispaccio del padre poteva
-ogni giorno richiamarla a Roma. Forse anche cominciò ella stessa a
-trovare il soggiorno di Pesaro troppo monotono e vuoto, soprattutto per
-questo, che di frequente il marito era costretto ad allontanarsi dalla
-corte di lei per i doveri di condottiero presso l'esercito del Papa e
-de' Veneziani.
-
-Gli avvenimenti, che in quel mentre avevan messo l'Italia a soqquadro,
-ridussero Lucrezia di nuovo a Roma, dopo un anno di pace goduto in
-Pesaro.
-
-
-XI.
-
-Su' primi di settembre 1494 Carlo VIII entrava in Piemonte; e d'un
-tratto le condizioni d'Italia mutavan tutte. Il Papa, il suo alleato
-Alfonso e Piero de' Medici, in breve tempo, si videro quasi inetti
-a difendersi. Già a' 17 novembre faceva quel re ingresso a Firenze.
-Alessandro avrebbe voluto mettergli contro le truppe sue e le
-napolitane a Viterbo, ove trovavasi come Legato il cardinal Farnese. Ma
-i Francesi, senza ostacolo, penetrarono e si sparsero nel Patrimonio.
-E insino l'amante del Papa, la sorella Girolama, e madonna Adriana,
-quelle donne ch'erano _il cuore_ e _gli occhi_ di Alessandro, caddero
-in mano di una colonna francese.
-
-L'agente mantovano Brognolo ne informava il suo signore con dispaccio
-del 29 novembre 1494: «È occorso un caso, ch'è oltraggio grande pel
-Papa. L'altr'ieri madonna Adriana e madonna Giulia con la sua sorella
-uscivano dal loro castello di Capodimonte per recarsi a Viterbo presso
-il loro fratello, il cardinale. A qualche miglio di colà s'imbatterono
-in una schiera di cavalleria francese, e furon prese e menate a
-Montefiascone insieme con tutto il seguito loro, 25 a 30 persone a
-cavallo.»
-
-Il capitano francese, che fece sì preziosa presa, fu monsignor
-d'Allegre, forse quell'Ivo, che più tardi entrò al servizio di Cesare.
-«Allorchè seppe chi fosse quella bella dama, le impose per riscatto la
-somma di 3000 ducati; e informò per lettera il re Carlo della persona
-che aveva fatta prigioniera; ma colui non volle vederla. Madonna Giulia
-scrisse quindi a Roma, che la era trattata benissimo, e le si mandasse
-la somma pel riscatto.»[56]
-
-La nuova dell'accaduto gettò Alessandro nella massima costernazione.
-Immediatamente mandò un cameriere a Marino, ov'era allora al quartier
-generale de' Colonna il cardinale Ascanio, il quale, da lui vivamente
-pregato, era tornato il 2 novembre e messosi a negoziare col re Carlo.
-Col cardinale si dolse dell'affronto arrecatogli, e impetrava che
-s'impegnasse per la liberazione de' prigionieri. Scrisse puranco a
-Galeazzo di Sanseverino, che accompagnava il re a Siena. E, compiacente
-verso codesti signori, Carlo VIII ordinò che quelle donne fossero
-mandate libere. Sotto la scorta di 400 Francesi furono condotte sino
-alle porte di Roma, e ivi ricevute, il primo dicembre, da Giovanni
-Marades, cameriere del Papa.[57]
-
-Il romantico avvenimento fece parlar di sè per tutta Italia. Fu un
-rallegrarsi dello scandalo, di cui il Papa era stato vittima, e un
-ridere alle spalle sue. Una lettera del Trotti, ambasciatore ferrarese
-presso la corte di Milano al duca Ercole, ci mostra come Ludovico il
-Moro, l'usurpatore del trono di suo nipote, fatto da lui avvelenare,
-giudicasse il Papa in tal circostanza: «Egli biasimava fortemente
-monsignor Ascanio e il cardinal Sanseverino per la restituzione
-di madonna Giulia, di madonna Adriana e di Girolama a Sua Santità,
-perchè, essendo tali donne il cuore e gli occhi del Papa, sarebbero
-state il miglior flagello per costringere costui a tutto quello che
-si desiderava; mentre Sua Santità non sapeva vivere senza di esse.
-I Francesi, che le presero, non avevano avuto per riscatto che 3000
-ducati; invece, solo per riaverle, il Papa ne avrebbe pagati più di
-50,000. Secondo notizie arrivate al nominato signor duca da Roma e
-anche da Firenze da Angelo, che era colà, quando le donne entrarono,
-Sua Santità andò loro incontro, in giubba nera, con liste di broccato
-in oro, con una bella ciarpa alla spagnuola e col pugnale e la spada.
-Portava stivali spagnuoli e berretto di velluto molto galante. Il
-duca, ridendo, mi domandò cosa ne pensassi; e io, senza indugiare, gli
-risposi, che se fossi, come lui, duca di Milano, vorrei tentare, mercè
-il re di Francia o per qualunque altra via, sotto pretesto di accordo,
-di aggirare e vincere in astuzia Sua Santità, e con belle parole, il
-che egli stesso ha fatto, prender lui e i cardinali prigionieri; cosa
-del resto agevole di molto! Chi ha in mano il servo — almeno così
-suona da noi il proverbio — tiene anche il carro co' bovi insieme; e mi
-ricordai bensì di quel verso di Catullo: _tu quoque fac simile, simile
-ars deluditur arte_.»[58]
-
-Ludovico, il degno contemporaneo de' Borgia, amicissimo una volta
-di Alessandro VI, ora l'odiava, dopo che questi erasi alienato da
-lui e da Francia. Soprattutto l'imprigionamento traditoresco del
-fratello Ascanio era valso ad irritarlo oltre ogni misura. Lo stesso
-ambasciatore scriveva ad Ercole il 28 dicembre: «Il duca Ludovico
-mi disse parergli d'ora in ora vedere arrivare messer Bartolomeo de
-Calcho con una staffetta per informarlo che il Papa fosse stato preso,
-e tagliatagli la testa.»[59] Libero il lettore di ritenere o no, che
-per questo odio appunto Ludovico si permettesse rispetto al Papa un
-linguaggio così maledico, o anche di esagerare nel suo dialogo col
-Trotti, ovvero di affermare in pubblico Consiglio di Stato, il Papa
-essersi fatto venire per suo uso tre donne: l'una, monaca di Valenza;
-l'altra, una castigliana; la terza, una fanciulla di Venezia, bella
-come un'immagine, tra i 15 e 16 anni. «Qui in Milano — così il Trotti
-— si pronunziano in pubblico tali ingiurie contro questo Papa, quali
-forse in Ferrara non si ammetterebbe contro il Torta.»[60]
-
-Come Carlo VIII vittorioso, senza riportar vittorie, si spingesse sino
-a Roma e a Napoli, è raccontato in altre storie. La sua spedizione
-conquistatrice attraverso l'Italia è forse la più umiliante delle
-invasioni che quel paese abbia avuto a subire. Ma essa insegna, che,
-quando Stati e popoli son divenuti maturi per la decadenza, basta anche
-la forza di un fanciullo di fiacca mente per mandarli in perdizione.
-Il Papa seppe giuocare d'astuzia col monarca di Francia e superarlo.
-Questi, anzi che farlo deporre mercè un Concilio, lo riconobbe qual
-Vicario di Cristo e concluse con lui un trattato.
-
-Egli irruppe quindi nel Napoletano. E dopo breve tempo il paese venne
-in poter suo. Ma poichè l'Italia riprese coraggio e gli si strinse
-in lega alle spalle, Carlo VIII fu costretto a tornare indietro.
-Alessandro lo schivò, andandosene prima ad Orvieto, poi a Perugia.
-Quivi fece venire Giovanni Sforza, che v'andò con la moglie il 16
-giugno 1495; e, restatovi quattro giorni, se ne tornò poi di nuovo
-a Pesaro.[61] Il re di Francia si aprì felicemente sul Taro un varco
-attraverso l'esercito della Lega; e così con onore si sottrasse alla
-morte o alla prigionia.
-
-Tornato a Roma, Alessandro VI si trovò tanto più raffermato sulla Santa
-Sede, intorno alla quale raccolse i suoi ambiziosi bastardi. E questi
-Borgia si levarono con tanta maggiore audacia, in quanto, scosso per
-l'invasione tutto l'ordine di cose esistenti in Italia, riusciva assai
-più facile dar seguito ai propositi loro.
-
-Lucrezia restò ancora un po' di tempo a Pesaro col marito, che per la
-Lega era stato preso al soldo dai Veneziani. Pure nè alla battaglia sul
-Taro, nè all'assedio di Novara Giovanni Sforza erasi lasciato vedere.
-Conclusa poi nell'ottobre 1495 la pace tra Carlo VIII e il duca di
-Milano, mercè la quale cessava la guerra nell'Alta Italia, lo Sforza
-potette ricondurre la moglie a Roma. Marin Sanudo c'informa della
-presenza di lei nella città sul finire dell'ottobre, e il Burkard di
-quella per la festa di Natale.
-
-In servizio della Lega lo Sforza comandava 300 fantaccini e 100 uomini
-d'arme. Con questo corpo doveva nella primavera dell'anno seguente
-muovere per Napoli, ove l'esercito alleato sosteneva vigorosamente
-il giovane re Ferrante II in guerra coi Francesi, ch'erano sotto
-gli ordini del Montpensier. Colà s'indirizzava benanche il capitano
-generale di Venezia, il marchese di Mantova. Questi entrò in Roma
-il 26 marzo 1496. Il 15 aprile vi giunse anche lo Sforza con i suoi
-mercenarii, e ne partì il 28 aprile, lasciandovi la moglie. Il 4 maggio
-arrivò a Fondi.[62]
-
-I due figli di Alessandro, Don Juan e Don Jofrè, continuavano allora a
-rimaner lontani. L'uno, il duca di Gandia, fu preso similmente al soldo
-da Venezia. Era atteso dalla Spagna per porsi alla testa di 400 uomini,
-che il suo luogotenente Alovisio Bacheto raccoglieva per lui. L'altro,
-Don Jofrè, come s'è visto, era ito nel 1494 a Napoli, ove erasi sposato
-con donna Sancia e stato nominato principe di Squillace. Come membro
-della casa Aragonese, corse anch'egli i pericoli della declinante
-dinastia; e ciò doveva spingere il Papa ad impedire di questa l'estrema
-e totale rovina. Accompagnò il re Ferrante nella fuga, e seguì anche
-le insegne di lui, allorchè, dopo la ritirata di Carlo VIII, quegli
-per gli aiuti di Spagna, di Venezia e del Papa, tornava di nuovo a
-impadronirsi del reame e rientrava in Napoli nell'estate 1495.
-
-Don Jofrè con la moglie non vennero a Roma che l'anno appresso.
-Entrambi fecero il loro ingresso solenne il 20 maggio 1496 con pompa
-veramente regale. Ambasciatori, cardinali, magistrati della città,
-molti baroni andarono loro incontro avanti a Porta Lateranense. V'andò
-anche Lucrezia accompagnata dalla sua corte officiale. Con tutto questo
-seguito la giovane coppia fu condotta al Vaticano. Il Papa ricevette
-il figlio e la nuora sul trono, circondato da undici cardinali. Fece
-sedere a terra, sopra cuscini, Lucrezia alla sua destra e Sancia alla
-sinistra. Era il tempo pasquale. Alle solenni funzioni si vedevano le
-due principesse e le loro dame di corte sfacciatamente sedute sugli
-stalli de' canonici; e per tal modo, come il Burkard nota, erano pel
-popolo motivo di pubblico scandalo.
-
-Tre mesi più tardi, il 10 agosto 1496, anche il maggior figlio di
-Alessandro, Don Juan, duca di Gandia, entrò con grandissima solennità
-in Roma, per fermarvisi, avendo il padre deciso far di lui un gran
-principe.[63] Non è mai detto ch'egli abbia condotto seco la moglie
-donna Maria.
-
-Così per la prima volta Alessandro VI vedeva intorno a sè tutti i
-suoi figli. Nel Borgo Vaticano non v'erano allora meno di tre corti
-di nepoti. Juan aveva stanza nel Vaticano; Lucrezia nel palazzo Santa
-Maria in Portico; Jofrè nella casa del cardinale d'Aleria presso Castel
-Sant'Angelo; e Cesare nel Borgo stesso.
-
-Tutti codesti individui eran venuti su dal nulla, avidi d'onori, di
-potenza e di godimenti; giovani tutti e belli, e pressochè anche tutti
-gente di vita rotta, ma graziosamente eloquenti e rivestiti, pari
-alla gioventù depravata dell'antica Roma, delle forme più amabili e
-più leggiadre della socievolezza. Solo, in verità, un angusto modo
-di giudicare, che non vede in quegli uomini se non le crudezze, può
-indursi a raffigurare i Borgia qual branco di bestie per natura feroci.
-Essi erano, nè più nè meno, come parecchi principi e signori del tempo
-loro. Spietati e scellerati adoperavan veleno e pugnale; spazzavano
-via tutto quanto si parasse contro la passione loro; e ridevano, quando
-l'azione diabolica era consumata. Ciò che pone i Borgia particolarmente
-in rilievo fra la schiera de' privilegiati malfattori di quel tempo, è
-il fondamento della Chiesa e del Cristianesimo, sul quale s'appoggiano.
-Di qui appariscono come la caricatura infernale del concetto del santo;
-e Alessandro stesso è stato designato come anticristo.
-
-Se potessimo penetrare ne' misteri della vita, che quei dissoluti
-bastardi traevano intorno al Vaticano, ove il padre loro nella
-coscienza della sicurezza e potenza sua era oramai despota assoluto,
-scopriremmo senza dubbio cose da sbalordire. Era davvero spettacolo
-non mai visto quello che si svolgeva in quel sacro recinto di San
-Pietro. Due donne giovani e belle vi tenevano splendida corte, e ogni
-dì si vedevano aggirarsi colà nugoli di dame e cavalieri spagnuoli e
-italiani; e la gente elegante di Roma e nobili e monsignori affollarsi
-e pigiarsi per fare omaggio a quelle donne. Delle due, Lucrezia aveva
-appena 16 anni, Sancia poco più di 17.
-
-È facile immaginare quanti intrighi amorosi in quei palazzi fossero
-allora orditi, e che ridda infernale vi menassero gelosia e ambizione.
-Niuno in vero crederà che quelle principesse piene di giovanili
-ardori e di vanità vivessero, all'ombra di San Pietro, come monache
-o sante. Invece i loro palazzi risuonavan sempre di canti e di suoni,
-di banchetti e festini. Si vedevano quelle donne andar con cavalcate
-sontuose per Roma, ed entrare in Vaticano. Si vedeva il Papa sempre in
-contatto con loro, sia che andasse di persona a visitarle e prender
-parte alle loro feste, sia che le ricevesse, talvolta in privato,
-tal'altra in forma solenne, come principesse della casa sua. Alessandro
-per se stesso, per quanto affogato nella sensualità, non amava l'orgia
-sregolata. L'ambasciatore ferrarese, il Boccaccio, scriveva di lui
-nel 1495 al suo signore: «Il Papa non si ciba che di una vivanda sola,
-abbenchè questa debba essere abbondante. È quindi una pena desinar con
-lui. Ascanio ed altri, specialmente il cardinal Monreale, che solevano
-essere commensali di Sua Santità, e così anche Valenza, non andando
-loro a genio tanta parsimonia, hanno rinunziato a quella compagnia e la
-schivano quando e come è possibile.»[64]
-
-La vita del Vaticano doveva porger motivo a ciarle moltissime, e in
-Roma la sete di scandalo era da tempo antichissimo più che ardente.
-Già nell'ottobre 1496 si raccontava a Venezia, il duca di Gandia aver
-seco condotto una spagnuola pel padre, con la quale questi viveva; e
-si parlava di un empio fatto, che par quasi incredibile, ma che vien
-narrato dall'ambasciatore veneziano e da altri.[65]
-
-Ben presto donna Sancia fece discorrer molto di sè. Era bella e
-leggiera; si sentiva figlia di re. Dalla più corrotta delle corti era
-passata in Roma demoralizzata, qual moglie di un fanciullo immaturo.
-Dicevasi, che i suoi cognati il Gandia e Cesare disputavansi il
-possesso di lei, e che lo acquistarono alternativamente; e che giovani
-baroni e giovani cardinali, come Ippolito d'Este, potevano vantarsi de'
-suoi favori.
-
-Ebbe ben donde il Savonarola se prese di mira anche questa corte
-di nepoti, allorchè dal pulpito di San Marco di Firenze con accesa
-indignazione tuonava contro la Sodoma di Roma.
-
-Quando anche la voce del gran predicatore, la cui fama risuonava
-allora per tutta Italia, non fosse giunta sino a lei, pure Lucrezia,
-per propria esperienza, poteva già sapere che abominevole mondo
-fosse quello, nel quale viveva. A sè d'intorno vedeva vizii mostrarsi
-nudi e impudenti o tutt'al più coperti di certa dignitosa vernice;
-cupidigia di onori e di danaro, che non rifuggiva da qualunque delitto;
-una religione fatta più pagana dello stesso Paganesimo; un culto
-ecclesiastico, nel quale preti, cardinali, il fratello Cesare, il
-padre, tutti quei santi personaggi, la cui maniera di vivere era a lei
-nota perfettamente e nel più intimo fondo suo, avevano a compiere con
-pompa e decoro i misteri della Divinità. Tutto ciò vedeva Lucrezia.
-Sbagliano però quei che credono, ch'essa o altri a lei simili, lo
-vedessero e giudicassero così come facciamo noi oggi o forse fecero
-alcuni pochi, animati allora da sentimento più puro. Imperocchè in ogni
-tempo l'educazione e l'abitudine attutiscono nella comune degli uomini
-il senso necessario al riconoscimento del vero. S'aggiunga per di più,
-che in quel tempo i concetti della religione, della decenza e della
-moralità non erano gli stessi che oggi prevalgono.
-
-Quando nella Rinascenza lo spirito ebbe compiuto la sua prima
-separazione dal Medio Evo e dall'ascetismo della Chiesa, le passioni
-ruppero ogni freno e si scatenarono oltre ogni limite. Tutto ciò che
-era stato tenuto santo fu deriso. I liberi spiriti italiani crearono
-una letteratura, il cui crudo cinismo non ha uguale. Dall'_Ermafrodito_
-del Beccadelli a venire giù giù sino al Berni e a Pietro Aretino,
-la letteratura in novelle, epigrammi e commedie divenne una immensa
-palude, alla cui vista il serio Dante si sarebbe ritratto pieno di
-terrore, come innanzi ad una bolgia infernale.
-
-Anche nelle novelle meno lascive, delle quali il Piccolomini cominciò
-la serie con l'_Eurialo_, e nelle commedie meno oscene, motivo
-dominante sono pur sempre l'adulterio e la derisione del matrimonio. La
-cortigiana fu la musa della bella letteratura della Rinascenza. Prese
-sfacciatamente posto allato alla santa della Chiesa a contenderle la
-palma della gloria. Una raccolta manoscritta di poesie del tempo di
-Alessandro VI contiene una lunga serie di epigrammi, i quali esaltano
-prima la Vergine Maria e molte sante, e poi con la stessa intonazione,
-senza pausa nè osservazione di sorta, magnificano le cortigiane del
-tempo. E all'epigramma su Santa Paula si vede immediatamente tener
-dietro quello sulla meretrice Nichine, una delle celebri cortigiane
-di Siena; e così via, tutta una serie. Le sante del Cielo e le
-sacerdotesse di Venere vengono senza altro mescolate insieme, come
-donne famose.[66]
-
-Non una donna, che si rispetta, assisterebbe oggi ad una di quelle
-commedie della Rinascenza. E sovente furono papi e principi che le
-fecero mettere in scena in onore di gentildonne; e la censura di
-ogni paese non le farebbe rappresentare sopra qualunque teatro, si
-componesse pure il pubblico di uomini soltanto.
-
-Quella certa franca maniera, che le donne del Mezzogiorno usano in
-cose, che nel Settentrione si vogliono coperte d'un velo, spesso
-ancora oggi fa maraviglia. Pure ciò che nella Rinascenza era ammesso,
-per gusto o per costume, è incredibile davvero. Certamente non è da
-dimenticare che quella oscena letteratura non era allora diffusa come
-la romantica odierna. Di più la stessa abitudine meridionale per la
-nuda naturalezza s'invertiva per la donna in mezzo di difesa. Molto
-rimaneva alcunchè di puramente estrinseco ed era come tale considerato,
-e non esercitava quindi efficacia alcuna sulla fantasia. E in mezzo
-poi a sì dissoluta socievolezza cittadina non mancavano donne di natura
-eletta, che sapevano serbarsi pure.
-
-Quanto alla moralità de' grandi, soprattutto delle corti di quel
-tempo, bisogna leggere le storie de' Visconti e degli Sforza, de'
-Malatesta di Rimini, de' Baglioni di Perugia e de' Borgia di Roma
-per formarsene un'idea. Non eran certo più depravate delle corti del
-tempo di Luigi XIV e XV e di Augusto di Sassonia; ma più abominevoli
-per gli orribili delitti di sangue. Il valore della vita umana era
-sceso bassissimo; e d'altra parte l'egoismo criminoso era apertamente
-fregiato del predicato di grandezza d'animo — _magnanimitas_, — senza
-guardare più che tanto alle vittime dell'ambizione e dell'ingordigia.
-L'egoismo e il servirsi freddamente di ogni relazione e di ogni uomo
-in niun luogo furono così di regola come nella patria del Machiavelli.
-E gl'italiani, volendo esser sinceri, dovrebbero dimandarsi, se anche
-oggi simili difetti non vengano di tratto in tratto alla superficie
-della vita loro. Liberi dai pedanteschi pregiudizii de' Tedeschi e
-dalla venerazione per le classi, le condizioni e la nobiltà di nascita,
-che a partire dal Medio Evo è divenuta per questi ultimi abitudine,
-gl'Italiani in quella vece hanno immediatamente accettata qualunque
-potenza della personalità, fosse pur bastarda e illegittima quanto si
-voglia. Ma di qui appunto l'essere stati così facilmente schiavi del
-successo. Il Machiavelli afferma, che la colpa del decadimento morale
-d'Italia fu della Chiesa e de' preti. Se non che e preti e Chiesa non
-furon forse prodotti dell'Italia? Egli avrebbe dovuto dire, che alcuni
-elementi vitali, che presso i Germani diventano interiori, presso
-gl'Italiani invece rimangono esteriori. Fra gl'Italiani non poteva
-nascere Lutero. Ove ancora alcuno ne dubiti, si domandi chi e che cosa
-vi sia nata dopo l'ultimo Concilio dell'anno 1870.
-
-Se i modi nostri di vedere su Alessandro VI e su Cesare sono
-essenzialmente dominati dalla morale, non la pensava così il
-Guicciardini, e per lo meno il Machiavelli. Essi giudicavano non
-l'uomo morale, ma il politico; non i suoi motivi, ma l'azione sua.
-L'enormezza non incuteva orrore, pur di apparire come il fatto di un
-volere audace. E il delitto non recava infamia, ove, come un'opera
-d'arte, riuscisse ad esigere ammirazione. L'orribile condotta di
-Ferdinando di Napoli nella congiura de' Baroni del regno suo rese il
-despota non abominevole, ma grande. E l'astuzia, con la quale più tardi
-Cesare Borgia seppe trarre nella rete a Sinigaglia i suoi condottieri
-infedeli, il Machiavelli la descrisse come un capolavoro, mentre il
-vescovo Paolo Giovio la chiamava _il bellissimo inganno_. In quel mondo
-dell'egoismo, ove non era un tribunale della pubblica opinione, l'uomo
-poteva esistere e conservarsi, solo cercando di predominare con la
-violenza e di soperchiare altrui in iscaltrimento. Se nulla fece mai e
-fa ai Francesi più paura del ridicolo, per l'Italiano niun predicato fu
-ed è più esoso di quello di _semplicione_.
-
-In un luogo de' suoi _Discorsi_ (I, 27) con una sincerità, che mette
-i brividi, il Machiavelli rivela gl'intimi pensieri dell'animo suo. E
-ciò ch'ei dice illumina di luce sinistra tutta la morale di un'epoca.
-Racconta che Giulio II ebbe il coraggio d'entrare in Perugia, abbenchè
-Giampaolo Baglione, che intimidito da lui gli aveva resa la città, vi
-tenesse raccolta molta milizia. Ed osserva in proposito: «Fu notato
-dagli uomini prudenti, che col Papa erano la temerità del Papa e la
-viltà di Giovanpagolo; nè potevan stimare donde si venisse, che quello
-non avesse con sua perpetua fama oppresso ad un tratto il nimico suo,
-e sè arricchito di preda, sendo con il Papa tutti li cardinali con
-tutte le loro delizie. Nè si poteva credere che si fosse astenuto o
-per bontà o per coscienza che lo ritenesse; perchè in un petto d'un
-uomo facinoroso, che si teneva la sorella, che aveva morti i cugini
-e i nipoti per regnare, non poteva scendere alcuno pietoso rispetto;
-ma si conchiuse, che gli uomini non sanno essere onorevolmente tristi
-o perfettamente buoni, e come una tristizia ha in sè grandezza o è in
-alcuna parte generosa, eglino non vi sanno entrare. Così Giovanpagolo,
-il quale non stimava essere incesto e pubblico parricida, non seppe, o,
-a dir meglio, non ardì, avendo giusta occasione, fare una impresa, dove
-ciascuno avesse ammirato l'animo suo, e avesse di sè lasciato memoria
-eterna, sendo il primo che avesse dimostro ai prelati quanto sia da
-stimare poco chi vive e regna come loro, ed avesse fatto una cosa, la
-cui grandezza avesse superato ogni infamia, ogni pericolo che da quella
-potesse dipendere.»
-
-Qual maraviglia se con morale così ridotta ai concetti del guadagno,
-della gloria e della magnificenza, quale il Machiavelli l'ha esposta
-ne' _Discorsi_ e nel _Principe_, uomini come i Borgia trovassero campo
-amplissimo ai loro audaci delitti? Essi sapevan bene, che la grandezza
-della scelleraggine ne copriva la vergogna. Lo Strozzi, il festeggiato
-poeta di Ferrara, pose Cesare Borgia, poichè fu caduto, fra gli eroi
-dell'Olimpo. E il celebre Bembo, uno de' primi uomini di quel tempo,
-confortava Lucrezia per la morte del piccolo e miserabile Alessandro
-VI, non chiamandolo altrimenti che _il grande padre vostro_.
-
-Niun uomo d'alto animo e conscio dell'importanza sua vorrebbe oggi
-entrare al servizio di un principe, che si fosse macchiato de' delitti
-de' Borgia, posto che a simile principe sia oggi dato mantenersi nella
-sua condizione; cosa, per vero, impossibile. In quella vece i migliori
-e più geniali uomini sopportavano allora o cercavano addirittura
-il contatto e il favore de' Borgia. Il Pinturicchio e il Perugino
-dipingevano per Alessandro VI. E il più meraviglioso genio dell'epoca,
-il gran Leonardo da Vinci, senza scrupolo alcuno si pose al servizio di
-Cesare Borgia come ingegnere per la costruzione di fortezze in quella
-Romagna da colui con mezzi sì diabolici conquistata.
-
-Gli uomini della Rinascenza ebbero natura in estremo grado fattiva
-e creatrice. Trasformarono il mondo con energia rivoluzionaria ed
-attività febbrile, rispetto alle quali il processo della civiltà
-moderna deve parer affetto da lentezza. Ebbero tendenze più selvagge
-e violente, e nervi più forti della schiatta odierna. Sarà sempre
-fenomeno maraviglioso, che i più leggiadri fiori dell'arte, le
-creazioni più ideali della pittura fossero state fecondate in un
-ambiente socievole, del quale la corruzione morale e l'intima brutalità
-sarebbero per noi, che viviamo oggi, insopportabili. Se un uomo educato
-alla civiltà nostra potesse trasportarsi in quel mezzo, senza dubbio la
-barbarie, che vi dominava e che pe' contemporanei passava inosservata,
-metterebbe in iscompiglio il suo sistema nervoso, e forse gli farebbe
-smarrir la ragione.
-
-Tale l'atmosfera di Roma, nella quale Lucrezia Borgia viveva, senza
-essere essa stessa migliore nè peggiore delle donne del tempo suo. Ebbe
-spirito gaio e leggiero. Non sappiamo se abbia mai avuto a sostener
-lotte morali; se siasi mai trovata in uno stato di contradizione
-interiore con le azioni della sua vita o con coloro che l'attorniavano.
-Teneva una corte, che il padre avrà trattata con larghezza e
-profusione; ed era in frequentissime relazioni con le corti de'
-fratelli suoi. Essa era la compagna e l'ornamento delle loro feste;
-essa la confidente degl'intrighi nel Vaticano, rivolti a crescere la
-grandezza de' Borgia. E in tale scopo dovevasi ben presto concentrar
-tutto quanto potesse più vivamente starle a cuore.
-
-In verità, non mai, neanche nel tempo posteriore, si mostra donna di
-genio straordinario. In lei non una delle qualità atte a farne una
-_Virago_, come Caterina Sforza o Ginevra Bentivoglio. E non possedeva
-neppure quello spirito dell'intrigo proprio di una Isotta da Rimini,
-ovvero la potenza intellettuale di una Isabella Gonzaga. Non fosse
-stata figliuola di Alessandro VI e sorella di Cesare, difficilmente
-sarebbe stata notata nella storia del tempo suo, ovvero sarebbe ita
-perduta nella moltitudine, come donna seducente e assai corteggiata.
-Pure nelle mani di suo padre e di suo fratello diventò istrumento
-e vittima altresì di calcoli politici, a' quali ella non ebbe forza
-alcuna di oppor resistenza.
-
-
-XII.
-
-Giovanni Sforza dovett'essere di ritorno da Napoli nell'autunno del
-1496, dopochè gli avanzi dell'esercito francese ebbero capitolato.
-Senza dubbio egli era venuto a Roma per quindi, in compagnia di
-Lucrezia, tornarsene ne' suoi dominii. E di fatti vi si trovò sul
-finire di quell'anno, e vi passò l'inverno. Se non che gli annalisti
-di Pesaro raccontano, che il 15 gennaio 1497 abbandonò travestito la
-città e di lì a pochi giorni lo seguì anche Lucrezia. Certamente si
-condussero a Roma,[67] ove gl'incontriamo per le feste di Pasqua.
-
-Lo Sforza, del resto, era già un arnese usato, che Alessandro pensava
-a gettar via. Il matrimonio, in vero, della figlia col tiranno di
-Pesaro non procacciava più a costui alcun vantaggio in un tempo, in
-cui gli Sforza avevan perduta l'importanza loro. E poi alla casa Borgia
-s'offrivano legami di più alta importanza. Dovette già parer singolare
-che il Papa non desse alcun comando al genero suo nella guerra contro
-gli Orsini, intrapresa appena tornato il figlio Don Juan di Spagna,
-allo scopo di arricchirlo co' beni di quei potenti baroni. Alessandro
-chiamò al suo soldo il duca Guidobaldo d'Urbino, stato similmente
-a servire a Napoli nell'esercito della Lega, e ceduto poi a lui da'
-Veneziani per divenire comandante supremo delle truppe papali.
-
-Questo nobile uomo era l'ultimo della casa de' Montefeltro. Ed i
-Borgia avevan già messo l'occhio sulla eredità sua. La sorella Giovanna
-era stata maritata nel 1478 col prefetto della città, Giovanni Della
-Rovere, fratello del cardinale Giuliano, e nel 1490 aveva dato alla
-luce Francesco Maria, bambino che passava per l'erede della casa
-d'Urbino. Guidobaldo, pari in ciò a tutti gli altri dinasti, non si
-peritava di servire, come condottiere a soldo e per onore. Oltracciò
-egli era feudatario della Chiesa. La paura lo costringeva a cercare,
-anche odiandoli, l'amicizia dei Borgia.
-
-Nella guerra, insieme con Guidobaldo, ebbe il comando supremo anche il
-giovane duca di Gandia, che il Papa nominò Gonfaloniere della Chiesa e
-rettore di Viterbo e di tutto il Patrimonio; del quale ultimo ufficio
-egli spogliò Alessandro Farnese, che prima lo teneva. Il fatto indica
-che l'umore del Papa verso il fratello della Giulia era cambiato. Il
-17 settembre 1496 l'agente mantovano Giovanni Carolo scriveva da Roma
-alla marchesa Gonzaga: «Il cardinal Farnese è stato depennato dalla
-sua legazione nel Patrimonio, e la perderà, se non viene a salvarlo un
-sollecito ritorno della Giulia.»
-
-L'agente medesimo informava la sua signora delle seguenti cose: «Poichè
-si vuole evitare che questi figliuoli del Papa divampino per gelosia
-tra loro, la vita del cardinale di San Giorgio (Raffaele Riario) è
-in pericolo; se questi muore, Cesare avrà il posto di Camerlengo e il
-palazzo del morto cardinale di Mantova, il più bello di Roma, e insieme
-anche i migliori benefizii di colui. Vostra Eccellenza può da ciò
-arguire quale piega prenda la fortuna di questi marrani.»[68]
-
-La guerra, del resto, contro gli Orsini finì con la più ignominiosa
-sconfitta de' Papalini presso Soriano il 23 gennaio 1497. Don Juan
-ferito fuggì a Roma, e Guidobaldo fu fatto prigioniero. I vincitori
-imposero una pace per loro molto profittevole.
-
-Il marito di Lucrezia dovette ritornare di nuovo a Roma, cessata appena
-la guerra. Ivi lo vediamo di fatti apparire per l'ultima volta la
-Pasqua del 1497. Come genero di Alessandro, assistette alle solennità
-ecclesiastiche dal suo posto officiale in San Pietro, e con Cesare e
-il Gandia ricevette la palma dalle mani del Papa. Pure la condizione
-sua nel Vaticano era fatta insostenibile. Alessandro voleva sciogliere
-il matrimonio di lui con Lucrezia. Si domandò allo Sforza che vi
-rinunciasse di spontanea volontà; e, poichè negò, fu minacciato nella
-vita.
-
-Solo una pronta fuga lo salvò dai pugnali e dal veleno dei cognati.
-Secondo le notizie de' cronisti di Pesaro, Lucrezia stessa lo soccorse;
-e gli diè così un segno di premura. «Una sera (narrano essi) che
-Giacomino, il cameriere del signor Giovanni, trovavasi nella stanza
-di madonna, vi venne il fratello Cesare; e Giacomino, per ordine di
-quella, si nascose dietro ad una spalliera. Cesare parlò liberamente
-con la sorella, e disse, tra l'altre, essersi dato ordine di ammazzare
-Giovanni Sforza. Andato lui via, Lucrezia disse a Giacomino: — Hai
-sentito? va e faglielo sapere. — Il cameriere ubbidì all'istante, e
-Giovanni Sforza gettatosi su un cavallo turco a briglia sciolta venne
-in 24 ore a Pesaro, ove il cavallo cadde morto.»[69]
-
-Secondo lettere dell'ambasciatore veneziano in Roma lo Sforza fuggì in
-marzo nella settimana santa. Sotto pretesto di passeggiare, andò verso
-la chiesa di Sant'Onofrio, e vi trovò il cavallo apparecchiato.[70]
-
-Il desiderio di sciogliere il matrimonio difficilmente era nato in
-Lucrezia, ma sì nel padre e nei fratelli, i quali volevano renderla
-libera per un matrimonio conforme alle mire loro. Quel che accadesse
-in Vaticano è ignoto. E non sappiamo nemmeno di opposizione da parte
-di Lucrezia, la quale, ad ogni modo, sarà stata di corta durata. Ai
-Borgia, del resto, non andò a' versi che lo Sforza si fosse messo in
-salvo. Eglino avrebbero preferito ridurlo in eterno al silenzio. Ora
-che erasi fuggito e levava proteste, occorreva per lo scioglimento del
-matrimonio un processo, che avrebbe suscitato molto rumore.
-
-Poco dopo la fuga dello Sforza nella casa de' Borgia accadde l'orribile
-tragedia del misterioso assassinio del duca di Gandia. Andato a vuoto
-il disegno di arricchire questo amato figliuolo con le terre degli
-Orsini, Alessandro cercò per altra via compensarlo. Lo nominò Duca di
-Benevento, e nudrì così speranza di aprirgli la via al trono di Napoli.
-Di lì a pochi giorni, il 14 giugno, Vannozza invitò colui e Cesare,
-con altri parenti, ad una cena nella sua vigna presso San Pietro ad
-Vincula. Tornando la notte a casa da quella festa di famiglia, Don Juan
-scomparve, senza lasciar di sè traccia alcuna. Solo tre giorni dopo il
-cadavere dell'ucciso fu tratto dal Tevere.[71]
-
-Stando all'opinione universale di quel tempo, e tenendo conto di tutte
-le ragioni di probabilità, Cesare fu l'assassino di suo fratello. Dal
-momento che Alessandro VI, consumato quel misfatto, se ne accollò i
-motivi e le conseguenze, e perdonò all'assassino, divenne complice
-morale del fatto e cadde egli stesso sotto il dominio del suo
-spaventevole figlio. Da quel momento ogni azione di lui fu in servizio
-della infernale ambizione di quest'ultimo.
-
-Nessuna notizia del tempo fa menzione della presenza della moglie di
-Don Juan in Roma, allorchè il fatto avvenne. È quindi da credere che
-non fosse colà quando il marito fu ucciso; e che piuttosto non avesse
-abbandonata la Spagna, e vivesse co' suoi due piccoli bambini in Gandia
-o in Valenza. Ivi le giunse l'orribile nuova per lettera di Alessandro,
-indirizzata alla sorella donna Beatrice Borgia y Arenos. Così è detto
-in un documento valenzano. Di fatto donna Maria Enriquez si presentò
-il 27 settembre 1497 innanzi al Tribunale del Governatore del regno
-di Valenza, Don Luigi de Cabaincles, domandando che il maggiore dei
-figliuoli di Don Juan, bambino di tre anni, fosse ammesso a succedere
-ne' beni di quest'ultimo, vale a dire, nel Ducato di Gandia e ne' feudi
-napoletani di Sessa, Teano, Carinola e Montefoscolo. La morte del duca
-fu comprovata con testimonianze legali; fra l'altre, con la lettera
-di Alessandro. In conseguenza il Tribunale riconobbe il figliuolo di
-Gandia qual erede del maggiorasco.[72]
-
-Donna Maria richiese anche la mobilia lasciata dal marito nella casa
-di Roma. La quale del valore di 30,000 ducati era stata consegnata da
-Alessandro, appena dopo la morte di Don Juan, al parricida Cesare per
-amministrarla nell'interesse dei nipoti, siccome apparisce da un atto
-del notaro Beneimbene del 19 dicembre 1498.[73]
-
-In questo frattempo Lucrezia non era più nel suo palazzo presso il
-Vaticano; ma già dal 4 giugno andata nel monastero di San Sisto sulla
-Via Appia. Ciò aveva fatto in Roma vivissima sensazione. Senza alcun
-dubbio, l'allontanamento suo si connetteva col forzato scioglimento del
-matrimonio. Se non la rinchiuse in San Sisto il padre stesso, è molto
-probabile, che, spintavi dalla fuga dello Sforza e dalle conseguenze
-di essa, e forse rottasi col primo, avesse ella medesima cercato quel
-ritiro. E alla rottura col Papa allude una lettera di Donato Aretino
-da Roma del 19 giugno al cardinale Ippolito d'Este: «Donna Lucrezia se
-n'è ita dal palazzo _insalutato hospite_, ed è entrata in un monastero,
-chiamato San Sisto. Oggi ella si trova colà. Alcuni dicono che vuol
-farsi monaca; altri poi affermano molte altre cose, che non è lecito
-confidare ad una lettera.»[74]
-
-Niuno può dire quali lamenti e quali confessioni avesse Lucrezia a fare
-innanzi a' sacri altari. Pure da anni ella non aveva forse avuto mai
-un momento per rientrare più seriamente in se stessa. Seppe in quel
-chiostro l'orribile morte di uno de' fratelli, e dovette raccapricciare
-per la malvagità dell'altro. Perchè, al pari del padre e di tutta la
-famiglia, ella non potette dubitare che Cesare fosse stato il nuovo
-Caino. Conosceva a fondo i moventi della sua criminosa ambizione;
-sapeva della sua intenzione di gettar via la porpora cardinalizia e
-diventar principe della terra; doveva anche sapere, che nel Vaticano si
-ruminava il disegno di far cardinale Don Jofrè in luogo di Cesare, e di
-sposar quest'ultimo con la moglie del primo, donna Sancia, con la quale
-aveva già relazioni amorose pubblicamente note.
-
-Alessandro ordinò a Don Jofrè e alla giovane sposa di lasciar Roma e
-andarsene presto a Squillace, sede del Principato. E Don Jofrè muoveva
-in effetto per colà il 7 di agosto. Il Papa, così dicevasi, non voleva
-più, d'allora in poi, aver presso di sè figliuoli nè nipoti. Ed anche
-la figlia Lucrezia voleva mandare a Valenza.[75]
-
-Intanto Cesare, ancora come cardinal Legato, era andato nel luglio
-a Capua per incoronarvi re di Napoli l'ultimo degli Aragonesi Don
-Federico. A' 4 di settembre era a Roma di ritorno.
-
-Quivi Alessandro aveva nominata una Commissione, presieduta da due
-cardinali, con l'incarico di sciogliere Lucrezia da' suoi legami con
-Giovanni Sforza. I giudici dimostrarono che lo Sforza non aveva mai
-consumato il matrimonio, e che la moglie era quindi sempre nello stato
-di vergine. Di che rise tutta Italia — osserva così il contemporaneo
-Matarazzo da Perugia. Lucrezia stessa dichiarò voler ciò affermare con
-giuramento.
-
-Il marito intanto era a Pesaro. Nel giugno era andato travestito a
-Milano, ad implorare la protezione del duca Ludovico, facendo istanze
-che questi, mercè l'influenza sua, gli facesse rendere la moglie
-ingiustamente ritenuta. Protestava contro le deposizioni de' compri
-testimoni in Roma. E Ludovico il Moro gli fece l'ingenua proposta di
-sottoporsi in Milano, innanzi a testimoni degni di fede e alla presenza
-del legato papale, ad un esperimento formale della sua virilità; ma
-egli vi si rifiutò.[76] Ludovico e suo fratello Ascanio lo costrinsero
-finalmente a cedere, e l'impaurito Sforza dichiarò per iscritto non
-aver giammai consumato il matrimonio con Lucrezia.[77]
-
-Il 20 dicembre 1497 fu dunque legalmente pronunziato lo scioglimento,
-e lo Sforza restituiva in conseguenza la dote di 31,000 ducati,
-portatagli dalla moglie.
-
-Anche tenendo che Alessandro abbia costretto la figlia a questo
-scioglimento, il giudizio nostro sulla condotta della Lucrezia in
-questa miserabile faccenda può esser di poco mitigato. È un fatto
-ch'essa stessa si mostrò priva di volontà e di carattere; e, non meno
-degli altri, si rese menzognera. La pena non si fece aspettare: per
-effetto del processo divenne soggetto di scandalo pubblico. E da questo
-punto ignominiose voci cominciarono a serpeggiare sulle sue relazioni
-private. Nacquero o si diffusero proprio al tempo, in cui il Gandia
-fu ammazzato e il matrimonio con lo Sforza doveva essere sciolto.
-Le cagioni dell'un fatto come dell'altro furono cercate in tali
-enormezze, che il sentimento morale ripugna ad esprimere. Ma, secondo
-una testimonianza del tempo, che non ammette dubbio, fu Giovanni
-Sforza stesso, profondamente offeso e irritato, primo a manifestare
-apertamente al duca di Milano quel sospetto, del quale forse già
-secretamente si vociferava in Roma.[78]
-
-Alessandro aveva sciolto il matrimonio della figlia per motivi
-politici. Sua intenzione era d'imparentare Lucrezia e Cesare con la
-Casa reale di Napoli. La dinastia Aragonese s'era colà, cacciati i
-Francesi, ristabilita. Pure la scossa ricevuta era stata sì profonda,
-che, oscillando, inclinava all'ultima rovina. E per questo appunto
-germogliò quasi spontaneo nella mente del Papa il pensiero di porre
-Cesare sul trono di Napoli. Il più terribile de' Borgia prese oramai
-il posto lasciato vuoto dal Gandia, al quale quegli aveva sì a lungo
-mirato. Solo per certa convenienza il parricida s'acconciò ancora un
-poco a pazienza, prima di smettere pubblicamente l'abito cardinalizio.
-Nondimeno da questo momento stesso, in cui ancora lo portava, il Papa
-trattava del matrimonio di lui.
-
-Richiese per lui dal re Federico la mano della figlia Carlotta, che,
-discendente di una principessa di Savoia, era in educazione alla Corte
-di Francia. Il re, uomo di nobili sensi, rifiutò fermamente, ed anche
-la principessa respinse con orrore le offensive proposte del Papa.
-
-Il timido Federico non si lasciò commovere che ad un sacrifizio
-soltanto pel Moloch del Vaticano. Acconsentì all'unione di Don Alfonso,
-giovane fratello di donna Sancia e figliuolo naturale di Alfonso II,
-con Lucrezia. Alessandro non desiderò questo matrimonio per altra
-ragione, se non per indurre per tal mezzo il re ad acconsentire alla
-fine anche al matrimonio della figlia con Cesare.
-
-Prima ancora che la nuova unione di Lucrezia fosse certa, corse voce
-in Roma che Don Gasparo, l'antico promesso sposo, mettesse innanzi
-daccapo pretensioni; chè anzi avesse in animo di darvi seguito. Ma così
-non accadde. Se non che il Papa ora riconosceva, che la promessa di
-Lucrezia con quel giovane spagnuolo era stata illegittimamente sciolta.
-
-In un Breve del 10 giugno 1498 egli mostrò questo scioglimento come un
-atto illegale, al quale la figlia con inconsulta leggerezza e senza
-sufficiente dispensa erasi lasciata andare per quindi, _indotta per
-errore_, unirsi in matrimonio con Giovanni di Pesaro. Come è detto
-nel Breve stesso, Gasparo di Procida, conte di Almenara, erasi, è
-vero, dappoi sposato e aveva generato figliuoli. Nulladimeno Lucrezia
-aveva domandato che l'impegno con lui preso fosse ora, nell'anno 1498,
-dichiarato legalmente nullo. Egli quindi l'assolveva dallo spergiuro,
-in cui era incorsa, sposando, malgrado dell'impegno con Don Gasparo,
-Giovanni Sforza. E, mentre solo ora dichiarava sciolta la promessa
-formale di matrimonio col conte di Procida, le rendeva al tempo stesso
-la libertà di sposarsi con qualunque altro a scelta di lei.[79] Così un
-Papa prendevasi empiamente giuoco di uno de' più santi sacramenti della
-Chiesa.
-
-Quando Lucrezia ebbe per tal guisa libera la mano da ogni pretendente,
-la sua nuova unione potette esser conclusa. Il che ebbe luogo in
-Vaticano il 20 giugno 1498. Se a noi fosse tuttora ignoto il carattere
-della pubblica moralità d'allora, molto avremmo a maravigliarci
-di trovare ivi, qual rappresentante del re Federico, non altri che
-il cardinale Ascanio Sforza, il medesimo che aveva prima concluso
-il matrimonio tra suo nipote e Lucrezia, e poi, qual procuratore
-dello Sforza, prestato il consenso al vergognoso scioglimento. Tanta
-importanza egli e suo fratello Ludovico annettevano al serbarsi a
-qualunque prezzo amici i Borgia.
-
-Lucrezia ebbe in dote 40,000 ducati. E il re di Napoli si obbligò di
-dare a titolo di Ducato al nipote suo Alfonso le città di Quadrata e di
-Biselli.[80]
-
-Nel luglio il giovane Alfonso venne a Roma per unirsi con una donna,
-che doveva, per lo meno, tenere come punto scrupolosa e leggiera in
-alto grado. Senza dubbio, egli dovette riguardarsi qual vittima, che
-suo padre mandava ad immolare in Roma. Triste e melanconico, senza
-solennità di sorta, quasi furtivamente l'infelice giovane entrò in
-Roma. E immediatamente si condusse dalla sposa nel palazzo di Santa
-Maria in Portico.
-
-Il 21 luglio le nozze vennero ecclesiasticamente benedette in Vaticano.
-Furon testimoni, tra gli altri, i cardinali Ascanio, Giovanni Lopez
-e Giovanni Borgia. Secondo un antico rito, una spada nuda fu tenuta
-sospesa sugli sposi da un cavaliere. E questi fu Giovanni Cervillon,
-capitano delle guardie del Papa.
-
-
-XIII.
-
-Dal luglio 1498 Lucrezia, ora duchessa di Bisceglie, viveva col
-nuovo marito, giovane appena di 17 anni; mentre essa aveva compiuto
-il diciottesimo. Non andarono a Napoli, ma restarono a Roma; perchè,
-come l'agente mantovano informava il suo signore, erasi espressamente
-pattuito, che Don Alfonso dovesse soggiornare un anno a Roma, e
-Lucrezia, durante la vita del padre, non potess'essere obbligata ad
-andare nel regno di Napoli.[81]
-
-Alfonso era giovane amabile e bello; _il più bel giovane che siasi
-mai visto in Roma_, così lo chiama il Talini, cronista romano di
-quel tempo. Lucrezia concepì per lui un vero trasporto; ciò avvertiva
-l'agente di Mantova sin dall'agosto. Ma la rapida vicenda delle cose
-non le consentì di goder tranquillamente di una felicità domestica, se
-pur di felicità in genere fosse il caso di discorrere.
-
-Forza motrice nel Vaticano era la sconfinata ambizione di Cesare,
-impazientissimo di diventar principe potente. Il 13 agosto 1498 egli
-depose la dignità cardinalizia; e apprestavasi al viaggio in Francia,
-ove Luigi XII, succeduto dall'aprile a Carlo VIII, avevagli promesso
-il titolo di Duca di Valenza (_Valence_ — nel Delfinato) e la mano di
-una principessa francese. E agli apprestamenti del viaggio Alessandro
-provvide con profusione regale.
-
-Accadde un giorno che una carovana di muli, carichi di sete e broccati
-d'oro per Cesare, fosse svaligiata dalla gente del cardinal Farnese
-e del cugino Pier Paolo nel bosco di Bolsena. Il Papa spiccò Brevi
-violentissimi al cardinale, su' cui beni, come ei lagnavasi, la preda
-era stata messa in salvo.[82]
-
-Al servizio de' Farnesi eran molti Côrsi, parte mercenarii e
-bravi, parte lavoratori de' campi, e furon forse codesti uomini,
-universalmente paventati, che commisero la ruberia. Non è di fatto
-naturale pensare, che il cardinale Alessandro l'abbia lasciata
-commettere per proprio conto suo. Nondimeno sembra che allora esistesse
-certa tensione tra i Farnesi e i Borgia. Il cardinale passava il
-più del tempo su' beni di casa sua. E della sorella Giulia in quel
-periodo non se ne sente parlare. Non sappiamo se abitasse Roma e se le
-relazioni sue col Papa continuassero; benchè per indizii posteriori la
-cosa sembri probabile. Noi non rivediamo il cardinale e la sorella in
-Roma che il 2 aprile 1499, quando nel Palazzo Farnese furono stipulati
-gli sponsali tra Laura Orsini, figliuola di Giulia di soli sette anni,
-e Federico Farnese di 12 anni, figlio del defunto condottiero Raimondo
-Farnese, e nipote di Pier Paolo. A quest'atto fu presente Ursino
-Orsini, il padre putativo di Laura.[83]
-
-Forse dovettero essere Adriana e Giulia, che cercarono riconciliare
-la casa degli Orsini con i Borgia. Poichè quei baroni furono usciti
-vincitori dalla guerra col Papa, altra ed asprissima ne intrapresero
-nella primavera 1498 con i Colonna, gli eterni nemici loro, la quale
-peraltro finì, toccando a loro la peggio. E le due case s'erano in
-conseguenza nel luglio riconciliate. Di che non è a dire quanta téma
-concepisse Alessandro. In verità nella nimicizia delle due potenti
-famiglie di Roma i papi videro sempre una condizione pel loro dominio
-temporale sulla città; e, nella unione invece di quelle, sempre il più
-grande de' pericoli per questo. Cercò quindi Alessandro di rompere di
-nuovo la lega; e gli riuscì pure tirar dalla sua gli Orsini, di che
-per altro quei signori dovevano ben presto pentirsi. Guadagnò tanto
-sull'animo loro da farli accondiscendere ad imparentarsi co' Borgia.
-Paolo Orsini, fratello del cardinale Giambattista, sposò l'8 settembre
-1498 suo figlio Fabio con Jeronima Borgia, sorella del cardinale
-Giovanni Borgia iuniore. Davanti a splendida adunanza il matrimonio
-fu solennizzato in Vaticano, presente il Papa. Vi comparve anche come
-testimone officiale Don Alfonso di Bisceglie, il quale per di più tenne
-la spada sulla giovane coppia.[84]
-
-Poco dopo, il primo ottobre, Cesare Borgia s'imbarcò per la Francia.
-Quivi divenne Duca di Valenza; e nel maggio 1499 si sposò con Carlotta
-d'Albret, sorella del re di Navarra. Incontrò in quella corte due
-uomini, che più tardi dovevano ne' destini suoi aver parte decisiva;
-Giorgio d'Amboise, arcivescovo di Rouen, al quale egli aveva portato
-il cappello cardinalizio, e Giuliano Della Rovere. Questi, sin allora
-nemico giurato di Alessandro, erasi lasciato vincere dal re di Francia
-in favore dei Borgia; si fece anzi strumento della grandezza di Cesare.
-
-E anche questa riconciliazione doveva esser suggellata con la parentela
-delle due famiglie. E difatti il 2 settembre 1500 il Prefetto della
-città, Giovanni Della Rovere, fratello di Giuliano, sposava il figlio
-di otto anni, Francesco Maria, con Angela Borgia.
-
-Il padre di Angela, Jofrè, era un figlio di Giovanna, sorella di
-Alessandro VI, e di Guglielmo Lançol. Fratelli di lui erano Giovanni
-Borgia iuniore, il cardinale Ludovico, e Rodrigo, il capitano della
-guardia papale. La sorella sua, Jeronima, come s'è detto, s'era
-maritata con Fabio Orsini. Gli sponsali di Angela ebbero luogo in
-Vaticano, alla presenza degli ambasciatori di Francia.[85]
-
-Luigi XII erasi collegato con Venezia allo scopo di scacciare Ludovico
-il Moro da Milano. Ed il Papa vi si unì a condizione che la Francia
-aiutasse il figlio Cesare alla conquista della Romagna.
-
-Ascanio, cui non era dato stornare la rovina di Milano, e vedevasi in
-Roma minacciato nella vita, fuggì il 13 luglio 1499 a Genazzano, e di
-lì a Genova.
-
-Se non che l'esempio di lui fu seguito anche dal giovane sposo di
-Lucrezia. Non sappiamo quali eventi nel Vaticano abbiano determinato
-Don Alfonso ad allontanarsi di nascosto da Roma, dopo un anno di
-vita con Lucrezia. Però può dirsi in generale, che la decisione sua
-fu il risultato della piega che la politica del Papa aveva presa.
-La spedizione di Luigi XII non mirava solo alla caduta dello Sforza
-in Milano, ma altresì alla conquista di Napoli. Essa doveva essere
-la continuazione dell'impresa di Carlo VIII, fallita innanzi alla
-opposizione della grande Lega. Pel giovane principe non erano un
-mistero le intenzioni del Papa di rovinare lo zio Federico, il quale,
-ricusando la mano di Carlotta pel figlio Cesare, aveva recato a colui
-atroce offesa. Dopo ciò naturalmente anche le relazioni del marito di
-Lucrezia, rispetto al Papa, dovevano essere mutate affatto.
-
-Ascanio era quasi l'unico amico che l'infelice principe avesse in
-Roma. Ed è molto probabile che colui lo avesse consigliato a schivare,
-con la fuga, una morte immancabile, come già aveva altra volta fatto
-il predecessore di lui nel matrimonio con Lucrezia. Alfonso fuggì
-il 2 agosto 1499. Il Papa gli mandò dietro gente a cavallo; ma nol
-raggiunsero. È incerto se Lucrezia fosse a parte della fuga. Una
-lettera veneziana da Roma del 4 agosto dice soltanto: «Il duca di
-Biseglia, il marito di madonna Lucrezia, se n'è fuggito alla macchia e
-ito presso i Colonna a Genazzano; ha lasciato la moglie incinta di sei
-mesi, la quale non fa che piangere.»[86]
-
-Questa restava in potere del padre, il quale era su tutte le furie per
-la fuga del principe. Ora egli esiliò a Napoli anche la sorella di Don
-Alfonso, donna Sancia.
-
-In tali circostanze lo stato di Lucrezia divenne penoso assai. Le sue
-lagrime mostrarono che aveva un cuore. Il padre dovette forse coprirla
-di rimproveri, tenendola complice del marito. Alfonso la sollecitava
-premurosamente da Genazzano a seguirla. La lettera venne nelle mani
-del Papa. Egli la obbligò a scrivergli per esortarlo a tornare.
-Furono senza dubbio i lamenti della figlia che indussero Alessandro
-ad allontanare anche lei da Roma. L'8 d'agosto la nominò reggente
-di Spoleto. Sino allora codesta città e il territorio erano stati
-governati da Legati papali, la più parte cardinali. Ora invece il Papa
-affidava quell'ufficio ad una giovane di 19 anni; e questa donna era
-sua propria figlia! Colà mandò Lucrezia.
-
-Le consegnò pe' Priori di Spoleto un Breve in questi termini:
-
-«Amati figliuoli, salute e benedizione apostolica. — Noi abbiamo
-affidato l'incarico della conservazione del castello come del
-governo delle nostre città di Spoleto e Fuligno e della loro Contea
-e Distretto, all'amata figliuola in Cristo, la gentildonna Lucrezia
-di Borgia, duchessa di Biseglia, per la prosperità e pel pacifico
-reggimento di codesti luoghi. Fiduciosi nella singolare prudenza ed
-eminente fedeltà e onestà della stessa, come abbiamo più ampiamente
-chiarito in altri nostri Brevi, e facendo anche assegnamento
-sulla vostra abituale ubbidienza verso di noi e verso questa Santa
-Sede, noi speriamo che voi, come di dovere, accoglierete con ogni
-dimostrazione d'onore la duchessa Lucrezia qual vostra Reggente, e
-in ogni cosa la ubbidirete. Ma, mentre noi desideriamo che la stessa
-sia con particolare onoranza e riverenza da voi accolta e ricevuta,
-vi comandiamo col presente, per quanto tenete cara la grazia nostra
-e volete schivare la nostra disgrazia, di obbedire alla duchessa
-Lucrezia, vostra Reggente, in tutte e singole cose, che si riferiscono
-per ragion di diritto o di consuetudine all'indicato governo, e in
-tutto ciò che essa crederà bene di ordinarvi, come alla nostra persona
-stessa; e di eseguire con ogni fervore e diligenza i comandamenti di
-lei, affinchè possiate guadagnarvi la meritata approvazione per la
-officiosità vostra. Dato a Roma presso San Pietro sotto l'anello del
-Pescatore, gli 8 agosto 1499. — Adriano (Secretario).»[87]
-
-Lucrezia lasciò Roma il giorno stesso per recarsi al suo nuovo destino.
-Tolse seco numeroso seguito e la sua corte; ebbe pure la scorta di suo
-fratello Don Jofrè e di Fabio Orsini, ora, qual marito della Jeronima
-Borgia, suo parente, i quali conducevano una compagnia d'arcieri.
-Uscendo dal Vaticano a cavallo, l'accompagnarono, per farle onore,
-il governatore della città, l'ambasciatore di Napoli e molti altri
-signori. Il padre se ne stava invece ad un terrazzino sulla porta del
-Palazzo Vaticano per vedere la partenza della figlia e della cavalcata.
-
-Era la prima volta ch'egli trovavasi in Roma solo, senz'alcuno de'
-figli suoi.
-
-Lucrezia continuò il viaggio parte a cavallo, parte in lettiga. Non
-vi vollero meno di sei giorni per percorrere la distanza tra Roma e
-Spoleto. A Porcaria, nell'Umbria, una deputazione di Spoletini fu a
-salutarla. E accompagnarono poscia sino alla residenza la Reggente
-della loro città, celebre sino da' tempi d'Annibale, e ove in passato
-dominarono potenti duchi longobardi. Il castello di Spoleto è d'antica
-origine; e la sua primitiva costruzione si deve, di certo, a uno di
-quei duchi, Faroaldo o Grimoaldo. Nel XIV secolo fu riedificato dal
-grande Gil d'Albornoz, il contemporaneo di Cola di Rienzo, e compiuto
-poi da Niccolò V. È un superbo edifizio della Rinascenza, di stile
-elegante, posto al di sopra dell'antica città su profondo burrone,
-che lo separa dal Monte Luco. Dalle sue alte finestre si domina la
-valle del Clitumno e quella del Tevere, la fertile pianura umbra e la
-maestosa catena degli Appennini spoletini.
-
-Colà Lucrezia il 15 agosto accolse i Priori della città, a' quali
-consegnò la nomina papale. E quelli a loro volta le fecero omaggio; e
-la Comunità per onorarla diede un banchetto.
-
-La dimora di Lucrezia a Spoleto fu di breve durata. La sua reggenza
-non ebbe altro significato che di prendere possesso di fatto di quel
-territorio, che il padre Alessandro voleva costituirle in dote.
-
-Intanto il marito Alfonso erasi pur deciso, per sciagura sua, ad
-ubbidire al comando del Papa e recarsi di nuovo dalla moglie, forse
-perchè egli effettivamente l'amava. Il Papa gli ordinò d'andare a
-Spoleto per Foligno, e di condursi poscia con la moglie a Nepi, ove
-anch'egli si sarebbe trovato. Scopo dell'incontro era d'investire la
-figlia come signora anche di quel luogo.
-
-Nepi non era stata mai feudo baronale, abbenchè i Prefetti di Vico
-e gli Orsini se ne fossero temporaneamente impadroniti. La Chiesa
-amministrava la città e il territorio per mezzo di rettori. Alessandro
-stesso, come cardinale, n'era stato governatore, nominatovi dallo zio
-Callisto, ed era stato tale sino alla sua assunzione al trono papale.
-La diede quindi in feudo al cardinale Ascanio Sforza. Nell'Archivio
-della città si conservano ancora le nitide pergamene, contenenti gli
-statuti comunali, che Ascanio sanzionava il primo gennaio 1495. Ma
-sugl'inizii del 1499 Alessandro s'impadroniva di nuovo di Nepi, e
-costringeva il castellano, comandante dell'arce a nome del fuggiasco
-Ascanio, a consegnarla a lui. E della città, del castello e territorio
-di Nepi investiva la figlia.[88] Il 4 settembre 1499 Francesco Borgia,
-tesoriere del Papa e vescovo di Teano, ne prendeva possesso in nome di
-quella.
-
-Alessandro andò colà il 25 settembre, accompagnato da quattro
-cardinali. Nel castello, fatto tempo innanzi da lui stesso edificare,
-ebbe luogo il convegno con Lucrezia, che aveva seco il marito e il
-fratello Jofrè. Il primo d'ottobre era già di ritorno al Vaticano. Di
-qui indirizzò il 10 un Breve alla città di Nepi, col quale comandava di
-obbedire, qual signora, a donna Lucrezia, duchessa di Biseglia. Il 12
-mandò pure lettera alla figlia, con la quale le permetteva di sgravare
-i Nepesini di alcuni balzelli.[89]
-
-Per tal guisa Lucrezia era divenuta signora di due grandi terre. Il che
-mostra quanto stésse nella grazia del padre. Pure ella non tornò più a
-Spoleto, il cui governo affidò ad un luogotenente. Tuttocchè Alessandro
-su' primi d'ottobre avesse nominato il cardinale Gurk legato per
-Perugia e Todi, escluse nullameno dalla legazione Spoleto, per far cosa
-grata alla figliuola. Più tardi, il 10 agosto 1500, nominò governatore
-colà Ludovico Borgia, arcivescovo di Valenza, senza per questo ledere
-i diritti della figlia, consistenti nelle ragguardevoli entrate di quel
-territorio.
-
-Il 14 ottobre Lucrezia già tornava di nuovo a Roma. Il primo novembre
-1499 diede alla luce un bambino. Gli fu posto il nome del Papa,
-Rodrigo. Il battesimo di questo primo figlio venne solennizzato con
-gran pompa nella Cappella Sistina, che non era allora quella d'oggi,
-ma una cappella che Sisto IV aveva fatta edificare in San Pietro. Il
-neonato fu portato da Giovanni Cervillon; accanto a lui andavano il
-governatore di Roma e l'ambasciatore dell'imperatore Massimiliano.
-Assistettero alla cerimonia tutti i cardinali e gli ambasciatori
-d'Inghilterra, di Napoli, di Savoia, della Repubblica di Venezia e di
-Siena. Il bambino fu tenuto al fonte battesimale dal governatore della
-città. Furono padrini Podocatharo, vescovo di Caputaqua, e il vescovo
-Ferrari di Modena. Il corteo lasciò la cappella fra i suoni delle
-trombette.
-
-In quel mentre Luigi XII, il 6 ottobre, erasi impossessato di Milano;
-e Ludovico Sforza, all'avvicinarsi delle armi francesi, aveva riparato
-presso l'imperatore Massimiliano. In conformità del trattato con
-Alessandro il re fornì truppe a Cesare Borgia per la conquista di
-Romagna. Ed i vassalli e vicarii della Chiesa colà, i Malatesta di
-Rimini, gli Sforza di Pesaro, i Riario d'Imola e Forlì, i Varano di
-Camerino, i Manfredi di Faenza furono a un tratto dichiarati dal Papa
-decaduti dalle loro investiture.
-
-Cesare venne a Roma il 18 novembre 1499. Non si fermò in Vaticano che
-tre giorni, e poscia fece ritorno all'esercito, che assediava Imola.
-Egli voleva prender prima questa città, e poi assalir Forlì, nel cui
-castello la signora di quelle due terre s'apparecchiava alle difese.
-
-Mentr'egli guerreggiava in Romagna, il padre tentò di togliere ai
-baroni romani i loro beni aviti. Prima di tutto pose la mano su'
-Gaetani. Questa celebre stirpe era sin dalla fine del XIII secolo
-divenuta padrona di esteso territorio in Campagna e Marittima. Erasi
-divisa in parecchi rami, uno de' quali viveva nel Napoletano. Colà
-difatti i Gaetani erano duchi di Traetto, conti di Fondi e Caserta, e
-quindi feudatarii e grandi dignitarii della corona di Napoli.
-
-Centro delle terre de' Gaetani nella Campagna romana era Sermoneta,
-antico paese con castello baronale sulle prime pendici de' Volsci. Di
-lato, verso il di sopra, stanno gli avanzi della città ciclopica Norma;
-e verso il basso le incantevoli rovine di Ninfa. Giù, a' piedi, gli si
-distende, insino al mare, la palude pontina. La più gran parte di quel
-territorio, attraversato dalla via Appia, e che includeva anche il Capo
-Circèo, era, ed è ancora oggidì, proprietà di quella famiglia.
-
-Al tempo di cui parliamo v'erano signori i figli di Onorato II, uomo
-eminente, che aveva risollevato la casa sua all'altezza, donde era
-caduta. Egli morì l'anno 1490, lasciando la vedova Caterina Orsini, e
-i figliuoli Niccola, il protonotario Giacomo e Guglielmo. Sua figlia
-Giovannella era moglie di Pierluigi Farnese e madre di Giulia. Niccola
-erasi sposato con Eleonora Orsini, e morì nell'anno 1494; cosicchè,
-oltre il protonotario Giacomo, Guglielmo Gaetani era il capo della casa
-di Sermoneta.
-
-Alessandro adescò il protonotario a venire a Roma. Ivi, come ribelle,
-lo fece rinchiudere in Castel Sant'Angelo, e iniziare un processo
-contro di lui. A Guglielmo riuscì fuggire a Mantova. Ma Bernardino,
-figliuolino di Niccola, fu sgozzato da' mercenarii de' Borgia. Questi
-presero Sermoneta con la forza; mentre la popolazione non si arrese
-senza resistenza.
-
-Il 9 marzo 1499 Alessandro aveva già dato facoltà alla Camera
-Apostolica di vendere alla figlia i beni de' Gaetani pel prezzo di
-80,000 ducati. In questo atto, sottoscritto da 18 cardinali, diceva
-che le gravose spese dovute fare poco innanzi per la Chiesa, lo
-obbligavano ad alienare alcuni beni della Santa Sede. A tale scopo
-si offrivano Sermoneta, Bassiano, Ninfa e Norma, Tivera, Cisterna,
-San Felice (il Capo di Circe) e San Donato, confiscati ai Gaetani
-per motivo di ribellione. La vendita fu stipulata in febbraio 1500; e
-Lucrezia, ch'era già signora di Spoleto e Nepi, divenne anche signora
-di Sermoneta.[90] Indarno l'infelice Jacopo Gaetani dal suo carcere
-levò proteste. Egli morì di veleno il 5 luglio 1500.[91] La madre e la
-sorella lo seppellirono in San Bartolomeo all'Isola Tiberina, ove da
-lungo tempo i Gaetani possedevano un palazzo.
-
-A Giulia Farnese adunque non era riuscito salvare i proprii zii. Si
-ricorderà che Giacomo e Niccola nel 1489 erano stati presenti agli
-sponsali di lei col giovane Orsini nel palazzo Borgia. Non sappiamo
-neppure se ora la Giulia vivesse in Roma. Solo qualche volta la
-troviamo nominata in epigrammi. Così il suo nome apparisce in una
-satira: _Dialogo della morte e del Papa ammalato di febbre_. Il Papa
-chiama in aiuto la Giulia; ma la morte accenna che la sua amante gli ha
-partorito tre o quattro figliuoli. La satira è dell'estate 1500, quando
-Alessandro era in effetto malato di febbre. Ed è quindi da tenere, che
-in quel tempo la sua relazione con Giulia durasse ancora.[92]
-
-Cesare, che il primo dicembre 1499 aveva conquistato Imola, vide
-con molto mal animo la sorella sua arricchirsi delle molte terre
-de' Gaetani, i redditi delle quali avrebbero potuto meglio servire a
-lui. Non meno a contraggenio vedeva la crescente influenza di colei
-in Vaticano, ove voleva dominare solo sulla volontà del padre. Egli
-concepì propositi tenebrosi, e presto doveva arrivare il tempo di
-metterli in atto.
-
-
-XIV.
-
-Lucrezia non poteva che rallegrarsi della prolungata assenza del
-fratello. Nel Vaticano s'era fatta un po' di quiete; e, oltre di lei,
-solo Don Jofrè teneva corte con donna Sancia, alla quale era stato
-concesso di tornare.
-
-Noi potremmo approfittare di questa pausa tranquilla per farci un'idea
-della vita privata di Lucrezia, dell'ordinamento della sua corte, e
-delle persone che l'accerchiavano. Pure la cosa è difficile. Non un
-contemporaneo ne discorre. Il Burkard stesso ci presenta Lucrezia solo
-di rado, e sempre in connessione con gli avvenimenti in Vaticano.
-Una volta soltanto ci conduce alla sfuggita nel palazzo di lei, il
-27 febbraio 1496, quando i cardinali nuovamente eletti, Martino di
-Segovia, Giovanni Lopez, Giovanni Borgia e Giovanni De Castro, andarono
-a farle visita.
-
-Nemmeno i diplomatici stranieri, per quanto i dispacci loro ci
-son noti, diedero in quel tempo informazioni sulla vita privata di
-Lucrezia. Di questo periodo romano non abbiamo nè lettera di lei o
-a lei indirizzata, nè poesia che parli di lei, non foss'altro uno di
-quei sanguinosi epigrammi del Sannazzaro o del Pontano, che l'hanno
-stigmatizzata come la più sfacciata delle cortigiane. Nulladimeno se vi
-fu mai giovane donna capace d'infiammare la fantasia di poeti, fu, per
-certo, Lucrezia, nel fiore della gioventù e bellezza sua. Le relazioni
-sue col Vaticano, il mistero che la circondava, i destini cui incontrò,
-facevan di lei la più attraente delle donne che in Roma fosse a quel
-tempo. In qualche biblioteca giaceranno forse ancora sepolti i versi
-che un tempo i poeti di Roma dovettero dedicarle. E numerosi saranno
-stati coloro che s'affollavano alla corte della figlia del Papa per
-fare omaggio alla sua bellezza e averne protezione.
-
-Appunto in Roma Lucrezia potè vivere in contatto con molti uomini di
-alto ingegno, chè anche sotto la dominazione de' Borgia le muse non
-furon bandite dal Vaticano nè, per lo meno, da Roma. Certamente nelle
-corti mondane d'Italia, più che in quella di un Papa, donne d'origine
-principesca potevano dedicarsi con maggior fervore ai bisogni della
-coltura. Ed è vero che anche Lucrezia potette solo più tardi, in
-Ferrara, seguire l'esempio delle principesse di Mantova e di Urbino.
-Nel periodo romano s'aggiungeva, ch'essa era troppo giovane, e la sua
-vita domestica troppo legata e inceppata; onde difficilmente le fu
-dato spiegare influenza sui circoli letterarii e artistici di Roma.
-Nulladimeno per lo stato suo dovette, senza dubbio, essere in relazione
-con quelli.
-
-Suo padre non era insensibile ai diletti dello spirito. Ebbe egli
-pure i suoi cantori e i suoi poeti di corte. Il festeggiato Aurelio
-Brandolini improvvisava ad alta voce ai banchetti in Vaticano, nè
-v'è da dubitare che si facesse sentire anche nel palazzo di Lucrezia.
-Egli morì nell'anno 1497. Lo stesso onore cercò il favorito di Cesare,
-Serafino d'Aquila, il Petrarca del tempo; morto ancora giovane a Roma
-nel 1500.
-
-Cesare stesso amava la poesia e le arti, sia come qualunque uomo bene
-educato nella Rinascenza, sia come ogni grande signore e tiranno.
-Francesco Sperulo era suo poeta di corte. Serviva sotto le bandiere
-di lui; e fu il cantore della guerra in Romagna e Camerino.[93]
-Alcuni poeti romani divenuti dappoi celebri avranno recitato i loro
-versi innanzi a Lucrezia; così Emilio Boccabella ed Evangelista
-Fausto Maddaleni. Splendevano già come poeti e retori i tre fratelli
-Mario, Girolamo e Celso Mellini. Similmente non meno reputati erano i
-fratelli di casa Porcaro, Camillo, Valerio e Antonio. C'imbattemmo già
-in Antonio Porcaro, qual testimone agli sponsali di Girolama Borgia
-nell'anno 1482, e poscia qual procuratore di Lucrezia nella promessa di
-matrimonio di lei col Centelles nell'anno 1491. Ciò mostra come intimi
-fossero e si serbassero i legami de' Porcari con i Borgia.
-
-Questa famiglia romana, per la sorte toccata a Stefano, imitatore
-di Cola di Rienzo, era divenuta celebre nella storia della città. I
-Porcari pretendevano discendere dai Catoni, e per questo si chiamavano
-_Porcius_. Stretti in amicizia con i Borgia, affermavano pure essere
-parenti di costoro. Perchè Isabella, madre di Alessandro VI, doveva
-esser derivata dai romani Porcari, che d'un qualche modo erano
-iti nella Spagna. La somiglianza di suono dei due nomi latinizzati
-_Borgius_ e _Porcius_ fu certo occasione al bisticcio.
-
-Oltre Antonio, anche Jeronimo _Porcius_ era uno dei più ardenti
-partigiani de' Borgia. Assunto appena alla sede papale, Alessandro lo
-fece Auditore di Rota. Egli scrisse un lavoro, pubblicato in Roma nel
-settembre 1493, col titolo _Commentarius Porcius_, che dedicò ai Reali
-di Spagna. Descrive l'elezione e incoronazione di Alessandro VI, e
-raccoglie, liberamente compendiandoli, i discorsi di obbedienza rivolti
-al Papa dagli oratori italiani. È impossibile spingere l'adulazione
-cortigiana più in là di quel che abbia fatto lui, Jeronimo, affettato
-pedante, vanitoso chiacchierone e papista fanatico. Alessandro lo fece
-vescovo di Andria e governatore di Romagna. E quivi, a Cesena, egli
-compose nel 1497 un dialogo, che ha per soggetto _Savonarola e gli
-errori di lui intorno al potere del Papa_. Sostanza intima del tutto è
-il principio fondamentale degl'infallibilisti, che è cristiano solo chi
-al Papa obbedisce ciecamente.[94]
-
-Porcius volle provarsi anche nella poesia. Ne' versi al _Bove
-Borgia_ magnificò il Papa e il cardinal Cesare, che chiamava massimo
-benefattore suo.[95] Fu puranco lui che probabilmente scrisse l'elegia
-in morte del duca di Gandia, che s'è conservata sino a noi.[96]
-
-Mediante i Porcari, anche il giovane Fedro Inghirami dovette entrare
-in relazione con Lucrezia. Questi è quel ciceroniano ammirato da
-Erasmo, e che Raffaello, ritraendolo, ha reso immortale. Sin d'allora
-aveva richiamata su di sè l'attenzione di Roma. Ai funerali, che
-l'ambasciatore di Spagna fece solennizzare il 16 gennaio 1498 in
-San Giacomo a Piazza Navona per la morte dell'infante Don Giovanni,
-Inghirami pronunziò un'ammirabile orazione. Egli distinguevasi anche
-come attore sul teatro del cardinale Raffaele Riario.
-
-Il dramma cominciava allora a spiccare il primo volo, non solo alla
-corte dei Gonzaga e degli Este, ma anche in Roma. Alessandro stesso
-n'era tenero, non fosse che per l'inclinazione sua alla sensualità.
-In ogni festa di famiglia al Vaticano faceva dare commedie e balli.
-Attori probabilmente dovevano essere giovani accademici della scuola
-di Pomponio Leto, e nulla c'impedisce di ammettere che l'Inghirami, i
-Mellini, i Porcari si mostrassero sulla scena in Vaticano ogni volta
-che di farlo se ne porgesse l'occasione. A tali rappresentazioni potè
-anche cooperare Carlo Canale, il marito di Vannozza, che sin da Mantova
-aveva pratica col teatro. E non meno di lui lo potè pure Pandolfo
-Collenuccio, che più volte fu a Roma come agente di Ferrara, e v'entrò
-in personali relazioni co' Borgia.
-
-Il celebre Pomponio, al quale Roma andava debitrice della rinascenza
-del teatro, visse gl'ultimi anni suoi sotto il governo di Alessandro,
-circondato da grande reputazione. Forse questi era pure stato discepolo
-suo, come indubbiamente lo fu il cardinal Farnese. Pomponio morì il
-6 giugno 1498; e il Papa medesimo, che allora appunto aveva fatto
-ardere vivo il Savonarola, mandò la sua Corte nella chiesa d'Aracoeli
-all'esequie di quel maestro dell'antico paganesimo. Questa estrema
-dimostrazione d'onore basterebbe a provare, che Pomponio era conosciuto
-personalmente da' Borgia. Oltreacciò uno dei discepoli più fervorosi
-di lui, Michele Ferno, era già da lunga pezza partigiano entusiasta
-di Alessandro. Ancorchè questo Papa avesse nel 1501 emanato il primo
-editto di censura, pure ei non fu nemico della coltura scientifica.
-Favoreggiava l'Università Romana, ove al tempo suo insegnavano uomini
-di gran valore, quali Pietro Sabino e Giovanni Argyropulos. Similmente
-uno dei più grandi genii, che diede all'umanità intera onore e lume, fu
-per un anno l'ornamento di quella Università e del regno di quel Papa.
-Nell'anno del Giubileo 1500, dalla terra lontana di Prussia Copernico
-venne a Roma e vi tenne pubbliche lezioni di matematica ed astronomia.
-
-Fra i cortigiani di Alessandro erano uomini notabili, che Lucrezia
-dovette necessariamente avere in pratica. Il maestro di cerimonie,
-Burkard, in ogni solennità, nella quale la figlia del Papa doveva
-intervenire in Vaticano, regolava la forma prescritta. Frequenti quindi
-le visite che quegli dovette farle. Ed essa, di certo, non ebbe mai
-presentimento alcuno, che, dopo secoli, le note di codesto Alsaziano
-sarebbero state quale specchio, che innanzi alla posterità avrebbe
-riflettuto le figure de' Borgia. Nondimeno il _Diario_ di lui non getta
-nemmeno uno spiraglio di luce sulla vita privata di Lucrezia. E, per
-verità, dar contezza di questa non entrava nell'ufficio suo.
-
-Giammai scrittore di diario non fu, al pari di lui, rapido e conciso
-altrettanto, tranquillo ed impassibile nel descrivere gli avvenimenti
-a lui presenti, capaci di offrire materia ad un Tacito. Che il Burkard
-non fosse amico dei Borgia, lo mostra il modo in che ha compilato le
-sue notizie; le quali, del resto, sono tutt'altro che falsificazioni.
-Pure quest'uomo sapeva nascondere i sentimenti suoi, se pure non
-erano già da tempo come pietrificati sotto quella farragine tutta
-formalistica inerente al suo ufficio. Quotidianamente era sempre in
-moto nel Vaticano, quasi macchina del cerimoniale, il quale incarico
-vi tenne sotto il regno di cinque papi. Ai Borgia dev'esser sembrato
-un pedante al tutto inoffensivo; altrimenti non gli avrebbero permesso
-di osservare, di scrivere, e nemmeno di vivere. Anche quel poco che
-aveva registrato nel suo _Diario_ sarebbe bastato a farlo morire,
-se Alessandro o Cesare ne avessero avuto sentore. Ma sembra che i
-diarii dei maestri di cerimonie non soggiacessero ad alcuna ispezione
-officiale. Senza ciò Cesare, di certo, non l'avrebbe risparmiato,
-egli, che pugnalò Pedro Calderon Perotto, benchè favorito di suo
-padre, e fece anche trucidare quel cavalier Cervillon, che alle feste
-in Vaticano incontrammo già più volte incaricato delle più cospicue
-funzioni.
-
-Egli non rispettò nemmanco lo scrittore secreto Francesco Troche, del
-quale Alessandro VI s'era spesso servito in faccende diplomatiche. Il
-Troche, che una notizia veneziana dice spagnuolo, era un colto umanista
-come Canale, e, al pari di questo, in amichevoli relazioni co' Gonzaga.
-Leggiamo ancora lettere di lui alla marchesa Isabella, con le quali
-la richiedeva di certi sonetti.[97] E quella si rivolgeva a lui nelle
-sue faccende domestiche. Lo incaricò una volta di far per lei ricerca
-in Roma di un _Cupido_ antico. Senza dubbio, egli fu nel novero de'
-più intimi conoscenti di Lucrezia. Nel giugno 1503 Cesare fece anche
-scannare quest'altro favorito del padre.
-
-Pari al Burkard e a Lorenzo Behaim un terzo tedesco fu anche ben
-addentro nelle faccende familiari de' Borgia, Gorizio di Lussemburgo,
-festeggiato più tardi, sotto Giulio II e Leon X, come il prediletto
-di tutti gli Accademici. Ma sin dal tempo di Alessandro raccoglieva
-nella casa sua, al Foro Traiano, il mondo dotto ad accademici
-trattenimenti. Tutti i Tedeschi erano in cerca di lui. In casa sua
-ricevette indubbiamente il Reuchlin, venuto a Roma nel 1498; poi
-Copernico; quindi Erasmo e Ulrico di Hutten, che con grato animo
-se ne sovviene. E sotto quel tetto ospitale deve aver visto anche
-Lutero. Gorizio era referendario per le suppliche. Come tale conosceva
-Lucrezia personalmente, perchè molti rivolgevano le domande loro alla
-influentissima figlia del Papa. Anch'egli ebbe frequenti occasioni di
-studio e di osservazioni nel Vaticano. Ma de' fatti osservati non prese
-nota alcuna; ovvero i suoi diarii sparvero col sacco di Roma nel 1527,
-nel quale Gorizio perdette ogni cosa.
-
-V'era pure un altro uomo conosciutissimo personalmente da Lucrezia,
-il quale, forse meglio di chiunque altro, avrebbe potuto scrivere le
-memorie de' Borgia. Era questi il Nestore de' notai romani, il vecchio
-Camillo Beneimbene, la persona di fiducia per i negozii legali di
-Alessandro e di quasi tutti i cardinali e nobili di Roma. Egli era a
-notizia degli affari privati e pubblici de' Borgia. Aveva conosciuto
-Lucrezia ancora bambina. Tutti i contratti nuziali di costei furono da
-lui ricevuti. Teneva studio sulla Piazza de' Lombardi, oggi San Luigi
-de' Francesi. Durò colà nell'ufficio suo sino al 1505, mentre solo con
-quest'anno finiscono i contratti da lui rogati.[98] Un uomo che da sì
-lungo tempo era testimone d'ufficio e assistente legale de' Borgia
-nelle più importanti faccende familiari, e che perciò stesso doveva
-essere intimamente informato dei secreti loro, prese sicuramente nella
-casa, e soprattutto rispetto a Lucrezia, il posto di un amico pieno di
-paterno affetto. Il Beneimbene non c'ha lasciato scritto nulla delle
-sue osservazioni. Ma nell'Archivio de' notai al Campidoglio si conserva
-ancora il suo protocollo, ch'è davvero della più alta importanza.
-
-Molto intimo co' Borgia era un dottissimo umanista, Adriano Castelli
-di Corneto, scrittore secreto di Alessandro, il quale più tardi lo
-fece cardinale. Come secretario del Papa è naturale che fosse anche
-in relazione con Lucrezia. Nel novero de' più prossimi conoscenti di
-quelli sono, senza dubbio, da porre anche i celebri latinisti Cortesi,
-il giovane Sadoleto, familiare del cardinale Cibo, il giovane Aldo
-Manuzio, i fratelli Raffaele e Mario Maffei da Volterra, insigni
-pel loro spirito, ed Egidio da Viterbo. Questi, che fu più tardi
-predicatore famoso e cardinale, ebbe sempre intimità con Lucrezia,
-anche divenuta duchessa di Ferrara. Esercitò anzi efficacia grande
-sulle tendenze alla pietà, cui ella cedette in quel secondo periodo di
-sua vita.
-
-E non c'inganneremo neppure pensando la giovane duchessa di Bisceglie
-in frequenti relazioni co' cardinali più notevoli, raffinati nella
-coltura o nella galanteria, quali il Medici, il Riario, Orsini,
-Cesarini e Farnese, per non dire de' Borgia e di tutti gli Spagnuoli.
-Noi potremmo anche cercarla alle feste ne' palazzi de' signori romani,
-come dei Massimi e degli Orsini, de' Santa Croce, Altieri e Valle;
-ovvero nelle case de' ricchi banchieri, come degli Altoviti e Spanocchi
-e di Mariano Chigi, i cui figli Lorenzo e Agostino, quest'ultimo di lì
-a poco famoso, erano intimi confidenti de' Borgia.
-
-Amore vivo e speciale potette prendere Lucrezia alle creazioni delle
-belle arti in Roma. Anche Alessandro teneva occupati grandi maestri
-nel Vaticano, ove il Perugino dipingeva per lui. Suo pittore di Corte
-fu il Pinturicchio. Nel Palazzo del Vaticano — così il Vasari — questi
-ritrasse, sopra la porta di una camera, la signora Giulia Farnese nel
-volto d'una _Nostra Donna_; e nel medesimo quadro la testa di esso papa
-Alessandro che l'adora. E in Castel Sant'Angelo fece il ritratto di
-molti membri della famiglia Borgia.
-
-«In Castel Sant'Angelo — aggiunge il Vasari stesso — egli dipinse
-infinite stanze a grottesche; ma nel torrione da basso nel giardino
-fece istorie di papa Alessandro; e vi ritrasse Isabella regina
-cattolica, Niccolò Orsino conte di Pitigliano, Giangiacomo Trivulzi con
-molti altri parenti ed amici di detto Papa, ed in particolare Cesare
-Borgia, il fratello e le sorelle, e molti virtuosi di que' tempi.»
-Lorenzo Behaim ha copiato gli epigrammi che si leggevano sotto sei di
-tali quadri, _in Castel Sant'Angelo, giù nel giardino papale_. Tutti
-rappresentavano gli avvenimenti di quell'epoca critica dell'invasione
-di Carlo VIII, e tutti esaltavano Alessandro come trionfatore di
-costui. Si vedeva dipinto il re in atto d'inginocchiarsi innanzi al
-Papa nel giardino stesso di Castel Sant'Angelo; in altro quadro Carlo
-prestando obbedienza nel Concistoro; in un terzo Filippo di Sens e
-Guglielmo di San Malò in atto di ricevere la dignità cardinalizia; poi
-la Messa in San Pietro, alla quale Carlo faceva da ministro; quindi la
-processione a San Paolo, ove il re teneva la staffa al Papa; da ultimo
-la partenza di Carlo per Napoli, il quale conduceva seco Cesare Borgia
-e il sultano Djem.[99]
-
-Le pitture, e con esse anche i ritratti della famiglia Borgia,
-andaron tutte perdute. Più volte lo stesso Pinturicchio deve aver
-ritratto la bella Lucrezia. Alcune figure nei quadri di questo maestro
-riproducevano forse, senza ch'il sappiamo, le immagini de' Borgia.
-E così pure in qualche bottega di antiquario o tra i molti ritratti
-antichi, che nei palazzi di Roma e ne' castelli della campagna pendono
-in fila dalle pareti polverose, ancora oggi forse, senza che il curioso
-visitatore nemmanco lo sospetti, si troveranno ritratti di Lucrezia, di
-Cesare e de' fratelli.
-
-Degli artisti allora celebri Lucrezia dovette anche conoscere Antonio
-di Sangallo, l'architetto di suo padre. Conobbe similmente Antonio del
-Pollaiolo, il più reputato scultore della Scuola fiorentina in Roma,
-negl'ultimi decennii del XV secolo. Ed ivi egli morì nell'anno 1498.
-
-Pure la più notevole figura artistica di quel tempo in Roma era
-Michelangelo. Egli v'andò la prima volta nel 1496, nella giovane età di
-23 anni, quando sforzavasi a pigliare il suo primo volo. La città di
-Roma era allora un mondo incantevole e magico per ogni geniale natura
-artistica. Quella solenne concentrazione nel suo grande passato, che
-da' monumenti dell'antichità e del Cristianesimo parlava un sì potente
-linguaggio; quella sua maestà e quella solenne quiete, interrotta a
-un tratto dall'esplodere di passioni furiose: tutto quel mondo oggidì
-noi non siamo più in grado di rappresentarcelo vivamente. Non sappiamo
-rappresentarci quello, come non possiamo nemmeno rappresentarci l'aura
-spirituale della Rinascenza, che aleggiava su quelle rovine, nè la
-terribile natura profana del Papato, nè la totalità delle disposizioni
-interiori e morali di una generazione dotata di forza creatrice e
-distruggitrice, che spesso portò in sè l'impronta della grandezza. In
-vero, quella tendenza medesima, che produceva titanici delitti, generò
-le opere non meno titaniche della Rinascenza. Sotto forme e caratteri
-grandiosi si manifestarono allora il bene e il male insieme. Proprio al
-pari di Nerone, sfacciato e audace, si mostrò un Alessandro VI innanzi
-al mondo, disprezzandone il giudizio.
-
-La Rinascenza resterà eternamente uno de' più ardui problemi
-psicologici della civiltà: causa le profonde contradizioni che nel
-seno suo accoglie, parte con spontaneità affatto ingenua, parte con
-piena consapevolezza della incompatibilità loro; e causa pure quel
-certo elemento demoniaco, onde le individualità sono in quel periodo
-invasate.
-
-Tutte le forze, tutte le virtù e i vizii furono allora messi in moto
-dal desìo febbrile di goder della potenza, della gloria e dello
-spirito. La Rinascenza è stata paragonata ad un baccanale della
-civiltà. Si penetri addentro nelle figure di quei baccanti, e si
-vedranno in se stesse scontorcersi, come quelle degli amanti in Omero,
-che hanno il presentimento della ruina loro. Quella società, quella
-Chiesa, quelle città e quegli Stati, tutta quella civiltà umanistica,
-ebbri di piacere, barcollano sull'abisso, che irreparabilmente
-gl'ingoierà.
-
-Fa meraviglia il pensare come in questa Roma insieme, e in un solo
-e stesso momento, vivessero e si muovessero uomini come Copernico,
-Michelangiolo e Bramante, Alessandro VI e Cesare Borgia.
-
-Vide Lucrezia il giovane artista, più tardi amico della insigne
-Vittoria Colonna, di quella che doveva essere la più bella antitesi di
-lei? Lo ignoriamo; ma non ne dubitiamo. Con la curiosità dell'artista
-e dell'uomo, Michelangiolo avrà cercato veder la più avvenente donna
-di Roma. Tuttochè esordiente, egli era già noto per ingegno eminente.
-E, quando ricevette le prime commissioni dal romano Dal Gallo e dal
-cardinale La Grolaye, forse a sua volta anch'egli suscitò la curiosità
-di Lucrezia.
-
-Sotto l'impressione delle tragedie di casa Borgia e dell'assassinio
-di Gandia, accaduto essendo egli a Roma, Michelangiolo lavorava a
-quell'opera speciosa, la prima che richiamò su di lui l'attenzione
-della città. Lavorava al gruppo della _Pietà_, statogli commesso dal
-nominato cardinale. Vi diè l'ultima mano nel 1499, quando il gran
-Bramante anch'egli venne a Roma. Codesto gruppo bisogna considerarlo
-nel bel mezzo del tempo borgiano, come sul suo vero fondo. Allora la
-_Pietà_ spicca in tutta la sua significazione ideale. In quelle tenebre
-morali apparisce qual purissima fiamma di sacrifizio, accesa da un
-grande e serio spirito nel profanato santuario della Chiesa. Anche
-Lucrezia si trovò innanzi alla _Pietà_. Quest'opera d'arte potette
-svegliare nell'animo dell'infelice figlia d'un peccaminoso Papa più
-profondi sentimenti che non fossero in grado di comunicarle i discorsi
-di un confessore o i suggerimenti della badessa di San Sisto.
-
-
-XV.
-
-L'anno del Giubileo 1500 fu anno avventuroso per Cesare; ma sciagurato
-per Lucrezia. Essa lo cominciò andando il primo giorno dell'anno con
-solenne corteggio al Laterano. Andò a cavallo per pregare e compiere
-il prescritto pellegrinaggio per le chiese di Roma. Il corteggio si
-componeva di 200 cavalieri, gentiluomini e dame. Lucrezia cavalcava
-una chinea riccamente adorna. A fianco suo, a sinistra, il marito Don
-Alfonso; a destra una dama della sua corte; dietro il capitano della
-guardia palatina, Rodrigo Borgia. Passando pel Ponte Sant'Angelo, il
-padre si fece trovare ad un terrazzino del Castello, per godersi lo
-spettacolo dell'amata figliuola.
-
-Il nuovo anno non fu nunzio ad Alessandro che di prospere novelle, se
-una ne togli, la morte del cardinal legato, Giovanni Borgia, vescovo
-di Melfi e arcivescovo di Capua, che, per distinguerlo da un altro
-cardinale dello stesso nome, era chiamato _Iuniore_. Morì in Urbino l'8
-gennaio 1500, rapito, a quel che pare, da un accesso di febbre. Così
-informava Elisabetta, la moglie di Guidobaldo, suo fratello Gonzaga in
-una lettera del giorno istesso da Fossombrone.[100]
-
-Cesare trovavasi appunto in Forlì, quando il mattino medesimo del
-12 gennaio, in cui la cittadella gli si era arresa, gli giunse la
-nuova della morte del cardinale. La comunicò immediatamente al duca
-di Ferrara con una lettera, nella quale diceva Giovanni Borgia,
-chiamato dal Papa a Roma, e partitosi da Forlì per colà, esser poi
-morto di catarro in Urbino. Il fatto che quegli fosse stato al campo
-di Cesare, e che, come dalla lettera di Elisabetta risulta, fosse
-arrivato ad Urbino già malato, diede verosimiglianza al sospetto di un
-avvelenamento da parte di Cesare.
-
-È singolare che, nella lettera al duca, Cesare chiamasse il morto
-fratello suo.[101] Ercole mandò lettera di condoglianza il 18 gennaio,
-e anch'egli chiamò il cardinale _fratello_ di Cesare. Se ne dovrà forse
-indurre, che Giovanni Borgia _iuniore_ fosse stato anch'egli figlio
-di Alessandro VI? V'ha di più: il cronista ferrarese Zambotto, là ove
-nota la morte del cardinale, lo chiama esplicitamente _figliuolo di
-papa Alessandro_.[102] Se così fosse, il numero de' figli di costui
-ne sarebbe di molto accresciuto, perchè allora anche Ludovico Borgia
-era figlio suo. E quest'ultimo Borgia fu di fatto l'erede speciale de'
-beneficii di Giovanni. Divenne anche arcivescovo di Valenza e poscia
-cardinale. Egli annunziò la sua promozione al marchese di Mantova con
-lettera, nella quale, proprio come Cesare, chiamava _fratello_ suo il
-defunto.[103]
-
-Nulladimeno tutto ciò non basta a porre in dubbio la discendenza
-sin qui ammessa di Giovanni Borgia _iuniore_. Lo Zambotto, di certo,
-s'ingannò. La parola fratre usata in quelle lettere non altro vuol
-significare che _fratello cugino_.[104]
-
-Il 14 gennaio giunse in Vaticano la nuova che Cesare aveva espugnato
-il castello di Forlì. Dopo valorosa difesa Caterina Sforza-Riario con
-due suoi fratelli era stata costretta ad arrendersi. Questa nipote del
-grande Francesco Sforza di Milano, figliuola naturale di Galeazzo Maria
-e sorella illegittima di Bianca, moglie dell'imperatore Massimiliano,
-poteva ben valere come l'ideale di quelle donne eroiche italiane,
-che non vissero solo ne' poemi romantici del Boiardo e dell'Ariosto,
-ma ebbero esistenza vera anche nel campo della realtà. L'essenza
-loro trascende i limiti della natura femminea, e rasenta perciò la
-caricatura. Per comprendere l'esistenza di tali caratteri di donne, ne'
-quali bellezza e coltura, coraggio e intelligenza, voluttà e ferocia
-si disposavano, creando una strana apparizione, fa uopo conoscere le
-condizioni dei tempi, nel mezzo delle quali si produssero. E i destini,
-cui successivamente andò incontro la Caterina Sforza, non potevano non
-far di lei un'Amazzone.
-
-Giovane ancora, ella erasi sposata col ruvido nipote di Sisto IV,
-con Girolamo Riario, conte di Forlì. Poco dopo il suo feroce padre
-era stato sgozzato in Milano per mano di nemici della tirannia. Poi
-il marito cadde sotto il pugnale di congiurati, che ne precipitarono
-il cadavere nudo giù dalle finestre del castello di Forlì. Ma
-Caterina con audace coraggio seppe mantenere pe' figliuoli la
-rôcca, e vendicò il marito con orrenda crudeltà. D'allora in poi
-ella divenne, come Marin Sanuto la chiama, donna di grande animo, e
-quasi crudelissima virago.[105] Sei anni più tardi vide la morte del
-fratello Giangaleazzo, avvelenato da Ludovico il Moro. Innanzi agli
-occhi suoi fu pure ammazzato in Forlì, anche per mano di congiurati,
-il secondo suo marito, benchè non officiale, Giacomo Feo di Savona.
-Saltò immediatamente a cavallo; e, con dietro le sue guardie, andò nel
-quartiere degli assassini, e ogni essere vivente senza distinzione,
-donne e bambini persino, fece mettere a pezzi. Nel 1427 mandò al
-sepolcro un terzo amante, Giovanni Medici.
-
-Codesta Amazzone aveva retto con sagacia ed energia il suo piccolo
-paese, sinchè da ultimo cadde nelle mani di Cesare. Pochi forse ebbero
-a rimpiangere la sua sorte. Arrivata a Milano la nuova, trovarsi ella
-in potere di Cesare e quindi anche di papa Alessandro, il famoso
-generale Giangiacomo Trivulzio sorridendo disse parola insolente,
-che a sufficienza mostrò con quanto gradimento quella notizia fosse
-accolta.[106] Cesare la condusse a Roma qual nuova Regina di Palmira,
-in catene d'oro, così corse la favola. Egli fece il suo ingresso
-solenne il 26 febbraio. Il Papa destinò Belvedere per abitazione alla
-prigioniera.
-
-La città allora rigurgitava di pellegrini, che anche da un papa
-Borgia venivano per ottenere l'indulgenza del Giubileo. V'era tra gli
-altri venuta Elisabetta Gonzaga, moglie di Guidobaldo da Urbino. Il
-pellegrinaggio della celebre donna fu impresa molto arrischiata, avendo
-il Papa già posto secretamente Urbino nella lista di proscrizione
-de' feudatarii della Chiesa; e Cesare già da parte sua riguardava
-quel paese come suo bottino. Il pensiero d'incontrarsi in Roma con
-quest'ultimo non doveva esser per lei poco tormentoso. Con quanta
-facilità non avrebbero potuto coloro accampare un pretesto, pur che
-fosse, per tenerla captiva anche lei? Il fratello Francesco Gonzaga
-la sconsigliò dal suo proposito. Nulladimeno ella gli scrisse, già in
-viaggio per Roma, una lettera così amorevole e tanto attraente, che ci
-piace qui riprodurla per intero.
-
-«Illustrissimo Principe e Signore; fratello onorandissimo: — A questi
-giorni mi son partita da Urbino e messami in cammino per andare a Roma
-a fin di conseguire il Giubileo. Di questa gita, del resto, io feci
-già da alcuni giorni avvisata l'Eccellenza Vostra. Oggi, trovandomi
-ad Assisi, ho ricevuto una sua, dalla quale rilevo ch'ella vuole
-persuadermi e indurmi a desistere dall'andare, pensando forse, che
-non mi fossi ancor messa in cammino. Di che ho provato grandissima
-dispiacenza ed immenso affanno. Perchè da un canto avrei voluto sì in
-questa come in qualunque cosa altra cedere ed essere obbedientissima ad
-ogni volere di Vostra Signoria Illustrissima, che ho sempre avuta in
-luogo di padre nè ho altrimenti, e giammai non è stato in me animo nè
-pensiero, se non di concorrere ad ogni sua voglia. Dall'altro canto,
-dopo che già mi trovo, come ho detto, in viaggio e fuori dello Stato;
-dopo aver per mezzo del signor Fabrizio e di madonna Agnesina, mia
-onorevole cognata e sorella, fatto provvedere in Roma alla casa e ad
-ogni altra cosa necessaria, e assicurati costoro di dovermi ritrovare
-a Marino fra quattro giorni, talchè il signor Fabrizio m'è venuto
-incontro per farmi compagnia; dopo, per di più, esser corsa voce
-della mia partenza e della mia gita; non saprei davvero veder modo
-come oramai ritrarmi con onore di mio marito e mio. La cosa è andata
-tanto avanti, e tanto maggiormente, in quanto v'ho proceduto con la
-piena intelligenza e buona volontà dello stesso mio marito, dopo aver
-bene considerata ogni cosa. Del rimanente, la Signoria Vostra non
-deve per questa mia andata concepir nell'animo affanno o sospetto di
-sorta. Affinchè ella sia bene informata di tutto, sappia che io prima
-me ne vo' a Marino, e quindi di lì, in compagnia della detta madonna
-Agnesina, me ne vo' incognita a Roma per far la debita visitazione
-delle chiese ordinate a conseguire il santo Giubileo. Io non avrò a
-mostrarmi e neppure a parlare con persona alcuna; mentre, pel tempo
-che starò a Roma, andrò ad alloggiare in casa del fu cardinal Savello:
-abitazione codesta buona e convenientissima al desiderio mio, in
-mezzo a' partigiani de' Colonnesi; abbenchè intenzione mia sarebbe di
-tornare per la maggior parte del tempo a stare a Marino. Sicchè Vostra
-Signoria deve senza alcun dubbio contentarsi di questa mia andata, e
-non pigliarne dispiacere alcuno. E quantunque tutte le addotte ragioni
-siano efficacissime a indurmi non solo a continuare il mio viaggio, ma
-bensì a farmelo intraprendere ove non fussi ancora partita; tuttavolta,
-quando per avventura mi ritrovassi di non essere partita, non mica per
-dubbio veruno o disturbo che io conosca potesse nascermene, ma solo
-per desiderio di soddisfare la Signoria Vostra, in questa come in ogni
-cosa, avrei abbandonato quel progetto. Se non che, al punto ove ne
-sono, e quando Vostra Eccellenza avrà letto questa mia lettera, son
-certa che dell'andar mio sarà contenta. Ed io ne la prego e supplico.
-E perchè possa con più contentezza e soddisfazione d'animo pigliare
-questo Giubileo; voglia significarmi con una sua diretta a Roma esser
-proprio così, ch'ella, cioè, se ne contenti. Altrimenti io ne starò in
-continua agonia e affanno. Mi raccomando alla buona grazia di Vostra
-Eccellenza. — Assisi, 21 marzo 1500.»[107]
-
-Agnesina da Montefeltro, della quale parla la lettera, sorella di
-Guidobaldo, donna piena di spirito e d'intelligenza, erasi sposata
-con Fabrizio Colonna, che più tardi divenne un gran capitano italiano.
-Essa aveva allora 28 anni. Viveva col marito nel castello di Marino su'
-Monti Albani; e quivi nel 1490 aveva dato alla luce Vittoria Colonna,
-futuro ornamento di casa sua. Elisabetta trovò questa bella fanciulla
-già promessa a Ferrante d'Avalos, figlio del marchese Alfonso di
-Pescara. Ferdinando II di Napoli sin dall'anno 1495 aveva cooperato
-agli sponsali de' due fanciulli, per far cosa grata ai Colonna,
-partigiani di Aragona.
-
-Sotto la protezione degl'illustri parenti la duchessa d'Urbino visitò
-effettivamente Roma, ove si tenne in stretto incognito, e vi restò
-sino al sabato dopo Pasqua. Nelle gite a San Pietro forse rivolse
-spesso un mesto sguardo verso Belvedere, là ove giaceva prigioniera
-la più coraggiosa donna d'Italia, alla quale probabilmente la legava
-amicizia. Che Caterina Sforza, dall'ingresso di Cesare, il 26 febbraio,
-si trovasse a Belvedere, lo attesta una lettera di quel giorno
-dell'ambasciatore veneziano in Roma alla Signoria. E i pensieri di
-Elisabetta dovevan farsi tanto più cupi e penosi, in quanto il marito
-ed il fratello Gonzaga, entrambi al servizio di Francia, avean dovuto
-abbandonare quella principessa all'estrema rovina.
-
-Aveva costei lasciato appena Roma, quando a Caterina Sforza fu recata
-la nuova, che anche i due zii di lei Ludovico e Ascanio erano in
-potere del re di Francia. Dopo avere nel febbraio 1500 riconquistato
-Milano con truppe svizzere, furon poscia, il 10 d'aprile, vilmente
-traditi presso Novara dagli stessi mercenarii. Ludovico fu tradotto in
-Francia, ove, dopo 10 anni, morì miseramente nella torre di Loches.
-E anche il cardinale Ascanio, un tempo così potente, dovette andare
-in Francia come prigioniero. Immensa tragedia fu quella che si svolse
-nella casa Sforza. Quale commozione non dovette provare la Caterina
-nella prigione, in vedere tutta la stirpe sua soggiacere così alle
-atrocità del destino! Chi sappia collocarsi in quel mezzo, sente l'aria
-oppressiva del fato inesorabile della storia, della quale lo Shakspeare
-ha circondato le sue tragiche figure.
-
-Carcerieri di Caterina erano i più spaventevoli uomini del tempo,
-il Papa e suo figlio. Il pensiero solo della vicinanza loro doveva
-riempirla tutta di terrore. Essa era là, sull'alto Belvedere, sempre
-temendo il veleno di Cesare. Ed era davvero un miracolo che la si
-lasciasse vivere. Tentò fuggire, ma non riuscì. E per questo Alessandro
-la fece rinchiudere in Castel Sant'Angelo. Ma i signori francesi,
-al servizio di chi l'aveva perduta, specialmente Ivo d'Allegre, la
-salvarono, cavallerescamente protestando presso il Papa. Dopo una
-prigionia di 18 mesi questi le permise sceglier Firenze per asilo. Egli
-stesso la raccomandò alla Signoria con questa lettera:
-
-«Diletti figliuoli, salute e benedizione apostolica. — Viene costì
-l'amata figlia in Cristo, la gentildonna Caterina Sforza. Dopo averla,
-come v'è noto, tenuta un pezzo prigioniera per ragionevoli motivi,
-l'abbiamo graziosamente lasciata libera. E poichè, giusta l'abitudine
-nostra e il nostro pastorale ufficio, non abbiamo usato soltanto grazia
-verso la stessa, ma, per quanto Iddio cel concede, desideriamo anche
-provvedere con paterna bontà al suo meglio; così abbiamo stimato bene
-scrivervi per raccomandarla vivamente alla devozione vostra. Essa viene
-pienamente fiduciosa nella nostra benevolenza a star tra voi, come
-in sua propria patria; epperò non abbia a rimaner delusa nella sua
-speranza con le raccomandazioni nostre. Ci sarà quindi cosa gratissima
-apprendere, che, in grazia dell'omaggio da lei reso alla città vostra,
-ed anche per riguardo verso di noi, sia stata da voi bene accolta
-e ben trattata. Data a Roma presso San Pietro sotto l'anello del
-Pescatore, il 13 luglio 1501. Nell'anno nono del nostro Pontificato. —
-Adriano.»[108]
-
-Caterina Sforza morì in un monastero di Firenze nell'anno 1509. Alla
-patria lasciò un figlio della stessa tempra sua, Giovanni Medici,
-l'ultimo gran condottiere italiano, divenuto famoso nella storia della
-guerra come capitano delle _bande nere_. Una figura marmorea di questo
-capitano dalla forza erculea e dalla nuca di Centauro sta ancora assisa
-all'angolo della Piazza di San Lorenzo in Firenze.
-
-
-XVI.
-
-Caduti i Riarii d'Imola e Forlì, tutti i tiranni dello Stato della
-Chiesa tremarono di Cesare. Anche principi più potenti, come Este e
-Gonzaga, che non eran punto, o solo in parte, feudatarii della Chiesa,
-s'arrovellavano per aver l'amicizia del Papa e del suo formidabile
-figliuolo. Cesare, come alleato di Francia, erasi assicurati i servigi
-di quei due principi; e, a cominciare dall'anno 1499, ne aveva ricevuto
-aiuto nelle sue imprese in Romagna. Mantenne viva corrispondenza con
-Ercole d'Este, che egli, uomo giovane e immaturo, trattava da suo pari,
-come fratello ed amico. Comunicò a colui i suoi successi, e n'ebbe in
-risposta congratulazioni con parole piene egualmente di confidenza,
-ognuna delle quali era una menzogna diplomatica dettata dalla paura. La
-corrispondenza tra Cesare ed Ercole si conserva ancora nell'Archivio
-Este a Modena: contiene molte lettere e comincia dal 30 agosto 1498,
-quando Cesare era ancora cardinale. In quella prima lettera, scritta
-in latino, Cesare informava il duca della sua prossima partenza per la
-Francia e pregavalo per un cavallo da sella.
-
-Una corrispondenza non meno intima ebbe Cesare con Francesco Gonzaga.
-Con questo strinse forte relazione, che durò sino alla fine di lui.
-Nell'Archivio di casa Gonzaga a Mantova esistono ancora 41 lettere di
-Cesare al marchese e alla moglie Isabella. La prima porta la data del
-31 ottobre 1498 da Avignone; la seconda del 12 gennaio 1500 da Forlì;
-la terza da Roma del 24 maggio 1500 è del tenore seguente:
-
-«Illustrissimo Signore, onorando come fratello. — Dalle lettere di
-Vostra Eccellenza abbiamo appreso la desiderata e felice natività del
-suo illustrissimo figlio con non minore esultanza che per la nascita
-di un nostro proprio figliuolo. Poichè noi per intima e fraterna
-benevolenza siamo desiderosissimi di ogni sua prosperità e felice
-successo, così volentieri accettiamo esser padrino. E a tal effetto
-costituiamo nostro speciale procuratore quello tra i consiglieri suoi,
-che a Vostra Eccellenza piacerà scegliere. In nostro luogo e parte
-intervenga egli a levare il bambino dal sacro fonte. Noi preghiamo
-nostro Signore Iddio, perchè lo voglia conservare a seconda de' nostri
-desiderii comuni.
-
-»Non rincresca a Vostra Eccellenza di presentare anche per noi le
-nostre congratulazioni alla eccellentissima sua consorte. Con questo
-figliuolo, speriamolo, essa avrà dato principio a numerosa prole e a
-perpetua posterità di parenti così chiarissimi e generosi. Roma nel
-Palazzo Apostolico il 24 maggio 1500. — Cesare Borgia di Francia,
-duca di Valenza e gonfaloniere e capitan generale della Santa Chiesa
-Romana.»[109]
-
-Il figlio del marchese di Mantova nato il 17 maggio 1500 era Federico,
-principe erede. Due anni dopo, quando Cesare era all'apogeo della
-potenza, gli stessi Gonzaga sollecitarono l'onore di impegnare la mano
-del loro figliuolo con Luisa, piccola figlia di colui.
-
-Cesare passò in Roma parecchi mesi per procacciarsi danaro per le sue
-imprese in Romagna. Un accidente minacciò di mandare in aria in un
-sol momento tutti i suoi disegni. Il 27 giugno 1500 il padre corse
-pericolo di rimaner schiacciato sotto un camino caduto in Vaticano; ma
-fu tolto da' rottami leggermente ferito. Egli non volle esser medicato
-che da sua figlia. Quando l'ambasciatore veneziano andò il 3 luglio a
-visitarlo, trovò presso di lui madonna Lucrezia, Sancia e il marito
-Jofrè e una damigella della corte di Lucrezia, ch'era la _favorita_
-del Papa. E questo Papa aveva 70 anni. Attribuì la sua salvezza alla
-Vergine Maria, proprio come Pio IX a' dì nostri, uscito sano dal
-precipizio di una casa presso Sant'Agnese, attribuì la sua alla Santa
-stessa. E in onore della Vergine Alessandro fece cantare il 5 luglio
-messa solenne. Più tardi, ristabilitosi, si fece portare in processione
-a Santa Maria del Popolo, ed offrì alla Vergine del Cielo un calice
-pieno di 300 ducati. Il cardinale Piccolomini sparse con ostentazione
-l'oro sull'altare in presenza del popolo.
-
-I Santi del Cielo s'erano interposti tra un muro che cadeva nel
-Vaticano e un gran peccatore; ma lasciarono che tranquillamente si
-compisse un gran misfatto contro un innocente, 18 giorni soltanto
-dopo quella caduta. Invano e i presentimenti proprii e i consigli di
-amici avevano un anno prima spinto il giovane Alfonso di Bisceglie
-a mettersi in salvo con la fuga. Come vittima espiatoria, egli aveva
-seguito la moglie in Roma per ivi cadere sotto il pugnale di sicarii,
-dal quale colei non potè salvarlo. Cesare lo odiava, come odiava
-tutta la casa d'Aragona. Di più, il matrimonio della sorella con un
-principe di Napoli aveva ora perduto ogni importanza, come già un tempo
-era accaduto di quello con lo Sforza di Pesaro. Era anzi diventato
-ostacolo ai disegni di Cesare, il quale aveva già in mente per Lucrezia
-altro matrimonio per lui stesso più vantaggioso. Ma il matrimonio col
-duca di Bisceglie non era rimasto infecondo, e per conseguenza non
-poteva essere sciolto. Onde Cesare decise uno scioglimento radicale e
-violento.
-
-Il 15 luglio 1500 Alfonso andava dal suo palazzo al Vaticano, ov'era
-la moglie. Potevano essere le undici di notte. Sulla scala di San
-Pietro uomini mascherati, armati di pugnali, gli furono addosso.
-Ferito gravemente al capo, al braccio, alla coscia potette il principe
-trascinarsi sino all'appartamento del Papa. Alla vista del marito tutto
-grondante sangue Lucrezia cadde svenuta.
-
-Alfonso fu portato in una sala del Vaticano. Un cardinale gli diè
-l'assoluzione. Nondimeno la gioventù la vinse: egli guariva. Lucrezia,
-che per lo spavento era stata colta dalla febbre, e Sancia lo
-medicavano. Esse stesse gli preparavano il cibo, e il Papa pose persone
-che lo vegliassero. Dell'assassinio e degli esecutori si parlava in
-Roma in vario senso. L'ambasciatore veneziano scriveva il 19 luglio
-alla Signoria: «Non si sa chi abbia ferito il duca; ma dicesi sia
-stata la persona medesima che ammazzò il duca di Gandia, e lo gettò
-in Tevere. Monsignor di Valenza ha emesso editto, che niuno da Castel
-Sant'Angelo a San Pietro possa lasciarsi vedere armato, pena la morte.»
-
-Con diabolica ironia Cesare diceva all'ambasciatore stesso: «Io non ho
-ferito il duca; ma l'avessi fatto, ei l'avrebbe ben meritato.» — L'odio
-suo contro il cognato deve aver avuto anche motivi affatto personali,
-che a noi sono restati oscuri. Cesare non si peritò nemmeno di far
-visita all'ammalato; e, andando via, disse: «Quel che non è accaduto a
-mezzodì, può bene accader la sera.»
-
-Passarono così giorni angosciosi, sino a che l'assassino perdette la
-pazienza. Il 18 agosto verso le 9 di sera andò di nuovo. Cacciò via
-dalla camera del cognato Lucrezia e Sancia; chiamò il suo capitano
-Micheletto, e da costui Alfonso fu strozzato. Senza suoni nè nenie, con
-un silenzio che metteva orrore, quasi apparizione fantasmagorica, il
-morto principe fu trasportato in San Pietro.
-
-La cosa non fu più un mistero. Cesare stesso pubblicamente dichiarava
-aver egli ucciso il duca, perchè questi tendeva insidie alla vita sua;
-e, passeggiando lui nel giardino del Vaticano, Alfonso avevagli fatto
-tirare alle spalle da' suoi arcieri.
-
-Nulla più di questo fatto, e del modo in che il Papa lo accolse, vale
-a mostrare tutto il formidabile potere che Cesare aveva acquistato
-sull'animo del suo immoralissimo padre. Da notizie dell'ambasciatore
-veneziano risulta che quello era avvenuto contro il volere di
-Alessandro, il quale aveva insin cercato salvare l'infelice principe.
-Ma consumato appena il fatto, non stette a pensarci su più che tanto.
-Egli, che aveva perdonato a Cesare l'uccisione del fratello, non
-poteva ora osare di chiamarlo a render conto. Dall'altro canto le
-conseguenze del misfatto non erano da lui stesso che troppo desiderate.
-Si sarà quindi risparmiata ogni inutile rampogna al figliuolo. Al
-sentimentalismo suo, se pure un Borgia avesse potuto esserne capace,
-Cesare avrebbe risposto col riso.
-
-Giammai delitto di sangue non cadde così presto in dimenticanza. Della
-uccisione di un principe della Casa reale di Napoli non si fece più
-caso che della morte di vilissimo palafreniere del Vaticano. Niun uomo
-quindi schivò la vista o la compagnia di Cesare. Non un prete gli vietò
-l'ingresso nella chiesa, nè un solo cardinale cessò dall'accostarlo
-con riverenza profonda. I prelati eran solleciti a ricevere dalla mano
-dell'onnipotente omicida il cappello rosso, mentre egli a caro prezzo
-dispensava a' maggiori offerenti la dignità cardinalizia. Aveva bisogno
-di danaro per continuare le sue conquiste in Romagna. In quei giorni
-dell'agosto erano con lui i suoi condottieri, Paolo Orsini, Giulio
-Orsini, Vitellozzo Vitelli ed Ercole Bentivoglio. Il Papa aveva messo
-in ordine per lui 700 uomini d'arme; e il 18 agosto l'ambasciatore
-veneziano informava la Signoria di essere stato incaricato dal Papa, di
-pregare il doge di voler desistere dal proteggere i signori di Rimini e
-di Faenza. Fervevano i negoziati con Francia per procacciare a Cesare
-un appoggio serio e pratico. Il 24 agosto entrò in Roma l'inviato
-francese, Luigi De Villeneuve, e presso San Spirito gli venne incontro
-una maschera e l'abbracciò. Era Cesare. Quanto apertamente commetteva i
-suoi delitti, altrettanto amava andar per Roma mascherato.
-
-Il giovane Alfonso di Aragona è fra le vittime de' Borgia la più
-tragica figura; e il destino suo commuove più di quello di Astorre
-Manfredi. Se Lucrezia, come v'è ogni ragion di credere, amava davvero
-suo marito, certo la fine di lui dovette immergerla in una desolazione
-disperata. E non avesse anche per lui nudrito passione alcuna, ogni
-sentimento suo doveva irrompere contro l'assassino, della cui infernale
-ambizione ella era la vittima. E doveva eziandio insorgere contro il
-padre, che per quel misfatto aveva mostrata tanta indifferenza.
-
-Le scarse notizie, che abbiamo di quei giorni, non ci dipingono lo
-stato suo appena occorso il fatto, nè ciò che accadde in Vaticano tra i
-componenti di casa Borgia. Lucrezia, è vero, fu malata di febbre; ma nè
-morì di dolore, nè si levò vindice contro l'assassino di suo marito, nè
-fuggì via da quell'orrido Vaticano.
-
-Ella si trovò nella stessa condizione di sua cognata donna Maria
-Enriquez alla morte di Gandia. Ma, mentre questa era col figlio sicura
-in Spagna, per Lucrezia invece non v'era alcun asilo, ove ridursi a
-vivere senza il volere del padre e del fratello.
-
-Sarebbe stoltezza condannare la sventurata, se nel più spaventevole
-momento di sua vita non siasi fatta l'eroina di una tragedia. La verità
-è che in quel tragico ambiente ella apparisce troppo debole e piccola.
-Ma diritto di pretendere da Lucrezia Borgia le passioni di una grande
-anima, se non n'era capace, non ve n'ha alcuno. Noi non cerchiamo di
-comprenderla che qual fu realmente. E, se il giudizio non ci falla,
-essa fu donna, che non la potenza, ma solo la grazia della sua natura
-fece uscire dalla volgare schiera. Questa giovane donna, che alla
-fantasia romantica della posterità è apparsa qual Medea e qual face
-amorosa sempre ardente, forse non ha in realtà provato mai una passione
-profonda. Nel periodo della sua vita in Roma fu sempre dipendente
-dalla volontà di altri, e le sorti sue furon sempre decise dal padre
-prima, poi dal fratello. E non sappiamo sino a che punto, rimpetto a
-tali condizioni di reale soggezione, la sua resistenza morale fosse in
-grado di affermare, contro di quelle, la dignità della donna. Ma se mai
-Lucrezia sentì una volta in sè il coraggio di far valere i sentimenti e
-i diritti suoi contro coloro che la condannavano al sacrificio, questa
-dev'essere stata dopo l'uccisione del marito. Ed è molto probabile
-che siasi allora rivolta con accuse contro il fratello omicida, e
-con lagrime al padre. Cesare per tanto volle che l'importuna fosse
-allontanata dal Vaticano. Ed Alessandro la mandò per qualche tempo in
-esilio, probabilmente perchè essa stessa ardentemente lo desiderava.
-L'ambasciatore veneziano Polo Capello fa cenno di una rottura insorta
-tra lei e il padre. Egli avea lasciato Roma il 16 settembre 1500, e di
-ritorno a Venezia fece una relazione al suo Governo sulle condizioni di
-quella città, nella quale diceva: «Madonna Lucrezia, la quale è savia e
-liberale, stava prima in grazia del Papa, ma ora questi non l'ama più.»
-
-Il 30 agosto Lucrezia con un seguito di 600 cavalieri lasciò Roma per
-rendersi a Nepi, ov'era signora. Quivi voleva, come il Burkard dice,
-sollevarsi dalle profonde commozioni d'animo, che la morte del duca di
-Bisceglie le aveva cagionate.
-
-In quel tempo, come oggi, s'andava da Roma a Nepi per la via Cassia,
-passando per Isola Farnese, Baccano e Monterosi. La strada allora era
-in parte sempre l'antica, ma in cattivissimo stato. Presso Monterosi
-si pigliava la via Amerina, il cui antico selciato anch'oggi a lunghi
-tratti si è conservato sin sotto le mura di Nepi.
-
-Anche Nepi — o _Nepe_ o _Nepete_, — come tutte le città etrusche, è
-posta su piano elevato, i cui erti margini scendono a picco in profonde
-fenditure vulcaniche del suolo. Fiumicelli, chiamati _rii_, scorrono
-nel fondo gorgogliando fra i rocciosi rottami. Le nude e ripide pareti
-di tufo servivano di fortificazione naturale; e, dove fossero meno
-alte, si suppliva con mura.
-
-Il lato meridionale della città di Nepi, ove il Rio Falisco, prima di
-precipitarsi nel grande burrone, scorre in una valle meno profonda,
-era già stato nell'antichità munito di alte mura. Eran massi di tufo
-oblunghi, posti gli uni sugli altri senza cemento, come le mura della
-vicina Falerii. Rimangono ancora notevoli avanzi di queste mura presso
-Porta Romana; tutto l'altro materiale venne adibito alla costruzione
-del castello e dell'acquidotto farnesiano.
-
-Il castello proteggeva il lato più debole di Nepi, e in quel luogo
-stesso doveva essere l'antica rôcca. Nell'VIII secolo fu sede di un
-duca potente, Toto, divenuto celebre anche nella storia della città di
-Roma. Il cardinale Rodrigo Borgia gli diè la forma, che oggi tuttavia
-conserva, avendolo fatto ricostruire di pianta. Egli vi fece pure
-elevare le due forti torri interne, l'una, la più grande, rotonda,
-l'altra quadrata. Più tardi venne restaurato e munito di bastioni
-esteriori da Paolo III e da suo figlio Pierluigi Farnese, primo duca di
-Castro e Nepi.[110]
-
-Nel 1500 il castello non era meno saldo di quello di Civitacastellana,
-fatto similmente edificare da Alessandro VI. Oggi invece è miseramente
-rovinato. L'edera fronzuta e rigogliosa avvolge le rovine del palazzo,
-e ne ricopre all'esterno le pareti. Solo quei due colossi di torri
-hanno sfidato l'edacità del tempo.
-
-S'entra nel diroccato castello dal lato della città per una porta,
-sulla quale con bei caratteri della Rinascenza sta scritto: YSU. UNICUS
-CUSTOS. PROCUL HINC TIMORES. YSU. Si arriva in una corte quadrata,
-circondata da portici murati e tutti in rovina, e ridotta oggi ad orto.
-Di fronte sta la cadente facciata del castello, edifizio a due piani
-nello stile della Rinascenza, con finestre guernite di peperino. Sulla
-cornice della porta d'ingresso l'iscrizione P. LOISIVS FAR. DUX PRIMUS
-CASTRI, indica anche qui una restaurazione farnesiana.
-
-L'interno non presenta che una maceria. Le stanze son tutte cadute.
-Niuno cercò impedire il disfacimento di questo importante monumento del
-passato; eppure l'ultima sala non rovinò che 50 anni fa. Delle camere
-superiori rimane una soltanto, alla quale non si può accedere che
-arrampicandosi per una scala. Vi si vede ancora il posto del camino;
-e rimane pure, qual era, il soffitto primitivo in assi di legno,
-come usava ne' primi anni della Rinascenza. Le travi si terminano con
-mensole graziosamente intagliate. Tutto il soffitto è di color bruno
-carico; e qui e là alle pareti pendono scudi di legno, su' quali è
-dipinta l'arme de' Borgia.
-
-L'arme stessa in pietra si vede pure sulle pareti interne del castello
-ed esteriormente sulle torri. Due di esse, finamente scolpite ed
-incastrate oggi sotto il portico della Casa comunale di Nepi, furon
-tolte di là, ove forse Lucrezia le aveva fatte affiggere. Sotto corona
-ducale portano insieme l'arme de' Borgia e quella di casa Aragona
-venuta a Lucrezia come duchessa di Bisceglie.
-
-La solitaria Nepi, che oggi non conta che 2500 abitanti, nell'anno
-1500 era appena più popolosa. Piccolo paese della Campagna con strade
-di architettura gotica; con qualche antico palazzo e torre di nobili
-famiglie, delle quali quella de' Celsi era la più ragguardevole; con la
-sua piccola piazza, altra volta il fòro, ov'era la Casa comunale; col
-suo vecchio duomo, originariamente edificato sulle rovine del tempio
-di Giove, e che nel 1500 serbava ancora la sua forma di basilica; con
-altre poche antiche chiese e monasteri, come San Vito e Sant'Eleuterio;
-e con alcuni avanzi di antichità che oggi sono scomparsi. Di questi
-soltanto due statue, in onore di cittadini nepetini, la cui memoria
-è ormai perduta, stanno ancora innanzi alla facciata del Palazzo
-comunale, grazioso edifizio dell'ultimo tempo della Rinascenza.
-
-I pressi di Nepi, come la più parte delle contrade etrusche, hanno un
-carattere cupo e melanconico, generato insieme dalla natura vulcanica
-del terreno e dall'estinzione di ogni attività storica; l'una e
-l'altra proprie e comuni a tutta l'Etruria. Quelle profonde e tenebrose
-squarciature del suolo, co' loro massi rocciosi, con le rupi tagliate a
-picco, di tufo parte nero, parte rossastro oscuro, e quei torrenti che
-vanno rumoreggiando nel fondo, fanno un'impressione grandiosa, ma piena
-d'immensa tristezza. E non meno rendono l'animo serio e triste quelle
-alte pianure ampie e silenziose, e quelle greggi pascolanti con pace
-idillica, rotta soltanto di tratto in tratto da lamentevoli belati e
-dal flebile suono del piffero pastorale.
-
-Qua e là selve di querce. Quattro secoli or sono, ve n'erano intorno
-a Nepi di più folte e più lussureggianti. Oggi invece, verso Sutri
-e Civitacastellana, sono state molto diradate; ma formano pur sempre
-magnifiche boscaglie. Dalla piattaforma del castello si dispiega alla
-vista un gran panorama, più esteso di quello che si gode dal castello
-di Spoleto. Qui spicca sull'orizzonte la tetra catena de' Vulcani di
-Bracciano col monte di Rocca Romana; colà la foresta del Monte Cimino
-innanzi Viterbo, sui cui estesi declivii è chiaramente visibile il
-castello de' Farnesi, Caprarola. Dirimpetto s'eleva come isola il
-Soratte. A settentrione l'altipiano va leggermente digradando verso
-la valle del Tevere, e in lontananza, e attraverso un velo leggiero,
-si disegnano le cilestrine montagne della Sabina, tutte popolate sulle
-pendici di villaggi e castelli.
-
-La giovane vedova di Alfonso entrò il 31 agosto nel castello di Nepi, i
-cui muti spazii furono ora animati dalla sua corte. Pure tutte quelle
-dame e cavalieri, altra volta sì facili alla gioia e al piacere, eran
-mesti ed afflitti per dolore vero od officiale. Nel solitario castello
-potè Lucrezia abbandonarsi liberamente al pianto per la persona cara,
-che le era stata per due anni marito, e in compagnia della quale ella,
-l'anno innanzi, aveva abitato quel luogo stesso. Nulla veniva colà a
-turbare i suoi tetri pensieri: invece castello, città, campagna, tutto
-armonizzava con essi.
-
-Ignoriamo quanto durasse il melanconico soggiorno. Ne' calori estivi
-le evaporazioni di quelle voragini sogliono addurre febbri micidiali,
-e ancora oggi rendono malsana l'aria di Nepi e di Civitacastellana.
-Il padre probabilmente, nel settembre o nell'ottobre, la richiamò a
-Roma, e presto dovette darle di nuovo la grazia sua, tanto più che
-il fratello lasciò la città. Ed era scorso appena qualche mese che
-già l'anima di Lucrezia era tutta piena di altre splendide immagini
-dell'avvenire, dietro le quali lo spettro dell'infelice Alfonso si
-dileguò. Essa cessò così presto dal pianto, che dopo un anno soltanto
-in questa donna, giovane e sorridente, niuno avrebbe saputo sospettare
-la vedova di un marito assassinato. Lucrezia aveva ereditato dal padre,
-se non la indistruttibile forza della vita, certo quella leggerezza di
-sentimento che i contemporanei non han mancato di notare espressamente
-nell'uno come nell'altra, sotto il nome di naturale sempre gaio e
-sereno.
-
-
-XVII.
-
-Alla fine del settembre 1500 Cesare mosse per la Romagna con 700 uomini
-d'arme, 200 cavalleggieri e 6000 fantaccini. Egli volse prima i passi
-verso Pesaro per scacciar di là il suo antico cognato. Giovanni Sforza,
-all'udire la nuova della tremenda fine del suo successore con Lucrezia,
-aveva potuto riputarsi felice di esser egli scampato a sorte sì dura.
-Un odio ardente contro tutti questi Borgia lo rodeva. Ma, in luogo di
-poter vendicare le patite offese, ora quasi senza via a difendersi
-si vedeva esposto a subirne altra più grave. Dagli agenti suoi in
-Roma e dall'ambasciatore di Spagna, che gli era amico, era stato
-avvertito degli apprestamenti del suo capital nemico, come risulta
-dalle lettere sue a Francesco Gonzaga, fratello della sua prima moglie
-Maddalena.[111]
-
-Il primo settembre 1500 egli informò il marchese Francesco della
-intenzione di Cesare di metter la mano su Pesaro, e lo pregò di
-raccomandare l'affare suo all'imperatore Massimiliano. Il 26 scrisse,
-domandando premurosamente soccorso. Il marchese non glielo negò; ma non
-gli mandò che 100 uomini con un capitano albanese. Allora fu visto,
-come queste illegittime signorie italiane ad ogni colpo di vento non
-stavan più ferme. Solo in Faenza il popolo amava il suo signore, il
-giovane e bello Astorre Manfredi, e gli restò fedele. Ma in tutte le
-altre città di Romagna il reggimento de' tiranni era esecrato. Anche
-lo Sforza doveva essere prepotente e crudele; e, certo, la scuola che
-aveva avuto a Roma da' Borgia non era rimasta per lui sterile.
-
-Giammai un trono non fu sì presto rovesciato come il suo, o, per dir
-meglio, sì presto abbandonato prima ancora che fosse abbattuto. Cesare
-non s'era avvicinato a Pesaro, che già un moto popolare nella città si
-era manifestato in favor suo. Si formò un partito ostile allo Sforza;
-mentre la totalità de' cittadini, paventando le conseguenze, ove la
-città avesse dovuto essere espugnata dallo spietato nemico, desiderava
-un accomodamento con costui. Indarno il poeta Giulio Postumo, tornato
-poco innanzi da Padova in patria, chiamava con canti guerrieri i
-concittadini suoi alla resistenza.[112] Il popolo insurse la domenica,
-11 ottobre, prima ancora che Cesare fosse apparso avanti alla città.
-Quello che accadesse poi, lo racconta la lettera dello Sforza al
-Gonzaga:
-
-«Illustrissimo Signore e Cognato onorandissimo: — L'Eccellenza
-Vostra avrà sentito come domenica mattina il popolo di Pesaro, per
-subornazione di quattro vagabondi, si levò in armi; e fummi forza
-ridurmi, il meglio che potessi, con pochi de' miei nella rôcca. Sapendo
-poi che i nemici s'avvicinavano e che messer Ercole Bentivoglio, il
-quale era a Rimini, si faceva innanzi, per non rimaner chiuso dentro
-lasciai di notte la rôcca, grazie al consiglio, all'opera ed al favore
-di Jacomo Albanese. E dopo una malissima via e pessimi passi eccomi
-qui giunto a salvamento. Di che io ho obbligo prima all'Eccellenza
-Vostra, che mi mandò il detto Jacomo, e poi a costui, che seppe sì
-ben condurmi. Non ho per anco deliberato cosa mi voglia fare. Ma,
-ove fra quattro dì non venga dall'Eccellenza Vostra, le manderò
-Jacomo, il quale le dirà tutto il successo e anche la mente mia. Ho
-voluto frattanto che ella sapesse di essere io giunto a salvamento,
-e raccomandarmele. — Bologna, 17 ottobre 1500. Di Vostra Eccellenza
-cognato e servitore, Giovanni Sforza di Aragona, conte di Cotignola e
-Pesaro.»[113]
-
-Il 19 ottobre poi scrisse da Bologna che voleva andare a Ravenna e di
-là tornare a Pesaro, ove il castello valorosamente resisteva; e pregava
-il marchese di mandargli un aiuto di 300 uomini. Ma tre giorni dopo da
-Ravenna annunziò che il castello si era reso.
-
-La città di Pesaro aveva accolto Cesare non solo senza resistenza,
-ma volenterosa. Ed egli entrò con pubbliche dimostrazioni d'onore
-nel palazzo degli Sforza, in quel palazzo, ove la sorella, quattro
-anni innanzi, aveva abitato quale signora. Visitò pure il castello
-il 28 ottobre. Fece chiamare un pittore, e gli ordinò di fargliene un
-disegno su carta, che voleva mandare al Papa. Da' merli del castello
-degli Sforza 12 trombetti fecero risuonare all'intorno le note della
-vittoria, ed araldi gridarono Cesare Signore di Pesaro. Il 29 ottobre
-s'indirizzò al Castello Gradara.[114]
-
-Pandolfo Collenuccio fu testimone dell'ingresso di Cesare in Pesaro.
-Quest'uomo bandito da Pesaro dallo Sforza e ricoverato a Ferrara fu
-dal duca Ercole mandato a Cesare alla nuova della caduta della città,
-per presentargli le congratulazioni sue. Lo spinse a ciò non solo il
-timore, ma anche un importante negozio intavolato tra lui e il Papa, e
-del quale avremo presto a parlare. Il Collenuccio riferì al duca della
-sua missione il 29 ottobre con questa importante lettera:
-
-«Illustrissimo Signor mio: — Poichè partii da Vostra Signoria, fui
-in Pesaro in due giorni e mezzo. Vi giunsi di fatto martedì circa le
-24. E in quell'ora appunto il duca Valentino faceva la sua entrata.
-Tutto il popolo era alla porta. Fu ricevuto sotto una gran piova e gli
-vennero presentate le chiavi della Terra. Il Duca andò ad alloggiare
-in Corte, nella camera che era stata del signor Giovanni. L'entrata, a
-quanto mi riferiscono i miei che v'erano, fu solenne, con grande ordine
-e numeroso di cavalli e di fanti della guardia sua. La sera medesima
-io gli feci sapere della mia venuta, e che aspettavo udienza, quando
-a Sua Signoria ne facesse comodo. Verso due ore di notte mandò il
-signor Ramiro e il maggiordomo a farmi visitare e domandarmi con parole
-molto onorevoli, se fossi bene alloggiato e se in tanta folla non
-mancassi per avventura d'alcuna cosa. Mi fece pur dire che riposassi,
-e che mi darebbe udienza il dì seguente. Mercoldì mattino di buon'ora
-mi mandò un presente di un gran sacco d'orzo, una soma di vino, un
-castrone, otto paia di capponi e galline, due grandi torce, due mazzi
-di candelette e due scatole di confetti, con parole molto cortesi. Non
-mi dètte però udienza, tuttochè mandasse le sue scuse, e a dirmi di
-non volermene meravigliare. Cagione di ciò fu che si levò di letto a 20
-ore, e appena levatosi desinò. Andò poi al castello e lì stette sino a
-notte, e ne tornò stracco per un tincone ch'egli ha.
-
-»Oggi, com'ebbe desinato, ch'eran circa le 22 ore, mi fece introdurre
-per mezzo del signor Ramiro, e con molta dimestichezza e ottima cera
-cominciò Sua Signoria per la prima a scusarsi di non aver potuto darmi
-udienza ieri, essendo occupato nel castello e anche indisposto per
-quel suo tincone. Dopo questi primi ragionamenti, avendo io espresso lo
-scopo proprio della mia ambasceria, che era di visitare, congratularmi,
-ringraziare, presentare omaggi e offrir servigii, il Duca, il quale
-veramente sa comporre molto bene i discorsi suoi, mi rispose parte per
-parte con grandissima tranquillità. In sostanza disse che, conosciuta
-la prudenza e bontà di Vostra Signoria, egli ha sempre amato e
-desiderato di aver con lei pratica. Che quando fu a Milano ebbe voglia
-di conoscerla; ma i tempi e le faccende, che allora correvano, nol
-permisero. E ora, venuto in queste parti, seguitando quel suo desiderio
-e volendo dar prova dell'animo suo e dimostrarle il suo filiale
-affetto, s'era messo a scrivere questa lettera intorno a' progressi da
-lui fatti nella certezza che la Signoria Sua n'avesse ad aver piacere.
-E per l'avvenire farebbe il simile, perchè desiderava aver con lei più
-intrinseca amicizia. E offrivale ogni facoltà sua e quanto era in suo
-potere; di che in ogni occorrenza la Signoria Vostra ne vedrebbe le
-prove. E mi disse di raccomandarlo assai, perchè egli avrebbe lei come
-fratello. Ringraziò anche Vostra Signoria per la risposta mandatagli
-per lettera e per aver spedito a posta persona, dicendo che veramente
-non bisognava; che anche senza questo teneva per certissimo, che la
-Signoria Sua avrebbe gran piacere d'ogni suo bene. In breve nè migliori
-nè più acconce parole avrebbe potuto usare; e sempre nominò lei
-fratello e sè figliuolo suo.
-
-»Ed io, per mia parte, raccogliendo la cosa e il senso di tutte le sue
-parole, comprendo che gli sarebbe caro aver qualche pratica e buona
-amicizia con Vostra Signoria. Credo certamente a' propositi suoi;
-tuttavia non so desumere altro che bene. — Questo aver inviato la
-Signoria Vostra persona sua qui, è stata cosa immensamente accetta;
-e sono informato che il Duca n'ha scritto al Papa, e n'ha parlato qui
-co' suoi in modo da mostrare di averne fatto gran caso e di estimarla
-assai. — Dopo alcune brevi risposte e repliche dall'una parte e
-dall'altra, per le quali io gli dicevo di non sapere, se non commendare
-la prudenza del Duca nel tenere siffatta via con Vostra Eccellenza,
-rispetto alle condizioni nostre e al nostro Stato, le quali cose non
-potevano essere che a vantaggio di lui stesso; egli confermò il mio
-dire con grande efficacia. Dimostrò in effetti d'intenderlo molto bene.
-E così, d'uno in un altro ragionamento, entrammo a parlare di Faenza.
-Il Duca disse: — Io non so quello che vorrà fare Faenza; se vorrà
-darci poca fatica, come queste altre città, o se vorrà far prova di
-resistere. — Gli dissi che credevo farebbe come le altre. Pure, ove nol
-facesse, non era che ad onore di lui, chè avrebbegli, nell'espugnarla,
-porta occasione di mostrare là propria virtù e valore. Rispose avere
-ciò a caro, e che pensava combatterla aspramente. Di Bologna non
-accadde ragionare. Gli furon grate le ambasciate di raccomandazioni che
-gli feci per parte de' vostri, del signor Don Alfonso e del cardinale;
-e soprattutto di quest'ultimo, del quale disse tanto bene e mostrò
-amarlo tanto, che non poteva saziarsi mai di dirne.
-
-»Stati così insieme una buona mezz'ora, tolsi licenza, e il Duca montò
-a cavallo e partì di qui. Questa sera sarà a Gradara: domani andrà
-a Rimini; e quindi seguiterà il suo viaggio. Egli ha con sè tutta la
-gente di artiglieria. E per altro non va così lento — la qual cosa mi
-disse egli stesso, — se non perchè non vuol dividersi dall'artiglieria.
-
-»In questa Terra sono alloggiate 2000 persone o più: non han fatto
-alcun danno notevole. Il contado è stato tutto pieno di soldati; ancora
-non sappiamo, se abbiano arrecato gran danno. Alla Terra non è concesso
-privilegio nè esenzioni di sorta. Il Duca vi lascia per luogotenente
-un dottor Forlivese. Dalla rôcca ha tolto 70 pezzi d'artiglieria; nè la
-guardia, che v'ha lasciata, è gran fatto numerosa.
-
-»Dirò a Vostra Signoria una cosa, della quale ho più riscontri; ma mi
-è stata espressamente detta da un cavalier portoghese, soldato del duca
-Valentino, ch'è alloggiato qui, ove son io, in casa di mio genero, con
-15 cavalli, ed è uomo molto dabbene ed amico del signor duca Ferrando
-nostro, perchè stette col re Carlo. Si dice adunque che questa Terra il
-Papa l'assegna in dote a madonna Lucrezia; alla quale dà per marito un
-Italiano, che sarà sempre amico di Valenza. Se ciò sia vero non so: si
-ritiene così.
-
-»Quanto a Fano, il Duca non l'ha avuta. V'è stato dentro cinque giorni;
-ma nè lui l'ha domandata, nè i cittadini gliel'han resa. Sua è, e
-sua sarà, se lo vorrà. Loro dicono che il Papa gli ordinasse di non
-impacciarsi di Fano, se i cittadini proprii non lo dimandassero; e così
-sono rimasti nello stato ch'erano.
-
-»_Omissis._
-
-»La vita del Duca è questa: va a letto a 8, 9 e 10 ore di notte. Il
-giorno appresso poi a 18 ore è l'alba, a 19 sorge il sole, e a 20
-è giorno fatto. Levatosi, subito va a tavola, e lì sbriga dappoi le
-faccende. Lo si tiene animoso e gagliardo e liberale, e si pensa che
-faccia buon conto degli uomini dabbene. Aspro nelle vendette: così
-dicono le informazioni di molti. Animo vasto e cupido di grandezza
-e fama, par che curi più lo acquistar di Stati che stabilirli e
-ordinarli. — Pesaro, giovedì 29 ottobre, ora 6ª della notte, 1500. Di
-Vostra Illustrissima Eccellenza Ducale servo _Pandulphus_.
-
-»Seguito del Duca: — Bartolomeo di Capranica, maestro del Campo. —
-Piero Santa Croce. — Giulio Alberino. — Mario Don Marian de Stephano. —
-Un suo fratello. — Menico Sanguigni. — Giovan Battista Mancini. — Dorio
-Savello. (Tutti gentiluomini romani.)
-
-»In casa del Duca uomini di conto: — Vescovo di Elna. — Vescovo di
-Santa Sista. (Spagnuoli.) — Vescovo di Trani, italiano. — Un Abate
-napoletano. — Il signor Ramiro dell'Orca, governatore: questo fa tutto.
-— Don Hieronymo, portoghese. — Messer Agabito da Amelia, segretario.
-— Messer Alessandro Spannocchia, tesoriere, il quale ha detto che il
-Duca, poichè partì da Roma, ha sin qui di spesa ordinaria 1800 ducati
-il giorno.»[115]
-
-Nella sua lettera il Collenuccio non fece menzione di questo, che egli
-stesso rivolse a Cesare, al nuovo padrone di Pesaro, un richiamo contro
-il suo antico signore, Giovanni Sforza, e che fu da colui rimesso in
-possesso di tutti i suoi beni confiscati. Pochi anni appresso egli ebbe
-a pentirsi amaramente del passo fatto. Guido Postumo invece, i cui beni
-furono tolti da Cesare, erasi rifugiato presso i Rangoni a Modena.
-Lo Sforza era il 2 novembre a Venezia, ove, stando all'asserzione
-del Malipiero, voleva vendere alla Repubblica il suo paese; ma le
-sue proposte furon respinte. Di là andò a Mantova. Le due città erano
-allora l'asilo de' tiranni detronizzati. Specialmente il bel castello
-de' Gonzaga in Mantova, protetta dalle gore che attorno vi forma il
-Mincio, dava, e diede ancora per lungo tempo dappoi, ospitalità a
-quella specie di fuggiaschi.
-
-Caduta Pesaro, anche Rimini scacciò i suoi odiati tiranni, i fratelli
-Pandolfo e Carlo Malatesta. Quindi Cesare andò ad assediar Faenza.
-Il giovane signore, Astorre, s'arrese finalmente all'avversario il 25
-aprile 1501, dietro solenne promessa di libertà. Malgrado di ciò Cesare
-mandò l'infelice a Roma, ove col fratello Ottaviano e con altre vittime
-fu cacciato prigione in Castel Sant'Angelo. Era questi Astorre, che
-un tempo il cardinale Alessandro Farnese avrebbe voluto sposare con
-la figliuola della sorella Giulia. Ed ora forse lo sventurato dovette
-deplorare che l'unione non si fosse effettuata.
-
-
-XVIII.
-
-In quel mentre Lucrezia col suo bambino Rodrigo era nel palazzo presso
-San Pietro. Se pure avesse voluto ancora rimpiangere la perdita del
-marito, il padre non le lasciò tempo di abbandonarsi a tali sentimenti.
-Egli seppe solleticarne la leggerezza e la vanità. Il morto Alfonso
-doveva esser sostituito da un altro Alfonso di maggior valore. Era
-stato appena messo da parte il duca di Bisceglie, e già s'era pensato
-a un nuovo matrimonio. Nel novembre del 1500 si cominciò già a dire che
-Lucrezia dovesse unirsi col principe erede di Ferrara, rimasto sin dal
-1497 vedovo senza figliuoli, all'età di 24 anni appena. Del disegno
-fu primo a darne notizia Marin Gorzi, nuovo ambasciatore di Venezia
-a Roma, alla sua Signoria, il 26 di quel mese. Ma già molto prima,
-anzi indubbiamente sin da quando il marito di colei ancora viveva,
-s'era pensato in Vaticano al nuovo legame. È fuori di dubbio che nel
-Natale del 1500 si parlò pure di un matrimonio col duca di Gravina.
-Quest'Orsini era così poco spaventato della sorte toccata a' due mariti
-di Lucrezia, che nel dicembre venne a Roma per impegnarsi con lei.
-Probabilmente non si mirò che ad adescarlo con tale prospettiva per
-tenersi sicuri de' servizii degli Orsini.
-
-Il disegno di maritar Lucrezia con Alfonso di Ferrara era stato
-immaginato da Alessandro. Egli desiderava questo matrimonio così pel
-meglio della sua diletta figliuola, come pel vantaggio di Cesare.
-Così assicurava a costui non solo il possesso della Romagna, che la
-Repubblica di Venezia poteva strappargli, ma gli slargava anche maggior
-campo per dar séguito alle sue mire su Bologna e Firenze. Era inoltre
-un mezzo per far entrare nelle vedute de' Borgia anche le dinastie di
-Mantova e di Urbino, imparentate con quella di Ferrara. Poteva altresì
-diventare punto di partenza per una più grande lega tra la Francia, il
-Papa, gli Stati di Cesare, Ferrara, Mantova e Urbino. E questi alleati
-eran forti abbastanza da assicurare Alessandro e la casa sua contro
-ogni nemico.
-
-Prima di tutto il re di Francia aveva bisogno del Papa, se voleva
-raffermare lo stato suo in Italia. Possedeva quivi Milano, e poteva
-conquistare la metà del reame di Napoli, e quindi tenerlo come
-feudatario della Chiesa. Difatto Spagna e Francia avevano già concluso
-quello scellerato trattato di spartizione di quel reame, cui Alessandro
-VI poteva ancora prestare o rifiutare consentimento.
-
-Per guadagnare il duca di Ferrara alla sua audace proposta, Alessandro
-si servì primieramente di un modenese, che gli era molto devoto,
-Giambattista Ferrari, antichissimo servitore di Ercole, e che egli
-aveva creato datario prima, poi cardinale. Il Ferrari non si peritò
-di fare al duca la proposta di matrimonio, in vista — così scrisse —
-de' grandi vantaggi che dovevano derivarne per lo Stato del duca.[116]
-L'imbarazzo di Ercole non fu minore di quello, in congiuntura simile,
-provato dal re di Napoli, Federigo. Il suo orgoglio ne fu irritato. La
-figlia, la nobile marchesa Isabella di Mantova, e la cognata di costei,
-Elisabetta di Urbino, ne furono fuori di sè. Il giovane Alfonso da
-parte sua manifestò la più profonda ripugnanza. V'era pure che s'aveva
-in animo di sposare il principe erede con una principessa della Casa
-reale di Francia, con Luisa, la vedova del duca di Angouleme.[117]
-Ercole rispose con un deciso rifiuto.
-
-Alessandro aveva previsto la resistenza, ma non disperò di abbatterla.
-Con più viva insistenza fece ancora rappresentare al duca i vantaggi
-di quella unione e i danni del rifiuto: da una parte la sicurtà degli
-Stati di Ferrara e l'accrescimento loro; dall'altra la nimicizia del
-Papa e di Cesare, e forse anche di Francia.[118] Tanto era certo della
-vittoria, che non faceva mistero alcuno del divisato matrimonio, e ne
-parlò insino in Concistoro con soddisfazione come di cosa fatta.[119]
-Importava aver favorevole la Corte francese. E ciò non fu difficile,
-mentre appunto in quel tempo Luigi XII voleva che l'esercito suo,
-attraverso lo Stato della Chiesa, andasse di Toscana a Napoli, la
-qual cosa non era possibile, senza essere col Papa ne' termini della
-migliore intelligenza. Ma questi poteva soprattutto far assegnamento
-sull'appoggio del cardinale d'Amboise, quello, cui Cesare Borgia
-aveva un tempo portato in Francia il cappello rosso, e i pensieri
-ambiziosi del quale si levavano sino al trono papale. E a questo egli
-sperava poter giungere dopo la morte di Alessandro, mediante appunto
-l'influenza dell'amico suo Cesare e de' cardinali spagnuoli.
-
-Ciò non di meno è un fatto che sul principio Luigi XII era
-risolutamente avverso al matrimonio. Cercò pure sventarlo. Da parte
-sua per niun conto voleva aggrandita la potenza di Cesare e del Papa.
-Desiderava in quella vece consolidare durevolmente l'influenza sua su
-Ferrara, mediante l'unione di Alfonso con una principessa francese.
-Alessandro aveva nel maggio spedito in Francia un segretario per
-indurre il re a rendersi mediatore del matrimonio; ma questi si mostrò
-alieno dal farlo.[120] Egli aveva bensì messo ostacolo alla invasione
-di Cesare nell'Italia centrale; cosicchè i tentativi di costui su
-Bologna e Firenze andarono a vuoto.
-
-Il disegno quindi di matrimonio si sarebbe risoluto in nulla, se
-proprio in quel tempo non fosse capitata la spedizione francese per
-Napoli. A noi è lecito tenere, che l'aver il Papa permessa quella
-dipendesse, oltre gli altri motivi, anche dall'assenso dato dal re a
-quel matrimonio.
-
-Il 13 giugno 1501 Cesare in persona, nominato già dal padre Duca
-di Romagna, venne secretamente a Roma, ove si fermò tre settimane.
-E anch'egli, per quanto era in lui, pose in moto ogni arte per
-l'effettuazione del disegno. Poscia con i suoi soldati seguì il
-maresciallo francese Aubigny. Il quale, muovendo con l'esercito da'
-pressi di Roma, irruppe nel Napoletano per portarvi la più empia delle
-guerre di conquista, fra i cui orrori la casa Aragonese doveva in
-brevissimo tempo trovare la sua rovina.
-
-Sin dal giugno la Corte francese cedette al desiderio del Papa, e
-cominciò a far valere per lui la propria influenza in Ferrara. Ciò
-risulta da un dispaccio dell'inviato ferrarese in Francia del 22
-giugno. Egli informava Ercole di aver rappresentato al re, come il Papa
-minacciasse togliere al duca lo Stato, ove questi non acconsentisse
-al matrimonio; e il re aver risposto che Ferrara stava sotto la sua
-protezione, e solo insieme con la Francia poteva cadere. L'inviato
-esprimeva il timore che il Papa si servirebbe dell'investitura di
-Napoli, alla quale il re aspirava, per ottener presso costui favore
-al disegno. Da ultimo scriveva al duca che monsignor De Trans, il più
-influente uomo che fosse alla Corte del re, lo consigliava ad accettare
-il matrimonio a condizione del pagamento di 200,000 ducati, della
-remissione dell'annuo canone per Ferrara, e di certi benefizii per i
-membri della casa d'Este.[121]
-
-L'Amboise mandò l'arcivescovo di Narbona e altri agenti a Ferrara,
-perchè persuadessero il duca. Il re stesso gli scrisse. Lo sollecitava
-a dare il suo assenso, e negava ora per Don Alfonso la mano di una
-principessa francese. Contemporaneamente con i messi di Francia,
-facevan ressa intorno al duca gl'inviati del Papa e gli agenti di
-Cesare. Egli fu avviluppato in una rete d'intrighi; e finalmente la
-paura lo indusse a chinare il capo.
-
-L'8 di luglio faceva già dichiarare a Luigi XII di esser pronto
-ad acconciarsi al voler suo, purchè gli riuscisse d'accordarsi col
-Papa sulle condizioni.[122] Egli intendeva essersi inchinato solo a'
-comandamenti del re; ma il re a sua volta non aveva consigliato il
-matrimonio per altro, se non perchè aveva bisogno del Papa. Nell'atto
-stesso che faceva premura presso Ercole perchè acconsentisse, lo
-consigliava di non affrettarsi a mandare il figliuolo Don Ferrante a
-Roma per condurre a fine la cosa; ma di protrarla in lungo quanto più
-potesse, sinchè egli stesso, il re, non fosse nel settembre venuto
-in Lombardia. Fece bensì assicurare Ercole ch'egli stava fermo alla
-fitta promessa della mano di madonna d'Angouleme per Don Alfonso;
-e apertamente esternava il suo dispiacere per quel matrimonio.[123]
-Diceva all'inviato ferrarese che reputerebbe il duca uomo inetto, se
-volesse sposare il proprio figlio con la figlia del Papa; perchè, il
-giorno che il Papa fosse morto, egli non più saprebbe con chi aveva
-stretto questo parentado; e in modo ancora più cieco opererebbe
-Alfonso, accettando.[124]
-
-E infatti anche il duca non si diede fretta punto. È vero che mandò a
-Roma il suo segretario Ettore Bellingeri, ma solo per dichiarare al
-Papa ch'egli voleva ottemperare a' desiderii di Francia, posto però
-che anche le domande sue fossero soddisfatte. Il Papa invece e Cesare
-esigevano la pronta conclusione de' patti matrimoniali, e incalzavano
-presso il cardinale Della Rovere, ch'era allora a Milano, per ottenere
-da Ercole che mandasse a lui il figlio Alfonso, affinchè, sotto gli
-occhi del cardinale stesso, l'affare fosse terminato. Ciò il duca
-negò. Innanzi a ogni altra cosa egli voleva che il Papa accettasse le
-condizioni poste al suo consentimento.[125]
-
-Mentre queste pratiche umilianti per Lucrezia procedevano lentamente,
-Cesare era in Napoli strumento e spettatore della rapida caduta di
-quella casa d'Aragona, da lui tanto odiata, e sul cui trono non gli
-fu concesso elevarsi. Ma Alessandro approfittò dell'occasione per
-impadronirsi de' beni de' baroni del Lazio, specialmente di quelli
-de' Colonna, de' Savelli e degli Estouteville, i quali tutti la guerra
-di Napoli aveva privati d'ogni difesa. La confiscazione di quei beni,
-come presto vedremo, si collegava col disegno di matrimonio. Egli aveva
-fatto occupare parecchie città di quei signori già nel giugno 1501,
-valendosi della pressione dell'esercito francese accampato presso Roma.
-Il 27 luglio andò egli stesso a Sermoneta con cavalieri e fantaccini.
-
-Fu allora, che, prima di mettersi in viaggio, pose la figlia
-luogotenente suo in Vaticano. Ecco le parole del Burkard: «Prima che
-Sua Santità, Signor Nostro, lasciasse la città, affidò tutto il palazzo
-e gli affari in corso a donna Lucrezia Borgia, sua figlia, e le diede
-facoltà di aprire le lettere indirizzate a Sua Santità; nei casi di
-maggior rilievo essa doveva prender consiglio dal signor cardinale di
-Lisbona.
-
-»Ora occorse non so qual caso; e dicesi Lucrezia essersi rivolta al
-detto cardinale, esponendogli l'incarico del Papa e l'affare. E quegli
-le disse: ogni volta che il Papa fa delle proposte in Concistoro, il
-Vicecancelliere o un altro cardinale per esso suole sottoscriverle,
-e prendere nota delle opinioni dei votanti; così anche ora fa d'uopo
-che alcuno sottoscriva ciò che è stato detto. Al che Lucrezia replicò
-di saper benissimo scrivere. — Ov'è la vostra penna? — domandò il
-cardinale; Lucrezia capì lo scherzo, e sorrise; e così terminarono in
-modo conveniente la conferenza.»
-
-I negozii dal Papa alla figlia affidati si riferivano realmente solo
-alle cose temporali, non alle ecclesiastiche. Pure procedimento così
-impudente non s'era visto mai. Codesta distinzione, la maggior prova
-di favore che il padre potesse darle, muoveva senza dubbio anche da
-altre ragioni. Proprio in quei giorni Alessandro era stato assicurato
-dell'assenso di Alfonso d'Este al matrimonio, e pel contento provatone
-fece Lucrezia reggente in Vaticano. Questo volle quasi significare
-da parte sua il riconoscimento di una persona politica nella futura
-duchessa di Ferrara. E imitava così l'esempio di Ercole e di molti
-altri principi, che, dovendo assentarsi dagli Stati loro, solevano
-affidarne i negozii alle mogli.
-
-Non era stato facile al duca di vincere l'avversione del figliuolo.
-Perchè niente poteva tanto profondamente offendere il giovane principe,
-quanto il domandargli che facesse di Lucrezia Borgia la moglie sua.
-Non lo sgomentava già l'origine illegittima. Questa macchia non aveva
-gran peso in quel tempo in cui i bastardi fiorivano, ed erano per tutto
-in auge ne' paesi latini. Molte dinastie italiane n'erano intinte, gli
-Sforza, i Malatesta, i Bentivoglio, anche gli Aragonesi di Napoli. Anzi
-lo stesso magnifico Borso, primo duca di Ferrara, era stato fratello
-illegittimo di Ercole, suo successore. Se non che Lucrezia era la
-figlia di un Papa; era nata da un sacerdote. E in ciò, pel sentimento
-degli Este, stava il lato ignominoso della sua origine, forse anco
-uno scrupolo religioso. Nè la vita licenziosa del padre, nè i delitti
-di Cesare potevano far calare la bilancia della morale della corte di
-Ferrara. Nondimeno niuna casa principesca fu giammai così corrotta
-da non curarsi punto della fama di una donna, che fosse destinata a
-divenire uno de' suoi membri più importanti.
-
-Alfonso doveva essere il marito di una giovane, che, ancora in età di
-21 anno, aveva già corso tante vicende. Due volte promessa legalmente
-sposa, due volte maritata, due volte per vie criminose rimasta vedova.
-La riputazione di Lucrezia ispirava veramente ripugnanza. E non era
-possibile che Alfonso, tuttochè uomo galante e mondano, credesse alla
-virtù sua, anche negando fede a' più turpi rumori che sul conto di lei
-correvano. La cronaca scandalosa di ciò che accadeva in una corte si
-diffondeva allora rapida, come oggidì, di corte in corte. Mercè gli
-agenti suoi il duca, e con lui il figlio, erano appuntino informati
-di quanto realmente succedeva nella famiglia Borgia, e anche di ciò
-che s'inventava sul conto della stessa. Gli abominevoli motivi, che
-l'oltraggiato Sforza aveva attribuiti al padre di Lucrezia per lo
-scioglimento del suo matrimonio, erano stati immediatamente riferiti
-al duca a Ferrara. Un anno dopo l'agente di costui in Venezia gli aveva
-partecipato, accertarsi da Roma che la figlia del Papa aveva partorito
-un bambino illegittimo.[126] Oltracciò tutte quelle satire, con le
-quali i nemici de' Borgia non risparmiavano nemmeno Lucrezia, erano
-ben note alla corte di Ferrara, e sicuramente v'erano state gustate con
-maligno riso. Converrà egli ora credere che gli Este reputassero quei
-rumori e quelle satire come appieno fondate, e che, malgrado di ciò,
-passando sopra all'onor loro, si fossero contentati d'introdursi in
-casa una Taide, invece di seguire, con pericoli di gran lunga minori,
-l'esempio di Federigo di Napoli, che costantemente ricusò la mano di
-sua figlia a Cesare Borgia?
-
-Qui è il caso di sottoporre le imputazioni di Lucrezia ad un esame, il
-quale per avventura sarà breve, dopo quel che con tanto successo n'è
-stato già detto dal Roscoe e da altri. La serie de' suoi accusatori
-tra i contemporanei non è piccola. Per non citare che i più notevoli,
-d'incesto l'hanno accusata in modo esplicito o per allusione i poeti
-Sannazzaro e Pontano; gli storici e politici Matarazzo, Marco Attilio
-Alessio, Pietro Martire, Priuli, Machiavelli e Guicciardini. Da costoro
-presero in prestito il giudizio loro i posteri, a venire giù giù
-sino al tempo nostro. Dall'altro canto stanno i lodatori di Lucrezia,
-contemporanei e loro successori sino al presente.
-
-Fissiamo bene primieramente questo punto. Gli accusatori e le accuse
-contro Lucrezia non possono riferirsi che al periodo di sua vita in
-Roma; e gli ammiratori non si mostrano che nel secondo periodo, quando
-essa era duchessa di Ferrara. Tra questi ultimi non sono uomini meno
-celebri che tra gli accusatori: Tito ed Ercole Strozzi, il Bembo,
-Aldo Manuzio, il Tebaldeo, l'Ariosto, tutti i cronisti di Ferrara
-e il biografo francese del Bayard. Essi fan tutti testimonianza
-dell'onoratezza di quella durante il periodo di Ferrara, ma non del
-suo passato in Roma. Epperò il difensore di Lucrezia non può attingere
-da loro che prove negative. A lui convien dire che personaggi nobili,
-come l'Aldo, il Bembo, l'Ariosto, malgrado della loro tendenza
-all'adulazione cortigiana, non potevano esser mai tanto impudenti
-da magnificare una donna come l'ideale delle donne del tempo loro,
-dove l'avessero stimata colpevole o anche capace soltanto di quelle
-turpitudini, nelle quali poco innanzi era incorsa. In tal caso
-l'Ariosto stesso diventerebbe per noi un uomo abominevole.
-
-Che se ora interroghiamo gli accusatori di Lucrezia, solo i testimoni
-di Roma possono avere un valore reale. Il più accanito de' nemici
-di quella, il Guicciardini, non appartiene al novero di costoro. Ciò
-ch'egli riferisce sul conto di lei non ha altrimenti determinato il
-giudizio dei posteri, se non perchè egli era uomo di Stato e storico
-famoso. Egli stesso attinse la sua opinione o alle voci che correvano o
-alle satire del Pontano e del Sannazzaro. E ambo questi poeti vivevano
-a Napoli, non a Roma. I loro epigrammi non provano che l'odio ben
-fondato contro Alessandro e Cesare, istrumenti della caduta degli
-Aragonesi, e mostrano di quanta atrocità uomini perversi come quelli
-potessero esser tenuti capaci.
-
-Di molto maggior peso dovrebb'essere la parola del Burkard,
-osservatore quotidiano degli avvenimenti in Vaticano. Contro di lui
-s'è particolarmente rivolto il furore dei papisti, pe' quali egli è
-ancora oggi la fonte velenosa, cui i nemici del Papato, soprattutto i
-protestanti, avrebbero attinto le loro calunnie sul conto di Alessandro
-VI. Il furore si spiega. Il _Diario_ del Burkard, oltre il giornale
-dell'Infessura, che già sino dagl'inizii del 1494 rimane interrotto,
-è l'unico scritto composto in Roma intorno alla Corte di Alessandro,
-ed ha al tempo stesso un carattere officiale. Ma quei, che sono usi
-a palliare ogni azione papale, avrebbero frenato il loro odio contro
-il Burkard, dove avessero conosciuto le relazioni degli ambasciatori
-veneti e i dispacci di tanti altri inviati, di cui qui s'è fatto
-tesoro.
-
-Il Burkard è così poco malevolo da tacere tutte le relazioni intime
-di Alessandro. Egli nota soltanto fatti, non voci vaghe; ed anche
-quelli attenua o diplomaticamente vi stende sopra un velo. Non egli,
-ma l'ambasciatore veneto, Polo Capello, informa come Cesare Borgia
-pugnalasse il cameriere Perotto, che s'era rifugiato sotto il manto
-del Pontefice. Che Cesare avesse ammazzato il fratello Gandia, lo dice
-apertamente lo stesso ambasciatore, e lo dice pure un agente ferrarese:
-il Burkard non ne fa motto.[127] Egli non parla neppure del fatto di
-aver Cesare spedito all'altro mondo il cognato Alfonso. Le relazioni
-de' membri della famiglia Borgia tra loro o con persone estranee, come
-i Farnesi, i Pucci e gli Orsini; tutta quella immensa rete d'intrighi
-nella Corte del Papa; la lunga serie di delitti commessi; le estorsioni
-di danaro; il mercato di cappelli cardinalizii; e tante altre cose,
-delle quali i dispacci degl'inviati son pieni; tutto ciò non lo
-apprendiamo dal Burkard. Vannozza stessa egli non nomina che una volta
-sola, e nemmeno sotto il suo nome esatto. Nulla di meno due luoghi
-soltanto di quel _Diario_ hanno principalmente suscitata la massima
-irritazione: la notizia dell'orgia delle 50 cortigiane in Vaticano, e
-l'accusa contro i Borgia nella lettera anonima a Silvio Savelli. Questi
-due luoghi si trovano riprodotti in tutte le copie conosciute, e, senza
-dubbio, derivano dall'originale del _Diario_. Che la lettera a Silvio
-non sia invenzione del Burkard nè di protestanti male intenzionati, lo
-mostra il fatto, che anche Marin Sanuto l'ha inserita nel suo _Diario_.
-Che similmente nè il Burkard nè altri venuti più tardi abbiano
-escogitata la favola del baccanale in Vaticano, lo mostra appunto
-quella lettera, il cui autore vi si riferisce come a fatto conosciuto.
-E lo prova anche il Matarazzo da Perugia. Perchè anch'egli lo racconta,
-non dietro le parole del Burkard, il cui manoscritto difficilmente potè
-mai vedere; ma dietro notizie da lui direttamente attinte. Egli osserva
-di più, che a queste dava piena fede, perchè l'accaduto — dic'egli — è
-stato conosciuto per ogni dove, e io n'ho scritto, perchè le persone
-che me lo hanno assicurato non sono soltanto il popolo romano, ma
-l'italiano.
-
-Questa osservazione fa chiaramente scoprire la fonte dello scandaloso
-racconto: la tradizione popolare. Forse dovette formarsi in occasione
-di qualche festa data realmente da Cesare nell'abitazione sua in
-Vaticano. Colà un'orgia di quella natura o qualcosa di simile può bene
-aver avuto luogo. Pure chi oserà credere che Lucrezia stessa, già
-legalmente moglie di Alfonso d'Este, e in procinto di partirsi per
-Ferrara, abbia potuto assistervi come spettatrice col sorriso sulle
-labbra?
-
-Del rimanente, quello è l'unico luogo nel _Diario_ del Burkard, ove
-Lucrezia apparisca sotto luce sì brutta. In niun altro ha detto di
-lei nulla di disonorevole. Non si può dunque in quello cercar la
-conferma delle accuse dei Napoletani e del Guicciardini. E come non
-nel _Diario_, così la non si trova neppure altrove; quando non si
-attribuisca al Matarazzo un'autorità, cui non può pretendere. Egli
-racconta che Giovanni Sforza scoprisse le criminose relazioni di sua
-moglie con Cesare e con Don Juan; e a questa scoperta si aggiungesse
-un sospetto anche più orrendo; ond'egli, lo Sforza, avrebbe perciò
-ammazzato il Gandia e sarebbe quindi fuggito da Roma; ed in conseguenza
-Alessandro avrebbe fatto sciogliere il matrimonio di lui. Anche a
-prescindere da sì mostruosa opinione, stando alla quale la stessa donna
-nel tempo medesimo si sarebbe resa colpevole di un triplice incesto,
-il racconto del Matarazzo contiene un'inesattezza storica, perchè lo
-Sforza aveva abbandonato Roma già due mesi innanzi la morte del Gandia.
-
-Il dispaccio autentico dell'inviato ferrarese in Milano, del 23 giugno
-1497, ha chiarito in modo incontrastabile che l'autore vero di quelle
-voci su Lucrezia fu il marito ignominiosamente ripudiato. Di certo,
-niuno meglio di colui poteva allora conoscere il carattere e la maniera
-di vivere di Lucrezia. Nondimeno avanti a qualunque tribunale, in ogni
-tempo, lo Sforza sarebbe l'ultimo de' testimoni, il deposto del quale
-meritasse fede. Acceso d'odio e di vendetta, attribuì all'indegno
-Papa quei turpissimi motivi allo scioglimento del matrimonio. E il
-sospetto da lui manifestato si diffuse e prese le proporzioni di una
-voce; e di voce in voce divenne opinione. Ma è pur singolare che Guido
-Postumo, il fedele partigiano dello Sforza, che vendicava l'oltraggio
-del suo signore con epigrammi contro Alessandro, nè abbia espresso quel
-sospetto, nè in generale fatto mai menzione di Lucrezia.[128]
-
-Sospetto simile non trasparisce da alcuno de' molti dispacci
-contemporanei. Solo in una lettera privata presso il Malipiero da Roma
-del 17 giugno 1497 e nella Relazione di Polo Capello si accenna alle
-voci dell'oscena relazione della sorella col fratello Don Juan.[129]
-Sarebbero forse stati solo codesti rumori cagione, che niuno abbia
-giammai riferito di relazioni amorose di Lucrezia con altra persona
-conosciuta non fosse che di nome; tuttochè in Roma tanti cortigiani,
-tanti giovani baroni e cardinali licenziosi fossero quotidianamente
-in contatto con lei? Difatto sul conto di questa bella e giovane donna
-non è dato scoprire una traccia sola di un vero intrigo amoroso. Anche
-la voce di quell'ambasciatore, che non da Roma, ma da Venezia mandava
-a Ferrara la nuova, aver Lucrezia partorito un bambino, non è che
-una voce solitaria, che non trova riscontro di sorta. Lucrezia era
-allora separata già da un anno dal marito Giovanni Sforza. Si ammetta
-pure che la voce fosse fondata, e che Lucrezia si fosse stretta in
-relazione d'amore con qualcuno in Roma, la cui persona ci è rimasta
-sconosciuta. Ma, e che forse relazioni e passi falsi di tal natura non
-sono frequenti abbastanza nella società di ogni tempo? Anche oggi siam
-facili a perdonarli soprattutto nelle classi elevate.
-
-Niuno può indursi a credere che Lucrezia Borgia, in mezzo alla
-corruzione romana e in quella cerchia di persone cui apparteneva,
-potesse mantenersi immacolata. Ma dall'altra parte niun uomo
-spregiudicato avrà animo di affermare che siasi resa colpevole di
-quelle turpitudini senza nome. Se si suppone possibile nella natura di
-una giovane l'inconcepibile forza, di cui l'uomo più dissoluto e più
-rotto al vizio appena è capace, di saper, cioè, nascondere l'intimo
-disfacimento morale, che in tutto l'essere spirituale il più infame dei
-delitti non può non generare, di nasconderlo, dico, sotto la maschera
-di una grazia sorridente; bisognerebbe allora dire che Lucrezia Borgia
-nel magistero della ipocrisia abbia posseduto potenza trascendente
-ogni limite dell'umano. Ma nulla entusiasmava tanto i Ferraresi quanto
-la grazia sempre serena e gioviale della sposa di Alfonso. Ogni donna
-sensibile può giudicare se fosse Lucrezia in grado di manifestarsi in
-tal guisa, posto che covasse nell'animo tanta colpa; e se il viso della
-moglie di Alfonso d'Este, nell'effigie del 1502, potesse esser quello
-della inumana furia nell'epigramma del Sannazzaro.
-
-
-XIX.
-
-Lotte durissime ebbe a sostenere il principe erede di Ferrara prima
-di cedere alle insistenze del padre. E questi insisteva pel matrimonio
-con tanta fermezza da dichiarargli, che dovrebbe risolversi ad unirsi
-egli stesso con la Lucrezia ove il figlio s'ostinasse nel diniego.
-E quando il figlio ebbe consentito, quando l'orgoglio del duca fu
-ridotto al silenzio, Ercole riguardò il matrimonio puramente come un
-vantaggioso affare di Stato. Egli vendette l'onore della casa sua al
-più alto prezzo possibile. Gli agenti papali in Ferrara, spaventati
-dalle sue esigenze, mandarono Raimondo Romolini per darne a Roma
-contezza. E Alessandro impetrò la mediazione del re di Francia per
-ottenere condizioni più miti. Una lettera dell'ambasciatore di Ferrara
-in Francia è il mezzo migliore per chiarirci su questo punto:
-
-«Illustrissimo Signor mio.
-
-»Ieri l'ambasciatore del Papa mi disse, avergli Sua Santità scritto
-come Vostra Eccellenza abbia mandato un messo in Roma, domandando
-200,000 ducati, l'affrancamento dall'annuo canone, la concessione del
-giuspatronato pel Vescovado di Ferrara mercè decisione concistoriale, e
-molte cose altre. Aggiunse aver il Papa offerto 100,000 ducati. Quanto
-al rimanente, dover Vostra Eccellenza fidare in lui, che col tempo le
-concederà quel che vuole e solleverà tanto alta la casa degli Este,
-che ciascuno dovrà riconoscere l'amor suo per la stessa. Mi disse
-inoltre essere stato incaricato di pregare Sua Maestà Cristianissima,
-perchè scriva all'Illustrissimo Cardinale, e voglia questi esortare
-l'Eccellenza Vostra a contentarsi di tali offerte. Qual fedel servitore
-di Vostra Eccellenza ricordo all'uopo, benchè sia superfluo, che
-dove tal matrimonio abbia a farsi, ella lo concluda in guisa tale
-e con tanta sicurezza, che la _lunga promessa con l'attender corto_
-non abbia poscia a farnela pentire. In altra lettera ho partecipato
-a Vostra Eccellenza, come il Re Cristianissimo m'abbia detto, che in
-questo affare egli null'altro vuole che il volere di Vostra Eccellenza.
-Onde, se la cosa deve farsi, ella cerchi cavarne il maggior profitto
-possibile; ma se non può farsi, Sua Maestà è sempre pronto a dare a
-Don Alfonso quella dama, la cui mano l'Eccellenza Vostra voglia per
-lui richiedere in Francia. — Di Vostra Ducale Eccellenza servitore
-Bartolomeo Cavaleri. Lione, 7 agosto 1501.»
-
-Alessandro non voleva mandar la figlia a Ferrara a mani vuote. Ma la
-dote, che Ercole esigeva, era troppo; era più grossa ancora di quella
-che Bianca Sforza aveva portata all'imperatore Massimiliano, e ledeva
-troppo vivamente le leggi canoniche. Perchè, oltre l'ingente somma di
-danaro, il duca domandava l'esonerazione dall'annuo tributo verso la
-Chiesa pel feudo di Ferrara; la cessione di Cento e di Pieve, città
-appartenenti all'Arcivescovado di Bologna; la cessione pure di Porto
-Cesenatico; e gran numero di benefizii in favore della famiglia Este.
-Le negoziazioni fervevano; pure tanto forte era il desiderio del Papa
-di assicurare alla figliuola il trono del Ducato di Ferrara, che si
-dichiarò pronto ad annuire in massima alle esigenze di Ercole. Alla
-qual cosa lo indusse anche l'avviso di Cesare.[130] Lucrezia stessa
-non faceva meno pressa intorno al padre, perchè cedesse. Da quel
-tempo in poi essa fu il miglior avvocato del duca in Roma. Ed Ercole
-riconosceva, che principalmente alla sagacia di lei si doveva se era
-riuscito nelle pretensioni sue.
-
-Le negoziazioni presero sì prospero avviamento alla fine del luglio o
-sui primi d'agosto. E di questo tempo sono le prime lettere del duca a
-Lucrezia e al Papa, conservate nell'Archivio di Stato di casa d'Este.
-
-Il 6 agosto Ercole scrisse alla futura nuora, che le raccomandava
-Agostino Huet — un segretario di Cesare — come agente, che nel condurre
-le negoziazioni aveva mostrato il più premuroso fervore.
-
-Il 10 agosto espose al Papa sin dove fossero procedute le pratiche, e
-pregavalo di non trovar eccessive le sue domande. Ripetè lo stesso in
-altra lettera del 21, dove, con un fare da mercatante, le metteva in
-risalto, mostrandole di piccolo e quasi di niun momento.
-
-Frattanto la notizia del divisato matrimonio s'era sparsa pel mondo
-e divenuta motivo a riflessioni diplomatiche. Imperocchè nè alle
-potenze d'Italia nè alle straniere poteva far comodo che il Papato
-s'aggrandisse tanto. Firenze e Bologna, alla cui conquista Cesare
-mirava, vivevano in sospetto. La Repubblica di Venezia, in continua
-tensione con lo Stato di Ferrara ed agognante alle coste della Romagna,
-non dissimulava il suo malumore, anzi attribuiva tutto il disegno
-all'ambizione di Cesare.[131] Il re di Francia mostravasi contento
-della cosa, solo perchè non poteva stornarla; altrettanto faceva la
-Spagna. Ma Massimiliano ne fu così irritato, che cercò impedire il
-matrimonio. Ferrara cominciava appunto a toccare quell'importanza
-politica, che aveva avuta Firenze al tempo di Lorenzo dei Medici. E
-da qualsiasi parte si schierasse, era quindi cosa di troppo peso; ed
-all'imperatore germanico non poteva essere indifferente la stretta
-unione di tale Stato col Papato e con la Francia. Oltracciò moglie
-di Massimiliano era Bianca Sforza; e altri membri e partigiani della
-caduta casa, nemici accaniti de' Borgia, vivevano alla Corte tedesca.
-
-L'imperatore mandò nell'agosto lettere a Ferrara, con le quali
-sconsigliava Ercole dall'imparentarsi col Papa. Questa manifestazione
-di Massimiliano non poteva che giungere desiderata ad Ercole. Mercè
-quella, poteva esercitar pressione sul Papa. E difatto ne diede a
-costui comunicazione, assicurandolo però di essere irremovibile nella
-presa determinazione. Quindi incaricò il suo consigliere Gianluca
-Pozzi di rispondere all'imperatore.[132] La lettera di Ercole al
-suo cancelliere porta la data del 25 agosto; ma, prima ancora che
-il contenuto di essa fosse noto a Roma, il Papa s'era affrettato
-ad accettare le condizioni del duca e a concludere il contratto
-matrimoniale. Il che ebbe luogo con atto legale stipulato in Vaticano
-il 26 agosto 1501.[133]
-
-Senza ritardo il Papa lo trasmise ad Ercole per mezzo del cardinal
-Ferrari. Don Ramiro Romolini con altri procuratori andaron subito a
-Ferrara.[134] Ivi, nel Castello di Belfiore, fu il primo settembre 1501
-concluso _ad verba_ il matrimonio.
-
-Il giorno stesso il duca scrisse a Lucrezia, che se insino allora
-l'aveva amata per le virtù sue e anche per riguardo al Papa e al
-fratello Cesare, ora invece l'amava più che figlia. In termini
-altrettanto espansivi scrisse pure ad Alessandro. Gli comunicò
-la conclusione del matrimonio, e lo ringraziò pel conferimento
-della dignità di Arciprete di San Pietro al cardinale Ippolito suo
-figlio.[135]
-
-Meno diplomatico fu il linguaggio di Ercole nella lettera, con la
-quale dava partecipazione del fatto al marchese Gonzaga. Vi faceva
-chiaramente trasparire la sua freddezza; e scusavasi insieme di essere
-stato costretto a quel passo.
-
-«Illustre Signore e fratello nostro amatissimo.
-
-»Significammo a Vostra Eccellenza la risoluzione presa a' dì
-passati di acconsentire ad attendere alle pratiche pel parentado
-con Sua Santità, togliendo la illustrissima Donna Lucrezia Borgia,
-sorella dell'illustrissimo Duca di Romagna e Valenza, per moglie del
-nostro primogenito Don Alfonso. A ciò ci spinsero principalmente le
-esortazioni di Sua Maestà Cristianissima; sempre che però fossimo
-d'accordo con Sua Santità su tutte le particolarità spettanti al
-matrimonio stesso. Ora, essendosi tale affare trattato, Sua Santità
-e Noi siamo restati concordi; e il Re Cristianissimo ha continuato a
-farci istanza che si venga alla conclusione del matrimonio, per mezzo
-degli ambasciatori francesi e procuratori di Sua Beatitudine. E questa
-mattina si è fatta la pubblicazione. Di che m'è parso dare incontanente
-avviso all'Eccellenza Vostra, perchè l'intima unione e l'amore
-reciproco fa che ella prenda interesse e partecipi a tutto ciò che ci
-riguarda. E così al beneplacito suo ci offriamo sempre pronti.
-
-»Ferrara, 2 settembre 1501.»[136]
-
-Il 4 settembre un corriere portò la nuova che il contratto di
-matrimonio era stato sottoscritto a Ferrara. Alessandro fece
-immediatamente tirare colpi di cannone da Castel Sant'Angelo e
-illuminare il Vaticano. Tutta Roma risuonò delle grida di gioia de'
-partigiani di casa Borgia.
-
-Questo momento fu il punto culminante nella vita di Lucrezia. Se
-ambizione e brama di mondana grandezza albergavano nell'anima sua,
-oramai aveva la certezza di salire su uno de' più antichi troni
-principeschi d'Italia. Che se invece rimorso e avversione per tutto ciò
-che in Roma la circondava, ed aspirazione ad uno stato migliore erano
-in lei più forti di quei vanitosi sentimenti, oramai un tranquillo
-porto le s'apriva d'innanzi. Essa diventava moglie di un principe,
-che non aveva fama di uomo geniale e finamente colto, ma di pratico
-e amante della pace. Lo aveva visto nella sua prima gioventù, quando
-quegli venne a Roma ed ella era la promessa dello Sforza. Nessun
-sacrifizio forse le sarebbe parso troppo duro, pur di cancellare le
-rimembranze di quei nove anni nell'intervallo trascorsi. La vittoria
-ch'ella ora, grazie all'assentimento di casa d'Este, aveva riportata,
-andava congiunta con una profonda umiliazione. A lei non era ignoto
-che Alfonso, solo dopo lunga resistenza e costretto, s'era lasciato
-andare ad accettarne la mano. Una donna audace e di spirito intrigante
-sarebbe passata sopra a siffatta umiliazione, forte nella coscienza
-del suo genio e delle arti sue. Altra, anche meno forte, ma bella e
-dotata di grazia, avrebbe potuto provare grande attrattiva all'idea di
-disarmare un uomo ricalcitrante, mercè il fascino della sua persona.
-Ma la questione, se fosse dell'onor suo maritarsi con un uomo, che
-non l'aveva voluta per libera elezione, ovvero, se l'orgoglio di una
-donna nobile non dovesse respingere un matrimonio in condizioni simili;
-codesta questione, una donna vana come Lucrezia, forse non se la pose
-mai; o se lo fece, certo, nè Cesare nè il padre le consentirono di
-esternare un dubbio così poco diplomatico. Noi non scopriamo in lei
-alcuna traccia d'orgoglio morale. Vediamo soltanto i segni di una gioia
-fanciullescamente ingenua per la fortuna che le era toccata.
-
-Il 5 settembre fu vista per Roma con 300 cavalieri e quattro vescovi.
-Andò a render grazie in Santa Maria del Popolo. E, secondo il curioso
-costume del tempo, quando, come ne' drammi del Calderon e dello
-Shakspeare, col serio s'innestava sempre il comico, Lucrezia regalò il
-prezioso vestito, col quale era stata a pregare, al suo giullàre di
-corte. Ed il buffone, giubilando per le vie di Roma, gridava: «Viva
-la illustrissima duchessa di Ferrara! Viva il papa Alessandro!» Il
-grande avvenimento fu festeggiato da' Borgia e da' partigiani loro con
-clamorose dimostrazioni.
-
-Alessandro raccolse un Concistoro, quasi questa faccenda di famiglia
-fosse un importante affare della Chiesa. Lodò con ostentazione
-infantile il duca Ercole, chiamandolo il più grande e il più savio
-principe d'Italia; lodò anche Don Alfonso, uomo più bello e più
-possente di suo figlio Cesare, e che per prima moglie aveva avuto la
-sorella dell'imperatore. Disse Ferrara essere uno Stato prospero,
-e la casa d'Este antica. Disse anche verrebbe ben presto a Roma un
-corteo nuziale di signori a prendere la sposa, e che questa sarebbe
-accompagnata dalla duchessa di Urbino.[137]
-
-Cesare Borgia il 14 settembre ritornò da Napoli, dove Federigo, ultimo
-re di quel paese della casa d'Aragona, aveva dovuto arrendersi alla
-Francia. Con soddisfazione rivide la Lucrezia già qual futura duchessa
-di Ferrara. Il 15 giunsero gl'inviati di Ercole, Saraceni e Bellingeri.
-Essi dovevano adoperarsi, perchè gli obblighi dal Papa assunti fossero
-adempiuti il più presto possibile. Il duca non si fidava di lui: egli
-era uomo pratico. Non intendeva mandare il corteo per la sposa prima
-di aver nelle mani le Bolle. Lucrezia appoggiava gl'inviati con tanto
-calore, che il Saraceni scriveva al suo signore, quella parergli
-già essere ottima ferrarese.[138] Ella assisteva alle negoziazioni
-in Vaticano, nelle quali Alessandro, a dimostrare la sua abilità
-linguistica, a volte si serviva senza intoppo del latino. Un giorno,
-per riguardo alla figlia, comandò di adoperare l'italiano. Il che prova
-che Lucrezia nel latino non era forte abbastanza.
-
-Da' dispacci degl'inviati risulta che in Vaticano si era di molto buon
-umore. Colà canti, suoni e balli ogni sera. Uno de' più grandi diletti
-per Alessandro era assistere alla danza di belle donne. E quando
-Lucrezia e le dame di corte ballavano, ei soleva introdurre gl'inviati
-di Ferrara perchè ammirassero la bellezza di sua figlia. Sorridendo,
-diceva loro una sera, che voleva avessero visto la duchessa non essere
-zoppa.[139]
-
-Fu instancabile nel passare così le notti; mentre insino Cesare,
-giovane e rigoglioso, ne fu stanco. Quando questi si degnò concedere
-udienza agl'inviati, grazia che, come scrivevano a Ferrara, appena i
-cardinali potevano ottenere, gli ricevette vestito, ma stando a letto.
-E al proposito il Saraceni notava nel suo dispaccio: «Temevo ch'ei
-fosse malato, avendo iersera ballato senza smetter mai; e anche oggi
-farà altrettanto dal Papa, presso il quale l'illustrissima Duchessa
-va a cena.»[140] Fu per Lucrezia un sollievo, che il Papa per alcuni
-giorni andasse a Civitacastellana e Nepi. Il 25 settembre gl'inviati
-scrivevano a Ferrara: «Questa illustrissima Madonna continua ad
-essere un po' indisposta e a sentirsi molto debole. Malgrado di ciò,
-non prende medicine, nè tralascia la trattazione degli affari, e dà
-udienza come di solito. Noi crediamo che l'indisposizione non avrà
-altra conseguenza, perchè sua Eccellenza si riguarda. Anche la quiete
-in questi giorni, in cui Sua Santità sarà assente, le farà bene; perchè
-sin qui, ogni volta che Sua Eccellenza andò dal Papa, si fece musica
-e ballo sin verso le 2 o le 3 della notte, e questo le ha fatto molto
-danno.»[141]
-
-Un affare penoso, di cui il Papa ebbe allora ad occuparsi con
-gl'inviati, riguardava Giovanni Sforza, l'espulso e divorziato marito
-di Lucrezia. Che cosa si temesse da lui, lo dice questo dispaccio ad
-Ercole:
-
-«Illustrissimo Principe ed eccellentissimo Signor nostro. — Poichè
-Sua Santità il Papa prende in debita considerazione le cose che
-potrebbero cagionare dispiacere all'animo non solo di Vostra Eccellenza
-e dell'illustrissimo Don Alfonso, ma altresì della signora Duchessa
-e anche al suo proprio, così ci ha incaricati di scrivere a Vostra
-Eccellenza e avvertirla a fare in guisa, che il signor Giovanni di
-Pesaro, che, come all'Eccellenza Vostra è stato riferito, è in Mantova,
-non abbia a ritrovarsi in Ferrara al tempo delle nozze. Imperocchè,
-comunque la separazione di lui dalla nominata signora Duchessa sia
-assolutamente legittima e compiuta conforme alla pura verità, come
-pubblicamente consta non solo pel processo fatto in questa causa,
-ma anche per la libera confessione di esso Don Giovanni; nulladimeno
-un residuo di mal animo potrebbe pur forse essergli sempre addentro
-rimasto. Per il che, trovandosi in luogo, ove la detta Signora
-potesse essere da lui veduta, Sua Eccellenza sarebbe perciò costretta
-a sequestrarsi in qualche camera, onde le cose passate non abbiano
-a tornarle in mente. Egli quindi esorta Vostra Eccellenza a voler
-provvedere a ciò con la solita sua prudenza. Poscia Sua Santità entrò
-a parlare degli affari del signor marchese di Mantova, rimproverando
-acremente a Sua Eccellenza che soltanto essa désse asilo e spettacolo
-di gente fallita e bandita non solo dal Papa, ma anche dal Re
-Cristianissimo. Per verità, noi ci sforzammo di scusare il signor
-Marchese, dicendo che, liberalissimo com'egli è, si sarebbe vergognato
-di negare adito nelle terre sue a quei che vi riparavano, massime
-a signori. E per corroborare la nostra tèsi ci servimmo di tutte
-le parole più accomodate al caso. Nulladimeno Sua Santità non parve
-restar ben soddisfatta delle nostre scuse. Per conseguenza l'Eccellenza
-Vostra intenda il tutto, e nella prudenza sua impartisca gli ordini che
-stimerà espedienti e al proposito. E così umilmente ci raccomandiamo
-alla grazia di Vostra Eccellenza.
-
-»Roma, 23 settembre 1501.»[142]
-
-Dietro le premure di Ercole il 17 settembre fu portata innanzi al
-Concistoro la quistione circa la diminuzione del canone di Ferrara
-da 400 ducati a 100 fiorini. Si temeva una vigorosa opposizione.
-Alessandro espose tutto quello che Ercole aveva fatto per Ferrara: la
-fondazione di chiese e monasteri, e soprattutto l'aver fortificato
-la città; cosicchè quella era diventata un baluardo dello Stato
-della Chiesa. I cardinali erano stati favorevolmente predisposti dal
-cardinale di Cosenza, creatura di Lucrezia, e da messer Troche, il
-confidente di Cesare. Consentirono alla diminuzione; e il Papa gli
-ringraziò, lodando specialmente i più anziani, mentre i più giovani,
-sue proprie creature, si eran pure mostrati più renitenti.[143]
-
-Il giorno stesso fu presa una decisione intorno a' possedimenti
-strappati ai baroni da lui proscritti il 20 agosto. Questi beni, che
-comprendevano una gran parte della Campagna Romana, furono divisi in
-due territorii. L'uno ebbe per centro Nepi; l'altro Sermoneta: luoghi,
-a' quali Lucrezia, che n'era signora, quindi innanzi rinunziava.
-Alessandro investì de' due ducati i due bambini Giovanni Borgia e
-Rodrigo. Del primo di questi egli aveva innanzi attribuito la paternità
-al figlio Cesare; ma poi apertamente dichiarò esserne padre egli
-stesso.
-
-Quasi non si presterebbe fede a tanta impudenza senza esempio. Pure
-i documenti stan lì: due Bolle indirizzate all'amato figliuolo, il
-_Nobile Giovanni De Borgia e Infante romano_: entrambi sotto la data
-del primo settembre 1501. Nel primo Alessandro dichiarava Giovanni,
-bambino di tre anni, esser figlio illegittimo di Cesare Borgia, di
-uomo celibe (e celibe difatti era ancora alla nascita di quello)
-e di donna celibe del pari. Per potestà apostolica lo legittimava
-e investiva di tutti i diritti de' suoi parenti. Nel secondo poi,
-riferendosi alla legittimazione concessa al bambino qual figliuolo
-di Cesare, diceva esplicitamente: «Poichè tu porti questa mancanza
-(di origine legittima) non dal detto duca (Cesare), ma da noi e dalla
-indicata donna celibe, ciò che noi per buone ragioni non abbiamo voluto
-esprimere nello scritto precedente, così volendo che giammai quello
-scritto non sia notato di difetto d'intenzione e di vizio di nullità,
-volendo provvedere che nel corso del tempo tu non abbia ad esser
-molestato, e volendo anche mostrarti speciale favore; non per istanza
-che tu n'abbia fatta, ma per nostra spontanea risoluzione e liberalità,
-e nella coscienza della piena potestà ed autorità nostra, confermiamo
-e ratifichiamo mercè il presente tutto quanto in quell'altro scritto è
-contenuto.» Rinnovava quindi la legittimazione, dichiarando che ove il
-bambino suo, legittimato come figliuolo di Cesare, fosse in avvenire in
-scritture o atti di qualunque natura nominato anche e designato come
-tale, e si servisse altresì dell'arme di Cesare, non avrebbe da ciò
-a venirgli pregiudizio d'alcuna sorta; che invece tutti simili atti
-dovrebbero avere la stessa forza giuridica come se il bambino fosse
-designato nella scritta di legittimazione qual proprio figlio suo e non
-di Cesare.[144]
-
-Sembrerà strano che i due documenti siano stati emanati lo stesso
-giorno. Ma si spiega. Le leggi canoniche proibivano al Papa di
-riconoscere un suo proprio figlio. Alessandro quindi cercò cavarsi
-d'imbarazzo, asserendo una menzogna nella prima Bolla. Per tal mezzo
-rendevasi possibile la legittimazione del bambino, ovvero l'investirlo
-di diritti legittimi. Data poi una volta alla bugia la forza di
-documento, potè il Papa, senza ulteriore riserva, per riguardo al
-figliuolo, dire la verità e sostituirla in luogo di quella.
-
-Cesare il primo settembre 1501 non era in Roma. Anche forse un uomo par
-suo avrebbe arrossito di suo padre, che faceva del figlio un rivale
-nel diritto di proprietà su un bastardo. Il piccolo Giovanni Borgia
-passò difatto più tardi, dopo la morte di Alessandro, per figliuolo di
-Cesare; ma anche il Papa lo designò come tale in alcuni Brevi.[145]
-
-È ignoto chi fosse la madre del misterioso bambino. Il Burkard dice
-solo: _una certa romana_. Se Alessandro, che la chiamava donna celibe,
-dicesse la verità, il pensiero di Giulia Farnese sarebbe escluso.
-Ma potrebbe anch'essere che la seconda asserzione del Papa fosse
-similmente una menzogna, e che il _romano Infante_ non fosse figlio di
-lui, ma fosse un bambino illegittimo di Lucrezia. Si ricorderà che nel
-marzo 1498 un inviato ferrarese informava il duca Ercole, assicurarsi
-in Roma che la figliuola del Papa aveva partorito un bambino. Questa
-data concorda pienamente con l'età dell'infante Giovanni nel settembre
-1501. I due documenti relativi alla legittimazione di lui, serbati
-oggi nell'Archivio d'Este, provenivano dalla Cancelleria di Lucrezia, o
-perchè la stessa gli portò seco da Roma a Ferrara, o perchè più tardi
-se ne impossessò. L'Infante infine noi lo incontreremo alla corte
-di quella in Ferrara, però come suo _fratello_. Tutti questi fatti
-potrebbero indurre a pensare, che il misterioso Giovanni Borgia sia
-stato un figlio di Lucrezia. Pure questa opinione non ha che la forza
-di una mera ipotesi.
-
-Codesto fanciullo adunque ricevette la città di Nepi come ducato, con
-altri 36 paesi.
-
-L'altro territorio, col Ducato di Sermoneta e con 28 castella, fu
-assegnato al piccolo Rodrigo, unico figlio di Lucrezia con Alfonso
-d'Aragona. L'esistenza di questo bambino in mezzo alle nuove condizioni
-era per lei, la madre, un manifesto imbarazzo, non volendo o non
-potendo condurre a Ferrara un figliastro. Ad onor suo ci piace credere
-ch'ella fosse costretta ad affidare in mani estranee il suo legittimo
-figliuolo. Pare però che l'obbligo non le sia stato imposto da Ferrara.
-Difatto l'inviato Gerardi, dando notizia il 28 settembre al suo signore
-di una visita a madonna Lucrezia, scriveva: «Poichè il figliuolo di
-lei era presente, colsi abilmente l'occasione per domandarle che cosa
-n'avrebbe fatto; ed ella mi rispose: resterà a Roma, e avrà la sua
-rendita di 15,000 ducati.»[146] E in realtà si provvide al piccolo
-Rodrigo largamente. Fu messo sotto la tutela di due cardinali, del
-patriarca di Alessandria e di Francesco Borgia, arcivescovo di Cosenza.
-Venivano a lui le entrate di Sermoneta, e anche quelle di Bisceglie,
-eredità del suo infelice padre. Perchè il 7 gennaio 1502 il re
-Ferdinando e la regina Isabella di Castiglia diedero facoltà al loro
-ambasciatore in Roma, Francesco de Roxas, di confermare in persona di
-Rodrigo il possesso del Ducato di Bisceglie e della città di Quadrata.
-E, secondo questo atto, i titoli suoi erano: Don Rodrigo Borgia di
-Aragona, duca di Biselli e Sermoneta e signore di Quadrata.[147]
-
-
-XX.
-
-Lucrezia era impaziente di lasciar Roma, che, come diceva agl'inviati
-di Ferrara, le sembrava una prigione. Il duca a volta sua non era meno
-di vedere terminato questo negozio. Ma la spedizione della nuova Bolla
-d'investitura si faceva aspettare. E la cessione di Cento e di Pieve
-non poteva aver luogo senza il consentimento del cardinale Giuliano
-Della Rovere, che viveva in Francia ed era arcivescovo di Bologna.
-Ercole quindi tratteneva l'invio del corteo nuziale, abbenchè la
-stagione, che si avanzava nell'inverno, divenisse sempre meno prospera
-per un viaggio così difficoltoso. Tutte le volte che Lucrezia vedeva
-gl'inviati di Ferrara, gl'interrogava quando verrebbe il corteo per
-condurla via. Ella faceva ogni sforzo per togliere le difficoltà.
-È vero che i cardinali tremavano innanzi al Papa e a Cesare; pure
-temporeggiavano prima di sottoscrivere quella Bolla, mercè la quale
-la Chiesa perdeva il canone di Ferrara. E per lo meno non volevano
-estendere l'esenzione a tutta la discendenza di Alfonso e di Lucrezia,
-ma concederla tutt'al più sino alla terza generazione. Il duca scrisse
-premurosamente al cardinale di Modena e a Lucrezia, la quale finalmente
-nell'ottobre venne a capo della cosa, e se n'ebbe altissime lodi dal
-suocero. Appunto della prima metà di ottobre vi sono molte lettere sue
-al duca e di questo a lei. Esse mostrano la crescente fiducia che si
-stabiliva fra i due. Evidentemente Ercole cominciava a riconciliarsi
-con questo matrimonio, causa una volta per lui di tanto disgusto. Nella
-nuora egli scopriva più intendimento di quello che aveva supposto.
-Essa gli scrisse pure una lettera piena di adulazione, soprattutto
-quando sentì che il duca era indisposto. Ed Ercole la ringraziò di
-avergli scritto di propria mano, nel che vedeva una particolar prova di
-affezione.[148]
-
-Ad Ercole stesso gl'inviati riferirono: «Quando abbiamo annunziato alla
-illustrissima duchessa la malattia di Vostra Eccellenza, Sua Altezza
-mostrò il più grande dolore; impallidì e restò un pezzo sopra pensiero.
-Le rincresceva molto di non trovarsi a Ferrara per curare con le
-proprie mani la Eccellenza Vostra, quando ella lo avesse gradito. Così
-pure, allorchè cadde la sala nel Vaticano, curò essa per 14 giorni Sua
-Santità, e non trovò in quel tempo mai pace, non volendo il Papa esser
-trattato che per mano di lei.»[149]
-
-Era naturale che la malattia del suocero spaventasse Lucrezia. La morte
-di lui avrebbe, se non fatta svanire, sicuramente differita l'unione
-sua con Alfonso. E di più essa non aveva alcuna prova che l'avversione
-del futuro marito fosse cessata. In tutto questo periodo non troviamo
-alcuna lettera d'Alfonso a lei, nè di lei ad Alfonso. Un silenzio sì
-intero è per lo meno singolare. In maggiore apprensione ancora doveva
-cader Lucrezia al pensiero che il padre potrebbe morire. Questa morte
-sarebbe, senza alcun dubbio, stata la risoluzione del matrimonio con
-Alfonso. Alessandro ammalò in effetto poco dopo la malattia d'Ercole.
-Si tirò addosso un'infreddagione, e ne perdette un dente. Per impedire
-che giungessero a Ferrara voci esagerate, fece chiamare l'inviato del
-duca e gli ordinò di scrivere al suo signore che l'indisposizione sua
-era di lieve conto. «Se il duca fosse qui,» disse il Papa, «vorrei,
-con tutta la mia faccia fasciata, invitarlo a venir meco a cacciare un
-cignale.» E l'inviato osservava nel dispaccio che il Papa, per riguardo
-alla salute sua, meglio farebbe di non lasciare il palazzo prima del
-far del giorno per non rientrarvi poi che verso notte. Perchè appunto
-codeste erano le sue cattive abitudini; e s'era anche cercato con
-amorevoli modi di farglielo intendere.[150]
-
-D'ogni banda giungevano felicitazioni ad Ercole e al Papa. Cardinali
-e ambasciatori magnificavano nelle lettere la bellezza e la sagacia
-di Lucrezia. L'ambasciatore spagnuolo la lodava con espressioni
-infinite; ed Ercole lo ringraziava per questa testimonianza resa alla
-nuora delle virtù di lei.[151] Anche il re di Francia esternava il suo
-estremo contento per un avvenimento, che, come ora riconosceva, avrebbe
-arrecato il massimo giovamento allo Stato di Ferrara. Nel Concistoro
-il Papa, tutto raggiante di gioia, diè lettura delle felicitazioni
-mandategli da quel monarca e dalla moglie. Luigi XII era sceso insino
-a mandar lettera a madonna Lucrezia, in piedi della quale aveva messo
-due parole autografe. Alessandro ne fu tanto entusiasmato, che mandò
-a Ferrara copia dello scritto. Solo dalla Corte di Massimiliano nulla
-di tutto ciò. L'imperatore, invece, se ne mostrava tanto stizzito,
-che Ercole ebbe a concepirne inquietudine, come ce lo fa sapere questa
-lettera a' due suoi ambasciatori in Roma:
-
-«Il Duca di Ferrara, ec. Amatissimi nostri. — Noi non abbiamo più
-nulla significato a Sua Santità, Signor Nostro, circa l'attitudine
-dell'eccellentissimo Re de' Romani verso di lui, dappoi che messer
-Michele Remolines si partì di qua, perchè non sapemmo intorno a ciò
-nulla di certo. Ma ora da persona degna di fede, con la quale il detto
-re avrebbe discorso, ci si dice, che Sua Maestà è molto incollerita,
-e s'esprime contro Sua Santità in tono di vivissimo biasimo; e
-riprova anche il parentado che noi con la stessa abbiam concluso;
-il che per altro aveva già fatto con lettere a noi dirette, prima
-della conclusione del matrimonio, sconsigliandoci da quella unione,
-siccome vedrete dalle copie di tali lettere. Noi ve le mandiamo qui
-alligate. Esse furono mostrate e date a leggere agli ambasciatori di
-Sua Santità che sono qui. Ora, tuttochè noi, per quel che ci riguarda,
-non diamo gran peso alla opinione di Sua Maestà, poichè siamo stati
-mossi da ragionevoli motivi, e ogni di più ce ne sentiamo soddisfatti;
-nulladimeno ci pare conveniente, per rispetto al nostro parentado con
-Sua Santità, e affinchè la stessa secondo la saggezza sua si formi un
-giudizio sulla indicata dimostrazione, di esternarle su ciò l'opinione
-nostra. Noi siamo convinti che Sua Santità nella sua saviezza saprà
-bene esaminare e discernere fino a qual punto il malumore di Sua Maestà
-debba essere preso in considerazione.
-
-»Voi quindi comunicherete tutto a quella e le farete anche vedere le
-copie, se ciò vi sembra conveniente. Ma in nome nostro dovete pregarla
-di non chiamar noi in colpa di ciò, anche nel caso, in cui per gravi
-motivi facessimo giungere le dette copie in altre mani. — Ferrara, 23
-ottobre 1501.»
-
-Il duca non istette più ad oscillare. Già sui primi di ottobre aveva
-scelto i componenti del corteo, la cui partenza però da Ferrara fece
-ancora dipendere dal seguito delle negoziazioni sue col Papa. Fissare
-all'uopo le persone sì ferraresi come romane fu questione d'altissima
-importanza, sulla quale ci porge schiarimenti un dispaccio di Gerardo
-del 6 ottobre:
-
-«Illustrissimo Signore, ec. — Oggi, 6, Ettore ed io fummo soli dal Papa
-con le lettere di Vostra Signoria, del 26 del passato mese e del primo
-del corrente, e con la lista della comitiva. Questa è molto piaciuta a
-Sua Santità; parendole onorevolissima e ricca, massime perchè vi sono
-esattamente specificate condizione e qualità delle persone. Come ho
-inteso da ottima via, Vostra Eccellenza ha in ciò superato il credere
-del Papa. Dopo esserci alquanto fermati a parlare con Sua Santità,
-questa, come Vostra Signoria intenderà per le cose infrascritte, fece
-chiamare l'illustrissimo duca di Romagna e il cardinale Orsini. Erano
-anche presenti monsignor di Elna, monsignor Troche e messer Adriano.
-Il Papa volle che la lista fosse letta di nuovo, e fu ancor più
-commendata, particolarmente dal duca, il quale dimostrò aver conoscenza
-di parecchie delle persone nominate. Egli la ritenne anche; e gli fu
-gratissimo che io gliela rendessi, volendo egli restituirmela.
-
-»Noi procurammo di avere la lista della comitiva, che dovrà venire con
-l'illustrissima duchessa; ma non è ancora in ordine. Sua Santità dice
-che vi saranno poche dame, per essere queste Romane selvatiche e male
-atte a cavallo. Sinora la duchessa ha presso di sè 5 o 7 donzelle da
-marito, 4 fanciulle e 3 dame anziane; e queste resteranno con lei.
-Forse se ne aggiungerà qualche altra. Ma s'è cercato con destrezza
-di distogliercela, dicendole che troverebbe infinite dame d'onore in
-Ferrara. È con lei puranche una madonna Geronima, sorella del cardinale
-Borgia, maritata con un Orsini. Costei le farà compagnia con tre
-donne. Altre sin qui non vi sono. Credo, come han detto, si sforzeranno
-ritrovarne persino a Napoli; ma pensano poterne aver poche, e solo per
-accompagnare la duchessa. La duchessa d'Urbino ha fatto intendere che
-verrebbe con 50 cavalli. Di uomini anche Sua Santità dice esservene
-carestia, per non trovarsi in Roma altri signori che gli Orsini, e
-anche questi per la maggior parte esser fuori. Pure spera raccoglierne
-buon numero, soprattutto se il duca di Romagna non andrà in campo;
-mentre al seguito suo trovansi altri gentiluomini. Sua Santità dice
-che di preti e gente dotta avrebbe da mandare abbastanza; ma non di
-persone meglio adatte. Del resto, la comitiva che manderà la Signoria
-Vostra supplirà per l'uno e per l'altro, tanto più che, a detta di Sua
-Santità, è consuetudine che la grande comitiva sia mandata dallo sposo,
-e che la sposa invece non vada che con pochi. Ad ogni modo, a quel
-che ho presentito, non mancheranno meno di 200 uomini a cavallo. Circa
-la via, che a Sua Signoria converrà fare, il Papa è ancora dubbioso.
-Egli vorrebbe che passasse per Bologna; e dice che anche i Fiorentini
-l'avevano invitata. Comunque Sua Santità non abbia ancora presa una
-decisione, pure la duchessa affermò si farebbe la via della Marca, e
-che avendo il tutto comunicato al Papa, questi erasi deliberato appunto
-in tal senso. Forse egli potrà desiderare ch'essa vada a Bologna
-attraverso le terre del duca di Romagna.
-
-»Relativamente al desiderio di Vostra Eccellenza, che un cardinale
-accompagni la duchessa, Sua Santità oppose non sembrarle onesto che
-un cardinale qualunque si parta da Roma a tale scopo. Ma ha scritto al
-cardinale di Salerno, legato nella Marca, di pigliare il cammino verso
-le terre del duca di Romagna e di aspettar lì per far poi compagnia
-alla duchessa a Ferrara e cantare la Messa sponsalizia. Egli crede che
-il cardinale non mancherà di farlo, quando il suo stato non sano non
-glielo impedisca. Ma, ove così fosse, Sua Santità forse provvederebbe
-con un altro....
-
-»Intendendo in questi ragionamenti Sua Santità, che non avevamo potuto
-avere udienza dall'illustrissimo duca, se ne mostrò spiacentissimo,
-e disse che Sua Signoria aveva codesto vizio; e che gli ambasciatori
-di Rimini erano qui da due mesi, senza aver mai potuto parlare con
-lui; che era suo solito far del giorno notte e della notte giorno.
-Questo modo di vivere le rincresceva sino al cuore, e non sa se Sua
-Signoria riuscirà a conservare il conquistato. In quella vece lodò
-l'illustrissima duchessa, come donna prudente e facile a prestare
-udienza, e, ove bisogni, anche a prodigar carezze. Fece altissimi
-elogii di lei e dell'aver governato il Ducato di Spoleto con la maggior
-grazia del mondo. Insomma la magnificò moltissimo, e disse che, anche
-allorchè trattava qualcosa con lui, il Papa, Sua Signoria sapeva molto
-ben vincere la partita. Credo che Sua Santità parlasse così, più con
-l'intenzione di dir bene di lei — come mi pare meriti — che per dir
-male dell'altro; abbenchè il linguaggio suo mostrasse il contrario. E
-continuamente mi raccomando a Vostra Eccellenza. — Roma, 8 ottobre.»
-
-Il Papa lasciava raramente sfuggire l'occasione di lodar la bellezza
-e l'accorgimento della figliuola. Stabiliva raffronti tra lei e le
-donne d'Italia allora più famose, la marchesa di Mantova e la duchessa
-d'Urbino. Un giorno parlò anche agl'inviati di Ferrara dell'età di lei,
-e notò che nell'aprile (1502) compiva il suo ventiduesimo anno; mentre
-Cesare in quel tempo istesso sarebbe giunto al ventiseesimo.[152]
-
-Egli si sentiva molto soddisfatto per la scelta del seguito. Le
-persone, che dovevano comporlo, eran principi di casa d'Este e i
-più ragguardevoli uomini di Ferrara. Gli fu pure di gradimento che
-Annibale Bentivoglio, il figlio del signore di Bologna, vi si unisse;
-e, ridendo, diceva all'ambasciatore di Ferrara: «Se il suo signore per
-prender la sposa volesse anche mandare a Roma Turchi, per lui sarebbero
-benvenuti.»
-
-I Fiorentini, per tema di Cesare, spedirono inviati a Lucrezia per
-pregarla di passare pel loro paese nell'andare a Ferrara. Nondimeno il
-Papa decise che prenderebbe la via di Romagna. Secondo il barbarico
-dispotismo di quei tempi, i paesi, pe' quali il corteo passava, eran
-tenuti a mantenerlo. Ora per non gravar d'avvantaggio i paesi di
-Romagna fu deciso che il seguito, venendo di Ferrara a Roma, farebbe
-la strada attraverso la Toscana. Se non che la Repubblica di Firenze
-rifiutava di mantenerlo a proprie spese in tutto il suo territorio; non
-voleva che ospitarlo soltanto nella città di Firenze, ovvero onorarlo
-con un presente.[153]
-
-Facevansi frattanto in Ferrara gli apprestamenti per le feste delle
-nozze. Il duca mandò inviti a principi amici. Aveva anche pensato al
-discorso, che all'arrivo di Lucrezia doveva esser tenuto alle feste
-nuziali. Nella Rinascenza simili declamazioni erano l'ingrediente più
-essenziale di una festa. E quel discorso dovett'essere davvero qualcosa
-di splendido. All'uopo Ercole aveva incaricato i suoi ambasciatori
-in Roma di mandargli notizie sulla casa Borgia, perchè l'oratore
-ne facesse tesoro.[154] Gli ambasciatori compirono con scrupolo
-l'incarico, rispondendo al loro signore nel modo che segue:
-
-«Illustrissimo Principe e Signor nostro singolarissimo. — Abbiamo
-usato ogni diligenza e studio per ritrovare, come ai dì passati
-l'Eccellenza Vostra ce ne commise, qualche cosa relativa a' fatti di
-questa illustrissima casa Borgia. A tale oggetto abbiamo investigato
-da ogni canto, e con noi pure i nostri qui in Roma, e non solo dotti,
-ma anche tali, che immaginavamo si dilettassero di ricerche simili.
-Ora, abbenchè avessimo finalmente scoperto la casa esser nel paese
-spagnuolo nobilissima e antichissima, pure non ritroviamo cose egregie
-fatte dagli antichi suoi progenitori, perchè in quelle parti si vive
-vita molto civile e delicata; e Vostra Eccellenza sa bene come così si
-costumi nella Spagna, e massime in Valenza.
-
-»Sino ad ora solo di Callisto si ritrova qualcosa degna, in ispecial
-modo le sue proprie geste, delle quali il Platina scrive assai. Del
-resto, è generalmente saputo ciò che questo Papa ha operato. Onde
-chi abbia a fare l'orazione avrà dinanzi aperto un largo campo. Noi
-adunque, Eccellentissimo Signore, non abbiamo trovato intorno alla
-casa più di ciò; ma solo intorno alle persone de' pontefici alla stessa
-appartenenti e a' discorsi di obbedienza a coloro indirizzati. E quel
-che poi i papi han fatto, dinota assai ciò che di loro possa dirsi. Se
-altro ci sarà dato scoprire, non mancheremo di darne notizia a Vostra
-Eccellenza, alla quale umilmente ci raccomandiamo. — Roma, 18 ottobre
-1501.»
-
-Quando il duca dell'antica casa degli Este lesse questo laconico
-dispaccio, dovette ridere e trovarne l'ingenuità così poco diplomatica
-da parer quasi un'ironia. Del rimanente, non sembra che i probi
-ambasciatori abbian fatto capo alla vera sorgente. Se avessero chiesto
-consiglio a' più intimi cortigiani de' Borgia, per esempio a' parenti,
-avrebbero da loro ricevuto un albero genealogico, dal quale appariva i
-Borgia discendere dagli antichi re d'Aragona, se non forse proprio da
-Ercole.
-
-Frattanto l'impazienza del Papa e di Lucrezia cresceva ogni dì più,
-perchè l'invio del seguito era sempre differito, e i nemici de' Borgia
-cominciavano già a prendersene beffe. Il duca dichiarava che non poteva
-pensare a far prendere madonna Lucrezia, ove non gli fosse consegnata
-la Bolla d'investitura. Lamentava la lentezza nell'adempimento in
-Roma delle promesse. Esigeva il pagamento in contanti della dote, che
-doveva esser fatto dai Banchi in Venezia, Bologna e altre città al più
-tardi all'ingresso in Roma del corteo d'onore, minacciando far ritornar
-questo in Ferrara, senza la sposa, ove la somma non fosse interamente
-numerata.[155] Poichè la cessione di Cento e Pieve non poteva essere
-prontamente condotta a termine, domandava dal Papa un pegno, o il
-Vescovado di Bologna pel figlio Ippolito o anche una cauzione. Inoltre
-pose innanzi pretensioni di beneficii pel suo bastardo Don Giulio
-e pel suo ambasciatore Gianluca Pozzi. Per quest'ultimo Lucrezia
-seppe ottenere il Vescovado di Reggio; ed agl'inviati di Ferrara fece
-similmente dal Papa concedere una casa in Roma.
-
-Negozio importante fu anche l'ornamento di cose preziose, di cui
-Lucrezia doveva esser fornita. La passione per tal genere d'ornamenti
-ancora oggi è grande in Roma. Le donne di nobili famiglie non vi
-tralasciano alcuna occasione per risplendere piene di diamanti; e
-sin qui tale ricchezza costituiva di regola un fedecommesso. Nella
-Rinascenza la passione aveva toccato il grado di vera e propria manìa.
-Ercole fece dire alla nuora che dovesse seco portare i gioielli e non
-alienarli. Che egli intanto per mezzo del seguito le manderebbe un
-ricco ornamento, perchè — così aggiunge con molta galanterìa — essendo
-ella il più prezioso de' gioielli, meritava aver pietre preziose in
-maggior numero e più belle ancora di quelle che da lui stesso e dalla
-propria moglie fossero state possedute. E che non era, per certo, un
-così potente uomo come il duca di Savoia; ma nondimeno sempre in grado
-di mandare a lei gioie non meno belle di quelle che colui aveva.[156]
-
-Le relazioni tra Ercole e la nuora erano le più amichevoli che potesse
-desiderarsi. Lucrezia, in vero, giammai non si stancava di fare che
-le esigenze di lui trovassero ascolto presso il Papa. Questi però era
-da parte sua profondamente irritato pel procedere del duca. Lo fece
-premurosamente pregare di mandare a Roma il seguito; e lo assicurò
-che i due castelli di Romagna sarebbero consegnati prima ancora
-che Lucrezia giungesse a Ferrara. Una volta che questa fosse colà,
-otterrebbe da lui tutto che desiderasse; così grande essendo l'amor
-suo per colei, ch'egli pensava andarle insino a far visita a Ferrara
-nella primavera.[157] Egli sospettò altresì che il temporeggiamento
-nell'invio del corteo derivasse da qualche intrigo dell'imperatore.
-E veramente Massimiliano, anco in novembre, mandò il segretario suo
-Agostino Semenza al duca, con l'esortazione a non lasciarlo partire per
-Roma; di che, prometteva, sarebbe ad Ercole riconoscente. Il duca, il
-22 novembre, mandò uno scritto all'ambasciatore imperiale, dichiarando
-aver appunto allora spedito un corriere a' suoi inviati a Roma;
-l'inverno esser prossimo, e quindi il tempo per prender Lucrezia non
-favorevole; volerlo, annuendovi il Papa, differire, senza però romperla
-con lo stesso. Se egli ciò facesse, Sua Maestà poteva pensare se il
-Papa gli diventerebbe nemico. Egli dovrebbe aspettarsi da lui eterna
-persecuzione e anche una guerra. Ed appunto per schivare siffatti
-pericoli aveva accondisceso a legarsi in parentela con Sua Santità.
-Confidava perciò in Sua Maestà, che non vorrebbe esporlo a tanto
-pericolo, ma nella sua giustizia darebbe valore all'addotta scusa.[158]
-
-Contemporaneamente Ercole incaricò gl'inviati di render conto al
-Papa delle minacce dell'imperatore e di dichiarargli, che quanto a
-sè teneva fermo agli obblighi assunti; ma che tanto più urgentemente
-doveva desiderare la spedizione delle Bolle, in quanto ogni ulteriore
-differimento adduceva pericolo.
-
-Alessandro ne fu fuori di sè dalla rabbia. Caricò di rimproveri
-gl'inviati, e diede del _mercatante_ al duca stesso. Ercole dichiarò
-allora al messo dell'imperatore il primo dicembre non poter più oltre
-differire l'invio del corteo, senza apertamente romperla col Papa.
-Il giorno medesimo scrisse agli ambasciatori a Roma, dolendosi del
-titolo di mercatante statogli dal Papa regalato.[159] Tranquillò anche
-quest'ultimo, assicurandolo aver fissato la partenza del corteo da
-Ferrara pel 9 o 10 dicembre.[160]
-
-
-XXI.
-
-In questo mentre si provvedeva al corredo di Lucrezia con profusione
-degna davvero di una principessa di sangue reale. Il 13 dicembre 1501
-l'agente del marchese Gonzaga a Roma scriveva al suo signore: «La
-dote sarà in tutto di 300,000 ducati, oltre i donativi che di giorno
-in giorno Madonna riceverà. Primieramente 100,000 ducati contanti;
-poi argenteria per più di 30,000 ducati, gioielli, panni di raso,
-biancheria finissima, ornamenti e finimenti di gran prezzo per muli
-e cavalli; in tutto per altri 160,000 ducati. Ha, fra l'altre, una
-balzana del valore di oltre 15,000 ducati, e 200 camice, delle quali
-molte del valore di 100 ducati ciascuna; e ogni manica costa da se
-sola 30 ducati, con frange d'oro, e simili lavori.» Un altro informava
-la marchesa Isabella, che una sola veste di Lucrezia valeva 20,000
-ducati, e un solo cappello più di 10,000. «S'è qui — così quell'agente
-di Mantova continuava — e a Napoli lavorato e venduto più oro tirato in
-sei mesi che non in due anni passati. In terzo luogo, gli altri 100,000
-ducati sono valuta de' castelli (Cento e Pieve) ed esonerazione di
-Ferrara dal censo. Il numero de' cavalli e delle persone che il Papa dà
-per compagnia della figliuola, toccherà il migliaio, e 200 carriaggi,
-oltre forse qualche carretta francese, se il tempo lo permetterà; senza
-contare poi tutta la compagnia che viene a levarla.»[161]
-
-Finalmente il duca si decise a spedirlo codesto seguito, comunque le
-Bolle non fossero ancora in pronto. All'unione oramai inevitabile di
-suo figlio con Lucrezia volendo dare il massimo splendore possibile,
-mandò per prender colei una cavalcata di oltre 500 persone. Duce era
-il cardinale Ippolito, accompagnato da altri cinque membri della Casa
-ducale, i fratelli Don Ferrante e Don Sigismondo, poi Niccolò Maria
-d'Este vescovo di Adria, Meliaduse d'Este vescovo di Comacchio e Don
-Ercole, un nipote del duca. Amici e parenti di gran riguardo, ovvero
-feudatarii di Ferrara componevano il seguito, i signori di Correggio
-e Mirandola, i conti Rangoni di Modena, uno de' Pii di Carpi, i
-conti Bevilacqua, Roverella, Sagrato, Strozzi di Ferrara, Annibale
-Bentivoglio di Bologna, ed altri molti.
-
-Tutti codesti signori, vestiti di abiti ricchissimi, con grosse
-catene d'oro al collo, sopra superbi cavalli, uscirono da Ferrara il 9
-dicembre, preceduti da una fanfara di 13 trombetti e 8 pifferi. E così,
-con alla testa un cardinale, desioso di vita e di spasso, la brigata
-traversò con gran rumore le terre d'Italia. Chi oggi potesse imbattersi
-in essa, la crederebbe una truppa di cavalieri artisti in viaggio. Gli
-allegri viaggiatori non pagaron mai scotto. Nel territorio del Ducato
-vissero a spese del duca, ch'è dire, de' sudditi suoi. Nel territorio
-di altri signori trovarono pari accoglienza. E appena messo piede sullo
-Stato della Chiesa, i luoghi, per dove passarono, dovettero pensare al
-loro mantenimento.
-
-Malgrado di tutto il lusso della Rinascenza, il viaggiare era allora
-una grande pena. Per ogni dove si viaggiava in Europa allora come
-oggi in Oriente. Grandi signori e dame, che oggidì scorrono in fuga
-terre e paesi sulle strade ferrate entro carrozze comode come sale,
-e che perciò stesso sono sì frequentemente in moto, nel secolo XVI
-non avrebbero potuto andar che passo passo e a cavallo o sul mulo o
-alternativamente in lettiga, esposti a tutte le perfidie de' tempi,
-de' venti, delle orride strade. Per percorrere la distanza da Ferrara
-a Roma, al che bastano oggi 14 ore, occorsero alla cavalcata 13 giorni
-interi.
-
-Finalmente il 22 dicembre arrivò a Monterosi, misero castello a 15
-miglia da Roma, in istato deplorevole; tutti bagnati dalle piogge
-iemali, tutti inzaccherati di mota; uomini e cavalli stracchi e
-disfatti come dagli strapazzi di una campagna. Di colà il cardinale
-spedì a Roma un messaggiero con un trombetto a prendere gli ordini del
-Papa. Fu risposto che facessero l'entrata per Porta del Popolo.
-
-Questo ingresso de' Ferraresi in Roma è il più splendido spettacolo
-durante il regno di Alessandro VI. La cavalcata era in generale la
-pompa più spettacolosa e più in pregio nel Medio Evo. Stato, Chiesa,
-società esprimevano lo splendore e l'importanza loro con siffatto
-genere di apparati, quasi pubblici trionfi. Il cavallo era ancora
-simbolo ed istrumento di gran parte della forza come della magnificenza
-mondana. Il significato suo nella civiltà è venuto meno con la
-cavalleria. D'allora in poi in tutta Europa la cavalcata non fu più in
-uso. Dove ancora ne appariscono i residui, come nel seguito principesco
-nelle riviste militari, ovvero ne' cortei di corporazioni, l'effetto si
-perde sotto la monotonia o la scipitezza delle divise di gala. Quanto
-il senso delle forme e delle feste sia mutato negli uomini, specie
-in Italia, patria della cavalcata, si potè vedere in Roma il 2 luglio
-1871, quando Vittorio Emanuele fece ingresso nella sua nuova capitale.
-Se momento siffatto, uno dei più importanti in tutta la storia
-d'Italia, fosse caduto nell'epoca della Rinascenza, certo si sarebbe
-vista una delle più grandiose e trionfali cavalcate. Invece l'ingresso
-in Roma del primo Re dell'Italia unificata sembrò come l'entrata di
-carrozze impolverate, che menassero viaggiatori, il Re e la Corte sua,
-dalla strada ferrata alla loro dimora. In questa semplicità borghese
-era certamente maggior grandezza morale che nella pompa clamorosa
-di un trionfo cesareo. Pure noi non parliamo qui dell'intimo valore
-delle solennità pubbliche; ma solo della diversità de' tempi rispetto
-alle feste, ai modi e ai bisogni delle stesse. L'estinguersi di
-quel sentimento grandioso della festa, quale la Rinascenza lo aveva
-suscitato, sarebbe sicuramente da considerare come un impoverimento. Il
-bisogno suo ancora oggidì torna spesso a rinverdire. E gli spettacoli
-più belli, visti ai tempi nostri in Europa, sono stati quelli delle
-schiere tedesche di ritorno dalla Francia in patria. Erano, è vero,
-feste militari; se non che e la sontuosità, onde le città s'erano
-parate, e la gioiosa partecipazione di tutti gli ordini della
-cittadinanza, tolsero loro quel carattere esclusivo.
-
-Alessandro VI avrebbe proprio scapitato in reputazione, ove in
-congiuntura così solenne per la sua famiglia non avesse dato segno di
-magnificenza innanzi al popolo con un sontuoso spettacolo. Per questo
-Adriano VI più tardi divenne la favola de' Romani. Egli nè comprendeva
-nè aveva in onore queste necessità proprie alla Rinascenza.
-
-Il 23 dicembre, verso le 10 ore del mattino, i Ferraresi arrivarono
-a Ponte Molle. In una villa trovarono una colezione apparecchiata. La
-contrada allora non aveva apparenza essenzialmente diversa da quella
-d'oggi. Casini e case coloniche sulle pendici di Monte Mario con in
-cima la Villa de' Mellini; e così pure sulle colline costellanti la
-via Flaminia. Il Ponte sul Tevere era stato riedificato da Niccolò V, e
-munito anche di torre; la quale Callisto III fece terminare. Da Ponte
-Molle a Porta del Popolo si stendeva, come oggi, lungo la via, uno
-squallido sobborgo.
-
-Al Ponte sul Tevere la cavalcata ricevette il saluto del Senatore
-di Roma, del Governatore della città, e del Barigello o capitano di
-polizia. Questi signori erano iti con 2000 uomini a piedi e a cavallo.
-A mezzo trar di arco dalla Porta s'incontrò il seguito di Cesare.
-Innanzi 6 paggi; poi 100 gentiluomini a cavallo; quindi 200 Svizzeri
-a piedi, vestiti di velluto nero e panno giallo, divisa del Papa, con
-berretti a pennacchio e armati di alabarde. Dopo, a cavallo, il duca
-di Romagna, insieme con l'ambasciatore di Francia. Indossava un vestito
-alla francese con cintola di panno d'oro. Il saluto ebbe luogo al suono
-delle musiche. Tutti i signori smontarono di cavallo. Cesare abbracciò
-il cardinale Ippolito, e quindi, cavalcando a lato di lui, volse alla
-Porta.
-
-Se egli aveva un seguito di 4000 uomini e i magistrati della città
-uno di 2000, e se si calcola anche la folla degli spettatori, non si
-comprende davvero come sì enorme moltitudine abbia potuto dispiegarsi
-davanti Porta del Popolo. Ma non dovevano allora esservi case, e la
-pianura, occupata oggi dalla Villa Borghese, dev'essere stata pressochè
-libera.
-
-Alla Porta il corteo fu salutato da 19 cardinali, ciascuno con un
-seguito di 200 persone. Il ricevimento qui, sotto un diluvio di
-declamazioni, durò non meno di due ore; sicchè si fece sera. Finalmente
-tutta questa cavalcata di parecchie migliaia, al suono di trombe,
-pifferi e corni, mosse lungo il Corso, per Campo di Fiore, verso il
-Vaticano, salutata da' cannoni di Castel Sant'Angelo.
-
-Alessandro stava ad una finestra del palazzo a vedere quel corteggio,
-che veniva a porre in atto il più audace desiderio della casa sua.
-Quando poi i camerieri alla scala del palazzo ricevettero i Ferraresi
-e gl'introdussero presso di lui, egli andò loro incontro con 12
-cardinali. Quelli gli baciavano i piedi, ed ei gli sollevava ed
-abbracciava. Si restò un pezzo in gioviali discorsi; quindi Cesare
-condusse dalla sorella i principi di Ferrara.
-
-Lucrezia si fece sino alla scala di casa, al braccio di attempato
-cavaliere, vestito di velluto nero, con catena d'oro al collo. Secondo
-il cerimoniale prestabilito, non baciò i cognati: inclinò soltanto il
-viso a' visi, questa essendo la forma francese. Essa portava abito
-di drappo bianco tessuto in oro, e bernia foderata di zibellino; le
-maniche, di candido broccato in oro, strette con tagli trasversali alla
-foggia spagnuola; per acconciatura al capo una cuffia di velo verde,
-listata intorno d'oro battuto e orlata di perline; al collo un vezzo di
-grosse perle con un balaustro non legato. Furono serviti rinfreschi,
-e Lucrezia dispensò piccoli regali, lavori di gioiellieri romani. I
-principi col seguito loro se n'andarono molto contenti. «Questo so io
-di certo — così scriveva El Prete, — che al nostro cardinale Ippolito
-scintillavano gli occhi: ella è dama seducente e veramente graziosa.»
-
-Anche il cardinale scrisse la sera stessa alla sorella Isabella di
-Mantova, per chetarne la curiosità, circa l'abbigliamento di Lucrezia.
-Le vestimenta erano allora l'oggetto più importante, soprattutto in
-una corte. E mai non vi fu tempo, come nella Rinascenza, in cui il
-costume delle donne fosse più ricco e più nobile insieme. Sembra che
-la marchesa abbia espressamente mandato a Roma un agente per essere
-informata delle persone e delle feste, con l'obbligo però di prendere
-a preferenza nota degli abiti. El Prete si trasse d'impegno con tanta
-scrupolosità, come oggi saprebbe solo un _Reporter del Times_.[162]
-Stando alle descrizioni di lui, un pittore avrebbe potuto fare un
-ritratto di Lucrezia, che di molto si sarebbe approssimato alla verità.
-
-Anche la stessa sera l'ambasciatore di Ferrara fece a donna Lucrezia
-la sua visita officiale. Comunicò quindi al duca l'impressione che la
-nuora di lui gli aveva fatta:
-
-«Illustrissimo Signor mio. Questa sera, poichè ebbi cenato, fui
-in compagnia di messer Gerardo Saraceni presso l'illustrissima
-Madonna Lucrezia, per visitarla a nome di Vostra Eccellenza e
-dell'illustrissimo Don Alfonso. In tale occasione venimmo in lungo
-ragionamento su diverse cose. In verità ella si diede a riconoscere per
-donna molto prudente e discreta e di buona indole, e di grandissima
-osservanza verso Vostra Eccellenza e l'illustrissimo Don Alfonso;
-sicchè si può ben giudicare, che entrambi saranno di lei veramente
-soddisfatti. Oltrecchè ella ha ottima grazia in ogni cosa, ed è a un
-tempo modesta, venusta e onesta. Nè poi meno è cattolica, nè mostra
-meno temere Dio. Domattina si confessa con l'intenzione di comunicarsi
-il dì della Natività del Signore. La bellezza sua è già per sè
-soddisfacente; ma la piacevolezza delle maniere e il modo grazioso
-di porgersi l'aumentano e fanno parer maggiore. In conclusione le
-sue qualità a me paion tali, che nulla di sinistro si debba o possa
-sospettar di lei: piuttosto è da presumere, credere e sperarne sempre
-ottime azioni. Di che m'è parso conveniente, in omaggio alla verità,
-far con questo scritto testimonianza a Vostra Altezza. Ed ella sia
-certa che come, in conformità del debito ed ufficio mio, scrivo senza
-passione il vero; così, per la servitù che mi lega all'Eccellenza
-Vostra, ciò mi colma di singolare letizia e consolazione. Mi raccomando
-alla buona grazia di Vostra Eccellenza. — Roma, 23 dicembre 1501,
-nell'ora sesta della notte. Di Vostra Eccellenza servitore Giovanni
-Luca.»[163]
-
-La lettera del Pozzi mostra quanto grande fosse ancora all'ultimo
-istante la sfiducia del duca e del figlio. Abbassarsi sino al punto
-di mettere confidenzialmente a parte l'inviato in Roma delle loro
-perplessità d'animo in cose cotanto intime e personali, dovett'essere
-per entrambi una umiliazione. Ed umiliante fu del pari desiderar da
-colui un'attestazione delle qualità di una donna destinata ad essere
-duchessa di Ferrara. Quella sola frase della lettera nella quale il
-Pozzi non si perita di affermare, che nulla di sinistro s'abbia a
-sospettar di Lucrezia, getta abbastanza luce sui brutti rumori che
-sul conto di lei correvano. La testimonianza però fu splendida. Nelle
-mani di qualunque difensore di Lucrezia essa è tale, che può bensì
-valere come il più importante dei documenti. E se colei avesse potuto
-leggerla, forse la vergogna non sarebbe stata impari alla soddisfazione
-che n'avrebbe provata.
-
-I principi di Ferrara presero stanza in Vaticano; altri signori in
-Belvedere; i più furono mandati in casa di curiali, con l'obbligo di
-curarne il mantenimento. I papi riguardavano allora le faccende loro
-private come affari dello Stato. Per farne le spese, aggravavano la
-mano, senz'altro, sugl'impiegati di corte; e la turba di questi a volta
-sua nè viveva nè s'arricchiva che mercè la grazia papale. Nondimeno
-anche alcuni mercatanti dovettero portare il peso della splendidezza
-papale. Parecchi impiegati mormoravano per l'ospitamento dovuto
-ai Ferraresi, i quali eran trattati così male, che il Papa dovette
-intervenire.[164]
-
-Per la festa di Natale il Papa disse messa in San Pietro; e i principi
-vi assistettero come ministri. L'ambasciatore descrisse al suo signore
-l'apparenza magnifica e anche _religiosa_ del Papa, a un di presso come
-si descriverebbe il presentarsi sulla scena di un istrione famoso.[165]
-
-Per ordine del Papa il carnevale cominciò allora, e ogni giorno avevan
-luogo feste in Vaticano.
-
-El Prete ci ha lasciato una ingenua descrizione di un trattenimento
-serale nel palazzo di Lucrezia, che ci ripone vivi dinanzi gl'usi del
-tempo. «Questa illustrissima Madonna — così scrive — poco si vede,
-perchè occupata per la partenza. Domenica, giorno di Santo Stefano
-(26 dicembre), andai la sera anch'io in fretta nella sua stanza. Sua
-Signoria sedeva appresso al letto; e all'angolo della camera erano una
-ventina di donne romane, vestite _a la romanesca_ co' tradizionali
-panni in testa (_con quelli drapi in testa_); vi eran poi le sue
-donzelle, dieci di numero. Aprì il ballo un gentiluomo di Valenza con
-una donzella di nome Nicola. Poscia ballò gentilmente e con grazia
-singolare Madonna con Don Ferrante. Portava indosso una gammurra di
-raso nero con liste d'oro e maniche nere; il polsino tutto serrato,
-il resto tutto di sopra tagliato e la camicia fuori; il petto sino
-alla gola copriva un velo listato d'oro; un filo di perle al collo;
-sul capo una cuffia di velo verde con una lenza di piccoli rubini; una
-sopravveste nera di raso foderato colorita e bella. Le sue donzelle non
-hanno ancora sfoggiato: se altre non ve ne saranno, le nostre potranno
-star loro a lato per apparenza e tutto il resto. Due o tre sono
-graziose. Una valenzana, Catalina, ballò bene; un'altra è seducente.
-Senza che sel sapesse, io l'ho tolta per mia favorita. Iersera (il 28)
-il cardinale andò mascherato per la città col duca e Don Ferrante; e
-poi andammo dalla duchessa, ove si ballò. Da mane a sera non si vede
-in Roma che cortigiane in maschera. Col suonar delle 24 non possono più
-lasciarsi veder fuori di casa, perchè si fanno de' brutti giochi.»
-
-Quantunque il matrimonio fosse già stato, mercè procura, concluso
-in Ferrara, pure Alessandro volle che l'atto fosse ancora una volta
-stipulato in Roma. E, per schivare una pura ripetizione, lo sposalizio
-in Ferrara fu celebrato solo con la formola: _vis, volo_; e lo scambio
-degli anelli differito.
-
-La sera del 30 dicembre i Ferraresi condussero madonna Lucrezia in
-Vaticano. La sposa di Alfonso uscì dal suo palazzo con tutta la sua
-corte e con 50 dame d'onore. Aveva sopravvesta di broccato d'oro alla
-francese con maniche aperte, che scendevano sino a terra. Di sotto,
-abito di cremisino foderato d'ermellino. Il lungo strascico portavano
-damigelle di compagnia. In testa una cuffia di seta e oro, e i capelli
-fermati da un semplice cordoncino nero. Al collo un vezzo di perle con
-pendente, composto di uno smeraldo, un rubino e una grossa perla.
-
-Don Ferrante e Don Sigismondo la conducevano per mano. Così il
-corteggio si pose in cammino. Sulla scala di San Pietro risuonavano
-musicali accordi. Il Papa stava ad aspettare nella Sala Paolina
-sul trono, e accanto a lui 13 cardinali e il figlio Cesare. Degli
-ambasciatori stranieri eran presenti quelli di Francia, di Spagna e
-Venezia: il tedesco mancava. La cerimonia cominciò con la lettura del
-mandato di procura del duca di Ferrara. Poscia il vescovo di Andria
-tenne il discorso d'uso; ma fu d'uopo l'abbreviasse per comando del
-Papa.[166] Innanzi a costui fu messa una tavola, e vi presero posto
-Don Ferrante, qual rappresentante di suo fratello, e donna Lucrezia.
-Ferrante rivolse a questa la domanda, secondo la formola; e, avendo
-essa risposto affermativamente, le pose al dito l'anello con queste
-parole: «Questo anello matrimoniale manda a te, illustrissima Donna
-Lucrezia, l'illustrissimo Don Alfonso per libera determinazione, e io
-te lo consegno a nome di lui.» E Lucrezia: «Così anch'io per libera
-determinazione lo accetto.»
-
-Del compimento dell'atto fu fatta fede in un istrumento per man
-di notaro. Subito dopo il cardinale Ippolito presentò a Lucrezia i
-gioielli. Il duca, che le faceva un prezioso regalo del valore di
-70,000 ducati, annetteva particolare importanza al modo in che avesse
-ad esser consegnato. Il 21 dicembre aveva scritto al figlio di offrire
-i gioielli con quelle parole, che gli avrebbe suggerite l'ambasciatore
-Pozzi; avvertendolo anche che ciò era per misura di precauzione,
-affinchè, in caso d'infedeltà di madonna Lucrezia ad Alfonso, le
-gioie non andassero perdute.[167] Sino all'ultimo il duca trattava i
-Borgia con la sfiducia di uomo, che teme di essere ingannato. Onde il
-30 dicembre il Pozzi gli scriveva: «Pel matrimonio è stato stipulato
-un istrumento, nel quale è detto soltanto che a madonna Lucrezia è
-fatto presente dell'anello nuziale; senza dir motto di altro regalo.
-Modo migliore per rispondere alle intenzioni di Vostra Eccellenza non
-v'era. Non s'è dunque in guisa alcuna parlato di donativo, e su di ciò
-l'Eccellenza Vostra non nudrirà dubbio di sorta.»
-
-Ippolito si disimpegnò con tanta grazia, che il Papa gli disse:
-avere egli aumentata la bellezza dell'ornamento. Le gioie erano in un
-forzierino, che il cardinale pose prima innanzi al Papa e poscia aprì.
-Un tesoriere ferrarese l'aiutò a tenere i gioielli nella vera luce,
-sì che ne apparisse tutta la preziosità. Il Papa stesso gli prese
-in mano e gli mostrò alla figlia. Erano catene, anelli, orecchini e
-pietre bellamente legate; magnifico, in particolar modo, un monile di
-perle; e, quanto a perle, Lucrezia sentiva una vera passione. Ippolito
-presentò pure alla cognata i suoi proprii regali, tra i quali quattro
-croci finamente lavorate. I cardinali offrirono regali dello stesso
-genere.
-
-Dopo si fecero tutti alle finestre della sala per vedere i giuochi
-sulla Piazza di San Pietro: una corsa di cavalli ed una giostra per
-una nave. Otto nobili difendevano quest'ultima contro altrettanti
-che l'assalivano. Si combatteva con armi taglienti; e cinque persone
-n'usciron ferite.
-
-La comitiva si condusse quindi nella camera del Pappagallo. Il
-Papa prese posto sul trono, alla sua sinistra i cardinali, a destra
-Ippolito, donna Lucrezia e Cesare. «Egli richiese — così El Prete —
-il duca di fare una danza con madonna Lucrezia, la qual cosa fece con
-buona grazia. Sua Santità rise continuamente. Le donzelle ballarono
-pure molto bene a due a due. La cosa durò più d'un'ora. Quindi si diè
-principio alle commedie. Se ne cominciò una, ma non fu finita perchè
-troppo lunga. Ne venne poi un'altra in versi latini, con un pastore
-e alcuni bambini, che fu molto bella. Il significato non lo compresi.
-Finite le commedie, andaron via tutti, meno Sua Santità, la sposa e i
-cognati, che restarono, avendo il Papa dato in tal sera il banchetto
-nuziale, del quale non posso informare. Si desinò in famiglia.»
-
-Le feste continuarono tutti i giorni, mentre Roma da parte sua era
-piena delle baldorie carnascialesche. L'ultimo giorno dell'anno il
-cardinale Sanseverino e Cesare fecero rappresentar commedie. Quella
-ordinata da Cesare fu un'egloga con attrezzi pastorali. Alcuni
-pastori magnificarono la giovane coppia, il duca Ercole e il Papa come
-protettori di Ferrara.[168]
-
-Il primo giorno dell'anno (1502) venne solennizzato con pompa
-particolare. I Priori di Roma posero in campo un corteo. Tredici carri
-trionfali, con a capo lo stendardo della città e i magistrati, mossero
-a suono di musica da Piazza Navona pel Vaticano. Nel primo si vedeva
-il trionfo di Ercole; ne' seguenti Cesare ed altri eroi romani. Si
-disposero in ordine innanzi al Vaticano, dalle cui finestre il Papa e
-gli ospiti suoi si godevano lo spettacolo. Furon declamate poesie in
-onore degli sposi. La rappresentazione durò quattr'ore.
-
-Quindi seguirono commedie nella camera del Pappagallo, e una splendida
-_Moresca_, ballo del tempo, nella _Sala dei Papi_, parata già da
-Innocenzo VIII di bellissime coltrine di broccato in oro. Quivi era
-elevata una scena bassa e stretta, adorna di frasche e illuminata
-con torce. Gli spettatori presero posto su' banchi o per terra, come
-a ciascuno meglio aggradiva. Dopo la rappresentazione di un'egloga,
-un cantambanco, vestito da donna, cominciò a ballar la _Moresca_.
-Vi pigliò parte come ballerino anche Cesare, in costume ricchissimo,
-tanto che, non ostante la maschera, si distingueva di primo tratto.
-Il ballo era accompagnato dal suono di tamburini. Le trombette ne
-annunziarono un altro. Apparve un albero, sulla cui cima oscillava
-un Genio, recitante poesie. Buttò giù nove cordoni di seta, le cui
-estremità furon prese da nove danzatori. Questi andaron formando
-intorno all'albero una carola, che il Genio pareva intrecciasse con la
-sua mano. La _Moresca_ incontrò grandissimo plauso. Da ultimo il Papa
-desiderò veder ballare anche la figlia. Ed essa ballò con la damigella
-di compagnia valenzana; e dietro di loro seguivano in coppia gli altri
-danzatori e le danzatrici.[169]
-
-Commedie e moresche furon dunque la parte essenziale di questa festa.
-Le poesie dovettero essere composte da Romani, i Porcari, Mellini,
-Inghirami, Evangelista Maddaleni; e forse anche presero parte essi
-stessi alla rappresentazione; mentre da lunga pezza non s'era più ai
-Romani offerta occasione altrettanto solenne per mostrare i progressi
-loro nell'arte drammatica. Lucrezia ogni giorno dev'essere stata
-coperta da un diluvio di sonetti ed epitalamii. Reca davvero molta
-maraviglia, che nulla di tutto ciò siasi conservato, nè che venga
-nemmeno un poeta romano di quei giorni nominato come autore di qualche
-commedia.
-
-Il 2 gennaio fu data sulla Piazza di San Pietro una caccia al toro.
-Questa costumanza tutta spagnuola era stata importata in Italia
-sin dal XIV secolo; ma non divenne generale che nel seguente. Gli
-Aragonesi la trapiantarono in Napoli, e i Borgia in Roma, ove sino a'
-tempi ultimi, in Piazza Navona o al Testaccio, le cacce di tal natura
-erano frequenti. Cesare faceva volentieri mostra in simili barbari
-giuochi dell'abilità e della forza sua. In una caccia data nell'anno
-del Giubileo aveva maravigliato tutta Roma, spiccando con un colpo di
-sciabola la testa ad un bove.
-
-Il 2 gennaio con nove altri Spagnuoli, che dovevano essere veri
-_mattadori_, egli entrò a cavallo nello steccato, ove sul cominciare
-non furono introdotti che due tori. Contro il più furioso stette egli
-solo a cavallo e con la lancia. Poscia entrò anche a piedi in compagnia
-di dieci altri Spagnuoli. Fatta questa mostra eroica, il duca si
-ritirò, lasciando il carico del rimanente spettacolo ai _mattadori_.
-Dieci tori e un bufalo furon morti.
-
-La sera furono recitati i _Menemmi_ di Plauto e altre scene, il cui
-soggetto fu l'apoteosi di Cesare e di Ercole. Gl'inviati di Ferrara ne
-diedero una relazione, ch'è una pittura dilettevolissima del tempo:
-
-«Questa notte, nella camera del Papa, è stata recitata la _Commedia
-del Menechino_ (i _Menemmi_). Rappresentarono benissimo la persona
-dello schiavo, del parassita e anche del ruffiano e della moglie di
-Menechino. Ma i Menechini stessi non dissero con molta grazia. Non
-portavan maschera e non v'era scenario, la camera non essendo capace
-abbastanza. In quel luogo, in cui Menechino, per comando del suocero,
-che crede fosse impazzito, è preso, ed ei grida che gli vien fatta
-violenza, disse essere maraviglia che così si usasse, mentre Cesare è
-potente, Giove propizio ed Ercole benevolo.
-
-»Prima della recitazione ebbe luogo altra rappresentazione. Venne
-fuori un bambino vestito da donna, rappresentante la virtù e un altro
-rappresentante la fortuna. Disputarono su quale fosse da preferire
-per grado; ed ecco sopraggiungere la gloria su carro trionfale, avendo
-il mondo sotto i piedi con le parole scritte: _Gloria Domus Borgiae_.
-La gloria, che chiamavasi anche luce, preferì la virtù alla fortuna,
-dicendo che Cesare ed Ercole appunto con virtù avevan superata la
-fortuna; e riferì molti nobili fatti dell'illustrissimo duca di
-Romagna. Quindi comparve Ercole con la pelle del leone e con la clava;
-e Giunone gli mandò contro la fortuna. Ercole, combattendo con essa, la
-vinse, prese e legò. Allora Giunone pregò Ercole di volerla liberare;
-ed egli clemente e magnanimo la concesse a Giunone, a condizione, che
-nè essa nè quella avessero mai a far cosa alcuna contro la casa di
-Ercole e di Cesare. Il che fu da quelle promesso, anzi Giunone promise
-pure di favorire l'unione delle due case.
-
-»Venne poscia Roma su un carro di trionfo. Si dolse che Alessandro,
-che tiene il luogo di Giove, le facesse la ingiuria di toglierle via
-l'eccelsa madonna Lucrezia; e la raccomandò grandemente, mostrando come
-la fosse il rifugio di tutta Roma. Dopo Roma, Ferrara, senza carro di
-trionfo; e disse che madonna Lucrezia non andava in città indegna e
-che Roma non la perdeva. Sopraggiunse quindi Mercurio mandato dagli Dei
-per riconciliare Roma e Ferrara, volere di coloro essendo, che madonna
-Lucrezia andasse a Ferrara. E fece quindi seder Ferrara al posto
-d'onore sul carro trionfale.
-
-»Tutte queste cose furon recitate in versi eroici pieni di eloquenza.
-Il parentado tra Cesare ed Ercole vi fu continuamente celebrato. Si
-volle anche manifestamente esprimere, che insieme uniti dovessero
-compiere grandi fatti contro i nemici di Ercole. Che se la realtà
-potesse corrispondere a tali pronostici, le cose nostre verrebbero
-a molto buon termine. E così ci raccomandiamo alla grazia di
-Vostra Eccellenza. Roma, 2 gennaio 1502. — Giovanni Luca e Gerardo
-Saraceni.»[170]
-
-Arrivò finalmente il giorno della partenza di Lucrezia, il 6 gennaio.
-Doveva esser quella una comitiva fastosa che la simile non s'era vista
-mai. Lucrezia doveva percorrere da regina le terre d'Italia. V'era
-anche un cardinale, che l'accompagnava come legato, Francesco Borgia,
-arcivescovo di Cosenza. Egli doveva la porpora a Lucrezia ed era il suo
-più fedel partigiano; antico signore e brava persona della casa Borgia,
-come il Pozzi scriveva a Ferrara. A madonna furono anche dati per
-compagnia tre vescovi, di Carniola, di Venosa e di Orte.
-
-Alessandro fece ogni sforzo per persuadere quante donne e uomini nobili
-romani fu possibile ad unirsi al corteo. Ed ottenne anche questo,
-che la città di Roma nominasse quattro inviati d'onore, che dovevano
-assistere anche alle feste in Ferrara: Stefano Del Bufalo, Antonio
-Paoluzzo, Giacomo Frangipane e Domenico Massimi. Allo scopo stesso la
-nobiltà romana scelse Francesco Colonna di Palestrina e Giuliano conte
-di Anguillara. Vi s'aggiunsero anche Ranuccio Farnese di Matelica e
-Don Giulio Raimondo Borgia, capitano della guardia palatina, nipote del
-Papa. De' gentiluomini romani di second'ordine ve ne furono otto.
-
-Cesare per conto proprio preparò un seguito di onore di 200 cavalieri,
-con musica e con buffoni per divertire per via la sorella. Spagnuoli,
-Francesi, Romani, Italiani di varie provincie composero la schiera.
-Due di loro vennero più tardi in fama, Ivo d'Allegre e Don Ugo Moncada.
-Di Romani v'erano il cavaliere Orsini, Piero Santa Croce, Giangiorgio
-Cesarini, fratello del cardinale Giuliano, ed altri signori degli
-Alberini, Sanguigni, Crescenzi e Mancini.
-
-Lucrezia prese seco anch'essa una corte officiale di 180 persone. Nella
-lista, che è giunta sino a noi, sono specialmente indicate le sue dame
-di compagnia. Prima Angela Borgia, _una damigella elegantissima_, come
-la chiama un cronista di Ferrara. La bellezza sua fu già lodata in Roma
-dal poeta Diomede Guidalotto. E con essa era anche la sorella donna
-Girolama, moglie del giovane Fabio Orsini. Accompagnavano pure Lucrezia
-madonna Adriana Ursina, un'altra Adriana, moglie di Don Francesco
-Colonna, e una dama della casa degli Orsini, della quale non è indicato
-il nome, nè è ammessibile potesse essere la Giulia Farnese.
-
-Molte vetture, che il Papa aveva fatte costruire in Roma, e 150 muli
-trasportavano le suppellettili di Lucrezia. Il bagaglio fu in parte
-avviato innanzi. La duchessa portò via seco tutto quanto il Papa
-avevale permesso di prendere. Egli non volle nemmeno che ne fosse
-disteso inventario, come il notaro Beneimbene aveva consigliato.
-«Perchè io voglio — così diceva agli ambasciatori ferraresi — che la
-duchessa liberamente disponga delle proprietà sue e le doni cui meglio
-le aggrada.» Egli aveva anche fatto alla figlia un presente di 9000
-ducati per abbigliamento di lei e della sua servitù, e regalatole
-altresì una bella lettiga alla francese, nella quale avrebbe accanto a
-lei seduto la duchessa di Urbino, appena scontrata sul cammino.[171]
-
-Mentre Alessandro lodavasi con gli ambasciatori di Ferrara della
-castità e pudicizia di sua figlia, esprimeva il desiderio che il
-suocero non la facesse attorniare che da dame e cavalieri per bene.
-«Ella stessa gli ha detto — così gli ambasciatori scrivevano al loro
-signore — che non farebbe arrossire mai Sua Santità pel modo suo
-d'operare; la qual cosa, per quanto possiam giudicare, teniamo per
-certo. Perchè, quanto più conversiamo con lei e quanto più consideriamo
-il viver suo, tanto veniamo in miglior opinione della bontà, onestà
-e discrezione sua, non omettendo che in casa sua non si vive solo
-cristianamente, ma anche religiosamente.»[172]
-
-Anche il cardinal Ferrari si permise scriver lettera al duca, del
-quale era stato un tempo servitore. E in tono tutto pieno di unzione
-esortavalo a trattare amorevolmente la nuora, e levava al cielo le
-singolari virtù e meriti di costei.[173]
-
-Il 5 gennaio fu pagato a' Ferraresi il saldo della dote in contanti, e
-gl'inviati avvisarono il duca, che tutto procedeva con ordine; che la
-nuora portava anche seco tutte le Bolle _piene e in ottima forma_; e
-che la comitiva era per porsi in cammino.[174]
-
-Alessandro aveva prescritto le stazioni del lungo viaggio: Castelnuovo,
-Civitacastellana, Narni, Terni, Spoleto, Foligno. Quivi doveva trovarsi
-il duca Guidobaldo o la moglie per accompagnare madonna Lucrezia a
-Urbino. Di qui poi si doveva muovere attraverso gli Stati di Cesare; e
-per Pesaro, Rimini, Cesena, Forlì, Faenza e Imola andare a Bologna, per
-quindi giungere pel Po a Ferrara.
-
-I luoghi, pe' quali si passava, avrebbero dovuto soggiacere a carichi
-troppo gravosi, ove avessero ospitata la cavalcata tutta quanta. Fu
-per questo qualche volta divisa e avviata per diverse strade. Come si
-procedesse in ciò, lo mostra un Breve del Papa a' Priori di Nepi, che
-il Gran Kahn di Persia non avrebbe potuto concepire in termini più
-laconici:
-
-«Amati figliuoli, salute e benedizione Apostolica. — La nostra diletta
-figlia in Cristo, la nobile signora duchessa Lucrezia de' Borgia,
-partirà di qui, con numeroso seguito di gentiluomini, lunedì prossimo
-per essere accompagnata presso l'amato figliuolo, il nobile Alfonso
-di Ferrara, primogenito del duca. Dugento de' cavalieri prenderanno la
-via della città vostra. Noi vogliamo e vi ordiniamo, per quanto avete
-cara la grazia nostra e non volete incorrere nella nostra disgrazia,
-di accoglierli e trattarli per un giorno e due notti con ogni onoranza.
-Così per la vostra sollecitudine troverete appo noi il meritato plauso.
-Dato in Roma, presso San Pietro, sotto l'anello del pescatore, il 28
-dicembre 1501, l'anno decimo del nostro Pontificato. — Adriano.»[175]
-
-Il modo stesso fu tenuto con molti altri paesi. In ogni città, in cui
-la cavalcata giungeva e soprattutto in quelle ove si fermava, dovevasi
-per ordine del Papa onorar Lucrezia con archi trionfali, luminarie e
-cortei. Soltanto le spese tutte a carico delle Comunità.
-
-Il 6 gennaio Lucrezia prese commiato da Roma, dal figlio Rodrigo e dai
-genitori. Vannozza però non l'avrà forse veduta che a quattr'occhi.
-Niuno di coloro, che riferiscono delle feste in Vaticano, ha mai fatto
-menzione di quella donna, nemmeno di nome.
-
-Nella camera del Pappagallo ella si congedò dal padre, col quale restò
-sola un pezzo, sinchè non sopraggiunse Cesare. Nel separarsi da lei
-Alessandro continuò a dirle ad alta voce, che stésse di buon animo
-e gli scrivesse sempre che alcuna cosa da lui desiderasse, perchè di
-lontano farebbe per lei ancora più di quello che aveva fatto in Roma.
-Andò quindi per vederla in varii posti, sino a che la cavalcata non fu
-scomparsa.[176]
-
-Lucrezia mosse alle tre dopo mezzogiorno. Sino a Porta del Popolo fu
-accompagnata da tutti i cardinali, dagli ambasciatori e da' magistrati
-di Roma. Montava sopra una mula bianca con coperta e finimenti
-d'argento battuto e frange d'oro ch'era un ricco vedere. Era in abito
-di viaggio: una gamurra d'oro tirato coperta di cremisino tagliato, e
-con una striscia di broccato d'oro, foderata d'armellino. Cavalcava in
-mezzo ad un corteggio di più di 1000 persone. Aveva accanto i principi
-di Ferrara e il cardinal di Cosenza. Il fratello Cesare l'accompagnò
-per un tratto; poscia, col cardinale Ippolito, tornò indietro al
-Vaticano.
-
-Così Lucrezia Borgia separavasi per sempre da Roma e da un orribile
-passato.
-
-
-
-
-LIBRO SECONDO.
-
-LUCREZIA BORGIA A FERRARA.
-
-
-I.
-
-La cavalcata, che conduceva donna Lucrezia a Ferrara, avanzava a
-piccole tappe. E anche queste stancavano molto le donne, soprattutto in
-una stagione, in cui sullo stesso territorio romano s'incontra giorni
-rigidi e piovosi.
-
-Non si giunse a Foligno che il settimo giorno. Vogliamo qui
-approfittare della relazione, che da quella città gli ambasciatori di
-Ferrara spedirono al loro signore, perchè rende conto in modo vivo e
-sensibile del viaggio insino a lì e degl'incidenti occorsi.
-
-«Illustrissimo ed eccellentissimo Signor nostro. — Benchè avessimo da
-Narni scritto per la posta, via di Roma, all'Eccellenza Vostra, che
-saremmo andati a giornate continuate da Terni a Spoleto, e da Spoleto
-qui, nondimeno, essendo l'illustrissima duchessa e le donne sue molto
-affaticate, si deliberò riposare un giorno a Foligno. Noi quindi di
-qua non partiremo che domani, nè arriveremo ad Urbino prima di martedì
-prossimo, che sarà il 18 del volgente. Perchè domani andremo a Nocera;
-sabato a Gualdo; domenica a Gubbio; lunedì a Cagli, e martedì a Urbino.
-Ivi ci fermeremo anche un giorno, cioè, tutto il mercoldì. E di lì
-poscia, il 20, si andrà a Pesaro, e così, di città in città, siccome in
-altre lettere è stato scritto all'Eccellenza Vostra.
-
-»Ma siamo certi che la duchessa vorrà riposare molti giorni per
-intero; sicchè, senza dubbio, a noi non sarà dato toccar Ferrara
-prima degli ultimi di questo mese, ovvero vi giungeremo il primo
-giorno del vegnente, e forse il secondo o il terzo. Epperò a me è
-parso conveniente darne notizia di qui a Vostra Eccellenza, affinchè
-sappia ove siamo e ove stimiamo dover essere e possa ordinare quello
-che meglio giudicherà. Poichè laddove le piacesse che si differisca
-l'arrivo in Ferrara al 2 o al 3 febbraio, crediamo che ciò sia per
-succedere facilmente. Che se invece preferisse che il nostro arrivo
-avesse luogo l'ultimo di questo mese o il primo di febbraio, potrà
-avvisarcene; chè, in tal caso, solliciteremo, come abbiamo procurato
-sin qui, l'andar riposato.
-
-»La ragione, che mi muove a credere quanto di sopra, è che
-l'illustrissima madonna Lucrezia è di complessione delicata e non
-avvezza a cavalcare; e le donne sue lo sono ancora meno. E conosciamo
-anche che la non vorrebbe essere all'arrivo in Ferrara tutta sbattuta e
-conquassata dal viaggio.
-
-»In tutti i luoghi, pe' quali Sua Signoria è passata, è stata ben
-veduta e amorevolmente e con grande riverenza accolta. Dalle donne
-anche ha avuto presenti con tale dimostrazione, che tutto pareva esser
-fatto per riguardo a lei stessa. Tanto universalmente è benvoluta
-in questi paesi, ne' quali, per essere già stata nella legazione di
-Spoleto, è anche molto ben conosciuta. Qui in Foligno le è stato fatto
-migliore accoglimento e maggiori testimonianze di letizia che in altri
-luoghi fuori di Roma. Perchè, oltre i Signori, così chiamati per esser
-Presidenti della repubblica, che le vennero incontro sino alla porta
-in mantelli e cappucci di seta rossa, tutti a piedi, e l'accompagnarono
-sino all'alloggiamento; sulla piazza, presso la porta stessa, le venne
-anche innanzi un trofeo, sul quale era una persona, rappresentante
-_Lucrezia romana_ con un pugnale in mano. Recitò alcuni versi, che
-significavano: sopraggiungendo Sua Signoria, dalla quale essa stessa
-era superata in pudicizia, modestia, prudenza e costanza, le dava loco
-e cedeva.
-
-»Sulla piazza poi era un carro trionfale e sul davanti un Cupido e
-sopra Paride col pomo d'oro in mano. Il quale disse alcune rime, il
-cui senso era: egli un tempo aveva per suo giudizio dato il pomo a
-Venere, la quale sola eccedeva di bellezza Giunone e Pallade; ma ora
-revocava la sentenza e donava il pomo a Sua Signoria, come a quella che
-vinceva tutte e tre le Dee, mentre in lei più che in tutte le altre era
-maggiore la bellezza, la sapienza, la ricchezza o la potenza.
-
-»Finalmente sulla piazza trovammo una galea armata di Turchi, la quale
-si fece innanzi a donna Lucrezia, sino al mezzo della piazza stessa.
-Uno de' Turchi dalla prora recitò alcuni versi in rima, di questo
-tenore: il Granturco sapendo quanto Lucrezia fosse potente in Italia e
-quanto buona mediatrice di pace, la mandava a visitare e ad offrirle
-la restituzione di quello ch'ei teneva di terra cristiana. Di avere
-il testo di codesti versi non ci siamo curati, perchè non sono davvero
-di quelli del Petrarca. E poi la rappresentazione stessa a me non pare
-fosse di grande importanza, nè molto al proposito.
-
-»Non vogliamo tralasciare di dire che donna Lucrezia a quattro miglia
-da Foligno fu incontrata da tutti i Baglioni, che sono nello Stato,
-venuti da Perugia e da' loro castelli a farle riverenza ed invitarla di
-andare colà.
-
-»Sua Signoria persiste pure nel desiderio di andare per acqua da
-Bologna a Ferrara, per schivare i disagi del cavalcare e della via di
-terra; di che noi abbiamo già da Narni avvisato l'Eccellenza Vostra.
-
-»Sua Santità, Signor Nostro, prende tanta cura per Sua Signoria, che
-ogni dì e ogni ora vuole intendere dei progressi; e questa deve da
-ogni luogo di propria mano farle sapere della sua salute. Ciò conferma
-quello che già più volte è stato scritto a Vostra Eccellenza, che Sua
-Santità l'ami più che alcun'altra persona del suo sangue.
-
-»Noi non saremo negligenti, se avremo modo di tener avvisata Vostra
-Eccellenza di giorno in giorno del viaggio e delle cose che accadranno.
-
-»Fra Terni e Spoleto, nella Valle della Strettura, uno staffiero
-dell'illustre Don Sigismondo venne a parole rissose con un altro del
-nobile romano Stefano de' Fabii, ch'è nella comitiva della duchessa,
-per causa assai lieve di certi tordi. L'uno e l'altro posero mano
-alle armi. Sopraggiunse a cavallo un certo Pizaguerra, anch'egli
-de' famigliari di Don Sigismondo, e ferì al capo il palafreniero del
-nominato Stefano. Di che questi, di natura impaziente, collerico e
-insolente, tanto si commosse e dolse da mostrare di non voler andare
-più avanti. E quando s'andò nella rôcca di Spoleto, passò a lato agli
-illustri Don Ferrante e Don Sigismondo senza salutarli e senza far loro
-attenzione. Tuttavia, perchè la natura del fatto era stata inopinata
-e casuale e noi tutti ne eravamo molto dolenti; e perchè Pizaguerra
-ed anche lo staffiero di Don Sigismondo eran fuggiti, sicchè non
-v'era da far più nulla; il cardinale di Cosenza, madonna Lucrezia e
-tutti diedero torto a Stefano. Ed egli acquetato e pacificato tirò via
-con gli altri. Ci raccomandiamo alla grazia di Vostra Eccellenza. Da
-Foligno il 13 gennaio 1502. — Giovanni Luca e Gerardo Saraceni.
-
-»PS. Il cardinale di Cosenza, per quanto apprendiamo sin qui, non andrà
-oltre i confini degli Stati del signor duca di Urbino.»[177]
-
-In Foligno convennero i Baglioni di Perugia per salutare Lucrezia e
-darle una scorta d'onore. S'andò, per Nocera e Gualdo, a Gubbio, una
-delle più notevoli città del Ducato di Urbino. A due miglia dalla
-città Lucrezia fu incontrata dalla duchessa Elisabetta, che poi la
-condusse al Palazzo civico. Le due donne non si separarono più, avendo
-Elisabetta mantenuta la promessa di accompagnare Lucrezia a Ferrara.
-
-Il cardinale Borgia da Gubbio ritornò a Roma; e quelle andarono innanzi
-verso Cagli nella comoda lettiga, regalata da Alessandro. Ne' pressi di
-Urbino, il 18 gennaio, la cavalcata fu salutata dal duca Guidobaldo,
-venuto all'incontro con tutta la corte sua. Egli condusse Lucrezia
-nella sua residenza, il superbo palazzo di Federigo, ove furono
-ospitati anche i principi d'Este; mentre egli stesso e la duchessa
-per cortesia n'uscirono. Sì in Urbino come in altri luoghi del suo
-territorio, il gentile Guidobaldo aveva fatto innalzar le armi de'
-Borgia e del re di Francia.
-
-Il matrimonio di Lucrezia aveva sempre ripugnato ai Montefeltri.
-Ma oramai facevano onore all'ospite loro, per riguardo a Ferrara,
-come anche per tema del Papa. Conoscevano Lucrezia sino da Roma, ove
-Guidobaldo, qual condottiero del Papa, aveva tanto infelicemente
-guerreggiato contro gli Orsini; e la conoscevano pure da Pesaro.
-Ora potevano sperare che la sicurezza di Urbino troverebbe valido
-sostegno nell'influenza e nell'amicizia di lei. Ma pochi mesi appena,
-e Guidobaldo e la moglie sua, diabolicamente ingannati e traditi dal
-fratello dell'ospite, tra angosce mortali dovevano essere scacciati dal
-loro paese.
-
-Dopo un giorno di riposo, Lucrezia e la duchessa lasciarono Urbino,
-il 20 gennaio, accompagnate per un tratto da Guidobaldo sulla via per
-Pesaro. Quivi la cavalcata non giunse che la sera in sul tardi. La
-via, che unisce le due città, è oggi una comoda strada carrozzabile
-attraverso amene colline; ma allora non era accessibile che a' cavalli;
-epperò i viaggiatori giunsero a Pesaro proprio affranti e sfiniti.
-
-Lucrezia v'entrò col cuore pieno di sentimenti penosi. Lì difatto
-doveva starle dinanzi la figura del ripudiato marito, Giovanni Sforza,
-che viveva in esilio a Mantova, spirando vendetta, e che poteva
-fors'anche andare a Ferrara per disturbare le feste nuziali. Pesaro era
-ora proprietà del fratello Cesare. Questi aveva dato ordine di ricevere
-splendidamente la sorella in tutte le città del suo territorio ch'ella
-toccasse. Cento fanciulli, vestiti co' colori di lui, giallo e rosso,
-con rami d'olivo in mano, la salutarono innanzi alla porta di Pesaro,
-al grido: «Duca! Duca! Lucrezia! Lucrezia!» I magistrati della città
-l'accompagnarono al palazzo, una volta sua residenza.[178]
-
-Le più nobili donne furono a ricevere la loro antica signora con grandi
-dimostrazioni di gioia. Era tra loro anche Lucrezia Lopez, un tempo sua
-dama di corte e ora moglie di Gianfrancesco Ardizi.[179]
-
-Lucrezia passò a Pesaro un giorno, senza lasciarsi vedere. Permise che
-la sera le dame del suo seguito con quelle di Pesaro ballassero; ma
-al ballo essa non prese parte. Come il Pozzi informava il duca Ercole,
-«essa restò sempre nella sua stanza sì per attendere a lavarsi il capo,
-e sì per essere di natura sua assai solitaria e remota.» Se non che
-il contegno in Pesaro potrebbe forse spiegarsi meglio con i pensieri
-malinconici ond'era assediata.[180]
-
-In tutte le città del duca di Romagna ebbe uguale accoglimento. Per
-ogni dove i magistrati venivano alle porte a presentarle le chiavi
-della città. In nome di Cesare essa era ora accompagnata da Don Ramiro
-d'Orco, luogotenente di colui in Cesena, quella stessa ferocissima
-tigre che Cesare medesimo, appena un anno dopo, fece squartare.
-
-Per Rimini e Cesena si giunse a Forlì il 25 gennaio. La sala del
-palazzo di questa città era decorata di preziosi tappeti e anche le
-soffitte coperte di drappi variopinti. Una tribuna era stata elevata
-per le dame. I magistrati fecero regali in viveri, confetti e candele
-di cera. Non ostante il rigido governo, che i rettori di Cesare, e
-soprattutto Ramiro, tenevano in Romagna, pure bande di masnadieri
-rendevan malsicure le strade. Temendo che l'audace bandito Giambattista
-Carrara non avesse a piombare addosso al corteo, nel passaggio presso
-Cervia, si mandò una scorta di 1000 fantaccini e 150 cavalieri; dando,
-del resto, a credere si trattasse solo di un accompagnamento d'onore
-voluto dalla popolazione.[181]
-
-A Faenza Lucrezia disse, che si fermerebbe ad Imola tutto il venerdì
-per lavarsi il capo; mentre non avrebbe potuto ciò far di nuovo che
-più tardi, finito il carnevale. Questa lavanda del capo, che abbiamo
-già più volte avuto occasione di menzionare come uno degli atti
-proprii all'acconciatura di quel tempo, dev'essere stata connessa con
-speciali procedimenti nel modo di curare i capelli.[182] L'ambasciatore
-ferrarese dava notizia al suo signore di questi disegni di Lucrezia,
-come d'impedimento deplorabile, pel quale l'ingresso di madonna in
-Ferrara doveva esser differito sino al 2 febbraio. E Don Ferrante
-scriveva similmente da Imola, aver quivi Lucrezia desiderato un giorno
-di riposo per mettere in ordine i suoi ornamenti e lavarsi il capo;
-la qual cosa, com'essa diceva, non aveva più fatta da otto giorni e
-cominciava perciò ad avere dolor di testa.[183]
-
-Riposatasi ad Imola, la cavalcata il 28 gennaio si pose in via per
-Bologna. Giunta sul confine del territorio della grande città e de'
-suoi signori, fu ricevuta da tutti i figliuoli del Bentivoglio e della
-moglie Ginevra con uno splendido seguito. E a due miglia dalla porta
-venne Giovanni stesso ad incontrarla.
-
-Il tiranno di Bologna, che la salvezza sua da Cesare doveva solo alla
-protezione di Francia, non risparmiò nulla per fare onore alla sorella
-del nemico suo. Con parecchie centinaia di cavalieri la condusse quasi
-in trionfo per la città, che egli aveva, a così dir, seminata delle
-armi dei Borgia, di Cesare, del Papa, di Lucrezia, e di quelle di
-Francia e degli Este. Sulla porta del suo sontuoso palazzo la superba
-matrona Ginevra era con molte gentildonne a ricevere la sposa. Come
-questa celebre donna, zia di Giovanni Sforza di Pesaro, doveva in cuor
-suo odiare la Borgia! Pure nè Alessandro nè Cesare, ma Giulio II Della
-Rovere doveva, dopo solo quattro anni, scacciar lei e tutta la schiatta
-sua per sempre da Bologna.
-
-Tra pompose feste si passò colà il 30 gennaio. La sera i Bentivoglio
-diedero un ballo e un convito.
-
-Il giorno dopo accompagnarono Lucrezia fuori di città, volendo questa
-proseguire il viaggio per la già prossima Ferrara per acqua sul canale,
-che conduceva allora da Bologna al Po, prima che fosse tagliato dalla
-posteriore deviazione del Reno.
-
-La sera dello stesso giorno 31, Lucrezia giunse al castello Bentivoglio
-a 20 miglia da Ferrara. V'era arrivata appena, che a un tratto
-v'apparve il marito Alfonso. Profonda fu la commozione di lei; pure
-si compose prestamente e lo accolse «con gran segno di devozione e
-con grazia;» al che egli corrispose con molta galanteria.[184] Il
-principe erede di Ferrara aveva insino allora mantenuta verso la
-sposa un'attitudine riservata e mutola. Gli uomini di quel tempo non
-avevan sentore di quella entusiastica felicità della passione, ovvero
-di quel sentimentalismo tutto proprio all'età nostra. Ma anche così,
-è pur sempre strano che non appaia assolutamente segno alcuno di
-corrispondenza epistolare tra Lucrezia ed Alfonso durante il tempo, in
-che il matrimonio fu trattato e quindi concluso, e nel quale, d'altra
-parte, troviamo molte lettere tra Lucrezia e Ercole. Ora in fine, fosse
-per sommissione al padre, per cortesia o per curiosità, questo ruvido
-e taciturno Alfonso usciva dalla sua ritenutezza. Egli era venuto
-travestito. Restò due ore, quindi tornò a Ferrara.
-
-Questo breve incontro valse a sgravare l'animo di Lucrezia d'un peso
-opprimente. E quelle due ore probabilmente bastarono anche, se non
-a disarmare Alfonso del tutto, a fargli almeno sentire il fascino
-della giovane sposa. Non avevano avuto interamente torto i galanti
-cittadini di Foligno nell'attribuire a Lucrezia il pomo di Paride. Di
-quell'incontro un cronista di Ferrara dice: tutto il popolo gioì, e
-ancora più furono contenti la sposa ed i suoi, che Sua Altezza sentisse
-il desiderio di vederla e l'accogliesse tanto volentieri; e questo fu
-segno ch'ella sarebbe ben ricevuta e meglio trattata.[185]
-
-Forse niuno ne fu più lieto del Papa. La figlia gliene diè contezza
-subito, perchè quotidianamente scrivevagli del progredire del viaggio;
-e quotidianamente pure altre persone gli mandavan dispacci. Egli
-era sempre dubitoso del buon accoglimento di Lucrezia per parte
-degli Este: quella nuova lo rassicurò. Partita colei da Roma, fece
-ripetute istanze presso il cardinal Ferrari, perchè esortasse il duca
-a trattare benevolmente la nuora. Osservava al proposito, che molto
-aveva fatto, ma più poteva fare ancora. L'esonerazione dal canone di
-Ferrara, così diceva, se compra con danaro, non avrebbe importato meno
-di 200,000 ducati; e solo per la spedizione delle Bolle gl'impiegati
-della Cancelleria avrebbero potuto pretenderne 5 a 6000. I re di
-Francia e di Spagna, per esentarsi dal tributo di Napoli, che pur non
-consisteva che in una chinea, avevano dovuto dare al duca di Romagna
-una rendita annua di 20,000 ducati. Ferrara invece aveva tutto ottenuto
-gratuitamente.[186]
-
-Il duca rispose alle esortazioni di quel cardinale il 22 gennaio,
-assicurandolo che la nuora avrebbe trovato il più affettuoso
-accoglimento.[187]
-
-
-II.
-
-Il primo febbraio Lucrezia continuò sul canale il viaggio per Ferrara.
-A Malalbergo trovò Isabella Gonzaga, venuta ad incontrarla. La marchesa
-era stata premurosamente invitata dal padre per fare in palazzo gli
-onori della festa. Ma era però a malincuore accondiscesa alla chiamata.
-Nondimeno con furia gioiosa — così scriveva ora al marito, rimasto
-a casa — salutò e abbracciò la cognata, appena giunta. L'accompagnò
-quindi sul navilio sino a Torre della Fossa, ove il canale sbocca in
-uno de' rami del Po. Il Po scorre maestoso a quattro miglia da Ferrara,
-e solo un braccio secondario, il Po di Ferrara, ovvero, come oggi si
-chiama, il Canale di Cento, tocca la città, ove si divide in Volano e
-Primano, i quali vanno poi a scaricarsi nell'Adriatico. Questi non sono
-che meschini canali; e il navigarvi non potè essere in alcun tempo un
-diletto, nè un grandioso spettacolo.
-
-A Torre della Fossa stava ad aspettare il duca con Don Alfonso e con
-la corte. Quando Lucrezia ebbe posto piede a terra, egli la baciò;
-dopo che questa ebbe a lui stesso con grande riverenza baciato la
-mano. Salirono quindi tutti sopra un Bucintoro sontuosamente ornato.
-Gli ambasciatori stranieri e molti cavalieri furon presentati alla
-sposa, della quale toccarono la mano. Tra suoni e trombe e sparo di
-cannoni si giunse a Borgo San Luca, ove si scese. Lucrezia entrò nel
-palazzo di Alberto d'Este, fratello naturale di Ercole. Fu ricevuta da
-Lucrezia Bentivoglio, figlia naturale di Ercole e da molte gentildonne.
-Il siniscalco del duca le presentò madonna Teodora e dodici signorine,
-destinate per sue dame di compagnia in Ferrara. Cinque belle carrozze,
-ognuna con quattro cavalli, le furono offerte come regalo del suocero.
-Quella casa di campagna è andata in rovina. Il sobborgo di San Luca
-esiste; ma tutto v'è così mutato, che dei tempi, de' quali parliamo,
-non rimane vestigio.[188]
-
-La residenza degli Este rigurgitava già di migliaia di nuovi venuti
-dietro invito del duca o per curiosità. I grandi vassalli dello Stato
-erano tutti presenti. Ma di principi regnanti nessuno. I signori di
-Urbino e di Mantova si fecero rappresentare dalle mogli. Annibale era
-rappresentante della casa de' Bentivoglio. Roma, Venezia, Firenze,
-Lucca, Siena e il re di Francia avevan mandati ambasciatori, che furono
-ospitati ne' palazzi della nobiltà. Cesare stesso se n'era rimasto a
-Roma, e si fece rappresentare da' cavalieri suoi. Doveva invece, per
-desiderio di Alessandro, la moglie, Carlotta d'Albret, venir di Francia
-a Ferrara per le feste, e soggiornarvi un mese. Ma nemmeno essa si
-lasciò vedere.
-
-Ercole, aveva provvisto con profusione regale agli apparecchi per le
-feste. Da settimane i magazzini della corte e della città riboccavano
-di provvigioni. Ciò che la Rinascenza aveva prodotto di bello anche
-in Ferrara, presso una corte piena di gusto e di spirito, fra una
-cittadinanza agiata, nel cui seno studii, arti, industrie erano in
-fiore, fece di sè copiosa mostra in quella occasione.
-
-L'ingresso quindi di Lucrezia il 2 febbraio fu uno de' più splendidi
-spettacoli di quel tempo. E per Lucrezia stessa fu l'ora più festosa
-della vita, come quella, nella quale giungeva a quanto di più alto e di
-migliore la natura sua potesse aspirare.
-
-Due ore dopo mezzogiorno il duca con tutti gli ambasciatori e la corte
-andò al palazzo d'Alberto a prendere la sposa.[189] La cavalcata si
-dispose per entrare, traversando il ponte sul Po, per porta di Castel
-Tedaldo, fortezza ch'oggi più non esiste.
-
-Aprivano il corteggio 75 arcieri a cavallo, in divisa di casa d'Este,
-bianco e rosso; e dietro, 80 trombetti e molti pifferi. Seguivano
-i nobili di Ferrara senza ordine; poi le corti della marchesa di
-Mantova, rimasta in palazzo, e della duchessa di Urbino. Veniva quindi
-Don Alfonso a cavallo con a lato il cognato Annibale Bentivoglio,
-circondato da otto paggi. Era vestito in velluto rosso alla francese,
-berretto di velluto nero al capo, ornato di oro battuto. Portava scarpe
-alla francese di velluto nero, e sopra uose di damasco incarnato. Il
-cavallo baio era ornato di cremisino e oro.
-
-È singolare che Don Alfonso non entrasse in Ferrara accanto alla sposa:
-ma l'etichetta del tempo aveva modi di vedere diversi da' nostri. Lo
-sposo alle prime file, la sposa al centro, e il suocero in coda: voleva
-significare che Lucrezia era il personaggio principale della festa.
-Dietro ad Alfonso seguiva appunto la cavalcata della sposa: prima paggi
-e ufficiali di corte, poi molti cavalieri spagnuoli; cinque vescovi;
-quindi gli ambasciatori in ordine ascendente, ultimi i quattro deputati
-di Roma, sopra bei cavalli, in lunghi mantelli di broccato e neri
-berretti di velluto in testa. Dopo, sei suonatori di tamburi e due
-buffoni favoriti di Lucrezia.
-
-Ed eccola lei, la sposa, sfavillante di bellezza e di felicità, sopra
-bianco destriero coperto di scarlatto; e intorno intorno scudieri.
-Lucrezia portava gamurra a maniche aperte, di velluto nero, listata
-finamente d'oro e sbernia di broccato d'oro foderata di ermellino.
-In testa una rete quasi a forma di velo, scintillante di diamanti e
-d'oro, senza diadema: regalo del suocero. Al collo un filo di grosse
-perle e rubini, che una volta era stato della duchessa di Ferrara, come
-Isabella Gonzaga notava sospirando. La bella chioma fluttuava disciolta
-giù per le spalle. Cavalcava sotto un baldacchino di porpora, che
-portavano, alternandosi, i dottori di Ferrara, cioè dire, i membri del
-collegio di Diritto, Medicina e Matematica.
-
-Per far onore al re di Francia, protettore di Ferrara e de' Borgia,
-Lucrezia aveva chiamato appresso di sè l'ambasciatore francese Filippo
-Della Rocca Berti, e fattolo rimanere alla sua sinistra. Sicchè questi
-le cavalcava a fianco, ma non sotto il baldacchino. Tale distinzione
-stava a dimostrare come quel potente monarca fosse veramente colui che
-conduceva questa sposa nel palazzo degli Este.
-
-Dietro di Lucrezia veniva il duca in velluto nero, sopra cavallo
-morello, coperto del velluto stesso. E alla sua sinistra la duchessa di
-Urbino, anch'essa in abito di velluto nero.[190]
-
-Seguivan poi nobili e paggi; quindi gli altri principi di casa d'Este:
-ciascuno a fianco di una delle dame di Lucrezia. Mancava solo il
-cardinale Ippolito, rimasto a Roma.[191] Delle donne, che avevano
-accompagnato Lucrezia, tre soltanto erano a cavallo, Jeronima Borgia,
-la moglie di Fabio Orsini, un'altra Orsini, che non è indicata con
-maggior distinzione di questo, e madonna Adriana, «vedova e nobile
-donna e parente del Papa.»[192]
-
-Appresso, quattro carrozze di gala con dame d'onore di Ferrara
-bellamente ornate, delle quali dodici damigelle deputate alla corte
-della giovane duchessa. Venivan poscia condotti a mano due muli
-bianchi e due cavalli bianchi del pari, coperti di velluto e seta e con
-preziosi ornamenti d'oro. E dietro un treno di 86 muli carichi della
-guardaroba e de' tesori della sposa. Passando questo lungo seguito in
-mezzo alla folla accorsa, i buoni Ferraresi dovettero dirsi, che Don
-Alfonso s'era scelto una ricca sposa. Solo però pochi seppero pensare
-che tutte quelle balle e quei forzieri e bauli, trascinati a mostra con
-tanto fastosa iattanza, altro non erano che una prodigalità esercitata
-a spese de' paesi della Cristianità.
-
-Alla porta di Castel Tedaldo il cavallo di Lucrezia per un colpo di
-cannone s'impennò, cacciando di sella quella ch'era pure la figura
-principale dello spettacolo. La sposa fu presto in piedi; il duca la
-fece montare sopra una mula bianca, e il corteggio tirò via. Vi furono
-le salutazioni d'uso da archi di trionfo e da tribune, declamazioni e
-scene mitologiche, delle quali la più notevole fu un seguito di ninfe,
-che circondavano la loro regina, assisa sur un bove rosso; mentre
-alcuni satiri saltavano intorno. Il Sannazzaro avrebbe potuto pensare
-che il motivo di siffatta apoteosi dell'arme de' Borgia stésse nel suo
-epigramma, col quale aveva deriso la Giulia Farnese, figurandola quale
-Europa sul toro.
-
-Giunto il corteggio sulla Piazza del Duomo, scesero da due torri due
-acrobati a rivolger complimenti alla sposa. In quell'epoca al festevole
-si disposava sempre il grottesco.
-
-Era già sera, quando la cavalcata arrivò sulla Piazza del Duomo,
-alla residenza del duca. A questo punto fu concessa libertà a tutti i
-carcerati. I trombetti e pifferi si raccolsero tutti insieme e fecero
-risuonare alto i loro istrumenti.
-
-È difficile determinare con esattezza ove fosse allora la residenza, in
-cui si fermò Lucrezia. Gli Este avevano edificato nella città parecchi
-palazzi che abitavano con vece alterna: Schifanoja, Diamanti, Paradiso,
-Belvedere, Belfiore e Castel Vecchio. Un cronista della città, tra
-le abitazioni «che i signori di casa d'Este possedevano,» indicava
-nell'anno 1494 pel duca il Palazzo del Cortile e poi Castel Vecchio;
-per Alfonso, Castel Vecchio; pel cardinale Ippolito, il Palazzo della
-Certosa.[193] Nell'anno 1502 Ercole adunque dimorava in uno de' due
-palazzi nominati, i quali, del resto, erano congiunti; mentre da Castel
-Vecchio a Piazza del Duomo era tutta una serie di edifizii, che si
-terminava col Palazzo della Ragione. Questa specie di congiunzione
-sussiste ancora, abbenchè tutti gli edifizii siano mutati.
-
-La residenza del duca in quel tempo era rimpetto al Duomo: aveva
-un'ampia corte con scala di marmo, e di qui il nome di Palazzo del
-Cortile. Questa è probabilmente la corte stessa chiamata oggi Cortil
-Ducale. Vi si entrava dalla Piazza del Duomo pel portone, ai lati del
-quale stanno le due colonne, che un tempo sostenevano le statue di
-Niccolò III e di Borso. I narratori dell'ingresso di Lucrezia dicono
-espressamente, ch'essa scese di cavallo _alle scale del Cortile di
-marmo_.
-
-Fu quivi ricevuta dalla marchesa Gonzaga con molte dame di alto
-lignaggio. La giovane moglie di Alfonso, se la commozione del momento
-glien'avesse lasciato campo, avrebbe potuto osservare sorridendo,
-come la nobile casa d'Este le avesse schierata davanti per darle
-il benvenuto tutta un'accolta, brillante veramente, di bastarde. Su
-quella scala venne difatti salutata da Lucrezia, figliuola naturale di
-Ercole e moglie di Annibale Bentivoglio, e da tre figliuole naturali
-di Sigismondo d'Este, Lucrezia contessa di Carrara, Diana contessa
-Uguzoni, e Bianca Sanseverino.[194]
-
-S'era fatto notte: fiaccole e doppieri illuminavano il palazzo. Fra
-lo strepito di pifferi e trombette la giovane coppia fu condotta
-nella Sala di ricevimento, ove sedette in trono. Ebbero luogo le
-presentazioni d'uso delle persone di corte, e probabilmente un oratore
-rivolse allora a madonna un discorso d'occasione, pel quale il duca
-aveva fatto raccogliere notizie sulla casa Borgia. C'è ignoto il
-nome del fortunato oratore; ma conosciamo invece alcuni poeti, che
-presentarono alla bella principessa i loro epitalamii. Niccolò Mario
-Paniciato tutto pieno d'entusiasmo compose una serie di poesie ed
-epigrammi latini in onore di Lucrezia, di Alfonso e di Ercole, che
-raccolse sotto il titolo Borgias. Vi sono, fra l'altre, ferventissime
-felicitazioni per lo sposalizio della giovane coppia; e la bellezza di
-Lucrezia vi è magnificata più di quella di Elena, perchè accoppiata con
-pudore incomparabile.[195]
-
-Questo poeta, a quanto pare, non fece imprimere i suoi versi, sicchè
-n'è rimasto solo il manoscritto nella Biblioteca di Ferrara. Invece
-la vigilia dell'ingresso lo stampatore Lorenzo tirò un epitalamio
-composto da un giovane latinista. Era Celio Calcagnini, divenuto più
-tardi celebre anche come matematico, favorito del cardinale Ippolito e
-amico pure del grande Erasmo. Semplicissima è la favola della poesia.
-Venere abbandona Roma e accompagna Lucrezia; Mnemosine ingiunge alle
-figliuole, le Muse, di magnificare la nobile principessa, il che esse
-fanno, del resto, con grande esuberanza. Non son dimenticati i principi
-della casa. Euterpe canta la lode di Ercole, Tersicore encomia Alfonso,
-e Calliope porta a cielo il trionfo di Cesare in Romagna.[196]
-
-Fra i poeti di Ferrara, che recarono omaggi, apparve anche in
-quest'occasione un altro, che sin d'allora dava già molto a sperare del
-genio suo, Lodovico Ariosto, allora di 27 anni, già conosciuto alla
-corte di Ferrara e ne' circoli de' dotti italiani come latinista e
-commediografo. Anch'egli scrisse e presentò a Lucrezia un epitalamio.
-È semplice e grazioso, senza pedanteria mitologica, ma non notevole
-per invenzione. Il Poeta celebra la fortuna della città di Ferrara,
-che omai tutti gli stranieri invidieranno pel possesso di un gioiello
-incomparabile; mentre Roma, per la perdita di Lucrezia, è fatta povera
-e caduta ancora una volta in rovina.[197] Egli esalta la giovane
-principessa come _pulcherrima virgo_, e sin d'ora allude a Lucrezia
-antica.
-
-Finite le cerimonie del ricevimento, il duca condusse la nuora
-nell'appartamento per lei preparato. Ella poteva starsi più che
-contenta dell'accoglimento trovato in casa d'Este. Anche l'impressione
-dalla sua persona prodotta fu la più favorevole. Il cronista Bernardino
-Zambotto scriveva in proposito: «La sposa è di età di 24 anni (e in ciò
-s'ingannava), bellissima di faccia, occhi vaghi e allegri, dritta di
-persona e di statura, accorta, prudentissima, sapientissima e allegra,
-piacevole ed umanissima. Tanto piacque a questo popolo, che tutti ne
-hanno preso consolazione grandissima, sperando aiuto e buon governo
-da Sua Signoria; e ne pigliano gran contento, sperando questa città
-doverne conseguire molti benefizii, massime per l'autorità del Papa, il
-quale ama sommamente sua figlia, come lo ha dimostrato con la dote data
-e con le castella concesse a Don Alfonso.»[198]
-
-La grazia di Lucrezia dev'essere stata allora proprio affascinante.
-Lo mostra il medaglione che abbiam di lei; e, del resto, i testimoni
-oculari lo dicono tutti. Il Cagnolo di Parma scriveva: «È di mediocre
-statura; gracile d'aspetto; di faccia alquanto lunga; il naso ha
-profilato e bello; aurei i capelli, gli occhi bianchi, la bocca
-alquanto grande; candidissimi i denti; la gola schietta e bianca,
-ornata con decente valore. In tutto l'esser suo continuamente allegra e
-ridente.»[199]
-
-_Bianco_ chiama il Cagnolo il colore degli occhi di Lucrezia. Vuol
-dire che lo smalto bianco nell'occhio deve aver fatto in lui maggiore
-impressione del colore dell'iride; e questo avrebbe, senza dubbio,
-chiamato nero o cilestre, se fosse stato decisamente l'uno o l'altro.
-Il fiorentino Firenzuola nel suo Trattato _Della perfetta bellezza
-di una donna_ vuole biondo il capello, gli occhi bianchi con pupilla
-non interamente nera, abbenchè sia amata da Greci e Italiani. Il
-miglior colore degli occhi è, com'egli dice, _tanè_.[200] A Lucrezia,
-tutta spirante grazia, col viso giocondo e con l'aurea chioma, doveva
-adattarsi un occhio di colore indeterminato, che a noi piace immaginar
-di un grigio chiaro anzichè bruno. Appunto questa indeterminatezza
-dell'iride spiega come anche i poeti di Ferrara, che cantarono allora
-il magico potere dell'occhio della bella duchessa, tacessero del
-colore.
-
-Non già la forma eletta nè la bellezza classica, ma una grazia
-indescrivibile, cui s'aggiungeva alcunchè di misterioso e di strano,
-era la forza, mercè la quale quella donna singolare affascinava
-tutti gli uomini. Venustà e mansuetudine nell'aspetto, giovialità ed
-amorevolezza nel parlare sono qualità che in lei celebrarono tutti i
-contemporanei.[201] Raffigurando questo aspetto animato di tinte così
-graziose e tutto pieno di spirito, con quei grandi occhi penetranti,
-con quelle ciocche di aurei fluttuanti capelli, si ha dinanzi una
-bellezza romantica, quale forse lo Shakespeare deve aver pensato
-l'_Imogene_.
-
-
-III.
-
-Le feste nuziali in Ferrara si protrassero per sei giorni, durante il
-carnevale. Quanto a contenuto spirituale, le feste officiali all'epoca
-della Rinascenza non erano gran fatto più significative di quelle
-analoghe proprie a' tempi nostri. Pure, il sontuoso costume, un certo
-senso ideale della bellezza e l'etichetta più raffinata davano ad ogni
-modo alle feste di quel tempo, in cui veniva alla luce il _Cortegiano_
-del Castiglione, un carattere più elevato.
-
-Rispetto a certe rappresentazioni, il secolo XVI rimaneva indietro al
-nostro: teatro, fuochi d'artificio, concerti musicali. Le illuminazioni
-non erano ignote; e si facevano danze a cavallo a luce di fiaccole, e
-si tiravan pure razzi. Ma una festa notturna in un giardino illuminato,
-quale ai giorni nostri fu data dall'Imperatore d'Austria allo Schah
-di Persia nel Castello di Schönbrunn, sarebbe stata impossibile in
-quel tempo. Vale lo stesso per le produzioni musicali, soprattutto pe'
-concerti a grande orchestra, affatto sconosciuti allora. Certamente
-quella società avrebbe avuto in orrore la musica chiassosa de' tempi
-nostri; e lo strepito dei tamburi, che lacera gli orecchi, sarebbe
-sembrato all'italiano della Rinascenza così barbaro, come le parate
-militari, che tuttora oggi sono lo spettacolo prediletto nelle grandi
-Corti di Europa per fare onore o intimidire ospiti augusti. Similmente
-nelle Corti italiane d'allora i tornei erano rari: alcuna volta avevano
-luogo duelli, ne' quali l'abilità del combattente aveva campo di farsi
-ammirare.
-
-Il duca, dopo lungo e maturo esame, aveva fissato il programma delle
-feste con i suoi mastri di cerimonie. In sostanza dovevano comprendere,
-come più o meno in congiunture simili a' giorni nostri, tre distrazioni
-principali: banchetti, balli e rappresentazioni teatrali. E proprio
-dall'ultima parte del programma Ercole s'imprometteva l'effetto più
-grandioso e fama veramente onorevole presso tutto il mondo colto ed
-elegante.
-
-Era egli uno de' più passionati fondatori del teatro nella Rinascenza.
-Già parecchi anni innanzi aveva fatto da poeti presso la corte
-sua tradurre in terza rima e rappresentare commedie di Plauto e
-Terenzio. Avevano a tal uopo lavorato per lui il Guarino, il Berardo,
-il Collenuccio, il Bojardo stesso. Sin dal 1486 i _Menemmi_, la
-commedia prediletta di Plauto, erano stati rappresentati a Ferrara,
-vólti in italiano. Nel febbraio 1491, quando Ercole solennizzò le
-splendide feste per lo sposalizio di suo figlio Alfonso con Anna
-Sforza, furono rappresentati di nuovo; e il giorno dopo fu data una
-commedia di Terenzio e l'_Anfitrione_, accomodato per la scena dal
-Collenuccio.[202]
-
-Vero è che mancava ancora in Ferrara un teatro stabile; ma ve n'era
-uno provvisorio, che bastava alla rappresentazione delle commedie,
-la quale, per altro, tranne congiunture eccezionali, non aveva luogo
-che nel carnevale soltanto. Ercole aveva a quest'oggetto disposta una
-sala nel Palazzo del Podestà, grande edifizio di architettura gotica,
-dirimpetto ad uno de' lati del Duomo, ed oggi tuttora esistente,
-chiamato Palazzo della Ragione. La sala era, mercè un andito, in
-comunicazione con la residenza stessa.
-
-L'elevata scena, detta allora _Tribunale_, aveva un 40 braccia in
-lunghezza e 50 in larghezza. V'erano case di legno dipinto e tutto
-l'occorrente ad uno scenario, rocce, alberi, e simili. Di contro agli
-spettatori la scena era chiusa da una parete di legno ornata di merli a
-guisa di muro. Nel mezzo del proscenio era l'orchestra, e ivi sedevano
-pure tutti gl'illustrissimi principi e ambasciatori. La grandissima
-sala, che serviva per gli spettatori, conteneva tredici file di sedie,
-fornite di cuscini, divise in modo che le donne rimanevan nel mezzo e
-gli uomini dai due lati. Tutta la sala era capace di un 3000 persone.
-
-Ercole stesso, standosene forse ai suggerimenti dello Strozzi,
-dell'Ariosto, del Calcagnini e di altri umanisti di Ferrara, avrà
-disposto il teatro. Quelli e altri accademici vi rappresentavano forse
-alcune parti; ma il duca avrà chiamato attori anche da altri paesi,
-da Mantova, Siena e Roma. Difatto, tra uomini e donne, non eran meno
-di 110 personaggi. Egli fece pure allestire una nuova guardaroba.
-L'espettazione per simile produzione in così solenne occasione doveva
-esser grandissima.
-
-Le feste cominciarono il 3 febbraio, e presto fu notato che la bellezza
-delle tre donne eminenti, Lucrezia, Isabella e la duchessa d'Urbino,
-dava alle stesse luce e decoro. Eran esse nel numero delle più belle
-dame del tempo loro; e gl'intendenti potevan forse dubitare quale,
-d'Isabella o Lucrezia, fosse più degna del pomo di Paride. La nobile
-marchesa di Mantova era, certamente, di sei anni più anziana della
-cognata; pure era una perfetta figura di donna. Con femminile gelosia
-ella osservava la persona di Lucrezia. Nelle lettere, che giornalmente
-scriveva al marito in Mantova, descriveva con ogni minutezza i vestiti
-della rivale; ma non una parola delle attrattive di lei. «Della figura
-di madonna Lucrezia — scriveva così sin dal primo febbraio — mi taccio,
-poichè so che Vostra Eccellenza la conosce di vista.» In altra lettera
-del 3 febbraio dava, tutta piena di sè, ad intendere al marito, che,
-quanto alla persona e al seguito suo, sperava poter sostenere il
-paragone con le altre, e forse anche ottenere la palma. Con un giudizio
-identico una sua dama di compagnia, la marchesana di Cotrone, cercava
-confortare il marito di lei, il marchese di Mantova, scrivendogli:
-«La sposa non ha nulla di singolare, quanto a bellezza; ma ha _dolce
-ciera_. E malgrado delle sue molte dame, e dell'illustrissima madonna
-di Urbino, ch'è bella assai, e mostra in verità di essere degna
-sorella di Vostra Eccellenza, nondimeno, alla mia illustrissima signora
-Isabella, nel parere de' nostri e di quanti son qui venuti con questa
-duchessa di Ferrara, spetta il vanto di essere la più bella. E ciò è
-fuori di dubbio; mentre accanto alla Signoria Sua tutte le altre erano
-un nulla. Epperò a tal riguardo noi porteremo il palio nella casa della
-mia padrona.»[203]
-
-La prima sera delle feste fu dato un ballo nella sala grande della
-residenza. Il concorso fu tanto, che lo spazio non bastò. Lucrezia,
-sotto un baldacchino d'oro sontuosissimo, sedeva sur una tribuna, ove
-presero posto anche le principesse di Mantova e di Urbino e altre donne
-illustri, e da ultimo gli ambasciatori. Era quindi concesso, nonostante
-la folla, ammirare la raggiante bellezza di quelle donne, e gli abiti
-ricchi e le gioie preziose. Un ballo nella Rinascenza non aveva le
-forme rigide della moda odierna: era un diletto più naturale ed insieme
-più semplice: spesso ballavan donne con donne, e si ballava anche soli.
-Quanto a' modi di ballare, predominavano già i Francesi; mentre in
-quel tempo la Francia cominciava già a dettare le sue mode agli altri
-popoli. Nondimeno v'erano pure danze spagnuole e italiane. Lucrezia era
-una danzatrice seducente; e volentieri faceva mostra dell'arte e della
-grazia sua. Essa scese dalla tribuna e ballò più volte balli spagnuoli
-e romaneschi al suon di tamburini.[204]
-
-Dopo il ballo ebbe luogo la rappresentazione drammatica con tanta
-impazienza attesa. Il duca fece prima venire innanzi tutti gli
-attori in maschera e vestiario da scena per passarli a rassegna. Il
-drammaturgo o direttore della compagnia si presentò sotto la figura
-di Plauto; ed espose brevemente il programma teatrale, cioè dire,
-l'argomento di tutte le opere da darsi nelle cinque sere. La scelta
-di commedie di autori drammatici viventi non offrì al duca nel 1502
-difficoltà di sorta, essendovene poche davvero. La _Calandra_ del
-Dovizi, che pochi anni dopo ebbe tanto successo, non era scritta
-ancora. È vero che l'Ariosto aveva già composto la _Cassaria_ e i
-_Suppositi_. Pure il nome suo non era allora grande tanto, che gli
-toccasse l'onore di vederli rappresentati in quella ricorrenza.[205]
-Di più il duca voleva una produzione assolutamente classica: il
-mondo doveva parlarne; ed in effetto l'esecuzione teatrale fu
-quale sin allora non era stata vista mai in Italia. Noi ne abbiamo
-particolareggiate descrizioni, le quali non sono state per anco messe a
-profitto per la storia del teatro. In modo più preciso delle posteriori
-relazioni intorno al Teatro Vaticano, sotto Leone X, esse mostrano
-la natura delle rappresentazioni drammatiche nella Rinascenza, e sono
-pertanto una classica dipintura del tempo.
-
-Chi sappia immaginare, stando alle relazioni del Cagnolo, dello
-Zambotto e d'Isabella, tutto quello splendido pubblico di ospiti
-nuziali, seduto ne' più ricchi abiti su quelle file di panche, vede
-innanzi a sè uno de' più belli e più solenni convegni della Rinascenza.
-Tutto quello spettacolo così svariato di forme, tanto ricco di colori,
-accoppiati con quella scena anticheggiante e con quel che vi era
-rappresentato, le commedie plautine, e, incastrate negl'intermezzi,
-le pantomime e le moresche, di carattere queste mitologico, puramente
-fantastico e burlesco sino all'oscenità; è cosa tanto romantica,
-che ci fa credere trasportati nel _Sogno d'una notte d'estate_ dello
-Shakespeare. E il duca Ercole di Ferrara scambiamo con Teseo, il duca
-d'Atene, innanzi al quale e alle coppie di sposi felici vengono date
-commedie e balli.
-
-Secondo il programma, dal 3 agli 8 febbraio, eccetto una sera,
-dovevansi l'una dopo l'altra recitare cinque commedie di Plauto.
-Negl'intermezzi dovevano aver luogo azioni musicali e moresche. La
-moresca era ciò che oggi chiamiamo il ballo, la pantomima intrecciata
-con la danza. L'origine sua risale all'antichità; e l'uso di essa
-si lascia già scoprire nel più oscuro Medio Evo. Primitivamente era
-una danza pirrica in vestiario scenico; e, come tale, si mantenne
-sino a' tempi nostri. Ricordo averla vista ancora nel 1852 ballare
-pubblicamente nel Porto di Genova. Tolse il nome, a mio credere, da
-questo, che in tutti i paesi latini, che ebbero a subire l'invasione
-de' Saraceni, la danza pirrica voleva quasi rappresentare una pugna
-tra Cristiani e Mori, e, per ragione di contrapposto, usava far
-apparire questi ultimi sotto la figura di neri. Poi il concetto di
-moresca fu esteso ed applicato a significare il ballo in generale.
-Con accompagnamento di flauti e violini s'eseguivano, ballando,
-scene d'ogni specie tratte da' miti antichi, dalla vita cavalleresca
-come dalla comune. Vi erano pure danze di persone mostruosamente
-fantastiche, di rozzi idioti e villanzoni e contadini, di selvaggi e
-satiri, ne' quali fioccavan bastonate a tutt'andare, nel più barbaro
-modo che mai. Sembra che questo ballo romantico abbia proprio in
-Ferrara servito di spinta allo svolgimento di una particolare coltura.
-Quella città fu difatti la culla dell'epopea romantica, di Mambriano e
-di Orlando. Non accade dire che, lo stesso come a' dì nostri, il ballo
-aveva pel pubblico la massima attrattiva. Ad una commedia plautina
-invece, che su uomini, che sentono alla moderna, non può avere altro
-effetto che di un giuoco di burattini, quel pubblico, se era di buona
-fede, doveva provare noia veramente profonda. E le rappresentazioni
-duravano 4 a 5 ore, dalle 6 o 7 di sera alla mezzanotte.
-
-La prima sera, poichè il duca ebbe condotto gli ospiti nella sala del
-teatro, e questi ebbero preso posto, venne prima fuori Plauto avanti
-alla principesca coppia, e recitò un complimento. Quindi cominciò la
-rappresentazione dell'_Epidico_. Terminato il primo atto, e così anche
-dopo gli altri, seguì il ballo. Con l'_Epidico_ s'innestarono _cinque
-bellissime moresche_. Comparvero prima dieci gladiatori; al suon di
-tamburini fecero una danza pirrica, con celere movimento e con varie
-armi. Alla seconda presero parte dodici persone in altro vestiario. La
-terza rappresentava un carro, tirato da un unicorno e guidato da una
-giovinetta. V'eran sopra alcuni uomini legati a un tronco e, seduti fra
-cespugli, quattro suonatori di liuto. La donzella sciolse i primi, che,
-scesi, fecero la moresca; mentre gli altri cantavan bellissime canzoni.
-Almeno così assicura il Gagnolo; ma la marchesa di Mantova, di gusto
-così raffinato, stimò invece la musica tanto tetra da non meritar quasi
-menzione alcuna. Nelle sue notevoli lettere Isabella si mostra critica
-acuta non solo degli spettacoli teatrali, ma di tutte le feste date in
-occasione delle nozze. La quarta moresca fu ballata da dieci Mori, con
-candelotti accesi in bocca. La quinta di nuovo da dieci uomini vestiti
-in modo fantastico, con piume al capo e aste in mano, in cima delle
-quali ardeva un gran fuoco. Finito l'_Epidico_ e le moresche, furono
-anche regalati esercizii ginnastici.
-
-Il 4 febbraio, venerdì, Lucrezia non si lasciò vedere prima del
-mezzogiorno. Il duca frattanto condusse gli ospiti in giro per la
-città. S'andò a far visita ad una santa donna, suora Lucia di Viterbo,
-che Ercole, rigoroso credente, si era tirata a Ferrara come una rarità
-preziosa. La monaca ogni venerdì rinnovava la Passione; mentre nel
-corpo suo apparivano le Stimate ne' cinque luoghi, com'ebbe Cristo. E
-difatti ella donò all'ambasciatore francese alcune pezzuole, che aveva
-tenuto sopra le Stimate; e monsignor Rocca Berti le tolse con grande
-devozione. Di lì s'andò a vedere il vecchio castello, ove il duca fece
-mostra dell'artiglieria ferrarese, materia prediletta degli studii
-suoi. S'andò poscia ad aspettare madonna Lucrezia, la quale apparve
-più tardi nella grande sala, accompagnata da tutti gli ambasciatori. Si
-ballò sino alle 6 di sera; e quindi ebbe luogo la rappresentazione, le
-_Baccadi_, che durò cinque ore. Isabella la trovò smisuratamente lunga
-e noiosa. Vi furono anche balli come nell'_Epidico_. Persone vestite
-di panno color di carne tenevano in mano, danzando, torce che ardevano
-spandendo odorosi effluvii. Altre figure fantastiche eseguirono una
-lotta danzante con un drago.
-
-Il giorno appresso Lucrezia fu invisibile. Era occupata a lavarsi il
-capo e a scrivere lettere. Gli ospiti nuziali si contentarono d'andare
-a zonzo per Ferrara. Non vi fu alcuna festa officiale. L'ambasciatore
-Francese mandò regali a' principi della casa in nome del re di Francia:
-al duca uno scudo d'oro smaltato con un San Francesco, lavoro parigino
-di molto pregio; al principe erede, Alfonso, uno scudo simile con
-l'immagine di Maria Maddalena, e a proposito di ciò l'ambasciatore
-faceva notare, che Sua Altezza aveva scelto una sposa pari in virtù
-e grazia alla Maddalena: _quae multum meruit, quia multum credidit_.
-Forse fu questo presente per Alfonso, allusivo alla Maddalena, una
-pensata ironia da parte del re di Francia. Alfonso ricevette pure una
-istruzione intorno al modo di fondere i cannoni. Anche Don Ferrante
-ebbe similmente in dono uno scudo d'oro. Lucrezia ebbe una corona di
-globi d'oro sottilmente lavorati, e pieni di muschio. Ad Angela, la sua
-seducente dama di compagnia, toccò una collana d'oro di gran costo.
-
-Il rappresentante di Francia fu trattato con ogni possibile carezza.
-Il sabato stesso l'invitò a cena la marchesa di Mantova; e a tavola lo
-fece sedere in mezzo a lei e alla duchessa d'Urbino. «S'intrattennero —
-così racconta il Gagnolo — _in molte parole amorose e atti soavissimi
-e accostumati_. Dopo cena, per compiacere al signor ambasciatore,
-la marchesa _col liuto in mano cantò diverse canzoni con melodia e
-soavità grandissima_. Lo menò poscia secolei in camera, ove quasi per
-un'ora, in presenza di due donzelle di compagnia, stettero _in diversi
-colloquii secreti_. Ella si cavò quindi i guanti e glieli porse in
-regalo _amorosamente e con accomodate parole_; e il signor ambasciatore
-gli accettò con riverenza ed amore, come quelli che derivavano da
-quella vaghissima fonte. In verità, egli ha riservati i guanti in
-santuario _usque in consumationem saeculi_.» Noi vogliamo credere al
-Gagnolo, e ammettere anche che pel fortunato ambasciatore di Francia
-codesta reliquia di una bella e florida dama fosse preziosa altrettanto
-quanto i cenci statigli regalati dalla povera suora Lucia.
-
-La domenica, 6 febbraio, in Duomo vi fu ufficio solenne. Un cameriere
-papale consegnò a Don Alfonso la berretta e la spada consacrata,
-mandategli da Alessandro VI. L'arcivescovo, innanzi all'altare, l'una
-gli pose in testa e gli dètte l'altra in mano. Dopo mezzogiorno i
-principi d'Este e le principesse presero madonna Lucrezia dal suo
-appartamento, e la condussero nella sala del festino. Si danzò per
-due ore. Con una damigella di compagnia Lucrezia fece alcuni balli
-francesi. La sera fu dato il _Miles gloriosus_. Una delle moresche
-in quella rappresentazione dovett'essere davvero una danza mostruosa:
-dieci pastori cozzavan fra loro, armata la testa di corna di becco.
-
-Il 7 febbraio sulla Piazza del Duomo vi fu torneo a cavallo fra un
-Bolognese e un Imolese, e si terminò senza sangue. La sera fu data
-l'_Asinaria_, con una moresca veramente bizzarra. Apparvero quattordici
-satiri, fra' quali uno con in mano una testa d'asino inargentata,
-e dentro un oriuolo a suono. I satiri danzarono su quella melodia;
-fecero poi una caccia di uccelli d'ogni specie e di bestie feroci.
-A questa rappresentazione tenne dietro nel secondo intermezzo una
-produzione di otto cantori, fra i quali una donna di Mantova, che si
-fece sentire con accompagnamento di tre liuti. Alla fine fu data una
-moresca rappresentante tutta la serie de' lavori campestri, aratura,
-seminagione, mietitura e battitura delle biade; e quindi celebrazione
-delle feste della mèsse. Questo ballo allegro e spigliato, forse il
-meglio riuscito di tutti, si chiuse con un ballo campestre al suono di
-zampogne.
-
-L'ultimo dì delle feste, l'8 febbraio, era anche l'ultimo di carnevale.
-Gl'inviati, che subito dopo volevan partirsi, presentarono donativi
-alla sposa, parte in belle stoffe, parte in argento lavorato. Il più
-curioso le venne da' rappresentanti di Venezia. L'eccelsa Repubblica
-aveva mandato per le feste a Ferrara due nobili uomini, Niccolò Dolfini
-e Andrea Foscolo, entrambi vestiti con gran lusso a spese dello Stato.
-Il vestimento allora non era men costoso che bello, e i sarti della
-Rinascenza non potrebbero che guardare con disdegno quei de' giorni
-nostri. In quel tempo, quando l'arte era nel massimo fiore, anche
-i sarti erano veri e proprii artisti. Lavoravano nelle stoffe più
-preziose, velluto, seta e broccato d'oro; e i colori, l'andatura delle
-pieghe, e il taglio degli abiti, tutto ciò era fornito da pittori.
-Il vestito era adunque qualcosa, cui s'annetteva il più alto valore,
-qual condizione essenziale all'apparenza della bella persona. Tutti
-i relatori delle feste di Ferrara non tralasciarono mai di notare
-con ogni particolarità gli abiti, che in ciascuna solennità vestivano
-Lucrezia e altre dame di alta origine, e descrissero anche quelli degli
-uomini. Quanto, in punto di vestito, si mettesse importanza sempre e
-in ogni luogo, lo mostran pure le relazioni che i Veneziani mandarono
-in patria, e che Marin Sanudo ha inserite nel suo _Diario_. E ancora
-meglio lo prova il fatto, che i due ambasciatori di Venezia, prima
-di muovere per Ferrara, dovettero mostrarsi pubblicamente innanzi al
-Senato riunito ne' loro abiti nuovi; grandi mantelli in forma di pallii
-di velluto cremisino foderati di ermellino e con cappucci simili. Più
-di 4000 persone erano ad ammirarli nella sala del Gran Consiglio,
-e la Piazza di San Marco era gremita di popolo curioso di vederli
-quasi bestie rare e maravigliose. I nuovi abiti richiesero l'uno 32
-e l'altro 28 braccia di velluto.[206] Appunto questi pallii portarono
-gl'inviati, qual regalo di nozze, alla duchessa Lucrezia, siccome era
-stato deciso dalla Signoria di Venezia.[207] Il bizzarro presente fu
-offerto con forme di pretensione insieme e d'ingenuità. I due nobili
-signori tennero dapprima un lungo discorso, l'uno in latino, l'altro in
-italiano; poscia, ritiratisi nell'anticamera e toltesi quivi le superbe
-vesti, andarono a consegnarle alla sposa. La natura del regalo e la
-pedanteria degli esibitori furono, del resto, materia di scherno e di
-riso alla corte di Ferrara.[208]
-
-La sera si ballò l'ultima volta, e s'assistette quindi all'ultima
-produzione teatrale, la _Casina_. Prima che questa cominciasse, fu
-suonata una musica del Rombonzino, e insieme furon cantate barzellette
-in lode degli sposi. Anche nella _Casina_ furono incastrati parecchi
-pezzi di musica. Al terzo intermezzo sei violinisti suonarono
-benissimo, e tra questi si produsse come dilettante anche Don Alfonso.
-Sembra che specialmente in Ferrara l'arte di suonare il violino
-avesse toccato un grado di notevole perfezione, perchè, quando Cesare
-Borgia nel 1498 andò alla Corte di Francia, richiese il duca Ercole
-di alquanti suonatori per condurli seco in Francia, ove simili artisti
-eran molto ricercati.[209]
-
-Il ballo consistette in una danza di rozzi uomini, che si contrastavano
-il possesso di una bella fanciulla, sinchè non apparve il Dio d'amore,
-accompagnato da musici, che la liberò da quelle strette. Poscia si vide
-una grandissima palla che si divise in due, e cominciò d risuonare di
-musicali accordi. Vennero infine dodici Svizzeri con alabarde e con
-bandiera nazionale ed eseguirono con gran destrezza una danza pirrica.
-
-Se, come il Gagnolo riferisce, le rappresentazioni drammatiche
-terminarono con questa scena, si sarebbe potuto rimproverare
-all'ordinatore della festa il poco buon senso, anzi il manco di
-spirito. Le moresche riunivano in sè il doppio carattere dell'opera
-e del ballo; ed esse furono le uniche produzioni inventate per queste
-feste nuziali. Ma se si paragona le feste di Ferrara con quelle date in
-occasione degli sponsali di Lucrezia al Vaticano, è certo che le prime
-restano di molto inferiori. Perchè nelle feste di Roma noi vedemmo
-commedie pastorali con allegorie allusive a Lucrezia, a' principi
-di Ferrara, a Cesare ed Alessandro. Invece in quelle di Ferrara non
-l'ombra di scene di tal genere, tutte ingegnose o almeno tenute per
-tali.
-
-Malgrado al lusso spiegato dal duca, le sue feste ci sembrano monotone
-e atte a indurre stanchezza; ma, sicuramente, andarono a genio alla
-maggioranza di quei che v'assistettero. Isabella veramente ne diede
-giudizio sfavorevole. «In realtà — così scriveva al marito — queste
-nozze sono molto fredde. A me sembrano mille anni di esser di nuovo
-a Mantova, per rivedere Vostra Eccellenza e il mio figliuolino, e di
-allontanarmi di qua, ove non è briciolo di piacere. Vostra Eccellenza
-dunque non ha da invidiarmi per la presenza a queste nozze, le quali
-sono riuscite così gelate; che quasi invidio piuttosto lei di essersi
-rimasto a Mantova.» Questo giudizio della nobile donna fu evidentemente
-ispirato anche dalla profonda repugnanza sua per l'unione del fratello
-con Lucrezia. Nondimeno dovette essere anche in parte determinato dal
-carattere di quelle feste; mentre la marchesa espressamente lamentava
-la stanchezza e la noia, ond'era oppressa.[210]
-
-Appena finite le feste, anche la marchesa tornò a Mantova. L'ultima
-lettera sua al marito da Ferrara porta la data del 9 febbraio. Da
-Mantova poi scrisse il 18 la prima lettera alla cognata Lucrezia:
-
-«Illustrissima Signora. — L'amore che io porto alla Signoria Vostra,
-e il desiderio di sapere che ella persevera in quella buona salute,
-come al momento della mia partenza, mi fanno credere che anch'ella
-sia nell'espettazione stessa rispetto a me. Epperò, nella speranza
-di farle cosa grata, le significo ch'io sono arrivata sana e salva
-lunedì in questa città. Vi ho trovato anche in ottima convalescenza
-il mio Illustrissimo Signor consorte. Resta ch'io intenda parimenti
-della signoria Vostra lo stesso, acciò possa pigliarne piacere, come di
-sorella cordialissima. E benchè reputi superfluo offrirle le cose sue,
-nondimeno una volta per tutte voglio ricordarle, che la può disporre
-della persona e della facoltà mia non altrimenti che delle sue proprie.
-Me le raccomando per sempre, e la prego di volermi raccomandare al di
-lei Illustrissimo Signor consorte, mio fratello onorandissimo.»[211]
-
-Lucrezia rispose il 22:
-
-«Mia Illustrissima Signora Cognata e Sorella onorandissima. — Abbenchè
-sarebbe stato debito mio il prevenire Vostra Eccellenza nelle prove
-di amorevolezza, ch'ella s'è degnata usare verso di me, nulladimeno
-volentieri mi rassegno alla mia negligenza per questo solo, che
-l'Eccellenza Vostra m'abbia per tal guisa tanto più obbligata al
-servizio suo. Non potrei giammai esprimerle con quanta consolazione
-e contentezza abbia inteso il suo prospero arrivo in Mantova e la
-buona salute dell'illustre suo signor consorte. Possa lo stesso,
-assieme all'Eccellenza Vostra, come io ne prego Dio, esser preservato
-in prosperità e aumento di buono e felice stato secondo il desiderio
-loro. E per ubbidire, come desidero e debbo, al comando dell'Eccellenza
-Vostra, le significo che anch'io per grazia di Dio mi trovo bene e
-sempre pronta a far cosa che le sia grata. — Ferrara, 22 febbraio
-1502. Devota Sorella, che desidera servirla, Lucrezia Estensis de
-Borgia.»[212]
-
-Con questa lettera officialmente cortese cominciò il carteggio fra le
-due celebri donne, continuato per lo spazio di 17 anni. Ciò prova che
-la marchesa, sul principio ostile, divenne più tardi sincera amica
-della cognata.
-
-Il duca di Ferrara fu di tutto cuore contento, quando gli ospiti
-presero finalmente la via d'andarsene. Solo madonna Adriana, Jeronima
-e quella Orsini innominata non diedero segno di voler tornare a
-Roma. Alessandro le aveva incaricate di rimaner colà, sino a che non
-giungesse la moglie di Cesare. Dovevano andare incontro a costei sino
-in Lombardia, e poscia accompagnarla a Roma. Se non che la duchessa
-di Romagna, malgrado delle premurose sollecitazioni del nunzio, non
-aveva voluto abbandonar la Francia. Suo fratello soltanto, il cardinale
-d'Albret, era giunto in Ferrara il 6 febbraio; ma ben presto continuò
-la strada per Roma.
-
-Adriana, come prossima parente del Papa e di Lucrezia, era stata alla
-corte di Ferrara trattata assai onorevolmente, ed era anche entrata
-in relazione molto intima con la marchesa Isabella. Fa prova di ciò
-una lettera di quest'ultima, diretta ad Adriana, lo stesso giorno 18
-febbraio, nel quale scrisse a Lucrezia. Vi si parla di una persona
-statale raccomandata in Ferrara da Adriana in proprio nome e anche a
-nome di madonna Giulia; donde risulta che quella innominata Orsini non
-era la Giulia Farnese.[213]
-
-Ercole desiderava ardentemente la partenza di quelle donne.
-
-In una lettera del 14 febbraio al suo ambasciatore Costabili in Roma
-lagnavasi con certa vivacità della inutile dimora delle stesse alla
-corte sua. «Noi vi diciamo — così scrivevagli — che la presenza delle
-nominate madonne fa sì che gran numero di altre persone, uomini e
-donne, rimangano similmente qui, aspettando la partenza di quelle;
-il che è peso grande ed insopportabile dispendio. Perchè se si conta
-tutt'insieme il numero delle persone del seguito di queste donne e
-di altre, restano ancora qui quasi 450 uomini e 350 cavalli.» Ciò
-egli, l'ambasciatore, potere rappresentare al Papa, ed i viveri esser
-consumati, e la duchessa di Romagna non esser per venire per Pasqua;
-e quanto a lui non poter più fare le spese, avendo già per le feste
-delle nozze erogato più di 25,000 ducati. Il Papa poteva quindi
-richiamare quelle donne. In un poscritto aggiungeva: «Io ho licenziati
-i gentiluomini dell'Illustrissimo Signor Duca di Romagna, dappoi che
-sono stati qui dodici giorni, perchè era gente impertinente, e la
-presenza loro era senza alcun frutto per Sua Santità e pel Duca di
-Romagna.»[214]
-
-Finalmente le importune donne partirono; ma, a quel che pare, più
-tardi che ad Ercole non piacesse. V'è difatti un dispaccio dell'inviato
-Gerardo Saraceni da Roma del 4 maggio, col quale informa il duca, che
-monsignor di Venosa e madonna Adriana, ritornati da Ferrara, avevano
-espresso al Papa la loro gratitudine per l'amorevole accoglienza colà
-trovata.
-
-Lo stesso giorno 14 febbraio Ercole scrisse una lettera al Papa, il cui
-tenore, tolte alcune frasi, non aveva nulla di simulato:
-
-«Santissimo Padre e Signore. — Prima che l'illustrissima duchessa,
-nostra figliuola comune, giungesse qua, era mia ferma intenzione, come
-si conveniva, di accoglierla con benevolenza e con onore, e in alcuna
-cosa non mancare che tenesse a mostrarle particolare affetto. Ora, da
-che Sua Signoria è arrivata, mi ha talmente soddisfatto per le virtù e
-degne qualità trovate in essa, che non solo mi son raffermato in quella
-mia buona disposizione, ma altresì il desiderio e l'animo di far così
-è in me grandemente cresciuto, tanto più che veggo la Santità Vostra
-per un Breve di sua mano farmene amorevolmente ricordo. Stia adunque
-Vostra Santità di buon animo; mentre io userò verso la duchessa in tali
-termini, che la Beatitudine Vostra abbia a riconoscere come io la tenga
-per la più cara cosa che abbia al mondo.»[215]
-
-
-IV.
-
-Sin dal primo entrare nel castello degli Este, Lucrezia appartenne
-interamente a nuove relazioni, a nuovi interessi, si può dire, a
-un mondo nuovo per lei. Si trovò come principessa in uno de' più
-ragguardevoli Stati italiani e in una città a lei straniera, che da
-mezzo secolo a quella parte era diventata sì importante, che lo spirito
-della coltura nazionale v'aveva trovata una nuova sede e una nuova
-forma. Si vide accolta in una delle più cospicue case principesche
-d'Italia, che tempo e storia insieme avevan circondata di splendore
-veramente romantico. Una fortuna straordinaria e immensa l'aveva fatta
-entrare in quella casa famosa, della quale ella stessa ora doveva
-rendersi degna.
-
-La stirpe degli Este era, accanto all'altra de' duchi di Savoia, la
-più antica e più eccelsa d'Italia. Anzi la seconda era dalla prima
-ecclissata per l'importanza dello Stato di Ferrara, grazie alla sua
-posizione geografica.
-
-Ecco in breve la storia degli Este:
-
-I signori, che ebbero il nome feudale da un piccolo castello tra Padova
-e Ferrara, ripetevan l'origine loro dalla invasione longobardica, e
-da una famiglia, il cui stipite chiamavasi Alberto. I nomi Adalberto
-e Alberto ebbero in italiano la forma di Oberto, che nel diminutivo si
-trasformò in Obizzo e Azzo. Nel X secolo apparisce un marchese Oberto,
-che fu partigiano di re Berengario prima, poi di Ottone il Grande.
-È ignoto da qual territorio togliessero il titolo di Marchesi egli e
-i prossimi discendenti suoi. Furono, ad ogni modo, grandi signori in
-Lombardia come in Toscana. Un pronipote di Oberto, Alberto Azzo II,
-vien ne' documenti nominato _Marchio de Longobardia_. Egli dominava da
-Mantova all'Adriatico e alla valle del Po, ove possedeva Este e Rovigo.
-Sposò Cunigonda, sorella del conte Guelfo III di Suabia. Così la famosa
-stirpe tedesca de' Guelfi si unì con quella degli Oberti, ed entrò
-nella cerchia delle relazioni italiane. Venuto a morte Alberto Azzo nel
-1096 in età di più di 100 anni, lasciò i figli Guelfo e Folco. Costoro
-furono i progenitori della casa d'Este in Italia e della casa guelfa
-di Braunschweig in Germania. Guelfo difatti ereditò i beni di suo avo
-materno Guelfo III, col quale nel 1055 erasi estinta la linea maschile
-della casa sua. E andò in Germania; vi divenne duca di Baviera, e fondò
-la linea de' Guelfi.
-
-Folco ereditò i possedimenti italiani del padre, e consolidò la linea
-degli Este. Nella gran lotta degl'imperatori tedeschi col Papato i
-marchesi d'Este furono aspri e tenacissimi combattenti; prima seguaci
-fervorosi, poscia capi del partito guelfo; il che valse a fondare il
-loro potere anche in Ferrara.
-
-Gl'inizii primi di questa città furono oscuri e ignoti. Si crede
-che fosse venuta su al tempo delle immigrazioni forestiere. Dopo la
-donazione di Pipino e di Carlomagno la Chiesa pretese di averne il
-possesso. Fu compresa anche nella donazione della contessa Matilde.
-Nelle guerre tra il Papa e l'imperatore, cui diè alimento la disputa
-intorno l'eredità di Matilde, Ferrara acquistò la sua autonomia come
-repubblica.
-
-Il XII secolo era sul finire, quando gli Este cominciarono a mettervi
-piede. Il nipote di Folco, Azzo V, sposò in quel tempo Marchesella
-Adelardi, erede del capo dei Guelfi nella città; mentre Salinguerra
-v'era capo de' Ghibellini. Da quel momento i marchesi d'Este andaron
-man mano guadagnando influenza in Ferrara. Essi divennero capi del
-partito guelfo anche nell'Alta Italia.
-
-L'anno 1208 riuscì ad Azzo VI di scacciare Salinguerra. La città era
-così profondamente stanca della lunga lotta partigiana, che diede al
-vincitore la qualità ereditaria di Podestà. Fu questo il primo esempio
-di spontanea dedizione di una libera repubblica alla mercè di un
-signore. Così gli Este furono i primi a fondare un potere dinastico
-sulle rovine di una repubblica. L'audace Salinguerra, figura eroica
-delle più notevoli del tempo degli Hohenstaufen in Italia, scacciò di
-Ferrara ripetute volte Azzo e il successore di lui Azzo VII, sino a che
-nel 1240 non soggiacque e finì di vivere nel carcere. Dopo d'allora gli
-Este furono padroni di Ferrara.
-
-Per un certo tempo, durante l'esilio avignonese de' papi, ne furono
-scacciati per opera della Chiesa; ma ritornarono il 1317, chiamativi
-da' cittadini che s'eran sollevati contro il luogotenente di quella.
-Giovanni XXII gli confermò con diploma d'investitura, mercè il quale
-ricevevano Ferrara in feudo dalla Chiesa contro l'annuo tributo di
-10,000 fiorini d'oro. Oramai gli Este ordinarono il loro Stato come
-tiranni di Ferrara. Era uno Stato, cui il perdurare della dinastia fra
-tante guerre rese consistente. La dinastia degli Este non fu, come
-quelle di quasi tutte le altre dominazioni italiane, il prodotto di
-momentanee conquiste, d'intrusi illegittimi, ma antica, ereditaria,
-fortemente abbarbicata.
-
-Con Aldobrandino, signore di Ferrara, di Modena, Rovigo e Comacchio,
-cominciò a venire al potere una serie di principi la maggior
-parte illustri, mercè i quali la città di Ferrara potè levarsi a
-quell'importanza, ond'era in possesso al cominciare del secolo XVI.
-Ad Aldobrandino successero i fratelli, Niccolò dal 1361 al 1388, e
-Alberto sino al 1393. Poi sino al 1441 dominò il figliuolo di costui
-Niccolò III, uomo di spiriti gagliardi e bellicosi. Essendo i suoi
-figli legittimi Ercole e Sigismondo minorenni, gli successe il suo
-bastardo Lionello. Questo principe non solo continuò quello che il
-padre aveva iniziato; ma fece di Ferrara uno Stato splendido e temuto.
-Il grande Alfonso di Napoli gli diè in moglie nel 1444 la figlia Maria;
-e per tal guisa gli Este si strinsero in intimo legame con la Casa
-reale degli Aragonesi. Lionello fu savio e liberale, cultore di ogni
-arte e scienza, principe di _nome immortale_. Nel 1450 gli successe il
-fratello Borso, al pari di lui bastardo, usurpando anch'egli il posto
-ai figliuoli legittimi di Niccolò III.
-
-Borso fu uno de' principi più splendidi e grandiosi del tempo suo.
-Federico III, di ritorno dal suo viaggio d'incoronazione, lo nominò in
-Ferrara duca di Modena e Reggio, conte di Rovigo e Comacchio, paesi che
-appartenevano tutti all'Impero. D'allora in poi gli Este, la cui arma
-era stata un'aquila bianca, presero l'aquila nera imperiale, alla quale
-unirono i gigli di Francia, che un tempo Carlo VII aveva loro concessi.
-Il 14 aprile 1471 anche Paolo II nominò in Roma Borso duca di Ferrara.
-Poco dopo, il 27 maggio, questo principe famoso morì nubile e senza
-discendenti.
-
-Gli successe Ercole, figliuolo legittimo di Niccolò III. Per tal guisa
-il governo ritornò alla linea pura degli Este, dopochè, per opera
-appunto di due bastardi, Ferrara era diventata uno Stato potente. Nel
-giugno 1473 Ercole si ammogliò con Eleonora di Aragona, figliuola di
-Ferdinando di Napoli. Le feste pel matrimonio furono sontuosissime. Da
-quel tempo sino al giorno, in cui questo secondo duca di Ferrara con
-altrettanta pompa univa Lucrezia in matrimonio con suo figlio, eran
-scorsi 29 anni di lotte molte e varie. Ercole aveva corso il massimo
-pericolo, onde lo Stato suo potesse essere minacciato: la guerra di
-Venezia e di papa Sisto IV contro di lui, la quale il 1482 fu terminata
-felicemente, non senza però la cessione di alcuni territorii in favore
-de' Veneziani. Ma il pericolo poteva rinnovarsi. Accanitissimi nemici
-del suo Stato erano sempre Venezia e la Chiesa. La sua politica quindi
-prescrivevagli di collegarsi con Francia, la quale comandava a Milano e
-forse poteva rendersi per sempre padrona di Napoli. Per questo motivo
-stesso erasi visto nella necessità di dare in moglie a suo figlio
-Lucrezia Borgia, a condizioni però vantaggiosissime. Lucrezia adunque
-poteva aver coscienza dell'alta significazione che la persona sua aveva
-per lo Stato di Ferrara. E ciò sin dal bel principio svegliò in lei il
-sentimento della sicurezza, rispetto alla nobile casa, cui ella omai
-apparteneva.
-
-Il duca destinò Castel Vecchio a residenza degli sposi. Ivi Lucrezia
-stabilì la sua corte officiale. Il celebre castello esiste tuttora
-come uno de' più grandiosi monumenti medievali. Esso torreggia su
-tutta Ferrara ed è visibile da miglia lontano. Il color rosso scuro; il
-carattere grave e triste, congiunto ad una regolarità architettonica,
-che può dirsi perfetta; le quattro poderose torri; tutto ciò produce
-addentro impressione fortissima, specialmente al chiaro di luna,
-quando queste ultime riflettono la loro ombra nell'acqua del fossato,
-onde il castello ancora oggi, come in antico, è intorno ricinto. Alla
-fantasia dell'osservatore riappariscono allora le figure de' personaggi
-notevoli, che una volta v'abitarono o lo animarono: Ugo e Parisina
-Malatesta,[216] Borso, Lucrezia Borgia e Alfonso, Renata di Francia e
-Calvino, l'Ariosto, Alfonso II, l'infelice Tasso ed Eleonora.
-
-Castel Vecchio fu fatto edificare dal marchese Niccolò nel 1385,
-dopo una sommossa cittadina. I successori lo compirono e ornarono
-nell'interno. Mercè cammini coperti era in comunicazione con la
-residenza dirimpetto al Duomo. Prima che Ercole allargasse Ferrara dal
-lato settentrionale, il castello rimaneva alla parte estrema, presso le
-mura. Una delle torri, quella chiamata _del Leone_, copriva la porta
-della città. Un braccio del Po, che allora scorreva in vicinanza,
-forniva d'acqua il fossato, sul quale si passava su ponti levatoi.
-
-Al tempo di Lucrezia l'aspetto del castello era qual è ora solo nella
-sua forma essenziale. I comignoli delle torri sono di tempo posteriore.
-Le torri stesse erano più basse. Avevano merli, e così pure tutte le
-mura, come il castello dei Gonzaga in Mantova: intorno intorno armate
-de' cannoni fatti fondere da Alfonso. L'interno era una corte con
-portici, quadrata e lastricata. Si mostrò quivi a Lucrezia il luogo,
-ove Niccolò III, nel 1425, fece tagliare il capo all'infelice suo
-figlio Ugo e alla matrigna, la bella Parisina. E la lugubre memoria
-dovette suggerire alla figliuola di Alessandro di esser fedele al
-marito.
-
-Ampie scale di marmo menavano a' due appartamenti del castello, de'
-quali quello al primo piano serviva di residenza a' principi. Era una
-fila di sale e di camere. Col tempo tutto è così mutato, che anche
-quei, che più a fondo conoscono Ferrara, confessano non saper più ove
-fosse l'abitazione di Lucrezia. Anche delle pitture, che gli Este vi
-fecero fare, rimangono appena alcuni affreschi del Dossi e uno d'altro
-maestro.
-
-La residenza in quel castello dovette forse essere sempre malinconica
-e alquanto oppressiva. Ciò era in armonia col carattere di Ferrara.
-Anche oggi la città reca l'impressione di una serietà cupa e monotona.
-Quando dall'alto de' merli del castello guardi quella estesissima
-pianura riccamente coltivata, pur sempre uniforme, priva di un bello
-orizzonte, mentre le Alpi di Verona appena si disegnano in lontananza,
-e il più prossimo Appennino non ha aspetto gran fatto maestoso; quando
-guardi quella massa nera della città, un senso di maraviglia ti assale,
-pensando come mai la gioconda poesia dell'Ariosto sia nata in quel
-luogo. Il cielo, la terra e il mare atti ad ispirarlo avrebbe dovuto
-piuttosto cercare in quel eliso di Sorrento, che fu culla del Tasso.
-Una prova di più della verità sovente osservata, che la fantasia
-poetica è indipendente dai luoghi.
-
-Ferrara giace in una pianura malsana, attraversata dai rami del Po e da
-parecchi canali. Il fiume principale non dà punto vita alla città nè
-alla campagna, perchè scorre lontano molte miglia. Mura poderose con
-quattro porte cingevano la città d'ogni lato. Al tempo di Lucrezia,
-oltre Castel Vecchio sull'estremità nordica, v'era pure dal lato
-sud-occidentale Castel Tealto o Tedaldo. Questa fortezza era posta
-sur uno de' rami del Po. Aveva una porta, per la quale s'entrava in
-città, mentre un ponte di barche menava dall'altro lato al sobborgo
-San Giorgio. Per questa porta Lucrezia aveva fatto il suo ingresso. Di
-Castel Tedaldo oggi non resta più nulla; fu distrutto sul principiare
-del secolo XVII, quando il Papa, espulsi i discendenti di Alfonso, fece
-edificare la nuova grande fortezza.
-
-Ferrara aveva spaziose piazze e strade regolari con portici. Sulla
-piazza principale era il Duomo, ragguardevole edifizio di stile
-gotico-lombardo dell'anno 1135, nel quale fu consacrato. L'alta
-facciata, divisa in tre parti e con tre frontoni formati di tre serie
-di archi, che partecipano del gotico e del romano, poggiati su colonne,
-e con le antiche sculture, tutte annerite dal tempo, ha un'apparenza
-veramente singolare, che sente insieme dell'originalità medievale e di
-bizzarro romanticismo. Nulla colpisce oggi tanto in Ferrara quanto la
-prima vista di codesta facciata. Si crede aver dinanzi una figura del
-favoloso mondo ariostesco. Rimpetto a uno de' lati della Cattedrale
-sta ancora il gotico Palazzo della Ragione, e stavano altra volta due
-vecchie torri, una delle quali chiamavasi _Rigobello_. Di fronte poi
-alla facciata era la residenza degli Este. Ivi abitava Ercole, e un
-tempo abitò Eugenio IV, quando tenne a Ferrara il famoso Concilio.
-Innanzi al palazzo erano una volta le statue de' due grandi principi di
-Ferrara, Niccolò III e Borso: la prima equestre, l'altra seduta. Erano
-poste su colonne; epperò avevano piccole dimensioni. Oggi le colonne
-sussistono a' lati del portone: le statue furono distrutte nel 1796.
-
-Gli Este gareggiarono con altri principi e repubbliche nell'edificare
-chiese e monasteri, de' quali Ferrara è ricca tuttora. Intorno l'anno
-1500 più notevoli erano: San Domenico, San Francesco, Santa Maria in
-Vado, Sant'Antonio, San Giorgio innanzi a Porta Romana, il chiostro
-del _Corpus Domini_ e la Certosa. Tutte queste chiese sono state più o
-meno rammodernate. Benchè alcune si distinguano per belle proporzioni e
-spaziosità, pure niuna ha un'individualità artistica rilevante.
-
-Col XV secolo anche Ferrara cominciò ad arricchirsi di palazzi, che
-oggi pure sono il decoro della deserta città, e costituiscono una
-parte di gran valore della storia dell'architettura, dagl'inizii del
-Rinascimento sino al passaggio nel barocco. Alcuni sono in uno stato di
-deplorabile decadenza. Sullo scorcio del secolo XVI il marchese Alberto
-costruì i palazzi del Paradiso, oggi l'Università, e Schifanoja. Ercole
-edificò il Palazzo Pareschi. Di lui può dirsi che fosse il rinnovatore
-di Ferrara. Allargò la città, aggiungendovi, verso settentrione, un
-nuovo quartiere, l'_Addizione Erculea_. Questa è pur oggi la parte più
-splendida della moderna Ferrara. È attraversata da due strade lunghe
-ed ampie, il Corso di Porta Po con la sua continuazione nel Corso di
-Porta Mare, e la strada de' Piopponi. Passeggiando per quelle vie
-tranquille e solitarie, fa stupore vedere quella lunga fila di bei
-palazzi della Rinascenza, monumenti di una vita rigogliosa, ma ora
-spenta del tutto. Ercole aprì colà una piazza, e all'intorno la nobiltà
-vi fece elevar palazzi. La si chiama oggi _Piazza Ariostea_, avendo
-nel mezzo il monumento del grande Poeta. È forse il più bello che sia
-mai stato eretto ad un poeta. La statua marmorea si slancia alta e
-libera sopra magnifica colonna, sicchè domina tutta Ferrara. Anche la
-storia sua accresce al monumento fascino e attrattiva. Originariamente
-doveva sulla piazza essere messa la statua equestre di Ercole su
-due colonne. Le si trasportavano sul Po, quando l'una andò a fondo.
-L'altra fu impiegata nel 1675 a sostenere la statua in bronzo di Papa
-Alessandro VII. La quale fu abbattuta nella rivoluzione dell'anno 1796,
-e sostituita dalla statua della Libertà, alla cui solenne elevazione
-assistette il generale Napoleone Buonaparte. Tre anni dopo gli
-Austriaci gettarono giù la Libertà, e la colonna restò decapitata sino
-al 1810, anno in cui vi fu messa la statua imperatoria di Napoleone.
-E questa pure cadde col cadere dell'imperatore. Finalmente nel 1835
-Ferrara pose su quella colonna la statua dell'Ariosto. Niun mutamento
-di dominazione politica e niuna forza umana potrà mai più gettare
-abbasso quell'immagine da quell'altezza, ove la sostiene e protegge un
-poema immortale.
-
-Nel nuovo quartiere di Ercole sursero palazzi sontuosi. Il fratello
-di lui Sigismondo edificò il grandioso Palazzo Diamanti, ove oggi è la
-Pinacoteca. I Trotti, i Castelli, i Sacrati e i Bevilacqua v'eressero
-i loro palazzi privati, esistenti tuttora. Ferrara era abitata da
-numerosa e ricca nobiltà, discendente in parte da antiche famiglie
-di conti. Oltre i già nominati, eran del novero: i Contrarii, i Pii,
-i Costabili, gli Strozzi, i Saraceni e i Boschetti, i Roverella, i
-Muzzarelli e i Pendaglia.
-
-L'aristocrazia ferrarese aveva da gran tempo superato il periodo delle
-intestine lotte partigiane e della indomita fierezza feudale, ed era
-diventata cortigiana. Gli Este, e massime il battagliero Niccolò
-III, avevano domati e sommessi questi baroni, che originariamente
-vivevano nei loro feudi. Ormai essi erano al servizio del principe,
-coprivano i più ragguardevoli ufficii nella corte e nello Stato, ed
-eran capitani nell'esercito. Prendevano bensì parte, e forse con più
-fervore che non facesse la nobiltà degli altri Stati italiani, alla
-cultura dello spirito, essendo questa essenzialmente opera de' principi
-d'Este. Epperò alcuni nomi di grandi signori spiccano a quell'epoca nel
-movimento letterario di Ferrara.
-
-L'Università ferrarese sin dalla metà del XV secolo era venuta in
-tanto rigoglio da stare bene, accanto a quelle di Padova e Bologna,
-tra le più celebri d'Italia. Era stata aperta nel 1391 dal marchese
-Alberto; poscia riformata da Niccolò III. All'apogeo dello splendore la
-condussero Lionello e Borso. Lionello fu discepolo del famoso Guarino
-da Verona, ed egli stesso dotto assai in ogni scienza. Fu altresì
-l'amico e l'idolo degli umanisti del tempo suo. Pieno d'entusiasmo,
-faceva collezione di manoscritti rari o li faceva copiare. Fu il
-fondatore della Biblioteca. Borso continuò le stesse tracce con
-altrettanta attività e fervore.
-
-Già nel 1474 l'Università di Ferrara contava 45 professori, largamente
-retribuiti. Ercole ne aumentò il numero. Nel primo anno del suo regno
-fu anche introdotta l'arte tipografica.[217]
-
-Nell'indole del popolo, come nel carattere della città, una
-disposizione seria si direbbe che sia l'impronta fondamentale e più
-risaltante. Con essa si disposava il bisogno di speculazione e di
-critica, come pure delle scienze esatte. Girolamo Savonarola, il
-profeta fanatico in quel deserto morale dei tempi borgiani, nacque in
-Ferrara. Lucrezia ebbe forse spesso a ricordarsi di quest'uomo, nel
-quale il padre suo per mano del carnefice aveva fatto soffocare la
-protesta delle anime ancora credenti e pure contro il Papato di lui.
-
-L'astronomia e la matematica, le scienze naturali in generale e
-la medicina, che allora insieme con quelle era parte integrante
-delle discipline filosofiche, fiorirono specialmente in Ferrara. Il
-Savonarola stesso aveva dovuto studiar medicina. Suo avo Michele,
-celebre medico di Padova, era stato chiamato a Ferrara da Niccolò
-III.[218] Come medico, matematico e filosofo ed anche qual filologo
-vi brillava dal 1464 il vicentino Niccolò Leoniceno. Ai piedi suoi
-sedettero tali, che poscia furono i più famosi eruditi e poeti
-d'Italia. Egli formava ancora l'orgoglio di Ferrara, quando v'andò
-Lucrezia. Invece il grande matematico Domenico Maria Novara insegnava
-allora in Bologna, ove aveva avuto a discepolo il Copernico.
-
-Da questa Università vennero fuori grandi umanisti, che al tempo
-dell'arrivo di Lucrezia erano ancora bambini o giovanetti, fra i quali
-i due Giraldi e quel geniale Celio Calcagnini, che le aveva dedicato
-una poesia per nozze. Tutti questi uomini erano ben veduti alla corte
-degli Este, essendo persone tutt'altro che esclusive, ma d'ingegno
-versatili e facili nella forma. In verità, solo più tardi, quando la
-divisione del lavoro e la necessaria limitazione professionale prevalse
-nella scienza, la viva erudizione dell'umanismo si trasformò in
-pedanteria di casta.
-
-Ma soprattutto alla poesia, e ad una particolar forma di essa, la
-città di Ferrara, proprio nell'epoca di Lucrezia, diè impronta affatto
-speciale ed assolutamente romantica. Per questa via potette divenire
-una di quelle città, che pe' tardi nepoti sono ancora luoghi di
-pellegrinaggio della civiltà. Ferrara produsse molti poeti in ambedue
-le lingue, latina e italiana. Pressochè tutti quegli eruditi poetavano
-in latino. La più parte non erano certamente che gelidi facitori di
-versi; ma alcuni s'elevarono al più alto grado nella letteratura
-poetica, sicchè anche oggi non sono dimenticati. Eran tra questi
-specialmente i due Strozzi, padre e figlio, e Antonio Tebaldeo. Se non
-che, a petto di tali poeti neolatini, ebbero importanza di gran lunga
-maggiore quei che in lingua italiana seppero svolgere e perfezionare
-l'arte epico-romantica. La lussuriosa e tanto splendida corte di
-Ferrara, con quel carattere di forte romanticismo, onde la casa
-degli Este erasi circondata, mentre la storia sua rimontava al tempo
-eroico medievale, con quella eletta nobiltà e col moderno sentimento
-cavalleresco, favoreggiava già per propria essenza il culto del genere
-epico. Ma s'aggiungeva anche, come fondo adatto e propizio, la città
-con la sua propria storia e col suo carattere architettonico. In
-Ferrara, come in Firenze, non vi ha monumenti dell'antichità romana:
-tutto appartiene al Medio Evo. Lucrezia non trovò più nella corte
-di Ercole l'amico di lui, il Bojardo, il celebre poeta dell'_Orlando
-Innamorato_. Ma forse viveva ancora il cantore di Mambriano, Francesco
-Cieco. Ed abbiamo già visto come l'Ariosto, quegli che presto doveva
-oscurare la gloria de' due precursori, avesse offerto gli omaggi suoi a
-Lucrezia.
-
-Meno prospera vita delle scienze e della poesia ebbero in Ferrara le
-arti belle. Pure, se non vi produssero maestri di prim'ordine, come
-Raffaello o Tiziano, vi tennero, ad ogni modo, non ispregevole luogo
-per la coltura italiana. Gli Este coltivarono la pittura. I palazzi
-loro fecero ornare con affreschi, de' quali rimangono ancora alcuni
-notevoli per originalità, come quelli che ultimamente, nel 1840, furono
-scoperti nel Palazzo di Schifanoja. Una scuola indigena venne in gran
-reputazione sino dalla metà del XV secolo. Ne fu capo Cosimo Tura.
-Uscirono da essa due ragguardevoli pittori, Dosso Dossi e Benvenuto
-Tisio, il quale sotto nome di Garofalo divenne celebre come uno de'
-migliori discepoli di Raffaello. Le opere di questi pittori, entrambi
-contemporanei di Lucrezia — Garofalo era più giovane di un anno —
-ornano ancora molte chiese di Ferrara, e sono altresì il principale
-decoro della Pinacoteca.
-
-Tal'era, ne' tratti suoi più essenziali, la città di Ferrara; e
-tale pure la vita spirituale, ond'era animata, intorno il 1502. È
-evidente che, oltre lo splendore della corte e la politica importanza,
-come capitale dello Stato, anche la vita interiore v'era fervida e
-rigogliosa. Alcuni cronisti affermano, che il numero degli abitanti
-toccasse allora i 100,000. Fosse pure la cifra esagerata, ad ogni
-modo, al principio del XVI secolo, all'epoca sua fiorente, Ferrara
-dovett'essere più popolosa di Roma. Era città prospera ed agiata:
-accanto alla nobiltà, una borghesia operosa, mercè l'industria, massime
-la fabbricazione di panni, e mercè il commercio, vi si procacciava un
-tranquillo godimento della vita.
-
-
-V.
-
-Con ogni studio Alessandro teneva dietro a quanto accadeva in Ferrara.
-Egli non perdeva d'occhio la figlia. Questa e gli agenti di lui lo
-informavano d'ogni segno di favore o disfavore, cui incontrasse.
-Cessata l'ebbrezza delle feste nuziali, quando Lucrezia doveva
-affrontare con tatto l'invidia e il sospetto e formarsi nella corte un
-solido stato, potevano forse esserle serbati giorni difficili e penosi.
-Le informazioni di costei rassicurarono Alessandro, specialmente
-rispetto al contegno di Alfonso. Egli non supponeva che il principe
-erede di Ferrara amasse la figliuola. Ma ciò che solo gl'importava era
-che la trattasse da moglie e la facesse madre di un principe. Sentito
-che Don Alfonso passava la notte con Lucrezia, n'espresse grande
-soddisfazione all'ambasciatore ferrarese. «Certamente di giorno egli va
-altrove, giovane qual è, pel piacer suo; ma in ciò fa molto bene:» così
-pensava Sua Santità.[219]
-
-Egli ottenne pure che il duca désse alla nuora, come rendita annuale,
-12,000 ducati invece di 6000, come colui voleva. Lucrezia era difatti
-liberale e aveva bisogno di molto.
-
-Frattanto Cesare apparecchiavasi a condurre a termine quelle imprese,
-di cui gli erano mallevadori insieme il parentado con Ferrara e
-l'assenso di Francia. Dopochè ebbe fatto sgozzare in Castel Sant'Angelo
-il giovane Astorre Manfredi, mosse il 13 giugno per Romagna. Trasse in
-inganno l'ingenuo Guidobaldo d'Urbino, e ad un tratto s'impadronì dello
-Stato di lui. Ciò fu il 21 giugno. Il duca fuggiasco riparò a Mantova:
-poi andò con la moglie a Venezia.
-
-Ora Cesare si rivolse contro Camerino. Trasse in agguato i Varano, e li
-fece trucidare: solo uno scampò. Di tutte le sue geste egli informava
-la corte di Ferrara. Ed Ercole non si vergognava di felicitarlo di
-atrocità, mercè le quali principi amici o prossimi parenti di lui
-avevan subito la estrema rovina. Da Urbino scrisse alla sorella questa
-lettera:
-
-«Illustrissima Signora e Germana nostra carissima. — Tengo per certo,
-che per la presente indisposizione della Eccellenza Vostra non possa
-esservi nulla più efficace e più salutare che il sentire buone e felici
-nuove. Le facciamo sapere che in questo punto abbiamo avuto nuova
-certezza della presa di Camerino. Noi la preghiamo di far onore a
-codesta nuova con evidente miglioramento dello stato suo, e di volerci
-informare di ciò. Imperocchè per l'indisposizione sua non possiamo
-provar piacere nè per questa, nè per altre nuove. Noi la preghiamo pure
-di partecipare la presente all'Illustrissimo Signor Don Alfonso, suo
-marito, come a fratello nostro amatissimo, e al quale per fretta non
-scriviamo. — Urbino, 20 luglio 1502. Di Vostra Eccellenza fratello, il
-quale l'ama come se stesso, Cesare.»[220]
-
-Poco dopo Cesare fece alla sorella la sorpresa di una visita nel
-Palazzo Belfiore. Vi giunse con cinque cavalieri travestito, il 28
-luglio. Si fermò due ore appena; quindi, accompagnato sino a Modena
-dal cognato Alfonso, ripartì frettolosamente per recarsi in Lombardia
-presso il re di Francia.
-
-In questo mentre Alessandro aveva presa una risoluzione intorno alla
-conquistata Camerino, interamente in opposizione con le mire di Cesare,
-la quale mostrava a costui, che alla fin fine la volontà del padre non
-era tutta e intera in poter suo. Il 2 settembre 1502 Alessandro investì
-di Camerino, come Ducato, quell'Infante Giovanni Borgia, nominato
-da lui talvolta suo, tal'altra figliuolo di Cesare, e che aveva già
-investito del Ducato di Nepi. Tutti questi possedimenti reggeva in nome
-dell'Infante il suo tutore, il cardinal di Cosenza, Francesco Borgia.
-V'hanno monete di questo effimero Duca di Camerino.[221]
-
-Il 5 settembre Lucrezia, a grandissimo cordoglio di Alessandro, che
-aveva sperato nella nascita di un erede al trono, partorì una bambina
-morta. Essa ne fu gravemente malata. A questa nuova Ercole venne
-in fretta da Reggio, ove era ito incontro a Cesare di ritorno dalla
-Lombardia. Trovò Lucrezia affidata alle cure del più abile de' medici
-di Alessandro, il vescovo di Venosa. Il 19 settembre venne anche
-Cesare a visitar la sorella: restò con lei due giorni; quindi andò ad
-Imola.[222]
-
-Lucrezia si sentiva opprimere in Castel Vecchio, e desiderava respirare
-aria migliore. L'8 ottobre andò a stare nel chiostro del _Corpus
-Domini_. Vi fu accompagnata da tutta la corte. Si riebbe in salute, e
-già il 22 del mese stesso, a grande gioia di tutti, come lo stesso duca
-Ercole scrisse a Roma, potè tornare alla sua residenza nel castello.
-Alfonso andò pure a Loreto a sciorre un voto fatto pel ristabilimento
-della moglie. La pubblica sollecitudine, di che Lucrezia nella
-congiuntura fu fatta segno, mostrarono che si cominciava ad amarla in
-Ferrara.[223]
-
-Nel mese d'ottobre ebbe pur luogo la ribellione dei condottieri,
-che mancò poco non traesse Cesare a rovina. Per la defezione de'
-generali anche il paese d'Urbino insorse, tanto che Guidobaldo il 18
-ottobre poteva già rientrare nella sua capitale. Ma la protezione di
-Francia e la cecità de' codardi salvarono il duca di Romagna dal più
-estremo pericolo. Il 31 dicembre egli si sbarazzò di quei baroni col
-noto strattagemma in Sinigaglia. Fu il suo capolavoro. Vitellozzo e
-Oliverotto fece immediatamente sgozzare. Gli Orsini, Paolo, il suocero
-di Jeronima Borgia, e Francesco, il duca di Gravina, che un tempo
-doveva essere marito di Lucrezia, incontrarono la stessa sorte il 18
-gennaio 1503.
-
-Il duca di Ferrara mandò a Cesare congratulazioni. I Gonzaga fecero
-altrettanto. Isabella stessa, che aveva visto scacciar da Urbino sua
-cognata, e il marito di questa costretto a fuggirsi di colà una seconda
-volta, gli scrisse lettere piene di complimenti. I Gonzaga volevano
-ora effettivamente impegnar la mano del loro piccolo Federigo, principe
-erede, con Luisa, figliuola di Cesare. E con la mediazione di Francesco
-Trochio già si trattava a Roma dell'affare. Ecco una lettera d'Isabella
-a Cesare:
-
-«Al Signor Duca di Valenza. — Illustrissimo, etc. — De' felici
-progressi di Vostra Eccellenza, ch'ella con amorevole lettera ci ha
-significati, abbiam preso piacere e contento, quale si conviene alla
-mutua amicizia e alla benevolenza, che è tra lei e il nostro illustre
-signor consorte. Epperò in suo e in nostro nome ci congratuliamo
-seco per la sicurezza e prosperità conquistate; e la ringraziamo per
-la partecipazione e anche per l'offerta di tenerci avvisati degli
-ulteriori successi. Al qual proposito la preghiamo di persistere nella
-bontà sua. Poichè, amandola come noi facciamo, desideriamo sentire più
-spesso degli andamenti suoi per poterci rallegrare con lei pel bene e
-per l'esaltazione di Vostra Eccellenza. Ora, credendo noi che, dopo le
-pene e le fatiche patite in codeste sue gloriose imprese, voglia anche
-trovar loco di ricrearsi, mi è parso bene mandarle 100 maschere per
-mezzo del nostro staffiero Giovanni. Certamente noi lo riconosciamo
-come vile dono rispetto alla grandezza de' meriti dell'Eccellenza
-Vostra e anche all'animo nostro. Nullameno valga come testimonianza
-che, ove in questo nostro paese fosse cosa più degna e conveniente, più
-volentieri gliela manderemmo. Che se inoltre le maschere mancheranno
-della bellezza che pur si confarebbe, piaccia a Vostra Eccellenza
-imputarlo ai maestri di Ferrara. I quali, per la proibizione già da
-molti anni di mascherarsi colà in pubblico, hanno disimparato a farne.
-Possa quindi supplire la sincera volontà e affezione nostra verso
-Vostra Eccellenza. Quanto alla pratica nostra, non accade replicare
-altro, finchè non intendiamo da Vostra Eccellenza la risoluzione di Sua
-Santità, Nostro Signore, circa il caso della sicurtà, che le abbiamo
-fatto esplicare a voce mediante Brognolo. Onde stiamo in aspettazione
-per venire alla conclusione. A lei ci raccomandiamo ed offeriamo. 15
-gennaio 1503.»[224]
-
-Cesare da Acquapendente rispose così alla marchesa:
-
-«Illustrissima Signora Commara e Sorella nostra onorandissima. —
-Abbiamo ricevuto il dono di Vostra Eccellenza delle 100 maschere,
-che mi sono state molto accette per la multiplice varietà e singolare
-bellezza, e ancora più per essere sopraggiunte in tempo e luogo che più
-al proposito non sarebbe potuto essere, come se Vostra Eccellenza ci
-avesse prefissa la legge e l'ordine delle imprese nostre e della nostra
-tornata a Roma. In vero in quel medesimo giorno ci eravamo impadroniti
-della città e contado di Sinigaglia con le fortezze, e punito di santa
-ragione i perfidi tradimenti degli avversarii nostri, e liberato
-altresì da tirannia Città di Castello, Fermo, Cisterna, Montone e
-Perugia, e ridottele all'ubbidienza di Sua Santità, Signor Nostro. Ed
-ora abbiamo anche deposto dal tirannico dominio, che s'era usurpato a
-Siena, Pandolfo Petrucci, addimostratosi contro di noi feroce nemico.
-E soprattutto ci sono state accettissime le maschere, perchè venivano
-dalla fraterna e singolare benevolenza, ch'ella, ne siamo certissimi,
-con l'Illustrissimo suo Signor Consorte ci porta. E di questo ella ci
-dà prova con l'amorevolissima lettera, con la quale ci ha mandato quel
-presente. Per tutte codeste cose noi dovremmo per lettera ringraziarla
-infinite volte, se la grandezza de' meriti suoi e del suo consorte
-presso di noi non rifiutasse ogni dimostrazione di parole, ricercando
-invece efficacità di fatti. Noi useremo le maschere, e la loro perfetta
-bellezza ci sparagnerà la cura di ogni altro ornamento. Quanto alla
-nostra comune parentela vi perseveriamo sempre con maggior fervore.
-Nella nostra andata a Roma ci adopereremo in guisa che Sua Santità,
-Signor Nostro, le dia pienissimo effetto. Al prigioniero accorderemo
-la libertà, siccome l'Eccellenza Vostra da noi desidera. Assumeremo
-subito piena informazione, e, avutala, non ci resteremo di rispondere
-alla Signoria Vostra Illustrissima con sua soddisfazione, e a questa
-ci raccomandiamo. — Dal campo papale presso Acquapendente, il primo
-febbraio. Di Vostra Eccellenza compare e fratello il Duca di Romagna,
-etc., Cesare.»[225]
-
-Cesare s'accostava allora al sommo de' desiderii suoi, la corona
-reale dell'Italia centrale. Questo audace disegno però non restò che
-un sogno. Luigi XII gli proibì di spingersi e penetrare più in là.
-Gli Orsini e altri baroni dei territorii romani si levarono a lotta
-disperata; ond'ei dovette in fretta recarsi a Roma. Poichè Consalvo
-aveva abbattuto la potenza francese nel Regno di Napoli, e il 14
-maggio era entrato vittorioso nella capitale, Alessandro e suo figlio
-cominciarono a volgersi verso Spagna. Se non che Luigi XII, per la
-riconquista di Napoli, mandò sotto il La Tremouille nuovo esercito,
-nel quale prese servizio al soldo del re anche il marchese di Mantova.
-Nell'agosto 1503 l'esercito s'era avanzato sin sul Patrimonio di San
-Pietro.
-
-Ma ecco che in un solo e stesso giorno Alessandro e Cesare caddero
-malati. Il Papa morì il 18 agosto. Che entrambi siano stati in pari
-tempo avvelenati, è stato affermato e negato insieme. E, per quante
-ragioni si possa far valere in favore dell'una e dell'altra opinione,
-questo è sicuro che il fatto rimane incerto.
-
-La morte del padre fu per Lucrezia, fatta astrazione da ogni sentimento
-personale, un avvenimento capace di mettere in forse la condizione sua
-in Ferrara. In realtà, la potenza di Alessandro era stata per lei saldo
-sostegno. Nè essa poteva dirsi ancora sicura dell'affetto duraturo del
-suocero nè del marito. Piuttosto Alfonso ora poteva ricordarsi di ciò
-che una volta gli ebbe detto Luigi XII: che, alla morte di Alessandro
-VI, egli non saprebbe più chi fosse la donna, la quale egli avea
-sposata. Il re stesso domandò un giorno all'ambasciatore di Ferrara
-presso la sua corte, se sapesse in che modo madonna Lucrezia aveva
-accolta la nuova della morte del Papa. E avendo il ministro risposto
-d'ignorarlo, Luigi XII gli disse: «So che non siete mai stati contenti
-di codesto matrimonio; questa madonna Lucrezia non è nemmeno la moglie
-effettiva di Don Alfonso.»[226]
-
-Lucrezia sarebbe stata sgomenta assai, dove avesse potuto leggere la
-lettera che il suocero scrisse al suo ambasciatore Giangiorgio Seregni
-in Milano, allora in possesso de' Francesi, con la quale gli apriva
-l'animo suo in occasione della morte di Alessandro VI:
-
-«Giangiorgio. — Per chiarirti di quello che da molti si è domandato, se
-per la morte del Papa stiamo di mala voglia, ti assicuriamo che la non
-ci è spiaciuta per niun capo. Piuttosto per l'onore del Nostro Signore
-Dio e per l'universale bene della Cristianità abbiamo già da più dì
-desiderato, che la divina bontà e provvidenza volesse provvedere un
-pastore buono ed esemplare e togliesse dalla Chiesa sua tanto scandalo.
-Per quel che riguarda noi peculiarmente, non potremmo altrimenti
-desiderare; perchè presso di noi prepondera il riguardo alla gloria di
-Dio e al bene dell'universale. Pure, oltre a questo, ti diciamo, che
-non fu mai Papa, dal quale non avessimo ricevuto grazia e piacere più
-che da questo, anche dopo l'affinità contratta. Avemmo da lui soltanto
-appena quello, cui era obbligato, mentre noi non ce ne stemmo alla
-fede sua. Del rimanente, in niun'altra cosa, nè grande nè mediocre nè
-piccola, siamo stati compiaciuti da lui. Il che crediamo in gran parte
-procedesse per colpa del duca di Romagna. Non avendo egli potuto fare
-di noi quello che avrebbe voluto, si è con noi condotto da estraneo.
-Giammai non si è aperto con noi; giammai non ci ha communicati
-gli andamenti suoi; nè noi abbiamo communicato a lui i nostri. Da
-ultimo, inclinando egli a Spagna, e vedendoci noi buoni francesi, non
-avevamo mai da sperare piacere alcuno nè dal Papa nè da Sua Signoria.
-Per questo tal morte non ci è dispiaciuta; mentre non avevamo ad
-aspettarci che male dalla possanza del nominato duca. Noi vogliamo
-che tu communichi puntualmente questo nostro secreto al Gran Maestro
-(Chaumont), al quale non vogliamo che sia celato l'animo nostro. Con
-altri però parlane sobriamente. Respingerai poscia la presente indietro
-a messer Gian Luca (Pozzi) nostro Consigliere. — Belriguardo, 24 agosto
-1503.»[227]
-
-Questo linguaggio era molto schietto. Tenuto conto de' grandi beneficii
-venuti allo Stato suo dall'unione con Lucrezia, si sarebbe forse potuto
-dare ad Ercole dell'ingrato. Se non che egli aveva sempre risguardato
-quel matrimonio puramente come un affare. E quanto poi alle relazioni
-sue con Cesare, aveva ragione di concepirle come faceva.
-
-Sentiamo ora come scrivesse della morte del Papa un altro principe
-famoso e molto intimo con i Borgia. Il marchese di Mantova, al tempo
-dell'avvenimento, era all'esercito francese, e nel suo quartier
-generale in Isola Farnese, a poche miglia innanzi Roma. Di colà scrisse
-alla moglie Isabella il 22 settembre 1503:
-
-«Illustre Signora, moglie nostra amatissima. — Affinchè la Signoria
-Vostra sia, al pari di noi, informata del decesso di papa Alessandro
-VI, le significhiamo quanto segue. Essendo malato, egli cominciò a
-parlare in forma, che chi non intendeva il suo proposito, credeva che
-vaneggiasse, ancorachè ragionasse con gran sentimento. Le parole sue
-erano: — Verrò, verrò, l'è ragionevole; aspetta ancora un po'. — Quei
-che intendevano il suo secreto, le spiegavano così: nel Conclave, alla
-morte d'Innocenzo, egli pattuì col diavolo, comprando il Papato con
-l'anima sua; fra gli altri patti fu che dovesse vivere sulla Santa
-Sede 12 anni; il che gli è stato atteso con quattro dì di giunta. V'è
-ancor chi afferma aver visto in camera di lui, al punto di rendere lo
-spirito, sette diavoli. Morto che fu, il corpo suo cominciò a bollire e
-la bocca a spumare, come caldaio sul fuoco; e continuò così sino a che
-stette sopra terra. Di più divenne oltre modo grosso, tanto che in lui
-non appariva più forma di corpo umano, e dalla larghezza alla lunghezza
-non v'era più differenza alcuna. Fu portato alla sepoltura senza molti
-onori; il cataletto fu trascinato da un facchino, con una corda legata
-al piede, sino al luogo ove fu sotterrato; e ciò perchè non si trovò
-alcuno che volesse toccarlo. Gli furon fatte esequie tanto misere, che
-la Nana moglie del zoppo le ha in Mantova più onorevoli. L'ultima fama
-sua rivive ogni giorno ne' più vituperosi epitaffi.»[228]
-
-Le relazioni del Burkard, dell'ambasciatore veneto Giustinian, del
-ferrarese Costabili e di molti altri contengono la descrizione stessa,
-e quasi con identiche parole. La favola del diavolo o Babuino, venuto a
-prendersi Alessandro, si può, del resto, legger pure in una relazione
-nel _Diario_ di Marin Sanudo. Il marchese Gonzaga, uomo di spirito
-tanto côlto e largo, la teneva per vera con la stessa ingenuità del
-popolino di Roma.
-
-La leggenda diabolica di Faust e di Don Giovanni, che venne
-istantaneamente a collegarsi con la morte di Alessandro VI — e non
-mancò neppure il cane nero, che irrequieto e senza mai posare correva
-in San Pietro — quella leggenda, dico, esprimeva il giudizio de'
-contemporanei sull'abominevole natura del Borgia e sulla sconfinata
-fortuna toccatagli in vita. Nulladimeno la figura morale di Alessandro
-VI è così enigmatica da rimanere un mistero, anche per lo sguardo del
-più acuto psicologo.
-
-In lui, come radice de' delitti suoi, non scopriamo ambizione nè
-sete di dominio, donde è mai sempre scaturita la massima parte delle
-colpe de' regi. In lui non odio del simile, nè crudeltà, nè piacere
-nel male; ma sensualità e la più nobile delle forme, che valgano a
-spiritualizzarla: l'amore pe' figliuoli. Tutte le osservazioni della
-psicologia disporrebbero l'animo a credere che l'enorme carico di colpe
-abbia fatto di Alessandro un uomo oppresso, come Tiberio e Luigi XI,
-dalla paura e dalla demenza. In quella vece innanzi a noi sta un uomo
-sempre pronto ai godimenti mondani, che sin nella più tarda età non
-sente l'esaurimento della vita: «Il Papa ogni dì si ringiovanisce;
-i suoi pensieri non passano mai una notte; è di natura allegra e fa
-quello che gli torna utile; e tutto il suo pensiero è di far grandi i
-suoi figliuoli; nè d'altro si cura.» Così l'ambasciatore veneto Capello
-nel 1500, due anni prima che quegli morisse.
-
-Il lato inesplicabile della natura sua non eran già le passioni, cui
-abbandonossi, nè le azioni commesse. Delitti pari, e anche più gravi,
-consumarono molti principi, prima e dopo di lui. L'inconcepibile
-è che le commettesse come Papa. Come è possibile che Alessandro VI
-congiungesse insieme quel delirio de' sensi e quelle spietate azioni
-con la coscienza continua di essere, qual ei si teneva, sacerdote
-supremo della religione, e rappresentante di Dio in terra? Abissi
-dell'anima umana! Non v'ha occhio capace di penetrarli e scrutarli.
-In che modo mai riduceva egli al silenzio i rimorsi e i palpiti della
-coscienza; come riusciva a nasconderli sotto quell'aspetto sempre
-franco e sereno? E poteva egli credere all'immortalità dell'anima e
-all'esistenza di un Dio?
-
-Ove si guardi alla gioconda e festosa spensieratezza, che in ogni
-azione sua poneva, si potrebbe affermare che Alessandro VI sia
-stato ateo e materialista per convinzione. Per spiriti profondamente
-filosofici e infelici vi può essere un punto di vista, dal quale tutto
-questo dibattersi del mondo umano apparisca come privo di scopo, come
-miserabile giuoco di fantocci. Più di un papa e di un imperatore poteva
-ripetere il noto motto: _Vanitas, omnia vanitas_, se nella coscienza
-della propria effimera esistenza osservava questa fragile gabbia di
-matti e l'insipidezza delle gioie e de' dolori loro, e le illusioni
-e i timori e l'egoismo e le idolatrie dell'uomo. Ma in Alessandro VI
-non v'ha traccia dello spirito di un Faust; nulla di un sottilizzante
-disprezzo del mondo; nulla di uno scetticismo titanico. Piuttosto una
-straordinaria ingenuità di fede sembra essersi in lui disposata con
-l'attitudine ad ogni enormezza. Lo stesso Papa, che all'effigie della
-Madre di Gesù faceva improntare i tratti dell'adultera Giulia Farnese,
-credeva di essere sotto il patrocinio speciale della Madonna.
-
-La vita di Alessandro VI è il più acuto contrapposto dell'ideale di
-Cristo. Questa è verità tanto incontrastabile, che non ha bisogno
-di altra prova se non del semplice confronto del procedere di
-colui con le dottrine dell'Evangelio. Si confronti soltanto con i
-dieci Comandamenti: non fornicare — non ammazzare — non far falsa
-testimonianza....
-
-Il fatto che Rodrigo Borgia sia stato Papa, apparirà a tutti i seguaci
-della Chiesa come il più miserando degli avvenimenti, come quello che
-dovrebbe essere deplorato più amaramente di ogni altra opposizione
-ostile, anche di ogni aperta ribellione alla Chiesa stessa. Certo è
-un fatto che non può distruggere la venerabilità dovuta alla Chiesa,
-a questo secolare ed elevatissimo prodotto dello spirito umano. Ma non
-distrugge forse tutta una serie di concetti mistici, che con l'idea del
-Papato si eran connessi?
-
-Le maledizioni contro il padre suo, che a un tratto rimbombarono
-per tutta Italia, difficilmente arrivarono all'orecchio di Lucrezia.
-Pure n'ebbe in sè qualche sentore, e dovette esserne terribilmente
-commossa. Tutto il passato in Roma le tornò ancora una volta vivo
-nella coscienza, ed oppresse l'anima sua. Suo padre, che primo l'aveva
-fatta infelice, era poscia stato l'artefice della fortuna sua. Pietà
-infantile e religioso timore dovettero a un tempo assalirla. Il Bembo
-ha descritto il suo dolore e la sua angoscia. Quest'uomo, dipoi tanto
-celebre, era venuto il 1503 alla corte di Ferrara, ov'egli, giovane
-nobile veneto della più fine coltura e di bellissimo aspetto, fu
-accolto con gioia, e s'era preso d'ardente passione per Lucrezia. Il
-perfetto cortigiano le scrisse questa lettera di condoglianza:
-
-«Io venni bene ieri a Vostra Signoria parte per farle intendere di
-quanto affanno e cordoglio m'erano le sue disavventure e parte per
-confortarnela, come io potessi il meglio, e pregarla a darsene pace,
-intendendo io che voi ve ne affliggevate oltra modo. Ma non m'è venuto
-fatto potermi in ciò soddisfare nè nell'una cosa, nè nell'altra. Chè,
-tosto che io vidi voi in quelle tenebre e in quel nero drappo mesta
-e lagrimosa giacere, ogni senso mi si ristrinse nel cuore, e stetti
-buona pezza senza poter niente dire, o almeno senza sapere ciò che
-io mi dicessi. E più tosto bisognoso io di conforto, che possente a
-darne altrui, confusa l'anima dalla pietà di quella vista, tra mutolo
-e scilinguato mi dipartii, siccome vedeste o poteste vedere. La qual
-cosa se forse m'è avvenuta perciò, che a voi non facesse nè di mia
-doglianza nè di mio conforto mestiero, siccome a colei, la quale e
-conoscendo la mia verso lei osservanza e fede, conosce parimente il
-mio dolore per lo suo, alla consolazione piglia per se stessa dalla sua
-infinita sapienza conforto senza altronde attendernelo, meno mi doglio
-di me stesso e della poca mia virtù, che intanto m'abbandonasse a quel
-tempo. Ma se pure e in questo e in quello ho a farne a voi parevole
-segno: dico che in quanto alla noia, senza fallo alcuno nessun'altra
-via avea la fortuna da potermi compiutamente far tristo e doloroso,
-che questa, dando a voi di dolervi e di attristarvi cagione: nè poteva
-suo strale alcuno passarmi tanto nell'anima quanto quello che mi veniva
-dalle vostre lagrime bagnato a ferire. In quanto poi alla consolazione
-e conforto, altro non so che dirvi, se non che vi ricordiate che ogni
-vostro dolore ammollisce e fa minore il tempo, il qual tempo indugiare
-e non prevenir col consiglio tanto più a voi si disdice, quanto da voi
-maggior prudenza è aspettata, la quale per le cotidiane pruove delle
-vostre virtù s'aspetta sommissima in ogni avvenimento e caso. Che se
-bene ora voi quel vostro così gran padre avete perduto, che maggiore la
-fortuna medesima dare nol vi potea, non è perciò questo il primo colpo
-che avete dalla vostra nemica e maligna disavventura ricevuto. Anzi dee
-oggimai l'animo vostro aver fatto il callo alle percosse degli avversi
-casi, tante e sì gravi n'avete voi sofferte per lo addietro. Oltra che,
-perciò che così portano per avventura le presenti condizioni che si
-faccia, non è da commettere, che alcuno creder possa che voi non tanto
-la caduta, quanto ancora la stante vostra fortuna piagniate. Ma per
-avventura io sono poco prudente, che a voi queste cose scrivo. Perchè
-farò fine umilmente raccomandandomivi. State sana. A' 2 d'agosto 1503.
-In Ostellato.»[229]
-
-
-VI.
-
-Calmata la prima commozione, Lucrezia potette benedire alla sua sorte.
-Se, anzi che esser moglie di Alfonso, i destini suoi fossero stati
-ancora legati a quelli de' Borgia, in quanta miseria non sarebbe
-anch'ella caduta! Presto si convinse che lo stato suo in Ferrara non
-era scosso. Doveva ciò parte alle proprie prerogative, e parte pure a
-quei solidi e duraturi vantaggi che aveva arrecati in dote alla casa
-d'Este. Se non che vedeva la vita de' suoi in pericolo a Roma. Il
-fratello Cesare vi giaceva malato. V'erano anche il figliuolo Rodrigo
-e Giovanni, il duca di Nepi. E intanto gli Orsini, spinti dal furore,
-cercavano vendicare nel sangue de' Borgia quello de' congiunti loro.
-
-Ella assediò di preghiere il suocero, perchè aiutasse Cesare e gli
-mantenesse gli Stati. Ercole trovò più vantaggioso che la Romagna
-rimanesse a Cesare, anzichè cadesse in potere de' Veneziani. Mandò
-colà Pandolfo Collenuccio per eccitar le popolazioni a restar fedeli al
-loro duca. Al suo ambasciatore in Roma esprimeva la sua gioia per esser
-Cesare in via di guarigione.[230]
-
-Ad eccezione della Romagna, lo Stato, messo insieme a furia di rapine
-dal figlio di Alessandro, cominciò in un momento ad andare in brani.
-I tiranni scacciati da lui ritornavano nelle loro città. Da Venezia
-Guidobaldo ed Elisabetta si condussero in fretta ad Urbino, che gli
-accolse festeggiando. Ed anche più presto di loro era Giovanni Sforza
-tornato da Mantova a Pesaro. Il marchese Gonzaga aveva mandato a lui la
-prima nuova della morte di Alessandro e della malattia di Cesare; e lo
-Sforza ne lo ringraziò con questa lettera:
-
-«Illustre Signore e Cognato onorandissimo. — Ringrazio l'Eccellenza
-Vostra per la buona nuova che s'è degnata di darmi con le sue lettere
-dello stato del Valentino. N'ho in vero provato tanta allegrezza,
-che spero omai mettere un termine ai mali miei. Io l'assicuro, che
-quando rientri nel mio Stato mi considererò come creatura di Vostra
-Eccellenza, perchè ella è padrone del tutto e anche della mia propria
-persona. Io la prego, se altro la intende del nominato Valentino che
-sia morto, a volermene dare qualche avviso, che la mi farà singolare
-piacere. Di cuore me le raccomando per sempre. — Mantova, 25 agosto
-1503. Di Vostra Eccellenza servitore Giovanni Sforza di Pesaro.»[231]
-
-Già il 3 settembre lo Sforza potette informare il marchese di essere
-entrato in Pesaro fra le acclamazioni del popolo. Per il fausto
-avvenimento fece coniare una medaglia. Porta da un lato il suo busto;
-dall'altro un giogo spezzato con le parole: PATRIA RECEPTA.[232]
-Sitibondo di vendetta, infuriò contro i ribelli di Pesaro con
-confische, col carcere e con esecuzioni capitali. Molti cittadini
-fece impiccare alle finestre del suo castello. Anche il Collenuccio,
-che aveva riparato a Ferrara sotto la protezione di Lucrezia e del
-duca, doveva ben presto cadergli in mano. Lo attirò a Pesaro con
-traditoresche promesse. Ma poscia per quell'accusa, dal Collenuccio un
-tempo indirizzata a Cesare Borgia, della quale asserì aver solo allora
-avuto cognizione, lo cacciò in prigione. Il Collenuccio, non privo
-certo di colpa verso l'antico signore ed amico, subì il suo destino e
-affrontò tranquillamente la morte nel luglio 1504.[233]
-
-Infrattanto Lucrezia seguiva con grande ansietà il corso degli eventi
-in Roma. Niuna lettera sua a Cesare o di questo a lei, in quel periodo,
-è rimasta. Ne abbiamo solo alcune tra Cesare e il duca di Ferrara, che
-non cessò mai di scrivergli. Il 13 settembre Ercole lo felicitava per
-la ricuperata salute, e lo informava aver, mercè un inviato, esortato i
-popoli di Romagna alla fedeltà verso di lui.
-
-Questa lettera giunse a Cesare in Nepi. Poichè per trattato con
-l'ambasciatore francese in Roma si fu messo sotto la protezione della
-Francia, egli, cedendo alla domanda de' cardinali, erasi ritirato in
-Nepi. Condusse seco la madre Vannozza e il fratello Jofrè, e, senza
-dubbio, anche la piccola figlia Luisa, come i due bambini Rodrigo e
-Giovanni, il quale ultimo era appunto duca di Nepi. La prossimità
-dell'esercito di Francia, accampato ancora in quel territorio, lo
-rendeva colà sicuro. Come se nulla fosse successo, egli scrisse
-lettere al marchese Gonzaga, che teneva allora il quartier generale
-a Campagnano. Gli mandò pure in regalo alcuni cani da caccia.
-Anche di Jofrè vi sono lettere da Nepi del 18 settembre allo stesso
-marchese.[234]
-
-Quivi Cesare apprese che il suo protettore ed amico Amboise non era,
-com'egli aveva sperato, riuscito a farsi elegger Papa; ma che era
-stato invece eletto il Piccolomini. Il 22 settembre salì sulla Santa
-Sede, come Pio III, questo vecchio e già moribondo cardinale: del
-resto, padre felice di non meno di 12 figliuoli, tra maschi e femmine,
-che solo la morte gli tolse di poter introdurre nel Vaticano e farli
-principi. Egli permise a Cesare di rientrare in Roma e mostrò anche di
-favoreggiarlo. Ma non erano quasi ancora tornati i Borgia, che già il
-3 ottobre gli Orsini si levarono pieni di furore gridando morte al loro
-nemico. Cesare con i bambini riparò in Castel Sant'Angelo; e già il 18
-ottobre Pio III moriva.
-
-I bambini non avevano omai altri difensori che Cesare e quei due
-cardinali, alla tutela de' quali Alessandro avevagli affidati. I
-loro Ducati svanirono come per colpo magico. Appena morto il Papa, i
-Gaetani tornarono da Mantova e s'impossessarono di nuovo di Sermoneta
-e di tutti gli altri beni, stati concessi al piccolo Rodrigo. Su Nepi
-affacciò pretensioni Ascanio Sforza o la Camera Apostolica. Di Camerino
-s'impadronì di nuovo l'ultimo dei Varano.
-
-Il piccolo Rodrigo era duca di Bisceglia, e come tale sotto la
-protezione di Spagna. Difatti, con molta previdenza, Alessandro VI
-aveva sin dal 20 maggio 1502 ottenuto da Ferdinando il Cattolico e
-Isabella di Castiglia diploma, mercè il quale la Casa reale di Spagna
-assicurava alla famiglia Borgia tutti i suoi beni nel Napoletano. E in
-questo atto erano espressamente nominati Cesare e successori suoi, Don
-Jofrè di Squillace, Don Juan, il figliuolo dell'ucciso Gandia, Lucrezia
-qual duchessa di Bisceglia, e il figlio ed erede suo Rodrigo.[235]
-Nell'Archivio di casa d'Este si trovano ancora i documenti della
-Cancelleria di Lucrezia, relativi all'amministrazione de' beni di
-Rodrigo, insieme con altri che si riferiscono al piccolo Giovanni.[236]
-
-Malgrado della protezione di Spagna, la vita del figliuolo di Lucrezia
-era allora in pericolo a Roma. Niun dovere incombeva a lei più stretto
-che di esigere che il figlio le fosse reso, e di prenderlo seco. Nol
-fece, perchè non potette o perchè non ebbe cuore abbastanza da farlo,
-o forse perchè le nacque il sospetto che appunto in Ferrara la vita
-di quel bambino sarebbe esposta a maggior pericolo. Il cardinal di
-Cosenza, tutore di Rodrigo, le propose di vendere tutti i mobili del
-figliuolo e di condurlo fuori d'Italia e metterlo al sicuro in Spagna.
-Essa comunicò la proposta al suocero, che le rispose così:
-
-«Illustrissima Signora Nuora e figlia nostra dilettissima. —
-Abbiamo avuto la lettera di Vostra Signoria assieme a quella, che
-il reverendissimo cardinale di Cosenza le diresse, e ch'ella ci ha
-mandata. Qui, con questa nostra, gliela respingiamo, dopo essere stata
-letta da niun'altra persona se non da noi. Abbiam notato la prudenza,
-con la quale la Signoria Vostra stessa e il nominato Cardinale
-scrivono. E le parole loro sono accompagnate da tante buone ragioni,
-che non si può giudicare se non che siano amorevoli e savie. Onde,
-avendo tutto ben ponderato, ne pare che la Signoria Vostra possa
-e debba acconsentire a quanto il detto reverendissimo Monsignore
-propone di voler fare. A noi sembra che Vostra Signoria debba avergli
-qualche obbligazione per la prova di cordiale amore ch'egli addimostra
-verso di lei e dell'Illustrissimo Don Rodrigo, del quale accade dire
-essere stato preservato in vita per opra di colui. Quando anche esso
-Don Rodrigo avesse a stare un po' più lontano da Vostra Signoria,
-tanto meglio stare lontano e sicuro che vicino con pericolo, come il
-Cardinale fa vedere che sarebbe. Nè per questa lontananza l'amore tra
-voi diminuirà. Una volta poi fatto grande, potrà secondo le circostanze
-di tempo pigliar da sè partito, se tornare in Italia o rimanersi
-lontano. È buona idea quella dello stesso Cardinale d'invertire i
-mobili in danaro per supplire al vivere di colui aumentandone le
-entrate, siccome egli dice di voler fare. Per ogni rispetto adunque,
-come abbiamo detto, pare a noi sia bene acconsentire alla proposta. Non
-di manco se a Vostra Signoria, ch'è prudentissima, paresse altrimenti,
-ce ne rimettiamo a lei. Si tenga sana. — Codegorico, 4 ottobre 1503.
-Ercole Duca di Ferrara, etc.»[237]
-
-Intanto il primo novembre 1503 salì sul trono papale il Della Rovere,
-come Giulio II. I Della Rovere, i Borgia, i Medici, tre famiglie di
-cui ciascuna contò due papi, hanno dato al Papato l'aspetto politico
-moderno. Negli annali della Chiesa non vi sono altre famiglie
-che abbiano avuto altrettanto influsso sulla storia. I nomi loro
-abbracciano un grande processo di rivoluzioni politiche e morali. Ora i
-Della Rovere occupavano ancora una volta il posto dei Borgia, de' quali
-fierissimo nemico era già stato un tempo Giuliano. La decadenza di
-Cesare poteva omai riguardarsi come decisa.
-
-In altre storie si legge come Giulio II si servisse dapprima di Cesare
-per assicurarsi, mercè l'influenza di lui su' cardinali spagnuoli,
-l'elezione; e poscia, ottenuta una volta la dedizione delle fortezze
-di Romagna, lo mettesse da parte. Cesare si gettò nelle braccia della
-Spagna. Nell'aprile 1504 andò da Ostia a Napoli, ove il Gran Capitano
-Consalvo era luogotenente di Ferdinando il Cattolico. Fu accompagnato
-da Don Jofrè; e v'era già stato preceduto da' cardinali Francesco
-Romolini di Sorrento e Lodovico Borgia, fuggiti a Napoli per tema di
-un processo. Ma Consalvo ritrattò il salvocondotto che aveva dato a
-Cesare. E a nome del re Ferdinando lo fece arrestare il 27 maggio, e lo
-mandò nel Castello d'Ischia.
-
-Nulla sappiamo della sorte de' bambini Borgia. È molto probabile che
-sian rimasti sotto la protezione de' cardinali spagnuoli in Roma o
-piuttosto in Napoli. Avendo appena salva la vita, Cesare fu imbarcato
-per la Spagna. Le cose sue di maggior valore egli aveva dato a
-custodire in Roma agli amici suoi, perchè gliele serbassero in modo
-sicuro e spedissero a Ferrara. Perciò il 31 dicembre 1503 il duca
-Ercole scriveva al suo ambasciatore a Roma, di prendere in consegna le
-casse di Cesare, quando il cardinale di Sorrento gliele rimettesse, e
-di spedirle quindi a Ferrara come proprietà del cardinale d'Este.[238]
-Se non che Giulio II, quando fu morto il cardinale Romolini, ancora nel
-maggio 1507, confiscò nella casa di lui 12 casse e 84 balle, contenenti
-tappeti, drappi e altre suppellettili di proprietà di Cesare. Altra
-parte de' tesori di costui, oro e argento e altri oggetti preziosi,
-il Papa esigette gli fosse resa da Firenze, ove Cesare l'aveva
-depositata. Però la Signoria Fiorentina dichiarò volersi essa stessa
-compensare.[239]
-
-La deportazione di Cesare in Spagna fece molto senso. Niuno voleva
-darsene per autore, non Consalvo, non il Papa e nemmeno il re
-Ferdinando. Fu detto pure essere stata la vedova di Gandia, la quale
-alla Corte di Spagna aveva ottenuto che fosse preso l'assassino del
-marito.[240] I cardinali spagnuoli s'impegnarono per Cesare. Anche
-Lucrezia cooperò con grandi sforzi alla liberazione del fratello.
-Giunsero di lui notizie dalla Spagna; le prime dell'ottobre 1504.
-Il Costabili scriveva a Ferrara: «Gli affari del duca Valentino non
-sembrano tanto disperati quanto s'era detto. Il cardinale di Salerno
-ebbe lettere del 3 dal Requesenz, il maggiordomo del duca, da costui
-mandato anticipatamente, prima che egli stesso arrivasse colà, con
-lettere di parecchi cardinali alle Maestà Cattoliche di Spagna.
-Ora il Requesenz scrisse, il duca essere stato rinchiuso con un
-sol servitore nel Castello di Siviglia, che, ancorachè molto forte,
-pure è spazioso assai. Ma poscia gli sono stati dati otto servitori.
-Scrisse benanche aver parlato al re intorno la liberazione, e questi
-avergli risposto, che non lui aveva comandato l'imprigionamento del
-duca; ma aveva disposto che fosse in quel castello rinchiuso per
-molte cose, delle quali Consalvo lo chiama colpevole. Quando queste
-si provassero non vere, egli senza dubbio farebbe, rispetto a Cesare,
-il voler de' cardinali. Pure doveasi prima di tutto aspettare che la
-regina risanasse. Risposta identica diede pure agli ambasciatori del
-re e della regina di Navarra, che si eran presso lui con ogni fervore
-impegnati per la liberazione di Cesare. Epperò il Requesenz sperava che
-questi ben presto ricupererebbe la sua libertà.»[241]
-
-Dalle lettere adunque del Requesenz risulta, che Cesare in prima fu
-portato a Siviglia; di là fu poi mandato al Castello Medina del Campo
-nella Castiglia. Le preghiere sue presso il re di Francia rimasero
-inascoltate. In Italia poi niuno poteva desiderare di vederlo rimesso
-in libertà. Ivi, tranne sua sorella, non v'era chi si prendesse cura
-dell'avventuriero decaduto. Ma gli sforzi di colei con difficoltà
-trovavano un buon appoggio da parte medesima degli Este. Ove Cesare
-fosse tornato in Italia, è chiaro che sarebbe venuto a turbar la pace
-alla corte di Ferrara, e forse anche avrebbe fatto di questa il centro
-de' suoi intrighi. Solo i Gonzaga sembrano non avergli tolto del tutto
-la loro benevolenza; abbenchè, in luogo d'imparentarsi con lui, come
-un tempo desideravano, diventassero ora congiunti de' Della Rovere.
-Difatti il marchese di Mantova il 9 aprile 1505 sposò la sua giovane
-figlia Eleonora col nipote di Giulio II, con Francesco Maria Della
-Rovere, l'erede di Urbino.[242] Era specialmente Isabella Gonzaga
-quella che, per compiacere alla cognata Lucrezia, appoggiava presso il
-marito le intercessioni di costei. L'Archivio di casa Gonzaga contiene
-ancora parecchie lettere di Lucrezia al marchese in favore di Cesare.
-
-Il 18 agosto 1505 ella gli scrisse da Reggio, che aveva iniziato
-pratiche in Roma e nudriva speranza, che il Papa darebbe facoltà al
-cardinale Pietro Jsualles a fare un viaggio alla Corte di Spagna per
-ottenere la liberazione di Cesare. Pregava perciò il marchese di voler
-intercedere presso il Papa, perchè permettesse al cardinale siffatta
-commissione.[243] Gli scrisse di nuovo l'8 novembre da Belriguardo, e
-lo ringraziò della intenzione di lui di spedire nella Spagna un agente.
-E gli mandò al tempo stesso una lettera pel re Ferdinando e un'altra
-pel fratello Cesare.
-
-Non si sa se il cardinale andasse in effetto alla Corte di Madrid. È
-poco credibile che Giulio II glielo abbia permesso.
-
-
-VII.
-
-Nell'anno stesso che Lucrezia con grande amore tanto s'affannava per
-la sorte dell'abominevole fratello, le condizioni sue proprie mutarono
-di molto. Il 25 gennaio 1505 ella era divenuta di fatto duchessa di
-Ferrara. Il marito Alfonso, per desiderio del padre, aveva intrapreso
-un viaggio per far conoscenza delle corti di Francia, delle Fiandre e
-d'Inghilterra. Doveva quindi tornare in Italia, passando per la Spagna.
-Se non che, alla Corte di Enrico VII d'Inghilterra, gli giunsero
-dispacci che lo informavano della infermità del duca. Tornò in fretta a
-Ferrara, ove poco dopo il suo arrivo Ercole moriva.
-
-Alfonso salì sul trono ducale in un tempo che richiedeva da lui molta
-energia e molta prudenza per affrontare i pericoli, onde lo Stato suo
-era minacciato. Perchè la Repubblica di Venezia s'era già impadronita
-d'una parte della Romagna, e cercava chiudere a Ferrara le foci del
-Po. E dall'altro lato Giulio II apparecchiavasi in Roma a sottomettere
-Bologna e dopo a stendere forse anco la mano su Ferrara. In condizioni
-siffatte fu fortuna per quello Stato avere a capo un principe, come
-Alfonso, di indole posata e pratica. Egli non amava lo sfarzo nè la
-prodigalità; di avere una corte splendida non si curava punto. Tutto
-quello che fosse apparenza, anche il suo vestimento, negligeva. Le
-passioni sue si concentravano nell'esercito, nelle fortificazioni e nel
-fondere cannoni. Quando le occupazioni gliene lasciavano agio, trovava
-il suo svago in una bottega di tornitore che s'era ordinata, ovvero, da
-quell'abile dilettante ch'era, nel dipingere vasi di maiolica. Per la
-più elevata coltura non ebbe alcun senso. L'abbandonò alla moglie.
-
-Con piena libertà regolava Lucrezia la sua corte. Ormai erasi fatta
-anima e centro di ogni vita spirituale in Ferrara. Il côlto intelletto,
-la bellezza, la grazia irresistibile della sua natura affascinavano
-chiunque le si accostasse. La ripugnanza, che in sul principio
-i congiunti di casa d'Este avevan sentito per lei, era svanita.
-Specialmente in Isabella Gonzaga s'era convertita in affezione. N'è
-prova la copiosa corrispondenza epistolare tra loro, durata sino alla
-morte di Lucrezia. Parecchie centinaia delle lettere sue alla marchesa
-di Mantova si conservano ancora nell'Archivio Gonzaga.
-
-Le sue relazioni con la casa d'Urbino s'erano appena fatte meno
-amichevoli e cordiali. Continuarono ancora così, quando Guidobaldo
-fu venuto a morte nell'aprile 1508, mentre successore di costui fu
-Francesco Maria Rovere, genero d'Isabella Gonzaga. Essa riceveva le
-visite di questi principi, e stava in intimo contatto con molti de'
-più ragguardevoli uomini, quali Baldassarre Castiglione e Ottaviano
-Fregoso, Aldo Manuzio e il Bembo.
-
-Il Bembo ardeva d'amore per la bella duchessa. La cantò in versi, e le
-dedicò il primo agosto 1504 il suo dialogo sull'amore, _Gli Asolani_,
-con una lettera, nella quale ne celebrava le virtù. L'amico suo Aldo,
-che aveva dapprima vissuto in Ferrara alla corte di Ercole, poi era
-andato presso i Pii nell'incantevole Carpi, e da ultimo stabilitosi in
-Venezia, stampò quivi nel 1505 _Gli Asolani_ e gli mandò a Lucrezia
-con una dedica. La passione del Bembo per la duchessa è cosa, su
-cui non cade dubbio. Ma sarebbe sterile impresa voler desumere dalle
-prove di affetto, che la bella donna gli diede, che la passione abbia
-trascesi i confini del lecito; il che si è creduto poter arguire dalle
-lettere del Bembo a colei, stampate nelle opere di lui; e molto più da
-quelle dirette a lui stesso dalla Lucrezia. L'ingegnoso Veneziano, dal
-1503 al 1506, tempo in cui andò a stare alla corte di Guidobaldo in
-Urbino, stette sempre in vivissime relazioni personali con Lucrezia.
-Le scrisse lettere, allorchè dimorava dagli amici suoi Strozzi, in
-villa Ostellato. In esse, soprattutto in alcune, ch'ei indirizzava
-ad un'amica innominata, e ch'era, senza dubbio, la duchessa, si sente
-qualcosa più dell'amicizia: son piene di tenera confidenza. Le lettere
-di Lucrezia al Bembo esistono, com'è noto, nell'Ambrosiana di Milano.
-Ogni visitatore della celebre Biblioteca le avrà viste insieme con
-la ciocca di biondi capelli, che v'è unita. Quelle sono autografe e
-incontrastabili; dell'autenticità invece dell'altra sembra lecito
-dubitare; ma potette anche ben essere un pegno d'affetto, che al
-fortunato Bembo riuscì ottenere. Le lettere della Lucrezia a lui sono
-state descritte e commentate prima da Baldassarre Oltrocchi; poi messe
-in voga da Lord Byron, e ultimamente, nell'anno 1859, pubblicate in
-Milano da Bernardo Gatti.[244] Sono nove in tutto: sette in italiano, e
-due in spagnuolo. V'è anche annessa una canzone spagnuola.
-
-Che nel suo cuore Lucrezia accogliesse pel Bembo più che amicizia, deve
-parere certo. Lei giovane tuttora, e lui perfetto cavaliere, bello,
-amabile e pieno di spirito sì da ecclissare interamente il ruvido
-Alfonso. Di questo egli dovette anzi eccitare la gelosia. E forse per
-ciò e pel pericolo, onde si vide minacciato, si decise ad andarsene
-a stare in Urbino. Sino al 1513, benchè di lontano, si tenne in
-amichevole relazione con Lucrezia.
-
-Molti altri poeti in Ferrara le offrivano omaggi e la divinizzavano. I
-versi de' due Strozzi sono anzi più appassionati di quelli del Bembo,
-forse perchè il loro ingegno poetico era superiore. Tito, il padre,
-s'incontrava col suo geniale figliuolo, Ercole, negli stessi sentimenti
-rispetto alla bella principessa, e sino ne' motivi e nelle immagini
-poetiche. E siffatta comunanza basta già a provare, che l'amor loro
-non era che una devozione estetica. Tito cantò una rosa, che Lucrezia
-avevagli offerta; ma il figliuolo lo vinse in un epigramma: _La Rosa
-di Lucrezia_,[245] che difficilmente fu la stessa che aveva ricevuta il
-padre.
-
-Tito ne' suoi epigrammi confessava, che, mentre per l'età sua si teneva
-sicuro dell'amore, ora nondimeno era preso ne' ceppi di Lucrezia. In
-essa — così diceva — s'è raccolta ogni magnificenza del cielo e della
-terra; e niente che le stia a paro può trovarsi nel mondo. Al Bembo,
-di cui gli era nota la passione, diresse un epigramma, nel quale
-con spiritosa vena componeva il nome Lucrezia da _Lux_ e _Retia_, e
-saporitamente rideva della rete, nella quale segnatamente il Bembo era
-avviluppato.[246]
-
-Suo figlio Ercole la chiamava una Giunone nel soccorrere; una Pallade
-ne' costumi; una Venere nell'aspetto. Cantò in versi catulliani
-il marmoreo Cupido, che la principessa aveva posto nella sala. Il
-Dio d'amore era stato pietrificato dal lampo degli occhi di lei.
-L'occhio bellissimo di Lucrezia paragonava al sole, che accieca chi
-osa fissarlo. Come Medusa, con lo sguardo suo essa faceva diventar di
-pietra l'acciecato. Ma anche nella pietra l'amorosa pena perdura e si
-sfoga in lagrime.
-
-È mai possibile leggere tutte quelle graziose poesie, e pensare
-ancora che gli autori potessero scriverle, tenendo Lucrezia realmente
-colpevole di que' delitti, onde il Sannazzaro non aveva lasciato di
-accusarla anche dopo la morte del padre?
-
-Antonio Tebaldeo, il Calcagnini e il Giraldi cantarono anche la
-bellezza e la virtù di Lucrezia. Marcello Filosseno compose su lei
-amorosi sonetti, comparandola con Minerva e Venere. Jacopo Caviceo,
-che negli anni ultimi della sua vita — morì il 1511 — fu vicario del
-Vescovado di Ferrara, le dedicò il suo curioso romanzo, Peregrino,
-con una epistola dedicatoria, nella quale l'esaltava come «bella ed
-erudita, savia e costumata.» La serie de' poeti, che stettero a' piedi
-suoi, dev'essere stata lunga assai. Ed essa accoglieva gli omaggi loro
-con quella stessa aria di orgoglio soddisfatto, con cui ogni bella
-donna riceve oggi di simili offerte. Alcuni de' poeti erano forse
-ebbri d'amore per lei. Altri la incensavano per pura cortigianesca
-adulazione. Ma contenti tutti d'avere in essa un ideale, che poteva per
-lo meno valere come platonica sorgente delle rime e de' versi loro.
-
-Quei poeti per noi oggi non sono che nomi letterarii, eccettuato
-l'Ariosto. Dal 1503 il grande Poeta fu in istrette relazioni con la
-corte di Ferrara, essendo entrato anzi tutto a' servizii del cardinale
-Ippolito. Poco dopo, nel 1505, diè principio al suo poema, sul cui
-svolgimento però non pare la bella duchessa abbia spiegato grande
-influenza. Alcuna volta la glorificò, segnatamente in una ottava,
-per la quale essa non avrebbe saputo render grazie che bastassero, se
-avesse inteso che il Poeta era destinato all'immortalità: è l'83^ma
-del canto XLII dell'_Orlando Furioso_. L'Ariosto colloca l'immagine
-di Lucrezia nel tempio d'onore delle donne, sostenuta da due cavalieri
-testimoni dell'onore di lei, i due celebri poeti, Antonio Tebaldeo ed
-Ercole Strozzi. L'iscrizione sotto l'immagine dice, che la patria di
-lei, Roma, debba per bellezza ed onestà porla al disopra della Lucrezia
-antica.[247]
-
-Uno scrittore moderno italiano, a proposito di quest'omaggio
-dell'Ariosto, osserva: «Per quanto si voglia tener conto dello spirito
-cortigianesco dei poeti di quei tempi e della buona servitù di messer
-Ludovico agli Estensi, si consentirà tuttavia che l'arte adulatoria
-aveva pur essa i suoi canoni e i suoi limiti, e che male avvisato e
-inesperto delle materie del mondo e delle usanze delle Corti sarebbe
-stato colui che avesse lodato un principe di ciò appunto, di cui più
-palesemente avesse meritato biasimo; imperocchè la lode avrebbe allora
-vestito le forme dell'ironia, e mal ne avrebbe incolto all'incauto
-e sconsigliato piaggiatore.»[248] L'adulazione fu il prezzo, onde i
-poeti di corte in ogni tempo pagarono la loro aurea servitù; fu il loro
-peccato e la loro pena. L'Ariosto e il Tasso se ne tennero tanto poco
-lontani quanto Orazio e Virgilio. Allorchè il Cantore dell'_Orlando
-Furioso_ si vide trattato con freddezza dal cardinale Ippolito, avrebbe
-voluto d'un tratto dar di frego a tutto ciò che aveva detto in lode di
-lui. Uopo è anche ammettere che il semplice nome _Lucrezia_ porgeva
-occasione all'Ariosto, come agli altri poeti, di stabilire paragone
-con quell'ideale classico dell'onestà muliebre. Questo s'offriva quasi
-spontaneo all'immaginazione, soprattutto pe' poeti della Rinascenza.
-Nulladimeno non si può in tutto rigettare l'osservazione del moderno
-difensore di Lucrezia. Dove pure quel paragone non fosse stato fatto,
-è certo che altri contemporanei dell'Ariosto hanno appunto esaltato
-l'onestà della bella duchessa. E questo è sicuro, che nel periodo della
-sua vita in Ferrara essa si mostrò qual modello di donna virtuosa.
-
-Alla corte sua viveva una giovane dama, le cui attrattive
-affascinavano tutti i cuori, sino a che non divenne cagione di un
-tragico avvenimento. Era quell'Angela Borgia, che Lucrezia aveva
-seco menato da Roma a Ferrara, un tempo fidanzata di Francesco Maria
-Rovere. Non si sa quando la promessa di matrimonio sia stata sciolta.
-Dovett'essere forse appena dopo la morte di Alessandro. Allora, come
-s'è visto, l'erede di Urbino si ammogliò con Eleonora Gonzaga. Fra
-gli adoratori di Angela erano i due fratelli del duca Alfonso, il
-cardinale Ippolito e Giulio, figliuolo naturale di Ercole, uomini
-egualmente rotti al vizio. Un giorno che il cardinale le offriva
-gli omaggi suoi, Angela vantò i belli occhi di Giulio. Il geloso
-libertino ne sentì dispetto sì forte, che concepì tutto un disegno di
-vendetta veramente infernale. Il reverendo cardinale ordinò a compri
-sicarii di cogliere in agguato il fratello, di ritorno da una caccia,
-e di cavargli quegli occhi, che donna Angela aveva trovati sì belli.
-L'attentato fu compiuto in presenza del cardinale stesso; ma non riuscì
-così a pieno com'ei avrebbe desiderato. Il ferito fu trasportato al
-suo palazzo, ove i medici potettero per gran ventura salvargli un
-occhio. Il criminoso fatto accadde il 3 novembre 1505.[249] Tutta la
-corte ne fu in grande commozione. Il duca, è vero, punì il cardinale,
-esiliandolo temporaneamente; ma l'infelice Giulio aveva ben motivo di
-rimproverargli, ch'innanzi a quel delitto s'era rimasto indifferente.
-Egli ardeva di vendicarsi, e il suo furore doveva ben presto trarsi
-dietro le più terribili conseguenze.
-
-Per l'Ariosto, cortigiano dell'empio cardinale, l'imbarazzo non fu poco
-nè piccolo. Se la cavò in modo, a dir vero, punto onorevole; il che
-contribuisce a scemare valore alle lodi da lui tributate a Lucrezia.
-L'adulazione l'acciecò e l'indusse a scrivere un'egloga, nella quale
-assegnava le ragioni dell'attentato, e cercava in parte riabilitare
-gli assassini, dipingendo con foschi colori il carattere di Giulio.
-Nell'egloga stessa diè anche la stura ad un entusiastico panegirico
-di Lucrezia. Ne lodò non solo la bellezza e lo spirito e le opere di
-pietà, ma sopra ogni cosa la pudicizia, per la quale sarebbe già stata
-glorificata prima di venire a Ferrara.[250]
-
-Un anno dopo, il 6 dicembre 1506, Lucrezia sposò donna Angela col
-conte Alessandro Pio di Sassuolo. E, per strano accidente, più tardi il
-figlio di costoro, Giberto, fu marito d'Isabella, figlia naturale del
-cardinale Ippolito.
-
-Intanto, nel mese stesso di novembre, in cui ebbe luogo l'attentato,
-un avvenimento in Vaticano fece su Lucrezia gravissima impressione,
-e risvegliò in lei le più penose ricordanze. La Giulia Farnese, la
-compagna della sua sciagurata gioventù, vi apparve in condizioni tali,
-che ella dovette sentirsene commossa davvero. Non sappiamo quali casi
-incontrasse l'amante di Alessandro poco innanzi e dopo la morte di
-costui. Probabilmente andò a vivere col marito Orsini al Castello di
-Bassanello; ed ivi forse si ritirò pure la suocera Adriana. Per lo meno
-troviamo colà la Giulia nel 1504, anno in cui nella famiglia Orsini fu
-consumato uno di quei delitti di sangue, così frequenti nella storia
-delle famiglie italiane. La sorella di Giulia, Girolama Farnese,
-la vedova di Puccio Pucci, erasi in seconde nozze sposata col conte
-Giuliano Orsini di Anguillara. Il figliastro Giambattista di Stabbia
-ammazzò Girolama, perchè, come fu detto, essa stessa aveva voluto
-avvelenar lui. Giulia diede sepoltura all'uccisa sorella in Bassanello.
-
-L'anno appresso dev'essere andata a Roma ed aver preso dimora nel
-palazzo degli Orsini. Suo marito era morto, e forse morta doveva
-esser pure Adriana Ursina; mentre non comparisce nell'atto solenne
-avuto luogo in Vaticano nel novembre 1505. Ivi, a grandissimo stupore
-di tutta Roma, Giulia maritò l'unica figlia sua, Laura, col nipote
-carnale di papa Giulio II, Niccolò Della Rovere, fratello del cardinal
-Galeotto.
-
-Laura, per quanti erano addentro a' misteri della madre, passava
-per figliuola di Alessandro VI, e quindi per sorella naturale della
-duchessa di Ferrara. All'età di sette anni appena la madre, il 2 aprile
-1499, l'aveva formalmente promessa in isposa al dodicenne figliuolo di
-Raimondo Farnese. Il legame era poscia stato sciolto, per dar luogo
-all'altro, il più splendido che l'ambizione di quella donna sapesse
-desiderare.[251]
-
-L'assenso di Giulio II all'unione di suo nipote con la bastarda di
-Alessandro VI è uno de' fatti più singolari nella storia personale di
-questo Papa. Sembra indicare la sua riconciliazione con i Borgia. Egli
-gli aveva odiati, sino a che fu loro nemico; ma l'odio suo non aveva
-mai avuto motivi morali. Giulio II non ha mai disprezzato Alessandro
-e Cesare: piuttosto, al pari del Machiavelli, n'ha riconosciuto con
-ammirazione la forza. Niun documento ci attesta, che asceso al trono
-egli abbia intrattenuto relazioni personali con Lucrezia Borgia. Pure è
-da tenere per sicuro, che lo abbia fatto, per riguardo alla casa degli
-Este. Una volta soltanto aveva recato sfregio gravissimo a Lucrezia,
-quando il 24 gennaio 1504, mettendo Guglielmo Gaetani in possesso di
-Sermoneta, scrisse una Bolla in termini così poco riguardosi, che vi
-dava, senza complimenti, ad Alessandro VI del truffatore, avido di
-arricchire i suoi con le spoliazioni degli altri.[252] E signori di
-Sermoneta erano stati per lo appunto Lucrezia prima, poi il figlio
-Rodrigo.
-
-Più tardi, soprattutto quando Alfonso fu venuto al governo, le
-relazioni del Papa con Lucrezia dovettero farsi più amichevoli. Ella
-continuò pure a mantenere un commercio epistolare con Giulia Farnese.
-Senza dubbio ebbe da questa la nuova dell'unione della figlia con la
-Casa del Papa.
-
-Il matrimonio fu solennizzato in Vaticano, presenti Giulio II, il
-cardinale Alessandro Farnese e la madre della sposa. Quel giorno segnò
-per Giulia uno de' più grandi trionfi nella sua vita così piena di
-avventure. Aveva soggiogato la resistenza morale di un altro Papa;
-e questi era il nemico di Alessandro e l'autore della rovina di
-Cesare. Essa, l'adultera, la ganza di Alessandro VI, stigmatizzata
-con le satire di Roma e di tutta Italia, compariva ora in Vaticano,
-come una delle più cospicue signore dell'aristocrazia romana, come
-l'_illustrissima gentildonna Julia de Farnesio_, vedova dell'Orsini,
-per sposarvi la figlia sua e di Alessandro col nepote di Giulio II, e
-così assolvere e purificare il suo peccaminoso passato. In quel tempo
-essa era ancora donna bella e seducente, che toccava, tutt'al più, il
-trentesimo anno dell'età sua.
-
-Questa fortuna e questa reintegrazione dell'onor suo — se pure,
-rispetto alla morale del tempo, accade di ciò parlare — essa le doveva
-alla reputazione del fratello, il cardinale. Vi furono anche riguardi
-politici che indussero il Papa a quella unione. Per effettuare il suo
-disegno di ricostituzione dello Stato della Chiesa, egli voleva innanzi
-tutto guadagnarsi l'animo delle grandi famiglie romane. Tirò dalla
-sua i Farnesi e gli Orsini. Nel maggio 1506 maritò la propria figlia
-naturale, Felice, con Giangiordano Orsini di Bracciano; e nel luglio
-dello stesso anno diede la nipote Lucrezia Gara Della Rovere, sorella
-di Niccolò, in moglie a Marcantonio Colonna.
-
-La giovane Laura Orsini ereditò Bassanello e i diritti sul palazzo
-di Monte Giordano in Roma. Dopo quel tempo la madre Giulia scompare
-di nuovo dalla scena. E non è più visibile nè sotto Giulio II, nè
-sotto Leone X. Il 14 marzo 1524 fece testamento in favore delle nipoti
-Isabella e Costanza, pel caso che la figliuola non avesse discendenti.
-Il 23 marzo dello stesso anno l'ambasciatore veneto in Roma, Marco
-Foscari, scriveva alla Signoria: «La sorella del cardinale Farnese,
-madonna Giulia, un tempo amante di papa Alessandro, è morta.» Queste
-parole danno a credere che la sia morta in Roma. Di Giulia _bella_
-non abbiamo nessun ritratto autentico. Soltanto la tradizione romana
-pretende che delle due figure marmoree, che ornano il sarcofago di
-Paolo III Farnese in San Pietro, l'una, la _Giustizia_, rappresenti
-l'immagine fedele della sorella, la Giulia Farnese, e l'altra, la
-_Saviezza_, quella della madre di lui, Giovannella Gaetani.
-
-La figliuola di Giulia restò signora di Bassanello e Carbognano. Ebbe
-un figlio, Giulio Della Rovere, che più tardi ebbe grido di uomo molto
-dotto.[253]
-
-Frattanto l'attentato commesso contro Giulio d'Este adduceva tali
-conseguenze, che la casa di Ferrara si trovò minacciata da una
-terribile catastrofe. Giulio accusava Alfonso d'iniquità; e invece
-i molti amici del cardinale trovavano l'esilio di lui sin troppo
-duro. Ippolito aveva gran seguito in Ferrara. Egli era uomo mondano e
-prodigo; mentre il duca, tutto immerso nelle sue inclinazioni positive
-e nelle sue occupazioni pratiche, trascurava la corte e la nobiltà. Un
-partito si formò, che aspirava ad un violento cambiamento di governo.
-Rivoluzioni siffatte furon tutt'altro che nuove nella casa degli Este,
-sin nel tempo in che Ercole era venuto al potere.
-
-Giulio fece entrare ne' suoi disegni di vendetta alcuni nobili
-malcontenti, e uomini senza coscienza ch'erano al servizio del duca: il
-conte Albertino Boschetti da San Cesario, il genero di lui, capitano
-della Guardia palatina, un cameriere, un cantante di camera del duca,
-e alcuni altri. Alla congiura prese parte anche Don Ferrante, germano
-di Alfonso, al quale, come procuratore di costui, era stata affidata
-Lucrezia in Roma. Intendimento di Giulio era di spedire all'altro mondo
-il cardinale, avvelenandolo; e, poichè il fatto non sarebbe passato
-impunito ove Ercole rimanesse in vita, di ammazzare anche quest'ultimo
-e mettere sul trono Don Ferrante. L'uccisione di Alfonso doveva aver
-luogo in un ballo in maschera.
-
-Il cardinale, ch'era servito egregiamente dalle sue spie in Ferrara,
-ebbe notizia del disegno, e potè presto avvertirne il fratello Alfonso.
-Ciò fu nel luglio 1506. I congiurati cercarono salvezza nella fuga.
-Pure non riuscì fuggire che a Giulio e al cantante Guasconi, il primo a
-Mantova, il secondo a Roma. Il conte Boschetti fu preso a poca distanza
-da Ferrara. Quanto a Don Ferrante, sembra non abbia fatto tentativo
-alcuno di fuga. Condotto alla presenza del duca, gli si gettò a' piedi,
-implorando grazia. Ma, inetto oramai a contener lo sdegno, Alfonso non
-solo lo scacciò adirato da sè; ma con uno stocco, che aveva in mano,
-gli cavò fuori un occhio. Quindi lo fece rinchiudere nella torre del
-castello. Colà fu ben presto menato anche Don Giulio, consegnato,
-dopo alquanta resistenza, dal marchese di Mantova. Il processo di
-crimenlese fu subito condotto a termine, e i colpevoli condannati a
-morte. Primo ad esser decapitato innanzi al Palazzo della Ragione fu
-il Boschetti con due de' complici suoi. Lo spettacolo dell'esecuzione
-è con precisione figurato in una statistica criminale di Ferrara di
-quel tempo; e il notevole manoscritto si conserva nella Biblioteca
-dell'Università.
-
-I due principi dovevano essere impiccati il 12 agosto nella corte
-del castello. Il patibolo era già stato rizzato; le tribune andavan
-popolandosi; il duca venne a prendere il suo posto; furon condotti
-i due infelici coperti di catene. Alfonso fece allora un segno: egli
-rendeva grazia a' suoi fratelli. Privi di sensi, furon questi riportati
-nel carcere. La loro pena era la prigione in vita. E vi languirono
-per lunghi anni, anche dopo la morte di Alfonso. Nulla potette mai
-ammollire il cuore di quest'uomo crudele. Tutto il tempo che visse
-seppe acconciarsi al pensiero, che i miseri fratelli giacevano là,
-nella torre, in quel castello stesso, ove egli libero entrava e usciva,
-ove abitava, ove non di rado trovava gioia e contento. Tali gli Este,
-quelli che l'Ariosto nel suo poema ha levati a cielo. Don Ferrante
-cedette alla morte il 22 febbraio 1540 nell'età di 63 anni. Don Giulio
-ricuperò la libertà nell'anno 1559, e poscia morì il 24 marzo 1561, di
-83 anni.
-
-
-VIII.
-
-Proprio nel tempo che quella tragedia si svolgeva alla corte di
-Ferrara, e che alla memoria di Lucrezia dovevano ripresentarsi
-vivi i ricordi della sua passata vita, Giulio II usciva da Roma
-per dar seguito alle sue ardite imprese. Queste eran rivolte alla
-ricostituzione dello Stato della Chiesa, mercè la scacciata di quei
-tiranni, che un tempo avevano potuto schivare il ferro di Cesare. Come
-vassallo della Chiesa, Alfonso mandò truppe ausiliarie. Non prese però
-parte di persona alla spedizione; mentre invece Guidobaldo d'Urbino,
-che aveva adottato Francesco Maria Della Rovere a figlio e successore
-suo, e il marchese Gonzaga servivano personalmente nell'esercito
-di Giulio II. Il 12 settembre 1506 il Papa entrò in Perugia, i cui
-tiranni, i Baglioni, pieni di timore e spavento, gli si sottomisero.
-L'11 novembre fece il suo ingresso in Bologna, dopochè Giovanni
-Bentivoglio, la moglie Ginevra e tutti i figliuoli loro eran già sulla
-via dell'esilio. Colà Giulio fece alto, gettando avidi sguardi sulla
-Romagna, una volta Stato di Cesare, ed ora in potere de' Veneziani.
-
-Uno strano caso faceva proprio allora apparir di nuovo in lontananza la
-già dileguata figura di quel duca di Romagna. Il 26 novembre giunse a
-Lucrezia la nuova, che il fratello era evaso dalla sua prigione nella
-Spagna. Il giorno dopo ella ne informò il marchese Gonzaga, ch'era a
-Bologna come Capitan Generale della Chiesa.
-
-Per la liberazione di Cesare ella erasi dato un gran da fare; ma
-le intercessioni sue non fecero presa sull'animo del re di Spagna.
-Finalmente per circostanze accidentali quegli ottenne libertà. Lo
-Zurita racconta che Ferdinando il Cattolico nella primavera del
-1506 voleva prender Cesare dalla prigione di Aragona e menarlo
-seco in Napoli, ove andava per ordinarvi le faccende del Reame e
-per assicurarsi di Consalvo, della cui fedeltà aveva cominciato a
-insospettire. Ma il genero, l'arciduca Filippo, col quale era in
-una certa tensione, in causa delle pretensioni che colui affacciava
-sul governo della Castiglia, negò di render Cesare prigioniero in
-Medina, ch'era luogo castigliano. Ora, assente Ferdinando per quel
-viaggio, Filippo venne a morte in Burgos il 5 settembre 1506. E Cesare
-approfittò per fuggire di questa circostanza e anche della lontananza
-del re. La fuga fu aiutata dal partito castigliano, che aveva in mente
-servirsi del celebre condottiero.
-
-Il 25 ottobre egli fuggì dal Castello di Medina sulla terra del conte
-di Benavente, ove si fermò dapprima. Alcuni baroni, che desideravano
-rimettere il governo della Castiglia nelle mani di Massimiliano, padre
-di Filippo, volevano mandarlo ambasciatore nelle Fiandre alla Corte
-dell'imperatore. Ma, svanito il progetto, Cesare se ne andò a Pamplona,
-dal cognato, il re di Navarra, anch'egli implicato ne' negozii
-castigliani e in quel momento in guerra col suo ribelle Conestabile, il
-conte di Lerin.
-
-Di lì scrisse al marchese di Mantova. Questa è l'ultima lettera che
-abbiamo di lui, o che almeno ci è nota:
-
-«Illustrissimo Principe e signor Cognato, onorando qual fratello. —
-Avviso Vostra Eccellenza, come, dopo tanti travagli, è piaciuto al
-Signor Nostro Iddio liberarmi e cavarmi di prigione. In qual modo sia
-ciò accaduto, intenderà dal mio segretario Federigo, esibitore della
-presente. Piaccia a Dio, d'infinita clemenza, che ciò sia per maggior
-suo servizio. Al presente mi trovo in Pamplona con gl'illustrissimi re
-e regina di Navarra. Vi giunsi il 3 dicembre, della qual cosa, come
-di ogni altra, Vostra Signoria sarà a pieno informata dal nominato
-Federigo. Piaccia a lei prestargli, per quanto sarà per dire in mio
-nome, tutta quella fede, come farebbe alla mia persona propria. Mi
-raccomando per sempre all'Eccellenza Vostra. — Da Pamplona, il 7
-dicembre 1506. Di Vostra Eccellenza compare fratello minore Cesare.»
-
-La lettera è suggellata con ostia. Il suggello porta le doppie armi di
-Cesare, finamente incise, con l'iscrizione: _Cæsar Borgia De Francia
-Dux Romandiolæ_. Uno degli scudi contiene l'arme de' Borgia co' gigli
-francesi, dalla cui corona si levano sette draghi dalle lingue aguzze;
-l'altro, l'arme della moglie di Cesare con i gigli di Francia e un
-pegaso che sormonta il cimiero.[254]
-
-Il segretario di Cesare giunse a Ferrara sugli ultimi di dicembre.[255]
-Difficilmente era stato mandato in Italia solo per confermare la
-liberazione del suo signore. Egli vi veniva pure per investigare lo
-stato delle cose, e vedere se una restaurazione del duca di Romagna
-fosse ancora possibile. Ma per simili sogni niun momento poteva essere
-più inopportuno della fine dell'anno 1506, quando Giulio II aveva preso
-appunto possesso di Bologna. Il marchese Gonzaga, sulla cui benevolenza
-Cesare faceva ancora assegnamento, era colà Generalissimo dell'esercito
-papale. E questo, come si teneva, era già pronto ad un'impresa in
-Romagna. Pure la Romagna era l'unico paese, nel quale Cesare potesse
-avere in vista una restaurazione. Il suo buon governo vi aveva lasciato
-orma profonda; e i Romagnoli avrebbero preferito la dominazione di lui,
-anzichè sottomettersi al reggimento della Chiesa. È giusto ciò che lo
-Zurita, lo storico d'Aragona, dice: «La liberazione di Cesare costernò
-il Papa, perchè il duca era tale uomo che da se solo bastava a mettere
-sossopra l'Italia intera. Egli era amato assai non solo dalla gente di
-guerra, ma anche da molti in Ferrara e nelle terre della Chiesa: fatto
-che raramente scontrasi in tiranno altro qualsiasi.»
-
-L'inviato di Cesare osò spingersi sino a Bologna, nonostante che vi
-fosse il Papa; e questi lo fece prendere. Informatane Lucrezia, scrisse
-al marchese Gonzaga questa lettera:
-
-«Illustrissimo signor Cognato e Fratello riveritissimo. — Ho appunto
-inteso che per commissione di Sua Santità, Nostro Signore, è stato
-preso in Bologna Federigo, cancelliere del signor Duca, mio fratello.
-Io son certissima ch'egli non si troverà in mancamento alcuno, non
-essendo venuto per fare o per dire alcunchè di disaggradevole o di
-molesto per Sua Santità, mentre nulla di simile penserebbe nè ardirebbe
-Sua Eccellenza. Che se colui avesse avuto alcuna commissione, me
-l'avrebbe anticipatamente comunicata, ed io non avrei giammai tollerato
-nè tollererei ch'egli fosse motivo anche a sospetto, essendo io, al
-pari dell'Illustre mio Signor Consorte, devotissima e fedelissima serva
-di Sua Beatitudine. Quanto a me, non trovo nè so ch'egli sia venuto
-per altro se non per portare la nuova della liberazione. Onde tengo
-per cosa indubitata che egli sia del tutto innocente. Ma la detenzione
-è un fatto che ha per me un peso grave, massime per lo smacco che può
-derivarne al detto Duca mio fratello, quasi non fosse in grazia di Sua
-Santità; e lo stesso vale pure riguardo a me. Io prego adunque quanto
-più so e posso l'Eccellenza Vostra, e per quanto amore la mi porta,
-di adoperarsi in ogni guisa presso Sua Santità, perchè colui presto
-sia rilasciato. E questa cosa io spero dalla benignità di quella,
-e dalla efficacia ed intercessione di Vostra Eccellenza. Perocchè
-niun piacere nè beneficio potrei dall'Eccellenza Vostra al presente
-ricevere maggiore di questo, e pel quale sapessi esserle più obbligata
-e per l'onor mio e per ogni rispetto. Sicchè di nuovo le raccomando
-di tutto cuore questo affare. E me le offro e raccomando. — Ferrara,
-15 gennaio 1507. Di Vostra Eccellenza sorella e serva la Duchessa di
-Ferrara.»[256]
-
-Da Pamplona Cesare mandò il Requesenz, il suo antico maggiordomo, al
-re di Francia, per impetrare la permissione di tornare alla Corte e
-al servizio di lui. Ma Luigi XII non volle saperne. All'inviato, che
-a nome di Cesare pretendeva il Ducato di Valenza e la pensione per lo
-innanzi percepita come principe della Casa di Francia, fu risposto con
-un rifiuto.[257]
-
-Ben presto la morte veniva a porre termine a tutte le speranze del
-famoso avventuriero. Al soldo del cognato di Navarra, Cesare cingeva
-d'assedio il vassallo di lui Don Loys de Beamonte, conte di Lerin,
-nel Castello Viana. Quivi cadde morto in una imboscata, valorosamente
-pugnando, il 12 marzo 1507. Il luogo è nella diocesi di Pamplona; e
-per strana coincidenza, come lo Zurita nota, il giorno della morte di
-Cesare fu quello stesso, in cui aveva un tempo ricevuto il Vescovado
-di Pamplona. E in questa città con grande onoranza fu anche seppellito.
-Non aveva che 51 anno, proprio come Nerone.
-
-La caduta dell'uomo formidabile, che una volta aveva fatto tremare
-l'Italia intera, e il cui nome era divenuto celebre per ogni dove,
-liberava Giulio II da un pretendente, che col tempo avrebbe potuto
-diventargli molesto assai. Chi può dire difatti tutti gl'imbarazzi
-che Cesare avrebbe potuto procacciargli o nella guerra con Venezia pel
-possesso della Romagna, come alleato e condottiero della Repubblica, o
-ancor più in quella del Papa stesso con la Francia, dopo la defezione
-di lui dalla Lega di Cambray? Niun dubbio che Luigi XII, tutto spirante
-vendetta, avrebbe ricondotto Cesare in Romagna, messo a profitto gli
-antichi legami in quel paese, come pure le grandi attitudini di lui.
-
-La nuova della morte di Cesare giunse a Ferrara da Rema e da
-Napoli, nell'aprile 1507, mentre il duca Alfonso era assente. Il suo
-consigliere Magnanini e il cardinale Ippolito celarono i dispacci alla
-travagliata duchessa, prossima a sgravarsi, la quale per altro aveva
-già dell'accaduto più che un presentimento. Le si disse soltanto, che
-in un combattimento il fratello era stato ferito. In preda a profonda
-commozione, si ritrasse in un convento della città, e vi passò due
-giorni pregando; quindi fece ritorno al palazzo. Non appena il rumore
-della morte di Cesare era arrivato all'orecchio di lei, aveva spedito
-il servitore Tullio a Navarra. Ma, confermatosi della realtà del fatto,
-questi a mezza strada tornò indietro a Ferrara. Era quivi venuto pure
-il Grasica, scudiero di Cesare, che aveva assistito ai funerali del
-duca in Pamplona; e diede notizie precise sulle circostanze della
-morte. Il cardinale si decise oramai a dire a Lucrezia la verità,
-consegnandole la lettera del marito Alfonso, che recava la triste
-nuova.[258]
-
-La duchessa mostrò più rassegnazione di quello si potesse aspettare.
-Il dolor suo si mescolava con l'amarezza di tutte quelle rimembranze
-e di quei sentimenti, che la vita in Ferrara aveva potuto sopire, non
-estinguere del tutto. E ben due volte risursero nell'anima sua più
-prepotenti e spaventevoli che mai: alla morte del padre, e ora alla
-morte del terribile fratello, l'uccisore del suo giovane sposo Alfonso.
-Se è lecito pensare che il cordoglio suo, oltre tutte le altre ragioni
-che concorrevano a generarlo, fu essenzialmente il prodotto del più
-santo de' sentimenti, lo spettacolo di Lucrezia, che piange la morte di
-Cesare Borgia, rappresenta davvero uno de' più bei trionfi dell'amore
-fraterno. E a noi piace tener così, perchè, di certo, quest'amore è il
-più puro e generoso di tutti i sentimenti umani.
-
-In verità, bisogna riconoscerlo, Cesare Borgia non appariva nè alla
-sorella nè in generale a' contemporanei quale lo vediamo noi oggi.
-Oggi per noi i suoi misfatti sembrano sempre più neri; mentre invece
-le sue buone qualità e quella sua importanza, tanto per politiche
-ragioni esaltata dal Machiavelli, si sono via via rimpicciolite. E
-per ogni pensatore la possanza, cui quel giovane avventuriero, per
-rincontro di condizioni affatto peculiari, seppe levarsi, non può che
-esser prova di ciò, che la moltitudine volgare, paurosa e ignorante,
-è capace di sopportare. Essa sopportò anche la puerile grandezza di un
-Cesare Borgia, innanzi al quale principi e città allibirono per anni.
-Ned egli, del resto, fu l'ultimo idolo della storia, sfacciato tanto
-quanto intimamente vuoto, innanzi al quale il mondo si sia prosternato
-tremando.
-
-Ma quando anche Lucrezia non si fosse formato un giudizio chiaro sul
-conto di suo fratello, pure nè la memoria nè la mente sua potevano
-esser diventate mute e inerti. Per parte sua lo perdonò; ma dovette
-domandarsi, se lo perdonerebbe del pari l'incorruttibile giudice delle
-azioni umane. E noi sappiamo ch'ella era cattolica credente e fervorosa
-nel senso della religione di quel tempo. Possiamo quindi immaginare
-quante messe espiatorie facesse dire per l'anima di Cesare, e quante
-preghiere volgesse al Cielo in suffragio della stessa.
-
-Ercole Strozzi cercò confortarla con pompose poesie, nel 1508 le
-dedicò un epicedio per Cesare. Questa poesia barocca è notevole pel
-concetto dell'autore, e quasi è lecito chiamarla l'accompagnamento
-poetico del _Principe_ del Machiavelli. In prima il poeta mostra la
-profonda angoscia delle due donne, Lucrezia e Carlotta, che spargono
-sul caduto caldissime lagrime, come già altra volta ne versarono per
-Achille Cassandra e Polissena. Dipinge l'eroica carriera di Cesare,
-pari al grande Romano nelle geste come nel nome. Novera tutte le città
-di Romagna da lui conquistate, e accusa l'invido destino che non gli
-permise conquistarne altre, perchè in tal caso non avrebbe lasciato
-a Giulio II la gloria di Bologna. Racconta che, tempo innanzi, il
-genio di Roma era apparso al popolo romano e aveva profetizzato la
-fine di Alessandro e di Cesare, deplorando che con loro svaniva la
-speranza sua di vedere una volta venire la sua salute dalla stirpe di
-Callisto, siccome gli Iddii le avevan promesso. Ora Crato istruisce
-il poeta intorno a tal promessa. Pallade e Venere, quella amica di
-Cesare e Spagnuoli, questa italiana di patria e indignata che stranieri
-avessero a padroneggiare su' discendenti di Troia, avevano, disputando
-tra loro, levato i loro richiami innanzi a Giove, e accusatolo di
-non aver mantenuto la promessa di dare all'Italia un re eroico. Giove
-avevale calmate: il fato era irresistibile. È vero che Cesare aveva
-dovuto morire come Achille; ma dalle due stirpi degli Este e de'
-Borgia, derivate da Troia e dall'Ellade, nascerà l'eroe promesso.
-Pallade quindi entra in Nepi, ove, dopo la morte di Alessandro, Cesare
-giaceva malato di peste; e al suo letto, sotto le sembianze del padre
-di lui, gli presagisce la morte, cui egli, nella coscienza della sua
-gloria, doveva affrontare da eroe. Poscia s'invola come uccello, e
-corre a Ferrara da Lucrezia. Descritta la caduta di Cesare in Spagna,
-il poeta consola la sorella prima con filosofici luoghi comuni, e
-poi annunziandole ch'ella sarebbe la madre del predestinato figlio
-d'eroi.[259]
-
-Stando all'asserzione dello Zurita, Cesare Borgia non lasciò che
-un'unica figliuola, la quale visse con la madre sotto la protezione
-del re di Navarra. Ebbe nome Luisa. Si maritò più tardi con Luigi De La
-Tremouille; e, morto costui, con Filippo di Bourbon, barone di Busset.
-La madre, Carlotta d'Albret, dopo una vita tanto commossa, si diede
-alla pietà e devozione contemplativa. Ritirata dal mondo, morì gl'11
-marzo 1514. Due figliuoli naturali di Cesare, Girolamo e Lucrezia,
-vivevano in Ferrara, ove l'ultima si fece monaca, e nel 1573 morì
-badessa di San Bernardino.[260]
-
-Nel febbraio 1550 in Parigi saltò fuori un altro bastardo di Cesare.
-Era un prete che si spacciava per figliuolo naturale del duca, di nome
-Don Luigi. Era venuto di Roma per chiedere soccorsi al re di Francia,
-avendo, com'ei diceva, suo padre incontrato la morte nel regno di
-Navarra in servizio della Corona di Francia. Gli furon dati 100 ducati,
-co' quali se ne tornò a Roma.[261]
-
-
-IX.
-
-Ben due volte Lucrezia aveva per sciagurato accidente tradite le
-speranze di Alfonso di aver discendenti. Finalmente il 4 d'aprile gli
-partorì un figliuolo. Gli si diede il nome dell'avo paterno.
-
-Ercole Strozzi, alla nascita di questo erede al trono, festeggiò il
-compimento delle sue predizioni. In un genetliaco adulava la duchessa,
-esprimendo l'augurio, che le geste dello zio Cesare e dell'avo
-Alessandro potessero un giorno servir di modello al figliuolo. Perchè
-coloro lo avrebbero fatto ricordare di Camillo e degli Scipioni e degli
-eroi della Grecia.
-
-Passarono poche settimane appena, ed il geniale poeta fece una fine
-orribile. Il suo trasporto per Lucrezia non era certamente che di
-cavalier cortigiano o di poeta, che s'inchina alla bellezza. Oggetto
-invece delle sue passioni era Barbara Torelli, la giovane vedova di
-Ercole Bentivoglio. Ella lo preferì ad altro gentiluomo ferrarese. E il
-fortunato Strozzi la sposò nel maggio 1508.
-
-Il mattino del 6 giugno, tredici giorni dopo, il poeta era steso morto
-all'angolo del Palazzo Este, detto oggi Pareschi, avviluppato nel suo
-mantello, i capelli arruffati, il corpo coperto di ventidue ferite.
-Tutta Ferrara ne fu costernata. Lo Strozzi era il decoro della città,
-uno de' poeti più ricchi d'ingegno del tempo suo, il prediletto di
-tutti i cultori degli studii, amico del Bembo e dell'Ariosto, favorito
-della duchessa, in grande reputazione presso la corte. Dalla morte del
-padre, Tito aveva occupato il posto da colui tenuto, di capo de' dodici
-giudici di Ferrara. Era ancora nel fiore degli anni: aveva toccato
-appena il ventisettesimo.
-
-Quest'orribile avvenimento dovette riporre in mente a Lucrezia il
-giorno dell'uccisione del fratello Gandia. E come questa era rimasta
-avvolta nel mistero, il cui velo non fu mai sollevato, così pure la
-morte dello Strozzi. «Niuno nominò l'autore dell'assassinio, poichè il
-pretore tacque:» così disse più tardi Paolo Giovio nel suo elogio del
-poeta. Ma chi mai poteva far tacere il giudice, se non coloro che ne
-avevano la potestà?
-
-Il fatto è stato attribuito ad Alfonso. Gli uni affermano che facesse
-ammazzare lo Strozzi per passione, ond'era preso per la moglie di lui;
-altri invece che vendicasse in lui il favore dispensatogli da Lucrezia.
-Anche i più moderni scrittori, che si sono sforzati di schiarire quel
-mistero, e che se ne riportano alle corrispondenze intime del tempo,
-dànno la colpa ad Alfonso.[262] E che il duca, il quale pure non solo
-aveva punito con tanta crudeltà i congiurati contro la vita sua, ma era
-in generale mantenitore spietato delle leggi in tutta la loro severità,
-non facesse trattar l'affare dal magistrato, è, certamente, tale un
-fatto, che solleva contro di lui gravissime ragioni di sospetto.
-
-Lucrezia è stata pur essa indicata come colpevole dell'uccisione,
-forse per gelosia verso Barbara Torelli, forse anche per tèma che lo
-Strozzi potesse propalare la relazione di lei col Bembo, della quale
-egli doveva essere a parte, soprattutto avendo il poeta sperato, mercè
-l'influenza della duchessa, ottenere la dignità cardinalizia, speranza
-che era poi rimasta frustrata. I moderni non hanno a ciò prestato fede
-alcuna. Anche l'Ariosto non credette all'accusa; altrimenti, come mai
-avrebbe osato in quel tempio d'onore delle donne di casa d'Este porre
-a fianco dell'immagine di Lucrezia appunto Ercole Strozzi, come araldo
-della gloria di lei? Avesse pur scritta la sua ottava, ciò che non è
-verosimile, innanzi la morte del poeta, l'avrebbe, ove fosse stato
-da quell'accusa preoccupato, in altro modo concepita al momento di
-pubblicare nel 1516 il suo poema per le stampe.
-
-Non credette alla colpa di Lucrezia nemmeno Aldo Manuzio, perchè
-proprio nel 1513 le dedicò l'edizione delle poesie de' due Strozzi,
-padre e figlio, con una introduzione, nella quale la levava alle
-stelle.
-
-Giulio II aveva intanto composta la Lega di Cambray, il cui scopo era
-la distruzione della potenza veneziana. Anche Ferrara v'era entrata
-a parte. La guerra quindi teneva molto occupato Alfonso fuori della
-residenza e dello Stato suo; e nella sua lontananza affidava a Lucrezia
-la reggenza. In verità, essa reggeva ora in ben altro senso che nel
-passato in Vaticano e a Spoleto. Nel 1509 ella vide anche dappresso la
-tempesta guerriera, quando sul Po il marito e il cardinale riportarono
-vittoria sulla flotta veneziana. Il 25 agosto di quell'anno Lucrezia
-diè alla luce un secondo figliuolo, Ippolito.
-
-Le guerre, che sconvolgevano l'Italia, attrassero oramai nel gran
-movimento anche Ferrara. Nè l'agitazione si calmò presto, ma solo
-quando Carlo V ebbe dato nuovo assetto alle condizioni italiane. Onde,
-da questo tempo in poi, la vita di Lucrezia subì l'influenza della
-politica. I primi anni tranquilli in Ferrara eran passati insieme
-colla sua gioventù. Ora si dedicò alla educazione de' suoi figliuoli,
-i principi d'Este, e agli affari dello Stato, ogni volta che il marito
-glieli confidò. Essa era donna accorta: sulla sua intelligenza il
-padre non s'era ingannato mai. Anche come reggente di Ferrara seppe
-guadagnarsi stima e reputazione. Nella dedica delle poesie degli
-Strozzi, che Aldo le fece, oltre le altre qualità, come il timor di
-Dio, la beneficenza pe' poveri e la bontà verso coloro che le eran
-prossimi, celebrava in modo particolare anche la eccellenza sua come
-reggente, della quale «i cittadini ammiravano l'acuto giudizio e lo
-spirito penetrante.» Anche volendo far la parte all'adulazione in
-queste lodi, ne rimane pur sempre un'altra, che è l'espressione della
-verità.
-
-Non v'è quindi a maravigliarsi, se d'allora in poi la personalità di
-Lucrezia quasi scompaia, ovvero sia ecclissata dalla storia politica di
-Ferrara. I cronisti della città non più la rammentano che alla nascita
-de' figliuoli. E in tutta la biografia di Alfonso di Paolo Giovio non è
-menzionata che due o tre volte, ma con grande riverenza. L'attrattiva
-personale, suscitata un tempo dalle avventure di questa donna, era
-scomparsa col cessare delle stesse. Anche le sue lettere ad Alfonso e
-le molte altre all'amica sua Isabella Gonzaga sono pel biografo di lei
-pressochè di nessun conto.
-
-L'animo di Lucrezia era tutto immerso in quel mondo saldo e compatto,
-del quale oramai faceva parte. In mezzo a' serii ed alti doveri, che le
-incombevano, aveva trovato il suo posto tranquillo; e solo di rado ebbe
-ancora a sentirsi come turbata per eventi, che la riportavano con la
-mente al periodo romano della sua vita. Il che avvenne nel 1510 per la
-morte di Giovanni Sforza di Pesaro.
-
-Dopo il ritorno nello Stato lo Sforza per Bolla di Giulio II v'era
-stato confermato qual feudatario. Da quel tempo aveva cercato di
-governare con saviezza, introdotti alcuni miglioramenti, e munito
-anche di nuovo il castello di Pesaro. Egli era uomo dotto e dedito
-allo studio della filosofia. Fu egli, come nota il Ratti, un biografo
-di casa Sforza, l'autore dell'indice di tutto l'Archivio di Pesaro.
-Nel 1504 s'era ammogliato ancora una volta con una nobile veneziana,
-Ginevra, di casa Tiepolo, che lo aveva conosciuto nell'esilio. Il 4
-novembre 1505 n'ebbe un figliuolo, Costanzo.[263] Non sappiamo in quali
-termini si tenesse col d'Este a lui congiunto; ma non potettero essere
-che freddi e tesi. Nella vita sua non poteva più esservi motivo di
-contento davvero. Tutta la celebre casa Sforza inclinante al tramonto o
-caduta di già, a lui non rimaneva speranza alcuna in una lunga durata
-della sua propria schiatta. Nel Castello di Gradara, ove il più del
-tempo soleva vivere in solitudine, lo colse tranquillamente la morte il
-27 luglio 1510.
-
-Essendo il figliuolo bambino ancora, assunse la reggenza di Pesaro
-il fratello suo naturale Galeazzo, che s'era ammogliato con Ginevra,
-figlia di Ercole Bentivoglio. Ma, quel fanciullo essendo morto il 5
-agosto 1512, papa Giulio negò a Galeazzo l'investitura. Egli costrinse
-quest'ultimo degli Sforza di Pesaro ad un trattato, in forza del
-quale il 30 ottobre 1512 dovette consegnare il castello e la terra
-a Francesco Maria Della Rovere, già, per la morte di Guidobaldo,
-diventato duca d'Urbino sin dall'aprile 1508. Così Pesaro fu riunito
-a quest'altro Stato. Galeazzo morì a Milano il 1515, dopochè il duca
-Massimiliano Sforza avevalo istituito suo erede. Per tal morte la
-linea de' signori di Pesaro s'estinse, non avendo Giovanni Sforza
-lasciato che una figliuola naturale, Isabella. Questa sposò il 1520
-Cipriano Sernigi, nobile fiorentino, e morì in Roma l'anno 1561, in
-fama di donna illustre assai per coltura e dottrina.[264] Fu sepolta
-in Laterano, ove può vedersene il profilo in marmo e leggersi ancora
-quest'epitaffio: _Isabellae Sfortiae Ioannis Pesaurensium F. Feminae
-Sui Temporis Prudentia ac Pietate Insigni Exec. Test. P. Vix. Ann.
-LVII. M. VII. D. III. Obiit Ann. MDLXI. XI. Kal. Febr. Consensu
-Nobilium De Mutis Papazurris_.
-
-La morte del suo primo marito dovette rinnovare in Lucrezia la
-coscienza della colpa sua verso lo stesso. Oramai era in un'età e le
-disposizioni de' suoi sentimenti religiosi erano tali, che non era
-più possibile che la leggerezza la vincesse in lei sulla coscienza.
-Se non che i tempi volgevano tanto burrascosi, che tosto ella diè
-altra direzione a tutti i pensieri suoi. Il 9 agosto 1510, pochi
-giorni dopo la morte dello Sforza, Giulio II scomunicò Alfonso e lo
-dichiarò decaduto da tutti i feudi ecclesiastici. Il Papa allora aveva
-ripreso i disegni dello zio Sisto, che, alleato con Venezia, aveva un
-tempo voluto strappar Ferrara agli Este. Rabbonito da' Veneziani con
-la cessione delle città romagnuole, erasi Giulio riconciliato con la
-Repubblica, e domandato ad Alfonso che anch'egli abbandonasse la lega
-francese e desistesse dalla guerra contro Venezia. Al che il duca erasi
-ricusato; e conseguenza di ciò fu la scomunica. Dopo d'allora Ferrara,
-nella più stretta alleanza con la Francia, si vide spinta in quella
-guerra furibonda, che condusse alla celebre battaglia di Ravenna, degli
-11 aprile 1512, nella quale l'artiglieria di Alfonso decise le sorti
-della giornata.
-
-Appunto in tal guerra e in occasione del tentativo di Giulio II
-d'impadronirsi di Ferrara con una sorpresa strategica, il famoso
-Bayard fece conoscenza di Lucrezia. Tornando i cavalieri francesi, in
-compagnia de' loro commilitoni ferraresi, trionfanti in Ferrara, dopo
-la conquista della Bastìa, vennero accolti con altissime dimostrazioni
-d'onore. A memoria di ciò il biografo del Bayard scrisse più tardi in
-lode di Lucrezia: «Soprattutto la buona duchessa, ch'era una perla in
-questo mondo, accolse i Francesi con grande distinzione, e tutti i
-giorni dava loro feste maravigliose e banchetti sul gusto italiano.
-Io oso ben dirlo: nè del tempo suo nè molto innanzi s'è mai trovata
-principessa di lei più gloriosa; mentr'ella era bella e buona e dolce e
-cortese con tutti; e nulla è pure più sicuro di questo che, comunque il
-marito di lei fosse principe savio e coraggioso, nondimeno essa, mercè
-la sua cortesia, gli ha reso buoni e grandi servizii.»[265]
-
-È noto come, per la morte di Gastone di Foix alla battaglia di Ravenna,
-la vittoria di Francia si convertisse in perdita, e la sconfitta del
-Papa in trionfo. Alfonso si vide privo di difesa. Nel luglio 1512
-s'affrettò ad andare a Roma per ricevervi da Giulio l'assoluzione.
-Benchè ottenesse questa, pure solo una fuga precipitosa potette
-salvarlo dall'estrema rovina o dalla sorte medesima di Cesare Borgia.
-Aiutato da' Colonna, che lo condussero a Marino, gli riuscì travestito
-tornare a Ferrara.
-
-Furono giorni tormentosi per Lucrezia. Mentre tremava per la vita del
-marito, ebbe anche la nuova della morte del figlio suo, lontano ed
-espulso. Il 28 agosto 1512 l'agente mantovano Stazio Gadio scriveva
-da Roma al suo signore Gonzaga: «Qui si dà per certo che il duca di
-Bisceglie, figlio della signora duchessa di Ferrara e di Don Alfonso
-d'Aragona, sia morto a Bari, ove la duchessa di quella città lo teneva
-seco.»[266] Lucrezia stessa ne informò una persona sconosciuta con
-lettera del primo ottobre, nella quale diceva: «Io mi trovo tuttavia
-involta in lacrime e amaritudine per la morte del duca di Biselli, mio
-figliuolo carissimo; su di che il latore della presente potrà darle i
-particolari.»
-
-Ignoriamo i destini del povero Rodrigo ne' primi anni dopo la morte
-di Alessandro e dopo che Cesare fu tradotto in Spagna. Pure dobbiamo
-tenere per certo, che visse in Napoli sotto la tutela de' cardinali
-Ludovico Borgia e Romolini di Sorrento. Il re di Spagna, giusta i
-trattati anteriori, lo riconobbe qual duca di Bisceglie, e vi sono
-ancora del settembre 1505 documenti, ne' quali il luogotenente
-del piccolo duca prestava giuramento di fedeltà nelle mani de' due
-cardinali tutori.[267] Probabilmente Rodrigo fu educato da donna
-Sancia, sua zia carnale. Anche questa trovavasi col marito nel Reame
-di Napoli, ove Don Jofrè fu riconosciuto nel possesso de' suoi beni.
-Sancia morì senza figliuoli nel 1506, appunto durante il soggiorno di
-Ferdinando il Cattolico a Napoli. Pertanto fecero ritorno al re gran
-parte de' feudi di Don Jofrè, il quale nulladimeno restò principe di
-Squillace. Egli si ammogliò una seconda volta, e da questo matrimonio
-ebbe discendenti. Nulla si sa della fine sua. Una delle sue nipoti,
-Anna de Borgia, principessa di Squillace, come ultima discendente
-di questo ramo portò in dote, sugl'inizii del XVII secolo, quel
-possedimento nella casa Gandia di Spagna, sposando Don Francesco
-Borgia.
-
-Morta la Sancia, Rodrigo dovette forse essere affidato all'altra zia,
-sorella maggiore di suo padre. Era questa Isabella, la più infelice
-delle donne di quel tempo, vedova di Giangaleazzo di Milano, fatto
-morir di veleno da Lodovico il Moro. In tutta la storia d'Italia di
-quel periodo, in cui con l'invasione di Carlo VIII una tempesta di
-fortunose vicende si scatenò sulle varie dinastie che la dominavano,
-difficilmente potrebbe trovarsi una figura altrettanto tragica quanto
-quella d'Isabella d'Aragona. Ella fu colpita insieme dalla rovina
-delle due case Sforza e Aragona. E d'ambo queste famiglie può ben dirsi
-ciò che il Caracciolo nel suo _De varietate fortunae_ ha detto degli
-Sforza: «Non v'ha ancora tragedia, per orribile che sia, cui la casa
-Sforza non possa offrire sufficiente materia.» Isabella aveva assistito
-alla caduta di tutta la casa sua, un tempo così potente, e visto menare
-il proprio figlio Francesco, da Luigi XII, prigioniero in Francia,
-ove doveva morire giovane ancora e sacerdote. Essa erasi ritirata a
-Bari, città che Lodovico il Moro nel 1499 le aveva abbandonata, e ne fu
-duchessa sino alla morte, sino cioè agl'11 febbraio 1524.
-
-Ora s'era preso seco il figliuolo di Lucrezia, il quale moriva in
-casa sua all'età di tredici anni. Quest'ultima pretese alla eredità
-di lui; e, come risulta da documenti, la ebbe in effetto da Isabella
-d'Aragona, qual tutrice del defunto, nella somma di alcune migliaia di
-ducati.[268] Quali che fossero le circostanze, che costrinsero Lucrezia
-a tener lontano da sè il figliuolo, è certo, ad ogni modo, che questo
-infelice bambino lasciò sulla figura di lei un'ombra sinistra.
-
-
-X.
-
-Grazie all'energia d'Alfonso e ai supremi sforzi dello Stato, la guerra
-contro Ferrara era cessata. Pure Giulio II aveva tolto allo Stato
-Modena e Reggio; perdita gravissima per la casa d'Este, tanto che la
-storia di Ferrara per parecchi anni si concentrò tutta nell'intento
-di riconquistare le due città. Per fortuna d'Alfonso Giulio II morì
-nel febbraio 1513. Sulla Santa Sede gli successe Leon X. Aveva costui
-insino allora mantenuto amichevoli relazioni con i principi d'Urbino e
-di Ferrara, i quali non sapevano da lui aspettarsi che atti d'amicizia.
-Ma proprio per mano di questo Medici, uomo falso, che riuscì a
-trarre tutti in errore, dovevano quelle due case subire i più amari
-disinganni. Alfonso andò in tutta fretta a Roma per l'incoronazione di
-Leone, e se ne tornò a Ferrara con le migliori speranze in una intera e
-perfetta riconciliazione con la Santa Sede.
-
-Lucrezia in Ferrara s'era acquistata stima e affetto presso
-l'universale. Era divenuta la madre del popolo. I miseri e gli afflitti
-trovavano presso di lei ascolto e soccorsi. Carestia e indigenza
-e finanze esauste: tali erano state le conseguenze della guerra.
-Lucrezia si spogliò de' suoi ornamenti e delle sue gioie, e gli pose
-in pegno. Rinunziò, come il Giovio la lodava, alla pompa e alla vanità
-del mondo, cui dalla prima giovanezza era usa. Si diede ad una vita
-religiosamente devota; fondò istituzioni monastiche e ospedali. Che
-tutto questo facesse, non v'è a maravigliarsi. Ciò s'accordava con
-la natura della donna non solo, ma col suo passato e con le sofferte
-vicissitudini. La più gran parte delle donne, che han molto vissuto ed
-amato, finiscono bigotte. E la bigotteria è sovente l'ultima forma,
-che alla vanità della donna rimane a prendere. La rimembranza di un
-mondo pieno di vizii e di delitti commessi dalle persone a lei più
-prossime, e fors'anco la memoria delle colpe proprie, non potevano
-cessare di tormentar l'animo di Lucrezia. E così anche quelle altre
-donne, che insieme o prima di lei avevano preso parte, quali personaggi
-principali, alla storia dei Borgia, si trovarono in condizione
-interiore identica, e provarono lo stesso bisogno di religioso
-conforto. La vedova di Cesare finì la vita in un chiostro; altrettanto
-fece la vedova di Gandia. Anche la vedova di Alessandro VI divenne una
-vecchia bacchettona. E, se ne fossero giunte nuove sino a noi, senza
-dubbio troveremmo pure l'adultera Giulia Farnese, in sul tramonto
-della vita, se non fatta santa in un monastero, immersa in quotidiane
-pratiche di devozione.
-
-L'anno 1513, in cui fu messo termine alla guerra contro Ferrara,
-segnò un nuovo periodo nella vita di Lucrezia. D'allora in poi prese
-decisamente quel devoto indirizzo; il quale però non degenerò in
-bacchettoneria fanatica: le valsero in questo d'impedimento la pratica
-energia d'Alfonso, le cure per la famiglia e pei figliuoli, i doveri
-della corte. La corte di Ferrara aveva per la guerra perduto molto del
-suo splendore; pure fra le Corti d'Italia rimaneva sempre una delle più
-ragguardevoli. Alfonso stesso dedicò alcuno degli anni di pace, che
-seguirono, al culto delle arti. Lavoravan per lui nel castello, come
-anche a Belriguardo e a Belfiore, i migliori maestri di Ferrara, quali
-il Dossi, il Garofalo e Michele Costa. Il Tiziano, che alcuna volta
-fu ospite in Ferrara, dipinse per lui; ed anche a Raffaello ei diè
-commissioni. Fondò similmente un museo di antichità. Nel suo gabinetto
-Lucrezia aveva un Cupido di Michelangelo. Nondimeno il trasporto della
-duchessa per le cose d'arte non era molto vivo, e non paragonabile
-nemmeno alla lontana con la passione della cognata Isabella di Mantova,
-la quale era in relazione con gli artisti più famosi del tempo suo
-e teneva agenti in tutte le grandi città d'Italia, con l'incarico
-d'informarla d'ogni nuovo prodotto delle arti belle.
-
-Dopo il 1513, quando la Corte di Leon X venne in fiore, Ferrara ebbe a
-patire perdita non piccola, anzi fu proprio messa nell'ombra. Il lusso
-artistico del Medici attrasse in Roma i più eletti ingegni d'Italia.
-V'andò il poeta Tebaldeo, e vi vivevano il Sadoleto e il Bembo, ora
-segretarii di Leone. I due Strozzi eran morti. L'Aldo, sulla carriera
-del quale, come erudito ed editore, Lucrezia ne' primi anni aveva
-esercitato un certo benefico influsso, viveva a Venezia. Nondimeno
-si teneva di colà in commercio letterario con la sua protettrice.
-Celio Calcagnini rimase fedele a Ferrara. Anche l'Università continuò
-a mantenersi in certo rigoglio. Lucrezia era di più molto amica del
-Trissino, il nobile vicentino, l'infelice rivale dell'Ariosto nella
-poesia epica. Vi sono cinque lettere del Trissino dirette a Lucrezia
-negli ultimi anni della vita di lei.[269] Ma l'orgoglio di Ferrara era
-l'Ariosto; e Lucrezia viveva ancora, quando la glorificazione di lui
-era cominciata. Egli non dedicò a lei nè ad Alfonso il suo Poema, ma
-all'indegno cardinale Ippolito, al cui servigio lo avevan fatto entrare
-circostanze accidentali. Niuna casa principesca fu mai magnificata
-tanto, quanto quella degli Este per mano dell'Ariosto. Con l'Orlando
-Furioso per tutti i tempi, sinchè l'idioma italiano vive e dura, essa
-è divenuta nella letteratura immortale e monumentale. Ed anche Lucrezia
-ha trovato in quel poema il suo posto d'onore. Ma per bello che questo
-sia, pure è certo, che l'Ariosto le avrebbe offerto omaggi più caldi e
-più frequenti, ov'ella lo avesse incoraggiato, mostrandogli una premura
-realmente entusiastica.
-
-Le relazioni di Lucrezia col marito, non fondate sull'amore e non mai
-spinte sino alla passione, sembrano nondimeno essersi via via fatte
-sempre più intime e cordiali. Nell'aprile 1514 gli aveva partorito un
-terzo figliuolo, Alessandro, che morì all'età di due anni. Il 4 luglio
-1515 diede alla luce una bambina, Leonora; e il primo novembre 1516
-un altro bambino, Francesco. Alfonso era contento di vedersi padre di
-figliuoli, che erano suoi eredi legittimi. Egli s'abbandonò alle gioie
-domestiche; ma gli era di soddisfazione l'osservare la stima, anzi
-l'ammirazione, onde la moglie era circondata. Se gli omaggi erano per
-lo innanzi tributati alla sua giovanile bellezza, ora invece venivano
-offerti alle virtù sue. La donna, che una volta fu la più ingiuriata
-del tempo suo, prendeva ora il suo posto nel tempio d'onore delle
-donne. Il Caviceo poteva insino osar di adulare la festeggiata Isabella
-Gonzaga con questo giudizio, che egli l'esaltava abbastanza, dicendole
-che si approssimava alla perfezione di Lucrezia. Il passato parve così
-morto nella memoria degli uomini, che lo stesso nome Borgia non era
-pronunziato che a titolo d'onore.
-
-Nel 1517 Lucrezia ebbe di nuovo a rammentarsi della vita sua in Roma.
-Alla corte apparve una figura di quel tempo, che s'era già dileguata.
-Era Giovanni Borgia, il misterioso _Infante romano_, una volta duca
-di Nepi e Camerino, e compagno di sventura di Rodrigo, il figliuolo
-di Lucrezia. Giovane di 19 a 20 anni, egli, a quanto pare, andava da
-Napoli in Romagna, ove fece naufragio. Il suo bagaglio, di cui s'era
-nell'occasione impossessata la Comunità di Pesaro, fu richiesto il 2
-dicembre da un ambasciatore di Lucrezia; e nell'atto Giovanni Borgia
-vien chiamato _fratello_ di lei. Da altri documenti apparisce, che nel
-gennaio 1518 egli viveva alla corte di sua sorella.[270] Si vede che
-Alfonso non aveva impedito alla moglie di accogliere questo prossimo
-parente. Sembra anzi che l'anno stesso Giovanni l'accompagnasse in
-Francia, ov'egli, il duca, lo presentò al re Francesco I, successo sul
-trono il 1515 al suocero Luigi XII.
-
-Dappoi l'_Infante romano_ scompare di nuovo, sino all'anno 1530, in cui
-riapparisce in Roma qual pretendente al Ducato di Camerino. L'ultimo
-de' Varano, Giammaria, caduto Cesare, era colà tornato; e Giulio II lo
-aveva riconosciuto vassallo della Chiesa. Leon X nell'aprile 1515 lo
-fece duca di Camerino, e lo unì in matrimonio con la propria nipote, la
-bella Caterina Cibo. Giammaria morì nell'agosto 1527, lasciando unica
-erede la figlia Giulia ancora minore. Un bastardo della casa Varano,
-con le armi alla mano, mise innanzi pretensioni su Camerino; ma,
-mentre la lite pendeva tuttora, ne pose in campo pure Giovanni Borgia,
-antico e primo duca di quel paese. In un voluminoso documento del 29
-giugno 1530, che contiene tutto il processo, Giovanni non è designato
-solo come _Domicellus Romanus principalis_, ma si chiama egli stesso
-_Oratore del Papa_. Di qui risulta che il bastardo di Alessandro VI
-viveva allora in Roma come persona di alta condizione, ed era anche al
-servizio del Papa. La Rota Romana decise contro Giovanni e lo condannò
-alle spese del giudizio. Con un Breve del 7 giugno 1532, Clemente
-VII gli proibì di molestare con altre pretensioni Giulia Varano e
-la madre di lei. Da quel tempo in poi le sorti di questo Borgia sono
-ignote.[271]
-
-
-XI.
-
-Lo stesso anno, in cui l'ultimo figlio del padre apparve alla corte
-sua, Lucrezia perdette anche la madre. Al tempo della morte di
-Alessandro VI, Vannozza era già divenuta vedova. In quella congiuntura,
-anzi durante ancora la malattia del Papa, ella si pose sotto la
-protezione della gente d'arme di suo figlio Cesare. Per tal guisa
-potette forse giungere sino al letto di costui, che giaceva similmente
-malato. Da documenti si ricava che Vannozza, immediatamente dopo
-la morte di Alessandro e nella sede vacante, abitò il palazzo del
-cardinale di San Clemente in Borgo. E quando Cesare dovette andarsene a
-Nepi, ella lo accompagnò e con lui fece ritorno a Roma dopo la elezione
-del Piccolomini.
-
-Non seguì i suoi figliuoli in Napoli: restò in Roma. Dappoichè il Della
-Rovere era Papa, le condizioni della città eran tornate allo stato
-normale. I partigiani de' Borgia temevano, certamente, di vedersi
-intentar contro processi. Il 6 marzo 1504 fu di fatto condannato a
-morte un cameriere dell'avvelenato cardinale di Sant'Angelo; il quale
-ad alta voce affermò aver commesso il misfatto per comando espresso
-di Alessandro e Cesare.[272] I cardinali Romolini e Lodovico Borgia
-fuggirono allora a Napoli. Don Micheletto, l'esecutore de' delitti
-di sangue per conto di Cesare, giaceva nelle prigioni di Castel
-Sant'Angelo. L'ambasciatore veneto informava la Repubblica nel 1504,
-che Micheletto era sottoposto ad un interrogatorio per scoprire come
-fosse occorsa la morte di parecchie persone, soprattutto del duca di
-Gandia, di Varano di Camerino, di Astorre e Ottaviano Manfredi, del
-duca di Bisceglie, del giovane Bernardino di Sermoneta, del vescovo di
-Cagli, e di molti altri infelici.
-
-Quando Cesare fu lontano, Vannozza potè sempre contare sulla protezione
-di amici potenti, segnatamente i Farnesi e i Cesarini, e di parecchi
-cardinali. Temeva però veder confiscati i beni suoi, non tutti, per
-verità, acquisiti a giusto titolo. Su' primi del 1504 Lodovico Mattei
-le intentò un processo. L'accusava di avere, mentre Cesare faceva
-guerra agli Orsini e mediante i mercenarii di lui, rubato violentemente
-1160 pecore; il qual gregge Maria d'Aragona, moglie di Giovan Giordano
-Orsini, aveva mandato su' campi del Mattei per metterlo al sicuro.
-Vannozza fu condannata al rifacimento de' danni.[274]
-
-Ella cercava in tutti i modi di salvare il suo avere e la sua fortuna.
-Il 4 dicembre 1503 fece una donazione alla chiesa di Santa Maria del
-Popolo, legando alla sua Cappella gentilizia le case che possedeva
-sulla piazza Pizzo di Merlo, riservandosene l'usufrutto vita durante.
-E gli Agostiniani dalla parte loro si obbligarono di dire una messa
-funebre il 24 marzo per Carlo Canale, un'altra il 13 ottobre per
-Giorgio de Croce, e una terza nel giorno della morte di lei. In
-quest'istrumento Vannozza si dice vedova di Carlo Canale da Mantova,
-scrittore e soldano apostolico del defunto Alessandro VI, e nomina
-Giorgio de Croce suo primo marito. L'atto fu stipulato nel Borgo di
-San Pietro nell'abitazione di Agapito d'Amelia.[275] Di qui si ricava
-che alla fine del dicembre Vannozza viveva ancora in Borgo e sotto la
-protezione di colui, che era stato per anni cancelliere di suo figlio;
-mentre Cesare stesso era prigioniero nella Torre Borgia in Vaticano.
-Solo, dopo che questi il 16 febbraio 1504 ebbe abbandonato Roma per
-sempre, ella forse uscì dal Borgo Vaticano.
-
-Già il primo aprile 1504 è indicata, come sua abitazione, una casa
-sulla piazza de' Santi Apostoli nella regione Trevi, vale a dire, nella
-cerchia ove i Colonna erano potenti; i Colonna, che avevano il meno
-sofferto per opera di Cesare, e che in forza di contratto stipulato con
-lui n'ebbero alla morte di Alessandro restituiti i beni loro. Altre
-case, di proprietà sua, Vannozza aveva vendute al romano Giuliano de
-Lenis; ma il primo aprile 1504 questi annullò la vendita simulata, con
-l'espressa dichiarazione di aver quella avuto luogo solo per tema di
-atti di prepotenza alla morte di Alessandro.[276]
-
-Cessata ogni ragion di timore, Vannozza andò ad abitar di nuovo la sua
-antica casa in Piazza Branca. Difatti in un istrumento del novembre
-1512 vien chiamata «Donna Vannozza de Cataneis della Regione Regola;»
-e appunto in questa era posta la casa. Trattavasi di una lite mossale
-dall'orafo di quella regione stessa, Nardo Antonazzi.
-
-L'artefice richiedeva il pagamento di una croce d'argento da lui fatta
-per Vannozza nel 1500. L'accusava di essersi, senz'altro, appropriata
-quel lavoro; la qual cosa, com'ei diceva, erasi permessa «in quel
-tempo, in cui il duca Valentino dominava su tutta la città e quasi
-sull'Italia intera.» Non tutti gli atti di tal processo esistono; ma da
-deposizioni di testimoni della parte accusata risulta che questa fu in
-grado di provare di essere stata calunniata.[277]
-
-Vannozza era stata investita da Alessandro VI, se non del Castello
-Bleda presso Viterbo, di molti diritti sullo stesso. Il 6 luglio 1513
-inoltrò istanza presso il Cardinal Vicario, Raffaele Riario, contro
-la comunità di quel castello pel pagamento di carte somme. Questo
-documento su pergamena è concepito in termini ampollosi, e rivolto a
-tutte le autorità immaginabili del mondo.[278]
-
-Vannozza potette ancora sotto tre successori di Alessandro VI assistere
-alla vicenda delle cose in Vaticano, ove il posto de' figliuoli suoi,
-una volta onnipotenti, fu occupato successivamente da' Della Rovere e
-da' Medici. Vide il Papato sollevarsi a grande potenza mondana, ed ella
-stessa ebbe coscienza che, senza le geste di Alessandro e di Cesare,
-la cosa non sarebbe stata possibile. Se scorse di lontano il potente
-Giulio II, forse nel punto in cui, conquistata Bologna, fece con sfarzo
-degno di un imperatore il suo ingresso trionfale in Roma, è molto
-verosimile che quella donna sperduta nella gran folla andasse con amara
-ironia a se stessa ripetendo, che suo figlio Cesare aveva una parte in
-quel trionfo, anzi era egli che aveva aiutato Giulio II a giungere al
-Papato. Con soddisfazione aveva potuto apprendere le lodi, con le quali
-quel Papa riconosceva l'importanza del figliuolo, allorchè scriveva a'
-Fiorentini nel novembre 1503, ch'egli circondava di paterno amore il
-duca di Romagna «per le preclare virtù e pe' meriti gloriosi di lui.»
-Forse potè anche prender cognizione del _Principe_ del Machiavelli, nel
-quale il geniale statista faceva del figliuolo di lei l'ideale di un
-reggitore.
-
-Tuttochè la potenza dei Borgia fosse scaduta, e i figli suoi fossero
-morti o lontani; pure, sinchè Vannozza visse, la città portò sempre
-l'impronta della grandezza di quelli. Appunto per questo passato ella
-divenne uno degli esseri più notevoli, del quale ogni uomo era bramoso
-di far conoscenza. E se è lecito qui un paragone di relazioni diverse
-per proporzioni, ma identiche per destino e significato, può dirsi che
-la condizione di Vannozza fu allora in Roma pari a quella che vi tenne
-madama Letizia Ramolini dopo la caduta del suo potentissimo figliuolo.
-
-Con orgoglio fissava lo sguardo suo sulla figlia Lucrezia, la duchessa
-di Ferrara, _la plus triomphante princesse_, come la chiamò il
-biografo del Bayard. Di vederla però non le fu più concesso, non avendo
-ella ardito di andare alla corte di Ferrara; ma intrattenne con lei
-carteggio epistolare. Nell'Archivio di casa d'Este sono nove lettere
-di Vannozza degli anni 1515, 1516 e 1517, delle quali sette sono
-dirette al cardinale Ippolito, e due a Lucrezia. Esse riguardano tutte
-interessi o domande di carattere pratico e privato.
-
-Le disposizioni d'animo ed anche lo stato della Vannozza appariscono
-dal modo di firmarsi in tali lettere: «La felice ed infelice Vannozza
-Borgia de Cathaneis;» ovvero: «Vostra felice e infelice madre Vannozza
-Borgia.» Il nome di famiglia se l'era appropriato anch'essa non nelle
-relazioni ufficiali, ma nelle private.
-
-L'ultima lettera a Lucrezia del 19 dicembre 1515 si riferisce
-all'antico segretario di suo figlio Cesare, Agapito d'Amelia, e dice
-così:
-
-«Illustrissima Signora, salute e raccomandazione. — Vostra Eccellenza
-deve ben ricordarsi la servitù della buona memoria di messer Agapito
-d'Amelia verso il già duca nostro, e l'amore ed affezione sempre
-porti a noi in ispecie. Per il che non in minima cosa soltanto, ma in
-ogni altra di qualunque sorta fosse meritano i suoi di essere aiutati
-e favoriti. Ora prima di morire egli rinunziò in favore de' nipoti
-suoi tutti i beneficii a Giambattista Dell'Aquila; tra i quali alcuni
-di poca valuta nell'Arcivescovado di Capua. Il defunto fece questo
-a maggior vantaggio dei nipoti, non potendo pensar mai che costoro
-sarebbero molestati dal reverendissimo cardinale arcivescovo. Se ora
-Vostra Eccellenza vuol farmi cosa grata, la prego si degni per tutti
-gli anzidetti rispetti di favorire gl'indicati nipoti presso Sua
-Eminenza. A pieno, come di bisogno, sarà Vostra Eccellenza informata
-dal latore della presente, Nicola, anch'egli nipote del detto Agapito.
-E si tenga forte l'Eccellenza Vostra, alla quale anch'io mi raccomando
-— Roma, il 19 dicembre 1515.»
-
-«Postscripta. Vostra Eccellenza farà in questo affare come meglio
-crederà, essendomi stato forza lo scrivere. Epperò si faccia solo
-quello che torni ad onore di Monsignore; e quanto alla presente darà
-risposta qual meglio le pare. — Di vostra Eccellenza Illustrissima
-perpetua oratrice Vannozza.»[279]
-
-Si vede che Vannozza faceva onore alla scuola diplomatica de' Borgia.
-
-Agapito, autore di tante scritture di Cesare, era, come dalla lettera
-apparisce, rimasto irremovibilmente fedele ai Borgia, e morto a Roma.
-Sicuramente Vannozza aveva visto altri antichi amici, adulatori e
-parassiti della casa venir meno e voltarsi altrove. Pure alcuni, e
-anche persone ragguardevoli, dovettero rimanerle devoti. Già, come
-madre della duchessa di Ferrara, godeva sempre di una certa influenza.
-E poi viveva in condizioni facoltose, qual signora rispettabile,
-chiamata la _magnifica e nobile Madonna Vannozza_. Mantenne pure
-relazioni con alcuni cardinali, spagnuoli e parenti di Alessandro VI
-o creature di quest'ultimo; ma sopravvisse alla più parte di loro.
-De' cardinali Borgia, i due Giovanni erano già morti negli anni 1500 e
-1503; Francesco e Lodovico morirono nel 1511 e 1512. Nel 1510 era anche
-morto il cardinale Giuliano Cesarini. In realtà Vannozza vide morir
-tutti i favoriti e le creature di Alessandro nel Collegio cardinalizio,
-ad eccezione del Farnese, di Adriano Castellesi e dell'Albret, cognato
-di Cesare.
-
-Ella si procacciò novelli amici, mercè quella specie di pietà devota,
-solita trasformazione di tutti i tempi nella vita delle peccatrici
-invecchiate. Divenne una bacchettona tutta premurosa e sollecita di
-sante pratiche. Bazzicava frequentissima in chiesa e col confessionale,
-e la si vedeva famigliare ed intima con istituzioni pie e con ospedali.
-Così trasformata ebbe a conoscerla Paolo Giovio, e la chiamò _donna
-dabbene_. Ove avesse vissuto ancora un decennio, è molto probabile
-che sarebbe anche venuta in odore di santità. Fece molte fondazioni
-di beneficenza per gli ospedali di San Salvatore al Laterano, di
-Santa Maria in Portico e della Consolazione, per la Confraternita
-dell'Annunziata alla Minerva e per San Lorenzo in Damaso, come risulta
-dal suo testamento del 15 gennaio 1517.[280]
-
-Per lungo tempo furon lette negli ospedali di Laterano e della
-Consolazione iscrizioni commemorative delle fondazioni di lei e
-dell'obbligo insieme di dir messe in eterno, ne' giorni della morte de'
-suoi due mariti e di lei stessa.
-
-Vannozza morì in Roma il 26 novembre 1518. La morte sua non passò
-inosservata, come lo mostra questa lettera di un Veneto:
-
-«Avantieri morì madonna Vannozza, una volta amica di papa Alessandro e
-madre del duca Valentino e della duchessa di Ferrara. In quella notte
-mi trovai in luogo, donde mi fu dato intendere il grido per la morte,
-secondo il costume romano, con queste formali parole: — Messer Paolo
-fa la parte, perchè è morta madonna Vannozza, la madre del duca di
-Gandia; la trapassata appartiene alla Confraternita del Gonfalone. —
-Ieri fu sotterrata in Santa Maria del Popolo, ove fu portata con ogni
-pompa, quasi come un cardinale. Aveva 66 anni. Ha legato tutta la sua
-fortuna, che non era piccola, a San Giovanni in Laterano. A' funerali
-assistevano i camerieri del Papa, cosa non solita in altri casi.»[281]
-
-Marcantonio Altieri, uno degli uomini più ragguardevoli di Roma,
-lasciò di lei una specie di elogio funebre. Egli era guardiano della
-Confraternita del Gonfalone ad _Sancta Sanctorum_; e, in tal qualità,
-fece nel 1525 l'inventario de' beni del sodalizio. Nel manoscritto,
-conservato nell'Archivio della Confraternita, l'Altieri disse:
-
-«Noi non possiamo nemmeno dimenticare le amorevoli fondazioni, fatte
-dalla molto stimabile ed onorevole donna, madonna Vannozza di casa
-Catanei, avventurosa madre d'illustrissimi signori, del signor duca
-di Gandia, del signor duca Valentino, del principe di Squillace
-e di madonna Lucrezia duchessa di Ferrara. Volendo essa dotare la
-Confraternita di beni terreni, le lasciò molti gioielli di non piccolo
-valore e v'aggiunse altri soccorsi, pei quali la Confraternita,
-pochi anni dopo, potè liberarsi da alcune obbligazioni e soprattutto
-per mediazione de' gentiluomini messer Mariano Castellano e del
-mio carissimo messer Raffaele Casali, che furono non molto addietro
-guardiani. Ella fece specialmente un accordo col distinto e celebre
-orafo Caradosso, pel quale, dandogli 2000 ducati, costui doveva con
-le sue peregrine opere d'arte rispondere al desiderio di quella
-nobilissima e onorandissima donna. Quindi per fare ornamenti e
-poterli completare, ella ci lasciò tanta proprietà da ricavarne per
-sempre l'annuo reddito di 400 ducati, co' quali alimentiamo il numero
-pur troppo grande dei poveri e dei bambini. Per gratitudine verso
-cosiffatti sentimenti suoi tanto devoti e pii e pe' soccorsi così
-abbondanti ed amorevoli in pro dei bisognosi, la nostra onorevole
-Confraternita decise all'unanimità e molto volontieri non solo di
-solennizzare le esequie di lei con ogni splendidezza di onori e di
-pompa, ma anche di ricordarne la memoria con magnifico e grandioso
-monumento. Quindi per pubblica acclamazione fu anche presa la
-risoluzione di festeggiarne, d'allora in poi, il giorno dell'esequie,
-in Santa Maria del Popolo, ove quella fu sotterrata, con messe e
-cerimonie, con concorso di gente, con molti ceri e torce e con ogni
-devozione; e ciò non solo per raccomandare a Dio la salute dell'anima
-sua, ma anche per mostrare al mondo che noi abbiamo in odio e in
-abominazione l'ingratitudine.»
-
-Esser portata al sepolcro con sfarzosa solennità era stato l'orgoglio
-di quella donna. Il giorno dell'esequie tutta Roma dovette parlar di
-lei, dell'amante di Alessandro VI e della madre di figliuoli cotanto
-famosi. Leon X, facendovi intervenire la Corte, diede ai funerali
-carattere pubblico, anzi con tale distinzione riconobbe officialmente
-Vannozza qual vedova di Alessandro, o almeno qual madre della duchessa
-di Ferrara. Del resto, tutta la città vi fu rappresentata, mentre alla
-Confraternita del Gonfalone appartenevano i membri più ragguardevoli
-della nobiltà e della borghesia di Roma. Vannozza fu deposta in
-Santa Maria del Popolo nella sua Cappella gentilizia, accanto al suo
-infelice figlio Don Juan di Gandia. Non si sa se le sia stato eretto
-un sarcofago di marmo, ma l'esecutore testamentario pose sulla tomba
-queste superbe parole:
-
-«A Vannozza Catanea, nobilitata dai figliuoli suoi, i duchi Cesare di
-Valenza, Juan di Gandia, Jofred di Squillace e Lucrezia di Ferrara;
-alla donna altamente illustre al tempo stesso per l'onestà, la pietà,
-l'età e la saggezza sua, e tanto benemerita dell'Ospedale lateranense,
-pose Jeronimo Pico, fidecommissario ed esecutore testamentario. Visse
-anni 77, mesi 4, giorni 13. Morì nell'anno 1518 il 26 novembre.»
-
-Sicuramente Vannozza se n'andò via da questo mondo nella fermissima
-credenza di aver con oro ed argento e con pie istituzioni lavate le
-colpe e i peccati suoi, e d'essersi compro il regno de' cieli. Non
-aveva forse potuto comprarsi la pompa funeraria e una menzogna sulla
-pietra del sepolcro? Per più di 200 anni i frati di Santa Maria del
-Popolo cantaron messe in requie dell'anima sua, sino a che l'Autorità
-ecclesiastica non gli fece smettere, meno forse pensando che l'anima di
-quella donna n'avesse già abbastanza, e più per una coscienza critica
-e storica, che cominciava a levare il capo. Più tardi un sentimento di
-odio e a un tempo di vergogna ha fatto sparire ogni traccia di quella
-pietra sepolcrale.
-
-
-XII.
-
-Le condizioni dello Stato di Ferrara s'erano fatte di nuovo difficili
-assai. Leon X aveva preso a seguitare le orme di Alessandro VI.
-Anch'egli cercava raccozzare un regno pel nipote Lorenzo de' Medici.
-Già nel 1516 lo aveva creato duca d'Urbino, dopo aver con la forza
-delle armi scacciato di colà il legittimo erede di Guidobaldo.
-Francesco Maria Della Rovere, la moglie, la madre sua adottiva
-Elisabetta trovavansi in Mantova, in quell'asilo di tutti i principi
-fuggiaschi. Leone ardeva dal desiderio di scacciare anche gli Este
-da Ferrara. Solo la protezione di Francia guarentiva Alfonso da una
-guerra col Papa. Visto che quest'ultimo, in disprezzo del trattato, non
-consegnava le città di Modena e Reggio, il duca andò nel novembre 1518
-alla Corte di Francesco I per raccomandargli le faccende sue. Tornò
-a Ferrara nel febbraio 1519. Apprese quivi la morte del cognato, il
-marchese Francesco Gonzaga di Mantova, seguita il 20 del mese stesso.
-Lucrezia scrisse l'ultimo di marzo alla vedova Isabella nel modo che
-segue:
-
-«Illustrissima Signora, cognata onoratissima. — L'acerbità del caso
-della morte dell'illustrissimo consorte dell'Eccellenza Vostra, di
-buona memoria, m'è stata per infiniti rispetti di tanta mestizia
-e dolore, che avrei io bisogno di esser consolata più di quel che
-possa consolare altrui, soprattutto l'Eccellenza Vostra, ch'è pur
-quella che per la troppo grande perdita ha dovuto sentire gravissimo
-affanno. Io dunque mi rattristo e dolgo con Vostra Eccellenza per
-questo disgraziato caso, che non potrei mai esprimere quanto mi gravi
-e prema. Ma poichè non v'è oramai riparo ed è così piaciuto al Signor
-Nostro, uopo è conformarsi alla volontà sua. E per tanto prego e
-conforto Vostra Eccellenza a voler tollerare questo caso con fermezza e
-come alla saviezza sua si conviene. E son certa che ella saprà farlo.
-Null'altro le dirò per ora, se non che me le raccomando e offro per
-sempre. — Ferrara, l'ultimo di marzo 1519. Cognata Lucrezia duchessa di
-Ferrara.»[282]
-
-Successore del marchese fu il primogenito Federigo. Nel 1530
-l'imperatore Carlo V lo fece primo duca di Mantova. Un anno dopo
-s'unì in matrimonio con Margherita di Monferrato. Era questi quel
-Federigo stesso destinato tempo innanzi a diventare marito di Luisa, la
-figliuola di Cesare. La celebre Isabella madre sua visse vedova sino al
-13 febbraio 1539.
-
-Alfonso aveva trovato al ritorno sua moglie in condizioni di salute
-molto travagliose. Ella s'approssimava allo sgravo. Il 14 giugno 1519
-partorì una bambina morta. Prevedendo la sua fine, scrisse in capo a
-otto giorni una lettera a papa Leone. È l'ultima; e, concepita sotto
-l'impressione di una prossima morte, è profondamente sentita. Leggendo
-questo suo addio alla vita, si guarda nel fondo dell'anima sua,
-attraverso la quale passavano per l'ultima volta ancora le rimembranze
-del passato, quando già il terrore e gli erramenti di quel tempo non
-giungevano più a turbarla.
-
-«Santissimo Padre e Beatissimo signor mio. — Con ogni possibile
-reverenza d'animo bacio i santi piedi di Vostra Beatitudine, e
-umilmente mi raccomando alla sua santa grazia. Dopo che per una
-difficile gravidanza ebbi molto sofferto per più di due mesi, partorii,
-come a Dio piacque, il 14 di questo mese, sul far del giorno, una
-bambina; e speravo, liberatami col parto, che anche il mio male si
-dovesse alleviare. Ma è successo il contrario; sicchè m'è forza cedere
-alla natura. E tanto è il dono che il nostro Creatore clementissimo
-m'ha fatto, che ho coscienza della fine della mia vita, e sento che
-fra poche ore, avendo però prima ricevuti tutti i Santi Sacramenti
-della Chiesa, ne sarò fuori. In questo punto come cristiana, benchè
-peccatrice, mi son ricordata di supplicare Vostra Beatitudine che per
-sua benignità si degni darmi del tesoro spirituale qualche suffragio,
-dispensando all'anima mia la sua santa benedizione. Di che la prego
-devotamente. E alla sua santa grazia raccomando il mio consorte e i
-miei figliuoli, tutti servitori di Vostra Beatitudine. — In Ferrara, il
-22 febbraio 1519, nella 14^ma ora. Di Vostra Santità umilissima serva
-Lucrezia d'Este.»[283]
-
-La lettera è scritta con animo così sereno e dignitoso, e libero tanto
-da qualsiasi sovreccitazione di sentimento, ch'è lecito dimandarsi,
-se avrebbe potuto scriverla, sul letto di morte, una donna, la cui
-coscienza fosse effettivamente sotto il peso di quell'enormezze, ond'è
-stata accusata la figliuola di Alessandro.
-
-Lucrezia morì il 24 giugno, nella notte, in presenza di Alfonso. La
-morte fu immediatamente annunziata dal duca con lettera autografa al
-nipote Federigo Gonzaga.
-
-«Illustrissimo Signore, onorandissimo fratello e nipote. — A Dio,
-Signor Nostro, è piaciuto di chiamare a sè in quest'ora l'anima
-dell'Illustrissima Signora Duchessa, mia consorte carissima. Non posso
-fare di non comunicarla a Vostra Eccellenza per l'amore nostro mutuo,
-il quale mi fa credere che i piaceri e le avversità dell'uno siano
-anche dell'altro. Non posso scriver questo senza lacrime, tanto m'è
-grave vedermi privo di sì dolce e cara compagna, poichè tale ella
-era per me, per i buoni costumi suoi e il tenero amore che era fra
-noi. Per sì acerbo caso vorrei ben domandare aiuto di consolazione da
-Vostra Eccellenza. Ma so che anch'ella n'avrà la parte sua di dolore.
-E a me sarà più caro avere chi a me s'accompagni col pianto che chi
-mi consoli. E alla Signoria Vostra mi raccomando. — Ferrara, 24 giugno
-1519, ora quinta della notte. Alfonso duca di Ferrara.»[284]
-
-Il marchese Federigo mandò suo zio Giovanni Gonzaga a Ferrara; e di
-lì questi scrisse: «Non si maravigli Vostra Eccellenza, se dico partir
-domani di qua, perciocchè le esequie non si fanno, ma solamente nelle
-parrocchie son detti gli ufficii. È vero però che il signor duca
-accompagnò personalmente alla sepoltura l'illustrissima sua consorte.
-Questa è stata sotterrata al Monastero delle Suore del Corpo di Cristo,
-nella sepoltura medesima ove fu deposta la madre del duca. A tutta
-la città è rincresciuto molto della morte di lei, soprattutto al duca
-stesso. Egli dimostra veramente averne avuto singolare cordoglio. Qui
-si dicono cose grandi della vita sua, e che da forse dieci anni la
-portava il cilizio; è circa due anni che ogni giorno la si confessava,
-e comunicavasi da tre a quattro volte il mese. E di nuovo mi raccomando
-continuamente alla buona grazia di Vostra Eccellenza. — Ferrara, 28
-giugno 1519. Giovanni de Gonzaga marchese.[285]
-
-Le tombe di Lucrezia, d'Alfonso e di molti altri membri della casa
-d'Este in Ferrara sono scomparse. Indarno cerchi colà o a Modena il
-ritratto della famosa donna. Neppur uno n'è rimasto; e nondimeno è
-certo che pittori di grido la ritrassero. Ed in Ferrara non era difetto
-di pittori: v'era il Dossi, il Garofalo, il Cosma ed altri. Anche
-il Tiziano avrà dipinto la bella duchessa. Il ritratto da lui fatto
-d'Isabella d'Este Gonzaga, l'emula, quanto a bellezza, della Lucrezia,
-si conserva nella Galleria Belvedere a Vienna. È un'avvenente figura
-di donna d'un bello ovale e dalle linee molto corrette, dagl'occhi
-bruni e dall'espressione di femminile dolcezza. Manca un ritratto di
-Lucrezia per mano dello stesso maestro; mentre quello della Galleria
-Doria attribuito a lui o da altri a Paolo Veronese, tuttochè questo
-artista non sia nato che il 1528, è una delle tante invenzioni solite
-a incontrarsi nelle gallerie. Così pure nella Galleria stessa v'è una
-figura di grandezza naturale di donna dalle forme di amazzone con elmo
-in mano, che si attribuisce a Dosso Dossi; e s'è affermato senza tanti
-discorsi essere il ritratto della Vannozza.
-
-Ad alquanta verosimiglianza potrebbe piuttosto pretendere un ritratto
-ad olio, proprietà di monsignor Antonelli, direttore del Gabinetto
-numismatico di Ferrara, non perchè porti in caratteri alquanto antichi
-il nome di Lucrezia Borgia, ma perchè alcuni lineamenti sembrano
-rassomigliare a quelli del medaglione. Ad ogni modo, questo non è
-ritratto autentico, come non sono tampoco i due su maiolica posseduti
-dall'inglese Rawdon Brown in Venezia; lavori, secondo l'ipotesi di
-costui, di Alfonso stesso, dilettante di pittura delle maioliche.
-Quando anche tale opinione potesse esser fondata, il che non è, simili
-ritratti puramente decorativi appena offrirebbero qualche somiglianza.
-
-Altri ritratti certi di Lucrezia Borgia non vi sono, tranne quelli
-nella medaglia, impressa nel periodo della sua vita in Ferrara. Uno
-è in fronte di questo libro: è il più perfetto di tutti, e può dirsi
-anche ch'è una delle più notevoli impronte della Rinascenza. Pare ne
-sia stato autore Filippino Lippi nell'anno 1502, dopo il matrimonio
-di Lucrezia con Alfonso. Il rovescio porta un'immagine caratteristica
-non solo pel tempo, ma per Lucrezia stessa: Amore con le ali mezzo
-strappate, legato ad un lauro; accanto un violino, e più sotto
-carte di musica; la faretra dell'amoroso Iddio infranta pende a un
-ramo dell'albero; e l'arco per terra con la corda spezzata. Intorno
-l'iscrizione: _Virtuti Ac Formae Pudicitia Praeciosissimum_. Con tali
-simboli l'artista volle forse significare che il tempo de' liberi
-ludi amorosi eran passati, e con l'albero d'alloro alluse forse alla
-gloriosa casa degli Este. Se codesta allegoria, alquanto ardita, poteva
-nulladimeno convenire per una sposa qualunque, per Lucrezia Borgia poi
-fu davvero la più appropriata che potesse immaginarsi.[286]
-
-Guardando quella testa attraente, da' lunghi capelli disciolti, un
-senso di maraviglia t'assale. Niun contrasto maggiore di quello che
-passa tra l'immagine reale e l'immagine che ciascuno si sarà fatta di
-Lucrezia Borgia, secondo la rappresentazione tradizionale del carattere
-di lei. Quell'effigie presenta un aspetto d'infantile candore, di una
-espressione singolare, senza linee classiche nel profilo. Bello non si
-direbbe nemmanco. Diceva il vero la marchesana di Cotrone, scrivendo
-a Francesco Gonzaga, che Lucrezia non aveva nulla di particolarmente
-bello, ma ciò che si chiama _dolce ciera_. La testa di lei ha punta
-o poca somiglianza con quella del padre, quale le migliori medaglie
-lo raffigurano; meno forse nel naso fortemente profilato. La linea
-frontale di Lucrezia è prominente, mentre in Alessandro VI è depressa;
-e il mento scende in quella alquanto indietro, in questo invece sta con
-la bocca sulla stessa linea.
-
-Un'altra medaglia non rappresenta Lucrezia co' capelli disciolti, ma
-col capo avvolto da una rete e dalla lenza, un nastro ornato di pietre
-preziose o di perle. La chioma copre l'orecchio; e quindi dalle spalle
-in giù una lunga treccia, proprio nella forma allora in uso, come
-può, ad esempio, vedersi in una bella medaglia di Elisabetta Gonzaga
-d'Urbino.[287]
-
-I documenti, che hanno fornito i materiali a questo libro, pongono
-ogni lettore in grado di formarsi un giudizio su Lucrezia Borgia.
-Questo sarà forse approssimativamente giusto o per lo meno più giusto
-di quello omai trasmesso e per tradizione accettato. Gli uomini del
-passato sono problemi pe' giudici loro. Se giudicando di contemporanei
-a noi conosciuti, diamo ne' più madornali errori, quanto più non
-siamo esposti ad errare appena che vogliamo comprendere la natura di
-uomini, che ci stanno dinanzi solo come ombre. Tutte le condizioni
-personali alla loro vita e tutto l'intreccio delle circostanze di
-luogo, di tempo, di persone, nel cui mezzo s'andaron formando, e i
-più intimi secreti dell'esser loro giacciono lì, qual serie di fatti
-tutti scissi e divisi; e da questi frammenti uopo è per noi ricostruire
-un carattere. Per chi guardi alla legge di causalità, la storia è
-la giustizia del mondo. Ma non di rado la storia scritta è per sè
-il più ignorante de' tribunali. Molti caratteri storici vedrebbero
-ne' ritratti loro fatti ne' libri come tante caricature, e di cuore
-riderebbero del giudizio sul conto loro portato.
-
-Lucrezia Borgia forse consentirebbe con chi attenendosi a' documenti
-del tempo osasse affermare, ch'ella fu donna leggiera, amabile e
-infelice insieme. L'infelicità sua in vita furono gli avversi casi da
-lei in parte immeritati; e, dopo morte, l'opinione che s'andò formando
-intorno il suo carattere. Il marchio d'infamia sulla sua fronte
-impresso seppe ella stessa, come duchessa di Ferrara, cancellare;
-ma apparve di nuovo, poichè fu morta. E come presto riapparisse, lo
-mostra il giudizio che davano di lei i Della Rovere in Urbino. Nel
-1552 Guidobaldo II, figlio di Francesco Maria e di Eleonora Gonzaga,
-doveva sposarsi con Giulia Varano; ma domandò invece la mano di una
-Orsini. Il padre gli oppose i matrimonii di principi con donne indegne
-di loro; fra gli altri, quello di Alfonso di Ferrara. Costui — diceva
-egli — s'è disposato con Lucrezia Borgia, con una donna _di quella
-sorta che pubblicamente si sa_, e ha dato anche a suo figlio _un
-mostro_ (Renata). Guidobaldo confermò cosiffatto giudizio: rispose che
-egli sapeva d'avere un padre, che giammai non lo vorrebbe costringere
-a prendere una sposa come Lucrezia Borgia, _di quella mala sorta che
-fu quella, e con tante disoneste parti_.[288] Così l'opinione continuò
-a propagarsi, e Lucrezia Borgia divenne il tipo di ogni abiezione
-femminea, sino a che Vittor Hugo nel suo dramma e il Donizetti nella
-sua opera non la portarono sulle scene appunto sotto quei colori.
-
-
-Ancora, per concludere, qualche parola intorno ad Alfonso e alla
-discendenza sua e di Lucrezia. Il duca di Ferrara sopravvisse alla
-moglie altri 15 anni, che furono difficili e procellosi. Seppe non
-pertanto con prudenza resistere e mantenersi contro l'odio papale
-de' Medici. Si vendicò di Clemente VII col sacco di Roma, cui resero
-possibile i soccorsi suoi all'esercito imperiale. Ebbe da Carlo V
-Modena e Reggio; e di tal guisa fu in grado di trasmettere agli eredi
-suoi gli antichi Stati di casa d'Este nella integrità loro. Non passò
-ad altre nozze. Ma Laura Eustochia Dianti, bella e giovane ferrarese,
-gli fu compagna. Questa gli partorì due figliuoli, Alfonso e Alfonsino.
-Egli morì il 31 ottobre 1534 di 58 anni, quando i fratelli lo avevano
-già preceduto nel sepolcro, il cardinale Ippolito nel 1520 e Don
-Sigismondo nel 1524.
-
-Da Lucrezia Borgia ebbe cinque figliuoli. Ercole fu suo erede al
-trono. Ippolito fu cardinale; morì il 2 dicembre 1572 in Tivoli, ove
-suo monumento è la Villa d'Este. Eleonora fu monaca nel monastero del
-_Corpus Domini_, e vi morì il 15 luglio 1575. Francesco fu marchese di
-Massalombarda, e morì il 22 febbraio 1578. In fine Alessandro, morto,
-come s'è detto, varcata appena l'età di due anni, il 10 luglio 1516.
-
-Il figlio di Lucrezia Ercole II regnò sino all'ottobre 1559. Suo padre
-nel 1528 avevalo sposato con Renata, la brutta, ma molto intelligente
-figliuola di Luigi XII. Lucrezia non aveva visto mai la sua nuora, e
-non mai sospettato neppure che Renata potesse divenir tale. La vita
-di questa celebre duchessa costituisce un importante episodio nella
-storia di Ferrara. Essa fu seguace entusiastica di quella Riforma, che
-finalmente penetrò nel mondo, intesa ad emancipare lo spirito da una
-Chiesa, a capo della quale erano stati i Borgia, i Della Rovere e i
-Medici. E per questo i Della Rovere la chiamavano un _mostro_. Per un
-certo tempo Renata tenne nascosti alla corte sua Calvino e Clemente
-Marot.
-
-Un caso strano occorse: appunto alla corte del figliuolo di Lucrezia
-nel 1550 apparve un uomo, che valse a rinnovar la memoria della storia
-della famiglia Borgia, già quasi diventata un mito per la generazione
-allora vivente. Era Don Francesco Borgia, duca di Gandia, e ora,
-nell'anno 1550, gesuita. La sua inattesa comparsa in Ferrara ci porge
-occasione di fare un cenno delle vicende di casa Gandia.
-
-Di tutti i discendenti di Alessandro VI i più fortunati furono appunto
-quei che tolsero l'origine dall'ucciso Don Juan. La vedova donna Maria
-visse un pezzo in grande reputazione alla Corte della regina Isabella
-di Castiglia. Poscia, presa da malinconia e da bigottismo, andò a
-chiudersi in un monastero. Morì l'anno 1557. Il suo unico figlio Don
-Juan, ancora bambino, era successo allo sciagurato padre nel Ducato
-di Gandia, ed aveva anche serbati i possedimenti nel Napoletano.
-Questi comprendevano un territorio esteso in Terra di Lavoro con le
-città di Sessa, Teano, Carinola, Montefuscolo, Fiume, e altre. Il
-giovane Gandia nel 1506 le cedette al re di Spagna, e ne fu compensato
-pecuniariamente: il gran capitano Consalvo ebbe il Principato di Sessa.
-
-Don Juan restò in Spagna, ove fu uno de' Grandi, e di grado elevato
-assai. Sposò Giovanna d'Aragona, principessa della caduta Casa reale
-di Napoli; e in seconde nozze, nell'anno 1520, donna Francesca de
-Castro y Pinos, figlia del visconte d'Eval. I matrimonii de' Borgia
-furono la maggior parte assai fecondi. Venuto a morte codesto nipote
-di Alessandro VI nel 1543, non lasciò meno di quindici figliuoli.
-Le figlie si maritarono con Grandi di Spagna, e i figli appartennero
-alla più cospicua nobiltà del paese, ove conseguirono altresì le più
-alte cariche. Il maggiore, Don Francesco Borgia, nato il 1540, fu
-duca di Gandia, un gran signore, molto stimato alla Corte di Carlo
-V, che lo fece vicerè di Catalogna e commendatore di Santo Jago.
-Accompagnò anche l'imperatore nelle spedizioni in Francia e sino in
-Affrica. Il 1529 erasi ammogliato con Eleonora de Castro, dama di corte
-dell'imperatrice. E n'ebbe cinque figliuoli e tre figliuole. Morta la
-moglie nel 1546, nulla più lo trattenne dal seguire la passione, che
-da lungo tempo covava in seno, per la Compagnia di Gesù, quella cioè
-di rinunziare per sempre alla sua splendida condizione e di farsi
-gesuita. Pareva quasi una misteriosa tendenza ve lo spingesse, per
-scontar così i peccati della casa sua. Eppure non deve far maraviglia
-di trovare un pronipote di Alessandro VI sotto l'abito de' Gesuiti.
-La stessa demoniaca energia di volontà, per la quale i Borgia eransi
-segnalati, animava pure il loro compatriotta Loyola, benchè sotto altra
-forma e rivolta a diverso scopo. Ed anche le massime del _Principe_ del
-Machiavelli divennero la parte politica delle costituzioni gesuitiche.
-
-Il duca di Gandia andò nel 1550 a Roma per gettarsi a' piedi del Papa
-e divenire membro dell'Ordine. Appunto allora Paolo III, fratello di
-Giulia Farnese, era morto, e Giulio III Del Monte asceso alla Santa
-Sede. Ma in Ferrara era ancora sul trono Ercole II, zio cugino di
-Don Francesco. Egli si ricordò della parentela e lo invitò, andando a
-Roma, di passar per Ferrara. Francesco si fermò alla corte del figlio
-di Lucrezia tre giorni, e vi fu ricevuto anche da Renata. Non si sa
-se l'entusiastico discepolo di Loyola fosse a notizia de' sentimenti
-religiosi dell'amica di Calvino. Il loro incontro però, nella patria
-del Savonarola e nell'appartamento di Lucrezia, offriva un contrasto
-acutissimo e de' più strani. Francesco continuò quindi per Roma; donde
-poscia tornò presto di nuovo in Spagna. Morto il Lainez, fu nel 1565
-terzo Generale della Compagnia di Gesù. Morì in tal qualità a Roma
-l'anno 1572. La Chiesa lo santificò; così un pronipote di Alessandro VI
-divenne un santo.[289]
-
-La discendenza di questo Borgia si ramificò, innestandosi con le
-più nobili famiglie di Spagna. Il suo primogenito Don Carlos, duca
-di Gandia, sposò donna Maddalena, figlia del conte Oliva della casa
-Centelles. Così quella famiglia, cui apparteneva il primo promesso
-sposo di Lucrezia, s'imparentò un mezzo secolo più tardi con i Borgia.
-La stirpe de' Gandia durò sin nel secolo XVIII, nel quale ebbe anche
-due cardinali Borgia.
-
-Ercole II non scoprì le eretiche relazioni di sua moglie che nel 1554.
-La cacciò in un chiostro. Ma la nobile principessa restò fedele alla
-Riforma. Quando l'Inquisizione soffocò a Ferrara il moto riformatore,
-essendo duca il figlio suo, ella rientrò in Francia. Ivi visse fra
-Ugonotti nel suo Castello di Montargis, e vi morì nel 1575. Per strana
-combinazione il duca di Guisa fu proprio genero di lei.
-
-Renata diede al marito parecchi figliuoli: Alfonso, principe erede;
-Luigi, più tardi cardinale; donn'Anna, sposatasi appunto col duca
-di Guisa; donna Lucrezia, poscia duchessa d'Urbino; e donna Leonora,
-rimasta nubile.
-
-Il figlio Alfonso II successe nel Governo di Ferrara l'anno 1559.
-È quel duca reso immortale dal Tasso. Come l'Ariosto, al tempo del
-primo Alfonso e di Lucrezia, aveva glorificata la casa d'Este con un
-poema monumentale, così ora Torquato Tasso continuava codesta specie
-di esaltazione tra i nipoti, quando sul trono di Ferrara sedeva il
-secondo Alfonso. Il caso metteva così ai servizii della stessa corte i
-due più grandi poeti epici d'Italia. La sorte del Tasso è uno dei più
-sinistri ricordi della casa d'Este; eppure, che il cigno canoro abbia
-fatto risuonare proprio in mezzo alla corte di Ferrara la sua canzone,
-è, al tempo stesso, l'ultimo dei ricordi che abbia importanza nella
-storia di quella. Perchè con Alfonso II, nipote di Lucrezia Borgia,
-morto senza figliuoli, s'estinse il 27 ottobre 1597 la linea legittima
-della famiglia d'Este. Don Cesare, un nipote di Alfonso I, figlio di
-quell'Alfonso, che Laura Dianti aveva a colui partorito e di donna
-Giulia Della Rovere di Urbino, salì, è vero, al trono di Ferrara alla
-morte di Alfonso II, come suo erede per legge; ma il Papa nol volle
-riconoscere. Indarno cercò mostrare come l'avo suo, poco prima di
-morire, avesse regolarmente sposato Laura Eustochia, e che fosse per
-questo divenuto egli legittimo erede della casa. A nulla giovò che i
-giureconsulti perorassero la validità delle pretensioni di Don Cesare
-innanzi ai tribunali di papi ed imperatori. E approdò ancor meno, che,
-sull'esempio del Muratori, quei diritti, a tutt'oggi, fossero dai
-Ferraresi sostenuti. A Don Cesare fu giuocoforza sottomettersi alla
-decisione di Clemente VIII. Il 13 gennaio 1598 il nipote di Alfonso
-I dovette firmare la rinunzia al Ducato di Ferrara. Con la moglie
-Virginia dei Medici e coi figliuoli abbandonò quella, che per secoli
-era stata la residenza degli antenati suoi, e si ridusse a vivere a
-Modena col titolo di Duca di questa città, alla quale s'aggiunsero
-anche Reggio e Carpi.
-
-Don Cesare continuò quivi la linea collaterale degli Este. Sullo
-scorcio del secolo XVIII, mercè l'arciduca Ferdinando, essa trapassò
-nella casa Austro-Estense. Ed anche questa oggi è venuta meno. E caduta
-pure è la dominazione dei Papi in Ferrara. Là ove un tempo, quando nel
-1502 Lucrezia Borgia fece il suo ingresso, sorgeva Castel Tedaldo;
-là, ove Clemente VIII fece erigere la grande fortezza, oggi non è
-che un campo: la fortezza fu smantellata nel 1859. In quel campo sta
-dimenticata e quasi sperduta la statua di Paolo V, e intorno intorno
-tutto è solitudine. Così anche oggi, innanzi alla rôcca di Giovanni
-Sforza in Pesaro sorge una colonna, dalla quale la statua fu abbattuta:
-sulla base si legge: «Colonna di Urbano VIII; ecco tutto quel che ne
-rimane.»
-
-
-
-
-APPENDICE DI DOCUMENTI
-
-ALLA LUCREZIA BORGIA.
-
-
-
-
-INDICE DE' DOCUMENTI.
-
-
- DOCUMENTO
-
- I. Tavole nuziali tra Gianandrea Cesarini e Girolama
- Borgia. — (24 gennaio 1482) Pag. 353
- II. Tavole nuziali tra Carlo Canale e Vannozza
- Catanei. — (8 giugno 1486) 354
- III. Tavole nuziali tra Ursino Orsini e Giulia
- Farnese. — (20 maggio 1489) 355
- IV. Tavole nuziali tra Lucrezia Borgia e Don Cherubin
- Joan de Centelles. — (26 febbraio 1491) 358
- V. _Ad Bovem Borgia_ 364
- VI. Beatrice Borgia ad Alessandro VI. — (9 settembre
- 1492) 365
- VII. Scioglimento del contratto di matrimonio tra
- Lucrezia Borgia e Don Gaspare. — (8 novembre
- 1492) ivi
- VIII. Ercole d'Este ad Alessandro VI. — (3 gennaio 1493) 371
- IX. Minuta delle tavole nuziali tra Lucrezia Borgia
- e Giovanni Sforza. — (2 febbraio 1493) 372
- X. Gianandrea Boccaccio al duca di Ferrara. — (13
- giugno 1493.) 376
- XI. Lorenzo Pucci al fratello Giannozzo. — (23, 24
- dicembre 1493) 378
- XII. Don Juan, duca di Gandia, al marchese
- Gonzaga. — (12 settembre 1496) 381
- XIII. Poesia sulla morte di Don Juan di Gandia. — (16
- giugno 1497) ivi
- XIV. Il cardinale Giuliano Della Rovere ad Alessandro
- VI. — (10 luglio 1497) 382
- XV. Annullamento del contratto matrimoniale tra
- Lucrezia Borgia e Don Gasparo. — (10 giugno 1498) ivi
- XVI. Primo contratto di matrimonio tra Lucrezia Borgia
- e Don Alfonso d'Aragona. — (20 giugno 1498) 385
- XVII. Atto relativo alla eredità reclamata da donna
- Maria Enriquez per suo figlio Don Juan. — (19
- dicembre 1498) 389
- XVIII. Tavole nuziali tra Laura Orsini e Federico
- Farnese. — (2 aprile 1499) 390
- XIX. Protesta di Jacopo Gaetani contro la Sentenza
- inflittagli. — (7 febbraio 1500) 391
- XX. Elisabetta, duchessa d'Urbino, al fratello
- Francesco Gonzaga. — (21 marzo 1500) 393
- XXI. Cesare Borgia al marchese Gonzaga. — (24 maggio
- 1500) 394
- XXII. _Dyalogus mortis et Pontificis laborantis
- febre._ — (1500) 395
- XXIII. Istrumenti relativi alla promessa di matrimonio
- di donna Angela Borgia con Francesco Maria
- Della Rovere. — (25 agosto e 2 settembre
- 1500) ivi
- XXIV. Giovanni Sforza al marchese Gonzaga. — (17 ottobre
- 1500) 396
- XXV. Pandolfo Collenuccio al duca Ercole di
- Ferrara. — (29 ottobre 1500) 397
- XXVI. Alessandro VI alla Signoria di Firenze. — (13
- luglio 1501) 400
- XXVII. Bolla di Alessandro VI relativa all'Infante romano
- Gio. Borgia. — (1º settembre 1501) 401
- XXVIII. Idem. — (1º settembre 1501) 405
- XXIX. Saraceni e Bellingeri al duca Ercole. — (23 settembre
- 1501) 408
- XXX. Saraceni allo stesso. — (26 ottobre 1501) 409
- XXXI. Gianluca Pozzi allo stesso. — (23 dicembre 1501) 410
- XXXII. Sposalizio di donna Lucrezia Borgia con Don
- Alfonso d'Este mercè procura. — (28 dicembre
- 1501) 411
- XXXIII. Alessandro VI alla Comunità di Nepi. — (28 dicembre
- 1501) 413
- XXXIV. Pozzi e Saraceni al duca Ercole. — (2 gennaio
- 1502) 414
- XXXV. El Prete alla marchesa Isabella Gonzaga. — (2
- gennaio 1502) 415
- XXXVI. Il cardinal Ferrari al duca Ercole. — (9 gennaio
- 1502) 417
- XXXVII. Pozzi e Saraceni allo stesso. — (13 gennaio 1502) 418
- XXXVIII. Il duca Ercole ad Alessandro VI. — (14 febbraio
- 1602) 421
- XXXIX. La marchesa Isabella Gonzaga a Lucrezia
- Borgia. — (18 febbraio 1502) 422
- XL. La stessa ad Adriana Ursina. — (18 febbraio 1502) ivi
- XLI. Cesare Borgia alla sorella Lucrezia. — (20 luglio
- 1502) 423
- XLII. Francesco Troche alla marchesa Isabella
- Gonzaga. — (1º settembre 1502) ivi
- XLIII. Lo stesso alla stessa. — (5 ottobre 1502) 424
- XLIV. Isabella Gonzaga a Cesare Borgia. — (15 gennaio
- 1503) ivi
- XLV. Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga. — (1º febbraio
- 1503) 425
- XLVI. Il duca Ercole a Giangiorgio Seregni, suo oratore
- in Milano. — (24 agosto 1503) 426
- XLVII. Giovanni Sforza al marchese Gonzaga. — (25
- agosto 1503) 427
- XLVIII. Don Jofrè Borgia allo stesso. — (18 settembre 1503) ivi
- XLIX. Il marchese Gonzaga a sua moglie Isabella. — (22
- settembre 1503) 428
- L. Il duca Ercole a Lucrezia Borgia. — (4 ottobre
- 1503) 429
- LI. Lucrezia Borgia al marchese Gonzaga — (18
- agosto 1505) 430
- LII. Tavole nuziali tra Niccolò De Rovere e Laura
- Orsini. (Novembre 1505) 431
- LIII. Cesare Borgia al marchese Gonzaga. — (7 dicembre
- 1506) 433
- LIV. Lucrezia Borgia allo stesso. — (28 dicembre
- 1506) ivi
- LV. La stessa allo stesso. — (15 gennaio 1507) 434
- LVI. Vannozza alla figlia Lucrezia. — (febbraio 1515) 435
- LVII. Vannozza al cardinale Ippolito d'Este. — (14
- settembre 1515) 436
- LVIII. Vannozza alla figlia Lucrezia. — (19 dicembre
- 1515) 437
- LIX. Lucrezia Borgia a Leon X. — (22 giugno 1519) 438
-
- FACSIMILE
- I. Alessandro VI a Lucrezia Borgia. 441
- II. Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga. 443
- III. Lucrezia Borgia alla stessa. 445
-
-
-
-
-DOCUMENTI
-
-
-
-
-DOCUMENTO N. I.
-
-_Tavole nuziali tra Gianandrea Cesarini e Girolama Borgia._
-
- 24 gennaio 1482.
-
-In dei no. am. Anno pont. Indict. et mense quibus supra die vero
-Jovis XXIIII. In presentia mei publici not^ii etc. R^mus in xpo pr
-et dnus dnus RODERICUS BORGIA Eps portuensis S. R. E. Cardinalis ac
-Vicecancellarius paterna caritate et affectione ductus ac motus erga
-nobilem et honestam ac generosam puellam virginem JERONIMAM sororem
-excellentis et generosi adolescentis dni PETRI LUDOVICI DE BORGIA et
-JOHANNIS DE BORGIA infantis germanor. fratrum volens et intendens
-ipsam Jeronimam puellam que de sua domo et familia existit veluti
-filiam recognoscere et tractare et pro honore dicte sue domus et
-familie ipsam condecenter maritare ac dotare dotemque sibi condignam
-constituere In pres. mei publici notarii et rogator. ad infrascripta
-pacta et sponsalia in dei no. cum mag^co viro dno GABRIELLE DE
-CESARINIS domicello Romano Regionis S^ti Eustachi patre ac legitimo
-administratore spectabilis adolescentuli JOHANNIS ANDREE sui legitimi
-ac naturalis filii inter eos habita tractata et solemniter conclusa et
-firmata devenit in hunc qui sequitur modum et formam vid.
-
-_Seguono le stipulazioni_. _La dote è di_ 4000 ducator. auri in auro.
-
- . . . . . . .
-
-Acta fuerunt hec in palatio R^mi dni Card^lis Mediolanensis in quad.
-camera magna ejusdem palatii ubi ipse R^mus dnus residet et audientiam
-dare solet presentib. ibidem dicto R^mo pre dno Stefano de Nardinis
-tt^i Sancte Marie in transtiberim presbitero cardinale Mediolanensi
-vulgariter nuncupato ac etiam R^mo in xpo pre dno Jo. Bap^ta tt^i
-Sancti (Nicolai in Carcere) Cardinale de Sabellis vulgarit. dicto
-ac Magº et Illº, armor. capitaneo et ductore dno Virginio quond. dni
-Neapulionis de Orsinis Juliano de Cesarinis de Regione Pontis Antonio
-de porcariis Regionis pinee, Romanis civibus testibus ad predicta omnia
-et singula adhibitis et rogatis.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene,
- nell'Archivio de' Notai al Campidoglio.)
-
-
-DOCUMENTO N. II.
-
-_Tavole nuziali tra Carlo Canale e Vannozza Catanei._
-
- 8 giugno 1486.
-
-Eodem anno pont. Ind. et mense die vero VIII. Junii. In presentia
-mei not. et testium etc. honesta Mulier DNA VANNOTIA relicta quond.
-dni... scriptoris apostolici Intendens ad secunda vota transire ac
-se matrimonio collocare et nuptias contrahere cum spectabili viro dno
-CARULO CANALE DE MANTUA.
-
-Ante nuptias donavit eidem presenti et acceptanti ducatos auri in
-auro Mille et ultra donavit eidem similiter psenti et acceptanti unum
-ex officiis sollicitator. bullarum aplicar. et (promisit) facere et
-curare quod suis sumptibus dictum officium dicto dno Carulo conferatur
-vel gratis concordetur. Amplius et promisit eid. psenti in dotem et
-dotis nom. et pro jocalibus dare tradere et consignare eidem illud
-quod concorditer asseruerunt fuisse constitutum inter eos per manus
-spectabilis viri Dni Francisci de Maffeis scriptoris apostolici ac
-basil. S. Petri canonici et laurentii Barbarini de Catellinis Ro^ni
-civis presentium et sic esse affermantium quorum dictis stare et
-credere promiserunt et convenerunt et tempore quo fiet salutio dotis
-promiserunt facere contractus cum cautelis ypotecis promissionibus
-et stipulationib. consuetis et cum dicta donatione dotis et jocalium
-constitutione. prefatus dnus Carolus interrogatus per me notar.
-ut publicam personam si volebat recipere habere et tenere in suam
-legitimam uxorem prefatam dnam Vannotiam respondit volo et similiter
-interrogata dicta dna Vannotia si volebat recipere dictum dnum carolum
-presentem in suum legitimum Maritum et ipsum pro legitimo viro habere
-et tenere secundum ritum sancte matris ecclie respondit volo. Et
-sic mutuo consensu et interveniente anuli aurei immissione in digito
-anulari ipsius dne Vannotie per ipsum dnum Carolum immissi matrimonium
-legitimum ac mutuo consensu interveniente per verba de presenti
-sponte contraxerunt. Que quid. omnia et singula perpetuo attendere et
-observare promiserunt. Rogaveruntque me not^m ut publicum conficerem
-instrumentum unum vel plura et totiens quotiens etc.
-
-Acta fuerunt hec Rome in domo habitationis prefate dne Vannotie
-site in R^ne Arenule juxta plateam de branchis presentibus Rd.º pre
-dno (_mancano parecchie parole_) Juliano Gallo Mercatore Bruchardo
-Barbarino et Dodro (sic) de Carnariis et aliis quampluribus testibus ad
-predicta vocatis et rogatis.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene,
- nell'Archivio de' Notai al Campidoglio.)
-
-
-DOCUMENTO N. III.
-
-_Tavole nuziali tra Ursino Orsini e Giulia Farnese._
-
-20 maggio 1489.
-
-I. D. o. n. Anno pont. et Ind. quibus supra mensis vero Mai die
-XX^ma in presentia R^mi in xpto pris dni. R. Cardinalis et Epi.
-portuensis S. R. E. Vicecancellarii ac R.^orum patrum dni Bartholomei
-Martini Epi Segobricensis dni Francisci Garzett Canonici Toletani et
-Johannis Staglie civis Romani et mei publ. notarii ad hec adhibitorum
-et rogatorum. Cum sicut infrascripte partes asseruerunt et sponte
-confesse fuerunt, alias inter mag.^cum dom. URSINUM filium quond.
-mag.^ci dni LUDOVICI DE URSINIS dni Castri Vasanelli et mag.^cam
-dnam dnam ADRIANAM matrem et tunc tutricem dicti dni Ursini ex una
-et mag.^cam et honestam puellam dnam Juliam filiam quondam Mag.^ci
-viri dni PETRI LUISII DE FARNESIO tunc in humanis existentis et ipsum
-quond. dom. petrum ut patrem et legitimum tunc administratorem prefate
-Julie parte ex altera contracta fuerint sollemnia sponsalia de futuro
-cum promissionibus dotis et aliis promissionib. et pactis inter eos
-initis et contractis et ad presens dicti sponsi puberes facti dicta
-sponsalia rata grata et firma habentes in dicta promissione ipsorum
-nomine facta perseverantes ac persistentes dicta sponsalia ac legitimas
-nuptias solemni ac legitimo consensu de presenti interveniente et per
-traditionem et immissionem anuli sponsalis contrahere velint et de
-dicta dote promissa ydoneas cautiones facere et recipere. Ea propter
-[Mag.^cus vir dnus ALEXANDER filius et heres prefati quond. dni petri
-loisi de farnesio et ut frater et conjuncta persona prefate dne Julie
-qui primo et ante oia cum juramento sollemni tactis corporaliter sacris
-scripturis in manibus mei Not^i ad sancta Dei evangelia infrascripta
-oia et singula perpetuo attendere et observare et contra non facere
-dicere vel venire ratione sue minoris etatis XX^ti aut XXV annor. nec
-restitutionem in integrum postulare pro se ipso ac vice et noie Mag^ci
-viri dni ANGELI DE FARNESIO sui germani fratris et coheredis pro quo
-et se et bona sua principaliter et in solidum obligavit et de rato et
-rati habitione promisit et se facturum et curaturum ita et taliter et
-cum effectu quod dictus suus frater infrascripta oia et singula rata
-et firma habebit et contra non faciet dicet vel veniet ut supra. Et una
-cum prefato dno Alexandro] [Hoc totum scriptum fuit antequam stipulatum
-fuerit instrumentum deinde non fuit stipulatum quia defuit presentia
-dni Alexandri qui expectabatur et non venit ideo sic cancellatum fuit
-manu mei Notii.] Rd^us in xpo pr. dnus JACOBUS DE GAYTANIS prothonotar.
-apostolicus et Mag^cus et generosus vir dnus COLA DE GAYTANIS germani
-fres avunculi conjuncteque persone ejusdem Julie similiter de rato et
-rati habitione promictentes et sese in solidum obligantes et ex certa
-scientia obligari et teneri volentes promiserunt, et sollemni pactione
-et stipulatione intervenientib. convenerunt, dicto dno URSINO sponso
-prefate dne Julie presenti et michi Notº ut publice persone legitime
-stipulanti nuptiar. tempore et infra dilationes infrascriptas dare
-solvere numerare et in pecunia numerata cum effectu traddere eidem
-dno Ursino pro dote et dotis promisse nomine ad opus et utilitatem
-prefate dne Julie summam et quantitatem trium milium et quingentor.
-ducator. auri de camera ad computum LXXII. bl. pro quolibet duc.
-de qua integra summa dotis Mille solvere promiserunt infra termin.
-duor. annor. proxime futuror. a die presentis contractus incipiendor.
-et ut sequitur finiendorum Reliquos vero solvere promiserunt infra
-dilationes infrascriptas vz. quia singulis futuris annis post cursum
-dictor. duor. annor. solvere promiserunt dicto dno. Ursino ducatos
-sexcentos usque ad integram solutionem totius summe dictor. trium
-milium quingentor. ducator. cum omnib. dannis expensis et interesse
-dicta ex causa et indefectum solutionis predictor. vel aliorum ipsorum
-patiendis faciendis et incurrendis de quib. stare et credere simplici
-dicto et justo dicti dni Ursini et suor. heredum et successor. absque
-alia judicis taxatione seu boni viri arbitratu me Not.º sollemniter
-stipulante pro eo et dictis heredib. et successorib. omnibusq.
-quor. interest vel intererit in futurum Cum pactis et conventionibus
-sollemni stipulatione vallatis de restituenda vel lucranda dicta dote
-in omnem casum et eventum matrimonii dissolvendi secundum formam et
-dispositionem juris communis et secund. consuetudinem inter magnates
-urbis hacten. observatam. Et precibus et rogatu prefator. dnor.
-ALEXANDRI DE FARNESIIS dni JACOBI prothon. et dni COLE DE GAYTANIS
-sui fris. et cujuslib. ipsor. Magcus vir dom. Gabriel de Cesarinis ac
-ven. vir dom. FRANCISCUS DE LENIS Canonicus Roman. et dom. MARIUS DE
-MELLINIS Franciscus de Lenis filius et specialis nuntius R^di ptris dni
-petri de lenis Clerici cam^re apostolice ab eo prout asseruit ad hoc
-missus pro quo et se obligando de rato promisit et LELLUS STEFANI DE
-LELLIS et FRANCIS. TEOLI omnes cives Romani sartus se ad infrascripta
-non teneri nec obligari sed teneri et obligari volentes ex certa eorum
-et cujusq. ipsor. scientia ipsi et quilib. ipsor. pro rata sponte
-sollemniter fidejubendo et intercedendo promiserunt et juraverunt
-se facturos et curaturos ita et taliter et cum effectu quod dicti
-principales expromissores predicta omnia et singula per eos promissa
-et pacta observabunt et adimplebunt et temporib. et dilationibus
-supra expressis dictam promissam dicto dno Ursino persolvent. Alias
-teneri voluerunt ipsi et quilib. ipsor. pro rata ad integr. solution.
-dictor. trium mil. et quingentor. ducator. infra dilationes supra
-expressas vd. quisq. pro rata sua tantum Que quidem omnia et sing.
-tam dicti principales expromissores quam fidejussores prefati perpetuo
-attendere et observare ut sup. promiserunt, contraq. non facere dicere
-nec venire pro quib. obligaverunt sese et omnia et sing. ipsor. bona
-mobilia stabilia presentia et futura et voluerunt pro predictis posse
-conveniri et cogi in omni loco et in omni foro et coram quocunq. judice
-ecclesiastico vel seculari et feriatis dieb. quibus renuntiaverunt
-expresse, renuntiaverunt et privilegio fori et omnib. exemptionib. ac
-defensionib. quib. contra promissa facere dicere vel venire possent vel
-aliquis eorum posset. Renuntiaver. etiam expresse dicti expromissores
-et fidejussores capituli divi hadriani et nove constitutionis beneficio
-ac beneficio de duob. vel plurib. reis debendi dividendar. et cedendar.
-actionum. Et juraverunt omnes sollemniter. Rogaveruntq. me notarium et
-dederunt potestatem.
-
-Actum in domib. prefati R.^mi D. Vicecancellarii in cam. stellarum
-presente ipso R.^mo dno aliisque prenominatis supra descriptis etiam
-pro testibus adhibitis et rogatis.
-
-Eisdem Anno pont. mense die vero XXI. factus fuit sollemnis contractus
-nuptiar. [Arratio solemnis] per immissionem anuli et legitimo consensu
-interveniente per verba vis volo ad interrogationem mei Notarii Si
-vellent alter in alterius legitimum matrimonium. primo dictus Ursinus
-respondit velle deinde similiter prefata dna Julia ibid. presens ipsum
-Ursinum in legitimum virum habere velle respondit Adstantibus ibi
-R.^mo d.^no Vicecancellario prefato R.^mo d.^no CARDINALE DE URSINIS
-R^mo d.^no RINALDO DE URSINIS Archiep. Florentino et magna prelatorum
-et Magnatum et Nobilium Viror. multitudine. In domib. prefati dni
-Vicecancellarii in porticu seu viridario de quib. ego idem Notarius
-rogatus fui cum potestate extendendi in ampliori forma si opus fuerit.
-
-Eisd. anno pont. mense et die et in eod. loco personaliter constitutus
-coram me Not. et testib. infrascriptis Mag.^cus vir d^nus ANGELUS DE
-FARNESIO [Promissio indemnitatis cum ratificatione facta per M. d.
-Angm de farnesio.] qui primo et ante omnia cura sollemni juramento
-tactis sacris scripturis renuntiavit beneficio minoris etatis XXV.
-annor. et asserens se esse maiorem XX^ti et promisit non contravenire
-ac de rato et rati habitione promisit pro dno Alexandro ejus germano
-fare et se facturum certa prout asseruit habens scientiam de contractu
-promissionis dotis nomine dne Julie sue sororis Mag.^co d^no Ursino et
-de fidejussorib. prefatis pro summa trium mil. quingentor. ducator.
-et de aliis contractis in obligatione per eos facta Ad requisitionem
-et interpellationem Mag.^ci d^ni Nicolai de Gaitanis ibidem presentis
-ac etiam mei Not.^ii publici sponte et ex certa ejus scientia et non
-per errorem Ratificavit emologavit et confermavit omnia et sing. facta
-gesta promissa et contracta per ipsum Mag.^cum d^num Nicol. Gaytanum
-ipsius dni Angeli et fratris nomine in dicto contractu sponsalium
-contenta et celebrata ac fidejussiones propterea prestitas et omnia
-et sing. in ipso contractu contenta et promisit ipsum dnum Nicolaum et
-alios expromissores et fidejussores perpetuo conservare ac dissobligare
-et liberare ab omni obligatione promissionis in fidejussione per eos
-prestita me Not.º ut publica persona presente et stipulante. Alias
-teneri voluit dictus dnus Angelus pro se et dicto suo fratre ad omnia
-et singula damna etc. de quibus etc. et pro quibus etc. Et voluit etc.
-et renuntiavit etc. et juravit, et dedit potestatem etc.
-
-Actum ubi supra presentibus egregio legum doctore dno FRANCISCO DE
-MAXIMIS et viro nobile PETRO DE VALLE Romanis civibus testibus etc.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. IV.
-
-_Tavole nuziali tra Lucrezia Borgia e Don Cherubin Joan de Centelles._
-
- 26 febbraio 1491.
-
-Capitols fets, e concordats entre lo R^mo S.^or lo senyor don RODRIGO
-DE BORJA Bisbe de Porto Car^al de Valentia e vicecancellier de la
-Sancta Sede aplica, e lo mag^co micer ANTONIO PORCARO noble Roma com a
-curador donat et assignat a la noble e mes virtuosa S^ra dona LUCRETIA
-DE BORJA Donzella habitant de present en Roma filla carnal de dit R^mo
-Car^al, e germana del Ill. S^or don JOAN DE BORJA, Duc de Gandia de
-una part: e lo noble e mag^io S^or Don CHERUBI JOAN DE CENTELLES S^or
-de la vall de Ayora en Regne de Valencia de part altra per causa e fi
-del matrimonj mediant la divina gra faedor per dits nobles don Cherubi
-Joan de Centelles, e Dona Lucretia soberdits, e entre ells, en la forma
-seguent.
-
-Primerament es pactat, e concordat entre les dites parts que dit R^mo
-S.^or Car^al com a pare carnal, e dit micer Antonio com a curador e
-ab voluntat de dita Dona Lucretia per causa e contemplatio de dit
-matrimoni faedor se haje a obligar et prometer, e, axis obliga, e
-promet dit R^mo S.^or Car^al, ab bastants obligations e procuras, dar,
-e, constituir o fer dar, e, constituir a dita dona Lucretia en dot al
-dit noble don Cherubin Joan de Centelles Trenta tres milia Timbres
-valents CCC e XXX^m mil sous moneda reals de valentia, çoes Trenta
-Milia en contants, e Tresmilia en Joyes e arreus de sa perssona. Laqual
-summa de contants se traura de les seguentes partides çoes XI^m mil
-Timbres los quals per la clara memoria de DON PELOIS DE BORJA quondam
-Duc de Gandia en son testament a dita dona Lucretia germana sua, en nom
-de Dot, e matrimonj faedor foer lexades. It. VIII milia Tymbres dels
-quals en contemplatio de matrimoni faedor, e, nom de dot, es stada feta
-donatio a dita Dona Lucretia, per lo R^end S.^or DON CESAR DE BORJA
-Pro^ri de la sede aplica, e don JOFRE DE BORJA Canonge, e, Pebordre,
-e, Ardiacha major de la Seu de Valentia germans los dos de dita Dona
-Lucrezia. Item set milia Tymbres, los quals dit R^mo S.^or Car^al
-etiam en nom de dot, e contemplatio de matrimonj ha donats a dita Dona
-Lucretia filla sua carnal, en certa donatio feta en Roma devant lo R^nd
-Auditor dla Cambra. It. VII. Milia altres Tymbres los quals dit R^mo
-S.^or Car^al promet donar, com de present dona per vigor de la facultat
-aell atorgada per la sede ap.^ca Ultra los soberdits VII Milia per
-compliment de dits XXXIII Milia Tymbres, adita dona Lucretia filia sua:
-Compresa, empero en dita quantitad deis dits XIII Milia Timbres, que Sª
-S^ia R^ma li dona la summa dels dits tres milia Tymbres donada a dita
-Dona Lucretia filia sua per joyes, e arreus de la sua perssona. Les
-quals joyes e arreus sie estimats valer dits Tres milia Timbres. laqual
-quantitat de Trenta e Tres Milia Tymbres proçeides en lo modo davant
-dit, Dit R^mo S.^or Car^al se obligara pagar, o, fer pagar en nom de
-Dot de dita Lucretia, en los termens de jus scritt.
-
-Item mes attenent que dita Dona Lucretia a XVIIII de Abril prop vinent
-entrara en edat de dotze anys, es concordat e pactat entre les dites
-parts, que lo R^mo S.^or Car^al prometa esser tengut et obligat fer,
-procurar, e donar obra, que dita Dona Lucretia haja e sia tenguda
-constituir procuradors legitims a contractar dit matrimonj per
-paraules de present ab dit noble Don Cherubi Joan de Centelles per
-medi de legitim procurador, o, procuradors a dit arte, specialment
-per dita dona Lucretia constituits per tot lo mes de Abril del Anny
-Mil CCCCLXXXXII. en lo qual mes a XVIII dies de aquell haura complits
-XII anys de sa edat, los quals procurador, o, procuradors per dita
-dona Lucretia constituits fermara per tot lo mes de Juny sequent,
-de dit anny Mil. CCCCLXXXXII matrimonj per paraules de present ab lo
-dit Don Cherubi Joan de Centelles. E axi matrij dit Don Cherubi Joan,
-sia tengut, es obligar de fermar dit matrimonj ab dita Dona Lucretia
-per paraules de present dins lo sober dit Terme sots les penes dejus
-scrites.
-
-Item mes avant es pactat, e concordat entre les dites parts que apres,
-que lo dit matrimonj sera contractat per paraules de present entre Don
-Cherubi Joan e Dona Lucretia damunt dits que dit R^mo Car^al sia tengut
-fer, e procurar, e donar obra, que dita Dona Lucretia sia tramesa
-adespeses de sua R^ma S^ia e venga en Regne de Valentia e aço dins
-terme de un alter anny comtador del dia del contracte del matrimonj per
-paraules de present entre Don Cherubi Joan e dona Lucretia damunt dits
-o aço, sots les penes jusscrites.
-
-Item es concordat e pactat entre les dites parts que apres dita dona
-Lucretia sera venguda en Regne de Valentia, ella e dit Don Cherubi Joan
-sien tenguts de solempnizar dit matrimonj, en faz dla esglia e consumar
-aquell, e aço, en continent, o alpus tart dins terme de sis meses
-contadors del dia dela venguda de dita Dona Lucretia en dit Regne, et
-aço per part sua, procurara e fara meter enobra, ab effecte, dit R^mo
-Car^al, e don Cherubi Joan ho exemtara per sa part sots les penes de
-jusscrites e posades.
-
-Item es mes pactat, e concordat entre les dites parts que dins un mes
-apres de contractat e fermat de matrimonj per paraules de put entre los
-sobredits don Cherubi Joan, e dona Lucretia per obs de luir e quitar
-aquells huyt Milia e trescents trenta tres sous quater diners censsals
-que per lo dit noble Don Cherubi Joan de Centelles foer originalment
-carregats al spectable COMTE DE OLIVA germa seu ab Carta rebuda per n
-Antoni barreda not. dla ciutat de Valentia, e lo qual censal de present
-sefa a diverses persones per lo dit noble Don Cherubi se carregar es
-faça carregament ala dita noble Dona Lucretia e axi que la proprietat,
-e preu de dit censal sia convertida en luisio e quitament del dit
-censal, e la dita noble dona Lucretia per lo dit censal carregador
-succexea en los drets de prioritat, e potioritat del dit censal delqual
-sera fet quitament.
-
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts per conservatio
-de pau, e amor que los cent, e deu milia sous ques han apagar per lo
-dit Ill. Don Joan de Borja Duc de Gandia se paga[=r], e sien pagatr
-ab tot effecte quinze dies ans de la solemnjzatio, e consumatio de dit
-matrimonj al dit noble don Cherubi Joan de Centelles.
-
-Item mes es pactat, e concondat entre les dites parts que la summa
-restant de la principal, e integra quantitat del dot que son CCCXXX
-milia suos, dels quals segons damunt es dit sen de luexe e de falque
-lo que sera despes per obs de luir e quitar lo Censal sobredit de VIII
-milia CCCXXXIII suos de renda carregat per lo dit Don Cherubi Joan
-de Centelles, e Cent, e deu milia suos del Duc de Gandia com damunt
-es dit. e XXX milia sous de Joyes, e arreus a dita dona Lucretia per
-dit R^mo S^or Car^al donats, quinze dies ans, de solemnizar en fas de
-la esglia e consumar aquell dit R^mo S.^or Car^al promet pagar, o fer
-pagar, e ab effecte consignar tota dita restant quantitat comprenent
-en aquella los huytanta milia suos, adita Dona Lucretia donats per dits
-R^nt proto^n Don Cesar, e don Jofre germans seus, laqual sia convertida
-en compra e carregaments de censals en loc tut e segur en nom de dita
-noble Dona Lucretia di Borja a tota utilitat, e profit, e seguretat
-de aquella en axi que si lo dit spectable Comte de oliva volia pender
-et haver ladita quantitat per via de carregament de censal per luir
-e quitar censals anties, que fan, e responer lo comdat, e heretat de
-aquell, e ab carreo dels quals es hereu del spectable comte de oliva
-quondam pare de aquell, que de la dita quantitat se faça carreggament o
-carregaments de censals quants volra lo dit spectable comte de oliva,
-axi que los dits carregament o carregaments sie fets, es faç[=e] per
-luir, e quitar los dits censals anties ab spetial parte, de succeir
-en los drets de prioritat, e potioritat, e entots los alters dels
-dicts censals quitats, e dels qui aquells tindran e posseiran a tota
-utilitat, e seguretat de la dita Dona Lucretia de Borja, e dels seus.
-
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que si sera
-cas que por dispositio divina, o alters no sera fet ab acabament
-solemnizat, e consumat lo dit matrimonj entre los dits nobles D.
-Cherubi Joan de Centelles e Dona Lucrezia de Borja que en tal cas dit
-Don Joan Cherubi e sos hereus sien tengust, e obligats restituir, e
-tornar dins terme de sis meses tota la quantitat que en nom de dita
-Dona Lucrezia se trobara esser esmerçada, o per dit Don Cherubi en
-qual se vol maña rebuda a dita Dona Lucrezia de Borja e sos hereus
-en contants, o censals esmerçats, e compres, o en carregaments e
-aço a electio, arbiter e mera voluntat dita Dona Lucrezia, eñént en
-electio sua exigir dita quantitat en comtants, o endits esmerços, o en
-carregaments, e enaquest derrer cas los censals esmerçats, o comprats
-de dita quantitat torne e sie pleno jure, e sens diminutio alguna,
-en domini e senyoria de la dita Dona Lucrezia de Borja e per obit de
-aquella en domini e senyoria del Ill. Don Joan de Borja Duc de Gandia,
-o hereus de aquell.
-
-Item mes es stat pacat e concordat, entre les dites parts, que los dits
-censals comprats que sie sobre lo dit spectable comte de oliva, o en
-altre loc de continent consumat lo dit matrimonj axi com es dit, pase e
-sie en domini e senyoria del dit noble don Cherubi Joan de Centelles,
-a fer e disponder de aquelles, com de bens e coses dotals, e les
-pensions, e preu, e proprietat de aquells sie a util e profit del dit
-noble Don Cherubi, dels quals a cautela, la dita noble dona Lucretia
-en paga rata dela dita dot sie tenguts for veuda e transportatio
-al dit noble D. Cherubi Joan, a tota utilitat de aquell la qual ara
-per als dits temps, cas, e loc, fan, e volen haver perfeta ab totes
-ses clausules de evictio, e altres semblans in solutum venditionis
-acostumades juxta lo stil de Regne de Valentia, e peritia dels notaris
-rebedors dels presents capitols.
-
-Item mes es pactat, e concordat, entre les dites parts, que morint,
-e deffalint la dita noble dona Lucretia, lo que a deu no platia sens
-fill, o filla del dit matrimonj que en lo prop dit cas dels CCCXXX
-mil sous puxa solament testar de trentamilia suos, e tot lo restant
-entegrament sens diminutio alguna torne e sia del dit Ill. don Joan
-de Borja Duc de Gandia, e dels hereus de aquell e morint e defallint
-la dita noble dona Lucretia ab fill o fills puxa testar de dits CCCXXX
-milia sous, e de la dot a ses planes voluntats.
-
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que per quant
-furs del Regne de valentia ales vergens es degut, e se deu fer augment
-e reax o donatio per nupties de la mitat de la dot instituida, lo dit
-noble D. Cherubi Joan fa augment, creix e donatio per nupties a la
-dita noble D. Lucrezia de Borja de cent sexanta cinc milia sous de
-la dita moneda per losquals obliga tots sos bens hagust, e per haver
-ab promissio de donar ydonees cautions, e seguretats en semblants
-contractes acostumades.
-
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que entot cas,
-temps, e loc, de dot e creix restituidors, o de Dot restituidora lo dit
-noble D. Cherubi promet restituir, e sia tengut, e obligat restituir a
-la dita noble Dona Lucrezia de Borja, los dits dot, e creix que [=p]ne
-universal summa de CCCCLXXXXV milia sous. E encas, temps, e loc de
-risittutio de la dita dot promet e sia tengut, e obligat, lo dit doble
-d. Cherubi Joan, restituir los dits CCCXXX mil suos ala dita noble
-D. Lucretia, o aquell a qui pertanyeran segons forma dels presents
-capitols sots obligatio, e ypotheca de tots sos bens hagust e havedors,
-e, ab ydonees cautions, e seguritats, en semblants cassos acostumades.
-
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que entot cas,
-loc, e temps dels dits dot e creix restituidors per seguritat e tuitio
-de dita noble d. Lucrezia quinze dies ans de les nupties, e consumatio
-de dit matrimonj, sia livrada la poss^io de la dita val de Ayora, locs,
-e castells, de aquella per lo dit noble D. Cherubi Joan de Centelles,
-o per lo procurador de aquella la dita noble d. Lucretia o legitim
-procurador de aquella axi que los vasalls de la dita vall jure tenir
-la dita noble D. Lucrezia per s^ra fins sia integrament pagada dels
-dits dot, e creix, e fara los fruyts render e regalies propries de
-aquella la qual poss^io per al dit cas, temps, e loc, sia feta atota
-utilitat de dita noble d. Lucretia, axi com de present ab los presents
-capitols fa, e ha, perfeta lo dit noble d. Cherubi, e per quant ladita
-vall de Ayora, e bens de dit Don Cherubi Joan porie esser vinclats
-o no bastants e sufficients a asegurar complidament la restitutio
-dela quantitat dels dit Dot, e Creix fara ab effecte que lo spectable
-conte de Oliva son germa, se obligue ell, e sos bens per la restitutio
-integrament faedora a dita D. Lucretia per dit Dot e Creix.
-
-Item es mes pactat, e concordat entre les dites parts, que per quant lo
-dit matrimonj se ha de fer per la dita D. Lucrezia de Borja ab manament
-voluntat e ordinatio de R^mo S^or Car^al D. Rodrigo de Borja, per ço
-lo dit R^mo S^or D. Rodrigo de Borja promet, es obliga, en nom proprij
-e principalment, en qualsevol nom que millor se puxa, a tota utilitat
-e profit del dit noble D. Cherubin, que aquell dit R^mo S.^or fara
-curara, e procurara e donara obra, ab tot effecte que la dita noble D.
-Lucretia dins los termens de sobre en altres capitols designats fara
-e complira lo dit matrimonj ab lo dit noble D. Cherubi Joan, E lo dit
-S^or Car^al d. Rodrigo, vol esser, e sia principalment obligat, en
-pagar tots los dits CCCXXX mil. sous dela dita dot de sus designata,
-en la forma damunt dita, e los quals se done, es, instituexe es (han)
-apagar, al dit noble Don Cherubi, Axique dit R^mo S.^or D. Rodrigo
-puxa esser convengut in solidum, e principalment exemtat, per rao de
-dita quantitat sotmetent se, a for, juhi, exame de qualsevol jutge
-e offitial per lo dit noble Don Cherubi, elegidor. E si sera cas que
-la dita noble dona Lucretia pervenguda a la edat legitima de fer lo
-matrimoni segons damunt es contengut, revisara fer aquell que en tal
-cas lo dit Sor R^mo don Rodrigo de Borja vol esser entorregut et ipso
-facto entorrega, e done al dit noble Don Cherubin deu milia florins de
-or en or per tots dans, e interes dels quals dite deumilia florins dit
-S^or R^mo ental cas fa donatio per contemplatio de matrimonj al dit
-noble Don Cherubi ab expressa obligatio e ypotheca de tots sos bens
-haguts e per haver.
-
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que lo dit noble
-D. Cherubi Joan, prometa axi com de present promet, e jura an[=re] S^or
-Deu e als sancts quatre evangelis, que los presents capitols tendra, e
-observara, ab tot effecte: E solempnement ab la dita noble D. Lucretia
-venguda, a quella edat perfecta, dins los temps, e termens, de sus
-designats, fara, complira, e solempnizara lo dit matrimonj: e la dita
-noble D. Lucretia, en legitima miller pendra segons ordinatio de sancta
-mare esglesia. E si per lo dit noble D. Cherubin se feya lo contrari
-per dans e interesos, et alias per la millor forma e maña fer se puxa,
-a tota utilitat de dita noble D. Lucretia, lo dit noble D. Cherubin
-promet donar, e dona a dita noble Dona Lucretia deumilia florins de
-or en or, per rao e contemplatio de qualsevol matrimonj per ella ab
-qualsevol persona faedor, sots obligatio e ypotheca de tots sos bens
-e drets haguts e per haver consentit enaço, e expressament obligant se
-ell, e tots sos bens, lo spectable comte de oliva.
-
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que los presents
-capitols, e quascuns de aquells per si, sien executoris e quascuns
-de aquells sie fetes, e fermades corn de present se ferme, carta, e
-cartes publiques quantes sie na[=o]riits a profit e utilitat de les
-dits parts, e da cascuna delles, ab clausules executories ab summissio
-e renuntiatio de for proprij, e de tota appellatio, recors, correctio e
-real comisio, e provisio, e ab varcatio de juy, e ab [=cl]es, jurades
-de no pleaejar ne impetrar restitutio de dans, interesos, e despeses,
-ab expresses obligatio, e ypotheca de tots lurs bens, e drets haguts
-e havedors, et ab los juraments, e penes peccuniaries renuntiations
-necessaries, e ab totes altres cauteles juxta la pratica e consuetut
-del Regne, e peritia de Notari, e Notaris en poder dels quals los
-presents capitols seran fets e fermats: _Mancano le firme_.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. V.
-
-Reverend^mo in christo Patri Dno. Dno. C. Car^li Valentino Benefactori
-meo Primario: — Sub Alex. VI. Pont. Max. Prosperius Triumphante Roma
-Hier. Portius Auditor Alumnus;
-
-Re^me et Acutissime Princeps Donec petita reporto, non istabo vacuus
-Borgium Sed accipe carmen. Non minus Cesari concivi meo Antisti.
-Valentino quam M. convenies Alex^ro.
-
- AD BOVEM BORGIA.
-
- Qui tibi Dive Pater Sacra hec dedit arma: reliquit
- Ille animum, mores, ingeniumque simul.
- Aurea Saturni redimis sic secula Pastor
- Et finitur placido nunc tua Roma jugo
- Servat Alexandrum populus non munera Sextum
- Propte te populus munera Pastor amat
- Perpetuus foelix memorat tua Roma triumphons
- Sedet Alexander florida Secla manet
- Qui modo Rumuleos tutatur et equora Campos
- Regnat Alexander Secula tuta manent
- Prosperius priscis, iubilat Tua Roma Triumphis
- Et quotiens Sacrum obtinet Alma Bovem
- Vive diu Bos. Vive diu Bos. Borgia vive
- Vivit Alexander Roma beata manet.
-
-(Liber Hartmanni Schedel Nurembergensis artium ac utriusq. medicine
-doctoris. Cod. lat. Monacen. fol. 162.)
-
-
-DOCUMENTO N. VI.
-
-_Beatrice Borgia ad Alessandro VI._
-
- Valenza, 9 settembre 1492.
-
- Sanct^me ac beat^me pr.
-
-Post osculum pedum latorem presencium nobilem Nicholaum balbi civem
-Venetum nrm. legualem clientulum multas jacturas in pluribus locis
-perpessum tue ineffabili sanctitati comitimus: ac ipsam humiliter
-atque devote precamur ut nri. causa ipsum tanta gra. condonet ut coram
-ipsam suum valeat denudare animum. Oratio nra apud prefatam Sanctitatem
-vulgaris ne videatur eciam atque eciam suplicamus: ut nos erga ipsum
-eo quo animo confidit agnoscat. Vale. Ex urbe valencie Nono Setembris
-Nonas anno MCCCCLXXXXII.
-
- De vra Sanctitate
-
- indigne iermana e
- servula Beatrice
- de Borga.
-
-(Bibl. Marciana in Venezia. Cl. X. Cod. CLXXIV. n. 166.)
-
-
-DOCUMENTO N. VII.
-
-_Scioglimento del contratto di matrimonio tra Lucrezia Borgia e Don
-Gaspare._
-
- 8 novembre 1492.
-
-In Dei nom. Amen. A. a. nat. D. N. J. Ch. Millmo. quatragintesimo
-nonagesimo secundo pont. S. D. N. D. Alexandri div. prov. ppe
-VI. Ind. XI. mens. Nov. die VIII. Pateat omnibus hoc pns public.
-instrum, inspecturis qualr. in presentia mei publ. not. et testium
-infrascriptor. ad h. spec. rogator, constituti personalr. vir spectab.
-D. ANTONIUS DE PORCARIIS civis rom. assertus curator insignis puelle
-DNE LUCRETIE BORGIE Ill^is d. JOANNIS BORGIE DUCIS GANDIE germane
-sororis et curatoris nomine ipsius parte ex una. Et insignis D.
-JOANNES FRANCISCUS DE PROCHITA MILES ET COMES DE AVERSA hispanus et
-Mag^cus adolescens D. GASPAR ejus legit. et naturalis fil. tam suo
-nomine et pro suo interesse quam etiam procuratorio et administratorio
-nomine dicti sui filii ac ejus vice et nomine Mag^ce et Ill^is DNE
-LEONORE DE PROCHITA ET DE CASTELLECTA COMITISSE DE AVERSA ipsius dni
-Joannis Francisci genitricis, parte ex altera. Concorditer asserentes
-et affirmantes qualiter de anno proxime preterito 1491, ac de Mense
-aprilis die ultimo constituti fuerunt procuratores ac speciales nuntii
-per ipsam Dnam Lucretiam et praefatum ejus curatorem ac per S. D. N.
-nunc ppam tunc vero Card. et Vicecancellarium Mag^cus vir D. JANFREDUS
-DE BORGIA DNUS BARONIE DE VILLA LONGA et Dnus JACOBUS SERRA tunc
-Canonicus Valentinus et nunc Archiep. Arboren. et dnus MATHEUS CUCIA
-decretor. doctor vicarius generalis Valentinus ad contraend. noie
-ipsius insig. dne. Lucretie constituentis legitima sponsalia cum pfato
-Mag^co adolescente dno Gaspare pubere de presenti legitimum consensum
-importantia cum pactis, dotalibus et nuptialib. ac ornamentorum et
-jocalium promissionib. stipulationib. penis et juramentis et aliis
-cautelis necessariis pensis et expressis in quibusd. capitulis p'mo
-et secundo loco tam per ipsum insignem dnum. Joannem franciscum quam
-per dictam Mag^am dnam Leonoram Comitissam transmissis et acceptatis
-et dicti mandati vigore et ex facultate eisdem tradita et concessa
-dictos omnes procuratores simul sicut dicte partes sponte asseruerunt
-et confesse fuerunt omnia et singula pacta et conventiones in dictis
-capitulis contenta cum dicta sponsalium celebratione cum praeindicato
-dno Gaspare et prefata dna Leonora ejusd. Gasparis avia solemni ac
-legitima stipulatione interveniente concluserunt ac firmaverunt et
-inter cetera pacta et capitula inter eos firmata et conclusa actum
-et conventum fuit, quod prefatus tunc R^mus dnus Vicecancellarius
-teneretur et obligatus esset facere et jurare cum effectu quod
-supra dicta dna Lucretia ejus naturalis filia que tunc nondum etatem
-duodecim annor, impleverat nec impletura erat usque ad XVIII^m diem
-mensis aprilis postquam viri potens et nubilis etatis effecta fuisset
-ipso etiam Gaspare pubere existente prefata Magn^ca dna Comitissa
-avia paterna dicti Gasparis et dnus Jo. Franciscus ejus pater et
-legitim, administrator effectualiter curare et facere tenerentur
-quod legitimas nuptias cum ea contraheret et statim postq. ipse d.
-Gaspar XV. sue etatis annum implevisset similiter facere et curare
-teneretur pfata dna Comitissa et dnus Jo. Fran. quod ipse d. Gaspar
-eamdem dnam. Lucretiam in suam transferret familiam et matrimonium
-cum ea in facie ecclesie solemniter celebraret et consumaret ad omnem
-simplicem requisicionem prefati tunc R^mi d. Vicecan. et pfati dne
-Lucretie sub penis infrascriptis dummodo ipse tunc R^mus d. Vicecan.
-paratus esset ipsam d. Lucretiam ad Civitatem Valentinam trasmittere
-prout suis sumptibus transmittere promisit et in casum et eventum quod
-omnia et singula pacta vicissim non implerentur aut aliqua dictar.
-partium contra hentium respective contra faceret diceret vel veniret
-et ad effectum non deduceretur tunc una pars alteri et altera alteri
-respective ut supra que in aliquo promissor. contraveniret ad penam
-decem millium florenorum auri parti fidem servanti stipulandorum et
-applicandor. obligaretur. Et specialiter et expresse pfatus tunc R^mus
-d. Vicecan. in omnem casum et eventum contraventionis seu conventionum
-predictarum teneri et obligari voluit ad dandum et solvendum pro
-interesse ipsorum domine Comitisse et dni Joannis Francisci noie
-dicti d. Gasparis recipientium et stipulantium dictam summam decem
-millium florenor. auri Quam quidem summam ex tunc contemplatione
-matrimonii et propter nuptias idem R^mus tunc dnus Vicecan. donavit
-et donationis titulo dedit dicto dno Gaspari et patri et avie pro
-eo ut supra stipulantibus. Que quidem omnia et singula alterutri et
-vicis sim perpetuo observare et observari facere promiserunt et contra
-non facere, dicere, vel venire, et ita iuraverunt solemniter pfato
-iuramento tactisque per eos sacris evangeliorum scripturis et sub dicta
-pena decem millium florenorum auri parti fidem servanti applicandorum
-rato modo semper manent pacto prout hec in effectu et substantia et
-alia plurima in dictis pactis et capitulis latius apparere dignoscitur.
-Unde pfatus d. Antonius de porcariis assertus curator pfate d. Lucretie
-ex una et pfatus d. Joan. Franciscus pr. et legitimus administrator
-et curator prout ipse asseruit dicti dni Gasparis sui filii parte
-ex altera concorditer asserentes et affirmantes dicta sponsalia
-fuisse per verba de presenti vis volo ac modo predicto cum dictis
-procuratorib. legitimum et speciale mandatum tenentibus contracta ac
-predicta omnia et singula vera fuisse et esse ex certis respectibus
-et causis animum ipsor. inducentibus mature ac perpenso consilio et
-deliberatione precedentibus ad infrascripta nova pacta et conventiones
-solemni ac legitima stipulatione interveniente concorditer devenerunt
-vl. quia prenominatus Mag^cus et insig. D. Joan. Franciscus pater et
-legitim. administrator assertusque curator dicti d. Gasparis pro quo
-et de rato et rati habitione promisit et se facturum et curaturum quod
-dictus ejus fil. nullo unquam tempore contrafacere dicere vel venire
-maxime ratione sue minoris etatis et adversus infrascripta in integrum
-restitutionis beneficium non postulabit, ac una cum eo et ipse dnus
-Gaspar cum consensu et auctoritate dicti sui patris presentis, nec
-non cum presentia et auctoritate eximii legum doctoris domini SIMONIS
-DE CAROFOLIS de Spoleto Ordinarii Judicis Capitolii et presentis Ill.
-alme urbis senatoris locum tenentis ibidem astantis et pro tribunali
-sedentis, et partium voluntate cognita suum decretum et sui ufficii
-ad postulationem supradicti dni Joannis Francisci suo et dicti sui
-filii nomine postulantis auctoritatem interponentis. Qui et insignis
-dnus Joannes franciscus se et bona sua principaliter obligando et pro
-dicta Mag^ca dna Comitissa ejus matre absente de rato et ratihabitione
-promisit parte ex una: et prefatus d. Antonius de porcariis curator
-et curatorio nomine pfate dne Lucretie promictens dicto nomine quod
-similiter contra non facere vel venire nec restitutionem petere
-parte ex altera concorditer ac mutuo et vicissim mutuoque dissensu
-ex certa eorum et cujusque ipsor. scientia nullo juris, aut facti
-errore ducti ab omnib. et singulis dictis pactionib. sponsaliciis
-seu nuptialib. obligationib. promissionib. et penis quocumque vel
-qualicumque commissis vel incursis comictendis vel incurrendis sive ex
-conventione dicte dne Lucretie sive ex conventione pfati dni Gasparis,
-sive etiam ipsorum patrum seu quovis alio modo sponte recesserunt
-dictosque omnes et singulos contractus et sponsalia per verba de
-presenti ut supra contracta et omnia et sing. pacta et capitula etiam
-juramento firmata DISSOLVERUNT ET RESOLVERUNT et pro dissolutis et
-resolutis haberi voluerunt omniaque et singula istrumenta et cautiones
-et scripturas publicas vel privatas desuper confectas et confecta
-cassaverunt cancellaverunt et aboluerunt cessari et cancellari et
-aboleri mandaverunt et pro cassis irritis et nullis haberi voluerunt
-itaq. nullum de cetero producere possint nec valeant juris aut
-executionis effectum Renuntiantes mutuo ac vicissim una pars alteri
-et altera alteri cum solem. pacto de perpetuo amplius non petendo
-omnib. et singulis iuribus et actionib. tam realib. quam personalib.
-utilib. et directis civilib. et pretoriis ipothecariis seu mixtis et in
-rem scriptis eisdem aut aliam ipsorum competentibus seu competituris
-acquisitis seu acquirendis ex dictis conventionib. stipulationib. et
-penis contractis seu contrahendis et presertim ex causa donationis
-contemplatione matrimonii dicto dno Gaspari ut prefertur in locum
-contraventionis per tunc R^mum d. Vicecanc. et nunc ppam ut dictum
-est facte que cum ob dictam causam facta fuerit causa cessante locum
-habere non debet me notario ut publica persona presenti recipienti et
-legitime stip^ti pro dictis partibus et qualib. ipsarum tam presentib.
-quam absentib. et pro ear. et cujusq. ipsar. heredib. et successorib.
-omnibusque quor. interest vel intererit in futur. etiam aliqua nova
-legitima stipulatione interveniente et acceptilatione solemniter
-subsequente Amplius etiam voluerunt et convenerunt dicte partes ex
-novo pacto solemni stipulato ut supra firmato quod dictis priorib.
-capitulis conventionib. juramentis et penis appositis non obstantib.
-liceat et permissum sit pfate D. Lucretie libere et impune legitimas
-nuptias ac legitimum matrimonium cum quocumque alio sibi placuerint
-contrahere ac perficere et consumare quandocumque et quod penitus et
-omnino libera et soluta remaneat perinde ac si nunquam dicta priora
-capitula et sponsalia cum stipulationib. dictar. penar. et cum dictis
-jura^tis facta aut celebrata fuissent sperantes quod praef. S. d. n. d.
-Alexander ppa sextus ex sua clementia ad supplicationem eorundem super
-dissolutione dictor. sponsalium ut supra per verba de punti contractor.
-et si juramentum intervenisset per bullam suae s^tis opportune
-dispensare dignabitur ac dispensationem concedere gratiose. Et pro
-majori et abundantiori cautela et validatione premissorum Idem insignis
-d. Jo. Fran. pater et legit. administrator assertusque curator pfati D.
-Gasparis sui filii et curatorio ed administratorio noie ipsius nec non
-et ipse dnus Gaspar cum pntia consensu et auctoritate dicti sui pris
-et curatoris constituti personaliter coram pfato Judice et locumten.
-Senatoris pro tribunali sedenti in quod. scamno ligneo in loco
-infrascripto quem locum pro juridico tribunali elegit pro validitate
-presentis actus sponte in ejus jurisdictionem consentientes et illam
-prorogantes petierunt hunc presenti contractui et omnib. contentis
-in eo suam et sui officii pdicti auctoritatem ac solenne decretum
-interponi. Supradict. vero dom. locumtenens judex sedens ut supra
-visis et diligenter cognitis perspectis omnib. et singul. instrumentis
-pactor. et capitulor. promissionum stipulationum ac penar. matureque
-consideratis presentib. novis pactis dissolutionis et dissensus ac
-annullationis et irritationis contractuum propter periculum incursus
-penarum in eisdem adiectarum concorditer ut supra firmatis et conclusis
-suam in his ei dicti sui officii auctoritatem et decretum solemniter
-interposuit cum meliori modo via et forma quibus magis et melius
-de jure fieri potest et debet ipsis dno Johanne Francisco et filio
-presentibus ac petentib. dictoque D. Antonio curatore pfate D. Lucretie
-curatorio noie acceptante. Que quidem oia et singula una pars alteri
-et altera alteri mutuo et vicissim ac concorditer perpetuo attendere
-et observare respective promiserunt contraque non facere ut supra ad
-penam et sub pena viginti millium florenor. auri de C^ra pro dimidia
-parte pacti fidem servanti et pro alia dimid. parte camere aplice.
-applicandor. me notario ut supra stipulante, pro dicta Camera et
-partib. ac pro heredib. et successorib. ear. omnibusque quor. interest
-ut supra sub obligatione et ipotheca omnium bonor. pfati D. Joannis
-Francisci mobilium et immobilium presentium et futuror. ac etiam pfate
-D. Lucretie pro quib. obligaverunt sese ambe partes in forma Camere
-aplice ampliori submittentes se coherctioni ac jurisdictioni dni
-Auditoris Camere cum constitutione procure et aliis clausis et cautelis
-ac renuntiationib. consuetis ac necessariis in similibus contractib.
-in forma Camere adhiberi consuetis et cum potestate extendendi in
-pleniori forma Camere aplice et juraverunt dictus D. Antonius curator
-et curatorio noie ac prenominatus D. Joan. Franciscus pater et curator
-unacum dicto Gaspare ejus filio tactis corporaliter sacris scripturis
-promissa oia et singula perpetuo attendere et observare et observari
-facere ut supradictum est et contra non venire aliqua ratione iure
-ttº seu causa nec aliquo quesito ingenio vel colore Rogaveruntque me
-notarium ut de predictis publicum conficerem instrumentum unum vel
-plura et totiens quotiens fuerim requisitus et dederunt potestatem
-extendendi non mutata substantia veritatis. Acta fuerunt hec Rome in
-palatio aplico in aula pontificis pntibus audientib. et intelligentib.
-infrascriptis testibus vd. Venerabil. ac integerrimis viris dnis JACOBO
-DE CASANOVA Canonico et preposito Ecclie Valentine domino PETRO CARANZA
-canonico toletan. dno BERNARDO CLASSIO Notario regio valentin. testib.
-ad hoc de partium consensu et voluntate specialiter convocatis et
-rogatis.
-
-Eodem anno pontif. jndictione mense et die quib. supra post predicta
-sic ut prefetur, inter dictas partes conclusa, et firmata Idem Insignis
-dnus Joannes franciscus sperans adhuc quod hujusmodi matrimonium
-divina favente gra suum divinum sortiri et consequi possit effectum
-promisit et solemni pactione et stipulatione interveniente convenit
-S^mo D. N. D. Alexandro sexto pont. max.º pnti et sicut dixit id
-pariformiter optanti et acceptanti facere et curare cum effectu quod
-dictus dom. Gaspar ejus filius durante tpre unius anni alias nuptias
-aut sponsalia cum aliqua non contrahet nec celebrabit nisi interim
-prefata dna Lucretia nova sponsalia per verba vis volo legitimum
-consensum inducentia cum alio contrahere voluerit aut alias nuptias
-celebraret qua causa etiam ipsum dnum Gasparem liberum fore et esse
-et libere cum aliis nuptias contrahere posse voluerunt et convenerunt.
-Alias vero contrafaciendo Idem Insignis D. Johannes Franciscus sponte
-se obligavit et teneri voluit pfato S^mo Dno N. ppe ad solvendum pro
-pena et pene noie summam duor. millium ducator. auri in omnem eventum
-contraventionis eid. S^mo D. N. ppe applicandor. me notº ut publica
-persona pnte et legitime stipulante pro ipso S^mo D. N. pnte et pro
-dicta dna Lucretia absente omnibusq. quor. interest vel intererit in
-futurum. Et pro his firmiter et inviolabiliter observandis obligavit
-se dictus insignis dnus Joannis franciscus ac oia et singula ejus bona
-mobilia et immobilia pntia et futura in plenissima forma Cam^re aplice
-ut supra et voluit pro predictis posse conveniri et agi Rome Valentie
-et in omni loco et foro et coram quocunque judice ecclesiastico vel
-seculari et omni tpre et feriato et feriatis diebus quibus renunciavit
-expresse Renunciavit et privilegio fori et omnib. aliis exceptionibus
-et defentionibus quibus contravenire posset. Et juravit ad scta dei
-evangelia tactis sacris scripturis pdicta oia et singula attendere
-observare et contra non facere dicere vel venire sub dicta obligatione
-et pena et vinculo dicti prestiti juramenti. Rogaveruntque me notarium
-ut de predictis publicum conficiam instrumentum unum vel plura et
-totiens quotiens fuerim requisitus. Acta fuerunt hec in dicto palatio
-aplico in Camera juxta salam magnam pontificum pntibus R^do pre dno
-JOANNE LOPIS ejusdem S^mi d^ni nri ppe datario et dno PETRO CARANZA
-supra nominato ejusd. dni nri cubiculario testibus ad premissa
-specialiter vocatis et rogatis.
-
-Et ego Camillus de Beneimbene juris doctor Romanus civis publicus
-Imperiali auctoritate notarius de omnibus et singulis sponsalium
-dissolutionibus et penarum remissionibus ac renunciationib. pactis et
-conventionibus et promissionib. et aliis supra contentis et expressis
-a prenominatis partibus Rogatus ut in publicam notam redigerem in
-aliis publicis negotiis ad psens impeditus per alium michi fidum
-domesticumque Notarium scribi feci ac propria manu subscripsi et
-publicavi solitoque signo notavi in fidem et testimonium omnium et
-singulorum premissorum.
-
- (Archivio della Confraternitas S. Salvatoris
- ad Sancta Sanctorum in Roma.)
-
-
-DOCUMENTO N. VIII.
-
-_Ercole d'Este ad Alessandro VI._
-
- Ferrara, 3 gennaio 1493.
-
-Sanct^me ac beat^me Pater et Dne., Domine mi colendiss^me humillima
-post beatorum pedum oscula commendatione exhibita. Quae jampridem
-de B^ne Vra. maximis laudibus extollenda cognovi, nunc etiam ex
-litteris R^di D. epi. Mutinen. Legati apud S^tem Vram mei, et non
-solum dilect^mi Primogeniti mie Alfonsi, sed etiam omnium qui ei
-comites fuerunt, relatu ampl^mo accepi, de singulari B^nis Vrae in
-omnes, praesertim erga me, meosque benignitate, liberalitate, gratia,
-humanitate, et ineffabili caritate, qua in adventu istus suo, et semper
-dum apud eam commoratus est, ipsam complexa fuit, quibus ex causis,
-omnia quae possim jamdudum S^ti Vrae debentem, nunc ea etiam et plura
-quam valeam B^ni Vrae debere profiteor, immortales et quantas universus
-orbis animo concipere possit, ei gratias habens et agens servitor ego
-ipsius devot^mus, et ad quaecunque sibi secunda grataque paratissimus,
-cui etiam atque etiam humillime me, meosque omnes commendatissimos esse
-volo et cupeo. Ferrariae III. Januarii 1493.
-
-Ejusdem Sanc^tis V.
-
- filius et servitor hercules Dux Ferrariae etc.
- Siverius.
-
-(Bibl. Marciana in Venezia. Lat. Cl. X. Cod. CLXXVI.)
-
-
-DOCUMENTO N. IX.
-
-_Minuta delle tavole nuziali tra Lucrezia Borgia e Giovanni Sforza._
-
- 2 febbraio 1493.
-
-In nom. indiv. trinit. Anno a nat. D. N. J. Ch. Millº CCCCLXXXXIII.
-pont. S^mi D^ni N^ri D^ni Alexandri div. prov. PP. VI. Ind. XI. m.
-februarii die secundo pateat omnibus.... qualiter constitutus aput
-presentiam prefati s^mi d^ni nri pape mag^cus ac preclarus juris doctor
-dnus Nicolaus de Savano pisauriensis orator et procurator ac specialis
-nuntius ab illustri et potenti dno dno JOHE SFORZIA DE ARAGONA comite
-cotognole ac civitatis pisauri ejusque comitatus pro s^mo d^no nro
-antefato et pro sede aplica generali in temporalib. vicario spetialiter
-ab hoc constitutus ac destinatus habens ad infrascripta oia et sing.
-peragenda plenum et spetiale mandatum sicut apparet ex pub. docum. de
-eod. anno pontif. indict. quib. supra mense januarii die vero VIIII
-dicti mensis januarii in dicta civitate pisauri in camera giardini
-curie et domor. pfati ill. dni constituentis site in quarterio s.
-Jacobi juxta plateam curie vias publicas et alia latera in presentia
-spectabilium viror. magn. Johis francisa de arditiis ductoris physici
-de pesauro et dni ludovici cardani de turricellis parmens. ejusd. ill.
-dni cancellarii testium adhibitor. et convocator. per dnum Johannem
-de Germanis de Austria civem pisauriens. pub. apostª et Imper.
-auctoritae notarium de eo rogatum et in pub^ca forma redactum. Cum
-Iris testimonialib. potestatis consilii et comunis ejusd. civitatis
-pisauri cum sigillo dicte civitatis (sicut) apparet per me notarium
-et testes visum lectum et penes et aput me pro habundantiori cautela
-et fide dimissum ac virtute dicti mandati et facultatis sibi concesse
-procuratorio noie pdicto Ad infrascripta capitula et pacta sponsalitia
-cum pfato s^mo dno Nro. D. Alex. pp. VI. et inter eos in dei noie
-concorditer conclusa et sollemni stipulatione firmata devenit quae sunt
-ista videl.
-
-Quia pfatus S. D. N. d.^nus Alexander sextus pont. max. sponte ac
-libere promisit pfato mag^co d^no Nicolao ut procuratori ac nuntio
-pfati Ill. d^ni Johis Sforzie presenti et dicto nomine recipienti
-dare traddere assignare et consignare in legitimam sponsam et uxorem
-pfati Ill. d^ni Johis Sfortie de Aragonia Illustrem et eccellentem
-d^nam LUCRETIAM BORGIAM virginem incorruptam etatis jam nubilis
-existentem Illustris et excell. dni dne JOHIS BORGIE DUCIS GANDIE
-germanam sororem eidemque S^mo d^no nro. PP. dilectissimam cum dote
-et dotis nomine triginta et unum milium ducatorum ad computum decem
-carlen. pro quolib. ducato de quibus triginta unum milib. duc. quinque
-milia et quingenta solvi debent per praefat. Ill. domin. Johem ejus
-fratrem virtute relicti eidem ill. dne Lucretie in testam. quond.
-bon. mem. dni LUDOVICI QUOND. DUCIS GANDIE sui fratris defuncti
-facti videlicet de undecim milib. florenor. monete usualis valentiae
-quae faciunt et costituunt dictam summam vel ad circa. Alia vero
-decem milia ducator. solvi et tradi debent in vestibus jocalibus
-monilibus vasis argenteis et suppellectibus aliisq. ornamentis et
-reb. ad usum illustrium mulierum dictam summam decem mill. ducator.
-secund. comunem existimationem fiendam bene valentibus. Residuum vero
-usq.; ad summam XXX unius milium duc. solvere promisit id s^mus D.
-n. de pecuniis alias constitutis pro dote ejusd. in pecunia numerata
-promisitq. id. s^mus d. n. facere et cum effectu curare quod dicta
-ill. D. Lucretia consentiet et legitim. consens. prestabit ad. dic.
-matrimonium contrahend. ipsumq. matrimonium perficiet et ad effect.
-deducet sub pena infrascripta et versa vice pfatus mag^cus d. Nicolaus
-procur. quo supra noie sponte et libere et supra promisit et convenit
-prefato s^mo dno nro dno Alex. pp. VI^to presenti et recipienti
-noie dicte Ill. dne Lucretie quod prefat. Ill. dnus Johes Sforzia
-de Aragonia accipiet in suam legit, sponsam et uxor prefatam Ill.
-dnam Lucretiam cum dote et jocalib. et ornamentis et supellectib.
-predictis ad dict. summ. triginta unius millium ducat. ascendentib.
-et q. consentient et legit, consensum prestabit in dicto matrimonio
-contrahendo et copulando et per verba de presenti vis volo legit^m
-consensum importantia nec non et quod infra unum annum proxime futurum
-incipiendo a die presentis contractus ipsam dnam lucretiam prefat. Ill.
-dnus Johes Sforzia in suam familiam transferet et ad suam domum ducet
-et cum ea inseparable matrim. copulabit. et interim durante dicto anno
-etiam quandocunque fuerit a prefato s^mo d. n. pp. interpellatus seu
-requisitus ad oem simplicem requisition. seu interpellation. prefati
-s^mi d. n. cum effectu paratum se obtulit, promisit et dictam dotem
-et jocalia constituta integraliter et effectualiter solvere dum et
-quando ipse ill. dnus Johes etiam cum effectu paratus fuerit ipsum
-in uxor. ducere et in matrimonio collocare et ipsum matrim. carnali
-copula interveniente perficere Itaq. eadem die qua dictum matrimon.
-consumabitur dicta integra solutio et satisfactio fiat et impleatur
-Insuper solemni pacto et stipulatione intervenientib. convenerunt quod
-in casum et eventum quo dictum Matrimonium nullis suscepit comunib.
-liberis ex eo nascituris quod deus avertat, dissolveretur dicto casu
-viro predecedente dicta integra dos absq. diminutione et omnia et sing.
-jocalia et ornamenta et supellectilia ac vasamenta que consumpta non
-fuerint, et eo modo et in ea qualitate in qua tunc erunt et reperentur
-redantur et restituantur ipsi ill. dne lucretie si viserit Idemq. locum
-habeat liberis etiam extantib. viro precedente et uxore superstite
-filiis vero extantib. et uxore precedente vir dotem lucretur ad
-usufructum salva proprietate et substantia pro dictis comunib. liberis
-Sed si ipsa dna lucretia viro premoriatur liberis non extantib. integra
-dos predicta reddatur dicto ill. dno Johi Borgie duci Gandie et suis
-heredib. et similiter jocalia non consumpta eid. restituantur cui
-Illustri dno Johi dicto casu quo prefata ill. dna lucretia ejus soror
-sine liberis decesserit ex tunc dicta dos et jocalia censeantur eidem
-donata et ita ex nunc dicto casu prefatus S^mus D. N. pp liberaliter
-donavit et donationis titulo inter vivos irrevacabiliter eid. ill.
-dno Johi Borgie presenti et acceptanti ac legitime stipulanti pro se
-ipso ac etiam pro suis heredib. Idem S^m. d. n. sponte et libere donat
-transfert cedit et mandat cum omnib. jurib. et actub. ad faciendum
-et disponendum pro suo et suor. hered. libito et voluntate me not.
-ut pub. persona presente et legit. stipulante pro dicto Ill. dno Johe
-Borgia et suis heredib. predictis. Amplius convenerunt quod in casu et
-casib. restitutionis dotis et jocalium et ornamentor. predictor. nihil
-lucraretur nec vir nec uxor sive ex casu donationis propter nuptias
-sive ex alio jure municipali vel consuetudine in urbe Romana sive in
-dicta civitate pisauri vigentib. de lucranda parte dotis seu donationis
-propter nuptias sive ut dr. antefato aquirendis quib. omnib. et sing.
-legib. statutis municipalib. vel consuetudinib. locor. quoad dictum
-effectum lucrande dotis seu donationis propter nuptias renuntiaver.
-expresse. Exceptis tamen donationib. et largitionib. que mutuo fieri
-consueverunt, et fieri contigerunt sive ex parte viri ipsi sponse tam
-a viro quam ab aliis etiam contemplatione viri sive ex parte sponse
-ipsi viro etiam per alios quoscunque contemplatione sponse que omnia et
-sing. convenerunt quod sint et esse censeantur mutuo et concorditer ac
-vicissim comuni consensu interveniente donata et nullo unq. tpre repeti
-posse ab eis vel heredib. et successorib. ipsor vel alterius eorum quia
-sic mutuo donare placuit.
-
-Que quid. omnia et sing. dictus procurator quo supra noie promisit et
-convenit prefato S^mo dno nro pp presenti recipienti et acceptanti pro
-se et quib. supra nominib. et michi Not. facere ratificari per dict.
-Ill. dnum Johem Sfortiam de aragonia principalem suum infra spatium
-unius mensis proxime futuri incoandum a die presentis contractus et
-solenne instrum. ratificationis cum renuntiatione omnium exception. et
-defensionum juris et facti quibus contrafacere dicere vel venire posset
-in publica forma transmictere seu transmicti facere et curare et in
-manib. prefati s^mi D. N. traddere quo quib. oib. et sing. observandis
-ac firmiter adimplendis dict. procur. quo supra noie obligavit et
-ypotecavit oia et sing. bona ipsius Ill. dni Johis sui principalis
-mobilia et stabilia presentia et futura et totum statum ejusdem
-et similiter prefatus S^mus D. nr. obligavit oia et sing. bona sua
-temporalia presentia et futura promictentes mutuo ac vicissim promissa
-oia et sing. perpetuo attendere et observare rata grata et firma habere
-contraque non facere dicere vel venire ad penam et sub pena viginti
-milium ducat. parti fidem servanti applicandor. totiens commictenda
-quotiens contra factum vel aliter conventum fuerit me Not. etc.
-obligando prefatus mag^cus D. Nicolaus procurator prefatum Ill. dnum
-Johem in amplissima forma Camere apostol. et cum potestate extendendi
-et jurantes etiam vid. prefatus S^mus D. N. pp in conscientia anime
-suo ponendo manum ad pectus et prefatus dn. Nicolaus tactis sacris
-scripturis rogantesque me Not. etc.
-
-Post que incontinenti in presentia me ejusd. Not. et testium
-infrascript. et in eod. loco prefata Illustris. dna Lucretia Borgia ad
-interrogationem mei Not. publ. in presentia dicti Mag^ci dni Nicolai
-de Savano procur. ac specialis nuntii prefati Ill. dni Johis Sforzie
-interrogantis si ipsa mag^ca dna Lucretia habere velit, et tenere in
-suum legit, maritum ipm Ill. d. Johannem juxta et sec. ordinationem
-S. matris Eccl. sponte ac libere respondit Volo Et dictus mag^cus
-dn. Nicolaus proc. ac spetialis nunt. ad hoc deputatus sicut de ejus
-mandato ex publ. instrumento scripto et publicato manu ejusd. dni Johis
-de Germani pub^ci. Notari sub eisd. anno pont. Ind. et mense januarii
-die vero IIII et in ead. camera et loco presentib. mag^co et generoso
-viro dno Johe Francº de capoinsacchis de Arimino juris utr. doctore
-potestate pisaurien. et nobili viro Francº Stefani letio magistro
-dom. ejusd. Ill. dn. Johis cum literis testimonialib. per me Not. et
-testes viso et lecto pariformiter interrogatus si dict. Ill. dnus Johes
-velit similit. accipere et habere et tenere in ejus legit. uxorem et
-procuratorio noie predicto respondit Volo et sic per verba vis volo
-legit. consensum in presentia inducentia dict. matrimon. et legitim.
-nuptias contraxerunt me not. etc. et subsequenter immediate prefat.
-mag^cus d. Nicolaus procur. quo supra noie pro majori sollenitate
-actus dicti sponsalium per verba de presenti ut prefertur solleniter
-contractarum accepto gemino anulo aurato cum lapide pretioso unum ex
-eis in digito anulari manus sinist. cujus vena ducitur ad cor immisit
-et alterum in alio digito ipsum ill. dnum Johan. dicto noie disponsavit
-et subarrando cum meliori mo. Rogaveruntq. me notarium etc.
-
-Acta fuerunt hec in palatio apº in camera sita post lovium vid. in ea
-parte palatii que fabricata fuit per fe. re. dnum Innocentium pp VIII
-presentib. mag^co viro dno Stefano oratore Ill. ducis Mediolanensis ac
-R^dis ptrib. dno Johe lopis ep. perusino dno Bernardino lunen. protho.
-et secret. ap^co et dni nri. pp. et dno Jacobo de casanova dno petro
-caranzio dno Johe Marades dno Antonio Cubiculariis ejus. S^mi d. n. pp
-pro testibus una mecum adhibitis et rogatis.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. X.
-
-_Gianandrea Boccaccio al Duca di Ferrara._
-
- Roma, 13 giugno 1493.
-
- Ill^mo Signor mio..........
-
-Hieri che furono XII. del dicto celebrate fuerunt publice le
-spondalizie in palatio cum maxima pompa et apparatu vocatis oib.
-matronis romanis, ac etiam principalioribus civibus, et multis
-cardinalibus numero decem interfuerunt et pont. in solio majestatis
-sedens, in medio dictor. Card. palatio et domib. undique plenis
-gentibus pro admiratione tante rei, il prefato signor di Pesaro, con le
-debite solemnitade desponsò la dona, et statim il vescovo di Concordia
-hebe una degnissima oratione. Non li interveneno per altro oratori, se
-non el Venetiano, Milanese et io, et in fino uno de quelli del Re di
-Francia.........
-
-Parse al rev^mo Ascanio ch'io dovessi fare il donativo fra le
-sponsalitie et sopra di cio ne feci parlare al Papa: li rispuose chel
-non me pareva et che quanto minore demonstratione se ne faceva era
-meglio, non dispiacche a soa sant^a et così al dicto Ascanio: pur dopoi
-fra loro et alcuni cardinali idest quelli se li trovavano vuolsino
-meglio consultare la cosa, tandem omnes convenerunt in sent. meam, et
-così il P. dopoi me chiamo, et dissemi: ne pare chel se faccia come
-tu hai dicto et così fu ordinato, che al tardo io fosse col donativo
-in palazzo dove S. B.^ne fece una domestica cena al sposo et sposa
-dove li intraveneno li R^mi Ascanio, S. Anastasia et Colonna, poi la
-sposa, successive il sposo, drieto il Conte di Pitigliano Capitaneo
-della Chiexia, il S. Julio Ursino, demum Madona JULIA DE FARNESE, de
-qua est tantus sermo, madona Theodorina com la figliola marchesana de
-Gerazo, nomine una figliola del dicto Capitaneo dona del signore Angelo
-Farnese, fratello de dicta Madona Julia, seguendo poi uno giovanetto
-fratello del dicto Cardle de la Colonna et M^a ADRIANA URSINA, la
-quale è socera de la dicta madona Julia, che ha sempre governata essa
-sposa in casa propria per essere in loco de nepote del Pontefice, la
-fu figliola de messer Piedro de Milla, noto a V. E^ma Sig^ria, cosino
-carnale del Papa. Depositis mensis, che fu circa le 3 et quattro hore
-de nocte per parte dell'Ill^mo Duca di Milano fu facto il donativo
-suo a la sposa et fu de cinche peze de varii brocati d'oro, con doe
-annelle: videl. uno diamante et uno rubino in tutto de extima de 1000
-ducati segondo fu apparenter judicato: poi io feci quello di V. Ill^ma
-Sig^ria con le accomodate parolle de congratulatione et letitia del
-parentado, et oblatione amplissima: molto piache al papa il dono, el
-quale ultra tutti gli altri fu laudato et comendato, et meritamente
-per esser sei vasi molti honorati et richi: videl. doi bacilli con doi
-bochali grandissimi tutti dorati a la ragusea, et doi fiaschi segondo
-Lei ben sa. Oltre la sposa et sposo il Papa ne riferisse infinite
-grazie a V. E^ma Sig^ria: la non potria credere quanto le sia stato
-grato, poi Ascanio fece il suo, che fu un apparecchio de credenza, cioè
-XII. tace tante scatelle tanti quadri, un bacilo de bona grandezza con
-suo bochale, quatro piati pur de grandezza: una confectera dorata piana
-a la romanesca; se dice uno mapo, e doe cope da bevere piane dorate:
-il resto senz'oro et lavoro subtile tutti politi; se crede de valuta de
-ducati mille o circa. Il Card. di Monreale doe annelle vid. uno zaphiro
-et uno diamante molto degne de pretio de 3000 circa: il protonotaro
-Cesarino uno bacile con suo bochale polito poteva esser di valuta
-de 800 Ducati, il Duca di Candia uno vaso in forma de frescatorio de
-valuta de circa 70 Duc. Il protonotario da Lunate uno vaso de certe
-composizione in forma de diaspro ornato dintorno de argento dorato,
-poteva valere da 60 a 70 duc. Altri doni non furono facti; a le noce
-se supplirà per li altri cioè Cardinali, oratori et altri et io me ne
-sforcero fare il simile, credesse se farano Domenica proxima, non se sa
-il certo. Dapoi se attese a dansare per le done, et intermedio se fece
-una degna commedia, con molti canti et soni sempre assistente il papa
-e tutti noi altri, quid in pluribus moror? Saria un lungo scrivere.
-Totam noctem consumpsimus; judicet modo Ex^ma Dominatio vestra si bene
-o male....
-
-Humiliter me racomando. Rome 13. Junii 1493.
-
- E^mo D. V. humilis
-
- Servus Jo. andr. ep. mutinensis.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XI.
-
-_Lorenzo Pucci al fratello Giannozzo._
-
- Roma, 23, 24 dicembre 1493.
-
-.... Domenica, fra Viterbo e Fabrica mi chiamò (sc. il Car^le Farnese)
-e disse: Mes^er Lorenzo, io vego questo parentado del Mag^co il Sig^re
-di Faenza fatto, e quando noi avessimo potuto darli questa figliuola
-di Mad.^nna JULIA con una gran dota chredete voi ch'el si potessi
-fare, maxime quando Mad^nna ADRIANA, con nostro Sig^re facessi questa
-cosa?....
-
-Risposi a S.ª Rev^ma Sig^ria che io chredevo che quando nostro Sig^re
-avessi animo di chollocare questa figluola di Mad^nna Julia a quel
-Sig^re, per mezo del Mg^co Piero, che ancora che questo parentado fussi
-fatto con il Mag^co e che avessi a' ntrinsicharsi con esso speravo che
-Sª Mag^tia quando avessi auto animo di darli la figliuola, preporrebbe
-questa alla sua.... dicendoli queste parole, che io non chredevo che
-nostro Sig^re avessi manco afetione in maritare questa puta che Mad^nna
-Luchretia, sua figlia, sujungendo queste parole, Monsig^re, io non mi
-so fare intendere altrimenti, io chredo che nostro Sig^re habbia a dare
-una sua figliuola a questo Signore perchè intendessi che io chredo che
-questa puta sia figlia del Papa, come Mad^nna LUCHRETIA è nipote di S
-Rev^ma Sig^ria....
-
-E quando il Mag^co Piero ci si adirizassi chostei è pure figliuola
-del Papa, nipote di Cardinale e figliuola putativa del Sig^re Orsino,
-al quale nostro Sig^re darà anchora 3 o 4 chastella sono presso a
-Basanello. E dipoi il Card^le dice che quando il Sig^re Angniolo non
-abbia figliuoli, che le loro chastella non saranno d'altri, e che
-questa puta, alla quale il Card^le vuole bene grandissimo, e digià
-pensa a questa cosa: e per questo mezo il Mag^co Piero si insignorirà
-del voto di questo Cardinale, che sarà obligho indisolabile....
-
-E anche io spererei, achordandosi per mezo nostro tal cosa, che Mad^nna
-ADRIANA e Mad^nna JULIA havessino a operare per me in otenere qualche
-buona chiesa......
-
-Ammi conferito molte cose il prefato Cardinale da Farnese, le quali non
-sono però da conferirle a ongni huomo, per le quali ho cognosciuto che
-le parole mi disse il primo dì lo vidi, quando giunsi, non furno finte,
-sichè non se ne arà altro che commodità di S.ª Sig.^ria Piacemi non
-m'essere aposto in nella Maria per avere a restare bugiardo in Mad^nna
-LUCHRETIA la quale desidero lo faccia maschio più che lei medesima e
-voi e in ongni modo buon prò li faccia. E salutate Mes^er Francesco e
-Andrea, per mia parte infinite volte.
-
-Giannozo mio, hier sera vi schripsi quanto di sopra si contiene, dipoi
-oggi, ch'è la vigilia di Pasqua, cavalcai con Monsig^or da Farnese a
-palazzo a Vespero papale, e inanzi nostro Sig^re entrassi in capella
-andai in casa di Sª Mª in Portico a vedere Mad^nna Julia la quale
-trovai che s'era lavata il capo, e era insieme con Mad^nna LUCHRETIA,
-figliuola di nostro Sig^re, e Mad^nna ADRIANA allato al fuocho, e lei
-e Mad^nna Adriana mi vidano tanto volentieri, quanto si potessi dire,
-e Mad^nna Julia volse li sedessi allato, ringratiandomi dello avere
-condota Mad^nna JERONIMA a casa e dicendomi: era necessario ch'io
-la conducessi anchora quà a volerla contentare: e Mad^nna Adriana
-mi sogiunse e disse: è il vero che ella non abbi licentia di venire
-più quà che a Capodimonte e Marta? Risposi non m'esser noto, e che a
-me bastava aver satisfatto a Mad^nna Julia in chondurla a chasa sua:
-perocchè per le sua lettere me aveva ricerco e che ora era in nelle
-forze loro lascerei la chura a epsa Mad^nna Julia, alla quale non
-manchava ingengno nelle cose sua de avere a trovarsi con lei, la quale
-apetiva di vedere Sª Sig^ria non manco che epsa dimostrava de apetire
-di vedere lei; al che Mad^nna Julia mi ringratiò assai dicendomi
-tenersi satisfatta da me, e io rachordandole li obblighi avevo con Sª
-Sig^ria per quello aveva operato per me, a' quali non potevo satisfare
-più che con avere achonpagnato Mad^nna Jeronima a casa, mi rispose: che
-non bisongnava la ringratiassi di si minima cosa perchè avere animo
-di compiacermi in molto magiore cosa e che, quando me ochoressi, ne
-facessi experientia. E Mad^nna Adriana replichò, ch'io fussi certo di
-questo che epsa Mad^nna Julia, e non Mes^er Antonio Cancelliere o sua
-imbasciate me avessino fatto otenere quelli benefiti. Mostrai crederlo
-per non chontradire e ringratiai ancora Sª Sig.^ria dipoi Mad^nna Julia
-mi domandò di Mes^er Puccio molto strettamente e dissemi: noi lo fareno
-un dì venire quà, e se quando ci fu non lo potemmo otenere, benchè ne
-facessimo omne diligentia, ogi lo potreno fare sanza dificulta. E anche
-me acertò che il Card^le li aveva jiersera ragionato quello che per
-la via havevamo insieme conferito, preghandomi che volessi schrivere,
-e che reputava però le cose si tratasino per la via vostra il Mag^co
-Piero le udissi volentieri. Sichè vedete ove le cose già son ite e
-volse ch'io vedesi la fanciulla la quale è già grande et, ut mihi
-videtur, est similis Pontifici, adeo ut vere ex ejus semine orta dici
-possit. E Mad^nna Julia è ingrassata e fatta una cosa bellissima, e in
-mia presenza si scapigliò e fecesi achonciare i chapelli e il capo, li
-quali li davano giù a piè che non vidi una (sic!) et ha i più belli,
-e uno ciuffione di rensa, e dipoi di sopra una certa rete come fummo
-con certi profili doro che 'nvero pareva uno sole; che arei paghato
-gran cosa fussi stato presente per chiarirvi di quello avete più volte
-desiderato; e aveva uno fodero indosso alla napoletana, e così Mad^nna
-Luchretia la quale andò dopo poco intervallo a chavarselo e tornò dipoi
-con una veste foderata, presso a tutta di raso pagonazzo. E finito il
-Vespero, che i Card^li partivano, partì da lei e andai dipoi di sopra
-e aspetai che Alesandrino usci fuora della sala del Papa e andai alla
-chamera sua....
-
-_Qui Lorenzo Pucci parla distesamente del discorso da lui tenuto con
-questo Cardinale di Alessandria. Egli lo pregò di assumere la parte di
-padrino presso Giannozzo, la cui moglie era prossima a sgravare:_
-
-E dopo qualche ragionamento li dissi: Mon^or mio io userò in questa
-prima mia visitation prosuntion di domandare una gratia speziale da Vª
-Sig^ria Rev^ma perchè la brevità del tempo non patisce la differischa
-in altro tempo; e questo è che Giannozo mio fratello, e servitore di
-Vª Rev^ma Sig^ria aspeta de avere figliuolo o figliuola fra 15 di del
-prossimo mese della donna sua, e desidera Vª Rev^ma Sig^ria si degni
-di volere fare uno prochuratore che in nome di quella batezi quello che
-sarà insieme con Monsig^re di Parma e da Farnese e il Mag^co Piero....
-
-Per questa non mi ochorre altro. Cristo vi conservi come desiderate.
-
-Die 24 Dicembris 1493.
-
- LORENZO PUCCI.
-
- (L'originale nell'Archivio di Stato di Firenze,
- Carte Strozziane, filza 343.)
-
-
-DOCUMENTO N. XII.
-
-_Don Juan, Duca di Gandia, al Marchese Gonzaga._
-
- Roma, 12 settembre 1496.
-
-Ill^me princeps et ex^me Dne: pr honorem.^me per Miss. Jo. Carlo
-secretarº de V. S. con lrè credential ho inteso: quanto quella se
-congratula della mia venuta et le amorevole offerte che per suo nome
-mi ha facte. La ringratio del tutto súmaméte: offerendomi pari modo
-alla v. Ill^ma S. paratissimo ad ogne suo B[=n]placito. Ho facto el
-mio debito colla S^te de Nr[=o]. sre. In Ricomandarli V. S. quantuncha
-cognoscessi essere superfluo: per amar sua Beat^ne quella nò altramente
-che suo char^mo et amatissimo figliolo: allaquale sempre mi ricommando.
-Dat. Rome ex palatio aplico die XIIª septembr. MCCCCLXXXXVI.
-
- Filius Dux Gandie et suesse ac princeps theany.
-
-Ill^mo principi et ex^mo D^no pri hon^mo D^no F. Marchioni Mantuan. ac
-Ill^mi D. Venetor. Capitaneo Generali.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XIII.
-
-_Dux Gandie fuit die 16. Junij 1497 in flumine repertus et ante biduum
-interfectus._
-
- Si quis est heu nros casus miseratus acerbos
- Siste gradum, et lachrimas funde per ossa tuas.
- Respice si similis fuit unquam pena, dolorque;
- Aut nostra hac fuerit mors miseranda magis.
- Ille ego Gandie princeps: dominusque Suesse
- Qui Beneventi agrum nuper adeptus eram
- Qui modo vexillum duxi: validasque phalanges
- Agmina intrepidus sedis apostolice
- Qui Sesto sacroque fui de presule summo
- Natus Alexandro. Qui modo tantus eram
- Ecce vides gladio confossum, gutture secto
- In Tyberim jactum, stare sub hoc lapide
- Non Scyron: non Busyris: dirusque procustos
- Nec fuit Orthe suis sevior hospitibus
- Sevit ut in nostros certus maleficus amicus
- Dum sibi credentem me tullit e medio
- At tu quisquis eris, nimium ne crede, fides nam
- Et pudor, et pietas deseruere viros.
-
- (Liber Hartmanni Schedel: fol. 164.)
-
-
-DOCUMENTO N. XIV.
-
-_Il Cardinale Giuliano Della Rovere ad Alessandro VI._
-
- Carpentras, 10 luglio, 1497.
-
-Beat^me pr. ac cl^me Dne. post pedum oscula Beatorum. Hodie cum jam
-Iter Italicum versus cepissem Inter equitandum allatus est mihi tristis
-nuntius de obitu Ill. Dni. Ducis Candie, qui me profecto vehementer
-et graviter afflixit, non solum ex causa vre. Sanc^tis sed ex ipso
-atroci et crudeli genere mortis commisso in personam publicam et
-Capitaneum S^te romane Ecclesie ob quam rem ipsi sedi apl^ca Injuriam
-hujusmodi irrogatam fuisse nemo est qui dubitare possit. Itaque ex
-hoc tam acerbo, et miserabili casu tantum plane doloris et molestie
-cepi, quantum profecto cepissem, si ipse urbis prefectus germanus
-meus defunctus fuisset. Et ad hunc justum dolorem meum accedit is
-dolor per quem ex hujusmodi luctuoso casu Beat^nem vram. affectam et
-exulceratam jure suo intueor, Nihilominus cognoscens summam in omnium
-rerum accidentia V. S^tis constantiam et moderationem, et ejus sublime
-ac divinum ingenium, non dubito quin omnia que sunt humane fragilitatis
-forti, et equo animo ferat. Et se cum voluntate illius cujus vices in
-terris gerit conformet: ac plane dicat cum patientissimo illo Job. Dnus
-dedit. Dnus abstulit: sit nomen Dni benedictum, quare pluribus circa
-haec apud S^tem vram immorari nugatorium sane et ineptum esse existimo;
-cum ea sit sola, a qua reliqui omnes exempla patientie petere debemus.
-Illud igitur unum altissimum precabor ut ipsam beatitudinem vram
-sue sancte Ecclesie diutissime felicem et incolumem conservet. Cujus
-sacratissimis pedibus me humillime commendo. Carpentorati die X Julij
-MCCCCLXXXXVII.
-
- E. V. Sanc^tis
-
- Humill. et devotiss. servus Jul. ep[=u]s ostien.
-
- Card. S^ti P. ad vin^la manu propria.
-
- (Bibl. Marciana, Cod. Lat., Cl. X. CLXXV.)
-
-
-DOCUMENTO N. XV.
-
-_Annullamento del contratto matrimoniale tra Lucrezia Borgia e Don
-Gasparo._
-
- 10 giugno 1498.
-
- Alexander Episcopus Servus Servorum Dei.
- Ad Aeternam Rei memoriam.
-
-Derivata in nos a Beato Petro Apostolo, celestis Regni clavigero et
-Domini Nostri Jesus Christi in terris Vicario, ligandi atque solvendi
-potestas, nos inducit ut, juris temperato rigore, clavium potestate
-utamur prout ad scandala semovenda et pacem concordiamque servandam
-inter cunctos Christi fideles nostre cure commissos conspicimus in
-Domino salubriter expedire. Sane postquam dilecta in Christo filia
-nobilis mulier LUCRETIA DE BORGIA, Domicella Romana, olim per certos
-procuratores suos, ad id ab ea specialiter constitutos, cum dilecto
-Filio NOBILI VIRO GASPARE DE PROSCIDA COMITE ALMENARE dilecti filii
-etiam Nobilis Viri Johannis Francisci Comitis Averse nato matrimonium
-legitime contraxerat; ipsique Gaspar et Lucretia qui nunquam illud
-carnali copula consumaverant, in dicto matrimonio ulterius progredi
-nollent, et quantum in eis fuit mutuo consensu se invicem a vinculo
-dicti matrimonii liberassent, prefata Lucretia nulla dicti matrimonii
-ad nova sponsalia contrahendum novasque nuptas celebrandas.... facta
-dissolutione nec aliqua dispensatione desuper obtenta sua quadam
-inconsulta facilitate sive alias per errorem inducta cum dilecto Filio
-Nobili Viro Johanni.... et pro romana Ecclesia in civitate nostra
-Pisauriensi in temporalibus Vicario matrimonium de facto contraxit
-et cum ad ejus.... permasisset, nullumque adhuc nuptiale ministerium
-intervenisset prout etiam dictus Johannes per certum procuratorem suum
-ad id ab eo specialiter.... re confessus fuit prefata Lucretia per
-definitivam sententiam per dilectos filios nostros Antoniotum Sancte
-Praxedis et Johannem Antonium sanctorum Nerei et.... Cardinales,
-judices et Commissarios a nobis deputatos rite latam obtinuit pretensum
-matrimonium inter predictos Johannem et Lucretiam contractum cum
-omnibus inde secutis esse nullum, ac nullas penitus vires obtinere,
-dictosque Johannem et Lucretiam nulliter et de facto sub pretextu
-matrimonii conjunctos ab invicem separandos et separari ac a mutua
-cohabitatione servitiis et obsequiis matrimonialibus absolvendos esse
-et absolvi debere declarari ipsosque separarunt, que quidem sententia
-nulla provocatione suspensa in rem transivit iudicatam ipsique Johannes
-et Lucretia veritatis conscii etiam illi aquieverunt. Nosque deinde
-de illis plenius informati sententiam predictam motu proprio et ex
-certa scientia approbavimus et confirmavimus, ac plenum firmitatis
-robur perpetuo obtinere decrevimus prout in nostris inde confectis
-litteris plenius continetur. Cum autem sicut exhibita nobis nuper
-pro parte dilecte Lucretie petitio continebat dictus Gaspar iam
-dudum etiam matrimonium cum alia muliere contraxerit illuque carnali
-copula consumaverit, ac exinde prolem procreaverit ipsaque Lucretia
-cupiat effici mater liberorum et ad scandala que exoriri possent
-evitanda matrimonium primum huiusmodi nunquam carnali copula inter eos
-consumatum dissolvi pro parte ipsius Lucretie, nobis fuit humiliter
-supplicatum ut primum matrimonium predictum dissolvere aliasque in
-premissis opportune providere de benignitate apostolica dignaremur.
-Nos igitur qui inter cunctos Christi fideles pacis amenitatem vigere
-et augeri nostris potissime temporibus supremis desideramus affectibus
-ac scandalis et dissensionibus ne eveniant quantum cum Deo possumus
-libenter obviamus prefatam Lucretiam a quibuscumque excommunicationis
-suspensionis et interdicti aliisque ecclesiasticis sententiis, censuris
-et penis a iure vel ab homine quavis occasione vel causa latis si
-quibus quomodolibet innodata existit ad effectum presentium dumtaxat
-consequendum, harum serie absolventes et absolutam fore censentes, nec
-non quodcumque juramentum per dictam Lucretiam seu ejus procuratores
-prefatos de huiusmodi primo matrimonio sicut prefertur contracto et non
-consumato observando seu consumando forsitan prestitum sibi relaxantes
-et quatenus propter secundum pretensum matrimonium sic contractum
-perjurii reatum incurrisset illam a reatu perjurii hujusmodi etiam
-absolventes, ac in pristinum et eum in quo antequam illud committeret
-quomodolibet existebat statum restituentes reponentes et plenarie
-reintegrantes omnemque inhabilitatis et infamie maculam sive notam per
-eam premissorum occasione contractam penitus abolentes; ex premissis
-et certis aliis nobis expositis et etiam notis causis huiusmodi
-supplicationibus inclinati matrimonium predictum inter eosdem Gasparem
-et Lucretiam sic contractum et nondum consumatum auctoritate apostolica
-et ex certa nostra scientia ac de apostolico potestatis plenitudine
-tenore presentium omnino dissolvimus, eos ab omni vinculo matrimonii
-penitus absolventes ac dicte Lucretie cum quocumque alio viro
-matrimonium libere et licite contrahendi, et in eo postquam contractum
-fuerit remanendi licentiam concedentes. Non obstantibus premissis ac
-constitutionibus et ordinationibus apostolicis ceterisque contrariis
-quibuscumque. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre
-absolutionis restitutionis repositionis reintegrationis abolitionis
-dissolutionis et concessionis infringere, vel ei ausu temerario
-contraire. Si quis autem hoc attemptare presumpserit indignationem
-omnipotentis Dei ac Beatorum Petri et Pauli Apostolorum ejus se noverit
-incursurum. Datum Rome apud Sanctum Petrum. Anno Incarnationis Dominice
-Millesimo quadrigentesimo nonagesimo octavo. Quarto Idus Junii,
-Pontificatus Nostri anno Sexto.
-
- L. Podocatharus.
-
- (L'originale nell'Archivio di Stato di Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XVI.
-
-_Primo contratto di matrimonio tra Lucrezia Borgia e Don Alfonso
-d'Aragona._
-
- 20 giugno 1498.
-
-Adsit propitius adjutor et fautor omnipotens et eternus deus cum suo
-unigenito filio dno nro Jesu Xpo ac individua spir. sanct. unitate in
-quor. nomine hec celebrantur.
-
-Pateat oib. hoc psens pub. instrum. inspecturis qualiter anno salut.
-Mille CCCCLXXXXVIII pontif. S^mi D. N. D. Alexandri div. prov.
-pp VI Jnd. pª mensis Junii die XX^mo prefat. S^m d. n. ex una et
-R^mus ac Ill. D. Ascanius Sforza Vicecomes S. R. E. Dyacon. Card.
-ac Vicecancellar. et mag^ci viri dnus Bernardus de Bernardo et
-Tomax' Regulanus de Neapoli ser^mi dni federici regis Sicilie etc.
-procuratores spetialr. deputati habentes ad hec plena et sufficientia
-mandata sicut ex public. docum. sigillis appositis dicti ser^mi Regis
-munitis in manib. mei not. traditis ac diligenter visis lectis et
-recognitis apparet et ipsius ser^mi dni Federici Regis nomine parte
-ex altera Concorditer devenerunt ad infrascr. pacta sponsalia et
-conventiones et capitula felicib. auspitiis inter eos tractata conclusa
-et firmata et inpresentia mei pubi. Not. et testium infrascr. ad ea
-convocator. et rogator, sollemniter celebrata videlicet.
-
-Inprimis prefat. S^m. D. N. D. Alex. sext. Pont. M. soll. pactione et
-stipulatione interven. promisit se facturum et curaturum taliter et cum
-effectu quod ill. dna dna LUCRETIA BORGIA ejus neptis legit sponsalia
-et nuptias contrahet cum Ill. juvene dno ALFONSO DE ARAGONIA ser^mi
-quond. dni Alfonsi secundi Regis Sicilie filio ac ipsius ser^mi dni
-federici ejusd. in dic. Regno successoris nepoti et in ejus legit.
-matrimonium consentiet liberumq. consensum prestabit postq. personalit.
-pfatus Ill. dnus Alfonsus erit in urbe cum dote quatraginta milium
-duc. in urbe currentium ad computum decem carl. pro quolib. duc. cum
-infrascr. conditionib. conventionib. et modis persolvendorum.
-
-Que quatraginta mil. duc. pref. S^mus D. N. D. Alexander in opus et
-utilit. prefate Ill. dne lucretie dare solvere tradere et consignare
-promisit dicto Ill. D. Alfonso futuro marito deo concedente dicte Ill.
-D. Lucretie hoc modo vid. quatuormill. duc. pro dicta dote promissor.
-illico et incontinenti in pecunia numerata importantia pro redemptione
-cujusd. terre et oppidi Quarata vulgar. nuncupati quod sit et esse
-debeat dotalis fundus ipsius Ill. D. Lucretie dicto Ill. dno Alfonso
-realiter et effectualiter solvere trad. et consig. promisit.
-
-Item alia sexdecim milia ducat. de dicta dote Idem S^mus D. N. Alex.
-solvere et utiliter expendere et erogare promisit in emptione et
-comparatione alicujus status aliar. terrar. sive oppidor. sive in Regno
-et territorio Neapolitano sive in territorio urbis Rome vel alibi prout
-melius et habilius et certius poterit ad utilitatem dictor. Ill. dnorum
-Alfonsi et Lucretie et ad voluntat. prefati S^mi dni Alexandri et
-Ser^mi Regis et Ill. D. Alfonsi prefati que oppida seu terre similiter
-sint et esse intelligantur dotalis fundus ejusd. ill. Dne Lucretie.
-
-Item reliqua viginti milia ducator. usq. ad integram sum. dictor.
-quatraginta mil. duc. pro dicta dote promissor. dare trad. et consig.
-promisit id. S^m D. Alexander in gemmis lapidibq. pretiosis et
-anulis aureis margaritis monilib. unionib. vasis et lancib. argenteis
-ornamentis et vestib. tam aureis q. sericeis et aliis bonis et rebus
-mobilib. que secundum dignitatem et eminentiam personarum inter jocalia
-computari consueverunt ad dictam summam et quantit. viginti mil.
-similium ducator. secund. communem extimationem ascendentia.
-
-Et ex converso prefatus R^mus et Ill^mus D. Cardinalis Ascanius una
-cum prenominatis dnis Bernardino et tomaxio procuratorib. et nuntiis
-per ser^um D. federicum Regem special destinatis et una cum pfato R^mo
-dno Cardle Ascanio ad hec peragendum deputati et procuratorio nomine
-prefati Ser^mi dni Regis sollemni pactione et stipul. interveniente
-promiserunt et convener. se facturos et curaturos realiter et cum
-effectu quod dict. Ill. D. Alfonsus Regis Alfonsi secundi fil. et
-ipsius Ser^mi dni federici Regis Nepos in dict. legit, matrimonium
-prefate Ill. dne lucretie parifirmiter consentiet cum dicta dote et
-pecuniis et reb. dotalib. ad dictam summam et quantitatem quatraginta
-milium ducator. ascendentib. ac legitimas nuptias cum ea contrahet
-secund. ritum et morem S. matris Ecclie.
-
-Item dicto noie promiserunt et convener. quod ipse Ser^mus Rex
-Federicus constituet et dabit eid. Ill^mo dno Alfonso suo nepoti et
-suis futuris heredib. et successorib. per directam lineam masculinam
-descendentib. unum perpetuum statum cujus fruct. redit, et proventus
-ascendant ad valor. summar. et quantitatem octomilium ducator.
-similium.
-
-Item pro implemento in parte promissor, dicto noie promiserunt et
-convenerunt quod dictus Ser^mus Rex ex nunc in ducatum eriget et
-constituet quandam civitatem vigiliarum latine nuncupatam et Vegelle
-vulgariter appellatam sitam etc. cum arce et fortellitiis ac omnib.
-et sing. introitib. et exitibus membris pertinentiis et adjacientiis
-et cum toto ejus territorio ac dominio potestate jurisdictione meroq.
-et mixto imperio et cum oib. usib. utilitatib. et commoditatib. intra
-se et extra se ad dictum oppid. ejusq. territorium spectantib. et
-pertinentib. tam de jure quam de consuetudine et cum potestate latius
-extendendi.
-
-Item promiserunt dicte Regie majestatis noie ante quam dicta sponsalia
-fiant dare trad. et consignare in manib. pfati Ill. D. Alfonsi sui
-Nepotis sollemnia et autentica privilegia et Regales lras concessionis
-dicti ducatus Vigelle in personam dicti Ill. D. Alfonsi cum
-sollenitatib. clausulis et cautelis solitis et consuetis ita quod per
-se et suos hrdes frui potiri et libere gauderi valeat et quod semper
-remaneant et sint obligata dicta oppida pro dotib. et dotalib. jurib.
-ipsius Ill. dne Lucretie.
-
-Item promiserunt quod dicta sacra majest. Ser^mi Regis quam primum
-vacaverit in dicto ej. Regno Neapolitano aliquis status cuj. fructus
-redit, et proventus ascendant ad valor. mille aut duor. mil. vel trium
-aut quatuor milium ducator. computatis tamen fructibus dicti Ducatus
-Vigelle et Quarate illico conferre transferre et dare et consig.
-prefato Ill. D. Alfonso suo nepoti fruendum tenend. et fructificand.
-per se et suos heredes et successores et in perpetuum et similiter
-super his facere expediri autentica privilegia cum oib. sollennit. et
-cum oib. clausul. et cautelis consuetis. Et tam diu quamdiu dictum
-statum vel status non dederit promiserunt are eid. ac assignare et
-consig. in fructib. foculatione et satis usq. in summam dictor. quatuor
-milium ducator. si tanta quantitas deficiet in dictis reditib. et
-fructib. alias in ea summa et quantitate que sibi deficiet usq. ad
-integrum complementum redituum dictor. octomilium ducator.
-
-Item promiserunt dicto nomine quod tempore sponsalium predictor. dict.
-Ill. dnus Alfonsus donabit propter nuptias pfate dne lucretie usq in
-summam quarte partis dotis predicte per ipsam viro premoriente si post
-consumatum matrimonium ipsam sine liberis ex eo matrimonio nascituris
-premori contigerit ad usum fructum et proprietatem et ad usufruendum
-tantum liberis coib. extantibus lucrandor. et acquirendor. secund.
-consuetudinem Romanam in urbe servari solitam.
-
-Item solemni stipulatione et pactione interveniente convenerunt pfatus
-S^mus D. Alexander et prenominati procuratores dicte Regie majestatis
-noie quod si casus mortis dicte Ill. dne Lucretie viro superstite et
-liberis non extantib. contingeret, quod dicta integra dos ad ipum S^mum
-D. nrum dotantem si tunc supervixerit revertatur Alias cui ipsa Ill.
-dna Lucretia dederit vel commiserit.
-
-Que quid. oia et sing. promiserunt et convenerunt mutuo et vicissim
-quam citius et celerius potuerint facere et adimplere et impleri et
-exequi et ad effectum deduci facere ad coem requisitionem et voluntatem
-dictar. partium vel alterius ipsar. sub obligatione et ypoteca omnium
-et singulor. bonor. utriusq. partis et cujuslib. ipsar. mobilium et
-immobilium presentium et futuror. et sub fide pontificali et fide Regia
-et ita pref. S^mus D. N. pp et R^mus D. Card. Ascanius ponendo dextras
-manus ad pectus in animam et conscientiam suam et in animam prefati
-Ser^mi Regis prefati autem dni Bernardinus et Tomasius procuratores
-layci tactis corporaliter sacris scripturis in manib. mei Notarii dicto
-nomine virtute dicti eor. mandati respective observare et observari
-facere promiserunt, et juraverunt Rogaveruntque me Notarium etc. et
-dederunt potextatem extendendi.
-
-Acta fuerunt hec Rome in palatio apostolico in primo cubiculo post
-cameram papagalli presentib. R^dis in xpo prib. dno Luisio Epo
-caputaquens. et dno Johe Marades Epo tulensi et venerabili viro ano
-Fracº garzetto testib. ad premissa adhibitis et rogatis.
-
-
-_Seguono a' 21 luglio_: Ratificatio pactorum et sponsalia de presenti
-inter Ill. dom. Alfonsum et dnam lucretiam ambo puberes, assistentib.
-ibid. R^mo dno Ascanio Card. et Vicecancellario et Jo. lopis Card.
-perusino et Jo. Borgia cardinali Valentiano in presentia mei Not.
-
-_Quindi lo stesso giorno_: promissio et obligatio R^mi dni Card.
-Ascanii super observatione pactorum per ser. Regem. Acta fuerunt hec
-in palatio ap. in secunda camera nova post aulam pontificum psentib.
-R^is in xpo ptrib. dno Aloisio Epo caputaq. et Jo. Marades Epo Tullen.
-et dno (_Manca il nome_) Epo Interaranensi ac Mag^co et Excell. Armor.
-ductore dno Johe Cerbiglion pro testib. adhibitis, et aliis quam
-plurimis clarissimis personis ibidem abstantibus et predicta videntibus
-et audentibus.
-
-Eodem instanti et loco et in mei not^rii et testium supradictor.
-presentia feliciter celebrata fuerunt sollemnia sponsalia per verba vis
-volo legitimum consensum matrimonii importantia omnib. supranominatis
-adstantibus et in conspectu prefati S^mi dni nri et R^or. dictor.
-cardinalium ensem super caput sponsi et sponse tenente prefato mag^co
-dno Johe Cerviglione milite et armor. ductore secund. ritum et antiquam
-consuetudinem Romanam et cum sollemni subarratione secund. consuet.
-Romanorum per immissionem anuli per sponsum in digito anulari imposit.
-me notario publico interrogante et solemniter stipulante etc. de quib.
-etc.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. XVII.
-
-_Atto relativo alla eredità reclamata da Donna Maria Enriquez per suo
-figlio Don Juan._
-
- 19 dicembre 1498.
-
-In n. D. omnip. Am. A. a. Nat. D. N. Jhu Xsti millesimo quadring.
-nonagesimo octavo die vero 19. mens. Dec. Ind. II. second. Rom.
-consuetudin. pontificatus sanct.^mi D. N. D. Alexandri div. prov. ppe
-sexti anno septimo Constituti coram me notario et testib. infrascr.
-et in pntia R^mi Dni Card^lis Capuan. Honorabilis vir Dnus Alfonsus
-de Villaviel in leg. Baccalarius Ill^e d^ne MARIE ENRIQUES matris
-et tutricis Ill^mi d^ni JOHANNIS BORGIE filii pupilli quond. Ill^mi
-D^ni Ducis Gandie procurator ex una, et dnus Ventura de Benassaiis
-clericus senen. sctimi dni nri familiaris parte ex altera concorditer
-asserentes secund. relat. factam per supradic. R^um D. Card^em Capuan.
-presentem et de speciali mandato prefati S^mi D. n. ppe ut asseruit
-sic referentem qd. cum post casum inopinate mortis dicti Ill^mi dni
-ducis Gandie prefatus S^mus d. n. pro custodia et conservatione bonor.
-ejusd. Ill. quond. ducis et ne ad alienas manus venirent aurum omne et
-argentum monilia et ornamenta et tapeta et tapezariam que reperta sunt
-in bonis ejusd. diligenter annotari et in inventario describi jusserit
-et dicta oia. bona in auro et argento et jocalibus consistentia per
-probos et peritos viros ponderari et estimari fecerit videl. per
-magistrum Bartolomeum Venetum et Ambrosium Mantica Genuen. Gioiellerios
-et per magistrum Sanctum Aurificem Romanum et reperta fuerunt oia
-secundum eor. peritiam valoris et cois extimationis ducat. auri in
-auro triginta milium computatis omnib. bonis etiam in tapezaria et in
-rebus aliis consistentib., que in totum faciunt et constituunt summam
-valoris Triginta mill. ducator. auri in auro de Camera, dictaq. oia et
-singula bona sic extimata prefatus s^us D. n. ppa pro maiori utilitate
-dicti Ill^mi dni Johannis Borgie filii pupilli ac universalis heredis
-dicti Illi. quond. dni Ducis ne forte in aliqua parte consumerentur
-aut deteriorentur seu perderentur tradiderit et consignaverit pro
-dicto precio triginta milium duc. R^mo in xro pri dno CESARI TUNC
-CAR^li VALENTINO patruo dicti pupilli et pro ipsius pupilli maiori
-utilitate et ut in comparatione bonorum stabilium vel aliis rebus
-utiliter convertantur in eundem transtulerit. Et postmodum pfata Ill.
-dna Maria Enriques Ducissa tutrix et mater dicti pupilli ad urben et
-Roman. Curiam et ad prefatum S^um D. n. Ppam destinavit prefatum dn.
-Alfonsum de Villaviel special. nuncium ac procuratorem ad negocia
-dicti pupilli peragenda ac specialiter ad suscipiendam curam dictor.
-bonor. et inventarium faciend. et alia peragenda que in his necessaria
-fuerint et opportuna sicut apparet manu Ludovici erari publici Valent.
-Not. et sicut asseruit pro negociis necessariis dicti pupilli ad pns
-indigeat habere de dicta summa duc. quinque millia ad dictam matrem
-transmittendos. Idcirco prefat. S^mus D. n. noie prefati dudum dni
-Car^lis et nunc ducis Valentin. pro parte precii dictor. bonor.
-realiter et in prompta et numerata pecunia et in duc. auri in auro
-solvi tradi et consignari fecerit et mandaverit per man. prefati dni
-Venture de Benassaiis dictam summam quinque millium ducator. auri in
-auro de Camª destinandam per litteras cambii ad civitat. Valentin. et
-solvend. dicte Ill. dne marie tutrici ac curatorio noie dicti pupilli
-cum hac tamen conditione, qd oia gesta per dict. ejus procuratorem quo
-supra nomine ac dictam solutionem et receptionem dictor. 5000 ducat.
-auri in auro necnon et dictam bonor. extimation. et consignation, per
-s^mum D. n. factam et alia uti prefertur gesta in predictis et circa
-predicta ratificentur per ipsam Illam dnam tutricem et de dictor. 5000
-ducat. parte precii triginta millium ducat. solutis et receptis plenam
-et generalem et specialem faciat quietantiam per acta procur. Notarii.
-Et Ideo dictus procurator confessus fuit et in veritate recognovit se
-habuisse et recepisse in prompta et numerata pecunia dictam integram
-summam dictor. 5000 ducator. ex causa supra expressa post quam quid.
-confessionem et realem solutionem et receptionem se ultra officium
-procurationis etiam principalit. obligando de rato et ratihabitione pro
-dicta Illma Dna Tutrice promisit se facturum etc.
-
-Acta fuerunt hec Rome in palacio aplico in camera prope cameram
-papagalii presentibus R^is patrib. dnis Johanne Marades Epo segobricen.
-et Dno Francesco Epo Interamnien.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. XVIII.
-
-_Tavole nuziali tra Laura Orsini e Federico Farnese._
-
- 2 aprile 1499.
-
-Adsit propitius adjutor et fautor omnipotens et dominus deus noster et
-ad vota benignus descendat. Pateat oib. hoc instr... qualiter a. sal.
-1499 Ind. scda die vero mens. aprilis II. pont. S. D. N. Dni Alex. div.
-prov. pape VI. mag^cus et generosus vir dnus URSINUS DE URSINIS pater
-et legitimus administrator dne LAURE ejus legitime et n[=a]lis filie
-etatis septem annor. existentis presentis... cum assistentia R^mi dni
-Alexdri tti. S. Cosma et Dam. diaconi Car^lis de Farnesio... avunculi
-dictae puellae... ex una parte, et R^dus pr dnus Paulus Petrus etiam de
-Farnesio sed. ap. protonotar. patruus et conjuncta persona mag^ci ac
-generosi pueri dni Federici quond. ex^mi armor. ductoris dni RAIMUNDI
-DE FARNESIO legitimi et naturalis filii in XII^mo sue etatis anno
-constituti pro quo promisit quod infra mensem ratificabit contractum et
-instrumentum matrimonii... Acta fuer. hec in urbe in cam. paramentor.
-domus prefati R^mi dni Car^lis Farnesii presentibus... his testib.
-vid. Rdº patre dno Laurentio de puccis sed. ap. proth.º et correctore
-bullar. et dno prospero de Gatteschis de Viterbio dno herculano
-petricotti de Marta Magro Jacobo Philippi alias cognominato Aristofalo
-medico phisico etiam viterbien. dno Jacobo Rufin. de Rufinis milite
-Jerosolimitano dno Vinantio de Brigidis et dno Cornelio benigno ambobus
-de viterbio ad pdicta specialiter vocatis rogatis et adhibitis.
-
-Ego Camillus Beneimbene de premissis rogatus malus impeditus per alium
-michi fidum ac domesticum Not^um scribi feci ac propria manu subscripsi
-pro fide premissorum.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. XIX.
-
-_Protesta di Jacopo Gaetani contro la Sentenza inflittagli._
-
- 7 febbraio 1500.
-
- J. C.
-
-Cum sit quod ego Jacobus Caitanus Sermineti ad pres. detineor in
-castro S^ti Angeli ed ut dicitur, seu ut pretenditur, sim ex pretensis
-delictis que per me commissa fuisse etiam dicitur seu pretenditur,
-condemnatus ut reus lese maj., et quod debeam tradi curie seculari;
-egoque sciam me innocentem saltem quoad penam hanc, sicque me plus
-quam injuste fuisse condemnatum. Et quia semper dixi me sperare in
-misericordia et clementia dni nri. Sanct^mi, pro ut vere sperabam,
-quod attenta qualitate rei et justificationibus meis satis pro maxima
-pena me tenuisse in dicto castro per duos menses, eaque spe fretus non
-aliter me defenderim, sed putaverim ea lenitate verborum reducere Dnum
-N. S^mum ad justitiam, eaque etiam spe fretus multa contra veritatem
-fuerim confessus, que ex metu carceris et tormentor. comminatorum
-immo mihi etiam datorum et per me passorum confiteri fui coactus. Ac
-etiam quia non videbam postquam eram statu et oibus bonis denudatus,
-quomodo potuissem quoquomodo considerabiliter et cum effectu me
-juvare, consideratis etiam aliquibus, que nunc sum contentus silentio
-preterire, et que intendo latius suo tempore prosequi et specificare.
-Nuncque post hujusmodi pretensam sententiam idem nedum nullam esse
-clementiam in praefato D. Nro. S^mo, immo me contra Deum et justitiam,
-ut dixi eo modo, quo supra, condemnatum consideremque etiam quod non
-alias appellare, et hujusmodi appellationem committi petere promptum
-periculum esset, ne contra Deum et justitiam in statu et contra statum
-causa non cognita ab initio facta exstitit, hinc est quod his oibus
-mature, et ut potui consideratis duxi consultius fore simpliciter in
-his scriptis, et ut infra potui appellare quam aliter agere: propterea
-igitur hodie scilicet die quarta Februarii 1500 oibus meliorib. formis
-viis et modis quib. melius et validius possumet debeo ab hujusmodi
-pretensa sententia et oibus inde sequutis, tam ad eumdem Dnum N. S^mum
-et quatenus etiam opus sit ad futurum Pont^em ad sacr. Concilium,
-si quod unquam fiet appello, deque predicte pretense sententie,
-totiusque processus desuper facti et habiti omniumq., et singulor.,
-post et contra appellationem hujusmodi factorum, seu faciendorum,
-multiplici nullitate dico et protestor protestatione quod quamprimum
-dabitur facultas hujusmodi appellationem et nullitatem prosequendi,
-eam prosequar et nunc per presentem rogo te Joannem Stagliam, seu
-Jacobum Balduinum, separatim unum sine alio, quatenus his receptis
-coram Notario pub^co et testib. hujusm. appellationem nomine meo
-interponas, ac de nullitate dicas cum totali insertione presentis
-cedule in instrumento desuerfaciendo. Et si hujusmodi appellatio seu
-de nullitate prpo testatio non est melius composita, non est quia non
-videam sententiam esse iniquissimam et nullissimam, easque prosequi
-sic suo tempore, ut dixi, intenderim, sed quia temeo, ut prefertur, et
-sum nedum sine notario et testibus, sed penitus sine alicujus consilio
-doque etiam uni ex supradictis per presentem facultatem sine tam
-prejudicio presentis appellationis et nullitatis protestationis. Iterum
-quatenus uni ex predictis videatur appellandi de nullitate dicendi, ac
-omnia agendi que in premissis et circha premissa, alteri ex supradictis
-videbuntur et opportuna cum plena et libera potestate.
-
-Ego Petrus de Aretio habui in manib. presentem cedulam ista die settima
-mensis Februarii 1500 et ad memoriam me subscripsi manu propria.
-
-Ego Ludovicus Zephyrus de Lugnano etc. habui presentem cedulam et legi
-ista die septima Febr. 1500 et ad memoriam me subscripsi manu ppa.
-
- Die 7. Februarii.
-
-Presentib. venerabil. viris dominis Jacobo Ruffino milite Hierosol.,
-ac Domº Petro de Aretio (coram procur. etc.) et Domº Ludovico Zephiro
-clerico Amerine dioces. testibus.
-
- (Archivio di Casa Gaetani in Roma.)
-
-
-DOCUMENTO N. XX.
-
-_Elisabetta duchessa d'Urbino al fratello Francesco Gonzaga, marchese
-di Mantova._
-
- Assisi, 21 marzo 1500.
-
-Ill^me Princeps et Ex^me D^ne frater hon^me Essendomi a questi giorni
-partita da Urbino e messomi in cammino per andare a Roma per conseguire
-el iubileo, come de questa mia andata ne ho advisata più giorni fa V.
-Exª Retrovandomi hogi ad Asisi ho receuta una lettera de quella per la
-qual havendo visto quanto la me scrive, mi persuade e stringe a volere
-desistere da questa andata existimando forsi quella che io anchor non
-mi fossi messa in camino, della qual cosa ne ho ricevuto grandissima
-displicentia et immenso affanno, volendo da un canto si in questa come
-in qualunque altra cosa cedere et essere hobedientisª ad ogni volere
-de V. Ill^ma S. quale di continuo ho avuto et ho non altrimenti che in
-loco de honor^mo patre, non essendo mai stato mio animo ne pensiero
-se non de concurrere ad ogni sua voglia. Dalaltra parte retrovandomi
-come ho dicto in viaggio et gia fora del stato, et havendo per il
-mezzo del S. Fabritio et de Mª Agnesina mia hond^da cognata et sorella
-provisto in Roma de casa et de ogni altra cosa necessaria a tal andata
-e certificatoli dovermi retrovare a Marino fra quattro giorni, e per
-questo venutosene el S. Fabritio in ante per farmi compagnia essendo
-etiam qualche fama de questa mia partita e andata non vedo con honore
-del S. mio e mio potermi ritrare da questa andata essendo la cosa tanto
-avanti et tanto maggiormente quanto ad ciò io so processa con bona
-conteza et volonta del S. mio predicto, havendo ben prima considerato
-ogni cosa, ne la S. V. deve de questa mia andata pigliare alcun affanno
-o suspitione de animo, perchè ad ciò la sia del tucto informata la
-intenderà come prima io me ne vo a Marino e deli poi me ne vo con la
-pred^ta Mª Agnesina incognita a Roma per far la debita visitatione
-dele chiese ordinate a conseguire questo Sancto Jubileo, non havendo
-ademostrarmi ne pur parlare cum persona veruna stando alogiata per
-el tempo starò a Roma nela casa fo del Cardi^le Savello. Casa buona
-convenientissª questo mio desiderio e in mezo deli partegiani de
-Colonesi, benche lanimo mio per la magior parte del tempo sia retornare
-e stare a Marino. Sicchè V. S. deve senza alcun dubio contentarsi
-de questa mia andata, ne di ciò pigliarne dispiacere alchuno, e
-quantunque tucte queste ragioni siano efficacissime ad indurmi non
-solo a continuare el mio viaggio, ma etiam a principiarlo quando io non
-fussi partita, tutavolta se io me ritrovasse de non essere partita non
-per verun dubio o disturbo che io cognosca poter nascere di epsa mia
-andata ma per satisfare al scrivere de V. S. la qual desidero in ogni
-cosa poter satisfare haveria revocato lanimo mio da tal andata, e non
-processo più ultra, ma ritrovandomi dove io so e veduto havera V. Exª
-questo mio scrivere so certa la resterà contenta delo andar mio, che
-così ne la pregho e sup^co la voglia contentarse, e perche io possa
-con più contentezza e satisfatione de animo pigliare questo jubileo
-significarmi per una sua directiva a Roma esser così che la se ne
-contenti. Altramente ne starò in continua agonia e affanno, et in bona
-gratia de V. Exª mi recomando. Asisij XXI. Martij 1500. De la S. V.
-minore sorella Elisabetta.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXI.
-
-_Cesare Borgia al Marchese Gonzaga._
-
- Roma, 24 maggio 1500.
-
-Ill^me et Excell^me Dne. tamquam fr. hon. Non con minore exultatione
-inteso havemo per lettere de V. Ex^tia la desiderata et felice natività
-del suo Ill. figliolo: che se altretanto inteso havessamo de uno
-nro proprio; Como desiderosissimi de qualunque augmento et felice
-successo de quella per la strecta et fraterna benivolentia li portamo:
-volentieri adunque acceptamo desserne compatre: et ad tale effecto per
-la presente constituimo nro speciale procuratore: quello che la S. V.
-eligera deli soy conseglieri: el quale per nuy Intervenga ad levarlo
-de le sacre fonti: Pregamo N. S^or Dio cel conservi ad effecto de
-nri comuni desiderij: Et la Vª Ill^ma S. non se gravi congratularsene
-per nuy, conla Excell^ma sua Consorte: la quale speramo havera dato
-principio ad numerosa prole et perpetua posterita de ambidui si
-clarissimi et generosi Parenti. Rome in Palatio aplico XXIIII Maij
-MCCCCC.
-
-Cesar Borgia de Francia Dux Valent. ac S. R. E. Confalonerius et capit.
-g[=na]lis
-
- Agapytus.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXII.
-
-_Dyalogus mortis et Pontificis laborantis febre. 1500._
-
- P. quid mors seva petis. M. te. P. me quo jure. M. quod hora en
- properat. P. quid ais. M. parcaque fila secat.
-
- P. heu mihi. M. quid luges? P. parum vixisse. M. videtur omnib. at
- nimium. P. cur rogo. M. quod malus es.
-
- P. dic quid queso mali comisi? M. causa fuisti quod prede Gallis
- Itala Terra fiat. Non hoc parum. P. invitus feci non sponte:
- necesse sed fecisse fuit. M. Jam satis est morerer.
-
- P. hoc numquid solum cogit me Tartara adire. M. non fas esse tibi
- quod scelus omne putas.
-
- P. quod scelus heu miserum. M. solitus quod rendere cuncta per fas
- atque nephas. P. penitet. M. hoc nihil est.
-
- P. seva nimis cur hoc nihil est. M. in funere quando haud prodest
- aliquem penituisse mali.
-
- P. Julia me miserum cur non defendis: amavi si te corde magis. M.
- digna lenone satis. Nunc morerer et te non defendet Julia: neque
- enixa est utero terque quaterque tibi.
-
- P. Da saltem ante obitum. M. Garris. P. concede rogatis hoc unum.
- M. insanis. P. hoc. M. citius morere.
-
- P. hoc. M. cedo. P. ut peream illius susceptus in ulnis que modo ab
- hispania vecta puella mihi est.
-
- M. hec est illa senem que te sine fine coegit insanire furor: non
- amor hem morere.
-
- P. ergo mihi moriendum est. M. est. P. qua morte.
-
- M. peribis febre gravi: qua nunc languida membra jacent.
-
- P. febre cadam. M. sic est. P. fugias. M. cur. P. stulta putas ne
- ut qui non perii fulmine: febre cadam.
-
- (Marin Sanuto, _Diar._, vol. III, fol. 209.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXIII.
-
-_Istrumenti relativi alla promessa di matrimonio di Donna Angela Borgia
-con Francesco Maria Della Rovere._
-
- 1. Mandatum Substitutionis R.^mi d.^ni Cardinalis Ulisbonensis.
-
- 25 agosto 1500.
-
-_Il cardinale di Lisbona si presenta qual_ procurator Ill^i D^ni
-Johannis de Ruvere urbis prefecti ac Illustris D^n Francisci Marie
-ejus filii... certam habens scientiam de Instrumentis ratificationum
-factarum per ipsum Ill. Dn. prefectum pro se et filii nomine
-super contractu sponsalium contractorum inter ipsum R.^um Car.^lem
-ac egregium v. Jur. Doctorem Dn. Gabrielem de Gabrielis de Fano
-procuratores ejusd. Ill.^i D^ni prefecti pro se et filii nomine agentes
-ex una, et prefatum S. D. N. Papam ac Ill. D. Rodericum de Borgia
-germanum fratrem Ill^is D. Angele de Borgia et eo nomine agentes parte
-ex altera..... Non valens ipse R. D. Car.^lis propter ejus egritudinem
-personaliter interesse... ad predicta omnia et singula explendum....
-substituit h. v. D. Laurentium Burcarium civ. Romanum....
-
-Acta fuerunt hec Rome in antecamera prefati R.^mi D. Car.^lis que
-est ad sinistram post aulam magnam presentibus D. Adoardo Borgia
-penitentiario et D. Luca de Scitt ad prescissa adhibitis et convocatis.
-
-
- 2. Sponsalia Ill. D. Francisci Marie prefecti orbis
- filii et D. Angele Borgie Neptis D^ni Pape.
-
- 2 settembre 1500.
-
-_È una promessa solenne di matrimonio con la formola_: vis, volo,
-_mediante procura_.
-
-Acta fuerunt hec Rome in palatio Ap.^co in secunda camera nova post
-aulam pontificum presentibus R.^dis patrib. D. Roberto Giube Ep.
-Treiocen. D. Ludovico de villa nova et D. Trasu (sic!) xpian. Regis
-francor. oratoribus et procuratorib. D. Francisco Borgia Ep. Teanens.
-D. N. Pp. prefati Tesaurario D. Adriano clerico cam. ap. et secretario
-et D. Trocio ejusd. D. N. Camº testibus ad premissa et infrascripta
-adhibitis et rogatis.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene)
-
-
-DOCUMENTO N. XXIV.
-
-_Giovanni Sforza al Marchese Gonzaga._
-
- Bologna, 17 ottobre 1500.
-
-Ill^me et ex^me D^ne et cognate hon^me la Exª V. hara inteso como
-domenica matina el populo de pesaro per subornatione de quatro giotti
-se levo in arme: et fomi forza redurre in roccha, con pochi de li mei
-al meglio chio puote: Dove persentendo le gente nimiche vicinarse ad
-mi: e messer hercule bentivoglio quale era ad arimino farsi inanti:
-per non essere serato drento: con consiglio: con opera: et con favore
-de Jacomo Albanese me parti la nocte de rocha: et son gioncto qua a
-salvam^tu dopo una malissima via: et peximi passi: De che io ne ho
-obligo prima alla exª V. che me mando dicto Jacomo: et poi a luy che me
-haby si ben conducto ad salvam^to: Jo non ho anche deliberato quello
-mi voglia fare: ma se fra quatro di non vengo da la Exª V. mandaro a
-quella el dicto Jacomo, quale gli dira el successo del tutto: et la
-mente mia: In questo mezo ho voluto che la sapii de la gionta mia ad
-salvamento: et ad quella me racomm. Bononie 17. Oct. 1500.
-
-Ex. V. cognatus et s^or Joannes sfortia de aragª comes Cotignole,
-pisauri etc.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXV.
-
-_Pandolfo Collenuccio al Duca Ercole di Ferrara._
-
- Pesaro, 29 ottobre 1500.
-
-Illustrissimo Signor mio: Fui in dui di e mezzo in Pesaro, poichè parti
-da V. Sª Imperocchè Martedi circa le 24. hore gionxi. Et in quella
-hora appunto el Duca Valentino facea la intrata; et tutto il popolo
-era alla porta, e con una gran piova lo ricevettono, e li presentarono
-le chiave de la terra, et allogiò in corte ne la camera del quondam
-Sig^r Giohanne. Fece la entrata molto solemne (per quanto mi riferirono
-questi mei che v'erano) e con grande ordine e numeroso de cavalli e
-de fanti della guardia sua. — Jo la sera medesima li feci intendere la
-venuta mia, expectando audientia ad ogni comodità de Sua Sig^ria. Circa
-due hore de nocte me mandò El S^r. Ramiro e el magiordomo a visitare e
-intendere con molto honorevole parole e se io era bene allogiato, e se
-me mancava cosa alcuna in tanta moltitudine con dirme ch'io posasse,
-chel di seguente me ascoltaria. Mercore matina a bona hora me mandò
-a presentare un gran sacco de orzo, una soma de vino, un castrone, 8.
-para de caponi e galline, due gran torce; due mazzi de' candelotti, et
-due scattole de confecti, con honorevole ambassata. Ne mi dette però
-audientia se bene mandasse a fare escusa, e chio non me maravigliasse.
-La casone fu perchè se leva de lecto a le 20. hore, e levato desina.
-Andò poi in Roccha, e li stette insino a nocte e tornò stracco per un
-tincone, overo Ango chel ha.
-
-Hoggi commo hebbe desinato che era circa le 22. hore, me fece
-introdurre per el Sig. Ramiro; e con molta dimestichezza et optima
-cera, per la prima comenzò Sua Sig^ria a fare excusa de non me
-havere potuto odire heri, per le occupatione in la roccha, e per la
-indispositione de quel suo tencone. Passati questi primi rasonamenti:
-havendo io restrecto l'ambassata mia, in recomandare, visitare,
-congratulare, ringratiare e offerire Sua Sª (quale veramente molto
-ben compone sue parole) a parte, a parte e comodissimamente respose:
-dicendo in summa, che cognosciuta la prudentia e bontà de V^a. S^ia.
-lui sempre ne ha amato et havuto desiderio haver pratica con V^a. Ex^a.
-Et che quando Ella fu a Milano, Sua S^a ne hebbe voglia; ma quel tempo
-et quelle facende che alhora correvano, nol permisero. E che hora chel
-veniva a le bande de qua, seguitando pur questo suo desiderio, per un
-principio e demostratione del animo suo, e per demonstrarni che ve era
-figliolo, se era messo a scriverni quella lettera de progressi soi,
-tenendo certo che Sª Sª ne havesse ad haver piacere. Et chel simile
-faria anchor per lo advenire! perchè desiderava haver più intrinseca
-amicitia con la Ex^a. V^a. Et a quella offeriva ogni sua facoltà e
-tutto quello poteva, et che in ogni occurrentia Vª S^ia ne vederia li
-effecti. Et che io lo raccomandassi assai a quella, perchè ve haveria
-per fratre. Rengratiando anchor V^a. S^ia. de la resposta haveti fatto
-per lettera, e del haver mandato homo a posta, dicendo che veramente
-non bisognava: che etiam senza questo lui havea per certissimo che V^a.
-Sigr^ia. dogni suo bene ne haveria vivo piacere. Infine ne migliori ne
-più acconce parole haria potuto dire, quanto dixe: Sempre nominando Vuj
-per fratre et se per figliolo.
-
-Et io per mi raccogliendo la cosa e le parole sue tutte, comprendo
-chel haria charo havere qualche pratica con V^a. S^a. et haver bona
-amicitia. Credo bene ali soi propositi: Tuttavia io non so raccogliere
-altro che bene. — Questa mandata che ha facto V. S^a. de un suo homo
-li e stata acceptissima e son informato chello lha scripta al Papa: e
-con questi soi ne ha parlato in modo che ha dimostrato farne gran caso
-et extimarla assai. — Dopo alcune breve risposte e repliche hincinde,
-per le quali io li diceva che non sapea se non commendar la prudentia
-de Sua Signoria a tenere questa via con V^a. Ex^a. per le conditioni
-nostre e del stato nostro, le quali cose non poteano se non essere
-a proposito suo, me lo confirmava molto efficacemente; demonstrando
-intenderlo molto bene; e così in rasonamenti spezzati intrammo a
-parlare di Faenza: Sua Sig^ia. me dixe. Io non so quello vorrà fare
-Faenza: hella ce vorrà dar poca faticha, come han fatto queste altre!
-opure vorrà far prova de tenerse. Li dixi chio credeva che feria como
-queste altre; pur quando non lo facesse, non era se non ad honore de
-Sua Sig^ia che daria occasione de poter mostrare la Virtu et Valor suo
-nell'expugnarla. Demonstrò haverlo caro; con opinione de combatterla
-aspramente. De Bologna non accadette rasonamento. Hebbe care le
-ambassate de recomandatione chio feci de Vostri de parte del Sig. Don
-Alfonso e del Cardinale, e sopra tutto del Cardinale del quale dixe
-tanto bene, e mostrò amarlo tanto che non potea satiar de dirne.
-
-Così stati inseme una grossa mezza hora, tolsi licentia, et Sua Sig^ia
-montò a cavallo et essi levato de qui: va questa sera a Gradara: Domane
-andarà ad Arimino, e seguitarà el suo viaggio, et ha tutta la gente et
-artiglieria con se. Et per altro non va così lenta (la qual cosa anchor
-lui me dixe) se non perchè non vol partirse dal artiglieria.
-
-In questa terra sonno alloggiate 2 m. persone o più: non han facto
-damno notabile. El contà è stato tutto pieno de soldati: non sapemo
-ancor se ha facto gran damno. A la terra non ha concesso privilegio
-ne exemptione alcuna: Glie lassa un doctor Forlivese locotenente. De
-la Rocca ha levato 70. pezzi de artiglieria; ne li ha lassato gran
-guardia.
-
-Dirò una cosa a V. S^ia de la quale ho più riscontri: ma per expressa
-me lha dicta un Cavaliere portugalese soldato del Duca Valentino, che
-è alloggiato qui in casa ove son io de mio genero con 15. cavalli, et
-è homo molto da bene, et amico del Sig^r Don Ferrando nostro, perchè
-stette col Re Carlo: Dicono che questa terra el papa la dà per dote
-a Madonna Lucretia; et dalli marito uno Italiano che serà sempre bono
-amico de Valenza. Sel sia vero non so: cosi se tene.
-
-De Phano; el Duca non lha havuto: gliè stato dentro cinque di: Lui non
-l'ha domandato! ne li citadini gliel hanno dato: Suo è, e suo sarà
-se lo vorrà: Dicono loro, chel Papa li commisse, che de Phano non
-se impacciasse se li cittadini proprij non lo dimandavano: così son
-rimasti nel stato che erano.
-
- Omissis.
-
-La vita del Duca è questa: Va a lecto a 8. 9. e 10. hore de nocte:
-l'altro di poi, le 18. hore son l'alba, le 19. el levar del sole; le
-20. son di facto: Levato subito va a tavola: et li e depoi fa facende:
-Tenuto animoso, e gagliardo e liberale: et che tenga bon conto de
-homini da bene. Aspro in le vendette: cosi ho informatione da molti.
-Animo vasto et cerca grandezza e fama, par che curi più lo acquistar de
-stati, che stabilirli e ordinarli.
-
- Omissis.
-
-Pisauri die Jovis 29. Octobris hora 6. noctis 1500.
-
- Illustrissime Ducalis Dominationis Vestre
-
- Servus Pandulphus.
-
- Compagnia del Duca
-
- Bartholomeo de Capranica Maestro del Campo }
- Piero Sancta Croce }
- Julio Alberino } Tutti
- Mario don Marian de Stephano } Gentilhomini
- Un suo fratello } Romani
- Monico Sanguigni }
- Jo. Baptista Mancini }
- Dorio Savello }
-
- In Casa del Duca homini de Conto.
-
- Vescovo di Elna } Spagnoli.
- Vescovo di Sancta Sista }
- Vescovo di Trani, Italiano.
- Un Abbate Napoletano.
- El Sig^r. Ramiro del Orca Governatore. Questo fa tutto.
- Don Hieronymo Portugallese.
- Messer Agabito da Amelia Secretario.
- Mes^r. Alexandro Spannocchia Thesaurero, quale ha dicto chel
- Duca ha de spesa ordinaria fin qui 1800. Ducati el
- di, poichè partì da Roma.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXVI.
-
-_Alessandro VI alla Signoria di Firenze._
-
- Roma, 13 luglio 1501.
-
-Dilecti filii Salutem et ap. ben. Proficiscitur isthuc dilecta in
-Ch. filia, nobilis mulier Catherina Sfortia: quam cum aliquandiu, ut
-nostis, ex certis rationabilibus causis detineri fecerimus, gratiose
-postea liberavimus, et quia pro nra consuetudine et pastorali officio
-non solum cum eadem Catherina clementia usi sumus, sed quantum cum
-Deo possumus ipsius etiam commodis paterna benignitate consulere
-cupimus, scribendum vobis duximus, ipsam Catharinam devotioni vre non
-mediocriter commendantes: ut sicut ipsa benevolentia nra summopere
-freta, isthuc tamquam in propriam patriam se recipit, sua spe nris
-etiam additis commendationibus non frustretur. Erit igitur nobis
-gratissimum, si intellexerimus illam pro ejus erga istam civitatem
-observantiam, nro etiam intuitu benigne a vobis susceptam et tractam
-esse. Dat. Rome ap. S. Petr. sub anulo Piscatoris die XIII. Julii
-MCCCCCI. Pont. nri. a. nono.
-
- Hadrianus.
-
- (Archiv. Florent. Reform. Atti pubblici, n. 237.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXVII.
-
-_Prima Bolla di Alessandro VI relativa all'Infante romano Giovanni
-Borgia._
-
- 1º settembre 1501.
-
- Alexander Episcopus Servus Servorum Dei
- Dilecto Filio Nobili Joanni de Borgia Infanti Romano
- Salutem et Apostolicam Benedictionem.
-
-Illegitime genitos ex quorum verisimilibus infantilis etatis inditiis
-spes concipi potest quod succedentibus annis se in viros debeant
-producere virtuosos quosque progenitorum suorum preclara merita et
-ortus generosa propago decorant, nature vicium minime decolorat,
-quia decus virtutum geniture maculam abstergit in filiis et pudicitia
-morum pudor originis aboletur. Attendentes igitur quod sicut indubie
-credimus et habet fide dignorum assertio tu qui ut creditur defectum
-natalium pateris de dilecto filio nobili viro Cesare Borgia de Francia
-Romandiole et Valentie Duce soluto ad presens gentium nostrarum et
-Sancte Romane Ecclesie Armigerarum Capitaneo et Confalonerio generali
-genitus et soluta et in tertio vel circa tue etatis anno constitutus
-existis defectum predictum succedentibus tibi annis honestate
-morum et vite aliisque probitatis et virtutum meritis multipliciter
-recompensabis redimens favore virtutum quod in te ortus odiosus ademit,
-et propterea volentes te premissorum intuitu favore prosequi gratie
-spetialis motu proprio non ad tuam vel alterius pro te nobis super
-hoc oblate petitionis instantiam, sed de nostra mera liberalitate et
-ex certa scientia ac de apostolice potestatis plenitudine tecum ut in
-quibuscunque Civitatibus, Dominiis, Ducatibus, Comitatibus, Baroniis,
-Terris Castris, Oppidis, Locis, Palatiis, domibus, possessionibus
-aliisve bonis ac juribus omnibus prefati Cesaris Ducis eiusque
-fratris et sororis, ac parentum, agnatorum cognatorum consanguineorum
-affinium tuorum et aliorum quorumcumque cuiuscumque qualitatis
-quantitatis denominationis valoris et pretii etiam quantumcumque
-notabilis et maximi fuerint etiamsi eisdem Cesari Duci fratri sorori
-suis parentibus, agnatis, consanguineis et affinibus vel eorum
-progenitoribus et aliis quibuscumque pro se et descendentibus legitimis
-et naturalibus in perpetuum vel ad tempus aut in certam generationem a
-Romana vel aliis Ecclesiis Monasteriis locis ac personis Ecclesiasticis
-secularibus vel regularibus in vicariatum feudum censuale seu nobile
-antiquum paternum et avitum seu retrofeudum, vel in emphiteosim
-aut livellum locationem seu censum aut alias quomodolibet concessa
-forent et in posterum concederentur aut a progenitoribus prefatis
-eisdem Cesari Duci fratri sorori suis parentibus agnatis cognatis
-consanguineis, et affinibus ac aliis quibuscumque donata relicta vel
-legata aut alias concessa seu hereditate fideicommisse vel alio quovis
-titulo in eos etiam cum prohibitione quod ad illegitimos devenire non
-possint translata existerent et transferentur seu concederentur in
-futurum tam ex testamento quam ab intestato absque tamen preiuditio
-illorum qui si Cesar Dux frater soror eius parentes, agnati cognati
-consanguinei et affines predicti intestati decederent succedere
-deberent succedere (sic), et ad illa ac quocumque alia similia vel
-dissimilia fideicommisse legati donationis inter vivos causa mortis aut
-quovis alio titulo quo etiam a nobis et sede apostolica in posterum
-illa tibi concedi, dari et donari quovis modo contigerit devenire
-eaque recipere consequi habere possidere et retinere ac in eisdem
-civitatibus dominiis Ducatibus Comitatibus Baroniis Terris Castris
-Oppidis atque locis Vicarii feudatarii et superioris in illis nomine
-jurisdictione imperio preeminentia honore et auctoritate fungi et
-potiri ac de eisdem civitatibus dominiis Ducatibus Comitatibus Baroniis
-Castris Oppidis Terris locis iuribus palatiis domibus possessionibus
-atque bonis disponere et in illis successores et heredes habere,
-ac ad honores dignitates Magistratus et offitia quecumque secularia
-publica et privata eligi recipi et assumi illaque et quoscumque actus
-legitimos cuiuscumque qualitatis et denominationis fuerint gerere
-et exercere ac de agnatione Cesaris Ducis et de familia de Borgia
-huiusmodi esse censeri et nominari ac nobilitate insignibus armis
-privilegiis concessionibus iuribus indultis libertatibus prerogativis
-et preeminentiis quibus legitime geniti de familia predicta utuntur
-potiuntur et gaudent ac uti potiri et gaudere poterunt quomodolibet
-in futurum utri potiri et gaudere libere ac licite ac efficaciter
-possis et debeas, tuque et Cesar Dux frater soror eius agnati cognati
-consanguinei et affines prefati invicem agnati cognati consanguinei
-et affines vere et omni prorsus fictione cessante quoad omnes iuris
-comunis et municipalis concessionumque predictarum, et alias quoscumque
-plenissimos effectus sitis in omnibus et per omnia et sine ulla
-prorsus differentia perinde ac si de legitimo Thoro procreatus fores
-auctoritate Apostolica tenore presentium de spetialis dono gratie
-dispensamus tibique pariter indulgemus teque quoad premissa omnia
-et quecumque ac qualiacumque alia eisdem motu scientia auctoritate
-et potestatis plenitudine legitimamus ac vere ingenuitati et justis
-natalibus plenissime et etiam efficacissime motu scientia auctoritate
-et potestatis plenitudine similibus omnino restituimus et reintegramus
-ac legitimatum et vere ingenuitati justisque natalibus huiusmodi
-plenissime et etiam efficacissime omnino restitutam et reintegratum
-decernimus ac nuntiamus per presentes tibique ut in omnibus et singulis
-per te de cetero a nobis et sede predicta et Legatis eiusdem seu
-alias quomodolibet impetrationibus indultis gratiis concessionibus
-privilegiis libertatibus immunitatibus exemptionibus dispensationibus
-et litteris obtinendis seu alias concedendis gratiam et justitiam aut
-utrumque mixtim concernentibus nullam de defectu et dispensatione
-huiusmodi mentionem facere tenearis nec gratie et litere desuper
-conficiende propterea de surreptionis obreptionis et nullitatis vitio
-aut intentionis defectu notari possint sed perinde valeant plenamque
-roboris firmitatem obtineant et tibi suffragentur in omnibus et per
-omnia ac si de defectu et dispensatione predictis plena et expressa
-mentio facta fuisset eisdem motu scientia auctoritate et potestatis
-plenitudine concedimus. Et nihilominus Cesari Duci fratri sorori suis
-agnatis cognatis consanguineis affinibus et aliis quibuscumque de
-Civitatibus Dominiis Ducatibus Comitatibus Baroniis Terris Castris
-oppidis et locis iuribus Palatiis domibus possessionibus ac bonis
-omnibus ad eos ex successione parentum, agnatorum, consanguineorum et
-affinium suorum ac alias quomodolibet legitime nunc et pro tempora
-pertinentibus in favorem tui testandi et de illis alias pro eorum
-libito voluntatis disponendi, illaque inter vivos et causa mortis tibi
-donandi ac alias prout eis videbitur et placebit concedendi paribus
-motu scientia auctoritate et potestatis plenitudine plenam liberam
-et omnimodam licentiam potestatem et facultatem elargimur decernentes
-quas fieri contigerit tibi donationes huiusmodi de predictis omnibus et
-quibuslibet aliis bonis tam a Cesare Duce fratre sorore suis agnatis
-cognatis consanguineis et affinibus prefatis quam aliis quibuscumque
-etiam a nobis et sede prefata que de iure aut ex forma statutorum Urbis
-aut aliorum locorum insinuationum seu aliam solemnitatem per statuta
-ipsa ultra iuris formam adinventam exigerent absque insinuatione et
-solemnitate huiusmodi validas et efficaces fore et observari debere
-in omnibus et per omnia perinde ac si donationes ipse insinuatione
-et solemnitatibus debitis et requisitis intervenientibus et alias
-legitime fierent et facta fuissent ac presentes si ullo unquam tempore
-forsan dubitari et tibi opponi contingeret te forsan dictum defectum
-de alio quam Duce prefato pati quem etiam quocumque modo et quacumque
-alia persona ecclesiastica vel seculari etiam cuiuscumque dignitatis
-et excellentie mundane vel Ecclesiastice etiam supreme, etiam tali
-quod de illa spetialis specifica et expressa mentio habenda illaque
-omnino speciali nota digna foret alioquin presentium totaliter
-periret effectus, illum patiaris vel pati dici posses ad omne dubium
-submovendum ac cavillationes evitandas quietique tue consulendum eisdem
-motu scientia auctoritate et potestatis plenitudine haberi volumus
-pro plenissime et sufficienter expresso eam vim eumdemque vigorem et
-effectum omnino consequi et sortiri tibique suffragari debere ac si
-dictus defectus quicumque fuerit et esse dici posset alias specifice
-et plenissime expressus fuisset ipsasque presentes ad probandum etiam
-plenissime defectum predictum quomodocumque et undecumque proveniat
-ut prefertur in judicio et extra ac alias ubilibet etiam plenissime
-sufficere, nec ad id probationis alterius adminiculum requiri. Sicque
-per quoscumque Judices et Commissarios etiam Sancte Romane Ecclesie
-Cardinales ac causarum Palatii Apostolici Auditores in quacumque
-instantia sublata eis et cuilibet eorum quavis alia interpretandi
-facultate sententiari deffiniri et judicari debere irritum quoque et
-inane si secus super hiis a quoquam quavis auctoritate scienter vel
-ignoranter contigerit attemptari. Non ostantibus defectu et aliis
-premissis ac constitutionibus et ordinationibus Apostolicis legibus
-quoque Imperialibus et dicte urbis nec non Civitatum et locorum aliorum
-municipalibus statutis et consuetudinibus etiam iuramento confirmatione
-Apostolica vel quavis firmitate alia roboratis editis et edendis
-etiam insinuationem et alias solemnitates huiusmodi exigentibus et
-quibus caveretur expresse quod illegitimi succedere non possent et
-que etiam Cesar Dux frater soror sui agnati cognati consanguinei et
-affines prefati observare iurassent et iurarent in posterum que quidem
-iuramenta eis quoad hoc relaxamus nec non textatorum et donantium
-ac aliorum quorumlibet prohibitionibus quodque Vicariatuum Feudorum
-in emphiteosim censum locationem et livellum concessiones huiusmodi
-pro vere et non ficte legitime descendentibus et genitis dumtaxat
-emanaverint atque processerint ac emanarent et procederent in futurum,
-quibus omnibus etiam si de illis eorumque totis tenoribus pro illorum
-sufficienti derogatione spetialis specifica expressa individua ac de
-verbo ad verbum non autem per generales clausulas et importantes mentio
-seu quevis alia expressio habenda foret et in eis caveretur expresse
-quod illis nullatenus posset derogari tenores huiusmodi presentibus pro
-sufficienter ac de verbo ad verbum expressis et insertis habentes illis
-alias in suo robore permansuris quoad premissa eisdem motu scientia
-auctoritate et potestatis plenitudine spetialiter et expresse omnino
-derogamus et derogatum esse volumus ceterisque contrariis quibuscumque.
-Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre dispensationis
-indulti legitimationis restitutionis reintegrationis nuntiationis
-concessionis elargitionis decreti voluntatis relaxationis et
-derogationis infringere vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem
-hoc attemptare presumpserit indignationem omnipotentis Dei ac Beatorum
-Petri et Pauli Apostolorum eius se noverit incursurum. Datum Rome apud
-Sanctum Petrum anno Incarnationis Dominice Millesimo quingentesimo
-primo Kalendas Septembris Pontificatus nostri Anno Decimo.
-
- Hadrianus.
-
- (_a tergo_ = duplicata)
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXVIII.
-
-_Seconda Bolla di Alessandro VI relativa allo stesso Giovanni Borgia._
-
- 1º settembre 1501.
-
- Alexander Episcopus Servus Servorum Dei Dilecto Filio Nobili
- Johanni de Borgia
- Infanti Romano Salutem et Apostolicam Benedictionem.
-
-Spes future probitatis que ex verisimilibus tue infantilis etatis
-inditiis concipi potest quod succedentibus annis te in virum debeas
-producere virtuosum, merito nos inducit ut te spetialibus favoribus
-et gratiis prosequamur. Hodie si quidem tecum in tertio vel circa
-tue etatis anno constituto ut non obstante defectu natalium quem te
-de dilecto filio Nobili Viro Cesare Borgia de Francia, Romandiole
-et Valentie Duce conjugato nostrarum et Sancte Romane Ecclesie
-gentium Armigerarum Capitaneo et Confalonerio Generali genitum et
-soluta pati expressum fuit ut in quibuscumque Civitatibus Dominiis
-Ducatibus, Comitatibus, Baroniis, Terris, Castris, Oppidis, Locis
-Palatiis domibus possessionibus aliisve bonis ac juribus omnibus
-prefati Cesaris Ducis ejusque fratris et sororis ac parentum Agnatorum
-Cognatorum, consanguineorum affinium tuorum et aliorum quorumcumque
-cujuscumque qualitatis quantitatis denominationis, valoris, et pretii
-etiam quantumcumque notabilis et maximi forent etiam si eisdem Cesari
-Duci fratri sorori suis parentibus Agnatis Cognatis consanguineis et
-affinibus vel eorum progenitoribus et aliis quibuscumque pro se et
-descendentibus legitimis et naturalibus in perpetuum vel ad tempus
-aut in certam generationem a Romanis vel aliis ecclesiis, monasteriis
-locis ac personis Ecclesiasticis secularibus vel regularibus in
-vicariatum feudum censuale seu nobile antiquum paternum et avitum seu
-Retrofeudum vel in Emphiteosim aut livellum locationem seu censum aut
-alias quomodolibet concessa et in eos translata forent et in posterum
-concederentur ac transferentur tam ex testamento quam ab intestato
-absque tamen prejuditio illorum qui si Cesar Dux et alii predicti
-intestati decederent succedere deberent succedere (sic), et ad illa
-ac quecumque alia similia vel dissimilia quovis titulo quo etiam a
-nobis et sede Apostolica illa tibi in posterum concedi dari et donari
-quovismodo contigerit devenire in eaque recipere consequi habere
-possidere et retinere ac de illis disponere et in eis successores
-ac heredes habere et ad honores dignitates magistratus et offitia
-quecumque secularia publica et privata eligi recipi et assumi illaque
-et quoscumque actus legitimos cujuscumque qualitatis et denominationis
-fuerint gerere exercere ac de agnatione et de familia de Borgia
-huiusmodi esse censeri et nominari ac nobilitate insignibus armis
-privilegiis concessionibus juribus indultis libertatibus prerogativis
-et preeminentiis quibus legitime geniti de familia predicta utuntur
-potiuntur et gaudent, ac uti potiri et gaudere poterunt quomodolibet in
-futurum uti potiri et gaudere libere licite et efficaciter posses ac
-deberes motu proprio et ex certa scientia ac de Apostolice potestatis
-plenitudine auctoritate apostolica dispensavimus tibique pariter
-indulsimus teque quo ad premissa omnia et quecumque ac qualiacumque
-alia legitimavimus ac vere ingenuitati et justis natalibus plenissime
-et efficacissime omnino restituimus et reintegravimus ac alia
-fecimus concessimus et decrevimus prout in aliis nostris desuper
-confectis litteris quorum tenores ac si de verbo ad verbum presentibus
-insererentur haberi voluimus pro sufficienter expressis et insertis ac
-quarum plenissimam scientiam et notitiam habemus, plenius continetur.
-Cum autem tu defectum predictum non de prefato Duce sed de Nobis
-et dicta muliere soluta patiaris, quod bono respectu, in litteris
-predictis specifice exprimere noluimus Nos ne ullo unquam tempore
-contigat litteras predictas de intentionis defectu et nullitatis vitio
-notari teque desuper molestari tempore procedente debite providere
-ac te gratioso favore prosequi volentes motu simili non ad tuam
-vel alterius pro te nobis super hoc oblate petitionis instantiam
-sed de nostra mera liberalitate ac deliberatione eisdem scientia
-potestatis plenitudine et auctoritate tenore presentium volumus tibique
-concedimus quod littere dispensatio legitimatio restitutio reintegratio
-concessio indultum et decretum predicta omniaque et singula in eisdem
-litteris contenta concessa et expressa ac pro tempore inde secuta
-valeant plenamque roboris firmitatem obtineant et tibi suffragentur
-in omnibus et per omnia etiam tam quo ad successionem quam omnia
-et singula alia in illis expressa concessa et contenta hujusmodi
-perinde ac si in eisdem litteris quod dictum defectum de nobis ac
-dicta muliere soluta patiebaris expressum fuisset. Et nihilominus si
-contigerit te tempore procedente in quibuscumque litteris scripturis
-et instrumentis cuiuscumque qualitatis et conditionis ac donationibus
-et concessionibus etiam quantumcumque maximis etiam a nobis et sede
-predicta ac prefatis Duce fratre et sorore suis et aliis quibuscumque
-personis tibi faciendis litterisque Apostolicis desuper concedendis
-prefati Ducis filium dici et nominari ac quoscumque alios actus sub
-dicta nominatione quovis modo gerere et exercere ac insignibus et armis
-prefati Cesaris Ducis etiam publice quomodolibet uti motu scientia
-potestatis plenitudine et auctoritate similibus declaramus nullum
-propterea tibi preiuditium quomodolibet afferi nec presentibus aliquo
-derogatum censeri, sed omnia a nobis et sede predicta Duce fratre
-sororis suis prefatis et aliis quibuscumque personis in tui favorem
-et comodum pro tempore concessa et per te etiam pro tempore gesta
-et facta in quibus prefati Ducis natus fueris nominatus eam vim eum
-vigorem eumdemque effectum in omnibus et per omnia sortiri ac operari
-posse sive debere quos operarentur et sortirentur si in illis noster
-et non prefati Ducis natus nominatus fores et nominaveris nec ullo
-unquam tempore illis quovis quesito colore via causa modo forma de
-iure vel de facto in iuditio vel extra de nullitatis ac surreptionis
-et obreptionis vitio nec non intentionis defectu opponi seu obici
-posse quomodocumque supplentes eisdem motu scientia auctoritate et
-potestatis plenitudine omnes et singulos tam iuris quam facti defectus
-si qui forsan premissorum occasione intervenire pretendi possent
-in eisdem ac decernentes sic per quoscumque Judices et Commissarios
-etiam causarum Palatii Apostolici Auditores ac Sancte Romane Ecclesie
-Cardinales in quacumque instantia sublata eis et cuilibet eorum
-quavis alia interpretandi facultate sententiari deffiniri et iudicari
-debere irritum quoque et innane si secus super his a quoquam quavis
-auctoritate scienter vel ignoranter contigerit attemptari. Non
-obstantibus premissis ac costitutionibus et ordinationibus Apostolicis
-Legibus quoque Imperialibus nec non omnibus illis que in litteris
-predictis voluimus non obstare ceterisque contrariis quibuscumque.
-Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre voluntatis
-concessionis declarationis suppletionis et decreti infringere vel ei
-ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attemptare presumpserit
-indignationem Omnipotentis Dei ac Beatorum Petri et Pauli Apostolorum
-eius se noverit incursurum.
-
-Datum Rome apud Sanctum Petrum Anno Incarnationis Dominice Millesimo
-quingentesimo primo Kalendas septembris Pontificatus Nostri Anno Decimo
-
- Hadrianus
-
- S. Pinzonus.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXIX.
-
-_Saraceni e Bellingeri al Duca Ercole._
-
- Roma, 23 settembre 1501.
-
-Illustrissimo Principe et excellentissimo Signore Nostro
-singularissimo. Monstrando la Santita del Nostro Signore haver condegno
-respecto a quelle cose, che verisimilmente potriano parturire qualchi
-displicentia ne la mente non solo de la Excellentia Vostra et de lo
-Illmo Don Alfonso, ma etiam de la Illma Madama Duchessa, Il che etiam
-non potria passar senza qualche suo fastidio, Ce ha admoniti che
-vogliamo scrivere a la Excellentia Vostra et advertirla che al tempo
-de le noze operi talmente che lo Signore Joanne da Pesaro lo quale
-Sua Santità disse havere ad viso essere a Mantoa, non se ritrovasse a
-Ferrara; perche se bene quella separatione che fra luy et la predetta
-Illma Madama seguite iustissimamente, et cun la pura et mera verita
-como publice consta non solum per lo processo facto in questa causa,
-sed etiam per la libera confessione de ipso Sign. Joanne. Tamen non è
-che qualche reliquia de malo animo forsi non le sia restato etiam da
-ogni canto; per il che quando se ritrovasse in loco ove verisimilmente
-la predetta Signora potesse da lui essere veduta; saria Sua Excellentia
-necessitata sequestrarsi in qualche Camera per non se representar a la
-mente le cose passate, exhortando la Excellentia Vostra cun la solita
-sua prudentia proveder ad questo: et intrata poi Sua Santita ne le cose
-del Sign. Marchese de Mantova, damnoe assai Sua Signoria che sola ley
-fosse acceptaculo de Gente falita, e che fussero in Contumacia non solo
-sua ma etiam del Cristianissimo Re, et se bene nui se sforzassemo de
-escusar il predetto Signor Marchese, dicendoli ch'essendo liberalissimo
-como è se vergognaria a prohibire l'addito in le terre sue a chi li
-va, maxime a Signori: usando circa tale excusatione tute quelle più
-accomodate parole che se servitero in proposito. Tamen de tale nostra
-excusatione non parve restar Sua Santita ben satisfacta si che Vostra
-Excellentia intende il tuto quella como prudentissima ordini quanto li
-pare expediente et al proposito et in bona gratia de Vostra Excellentia
-humiliter ce raccomandiamo. — Rome die XXIII. Septembris 1501.
-
-Et Excellentissime Ducalis Dominationis Vestre
-
- Servuli Gerardus Saracenus.
- Hector Belingerius.
-
-(Foris) Illmo Principi et excellentissimo Domino nostro singularissimo
-Domino Herculi Estensi Duci Ferrarie
-
- Ferrarie.
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXX.
-
-_Gerardo Saraceni al Duca Ercole._
-
- Roma, 26 ottobre 1501.
-
-Illustrissime Princeps etc. Fussimo heri sira hector et io a visitare
-la Santità del Nostro Signore, richiesti perho da quella; la quale ne
-inpose facessemo intendere a Vostra Excellentia quella pocha di disvisa
-havea havuta, per il che se gli era causato un puocho di dolore in una
-orecchia et gli era caschato uno dente, perche Sua Santita havea havuta
-la precedente nocte cativa, et come anche per la gratia di Dio era
-molto migliorata et existimava serria niente. Et che questo Sua Santita
-ne imponeva acciò non accadesse che forse a Vostra Excellentia da altro
-loco avisata non fosse facto la cosa più grave; et Vostra Excellentia
-ne ricevesse dispiacere subiungendo che quando Vostra Excellentia fusse
-presente non resteria, benche havesse un puoco fasata la masella, de
-invitarla a cacciare uno porco, bisognara Sua Santita se astegni da
-partirse inanti di, et dal ritornare di nocte, maxime havendo questo
-difecto come amorevolmente li fu ricordato.
-
- Omissis.
-
-Ordino etiam Sua Sanctità se havesse una copia di una littera scrive la
-Maesta del Cristianissimo Re a la Illma Duchessa, infine de la quale
-erano due litere di mano propria di Sua Maesta, credo perche Vostra
-Excellentia cognosca como amorevolmente scrive epsa Maestà, la quale
-parimente se manda in lingua franzese.
-
-Sua Santita poi ne disse volessimo scrivere a Vostra Excellentia,
-che volesse sollecitare la traductione de la prefata Duchessa, perche
-altramente se andaria in lo inverno, ricerchandoni se havevamo scripto
-quello fu raggionato circa il trovare modo a calculare le intrate
-di romagna. Respuosi che existimava non si potesse più fare dicta
-traductione senza essere in lo inverno: et che tuto quello se era
-raggionato cun Sua Sanctita se era scripto a Vostra excellentia et
-che se expectava rispuosta: non li gustò molto questo mio dire, perche
-voleva Sua Santita che quella raggione de lo inverno fusse buona, li
-subiunsi perho che se daria notitia a Vostra excellentia de questo
-suo desiderio et di questo anche heri mattina me ne havea parlato
-Monsignore Reverendissimo di Modena, confortandomi a tale traductione,
-cun dirmi che quando epsa Duchessa sara a Ferrara, il papa faria più
-di quello fusse convenuto, et rispondendoli io che era per tractare
-la expeditione de le castella per una via on l'altra, et che prima non
-sapeva confortare Vostra Excellentia aducendogli la dificulta et de la
-bolla et de li Ducati: ne anche la sua raggione mi pare bona sebbene
-non ge lo dissi: me disse che cosi me havea dicto perche havea promesso
-al Papa di dirlo, et cusi quando se raggionava de questo havendo Sua
-Sanctita facto chiamare epso Cardinale, perche se ritrovasse a tale
-parlamento Sua Signoria Reverendissima disse che me havea confortato la
-matina, et non parlò più circa questo molto: non credo perho sii più di
-Vostra Excellentia che del Papa: Et in questo parlare Sua Santità disse
-incidenter, che la comitiva mandara Vostra Excellentia non potera stare
-in Roma mancho di quatro on cinque dì....
-
- Omissis.
-
-Sua etiam Sanctita me disse di quello havea scripto Vostra Excellentia
-circa la venuta del magnifico messer Annibale (Bentivoglio) replicando
-ch'havea a caro la sua venuta, et che lo amava per rispecto del
-Patre, et più per amore de Vostra Excellentia, et che quando Vostra
-excellentia mandasse turchi perfare tale traductione, che sarebbero ben
-visti.
-
- Omissis.
-
-Rome 26. Octobris.
-
- Et Illme et Excellentissime Dominationis Vestre
-
- Servus Gerardus.
-
-Ultimamente si parlo de lo Illmo Signor don Alfonso et di la sua
-età, natura dispositione et qualità et parimente de la prefata Illma
-Duchessa la quale molto fu comendata et laudata da sua Santita et di
-bellezza et di prudentia, adducendo molte comparatione et di la Illma
-Marchesana di Mantoa, et di la Duchessa de Urbino; facendoci intendere
-ch'epsa Duchessa e di età di anni ventidui li quali finiranno a questo
-Aprile: in el qual tempo anche lo Illmo Duca di Romagna fornira anni
-ventisei.
-
- Omissis.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXI.
-
-_Gianluca Pozzi al Duca Ercole._
-
- Roma, 23 dicembre 1501.
-
- Illustrissimo Principi et Excellentissimo Domino
- Domino meo Singolari, Domino Duci Ferrarie.
-
-Illustrissimo Signor mio Observantissimo. Questa sira dipoi che ebbi
-cenato fui con la Illustrissima Madonna Lucretia insieme con Messer
-Girardo (Saraceno) per visitarla per parte de Vostra Excellentia et del
-Illustrissimo don Alfonso: et con questa occasione venissemo in longo
-ragionamento de diverse cose; nel quale veramente lho cognosciuta molto
-prudente et discreta, amorevole, et di bona natura et de grandissima
-observantia verso Vostra Excellentia et il prefato Illustrissimo
-don Alfonso, per modo che si può fare judicio che Vostra Celsitudine
-et cusi il Signor Don Alfonso ne haverano bona satisfactione, oltre
-che lha optima gratia in ogni cosa cum modestia venusta et honesta,
-non meno e catholica, mostra temere dio, et domane si confessa con
-intentione de comunicarse il di de la Nativita del Signore. La e di
-bellezza competente, ma li boni gesti et modi suoi con la buona ciera
-et gratia, laugumentano et fano parere mazore: et in conclusione mi
-pare talmente qualificata, che di lei non se debia ne possi suspicare
-alchuna cosa sinistra: ma e da presumerni, credere et sperarne sempre
-optime operationi. Del che mi e parso conveniente per la verita
-farni testimonio con questa mia a Vostra Celsitudine; la quale sia
-certa che come scrivo senza passione il vero, secondo il debito et
-istituto mio: cusi per la servitu che porto a Vostra Excellentia ni ho
-phresa singulare letitia et consolatione. Et in bona gratia de Vostra
-Celsitudine mi raccomando. Roma XXIII decembris hora sexta noctis 1501.
-
- Excellentia Vostra
-
- Servus Joannes Lucas.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXII.
-
-_Sposalizio di Donna Lucrezia Borgia e di Don Alfonso d'Este mercè
-procura._
-
- Roma, 28 dicembre 1501.
-
-Invocato divino Numine Anno nativitatis dni Millesimo Quingentesimo
-secundo Pont. S^mi in xpo patris et D. N. D. Alexandri div. prov. pp
-VI Ind. v^ta mens. Dec. die XXVIII. Pateat oib. hoc pns documentum
-inspecturis quod cum inter Ill. D. ALFONSUM Ill^mi et Exc. principis
-dni Herculis Ducis ferrarie primogenitum legitimo patris accedente
-consensu et auctoritate ex una ac legitimos procuratores Ill. dne
-Lucretie Borgie Biselli ducisse Ill^mi et excell^mi dni Cesaris Borgie
-de francia Romandiole ac Valentie Ducis S. R. E. Gonfalonerii et
-Capitanei generalis germane sororis plenum ac speciale mandatum ad
-id habentes de quo man^to constat manu mei not. infrascripti parte
-ex altera Contracte fuerunt sollemnia sponsalia in Civitate ferrarie
-secund. ritum patrie per verba de presenti vis volo legit. consensum
-inducentia et importantia In quid. non intervenerunt quedam sollemnia
-que secund. ritum tam urbis Rome quam dicte civitatis ferrarie
-servantur vid. immissionis anuli in digito sponse que tunc pres. non
-erat: Et cum ad pres. personaliter ad urbem se contulerint Ill. dni
-FERDINANDUS et SIGISMUNDS prefati Ill. dni Ducis ferrarie nati ac
-prefati Ill. dni sponsi germani fratres cum magno Heroum procerumq.
-comitatu causa ducendi ferrariam prefatam Ill. d. Lucretiam et in
-familiam viri transferendi, prefat. Ill. dnus Ferdinandus dicti Ill.
-dni sponsi frater et procurator ad hoc spalr. destinatus ad effectum
-ut nulla dimittatur sollemnitas in dictis nuptiis celebrandis consuete
-ad abundantiorem licet non necessariam cautelam et ut quanto maiori
-cum dignit. et sollemnit. dicte nuptie celebrantur tanto firmiores
-existant habens ad hoc plenum sufficiens et speciale mandantum sicut
-constat pu^co docum^to manu dni Thebaldi filii spec^lis viri malateste
-de Thebaldis imp. aucte. notarij pu^ci ferrariensis ac prelibati Ill.
-d. Ducis secretarii sub dato anni mill. quingent. primi ind. IV^ta die
-ottavo mens. Dec. ferrarie in palatio residentie prefati Ill^mi dni
-Ducis ferrarie presentib. mag^co et clar^mo jur. con^to dno Jo. Luca
-de pontremulo ducali consiliario Mag^co et generoso equite dno Antº
-de Constabilis etiam ducali consiliario spect^li Phlippo de bonleis
-ducali architriclino generali testib. adhibitis et sicut de eis fide
-et legalitate constat ex lris testimonialib. Potestatis dicte civitatis
-ferrarie sigillo dicte civitatis munitis, publice et palam exhibito et
-recognito ac lecto: Volens exequi negocium sibi demandatum astantib.
-R^mis dnis Card^bus Ursino A. S. Crucis Sancte prasedis Alexandrino
-Alboren. Card. Cusentin. Card. Mutinen. Card. Salernitan. Card. de
-Farnesio. Card. Cesarino. Card. Capuense Card. S. Severini Card. de
-ferraria cum potestate specificandi nomina et titulos singulorum ac
-prefato Ill^mo dno Cesare Duce: Nec non et R^do pre dn. Nicolao Maria
-ep[=o] Adrien. ac mag^cis et insignib. dnis dno Gerardo Saraceno
-oratore ducali D. Jo. luca de pontremulo etiam ducali consiliario
-secreto Dno Nicolao Corrigio Dno Hanibale Bentivolio D. Federico
-de amirandulo D. Ugotio de contrariis D. Antonio bevilacqua R^do d.
-Raynaldo asareto D. Beltrando constabili Dno Camillo constabili Dno
-Gerardo rangone Dno Ludovico Valer' et ante conspectum et present.
-S. D. N. prefati ac in pres. mei pub. not. et testium infrascriptor.
-Repetitoq. divino suffragio non recedendo a dictis sponsalib. per
-verba vis volo et a conventionib. et pactis inter dictas partes initis
-et factis de quib. constat ex dicto pu.^co docum. manu dicti dni
-Thebaldi confecto: sed predicta sponsalia et omnia alia pacta predicta
-sic sollemniter in dicta civ. ferrarie ut prefertur contracta quat^s
-expediat mutuo ac viciss. ac concordib. animis etiam nomine quo supra
-respective hinc inde approbantes emologantes et confirmantes et pro
-approbatis emologatis et confirmatis omni meliori modo via jure causa
-et forma haberi volentes dicta sponsalia reiterando prefata Illª
-dna Lucretia interrogata a prefato Ill. d. Ferdinando germano fre et
-procurat. antefati Ill. dni Alfonsi si consensit et denuo consentire
-vult in legit. matrimonium dicti Ill. dni Alfonsi Ill^mi princip. et
-Ducis ferrarie filii: et ipsum accipere et habere et tenere in legim.
-sponsum et maritum justa et secund. precepta et formam S. Matris
-Ecc., ad hec omnia interrogata prefata Ill d. Lucretia respondit: se
-consensisse et consentire de presenti habere et recipere prefatum Ill.
-d. Alfonsum in ejus leg^m. sponsum ac maritum et sic mutuo consensu
-per verba vis volo dictus procurator quo supra nomine et prefata Ill.
-dna Lucretia sponsalia reiteraverunt: Deinde incontinenti apprensa per
-ipsum Ill. dnum Ferdinandum dicte sponse manu sponsalitium anulum in
-anulari digito ejusdem in signum maritalis perfectique conjugii quo
-supra nomine immisit: proferens et dicens hec verba vid. hunc anulum
-sponsalitium Ill. dnus Alfonsus sponsus tuus tibi Ill. dne Lucretie
-sua sponte largiendum misit eoq. nomine tibi elargior: quo recepto
-prefata Ill. dna Lucretia respondit et Ita sponte et libere accipio
-me notº pu^ca persona presente et legº stipulante pro dictis partibus
-tam presentib. quam absentib. omnibusque quorum interest vel intererit
-in futur.: de quib. omnib. et sing. Rogatus fui a dictis partib. ut
-pu.^cum conficerem instrum. unum vel plura et totiens quotiens fuerim
-requisitus.
-
-Acta fuerunt hec Rome in palº ap^co in prima camera lovii novi
-presentibus oratore Veneto Ep[=o] elnen. Adriano Tesaurario ac
-secretario Ventura ep[=o] Massanen. et aliis quamplurib. testib.
-
-Ego Camillus Beneimbene Notarius, malus impeditus per alium michi fidum
-scribi feci et ipse dictavi.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXIII.
-
-_Alessandro VI alla Comunità di Nepi._
-
- 28 dicembre 1501.
-
- Dilectis filiis Prioribus et Comuni n. Nepesine.
-
-Alex. P. VI. Dilecti filii sal. et ap. ben. Quoniam in transitu dil.
-in xpo. filie nobilis mulieris Lucrezie de Borgia Ducisse, que hinc
-die lune proximo ad dil. fil. nob. vir. Alfonsum Ferrarie Ducalem
-Primogenitum consortem suum cum magna nobilum comitiva traducetur,
-ducenti equites ad vos divertent volumus, et vobis mandamus pro quanto
-gratiam nram caram habetis, et indignationem cupitis evitare, ut
-dictos 200 equites pro una die, et duabus noctibus apud vos mansuros
-recipiatis, eosque honorifice tractetis, ita ut de promptitudine vestra
-possetis apud nos non immerito commendari. Datum Rome apud S. Petrum
-sub anulo Pont. Die XXVIII. Decembris 1501. Pontif. N. A. X.
-
- Hadrianus.
-
- (Archivio della Casa Comunale di Nepi.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXIV.
-
-_Pozzi e Saraceni al Duca Ercole._
-
- Roma, 2 gennaio 1502.
-
-Illustrissimo et excellentissimo Signor Nostro observandissimo hogi
-suxo la Piaza del Palazzo alcuni Zaneteri cun Cavalli leggieri et
-peduni: hanno fatto la cacia de li tori senza cani, perchè havevano
-incluso circa X tori in uno stecato et mandati fora ad uno ad uno li
-assaltavano, ferivano et amazavano; ma due o tri de' dicti cavalli
-furono feriti.
-
-Tra heri et hogi sono stati numerati circa XXVII Ducati a Zoanne
-Ziliolo thesoriero: Domane credemo havere tutto l'resto: excepto cinque
-milia ducati li quali per mano deli Ginucij ni pagano in Ferrara, senza
-perdita alcuna e inanti che siamo giunti a Ferrara; et di questo se
-obligheranno a nui dicti Genucii in bona forma.
-
-Questa nocte in la Camera de Nostro Signore è stata recitata la COMEDIA
-DEL MENECHINO et con bona de quellui ch'havea la persona del servo, et
-del parasito, et similmente del scorto, et de la dona de Menechino,
-ma li menechini non dixero cun multa gratia, erano senza maschare,
-et non gli era scena alcuna: perche la Camera non era capace: et in
-quello loco dove Menechino fu preso per ordine del socero credendo
-chel fosse impacito cridando che li fosse facto violentia, dixe
-essere maraviglia, che se usassero tale violentie sospite Cesare, Jove
-propitio, et votivo Hercule, inanti a la recitatione de la comedia fu
-facta questa representatione, che prima comparse uno puto vestito da
-donna representante la Virtù, et un altro representante la fortuna:
-et facta contentione fra epse, quale fosse superiore sopraggionse la
-gloria sopra un carro trionfale, la quale havea il mondo sotto li piedi
-et gli erano scripte queste parole: Gloria Domus Borgie. La gloria, la
-quale etiam se chiamava luce preferite la virtù ala fortuna: dicendo
-che Cesare et Hercole haveano con virtù superata la fortuna: referendo
-multi nobili facti de lo Illmo Signor Duca De Romagna: poi comparse
-hercule vestito de la Pelle del Leone, et cun la clava contra del
-quale Junone mandoe la fortuna, et combatendo hercule cun la fortuna,
-la vinse, prese et ligete: et venuta Junone a pregare hercule per la
-liberatione de la fortuna, Lui come clemente et magnanimo, la concesse
-a Junone cun questa lege, che ne l'una ne l'altra mai facesse contra la
-Casa d'Hercule, ne contra la Casa Borgia de Cesaro: et cussi promiseno,
-et piu ultra promise Junone de favorire il matrimonio contracto tra
-dicte Case: di poi vene Roma suxo uno Carro trionfale, et si dolse
-che Alexandro che tene il loco de Jove, ge facesse questa iniuria
-de levarli la Illma Madona Lucretia commendandola grandemente, et
-demonstrando che la fusse il refugio de tuta Roma. Apresso vene FERRARA
-senza carro trionfale la quale allegava, che Madona Lucretia non andava
-in loco degenere, e che Roma non la perdeva: sopragionse Mercurio,
-mandato da li Dei e fosse concordia tra Roma e Ferrara, concludendo
-la volontà degli Dei essere che Madona Lucretia venisse a Ferrara, e
-fece ascendere Ferrara suxo uno carro triunfale a la parte più digna.
-— Tute queste cose furono recitate in verso heroico multo elegante
-— Celebrando sempre multo la coniunctione tra Cesare et hercule. Cun
-voler anche manifestamente inferire che inseme dovessero far gran facti
-contra li inimici de hercule per modo che se li effecti respondesseno
-a questi pronostici le cose nostre veniriano a multo bon termine: Et
-in bona gratia de Vostra Excellentia ne recomandiamo. Rome ji Januarji
-1502.
-
- Celsitudinis vestre
-
- Servi Joannes Lucas.
-
- Gerardus Saracenus.
-
-(Foris) Illmo Principi et Excellentissimo Domino Domino Nostro
-observandissimo Domino Duci Ferrarie
-
- Ferrarie.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXV.
-
-_El Prete alla Marchesa Isabella Gonzaga._
-
- Roma, 2 gennaio 1502.
-
-Ill^ma Madama, Hozi che è el pº di de lanno se fato uno stechato in su
-la piaza de S. Pietro e intorno si sono fate de molti tribunali circha
-ale ore 20 sono venuti tredici carri triunfali accompagnati da multa
-zente armata a pede e a cavallo numero forsi di un milio che fu bel
-spetaculo con soni asai e se porto el stendardo romano questa festa
-si domanda dagone questa monstra durò hore 4 se recitorno versi da
-non se potevano intendere, la San^tà de Nº Sig^re, el nostro Card^le
-erano a una fenestra li altri in za e in la, madama Lucretia stava
-ala sua stanza fornito questo acto la Sant^tà del papa mandò a dire
-al Sig^r d^n Ferando che facesse restare li zentilhomeni perchè se
-volevano recetare certe comedie: a hore 4 el mandò a domandarli e
-cosi se andò dove trovasemo sua Sant^tà in la camera del papagallo
-in sedia acompagnato da deci cardinali subito como fusome intrati el
-venne la Ill^ma Mad^ma Lucretia accompagnata da molti spagnoli e dale
-sue donne, sua Sig^ia aveva in capo quella scofia de zove mandata da
-Ferrara senza lenza el trinzato de seta bianca listato doro el pede
-de la treza ligato de incarnato la camora de veluto morello con certi
-frisi fati al telaro listate, le maniche ala francesca non troppo
-grande e curte listate de uno lavoro che sono perle 4 e uno balasso
-per longo e denanze al collo una canacha de zoie una sbernia de borlato
-doro coperta de raso leonato tuto talgiato con uno lavoro intorno uno
-cinto bello e fiochi bianchi, in questa sira sono comparse sei dele
-sue donzelle vestite molto pomposamente camore de veluto cremesino
-e brochato doro sbernie de seta di varij colori e doro, Asetate le
-brigate madama a man dritta del papa a basso so cosino, vene certi
-pastori che recetorno una comedia anzi egloga tuta in laude de questa
-signora, fornita questa el papa fece levare madama Lucretia e mandola
-in la salla di papi questa sala era aparata de coltrine doro molte
-belle facte per papa Inocentio e in mezo li stava la sedia papale
-alicontro el gera uno tribunale basso e streto adobato de frasche
-conze galantemente con torze venti bianche atachate al solaro asetate
-che furon le donne el papa e tuti li cardinali andeno con tanta furia
-e strele de uso, io avea fredo e sudava asetati chi in banche chi in
-terra el paron mio questa sera per due volte fu carezato dal papa e
-chiamolo lui e fecelo asetare ali soi pede se recetò una egloga el
-significato non lo intendo, fornita questa venne uno vestito da dona
-cum una zipa de incarnato e veluto morello facendo la morescha molto
-bene e cosi balando la tirava fora certi animali longi braza sei e
-tanti colti coperti de seta ala dovisa et erano novi, l'ultimo fu
-el duca el suo animale era coperto de borcato doro e veluto morello
-de liste larghe uno dito molto pomposo, uscito che furno tuti questa
-donna balando in morescha li cavò fori tuti, cosi se comenzò una richa
-danza con tamburini, queste erano veste de borchato morello e zallo
-non se vedeva se non oro talgiato el duca pure cosi ma più pomposo se
-cognosceva fra li altri con maschare al volto, fornito questa morescha
-sonaro li trombeti una altra morescha in suso uno arboro vera uno puto
-che si fe fora e dise certi versi, feniti butò novi cordoni de seta
-ala dovisa grossi uno dito questi ne pigliarono uno per uno e balando
-ne facevano una cordella e quello puto la teseva, in vero la fu una
-bella cosa, fornita questa che erano dele ore undeci el papa comandò a
-madonna Lucretia che facesse una danza e così ballò con quella valentia
-dreto poi ballono quelli dala morescha una copia per volta, el S.^r mio
-li steti in fino a questa hora perchi siame logiati longo dala corte
-due miglia se ne veneseno a casa, intesi la matina chel non se fece
-altro.
-
-In suso queste feste ve erano de le donne assai stravestite, el secondo
-dì de lanno se fece la cazia de tori dove el Duca uscito in campo
-con li soy compagni che erano novi a cavallo in suso le zaneti molti
-bene adobati con zanete in mano subito furo lassati dui tori, il duca
-se messo dreto a uno feroze e conduselo a morto con qualche pericolo
-se levò del stecato lui solo ne furno lassati de li altri e così
-li compagni li amazarno, vene el Duca poi a pede in zupone con dece
-compagni e zanete in mane e li tuti in sieme ne amazorno un altro, se
-partì, io non lo viti più ma questa festa durò in sino a lavemaria se
-amazorno deci tori e una buffala io non viti madama Lucretia per quello
-dì se ne stava ala sua stantia, in questa sera se fato una comedia
-latina el S.^r per esser cose lonze non li e restato, la S. V. sa mo
-per questa fin qui quello e successo e ala bona gratia de quella me
-raccom^do se rasona che possodomani se debiame partire ma nol credo
-perche se va molto adasio. Ex Urbe die 2 Jann.^i 1502.
-
- S. El Prete.
-
-Ala mia Ill^ma Madama la Marchesa de Mantova.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXVI.
-
-_Il Cardinal Giovanni Ferrari al Duca Ercole._
-
- Roma, 9 gennaio 1502.
-
-Illustrissime Princeps et Exellentissime Domine Domine mi
-Observandissime Post commendationem. — Il vene a Vostra Ducal
-Excellentia et all'Illustrissimo Signore Don Alphonso suo primogenito
-la Illustrissima Signora Madama Lucretia Duchessa de Biselli consorte
-del prefato Signore Don Alphonso: Et ben che sia certissimo che
-la Excellentia vostra ed il prefato Signor Don Alphonso lhabiano a
-tratar como certamente meritano le sue excellenti virtu e li suoi
-boni portamenti in dies meglio meritarano. Niente dimeno per essere io
-subdito de Vostra Excellentia e a quella e a tutta sua Illustrissima
-Casa affectionatissimo me Parso mio debito per questa mia ricordare ad
-epsa vostra Excellentia che ne voglia fare quelli debiti portamenti
-che se aspectano da la prefata Excellentia Vostra e dicto Signore
-Don Alphonso, perchè non dubito se contentarano ogni giorno più de le
-singular sue virtu e meriti: Et ultra le gratie già riportate da la
-Santità de Nostro Signore che invero sono grandissime e facto de bon
-core e animo ne potrà sperar de le altre per la grandissima affectione
-ha pigliato Sua Santità al Excellentia Vostra e al prefato Signore Don
-Alphonso e a tutta la sua Illustrissima Casa. Et tutto quello se fara
-in persona de la prefata Signora Duchessa non sara manco accepto di
-qua che se fusse facto in la persona de la prefata Santità. Me parso
-offitio mio de dar questo adviso a Vostra Excellentia benche puo esser
-superfluo considerata la prudentia et circumspetione de quella a la
-qual sempre me riccomando Rome in Palatio Apostolico VIIIJ Januarij
-MDIJ. La Santità Sua scrive de sua propria mano a Vostra Excellentia.
-
-Et Vestre Illustrissime Ducalis Excellente
-
- Deditus Johannes Cardinalis Capuanus
- et Mutinensis manu propria.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXVII.
-
-_Pozzi e Saraceni al Duca Ercole._
-
- Foligno, 13 gennaio 1502.
-
-Illustrissimo et Excellentissimo Signor Nostro observandissimo. Benche
-da Narnia scrivessimo alla Excellentia Vostra per la via de Roma e
-de le poste che veniressimo da Terni a Spoleti, et da Spoleti qui a
-giornate continuate, nondimeno: Ritrovandosse la Illustrissima Duchessa
-e le sue done multo affaticate a Spoleti delibero riposarse un giorno
-integro a Spoleti, e un altro qui in modo che non partemo de qui se non
-domane, et non arivaremo ad Urbino prima che martidi proximo che sera a
-li 18. del presente: perche doman andaremo a Nocera: Sabato a Gualdo:
-Dominica ad Eugubio: Luni a Caglio: Marti ad Urbino: dove dimoraremo
-anchora un giorno integro cioè tutol mercori, et de lie se andara à
-Pesaro a li XX: poi de Citade in citade secundo che per le altre è
-stato scripto a la Excellentia Vostra. Ma siamo certi che la prefata
-Duchessa se riposera multi di integri in multe de dicte Citade talmente
-che senza dubio, non arrivaremo prima a Ferrara ch'a lultimo del
-presente: on primo del futuro; et forsi al secundo o terzo. Dilche ni è
-parso conveniente dare noticia de qui ala Celsitudine Vostra: acciocche
-la intenda dove siamo, et quello che stimamo dovere essere, et che la
-possi ordinare, quello che meglio gli pare, perche se gli piace che se
-differisca al secundo o terzo di Febraro la gionta a Ferrara, credemo
-sia per succedere facilmente: se anche gli piacesse più ch'arivassimo a
-lultimo di questo o al primo di Febraro: la ni potera advisare; perche
-solicitaremo cussi come in sin qui havemo procurato lo andare riposato:
-la causa che ni move a credere quanto di sopra è perche la Illma Madama
-Lucretia e de complexione delicata; et non assueta al cavalcare: e
-manco sono le done sue, etcognoscemo, che la non vorria essere sbatuta,
-ne conquassata dal viaggio quando la giongera a Ferrara.
-
-Per tuti li lochi per li quali Soa Signoria è passata è stata ben
-veduta e amorevolmente ricolta et cum grande Reverentia: et apresentata
-etiam da le done cun tale dimonstratione che tuto pareva essere facto
-a Sua Signoria, et per sua contemplatione: tanto universalmente e
-ben voluta in questi paesi, ne li quali per essere stata già in la
-Legatione de Spoleti è multo ben cognosciuta. Qui gli è stato facto
-maiore recoglientie, et maiori signi de leticia, che in altri lochi
-fori di Roma: perche ultra che li Signori di questo loco cussi chiamati
-per essere presidenti a la Republica cun li Capuzzi et mantelli de
-rossato la incontrasseno insino a la porta, essendo tuti a piedi: et
-cussi la accompagnassano insino alo alloggiamento suxo la piaza: fu
-incontrata vicina a la porta da uno tropheo sopra il quale era una
-persona representante LUCRETIA ROMANA cun uno pugnale in mano: la quale
-dixe alcuni versi di questa importantia, come essendo Lei in questo
-loco: sopragiogendo Soa Signoria, da la quale di pudicitia di modestia,
-di prudentia et di Constantia era superata, gli dava loco e cedeva:
-poi apresso la Piazza gli era uno carro triunfale inanti al quale era
-uno cupidine, e sopral carro era Paris col pomo aureo in mano, il quale
-dixe alcune rime di questo effecto: come già haveva dato per sententia
-il pomo a Venere, la quale solamente excedeva de belleze Junone et
-Pallade: ma hora rivocava dicta Sententia, et donava il pomo a Sua
-Signoria come a quella che superava tute tre quelle dee attento che in
-Lei era belleza: sapientia, e richezza, overo potentia maiore, che in
-tute tre quelle dee: ultimamente suxo la piaza ritrovassimo una Galea
-armata de turchi a la Turchescha: la quale gli vene incontra oltra la
-mitade de la piaza; et uno de epsi stante suxo la prora dixe alcuni
-versi in Rima, di questa sustantia: Come sapendo il suo gran Re quanto
-Lei poteva in Italia; et quanto la potesse essere bona mediatrice
-a la pace: la mandava a visitare et offerir gli la restitutione de
-quello, che lui teneva del Paese christiano: non siamo curati de havere
-le parole de dicti versi; perche non sono di quelli del Petrarcha:
-ne anche la representatione de questa nave ni pare essere de grande
-importantia: ni multo al proposito. Non pretermettemo che lungi da
-Foligno 4 miglia la fu incontrata da tuti li Baglioni, che sono in
-Stato li quali erano venuti e da Perosa, e da le sue Castelle; et per
-farli reverentia, et per invitarla a Perosa. Sua Signoria persiste pure
-in desiderio de venire per aqua da Bologna a Ferrara, per fugire la
-incomodità del cavalcar et de la via terrestre; come per le nostre date
-a Narnia Vostra Excellentia fu advisata.
-
-La Santità de Nostro Signoro tene tanta cura de Soa Signoria che ogni
-di, e ogni hora vole intendere de li progressi soi et è necessario, che
-Lei di sua mano de ogni terra scriva a Soa Santita del suo ben stare:
-che confirma quanto è stato scripto a Vostra Excellentia altre volte
-che Soa Santita la ami più che alcuna altra persona del Sangue suo.
-
-Se haveremo il modo de tenir advisata Vostra Excellentia de di in di de
-questo viagio, et de le cose che accederanno non seremo negligenti.
-
-Essendo tra Terni e Spoleti in Valle de Strectura uno Stafiero de
-lo Illustre Don Sigismondo vene a parole rixose cum uno Stafiero de
-Stefano di Fabij nobile Romano, quale è in la comitiva de la Predicta
-Duchessa per causa assai leve de certi turdi: et havendo l'uno et
-l'altro posto la mano a le arme: sopragionse uno Pizaguerra a Cavallo
-pur de quelli de lo Illustre Don Sigismondo, il quale ferete suxo
-la testa il Stafiero de dicto Stefano: de la qual cosa Stefano di
-natura impatiente: Collerico et insolente tanto si commosse et si
-dolse, che mostrava, non volere venire più avanti, et essendo gionto
-in la Rocha de Spoleti passo a lato ali illustri Don Ferrante e Don
-Sigismondo senza salutarli ne diferirgli: tutavia intesa bene la natura
-de la cosa, che fu inopinata et casuale, et come tuti nui seni eramo
-grandemente doluti: et che pizaguerra era fugito, et anche il dicto
-Stafiero de Don Sigismondo per modo che non se ni poteva fare alcuna
-dimostratione: fu dato il torto a Stefano per il Reverendissimo de
-Cosenza, e per la Illustrissima madama Lucretia et per tuti; et Stefano
-se' acquitato et pacificato, e vene cun li altri. In bona gratia de
-Vostra Celsitudine ne recomendiamo. Ex fulgineo XIII Januarij 1502.
-
-Celsitudinis Vestre.
-
- Il Reverendissimo Cardinale de Cosenza per quanto intendemo sin
- qui non ha a passare le terre de lo Illustrissimo Signor Duca
- de Urbino
-
- Servi Joannes Lucas et
- Gerardus Saracenus.
-
- (Foris) Illustrissimo Principi et excellentissimo Domino Domino
- nostro observandissimo Domino Herculi, Duci Ferrarie.
-
- Ferrarie cito cito.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXVIII.
-
-_Il Duca Ercole ad Alessandro VI._
-
- Ferrara, 14 febbraio 1502.
-
- Ad Summum Pontificem.
-
-Sanct^me ac beat^me pr. et Dne, dne mi colen^me humillima post beatorum
-pedum oscula commendatione exhibita. Inanti che giongesse qua la Ill.
-Duchessa nra comune Figliola, Mia firma intentione era de accarezarla
-et honorarla, sicome se conviene et de non manchare in cosa alcuna
-pertinente a singulare dilectione: Essendo mo sua S^ria gionta qua,
-la mi ha talmente satisfacto, per le vertute et digne qualitade
-che ritrovo in ipsa, che non solo sum confirmato in questa bona
-dispositione, ma, e, grandemente cresciuto in me il desiderio et animo
-di cussi fare: et tanto piu quanto che vedo la S^ta V. per uno Breve de
-sua mano amorevolmente farmi questo ricordo. Siche stia de bona voglia
-la S^ta Vra per che verso la la p^ta Duchessa usaro tali termini, che
-la B^ne V. cognosca, che Io tengo sua S^ria per la più cara cosa che Io
-habia al mondo.
-
-Ben prego et supplico V. Stà che se degni farmi gratia speciale de la
-promotioni de M. Jo. Luca mio a cardinalato in queste tempore proxime,
-come expecto cum gran^mo desiderio, secundo che anche el mio Am^be
-gli significara più diffusamente: et in bona gratia de la S^ta V.
-humilmente me recomando.
-
- Ferrarie 14. Febr. 1502.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XXXIX.
-
-_La Marchesa Isabella Gonzaga a Lucrezia Borgia._
-
- Mantova, 18 febbraio 1502.
-
- Dne Lucretie Borgie.
-
-Ill^ma S. Lo amore chio porto a la S. V. et lo desyderio chio ho
-de intender che la persevera in quella bona valetudine dove la si
-ritrovava al partire mio fa che credi che lei anchora sii in la
-medesima expectatione di me et perho sperando farli cosa grata gli
-significo como luni gionsi in questa terra sana et salva, havendo
-ritrovato lo Ill^mo S^re mio consorte in optima convalescentia: Resta
-che da la S. V. intendi parimente il successo suo acciò possi pigliarne
-piacere, como di sorella cordialissima: Et benche reputi superfluo
-offerirle le cose sue: non dimeno per una volta ho voluto ricordarli
-che la puo de la persona et mie facultà disponere non altrimente che de
-le sue proprie, et a lei sempre, mi racc^do pregandola vogli rac^me a
-lo Ill^mo S^re suo consorte mio hon^mo fratello: Mantue XVIII Februarij
-1502.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova).
-
-
-DOCUMENTO N. XL.
-
-_La Marchesa Isabella Gonzaga ad Adriana Ursina._
-
- Mantova, 18 febbraio 1502.
-
- Dne Hadriane Ursine.
-
-Mª Hadriana: Non havendo posto in oblivione le comendatione che ne fece
-la s. v. in nome suo, et de mª Julia, subito gionte che siamo state
-a Mantua havemo facto intendere al amico suo, quanto ne parlo v. s.
-in suo favore, offerendoli per rispecto de quella, et de Mª Julia la
-protectione et suffragio nro in tutte le occurrentie sue: ne le quale
-procederemo a li effecti omne volta che possiamo gratificarlo in modo
-chel cognoscera che tenemo bon conto de la s. v. per la quale potendo
-qualche altra cosa serimo sempre disposte a compiacerla: Nui siamo
-gionte qua ad salvamento, et desideramo intendere che la Ill^ma mª nra
-cognata et sorella continui insieme cum v. s. in buona valetudine: a la
-quale non agravara raccomandarne. Mantua XVIII Februarij 1502.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLI.
-
-_Cesare Borgia alla sorella Lucrezia._
-
- Urbino, 20 luglio 1502.
-
-Ill^ma et Ex^ma Signora Germana nra Char^ma. Tenendo per certo
-che nulla più efficace et salubre Medicina essere po A la pnté
-indispositione de La Ex^tia vra che sentire bone et felici novelle, Li
-facemo Intendere che in questo ponto havemo hauta nova et certezza de
-la presa de Camerino Pregamo quella voglia fare honore ad questa nova
-con evidente effecto de miglioramento et farcelo intendere, Imperoche
-con la sua infirmita Ne de questa ne de altre possemo sentire piacere
-alcuno. Pregandola anchora che la presente voglia participarla A lo
-Ill. S^r Don Alfonso suo Consorte et nro Cognato come Fré Amantissimo
-Al quale per la pnté non scrivemo per la prescia. De Virbino adi XX de
-Juglio MDII.
-
- De V. Ill^ma S. fratello q'como si medesmo lama
-
- Cesar.
-
- Agapytus.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLII.
-
-_Francesco Troche alla Marchesa Isabella Gonzaga._
-
- Roma, 1º settembre 1502.
-
-Ill^ma S^ra questa facio solo adcio che Sebastiano non Torne senza mia
-lra ad V. Ex^cia ala quale per averli dato longo aviso per un altra
-mia per questa non scrivo altro si no che la s^ra princessa qual sta
-un poco mal et la ho facta visitar da Sebastiano, basa le mano de V.
-S. Ill^ma, faccio continuo scriver el libro in bona lra et lo mandaro
-presto non ly mando mo per che voglio far scriver alchune altre asé
-bene: suplico V. Ex^cia se degne mandarne li sonetti che me promisse,
-et se in alchuna cosa la posso servire quella me commande che son
-desideroso servirla ala qual baso le mani di roma lo primo de setembro.
-
- D. V. ex^cia
-
- humil servitor
- Fra^co Trocche.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLIII.
-
-_Lo stesso alla stessa._
-
- Roma, 5 ottobre 1502.
-
-Ill^ma mia S^ra per brognolo ho receputo una lra la qual insieme con
-li quatro sonetti quella se he degnata mandarme dela qual humanita
-infinite volte la rengratio significandole che quantunche in prima ly
-fosse deditissimo servitore hora cum questo mha in perpetuo obligato
-come è ragione et non desidero altro che poterlo cum qualche opera
-et effecto dimostrare Et perche me seria impossibile per lettere ne
-parolle esprimerlo ho pregato lo presente portator brognolo col qual
-diffusamente ho parlato alcune cose, lo voglia dir et far intendere a
-V. S. Ill^ma alaqual humillmente me recomando et baso le sue mane, de
-Roma a V. de Octobre.
-
- D. V. I^lla S.
-
- humile servitor
-
- F. trocche prothº ap^co manu pp.
-
- _Con suggello con tre pesci._
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLIV.
-
-_Isabella Gonzaga a Cesare Borgia._
-
- 15 gennaio 1503.
-
- Dno. Duci Valentie.
-
-Ill^me etc. De li felici progressi de V. Ex. quali cum una amorevole
-lra ce ha significati, ne havemo preso quello piacere et contento
-che si conviene a la mutua amicitia et benivolentia che è fra lei
-et lo Ill^mo s. nro. consorte et nuy, et cossi in nome suo et nro ne
-congratulamo seco de omne secureza et prosperità sua et ringraciamola
-de la participatione et offerta ce ha facta di tenerni avisate de li
-successi: del che la pregamo ad volere per humanita sua continuare:
-perche amandola como facemo desyderamo sentire spesso li andamenti suoi
-per puoter insieme cum ley alligrarmi del bene et exaltatione de V.
-Ex. et perche credemo che doppo li strachi et fatiche che la patisse in
-queste sue gloriose imprese voglia anche ritrovare loco de recrearsi me
-parso mandarli per Joane nro staffero cento maschare: non perche non lo
-cognosciamo vile dono ala grandeza de li meriti de V. Ex. et de lanimo
-nro; ma per una testimonianza che quando in questo nro paese fusse cosa
-più degna et conveniente piu volentieri glila mandarissimo. Se anchora
-le maschare mancharano de la bellezza che se gli conveneria V. Cel^ne
-imputara li maestri de Ferrara: quali per la prohibitione che già molti
-anni e in quella citta de maschararsi in publico hanno desimparato
-a fare acceptando per supplimento la sincera volunta et affectione
-nra versa V. Ex.: Circa ala pratica nra: non accade replicare altro,
-finche non intendiamo da V. S. Ill^ma la resolutione de la S^ta de N.
-S. circa il caso de la securta che gli facessimo explicare di visa per
-il Brognolo che cossi stiamo in expectatione per potere venire a la
-conclusione etc. a lei ne offerimo et raccommandamo XV. Jan. 1503.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLV.
-
-_Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga._
-
- Acquapendente, 1º febbraio 1503.
-
-Ill^ma Ex^ma signora Comatre et sorella nra hon'. Havemo receputo el
-dono de la Ex^tia vra de le cento Mascare, per la multiplice varieta et
-singulare bellezza desse ad me molto accepte, et assai piu per essere
-sopreionte ad tempo et loco che piu al proposito essere non seria stato
-possibile Come se la vra Ex^tia ce havesse prefixa lege et ordine de
-le imprese et de la tornata nra ad Roma, Dopo l'acquisto per nui facto
-in uno medesimo di de citta et contado de senegaglia con le forteze et
-justa punitione delli perfidi tradimenti de li adversarii nri, et dipo
-anchora liberate da Tyrannia et reducte a la obedientia de la sanctita
-de Nro S^re la citta de Castello, Fermo, Cisterna, Montone et Perosa:
-Et hora al ultimo deposito del Tyrannico Dominio se haveva occupato
-in Siena Pandolfo Petrucci, demustratosi contra de nui tanto atroce
-inimico Et sopre tutto ce sonno decte Mascare acceptissime per essere
-procedute da la fraterna et singulare benevolentia, la quale semo
-certissimi che quella conformemente con lo Ill^mo S^re suo consorte
-ce porta, et per ogni altro effecto ce demustra, et ha demustrato per
-la Amorevolissima lra che con esso presente ce ha mandata, de le qual
-cose tutte insieme haveriamo da rengratiarla infinite volte per lre
-se la grandeza de li meriti soi et di lo Ill^mo S^re consorte prefato
-verso de nui, non refutassero le demustrationi de parole, recercando
-pieni effecti, usarimo le decte Mascare, et la loro perfecta belleza,
-ce toglira cura de ogni altro ornamento, Ad effecto de la commune
-parentela perseveramo tutta via essere piu caldi, in questa andata nra
-ad Roma adoperarimo che per la S^ta de Nro signore se li dia pienissimo
-effecto Del prescione che la vra Ex^tia ce recerca faciamo liberare,
-scrivendo ce sia mandato subito piena informatione, et quella hauta non
-restarimo respondere ad essa Ill^ma S^ria vra. con sua satisfactione
-Ala quale ce recomandamo Ex Pontificiis Castris ad Aquampendentem primo
-Februarii MDIII.
-
-De V. Ex^tia Compare et fratello el Duca de Romagna etc.
-
- Cesar
-
- Agapytus.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLVI.
-
-_Il Duca Ercole a Giangiorgio Seregni, suo oratore in Milano._
-
- Belriguardo, 24 agosto 1503.
-
- Dux Ferrarie etc.
-
-Zanzorzo — Per chiarirte de quello che da multi te è dimandato, se
-stamo de malavoglia de la morte del Papa, te certificamo che per niun
-capo la ni e' dispiaciuta: anci per l'honore de nostro Signore Dio,
-et per la universale utilità de la christianita, habiamo più di sono
-desiderato, che la divina bonta e providentia facesse provisione de
-uno bono et exemplare pastore, et che de la chiesia soa se levasse
-tanto scandalo: Ne la nostra particularita ni poteria fare desiderare
-altramente: perche l'honore de Dio et del bene universale prepondera
-apresso Nui: ma piu te dicemo che non fu mai papa dal quale non
-havessimo più gratia, et più al piacere che da questo, etiam dopo la
-affinità contracta cum lui: solamente havessimo et a pena quello de che
-il se era obligato, del quale non staessimo ala fede soa: Ma in niuna
-altra cosa ne grande ne mediocre ne picola siamo stati compiaciuti
-da lui: che credemo procedesse in grande parte per colpa del Duca de
-Romagna: Il quale per non havere potuto fare di Nui quello che haveria
-voluto se è governato cum Nui da extraneo, ne mai sè allargato cum Nui,
-ni comunicato li soi andamenti: Ne nui habiamo comunicato li nostri
-cum Lui: et ultimamente per inclinare Lui a Spagnoli, et vederni Nui
-boni francesi, non havevemo mai da sperare ni dal Papa, ni da Soa
-Signoria apiacere alcuno: Però non ni è despiaciuta questa morte non
-expectando se non male de la Grandeza el predicto Signor Duca. Volemo
-che tu communichi questo nostro Secreto punctalmente al predicto Signor
-granmastro a la cui Signoria non volemo che sia celato lo animo nostro:
-ma cum altri parlane sobriamente: et remetterai poi questa indrieto al
-Reverendo messer Gianluca (Pozzi) nostro Consigliero.
-
-Belriguardi 24. Augusti 1503.
-
- N. Bendedeus.
-
-(Foris) Spectabili Secretario nostro delectissimo Joanni Georgio
-Seregnio
-
- Mediolani — Cita.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLVII.
-
-_Giovanni Sforza al Marchese Gonzaga._
-
- Mantova, 25 agosto 1503.
-
-Ill^me et Ex^me D^ne et Cognate honor^me Ringratio la Ex. V. de la
-bona nova che per sue lettere la se dignata de darme del essere del
-Valentino, per che ne ho hauto tanta alegreza ch'io spero de dare
-repulsa al mio male: certeficandola che quando io reintra in stato,
-gli habia ad stare come factura e V. E. p.^ta per esser lei patrone
-del tuto, et de la mia persona propria: pregandola se altro la intende
-del dicto Valentino, che pur el sii morto ad volermene dare qualche
-adviso, che la me fara sing.^re apiacere: a la quale sempre ex corde me
-recomando.
-
-Dat Mantue die 25. Augusti 1503.
-
- Ill^me V. D. Servitor Joannes Sfor. pisauri etc.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLVIII.
-
-_Don Jofrè Borgia al Marchese di Mantova._
-
- Nepi, 18 settembre 1503.
-
-Ill^me ac Ex^me Dne et maior Honorande. M. Ruberto de bisenzo: M.
-Hieronimo de alexandria: M. Culpino da verona: Andrea da benevento:
-Francescho da bologna et Mattheo da benevento: Gentil homini e soldati
-della Ex. del signor duca di romagna nro Honorevol fratello: et alcuni
-nri: per esser tucti habitanti in monte fiascono co' loro mugliere et
-robe dicano essere stati saccheggiato domenicha immane et anche morto
-alcun de lor fratelli in montefiaschone de certa fantaria della Xª
-M^ta: per el che ad esse e incurso grandissimo danno: et perdita de lor
-robe: vi pregamo vogliate esse et tucti i danni passi siano satisfacti
-de tucto quello sia possibili recuperare: el che al prefato Ill^mo S.
-Ducha serra inpiacere assai: e ad noi el reputiremo ad adceptissimo
-servitio da V. Ill^ma S. al piacere della quali ne offerimo paratissimi
-Ex Nepe die XVIII. septenbris MDIII
-
-D. V. Ill^ma Sig^ria
-
- Como minor fratello
-
- El principe de Squillace.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. XLIX.
-
-_Il Marchese di Mantova alla moglie Isabella._
-
- Isola degli Orsini, 22 settembre 1503.
-
-Ill.^ma D.^na Conjunx nos.ª amatis^ma Acio che la S. V. sia informata
-come noi del passaggio de la san.ª memoria del papa Alessan.º VI.º gli
-significamo, come essendo infirmato, cominciò a parlare in forma che
-chi non intendeva il suo proposito, credeva chel vacillasse, ancor chel
-ragionasse cum gran sentimento, le parole sue erano, io veniro, l'e
-ragione, expecta anchor un pocho, e da quelli che intendevano il suo
-secreto, è scoperto, che dopo la morte di Innocentio ritrovandosi in
-conclave, el patuì col diavolo comprando il papato con l'anima sua, e
-tra li altri pacti fu chel dovesse vivere in sedia dodeci anni, il che
-gli è stato atteso cum quattro di de giunta, gli è ancor chi afferma
-haver visti sette diavoli nel punto del respiro in sua camera, morto
-chel fu, il corpo cominciò a boglire, e la bocca a spumare come faria
-uno caldaro al focho, assi perseverò mentre che fu sopra terra: divenne
-anchor ultra modo grosso in tanto che in lui non apparea forma di corpo
-humano, ne dala larghezza ala lunghezza del corpo suo era differenzia
-alcuna: ala sepoltura fu portato senza molto honore, e dil cattaleto
-fu trascinato per un facchino, cum una corda ligata al pede, al loco di
-la sepoltura per non trovarsi alcuno che lo volesse tocare, fulli facto
-uno deposito tanto misero che la nana moglie del zoppo lha li a Mantova
-piu honorevole: e per ultima sua fama ogni giorno se gli trovano
-attacchati li piu vituperosi epitaphij del mondo:
-
-Hora è venuta nova come il Siena è creato papa: reputato persona
-neutrale e senza passione ne parte: Alla S. V. tutto ne donamo basando
-pur assai Federico: Havemo mandato a dimandare il passo e victualie per
-meggia Roma non si essendo facto il ponte fora come era stato promisso
-non sapemo che risposta haveremo, sapemo ben che li nemici sono a
-Genezano e ni vengono incontra Mon^r Tremoglia aggravato, è forciato
-ritornare a dreto: saremo soli al regimento del campo. Benevaleat D. V.
-Ex Insula XXII septembris MDIII.
-
-Conjunx Marchio Mantue etc.ª X^mi Regis Locumt^s Generalis.
-
-Ill^me d^ne Conjugi Nostre amatiss^me Dne Isabelle Marchionisse Mantue.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. L.
-
-_Il Duca Ercole a Lucrezia Borgia._
-
- Codegori, 4 ottobre 1503.
-
-Illustrissima et Excellentissima Domina Nurus et filia nostra
-dilettissima: Havemo avuto la lettera de la Signoria Vostra, inseme cum
-quella de Mons. Reverendissimo Cardinale de Cosenza a lei directiva che
-la ni ha mandato, la quale ge remettemo cum questa nostra, et la quale
-non è stà lecta per persona alcuna se non per Noi, et havemo notato
-il prudentissimo scrivere de epsa Vostra Signoria, et del predicto
-Reverendissimo Cardinale, quale Le mone cum tante bone ragione, che
-non se po judicare, senon chel sia amorevole et savio: Unde havendo
-Noi pensato al tuto, ni pare che la Signoria Vostra possa et debia
-acconsentire a quanto propone de volere fare il predicto Monsignor
-Reverendissimo; al quale ni pare ora che Vostra Signoria habia ad
-havere qualche obligatione, per la demonstratione cun effecto de tanto
-cordiale amore chel mostra portare a quella et al Illustrissimo Don
-Rodorico suo figliolo, che se poterà dire, essere stato preservato in
-vita per sua opera et se bene epso Don Rodorico sera alquanto largato
-da epsa Vostra Signoria; meglio è stare così lontano et securo che
-vicino cun periculo come il demostra che seria; et non se diminuira
-per questa distantia puncto lo amore fra voi. Et quando el sera Grande
-Il potera secundo le condicione de tempi pigliare partito al facto suo
-on de retornare in Italia on de restare, et è bona provisione quella
-che dice epso Monsignore Cardinale de vendere quelle cose mobile, et
-acquistare lie per supplire al vivere suo, augumentandose le intrate,
-come il dice che fara unde per ogni respecto, come havemo dicto, ni
-pare chel sia bene ad acconsentire a la sua voluntade. Non dimanco
-se ala Signoria Vostra che è prudentissima paresse altramente, se ne
-remettemo a lei. Que bene valeat Codegorij iiij octobris 1503.
-
- Hercules Dux Ferrarie.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. LI.
-
-_Lucrezia Borgia al Marchese Gonzaga._
-
- Reggio, 18 agosto 1505.
-
-Ill.^me et Ex.^me D.^ne Cognate et fra.^r nos.^r hon.^me Havendo
-sempre cognosciuta V. Ex.^cia per ogni fortuna portare singulare amore
-all'Ill^mo S. Duca mio fratello et esser bene disposita a tutte le
-cose che gli sieno di honore et comodo non altrimenti che se la gli
-fusse carnale fratello: con ogni fiducia al presente ricorro al favore
-suo per la liberatione de Sua Ex.^cia per la quale etiam per opera et
-diligentia mia si prattica al presente in Roma de mandare ala Cat.^ca
-M.^tà lo Rev.^mo Card.^le Regino cum licentia et favore de la S.^tà
-de N. S. et essendosi pregato Sua R.^ma S.^ia che li vogli andare
-voluntieri, ha gratiosamente resposto esserne molto contento: Resta la
-licentia et il favore del papa: Unde sapendo lo amore che sua Beat.^ne
-porta a V. E. la priego quanto più posso che li piacia scrivere a S.
-Beat.^ne pregandola grandem.^te che la vogli dignarsi prestare dicta
-licentia ad esso Card.^le et scrivere cum tale efficacia ala pred.^ta
-Cath.^ca M.^tà che dicto S. Duca sia liberato, perchè si tiene per
-indubitato che serà facto quanto S.ª S.^ta vorrà, et quando lo Ill.^mo
-S. Duca de Urbino fusse a Roma prego V. S.^ia che li vogli scrivere
-opportunam.^te sopra ciò, perche Sua Ill.^ma S.^ia tenga ben disposta
-la pred.^ta Beat.^ne a lo effecto predicto: Et non gravarà a V. Ex.^cia
-mandarme epse lett.^e per questo cavallaro che li mando a posta: a
-ciò lo possi cum le mie mandare al suo viaggio, et se anche paresse a
-quella oltra di questo, scrivere a qualche suo in Roma che etiam ne
-parli ala S.^tà de N.º S.^re et solleciti, la poterà fare quanto li
-parerà, et lo Ill^mo S.^r mio fratello et io de ogni suo favore gli
-ne restaremo obligat.^mi ne seremo immemori del beneficio: Offerendomi
-et raccomandandomi a V.ª Ex.^cia que bene valeat. Regii XVIII. Aug.^ti
-1505.
-
- Lucretia Ducissa Ferrarie etc.
-
- N. Bendede'.
-
-Ex.^mo Cognato et fratri meo hon. D.º Francisco Marchioni Mantue.
-Mantue subito.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. LII.
-
-_Tavole nuziali tra Niccolò De Rovere e Laura Orsini._
-
- Novembre 1505.
-
-In n. D. D. nri J. Ch. Anno a nat. ejusd. Millº Quingentesimo V^to
-pont. S. D. N. dni Julii div. prov. pp II. Ind. VIIII sec. mor. Rom.
-mens. nov. die vero.... Constituti ante pedes et sac. consp. pfati
-S^mi dni nri pp Adstantib. ibid. et assistentibus R^mis in xpo patrib.
-Hyeronimo epo Sabin. Card. Racanaten. vulg. nuncupato Raffaele S.
-Georgii epo Albanen. S. R. E. Camº R^mo d. Jo. Antº Tusculan. epo Card.
-Alexandrino Antº S. Anastasie card. Cumano Francº S. Susanne Card.
-Volterrano Jo. S. Marie in Equirio Card. de Colunna vulg. nuncupato.
-In mei Not. pub. et test. infrascr. presentia Mag^cus Adolescens dnus
-NICOLAUS DE RUVERE pfati S. D. N. pape Nepos ac N^mi in xpo pris Dni
-Galeotti tt^i S. Petri ad Vincula Car^lis ac S. R. E. Vicecancellarii
-germ. frater cum presentia et assistentia ejusd. ex una et mag^ca
-et generosa dna JULIA DE FARNESIO vidua relicta quond. mag^ci viri
-dni URSINI DE URSINIS Mater et dudum Tutrix et nunc Curatrix mag^ce
-puelle adulte dne LAURE sue et dicti qd. dni Ursini legitime et nat.
-filie et universalis heredis et ipsa Mag^ca dna laura cum presentia
-et auct. dicte sue matris ac Tutricis dudum et nunc curatricis et
-legit. administratricis et cum pres. et assist. R^mi in xpo patris
-Alexandri tt^i S. Eustachii Card^is de Farnesio vulg. nuncup. Avunculi
-prefate dne laure sue germane sororis filie Ad interrogat. mei pub.
-Not. presentis et primo solemnit. interrogantis prefatum Mag^cum d.
-Nicolaum present. et intellig. si vult habere et recipere in suam
-legitim. sponsam et uxor. pfatam mag^cam d. lauram cum dote et fundis
-dotalib. jocalib. et mobilib. et paraferno secund. tractatus habitos
-conclusos et firmatos inter pfatos R^mos dnos Car^les de farnesio et
-vicecan. in totum adscendentes ad valor. et existimat. concorditer
-fact. triginta milium ducator. de Carlenis veterib. decem pro quolib.
-ducat. et legitimas nuptias cum ea contrahere et copulare et ipsam
-habere et tenere pro legit. sponsa et uxore secund. Mandata et ritum
-S. E. dei Ad quam quid. interrog. per me Not. pub. sic ut prefertur
-solemnit. factam sponte ac deliberato animo et ex certa sua scientia
-pfat. mag^cus D. Nicolaus respondendo dixit Volo et ita consentit.
-Subsequenter vero per me eund. Not. interrogata pfata Mag^ca D.
-Laura etatis nubilis sicut ex aspectu apparet existens si habere et
-recipere vult in suum legit. sponsum et maritum pfat. mag^m D. Nicolaum
-presentem cum dote et jocal. et paraferno predictis sicut tractatum
-firmat. et conclus. fuit inter ipsos R^os dnos Car^les et in legit^m
-matrimon. ejusd. consentire similiter sponte ac libere ac deliberato
-animo et ex certa sua scientia respondit, dixit volo et ita consentio
-Me Mot. ut pub. pers. etiam stipulante pro eis et eor. et cujuscq.
-ipsor. nomine == Postque incontinenti prefata mg^ca d. Julia mater et
-curatrix et legit. administratrix pfate D. Laure sue filie et curatorio
-et administratorio nomine ipsius Cum presentia et assist. dicti R^mi
-D. Car^lis de farnesio sui germani fratris et ipsa mg^ca D. Laura
-adulta cum auctoritate dicte sue matris et curatricis et cum pres. et
-assist. dicti R^mi d. Card. avunculi sui Constituerunt dederunt cesser.
-concesser. transtuler. mandaverunt pfato M. D. Nicolao presenti et
-recip. et michi Not. etc. Quodam paternum Castrum vulgar. nuncupatum
-Bassanellum cum duob. casalib. et eor. tenimentis eid. anexis et
-incorporatis vid. Cerqueto et palazola vulg. nuncup. et cum toto dicti
-castri territorio dominio et vassallaggio ac mero et mixto imperio et
-cum fortellitiis et terris, Quod totum castrum cum suo territorio et
-casalibus situm est in dyocesi Ortana Censuatum R. Eccle cum onere
-census unius libre Cere annuatim Cui ab uno territorium civitatis
-Orte ab alio castri Gallesii ab alio castrum Suriani ab alio castrum
-Julianelli Extimatum concordit. et de comuni partium consensu valoris
-et comuni exstimationis quatuordecime milium ducator ad computum X
-carl. veterum pro quol. ducat.
-
-Item similr. in dotem et pro fiendo dotali ejusd. constituerunt deder.
-et concesser. transtuler. et mandaverunt omnia et sing. jura nomina et
-actiones que et quas habet pfata D. laura in quod. palatio et domib.
-et apotecis simul junctis quod et que situm et sita sunt Rome in R^ne
-pontis jux. plateam Montis Jordani quib. undique a trib. laterib. sunt
-vie pub^ce a quarto vero latere sunt res. . . . . . . . vel si qui sunt
-plures aut verior. confines seu vocabula veriora.
-
- . . . . . . .
-
-Amplius etiam pro jocalib. et acconcio et ornatu ipsius d. laure
-secund. ritum et morem Roman. tempore quo div. fav. gratia domum et
-familiam dicti sui sponsi transferetur promiserunt deferre et deferri
-facere et quod ipsa D. laura secum deferet tot et tanta bona in
-jocalib. monilib. unionibus perlarum collanis aureis vestib. sericeis
-et in broccat. vasis argenteis et aliis reb. et bonis mobilib. et
-suppellectib. valoris et extimat. altror. trium mil. ducat.
-
- . . . . . . .
-
-Acta fuerunt hec in palatio apostolico aput S. Petr. in Aula pontific.
-psentib. infrascriptis testibus vd. B^ro do. Jacº epo Caiacen. dno
-epo Millepoten. dno epo Ortano dno epo Eugubien. dno herig. Archiepo
-tarentino et Ill. dno Constantino capitaneo ad custod. palatin. et
-principis qui ensem tenuit secund. ritum Romanor. in stipulatione
-sponsalium sollemnit. celebratarum inter dictos mag^cos sponsum et
-sponsam omnibus ad predicta adhibitis et convocatis.
-
- (Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-
-
-DOCUMENTO N. LIII.
-
-_Cesare Borgia al Marchese Francesco Gonzaga._
-
- Pamplona, 7 dicembre 1506.
-
-Ill^me Princeps et Ex^me Dne. Compater et tanquam fr. hon. Comm: Aviso
-V. Ex^tia como depoi tanti travagli ha piaciuto ad N. S^r Dio liberarme
-et cavarme de prescione nel modo che da Federico mio secretario
-exhibitor de questa intendera, piaccia alla infinita sua clementia che
-sia per maiur suo servitio: Al presente me retrovo in Pampilona col
-ser^mo Re et Regina de Navarra, dove arrivai alli tre de Decembre, como
-de questo et de ogni altra cosa dal prefato Federico V. Ill^ma S^ria ad
-pieno intendera, al quale piaccia de quanto dirà in mio nome prestar
-quella piena fede che faria alla mia propria persona. Alla Ex^tia V.
-sempre me recommando. Ex Pampilona VII. Decembris MDVI.
-
-de vr[=a] S. compatre e minor fratello
-
- Cesar.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. LIV.
-
-_Lucrezia Borgia al Marchese Gonzaga._
-
- Ferrara, 28 dicembre 1506.
-
-Ill.^me et Ex^me D.^ne Cognate et fr. hon. Lo exhibitore presente
-serà un servitore del Ill.^mo S. Duca mio fratello che expectandosi
-da sua Ex.^cia ha portato lettere di quella, significando la nova de
-la sua certa liberatione, et il loco dove per Dio gratia la si trova
-sana et di bona voglia, che è in confermatione di quanto si haveva
-per advisi da diversi bande. Il viene a V.ª Ill.^ma S.^ria cum sue
-lett.^e sum certa che la si alegrarà et pigliarà quello contento che
-faria el pred.^to S.^r Duca et io dogni suo prospero et felice successo
-amandolo, come la fa da fratello. Non ho voluto chel dicto venga senza
-questa mia per la quale non me extenderò altramente in narrarli come è
-passata dicta liberatione perche da lui come instructo del tutto ge la
-exponerà diffusamente. Et a V.ª Ex.^ia sempre me ricomando.
-
-Ferrara XXVIII. Decembre 1506.
-
- De V.ª S.^ia obedientis.^ma Sorella
-
- La Duchessa de Ferrara.
-
- N. Bendede'.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. LV.
-
-_Lucrezia Borgia al Marchese Gonzaga._
-
- Ferrara, 15 gennaio 1507.
-
-Ill.^me et Ex.^me D.^ne Cognate et fr.^r hon. Hora ho inteso che per
-commissione de la S.^ia de N.º S.^re è stato preso in Bologna Federico
-cancelliero del S.^re Duca mio fratello: et perchè sum certis.ª Chel
-non si trovarà in manchamento alcuno per non essere venuto per fare
-ni dire cosa alcuna che possa despiacere ni essere molesta a sua
-Beat.^ne perchè sua Ex.^ia non pensaria ni ardiria fare simil cosa
-verso sua S.^ta et costui sel havesse commissione alcuna melhaveria
-prima comunicata, et io non haveria tollerato ne tollerarla che se
-ne facesse un tristo pensiero per essere devotiss.^ma et fidelissima
-serva de S. Beat.^ne insieme cum lo Ill.^mo S.^r mio consorte. Ma non
-trovo ne so chel sia venuto per altro se non per portare la nova de
-la sua liberatione. Et cussi tengo per indubitato chel non si trovarà
-in mancamento. Et perchè questa detentione io la estimo grandemente
-maxime per il smachamento che po essere per questo al p.^to S.^r
-Duca mio fratello che non sia in gratia de sua Beat.^ne anche a me:
-priego quanto più so et posso V.ª Ex.^ia che per quanto amore la mi
-porta, la vogli in ogni modo operare cum la p.^ta S.^tà che presto
-el sia relaxato come spierò in la benignità sua et in la efficacia et
-intercessione de V.ª Ex.^ia che per un singulare piacere et beneficio
-al presente da V.ª Ill.^ma Sig.^ia non potria recevere il magiore ni de
-che più ge ne restasse obligata et per l'honore et per ogni respecto,
-si chè de novo ge ricommando questo caso de tutto core, et a lei mi
-offero et ricomando.
-
-Ferrarie XV. Januarij 1507.
-
- De V.ª S.^ia sorella e servitrice la Duchessa
-
- de Ferrara.
-
- N. Bendede'.
-
-Allo Ill^mo et Ex.^mo S.^re mio cognato et fratello hon.^mo el Sig.^r
-Marchese de Mantova. Bononie.
-
- (Archivio Gonzaga in Mantova.)
-
-
-DOCUMENTO N. LVI.
-
-_Vannozza alla figlia Lucrezia._
-
- Roma, febbraio 1515.
-
- Alla Illustrissima et Excellentissima Signora
- et Figliuola mia observandissima la Signora
- Duchessa di Ferrara.
-
-Illustrissima et Excellentissima Signora mia observandissima
-Commendatissima Per la lettera di Vostra Excellentia quale ho ricevuto
-a questi di, ho inteso quanto quella habbia facto nella causa mia
-con Paulo Pagnano, et benchè lui habbia usate buone parole col Conte
-Lorenzo delle quali io non mi fido punto, perciocchè molto prima di mo
-a me e notissima la sua malignità, et so che non pensa in altro che
-in darmi qualche fastidio et tribularmi sinchè io vivo, però prego
-la Excellentia Vostra con ogni efficacia possibile che voglia essere
-contenta de fare opera che io una volta sia liberata de tal molestia,
-et pigliare qualche expediente che io non stia più in questo timore,
-che certo saria causa della total ruina della persona, et de quelle
-poche facultate che io ho. Il bisogno mio saria che Vostra Excellentia
-insieme col Illustrissimo Signor Duca suo Consorte mandassino un loro
-servitore che fosse persona discreta, et amorevole, al Illustrissimo
-Signor Duca de Milano con lettere loro di buon tenor, con le quali si
-pregassi la Sua Excellentia ad dovere interponere l'autoritate sua col
-decto paulo et indicergli un perpetuo silentio et infine commandargli
-che attente le buone ragioni mei non debbia più molestarmi, maxime
-havendo lui da possersi revalere per altra via che per la mia ma lui
-come homo poco respectivo ha sempre voluto agitar contra di me, come
-se io fussi la piu vile persona del mondo, pensando forsi che io
-fussi abandonata et derelitta de ogni aiuto et favore, et che non si
-trovassi homo che parlassi per me, ma io rengratio lo onnipotente dio,
-che alla ragione ne la Sacra divina Maestà ne li homini de (questo)
-mondo me hanno abandonata, et così di nuovo prego et strengo con
-tutta la efficacia del cuor mio la Excellentia Vostra che non voglia
-mancarmi del suo aiuto, et favore, et per questa provisione che di
-sopra ho decto, et mandar questo loro servitore a fare questo effecto
-devotamente la certifico che mai ne vedrò fine si che per amor di dio
-non vogliate abandonarmi. Altro non voglio per ora dirgli se non che a
-Lei et al Illustrissimo Signor Duca suo Consorte et a li Signori Suoi
-Figliuoli mi raccomando, et continuo prego per la salute di tucti
-
-In Roma............ di Febraro MDXV.
-
- La Felice et Infelice Madre Vannoza Borgia.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. LVII.
-
-_Vannozza al Cardinale Ippolito d'Este._
-
- Roma, 14 settembre 1515.
-
-Illustrissimo et Reverendissimo como figlolo observandissimo. Da poi
-humili benedictione etc. havemo riceputa una gratiotissima letera de
-Vostra Signoria Reverendissima iamdiu (per) la quale referemo infinite
-gratie di tanto amori e carità ne portate maxime in questi nostri
-negotij. Cum lingua non si poteria dare tante gratie si non che lo
-Altissimo sia prhegato voglia conservare in quello stato quali il
-cori nostro desia. Si che Signor mio Reverendissimo et Illustrissimo
-si posibile est dixe Cristo che Vostra Signoria metesi tale effetto
-a questo pagnano secondo parira a quella che prudenti non ne habia a
-distratiarne al modo che fa. Juro a Dio che pegio la vergogna pyu che
-il danno che uno Mercadante uxurario ne voglia straciarne a questo
-partito. Savio he prudenti siti solo, in Vostra Signoria mi confido
-che al tuto provedereti. Non altro quanto a questa parte. Si non avixo
-Vostra Signoria che al nostro giardino havemo trovato doe Colone de
-mistito e havemo inteso che Vostra Signoria fa lavorare a Ferrara per
-tanto Signor mio de queste ve ne fatio un presente et de altre cose che
-se troverano. Supplico a Vostra Signoria che dia avixo de la receputa
-quando sarano azonte perche Signor ho molti cani allorichia sopra
-questa materia, he non me fido, però havemo saputo che lo advocato
-di lo adversario nostro voleva scrivere li a Ferrara ad Monsignor
-Reverendissimo daragona che li dovesi domandare a Vostra Signoria
-benche son certa che si sua Signoria Reverendissima sapessi che
-questo fusi nostro adversario faria piutosto per noi che per simili.
-Si che Signor Mio epsa scriva a Messer — Iheronimo Sacrato li dia
-recapito de mandarli inanti che li tempi si guasti. A Vostra Signoria
-Reverendissima et Illustrissima se ne aricomandiamo. Prhegamo a dio
-di continuo ve conservi in sanità et augumento di stato. Rome die 14
-septembris 1515.
-
-De Vostra Signoria Reverendissima et Illustrissima
-
- La felice et infelice quanto Matre
- Vanotia Borgia de Cathaneis.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. LVIII.
-
-_Vannozza alla figlia Lucrezia._
-
- Roma, 19 dicembre 1515.
-
- Illustrissime Domine Domine Lucretie.
- Ferrarie Ducisse etc.
- Domine Colendissime
-
- Ferrarie
-
-Illustrissima Domina salutem et commendationem. La Excellentia
-nostra se deve ben ricordare la servitu della bona memoria de Messer
-Agapyto de Amelia verso la Excellentia già del Duca nostro et lo
-amore et affectione sempre porto ad Noi in spetie: Per il che non
-solo in una minima cosa: ma in ogne altra de qualunque sorte fusse
-adiutare et favorire i soi: Per questo occurre che avante el morisse
-renuntio in favor de soi Nepoti ad Messer Johan Baptista del Aquila
-tucti soi benefitij, tra li quali ce sono certi de poca valuta in
-lo Archivescovato de Capua: et questo fece la bona memoria per più
-favore de Soi Nepoti non possendo mai pensare che dal Reverendissimo
-et Illustrissimo Segnor Cardinale Vostro Arcivescovo prefato havessero
-da esser molestati. Impero se la Excellentia Vostra desidera farme
-cosa grata, la prego se degni per tucti li decti respecti favorire
-li prenominati Nepoti ad presso de sua Signoria Reverendissima et
-Illustrissima como piu ad pieno del bisogno della cosa la Excellentia
-Vostra sera informata da Nicola presente exhibitore pure Nepote del
-dicto Messer Agapito. Et bene valeat Excellentia Vostra cui etiam me
-commendo. — Rome Die XVIIIJ Decembris MDXV.
-
-Post scripta la Excellentia Vostra fara in questo quello ad quella
-parera che questo ho scripto me e stato forza: per questo non se
-faccia se non quello sia honore ad Monsignor Reverendissimo: Et per lo
-presente quella dara risposta ad quella parera....
-
-Di Vostra Illustrissima Signoria
-
- Perpetua oratrice Vannozza.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
-DOCUMENTO N. LIX.
-
-_Lucrezia Borgia a Leon X._
-
- Ferrara, 22 giugno 1519.
-
-Sanctissimo Patre et Beatissimo Signor mio Colendissimo.
-
-Con ogni possibile reverentia d'animo basio li Santi pedi de Vostra
-Beatitudine, et humilmente me raccomando in La sua Santa gratia.
-Havendo io per una difficile gravidanza patito gran male più di
-duo mesi; come a Dio piacque a XIIIJ del presente in aurora hebbi
-una figliola: e sperava essendo scaricata del parto che mal mio
-anche si dovesse alleviare: ma è successo il contrario: in modo
-che mi è forza concedere alla natura: E tanto di dono mha fatto il
-Clementissimo nostro Creatore, che io cognosco il fine de la mia
-vita, e sento che fra poche hore ne saro fuori, havendo pero prima
-ricevuti tutti li Santi Sacramenti de la Chiesa: Et in questo punto
-come christiana benchè peccatrice mi sono racordata de supplicar a
-Vostra Beatitudine, che per sua benignita si degni dare del thesoro
-spirituale qualche suffragio con la Sua Santa benedictione allanima
-mia: e così devotamente la prego. Et in Sua Santa gratia raccomando
-il signor Consorte et figlioli mei tutti servitorj di predicta Vostra
-Beatitudine. In ferrara adi XXIJ de zugno 1519 a hore XIIIJ.
-
-De Vostra Beatitudine
-
- Humil Serva
-
- Lucretia da este.
-
- (Archivio di Stato in Modena.)
-
-
- FINE.
-
-
-
-
-INDICE DEL VOLUME.
-
-
- A DON MICHELANGELO GAETANI, DUCA DI SERMONETA Pag. I
- _Introduzione_ V
-
- LIBRO PRIMO — Lucrezia Borgia in Roma 4
- LIBRO SECONDO — Lucrezia Borgia a Ferrara 217
- Indice dei Documenti 349
- Documenti 353
-
-
-
-
-Errata-Corrige.
-
-
- Pag. linea
-
- 20 9 Croee Croce
- » 26 mantova Mantova
- 23 nota 4 _nato_ _noto_
- 65 20 imprudenza impudenza
- 256 34 quella, quella.
-
-
-
-
- [Illustrazione: Alessandro VI a Lucrezia Borgia.
- (_Archivio di Stato di Modena._)]
-
- [Illustrazione: Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga.
- (_Archivio Gonzaga in Mantova._)]
-
- [Illustrazione: Lucrezia Borgia ad Isabella Gonzaga.
- (_Archivio Gonzaga in Mantova_.)]
-
-
-
-
-NOTE:
-
-
-[1] Zurita, _Annales de Aragon_, V, 36.
-
-[2] Appendice de' documenti alla _Lucrezia Borgia_, n. 6.
-
-[3] Zurita (IV, 55) afferma, che morì _sin dexar ninguna succession_.
-L. N. Cittadella, senza badare a ciò, nel suo _Saggio di Albero
-genealogico e di memorie su la famiglia Borgia_ (Torino, 1872), gli dà
-due figliuoli, Silvia e il cardinale Giovanni Borgia juniore.
-
-[4] Raynald, su questo anno, n. 31.
-
-[5] _Statura procerus, colore medio, nigris oculis, ore paululum
-pleniore:_ Hieron. Portius, _Commentarius_, edizione rara del 1493:
-nella Casanatense in Roma.
-
-[6] Appendice di documenti, n. 1.
-
-[7] Appendice di documenti, n. 30, sulla fine.[10]
-
-[8] Giannandrea Boccaccio al duca, Roma, 25 febbraio, 11 marzo 1493; e
-su questi dispacci ritorneremo più oltre. Archivio di Stato di Modena.
-
-[9] Marin Sanudo, _Diario_, vol. I, fol. 258.
-
-[10] Devo avvertire che nel rendere qui le corrispondenze e i documenti
-italiani, mi son deciso, dopo matura considerazione, a ridurli a
-lezione moderna, prestando loro forma e linguaggio più rispondenti
-a quelli dell'oggi. Ho sempre però tenuti presenti e scrupolosamente
-seguiti i testi originali. Mi son quindi rimasto fedele al concetto,
-non senz'anco, ov'era possibile, conservare l'espressione e sin le
-parole. Documenti e corrispondenze del tempo occorrono in questa
-storia frequenti troppo e numerosi. E riprodurre le une e gli altri
-testualmente nella lingua genuina e nella forma primitiva ancora e
-molto rozza, sarebbe stato come far del libro una specie di centone
-goffo e fastidiosissimo alla lettura. Niuno, per poco famigliare che
-sia con le scritture del tempo, di cui qui si discorre, vorrà per ciò
-muovermi rimprovero. Anzi, mi confido, approverà il modo usato. Chè,
-del resto, provvedendo così all'unità di stile e all'armonia di forma,
-non s'è defraudato alcuno d'alcuna cosa. Il lettore curioso e diligente
-troverà alla fine del volume, in Appendice, riprodotti originalmente i
-documenti più importanti e tuttora inediti, quelli che l'Autore stesso
-ha creduto dover pubblicare. (_Nota del Traduttore._)
-
-[11] Appendice di documenti, n. 4.
-
-[12] Appendice di documenti, n. 1.
-
-[13] Un estratto delle tavole nuziali è nell'Archivio del Campidoglio,
-_Cred. XIV_, t. 72. Da un istrumento del notaro Agostino Martini.
-
-[14] Vedi in proposito le notizie da me tolte dall'Adinolfi nella mia
-_Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter_, 2 _Aufl._, VII, 312.
-
-[15] La lettera con l'indirizzo: _A messer Carlo Canale_, si trova
-nell'edizione: _Le Stanze e l'Orfeo ed altre poesie_ di Angelo
-Poliziano. Milano, 1808.
-
-[16] Nell'Archivio di Mantova trovasi una lettera della marchesa
-Isabella a Carlo Canale del 4 dicembre 1499.
-
-[17] Tutto questo intorno al Canale nella prefazione all'_Orfeo_ di
-Ireneo Affò, messa nella citata edizione di Milano, specialmente nelle
-note.
-
-[18] Appendice di documenti, n. 2.
-
-[19] Ludovico Gonzaga a Bartolomeo Erba: _Siamo contenti contrahi in
-nome nro. compaternità cum M. Carolo Canale et cussì per questa nostra
-ti commettiamo e constituimo nostro Procuratore_... Nota dell'Affò
-nella sua prefazione all'_Orfeo_, pag. 113.
-
-[20] _M^a. Adriana Ursina, la quale è socera de la dicta madona Julia
-(Farnese), che ha sempre governata essa sposa (Lucrezia) in casa
-propria per esser in loco de nepote del Pontifice, la fu figliuola de
-messer Piedro de Milla, noto a V. E^ma. Sig^ria, cusino carnale del
-Papa._ — Dispaccio ad Ercole, del 13 giugno 1493, nell'Archivio di
-Stato di Modena. E in un altro dispaccio del 6 maggio 1493 lo stesso
-la chiama: _Madona Adriana Ursina soa governatrice figliola che fu del
-quondam messer Pietro del Mila_.
-
-[21] Altro vocabolo, che più s'accosti al tedesco _Blaustrumpf_,
-non mi sovviene, e forse non v'è. Gl'Inglesi hanno l'equivalente
-_bleu-stocking_, e i Francesi _bas-bleu_. Nella nostra lingua
-espressione più specifica e viva manca, perche prima, come ben dice
-l'Autore, ce ne mancò il concetto, e poi la cosa. Dico _ci mancò_,
-non ci manca, perche timidamente sì, ma oramai comincia anche tra
-noi a mostrarsi. Del resto quel che importa è comprendere il valore
-intrinseco della parola tedesca. _Blaustrumpf_ vocabolo composto,
-letteralmente indica _persona dalle calze cilestri_. Si adopera al
-traslato ironico, e vuol dire donna che ha messo calze maschili,
-dandosi aria e pretensioni gravi di uomo. Risponde estrinsecamente un
-po' a quel che noi si vuol significare con _donna coi calzoni_. Questo
-però va inteso più nel senso di donna di spirito libero. Per tanto ho
-preferito _dottoressa_, che, come il Fanfani nota, è usato per indicar
-_donna sacciuta e salamistra_. (_Nota del Traduttore._)
-
-[22] Jacobus Bergomensis, _De claris mulieribus_. Paris, 1521.
-
-[23] Appendice di documenti, n. 4.
-
-[24] Appendice di documenti, n. 3.
-
-[25] _Accedit studium illud tuum et perquam fertile bonarum litterarum
-in quo hac in state seris.... Non deerit surgenti tuae virtuti
-commodus aliquando et idoneus praeco. — At tu Caesar profecto non
-parum laudandus es; qui in hac aetate tam facile senem agis. Perge
-nostri temporis Borgiae familiae spes et decus._ — Prefazione alla
-_Syllabica_, edizione romana del 1488: nell'edizione del Gennarelli del
-_Diario di Burcard_.
-
-[26] Appendice di documenti, n. 4.
-
-[27] Sullo studio di Cesare in Pisa: Angelo Fabroni, _Hist. Acad.
-Pisan._, I, 160, 201.
-
-[28] Appendice di documenti, n. 4. — Il 16 giugno 1491 furono fatte
-alcune mutazioni al contratto, le quali Beneimbene ha registrate nello
-stesso protocollo.
-
-[29] Tutto ciò apparisce dallo scioglimento del contratto matrimoniale
-con Don Gasparo: Appendice di documenti, n. 7.
-
-[30] _Cum simonia et mille ribalderie et inhonestate si è venduto
-il Pontificato che è cosa ignominiosa et detestabile_.... Dispaccio
-dell'ambasciatore ferrarese in Milano, Giacomo Trotti, al duca Ercole.
-Milano, 28 agosto 1492: nell'Archivio di Modena.
-
-[31] Compose i distici Jeronimo Porcio, che gli pose nel _Hieronymus
-Porcius Patritius Romanus Rotae Primarius Auditor.... Commentarius_.
-Edizione rara di Eucario Silber in Roma, 18 settembre 1498. — Altri
-distici di Michele Ferno di Milano finiscono:
-
- _Borgia stirps: bos: atque Ceres trascendit Olympo,_
- _Cantabunt nomen saecula cuncta suum;_
-
-il che è stato una vera profezia. Vedi: Michael Firnus, _Historia nova
-Alexandri VI ab Inocentii obitu VIII_. Edizione similmente rara dello
-stesso Eucario Silber, anno 1493.
-
-[32] _Ex arce Spoletina, die V Oct._ (di propria mano) _Vr. uti fr.
-Cesar de Borja Elect. Valentin._ Pubblicato dal Reumont nell'_Archiv.
-Stor. Ital._, serie 3ª, tomo XVII, 1873, 3ª dispensa.
-
-[33] _Era venuto il primo marito de la dicta nepote, qual fu rimesso
-a Napoli, non visto da niuno_... Dispaccio di Giannandrea Boccaccio,
-vescovo di Modena, Roma, 2 novembre 1492, e i seguenti del 5 e 9
-novembre, nell'Archivio di Modena.
-
-[34] Appendice di documenti, n. 7.
-
-[35] Dispaccio nell'Archivio di Mantova. Ne' rapporti officiali la
-Lucrezia era a volte chiamata anche _Nipote_ del Papa.
-
-[36] Giannandrea Boccaccio al duca Ercole. Roma, 25 febbraio 1493.
-
-[37] Vedi il contratto di matrimonio nell'Appendice di documenti, n. 9.
-
-[38] _Memorie manoscritte di Pesaro_, di Pietro Marzetti e di Lodovico
-Zacconi, nella Biblioteca Oliveriana di quella città.
-
-[39] Appendice di documenti, n. 8.
-
-[40] Dispacci del Boccaccio. Roma, 25 febbraio e 11 marzo 1493.
-
-[41] _Magni et excellentis ingenii et praeclare indolis; prae se fert
-speciem filii magni Principis, et super omnia clarus et iocundus,
-e tutto festa: cum magna siquidem modestia est longe melioris et
-praestantioris aspectus quam sit dux Candie germanus suus. Anchora lui
-è dotato di bone parte._ — Dispaccio del 19 marzo 1493.
-
-[42] _Mai fu visto il più carnale homo; l'hama questa madona Lucrezia
-in superlativo gradu._ Dispaccio del Boccaccio, Roma, 4 aprile 1493.
-L'espressione carnale è da prendere solo nel senso del nepotismo: così
-l'ambasciatore stesso l'adopera anche in altro luogo in modo chiaro e
-che non ammette dubbio.
-
-[43] Se ne vegga la descrizione nella mia _Geschichte der Stadt Rom im
-Mittelalter_.
-
-[44] Appendice di documenti, n. 10.
-
-[45] _Cod. Aragon._, II, 2, 67. Edizione Trinchera.
-
-[46] _Carte Strozziane_, filza 343. Archivio di Firenze.
-
-[47] Il 13 gennaio 1494, _Lelia Ursina de Farnesio_ si congratula con
-lui della nomina. Ibidem.
-
-[48] Appendice di documenti, n. 11.
-
-[49] Appendice di documenti, n. 11.
-
-[50] _Atti e Memorie di Storia patria per le provincie Modenesi e
-Parmensi._ Modena, 1863, vol. I, pag. 443.
-
-[51] Dispacci di Giorgio Brognolo al marchese. Roma, 6 e 15 maggio
-1494. Archivio di Mantova.
-
-[52] Dispaccio di Giacomo Trotti al duca Ercole. Milano, 11 giugno
-1494. — Le donne il 1º maggio erano ancora in Roma, avendo in
-tal giorno madonna Adriana scritto alla marchesa di Mantova, per
-raccomandarle un'amica. — Lettera nell'Archivio di Mantova.
-
-[53] Questo Breve trovasi nella _Storia de' Conti e Duchi d'Urbino_
-dell'Ugolini, II: docum. n. 13. Vedi l'originale nell'Archivio di Stato
-di Firenze: solo la firma è di mano d'Alessandro; il rimanente è del
-datario Giovanni Lopez, che si sottoscrive: _Io Datarius_.
-
-[54] _Memorie di Tommaso Diplovatazio, Patrizio Costantinopolitano e
-Pesarese_, di Annibale Olivieri. Pesaro, 1771.
-
-[55] Su Collenuccio vedi lo scritto del suo concittadino Giulio
-Perticari, nelle _Opere_ di costui. Bologna, 1837, vol. II, pag. 52 e
-segg.
-
-[56] Questa notizia la dà Marin Sanudo, _Venuta di Carlo VIII in
-Italia_. L'originale è nella Biblioteca di Parigi, ma ultimamente
-riprodotto in copia nella Marciana. Egli chiama Giulia _favorita del
-Pontefice, di età giovane, et bellissima, savia, accorta e mansueta_.
-
-[57] Secondo un dispaccio di Brognolo, nell'Archivio di Mantova,
-Giulia e Adriana tornarono il primo dicembre. In quel giorno Pandolfo
-Collenuccio, che trovavasi allora in Roma, scriveva: _Una optima
-novella ce è per alcuno. Che M. Julia si è recuperata, et andò Messer
-Joan Marrades per Lei. Et è venuta in Roma: e dicesi, che Domenica de
-nocte allogiò in Palazzo._ — Archivio di Modena.
-
-[58] Dispaccio di Giacomo Trotti. Milano, 21 dicembre 1494. — Archivio
-di Modena.
-
-[59] _Che li pareva ogni hora vedere Messer Bartolomeo da Calcho a
-Sua Eccellenzia cum una staffetta, chel Papa fosse preso, e li fosse
-taliata la testa._
-
-[60] Trotti al duca di Ferrara. Milano, 24 dicembre 1494.
-
-[61] Queste date le porge Marin Sanudo nella sua storia manoscritta
-dell'invasione di Carlo VIII, fol. 470.
-
-[62] Queste date sono tolte dalle notizie di Marin Sanudo, _Diario_,
-vol. I, fol. 55, 58, 85.
-
-[63] _Il dì de S. Laurentio il Duca de Gandia, figliuolo del Papa,
-intrò in Roma accompagnato dal Cardinale di Valenzia, et tutta la Corte
-con grandissima pompa._ Dispaccio di Lodovico Carissimi al duca di
-Ferrara. Roma, 15 agosto 1496. Archivio di Modena. — Il 12 settembre
-il Gandia scrisse una lettera al marchese Gonzaga, che è riprodotta
-nell'Appendice di n. 12, affinchè si abbia anche una lettera di questo
-Borgia.
-
-[64] Il Boccaccio ad Ercole, 24 maggio 1495.
-
-[65] La Civiltà Cattolica (fascicolo del 15 marzo 1873, pag. 727) dà
-un estratto della notizia del _Diario_ di Marin Sanudo, vol. I, 258.
-Essa suona così: _Da Roma per le lettere del orator nostro se intese
-et etiam de private persone cossa assai abominevole in la chiesa di
-Dio che al papa erra nato un fiolo di una dona romana maridata, ch'el
-padre l'havea rufianata e di questa il marito invitò il suocero ala
-vigna e lo uccise tagliandogli el capo ponendo quello sopra uno legno
-con letere che diceva questo e il capo de mio suocero che a rufianato
-sua fiola al papa et che inteso questo il papa fece metter el dito in
-exilio di Roma con taglia. Questa nova vene per letere particular etiam
-si godea con la sua spagnola menatali di Spagna per suo fiol duca di
-Gandia novamente lì venuto._
-
-[66] _Epitaphia clarissimarum mulierum quae virtute: arte: aut aliqua
-nota claruerunt._ Codice di Hartmann Schedel nella Biblioteca Nazionale
-di Monaco.
-
-[67] Lod. Zacconi, _Hist. di Pesaro_, manoscritto nella Biblioteca
-Oliveriana; e così pure Pietro Marzetti.
-
-[68] Le lettere sono nell'Archivio Gonzaga a Mantova.
-
-[69] Battista Almerici, I, e Pietro Marzetti, _Memorie di Pesaro_. Il
-manoscritto è nella Oliveriana. Queste cronache non sono esatte nelle
-date e spesso sono piene d'errori.
-
-[70] Marin Sanudo, _Diario_, vol. I, fol. 410, marzo 1497.
-
-[71] Nell'Appendice di documenti, n. 14, v'è la lettera di condoglianza
-del cardinale Giuliano Della Rovere.
-
-[72] Quest'atto è dato in sunto dall'Amati nel _Periodico di
-Numismatica_ dello Strozzi, anno III, fasc. II, pag. 73.
-
-[73] Appendice di documenti, n. 17.
-
-[74] Nell'Archivio di Modena fra le _Lettere di Donato Aretino da Roma_.
-
-[75] Lettera di Lodovico Carissimi. Roma, 8 agosto 1497. — Archivio di
-Modena.
-
-[76] _Et mancho se è curato de fare prova de se qua con Done per
-poterne chiarire el Rev. Legato che era qua, sebbene Sua Excellentia
-tastandolo sopra ciò gli ne abia facto offerta._ Dispaccio
-dell'ambasciatore ferrarese a Milano, Antonio Costabili, al duca
-Ercole. Milano, 23 giugno 1497. — Archivio di Modena.
-
-[77] Di ciò Pandolfo Collenuccio, che era in Roma al seguito del
-cardinale Ippolito, scrive al duca di Ferrara il 25 dicembre 1498
-(1497). La lettera autografa è nell'Archivio di Modena: _El S. de
-Pesaro ha scripto qua de sua mano: non haverla mai cognosciuta.... et
-esser impotente, alias la sententia non se potea dare.... El prefato
-S. dice però haver scripto così per obedire el Duca de Milano et
-Aschanio_.
-
-[78] Nello stesso dispaccio da Milano del 23 giugno 1497,
-l'ambasciatore ferrarese Costabili scriveva, Giovanni Sforza aver detto
-al duca Ludovico: _Anzi haverla conosciuta infinite volte, ma chel Papa
-non gelha tolta per altro se non per usare con lei. Extendendose molto
-a carico di Sua Beatitudine_.
-
-[79] L'originale del Breve si trova nell'Archivio di Modena: proviene
-dalla Cancelleria di Lucrezia. — Appendice di documenti, n. 15.
-
-[80] Appendice di documenti, n. 16. — Il Ducato di Bisceglie, città
-oggi di 19,000 abitanti, cui mena la strada ferrata di Foggia. Si
-diceva e scriveva allora anche _Biseglia_ o _Biselli_.
-
-[81] Dispaccio di Giovanni Lucido Cataneo. Roma, 8 agosto 1498. —
-Archivio Gonzaga.
-
-[82] I Brevi sono nell'Archivio di Stato di Venezia.
-
-[83] L'istrumento è nel protocollo di Beneimbene. Vedine l'estratto
-nell'Appendice di documenti, n. 18.
-
-[84] Nel protocollo di Beneimbene.
-
-[85] Appendice di documenti, n. 23.
-
-[86] La notizia è nel _Diario_ di Marin Sanudo, II, 751.
-
-[87] Il Breve è nell'Archivio di Stato di Spoleto.
-
-[88] La Bolla d'investitura su pergamena è datata da Roma 1499 _Non._
-(il mese manca). È un'ampia donazione. — Dalla Cancelleria di Lucrezia
-nell'Archivio di Modena.
-
-[89] I due Brevi sono nell'Archivio della Casa comunale di Nepi.
-
-[90] Gli atti relativi alla vendita, dagli 11 al 15 febbraio 1500, sono
-nell'Archivio di Modena.
-
-[91] Vedi la protesta di Jacopo Gaetani nell'Appendice di documenti, n.
-19.
-
-[92] Appendice di documenti, n. 22.
-
-[93] Manoscritto nella Vaticana, n. 5205.
-
-[94] _Collocutores itinerantes Tuscus et Remus, Romae in Campo Florae_,
-1497. Un altro scritto, del quale Jeronimo si vanta, _De gentilicium
-nuptiarum ritu libellus_, non m'è riuscito vederlo.
-
-[95] Appendice di documenti, n. 5.
-
-[96] Appendice di documenti, n. 13.
-
-[97] Vedi Appendice di documenti, n. 41, 42.
-
-[98] Vedi il mio scritto: _Das Archiv der Notare des Capitols in Rom
-und das Protocollbuch des Notars Camillus de Beneimbene von 1457 bis
-1505_. Resoconto di una tornata della Reale Accademia Bavarese delle
-Scienze a Monaco, 1872, fascic. IV.
-
-[99] Nel Codice di Hartmann Schedel, nella Biblioteca Nazionale di
-Monaco.
-
-[100] Nell'Archivio Gonzaga.
-
-[101] _In questa mattina ho hauto lo adviso de la morte del R^mo Card.
-Borgia MIO FRATRE passato de questa vita in Urbino_. _Forlì_, 16 _Ian_.
-1500. — Archivio di Modena.
-
-[102] _A_. 1500 22 _gennaio_ (la data è sbagliata) _morì il Card.
-Borgia, fiolo del Papa Alexº a Orbino. Silva Cronicarum Bernardini
-Zambotti_. — Manoscritto nella Biblioteca di Ferrara.
-
-[103] _La bona memoria del Cardinale Borgia mio fratre_. Roma, 30
-luglio 1500 — Archivio Gonzaga.
-
-[104] È erroneo ciò che crede il Cittadella, che Giovanni Borgia
-_iunior_ sia stato un figlio di Pierluigi, il fratello di Alessandro.
-
-[105] _Femina quasi virago crudelissima et di gran animo_. — _Venuta
-di Carlo VIII_, pag. 811. Manoscritto. Qui _Virago_ non sta nel senso
-indicato innanti a pag. 28, ma nell'altro di donna di tempra virile —
-_Mannweib_.
-
-[106] _O bona Madonna, hora non te mancherà da...._ Dispaccio
-dell'ambasciatore ferrarese Giorgio Seregni al duca Ercole. Milano, 15
-gennaio 1500. — Archivio di Modena.
-
-[107] Appendice di documenti, n. 20.
-
-[108] Appendice di documenti, n. 26.
-
-[109] Appendice di documenti, n. 21.
-
-[110] Sulla facciata di Porta Romana e sui bastioni si veggono ancora
-le armi colossali in pietra di Paolo III, e quelle di suo figlio.
-Un'iscrizione dice: «P. ALOISIUS FARNESIUS DUX I CASTRI ET NEPETE
-MUNIMENTUM HOC AD TUTELAM CIVITATIS EXSTRUXIT, MDXL.»
-
-[111] Corrispondenza di lui col Gonzaga conservata nell'Archivio di
-Mantova.
-
-[112] _Ad Pisaurenses: Guidi Posthumi Silvestris Pisaurensis
-Elegiarum_, _Libri II_, pag. 33. Bonon., 1624.
-
-[113] Appendice di documenti, n. 24.
-
-[114] Pietro Marzetti, _Memorie di Pesaro_. Manoscritto nella
-Oliveriana.
-
-[115] Appendice di documenti, n. 25.
-
-[116] Il cardinal Ferrari al duca Ercole. Roma, 18 febbraio 1501.
-Prima lettera, tra quelle esistenti nell'Archivio di Modena, relativa a
-questo affare.
-
-[117] Lettera di Ercole al suo inviato Manfredo Manfredi in Firenze, 25
-aprile 1501. — Archivio di Modena.
-
-[118] Il Ferrari a Ercole, 1 maggio 1501.
-
-[119] Girolamo Sacrati a Ercole. Roma, 8 maggio 1501.
-
-[120] Bartolommeo dei Cavallieri, inviato ferrarese in Francia, a
-Ercole. Châlons, 26 maggio 1501.
-
-[121] Bartolommeo dei Cavallieri. Lione, 22 giugno 1501.
-
-[122] Ercole a Giovanni Valla, 8 luglio 1501. Ercole al cardinale di
-Rouen, 8 luglio 1501.
-
-[123] Dispaccio di Bartolommeo Cavallieri, inviato di Ferrara presso la
-Corte di Francia, a Ercole, 10, 14, 21 luglio 1501.
-
-[124] Dispacci dello stesso senza data.
-
-[125] Il duca Ercole a Giovanni Valla, suo ambasciatore presso il
-cardinale di Rouen in Milano, 21 e 26 luglio 1501.
-
-[126] _Da Roma accertasi, che la figliola del Papa ha partorito...._
-Gio. Alberto della Pigna al duca. Venezia, 15 marzo 1498. — Archivio di
-Modena.
-
-[127] Uno dei primi ad annunziare che Cesare fosse stato l'uccisore del
-fratello, fu un inviato ferrarese a Venezia. _De novo ho inteso, come
-de la morte del Duca di Candia fo causa el Cardinale suo fratello_.
-Dispaccio del Pigna ad Ercole, Venezia, 22 febbraio 1498.
-
-[128] Si paragoni l'epitaffio di Alessandro VI del Sannazzaro con
-l'epigramma di Guido Postumo: _In Tumulum Sexti_.
-
-[129] Nella lettera presso il Malipiero (_Arch. Stor. Ital._, VII, I,
-499) è detto: SI DICE _che il signor Giovanni Sforza ha fatto questo
-effetto_ (l'uccisione di Gandia)_, perchè il Duca di Gandia usava con
-la sorella, sua consorte, la quale è fiola del Papa, ma d'un'altra
-madre_: il che è positivamente falso. L'ambasciatore veneziano Polo
-Capello accenna a quel rumore con un SI DICE nella sua conosciuta
-Relazione del settembre 1500.
-
-[130] Il Cavallieri ad Ercole: Lione, S agosto 1501. Informa avere
-il Papa scritto al suo nunzio di accettare le domande del duca
-per concludere il matrimonio, il quale sarebbe straordinariamente
-vantaggioso per quest'ultimo e pel duca di Romagna.
-
-[131] Dispacci dell'inviato ferrarese Bartolommeo Cartari da Venezia:
-25 giugno, 28 luglio, 2 agosto 1501. — Archivio di Modena.
-
-[132] Lettera di Ercole al Pozzi in Ferrara, 25 agosto 1501. Le lettere
-di Massimiliano non si trovano nell'Archivio d'Este, nè a Vienna.
-
-[133] Il contratto del 26 agosto 1501 fu ricevuto dal Beneimbene. Tanto
-questo, quanto l'altro contratto stipulato a Ferrara il primo settembre
-1501 in Belfiore, allegato in copia nel protocollo del Beneimbene, non
-sono riprodotti nell'Appendice, perchè troppo lunghi.
-
-[134] Il cardinal Ferrari ad Ercole. Roma, 27 agosto 1501.
-
-[135] _Minute ducali_, primo settembre 1501.
-
-[136] La lettera è stampata nella _Lucrezia Borgia duchessa di
-Ferrara_, del Zucchetti. Milano, 1869.
-
-[137] _Ed altre cose che egli disse per maggiormente magnificare il
-fatto_. Matteo Canali al duca di Ferrara. Roma, 11 settembre 1501.
-
-[138] _Quale mi pare già essere optima Ferrarese_. Dispaccio da Roma
-del 15 settembre.
-
-[139] _Che voleva havessimo veduto che la Duchessa non era zoppa_. Il
-Saraceni a Ercole. Roma, 16 settembre.
-
-[140] Saraceni. Roma, 23 settembre.
-
-[141] Dispaccio del 25 settembre.
-
-[142] Appendice di documenti, n. 29. Ercole fece rispondere in modo
-da calmare i timori. Lettera a' suoi due oratori in Roma, 30 settembre
-1501.
-
-[143] Dispaccio di Matteo Canali ad Ercole. Roma, 18 settembre 1501.
-
-[144] Vedi le Bolle nell'Appendice di documenti, n. 27 e 28. Entrambe
-sono nell'Archivio di Modena. La prima è un duplicato, la seconda
-originale. Manca il suggello di piombo; ma rimane ancora il filo di
-seta rossa e gialla, cui era sospeso. Lo stesso m'accadde incontrare in
-un manoscritto della Barberiniana in Roma, che diedi già nella _Storia
-della città di Roma nel Medio Evo_.
-
-[145] In un mandato del Papa, relativo a certi balzelli, del 21 luglio
-1501, si dice: _Nobili Infanti Johanni Borgia nostro secundum carnem
-nepoti_. Anche in un Breve del 12 giugno 1502 alla Comunità di Gallese:
-_Dil. filii nobilis infantis Johannis Borgia ducis Nepesini dilecti
-filii nobilis viri Caesaris Borgia de Francia_, etc. — Archivio di
-Modena.
-
-[146] Il Saraceni ad Ercole. Roma, 28 settembre.
-
-[147] _Datum in civitate Hispali_, 7 _gennaio_ 1502. _Yo el Rey_. —
-Archivio di Modena, nel _Liber Arrendamentorun Terrarum ad Illmos Dnos
-Rodericum Bor. de Aragonia Sermoneti et Jo. de bor. Nepesin. Duces
-infantes spectantium alearq. scripturar. status eorundem tangentium._
-Biselli, 1502.
-
-[148] Lucrezia ad Ercole, 18 ottobre. Ercole a Lucrezia, 23 ottobre.
-
-[149] Gerardo Saraceni ad Ercole, 15 ottobre 1501.
-
-[150] Ercole a Don Francesco Roxas, 24 ottobre 1501.
-
-[151] Gerardo Saraceni ad Ercole. Roma, 26 ottobre 1501.
-
-[152] Il Saraceni ad Ercole, 26 ottobre 1501.
-
-[153] L'oratore Manfredo Manfredi ad Ercole. Firenze, 22 e 24 novembre
-1601.
-
-[154] Il duca a' suoi due ambasciatori in Roma, 7 ottobre 1501.
-
-[155] Ercole a Gerardo Saraceni, 24 novembre 1501, e altre sue lettere
-dello stesso tenore a' suoi ambasciatori.
-
-[156] Ercole a Gerardo Saraceni in Roma, 11 ottobre 1501.
-
-[157] Dispaccio dell'inviato Ferrarese ad Ercole. Roma, 31 ottobre 1501.
-
-[158] _Il qual mal effecto volendo nui fugire, seamo condescesani a
-contrahere la affinità cum soa Santità. Responsum ill.^mi Dni ducis
-Ferrarie D. Angustino Semetic Ces. M.^tis secretario_. Ferrara, 22
-novembre 1501.
-
-[159] _Che il procedere del Duca era un procedere da mercatante_.
-Ercole a Gerardo Saraceni, 1º dicembre 1501.
-
-[160] Ercole ad Alessandro VI, 1º dicembre 1501.
-
-[161] Dispaccio di Giovanni Lucido, nell'Archivio di Mantova.
-
-[162] La relazione di questo _Reporter_, che si segna _El Prete_, si
-conserva nell'Archivio di Mantova.
-
-[163] Appendice di documenti, n. 34.
-
-[164] Dispaccio di Gianluca Pozzi ad Ercole. Roma, 25 dicembre 1501.
-
-[165] Gianluca Pozzi ad Ercole. Roma, 25 dicembre 1501.
-
-[166] _Fu necessario che la abreviasse_. Gianluca e Gerardo ad Ercole.
-Roma, 30 dicembre 1501.
-
-[167] _E ciò nello scopo, che se mancasse essa Duchessa verso lo
-ill.^mo Don Alfonso non fosse più obbligato di quanto voleva esserlo
-circa dette gioie_. Ercole al cardinale Ippolito, 2 dicembre 1501.
-Della stessa data sul medesimo oggetto è pure la lettera di Ercole a
-Gianluca Pozzi.
-
-[168] Il Pozzi a Ercole, 1º gennaio 1501. — Archivio di Modena.
-
-[169] El Prete ad Isabella. Roma, 2 gennaio 1502. Appendice di
-documenti, n. 35.
-
-[170] Appendice di documenti, n. 34.
-
-[171] Pozzi al duca Ercole. Roma, 28 dicembre 1501.
-
-[172] Pozzi e Saraceni. Roma, 28 dicembre 1501.
-
-[173] Roma, 9 gennaio 1502. Appendice di documenti, n. 36.
-
-[174] Pozzi e Saraceni ad Ercole. Roma, 6 gennaio 1502.
-
-[175] Nell'Archivio comunale di Nepi, dove lo copiai dal _Libro de'
-Brevi_, ec. Appendice di documenti, n. 33. — Con la stessa formola
-e sotto la medesima data, un altro Breve alla Comunità di Trevi
-trovasi nell'Archivio di questa città, ed è stato stampato nell'_Arte
-Cristiana: Passeggiate nell'Umbria_, 1866, pag. 358, di Tullio Dandolo.
-
-[176] Beltrando Costabili al duca Ercole. Roma, 6 gennaio 1502.
-
-[177] Appendice di documenti, n. 37.
-
-[178] I colori della Lucrezia erano giallo e nero bruno (_morello
-aperto_), e quelli di Alessandro giallo e nero.
-
-[179] _Spogli di Giambattista Almerici_, I, 284. Manoscritto
-nell'Oliveriana di Pesaro.
-
-[180] Dispaccio da Rimini, 22 gennaio 1502.
-
-[181] Ferrante ad Ercole. Rimini, 23 gennaio 1502.
-
-[182] L'espressione tecnica è: _lavarsi il capo_.
-
-[183] Ferrante ad Ercole. Imola, 27 gennaio 1502.
-
-[184] Gianluca al duca Ercole. Bentivoglio, 31 gennaio 1502.
-
-[185] Bernardino Zambotto. Vedi lo scritto di monsignor Giuseppe
-Antonelli: _Lucrezia Borgia in Ferrara, sposa a Don Alfonso d'Este.
-Memorie storiche...._ Ferrara, 1867.
-
-[186] L'ambasciatore Beltrando Costabili al duca Ercole. Roma, 7
-gennaio 1502.
-
-[187] Il duca al suo ambasciatore in Roma. Ferrara, 22 gennaio 1502,
-nelle _Minute Ducali a Costabili Beltrando Oratore a Roma_.
-
-[188] Il signor Cittadella, il più grande conoscitore della sua
-città natale, mi fu guida in quel luogo, e devo la cognizione, che
-ne acquistai, ai dati, alle indicazioni e alle antiche carte da lui
-fornitimi.
-
-[189] Lo dice egli stesso in una lettera al suo ambasciatore Beltrando
-Costabili a Roma. Ferrara, 3 febbraio 1502.
-
-[190] Isabella Gonzaga, che stava a vedere il corteggio dalla finestra
-di un palazzo, dà espressamente questo posto al duca. Lettera a suo
-marito: Ferrara, 2 febbraio, nell'_Archiv. Stor. Ital._, App. II, 305.
-Le notizie di lei furono in gran parte inserite nelle descrizioni di
-Marin Sanudo (_Diario_, vol. IV, fol. 104 e seg., sotto il titolo:
-_Ordine di le pompe e spectaculi di le noze de mad. Lucretia Borgia_).
-Rawdon Brown le ha già pubblicate nel suo _Ragguaglio su la vita e le
-opere di M. Sanudo_, II, 197 e seg.
-
-[191] Da Roma egli scriveva a Lucrezia il 16 gennaio, essere stato a
-visitare il figlio Rodrigo e averlo trovato che dormiva il più placido
-sonno che mai. Il 9 febbraio lo stesso cardinale scrive, il Papa
-averlo invitato per la sera insieme con Cesare, il cardinal Borgia
-e la signora principessa, che probabilmente era Sancia. _Lettere
-nell'Archivio di Modena_.
-
-[192] Così la dice la stessa Isabella Gonzaga. La Relazione del Cagnolo
-nomina invece un'altra Adriana, come moglie di Francesco (Colonna) di
-Palestrina.
-
-[193] _Cronica manoscritta_ di Mario Equicola nella Biblioteca di
-Ferrara, nel Palazzo dell'Università, altra volta Paradiso.
-
-[194] Paolo Zerbinati, _Memorie manoscritte_, nella Biblioteca di
-Ferrara, pag. 3.
-
-[195] Il manoscritto è nella Biblioteca di Ferrara: _Nicolai Marii
-Paniciati ferrariensis Borgias. Ad Excell. D. Lucretiam Borgiam III
-Alphonsi Estensis Sponsam celeber, MDII_ — Uno degli epigrammi suona
-così:
-
- _Tyndaridem jactant Heroica saecula cujus_
- _Armavit varios forma superba Duces._
- _Haec collata tibi, merito, Lucretia, cedit,_
- _Nam tuus omne Helenes lumen obumbrat honor._
- _Illa neces populis, diuturnaque bella paravit:_
- _Tu bona tranquillae pacis opima refers._
- _Moribus illa suis speciem temeravit honestam:_
- _Innumeris speciem dotibus ipsa colis;_
- _Ore deam praestas: virtute venustior alma:_
- _Foeda Helenae facies aequiparata tuae._
-
-[196] _Caelii Calcagnini ferrariensis. In Illustriss. Divi Alphonsi
-Primogeniti Herculis Ducis Ferr. ac Divae Lucretiae Borgiae Nuptias
-Epithalamium. Laurentius de Valentia Imprimebat, Ferrariae Deo, Opt.
-Max. Favente Calend. Febr. MDII_.
-
-[197] Egli dice pure:
-
- _Est levis haec jactura tamen, ruat hoc quoque quicquid_
- _Est reliquum, juvet et nudis habitare sub antris,_
- _Vivere dum liceat tecum pulcherrima virgo._
-
-_Ludovici Areosti ferrariensis Epithalamion_, nel vol. I de' _Carmina
-Illustrium Poetarum Italorum_, pag. 342-46.
-
-[198] Vedi il passo in _Lucrezia Borgia in Ferrara_. Ferrara, 1867,
-pag. 20.
-
-[199] Vedi il passo in _Lucrezia Borgia in Ferrara_. Ferrara, 1867,
-pag. 39.
-
-[200] Agnolo Firenzuola, _Della perfetta bellezza di una donna_, vol. I.
-
-[201] _Fu essa Lucrezia di venusto e mansueto aspetto, prudente,
-di gratissime maniere negli atti, e nel parlare di molta grazia e
-allegrezza._ — Così il segretario intimo di Alfonso, Bonaventura
-Pistofilo, nella _Vita di Alfonso I d'Este_. Tutti i contemporanei le
-danno della _venusta_, _gentile_, _graziosa_, _amabile_.
-
-[202] Queste rappresentazioni cominciarono il 13 febbraio: vi furon
-anche delle moresche. — _Cronica manoscritta_ dello Zambotto nella
-Biblioteca di Ferrara.
-
-[203] Le notevoli lettere d'Isabella sulle feste nuziali in Ferrara
-sono pubblicate nelle _Notizie di Isabella Estense_, di Carlo d'Arco
-(_Archiv. Stor. Ital._, App. II, 223 e seg.). La lettera della
-marchesana di Cotrone, del 1º febbraio, è nella Biblioteca di Mantova,
-e nell'Archivio poi sono parecchie altre lettere della stessa al
-Gonzaga a proposito delle feste.
-
-[204] _Qual Madonna sposa danzò molte danze, al suono delli suoi
-Tamburini alla Romanesca e Spagnuola._ — Relazione di Niccolò Cagnolo
-di Parma, che aveva accompagnato a Ferrara l'ambasciatore francese.
-Questa descrizione delle feste nuziali fu inserita dallo Zambotto nella
-sua _Cronica_; sicchè è pubblicata nel piccolo scritto già citato:
-_Lucrezia Borgia in Ferrara_, ec. (1867).
-
-[205] La _Cassaria_ fu rappresentata la prima volta nel 1508, i
-_Suppositi_ nel 1509. Giuseppe Campori, _Notizie per la vita di
-Lodovico Ariosto_, seconda ediz. Modena, 1871, pag. 67.
-
-[206] Dispaccio dell'inviato ferrarese Bartolomeo Cartari ad Ercole.
-Venezia, 25 gennaio 1502. — Archivio di Modena.
-
-[207] Nel dispaccio stesso il Cartari dice, che le vesti da lui
-descritte erano state destinate per servire di regalo. — _Li
-Ambasciatori veneziani le presentarono due vesti grandi in forma di
-patii di velluto Cremesino foderati di ermelini, quali levatesi di
-sopra loro le presentarono_: Cagnolo.
-
-[208] _Ano dato materia di ridere ad hogni homo cum suo presente_: La
-marchesana di Cotrone al marchese di Mantova. Ferrara, 8 febbraio 1502.
-
-[209] _Violas arcu pulsantes_.... Cesare Borgia ad Ercole. Roma, 3
-settembre 1498.
-
-[210] Vedi le lettere di Isabella del 3 e 5 febbraio.
-
-[211] Appendice di documenti, n. 39.
-
-[212] La lettera è pubblicata dallo Zucchetti, pag. 12.
-
-[213] Appendice di documenti, n. 40.
-
-[214] _P. S. Li gentilhomini de lo illustrissimo signor Duca di
-Romagna, poichè sono stati qui dodici giorni, sono stati da me
-licenziati per essere impertinente e senza fructo alcuno a la Santità
-de N. S. et allo illustrissimo signor Duca de Romagna._ — A Beltrando
-Costabili, nelle Minute Ducali, 14 febbraio 1502.
-
-[215] Appendice di documenti, n. 38.
-
-[216] Il Cittadella (_Guida del forestiere in Ferrara_. Ferrara, 1873)
-ride pello specchio che avrebbe tradito l'amore di Ugo e Parisina. Vedi
-il _Castello di Ferrara_ (Torino, 1873) dello stesso, e la descrizione
-del castello nelle _Notizie storico-artistiche sui primarii palazzi
-d'Italia_. Firenze, Cennini, 1871.
-
-[217] Il primo tipografo in Ferrara nel 1471 fu il francese Andreas,
-nominato Belforte. Luigi Napoleone Cittadella, _La stampa in Ferrara_.
-Ferrara, 1873.
-
-[218] Vedi le prime pagine della nota _Biografia del Savonarola_, di
-Pasquale Villari.
-
-[219] _Maxime intendendo che continuano dormire insieme la notte. Se
-ben intende ch'el signor Don Alfonso el dì va a piacere in diversi loci
-come giovane; il quale, dice Sua Santità, fa molto bene_. — Beltrando
-Costabili al duca. Roma, 1º aprile 1502.
-
-[220] Appendice di documenti, n. 41.
-
-[221] Carlino d'argento con la scritta: JOANNES BOR. DUX. CAMERINI; il
-bove, arme de' Borgia, circondato di gigli, e le strisce de' Lançol.
-Sul rovescio: SAN. VENANTIUS. DE. CAMERI. Tali monete sono illustrate
-nel _Periodico di Numismatica e Sfragistica per la storia d'Italia_,
-diretto dal marchese C. Strozzi (Firenze, 1870, A. III., fascic. II,
-pag. 70-77); da G. Amati, e poi (A. IV, fascic. VI, pag. 259-265) da
-M. Santoni. Gl'illustratori cadono entrambi nell'errore di tener Gio.
-Borgia per un figlio del duca di Gandia; e l'Amati scambia pure Valenza
-(_Valence_) nel Delfinato, con Valenza (_Valencia_) nella Spagna.
-
-[222] Le date delle due visite di Cesare sono nella _Cronaca Estense_
-di F. Paolo da Rignano. — Manoscritto nell'Archivio di Stato degli
-Este.
-
-[223] Il duca al suo ambasciatore Costabili a Roma, 9 e 23 ottobre 1502.
-
-[224] Appendice di documenti, n. 44.
-
-[225] Appendice di documenti, n. 45.
-
-[226] Dispaccio di Bartolomeo Cavalieri ad Ercole. Macon, 8 settembre
-1503.
-
-[227] Appendice di documenti, n. 46.
-
-[228] Appendice di documenti, n. 49.
-
-[229] Bembo, _Opere_, vol. III, pag. 309.
-
-[230] A Beltrando Costabili, nelle _Minute Ducali_. Ferrara, 28 agosto
-1503.
-
-[231] Appendice di documenti, n. 47.
-
-[232] La medaglia è nel Gabinetto numismatico della Biblioteca
-Olivieriana di Pesaro. È stata riprodotta nella _Nuova raccolta delle
-Monete e Zecche d'Italia_, di Guidantonio Zannetti, pag. 1.
-
-[233] Vedi Giulio Perticari, _Opere_. Bologna, 1839, vol. II: _Intorno
-la morte di Pandolfo Collenuccio_. Il giudizio del Perticari è troppo
-parziale ed entusiastico. L'inno bellissimo sulla morte, composto dal
-Collenuccio poco innanzi di morire, deve essere stato, senza dubbio,
-fatto in altro e meno terribile momento.
-
-[234] Appendice di documenti, n. 48.
-
-[235] Il diploma è nell'Archivio d'Este.
-
-[236] È un registro intitolato: _Liber arrendamentorum terrarum ad
-illustrissimos Dominos Rodericum Borgiam de Aragonia, Sermoneti etc.,
-et Johannem Borgiam Nepesini Duces, infantes spectantium aliarumque
-scripturarum status eorundem tangentium_. Biselli, 1502.
-
-[237] Appendice di documenti, n. 50.
-
-[238] Ercole al suo ambasciatore in Roma, 31 dicembre 1503.
-
-[239] Dispaccio di Manfredo Manfredi ad Ercole. Firenze, 20 agosto 1504.
-
-[240] _Perchè la Mogliera del Duca di Candia, che fu morto dal Duca
-Valentino, ha procurato questo acto de tencione et vendicta, et che Lei
-è parente del Re di Spagna._ — Lettera di Giovanni Alberto della Pigna
-a Ercole. Venezia, 18 giugno 1504.
-
-[241] Dispaccio del Costabili al duca. Roma, 27 ottobre 1504.
-
-[242] Contratto nel Protocollo di Beneimbene.
-
-[243] Appendice di documenti, n. 51.
-
-[244] _Dissertazione del sig. Dottor Baldassare Oltrocchi sopra i
-primi amori di Pietro Bembo_, indirizzata al sig. conte Giammaria
-Massucchelli Bresciano. — Nella _Nuova Raccolta d'Opuscoli scientifici_
-del Calogerà, tomo IV. — _Lettere di Lucrezia Borgia a Messer Pietro
-Bembo_, dagli autografi conservati in un Codice della Biblioteca
-Ambrosiana. Milano, coi tipi dell'Ambrosiana, 1859.
-
-[245]
-
- _Laeto nata solo, dextra, rosa, pollice carpta;_
- _Unde tibi solito pulcrior, unde color?_
- _Num te iterum tinxit Venus? sin potius tibi tantum_
- _Borgia purpureo praebuit ore decus?_
-
-[246] «Ad Bembum de Lucretia:»
-
- _Si mutatur in X. C. tertia nominis hujus_
- _Littera LUX fiet, quod modo LUC fuerat._
- _RETIA subsequitur, cui tu haec subiunge paratque,_
- _Subscribens lux haec retia, Bembe, parat._
-
-[247]
-
- _La prima inscrizion ch'agli occhi occorre_
- _Con lungo onor Lucrezia Borgia noma,_
- _La cui bellezza ed onestà preporre_
- _Debbe all'antiqua la sua patria Roma._
- _I duo che voluto han sopra sè torre_
- _Tanto eccellente ed onorata soma,_
- _Noma lo scritto: Antonio Tebaldeo,_
- _Ercole Strozza: un Lino, e un Orfeo._
-
-[248] Vedi lo scritto del marchese Giuseppe Campori: _Una vittima della
-storia_ (Lucrezia Borgia), nella _Nuova Antologia_ del settembre 1866.
-
-[249] Vedi il Frizzi, Storia di Ferrara, vol. IV, pag. 205.
-
-[250] _Cose tutte che sono in onta del vero_, dice in proposito Antonio
-Cappelli nella Prefazione (pag. XXXIII e seg.) alla sua edizione delle
-_Lettere di Ludovico Ariosto_: Bologna, 1866. L'egloga si trova nelle
-_Opere minori_ dell'Ariosto, vol. I, pag. 267. Angela Borgia è nominata
-nella quarta ottava dell'ultimo canto dell'_Orlando Furioso_.
-
-[251] Appendice di documenti, n. 18.
-
-[252] La Bolla è nell'Archivio di casa Gaetani.
-
-[253] Vedi Fioravante Martinelli, _Carbognano illustrato_. Roma, 1644.
-
-[254] Appendice di documenti, n. 53.
-
-[255] Appendice di documenti, n. 54.
-
-[256] Appendice di documenti, n. 55.
-
-[257] Dispacci dell'ambasciatore ferrarese in Francia, Manfredo
-Manfredi, al duca Alfonso, gennaio 1507.
-
-[258] Lettere di Jeronimo Magnanini al suo signore Alfonso. Ferrara,
-dagli 11 al 22 aprile, nell'Archivio Este.
-
-[259] _Cæsaris Borgia Ducis Epicedium per Herculem Strozzam ad Divam
-Lucretiam Borgiam Ferrariæ Ducem. Nello Strozii Poetæ Pater et Filius_.
-Parigi, 1530.
-
-[260] Vedi _Genealogia della Casa Borgia_, del Cittadella.
-
-[261] Lettera di Giulio Alvarotti dalla Francia, del 14 febbraio 1550.
-— Archivio di Modena.
-
-[262] Campori, _Una vittima della storia_; Antonio Cappelli, _Lettere
-di L. Ariosto_, prefazione, pag. LXI. Vedi anche W. Gilbert, _Lucrezia
-Borgia Duchess of Ferrara_, vol. II, pag. 240 e seg.
-
-[263] Di ciò egli diede nuova al marchese Gonzaga con lettera da
-Pesaro, 4 novembre 1505. — Archivio di Mantova.
-
-[264] Gli Atti relativi a questi ultimi Sforza di Pesaro sono in copia
-nell'Archivio di Stato di Firenze: testamento di Giovanni Sforza del
-24 luglio 1510; trattato di Galeazzo col legato papale del 30 ottobre
-1512; testamento di Galeazzo del 23 marzo 1515; in Pesaro poi le tavole
-nuziali d'Isabella del 29 settembre 1520.
-
-[265] «J'ose dire que, de son temps, ni beaucoup avant, il ne s'est
-point trouvé de plus triomphante princesse, car elle était belle,
-bonne, douce et courtoise à toutes gens.» _Le Loyal serviteur, Histoire
-du bon Chevalier_, le seigneur De Bayard, chap. 45.
-
-[266] Il dispaccio dell'agente è nell'Archivio di Mantova.
-
-[267] Gl'istrumenti nel _Liber Arrendamentorum_, già citato, provengono
-dalla Cancelleria di Lucrezia.
-
-[268] Vedi Cittadella, _Genealogia della famiglia Borgia_, pag. 41 e
-seg.
-
-[269] Pubblicate nell'edizione italiana della _Vita di Leon X_ del
-Roscoe, cap. VII, pag. 300 e seg.
-
-[270] Cittadella, _Albero genealogico_, n. XXXI.
-
-[271] Trovai gli Atti nell'Archivio di Stato di Firenze, fra le carte
-di Urbino, cl. I, div. C, fil. 14. — Giulia Varano nel 1534 sposò
-Guidobaldo II di Urbino, cui portò in dote Camerino. Ma colui dovette
-nel 1539 cederlo a Paolo III, che lo diede al nipote Ottavio Farnese.
-
-[272] Dispaccio di Beltrando Costabili al duca Ercole. Roma, 7 marzo
-1504.[273]
-
-[273] Il dispaccio del Costabili è uno degli ultimi citati in questa
-storia. Dispacci e relazioni officiali di oratori, agenti, inviati e
-ambasciatori della Repubblica di Venezia, delle Corti di Ferrara e di
-Mantova, incontrammo sin qui ad ogni passo. I nomi dei Capello e Zorzi;
-dei Pozzi, Trotti, Manfredi, Seregni, Sacrato, Cartari, Saraceni,
-Bellingeri, Boccaccio, Carissimi e Costabili; dei Brognolo, Cataneo e
-Carola, e per la molta attività che spiegavano, e per la intera fiducia
-che meritamente godevano, hanno dovuto lasciare nel lettore gradita
-impressione. Quanto a noi, procedendo nella traduzione di questo libro,
-in verità ci parve mano mano formassero il più spiccato e più nobile
-contrapposto a un mondo ricchissimo e splendidissimo, senza dubbio,
-nelle forme, ma guasto nelle intime essenzialità della vita; a un
-mondo, ove ogni cosa, per sacra che fosse, cedeva spesso alla passione
-e all'interesse brutale, e ogni idea di moralità sembrava quasi del
-tutto ottenebrata, e carattere proprio degl'uomini pubblici era quello
-di non averne alcuno. Rimpetto a quel mondo sì profondamente commosso
-e tutto pieno d'instabilità negl'animi e in qualsiasi umana relazione,
-splende davvero di bella luce quella pleiade di uomini seriamente e
-costantemente devoti al dover loro e ai loro Stati, scrupolosi nel
-loro ufficio, fedeli ai Principi loro, cauti, oculati, attenti sempre,
-quanto alacri, abili ed esperti! E come quei che gli si affidarono,
-dovettero esser contenti de' segnalati servizii che n'ebbero e del
-modo onde furon resi! Nel dividerci da essi sia lecita questa parola
-che ne onori la memoria. Valga la fama di quegli uomini egregii a
-riabilitare, non fosse che in parte, il nome italiano in quell'epoca
-floridissima e tristissima insieme. Nè, da un altro lato, l'operosità e
-svegliatezza, onde fecero mostra, avrà forse contribuito poco a fondare
-quella reputazione di sagacia e d'avvedutezza che l'ingegno diplomatico
-degl'Italiani s'è acquistata. (_Nota del Traduttore_.)
-
-[274] Documento nell'Archivio _Sancta Sanctorum_, armadio IV, mazzo VI,
-n. 7.
-
-[275] Atto del 4 dicembre 1503, nell'Archivio suddetto.
-
-[276] Archivio _Sancta Sanctorum_: istrumento del 1º aprile 1504.
-
-[277] Archivio _Sancta Sanctorum_, armadio IV, mazzo VI, n. 5.
-
-[278] Archivio _Sancta Sanctorum_, armadio VI, mazzo VI, n. 7.
-
-[279] Appendice di documenti, n. 58.
-
-[280] Testamento di Vannozza nell'Archivio del Campidoglio, cred. XIV,
-T. 72, pag. 305, negli Atti del notaio Andrea Carosi.
-
-[281] Presso Marin Sanudo, _Diario_, vol. XXVI, fol. 135.
-
-[282] Pubblicata nella _Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara_, dello
-Zucchetti, pag. 21.
-
-[283] Appendice di documenti, n. 59.
-
-[284] Edita dallo Zucchetti, pag. 23.
-
-[285] Edita dallo Zucchetti, pag. 23. Lo Zucchetti crede che _il
-cilizio_ di Lucrezia non fosse la veste di crini, ma quel cordone che
-sogliono portare stretto e nascosto sotto gli abiti gli ascritti al
-Terziarato di San Francesco. Anche Dante deve averlo portato siffatto
-cordone.
-
-[286] Devo alla bontà del signor Giulio Friedländer, direttore del
-Gabinetto numismatico di Berlino, una copia in gesso della medaglia
-colà esistente, e che è l'esemplare più perfetto tra quelli che se
-ne trovano (in Ferrara, Modena e Bologna). L'incisione è presa dal
-rame stesso, che il signor Friedländer fece disegnare pel suo scritto
-sulla medaglia di Lucrezia: _Eine Schaumünze der Lucrezia Borgia von
-Filippino Lippi_, ne' _Berliner Blätter für Munz = Siegel= und Wappen =
-Kunde. Bd. III, Berlin_, 1806. In quello scritto il lettore può vedere
-ciò che l'esimio Numismatico ha detto a proposito della medaglia e del
-tempo dell'impressione. Egli pensa che nel gennaio 1502 ne fu fatto in
-Bologna il modello in cera, che non venne poi eseguito che nel 1505,
-quando Lucrezia era divenuta di fatto duchessa di Ferrara.
-
-[287] Le due medaglie si trovano nel _Trésor de Numismatique et de
-Glyptique_, II, pl. XXV, 2, e II, pl. XXIV, 1.
-
-[288] Vedi Ugolini, _Storia dei Duchi d'Urbino_, cap. II, pag. 248.
-
-[289] J. M. S. Daurignac, _Histoire de S. Francois de Borgia, duc de
-Gandie, troisième General de la Compagnie de Jésus_. Paris, 1863.
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
-
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
-senza annotazione minimi errori tipografici. Le correzioni indicate a
-pag. 439 (Errata-Corrige) sono state riportate nel testo.
-
-
-
-
-
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-
-
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-<pre>
-
-The Project Gutenberg EBook of Lucrezia Borgia, by Ferdinand Gregorovius
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most
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-www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have
-to check the laws of the country where you are located before using this ebook.
-
-Title: Lucrezia Borgia
- secondo documenti e carteggi del tempo
-
-Author: Ferdinand Gregorovius
-
-Translator: Raffaele Mariano
-
-Release Date: July 27, 2020 [EBook #62773]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LUCREZIA BORGIA ***
-
-
-
-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by the HathiTrust
-Digital Library)
-
-
-
-
-
-
-</pre>
-
-
-<div class="booktitle">
-<h1>
-LUCREZIA BORGIA
-<span class="smaller">SECONDO DOCUMENTI E CARTEGGI DEL TEMPO.</span>
-</h1>
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-
-<div class="titlepage">
-<p class="x-large">
-F. GREGOROVIUS.
-</p>
-
-<p class="pad2 main-t">
-LUCREZIA BORGIA
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-
-<p class="pad1">
-SECONDO DOCUMENTI E CARTEGGI DEL TEMPO.
-</p>
-
-<p class="pad2 x-small">
-TRADUZIONE DAL TEDESCO<br />
-PER<br />
-<span class="x-large">RAFFAELE MARIANO.</span>
-</p>
-
-<p class="pad1 small">
-3ª Ristampa.
-</p>
-
-<p class="pad4">
-<span class="large g">FIRENZE.</span><br />
-SUCCESSORI LE MONNIER.<br />
-—<br />
-<span class="small">1885.</span>
-</p>
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-
-<div class="verso">
-<hr class="mid" />
-<p>
-Proprietà degli Editori.
-</p>
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-</div>
-
-<div class="somm">
-<hr />
-<p class="center x-large"><a href="#indice" id="indfront">INDICE</a></p>
-<hr />
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_i">[i]</span>
-</p>
-
-<h2 id="dedica">A
-DON MICHELANGELO GAETANI
-<span class="smaller">DUCA DI SERMONETA.</span></h2>
-</div>
-
-<p class="indl">
-<span class="smcap">Onorevole Signor Duca</span>,
-</p>
-
-<p>
-A dedicarle questo scritto mi mossero non solo
-eventi storici trattati in esso, ma altresì personali relazioni.
-Ed a Lei è piaciuto accogliere gentilmente ambo
-i motivi.
-</p>
-
-<p>
-In questo libro Ella vedrà comparire antenati dell'antica
-e celebre casa sua, ma non in prospera luce.
-I Borgia sono stati nemici capitali dei Gaetani. E gran
-mercè per costoro, se schivarono quella rovina, che
-Alessandro VI e il suo formidabile figliuolo avevan loro
-giurata. Sermoneta con tutti i vistosi beni, appartenuti
-da tempo antichissimo alla casa Gaetani, furon dai Borgia
-rapiti. E per mano degli stessi gli avi suoi ebbero
-morte o dovettero prendere la via dell'esilio. Signora di
-Sermoneta divenne Donna Lucrezia. E poscia il figliuolo
-di lei, Rodrigo d'Aragona, fu, come Duca, investito
-delle possessioni dei Gaetani.
-</p>
-
-<p>
-Da quel tempo sono oramai trascorsi secoli; ond'Ella
-può perdonare le prepotenti manomissioni de' diritti della
-Casa sua ad una donna bella e sventurata. Già la Bolla di
-Giulio II, ch'Ella, anche per riguardo alla perfezione
-<span class="pagenum" id="Page_ii">[ii]</span>
-calligrafica, serba qual gioiello nell'Archivio della famiglia,
-valse a ricostituir ben presto la casa dei Gaetani.
-E da quel tempo questa conservò sempre il retaggio
-de' padri gloriosi. E si deve poi a Lei, se gli aviti possedimenti,
-grazie ad un governo esemplare, siano oggidì
-tornati di nuovo in fiore.
-</p>
-
-<p>
-Il persistere delle tradizioni storiche rispetto alle
-cose e agli uomini esercita in Roma indicibile attrattiva
-su tutti i cultori della storia. Su me ha in particolar
-modo avuto influenza potentissima l'osservare come
-perdurino caratteri proprii di un passato storico in famiglie
-romane antichissime, ma che tuttora sussistono,
-che ancora oggi sono vegete e floride; e l'aver potuto
-entrare con queste in personali relazioni. I Colonna, gli
-Orsini e i Gaetani si mostraron meco sempre benevoli.
-E sempre queste tre celeberrime famiglie mi furono
-larghe di ogni desiderabile agevolezza. Ed Ella, signor
-Duca, fu primo in Roma ad aprirmi senza riserva gli
-archivii della Casa sua. Poi per lunghi anni Don Vincenzo
-Colonna, del quale serberò eterna memoria, mi
-concesse pari favore, sino a che l'onorando vegliardo
-non morì nel Castello di Marino.
-</p>
-
-<p>
-I Gaetani, gli Orsini e i Colonna s'erano ritirati
-da un pezzo dal teatro della storia di Roma. I primi anzi
-se ne allontanarono molto più presto degli altri. Venne
-però giorno, in cui Ella, illustre Duca, doveva far
-rientrare la sua antica stirpe nella storia della città. Fu
-il giorno, per quella il più onorevole, che, caduto il secolare
-dominio del Papato, Ella, a capo del Governo
-cittadino, depose nelle mani di Re Vittorio Emanuele,
-a Firenze, l'atto di dedizione del popolo romano. Momento
-<span class="pagenum" id="Page_iii">[iii]</span>
-memorando, che chiuse per sempre un lungo
-periodo della vita della città, iniziandone uno novello!
-Esso vivrà eterno nella storia de' Gaetani accoppiato al
-nome suo, e renderà quest'ultimo indelebile dalla memoria
-de' Romani.
-</p>
-
-<p>
-Di quell'avvenimento in Roma io non fui testimone.
-Pure, parlandone, mi torna in mente tutto quel
-moto e quella progressiva attività pubblica e privata,
-alla quale mi fu dato assistere per lunga serie d'anni.
-Devo a Lei e alla liberale Casa sua l'esser rimasto per sì
-gran tempo nel più vivo contatto con la storia di Roma.
-E di tutte le relazioni, che ebbi l'onore di stabilire con
-insigni famiglie d'Italia, quelle che alla sua mi legano,
-sono, senza dubbio, le più antiche e le più personali.
-</p>
-
-<p>
-Vidi già venir su i suoi nobili figliuoli; e veggo
-ora con gioia la schiera de' piccoli nipoti, che intorno
-a Lei, nuovo fondatore della famiglia, comincia a crescere
-rigogliosa. Possano prosperare, e perpetuare ancora
-per lunga e felice età la sua antichissima schiatta,
-e nel più lontano avvenire arricchirla ancora di geste e
-nomi d'uomini e donne nobili e famosi.
-</p>
-
-<p>
-Con tali voti Le offro questo scritto ornato del nome
-suo. So che Ella lo accoglierà con bontà, che non sarà
-da meno dell'animo semplice e senza pretensione, col
-quale io glielo presento. In verità io intendo dare per
-esso un segno da me desiderato alla casa Gaetani; segno
-di riconoscente ricordanza, di profonda venerazione per
-Lei, di devozione grande che mai sempre mi legherà
-all'illustre famiglia sua.
-</p>
-
-<p class="indl">
-<i>Roma, 9 marzo 1874.</i>
-</p>
-
-<p class="indr">
-<span class="smcap">Gregorovius.</span>
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_v">[v]</span>
-</p>
-
-<h2 id="intro">INTRODUZIONE.</h2>
-</div>
-
-<p>
-Lucrezia Borgia è la figura della più sciagurata
-delle donne nella storia moderna. È forse tale, perchè
-fu insieme la più colpevole? Ovvero le tocca soltanto
-portare il peso dell'esecrazione, che il mondo per errore
-le ha inflitto? Perchè il mondo, in verità, si diletta
-dello spettacolo di virtù e di colpe in persone tipiche,
-appartengano esse al mito o alla storia.
-</p>
-
-<p>
-Quelle domande aspettano ancora una risposta.
-</p>
-
-<p>
-I Borgia stimoleranno per lungo tempo lo storico
-e lo psicologo alla ricerca. Un amico di molto ingegno
-mi domandava un giorno, come accadesse che tutto
-quanto si riferisce ad Alessandro VI e a Cesare e a Lucrezia
-Borgia, e ogni fatto della vita loro e ogni lettera
-nuovamente scoperta dell'uno o dell'altro di essi, ecciti
-la curiosità nostra più vivamente che non facciano simili
-cose rispetto ad altri individui, storicamente anche
-più importanti. Io non conosco spiegazione migliore di
-questa: la Chiesa di Cristo è pe' Borgia il loro fondo
-stabile; su questo sorgono e crescono; su questo si
-mantengono; e l'acuta opposizione della natura loro col
-concetto del santo gl'impronta di un carattere demoniaco.
-I Borgia sono la satira di una forma o di un
-concetto grande del mondo ecclesiastico, che essi abbattono
-<span class="pagenum" id="Page_vi">[vi]</span>
-o negano. Le basi, sulle quali s'elevano le loro
-figure, spiccano in alto, e i visi loro sono pur sempre
-tocchi dalla luce dell'ideale cristiano. Mediante questa
-noi li vediamo e riconosciamo. L'impressione morale
-delle azioni loro a noi non giunge che attraverso
-quel mezzo, tutto penetrato di concetti religiosi. Senza
-ciò, i Borgia, posti in loco profano, scenderebbero al
-livello di molti altri uomini della stessa tempra, e presto
-finirebbero per essere non più che singoli nomi di
-una grande classe.
-</p>
-
-<p>
-Di Alessandro VI e di Cesare v'è una storia: di Lucrezia
-Borgia invece abbiamo appena qualcosa più di
-una leggenda. E, stando a questa, essa non è che una
-Menade, l'ampollina del veleno in una mano, nell'altra
-il pugnale: una Furia, con insieme i lineamenti belli e
-dolcissimi di una Grazia.
-</p>
-
-<p>
-Vittor Hugo l'ha rappresentata qual mostro morale.
-E, come tale, fa ancora oggidì il giro de' teatri
-d'Europa. E così pure la concepisce tuttora l'immaginazione
-degli uomini in generale. Chi ami la vera poesia
-condannerà, come un grottesco traviamento dell'arte
-poetica, la <i>Lucrezia Borgia</i>, il dramma mostruoso
-del romantico poeta. Quanto poi al conoscitore della storia,
-questi, di certo, potrà sorriderne, non senza, per
-altro, scusare al tempo stesso lo spiritoso poeta della
-ignoranza e della credulità di lui ad una tradizione ammessa
-dal Guicciardini in poi.
-</p>
-
-<p>
-Il Roscoe aveva già posto in dubbio siffatta tradizione
-e tentato confutarla. L'apologia scritta da lui venne
-dagl'italiani, per amor di patria, accolta con grato animo.
-E fra loro stessi s'è andato propagando negl'ultimi
-tempi un moto di reazione contro quella comune maniera
-di rappresentarsi la Lucrezia.
-</p>
-
-<p>
-La miglior critica della leggenda non poteva esser
-<span class="pagenum" id="Page_vii">[vii]</span>
-fatta che ne' luoghi, ove sussiste il più gran numero di
-memorie e documenti relativi alla vita di lei: Roma e
-Ferrara; poi Modena e Mantova, ove trovasi nell'una
-l'Archivio degli Este, nell'altra quello dei Gonzaga. Alcuni
-scritti d'occasione mostrarono, che la questione
-sollevata continuava ad essere dibattuta ed esigeva una
-soluzione.
-</p>
-
-<p>
-Ai tempi nostri scriveva primieramente di nuovo
-la storia de' Borgia Domenico Cerri nel suo: <i>Borgia,
-ossia Alessandro VI papa, e i suoi contemporanei</i>,
-Torino, 1858. Un anno dopo, Bernardo Gatti pubblicava
-in Milano le lettere di Lucrezia al Bembo. Nel 1866
-il marchese G. Campori di Modena diè nel fascicolo di
-settembre della <i>Nuova Antologia</i> un breve scritto: <i>Una
-vittima della storia — Lucrezia Borgia</i>. E nel 1867 venne
-alla luce quello di monsignor Antonelli ferrarese: <i>Lucrezia
-Borgia in Ferrara, sposa a Don Alfonso d'Este — Memorie
-storiche</i>. Ed un altro opuscolo: <i>Lucrezia Borgia
-duchessa di Ferrara</i>, Milano, 1869, fu quindi pubblicato
-da Giovanni Zucchetti di Mantova. Intendimento di
-tutti questi autori fu di schiarire storicamente la leggenda
-di Lucrezia, e di fare un'apologia della sventurata donna.
-</p>
-
-<p>
-Anche altri non Italiani, sopra tutto Francesi e
-Inglesi, cooperarono all'intento medesimo. Armando Baschet,
-al quale dobbiamo alcune meritevoli pubblicazioni
-diplomatiche, annunziava nel suo <i>Aldo Manuzio,
-Lettres et Documents</i>, 1475-1515, Venezia, 1867, che
-da anni preparava un'opera sulla vita di madonna Lucrezia
-Borgia, e che all'uopo aveva raccolto grande copia
-di documenti. Sciaguratamente il lavoro di codesto
-esimio conoscitore di parecchi Archivii d'Italia non è
-sin qui apparso; cosa che per mia parte deploro, senza
-però rinunziare alla speranza che il Baschet sciolga un
-giorno la sua promessa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_viii">[viii]</span>
-</p>
-
-<p>
-Frattanto vedeva la luce a Londra nel 1869 un libro,
-il primo abbastanza esteso, sull'argomento: <i>Lucrezia
-Borgia Duchess of Ferrara, a Biography illustrated
-by rare and unpublished documents</i>, di Guglielmo Gilbert.
-Disgraziatamente il manco di scienza e di metodo
-diminuisce il valore di questo libro, utile, del resto,
-che, come discendente inglese del libro del Roscoe,
-richiamò su di sè una certa attenzione.
-</p>
-
-<p>
-Il torrente delle apologie, fatto oramai fiumana, produsse
-in Francia una delle più architettate manipolazioni
-che siano mai sbocciate nel campo della letteratura storica.
-L'Ollivier, un Domenicano, pubblicò nel 1870 la
-prima parte di un libro: <i>Le pape Alexandre VI et les
-Borgia</i>. È l'estremo opposto fantastico del dramma di
-Vittor Hugo. L'Hugo maltrattò la storia a fin di ottenere
-un mostruoso morale per l'effetto scenico; non la falsò
-meno l'Ollivier con l'intenzione contraria affatto. Se non
-che i tempi, in che i frati Domenicani imponevano al
-mondo i loro favolosi libri storici, ormai non è più possibile
-ripristinare. Il ridicolo romanzo dell'Ollivier fu
-senza tregua confutato sin da' più rigidi rappresentanti
-della Chiesa: primieramente dal Malagne nella <i>Revue
-des questions historiques</i> (Parigi, aprile 1871 e gennaio
-1872); poi dalla <i>Civiltà Cattolica</i>, giornale della Compagnia
-di Gesù. Questa pubblicò il 15 marzo 1873 un
-articolo, nel quale l'autore abbandona la difesa del carattere
-morale di Alessandro VI, come quello che non
-è più dato poter salvare in presenza di documenti indubitabili.
-</p>
-
-<p>
-L'articolo si fondava sul <i>Saggio di Albero genealogico
-e di Memorie su la famiglia Borgia, specialmente in
-relazione a Ferrara</i>, quivi pubblicato nel 1872 da L. N.
-Cittadella, Bibliotecario della Comunale di quella città.
-Il Saggio segnò notevole progresso ne' modi di schiarire
-<span class="pagenum" id="Page_ix">[ix]</span>
-la storia della famiglia Borgia, abbenchè non potesse
-essere scevro d'errori.
-</p>
-
-<p>
-Sullo scorcio del 1872 mi posi anch'io nella serie
-degli scrittori enumerati. Dopochè nel 1870 fu apparso
-il volume della mia <i>Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter</i>,
-che comprende i tempi di Alessandro VI, volli
-io pure portare il mio contributo romano alla storia
-dei Borgia. Nelle ricerche da me fatte negli Archivii
-d'Italia ero già venuto in possesso di molti documenti
-relativi ai Borgia. Ma non tutto potei mettere a profitto
-nella <i>Storia della città di Roma</i>. Epperò mi proposi impiegare
-il prezioso materiale in una monografia, che poteva
-avere per soggetto principale Cesare o la sorella.
-</p>
-
-<p>
-Mi decisi per Madonna Lucrezia per motivi varii,
-il primo de' quali estrinseco, e fu questo. Nella primavera
-del 1872 nell'Archivio de' Notai al Campidoglio mi
-capitò in mano il Protocollo di Camillo de Beneimbene,
-per moltissimi anni notaio di fiducia di Alessandro VI.
-In quel voluminoso manoscritto scoprii un tesoro insperato.
-Avevo innanzi un'intera e lunga serie di documenti
-autentici, sino allora sconosciuti. Vi trovai tutte le tavole
-nuziali di Donna Lucrezia e molti altri pubblici
-contratti, che si riferiscono alle più intime faccende dei
-Borgia. Nel novembre 1872 lessi, a proposito di questo
-Protocollo, una memoria nella Sezione storica della Reale
-Accademia di scienze di Monaco, che fu pubblicata nel
-<i>Bollettino delle tornate</i>. Il contenuto de' documenti da
-quello estratti gettava nuova luce sulla storia della famiglia
-Borgia, intorno alla quale appunto allora il Cittadella
-aveva pubblicato la genealogia innanzi citata.
-</p>
-
-<p>
-A tali fatti s'aggiunsero anche altre ragioni per determinarmi
-a scrivere di Donna Lucrezia. La storia politica
-di Alessandro VI e di Cesare era già stata da me
-largamente trattata e nuovamente esposta; ma di Lucrezia
-<span class="pagenum" id="Page_x">[x]</span>
-non m'ero occupato che solo alla lontana. E la figura
-di costei m'attraeva, come qualcosa di misterioso, che
-portava nel seno suo una contraddizione non spiegata
-e che voleva essere sciolta.
-</p>
-
-<p>
-Io mi posi all'opera senza intenzione preconcetta.
-Non intendevo scrivere un'apologia, ma in rapidi tratti
-una storia di Lucrezia. E a me era per di più concesso
-fermarmi soprattutto sul periodo della vita di quella in
-Roma, ch'è pure il periodo veramente importante rispetto
-all'enimma non ancora risoluto. Volevo vedere
-quale specie di figura s'andrebbe formando tra le mie
-mani, ove facessi di Lucrezia Borgia il soggetto di una
-trattazione storica nel modo più rigoroso e sicuro che
-mai si potesse, appoggiandomi cioè a' documenti.
-</p>
-
-<p>
-Raccolsi gli altri materiali necessarii. Feci ricerche
-ne' luoghi, ove quella donna aveva vissuto. Andai ripetute
-volte a Modena e a Mantova. Gli Archivii colà esistenti
-sono tesori inesausti, massime per la storia della
-Rinascenza, e anche di lì trassi materiali copiosissimi.
-Come sempre, vi trovai persone amiche, pronte a prestarsi
-per me; e così in Mantova il signor Zucchetti,
-sino a poco tempo fa direttore dell'Archivio dei Gonzaga,
-e il signor Stefano Davari, cancelliere del medesimo.
-</p>
-
-<p>
-Ma la più ricca mèsse cavai dall'Archivio di Stato
-degli Este in Modena. Il signor Cesare Foucard n'è direttore.
-L'egregio uomo s'adoperò per l'intento mio con
-una liberalità veramente degna di un successore del
-Muratori in quell'ufficio. Egli mi agevolò il lavoro in
-ogni maniera possibile. Da un giovane impiegato dell'Archivio,
-il signor Ognibene, egli fece prima ordinare il
-gran numero di lettere e dispacci che potevano servirmi,
-e me ne consegnò quindi il catalogo, e mi provvide anche
-di molte copie. E per questo motivo se lo scritto presente
-<span class="pagenum" id="Page_xi">[xi]</span>
-ha qualche merito, una parte non piccola ne va
-dovuta alla bontà del Foucard.
-</p>
-
-<p>
-Anche in altri luoghi, in Nepi, Pesaro e Ferrara,
-ebbi schiarimenti e trovai le più amichevoli cooperazioni.
-Devo al signor Cesare Guasti dell'Archivio di Stato di
-Firenze le lunghe e faticose copie delle importanti lettere
-di Lorenzo Pucci, da lui fatte fare per me.
-</p>
-
-<p>
-Il materiale, del quale disponevo, non poteva, come
-è naturale, dirsi intero e compiuto; era pur sempre
-abbondevole e nuovo. Una piccola parte soltanto n'ho
-aggiunta al libro, come Appendice di documenti. E di
-questi non pubblico se non quelli che erano sin qui
-inediti. Per mezzo di essi il lettore ha in mano le prove
-di ciò che dico. Essi serviranno fors'anco di preservativo
-contro gli assalti di tali, che, a quanto preveggo,
-cercheranno anticipatamente in questo scritto una intenzione
-odiosa. Ad interpetrazioni cosiffatte non risguarderò
-più che tanto, avvegnachè il libro stesso mostri a
-sufficienza l'intenzione mia. Questa non fu altra che
-quella dello storico in generale. Io ho sostituito la storia
-ad un romanzo.
-</p>
-
-<p>
-Ho dato nello scritto al periodo della vita di Lucrezia
-in Roma maggior peso che non a quello in Ferrara.
-Ciò è perchè quest'ultimo, se anche in modo insufficiente,
-pure è già stato trattato; mentre invece il primo
-è rimasto essenzialmente leggendario. Avendo composto
-il mio libro, fondandomi rigorosamente e sempre
-sopra documenti, mi fu dato, per quel ch'io penso, tentare
-un metodo di trattazione, mercè il quale venisse
-di per sè fuori un carattere proprio del tempo con la
-impronta della più concreta personalità.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span>
-</p>
-
-<h2 id="libro1">LIBRO PRIMO.
-<span class="smaller">LUCREZIA BORGIA IN ROMA.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span>
-</p>
-
-<h3>I.</h3>
-
-<p>
-La stirpe spagnuola dei Borja — o Borgia, come usano
-pronunziare gl'Italiani — fu ricca d'individui singolari. La
-natura le fu larga di qualità sontuose: bellezza di forme,
-forza, intelligenza e quella energia di volontà, che costringe
-la fortuna, e grazie alla quale Cortez e Pizarro e altri avventurieri
-spagnuoli divennero grandi.
-</p>
-
-<p>
-Pari agli Aragona, anche i Borgia furono in Italia conquistatori.
-Quivi ottennero onori e potenza; ebbero efficacia
-profonda sui destini di tutto il paese; contribuirono a
-spagnoleggiarlo; e vi si propagarono copiosamente. Pretendevano
-discendere dagli antichi re d'Aragona. Pure
-delle origini dei Borgia si sa tanto poco, che la storia loro
-comincia appena col vero fondatore della casa, Alfonso, il
-cui padre talvolta è chiamato Juan, tal'altra Domenico, e
-della cui madre Francesca è ignoto il nome di famiglia.
-</p>
-
-<p>
-Era nato nel 1378 a Xativa presso Valenza. Qual secretario
-intimo fu al servizio di re Alfonso d'Aragona, e divenne
-vescovo di Valenza. Con colui andò a Napoli, ove
-<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span>
-quel principe geniale, si assise sul trono. Fu fatto cardinale
-nel 1444.
-</p>
-
-<p>
-La Spagna, uscita appena dalle sue guerre di religione,
-cominciava a venir su in grandezza di nazione e ad acquistare
-significazione europea. Andava ora in cerca di quel
-che innanzi aveva negletto: porsi anch'essa come attrice
-in Italia, cuore del mondo latino e pur sempre centro di
-gravità della politica e della civiltà d'Europa. La Spagna
-s'impossessò del Papato e dell'Impero. Di là vennero
-prima i Borgia sulla Santa Sede; di là venne più tardi
-Carlo V ad assidersi sul trono imperiale. Dalla Spagna
-venne pure Ignazio Loyola, il fondatore della più potente
-di tutte le sètte di natura politico-ecclesiastica, che la
-storia abbia mai vista.
-</p>
-
-<p>
-Alfonso Borgia, uno de' più fervidi avversarii del Concilio
-di Basilea e degli sforzi di riforma della Germania,
-divenne papa nel 1455 col nome di Callisto III. Numeroso il
-parentado suo; e già in parte venuto a Roma sin da quando
-egli stesso come cardinale vi s'era stabilito. Componevasi
-originariamente delle tre famiglie di Valenza, tra loro congiunte,
-i Borgia, i Mila — o Mella — e i Lanzol. Delle
-sorelle di Callisto, Caterina Borgia era moglie di Giovanni
-Mila, barone di Mazalanes, e madre del giovane Gianluigi;
-e Isabella aveva sposato Jofrè Lanzol, ricco gentiluomo di
-Xativa, ed era madre di Pierluigi e Rodrigo e di parecchie
-figliole. A questi due nipoti lo zio diede per adozione il
-proprio nome di famiglia. E di Lanzol divennero Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Callisto III sollevò due di casa Mila alla dignità cardinalizia;
-il vescovo Giovanni di Zamora, morto poscia il
-1467 in Roma, ove, in Santa Maria del Monserrato, se ne
-vede tuttora il mausoleo; e quel più giovane Gianluigi.
-Nell'anno stesso 1456 anche Rodrigo Borgia ricevette la
-porpora. Altri membri di casa Mila si stabilirono in Roma,
-come Don Pedro, la cui figliola Adriana Mila incontreremo
-<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span>
-nelle più intime relazioni con la famiglia dello zio
-suo, Rodrigo.
-</p>
-
-<p>
-Delle sorelle dello stesso Rodrigo, Beatrice s'era sposata
-con Don Ximenes Perez de Arenos; Tecla con Don Vidal
-de Villanova; e Giovanna con Don Pedro Guillen Lanzol.<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a>
-Tutte rimasero in Spagna. Di Beatrice abbiamo una
-lettera da Valenza al fratello, appena creato papa.<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a>
-</p>
-
-<p>
-Rodrigo Borgia aveva 25 anni, quando ricevette la dignità
-di cardinale. Alla quale un anno dopo accoppiò anche
-l'alto ufficio di Vicecancelliere della Chiesa Romana. Il fratello
-Don Pierluigi non lo superava in età che di un anno. Callisto
-elevò questo giovane valenzano ai massimi onori di nepote.
-Dopo d'allora comincia a mostrarsi il fenomeno di codesta
-creazione del Vaticano: un principe nepote, nel quale il
-Papa mira a concentrare ogni potere civile. Questo diviene
-il suo condottiero, il suo luogotenente, il custode del suo
-trono, e da ultimo l'erede de' beni suoi. A lui è permesso
-di farsi con la forza padrone di territorii nell'ambito dello
-Stato della Chiesa e di aggirarsi quale angelo sterminatore
-fra tiranni e repubbliche, per fondare una dinastia, nella
-quale il fugace momento del non ereditario Papato s'eterni.
-</p>
-
-<p>
-Callisto fece Pierluigi capitan generale della Chiesa,
-prefetto della Città, duca di Spoleto e vicario di Terracina
-e Benevento. In questo primo nepote spagnuolo è anticipatamente
-abbozzata la carriera, che descriverà poi Cesare Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Gli Spagnoli, sinchè Callisto visse, furono in Roma
-onnipotenti. Soprattutto dal regno di Valenza ne venivan
-giù a torme a far fortuna alla Corte del Papa, come monsignori
-e scrittori, capitani e intendenti, o in altro modo
-pur che fosse. Ma Callisto III morì il 6 agosto 1458; e già
-la vigilia Don Pierluigi con pena e stento erasi fuggito da
-<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span>
-Roma, ove la nobiltà sin allora oppressa, i Colonna e gli
-Orsini s'eran levati contro gli odiati stranieri. Poco dopo,
-nel dicembre di quell'anno, il giovane avventuriero fu
-colto da improvvisa morte a Civitavecchia. Niuno può
-dire, se Pierluigi Borgia fosse ammogliato o lasciasse discendenti.<a class="tag" id="tag3" href="#note3">[3]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il cardinal Rodrigo pianse la perdita del fratello, forse
-unico ed a lui molto caro. Ma ne raccolse l'eredità; e
-d'altra parte l'alto stato suo nella Curia, pel mutare del
-Papa, non fu scosso punto. Come Vicecancelliere abitava
-nel quartiere Ponte una casa, che fu già la Zecca. E ne
-fece uno de' più ragguardevoli palazzi di Roma. L'edifìzio
-con due corti, i cui portici primitivi al pianterreno sono ancora
-riconoscibili, era costrutto a forma di castello, come
-il palazzo di Venezia, a un dipresso dello stesso tempo.
-Ma nè per bellezza di disegno nè per spaziosità il palazzo
-Borgia reggeva al paragone con quello di Paolo II. Nel corso
-del tempo subì alquante modificazioni. Oggi, e già da gran
-pezza, appartiene agli Sforza Cesarini.
-</p>
-
-<p>
-La vita privata di Rodrigo durante il Pontificato di
-quattro papi, successori di Callisto, Pio II, Paolo II, Sisto
-IV e Innocenzo VIII, è piena d'oscurità. Memorie del
-tempo non ve ne sono, o ne abbiamo qualche frammento
-appena.
-</p>
-
-<p>
-Codesto Borgia, uomo di bellezza e forza singolari,
-sin nella più tarda età sua fu dominato da inesauribile sensualità.
-Fu questo il demone della sua vita, dal quale non
-potè affrancarsi mai. Una volta coi suoi eccessi suscitò la
-collera di Pio II. Un monitorio di costui scritto da' bagni di
-Petriolo agl'11 giugno 1460 è il primo barlume sulla vita
-<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span>
-privata di Rodrigo. Il Borgia aveva allora 29 anni. Trovavasi
-nella vezzosa e seducente Siena, ove anche il Piccolomini
-aveva trascorso la giovanezza, certo, non da santo. Colà
-un giorno dispose un baccanale, di cui la lettera del Papa ci
-porge appunto una descrizione.
-</p>
-
-<p>
-«Amato figliolo. Quando, or sono quattro giorni, convennero
-negli orti di Giovanni de Bichis parecchie donne di
-Siena, dedite alla vanità mondana, la dignità tua, come abbiamo
-appreso, poco memore dell'ufficio che copri, s'intrattenne
-con esse loro dalle 7 sino alle 22 ore. Dei tuoi
-colleghi avesti a compagno tale, cui se non l'onore della
-Santa Sede, certo l'età avrebbe dovuto ricordare il dover
-suo. A quanto abbiam sentito, costì si ballò dissolutamente;
-costì non una delle attrattive d'amore fu risparmiata, e il
-contegno tuo non fu diverso da quello che se fossi stato
-della schiera dei giovani mondani. Ciò che costì occorse
-il pudore impone tacere; imperocchè è indegno del tuo
-grado non solo il fatto, ma insino il nome suo. I mariti,
-i genitori, i fratelli, i parenti delle giovani donne e delle
-donzelle intervenute non furono ammessi, perchè il piacer
-vostro potess'essere tanto più sfrenato. Voi soltanto,
-con pochi domestici, v'incaricaste di dirigere e animare
-quei cori. Dicesi, che oggi in Siena d'altro non si parli
-che della frivolezza tua, diventata la favola di tutti. Certo
-è che qui, in questi bagni, ove il concorso di ecclesiastici
-e secolari è grande, tu sei il discorso del giorno.
-Il nostro dispiacere è indicibile; poichè questo torna a
-disdoro dello stato e dell'ufficio sacerdotale. Di noi si
-dirà che ci si arricchisce e aggrandisce, non perchè meniamo
-vita illibata, ma perchè ci procuriamo i mezzi a
-sodisfare il piacer nostro. Di qui il disprezzo per noi dei
-Principi e delle Potenze, e il sarcasmo quotidiano dei
-laici. Di qui pure il rimprovero per la nostra propria maniera
-di vivere, allorchè ci facciamo a riprovare quella degli altri.
-<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span>
-Anche il Vicario di Cristo è involto nel disprezzo medesimo,
-avvegnachè sembri ch'ei si contenti di tale stato
-di cose. Tu, amato figliolo, presiedi il Vescovado di Valenza,
-il primo della Spagna; tu sei anche Cancelliere
-della Chiesa; e, ciò che rende la condotta tua tanto più
-meritevole di biasimo, sei col Papa tra i cardinali, uno
-dei consiglieri della Santa Sede. Ce ne rimettiamo al tuo
-proprio giudicio, se sia conveniente per la dignità tua
-lusingar fanciulle, mandar frutta e vino a quella che tu
-ami, e l'intero giorno non ad altro pensare che ad ogni
-forma di voluttà. Per cagion tua noi riceviam censura;
-si vitupera la felice memoria di tuo zio Callisto, che, nel
-giudicio di molti, ebbe torto di coprirti di tanti onori. Se
-cerchi scusa nell'età, non sei più tanto giovane da non
-comprendere quali doveri la dignità tua t'imponga. Un
-cardinale deve essere irreprensibile, un modello di condotta
-morale agli occhi di tutti. E qual giusto motivo abbiamo
-poi d'irritarci, se i Principi della terra ci fregiano
-di titoli poco onorevoli, se ci contrastano il possesso dei nostri
-beni e ci costringono a sottometterci ai comandamenti
-loro? In verità codeste ferite ce le portiamo noi stessi, e
-da noi stessi ci apparecchiamo siffatti mali, scemando ogni
-giorno più con le azioni nostre l'autorità della Chiesa. Il
-nostro castigo in questo mondo è la vergogna; e nell'altro
-il patimento condegno. Possa adunque la prudenza tua
-porre argine a siffatte vanità, e tener in vista la dignità
-tua, e non volere che tra mogli e fanciulle ti si apponga il
-nome di galante. Imperocchè, ove fatti simili avessero a ripetersi,
-dovremmo costretti significare, che sono occorsi
-senza voler nostro e con nostro dolore; e la censura nostra
-non sarebbe senza tua ignominia. Noi ti abbiamo amato sempre;
-e ti tenemmo degno della protezione nostra, come
-uomo che rivelava natura seria e modesta. Opera dunque
-in guisa che ci sia dato mantenere cosiffatta opinione: e
-<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
-nulla può meglio a ciò contribuire che l'usare un genere
-di vita ordinata. L'età tua, che promette ancora miglioramenti,
-ci consente di ammonirti paternamente. Petriolo,
-11 giugno 1460.»<a class="tag" id="tag4" href="#note4">[4]</a>
-</p>
-
-<p>
-Pochi anni più tardi, sotto il reggimento di Paolo II,
-lo storico Gasparre da Verona schizzava così il ritratto del
-cardinal Borgia: «È bello; ha sguardo grazioso e gaio, ed
-eloquio ornato e dolce. Ove appena vegga donne belle,
-le eccita in modo quasi meraviglioso all'amore, e a sè le
-attira piu che calamita il ferro.»
-</p>
-
-<p>
-Temperamenti, come quello disegnato da Gasparre,
-non mancano: sono gli uomini della natura fisica e morale
-di un Casanova e di un Reggente di Orléans.
-</p>
-
-<p>
-La bellezza di Rodrigo, anche essendo già papa, è
-decantata da molti dei contemporanei suoi. Nel 1493 Jeronimo
-Porzio diceva: «Alessandro è alto di statura; di
-colore medio; nero ha l'occhio e le labbra turgidette. La
-sua salute è rigogliosa; egli sopporta, più che si possa immaginare,
-fatiche d'ogni specie. È straordinariamente facondo;
-e ogni modo men che civile gli ripugna.»<a class="tag" id="tag5" href="#note5">[5]</a>
-</p>
-
-<p>
-La potenza di questo felice temperamento consisteva,
-a quel che pare, nella proporzione di tutte le forze. Derivava
-da questa la gioconda serenità della natura sua. Nulla
-è di fatto più falso del modo in che d'ordinario siam soliti
-rappresentarci questo Borgia, come uomo tenebroso e mostruoso.
-Anche il celebre Giasone Maino di Milano lodava in
-lui «l'elegante aspetto, la fronte serena, lo sguardo regale,
-il viso esprimente insieme liberalità e maestà, la geniale
-ed eroica compostezza di tutta la persona.»
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
-</p>
-
-<h3>II.</h3>
-
-<p>
-Una romana, Vannozza Catanei, verso l'anno 1466 o 67,
-fu vittima della potenza magnetica del cardinal Rodrigo.
-Sappiamo che era nata nel luglio 1442; ma nulla delle attenenze
-di famiglia. Autori del tempo le danno anche i nomi
-di Rosa e Caterina; ma essa stessa in documenti autentici
-si chiamò Vannozza Catanei. Abbenchè il Giovio tenga
-che il suo nome di famiglia fosse Vanotti, ed esistesse in
-effetto in Roma una famiglia popolana dei Vanotti; pure è
-asserzione erronea la sua. Vannozza era piuttosto l'abbreviazione
-in uso di Giovanna. E così ne' documenti di quel
-tempo s'incontra una Vannozza di Nardis, una Vannozza
-di Zanobeis, De Pontianis, e altre.
-</p>
-
-<p>
-In Roma, come in Ferrara, Genova e altrove, v'era
-una famiglia Catanei. Questo nome così frequente venne
-dal titolo di <i>Capitaneus</i>. In un istrumento notarile dell'anno
-1502 il nome dell'amante di Alessandro VI è scritto ancora
-nella sua forma antica: <i>Vanotia de Captaneis</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il Litta, al quale l'Italia deve la grande opera sulle sue
-famiglie storiche, — opera, malgrado degli errori e difetti,
-veramente ammirabile, — espresse l'opinione che Vannozza
-appartenesse alla casa dei Farnesi, e fosse una figlia di
-Ranuccio. Anche ciò è intieramente erroneo. Negli scritti
-del tempo questa donna vien chiamata: <i>Madonna Vannozza
-de casa Catanei</i>.
-</p>
-
-<p>
-Niun contemporaneo ha notato le qualità, mercè le quali
-fu dato alla Vannozza di legare si fortemente il più lussurioso
-dei cardinali da divenir madre di parecchi dei figlioli
-da lui riconosciuti. Liberi noi di raffigurarcela come una di
-quelle possenti e voluttuose figure di donne, quali ancora
-se ne vedono a Roma. Nulla in loro delle grazie della donna
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-ideale propria alla pittura umbra. Hanno però qualcosa della
-grandiosità di Roma. Giunone e Venere sembrano in esse
-accoppiate insieme. S'accosterebbero agl'ideali di Tiziano
-e di Paolo Veronese, se la negra chioma e il colorito più
-bruno da quelli non le allontanassero. Capelli biondi e rubei
-sono stati sempre rari fra' Romani.
-</p>
-
-<p>
-Senza dubbio, Vannozza fu piena di bellezza e di focosa
-sensualità; senza che non avrebbe cotanto acceso un
-Rodrigo Borgia. Similmente il suo spirito, comunque privo
-di coltura, doveva possedere energia non comune; altrimenti,
-non si comprende nemmeno come sia riuscita a
-mantenere la relazione sua con colui.
-</p>
-
-<p>
-Il tempo indicato segna certamente il cominciare di
-questo legame, massime se dobbiamo aggiustar fede allo
-storico spagnuolo Mariana, il quale dice, che Vannozza fu
-madre di Don Pierluigi, il maggiore dei figli di Rodrigo.
-Ora in un istrumento notarile del 1482 codesto figliolo del
-cardinale vien chiamato giovanetto — <i>adolescens</i>, — il che fa
-supporre un'età di 14, se non forse 15 anni.<a class="tag" id="tag6" href="#note6">[6]</a>
-</p>
-
-<p>
-Non sappiamo in quali condizioni Vannozza vivesse,
-quando conobbe il Borgia. Difficilmente poteva aver appartenuto
-alla classe in Roma numerosa, e tutt'altro
-che spregiata, delle cortigiane di alto stato, le quali, grazie
-al favore degli adoratori loro, menavano vita splendida
-e lussuriosa. In tal caso sarebbe stata al tempo suo famosa;
-e novellieri ed epigrammisti n'avrebbero detto alcunchè.
-</p>
-
-<p>
-Il cronista Infessura, che dovette conoscere personalmente
-Vannozza, racconta che Alessandro VI, volendo
-crear cardinale il suo bastardo Cesare, fece affermare da falsi
-testimoni esser quegli legittimo figliolo di un tal Domenico
-d'Arignano; ed osserva su tal proposito, che il Papa aveva
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-maritata Vannozza appunto con quest'uomo. La testimonianza
-di un contemporaneo e romano ha qualche peso.
-Nulladimeno niun altro scrittore, eccetto il Mariana, che evidentemente
-si affida all'Infessura, fa menzione di Domenico;
-e presto vedremo, che per lo meno non si può
-parlare di un matrimonio legalmente riconosciuto di Vannozza
-con quest'uomo ignoto. Essa era già stata lungo
-tempo l'amante del cardinale, prima che questi le désse
-un marito officiale per coprire la sua propria relazione e
-agevolarla insieme. Questa difatti continuò, anche dopo
-che la Vannozza ebbe un marito legittimo.
-</p>
-
-<p>
-E, come tale, primo ad apparire è nel 1480 un milanese,
-Giorgio de Croce, cui il cardinal Rodrigo aveva
-ottenuto da Sisto IV la carica di scrittore apostolico. Incerto
-rimane il tempo, in cui Vannozza s'unì col De Croce.
-Ammogliatasi, abitava una casa sulla piazza Pizzo di Merlo
-oggi chiamata Sforza Cesarini; lì vicino era appunto il palazzo
-del cardinal Borgia.
-</p>
-
-<p>
-In quell'anno 1480 Vannozza era già madre di parecchi
-figlioli riconosciuti dal cardinale; Giovanni, Cesare
-e Lucrezia. Sulla origine di costoro non cade dubbio di
-sorta; mentre quella del maggiore, Pierluigi, dalla stessa
-madre è soltanto molto probabile. La data della nascita di
-questi bastardi Borgia è stata sin qui ignota, e ne furono
-assegnate diverse. Io scoprii in documenti incontrastabili
-quella di Cesare e di Lucrezia; e per tal mezzo molti errori
-rispetto alla genealogia e anche alla storia di questa
-casa sono tolti per sempre. Cesare nacque in un giorno del
-mese d'aprile nell'anno 1476, Lucrezia il 18 aprile 1480.
-Il padre, essendo papa, indicò l'età di entrambi, parlandone
-nell'ottobre 1501 con l'ambasciatore di Ferrara; e
-questi scrisse al duca Ercole: «Il Papa mi fece sapere
-che la nominata duchessa (Lucrezia) ha ventidue anni,
-i quali compirà nel prossimo aprile; e in quel tempo stesso
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-l'illustrissimo duca di Romagna (Cesare) fornirà ventisei
-anni.»<a class="tag" id="tag7" href="#note7">[7]</a>
-</p>
-
-<p>
-Se l'esattezza delle indicazioni del padre sull'età dei
-propri figlioli lasciasse ancora a dubitare, ogni dubbio sarebbe
-tolto da altre notizie e documenti. Nei dispacci che
-l'ambasciatore di Ferrara molto innanzi, nel febbraio e
-marzo 1493, spediva da Roma allo stesso duca Ercole, dava
-a Cesare in quel tempo 16 a 17 anni; il che concorda coi dati
-del padre.<a class="tag" id="tag8" href="#note8">[8]</a> Il figliolo di Alessandro VI era più giovane di alcuni
-anni di quel che sin qui s'era creduto. Questo fatto è
-importante per la storia della sua breve quanto orribile vita.
-Onde s'ingannarono il Mariana e gli altri autori, che a lui
-tennero dietro, affermando Cesare essere il secondogenito
-di Rodrigo, e quindi maggiore del fratello Don Juan. Invece
-è questi, che realmente dev'essere stato di due anni
-maggiore. A Venezia, per informazioni avute da Roma nell'ottobre
-1496, si chiama Don Juan un giovane di 22 anni;
-epperò era nato nel 1474.<a class="tag" id="tag9" href="#note9">[9]</a>
-</p>
-
-<p>
-Quanto a Lucrezia, essa venne al mondo il 18 aprile
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-1480. Questa data precisa si ricava da un documento valenzano.<a class="tag" id="tag11" href="#note11">[11]</a>
-Il padre aveva 49 anni, e la madre 38. Dalla
-costellazione celeste dominante gli astrologhi romani e spagnuoli
-poterono forse cavar l'oròscopo e rallegrarsi molto
-col cardinal Rodrigo e felicitarlo dello splendore, cui le
-stelle avevan destinata la figliola sua.
-</p>
-
-<p>
-Erano appena trascorsi i giorni di Pasqua; feste sontuose
-erano state date in onore dell'elettore Ernesto di
-Sassonia, venuto a Roma ai 22 di marzo, accompagnato
-dal duca di Braunschweig e da Guglielmo di Henneberg.
-Questi signori erano entrati con un seguito di 200 cavalieri.
-Presero stanza in una casa nel quartiere Parione. Il papa,
-Sisto IV, gli onorò con profusione grande; ed una splendida
-caccia loro offerta da Girolamo Riario, l'onnipotente
-nepote, alla Malliana sul Tevere, levò molto rumore. Lasciarono
-Roma ai 14 di aprile.
-</p>
-
-<p>
-In quel tempo il Papato andava divenendo tirannia
-politica; e il nepotismo assumeva quel carattere, che più
-tardi Cesare Borgia doveva svolgere in tutta la sua formidabile
-essenza. Sisto IV, uomo energico, e di tempra ancora
-più forte di Alessandro VI, era tuttora in guerra con Firenze,
-ove aveva ordito la congiura dei Pazzi per far trucidare
-i Medici ed elevare Girolamo Riario ad un gran principato
-in Romagna. Queste vie medesime doveva più tardi
-seguire Alessandro VI pel figlio Cesare.
-</p>
-
-<p>
-Il tempo, in cui Lucrezia nacque, era orribile davvero.
-Il Papato spogliatosi di ogni santità sacerdotale; la religione
-materializzata del tutto; l'immoralità senza freni nè limiti.
-La più selvaggia lotta intestina infuriava nella città,
-massime ne' quartieri Ponte, Parione e Regola, ove quotidianamente
-stuoli di partigiani, eccitati dagli assassinii,
-scendevano in armi per le vie. E proprio nell'anno 1480 si
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-levarono in Roma le antiche fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini.
-Là i Savelli e i Colonna contro il Papa; qui gli Orsini
-per lui; mentre le famiglie dei Valle, dei Margana e
-dei Santa Croce, assetate di sangue e di vendetta, legavansi
-all'uno o all'altro partito.
-</p>
-
-<h3>III.</h3>
-
-<p>
-Lucrezia passò, senza dubbio, i primi anni della fanciullezza
-presso la madre. La casa di costei, come dicevamo,
-era sulla piazza Pizzo di Merlo, a pochi passi dal palazzo
-del cardinale. Il quartiere Ponte, cui apparteneva,
-era dei più animati di Roma, come quello che menava a
-Ponte Sant'Angelo e al Vaticano. Vi stavano molti mercatanti
-e i banchieri di Firenze, Genova e Siena; v'abitavan
-pure parecchi impiegati papali; e le cortigiane di maggior
-grido. Invece il numero delle antiche famiglie nobili
-non v'era grande, forse perchè gli Orsini non ve le lasciavano
-venire. Da lungo tempo in effetto questi potenti
-baroni dimoravano nella regione Ponte nel loro gran palazzo
-a Monte Giordano. Non lungi di lì era il loro antico
-castello. Torre di Nona, che in origine faceva parte delle
-mura della città sul Tevere. Allora era invece carcere pei
-condannati politici ed altri infelici.
-</p>
-
-<p>
-Noi possiamo chiaramente immaginarci qual fosse l'ordinamento
-della casa di Vannozza, perchè il carattere della
-casa romana sugl'inizii della Rinascenza non era gran fatto
-diverso da quel ch'è tuttora oggi. Nel complesso oggi ancora
-ha alcunchè di grave e di triste. Una massiccia scala
-di peperino conduceva alle stanze abitate; una sala con
-camere accessorie, da' nudi pavimenti di mattoni, dalle
-soffitte di travi e assi dipinte. Le pareti semplicemente
-imbiancate; solo nelle più ricche case ricoperte di tappeti
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-oprati, e questo, per altro, nelle sole ricorrenze solenni.
-L'uso dei grandi quadri paretali nel XV secolo era ancora
-raro; restringevasi a qualche ritratto di famiglia. E se
-Vannozza n'aveva nella sala sua, certo, tra essi, deve esservi
-stato quello del cardinal Rodrigo. Del resto mai non
-mancavano un reliquario, immagini di Santi e l'effigie
-della Madonna con lampade innanzi sempre accese.
-</p>
-
-<p>
-Mobilia pesante; grandi, larghi letti, parati a sopraccielo;
-alte sedie di legno scuro, intagliato, con cuscini;
-massicci tavolini, con superficie di marmo o di legno variopinto,
-stavano intorno intorno alle pareti. Tra gli immensi
-forzieri uno veramente colossale sorgeva nella sala:
-era destinato a serbare la biancheria. In una di queste
-casse, il forziere della sorella, tenevasi nascosto l'infelice
-cavaliere Stefano Porcaro, quando il 5 gennaio 1453,
-fallito il suo tentativo d'insurrezione, cercò salvezza nella
-fuga. La sorella e un'altra donna, per maggior sicurezza
-del fuggiasco, s'erano assise su quella cassa; ma gli
-agenti della forza seppero cavarnelo fuori.
-</p>
-
-<p>
-Se Vannozza aveva gusto per le cose antiche, il che non
-possiamo davvero supporre in lei se non in omaggio alla
-moda, nella sala sua doveva esservi pure di quelle. Le si
-raccoglievano allora con passione. Correva il tempo dei primi
-scavi. Il suolo di Roma ogni giorno metteva alla luce i
-suoi tesori. E da Ostia, da Tivoli e dalla Villa Adriana,
-da Porto d'Anzo e Palestrina le antichità affluivano innumerevoli
-nella città. Ma se Vannozza e il marito non partecipavano
-con gli altri Romani a codesta passione, non
-indarno si sarebbe cercato nella casa loro oggetti di valore,
-prodotti della moderna industria artistica, e coppe, e vasi
-di marmo e di porfido, e ornamenti d'oro dei gioiellieri.
-La parte essenziale di una casa romana tenuta con decenza
-e con cura era primieramente la credenza, grande armadio
-con vasellami e bicchieri d'oro e d'argento e di belle
-<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
-maioliche. Nei conviti tutti questi utensili facevan mostra
-e spettacolo.
-</p>
-
-<p>
-Si pena molto ad ammettere che l'amica di Rodrigo
-possedesse anche una biblioteca. Private biblioteche nelle
-case della borghesia erano allora in Roma una grande rarità.
-Ma a breve andare fu facile crearne pel buon mercato
-della stampa, che vi fu importata da tipografi tedeschi.
-</p>
-
-<p>
-La casa di Vannozza dovette, senza dubbio, avere
-aria d'agiatezza, non di lusso. Alcuna volta v'ebbe forse
-ospite il cardinale, o potette ricevervi gli amici della famiglia,
-a preferenza, i più intimi confidenti del Borgia, Giovanni
-Lopez, Caranza e Marades, e, dei Romani, gli Orsini,
-Porcari, Cesarini e Barberini. Egli, il cardinale, era per
-sè uomo molto temperato, ma sfarzoso in tutto che si riferisse
-a rappresentanza della sua dignità. La precipua
-necessità per un cardinale di quel tempo era un'abitazione
-principesca, con una corte numerosa e splendida.
-</p>
-
-<p>
-Rodrigo Borgia viveva nel suo palazzo come uno
-de' più ricchi principi della Chiesa, con splendore pari al
-suo grado. Il contemporaneo Jacopo da Volterra ci ha lasciato
-di lui nel 1486 questo ritratto: «Egli è uomo di
-uno spirito atto ad ogni cosa e di largo senno. Pronto al
-discorso, cui, malgrado della sua mediocre cultura letteraria,
-riesce benissimo a dare uno stile. Per natura accorto e fornito
-di arte meravigliosa nella trattazione degli affari. Egli
-è straordinariamente ricco; e la protezione di molti re e
-principi gli dà fama. Abita un bello e comodo palazzo,
-che s'è fabbricato tra Ponte Sant'Angelo e Campo di Fiore.
-Dalle sue cariche ecclesiastiche, da molte abbazie in Italia
-e Spagna e da tre vescovadi, Valenza, Porto e Cartagine,
-cava redditi smisurati; mentre il solo ufficio di Vicecancelliere
-gli rende, a quanto si dice, 8000 fiorini d'oro
-l'anno. La copia del suo vasellame d'argento, delle sue
-perle, delle sue coperte tessute d'oro e di seta e dei suoi
-<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
-libri in ogni scienza è grandissima, e tutto ciò accoppiato ad
-una magnificenza splendida, quale sarebbe degna di un re
-o di un papa. E mi rimango poi dal dire degli innumerevoli
-ornamenti de' suoi letti e di quelli de' suoi cavalli e
-di altre simili decorazioni d'oro, d'argento e di seta, e
-della sua superba guardaroba, e della grande quantità
-d'oro coniato ch'ei possiede. Credesi, di fatto, ch'egli
-in oro e ricchezze d'ogni sorta vinca tutti i cardinali, eccettuato
-l'Estouteville.»
-</p>
-
-<p>
-Il cardinal Rodrigo era dunque ricco abbastanza da
-dare ai figliuoli la più splendida educazione, in quella che
-venivan su crescendo nella modesta qualità di suoi nipoti.
-E non potè mostrarli alla chiara luce del giorno che quando
-fu giunto il tempo della vera grandezza sua.
-</p>
-
-<p>
-Nell'anno 1482 egli non abitava la sua casa nella
-regione Ponte, forse perchè vi faceva fabbricare. Risiedeva
-invece in quel palazzo nel quartiere Parione, che
-Stefano Nardini aveva terminato nel 1475. Chiamasi oggi
-Palazzo del Governo Vecchio. Quivi troviamo Rodrigo nel
-gennaio 1482. Ce ne informa un istrumento del notar
-Beneimbene, un contratto nuziale tra Giannandrea Cesarini
-e Girolama Borgia, una figlia naturale dello stesso cardinal
-Rodrigo. Colà le tavole nuziali furon rogate in presenza
-del padre della sposa, de' cardinali Stefano Nardini
-e Giambattista Savelli e de' nobili romani Virginio Orsini,
-Giuliano Cesarini e Antonio Porcaro.<a class="tag" id="tag12" href="#note12">[12]</a>
-</p>
-
-<p>
-Quest'atto è il primo documento autentico intorno alle
-intime relazioni di famiglia del cardinal Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Egli vi si dichiarò padre della <i>nobile donzella Jeronyma</i>,
-la quale vien indicata come sorella del <i>nobile giovanetto
-Pietro Ludovico de Borgia e dell'infante Giovanni
-de Borgia</i>. Poichè questi due, manifestamente nominati
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-qui come figliuoli maggiori, erano illegittimi, è naturale
-che non si facesse parola della madre. Anche di Cesare fu
-taciuto, perchè non aveva più di sei anni.
-</p>
-
-<p>
-Girolama era ancora minore, ed aveva forse 13 anni; e
-anche lo sposo Giannandrea, figliuolo di Gabriele Cesarini e
-di Godina Colonna, aveva di poco oltrepassata la fanciullezza.
-La nobile casa de' Cesarini con questo matrimonio
-entrò in istretta parentela con i Borgia; e di qui trasse più
-tardi copiosi vantaggi. La vicendevole amicizia loro risaliva
-al tempo di Callisto; mentre era stato il protonotario Giorgio
-Cesarini, che alla morte di quel Papa aveva aiutato
-Don Pier Luigi, fratello di Rodrigo, a fuggir da Roma.
-Girolama Borgia moriva già nel 1483, contemporaneamente
-al suo giovane marito.
-</p>
-
-<p>
-Era essa figlia della stessa madre, come Lucrezia e
-Cesare? Lo ignoriamo, nè a noi sembra verosimile. Non
-v'ha, per dirlo anticipatamente, che una sola testimonianza
-autentica, ove insieme coi figliuoli di Rodrigo sia nominata
-anche la madre. È l'iscrizione sepolcrale nella chiesa di
-Santa Maria del Popolo in Roma, ove Vannozza è chiamata
-madre di Cesare, Giovanni, Jofrè e Lucrezia. Del
-maggiore di questi figliuoli Don Pierluigi e di Girolama non
-si parla punto.
-</p>
-
-<p>
-Del resto Rodrigo ebbe pure una terza figliuola, di nome
-Isabella; e di questa neanche può essere stata madre la
-Vannozza. Egli la maritò il primo aprile 1483 col nobile
-romano Piergiovanni Mattuzi della regione Parione.<a class="tag" id="tag13" href="#note13">[13]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-</p>
-
-<h3>IV.</h3>
-
-<p>
-La relazione del cardinale con Vannozza continuò
-forse sino all'anno 1482, perchè questa, dopo Lucrezia,
-gli diede ancora un figliuolo, Jofrè, nato il 1481 o 1482.
-</p>
-
-<p>
-Poscia la passione del Borgia per questa donna quasi
-quarantenne s'estinse. Nullameno riguardava in essa la madre
-dei figliuoli suoi, e la confidente di molti dei suoi misteri.
-</p>
-
-<p>
-Vannozza, del resto, al marito suo Giorgio de Croce
-aveva partorito un figliuolo, a nome Ottaviano: per lo meno
-il bambino passò per figlio di colui. Essa, grazie agli aiuti
-del cardinale, crebbe di molto le sue entrate. In documenti
-legali ci si presenta qual locataria di alcune osterie in Roma;
-e presso Santa Lucia in Selce nel quartiere della Suburra
-acquistò una vigna e una casa di campagna, a quel
-che pare, da' Cesarini. Giorgio de Croce s'era fatto ricco;
-in Santa Maria del Popolo fondò una cappella per sè e per
-i suoi. Egli morì il 1486, e l'anno medesimo morì pure il
-figlio Ottaviano.<a class="tag" id="tag14" href="#note14">[14]</a>
-</p>
-
-<p>
-La morte di lui addusse un mutamento nelle relazioni
-di Vannozza. Il cardinale incalzava, perchè la madre dei suoi
-figliuoli passasse a seconde nozze. Così avrebbe avuto chi
-potesse difenderla, ed assicurare alla casa una esistenza decente.
-Secondo marito fu un mantovano, Carlo Canale. Prima
-di venire a Roma, s'era già fatto conoscere per la sua cultura
-ne' circoli umanistici di Mantova. Abbiamo ancora la lettera
-di Angelo Poliziano, nella quale il giovane poeta raccomandava
-al Canale il suo <i>Orfeo</i>. Il manoscritto di questo primo
-tentativo drammatico, col quale s'iniziò la rinascenza del
-teatro italiano, era di fatto nelle mani del Canale. E questi,
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-riconoscendo il merito del lavoro, incoraggiava il poeta ancora
-pauroso e di sè incerto.<a class="tag" id="tag15" href="#note15">[15]</a> Poliziano aveva composta la poesia
-a richiesta del cardinale Francesco Gonzaga, grande favoreggiatore
-della bella letteratura, e distesala in due giorni
-soltanto: e Carlo Canale era cameriere del cardinale. L'<i>Orfeo</i>
-fu composto verso il 1472. Morto nel 1483 il Gonzaga, il Canale
-andò a Roma, e si pose al servizio del cardinale Sclafetano
-di Parma. Qual confidente e suddito dei Gonzaga si
-tenne sempre legato con questa casa principesca.<a class="tag" id="tag16" href="#note16">[16]</a> Nella sua
-nuova condizione appoggiò le pratiche di Ludovico Gonzaga,
-fratello di Francesco, quando nel 1484, fatto vescovo
-di Mantova, venne a Roma per ottener la porpora.<a class="tag" id="tag17" href="#note17">[17]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il Borgia aveva già conosciuto il Canale sin da quando era
-al servizio del Gonzaga; e lo incontrò dappoi in casa Sclafetano.
-Se lo destinò a marito della sua vedova amica, fu
-in grazia dell'ingegno e delle aderenze di lui che potevano
-essergli utili. Dall'altra parte il Canale non potè annuire
-alla proposta di farsi marito della Vannozza se non
-per avidità di guadagno; e l'aver accettato mostra che
-la condizione sin allora tenuta di cortigiano di cardinali non
-l'aveva arricchito.
-</p>
-
-<p>
-Il nuovo contratto di nozze fu rogato l'8 giugno 1486
-dal notaio di casa Borgia, Camillo Beneimbene. Furon
-testimoni Francesco Maffei, scrittore apostolico e canonico
-di San Pietro, Lorenzo Barberini de Catellinis, cittadino
-romano, Giuliano Gallo, un noto mercatante romano, i signori
-Burcardo Barberini, De Carnariis, e altri molti. Come
-dote la Vannozza portava allo sposo, oltre altri donativi,
-la somma di 1000 fiorini d'oro, e il diploma dato gratuitamente
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-al posto di sollecitatore delle Bolle papali. Nell'istrumento
-il matrimonio di Vannozza è espressamente indicato
-come il <i>secondo</i>. Ed è chiaro, si sarebbe invece parlato
-di <i>terze</i> o in generale di <i>nuove</i> nozze, ove quelle pretese
-prime con Domenico di Arignano avessero realmente avuto
-luogo.<a class="tag" id="tag18" href="#note18">[18]</a>
-</p>
-
-<p>
-Nel contratto come abitazione di Vannozza, dove le
-nozze furono stipulate, è indicata la casa sua nel quartiere
-Regola, a Piazza de Branchis, nome che la piazza porta
-ancora da una estinta famiglia De Branca. Ciò mostra che
-dopo la morte del primo marito essa aveva dovuto abbandonar
-la casa a Pizzo di Merlo e passare in quest'altra a
-Piazza Branca. La quale doveva essere di proprietà di lei;
-mentre il secondo marito pare uomo sprovvisto di sostanze,
-che solo col matrimonio e con la protezione del potente
-cardinale sperava far fortuna.
-</p>
-
-<p>
-Da una lettera del nominato Ludovico Gonzaga, del 19
-febbraio 1488, risulta che il nuovo matrimonio di Vannozza
-non fu sterile. Il vescovo di Mantova incaricava il suo
-agente in Roma di fare in vece sua da padrino a Carlo Canale,
-che di tale onore avevalo richiesto. La lettera non
-aggiunge altro: pure ciò non può essere inteso che nel
-senso indicato.<a class="tag" id="tag19" href="#note19">[19]</a>
-</p>
-
-<p>
-Non si sa in qual tempo Lucrezia abbandonasse la casa
-della madre e andasse per determinazione del cardinale in
-tutela ad una donna, che su lui e su tutta la famiglia Borgia
-esercitava grande influenza.
-</p>
-
-<p>
-Questa era Adriana della casa dei Mila, figlia di Don
-Pietro, uno dei nipoti di Callisto III e cugino di Rodrigo.
-Quale stato costui tenesse in Roma, ignoriamo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-</p>
-
-<p>
-Egli sposò la figliuola Adriana con un membro della
-nobile casa degli Orsini, Ludovico, signore di Bassanello
-presso Civitacastellana. Essendosi Ursino Orsino, nato da
-questo matrimonio, ammogliato nell'anno 1489, è da
-tenere che la madre Adriana sia divenuta moglie almeno
-16 anni prima. In quell'anno stesso 1489 il marito Ludovico
-Orsino era già morto.
-</p>
-
-<p>
-Nello stato matrimoniale e poscia nella vedovanza
-Adriana abitò in Roma uno de' palazzi degli Orsini, probabilmente
-quello a Monte Giordano, di qua da Ponte Sant'Angelo.
-Di fatto più tardi nella eredità di suo figlio Ursino si
-nomina la parte, cui egli aveva diritto appunto su tal palazzo.
-</p>
-
-<p>
-Il cardinale Rodrigo viveva in istrettissima relazione
-con Adriana. Essa era per lui più che congiunta: la confidente
-de' peccati suoi, de' suoi intrighi e de' suoi disegni,
-e tale la ebbe sino alla morte.
-</p>
-
-<p>
-A lei affidò anche sin dalla tenera età la figliuola Lucrezia,
-perchè la educasse. Di questo fatto non si può dubitare.
-Si rileva da una lettera dell'ambasciatore di Ferrara
-in Roma, Giannandrea Boccaccio, vescovo di Modena,
-indirizzata al duca Ercole nell'anno 1493. A proposito di
-Madonna Adriana Ursina dice, che questa ha sempre tenuta
-ed educata Lucrezia in sua propria casa.<a class="tag" id="tag20" href="#note20">[20]</a>
-</p>
-
-<p>
-Secondo il costume italiano, mantenutosi insino ad
-oggi, l'educazione delle figliuole era affidata a monache.
-D'ordinario le fanciulle, passati alquanti anni in un monastero,
-andavano poscia a marito ed entravano nel mondo.
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-Se non che, se è vera la descrizione che l'Infessura ci
-porge delle condizioni dei monasteri di donne, anche il
-cardinale dovette esitar molto prima di confidare la sua
-figliuola a quegli stinchi di sante. V'erano nulladimeno
-anche monasteri, ove tanta indisciplinatezza non era penetrata,
-come forse San Silvestro in Capite, nel quale i
-Colonna facevano educare alcune delle loro figlie, ovvero
-Santa Maria Nuova o San Sisto sulla via Appia. Essendo il
-Borgia papa, Lucrezia scelse appunto l'ultimo di questi
-chiostri per asilo, forse per la ragione che già bambina
-v'aveva per un pezzo ricevuta l'educazione religiosa.
-</p>
-
-<p>
-Fondamento della educazione di una donna italiana fu
-in ogni tempo la devozione per la Chiesa. Quella non era
-già rivolta a formare il cuore e l'animo; ma una bella
-forma di contegno religioso, mercè la quale la fede potesse
-dare una certa ritenutezza alla morale. Il peccare in sè non
-rendeva brutta niuna donna; ma dalla peccatrice, fosse
-pure la più dissoluta, il costume esigeva che adempisse
-tutti gli obblighi della Chiesa, e si mostrasse all'apparenza
-una cristiana ben composta. Donne scettiche e di libero
-spirito, si può dir, non ve n'erano; in quelle condizioni
-di socievolezza sarebbero state impossibili. Quell'empio
-tiranno, che fu Gismondo Malatesta di Rimini, edificò una
-magnifica chiesa, e in essa una cappella in onore della sua
-amante Isotta. E Isotta sicuramente non fu a nessuna seconda
-quanto a praticar in chiesa. Vannozza fece costruire
-e ornare una cappella in Santa Maria del Popolo. Fu in
-voce di donna devota, e non mica dopo la morte di Alessandro
-VI. Suprema delle sue cure materne, come di
-Adriana, fu, senza dubbio, di dare alla figliuola quel decente
-contegno cristiano; e Lucrezia se l'era appropriato
-tanto per bene, che più tardi un ambasciatore di Ferrara
-potè lodarsi delle sue maniere rigorosamente cattoliche.
-</p>
-
-<p>
-È erroneo credere che qui si tratti di una ipocrisia.
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-Questa implicherebbe un pensiero indipendente intorno ai
-problemi religiosi o un processo interiore e morale, ch'è
-estraneo affatto alle donne di quel tempo, e che in massima
-parte tal è tuttora alle donne italiane. La religione
-era ed è in Italia forma di educazione; e, per minimo che
-fosse il suo valore etico, era pur sempre una specie di
-bella formalità, nella quale la vita quotidiana era rinchiusa
-e assicurata come in una cornice.
-</p>
-
-<p>
-Le figliuole di famiglie fornite di mezzi di fortuna non
-potevano nei chiostri attendere agli studii letterarii; ricevevano
-invece questa istruzione da maestri, dati forse loro
-in comune coi fratelli. Non ê un'esagerazione il dire, che
-le donne bennate nel XV e nel XVI secolo avevano una
-coltura più soda e più erudita di quella del tempo nostro.
-La ragione di ciò è da riporre non nella vastità, ma ben
-piuttosto nel carattere esclusivo e nella limitazione della
-coltura d'allora. Le mancava quel patrimonio immenso e
-veramente incalcolabile di materiali di civiltà, che lo svolgimento
-e il progresso dello spirito europeo nel corso di
-tre secoli ha generati. La coltura della donna nella Rinascenza
-si concentrava essenzialmente nell'antichità classica.
-Si lasciava da banda come di niun valore tutto quanto potesse
-allora meritare il nome di moderno. Per tanto era una
-coltura dotta. In quella vece la coltura odierna della donna
-non è più classica; ma trae esclusivamente alimento dal
-tesoro delle cognizioni moderne. Se non che appunto la
-varia e multiforme natura di queste le toglie oggi quel
-carattere posato e sicuro, facilmente ottenibile dalla donna
-della Rinascenza in una cerchia limitata di educazione.
-L'istruzione odierna delle donne, anche nella Germania,
-tanto lodata per le sue scuole, è suppergiù senza
-fondo e superficiale, anzi scientificamente nulla. Tutt'al
-più si riduce ad imparare un paio di lingue viventi e a
-suonare il pianoforte; e per questo si spende un tempo
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-sterminato. L'eccessiva lettura de' giornali, de' libri di
-amena letteratura e de' romanzi quasi non lascia più agio
-alle nostre donne di acquistare una cultura seria. Nella
-Rinascenza il pianoforte non si conosceva; ma ogni
-donna bene educata usava suonare il liuto. Il romanzo era
-appena su' primi albori. Ancora oggi l'Italia è il paese,
-ove si produca e legga il meno in quel genere letterario.
-Ebbe, dopo il Boccaccio, novelle; ma anche queste piuttosto
-con parsimonia. Le poesie furono numerosissime; ma
-per metà scritte in latino. Il commercio librario e la stampa
-erano bambini. Il teatro sorto appena; e solo una volta
-l'anno, nel carnevale, si davano rappresentazioni drammatiche,
-e non su pubbliche, ma su scene private. Ciò che
-noi oggi chiamiamo letteratura o coltura internazionale,
-consisteva allora nello studio de' classici, cui si attendeva
-con passione. Quel luogo che nella educazione delle nostre
-donne hanno preso le lingue straniere, era tenuto allora
-dalla conoscenza delle lingue latina e greca.
-</p>
-
-<p>
-Agl'Italiani della Rinascenza non entrava in mente il
-pregiudizio, che la famigliarità con queste ultime lingue, che
-il sapere erudito rompa il fascino della natura femminile; e
-che le donne in genere debbano tenersi in una sfera inferiore
-di coltura. È un pregiudizio codesto, come alcuni altri penetrati
-nelle società nostre, d'origine germanica. Ideale
-della natura della donna ai Tedeschi parve sempre l'amoroso
-governo della madre nella cerchia della famiglia. Per
-lunga pezza le donne tedesche schivarono ogni esistenza
-pubblica per un sentimento di pudore e di moralità. Le
-attitudini loro restaron nascose, tranne il caso che peculiari
-condizioni, specialmente vivendo in Corte o per ragioni
-dinastiche, non le costringessero a mostrarle. Riandando,
-anche sino ai tempi moderni, la storia della coltura
-dei popoli germanici, non si trova un numero così grande
-di caratteri di donne pubblicamente famose, quali l'Italia,
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-la terra prediletta della personalità, ha possedute nella
-Rinascenza. L'influenza, esercitata da donne di alto intelletto
-sulla vita socievole italiana ne' secoli XV e XVI, e
-nel tempo posteriore in Francia sullo svolgimento spirituale
-e sociale, fu ignota in Inghilterra e in Germania.
-</p>
-
-<p>
-Nulladimeno più tardi le condizioni della coltura femminile
-nei paesi germanici e nei latini si sono invertite. Si
-elevò in quelli, mentre in questi diè giù, massime in Italia.
-La donna italiana, che durante la Rinascenza si poneva a
-fianco dell'uomo, e gareggiava con lui per la palma della
-coltura, e prendeva amore ad ogni progresso spirituale,
-restò poscia indietro e in basso. Da due secoli in qua si
-tenne indifferente ed estranea del tutto alla più elevata
-sfera della vita nazionale. Divenne piuttosto, nelle mani
-del prete, istrumento di servitù spirituale. In cambio, alle
-donne germaniche la Riforma rese maggior libertà personale.
-E a cominciare soprattutto dagl'inizii del secolo XVIII
-anche la Germania e l'Inghilterra han potuto esporre la
-loro serie di donne largamente colte e anche erudite. Non
-è colpa della Chiesa, ma della moda, delle abitudini sociali,
-e un po' anche del manco di ricchezza nelle famiglie,
-se in Germania la coltura delle donne è in generale
-mediocre.
-</p>
-
-<p>
-Ai nostri tempi in una scuola tedesca superiore, nella
-Svizzera, è stato fatto un primo tentativo di rinnovamento
-di quell'antica coltura erudita per le donne; quale fu intesa
-in Italia. L'impresa fallì, perchè si volle aggiungervi
-altri scopi, oltre quello della coltura, e perchè non fu tutta
-opera di donne germaniche. Ma per dubbioso e incerto
-che dovess'essere l'esito di tale tentativo scolastico, rispetto
-alle abitudini e disposizioni della donna, fu pur
-forse il segno di una incipiente riforma nella istruzione
-femminile.
-</p>
-
-<p>
-Una donna dotta, per la quale oggi gli uomini sentono
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-d'ordinario più avversione che rispetto, noi Tedeschi
-la chiamiamo, massime se scrive libri, <i>dottoressa</i>.<a class="tag" id="tag21" href="#note21">[21]</a> Nella
-Rinascenza la si chiamava <i>Virago</i>, predicato ch'era titolo
-d'onore. Jacopo da Bergamo nello scritto <i>Sulle donne celebri</i>,
-composto nel 1496,<a class="tag" id="tag22" href="#note22">[22]</a> l'adopera sempre come segno
-di distinzione. Raramente quella parola trovasi in scrittori
-italiani usata per significare quel concetto che comunemente
-sveglia in noi Tedeschi. Chiamavasi a quel tempo
-<i>Virago</i> la donna, che per coraggio, intelligenza e coltura
-si levava al di sopra delle altre. Tanto era più festeggiata,
-se con simili doti accoppiava grazia e bellezza. Imperocchè
-l'erudizione e la classica coltura presso gl'Italiani non
-eran nemiche delle grazie femminili. Piuttosto quelle davano
-a queste nuova e maggior forza. Dell'una donna o
-dell'altra Jacopo mai non tralascia di notare, che, quantunque
-volte mostravansi in pubblico come poetesse od oratrici,
-ciò che affascinava l'uditorio era appunto <i>l'incredibile
-pudore e la decenza loro</i>. Loda così Cassandra Fedeli;
-e di Ginevra Sforza ammira l'eleganza della forma, la grazia
-straordinaria in ogni movimento della persona, la franca
-regal maniera e soprattutto la morale bellezza. Altrettanto
-dice di Ippolita Sforza, moglie d'Alfonso d'Aragona, che
-in sè riuniva coltura finissima, meravigliosa eloquenza,
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-bellezza rara e nobilissimo pudore femmineo. Ciò che allora
-chiamavasi pudore (<i>pudor</i>), altro non era che la colta
-grazia naturale di una donna altamente dotata: in una parola,
-la grazia svolta e perfezionata. Lucrezia Borgia ne era
-fornita a dovizia. Nella donna rispondeva a quel che nell'uomo
-era il decoro del perfetto cavaliere. Forse non
-senza maraviglia si leggerà, che alcuni contemporanei lodavano
-in Cesare, nell'uomo di sì trista fama, la <i>modestia</i>,
-come una delle qualità sue più spiccate. Ma anche ciò
-bisogna intendere sotto il rispetto della coltura della personalità,
-della quale era essenzial forma di educazione e
-di manifestazione la modestia nell'uomo, nella donna il
-pudore.
-</p>
-
-<p>
-Certo nel secolo XV o nel XVI sui banchi delle scuole
-pubbliche in Bologna, Ferrara e Padova non sedettero
-donne emancipate, quali, non ha molto, se ne videro a
-Zurigo per attendere a studii pratici professionali. Ma le
-scienze stesse umanistiche, coltivate da giovani e da uomini,
-erano una necessità anche per l'alta coltura femminile.
-Come nel Medio Evo tènere fanciulle dedicavansi ai
-Santi del chiostro per divenir monache, così nella Rinascenza
-bambine straordinariamente dotate venivano offerte
-alle Muse. Jacopo da Bergamo, a proposito della Trivulzia
-di Milano, contemporanea di Lucrezia, che già a 14 anni
-suscitava per l'eloquenza sua incredibile ammirazione,
-dice: «Allorchè i genitori si accorsero delle straordinarie
-facoltà della bambina, la dedicarono quando aveva appena
-sette anni alle Muse, e la confidarono a loro, perchè la
-educassero.»
-</p>
-
-<p>
-Gli studii scientifici delle donne comprendevano allora
-le lingue classiche e i tesori letterarii delle stesse, l'eloquenza,
-la poesia, l'arte cioè di versificare, e la musica.
-Il dilettantismo nelle arti del disegno nacque naturalmente
-di per sè. La grande copia di creazioni artistiche della Rinascenza
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-porgeva modo ad ogni donna colta italiana di
-acquistare senza fatica gusto e senso pel bello artistico.
-</p>
-
-<p>
-Filosofia e teologia entravano esse pure nella coltura
-perfetta della donna. Dispute intorno a problemi relativi a
-tali discipline avevan luogo nelle corti e nelle sale delle Università
-tutti i giorni; e non mancavano donne aspiranti
-alla gloria di prendervi parte e illustrarvisi. La veneziana
-Cassandra Fedeli, un miracolo del tempo, sullo scorcio del
-secolo XV era tanto addentro nella filosofia e teologia
-quanto ogni dotto uomo. Essa disputava in pubblico con
-molta grazia, tra l'entusiasmo degli ascoltatori, in presenza
-del doge Agostino Barbarigo, e sovente nella pubblica
-scuola di Padova. La bella moglie di Alessandro Sforza di
-Pesaro, Costanza Varano, era versata nella poesia, eloquenza
-e filosofia. Scrisse molti dotti trattati. «Aveva quotidianamente
-tra mano gli scritti di Agostino, Ambrogio,
-Jeronimo e Gregorio, quelli di Seneca, Cicerone e Lattanzio.»
-Egualmente erudita la figliola, Battista Sforza, la nobile
-moglie di quel coltissimo uomo di Federico da Urbino.
-E della famosa Isotta Nugarola di Verona si racconta, che
-fu pienamente familiare coi libri dei Padri della Chiesa e
-dei filosofi. Nè erano poi sconosciuti ad Isabella Gonzaga
-ed Elisabetta di Urbino, per non dire di altre che subito
-dopo vennero del pari in celebrità, quali Vittoria Colonna
-e Veronica Gambara. I nomi di queste e di altre donne
-indicano il culmine della coltura femminile nella Rinascenza.
-E quando pure l'ingegno e l'istruzione loro fossero
-stati per ogni tempo eccezionali, è certo che quegli
-studii, che in sì alto grado si appropriarono, non
-entravan punto per eccezione nella sfera di coltura delle
-donne bennate. Eran coltivati invece per complemento
-della personalità e per render più adorna l'esistenza socievole.
-La frivolezza delle conversazioni nostre è veramente
-sconfinata: a siffatta vuotaggine si cerca rimedio
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-nel canto e nel suono del pianoforte. Certo nelle sale
-stesse della Rinascenza le cose non saranno sempre ite
-come nei simposii platonici; e quelle dispute nelle conversazioni
-sarebbero oggi per noi motivo di noia insopportabile.
-Non di meno i bisogni d'allora eran diversi. Un
-discorso bello e pieno di spirito tra gente di valore e finamente
-educata, dandogli una tinta e un carattere di classicismo,
-introducendovi pensieri tolti da antichi autori;
-ovvero svolgere e compiere dialogizzando un discorso sopra
-un dato tèma: era questo l'altissimo de' diletti per
-la socievolezza d'allora. Questa forma di conversazione propria
-alla Rinascenza, toccò più tardi in Francia la vera
-altezza dell'arte. Il Talleyrand la chiamava la più bella e
-più grande felicità dell'uomo. Il dialogo classico rifiorì,
-con questo progresso, che vi pigliavan parte anche donne
-altamente istruite. Come modelli di siffatta elegante e geniale
-socievolezza valgono il <i>Cortegiano</i> del Castiglione e
-<i>Gli Asolani</i>, che il Bembo dedicò a Lucrezia Borgia.
-</p>
-
-<p>
-La figlia di Alessandro non ebbe grido fra le donne
-italiane classicamente colte; mentre sembra l'educazione
-di lei non essersi di molto levata oltre il livello comune.
-Ma pel tempo suo ricevette istruzione compiuta. Aveva
-imparato le lingue, la musica e le arti del disegno; e più
-tardi in Ferrara la sua abilità artistica nel fare bei ricami
-in seta e oro fu oggetto di ammirazione. «Parlava spagnuolo,
-greco, italiano e francese, un tantino anche e correttamente
-latino; e in tutte queste lingue scriveva e faceva
-versi:» così di lei il biografo del Bayard nel 1512.
-Sotto l'influenza del Bembo e dello Strozzi, Lucrezia potè
-più tardi, nel periodo più tranquillo della vita sua, perfezionare
-la sua educazione. Pure è certo che dovette averne
-gettate le basi in Roma. Essa era ad una volta spagnuola
-e italiana; e delle lingue de' due paesi fu interamente padrona.
-Delle lettere sue al Bembo due sono scritte in spagnuolo:
-<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
-le molte altre — più di 100 — che ancora di lei
-rimangono, sono in italiano di quel tempo, semplici nell'espressione
-e spigliate nel concetto. Per contenuto non
-hanno importanza di sorta: v'appariscono l'animo e il sentimento,
-ma nessuna profondità spirituale. La calligrafia
-non è sempre uguale: talvolta ha tratti duri e forti, che
-ricordano la maniera di scrivere tutta piena di energia del
-padre; tal'altra è netta e fine come quella di Vittoria Colonna.
-</p>
-
-<p>
-Nessuna delle lettere prova che Lucrezia comprendesse
-il latino; e il padre stesso ebbe una volta a dire
-com'ella non ne fosse padrona del tutto. Ad ogni modo
-doveva essere in grado d'intendere le scritture latine;
-altrimenti Alessandro non averebbe potuto più tardi farla
-sua rappresentante in Vaticano, con facoltà di aprire le
-lettere. Similmente gli studii di lei nel greco non devono
-essere stati molti serii; pure non è a dire che l'ignorasse
-affatto. Nella sua gioventù fiorivano ancora in Roma le
-scuole di letteratura greca, che vi andarono crescendo dopo
-il Crisolora e il Bessarione. Nella città dimoravano sempre
-molti Greci, parte esuli dalla Grecia, parte venuti con
-la regina Carlotta di Cipro. Questa principessa così vaga
-di avventure visse, sino alla morte, nel luglio 1487, in
-un palazzo del Borgo Vaticano, ove teneva corte e forse
-raccoglieva a sè d'intorno la gente dotta di Roma, come
-appunto usò molto più tardi la colta regina Cristina di
-Svezia. Nella casa di lei il cardinal Rodrigo doveva aver
-conosciuto, fra gli altri nobili Ciprioti, anche Ludovico Podocatharo,
-che fu poi suo secretario. Forse fu questi che
-insegnò il greco ai bambini Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Nel palazzo del cardinale viveva pure un umanista
-tedesco, Lorenzo Behaim di Nurenberga. A questo fu per
-20 anni affidato il governo di casa Borgia; e poichè era
-latinista e membro dell'Accademia romana di Pomponio
-<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
-Leto, è naturale che la presenza sua non fosse senza una
-certa influenza sulla educazione dei figliuoli del suo signore.
-Del resto, d'insegnanti nelle scienze umanistiche non
-era difetto in Roma. Eran quelle nel loro fiore. E l'Accademia
-come l'Università producevano grande copia di uomini
-d'ingegno. V'erano quindi molti maestri che tenevano
-scuola, e molti giovani eruditi, accademici attivi
-e operosi, che in parte cercavano far fortuna alla Corte
-de' cardinali, come uomini di compagnia e secretarii, o
-come insegnanti dei loro bastardi. Anche Lucrezia ebbe da
-tali maestri lezioni di letteratura classica. Quanto alla poesia
-italiana o alla virtuosità di far sonetti, allora universalmente
-comune anche alle donne, essa potette facilmente
-apprenderla da uno de' tanti poeti, che allora vivevano in
-Roma. Imparò senza dubbio a far versi; ma nulla dava
-diritto agli storici della letteratura Quadrio e Crescimbeni
-ad assegnarle un posto nella poesia italiana. Di fatto nè il
-Bembo nè Aldo nè lo Strozzi l'hanno giammai nominata
-come poetessa, nè di lei si conoscono poesie. Anche le canzoni
-spagnuole, che si trovano nelle sue lettere al Bembo,
-nemmeno è certo che siano composizioni sue.
-</p>
-
-<h3>V.</h3>
-
-<p>
-È facile immaginare quanta commozione dovette cagionare
-in Lucrezia il primo sentore delle sue reali condizioni
-di famiglia. Il marito della madre non era suo padre. Insieme
-coi fratelli, ella si trovava figliuola di un cardinale. Lo
-spuntar di questa coscienza si accoppiava in lei con la comprensione
-di relazioni, che, condannate dalla Chiesa, volevano
-al cospetto del mondo rimaner coperte da un velo. Essa
-anzi fu sempre trattata come la nipote del cardinal Borgia.
-Nel padre suo onorava ad un tempo uno dei più eminenti
-<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
-principi della Chiesa di Roma, che sentiva anche designare
-come papa futuro.
-</p>
-
-<p>
-Per certo la conoscenza degl'eminenti vantaggi di
-tal condizione ebbe sulla fantasia di Lucrezia efficacia più
-energica del concetto dell'immoralità. Il mondo, nel quale
-viveva, non si tormentava davvero con scrupoli morali; e
-raramente vi fu tempo, in cui l'abito di sfruttare in ogni
-modo e al massimo grado possibile le relazioni di fatto
-esistenti fosse altrettanto diffuso e radicato. Ben presto
-apprese come legami di quella natura fossero in Roma
-comuni e universali. Sentì che la più parte dei cardinali
-vivevano con amiche, e largamente provvedevano ai loro
-figliuoli. Le fu raccontato di quelli del cardinal Giuliano
-Della Rovere o Piccolomini. Vide coi proprii occhi i figli e
-le figlie di Estouteville; e sentì parlare dei feudi che il ricco
-padre aveva per loro acquistati sui monti Albani. Vide anche
-i figliuoli di papa Innocenzo salire in grande onore;
-le fu mostrato il figlio di lui Franceschetto Cibo con l'illustrissima
-moglie Maddalena Medici. Seppe che nel Vaticano
-vivevano altri figli e nipoti del Papa; e vedeva continuamente
-uscirne ed entrarvi la figlia, Madonna Teodorina,
-la moglie del genovese Uso di Mare. Aveva 8 anni, quando
-la figlia di costoro, Donna Peretta, fu sposata in Vaticano
-col marchese Alfonso del Carretto con tanta pompa e feste,
-che tutta Roma ne parlò.
-</p>
-
-<p>
-Il primo concetto della sorte non comune, che a lei ed
-ai fratelli suoi per ragion della nascita poteva spettare, erasi
-già formato in Lucrezia al veder duca spagnuolo il maggiore
-di essi, Pierluigi. Non sappiamo con precisione in qual
-tempo il giovane Borgia lo divenisse: nel 1482 non era
-ancora. I legami potenti, che suo padre manteneva con la
-Corte spagnuola, avevano a costui reso possibile di far nominare
-il figlio Duca di Gandia nel regno di Valenza. E,
-come il Mariana osserva, il Ducato egli lo comprò.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-</p>
-
-<p>
-Don Pierluigi moriva in Spagna ancora giovanissimo.
-Di fatto in un documento del 1491 si parla di lui come
-morto, e si fa menzione di un legato nel suo testamento a
-favore della sorella Lucrezia.<a class="tag" id="tag23" href="#note23">[23]</a> Il ducato di Gandia passò
-al secondogenito di Rodrigo, Don Juan, che si affrettò ad
-andare a Valenza per prenderne possesso.
-</p>
-
-<p>
-E frattanto le inclinazioni del cardinale s'erano rivolte
-ad altre donne. Nel maggio 1489, quando Lucrezia
-aveva 9 anni, vediamo la prima volta apparire Giulia Farnese,
-giovane di maravigliosa bellezza, dal cui fascino fu
-preso con passione e ardore giovanile il già maturo cardinale
-e più tardi papa Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Si deve a questo adultero amore di lui per la Giulia,
-se la casa dei Farnese entrò prima nella storia di Roma e
-poscia in quella del mondo. Rodrigo Borgia fu di fatto il
-creatore della grandezza di questa famiglia, nominando
-cardinale Alessandro, fratello della Giulia. Così pose la
-base al papato di Paolo III, stipite dei Farnesi di Parma;
-schiatta famosa, che non s'estinse che nel 1758 sul trono
-di Spagna con la regina Elisabetta.
-</p>
-
-<p>
-In Roma, dove due de' più belli edifizii della Rinascenza
-han reso immortale il nome dei Farnesi, non
-avevan costoro, sino al tempo del Borgia, importanza alcuna.
-Non abitavano nemmeno la città, ma l'Etruria romana.
-Possedevano ivi alcuni luoghi, come Farneto, donde
-devono aver tratto il nome, Ischia, Caprarola e Capodimonte.
-Più tardi, non si sa quando, vennero anche momentaneamente
-in possesso d'Isola Farnese, castello antichissimo
-sulle rovine di Veja, che già dal secolo XIV era stato
-degli Orsini. L'origine dei Farnesi è oscura, ma la tradizione,
-che gli fa derivare dai Longobardi o dai Franchi, ha
-per sè ogni verosimiglianza. Essa trova sostegno nel nome
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-<i>Ranuccio</i> così frequente in quella casa, forma italianizzata
-di <i>Rainer</i> (<i>Raniero</i>).
-</p>
-
-<p>
-I Farnesi s'agitavano in Etruria come piccola dinastia
-di feudatarii rapaci, senza però giungere alla potenza dei
-loro vicini, degli Orsini di Anguillara e Bracciano e di quei
-famosi Conti di Vico, tedeschi d'origine, che dominarono
-da prefetti nell'Etruria per secoli, sino a che non caddero
-sotto Eugenio IV. Mentre questi prefetti erano i più ardenti
-ghibellini e più feroci nemici dei papi, i Farnesi invece,
-al pari degli Este, furon sempre del partito guelfo.
-Dall'XI secolo in poi andarono Consoli e Podestà in Orvieto,
-quindi qua e là capitani della Chiesa in quelle molte
-guerricciole con città e baroni, specie nell'Umbria e nel
-Patrimonio di San Pietro. Ranuccio, avo di Giulia, fu tra' più
-valenti generali di Eugenio IV, e compagno del Vitelleschi,
-il terribile domatore di tiranni. Mercè sua la casa dei Farnesi
-era salita in maggior reputazione. Il figlio Pierluigi
-si sposò con Donna Giovannella della stirpe dei Gaetani
-di Sermoneta. Figliuoli di costui furono Alessandro, Bartolomeo
-e Angiolo, Girolama e Giulia.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro Farnese, nato il 28 febbraio 1468, era
-giovane di spirito e di mente colta, ma di cattiva fama per
-le sfrenate passioni. Nel 1487 aveva, dietro malvage imputazioni,
-messo in prigione la propria madre, per la qual
-cosa fu a volta sua da Innocenzo VIII fatto rinchiudere in
-Castel Sant'Angelo. Ma seppe evaderne, senza che ciò avesse
-per lui ulteriori conseguenze. Egli era Protonotario della
-Chiesa. La sorella maggiore Girolama si sposò con Puccio
-Pucci, uno dei più ragguardevoli uomini politici di Firenze,
-membro di numerosa famiglia molto intimamente legata
-coi Medici.
-</p>
-
-<p>
-Il 20 maggio 1489 nella <i>Camera Stellata</i> del palazzo
-Borgia comparve la giovane Giulia Farnese con Ursino Orsini,
-giovane egualmente, per stipulare il loro contratto nuziale.
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-Prima di tutto fa maraviglia che ciò avesse luogo nella
-casa del cardinal Rodrigo. Il nome suo sta nel contratto il
-primo di tutti i testimoni, come quello di persona che ha
-preso gli sposi sotto la sua protezione e concluso il matrimonio.
-Le nozze, del resto, erano già state innanzi fissate
-dai genitori — non più viventi nel 1489 — degli sposi,
-essendo questi ancora minori, cioè dire, da Ludovico Orsini,
-signore di Bassanello e da Pierluigi Farnese. Usava
-allora fidanzar legalmente bambini; e, come già nell'antica
-Roma, i promessi sposi contraevano poscia il matrimonio
-in età ancora minore, spesso a 13 anni appena. Il 20 maggio
-1489 Giulia poteva aver solo 15 anni; era sotto la tutela
-dei fratelli e degli zii della casa dei Gaetani. Il giovane Orsini
-stava sotto la tutela della madre Adriana, che era
-l'Adriana de Mila, la parente del cardinal Rodrigo e l'educatrice
-di Lucrezia. Ciò rende a sufficienza ragione della
-parte officiale e personale che colui prendeva al matrimonio
-della Giulia.
-</p>
-
-<p>
-Al contratto nuziale stipulato dal notaro Beneimbene
-furono, oltre il cardinale, testimoni il vescovo Martini di
-Segovia, i canonici spagnuoli Garcetto e Caranza e il nobile
-romano Giovanni Astalli. Assistenti della sposa dovevano
-essere i fratelli, ma venne solo il più giovane, Angiolo:
-Alessandro s'astenne. Il non essere apparso nel
-palazzo Borgia, in occasione così solenne per la famiglia,
-è notevole: nondimeno può essere stato per circostanze
-accidentali. Il protonotario Jacopo e suo fratello Don Nicola
-Gaetani, zii della sposa, eran presenti. La somma di
-3000 fiorini d'oro fu la dote di Giulia, che per quel tempo
-era molto ragguardevole.<a class="tag" id="tag24" href="#note24">[24]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il giorno dopo, il 21 maggio, fu festeggiato lo sposalizio
-della giovane coppia nello stesso palazzo Borgia. Molti
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-grandi signori vi presero parte, de' quali sono specialmente
-nominati i parenti dello sposo, il cardinal Gianbattista Orsini
-e Rainaldo Orsini, arcivescovo di Firenze. La bella
-stagione potè permettere agli sposi di andarsene al castello
-di Bassanello; ovvero, se così non fecero, essi presero stanza
-nel palazzo Orsini a Monte Giordano.
-</p>
-
-<p>
-In questo palazzo, presso Madonna Adriana, madre
-del giovane Orsini, il cardinal Rodrigo aveva dovuto già
-prima del matrimonio conoscere e spesse volte vedere la
-Giulia Farnese. Colà pure la Lucrezia, più giovane di parecchi
-anni, dovette fare la conoscenza della stessa. Giulia
-era bella tanto, che si ebbe per soprannome <i>la bella</i>. Al
-pari di Lucrezia, aveva bionda la chioma come oro. Nella
-casa di Adriana questa dolce e vaga fanciulla diè nella rete
-del libertino Rodrigo. Cedette alle arti seduttrici di lui o
-già prima di sposarsi col giovane Orsini o subito dopo.
-Probabilmente accese la sensualità del cardinale, uomo
-già di 58 anni, allorchè gli si presentò nel palazzo in abito
-da sposa, in tutto lo splendore della sua gioventù affascinante.
-Comunque, il certo è, che già dopo due anni dal
-matrimonio la Giulia era l'amante dichiarata del cardinale.
-Quando Madonna Adriana ebbe scoperta la relazione,
-chiuse gli occhi e si rese complice delle turpitudini della
-nuora. Per tal guisa divenne la persona più potente e
-influente nella casa Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Dei tre figlioli del cardinale, Juan e Cesare eran frattanto
-venuti crescendo. Entrambi nel 1490 non erano a
-Roma. L'uno trovavasi in Spagna; l'altro agli studii
-nell'Università di Perugia, donde passò poi in quella di
-Pisa. Già nel 1488 Cesare deve aver frequentato una di
-quelle scuole superiori, e probabilmente la prima. In
-quell'anno di fatto Paolo Pompilio gli dedicò la sua <i>Syllabica</i>,
-uno scritto sulle regole per ben comporre in versi.
-Egli vi lodava il genio ascendente di Cesare, speranza e
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-decoro di casa Borgia, i progressi di lui nelle scienze, la
-maturità dello spirito in età così giovanile, e ne predicava
-la gloria a venire.<a class="tag" id="tag25" href="#note25">[25]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il padre l'aveva destinato alla carriera ecclesiastica,
-abbenchè Cesare non sentisse per essa che repugnanza.
-Da Innocenzo VIII aveva colui ottenuto, che il figlio suo
-fosse fatto Protonotario della Chiesa e di più preconizzato
-vescovo di Pampelona. Come Protonotario apparisce in un
-documento del febbraio 1491. E in quel tempo stesso il
-più giovane dei figlioli di Rodrigo, Don Jofrè, fanciullo di
-circa 9 anni, è nominato Canonico e Arcidiacono di Valenza.<a class="tag" id="tag26" href="#note26">[26]</a>
-</p>
-
-<p>
-Cesare dovette andare a Pisa nel 1491. Quell'Università
-accoglieva molti giovani di cospicue famiglie italiane,
-soprattutto per la rinomanza grande del Rettore degli studii,
-il milanese Filippo Decio. Il giovane Cesare v'andò con
-due condiscepoli spagnuoli, favoriti del padre, Francesco
-Romolini da Ilerda e Giovanni Vera da Arcilla nel regno
-di Valenza. L'ultimo gli venne dato come aio, così qualificandolo
-Cesare stesso in una lettera dell'ottobre 1492,
-ove lo chiama il più fido dei famigliari suoi.<a class="tag" id="tag27" href="#note27">[27]</a> Nel 1491
-Francesco Romolini aveva già più di 30 anni; studiò
-con fervore Diritto, del quale acquistò ampia cognizione.
-Egli è il Romolino stesso, che più tardi in Firenze condusse
-il processo contro Savonarola. Nel 1503 Alessandro
-lo fece cardinale; e cardinale era pur divenuto Vera sin
-dal 1500. I mezzi di fortuna del padre permettevano al
-<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
-giovane Cesare di vivere in Pisa con sontuosità principesca;
-e lo stato di colui lo pose anche in grado di entrare
-in amichevoli relazioni coi Medici.
-</p>
-
-<p>
-Il cardinal Borgia continuava allora a cercare nella
-Spagna la fortuna dei figliuoli suoi. Anche per la figlia Lucrezia
-non sapeva immaginare avvenire più splendido di un
-matrimonio spagnuolo. E, senza dubbio, dovette avere a
-segnalata fortuna, che il figliolo di una di quelle antiche
-e nobili case di Spagna acconsentisse a diventare il marito
-della bastarda di un cardinale. Questi fu Don Cherubin
-Juan de Centelles, signore di Val d'Ayora nel regno di
-Valenza, fratello del Conte di Oliva.
-</p>
-
-<p>
-Nel 26 febbraio e 16 giugno 1491 in Roma furono
-firmate le tavole nuziali e distese in lingua valenzana. Il
-giovane sposo trovavasi a Valenza e la sposa a Roma; e
-a questa il padre aveva dato per procuratore il nobile romano
-Antonio Porcaro. Nel contratto fu per Lucrezia sborsata
-la somma di 300,000 <i>timbres</i> o soldi di moneta valenzana,
-ch'essa portava in dote al marito Don Cherubin,
-parte in moneta contante, parte in gioielli e altri oggetti
-di corredo. Fu espressamente notato, 11,000 <i>timbres</i> provenire
-dal testamento del fu Don Pierluigi de Borgia,
-duca di Gandia, che gli aveva assegnati in dote alla sorella
-sua, ed altri 8000 donarsi alla stessa pel medesimo
-titolo dagli altri suoi fratelli Don Cesare e Don Jofrè, similmente,
-com'è da presumersi, sulla eredità di costoro.
-Fu stabilito che Donna Lucrezia sarebbe condotta a Valenza
-a spese del cardinale entro l'anno dal contratto, e
-che il matrimonio sarebbe ecclesiasticamente solennizzato
-entro i sei mesi dall'arrivo di lei in Spagna.<a class="tag" id="tag28" href="#note28">[28]</a>
-</p>
-
-<p>
-Così Lucrezia, bambina ancora di 11 anni, vide una
-volontà a lei estranea disporre della sua mano e della
-<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
-felicità sua, e da quel momento non fu più padrona del
-suo destino. Tale, del resto, era la sorte di tutte le figliole
-di alta e anche di bassa condizione. Poco innanzi che il
-padre divenisse papa, sembrò proprio deciso ch'ella dovesse
-trascorrere la vita sua in Spagna. E facilmente sarebbe
-sparita dalla storia del Papato e d'Italia, se quelle
-nozze si fossero in effetto avverate. Ma ciò non accadde.
-Impedimenti, che non conosciamo, ovvero mutamenti
-nei disegni del padre valsero a fare sciogliere quella promessa
-di matrimonio con Don Cherubin. Sin dal momento
-che tale promessa, mercè procura, veniva legalmente
-stipulata, il padre pensava già per la figlia ad altro
-matrimonio. Il marito predestinatole era Don Gasparo, anche
-lui giovane spagnuolo, figlio del cavaliere Don Juan
-Francesco di Procida, conte d'Aversa. Questa famiglia doveva
-essere andata a Napoli con la casa Aragonese. Madre
-di Don Juan Francesco vien chiamata Donna Leonora di
-Procida e Castelleta, contessa d'Aversa. Il padre di Gasparo
-viveva in Aversa; ma quest'ultimo trovavasi il 1491
-in Valenza, dove forse attese alla sua educazione presso i
-parenti, essendo egli ancora fanciullo sotto i 15 anni. In
-un istrumento del notaro Beneimbene, del 9 novembre
-1492, è espressamente detto, che nel 30 aprile dell'anno
-antecedente 1491, con tutte le formalità e mercè regolare
-procura, era stata conclusa promessa di matrimonio tra
-Lucrezia e Gasparo, e che il cardinal Rodrigo si era obbligato
-a mandare a spese sue la figlia a Valenza, ove il
-matrimonio sarebbesi solennizzato innanzi alla Chiesa.
-Ma un'identica promessa col giovane Centelles era stata
-legalmente stipulata solo il 26 febbraio dello stesso anno
-1491, e ratificata ancora nel giugno 1491. Epperò vi sarebbe
-luogo a dubitare della esattezza della data. Se non
-che non solo l'istrumento nel protocollo del Beneimbene,
-ma anche una copia dello stesso nell'Archivio dell'Ospedale
-<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
-di Roma alla <i>Sancta Sanctorum</i> porta la data dell'ultimo
-d'aprile 1491, come giorno in cui ebbero luogo i capitoli
-matrimoniali tra Lucrezia e Don Gasparo. In questo
-atto fu procuratore di lei non più Antonio Porcaro, ma
-Don Jofrè Borgia, barone di Villa Longa insieme col canonico
-Jacopo Serra di Valenza e col valenzano Vicario generale
-Matteo Cucia.<a class="tag" id="tag29" href="#note29">[29]</a> Onde è innegabile questo fatto strano, che
-Lucrezia al tempo stesso fu promessa sposa di due giovani
-spagnuoli.
-</p>
-
-<p>
-Malgrado della mancata promessa verso il primo degli
-sposi, sembra che la famiglia dei Centelles sia rimasta in
-buoni termini coi Borgia. Più tardi di fatto, quando Rodrigo
-era papa, tra i camerieri a lui più intimi troviamo un
-Guglielmo de Centelles, e un Raimondo della stessa casa
-qual Protonotario e Tesoriere di Perugia.
-</p>
-
-<h3>VI.</h3>
-
-<p>
-Il 25 luglio 1492 accadde ciò che i Borgia da tempo
-e con tanto ardore avevano sospirato e atteso, la morte
-di Innocenzo VIII. Quattro cardinali erano allora, a preferenza
-di tutti, candidati al Papato, Raffaele Riario e Giuliano
-Della Rovere, i due potenti nepoti di Sisto IV;
-quindi Ascanio Sforza e Rodrigo Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Per la famiglia di quest'ultimo, sino a che la nuova
-elezione non fu decisa, trascorsero giorni di ansietà febbrile.
-Dei figliuoli di lui erano in Roma soltanto Lucrezia
-e Jofrè, ambedue in casa Madonna Adriana. Vannozza
-viveva nella propria col marito Canale, che da un
-pezzo copriva la carica di Scrittore della Penitenzeria. Essa
-aveva allora 50 anni, e null'altro le restava a desiderare
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-in vita che di veder effettuato il supremo e più fervido
-voto dell'animo suo, di veder salire il padre dei suoi
-figliuoli sul trono papale. Santi del Cielo! Con quante
-preci e con quali promesse solenni non saranno stati assaliti,
-perchè esaudissero quel voto! E con quante e quali
-non gli avranno pur tempestati Madonna Adriana, Lucrezia
-e Giulia Farnese!
-</p>
-
-<p>
-L'11 agosto, di buon mattino, anelanti messi potettero
-a quelle donne recare dal Vaticano la nuova, che Rodrigo
-Borgia era uscito vincitore dal difficile agone. A lui,
-maggiore offerente, il Papato era stato venduto. Nella elezione
-il cardinale Ascanio aveva dato il tratto alla bilancia;
-e in guiderdone ebbe la città di Nepi, il posto di Vicecancelliere
-e il palazzo Borgia. Ancora oggi questo porta il
-nome di Sforza Cesarini.
-</p>
-
-<p>
-Quando, la mattina dopo l'avventuroso giorno, Alessandro
-VI dalla sala del Conclave fu portato giù in San
-Pietro per ricevervi i primi omaggi, lo sguardo suo, raggiante
-di gioia, dovette fra la stipata moltitudine cercar
-le persone a lui care. Dovettero invero queste esser forse le
-prime a venire per festeggiare sì gran trionfo. Da lungo
-tempo Roma non aveva più visto un nuovo Papa dalla
-figura così piena di maestà e bellezza. Il suo modo di
-vita era generalmente noto a tutti. Pure niuno in quel
-momento lo conosceva tanto intimamente quanto quella
-donna, Vannozza Catanei. Essa se ne stava certamente ginocchioni
-in San Pietro, mentre fra i sacri cantici della
-Messa le immagini di un peccaminoso passato le agitavan
-l'animo.
-</p>
-
-<p>
-Non tutte le Potenze accolsero sospettose l'elezione
-del Borgia. In Milano Ludovico il Moro dispose pubbliche
-feste; credeva, mercè l'influenza del fratello Ascanio, diventare
-egli stesso un <i>mezzo Papa</i>. Molto s'aspettavano da
-Alessandro i Medici; meno gli Aragonesi di Napoli. Incollerita
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-si mostrò Venezia. L'ambasciatore della Repubblica,
-già nell'agosto, dichiarava apertamente che la Santa Sede
-era stata venduta con simonìa e molte ribalderie, e che la
-Signoria di Venezia era convinta che Francia e Spagna
-negherebbero obbedienza al Papa, non prima fossero venute
-in sentore di tali empietà.<a class="tag" id="tag30" href="#note30">[30]</a>
-</p>
-
-<p>
-Frattanto con omaggi infiniti Alessandro VI riceveva
-il riconoscimento di tutti gli Stati italiani. La festa della
-sua esaltazione, il 26 agosto, fu solennizzata con pompa
-straordinaria. L'arme dei Borgia, un bove che pascola, fu
-vista in sì varii emblemi e figure e con tanti epigrammi salutata,
-che un satirico avrebbe potuto dire, festeggiarsi in
-Roma il ritrovamento del divino Api. Più tardi il bove
-dei Borgia è stato bene spesso bersaglio alla più avvelenata
-satira; ma sugl'inizii del reggimento di Alessandro era
-molto ingenuamente il portatore simbolico della magnificenza
-papale. Simbolismo di tal fatta oggi muoverebbe al
-riso e al sarcasmo; ma il senso plastico degl'Italiani d'allora
-lo trovava naturale.
-</p>
-
-<p>
-Allorchè Alessandro, nella processione solenne al Laterano,
-passò innanzi al palazzo dei suoi fanatici partigiani,
-i Porcari, un fanciullo della casa con molta espressione e
-passione declamò alcuni distici, la cui chiusa suonava così:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Vive diu bos, vive diu celebrande per annos.</i></p>
-<p class="i02"> <i>Inter Pontificum gloria prima choros.</i><a class="tag" id="tag31" href="#note31">[31]</a></p>
-</div></div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-</p>
-
-<p>
-Bisogna leggere le relazioni di Michele Ferno e di Jeronimo
-Porcio sulla festa dell'incoronazione e su' discorsi
-di obbedienza degli ambasciatori italiani per formarsi una
-idea sin dove giungesse allora l'adulazione. Certamente
-oggi noi possiamo con difficoltà immaginare quell'imponente
-spettacolo, in cui un Papa dalla natura largamente
-favorito si presentava sul teatro di Roma, in un tempo che
-il Papato vi toccava appunto la più superba altezza. È vero
-che a siffatto culmine lo aveva sospinto, non il bene della
-Chiesa, non la religione da lungo profanata, ma il lusso
-del tempo e la politica moderna. Nulladimeno dal Medio
-Evo in poi un certo fondo interiore tradizionale s'era pur
-sempre mantenuto, che costringeva i credenti alla venerazione.
-</p>
-
-<p>
-Il Ferno in un luogo osservò, che tutta la storia della
-terra non offriva nulla da esser comparato con l'elevatezza
-del Papato e con questo culto reso ad una persona. E l'autore
-non era già un papista bigotto, ma sì un zelante discepolo
-di Pomponio Leto. Egli era però, come tutti quei romantici
-del classicismo, di una impressionabilità estrema per
-ogni effetto teatrale. E così non trova abbastanza parole
-per descrivere una processione di Alessandro a Santa Maria
-del Popolo: quella moltitudine di uomini riccamente
-adorni, che festosa si muove ed agita; e i 700 preti e cardinali
-coi loro famigliari; e quegli splendidi corteggi di
-cavalieri e grandi di Roma, e gli arcieri e cavalieri turchi;
-e quella guardia palatina dalle lunghe alabarde e dagli
-scudi rilucenti; e i dodici cavalli bianchi dagli aurei freni,
-condotti a mano, e le innumerevoli altre decorazioni della
-sfarzosa comparsa. Processione simile, pari a corteo trionfale,
-che oggi non potrebbe avere luogo che dopo lunga
-e molta preparazione, il Papa può improvvisarla ad ogni
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-istante, perchè attori e guardaroba son sempre lì, bell'e
-pronti. Pel Papa è occasione di mostrarsi una volta ai Romani;
-sicchè Sua Santità si porge al popolo oggetto di divertimento
-e di festa.
-</p>
-
-<p>
-Il Ferno poi dipinge il Borgia stesso come un vero
-semidio, sceso dal cielo. «Egli cavalca sopra cavallo
-bianco come neve con serena fronte, con dignità istantaneamente
-maestosa; così si presenta al popolo; così benedice
-tutti; così è la mira di tutti gli sguardi; così pure
-lo sguardo suo penetra per tutto; così tutto rallegra;
-così l'apparizione sua è per tutti segno di buon augurio.
-Quanto maraviglioso quel dolce abbandono della sua fisionomia;
-la schietta nobiltà del suo volto, e la liberalità del
-suo sguardo. Questo rigoglio e contegno di disinvolta bellezza
-e la fresca e piena sanità del corpo come non accrescono
-la venerazione ch'egli ispira!» Così e non altrimenti
-deve, a parere del Ferno, essersi mostrato un tempo Alessandro
-il Grande. Era un'idolatria, insomma, della quale
-si continuava a circondare il Papato, senza che mai alcuno
-prendesse la pena di domandarsi qual fosse l'intima e personale
-essenza dell'idolo fastoso.
-</p>
-
-<p>
-Il giorno della incoronazione Alessandro nominò il
-figlio Cesare, giovanetto di 16 anni, vescovo di Valenza.
-Lo nominò, senza esser sicuro dell'assentimento di Ferdinando
-il Cattolico. E in realtà questo monarca resistette
-a lungo pria di concederlo, avvegnachè per tal guisa i
-Borgia facessero del primo Vescovado di Spagna un loro
-possedimento ereditario. Cesare intanto non era a Roma
-alla festa d'incoronazione del padre. Il 22 agosto, undici
-giorni dopo l'elezione di Alessandro, l'ambasciatore ferrarese
-Manfredi in Firenze informava la duchessa Eleonora
-d'Este «il figlio del Papa, vescovo di Pampelona, che era
-all'Università di Pisa, essersi il mattino avanti di colà partito
-per comando del padre e andato nella cittadella di Spoleto.»
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quivi trovavasi ancora Cesare il 5 ottobre, avendo in
-quel giorno da Spoleto mandato lettera a Piero de' Medici.
-Questo scritto al figlio di Lorenzo, fratello del cardinale
-Giovanni, è concepito in termini, che implicano confidenza
-molta tra lui e Cesare. Questi vi dice, che per la improvvisa
-partenza da Pisa non aveva più potuto abboccarsi con
-lui, ma che il precettore suo, Giovanni Vera, n'avrebbe
-fatto le parti. Raccomanda anche il suo fido famigliare
-Francesco Romolini pel posto di professore di Diritto canonico
-in Pisa, preferendo questo dotto uomo la carriera
-dell'insegnamento alla ecclesiastica. La lettera è firmata:
-«Come fratello Vostro Cesare de Borja, eletto di Valenza.»<a class="tag" id="tag32" href="#note32">[32]</a>
-</p>
-
-<p>
-Se Alessandro non fece immediatamente venire il
-figliuolo a Roma, fu, senza dubbio, per confermare ciò
-che solennemente aveva dichiarato, di tenersi puro dal
-nepotismo. Probabilmente vi fu un momento, in cui la ricordanza
-dello spettacolo dato da Callisto, da Sisto e da
-Innocenzo lo indusse a riflettere e far proponimento di
-temperare l'amore suo pei congiunti. Nondimeno la nomina
-di suo figlio a vescovo il giorno stesso della incoronazione
-già mostrava che il proposito non era serio. Nell'ottobre
-Cesare era già in Vaticano, ove ora i Borgia si posero al
-posto dei miserabili Cibo.
-</p>
-
-<p>
-Il primo settembre il Papa fece cardinale Giovanni
-Borgia, seniore, vescovo di Monreale. Era questi figliuolo
-di sua sorella Giovanna. Il Vaticano s'andava popolando di
-Spagnuoli, parenti o amici della casa ora onnipotente. Vi
-accorrevano avidi di fortuna e di onori. «Nemmeno dieci
-papati basterebbero a sbramare tutto questo parentado;»
-così, già nel novembre 1492, Giannandrea Boccaccio al
-duca di Ferrara. Fra i più prossimi amici di Alessandro,
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-Giovanni Lopez fu suo Datario, Pietro Garanza e Giovanni
-Marades furono suoi camerieri secreti. Rodrigo Borgia, un
-pronipote del Papa, divenne capitano della guardia palatina,
-comandata prima di lui da un Doria.
-</p>
-
-<p>
-Ben presto Alessandro pensò a provvedere in modo
-più splendido a sua figlia. Volle che non si parlasse più
-degli sponsali con un gentiluomo spagnuolo. Solo un principe
-poteva ottenerne la mano. Ludovico ed Ascanio gli
-proposero il loro parente, Giovanni Sforza; ed egli lo accettò
-per genero. Comunque colui non fosse che Conte di Cotognola
-e Vicario della Chiesa per Pesaro, pure nel suo dominio
-era indipendente e apparteneva alla illustre casa
-Sforza. E nei primi tempi Alessandro s'era legato con gli
-Sforza tanto strettamente, che il cardinale Ascanio era in
-Roma onnipotente. Giovanni Sforza, un bastardo di Costanzo
-di Pesaro, e successore di lui in quel dominio solo
-per grazia di Sisto IV e d'Innocenzo VIII, era uomo di
-26 anni, di bello aspetto e largamente colto, come, a
-un dipresso, tutti i piccoli tiranni italiani. Nel 1489 erasi
-sposato con Maddalena, la bella sorella di Elisabetta Gonzaga,
-il giorno stesso in che quest'ultima si unì in matrimonio
-col duca Guidobaldo di Urbino. Ma dagli 8 d'agosto
-1490, morta la moglie di cattivo parto, era rimasto
-vedovo.
-</p>
-
-<p>
-Lo Sforza fu prontissimo ad accettare la mano della giovane
-Lucrezia, prima che altro dei molti pretendenti gliela
-togliesse via. Da Pesaro si condusse primieramente a Nepi,
-città data da Alessandro VI al cardinale Ascanio. Vi si
-trattenne pochi giorni, e quindi il 31 ottobre 1492 mosse
-secretamente per Roma. Quivi prese stanza nel palazzo del
-cardinale di San Clemente, che Domenico Della Rovere aveva
-edificato in Borgo, e che esiste ancora ben conservato rimpetto
-all'altro Giraud-Torlonia. L'ambasciatore ferrarese
-informò il suo signore dell'arrivo dello Sforza, osservando
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-che colui sarebbe uomo grande sino a che regnerebbe
-quel Papa. E dava poi ragione del mistero, in cui lo Sforza
-tenevasi, notando come in quel tempo si trovasse in Roma
-anche secretamente quegli, che era già legalmente promesso
-sposo di Lucrezia.<a class="tag" id="tag33" href="#note33">[33]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il giovane conte Gasparo era di fatto venuto col padre
-a Roma, per dare effetto a' diritti suoi su Lucrezia, che ora
-appunto promettevano vantaggi così smisurati. Vi trovò
-invece un rivale nascoso, ma pubblicamente riconosciuto
-per tale; e andò sulle furie, quando il Papa si fece a richiederlo
-di una formale rinunzia. Per tal modo Lucrezia,
-fanciulla appena di 12 anni e mezzo, era involontario soggetto
-di litigi tra due pretendenti, ed insieme la prima volta
-motivo di pubblico scandalo. Il 5 novembre l'ambasciatore
-di Ferrara scriveva al suo signore: «Qui si fa un gran
-parlare di questo matrimonio di Pesaro; il primo sposo è
-ancora qui, e da vero Catalano fa molte bravate, protestando
-che leverà rimostranze presso tutti i principi e potentati
-della Cristianità; pure, il voglia o no, bisognerà pigliarsela
-con pazienza.» E lo stesso scriveva il 9 novembre:
-«Faccia il Cielo che il matrimonio di Pesaro non
-porti sciagura. Sembra il Re (di Napoli) aver espresso al
-proposito il suo dispiacere, stando almeno a ciò che Giacomo,
-il nipote del Pontano, ha detto l'altr'ieri al Papa. L'affare
-pende ancora sospeso; ad ambo le parti si dànno buone
-parole, voglio dire, al primo come al secondo sposo. Entrambi
-son qui. Pure si crede che a Pesaro sia serbata la
-vittoria, soprattutto perchè la causa sua è difesa dal cardinale
-Ascanio, che a parole come a fatti è potente davvero.»
-</p>
-
-<p>
-Frattanto agli 8 novembre il contratto di matrimonio
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-tra Don Gasparo e Lucrezia fu giuridicamente risoluto. Lo
-sposo e il padre di lui espressero soltanto la speranza, che
-l'unione potesse non per tanto avverarsi a circostanze
-più propizie. E all'uopo Gasparo prese impegno di non
-maritarsi con altra, prima che un anno fosse decorso.<a class="tag" id="tag34" href="#note34">[34]</a> Eppure
-non fu per questo Giovanni Sforza sicuro del trionfo.
-Ancora il 9 dicembre l'agente mantovano Fioravante Brognolo
-scriveva al marchese Gonzaga: «L'affare dell'illustre
-signore Giovanni di Pesaro è tuttora indeciso;
-sembrami che quel gentiluomo spagnuolo, cui la nipote di
-Sua Santità era promessa, non voglia rinunziarvi; egli ha
-anche molto séguito in Spagna; cosicchè è intenzione
-del Papa di lasciar maturare questa faccenda prima di risolverla.»<a class="tag" id="tag35" href="#note35">[35]</a>
-</p>
-
-<p>
-E insino nel febbraio 1493 si parlò pure di un matrimonio
-di Lucrezia con lo spagnuolo Conte de Prada, nè
-si sposò con Giovanni Sforza che quando quel disegno
-fu sfumato.<a class="tag" id="tag36" href="#note36">[36]</a>
-</p>
-
-<p>
-Quest'ultimo era frattanto tornato a Pesaro, donde
-mandò a Roma Niccolò de Savano suo procuratore per concludere
-i capitoli matrimoniali. Il conte d'Aversa cedette
-alla forza, e si tirò indietro, facendosi pagare il silenzio
-con 3000 ducati. Allora, il 2 febbraio 1493, le nozze dello
-Sforza con Lucrezia furono con formale istrumento stipulate
-in Vaticano; e, oltre l'ambasciatore di Milano, vi presero
-di nuovo parte come testimoni i più intimi amici e
-familiari di Alessandro, Giovanni Lopez, Giovanni Casanova,
-Pietro Caranza e Giovanni Marades. La figliuola del
-Papa ebbe 31,000 ducati in dote: entro l'anno doveva
-esser condotta dallo sposo nel paese di lui.<a class="tag" id="tag37" href="#note37">[37]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quando la nuova della cosa giunse a Pesaro, il fortunato
-Sforza diede una festa nel suo palazzo. Si ballò nella
-grande sala, e, condotte da monsignor Scaltes, ambasciatore
-del Papa, le coppie uscirono dal castello danzando. Per
-modo che si continuò così per le strade della città fra gli
-applausi del popolo.<a class="tag" id="tag38" href="#note38">[38]</a>
-</p>
-
-<h3>VII.</h3>
-
-<p>
-Alessandro aveva fatto disporre per Lucrezia un'abitazione
-vicinissima al Vaticano. Era una casa fatta edificare
-dal cardinale Battista Zeno nel 1483. Da lui o dal titolo
-della sua Chiesa ebbe nome di palazzo di Santa Maria in
-Portico. Era posto sulla sinistra della scala di San Pietro,
-quasi dirimpetto al palazzo dell'Inquisizione. La costruzione
-del Colonnato del Bernini ha reso quei luoghi quasi
-irriconoscibili del tutto.
-</p>
-
-<p>
-Nel suo palazzo la giovane Lucrezia teneva già propria
-corte, cui presiedeva come dama d'onore, che quasi
-teneva il luogo di madre, Adriana Ursina, la sua educatrice.
-Alessandro aveva forse indotto questa sua parente a lasciare,
-in compagnia di Lucrezia, il palazzo Orsini e ad
-abitare l'altro di Santa Maria in Portico. E ivi la vedremo
-presto apparire, e con essa anche un'altra donna che stava
-pur troppo a cuore al Papa.
-</p>
-
-<p>
-Vannozza restò nella propria casa alla Regola. Il marito
-fu fatto Soldano o Capitano di Torre di Nona, per la quale
-di lì a poco occorreva ad Alessandro VI un prevosto a lui
-devoto. Ed anche il Canale per parte sua accettava con
-compiacimento grande il ragguardevole e lucroso ufficio. Da
-questo tempo in poi tra Vannozza e i figliuoli si fece un
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-più grande distacco, che non divenne però mai totale separazione.
-Le relazioni fra loro non furono spezzate. Pure
-quella non poteva che solo indirettamente partecipare alla
-felicità e grandezza di questi. Vannozza non si permise
-mai, ovvero Alessandro giammai non le consentì influenza
-di sorta in Vaticano. Molto di rado soltanto apparisce il
-nome di lei nelle notizie del tempo.
-</p>
-
-<p>
-Oramai nel suo palazzo Lucrezia faceva le pratiche da
-principessa esordiente. Ivi riceveva le visite de' numerosi
-parenti di casa sua, come degli amici e adulatori de' Borgia,
-ora dominanti. È notevole che nello stesso tempo, in
-che si trattava del matrimonio con lo Sforza, in opposizione
-ancora con le pretensioni di Don Gasparo, apparve in casa
-di lei anche colui che, dopo tempeste spaventevoli, doveva
-alla fine menarla a salvamento in tranquillo porto.
-</p>
-
-<p>
-Tra i principi italiani, che allora mandarono ambasciatori
-o vennero di persona ad offrire omaggio al nuovo
-Papa, vi fu anche il principe ereditario di Ferrara. Nessuna
-casa d'Italia splendeva così chiara come quella di Ercole
-d'Este e di sua moglie Eleonora d'Aragona, figliuola di
-re Ferdinando di Napoli, morta poco dopo, l'11 ottobre
-1493. Dei loro figliuoli Beatrice, nel dicembre 1490, erasi
-sposata con Ludovico il Moro, l'avveduto quanto spietato
-reggente dello Stato di Milano in luogo del nipote Giangaleazzo.
-L'altra figlia Isabella, una delle più avvenenti e
-più ragguardevoli donne del tempo suo, era nel febbraio
-1490, di 16 anni, divenuta moglie del marchese Francesco
-Gonzaga di Mantova. Alfonso era principe erede: a 15 anni,
-il 12 febbraio 1491, erasi sposato con Anna Sforza, sorella
-del nominato Giangaleazzo.
-</p>
-
-<p>
-Suo padre nel novembre 1492 lo mandò a Roma per
-raccomandare gli Stati suoi al Papa. Questi accolse con
-grande onoranza il giovane parente di casa Sforza, nella
-quale la propria figlia doveva entrare. Don Alfonso fu ospitato
-<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
-in Vaticano. Durante la sua dimora di parecchie settimane
-ebbe non solo occasione, ma si fece un dovere di visitare
-donna Lucrezia. Così, tutto pieno di curiosità, potè
-la prima volta vedere la bella fanciulla dagli aurei capelli,
-da' grandi occhi espressivi. E nulla fu più estraneo alla
-mente sua quanto il presentimento, che la promessa sposa
-dello Sforza sarebbe dopo nove anni entrata nel castello degli
-Este a Ferrara come sua propria moglie.
-</p>
-
-<p>
-Con quanta speciale premura Alessandro trattasse il
-principe erede si ricava dalla lettera di ringraziamento
-speditagli dal padre di costui. Il duca scrivevagli:
-</p>
-
-<p>
-«Santissimo Padre e Signore, Signor mio venerabilissimo.
-Bacio prima di tutto i piedi della Santità Vostra e
-umilmente me le raccomando. Quanto Vostra Santità fosse
-da esaltare con le lodi più sublimi, già da tempo sapevo;
-ma ora me lo dicono anche le lettere del vescovo di Modena,
-mio ambasciatore presso Vostra Santità, e del mio
-amato primogenito Alfonso non solo, ma di tutti coloro
-che lo accompagnarono. Essi m'informano della singolare
-benignità, liberalità, grazia, umanità ed ineffabile carità
-della Santità Vostra per tutti, ma soprattutto per me e
-pe' miei, all'arrivo del mio figliuolo e durante tutto il
-soggiorno di lui in Roma. Per questo, come già da lungo
-tempo lo era di tutto quanto potessi, mi dichiaro ora debitore
-della Beatitudine Vostra anche di più di quello che
-sia in poter mio. Mando pure a Vostra Santità grazie imperiture,
-e quanto la terra tutta può concepirne, qual servo
-devotissimo e prontissimo a qualunque cosa possa esserle
-utile ed accetta. E voglio e desidero con ogni possibile
-umiltà esserle raccomandato io e tutti i miei. Ferrara,
-3 gennaio 1493. — Della Santità Vostra figlio e servitore
-Ercole, duca di Ferrara.»<a class="tag" id="tag39" href="#note39">[39]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span>
-</p>
-
-<p>
-La lettera fa vedere con quanto studio il duca cercasse
-tenersi bene col Papa. Egli era feudatario della
-Chiesa di Roma per Ferrara; e la Chiesa tendeva a trasformarsi
-in monarchia. Principi e repubbliche italiani,
-prossimi alla sfera di dominio della Santa Sede o legati
-ad essa con vincoli feudali, guardavan naturalmente sospettosi
-e timorosi ogni nuovo papa, e l'attitudine che
-sotto l'influenza di lui il nepotismo andava assumendo.
-Quanto facile non era che Alessandro VI tornasse daccapo
-ai disegni di casa Borgia, ripigliandoli al punto, in cui la
-morte dello zio Callisto gli aveva interrotti, e seguisse le
-tracce di Sisto IV?
-</p>
-
-<p>
-Erano scorsi 10 anni appena da che quest'ultimo Papa,
-collegato con Venezia, aveva fatto guerra contro Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Ercole aveva mantenuto amichevoli relazioni con
-Alessandro VI, durante il cardinalato. Insino al battesimo
-di suo figlio Alfonso, Rodrigo Borgia era stato padrino.
-Per l'altro figlio Ippolito il duca ambiva la porpora cardinalizia.
-A tale scopo l'ambasciatore suo a Roma, Giannandrea
-Boccaccio, si dava gran moto. Questi si rivolse ai
-confidenti di Alessandro più ricchi d'influenza, ad Ascanio
-Sforza, al cameriere segreto Marades e a madonna Adriana.
-Il Papa inoltre voleva far cardinale suo figlio Cesare;
-e il Boccaccio sperava che il giovane Ippolito gli sarebbe
-stato compagno di fortuna. L'ambasciatore dava a
-intendere al Marades che i due giovani, de' quali l'uno
-arcivescovo di Valenza, l'altro di Gran, stavan tra loro
-in perfetta convenienza. «L'età di ambedue differisce di
-poco; io credo che Valenza non abbia oltrepassato i 16 anni,
-mentre il nostro Strigonia (Gran) vi s'accosta.» Il Marades
-rispose questo conto non tornar giusto del tutto, perchè
-Ippolito non aveva ancora 14 anni compiuti, mentre l'arcivescovo
-di Valenza trovavasi nel diciottesimo.<a class="tag" id="tag40" href="#note40">[40]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le tendenze del giovane Cesare erano altre che alle
-dignità ecclesiastiche. Solo per comando del padre portava
-l'abito sacerdotale a lui esoso. Ma tuttochè arcivescovo,
-non aveva ancora che la prima tonsura. E viveva
-del resto in modo affatto mondano. Si diceva pure che il
-re di Napoli volesse dargli in moglie una sua figliuola naturale,
-e che per questo sarebbe tornato allo stato di laico.
-L'ambasciatore di Ferrara fu a fargli visita il 17 marzo
-1493 nella casa di lui in Trastevere, volendo forse significare
-il Borgo. La dipintura, che in tale occasione il Boccaccio
-fece al duca Ercole della natura di questo giovane
-di 17 anni, è veramente importante e notevole, ed è forse
-il primo ritratto di Cesare Borgia:
-</p>
-
-<p>
-«L'altr'ieri trovai Cesare a casa in Trastevere; andava
-appunto a caccia in abito affatto mondano, cioè dire,
-vestito di seta e armato, solo con piccola cherca da
-semplice tonsurato. Insieme cavalcando c'intrattenemmo
-un pezzo. Io sono tra suoi conoscenti molto familiare con
-lui. Egli è persona d'ingegno grande ed eccellente e
-d'indole squisita; i modi son di figlio di un gran principe;
-particolarmente l'umore ha sereno e gaio, e tutto
-festa. Fornito di modestia grande, il suo contegno è di
-molto maggiore e preferibile effetto, che non quello del
-fratello, il duca di Gandia. Anche questi non manca di
-buone doti. L'arcivescovo non ebbe mai inclinazione alcuna
-pel sacerdozio. Ma il benefizio gli rende più di 16,000
-ducati. Se il disegno di matrimonio si avvera, le sue prebende
-andranno a un altro de' fratelli, che ha 13 anni appena.»<a class="tag" id="tag41" href="#note41">[41]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'altro fratello era Jofrè, la cui età è esattamente
-indicata dal Boccaccio. Si osserverà che l'ambasciatore
-mette specialmente in rilievo la serenità della natura di Cesare.
-Questo era pure il tratto fondamentale di quella di
-Alessandro; e da lui Cesare e Lucrezia l'avevano ereditata.
-Anche, di fatto, in quest'ultima viene più tardi lodata
-l'apparenza serena e gaia sempre, come la qualità più
-spiccata. Quanto alla modestia, la virtù medesima esaltava
-in Cesare, sei anni dopo, niente meno che Giuliano Della
-Rovere, il futuro Giulio II.
-</p>
-
-<p>
-Il duca di Gandia trovavasi in quel tempo in Roma,
-ma doveva tornarsene dalla moglie in Spagna, solennizzato
-il matrimonio dello Sforza con Lucrezia. Era stato questo
-fissato pel giorno di San Giorgio, ma fu poi differito, non
-avendo potuto lo sposo arrivare a tempo. Alessandro con
-gioia da non si dire provvedeva al corredo della figlia. La
-felicità o, ciò che per lui era lo stesso, l'elevata condizione
-di quella gli stava moltissimo a cuore. Egli l'amava
-passionatamente, <i>in superlativo grado</i>, come l'ambasciatore
-ferrarese scriveva al suo signore.<a class="tag" id="tag42" href="#note42">[42]</a> E per esortazione
-dello stesso, il duca di Ferrara mandò un presente
-di nozze, due grandi bacini con coppe analoghe, d'argento
-del più squisito lavoro. Per l'abitazione della giovane
-coppia si pensò a uno de' due palazzi, quello di Santa
-Maria in Portico o l'altro del cardinale Domenico Porta
-d'Aleria, morto il 4 febbraio 1493, presso Castel Sant'Angelo.
-Ma fu scelto il primo, nel quale Lucrezia già abitava.
-</p>
-
-<p>
-Arrivò finalmente lo Sforza. Fece il suo ingresso il
-9 giugno per Porta del Popolo, accolto da tutta la Curia,
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-da' suoi cognati e dagli ambasciatori delle potenze. Lucrezia
-con molte dame d'onore aveva preso posto su un
-terrazzino del suo palazzo per vedere il corteo dello
-sposo diretto al Vaticano. Lo Sforza a cavallo, passando, le
-fece un saluto con molta galanteria, e la sposa corrispose.
-Il suocero lo ricevette molto graziosamente.
-</p>
-
-<p>
-Lo Sforza era uomo di piacevole aspetto. Di che veramente
-non possiamo giudicare che da una medaglia fatta
-imprimere 10 anni più tardi. V'è rappresentato con lunghi
-ondeggianti capelli e con barba intera; la bocca ha sottile,
-il labbro inferiore un po' compresso, alquanto ricurvo il
-naso, e libera e prominente la fronte. I tratti del volto
-son nobili, ma non certo significanti.
-</p>
-
-<p>
-Tre giorni dopo il suo arrivo, il 12 giugno, fu festeggiato
-il matrimonio in Vaticano con clamorosa solennità.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro vi aveva invitato la nobiltà, i magistrati
-di Roma e gli ambasciatori stranieri. Vi fu banchetto, e
-furono pure rappresentate commedie di carattere affatto
-mondano e lascivo, come l'Infessura ha descritto.<a class="tag" id="tag43" href="#note43">[43]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per apprezzare l'esattezza della breve relazione di
-questo Romano e compierla insieme, mettiamole qui allato
-le parti più essenziali di un dispaccio dell'ambasciatore
-ferrarese. Il 13 giugno il Boccaccio scriveva al suo signore:
-</p>
-
-<p>
-«Ieri, 12 del corrente, fu festeggiato lo sposalizio
-nel Palazzo, pubblicamente, con grandissima pompa ed
-apparato. V'erano invitate tutte le matrone romane. V'assistettero
-anche i cittadini più ragguardevoli e molti cardinali,
-dodici in numero; ed il Papa sedeva nel bel mezzo,
-sul trono della maestà. Palazzo e camere eran per tutto
-zeppi di gente, maravigliata di tanta magnificenza. Il signor
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-di Pesaro si sposò con le debite solennità con sua
-moglie, e subito dopo il vescovo di Concordia tenne una
-degnissima orazione. Degli ambasciatori, per altro, non
-eran presenti che quel di Venezia, di Milano e io, e in
-fine uno di quelli del re di Francia.
-</p>
-
-<p>
-»Il cardinale Ascanio era d'opinione che io rimettessi
-il donativo durante la cerimonia. Ma ne feci interrogare
-il Papa, osservando, a me non parer conveniente,
-e reputar meglio la minor dimostrazione possibile. Non dispiacque
-a Sua Santità e ad Ascanio stesso. Pure fra loro
-con alcuni cardinali vollero di poi consultar meglio la cosa.
-Tutti convennero meco; tanto che il Papa, chiamatomi, mi
-disse: «Sembrami quel che tu hai detto esser bene.»
-E così fu disposto, che la sera sul tardi mi troverei in
-Palazzo col donativo. Sua Santità diede una cena di famiglia
-in onore dello sposo e della sposa. Vi presero parte i
-cardinali Ascanio, Sant'Anastasia e Colonna; poi la sposa
-e quindi lo sposo; dopo il conte di Pitigliano, capitano
-della Chiesa, il signor Giulio Orsini; e poscia madonna
-Giulia Farnese, della quale si fa sì gran parlare — <i>de
-qua est tantus sermo</i>, — madonna Teodorina con la
-figlia, la marchesana di Gerazo; una figlia del nominato
-capitano, moglie del signor Angelo Farnese, fratello della
-detta madonna Giulia. Seguivano un giovane fratello del
-cardinale Colonna e madonna Adriana Ursina. Questa è la
-suocera della indicata madonna Giulia. È quella che, essendo
-nipote del Papa, ha sempre tenuto in sua casa la
-sposa in educazione. Era di fatto figlia del cugino carnale
-di colui, del fu signor Pietro de Milla, noto a Vostra Eccellenza.
-</p>
-
-<p>
-»Finita la tavola, che fu tra le tre e le quattro di
-notte, fu rimesso alla sposa il regalo del nobile duca di
-Milano: 5 pezzi staccati di broccato in oro e due anella,
-un diamante e un rubino. Il tutto fu stimato su 1000 ducati.
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-Dopo presentai io il regalo di Vostra Eccellenza con
-acconce parole, esprimenti voti di felicità e letizia per
-l'avvenuto matrimonio e la profferta di servizii. Il regalo
-piacque molto al Papa. Insieme con la sposa e lo sposo,
-egli manifestò la sua infinita gratitudine. Quindi Ascanio
-offrì il regalo suo, consistente in un compiuto apparecchio
-di credenza in argento dorato, quasi del valore di 1000 ducati.
-Il cardinale Monreale offri due anelli, un zaffiro e un
-diamante, belli assai e del valore di circa 3000 ducati; il
-protonotario Cesarini un bacile con boccale del prezzo di
-800 ducati; il duca di Gandia una coppa, ammontante a
-un 70 ducati; il protonotario Lunate un'altra, in forma
-di diaspro, di argento dorato, che poteva valere da' 70
-agli 80 ducati. Non vi furono altri regali. Alle feste per
-le nozze si supplirà dagli altri, cioè cardinali, ambasciatori
-e via di seguito: e anch'io mi sforzerò fare il simile.
-Credesi avran luogo domenica prossima; ma non si sa di
-certo.
-</p>
-
-<p>
-»Di poi le donne ballarono, e per intermezzo fu
-rappresentata una buona commedia con molti canti e suoni.
-Il Papa e tutti noi altri eravamo presenti. Che cosa mi
-resta a dire ancora? sarebbe un lungo scrivere. Così spendemmo
-tutta la notte; se bene o male lascio giudicarlo
-all'Eccellenza Vostra.»<a class="tag" id="tag44" href="#note44">[44]</a>
-</p>
-
-<h3>VIII.</h3>
-
-<p>
-Il matrimonio di Lucrezia con Giovanni Sforza valse
-a suggellare l'alleanza politica stretta tra Alessandro VI
-e Ludovico il Moro. Il reggente di Milano voleva chiamare
-Carlo VIII dalla Francia in Italia, perchè andasse a portar
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-guerra al re Ferdinando di Napoli, ed egli stesso, Ludovico,
-potesse impadronirsi del Ducato di Milano. Egli di
-fatto era tutto divorato dall'ambizione e dall'impazienza
-di deporre dal trono il suo malaticcio nipote Giangaleazzo.
-Ma questi era marito d'Isabella d'Aragona, figlia di Alfonso
-di Calabria e nipote del re Ferdinando.
-</p>
-
-<p>
-Il 25 aprile la lega fra Venezia, Ludovico, il Papa e
-alcuni altri signori italiani era già stata pubblicamente annunziata
-in Roma. Niun dubbio che la era rivolta contro
-Napoli; epperò è naturale che quella Corte ne fosse terribilmente
-agitata.
-</p>
-
-<p>
-Malgrado di ciò, re Ferdinando mandò i suoi augurii
-felici al signore di Pesaro per l'avvenuto matrimonio.
-Egli lo risguardava come suo congiunto, e Giovanni Sforza
-era anche stato ammesso nella famiglia degli Aragonesi.
-Il re gli scrisse da Capua il 15 giugno 1493:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Cugino e Amico nostro amatissimo. — Abbiamo
-ricevuto la vostra lettera del 22 del passato, per la
-quale ne avete significato il matrimonio contratto con la
-illustre donna Lucrezia, nipote di Sua Santità Signor Nostro.
-Di che abbiamo preso singolarissimo piacere e contentezza,
-sì per l'amore che sempre abbiamo portato e
-portiamo a voi e a tutta la casa vostra, e sì perchè crediamo
-che tale matrimonio non potrebbe essere più al
-proposito vostro di quel ch'è. Epperò ce ne congratuliamo
-sommamente, pregando con voi Nostro Signore Dio
-che esso sia con felicità della persona e dello Stato, e
-con aumento di autorità e reputazione.»<a class="tag" id="tag45" href="#note45">[45]</a>
-</p>
-
-<p>
-Otto giorni innanzi, lo stesso re aveva mandato lettera
-al suo ambasciatore in Spagna, invocando la protezione
-di Ferdinando e d'Isabella contro gl'intrighi del
-Papa, la cui vita egli chiamava detestabile affatto. E non
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-intendeva già della condotta diplomatica, ma della personalità
-stessa di Alessandro. Giulia Farnese, che fra gl'invitati
-allo sposalizio in Vaticano è dall'Infessura designata
-addirittura come <i>concubina</i> del Papa, faceva allora parlare
-tutto il mondo di sè e di costui. Questa donna giovane si
-dava ad un vecchio di 62 anni, nel quale ad un tempo
-doveva venerare il sacerdote supremo della Chiesa. Dell'adulterio
-suo durato per anni non è a dubitare. Ma i
-motivi della sua passione sono un mistero. Perchè, per
-potente che fosse stata la natura demoniaca di Alessandro,
-pure aveva dovuto già perder molto della sua forza
-magnetica. Forse, poichè ebbe ceduto alla seduzione e
-fatto tacere ogni senso di vergogna, quella giovane e vana
-creatura dovette sentirsi forte attrarre dall'idea di veder
-languire a' piedi suoi, a' piedi d'una debole fanciulla, il
-dominatore spirituale del mondo, colui innanzi al quale
-tutto si prosternava nella polvere.
-</p>
-
-<p>
-Certamente, il sospetto che gl'ingordi Farnesi si facessero
-lenoni di tanta ignominia, è molto naturale. In vero
-la prima ricompensa del peccato di Giulia non fu meno
-della porpora cardinalizia, guadagnata dal fratello suo Alessandro.
-Il Papa lo aveva già preconizzato con altri; ma la
-nomina incontrava ancora l'opposizione del Sacro Collegio,
-a capo della quale stava Giuliano Della Rovere. Anche il
-re Ferdinando appoggiava l'opposizione. Egli pose agli
-ordini de' cardinali, che la componevano, l'esercito suo
-in quei giorni appunto, in cui Lucrezia festeggiava il
-suo matrimonio con Pesaro.
-</p>
-
-<p>
-Per un momento il marito Sforza fu un uomo d'importanza
-in Roma e intimo con tutti i Borgia. Il 16 giugno
-fu visto a cavallo col duca di Gandia andare all'incontro
-dell'ambasciatore spagnuolo, vestiti entrambi di
-abiti costosi, splendenti di pietre preziose, <i>come se fossero
-due re</i>. Gandia ritardò la sua partenza per la Spagna. Egli
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-s'era colà sposato con donna Maria Enriquez, nobile valenzana,
-poco tempo innanzi l'ascensione al trono di suo
-padre. Di fatto un Breve di Alessandro, fin dal 6 ottobre
-1492, permetteva a questo figlio e alla moglie di prendere
-l'assoluzione da qualunque confessore a scelta loro. L'alta
-origine di donna Maria mostra in quali splendide relazioni
-il bastardo Juan Borgia entrasse come Grande di Spagna.
-La moglie di fatto era figlia di Don Enrigo Enriquez, visconte
-di Leon e di donna Maria de Luna, prossima parente
-con la Casa reale d'Aragona. Don Juan lasciò Roma
-il 4 agosto 1493 per imbarcarsi sulle galee spagnuole in
-Civitavecchia. Stando alla relazione dell'agente ferrarese,
-tolse seco gran copia di oggetti preziosi, alla lavorazione
-de' quali gli orafi di Roma erano stati da mesi occupati.
-</p>
-
-<p>
-De' figli quindi di Alessandro rimanevano in Roma
-Cesare, che doveva divenire cardinale, e Jofrè, che doveva
-andare a vivere principescamente in Napoli. Perchè,
-grazie agli sforzi di Spagna, la rottura tra il Papa e il re
-Ferdinando era cessata. La Spagna riuscì a far ritrarre il
-Papa dalla Francia e dalla lega con Ludovico il Moro.
-Questa repentina mutazione fu suggellata con lo sposalizio
-di Don Jofrè, bambino di 13 anni appena, con donna
-Sancia, figliuola naturale del duca Alfonso di Calabria. Lo
-sposalizio fu concluso il 16 agosto 1493 in Vaticano mercè
-procura, ed il matrimonio doveva essere solennizzato più
-tardi in Napoli.
-</p>
-
-<p>
-Ora anche Cesare divenne cardinale, il 20 settembre
-1493. I cardinali Pallavicini e Orsini, incaricati di
-esaminarne lo stato di legittimità, avevan fatto felicemente
-sparire la macchia della sua origine. A proposito di tale
-legittimazione Giannandrea Boccaccio in tono ironico scriveva
-a Ferrara, il 25 febbraio 1493: «Il vizio suo di
-figliuolo naturale sarà tolto via, e con ragione; e si giudicherà
-esser legittimo, essendo stato generato in casa,
-<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
-quando il marito della madre viveva; su ciò non cade
-dubbio: colui era allora in vita e presente, talvolta in città,
-tal'altra per ragion d'ufficio nelle terre della Chiesa, qua
-e là viaggiando.» Pure il nome di quest'uomo, che il
-solo Infessura chiama Domenico d'Arignano, non è nominato
-dall'ambasciatore.
-</p>
-
-<p>
-In quel giorno medesimo furono anche elevati alla
-dignità di cardinali Ippolito d'Este e Alessandro Farnese.
-Questo giovane libertino doveva il suo alto stato nella
-Chiesa all'adulterio della sorella. Ciò era tanto saputo,
-che l'arguzia popolare de' Romani avevagli dato nome di
-<i>Cardinale della Gonnella</i>. I congiunti gaudenti non vedevano
-nella Giulia che l'istrumento della loro fortuna. Girolama
-Farnese, il 21 ottobre 1493, scriveva da Casignano
-al marito Puccio: «Voi avrete ricevuto lettere da Firenze
-anche prima di questa mia, e sentito quali beneficii Lorenzo
-abbia ottenuti, e tutti per opera della Giulia; e ciò
-vi farà molto piacere.»<a class="tag" id="tag46" href="#note46">[46]</a>
-</p>
-
-<p>
-Anche il Governo di Firenze cercava sfruttare la relazione
-della Giulia con Alessandro, nominando Puccio, cognato
-di lei, ambasciatore a Roma. I Fiorentini avevano,
-appena dopo l'assunzione al trono di Alessandro, mandato
-colà questo insigne giurista per fare atto di obbedienza.
-Fu poscia per un anno lor commissario a Faenza, ove
-resse il Governo pel minorenne Astorre Manfredi. Andò
-poi sul cominciar dell'anno 1494 ambasciatore a Roma; e
-vi morì non più tardi dell'agosto.<a class="tag" id="tag47" href="#note47">[47]</a>
-</p>
-
-<p>
-Suo fratello Lorenzo Pucci fu molto favorito nella
-sua carriera ecclesiastica. Più tardi, sotto Leon X, fu cardinale
-potente.
-</p>
-
-<p>
-I Farnesi e la loro numerosa parentela erano ora nella
-<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
-migliore grazia del Papa come di tutti i Borgia. Nell'ottobre
-1493 invitarono Alessandro e Cesare ad una riunione
-di famiglia nel castello Capodimonte, ove madonna Giovannella,
-madre della Giulia, preparò una festa. Non si
-sa se questa abbia in effetto avuto luogo; pure è da crederlo,
-poichè gli ultimi di quel mese Alessandro trovavasi
-a Viterbo.
-</p>
-
-<p>
-La Giulia nel 1492 aveva partorito una figliuola, che
-ebbe nome Laura. Officialmente la bambina passava per
-figlia del marito Orsini; ma di fatto padre suo era il Papa.
-I Farnesi e i Pucci conoscevano benissimo il secreto, e
-senza il minimo sentimento di pudore cercavano trarne
-ogni possibile profitto. La Giulia si curava sì poco del giudizio
-del mondo, che se ne stava nel palazzo di Santa Maria
-in Portico, quasi fosse parente carnale di Lucrezia.
-Alessandro stesso ve l'aveva messa a dimorare, come
-dama di compagnia di sua figlia. Il marito Orsini aveva
-preferito, o forse dovuto preferire, di vivere, invece
-che a Roma, testimone importuno della vergogna sua,
-nel suo castello di Bassanello o di scegliersi a soggiorno
-una delle tenute che il Papa aveva regalate a lui, marito
-di madonna Giulia, della <i>Sposa di Cristo</i>, come la satira la
-chiamava.
-</p>
-
-<p>
-Una lettera singolare di Lorenzo Pucci al fratello Giannozzo,
-del 23 al 24 dicembre 1493 da Roma, chiarisce
-questi ed altri secreti di famiglia. Egli ci fa assistere a
-scene intime nel palazzo di Lucrezia. Lorenzo era stato
-richiesto dal cardinal Farnese d'accompagnarlo a Roma
-pel Natale. E con costui era ito da Viterbo a Rignano, ove
-con gran festa furono ricevuti da' baroni di casa Savelli,
-parenti del cardinale. Quindi a cavallo continuarono il
-viaggio per Roma. Ora Lorenzo comunicava innanzi tutto
-al fratello i discorsi confidenziali, avuti, via facendo, col
-cardinale. Trattavasi di fidanzare la piccola figliuola di
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-Giulia con qualcuno, che potesse poscia diventarle marito.
-Su ciò il cardinale apriva a Lorenzo l'animo suo. Al giovane
-Astorre Manfredi di Faenza Piero de' Medici voleva dare
-una sua figliuola: invece desiderio del Farnese era che
-Astorre impegnasse la sua mano con la nipote, la figlia
-della Giulia. Egli sperava persuadere Pietro de' Medici che
-tal matrimonio sarebbe utile a lui e alla Repubblica di
-Firenze, e che varrebbe a raffermare le relazioni di lui con
-la Santa Sede. Simile disegno occorreva svolgere in guisa
-che apparisse affatto come risultato dell'accordo del Papa
-e di Piero. Il cardinale contava sul consenso di Alessandro
-e di Giuliano e sull'influenza di madonna Adriana.
-A siffatte espansioni confidenziali Lorenzo Pucci rispose:
-«Monsignore, io credo sicuramente che il Signor Nostro
-(il Papa) darà una figliuola a questo signore (Astorre), perchè,
-intendiamoci bene, tengo che quella bambina sia
-figlia del Papa, come madonna Lucrezia, e nipote di Vostra
-Eminenza.»<a class="tag" id="tag48" href="#note48">[48]</a> Lorenzo nella lettera non dice che
-il cardinale abbia replicato motto a questa osservazione
-spinta sino all'impudenza, e che avrebbe fatto arrossire
-ogni uomo d'onore. In quella vece a noi sembra scorgere
-sulle labbra di Alessandro Farnese un sorriso di
-approvazione. Il temerario Pucci insisteva, del resto, ripetendo
-subito il pensier suo: «Essa (dic'egli nella lettera
-stessa) è figlia del Papa, nipote del cardinale, e figlia putativa
-del signor Orsini, al quale il Signor Nostro darà ancora
-altri tre o quattro castelli presso Bassanello. Oltracciò
-il cardinale pretende, che caso mai il signor Angelo (suo
-fratello) avesse a rimanere senza figli, i loro beni proprii
-non andranno ad altri che a quella bambina, avendola egli
-molto cara; e già pensare a ciò. Per tanto l'illustre Piero
-potrà disporre del suffragio del cardinale e averselo obbligato
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-per sempre.» Fra tutti questi disegni Lorenzo
-non dimenticava se stesso. Esprimeva apertamente la speranza,
-che il fratello suo Puccio venisse a Roma, come in
-effetto venne, quale ambasciatore della Repubblica, e che
-anche per sè, grazie alla cooperazione di madonna Adriana
-e della Giulia, vi fosse da guadagnare qualche pingue beneficio.
-</p>
-
-<p>
-Il 24 dicembre Lorenzo Pucci continuava la sua lettera,
-descrivendo una scena domestica nel palazzo di Lucrezia.
-Col suo racconto ci presenta quelle donne, specie
-la Giulia, in tutta la loro viva realtà.
-</p>
-
-<p>
-«Giannozzo mio, vi scrissi iersera quel che più su;
-oggi poi, vigilia della Pasqua, sono andato a cavallo con
-monsignor Farnese in Palazzo al vespro papale. Prima però
-che il Signor Nostro entrasse nella cappella, sono stato
-nella casa di Santa Maria in Portico per vedere madonna
-Giulia. La incontrai giusto al punto, in cui s'era lavato il
-capo e, con madonna Lucrezia, la figliuola del Signor
-Nostro, e madonna Adriana ne stava accanto al fuoco. E
-l'una e le altre mi videro tanto volentieri quanto è possibile
-dire. Madonna Giulia volle che le sedessi vicino, ringraziandomi
-d'aver io condotto a casa Jeronima, e dicendomi
-che, a volerla contentare, era necessario che la conducessi
-ancora qua. Madonna Adriana aggiunse: «È egli vero
-che essa non abbia licenza di venir qua più che di andare
-a Capodimonte e Marta?» Risposi non m'esser noto,
-e quanto a me bastare di aver contentato madonna Giulia,
-conducendo colei a casa, della qual cosa avevami per lettere
-richiesto; che ora lasciavo a madonna Giulia, che nelle
-cose sue non mancava d'ingegno, la cura dei mezzi per
-trovarsi con quella; e che anche Jeronima non desiderava
-meno vedere Sua Signoria che questa desiderasse veder
-lei. Di che madonna Giulia mi ringraziò assai, dicendomi
-tenersi soddisfatta di me. Poscia le ricordai gli obblighi
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-che con Sua Signoria aveva per tutto ciò che aveva operato
-per me; e che per questo non aveva saputo mostrarle
-meglio l'animo mio grato che accompagnando madonna
-Jeronima a casa. Ella mi rispose non valer la pena di ringraziarla
-per sì poca cosa; sperare potermi ancora compiacere
-in cose di maggior momento, ed all'occorrenza
-n'avrei fatta esperienza. Madonna Adriana replicò ch'io
-fossi certo di questo, che non pel cancelliere messer Antonio
-o per ambasciate sue, ma solo per favore di madonna
-Giulia avevo io ottenuto quei benefizii.
-</p>
-
-<p>
-»Io mostrai crederlo per non contraddire, e ringraziai
-ancora una volta Sua Signoria. Quindi madonna Giulia
-mi domandò con molta premura di messer Puccio, e mi
-disse: «Noi lo faremo un dì venir qua; e se, quando ci fu,
-malgrado di tutti gli sforzi nostri non ci fu possibile ottenerlo,
-oggi invece riusciremo senza difficoltà.» M'accertò
-anche averle il cardinale iersera parlato di quel che per la
-via avevamo insieme conferito, e mi pregò di scrivere. Reputava
-però che, ove le cose si trattassero con l'intermezzo
-vostro, il magnifico Piero le udrebbe volentieri. Sicchè
-vedete ove le cose sono già ite. Volle anche che vedessi
-la fanciulla, la quale è già grandicella, e, a quanto mi sembra,
-somiglia al Papa <i>adeo ut vero ex eius semine orta dici
-possit</i>. Madonna Giulia si è ingrassata e fatta una cosa bellissima.
-In mia presenza si sciolse i capelli e se gli fece
-acconciare; le andavano sin giù a' piedi; nulla di simile
-vidi mai. Ha la più bella capigliatura che possa immaginarsi.
-Portava al capo un cuffione di rensa, con sopra
-una reticella leggiera come fumo con certi profili di oro:
-pareva davvero un sole. Gran cosa avrei pagato, perchè
-foste potuto esser presente per chiarirvi di quello più volte
-avete desiderato. Aveva un fodero indosso alla napoletana,
-e così anche madonna Lucrezia, che dopo poco andò via
-a cavarselo. Tornò di poi in veste foderata, pressochè tutta
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-di raso pavonazzo. Le lasciai quando il vespro fu finito e
-i cardinali partivano.»<a class="tag" id="tag49" href="#note49">[49]</a>
-</p>
-
-<p>
-Le relazioni intime con la Giulia, gl'illeciti legami
-del padre con colei, de' quali la Lucrezia era ogni giorno
-testimone, se non le furono proprio scuola del vizio, la
-fecero stare con questo in continuo contatto. In tale
-atmosfera poteva mai una fanciulla di soli 14 anni mantenersi
-pura? Non doveva l'elemento della immoralità, nel
-cui mezzo era costretta a vivere, avvelenare i sentimenti
-suoi, attutire o falsare in lei ogni idea di morale e di
-virtù, e quindi penetrare anche tutta la natura sua?
-</p>
-
-<h3>IX.</h3>
-
-<p>
-Sul finire dell'anno 1493 Alessandro VI aveva largamente
-provvisto all'avvenire de' figli suoi. Cesare era
-cardinale; Juan duca in Spagna; Jofrè fu presto principe
-a Napoli. Questo più giovane figliuolo del Papa si
-sposò con donna Sancia in Napoli il 7 maggio 1494, il
-giorno stesso in cui suo suocero Alfonso, qual successore
-di re Ferdinando, salì al trono e fu incoronato dal
-cardinale legato Giovanni Borgia. Don Jofrè restò a Napoli:
-egli divenne principe di Squillace. Anche Don Juan
-ricevette grandi feudi in quel reame, e portava per questo
-i titoli di duca di Sessa e principe di Teano.
-</p>
-
-<p>
-Il marito di Lucrezia dimorò ancora un pezzo a Roma,
-ove il Papa avevalo preso al suo soldo, conforme al preesistente
-trattato d'alleanza con Ludovico il Moro. Del resto,
-lo Sforza era al tempo stesso anche uno de' condottieri
-di quest'ultimo. Ma già la condizione di lui alla Corte
-d'Alessandro cominciava a farsi ambigua. Gli zii suoi
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-l'avevano sposato con Lucrezia, per fare del Papa un
-partigiano e complice della loro politica, che mirava ad
-una rivoluzione in Napoli. Ed ora invece Alessandro si legava
-strettamente con la dinastia Aragonese; dava al re
-Alfonso l'investitura del regno; e dichiaravasi contrario alla
-vagheggiata spedizione di Carlo VIII.
-</p>
-
-<p>
-L'imbroglio per lo Sforza non era quindi piccolo. Sui
-primi d'aprile 1494 informava lo zio Ludovico della sua
-disperata condizione.
-</p>
-
-<p>
-«Vedendo (così scriveagli) queste bandiere contro
-ogni debito dirizzarsi ad un cammino, che non mi piace,
-nè mai avrei creduto, tutto perplesso, come colui che non
-vorrei maculare la fede mia, nè contravvenire alle obbligazioni,
-che ho per capitoli col Pontefice e con l'Eccellenza
-Vostra, non avendo altro rifugio, non altro signore nè padrone
-qui che il Reverendissimo Cardinale Vicecancelliere
-(Ascanio Sforza), il quale mi fermò a' comuni stipendii, mi
-rivolsi a lui e lo supplicai che nel caso presente si degnasse
-consigliarmi e drizzarmi a quel cammino che più salutifero
-per me gli paresse e pel quale io venissi a conservare
-la fede mia, che mentre vivrò intendo mi sia una
-dote di ricchezza. E il cardinale mi rispose che ne parlassi
-al Pontefice, e facessi che Sua Beatitudine ne parlasse
-a lei; chè ella vedrebbe di assettare i fatti miei; e
-così feci. E ieri, dicendomi Sua Santità al cospetto di esso
-cardinale: «Ben ecco qua messer Gio. Sforza, che vuo' tu
-mo dire?» Gli risposi: «Padre Santo, per tutta Roma
-si tiene che la Santità Vostra sia d'accordo col Re (di Napoli),
-il quale è inimico dello Stato di Milano. Quando così
-sia, io mi trovo a un mal partito. Perchè, essendo ai comuni
-stipendii di Vostra Santità e di tale Stato, quando
-le cose andassero innanzi di questo passo, non vedo poter
-servire ad uno che non disserva all'altro. E spezzare la
-compagnia io nol vorrei fare. Supplico Vostra Beatitudine
-<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
-si degni ordinare la condizione mia in modo che non resti
-inimico al sangue mio, nè debba contravvenire alle obbligazioni
-che ho per capitoli.» Mi rispose, ch'io volevo
-intender troppo de' fatti suoi, e che togliessi la prestanza
-dall'uno e dall'altro, e non cercassi dai coppi in su. E
-così commise al detto cardinale ne scrivesse all'Eccellenza
-Vostra, come più diffusamente ella intenderà dalle lettere
-dello stesso, alle quali mi rimetto. — Signor mio, se
-avessi creduto venire a termini tali, avanti di essermi legato
-per questa via, sarìa stato a mangiarmi la paglia
-sotto. Io mi getto nelle braccia vostre. Prego l'Eccellenza
-Vostra non mi voglia abbandonare, ma considerare lo
-stato in che io mi ritrovo, e non mi mancare dell'affetto
-suo ed aiutarmi, favorirmi e consigliarmi, perchè io resti
-buon servitore dell'Eccellenza Vostra; e mi conservi il credito
-e quel poco di mio, che grazie allo Stato di Milano
-mi hanno lasciato i miei progenitori; e il quale, insieme
-con la propria persona e genti d'armi, io manterrò sempre
-agli ordini dell'Eccellenza Vostra.
-</p>
-
-<p class="indl">
-»Roma.... aprile 1494.
-</p>
-
-<p class="indr">
-»<span class="smcap">Giovanni Sforza</span>.»<a class="tag" id="tag50" href="#note50">[50]</a>
-</p>
-
-<p>
-La lettera rivela anche altri più profondi e più ascosi
-timori circa la durata del dominio su Pesaro. Sin d'allora
-i propositi del Papa di far sparire dallo Stato della Chiesa
-tutti quei tirannelli e vicarii eran già in qualche modo trapelati.
-</p>
-
-<p>
-Poco tempo dopo, il 23 aprile, il cardinal Della Rovere
-fuggì da Ostia e andò in Francia per spingere Carlo VIII
-alla spedizione in Italia, non tanto per rovesciare l'ordine
-<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span>
-di cose esistenti in Napoli, quanto per trascinare quel Papa
-simoniaco innanzi a un Concilio e deporlo.
-</p>
-
-<p>
-Ne' primi di luglio lasciò similmente la città Ascanio
-Sforza, oramai compiutamente rotto con Alessandro. Andò
-dai Colonna, a Genazzano, i quali erano al soldo di Francia.
-Carlo VIII si disponeva già a muovere per l'Italia. Intanto
-il 14 luglio il Papa e re Alfonso ebbero un convegno
-a Vicovaro presso Tivoli.
-</p>
-
-<p>
-Erano in questo frattempo occorsi mutamenti importanti
-nel palazzo di Lucrezia. Il marito s'affrettò ad allontanarsi
-da Roma, il che dovette fare come condottiero della
-Chiesa. In tal qualità doveva unirsi all'esercito napoletano,
-che, sotto gli ordini del duca Ferrante di Calabria,
-s'andava concentrando in Romagna. Gli articoli del contratto
-matrimoniale gli davano facoltà di condur seco la
-moglie in Pesaro. Andarono con essa anche la madre Vannozza,
-Giulia Farnese e madonna Adriana. Alessandro
-stesso volle che partissero, temendo della peste, che cominciava
-a manifestarsi. Di ciò l'ambasciatore di Mantova
-in Roma informava sin dal 6 maggio il marchese Gonzaga;
-e il 15 scriveva allo stesso: «L'illustre signor Giovanni
-partirà immancabilmente lunedì o martedì in compagnia di
-tutte e tre le dame, che, per ordine del Papa, restano a
-Pesaro sino all'agosto: poscia faranno insieme ritorno.»<a class="tag" id="tag51" href="#note51">[51]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lo Sforza deve esser partito su' primi del giugno, essendo
-l'11 di questo mese giunta lettera di Ascanio al
-fratello a Milano, con la quale informavalo essere il signore
-di Pesaro con la moglie, con madonna Giulia, <i>l'amante
-del Papa</i>, e la madre del duca di Gandia e di Jofrè, partito
-da Roma e andato a Pesaro; e Sua Santità aver pregato
-madonna Giulia di ritornare al più presto.<a class="tag" id="tag52" href="#note52">[52]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il 18 luglio Alessandro fu di ritorno da Vicovaro a
-Roma; ed ecco la lettera che il 24 scrisse a sua figlia in
-Pesaro:
-</p>
-
-<p>
-«Alessandro Papa VI, <i>manu propria</i>.
-</p>
-
-<p>
-»Donna Lucrezia, figlia carissima. Da parecchi giorni
-non abbiamo tue lettere. A noi reca grandissima maraviglia
-che tu trascuri scriverci più spesso e darci nuove
-della salute tua e di quella del signor Giovanni, nostro
-carissimo figliuolo. Fa per l'avvenire di essere più accurata
-e diligente. Madonna Adriana e Giulia sono giunte a
-Capodimonte, ove trovarono morto il fratello. Della qual
-perdita han preso tanta alterazione e afflizione il cardinale
-e la Giulia, che entrambi sono stati colti da febbre. Noi
-abbiamo mandato Pietro Caranza a visitarli e provveduto
-a medici e al necessario. Speriamo in Dio e nella Nostra
-Donna gloriosa, che in breve staranno bene. Veramente
-in questa faccenda della partenza di madonna Adriana e
-di Giulia, il signor Giovanni e tu avete avuto poco rispetto
-e considerazione verso di noi. Le lasciaste partire senza
-espressa licenza nostra; mentre avreste, com'era debito
-vostro, dovuto pensare che un repentino allontanamento,
-senza nostra saputa, non ci poteva che sommamente dispiacere.
-Che se dici aver loro così voluto, perchè il cardinal
-Farnese così voleva e comandava; voi altri avreste
-dovuto considerare, se ciò fosse di gradimento al Papa.
-Oramai è fatto. Altra volta saremo più accorti, e penseremo
-molto bene in mano di chi mettiamo le cose nostre. Grazie
-a Dio e alla gloriosa Nostra Donna, noi stiamo benissimo
-di salute. Abbiamo avuto un convegno col Serenissimo
-re Alfonso. Egli s'è portato con noi con tanto amore
-ed osservanza ed obbedienza, come se fosse nostro proprio
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-figlio. Non ti potremmo dire nè esprimere quanto
-siam partiti contenti e soddisfatti l'uno dell'altro. E sii
-certa che Sua Maestà metterà per lo Stato e in servizio
-nostro la propria persona e quanto al mondo possiede.
-</p>
-
-<p>
-»Noi speriamo che ogni suspicione e tutte le differenze
-con questi Colonnesi in tre o quattro dì saran tolte. Per
-ora non resta che esortarti ad attendere a star sana e
-ad esser devota della gloriosa Nostra Donna. — Data a
-Roma da San Pietro, il 24 luglio 1494.»<a class="tag" id="tag53" href="#note53">[53]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questa lettera, la prima delle poche che ancora restano
-di Alessandro alla figlia, fa vedere che Giulia Farnese
-era, è vero, andata con madonna Lucrezia a Pesaro;
-ma che presto erane, all'insaputa e senza permesso di
-Alessandro, ripartita per rendersi alle terre della casa sua
-in Etruria. Stando ai dispacci di quell'ambasciatore mantovano,
-ella vi sarebbe accorsa per la malattia del fratello
-Angelo, che in effetto, poco dopo, nell'agosto, morì. Invece
-secondo una lettera veneziana in Marin Sanuto, la
-Giulia avrebbe abbandonato Roma per assistere ad un matrimonio
-presso i suoi congiunti, e in questa occasione lo
-scrittore la chiama: «la favorita del Papa, giovane sposa
-di grande bellezza, intelligente, savia e di dolce carattere.»
-</p>
-
-<p>
-La lettera del Papa ci fa conoscere che le relazioni
-di lui con l'amante, tuttochè allontanatasi da Roma, rimanevan
-le stesse.
-</p>
-
-<h3>X.</h3>
-
-<p>
-Le tempeste, che vennero allora a scatenarsi sul capo
-di Alessandro, non toccarono Lucrezia, che col marito entrava
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-in Pesaro l'8 giugno 1494. Sotto una pioggia torrenziale,
-che turbò la festa del ricevimento, essa prese
-possesso del palazzo degli Sforza, che ora doveva essere la
-sua residenza.
-</p>
-
-<p>
-Ecco in brevissimi cenni la storia di Pesaro sino a
-quel tempo:
-</p>
-
-<p>
-L'antica <i>Pisaurum</i> si dice edificata dai Siculi, e aver
-preso nome dal fiume, che non lungi dalla città va a sboccare
-nel mare, chiamato oggi Foglia. Nell'anno 570 di
-Roma la città divenne colonia Romana. Cominciando da
-Augusto fece parte della quarta Regione dell'Italia: da Costantino
-poi della provincia Flaminia. Caduto l'Impero Romano,
-Pesaro corse la sorte di tutte le altre città italiane,
-specialmente nella grande guerra de' Goti con l'imperatore
-greco: Vitige la distrusse; Belisario la riedificò.
-</p>
-
-<p>
-Caduti i Goti, Pesaro fu incorporata all'Esarcato,
-componendo con le altre quattro città sull'Adriatico, Ancona,
-Fano, Sinigaglia e Rimini, la Pentapoli. Allorchè
-Ravenna venne in potere di Astolfo, re de' Longobardi,
-anche Pesaro diventò longobarda. Ma poscia per effetto
-della donazione di Pipino e di Carlo passò in possesso del
-Papa.
-</p>
-
-<p>
-La storia ulteriore della città s'intreccia con quella
-dell'Impero, della Chiesa e del Marchesato d'Ancona. Per
-lunga pezza residettero colà Conti imperiali. Innocenzo III
-ne investì Azzo d'Este, signore di quella Marca. Più tardi,
-durante la lotta degli Hohenstaufen col Papato, fu talvolta
-dell'Impero, tal'altra della Chiesa, sino a che al
-finire del XIII secolo i Malatesta, dapprima suoi Podestà,
-se ne fecero poscia signori. Questa famosa stirpe Guelfa,
-proveniente da Castel Verrucchio, posto fra Rimini e
-San Marino, acquistò nel territorio di Pesaro prima la cittadella
-Gradara e via via estese il suo dominio sino ad Ancona.
-Nel 1285 Gianciotto Malatesta divenne signore di
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-Pesaro. Alla morte sua nel 1504 ereditò il potere il fratello
-Pandolfo.
-</p>
-
-<p>
-Poscia i Malatesta, signori nella prossima Rimini, dominarono
-non solo su Pesaro, ma su una gran parte della
-Marca, della quale s'impadronirono, mentre i papi sedevano
-in Avignone. Si assicurarono il possesso di Rimini,
-Pesaro, Fano e Fossombrone mercè un trattato al tempo
-del celebre Gil d'Albornoz, che gli confirmò colà quali Vicarii
-della Chiesa. Un ramo secondario della casa ebbe sede
-in Pesaro sino a Galeazzo Malatesta. Minacciato questi dal
-parente suo Gismondo, il tiranno di Rimini, e inetto a proteggere
-Pesaro contro gli assalti di lui, nel 1445 vendette
-la città per 20,000 fiorini d'oro al conte Francesco
-Sforza; il quale ne investì per contratto suo fratello Alessandro,
-marito di una nipote di Galeazzo. Lo Sforza fu quel
-gran condottiero, che, estinti i Visconti, salì sul trono
-di Milano, come primo Duca della casa sua. Mentre egli
-fondava colà la linea de' duchi Sforza, il fratello suo Alessandro
-si faceva fondatore della casa de' signori di Pesaro.
-</p>
-
-<p>
-Questo valoroso capitano prese possesso di Pesaro nel
-marzo 1445; due anni dopo ricevette l'investitura papale.
-Egli era maritato con Costanza Varano, una di quelle
-donne più esimie per bellezza e per spirito, che fiorirono
-in Italia nei primi tempi della Rinascenza.
-</p>
-
-<p>
-Costei gli partorì Costanzo e una figliuola, Battista,
-la quale benanche, come moglie di Federico d'Urbino,
-sfolgorò più tardi per le virtù sue e pel suo genio. Le vicine
-corti di Pesaro e d'Urbino s'imparentarono e gareggiarono
-a vicenda nel culto delle arti belle e delle scienze.
-Un'altra figliuola non legittima di Alessandro fu Ginevra
-Sforza, donna a tempo suo non meno ammirata, famosa
-come moglie di Sante prima, poi di Giovanni Bentivoglio,
-signori di Bologna.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dopo la morte della moglie, Alessandro Sforza passò
-a seconde nozze con Sveva Montefeltro, figlia di Guidantonio
-d'Urbino. Il 3 d'aprile 1473, dopo un regno felice,
-lasciò il suo bel paese al figlio.
-</p>
-
-<p>
-Costanzo Sforza l'anno appresso si sposò con Camilla
-Marzana d'Aragona, principessa bella e di larga mente
-della Casa reale di Napoli. Egli pure era uomo illustre e
-liberale. Morì nel 1483 a 36 anni appena, senza eredi legittimi,
-Giovanni e Galeazzo essendo suoi figliuoli naturali.
-Il governo di Pesaro fu quindi retto dalla vedova Camilla
-per sè e pel figliastro Giovanni, sino a che questi
-nel novembre 1489 non la costrinse a lasciargli intero il
-reggimento.
-</p>
-
-<p>
-Tale la storia della famiglia Sforza di Pesaro, nella
-quale ora Lucrezia Borgia era entrata come moglie appunto
-di Giovanni.
-</p>
-
-<p>
-Il dominio comprendeva allora la città di Pesaro ed
-un novero di piccole comunità, chiamate castelli o ville:
-cioè Sant'Angelo in Lizzola, Candelara, Montebaroccio,
-Tomba di Pesaro, Montelabbate, Gradara, Monte Santa Maria,
-Novilara, Fiorenzuola, Castel di Mezzo, Ginestreto,
-Gabicce, Monteciccardo e Monte Gaudio. Di più anche
-Fossombrone da' Malatesta era passato agli Sforza.
-</p>
-
-<p>
-Il Principato, come s'è detto, apparteneva da tempo
-antichissimo alla Chiesa, dalla quale prima i Malatesta e
-poi gli Sforza ne erano stati come Vicarii investiti, a titolo
-feudale, contro l'annuo canone di 750 fiorini d'oro.
-La figlia quindi di un papa per un tiranno di Pesaro doveva
-essere la più conveniente delle mogli, che potesse
-augurarsi nelle condizioni d'allora, quando i papi sforzavansi
-a far scomparire dallo Stato della Chiesa quelle illegittime
-dominazioni. Se Lucrezia guardava l'estensione e
-l'importanza del suo piccolo regno, certo doveva a se
-stessa confessare, che rimaneva indietro rispetto alle altre
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-donne residenti a Urbino, Ferrara e Mantova, o in Milano
-e Bologna. Pure, sotto il supremo dominio del Papa, del
-proprio padre, ella era sempre diventata principessa indipendente.
-E comecchè i possedimenti suoi non abbracciassero
-che poche miglia quadrate, eran pur sempre uno
-de' più preziosi giardini d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Pesaro giace libera e piana in spaziosa valle. Una
-catena di verdeggianti colline le fa corona d'intorno,
-quasi a forma d'anfiteatro, che va a terminarsi nel mare.
-E su questo, all'estremità del semicerchio, due erti promontorii
-si spiccano, l'Accio e l'Ardizio. Il Foglia serpeggia
-attraverso la valle. La graziosa città siede sulla destra
-sponda, e con le sue torri, e le mura e il castello si
-stende sulla piaggia biancastra. A settentrione, verso Rimini,
-i monti si serrano al mare; a mezzogiorno invece
-la riva è più larga. E di quivi attraverso i tenui vapori
-marini veggonsi spuntare le torri di Fano. E più in là si
-mostra il Capo d'Ancona.
-</p>
-
-<p>
-Quelle deliziose colline e quella valle ridente, e quel
-cilestre cielo che le copre, e il mare raggiante formano
-insieme un quadro, ove spira un soffio di amenità che rapisce.
-Gli è il più soave idillio sulla spiaggia adriatica. Le
-aure dalla terra e dal mare sembrano colà comporre una
-lirica melodia, che slarga il cuore e fa vibrare nell'anima
-immagini belle e felici. Pesaro è la culla del Rossini e di
-Terenzio Mamiani, dell'esimio poeta ed uomo di Stato,
-che oggi ancora sa consacrare le più nobili facoltà sue al
-risorgimento d'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Le passioni de' tiranni di questa città non furono così
-spaventevoli come di altri dinasti del loro tempo, forse
-anche perchè il bel paese era troppo piccolo per feroci
-ambiziose geste. Dico forse, perchè lo spirito umano non
-sempre si forma secondo le influenze della natura. Uno
-de' più empii scellerati fu Gismondo Malatesta nella mite
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-e bella città di Rimini. Gli Sforza però, quando si paragonino
-co' loro cugini di Milano, sembrano signori buoni e
-felici. Una serie di nobili dame fu ornamento della loro piccola
-corte. Ed ora Lucrezia doveva sentirsi chiamata a modellarsi
-su quelle.
-</p>
-
-<p>
-Poichè fu entrata a Pesaro, se in età così giovane
-l'anima sua non era per anco resa incapace di una felicità
-modesta, dovette la prima volta provare l'inebbriante
-sentimento della libertà. Colà Roma severa col sinistro
-Vaticano, con i suoi delitti e le sue passioni, potette apparirle
-quasi carcere, dal quale erasi sottratta. Certamente,
-tutto quello che in Pesaro la circondava, era piccino in
-confronto della grandezza di ogni cosa a Roma. Pure colà
-non era più soggetta all'influenza immediata e al volere
-del padre e del fratello, da' quali oramai la dividevano
-l'Appennino e una distanza per quel tempo grande.
-</p>
-
-<p>
-La città di Pesaro, che oggi conta più di 10,000 abitanti
-e col suo territorio n'ha quasi 20,000, allora ne
-conteneva forse la metà. Aveva strade e piazze regolari,
-con architettura essenzialmente gotica, però già interrotta
-da edifizii in stile della Rinascenza. Alcuni chiostri e chiese,
-che ancora oggi serbano le antiche facciate, come San
-Domenico, San Francesco, Sant'Agostino e San Giovanni,
-davano alla città aspetto degno e onorevole, tuttochè
-non straordinariamente bello.
-</p>
-
-<p>
-I più grandi edifizii monumentali di Pesaro erano quelli
-dei tiranni regnanti; il castello sul mare, e il palazzo sulla
-piazza della città. Quello fu costrutto da Costanzo Sforza
-nel 1474, e poi interamente rifatto dal figlio Giovanni.
-Ancora oggi se ne vede il nome su una lapide di marmo
-alla porta d'ingresso. Con quattro torri rotonde e tozze,
-e bastioni, in rasa pianura, circondato da una fossa, esso
-è posto all'angolo delle mura della città verso il mare;
-e solo la prossimità di questo poteva dargli certa saldezza.
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-Malgrado di ciò, ha apparenza di sì poco rilievo, che v'è
-da maravigliarsi come, anche in quel tempo, per imperfettissima
-che fosse ancora l'artiglieria, potesse esser tenuto
-atto a resistere.
-</p>
-
-<p>
-Il palazzo degli Sforza sta ancora sulla leggiadra piazza
-della città, della quale occupa un lato. Costruzione a due
-grandi cortili, di bell'aspetto, ma non maestoso. I Rovere,
-successori degli Sforza, l'abbellirono nel secolo XVI.
-N'edificarono pure la sontuosa facciata che posa su portico
-a sei archi rotondi. Le armi degli Sforza nel palazzo sono
-sparite. Sulle facciate e sotto le vôlte sono invece frequenti
-le iscrizioni <i>Guidobaldus II Dux</i>, e l'arme de' Rovere.
-V'era già al tempo di Lucrezia la magnifica sala per
-le feste, il più bel fregio del palazzo; grande e vasta da
-farla degna del più potente de' monarchi. Ma la mancanza
-di decorazione alle pareti, o di porte guernite di marmi
-finissimi, quali si ammirano nel Castello di Urbino, mostra
-anch'essa le modeste condizioni della dinastia di Pesaro.
-La ricca vôlta della sala in legno dorato e dipinto
-risale al tempo del duca Guidobaldo.
-</p>
-
-<p>
-Ogni memoria del tempo, in cui quel palazzo fu abitato
-da Lucrezia Borgia, è morta. Non vivono che i ricordi
-di un tempo posteriore; della vita della corte de' Rovere,
-ove il Bembo, il Castiglione e il Tasso furono più volte ospiti.
-La corte ufficiale, che Lucrezia aveva seco menata, non
-bastava a popolare quegli ampii spazii. Anche la madre,
-madonna Adriana e Giulia Farnese non si trattennero con
-lei che breve tempo. Essa maritò in Pesaro una giovane
-spagnuola del suo seguito, donna Lucrezia Lopez, nipote
-del Datario, e poscia cardinale Giovanni Lopez, con Gianfrancesco
-Ardizio, il medico e il confidente di Giovanni
-Sforza.
-</p>
-
-<p>
-Nel palazzo non trovò altri parenti del marito che il
-più giovane fratello Galeazzo. Questa dinastia non fu feconda,
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-e già tendeva all'estinguimento. Anche Camilla
-d'Aragona, la madrigna di Giovanni, non era della compagnia
-di lei, avendo sin dal 1489 abbandonato Pesaro
-per sempre, ed essendosi ritirata in un castello presso
-Parma.
-</p>
-
-<p>
-L'estate, l'attraente paese potette procacciare alla
-giovane principessa qualche svago. Potè visitare la vicina
-corte di Urbino, ove vivevano Guidobaldo di Montefeltro e
-la moglie Elisabetta nel superbo castello, del quale l'intelligente
-Federico aveva fatto un centro di coltura. Viveva
-allora in Urbino Raffaello, fanciullo di 11 anni, discepolo
-assiduo e zelante nello studio del padre suo Sanzio.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia andò nella state in una delle belle ville sulle
-colline de' pressi. Soggiorno preferito dal marito era Gradara,
-castello in luogo elevato sulla strada di Rimini, che
-ancora oggi con le sue mura rosse e con le sue torri si
-mantiene intatto. Ma il più magnifico dei castelli era la
-Villa Imperiale. Rimane a mezz'ora da Pesaro; sul Monte
-Accio; e si gode di là una estesa vista sul mare e sul continente.
-Sontuoso palazzo d'estate per gran signori e per
-gente felice, nata ai più eletti comodi e ai godimenti più
-belli. Questa villa deve aver somigliato a un giardino di
-Armida. Alessandro Sforza l'edificò il 1464; l'imperatore
-Federico III, tornando dal suo viaggio in Roma per
-l'incoronazione, ne pose la prima pietra; indi il nome
-di Villa Imperiale. Più tardi fu compiuta da Eleonora Gonzaga,
-moglie di Francesco Maria Della Rovere, erede di
-Urbino e successore di Giovanni Sforza nel dominio di Pesaro.
-Artisti celebri l'ornarono di pitture allegoriche e storiche;
-il Bembo e Bernardo Tasso la cantarono in versi; e
-Torquato vi lesse alla corte dei Rovere la sua favola boschereccia,
-l'<i>Aminta</i>. Oggi è anch'essa in uno stato di deplorevole
-rovina.
-</p>
-
-<p>
-Pesaro, del resto, non poteva offrire grande divertimento
-<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
-ad una giovane signora abituata alla rumorosa vita di
-Roma. La piccola città non aveva nobili d'importanza. Le
-case dei Brizi, degli Ondedei, dei Giontini, Magistri, Lana,
-Ardizii ed altri con le loro maniere e costumanze patriarcali
-non potevano per Lucrezia supplire alle relazioni tanto
-cospicue e importanti con i grandi di Roma. Del movimento
-umanistico della coltura italiana qualche soffio era pur penetrato
-in Pesaro. Colà, come nelle città limitrofe sull'Adriatico
-e sin nell'Umbria, era in fiore quella leggiadra
-arte industriale, la dipintura delle maioliche, che, portata
-alla sua perfezione, degnamente successe all'arte vasaria
-della Magna Grecia e dell'Etruria. Aveva già preso largo incremento
-al tempo degli Sforza. Una delle più antiche maioliche
-nel Museo Correr a Venezia, rappresentante Salomone
-in adorazione innanzi a un idolo, porta la data del 1482.
-E sin dal secolo XIV era quell'arte coltivata anche in Pesaro,
-e v'aveva preso poderoso slancio sotto il reggimento
-di Camilla d'Aragona. Ancora oggi nella Casa Comunale si
-conservano alcuni avanzi della ricchezza delle antiche fabbriche
-cittadine.
-</p>
-
-<p>
-Anche per altre vie si muoveva colà la vita dello spirito,
-che v'era stata suscitata dagli Sforza o dalle donne
-loro, gareggiando con Urbino e Rimini. In quest'ultima
-città Gismondo Malatesta raccoglieva intorno a sè poeti ed
-eruditi, ai quali dava stipendii in vita, e, morti, faceva
-erigere sarcofaghi sul muro esterno del Duomo. Specialmente
-Camilla ebbe molto a cuore il culto delle scienze.
-Nel 1489 chiamò a Pesaro un greco, Giorgio Diplovatazio di
-Corfù, uomo di merito, parente di Laskari e Vatazes, che,
-fuggito da' Turchi, era venuto in Italia. E in quel tempo
-stesso già vivevano nella ospitale Pesaro altri esuli Greci
-delle stirpi degli Angeli, de' Komneni e de' Paleologhi.
-Il Diplovatazio aveva studiato a Padova; a Pesaro Giovanni
-Sforza lo fece nel 1492 Avvocato del fisco. Dopo d'allora e
-<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
-sino alla morte, nell'anno 1541, sfolgorò colà come giurisperito.<a class="tag" id="tag54" href="#note54">[54]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia adunque trovò in Pesaro quest'uomo illustre.
-Con lui e con altri Greci avrebbe potuto continuare i
-suoi studii, ove la maturità degli anni o la natia inclinazione
-ve l'avesse spinta. Una biblioteca, raccolta dagli
-Sforza, gliene offriva i mezzi. Mancava colà un altro uomo
-allora non meno celebre, Pandolfo Collenuccio, poeta, retore
-e filologo, divenuto conosciutissimo per la sua storia
-di Napoli. Aveva servito la casa Sforza come segretario
-e diplomatico; e alla sua eloquenza il marito della Lucrezia
-doveva, se a lui, bastardo di Costanzo, fu concessa
-l'investitura di Pesaro da Sisto IV e da Innocenzo VIII. Ma
-il Collenuccio cadde poscia in disgrazia; Giovanni Sforza
-nel 1488 prima lo mise in prigione, e poi lo esiliò. Andò
-a Ferrara a prestare i suoi servizii a quella corte. Accompagnò
-il cardinale Ippolito a Roma; e vi si trovava nel 1494,
-proprio al tempo, in cui Lucrezia andò a prender possesso
-di Pesaro. Probabilmente in Roma ella ebbe occasione di
-conoscerlo.<a class="tag" id="tag55" href="#note55">[55]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ai tempi di Lucrezia non era neanche in Pesaro il
-giovane poeta Guido Postumo Silvestro, allora sempre a
-Padova agli studii. Ben dovette forse a Lucrezia rincrescere
-di non aver potuto accogliere alla sua corte questo
-poeta pieno di spirito quanto irrequieto. La sua grazia affascinante
-gli avrebbe probabilmente ispirato altri versi,
-diversi da quelli ch'ei più tardi indirizzò ai Borgia.
-</p>
-
-<p>
-La sposa dello Sforza fu accolta in Pesaro con amore;
-e ben presto v'ebbe amici molti. Era in sul primo schiudersi
-della florida giovanezza sua. Niuno di quegli eventi,
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-che più tardi la resero oggetto di diffidenza o di pietà, ne
-turbava ancora l'esistenza. Se nel suo matrimonio con lo
-Sforza godette mai realmente la felicità della vita, furono,
-certo, i giorni passati in Pesaro quelli che poterono farla
-vivere come invidiabile regina di un idillio pastorale. Ma
-tale non era la sorte a lei destinata. L'ombra sinistra del
-Vaticano si spandeva sin sulla Villa Imperiale del Monte
-Accio. Un dispaccio del padre poteva ogni giorno richiamarla
-a Roma. Forse anche cominciò ella stessa a trovare
-il soggiorno di Pesaro troppo monotono e vuoto, soprattutto
-per questo, che di frequente il marito era costretto
-ad allontanarsi dalla corte di lei per i doveri di condottiero
-presso l'esercito del Papa e de' Veneziani.
-</p>
-
-<p>
-Gli avvenimenti, che in quel mentre avevan messo
-l'Italia a soqquadro, ridussero Lucrezia di nuovo a Roma,
-dopo un anno di pace goduto in Pesaro.
-</p>
-
-<h3>XI.</h3>
-
-<p>
-Su' primi di settembre 1494 Carlo VIII entrava in Piemonte;
-e d'un tratto le condizioni d'Italia mutavan tutte.
-Il Papa, il suo alleato Alfonso e Piero de' Medici, in breve
-tempo, si videro quasi inetti a difendersi. Già a' 17 novembre
-faceva quel re ingresso a Firenze. Alessandro avrebbe
-voluto mettergli contro le truppe sue e le napolitane a Viterbo,
-ove trovavasi come Legato il cardinal Farnese. Ma
-i Francesi, senza ostacolo, penetrarono e si sparsero nel
-Patrimonio. E insino l'amante del Papa, la sorella Girolama,
-e madonna Adriana, quelle donne ch'erano <i>il cuore</i>
-e <i>gli occhi</i> di Alessandro, caddero in mano di una colonna
-francese.
-</p>
-
-<p>
-L'agente mantovano Brognolo ne informava il suo signore
-con dispaccio del 29 novembre 1494: «È occorso
-<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
-un caso, ch'è oltraggio grande pel Papa. L'altr'ieri madonna
-Adriana e madonna Giulia con la sua sorella uscivano
-dal loro castello di Capodimonte per recarsi a Viterbo
-presso il loro fratello, il cardinale. A qualche miglio
-di colà s'imbatterono in una schiera di cavalleria francese,
-e furon prese e menate a Montefiascone insieme con tutto
-il seguito loro, 25 a 30 persone a cavallo.»
-</p>
-
-<p>
-Il capitano francese, che fece sì preziosa presa, fu
-monsignor d'Allegre, forse quell'Ivo, che più tardi entrò
-al servizio di Cesare. «Allorchè seppe chi fosse quella
-bella dama, le impose per riscatto la somma di 3000 ducati;
-e informò per lettera il re Carlo della persona che
-aveva fatta prigioniera; ma colui non volle vederla. Madonna
-Giulia scrisse quindi a Roma, che la era trattata
-benissimo, e le si mandasse la somma pel riscatto.»<a class="tag" id="tag56" href="#note56">[56]</a>
-</p>
-
-<p>
-La nuova dell'accaduto gettò Alessandro nella massima
-costernazione. Immediatamente mandò un cameriere
-a Marino, ov'era allora al quartier generale de' Colonna
-il cardinale Ascanio, il quale, da lui vivamente pregato,
-era tornato il 2 novembre e messosi a negoziare col re
-Carlo. Col cardinale si dolse dell'affronto arrecatogli, e
-impetrava che s'impegnasse per la liberazione de' prigionieri.
-Scrisse puranco a Galeazzo di Sanseverino, che accompagnava
-il re a Siena. E, compiacente verso codesti
-signori, Carlo VIII ordinò che quelle donne fossero mandate
-libere. Sotto la scorta di 400 Francesi furono condotte
-sino alle porte di Roma, e ivi ricevute, il primo dicembre,
-da Giovanni Marades, cameriere del Papa.<a class="tag" id="tag57" href="#note57">[57]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il romantico avvenimento fece parlar di sè per tutta
-Italia. Fu un rallegrarsi dello scandalo, di cui il Papa era
-stato vittima, e un ridere alle spalle sue. Una lettera del
-Trotti, ambasciatore ferrarese presso la corte di Milano al
-duca Ercole, ci mostra come Ludovico il Moro, l'usurpatore
-del trono di suo nipote, fatto da lui avvelenare, giudicasse
-il Papa in tal circostanza: «Egli biasimava fortemente
-monsignor Ascanio e il cardinal Sanseverino per la
-restituzione di madonna Giulia, di madonna Adriana e di
-Girolama a Sua Santità, perchè, essendo tali donne il
-cuore e gli occhi del Papa, sarebbero state il miglior
-flagello per costringere costui a tutto quello che si desiderava;
-mentre Sua Santità non sapeva vivere senza di
-esse. I Francesi, che le presero, non avevano avuto per
-riscatto che 3000 ducati; invece, solo per riaverle, il Papa
-ne avrebbe pagati più di 50,000. Secondo notizie arrivate
-al nominato signor duca da Roma e anche da Firenze da
-Angelo, che era colà, quando le donne entrarono, Sua
-Santità andò loro incontro, in giubba nera, con liste di
-broccato in oro, con una bella ciarpa alla spagnuola e col
-pugnale e la spada. Portava stivali spagnuoli e berretto di
-velluto molto galante. Il duca, ridendo, mi domandò cosa
-ne pensassi; e io, senza indugiare, gli risposi, che se fossi,
-come lui, duca di Milano, vorrei tentare, mercè il re di
-Francia o per qualunque altra via, sotto pretesto di accordo,
-di aggirare e vincere in astuzia Sua Santità, e con belle
-parole, il che egli stesso ha fatto, prender lui e i cardinali
-prigionieri; cosa del resto agevole di molto! Chi ha
-in mano il servo — almeno così suona da noi il proverbio — tiene
-anche il carro co' bovi insieme; e mi ricordai
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-bensì di quel verso di Catullo: <i>tu quoque fac simile, simile
-ars deluditur arte</i>.»<a class="tag" id="tag58" href="#note58">[58]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ludovico, il degno contemporaneo de' Borgia, amicissimo
-una volta di Alessandro VI, ora l'odiava, dopo
-che questi erasi alienato da lui e da Francia. Soprattutto
-l'imprigionamento traditoresco del fratello Ascanio era
-valso ad irritarlo oltre ogni misura. Lo stesso ambasciatore
-scriveva ad Ercole il 28 dicembre: «Il duca Ludovico mi
-disse parergli d'ora in ora vedere arrivare messer Bartolomeo
-de Calcho con una staffetta per informarlo che il
-Papa fosse stato preso, e tagliatagli la testa.»<a class="tag" id="tag59" href="#note59">[59]</a> Libero il lettore
-di ritenere o no, che per questo odio appunto Ludovico
-si permettesse rispetto al Papa un linguaggio così
-maledico, o anche di esagerare nel suo dialogo col Trotti,
-ovvero di affermare in pubblico Consiglio di Stato, il Papa
-essersi fatto venire per suo uso tre donne: l'una, monaca
-di Valenza; l'altra, una castigliana; la terza, una fanciulla
-di Venezia, bella come un'immagine, tra i 15 e 16 anni.
-«Qui in Milano — così il Trotti — si pronunziano in pubblico
-tali ingiurie contro questo Papa, quali forse in Ferrara
-non si ammetterebbe contro il Torta.»<a class="tag" id="tag60" href="#note60">[60]</a>
-</p>
-
-<p>
-Come Carlo VIII vittorioso, senza riportar vittorie, si
-spingesse sino a Roma e a Napoli, è raccontato in altre
-storie. La sua spedizione conquistatrice attraverso l'Italia
-è forse la più umiliante delle invasioni che quel paese abbia
-avuto a subire. Ma essa insegna, che, quando Stati e
-popoli son divenuti maturi per la decadenza, basta anche
-la forza di un fanciullo di fiacca mente per mandarli in
-perdizione. Il Papa seppe giuocare d'astuzia col monarca
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-di Francia e superarlo. Questi, anzi che farlo deporre mercè
-un Concilio, lo riconobbe qual Vicario di Cristo e concluse
-con lui un trattato.
-</p>
-
-<p>
-Egli irruppe quindi nel Napoletano. E dopo breve
-tempo il paese venne in poter suo. Ma poichè l'Italia riprese
-coraggio e gli si strinse in lega alle spalle, Carlo VIII
-fu costretto a tornare indietro. Alessandro lo schivò, andandosene
-prima ad Orvieto, poi a Perugia. Quivi fece venire
-Giovanni Sforza, che v'andò con la moglie il 16 giugno
-1495; e, restatovi quattro giorni, se ne tornò poi di nuovo
-a Pesaro.<a class="tag" id="tag61" href="#note61">[61]</a> Il re di Francia si aprì felicemente sul Taro un
-varco attraverso l'esercito della Lega; e così con onore si
-sottrasse alla morte o alla prigionia.
-</p>
-
-<p>
-Tornato a Roma, Alessandro VI si trovò tanto più
-raffermato sulla Santa Sede, intorno alla quale raccolse i
-suoi ambiziosi bastardi. E questi Borgia si levarono con
-tanta maggiore audacia, in quanto, scosso per l'invasione
-tutto l'ordine di cose esistenti in Italia, riusciva assai più
-facile dar seguito ai propositi loro.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia restò ancora un po' di tempo a Pesaro col
-marito, che per la Lega era stato preso al soldo dai Veneziani.
-Pure nè alla battaglia sul Taro, nè all'assedio di
-Novara Giovanni Sforza erasi lasciato vedere. Conclusa poi
-nell'ottobre 1495 la pace tra Carlo VIII e il duca di Milano,
-mercè la quale cessava la guerra nell'Alta Italia, lo
-Sforza potette ricondurre la moglie a Roma. Marin Sanudo
-c'informa della presenza di lei nella città sul finire dell'ottobre,
-e il Burkard di quella per la festa di Natale.
-</p>
-
-<p>
-In servizio della Lega lo Sforza comandava 300 fantaccini
-e 100 uomini d'arme. Con questo corpo doveva nella
-primavera dell'anno seguente muovere per Napoli, ove
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-l'esercito alleato sosteneva vigorosamente il giovane re
-Ferrante II in guerra coi Francesi, ch'erano sotto gli ordini
-del Montpensier. Colà s'indirizzava benanche il capitano
-generale di Venezia, il marchese di Mantova. Questi
-entrò in Roma il 26 marzo 1496. Il 15 aprile vi giunse
-anche lo Sforza con i suoi mercenarii, e ne partì il 28 aprile,
-lasciandovi la moglie. Il 4 maggio arrivò a Fondi.<a class="tag" id="tag62" href="#note62">[62]</a>
-</p>
-
-<p>
-I due figli di Alessandro, Don Juan e Don Jofrè,
-continuavano allora a rimaner lontani. L'uno, il duca di
-Gandia, fu preso similmente al soldo da Venezia. Era atteso
-dalla Spagna per porsi alla testa di 400 uomini, che
-il suo luogotenente Alovisio Bacheto raccoglieva per lui.
-L'altro, Don Jofrè, come s'è visto, era ito nel 1494 a Napoli,
-ove erasi sposato con donna Sancia e stato nominato
-principe di Squillace. Come membro della casa Aragonese,
-corse anch'egli i pericoli della declinante dinastia; e ciò doveva
-spingere il Papa ad impedire di questa l'estrema e totale
-rovina. Accompagnò il re Ferrante nella fuga, e seguì anche
-le insegne di lui, allorchè, dopo la ritirata di Carlo VIII,
-quegli per gli aiuti di Spagna, di Venezia e del Papa, tornava
-di nuovo a impadronirsi del reame e rientrava in Napoli
-nell'estate 1495.
-</p>
-
-<p>
-Don Jofrè con la moglie non vennero a Roma che
-l'anno appresso. Entrambi fecero il loro ingresso solenne
-il 20 maggio 1496 con pompa veramente regale. Ambasciatori,
-cardinali, magistrati della città, molti baroni andarono
-loro incontro avanti a Porta Lateranense. V'andò
-anche Lucrezia accompagnata dalla sua corte officiale. Con
-tutto questo seguito la giovane coppia fu condotta al Vaticano.
-Il Papa ricevette il figlio e la nuora sul trono, circondato
-da undici cardinali. Fece sedere a terra, sopra
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-cuscini, Lucrezia alla sua destra e Sancia alla sinistra. Era
-il tempo pasquale. Alle solenni funzioni si vedevano le due
-principesse e le loro dame di corte sfacciatamente sedute
-sugli stalli de' canonici; e per tal modo, come il Burkard
-nota, erano pel popolo motivo di pubblico scandalo.
-</p>
-
-<p>
-Tre mesi più tardi, il 10 agosto 1496, anche il maggior
-figlio di Alessandro, Don Juan, duca di Gandia, entrò
-con grandissima solennità in Roma, per fermarvisi,
-avendo il padre deciso far di lui un gran principe.<a class="tag" id="tag63" href="#note63">[63]</a> Non
-è mai detto ch'egli abbia condotto seco la moglie donna
-Maria.
-</p>
-
-<p>
-Così per la prima volta Alessandro VI vedeva intorno
-a sè tutti i suoi figli. Nel Borgo Vaticano non v'erano allora
-meno di tre corti di nepoti. Juan aveva stanza nel
-Vaticano; Lucrezia nel palazzo Santa Maria in Portico;
-Jofrè nella casa del cardinale d'Aleria presso Castel Sant'Angelo;
-e Cesare nel Borgo stesso.
-</p>
-
-<p>
-Tutti codesti individui eran venuti su dal nulla, avidi
-d'onori, di potenza e di godimenti; giovani tutti e belli,
-e pressochè anche tutti gente di vita rotta, ma graziosamente
-eloquenti e rivestiti, pari alla gioventù depravata
-dell'antica Roma, delle forme più amabili e più leggiadre
-della socievolezza. Solo, in verità, un angusto modo di
-giudicare, che non vede in quegli uomini se non le crudezze,
-può indursi a raffigurare i Borgia qual branco di
-bestie per natura feroci. Essi erano, nè più nè meno,
-come parecchi principi e signori del tempo loro. Spietati
-e scellerati adoperavan veleno e pugnale; spazzavano
-via tutto quanto si parasse contro la passione loro; e ridevano,
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-quando l'azione diabolica era consumata. Ciò che
-pone i Borgia particolarmente in rilievo fra la schiera
-de' privilegiati malfattori di quel tempo, è il fondamento
-della Chiesa e del Cristianesimo, sul quale s'appoggiano.
-Di qui appariscono come la caricatura infernale del concetto
-del santo; e Alessandro stesso è stato designato come
-anticristo.
-</p>
-
-<p>
-Se potessimo penetrare ne' misteri della vita, che
-quei dissoluti bastardi traevano intorno al Vaticano, ove
-il padre loro nella coscienza della sicurezza e potenza sua
-era oramai despota assoluto, scopriremmo senza dubbio
-cose da sbalordire. Era davvero spettacolo non mai visto
-quello che si svolgeva in quel sacro recinto di San Pietro.
-Due donne giovani e belle vi tenevano splendida corte, e
-ogni dì si vedevano aggirarsi colà nugoli di dame e cavalieri
-spagnuoli e italiani; e la gente elegante di Roma e
-nobili e monsignori affollarsi e pigiarsi per fare omaggio a
-quelle donne. Delle due, Lucrezia aveva appena 16 anni,
-Sancia poco più di 17.
-</p>
-
-<p>
-È facile immaginare quanti intrighi amorosi in quei
-palazzi fossero allora orditi, e che ridda infernale vi menassero
-gelosia e ambizione. Niuno in vero crederà che
-quelle principesse piene di giovanili ardori e di vanità vivessero,
-all'ombra di San Pietro, come monache o sante.
-Invece i loro palazzi risuonavan sempre di canti e di suoni,
-di banchetti e festini. Si vedevano quelle donne andar con
-cavalcate sontuose per Roma, ed entrare in Vaticano. Si
-vedeva il Papa sempre in contatto con loro, sia che andasse
-di persona a visitarle e prender parte alle loro feste,
-sia che le ricevesse, talvolta in privato, tal'altra in forma
-solenne, come principesse della casa sua. Alessandro per
-se stesso, per quanto affogato nella sensualità, non amava
-l'orgia sregolata. L'ambasciatore ferrarese, il Boccaccio,
-scriveva di lui nel 1495 al suo signore: «Il Papa non si ciba
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-che di una vivanda sola, abbenchè questa debba essere
-abbondante. È quindi una pena desinar con lui. Ascanio
-ed altri, specialmente il cardinal Monreale, che solevano
-essere commensali di Sua Santità, e così anche Valenza,
-non andando loro a genio tanta parsimonia, hanno rinunziato
-a quella compagnia e la schivano quando e come è
-possibile.»<a class="tag" id="tag64" href="#note64">[64]</a>
-</p>
-
-<p>
-La vita del Vaticano doveva porger motivo a ciarle
-moltissime, e in Roma la sete di scandalo era da tempo
-antichissimo più che ardente. Già nell'ottobre 1496 si raccontava
-a Venezia, il duca di Gandia aver seco condotto
-una spagnuola pel padre, con la quale questi viveva; e
-si parlava di un empio fatto, che par quasi incredibile,
-ma che vien narrato dall'ambasciatore veneziano e da
-altri.<a class="tag" id="tag65" href="#note65">[65]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ben presto donna Sancia fece discorrer molto di sè.
-Era bella e leggiera; si sentiva figlia di re. Dalla più corrotta
-delle corti era passata in Roma demoralizzata, qual
-moglie di un fanciullo immaturo. Dicevasi, che i suoi cognati
-il Gandia e Cesare disputavansi il possesso di lei, e
-che lo acquistarono alternativamente; e che giovani baroni
-e giovani cardinali, come Ippolito d'Este, potevano vantarsi
-de' suoi favori.
-</p>
-
-<p>
-Ebbe ben donde il Savonarola se prese di mira anche
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-questa corte di nepoti, allorchè dal pulpito di San Marco
-di Firenze con accesa indignazione tuonava contro la Sodoma
-di Roma.
-</p>
-
-<p>
-Quando anche la voce del gran predicatore, la cui
-fama risuonava allora per tutta Italia, non fosse giunta
-sino a lei, pure Lucrezia, per propria esperienza, poteva
-già sapere che abominevole mondo fosse quello, nel quale
-viveva. A sè d'intorno vedeva vizii mostrarsi nudi e impudenti
-o tutt'al più coperti di certa dignitosa vernice; cupidigia
-di onori e di danaro, che non rifuggiva da qualunque
-delitto; una religione fatta più pagana dello stesso
-Paganesimo; un culto ecclesiastico, nel quale preti, cardinali,
-il fratello Cesare, il padre, tutti quei santi personaggi,
-la cui maniera di vivere era a lei nota perfettamente
-e nel più intimo fondo suo, avevano a compiere con pompa
-e decoro i misteri della Divinità. Tutto ciò vedeva Lucrezia.
-Sbagliano però quei che credono, ch'essa o altri a lei simili,
-lo vedessero e giudicassero così come facciamo noi
-oggi o forse fecero alcuni pochi, animati allora da sentimento
-più puro. Imperocchè in ogni tempo l'educazione
-e l'abitudine attutiscono nella comune degli uomini il
-senso necessario al riconoscimento del vero. S'aggiunga
-per di più, che in quel tempo i concetti della religione,
-della decenza e della moralità non erano gli stessi che
-oggi prevalgono.
-</p>
-
-<p>
-Quando nella Rinascenza lo spirito ebbe compiuto la
-sua prima separazione dal Medio Evo e dall'ascetismo della
-Chiesa, le passioni ruppero ogni freno e si scatenarono oltre
-ogni limite. Tutto ciò che era stato tenuto santo fu
-deriso. I liberi spiriti italiani crearono una letteratura, il
-cui crudo cinismo non ha uguale. Dall'<i>Ermafrodito</i> del
-Beccadelli a venire giù giù sino al Berni e a Pietro Aretino,
-la letteratura in novelle, epigrammi e commedie divenne
-una immensa palude, alla cui vista il serio Dante si
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-sarebbe ritratto pieno di terrore, come innanzi ad una
-bolgia infernale.
-</p>
-
-<p>
-Anche nelle novelle meno lascive, delle quali il Piccolomini
-cominciò la serie con l'<i>Eurialo</i>, e nelle commedie
-meno oscene, motivo dominante sono pur sempre l'adulterio
-e la derisione del matrimonio. La cortigiana fu la
-musa della bella letteratura della Rinascenza. Prese sfacciatamente
-posto allato alla santa della Chiesa a contenderle
-la palma della gloria. Una raccolta manoscritta di
-poesie del tempo di Alessandro VI contiene una lunga serie
-di epigrammi, i quali esaltano prima la Vergine Maria
-e molte sante, e poi con la stessa intonazione, senza
-pausa nè osservazione di sorta, magnificano le cortigiane
-del tempo. E all'epigramma su Santa Paula si vede immediatamente
-tener dietro quello sulla meretrice Nichine,
-una delle celebri cortigiane di Siena; e così via, tutta
-una serie. Le sante del Cielo e le sacerdotesse di Venere
-vengono senza altro mescolate insieme, come donne famose.<a class="tag" id="tag66" href="#note66">[66]</a>
-</p>
-
-<p>
-Non una donna, che si rispetta, assisterebbe oggi ad
-una di quelle commedie della Rinascenza. E sovente furono
-papi e principi che le fecero mettere in scena in onore di
-gentildonne; e la censura di ogni paese non le farebbe rappresentare
-sopra qualunque teatro, si componesse pure il
-pubblico di uomini soltanto.
-</p>
-
-<p>
-Quella certa franca maniera, che le donne del Mezzogiorno
-usano in cose, che nel Settentrione si vogliono coperte
-d'un velo, spesso ancora oggi fa maraviglia. Pure ciò
-che nella Rinascenza era ammesso, per gusto o per costume,
-è incredibile davvero. Certamente non è da dimenticare
-che quella oscena letteratura non era allora diffusa come
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-la romantica odierna. Di più la stessa abitudine meridionale
-per la nuda naturalezza s'invertiva per la donna in
-mezzo di difesa. Molto rimaneva alcunchè di puramente
-estrinseco ed era come tale considerato, e non esercitava
-quindi efficacia alcuna sulla fantasia. E in mezzo poi a sì
-dissoluta socievolezza cittadina non mancavano donne di
-natura eletta, che sapevano serbarsi pure.
-</p>
-
-<p>
-Quanto alla moralità de' grandi, soprattutto delle corti
-di quel tempo, bisogna leggere le storie de' Visconti e degli
-Sforza, de' Malatesta di Rimini, de' Baglioni di Perugia
-e de' Borgia di Roma per formarsene un'idea. Non
-eran certo più depravate delle corti del tempo di Luigi XIV
-e XV e di Augusto di Sassonia; ma più abominevoli per
-gli orribili delitti di sangue. Il valore della vita umana
-era sceso bassissimo; e d'altra parte l'egoismo criminoso
-era apertamente fregiato del predicato di grandezza
-d'animo — <i>magnanimitas</i>, — senza guardare più che tanto
-alle vittime dell'ambizione e dell'ingordigia. L'egoismo e
-il servirsi freddamente di ogni relazione e di ogni uomo
-in niun luogo furono così di regola come nella patria del
-Machiavelli. E gl'italiani, volendo esser sinceri, dovrebbero
-dimandarsi, se anche oggi simili difetti non vengano
-di tratto in tratto alla superficie della vita loro. Liberi dai
-pedanteschi pregiudizii de' Tedeschi e dalla venerazione
-per le classi, le condizioni e la nobiltà di nascita, che a
-partire dal Medio Evo è divenuta per questi ultimi abitudine,
-gl'Italiani in quella vece hanno immediatamente accettata
-qualunque potenza della personalità, fosse pur bastarda
-e illegittima quanto si voglia. Ma di qui appunto
-l'essere stati così facilmente schiavi del successo. Il Machiavelli
-afferma, che la colpa del decadimento morale
-d'Italia fu della Chiesa e de' preti. Se non che e preti e
-Chiesa non furon forse prodotti dell'Italia? Egli avrebbe
-dovuto dire, che alcuni elementi vitali, che presso i Germani
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-diventano interiori, presso gl'Italiani invece rimangono
-esteriori. Fra gl'Italiani non poteva nascere Lutero.
-Ove ancora alcuno ne dubiti, si domandi chi e che cosa vi
-sia nata dopo l'ultimo Concilio dell'anno 1870.
-</p>
-
-<p>
-Se i modi nostri di vedere su Alessandro VI e su Cesare
-sono essenzialmente dominati dalla morale, non la pensava
-così il Guicciardini, e per lo meno il Machiavelli. Essi
-giudicavano non l'uomo morale, ma il politico; non i suoi
-motivi, ma l'azione sua. L'enormezza non incuteva orrore,
-pur di apparire come il fatto di un volere audace. E il
-delitto non recava infamia, ove, come un'opera d'arte,
-riuscisse ad esigere ammirazione. L'orribile condotta di
-Ferdinando di Napoli nella congiura de' Baroni del regno
-suo rese il despota non abominevole, ma grande. E l'astuzia,
-con la quale più tardi Cesare Borgia seppe trarre nella
-rete a Sinigaglia i suoi condottieri infedeli, il Machiavelli
-la descrisse come un capolavoro, mentre il vescovo Paolo
-Giovio la chiamava <i>il bellissimo inganno</i>. In quel mondo
-dell'egoismo, ove non era un tribunale della pubblica opinione,
-l'uomo poteva esistere e conservarsi, solo cercando
-di predominare con la violenza e di soperchiare altrui in
-iscaltrimento. Se nulla fece mai e fa ai Francesi più paura
-del ridicolo, per l'Italiano niun predicato fu ed è più esoso
-di quello di <i>semplicione</i>.
-</p>
-
-<p>
-In un luogo de' suoi <i>Discorsi</i> (I, 27) con una sincerità,
-che mette i brividi, il Machiavelli rivela gl'intimi pensieri
-dell'animo suo. E ciò ch'ei dice illumina di luce sinistra
-tutta la morale di un'epoca. Racconta che Giulio II
-ebbe il coraggio d'entrare in Perugia, abbenchè Giampaolo
-Baglione, che intimidito da lui gli aveva resa la città, vi
-tenesse raccolta molta milizia. Ed osserva in proposito:
-«Fu notato dagli uomini prudenti, che col Papa erano
-la temerità del Papa e la viltà di Giovanpagolo; nè potevan
-stimare donde si venisse, che quello non avesse con
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-sua perpetua fama oppresso ad un tratto il nimico suo, e
-sè arricchito di preda, sendo con il Papa tutti li cardinali
-con tutte le loro delizie. Nè si poteva credere che si fosse
-astenuto o per bontà o per coscienza che lo ritenesse; perchè
-in un petto d'un uomo facinoroso, che si teneva la
-sorella, che aveva morti i cugini e i nipoti per regnare,
-non poteva scendere alcuno pietoso rispetto; ma si conchiuse,
-che gli uomini non sanno essere onorevolmente
-tristi o perfettamente buoni, e come una tristizia ha in sè
-grandezza o è in alcuna parte generosa, eglino non vi
-sanno entrare. Così Giovanpagolo, il quale non stimava
-essere incesto e pubblico parricida, non seppe, o, a dir
-meglio, non ardì, avendo giusta occasione, fare una impresa,
-dove ciascuno avesse ammirato l'animo suo, e
-avesse di sè lasciato memoria eterna, sendo il primo che
-avesse dimostro ai prelati quanto sia da stimare poco chi
-vive e regna come loro, ed avesse fatto una cosa, la cui
-grandezza avesse superato ogni infamia, ogni pericolo che
-da quella potesse dipendere.»
-</p>
-
-<p>
-Qual maraviglia se con morale così ridotta ai concetti
-del guadagno, della gloria e della magnificenza, quale il Machiavelli
-l'ha esposta ne' <i>Discorsi</i> e nel <i>Principe</i>, uomini
-come i Borgia trovassero campo amplissimo ai loro audaci
-delitti? Essi sapevan bene, che la grandezza della scelleraggine
-ne copriva la vergogna. Lo Strozzi, il festeggiato poeta
-di Ferrara, pose Cesare Borgia, poichè fu caduto, fra gli
-eroi dell'Olimpo. E il celebre Bembo, uno de' primi uomini
-di quel tempo, confortava Lucrezia per la morte del
-piccolo e miserabile Alessandro VI, non chiamandolo altrimenti
-che <i>il grande padre vostro</i>.
-</p>
-
-<p>
-Niun uomo d'alto animo e conscio dell'importanza
-sua vorrebbe oggi entrare al servizio di un principe, che
-si fosse macchiato de' delitti de' Borgia, posto che a simile
-principe sia oggi dato mantenersi nella sua condizione;
-<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
-cosa, per vero, impossibile. In quella vece i migliori
-e più geniali uomini sopportavano allora o cercavano addirittura
-il contatto e il favore de' Borgia. Il Pinturicchio e
-il Perugino dipingevano per Alessandro VI. E il più meraviglioso
-genio dell'epoca, il gran Leonardo da Vinci, senza
-scrupolo alcuno si pose al servizio di Cesare Borgia come
-ingegnere per la costruzione di fortezze in quella Romagna
-da colui con mezzi sì diabolici conquistata.
-</p>
-
-<p>
-Gli uomini della Rinascenza ebbero natura in estremo
-grado fattiva e creatrice. Trasformarono il mondo con
-energia rivoluzionaria ed attività febbrile, rispetto alle quali
-il processo della civiltà moderna deve parer affetto da lentezza.
-Ebbero tendenze più selvagge e violente, e nervi
-più forti della schiatta odierna. Sarà sempre fenomeno maraviglioso,
-che i più leggiadri fiori dell'arte, le creazioni
-più ideali della pittura fossero state fecondate in un ambiente
-socievole, del quale la corruzione morale e l'intima
-brutalità sarebbero per noi, che viviamo oggi, insopportabili.
-Se un uomo educato alla civiltà nostra potesse trasportarsi
-in quel mezzo, senza dubbio la barbarie, che vi
-dominava e che pe' contemporanei passava inosservata,
-metterebbe in iscompiglio il suo sistema nervoso, e forse
-gli farebbe smarrir la ragione.
-</p>
-
-<p>
-Tale l'atmosfera di Roma, nella quale Lucrezia Borgia
-viveva, senza essere essa stessa migliore nè peggiore delle
-donne del tempo suo. Ebbe spirito gaio e leggiero. Non
-sappiamo se abbia mai avuto a sostener lotte morali; se
-siasi mai trovata in uno stato di contradizione interiore
-con le azioni della sua vita o con coloro che l'attorniavano.
-Teneva una corte, che il padre avrà trattata con larghezza
-e profusione; ed era in frequentissime relazioni con
-le corti de' fratelli suoi. Essa era la compagna e l'ornamento
-delle loro feste; essa la confidente degl'intrighi nel
-Vaticano, rivolti a crescere la grandezza de' Borgia. E in
-<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
-tale scopo dovevasi ben presto concentrar tutto quanto potesse
-più vivamente starle a cuore.
-</p>
-
-<p>
-In verità, non mai, neanche nel tempo posteriore, si
-mostra donna di genio straordinario. In lei non una delle
-qualità atte a farne una <i>Virago</i>, come Caterina Sforza o Ginevra
-Bentivoglio. E non possedeva neppure quello spirito
-dell'intrigo proprio di una Isotta da Rimini, ovvero la potenza
-intellettuale di una Isabella Gonzaga. Non fosse stata
-figliuola di Alessandro VI e sorella di Cesare, difficilmente
-sarebbe stata notata nella storia del tempo suo, ovvero
-sarebbe ita perduta nella moltitudine, come donna seducente
-e assai corteggiata. Pure nelle mani di suo padre e
-di suo fratello diventò istrumento e vittima altresì di calcoli
-politici, a' quali ella non ebbe forza alcuna di oppor
-resistenza.
-</p>
-
-<h3>XII.</h3>
-
-<p>
-Giovanni Sforza dovett'essere di ritorno da Napoli
-nell'autunno del 1496, dopochè gli avanzi dell'esercito
-francese ebbero capitolato. Senza dubbio egli era venuto a
-Roma per quindi, in compagnia di Lucrezia, tornarsene
-ne' suoi dominii. E di fatti vi si trovò sul finire di quell'anno,
-e vi passò l'inverno. Se non che gli annalisti di
-Pesaro raccontano, che il 15 gennaio 1497 abbandonò travestito
-la città e di lì a pochi giorni lo seguì anche Lucrezia.
-Certamente si condussero a Roma,<a class="tag" id="tag67" href="#note67">[67]</a> ove gl'incontriamo
-per le feste di Pasqua.
-</p>
-
-<p>
-Lo Sforza, del resto, era già un arnese usato, che
-Alessandro pensava a gettar via. Il matrimonio, in vero, della
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-figlia col tiranno di Pesaro non procacciava più a costui alcun
-vantaggio in un tempo, in cui gli Sforza avevan perduta
-l'importanza loro. E poi alla casa Borgia s'offrivano legami
-di più alta importanza. Dovette già parer singolare
-che il Papa non desse alcun comando al genero suo nella
-guerra contro gli Orsini, intrapresa appena tornato il figlio
-Don Juan di Spagna, allo scopo di arricchirlo co' beni di
-quei potenti baroni. Alessandro chiamò al suo soldo il
-duca Guidobaldo d'Urbino, stato similmente a servire a
-Napoli nell'esercito della Lega, e ceduto poi a lui da' Veneziani
-per divenire comandante supremo delle truppe
-papali.
-</p>
-
-<p>
-Questo nobile uomo era l'ultimo della casa de' Montefeltro.
-Ed i Borgia avevan già messo l'occhio sulla eredità
-sua. La sorella Giovanna era stata maritata nel 1478 col
-prefetto della città, Giovanni Della Rovere, fratello del cardinale
-Giuliano, e nel 1490 aveva dato alla luce Francesco
-Maria, bambino che passava per l'erede della casa d'Urbino.
-Guidobaldo, pari in ciò a tutti gli altri dinasti, non
-si peritava di servire, come condottiere a soldo e per
-onore. Oltracciò egli era feudatario della Chiesa. La paura
-lo costringeva a cercare, anche odiandoli, l'amicizia dei
-Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Nella guerra, insieme con Guidobaldo, ebbe il comando
-supremo anche il giovane duca di Gandia, che il Papa
-nominò Gonfaloniere della Chiesa e rettore di Viterbo e di
-tutto il Patrimonio; del quale ultimo ufficio egli spogliò
-Alessandro Farnese, che prima lo teneva. Il fatto indica
-che l'umore del Papa verso il fratello della Giulia era
-cambiato. Il 17 settembre 1496 l'agente mantovano Giovanni
-Carolo scriveva da Roma alla marchesa Gonzaga:
-«Il cardinal Farnese è stato depennato dalla sua legazione
-nel Patrimonio, e la perderà, se non viene a salvarlo un
-sollecito ritorno della Giulia.»
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'agente medesimo informava la sua signora delle
-seguenti cose: «Poichè si vuole evitare che questi figliuoli
-del Papa divampino per gelosia tra loro, la vita del cardinale
-di San Giorgio (Raffaele Riario) è in pericolo; se
-questi muore, Cesare avrà il posto di Camerlengo e il palazzo
-del morto cardinale di Mantova, il più bello di Roma,
-e insieme anche i migliori benefizii di colui. Vostra Eccellenza
-può da ciò arguire quale piega prenda la fortuna di
-questi marrani.»<a class="tag" id="tag68" href="#note68">[68]</a>
-</p>
-
-<p>
-La guerra, del resto, contro gli Orsini finì con la più
-ignominiosa sconfitta de' Papalini presso Soriano il 23 gennaio
-1497. Don Juan ferito fuggì a Roma, e Guidobaldo
-fu fatto prigioniero. I vincitori imposero una pace per
-loro molto profittevole.
-</p>
-
-<p>
-Il marito di Lucrezia dovette ritornare di nuovo a
-Roma, cessata appena la guerra. Ivi lo vediamo di fatti
-apparire per l'ultima volta la Pasqua del 1497. Come genero
-di Alessandro, assistette alle solennità ecclesiastiche
-dal suo posto officiale in San Pietro, e con Cesare e il Gandia
-ricevette la palma dalle mani del Papa. Pure la condizione
-sua nel Vaticano era fatta insostenibile. Alessandro
-voleva sciogliere il matrimonio di lui con Lucrezia. Si domandò
-allo Sforza che vi rinunciasse di spontanea volontà;
-e, poichè negò, fu minacciato nella vita.
-</p>
-
-<p>
-Solo una pronta fuga lo salvò dai pugnali e dal veleno
-dei cognati. Secondo le notizie de' cronisti di Pesaro, Lucrezia
-stessa lo soccorse; e gli diè così un segno di premura.
-«Una sera (narrano essi) che Giacomino, il cameriere
-del signor Giovanni, trovavasi nella stanza di
-madonna, vi venne il fratello Cesare; e Giacomino, per
-ordine di quella, si nascose dietro ad una spalliera. Cesare
-parlò liberamente con la sorella, e disse, tra l'altre, essersi
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-dato ordine di ammazzare Giovanni Sforza. Andato lui via,
-Lucrezia disse a Giacomino: — Hai sentito? va e faglielo sapere. — Il
-cameriere ubbidì all'istante, e Giovanni Sforza
-gettatosi su un cavallo turco a briglia sciolta venne in 24 ore
-a Pesaro, ove il cavallo cadde morto.»<a class="tag" id="tag69" href="#note69">[69]</a>
-</p>
-
-<p>
-Secondo lettere dell'ambasciatore veneziano in Roma
-lo Sforza fuggì in marzo nella settimana santa. Sotto pretesto
-di passeggiare, andò verso la chiesa di Sant'Onofrio,
-e vi trovò il cavallo apparecchiato.<a class="tag" id="tag70" href="#note70">[70]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il desiderio di sciogliere il matrimonio difficilmente
-era nato in Lucrezia, ma sì nel padre e nei fratelli, i quali
-volevano renderla libera per un matrimonio conforme alle
-mire loro. Quel che accadesse in Vaticano è ignoto. E non
-sappiamo nemmeno di opposizione da parte di Lucrezia, la
-quale, ad ogni modo, sarà stata di corta durata. Ai Borgia,
-del resto, non andò a' versi che lo Sforza si fosse
-messo in salvo. Eglino avrebbero preferito ridurlo in eterno
-al silenzio. Ora che erasi fuggito e levava proteste, occorreva
-per lo scioglimento del matrimonio un processo, che
-avrebbe suscitato molto rumore.
-</p>
-
-<p>
-Poco dopo la fuga dello Sforza nella casa de' Borgia
-accadde l'orribile tragedia del misterioso assassinio del
-duca di Gandia. Andato a vuoto il disegno di arricchire
-questo amato figliuolo con le terre degli Orsini, Alessandro
-cercò per altra via compensarlo. Lo nominò Duca di
-Benevento, e nudrì così speranza di aprirgli la via al trono
-di Napoli. Di lì a pochi giorni, il 14 giugno, Vannozza
-invitò colui e Cesare, con altri parenti, ad una cena nella
-sua vigna presso San Pietro ad Vincula. Tornando la notte
-a casa da quella festa di famiglia, Don Juan scomparve,
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-senza lasciar di sè traccia alcuna. Solo tre giorni dopo il
-cadavere dell'ucciso fu tratto dal Tevere.<a class="tag" id="tag71" href="#note71">[71]</a>
-</p>
-
-<p>
-Stando all'opinione universale di quel tempo, e tenendo
-conto di tutte le ragioni di probabilità, Cesare fu
-l'assassino di suo fratello. Dal momento che Alessandro VI,
-consumato quel misfatto, se ne accollò i motivi e le conseguenze,
-e perdonò all'assassino, divenne complice morale
-del fatto e cadde egli stesso sotto il dominio del suo
-spaventevole figlio. Da quel momento ogni azione di lui fu
-in servizio della infernale ambizione di quest'ultimo.
-</p>
-
-<p>
-Nessuna notizia del tempo fa menzione della presenza
-della moglie di Don Juan in Roma, allorchè il fatto avvenne.
-È quindi da credere che non fosse colà quando il marito
-fu ucciso; e che piuttosto non avesse abbandonata la Spagna,
-e vivesse co' suoi due piccoli bambini in Gandia o
-in Valenza. Ivi le giunse l'orribile nuova per lettera di
-Alessandro, indirizzata alla sorella donna Beatrice Borgia
-y Arenos. Così è detto in un documento valenzano. Di fatto
-donna Maria Enriquez si presentò il 27 settembre 1497
-innanzi al Tribunale del Governatore del regno di Valenza,
-Don Luigi de Cabaincles, domandando che il maggiore
-dei figliuoli di Don Juan, bambino di tre anni, fosse ammesso
-a succedere ne' beni di quest'ultimo, vale a dire,
-nel Ducato di Gandia e ne' feudi napoletani di Sessa, Teano,
-Carinola e Montefoscolo. La morte del duca fu comprovata
-con testimonianze legali; fra l'altre, con la lettera
-di Alessandro. In conseguenza il Tribunale riconobbe il
-figliuolo di Gandia qual erede del maggiorasco.<a class="tag" id="tag72" href="#note72">[72]</a>
-</p>
-
-<p>
-Donna Maria richiese anche la mobilia lasciata dal
-marito nella casa di Roma. La quale del valore di 30,000
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-ducati era stata consegnata da Alessandro, appena dopo
-la morte di Don Juan, al parricida Cesare per amministrarla
-nell'interesse dei nipoti, siccome apparisce da un atto del
-notaro Beneimbene del 19 dicembre 1498.<a class="tag" id="tag73" href="#note73">[73]</a>
-</p>
-
-<p>
-In questo frattempo Lucrezia non era più nel suo palazzo
-presso il Vaticano; ma già dal 4 giugno andata nel
-monastero di San Sisto sulla Via Appia. Ciò aveva fatto in
-Roma vivissima sensazione. Senza alcun dubbio, l'allontanamento
-suo si connetteva col forzato scioglimento del
-matrimonio. Se non la rinchiuse in San Sisto il padre
-stesso, è molto probabile, che, spintavi dalla fuga dello
-Sforza e dalle conseguenze di essa, e forse rottasi col primo,
-avesse ella medesima cercato quel ritiro. E alla rottura
-col Papa allude una lettera di Donato Aretino da Roma
-del 19 giugno al cardinale Ippolito d'Este: «Donna Lucrezia
-se n'è ita dal palazzo <i>insalutato hospite</i>, ed è entrata
-in un monastero, chiamato San Sisto. Oggi ella si
-trova colà. Alcuni dicono che vuol farsi monaca; altri poi
-affermano molte altre cose, che non è lecito confidare ad
-una lettera.»<a class="tag" id="tag74" href="#note74">[74]</a>
-</p>
-
-<p>
-Niuno può dire quali lamenti e quali confessioni
-avesse Lucrezia a fare innanzi a' sacri altari. Pure da
-anni ella non aveva forse avuto mai un momento per rientrare
-più seriamente in se stessa. Seppe in quel chiostro
-l'orribile morte di uno de' fratelli, e dovette raccapricciare
-per la malvagità dell'altro. Perchè, al pari del padre e di
-tutta la famiglia, ella non potette dubitare che Cesare fosse
-stato il nuovo Caino. Conosceva a fondo i moventi della
-sua criminosa ambizione; sapeva della sua intenzione di
-gettar via la porpora cardinalizia e diventar principe della
-terra; doveva anche sapere, che nel Vaticano si ruminava
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-il disegno di far cardinale Don Jofrè in luogo di Cesare,
-e di sposar quest'ultimo con la moglie del primo, donna
-Sancia, con la quale aveva già relazioni amorose pubblicamente
-note.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro ordinò a Don Jofrè e alla giovane sposa
-di lasciar Roma e andarsene presto a Squillace, sede del
-Principato. E Don Jofrè muoveva in effetto per colà il 7 di
-agosto. Il Papa, così dicevasi, non voleva più, d'allora
-in poi, aver presso di sè figliuoli nè nipoti. Ed anche la
-figlia Lucrezia voleva mandare a Valenza.<a class="tag" id="tag75" href="#note75">[75]</a>
-</p>
-
-<p>
-Intanto Cesare, ancora come cardinal Legato, era
-andato nel luglio a Capua per incoronarvi re di Napoli
-l'ultimo degli Aragonesi Don Federico. A' 4 di settembre
-era a Roma di ritorno.
-</p>
-
-<p>
-Quivi Alessandro aveva nominata una Commissione,
-presieduta da due cardinali, con l'incarico di sciogliere
-Lucrezia da' suoi legami con Giovanni Sforza. I giudici
-dimostrarono che lo Sforza non aveva mai consumato il
-matrimonio, e che la moglie era quindi sempre nello stato
-di vergine. Di che rise tutta Italia — osserva così il contemporaneo
-Matarazzo da Perugia. Lucrezia stessa dichiarò
-voler ciò affermare con giuramento.
-</p>
-
-<p>
-Il marito intanto era a Pesaro. Nel giugno era andato
-travestito a Milano, ad implorare la protezione del duca
-Ludovico, facendo istanze che questi, mercè l'influenza
-sua, gli facesse rendere la moglie ingiustamente ritenuta.
-Protestava contro le deposizioni de' compri testimoni in
-Roma. E Ludovico il Moro gli fece l'ingenua proposta di
-sottoporsi in Milano, innanzi a testimoni degni di fede e
-alla presenza del legato papale, ad un esperimento formale
-della sua virilità; ma egli vi si rifiutò.<a class="tag" id="tag76" href="#note76">[76]</a> Ludovico e suo
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-fratello Ascanio lo costrinsero finalmente a cedere, e l'impaurito
-Sforza dichiarò per iscritto non aver giammai consumato
-il matrimonio con Lucrezia.<a class="tag" id="tag77" href="#note77">[77]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il 20 dicembre 1497 fu dunque legalmente pronunziato
-lo scioglimento, e lo Sforza restituiva in conseguenza
-la dote di 31,000 ducati, portatagli dalla moglie.
-</p>
-
-<p>
-Anche tenendo che Alessandro abbia costretto la
-figlia a questo scioglimento, il giudizio nostro sulla condotta
-della Lucrezia in questa miserabile faccenda può
-esser di poco mitigato. È un fatto ch'essa stessa si mostrò
-priva di volontà e di carattere; e, non meno degli
-altri, si rese menzognera. La pena non si fece aspettare:
-per effetto del processo divenne soggetto di scandalo pubblico.
-E da questo punto ignominiose voci cominciarono a
-serpeggiare sulle sue relazioni private. Nacquero o si diffusero
-proprio al tempo, in cui il Gandia fu ammazzato e il
-matrimonio con lo Sforza doveva essere sciolto. Le cagioni
-dell'un fatto come dell'altro furono cercate in tali enormezze,
-che il sentimento morale ripugna ad esprimere. Ma,
-secondo una testimonianza del tempo, che non ammette
-dubbio, fu Giovanni Sforza stesso, profondamente offeso e
-irritato, primo a manifestare apertamente al duca di Milano
-quel sospetto, del quale forse già secretamente si vociferava
-in Roma.<a class="tag" id="tag78" href="#note78">[78]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-</p>
-
-<p>
-Alessandro aveva sciolto il matrimonio della figlia per
-motivi politici. Sua intenzione era d'imparentare Lucrezia
-e Cesare con la Casa reale di Napoli. La dinastia Aragonese
-s'era colà, cacciati i Francesi, ristabilita. Pure la scossa
-ricevuta era stata sì profonda, che, oscillando, inclinava
-all'ultima rovina. E per questo appunto germogliò quasi
-spontaneo nella mente del Papa il pensiero di porre Cesare
-sul trono di Napoli. Il più terribile de' Borgia prese
-oramai il posto lasciato vuoto dal Gandia, al quale quegli
-aveva sì a lungo mirato. Solo per certa convenienza il parricida
-s'acconciò ancora un poco a pazienza, prima di
-smettere pubblicamente l'abito cardinalizio. Nondimeno da
-questo momento stesso, in cui ancora lo portava, il Papa
-trattava del matrimonio di lui.
-</p>
-
-<p>
-Richiese per lui dal re Federico la mano della figlia
-Carlotta, che, discendente di una principessa di Savoia,
-era in educazione alla Corte di Francia. Il re, uomo di
-nobili sensi, rifiutò fermamente, ed anche la principessa
-respinse con orrore le offensive proposte del Papa.
-</p>
-
-<p>
-Il timido Federico non si lasciò commovere che ad un
-sacrifizio soltanto pel Moloch del Vaticano. Acconsentì all'unione
-di Don Alfonso, giovane fratello di donna Sancia
-e figliuolo naturale di Alfonso II, con Lucrezia. Alessandro
-non desiderò questo matrimonio per altra ragione, se non
-per indurre per tal mezzo il re ad acconsentire alla fine
-anche al matrimonio della figlia con Cesare.
-</p>
-
-<p>
-Prima ancora che la nuova unione di Lucrezia fosse
-certa, corse voce in Roma che Don Gasparo, l'antico promesso
-sposo, mettesse innanzi daccapo pretensioni; chè
-anzi avesse in animo di darvi seguito. Ma così non accadde.
-Se non che il Papa ora riconosceva, che la promessa di Lucrezia
-con quel giovane spagnuolo era stata illegittimamente
-sciolta.
-</p>
-
-<p>
-In un Breve del 10 giugno 1498 egli mostrò questo
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-scioglimento come un atto illegale, al quale la figlia con
-inconsulta leggerezza e senza sufficiente dispensa erasi lasciata
-andare per quindi, <i>indotta per errore</i>, unirsi in matrimonio
-con Giovanni di Pesaro. Come è detto nel Breve
-stesso, Gasparo di Procida, conte di Almenara, erasi, è vero,
-dappoi sposato e aveva generato figliuoli. Nulladimeno
-Lucrezia aveva domandato che l'impegno con lui preso
-fosse ora, nell'anno 1498, dichiarato legalmente nullo.
-Egli quindi l'assolveva dallo spergiuro, in cui era incorsa,
-sposando, malgrado dell'impegno con Don Gasparo, Giovanni
-Sforza. E, mentre solo ora dichiarava sciolta la promessa
-formale di matrimonio col conte di Procida, le rendeva
-al tempo stesso la libertà di sposarsi con qualunque
-altro a scelta di lei.<a class="tag" id="tag79" href="#note79">[79]</a> Così un Papa prendevasi empiamente
-giuoco di uno de' più santi sacramenti della Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Quando Lucrezia ebbe per tal guisa libera la mano da
-ogni pretendente, la sua nuova unione potette esser conclusa.
-Il che ebbe luogo in Vaticano il 20 giugno 1498. Se a
-noi fosse tuttora ignoto il carattere della pubblica moralità
-d'allora, molto avremmo a maravigliarci di trovare ivi,
-qual rappresentante del re Federico, non altri che il cardinale
-Ascanio Sforza, il medesimo che aveva prima concluso
-il matrimonio tra suo nipote e Lucrezia, e poi, qual
-procuratore dello Sforza, prestato il consenso al vergognoso
-scioglimento. Tanta importanza egli e suo fratello
-Ludovico annettevano al serbarsi a qualunque prezzo amici
-i Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia ebbe in dote 40,000 ducati. E il re di Napoli
-si obbligò di dare a titolo di Ducato al nipote suo Alfonso
-le città di Quadrata e di Biselli.<a class="tag" id="tag80" href="#note80">[80]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nel luglio il giovane Alfonso venne a Roma per unirsi
-con una donna, che doveva, per lo meno, tenere come
-punto scrupolosa e leggiera in alto grado. Senza dubbio,
-egli dovette riguardarsi qual vittima, che suo padre mandava
-ad immolare in Roma. Triste e melanconico, senza
-solennità di sorta, quasi furtivamente l'infelice giovane
-entrò in Roma. E immediatamente si condusse dalla sposa
-nel palazzo di Santa Maria in Portico.
-</p>
-
-<p>
-Il 21 luglio le nozze vennero ecclesiasticamente benedette
-in Vaticano. Furon testimoni, tra gli altri, i cardinali
-Ascanio, Giovanni Lopez e Giovanni Borgia. Secondo
-un antico rito, una spada nuda fu tenuta sospesa sugli
-sposi da un cavaliere. E questi fu Giovanni Cervillon, capitano
-delle guardie del Papa.
-</p>
-
-<h3>XIII.</h3>
-
-<p>
-Dal luglio 1498 Lucrezia, ora duchessa di Bisceglie,
-viveva col nuovo marito, giovane appena di 17 anni; mentre
-essa aveva compiuto il diciottesimo. Non andarono a
-Napoli, ma restarono a Roma; perchè, come l'agente
-mantovano informava il suo signore, erasi espressamente
-pattuito, che Don Alfonso dovesse soggiornare un anno a
-Roma, e Lucrezia, durante la vita del padre, non potess'essere
-obbligata ad andare nel regno di Napoli.<a class="tag" id="tag81" href="#note81">[81]</a>
-</p>
-
-<p>
-Alfonso era giovane amabile e bello; <i>il più bel giovane
-che siasi mai visto in Roma</i>, così lo chiama il Talini,
-cronista romano di quel tempo. Lucrezia concepì per lui
-un vero trasporto; ciò avvertiva l'agente di Mantova sin
-dall'agosto. Ma la rapida vicenda delle cose non le consentì
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-di goder tranquillamente di una felicità domestica, se pur
-di felicità in genere fosse il caso di discorrere.
-</p>
-
-<p>
-Forza motrice nel Vaticano era la sconfinata ambizione
-di Cesare, impazientissimo di diventar principe potente.
-Il 13 agosto 1498 egli depose la dignità cardinalizia; e apprestavasi
-al viaggio in Francia, ove Luigi XII, succeduto
-dall'aprile a Carlo VIII, avevagli promesso il titolo di Duca
-di Valenza (<i>Valence</i> — nel Delfinato) e la mano di una principessa
-francese. E agli apprestamenti del viaggio Alessandro
-provvide con profusione regale.
-</p>
-
-<p>
-Accadde un giorno che una carovana di muli, carichi
-di sete e broccati d'oro per Cesare, fosse svaligiata
-dalla gente del cardinal Farnese e del cugino Pier Paolo
-nel bosco di Bolsena. Il Papa spiccò Brevi violentissimi al
-cardinale, su' cui beni, come ei lagnavasi, la preda era
-stata messa in salvo.<a class="tag" id="tag82" href="#note82">[82]</a>
-</p>
-
-<p>
-Al servizio de' Farnesi eran molti Côrsi, parte mercenarii
-e bravi, parte lavoratori de' campi, e furon forse codesti
-uomini, universalmente paventati, che commisero la
-ruberia. Non è di fatto naturale pensare, che il cardinale
-Alessandro l'abbia lasciata commettere per proprio conto
-suo. Nondimeno sembra che allora esistesse certa tensione
-tra i Farnesi e i Borgia. Il cardinale passava il più del
-tempo su' beni di casa sua. E della sorella Giulia in quel
-periodo non se ne sente parlare. Non sappiamo se abitasse
-Roma e se le relazioni sue col Papa continuassero; benchè
-per indizii posteriori la cosa sembri probabile. Noi
-non rivediamo il cardinale e la sorella in Roma che il
-2 aprile 1499, quando nel Palazzo Farnese furono stipulati
-gli sponsali tra Laura Orsini, figliuola di Giulia di soli
-sette anni, e Federico Farnese di 12 anni, figlio del defunto
-condottiero Raimondo Farnese, e nipote di Pier Paolo. A
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-quest'atto fu presente Ursino Orsini, il padre putativo di
-Laura.<a class="tag" id="tag83" href="#note83">[83]</a>
-</p>
-
-<p>
-Forse dovettero essere Adriana e Giulia, che cercarono
-riconciliare la casa degli Orsini con i Borgia. Poichè quei
-baroni furono usciti vincitori dalla guerra col Papa, altra
-ed asprissima ne intrapresero nella primavera 1498 con i
-Colonna, gli eterni nemici loro, la quale peraltro finì, toccando
-a loro la peggio. E le due case s'erano in conseguenza
-nel luglio riconciliate. Di che non è a dire quanta téma concepisse
-Alessandro. In verità nella nimicizia delle due potenti
-famiglie di Roma i papi videro sempre una condizione pel
-loro dominio temporale sulla città; e, nella unione invece
-di quelle, sempre il più grande de' pericoli per questo.
-Cercò quindi Alessandro di rompere di nuovo la lega; e
-gli riuscì pure tirar dalla sua gli Orsini, di che per altro
-quei signori dovevano ben presto pentirsi. Guadagnò tanto
-sull'animo loro da farli accondiscendere ad imparentarsi
-co' Borgia. Paolo Orsini, fratello del cardinale Giambattista,
-sposò l'8 settembre 1498 suo figlio Fabio con Jeronima
-Borgia, sorella del cardinale Giovanni Borgia iuniore.
-Davanti a splendida adunanza il matrimonio fu solennizzato
-in Vaticano, presente il Papa. Vi comparve anche
-come testimone officiale Don Alfonso di Bisceglie, il quale
-per di più tenne la spada sulla giovane coppia.<a class="tag" id="tag84" href="#note84">[84]</a>
-</p>
-
-<p>
-Poco dopo, il primo ottobre, Cesare Borgia s'imbarcò
-per la Francia. Quivi divenne Duca di Valenza; e
-nel maggio 1499 si sposò con Carlotta d'Albret, sorella del
-re di Navarra. Incontrò in quella corte due uomini, che
-più tardi dovevano ne' destini suoi aver parte decisiva;
-Giorgio d'Amboise, arcivescovo di Rouen, al quale egli
-aveva portato il cappello cardinalizio, e Giuliano Della Rovere.
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-Questi, sin allora nemico giurato di Alessandro, erasi
-lasciato vincere dal re di Francia in favore dei Borgia; si
-fece anzi strumento della grandezza di Cesare.
-</p>
-
-<p>
-E anche questa riconciliazione doveva esser suggellata
-con la parentela delle due famiglie. E difatti il 2 settembre
-1500 il Prefetto della città, Giovanni Della Rovere,
-fratello di Giuliano, sposava il figlio di otto anni, Francesco
-Maria, con Angela Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Il padre di Angela, Jofrè, era un figlio di Giovanna,
-sorella di Alessandro VI, e di Guglielmo Lançol. Fratelli
-di lui erano Giovanni Borgia iuniore, il cardinale Ludovico,
-e Rodrigo, il capitano della guardia papale. La sorella
-sua, Jeronima, come s'è detto, s'era maritata con Fabio
-Orsini. Gli sponsali di Angela ebbero luogo in Vaticano,
-alla presenza degli ambasciatori di Francia.<a class="tag" id="tag85" href="#note85">[85]</a>
-</p>
-
-<p>
-Luigi XII erasi collegato con Venezia allo scopo di
-scacciare Ludovico il Moro da Milano. Ed il Papa vi si unì
-a condizione che la Francia aiutasse il figlio Cesare alla
-conquista della Romagna.
-</p>
-
-<p>
-Ascanio, cui non era dato stornare la rovina di Milano,
-e vedevasi in Roma minacciato nella vita, fuggì il 13 luglio
-1499 a Genazzano, e di lì a Genova.
-</p>
-
-<p>
-Se non che l'esempio di lui fu seguito anche dal
-giovane sposo di Lucrezia. Non sappiamo quali eventi nel
-Vaticano abbiano determinato Don Alfonso ad allontanarsi
-di nascosto da Roma, dopo un anno di vita con Lucrezia.
-Però può dirsi in generale, che la decisione sua fu il
-risultato della piega che la politica del Papa aveva presa.
-La spedizione di Luigi XII non mirava solo alla caduta
-dello Sforza in Milano, ma altresì alla conquista di Napoli.
-Essa doveva essere la continuazione dell'impresa di
-Carlo VIII, fallita innanzi alla opposizione della grande
-<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
-Lega. Pel giovane principe non erano un mistero le intenzioni
-del Papa di rovinare lo zio Federico, il quale, ricusando
-la mano di Carlotta pel figlio Cesare, aveva recato
-a colui atroce offesa. Dopo ciò naturalmente anche le relazioni
-del marito di Lucrezia, rispetto al Papa, dovevano
-essere mutate affatto.
-</p>
-
-<p>
-Ascanio era quasi l'unico amico che l'infelice principe
-avesse in Roma. Ed è molto probabile che colui lo
-avesse consigliato a schivare, con la fuga, una morte immancabile,
-come già aveva altra volta fatto il predecessore
-di lui nel matrimonio con Lucrezia. Alfonso fuggì il 2 agosto
-1499. Il Papa gli mandò dietro gente a cavallo; ma nol
-raggiunsero. È incerto se Lucrezia fosse a parte della fuga.
-Una lettera veneziana da Roma del 4 agosto dice soltanto:
-«Il duca di Biseglia, il marito di madonna Lucrezia, se
-n'è fuggito alla macchia e ito presso i Colonna a Genazzano;
-ha lasciato la moglie incinta di sei mesi, la quale
-non fa che piangere.»<a class="tag" id="tag86" href="#note86">[86]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questa restava in potere del padre, il quale era
-su tutte le furie per la fuga del principe. Ora egli esiliò
-a Napoli anche la sorella di Don Alfonso, donna
-Sancia.
-</p>
-
-<p>
-In tali circostanze lo stato di Lucrezia divenne penoso
-assai. Le sue lagrime mostrarono che aveva un cuore. Il
-padre dovette forse coprirla di rimproveri, tenendola complice
-del marito. Alfonso la sollecitava premurosamente
-da Genazzano a seguirla. La lettera venne nelle mani del
-Papa. Egli la obbligò a scrivergli per esortarlo a tornare.
-Furono senza dubbio i lamenti della figlia che indussero
-Alessandro ad allontanare anche lei da Roma. L'8 d'agosto
-la nominò reggente di Spoleto. Sino allora codesta città
-e il territorio erano stati governati da Legati papali, la più
-<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
-parte cardinali. Ora invece il Papa affidava quell'ufficio
-ad una giovane di 19 anni; e questa donna era sua propria
-figlia! Colà mandò Lucrezia.
-</p>
-
-<p>
-Le consegnò pe' Priori di Spoleto un Breve in questi
-termini:
-</p>
-
-<p>
-«Amati figliuoli, salute e benedizione apostolica. — Noi
-abbiamo affidato l'incarico della conservazione del castello
-come del governo delle nostre città di Spoleto e Fuligno
-e della loro Contea e Distretto, all'amata figliuola in Cristo,
-la gentildonna Lucrezia di Borgia, duchessa di Biseglia,
-per la prosperità e pel pacifico reggimento di codesti luoghi.
-Fiduciosi nella singolare prudenza ed eminente fedeltà
-e onestà della stessa, come abbiamo più ampiamente
-chiarito in altri nostri Brevi, e facendo anche assegnamento
-sulla vostra abituale ubbidienza verso di noi e verso
-questa Santa Sede, noi speriamo che voi, come di dovere,
-accoglierete con ogni dimostrazione d'onore la duchessa
-Lucrezia qual vostra Reggente, e in ogni cosa la ubbidirete.
-Ma, mentre noi desideriamo che la stessa sia con
-particolare onoranza e riverenza da voi accolta e ricevuta,
-vi comandiamo col presente, per quanto tenete cara la
-grazia nostra e volete schivare la nostra disgrazia, di obbedire
-alla duchessa Lucrezia, vostra Reggente, in tutte e
-singole cose, che si riferiscono per ragion di diritto o di
-consuetudine all'indicato governo, e in tutto ciò che essa
-crederà bene di ordinarvi, come alla nostra persona stessa;
-e di eseguire con ogni fervore e diligenza i comandamenti
-di lei, affinchè possiate guadagnarvi la meritata approvazione
-per la officiosità vostra. Dato a Roma presso San Pietro
-sotto l'anello del Pescatore, gli 8 agosto 1499. — Adriano
-(Secretario).»<a class="tag" id="tag87" href="#note87">[87]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia lasciò Roma il giorno stesso per recarsi al
-<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
-suo nuovo destino. Tolse seco numeroso seguito e la sua
-corte; ebbe pure la scorta di suo fratello Don Jofrè e di
-Fabio Orsini, ora, qual marito della Jeronima Borgia, suo
-parente, i quali conducevano una compagnia d'arcieri.
-Uscendo dal Vaticano a cavallo, l'accompagnarono, per farle
-onore, il governatore della città, l'ambasciatore di Napoli e
-molti altri signori. Il padre se ne stava invece ad un terrazzino
-sulla porta del Palazzo Vaticano per vedere la partenza
-della figlia e della cavalcata.
-</p>
-
-<p>
-Era la prima volta ch'egli trovavasi in Roma solo,
-senz'alcuno de' figli suoi.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia continuò il viaggio parte a cavallo, parte in
-lettiga. Non vi vollero meno di sei giorni per percorrere la
-distanza tra Roma e Spoleto. A Porcaria, nell'Umbria,
-una deputazione di Spoletini fu a salutarla. E accompagnarono
-poscia sino alla residenza la Reggente della loro città,
-celebre sino da' tempi d'Annibale, e ove in passato dominarono
-potenti duchi longobardi. Il castello di Spoleto è
-d'antica origine; e la sua primitiva costruzione si deve,
-di certo, a uno di quei duchi, Faroaldo o Grimoaldo.
-Nel XIV secolo fu riedificato dal grande Gil d'Albornoz,
-il contemporaneo di Cola di Rienzo, e compiuto poi da
-Niccolò V. È un superbo edifizio della Rinascenza, di
-stile elegante, posto al di sopra dell'antica città su profondo
-burrone, che lo separa dal Monte Luco. Dalle sue
-alte finestre si domina la valle del Clitumno e quella del
-Tevere, la fertile pianura umbra e la maestosa catena degli
-Appennini spoletini.
-</p>
-
-<p>
-Colà Lucrezia il 15 agosto accolse i Priori della città,
-a' quali consegnò la nomina papale. E quelli a loro volta
-le fecero omaggio; e la Comunità per onorarla diede un
-banchetto.
-</p>
-
-<p>
-La dimora di Lucrezia a Spoleto fu di breve durata.
-La sua reggenza non ebbe altro significato che di prendere
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-possesso di fatto di quel territorio, che il padre Alessandro
-voleva costituirle in dote.
-</p>
-
-<p>
-Intanto il marito Alfonso erasi pur deciso, per sciagura
-sua, ad ubbidire al comando del Papa e recarsi di
-nuovo dalla moglie, forse perchè egli effettivamente l'amava.
-Il Papa gli ordinò d'andare a Spoleto per Foligno, e di
-condursi poscia con la moglie a Nepi, ove anch'egli si
-sarebbe trovato. Scopo dell'incontro era d'investire la figlia
-come signora anche di quel luogo.
-</p>
-
-<p>
-Nepi non era stata mai feudo baronale, abbenchè i
-Prefetti di Vico e gli Orsini se ne fossero temporaneamente
-impadroniti. La Chiesa amministrava la città e il territorio
-per mezzo di rettori. Alessandro stesso, come cardinale,
-n'era stato governatore, nominatovi dallo zio Callisto, ed
-era stato tale sino alla sua assunzione al trono papale. La
-diede quindi in feudo al cardinale Ascanio Sforza. Nell'Archivio
-della città si conservano ancora le nitide pergamene,
-contenenti gli statuti comunali, che Ascanio sanzionava
-il primo gennaio 1495. Ma sugl'inizii del 1499 Alessandro
-s'impadroniva di nuovo di Nepi, e costringeva il
-castellano, comandante dell'arce a nome del fuggiasco
-Ascanio, a consegnarla a lui. E della città, del castello e
-territorio di Nepi investiva la figlia.<a class="tag" id="tag88" href="#note88">[88]</a> Il 4 settembre 1499
-Francesco Borgia, tesoriere del Papa e vescovo di Teano,
-ne prendeva possesso in nome di quella.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro andò colà il 25 settembre, accompagnato
-da quattro cardinali. Nel castello, fatto tempo innanzi da
-lui stesso edificare, ebbe luogo il convegno con Lucrezia,
-che aveva seco il marito e il fratello Jofrè. Il primo d'ottobre
-era già di ritorno al Vaticano. Di qui indirizzò il 10 un
-Breve alla città di Nepi, col quale comandava di obbedire,
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-qual signora, a donna Lucrezia, duchessa di Biseglia. Il
-12 mandò pure lettera alla figlia, con la quale le permetteva
-di sgravare i Nepesini di alcuni balzelli.<a class="tag" id="tag89" href="#note89">[89]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per tal guisa Lucrezia era divenuta signora di due
-grandi terre. Il che mostra quanto stésse nella grazia del
-padre. Pure ella non tornò più a Spoleto, il cui governo affidò
-ad un luogotenente. Tuttocchè Alessandro su' primi
-d'ottobre avesse nominato il cardinale Gurk legato per
-Perugia e Todi, escluse nullameno dalla legazione Spoleto,
-per far cosa grata alla figliuola. Più tardi, il 10 agosto 1500,
-nominò governatore colà Ludovico Borgia, arcivescovo di
-Valenza, senza per questo ledere i diritti della figlia, consistenti
-nelle ragguardevoli entrate di quel territorio.
-</p>
-
-<p>
-Il 14 ottobre Lucrezia già tornava di nuovo a Roma.
-Il primo novembre 1499 diede alla luce un bambino. Gli
-fu posto il nome del Papa, Rodrigo. Il battesimo di questo
-primo figlio venne solennizzato con gran pompa nella Cappella
-Sistina, che non era allora quella d'oggi, ma una
-cappella che Sisto IV aveva fatta edificare in San Pietro.
-Il neonato fu portato da Giovanni Cervillon; accanto a lui
-andavano il governatore di Roma e l'ambasciatore dell'imperatore
-Massimiliano. Assistettero alla cerimonia tutti i
-cardinali e gli ambasciatori d'Inghilterra, di Napoli, di
-Savoia, della Repubblica di Venezia e di Siena. Il bambino
-fu tenuto al fonte battesimale dal governatore della città.
-Furono padrini Podocatharo, vescovo di Caputaqua, e il
-vescovo Ferrari di Modena. Il corteo lasciò la cappella fra
-i suoni delle trombette.
-</p>
-
-<p>
-In quel mentre Luigi XII, il 6 ottobre, erasi impossessato
-di Milano; e Ludovico Sforza, all'avvicinarsi delle armi
-francesi, aveva riparato presso l'imperatore Massimiliano.
-In conformità del trattato con Alessandro il re fornì
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-truppe a Cesare Borgia per la conquista di Romagna. Ed
-i vassalli e vicarii della Chiesa colà, i Malatesta di Rimini,
-gli Sforza di Pesaro, i Riario d'Imola e Forlì, i Varano di
-Camerino, i Manfredi di Faenza furono a un tratto dichiarati
-dal Papa decaduti dalle loro investiture.
-</p>
-
-<p>
-Cesare venne a Roma il 18 novembre 1499. Non si
-fermò in Vaticano che tre giorni, e poscia fece ritorno all'esercito,
-che assediava Imola. Egli voleva prender prima
-questa città, e poi assalir Forlì, nel cui castello la signora
-di quelle due terre s'apparecchiava alle difese.
-</p>
-
-<p>
-Mentr'egli guerreggiava in Romagna, il padre tentò
-di togliere ai baroni romani i loro beni aviti. Prima di tutto
-pose la mano su' Gaetani. Questa celebre stirpe era sin
-dalla fine del XIII secolo divenuta padrona di esteso territorio
-in Campagna e Marittima. Erasi divisa in parecchi
-rami, uno de' quali viveva nel Napoletano. Colà difatti i
-Gaetani erano duchi di Traetto, conti di Fondi e Caserta, e
-quindi feudatarii e grandi dignitarii della corona di Napoli.
-</p>
-
-<p>
-Centro delle terre de' Gaetani nella Campagna romana
-era Sermoneta, antico paese con castello baronale sulle
-prime pendici de' Volsci. Di lato, verso il di sopra, stanno
-gli avanzi della città ciclopica Norma; e verso il basso le
-incantevoli rovine di Ninfa. Giù, a' piedi, gli si distende,
-insino al mare, la palude pontina. La più gran parte di
-quel territorio, attraversato dalla via Appia, e che includeva
-anche il Capo Circèo, era, ed è ancora oggidì, proprietà
-di quella famiglia.
-</p>
-
-<p>
-Al tempo di cui parliamo v'erano signori i figli di
-Onorato II, uomo eminente, che aveva risollevato la casa
-sua all'altezza, donde era caduta. Egli morì l'anno 1490,
-lasciando la vedova Caterina Orsini, e i figliuoli Niccola,
-il protonotario Giacomo e Guglielmo. Sua figlia Giovannella
-era moglie di Pierluigi Farnese e madre di Giulia. Niccola
-erasi sposato con Eleonora Orsini, e morì nell'anno 1494;
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-cosicchè, oltre il protonotario Giacomo, Guglielmo Gaetani
-era il capo della casa di Sermoneta.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro adescò il protonotario a venire a Roma.
-Ivi, come ribelle, lo fece rinchiudere in Castel Sant'Angelo,
-e iniziare un processo contro di lui. A Guglielmo
-riuscì fuggire a Mantova. Ma Bernardino, figliuolino di Niccola,
-fu sgozzato da' mercenarii de' Borgia. Questi presero
-Sermoneta con la forza; mentre la popolazione non si arrese
-senza resistenza.
-</p>
-
-<p>
-Il 9 marzo 1499 Alessandro aveva già dato facoltà
-alla Camera Apostolica di vendere alla figlia i beni de' Gaetani
-pel prezzo di 80,000 ducati. In questo atto, sottoscritto
-da 18 cardinali, diceva che le gravose spese dovute fare
-poco innanzi per la Chiesa, lo obbligavano ad alienare
-alcuni beni della Santa Sede. A tale scopo si offrivano
-Sermoneta, Bassiano, Ninfa e Norma, Tivera, Cisterna,
-San Felice (il Capo di Circe) e San Donato, confiscati ai
-Gaetani per motivo di ribellione. La vendita fu stipulata in
-febbraio 1500; e Lucrezia, ch'era già signora di Spoleto
-e Nepi, divenne anche signora di Sermoneta.<a class="tag" id="tag90" href="#note90">[90]</a> Indarno
-l'infelice Jacopo Gaetani dal suo carcere levò proteste.
-Egli morì di veleno il 5 luglio 1500.<a class="tag" id="tag91" href="#note91">[91]</a> La madre e la sorella
-lo seppellirono in San Bartolomeo all'Isola Tiberina,
-ove da lungo tempo i Gaetani possedevano un palazzo.
-</p>
-
-<p>
-A Giulia Farnese adunque non era riuscito salvare i
-proprii zii. Si ricorderà che Giacomo e Niccola nel 1489
-erano stati presenti agli sponsali di lei col giovane Orsini nel
-palazzo Borgia. Non sappiamo neppure se ora la Giulia vivesse
-in Roma. Solo qualche volta la troviamo nominata in
-epigrammi. Così il suo nome apparisce in una satira: <i>Dialogo
-della morte e del Papa ammalato di febbre</i>. Il Papa chiama
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-in aiuto la Giulia; ma la morte accenna che la sua amante
-gli ha partorito tre o quattro figliuoli. La satira è dell'estate
-1500, quando Alessandro era in effetto malato di
-febbre. Ed è quindi da tenere, che in quel tempo la sua
-relazione con Giulia durasse ancora.<a class="tag" id="tag92" href="#note92">[92]</a>
-</p>
-
-<p>
-Cesare, che il primo dicembre 1499 aveva conquistato
-Imola, vide con molto mal animo la sorella sua arricchirsi
-delle molte terre de' Gaetani, i redditi delle quali
-avrebbero potuto meglio servire a lui. Non meno a contraggenio
-vedeva la crescente influenza di colei in Vaticano,
-ove voleva dominare solo sulla volontà del padre. Egli concepì
-propositi tenebrosi, e presto doveva arrivare il tempo
-di metterli in atto.
-</p>
-
-<h3>XIV.</h3>
-
-<p>
-Lucrezia non poteva che rallegrarsi della prolungata
-assenza del fratello. Nel Vaticano s'era fatta un po' di
-quiete; e, oltre di lei, solo Don Jofrè teneva corte con
-donna Sancia, alla quale era stato concesso di tornare.
-</p>
-
-<p>
-Noi potremmo approfittare di questa pausa tranquilla
-per farci un'idea della vita privata di Lucrezia, dell'ordinamento
-della sua corte, e delle persone che l'accerchiavano.
-Pure la cosa è difficile. Non un contemporaneo ne discorre.
-Il Burkard stesso ci presenta Lucrezia solo di rado,
-e sempre in connessione con gli avvenimenti in Vaticano.
-Una volta soltanto ci conduce alla sfuggita nel palazzo di
-lei, il 27 febbraio 1496, quando i cardinali nuovamente
-eletti, Martino di Segovia, Giovanni Lopez, Giovanni Borgia
-e Giovanni De Castro, andarono a farle visita.
-</p>
-
-<p>
-Nemmeno i diplomatici stranieri, per quanto i dispacci
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-loro ci son noti, diedero in quel tempo informazioni sulla
-vita privata di Lucrezia. Di questo periodo romano non abbiamo
-nè lettera di lei o a lei indirizzata, nè poesia che
-parli di lei, non foss'altro uno di quei sanguinosi epigrammi
-del Sannazzaro o del Pontano, che l'hanno stigmatizzata
-come la più sfacciata delle cortigiane. Nulladimeno
-se vi fu mai giovane donna capace d'infiammare la fantasia
-di poeti, fu, per certo, Lucrezia, nel fiore della
-gioventù e bellezza sua. Le relazioni sue col Vaticano, il
-mistero che la circondava, i destini cui incontrò, facevan di
-lei la più attraente delle donne che in Roma fosse a quel
-tempo. In qualche biblioteca giaceranno forse ancora sepolti
-i versi che un tempo i poeti di Roma dovettero dedicarle.
-E numerosi saranno stati coloro che s'affollavano
-alla corte della figlia del Papa per fare omaggio alla sua
-bellezza e averne protezione.
-</p>
-
-<p>
-Appunto in Roma Lucrezia potè vivere in contatto con
-molti uomini di alto ingegno, chè anche sotto la dominazione
-de' Borgia le muse non furon bandite dal Vaticano
-nè, per lo meno, da Roma. Certamente nelle corti mondane
-d'Italia, più che in quella di un Papa, donne d'origine
-principesca potevano dedicarsi con maggior fervore
-ai bisogni della coltura. Ed è vero che anche Lucrezia
-potette solo più tardi, in Ferrara, seguire l'esempio delle
-principesse di Mantova e di Urbino. Nel periodo romano
-s'aggiungeva, ch'essa era troppo giovane, e la sua vita
-domestica troppo legata e inceppata; onde difficilmente le
-fu dato spiegare influenza sui circoli letterarii e artistici di
-Roma. Nulladimeno per lo stato suo dovette, senza dubbio,
-essere in relazione con quelli.
-</p>
-
-<p>
-Suo padre non era insensibile ai diletti dello spirito.
-Ebbe egli pure i suoi cantori e i suoi poeti di corte. Il
-festeggiato Aurelio Brandolini improvvisava ad alta voce ai
-banchetti in Vaticano, nè v'è da dubitare che si facesse
-<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
-sentire anche nel palazzo di Lucrezia. Egli morì nell'anno
-1497. Lo stesso onore cercò il favorito di Cesare, Serafino
-d'Aquila, il Petrarca del tempo; morto ancora giovane
-a Roma nel 1500.
-</p>
-
-<p>
-Cesare stesso amava la poesia e le arti, sia come qualunque
-uomo bene educato nella Rinascenza, sia come ogni
-grande signore e tiranno. Francesco Sperulo era suo poeta
-di corte. Serviva sotto le bandiere di lui; e fu il cantore
-della guerra in Romagna e Camerino.<a class="tag" id="tag93" href="#note93">[93]</a> Alcuni poeti romani
-divenuti dappoi celebri avranno recitato i loro versi
-innanzi a Lucrezia; così Emilio Boccabella ed Evangelista
-Fausto Maddaleni. Splendevano già come poeti e retori i
-tre fratelli Mario, Girolamo e Celso Mellini. Similmente
-non meno reputati erano i fratelli di casa Porcaro, Camillo,
-Valerio e Antonio. C'imbattemmo già in Antonio Porcaro,
-qual testimone agli sponsali di Girolama Borgia nell'anno
-1482, e poscia qual procuratore di Lucrezia nella
-promessa di matrimonio di lei col Centelles nell'anno 1491.
-Ciò mostra come intimi fossero e si serbassero i legami
-de' Porcari con i Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Questa famiglia romana, per la sorte toccata a Stefano,
-imitatore di Cola di Rienzo, era divenuta celebre nella
-storia della città. I Porcari pretendevano discendere dai
-Catoni, e per questo si chiamavano <i>Porcius</i>. Stretti in
-amicizia con i Borgia, affermavano pure essere parenti di
-costoro. Perchè Isabella, madre di Alessandro VI, doveva
-esser derivata dai romani Porcari, che d'un qualche modo
-erano iti nella Spagna. La somiglianza di suono dei due
-nomi latinizzati <i>Borgius</i> e <i>Porcius</i> fu certo occasione al
-bisticcio.
-</p>
-
-<p>
-Oltre Antonio, anche Jeronimo <i>Porcius</i> era uno dei
-più ardenti partigiani de' Borgia. Assunto appena alla sede
-<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
-papale, Alessandro lo fece Auditore di Rota. Egli scrisse
-un lavoro, pubblicato in Roma nel settembre 1493, col
-titolo <i>Commentarius Porcius</i>, che dedicò ai Reali di Spagna.
-Descrive l'elezione e incoronazione di Alessandro VI,
-e raccoglie, liberamente compendiandoli, i discorsi di obbedienza
-rivolti al Papa dagli oratori italiani. È impossibile
-spingere l'adulazione cortigiana più in là di quel che abbia
-fatto lui, Jeronimo, affettato pedante, vanitoso chiacchierone
-e papista fanatico. Alessandro lo fece vescovo di Andria
-e governatore di Romagna. E quivi, a Cesena, egli compose
-nel 1497 un dialogo, che ha per soggetto <i>Savonarola
-e gli errori di lui intorno al potere del Papa</i>. Sostanza intima
-del tutto è il principio fondamentale degl'infallibilisti,
-che è cristiano solo chi al Papa obbedisce ciecamente.<a class="tag" id="tag94" href="#note94">[94]</a>
-</p>
-
-<p>
-Porcius volle provarsi anche nella poesia. Ne' versi
-al <i>Bove Borgia</i> magnificò il Papa e il cardinal Cesare,
-che chiamava massimo benefattore suo.<a class="tag" id="tag95" href="#note95">[95]</a> Fu puranco lui
-che probabilmente scrisse l'elegia in morte del duca di
-Gandia, che s'è conservata sino a noi.<a class="tag" id="tag96" href="#note96">[96]</a>
-</p>
-
-<p>
-Mediante i Porcari, anche il giovane Fedro Inghirami
-dovette entrare in relazione con Lucrezia. Questi è quel
-ciceroniano ammirato da Erasmo, e che Raffaello, ritraendolo,
-ha reso immortale. Sin d'allora aveva richiamata su
-di sè l'attenzione di Roma. Ai funerali, che l'ambasciatore
-di Spagna fece solennizzare il 16 gennaio 1498 in San Giacomo
-a Piazza Navona per la morte dell'infante Don Giovanni,
-Inghirami pronunziò un'ammirabile orazione. Egli
-distinguevasi anche come attore sul teatro del cardinale
-Raffaele Riario.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il dramma cominciava allora a spiccare il primo volo,
-non solo alla corte dei Gonzaga e degli Este, ma anche in
-Roma. Alessandro stesso n'era tenero, non fosse che per
-l'inclinazione sua alla sensualità. In ogni festa di famiglia
-al Vaticano faceva dare commedie e balli. Attori probabilmente
-dovevano essere giovani accademici della scuola di
-Pomponio Leto, e nulla c'impedisce di ammettere che
-l'Inghirami, i Mellini, i Porcari si mostrassero sulla scena
-in Vaticano ogni volta che di farlo se ne porgesse l'occasione.
-A tali rappresentazioni potè anche cooperare Carlo
-Canale, il marito di Vannozza, che sin da Mantova aveva
-pratica col teatro. E non meno di lui lo potè pure Pandolfo
-Collenuccio, che più volte fu a Roma come agente
-di Ferrara, e v'entrò in personali relazioni co' Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Il celebre Pomponio, al quale Roma andava debitrice
-della rinascenza del teatro, visse gl'ultimi anni suoi sotto
-il governo di Alessandro, circondato da grande reputazione.
-Forse questi era pure stato discepolo suo, come
-indubbiamente lo fu il cardinal Farnese. Pomponio morì
-il 6 giugno 1498; e il Papa medesimo, che allora appunto
-aveva fatto ardere vivo il Savonarola, mandò la sua Corte
-nella chiesa d'Aracoeli all'esequie di quel maestro dell'antico
-paganesimo. Questa estrema dimostrazione d'onore
-basterebbe a provare, che Pomponio era conosciuto personalmente
-da' Borgia. Oltreacciò uno dei discepoli più
-fervorosi di lui, Michele Ferno, era già da lunga pezza
-partigiano entusiasta di Alessandro. Ancorchè questo Papa
-avesse nel 1501 emanato il primo editto di censura, pure
-ei non fu nemico della coltura scientifica. Favoreggiava
-l'Università Romana, ove al tempo suo insegnavano uomini
-di gran valore, quali Pietro Sabino e Giovanni Argyropulos.
-Similmente uno dei più grandi genii, che diede
-all'umanità intera onore e lume, fu per un anno l'ornamento
-di quella Università e del regno di quel Papa. Nell'anno
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-del Giubileo 1500, dalla terra lontana di Prussia
-Copernico venne a Roma e vi tenne pubbliche lezioni di
-matematica ed astronomia.
-</p>
-
-<p>
-Fra i cortigiani di Alessandro erano uomini notabili,
-che Lucrezia dovette necessariamente avere in pratica. Il
-maestro di cerimonie, Burkard, in ogni solennità, nella
-quale la figlia del Papa doveva intervenire in Vaticano,
-regolava la forma prescritta. Frequenti quindi le visite
-che quegli dovette farle. Ed essa, di certo, non ebbe mai
-presentimento alcuno, che, dopo secoli, le note di codesto
-Alsaziano sarebbero state quale specchio, che innanzi alla
-posterità avrebbe riflettuto le figure de' Borgia. Nondimeno
-il <i>Diario</i> di lui non getta nemmeno uno spiraglio di luce
-sulla vita privata di Lucrezia. E, per verità, dar contezza
-di questa non entrava nell'ufficio suo.
-</p>
-
-<p>
-Giammai scrittore di diario non fu, al pari di lui, rapido
-e conciso altrettanto, tranquillo ed impassibile nel
-descrivere gli avvenimenti a lui presenti, capaci di offrire
-materia ad un Tacito. Che il Burkard non fosse amico dei
-Borgia, lo mostra il modo in che ha compilato le sue notizie;
-le quali, del resto, sono tutt'altro che falsificazioni.
-Pure quest'uomo sapeva nascondere i sentimenti suoi, se
-pure non erano già da tempo come pietrificati sotto quella
-farragine tutta formalistica inerente al suo ufficio. Quotidianamente
-era sempre in moto nel Vaticano, quasi macchina
-del cerimoniale, il quale incarico vi tenne sotto il
-regno di cinque papi. Ai Borgia dev'esser sembrato un
-pedante al tutto inoffensivo; altrimenti non gli avrebbero
-permesso di osservare, di scrivere, e nemmeno di vivere.
-Anche quel poco che aveva registrato nel suo <i>Diario</i> sarebbe
-bastato a farlo morire, se Alessandro o Cesare ne
-avessero avuto sentore. Ma sembra che i diarii dei maestri
-di cerimonie non soggiacessero ad alcuna ispezione officiale.
-Senza ciò Cesare, di certo, non l'avrebbe risparmiato, egli,
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-che pugnalò Pedro Calderon Perotto, benchè favorito di
-suo padre, e fece anche trucidare quel cavalier Cervillon,
-che alle feste in Vaticano incontrammo già più volte incaricato
-delle più cospicue funzioni.
-</p>
-
-<p>
-Egli non rispettò nemmanco lo scrittore secreto Francesco
-Troche, del quale Alessandro VI s'era spesso servito
-in faccende diplomatiche. Il Troche, che una notizia veneziana
-dice spagnuolo, era un colto umanista come Canale,
-e, al pari di questo, in amichevoli relazioni co' Gonzaga.
-Leggiamo ancora lettere di lui alla marchesa Isabella, con
-le quali la richiedeva di certi sonetti.<a class="tag" id="tag97" href="#note97">[97]</a> E quella si rivolgeva
-a lui nelle sue faccende domestiche. Lo incaricò una volta
-di far per lei ricerca in Roma di un <i>Cupido</i> antico. Senza
-dubbio, egli fu nel novero de' più intimi conoscenti di Lucrezia.
-Nel giugno 1503 Cesare fece anche scannare quest'altro
-favorito del padre.
-</p>
-
-<p>
-Pari al Burkard e a Lorenzo Behaim un terzo tedesco
-fu anche ben addentro nelle faccende familiari de' Borgia,
-Gorizio di Lussemburgo, festeggiato più tardi, sotto Giulio
-II e Leon X, come il prediletto di tutti gli Accademici.
-Ma sin dal tempo di Alessandro raccoglieva nella casa sua,
-al Foro Traiano, il mondo dotto ad accademici trattenimenti.
-Tutti i Tedeschi erano in cerca di lui. In casa sua ricevette
-indubbiamente il Reuchlin, venuto a Roma nel 1498;
-poi Copernico; quindi Erasmo e Ulrico di Hutten, che con
-grato animo se ne sovviene. E sotto quel tetto ospitale
-deve aver visto anche Lutero. Gorizio era referendario per
-le suppliche. Come tale conosceva Lucrezia personalmente,
-perchè molti rivolgevano le domande loro alla influentissima
-figlia del Papa. Anch'egli ebbe frequenti occasioni
-di studio e di osservazioni nel Vaticano. Ma de' fatti osservati
-non prese nota alcuna; ovvero i suoi diarii sparvero
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-col sacco di Roma nel 1527, nel quale Gorizio perdette
-ogni cosa.
-</p>
-
-<p>
-V'era pure un altro uomo conosciutissimo personalmente
-da Lucrezia, il quale, forse meglio di chiunque altro,
-avrebbe potuto scrivere le memorie de' Borgia. Era
-questi il Nestore de' notai romani, il vecchio Camillo Beneimbene,
-la persona di fiducia per i negozii legali di
-Alessandro e di quasi tutti i cardinali e nobili di Roma.
-Egli era a notizia degli affari privati e pubblici de' Borgia.
-Aveva conosciuto Lucrezia ancora bambina. Tutti i contratti
-nuziali di costei furono da lui ricevuti. Teneva studio
-sulla Piazza de' Lombardi, oggi San Luigi de' Francesi.
-Durò colà nell'ufficio suo sino al 1505, mentre solo con
-quest'anno finiscono i contratti da lui rogati.<a class="tag" id="tag98" href="#note98">[98]</a> Un uomo
-che da sì lungo tempo era testimone d'ufficio e assistente
-legale de' Borgia nelle più importanti faccende familiari, e
-che perciò stesso doveva essere intimamente informato dei
-secreti loro, prese sicuramente nella casa, e soprattutto rispetto
-a Lucrezia, il posto di un amico pieno di paterno
-affetto. Il Beneimbene non c'ha lasciato scritto nulla delle
-sue osservazioni. Ma nell'Archivio de' notai al Campidoglio
-si conserva ancora il suo protocollo, ch'è davvero della
-più alta importanza.
-</p>
-
-<p>
-Molto intimo co' Borgia era un dottissimo umanista,
-Adriano Castelli di Corneto, scrittore secreto di Alessandro,
-il quale più tardi lo fece cardinale. Come secretario del
-Papa è naturale che fosse anche in relazione con Lucrezia.
-Nel novero de' più prossimi conoscenti di quelli sono,
-senza dubbio, da porre anche i celebri latinisti Cortesi, il
-giovane Sadoleto, familiare del cardinale Cibo, il giovane
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-Aldo Manuzio, i fratelli Raffaele e Mario Maffei da Volterra,
-insigni pel loro spirito, ed Egidio da Viterbo. Questi,
-che fu più tardi predicatore famoso e cardinale, ebbe sempre
-intimità con Lucrezia, anche divenuta duchessa di
-Ferrara. Esercitò anzi efficacia grande sulle tendenze alla
-pietà, cui ella cedette in quel secondo periodo di sua
-vita.
-</p>
-
-<p>
-E non c'inganneremo neppure pensando la giovane
-duchessa di Bisceglie in frequenti relazioni co' cardinali più
-notevoli, raffinati nella coltura o nella galanteria, quali il
-Medici, il Riario, Orsini, Cesarini e Farnese, per non dire
-de' Borgia e di tutti gli Spagnuoli. Noi potremmo anche
-cercarla alle feste ne' palazzi de' signori romani, come dei
-Massimi e degli Orsini, de' Santa Croce, Altieri e Valle;
-ovvero nelle case de' ricchi banchieri, come degli Altoviti
-e Spanocchi e di Mariano Chigi, i cui figli Lorenzo e Agostino,
-quest'ultimo di lì a poco famoso, erano intimi confidenti
-de' Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Amore vivo e speciale potette prendere Lucrezia alle
-creazioni delle belle arti in Roma. Anche Alessandro teneva
-occupati grandi maestri nel Vaticano, ove il Perugino dipingeva
-per lui. Suo pittore di Corte fu il Pinturicchio.
-Nel Palazzo del Vaticano — così il Vasari — questi ritrasse,
-sopra la porta di una camera, la signora Giulia
-Farnese nel volto d'una <i>Nostra Donna</i>; e nel medesimo
-quadro la testa di esso papa Alessandro che l'adora. E in
-Castel Sant'Angelo fece il ritratto di molti membri della
-famiglia Borgia.
-</p>
-
-<p>
-«In Castel Sant'Angelo — aggiunge il Vasari stesso — egli
-dipinse infinite stanze a grottesche; ma nel torrione
-da basso nel giardino fece istorie di papa Alessandro; e vi
-ritrasse Isabella regina cattolica, Niccolò Orsino conte di
-Pitigliano, Giangiacomo Trivulzi con molti altri parenti ed
-amici di detto Papa, ed in particolare Cesare Borgia, il
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-fratello e le sorelle, e molti virtuosi di que' tempi.» Lorenzo
-Behaim ha copiato gli epigrammi che si leggevano
-sotto sei di tali quadri, <i>in Castel Sant'Angelo, giù nel
-giardino papale</i>. Tutti rappresentavano gli avvenimenti di
-quell'epoca critica dell'invasione di Carlo VIII, e tutti
-esaltavano Alessandro come trionfatore di costui. Si vedeva
-dipinto il re in atto d'inginocchiarsi innanzi al Papa
-nel giardino stesso di Castel Sant'Angelo; in altro quadro
-Carlo prestando obbedienza nel Concistoro; in un terzo
-Filippo di Sens e Guglielmo di San Malò in atto di ricevere
-la dignità cardinalizia; poi la Messa in San Pietro,
-alla quale Carlo faceva da ministro; quindi la processione
-a San Paolo, ove il re teneva la staffa al Papa; da ultimo
-la partenza di Carlo per Napoli, il quale conduceva seco
-Cesare Borgia e il sultano Djem.<a class="tag" id="tag99" href="#note99">[99]</a>
-</p>
-
-<p>
-Le pitture, e con esse anche i ritratti della famiglia
-Borgia, andaron tutte perdute. Più volte lo stesso Pinturicchio
-deve aver ritratto la bella Lucrezia. Alcune figure nei
-quadri di questo maestro riproducevano forse, senza ch'il
-sappiamo, le immagini de' Borgia. E così pure in qualche
-bottega di antiquario o tra i molti ritratti antichi, che nei
-palazzi di Roma e ne' castelli della campagna pendono in
-fila dalle pareti polverose, ancora oggi forse, senza che il
-curioso visitatore nemmanco lo sospetti, si troveranno ritratti
-di Lucrezia, di Cesare e de' fratelli.
-</p>
-
-<p>
-Degli artisti allora celebri Lucrezia dovette anche conoscere
-Antonio di Sangallo, l'architetto di suo padre.
-Conobbe similmente Antonio del Pollaiolo, il più reputato
-scultore della Scuola fiorentina in Roma, negl'ultimi decennii
-del XV secolo. Ed ivi egli morì nell'anno 1498.
-</p>
-
-<p>
-Pure la più notevole figura artistica di quel tempo in
-Roma era Michelangelo. Egli v'andò la prima volta nel 1496,
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-nella giovane età di 23 anni, quando sforzavasi a pigliare
-il suo primo volo. La città di Roma era allora un mondo
-incantevole e magico per ogni geniale natura artistica.
-Quella solenne concentrazione nel suo grande passato,
-che da' monumenti dell'antichità e del Cristianesimo parlava
-un sì potente linguaggio; quella sua maestà e quella
-solenne quiete, interrotta a un tratto dall'esplodere di passioni
-furiose: tutto quel mondo oggidì noi non siamo più in
-grado di rappresentarcelo vivamente. Non sappiamo rappresentarci
-quello, come non possiamo nemmeno rappresentarci
-l'aura spirituale della Rinascenza, che aleggiava su
-quelle rovine, nè la terribile natura profana del Papato, nè
-la totalità delle disposizioni interiori e morali di una generazione
-dotata di forza creatrice e distruggitrice, che spesso
-portò in sè l'impronta della grandezza. In vero, quella
-tendenza medesima, che produceva titanici delitti, generò
-le opere non meno titaniche della Rinascenza. Sotto forme
-e caratteri grandiosi si manifestarono allora il bene e il male
-insieme. Proprio al pari di Nerone, sfacciato e audace,
-si mostrò un Alessandro VI innanzi al mondo, disprezzandone
-il giudizio.
-</p>
-
-<p>
-La Rinascenza resterà eternamente uno de' più ardui
-problemi psicologici della civiltà: causa le profonde contradizioni
-che nel seno suo accoglie, parte con spontaneità
-affatto ingenua, parte con piena consapevolezza della incompatibilità
-loro; e causa pure quel certo elemento demoniaco,
-onde le individualità sono in quel periodo invasate.
-</p>
-
-<p>
-Tutte le forze, tutte le virtù e i vizii furono allora
-messi in moto dal desìo febbrile di goder della potenza,
-della gloria e dello spirito. La Rinascenza è stata paragonata
-ad un baccanale della civiltà. Si penetri addentro
-nelle figure di quei baccanti, e si vedranno in se stesse
-scontorcersi, come quelle degli amanti in Omero, che
-hanno il presentimento della ruina loro. Quella società,
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-quella Chiesa, quelle città e quegli Stati, tutta quella civiltà
-umanistica, ebbri di piacere, barcollano sull'abisso,
-che irreparabilmente gl'ingoierà.
-</p>
-
-<p>
-Fa meraviglia il pensare come in questa Roma insieme,
-e in un solo e stesso momento, vivessero e si muovessero
-uomini come Copernico, Michelangiolo e Bramante, Alessandro
-VI e Cesare Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Vide Lucrezia il giovane artista, più tardi amico della
-insigne Vittoria Colonna, di quella che doveva essere la
-più bella antitesi di lei? Lo ignoriamo; ma non ne dubitiamo.
-Con la curiosità dell'artista e dell'uomo, Michelangiolo
-avrà cercato veder la più avvenente donna di
-Roma. Tuttochè esordiente, egli era già noto per ingegno
-eminente. E, quando ricevette le prime commissioni dal
-romano Dal Gallo e dal cardinale La Grolaye, forse a
-sua volta anch'egli suscitò la curiosità di Lucrezia.
-</p>
-
-<p>
-Sotto l'impressione delle tragedie di casa Borgia e
-dell'assassinio di Gandia, accaduto essendo egli a Roma,
-Michelangiolo lavorava a quell'opera speciosa, la prima
-che richiamò su di lui l'attenzione della città. Lavorava
-al gruppo della <i>Pietà</i>, statogli commesso dal nominato
-cardinale. Vi diè l'ultima mano nel 1499, quando il gran
-Bramante anch'egli venne a Roma. Codesto gruppo bisogna
-considerarlo nel bel mezzo del tempo borgiano, come
-sul suo vero fondo. Allora la <i>Pietà</i> spicca in tutta la sua
-significazione ideale. In quelle tenebre morali apparisce
-qual purissima fiamma di sacrifizio, accesa da un grande
-e serio spirito nel profanato santuario della Chiesa. Anche
-Lucrezia si trovò innanzi alla <i>Pietà</i>. Quest'opera d'arte
-potette svegliare nell'animo dell'infelice figlia d'un peccaminoso
-Papa più profondi sentimenti che non fossero
-in grado di comunicarle i discorsi di un confessore o i
-suggerimenti della badessa di San Sisto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-</p>
-
-<h3>XV.</h3>
-
-<p>
-L'anno del Giubileo 1500 fu anno avventuroso per
-Cesare; ma sciagurato per Lucrezia. Essa lo cominciò andando
-il primo giorno dell'anno con solenne corteggio al
-Laterano. Andò a cavallo per pregare e compiere il prescritto
-pellegrinaggio per le chiese di Roma. Il corteggio
-si componeva di 200 cavalieri, gentiluomini e dame. Lucrezia
-cavalcava una chinea riccamente adorna. A fianco
-suo, a sinistra, il marito Don Alfonso; a destra una dama
-della sua corte; dietro il capitano della guardia palatina,
-Rodrigo Borgia. Passando pel Ponte Sant'Angelo, il padre
-si fece trovare ad un terrazzino del Castello, per godersi
-lo spettacolo dell'amata figliuola.
-</p>
-
-<p>
-Il nuovo anno non fu nunzio ad Alessandro che di
-prospere novelle, se una ne togli, la morte del cardinal
-legato, Giovanni Borgia, vescovo di Melfi e arcivescovo
-di Capua, che, per distinguerlo da un altro cardinale
-dello stesso nome, era chiamato <i>Iuniore</i>. Morì in Urbino
-l'8 gennaio 1500, rapito, a quel che pare, da un accesso
-di febbre. Così informava Elisabetta, la moglie di Guidobaldo,
-suo fratello Gonzaga in una lettera del giorno
-istesso da Fossombrone.<a class="tag" id="tag100" href="#note100">[100]</a>
-</p>
-
-<p>
-Cesare trovavasi appunto in Forlì, quando il mattino
-medesimo del 12 gennaio, in cui la cittadella gli si era
-arresa, gli giunse la nuova della morte del cardinale. La
-comunicò immediatamente al duca di Ferrara con una
-lettera, nella quale diceva Giovanni Borgia, chiamato dal
-Papa a Roma, e partitosi da Forlì per colà, esser poi
-morto di catarro in Urbino. Il fatto che quegli fosse stato
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-al campo di Cesare, e che, come dalla lettera di Elisabetta
-risulta, fosse arrivato ad Urbino già malato, diede verosimiglianza
-al sospetto di un avvelenamento da parte di
-Cesare.
-</p>
-
-<p>
-È singolare che, nella lettera al duca, Cesare chiamasse
-il morto fratello suo.<a class="tag" id="tag101" href="#note101">[101]</a> Ercole mandò lettera di condoglianza
-il 18 gennaio, e anch'egli chiamò il cardinale <i>fratello</i>
-di Cesare. Se ne dovrà forse indurre, che Giovanni Borgia
-<i>iuniore</i> fosse stato anch'egli figlio di Alessandro VI? V'ha
-di più: il cronista ferrarese Zambotto, là ove nota la morte
-del cardinale, lo chiama esplicitamente <i>figliuolo di papa
-Alessandro</i>.<a class="tag" id="tag102" href="#note102">[102]</a> Se così fosse, il numero de' figli di costui ne
-sarebbe di molto accresciuto, perchè allora anche Ludovico
-Borgia era figlio suo. E quest'ultimo Borgia fu di
-fatto l'erede speciale de' beneficii di Giovanni. Divenne
-anche arcivescovo di Valenza e poscia cardinale. Egli annunziò
-la sua promozione al marchese di Mantova con lettera,
-nella quale, proprio come Cesare, chiamava <i>fratello</i>
-suo il defunto.<a class="tag" id="tag103" href="#note103">[103]</a>
-</p>
-
-<p>
-Nulladimeno tutto ciò non basta a porre in dubbio la
-discendenza sin qui ammessa di Giovanni Borgia <i>iuniore</i>.
-Lo Zambotto, di certo, s'ingannò. La parola fratre usata in
-quelle lettere non altro vuol significare che <i>fratello cugino</i>.<a class="tag" id="tag104" href="#note104">[104]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il 14 gennaio giunse in Vaticano la nuova che Cesare
-aveva espugnato il castello di Forlì. Dopo valorosa difesa
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-Caterina Sforza-Riario con due suoi fratelli era stata costretta
-ad arrendersi. Questa nipote del grande Francesco
-Sforza di Milano, figliuola naturale di Galeazzo Maria e
-sorella illegittima di Bianca, moglie dell'imperatore Massimiliano,
-poteva ben valere come l'ideale di quelle donne
-eroiche italiane, che non vissero solo ne' poemi romantici
-del Boiardo e dell'Ariosto, ma ebbero esistenza vera anche
-nel campo della realtà. L'essenza loro trascende i limiti
-della natura femminea, e rasenta perciò la caricatura.
-Per comprendere l'esistenza di tali caratteri di donne,
-ne' quali bellezza e coltura, coraggio e intelligenza, voluttà
-e ferocia si disposavano, creando una strana apparizione,
-fa uopo conoscere le condizioni dei tempi, nel
-mezzo delle quali si produssero. E i destini, cui successivamente
-andò incontro la Caterina Sforza, non potevano
-non far di lei un'Amazzone.
-</p>
-
-<p>
-Giovane ancora, ella erasi sposata col ruvido nipote di
-Sisto IV, con Girolamo Riario, conte di Forlì. Poco dopo
-il suo feroce padre era stato sgozzato in Milano per mano
-di nemici della tirannia. Poi il marito cadde sotto il pugnale
-di congiurati, che ne precipitarono il cadavere nudo
-giù dalle finestre del castello di Forlì. Ma Caterina con
-audace coraggio seppe mantenere pe' figliuoli la rôcca, e
-vendicò il marito con orrenda crudeltà. D'allora in poi
-ella divenne, come Marin Sanuto la chiama, donna di
-grande animo, e quasi crudelissima virago.<a class="tag" id="tag105" href="#note105">[105]</a> Sei anni più
-tardi vide la morte del fratello Giangaleazzo, avvelenato
-da Ludovico il Moro. Innanzi agli occhi suoi fu pure ammazzato
-in Forlì, anche per mano di congiurati, il secondo
-suo marito, benchè non officiale, Giacomo Feo di Savona.
-Saltò immediatamente a cavallo; e, con dietro le sue guardie,
-<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
-andò nel quartiere degli assassini, e ogni essere vivente
-senza distinzione, donne e bambini persino, fece
-mettere a pezzi. Nel 1427 mandò al sepolcro un terzo
-amante, Giovanni Medici.
-</p>
-
-<p>
-Codesta Amazzone aveva retto con sagacia ed energia
-il suo piccolo paese, sinchè da ultimo cadde nelle mani di
-Cesare. Pochi forse ebbero a rimpiangere la sua sorte. Arrivata
-a Milano la nuova, trovarsi ella in potere di Cesare e
-quindi anche di papa Alessandro, il famoso generale Giangiacomo
-Trivulzio sorridendo disse parola insolente, che a
-sufficienza mostrò con quanto gradimento quella notizia
-fosse accolta.<a class="tag" id="tag106" href="#note106">[106]</a> Cesare la condusse a Roma qual nuova Regina
-di Palmira, in catene d'oro, così corse la favola. Egli
-fece il suo ingresso solenne il 26 febbraio. Il Papa destinò
-Belvedere per abitazione alla prigioniera.
-</p>
-
-<p>
-La città allora rigurgitava di pellegrini, che anche da
-un papa Borgia venivano per ottenere l'indulgenza del
-Giubileo. V'era tra gli altri venuta Elisabetta Gonzaga, moglie
-di Guidobaldo da Urbino. Il pellegrinaggio della celebre
-donna fu impresa molto arrischiata, avendo il Papa
-già posto secretamente Urbino nella lista di proscrizione
-de' feudatarii della Chiesa; e Cesare già da parte sua riguardava
-quel paese come suo bottino. Il pensiero d'incontrarsi
-in Roma con quest'ultimo non doveva esser per lei poco
-tormentoso. Con quanta facilità non avrebbero potuto coloro
-accampare un pretesto, pur che fosse, per tenerla captiva
-anche lei? Il fratello Francesco Gonzaga la sconsigliò
-dal suo proposito. Nulladimeno ella gli scrisse, già in viaggio
-per Roma, una lettera così amorevole e tanto attraente,
-che ci piace qui riprodurla per intero.
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Principe e Signore; fratello
-<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
-onorandissimo: — A questi giorni mi son partita da Urbino e messami
-in cammino per andare a Roma a fin di conseguire il
-Giubileo. Di questa gita, del resto, io feci già da alcuni
-giorni avvisata l'Eccellenza Vostra. Oggi, trovandomi ad
-Assisi, ho ricevuto una sua, dalla quale rilevo ch'ella
-vuole persuadermi e indurmi a desistere dall'andare, pensando
-forse, che non mi fossi ancor messa in cammino.
-Di che ho provato grandissima dispiacenza ed immenso affanno.
-Perchè da un canto avrei voluto sì in questa come
-in qualunque cosa altra cedere ed essere obbedientissima
-ad ogni volere di Vostra Signoria Illustrissima, che ho
-sempre avuta in luogo di padre nè ho altrimenti, e giammai
-non è stato in me animo nè pensiero, se non di concorrere
-ad ogni sua voglia. Dall'altro canto, dopo che già
-mi trovo, come ho detto, in viaggio e fuori dello Stato;
-dopo aver per mezzo del signor Fabrizio e di madonna
-Agnesina, mia onorevole cognata e sorella, fatto provvedere
-in Roma alla casa e ad ogni altra cosa necessaria, e
-assicurati costoro di dovermi ritrovare a Marino fra quattro
-giorni, talchè il signor Fabrizio m'è venuto incontro
-per farmi compagnia; dopo, per di più, esser corsa voce
-della mia partenza e della mia gita; non saprei davvero veder
-modo come oramai ritrarmi con onore di mio marito
-e mio. La cosa è andata tanto avanti, e tanto maggiormente,
-in quanto v'ho proceduto con la piena intelligenza
-e buona volontà dello stesso mio marito, dopo aver bene
-considerata ogni cosa. Del rimanente, la Signoria Vostra
-non deve per questa mia andata concepir nell'animo affanno
-o sospetto di sorta. Affinchè ella sia bene informata
-di tutto, sappia che io prima me ne vo' a Marino, e quindi
-di lì, in compagnia della detta madonna Agnesina, me ne
-vo' incognita a Roma per far la debita visitazione delle
-chiese ordinate a conseguire il santo Giubileo. Io non avrò
-a mostrarmi e neppure a parlare con persona alcuna; mentre,
-<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
-pel tempo che starò a Roma, andrò ad alloggiare in
-casa del fu cardinal Savello: abitazione codesta buona e
-convenientissima al desiderio mio, in mezzo a' partigiani
-de' Colonnesi; abbenchè intenzione mia sarebbe di tornare
-per la maggior parte del tempo a stare a Marino. Sicchè
-Vostra Signoria deve senza alcun dubbio contentarsi di
-questa mia andata, e non pigliarne dispiacere alcuno. E
-quantunque tutte le addotte ragioni siano efficacissime a
-indurmi non solo a continuare il mio viaggio, ma bensì a
-farmelo intraprendere ove non fussi ancora partita; tuttavolta,
-quando per avventura mi ritrovassi di non essere partita,
-non mica per dubbio veruno o disturbo che io conosca
-potesse nascermene, ma solo per desiderio di soddisfare la
-Signoria Vostra, in questa come in ogni cosa, avrei abbandonato
-quel progetto. Se non che, al punto ove ne sono, e
-quando Vostra Eccellenza avrà letto questa mia lettera, son
-certa che dell'andar mio sarà contenta. Ed io ne la prego e
-supplico. E perchè possa con più contentezza e soddisfazione
-d'animo pigliare questo Giubileo; voglia significarmi con
-una sua diretta a Roma esser proprio così, ch'ella, cioè,
-se ne contenti. Altrimenti io ne starò in continua agonia e
-affanno. Mi raccomando alla buona grazia di Vostra Eccellenza. — Assisi,
-21 marzo 1500.»<a class="tag" id="tag107" href="#note107">[107]</a>
-</p>
-
-<p>
-Agnesina da Montefeltro, della quale parla la lettera,
-sorella di Guidobaldo, donna piena di spirito e d'intelligenza,
-erasi sposata con Fabrizio Colonna, che più tardi
-divenne un gran capitano italiano. Essa aveva allora 28
-anni. Viveva col marito nel castello di Marino su' Monti
-Albani; e quivi nel 1490 aveva dato alla luce Vittoria
-Colonna, futuro ornamento di casa sua. Elisabetta trovò
-questa bella fanciulla già promessa a Ferrante d'Avalos,
-figlio del marchese Alfonso di Pescara. Ferdinando II di
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-Napoli sin dall'anno 1495 aveva cooperato agli sponsali
-de' due fanciulli, per far cosa grata ai Colonna, partigiani
-di Aragona.
-</p>
-
-<p>
-Sotto la protezione degl'illustri parenti la duchessa
-d'Urbino visitò effettivamente Roma, ove si tenne in
-stretto incognito, e vi restò sino al sabato dopo Pasqua.
-Nelle gite a San Pietro forse rivolse spesso un mesto
-sguardo verso Belvedere, là ove giaceva prigioniera la più
-coraggiosa donna d'Italia, alla quale probabilmente la legava
-amicizia. Che Caterina Sforza, dall'ingresso di Cesare,
-il 26 febbraio, si trovasse a Belvedere, lo attesta una
-lettera di quel giorno dell'ambasciatore veneziano in Roma
-alla Signoria. E i pensieri di Elisabetta dovevan farsi tanto
-più cupi e penosi, in quanto il marito ed il fratello Gonzaga,
-entrambi al servizio di Francia, avean dovuto abbandonare
-quella principessa all'estrema rovina.
-</p>
-
-<p>
-Aveva costei lasciato appena Roma, quando a Caterina
-Sforza fu recata la nuova, che anche i due zii di lei
-Ludovico e Ascanio erano in potere del re di Francia.
-Dopo avere nel febbraio 1500 riconquistato Milano con
-truppe svizzere, furon poscia, il 10 d'aprile, vilmente traditi
-presso Novara dagli stessi mercenarii. Ludovico fu tradotto
-in Francia, ove, dopo 10 anni, morì miseramente
-nella torre di Loches. E anche il cardinale Ascanio, un
-tempo così potente, dovette andare in Francia come prigioniero.
-Immensa tragedia fu quella che si svolse nella casa
-Sforza. Quale commozione non dovette provare la Caterina
-nella prigione, in vedere tutta la stirpe sua soggiacere
-così alle atrocità del destino! Chi sappia collocarsi in quel
-mezzo, sente l'aria oppressiva del fato inesorabile della
-storia, della quale lo Shakspeare ha circondato le sue tragiche
-figure.
-</p>
-
-<p>
-Carcerieri di Caterina erano i più spaventevoli uomini
-del tempo, il Papa e suo figlio. Il pensiero solo
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-della vicinanza loro doveva riempirla tutta di terrore.
-Essa era là, sull'alto Belvedere, sempre temendo il veleno
-di Cesare. Ed era davvero un miracolo che la si lasciasse
-vivere. Tentò fuggire, ma non riuscì. E per questo
-Alessandro la fece rinchiudere in Castel Sant'Angelo.
-Ma i signori francesi, al servizio di chi l'aveva perduta,
-specialmente Ivo d'Allegre, la salvarono, cavallerescamente
-protestando presso il Papa. Dopo una prigionia di
-18 mesi questi le permise sceglier Firenze per asilo. Egli
-stesso la raccomandò alla Signoria con questa lettera:
-</p>
-
-<p>
-«Diletti figliuoli, salute e benedizione apostolica. — Viene
-costì l'amata figlia in Cristo, la gentildonna Caterina
-Sforza. Dopo averla, come v'è noto, tenuta un pezzo
-prigioniera per ragionevoli motivi, l'abbiamo graziosamente
-lasciata libera. E poichè, giusta l'abitudine nostra e il nostro
-pastorale ufficio, non abbiamo usato soltanto grazia
-verso la stessa, ma, per quanto Iddio cel concede, desideriamo
-anche provvedere con paterna bontà al suo meglio;
-così abbiamo stimato bene scrivervi per raccomandarla
-vivamente alla devozione vostra. Essa viene pienamente
-fiduciosa nella nostra benevolenza a star tra voi, come in
-sua propria patria; epperò non abbia a rimaner delusa
-nella sua speranza con le raccomandazioni nostre. Ci sarà
-quindi cosa gratissima apprendere, che, in grazia dell'omaggio
-da lei reso alla città vostra, ed anche per riguardo
-verso di noi, sia stata da voi bene accolta e ben
-trattata. Data a Roma presso San Pietro sotto l'anello del
-Pescatore, il 13 luglio 1501. Nell'anno nono del nostro
-Pontificato. — Adriano.»<a class="tag" id="tag108" href="#note108">[108]</a>
-</p>
-
-<p>
-Caterina Sforza morì in un monastero di Firenze nell'anno
-1509. Alla patria lasciò un figlio della stessa tempra
-sua, Giovanni Medici, l'ultimo gran condottiere italiano,
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-divenuto famoso nella storia della guerra come
-capitano delle <i>bande nere</i>. Una figura marmorea di questo
-capitano dalla forza erculea e dalla nuca di Centauro sta
-ancora assisa all'angolo della Piazza di San Lorenzo in
-Firenze.
-</p>
-
-<h3>XVI.</h3>
-
-<p>
-Caduti i Riarii d'Imola e Forlì, tutti i tiranni dello
-Stato della Chiesa tremarono di Cesare. Anche principi più
-potenti, come Este e Gonzaga, che non eran punto, o
-solo in parte, feudatarii della Chiesa, s'arrovellavano per
-aver l'amicizia del Papa e del suo formidabile figliuolo.
-Cesare, come alleato di Francia, erasi assicurati i servigi
-di quei due principi; e, a cominciare dall'anno 1499, ne
-aveva ricevuto aiuto nelle sue imprese in Romagna. Mantenne
-viva corrispondenza con Ercole d'Este, che egli,
-uomo giovane e immaturo, trattava da suo pari, come fratello
-ed amico. Comunicò a colui i suoi successi, e n'ebbe
-in risposta congratulazioni con parole piene egualmente di
-confidenza, ognuna delle quali era una menzogna diplomatica
-dettata dalla paura. La corrispondenza tra Cesare ed
-Ercole si conserva ancora nell'Archivio Este a Modena:
-contiene molte lettere e comincia dal 30 agosto 1498,
-quando Cesare era ancora cardinale. In quella prima lettera,
-scritta in latino, Cesare informava il duca della sua
-prossima partenza per la Francia e pregavalo per un cavallo
-da sella.
-</p>
-
-<p>
-Una corrispondenza non meno intima ebbe Cesare con
-Francesco Gonzaga. Con questo strinse forte relazione, che
-durò sino alla fine di lui. Nell'Archivio di casa Gonzaga a
-Mantova esistono ancora 41 lettere di Cesare al marchese
-e alla moglie Isabella. La prima porta la data del 31 ottobre
-1498 da Avignone; la seconda del 12 gennaio 1500
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-da Forlì; la terza da Roma del 24 maggio 1500 è del tenore
-seguente:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Signore, onorando come fratello. — Dalle
-lettere di Vostra Eccellenza abbiamo appreso la desiderata
-e felice natività del suo illustrissimo figlio con non minore
-esultanza che per la nascita di un nostro proprio figliuolo.
-Poichè noi per intima e fraterna benevolenza siamo desiderosissimi
-di ogni sua prosperità e felice successo, così volentieri
-accettiamo esser padrino. E a tal effetto costituiamo
-nostro speciale procuratore quello tra i consiglieri suoi,
-che a Vostra Eccellenza piacerà scegliere. In nostro luogo
-e parte intervenga egli a levare il bambino dal sacro fonte.
-Noi preghiamo nostro Signore Iddio, perchè lo voglia conservare
-a seconda de' nostri desiderii comuni.
-</p>
-
-<p>
-»Non rincresca a Vostra Eccellenza di presentare anche
-per noi le nostre congratulazioni alla eccellentissima sua
-consorte. Con questo figliuolo, speriamolo, essa avrà dato
-principio a numerosa prole e a perpetua posterità di parenti
-così chiarissimi e generosi. Roma nel Palazzo Apostolico
-il 24 maggio 1500. — Cesare Borgia di Francia, duca
-di Valenza e gonfaloniere e capitan generale della Santa
-Chiesa Romana.»<a class="tag" id="tag109" href="#note109">[109]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il figlio del marchese di Mantova nato il 17 maggio
-1500 era Federico, principe erede. Due anni dopo,
-quando Cesare era all'apogeo della potenza, gli stessi
-Gonzaga sollecitarono l'onore di impegnare la mano del
-loro figliuolo con Luisa, piccola figlia di colui.
-</p>
-
-<p>
-Cesare passò in Roma parecchi mesi per procacciarsi
-danaro per le sue imprese in Romagna. Un accidente minacciò
-di mandare in aria in un sol momento tutti i suoi
-disegni. Il 27 giugno 1500 il padre corse pericolo di rimaner
-schiacciato sotto un camino caduto in Vaticano; ma
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-fu tolto da' rottami leggermente ferito. Egli non volle esser
-medicato che da sua figlia. Quando l'ambasciatore veneziano
-andò il 3 luglio a visitarlo, trovò presso di lui
-madonna Lucrezia, Sancia e il marito Jofrè e una damigella
-della corte di Lucrezia, ch'era la <i>favorita</i> del Papa.
-E questo Papa aveva 70 anni. Attribuì la sua salvezza alla
-Vergine Maria, proprio come Pio IX a' dì nostri, uscito
-sano dal precipizio di una casa presso Sant'Agnese, attribuì
-la sua alla Santa stessa. E in onore della Vergine
-Alessandro fece cantare il 5 luglio messa solenne. Più
-tardi, ristabilitosi, si fece portare in processione a Santa
-Maria del Popolo, ed offrì alla Vergine del Cielo un calice
-pieno di 300 ducati. Il cardinale Piccolomini sparse con
-ostentazione l'oro sull'altare in presenza del popolo.
-</p>
-
-<p>
-I Santi del Cielo s'erano interposti tra un muro che
-cadeva nel Vaticano e un gran peccatore; ma lasciarono
-che tranquillamente si compisse un gran misfatto contro
-un innocente, 18 giorni soltanto dopo quella caduta. Invano
-e i presentimenti proprii e i consigli di amici avevano
-un anno prima spinto il giovane Alfonso di Bisceglie a mettersi
-in salvo con la fuga. Come vittima espiatoria, egli
-aveva seguito la moglie in Roma per ivi cadere sotto il
-pugnale di sicarii, dal quale colei non potè salvarlo. Cesare
-lo odiava, come odiava tutta la casa d'Aragona. Di
-più, il matrimonio della sorella con un principe di Napoli
-aveva ora perduto ogni importanza, come già un tempo
-era accaduto di quello con lo Sforza di Pesaro. Era anzi
-diventato ostacolo ai disegni di Cesare, il quale aveva già
-in mente per Lucrezia altro matrimonio per lui stesso più
-vantaggioso. Ma il matrimonio col duca di Bisceglie non era
-rimasto infecondo, e per conseguenza non poteva essere
-sciolto. Onde Cesare decise uno scioglimento radicale e
-violento.
-</p>
-
-<p>
-Il 15 luglio 1500 Alfonso andava dal suo palazzo al
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-Vaticano, ov'era la moglie. Potevano essere le undici di
-notte. Sulla scala di San Pietro uomini mascherati, armati
-di pugnali, gli furono addosso. Ferito gravemente al capo,
-al braccio, alla coscia potette il principe trascinarsi sino
-all'appartamento del Papa. Alla vista del marito tutto grondante
-sangue Lucrezia cadde svenuta.
-</p>
-
-<p>
-Alfonso fu portato in una sala del Vaticano. Un cardinale
-gli diè l'assoluzione. Nondimeno la gioventù la
-vinse: egli guariva. Lucrezia, che per lo spavento era stata
-colta dalla febbre, e Sancia lo medicavano. Esse stesse
-gli preparavano il cibo, e il Papa pose persone che lo
-vegliassero. Dell'assassinio e degli esecutori si parlava in
-Roma in vario senso. L'ambasciatore veneziano scriveva
-il 19 luglio alla Signoria: «Non si sa chi abbia ferito
-il duca; ma dicesi sia stata la persona medesima che ammazzò
-il duca di Gandia, e lo gettò in Tevere. Monsignor
-di Valenza ha emesso editto, che niuno da Castel
-Sant'Angelo a San Pietro possa lasciarsi vedere armato,
-pena la morte.»
-</p>
-
-<p>
-Con diabolica ironia Cesare diceva all'ambasciatore
-stesso: «Io non ho ferito il duca; ma l'avessi fatto,
-ei l'avrebbe ben meritato.» — L'odio suo contro il cognato
-deve aver avuto anche motivi affatto personali,
-che a noi sono restati oscuri. Cesare non si peritò nemmeno
-di far visita all'ammalato; e, andando via, disse:
-«Quel che non è accaduto a mezzodì, può bene accader
-la sera.»
-</p>
-
-<p>
-Passarono così giorni angosciosi, sino a che l'assassino
-perdette la pazienza. Il 18 agosto verso le 9 di sera
-andò di nuovo. Cacciò via dalla camera del cognato Lucrezia
-e Sancia; chiamò il suo capitano Micheletto, e da
-costui Alfonso fu strozzato. Senza suoni nè nenie, con
-un silenzio che metteva orrore, quasi apparizione fantasmagorica,
-il morto principe fu trasportato in San Pietro.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
-</p>
-
-<p>
-La cosa non fu più un mistero. Cesare stesso pubblicamente
-dichiarava aver egli ucciso il duca, perchè
-questi tendeva insidie alla vita sua; e, passeggiando lui
-nel giardino del Vaticano, Alfonso avevagli fatto tirare
-alle spalle da' suoi arcieri.
-</p>
-
-<p>
-Nulla più di questo fatto, e del modo in che il Papa
-lo accolse, vale a mostrare tutto il formidabile potere che
-Cesare aveva acquistato sull'animo del suo immoralissimo
-padre. Da notizie dell'ambasciatore veneziano risulta
-che quello era avvenuto contro il volere di Alessandro,
-il quale aveva insin cercato salvare l'infelice
-principe. Ma consumato appena il fatto, non stette a pensarci
-su più che tanto. Egli, che aveva perdonato a Cesare
-l'uccisione del fratello, non poteva ora osare di chiamarlo
-a render conto. Dall'altro canto le conseguenze del misfatto
-non erano da lui stesso che troppo desiderate. Si sarà
-quindi risparmiata ogni inutile rampogna al figliuolo. Al
-sentimentalismo suo, se pure un Borgia avesse potuto
-esserne capace, Cesare avrebbe risposto col riso.
-</p>
-
-<p>
-Giammai delitto di sangue non cadde così presto in
-dimenticanza. Della uccisione di un principe della Casa
-reale di Napoli non si fece più caso che della morte di
-vilissimo palafreniere del Vaticano. Niun uomo quindi
-schivò la vista o la compagnia di Cesare. Non un prete
-gli vietò l'ingresso nella chiesa, nè un solo cardinale
-cessò dall'accostarlo con riverenza profonda. I prelati
-eran solleciti a ricevere dalla mano dell'onnipotente omicida
-il cappello rosso, mentre egli a caro prezzo dispensava
-a' maggiori offerenti la dignità cardinalizia.
-Aveva bisogno di danaro per continuare le sue conquiste
-in Romagna. In quei giorni dell'agosto erano con
-lui i suoi condottieri, Paolo Orsini, Giulio Orsini, Vitellozzo
-Vitelli ed Ercole Bentivoglio. Il Papa aveva messo in
-ordine per lui 700 uomini d'arme; e il 18 agosto l'ambasciatore
-<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
-veneziano informava la Signoria di essere stato
-incaricato dal Papa, di pregare il doge di voler desistere
-dal proteggere i signori di Rimini e di Faenza. Fervevano
-i negoziati con Francia per procacciare a Cesare un appoggio
-serio e pratico. Il 24 agosto entrò in Roma l'inviato
-francese, Luigi De Villeneuve, e presso San Spirito gli
-venne incontro una maschera e l'abbracciò. Era Cesare.
-Quanto apertamente commetteva i suoi delitti, altrettanto
-amava andar per Roma mascherato.
-</p>
-
-<p>
-Il giovane Alfonso di Aragona è fra le vittime de' Borgia
-la più tragica figura; e il destino suo commuove più
-di quello di Astorre Manfredi. Se Lucrezia, come v'è ogni
-ragion di credere, amava davvero suo marito, certo la
-fine di lui dovette immergerla in una desolazione disperata.
-E non avesse anche per lui nudrito passione alcuna,
-ogni sentimento suo doveva irrompere contro l'assassino,
-della cui infernale ambizione ella era la vittima. E doveva
-eziandio insorgere contro il padre, che per quel misfatto
-aveva mostrata tanta indifferenza.
-</p>
-
-<p>
-Le scarse notizie, che abbiamo di quei giorni, non ci
-dipingono lo stato suo appena occorso il fatto, nè ciò che
-accadde in Vaticano tra i componenti di casa Borgia. Lucrezia,
-è vero, fu malata di febbre; ma nè morì di dolore,
-nè si levò vindice contro l'assassino di suo marito, nè
-fuggì via da quell'orrido Vaticano.
-</p>
-
-<p>
-Ella si trovò nella stessa condizione di sua cognata
-donna Maria Enriquez alla morte di Gandia. Ma, mentre
-questa era col figlio sicura in Spagna, per Lucrezia invece
-non v'era alcun asilo, ove ridursi a vivere senza il volere
-del padre e del fratello.
-</p>
-
-<p>
-Sarebbe stoltezza condannare la sventurata, se nel
-più spaventevole momento di sua vita non siasi fatta
-l'eroina di una tragedia. La verità è che in quel tragico
-ambiente ella apparisce troppo debole e piccola. Ma diritto
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-di pretendere da Lucrezia Borgia le passioni di una grande
-anima, se non n'era capace, non ve n'ha alcuno. Noi
-non cerchiamo di comprenderla che qual fu realmente. E,
-se il giudizio non ci falla, essa fu donna, che non la potenza,
-ma solo la grazia della sua natura fece uscire dalla
-volgare schiera. Questa giovane donna, che alla fantasia
-romantica della posterità è apparsa qual Medea e qual face
-amorosa sempre ardente, forse non ha in realtà provato
-mai una passione profonda. Nel periodo della sua vita in
-Roma fu sempre dipendente dalla volontà di altri, e le
-sorti sue furon sempre decise dal padre prima, poi dal fratello.
-E non sappiamo sino a che punto, rimpetto a tali condizioni
-di reale soggezione, la sua resistenza morale fosse
-in grado di affermare, contro di quelle, la dignità della
-donna. Ma se mai Lucrezia sentì una volta in sè il coraggio
-di far valere i sentimenti e i diritti suoi contro coloro
-che la condannavano al sacrificio, questa dev'essere stata
-dopo l'uccisione del marito. Ed è molto probabile che
-siasi allora rivolta con accuse contro il fratello omicida, e
-con lagrime al padre. Cesare per tanto volle che l'importuna
-fosse allontanata dal Vaticano. Ed Alessandro la
-mandò per qualche tempo in esilio, probabilmente perchè
-essa stessa ardentemente lo desiderava. L'ambasciatore
-veneziano Polo Capello fa cenno di una rottura insorta tra
-lei e il padre. Egli avea lasciato Roma il 16 settembre 1500,
-e di ritorno a Venezia fece una relazione al suo Governo
-sulle condizioni di quella città, nella quale diceva: «Madonna
-Lucrezia, la quale è savia e liberale, stava prima
-in grazia del Papa, ma ora questi non l'ama più.»
-</p>
-
-<p>
-Il 30 agosto Lucrezia con un seguito di 600 cavalieri
-lasciò Roma per rendersi a Nepi, ov'era signora. Quivi
-voleva, come il Burkard dice, sollevarsi dalle profonde commozioni
-d'animo, che la morte del duca di Bisceglie le
-aveva cagionate.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-</p>
-
-<p>
-In quel tempo, come oggi, s'andava da Roma a Nepi
-per la via Cassia, passando per Isola Farnese, Baccano
-e Monterosi. La strada allora era in parte sempre l'antica,
-ma in cattivissimo stato. Presso Monterosi si pigliava
-la via Amerina, il cui antico selciato anch'oggi a
-lunghi tratti si è conservato sin sotto le mura di Nepi.
-</p>
-
-<p>
-Anche Nepi — o <i>Nepe</i> o <i>Nepete</i>, — come tutte le
-città etrusche, è posta su piano elevato, i cui erti margini
-scendono a picco in profonde fenditure vulcaniche del
-suolo. Fiumicelli, chiamati <i>rii</i>, scorrono nel fondo gorgogliando
-fra i rocciosi rottami. Le nude e ripide pareti di
-tufo servivano di fortificazione naturale; e, dove fossero
-meno alte, si suppliva con mura.
-</p>
-
-<p>
-Il lato meridionale della città di Nepi, ove il Rio Falisco,
-prima di precipitarsi nel grande burrone, scorre in
-una valle meno profonda, era già stato nell'antichità munito
-di alte mura. Eran massi di tufo oblunghi, posti gli
-uni sugli altri senza cemento, come le mura della vicina
-Falerii. Rimangono ancora notevoli avanzi di queste mura
-presso Porta Romana; tutto l'altro materiale venne adibito
-alla costruzione del castello e dell'acquidotto farnesiano.
-</p>
-
-<p>
-Il castello proteggeva il lato più debole di Nepi, e in
-quel luogo stesso doveva essere l'antica rôcca. Nell'VIII secolo
-fu sede di un duca potente, Toto, divenuto celebre
-anche nella storia della città di Roma. Il cardinale Rodrigo
-Borgia gli diè la forma, che oggi tuttavia conserva,
-avendolo fatto ricostruire di pianta. Egli vi fece pure elevare
-le due forti torri interne, l'una, la più grande, rotonda,
-l'altra quadrata. Più tardi venne restaurato e munito
-di bastioni esteriori da Paolo III e da suo figlio Pierluigi
-Farnese, primo duca di Castro e Nepi.<a class="tag" id="tag110" href="#note110">[110]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nel 1500 il castello non era meno saldo di quello
-di Civitacastellana, fatto similmente edificare da Alessandro
-VI. Oggi invece è miseramente rovinato. L'edera fronzuta
-e rigogliosa avvolge le rovine del palazzo, e ne ricopre
-all'esterno le pareti. Solo quei due colossi di torri
-hanno sfidato l'edacità del tempo.
-</p>
-
-<p>
-S'entra nel diroccato castello dal lato della città per
-una porta, sulla quale con bei caratteri della Rinascenza
-sta scritto: <span class="smcap">Ysu. Unicus Custos. Procul hinc timores. Ysu.</span>
-Si arriva in una corte quadrata, circondata da portici murati
-e tutti in rovina, e ridotta oggi ad orto. Di fronte sta
-la cadente facciata del castello, edifizio a due piani nello
-stile della Rinascenza, con finestre guernite di peperino.
-Sulla cornice della porta d'ingresso l'iscrizione <span class="smcap">P. Loisivs
-Far. Dux Primus Castri</span>, indica anche qui una restaurazione
-farnesiana.
-</p>
-
-<p>
-L'interno non presenta che una maceria. Le stanze
-son tutte cadute. Niuno cercò impedire il disfacimento di
-questo importante monumento del passato; eppure l'ultima
-sala non rovinò che 50 anni fa. Delle camere superiori
-rimane una soltanto, alla quale non si può accedere
-che arrampicandosi per una scala. Vi si vede ancora il
-posto del camino; e rimane pure, qual era, il soffitto primitivo
-in assi di legno, come usava ne' primi anni della
-Rinascenza. Le travi si terminano con mensole graziosamente
-intagliate. Tutto il soffitto è di color bruno carico;
-e qui e là alle pareti pendono scudi di legno, su' quali è
-dipinta l'arme de' Borgia.
-</p>
-
-<p>
-L'arme stessa in pietra si vede pure sulle pareti interne
-del castello ed esteriormente sulle torri. Due di esse,
-finamente scolpite ed incastrate oggi sotto il portico della
-Casa comunale di Nepi, furon tolte di là, ove forse Lucrezia
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-le aveva fatte affiggere. Sotto corona ducale portano
-insieme l'arme de' Borgia e quella di casa Aragona
-venuta a Lucrezia come duchessa di Bisceglie.
-</p>
-
-<p>
-La solitaria Nepi, che oggi non conta che 2500 abitanti,
-nell'anno 1500 era appena più popolosa. Piccolo
-paese della Campagna con strade di architettura gotica;
-con qualche antico palazzo e torre di nobili famiglie, delle
-quali quella de' Celsi era la più ragguardevole; con la sua
-piccola piazza, altra volta il fòro, ov'era la Casa comunale;
-col suo vecchio duomo, originariamente edificato
-sulle rovine del tempio di Giove, e che nel 1500 serbava
-ancora la sua forma di basilica; con altre poche antiche
-chiese e monasteri, come San Vito e Sant'Eleuterio; e
-con alcuni avanzi di antichità che oggi sono scomparsi.
-Di questi soltanto due statue, in onore di cittadini nepetini,
-la cui memoria è ormai perduta, stanno ancora innanzi
-alla facciata del Palazzo comunale, grazioso edifizio
-dell'ultimo tempo della Rinascenza.
-</p>
-
-<p>
-I pressi di Nepi, come la più parte delle contrade
-etrusche, hanno un carattere cupo e melanconico, generato
-insieme dalla natura vulcanica del terreno e dall'estinzione
-di ogni attività storica; l'una e l'altra proprie e comuni
-a tutta l'Etruria. Quelle profonde e tenebrose squarciature
-del suolo, co' loro massi rocciosi, con le rupi tagliate
-a picco, di tufo parte nero, parte rossastro oscuro, e quei
-torrenti che vanno rumoreggiando nel fondo, fanno un'impressione
-grandiosa, ma piena d'immensa tristezza. E non
-meno rendono l'animo serio e triste quelle alte pianure
-ampie e silenziose, e quelle greggi pascolanti con pace
-idillica, rotta soltanto di tratto in tratto da lamentevoli
-belati e dal flebile suono del piffero pastorale.
-</p>
-
-<p>
-Qua e là selve di querce. Quattro secoli or sono, ve
-n'erano intorno a Nepi di più folte e più lussureggianti.
-Oggi invece, verso Sutri e Civitacastellana, sono state
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-molto diradate; ma formano pur sempre magnifiche boscaglie.
-Dalla piattaforma del castello si dispiega alla vista
-un gran panorama, più esteso di quello che si gode dal
-castello di Spoleto. Qui spicca sull'orizzonte la tetra catena
-de' Vulcani di Bracciano col monte di Rocca Romana;
-colà la foresta del Monte Cimino innanzi Viterbo, sui cui
-estesi declivii è chiaramente visibile il castello de' Farnesi,
-Caprarola. Dirimpetto s'eleva come isola il Soratte. A settentrione
-l'altipiano va leggermente digradando verso la
-valle del Tevere, e in lontananza, e attraverso un velo leggiero,
-si disegnano le cilestrine montagne della Sabina,
-tutte popolate sulle pendici di villaggi e castelli.
-</p>
-
-<p>
-La giovane vedova di Alfonso entrò il 31 agosto nel
-castello di Nepi, i cui muti spazii furono ora animati dalla
-sua corte. Pure tutte quelle dame e cavalieri, altra volta
-sì facili alla gioia e al piacere, eran mesti ed afflitti per dolore
-vero od officiale. Nel solitario castello potè Lucrezia
-abbandonarsi liberamente al pianto per la persona cara,
-che le era stata per due anni marito, e in compagnia della
-quale ella, l'anno innanzi, aveva abitato quel luogo stesso.
-Nulla veniva colà a turbare i suoi tetri pensieri: invece
-castello, città, campagna, tutto armonizzava con essi.
-</p>
-
-<p>
-Ignoriamo quanto durasse il melanconico soggiorno.
-Ne' calori estivi le evaporazioni di quelle voragini sogliono
-addurre febbri micidiali, e ancora oggi rendono malsana
-l'aria di Nepi e di Civitacastellana. Il padre probabilmente,
-nel settembre o nell'ottobre, la richiamò a Roma, e
-presto dovette darle di nuovo la grazia sua, tanto più
-che il fratello lasciò la città. Ed era scorso appena qualche
-mese che già l'anima di Lucrezia era tutta piena di
-altre splendide immagini dell'avvenire, dietro le quali lo
-spettro dell'infelice Alfonso si dileguò. Essa cessò così
-presto dal pianto, che dopo un anno soltanto in questa
-donna, giovane e sorridente, niuno avrebbe saputo sospettare
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-la vedova di un marito assassinato. Lucrezia aveva
-ereditato dal padre, se non la indistruttibile forza della
-vita, certo quella leggerezza di sentimento che i contemporanei
-non han mancato di notare espressamente nell'uno
-come nell'altra, sotto il nome di naturale sempre
-gaio e sereno.
-</p>
-
-<h3>XVII.</h3>
-
-<p>
-Alla fine del settembre 1500 Cesare mosse per la Romagna
-con 700 uomini d'arme, 200 cavalleggieri e 6000
-fantaccini. Egli volse prima i passi verso Pesaro per scacciar
-di là il suo antico cognato. Giovanni Sforza, all'udire la
-nuova della tremenda fine del suo successore con Lucrezia,
-aveva potuto riputarsi felice di esser egli scampato a
-sorte sì dura. Un odio ardente contro tutti questi Borgia
-lo rodeva. Ma, in luogo di poter vendicare le patite offese,
-ora quasi senza via a difendersi si vedeva esposto a subirne
-altra più grave. Dagli agenti suoi in Roma e dall'ambasciatore
-di Spagna, che gli era amico, era stato
-avvertito degli apprestamenti del suo capital nemico, come
-risulta dalle lettere sue a Francesco Gonzaga, fratello della
-sua prima moglie Maddalena.<a class="tag" id="tag111" href="#note111">[111]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il primo settembre 1500 egli informò il marchese
-Francesco della intenzione di Cesare di metter la mano su
-Pesaro, e lo pregò di raccomandare l'affare suo all'imperatore
-Massimiliano. Il 26 scrisse, domandando premurosamente
-soccorso. Il marchese non glielo negò; ma non
-gli mandò che 100 uomini con un capitano albanese. Allora
-fu visto, come queste illegittime signorie italiane ad
-ogni colpo di vento non stavan più ferme. Solo in Faenza
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-il popolo amava il suo signore, il giovane e bello Astorre
-Manfredi, e gli restò fedele. Ma in tutte le altre città di
-Romagna il reggimento de' tiranni era esecrato. Anche lo
-Sforza doveva essere prepotente e crudele; e, certo, la
-scuola che aveva avuto a Roma da' Borgia non era rimasta
-per lui sterile.
-</p>
-
-<p>
-Giammai un trono non fu sì presto rovesciato come
-il suo, o, per dir meglio, sì presto abbandonato prima
-ancora che fosse abbattuto. Cesare non s'era avvicinato a
-Pesaro, che già un moto popolare nella città si era manifestato
-in favor suo. Si formò un partito ostile allo Sforza;
-mentre la totalità de' cittadini, paventando le conseguenze,
-ove la città avesse dovuto essere espugnata dallo spietato
-nemico, desiderava un accomodamento con costui. Indarno
-il poeta Giulio Postumo, tornato poco innanzi da Padova
-in patria, chiamava con canti guerrieri i concittadini suoi
-alla resistenza.<a class="tag" id="tag112" href="#note112">[112]</a> Il popolo insurse la domenica, 11 ottobre,
-prima ancora che Cesare fosse apparso avanti alla
-città. Quello che accadesse poi, lo racconta la lettera dello
-Sforza al Gonzaga:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Signore e Cognato onorandissimo: — L'Eccellenza
-Vostra avrà sentito come domenica mattina
-il popolo di Pesaro, per subornazione di quattro vagabondi,
-si levò in armi; e fummi forza ridurmi, il meglio
-che potessi, con pochi de' miei nella rôcca. Sapendo poi
-che i nemici s'avvicinavano e che messer Ercole Bentivoglio,
-il quale era a Rimini, si faceva innanzi, per non
-rimaner chiuso dentro lasciai di notte la rôcca, grazie al
-consiglio, all'opera ed al favore di Jacomo Albanese. E
-dopo una malissima via e pessimi passi eccomi qui giunto
-a salvamento. Di che io ho obbligo prima all'Eccellenza
-Vostra, che mi mandò il detto Jacomo, e poi a costui, che
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-seppe sì ben condurmi. Non ho per anco deliberato cosa
-mi voglia fare. Ma, ove fra quattro dì non venga dall'Eccellenza
-Vostra, le manderò Jacomo, il quale le dirà tutto
-il successo e anche la mente mia. Ho voluto frattanto che
-ella sapesse di essere io giunto a salvamento, e raccomandarmele. — Bologna,
-17 ottobre 1500. Di Vostra Eccellenza
-cognato e servitore, Giovanni Sforza di Aragona, conte di
-Cotignola e Pesaro.»<a class="tag" id="tag113" href="#note113">[113]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il 19 ottobre poi scrisse da Bologna che voleva andare
-a Ravenna e di là tornare a Pesaro, ove il castello
-valorosamente resisteva; e pregava il marchese di mandargli
-un aiuto di 300 uomini. Ma tre giorni dopo da Ravenna
-annunziò che il castello si era reso.
-</p>
-
-<p>
-La città di Pesaro aveva accolto Cesare non solo senza
-resistenza, ma volenterosa. Ed egli entrò con pubbliche dimostrazioni
-d'onore nel palazzo degli Sforza, in quel palazzo,
-ove la sorella, quattro anni innanzi, aveva abitato
-quale signora. Visitò pure il castello il 28 ottobre. Fece
-chiamare un pittore, e gli ordinò di fargliene un disegno
-su carta, che voleva mandare al Papa. Da' merli del castello
-degli Sforza 12 trombetti fecero risuonare all'intorno
-le note della vittoria, ed araldi gridarono Cesare Signore
-di Pesaro. Il 29 ottobre s'indirizzò al Castello Gradara.<a class="tag" id="tag114" href="#note114">[114]</a>
-</p>
-
-<p>
-Pandolfo Collenuccio fu testimone dell'ingresso di
-Cesare in Pesaro. Quest'uomo bandito da Pesaro dallo
-Sforza e ricoverato a Ferrara fu dal duca Ercole mandato
-a Cesare alla nuova della caduta della città, per presentargli
-le congratulazioni sue. Lo spinse a ciò non solo
-il timore, ma anche un importante negozio intavolato tra
-lui e il Papa, e del quale avremo presto a parlare. Il Collenuccio
-riferì al duca della sua missione il 29 ottobre con
-questa importante lettera:
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Signor mio: — Poichè partii da Vostra
-Signoria, fui in Pesaro in due giorni e mezzo. Vi
-giunsi di fatto martedì circa le 24. E in quell'ora appunto
-il duca Valentino faceva la sua entrata. Tutto il popolo
-era alla porta. Fu ricevuto sotto una gran piova e gli vennero
-presentate le chiavi della Terra. Il Duca andò ad alloggiare
-in Corte, nella camera che era stata del signor
-Giovanni. L'entrata, a quanto mi riferiscono i miei che
-v'erano, fu solenne, con grande ordine e numeroso di
-cavalli e di fanti della guardia sua. La sera medesima io
-gli feci sapere della mia venuta, e che aspettavo udienza,
-quando a Sua Signoria ne facesse comodo. Verso due ore
-di notte mandò il signor Ramiro e il maggiordomo a
-farmi visitare e domandarmi con parole molto onorevoli,
-se fossi bene alloggiato e se in tanta folla non mancassi
-per avventura d'alcuna cosa. Mi fece pur dire che riposassi,
-e che mi darebbe udienza il dì seguente. Mercoldì
-mattino di buon'ora mi mandò un presente di un gran
-sacco d'orzo, una soma di vino, un castrone, otto paia di
-capponi e galline, due grandi torce, due mazzi di candelette
-e due scatole di confetti, con parole molto cortesi.
-Non mi dètte però udienza, tuttochè mandasse le sue
-scuse, e a dirmi di non volermene meravigliare. Cagione
-di ciò fu che si levò di letto a 20 ore, e appena levatosi
-desinò. Andò poi al castello e lì stette sino a notte, e
-ne tornò stracco per un tincone ch'egli ha.
-</p>
-
-<p>
-»Oggi, com'ebbe desinato, ch'eran circa le 22 ore,
-mi fece introdurre per mezzo del signor Ramiro, e con
-molta dimestichezza e ottima cera cominciò Sua Signoria
-per la prima a scusarsi di non aver potuto darmi udienza
-ieri, essendo occupato nel castello e anche indisposto per
-quel suo tincone. Dopo questi primi ragionamenti, avendo
-io espresso lo scopo proprio della mia ambasceria, che
-era di visitare, congratularmi, ringraziare, presentare
-<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
-omaggi e offrir servigii, il Duca, il quale veramente sa
-comporre molto bene i discorsi suoi, mi rispose parte
-per parte con grandissima tranquillità. In sostanza disse
-che, conosciuta la prudenza e bontà di Vostra Signoria,
-egli ha sempre amato e desiderato di aver con lei pratica.
-Che quando fu a Milano ebbe voglia di conoscerla;
-ma i tempi e le faccende, che allora correvano, nol permisero.
-E ora, venuto in queste parti, seguitando quel
-suo desiderio e volendo dar prova dell'animo suo e dimostrarle
-il suo filiale affetto, s'era messo a scrivere
-questa lettera intorno a' progressi da lui fatti nella certezza
-che la Signoria Sua n'avesse ad aver piacere. E
-per l'avvenire farebbe il simile, perchè desiderava aver
-con lei più intrinseca amicizia. E offrivale ogni facoltà sua
-e quanto era in suo potere; di che in ogni occorrenza la
-Signoria Vostra ne vedrebbe le prove. E mi disse di raccomandarlo
-assai, perchè egli avrebbe lei come fratello.
-Ringraziò anche Vostra Signoria per la risposta mandatagli
-per lettera e per aver spedito a posta persona, dicendo
-che veramente non bisognava; che anche senza questo teneva
-per certissimo, che la Signoria Sua avrebbe gran piacere
-d'ogni suo bene. In breve nè migliori nè più acconce
-parole avrebbe potuto usare; e sempre nominò lei fratello
-e sè figliuolo suo.
-</p>
-
-<p>
-»Ed io, per mia parte, raccogliendo la cosa e il
-senso di tutte le sue parole, comprendo che gli sarebbe
-caro aver qualche pratica e buona amicizia con Vostra Signoria.
-Credo certamente a' propositi suoi; tuttavia non so
-desumere altro che bene. — Questo aver inviato la Signoria
-Vostra persona sua qui, è stata cosa immensamente
-accetta; e sono informato che il Duca n'ha scritto al
-Papa, e n'ha parlato qui co' suoi in modo da mostrare di
-averne fatto gran caso e di estimarla assai. — Dopo alcune
-brevi risposte e repliche dall'una parte e dall'altra, per
-<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
-le quali io gli dicevo di non sapere, se non commendare
-la prudenza del Duca nel tenere siffatta via con Vostra Eccellenza,
-rispetto alle condizioni nostre e al nostro Stato,
-le quali cose non potevano essere che a vantaggio di lui
-stesso; egli confermò il mio dire con grande efficacia. Dimostrò
-in effetti d'intenderlo molto bene. E così, d'uno
-in un altro ragionamento, entrammo a parlare di Faenza.
-Il Duca disse: — Io non so quello che vorrà fare Faenza; se
-vorrà darci poca fatica, come queste altre città, o se vorrà
-far prova di resistere. — Gli dissi che credevo farebbe come
-le altre. Pure, ove nol facesse, non era che ad onore
-di lui, chè avrebbegli, nell'espugnarla, porta occasione di
-mostrare là propria virtù e valore. Rispose avere ciò a caro,
-e che pensava combatterla aspramente. Di Bologna non
-accadde ragionare. Gli furon grate le ambasciate di raccomandazioni
-che gli feci per parte de' vostri, del signor
-Don Alfonso e del cardinale; e soprattutto di quest'ultimo,
-del quale disse tanto bene e mostrò amarlo tanto, che non
-poteva saziarsi mai di dirne.
-</p>
-
-<p>
-»Stati così insieme una buona mezz'ora, tolsi licenza,
-e il Duca montò a cavallo e partì di qui. Questa sera
-sarà a Gradara: domani andrà a Rimini; e quindi seguiterà
-il suo viaggio. Egli ha con sè tutta la gente di artiglieria.
-E per altro non va così lento — la qual cosa mi
-disse egli stesso, — se non perchè non vuol dividersi dall'artiglieria.
-</p>
-
-<p>
-»In questa Terra sono alloggiate 2000 persone o più:
-non han fatto alcun danno notevole. Il contado è stato
-tutto pieno di soldati; ancora non sappiamo, se abbiano
-arrecato gran danno. Alla Terra non è concesso privilegio
-nè esenzioni di sorta. Il Duca vi lascia per luogotenente
-un dottor Forlivese. Dalla rôcca ha tolto 70 pezzi d'artiglieria;
-nè la guardia, che v'ha lasciata, è gran fatto numerosa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
-</p>
-
-<p>
-»Dirò a Vostra Signoria una cosa, della quale ho più
-riscontri; ma mi è stata espressamente detta da un cavalier
-portoghese, soldato del duca Valentino, ch'è alloggiato
-qui, ove son io, in casa di mio genero, con 15 cavalli,
-ed è uomo molto dabbene ed amico del signor duca Ferrando
-nostro, perchè stette col re Carlo. Si dice adunque
-che questa Terra il Papa l'assegna in dote a madonna
-Lucrezia; alla quale dà per marito un Italiano,
-che sarà sempre amico di Valenza. Se ciò sia vero non
-so: si ritiene così.
-</p>
-
-<p>
-»Quanto a Fano, il Duca non l'ha avuta. V'è stato
-dentro cinque giorni; ma nè lui l'ha domandata, nè i
-cittadini gliel'han resa. Sua è, e sua sarà, se lo vorrà.
-Loro dicono che il Papa gli ordinasse di non impacciarsi
-di Fano, se i cittadini proprii non lo dimandassero; e
-così sono rimasti nello stato ch'erano.
-</p>
-
-<p>
-»<i>Omissis.</i>
-</p>
-
-<p>
-»La vita del Duca è questa: va a letto a 8, 9 e 10 ore
-di notte. Il giorno appresso poi a 18 ore è l'alba, a 19
-sorge il sole, e a 20 è giorno fatto. Levatosi, subito va
-a tavola, e lì sbriga dappoi le faccende. Lo si tiene animoso
-e gagliardo e liberale, e si pensa che faccia buon
-conto degli uomini dabbene. Aspro nelle vendette: così
-dicono le informazioni di molti. Animo vasto e cupido di
-grandezza e fama, par che curi più lo acquistar di Stati
-che stabilirli e ordinarli. — Pesaro, giovedì 29 ottobre,
-ora 6ª della notte, 1500. Di Vostra Illustrissima Eccellenza
-Ducale servo <i>Pandulphus</i>.
-</p>
-
-<p>
-»Seguito del Duca: — Bartolomeo di Capranica,
-maestro del Campo. — Piero Santa Croce. — Giulio Alberino. — Mario
-Don Marian de Stephano. — Un suo fratello. — Menico
-Sanguigni. — Giovan Battista Mancini. — Dorio
-Savello. (Tutti gentiluomini romani.)
-</p>
-
-<p>
-»In casa del Duca uomini di conto: — Vescovo di
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-Elna. — Vescovo di Santa Sista. (Spagnuoli.) — Vescovo di
-Trani, italiano. — Un Abate napoletano. — Il signor Ramiro
-dell'Orca, governatore: questo fa tutto. — Don
-Hieronymo, portoghese. — Messer Agabito da Amelia,
-segretario. — Messer Alessandro Spannocchia, tesoriere,
-il quale ha detto che il Duca, poichè partì da Roma, ha
-sin qui di spesa ordinaria 1800 ducati il giorno.»<a class="tag" id="tag115" href="#note115">[115]</a>
-</p>
-
-<p>
-Nella sua lettera il Collenuccio non fece menzione
-di questo, che egli stesso rivolse a Cesare, al nuovo padrone
-di Pesaro, un richiamo contro il suo antico signore,
-Giovanni Sforza, e che fu da colui rimesso in possesso di
-tutti i suoi beni confiscati. Pochi anni appresso egli ebbe
-a pentirsi amaramente del passo fatto. Guido Postumo invece,
-i cui beni furono tolti da Cesare, erasi rifugiato
-presso i Rangoni a Modena. Lo Sforza era il 2 novembre
-a Venezia, ove, stando all'asserzione del Malipiero, voleva
-vendere alla Repubblica il suo paese; ma le sue proposte
-furon respinte. Di là andò a Mantova. Le due città erano
-allora l'asilo de' tiranni detronizzati. Specialmente il bel
-castello de' Gonzaga in Mantova, protetta dalle gore che
-attorno vi forma il Mincio, dava, e diede ancora per lungo
-tempo dappoi, ospitalità a quella specie di fuggiaschi.
-</p>
-
-<p>
-Caduta Pesaro, anche Rimini scacciò i suoi odiati tiranni,
-i fratelli Pandolfo e Carlo Malatesta. Quindi Cesare
-andò ad assediar Faenza. Il giovane signore, Astorre,
-s'arrese finalmente all'avversario il 25 aprile 1501, dietro
-solenne promessa di libertà. Malgrado di ciò Cesare mandò
-l'infelice a Roma, ove col fratello Ottaviano e con altre
-vittime fu cacciato prigione in Castel Sant'Angelo. Era
-questi Astorre, che un tempo il cardinale Alessandro Farnese
-avrebbe voluto sposare con la figliuola della sorella
-Giulia. Ed ora forse lo sventurato dovette deplorare che
-l'unione non si fosse effettuata.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-</p>
-
-<h3>XVIII.</h3>
-
-<p>
-In quel mentre Lucrezia col suo bambino Rodrigo era
-nel palazzo presso San Pietro. Se pure avesse voluto ancora
-rimpiangere la perdita del marito, il padre non le lasciò
-tempo di abbandonarsi a tali sentimenti. Egli seppe solleticarne
-la leggerezza e la vanità. Il morto Alfonso doveva
-esser sostituito da un altro Alfonso di maggior valore.
-Era stato appena messo da parte il duca di Bisceglie, e già
-s'era pensato a un nuovo matrimonio. Nel novembre del
-1500 si cominciò già a dire che Lucrezia dovesse unirsi
-col principe erede di Ferrara, rimasto sin dal 1497 vedovo
-senza figliuoli, all'età di 24 anni appena. Del disegno fu
-primo a darne notizia Marin Gorzi, nuovo ambasciatore
-di Venezia a Roma, alla sua Signoria, il 26 di quel mese.
-Ma già molto prima, anzi indubbiamente sin da quando il
-marito di colei ancora viveva, s'era pensato in Vaticano al
-nuovo legame. È fuori di dubbio che nel Natale del 1500
-si parlò pure di un matrimonio col duca di Gravina. Quest'Orsini
-era così poco spaventato della sorte toccata a' due
-mariti di Lucrezia, che nel dicembre venne a Roma per
-impegnarsi con lei. Probabilmente non si mirò che ad adescarlo
-con tale prospettiva per tenersi sicuri de' servizii degli
-Orsini.
-</p>
-
-<p>
-Il disegno di maritar Lucrezia con Alfonso di Ferrara
-era stato immaginato da Alessandro. Egli desiderava questo
-matrimonio così pel meglio della sua diletta figliuola, come
-pel vantaggio di Cesare. Così assicurava a costui non solo
-il possesso della Romagna, che la Repubblica di Venezia
-poteva strappargli, ma gli slargava anche maggior campo
-per dar séguito alle sue mire su Bologna e Firenze. Era
-inoltre un mezzo per far entrare nelle vedute de' Borgia
-anche le dinastie di Mantova e di Urbino, imparentate con
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-quella di Ferrara. Poteva altresì diventare punto di partenza
-per una più grande lega tra la Francia, il Papa, gli
-Stati di Cesare, Ferrara, Mantova e Urbino. E questi alleati
-eran forti abbastanza da assicurare Alessandro e la
-casa sua contro ogni nemico.
-</p>
-
-<p>
-Prima di tutto il re di Francia aveva bisogno del Papa,
-se voleva raffermare lo stato suo in Italia. Possedeva quivi
-Milano, e poteva conquistare la metà del reame di Napoli,
-e quindi tenerlo come feudatario della Chiesa. Difatto
-Spagna e Francia avevano già concluso quello scellerato
-trattato di spartizione di quel reame, cui Alessandro VI poteva
-ancora prestare o rifiutare consentimento.
-</p>
-
-<p>
-Per guadagnare il duca di Ferrara alla sua audace
-proposta, Alessandro si servì primieramente di un modenese,
-che gli era molto devoto, Giambattista Ferrari, antichissimo
-servitore di Ercole, e che egli aveva creato datario
-prima, poi cardinale. Il Ferrari non si peritò di fare al
-duca la proposta di matrimonio, in vista — così scrisse — de'
-grandi vantaggi che dovevano derivarne per lo Stato del
-duca.<a class="tag" id="tag116" href="#note116">[116]</a> L'imbarazzo di Ercole non fu minore di quello, in
-congiuntura simile, provato dal re di Napoli, Federigo. Il
-suo orgoglio ne fu irritato. La figlia, la nobile marchesa
-Isabella di Mantova, e la cognata di costei, Elisabetta di
-Urbino, ne furono fuori di sè. Il giovane Alfonso da parte
-sua manifestò la più profonda ripugnanza. V'era pure che
-s'aveva in animo di sposare il principe erede con una principessa
-della Casa reale di Francia, con Luisa, la vedova del
-duca di Angouleme.<a class="tag" id="tag117" href="#note117">[117]</a> Ercole rispose con un deciso rifiuto.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro aveva previsto la resistenza, ma non disperò
-di abbatterla. Con più viva insistenza fece ancora rappresentare
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-al duca i vantaggi di quella unione e i danni
-del rifiuto: da una parte la sicurtà degli Stati di Ferrara
-e l'accrescimento loro; dall'altra la nimicizia del Papa e
-di Cesare, e forse anche di Francia.<a class="tag" id="tag118" href="#note118">[118]</a> Tanto era certo della
-vittoria, che non faceva mistero alcuno del divisato matrimonio,
-e ne parlò insino in Concistoro con soddisfazione
-come di cosa fatta.<a class="tag" id="tag119" href="#note119">[119]</a> Importava aver favorevole la Corte
-francese. E ciò non fu difficile, mentre appunto in quel
-tempo Luigi XII voleva che l'esercito suo, attraverso lo
-Stato della Chiesa, andasse di Toscana a Napoli, la qual
-cosa non era possibile, senza essere col Papa ne' termini
-della migliore intelligenza. Ma questi poteva soprattutto far
-assegnamento sull'appoggio del cardinale d'Amboise, quello,
-cui Cesare Borgia aveva un tempo portato in Francia
-il cappello rosso, e i pensieri ambiziosi del quale si levavano
-sino al trono papale. E a questo egli sperava poter
-giungere dopo la morte di Alessandro, mediante appunto
-l'influenza dell'amico suo Cesare e de' cardinali spagnuoli.
-</p>
-
-<p>
-Ciò non di meno è un fatto che sul principio Luigi XII
-era risolutamente avverso al matrimonio. Cercò pure sventarlo.
-Da parte sua per niun conto voleva aggrandita la
-potenza di Cesare e del Papa. Desiderava in quella vece
-consolidare durevolmente l'influenza sua su Ferrara, mediante
-l'unione di Alfonso con una principessa francese.
-Alessandro aveva nel maggio spedito in Francia un segretario
-per indurre il re a rendersi mediatore del matrimonio;
-ma questi si mostrò alieno dal farlo.<a class="tag" id="tag120" href="#note120">[120]</a> Egli aveva
-bensì messo ostacolo alla invasione di Cesare nell'Italia
-centrale; cosicchè i tentativi di costui su Bologna e Firenze
-andarono a vuoto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il disegno quindi di matrimonio si sarebbe risoluto
-in nulla, se proprio in quel tempo non fosse capitata la
-spedizione francese per Napoli. A noi è lecito tenere, che
-l'aver il Papa permessa quella dipendesse, oltre gli altri
-motivi, anche dall'assenso dato dal re a quel matrimonio.
-</p>
-
-<p>
-Il 13 giugno 1501 Cesare in persona, nominato già
-dal padre Duca di Romagna, venne secretamente a Roma,
-ove si fermò tre settimane. E anch'egli, per quanto era
-in lui, pose in moto ogni arte per l'effettuazione del disegno.
-Poscia con i suoi soldati seguì il maresciallo francese
-Aubigny. Il quale, muovendo con l'esercito da' pressi
-di Roma, irruppe nel Napoletano per portarvi la più empia
-delle guerre di conquista, fra i cui orrori la casa Aragonese
-doveva in brevissimo tempo trovare la sua rovina.
-</p>
-
-<p>
-Sin dal giugno la Corte francese cedette al desiderio
-del Papa, e cominciò a far valere per lui la propria influenza
-in Ferrara. Ciò risulta da un dispaccio dell'inviato
-ferrarese in Francia del 22 giugno. Egli informava Ercole
-di aver rappresentato al re, come il Papa minacciasse togliere
-al duca lo Stato, ove questi non acconsentisse al
-matrimonio; e il re aver risposto che Ferrara stava sotto
-la sua protezione, e solo insieme con la Francia poteva cadere.
-L'inviato esprimeva il timore che il Papa si servirebbe
-dell'investitura di Napoli, alla quale il re aspirava,
-per ottener presso costui favore al disegno. Da ultimo
-scriveva al duca che monsignor De Trans, il più influente
-uomo che fosse alla Corte del re, lo consigliava ad accettare
-il matrimonio a condizione del pagamento di 200,000
-ducati, della remissione dell'annuo canone per Ferrara,
-e di certi benefizii per i membri della casa d'Este.<a class="tag" id="tag121" href="#note121">[121]</a>
-</p>
-
-<p>
-L'Amboise mandò l'arcivescovo di Narbona e altri
-agenti a Ferrara, perchè persuadessero il duca. Il re stesso
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-gli scrisse. Lo sollecitava a dare il suo assenso, e negava
-ora per Don Alfonso la mano di una principessa francese.
-Contemporaneamente con i messi di Francia, facevan ressa
-intorno al duca gl'inviati del Papa e gli agenti di Cesare.
-Egli fu avviluppato in una rete d'intrighi; e finalmente la
-paura lo indusse a chinare il capo.
-</p>
-
-<p>
-L'8 di luglio faceva già dichiarare a Luigi XII di esser
-pronto ad acconciarsi al voler suo, purchè gli riuscisse
-d'accordarsi col Papa sulle condizioni.<a class="tag" id="tag122" href="#note122">[122]</a> Egli intendeva
-essersi inchinato solo a' comandamenti del re; ma il re a
-sua volta non aveva consigliato il matrimonio per altro,
-se non perchè aveva bisogno del Papa. Nell'atto stesso che
-faceva premura presso Ercole perchè acconsentisse, lo consigliava
-di non affrettarsi a mandare il figliuolo Don Ferrante
-a Roma per condurre a fine la cosa; ma di protrarla
-in lungo quanto più potesse, sinchè egli stesso, il re, non
-fosse nel settembre venuto in Lombardia. Fece bensì assicurare
-Ercole ch'egli stava fermo alla fitta promessa della
-mano di madonna d'Angouleme per Don Alfonso; e apertamente
-esternava il suo dispiacere per quel matrimonio.<a class="tag" id="tag123" href="#note123">[123]</a>
-Diceva all'inviato ferrarese che reputerebbe il duca uomo
-inetto, se volesse sposare il proprio figlio con la figlia del
-Papa; perchè, il giorno che il Papa fosse morto, egli non
-più saprebbe con chi aveva stretto questo parentado; e in
-modo ancora più cieco opererebbe Alfonso, accettando.<a class="tag" id="tag124" href="#note124">[124]</a>
-</p>
-
-<p>
-E infatti anche il duca non si diede fretta punto. È
-vero che mandò a Roma il suo segretario Ettore Bellingeri,
-ma solo per dichiarare al Papa ch'egli voleva ottemperare
-a' desiderii di Francia, posto però che anche
-le domande sue fossero soddisfatte. Il Papa invece e Cesare
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-esigevano la pronta conclusione de' patti matrimoniali,
-e incalzavano presso il cardinale Della Rovere, ch'era
-allora a Milano, per ottenere da Ercole che mandasse a
-lui il figlio Alfonso, affinchè, sotto gli occhi del cardinale
-stesso, l'affare fosse terminato. Ciò il duca negò. Innanzi
-a ogni altra cosa egli voleva che il Papa accettasse
-le condizioni poste al suo consentimento.<a class="tag" id="tag125" href="#note125">[125]</a>
-</p>
-
-<p>
-Mentre queste pratiche umilianti per Lucrezia procedevano
-lentamente, Cesare era in Napoli strumento e
-spettatore della rapida caduta di quella casa d'Aragona,
-da lui tanto odiata, e sul cui trono non gli fu concesso
-elevarsi. Ma Alessandro approfittò dell'occasione per impadronirsi
-de' beni de' baroni del Lazio, specialmente di
-quelli de' Colonna, de' Savelli e degli Estouteville, i quali
-tutti la guerra di Napoli aveva privati d'ogni difesa. La
-confiscazione di quei beni, come presto vedremo, si collegava
-col disegno di matrimonio. Egli aveva fatto occupare
-parecchie città di quei signori già nel giugno 1501,
-valendosi della pressione dell'esercito francese accampato
-presso Roma. Il 27 luglio andò egli stesso a Sermoneta
-con cavalieri e fantaccini.
-</p>
-
-<p>
-Fu allora, che, prima di mettersi in viaggio, pose
-la figlia luogotenente suo in Vaticano. Ecco le parole del
-Burkard: «Prima che Sua Santità, Signor Nostro, lasciasse
-la città, affidò tutto il palazzo e gli affari in corso
-a donna Lucrezia Borgia, sua figlia, e le diede facoltà
-di aprire le lettere indirizzate a Sua Santità; nei casi di
-maggior rilievo essa doveva prender consiglio dal signor
-cardinale di Lisbona.
-</p>
-
-<p>
-»Ora occorse non so qual caso; e dicesi Lucrezia
-essersi rivolta al detto cardinale, esponendogli l'incarico
-del Papa e l'affare. E quegli le disse: ogni volta che il
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-Papa fa delle proposte in Concistoro, il Vicecancelliere o
-un altro cardinale per esso suole sottoscriverle, e prendere
-nota delle opinioni dei votanti; così anche ora fa
-d'uopo che alcuno sottoscriva ciò che è stato detto. Al che
-Lucrezia replicò di saper benissimo scrivere. — Ov'è la
-vostra penna? — domandò il cardinale; Lucrezia capì lo
-scherzo, e sorrise; e così terminarono in modo conveniente
-la conferenza.»
-</p>
-
-<p>
-I negozii dal Papa alla figlia affidati si riferivano realmente
-solo alle cose temporali, non alle ecclesiastiche.
-Pure procedimento così impudente non s'era visto mai. Codesta
-distinzione, la maggior prova di favore che il padre
-potesse darle, muoveva senza dubbio anche da altre ragioni.
-Proprio in quei giorni Alessandro era stato assicurato
-dell'assenso di Alfonso d'Este al matrimonio, e pel
-contento provatone fece Lucrezia reggente in Vaticano.
-Questo volle quasi significare da parte sua il riconoscimento
-di una persona politica nella futura duchessa di Ferrara.
-E imitava così l'esempio di Ercole e di molti altri principi,
-che, dovendo assentarsi dagli Stati loro, solevano
-affidarne i negozii alle mogli.
-</p>
-
-<p>
-Non era stato facile al duca di vincere l'avversione
-del figliuolo. Perchè niente poteva tanto profondamente offendere
-il giovane principe, quanto il domandargli che facesse
-di Lucrezia Borgia la moglie sua. Non lo sgomentava
-già l'origine illegittima. Questa macchia non aveva
-gran peso in quel tempo in cui i bastardi fiorivano, ed
-erano per tutto in auge ne' paesi latini. Molte dinastie
-italiane n'erano intinte, gli Sforza, i Malatesta, i Bentivoglio,
-anche gli Aragonesi di Napoli. Anzi lo stesso magnifico
-Borso, primo duca di Ferrara, era stato fratello illegittimo
-di Ercole, suo successore. Se non che Lucrezia era la
-figlia di un Papa; era nata da un sacerdote. E in ciò, pel
-sentimento degli Este, stava il lato ignominoso della sua
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-origine, forse anco uno scrupolo religioso. Nè la vita licenziosa
-del padre, nè i delitti di Cesare potevano far calare
-la bilancia della morale della corte di Ferrara. Nondimeno
-niuna casa principesca fu giammai così corrotta da
-non curarsi punto della fama di una donna, che fosse destinata
-a divenire uno de' suoi membri più importanti.
-</p>
-
-<p>
-Alfonso doveva essere il marito di una giovane, che,
-ancora in età di 21 anno, aveva già corso tante vicende.
-Due volte promessa legalmente sposa, due volte maritata,
-due volte per vie criminose rimasta vedova. La riputazione
-di Lucrezia ispirava veramente ripugnanza. E non era possibile
-che Alfonso, tuttochè uomo galante e mondano,
-credesse alla virtù sua, anche negando fede a' più turpi
-rumori che sul conto di lei correvano. La cronaca scandalosa
-di ciò che accadeva in una corte si diffondeva allora
-rapida, come oggidì, di corte in corte. Mercè gli agenti
-suoi il duca, e con lui il figlio, erano appuntino informati
-di quanto realmente succedeva nella famiglia Borgia, e
-anche di ciò che s'inventava sul conto della stessa. Gli
-abominevoli motivi, che l'oltraggiato Sforza aveva attribuiti
-al padre di Lucrezia per lo scioglimento del suo matrimonio,
-erano stati immediatamente riferiti al duca a Ferrara.
-Un anno dopo l'agente di costui in Venezia gli aveva
-partecipato, accertarsi da Roma che la figlia del Papa
-aveva partorito un bambino illegittimo.<a class="tag" id="tag126" href="#note126">[126]</a> Oltracciò tutte
-quelle satire, con le quali i nemici de' Borgia non risparmiavano
-nemmeno Lucrezia, erano ben note alla corte di
-Ferrara, e sicuramente v'erano state gustate con maligno
-riso. Converrà egli ora credere che gli Este reputassero quei
-rumori e quelle satire come appieno fondate, e che, malgrado
-di ciò, passando sopra all'onor loro, si fossero contentati
-d'introdursi in casa una Taide, invece di seguire, con pericoli
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-di gran lunga minori, l'esempio di Federigo di Napoli,
-che costantemente ricusò la mano di sua figlia a Cesare
-Borgia?
-</p>
-
-<p>
-Qui è il caso di sottoporre le imputazioni di Lucrezia
-ad un esame, il quale per avventura sarà breve, dopo
-quel che con tanto successo n'è stato già detto dal Roscoe
-e da altri. La serie de' suoi accusatori tra i contemporanei
-non è piccola. Per non citare che i più notevoli, d'incesto
-l'hanno accusata in modo esplicito o per allusione i poeti
-Sannazzaro e Pontano; gli storici e politici Matarazzo,
-Marco Attilio Alessio, Pietro Martire, Priuli, Machiavelli
-e Guicciardini. Da costoro presero in prestito il giudizio loro
-i posteri, a venire giù giù sino al tempo nostro. Dall'altro
-canto stanno i lodatori di Lucrezia, contemporanei e
-loro successori sino al presente.
-</p>
-
-<p>
-Fissiamo bene primieramente questo punto. Gli accusatori
-e le accuse contro Lucrezia non possono riferirsi che
-al periodo di sua vita in Roma; e gli ammiratori non si
-mostrano che nel secondo periodo, quando essa era duchessa
-di Ferrara. Tra questi ultimi non sono uomini
-meno celebri che tra gli accusatori: Tito ed Ercole Strozzi,
-il Bembo, Aldo Manuzio, il Tebaldeo, l'Ariosto, tutti i cronisti
-di Ferrara e il biografo francese del Bayard. Essi fan
-tutti testimonianza dell'onoratezza di quella durante il periodo
-di Ferrara, ma non del suo passato in Roma. Epperò il
-difensore di Lucrezia non può attingere da loro che prove
-negative. A lui convien dire che personaggi nobili, come
-l'Aldo, il Bembo, l'Ariosto, malgrado della loro tendenza all'adulazione
-cortigiana, non potevano esser mai tanto impudenti
-da magnificare una donna come l'ideale delle donne
-del tempo loro, dove l'avessero stimata colpevole o anche
-capace soltanto di quelle turpitudini, nelle quali poco innanzi
-era incorsa. In tal caso l'Ariosto stesso diventerebbe
-per noi un uomo abominevole.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-</p>
-
-<p>
-Che se ora interroghiamo gli accusatori di Lucrezia,
-solo i testimoni di Roma possono avere un valore reale. Il
-più accanito de' nemici di quella, il Guicciardini, non
-appartiene al novero di costoro. Ciò ch'egli riferisce sul
-conto di lei non ha altrimenti determinato il giudizio dei
-posteri, se non perchè egli era uomo di Stato e storico
-famoso. Egli stesso attinse la sua opinione o alle voci che
-correvano o alle satire del Pontano e del Sannazzaro. E
-ambo questi poeti vivevano a Napoli, non a Roma. I loro
-epigrammi non provano che l'odio ben fondato contro
-Alessandro e Cesare, istrumenti della caduta degli Aragonesi,
-e mostrano di quanta atrocità uomini perversi come
-quelli potessero esser tenuti capaci.
-</p>
-
-<p>
-Di molto maggior peso dovrebb'essere la parola del
-Burkard, osservatore quotidiano degli avvenimenti in Vaticano.
-Contro di lui s'è particolarmente rivolto il furore
-dei papisti, pe' quali egli è ancora oggi la fonte velenosa,
-cui i nemici del Papato, soprattutto i protestanti, avrebbero
-attinto le loro calunnie sul conto di Alessandro VI.
-Il furore si spiega. Il <i>Diario</i> del Burkard, oltre il giornale
-dell'Infessura, che già sino dagl'inizii del 1494
-rimane interrotto, è l'unico scritto composto in Roma intorno
-alla Corte di Alessandro, ed ha al tempo stesso un
-carattere officiale. Ma quei, che sono usi a palliare ogni
-azione papale, avrebbero frenato il loro odio contro il Burkard,
-dove avessero conosciuto le relazioni degli ambasciatori
-veneti e i dispacci di tanti altri inviati, di cui qui
-s'è fatto tesoro.
-</p>
-
-<p>
-Il Burkard è così poco malevolo da tacere tutte le relazioni
-intime di Alessandro. Egli nota soltanto fatti, non
-voci vaghe; ed anche quelli attenua o diplomaticamente vi
-stende sopra un velo. Non egli, ma l'ambasciatore veneto,
-Polo Capello, informa come Cesare Borgia pugnalasse il
-cameriere Perotto, che s'era rifugiato sotto il manto del
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-Pontefice. Che Cesare avesse ammazzato il fratello Gandia,
-lo dice apertamente lo stesso ambasciatore, e lo dice pure
-un agente ferrarese: il Burkard non ne fa motto.<a class="tag" id="tag127" href="#note127">[127]</a> Egli non
-parla neppure del fatto di aver Cesare spedito all'altro
-mondo il cognato Alfonso. Le relazioni de' membri della
-famiglia Borgia tra loro o con persone estranee, come i
-Farnesi, i Pucci e gli Orsini; tutta quella immensa rete
-d'intrighi nella Corte del Papa; la lunga serie di delitti commessi;
-le estorsioni di danaro; il mercato di cappelli cardinalizii;
-e tante altre cose, delle quali i dispacci degl'inviati
-son pieni; tutto ciò non lo apprendiamo dal Burkard.
-Vannozza stessa egli non nomina che una volta sola, e
-nemmeno sotto il suo nome esatto. Nulla di meno due luoghi
-soltanto di quel <i>Diario</i> hanno principalmente suscitata
-la massima irritazione: la notizia dell'orgia delle 50 cortigiane
-in Vaticano, e l'accusa contro i Borgia nella lettera
-anonima a Silvio Savelli. Questi due luoghi si trovano riprodotti
-in tutte le copie conosciute, e, senza dubbio, derivano
-dall'originale del <i>Diario</i>. Che la lettera a Silvio non
-sia invenzione del Burkard nè di protestanti male intenzionati,
-lo mostra il fatto, che anche Marin Sanuto l'ha
-inserita nel suo <i>Diario</i>. Che similmente nè il Burkard nè
-altri venuti più tardi abbiano escogitata la favola del baccanale
-in Vaticano, lo mostra appunto quella lettera, il cui
-autore vi si riferisce come a fatto conosciuto. E lo prova
-anche il Matarazzo da Perugia. Perchè anch'egli lo racconta,
-non dietro le parole del Burkard, il cui manoscritto
-difficilmente potè mai vedere; ma dietro notizie da lui direttamente
-attinte. Egli osserva di più, che a queste dava
-piena fede, perchè l'accaduto — dic'egli — è stato conosciuto
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-per ogni dove, e io n'ho scritto, perchè le persone
-che me lo hanno assicurato non sono soltanto il popolo
-romano, ma l'italiano.
-</p>
-
-<p>
-Questa osservazione fa chiaramente scoprire la fonte
-dello scandaloso racconto: la tradizione popolare. Forse dovette
-formarsi in occasione di qualche festa data realmente
-da Cesare nell'abitazione sua in Vaticano. Colà un'orgia
-di quella natura o qualcosa di simile può bene aver avuto
-luogo. Pure chi oserà credere che Lucrezia stessa, già legalmente
-moglie di Alfonso d'Este, e in procinto di partirsi
-per Ferrara, abbia potuto assistervi come spettatrice col
-sorriso sulle labbra?
-</p>
-
-<p>
-Del rimanente, quello è l'unico luogo nel <i>Diario</i> del
-Burkard, ove Lucrezia apparisca sotto luce sì brutta. In
-niun altro ha detto di lei nulla di disonorevole. Non si
-può dunque in quello cercar la conferma delle accuse dei
-Napoletani e del Guicciardini. E come non nel <i>Diario</i>, così
-la non si trova neppure altrove; quando non si attribuisca
-al Matarazzo un'autorità, cui non può pretendere. Egli
-racconta che Giovanni Sforza scoprisse le criminose relazioni
-di sua moglie con Cesare e con Don Juan; e a questa
-scoperta si aggiungesse un sospetto anche più orrendo;
-ond'egli, lo Sforza, avrebbe perciò ammazzato il Gandia e
-sarebbe quindi fuggito da Roma; ed in conseguenza Alessandro
-avrebbe fatto sciogliere il matrimonio di lui. Anche
-a prescindere da sì mostruosa opinione, stando alla quale
-la stessa donna nel tempo medesimo si sarebbe resa colpevole
-di un triplice incesto, il racconto del Matarazzo contiene
-un'inesattezza storica, perchè lo Sforza aveva abbandonato
-Roma già due mesi innanzi la morte del Gandia.
-</p>
-
-<p>
-Il dispaccio autentico dell'inviato ferrarese in Milano,
-del 23 giugno 1497, ha chiarito in modo incontrastabile
-che l'autore vero di quelle voci su Lucrezia fu il marito
-ignominiosamente ripudiato. Di certo, niuno meglio di colui
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-poteva allora conoscere il carattere e la maniera di vivere
-di Lucrezia. Nondimeno avanti a qualunque tribunale,
-in ogni tempo, lo Sforza sarebbe l'ultimo de' testimoni,
-il deposto del quale meritasse fede. Acceso d'odio e di
-vendetta, attribuì all'indegno Papa quei turpissimi motivi
-allo scioglimento del matrimonio. E il sospetto da lui manifestato
-si diffuse e prese le proporzioni di una voce; e di
-voce in voce divenne opinione. Ma è pur singolare che
-Guido Postumo, il fedele partigiano dello Sforza, che vendicava
-l'oltraggio del suo signore con epigrammi contro
-Alessandro, nè abbia espresso quel sospetto, nè in generale
-fatto mai menzione di Lucrezia.<a class="tag" id="tag128" href="#note128">[128]</a>
-</p>
-
-<p>
-Sospetto simile non trasparisce da alcuno de' molti dispacci
-contemporanei. Solo in una lettera privata presso il
-Malipiero da Roma del 17 giugno 1497 e nella Relazione di
-Polo Capello si accenna alle voci dell'oscena relazione della
-sorella col fratello Don Juan.<a class="tag" id="tag129" href="#note129">[129]</a> Sarebbero forse stati solo codesti
-rumori cagione, che niuno abbia giammai riferito di
-relazioni amorose di Lucrezia con altra persona conosciuta
-non fosse che di nome; tuttochè in Roma tanti cortigiani,
-tanti giovani baroni e cardinali licenziosi fossero quotidianamente
-in contatto con lei? Difatto sul conto di questa bella
-e giovane donna non è dato scoprire una traccia sola di un
-vero intrigo amoroso. Anche la voce di quell'ambasciatore,
-che non da Roma, ma da Venezia mandava a Ferrara la nuova,
-aver Lucrezia partorito un bambino, non è che una voce
-solitaria, che non trova riscontro di sorta. Lucrezia era
-allora separata già da un anno dal marito Giovanni Sforza.
-<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
-Si ammetta pure che la voce fosse fondata, e che Lucrezia
-si fosse stretta in relazione d'amore con qualcuno in Roma,
-la cui persona ci è rimasta sconosciuta. Ma, e che forse
-relazioni e passi falsi di tal natura non sono frequenti abbastanza
-nella società di ogni tempo? Anche oggi siam facili
-a perdonarli soprattutto nelle classi elevate.
-</p>
-
-<p>
-Niuno può indursi a credere che Lucrezia Borgia,
-in mezzo alla corruzione romana e in quella cerchia di
-persone cui apparteneva, potesse mantenersi immacolata.
-Ma dall'altra parte niun uomo spregiudicato avrà animo
-di affermare che siasi resa colpevole di quelle turpitudini
-senza nome. Se si suppone possibile nella natura di una
-giovane l'inconcepibile forza, di cui l'uomo più dissoluto
-e più rotto al vizio appena è capace, di saper, cioè, nascondere
-l'intimo disfacimento morale, che in tutto l'essere
-spirituale il più infame dei delitti non può non generare,
-di nasconderlo, dico, sotto la maschera di una grazia
-sorridente; bisognerebbe allora dire che Lucrezia Borgia
-nel magistero della ipocrisia abbia posseduto potenza trascendente
-ogni limite dell'umano. Ma nulla entusiasmava
-tanto i Ferraresi quanto la grazia sempre serena e gioviale
-della sposa di Alfonso. Ogni donna sensibile può giudicare
-se fosse Lucrezia in grado di manifestarsi in tal guisa, posto
-che covasse nell'animo tanta colpa; e se il viso della
-moglie di Alfonso d'Este, nell'effigie del 1502, potesse
-esser quello della inumana furia nell'epigramma del Sannazzaro.
-</p>
-
-<h3>XIX.</h3>
-
-<p>
-Lotte durissime ebbe a sostenere il principe erede di
-Ferrara prima di cedere alle insistenze del padre. E questi
-insisteva pel matrimonio con tanta fermezza da dichiarargli,
-che dovrebbe risolversi ad unirsi egli stesso con
-<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
-la Lucrezia ove il figlio s'ostinasse nel diniego. E quando
-il figlio ebbe consentito, quando l'orgoglio del duca fu
-ridotto al silenzio, Ercole riguardò il matrimonio puramente
-come un vantaggioso affare di Stato. Egli vendette
-l'onore della casa sua al più alto prezzo possibile. Gli
-agenti papali in Ferrara, spaventati dalle sue esigenze,
-mandarono Raimondo Romolini per darne a Roma contezza.
-E Alessandro impetrò la mediazione del re di Francia
-per ottenere condizioni più miti. Una lettera dell'ambasciatore
-di Ferrara in Francia è il mezzo migliore per
-chiarirci su questo punto:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Signor mio.
-</p>
-
-<p>
-»Ieri l'ambasciatore del Papa mi disse, avergli Sua
-Santità scritto come Vostra Eccellenza abbia mandato un
-messo in Roma, domandando 200,000 ducati, l'affrancamento
-dall'annuo canone, la concessione del giuspatronato
-pel Vescovado di Ferrara mercè decisione concistoriale,
-e molte cose altre. Aggiunse aver il Papa offerto
-100,000 ducati. Quanto al rimanente, dover Vostra Eccellenza
-fidare in lui, che col tempo le concederà quel
-che vuole e solleverà tanto alta la casa degli Este, che
-ciascuno dovrà riconoscere l'amor suo per la stessa. Mi
-disse inoltre essere stato incaricato di pregare Sua Maestà
-Cristianissima, perchè scriva all'Illustrissimo Cardinale, e
-voglia questi esortare l'Eccellenza Vostra a contentarsi di
-tali offerte. Qual fedel servitore di Vostra Eccellenza ricordo
-all'uopo, benchè sia superfluo, che dove tal matrimonio
-abbia a farsi, ella lo concluda in guisa tale e con tanta sicurezza,
-che la <i>lunga promessa con l'attender corto</i> non abbia
-poscia a farnela pentire. In altra lettera ho partecipato
-a Vostra Eccellenza, come il Re Cristianissimo m'abbia
-detto, che in questo affare egli null'altro vuole che il
-volere di Vostra Eccellenza. Onde, se la cosa deve farsi,
-ella cerchi cavarne il maggior profitto possibile; ma se
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-non può farsi, Sua Maestà è sempre pronto a dare a Don
-Alfonso quella dama, la cui mano l'Eccellenza Vostra
-voglia per lui richiedere in Francia. — Di Vostra Ducale
-Eccellenza servitore Bartolomeo Cavaleri. Lione, 7 agosto
-1501.»
-</p>
-
-<p>
-Alessandro non voleva mandar la figlia a Ferrara a
-mani vuote. Ma la dote, che Ercole esigeva, era troppo;
-era più grossa ancora di quella che Bianca Sforza aveva
-portata all'imperatore Massimiliano, e ledeva troppo vivamente
-le leggi canoniche. Perchè, oltre l'ingente somma
-di danaro, il duca domandava l'esonerazione dall'annuo
-tributo verso la Chiesa pel feudo di Ferrara; la cessione
-di Cento e di Pieve, città appartenenti all'Arcivescovado
-di Bologna; la cessione pure di Porto Cesenatico; e gran
-numero di benefizii in favore della famiglia Este. Le negoziazioni
-fervevano; pure tanto forte era il desiderio del
-Papa di assicurare alla figliuola il trono del Ducato di Ferrara,
-che si dichiarò pronto ad annuire in massima alle
-esigenze di Ercole. Alla qual cosa lo indusse anche l'avviso
-di Cesare.<a class="tag" id="tag130" href="#note130">[130]</a> Lucrezia stessa non faceva meno pressa intorno
-al padre, perchè cedesse. Da quel tempo in poi essa
-fu il miglior avvocato del duca in Roma. Ed Ercole riconosceva,
-che principalmente alla sagacia di lei si doveva
-se era riuscito nelle pretensioni sue.
-</p>
-
-<p>
-Le negoziazioni presero sì prospero avviamento alla
-fine del luglio o sui primi d'agosto. E di questo tempo
-sono le prime lettere del duca a Lucrezia e al Papa, conservate
-nell'Archivio di Stato di casa d'Este.
-</p>
-
-<p>
-Il 6 agosto Ercole scrisse alla futura nuora, che le
-raccomandava Agostino Huet — un segretario di Cesare — come
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-agente, che nel condurre le negoziazioni aveva mostrato
-il più premuroso fervore.
-</p>
-
-<p>
-Il 10 agosto espose al Papa sin dove fossero procedute
-le pratiche, e pregavalo di non trovar eccessive le sue domande.
-Ripetè lo stesso in altra lettera del 21, dove, con
-un fare da mercatante, le metteva in risalto, mostrandole di
-piccolo e quasi di niun momento.
-</p>
-
-<p>
-Frattanto la notizia del divisato matrimonio s'era
-sparsa pel mondo e divenuta motivo a riflessioni diplomatiche.
-Imperocchè nè alle potenze d'Italia nè alle straniere
-poteva far comodo che il Papato s'aggrandisse tanto. Firenze
-e Bologna, alla cui conquista Cesare mirava, vivevano
-in sospetto. La Repubblica di Venezia, in continua tensione
-con lo Stato di Ferrara ed agognante alle coste della Romagna,
-non dissimulava il suo malumore, anzi attribuiva
-tutto il disegno all'ambizione di Cesare.<a class="tag" id="tag131" href="#note131">[131]</a> Il re di Francia
-mostravasi contento della cosa, solo perchè non poteva
-stornarla; altrettanto faceva la Spagna. Ma Massimiliano ne
-fu così irritato, che cercò impedire il matrimonio. Ferrara
-cominciava appunto a toccare quell'importanza politica,
-che aveva avuta Firenze al tempo di Lorenzo dei Medici.
-E da qualsiasi parte si schierasse, era quindi cosa di troppo
-peso; ed all'imperatore germanico non poteva essere indifferente
-la stretta unione di tale Stato col Papato e con
-la Francia. Oltracciò moglie di Massimiliano era Bianca Sforza;
-e altri membri e partigiani della caduta casa, nemici
-accaniti de' Borgia, vivevano alla Corte tedesca.
-</p>
-
-<p>
-L'imperatore mandò nell'agosto lettere a Ferrara,
-con le quali sconsigliava Ercole dall'imparentarsi col Papa.
-Questa manifestazione di Massimiliano non poteva che
-giungere desiderata ad Ercole. Mercè quella, poteva esercitar
-pressione sul Papa. E difatto ne diede a costui comunicazione,
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-assicurandolo però di essere irremovibile
-nella presa determinazione. Quindi incaricò il suo consigliere
-Gianluca Pozzi di rispondere all'imperatore.<a class="tag" id="tag132" href="#note132">[132]</a> La
-lettera di Ercole al suo cancelliere porta la data del 25 agosto;
-ma, prima ancora che il contenuto di essa fosse noto
-a Roma, il Papa s'era affrettato ad accettare le condizioni
-del duca e a concludere il contratto matrimoniale. Il che
-ebbe luogo con atto legale stipulato in Vaticano il 26 agosto
-1501.<a class="tag" id="tag133" href="#note133">[133]</a>
-</p>
-
-<p>
-Senza ritardo il Papa lo trasmise ad Ercole per mezzo
-del cardinal Ferrari. Don Ramiro Romolini con altri procuratori
-andaron subito a Ferrara.<a class="tag" id="tag134" href="#note134">[134]</a> Ivi, nel Castello di Belfiore,
-fu il primo settembre 1501 concluso <i>ad verba</i> il matrimonio.
-</p>
-
-<p>
-Il giorno stesso il duca scrisse a Lucrezia, che se insino
-allora l'aveva amata per le virtù sue e anche per riguardo
-al Papa e al fratello Cesare, ora invece l'amava
-più che figlia. In termini altrettanto espansivi scrisse pure
-ad Alessandro. Gli comunicò la conclusione del matrimonio,
-e lo ringraziò pel conferimento della dignità di Arciprete
-di San Pietro al cardinale Ippolito suo figlio.<a class="tag" id="tag135" href="#note135">[135]</a>
-</p>
-
-<p>
-Meno diplomatico fu il linguaggio di Ercole nella lettera,
-con la quale dava partecipazione del fatto al marchese
-Gonzaga. Vi faceva chiaramente trasparire la sua freddezza;
-e scusavasi insieme di essere stato costretto a quel
-passo.
-</p>
-
-<p>
-«Illustre Signore e fratello nostro amatissimo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-</p>
-
-<p>
-»Significammo a Vostra Eccellenza la risoluzione
-presa a' dì passati di acconsentire ad attendere alle pratiche
-pel parentado con Sua Santità, togliendo la illustrissima
-Donna Lucrezia Borgia, sorella dell'illustrissimo Duca
-di Romagna e Valenza, per moglie del nostro primogenito
-Don Alfonso. A ciò ci spinsero principalmente le esortazioni
-di Sua Maestà Cristianissima; sempre che però fossimo
-d'accordo con Sua Santità su tutte le particolarità
-spettanti al matrimonio stesso. Ora, essendosi tale affare
-trattato, Sua Santità e Noi siamo restati concordi; e il Re
-Cristianissimo ha continuato a farci istanza che si venga
-alla conclusione del matrimonio, per mezzo degli ambasciatori
-francesi e procuratori di Sua Beatitudine. E questa
-mattina si è fatta la pubblicazione. Di che m'è parso dare
-incontanente avviso all'Eccellenza Vostra, perchè l'intima
-unione e l'amore reciproco fa che ella prenda interesse e
-partecipi a tutto ciò che ci riguarda. E così al beneplacito
-suo ci offriamo sempre pronti.
-</p>
-
-<p>
-»Ferrara, 2 settembre 1501.»<a class="tag" id="tag136" href="#note136">[136]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il 4 settembre un corriere portò la nuova che il contratto
-di matrimonio era stato sottoscritto a Ferrara. Alessandro
-fece immediatamente tirare colpi di cannone da
-Castel Sant'Angelo e illuminare il Vaticano. Tutta Roma
-risuonò delle grida di gioia de' partigiani di casa Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Questo momento fu il punto culminante nella vita di
-Lucrezia. Se ambizione e brama di mondana grandezza albergavano
-nell'anima sua, oramai aveva la certezza di salire
-su uno de' più antichi troni principeschi d'Italia. Che
-se invece rimorso e avversione per tutto ciò che in Roma
-la circondava, ed aspirazione ad uno stato migliore erano
-in lei più forti di quei vanitosi sentimenti, oramai un tranquillo
-porto le s'apriva d'innanzi. Essa diventava moglie
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-di un principe, che non aveva fama di uomo geniale e finamente
-colto, ma di pratico e amante della pace. Lo aveva
-visto nella sua prima gioventù, quando quegli venne a
-Roma ed ella era la promessa dello Sforza. Nessun sacrifizio
-forse le sarebbe parso troppo duro, pur di cancellare
-le rimembranze di quei nove anni nell'intervallo trascorsi.
-La vittoria ch'ella ora, grazie all'assentimento di casa
-d'Este, aveva riportata, andava congiunta con una profonda
-umiliazione. A lei non era ignoto che Alfonso, solo
-dopo lunga resistenza e costretto, s'era lasciato andare ad
-accettarne la mano. Una donna audace e di spirito intrigante
-sarebbe passata sopra a siffatta umiliazione, forte nella coscienza
-del suo genio e delle arti sue. Altra, anche meno
-forte, ma bella e dotata di grazia, avrebbe potuto provare
-grande attrattiva all'idea di disarmare un uomo ricalcitrante,
-mercè il fascino della sua persona. Ma la questione,
-se fosse dell'onor suo maritarsi con un uomo, che non
-l'aveva voluta per libera elezione, ovvero, se l'orgoglio di
-una donna nobile non dovesse respingere un matrimonio
-in condizioni simili; codesta questione, una donna vana
-come Lucrezia, forse non se la pose mai; o se lo fece,
-certo, nè Cesare nè il padre le consentirono di esternare
-un dubbio così poco diplomatico. Noi non scopriamo in
-lei alcuna traccia d'orgoglio morale. Vediamo soltanto i
-segni di una gioia fanciullescamente ingenua per la fortuna
-che le era toccata.
-</p>
-
-<p>
-Il 5 settembre fu vista per Roma con 300 cavalieri e
-quattro vescovi. Andò a render grazie in Santa Maria del
-Popolo. E, secondo il curioso costume del tempo, quando,
-come ne' drammi del Calderon e dello Shakspeare, col serio
-s'innestava sempre il comico, Lucrezia regalò il prezioso
-vestito, col quale era stata a pregare, al suo giullàre di
-corte. Ed il buffone, giubilando per le vie di Roma,
-gridava: «Viva la illustrissima duchessa di Ferrara! Viva
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-il papa Alessandro!» Il grande avvenimento fu festeggiato
-da' Borgia e da' partigiani loro con clamorose dimostrazioni.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro raccolse un Concistoro, quasi questa faccenda
-di famiglia fosse un importante affare della Chiesa.
-Lodò con ostentazione infantile il duca Ercole, chiamandolo
-il più grande e il più savio principe d'Italia; lodò
-anche Don Alfonso, uomo più bello e più possente di
-suo figlio Cesare, e che per prima moglie aveva avuto la
-sorella dell'imperatore. Disse Ferrara essere uno Stato
-prospero, e la casa d'Este antica. Disse anche verrebbe
-ben presto a Roma un corteo nuziale di signori a prendere
-la sposa, e che questa sarebbe accompagnata dalla duchessa
-di Urbino.<a class="tag" id="tag137" href="#note137">[137]</a>
-</p>
-
-<p>
-Cesare Borgia il 14 settembre ritornò da Napoli, dove
-Federigo, ultimo re di quel paese della casa d'Aragona,
-aveva dovuto arrendersi alla Francia. Con soddisfazione
-rivide la Lucrezia già qual futura duchessa di Ferrara.
-Il 15 giunsero gl'inviati di Ercole, Saraceni e Bellingeri.
-Essi dovevano adoperarsi, perchè gli obblighi dal Papa
-assunti fossero adempiuti il più presto possibile. Il duca
-non si fidava di lui: egli era uomo pratico. Non intendeva
-mandare il corteo per la sposa prima di aver nelle mani
-le Bolle. Lucrezia appoggiava gl'inviati con tanto calore,
-che il Saraceni scriveva al suo signore, quella parergli già
-essere ottima ferrarese.<a class="tag" id="tag138" href="#note138">[138]</a> Ella assisteva alle negoziazioni
-in Vaticano, nelle quali Alessandro, a dimostrare la sua
-abilità linguistica, a volte si serviva senza intoppo del latino.
-Un giorno, per riguardo alla figlia, comandò di adoperare
-l'italiano. Il che prova che Lucrezia nel latino
-non era forte abbastanza.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-</p>
-
-<p>
-Da' dispacci degl'inviati risulta che in Vaticano si era
-di molto buon umore. Colà canti, suoni e balli ogni sera.
-Uno de' più grandi diletti per Alessandro era assistere alla
-danza di belle donne. E quando Lucrezia e le dame di
-corte ballavano, ei soleva introdurre gl'inviati di Ferrara
-perchè ammirassero la bellezza di sua figlia. Sorridendo,
-diceva loro una sera, che voleva avessero visto la duchessa
-non essere zoppa.<a class="tag" id="tag139" href="#note139">[139]</a>
-</p>
-
-<p>
-Fu instancabile nel passare così le notti; mentre insino
-Cesare, giovane e rigoglioso, ne fu stanco. Quando
-questi si degnò concedere udienza agl'inviati, grazia che,
-come scrivevano a Ferrara, appena i cardinali potevano
-ottenere, gli ricevette vestito, ma stando a letto. E al proposito
-il Saraceni notava nel suo dispaccio: «Temevo ch'ei
-fosse malato, avendo iersera ballato senza smetter mai;
-e anche oggi farà altrettanto dal Papa, presso il quale
-l'illustrissima Duchessa va a cena.»<a class="tag" id="tag140" href="#note140">[140]</a> Fu per Lucrezia un sollievo,
-che il Papa per alcuni giorni andasse a Civitacastellana
-e Nepi. Il 25 settembre gl'inviati scrivevano a Ferrara:
-«Questa illustrissima Madonna continua ad essere
-un po' indisposta e a sentirsi molto debole. Malgrado di ciò,
-non prende medicine, nè tralascia la trattazione degli affari,
-e dà udienza come di solito. Noi crediamo che l'indisposizione
-non avrà altra conseguenza, perchè sua Eccellenza
-si riguarda. Anche la quiete in questi giorni, in cui
-Sua Santità sarà assente, le farà bene; perchè sin qui,
-ogni volta che Sua Eccellenza andò dal Papa, si fece musica
-e ballo sin verso le 2 o le 3 della notte, e questo le
-ha fatto molto danno.»<a class="tag" id="tag141" href="#note141">[141]</a>
-</p>
-
-<p>
-Un affare penoso, di cui il Papa ebbe allora ad occuparsi
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-con gl'inviati, riguardava Giovanni Sforza, l'espulso
-e divorziato marito di Lucrezia. Che cosa si temesse da lui,
-lo dice questo dispaccio ad Ercole:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Principe ed eccellentissimo Signor nostro. — Poichè
-Sua Santità il Papa prende in debita considerazione
-le cose che potrebbero cagionare dispiacere
-all'animo non solo di Vostra Eccellenza e dell'illustrissimo
-Don Alfonso, ma altresì della signora Duchessa e
-anche al suo proprio, così ci ha incaricati di scrivere a
-Vostra Eccellenza e avvertirla a fare in guisa, che il signor
-Giovanni di Pesaro, che, come all'Eccellenza Vostra è stato
-riferito, è in Mantova, non abbia a ritrovarsi in Ferrara
-al tempo delle nozze. Imperocchè, comunque la separazione
-di lui dalla nominata signora Duchessa sia assolutamente
-legittima e compiuta conforme alla pura verità,
-come pubblicamente consta non solo pel processo fatto in
-questa causa, ma anche per la libera confessione di esso
-Don Giovanni; nulladimeno un residuo di mal animo potrebbe
-pur forse essergli sempre addentro rimasto. Per
-il che, trovandosi in luogo, ove la detta Signora potesse
-essere da lui veduta, Sua Eccellenza sarebbe perciò costretta
-a sequestrarsi in qualche camera, onde le cose
-passate non abbiano a tornarle in mente. Egli quindi
-esorta Vostra Eccellenza a voler provvedere a ciò con la solita
-sua prudenza. Poscia Sua Santità entrò a parlare degli
-affari del signor marchese di Mantova, rimproverando acremente
-a Sua Eccellenza che soltanto essa désse asilo e
-spettacolo di gente fallita e bandita non solo dal Papa,
-ma anche dal Re Cristianissimo. Per verità, noi ci sforzammo
-di scusare il signor Marchese, dicendo che, liberalissimo
-com'egli è, si sarebbe vergognato di negare adito
-nelle terre sue a quei che vi riparavano, massime a signori.
-E per corroborare la nostra tèsi ci servimmo di
-tutte le parole più accomodate al caso. Nulladimeno Sua
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-Santità non parve restar ben soddisfatta delle nostre scuse.
-Per conseguenza l'Eccellenza Vostra intenda il tutto,
-e nella prudenza sua impartisca gli ordini che stimerà
-espedienti e al proposito. E così umilmente ci raccomandiamo
-alla grazia di Vostra Eccellenza.
-</p>
-
-<p>
-»Roma, 23 settembre 1501.»<a class="tag" id="tag142" href="#note142">[142]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dietro le premure di Ercole il 17 settembre fu portata
-innanzi al Concistoro la quistione circa la diminuzione
-del canone di Ferrara da 400 ducati a 100 fiorini. Si temeva
-una vigorosa opposizione. Alessandro espose tutto
-quello che Ercole aveva fatto per Ferrara: la fondazione di
-chiese e monasteri, e soprattutto l'aver fortificato la città;
-cosicchè quella era diventata un baluardo dello Stato della
-Chiesa. I cardinali erano stati favorevolmente predisposti
-dal cardinale di Cosenza, creatura di Lucrezia, e da messer
-Troche, il confidente di Cesare. Consentirono alla diminuzione;
-e il Papa gli ringraziò, lodando specialmente i
-più anziani, mentre i più giovani, sue proprie creature,
-si eran pure mostrati più renitenti.<a class="tag" id="tag143" href="#note143">[143]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il giorno stesso fu presa una decisione intorno a' possedimenti
-strappati ai baroni da lui proscritti il 20 agosto.
-Questi beni, che comprendevano una gran parte della
-Campagna Romana, furono divisi in due territorii. L'uno
-ebbe per centro Nepi; l'altro Sermoneta: luoghi, a' quali
-Lucrezia, che n'era signora, quindi innanzi rinunziava.
-Alessandro investì de' due ducati i due bambini Giovanni
-Borgia e Rodrigo. Del primo di questi egli aveva innanzi
-attribuito la paternità al figlio Cesare; ma poi apertamente
-dichiarò esserne padre egli stesso.
-</p>
-
-<p>
-Quasi non si presterebbe fede a tanta impudenza senza
-esempio. Pure i documenti stan lì: due Bolle indirizzate
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-all'amato figliuolo, il <i>Nobile Giovanni De Borgia e Infante
-romano</i>: entrambi sotto la data del primo settembre 1501.
-Nel primo Alessandro dichiarava Giovanni, bambino di tre
-anni, esser figlio illegittimo di Cesare Borgia, di uomo celibe
-(e celibe difatti era ancora alla nascita di quello) e di
-donna celibe del pari. Per potestà apostolica lo legittimava
-e investiva di tutti i diritti de' suoi parenti. Nel secondo
-poi, riferendosi alla legittimazione concessa al bambino
-qual figliuolo di Cesare, diceva esplicitamente: «Poichè
-tu porti questa mancanza (di origine legittima) non
-dal detto duca (Cesare), ma da noi e dalla indicata donna
-celibe, ciò che noi per buone ragioni non abbiamo voluto
-esprimere nello scritto precedente, così volendo che giammai
-quello scritto non sia notato di difetto d'intenzione e
-di vizio di nullità, volendo provvedere che nel corso del
-tempo tu non abbia ad esser molestato, e volendo anche
-mostrarti speciale favore; non per istanza che tu n'abbia
-fatta, ma per nostra spontanea risoluzione e liberalità, e
-nella coscienza della piena potestà ed autorità nostra, confermiamo
-e ratifichiamo mercè il presente tutto quanto in
-quell'altro scritto è contenuto.» Rinnovava quindi la legittimazione,
-dichiarando che ove il bambino suo, legittimato
-come figliuolo di Cesare, fosse in avvenire in scritture
-o atti di qualunque natura nominato anche e designato
-come tale, e si servisse altresì dell'arme di Cesare, non
-avrebbe da ciò a venirgli pregiudizio d'alcuna sorta; che
-invece tutti simili atti dovrebbero avere la stessa forza
-giuridica come se il bambino fosse designato nella scritta
-di legittimazione qual proprio figlio suo e non di Cesare.<a class="tag" id="tag144" href="#note144">[144]</a>
-</p>
-
-<p>
-Sembrerà strano che i due documenti siano stati emanati
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-lo stesso giorno. Ma si spiega. Le leggi canoniche
-proibivano al Papa di riconoscere un suo proprio figlio.
-Alessandro quindi cercò cavarsi d'imbarazzo, asserendo
-una menzogna nella prima Bolla. Per tal mezzo rendevasi
-possibile la legittimazione del bambino, ovvero l'investirlo
-di diritti legittimi. Data poi una volta alla bugia la forza
-di documento, potè il Papa, senza ulteriore riserva, per
-riguardo al figliuolo, dire la verità e sostituirla in luogo
-di quella.
-</p>
-
-<p>
-Cesare il primo settembre 1501 non era in Roma.
-Anche forse un uomo par suo avrebbe arrossito di suo padre,
-che faceva del figlio un rivale nel diritto di proprietà
-su un bastardo. Il piccolo Giovanni Borgia passò difatto
-più tardi, dopo la morte di Alessandro, per figliuolo di
-Cesare; ma anche il Papa lo designò come tale in alcuni
-Brevi.<a class="tag" id="tag145" href="#note145">[145]</a>
-</p>
-
-<p>
-È ignoto chi fosse la madre del misterioso bambino.
-Il Burkard dice solo: <i>una certa romana</i>. Se Alessandro, che
-la chiamava donna celibe, dicesse la verità, il pensiero di
-Giulia Farnese sarebbe escluso. Ma potrebbe anch'essere
-che la seconda asserzione del Papa fosse similmente una
-menzogna, e che il <i>romano Infante</i> non fosse figlio di lui,
-ma fosse un bambino illegittimo di Lucrezia. Si ricorderà
-che nel marzo 1498 un inviato ferrarese informava il duca
-Ercole, assicurarsi in Roma che la figliuola del Papa aveva
-partorito un bambino. Questa data concorda pienamente
-con l'età dell'infante Giovanni nel settembre 1501. I due
-documenti relativi alla legittimazione di lui, serbati oggi nell'Archivio
-d'Este, provenivano dalla Cancelleria di Lucrezia,
-o perchè la stessa gli portò seco da Roma a Ferrara, o
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-perchè più tardi se ne impossessò. L'Infante infine noi lo
-incontreremo alla corte di quella in Ferrara, però come
-suo <i>fratello</i>. Tutti questi fatti potrebbero indurre a pensare,
-che il misterioso Giovanni Borgia sia stato un figlio
-di Lucrezia. Pure questa opinione non ha che la forza di
-una mera ipotesi.
-</p>
-
-<p>
-Codesto fanciullo adunque ricevette la città di Nepi
-come ducato, con altri 36 paesi.
-</p>
-
-<p>
-L'altro territorio, col Ducato di Sermoneta e con 28
-castella, fu assegnato al piccolo Rodrigo, unico figlio di
-Lucrezia con Alfonso d'Aragona. L'esistenza di questo
-bambino in mezzo alle nuove condizioni era per lei, la
-madre, un manifesto imbarazzo, non volendo o non potendo
-condurre a Ferrara un figliastro. Ad onor suo ci
-piace credere ch'ella fosse costretta ad affidare in mani
-estranee il suo legittimo figliuolo. Pare però che l'obbligo
-non le sia stato imposto da Ferrara. Difatto l'inviato Gerardi,
-dando notizia il 28 settembre al suo signore di una
-visita a madonna Lucrezia, scriveva: «Poichè il figliuolo
-di lei era presente, colsi abilmente l'occasione per domandarle
-che cosa n'avrebbe fatto; ed ella mi rispose: resterà a
-Roma, e avrà la sua rendita di 15,000 ducati.»<a class="tag" id="tag146" href="#note146">[146]</a> E in
-realtà si provvide al piccolo Rodrigo largamente. Fu messo
-sotto la tutela di due cardinali, del patriarca di Alessandria
-e di Francesco Borgia, arcivescovo di Cosenza. Venivano
-a lui le entrate di Sermoneta, e anche quelle di Bisceglie,
-eredità del suo infelice padre. Perchè il 7 gennaio
-1502 il re Ferdinando e la regina Isabella di Castiglia
-diedero facoltà al loro ambasciatore in Roma, Francesco
-de Roxas, di confermare in persona di Rodrigo il possesso
-del Ducato di Bisceglie e della città di Quadrata. E, secondo
-questo atto, i titoli suoi erano: Don Rodrigo Borgia di
-<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
-Aragona, duca di Biselli e Sermoneta e signore di Quadrata.<a class="tag" id="tag147" href="#note147">[147]</a>
-</p>
-
-<h3>XX.</h3>
-
-<p>
-Lucrezia era impaziente di lasciar Roma, che, come
-diceva agl'inviati di Ferrara, le sembrava una prigione.
-Il duca a volta sua non era meno di vedere terminato
-questo negozio. Ma la spedizione della nuova Bolla d'investitura
-si faceva aspettare. E la cessione di Cento e di
-Pieve non poteva aver luogo senza il consentimento del
-cardinale Giuliano Della Rovere, che viveva in Francia ed
-era arcivescovo di Bologna. Ercole quindi tratteneva l'invio
-del corteo nuziale, abbenchè la stagione, che si avanzava
-nell'inverno, divenisse sempre meno prospera per un
-viaggio così difficoltoso. Tutte le volte che Lucrezia vedeva
-gl'inviati di Ferrara, gl'interrogava quando verrebbe
-il corteo per condurla via. Ella faceva ogni sforzo
-per togliere le difficoltà. È vero che i cardinali tremavano
-innanzi al Papa e a Cesare; pure temporeggiavano prima
-di sottoscrivere quella Bolla, mercè la quale la Chiesa perdeva
-il canone di Ferrara. E per lo meno non volevano
-estendere l'esenzione a tutta la discendenza di Alfonso e
-di Lucrezia, ma concederla tutt'al più sino alla terza
-generazione. Il duca scrisse premurosamente al cardinale
-di Modena e a Lucrezia, la quale finalmente nell'ottobre
-venne a capo della cosa, e se n'ebbe altissime lodi dal
-suocero. Appunto della prima metà di ottobre vi sono
-molte lettere sue al duca e di questo a lei. Esse mostrano
-la crescente fiducia che si stabiliva fra i due. Evidentemente
-Ercole cominciava a riconciliarsi con questo matrimonio,
-<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
-causa una volta per lui di tanto disgusto. Nella
-nuora egli scopriva più intendimento di quello che aveva
-supposto. Essa gli scrisse pure una lettera piena di adulazione,
-soprattutto quando sentì che il duca era indisposto.
-Ed Ercole la ringraziò di avergli scritto di propria mano,
-nel che vedeva una particolar prova di affezione.<a class="tag" id="tag148" href="#note148">[148]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ad Ercole stesso gl'inviati riferirono: «Quando abbiamo
-annunziato alla illustrissima duchessa la malattia di
-Vostra Eccellenza, Sua Altezza mostrò il più grande dolore;
-impallidì e restò un pezzo sopra pensiero. Le rincresceva
-molto di non trovarsi a Ferrara per curare con le proprie
-mani la Eccellenza Vostra, quando ella lo avesse gradito.
-Così pure, allorchè cadde la sala nel Vaticano, curò essa
-per 14 giorni Sua Santità, e non trovò in quel tempo mai
-pace, non volendo il Papa esser trattato che per mano di
-lei.»<a class="tag" id="tag149" href="#note149">[149]</a>
-</p>
-
-<p>
-Era naturale che la malattia del suocero spaventasse
-Lucrezia. La morte di lui avrebbe, se non fatta svanire,
-sicuramente differita l'unione sua con Alfonso. E di più
-essa non aveva alcuna prova che l'avversione del futuro
-marito fosse cessata. In tutto questo periodo non troviamo
-alcuna lettera d'Alfonso a lei, nè di lei ad Alfonso. Un
-silenzio sì intero è per lo meno singolare. In maggiore
-apprensione ancora doveva cader Lucrezia al pensiero che
-il padre potrebbe morire. Questa morte sarebbe, senza alcun
-dubbio, stata la risoluzione del matrimonio con Alfonso.
-Alessandro ammalò in effetto poco dopo la malattia d'Ercole.
-Si tirò addosso un'infreddagione, e ne perdette un
-dente. Per impedire che giungessero a Ferrara voci esagerate,
-fece chiamare l'inviato del duca e gli ordinò di scrivere
-al suo signore che l'indisposizione sua era di lieve
-conto. «Se il duca fosse qui,» disse il Papa, «vorrei,
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-con tutta la mia faccia fasciata, invitarlo a venir meco a
-cacciare un cignale.» E l'inviato osservava nel dispaccio
-che il Papa, per riguardo alla salute sua, meglio farebbe
-di non lasciare il palazzo prima del far del giorno per non
-rientrarvi poi che verso notte. Perchè appunto codeste
-erano le sue cattive abitudini; e s'era anche cercato con
-amorevoli modi di farglielo intendere.<a class="tag" id="tag150" href="#note150">[150]</a>
-</p>
-
-<p>
-D'ogni banda giungevano felicitazioni ad Ercole e al
-Papa. Cardinali e ambasciatori magnificavano nelle lettere
-la bellezza e la sagacia di Lucrezia. L'ambasciatore spagnuolo
-la lodava con espressioni infinite; ed Ercole lo ringraziava
-per questa testimonianza resa alla nuora delle virtù
-di lei.<a class="tag" id="tag151" href="#note151">[151]</a> Anche il re di Francia esternava il suo estremo contento
-per un avvenimento, che, come ora riconosceva,
-avrebbe arrecato il massimo giovamento allo Stato di Ferrara.
-Nel Concistoro il Papa, tutto raggiante di gioia, diè
-lettura delle felicitazioni mandategli da quel monarca e
-dalla moglie. Luigi XII era sceso insino a mandar lettera
-a madonna Lucrezia, in piedi della quale aveva messo due
-parole autografe. Alessandro ne fu tanto entusiasmato, che
-mandò a Ferrara copia dello scritto. Solo dalla Corte di
-Massimiliano nulla di tutto ciò. L'imperatore, invece, se
-ne mostrava tanto stizzito, che Ercole ebbe a concepirne
-inquietudine, come ce lo fa sapere questa lettera a' due
-suoi ambasciatori in Roma:
-</p>
-
-<p>
-«Il Duca di Ferrara, ec. Amatissimi nostri. — Noi non
-abbiamo più nulla significato a Sua Santità, Signor Nostro,
-circa l'attitudine dell'eccellentissimo Re de' Romani verso
-di lui, dappoi che messer Michele Remolines si partì di
-qua, perchè non sapemmo intorno a ciò nulla di certo.
-Ma ora da persona degna di fede, con la quale il detto re
-avrebbe discorso, ci si dice, che Sua Maestà è molto incollerita,
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-e s'esprime contro Sua Santità in tono di vivissimo
-biasimo; e riprova anche il parentado che noi con
-la stessa abbiam concluso; il che per altro aveva già fatto
-con lettere a noi dirette, prima della conclusione del matrimonio,
-sconsigliandoci da quella unione, siccome vedrete dalle
-copie di tali lettere. Noi ve le mandiamo qui
-alligate. Esse furono mostrate e date a leggere agli ambasciatori
-di Sua Santità che sono qui. Ora, tuttochè noi,
-per quel che ci riguarda, non diamo gran peso alla opinione
-di Sua Maestà, poichè siamo stati mossi da ragionevoli
-motivi, e ogni di più ce ne sentiamo soddisfatti;
-nulladimeno ci pare conveniente, per rispetto al nostro parentado
-con Sua Santità, e affinchè la stessa secondo la
-saggezza sua si formi un giudizio sulla indicata dimostrazione,
-di esternarle su ciò l'opinione nostra. Noi siamo
-convinti che Sua Santità nella sua saviezza saprà bene
-esaminare e discernere fino a qual punto il malumore di
-Sua Maestà debba essere preso in considerazione.
-</p>
-
-<p>
-»Voi quindi comunicherete tutto a quella e le farete
-anche vedere le copie, se ciò vi sembra conveniente. Ma
-in nome nostro dovete pregarla di non chiamar noi in colpa
-di ciò, anche nel caso, in cui per gravi motivi facessimo
-giungere le dette copie in altre mani. — Ferrara, 23 ottobre
-1501.»
-</p>
-
-<p>
-Il duca non istette più ad oscillare. Già sui primi di
-ottobre aveva scelto i componenti del corteo, la cui partenza
-però da Ferrara fece ancora dipendere dal seguito
-delle negoziazioni sue col Papa. Fissare all'uopo le persone
-sì ferraresi come romane fu questione d'altissima
-importanza, sulla quale ci porge schiarimenti un dispaccio
-di Gerardo del 6 ottobre:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Signore, ec. — Oggi, 6, Ettore ed io
-fummo soli dal Papa con le lettere di Vostra Signoria, del
-26 del passato mese e del primo del corrente, e con la lista
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-della comitiva. Questa è molto piaciuta a Sua Santità; parendole
-onorevolissima e ricca, massime perchè vi sono
-esattamente specificate condizione e qualità delle persone.
-Come ho inteso da ottima via, Vostra Eccellenza ha in ciò
-superato il credere del Papa. Dopo esserci alquanto fermati
-a parlare con Sua Santità, questa, come Vostra Signoria
-intenderà per le cose infrascritte, fece chiamare l'illustrissimo
-duca di Romagna e il cardinale Orsini. Erano anche
-presenti monsignor di Elna, monsignor Troche e messer
-Adriano. Il Papa volle che la lista fosse letta di nuovo, e
-fu ancor più commendata, particolarmente dal duca, il
-quale dimostrò aver conoscenza di parecchie delle persone
-nominate. Egli la ritenne anche; e gli fu gratissimo che io
-gliela rendessi, volendo egli restituirmela.
-</p>
-
-<p>
-»Noi procurammo di avere la lista della comitiva,
-che dovrà venire con l'illustrissima duchessa; ma non è
-ancora in ordine. Sua Santità dice che vi saranno poche
-dame, per essere queste Romane selvatiche e male atte a
-cavallo. Sinora la duchessa ha presso di sè 5 o 7 donzelle
-da marito, 4 fanciulle e 3 dame anziane; e queste resteranno
-con lei. Forse se ne aggiungerà qualche altra. Ma
-s'è cercato con destrezza di distogliercela, dicendole che
-troverebbe infinite dame d'onore in Ferrara. È con lei
-puranche una madonna Geronima, sorella del cardinale
-Borgia, maritata con un Orsini. Costei le farà compagnia
-con tre donne. Altre sin qui non vi sono. Credo, come
-han detto, si sforzeranno ritrovarne persino a Napoli; ma
-pensano poterne aver poche, e solo per accompagnare la
-duchessa. La duchessa d'Urbino ha fatto intendere che
-verrebbe con 50 cavalli. Di uomini anche Sua Santità dice
-esservene carestia, per non trovarsi in Roma altri signori
-che gli Orsini, e anche questi per la maggior parte esser
-fuori. Pure spera raccoglierne buon numero, soprattutto se
-il duca di Romagna non andrà in campo; mentre al seguito
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-suo trovansi altri gentiluomini. Sua Santità dice che di
-preti e gente dotta avrebbe da mandare abbastanza; ma
-non di persone meglio adatte. Del resto, la comitiva che
-manderà la Signoria Vostra supplirà per l'uno e per l'altro,
-tanto più che, a detta di Sua Santità, è consuetudine
-che la grande comitiva sia mandata dallo sposo, e che la
-sposa invece non vada che con pochi. Ad ogni modo, a quel
-che ho presentito, non mancheranno meno di 200 uomini
-a cavallo. Circa la via, che a Sua Signoria converrà
-fare, il Papa è ancora dubbioso. Egli vorrebbe che passasse
-per Bologna; e dice che anche i Fiorentini l'avevano invitata.
-Comunque Sua Santità non abbia ancora presa una
-decisione, pure la duchessa affermò si farebbe la via della
-Marca, e che avendo il tutto comunicato al Papa, questi
-erasi deliberato appunto in tal senso. Forse egli potrà desiderare
-ch'essa vada a Bologna attraverso le terre del
-duca di Romagna.
-</p>
-
-<p>
-»Relativamente al desiderio di Vostra Eccellenza,
-che un cardinale accompagni la duchessa, Sua Santità
-oppose non sembrarle onesto che un cardinale qualunque
-si parta da Roma a tale scopo. Ma ha scritto al cardinale
-di Salerno, legato nella Marca, di pigliare il cammino
-verso le terre del duca di Romagna e di aspettar lì per
-far poi compagnia alla duchessa a Ferrara e cantare la
-Messa sponsalizia. Egli crede che il cardinale non mancherà
-di farlo, quando il suo stato non sano non glielo
-impedisca. Ma, ove così fosse, Sua Santità forse provvederebbe
-con un altro....
-</p>
-
-<p>
-»Intendendo in questi ragionamenti Sua Santità, che
-non avevamo potuto avere udienza dall'illustrissimo duca,
-se ne mostrò spiacentissimo, e disse che Sua Signoria
-aveva codesto vizio; e che gli ambasciatori di Rimini erano
-qui da due mesi, senza aver mai potuto parlare con lui;
-che era suo solito far del giorno notte e della notte giorno.
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-Questo modo di vivere le rincresceva sino al cuore, e non
-sa se Sua Signoria riuscirà a conservare il conquistato. In
-quella vece lodò l'illustrissima duchessa, come donna prudente
-e facile a prestare udienza, e, ove bisogni, anche a
-prodigar carezze. Fece altissimi elogii di lei e dell'aver
-governato il Ducato di Spoleto con la maggior grazia del
-mondo. Insomma la magnificò moltissimo, e disse che, anche
-allorchè trattava qualcosa con lui, il Papa, Sua Signoria
-sapeva molto ben vincere la partita. Credo che Sua Santità
-parlasse così, più con l'intenzione di dir bene di lei — come
-mi pare meriti — che per dir male dell'altro; abbenchè
-il linguaggio suo mostrasse il contrario. E continuamente
-mi raccomando a Vostra Eccellenza. — Roma, 8 ottobre.»
-</p>
-
-<p>
-Il Papa lasciava raramente sfuggire l'occasione di lodar
-la bellezza e l'accorgimento della figliuola. Stabiliva
-raffronti tra lei e le donne d'Italia allora più famose, la
-marchesa di Mantova e la duchessa d'Urbino. Un giorno
-parlò anche agl'inviati di Ferrara dell'età di lei, e notò
-che nell'aprile (1502) compiva il suo ventiduesimo anno;
-mentre Cesare in quel tempo istesso sarebbe giunto al ventiseesimo.<a class="tag" id="tag152" href="#note152">[152]</a>
-</p>
-
-<p>
-Egli si sentiva molto soddisfatto per la scelta del seguito.
-Le persone, che dovevano comporlo, eran principi
-di casa d'Este e i più ragguardevoli uomini di Ferrara. Gli
-fu pure di gradimento che Annibale Bentivoglio, il figlio
-del signore di Bologna, vi si unisse; e, ridendo, diceva all'ambasciatore
-di Ferrara: «Se il suo signore per prender
-la sposa volesse anche mandare a Roma Turchi, per lui
-sarebbero benvenuti.»
-</p>
-
-<p>
-I Fiorentini, per tema di Cesare, spedirono inviati a
-Lucrezia per pregarla di passare pel loro paese nell'andare
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-a Ferrara. Nondimeno il Papa decise che prenderebbe la
-via di Romagna. Secondo il barbarico dispotismo di quei
-tempi, i paesi, pe' quali il corteo passava, eran tenuti a
-mantenerlo. Ora per non gravar d'avvantaggio i paesi di
-Romagna fu deciso che il seguito, venendo di Ferrara a
-Roma, farebbe la strada attraverso la Toscana. Se non che
-la Repubblica di Firenze rifiutava di mantenerlo a proprie
-spese in tutto il suo territorio; non voleva che ospitarlo
-soltanto nella città di Firenze, ovvero onorarlo con
-un presente.<a class="tag" id="tag153" href="#note153">[153]</a>
-</p>
-
-<p>
-Facevansi frattanto in Ferrara gli apprestamenti per le
-feste delle nozze. Il duca mandò inviti a principi amici.
-Aveva anche pensato al discorso, che all'arrivo di Lucrezia
-doveva esser tenuto alle feste nuziali. Nella Rinascenza
-simili declamazioni erano l'ingrediente più essenziale di
-una festa. E quel discorso dovett'essere davvero qualcosa
-di splendido. All'uopo Ercole aveva incaricato i suoi ambasciatori
-in Roma di mandargli notizie sulla casa Borgia,
-perchè l'oratore ne facesse tesoro.<a class="tag" id="tag154" href="#note154">[154]</a> Gli ambasciatori compirono
-con scrupolo l'incarico, rispondendo al loro signore
-nel modo che segue:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Principe e Signor nostro singolarissimo. — Abbiamo
-usato ogni diligenza e studio per ritrovare,
-come ai dì passati l'Eccellenza Vostra ce ne commise, qualche
-cosa relativa a' fatti di questa illustrissima casa Borgia.
-A tale oggetto abbiamo investigato da ogni canto, e
-con noi pure i nostri qui in Roma, e non solo dotti, ma
-anche tali, che immaginavamo si dilettassero di ricerche
-simili. Ora, abbenchè avessimo finalmente scoperto la
-casa esser nel paese spagnuolo nobilissima e antichissima,
-pure non ritroviamo cose egregie fatte dagli antichi suoi
-progenitori, perchè in quelle parti si vive vita molto civile
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-e delicata; e Vostra Eccellenza sa bene come così si costumi
-nella Spagna, e massime in Valenza.
-</p>
-
-<p>
-»Sino ad ora solo di Callisto si ritrova qualcosa degna,
-in ispecial modo le sue proprie geste, delle quali il
-Platina scrive assai. Del resto, è generalmente saputo ciò
-che questo Papa ha operato. Onde chi abbia a fare l'orazione
-avrà dinanzi aperto un largo campo. Noi adunque,
-Eccellentissimo Signore, non abbiamo trovato intorno alla
-casa più di ciò; ma solo intorno alle persone de' pontefici
-alla stessa appartenenti e a' discorsi di obbedienza a coloro
-indirizzati. E quel che poi i papi han fatto, dinota assai
-ciò che di loro possa dirsi. Se altro ci sarà dato scoprire,
-non mancheremo di darne notizia a Vostra Eccellenza, alla
-quale umilmente ci raccomandiamo. — Roma, 18 ottobre
-1501.»
-</p>
-
-<p>
-Quando il duca dell'antica casa degli Este lesse questo
-laconico dispaccio, dovette ridere e trovarne l'ingenuità
-così poco diplomatica da parer quasi un'ironia. Del
-rimanente, non sembra che i probi ambasciatori abbian
-fatto capo alla vera sorgente. Se avessero chiesto consiglio
-a' più intimi cortigiani de' Borgia, per esempio a' parenti,
-avrebbero da loro ricevuto un albero genealogico, dal quale
-appariva i Borgia discendere dagli antichi re d'Aragona,
-se non forse proprio da Ercole.
-</p>
-
-<p>
-Frattanto l'impazienza del Papa e di Lucrezia cresceva
-ogni dì più, perchè l'invio del seguito era sempre
-differito, e i nemici de' Borgia cominciavano già a prendersene
-beffe. Il duca dichiarava che non poteva pensare
-a far prendere madonna Lucrezia, ove non gli fosse consegnata
-la Bolla d'investitura. Lamentava la lentezza nell'adempimento
-in Roma delle promesse. Esigeva il pagamento
-in contanti della dote, che doveva esser fatto dai
-Banchi in Venezia, Bologna e altre città al più tardi all'ingresso
-in Roma del corteo d'onore, minacciando far ritornar
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-questo in Ferrara, senza la sposa, ove la somma non
-fosse interamente numerata.<a class="tag" id="tag155" href="#note155">[155]</a> Poichè la cessione di Cento
-e Pieve non poteva essere prontamente condotta a termine,
-domandava dal Papa un pegno, o il Vescovado di Bologna
-pel figlio Ippolito o anche una cauzione. Inoltre pose
-innanzi pretensioni di beneficii pel suo bastardo Don Giulio
-e pel suo ambasciatore Gianluca Pozzi. Per quest'ultimo
-Lucrezia seppe ottenere il Vescovado di Reggio; ed agl'inviati
-di Ferrara fece similmente dal Papa concedere una
-casa in Roma.
-</p>
-
-<p>
-Negozio importante fu anche l'ornamento di cose preziose,
-di cui Lucrezia doveva esser fornita. La passione
-per tal genere d'ornamenti ancora oggi è grande in Roma.
-Le donne di nobili famiglie non vi tralasciano alcuna
-occasione per risplendere piene di diamanti; e sin qui tale
-ricchezza costituiva di regola un fedecommesso. Nella Rinascenza
-la passione aveva toccato il grado di vera e propria
-manìa. Ercole fece dire alla nuora che dovesse seco portare
-i gioielli e non alienarli. Che egli intanto per mezzo
-del seguito le manderebbe un ricco ornamento, perchè — così
-aggiunge con molta galanterìa — essendo ella il più
-prezioso de' gioielli, meritava aver pietre preziose in maggior
-numero e più belle ancora di quelle che da lui stesso
-e dalla propria moglie fossero state possedute. E che non
-era, per certo, un così potente uomo come il duca di Savoia;
-ma nondimeno sempre in grado di mandare a lei
-gioie non meno belle di quelle che colui aveva.<a class="tag" id="tag156" href="#note156">[156]</a>
-</p>
-
-<p>
-Le relazioni tra Ercole e la nuora erano le più amichevoli
-che potesse desiderarsi. Lucrezia, in vero, giammai
-non si stancava di fare che le esigenze di lui trovassero
-ascolto presso il Papa. Questi però era da parte sua profondamente
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-irritato pel procedere del duca. Lo fece premurosamente
-pregare di mandare a Roma il seguito; e lo
-assicurò che i due castelli di Romagna sarebbero consegnati
-prima ancora che Lucrezia giungesse a Ferrara. Una
-volta che questa fosse colà, otterrebbe da lui tutto che
-desiderasse; così grande essendo l'amor suo per colei,
-ch'egli pensava andarle insino a far visita a Ferrara nella
-primavera.<a class="tag" id="tag157" href="#note157">[157]</a> Egli sospettò altresì che il temporeggiamento
-nell'invio del corteo derivasse da qualche intrigo dell'imperatore.
-E veramente Massimiliano, anco in novembre,
-mandò il segretario suo Agostino Semenza al duca, con
-l'esortazione a non lasciarlo partire per Roma; di che,
-prometteva, sarebbe ad Ercole riconoscente. Il duca, il 22
-novembre, mandò uno scritto all'ambasciatore imperiale,
-dichiarando aver appunto allora spedito un corriere a' suoi
-inviati a Roma; l'inverno esser prossimo, e quindi il tempo
-per prender Lucrezia non favorevole; volerlo, annuendovi
-il Papa, differire, senza però romperla con lo stesso. Se
-egli ciò facesse, Sua Maestà poteva pensare se il Papa
-gli diventerebbe nemico. Egli dovrebbe aspettarsi da lui
-eterna persecuzione e anche una guerra. Ed appunto per
-schivare siffatti pericoli aveva accondisceso a legarsi in
-parentela con Sua Santità. Confidava perciò in Sua Maestà,
-che non vorrebbe esporlo a tanto pericolo, ma nella sua
-giustizia darebbe valore all'addotta scusa.<a class="tag" id="tag158" href="#note158">[158]</a>
-</p>
-
-<p>
-Contemporaneamente Ercole incaricò gl'inviati di render
-conto al Papa delle minacce dell'imperatore e di dichiarargli,
-che quanto a sè teneva fermo agli obblighi assunti;
-ma che tanto più urgentemente doveva desiderare
-la spedizione delle Bolle, in quanto ogni ulteriore differimento
-adduceva pericolo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-</p>
-
-<p>
-Alessandro ne fu fuori di sè dalla rabbia. Caricò di
-rimproveri gl'inviati, e diede del <i>mercatante</i> al duca stesso.
-Ercole dichiarò allora al messo dell'imperatore il primo
-dicembre non poter più oltre differire l'invio del corteo,
-senza apertamente romperla col Papa. Il giorno medesimo
-scrisse agli ambasciatori a Roma, dolendosi del titolo di
-mercatante statogli dal Papa regalato.<a class="tag" id="tag159" href="#note159">[159]</a> Tranquillò anche
-quest'ultimo, assicurandolo aver fissato la partenza del
-corteo da Ferrara pel 9 o 10 dicembre.<a class="tag" id="tag160" href="#note160">[160]</a>
-</p>
-
-<h3>XXI.</h3>
-
-<p>
-In questo mentre si provvedeva al corredo di Lucrezia
-con profusione degna davvero di una principessa di sangue
-reale. Il 13 dicembre 1501 l'agente del marchese Gonzaga
-a Roma scriveva al suo signore: «La dote sarà in
-tutto di 300,000 ducati, oltre i donativi che di giorno in
-giorno Madonna riceverà. Primieramente 100,000 ducati
-contanti; poi argenteria per più di 30,000 ducati, gioielli,
-panni di raso, biancheria finissima, ornamenti e finimenti
-di gran prezzo per muli e cavalli; in tutto per altri
-160,000 ducati. Ha, fra l'altre, una balzana del valore di oltre
-15,000 ducati, e 200 camice, delle quali molte del valore
-di 100 ducati ciascuna; e ogni manica costa da se sola
-30 ducati, con frange d'oro, e simili lavori.» Un altro informava
-la marchesa Isabella, che una sola veste di Lucrezia
-valeva 20,000 ducati, e un solo cappello più di
-10,000. «S'è qui — così quell'agente di Mantova continuava — e
-a Napoli lavorato e venduto più oro tirato in
-sei mesi che non in due anni passati. In terzo luogo, gli
-altri 100,000 ducati sono valuta de' castelli (Cento e Pieve)
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-ed esonerazione di Ferrara dal censo. Il numero de' cavalli
-e delle persone che il Papa dà per compagnia della
-figliuola, toccherà il migliaio, e 200 carriaggi, oltre forse
-qualche carretta francese, se il tempo lo permetterà; senza
-contare poi tutta la compagnia che viene a levarla.»<a class="tag" id="tag161" href="#note161">[161]</a>
-</p>
-
-<p>
-Finalmente il duca si decise a spedirlo codesto seguito,
-comunque le Bolle non fossero ancora in pronto.
-All'unione oramai inevitabile di suo figlio con Lucrezia
-volendo dare il massimo splendore possibile, mandò per
-prender colei una cavalcata di oltre 500 persone. Duce era
-il cardinale Ippolito, accompagnato da altri cinque membri
-della Casa ducale, i fratelli Don Ferrante e Don Sigismondo,
-poi Niccolò Maria d'Este vescovo di Adria, Meliaduse
-d'Este vescovo di Comacchio e Don Ercole, un
-nipote del duca. Amici e parenti di gran riguardo, ovvero
-feudatarii di Ferrara componevano il seguito, i signori di
-Correggio e Mirandola, i conti Rangoni di Modena, uno
-de' Pii di Carpi, i conti Bevilacqua, Roverella, Sagrato,
-Strozzi di Ferrara, Annibale Bentivoglio di Bologna, ed altri
-molti.
-</p>
-
-<p>
-Tutti codesti signori, vestiti di abiti ricchissimi, con
-grosse catene d'oro al collo, sopra superbi cavalli, uscirono
-da Ferrara il 9 dicembre, preceduti da una fanfara
-di 13 trombetti e 8 pifferi. E così, con alla testa un cardinale,
-desioso di vita e di spasso, la brigata traversò con
-gran rumore le terre d'Italia. Chi oggi potesse imbattersi
-in essa, la crederebbe una truppa di cavalieri artisti
-in viaggio. Gli allegri viaggiatori non pagaron mai
-scotto. Nel territorio del Ducato vissero a spese del duca,
-ch'è dire, de' sudditi suoi. Nel territorio di altri signori
-trovarono pari accoglienza. E appena messo piede sullo
-Stato della Chiesa, i luoghi, per dove passarono, dovettero
-pensare al loro mantenimento.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
-</p>
-
-<p>
-Malgrado di tutto il lusso della Rinascenza, il viaggiare
-era allora una grande pena. Per ogni dove si viaggiava in
-Europa allora come oggi in Oriente. Grandi signori e dame,
-che oggidì scorrono in fuga terre e paesi sulle strade ferrate
-entro carrozze comode come sale, e che perciò stesso
-sono sì frequentemente in moto, nel secolo XVI non avrebbero
-potuto andar che passo passo e a cavallo o sul mulo
-o alternativamente in lettiga, esposti a tutte le perfidie
-de' tempi, de' venti, delle orride strade. Per percorrere la
-distanza da Ferrara a Roma, al che bastano oggi 14 ore,
-occorsero alla cavalcata 13 giorni interi.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente il 22 dicembre arrivò a Monterosi, misero
-castello a 15 miglia da Roma, in istato deplorevole; tutti
-bagnati dalle piogge iemali, tutti inzaccherati di mota;
-uomini e cavalli stracchi e disfatti come dagli strapazzi
-di una campagna. Di colà il cardinale spedì a Roma un
-messaggiero con un trombetto a prendere gli ordini del
-Papa. Fu risposto che facessero l'entrata per Porta del
-Popolo.
-</p>
-
-<p>
-Questo ingresso de' Ferraresi in Roma è il più splendido
-spettacolo durante il regno di Alessandro VI. La cavalcata
-era in generale la pompa più spettacolosa e più in
-pregio nel Medio Evo. Stato, Chiesa, società esprimevano
-lo splendore e l'importanza loro con siffatto genere di apparati,
-quasi pubblici trionfi. Il cavallo era ancora simbolo
-ed istrumento di gran parte della forza come della
-magnificenza mondana. Il significato suo nella civiltà è
-venuto meno con la cavalleria. D'allora in poi in tutta Europa
-la cavalcata non fu più in uso. Dove ancora ne appariscono
-i residui, come nel seguito principesco nelle riviste
-militari, ovvero ne' cortei di corporazioni, l'effetto si
-perde sotto la monotonia o la scipitezza delle divise di gala.
-Quanto il senso delle forme e delle feste sia mutato negli
-uomini, specie in Italia, patria della cavalcata, si potè
-<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
-vedere in Roma il 2 luglio 1871, quando Vittorio Emanuele
-fece ingresso nella sua nuova capitale. Se momento
-siffatto, uno dei più importanti in tutta la storia d'Italia,
-fosse caduto nell'epoca della Rinascenza, certo si sarebbe
-vista una delle più grandiose e trionfali cavalcate. Invece
-l'ingresso in Roma del primo Re dell'Italia unificata sembrò
-come l'entrata di carrozze impolverate, che menassero
-viaggiatori, il Re e la Corte sua, dalla strada ferrata
-alla loro dimora. In questa semplicità borghese era certamente
-maggior grandezza morale che nella pompa clamorosa
-di un trionfo cesareo. Pure noi non parliamo qui
-dell'intimo valore delle solennità pubbliche; ma solo della
-diversità de' tempi rispetto alle feste, ai modi e ai bisogni
-delle stesse. L'estinguersi di quel sentimento grandioso
-della festa, quale la Rinascenza lo aveva suscitato,
-sarebbe sicuramente da considerare come un impoverimento.
-Il bisogno suo ancora oggidì torna spesso a rinverdire.
-E gli spettacoli più belli, visti ai tempi nostri in
-Europa, sono stati quelli delle schiere tedesche di ritorno
-dalla Francia in patria. Erano, è vero, feste militari; se non
-che e la sontuosità, onde le città s'erano parate, e la gioiosa
-partecipazione di tutti gli ordini della cittadinanza,
-tolsero loro quel carattere esclusivo.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro VI avrebbe proprio scapitato in reputazione,
-ove in congiuntura così solenne per la sua famiglia
-non avesse dato segno di magnificenza innanzi al popolo
-con un sontuoso spettacolo. Per questo Adriano VI più
-tardi divenne la favola de' Romani. Egli nè comprendeva
-nè aveva in onore queste necessità proprie alla Rinascenza.
-</p>
-
-<p>
-Il 23 dicembre, verso le 10 ore del mattino, i Ferraresi
-arrivarono a Ponte Molle. In una villa trovarono una
-colezione apparecchiata. La contrada allora non aveva apparenza
-essenzialmente diversa da quella d'oggi. Casini e
-<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
-case coloniche sulle pendici di Monte Mario con in cima
-la Villa de' Mellini; e così pure sulle colline costellanti
-la via Flaminia. Il Ponte sul Tevere era stato riedificato da
-Niccolò V, e munito anche di torre; la quale Callisto III fece
-terminare. Da Ponte Molle a Porta del Popolo si stendeva,
-come oggi, lungo la via, uno squallido sobborgo.
-</p>
-
-<p>
-Al Ponte sul Tevere la cavalcata ricevette il saluto
-del Senatore di Roma, del Governatore della città, e del
-Barigello o capitano di polizia. Questi signori erano iti
-con 2000 uomini a piedi e a cavallo. A mezzo trar di
-arco dalla Porta s'incontrò il seguito di Cesare. Innanzi
-6 paggi; poi 100 gentiluomini a cavallo; quindi 200 Svizzeri
-a piedi, vestiti di velluto nero e panno giallo, divisa
-del Papa, con berretti a pennacchio e armati di alabarde.
-Dopo, a cavallo, il duca di Romagna, insieme con
-l'ambasciatore di Francia. Indossava un vestito alla francese
-con cintola di panno d'oro. Il saluto ebbe luogo al
-suono delle musiche. Tutti i signori smontarono di cavallo.
-Cesare abbracciò il cardinale Ippolito, e quindi, cavalcando
-a lato di lui, volse alla Porta.
-</p>
-
-<p>
-Se egli aveva un seguito di 4000 uomini e i magistrati
-della città uno di 2000, e se si calcola anche la
-folla degli spettatori, non si comprende davvero come sì
-enorme moltitudine abbia potuto dispiegarsi davanti Porta
-del Popolo. Ma non dovevano allora esservi case, e la pianura,
-occupata oggi dalla Villa Borghese, dev'essere stata
-pressochè libera.
-</p>
-
-<p>
-Alla Porta il corteo fu salutato da 19 cardinali, ciascuno
-con un seguito di 200 persone. Il ricevimento qui,
-sotto un diluvio di declamazioni, durò non meno di due
-ore; sicchè si fece sera. Finalmente tutta questa cavalcata di
-parecchie migliaia, al suono di trombe, pifferi e corni,
-mosse lungo il Corso, per Campo di Fiore, verso il Vaticano,
-salutata da' cannoni di Castel Sant'Angelo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-</p>
-
-<p>
-Alessandro stava ad una finestra del palazzo a vedere
-quel corteggio, che veniva a porre in atto il più audace
-desiderio della casa sua. Quando poi i camerieri alla scala del
-palazzo ricevettero i Ferraresi e gl'introdussero presso di
-lui, egli andò loro incontro con 12 cardinali. Quelli gli
-baciavano i piedi, ed ei gli sollevava ed abbracciava. Si restò
-un pezzo in gioviali discorsi; quindi Cesare condusse
-dalla sorella i principi di Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia si fece sino alla scala di casa, al braccio di
-attempato cavaliere, vestito di velluto nero, con catena
-d'oro al collo. Secondo il cerimoniale prestabilito, non baciò
-i cognati: inclinò soltanto il viso a' visi, questa essendo la
-forma francese. Essa portava abito di drappo bianco tessuto
-in oro, e bernia foderata di zibellino; le maniche, di
-candido broccato in oro, strette con tagli trasversali alla
-foggia spagnuola; per acconciatura al capo una cuffia di
-velo verde, listata intorno d'oro battuto e orlata di perline;
-al collo un vezzo di grosse perle con un balaustro non
-legato. Furono serviti rinfreschi, e Lucrezia dispensò piccoli
-regali, lavori di gioiellieri romani. I principi col seguito
-loro se n'andarono molto contenti. «Questo so io di
-certo — così scriveva El Prete, — che al nostro cardinale
-Ippolito scintillavano gli occhi: ella è dama seducente e
-veramente graziosa.»
-</p>
-
-<p>
-Anche il cardinale scrisse la sera stessa alla sorella
-Isabella di Mantova, per chetarne la curiosità, circa l'abbigliamento
-di Lucrezia. Le vestimenta erano allora l'oggetto
-più importante, soprattutto in una corte. E mai non
-vi fu tempo, come nella Rinascenza, in cui il costume
-delle donne fosse più ricco e più nobile insieme. Sembra
-che la marchesa abbia espressamente mandato a Roma un
-agente per essere informata delle persone e delle feste,
-con l'obbligo però di prendere a preferenza nota degli
-abiti. El Prete si trasse d'impegno con tanta scrupolosità,
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-come oggi saprebbe solo un <i>Reporter del Times</i>.<a class="tag" id="tag162" href="#note162">[162]</a>
-Stando alle descrizioni di lui, un pittore avrebbe potuto
-fare un ritratto di Lucrezia, che di molto si sarebbe approssimato
-alla verità.
-</p>
-
-<p>
-Anche la stessa sera l'ambasciatore di Ferrara fece a
-donna Lucrezia la sua visita officiale. Comunicò quindi al
-duca l'impressione che la nuora di lui gli aveva fatta:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Signor mio. Questa sera, poichè ebbi
-cenato, fui in compagnia di messer Gerardo Saraceni
-presso l'illustrissima Madonna Lucrezia, per visitarla a nome
-di Vostra Eccellenza e dell'illustrissimo Don Alfonso.
-In tale occasione venimmo in lungo ragionamento su diverse
-cose. In verità ella si diede a riconoscere per donna
-molto prudente e discreta e di buona indole, e di grandissima
-osservanza verso Vostra Eccellenza e l'illustrissimo
-Don Alfonso; sicchè si può ben giudicare, che entrambi
-saranno di lei veramente soddisfatti. Oltrecchè ella ha ottima
-grazia in ogni cosa, ed è a un tempo modesta, venusta
-e onesta. Nè poi meno è cattolica, nè mostra meno temere
-Dio. Domattina si confessa con l'intenzione di comunicarsi
-il dì della Natività del Signore. La bellezza sua è già per
-sè soddisfacente; ma la piacevolezza delle maniere e il
-modo grazioso di porgersi l'aumentano e fanno parer maggiore.
-In conclusione le sue qualità a me paion tali, che
-nulla di sinistro si debba o possa sospettar di lei: piuttosto
-è da presumere, credere e sperarne sempre ottime
-azioni. Di che m'è parso conveniente, in omaggio alla verità,
-far con questo scritto testimonianza a Vostra Altezza.
-Ed ella sia certa che come, in conformità del debito ed
-ufficio mio, scrivo senza passione il vero; così, per la servitù
-che mi lega all'Eccellenza Vostra, ciò mi colma di
-singolare letizia e consolazione. Mi raccomando alla buona
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-grazia di Vostra Eccellenza. — Roma, 23 dicembre 1501,
-nell'ora sesta della notte. Di Vostra Eccellenza servitore
-Giovanni Luca.»<a class="tag" id="tag163" href="#note163">[163]</a>
-</p>
-
-<p>
-La lettera del Pozzi mostra quanto grande fosse ancora
-all'ultimo istante la sfiducia del duca e del figlio. Abbassarsi
-sino al punto di mettere confidenzialmente a parte l'inviato
-in Roma delle loro perplessità d'animo in cose cotanto intime
-e personali, dovett'essere per entrambi una umiliazione.
-Ed umiliante fu del pari desiderar da colui un'attestazione
-delle qualità di una donna destinata ad essere
-duchessa di Ferrara. Quella sola frase della lettera nella
-quale il Pozzi non si perita di affermare, che nulla di sinistro
-s'abbia a sospettar di Lucrezia, getta abbastanza luce sui
-brutti rumori che sul conto di lei correvano. La testimonianza
-però fu splendida. Nelle mani di qualunque difensore
-di Lucrezia essa è tale, che può bensì valere come il
-più importante dei documenti. E se colei avesse potuto
-leggerla, forse la vergogna non sarebbe stata impari alla
-soddisfazione che n'avrebbe provata.
-</p>
-
-<p>
-I principi di Ferrara presero stanza in Vaticano; altri
-signori in Belvedere; i più furono mandati in casa di curiali,
-con l'obbligo di curarne il mantenimento. I papi
-riguardavano allora le faccende loro private come affari dello
-Stato. Per farne le spese, aggravavano la mano, senz'altro,
-sugl'impiegati di corte; e la turba di questi a volta sua
-nè viveva nè s'arricchiva che mercè la grazia papale. Nondimeno
-anche alcuni mercatanti dovettero portare il peso
-della splendidezza papale. Parecchi impiegati mormoravano
-per l'ospitamento dovuto ai Ferraresi, i quali eran trattati
-così male, che il Papa dovette intervenire.<a class="tag" id="tag164" href="#note164">[164]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per la festa di Natale il Papa disse messa in San Pietro;
-e i principi vi assistettero come ministri. L'ambasciatore
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-descrisse al suo signore l'apparenza magnifica e anche
-<i>religiosa</i> del Papa, a un di presso come si descriverebbe
-il presentarsi sulla scena di un istrione famoso.<a class="tag" id="tag165" href="#note165">[165]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per ordine del Papa il carnevale cominciò allora, e
-ogni giorno avevan luogo feste in Vaticano.
-</p>
-
-<p>
-El Prete ci ha lasciato una ingenua descrizione di un
-trattenimento serale nel palazzo di Lucrezia, che ci ripone
-vivi dinanzi gl'usi del tempo. «Questa illustrissima Madonna — così
-scrive — poco si vede, perchè occupata per
-la partenza. Domenica, giorno di Santo Stefano (26 dicembre),
-andai la sera anch'io in fretta nella sua stanza. Sua
-Signoria sedeva appresso al letto; e all'angolo della camera
-erano una ventina di donne romane, vestite <i>a la
-romanesca</i> co' tradizionali panni in testa (<i>con quelli drapi
-in testa</i>); vi eran poi le sue donzelle, dieci di numero.
-Aprì il ballo un gentiluomo di Valenza con una donzella di
-nome Nicola. Poscia ballò gentilmente e con grazia singolare
-Madonna con Don Ferrante. Portava indosso una
-gammurra di raso nero con liste d'oro e maniche nere;
-il polsino tutto serrato, il resto tutto di sopra tagliato e
-la camicia fuori; il petto sino alla gola copriva un velo listato
-d'oro; un filo di perle al collo; sul capo una cuffia di
-velo verde con una lenza di piccoli rubini; una sopravveste
-nera di raso foderato colorita e bella. Le sue donzelle non
-hanno ancora sfoggiato: se altre non ve ne saranno, le nostre
-potranno star loro a lato per apparenza e tutto il resto.
-Due o tre sono graziose. Una valenzana, Catalina,
-ballò bene; un'altra è seducente. Senza che sel sapesse,
-io l'ho tolta per mia favorita. Iersera (il 28) il cardinale
-andò mascherato per la città col duca e Don Ferrante; e
-poi andammo dalla duchessa, ove si ballò. Da mane a
-sera non si vede in Roma che cortigiane in maschera. Col
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-suonar delle 24 non possono più lasciarsi veder fuori di
-casa, perchè si fanno de' brutti giochi.»
-</p>
-
-<p>
-Quantunque il matrimonio fosse già stato, mercè procura,
-concluso in Ferrara, pure Alessandro volle che l'atto
-fosse ancora una volta stipulato in Roma. E, per schivare
-una pura ripetizione, lo sposalizio in Ferrara fu celebrato
-solo con la formola: <i>vis, volo</i>; e lo scambio degli anelli
-differito.
-</p>
-
-<p>
-La sera del 30 dicembre i Ferraresi condussero madonna
-Lucrezia in Vaticano. La sposa di Alfonso uscì dal
-suo palazzo con tutta la sua corte e con 50 dame d'onore.
-Aveva sopravvesta di broccato d'oro alla francese con maniche
-aperte, che scendevano sino a terra. Di sotto,
-abito di cremisino foderato d'ermellino. Il lungo strascico
-portavano damigelle di compagnia. In testa una cuffia di
-seta e oro, e i capelli fermati da un semplice cordoncino
-nero. Al collo un vezzo di perle con pendente, composto
-di uno smeraldo, un rubino e una grossa perla.
-</p>
-
-<p>
-Don Ferrante e Don Sigismondo la conducevano per
-mano. Così il corteggio si pose in cammino. Sulla scala di
-San Pietro risuonavano musicali accordi. Il Papa stava ad
-aspettare nella Sala Paolina sul trono, e accanto a lui
-13 cardinali e il figlio Cesare. Degli ambasciatori stranieri
-eran presenti quelli di Francia, di Spagna e Venezia: il
-tedesco mancava. La cerimonia cominciò con la lettura del
-mandato di procura del duca di Ferrara. Poscia il vescovo
-di Andria tenne il discorso d'uso; ma fu d'uopo l'abbreviasse
-per comando del Papa.<a class="tag" id="tag166" href="#note166">[166]</a> Innanzi a costui fu messa
-una tavola, e vi presero posto Don Ferrante, qual rappresentante
-di suo fratello, e donna Lucrezia. Ferrante rivolse
-a questa la domanda, secondo la formola; e, avendo essa
-risposto affermativamente, le pose al dito l'anello con queste
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-parole: «Questo anello matrimoniale manda a te, illustrissima
-Donna Lucrezia, l'illustrissimo Don Alfonso per
-libera determinazione, e io te lo consegno a nome di lui.»
-E Lucrezia: «Così anch'io per libera determinazione lo
-accetto.»
-</p>
-
-<p>
-Del compimento dell'atto fu fatta fede in un istrumento
-per man di notaro. Subito dopo il cardinale Ippolito
-presentò a Lucrezia i gioielli. Il duca, che le faceva
-un prezioso regalo del valore di 70,000 ducati, annetteva
-particolare importanza al modo in che avesse ad
-esser consegnato. Il 21 dicembre aveva scritto al figlio di
-offrire i gioielli con quelle parole, che gli avrebbe suggerite
-l'ambasciatore Pozzi; avvertendolo anche che ciò era
-per misura di precauzione, affinchè, in caso d'infedeltà di
-madonna Lucrezia ad Alfonso, le gioie non andassero perdute.<a class="tag" id="tag167" href="#note167">[167]</a>
-Sino all'ultimo il duca trattava i Borgia con la sfiducia
-di uomo, che teme di essere ingannato. Onde il
-30 dicembre il Pozzi gli scriveva: «Pel matrimonio è stato
-stipulato un istrumento, nel quale è detto soltanto che a
-madonna Lucrezia è fatto presente dell'anello nuziale;
-senza dir motto di altro regalo. Modo migliore per rispondere
-alle intenzioni di Vostra Eccellenza non v'era.
-Non s'è dunque in guisa alcuna parlato di donativo, e su
-di ciò l'Eccellenza Vostra non nudrirà dubbio di sorta.»
-</p>
-
-<p>
-Ippolito si disimpegnò con tanta grazia, che il Papa
-gli disse: avere egli aumentata la bellezza dell'ornamento.
-Le gioie erano in un forzierino, che il cardinale pose prima
-innanzi al Papa e poscia aprì. Un tesoriere ferrarese l'aiutò
-a tenere i gioielli nella vera luce, sì che ne apparisse tutta
-la preziosità. Il Papa stesso gli prese in mano e gli mostrò
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-alla figlia. Erano catene, anelli, orecchini e pietre bellamente
-legate; magnifico, in particolar modo, un monile
-di perle; e, quanto a perle, Lucrezia sentiva una vera passione.
-Ippolito presentò pure alla cognata i suoi proprii
-regali, tra i quali quattro croci finamente lavorate. I cardinali
-offrirono regali dello stesso genere.
-</p>
-
-<p>
-Dopo si fecero tutti alle finestre della sala per vedere
-i giuochi sulla Piazza di San Pietro: una corsa di cavalli
-ed una giostra per una nave. Otto nobili difendevano quest'ultima
-contro altrettanti che l'assalivano. Si combatteva
-con armi taglienti; e cinque persone n'usciron ferite.
-</p>
-
-<p>
-La comitiva si condusse quindi nella camera del Pappagallo.
-Il Papa prese posto sul trono, alla sua sinistra i
-cardinali, a destra Ippolito, donna Lucrezia e Cesare. «Egli
-richiese — così El Prete — il duca di fare una danza con
-madonna Lucrezia, la qual cosa fece con buona grazia.
-Sua Santità rise continuamente. Le donzelle ballarono
-pure molto bene a due a due. La cosa durò più d'un'ora.
-Quindi si diè principio alle commedie. Se ne cominciò
-una, ma non fu finita perchè troppo lunga. Ne venne poi
-un'altra in versi latini, con un pastore e alcuni bambini,
-che fu molto bella. Il significato non lo compresi. Finite
-le commedie, andaron via tutti, meno Sua Santità, la
-sposa e i cognati, che restarono, avendo il Papa dato in
-tal sera il banchetto nuziale, del quale non posso informare.
-Si desinò in famiglia.»
-</p>
-
-<p>
-Le feste continuarono tutti i giorni, mentre Roma da
-parte sua era piena delle baldorie carnascialesche. L'ultimo
-giorno dell'anno il cardinale Sanseverino e Cesare
-fecero rappresentar commedie. Quella ordinata da Cesare
-fu un'egloga con attrezzi pastorali. Alcuni pastori magnificarono
-la giovane coppia, il duca Ercole e il Papa come
-protettori di Ferrara.<a class="tag" id="tag168" href="#note168">[168]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il primo giorno dell'anno (1502) venne solennizzato
-con pompa particolare. I Priori di Roma posero in campo
-un corteo. Tredici carri trionfali, con a capo lo stendardo
-della città e i magistrati, mossero a suono di musica da
-Piazza Navona pel Vaticano. Nel primo si vedeva il trionfo
-di Ercole; ne' seguenti Cesare ed altri eroi romani. Si disposero
-in ordine innanzi al Vaticano, dalle cui finestre il
-Papa e gli ospiti suoi si godevano lo spettacolo. Furon declamate
-poesie in onore degli sposi. La rappresentazione
-durò quattr'ore.
-</p>
-
-<p>
-Quindi seguirono commedie nella camera del Pappagallo,
-e una splendida <i>Moresca</i>, ballo del tempo, nella <i>Sala
-dei Papi</i>, parata già da Innocenzo VIII di bellissime coltrine
-di broccato in oro. Quivi era elevata una scena bassa
-e stretta, adorna di frasche e illuminata con torce. Gli spettatori
-presero posto su' banchi o per terra, come a ciascuno
-meglio aggradiva. Dopo la rappresentazione di un'egloga,
-un cantambanco, vestito da donna, cominciò a ballar la
-<i>Moresca</i>. Vi pigliò parte come ballerino anche Cesare, in
-costume ricchissimo, tanto che, non ostante la maschera,
-si distingueva di primo tratto. Il ballo era accompagnato
-dal suono di tamburini. Le trombette ne annunziarono
-un altro. Apparve un albero, sulla cui cima oscillava
-un Genio, recitante poesie. Buttò giù nove cordoni di seta,
-le cui estremità furon prese da nove danzatori. Questi andaron
-formando intorno all'albero una carola, che il Genio
-pareva intrecciasse con la sua mano. La <i>Moresca</i> incontrò
-grandissimo plauso. Da ultimo il Papa desiderò veder ballare
-anche la figlia. Ed essa ballò con la damigella di compagnia
-valenzana; e dietro di loro seguivano in coppia gli
-altri danzatori e le danzatrici.<a class="tag" id="tag169" href="#note169">[169]</a>
-</p>
-
-<p>
-Commedie e moresche furon dunque la parte essenziale
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-di questa festa. Le poesie dovettero essere composte
-da Romani, i Porcari, Mellini, Inghirami, Evangelista
-Maddaleni; e forse anche presero parte essi stessi alla
-rappresentazione; mentre da lunga pezza non s'era più ai
-Romani offerta occasione altrettanto solenne per mostrare i
-progressi loro nell'arte drammatica. Lucrezia ogni giorno
-dev'essere stata coperta da un diluvio di sonetti ed epitalamii.
-Reca davvero molta maraviglia, che nulla di tutto
-ciò siasi conservato, nè che venga nemmeno un poeta romano
-di quei giorni nominato come autore di qualche commedia.
-</p>
-
-<p>
-Il 2 gennaio fu data sulla Piazza di San Pietro una
-caccia al toro. Questa costumanza tutta spagnuola era stata
-importata in Italia sin dal XIV secolo; ma non divenne generale
-che nel seguente. Gli Aragonesi la trapiantarono in
-Napoli, e i Borgia in Roma, ove sino a' tempi ultimi, in
-Piazza Navona o al Testaccio, le cacce di tal natura erano
-frequenti. Cesare faceva volentieri mostra in simili barbari
-giuochi dell'abilità e della forza sua. In una caccia data
-nell'anno del Giubileo aveva maravigliato tutta Roma, spiccando
-con un colpo di sciabola la testa ad un bove.
-</p>
-
-<p>
-Il 2 gennaio con nove altri Spagnuoli, che dovevano
-essere veri <i>mattadori</i>, egli entrò a cavallo nello steccato,
-ove sul cominciare non furono introdotti che due tori. Contro
-il più furioso stette egli solo a cavallo e con la lancia.
-Poscia entrò anche a piedi in compagnia di dieci altri Spagnuoli.
-Fatta questa mostra eroica, il duca si ritirò, lasciando
-il carico del rimanente spettacolo ai <i>mattadori</i>.
-Dieci tori e un bufalo furon morti.
-</p>
-
-<p>
-La sera furono recitati i <i>Menemmi</i> di Plauto e altre
-scene, il cui soggetto fu l'apoteosi di Cesare e di Ercole.
-Gl'inviati di Ferrara ne diedero una relazione, ch'è una
-pittura dilettevolissima del tempo:
-</p>
-
-<p>
-«Questa notte, nella camera del Papa, è stata recitata
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-la <i>Commedia del Menechino</i> (i <i>Menemmi</i>). Rappresentarono
-benissimo la persona dello schiavo, del parassita e anche
-del ruffiano e della moglie di Menechino. Ma i Menechini
-stessi non dissero con molta grazia. Non portavan maschera
-e non v'era scenario, la camera non essendo capace abbastanza.
-In quel luogo, in cui Menechino, per comando del
-suocero, che crede fosse impazzito, è preso, ed ei grida
-che gli vien fatta violenza, disse essere maraviglia che così
-si usasse, mentre Cesare è potente, Giove propizio ed Ercole
-benevolo.
-</p>
-
-<p>
-»Prima della recitazione ebbe luogo altra rappresentazione.
-Venne fuori un bambino vestito da donna, rappresentante
-la virtù e un altro rappresentante la fortuna. Disputarono
-su quale fosse da preferire per grado; ed ecco
-sopraggiungere la gloria su carro trionfale, avendo il mondo
-sotto i piedi con le parole scritte: <i>Gloria Domus Borgiae</i>.
-La gloria, che chiamavasi anche luce, preferì la virtù alla
-fortuna, dicendo che Cesare ed Ercole appunto con virtù
-avevan superata la fortuna; e riferì molti nobili fatti dell'illustrissimo
-duca di Romagna. Quindi comparve Ercole
-con la pelle del leone e con la clava; e Giunone gli mandò
-contro la fortuna. Ercole, combattendo con essa, la vinse,
-prese e legò. Allora Giunone pregò Ercole di volerla liberare;
-ed egli clemente e magnanimo la concesse a Giunone,
-a condizione, che nè essa nè quella avessero mai a far cosa
-alcuna contro la casa di Ercole e di Cesare. Il che fu da
-quelle promesso, anzi Giunone promise pure di favorire
-l'unione delle due case.
-</p>
-
-<p>
-»Venne poscia Roma su un carro di trionfo. Si dolse
-che Alessandro, che tiene il luogo di Giove, le facesse la
-ingiuria di toglierle via l'eccelsa madonna Lucrezia; e la
-raccomandò grandemente, mostrando come la fosse il rifugio
-di tutta Roma. Dopo Roma, Ferrara, senza carro di
-trionfo; e disse che madonna Lucrezia non andava in città
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-indegna e che Roma non la perdeva. Sopraggiunse quindi
-Mercurio mandato dagli Dei per riconciliare Roma e Ferrara,
-volere di coloro essendo, che madonna Lucrezia andasse
-a Ferrara. E fece quindi seder Ferrara al posto
-d'onore sul carro trionfale.
-</p>
-
-<p>
-»Tutte queste cose furon recitate in versi eroici pieni
-di eloquenza. Il parentado tra Cesare ed Ercole vi fu continuamente
-celebrato. Si volle anche manifestamente esprimere,
-che insieme uniti dovessero compiere grandi fatti
-contro i nemici di Ercole. Che se la realtà potesse corrispondere
-a tali pronostici, le cose nostre verrebbero a
-molto buon termine. E così ci raccomandiamo alla grazia
-di Vostra Eccellenza. Roma, 2 gennaio 1502. — Giovanni
-Luca e Gerardo Saraceni.»<a class="tag" id="tag170" href="#note170">[170]</a>
-</p>
-
-<p>
-Arrivò finalmente il giorno della partenza di Lucrezia,
-il 6 gennaio. Doveva esser quella una comitiva fastosa che
-la simile non s'era vista mai. Lucrezia doveva percorrere da
-regina le terre d'Italia. V'era anche un cardinale, che l'accompagnava
-come legato, Francesco Borgia, arcivescovo
-di Cosenza. Egli doveva la porpora a Lucrezia ed era il suo
-più fedel partigiano; antico signore e brava persona della
-casa Borgia, come il Pozzi scriveva a Ferrara. A madonna
-furono anche dati per compagnia tre vescovi, di Carniola,
-di Venosa e di Orte.
-</p>
-
-<p>
-Alessandro fece ogni sforzo per persuadere quante
-donne e uomini nobili romani fu possibile ad unirsi al
-corteo. Ed ottenne anche questo, che la città di Roma nominasse
-quattro inviati d'onore, che dovevano assistere anche
-alle feste in Ferrara: Stefano Del Bufalo, Antonio Paoluzzo,
-Giacomo Frangipane e Domenico Massimi. Allo scopo
-stesso la nobiltà romana scelse Francesco Colonna di Palestrina
-e Giuliano conte di Anguillara. Vi s'aggiunsero anche
-Ranuccio Farnese di Matelica e Don Giulio Raimondo
-<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
-Borgia, capitano della guardia palatina, nipote del Papa.
-De' gentiluomini romani di second'ordine ve ne furono otto.
-</p>
-
-<p>
-Cesare per conto proprio preparò un seguito di onore
-di 200 cavalieri, con musica e con buffoni per divertire
-per via la sorella. Spagnuoli, Francesi, Romani, Italiani
-di varie provincie composero la schiera. Due di loro vennero
-più tardi in fama, Ivo d'Allegre e Don Ugo Moncada.
-Di Romani v'erano il cavaliere Orsini, Piero Santa Croce,
-Giangiorgio Cesarini, fratello del cardinale Giuliano, ed
-altri signori degli Alberini, Sanguigni, Crescenzi e Mancini.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia prese seco anch'essa una corte officiale di
-180 persone. Nella lista, che è giunta sino a noi, sono
-specialmente indicate le sue dame di compagnia. Prima
-Angela Borgia, <i>una damigella elegantissima</i>, come la chiama
-un cronista di Ferrara. La bellezza sua fu già lodata
-in Roma dal poeta Diomede Guidalotto. E con essa era
-anche la sorella donna Girolama, moglie del giovane Fabio
-Orsini. Accompagnavano pure Lucrezia madonna Adriana
-Ursina, un'altra Adriana, moglie di Don Francesco Colonna,
-e una dama della casa degli Orsini, della quale non è indicato
-il nome, nè è ammessibile potesse essere la Giulia
-Farnese.
-</p>
-
-<p>
-Molte vetture, che il Papa aveva fatte costruire in
-Roma, e 150 muli trasportavano le suppellettili di Lucrezia.
-Il bagaglio fu in parte avviato innanzi. La duchessa
-portò via seco tutto quanto il Papa avevale permesso di
-prendere. Egli non volle nemmeno che ne fosse disteso
-inventario, come il notaro Beneimbene aveva consigliato.
-«Perchè io voglio — così diceva agli ambasciatori
-ferraresi — che la duchessa liberamente disponga delle
-proprietà sue e le doni cui meglio le aggrada.» Egli aveva
-anche fatto alla figlia un presente di 9000 ducati per abbigliamento
-di lei e della sua servitù, e regalatole altresì
-una bella lettiga alla francese, nella quale avrebbe accanto
-<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
-a lei seduto la duchessa di Urbino, appena scontrata sul
-cammino.<a class="tag" id="tag171" href="#note171">[171]</a>
-</p>
-
-<p>
-Mentre Alessandro lodavasi con gli ambasciatori di
-Ferrara della castità e pudicizia di sua figlia, esprimeva il
-desiderio che il suocero non la facesse attorniare che da
-dame e cavalieri per bene. «Ella stessa gli ha detto — così
-gli ambasciatori scrivevano al loro signore — che non farebbe
-arrossire mai Sua Santità pel modo suo d'operare; la
-qual cosa, per quanto possiam giudicare, teniamo per certo.
-Perchè, quanto più conversiamo con lei e quanto più consideriamo
-il viver suo, tanto veniamo in miglior opinione
-della bontà, onestà e discrezione sua, non omettendo che
-in casa sua non si vive solo cristianamente, ma anche religiosamente.»<a class="tag" id="tag172" href="#note172">[172]</a>
-</p>
-
-<p>
-Anche il cardinal Ferrari si permise scriver lettera al
-duca, del quale era stato un tempo servitore. E in tono
-tutto pieno di unzione esortavalo a trattare amorevolmente
-la nuora, e levava al cielo le singolari virtù e meriti di
-costei.<a class="tag" id="tag173" href="#note173">[173]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il 5 gennaio fu pagato a' Ferraresi il saldo della dote
-in contanti, e gl'inviati avvisarono il duca, che tutto procedeva
-con ordine; che la nuora portava anche seco tutte
-le Bolle <i>piene e in ottima forma</i>; e che la comitiva era per
-porsi in cammino.<a class="tag" id="tag174" href="#note174">[174]</a>
-</p>
-
-<p>
-Alessandro aveva prescritto le stazioni del lungo viaggio:
-Castelnuovo, Civitacastellana, Narni, Terni, Spoleto,
-Foligno. Quivi doveva trovarsi il duca Guidobaldo o la
-moglie per accompagnare madonna Lucrezia a Urbino. Di
-qui poi si doveva muovere attraverso gli Stati di Cesare; e
-per Pesaro, Rimini, Cesena, Forlì, Faenza e Imola andare
-a Bologna, per quindi giungere pel Po a Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
-</p>
-
-<p>
-I luoghi, pe' quali si passava, avrebbero dovuto soggiacere
-a carichi troppo gravosi, ove avessero ospitata la
-cavalcata tutta quanta. Fu per questo qualche volta divisa e
-avviata per diverse strade. Come si procedesse in ciò, lo
-mostra un Breve del Papa a' Priori di Nepi, che il Gran
-Kahn di Persia non avrebbe potuto concepire in termini
-più laconici:
-</p>
-
-<p>
-«Amati figliuoli, salute e benedizione Apostolica. — La
-nostra diletta figlia in Cristo, la nobile signora duchessa
-Lucrezia de' Borgia, partirà di qui, con numeroso seguito
-di gentiluomini, lunedì prossimo per essere accompagnata
-presso l'amato figliuolo, il nobile Alfonso di Ferrara, primogenito
-del duca. Dugento de' cavalieri prenderanno la
-via della città vostra. Noi vogliamo e vi ordiniamo, per
-quanto avete cara la grazia nostra e non volete incorrere
-nella nostra disgrazia, di accoglierli e trattarli per un giorno
-e due notti con ogni onoranza. Così per la vostra sollecitudine
-troverete appo noi il meritato plauso. Dato in Roma,
-presso San Pietro, sotto l'anello del pescatore, il 28 dicembre
-1501, l'anno decimo del nostro Pontificato. — Adriano.»<a class="tag" id="tag175" href="#note175">[175]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il modo stesso fu tenuto con molti altri paesi. In ogni
-città, in cui la cavalcata giungeva e soprattutto in quelle ove
-si fermava, dovevasi per ordine del Papa onorar Lucrezia con
-archi trionfali, luminarie e cortei. Soltanto le spese tutte
-a carico delle Comunità.
-</p>
-
-<p>
-Il 6 gennaio Lucrezia prese commiato da Roma, dal
-figlio Rodrigo e dai genitori. Vannozza però non l'avrà
-forse veduta che a quattr'occhi. Niuno di coloro, che riferiscono
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-delle feste in Vaticano, ha mai fatto menzione di
-quella donna, nemmeno di nome.
-</p>
-
-<p>
-Nella camera del Pappagallo ella si congedò dal padre,
-col quale restò sola un pezzo, sinchè non sopraggiunse
-Cesare. Nel separarsi da lei Alessandro continuò a dirle
-ad alta voce, che stésse di buon animo e gli scrivesse sempre
-che alcuna cosa da lui desiderasse, perchè di lontano
-farebbe per lei ancora più di quello che aveva fatto in
-Roma. Andò quindi per vederla in varii posti, sino a che
-la cavalcata non fu scomparsa.<a class="tag" id="tag176" href="#note176">[176]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia mosse alle tre dopo mezzogiorno. Sino a
-Porta del Popolo fu accompagnata da tutti i cardinali, dagli
-ambasciatori e da' magistrati di Roma. Montava sopra
-una mula bianca con coperta e finimenti d'argento battuto
-e frange d'oro ch'era un ricco vedere. Era in abito di
-viaggio: una gamurra d'oro tirato coperta di cremisino tagliato,
-e con una striscia di broccato d'oro, foderata d'armellino.
-Cavalcava in mezzo ad un corteggio di più di 1000
-persone. Aveva accanto i principi di Ferrara e il cardinal
-di Cosenza. Il fratello Cesare l'accompagnò per un tratto;
-poscia, col cardinale Ippolito, tornò indietro al Vaticano.
-</p>
-
-<p>
-Così Lucrezia Borgia separavasi per sempre da Roma
-e da un orribile passato.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-</p>
-
-<h2 id="libro2">LIBRO SECONDO.
-<span class="smaller">LUCREZIA BORGIA A FERRARA.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-</p>
-
-<h3>I.</h3>
-
-<p>
-La cavalcata, che conduceva donna Lucrezia a Ferrara,
-avanzava a piccole tappe. E anche queste stancavano
-molto le donne, soprattutto in una stagione, in cui sullo
-stesso territorio romano s'incontra giorni rigidi e piovosi.
-</p>
-
-<p>
-Non si giunse a Foligno che il settimo giorno. Vogliamo
-qui approfittare della relazione, che da quella città gli ambasciatori
-di Ferrara spedirono al loro signore, perchè
-rende conto in modo vivo e sensibile del viaggio insino a lì
-e degl'incidenti occorsi.
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo ed eccellentissimo Signor nostro. — Benchè
-avessimo da Narni scritto per la posta, via di Roma,
-all'Eccellenza Vostra, che saremmo andati a giornate
-continuate da Terni a Spoleto, e da Spoleto qui,
-nondimeno, essendo l'illustrissima duchessa e le donne
-sue molto affaticate, si deliberò riposare un giorno a Foligno.
-Noi quindi di qua non partiremo che domani, nè arriveremo
-ad Urbino prima di martedì prossimo, che sarà
-il 18 del volgente. Perchè domani andremo a Nocera; sabato
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-a Gualdo; domenica a Gubbio; lunedì a Cagli, e
-martedì a Urbino. Ivi ci fermeremo anche un giorno, cioè,
-tutto il mercoldì. E di lì poscia, il 20, si andrà a Pesaro,
-e così, di città in città, siccome in altre lettere è stato
-scritto all'Eccellenza Vostra.
-</p>
-
-<p>
-»Ma siamo certi che la duchessa vorrà riposare molti
-giorni per intero; sicchè, senza dubbio, a noi non sarà
-dato toccar Ferrara prima degli ultimi di questo mese, ovvero
-vi giungeremo il primo giorno del vegnente, e forse il
-secondo o il terzo. Epperò a me è parso conveniente darne
-notizia di qui a Vostra Eccellenza, affinchè sappia ove siamo
-e ove stimiamo dover essere e possa ordinare quello che meglio
-giudicherà. Poichè laddove le piacesse che si differisca
-l'arrivo in Ferrara al 2 o al 3 febbraio, crediamo che ciò sia
-per succedere facilmente. Che se invece preferisse che il
-nostro arrivo avesse luogo l'ultimo di questo mese o il
-primo di febbraio, potrà avvisarcene; chè, in tal caso, solliciteremo,
-come abbiamo procurato sin qui, l'andar riposato.
-</p>
-
-<p>
-»La ragione, che mi muove a credere quanto di sopra,
-è che l'illustrissima madonna Lucrezia è di complessione
-delicata e non avvezza a cavalcare; e le donne sue
-lo sono ancora meno. E conosciamo anche che la non vorrebbe
-essere all'arrivo in Ferrara tutta sbattuta e conquassata
-dal viaggio.
-</p>
-
-<p>
-»In tutti i luoghi, pe' quali Sua Signoria è passata,
-è stata ben veduta e amorevolmente e con grande riverenza
-accolta. Dalle donne anche ha avuto presenti con tale dimostrazione,
-che tutto pareva esser fatto per riguardo a lei
-stessa. Tanto universalmente è benvoluta in questi paesi,
-ne' quali, per essere già stata nella legazione di Spoleto,
-è anche molto ben conosciuta. Qui in Foligno le è stato
-fatto migliore accoglimento e maggiori testimonianze di
-letizia che in altri luoghi fuori di Roma. Perchè, oltre i
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-Signori, così chiamati per esser Presidenti della repubblica,
-che le vennero incontro sino alla porta in mantelli e cappucci
-di seta rossa, tutti a piedi, e l'accompagnarono sino
-all'alloggiamento; sulla piazza, presso la porta stessa, le
-venne anche innanzi un trofeo, sul quale era una persona,
-rappresentante <i>Lucrezia romana</i> con un pugnale in mano.
-Recitò alcuni versi, che significavano: sopraggiungendo Sua
-Signoria, dalla quale essa stessa era superata in pudicizia,
-modestia, prudenza e costanza, le dava loco e cedeva.
-</p>
-
-<p>
-»Sulla piazza poi era un carro trionfale e sul davanti
-un Cupido e sopra Paride col pomo d'oro in mano. Il
-quale disse alcune rime, il cui senso era: egli un tempo
-aveva per suo giudizio dato il pomo a Venere, la quale
-sola eccedeva di bellezza Giunone e Pallade; ma ora revocava
-la sentenza e donava il pomo a Sua Signoria,
-come a quella che vinceva tutte e tre le Dee, mentre in
-lei più che in tutte le altre era maggiore la bellezza, la
-sapienza, la ricchezza o la potenza.
-</p>
-
-<p>
-»Finalmente sulla piazza trovammo una galea armata
-di Turchi, la quale si fece innanzi a donna Lucrezia,
-sino al mezzo della piazza stessa. Uno de' Turchi dalla prora
-recitò alcuni versi in rima, di questo tenore: il Granturco
-sapendo quanto Lucrezia fosse potente in Italia e quanto
-buona mediatrice di pace, la mandava a visitare e ad offrirle
-la restituzione di quello ch'ei teneva di terra cristiana.
-Di avere il testo di codesti versi non ci siamo
-curati, perchè non sono davvero di quelli del Petrarca.
-E poi la rappresentazione stessa a me non pare fosse di
-grande importanza, nè molto al proposito.
-</p>
-
-<p>
-»Non vogliamo tralasciare di dire che donna Lucrezia
-a quattro miglia da Foligno fu incontrata da tutti i Baglioni,
-che sono nello Stato, venuti da Perugia e da' loro
-castelli a farle riverenza ed invitarla di andare colà.
-</p>
-
-<p>
-»Sua Signoria persiste pure nel desiderio di andare
-<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
-per acqua da Bologna a Ferrara, per schivare i disagi del
-cavalcare e della via di terra; di che noi abbiamo già da
-Narni avvisato l'Eccellenza Vostra.
-</p>
-
-<p>
-»Sua Santità, Signor Nostro, prende tanta cura per
-Sua Signoria, che ogni dì e ogni ora vuole intendere dei
-progressi; e questa deve da ogni luogo di propria mano
-farle sapere della sua salute. Ciò conferma quello che già
-più volte è stato scritto a Vostra Eccellenza, che Sua Santità
-l'ami più che alcun'altra persona del suo sangue.
-</p>
-
-<p>
-»Noi non saremo negligenti, se avremo modo di tener
-avvisata Vostra Eccellenza di giorno in giorno del
-viaggio e delle cose che accadranno.
-</p>
-
-<p>
-»Fra Terni e Spoleto, nella Valle della Strettura, uno
-staffiero dell'illustre Don Sigismondo venne a parole rissose
-con un altro del nobile romano Stefano de' Fabii,
-ch'è nella comitiva della duchessa, per causa assai lieve
-di certi tordi. L'uno e l'altro posero mano alle armi. Sopraggiunse
-a cavallo un certo Pizaguerra, anch'egli de' famigliari
-di Don Sigismondo, e ferì al capo il palafreniero
-del nominato Stefano. Di che questi, di natura impaziente,
-collerico e insolente, tanto si commosse e dolse da
-mostrare di non voler andare più avanti. E quando s'andò
-nella rôcca di Spoleto, passò a lato agli illustri Don Ferrante
-e Don Sigismondo senza salutarli e senza far loro attenzione.
-Tuttavia, perchè la natura del fatto era stata
-inopinata e casuale e noi tutti ne eravamo molto dolenti;
-e perchè Pizaguerra ed anche lo staffiero di Don Sigismondo
-eran fuggiti, sicchè non v'era da far più nulla; il
-cardinale di Cosenza, madonna Lucrezia e tutti diedero
-torto a Stefano. Ed egli acquetato e pacificato tirò via con
-gli altri. Ci raccomandiamo alla grazia di Vostra Eccellenza.
-Da Foligno il 13 gennaio 1502. — Giovanni Luca e Gerardo
-Saraceni.
-</p>
-
-<p>
-»PS. Il cardinale di Cosenza, per quanto apprendiamo
-<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
-sin qui, non andrà oltre i confini degli Stati del signor
-duca di Urbino.»<a class="tag" id="tag177" href="#note177">[177]</a>
-</p>
-
-<p>
-In Foligno convennero i Baglioni di Perugia per salutare
-Lucrezia e darle una scorta d'onore. S'andò, per
-Nocera e Gualdo, a Gubbio, una delle più notevoli città
-del Ducato di Urbino. A due miglia dalla città Lucrezia fu
-incontrata dalla duchessa Elisabetta, che poi la condusse
-al Palazzo civico. Le due donne non si separarono più,
-avendo Elisabetta mantenuta la promessa di accompagnare
-Lucrezia a Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Il cardinale Borgia da Gubbio ritornò a Roma; e quelle
-andarono innanzi verso Cagli nella comoda lettiga, regalata
-da Alessandro. Ne' pressi di Urbino, il 18 gennaio,
-la cavalcata fu salutata dal duca Guidobaldo, venuto all'incontro
-con tutta la corte sua. Egli condusse Lucrezia
-nella sua residenza, il superbo palazzo di Federigo, ove
-furono ospitati anche i principi d'Este; mentre egli stesso
-e la duchessa per cortesia n'uscirono. Sì in Urbino come
-in altri luoghi del suo territorio, il gentile Guidobaldo
-aveva fatto innalzar le armi de' Borgia e del re di
-Francia.
-</p>
-
-<p>
-Il matrimonio di Lucrezia aveva sempre ripugnato
-ai Montefeltri. Ma oramai facevano onore all'ospite loro,
-per riguardo a Ferrara, come anche per tema del Papa.
-Conoscevano Lucrezia sino da Roma, ove Guidobaldo,
-qual condottiero del Papa, aveva tanto infelicemente guerreggiato
-contro gli Orsini; e la conoscevano pure da Pesaro.
-Ora potevano sperare che la sicurezza di Urbino
-troverebbe valido sostegno nell'influenza e nell'amicizia
-di lei. Ma pochi mesi appena, e Guidobaldo e la moglie
-sua, diabolicamente ingannati e traditi dal fratello dell'ospite,
-tra angosce mortali dovevano essere scacciati
-dal loro paese.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dopo un giorno di riposo, Lucrezia e la duchessa
-lasciarono Urbino, il 20 gennaio, accompagnate per un
-tratto da Guidobaldo sulla via per Pesaro. Quivi la cavalcata
-non giunse che la sera in sul tardi. La via, che unisce
-le due città, è oggi una comoda strada carrozzabile
-attraverso amene colline; ma allora non era accessibile
-che a' cavalli; epperò i viaggiatori giunsero a Pesaro proprio
-affranti e sfiniti.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia v'entrò col cuore pieno di sentimenti penosi.
-Lì difatto doveva starle dinanzi la figura del ripudiato marito,
-Giovanni Sforza, che viveva in esilio a Mantova,
-spirando vendetta, e che poteva fors'anche andare a Ferrara
-per disturbare le feste nuziali. Pesaro era ora proprietà
-del fratello Cesare. Questi aveva dato ordine di ricevere
-splendidamente la sorella in tutte le città del suo
-territorio ch'ella toccasse. Cento fanciulli, vestiti co' colori
-di lui, giallo e rosso, con rami d'olivo in mano, la salutarono
-innanzi alla porta di Pesaro, al grido: «Duca! Duca!
-Lucrezia! Lucrezia!» I magistrati della città l'accompagnarono
-al palazzo, una volta sua residenza.<a class="tag" id="tag178" href="#note178">[178]</a>
-</p>
-
-<p>
-Le più nobili donne furono a ricevere la loro antica
-signora con grandi dimostrazioni di gioia. Era tra loro
-anche Lucrezia Lopez, un tempo sua dama di corte e ora
-moglie di Gianfrancesco Ardizi.<a class="tag" id="tag179" href="#note179">[179]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia passò a Pesaro un giorno, senza lasciarsi
-vedere. Permise che la sera le dame del suo seguito con
-quelle di Pesaro ballassero; ma al ballo essa non prese
-parte. Come il Pozzi informava il duca Ercole, «essa restò
-sempre nella sua stanza sì per attendere a lavarsi il capo,
-e sì per essere di natura sua assai solitaria e remota.»
-<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
-Se non che il contegno in Pesaro potrebbe forse spiegarsi
-meglio con i pensieri malinconici ond'era assediata.<a class="tag" id="tag180" href="#note180">[180]</a>
-</p>
-
-<p>
-In tutte le città del duca di Romagna ebbe uguale accoglimento.
-Per ogni dove i magistrati venivano alle porte
-a presentarle le chiavi della città. In nome di Cesare essa
-era ora accompagnata da Don Ramiro d'Orco, luogotenente
-di colui in Cesena, quella stessa ferocissima tigre che Cesare
-medesimo, appena un anno dopo, fece squartare.
-</p>
-
-<p>
-Per Rimini e Cesena si giunse a Forlì il 25 gennaio.
-La sala del palazzo di questa città era decorata di preziosi
-tappeti e anche le soffitte coperte di drappi variopinti. Una
-tribuna era stata elevata per le dame. I magistrati fecero regali
-in viveri, confetti e candele di cera. Non ostante il rigido
-governo, che i rettori di Cesare, e soprattutto Ramiro,
-tenevano in Romagna, pure bande di masnadieri rendevan
-malsicure le strade. Temendo che l'audace bandito Giambattista
-Carrara non avesse a piombare addosso al corteo,
-nel passaggio presso Cervia, si mandò una scorta di 1000
-fantaccini e 150 cavalieri; dando, del resto, a credere si
-trattasse solo di un accompagnamento d'onore voluto dalla
-popolazione.<a class="tag" id="tag181" href="#note181">[181]</a>
-</p>
-
-<p>
-A Faenza Lucrezia disse, che si fermerebbe ad Imola
-tutto il venerdì per lavarsi il capo; mentre non avrebbe
-potuto ciò far di nuovo che più tardi, finito il carnevale.
-Questa lavanda del capo, che abbiamo già più volte avuto
-occasione di menzionare come uno degli atti proprii all'acconciatura
-di quel tempo, dev'essere stata connessa
-con speciali procedimenti nel modo di curare i capelli.<a class="tag" id="tag182" href="#note182">[182]</a>
-L'ambasciatore ferrarese dava notizia al suo signore di
-questi disegni di Lucrezia, come d'impedimento deplorabile,
-pel quale l'ingresso di madonna in Ferrara doveva
-<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
-esser differito sino al 2 febbraio. E Don Ferrante scriveva
-similmente da Imola, aver quivi Lucrezia desiderato un
-giorno di riposo per mettere in ordine i suoi ornamenti e
-lavarsi il capo; la qual cosa, com'essa diceva, non aveva
-più fatta da otto giorni e cominciava perciò ad avere dolor
-di testa.<a class="tag" id="tag183" href="#note183">[183]</a>
-</p>
-
-<p>
-Riposatasi ad Imola, la cavalcata il 28 gennaio si pose
-in via per Bologna. Giunta sul confine del territorio della
-grande città e de' suoi signori, fu ricevuta da tutti i figliuoli
-del Bentivoglio e della moglie Ginevra con uno splendido
-seguito. E a due miglia dalla porta venne Giovanni stesso
-ad incontrarla.
-</p>
-
-<p>
-Il tiranno di Bologna, che la salvezza sua da Cesare
-doveva solo alla protezione di Francia, non risparmiò nulla
-per fare onore alla sorella del nemico suo. Con parecchie
-centinaia di cavalieri la condusse quasi in trionfo per la
-città, che egli aveva, a così dir, seminata delle armi dei
-Borgia, di Cesare, del Papa, di Lucrezia, e di quelle di
-Francia e degli Este. Sulla porta del suo sontuoso palazzo
-la superba matrona Ginevra era con molte gentildonne a
-ricevere la sposa. Come questa celebre donna, zia di Giovanni
-Sforza di Pesaro, doveva in cuor suo odiare la Borgia!
-Pure nè Alessandro nè Cesare, ma Giulio II Della Rovere
-doveva, dopo solo quattro anni, scacciar lei e tutta la
-schiatta sua per sempre da Bologna.
-</p>
-
-<p>
-Tra pompose feste si passò colà il 30 gennaio. La
-sera i Bentivoglio diedero un ballo e un convito.
-</p>
-
-<p>
-Il giorno dopo accompagnarono Lucrezia fuori di città,
-volendo questa proseguire il viaggio per la già prossima
-Ferrara per acqua sul canale, che conduceva allora da Bologna
-al Po, prima che fosse tagliato dalla posteriore deviazione
-del Reno.
-</p>
-
-<p>
-La sera dello stesso giorno 31, Lucrezia giunse al
-<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
-castello Bentivoglio a 20 miglia da Ferrara. V'era arrivata
-appena, che a un tratto v'apparve il marito Alfonso. Profonda
-fu la commozione di lei; pure si compose prestamente e
-lo accolse «con gran segno di devozione e con grazia;»
-al che egli corrispose con molta galanteria.<a class="tag" id="tag184" href="#note184">[184]</a> Il principe
-erede di Ferrara aveva insino allora mantenuta verso la
-sposa un'attitudine riservata e mutola. Gli uomini di quel
-tempo non avevan sentore di quella entusiastica felicità
-della passione, ovvero di quel sentimentalismo tutto proprio
-all'età nostra. Ma anche così, è pur sempre strano
-che non appaia assolutamente segno alcuno di corrispondenza
-epistolare tra Lucrezia ed Alfonso durante il tempo,
-in che il matrimonio fu trattato e quindi concluso,
-e nel quale, d'altra parte, troviamo molte lettere tra Lucrezia
-e Ercole. Ora in fine, fosse per sommissione al padre,
-per cortesia o per curiosità, questo ruvido e taciturno
-Alfonso usciva dalla sua ritenutezza. Egli era venuto travestito.
-Restò due ore, quindi tornò a Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Questo breve incontro valse a sgravare l'animo di Lucrezia
-d'un peso opprimente. E quelle due ore probabilmente
-bastarono anche, se non a disarmare Alfonso del
-tutto, a fargli almeno sentire il fascino della giovane sposa.
-Non avevano avuto interamente torto i galanti cittadini di
-Foligno nell'attribuire a Lucrezia il pomo di Paride. Di quell'incontro
-un cronista di Ferrara dice: tutto il popolo gioì,
-e ancora più furono contenti la sposa ed i suoi, che Sua
-Altezza sentisse il desiderio di vederla e l'accogliesse tanto
-volentieri; e questo fu segno ch'ella sarebbe ben ricevuta
-e meglio trattata.<a class="tag" id="tag185" href="#note185">[185]</a>
-</p>
-
-<p>
-Forse niuno ne fu più lieto del Papa. La figlia gliene
-<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
-diè contezza subito, perchè quotidianamente scrivevagli del
-progredire del viaggio; e quotidianamente pure altre persone
-gli mandavan dispacci. Egli era sempre dubitoso del
-buon accoglimento di Lucrezia per parte degli Este: quella
-nuova lo rassicurò. Partita colei da Roma, fece ripetute
-istanze presso il cardinal Ferrari, perchè esortasse il duca
-a trattare benevolmente la nuora. Osservava al proposito,
-che molto aveva fatto, ma più poteva fare ancora. L'esonerazione
-dal canone di Ferrara, così diceva, se compra
-con danaro, non avrebbe importato meno di 200,000 ducati;
-e solo per la spedizione delle Bolle gl'impiegati
-della Cancelleria avrebbero potuto pretenderne 5 a 6000. I
-re di Francia e di Spagna, per esentarsi dal tributo di Napoli,
-che pur non consisteva che in una chinea, avevano
-dovuto dare al duca di Romagna una rendita annua di
-20,000 ducati. Ferrara invece aveva tutto ottenuto gratuitamente.<a class="tag" id="tag186" href="#note186">[186]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il duca rispose alle esortazioni di quel cardinale il
-22 gennaio, assicurandolo che la nuora avrebbe trovato il
-più affettuoso accoglimento.<a class="tag" id="tag187" href="#note187">[187]</a>
-</p>
-
-<h3>II.</h3>
-
-<p>
-Il primo febbraio Lucrezia continuò sul canale il
-viaggio per Ferrara. A Malalbergo trovò Isabella Gonzaga,
-venuta ad incontrarla. La marchesa era stata premurosamente
-invitata dal padre per fare in palazzo gli onori
-della festa. Ma era però a malincuore accondiscesa alla
-chiamata. Nondimeno con furia gioiosa — così scriveva
-ora al marito, rimasto a casa — salutò e abbracciò la cognata,
-<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
-appena giunta. L'accompagnò quindi sul navilio
-sino a Torre della Fossa, ove il canale sbocca in uno
-de' rami del Po. Il Po scorre maestoso a quattro miglia da
-Ferrara, e solo un braccio secondario, il Po di Ferrara,
-ovvero, come oggi si chiama, il Canale di Cento, tocca la
-città, ove si divide in Volano e Primano, i quali vanno poi
-a scaricarsi nell'Adriatico. Questi non sono che meschini
-canali; e il navigarvi non potè essere in alcun tempo un
-diletto, nè un grandioso spettacolo.
-</p>
-
-<p>
-A Torre della Fossa stava ad aspettare il duca con
-Don Alfonso e con la corte. Quando Lucrezia ebbe posto
-piede a terra, egli la baciò; dopo che questa ebbe a lui
-stesso con grande riverenza baciato la mano. Salirono
-quindi tutti sopra un Bucintoro sontuosamente ornato.
-Gli ambasciatori stranieri e molti cavalieri furon presentati
-alla sposa, della quale toccarono la mano. Tra
-suoni e trombe e sparo di cannoni si giunse a Borgo San
-Luca, ove si scese. Lucrezia entrò nel palazzo di Alberto
-d'Este, fratello naturale di Ercole. Fu ricevuta da Lucrezia
-Bentivoglio, figlia naturale di Ercole e da molte
-gentildonne. Il siniscalco del duca le presentò madonna
-Teodora e dodici signorine, destinate per sue dame di
-compagnia in Ferrara. Cinque belle carrozze, ognuna con
-quattro cavalli, le furono offerte come regalo del suocero.
-Quella casa di campagna è andata in rovina. Il sobborgo
-di San Luca esiste; ma tutto v'è così mutato, che dei
-tempi, de' quali parliamo, non rimane vestigio.<a class="tag" id="tag188" href="#note188">[188]</a>
-</p>
-
-<p>
-La residenza degli Este rigurgitava già di migliaia di
-nuovi venuti dietro invito del duca o per curiosità. I
-grandi vassalli dello Stato erano tutti presenti. Ma di principi
-regnanti nessuno. I signori di Urbino e di Mantova si
-<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
-fecero rappresentare dalle mogli. Annibale era rappresentante
-della casa de' Bentivoglio. Roma, Venezia, Firenze,
-Lucca, Siena e il re di Francia avevan mandati ambasciatori,
-che furono ospitati ne' palazzi della nobiltà. Cesare
-stesso se n'era rimasto a Roma, e si fece rappresentare
-da' cavalieri suoi. Doveva invece, per desiderio di Alessandro,
-la moglie, Carlotta d'Albret, venir di Francia a Ferrara
-per le feste, e soggiornarvi un mese. Ma nemmeno
-essa si lasciò vedere.
-</p>
-
-<p>
-Ercole, aveva provvisto con profusione regale agli apparecchi
-per le feste. Da settimane i magazzini della corte
-e della città riboccavano di provvigioni. Ciò che la Rinascenza
-aveva prodotto di bello anche in Ferrara, presso
-una corte piena di gusto e di spirito, fra una cittadinanza
-agiata, nel cui seno studii, arti, industrie erano in fiore,
-fece di sè copiosa mostra in quella occasione.
-</p>
-
-<p>
-L'ingresso quindi di Lucrezia il 2 febbraio fu uno
-de' più splendidi spettacoli di quel tempo. E per Lucrezia
-stessa fu l'ora più festosa della vita, come quella, nella
-quale giungeva a quanto di più alto e di migliore la natura
-sua potesse aspirare.
-</p>
-
-<p>
-Due ore dopo mezzogiorno il duca con tutti gli ambasciatori
-e la corte andò al palazzo d'Alberto a prendere
-la sposa.<a class="tag" id="tag189" href="#note189">[189]</a> La cavalcata si dispose per entrare, traversando
-il ponte sul Po, per porta di Castel Tedaldo, fortezza
-ch'oggi più non esiste.
-</p>
-
-<p>
-Aprivano il corteggio 75 arcieri a cavallo, in divisa di
-casa d'Este, bianco e rosso; e dietro, 80 trombetti e molti
-pifferi. Seguivano i nobili di Ferrara senza ordine; poi le
-corti della marchesa di Mantova, rimasta in palazzo, e
-della duchessa di Urbino. Veniva quindi Don Alfonso a
-cavallo con a lato il cognato Annibale Bentivoglio, circondato
-<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
-da otto paggi. Era vestito in velluto rosso alla francese,
-berretto di velluto nero al capo, ornato di oro battuto.
-Portava scarpe alla francese di velluto nero, e sopra
-uose di damasco incarnato. Il cavallo baio era ornato di
-cremisino e oro.
-</p>
-
-<p>
-È singolare che Don Alfonso non entrasse in Ferrara
-accanto alla sposa: ma l'etichetta del tempo aveva modi
-di vedere diversi da' nostri. Lo sposo alle prime file, la
-sposa al centro, e il suocero in coda: voleva significare
-che Lucrezia era il personaggio principale della festa.
-Dietro ad Alfonso seguiva appunto la cavalcata della sposa:
-prima paggi e ufficiali di corte, poi molti cavalieri
-spagnuoli; cinque vescovi; quindi gli ambasciatori in ordine
-ascendente, ultimi i quattro deputati di Roma, sopra
-bei cavalli, in lunghi mantelli di broccato e neri berretti
-di velluto in testa. Dopo, sei suonatori di tamburi e due
-buffoni favoriti di Lucrezia.
-</p>
-
-<p>
-Ed eccola lei, la sposa, sfavillante di bellezza e di felicità,
-sopra bianco destriero coperto di scarlatto; e intorno
-intorno scudieri. Lucrezia portava gamurra a maniche
-aperte, di velluto nero, listata finamente d'oro e sbernia
-di broccato d'oro foderata di ermellino. In testa una rete
-quasi a forma di velo, scintillante di diamanti e d'oro,
-senza diadema: regalo del suocero. Al collo un filo di
-grosse perle e rubini, che una volta era stato della duchessa
-di Ferrara, come Isabella Gonzaga notava sospirando.
-La bella chioma fluttuava disciolta giù per le spalle.
-Cavalcava sotto un baldacchino di porpora, che portavano,
-alternandosi, i dottori di Ferrara, cioè dire, i membri del
-collegio di Diritto, Medicina e Matematica.
-</p>
-
-<p>
-Per far onore al re di Francia, protettore di Ferrara
-e de' Borgia, Lucrezia aveva chiamato appresso di sè l'ambasciatore
-francese Filippo Della Rocca Berti, e fattolo rimanere
-alla sua sinistra. Sicchè questi le cavalcava a fianco,
-<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
-ma non sotto il baldacchino. Tale distinzione stava a dimostrare
-come quel potente monarca fosse veramente colui
-che conduceva questa sposa nel palazzo degli Este.
-</p>
-
-<p>
-Dietro di Lucrezia veniva il duca in velluto nero, sopra
-cavallo morello, coperto del velluto stesso. E alla sua
-sinistra la duchessa di Urbino, anch'essa in abito di velluto
-nero.<a class="tag" id="tag190" href="#note190">[190]</a>
-</p>
-
-<p>
-Seguivan poi nobili e paggi; quindi gli altri principi
-di casa d'Este: ciascuno a fianco di una delle dame di
-Lucrezia. Mancava solo il cardinale Ippolito, rimasto a
-Roma.<a class="tag" id="tag191" href="#note191">[191]</a> Delle donne, che avevano accompagnato Lucrezia,
-tre soltanto erano a cavallo, Jeronima Borgia, la moglie
-di Fabio Orsini, un'altra Orsini, che non è indicata con
-maggior distinzione di questo, e madonna Adriana, «vedova
-e nobile donna e parente del Papa.»<a class="tag" id="tag192" href="#note192">[192]</a>
-</p>
-
-<p>
-Appresso, quattro carrozze di gala con dame d'onore
-di Ferrara bellamente ornate, delle quali dodici damigelle
-deputate alla corte della giovane duchessa. Venivan poscia
-condotti a mano due muli bianchi e due cavalli bianchi del
-pari, coperti di velluto e seta e con preziosi ornamenti d'oro.
-E dietro un treno di 86 muli carichi della guardaroba e
-de' tesori della sposa. Passando questo lungo seguito in
-mezzo alla folla accorsa, i buoni Ferraresi dovettero dirsi,
-<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
-che Don Alfonso s'era scelto una ricca sposa. Solo però
-pochi seppero pensare che tutte quelle balle e quei forzieri
-e bauli, trascinati a mostra con tanto fastosa iattanza,
-altro non erano che una prodigalità esercitata a spese
-de' paesi della Cristianità.
-</p>
-
-<p>
-Alla porta di Castel Tedaldo il cavallo di Lucrezia per
-un colpo di cannone s'impennò, cacciando di sella quella
-ch'era pure la figura principale dello spettacolo. La sposa
-fu presto in piedi; il duca la fece montare sopra una mula
-bianca, e il corteggio tirò via. Vi furono le salutazioni d'uso
-da archi di trionfo e da tribune, declamazioni e scene mitologiche,
-delle quali la più notevole fu un seguito di
-ninfe, che circondavano la loro regina, assisa sur un bove
-rosso; mentre alcuni satiri saltavano intorno. Il Sannazzaro
-avrebbe potuto pensare che il motivo di siffatta
-apoteosi dell'arme de' Borgia stésse nel suo epigramma,
-col quale aveva deriso la Giulia Farnese, figurandola quale
-Europa sul toro.
-</p>
-
-<p>
-Giunto il corteggio sulla Piazza del Duomo, scesero
-da due torri due acrobati a rivolger complimenti alla sposa.
-In quell'epoca al festevole si disposava sempre il grottesco.
-</p>
-
-<p>
-Era già sera, quando la cavalcata arrivò sulla Piazza
-del Duomo, alla residenza del duca. A questo punto fu
-concessa libertà a tutti i carcerati. I trombetti e pifferi si
-raccolsero tutti insieme e fecero risuonare alto i loro istrumenti.
-</p>
-
-<p>
-È difficile determinare con esattezza ove fosse allora la
-residenza, in cui si fermò Lucrezia. Gli Este avevano edificato
-nella città parecchi palazzi che abitavano con vece
-alterna: Schifanoja, Diamanti, Paradiso, Belvedere, Belfiore
-e Castel Vecchio. Un cronista della città, tra le abitazioni
-«che i signori di casa d'Este possedevano,» indicava
-nell'anno 1494 pel duca il Palazzo del Cortile e poi
-<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
-Castel Vecchio; per Alfonso, Castel Vecchio; pel cardinale
-Ippolito, il Palazzo della Certosa.<a class="tag" id="tag193" href="#note193">[193]</a> Nell'anno 1502 Ercole
-adunque dimorava in uno de' due palazzi nominati, i quali,
-del resto, erano congiunti; mentre da Castel Vecchio a
-Piazza del Duomo era tutta una serie di edifizii, che si
-terminava col Palazzo della Ragione. Questa specie di congiunzione
-sussiste ancora, abbenchè tutti gli edifizii siano
-mutati.
-</p>
-
-<p>
-La residenza del duca in quel tempo era rimpetto al
-Duomo: aveva un'ampia corte con scala di marmo, e di
-qui il nome di Palazzo del Cortile. Questa è probabilmente
-la corte stessa chiamata oggi Cortil Ducale. Vi si entrava
-dalla Piazza del Duomo pel portone, ai lati del quale stanno
-le due colonne, che un tempo sostenevano le statue di
-Niccolò III e di Borso. I narratori dell'ingresso di Lucrezia
-dicono espressamente, ch'essa scese di cavallo <i>alle
-scale del Cortile di marmo</i>.
-</p>
-
-<p>
-Fu quivi ricevuta dalla marchesa Gonzaga con molte
-dame di alto lignaggio. La giovane moglie di Alfonso, se
-la commozione del momento glien'avesse lasciato campo,
-avrebbe potuto osservare sorridendo, come la nobile casa
-d'Este le avesse schierata davanti per darle il benvenuto
-tutta un'accolta, brillante veramente, di bastarde. Su
-quella scala venne difatti salutata da Lucrezia, figliuola
-naturale di Ercole e moglie di Annibale Bentivoglio, e da
-tre figliuole naturali di Sigismondo d'Este, Lucrezia contessa
-di Carrara, Diana contessa Uguzoni, e Bianca Sanseverino.<a class="tag" id="tag194" href="#note194">[194]</a>
-</p>
-
-<p>
-S'era fatto notte: fiaccole e doppieri illuminavano il
-palazzo. Fra lo strepito di pifferi e trombette la giovane
-coppia fu condotta nella Sala di ricevimento, ove sedette
-<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span>
-in trono. Ebbero luogo le presentazioni d'uso delle persone
-di corte, e probabilmente un oratore rivolse allora a
-madonna un discorso d'occasione, pel quale il duca aveva
-fatto raccogliere notizie sulla casa Borgia. C'è ignoto il
-nome del fortunato oratore; ma conosciamo invece alcuni
-poeti, che presentarono alla bella principessa i loro epitalamii.
-Niccolò Mario Paniciato tutto pieno d'entusiasmo compose
-una serie di poesie ed epigrammi latini in onore di
-Lucrezia, di Alfonso e di Ercole, che raccolse sotto il titolo
-Borgias. Vi sono, fra l'altre, ferventissime felicitazioni per
-lo sposalizio della giovane coppia; e la bellezza di Lucrezia
-vi è magnificata più di quella di Elena, perchè accoppiata
-con pudore incomparabile.<a class="tag" id="tag195" href="#note195">[195]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questo poeta, a quanto pare, non fece imprimere i
-suoi versi, sicchè n'è rimasto solo il manoscritto nella
-Biblioteca di Ferrara. Invece la vigilia dell'ingresso lo stampatore
-Lorenzo tirò un epitalamio composto da un giovane
-latinista. Era Celio Calcagnini, divenuto più tardi
-celebre anche come matematico, favorito del cardinale Ippolito
-e amico pure del grande Erasmo. Semplicissima è
-la favola della poesia. Venere abbandona Roma e accompagna
-Lucrezia; Mnemosine ingiunge alle figliuole, le Muse,
-di magnificare la nobile principessa, il che esse fanno,
-del resto, con grande esuberanza. Non son dimenticati i
-<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
-principi della casa. Euterpe canta la lode di Ercole, Tersicore
-encomia Alfonso, e Calliope porta a cielo il trionfo
-di Cesare in Romagna.<a class="tag" id="tag196" href="#note196">[196]</a>
-</p>
-
-<p>
-Fra i poeti di Ferrara, che recarono omaggi, apparve
-anche in quest'occasione un altro, che sin d'allora dava
-già molto a sperare del genio suo, Lodovico Ariosto, allora
-di 27 anni, già conosciuto alla corte di Ferrara e
-ne' circoli de' dotti italiani come latinista e commediografo.
-Anch'egli scrisse e presentò a Lucrezia un epitalamio. È
-semplice e grazioso, senza pedanteria mitologica, ma non
-notevole per invenzione. Il Poeta celebra la fortuna della
-città di Ferrara, che omai tutti gli stranieri invidieranno
-pel possesso di un gioiello incomparabile; mentre Roma,
-per la perdita di Lucrezia, è fatta povera e caduta ancora
-una volta in rovina.<a class="tag" id="tag197" href="#note197">[197]</a> Egli esalta la giovane principessa come
-<i>pulcherrima virgo</i>, e sin d'ora allude a Lucrezia antica.
-</p>
-
-<p>
-Finite le cerimonie del ricevimento, il duca condusse
-la nuora nell'appartamento per lei preparato. Ella poteva
-starsi più che contenta dell'accoglimento trovato in casa
-d'Este. Anche l'impressione dalla sua persona prodotta
-fu la più favorevole. Il cronista Bernardino Zambotto scriveva
-in proposito: «La sposa è di età di 24 anni (e in
-ciò s'ingannava), bellissima di faccia, occhi vaghi e allegri,
-dritta di persona e di statura, accorta, prudentissima,
-sapientissima e allegra, piacevole ed umanissima. Tanto
-piacque a questo popolo, che tutti ne hanno preso consolazione
-<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
-grandissima, sperando aiuto e buon governo da
-Sua Signoria; e ne pigliano gran contento, sperando questa
-città doverne conseguire molti benefizii, massime per
-l'autorità del Papa, il quale ama sommamente sua figlia,
-come lo ha dimostrato con la dote data e con le castella
-concesse a Don Alfonso.»<a class="tag" id="tag198" href="#note198">[198]</a>
-</p>
-
-<p>
-La grazia di Lucrezia dev'essere stata allora proprio
-affascinante. Lo mostra il medaglione che abbiam di lei;
-e, del resto, i testimoni oculari lo dicono tutti. Il Cagnolo
-di Parma scriveva: «È di mediocre statura; gracile
-d'aspetto; di faccia alquanto lunga; il naso ha profilato e
-bello; aurei i capelli, gli occhi bianchi, la bocca alquanto
-grande; candidissimi i denti; la gola schietta e bianca,
-ornata con decente valore. In tutto l'esser suo continuamente
-allegra e ridente.»<a class="tag" id="tag199" href="#note199">[199]</a>
-</p>
-
-<p>
-<i>Bianco</i> chiama il Cagnolo il colore degli occhi di Lucrezia.
-Vuol dire che lo smalto bianco nell'occhio deve aver
-fatto in lui maggiore impressione del colore dell'iride; e
-questo avrebbe, senza dubbio, chiamato nero o cilestre, se
-fosse stato decisamente l'uno o l'altro. Il fiorentino Firenzuola
-nel suo Trattato <i>Della perfetta bellezza di una donna</i>
-vuole biondo il capello, gli occhi bianchi con pupilla non
-interamente nera, abbenchè sia amata da Greci e Italiani.
-Il miglior colore degli occhi è, com'egli dice, <i>tanè</i>.<a class="tag" id="tag200" href="#note200">[200]</a> A Lucrezia,
-tutta spirante grazia, col viso giocondo e con l'aurea
-chioma, doveva adattarsi un occhio di colore indeterminato,
-che a noi piace immaginar di un grigio chiaro
-anzichè bruno. Appunto questa indeterminatezza dell'iride
-spiega come anche i poeti di Ferrara, che cantarono allora
-il magico potere dell'occhio della bella duchessa, tacessero
-del colore.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
-</p>
-
-<p>
-Non già la forma eletta nè la bellezza classica, ma
-una grazia indescrivibile, cui s'aggiungeva alcunchè di misterioso
-e di strano, era la forza, mercè la quale quella
-donna singolare affascinava tutti gli uomini. Venustà e
-mansuetudine nell'aspetto, giovialità ed amorevolezza nel
-parlare sono qualità che in lei celebrarono tutti i contemporanei.<a class="tag" id="tag201" href="#note201">[201]</a>
-Raffigurando questo aspetto animato di tinte
-così graziose e tutto pieno di spirito, con quei grandi occhi
-penetranti, con quelle ciocche di aurei fluttuanti capelli, si
-ha dinanzi una bellezza romantica, quale forse lo Shakespeare
-deve aver pensato l'<i>Imogene</i>.
-</p>
-
-<h3>III.</h3>
-
-<p>
-Le feste nuziali in Ferrara si protrassero per sei giorni,
-durante il carnevale. Quanto a contenuto spirituale, le
-feste officiali all'epoca della Rinascenza non erano gran
-fatto più significative di quelle analoghe proprie a' tempi
-nostri. Pure, il sontuoso costume, un certo senso ideale
-della bellezza e l'etichetta più raffinata davano ad ogni
-modo alle feste di quel tempo, in cui veniva alla luce il
-<i>Cortegiano</i> del Castiglione, un carattere più elevato.
-</p>
-
-<p>
-Rispetto a certe rappresentazioni, il secolo XVI rimaneva
-indietro al nostro: teatro, fuochi d'artificio, concerti
-musicali. Le illuminazioni non erano ignote; e si
-facevano danze a cavallo a luce di fiaccole, e si tiravan
-pure razzi. Ma una festa notturna in un giardino illuminato,
-quale ai giorni nostri fu data dall'Imperatore d'Austria
-allo Schah di Persia nel Castello di Schönbrunn,
-<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
-sarebbe stata impossibile in quel tempo. Vale lo stesso per
-le produzioni musicali, soprattutto pe' concerti a grande orchestra,
-affatto sconosciuti allora. Certamente quella società
-avrebbe avuto in orrore la musica chiassosa de' tempi nostri;
-e lo strepito dei tamburi, che lacera gli orecchi, sarebbe
-sembrato all'italiano della Rinascenza così barbaro,
-come le parate militari, che tuttora oggi sono lo spettacolo
-prediletto nelle grandi Corti di Europa per fare onore
-o intimidire ospiti augusti. Similmente nelle Corti italiane
-d'allora i tornei erano rari: alcuna volta avevano luogo
-duelli, ne' quali l'abilità del combattente aveva campo di
-farsi ammirare.
-</p>
-
-<p>
-Il duca, dopo lungo e maturo esame, aveva fissato il
-programma delle feste con i suoi mastri di cerimonie. In
-sostanza dovevano comprendere, come più o meno in congiunture
-simili a' giorni nostri, tre distrazioni principali:
-banchetti, balli e rappresentazioni teatrali. E proprio dall'ultima
-parte del programma Ercole s'imprometteva l'effetto
-più grandioso e fama veramente onorevole presso
-tutto il mondo colto ed elegante.
-</p>
-
-<p>
-Era egli uno de' più passionati fondatori del teatro
-nella Rinascenza. Già parecchi anni innanzi aveva fatto da
-poeti presso la corte sua tradurre in terza rima e rappresentare
-commedie di Plauto e Terenzio. Avevano a tal
-uopo lavorato per lui il Guarino, il Berardo, il Collenuccio,
-il Bojardo stesso. Sin dal 1486 i <i>Menemmi</i>, la commedia
-prediletta di Plauto, erano stati rappresentati a Ferrara,
-vólti in italiano. Nel febbraio 1491, quando Ercole solennizzò
-le splendide feste per lo sposalizio di suo figlio Alfonso
-con Anna Sforza, furono rappresentati di nuovo; e
-il giorno dopo fu data una commedia di Terenzio e l'<i>Anfitrione</i>,
-accomodato per la scena dal Collenuccio.<a class="tag" id="tag202" href="#note202">[202]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
-</p>
-
-<p>
-Vero è che mancava ancora in Ferrara un teatro stabile;
-ma ve n'era uno provvisorio, che bastava alla rappresentazione
-delle commedie, la quale, per altro, tranne
-congiunture eccezionali, non aveva luogo che nel carnevale
-soltanto. Ercole aveva a quest'oggetto disposta una sala
-nel Palazzo del Podestà, grande edifizio di architettura gotica,
-dirimpetto ad uno de' lati del Duomo, ed oggi tuttora
-esistente, chiamato Palazzo della Ragione. La sala era,
-mercè un andito, in comunicazione con la residenza stessa.
-</p>
-
-<p>
-L'elevata scena, detta allora <i>Tribunale</i>, aveva un
-40 braccia in lunghezza e 50 in larghezza. V'erano case
-di legno dipinto e tutto l'occorrente ad uno scenario,
-rocce, alberi, e simili. Di contro agli spettatori la scena
-era chiusa da una parete di legno ornata di merli a guisa
-di muro. Nel mezzo del proscenio era l'orchestra, e ivi
-sedevano pure tutti gl'illustrissimi principi e ambasciatori.
-La grandissima sala, che serviva per gli spettatori,
-conteneva tredici file di sedie, fornite di cuscini, divise in
-modo che le donne rimanevan nel mezzo e gli uomini
-dai due lati. Tutta la sala era capace di un 3000 persone.
-</p>
-
-<p>
-Ercole stesso, standosene forse ai suggerimenti dello
-Strozzi, dell'Ariosto, del Calcagnini e di altri umanisti di
-Ferrara, avrà disposto il teatro. Quelli e altri accademici
-vi rappresentavano forse alcune parti; ma il duca avrà
-chiamato attori anche da altri paesi, da Mantova, Siena e
-Roma. Difatto, tra uomini e donne, non eran meno di
-110 personaggi. Egli fece pure allestire una nuova guardaroba.
-L'espettazione per simile produzione in così solenne
-occasione doveva esser grandissima.
-</p>
-
-<p>
-Le feste cominciarono il 3 febbraio, e presto fu notato
-che la bellezza delle tre donne eminenti, Lucrezia, Isabella
-e la duchessa d'Urbino, dava alle stesse luce e decoro.
-Eran esse nel numero delle più belle dame del tempo
-loro; e gl'intendenti potevan forse dubitare quale, d'Isabella
-<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
-o Lucrezia, fosse più degna del pomo di Paride. La
-nobile marchesa di Mantova era, certamente, di sei anni
-più anziana della cognata; pure era una perfetta figura di
-donna. Con femminile gelosia ella osservava la persona di
-Lucrezia. Nelle lettere, che giornalmente scriveva al marito
-in Mantova, descriveva con ogni minutezza i vestiti della
-rivale; ma non una parola delle attrattive di lei. «Della
-figura di madonna Lucrezia — scriveva così sin dal primo
-febbraio — mi taccio, poichè so che Vostra Eccellenza la
-conosce di vista.» In altra lettera del 3 febbraio dava,
-tutta piena di sè, ad intendere al marito, che, quanto alla
-persona e al seguito suo, sperava poter sostenere il paragone
-con le altre, e forse anche ottenere la palma. Con un giudizio
-identico una sua dama di compagnia, la marchesana
-di Cotrone, cercava confortare il marito di lei, il marchese
-di Mantova, scrivendogli: «La sposa non ha nulla di singolare,
-quanto a bellezza; ma ha <i>dolce ciera</i>. E malgrado
-delle sue molte dame, e dell'illustrissima madonna di Urbino,
-ch'è bella assai, e mostra in verità di essere degna
-sorella di Vostra Eccellenza, nondimeno, alla mia illustrissima
-signora Isabella, nel parere de' nostri e di quanti son
-qui venuti con questa duchessa di Ferrara, spetta il vanto
-di essere la più bella. E ciò è fuori di dubbio; mentre
-accanto alla Signoria Sua tutte le altre erano un nulla. Epperò
-a tal riguardo noi porteremo il palio nella casa della
-mia padrona.»<a class="tag" id="tag203" href="#note203">[203]</a>
-</p>
-
-<p>
-La prima sera delle feste fu dato un ballo nella sala
-grande della residenza. Il concorso fu tanto, che lo spazio non
-bastò. Lucrezia, sotto un baldacchino d'oro sontuosissimo,
-sedeva sur una tribuna, ove presero posto anche le principesse
-<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
-di Mantova e di Urbino e altre donne illustri, e da
-ultimo gli ambasciatori. Era quindi concesso, nonostante la
-folla, ammirare la raggiante bellezza di quelle donne, e
-gli abiti ricchi e le gioie preziose. Un ballo nella Rinascenza
-non aveva le forme rigide della moda odierna: era
-un diletto più naturale ed insieme più semplice: spesso
-ballavan donne con donne, e si ballava anche soli. Quanto
-a' modi di ballare, predominavano già i Francesi; mentre
-in quel tempo la Francia cominciava già a dettare le sue
-mode agli altri popoli. Nondimeno v'erano pure danze
-spagnuole e italiane. Lucrezia era una danzatrice seducente;
-e volentieri faceva mostra dell'arte e della grazia
-sua. Essa scese dalla tribuna e ballò più volte balli spagnuoli
-e romaneschi al suon di tamburini.<a class="tag" id="tag204" href="#note204">[204]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dopo il ballo ebbe luogo la rappresentazione drammatica
-con tanta impazienza attesa. Il duca fece prima venire
-innanzi tutti gli attori in maschera e vestiario da scena per
-passarli a rassegna. Il drammaturgo o direttore della compagnia
-si presentò sotto la figura di Plauto; ed espose brevemente
-il programma teatrale, cioè dire, l'argomento di tutte
-le opere da darsi nelle cinque sere. La scelta di commedie di
-autori drammatici viventi non offrì al duca nel 1502 difficoltà
-di sorta, essendovene poche davvero. La <i>Calandra</i> del
-Dovizi, che pochi anni dopo ebbe tanto successo, non era
-scritta ancora. È vero che l'Ariosto aveva già composto la
-<i>Cassaria</i> e i <i>Suppositi</i>. Pure il nome suo non era allora
-grande tanto, che gli toccasse l'onore di vederli rappresentati
-in quella ricorrenza.<a class="tag" id="tag205" href="#note205">[205]</a> Di più il duca voleva una
-<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span>
-produzione assolutamente classica: il mondo doveva parlarne;
-ed in effetto l'esecuzione teatrale fu quale sin allora
-non era stata vista mai in Italia. Noi ne abbiamo particolareggiate
-descrizioni, le quali non sono state per anco
-messe a profitto per la storia del teatro. In modo più preciso
-delle posteriori relazioni intorno al Teatro Vaticano,
-sotto Leone X, esse mostrano la natura delle rappresentazioni
-drammatiche nella Rinascenza, e sono pertanto una
-classica dipintura del tempo.
-</p>
-
-<p>
-Chi sappia immaginare, stando alle relazioni del Cagnolo,
-dello Zambotto e d'Isabella, tutto quello splendido
-pubblico di ospiti nuziali, seduto ne' più ricchi abiti su
-quelle file di panche, vede innanzi a sè uno de' più belli e
-più solenni convegni della Rinascenza. Tutto quello spettacolo
-così svariato di forme, tanto ricco di colori, accoppiati
-con quella scena anticheggiante e con quel che vi
-era rappresentato, le commedie plautine, e, incastrate negl'intermezzi,
-le pantomime e le moresche, di carattere
-queste mitologico, puramente fantastico e burlesco sino
-all'oscenità; è cosa tanto romantica, che ci fa credere trasportati
-nel <i>Sogno d'una notte d'estate</i> dello Shakespeare.
-E il duca Ercole di Ferrara scambiamo con Teseo, il duca
-d'Atene, innanzi al quale e alle coppie di sposi felici vengono
-date commedie e balli.
-</p>
-
-<p>
-Secondo il programma, dal 3 agli 8 febbraio, eccetto
-una sera, dovevansi l'una dopo l'altra recitare cinque commedie
-di Plauto. Negl'intermezzi dovevano aver luogo azioni
-musicali e moresche. La moresca era ciò che oggi chiamiamo
-il ballo, la pantomima intrecciata con la danza. L'origine
-sua risale all'antichità; e l'uso di essa si lascia già
-scoprire nel più oscuro Medio Evo. Primitivamente era una
-danza pirrica in vestiario scenico; e, come tale, si mantenne
-sino a' tempi nostri. Ricordo averla vista ancora nel
-1852 ballare pubblicamente nel Porto di Genova. Tolse il
-<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
-nome, a mio credere, da questo, che in tutti i paesi latini,
-che ebbero a subire l'invasione de' Saraceni, la
-danza pirrica voleva quasi rappresentare una pugna tra
-Cristiani e Mori, e, per ragione di contrapposto, usava far
-apparire questi ultimi sotto la figura di neri. Poi il concetto
-di moresca fu esteso ed applicato a significare il
-ballo in generale. Con accompagnamento di flauti e violini
-s'eseguivano, ballando, scene d'ogni specie tratte da' miti
-antichi, dalla vita cavalleresca come dalla comune. Vi
-erano pure danze di persone mostruosamente fantastiche,
-di rozzi idioti e villanzoni e contadini, di selvaggi e satiri,
-ne' quali fioccavan bastonate a tutt'andare, nel più barbaro
-modo che mai. Sembra che questo ballo romantico
-abbia proprio in Ferrara servito di spinta allo svolgimento
-di una particolare coltura. Quella città fu difatti la culla
-dell'epopea romantica, di Mambriano e di Orlando. Non accade
-dire che, lo stesso come a' dì nostri, il ballo aveva
-pel pubblico la massima attrattiva. Ad una commedia plautina
-invece, che su uomini, che sentono alla moderna, non
-può avere altro effetto che di un giuoco di burattini, quel
-pubblico, se era di buona fede, doveva provare noia veramente
-profonda. E le rappresentazioni duravano 4 a 5 ore,
-dalle 6 o 7 di sera alla mezzanotte.
-</p>
-
-<p>
-La prima sera, poichè il duca ebbe condotto gli ospiti
-nella sala del teatro, e questi ebbero preso posto, venne
-prima fuori Plauto avanti alla principesca coppia, e recitò
-un complimento. Quindi cominciò la rappresentazione dell'<i>Epidico</i>.
-Terminato il primo atto, e così anche dopo gli
-altri, seguì il ballo. Con l'<i>Epidico</i> s'innestarono <i>cinque
-bellissime moresche</i>. Comparvero prima dieci gladiatori; al
-suon di tamburini fecero una danza pirrica, con celere movimento
-e con varie armi. Alla seconda presero parte dodici
-persone in altro vestiario. La terza rappresentava un carro,
-tirato da un unicorno e guidato da una giovinetta. V'eran
-<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
-sopra alcuni uomini legati a un tronco e, seduti fra cespugli,
-quattro suonatori di liuto. La donzella sciolse i primi,
-che, scesi, fecero la moresca; mentre gli altri cantavan
-bellissime canzoni. Almeno così assicura il Gagnolo; ma la
-marchesa di Mantova, di gusto così raffinato, stimò invece
-la musica tanto tetra da non meritar quasi menzione alcuna.
-Nelle sue notevoli lettere Isabella si mostra critica
-acuta non solo degli spettacoli teatrali, ma di tutte le feste
-date in occasione delle nozze. La quarta moresca fu
-ballata da dieci Mori, con candelotti accesi in bocca. La
-quinta di nuovo da dieci uomini vestiti in modo fantastico,
-con piume al capo e aste in mano, in cima delle quali ardeva
-un gran fuoco. Finito l'<i>Epidico</i> e le moresche, furono
-anche regalati esercizii ginnastici.
-</p>
-
-<p>
-Il 4 febbraio, venerdì, Lucrezia non si lasciò vedere
-prima del mezzogiorno. Il duca frattanto condusse gli ospiti
-in giro per la città. S'andò a far visita ad una santa donna,
-suora Lucia di Viterbo, che Ercole, rigoroso credente,
-si era tirata a Ferrara come una rarità preziosa. La monaca
-ogni venerdì rinnovava la Passione; mentre nel corpo
-suo apparivano le Stimate ne' cinque luoghi, com'ebbe
-Cristo. E difatti ella donò all'ambasciatore francese alcune
-pezzuole, che aveva tenuto sopra le Stimate; e monsignor
-Rocca Berti le tolse con grande devozione. Di lì
-s'andò a vedere il vecchio castello, ove il duca fece mostra
-dell'artiglieria ferrarese, materia prediletta degli studii
-suoi. S'andò poscia ad aspettare madonna Lucrezia, la
-quale apparve più tardi nella grande sala, accompagnata
-da tutti gli ambasciatori. Si ballò sino alle 6 di sera; e
-quindi ebbe luogo la rappresentazione, le <i>Baccadi</i>, che
-durò cinque ore. Isabella la trovò smisuratamente lunga
-e noiosa. Vi furono anche balli come nell'<i>Epidico</i>. Persone
-vestite di panno color di carne tenevano in mano,
-danzando, torce che ardevano spandendo odorosi effluvii.
-<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
-Altre figure fantastiche eseguirono una lotta danzante con
-un drago.
-</p>
-
-<p>
-Il giorno appresso Lucrezia fu invisibile. Era occupata
-a lavarsi il capo e a scrivere lettere. Gli ospiti nuziali si
-contentarono d'andare a zonzo per Ferrara. Non vi fu alcuna
-festa officiale. L'ambasciatore Francese mandò regali
-a' principi della casa in nome del re di Francia: al duca
-uno scudo d'oro smaltato con un San Francesco, lavoro
-parigino di molto pregio; al principe erede, Alfonso, uno
-scudo simile con l'immagine di Maria Maddalena, e a proposito
-di ciò l'ambasciatore faceva notare, che Sua Altezza
-aveva scelto una sposa pari in virtù e grazia alla Maddalena:
-<i>quae multum meruit, quia multum credidit</i>. Forse fu
-questo presente per Alfonso, allusivo alla Maddalena, una
-pensata ironia da parte del re di Francia. Alfonso ricevette
-pure una istruzione intorno al modo di fondere i cannoni.
-Anche Don Ferrante ebbe similmente in dono uno scudo
-d'oro. Lucrezia ebbe una corona di globi d'oro sottilmente
-lavorati, e pieni di muschio. Ad Angela, la sua seducente
-dama di compagnia, toccò una collana d'oro di gran costo.
-</p>
-
-<p>
-Il rappresentante di Francia fu trattato con ogni possibile
-carezza. Il sabato stesso l'invitò a cena la marchesa di
-Mantova; e a tavola lo fece sedere in mezzo a lei e alla duchessa
-d'Urbino. «S'intrattennero — così racconta il Gagnolo — <i>in
-molte parole amorose e atti soavissimi e accostumati</i>. Dopo
-cena, per compiacere al signor ambasciatore, la marchesa
-<i>col liuto in mano cantò diverse canzoni con melodia e soavità
-grandissima</i>. Lo menò poscia secolei in camera, ove quasi
-per un'ora, in presenza di due donzelle di compagnia, stettero
-<i>in diversi colloquii secreti</i>. Ella si cavò quindi i guanti
-e glieli porse in regalo <i>amorosamente e con accomodate
-parole</i>; e il signor ambasciatore gli accettò con riverenza
-ed amore, come quelli che derivavano da quella vaghissima
-fonte. In verità, egli ha riservati i guanti in santuario
-<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
-<i>usque in consumationem saeculi</i>.» Noi vogliamo credere al
-Gagnolo, e ammettere anche che pel fortunato ambasciatore
-di Francia codesta reliquia di una bella e florida dama
-fosse preziosa altrettanto quanto i cenci statigli regalati
-dalla povera suora Lucia.
-</p>
-
-<p>
-La domenica, 6 febbraio, in Duomo vi fu ufficio solenne.
-Un cameriere papale consegnò a Don Alfonso la
-berretta e la spada consacrata, mandategli da Alessandro VI.
-L'arcivescovo, innanzi all'altare, l'una gli pose in testa
-e gli dètte l'altra in mano. Dopo mezzogiorno i principi
-d'Este e le principesse presero madonna Lucrezia dal suo
-appartamento, e la condussero nella sala del festino. Si
-danzò per due ore. Con una damigella di compagnia Lucrezia
-fece alcuni balli francesi. La sera fu dato il <i>Miles
-gloriosus</i>. Una delle moresche in quella rappresentazione
-dovett'essere davvero una danza mostruosa: dieci pastori
-cozzavan fra loro, armata la testa di corna di becco.
-</p>
-
-<p>
-Il 7 febbraio sulla Piazza del Duomo vi fu torneo a
-cavallo fra un Bolognese e un Imolese, e si terminò senza
-sangue. La sera fu data l'<i>Asinaria</i>, con una moresca veramente
-bizzarra. Apparvero quattordici satiri, fra' quali uno
-con in mano una testa d'asino inargentata, e dentro un
-oriuolo a suono. I satiri danzarono su quella melodia; fecero
-poi una caccia di uccelli d'ogni specie e di bestie feroci.
-A questa rappresentazione tenne dietro nel secondo intermezzo
-una produzione di otto cantori, fra i quali una donna
-di Mantova, che si fece sentire con accompagnamento di
-tre liuti. Alla fine fu data una moresca rappresentante tutta
-la serie de' lavori campestri, aratura, seminagione, mietitura
-e battitura delle biade; e quindi celebrazione delle
-feste della mèsse. Questo ballo allegro e spigliato, forse il
-meglio riuscito di tutti, si chiuse con un ballo campestre
-al suono di zampogne.
-</p>
-
-<p>
-L'ultimo dì delle feste, l'8 febbraio, era anche l'ultimo
-<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
-di carnevale. Gl'inviati, che subito dopo volevan partirsi,
-presentarono donativi alla sposa, parte in belle stoffe,
-parte in argento lavorato. Il più curioso le venne da' rappresentanti
-di Venezia. L'eccelsa Repubblica aveva mandato
-per le feste a Ferrara due nobili uomini, Niccolò Dolfini
-e Andrea Foscolo, entrambi vestiti con gran lusso a
-spese dello Stato. Il vestimento allora non era men costoso
-che bello, e i sarti della Rinascenza non potrebbero che guardare
-con disdegno quei de' giorni nostri. In quel tempo,
-quando l'arte era nel massimo fiore, anche i sarti erano veri
-e proprii artisti. Lavoravano nelle stoffe più preziose, velluto,
-seta e broccato d'oro; e i colori, l'andatura delle pieghe,
-e il taglio degli abiti, tutto ciò era fornito da pittori. Il
-vestito era adunque qualcosa, cui s'annetteva il più alto
-valore, qual condizione essenziale all'apparenza della bella
-persona. Tutti i relatori delle feste di Ferrara non tralasciarono
-mai di notare con ogni particolarità gli abiti,
-che in ciascuna solennità vestivano Lucrezia e altre dame
-di alta origine, e descrissero anche quelli degli uomini.
-Quanto, in punto di vestito, si mettesse importanza sempre
-e in ogni luogo, lo mostran pure le relazioni che i Veneziani
-mandarono in patria, e che Marin Sanudo ha inserite
-nel suo <i>Diario</i>. E ancora meglio lo prova il fatto, che i
-due ambasciatori di Venezia, prima di muovere per Ferrara,
-dovettero mostrarsi pubblicamente innanzi al Senato
-riunito ne' loro abiti nuovi; grandi mantelli in forma di
-pallii di velluto cremisino foderati di ermellino e con cappucci
-simili. Più di 4000 persone erano ad ammirarli nella
-sala del Gran Consiglio, e la Piazza di San Marco era gremita
-di popolo curioso di vederli quasi bestie rare e maravigliose.
-I nuovi abiti richiesero l'uno 32 e l'altro 28 braccia
-di velluto.<a class="tag" id="tag206" href="#note206">[206]</a> Appunto questi pallii portarono gl'inviati,
-<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
-qual regalo di nozze, alla duchessa Lucrezia, siccome era
-stato deciso dalla Signoria di Venezia.<a class="tag" id="tag207" href="#note207">[207]</a> Il bizzarro presente
-fu offerto con forme di pretensione insieme e d'ingenuità.
-I due nobili signori tennero dapprima un lungo discorso,
-l'uno in latino, l'altro in italiano; poscia, ritiratisi
-nell'anticamera e toltesi quivi le superbe vesti, andarono
-a consegnarle alla sposa. La natura del regalo e la pedanteria
-degli esibitori furono, del resto, materia di scherno
-e di riso alla corte di Ferrara.<a class="tag" id="tag208" href="#note208">[208]</a>
-</p>
-
-<p>
-La sera si ballò l'ultima volta, e s'assistette quindi
-all'ultima produzione teatrale, la <i>Casina</i>. Prima che questa
-cominciasse, fu suonata una musica del Rombonzino, e
-insieme furon cantate barzellette in lode degli sposi. Anche
-nella <i>Casina</i> furono incastrati parecchi pezzi di musica.
-Al terzo intermezzo sei violinisti suonarono benissimo, e
-tra questi si produsse come dilettante anche Don Alfonso.
-Sembra che specialmente in Ferrara l'arte di suonare il
-violino avesse toccato un grado di notevole perfezione, perchè,
-quando Cesare Borgia nel 1498 andò alla Corte di
-Francia, richiese il duca Ercole di alquanti suonatori per
-condurli seco in Francia, ove simili artisti eran molto ricercati.<a class="tag" id="tag209" href="#note209">[209]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il ballo consistette in una danza di rozzi uomini,
-che si contrastavano il possesso di una bella fanciulla,
-sinchè non apparve il Dio d'amore, accompagnato da musici,
-che la liberò da quelle strette. Poscia si vide una
-grandissima palla che si divise in due, e cominciò d risuonare
-di musicali accordi. Vennero infine dodici Svizzeri con
-<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
-alabarde e con bandiera nazionale ed eseguirono con gran
-destrezza una danza pirrica.
-</p>
-
-<p>
-Se, come il Gagnolo riferisce, le rappresentazioni
-drammatiche terminarono con questa scena, si sarebbe
-potuto rimproverare all'ordinatore della festa il poco buon
-senso, anzi il manco di spirito. Le moresche riunivano in
-sè il doppio carattere dell'opera e del ballo; ed esse furono
-le uniche produzioni inventate per queste feste nuziali.
-Ma se si paragona le feste di Ferrara con quelle date
-in occasione degli sponsali di Lucrezia al Vaticano, è certo
-che le prime restano di molto inferiori. Perchè nelle feste
-di Roma noi vedemmo commedie pastorali con allegorie
-allusive a Lucrezia, a' principi di Ferrara, a Cesare ed
-Alessandro. Invece in quelle di Ferrara non l'ombra di
-scene di tal genere, tutte ingegnose o almeno tenute per
-tali.
-</p>
-
-<p>
-Malgrado al lusso spiegato dal duca, le sue feste ci
-sembrano monotone e atte a indurre stanchezza; ma, sicuramente,
-andarono a genio alla maggioranza di quei che
-v'assistettero. Isabella veramente ne diede giudizio sfavorevole.
-«In realtà — così scriveva al marito — queste nozze
-sono molto fredde. A me sembrano mille anni di esser di
-nuovo a Mantova, per rivedere Vostra Eccellenza e il mio
-figliuolino, e di allontanarmi di qua, ove non è briciolo
-di piacere. Vostra Eccellenza dunque non ha da invidiarmi
-per la presenza a queste nozze, le quali sono riuscite così
-gelate; che quasi invidio piuttosto lei di essersi rimasto a
-Mantova.» Questo giudizio della nobile donna fu evidentemente
-ispirato anche dalla profonda repugnanza sua per
-l'unione del fratello con Lucrezia. Nondimeno dovette essere
-anche in parte determinato dal carattere di quelle
-feste; mentre la marchesa espressamente lamentava la stanchezza
-e la noia, ond'era oppressa.<a class="tag" id="tag210" href="#note210">[210]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span>
-</p>
-
-<p>
-Appena finite le feste, anche la marchesa tornò a Mantova.
-L'ultima lettera sua al marito da Ferrara porta la
-data del 9 febbraio. Da Mantova poi scrisse il 18 la prima
-lettera alla cognata Lucrezia:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissima Signora. — L'amore che io porto alla
-Signoria Vostra, e il desiderio di sapere che ella persevera
-in quella buona salute, come al momento della mia
-partenza, mi fanno credere che anch'ella sia nell'espettazione
-stessa rispetto a me. Epperò, nella speranza di
-farle cosa grata, le significo ch'io sono arrivata sana e
-salva lunedì in questa città. Vi ho trovato anche in ottima
-convalescenza il mio Illustrissimo Signor consorte.
-Resta ch'io intenda parimenti della signoria Vostra lo
-stesso, acciò possa pigliarne piacere, come di sorella cordialissima.
-E benchè reputi superfluo offrirle le cose sue,
-nondimeno una volta per tutte voglio ricordarle, che la può
-disporre della persona e della facoltà mia non altrimenti
-che delle sue proprie. Me le raccomando per sempre, e la
-prego di volermi raccomandare al di lei Illustrissimo Signor
-consorte, mio fratello onorandissimo.»<a class="tag" id="tag211" href="#note211">[211]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia rispose il 22:
-</p>
-
-<p>
-«Mia Illustrissima Signora Cognata e Sorella onorandissima. — Abbenchè
-sarebbe stato debito mio il prevenire
-Vostra Eccellenza nelle prove di amorevolezza, ch'ella s'è
-degnata usare verso di me, nulladimeno volentieri mi rassegno
-alla mia negligenza per questo solo, che l'Eccellenza
-Vostra m'abbia per tal guisa tanto più obbligata al servizio
-suo. Non potrei giammai esprimerle con quanta consolazione
-e contentezza abbia inteso il suo prospero arrivo in Mantova
-e la buona salute dell'illustre suo signor consorte. Possa lo
-stesso, assieme all'Eccellenza Vostra, come io ne prego Dio,
-esser preservato in prosperità e aumento di buono e felice
-<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
-stato secondo il desiderio loro. E per ubbidire, come desidero
-e debbo, al comando dell'Eccellenza Vostra, le significo
-che anch'io per grazia di Dio mi trovo bene e sempre pronta
-a far cosa che le sia grata. — Ferrara, 22 febbraio 1502.
-Devota Sorella, che desidera servirla, Lucrezia Estensis
-de Borgia.»<a class="tag" id="tag212" href="#note212">[212]</a>
-</p>
-
-<p>
-Con questa lettera officialmente cortese cominciò il
-carteggio fra le due celebri donne, continuato per lo spazio
-di 17 anni. Ciò prova che la marchesa, sul principio ostile,
-divenne più tardi sincera amica della cognata.
-</p>
-
-<p>
-Il duca di Ferrara fu di tutto cuore contento, quando
-gli ospiti presero finalmente la via d'andarsene. Solo madonna
-Adriana, Jeronima e quella Orsini innominata non
-diedero segno di voler tornare a Roma. Alessandro le aveva
-incaricate di rimaner colà, sino a che non giungesse la
-moglie di Cesare. Dovevano andare incontro a costei sino
-in Lombardia, e poscia accompagnarla a Roma. Se non
-che la duchessa di Romagna, malgrado delle premurose
-sollecitazioni del nunzio, non aveva voluto abbandonar la
-Francia. Suo fratello soltanto, il cardinale d'Albret, era
-giunto in Ferrara il 6 febbraio; ma ben presto continuò
-la strada per Roma.
-</p>
-
-<p>
-Adriana, come prossima parente del Papa e di Lucrezia,
-era stata alla corte di Ferrara trattata assai onorevolmente,
-ed era anche entrata in relazione molto intima
-con la marchesa Isabella. Fa prova di ciò una lettera di
-quest'ultima, diretta ad Adriana, lo stesso giorno 18 febbraio,
-nel quale scrisse a Lucrezia. Vi si parla di una persona
-statale raccomandata in Ferrara da Adriana in proprio
-nome e anche a nome di madonna Giulia; donde risulta
-che quella innominata Orsini non era la Giulia Farnese.<a class="tag" id="tag213" href="#note213">[213]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ercole desiderava ardentemente la partenza di quelle
-donne.
-</p>
-
-<p>
-In una lettera del 14 febbraio al suo ambasciatore Costabili
-in Roma lagnavasi con certa vivacità della inutile dimora
-delle stesse alla corte sua. «Noi vi diciamo — così
-scrivevagli — che la presenza delle nominate madonne fa
-sì che gran numero di altre persone, uomini e donne, rimangano
-similmente qui, aspettando la partenza di quelle;
-il che è peso grande ed insopportabile dispendio. Perchè
-se si conta tutt'insieme il numero delle persone del seguito
-di queste donne e di altre, restano ancora qui quasi
-450 uomini e 350 cavalli.» Ciò egli, l'ambasciatore, potere
-rappresentare al Papa, ed i viveri esser consumati,
-e la duchessa di Romagna non esser per venire per Pasqua;
-e quanto a lui non poter più fare le spese, avendo
-già per le feste delle nozze erogato più di 25,000 ducati.
-Il Papa poteva quindi richiamare quelle donne. In un
-poscritto aggiungeva: «Io ho licenziati i gentiluomini dell'Illustrissimo
-Signor Duca di Romagna, dappoi che sono
-stati qui dodici giorni, perchè era gente impertinente, e la
-presenza loro era senza alcun frutto per Sua Santità e pel
-Duca di Romagna.»<a class="tag" id="tag214" href="#note214">[214]</a>
-</p>
-
-<p>
-Finalmente le importune donne partirono; ma, a quel
-che pare, più tardi che ad Ercole non piacesse. V'è difatti
-un dispaccio dell'inviato Gerardo Saraceni da Roma del
-4 maggio, col quale informa il duca, che monsignor di
-Venosa e madonna Adriana, ritornati da Ferrara, avevano
-espresso al Papa la loro gratitudine per l'amorevole accoglienza
-colà trovata.
-</p>
-
-<p>
-Lo stesso giorno 14 febbraio Ercole scrisse una lettera
-<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
-al Papa, il cui tenore, tolte alcune frasi, non aveva nulla
-di simulato:
-</p>
-
-<p>
-«Santissimo Padre e Signore. — Prima che l'illustrissima
-duchessa, nostra figliuola comune, giungesse qua,
-era mia ferma intenzione, come si conveniva, di accoglierla
-con benevolenza e con onore, e in alcuna cosa
-non mancare che tenesse a mostrarle particolare affetto.
-Ora, da che Sua Signoria è arrivata, mi ha talmente soddisfatto
-per le virtù e degne qualità trovate in essa, che
-non solo mi son raffermato in quella mia buona disposizione,
-ma altresì il desiderio e l'animo di far così è in me
-grandemente cresciuto, tanto più che veggo la Santità Vostra
-per un Breve di sua mano farmene amorevolmente
-ricordo. Stia adunque Vostra Santità di buon animo; mentre
-io userò verso la duchessa in tali termini, che la Beatitudine
-Vostra abbia a riconoscere come io la tenga per
-la più cara cosa che abbia al mondo.»<a class="tag" id="tag215" href="#note215">[215]</a>
-</p>
-
-<h3>IV.</h3>
-
-<p>
-Sin dal primo entrare nel castello degli Este, Lucrezia
-appartenne interamente a nuove relazioni, a nuovi interessi,
-si può dire, a un mondo nuovo per lei. Si trovò come
-principessa in uno de' più ragguardevoli Stati italiani e in
-una città a lei straniera, che da mezzo secolo a quella parte
-era diventata sì importante, che lo spirito della coltura
-nazionale v'aveva trovata una nuova sede e una nuova
-forma. Si vide accolta in una delle più cospicue case principesche
-d'Italia, che tempo e storia insieme avevan circondata
-di splendore veramente romantico. Una fortuna
-straordinaria e immensa l'aveva fatta entrare in quella
-<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
-casa famosa, della quale ella stessa ora doveva rendersi
-degna.
-</p>
-
-<p>
-La stirpe degli Este era, accanto all'altra de' duchi
-di Savoia, la più antica e più eccelsa d'Italia. Anzi la seconda
-era dalla prima ecclissata per l'importanza dello
-Stato di Ferrara, grazie alla sua posizione geografica.
-</p>
-
-<p>
-Ecco in breve la storia degli Este:
-</p>
-
-<p>
-I signori, che ebbero il nome feudale da un piccolo
-castello tra Padova e Ferrara, ripetevan l'origine loro dalla
-invasione longobardica, e da una famiglia, il cui stipite
-chiamavasi Alberto. I nomi Adalberto e Alberto ebbero in
-italiano la forma di Oberto, che nel diminutivo si trasformò
-in Obizzo e Azzo. Nel X secolo apparisce un marchese
-Oberto, che fu partigiano di re Berengario prima, poi di
-Ottone il Grande. È ignoto da qual territorio togliessero il
-titolo di Marchesi egli e i prossimi discendenti suoi. Furono,
-ad ogni modo, grandi signori in Lombardia come in Toscana.
-Un pronipote di Oberto, Alberto Azzo II, vien ne' documenti
-nominato <i>Marchio de Longobardia</i>. Egli dominava
-da Mantova all'Adriatico e alla valle del Po, ove possedeva
-Este e Rovigo. Sposò Cunigonda, sorella del conte
-Guelfo III di Suabia. Così la famosa stirpe tedesca de' Guelfi
-si unì con quella degli Oberti, ed entrò nella cerchia delle
-relazioni italiane. Venuto a morte Alberto Azzo nel 1096
-in età di più di 100 anni, lasciò i figli Guelfo e Folco. Costoro
-furono i progenitori della casa d'Este in Italia e della
-casa guelfa di Braunschweig in Germania. Guelfo difatti
-ereditò i beni di suo avo materno Guelfo III, col quale nel
-1055 erasi estinta la linea maschile della casa sua. E andò
-in Germania; vi divenne duca di Baviera, e fondò la linea
-de' Guelfi.
-</p>
-
-<p>
-Folco ereditò i possedimenti italiani del padre, e consolidò
-la linea degli Este. Nella gran lotta degl'imperatori
-tedeschi col Papato i marchesi d'Este furono aspri e tenacissimi
-<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
-combattenti; prima seguaci fervorosi, poscia capi
-del partito guelfo; il che valse a fondare il loro potere
-anche in Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Gl'inizii primi di questa città furono oscuri e ignoti.
-Si crede che fosse venuta su al tempo delle immigrazioni
-forestiere. Dopo la donazione di Pipino e di Carlomagno
-la Chiesa pretese di averne il possesso. Fu compresa anche
-nella donazione della contessa Matilde. Nelle guerre
-tra il Papa e l'imperatore, cui diè alimento la disputa intorno
-l'eredità di Matilde, Ferrara acquistò la sua autonomia
-come repubblica.
-</p>
-
-<p>
-Il XII secolo era sul finire, quando gli Este cominciarono
-a mettervi piede. Il nipote di Folco, Azzo V, sposò
-in quel tempo Marchesella Adelardi, erede del capo dei
-Guelfi nella città; mentre Salinguerra v'era capo de' Ghibellini.
-Da quel momento i marchesi d'Este andaron man
-mano guadagnando influenza in Ferrara. Essi divennero
-capi del partito guelfo anche nell'Alta Italia.
-</p>
-
-<p>
-L'anno 1208 riuscì ad Azzo VI di scacciare Salinguerra.
-La città era così profondamente stanca della lunga lotta
-partigiana, che diede al vincitore la qualità ereditaria di
-Podestà. Fu questo il primo esempio di spontanea dedizione
-di una libera repubblica alla mercè di un signore.
-Così gli Este furono i primi a fondare un potere dinastico
-sulle rovine di una repubblica. L'audace Salinguerra, figura
-eroica delle più notevoli del tempo degli Hohenstaufen in
-Italia, scacciò di Ferrara ripetute volte Azzo e il successore
-di lui Azzo VII, sino a che nel 1240 non soggiacque e
-finì di vivere nel carcere. Dopo d'allora gli Este furono
-padroni di Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Per un certo tempo, durante l'esilio avignonese de' papi,
-ne furono scacciati per opera della Chiesa; ma ritornarono
-il 1317, chiamativi da' cittadini che s'eran sollevati
-contro il luogotenente di quella. Giovanni XXII gli confermò
-<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
-con diploma d'investitura, mercè il quale ricevevano Ferrara
-in feudo dalla Chiesa contro l'annuo tributo di 10,000
-fiorini d'oro. Oramai gli Este ordinarono il loro Stato come
-tiranni di Ferrara. Era uno Stato, cui il perdurare
-della dinastia fra tante guerre rese consistente. La dinastia
-degli Este non fu, come quelle di quasi tutte le altre
-dominazioni italiane, il prodotto di momentanee conquiste,
-d'intrusi illegittimi, ma antica, ereditaria, fortemente abbarbicata.
-</p>
-
-<p>
-Con Aldobrandino, signore di Ferrara, di Modena,
-Rovigo e Comacchio, cominciò a venire al potere una serie
-di principi la maggior parte illustri, mercè i quali la città
-di Ferrara potè levarsi a quell'importanza, ond'era in
-possesso al cominciare del secolo XVI. Ad Aldobrandino
-successero i fratelli, Niccolò dal 1361 al 1388, e Alberto
-sino al 1393. Poi sino al 1441 dominò il figliuolo di costui
-Niccolò III, uomo di spiriti gagliardi e bellicosi. Essendo
-i suoi figli legittimi Ercole e Sigismondo minorenni,
-gli successe il suo bastardo Lionello. Questo principe non
-solo continuò quello che il padre aveva iniziato; ma fece
-di Ferrara uno Stato splendido e temuto. Il grande Alfonso
-di Napoli gli diè in moglie nel 1444 la figlia Maria; e per
-tal guisa gli Este si strinsero in intimo legame con la Casa
-reale degli Aragonesi. Lionello fu savio e liberale, cultore
-di ogni arte e scienza, principe di <i>nome immortale</i>. Nel
-1450 gli successe il fratello Borso, al pari di lui bastardo,
-usurpando anch'egli il posto ai figliuoli legittimi di Niccolò
-III.
-</p>
-
-<p>
-Borso fu uno de' principi più splendidi e grandiosi
-del tempo suo. Federico III, di ritorno dal suo viaggio
-d'incoronazione, lo nominò in Ferrara duca di Modena e
-Reggio, conte di Rovigo e Comacchio, paesi che appartenevano
-tutti all'Impero. D'allora in poi gli Este, la cui arma
-era stata un'aquila bianca, presero l'aquila nera imperiale,
-<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
-alla quale unirono i gigli di Francia, che un tempo Carlo VII
-aveva loro concessi. Il 14 aprile 1471 anche Paolo II nominò
-in Roma Borso duca di Ferrara. Poco dopo, il 27 maggio,
-questo principe famoso morì nubile e senza discendenti.
-</p>
-
-<p>
-Gli successe Ercole, figliuolo legittimo di Niccolò III.
-Per tal guisa il governo ritornò alla linea pura degli Este,
-dopochè, per opera appunto di due bastardi, Ferrara era
-diventata uno Stato potente. Nel giugno 1473 Ercole si
-ammogliò con Eleonora di Aragona, figliuola di Ferdinando
-di Napoli. Le feste pel matrimonio furono sontuosissime.
-Da quel tempo sino al giorno, in cui questo secondo duca
-di Ferrara con altrettanta pompa univa Lucrezia in matrimonio
-con suo figlio, eran scorsi 29 anni di lotte molte e
-varie. Ercole aveva corso il massimo pericolo, onde lo Stato
-suo potesse essere minacciato: la guerra di Venezia e di
-papa Sisto IV contro di lui, la quale il 1482 fu terminata felicemente,
-non senza però la cessione di alcuni territorii in
-favore de' Veneziani. Ma il pericolo poteva rinnovarsi. Accanitissimi
-nemici del suo Stato erano sempre Venezia e
-la Chiesa. La sua politica quindi prescrivevagli di collegarsi
-con Francia, la quale comandava a Milano e forse
-poteva rendersi per sempre padrona di Napoli. Per questo
-motivo stesso erasi visto nella necessità di dare in moglie
-a suo figlio Lucrezia Borgia, a condizioni però vantaggiosissime.
-Lucrezia adunque poteva aver coscienza dell'alta
-significazione che la persona sua aveva per lo Stato di
-Ferrara. E ciò sin dal bel principio svegliò in lei il sentimento
-della sicurezza, rispetto alla nobile casa, cui ella
-omai apparteneva.
-</p>
-
-<p>
-Il duca destinò Castel Vecchio a residenza degli sposi.
-Ivi Lucrezia stabilì la sua corte officiale. Il celebre castello
-esiste tuttora come uno de' più grandiosi monumenti medievali.
-Esso torreggia su tutta Ferrara ed è visibile da
-<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
-miglia lontano. Il color rosso scuro; il carattere grave e
-triste, congiunto ad una regolarità architettonica, che può
-dirsi perfetta; le quattro poderose torri; tutto ciò produce
-addentro impressione fortissima, specialmente al chiaro di
-luna, quando queste ultime riflettono la loro ombra nell'acqua
-del fossato, onde il castello ancora oggi, come in
-antico, è intorno ricinto. Alla fantasia dell'osservatore riappariscono
-allora le figure de' personaggi notevoli, che una
-volta v'abitarono o lo animarono: Ugo e Parisina Malatesta,<a class="tag" id="tag216" href="#note216">[216]</a>
-Borso, Lucrezia Borgia e Alfonso, Renata di Francia
-e Calvino, l'Ariosto, Alfonso II, l'infelice Tasso ed
-Eleonora.
-</p>
-
-<p>
-Castel Vecchio fu fatto edificare dal marchese Niccolò
-nel 1385, dopo una sommossa cittadina. I successori lo
-compirono e ornarono nell'interno. Mercè cammini coperti
-era in comunicazione con la residenza dirimpetto al
-Duomo. Prima che Ercole allargasse Ferrara dal lato settentrionale,
-il castello rimaneva alla parte estrema, presso
-le mura. Una delle torri, quella chiamata <i>del Leone</i>, copriva
-la porta della città. Un braccio del Po, che allora
-scorreva in vicinanza, forniva d'acqua il fossato, sul quale
-si passava su ponti levatoi.
-</p>
-
-<p>
-Al tempo di Lucrezia l'aspetto del castello era qual
-è ora solo nella sua forma essenziale. I comignoli delle
-torri sono di tempo posteriore. Le torri stesse erano più
-basse. Avevano merli, e così pure tutte le mura, come
-il castello dei Gonzaga in Mantova: intorno intorno armate
-de' cannoni fatti fondere da Alfonso. L'interno era una
-corte con portici, quadrata e lastricata. Si mostrò quivi a
-Lucrezia il luogo, ove Niccolò III, nel 1425, fece tagliare
-<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span>
-il capo all'infelice suo figlio Ugo e alla matrigna, la bella
-Parisina. E la lugubre memoria dovette suggerire alla
-figliuola di Alessandro di esser fedele al marito.
-</p>
-
-<p>
-Ampie scale di marmo menavano a' due appartamenti
-del castello, de' quali quello al primo piano serviva di residenza
-a' principi. Era una fila di sale e di camere. Col
-tempo tutto è così mutato, che anche quei, che più a
-fondo conoscono Ferrara, confessano non saper più ove
-fosse l'abitazione di Lucrezia. Anche delle pitture, che gli
-Este vi fecero fare, rimangono appena alcuni affreschi del
-Dossi e uno d'altro maestro.
-</p>
-
-<p>
-La residenza in quel castello dovette forse essere
-sempre malinconica e alquanto oppressiva. Ciò era in armonia
-col carattere di Ferrara. Anche oggi la città reca
-l'impressione di una serietà cupa e monotona. Quando dall'alto
-de' merli del castello guardi quella estesissima pianura
-riccamente coltivata, pur sempre uniforme, priva di
-un bello orizzonte, mentre le Alpi di Verona appena si
-disegnano in lontananza, e il più prossimo Appennino non
-ha aspetto gran fatto maestoso; quando guardi quella
-massa nera della città, un senso di maraviglia ti assale, pensando
-come mai la gioconda poesia dell'Ariosto sia nata in
-quel luogo. Il cielo, la terra e il mare atti ad ispirarlo
-avrebbe dovuto piuttosto cercare in quel eliso di Sorrento,
-che fu culla del Tasso. Una prova di più della verità sovente
-osservata, che la fantasia poetica è indipendente
-dai luoghi.
-</p>
-
-<p>
-Ferrara giace in una pianura malsana, attraversata
-dai rami del Po e da parecchi canali. Il fiume principale
-non dà punto vita alla città nè alla campagna, perchè
-scorre lontano molte miglia. Mura poderose con quattro
-porte cingevano la città d'ogni lato. Al tempo di Lucrezia,
-oltre Castel Vecchio sull'estremità nordica, v'era pure
-dal lato sud-occidentale Castel Tealto o Tedaldo. Questa
-<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
-fortezza era posta sur uno de' rami del Po. Aveva una porta,
-per la quale s'entrava in città, mentre un ponte di barche
-menava dall'altro lato al sobborgo San Giorgio. Per
-questa porta Lucrezia aveva fatto il suo ingresso. Di Castel
-Tedaldo oggi non resta più nulla; fu distrutto sul principiare
-del secolo XVII, quando il Papa, espulsi i discendenti
-di Alfonso, fece edificare la nuova grande fortezza.
-</p>
-
-<p>
-Ferrara aveva spaziose piazze e strade regolari con
-portici. Sulla piazza principale era il Duomo, ragguardevole
-edifizio di stile gotico-lombardo dell'anno 1135, nel quale
-fu consacrato. L'alta facciata, divisa in tre parti e con tre
-frontoni formati di tre serie di archi, che partecipano del
-gotico e del romano, poggiati su colonne, e con le antiche
-sculture, tutte annerite dal tempo, ha un'apparenza veramente
-singolare, che sente insieme dell'originalità medievale
-e di bizzarro romanticismo. Nulla colpisce oggi
-tanto in Ferrara quanto la prima vista di codesta facciata.
-Si crede aver dinanzi una figura del favoloso mondo ariostesco.
-Rimpetto a uno de' lati della Cattedrale sta ancora
-il gotico Palazzo della Ragione, e stavano altra volta due
-vecchie torri, una delle quali chiamavasi <i>Rigobello</i>. Di
-fronte poi alla facciata era la residenza degli Este. Ivi abitava
-Ercole, e un tempo abitò Eugenio IV, quando tenne
-a Ferrara il famoso Concilio. Innanzi al palazzo erano una
-volta le statue de' due grandi principi di Ferrara, Niccolò
-III e Borso: la prima equestre, l'altra seduta. Erano
-poste su colonne; epperò avevano piccole dimensioni. Oggi
-le colonne sussistono a' lati del portone: le statue furono
-distrutte nel 1796.
-</p>
-
-<p>
-Gli Este gareggiarono con altri principi e repubbliche
-nell'edificare chiese e monasteri, de' quali Ferrara è ricca
-tuttora. Intorno l'anno 1500 più notevoli erano: San Domenico,
-San Francesco, Santa Maria in Vado, Sant'Antonio,
-San Giorgio innanzi a Porta Romana, il chiostro del
-<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
-<i>Corpus Domini</i> e la Certosa. Tutte queste chiese sono state
-più o meno rammodernate. Benchè alcune si distinguano
-per belle proporzioni e spaziosità, pure niuna ha un'individualità
-artistica rilevante.
-</p>
-
-<p>
-Col XV secolo anche Ferrara cominciò ad arricchirsi di
-palazzi, che oggi pure sono il decoro della deserta città, e
-costituiscono una parte di gran valore della storia dell'architettura,
-dagl'inizii del Rinascimento sino al passaggio
-nel barocco. Alcuni sono in uno stato di deplorabile decadenza.
-Sullo scorcio del secolo XVI il marchese Alberto
-costruì i palazzi del Paradiso, oggi l'Università, e Schifanoja.
-Ercole edificò il Palazzo Pareschi. Di lui può dirsi
-che fosse il rinnovatore di Ferrara. Allargò la città, aggiungendovi,
-verso settentrione, un nuovo quartiere, l'<i>Addizione
-Erculea</i>. Questa è pur oggi la parte più splendida
-della moderna Ferrara. È attraversata da due strade lunghe
-ed ampie, il Corso di Porta Po con la sua continuazione
-nel Corso di Porta Mare, e la strada de' Piopponi. Passeggiando
-per quelle vie tranquille e solitarie, fa stupore
-vedere quella lunga fila di bei palazzi della Rinascenza,
-monumenti di una vita rigogliosa, ma ora spenta del tutto.
-Ercole aprì colà una piazza, e all'intorno la nobiltà vi
-fece elevar palazzi. La si chiama oggi <i>Piazza Ariostea</i>,
-avendo nel mezzo il monumento del grande Poeta. È forse
-il più bello che sia mai stato eretto ad un poeta. La statua
-marmorea si slancia alta e libera sopra magnifica colonna,
-sicchè domina tutta Ferrara. Anche la storia sua accresce
-al monumento fascino e attrattiva. Originariamente doveva
-sulla piazza essere messa la statua equestre di Ercole su
-due colonne. Le si trasportavano sul Po, quando l'una andò
-a fondo. L'altra fu impiegata nel 1675 a sostenere la statua
-in bronzo di Papa Alessandro VII. La quale fu abbattuta
-nella rivoluzione dell'anno 1796, e sostituita dalla
-statua della Libertà, alla cui solenne elevazione assistette
-<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
-il generale Napoleone Buonaparte. Tre anni dopo gli Austriaci
-gettarono giù la Libertà, e la colonna restò decapitata
-sino al 1810, anno in cui vi fu messa la statua imperatoria
-di Napoleone. E questa pure cadde col cadere
-dell'imperatore. Finalmente nel 1835 Ferrara pose su
-quella colonna la statua dell'Ariosto. Niun mutamento di
-dominazione politica e niuna forza umana potrà mai più
-gettare abbasso quell'immagine da quell'altezza, ove la
-sostiene e protegge un poema immortale.
-</p>
-
-<p>
-Nel nuovo quartiere di Ercole sursero palazzi sontuosi.
-Il fratello di lui Sigismondo edificò il grandioso Palazzo
-Diamanti, ove oggi è la Pinacoteca. I Trotti, i Castelli, i
-Sacrati e i Bevilacqua v'eressero i loro palazzi privati, esistenti
-tuttora. Ferrara era abitata da numerosa e ricca nobiltà,
-discendente in parte da antiche famiglie di conti.
-Oltre i già nominati, eran del novero: i Contrarii, i Pii, i
-Costabili, gli Strozzi, i Saraceni e i Boschetti, i Roverella,
-i Muzzarelli e i Pendaglia.
-</p>
-
-<p>
-L'aristocrazia ferrarese aveva da gran tempo superato
-il periodo delle intestine lotte partigiane e della indomita
-fierezza feudale, ed era diventata cortigiana. Gli Este,
-e massime il battagliero Niccolò III, avevano domati e
-sommessi questi baroni, che originariamente vivevano nei
-loro feudi. Ormai essi erano al servizio del principe, coprivano
-i più ragguardevoli ufficii nella corte e nello Stato,
-ed eran capitani nell'esercito. Prendevano bensì parte, e
-forse con più fervore che non facesse la nobiltà degli altri
-Stati italiani, alla cultura dello spirito, essendo questa essenzialmente
-opera de' principi d'Este. Epperò alcuni nomi
-di grandi signori spiccano a quell'epoca nel movimento
-letterario di Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-L'Università ferrarese sin dalla metà del XV secolo
-era venuta in tanto rigoglio da stare bene, accanto a quelle
-di Padova e Bologna, tra le più celebri d'Italia. Era stata
-<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
-aperta nel 1391 dal marchese Alberto; poscia riformata da
-Niccolò III. All'apogeo dello splendore la condussero Lionello
-e Borso. Lionello fu discepolo del famoso Guarino
-da Verona, ed egli stesso dotto assai in ogni scienza. Fu
-altresì l'amico e l'idolo degli umanisti del tempo suo. Pieno
-d'entusiasmo, faceva collezione di manoscritti rari o li faceva
-copiare. Fu il fondatore della Biblioteca. Borso continuò
-le stesse tracce con altrettanta attività e fervore.
-</p>
-
-<p>
-Già nel 1474 l'Università di Ferrara contava 45 professori,
-largamente retribuiti. Ercole ne aumentò il numero.
-Nel primo anno del suo regno fu anche introdotta
-l'arte tipografica.<a class="tag" id="tag217" href="#note217">[217]</a>
-</p>
-
-<p>
-Nell'indole del popolo, come nel carattere della città,
-una disposizione seria si direbbe che sia l'impronta fondamentale
-e più risaltante. Con essa si disposava il bisogno di
-speculazione e di critica, come pure delle scienze esatte. Girolamo
-Savonarola, il profeta fanatico in quel deserto morale
-dei tempi borgiani, nacque in Ferrara. Lucrezia ebbe forse
-spesso a ricordarsi di quest'uomo, nel quale il padre suo
-per mano del carnefice aveva fatto soffocare la protesta
-delle anime ancora credenti e pure contro il Papato di lui.
-</p>
-
-<p>
-L'astronomia e la matematica, le scienze naturali in
-generale e la medicina, che allora insieme con quelle era
-parte integrante delle discipline filosofiche, fiorirono specialmente
-in Ferrara. Il Savonarola stesso aveva dovuto studiar
-medicina. Suo avo Michele, celebre medico di Padova,
-era stato chiamato a Ferrara da Niccolò III.<a class="tag" id="tag218" href="#note218">[218]</a> Come medico,
-matematico e filosofo ed anche qual filologo vi brillava dal
-1464 il vicentino Niccolò Leoniceno. Ai piedi suoi sedettero
-tali, che poscia furono i più famosi eruditi e poeti
-<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
-d'Italia. Egli formava ancora l'orgoglio di Ferrara, quando
-v'andò Lucrezia. Invece il grande matematico Domenico
-Maria Novara insegnava allora in Bologna, ove aveva avuto
-a discepolo il Copernico.
-</p>
-
-<p>
-Da questa Università vennero fuori grandi umanisti,
-che al tempo dell'arrivo di Lucrezia erano ancora bambini
-o giovanetti, fra i quali i due Giraldi e quel geniale Celio
-Calcagnini, che le aveva dedicato una poesia per nozze.
-Tutti questi uomini erano ben veduti alla corte degli Este,
-essendo persone tutt'altro che esclusive, ma d'ingegno
-versatili e facili nella forma. In verità, solo più tardi,
-quando la divisione del lavoro e la necessaria limitazione
-professionale prevalse nella scienza, la viva erudizione dell'umanismo
-si trasformò in pedanteria di casta.
-</p>
-
-<p>
-Ma soprattutto alla poesia, e ad una particolar forma
-di essa, la città di Ferrara, proprio nell'epoca di Lucrezia,
-diè impronta affatto speciale ed assolutamente romantica.
-Per questa via potette divenire una di quelle città, che
-pe' tardi nepoti sono ancora luoghi di pellegrinaggio della
-civiltà. Ferrara produsse molti poeti in ambedue le lingue,
-latina e italiana. Pressochè tutti quegli eruditi poetavano
-in latino. La più parte non erano certamente che gelidi facitori
-di versi; ma alcuni s'elevarono al più alto grado
-nella letteratura poetica, sicchè anche oggi non sono dimenticati.
-Eran tra questi specialmente i due Strozzi, padre
-e figlio, e Antonio Tebaldeo. Se non che, a petto di
-tali poeti neolatini, ebbero importanza di gran lunga maggiore
-quei che in lingua italiana seppero svolgere e perfezionare
-l'arte epico-romantica. La lussuriosa e tanto
-splendida corte di Ferrara, con quel carattere di forte romanticismo,
-onde la casa degli Este erasi circondata, mentre
-la storia sua rimontava al tempo eroico medievale, con
-quella eletta nobiltà e col moderno sentimento cavalleresco,
-favoreggiava già per propria essenza il culto del genere
-<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
-epico. Ma s'aggiungeva anche, come fondo adatto
-e propizio, la città con la sua propria storia e col suo carattere
-architettonico. In Ferrara, come in Firenze, non vi
-ha monumenti dell'antichità romana: tutto appartiene al
-Medio Evo. Lucrezia non trovò più nella corte di Ercole
-l'amico di lui, il Bojardo, il celebre poeta dell'<i>Orlando Innamorato</i>.
-Ma forse viveva ancora il cantore di Mambriano,
-Francesco Cieco. Ed abbiamo già visto come l'Ariosto,
-quegli che presto doveva oscurare la gloria de' due precursori,
-avesse offerto gli omaggi suoi a Lucrezia.
-</p>
-
-<p>
-Meno prospera vita delle scienze e della poesia ebbero
-in Ferrara le arti belle. Pure, se non vi produssero maestri
-di prim'ordine, come Raffaello o Tiziano, vi tennero,
-ad ogni modo, non ispregevole luogo per la coltura italiana.
-Gli Este coltivarono la pittura. I palazzi loro fecero
-ornare con affreschi, de' quali rimangono ancora alcuni notevoli
-per originalità, come quelli che ultimamente, nel
-1840, furono scoperti nel Palazzo di Schifanoja. Una scuola
-indigena venne in gran reputazione sino dalla metà del
-XV secolo. Ne fu capo Cosimo Tura. Uscirono da essa due
-ragguardevoli pittori, Dosso Dossi e Benvenuto Tisio, il
-quale sotto nome di Garofalo divenne celebre come uno
-de' migliori discepoli di Raffaello. Le opere di questi pittori,
-entrambi contemporanei di Lucrezia — Garofalo era più
-giovane di un anno — ornano ancora molte chiese di Ferrara,
-e sono altresì il principale decoro della Pinacoteca.
-</p>
-
-<p>
-Tal'era, ne' tratti suoi più essenziali, la città di Ferrara;
-e tale pure la vita spirituale, ond'era animata, intorno
-il 1502. È evidente che, oltre lo splendore della corte
-e la politica importanza, come capitale dello Stato, anche
-la vita interiore v'era fervida e rigogliosa. Alcuni cronisti
-affermano, che il numero degli abitanti toccasse allora i
-100,000. Fosse pure la cifra esagerata, ad ogni modo, al
-principio del XVI secolo, all'epoca sua fiorente, Ferrara
-<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
-dovett'essere più popolosa di Roma. Era città prospera
-ed agiata: accanto alla nobiltà, una borghesia operosa,
-mercè l'industria, massime la fabbricazione di panni, e
-mercè il commercio, vi si procacciava un tranquillo godimento
-della vita.
-</p>
-
-<h3>V.</h3>
-
-<p>
-Con ogni studio Alessandro teneva dietro a quanto accadeva
-in Ferrara. Egli non perdeva d'occhio la figlia.
-Questa e gli agenti di lui lo informavano d'ogni segno di
-favore o disfavore, cui incontrasse. Cessata l'ebbrezza delle
-feste nuziali, quando Lucrezia doveva affrontare con tatto
-l'invidia e il sospetto e formarsi nella corte un solido
-stato, potevano forse esserle serbati giorni difficili e penosi.
-Le informazioni di costei rassicurarono Alessandro,
-specialmente rispetto al contegno di Alfonso. Egli non
-supponeva che il principe erede di Ferrara amasse la
-figliuola. Ma ciò che solo gl'importava era che la trattasse
-da moglie e la facesse madre di un principe. Sentito che
-Don Alfonso passava la notte con Lucrezia, n'espresse
-grande soddisfazione all'ambasciatore ferrarese. «Certamente
-di giorno egli va altrove, giovane qual è, pel piacer
-suo; ma in ciò fa molto bene:» così pensava Sua Santità.<a class="tag" id="tag219" href="#note219">[219]</a>
-</p>
-
-<p>
-Egli ottenne pure che il duca désse alla nuora, come
-rendita annuale, 12,000 ducati invece di 6000, come colui
-voleva. Lucrezia era difatti liberale e aveva bisogno di
-molto.
-</p>
-
-<p>
-Frattanto Cesare apparecchiavasi a condurre a termine
-<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
-quelle imprese, di cui gli erano mallevadori insieme il parentado
-con Ferrara e l'assenso di Francia. Dopochè ebbe
-fatto sgozzare in Castel Sant'Angelo il giovane Astorre
-Manfredi, mosse il 13 giugno per Romagna. Trasse in
-inganno l'ingenuo Guidobaldo d'Urbino, e ad un tratto
-s'impadronì dello Stato di lui. Ciò fu il 21 giugno. Il duca
-fuggiasco riparò a Mantova: poi andò con la moglie a
-Venezia.
-</p>
-
-<p>
-Ora Cesare si rivolse contro Camerino. Trasse in agguato
-i Varano, e li fece trucidare: solo uno scampò. Di
-tutte le sue geste egli informava la corte di Ferrara. Ed
-Ercole non si vergognava di felicitarlo di atrocità, mercè le
-quali principi amici o prossimi parenti di lui avevan subito la
-estrema rovina. Da Urbino scrisse alla sorella questa lettera:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissima Signora e Germana nostra carissima. — Tengo
-per certo, che per la presente indisposizione della
-Eccellenza Vostra non possa esservi nulla più efficace e più
-salutare che il sentire buone e felici nuove. Le facciamo
-sapere che in questo punto abbiamo avuto nuova certezza
-della presa di Camerino. Noi la preghiamo di far onore
-a codesta nuova con evidente miglioramento dello stato suo,
-e di volerci informare di ciò. Imperocchè per l'indisposizione
-sua non possiamo provar piacere nè per questa, nè
-per altre nuove. Noi la preghiamo pure di partecipare la
-presente all'Illustrissimo Signor Don Alfonso, suo marito,
-come a fratello nostro amatissimo, e al quale per fretta
-non scriviamo. — Urbino, 20 luglio 1502. Di Vostra Eccellenza
-fratello, il quale l'ama come se stesso, Cesare.»<a class="tag" id="tag220" href="#note220">[220]</a>
-</p>
-
-<p>
-Poco dopo Cesare fece alla sorella la sorpresa di una
-visita nel Palazzo Belfiore. Vi giunse con cinque cavalieri
-travestito, il 28 luglio. Si fermò due ore appena; quindi,
-accompagnato sino a Modena dal cognato Alfonso, ripartì
-<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
-frettolosamente per recarsi in Lombardia presso il re di
-Francia.
-</p>
-
-<p>
-In questo mentre Alessandro aveva presa una risoluzione
-intorno alla conquistata Camerino, interamente in
-opposizione con le mire di Cesare, la quale mostrava a
-costui, che alla fin fine la volontà del padre non era tutta
-e intera in poter suo. Il 2 settembre 1502 Alessandro investì
-di Camerino, come Ducato, quell'Infante Giovanni
-Borgia, nominato da lui talvolta suo, tal'altra figliuolo di
-Cesare, e che aveva già investito del Ducato di Nepi. Tutti
-questi possedimenti reggeva in nome dell'Infante il suo
-tutore, il cardinal di Cosenza, Francesco Borgia. V'hanno
-monete di questo effimero Duca di Camerino.<a class="tag" id="tag221" href="#note221">[221]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il 5 settembre Lucrezia, a grandissimo cordoglio di
-Alessandro, che aveva sperato nella nascita di un erede al
-trono, partorì una bambina morta. Essa ne fu gravemente
-malata. A questa nuova Ercole venne in fretta da Reggio,
-ove era ito incontro a Cesare di ritorno dalla Lombardia.
-Trovò Lucrezia affidata alle cure del più abile de' medici
-di Alessandro, il vescovo di Venosa. Il 19 settembre venne
-anche Cesare a visitar la sorella: restò con lei due giorni;
-quindi andò ad Imola.<a class="tag" id="tag222" href="#note222">[222]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia si sentiva opprimere in Castel Vecchio, e desiderava
-respirare aria migliore. L'8 ottobre andò a stare
-nel chiostro del <i>Corpus Domini</i>. Vi fu accompagnata da
-tutta la corte. Si riebbe in salute, e già il 22 del mese
-<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
-stesso, a grande gioia di tutti, come lo stesso duca Ercole
-scrisse a Roma, potè tornare alla sua residenza nel castello.
-Alfonso andò pure a Loreto a sciorre un voto fatto pel
-ristabilimento della moglie. La pubblica sollecitudine, di
-che Lucrezia nella congiuntura fu fatta segno, mostrarono
-che si cominciava ad amarla in Ferrara.<a class="tag" id="tag223" href="#note223">[223]</a>
-</p>
-
-<p>
-Nel mese d'ottobre ebbe pur luogo la ribellione dei
-condottieri, che mancò poco non traesse Cesare a rovina.
-Per la defezione de' generali anche il paese d'Urbino
-insorse, tanto che Guidobaldo il 18 ottobre poteva già
-rientrare nella sua capitale. Ma la protezione di Francia
-e la cecità de' codardi salvarono il duca di Romagna dal
-più estremo pericolo. Il 31 dicembre egli si sbarazzò di
-quei baroni col noto strattagemma in Sinigaglia. Fu il suo
-capolavoro. Vitellozzo e Oliverotto fece immediatamente
-sgozzare. Gli Orsini, Paolo, il suocero di Jeronima Borgia,
-e Francesco, il duca di Gravina, che un tempo doveva
-essere marito di Lucrezia, incontrarono la stessa sorte
-il 18 gennaio 1503.
-</p>
-
-<p>
-Il duca di Ferrara mandò a Cesare congratulazioni. I
-Gonzaga fecero altrettanto. Isabella stessa, che aveva visto
-scacciar da Urbino sua cognata, e il marito di questa costretto
-a fuggirsi di colà una seconda volta, gli scrisse
-lettere piene di complimenti. I Gonzaga volevano ora effettivamente
-impegnar la mano del loro piccolo Federigo,
-principe erede, con Luisa, figliuola di Cesare. E con la
-mediazione di Francesco Trochio già si trattava a Roma
-dell'affare. Ecco una lettera d'Isabella a Cesare:
-</p>
-
-<p>
-«Al Signor Duca di Valenza. — Illustrissimo, etc. — De'
-felici progressi di Vostra Eccellenza, ch'ella con amorevole
-lettera ci ha significati, abbiam preso piacere e contento,
-quale si conviene alla mutua amicizia e alla benevolenza,
-che è tra lei e il nostro illustre signor consorte.
-<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
-Epperò in suo e in nostro nome ci congratuliamo seco per
-la sicurezza e prosperità conquistate; e la ringraziamo per
-la partecipazione e anche per l'offerta di tenerci avvisati
-degli ulteriori successi. Al qual proposito la preghiamo di
-persistere nella bontà sua. Poichè, amandola come noi
-facciamo, desideriamo sentire più spesso degli andamenti
-suoi per poterci rallegrare con lei pel bene e per l'esaltazione
-di Vostra Eccellenza. Ora, credendo noi che, dopo
-le pene e le fatiche patite in codeste sue gloriose imprese,
-voglia anche trovar loco di ricrearsi, mi è parso bene mandarle
-100 maschere per mezzo del nostro staffiero Giovanni.
-Certamente noi lo riconosciamo come vile dono rispetto
-alla grandezza de' meriti dell'Eccellenza Vostra e anche
-all'animo nostro. Nullameno valga come testimonianza che,
-ove in questo nostro paese fosse cosa più degna e conveniente,
-più volentieri gliela manderemmo. Che se inoltre
-le maschere mancheranno della bellezza che pur si
-confarebbe, piaccia a Vostra Eccellenza imputarlo ai maestri
-di Ferrara. I quali, per la proibizione già da molti anni
-di mascherarsi colà in pubblico, hanno disimparato a farne.
-Possa quindi supplire la sincera volontà e affezione nostra
-verso Vostra Eccellenza. Quanto alla pratica nostra, non
-accade replicare altro, finchè non intendiamo da Vostra
-Eccellenza la risoluzione di Sua Santità, Nostro Signore,
-circa il caso della sicurtà, che le abbiamo fatto esplicare a
-voce mediante Brognolo. Onde stiamo in aspettazione per
-venire alla conclusione. A lei ci raccomandiamo ed offeriamo.
-15 gennaio 1503.»<a class="tag" id="tag224" href="#note224">[224]</a>
-</p>
-
-<p>
-Cesare da Acquapendente rispose così alla marchesa:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissima Signora Commara e Sorella nostra onorandissima. — Abbiamo
-ricevuto il dono di Vostra Eccellenza
-delle 100 maschere, che mi sono state molto accette per
-la multiplice varietà e singolare bellezza, e ancora più per
-<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
-essere sopraggiunte in tempo e luogo che più al proposito
-non sarebbe potuto essere, come se Vostra Eccellenza ci
-avesse prefissa la legge e l'ordine delle imprese nostre e
-della nostra tornata a Roma. In vero in quel medesimo
-giorno ci eravamo impadroniti della città e contado di Sinigaglia
-con le fortezze, e punito di santa ragione i perfidi
-tradimenti degli avversarii nostri, e liberato altresì da tirannia
-Città di Castello, Fermo, Cisterna, Montone e Perugia,
-e ridottele all'ubbidienza di Sua Santità, Signor Nostro.
-Ed ora abbiamo anche deposto dal tirannico dominio, che
-s'era usurpato a Siena, Pandolfo Petrucci, addimostratosi
-contro di noi feroce nemico. E soprattutto ci sono state
-accettissime le maschere, perchè venivano dalla fraterna e
-singolare benevolenza, ch'ella, ne siamo certissimi, con
-l'Illustrissimo suo Signor Consorte ci porta. E di questo
-ella ci dà prova con l'amorevolissima lettera, con la quale
-ci ha mandato quel presente. Per tutte codeste cose noi
-dovremmo per lettera ringraziarla infinite volte, se la grandezza
-de' meriti suoi e del suo consorte presso di noi non
-rifiutasse ogni dimostrazione di parole, ricercando invece
-efficacità di fatti. Noi useremo le maschere, e la loro perfetta
-bellezza ci sparagnerà la cura di ogni altro ornamento.
-Quanto alla nostra comune parentela vi perseveriamo sempre
-con maggior fervore. Nella nostra andata a Roma ci
-adopereremo in guisa che Sua Santità, Signor Nostro, le
-dia pienissimo effetto. Al prigioniero accorderemo la libertà,
-siccome l'Eccellenza Vostra da noi desidera. Assumeremo
-subito piena informazione, e, avutala, non ci resteremo
-di rispondere alla Signoria Vostra Illustrissima con sua soddisfazione,
-e a questa ci raccomandiamo. — Dal campo
-papale presso Acquapendente, il primo febbraio. Di Vostra
-Eccellenza compare e fratello il Duca di Romagna, etc.,
-Cesare.»<a class="tag" id="tag225" href="#note225">[225]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
-</p>
-
-<p>
-Cesare s'accostava allora al sommo de' desiderii suoi,
-la corona reale dell'Italia centrale. Questo audace disegno
-però non restò che un sogno. Luigi XII gli proibì di spingersi
-e penetrare più in là. Gli Orsini e altri baroni dei
-territorii romani si levarono a lotta disperata; ond'ei dovette
-in fretta recarsi a Roma. Poichè Consalvo aveva abbattuto
-la potenza francese nel Regno di Napoli, e il 14
-maggio era entrato vittorioso nella capitale, Alessandro e
-suo figlio cominciarono a volgersi verso Spagna. Se non
-che Luigi XII, per la riconquista di Napoli, mandò sotto il
-La Tremouille nuovo esercito, nel quale prese servizio al
-soldo del re anche il marchese di Mantova. Nell'agosto
-1503 l'esercito s'era avanzato sin sul Patrimonio di San
-Pietro.
-</p>
-
-<p>
-Ma ecco che in un solo e stesso giorno Alessandro e
-Cesare caddero malati. Il Papa morì il 18 agosto. Che entrambi
-siano stati in pari tempo avvelenati, è stato affermato
-e negato insieme. E, per quante ragioni si possa far
-valere in favore dell'una e dell'altra opinione, questo è sicuro
-che il fatto rimane incerto.
-</p>
-
-<p>
-La morte del padre fu per Lucrezia, fatta astrazione
-da ogni sentimento personale, un avvenimento capace di
-mettere in forse la condizione sua in Ferrara. In realtà, la
-potenza di Alessandro era stata per lei saldo sostegno. Nè
-essa poteva dirsi ancora sicura dell'affetto duraturo del
-suocero nè del marito. Piuttosto Alfonso ora poteva ricordarsi
-di ciò che una volta gli ebbe detto Luigi XII: che,
-alla morte di Alessandro VI, egli non saprebbe più chi
-fosse la donna, la quale egli avea sposata. Il re stesso domandò
-un giorno all'ambasciatore di Ferrara presso la
-sua corte, se sapesse in che modo madonna Lucrezia aveva
-accolta la nuova della morte del Papa. E avendo il ministro
-risposto d'ignorarlo, Luigi XII gli disse: «So che non
-siete mai stati contenti di codesto matrimonio; questa madonna
-<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span>
-Lucrezia non è nemmeno la moglie effettiva di Don
-Alfonso.»<a class="tag" id="tag226" href="#note226">[226]</a>
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia sarebbe stata sgomenta assai, dove avesse
-potuto leggere la lettera che il suocero scrisse al suo ambasciatore
-Giangiorgio Seregni in Milano, allora in possesso
-de' Francesi, con la quale gli apriva l'animo suo in
-occasione della morte di Alessandro VI:
-</p>
-
-<p>
-«Giangiorgio. — Per chiarirti di quello che da molti
-si è domandato, se per la morte del Papa stiamo di mala
-voglia, ti assicuriamo che la non ci è spiaciuta per niun
-capo. Piuttosto per l'onore del Nostro Signore Dio e per
-l'universale bene della Cristianità abbiamo già da più dì
-desiderato, che la divina bontà e provvidenza volesse provvedere
-un pastore buono ed esemplare e togliesse dalla
-Chiesa sua tanto scandalo. Per quel che riguarda noi peculiarmente,
-non potremmo altrimenti desiderare; perchè
-presso di noi prepondera il riguardo alla gloria di Dio e
-al bene dell'universale. Pure, oltre a questo, ti diciamo,
-che non fu mai Papa, dal quale non avessimo ricevuto
-grazia e piacere più che da questo, anche dopo l'affinità
-contratta. Avemmo da lui soltanto appena quello, cui era
-obbligato, mentre noi non ce ne stemmo alla fede sua.
-Del rimanente, in niun'altra cosa, nè grande nè mediocre
-nè piccola, siamo stati compiaciuti da lui. Il che crediamo
-in gran parte procedesse per colpa del duca di Romagna.
-Non avendo egli potuto fare di noi quello che avrebbe voluto,
-si è con noi condotto da estraneo. Giammai non si
-è aperto con noi; giammai non ci ha communicati gli
-andamenti suoi; nè noi abbiamo communicato a lui i nostri.
-Da ultimo, inclinando egli a Spagna, e vedendoci noi
-buoni francesi, non avevamo mai da sperare piacere alcuno
-nè dal Papa nè da Sua Signoria. Per questo tal morte
-<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
-non ci è dispiaciuta; mentre non avevamo ad aspettarci
-che male dalla possanza del nominato duca. Noi vogliamo
-che tu communichi puntualmente questo nostro secreto al
-Gran Maestro (Chaumont), al quale non vogliamo che sia
-celato l'animo nostro. Con altri però parlane sobriamente.
-Respingerai poscia la presente indietro a messer Gian Luca
-(Pozzi) nostro Consigliere. — Belriguardo, 24 agosto 1503.»<a class="tag" id="tag227" href="#note227">[227]</a>
-</p>
-
-<p>
-Questo linguaggio era molto schietto. Tenuto conto
-de' grandi beneficii venuti allo Stato suo dall'unione con
-Lucrezia, si sarebbe forse potuto dare ad Ercole dell'ingrato.
-Se non che egli aveva sempre risguardato quel matrimonio
-puramente come un affare. E quanto poi alle relazioni
-sue con Cesare, aveva ragione di concepirle come
-faceva.
-</p>
-
-<p>
-Sentiamo ora come scrivesse della morte del Papa
-un altro principe famoso e molto intimo con i Borgia. Il
-marchese di Mantova, al tempo dell'avvenimento, era all'esercito
-francese, e nel suo quartier generale in Isola
-Farnese, a poche miglia innanzi Roma. Di colà scrisse alla
-moglie Isabella il 22 settembre 1503:
-</p>
-
-<p>
-«Illustre Signora, moglie nostra amatissima. — Affinchè
-la Signoria Vostra sia, al pari di noi, informata del decesso
-di papa Alessandro VI, le significhiamo quanto segue.
-Essendo malato, egli cominciò a parlare in forma,
-che chi non intendeva il suo proposito, credeva che vaneggiasse,
-ancorachè ragionasse con gran sentimento. Le
-parole sue erano: — Verrò, verrò, l'è ragionevole; aspetta
-ancora un po'. — Quei che intendevano il suo secreto, le
-spiegavano così: nel Conclave, alla morte d'Innocenzo,
-egli pattuì col diavolo, comprando il Papato con l'anima
-sua; fra gli altri patti fu che dovesse vivere sulla Santa
-Sede 12 anni; il che gli è stato atteso con quattro dì di
-giunta. V'è ancor chi afferma aver visto in camera di lui,
-<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
-al punto di rendere lo spirito, sette diavoli. Morto che fu,
-il corpo suo cominciò a bollire e la bocca a spumare, come
-caldaio sul fuoco; e continuò così sino a che stette sopra
-terra. Di più divenne oltre modo grosso, tanto che in lui
-non appariva più forma di corpo umano, e dalla larghezza
-alla lunghezza non v'era più differenza alcuna. Fu portato
-alla sepoltura senza molti onori; il cataletto fu trascinato
-da un facchino, con una corda legata al piede, sino al
-luogo ove fu sotterrato; e ciò perchè non si trovò alcuno
-che volesse toccarlo. Gli furon fatte esequie tanto misere,
-che la Nana moglie del zoppo le ha in Mantova più onorevoli.
-L'ultima fama sua rivive ogni giorno ne' più vituperosi
-epitaffi.»<a class="tag" id="tag228" href="#note228">[228]</a>
-</p>
-
-<p>
-Le relazioni del Burkard, dell'ambasciatore veneto Giustinian,
-del ferrarese Costabili e di molti altri contengono
-la descrizione stessa, e quasi con identiche parole. La favola
-del diavolo o Babuino, venuto a prendersi Alessandro,
-si può, del resto, legger pure in una relazione nel <i>Diario</i>
-di Marin Sanudo. Il marchese Gonzaga, uomo di spirito
-tanto côlto e largo, la teneva per vera con la stessa ingenuità
-del popolino di Roma.
-</p>
-
-<p>
-La leggenda diabolica di Faust e di Don Giovanni,
-che venne istantaneamente a collegarsi con la morte di
-Alessandro VI — e non mancò neppure il cane nero, che
-irrequieto e senza mai posare correva in San Pietro — quella
-leggenda, dico, esprimeva il giudizio de' contemporanei
-sull'abominevole natura del Borgia e sulla sconfinata
-fortuna toccatagli in vita. Nulladimeno la figura morale di
-Alessandro VI è così enigmatica da rimanere un mistero,
-anche per lo sguardo del più acuto psicologo.
-</p>
-
-<p>
-In lui, come radice de' delitti suoi, non scopriamo
-ambizione nè sete di dominio, donde è mai sempre scaturita
-la massima parte delle colpe de' regi. In lui non odio
-<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
-del simile, nè crudeltà, nè piacere nel male; ma sensualità
-e la più nobile delle forme, che valgano a spiritualizzarla:
-l'amore pe' figliuoli. Tutte le osservazioni della psicologia
-disporrebbero l'animo a credere che l'enorme carico
-di colpe abbia fatto di Alessandro un uomo oppresso,
-come Tiberio e Luigi XI, dalla paura e dalla demenza. In
-quella vece innanzi a noi sta un uomo sempre pronto ai
-godimenti mondani, che sin nella più tarda età non sente
-l'esaurimento della vita: «Il Papa ogni dì si ringiovanisce;
-i suoi pensieri non passano mai una notte; è di natura
-allegra e fa quello che gli torna utile; e tutto il suo
-pensiero è di far grandi i suoi figliuoli; nè d'altro si
-cura.» Così l'ambasciatore veneto Capello nel 1500, due
-anni prima che quegli morisse.
-</p>
-
-<p>
-Il lato inesplicabile della natura sua non eran già le
-passioni, cui abbandonossi, nè le azioni commesse. Delitti
-pari, e anche più gravi, consumarono molti principi,
-prima e dopo di lui. L'inconcepibile è che le commettesse
-come Papa. Come è possibile che Alessandro VI congiungesse
-insieme quel delirio de' sensi e quelle spietate azioni
-con la coscienza continua di essere, qual ei si teneva,
-sacerdote supremo della religione, e rappresentante di Dio
-in terra? Abissi dell'anima umana! Non v'ha occhio capace
-di penetrarli e scrutarli. In che modo mai riduceva
-egli al silenzio i rimorsi e i palpiti della coscienza; come
-riusciva a nasconderli sotto quell'aspetto sempre franco e
-sereno? E poteva egli credere all'immortalità dell'anima
-e all'esistenza di un Dio?
-</p>
-
-<p>
-Ove si guardi alla gioconda e festosa spensieratezza,
-che in ogni azione sua poneva, si potrebbe affermare che
-Alessandro VI sia stato ateo e materialista per convinzione.
-Per spiriti profondamente filosofici e infelici vi può essere
-un punto di vista, dal quale tutto questo dibattersi del
-mondo umano apparisca come privo di scopo, come miserabile
-<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
-giuoco di fantocci. Più di un papa e di un imperatore
-poteva ripetere il noto motto: <i>Vanitas, omnia vanitas</i>,
-se nella coscienza della propria effimera esistenza osservava
-questa fragile gabbia di matti e l'insipidezza delle
-gioie e de' dolori loro, e le illusioni e i timori e l'egoismo
-e le idolatrie dell'uomo. Ma in Alessandro VI non
-v'ha traccia dello spirito di un Faust; nulla di un sottilizzante
-disprezzo del mondo; nulla di uno scetticismo
-titanico. Piuttosto una straordinaria ingenuità di fede sembra
-essersi in lui disposata con l'attitudine ad ogni enormezza.
-Lo stesso Papa, che all'effigie della Madre di Gesù
-faceva improntare i tratti dell'adultera Giulia Farnese, credeva
-di essere sotto il patrocinio speciale della Madonna.
-</p>
-
-<p>
-La vita di Alessandro VI è il più acuto contrapposto
-dell'ideale di Cristo. Questa è verità tanto incontrastabile,
-che non ha bisogno di altra prova se non del semplice confronto
-del procedere di colui con le dottrine dell'Evangelio.
-Si confronti soltanto con i dieci Comandamenti: non
-fornicare — non ammazzare — non far falsa testimonianza....
-</p>
-
-<p>
-Il fatto che Rodrigo Borgia sia stato Papa, apparirà a
-tutti i seguaci della Chiesa come il più miserando degli
-avvenimenti, come quello che dovrebbe essere deplorato
-più amaramente di ogni altra opposizione ostile, anche di
-ogni aperta ribellione alla Chiesa stessa. Certo è un fatto
-che non può distruggere la venerabilità dovuta alla Chiesa,
-a questo secolare ed elevatissimo prodotto dello spirito
-umano. Ma non distrugge forse tutta una serie di concetti
-mistici, che con l'idea del Papato si eran connessi?
-</p>
-
-<p>
-Le maledizioni contro il padre suo, che a un tratto
-rimbombarono per tutta Italia, difficilmente arrivarono all'orecchio
-di Lucrezia. Pure n'ebbe in sè qualche sentore,
-e dovette esserne terribilmente commossa. Tutto il passato
-in Roma le tornò ancora una volta vivo nella coscienza,
-<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
-ed oppresse l'anima sua. Suo padre, che primo l'aveva
-fatta infelice, era poscia stato l'artefice della fortuna sua.
-Pietà infantile e religioso timore dovettero a un tempo
-assalirla. Il Bembo ha descritto il suo dolore e la sua angoscia.
-Quest'uomo, dipoi tanto celebre, era venuto il
-1503 alla corte di Ferrara, ov'egli, giovane nobile veneto
-della più fine coltura e di bellissimo aspetto, fu accolto
-con gioia, e s'era preso d'ardente passione per Lucrezia.
-Il perfetto cortigiano le scrisse questa lettera di condoglianza:
-</p>
-
-<p>
-«Io venni bene ieri a Vostra Signoria parte per farle
-intendere di quanto affanno e cordoglio m'erano le sue
-disavventure e parte per confortarnela, come io potessi il
-meglio, e pregarla a darsene pace, intendendo io che voi
-ve ne affliggevate oltra modo. Ma non m'è venuto fatto
-potermi in ciò soddisfare nè nell'una cosa, nè nell'altra.
-Chè, tosto che io vidi voi in quelle tenebre e in quel nero
-drappo mesta e lagrimosa giacere, ogni senso mi si ristrinse
-nel cuore, e stetti buona pezza senza poter niente dire, o
-almeno senza sapere ciò che io mi dicessi. E più tosto bisognoso
-io di conforto, che possente a darne altrui, confusa
-l'anima dalla pietà di quella vista, tra mutolo e scilinguato
-mi dipartii, siccome vedeste o poteste vedere. La
-qual cosa se forse m'è avvenuta perciò, che a voi non
-facesse nè di mia doglianza nè di mio conforto mestiero,
-siccome a colei, la quale e conoscendo la mia verso lei osservanza
-e fede, conosce parimente il mio dolore per lo suo,
-alla consolazione piglia per se stessa dalla sua infinita sapienza
-conforto senza altronde attendernelo, meno mi doglio
-di me stesso e della poca mia virtù, che intanto m'abbandonasse
-a quel tempo. Ma se pure e in questo e in quello
-ho a farne a voi parevole segno: dico che in quanto alla
-noia, senza fallo alcuno nessun'altra via avea la fortuna
-da potermi compiutamente far tristo e doloroso, che questa,
-<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span>
-dando a voi di dolervi e di attristarvi cagione: nè poteva
-suo strale alcuno passarmi tanto nell'anima quanto
-quello che mi veniva dalle vostre lagrime bagnato a ferire.
-In quanto poi alla consolazione e conforto, altro non so
-che dirvi, se non che vi ricordiate che ogni vostro dolore
-ammollisce e fa minore il tempo, il qual tempo indugiare
-e non prevenir col consiglio tanto più a voi si disdice,
-quanto da voi maggior prudenza è aspettata, la quale per
-le cotidiane pruove delle vostre virtù s'aspetta sommissima
-in ogni avvenimento e caso. Che se bene ora voi quel vostro
-così gran padre avete perduto, che maggiore la fortuna
-medesima dare nol vi potea, non è perciò questo il
-primo colpo che avete dalla vostra nemica e maligna disavventura
-ricevuto. Anzi dee oggimai l'animo vostro aver
-fatto il callo alle percosse degli avversi casi, tante e sì
-gravi n'avete voi sofferte per lo addietro. Oltra che, perciò
-che così portano per avventura le presenti condizioni
-che si faccia, non è da commettere, che alcuno creder
-possa che voi non tanto la caduta, quanto ancora la stante
-vostra fortuna piagniate. Ma per avventura io sono poco
-prudente, che a voi queste cose scrivo. Perchè farò fine
-umilmente raccomandandomivi. State sana. A' 2 d'agosto
-1503. In Ostellato.»<a class="tag" id="tag229" href="#note229">[229]</a>
-</p>
-
-<h3>VI.</h3>
-
-<p>
-Calmata la prima commozione, Lucrezia potette benedire
-alla sua sorte. Se, anzi che esser moglie di Alfonso,
-i destini suoi fossero stati ancora legati a quelli de' Borgia,
-in quanta miseria non sarebbe anch'ella caduta! Presto
-si convinse che lo stato suo in Ferrara non era scosso.
-Doveva ciò parte alle proprie prerogative, e parte pure a
-<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span>
-quei solidi e duraturi vantaggi che aveva arrecati in dote
-alla casa d'Este. Se non che vedeva la vita de' suoi in pericolo
-a Roma. Il fratello Cesare vi giaceva malato. V'erano
-anche il figliuolo Rodrigo e Giovanni, il duca di Nepi. E
-intanto gli Orsini, spinti dal furore, cercavano vendicare
-nel sangue de' Borgia quello de' congiunti loro.
-</p>
-
-<p>
-Ella assediò di preghiere il suocero, perchè aiutasse
-Cesare e gli mantenesse gli Stati. Ercole trovò più vantaggioso
-che la Romagna rimanesse a Cesare, anzichè cadesse
-in potere de' Veneziani. Mandò colà Pandolfo Collenuccio
-per eccitar le popolazioni a restar fedeli al loro duca. Al
-suo ambasciatore in Roma esprimeva la sua gioia per esser
-Cesare in via di guarigione.<a class="tag" id="tag230" href="#note230">[230]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ad eccezione della Romagna, lo Stato, messo insieme
-a furia di rapine dal figlio di Alessandro, cominciò in un
-momento ad andare in brani. I tiranni scacciati da lui ritornavano
-nelle loro città. Da Venezia Guidobaldo ed Elisabetta
-si condussero in fretta ad Urbino, che gli accolse
-festeggiando. Ed anche più presto di loro era Giovanni
-Sforza tornato da Mantova a Pesaro. Il marchese Gonzaga
-aveva mandato a lui la prima nuova della morte di Alessandro
-e della malattia di Cesare; e lo Sforza ne lo ringraziò
-con questa lettera:
-</p>
-
-<p>
-«Illustre Signore e Cognato onorandissimo. — Ringrazio
-l'Eccellenza Vostra per la buona nuova che s'è
-degnata di darmi con le sue lettere dello stato del Valentino.
-N'ho in vero provato tanta allegrezza, che spero
-omai mettere un termine ai mali miei. Io l'assicuro, che
-quando rientri nel mio Stato mi considererò come creatura
-di Vostra Eccellenza, perchè ella è padrone del tutto e
-anche della mia propria persona. Io la prego, se altro la
-intende del nominato Valentino che sia morto, a volermene
-<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span>
-dare qualche avviso, che la mi farà singolare piacere.
-Di cuore me le raccomando per sempre. — Mantova,
-25 agosto 1503. Di Vostra Eccellenza servitore Giovanni
-Sforza di Pesaro.»<a class="tag" id="tag231" href="#note231">[231]</a>
-</p>
-
-<p>
-Già il 3 settembre lo Sforza potette informare il marchese
-di essere entrato in Pesaro fra le acclamazioni del popolo.
-Per il fausto avvenimento fece coniare una medaglia.
-Porta da un lato il suo busto; dall'altro un giogo spezzato
-con le parole: <span class="smcap">Patria recepta</span>.<a class="tag" id="tag232" href="#note232">[232]</a> Sitibondo di vendetta,
-infuriò contro i ribelli di Pesaro con confische, col carcere
-e con esecuzioni capitali. Molti cittadini fece impiccare alle
-finestre del suo castello. Anche il Collenuccio, che aveva
-riparato a Ferrara sotto la protezione di Lucrezia e del
-duca, doveva ben presto cadergli in mano. Lo attirò a
-Pesaro con traditoresche promesse. Ma poscia per quell'accusa,
-dal Collenuccio un tempo indirizzata a Cesare
-Borgia, della quale asserì aver solo allora avuto cognizione,
-lo cacciò in prigione. Il Collenuccio, non privo certo di colpa
-verso l'antico signore ed amico, subì il suo destino e affrontò
-tranquillamente la morte nel luglio 1504.<a class="tag" id="tag233" href="#note233">[233]</a>
-</p>
-
-<p>
-Infrattanto Lucrezia seguiva con grande ansietà il
-corso degli eventi in Roma. Niuna lettera sua a Cesare o
-di questo a lei, in quel periodo, è rimasta. Ne abbiamo
-solo alcune tra Cesare e il duca di Ferrara, che non cessò
-mai di scrivergli. Il 13 settembre Ercole lo felicitava per la
-ricuperata salute, e lo informava aver, mercè un inviato,
-esortato i popoli di Romagna alla fedeltà verso di lui.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span>
-</p>
-
-<p>
-Questa lettera giunse a Cesare in Nepi. Poichè per
-trattato con l'ambasciatore francese in Roma si fu messo
-sotto la protezione della Francia, egli, cedendo alla domanda
-de' cardinali, erasi ritirato in Nepi. Condusse seco
-la madre Vannozza e il fratello Jofrè, e, senza dubbio,
-anche la piccola figlia Luisa, come i due bambini Rodrigo
-e Giovanni, il quale ultimo era appunto duca di Nepi. La
-prossimità dell'esercito di Francia, accampato ancora in
-quel territorio, lo rendeva colà sicuro. Come se nulla fosse
-successo, egli scrisse lettere al marchese Gonzaga, che teneva
-allora il quartier generale a Campagnano. Gli mandò
-pure in regalo alcuni cani da caccia. Anche di Jofrè vi
-sono lettere da Nepi del 18 settembre allo stesso marchese.<a class="tag" id="tag234" href="#note234">[234]</a>
-</p>
-
-<p>
-Quivi Cesare apprese che il suo protettore ed amico
-Amboise non era, com'egli aveva sperato, riuscito a farsi
-elegger Papa; ma che era stato invece eletto il Piccolomini.
-Il 22 settembre salì sulla Santa Sede, come Pio III, questo
-vecchio e già moribondo cardinale: del resto, padre
-felice di non meno di 12 figliuoli, tra maschi e femmine,
-che solo la morte gli tolse di poter introdurre nel Vaticano
-e farli principi. Egli permise a Cesare di rientrare in Roma
-e mostrò anche di favoreggiarlo. Ma non erano quasi ancora
-tornati i Borgia, che già il 3 ottobre gli Orsini si levarono
-pieni di furore gridando morte al loro nemico. Cesare con
-i bambini riparò in Castel Sant'Angelo; e già il 18 ottobre
-Pio III moriva.
-</p>
-
-<p>
-I bambini non avevano omai altri difensori che Cesare
-e quei due cardinali, alla tutela de' quali Alessandro
-avevagli affidati. I loro Ducati svanirono come per colpo
-magico. Appena morto il Papa, i Gaetani tornarono da
-Mantova e s'impossessarono di nuovo di Sermoneta e di
-tutti gli altri beni, stati concessi al piccolo Rodrigo. Su
-Nepi affacciò pretensioni Ascanio Sforza o la Camera Apostolica.
-<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span>
-Di Camerino s'impadronì di nuovo l'ultimo dei
-Varano.
-</p>
-
-<p>
-Il piccolo Rodrigo era duca di Bisceglia, e come tale
-sotto la protezione di Spagna. Difatti, con molta previdenza,
-Alessandro VI aveva sin dal 20 maggio 1502 ottenuto
-da Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia diploma,
-mercè il quale la Casa reale di Spagna assicurava
-alla famiglia Borgia tutti i suoi beni nel Napoletano. E in
-questo atto erano espressamente nominati Cesare e successori
-suoi, Don Jofrè di Squillace, Don Juan, il figliuolo
-dell'ucciso Gandia, Lucrezia qual duchessa di Bisceglia, e
-il figlio ed erede suo Rodrigo.<a class="tag" id="tag235" href="#note235">[235]</a> Nell'Archivio di casa
-d'Este si trovano ancora i documenti della Cancelleria di
-Lucrezia, relativi all'amministrazione de' beni di Rodrigo,
-insieme con altri che si riferiscono al piccolo Giovanni.<a class="tag" id="tag236" href="#note236">[236]</a>
-</p>
-
-<p>
-Malgrado della protezione di Spagna, la vita del figliuolo
-di Lucrezia era allora in pericolo a Roma. Niun dovere
-incombeva a lei più stretto che di esigere che il figlio le
-fosse reso, e di prenderlo seco. Nol fece, perchè non potette
-o perchè non ebbe cuore abbastanza da farlo, o
-forse perchè le nacque il sospetto che appunto in Ferrara
-la vita di quel bambino sarebbe esposta a maggior pericolo.
-Il cardinal di Cosenza, tutore di Rodrigo, le propose
-di vendere tutti i mobili del figliuolo e di condurlo fuori
-d'Italia e metterlo al sicuro in Spagna. Essa comunicò la
-proposta al suocero, che le rispose così:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissima Signora Nuora e figlia nostra dilettissima. — Abbiamo
-avuto la lettera di Vostra Signoria assieme
-a quella, che il reverendissimo cardinale di Cosenza le diresse,
-e ch'ella ci ha mandata. Qui, con questa nostra,
-<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span>
-gliela respingiamo, dopo essere stata letta da niun'altra
-persona se non da noi. Abbiam notato la prudenza, con la
-quale la Signoria Vostra stessa e il nominato Cardinale
-scrivono. E le parole loro sono accompagnate da tante
-buone ragioni, che non si può giudicare se non che siano
-amorevoli e savie. Onde, avendo tutto ben ponderato, ne
-pare che la Signoria Vostra possa e debba acconsentire a
-quanto il detto reverendissimo Monsignore propone di voler
-fare. A noi sembra che Vostra Signoria debba avergli
-qualche obbligazione per la prova di cordiale amore ch'egli
-addimostra verso di lei e dell'Illustrissimo Don Rodrigo,
-del quale accade dire essere stato preservato in vita per
-opra di colui. Quando anche esso Don Rodrigo avesse a
-stare un po' più lontano da Vostra Signoria, tanto meglio
-stare lontano e sicuro che vicino con pericolo, come il
-Cardinale fa vedere che sarebbe. Nè per questa lontananza
-l'amore tra voi diminuirà. Una volta poi fatto grande, potrà
-secondo le circostanze di tempo pigliar da sè partito,
-se tornare in Italia o rimanersi lontano. È buona idea
-quella dello stesso Cardinale d'invertire i mobili in danaro
-per supplire al vivere di colui aumentandone le entrate,
-siccome egli dice di voler fare. Per ogni rispetto adunque,
-come abbiamo detto, pare a noi sia bene acconsentire alla
-proposta. Non di manco se a Vostra Signoria, ch'è prudentissima,
-paresse altrimenti, ce ne rimettiamo a lei. Si tenga
-sana. — Codegorico, 4 ottobre 1503. Ercole Duca di Ferrara,
-etc.»<a class="tag" id="tag237" href="#note237">[237]</a>
-</p>
-
-<p>
-Intanto il primo novembre 1503 salì sul trono papale
-il Della Rovere, come Giulio II. I Della Rovere, i Borgia,
-i Medici, tre famiglie di cui ciascuna contò due papi,
-hanno dato al Papato l'aspetto politico moderno. Negli
-annali della Chiesa non vi sono altre famiglie che abbiano
-avuto altrettanto influsso sulla storia. I nomi loro abbracciano
-<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span>
-un grande processo di rivoluzioni politiche e morali.
-Ora i Della Rovere occupavano ancora una volta il posto
-dei Borgia, de' quali fierissimo nemico era già stato
-un tempo Giuliano. La decadenza di Cesare poteva omai
-riguardarsi come decisa.
-</p>
-
-<p>
-In altre storie si legge come Giulio II si servisse dapprima
-di Cesare per assicurarsi, mercè l'influenza di lui
-su' cardinali spagnuoli, l'elezione; e poscia, ottenuta una
-volta la dedizione delle fortezze di Romagna, lo mettesse
-da parte. Cesare si gettò nelle braccia della Spagna. Nell'aprile
-1504 andò da Ostia a Napoli, ove il Gran Capitano
-Consalvo era luogotenente di Ferdinando il Cattolico. Fu
-accompagnato da Don Jofrè; e v'era già stato preceduto
-da' cardinali Francesco Romolini di Sorrento e Lodovico
-Borgia, fuggiti a Napoli per tema di un processo. Ma Consalvo
-ritrattò il salvocondotto che aveva dato a Cesare. E
-a nome del re Ferdinando lo fece arrestare il 27 maggio,
-e lo mandò nel Castello d'Ischia.
-</p>
-
-<p>
-Nulla sappiamo della sorte de' bambini Borgia. È molto
-probabile che sian rimasti sotto la protezione de' cardinali
-spagnuoli in Roma o piuttosto in Napoli. Avendo appena
-salva la vita, Cesare fu imbarcato per la Spagna. Le
-cose sue di maggior valore egli aveva dato a custodire in
-Roma agli amici suoi, perchè gliele serbassero in modo
-sicuro e spedissero a Ferrara. Perciò il 31 dicembre 1503 il
-duca Ercole scriveva al suo ambasciatore a Roma, di prendere
-in consegna le casse di Cesare, quando il cardinale
-di Sorrento gliele rimettesse, e di spedirle quindi a Ferrara
-come proprietà del cardinale d'Este.<a class="tag" id="tag238" href="#note238">[238]</a> Se non che
-Giulio II, quando fu morto il cardinale Romolini, ancora
-nel maggio 1507, confiscò nella casa di lui 12 casse e 84
-balle, contenenti tappeti, drappi e altre suppellettili di
-proprietà di Cesare. Altra parte de' tesori di costui, oro e
-<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span>
-argento e altri oggetti preziosi, il Papa esigette gli fosse
-resa da Firenze, ove Cesare l'aveva depositata. Però la
-Signoria Fiorentina dichiarò volersi essa stessa compensare.<a class="tag" id="tag239" href="#note239">[239]</a>
-</p>
-
-<p>
-La deportazione di Cesare in Spagna fece molto senso.
-Niuno voleva darsene per autore, non Consalvo, non il
-Papa e nemmeno il re Ferdinando. Fu detto pure essere
-stata la vedova di Gandia, la quale alla Corte di Spagna
-aveva ottenuto che fosse preso l'assassino del marito.<a class="tag" id="tag240" href="#note240">[240]</a> I
-cardinali spagnuoli s'impegnarono per Cesare. Anche Lucrezia
-cooperò con grandi sforzi alla liberazione del fratello.
-Giunsero di lui notizie dalla Spagna; le prime dell'ottobre
-1504. Il Costabili scriveva a Ferrara: «Gli affari
-del duca Valentino non sembrano tanto disperati quanto
-s'era detto. Il cardinale di Salerno ebbe lettere del 3 dal
-Requesenz, il maggiordomo del duca, da costui mandato
-anticipatamente, prima che egli stesso arrivasse colà, con
-lettere di parecchi cardinali alle Maestà Cattoliche di Spagna.
-Ora il Requesenz scrisse, il duca essere stato rinchiuso
-con un sol servitore nel Castello di Siviglia, che, ancorachè
-molto forte, pure è spazioso assai. Ma poscia gli sono
-stati dati otto servitori. Scrisse benanche aver parlato al
-re intorno la liberazione, e questi avergli risposto, che
-non lui aveva comandato l'imprigionamento del duca; ma
-aveva disposto che fosse in quel castello rinchiuso per
-molte cose, delle quali Consalvo lo chiama colpevole.
-Quando queste si provassero non vere, egli senza dubbio
-farebbe, rispetto a Cesare, il voler de' cardinali. Pure
-doveasi prima di tutto aspettare che la regina risanasse. Risposta
-<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span>
-identica diede pure agli ambasciatori del re e della
-regina di Navarra, che si eran presso lui con ogni fervore
-impegnati per la liberazione di Cesare. Epperò il Requesenz
-sperava che questi ben presto ricupererebbe la sua
-libertà.»<a class="tag" id="tag241" href="#note241">[241]</a>
-</p>
-
-<p>
-Dalle lettere adunque del Requesenz risulta, che Cesare
-in prima fu portato a Siviglia; di là fu poi mandato
-al Castello Medina del Campo nella Castiglia. Le preghiere
-sue presso il re di Francia rimasero inascoltate. In Italia
-poi niuno poteva desiderare di vederlo rimesso in libertà.
-Ivi, tranne sua sorella, non v'era chi si prendesse cura
-dell'avventuriero decaduto. Ma gli sforzi di colei con difficoltà
-trovavano un buon appoggio da parte medesima degli
-Este. Ove Cesare fosse tornato in Italia, è chiaro che sarebbe
-venuto a turbar la pace alla corte di Ferrara, e forse anche
-avrebbe fatto di questa il centro de' suoi intrighi. Solo
-i Gonzaga sembrano non avergli tolto del tutto la loro benevolenza;
-abbenchè, in luogo d'imparentarsi con lui,
-come un tempo desideravano, diventassero ora congiunti
-de' Della Rovere. Difatti il marchese di Mantova il 9 aprile
-1505 sposò la sua giovane figlia Eleonora col nipote di
-Giulio II, con Francesco Maria Della Rovere, l'erede di
-Urbino.<a class="tag" id="tag242" href="#note242">[242]</a> Era specialmente Isabella Gonzaga quella che,
-per compiacere alla cognata Lucrezia, appoggiava presso il
-marito le intercessioni di costei. L'Archivio di casa Gonzaga
-contiene ancora parecchie lettere di Lucrezia al marchese
-in favore di Cesare.
-</p>
-
-<p>
-Il 18 agosto 1505 ella gli scrisse da Reggio, che aveva
-iniziato pratiche in Roma e nudriva speranza, che il Papa
-darebbe facoltà al cardinale Pietro Jsualles a fare un viaggio
-alla Corte di Spagna per ottenere la liberazione di Cesare.
-Pregava perciò il marchese di voler intercedere presso
-<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span>
-il Papa, perchè permettesse al cardinale siffatta commissione.<a class="tag" id="tag243" href="#note243">[243]</a>
-Gli scrisse di nuovo l'8 novembre da Belriguardo,
-e lo ringraziò della intenzione di lui di spedire nella Spagna
-un agente. E gli mandò al tempo stesso una lettera pel
-re Ferdinando e un'altra pel fratello Cesare.
-</p>
-
-<p>
-Non si sa se il cardinale andasse in effetto alla Corte
-di Madrid. È poco credibile che Giulio II glielo abbia permesso.
-</p>
-
-<h3>VII.</h3>
-
-<p>
-Nell'anno stesso che Lucrezia con grande amore
-tanto s'affannava per la sorte dell'abominevole fratello,
-le condizioni sue proprie mutarono di molto. Il 25 gennaio
-1505 ella era divenuta di fatto duchessa di Ferrara.
-Il marito Alfonso, per desiderio del padre, aveva intrapreso
-un viaggio per far conoscenza delle corti di Francia,
-delle Fiandre e d'Inghilterra. Doveva quindi tornare in
-Italia, passando per la Spagna. Se non che, alla Corte di
-Enrico VII d'Inghilterra, gli giunsero dispacci che lo informavano
-della infermità del duca. Tornò in fretta a Ferrara,
-ove poco dopo il suo arrivo Ercole moriva.
-</p>
-
-<p>
-Alfonso salì sul trono ducale in un tempo che richiedeva
-da lui molta energia e molta prudenza per affrontare
-i pericoli, onde lo Stato suo era minacciato. Perchè la Repubblica
-di Venezia s'era già impadronita d'una parte della
-Romagna, e cercava chiudere a Ferrara le foci del Po. E dall'altro
-lato Giulio II apparecchiavasi in Roma a sottomettere
-Bologna e dopo a stendere forse anco la mano su Ferrara.
-In condizioni siffatte fu fortuna per quello Stato avere a
-capo un principe, come Alfonso, di indole posata e pratica.
-Egli non amava lo sfarzo nè la prodigalità; di avere una
-corte splendida non si curava punto. Tutto quello che fosse
-<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span>
-apparenza, anche il suo vestimento, negligeva. Le passioni
-sue si concentravano nell'esercito, nelle fortificazioni
-e nel fondere cannoni. Quando le occupazioni gliene lasciavano
-agio, trovava il suo svago in una bottega di tornitore
-che s'era ordinata, ovvero, da quell'abile dilettante
-ch'era, nel dipingere vasi di maiolica. Per la più elevata
-coltura non ebbe alcun senso. L'abbandonò alla moglie.
-</p>
-
-<p>
-Con piena libertà regolava Lucrezia la sua corte.
-Ormai erasi fatta anima e centro di ogni vita spirituale
-in Ferrara. Il côlto intelletto, la bellezza, la grazia irresistibile
-della sua natura affascinavano chiunque le si
-accostasse. La ripugnanza, che in sul principio i congiunti
-di casa d'Este avevan sentito per lei, era svanita. Specialmente
-in Isabella Gonzaga s'era convertita in affezione. N'è
-prova la copiosa corrispondenza epistolare tra loro, durata
-sino alla morte di Lucrezia. Parecchie centinaia delle
-lettere sue alla marchesa di Mantova si conservano ancora
-nell'Archivio Gonzaga.
-</p>
-
-<p>
-Le sue relazioni con la casa d'Urbino s'erano appena
-fatte meno amichevoli e cordiali. Continuarono ancora così,
-quando Guidobaldo fu venuto a morte nell'aprile 1508,
-mentre successore di costui fu Francesco Maria Rovere,
-genero d'Isabella Gonzaga. Essa riceveva le visite di questi
-principi, e stava in intimo contatto con molti de' più ragguardevoli
-uomini, quali Baldassarre Castiglione e Ottaviano
-Fregoso, Aldo Manuzio e il Bembo.
-</p>
-
-<p>
-Il Bembo ardeva d'amore per la bella duchessa. La
-cantò in versi, e le dedicò il primo agosto 1504 il suo
-dialogo sull'amore, <i>Gli Asolani</i>, con una lettera, nella
-quale ne celebrava le virtù. L'amico suo Aldo, che aveva
-dapprima vissuto in Ferrara alla corte di Ercole, poi
-era andato presso i Pii nell'incantevole Carpi, e da ultimo
-stabilitosi in Venezia, stampò quivi nel 1505 <i>Gli Asolani</i>
-e gli mandò a Lucrezia con una dedica. La passione
-<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span>
-del Bembo per la duchessa è cosa, su cui non cade dubbio.
-Ma sarebbe sterile impresa voler desumere dalle prove di
-affetto, che la bella donna gli diede, che la passione abbia
-trascesi i confini del lecito; il che si è creduto poter
-arguire dalle lettere del Bembo a colei, stampate nelle opere
-di lui; e molto più da quelle dirette a lui stesso dalla Lucrezia.
-L'ingegnoso Veneziano, dal 1503 al 1506, tempo
-in cui andò a stare alla corte di Guidobaldo in Urbino,
-stette sempre in vivissime relazioni personali con Lucrezia.
-Le scrisse lettere, allorchè dimorava dagli amici suoi
-Strozzi, in villa Ostellato. In esse, soprattutto in alcune,
-ch'ei indirizzava ad un'amica innominata, e ch'era,
-senza dubbio, la duchessa, si sente qualcosa più dell'amicizia:
-son piene di tenera confidenza. Le lettere di Lucrezia
-al Bembo esistono, com'è noto, nell'Ambrosiana
-di Milano. Ogni visitatore della celebre Biblioteca le avrà
-viste insieme con la ciocca di biondi capelli, che v'è unita.
-Quelle sono autografe e incontrastabili; dell'autenticità invece
-dell'altra sembra lecito dubitare; ma potette anche
-ben essere un pegno d'affetto, che al fortunato Bembo riuscì
-ottenere. Le lettere della Lucrezia a lui sono state descritte
-e commentate prima da Baldassarre Oltrocchi; poi
-messe in voga da Lord Byron, e ultimamente, nell'anno
-1859, pubblicate in Milano da Bernardo Gatti.<a class="tag" id="tag244" href="#note244">[244]</a> Sono nove
-in tutto: sette in italiano, e due in spagnuolo. V'è anche
-annessa una canzone spagnuola.
-</p>
-
-<p>
-Che nel suo cuore Lucrezia accogliesse pel Bembo più
-che amicizia, deve parere certo. Lei giovane tuttora, e lui
-perfetto cavaliere, bello, amabile e pieno di spirito sì
-da ecclissare interamente il ruvido Alfonso. Di questo egli
-<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span>
-dovette anzi eccitare la gelosia. E forse per ciò e pel pericolo,
-onde si vide minacciato, si decise ad andarsene a
-stare in Urbino. Sino al 1513, benchè di lontano, si
-tenne in amichevole relazione con Lucrezia.
-</p>
-
-<p>
-Molti altri poeti in Ferrara le offrivano omaggi e la
-divinizzavano. I versi de' due Strozzi sono anzi più appassionati
-di quelli del Bembo, forse perchè il loro ingegno
-poetico era superiore. Tito, il padre, s'incontrava col suo
-geniale figliuolo, Ercole, negli stessi sentimenti rispetto
-alla bella principessa, e sino ne' motivi e nelle immagini
-poetiche. E siffatta comunanza basta già a provare, che
-l'amor loro non era che una devozione estetica. Tito cantò
-una rosa, che Lucrezia avevagli offerta; ma il figliuolo lo
-vinse in un epigramma: <i>La Rosa di Lucrezia</i>,<a class="tag" id="tag245" href="#note245">[245]</a> che difficilmente
-fu la stessa che aveva ricevuta il padre.
-</p>
-
-<p>
-Tito ne' suoi epigrammi confessava, che, mentre per
-l'età sua si teneva sicuro dell'amore, ora nondimeno era
-preso ne' ceppi di Lucrezia. In essa — così diceva — s'è
-raccolta ogni magnificenza del cielo e della terra; e niente
-che le stia a paro può trovarsi nel mondo. Al Bembo, di
-cui gli era nota la passione, diresse un epigramma, nel
-quale con spiritosa vena componeva il nome Lucrezia da
-<i>Lux</i> e <i>Retia</i>, e saporitamente rideva della rete, nella quale
-segnatamente il Bembo era avviluppato.<a class="tag" id="tag246" href="#note246">[246]</a>
-</p>
-
-<p>
-Suo figlio Ercole la chiamava una Giunone nel soccorrere;
-una Pallade ne' costumi; una Venere nell'aspetto.
-Cantò in versi catulliani il marmoreo Cupido, che la principessa
-<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span>
-aveva posto nella sala. Il Dio d'amore era stato
-pietrificato dal lampo degli occhi di lei. L'occhio bellissimo
-di Lucrezia paragonava al sole, che accieca chi osa
-fissarlo. Come Medusa, con lo sguardo suo essa faceva diventar
-di pietra l'acciecato. Ma anche nella pietra l'amorosa
-pena perdura e si sfoga in lagrime.
-</p>
-
-<p>
-È mai possibile leggere tutte quelle graziose poesie,
-e pensare ancora che gli autori potessero scriverle, tenendo
-Lucrezia realmente colpevole di que' delitti, onde
-il Sannazzaro non aveva lasciato di accusarla anche dopo
-la morte del padre?
-</p>
-
-<p>
-Antonio Tebaldeo, il Calcagnini e il Giraldi cantarono
-anche la bellezza e la virtù di Lucrezia. Marcello Filosseno
-compose su lei amorosi sonetti, comparandola con Minerva
-e Venere. Jacopo Caviceo, che negli anni ultimi
-della sua vita — morì il 1511 — fu vicario del Vescovado
-di Ferrara, le dedicò il suo curioso romanzo, Peregrino,
-con una epistola dedicatoria, nella quale l'esaltava come
-«bella ed erudita, savia e costumata.» La serie de' poeti,
-che stettero a' piedi suoi, dev'essere stata lunga assai.
-Ed essa accoglieva gli omaggi loro con quella stessa aria
-di orgoglio soddisfatto, con cui ogni bella donna riceve
-oggi di simili offerte. Alcuni de' poeti erano forse ebbri
-d'amore per lei. Altri la incensavano per pura cortigianesca
-adulazione. Ma contenti tutti d'avere in essa un
-ideale, che poteva per lo meno valere come platonica sorgente
-delle rime e de' versi loro.
-</p>
-
-<p>
-Quei poeti per noi oggi non sono che nomi letterarii,
-eccettuato l'Ariosto. Dal 1503 il grande Poeta fu in istrette
-relazioni con la corte di Ferrara, essendo entrato anzi tutto
-a' servizii del cardinale Ippolito. Poco dopo, nel 1505, diè
-principio al suo poema, sul cui svolgimento però non pare
-la bella duchessa abbia spiegato grande influenza. Alcuna
-volta la glorificò, segnatamente in una ottava, per la
-<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span>
-quale essa non avrebbe saputo render grazie che bastassero,
-se avesse inteso che il Poeta era destinato all'immortalità:
-è l'83<sup>ma</sup> del canto XLII dell'<i>Orlando Furioso</i>.
-L'Ariosto colloca l'immagine di Lucrezia nel tempio d'onore
-delle donne, sostenuta da due cavalieri testimoni dell'onore
-di lei, i due celebri poeti, Antonio Tebaldeo ed Ercole
-Strozzi. L'iscrizione sotto l'immagine dice, che la patria
-di lei, Roma, debba per bellezza ed onestà porla al disopra
-della Lucrezia antica.<a class="tag" id="tag247" href="#note247">[247]</a>
-</p>
-
-<p>
-Uno scrittore moderno italiano, a proposito di quest'omaggio
-dell'Ariosto, osserva: «Per quanto si voglia
-tener conto dello spirito cortigianesco dei poeti di quei
-tempi e della buona servitù di messer Ludovico agli
-Estensi, si consentirà tuttavia che l'arte adulatoria aveva
-pur essa i suoi canoni e i suoi limiti, e che male avvisato
-e inesperto delle materie del mondo e delle usanze delle
-Corti sarebbe stato colui che avesse lodato un principe di
-ciò appunto, di cui più palesemente avesse meritato biasimo;
-imperocchè la lode avrebbe allora vestito le forme
-dell'ironia, e mal ne avrebbe incolto all'incauto e sconsigliato
-piaggiatore.»<a class="tag" id="tag248" href="#note248">[248]</a> L'adulazione fu il prezzo, onde i
-poeti di corte in ogni tempo pagarono la loro aurea servitù;
-fu il loro peccato e la loro pena. L'Ariosto e il Tasso
-se ne tennero tanto poco lontani quanto Orazio e Virgilio.
-Allorchè il Cantore dell'<i>Orlando Furioso</i> si vide trattato
-con freddezza dal cardinale Ippolito, avrebbe voluto d'un
-<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span>
-tratto dar di frego a tutto ciò che aveva detto in lode di
-lui. Uopo è anche ammettere che il semplice nome <i>Lucrezia</i>
-porgeva occasione all'Ariosto, come agli altri poeti,
-di stabilire paragone con quell'ideale classico dell'onestà
-muliebre. Questo s'offriva quasi spontaneo all'immaginazione,
-soprattutto pe' poeti della Rinascenza. Nulladimeno
-non si può in tutto rigettare l'osservazione del moderno
-difensore di Lucrezia. Dove pure quel paragone non fosse
-stato fatto, è certo che altri contemporanei dell'Ariosto
-hanno appunto esaltato l'onestà della bella duchessa. E
-questo è sicuro, che nel periodo della sua vita in Ferrara
-essa si mostrò qual modello di donna virtuosa.
-</p>
-
-<p>
-Alla corte sua viveva una giovane dama, le cui attrattive
-affascinavano tutti i cuori, sino a che non divenne
-cagione di un tragico avvenimento. Era quell'Angela Borgia,
-che Lucrezia aveva seco menato da Roma a Ferrara,
-un tempo fidanzata di Francesco Maria Rovere. Non si sa
-quando la promessa di matrimonio sia stata sciolta. Dovett'essere
-forse appena dopo la morte di Alessandro. Allora,
-come s'è visto, l'erede di Urbino si ammogliò con
-Eleonora Gonzaga. Fra gli adoratori di Angela erano i due
-fratelli del duca Alfonso, il cardinale Ippolito e Giulio,
-figliuolo naturale di Ercole, uomini egualmente rotti al
-vizio. Un giorno che il cardinale le offriva gli omaggi
-suoi, Angela vantò i belli occhi di Giulio. Il geloso libertino
-ne sentì dispetto sì forte, che concepì tutto un disegno di
-vendetta veramente infernale. Il reverendo cardinale ordinò
-a compri sicarii di cogliere in agguato il fratello, di
-ritorno da una caccia, e di cavargli quegli occhi, che
-donna Angela aveva trovati sì belli. L'attentato fu compiuto
-in presenza del cardinale stesso; ma non riuscì così a
-pieno com'ei avrebbe desiderato. Il ferito fu trasportato
-al suo palazzo, ove i medici potettero per gran ventura
-salvargli un occhio. Il criminoso fatto accadde il 3 novembre
-<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span>
-1505.<a class="tag" id="tag249" href="#note249">[249]</a> Tutta la corte ne fu in grande commozione. Il
-duca, è vero, punì il cardinale, esiliandolo temporaneamente;
-ma l'infelice Giulio aveva ben motivo di rimproverargli,
-ch'innanzi a quel delitto s'era rimasto indifferente.
-Egli ardeva di vendicarsi, e il suo furore doveva ben presto
-trarsi dietro le più terribili conseguenze.
-</p>
-
-<p>
-Per l'Ariosto, cortigiano dell'empio cardinale, l'imbarazzo
-non fu poco nè piccolo. Se la cavò in modo, a
-dir vero, punto onorevole; il che contribuisce a scemare
-valore alle lodi da lui tributate a Lucrezia. L'adulazione
-l'acciecò e l'indusse a scrivere un'egloga, nella quale assegnava
-le ragioni dell'attentato, e cercava in parte riabilitare
-gli assassini, dipingendo con foschi colori il carattere di
-Giulio. Nell'egloga stessa diè anche la stura ad un entusiastico
-panegirico di Lucrezia. Ne lodò non solo la bellezza
-e lo spirito e le opere di pietà, ma sopra ogni cosa
-la pudicizia, per la quale sarebbe già stata glorificata
-prima di venire a Ferrara.<a class="tag" id="tag250" href="#note250">[250]</a>
-</p>
-
-<p>
-Un anno dopo, il 6 dicembre 1506, Lucrezia sposò
-donna Angela col conte Alessandro Pio di Sassuolo. E,
-per strano accidente, più tardi il figlio di costoro, Giberto,
-fu marito d'Isabella, figlia naturale del cardinale
-Ippolito.
-</p>
-
-<p>
-Intanto, nel mese stesso di novembre, in cui ebbe
-luogo l'attentato, un avvenimento in Vaticano fece su
-Lucrezia gravissima impressione, e risvegliò in lei le più
-penose ricordanze. La Giulia Farnese, la compagna della
-sua sciagurata gioventù, vi apparve in condizioni tali,
-che ella dovette sentirsene commossa davvero. Non sappiamo
-<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span>
-quali casi incontrasse l'amante di Alessandro poco
-innanzi e dopo la morte di costui. Probabilmente andò a
-vivere col marito Orsini al Castello di Bassanello; ed ivi
-forse si ritirò pure la suocera Adriana. Per lo meno troviamo
-colà la Giulia nel 1504, anno in cui nella famiglia
-Orsini fu consumato uno di quei delitti di sangue, così
-frequenti nella storia delle famiglie italiane. La sorella di
-Giulia, Girolama Farnese, la vedova di Puccio Pucci,
-erasi in seconde nozze sposata col conte Giuliano Orsini
-di Anguillara. Il figliastro Giambattista di Stabbia ammazzò
-Girolama, perchè, come fu detto, essa stessa aveva voluto
-avvelenar lui. Giulia diede sepoltura all'uccisa sorella
-in Bassanello.
-</p>
-
-<p>
-L'anno appresso dev'essere andata a Roma ed aver
-preso dimora nel palazzo degli Orsini. Suo marito era
-morto, e forse morta doveva esser pure Adriana Ursina;
-mentre non comparisce nell'atto solenne avuto luogo in
-Vaticano nel novembre 1505. Ivi, a grandissimo stupore
-di tutta Roma, Giulia maritò l'unica figlia sua, Laura,
-col nipote carnale di papa Giulio II, Niccolò Della Rovere,
-fratello del cardinal Galeotto.
-</p>
-
-<p>
-Laura, per quanti erano addentro a' misteri della madre,
-passava per figliuola di Alessandro VI, e quindi per
-sorella naturale della duchessa di Ferrara. All'età di sette
-anni appena la madre, il 2 aprile 1499, l'aveva formalmente
-promessa in isposa al dodicenne figliuolo di Raimondo
-Farnese. Il legame era poscia stato sciolto, per dar
-luogo all'altro, il più splendido che l'ambizione di quella
-donna sapesse desiderare.<a class="tag" id="tag251" href="#note251">[251]</a>
-</p>
-
-<p>
-L'assenso di Giulio II all'unione di suo nipote con
-la bastarda di Alessandro VI è uno de' fatti più singolari
-nella storia personale di questo Papa. Sembra indicare la
-<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span>
-sua riconciliazione con i Borgia. Egli gli aveva odiati, sino
-a che fu loro nemico; ma l'odio suo non aveva mai avuto
-motivi morali. Giulio II non ha mai disprezzato Alessandro e
-Cesare: piuttosto, al pari del Machiavelli, n'ha riconosciuto
-con ammirazione la forza. Niun documento ci attesta, che
-asceso al trono egli abbia intrattenuto relazioni personali
-con Lucrezia Borgia. Pure è da tenere per sicuro, che lo
-abbia fatto, per riguardo alla casa degli Este. Una volta soltanto
-aveva recato sfregio gravissimo a Lucrezia, quando
-il 24 gennaio 1504, mettendo Guglielmo Gaetani in possesso
-di Sermoneta, scrisse una Bolla in termini così poco
-riguardosi, che vi dava, senza complimenti, ad Alessandro
-VI del truffatore, avido di arricchire i suoi con le
-spoliazioni degli altri.<a class="tag" id="tag252" href="#note252">[252]</a> E signori di Sermoneta erano stati
-per lo appunto Lucrezia prima, poi il figlio Rodrigo.
-</p>
-
-<p>
-Più tardi, soprattutto quando Alfonso fu venuto al governo,
-le relazioni del Papa con Lucrezia dovettero farsi
-più amichevoli. Ella continuò pure a mantenere un commercio
-epistolare con Giulia Farnese. Senza dubbio ebbe
-da questa la nuova dell'unione della figlia con la Casa
-del Papa.
-</p>
-
-<p>
-Il matrimonio fu solennizzato in Vaticano, presenti
-Giulio II, il cardinale Alessandro Farnese e la madre della
-sposa. Quel giorno segnò per Giulia uno de' più grandi
-trionfi nella sua vita così piena di avventure. Aveva soggiogato
-la resistenza morale di un altro Papa; e questi era
-il nemico di Alessandro e l'autore della rovina di Cesare.
-Essa, l'adultera, la ganza di Alessandro VI, stigmatizzata
-con le satire di Roma e di tutta Italia, compariva ora in
-Vaticano, come una delle più cospicue signore dell'aristocrazia
-romana, come l'<i>illustrissima gentildonna Julia de
-Farnesio</i>, vedova dell'Orsini, per sposarvi la figlia sua e di
-<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span>
-Alessandro col nepote di Giulio II, e così assolvere e purificare
-il suo peccaminoso passato. In quel tempo essa era
-ancora donna bella e seducente, che toccava, tutt'al più,
-il trentesimo anno dell'età sua.
-</p>
-
-<p>
-Questa fortuna e questa reintegrazione dell'onor suo — se
-pure, rispetto alla morale del tempo, accade di ciò
-parlare — essa le doveva alla reputazione del fratello, il
-cardinale. Vi furono anche riguardi politici che indussero
-il Papa a quella unione. Per effettuare il suo disegno di
-ricostituzione dello Stato della Chiesa, egli voleva innanzi
-tutto guadagnarsi l'animo delle grandi famiglie romane.
-Tirò dalla sua i Farnesi e gli Orsini. Nel maggio 1506 maritò
-la propria figlia naturale, Felice, con Giangiordano
-Orsini di Bracciano; e nel luglio dello stesso anno diede
-la nipote Lucrezia Gara Della Rovere, sorella di Niccolò,
-in moglie a Marcantonio Colonna.
-</p>
-
-<p>
-La giovane Laura Orsini ereditò Bassanello e i diritti
-sul palazzo di Monte Giordano in Roma. Dopo quel tempo
-la madre Giulia scompare di nuovo dalla scena. E non
-è più visibile nè sotto Giulio II, nè sotto Leone X. Il 14
-marzo 1524 fece testamento in favore delle nipoti Isabella
-e Costanza, pel caso che la figliuola non avesse discendenti.
-Il 23 marzo dello stesso anno l'ambasciatore veneto
-in Roma, Marco Foscari, scriveva alla Signoria: «La sorella
-del cardinale Farnese, madonna Giulia, un tempo
-amante di papa Alessandro, è morta.» Queste parole
-danno a credere che la sia morta in Roma. Di Giulia <i>bella</i>
-non abbiamo nessun ritratto autentico. Soltanto la tradizione
-romana pretende che delle due figure marmoree, che
-ornano il sarcofago di Paolo III Farnese in San Pietro,
-l'una, la <i>Giustizia</i>, rappresenti l'immagine fedele della
-sorella, la Giulia Farnese, e l'altra, la <i>Saviezza</i>, quella
-della madre di lui, Giovannella Gaetani.
-</p>
-
-<p>
-La figliuola di Giulia restò signora di Bassanello e
-<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span>
-Carbognano. Ebbe un figlio, Giulio Della Rovere, che più
-tardi ebbe grido di uomo molto dotto.<a class="tag" id="tag253" href="#note253">[253]</a>
-</p>
-
-<p>
-Frattanto l'attentato commesso contro Giulio d'Este
-adduceva tali conseguenze, che la casa di Ferrara si trovò
-minacciata da una terribile catastrofe. Giulio accusava Alfonso
-d'iniquità; e invece i molti amici del cardinale trovavano
-l'esilio di lui sin troppo duro. Ippolito aveva gran
-seguito in Ferrara. Egli era uomo mondano e prodigo;
-mentre il duca, tutto immerso nelle sue inclinazioni positive
-e nelle sue occupazioni pratiche, trascurava la corte
-e la nobiltà. Un partito si formò, che aspirava ad un violento
-cambiamento di governo. Rivoluzioni siffatte furon
-tutt'altro che nuove nella casa degli Este, sin nel tempo
-in che Ercole era venuto al potere.
-</p>
-
-<p>
-Giulio fece entrare ne' suoi disegni di vendetta alcuni
-nobili malcontenti, e uomini senza coscienza ch'erano al
-servizio del duca: il conte Albertino Boschetti da San Cesario,
-il genero di lui, capitano della Guardia palatina, un
-cameriere, un cantante di camera del duca, e alcuni altri.
-Alla congiura prese parte anche Don Ferrante, germano di
-Alfonso, al quale, come procuratore di costui, era stata affidata
-Lucrezia in Roma. Intendimento di Giulio era di spedire
-all'altro mondo il cardinale, avvelenandolo; e, poichè il
-fatto non sarebbe passato impunito ove Ercole rimanesse
-in vita, di ammazzare anche quest'ultimo e mettere sul
-trono Don Ferrante. L'uccisione di Alfonso doveva aver
-luogo in un ballo in maschera.
-</p>
-
-<p>
-Il cardinale, ch'era servito egregiamente dalle sue
-spie in Ferrara, ebbe notizia del disegno, e potè presto
-avvertirne il fratello Alfonso. Ciò fu nel luglio 1506. I congiurati
-cercarono salvezza nella fuga. Pure non riuscì fuggire
-che a Giulio e al cantante Guasconi, il primo a Mantova,
-<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span>
-il secondo a Roma. Il conte Boschetti fu preso a
-poca distanza da Ferrara. Quanto a Don Ferrante, sembra
-non abbia fatto tentativo alcuno di fuga. Condotto alla
-presenza del duca, gli si gettò a' piedi, implorando grazia.
-Ma, inetto oramai a contener lo sdegno, Alfonso non
-solo lo scacciò adirato da sè; ma con uno stocco, che
-aveva in mano, gli cavò fuori un occhio. Quindi lo fece
-rinchiudere nella torre del castello. Colà fu ben presto
-menato anche Don Giulio, consegnato, dopo alquanta resistenza,
-dal marchese di Mantova. Il processo di crimenlese
-fu subito condotto a termine, e i colpevoli condannati
-a morte. Primo ad esser decapitato innanzi al Palazzo della
-Ragione fu il Boschetti con due de' complici suoi. Lo spettacolo
-dell'esecuzione è con precisione figurato in una
-statistica criminale di Ferrara di quel tempo; e il notevole
-manoscritto si conserva nella Biblioteca dell'Università.
-</p>
-
-<p>
-I due principi dovevano essere impiccati il 12 agosto
-nella corte del castello. Il patibolo era già stato rizzato;
-le tribune andavan popolandosi; il duca venne a prendere
-il suo posto; furon condotti i due infelici coperti di catene.
-Alfonso fece allora un segno: egli rendeva grazia a' suoi
-fratelli. Privi di sensi, furon questi riportati nel carcere.
-La loro pena era la prigione in vita. E vi languirono
-per lunghi anni, anche dopo la morte di Alfonso. Nulla
-potette mai ammollire il cuore di quest'uomo crudele.
-Tutto il tempo che visse seppe acconciarsi al pensiero, che
-i miseri fratelli giacevano là, nella torre, in quel castello
-stesso, ove egli libero entrava e usciva, ove abitava, ove
-non di rado trovava gioia e contento. Tali gli Este, quelli
-che l'Ariosto nel suo poema ha levati a cielo. Don Ferrante
-cedette alla morte il 22 febbraio 1540 nell'età di
-63 anni. Don Giulio ricuperò la libertà nell'anno 1559,
-e poscia morì il 24 marzo 1561, di 83 anni.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span>
-</p>
-
-<h3>VIII.</h3>
-
-<p>
-Proprio nel tempo che quella tragedia si svolgeva
-alla corte di Ferrara, e che alla memoria di Lucrezia dovevano
-ripresentarsi vivi i ricordi della sua passata vita,
-Giulio II usciva da Roma per dar seguito alle sue ardite
-imprese. Queste eran rivolte alla ricostituzione dello Stato
-della Chiesa, mercè la scacciata di quei tiranni, che un
-tempo avevano potuto schivare il ferro di Cesare. Come
-vassallo della Chiesa, Alfonso mandò truppe ausiliarie. Non
-prese però parte di persona alla spedizione; mentre invece
-Guidobaldo d'Urbino, che aveva adottato Francesco Maria
-Della Rovere a figlio e successore suo, e il marchese Gonzaga
-servivano personalmente nell'esercito di Giulio II.
-Il 12 settembre 1506 il Papa entrò in Perugia, i cui tiranni,
-i Baglioni, pieni di timore e spavento, gli si sottomisero.
-L'11 novembre fece il suo ingresso in Bologna,
-dopochè Giovanni Bentivoglio, la moglie Ginevra e tutti i
-figliuoli loro eran già sulla via dell'esilio. Colà Giulio fece
-alto, gettando avidi sguardi sulla Romagna, una volta
-Stato di Cesare, ed ora in potere de' Veneziani.
-</p>
-
-<p>
-Uno strano caso faceva proprio allora apparir di nuovo
-in lontananza la già dileguata figura di quel duca di Romagna.
-Il 26 novembre giunse a Lucrezia la nuova, che il
-fratello era evaso dalla sua prigione nella Spagna. Il giorno
-dopo ella ne informò il marchese Gonzaga, ch'era a Bologna
-come Capitan Generale della Chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Per la liberazione di Cesare ella erasi dato un gran da
-fare; ma le intercessioni sue non fecero presa sull'animo
-del re di Spagna. Finalmente per circostanze accidentali
-quegli ottenne libertà. Lo Zurita racconta che Ferdinando
-il Cattolico nella primavera del 1506 voleva prender Cesare
-<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span>
-dalla prigione di Aragona e menarlo seco in Napoli, ove
-andava per ordinarvi le faccende del Reame e per assicurarsi
-di Consalvo, della cui fedeltà aveva cominciato a
-insospettire. Ma il genero, l'arciduca Filippo, col quale
-era in una certa tensione, in causa delle pretensioni che
-colui affacciava sul governo della Castiglia, negò di render
-Cesare prigioniero in Medina, ch'era luogo castigliano.
-Ora, assente Ferdinando per quel viaggio, Filippo venne
-a morte in Burgos il 5 settembre 1506. E Cesare approfittò
-per fuggire di questa circostanza e anche della lontananza
-del re. La fuga fu aiutata dal partito castigliano,
-che aveva in mente servirsi del celebre condottiero.
-</p>
-
-<p>
-Il 25 ottobre egli fuggì dal Castello di Medina sulla
-terra del conte di Benavente, ove si fermò dapprima. Alcuni
-baroni, che desideravano rimettere il governo della
-Castiglia nelle mani di Massimiliano, padre di Filippo, volevano
-mandarlo ambasciatore nelle Fiandre alla Corte dell'imperatore.
-Ma, svanito il progetto, Cesare se ne andò a
-Pamplona, dal cognato, il re di Navarra, anch'egli implicato
-ne' negozii castigliani e in quel momento in guerra
-col suo ribelle Conestabile, il conte di Lerin.
-</p>
-
-<p>
-Di lì scrisse al marchese di Mantova. Questa è l'ultima
-lettera che abbiamo di lui, o che almeno ci è nota:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Principe e signor Cognato, onorando
-qual fratello. — Avviso Vostra Eccellenza, come, dopo
-tanti travagli, è piaciuto al Signor Nostro Iddio liberarmi
-e cavarmi di prigione. In qual modo sia ciò accaduto, intenderà
-dal mio segretario Federigo, esibitore della presente.
-Piaccia a Dio, d'infinita clemenza, che ciò sia per
-maggior suo servizio. Al presente mi trovo in Pamplona
-con gl'illustrissimi re e regina di Navarra. Vi giunsi il
-3 dicembre, della qual cosa, come di ogni altra, Vostra Signoria
-sarà a pieno informata dal nominato Federigo. Piaccia
-a lei prestargli, per quanto sarà per dire in mio nome,
-<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span>
-tutta quella fede, come farebbe alla mia persona propria. Mi
-raccomando per sempre all'Eccellenza Vostra. — Da Pamplona,
-il 7 dicembre 1506. Di Vostra Eccellenza compare
-fratello minore Cesare.»
-</p>
-
-<p>
-La lettera è suggellata con ostia. Il suggello porta le
-doppie armi di Cesare, finamente incise, con l'iscrizione:
-<i>Cæsar Borgia De Francia Dux Romandiolæ</i>. Uno degli scudi
-contiene l'arme de' Borgia co' gigli francesi, dalla cui corona
-si levano sette draghi dalle lingue aguzze; l'altro, l'arme
-della moglie di Cesare con i gigli di Francia e un pegaso
-che sormonta il cimiero.<a class="tag" id="tag254" href="#note254">[254]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il segretario di Cesare giunse a Ferrara sugli ultimi di
-dicembre.<a class="tag" id="tag255" href="#note255">[255]</a> Difficilmente era stato mandato in Italia solo
-per confermare la liberazione del suo signore. Egli vi veniva
-pure per investigare lo stato delle cose, e vedere se
-una restaurazione del duca di Romagna fosse ancora possibile.
-Ma per simili sogni niun momento poteva essere più
-inopportuno della fine dell'anno 1506, quando Giulio II
-aveva preso appunto possesso di Bologna. Il marchese Gonzaga,
-sulla cui benevolenza Cesare faceva ancora assegnamento,
-era colà Generalissimo dell'esercito papale. E
-questo, come si teneva, era già pronto ad un'impresa in
-Romagna. Pure la Romagna era l'unico paese, nel quale
-Cesare potesse avere in vista una restaurazione. Il suo buon
-governo vi aveva lasciato orma profonda; e i Romagnoli
-avrebbero preferito la dominazione di lui, anzichè sottomettersi
-al reggimento della Chiesa. È giusto ciò che lo Zurita,
-lo storico d'Aragona, dice: «La liberazione di Cesare
-costernò il Papa, perchè il duca era tale uomo che da se
-solo bastava a mettere sossopra l'Italia intera. Egli era
-amato assai non solo dalla gente di guerra, ma anche da
-<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span>
-molti in Ferrara e nelle terre della Chiesa: fatto che raramente
-scontrasi in tiranno altro qualsiasi.»
-</p>
-
-<p>
-L'inviato di Cesare osò spingersi sino a Bologna,
-nonostante che vi fosse il Papa; e questi lo fece prendere.
-Informatane Lucrezia, scrisse al marchese Gonzaga questa
-lettera:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo signor Cognato e Fratello riveritissimo. — Ho
-appunto inteso che per commissione di Sua Santità,
-Nostro Signore, è stato preso in Bologna Federigo, cancelliere
-del signor Duca, mio fratello. Io son certissima ch'egli
-non si troverà in mancamento alcuno, non essendo venuto
-per fare o per dire alcunchè di disaggradevole o di molesto
-per Sua Santità, mentre nulla di simile penserebbe nè ardirebbe
-Sua Eccellenza. Che se colui avesse avuto alcuna
-commissione, me l'avrebbe anticipatamente comunicata,
-ed io non avrei giammai tollerato nè tollererei ch'egli fosse
-motivo anche a sospetto, essendo io, al pari dell'Illustre
-mio Signor Consorte, devotissima e fedelissima serva di Sua
-Beatitudine. Quanto a me, non trovo nè so ch'egli sia venuto
-per altro se non per portare la nuova della liberazione.
-Onde tengo per cosa indubitata che egli sia del tutto innocente.
-Ma la detenzione è un fatto che ha per me un peso
-grave, massime per lo smacco che può derivarne al detto
-Duca mio fratello, quasi non fosse in grazia di Sua Santità;
-e lo stesso vale pure riguardo a me. Io prego adunque
-quanto più so e posso l'Eccellenza Vostra, e per quanto
-amore la mi porta, di adoperarsi in ogni guisa presso Sua
-Santità, perchè colui presto sia rilasciato. E questa cosa io
-spero dalla benignità di quella, e dalla efficacia ed intercessione
-di Vostra Eccellenza. Perocchè niun piacere nè beneficio
-potrei dall'Eccellenza Vostra al presente ricevere
-maggiore di questo, e pel quale sapessi esserle più obbligata
-e per l'onor mio e per ogni rispetto. Sicchè di nuovo
-le raccomando di tutto cuore questo affare. E me le offro
-<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span>
-e raccomando. — Ferrara, 15 gennaio 1507. Di Vostra
-Eccellenza sorella e serva la Duchessa di Ferrara.»<a class="tag" id="tag256" href="#note256">[256]</a>
-</p>
-
-<p>
-Da Pamplona Cesare mandò il Requesenz, il suo antico
-maggiordomo, al re di Francia, per impetrare la permissione
-di tornare alla Corte e al servizio di lui. Ma Luigi XII
-non volle saperne. All'inviato, che a nome di Cesare pretendeva
-il Ducato di Valenza e la pensione per lo innanzi
-percepita come principe della Casa di Francia, fu risposto
-con un rifiuto.<a class="tag" id="tag257" href="#note257">[257]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ben presto la morte veniva a porre termine a tutte
-le speranze del famoso avventuriero. Al soldo del cognato
-di Navarra, Cesare cingeva d'assedio il vassallo di lui Don
-Loys de Beamonte, conte di Lerin, nel Castello Viana.
-Quivi cadde morto in una imboscata, valorosamente pugnando,
-il 12 marzo 1507. Il luogo è nella diocesi di
-Pamplona; e per strana coincidenza, come lo Zurita nota,
-il giorno della morte di Cesare fu quello stesso, in cui
-aveva un tempo ricevuto il Vescovado di Pamplona. E in
-questa città con grande onoranza fu anche seppellito. Non
-aveva che 51 anno, proprio come Nerone.
-</p>
-
-<p>
-La caduta dell'uomo formidabile, che una volta aveva
-fatto tremare l'Italia intera, e il cui nome era divenuto celebre
-per ogni dove, liberava Giulio II da un pretendente,
-che col tempo avrebbe potuto diventargli molesto assai. Chi
-può dire difatti tutti gl'imbarazzi che Cesare avrebbe potuto
-procacciargli o nella guerra con Venezia pel possesso della
-Romagna, come alleato e condottiero della Repubblica, o
-ancor più in quella del Papa stesso con la Francia, dopo
-la defezione di lui dalla Lega di Cambray? Niun dubbio
-che Luigi XII, tutto spirante vendetta, avrebbe ricondotto
-<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span>
-Cesare in Romagna, messo a profitto gli antichi legami in
-quel paese, come pure le grandi attitudini di lui.
-</p>
-
-<p>
-La nuova della morte di Cesare giunse a Ferrara da
-Rema e da Napoli, nell'aprile 1507, mentre il duca Alfonso
-era assente. Il suo consigliere Magnanini e il cardinale
-Ippolito celarono i dispacci alla travagliata duchessa,
-prossima a sgravarsi, la quale per altro aveva già dell'accaduto
-più che un presentimento. Le si disse soltanto,
-che in un combattimento il fratello era stato ferito. In
-preda a profonda commozione, si ritrasse in un convento
-della città, e vi passò due giorni pregando; quindi fece ritorno
-al palazzo. Non appena il rumore della morte di
-Cesare era arrivato all'orecchio di lei, aveva spedito il servitore
-Tullio a Navarra. Ma, confermatosi della realtà del
-fatto, questi a mezza strada tornò indietro a Ferrara. Era
-quivi venuto pure il Grasica, scudiero di Cesare, che aveva
-assistito ai funerali del duca in Pamplona; e diede notizie
-precise sulle circostanze della morte. Il cardinale si decise
-oramai a dire a Lucrezia la verità, consegnandole la lettera
-del marito Alfonso, che recava la triste nuova.<a class="tag" id="tag258" href="#note258">[258]</a>
-</p>
-
-<p>
-La duchessa mostrò più rassegnazione di quello si potesse
-aspettare. Il dolor suo si mescolava con l'amarezza di
-tutte quelle rimembranze e di quei sentimenti, che la vita
-in Ferrara aveva potuto sopire, non estinguere del tutto.
-E ben due volte risursero nell'anima sua più prepotenti e
-spaventevoli che mai: alla morte del padre, e ora alla morte
-del terribile fratello, l'uccisore del suo giovane sposo Alfonso.
-Se è lecito pensare che il cordoglio suo, oltre tutte
-le altre ragioni che concorrevano a generarlo, fu essenzialmente
-il prodotto del più santo de' sentimenti, lo spettacolo
-di Lucrezia, che piange la morte di Cesare Borgia, rappresenta
-<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span>
-davvero uno de' più bei trionfi dell'amore fraterno.
-E a noi piace tener così, perchè, di certo, quest'amore è
-il più puro e generoso di tutti i sentimenti umani.
-</p>
-
-<p>
-In verità, bisogna riconoscerlo, Cesare Borgia non appariva
-nè alla sorella nè in generale a' contemporanei quale
-lo vediamo noi oggi. Oggi per noi i suoi misfatti sembrano
-sempre più neri; mentre invece le sue buone qualità e
-quella sua importanza, tanto per politiche ragioni esaltata
-dal Machiavelli, si sono via via rimpicciolite. E per ogni
-pensatore la possanza, cui quel giovane avventuriero, per
-rincontro di condizioni affatto peculiari, seppe levarsi, non
-può che esser prova di ciò, che la moltitudine volgare, paurosa
-e ignorante, è capace di sopportare. Essa sopportò anche
-la puerile grandezza di un Cesare Borgia, innanzi al
-quale principi e città allibirono per anni. Ned egli, del
-resto, fu l'ultimo idolo della storia, sfacciato tanto quanto
-intimamente vuoto, innanzi al quale il mondo si sia prosternato
-tremando.
-</p>
-
-<p>
-Ma quando anche Lucrezia non si fosse formato un giudizio
-chiaro sul conto di suo fratello, pure nè la memoria
-nè la mente sua potevano esser diventate mute e inerti. Per
-parte sua lo perdonò; ma dovette domandarsi, se lo perdonerebbe
-del pari l'incorruttibile giudice delle azioni
-umane. E noi sappiamo ch'ella era cattolica credente e fervorosa
-nel senso della religione di quel tempo. Possiamo
-quindi immaginare quante messe espiatorie facesse dire
-per l'anima di Cesare, e quante preghiere volgesse al Cielo
-in suffragio della stessa.
-</p>
-
-<p>
-Ercole Strozzi cercò confortarla con pompose poesie,
-nel 1508 le dedicò un epicedio per Cesare. Questa poesia
-barocca è notevole pel concetto dell'autore, e quasi è lecito
-chiamarla l'accompagnamento poetico del <i>Principe</i> del Machiavelli.
-In prima il poeta mostra la profonda angoscia delle
-due donne, Lucrezia e Carlotta, che spargono sul caduto
-<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span>
-caldissime lagrime, come già altra volta ne versarono per
-Achille Cassandra e Polissena. Dipinge l'eroica carriera di
-Cesare, pari al grande Romano nelle geste come nel nome.
-Novera tutte le città di Romagna da lui conquistate, e
-accusa l'invido destino che non gli permise conquistarne
-altre, perchè in tal caso non avrebbe lasciato a Giulio II la
-gloria di Bologna. Racconta che, tempo innanzi, il genio di
-Roma era apparso al popolo romano e aveva profetizzato
-la fine di Alessandro e di Cesare, deplorando che con loro
-svaniva la speranza sua di vedere una volta venire la sua
-salute dalla stirpe di Callisto, siccome gli Iddii le avevan
-promesso. Ora Crato istruisce il poeta intorno a tal promessa.
-Pallade e Venere, quella amica di Cesare e Spagnuoli,
-questa italiana di patria e indignata che stranieri avessero
-a padroneggiare su' discendenti di Troia, avevano, disputando
-tra loro, levato i loro richiami innanzi a Giove, e
-accusatolo di non aver mantenuto la promessa di dare all'Italia
-un re eroico. Giove avevale calmate: il fato era irresistibile.
-È vero che Cesare aveva dovuto morire come
-Achille; ma dalle due stirpi degli Este e de' Borgia, derivate
-da Troia e dall'Ellade, nascerà l'eroe promesso. Pallade
-quindi entra in Nepi, ove, dopo la morte di Alessandro,
-Cesare giaceva malato di peste; e al suo letto, sotto le
-sembianze del padre di lui, gli presagisce la morte, cui egli,
-nella coscienza della sua gloria, doveva affrontare da eroe.
-Poscia s'invola come uccello, e corre a Ferrara da Lucrezia.
-Descritta la caduta di Cesare in Spagna, il poeta
-consola la sorella prima con filosofici luoghi comuni, e poi
-annunziandole ch'ella sarebbe la madre del predestinato
-figlio d'eroi.<a class="tag" id="tag259" href="#note259">[259]</a>
-</p>
-
-<p>
-Stando all'asserzione dello Zurita, Cesare Borgia non
-<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span>
-lasciò che un'unica figliuola, la quale visse con la madre
-sotto la protezione del re di Navarra. Ebbe nome Luisa. Si
-maritò più tardi con Luigi De La Tremouille; e, morto costui,
-con Filippo di Bourbon, barone di Busset. La madre,
-Carlotta d'Albret, dopo una vita tanto commossa, si diede
-alla pietà e devozione contemplativa. Ritirata dal mondo,
-morì gl'11 marzo 1514. Due figliuoli naturali di Cesare,
-Girolamo e Lucrezia, vivevano in Ferrara, ove l'ultima si
-fece monaca, e nel 1573 morì badessa di San Bernardino.<a class="tag" id="tag260" href="#note260">[260]</a>
-</p>
-
-<p>
-Nel febbraio 1550 in Parigi saltò fuori un altro bastardo
-di Cesare. Era un prete che si spacciava per figliuolo
-naturale del duca, di nome Don Luigi. Era venuto di Roma
-per chiedere soccorsi al re di Francia, avendo, com'ei diceva,
-suo padre incontrato la morte nel regno di Navarra
-in servizio della Corona di Francia. Gli furon dati 100 ducati,
-co' quali se ne tornò a Roma.<a class="tag" id="tag261" href="#note261">[261]</a>
-</p>
-
-<h3>IX.</h3>
-
-<p>
-Ben due volte Lucrezia aveva per sciagurato accidente
-tradite le speranze di Alfonso di aver discendenti. Finalmente
-il 4 d'aprile gli partorì un figliuolo. Gli si diede il
-nome dell'avo paterno.
-</p>
-
-<p>
-Ercole Strozzi, alla nascita di questo erede al trono,
-festeggiò il compimento delle sue predizioni. In un genetliaco
-adulava la duchessa, esprimendo l'augurio, che le
-geste dello zio Cesare e dell'avo Alessandro potessero un
-giorno servir di modello al figliuolo. Perchè coloro lo avrebbero
-fatto ricordare di Camillo e degli Scipioni e degli eroi
-della Grecia.
-</p>
-
-<p>
-Passarono poche settimane appena, ed il geniale poeta
-<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span>
-fece una fine orribile. Il suo trasporto per Lucrezia non era
-certamente che di cavalier cortigiano o di poeta, che s'inchina
-alla bellezza. Oggetto invece delle sue passioni era
-Barbara Torelli, la giovane vedova di Ercole Bentivoglio.
-Ella lo preferì ad altro gentiluomo ferrarese. E il fortunato
-Strozzi la sposò nel maggio 1508.
-</p>
-
-<p>
-Il mattino del 6 giugno, tredici giorni dopo, il poeta era
-steso morto all'angolo del Palazzo Este, detto oggi Pareschi,
-avviluppato nel suo mantello, i capelli arruffati, il corpo
-coperto di ventidue ferite. Tutta Ferrara ne fu costernata.
-Lo Strozzi era il decoro della città, uno de' poeti più ricchi
-d'ingegno del tempo suo, il prediletto di tutti i cultori degli
-studii, amico del Bembo e dell'Ariosto, favorito della
-duchessa, in grande reputazione presso la corte. Dalla
-morte del padre, Tito aveva occupato il posto da colui tenuto,
-di capo de' dodici giudici di Ferrara. Era ancora nel
-fiore degli anni: aveva toccato appena il ventisettesimo.
-</p>
-
-<p>
-Quest'orribile avvenimento dovette riporre in mente a
-Lucrezia il giorno dell'uccisione del fratello Gandia. E come
-questa era rimasta avvolta nel mistero, il cui velo non fu
-mai sollevato, così pure la morte dello Strozzi. «Niuno nominò
-l'autore dell'assassinio, poichè il pretore tacque:»
-così disse più tardi Paolo Giovio nel suo elogio del poeta.
-Ma chi mai poteva far tacere il giudice, se non coloro che
-ne avevano la potestà?
-</p>
-
-<p>
-Il fatto è stato attribuito ad Alfonso. Gli uni affermano
-che facesse ammazzare lo Strozzi per passione, ond'era preso
-per la moglie di lui; altri invece che vendicasse in lui il
-favore dispensatogli da Lucrezia. Anche i più moderni scrittori,
-che si sono sforzati di schiarire quel mistero, e che se
-ne riportano alle corrispondenze intime del tempo, dànno
-la colpa ad Alfonso.<a class="tag" id="tag262" href="#note262">[262]</a> E che il duca, il quale pure non solo
-<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span>
-aveva punito con tanta crudeltà i congiurati contro la vita
-sua, ma era in generale mantenitore spietato delle leggi in
-tutta la loro severità, non facesse trattar l'affare dal magistrato,
-è, certamente, tale un fatto, che solleva contro di
-lui gravissime ragioni di sospetto.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia è stata pur essa indicata come colpevole dell'uccisione,
-forse per gelosia verso Barbara Torelli, forse
-anche per tèma che lo Strozzi potesse propalare la relazione
-di lei col Bembo, della quale egli doveva essere a parte,
-soprattutto avendo il poeta sperato, mercè l'influenza della
-duchessa, ottenere la dignità cardinalizia, speranza che era
-poi rimasta frustrata. I moderni non hanno a ciò prestato
-fede alcuna. Anche l'Ariosto non credette all'accusa; altrimenti,
-come mai avrebbe osato in quel tempio d'onore
-delle donne di casa d'Este porre a fianco dell'immagine
-di Lucrezia appunto Ercole Strozzi, come araldo della gloria
-di lei? Avesse pur scritta la sua ottava, ciò che non è
-verosimile, innanzi la morte del poeta, l'avrebbe, ove fosse
-stato da quell'accusa preoccupato, in altro modo concepita
-al momento di pubblicare nel 1516 il suo poema per le
-stampe.
-</p>
-
-<p>
-Non credette alla colpa di Lucrezia nemmeno Aldo
-Manuzio, perchè proprio nel 1513 le dedicò l'edizione
-delle poesie de' due Strozzi, padre e figlio, con una introduzione,
-nella quale la levava alle stelle.
-</p>
-
-<p>
-Giulio II aveva intanto composta la Lega di Cambray,
-il cui scopo era la distruzione della potenza veneziana. Anche
-Ferrara v'era entrata a parte. La guerra quindi teneva
-molto occupato Alfonso fuori della residenza e dello Stato
-suo; e nella sua lontananza affidava a Lucrezia la reggenza.
-In verità, essa reggeva ora in ben altro senso che
-nel passato in Vaticano e a Spoleto. Nel 1509 ella vide
-<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span>
-anche dappresso la tempesta guerriera, quando sul Po il
-marito e il cardinale riportarono vittoria sulla flotta veneziana.
-Il 25 agosto di quell'anno Lucrezia diè alla luce un
-secondo figliuolo, Ippolito.
-</p>
-
-<p>
-Le guerre, che sconvolgevano l'Italia, attrassero oramai
-nel gran movimento anche Ferrara. Nè l'agitazione si calmò
-presto, ma solo quando Carlo V ebbe dato nuovo assetto
-alle condizioni italiane. Onde, da questo tempo in poi, la
-vita di Lucrezia subì l'influenza della politica. I primi anni
-tranquilli in Ferrara eran passati insieme colla sua gioventù.
-Ora si dedicò alla educazione de' suoi figliuoli, i principi
-d'Este, e agli affari dello Stato, ogni volta che il marito
-glieli confidò. Essa era donna accorta: sulla sua intelligenza
-il padre non s'era ingannato mai. Anche come reggente
-di Ferrara seppe guadagnarsi stima e reputazione.
-Nella dedica delle poesie degli Strozzi, che Aldo le fece,
-oltre le altre qualità, come il timor di Dio, la beneficenza
-pe' poveri e la bontà verso coloro che le eran prossimi, celebrava
-in modo particolare anche la eccellenza sua come
-reggente, della quale «i cittadini ammiravano l'acuto giudizio
-e lo spirito penetrante.» Anche volendo far la parte
-all'adulazione in queste lodi, ne rimane pur sempre un'altra,
-che è l'espressione della verità.
-</p>
-
-<p>
-Non v'è quindi a maravigliarsi, se d'allora in poi
-la personalità di Lucrezia quasi scompaia, ovvero sia ecclissata
-dalla storia politica di Ferrara. I cronisti della città
-non più la rammentano che alla nascita de' figliuoli. E in
-tutta la biografia di Alfonso di Paolo Giovio non è menzionata
-che due o tre volte, ma con grande riverenza.
-L'attrattiva personale, suscitata un tempo dalle avventure
-di questa donna, era scomparsa col cessare delle stesse.
-Anche le sue lettere ad Alfonso e le molte altre all'amica
-sua Isabella Gonzaga sono pel biografo di lei pressochè
-di nessun conto.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'animo di Lucrezia era tutto immerso in quel mondo
-saldo e compatto, del quale oramai faceva parte. In mezzo
-a' serii ed alti doveri, che le incombevano, aveva trovato
-il suo posto tranquillo; e solo di rado ebbe ancora a sentirsi
-come turbata per eventi, che la riportavano con la
-mente al periodo romano della sua vita. Il che avvenne
-nel 1510 per la morte di Giovanni Sforza di Pesaro.
-</p>
-
-<p>
-Dopo il ritorno nello Stato lo Sforza per Bolla di
-Giulio II v'era stato confermato qual feudatario. Da quel
-tempo aveva cercato di governare con saviezza, introdotti
-alcuni miglioramenti, e munito anche di nuovo il castello
-di Pesaro. Egli era uomo dotto e dedito allo studio della
-filosofia. Fu egli, come nota il Ratti, un biografo di casa
-Sforza, l'autore dell'indice di tutto l'Archivio di Pesaro.
-Nel 1504 s'era ammogliato ancora una volta con una nobile
-veneziana, Ginevra, di casa Tiepolo, che lo aveva
-conosciuto nell'esilio. Il 4 novembre 1505 n'ebbe un
-figliuolo, Costanzo.<a class="tag" id="tag263" href="#note263">[263]</a> Non sappiamo in quali termini si
-tenesse col d'Este a lui congiunto; ma non potettero
-essere che freddi e tesi. Nella vita sua non poteva più
-esservi motivo di contento davvero. Tutta la celebre casa
-Sforza inclinante al tramonto o caduta di già, a lui non
-rimaneva speranza alcuna in una lunga durata della sua
-propria schiatta. Nel Castello di Gradara, ove il più del
-tempo soleva vivere in solitudine, lo colse tranquillamente
-la morte il 27 luglio 1510.
-</p>
-
-<p>
-Essendo il figliuolo bambino ancora, assunse la reggenza
-di Pesaro il fratello suo naturale Galeazzo, che s'era
-ammogliato con Ginevra, figlia di Ercole Bentivoglio. Ma,
-quel fanciullo essendo morto il 5 agosto 1512, papa Giulio
-negò a Galeazzo l'investitura. Egli costrinse quest'ultimo
-degli Sforza di Pesaro ad un trattato, in forza del quale il
-<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span>
-30 ottobre 1512 dovette consegnare il castello e la terra a
-Francesco Maria Della Rovere, già, per la morte di Guidobaldo,
-diventato duca d'Urbino sin dall'aprile 1508. Così
-Pesaro fu riunito a quest'altro Stato. Galeazzo morì a Milano
-il 1515, dopochè il duca Massimiliano Sforza avevalo istituito
-suo erede. Per tal morte la linea de' signori di Pesaro
-s'estinse, non avendo Giovanni Sforza lasciato che una
-figliuola naturale, Isabella. Questa sposò il 1520 Cipriano
-Sernigi, nobile fiorentino, e morì in Roma l'anno 1561, in
-fama di donna illustre assai per coltura e dottrina.<a class="tag" id="tag264" href="#note264">[264]</a> Fu
-sepolta in Laterano, ove può vedersene il profilo in marmo
-e leggersi ancora quest'epitaffio: <i>Isabellae Sfortiae Ioannis
-Pesaurensium F. Feminae Sui Temporis Prudentia ac Pietate
-Insigni Exec. Test. P. Vix. Ann. LVII. M. VII. D. III.
-Obiit Ann. MDLXI. XI. Kal. Febr. Consensu Nobilium De
-Mutis Papazurris</i>.
-</p>
-
-<p>
-La morte del suo primo marito dovette rinnovare in
-Lucrezia la coscienza della colpa sua verso lo stesso. Oramai
-era in un'età e le disposizioni de' suoi sentimenti religiosi
-erano tali, che non era più possibile che la leggerezza
-la vincesse in lei sulla coscienza. Se non che i tempi
-volgevano tanto burrascosi, che tosto ella diè altra direzione
-a tutti i pensieri suoi. Il 9 agosto 1510, pochi giorni dopo
-la morte dello Sforza, Giulio II scomunicò Alfonso e lo
-dichiarò decaduto da tutti i feudi ecclesiastici. Il Papa allora
-aveva ripreso i disegni dello zio Sisto, che, alleato con Venezia,
-aveva un tempo voluto strappar Ferrara agli Este.
-Rabbonito da' Veneziani con la cessione delle città romagnuole,
-erasi Giulio riconciliato con la Repubblica, e domandato
-ad Alfonso che anch'egli abbandonasse la lega
-<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span>
-francese e desistesse dalla guerra contro Venezia. Al che
-il duca erasi ricusato; e conseguenza di ciò fu la scomunica.
-Dopo d'allora Ferrara, nella più stretta alleanza
-con la Francia, si vide spinta in quella guerra furibonda,
-che condusse alla celebre battaglia di Ravenna, degli 11
-aprile 1512, nella quale l'artiglieria di Alfonso decise le
-sorti della giornata.
-</p>
-
-<p>
-Appunto in tal guerra e in occasione del tentativo
-di Giulio II d'impadronirsi di Ferrara con una sorpresa
-strategica, il famoso Bayard fece conoscenza di Lucrezia.
-Tornando i cavalieri francesi, in compagnia de' loro commilitoni
-ferraresi, trionfanti in Ferrara, dopo la conquista
-della Bastìa, vennero accolti con altissime dimostrazioni
-d'onore. A memoria di ciò il biografo del Bayard scrisse
-più tardi in lode di Lucrezia: «Soprattutto la buona duchessa,
-ch'era una perla in questo mondo, accolse i
-Francesi con grande distinzione, e tutti i giorni dava loro
-feste maravigliose e banchetti sul gusto italiano. Io oso
-ben dirlo: nè del tempo suo nè molto innanzi s'è mai trovata
-principessa di lei più gloriosa; mentr'ella era bella
-e buona e dolce e cortese con tutti; e nulla è pure più sicuro
-di questo che, comunque il marito di lei fosse principe
-savio e coraggioso, nondimeno essa, mercè la sua
-cortesia, gli ha reso buoni e grandi servizii.»<a class="tag" id="tag265" href="#note265">[265]</a>
-</p>
-
-<p>
-È noto come, per la morte di Gastone di Foix alla
-battaglia di Ravenna, la vittoria di Francia si convertisse in
-perdita, e la sconfitta del Papa in trionfo. Alfonso si vide
-privo di difesa. Nel luglio 1512 s'affrettò ad andare a
-Roma per ricevervi da Giulio l'assoluzione. Benchè ottenesse
-questa, pure solo una fuga precipitosa potette salvarlo
-<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span>
-dall'estrema rovina o dalla sorte medesima di Cesare Borgia.
-Aiutato da' Colonna, che lo condussero a Marino, gli
-riuscì travestito tornare a Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Furono giorni tormentosi per Lucrezia. Mentre tremava
-per la vita del marito, ebbe anche la nuova della
-morte del figlio suo, lontano ed espulso. Il 28 agosto 1512
-l'agente mantovano Stazio Gadio scriveva da Roma al suo
-signore Gonzaga: «Qui si dà per certo che il duca di Bisceglie,
-figlio della signora duchessa di Ferrara e di Don
-Alfonso d'Aragona, sia morto a Bari, ove la duchessa di
-quella città lo teneva seco.»<a class="tag" id="tag266" href="#note266">[266]</a> Lucrezia stessa ne informò una
-persona sconosciuta con lettera del primo ottobre, nella
-quale diceva: «Io mi trovo tuttavia involta in lacrime e
-amaritudine per la morte del duca di Biselli, mio figliuolo
-carissimo; su di che il latore della presente potrà darle i
-particolari.»
-</p>
-
-<p>
-Ignoriamo i destini del povero Rodrigo ne' primi anni
-dopo la morte di Alessandro e dopo che Cesare fu tradotto
-in Spagna. Pure dobbiamo tenere per certo, che visse
-in Napoli sotto la tutela de' cardinali Ludovico Borgia e
-Romolini di Sorrento. Il re di Spagna, giusta i trattati anteriori,
-lo riconobbe qual duca di Bisceglie, e vi sono ancora
-del settembre 1505 documenti, ne' quali il luogotenente
-del piccolo duca prestava giuramento di fedeltà nelle
-mani de' due cardinali tutori.<a class="tag" id="tag267" href="#note267">[267]</a> Probabilmente Rodrigo fu
-educato da donna Sancia, sua zia carnale. Anche questa
-trovavasi col marito nel Reame di Napoli, ove Don Jofrè
-fu riconosciuto nel possesso de' suoi beni. Sancia morì
-senza figliuoli nel 1506, appunto durante il soggiorno di
-Ferdinando il Cattolico a Napoli. Pertanto fecero ritorno
-al re gran parte de' feudi di Don Jofrè, il quale nulladimeno
-<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span>
-restò principe di Squillace. Egli si ammogliò una
-seconda volta, e da questo matrimonio ebbe discendenti.
-Nulla si sa della fine sua. Una delle sue nipoti, Anna de
-Borgia, principessa di Squillace, come ultima discendente
-di questo ramo portò in dote, sugl'inizii del XVII secolo,
-quel possedimento nella casa Gandia di Spagna, sposando
-Don Francesco Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Morta la Sancia, Rodrigo dovette forse essere affidato
-all'altra zia, sorella maggiore di suo padre. Era questa Isabella,
-la più infelice delle donne di quel tempo, vedova di
-Giangaleazzo di Milano, fatto morir di veleno da Lodovico
-il Moro. In tutta la storia d'Italia di quel periodo, in cui
-con l'invasione di Carlo VIII una tempesta di fortunose
-vicende si scatenò sulle varie dinastie che la dominavano,
-difficilmente potrebbe trovarsi una figura altrettanto tragica
-quanto quella d'Isabella d'Aragona. Ella fu colpita
-insieme dalla rovina delle due case Sforza e Aragona. E
-d'ambo queste famiglie può ben dirsi ciò che il Caracciolo
-nel suo <i>De varietate fortunae</i> ha detto degli Sforza:
-«Non v'ha ancora tragedia, per orribile che sia, cui la
-casa Sforza non possa offrire sufficiente materia.» Isabella
-aveva assistito alla caduta di tutta la casa sua, un tempo
-così potente, e visto menare il proprio figlio Francesco,
-da Luigi XII, prigioniero in Francia, ove doveva morire
-giovane ancora e sacerdote. Essa erasi ritirata a Bari, città
-che Lodovico il Moro nel 1499 le aveva abbandonata, e ne
-fu duchessa sino alla morte, sino cioè agl'11 febbraio 1524.
-</p>
-
-<p>
-Ora s'era preso seco il figliuolo di Lucrezia, il quale
-moriva in casa sua all'età di tredici anni. Quest'ultima
-pretese alla eredità di lui; e, come risulta da documenti,
-la ebbe in effetto da Isabella d'Aragona, qual tutrice del
-defunto, nella somma di alcune migliaia di ducati.<a class="tag" id="tag268" href="#note268">[268]</a> Quali
-<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span>
-che fossero le circostanze, che costrinsero Lucrezia a tener
-lontano da sè il figliuolo, è certo, ad ogni modo, che
-questo infelice bambino lasciò sulla figura di lei un'ombra
-sinistra.
-</p>
-
-<h3>X.</h3>
-
-<p>
-Grazie all'energia d'Alfonso e ai supremi sforzi dello
-Stato, la guerra contro Ferrara era cessata. Pure Giulio II
-aveva tolto allo Stato Modena e Reggio; perdita gravissima
-per la casa d'Este, tanto che la storia di Ferrara
-per parecchi anni si concentrò tutta nell'intento di riconquistare
-le due città. Per fortuna d'Alfonso Giulio II morì
-nel febbraio 1513. Sulla Santa Sede gli successe Leon X.
-Aveva costui insino allora mantenuto amichevoli relazioni
-con i principi d'Urbino e di Ferrara, i quali non sapevano
-da lui aspettarsi che atti d'amicizia. Ma proprio per mano
-di questo Medici, uomo falso, che riuscì a trarre tutti in
-errore, dovevano quelle due case subire i più amari disinganni.
-Alfonso andò in tutta fretta a Roma per l'incoronazione
-di Leone, e se ne tornò a Ferrara con le migliori
-speranze in una intera e perfetta riconciliazione con
-la Santa Sede.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia in Ferrara s'era acquistata stima e affetto
-presso l'universale. Era divenuta la madre del popolo. I
-miseri e gli afflitti trovavano presso di lei ascolto e soccorsi.
-Carestia e indigenza e finanze esauste: tali erano
-state le conseguenze della guerra. Lucrezia si spogliò
-de' suoi ornamenti e delle sue gioie, e gli pose in pegno.
-Rinunziò, come il Giovio la lodava, alla pompa e
-alla vanità del mondo, cui dalla prima giovanezza era usa.
-Si diede ad una vita religiosamente devota; fondò istituzioni
-monastiche e ospedali. Che tutto questo facesse, non
-v'è a maravigliarsi. Ciò s'accordava con la natura della
-<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span>
-donna non solo, ma col suo passato e con le sofferte vicissitudini.
-La più gran parte delle donne, che han molto
-vissuto ed amato, finiscono bigotte. E la bigotteria è sovente
-l'ultima forma, che alla vanità della donna rimane
-a prendere. La rimembranza di un mondo pieno di vizii e
-di delitti commessi dalle persone a lei più prossime, e
-fors'anco la memoria delle colpe proprie, non potevano
-cessare di tormentar l'animo di Lucrezia. E così anche
-quelle altre donne, che insieme o prima di lei avevano
-preso parte, quali personaggi principali, alla storia dei
-Borgia, si trovarono in condizione interiore identica, e
-provarono lo stesso bisogno di religioso conforto. La vedova
-di Cesare finì la vita in un chiostro; altrettanto fece
-la vedova di Gandia. Anche la vedova di Alessandro VI
-divenne una vecchia bacchettona. E, se ne fossero giunte
-nuove sino a noi, senza dubbio troveremmo pure l'adultera
-Giulia Farnese, in sul tramonto della vita, se non
-fatta santa in un monastero, immersa in quotidiane pratiche
-di devozione.
-</p>
-
-<p>
-L'anno 1513, in cui fu messo termine alla guerra
-contro Ferrara, segnò un nuovo periodo nella vita di
-Lucrezia. D'allora in poi prese decisamente quel devoto
-indirizzo; il quale però non degenerò in bacchettoneria fanatica:
-le valsero in questo d'impedimento la pratica energia
-d'Alfonso, le cure per la famiglia e pei figliuoli, i
-doveri della corte. La corte di Ferrara aveva per la guerra
-perduto molto del suo splendore; pure fra le Corti d'Italia
-rimaneva sempre una delle più ragguardevoli. Alfonso
-stesso dedicò alcuno degli anni di pace, che seguirono,
-al culto delle arti. Lavoravan per lui nel castello, come anche
-a Belriguardo e a Belfiore, i migliori maestri di Ferrara,
-quali il Dossi, il Garofalo e Michele Costa. Il Tiziano,
-che alcuna volta fu ospite in Ferrara, dipinse per lui; ed
-anche a Raffaello ei diè commissioni. Fondò similmente un
-<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span>
-museo di antichità. Nel suo gabinetto Lucrezia aveva un Cupido
-di Michelangelo. Nondimeno il trasporto della duchessa
-per le cose d'arte non era molto vivo, e non paragonabile
-nemmeno alla lontana con la passione della cognata Isabella
-di Mantova, la quale era in relazione con gli artisti
-più famosi del tempo suo e teneva agenti in tutte le grandi
-città d'Italia, con l'incarico d'informarla d'ogni nuovo
-prodotto delle arti belle.
-</p>
-
-<p>
-Dopo il 1513, quando la Corte di Leon X venne in
-fiore, Ferrara ebbe a patire perdita non piccola, anzi fu
-proprio messa nell'ombra. Il lusso artistico del Medici attrasse
-in Roma i più eletti ingegni d'Italia. V'andò il poeta
-Tebaldeo, e vi vivevano il Sadoleto e il Bembo, ora segretarii
-di Leone. I due Strozzi eran morti. L'Aldo, sulla carriera
-del quale, come erudito ed editore, Lucrezia ne' primi
-anni aveva esercitato un certo benefico influsso, viveva a
-Venezia. Nondimeno si teneva di colà in commercio letterario
-con la sua protettrice. Celio Calcagnini rimase fedele
-a Ferrara. Anche l'Università continuò a mantenersi in certo
-rigoglio. Lucrezia era di più molto amica del Trissino, il
-nobile vicentino, l'infelice rivale dell'Ariosto nella poesia
-epica. Vi sono cinque lettere del Trissino dirette a Lucrezia
-negli ultimi anni della vita di lei.<a class="tag" id="tag269" href="#note269">[269]</a> Ma l'orgoglio di
-Ferrara era l'Ariosto; e Lucrezia viveva ancora, quando
-la glorificazione di lui era cominciata. Egli non dedicò a
-lei nè ad Alfonso il suo Poema, ma all'indegno cardinale
-Ippolito, al cui servigio lo avevan fatto entrare circostanze
-accidentali. Niuna casa principesca fu mai magnificata tanto,
-quanto quella degli Este per mano dell'Ariosto. Con l'Orlando
-Furioso per tutti i tempi, sinchè l'idioma italiano
-vive e dura, essa è divenuta nella letteratura immortale e
-monumentale. Ed anche Lucrezia ha trovato in quel poema
-<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span>
-il suo posto d'onore. Ma per bello che questo sia, pure
-è certo, che l'Ariosto le avrebbe offerto omaggi più
-caldi e più frequenti, ov'ella lo avesse incoraggiato, mostrandogli
-una premura realmente entusiastica.
-</p>
-
-<p>
-Le relazioni di Lucrezia col marito, non fondate sull'amore
-e non mai spinte sino alla passione, sembrano
-nondimeno essersi via via fatte sempre più intime e cordiali.
-Nell'aprile 1514 gli aveva partorito un terzo figliuolo,
-Alessandro, che morì all'età di due anni. Il 4 luglio 1515
-diede alla luce una bambina, Leonora; e il primo novembre
-1516 un altro bambino, Francesco. Alfonso era contento
-di vedersi padre di figliuoli, che erano suoi eredi legittimi.
-Egli s'abbandonò alle gioie domestiche; ma gli era
-di soddisfazione l'osservare la stima, anzi l'ammirazione,
-onde la moglie era circondata. Se gli omaggi erano per lo
-innanzi tributati alla sua giovanile bellezza, ora invece venivano
-offerti alle virtù sue. La donna, che una volta fu
-la più ingiuriata del tempo suo, prendeva ora il suo posto
-nel tempio d'onore delle donne. Il Caviceo poteva insino
-osar di adulare la festeggiata Isabella Gonzaga con questo
-giudizio, che egli l'esaltava abbastanza, dicendole che si
-approssimava alla perfezione di Lucrezia. Il passato parve
-così morto nella memoria degli uomini, che lo stesso nome
-Borgia non era pronunziato che a titolo d'onore.
-</p>
-
-<p>
-Nel 1517 Lucrezia ebbe di nuovo a rammentarsi della
-vita sua in Roma. Alla corte apparve una figura di quel
-tempo, che s'era già dileguata. Era Giovanni Borgia, il
-misterioso <i>Infante romano</i>, una volta duca di Nepi e Camerino,
-e compagno di sventura di Rodrigo, il figliuolo di
-Lucrezia. Giovane di 19 a 20 anni, egli, a quanto pare,
-andava da Napoli in Romagna, ove fece naufragio. Il suo
-bagaglio, di cui s'era nell'occasione impossessata la Comunità
-di Pesaro, fu richiesto il 2 dicembre da un ambasciatore
-di Lucrezia; e nell'atto Giovanni Borgia vien
-<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span>
-chiamato <i>fratello</i> di lei. Da altri documenti apparisce, che
-nel gennaio 1518 egli viveva alla corte di sua sorella.<a class="tag" id="tag270" href="#note270">[270]</a> Si
-vede che Alfonso non aveva impedito alla moglie di accogliere
-questo prossimo parente. Sembra anzi che l'anno
-stesso Giovanni l'accompagnasse in Francia, ov'egli, il
-duca, lo presentò al re Francesco I, successo sul trono
-il 1515 al suocero Luigi XII.
-</p>
-
-<p>
-Dappoi l'<i>Infante romano</i> scompare di nuovo, sino all'anno
-1530, in cui riapparisce in Roma qual pretendente
-al Ducato di Camerino. L'ultimo de' Varano, Giammaria,
-caduto Cesare, era colà tornato; e Giulio II lo aveva riconosciuto
-vassallo della Chiesa. Leon X nell'aprile 1515
-lo fece duca di Camerino, e lo unì in matrimonio con
-la propria nipote, la bella Caterina Cibo. Giammaria morì
-nell'agosto 1527, lasciando unica erede la figlia Giulia
-ancora minore. Un bastardo della casa Varano, con le
-armi alla mano, mise innanzi pretensioni su Camerino;
-ma, mentre la lite pendeva tuttora, ne pose in campo pure
-Giovanni Borgia, antico e primo duca di quel paese. In un
-voluminoso documento del 29 giugno 1530, che contiene
-tutto il processo, Giovanni non è designato solo come <i>Domicellus
-Romanus principalis</i>, ma si chiama egli stesso <i>Oratore
-del Papa</i>. Di qui risulta che il bastardo di Alessandro VI
-viveva allora in Roma come persona di alta condizione, ed
-era anche al servizio del Papa. La Rota Romana decise contro
-Giovanni e lo condannò alle spese del giudizio. Con un
-Breve del 7 giugno 1532, Clemente VII gli proibì di molestare
-con altre pretensioni Giulia Varano e la madre di
-lei. Da quel tempo in poi le sorti di questo Borgia sono
-ignote.<a class="tag" id="tag271" href="#note271">[271]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span>
-</p>
-
-<h3>XI.</h3>
-
-<p>
-Lo stesso anno, in cui l'ultimo figlio del padre apparve
-alla corte sua, Lucrezia perdette anche la madre.
-Al tempo della morte di Alessandro VI, Vannozza era già
-divenuta vedova. In quella congiuntura, anzi durante ancora
-la malattia del Papa, ella si pose sotto la protezione della
-gente d'arme di suo figlio Cesare. Per tal guisa potette
-forse giungere sino al letto di costui, che giaceva similmente
-malato. Da documenti si ricava che Vannozza, immediatamente
-dopo la morte di Alessandro e nella sede
-vacante, abitò il palazzo del cardinale di San Clemente
-in Borgo. E quando Cesare dovette andarsene a Nepi, ella
-lo accompagnò e con lui fece ritorno a Roma dopo la elezione
-del Piccolomini.
-</p>
-
-<p>
-Non seguì i suoi figliuoli in Napoli: restò in Roma.
-Dappoichè il Della Rovere era Papa, le condizioni della città
-eran tornate allo stato normale. I partigiani de' Borgia temevano,
-certamente, di vedersi intentar contro processi. Il 6
-marzo 1504 fu di fatto condannato a morte un cameriere dell'avvelenato
-cardinale di Sant'Angelo; il quale ad alta voce
-affermò aver commesso il misfatto per comando espresso
-di Alessandro e Cesare.<a class="tag" id="tag272" href="#note272">[272]</a> I cardinali Romolini e Lodovico
-<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span>
-Borgia fuggirono allora a Napoli. Don Micheletto, l'esecutore
-de' delitti di sangue per conto di Cesare, giaceva nelle
-prigioni di Castel Sant'Angelo. L'ambasciatore veneto informava
-la Repubblica nel 1504, che Micheletto era sottoposto
-ad un interrogatorio per scoprire come fosse occorsa
-la morte di parecchie persone, soprattutto del duca
-di Gandia, di Varano di Camerino, di Astorre e Ottaviano
-Manfredi, del duca di Bisceglie, del giovane Bernardino
-di Sermoneta, del vescovo di Cagli, e di molti altri
-infelici.
-</p>
-
-<p>
-Quando Cesare fu lontano, Vannozza potè sempre
-contare sulla protezione di amici potenti, segnatamente i
-Farnesi e i Cesarini, e di parecchi cardinali. Temeva però
-veder confiscati i beni suoi, non tutti, per verità, acquisiti
-a giusto titolo. Su' primi del 1504 Lodovico Mattei le
-intentò un processo. L'accusava di avere, mentre Cesare
-faceva guerra agli Orsini e mediante i mercenarii di lui,
-rubato violentemente 1160 pecore; il qual gregge Maria
-d'Aragona, moglie di Giovan Giordano Orsini, aveva mandato
-su' campi del Mattei per metterlo al sicuro. Vannozza
-fu condannata al rifacimento de' danni.<a class="tag" id="tag274" href="#note274">[274]</a>
-</p>
-
-<p>
-Ella cercava in tutti i modi di salvare il suo avere e
-<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span>
-la sua fortuna. Il 4 dicembre 1503 fece una donazione alla
-chiesa di Santa Maria del Popolo, legando alla sua Cappella
-gentilizia le case che possedeva sulla piazza Pizzo di
-Merlo, riservandosene l'usufrutto vita durante. E gli Agostiniani
-dalla parte loro si obbligarono di dire una messa
-funebre il 24 marzo per Carlo Canale, un'altra il 13 ottobre
-per Giorgio de Croce, e una terza nel giorno della
-morte di lei. In quest'istrumento Vannozza si dice vedova
-di Carlo Canale da Mantova, scrittore e soldano apostolico
-del defunto Alessandro VI, e nomina Giorgio de Croce suo
-primo marito. L'atto fu stipulato nel Borgo di San Pietro
-nell'abitazione di Agapito d'Amelia.<a class="tag" id="tag275" href="#note275">[275]</a> Di qui si ricava
-che alla fine del dicembre Vannozza viveva ancora in Borgo
-e sotto la protezione di colui, che era stato per anni cancelliere
-di suo figlio; mentre Cesare stesso era prigioniero
-nella Torre Borgia in Vaticano. Solo, dopo che questi il
-16 febbraio 1504 ebbe abbandonato Roma per sempre,
-ella forse uscì dal Borgo Vaticano.
-</p>
-
-<p>
-Già il primo aprile 1504 è indicata, come sua abitazione,
-una casa sulla piazza de' Santi Apostoli nella regione
-Trevi, vale a dire, nella cerchia ove i Colonna erano potenti;
-i Colonna, che avevano il meno sofferto per opera
-di Cesare, e che in forza di contratto stipulato con lui
-n'ebbero alla morte di Alessandro restituiti i beni loro.
-Altre case, di proprietà sua, Vannozza aveva vendute al
-romano Giuliano de Lenis; ma il primo aprile 1504 questi
-annullò la vendita simulata, con l'espressa dichiarazione
-di aver quella avuto luogo solo per tema di atti di prepotenza
-alla morte di Alessandro.<a class="tag" id="tag276" href="#note276">[276]</a>
-</p>
-
-<p>
-Cessata ogni ragion di timore, Vannozza andò ad abitar
-di nuovo la sua antica casa in Piazza Branca. Difatti in
-un istrumento del novembre 1512 vien chiamata «Donna
-<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span>
-Vannozza de Cataneis della Regione Regola;» e appunto in
-questa era posta la casa. Trattavasi di una lite mossale dall'orafo
-di quella regione stessa, Nardo Antonazzi.
-</p>
-
-<p>
-L'artefice richiedeva il pagamento di una croce d'argento
-da lui fatta per Vannozza nel 1500. L'accusava di
-essersi, senz'altro, appropriata quel lavoro; la qual cosa,
-com'ei diceva, erasi permessa «in quel tempo, in cui il
-duca Valentino dominava su tutta la città e quasi sull'Italia
-intera.» Non tutti gli atti di tal processo esistono; ma
-da deposizioni di testimoni della parte accusata risulta che
-questa fu in grado di provare di essere stata calunniata.<a class="tag" id="tag277" href="#note277">[277]</a>
-</p>
-
-<p>
-Vannozza era stata investita da Alessandro VI, se non
-del Castello Bleda presso Viterbo, di molti diritti sullo
-stesso. Il 6 luglio 1513 inoltrò istanza presso il Cardinal
-Vicario, Raffaele Riario, contro la comunità di quel castello
-pel pagamento di carte somme. Questo documento
-su pergamena è concepito in termini ampollosi, e rivolto a
-tutte le autorità immaginabili del mondo.<a class="tag" id="tag278" href="#note278">[278]</a>
-</p>
-
-<p>
-Vannozza potette ancora sotto tre successori di Alessandro
-VI assistere alla vicenda delle cose in Vaticano, ove
-il posto de' figliuoli suoi, una volta onnipotenti, fu occupato
-successivamente da' Della Rovere e da' Medici. Vide il
-Papato sollevarsi a grande potenza mondana, ed ella stessa
-ebbe coscienza che, senza le geste di Alessandro e di Cesare,
-la cosa non sarebbe stata possibile. Se scorse di
-lontano il potente Giulio II, forse nel punto in cui, conquistata
-Bologna, fece con sfarzo degno di un imperatore
-il suo ingresso trionfale in Roma, è molto verosimile che
-quella donna sperduta nella gran folla andasse con amara
-ironia a se stessa ripetendo, che suo figlio Cesare aveva
-una parte in quel trionfo, anzi era egli che aveva aiutato
-Giulio II a giungere al Papato. Con soddisfazione aveva
-<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span>
-potuto apprendere le lodi, con le quali quel Papa riconosceva
-l'importanza del figliuolo, allorchè scriveva a' Fiorentini
-nel novembre 1503, ch'egli circondava di paterno
-amore il duca di Romagna «per le preclare virtù e pe' meriti
-gloriosi di lui.» Forse potè anche prender cognizione
-del <i>Principe</i> del Machiavelli, nel quale il geniale statista
-faceva del figliuolo di lei l'ideale di un reggitore.
-</p>
-
-<p>
-Tuttochè la potenza dei Borgia fosse scaduta, e i figli
-suoi fossero morti o lontani; pure, sinchè Vannozza visse,
-la città portò sempre l'impronta della grandezza di quelli.
-Appunto per questo passato ella divenne uno degli esseri più
-notevoli, del quale ogni uomo era bramoso di far conoscenza.
-E se è lecito qui un paragone di relazioni diverse
-per proporzioni, ma identiche per destino e significato,
-può dirsi che la condizione di Vannozza fu allora in Roma
-pari a quella che vi tenne madama Letizia Ramolini dopo
-la caduta del suo potentissimo figliuolo.
-</p>
-
-<p>
-Con orgoglio fissava lo sguardo suo sulla figlia Lucrezia,
-la duchessa di Ferrara, <i>la plus triomphante princesse</i>,
-come la chiamò il biografo del Bayard. Di vederla però
-non le fu più concesso, non avendo ella ardito di andare
-alla corte di Ferrara; ma intrattenne con lei carteggio
-epistolare. Nell'Archivio di casa d'Este sono nove lettere di
-Vannozza degli anni 1515, 1516 e 1517, delle quali sette
-sono dirette al cardinale Ippolito, e due a Lucrezia. Esse
-riguardano tutte interessi o domande di carattere pratico e
-privato.
-</p>
-
-<p>
-Le disposizioni d'animo ed anche lo stato della Vannozza
-appariscono dal modo di firmarsi in tali lettere:
-«La felice ed infelice Vannozza Borgia de Cathaneis;»
-ovvero: «Vostra felice e infelice madre Vannozza Borgia.»
-Il nome di famiglia se l'era appropriato anch'essa non
-nelle relazioni ufficiali, ma nelle private.
-</p>
-
-<p>
-L'ultima lettera a Lucrezia del 19 dicembre 1515 si
-<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span>
-riferisce all'antico segretario di suo figlio Cesare, Agapito
-d'Amelia, e dice così:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissima Signora, salute e raccomandazione. — Vostra
-Eccellenza deve ben ricordarsi la servitù della buona
-memoria di messer Agapito d'Amelia verso il già duca
-nostro, e l'amore ed affezione sempre porti a noi in ispecie.
-Per il che non in minima cosa soltanto, ma in ogni
-altra di qualunque sorta fosse meritano i suoi di essere
-aiutati e favoriti. Ora prima di morire egli rinunziò in
-favore de' nipoti suoi tutti i beneficii a Giambattista Dell'Aquila;
-tra i quali alcuni di poca valuta nell'Arcivescovado
-di Capua. Il defunto fece questo a maggior vantaggio
-dei nipoti, non potendo pensar mai che costoro sarebbero
-molestati dal reverendissimo cardinale arcivescovo. Se ora
-Vostra Eccellenza vuol farmi cosa grata, la prego si degni
-per tutti gli anzidetti rispetti di favorire gl'indicati nipoti
-presso Sua Eminenza. A pieno, come di bisogno, sarà Vostra
-Eccellenza informata dal latore della presente, Nicola,
-anch'egli nipote del detto Agapito. E si tenga forte l'Eccellenza
-Vostra, alla quale anch'io mi raccomando — Roma,
-il 19 dicembre 1515.»
-</p>
-
-<p>
-«Postscripta. Vostra Eccellenza farà in questo affare
-come meglio crederà, essendomi stato forza lo scrivere.
-Epperò si faccia solo quello che torni ad onore di Monsignore;
-e quanto alla presente darà risposta qual meglio le
-pare. — Di vostra Eccellenza Illustrissima perpetua oratrice
-Vannozza.»<a class="tag" id="tag279" href="#note279">[279]</a>
-</p>
-
-<p>
-Si vede che Vannozza faceva onore alla scuola diplomatica
-de' Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Agapito, autore di tante scritture di Cesare, era, come
-dalla lettera apparisce, rimasto irremovibilmente fedele ai
-Borgia, e morto a Roma. Sicuramente Vannozza aveva visto
-altri antichi amici, adulatori e parassiti della casa venir
-<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span>
-meno e voltarsi altrove. Pure alcuni, e anche persone ragguardevoli,
-dovettero rimanerle devoti. Già, come madre
-della duchessa di Ferrara, godeva sempre di una certa influenza.
-E poi viveva in condizioni facoltose, qual signora
-rispettabile, chiamata la <i>magnifica e nobile Madonna Vannozza</i>.
-Mantenne pure relazioni con alcuni cardinali, spagnuoli
-e parenti di Alessandro VI o creature di quest'ultimo;
-ma sopravvisse alla più parte di loro. De' cardinali
-Borgia, i due Giovanni erano già morti negli anni 1500
-e 1503; Francesco e Lodovico morirono nel 1511 e 1512.
-Nel 1510 era anche morto il cardinale Giuliano Cesarini.
-In realtà Vannozza vide morir tutti i favoriti e le creature
-di Alessandro nel Collegio cardinalizio, ad eccezione del
-Farnese, di Adriano Castellesi e dell'Albret, cognato di
-Cesare.
-</p>
-
-<p>
-Ella si procacciò novelli amici, mercè quella specie di
-pietà devota, solita trasformazione di tutti i tempi nella
-vita delle peccatrici invecchiate. Divenne una bacchettona
-tutta premurosa e sollecita di sante pratiche. Bazzicava frequentissima
-in chiesa e col confessionale, e la si vedeva
-famigliare ed intima con istituzioni pie e con ospedali.
-Così trasformata ebbe a conoscerla Paolo Giovio, e la
-chiamò <i>donna dabbene</i>. Ove avesse vissuto ancora un decennio,
-è molto probabile che sarebbe anche venuta in
-odore di santità. Fece molte fondazioni di beneficenza per
-gli ospedali di San Salvatore al Laterano, di Santa Maria
-in Portico e della Consolazione, per la Confraternita dell'Annunziata
-alla Minerva e per San Lorenzo in Damaso,
-come risulta dal suo testamento del 15 gennaio 1517.<a class="tag" id="tag280" href="#note280">[280]</a>
-</p>
-
-<p>
-Per lungo tempo furon lette negli ospedali di Laterano
-e della Consolazione iscrizioni commemorative delle
-fondazioni di lei e dell'obbligo insieme di dir messe in
-<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span>
-eterno, ne' giorni della morte de' suoi due mariti e di lei
-stessa.
-</p>
-
-<p>
-Vannozza morì in Roma il 26 novembre 1518. La
-morte sua non passò inosservata, come lo mostra questa
-lettera di un Veneto:
-</p>
-
-<p>
-«Avantieri morì madonna Vannozza, una volta amica
-di papa Alessandro e madre del duca Valentino e della
-duchessa di Ferrara. In quella notte mi trovai in luogo,
-donde mi fu dato intendere il grido per la morte, secondo
-il costume romano, con queste formali parole: — Messer
-Paolo fa la parte, perchè è morta madonna Vannozza, la
-madre del duca di Gandia; la trapassata appartiene alla
-Confraternita del Gonfalone. — Ieri fu sotterrata in Santa
-Maria del Popolo, ove fu portata con ogni pompa, quasi
-come un cardinale. Aveva 66 anni. Ha legato tutta la sua
-fortuna, che non era piccola, a San Giovanni in Laterano.
-A' funerali assistevano i camerieri del Papa, cosa non solita
-in altri casi.»<a class="tag" id="tag281" href="#note281">[281]</a>
-</p>
-
-<p>
-Marcantonio Altieri, uno degli uomini più ragguardevoli
-di Roma, lasciò di lei una specie di elogio funebre.
-Egli era guardiano della Confraternita del Gonfalone ad
-<i>Sancta Sanctorum</i>; e, in tal qualità, fece nel 1525 l'inventario
-de' beni del sodalizio. Nel manoscritto, conservato
-nell'Archivio della Confraternita, l'Altieri disse:
-</p>
-
-<p>
-«Noi non possiamo nemmeno dimenticare le amorevoli
-fondazioni, fatte dalla molto stimabile ed onorevole
-donna, madonna Vannozza di casa Catanei, avventurosa
-madre d'illustrissimi signori, del signor duca di Gandia,
-del signor duca Valentino, del principe di Squillace e di
-madonna Lucrezia duchessa di Ferrara. Volendo essa dotare
-la Confraternita di beni terreni, le lasciò molti gioielli
-di non piccolo valore e v'aggiunse altri soccorsi, pei quali
-la Confraternita, pochi anni dopo, potè liberarsi da alcune
-<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span>
-obbligazioni e soprattutto per mediazione de' gentiluomini
-messer Mariano Castellano e del mio carissimo messer Raffaele
-Casali, che furono non molto addietro guardiani.
-Ella fece specialmente un accordo col distinto e celebre
-orafo Caradosso, pel quale, dandogli 2000 ducati, costui
-doveva con le sue peregrine opere d'arte rispondere al
-desiderio di quella nobilissima e onorandissima donna.
-Quindi per fare ornamenti e poterli completare, ella ci lasciò
-tanta proprietà da ricavarne per sempre l'annuo reddito
-di 400 ducati, co' quali alimentiamo il numero pur
-troppo grande dei poveri e dei bambini. Per gratitudine
-verso cosiffatti sentimenti suoi tanto devoti e pii e pe' soccorsi
-così abbondanti ed amorevoli in pro dei bisognosi,
-la nostra onorevole Confraternita decise all'unanimità
-e molto volontieri non solo di solennizzare le esequie di
-lei con ogni splendidezza di onori e di pompa, ma anche
-di ricordarne la memoria con magnifico e grandioso monumento.
-Quindi per pubblica acclamazione fu anche presa
-la risoluzione di festeggiarne, d'allora in poi, il giorno
-dell'esequie, in Santa Maria del Popolo, ove quella fu
-sotterrata, con messe e cerimonie, con concorso di gente,
-con molti ceri e torce e con ogni devozione; e ciò non
-solo per raccomandare a Dio la salute dell'anima sua, ma
-anche per mostrare al mondo che noi abbiamo in odio e
-in abominazione l'ingratitudine.»
-</p>
-
-<p>
-Esser portata al sepolcro con sfarzosa solennità era
-stato l'orgoglio di quella donna. Il giorno dell'esequie
-tutta Roma dovette parlar di lei, dell'amante di Alessandro
-VI e della madre di figliuoli cotanto famosi. Leon X, facendovi
-intervenire la Corte, diede ai funerali carattere
-pubblico, anzi con tale distinzione riconobbe officialmente
-Vannozza qual vedova di Alessandro, o almeno qual madre
-della duchessa di Ferrara. Del resto, tutta la città vi fu
-rappresentata, mentre alla Confraternita del Gonfalone appartenevano
-<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span>
-i membri più ragguardevoli della nobiltà e
-della borghesia di Roma. Vannozza fu deposta in Santa
-Maria del Popolo nella sua Cappella gentilizia, accanto al
-suo infelice figlio Don Juan di Gandia. Non si sa se le sia
-stato eretto un sarcofago di marmo, ma l'esecutore testamentario
-pose sulla tomba queste superbe parole:
-</p>
-
-<p>
-«A Vannozza Catanea, nobilitata dai figliuoli suoi, i
-duchi Cesare di Valenza, Juan di Gandia, Jofred di Squillace
-e Lucrezia di Ferrara; alla donna altamente illustre
-al tempo stesso per l'onestà, la pietà, l'età e la saggezza
-sua, e tanto benemerita dell'Ospedale lateranense, pose
-Jeronimo Pico, fidecommissario ed esecutore testamentario.
-Visse anni 77, mesi 4, giorni 13. Morì nell'anno 1518 il
-26 novembre.»
-</p>
-
-<p>
-Sicuramente Vannozza se n'andò via da questo mondo
-nella fermissima credenza di aver con oro ed argento e con
-pie istituzioni lavate le colpe e i peccati suoi, e d'essersi compro
-il regno de' cieli. Non aveva forse potuto comprarsi la
-pompa funeraria e una menzogna sulla pietra del sepolcro?
-Per più di 200 anni i frati di Santa Maria del Popolo cantaron
-messe in requie dell'anima sua, sino a che l'Autorità
-ecclesiastica non gli fece smettere, meno forse pensando
-che l'anima di quella donna n'avesse già abbastanza, e più
-per una coscienza critica e storica, che cominciava a levare
-il capo. Più tardi un sentimento di odio e a un tempo di
-vergogna ha fatto sparire ogni traccia di quella pietra sepolcrale.
-</p>
-
-<h3>XII.</h3>
-
-<p>
-Le condizioni dello Stato di Ferrara s'erano fatte di
-nuovo difficili assai. Leon X aveva preso a seguitare le
-orme di Alessandro VI. Anch'egli cercava raccozzare un
-regno pel nipote Lorenzo de' Medici. Già nel 1516 lo aveva
-<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span>
-creato duca d'Urbino, dopo aver con la forza delle armi
-scacciato di colà il legittimo erede di Guidobaldo. Francesco
-Maria Della Rovere, la moglie, la madre sua adottiva Elisabetta
-trovavansi in Mantova, in quell'asilo di tutti i principi
-fuggiaschi. Leone ardeva dal desiderio di scacciare anche
-gli Este da Ferrara. Solo la protezione di Francia guarentiva
-Alfonso da una guerra col Papa. Visto che quest'ultimo,
-in disprezzo del trattato, non consegnava le città di
-Modena e Reggio, il duca andò nel novembre 1518 alla
-Corte di Francesco I per raccomandargli le faccende sue.
-Tornò a Ferrara nel febbraio 1519. Apprese quivi la morte
-del cognato, il marchese Francesco Gonzaga di Mantova,
-seguita il 20 del mese stesso. Lucrezia scrisse l'ultimo di
-marzo alla vedova Isabella nel modo che segue:
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissima Signora, cognata onoratissima. — L'acerbità
-del caso della morte dell'illustrissimo consorte dell'Eccellenza
-Vostra, di buona memoria, m'è stata per infiniti
-rispetti di tanta mestizia e dolore, che avrei io bisogno di
-esser consolata più di quel che possa consolare altrui, soprattutto
-l'Eccellenza Vostra, ch'è pur quella che per la
-troppo grande perdita ha dovuto sentire gravissimo affanno.
-Io dunque mi rattristo e dolgo con Vostra Eccellenza per
-questo disgraziato caso, che non potrei mai esprimere
-quanto mi gravi e prema. Ma poichè non v'è oramai riparo
-ed è così piaciuto al Signor Nostro, uopo è conformarsi alla
-volontà sua. E per tanto prego e conforto Vostra Eccellenza
-a voler tollerare questo caso con fermezza e come alla saviezza
-sua si conviene. E son certa che ella saprà farlo.
-Null'altro le dirò per ora, se non che me le raccomando
-e offro per sempre. — Ferrara, l'ultimo di marzo 1519. Cognata
-Lucrezia duchessa di Ferrara.»<a class="tag" id="tag282" href="#note282">[282]</a>
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span>
-</p>
-
-<p>
-Successore del marchese fu il primogenito Federigo.
-Nel 1530 l'imperatore Carlo V lo fece primo duca di Mantova.
-Un anno dopo s'unì in matrimonio con Margherita di
-Monferrato. Era questi quel Federigo stesso destinato tempo
-innanzi a diventare marito di Luisa, la figliuola di Cesare.
-La celebre Isabella madre sua visse vedova sino al 13 febbraio
-1539.
-</p>
-
-<p>
-Alfonso aveva trovato al ritorno sua moglie in condizioni
-di salute molto travagliose. Ella s'approssimava allo
-sgravo. Il 14 giugno 1519 partorì una bambina morta. Prevedendo
-la sua fine, scrisse in capo a otto giorni una lettera
-a papa Leone. È l'ultima; e, concepita sotto l'impressione
-di una prossima morte, è profondamente sentita.
-Leggendo questo suo addio alla vita, si guarda nel fondo
-dell'anima sua, attraverso la quale passavano per l'ultima
-volta ancora le rimembranze del passato, quando già il terrore
-e gli erramenti di quel tempo non giungevano più a
-turbarla.
-</p>
-
-<p>
-«Santissimo Padre e Beatissimo signor mio. — Con
-ogni possibile reverenza d'animo bacio i santi piedi di
-Vostra Beatitudine, e umilmente mi raccomando alla sua
-santa grazia. Dopo che per una difficile gravidanza ebbi
-molto sofferto per più di due mesi, partorii, come a Dio
-piacque, il 14 di questo mese, sul far del giorno, una bambina;
-e speravo, liberatami col parto, che anche il mio male
-si dovesse alleviare. Ma è successo il contrario; sicchè m'è
-forza cedere alla natura. E tanto è il dono che il nostro
-Creatore clementissimo m'ha fatto, che ho coscienza della
-fine della mia vita, e sento che fra poche ore, avendo però
-prima ricevuti tutti i Santi Sacramenti della Chiesa, ne
-sarò fuori. In questo punto come cristiana, benchè peccatrice,
-mi son ricordata di supplicare Vostra Beatitudine che
-per sua benignità si degni darmi del tesoro spirituale qualche
-suffragio, dispensando all'anima mia la sua santa benedizione.
-<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span>
-Di che la prego devotamente. E alla sua santa
-grazia raccomando il mio consorte e i miei figliuoli, tutti
-servitori di Vostra Beatitudine. — In Ferrara, il 22 febbraio
-1519, nella 14<sup>ma</sup> ora. Di Vostra Santità umilissima
-serva Lucrezia d'Este.»<a class="tag" id="tag283" href="#note283">[283]</a>
-</p>
-
-<p>
-La lettera è scritta con animo così sereno e dignitoso,
-e libero tanto da qualsiasi sovreccitazione di sentimento,
-ch'è lecito dimandarsi, se avrebbe potuto scriverla, sul letto
-di morte, una donna, la cui coscienza fosse effettivamente
-sotto il peso di quell'enormezze, ond'è stata accusata la
-figliuola di Alessandro.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia morì il 24 giugno, nella notte, in presenza
-di Alfonso. La morte fu immediatamente annunziata dal
-duca con lettera autografa al nipote Federigo Gonzaga.
-</p>
-
-<p>
-«Illustrissimo Signore, onorandissimo fratello e nipote. — A
-Dio, Signor Nostro, è piaciuto di chiamare a sè
-in quest'ora l'anima dell'Illustrissima Signora Duchessa,
-mia consorte carissima. Non posso fare di non comunicarla
-a Vostra Eccellenza per l'amore nostro mutuo, il quale mi
-fa credere che i piaceri e le avversità dell'uno siano anche
-dell'altro. Non posso scriver questo senza lacrime, tanto
-m'è grave vedermi privo di sì dolce e cara compagna, poichè
-tale ella era per me, per i buoni costumi suoi e il tenero
-amore che era fra noi. Per sì acerbo caso vorrei ben
-domandare aiuto di consolazione da Vostra Eccellenza. Ma
-so che anch'ella n'avrà la parte sua di dolore. E a me sarà
-più caro avere chi a me s'accompagni col pianto che chi
-mi consoli. E alla Signoria Vostra mi raccomando. — Ferrara,
-24 giugno 1519, ora quinta della notte. Alfonso
-duca di Ferrara.»<a class="tag" id="tag284" href="#note284">[284]</a>
-</p>
-
-<p>
-Il marchese Federigo mandò suo zio Giovanni Gonzaga
-<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span>
-a Ferrara; e di lì questi scrisse: «Non si maravigli Vostra
-Eccellenza, se dico partir domani di qua, perciocchè le esequie
-non si fanno, ma solamente nelle parrocchie son detti
-gli ufficii. È vero però che il signor duca accompagnò
-personalmente alla sepoltura l'illustrissima sua consorte.
-Questa è stata sotterrata al Monastero delle Suore del Corpo
-di Cristo, nella sepoltura medesima ove fu deposta la madre
-del duca. A tutta la città è rincresciuto molto della
-morte di lei, soprattutto al duca stesso. Egli dimostra veramente
-averne avuto singolare cordoglio. Qui si dicono
-cose grandi della vita sua, e che da forse dieci anni la portava
-il cilizio; è circa due anni che ogni giorno la si confessava,
-e comunicavasi da tre a quattro volte il mese. E
-di nuovo mi raccomando continuamente alla buona grazia
-di Vostra Eccellenza. — Ferrara, 28 giugno 1519. Giovanni
-de Gonzaga marchese.<a class="tag" id="tag285" href="#note285">[285]</a>
-</p>
-
-<p>
-Le tombe di Lucrezia, d'Alfonso e di molti altri membri
-della casa d'Este in Ferrara sono scomparse. Indarno
-cerchi colà o a Modena il ritratto della famosa donna. Neppur
-uno n'è rimasto; e nondimeno è certo che pittori di grido
-la ritrassero. Ed in Ferrara non era difetto di pittori: v'era il
-Dossi, il Garofalo, il Cosma ed altri. Anche il Tiziano avrà
-dipinto la bella duchessa. Il ritratto da lui fatto d'Isabella
-d'Este Gonzaga, l'emula, quanto a bellezza, della Lucrezia,
-si conserva nella Galleria Belvedere a Vienna. È un'avvenente
-figura di donna d'un bello ovale e dalle linee molto corrette,
-dagl'occhi bruni e dall'espressione di femminile dolcezza.
-Manca un ritratto di Lucrezia per mano dello stesso
-maestro; mentre quello della Galleria Doria attribuito a lui
-o da altri a Paolo Veronese, tuttochè questo artista non sia
-<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span>
-nato che il 1528, è una delle tante invenzioni solite a incontrarsi
-nelle gallerie. Così pure nella Galleria stessa v'è
-una figura di grandezza naturale di donna dalle forme di
-amazzone con elmo in mano, che si attribuisce a Dosso
-Dossi; e s'è affermato senza tanti discorsi essere il ritratto
-della Vannozza.
-</p>
-
-<p>
-Ad alquanta verosimiglianza potrebbe piuttosto pretendere
-un ritratto ad olio, proprietà di monsignor Antonelli,
-direttore del Gabinetto numismatico di Ferrara, non perchè
-porti in caratteri alquanto antichi il nome di Lucrezia
-Borgia, ma perchè alcuni lineamenti sembrano rassomigliare
-a quelli del medaglione. Ad ogni modo, questo non
-è ritratto autentico, come non sono tampoco i due su maiolica
-posseduti dall'inglese Rawdon Brown in Venezia;
-lavori, secondo l'ipotesi di costui, di Alfonso stesso, dilettante
-di pittura delle maioliche. Quando anche tale opinione
-potesse esser fondata, il che non è, simili ritratti puramente
-decorativi appena offrirebbero qualche somiglianza.
-</p>
-
-<p>
-Altri ritratti certi di Lucrezia Borgia non vi sono,
-tranne quelli nella medaglia, impressa nel periodo della
-sua vita in Ferrara. Uno è in fronte di questo libro: è il più
-perfetto di tutti, e può dirsi anche ch'è una delle più
-notevoli impronte della Rinascenza. Pare ne sia stato autore
-Filippino Lippi nell'anno 1502, dopo il matrimonio di
-Lucrezia con Alfonso. Il rovescio porta un'immagine caratteristica
-non solo pel tempo, ma per Lucrezia stessa:
-Amore con le ali mezzo strappate, legato ad un lauro;
-accanto un violino, e più sotto carte di musica; la faretra
-dell'amoroso Iddio infranta pende a un ramo dell'albero;
-e l'arco per terra con la corda spezzata. Intorno l'iscrizione:
-<i>Virtuti Ac Formae Pudicitia Praeciosissimum</i>. Con
-tali simboli l'artista volle forse significare che il tempo
-de' liberi ludi amorosi eran passati, e con l'albero d'alloro
-alluse forse alla gloriosa casa degli Este. Se codesta
-<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span>
-allegoria, alquanto ardita, poteva nulladimeno convenire
-per una sposa qualunque, per Lucrezia Borgia poi fu davvero
-la più appropriata che potesse immaginarsi.<a class="tag" id="tag286" href="#note286">[286]</a>
-</p>
-
-<p>
-Guardando quella testa attraente, da' lunghi capelli
-disciolti, un senso di maraviglia t'assale. Niun contrasto
-maggiore di quello che passa tra l'immagine reale e l'immagine
-che ciascuno si sarà fatta di Lucrezia Borgia, secondo
-la rappresentazione tradizionale del carattere di lei.
-Quell'effigie presenta un aspetto d'infantile candore, di
-una espressione singolare, senza linee classiche nel profilo.
-Bello non si direbbe nemmanco. Diceva il vero la
-marchesana di Cotrone, scrivendo a Francesco Gonzaga,
-che Lucrezia non aveva nulla di particolarmente bello, ma
-ciò che si chiama <i>dolce ciera</i>. La testa di lei ha punta o
-poca somiglianza con quella del padre, quale le migliori
-medaglie lo raffigurano; meno forse nel naso fortemente
-profilato. La linea frontale di Lucrezia è prominente, mentre
-in Alessandro VI è depressa; e il mento scende in
-quella alquanto indietro, in questo invece sta con la bocca
-sulla stessa linea.
-</p>
-
-<p>
-Un'altra medaglia non rappresenta Lucrezia co' capelli
-disciolti, ma col capo avvolto da una rete e dalla
-lenza, un nastro ornato di pietre preziose o di perle. La
-chioma copre l'orecchio; e quindi dalle spalle in giù una
-lunga treccia, proprio nella forma allora in uso, come può,
-<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span>
-ad esempio, vedersi in una bella medaglia di Elisabetta
-Gonzaga d'Urbino.<a class="tag" id="tag287" href="#note287">[287]</a>
-</p>
-
-<p>
-I documenti, che hanno fornito i materiali a questo
-libro, pongono ogni lettore in grado di formarsi un giudizio
-su Lucrezia Borgia. Questo sarà forse approssimativamente
-giusto o per lo meno più giusto di quello omai trasmesso
-e per tradizione accettato. Gli uomini del passato
-sono problemi pe' giudici loro. Se giudicando di contemporanei
-a noi conosciuti, diamo ne' più madornali errori,
-quanto più non siamo esposti ad errare appena che vogliamo
-comprendere la natura di uomini, che ci stanno dinanzi
-solo come ombre. Tutte le condizioni personali alla loro
-vita e tutto l'intreccio delle circostanze di luogo, di tempo,
-di persone, nel cui mezzo s'andaron formando, e i più
-intimi secreti dell'esser loro giacciono lì, qual serie di
-fatti tutti scissi e divisi; e da questi frammenti uopo è per
-noi ricostruire un carattere. Per chi guardi alla legge di
-causalità, la storia è la giustizia del mondo. Ma non di
-rado la storia scritta è per sè il più ignorante de' tribunali.
-Molti caratteri storici vedrebbero ne' ritratti loro fatti ne' libri
-come tante caricature, e di cuore riderebbero del giudizio
-sul conto loro portato.
-</p>
-
-<p>
-Lucrezia Borgia forse consentirebbe con chi attenendosi
-a' documenti del tempo osasse affermare, ch'ella fu
-donna leggiera, amabile e infelice insieme. L'infelicità
-sua in vita furono gli avversi casi da lei in parte immeritati;
-e, dopo morte, l'opinione che s'andò formando intorno
-il suo carattere. Il marchio d'infamia sulla sua fronte
-impresso seppe ella stessa, come duchessa di Ferrara,
-cancellare; ma apparve di nuovo, poichè fu morta. E come
-presto riapparisse, lo mostra il giudizio che davano di lei
-i Della Rovere in Urbino. Nel 1552 Guidobaldo II, figlio di
-<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span>
-Francesco Maria e di Eleonora Gonzaga, doveva sposarsi
-con Giulia Varano; ma domandò invece la mano di una
-Orsini. Il padre gli oppose i matrimonii di principi con
-donne indegne di loro; fra gli altri, quello di Alfonso di
-Ferrara. Costui — diceva egli — s'è disposato con Lucrezia
-Borgia, con una donna <i>di quella sorta che pubblicamente
-si sa</i>, e ha dato anche a suo figlio <i>un mostro</i> (Renata). Guidobaldo
-confermò cosiffatto giudizio: rispose che egli sapeva
-d'avere un padre, che giammai non lo vorrebbe costringere
-a prendere una sposa come Lucrezia Borgia, <i>di
-quella mala sorta che fu quella, e con tante disoneste parti</i>.<a class="tag" id="tag288" href="#note288">[288]</a>
-Così l'opinione continuò a propagarsi, e Lucrezia Borgia
-divenne il tipo di ogni abiezione femminea, sino a che
-Vittor Hugo nel suo dramma e il Donizetti nella sua opera
-non la portarono sulle scene appunto sotto quei colori.
-</p>
-
-<hr class="tbs" />
-
-<p>
-Ancora, per concludere, qualche parola intorno ad
-Alfonso e alla discendenza sua e di Lucrezia. Il duca di
-Ferrara sopravvisse alla moglie altri 15 anni, che furono
-difficili e procellosi. Seppe non pertanto con prudenza resistere
-e mantenersi contro l'odio papale de' Medici. Si vendicò
-di Clemente VII col sacco di Roma, cui resero possibile
-i soccorsi suoi all'esercito imperiale. Ebbe da Carlo V
-Modena e Reggio; e di tal guisa fu in grado di trasmettere
-agli eredi suoi gli antichi Stati di casa d'Este nella
-integrità loro. Non passò ad altre nozze. Ma Laura Eustochia
-Dianti, bella e giovane ferrarese, gli fu compagna.
-Questa gli partorì due figliuoli, Alfonso e Alfonsino. Egli
-morì il 31 ottobre 1534 di 58 anni, quando i fratelli lo
-avevano già preceduto nel sepolcro, il cardinale Ippolito
-nel 1520 e Don Sigismondo nel 1524.
-</p>
-
-<p>
-Da Lucrezia Borgia ebbe cinque figliuoli. Ercole fu
-suo erede al trono. Ippolito fu cardinale; morì il 2 dicembre
-<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span>
-1572 in Tivoli, ove suo monumento è la Villa d'Este.
-Eleonora fu monaca nel monastero del <i>Corpus Domini</i>, e
-vi morì il 15 luglio 1575. Francesco fu marchese di Massalombarda,
-e morì il 22 febbraio 1578. In fine Alessandro,
-morto, come s'è detto, varcata appena l'età di due
-anni, il 10 luglio 1516.
-</p>
-
-<p>
-Il figlio di Lucrezia Ercole II regnò sino all'ottobre
-1559. Suo padre nel 1528 avevalo sposato con Renata,
-la brutta, ma molto intelligente figliuola di Luigi XII. Lucrezia
-non aveva visto mai la sua nuora, e non mai sospettato
-neppure che Renata potesse divenir tale. La vita
-di questa celebre duchessa costituisce un importante episodio
-nella storia di Ferrara. Essa fu seguace entusiastica
-di quella Riforma, che finalmente penetrò nel mondo, intesa
-ad emancipare lo spirito da una Chiesa, a capo della
-quale erano stati i Borgia, i Della Rovere e i Medici. E
-per questo i Della Rovere la chiamavano un <i>mostro</i>. Per un
-certo tempo Renata tenne nascosti alla corte sua Calvino
-e Clemente Marot.
-</p>
-
-<p>
-Un caso strano occorse: appunto alla corte del figliuolo
-di Lucrezia nel 1550 apparve un uomo, che valse a rinnovar
-la memoria della storia della famiglia Borgia, già
-quasi diventata un mito per la generazione allora vivente.
-Era Don Francesco Borgia, duca di Gandia, e ora, nell'anno
-1550, gesuita. La sua inattesa comparsa in Ferrara
-ci porge occasione di fare un cenno delle vicende di casa
-Gandia.
-</p>
-
-<p>
-Di tutti i discendenti di Alessandro VI i più fortunati
-furono appunto quei che tolsero l'origine dall'ucciso
-Don Juan. La vedova donna Maria visse un pezzo in
-grande reputazione alla Corte della regina Isabella di
-Castiglia. Poscia, presa da malinconia e da bigottismo,
-andò a chiudersi in un monastero. Morì l'anno 1557. Il
-suo unico figlio Don Juan, ancora bambino, era successo
-<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span>
-allo sciagurato padre nel Ducato di Gandia, ed aveva anche
-serbati i possedimenti nel Napoletano. Questi comprendevano
-un territorio esteso in Terra di Lavoro con le città di
-Sessa, Teano, Carinola, Montefuscolo, Fiume, e altre. Il
-giovane Gandia nel 1506 le cedette al re di Spagna, e ne
-fu compensato pecuniariamente: il gran capitano Consalvo
-ebbe il Principato di Sessa.
-</p>
-
-<p>
-Don Juan restò in Spagna, ove fu uno de' Grandi, e
-di grado elevato assai. Sposò Giovanna d'Aragona, principessa
-della caduta Casa reale di Napoli; e in seconde
-nozze, nell'anno 1520, donna Francesca de Castro y Pinos,
-figlia del visconte d'Eval. I matrimonii de' Borgia
-furono la maggior parte assai fecondi. Venuto a morte codesto
-nipote di Alessandro VI nel 1543, non lasciò meno
-di quindici figliuoli. Le figlie si maritarono con Grandi di
-Spagna, e i figli appartennero alla più cospicua nobiltà
-del paese, ove conseguirono altresì le più alte cariche. Il
-maggiore, Don Francesco Borgia, nato il 1540, fu duca
-di Gandia, un gran signore, molto stimato alla Corte di
-Carlo V, che lo fece vicerè di Catalogna e commendatore
-di Santo Jago. Accompagnò anche l'imperatore nelle spedizioni
-in Francia e sino in Affrica. Il 1529 erasi ammogliato
-con Eleonora de Castro, dama di corte dell'imperatrice.
-E n'ebbe cinque figliuoli e tre figliuole. Morta la moglie
-nel 1546, nulla più lo trattenne dal seguire la passione,
-che da lungo tempo covava in seno, per la Compagnia di
-Gesù, quella cioè di rinunziare per sempre alla sua splendida
-condizione e di farsi gesuita. Pareva quasi una misteriosa
-tendenza ve lo spingesse, per scontar così i peccati della
-casa sua. Eppure non deve far maraviglia di trovare un pronipote
-di Alessandro VI sotto l'abito de' Gesuiti. La stessa
-demoniaca energia di volontà, per la quale i Borgia eransi
-segnalati, animava pure il loro compatriotta Loyola, benchè
-sotto altra forma e rivolta a diverso scopo. Ed anche le massime
-<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span>
-del <i>Principe</i> del Machiavelli divennero la parte politica
-delle costituzioni gesuitiche.
-</p>
-
-<p>
-Il duca di Gandia andò nel 1550 a Roma per gettarsi
-a' piedi del Papa e divenire membro dell'Ordine. Appunto
-allora Paolo III, fratello di Giulia Farnese, era morto, e
-Giulio III Del Monte asceso alla Santa Sede. Ma in Ferrara
-era ancora sul trono Ercole II, zio cugino di Don Francesco.
-Egli si ricordò della parentela e lo invitò, andando a
-Roma, di passar per Ferrara. Francesco si fermò alla corte
-del figlio di Lucrezia tre giorni, e vi fu ricevuto anche da
-Renata. Non si sa se l'entusiastico discepolo di Loyola
-fosse a notizia de' sentimenti religiosi dell'amica di Calvino.
-Il loro incontro però, nella patria del Savonarola e
-nell'appartamento di Lucrezia, offriva un contrasto acutissimo
-e de' più strani. Francesco continuò quindi per
-Roma; donde poscia tornò presto di nuovo in Spagna.
-Morto il Lainez, fu nel 1565 terzo Generale della Compagnia
-di Gesù. Morì in tal qualità a Roma l'anno 1572.
-La Chiesa lo santificò; così un pronipote di Alessandro VI
-divenne un santo.<a class="tag" id="tag289" href="#note289">[289]</a>
-</p>
-
-<p>
-La discendenza di questo Borgia si ramificò, innestandosi
-con le più nobili famiglie di Spagna. Il suo primogenito
-Don Carlos, duca di Gandia, sposò donna Maddalena,
-figlia del conte Oliva della casa Centelles. Così quella famiglia,
-cui apparteneva il primo promesso sposo di Lucrezia,
-s'imparentò un mezzo secolo più tardi con i Borgia.
-La stirpe de' Gandia durò sin nel secolo XVIII, nel quale
-ebbe anche due cardinali Borgia.
-</p>
-
-<p>
-Ercole II non scoprì le eretiche relazioni di sua moglie
-che nel 1554. La cacciò in un chiostro. Ma la nobile principessa
-restò fedele alla Riforma. Quando l'Inquisizione
-soffocò a Ferrara il moto riformatore, essendo duca il figlio
-<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span>
-suo, ella rientrò in Francia. Ivi visse fra Ugonotti nel suo
-Castello di Montargis, e vi morì nel 1575. Per strana combinazione
-il duca di Guisa fu proprio genero di lei.
-</p>
-
-<p>
-Renata diede al marito parecchi figliuoli: Alfonso,
-principe erede; Luigi, più tardi cardinale; donn'Anna,
-sposatasi appunto col duca di Guisa; donna Lucrezia, poscia
-duchessa d'Urbino; e donna Leonora, rimasta nubile.
-</p>
-
-<p>
-Il figlio Alfonso II successe nel Governo di Ferrara
-l'anno 1559. È quel duca reso immortale dal Tasso. Come
-l'Ariosto, al tempo del primo Alfonso e di Lucrezia, aveva
-glorificata la casa d'Este con un poema monumentale,
-così ora Torquato Tasso continuava codesta specie di esaltazione
-tra i nipoti, quando sul trono di Ferrara sedeva il secondo
-Alfonso. Il caso metteva così ai servizii della stessa
-corte i due più grandi poeti epici d'Italia. La sorte del Tasso
-è uno dei più sinistri ricordi della casa d'Este; eppure,
-che il cigno canoro abbia fatto risuonare proprio in mezzo
-alla corte di Ferrara la sua canzone, è, al tempo stesso,
-l'ultimo dei ricordi che abbia importanza nella storia di
-quella. Perchè con Alfonso II, nipote di Lucrezia Borgia,
-morto senza figliuoli, s'estinse il 27 ottobre 1597 la linea
-legittima della famiglia d'Este. Don Cesare, un nipote di
-Alfonso I, figlio di quell'Alfonso, che Laura Dianti aveva
-a colui partorito e di donna Giulia Della Rovere di Urbino,
-salì, è vero, al trono di Ferrara alla morte di Alfonso II,
-come suo erede per legge; ma il Papa nol volle riconoscere.
-Indarno cercò mostrare come l'avo suo, poco prima
-di morire, avesse regolarmente sposato Laura Eustochia,
-e che fosse per questo divenuto egli legittimo erede della
-casa. A nulla giovò che i giureconsulti perorassero la validità
-delle pretensioni di Don Cesare innanzi ai tribunali
-di papi ed imperatori. E approdò ancor meno, che, sull'esempio
-del Muratori, quei diritti, a tutt'oggi, fossero
-dai Ferraresi sostenuti. A Don Cesare fu giuocoforza sottomettersi
-<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span>
-alla decisione di Clemente VIII. Il 13 gennaio
-1598 il nipote di Alfonso I dovette firmare la rinunzia al
-Ducato di Ferrara. Con la moglie Virginia dei Medici e coi
-figliuoli abbandonò quella, che per secoli era stata la residenza
-degli antenati suoi, e si ridusse a vivere a Modena
-col titolo di Duca di questa città, alla quale s'aggiunsero
-anche Reggio e Carpi.
-</p>
-
-<p>
-Don Cesare continuò quivi la linea collaterale degli
-Este. Sullo scorcio del secolo XVIII, mercè l'arciduca Ferdinando,
-essa trapassò nella casa Austro-Estense. Ed anche
-questa oggi è venuta meno. E caduta pure è la dominazione
-dei Papi in Ferrara. Là ove un tempo, quando
-nel 1502 Lucrezia Borgia fece il suo ingresso, sorgeva
-Castel Tedaldo; là, ove Clemente VIII fece erigere la
-grande fortezza, oggi non è che un campo: la fortezza fu
-smantellata nel 1859. In quel campo sta dimenticata e
-quasi sperduta la statua di Paolo V, e intorno intorno tutto
-è solitudine. Così anche oggi, innanzi alla rôcca di Giovanni
-Sforza in Pesaro sorge una colonna, dalla quale la
-statua fu abbattuta: sulla base si legge: «Colonna di Urbano
-VIII; ecco tutto quel che ne rimane.»
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span>
-</p>
-
-<h2>APPENDICE DI DOCUMENTI
-<span class="smaller">ALLA
-LUCREZIA BORGIA.</span></h2>
-</div>
-
-<div class="somm">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span>
-</p>
-
-<h2 id="inddoc">INDICE DE' DOCUMENTI.</h2>
-</div>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td><span class="smcap">Documento</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>Tavole nuziali tra Gianandrea Cesarini e Girolama Borgia. — (24 gennaio 1482)</td> <td class="pag"><a href="#doc1">Pag. 353</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>Tavole nuziali tra Carlo Canale e Vannozza Catanei. — (8 giugno 1486)</td> <td class="pag"><a href="#doc2">354</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>Tavole nuziali tra Ursino Orsini e Giulia Farnese. — (20 maggio 1489)</td> <td class="pag"><a href="#doc3">355</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IV.</td> <td>Tavole nuziali tra Lucrezia Borgia e Don Cherubin Joan de Centelles. — (26 febbraio 1491)</td> <td class="pag"><a href="#doc4">358</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">V.</td> <td><i>Ad Bovem Borgia</i></td> <td class="pag"><a href="#doc5">364</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VI.</td> <td>Beatrice Borgia ad Alessandro VI. — (9 settembre 1492)</td> <td class="pag"><a href="#doc6">365</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VII.</td> <td>Scioglimento del contratto di matrimonio tra Lucrezia Borgia e Don Gaspare. — (8 novembre 1492)</td> <td class="pag"><a href="#doc7">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">VIII.</td> <td>Ercole d'Este ad Alessandro VI. — (3 gennaio 1493)</td> <td class="pag"><a href="#doc8">371</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">IX.</td> <td>Minuta delle tavole nuziali tra Lucrezia Borgia e Giovanni Sforza. — (2 febbraio 1493)</td> <td class="pag"><a href="#doc9">372</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">X.</td> <td>Gianandrea Boccaccio al duca di Ferrara. — (13 giugno 1493.)</td> <td class="pag"><a href="#doc10">376</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XI.</td> <td>Lorenzo Pucci al fratello Giannozzo. — (23, 24 dicembre 1493)</td> <td class="pag"><a href="#doc11">378</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XII.</td> <td>Don Juan, duca di Gandia, al marchese Gonzaga. — (12 settembre 1496)</td> <td class="pag"><a href="#doc12">381</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XIII.</td> <td>Poesia sulla morte di Don Juan di Gandia. — (16 giugno 1497)</td> <td class="pag"><a href="#doc13">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XIV.</td> <td>Il cardinale Giuliano Della Rovere ad Alessandro VI. — (10 luglio 1497)</td> <td class="pag"><a href="#doc14">382</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XV.</td> <td>Annullamento del contratto matrimoniale tra Lucrezia Borgia e Don Gasparo. — (10 giugno 1498)</td> <td class="pag"><a href="#doc15">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XVI.</td> <td>Primo contratto di matrimonio tra Lucrezia Borgia e Don Alfonso d'Aragona. — (20 giugno 1498)</td> <td class="pag"><a href="#doc16">385</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XVII.</td> <td>Atto relativo alla eredità reclamata da donna Maria Enriquez per suo figlio Don Juan. — (19 dicembre 1498)</td> <td class="pag"><a href="#doc17">389</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XVIII.</td> <td>Tavole nuziali tra Laura Orsini e Federico Farnese. — (2 aprile 1499)</td> <td class="pag"><a href="#doc18">390</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XIX.</td> <td>Protesta di Jacopo Gaetani contro la Sentenza inflittagli. — (7 febbraio 1500)</td> <td class="pag"><a href="#doc19">391</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XX.</td> <td>Elisabetta, duchessa d'Urbino, al fratello Francesco Gonzaga. — (21 marzo 1500)</td> <td class="pag"><a href="#doc20">393</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXI.</td> <td>Cesare Borgia al marchese Gonzaga. — (24 maggio 1500)</td> <td class="pag"><a href="#doc21">394</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXII.</td> <td><i>Dyalogus mortis et Pontificis laborantis febre.</i> — (1500)</td> <td class="pag"><a href="#doc22">395</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXIII.</td> <td>Istrumenti relativi alla promessa di matrimonio di donna Angela Borgia con Francesco Maria Della Rovere. — (25 agosto e 2 settembre 1500)</td> <td class="pag"><a href="#doc23">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXIV.</td> <td>Giovanni Sforza al marchese Gonzaga. — (17 ottobre 1500)</td> <td class="pag"><a href="#doc24">396</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXV.</td> <td>Pandolfo Collenuccio al duca Ercole di Ferrara. — (29 ottobre 1500)</td> <td class="pag"><a href="#doc25">397</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXVI.</td> <td>Alessandro VI alla Signoria di Firenze. — (13 luglio 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc26">400</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXVII.</td> <td>Bolla di Alessandro VI relativa all'Infante romano Gio. Borgia. — (1º settembre 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc27">401</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXVIII.</td> <td>Idem. — (1º settembre 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc28">405</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXIX.</td> <td>Saraceni e Bellingeri al duca Ercole. — (23 settembre 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc29">408</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXX.</td> <td>Saraceni allo stesso. — (26 ottobre 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc30">409</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXI.</td> <td>Gianluca Pozzi allo stesso. — (23 dicembre 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc31">410</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXII.</td> <td>Sposalizio di donna Lucrezia Borgia con Don Alfonso d'Este mercè procura. — (28 dicembre 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc32">411</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXIII.</td> <td>Alessandro VI alla Comunità di Nepi. — (28 dicembre 1501)</td> <td class="pag"><a href="#doc33">413</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXIV.</td> <td>Pozzi e Saraceni al duca Ercole. — (2 gennaio 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc34">414</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXV.</td> <td>El Prete alla marchesa Isabella Gonzaga. — (2 gennaio 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc35">415</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXVI.</td> <td>Il cardinal Ferrari al duca Ercole. — (9 gennaio 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc36">417</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXVII.</td> <td>Pozzi e Saraceni allo stesso. — (13 gennaio 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc37">418</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXVIII.</td> <td>Il duca Ercole ad Alessandro VI. — (14 febbraio 1602)</td> <td class="pag"><a href="#doc38">421</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XXXIX.</td> <td>La marchesa Isabella Gonzaga a Lucrezia Borgia. — (18 febbraio 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc39">422</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XL.</td> <td>La stessa ad Adriana Ursina. — (18 febbraio 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc40">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLI.</td> <td>Cesare Borgia alla sorella Lucrezia. — (20 luglio 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc41">423</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLII.</td> <td>Francesco Troche alla marchesa Isabella Gonzaga. — (1º settembre 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc42">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLIII.</td> <td>Lo stesso alla stessa. — (5 ottobre 1502)</td> <td class="pag"><a href="#doc43">424</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLIV.</td> <td>Isabella Gonzaga a Cesare Borgia. — (15 gennaio 1503)</td> <td class="pag"><a href="#doc44">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLV.</td> <td>Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga. — (1º febbraio 1503)</td> <td class="pag"><a href="#doc45">425</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLVI.</td> <td>Il duca Ercole a Giangiorgio Seregni, suo oratore in Milano. — (24 agosto 1503)</td> <td class="pag"><a href="#doc46">426</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLVII.</td> <td>Giovanni Sforza al marchese Gonzaga. — (25 agosto 1503)</td> <td class="pag"><a href="#doc47">427</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLVIII.</td> <td>Don Jofrè Borgia allo stesso. — (18 settembre 1503)</td> <td class="pag"><a href="#doc48">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">XLIX.</td> <td>Il marchese Gonzaga a sua moglie Isabella. — (22 settembre 1503)</td> <td class="pag"><a href="#doc49">428</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">L.</td> <td>Il duca Ercole a Lucrezia Borgia. — (4 ottobre 1503)</td> <td class="pag"><a href="#doc50">429</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LI.</td> <td>Lucrezia Borgia al marchese Gonzaga — (18 agosto 1505)</td> <td class="pag"><a href="#doc51">430</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LII.</td> <td>Tavole nuziali tra Niccolò De Rovere e Laura Orsini. (Novembre 1505)</td> <td class="pag"><a href="#doc52">431</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LIII.</td> <td>Cesare Borgia al marchese Gonzaga. — (7 dicembre 1506)</td> <td class="pag"><a href="#doc53">433</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LIV.</td> <td>Lucrezia Borgia allo stesso. — (28 dicembre 1506)</td> <td class="pag"><a href="#doc54">ivi</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LV.</td> <td>La stessa allo stesso. — (15 gennaio 1507)</td> <td class="pag"><a href="#doc55">434</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LVI.</td> <td>Vannozza alla figlia Lucrezia. — (febbraio 1515)</td> <td class="pag"><a href="#doc56">435</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LVII.</td> <td>Vannozza al cardinale Ippolito d'Este. — (14 settembre 1515)</td> <td class="pag"><a href="#doc57">436</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LVIII.</td> <td>Vannozza alla figlia Lucrezia. — (19 dicembre 1515)</td> <td class="pag"><a href="#doc58">437</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">LIX.</td> <td>Lucrezia Borgia a Leon X. — (22 giugno 1519)</td> <td class="pag"><a href="#doc59">438</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="smcap">Facsimile</span></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">I.</td> <td>Alessandro VI a Lucrezia Borgia.</td> <td class="pag"><a href="#facs1">441</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">II.</td> <td>Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga.</td> <td class="pag"><a href="#facs2">443</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap">III.</td> <td>Lucrezia Borgia alla stessa.</td> <td class="pag"><a href="#facs3">445</a></td>
- </tr>
-</table>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span>
-</p>
-
-<h2 id="documenti">DOCUMENTI</h2>
-</div>
-
-<h3 id="doc1"><span class="smcap">Documento</span> N. I.
-<span class="smaller"><i>Tavole nuziali tra Gianandrea Cesarini e Girolama Borgia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-24 gennaio 1482.
-</p>
-
-<p>
-In dei no. am. Anno pont. Indict. et mense quibus supra
-die vero Jovis XXIIII. In presentia mei publici not<sup>ii</sup> etc.
-R<sup>mus</sup> in xpo pr et dnus dnus <span class="smcap">Rodericus Borgia</span> Eps portuensis
-S. R. E. Cardinalis ac Vicecancellarius paterna caritate et
-affectione ductus ac motus erga nobilem et honestam ac generosam
-puellam virginem <span class="smcap">Jeronimam</span> sororem excellentis et
-generosi adolescentis dni <span class="smcap">Petri Ludovici de Borgia</span> et <span class="smcap">Johannis
-de Borgia</span> infantis germanor. fratrum volens et intendens
-ipsam Jeronimam puellam que de sua domo et familia existit
-veluti filiam recognoscere et tractare et pro honore dicte sue
-domus et familie ipsam condecenter maritare ac dotare dotemque
-sibi condignam constituere In pres. mei publici notarii
-et rogator. ad infrascripta pacta et sponsalia in dei no. cum
-mag<sup>co</sup> viro dno <span class="smcap">Gabrielle de Cesarinis</span> domicello Romano
-Regionis S<sup>ti</sup> Eustachi patre ac legitimo administratore spectabilis
-adolescentuli <span class="smcap">Johannis Andree</span> sui legitimi ac naturalis
-filii inter eos habita tractata et solemniter conclusa et firmata
-devenit in hunc qui sequitur modum et formam vid.
-</p>
-
-<p>
-<i>Seguono le stipulazioni</i>. <i>La dote è di</i> 4000 ducator. auri
-in auro.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec in palatio R<sup>mi</sup> dni Card<sup>lis</sup> Mediolanensis
-in quad. camera magna ejusdem palatii ubi ipse R<sup>mus</sup> dnus
-residet et audientiam dare solet presentib. ibidem dicto R<sup>mo</sup>
-pre dno Stefano de Nardinis tt<sup>i</sup> Sancte Marie in transtiberim
-presbitero cardinale Mediolanensi vulgariter nuncupato ac
-etiam R<sup>mo</sup> in xpo pre dno Jo. Bap<sup>ta</sup> tt<sup>i</sup> Sancti (Nicolai in Carcere)
-Cardinale de Sabellis vulgarit. dicto ac Magº et Illº,
-armor. capitaneo et ductore dno Virginio quond. dni Neapulionis
-<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span>
-de Orsinis Juliano de Cesarinis de Regione Pontis Antonio
-de porcariis Regionis pinee, Romanis civibus testibus ad
-predicta omnia et singula adhibitis et rogatis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene,
-nell'Archivio de' Notai al Campidoglio.)
-</p>
-
-<h3 id="doc2"><span class="smcap">Documento</span> N. II.
-<span class="smaller"><i>Tavole nuziali tra Carlo Canale e Vannozza Catanei.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-8 giugno 1486.
-</p>
-
-<p>
-Eodem anno pont. Ind. et mense die vero VIII. Junii.
-In presentia mei not. et testium etc. honesta Mulier <span class="smcap">Dna Vannotia</span>
-relicta quond. dni... scriptoris apostolici Intendens
-ad secunda vota transire ac se matrimonio collocare et nuptias
-contrahere cum spectabili viro dno <span class="smcap">Carulo canale de
-Mantua</span>.
-</p>
-
-<p>
-Ante nuptias donavit eidem presenti et acceptanti ducatos
-auri in auro Mille et ultra donavit eidem similiter psenti et
-acceptanti unum ex officiis sollicitator. bullarum aplicar. et
-(promisit) facere et curare quod suis sumptibus dictum officium
-dicto dno Carulo conferatur vel gratis concordetur. Amplius
-et promisit eid. psenti in dotem et dotis nom. et pro
-jocalibus dare tradere et consignare eidem illud quod concorditer
-asseruerunt fuisse constitutum inter eos per manus
-spectabilis viri Dni Francisci de Maffeis scriptoris apostolici ac
-basil. S. Petri canonici et laurentii Barbarini de Catellinis
-Ro<sup>ni</sup> civis presentium et sic esse affermantium quorum dictis
-stare et credere promiserunt et convenerunt et tempore quo
-fiet salutio dotis promiserunt facere contractus cum cautelis
-ypotecis promissionibus et stipulationib. consuetis et cum
-dicta donatione dotis et jocalium constitutione. prefatus dnus
-Carolus interrogatus per me notar. ut publicam personam
-si volebat recipere habere et tenere in suam legitimam uxorem
-prefatam dnam Vannotiam respondit volo et similiter interrogata
-dicta dna Vannotia si volebat recipere dictum dnum
-carolum presentem in suum legitimum Maritum et ipsum pro
-legitimo viro habere et tenere secundum ritum sancte matris
-ecclie respondit volo. Et sic mutuo consensu et interveniente
-anuli aurei immissione in digito anulari ipsius dne Vannotie
-per ipsum dnum Carolum immissi matrimonium legitimum
-ac mutuo consensu interveniente per verba de presenti sponte
-contraxerunt. Que quid. omnia et singula perpetuo attendere
-et observare promiserunt. Rogaveruntque me not<sup>m</sup> ut publicum
-<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span>
-conficerem instrumentum unum vel plura et totiens
-quotiens etc.
-</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec Rome in domo habitationis prefate dne
-Vannotie site in R<sup>ne</sup> Arenule juxta plateam de branchis presentibus
-Rd.º pre dno (<i>mancano parecchie parole</i>) Juliano
-Gallo Mercatore Bruchardo Barbarino et Dodro (sic) de Carnariis
-et aliis quampluribus testibus ad predicta vocatis et
-rogatis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene,
-nell'Archivio de' Notai al Campidoglio.)
-</p>
-
-<h3 id="doc3"><span class="smcap">Documento</span> N. III.
-<span class="smaller"><i>Tavole nuziali tra Ursino Orsini e Giulia Farnese.</i></span></h3>
-
-<p>
-20 maggio 1489.
-</p>
-
-<p>
-I. D. o. n. Anno pont. et Ind. quibus supra mensis vero
-Mai die XX<sup>ma</sup> in presentia R<sup>mi</sup> in xpto pris dni. R. Cardinalis
-et Epi. portuensis S. R. E. Vicecancellarii ac R.<sup>orum</sup> patrum
-dni Bartholomei Martini Epi Segobricensis dni Francisci Garzett
-Canonici Toletani et Johannis Staglie civis Romani et
-mei publ. notarii ad hec adhibitorum et rogatorum. Cum
-sicut infrascripte partes asseruerunt et sponte confesse fuerunt,
-alias inter mag.<sup>cum</sup> dom. <span class="smcap">Ursinum</span> filium quond. mag.<sup>ci</sup>
-dni <span class="smcap">Ludovici de Ursinis</span> dni Castri Vasanelli et mag.<sup>cam</sup> dnam
-dnam <span class="smcap">Adrianam</span> matrem et tunc tutricem dicti dni Ursini
-ex una et mag.<sup>cam</sup> et honestam puellam dnam Juliam filiam
-quondam Mag.<sup>ci</sup> viri dni <span class="smcap">Petri Luisii de Farnesio</span> tunc in
-humanis existentis et ipsum quond. dom. petrum ut patrem
-et legitimum tunc administratorem prefate Julie parte ex altera
-contracta fuerint sollemnia sponsalia de futuro cum promissionibus
-dotis et aliis promissionib. et pactis inter eos
-initis et contractis et ad presens dicti sponsi puberes facti
-dicta sponsalia rata grata et firma habentes in dicta promissione
-ipsorum nomine facta perseverantes ac persistentes
-dicta sponsalia ac legitimas nuptias solemni ac legitimo consensu
-de presenti interveniente et per traditionem et immissionem
-anuli sponsalis contrahere velint et de dicta dote
-promissa ydoneas cautiones facere et recipere. Ea propter
-[Mag.<sup>cus</sup> vir dnus <span class="smcap">Alexander</span> filius et heres prefati quond.
-dni petri loisi de farnesio et ut frater et conjuncta persona
-prefate dne Julie qui primo et ante oia cum juramento sollemni
-tactis corporaliter sacris scripturis in manibus mei Not<sup>i</sup>
-ad sancta Dei evangelia infrascripta oia et singula
-perpetuo attendere et observare et contra non facere dicere
-<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span>
-vel venire ratione sue minoris etatis XX<sup>ti</sup> aut XXV annor.
-nec restitutionem in integrum postulare pro se ipso ac vice et
-noie Mag<sup>ci</sup> viri dni <span class="smcap">Angeli de Farnesio</span> sui germani fratris
-et coheredis pro quo et se et bona sua principaliter et in solidum
-obligavit et de rato et rati habitione promisit et se
-facturum et curaturum ita et taliter et cum effectu quod dictus
-suus frater infrascripta oia et singula rata et firma habebit
-et contra non faciet dicet vel veniet ut supra. Et una
-cum prefato dno Alexandro] [Hoc totum scriptum fuit antequam
-stipulatum fuerit instrumentum deinde non fuit stipulatum quia defuit
-presentia dni Alexandri qui expectabatur et non venit ideo sic
-cancellatum fuit manu mei Notii.] Rd<sup>us</sup> in xpo pr. dnus <span class="smcap">Jacobus de
-Gaytanis</span> prothonotar. apostolicus et Mag<sup>cus</sup> et generosus vir
-dnus <span class="smcap">Cola de Gaytanis</span> germani fres avunculi conjuncteque
-persone ejusdem Julie similiter de rato et rati habitione promictentes
-et sese in solidum obligantes et ex certa scientia
-obligari et teneri volentes promiserunt, et sollemni pactione
-et stipulatione intervenientib. convenerunt, dicto dno <span class="smcap">Ursino</span>
-sponso prefate dne Julie presenti et michi Notº ut publice
-persone legitime stipulanti nuptiar. tempore et infra dilationes
-infrascriptas dare solvere numerare et in pecunia numerata
-cum effectu traddere eidem dno Ursino pro dote et
-dotis promisse nomine ad opus et utilitatem prefate dne Julie
-summam et quantitatem trium milium et quingentor. ducator.
-auri de camera ad computum LXXII. bl. pro quolibet duc.
-de qua integra summa dotis Mille solvere promiserunt infra
-termin. duor. annor. proxime futuror. a die presentis contractus
-incipiendor. et ut sequitur finiendorum Reliquos vero
-solvere promiserunt infra dilationes infrascriptas vz. quia
-singulis futuris annis post cursum dictor. duor. annor. solvere
-promiserunt dicto dno. Ursino ducatos sexcentos usque
-ad integram solutionem totius summe dictor. trium milium
-quingentor. ducator. cum omnib. dannis expensis et interesse
-dicta ex causa et indefectum solutionis predictor. vel aliorum
-ipsorum patiendis faciendis et incurrendis de quib. stare et
-credere simplici dicto et justo dicti dni Ursini et suor. heredum
-et successor. absque alia judicis taxatione seu boni viri
-arbitratu me Not.º sollemniter stipulante pro eo et dictis
-heredib. et successorib. omnibusq. quor. interest vel intererit
-in futurum Cum pactis et conventionibus sollemni stipulatione
-vallatis de restituenda vel lucranda dicta dote in
-omnem casum et eventum matrimonii dissolvendi secundum
-formam et dispositionem juris communis et secund. consuetudinem
-inter magnates urbis hacten. observatam. Et precibus
-et rogatu prefator. dnor. <span class="smcap">Alexandri de Farnesiis</span> dni
-<span class="smcap">Jacobi</span> prothon. et dni <span class="smcap">Cole de Gaytanis</span> sui fris. et cujuslib.
-ipsor. Magcus vir dom. Gabriel de Cesarinis ac ven.
-vir dom. <span class="smcap">Franciscus de Lenis</span> Canonicus Roman. et dom.
-<span class="smcap">Marius de Mellinis</span> Franciscus de Lenis filius et specialis
-nuntius R<sup>di</sup> ptris dni petri de lenis Clerici cam<sup>re</sup> apostolice
-<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span>
-ab eo prout asseruit ad hoc missus pro quo et se obligando
-de rato promisit et <span class="smcap">Lellus Stefani de Lellis</span> et <span class="smcap">Francis.
-Teoli</span> omnes cives Romani sartus se ad infrascripta non teneri
-nec obligari sed teneri et obligari volentes ex certa eorum
-et cujusq. ipsor. scientia ipsi et quilib. ipsor. pro rata
-sponte sollemniter fidejubendo et intercedendo promiserunt
-et juraverunt se facturos et curaturos ita et taliter et cum
-effectu quod dicti principales expromissores predicta omnia
-et singula per eos promissa et pacta observabunt et adimplebunt
-et temporib. et dilationibus supra expressis dictam promissam
-dicto dno Ursino persolvent. Alias teneri voluerunt
-ipsi et quilib. ipsor. pro rata ad integr. solution. dictor. trium
-mil. et quingentor. ducator. infra dilationes supra expressas
-vd. quisq. pro rata sua tantum Que quidem omnia et
-sing. tam dicti principales expromissores quam fidejussores
-prefati perpetuo attendere et observare ut sup. promiserunt,
-contraq. non facere dicere nec venire pro quib. obligaverunt
-sese et omnia et sing. ipsor. bona mobilia stabilia presentia
-et futura et voluerunt pro predictis posse conveniri et cogi in
-omni loco et in omni foro et coram quocunq. judice ecclesiastico
-vel seculari et feriatis dieb. quibus renuntiaverunt
-expresse, renuntiaverunt et privilegio fori et omnib. exemptionib.
-ac defensionib. quib. contra promissa facere dicere vel
-venire possent vel aliquis eorum posset. Renuntiaver. etiam
-expresse dicti expromissores et fidejussores capituli divi
-hadriani et nove constitutionis beneficio ac beneficio de duob.
-vel plurib. reis debendi dividendar. et cedendar. actionum.
-Et juraverunt omnes sollemniter. Rogaveruntq. me notarium
-et dederunt potestatem.
-</p>
-
-<p>
-Actum in domib. prefati R.<sup>mi</sup> D. Vicecancellarii in cam.
-stellarum presente ipso R.<sup>mo</sup> dno aliisque prenominatis supra
-descriptis etiam pro testibus adhibitis et rogatis.
-</p>
-
-<p>
-Eisdem Anno pont. mense die vero XXI. factus fuit sollemnis
-contractus nuptiar. [Arratio solemnis] per immissionem anuli et legitimo
-consensu interveniente per verba vis volo ad interrogationem
-mei Notarii Si vellent alter in alterius legitimum matrimonium.
-primo dictus Ursinus respondit velle deinde similiter
-prefata dna Julia ibid. presens ipsum Ursinum in
-legitimum virum habere velle respondit Adstantibus ibi R.<sup>mo</sup>
-d.<sup>no</sup> Vicecancellario prefato R.<sup>mo</sup> d.<sup>no</sup> <span class="smcap">Cardinale de Ursinis</span>
-R<sup>mo</sup> d.<sup>no</sup> <span class="smcap">Rinaldo de Ursinis</span> Archiep. Florentino et magna
-prelatorum et Magnatum et Nobilium Viror. multitudine. In
-domib. prefati dni Vicecancellarii in porticu seu viridario de
-quib. ego idem Notarius rogatus fui cum potestate extendendi
-in ampliori forma si opus fuerit.
-</p>
-
-<p>
-Eisd. anno pont. mense et die et in eod. loco personaliter
-constitutus coram me Not. et testib. infrascriptis Mag.<sup>cus</sup>
-<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span>
-vir d<sup>nus</sup> <span class="smcap">Angelus de Farnesio</span> [Promissio indemnitatis
-cum ratificatione facta per M. d. Angm de farnesio.] qui primo et ante omnia cura
-sollemni juramento tactis sacris scripturis renuntiavit beneficio
-minoris etatis XXV. annor. et asserens se esse maiorem
-XX<sup>ti</sup> et promisit non contravenire ac de rato et rati habitione
-promisit pro dno Alexandro ejus germano fare et se facturum
-certa prout asseruit habens scientiam de contractu promissionis
-dotis nomine dne Julie sue sororis Mag.<sup>co</sup> d<sup>no</sup> Ursino
-et de fidejussorib. prefatis pro summa trium mil. quingentor.
-ducator. et de aliis contractis in obligatione per eos facta Ad
-requisitionem et interpellationem Mag.<sup>ci</sup> d<sup>ni</sup> Nicolai de Gaitanis
-ibidem presentis ac etiam mei Not.<sup>ii</sup> publici sponte et ex
-certa ejus scientia et non per errorem Ratificavit emologavit et
-confermavit omnia et sing. facta gesta promissa et contracta
-per ipsum Mag.<sup>cum</sup> d<sup>num</sup> Nicol. Gaytanum ipsius dni Angeli et
-fratris nomine in dicto contractu sponsalium contenta et celebrata
-ac fidejussiones propterea prestitas et omnia et sing.
-in ipso contractu contenta et promisit ipsum dnum Nicolaum
-et alios expromissores et fidejussores perpetuo conservare ac
-dissobligare et liberare ab omni obligatione promissionis in
-fidejussione per eos prestita me Not.º ut publica persona presente
-et stipulante. Alias teneri voluit dictus dnus Angelus
-pro se et dicto suo fratre ad omnia et singula damna etc. de
-quibus etc. et pro quibus etc. Et voluit etc. et renuntiavit etc.
-et juravit, et dedit potestatem etc.
-</p>
-
-<p>
-Actum ubi supra presentibus egregio legum doctore dno
-<span class="smcap">Francisco de Maximis</span> et viro nobile <span class="smcap">petro de Valle</span> Romanis
-civibus testibus etc.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<h3 id="doc4"><span class="smcap">Documento</span> N. IV.
-<span class="smaller"><i>Tavole nuziali tra Lucrezia Borgia e Don Cherubin Joan
-de Centelles.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-26 febbraio 1491.
-</p>
-
-<p>
-Capitols fets, e concordats entre lo R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> lo senyor don
-<span class="smcap">Rodrigo de Borja</span> Bisbe de Porto Car<sup>al</sup> de Valentia e vicecancellier
-de la Sancta Sede aplica, e lo mag<sup>co</sup> micer <span class="smcap">Antonio
-Porcaro</span> noble Roma com a curador donat et assignat a la
-noble e mes virtuosa S<sup>ra</sup> dona <span class="smcap">Lucretia de Borja</span> Donzella
-habitant de present en Roma filla carnal de dit R<sup>mo</sup> Car<sup>al</sup>, e
-germana del Ill. S<sup>or</sup> don <span class="smcap">Joan de Borja</span>, Duc de Gandia de
-una part: e lo noble e mag<sup>io</sup> S<sup>or</sup> Don <span class="smcap">Cherubi Joan de Centelles</span>
-S<sup>or</sup> de la vall de Ayora en Regne de Valencia de part
-<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span>
-altra per causa e fi del matrimonj mediant la divina gra
-faedor per dits nobles don Cherubi Joan de Centelles, e Dona
-Lucretia soberdits, e entre ells, en la forma seguent.
-</p>
-
-<p>
-Primerament es pactat, e concordat entre les dites parts
-que dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> Car<sup>al</sup> com a pare carnal, e dit micer Antonio
-com a curador e ab voluntat de dita Dona Lucretia per
-causa e contemplatio de dit matrimoni faedor se haje a obligar
-et prometer, e, axis obliga, e promet dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> Car<sup>al</sup>,
-ab bastants obligations e procuras, dar, e, constituir o fer
-dar, e, constituir a dita dona Lucretia en dot al dit noble
-don Cherubin Joan de Centelles Trenta tres milia Timbres
-valents CCC e XXX<sup>m</sup> mil sous moneda reals de valentia, çoes
-Trenta Milia en contants, e Tresmilia en Joyes e arreus de
-sa perssona. Laqual summa de contants se traura de les seguentes
-partides çoes XI<sup>m</sup> mil Timbres los quals per la clara
-memoria de <span class="smcap">don Pelois de Borja</span> quondam Duc de Gandia
-en son testament a dita dona Lucretia germana sua, en nom
-de Dot, e matrimonj faedor foer lexades. It. VIII milia Tymbres
-dels quals en contemplatio de matrimoni faedor, e, nom
-de dot, es stada feta donatio a dita Dona Lucretia, per lo
-R<sup>end</sup> S.<sup>or</sup> <span class="smcap">Don Cesar de Borja</span> Pro<sup>ri</sup> de la sede aplica, e
-don <span class="smcap">Jofre de Borja</span> Canonge, e, Pebordre, e, Ardiacha
-major de la Seu de Valentia germans los dos de dita Dona
-Lucrezia. Item set milia Tymbres, los quals dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> Car<sup>al</sup>
-etiam en nom de dot, e contemplatio de matrimonj ha donats
-a dita Dona Lucretia filla sua carnal, en certa donatio
-feta en Roma devant lo R<sup>nd</sup> Auditor dla Cambra. It. VII. Milia
-altres Tymbres los quals dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> Car<sup>al</sup> promet donar,
-com de present dona per vigor de la facultat aell atorgada
-per la sede ap.<sup>ca</sup> Ultra los soberdits VII Milia per compliment
-de dits XXXIII Milia Tymbres, adita dona Lucretia filia sua:
-Compresa, empero en dita quantitad deis dits XIII Milia
-Timbres, que S<sup>a</sup> S<sup>ia</sup> R<sup>ma</sup> li dona la summa dels dits tres
-milia Tymbres donada a dita Dona Lucretia filia sua per joyes,
-e arreus de la sua perssona. Les quals joyes e arreus sie
-estimats valer dits Tres milia Timbres. laqual quantitat de
-Trenta e Tres Milia Tymbres proçeides en lo modo davant
-dit, Dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> Car<sup>al</sup> se obligara pagar, o, fer pagar en
-nom de Dot de dita Lucretia, en los termens de jus scritt.
-</p>
-
-<p>
-Item mes attenent que dita Dona Lucretia a XVIIII de
-Abril prop vinent entrara en edat de dotze anys, es concordat
-e pactat entre les dites parts, que lo R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> Car<sup>al</sup> prometa
-esser tengut et obligat fer, procurar, e donar obra,
-que dita Dona Lucretia haja e sia tenguda constituir procuradors
-legitims a contractar dit matrimonj per paraules de
-present ab dit noble Don Cherubi Joan de Centelles per medi
-de legitim procurador, o, procuradors a dit arte, specialment
-<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span>
-per dita dona Lucretia constituits per tot lo mes de Abril
-del Anny Mil CCCCLXXXXII. en lo qual mes a XVIII dies
-de aquell haura complits XII anys de sa edat, los quals procurador,
-o, procuradors per dita dona Lucretia constituits
-fermara per tot lo mes de Juny sequent, de dit anny Mil.
-CCCCLXXXXII matrimonj per paraules de present ab lo dit
-Don Cherubi Joan de Centelles. E axi matrij dit Don Cherubi
-Joan, sia tengut, es obligar de fermar dit matrimonj ab dita
-Dona Lucretia per paraules de present dins lo sober dit Terme
-sots les penes dejus scrites.
-</p>
-
-<p>
-Item mes avant es pactat, e concordat entre les dites
-parts que apres, que lo dit matrimonj sera contractat per
-paraules de present entre Don Cherubi Joan e Dona Lucretia
-damunt dits que dit R<sup>mo</sup> Car<sup>al</sup> sia tengut fer, e procurar, e
-donar obra, que dita Dona Lucretia sia tramesa adespeses
-de sua R<sup>ma</sup> S<sup>ia</sup> e venga en Regne de Valentia e aço dins terme
-de un alter anny comtador del dia del contracte del matrimonj
-per paraules de present entre Don Cherubi Joan e dona
-Lucretia damunt dits o aço, sots les penes jusscrites.
-</p>
-
-<p>
-Item es concordat e pactat entre les dites parts que apres
-dita dona Lucretia sera venguda en Regne de Valentia, ella
-e dit Don Cherubi Joan sien tenguts de solempnizar dit matrimonj,
-en faz dla esglia e consumar aquell, e aço, en continent,
-o alpus tart dins terme de sis meses contadors del dia
-dela venguda de dita Dona Lucretia en dit Regne, et aço per
-part sua, procurara e fara meter enobra, ab effecte, dit R<sup>mo</sup>
-Car<sup>al</sup>, e don Cherubi Joan ho exemtara per sa part sots les
-penes de jusscrites e posades.
-</p>
-
-<p>
-Item es mes pactat, e concordat entre les dites parts que
-dins un mes apres de contractat e fermat de matrimonj per
-paraules de put entre los sobredits don Cherubi Joan, e dona
-Lucretia per obs de luir e quitar aquells huyt Milia e trescents
-trenta tres sous quater diners censsals que per lo dit
-noble Don Cherubi Joan de Centelles foer originalment carregats
-al spectable <span class="smcap">Comte de Oliva</span> germa seu ab Carta rebuda
-per n Antoni barreda not. dla ciutat de Valentia, e lo
-qual censal de present sefa a diverses persones per lo dit
-noble Don Cherubi se carregar es faça carregament ala dita
-noble Dona Lucretia e axi que la proprietat, e preu de dit
-censal sia convertida en luisio e quitament del dit censal, e
-la dita noble dona Lucretia per lo dit censal carregador succexea
-en los drets de prioritat, e potioritat del dit censal
-delqual sera fet quitament.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts per
-conservatio de pau, e amor que los cent, e deu milia sous
-ques han apagar per lo dit Ill. Don Joan de Borja Duc de
-Gandia se paga<span class="over">r</span>, e sien pagatr ab tot effecte quinze dies ans
-<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span>
-de la solemnjzatio, e consumatio de dit matrimonj al dit noble
-don Cherubi Joan de Centelles.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concondat entre les dites parts que
-la summa restant de la principal, e integra quantitat del dot
-que son CCCXXX milia suos, dels quals segons damunt es
-dit sen de luexe e de falque lo que sera despes per obs de
-luir e quitar lo Censal sobredit de VIII milia CCCXXXIII suos
-de renda carregat per lo dit Don Cherubi Joan de Centelles,
-e Cent, e deu milia suos del Duc de Gandia com damunt es
-dit. e XXX milia sous de Joyes, e arreus a dita dona Lucretia
-per dit R<sup>mo</sup> S<sup>or </sup> Car<sup>al</sup> donats, quinze dies ans, de solemnizar
-en fas de la esglia e consumar aquell dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> Car<sup>al</sup> promet
-pagar, o fer pagar, e ab effecte consignar tota dita restant
-quantitat comprenent en aquella los huytanta milia suos,
-adita Dona Lucretia donats per dits R<sup>nt</sup> proto<sup>n</sup> Don Cesar, e
-don Jofre germans seus, laqual sia convertida en compra e
-carregaments de censals en loc tut e segur en nom de dita
-noble Dona Lucretia di Borja a tota utilitat, e profit, e seguretat
-de aquella en axi que si lo dit spectable Comte de oliva
-volia pender et haver ladita quantitat per via de carregament
-de censal per luir e quitar censals anties, que fan,
-e responer lo comdat, e heretat de aquell, e ab carreo dels
-quals es hereu del spectable comte de oliva quondam pare de
-aquell, que de la dita quantitat se faça carreggament o carregaments
-de censals quants volra lo dit spectable comte de
-oliva, axi que los dits carregament o carregaments sie fets,
-es faç<span class="over">e</span> per luir, e quitar los dits censals anties ab spetial
-parte, de succeir en los drets de prioritat, e potioritat, e entots
-los alters dels dicts censals quitats, e dels qui aquells
-tindran e posseiran a tota utilitat, e seguretat de la dita Dona
-Lucretia de Borja, e dels seus.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que
-si sera cas que por dispositio divina, o alters no sera fet ab
-acabament solemnizat, e consumat lo dit matrimonj entre los
-dits nobles D. Cherubi Joan de Centelles e Dona Lucrezia
-de Borja que en tal cas dit Don Joan Cherubi e sos hereus
-sien tengust, e obligats restituir, e tornar dins terme de sis
-meses tota la quantitat que en nom de dita Dona Lucrezia se
-trobara esser esmerçada, o per dit Don Cherubi en qual se
-vol maña rebuda a dita Dona Lucrezia de Borja e sos hereus
-en contants, o censals esmerçats, e compres, o en carregaments
-e aço a electio, arbiter e mera voluntat dita Dona Lucrezia,
-eñént en electio sua exigir dita quantitat en comtants,
-o endits esmerços, o en carregaments, e enaquest derrer cas
-los censals esmerçats, o comprats de dita quantitat torne e
-sie pleno jure, e sens diminutio alguna, en domini e senyoria
-de la dita Dona Lucrezia de Borja e per obit de aquella en
-<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span>
-domini e senyoria del Ill. Don Joan de Borja Duc de Gandia,
-o hereus de aquell.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es stat pacat e concordat, entre les dites parts,
-que los dits censals comprats que sie sobre lo dit spectable
-comte de oliva, o en altre loc de continent consumat lo dit
-matrimonj axi com es dit, pase e sie en domini e senyoria del
-dit noble don Cherubi Joan de Centelles, a fer e disponder
-de aquelles, com de bens e coses dotals, e les pensions, e
-preu, e proprietat de aquells sie a util e profit del dit noble
-Don Cherubi, dels quals a cautela, la dita noble dona Lucretia
-en paga rata dela dita dot sie tenguts for veuda e transportatio
-al dit noble D. Cherubi Joan, a tota utilitat de aquell la
-qual ara per als dits temps, cas, e loc, fan, e volen haver
-perfeta ab totes ses clausules de evictio, e altres semblans in
-solutum venditionis acostumades juxta lo stil de Regne de
-Valentia, e peritia dels notaris rebedors dels presents capitols.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat, entre les dites parts,
-que morint, e deffalint la dita noble dona Lucretia, lo que
-a deu no platia sens fill, o filla del dit matrimonj que en lo
-prop dit cas dels CCCXXX mil sous puxa solament testar de
-trentamilia suos, e tot lo restant entegrament sens diminutio
-alguna torne e sia del dit Ill. don Joan de Borja Duc de Gandia,
-e dels hereus de aquell e morint e defallint la dita noble
-dona Lucretia ab fill o fills puxa testar de dits CCCXXX milia
-sous, e de la dot a ses planes voluntats.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts,
-que per quant furs del Regne de valentia ales vergens es degut,
-e se deu fer augment e reax o donatio per nupties de la
-mitat de la dot instituida, lo dit noble D. Cherubi Joan fa
-augment, creix e donatio per nupties a la dita noble D. Lucrezia
-de Borja de cent sexanta cinc milia sous de la dita moneda
-per losquals obliga tots sos bens hagust, e per haver ab
-promissio de donar ydonees cautions, e seguretats en semblants
-contractes acostumades.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts,
-que entot cas, temps, e loc, de dot e creix restituidors, o de
-Dot restituidora lo dit noble D. Cherubi promet restituir, e
-sia tengut, e obligat restituir a la dita noble Dona Lucrezia
-de Borja, los dits dot, e creix que <span class="over">p</span>ne universal summa de
-CCCCLXXXXV milia sous. E encas, temps, e loc de risittutio
-de la dita dot promet e sia tengut, e obligat, lo dit doble
-d. Cherubi Joan, restituir los dits CCCXXX mil suos ala dita
-noble D. Lucretia, o aquell a qui pertanyeran segons forma
-dels presents capitols sots obligatio, e ypotheca de tots sos bens
-hagust e havedors, e, ab ydonees cautions, e seguritats, en
-semblants cassos acostumades.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts, que
-<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span>
-entot cas, loc, e temps dels dits dot e creix restituidors per
-seguritat e tuitio de dita noble d. Lucrezia quinze dies ans de
-les nupties, e consumatio de dit matrimonj, sia livrada la
-poss<sup>io</sup> de la dita val de Ayora, locs, e castells, de aquella
-per lo dit noble D. Cherubi Joan de Centelles, o per lo procurador
-de aquella la dita noble d. Lucretia o legitim procurador
-de aquella axi que los vasalls de la dita vall jure tenir
-la dita noble D. Lucrezia per s<sup>ra</sup> fins sia integrament pagada
-dels dits dot, e creix, e fara los fruyts render e regalies propries
-de aquella la qual poss<sup>io</sup> per al dit cas, temps, e loc, sia
-feta atota utilitat de dita noble d. Lucretia, axi com de present
-ab los presents capitols fa, e ha, perfeta lo dit noble d.
-Cherubi, e per quant ladita vall de Ayora, e bens de dit Don
-Cherubi Joan porie esser vinclats o no bastants e sufficients
-a asegurar complidament la restitutio dela quantitat dels dit
-Dot, e Creix fara ab effecte que lo spectable conte de Oliva
-son germa, se obligue ell, e sos bens per la restitutio integrament
-faedora a dita D. Lucretia per dit Dot e Creix.
-</p>
-
-<p>
-Item es mes pactat, e concordat entre les dites parts,
-que per quant lo dit matrimonj se ha de fer per la dita D.
-Lucrezia de Borja ab manament voluntat e ordinatio de R<sup>mo</sup>
-S<sup>or</sup> Car<sup>al</sup> D. Rodrigo de Borja, per ço lo dit R<sup>mo</sup> S<sup>or</sup> D. Rodrigo
-de Borja promet, es obliga, en nom proprij e principalment,
-en qualsevol nom que millor se puxa, a tota utilitat
-e profit del dit noble D. Cherubin, que aquell dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> fara
-curara, e procurara e donara obra, ab tot effecte que la dita
-noble D. Lucretia dins los termens de sobre en altres capitols
-designats fara e complira lo dit matrimonj ab lo dit noble
-D. Cherubi Joan, E lo dit S<sup>or</sup> Car<sup>al</sup> d. Rodrigo, vol esser,
-e sia principalment obligat, en pagar tots los dits CCCXXX
-mil. sous dela dita dot de sus designata, en la forma damunt
-dita, e los quals se done, es, instituexe es (han) apagar, al
-dit noble Don Cherubi, Axique dit R<sup>mo</sup> S.<sup>or</sup> D. Rodrigo puxa
-esser convengut in solidum, e principalment exemtat, per
-rao de dita quantitat sotmetent se, a for, juhi, exame de
-qualsevol jutge e offitial per lo dit noble Don Cherubi, elegidor.
-E si sera cas que la dita noble dona Lucretia pervenguda
-a la edat legitima de fer lo matrimoni segons damunt
-es contengut, revisara fer aquell que en tal cas lo dit Sor
-R<sup>mo</sup> don Rodrigo de Borja vol esser entorregut et ipso facto
-entorrega, e done al dit noble Don Cherubin deu milia florins
-de or en or per tots dans, e interes dels quals dite deumilia
-florins dit S<sup>or</sup> R<sup>mo</sup> ental cas fa donatio per contemplatio
-de matrimonj al dit noble Don Cherubi ab expressa obligatio
-e ypotheca de tots sos bens haguts e per haver.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts,
-que lo dit noble D. Cherubi Joan, prometa axi com de present
-<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span>
-promet, e jura an<span class="over">re</span> S<sup>or</sup> Deu e als sancts quatre evangelis,
-que los presents capitols tendra, e observara, ab tot
-effecte: E solempnement ab la dita noble D. Lucretia venguda,
-a quella edat perfecta, dins los temps, e termens, de
-sus designats, fara, complira, e solempnizara lo dit matrimonj:
-e la dita noble D. Lucretia, en legitima miller pendra
-segons ordinatio de sancta mare esglesia. E si per lo dit noble
-D. Cherubin se feya lo contrari per dans e interesos, et
-alias per la millor forma e maña fer se puxa, a tota utilitat
-de dita noble D. Lucretia, lo dit noble D. Cherubin promet
-donar, e dona a dita noble Dona Lucretia deumilia florins de
-or en or, per rao e contemplatio de qualsevol matrimonj per
-ella ab qualsevol persona faedor, sots obligatio e ypotheca de
-tots sos bens e drets haguts e per haver consentit enaço, e
-expressament obligant se ell, e tots sos bens, lo spectable
-comte de oliva.
-</p>
-
-<p>
-Item mes es pactat, e concordat entre les dites parts,
-que los presents capitols, e quascuns de aquells per si, sien
-executoris e quascuns de aquells sie fetes, e fermades corn
-de present se ferme, carta, e cartes publiques quantes sie
-na<span class="over">o</span>riits a profit e utilitat de les dits parts, e da cascuna delles,
-ab clausules executories ab summissio e renuntiatio de
-for proprij, e de tota appellatio, recors, correctio e real comisio,
-e provisio, e ab varcatio de juy, e ab <span class="over">cl</span>es, jurades
-de no pleaejar ne impetrar restitutio de dans, interesos, e
-despeses, ab expresses obligatio, e ypotheca de tots lurs bens,
-e drets haguts e havedors, et ab los juraments, e penes peccuniaries
-renuntiations necessaries, e ab totes altres cauteles
-juxta la pratica e consuetut del Regne, e peritia de Notari,
-e Notaris en poder dels quals los presents capitols seran fets
-e fermats: <i>Mancano le firme</i>.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<h3 id="doc5"><span class="smcap">Documento</span> N. V.</h3>
-
-<p>
-Reverend<sup>mo</sup> in christo Patri Dno. Dno. C. Car<sup>li</sup> Valentino
-Benefactori meo Primario: — Sub Alex. VI. Pont. Max. Prosperius
-Triumphante Roma Hier. Portius Auditor Alumnus;
-</p>
-
-<p>
-Re<sup>me</sup> et Acutissime Princeps Donec petita reporto,
-non istabo vacuus Borgium Sed accipe carmen. Non minus
-Cesari concivi meo Antisti. Valentino quam M. convenies
-Alex<sup>ro</sup>.
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i06"> <span class="smcap">Ad Bovem Borgia</span>.</p>
-
-</div><div class="stanza">
-<p class="i01">Qui tibi Dive Pater Sacra hec dedit arma: reliquit</p>
-<p class="i02"> Ille animum, mores, ingeniumque simul.</p>
-<p class="i01"><span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span></p>
-<p class="i01">Aurea Saturni redimis sic secula Pastor</p>
-<p class="i02"> Et finitur placido nunc tua Roma jugo</p>
-<p class="i01">Servat Alexandrum populus non munera Sextum</p>
-<p class="i02"> Propte te populus munera Pastor amat</p>
-<p class="i01">Perpetuus foelix memorat tua Roma triumphons</p>
-<p class="i02"> Sedet Alexander florida Secla manet</p>
-<p class="i01">Qui modo Rumuleos tutatur et equora Campos</p>
-<p class="i02"> Regnat Alexander Secula tuta manent</p>
-<p class="i01">Prosperius priscis, iubilat Tua Roma Triumphis</p>
-<p class="i02"> Et quotiens Sacrum obtinet Alma Bovem</p>
-<p class="i01">Vive diu Bos. Vive diu Bos. Borgia vive</p>
-<p class="i02"> Vivit Alexander Roma beata manet.</p>
-</div></div>
-
-<p>
-(Liber Hartmanni Schedel Nurembergensis artium ac utriusq.
-medicine doctoris. Cod. lat. Monacen. fol. 162.)
-</p>
-
-<h3 id="doc6"><span class="smcap">Documento</span> N. VI.
-<span class="smaller"><i>Beatrice Borgia ad Alessandro VI.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Valenza, 9 settembre 1492.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Sanct<sup>me</sup> ac beat<sup>me</sup> pr.
-</p>
-
-<p>
-Post osculum pedum latorem presencium nobilem Nicholaum
-balbi civem Venetum nrm. legualem clientulum multas
-jacturas in pluribus locis perpessum tue ineffabili sanctitati
-comitimus: ac ipsam humiliter atque devote precamur ut
-nri. causa ipsum tanta gra. condonet ut coram ipsam suum
-valeat denudare animum. Oratio nra apud prefatam Sanctitatem
-vulgaris ne videatur eciam atque eciam suplicamus: ut
-nos erga ipsum eo quo animo confidit agnoscat. Vale. Ex urbe
-valencie Nono Setembris Nonas anno MCCCCLXXXXII.
-</p>
-
-<p class="indl">
-De vra Sanctitate
-</p>
-
-<p class="indr">
-indigne iermana e<br />
-servula Beatrice<br />
-de Borga.
-</p>
-
-<p>
-(Bibl. Marciana in Venezia. Cl. X. Cod. CLXXIV. n. 166.)
-</p>
-
-<h3 id="doc7"><span class="smcap">Documento</span> N. VII.
-<span class="smaller"><i>Scioglimento del contratto di matrimonio
-tra Lucrezia Borgia e Don Gaspare.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-8 novembre 1492.
-</p>
-
-<p>
-In Dei nom. Amen. A. a. nat. D. N. J. Ch. Millmo.
-quatragintesimo nonagesimo secundo pont. S. D. N. D. Alexandri
-<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span>
-div. prov. ppe VI. Ind. XI. mens. Nov. die VIII. Pateat
-omnibus hoc pns public. instrum, inspecturis qualr. in
-presentia mei publ. not. et testium infrascriptor. ad h. spec.
-rogator, constituti personalr. vir spectab. D. <span class="smcap">Antonius de
-porcariis</span> civis rom. assertus curator insignis puelle <span class="smcap">Dne
-Lucretie Borgie</span> Ill<sup>is</sup> d. <span class="smcap">Joannis Borgie Ducis Gandie</span>
-germane sororis et curatoris nomine ipsius parte ex una. Et
-insignis D. <span class="smcap">Joannes Franciscus de prochita Miles et Comes
-de Aversa</span> hispanus et Mag<sup>cus</sup> adolescens D. <span class="smcap">Gaspar</span>
-ejus legit. et naturalis fil. tam suo nomine et pro suo interesse
-quam etiam procuratorio et administratorio nomine dicti
-sui filii ac ejus vice et nomine Mag<sup>ce</sup> et Ill<sup>is</sup> <span class="smcap">dne Leonore
-De Prochita et de Castellecta Comitisse de Aversa</span>
-ipsius dni Joannis Francisci genitricis, parte ex altera. Concorditer
-asserentes et affirmantes qualiter de anno proxime
-preterito 1491, ac de Mense aprilis die ultimo constituti fuerunt
-procuratores ac speciales nuntii per ipsam Dnam Lucretiam
-et praefatum ejus curatorem ac per S. D. N. nunc
-ppam tunc vero Card. et Vicecancellarium Mag<sup>cus</sup> vir D. <span class="smcap">Janfredus
-De Borgia Dnus Baronie de Villa Longa</span> et Dnus
-<span class="smcap">Jacobus Serra</span> tunc Canonicus Valentinus et nunc Archiep.
-Arboren. et dnus <span class="smcap">Matheus Cucia</span> decretor. doctor vicarius
-generalis Valentinus ad contraend. noie ipsius insig. dne.
-Lucretie constituentis legitima sponsalia cum pfato Mag<sup>co</sup> adolescente
-dno Gaspare pubere de presenti legitimum consensum
-importantia cum pactis, dotalibus et nuptialib. ac ornamentorum
-et jocalium promissionib. stipulationib. penis et
-juramentis et aliis cautelis necessariis pensis et expressis in
-quibusd. capitulis p'mo et secundo loco tam per ipsum insignem
-dnum. Joannem franciscum quam per dictam Mag<sup>am</sup>
-dnam Leonoram Comitissam transmissis et acceptatis et dicti
-mandati vigore et ex facultate eisdem tradita et concessa
-dictos omnes procuratores simul sicut dicte partes sponte
-asseruerunt et confesse fuerunt omnia et singula pacta et
-conventiones in dictis capitulis contenta cum dicta sponsalium
-celebratione cum praeindicato dno Gaspare et prefata dna
-Leonora ejusd. Gasparis avia solemni ac legitima stipulatione
-interveniente concluserunt ac firmaverunt et inter cetera
-pacta et capitula inter eos firmata et conclusa actum et conventum
-fuit, quod prefatus tunc R<sup>mus</sup> dnus Vicecancellarius
-teneretur et obligatus esset facere et jurare cum effectu quod
-supra dicta dna Lucretia ejus naturalis filia que tunc nondum
-etatem duodecim annor, impleverat nec impletura erat usque
-ad XVIII<sup>m</sup> diem mensis aprilis postquam viri potens et nubilis
-etatis effecta fuisset ipso etiam Gaspare pubere existente
-prefata Magn<sup>ca</sup> dna Comitissa avia paterna dicti Gasparis et
-dnus Jo. Franciscus ejus pater et legitim, administrator effectualiter
-<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span>
-curare et facere tenerentur quod legitimas nuptias
-cum ea contraheret et statim postq. ipse d. Gaspar XV. sue
-etatis annum implevisset similiter facere et curare teneretur
-pfata dna Comitissa et dnus Jo. Fran. quod ipse d. Gaspar
-eamdem dnam. Lucretiam in suam transferret familiam et
-matrimonium cum ea in facie ecclesie solemniter celebraret
-et consumaret ad omnem simplicem requisicionem prefati
-tunc R<sup>mi</sup> d. Vicecan. et pfati dne Lucretie sub penis infrascriptis
-dummodo ipse tunc R<sup>mus</sup> d. Vicecan. paratus esset
-ipsam d. Lucretiam ad Civitatem Valentinam trasmittere
-prout suis sumptibus transmittere promisit et in casum et
-eventum quod omnia et singula pacta vicissim non implerentur
-aut aliqua dictar. partium contra hentium respective contra
-faceret diceret vel veniret et ad effectum non deduceretur
-tunc una pars alteri et altera alteri respective ut supra que
-in aliquo promissor. contraveniret ad penam decem millium
-florenorum auri parti fidem servanti stipulandorum et applicandor.
-obligaretur. Et specialiter et expresse pfatus tunc
-R<sup>mus</sup> d. Vicecan. in omnem casum et eventum contraventionis
-seu conventionum predictarum teneri et obligari voluit ad
-dandum et solvendum pro interesse ipsorum domine Comitisse
-et dni Joannis Francisci noie dicti d. Gasparis recipientium
-et stipulantium dictam summam decem millium florenor.
-auri Quam quidem summam ex tunc contemplatione matrimonii
-et propter nuptias idem R<sup>mus</sup> tunc dnus Vicecan. donavit
-et donationis titulo dedit dicto dno Gaspari et patri et
-avie pro eo ut supra stipulantibus. Que quidem omnia et singula
-alterutri et vicis sim perpetuo observare et observari
-facere promiserunt et contra non facere, dicere, vel venire, et
-ita iuraverunt solemniter pfato iuramento tactisque per eos
-sacris evangeliorum scripturis et sub dicta pena decem millium
-florenorum auri parti fidem servanti applicandorum rato
-modo semper manent pacto prout hec in effectu et substantia
-et alia plurima in dictis pactis et capitulis latius apparere
-dignoscitur. Unde pfatus d. Antonius de porcariis assertus
-curator pfate d. Lucretie ex una et pfatus d. Joan. Franciscus
-pr. et legitimus administrator et curator prout ipse asseruit
-dicti dni Gasparis sui filii parte ex altera concorditer asserentes
-et affirmantes dicta sponsalia fuisse per verba de
-presenti vis volo ac modo predicto cum dictis procuratorib.
-legitimum et speciale mandatum tenentibus contracta ac predicta
-omnia et singula vera fuisse et esse ex certis respectibus
-et causis animum ipsor. inducentibus mature ac perpenso
-consilio et deliberatione precedentibus ad infrascripta
-nova pacta et conventiones solemni ac legitima stipulatione
-interveniente concorditer devenerunt vl. quia prenominatus
-Mag<sup>cus</sup> et insig. D. Joan. Franciscus pater et legitim. administrator
-<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span>
-assertusque curator dicti d. Gasparis pro quo et de
-rato et rati habitione promisit et se facturum et curaturum
-quod dictus ejus fil. nullo unquam tempore contrafacere dicere
-vel venire maxime ratione sue minoris etatis et adversus
-infrascripta in integrum restitutionis beneficium non postulabit,
-ac una cum eo et ipse dnus Gaspar cum consensu et
-auctoritate dicti sui patris presentis, nec non cum presentia
-et auctoritate eximii legum doctoris domini <span class="smcap">Simonis de Carofolis</span>
-de Spoleto Ordinarii Judicis Capitolii et presentis Ill.
-alme urbis senatoris locum tenentis ibidem astantis et pro
-tribunali sedentis, et partium voluntate cognita suum decretum
-et sui ufficii ad postulationem supradicti dni Joannis
-Francisci suo et dicti sui filii nomine postulantis auctoritatem
-interponentis. Qui et insignis dnus Joannes franciscus
-se et bona sua principaliter obligando et pro dicta Mag<sup>ca</sup> dna
-Comitissa ejus matre absente de rato et ratihabitione promisit
-parte ex una: et prefatus d. Antonius de porcariis curator
-et curatorio nomine pfate dne Lucretie promictens dicto nomine
-quod similiter contra non facere vel venire nec restitutionem
-petere parte ex altera concorditer ac mutuo et
-vicissim mutuoque dissensu ex certa eorum et cujusque ipsor.
-scientia nullo juris, aut facti errore ducti ab omnib. et singulis
-dictis pactionib. sponsaliciis seu nuptialib. obligationib.
-promissionib. et penis quocumque vel qualicumque commissis
-vel incursis comictendis vel incurrendis sive ex conventione
-dicte dne Lucretie sive ex conventione pfati dni Gasparis,
-sive etiam ipsorum patrum seu quovis alio modo
-sponte recesserunt dictosque omnes et singulos contractus et
-sponsalia per verba de presenti ut supra contracta et omnia
-et sing. pacta et capitula etiam juramento firmata <span class="smcap lowercase">DISSOLVERUNT
-ET RESOLVERUNT</span> et pro dissolutis et resolutis haberi
-voluerunt omniaque et singula istrumenta et cautiones et
-scripturas publicas vel privatas desuper confectas et confecta
-cassaverunt cancellaverunt et aboluerunt cessari et cancellari
-et aboleri mandaverunt et pro cassis irritis et nullis haberi
-voluerunt itaq. nullum de cetero producere possint nec valeant
-juris aut executionis effectum Renuntiantes mutuo ac
-vicissim una pars alteri et altera alteri cum solem. pacto de
-perpetuo amplius non petendo omnib. et singulis iuribus
-et actionib. tam realib. quam personalib. utilib. et directis
-civilib. et pretoriis ipothecariis seu mixtis et in rem scriptis
-eisdem aut aliam ipsorum competentibus seu competituris
-acquisitis seu acquirendis ex dictis conventionib. stipulationib.
-et penis contractis seu contrahendis et presertim ex
-causa donationis contemplatione matrimonii dicto dno Gaspari
-ut prefertur in locum contraventionis per tunc R<sup>mum</sup> d. Vicecanc.
-et nunc ppam ut dictum est facte que cum ob dictam
-<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span>
-causam facta fuerit causa cessante locum habere non debet
-me notario ut publica persona presenti recipienti et legitime
-stip<sup>ti</sup> pro dictis partibus et qualib. ipsarum tam presentib.
-quam absentib. et pro ear. et cujusq. ipsar. heredib. et successorib.
-omnibusque quor. interest vel intererit in futur.
-etiam aliqua nova legitima stipulatione interveniente et acceptilatione
-solemniter subsequente Amplius etiam voluerunt
-et convenerunt dicte partes ex novo pacto solemni stipulato
-ut supra firmato quod dictis priorib. capitulis conventionib.
-juramentis et penis appositis non obstantib. liceat et permissum
-sit pfate D. Lucretie libere et impune legitimas nuptias
-ac legitimum matrimonium cum quocumque alio sibi placuerint
-contrahere ac perficere et consumare quandocumque et
-quod penitus et omnino libera et soluta remaneat perinde
-ac si nunquam dicta priora capitula et sponsalia cum stipulationib.
-dictar. penar. et cum dictis jura<sup>tis</sup> facta aut celebrata
-fuissent sperantes quod praef. S. d. n. d. Alexander ppa sextus
-ex sua clementia ad supplicationem eorundem super dissolutione
-dictor. sponsalium ut supra per verba de punti contractor.
-et si juramentum intervenisset per bullam suae s<sup>tis</sup>
-opportune dispensare dignabitur ac dispensationem concedere
-gratiose. Et pro majori et abundantiori cautela et validatione
-premissorum Idem insignis d. Jo. Fran. pater et legit. administrator
-assertusque curator pfati D. Gasparis sui filii et curatorio
-ed administratorio noie ipsius nec non et ipse dnus
-Gaspar cum pntia consensu et auctoritate dicti sui pris et
-curatoris constituti personaliter coram pfato Judice et locumten.
-Senatoris pro tribunali sedenti in quod. scamno ligneo
-in loco infrascripto quem locum pro juridico tribunali
-elegit pro validitate presentis actus sponte in ejus jurisdictionem
-consentientes et illam prorogantes petierunt hunc presenti
-contractui et omnib. contentis in eo suam et sui officii
-pdicti auctoritatem ac solenne decretum interponi. Supradict.
-vero dom. locumtenens judex sedens ut supra visis et diligenter
-cognitis perspectis omnib. et singul. instrumentis
-pactor. et capitulor. promissionum stipulationum ac penar.
-matureque consideratis presentib. novis pactis dissolutionis et
-dissensus ac annullationis et irritationis contractuum propter
-periculum incursus penarum in eisdem adiectarum concorditer
-ut supra firmatis et conclusis suam in his ei dicti sui officii
-auctoritatem et decretum solemniter interposuit cum
-meliori modo via et forma quibus magis et melius de jure
-fieri potest et debet ipsis dno Johanne Francisco et filio presentibus
-ac petentib. dictoque D. Antonio curatore pfate D. Lucretie
-curatorio noie acceptante. Que quidem oia et singula
-una pars alteri et altera alteri mutuo et vicissim ac concorditer
-perpetuo attendere et observare respective promiserunt
-<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span>
-contraque non facere ut supra ad penam et sub pena viginti
-millium florenor. auri de C<sup>ra</sup> pro dimidia parte pacti fidem
-servanti et pro alia dimid. parte camere aplice. applicandor.
-me notario ut supra stipulante, pro dicta Camera et partib.
-ac pro heredib. et successorib. ear. omnibusque quor. interest
-ut supra sub obligatione et ipotheca omnium bonor.
-pfati D. Joannis Francisci mobilium et immobilium presentium
-et futuror. ac etiam pfate D. Lucretie pro quib. obligaverunt
-sese ambe partes in forma Camere aplice ampliori
-submittentes se coherctioni ac jurisdictioni dni Auditoris Camere
-cum constitutione procure et aliis clausis et cautelis ac
-renuntiationib. consuetis ac necessariis in similibus contractib.
-in forma Camere adhiberi consuetis et cum potestate extendendi
-in pleniori forma Camere aplice et juraverunt dictus
-D. Antonius curator et curatorio noie ac prenominatus
-D. Joan. Franciscus pater et curator unacum dicto Gaspare
-ejus filio tactis corporaliter sacris scripturis promissa oia et
-singula perpetuo attendere et observare et observari facere
-ut supradictum est et contra non venire aliqua ratione iure
-ttº seu causa nec aliquo quesito ingenio vel colore Rogaveruntque
-me notarium ut de predictis publicum conficerem
-instrumentum unum vel plura et totiens quotiens fuerim requisitus
-et dederunt potestatem extendendi non mutata substantia
-veritatis. Acta fuerunt hec Rome in palatio aplico in
-aula pontificis pntibus audientib. et intelligentib. infrascriptis
-testibus vd. Venerabil. ac integerrimis viris dnis <span class="smcap">Jacobo de
-Casanova</span> Canonico et preposito Ecclie Valentine domino <span class="smcap">petro
-Caranza</span> canonico toletan. dno <span class="smcap">Bernardo classio</span> Notario
-regio valentin. testib. ad hoc de partium consensu et voluntate
-specialiter convocatis et rogatis.
-</p>
-
-<p>
-Eodem anno pontif. jndictione mense et die quib. supra
-post predicta sic ut prefetur, inter dictas partes conclusa, et
-firmata Idem Insignis dnus Joannes franciscus sperans adhuc
-quod hujusmodi matrimonium divina favente gra suum divinum
-sortiri et consequi possit effectum promisit et solemni
-pactione et stipulatione interveniente convenit S<sup>mo</sup> D. N. D.
-Alexandro sexto pont. max.º pnti et sicut dixit id pariformiter
-optanti et acceptanti facere et curare cum effectu quod dictus
-dom. Gaspar ejus filius durante tpre unius anni alias nuptias
-aut sponsalia cum aliqua non contrahet nec celebrabit nisi
-interim prefata dna Lucretia nova sponsalia per verba vis
-volo legitimum consensum inducentia cum alio contrahere
-voluerit aut alias nuptias celebraret qua causa etiam ipsum
-dnum Gasparem liberum fore et esse et libere cum aliis
-nuptias contrahere posse voluerunt et convenerunt. Alias vero
-contrafaciendo Idem Insignis D. Johannes Franciscus sponte
-se obligavit et teneri voluit pfato S<sup>mo</sup> Dno N. ppe ad solvendum
-<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span>
-pro pena et pene noie summam duor. millium ducator.
-auri in omnem eventum contraventionis eid. S<sup>mo</sup> D. N. ppe
-applicandor. me notº ut publica persona pnte et legitime stipulante
-pro ipso S<sup>mo</sup> D. N. pnte et pro dicta dna Lucretia
-absente omnibusq. quor. interest vel intererit in futurum. Et
-pro his firmiter et inviolabiliter observandis obligavit se dictus
-insignis dnus Joannis franciscus ac oia et singula ejus bona
-mobilia et immobilia pntia et futura in plenissima forma
-Cam<sup>re</sup> aplice ut supra et voluit pro predictis posse conveniri
-et agi Rome Valentie et in omni loco et foro et coram quocunque
-judice ecclesiastico vel seculari et omni tpre et feriato
-et feriatis diebus quibus renunciavit expresse Renunciavit et
-privilegio fori et omnib. aliis exceptionibus et defentionibus quibus
-contravenire posset. Et juravit ad scta dei evangelia tactis
-sacris scripturis pdicta oia et singula attendere observare et contra
-non facere dicere vel venire sub dicta obligatione et pena
-et vinculo dicti prestiti juramenti. Rogaveruntque me notarium
-ut de predictis publicum conficiam instrumentum unum vel
-plura et totiens quotiens fuerim requisitus. Acta fuerunt hec
-in dicto palatio aplico in Camera juxta salam magnam pontificum
-pntibus R<sup>do</sup> pre dno <span class="smcap">Joanne Lopis</span> ejusdem S<sup>mi</sup> d<sup>ni</sup>
-nri ppe datario et dno <span class="smcap lowercase">PETRO CARANZA</span> supra nominato ejusd.
-dni nri cubiculario testibus ad premissa specialiter vocatis
-et rogatis.
-</p>
-
-<p>
-Et ego Camillus de Beneimbene juris doctor Romanus
-civis publicus Imperiali auctoritate notarius de omnibus et
-singulis sponsalium dissolutionibus et penarum remissionibus
-ac renunciationib. pactis et conventionibus et promissionib.
-et aliis supra contentis et expressis a prenominatis partibus
-Rogatus ut in publicam notam redigerem in aliis publicis
-negotiis ad psens impeditus per alium michi fidum domesticumque
-Notarium scribi feci ac propria manu subscripsi et
-publicavi solitoque signo notavi in fidem et testimonium
-omnium et singulorum premissorum.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio della Confraternitas S. Salvatoris
-ad Sancta Sanctorum in Roma.)
-</p>
-
-<h3 id="doc8"><span class="smcap">Documento</span> N. VIII.
-<span class="smaller"><i>Ercole d'Este ad Alessandro VI.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Ferrara, 3 gennaio 1493.
-</p>
-
-<p>
-Sanct<sup>me</sup> ac beat<sup>me</sup> Pater et Dne., Domine mi colendiss<sup>me</sup>
-humillima post beatorum pedum oscula commendatione exhibita.
-Quae jampridem de B<sup>ne</sup> Vra. maximis laudibus extollenda
-<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span>
-cognovi, nunc etiam ex litteris R<sup>di</sup> D. epi. Mutinen.
-Legati apud S<sup>tem</sup> Vram mei, et non solum dilect<sup>mi</sup> Primogeniti
-mie Alfonsi, sed etiam omnium qui ei comites fuerunt,
-relatu ampl<sup>mo</sup> accepi, de singulari B<sup>nis</sup> Vrae in omnes, praesertim
-erga me, meosque benignitate, liberalitate, gratia,
-humanitate, et ineffabili caritate, qua in adventu istus suo,
-et semper dum apud eam commoratus est, ipsam complexa
-fuit, quibus ex causis, omnia quae possim jamdudum S<sup>ti</sup> Vrae
-debentem, nunc ea etiam et plura quam valeam B<sup>ni</sup> Vrae
-debere profiteor, immortales et quantas universus orbis animo
-concipere possit, ei gratias habens et agens servitor ego
-ipsius devot<sup>mus</sup>, et ad quaecunque sibi secunda grataque paratissimus,
-cui etiam atque etiam humillime me, meosque
-omnes commendatissimos esse volo et cupeo. Ferrariae III.
-Januarii 1493.
-</p>
-
-<p>
-Ejusdem Sanc<sup>tis</sup> V.
-</p>
-
-<p class="indr">
-filius et servitor hercules Dux Ferrariae etc.<br />
- <span class="indr1">Siverius.</span>
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Bibl. Marciana in Venezia. Lat. Cl. X. Cod. CLXXVI.)
-</p>
-
-<h3 id="doc9"><span class="smcap">Documento</span> N. IX.
-<span class="smaller"><i>Minuta delle tavole nuziali tra Lucrezia Borgia
-e Giovanni Sforza.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-2 febbraio 1493.
-</p>
-
-<p>
-In nom. indiv. trinit. Anno a nat. D. N. J. Ch. Millº
-CCCCLXXXXIII. pont. S<sup>mi</sup> D<sup>ni</sup> N<sup>ri</sup> D<sup>ni</sup> Alexandri div. prov.
-PP. VI. Ind. XI. m. februarii die secundo pateat omnibus....
-qualiter constitutus aput presentiam prefati s<sup>mi</sup> d<sup>ni</sup> nri pape
-mag<sup>cus</sup> ac preclarus juris doctor dnus Nicolaus de Savano pisauriensis
-orator et procurator ac specialis nuntius ab illustri et
-potenti dno dno <span class="smcap">Johe Sforzia de Aragona</span> comite cotognole ac
-civitatis pisauri ejusque comitatus pro s<sup>mo</sup> d<sup>no</sup> nro antefato et
-pro sede aplica generali in temporalib. vicario spetialiter ab
-hoc constitutus ac destinatus habens ad infrascripta oia et sing.
-peragenda plenum et spetiale mandatum sicut apparet ex pub.
-docum. de eod. anno pontif. indict. quib. supra mense januarii
-die vero VIIII dicti mensis januarii in dicta civitate pisauri
-in camera giardini curie et domor. pfati ill. dni constituentis
-site in quarterio s. Jacobi juxta plateam curie vias publicas et
-alia latera in presentia spectabilium viror. magn. Johis francisa
-de arditiis ductoris physici de pesauro et dni ludovici
-cardani de turricellis parmens. ejusd. ill. dni cancellarii testium
-adhibitor. et convocator. per dnum Johannem de Germanis
-<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span>
-de Austria civem pisauriens. pub. apost<sup>a</sup> et Imper. auctoritae
-notarium de eo rogatum et in pub<sup>ca</sup> forma redactum.
-Cum Iris testimonialib. potestatis consilii et comunis ejusd.
-civitatis pisauri cum sigillo dicte civitatis (sicut) apparet per me
-notarium et testes visum lectum et penes et aput me pro
-habundantiori cautela et fide dimissum ac virtute dicti mandati
-et facultatis sibi concesse procuratorio noie pdicto Ad infrascripta
-capitula et pacta sponsalitia cum pfato s<sup>mo</sup> dno Nro.
-D. Alex. pp. VI. et inter eos in dei noie concorditer conclusa
-et sollemni stipulatione firmata devenit quae sunt ista videl.
-</p>
-
-<p>
-Quia pfatus S. D. N. d.<sup>nus</sup> Alexander sextus pont. max.
-sponte ac libere promisit pfato mag<sup>co</sup> d<sup>no</sup> Nicolao ut procuratori
-ac nuntio pfati Ill. d<sup>ni</sup> Johis Sforzie presenti et dicto
-nomine recipienti dare traddere assignare et consignare in legitimam
-sponsam et uxorem pfati Ill. d<sup>ni</sup> Johis Sfortie de Aragonia
-Illustrem et eccellentem d<sup>nam</sup> <span class="smcap">Lucretiam Borgiam</span> virginem
-incorruptam etatis jam nubilis existentem Illustris et
-excell. dni dne <span class="smcap">Johis Borgie Ducis Gandie</span> germanam sororem
-eidemque S<sup>mo</sup> d<sup>no</sup> nro. PP. dilectissimam cum dote et dotis
-nomine triginta et unum milium ducatorum ad computum
-decem carlen. pro quolib. ducato de quibus triginta unum
-milib. duc. quinque milia et quingenta solvi debent per praefat.
-Ill. domin. Johem ejus fratrem virtute relicti eidem ill.
-dne Lucretie in testam. quond. bon. mem. dni <span class="smcap">Ludovici quond.
-ducis Gandie</span> sui fratris defuncti facti videlicet de undecim
-milib. florenor. monete usualis valentiae quae faciunt et costituunt
-dictam summam vel ad circa. Alia vero decem milia
-ducator. solvi et tradi debent in vestibus jocalibus monilibus
-vasis argenteis et suppellectibus aliisq. ornamentis et reb. ad
-usum illustrium mulierum dictam summam decem mill. ducator.
-secund. comunem existimationem fiendam bene valentibus.
-Residuum vero usq.; ad summam XXX unius milium
-duc. solvere promisit id s<sup>mus</sup> D. n. de pecuniis alias constitutis
-pro dote ejusd. in pecunia numerata promisitq. id. s<sup>mus</sup> d.
-n. facere et cum effectu curare quod dicta ill. D. Lucretia
-consentiet et legitim. consens. prestabit ad. dic. matrimonium
-contrahend. ipsumq. matrimonium perficiet et ad effect. deducet
-sub pena infrascripta et versa vice pfatus mag<sup>cus</sup> d. Nicolaus
-procur. quo supra noie sponte et libere et supra promisit
-et convenit prefato s<sup>mo</sup> dno nro dno Alex. pp. VI<sup>to</sup> presenti
-et recipienti noie dicte Ill. dne Lucretie quod prefat. Ill. dnus
-Johes Sforzia de Aragonia accipiet in suam legit, sponsam et
-uxor prefatam Ill. dnam Lucretiam cum dote et jocalib. et
-ornamentis et supellectib. predictis ad dict. summ. triginta
-unius millium ducat. ascendentib. et q. consentient et legit,
-consensum prestabit in dicto matrimonio contrahendo et copulando
-et per verba de presenti vis volo legit<sup>m</sup> consensum importantia
-<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span>
-nec non et quod infra unum annum proxime futurum
-incipiendo a die presentis contractus ipsam dnam lucretiam
-prefat. Ill. dnus Johes Sforzia in suam familiam transferet et
-ad suam domum ducet et cum ea inseparable matrim. copulabit.
-et interim durante dicto anno etiam quandocunque fuerit
-a prefato s<sup>mo</sup> d. n. pp. interpellatus seu requisitus ad oem
-simplicem requisition. seu interpellation. prefati s<sup>mi</sup> d. n. cum
-effectu paratum se obtulit, promisit et dictam dotem et jocalia
-constituta integraliter et effectualiter solvere dum et quando
-ipse ill. dnus Johes etiam cum effectu paratus fuerit ipsum
-in uxor. ducere et in matrimonio collocare et ipsum matrim.
-carnali copula interveniente perficere Itaq. eadem die qua dictum
-matrimon. consumabitur dicta integra solutio et satisfactio
-fiat et impleatur Insuper solemni pacto et stipulatione intervenientib.
-convenerunt quod in casum et eventum quo
-dictum Matrimonium nullis suscepit comunib. liberis ex eo
-nascituris quod deus avertat, dissolveretur dicto casu viro predecedente
-dicta integra dos absq. diminutione et omnia et sing.
-jocalia et ornamenta et supellectilia ac vasamenta que consumpta
-non fuerint, et eo modo et in ea qualitate in qua tunc
-erunt et reperentur redantur et restituantur ipsi ill. dne lucretie
-si viserit Idemq. locum habeat liberis etiam extantib. viro
-precedente et uxore superstite filiis vero extantib. et uxore
-precedente vir dotem lucretur ad usufructum salva proprietate
-et substantia pro dictis comunib. liberis Sed si ipsa dna lucretia
-viro premoriatur liberis non extantib. integra dos predicta
-reddatur dicto ill. dno Johi Borgie duci Gandie et suis
-heredib. et similiter jocalia non consumpta eid. restituantur
-cui Illustri dno Johi dicto casu quo prefata ill. dna lucretia
-ejus soror sine liberis decesserit ex tunc dicta dos et jocalia
-censeantur eidem donata et ita ex nunc dicto casu prefatus
-S<sup>mus</sup> D. N. pp liberaliter donavit et donationis titulo
-inter vivos irrevacabiliter eid. ill. dno Johi Borgie presenti
-et acceptanti ac legitime stipulanti pro se ipso ac etiam pro
-suis heredib. Idem S<sup>m.</sup> d. n. sponte et libere donat transfert
-cedit et mandat cum omnib. jurib. et actub. ad faciendum
-et disponendum pro suo et suor. hered. libito et voluntate
-me not. ut pub. persona presente et legit. stipulante pro
-dicto Ill. dno Johe Borgia et suis heredib. predictis. Amplius
-convenerunt quod in casu et casib. restitutionis dotis et
-jocalium et ornamentor. predictor. nihil lucraretur nec vir nec
-uxor sive ex casu donationis propter nuptias sive ex alio jure
-municipali vel consuetudine in urbe Romana sive in dicta civitate
-pisauri vigentib. de lucranda parte dotis seu donationis
-propter nuptias sive ut dr. antefato aquirendis quib. omnib.
-et sing. legib. statutis municipalib. vel consuetudinib. locor.
-quoad dictum effectum lucrande dotis seu donationis propter
-<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span>
-nuptias renuntiaver. expresse. Exceptis tamen donationib. et
-largitionib. que mutuo fieri consueverunt, et fieri contigerunt
-sive ex parte viri ipsi sponse tam a viro quam ab aliis etiam
-contemplatione viri sive ex parte sponse ipsi viro etiam per
-alios quoscunque contemplatione sponse que omnia et sing.
-convenerunt quod sint et esse censeantur mutuo et concorditer
-ac vicissim comuni consensu interveniente donata et nullo unq.
-tpre repeti posse ab eis vel heredib. et successorib. ipsor vel
-alterius eorum quia sic mutuo donare placuit.
-</p>
-
-<p>
-Que quid. omnia et sing. dictus procurator quo supra
-noie promisit et convenit prefato S<sup>mo</sup> dno nro pp presenti recipienti
-et acceptanti pro se et quib. supra nominib. et michi
-Not. facere ratificari per dict. Ill. dnum Johem Sfortiam de
-aragonia principalem suum infra spatium unius mensis proxime
-futuri incoandum a die presentis contractus et solenne
-instrum. ratificationis cum renuntiatione omnium exception.
-et defensionum juris et facti quibus contrafacere dicere vel
-venire posset in publica forma transmictere seu transmicti
-facere et curare et in manib. prefati s<sup>mi</sup> D. N. traddere quo
-quib. oib. et sing. observandis ac firmiter adimplendis dict.
-procur. quo supra noie obligavit et ypotecavit oia et sing. bona
-ipsius Ill. dni Johis sui principalis mobilia et stabilia presentia
-et futura et totum statum ejusdem et similiter prefatus
-S<sup>mus</sup> D. nr. obligavit oia et sing. bona sua temporalia presentia
-et futura promictentes mutuo ac vicissim promissa oia et sing.
-perpetuo attendere et observare rata grata et firma habere
-contraque non facere dicere vel venire ad penam et sub pena
-viginti milium ducat. parti fidem servanti applicandor. totiens
-commictenda quotiens contra factum vel aliter conventum
-fuerit me Not. etc. obligando prefatus mag<sup>cus</sup> D. Nicolaus procurator
-prefatum Ill. dnum Johem in amplissima forma Camere
-apostol. et cum potestate extendendi et jurantes etiam
-vid. prefatus S<sup>mus</sup> D. N. pp in conscientia anime suo ponendo
-manum ad pectus et prefatus dn. Nicolaus tactis sacris scripturis
-rogantesque me Not. etc.
-</p>
-
-<p>
-Post que incontinenti in presentia me ejusd. Not. et testium
-infrascript. et in eod. loco prefata Illustris. dna Lucretia
-Borgia ad interrogationem mei Not. publ. in presentia dicti
-Mag<sup>ci</sup> dni Nicolai de Savano procur. ac specialis nuntii prefati
-Ill. dni Johis Sforzie interrogantis si ipsa mag<sup>ca</sup> dna Lucretia
-habere velit, et tenere in suum legit, maritum ipm Ill. d. Johannem
-juxta et sec. ordinationem S. matris Eccl. sponte ac
-libere respondit Volo Et dictus mag<sup>cus</sup> dn. Nicolaus proc. ac
-spetialis nunt. ad hoc deputatus sicut de ejus mandato ex publ.
-instrumento scripto et publicato manu ejusd. dni Johis de Germani
-pub<sup>ci.</sup> Notari sub eisd. anno pont. Ind. et mense januarii
-die vero IIII et in ead. camera et loco presentib. mag<sup>co</sup> et
-<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span>
-generoso viro dno Johe Francº de capoinsacchis de Arimino
-juris utr. doctore potestate pisaurien. et nobili viro Francº Stefani
-letio magistro dom. ejusd. Ill. dn. Johis cum literis testimonialib.
-per me Not. et testes viso et lecto pariformiter interrogatus
-si dict. Ill. dnus Johes velit similit. accipere et habere
-et tenere in ejus legit. uxorem et procuratorio noie predicto
-respondit Volo et sic per verba vis volo legit. consensum in
-presentia inducentia dict. matrimon. et legitim. nuptias contraxerunt
-me not. etc. et subsequenter immediate prefat.
-mag<sup>cus</sup> d. Nicolaus procur. quo supra noie pro majori sollenitate
-actus dicti sponsalium per verba de presenti ut prefertur
-solleniter contractarum accepto gemino anulo aurato
-cum lapide pretioso unum ex eis in digito anulari manus sinist.
-cujus vena ducitur ad cor immisit et alterum in alio
-digito ipsum ill. dnum Johan. dicto noie disponsavit et subarrando
-cum meliori mo. Rogaveruntq. me notarium etc.
-</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec in palatio apº in camera sita post lovium
-vid. in ea parte palatii que fabricata fuit per fe. re.
-dnum Innocentium pp VIII presentib. mag<sup>co</sup> viro dno Stefano
-oratore Ill. ducis Mediolanensis ac R<sup>dis</sup> ptrib. dno Johe lopis
-ep. perusino dno Bernardino lunen. protho. et secret. ap<sup>co</sup> et
-dni nri. pp. et dno Jacobo de casanova dno petro caranzio
-dno Johe Marades dno Antonio Cubiculariis ejus. S<sup>mi</sup> d. n.
-pp pro testibus una mecum adhibitis et rogatis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<h3 id="doc10"><span class="smcap">Documento</span> N. X.
-<span class="smaller"><i>Gianandrea Boccaccio al Duca di Ferrara.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 13 giugno 1493.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Ill<sup>mo</sup> Signor mio..........
-</p>
-
-<p>
-Hieri che furono XII. del dicto celebrate fuerunt publice
-le spondalizie in palatio cum maxima pompa et apparatu vocatis
-oib. matronis romanis, ac etiam principalioribus civibus, et
-multis cardinalibus numero decem interfuerunt et pont. in
-solio majestatis sedens, in medio dictor. Card. palatio et domib.
-undique plenis gentibus pro admiratione tante rei, il prefato
-signor di Pesaro, con le debite solemnitade desponsò la dona,
-et statim il vescovo di Concordia hebe una degnissima oratione.
-Non li interveneno per altro oratori, se non el Venetiano,
-Milanese et io, et in fino uno de quelli del Re di
-Francia.........
-</p>
-
-<p>
-Parse al rev<sup>mo</sup> Ascanio ch'io dovessi fare il donativo fra
-le sponsalitie et sopra di cio ne feci parlare al Papa: li rispuose
-<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span>
-chel non me pareva et che quanto minore demonstratione se
-ne faceva era meglio, non dispiacche a soa sant<sup>a</sup> et così al
-dicto Ascanio: pur dopoi fra loro et alcuni cardinali idest
-quelli se li trovavano vuolsino meglio consultare la cosa, tandem
-omnes convenerunt in sent. meam, et così il P. dopoi
-me chiamo, et dissemi: ne pare chel se faccia come tu hai
-dicto et così fu ordinato, che al tardo io fosse col donativo
-in palazzo dove S. B.<sup>ne</sup> fece una domestica cena al sposo et
-sposa dove li intraveneno li R<sup>mi</sup> Ascanio, S. Anastasia et Colonna,
-poi la sposa, successive il sposo, drieto il Conte di
-Pitigliano Capitaneo della Chiexia, il S. Julio Ursino, demum
-Madona <span class="smcap">Julia de Farnese</span>, de qua est tantus sermo, madona
-Theodorina com la figliola marchesana de Gerazo, nomine
-una figliola del dicto Capitaneo dona del signore Angelo Farnese,
-fratello de dicta Madona Julia, seguendo poi uno giovanetto
-fratello del dicto Cardle de la Colonna et M<sup>a</sup> <span class="smcap">Adriana
-Ursina</span>, la quale è socera de la dicta madona Julia, che ha
-sempre governata essa sposa in casa propria per essere in
-loco de nepote del Pontefice, la fu figliola de messer Piedro
-de Milla, noto a V. E<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup>, cosino carnale del Papa. Depositis
-mensis, che fu circa le 3 et quattro hore de nocte per
-parte dell'Ill<sup>mo</sup> Duca di Milano fu facto il donativo suo a la sposa
-et fu de cinche peze de varii brocati d'oro, con doe annelle:
-videl. uno diamante et uno rubino in tutto de extima de 1000
-ducati segondo fu apparenter judicato: poi io feci quello di
-V. Ill<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup> con le accomodate parolle de congratulatione et
-letitia del parentado, et oblatione amplissima: molto piache
-al papa il dono, el quale ultra tutti gli altri fu laudato et comendato,
-et meritamente per esser sei vasi molti honorati et
-richi: videl. doi bacilli con doi bochali grandissimi tutti dorati
-a la ragusea, et doi fiaschi segondo Lei ben sa. Oltre la sposa
-et sposo il Papa ne riferisse infinite grazie a V. E<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup>: la
-non potria credere quanto le sia stato grato, poi Ascanio fece
-il suo, che fu un apparecchio de credenza, cioè XII. tace
-tante scatelle tanti quadri, un bacilo de bona grandezza con
-suo bochale, quatro piati pur de grandezza: una confectera
-dorata piana a la romanesca; se dice uno mapo, e doe cope
-da bevere piane dorate: il resto senz'oro et lavoro subtile
-tutti politi; se crede de valuta de ducati mille o circa. Il
-Card. di Monreale doe annelle vid. uno zaphiro et uno diamante
-molto degne de pretio de 3000 circa: il protonotaro
-Cesarino uno bacile con suo bochale polito poteva esser di
-valuta de 800 Ducati, il Duca di Candia uno vaso in forma
-de frescatorio de valuta de circa 70 Duc. Il protonotario da
-Lunate uno vaso de certe composizione in forma de diaspro
-ornato dintorno de argento dorato, poteva valere da 60 a 70
-duc. Altri doni non furono facti; a le noce se supplirà per
-<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span>
-li altri cioè Cardinali, oratori et altri et io me ne sforcero fare
-il simile, credesse se farano Domenica proxima, non se sa il
-certo. Dapoi se attese a dansare per le done, et intermedio
-se fece una degna commedia, con molti canti et soni sempre
-assistente il papa e tutti noi altri, quid in pluribus moror?
-Saria un lungo scrivere. Totam noctem consumpsimus; judicet
-modo Ex<sup>ma</sup> Dominatio vestra si bene o male....
-</p>
-
-<p>
-Humiliter me racomando. Rome 13. Junii 1493.
-</p>
-
-<p class="indl">
-E<sup>mo</sup> D. V. humilis
-</p>
-
-<p class="center">
-Servus Jo. andr. ep. mutinensis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc11"><span class="smcap">Documento</span> N. XI.
-<span class="smaller"><i>Lorenzo Pucci al fratello Giannozzo.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 23, 24 dicembre 1493.
-</p>
-
-<p>
-.... Domenica, fra Viterbo e Fabrica mi chiamò (sc.
-il Car<sup>le</sup> Farnese) e disse: Mes<sup>er</sup> Lorenzo, io vego questo parentado
-del Mag<sup>co</sup> il Sig<sup>re</sup> di Faenza fatto, e quando noi
-avessimo potuto darli questa figliuola di Mad.<sup>nna</sup> <span class="smcap">Julia</span> con una
-gran dota chredete voi ch'el si potessi fare, maxime quando
-Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Adriana</span>, con nostro Sig<sup>re</sup> facessi questa cosa?....
-</p>
-
-<p>
-Risposi a S.<sup>a</sup> Rev<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup> che io chredevo che quando
-nostro Sig<sup>re</sup> avessi animo di chollocare questa figluola di Mad<sup>nna</sup>
-Julia a quel Sig<sup>re</sup>, per mezo del Mg<sup>co</sup> Piero, che ancora che
-questo parentado fussi fatto con il Mag<sup>co</sup> e che avessi a' ntrinsicharsi
-con esso speravo che S<sup>a</sup> Mag<sup>tia</sup> quando avessi auto
-animo di darli la figliuola, preporrebbe questa alla sua....
-dicendoli queste parole, che io non chredevo che nostro Sig<sup>re</sup>
-avessi manco afetione in maritare questa puta che Mad<sup>nna</sup>
-Luchretia, sua figlia, sujungendo queste parole, Monsig<sup>re</sup>,
-io non mi so fare intendere altrimenti, io chredo che nostro
-Sig<sup>re</sup> habbia a dare una sua figliuola a questo Signore perchè
-intendessi che io chredo che questa puta sia figlia del Papa,
-come Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Luchretia</span> è nipote di S Rev<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup>....
-</p>
-
-<p>
-E quando il Mag<sup>co</sup> Piero ci si adirizassi chostei è pure
-figliuola del Papa, nipote di Cardinale e figliuola putativa del
-Sig<sup>re</sup> Orsino, al quale nostro Sig<sup>re</sup> darà anchora 3 o 4 chastella
-sono presso a Basanello. E dipoi il Card<sup>le</sup> dice che
-quando il Sig<sup>re</sup> Angniolo non abbia figliuoli, che le loro chastella
-non saranno d'altri, e che questa puta, alla quale il
-Card<sup>le</sup> vuole bene grandissimo, e digià pensa a questa cosa:
-e per questo mezo il Mag<sup>co</sup> Piero si insignorirà del voto di questo
-Cardinale, che sarà obligho indisolabile....
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span>
-</p>
-
-<p>
-E anche io spererei, achordandosi per mezo nostro tal
-cosa, che Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Adriana</span> e Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Julia</span> havessino a operare
-per me in otenere qualche buona chiesa......
-</p>
-
-<p>
-Ammi conferito molte cose il prefato Cardinale da Farnese,
-le quali non sono però da conferirle a ongni huomo,
-per le quali ho cognosciuto che le parole mi disse il primo dì
-lo vidi, quando giunsi, non furno finte, sichè non se ne arà
-altro che commodità di S.<sup>a</sup> Sig.<sup>ria</sup> Piacemi non m'essere aposto
-in nella Maria per avere a restare bugiardo in Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Luchretia</span>
-la quale desidero lo faccia maschio più che lei medesima
-e voi e in ongni modo buon prò li faccia. E salutate
-Mes<sup>er</sup> Francesco e Andrea, per mia parte infinite volte.
-</p>
-
-<p>
-Giannozo mio, hier sera vi schripsi quanto di sopra si
-contiene, dipoi oggi, ch'è la vigilia di Pasqua, cavalcai con
-Monsig<sup>or</sup> da Farnese a palazzo a Vespero papale, e inanzi
-nostro Sig<sup>re</sup> entrassi in capella andai in casa di S<sup>a</sup> M<sup>a</sup> in Portico
-a vedere Mad<sup>nna</sup> Julia la quale trovai che s'era lavata il
-capo, e era insieme con Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Luchretia</span>, figliuola di nostro
-Sig<sup>re</sup>, e Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Adriana</span> allato al fuocho, e lei e Mad<sup>nna</sup>
-Adriana mi vidano tanto volentieri, quanto si potessi dire, e
-Mad<sup>nna</sup> Julia volse li sedessi allato, ringratiandomi dello avere
-condota Mad<sup>nna</sup> <span class="smcap">Jeronima</span> a casa e dicendomi: era necessario
-ch'io la conducessi anchora quà a volerla contentare: e Mad<sup>nna</sup>
-Adriana mi sogiunse e disse: è il vero che ella non abbi licentia
-di venire più quà che a Capodimonte e Marta? Risposi
-non m'esser noto, e che a me bastava aver satisfatto a Mad<sup>nna</sup>
-Julia in chondurla a chasa sua: perocchè per le sua lettere
-me aveva ricerco e che ora era in nelle forze loro lascerei la
-chura a epsa Mad<sup>nna</sup> Julia, alla quale non manchava ingengno
-nelle cose sua de avere a trovarsi con lei, la quale apetiva di
-vedere S<sup>a</sup> Sig<sup>ria</sup> non manco che epsa dimostrava de apetire di
-vedere lei; al che Mad<sup>nna</sup> Julia mi ringratiò assai dicendomi
-tenersi satisfatta da me, e io rachordandole li obblighi avevo
-con S<sup>a</sup> Sig<sup>ria</sup> per quello aveva operato per me, a' quali non
-potevo satisfare più che con avere achonpagnato Mad<sup>nna</sup> Jeronima
-a casa, mi rispose: che non bisongnava la ringratiassi di
-si minima cosa perchè avere animo di compiacermi in molto
-magiore cosa e che, quando me ochoressi, ne facessi experientia.
-E Mad<sup>nna</sup> Adriana replichò, ch'io fussi certo di questo
-che epsa Mad<sup>nna</sup> Julia, e non Mes<sup>er</sup> Antonio Cancelliere
-o sua imbasciate me avessino fatto otenere quelli benefiti.
-Mostrai crederlo per non chontradire e ringratiai ancora
-S<sup>a</sup> Sig.<sup>ria</sup> dipoi Mad<sup>nna</sup> Julia mi domandò di Mes<sup>er</sup> Puccio molto
-strettamente e dissemi: noi lo fareno un dì venire quà, e se
-quando ci fu non lo potemmo otenere, benchè ne facessimo
-omne diligentia, ogi lo potreno fare sanza dificulta. E anche
-me acertò che il Card<sup>le</sup> li aveva jiersera ragionato quello che
-<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span>
-per la via havevamo insieme conferito, preghandomi che volessi
-schrivere, e che reputava però le cose si tratasino per
-la via vostra il Mag<sup>co</sup> Piero le udissi volentieri. Sichè vedete
-ove le cose già son ite e volse ch'io vedesi la fanciulla la
-quale è già grande et, ut mihi videtur, est similis Pontifici,
-adeo ut vere ex ejus semine orta dici possit. E Mad<sup>nna</sup> Julia
-è ingrassata e fatta una cosa bellissima, e in mia presenza
-si scapigliò e fecesi achonciare i chapelli e il capo, li quali li
-davano giù a piè che non vidi una (sic!) et ha i più belli, e
-uno ciuffione di rensa, e dipoi di sopra una certa rete come
-fummo con certi profili doro che 'nvero pareva uno sole; che
-arei paghato gran cosa fussi stato presente per chiarirvi di
-quello avete più volte desiderato; e aveva uno fodero indosso
-alla napoletana, e così Mad<sup>nna</sup> Luchretia la quale andò dopo
-poco intervallo a chavarselo e tornò dipoi con una veste foderata,
-presso a tutta di raso pagonazzo. E finito il Vespero,
-che i Card<sup>li</sup> partivano, partì da lei e andai dipoi di sopra e
-aspetai che Alesandrino usci fuora della sala del Papa e andai
-alla chamera sua....
-</p>
-
-<p>
-<i>Qui Lorenzo Pucci parla distesamente del discorso da
-lui tenuto con questo Cardinale di Alessandria. Egli lo
-pregò di assumere la parte di padrino presso Giannozzo,
-la cui moglie era prossima a sgravare:</i>
-</p>
-
-<p>
-E dopo qualche ragionamento li dissi: Mon<sup>or</sup> mio io userò
-in questa prima mia visitation prosuntion di domandare una
-gratia speziale da V<sup>a</sup> Sig<sup>ria</sup> Rev<sup>ma</sup> perchè la brevità del tempo
-non patisce la differischa in altro tempo; e questo è che Giannozo
-mio fratello, e servitore di V<sup>a</sup> Rev<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup> aspeta de
-avere figliuolo o figliuola fra 15 di del prossimo mese della
-donna sua, e desidera V<sup>a</sup> Rev<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup> si degni di volere fare
-uno prochuratore che in nome di quella batezi quello che
-sarà insieme con Monsig<sup>re</sup> di Parma e da Farnese e il Mag<sup>co</sup>
-Piero....
-</p>
-
-<p>
-Per questa non mi ochorre altro. Cristo vi conservi come
-desiderate.
-</p>
-
-<p>
-Die 24 Dicembris 1493.
-</p>
-
-<p class="indr">
-<span class="smcap">Lorenzo Pucci.</span>
-</p>
-
-<p class="indr">
-(L'originale nell'Archivio di Stato di Firenze,
-Carte Strozziane, filza 343.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc12"><span class="smcap">Documento</span> N. XII.
-<span class="smaller"><i>Don Juan, Duca di Gandia, al Marchese Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 12 settembre 1496.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> princeps et ex<sup>me</sup> Dne: pr honorem.<sup>me</sup> per Miss. Jo.
-Carlo secretarº de V. S. con lrè credential ho inteso: quanto
-quella se congratula della mia venuta et le amorevole offerte
-che per suo nome mi ha facte. La ringratio del tutto súmaméte:
-offerendomi pari modo alla v. Ill<sup>ma</sup> S. paratissimo ad
-ogne suo B<span class="over">n</span>placito. Ho facto el mio debito colla S<sup>te</sup> de Nr<span class="over">o</span>.
-sre. In Ricomandarli V. S. quantuncha cognoscessi essere
-superfluo: per amar sua Beat<sup>ne</sup> quella nò altramente che suo
-char<sup>mo</sup> et amatissimo figliolo: allaquale sempre mi ricommando.
-Dat. Rome ex palatio aplico die XIIª septembr.
-MCCCCLXXXXVI.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Filius Dux Gandie et suesse ac princeps theany.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Ill<sup>mo</sup> principi et ex<sup>mo</sup> D<sup>no</sup> pri hon<sup>mo</sup> D<sup>no</sup> F. Marchioni<br />
-Mantuan. ac Ill<sup>mi</sup> D. Venetor. Capitaneo Generali.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc13"><span class="smcap">Documento</span> N. XIII.
-<span class="smaller"><i>Dux Gandie fuit die 16. Junij 1497 in flumine repertus
-et ante biduum interfectus.</i></span></h3>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01">Si quis est heu nros casus miseratus acerbos</p>
-<p class="i02"> Siste gradum, et lachrimas funde per ossa tuas.</p>
-<p class="i01">Respice si similis fuit unquam pena, dolorque;</p>
-<p class="i02"> Aut nostra hac fuerit mors miseranda magis.</p>
-<p class="i01">Ille ego Gandie princeps: dominusque Suesse</p>
-<p class="i02"> Qui Beneventi agrum nuper adeptus eram</p>
-<p class="i01">Qui modo vexillum duxi: validasque phalanges</p>
-<p class="i02"> Agmina intrepidus sedis apostolice</p>
-<p class="i01">Qui Sesto sacroque fui de presule summo</p>
-<p class="i02"> Natus Alexandro. Qui modo tantus eram</p>
-<p class="i01">Ecce vides gladio confossum, gutture secto</p>
-<p class="i02"> In Tyberim jactum, stare sub hoc lapide</p>
-<p class="i01">Non Scyron: non Busyris: dirusque procustos</p>
-<p class="i02"> Nec fuit Orthe suis sevior hospitibus</p>
-<p class="i01">Sevit ut in nostros certus maleficus amicus</p>
-<p class="i02"> Dum sibi credentem me tullit e medio</p>
-<p class="i01">At tu quisquis eris, nimium ne crede, fides nam</p>
-<p class="i02"> Et pudor, et pietas deseruere viros.</p>
-</div></div>
-
-<p class="indr">
-(Liber Hartmanni Schedel: fol. 164.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc14"><span class="smcap">Documento</span> N. XIV.
-<span class="smaller"><i>Il Cardinale Giuliano Della Rovere ad Alessandro VI.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Carpentras, 10 luglio, 1497.
-</p>
-
-<p>
-Beat<sup>me</sup> pr. ac cl<sup>me</sup> Dne. post pedum oscula Beatorum. Hodie
-cum jam Iter Italicum versus cepissem Inter equitandum
-allatus est mihi tristis nuntius de obitu Ill. Dni. Ducis Candie,
-qui me profecto vehementer et graviter afflixit, non solum ex
-causa vre. Sanc<sup>tis</sup> sed ex ipso atroci et crudeli genere mortis
-commisso in personam publicam et Capitaneum S<sup>te</sup> romane
-Ecclesie ob quam rem ipsi sedi apl<sup>ca</sup> Injuriam hujusmodi irrogatam
-fuisse nemo est qui dubitare possit. Itaque ex hoc
-tam acerbo, et miserabili casu tantum plane doloris et molestie
-cepi, quantum profecto cepissem, si ipse urbis prefectus
-germanus meus defunctus fuisset. Et ad hunc justum dolorem
-meum accedit is dolor per quem ex hujusmodi luctuoso casu
-Beat<sup>nem</sup> vram. affectam et exulceratam jure suo intueor, Nihilominus
-cognoscens summam in omnium rerum accidentia
-V. S<sup>tis</sup> constantiam et moderationem, et ejus sublime ac divinum
-ingenium, non dubito quin omnia que sunt humane fragilitatis
-forti, et equo animo ferat. Et se cum voluntate illius
-cujus vices in terris gerit conformet: ac plane dicat cum patientissimo
-illo Job. Dnus dedit. Dnus abstulit: sit nomen Dni
-benedictum, quare pluribus circa haec apud S<sup>tem</sup> vram immorari
-nugatorium sane et ineptum esse existimo; cum ea sit
-sola, a qua reliqui omnes exempla patientie petere debemus.
-Illud igitur unum altissimum precabor ut ipsam beatitudinem
-vram sue sancte Ecclesie diutissime felicem et incolumem
-conservet. Cujus sacratissimis pedibus me humillime commendo.
-Carpentorati die X Julij MCCCCLXXXXVII.
-</p>
-
-<p class="indl">
-E. V. Sanc<sup>tis</sup>
-</p>
-
-<p class="indr">
-Humill. et devotiss. servus Jul. ep<span class="over">u</span>s ostien.
-</p>
-
-<p class="center">
-Card. S<sup>ti</sup> P. ad vin<sup>la</sup> manu propria.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Bibl. Marciana, Cod. Lat., Cl. X. CLXXV.)
-</p>
-
-<h3 id="doc15"><span class="smcap">Documento</span> N. XV.
-<span class="smaller"><i>Annullamento del contratto matrimoniale tra Lucrezia Borgia
-e Don Gasparo.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-10 giugno 1498.
-</p>
-
-<p class="center">
-Alexander Episcopus Servus Servorum Dei.<br />
-Ad Aeternam Rei memoriam.
-</p>
-
-<p>
-Derivata in nos a Beato Petro Apostolo, celestis Regni
-clavigero et Domini Nostri Jesus Christi in terris Vicario,
-<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span>
-ligandi atque solvendi potestas, nos inducit ut, juris temperato
-rigore, clavium potestate utamur prout ad scandala semovenda
-et pacem concordiamque servandam inter cunctos Christi
-fideles nostre cure commissos conspicimus in Domino salubriter
-expedire. Sane postquam dilecta in Christo filia nobilis
-mulier <span class="smcap">Lucretia de Borgia</span>, Domicella Romana, olim per
-certos procuratores suos, ad id ab ea specialiter constitutos,
-cum dilecto Filio <span class="smcap">Nobili Viro Gaspare de Proscida Comite
-Almenare</span> dilecti filii etiam Nobilis Viri Johannis Francisci
-Comitis Averse nato matrimonium legitime contraxerat; ipsique
-Gaspar et Lucretia qui nunquam illud carnali copula
-consumaverant, in dicto matrimonio ulterius progredi nollent,
-et quantum in eis fuit mutuo consensu se invicem a vinculo
-dicti matrimonii liberassent, prefata Lucretia nulla dicti matrimonii
-ad nova sponsalia contrahendum novasque nuptas celebrandas.... facta
-dissolutione nec aliqua dispensatione
-desuper obtenta sua quadam inconsulta facilitate sive alias per
-errorem inducta cum dilecto Filio Nobili Viro Johanni....
-et pro romana Ecclesia in civitate nostra Pisauriensi in temporalibus
-Vicario matrimonium de facto contraxit et cum ad
-ejus....
-permasisset, nullumque adhuc nuptiale ministerium intervenisset
-prout etiam dictus Johannes per certum procuratorem
-suum ad id ab eo specialiter.... re confessus fuit prefata
-Lucretia per definitivam sententiam per dilectos filios nostros
-Antoniotum Sancte Praxedis et Johannem Antonium sanctorum
-Nerei et.... Cardinales, judices et Commissarios a nobis
-deputatos rite latam obtinuit pretensum matrimonium inter
-predictos Johannem et Lucretiam contractum cum omnibus
-inde secutis esse nullum, ac nullas penitus vires obtinere,
-dictosque Johannem et Lucretiam nulliter et de facto sub
-pretextu matrimonii conjunctos ab invicem separandos et separari
-ac a mutua cohabitatione servitiis et obsequiis matrimonialibus
-absolvendos esse et absolvi debere declarari ipsosque
-separarunt, que quidem sententia nulla provocatione
-suspensa in rem transivit iudicatam ipsique Johannes et Lucretia
-veritatis conscii etiam illi aquieverunt. Nosque deinde de illis
-plenius informati sententiam predictam motu proprio et ex
-certa scientia approbavimus et confirmavimus, ac plenum firmitatis
-robur perpetuo obtinere decrevimus prout in nostris inde
-confectis litteris plenius continetur. Cum autem sicut exhibita
-nobis nuper pro parte dilecte Lucretie petitio continebat dictus
-Gaspar iam dudum etiam matrimonium cum alia muliere contraxerit
-illuque carnali copula consumaverit, ac exinde prolem
-procreaverit ipsaque Lucretia cupiat effici mater liberorum
-et ad scandala que exoriri possent evitanda matrimonium
-primum huiusmodi nunquam carnali copula inter eos consumatum
-<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span>
-dissolvi pro parte ipsius Lucretie, nobis fuit humiliter
-supplicatum ut primum matrimonium predictum dissolvere
-aliasque in premissis opportune providere de benignitate apostolica
-dignaremur. Nos igitur qui inter cunctos Christi fideles
-pacis amenitatem vigere et augeri nostris potissime temporibus
-supremis desideramus affectibus ac scandalis et
-dissensionibus ne eveniant quantum cum Deo possumus libenter
-obviamus prefatam Lucretiam a quibuscumque excommunicationis
-suspensionis et interdicti aliisque ecclesiasticis
-sententiis, censuris et penis a iure vel ab homine quavis occasione
-vel causa latis si quibus quomodolibet innodata existit
-ad effectum presentium dumtaxat consequendum, harum
-serie absolventes et absolutam fore censentes, nec non quodcumque
-juramentum per dictam Lucretiam seu ejus procuratores
-prefatos de huiusmodi primo matrimonio sicut prefertur
-contracto et non consumato observando seu consumando
-forsitan prestitum sibi relaxantes et quatenus propter secundum
-pretensum matrimonium sic contractum perjurii reatum
-incurrisset illam a reatu perjurii hujusmodi etiam absolventes,
-ac in pristinum et eum in quo antequam illud
-committeret quomodolibet existebat statum restituentes reponentes
-et plenarie reintegrantes omnemque inhabilitatis et
-infamie maculam sive notam per eam premissorum occasione
-contractam penitus abolentes; ex premissis et certis aliis nobis
-expositis et etiam notis causis huiusmodi supplicationibus
-inclinati matrimonium predictum inter eosdem Gasparem
-et Lucretiam sic contractum et nondum consumatum auctoritate
-apostolica et ex certa nostra scientia ac de apostolico
-potestatis plenitudine tenore presentium omnino dissolvimus,
-eos ab omni vinculo matrimonii penitus absolventes ac dicte
-Lucretie cum quocumque alio viro matrimonium libere et
-licite contrahendi, et in eo postquam contractum fuerit remanendi
-licentiam concedentes. Non obstantibus premissis ac
-constitutionibus et ordinationibus apostolicis ceterisque contrariis
-quibuscumque. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc
-paginam nostre absolutionis restitutionis repositionis reintegrationis
-abolitionis dissolutionis et concessionis infringere, vel
-ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attemptare
-presumpserit indignationem omnipotentis Dei ac Beatorum
-Petri et Pauli Apostolorum ejus se noverit incursurum. Datum
-Rome apud Sanctum Petrum. Anno Incarnationis Dominice
-Millesimo quadrigentesimo nonagesimo octavo. Quarto
-Idus Junii, Pontificatus Nostri anno Sexto.
-</p>
-
-<p class="indr">
-L. Podocatharus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(L'originale nell'Archivio di Stato di Modena.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc16"><span class="smcap">Documento</span> N. XVI.
-<span class="smaller"><i>Primo contratto di matrimonio tra Lucrezia Borgia
-e Don Alfonso d'Aragona.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-20 giugno 1498.
-</p>
-
-<p>
-Adsit propitius adjutor et fautor omnipotens et eternus
-deus cum suo unigenito filio dno nro Jesu Xpo ac individua
-spir. sanct. unitate in quor. nomine hec celebrantur.
-</p>
-
-<p>
-Pateat oib. hoc psens pub. instrum. inspecturis qualiter
-anno salut. Mille CCCCLXXXXVIII pontif. S<sup>mi</sup> D. N. D. Alexandri
-div. prov. pp VI Jnd. p<sup>a</sup> mensis Junii die XX<sup>mo</sup> prefat.
-S<sup>m</sup> d. n. ex una et R<sup>mus</sup> ac Ill. D. Ascanius Sforza Vicecomes
-S. R. E. Dyacon. Card. ac Vicecancellar. et mag<sup>ci</sup> viri dnus
-Bernardus de Bernardo et Tomax' Regulanus de Neapoli
-ser<sup>mi</sup> dni federici regis Sicilie etc. procuratores spetialr. deputati
-habentes ad hec plena et sufficientia mandata sicut ex
-public. docum. sigillis appositis dicti ser<sup>mi</sup> Regis munitis in
-manib. mei not. traditis ac diligenter visis lectis et recognitis
-apparet et ipsius ser<sup>mi</sup> dni Federici Regis nomine parte ex
-altera Concorditer devenerunt ad infrascr. pacta sponsalia et
-conventiones et capitula felicib. auspitiis inter eos tractata
-conclusa et firmata et inpresentia mei pubi. Not. et testium
-infrascr. ad ea convocator. et rogator, sollemniter celebrata
-videlicet.
-</p>
-
-<p>
-Inprimis prefat. S<sup>m</sup>. D. N. D. Alex. sext. Pont. M. soll.
-pactione et stipulatione interven. promisit se facturum et curaturum
-taliter et cum effectu quod ill. dna dna <span class="smcap">lucretia
-Borgia</span> ejus neptis legit sponsalia et nuptias contrahet cum
-Ill. juvene dno <span class="smcap">Alfonso de Aragonia</span> ser<sup>mi</sup> quond. dni Alfonsi
-secundi Regis Sicilie filio ac ipsius ser<sup>mi</sup> dni federici
-ejusd. in dic. Regno successoris nepoti et in ejus legit. matrimonium
-consentiet liberumq. consensum prestabit postq.
-personalit. pfatus Ill. dnus Alfonsus erit in urbe cum dote
-quatraginta milium duc. in urbe currentium ad computum
-decem carl. pro quolib. duc. cum infrascr. conditionib. conventionib.
-et modis persolvendorum.
-</p>
-
-<p>
-Que quatraginta mil. duc. pref. S<sup>mus</sup> D. N. D. Alexander
-in opus et utilit. prefate Ill. dne lucretie dare solvere tradere
-et consignare promisit dicto Ill. D. Alfonso futuro marito deo
-concedente dicte Ill. D. Lucretie hoc modo vid. quatuormill.
-duc. pro dicta dote promissor. illico et incontinenti in pecunia
-numerata importantia pro redemptione cujusd. terre et
-oppidi Quarata vulgar. nuncupati quod sit et esse debeat dotalis
-fundus ipsius Ill. D. Lucretie dicto Ill. dno Alfonso realiter
-et effectualiter solvere trad. et consig. promisit.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span>
-</p>
-
-<p>
-Item alia sexdecim milia ducat. de dicta dote Idem S<sup>mus</sup>
-D. N. Alex. solvere et utiliter expendere et erogare promisit
-in emptione et comparatione alicujus status aliar. terrar. sive
-oppidor. sive in Regno et territorio Neapolitano sive in territorio
-urbis Rome vel alibi prout melius et habilius et certius
-poterit ad utilitatem dictor. Ill. dnorum Alfonsi et Lucretie
-et ad voluntat. prefati S<sup>mi</sup> dni Alexandri et Ser<sup>mi</sup> Regis et
-Ill. D. Alfonsi prefati que oppida seu terre similiter sint et
-esse intelligantur dotalis fundus ejusd. ill. Dne Lucretie.
-</p>
-
-<p>
-Item reliqua viginti milia ducator. usq. ad integram sum.
-dictor. quatraginta mil. duc. pro dicta dote promissor. dare
-trad. et consig. promisit id. S<sup>m</sup> D. Alexander in gemmis lapidibq.
-pretiosis et anulis aureis margaritis monilib. unionib.
-vasis et lancib. argenteis ornamentis et vestib. tam aureis q.
-sericeis et aliis bonis et rebus mobilib. que secundum dignitatem
-et eminentiam personarum inter jocalia computari consueverunt
-ad dictam summam et quantit. viginti mil. similium
-ducator. secund. communem extimationem ascendentia.
-</p>
-
-<p>
-Et ex converso prefatus R<sup>mus</sup> et Ill<sup>mus</sup> D. Cardinalis Ascanius
-una cum prenominatis dnis Bernardino et tomaxio procuratorib.
-et nuntiis per ser<sup>um</sup> D. federicum Regem special
-destinatis et una cum pfato R<sup>mo</sup> dno Cardle Ascanio ad hec
-peragendum deputati et procuratorio nomine prefati Ser<sup>mi</sup>
-dni Regis sollemni pactione et stipul. interveniente promiserunt
-et convener. se facturos et curaturos realiter et cum
-effectu quod dict. Ill. D. Alfonsus Regis Alfonsi secundi fil.
-et ipsius Ser<sup>mi</sup> dni federici Regis Nepos in dict. legit, matrimonium
-prefate Ill. dne lucretie parifirmiter consentiet cum
-dicta dote et pecuniis et reb. dotalib. ad dictam summam et
-quantitatem quatraginta milium ducator. ascendentib. ac legitimas
-nuptias cum ea contrahet secund. ritum et morem
-S. matris Ecclie.
-</p>
-
-<p>
-Item dicto noie promiserunt et convener. quod ipse
-Ser<sup>mus</sup> Rex Federicus constituet et dabit eid. Ill<sup>mo</sup> dno Alfonso
-suo nepoti et suis futuris heredib. et successorib. per directam
-lineam masculinam descendentib. unum perpetuum statum
-cujus fruct. redit, et proventus ascendant ad valor. summar.
-et quantitatem octomilium ducator. similium.
-</p>
-
-<p>
-Item pro implemento in parte promissor, dicto noie promiserunt
-et convenerunt quod dictus Ser<sup>mus</sup> Rex ex nunc in
-ducatum eriget et constituet quandam civitatem vigiliarum
-latine nuncupatam et Vegelle vulgariter appellatam sitam etc.
-cum arce et fortellitiis ac omnib. et sing. introitib. et exitibus
-membris pertinentiis et adjacientiis et cum toto ejus
-territorio ac dominio potestate jurisdictione meroq. et mixto
-imperio et cum oib. usib. utilitatib. et commoditatib. intra
-se et extra se ad dictum oppid. ejusq. territorium spectantib.
-<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span>
-et pertinentib. tam de jure quam de consuetudine et cum
-potestate latius extendendi.
-</p>
-
-<p>
-Item promiserunt dicte Regie majestatis noie ante quam
-dicta sponsalia fiant dare trad. et consignare in manib. pfati
-Ill. D. Alfonsi sui Nepotis sollemnia et autentica privilegia et
-Regales lras concessionis dicti ducatus Vigelle in personam
-dicti Ill. D. Alfonsi cum sollenitatib. clausulis et cautelis solitis
-et consuetis ita quod per se et suos hrdes frui potiri et
-libere gauderi valeat et quod semper remaneant et sint obligata
-dicta oppida pro dotib. et dotalib. jurib. ipsius Ill. dne
-Lucretie.
-</p>
-
-<p>
-Item promiserunt quod dicta sacra majest. Ser<sup>mi</sup> Regis
-quam primum vacaverit in dicto ej. Regno Neapolitano aliquis
-status cuj. fructus redit, et proventus ascendant ad
-valor. mille aut duor. mil. vel trium aut quatuor milium ducator.
-computatis tamen fructibus dicti Ducatus Vigelle et Quarate
-illico conferre transferre et dare et consig. prefato Ill.
-D. Alfonso suo nepoti fruendum tenend. et fructificand. per
-se et suos heredes et successores et in perpetuum et similiter
-super his facere expediri autentica privilegia cum oib. sollennit.
-et cum oib. clausul. et cautelis consuetis. Et tam diu
-quamdiu dictum statum vel status non dederit promiserunt
-are eid. ac assignare et consig. in fructib. foculatione et satis
-usq. in summam dictor. quatuor milium ducator. si tanta
-quantitas deficiet in dictis reditib. et fructib. alias in ea
-summa et quantitate que sibi deficiet usq. ad integrum complementum
-redituum dictor. octomilium ducator.
-</p>
-
-<p>
-Item promiserunt dicto nomine quod tempore sponsalium
-predictor. dict. Ill. dnus Alfonsus donabit propter nuptias pfate
-dne lucretie usq in summam quarte partis dotis predicte per
-ipsam viro premoriente si post consumatum matrimonium
-ipsam sine liberis ex eo matrimonio nascituris premori contigerit
-ad usum fructum et proprietatem et ad usufruendum
-tantum liberis coib. extantibus lucrandor. et acquirendor. secund.
-consuetudinem Romanam in urbe servari solitam.
-</p>
-
-<p>
-Item solemni stipulatione et pactione interveniente convenerunt
-pfatus S<sup>mus</sup> D. Alexander et prenominati procuratores
-dicte Regie majestatis noie quod si casus mortis dicte Ill. dne
-Lucretie viro superstite et liberis non extantib. contingeret,
-quod dicta integra dos ad ipum S<sup>mum</sup> D. nrum dotantem si
-tunc supervixerit revertatur Alias cui ipsa Ill. dna Lucretia
-dederit vel commiserit.
-</p>
-
-<p>
-Que quid. oia et sing. promiserunt et convenerunt mutuo
-et vicissim quam citius et celerius potuerint facere et adimplere
-et impleri et exequi et ad effectum deduci facere ad
-coem requisitionem et voluntatem dictar. partium vel alterius
-ipsar. sub obligatione et ypoteca omnium et singulor. bonor.
-<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span>
-utriusq. partis et cujuslib. ipsar. mobilium et immobilium
-presentium et futuror. et sub fide pontificali et fide Regia et ita
-pref. S<sup>mus</sup> D. N. pp et R<sup>mus</sup> D. Card. Ascanius ponendo dextras
-manus ad pectus in animam et conscientiam suam et in animam
-prefati Ser<sup>mi</sup> Regis prefati autem dni Bernardinus et Tomasius
-procuratores layci tactis corporaliter sacris scripturis in manib.
-mei Notarii dicto nomine virtute dicti eor. mandati respective
-observare et observari facere promiserunt, et juraverunt
-Rogaveruntque me Notarium etc. et dederunt potextatem
-extendendi.
-</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec Rome in palatio apostolico in primo
-cubiculo post cameram papagalli presentib. R<sup>dis</sup> in xpo prib.
-dno Luisio Epo caputaquens. et dno Johe Marades Epo tulensi
-et venerabili viro ano Fracº garzetto testib. ad premissa
-adhibitis et rogatis.
-</p>
-
-<hr class="tbs" />
-
-<p>
-<i>Seguono a' 21 luglio</i>: Ratificatio pactorum et sponsalia
-de presenti inter Ill. dom. Alfonsum et dnam lucretiam ambo
-puberes, assistentib. ibid. R<sup>mo</sup> dno Ascanio Card. et Vicecancellario
-et Jo. lopis Card. perusino et Jo. Borgia cardinali Valentiano
-in presentia mei Not.
-</p>
-
-<p>
-<i>Quindi lo stesso giorno</i>: promissio et obligatio R<sup>mi</sup> dni
-Card. Ascanii super observatione pactorum per ser. Regem.
-Acta fuerunt hec in palatio ap. in secunda camera nova post
-aulam pontificum psentib. R<sup>is</sup> in xpo ptrib. dno Aloisio Epo
-caputaq. et Jo. Marades Epo Tullen. et dno (<i>Manca il nome</i>)
-Epo Interaranensi ac Mag<sup>co</sup> et Excell. Armor. ductore dno Johe
-Cerbiglion pro testib. adhibitis, et aliis quam plurimis clarissimis
-personis ibidem abstantibus et predicta videntibus et
-audentibus.
-</p>
-
-<p>
-Eodem instanti et loco et in mei not<sup>rii</sup> et testium supradictor.
-presentia feliciter celebrata fuerunt sollemnia sponsalia
-per verba vis volo legitimum consensum matrimonii importantia
-omnib. supranominatis adstantibus et in conspectu prefati
-S<sup>mi</sup> dni nri et R<sup>or.</sup> dictor. cardinalium ensem super caput
-sponsi et sponse tenente prefato mag<sup>co</sup> dno Johe Cerviglione
-milite et armor. ductore secund. ritum et antiquam consuetudinem
-Romanam et cum sollemni subarratione secund.
-consuet. Romanorum per immissionem anuli per sponsum in
-digito anulari imposit. me notario publico interrogante et solemniter
-stipulante etc. de quib. etc.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_389">[389]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc17"><span class="smcap">Documento</span> N. XVII.
-<span class="smaller"><i>Atto relativo alla eredità reclamata da Donna Maria Enriquez
-per suo figlio Don Juan.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-19 dicembre 1498.
-</p>
-
-<p>
-In n. D. omnip. Am. A. a. Nat. D. N. Jhu Xsti millesimo
-quadring. nonagesimo octavo die vero 19. mens. Dec.
-Ind. II. second. Rom. consuetudin. pontificatus sanct.<sup>mi</sup> D.
-N. D. Alexandri div. prov. ppe sexti anno septimo Constituti
-coram me notario et testib. infrascr. et in pntia
-R<sup>mi</sup> Dni Card<sup>lis</sup> Capuan. Honorabilis vir Dnus Alfonsus de
-Villaviel in leg. Baccalarius Ill<sup>e</sup> d<sup>ne</sup> <span class="smcap">Marie Enriques</span> matris
-et tutricis Ill<sup>mi</sup> d<sup>ni</sup> <span class="smcap">Johannis Borgie</span> filii pupilli quond.
-Ill<sup>mi</sup> D<sup>ni</sup> Ducis Gandie procurator ex una, et dnus Ventura
-de Benassaiis clericus senen. sctimi dni nri familiaris parte
-ex altera concorditer asserentes secund. relat. factam per
-supradic. R<sup>um</sup> D. Card<sup>em</sup> Capuan. presentem et de speciali
-mandato prefati S<sup>mi</sup> D. n. ppe ut asseruit sic referentem qd.
-cum post casum inopinate mortis dicti Ill<sup>mi</sup> dni ducis Gandie
-prefatus S<sup>mus</sup> d. n. pro custodia et conservatione bonor. ejusd.
-Ill. quond. ducis et ne ad alienas manus venirent aurum
-omne et argentum monilia et ornamenta et tapeta et tapezariam
-que reperta sunt in bonis ejusd. diligenter annotari et
-in inventario describi jusserit et dicta oia. bona in auro et
-argento et jocalibus consistentia per probos et peritos viros
-ponderari et estimari fecerit videl. per magistrum Bartolomeum
-Venetum et Ambrosium Mantica Genuen. Gioiellerios
-et per magistrum Sanctum Aurificem Romanum et reperta
-fuerunt oia secundum eor. peritiam valoris et cois extimationis
-ducat. auri in auro triginta milium computatis omnib. bonis
-etiam in tapezaria et in rebus aliis consistentib., que in totum
-faciunt et constituunt summam valoris Triginta mill. ducator.
-auri in auro de Camera, dictaq. oia et singula bona sic
-extimata prefatus s<sup>us</sup> D. n. ppa pro maiori utilitate dicti Ill<sup>mi</sup>
-dni Johannis Borgie filii pupilli ac universalis heredis dicti
-Illi. quond. dni Ducis ne forte in aliqua parte consumerentur
-aut deteriorentur seu perderentur tradiderit et consignaverit
-pro dicto precio triginta milium duc. R<sup>mo</sup> in xro pri dno
-<span class="smcap">Cesari tunc Car</span><sup>li</sup> <span class="smcap">Valentino</span> patruo dicti pupilli et pro
-ipsius pupilli maiori utilitate et ut in comparatione bonorum
-stabilium vel aliis rebus utiliter convertantur in eundem transtulerit.
-Et postmodum pfata Ill. dna Maria Enriques Ducissa
-tutrix et mater dicti pupilli ad urben et Roman. Curiam et
-ad prefatum S<sup>um</sup> D. n. Ppam destinavit prefatum dn. Alfonsum
-de Villaviel special. nuncium ac procuratorem ad negocia
-<span class="pagenum" id="Page_390">[390]</span>
-dicti pupilli peragenda ac specialiter ad suscipiendam curam
-dictor. bonor. et inventarium faciend. et alia peragenda que
-in his necessaria fuerint et opportuna sicut apparet manu
-Ludovici erari publici Valent. Not. et sicut asseruit pro negociis
-necessariis dicti pupilli ad pns indigeat habere de dicta
-summa duc. quinque millia ad dictam matrem transmittendos.
-Idcirco prefat. S<sup>mus</sup> D. n. noie prefati dudum dni Car<sup>lis</sup> et
-nunc ducis Valentin. pro parte precii dictor. bonor. realiter
-et in prompta et numerata pecunia et in duc. auri in auro
-solvi tradi et consignari fecerit et mandaverit per man. prefati
-dni Venture de Benassaiis dictam summam quinque millium
-ducator. auri in auro de Cam<sup>a</sup> destinandam per litteras
-cambii ad civitat. Valentin. et solvend. dicte Ill. dne marie
-tutrici ac curatorio noie dicti pupilli cum hac tamen conditione,
-qd oia gesta per dict. ejus procuratorem quo supra
-nomine ac dictam solutionem et receptionem dictor. 5000
-ducat. auri in auro necnon et dictam bonor. extimation. et
-consignation, per s<sup>mum</sup> D. n. factam et alia uti prefertur gesta
-in predictis et circa predicta ratificentur per ipsam Illam
-dnam tutricem et de dictor. 5000 ducat. parte precii triginta
-millium ducat. solutis et receptis plenam et generalem et
-specialem faciat quietantiam per acta procur. Notarii. Et Ideo
-dictus procurator confessus fuit et in veritate recognovit se
-habuisse et recepisse in prompta et numerata pecunia dictam
-integram summam dictor. 5000 ducator. ex causa supra
-expressa post quam quid. confessionem et realem solutionem
-et receptionem se ultra officium procurationis etiam principalit.
-obligando de rato et ratihabitione pro dicta Illma Dna
-Tutrice promisit se facturum etc.
-</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec Rome in palacio aplico in camera prope
-cameram papagalii presentibus R<sup>is</sup> patrib. dnis Johanne Marades
-Epo segobricen. et Dno Francesco Epo Interamnien.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<h3 id="doc18"><span class="smcap">Documento</span> N. XVIII.
-<span class="smaller"><i>Tavole nuziali tra Laura Orsini e Federico Farnese.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-2 aprile 1499.
-</p>
-
-<p>
-Adsit propitius adjutor et fautor omnipotens et dominus
-deus noster et ad vota benignus descendat. Pateat oib. hoc
-instr... qualiter a. sal. 1499 Ind. scda die vero mens. aprilis
-II. pont. S. D. N. Dni Alex. div. prov. pape VI. mag<sup>cus</sup> et
-generosus vir dnus <span class="smcap">Ursinus de Ursinis</span> pater et legitimus
-administrator dne <span class="smcap">Laure</span> ejus legitime et n<span class="over">a</span>lis filie etatis
-<span class="pagenum" id="Page_391">[391]</span>
-septem annor. existentis presentis... cum assistentia R<sup>mi</sup>
-dni Alexdri tti. S. Cosma et Dam. diaconi Car<sup>lis</sup> de Farnesio...
-avunculi dictae puellae... ex una parte, et R<sup>dus</sup> pr dnus
-Paulus Petrus etiam de Farnesio sed. ap. protonotar. patruus
-et conjuncta persona mag<sup>ci</sup> ac generosi pueri dni Federici
-quond. ex<sup>mi</sup> armor. ductoris dni <span class="smcap">Raimundi de Farnesio</span> legitimi
-et naturalis filii in XII<sup>mo</sup> sue etatis anno constituti pro
-quo promisit quod infra mensem ratificabit contractum et instrumentum
-matrimonii... Acta fuer. hec in urbe in cam.
-paramentor. domus prefati R<sup>mi</sup> dni Car<sup>lis</sup> Farnesii presentibus...
-his testib. vid. Rdº patre dno Laurentio de puccis sed.
-ap. proth.º et correctore bullar. et dno prospero de Gatteschis
-de Viterbio dno herculano petricotti de Marta Magro Jacobo
-Philippi alias cognominato Aristofalo medico phisico etiam
-viterbien. dno Jacobo Rufin. de Rufinis milite Jerosolimitano
-dno Vinantio de Brigidis et dno Cornelio benigno ambobus de
-viterbio ad pdicta specialiter vocatis rogatis et adhibitis.
-</p>
-
-<p>
-Ego Camillus Beneimbene de premissis rogatus malus
-impeditus per alium michi fidum ac domesticum Not<sup>um</sup> scribi
-feci ac propria manu subscripsi pro fide premissorum.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<h3 id="doc19"><span class="smcap">Documento</span> N. XIX.
-<span class="smaller"><i>Protesta di Jacopo Gaetani contro la Sentenza inflittagli.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-7 febbraio 1500.
-</p>
-
-<p class="center">
-J. C.
-</p>
-
-<p>
-Cum sit quod ego Jacobus Caitanus Sermineti ad pres.
-detineor in castro S<sup>ti</sup> Angeli ed ut dicitur, seu ut pretenditur,
-sim ex pretensis delictis que per me commissa fuisse
-etiam dicitur seu pretenditur, condemnatus ut reus lese maj.,
-et quod debeam tradi curie seculari; egoque sciam me innocentem
-saltem quoad penam hanc, sicque me plus quam
-injuste fuisse condemnatum. Et quia semper dixi me sperare
-in misericordia et clementia dni nri. Sanct<sup>mi</sup>, pro ut vere
-sperabam, quod attenta qualitate rei et justificationibus meis
-satis pro maxima pena me tenuisse in dicto castro per duos
-menses, eaque spe fretus non aliter me defenderim, sed putaverim
-ea lenitate verborum reducere Dnum N. S<sup>mum</sup> ad
-justitiam, eaque etiam spe fretus multa contra veritatem
-fuerim confessus, que ex metu carceris et tormentor. comminatorum
-immo mihi etiam datorum et per me passorum
-confiteri fui coactus. Ac etiam quia non videbam postquam
-eram statu et oibus bonis denudatus, quomodo potuissem
-<span class="pagenum" id="Page_392">[392]</span>
-quoquomodo considerabiliter et cum effectu me juvare, consideratis
-etiam aliquibus, que nunc sum contentus silentio
-preterire, et que intendo latius suo tempore prosequi et specificare.
-Nuncque post hujusmodi pretensam sententiam idem
-nedum nullam esse clementiam in praefato D. Nro. S<sup>mo</sup>, immo
-me contra Deum et justitiam, ut dixi eo modo, quo supra,
-condemnatum consideremque etiam quod non alias appellare,
-et hujusmodi appellationem committi petere promptum periculum
-esset, ne contra Deum et justitiam in statu et contra
-statum causa non cognita ab initio facta exstitit, hinc est quod
-his oibus mature, et ut potui consideratis duxi consultius
-fore simpliciter in his scriptis, et ut infra potui appellare
-quam aliter agere: propterea igitur hodie scilicet die quarta
-Februarii 1500 oibus meliorib. formis viis et modis quib.
-melius et validius possumet debeo ab hujusmodi pretensa
-sententia et oibus inde sequutis, tam ad eumdem Dnum
-N. S<sup>mum</sup> et quatenus etiam opus sit ad futurum Pont<sup>em</sup> ad
-sacr. Concilium, si quod unquam fiet appello, deque predicte
-pretense sententie, totiusque processus desuper facti et habiti
-omniumq., et singulor., post et contra appellationem hujusmodi
-factorum, seu faciendorum, multiplici nullitate dico
-et protestor protestatione quod quamprimum dabitur facultas
-hujusmodi appellationem et nullitatem prosequendi, eam
-prosequar et nunc per presentem rogo te Joannem Stagliam,
-seu Jacobum Balduinum, separatim unum sine alio, quatenus
-his receptis coram Notario pub<sup>co</sup> et testib. hujusm. appellationem
-nomine meo interponas, ac de nullitate dicas
-cum totali insertione presentis cedule in instrumento desuerfaciendo.
-Et si hujusmodi appellatio seu de nullitate prpo
-testatio non est melius composita, non est quia non videam
-sententiam esse iniquissimam et nullissimam, easque prosequi
-sic suo tempore, ut dixi, intenderim, sed quia temeo, ut
-prefertur, et sum nedum sine notario et testibus, sed penitus
-sine alicujus consilio doque etiam uni ex supradictis per presentem
-facultatem sine tam prejudicio presentis appellationis
-et nullitatis protestationis. Iterum quatenus uni ex predictis
-videatur appellandi de nullitate dicendi, ac omnia agendi que
-in premissis et circha premissa, alteri ex supradictis videbuntur
-et opportuna cum plena et libera potestate.
-</p>
-
-<p>
-Ego Petrus de Aretio habui in manib. presentem cedulam
-ista die settima mensis Februarii 1500 et ad memoriam me
-subscripsi manu propria.
-</p>
-
-<p>
-Ego Ludovicus Zephyrus de Lugnano etc. habui presentem
-cedulam et legi ista die septima Febr. 1500 et ad memoriam
-me subscripsi manu ppa.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Die 7. Februarii.
-</p>
-
-<p>
-Presentib. venerabil. viris dominis Jacobo Ruffino milite
-<span class="pagenum" id="Page_393">[393]</span>
-Hierosol., ac Domº Petro de Aretio (coram procur. etc.) et
-Domº Ludovico Zephiro clerico Amerine dioces. testibus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Casa Gaetani in Roma.)
-</p>
-
-<h3 id="doc20"><span class="smcap">Documento</span> N. XX.
-<span class="smaller"><i>Elisabetta duchessa d'Urbino al fratello Francesco Gonzaga,
-marchese di Mantova.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Assisi, 21 marzo 1500.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> Princeps et Ex<sup>me</sup> D<sup>ne</sup> frater hon<sup>me</sup> Essendomi a questi
-giorni partita da Urbino e messomi in cammino per andare
-a Roma per conseguire el iubileo, come de questa mia andata
-ne ho advisata più giorni fa V. Ex<sup>a</sup> Retrovandomi hogi ad
-Asisi ho receuta una lettera de quella per la qual havendo
-visto quanto la me scrive, mi persuade e stringe a volere
-desistere da questa andata existimando forsi quella che io
-anchor non mi fossi messa in camino, della qual cosa ne ho
-ricevuto grandissima displicentia et immenso affanno, volendo
-da un canto si in questa come in qualunque altra cosa cedere
-et essere hobedientis<sup>a</sup> ad ogni volere de V. Ill<sup>ma</sup> S. quale di
-continuo ho avuto et ho non altrimenti che in loco de honor<sup>mo</sup>
-patre, non essendo mai stato mio animo ne pensiero se non
-de concurrere ad ogni sua voglia. Dalaltra parte retrovandomi
-come ho dicto in viaggio et gia fora del stato, et havendo per
-il mezzo del S. Fabritio et de M<sup>a</sup> Agnesina mia hond<sup>da</sup> cognata
-et sorella provisto in Roma de casa et de ogni altra cosa
-necessaria a tal andata e certificatoli dovermi retrovare a
-Marino fra quattro giorni, e per questo venutosene el S. Fabritio
-in ante per farmi compagnia essendo etiam qualche
-fama de questa mia partita e andata non vedo con honore
-del S. mio e mio potermi ritrare da questa andata essendo
-la cosa tanto avanti et tanto maggiormente quanto ad ciò io
-so processa con bona conteza et volonta del S. mio predicto,
-havendo ben prima considerato ogni cosa, ne la S. V. deve
-de questa mia andata pigliare alcun affanno o suspitione de
-animo, perchè ad ciò la sia del tucto informata la intenderà
-come prima io me ne vo a Marino e deli poi me ne vo con
-la pred<sup>ta</sup> M<sup>a</sup> Agnesina incognita a Roma per far la debita
-visitatione dele chiese ordinate a conseguire questo Sancto
-Jubileo, non havendo ademostrarmi ne pur parlare cum persona
-veruna stando alogiata per el tempo starò a Roma nela
-casa fo del Cardi<sup>le</sup> Savello. Casa buona convenientiss<sup>a</sup> questo
-mio desiderio e in mezo deli partegiani de Colonesi, benche
-<span class="pagenum" id="Page_394">[394]</span>
-lanimo mio per la magior parte del tempo sia retornare e
-stare a Marino. Sicchè V. S. deve senza alcun dubio contentarsi
-de questa mia andata, ne di ciò pigliarne dispiacere
-alchuno, e quantunque tucte queste ragioni siano efficacissime
-ad indurmi non solo a continuare el mio viaggio, ma etiam
-a principiarlo quando io non fussi partita, tutavolta se io me
-ritrovasse de non essere partita non per verun dubio o disturbo
-che io cognosca poter nascere di epsa mia andata ma per
-satisfare al scrivere de V. S. la qual desidero in ogni cosa
-poter satisfare haveria revocato lanimo mio da tal andata, e
-non processo più ultra, ma ritrovandomi dove io so e veduto
-havera V. Ex<sup>a</sup> questo mio scrivere so certa la resterà contenta
-delo andar mio, che così ne la pregho e sup<sup>co</sup> la voglia contentarse,
-e perche io possa con più contentezza e satisfatione
-de animo pigliare questo jubileo significarmi per una sua
-directiva a Roma esser così che la se ne contenti. Altramente
-ne starò in continua agonia e affanno, et in bona gratia de
-V. Ex<sup>a</sup> mi recomando. Asisij XXI. Martij 1500. De la S. V.
-minore sorella Elisabetta.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc21"><span class="smcap">Documento</span> N. XXI.
-<span class="smaller"><i>Cesare Borgia al Marchese Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 24 maggio 1500.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> et Excell<sup>me</sup> Dne. tamquam fr. hon. Non con minore
-exultatione inteso havemo per lettere de V. Ex<sup>tia</sup> la desiderata
-et felice natività del suo Ill. figliolo: che se altretanto inteso
-havessamo de uno nro proprio; Como desiderosissimi de
-qualunque augmento et felice successo de quella per la strecta
-et fraterna benivolentia li portamo: volentieri adunque acceptamo
-desserne compatre: et ad tale effecto per la presente
-constituimo nro speciale procuratore: quello che la S. V.
-eligera deli soy conseglieri: el quale per nuy Intervenga ad
-levarlo de le sacre fonti: Pregamo N. S<sup>or</sup> Dio cel conservi ad
-effecto de nri comuni desiderij: Et la V<sup>a</sup> Ill<sup>ma</sup> S. non se gravi
-congratularsene per nuy, conla Excell<sup>ma</sup> sua Consorte: la
-quale speramo havera dato principio ad numerosa prole et
-perpetua posterita de ambidui si clarissimi et generosi Parenti.
-Rome in Palatio aplico XXIIII Maij MCCCCC.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Cesar Borgia de Francia Dux Valent. ac S. R. E. Confalonerius
-et capit. g<span class="over">na</span>lis
-</p>
-
-<p class="indr">
-Agapytus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_395">[395]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc22"><span class="smcap">Documento</span> N. XXII.
-<span class="smaller"><i>Dyalogus mortis et Pontificis laborantis febre. 1500.</i></span></h3>
-
-<div class="blockdoc">
-<p>
-P. quid mors seva petis. M. te. P. me quo jure. M. quod
-hora en properat. P. quid ais. M. parcaque fila secat.
-</p>
-
-<p>
-P. heu mihi. M. quid luges? P. parum vixisse. M. videtur
-omnib. at nimium. P. cur rogo. M. quod malus es.
-</p>
-
-<p>
-P. dic quid queso mali comisi? M. causa fuisti quod prede
-Gallis Itala Terra fiat. Non hoc parum. P. invitus feci
-non sponte: necesse sed fecisse fuit. M. Jam satis est
-morerer.
-</p>
-
-<p>
-P. hoc numquid solum cogit me Tartara adire. M. non fas
-esse tibi quod scelus omne putas.
-</p>
-
-<p>
-P. quod scelus heu miserum. M. solitus quod rendere cuncta
-per fas atque nephas. P. penitet. M. hoc nihil est.
-</p>
-
-<p>
-P. seva nimis cur hoc nihil est. M. in funere quando haud
-prodest aliquem penituisse mali.
-</p>
-
-<p>
-P. Julia me miserum cur non defendis: amavi si te corde
-magis. M. digna lenone satis. Nunc morerer et te non
-defendet Julia: neque enixa est utero terque quaterque
-tibi.
-</p>
-
-<p>
-P. Da saltem ante obitum. M. Garris. P. concede rogatis hoc
-unum. M. insanis. P. hoc. M. citius morere.
-</p>
-
-<p>
-P. hoc. M. cedo. P. ut peream illius susceptus in ulnis que
-modo ab hispania vecta puella mihi est.
-</p>
-
-<p>
-M. hec est illa senem que te sine fine coegit insanire furor:
-non amor hem morere.
-</p>
-
-<p>
-P. ergo mihi moriendum est. M. est. P. qua morte.
-</p>
-
-<p>
-M. peribis febre gravi: qua nunc languida membra jacent.
-</p>
-
-<p>
-P. febre cadam. M. sic est. P. fugias. M. cur. P. stulta putas
-ne ut qui non perii fulmine: febre cadam.
-</p>
-</div>
-
-<p class="indr">
-(Marin Sanuto, <i>Diar.</i>, vol. III, fol. 209.)
-</p>
-
-<h3 id="doc23"><span class="smcap">Documento</span> N. XXIII.
-<span class="smaller"><i>Istrumenti relativi alla promessa di matrimonio di Donna
-Angela Borgia con Francesco Maria Della Rovere.</i></span></h3>
-
-<p class="center">
-1. Mandatum Substitutionis R.<sup>mi</sup> d.<sup>ni</sup> Cardinalis Ulisbonensis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-25 agosto 1500.
-</p>
-
-<p>
-<i>Il cardinale di Lisbona si presenta qual</i> procurator
-Ill<sup>i</sup> D<sup>ni</sup> Johannis de Ruvere urbis prefecti ac Illustris D<sup>n</sup>
-<span class="pagenum" id="Page_396">[396]</span>
-Francisci Marie ejus filii... certam habens scientiam de
-Instrumentis ratificationum factarum per ipsum Ill. Dn. prefectum
-pro se et filii nomine super contractu sponsalium
-contractorum inter ipsum R.<sup>um</sup> Car.<sup>lem</sup> ac egregium v. Jur.
-Doctorem Dn. Gabrielem de Gabrielis de Fano procuratores
-ejusd. Ill.<sup>i</sup> D<sup>ni</sup> prefecti pro se et filii nomine agentes ex una,
-et prefatum S. D. N. Papam ac Ill. D. Rodericum de Borgia
-germanum fratrem Ill<sup>is</sup> D. Angele de Borgia et eo nomine
-agentes parte ex altera..... Non valens ipse R. D. Car.<sup>lis</sup>
-propter ejus egritudinem personaliter interesse... ad predicta
-omnia et singula explendum.... substituit h. v. D.
-Laurentium Burcarium civ. Romanum....
-</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec Rome in antecamera prefati R.<sup>mi</sup> D.
-Car.<sup>lis</sup> que est ad sinistram post aulam magnam presentibus
-D. Adoardo Borgia penitentiario et D. Luca de Scitt ad prescissa
-adhibitis et convocatis.
-</p>
-
-<hr class="tbs" />
-
-<p class="center">
-2. Sponsalia Ill. D. Francisci Marie prefecti orbis
-filii et D. Angele Borgie Neptis D<sup>ni</sup> Pape.
-</p>
-
-<p class="indr">
-2 settembre 1500.
-</p>
-
-<p>
-<i>È una promessa solenne di matrimonio con la formola</i>:
-vis, volo, <i>mediante procura</i>.
-</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec Rome in palatio Ap.<sup>co</sup> in secunda camera
-nova post aulam pontificum presentibus R.<sup>dis</sup> patrib. D.
-Roberto Giube Ep. Treiocen. D. Ludovico de villa nova et
-D. Trasu (sic!) xpian. Regis francor. oratoribus et procuratorib.
-D. Francisco Borgia Ep. Teanens. D. N. Pp. prefati
-Tesaurario D. Adriano clerico cam. ap. et secretario et D.
-Trocio ejusd. D. N. Camº testibus ad premissa et infrascripta
-adhibitis et rogatis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene)
-</p>
-
-<h3 id="doc24"><span class="smcap">Documento</span> N. XXIV.
-<span class="smaller"><i>Giovanni Sforza al Marchese Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Bologna, 17 ottobre 1500.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> et ex<sup>me</sup> D<sup>ne</sup> et cognate hon<sup>me</sup> la Ex<sup>a</sup> V. hara inteso
-como domenica matina el populo de pesaro per subornatione
-de quatro giotti se levo in arme: et fomi forza redurre in
-roccha, con pochi de li mei al meglio chio puote: Dove persentendo
-le gente nimiche vicinarse ad mi: e messer hercule
-bentivoglio quale era ad arimino farsi inanti: per non essere
-<span class="pagenum" id="Page_397">[397]</span>
-serato drento: con consiglio: con opera: et con favore de
-Jacomo Albanese me parti la nocte de rocha: et son gioncto
-qua a salvam<sup>tu</sup> dopo una malissima via: et peximi passi: De
-che io ne ho obligo prima alla ex<sup>a</sup> V. che me mando dicto
-Jacomo: et poi a luy che me haby si ben conducto ad salvam<sup>to</sup>:
-Jo non ho anche deliberato quello mi voglia fare: ma
-se fra quatro di non vengo da la Ex<sup>a</sup> V. mandaro a quella el
-dicto Jacomo, quale gli dira el successo del tutto: et la mente
-mia: In questo mezo ho voluto che la sapii de la gionta mia
-ad salvamento: et ad quella me racomm. Bononie 17. Oct. 1500.
-</p>
-
-<p>
-Ex. V. cognatus et s<sup>or</sup> Joannes sfortia de arag<sup>a</sup> comes
-Cotignole, pisauri etc.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc25"><span class="smcap">Documento</span> N. XXV.
-<span class="smaller"><i>Pandolfo Collenuccio al Duca Ercole di Ferrara.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Pesaro, 29 ottobre 1500.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissimo Signor mio: Fui in dui di e mezzo in Pesaro,
-poichè parti da V. S<sup>a</sup> Imperocchè Martedi circa le 24.
-hore gionxi. Et in quella hora appunto el Duca Valentino
-facea la intrata; et tutto il popolo era alla porta, e con una
-gran piova lo ricevettono, e li presentarono le chiave de la
-terra, et allogiò in corte ne la camera del quondam Sig<sup>r</sup> Giohanne.
-Fece la entrata molto solemne (per quanto mi riferirono
-questi mei che v'erano) e con grande ordine e numeroso
-de cavalli e de fanti della guardia sua. — Jo la sera medesima
-li feci intendere la venuta mia, expectando audientia
-ad ogni comodità de Sua Sig<sup>ria.</sup> Circa due hore de nocte me
-mandò El S<sup>r.</sup> Ramiro e el magiordomo a visitare e intendere
-con molto honorevole parole e se io era bene allogiato, e se
-me mancava cosa alcuna in tanta moltitudine con dirme ch'io
-posasse, chel di seguente me ascoltaria. Mercore matina a
-bona hora me mandò a presentare un gran sacco de orzo,
-una soma de vino, un castrone, 8. para de caponi e galline,
-due gran torce; due mazzi de' candelotti, et due scattole de
-confecti, con honorevole ambassata. Ne mi dette però audientia
-se bene mandasse a fare escusa, e chio non me maravigliasse.
-La casone fu perchè se leva de lecto a le 20. hore, e
-levato desina. Andò poi in Roccha, e li stette insino a nocte
-e tornò stracco per un tincone, overo Ango chel ha.
-</p>
-
-<p>
-Hoggi commo hebbe desinato che era circa le 22. hore,
-me fece introdurre per el Sig. Ramiro; e con molta dimestichezza
-et optima cera, per la prima comenzò Sua Sig<sup>ria</sup> a
-<span class="pagenum" id="Page_398">[398]</span>
-fare excusa de non me havere potuto odire heri, per le occupatione
-in la roccha, e per la indispositione de quel suo tencone.
-Passati questi primi rasonamenti: havendo io restrecto
-l'ambassata mia, in recomandare, visitare, congratulare, ringratiare
-e offerire Sua S<sup>a</sup> (quale veramente molto ben compone
-sue parole) a parte, a parte e comodissimamente respose:
-dicendo in summa, che cognosciuta la prudentia e bontà de
-V<sup>a.</sup> S<sup>ia.</sup> lui sempre ne ha amato et havuto desiderio haver pratica
-con V<sup>a.</sup> Ex<sup>a.</sup> Et che quando Ella fu a Milano, Sua S<sup>a</sup> ne
-hebbe voglia; ma quel tempo et quelle facende che alhora
-correvano, nol permisero. E che hora chel veniva a le bande
-de qua, seguitando pur questo suo desiderio, per un principio
-e demostratione del animo suo, e per demonstrarni che ve
-era figliolo, se era messo a scriverni quella lettera de progressi
-soi, tenendo certo che S<sup>a</sup> S<sup>a</sup> ne havesse ad haver piacere.
-Et chel simile faria anchor per lo advenire! perchè desiderava
-haver più intrinseca amicitia con la Ex<sup>a.</sup> V<sup>a.</sup> Et a quella
-offeriva ogni sua facoltà e tutto quello poteva, et che in ogni
-occurrentia V<sup>a</sup> S<sup>ia</sup> ne vederia li effecti. Et che io lo raccomandassi
-assai a quella, perchè ve haveria per fratre. Rengratiando
-anchor V<sup>a.</sup> S<sup>ia.</sup> de la resposta haveti fatto per lettera,
-e del haver mandato homo a posta, dicendo che veramente
-non bisognava: che etiam senza questo lui havea per certissimo
-che V<sup>a.</sup> Sigr<sup>ia.</sup> dogni suo bene ne haveria vivo piacere.
-Infine ne migliori ne più acconce parole haria potuto dire,
-quanto dixe: Sempre nominando Vuj per fratre et se per
-figliolo.
-</p>
-
-<p>
-Et io per mi raccogliendo la cosa e le parole sue tutte,
-comprendo chel haria charo havere qualche pratica con V<sup>a.</sup>
-S<sup>a.</sup> et haver bona amicitia. Credo bene ali soi propositi: Tuttavia
-io non so raccogliere altro che bene. — Questa mandata
-che ha facto V. S<sup>a.</sup> de un suo homo li e stata acceptissima e
-son informato chello lha scripta al Papa: e con questi soi
-ne ha parlato in modo che ha dimostrato farne gran caso et
-extimarla assai. — Dopo alcune breve risposte e repliche hincinde,
-per le quali io li diceva che non sapea se non commendar
-la prudentia de Sua Signoria a tenere questa via con
-V<sup>a.</sup> Ex<sup>a.</sup> per le conditioni nostre e del stato nostro, le quali
-cose non poteano se non essere a proposito suo, me lo confirmava
-molto efficacemente; demonstrando intenderlo molto
-bene; e così in rasonamenti spezzati intrammo a parlare di
-Faenza: Sua Sig<sup>ia.</sup> me dixe. Io non so quello vorrà fare
-Faenza: hella ce vorrà dar poca faticha, come han fatto queste
-altre! opure vorrà far prova de tenerse. Li dixi chio credeva
-che feria como queste altre; pur quando non lo facesse,
-non era se non ad honore de Sua Sig<sup>ia</sup> che daria occasione
-de poter mostrare la Virtu et Valor suo nell'expugnarla.
-<span class="pagenum" id="Page_399">[399]</span>
-Demonstrò haverlo caro; con opinione de combatterla aspramente.
-De Bologna non accadette rasonamento. Hebbe care
-le ambassate de recomandatione chio feci de Vostri de parte
-del Sig. Don Alfonso e del Cardinale, e sopra tutto del Cardinale
-del quale dixe tanto bene, e mostrò amarlo tanto che
-non potea satiar de dirne.
-</p>
-
-<p>
-Così stati inseme una grossa mezza hora, tolsi licentia,
-et Sua Sig<sup>ia</sup> montò a cavallo et essi levato de qui: va questa
-sera a Gradara: Domane andarà ad Arimino, e seguitarà el
-suo viaggio, et ha tutta la gente et artiglieria con se. Et per
-altro non va così lenta (la qual cosa anchor lui me dixe) se
-non perchè non vol partirse dal artiglieria.
-</p>
-
-<p>
-In questa terra sonno alloggiate 2 m. persone o più: non
-han facto damno notabile. El contà è stato tutto pieno de
-soldati: non sapemo ancor se ha facto gran damno. A la terra
-non ha concesso privilegio ne exemptione alcuna: Glie lassa
-un doctor Forlivese locotenente. De la Rocca ha levato 70.
-pezzi de artiglieria; ne li ha lassato gran guardia.
-</p>
-
-<p>
-Dirò una cosa a V. S<sup>ia</sup> de la quale ho più riscontri: ma
-per expressa me lha dicta un Cavaliere portugalese soldato
-del Duca Valentino, che è alloggiato qui in casa ove son io
-de mio genero con 15. cavalli, et è homo molto da bene, et
-amico del Sig<sup>r</sup> Don Ferrando nostro, perchè stette col Re
-Carlo: Dicono che questa terra el papa la dà per dote a Madonna
-Lucretia; et dalli marito uno Italiano che serà sempre
-bono amico de Valenza. Sel sia vero non so: cosi se tene.
-</p>
-
-<p>
-De Phano; el Duca non lha havuto: gliè stato dentro
-cinque di: Lui non l'ha domandato! ne li citadini gliel hanno
-dato: Suo è, e suo sarà se lo vorrà: Dicono loro, chel Papa
-li commisse, che de Phano non se impacciasse se li cittadini
-proprij non lo dimandavano: così son rimasti nel stato che
-erano.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Omissis.
-</p>
-
-<p>
-La vita del Duca è questa: Va a lecto a 8. 9. e 10. hore
-de nocte: l'altro di poi, le 18. hore son l'alba, le 19. el levar
-del sole; le 20. son di facto: Levato subito va a tavola: et li
-e depoi fa facende: Tenuto animoso, e gagliardo e liberale:
-et che tenga bon conto de homini da bene. Aspro in le vendette:
-cosi ho informatione da molti. Animo vasto et cerca
-grandezza e fama, par che curi più lo acquistar de stati, che
-stabilirli e ordinarli.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Omissis.
-</p>
-
-<p>
-Pisauri die Jovis 29. Octobris hora 6. noctis 1500.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Illustrissime Ducalis Dominationis Vestre
-</p>
-
-<p class="indr">
-Servus Pandulphus.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_400">[400]</span>
-</p>
-
-<p class="center">
-Compagnia del Duca
-</p>
-
-<table class="comp" summary="">
- <tr>
- <td>Bartholomeo de Capranica Maestro del Campo</td> <td rowspan="8" class="gent">Tutti Gentilhomini Romani</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Piero Sancta Croce</td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Julio Alberino</td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Mario don Marian de Stephano</td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Un suo fratello</td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Monico Sanguigni</td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Jo. Baptista Mancini</td> <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Dorio Savello</td> <td></td>
- </tr>
-</table>
-
-<p class="center">
-In Casa del Duca homini de Conto.
-</p>
-
-<table class="comp" summary="">
- <tr>
- <td>Vescovo di Elna</td> <td rowspan="2" class="gent">Spagnoli.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Vescovo di Sancta Sista</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Vescovo di Trani, Italiano.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Un Abbate Napoletano.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>El Sig<sup>r.</sup> Ramiro del Orca Governatore. Questo fa tutto.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Don Hieronymo Portugallese.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Messer Agabito da Amelia Secretario.</td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Mes<sup>r.</sup> Alexandro Spannocchia Thesaurero, quale ha dicto chel Duca ha de spesa ordinaria fin qui 1800. Ducati el di, poichè partì da Roma.</td>
- </tr>
-</table>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc26"><span class="smcap">Documento</span> N. XXVI.
-<span class="smaller"><i>Alessandro VI alla Signoria di Firenze.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 13 luglio 1501.
-</p>
-
-<p>
-Dilecti filii Salutem et ap. ben. Proficiscitur isthuc dilecta
-in Ch. filia, nobilis mulier Catherina Sfortia: quam cum aliquandiu,
-ut nostis, ex certis rationabilibus causis detineri
-fecerimus, gratiose postea liberavimus, et quia pro nra consuetudine
-et pastorali officio non solum cum eadem Catherina
-clementia usi sumus, sed quantum cum Deo possumus
-ipsius etiam commodis paterna benignitate consulere cupimus,
-scribendum vobis duximus, ipsam Catharinam devotioni vre
-non mediocriter commendantes: ut sicut ipsa benevolentia nra
-summopere freta, isthuc tamquam in propriam patriam se
-recipit, sua spe nris etiam additis commendationibus non
-frustretur. Erit igitur nobis gratissimum, si intellexerimus
-illam pro ejus erga istam civitatem observantiam, nro etiam
-intuitu benigne a vobis susceptam et tractam esse. Dat. Rome
-ap. S. Petr. sub anulo Piscatoris die XIII. Julii MCCCCCI.
-Pont. nri. a. nono.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Hadrianus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archiv. Florent. Reform. Atti pubblici, n. 237.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_401">[401]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc27"><span class="smcap">Documento</span> N. XXVII.
-<span class="smaller"><i>Prima Bolla di Alessandro VI relativa all'Infante romano
-Giovanni Borgia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-1º settembre 1501.
-</p>
-
-<p class="center">
-Alexander Episcopus Servus Servorum Dei
-Dilecto Filio Nobili Joanni de Borgia Infanti Romano
-Salutem et Apostolicam Benedictionem.
-</p>
-
-<p>
-Illegitime genitos ex quorum verisimilibus infantilis etatis
-inditiis spes concipi potest quod succedentibus annis se in
-viros debeant producere virtuosos quosque progenitorum suorum
-preclara merita et ortus generosa propago decorant,
-nature vicium minime decolorat, quia decus virtutum geniture
-maculam abstergit in filiis et pudicitia morum pudor
-originis aboletur. Attendentes igitur quod sicut indubie credimus
-et habet fide dignorum assertio tu qui ut creditur defectum
-natalium pateris de dilecto filio nobili viro Cesare
-Borgia de Francia Romandiole et Valentie Duce soluto ad
-presens gentium nostrarum et Sancte Romane Ecclesie Armigerarum
-Capitaneo et Confalonerio generali genitus et soluta
-et in tertio vel circa tue etatis anno constitutus existis defectum
-predictum succedentibus tibi annis honestate morum
-et vite aliisque probitatis et virtutum meritis multipliciter
-recompensabis redimens favore virtutum quod in te ortus
-odiosus ademit, et propterea volentes te premissorum intuitu
-favore prosequi gratie spetialis motu proprio non ad tuam
-vel alterius pro te nobis super hoc oblate petitionis instantiam,
-sed de nostra mera liberalitate et ex certa scientia ac
-de apostolice potestatis plenitudine tecum ut in quibuscunque
-Civitatibus, Dominiis, Ducatibus, Comitatibus, Baroniis, Terris
-Castris, Oppidis, Locis, Palatiis, domibus, possessionibus aliisve
-bonis ac juribus omnibus prefati Cesaris Ducis eiusque fratris
-et sororis, ac parentum, agnatorum cognatorum consanguineorum
-affinium tuorum et aliorum quorumcumque cuiuscumque
-qualitatis quantitatis denominationis valoris et pretii
-etiam quantumcumque notabilis et maximi fuerint etiamsi
-eisdem Cesari Duci fratri sorori suis parentibus, agnatis,
-consanguineis et affinibus vel eorum progenitoribus et aliis
-quibuscumque pro se et descendentibus legitimis et naturalibus
-in perpetuum vel ad tempus aut in certam generationem
-a Romana vel aliis Ecclesiis Monasteriis locis ac personis Ecclesiasticis
-secularibus vel regularibus in vicariatum feudum
-censuale seu nobile antiquum paternum et avitum seu retrofeudum,
-vel in emphiteosim aut livellum locationem seu censum
-aut alias quomodolibet concessa forent et in posterum
-<span class="pagenum" id="Page_402">[402]</span>
-concederentur aut a progenitoribus prefatis eisdem Cesari
-Duci fratri sorori suis parentibus agnatis cognatis consanguineis,
-et affinibus ac aliis quibuscumque donata relicta vel
-legata aut alias concessa seu hereditate fideicommisse vel alio
-quovis titulo in eos etiam cum prohibitione quod ad illegitimos
-devenire non possint translata existerent et transferentur
-seu concederentur in futurum tam ex testamento quam ab
-intestato absque tamen preiuditio illorum qui si Cesar Dux
-frater soror eius parentes, agnati cognati consanguinei et affines
-predicti intestati decederent succedere deberent succedere
-(sic), et ad illa ac quocumque alia similia vel dissimilia
-fideicommisse legati donationis inter vivos causa mortis aut
-quovis alio titulo quo etiam a nobis et sede apostolica in
-posterum illa tibi concedi, dari et donari quovis modo contigerit
-devenire eaque recipere consequi habere possidere et
-retinere ac in eisdem civitatibus dominiis Ducatibus Comitatibus
-Baroniis Terris Castris Oppidis atque locis Vicarii feudatarii
-et superioris in illis nomine jurisdictione imperio preeminentia
-honore et auctoritate fungi et potiri ac de eisdem
-civitatibus dominiis Ducatibus Comitatibus Baroniis Castris
-Oppidis Terris locis iuribus palatiis domibus possessionibus
-atque bonis disponere et in illis successores et heredes
-habere, ac ad honores dignitates Magistratus et offitia quecumque
-secularia publica et privata eligi recipi et assumi illaque
-et quoscumque actus legitimos cuiuscumque qualitatis et
-denominationis fuerint gerere et exercere ac de agnatione Cesaris
-Ducis et de familia de Borgia huiusmodi esse censeri et nominari
-ac nobilitate insignibus armis privilegiis concessionibus
-iuribus indultis libertatibus prerogativis et preeminentiis quibus
-legitime geniti de familia predicta utuntur potiuntur et
-gaudent ac uti potiri et gaudere poterunt quomodolibet in
-futurum utri potiri et gaudere libere ac licite ac efficaciter
-possis et debeas, tuque et Cesar Dux frater soror eius agnati
-cognati consanguinei et affines prefati invicem agnati cognati
-consanguinei et affines vere et omni prorsus fictione cessante
-quoad omnes iuris comunis et municipalis concessionumque
-predictarum, et alias quoscumque plenissimos effectus sitis in
-omnibus et per omnia et sine ulla prorsus differentia perinde
-ac si de legitimo Thoro procreatus fores auctoritate Apostolica
-tenore presentium de spetialis dono gratie dispensamus
-tibique pariter indulgemus teque quoad premissa omnia et
-quecumque ac qualiacumque alia eisdem motu scientia auctoritate
-et potestatis plenitudine legitimamus ac vere ingenuitati
-et justis natalibus plenissime et etiam efficacissime motu scientia
-auctoritate et potestatis plenitudine similibus omnino restituimus
-et reintegramus ac legitimatum et vere ingenuitati
-justisque natalibus huiusmodi plenissime et etiam efficacissime
-<span class="pagenum" id="Page_403">[403]</span>
-omnino restitutam et reintegratum decernimus ac nuntiamus
-per presentes tibique ut in omnibus et singulis per te de
-cetero a nobis et sede predicta et Legatis eiusdem seu alias
-quomodolibet impetrationibus indultis gratiis concessionibus
-privilegiis libertatibus immunitatibus exemptionibus dispensationibus
-et litteris obtinendis seu alias concedendis gratiam
-et justitiam aut utrumque mixtim concernentibus nullam de
-defectu et dispensatione huiusmodi mentionem facere tenearis
-nec gratie et litere desuper conficiende propterea de surreptionis
-obreptionis et nullitatis vitio aut intentionis defectu
-notari possint sed perinde valeant plenamque roboris firmitatem
-obtineant et tibi suffragentur in omnibus et per omnia
-ac si de defectu et dispensatione predictis plena et expressa
-mentio facta fuisset eisdem motu scientia auctoritate et potestatis
-plenitudine concedimus. Et nihilominus Cesari Duci
-fratri sorori suis agnatis cognatis consanguineis affinibus et
-aliis quibuscumque de Civitatibus Dominiis Ducatibus Comitatibus
-Baroniis Terris Castris oppidis et locis iuribus Palatiis
-domibus possessionibus ac bonis omnibus ad eos ex successione
-parentum, agnatorum, consanguineorum et affinium
-suorum ac alias quomodolibet legitime nunc et pro tempora
-pertinentibus in favorem tui testandi et de illis alias pro
-eorum libito voluntatis disponendi, illaque inter vivos et causa
-mortis tibi donandi ac alias prout eis videbitur et placebit
-concedendi paribus motu scientia auctoritate et potestatis plenitudine
-plenam liberam et omnimodam licentiam potestatem
-et facultatem elargimur decernentes quas fieri contigerit tibi
-donationes huiusmodi de predictis omnibus et quibuslibet
-aliis bonis tam a Cesare Duce fratre sorore suis agnatis cognatis
-consanguineis et affinibus prefatis quam aliis quibuscumque
-etiam a nobis et sede prefata que de iure aut ex
-forma statutorum Urbis aut aliorum locorum insinuationum
-seu aliam solemnitatem per statuta ipsa ultra iuris formam
-adinventam exigerent absque insinuatione et solemnitate
-huiusmodi validas et efficaces fore et observari debere in omnibus
-et per omnia perinde ac si donationes ipse insinuatione
-et solemnitatibus debitis et requisitis intervenientibus et alias
-legitime fierent et facta fuissent ac presentes si ullo unquam
-tempore forsan dubitari et tibi opponi contingeret te forsan
-dictum defectum de alio quam Duce prefato pati quem etiam
-quocumque modo et quacumque alia persona ecclesiastica vel
-seculari etiam cuiuscumque dignitatis et excellentie mundane
-vel Ecclesiastice etiam supreme, etiam tali quod de illa spetialis
-specifica et expressa mentio habenda illaque omnino
-speciali nota digna foret alioquin presentium totaliter periret
-effectus, illum patiaris vel pati dici posses ad omne dubium
-submovendum ac cavillationes evitandas quietique tue consulendum
-<span class="pagenum" id="Page_404">[404]</span>
-eisdem motu scientia auctoritate et potestatis plenitudine
-haberi volumus pro plenissime et sufficienter expresso
-eam vim eumdemque vigorem et effectum omnino consequi
-et sortiri tibique suffragari debere ac si dictus defectus quicumque
-fuerit et esse dici posset alias specifice et plenissime
-expressus fuisset ipsasque presentes ad probandum etiam
-plenissime defectum predictum quomodocumque et undecumque
-proveniat ut prefertur in judicio et extra ac alias ubilibet
-etiam plenissime sufficere, nec ad id probationis alterius
-adminiculum requiri. Sicque per quoscumque Judices et
-Commissarios etiam Sancte Romane Ecclesie Cardinales ac
-causarum Palatii Apostolici Auditores in quacumque instantia
-sublata eis et cuilibet eorum quavis alia interpretandi facultate
-sententiari deffiniri et judicari debere irritum quoque et
-inane si secus super hiis a quoquam quavis auctoritate scienter
-vel ignoranter contigerit attemptari. Non ostantibus defectu
-et aliis premissis ac constitutionibus et ordinationibus
-Apostolicis legibus quoque Imperialibus et dicte urbis nec
-non Civitatum et locorum aliorum municipalibus statutis et
-consuetudinibus etiam iuramento confirmatione Apostolica vel
-quavis firmitate alia roboratis editis et edendis etiam insinuationem
-et alias solemnitates huiusmodi exigentibus et quibus
-caveretur expresse quod illegitimi succedere non possent et
-que etiam Cesar Dux frater soror sui agnati cognati consanguinei
-et affines prefati observare iurassent et iurarent in posterum
-que quidem iuramenta eis quoad hoc relaxamus nec
-non textatorum et donantium ac aliorum quorumlibet prohibitionibus
-quodque Vicariatuum Feudorum in emphiteosim
-censum locationem et livellum concessiones huiusmodi pro
-vere et non ficte legitime descendentibus et genitis dumtaxat
-emanaverint atque processerint ac emanarent et procederent
-in futurum, quibus omnibus etiam si de illis eorumque totis
-tenoribus pro illorum sufficienti derogatione spetialis specifica
-expressa individua ac de verbo ad verbum non autem per
-generales clausulas et importantes mentio seu quevis alia
-expressio habenda foret et in eis caveretur expresse quod
-illis nullatenus posset derogari tenores huiusmodi presentibus
-pro sufficienter ac de verbo ad verbum expressis et insertis
-habentes illis alias in suo robore permansuris quoad premissa
-eisdem motu scientia auctoritate et potestatis plenitudine spetialiter
-et expresse omnino derogamus et derogatum esse volumus
-ceterisque contrariis quibuscumque. Nulli ergo omnino
-hominum liceat hanc paginam nostre dispensationis indulti
-legitimationis restitutionis reintegrationis nuntiationis concessionis
-elargitionis decreti voluntatis relaxationis et derogationis
-infringere vel ei ausu temerario contraire. Si quis
-autem hoc attemptare presumpserit indignationem omnipotentis
-<span class="pagenum" id="Page_405">[405]</span>
-Dei ac Beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se
-noverit incursurum. Datum Rome apud Sanctum Petrum anno
-Incarnationis Dominice Millesimo quingentesimo primo Kalendas
-Septembris Pontificatus nostri Anno Decimo.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Hadrianus.
-</p>
-
-<p class="indl">
-(<i>a tergo</i> = duplicata)
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc28"><span class="smcap">Documento</span> N. XXVIII.
-<span class="smaller"><i>Seconda Bolla di Alessandro VI relativa allo stesso
-Giovanni Borgia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-1º settembre 1501.
-</p>
-
-<p class="center">
-Alexander Episcopus Servus Servorum Dei Dilecto Filio Nobili
-Johanni de Borgia
-Infanti Romano Salutem et Apostolicam Benedictionem.
-</p>
-
-<p>
-Spes future probitatis que ex verisimilibus tue infantilis
-etatis inditiis concipi potest quod succedentibus annis te in
-virum debeas producere virtuosum, merito nos inducit ut te
-spetialibus favoribus et gratiis prosequamur. Hodie si quidem
-tecum in tertio vel circa tue etatis anno constituto ut non
-obstante defectu natalium quem te de dilecto filio Nobili Viro
-Cesare Borgia de Francia, Romandiole et Valentie Duce conjugato
-nostrarum et Sancte Romane Ecclesie gentium Armigerarum
-Capitaneo et Confalonerio Generali genitum et soluta
-pati expressum fuit ut in quibuscumque Civitatibus Dominiis
-Ducatibus, Comitatibus, Baroniis, Terris, Castris, Oppidis,
-Locis Palatiis domibus possessionibus aliisve bonis ac juribus
-omnibus prefati Cesaris Ducis ejusque fratris et sororis ac
-parentum Agnatorum Cognatorum, consanguineorum affinium
-tuorum et aliorum quorumcumque cujuscumque qualitatis
-quantitatis denominationis, valoris, et pretii etiam quantumcumque
-notabilis et maximi forent etiam si eisdem Cesari
-Duci fratri sorori suis parentibus Agnatis Cognatis consanguineis
-et affinibus vel eorum progenitoribus et aliis quibuscumque
-pro se et descendentibus legitimis et naturalibus in perpetuum
-vel ad tempus aut in certam generationem a Romanis vel aliis
-ecclesiis, monasteriis locis ac personis Ecclesiasticis secularibus
-vel regularibus in vicariatum feudum censuale seu nobile
-antiquum paternum et avitum seu Retrofeudum vel in Emphiteosim
-aut livellum locationem seu censum aut alias quomodolibet
-concessa et in eos translata forent et in posterum
-concederentur ac transferentur tam ex testamento quam ab
-intestato absque tamen prejuditio illorum qui si Cesar Dux et
-<span class="pagenum" id="Page_406">[406]</span>
-alii predicti intestati decederent succedere deberent succedere
-(sic), et ad illa ac quecumque alia similia vel dissimilia quovis
-titulo quo etiam a nobis et sede Apostolica illa tibi in posterum
-concedi dari et donari quovismodo contigerit devenire
-in eaque recipere consequi habere possidere et retinere ac de
-illis disponere et in eis successores ac heredes habere et ad
-honores dignitates magistratus et offitia quecumque secularia
-publica et privata eligi recipi et assumi illaque et quoscumque
-actus legitimos cujuscumque qualitatis et denominationis fuerint
-gerere exercere ac de agnatione et de familia de Borgia
-huiusmodi esse censeri et nominari ac nobilitate insignibus
-armis privilegiis concessionibus juribus indultis libertatibus
-prerogativis et preeminentiis quibus legitime geniti de familia
-predicta utuntur potiuntur et gaudent, ac uti potiri et gaudere
-poterunt quomodolibet in futurum uti potiri et gaudere libere
-licite et efficaciter posses ac deberes motu proprio et ex certa
-scientia ac de Apostolice potestatis plenitudine auctoritate apostolica
-dispensavimus tibique pariter indulsimus teque quo
-ad premissa omnia et quecumque ac qualiacumque alia legitimavimus
-ac vere ingenuitati et justis natalibus plenissime et
-efficacissime omnino restituimus et reintegravimus ac alia
-fecimus concessimus et decrevimus prout in aliis nostris desuper
-confectis litteris quorum tenores ac si de verbo ad verbum
-presentibus insererentur haberi voluimus pro sufficienter
-expressis et insertis ac quarum plenissimam scientiam et notitiam
-habemus, plenius continetur. Cum autem tu defectum
-predictum non de prefato Duce sed de Nobis et dicta muliere
-soluta patiaris, quod bono respectu, in litteris predictis
-specifice exprimere noluimus Nos ne ullo unquam tempore
-contigat litteras predictas de intentionis defectu et nullitatis
-vitio notari teque desuper molestari tempore procedente debite
-providere ac te gratioso favore prosequi volentes motu simili
-non ad tuam vel alterius pro te nobis super hoc oblate petitionis
-instantiam sed de nostra mera liberalitate ac deliberatione
-eisdem scientia potestatis plenitudine et auctoritate
-tenore presentium volumus tibique concedimus quod littere dispensatio
-legitimatio restitutio reintegratio concessio indultum
-et decretum predicta omniaque et singula in eisdem litteris
-contenta concessa et expressa ac pro tempore inde secuta
-valeant plenamque roboris firmitatem obtineant et tibi suffragentur
-in omnibus et per omnia etiam tam quo ad successionem
-quam omnia et singula alia in illis expressa concessa et
-contenta hujusmodi perinde ac si in eisdem litteris quod dictum
-defectum de nobis ac dicta muliere soluta patiebaris expressum
-fuisset. Et nihilominus si contigerit te tempore procedente
-in quibuscumque litteris scripturis et instrumentis cuiuscumque
-qualitatis et conditionis ac donationibus et concessionibus
-<span class="pagenum" id="Page_407">[407]</span>
-etiam quantumcumque maximis etiam a nobis et sede predicta
-ac prefatis Duce fratre et sorore suis et aliis quibuscumque
-personis tibi faciendis litterisque Apostolicis desuper concedendis
-prefati Ducis filium dici et nominari ac quoscumque
-alios actus sub dicta nominatione quovis modo gerere et exercere
-ac insignibus et armis prefati Cesaris Ducis etiam publice
-quomodolibet uti motu scientia potestatis plenitudine et auctoritate
-similibus declaramus nullum propterea tibi preiuditium
-quomodolibet afferi nec presentibus aliquo derogatum censeri,
-sed omnia a nobis et sede predicta Duce fratre sororis suis
-prefatis et aliis quibuscumque personis in tui favorem et comodum
-pro tempore concessa et per te etiam pro tempore
-gesta et facta in quibus prefati Ducis natus fueris nominatus
-eam vim eum vigorem eumdemque effectum in omnibus et
-per omnia sortiri ac operari posse sive debere quos operarentur
-et sortirentur si in illis noster et non prefati Ducis natus nominatus
-fores et nominaveris nec ullo unquam tempore illis
-quovis quesito colore via causa modo forma de iure vel de
-facto in iuditio vel extra de nullitatis ac surreptionis et obreptionis
-vitio nec non intentionis defectu opponi seu obici posse
-quomodocumque supplentes eisdem motu scientia auctoritate
-et potestatis plenitudine omnes et singulos tam iuris quam
-facti defectus si qui forsan premissorum occasione intervenire
-pretendi possent in eisdem ac decernentes sic per quoscumque
-Judices et Commissarios etiam causarum Palatii Apostolici
-Auditores ac Sancte Romane Ecclesie Cardinales in quacumque
-instantia sublata eis et cuilibet eorum quavis alia interpretandi
-facultate sententiari deffiniri et iudicari debere irritum quoque
-et innane si secus super his a quoquam quavis auctoritate
-scienter vel ignoranter contigerit attemptari. Non obstantibus
-premissis ac costitutionibus et ordinationibus Apostolicis Legibus
-quoque Imperialibus nec non omnibus illis que in litteris
-predictis voluimus non obstare ceterisque contrariis quibuscumque.
-Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam
-nostre voluntatis concessionis declarationis suppletionis et
-decreti infringere vel ei ausu temerario contraire. Si quis
-autem hoc attemptare presumpserit indignationem Omnipotentis
-Dei ac Beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se
-noverit incursurum.
-</p>
-
-<p>
-Datum Rome apud Sanctum Petrum Anno Incarnationis
-Dominice Millesimo quingentesimo primo Kalendas septembris
-Pontificatus Nostri Anno Decimo
-</p>
-
-<p class="indr">
-Hadrianus
-</p>
-
-<p class="indr">
-S. Pinzonus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_408">[408]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc29"><span class="smcap">Documento</span> N. XXIX.
-<span class="smaller"><i>Saraceni e Bellingeri al Duca Ercole.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 23 settembre 1501.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissimo Principe et excellentissimo Signore Nostro
-singularissimo. Monstrando la Santita del Nostro Signore haver
-condegno respecto a quelle cose, che verisimilmente potriano
-parturire qualchi displicentia ne la mente non solo de la
-Excellentia Vostra et de lo Illmo Don Alfonso, ma etiam de
-la Illma Madama Duchessa, Il che etiam non potria passar
-senza qualche suo fastidio, Ce ha admoniti che vogliamo
-scrivere a la Excellentia Vostra et advertirla che al tempo de
-le noze operi talmente che lo Signore Joanne da Pesaro lo
-quale Sua Santità disse havere ad viso essere a Mantoa, non
-se ritrovasse a Ferrara; perche se bene quella separatione che
-fra luy et la predetta Illma Madama seguite iustissimamente,
-et cun la pura et mera verita como publice consta non solum
-per lo processo facto in questa causa, sed etiam per la libera
-confessione de ipso Sign. Joanne. Tamen non è che qualche
-reliquia de malo animo forsi non le sia restato etiam da ogni
-canto; per il che quando se ritrovasse in loco ove verisimilmente
-la predetta Signora potesse da lui essere veduta; saria
-Sua Excellentia necessitata sequestrarsi in qualche Camera
-per non se representar a la mente le cose passate, exhortando
-la Excellentia Vostra cun la solita sua prudentia proveder ad
-questo: et intrata poi Sua Santita ne le cose del Sign. Marchese
-de Mantova, damnoe assai Sua Signoria che sola ley
-fosse acceptaculo de Gente falita, e che fussero in Contumacia
-non solo sua ma etiam del Cristianissimo Re, et se bene nui
-se sforzassemo de escusar il predetto Signor Marchese, dicendoli
-ch'essendo liberalissimo como è se vergognaria a prohibire
-l'addito in le terre sue a chi li va, maxime a Signori:
-usando circa tale excusatione tute quelle più accomodate parole
-che se servitero in proposito. Tamen de tale nostra excusatione
-non parve restar Sua Santita ben satisfacta si che Vostra
-Excellentia intende il tuto quella como prudentissima ordini
-quanto li pare expediente et al proposito et in bona gratia de
-Vostra Excellentia humiliter ce raccomandiamo. — Rome die
-XXIII. Septembris 1501.
-</p>
-
-<p>
-Et Excellentissime Ducalis Dominationis Vestre
-</p>
-
-<p class="indr">
-Servuli Gerardus Saracenus.
-Hector Belingerius.
-</p>
-
-<p>
-(Foris) Illmo Principi et excellentissimo Domino nostro singularissimo
-Domino Herculi Estensi Duci Ferrarie
-</p>
-
-<p class="indl">
-Ferrarie.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_409">[409]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc30"><span class="smcap">Documento</span> N. XXX.
-<span class="smaller"><i>Gerardo Saraceni al Duca Ercole.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 26 ottobre 1501.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissime Princeps etc. Fussimo heri sira hector et io
-a visitare la Santità del Nostro Signore, richiesti perho da
-quella; la quale ne inpose facessemo intendere a Vostra Excellentia
-quella pocha di disvisa havea havuta, per il che se
-gli era causato un puocho di dolore in una orecchia et gli
-era caschato uno dente, perche Sua Santita havea havuta la
-precedente nocte cativa, et come anche per la gratia di Dio
-era molto migliorata et existimava serria niente. Et che questo
-Sua Santita ne imponeva acciò non accadesse che forse a
-Vostra Excellentia da altro loco avisata non fosse facto la cosa
-più grave; et Vostra Excellentia ne ricevesse dispiacere subiungendo
-che quando Vostra Excellentia fusse presente non
-resteria, benche havesse un puoco fasata la masella, de invitarla
-a cacciare uno porco, bisognara Sua Santita se astegni
-da partirse inanti di, et dal ritornare di nocte, maxime
-havendo questo difecto come amorevolmente li fu ricordato.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Omissis.
-</p>
-
-<p>
-Ordino etiam Sua Sanctità se havesse una copia di una
-littera scrive la Maesta del Cristianissimo Re a la Illma Duchessa,
-infine de la quale erano due litere di mano propria
-di Sua Maesta, credo perche Vostra Excellentia cognosca como
-amorevolmente scrive epsa Maestà, la quale parimente se
-manda in lingua franzese.
-</p>
-
-<p>
-Sua Santita poi ne disse volessimo scrivere a Vostra
-Excellentia, che volesse sollecitare la traductione de la prefata
-Duchessa, perche altramente se andaria in lo inverno,
-ricerchandoni se havevamo scripto quello fu raggionato circa
-il trovare modo a calculare le intrate di romagna. Respuosi
-che existimava non si potesse più fare dicta traductione senza
-essere in lo inverno: et che tuto quello se era raggionato cun
-Sua Sanctita se era scripto a Vostra excellentia et che se expectava
-rispuosta: non li gustò molto questo mio dire, perche
-voleva Sua Santita che quella raggione de lo inverno fusse
-buona, li subiunsi perho che se daria notitia a Vostra excellentia
-de questo suo desiderio et di questo anche heri mattina
-me ne havea parlato Monsignore Reverendissimo di Modena,
-confortandomi a tale traductione, cun dirmi che quando
-epsa Duchessa sara a Ferrara, il papa faria più di quello
-fusse convenuto, et rispondendoli io che era per tractare la
-expeditione de le castella per una via on l'altra, et che prima
-non sapeva confortare Vostra Excellentia aducendogli la dificulta
-<span class="pagenum" id="Page_410">[410]</span>
-et de la bolla et de li Ducati: ne anche la sua raggione
-mi pare bona sebbene non ge lo dissi: me disse che cosi me
-havea dicto perche havea promesso al Papa di dirlo, et cusi
-quando se raggionava de questo havendo Sua Sanctita facto
-chiamare epso Cardinale, perche se ritrovasse a tale parlamento
-Sua Signoria Reverendissima disse che me havea confortato
-la matina, et non parlò più circa questo molto: non
-credo perho sii più di Vostra Excellentia che del Papa: Et
-in questo parlare Sua Santità disse incidenter, che la comitiva
-mandara Vostra Excellentia non potera stare in Roma
-mancho di quatro on cinque dì....
-</p>
-
-<p class="indl">
-Omissis.
-</p>
-
-<p>
-Sua etiam Sanctita me disse di quello havea scripto Vostra
-Excellentia circa la venuta del magnifico messer Annibale
-(Bentivoglio) replicando ch'havea a caro la sua venuta,
-et che lo amava per rispecto del Patre, et più per amore de
-Vostra Excellentia, et che quando Vostra excellentia mandasse
-turchi perfare tale traductione, che sarebbero ben visti.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Omissis.
-</p>
-
-<p>
-Rome 26. Octobris.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Et Illme et Excellentissime Dominationis Vestre
-</p>
-
-<p class="indr">
-Servus Gerardus.
-</p>
-
-<p>
-Ultimamente si parlo de lo Illmo Signor don Alfonso et
-di la sua età, natura dispositione et qualità et parimente de
-la prefata Illma Duchessa la quale molto fu comendata et
-laudata da sua Santita et di bellezza et di prudentia, adducendo
-molte comparatione et di la Illma Marchesana di Mantoa,
-et di la Duchessa de Urbino; facendoci intendere ch'epsa
-Duchessa e di età di anni ventidui li quali finiranno a questo
-Aprile: in el qual tempo anche lo Illmo Duca di Romagna
-fornira anni ventisei.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Omissis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc31"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXI.
-<span class="smaller"><i>Gianluca Pozzi al Duca Ercole.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 23 dicembre 1501.
-</p>
-
-<p class="center">
-Illustrissimo Principi et Excellentissimo Domino
-Domino meo Singolari, Domino Duci Ferrarie.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissimo Signor mio Observantissimo. Questa sira
-dipoi che ebbi cenato fui con la Illustrissima Madonna Lucretia
-insieme con Messer Girardo (Saraceno) per visitarla per
-<span class="pagenum" id="Page_411">[411]</span>
-parte de Vostra Excellentia et del Illustrissimo don Alfonso:
-et con questa occasione venissemo in longo ragionamento de
-diverse cose; nel quale veramente lho cognosciuta molto
-prudente et discreta, amorevole, et di bona natura et de
-grandissima observantia verso Vostra Excellentia et il prefato
-Illustrissimo don Alfonso, per modo che si può fare judicio
-che Vostra Celsitudine et cusi il Signor Don Alfonso ne haverano
-bona satisfactione, oltre che lha optima gratia in ogni
-cosa cum modestia venusta et honesta, non meno e catholica,
-mostra temere dio, et domane si confessa con intentione de
-comunicarse il di de la Nativita del Signore. La e di bellezza
-competente, ma li boni gesti et modi suoi con la buona ciera
-et gratia, laugumentano et fano parere mazore: et in conclusione
-mi pare talmente qualificata, che di lei non se debia
-ne possi suspicare alchuna cosa sinistra: ma e da presumerni,
-credere et sperarne sempre optime operationi. Del che mi
-e parso conveniente per la verita farni testimonio con questa
-mia a Vostra Celsitudine; la quale sia certa che come scrivo
-senza passione il vero, secondo il debito et istituto mio: cusi
-per la servitu che porto a Vostra Excellentia ni ho phresa
-singulare letitia et consolatione. Et in bona gratia de Vostra
-Celsitudine mi raccomando. Roma XXIII decembris hora sexta
-noctis 1501.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Excellentia Vostra
-</p>
-
-<p class="indr">
-Servus Joannes Lucas.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc32"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXII.
-<span class="smaller"><i>Sposalizio di Donna Lucrezia Borgia e di Don Alfonso d'Este
-mercè procura.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 28 dicembre 1501.
-</p>
-
-<p>
-Invocato divino Numine Anno nativitatis dni Millesimo
-Quingentesimo secundo Pont. S<sup>mi</sup> in xpo patris et D. N. D.
-Alexandri div. prov. pp VI Ind. v<sup>ta</sup> mens. Dec. die XXVIII.
-Pateat oib. hoc pns documentum inspecturis quod cum inter
-Ill. D. <span class="smcap">Alfonsum</span> Ill<sup>mi</sup> et Exc. principis dni Herculis Ducis
-ferrarie primogenitum legitimo patris accedente consensu et
-auctoritate ex una ac legitimos procuratores Ill. dne Lucretie
-Borgie Biselli ducisse Ill<sup>mi</sup> et excell<sup>mi</sup> dni Cesaris Borgie de
-francia Romandiole ac Valentie Ducis S. R. E. Gonfalonerii
-et Capitanei generalis germane sororis plenum ac speciale
-mandatum ad id habentes de quo man<sup>to</sup> constat manu mei
-not. infrascripti parte ex altera Contracte fuerunt sollemnia
-<span class="pagenum" id="Page_412">[412]</span>
-sponsalia in Civitate ferrarie secund. ritum patrie per verba
-de presenti vis volo legit. consensum inducentia et importantia
-In quid. non intervenerunt quedam sollemnia que secund.
-ritum tam urbis Rome quam dicte civitatis ferrarie
-servantur vid. immissionis anuli in digito sponse que tunc
-pres. non erat: Et cum ad pres. personaliter ad urbem se
-contulerint Ill. dni <span class="smcap">Ferdinandus</span> et <span class="smcap">Sigismunds</span> prefati Ill.
-dni Ducis ferrarie nati ac prefati Ill. dni sponsi germani fratres
-cum magno Heroum procerumq. comitatu causa ducendi
-ferrariam prefatam Ill. d. Lucretiam et in familiam viri transferendi,
-prefat. Ill. dnus Ferdinandus dicti Ill. dni sponsi
-frater et procurator ad hoc spalr. destinatus ad effectum ut
-nulla dimittatur sollemnitas in dictis nuptiis celebrandis consuete
-ad abundantiorem licet non necessariam cautelam et ut
-quanto maiori cum dignit. et sollemnit. dicte nuptie celebrantur
-tanto firmiores existant habens ad hoc plenum sufficiens
-et speciale mandantum sicut constat pu<sup>co</sup> docum<sup>to</sup> manu
-dni Thebaldi filii spec<sup>lis</sup> viri malateste de Thebaldis imp.
-aucte. notarij pu<sup>ci</sup> ferrariensis ac prelibati Ill. d. Ducis secretarii
-sub dato anni mill. quingent. primi ind. IV<sup>ta</sup> die ottavo
-mens. Dec. ferrarie in palatio residentie prefati Ill<sup>mi</sup> dni
-Ducis ferrarie presentib. mag<sup>co</sup> et clar<sup>mo</sup> jur. con<sup>to</sup> dno Jo.
-Luca de pontremulo ducali consiliario Mag<sup>co</sup> et generoso
-equite dno Antº de Constabilis etiam ducali consiliario spect<sup>li</sup>
-Phlippo de bonleis ducali architriclino generali testib. adhibitis
-et sicut de eis fide et legalitate constat ex lris testimonialib.
-Potestatis dicte civitatis ferrarie sigillo dicte civitatis
-munitis, publice et palam exhibito et recognito ac lecto: Volens
-exequi negocium sibi demandatum astantib. R<sup>mis</sup> dnis
-Card<sup>bus</sup> Ursino A. S. Crucis Sancte prasedis Alexandrino Alboren.
-Card. Cusentin. Card. Mutinen. Card. Salernitan. Card.
-de Farnesio. Card. Cesarino. Card. Capuense Card. S. Severini
-Card. de ferraria cum potestate specificandi nomina et
-titulos singulorum ac prefato Ill<sup>mo</sup> dno Cesare Duce: Nec non
-et R<sup>do</sup> pre dn. Nicolao Maria ep<span class="over">o</span> Adrien. ac mag<sup>cis</sup> et insignib.
-dnis dno Gerardo Saraceno oratore ducali D. Jo. luca
-de pontremulo etiam ducali consiliario secreto Dno Nicolao
-Corrigio Dno Hanibale Bentivolio D. Federico de amirandulo
-D. Ugotio de contrariis D. Antonio bevilacqua R<sup>do</sup> d. Raynaldo
-asareto D. Beltrando constabili Dno Camillo constabili Dno
-Gerardo rangone Dno Ludovico Valer' et ante conspectum et
-present. S. D. N. prefati ac in pres. mei pub. not. et testium
-infrascriptor. Repetitoq. divino suffragio non recedendo a
-dictis sponsalib. per verba vis volo et a conventionib. et pactis
-inter dictas partes initis et factis de quib. constat ex dicto
-pu.<sup>co</sup> docum. manu dicti dni Thebaldi confecto: sed predicta
-sponsalia et omnia alia pacta predicta sic sollemniter in dicta
-<span class="pagenum" id="Page_413">[413]</span>
-civ. ferrarie ut prefertur contracta quat<sup>s</sup> expediat mutuo ac
-viciss. ac concordib. animis etiam nomine quo supra respective
-hinc inde approbantes emologantes et confirmantes et pro
-approbatis emologatis et confirmatis omni meliori modo via
-jure causa et forma haberi volentes dicta sponsalia reiterando
-prefata Ill<sup>a</sup> dna Lucretia interrogata a prefato Ill. d. Ferdinando
-germano fre et procurat. antefati Ill. dni Alfonsi si
-consensit et denuo consentire vult in legit. matrimonium dicti
-Ill. dni Alfonsi Ill<sup>mi</sup> princip. et Ducis ferrarie filii: et ipsum
-accipere et habere et tenere in legim. sponsum et maritum
-justa et secund. precepta et formam S. Matris Ecc., ad hec
-omnia interrogata prefata Ill d. Lucretia respondit: se consensisse
-et consentire de presenti habere et recipere prefatum
-Ill. d. Alfonsum in ejus leg<sup>m.</sup> sponsum ac maritum et sic mutuo
-consensu per verba vis volo dictus procurator quo supra
-nomine et prefata Ill. dna Lucretia sponsalia reiteraverunt:
-Deinde incontinenti apprensa per ipsum Ill. dnum Ferdinandum
-dicte sponse manu sponsalitium anulum in anulari digito
-ejusdem in signum maritalis perfectique conjugii quo
-supra nomine immisit: proferens et dicens hec verba vid.
-hunc anulum sponsalitium Ill. dnus Alfonsus sponsus tuus
-tibi Ill. dne Lucretie sua sponte largiendum misit eoq. nomine
-tibi elargior: quo recepto prefata Ill. dna Lucretia respondit
-et Ita sponte et libere accipio me notº pu<sup>ca</sup> persona
-presente et legº stipulante pro dictis partibus tam presentib.
-quam absentib. omnibusque quorum interest vel intererit in
-futur.: de quib. omnib. et sing. Rogatus fui a dictis partib.
-ut pu.<sup>cum</sup> conficerem instrum. unum vel plura et totiens quotiens
-fuerim requisitus.
-</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec Rome in palº ap<sup>co</sup> in prima camera lovii
-novi presentibus oratore Veneto Ep<span class="over">o</span> elnen. Adriano Tesaurario
-ac secretario Ventura ep<span class="over">o</span> Massanen. et aliis quamplurib.
-testib.
-</p>
-
-<p>
-Ego Camillus Beneimbene Notarius, malus impeditus
-per alium michi fidum scribi feci et ipse dictavi.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<h3 id="doc33"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXIII.
-<span class="smaller"><i>Alessandro VI alla Comunità di Nepi.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-28 dicembre 1501.
-</p>
-
-<p class="center">
-Dilectis filiis Prioribus et Comuni n. Nepesine.
-</p>
-
-<p>
-Alex. P. VI. Dilecti filii sal. et ap. ben. Quoniam in
-transitu dil. in xpo. filie nobilis mulieris Lucrezie de Borgia
-<span class="pagenum" id="Page_414">[414]</span>
-Ducisse, que hinc die lune proximo ad dil. fil. nob. vir. Alfonsum
-Ferrarie Ducalem Primogenitum consortem suum
-cum magna nobilum comitiva traducetur, ducenti equites ad
-vos divertent volumus, et vobis mandamus pro quanto gratiam
-nram caram habetis, et indignationem cupitis evitare,
-ut dictos 200 equites pro una die, et duabus noctibus apud
-vos mansuros recipiatis, eosque honorifice tractetis, ita ut
-de promptitudine vestra possetis apud nos non immerito
-commendari. Datum Rome apud S. Petrum sub anulo Pont.
-Die XXVIII. Decembris 1501. Pontif. N. A. X.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Hadrianus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio della Casa Comunale di Nepi.)
-</p>
-
-<h3 id="doc34"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXIV.
-<span class="smaller"><i>Pozzi e Saraceni al Duca Ercole.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 2 gennaio 1502.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissimo et excellentissimo Signor Nostro observandissimo
-hogi suxo la Piaza del Palazzo alcuni Zaneteri cun
-Cavalli leggieri et peduni: hanno fatto la cacia de li tori senza
-cani, perchè havevano incluso circa X tori in uno stecato et
-mandati fora ad uno ad uno li assaltavano, ferivano et amazavano;
-ma due o tri de' dicti cavalli furono feriti.
-</p>
-
-<p>
-Tra heri et hogi sono stati numerati circa XXVII Ducati
-a Zoanne Ziliolo thesoriero: Domane credemo havere tutto
-l'resto: excepto cinque milia ducati li quali per mano deli
-Ginucij ni pagano in Ferrara, senza perdita alcuna e inanti
-che siamo giunti a Ferrara; et di questo se obligheranno a
-nui dicti Genucii in bona forma.
-</p>
-
-<p>
-Questa nocte in la Camera de Nostro Signore è stata recitata
-la <span class="smcap">comedia del Menechino</span> et con bona de quellui
-ch'havea la persona del servo, et del parasito, et similmente
-del scorto, et de la dona de Menechino, ma li menechini non
-dixero cun multa gratia, erano senza maschare, et non gli
-era scena alcuna: perche la Camera non era capace: et in
-quello loco dove Menechino fu preso per ordine del socero
-credendo chel fosse impacito cridando che li fosse facto violentia,
-dixe essere maraviglia, che se usassero tale violentie
-sospite Cesare, Jove propitio, et votivo Hercule, inanti a la
-recitatione de la comedia fu facta questa representatione, che
-prima comparse uno puto vestito da donna representante la
-Virtù, et un altro representante la fortuna: et facta contentione
-fra epse, quale fosse superiore sopraggionse la gloria
-sopra un carro trionfale, la quale havea il mondo sotto li piedi
-<span class="pagenum" id="Page_415">[415]</span>
-et gli erano scripte queste parole: Gloria Domus Borgie. La
-gloria, la quale etiam se chiamava luce preferite la virtù ala
-fortuna: dicendo che Cesare et Hercole haveano con virtù superata
-la fortuna: referendo multi nobili facti de lo Illmo
-Signor Duca De Romagna: poi comparse hercule vestito de
-la Pelle del Leone, et cun la clava contra del quale Junone
-mandoe la fortuna, et combatendo hercule cun la fortuna, la
-vinse, prese et ligete: et venuta Junone a pregare hercule
-per la liberatione de la fortuna, Lui come clemente et magnanimo,
-la concesse a Junone cun questa lege, che ne l'una
-ne l'altra mai facesse contra la Casa d'Hercule, ne contra la
-Casa Borgia de Cesaro: et cussi promiseno, et piu ultra promise
-Junone de favorire il matrimonio contracto tra dicte
-Case: di poi vene Roma suxo uno Carro trionfale, et si dolse
-che Alexandro che tene il loco de Jove, ge facesse questa
-iniuria de levarli la Illma Madona Lucretia commendandola
-grandemente, et demonstrando che la fusse il refugio de tuta
-Roma. Apresso vene <span class="smcap">Ferrara</span> senza carro trionfale la quale
-allegava, che Madona Lucretia non andava in loco degenere,
-e che Roma non la perdeva: sopragionse Mercurio, mandato
-da li Dei e fosse concordia tra Roma e Ferrara, concludendo
-la volontà degli Dei essere che Madona Lucretia venisse a
-Ferrara, e fece ascendere Ferrara suxo uno carro triunfale
-a la parte più digna. — Tute queste cose furono recitate in
-verso heroico multo elegante — Celebrando sempre multo la
-coniunctione tra Cesare et hercule. Cun voler anche manifestamente
-inferire che inseme dovessero far gran facti contra
-li inimici de hercule per modo che se li effecti respondesseno
-a questi pronostici le cose nostre veniriano a multo bon termine:
-Et in bona gratia de Vostra Excellentia ne recomandiamo.
-Rome ji Januarji 1502.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Celsitudinis vestre
-</p>
-
-<p class="indr">
-Servi Joannes Lucas.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Gerardus Saracenus.
-</p>
-
-<p>
-(Foris) Illmo Principi et Excellentissimo Domino Domino
-Nostro observandissimo Domino Duci Ferrarie
-</p>
-
-<p class="indl">
-Ferrarie.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc35"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXV.
-<span class="smaller"><i>El Prete alla Marchesa Isabella Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 2 gennaio 1502.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>ma</sup> Madama, Hozi che è el pº di de lanno se fato uno
-stechato in su la piaza de S. Pietro e intorno si sono fate de
-<span class="pagenum" id="Page_416">[416]</span>
-molti tribunali circha ale ore 20 sono venuti tredici carri
-triunfali accompagnati da multa zente armata a pede e a cavallo
-numero forsi di un milio che fu bel spetaculo con soni
-asai e se porto el stendardo romano questa festa si domanda
-dagone questa monstra durò hore 4 se recitorno versi da non
-se potevano intendere, la San<sup>tà</sup> de Nº Sig<sup>re</sup>, el nostro Card<sup>le</sup>
-erano a una fenestra li altri in za e in la, madama Lucretia
-stava ala sua stanza fornito questo acto la Sant<sup>tà</sup> del papa
-mandò a dire al Sig<sup>r</sup> d<sup>n</sup> Ferando che facesse restare li zentilhomeni
-perchè se volevano recetare certe comedie: a hore 4
-el mandò a domandarli e cosi se andò dove trovasemo sua
-Sant<sup>tà</sup> in la camera del papagallo in sedia acompagnato da
-deci cardinali subito como fusome intrati el venne la Ill<sup>ma</sup>
-Mad<sup>ma</sup> Lucretia accompagnata da molti spagnoli e dale sue
-donne, sua Sig<sup>ia</sup> aveva in capo quella scofia de zove mandata
-da Ferrara senza lenza el trinzato de seta bianca listato doro
-el pede de la treza ligato de incarnato la camora de veluto
-morello con certi frisi fati al telaro listate, le maniche ala
-francesca non troppo grande e curte listate de uno lavoro
-che sono perle 4 e uno balasso per longo e denanze al collo
-una canacha de zoie una sbernia de borlato doro coperta de
-raso leonato tuto talgiato con uno lavoro intorno uno cinto
-bello e fiochi bianchi, in questa sira sono comparse sei dele
-sue donzelle vestite molto pomposamente camore de veluto
-cremesino e brochato doro sbernie de seta di varij colori e
-doro, Asetate le brigate madama a man dritta del papa a
-basso so cosino, vene certi pastori che recetorno una comedia
-anzi egloga tuta in laude de questa signora, fornita questa
-el papa fece levare madama Lucretia e mandola in la salla
-di papi questa sala era aparata de coltrine doro molte belle
-facte per papa Inocentio e in mezo li stava la sedia papale
-alicontro el gera uno tribunale basso e streto adobato de frasche
-conze galantemente con torze venti bianche atachate al
-solaro asetate che furon le donne el papa e tuti li cardinali
-andeno con tanta furia e strele de uso, io avea fredo e sudava
-asetati chi in banche chi in terra el paron mio questa sera per
-due volte fu carezato dal papa e chiamolo lui e fecelo asetare
-ali soi pede se recetò una egloga el significato non lo intendo,
-fornita questa venne uno vestito da dona cum una zipa de
-incarnato e veluto morello facendo la morescha molto bene e
-cosi balando la tirava fora certi animali longi braza sei e tanti
-colti coperti de seta ala dovisa et erano novi, l'ultimo fu el
-duca el suo animale era coperto de borcato doro e veluto
-morello de liste larghe uno dito molto pomposo, uscito che
-furno tuti questa donna balando in morescha li cavò fori tuti,
-cosi se comenzò una richa danza con tamburini, queste erano
-veste de borchato morello e zallo non se vedeva se non oro
-<span class="pagenum" id="Page_417">[417]</span>
-talgiato el duca pure cosi ma più pomposo se cognosceva fra
-li altri con maschare al volto, fornito questa morescha sonaro
-li trombeti una altra morescha in suso uno arboro vera uno
-puto che si fe fora e dise certi versi, feniti butò novi cordoni
-de seta ala dovisa grossi uno dito questi ne pigliarono uno
-per uno e balando ne facevano una cordella e quello puto la
-teseva, in vero la fu una bella cosa, fornita questa che erano
-dele ore undeci el papa comandò a madonna Lucretia che
-facesse una danza e così ballò con quella valentia dreto poi
-ballono quelli dala morescha una copia per volta, el S.<sup>r</sup> mio
-li steti in fino a questa hora perchi siame logiati longo dala
-corte due miglia se ne veneseno a casa, intesi la matina chel
-non se fece altro.
-</p>
-
-<p>
-In suso queste feste ve erano de le donne assai stravestite,
-el secondo dì de lanno se fece la cazia de tori dove el Duca
-uscito in campo con li soy compagni che erano novi a cavallo
-in suso le zaneti molti bene adobati con zanete in mano subito
-furo lassati dui tori, il duca se messo dreto a uno feroze
-e conduselo a morto con qualche pericolo se levò del stecato
-lui solo ne furno lassati de li altri e così li compagni li amazarno,
-vene el Duca poi a pede in zupone con dece compagni
-e zanete in mane e li tuti in sieme ne amazorno un altro, se
-partì, io non lo viti più ma questa festa durò in sino a lavemaria
-se amazorno deci tori e una buffala io non viti madama
-Lucretia per quello dì se ne stava ala sua stantia, in questa
-sera se fato una comedia latina el S.<sup>r</sup> per esser cose lonze
-non li e restato, la S. V. sa mo per questa fin qui quello e
-successo e ala bona gratia de quella me raccom<sup>do</sup> se rasona
-che possodomani se debiame partire ma nol credo perche se
-va molto adasio. Ex Urbe die 2 Jann.<sup>i</sup> 1502.
-</p>
-
-<p class="indr">
-S. El Prete.
-</p>
-
-<p>
-Ala mia Ill<sup>m</sup>a Madama la Marchesa de Mantova.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc36"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXVI.
-<span class="smaller"><i>Il Cardinal Giovanni Ferrari al Duca Ercole.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 9 gennaio 1502.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissime Princeps et Exellentissime Domine Domine
-mi Observandissime Post commendationem. — Il vene a
-Vostra Ducal Excellentia et all'Illustrissimo Signore Don
-Alphonso suo primogenito la Illustrissima Signora Madama
-Lucretia Duchessa de Biselli consorte del prefato Signore
-Don Alphonso: Et ben che sia certissimo che la Excellentia
-<span class="pagenum" id="Page_418">[418]</span>
-vostra ed il prefato Signor Don Alphonso lhabiano a tratar
-como certamente meritano le sue excellenti virtu e li suoi
-boni portamenti in dies meglio meritarano. Niente dimeno
-per essere io subdito de Vostra Excellentia e a quella e a tutta
-sua Illustrissima Casa affectionatissimo me Parso mio debito
-per questa mia ricordare ad epsa vostra Excellentia che ne
-voglia fare quelli debiti portamenti che se aspectano da la
-prefata Excellentia Vostra e dicto Signore Don Alphonso,
-perchè non dubito se contentarano ogni giorno più de le singular
-sue virtu e meriti: Et ultra le gratie già riportate da la
-Santità de Nostro Signore che invero sono grandissime e facto
-de bon core e animo ne potrà sperar de le altre per la grandissima
-affectione ha pigliato Sua Santità al Excellentia
-Vostra e al prefato Signore Don Alphonso e a tutta la sua Illustrissima
-Casa. Et tutto quello se fara in persona de la prefata
-Signora Duchessa non sara manco accepto di qua che se
-fusse facto in la persona de la prefata Santità. Me parso offitio
-mio de dar questo adviso a Vostra Excellentia benche
-puo esser superfluo considerata la prudentia et circumspetione
-de quella a la qual sempre me riccomando Rome in
-Palatio Apostolico VIIIJ Januarij MDIJ. La Santità Sua scrive
-de sua propria mano a Vostra Excellentia.
-</p>
-
-<p>
-Et Vestre Illustrissime Ducalis Excellente
-</p>
-
-<p class="center">
-Deditus Johannes Cardinalis Capuanus
-et Mutinensis manu propria.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc37"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXVII.
-<span class="smaller"><i>Pozzi e Saraceni al Duca Ercole.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Foligno, 13 gennaio 1502.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissimo et Excellentissimo Signor Nostro observandissimo.
-Benche da Narnia scrivessimo alla Excellentia Vostra
-per la via de Roma e de le poste che veniressimo da
-Terni a Spoleti, et da Spoleti qui a giornate continuate, nondimeno:
-Ritrovandosse la Illustrissima Duchessa e le sue
-done multo affaticate a Spoleti delibero riposarse un giorno
-integro a Spoleti, e un altro qui in modo che non partemo
-de qui se non domane, et non arivaremo ad Urbino prima
-che martidi proximo che sera a li 18. del presente: perche
-doman andaremo a Nocera: Sabato a Gualdo: Dominica ad
-<span class="pagenum" id="Page_419">[419]</span>
-Eugubio: Luni a Caglio: Marti ad Urbino: dove dimoraremo
-anchora un giorno integro cioè tutol mercori, et de lie se
-andara à Pesaro a li XX: poi de Citade in citade secundo
-che per le altre è stato scripto a la Excellentia Vostra. Ma
-siamo certi che la prefata Duchessa se riposera multi di integri
-in multe de dicte Citade talmente che senza dubio, non
-arrivaremo prima a Ferrara ch'a lultimo del presente: on
-primo del futuro; et forsi al secundo o terzo. Dilche ni è
-parso conveniente dare noticia de qui ala Celsitudine Vostra:
-acciocche la intenda dove siamo, et quello che stimamo dovere
-essere, et che la possi ordinare, quello che meglio gli
-pare, perche se gli piace che se differisca al secundo o terzo
-di Febraro la gionta a Ferrara, credemo sia per succedere
-facilmente: se anche gli piacesse più ch'arivassimo a lultimo
-di questo o al primo di Febraro: la ni potera advisare; perche
-solicitaremo cussi come in sin qui havemo procurato lo
-andare riposato: la causa che ni move a credere quanto di
-sopra è perche la Illma Madama Lucretia e de complexione
-delicata; et non assueta al cavalcare: e manco sono le done
-sue, etcognoscemo, che la non vorria essere sbatuta, ne
-conquassata dal viaggio quando la giongera a Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Per tuti li lochi per li quali Soa Signoria è passata è stata
-ben veduta e amorevolmente ricolta et cum grande Reverentia:
-et apresentata etiam da le done cun tale dimonstratione
-che tuto pareva essere facto a Sua Signoria, et per sua contemplatione:
-tanto universalmente e ben voluta in questi
-paesi, ne li quali per essere stata già in la Legatione de Spoleti
-è multo ben cognosciuta. Qui gli è stato facto maiore recoglientie,
-et maiori signi de leticia, che in altri lochi fori
-di Roma: perche ultra che li Signori di questo loco cussi chiamati
-per essere presidenti a la Republica cun li Capuzzi et
-mantelli de rossato la incontrasseno insino a la porta, essendo
-tuti a piedi: et cussi la accompagnassano insino alo alloggiamento
-suxo la piaza: fu incontrata vicina a la porta da uno
-tropheo sopra il quale era una persona representante <span class="smcap">Lucretia
-Romana</span> cun uno pugnale in mano: la quale dixe alcuni
-versi di questa importantia, come essendo Lei in questo loco:
-sopragiogendo Soa Signoria, da la quale di pudicitia di modestia,
-di prudentia et di Constantia era superata, gli dava
-loco e cedeva: poi apresso la Piazza gli era uno carro triunfale
-inanti al quale era uno cupidine, e sopral carro era Paris
-col pomo aureo in mano, il quale dixe alcune rime di questo
-effecto: come già haveva dato per sententia il pomo a
-Venere, la quale solamente excedeva de belleze Junone et
-Pallade: ma hora rivocava dicta Sententia, et donava il pomo
-a Sua Signoria come a quella che superava tute tre quelle
-dee attento che in Lei era belleza: sapientia, e richezza,
-<span class="pagenum" id="Page_420">[420]</span>
-overo potentia maiore, che in tute tre quelle dee: ultimamente
-suxo la piaza ritrovassimo una Galea armata de turchi
-a la Turchescha: la quale gli vene incontra oltra la mitade
-de la piaza; et uno de epsi stante suxo la prora dixe alcuni
-versi in Rima, di questa sustantia: Come sapendo il suo gran
-Re quanto Lei poteva in Italia; et quanto la potesse essere
-bona mediatrice a la pace: la mandava a visitare et offerir
-gli la restitutione de quello, che lui teneva del Paese christiano:
-non siamo curati de havere le parole de dicti versi;
-perche non sono di quelli del Petrarcha: ne anche la representatione
-de questa nave ni pare essere de grande importantia:
-ni multo al proposito. Non pretermettemo che lungi
-da Foligno 4 miglia la fu incontrata da tuti li Baglioni, che
-sono in Stato li quali erano venuti e da Perosa, e da le sue
-Castelle; et per farli reverentia, et per invitarla a Perosa. Sua
-Signoria persiste pure in desiderio de venire per aqua da
-Bologna a Ferrara, per fugire la incomodità del cavalcar et
-de la via terrestre; come per le nostre date a Narnia Vostra
-Excellentia fu advisata.
-</p>
-
-<p>
-La Santità de Nostro Signoro tene tanta cura de Soa Signoria
-che ogni di, e ogni hora vole intendere de li progressi
-soi et è necessario, che Lei di sua mano de ogni terra scriva
-a Soa Santita del suo ben stare: che confirma quanto è stato
-scripto a Vostra Excellentia altre volte che Soa Santita la ami
-più che alcuna altra persona del Sangue suo.
-</p>
-
-<p>
-Se haveremo il modo de tenir advisata Vostra Excellentia
-de di in di de questo viagio, et de le cose che accederanno
-non seremo negligenti.
-</p>
-
-<p>
-Essendo tra Terni e Spoleti in Valle de Strectura uno
-Stafiero de lo Illustre Don Sigismondo vene a parole rixose
-cum uno Stafiero de Stefano di Fabij nobile Romano, quale è
-in la comitiva de la Predicta Duchessa per causa assai leve
-de certi turdi: et havendo l'uno et l'altro posto la mano a
-le arme: sopragionse uno Pizaguerra a Cavallo pur de quelli
-de lo Illustre Don Sigismondo, il quale ferete suxo la testa il
-Stafiero de dicto Stefano: de la qual cosa Stefano di natura
-impatiente: Collerico et insolente tanto si commosse et si
-dolse, che mostrava, non volere venire più avanti, et essendo
-gionto in la Rocha de Spoleti passo a lato ali illustri Don Ferrante
-e Don Sigismondo senza salutarli ne diferirgli: tutavia
-intesa bene la natura de la cosa, che fu inopinata et casuale,
-et come tuti nui seni eramo grandemente doluti: et che pizaguerra
-era fugito, et anche il dicto Stafiero de Don Sigismondo
-per modo che non se ni poteva fare alcuna dimostratione:
-fu dato il torto a Stefano per il Reverendissimo de
-Cosenza, e per la Illustrissima madama Lucretia et per tuti;
-et Stefano se' acquitato et pacificato, e vene cun li altri. In
-<span class="pagenum" id="Page_421">[421]</span>
-bona gratia de Vostra Celsitudine ne recomendiamo. Ex fulgineo
-XIII Januarij 1502.
-</p>
-
-<p>
-Celsitudinis Vestre.
-</p>
-
-<p class="blockquote">
-Il Reverendissimo Cardinale de Cosenza per quanto
-intendemo sin qui non ha a passare le terre
-de lo Illustrissimo Signor Duca de Urbino
-</p>
-
-<p class="indr">
-Servi Joannes Lucas et
-Gerardus Saracenus.
-</p>
-
-<p class="blockquote">
-(Foris) Illustrissimo Principi et excellentissimo Domino
-Domino nostro observandissimo Domino
-Herculi, Duci Ferrarie.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Ferrarie cito cito.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc38"><span class="smcap">Documento</span> N. XXXVIII.
-<span class="smaller"><i>Il Duca Ercole ad Alessandro VI.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Ferrara, 14 febbraio 1502.
-</p>
-
-<p class="center">
-Ad Summum Pontificem.
-</p>
-
-<p>
-Sanct<sup>me</sup> ac beat<sup>me</sup> pr. et Dne, dne mi colen<sup>me</sup> humillima
-post beatorum pedum oscula commendatione exhibita. Inanti
-che giongesse qua la Ill. Duchessa nra comune Figliola, Mia
-firma intentione era de accarezarla et honorarla, sicome se
-conviene et de non manchare in cosa alcuna pertinente a singulare
-dilectione: Essendo mo sua S<sup>ria</sup> gionta qua, la mi ha
-talmente satisfacto, per le vertute et digne qualitade che ritrovo
-in ipsa, che non solo sum confirmato in questa bona
-dispositione, ma, e, grandemente cresciuto in me il desiderio
-et animo di cussi fare: et tanto piu quanto che vedo la S<sup>ta</sup> V.
-per uno Breve de sua mano amorevolmente farmi questo ricordo.
-Siche stia de bona voglia la S<sup>ta</sup> Vra per che verso la
-la p<sup>ta</sup> Duchessa usaro tali termini, che la B<sup>ne</sup> V. cognosca,
-che Io tengo sua S<sup>ria</sup> per la più cara cosa che Io habia al
-mondo.
-</p>
-
-<p>
-Ben prego et supplico V. Stà che se degni farmi gratia
-speciale de la promotioni de M. Jo. Luca mio a cardinalato
-in queste tempore proxime, come expecto cum gran<sup>mo</sup> desiderio,
-secundo che anche el mio Am<sup>be</sup> gli significara più
-diffusamente: et in bona gratia de la S<sup>ta</sup> V. humilmente me
-recomando.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Ferrarie 14. Febr. 1502.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_422">[422]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc39"><span class="smcap">Documento N. XXXIX.</span>
-<span class="smaller"><i>La Marchesa Isabella Gonzaga a Lucrezia Borgia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Mantova, 18 febbraio 1502.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Dne Lucretie Borgie.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>ma</sup> S. Lo amore chio porto a la S. V. et lo desyderio
-chio ho de intender che la persevera in quella bona valetudine
-dove la si ritrovava al partire mio fa che credi che lei
-anchora sii in la medesima expectatione di me et perho sperando
-farli cosa grata gli significo como luni gionsi in questa
-terra sana et salva, havendo ritrovato lo Ill<sup>mo</sup> S<sup>re</sup> mio consorte
-in optima convalescentia: Resta che da la S. V. intendi
-parimente il successo suo acciò possi pigliarne piacere, como
-di sorella cordialissima: Et benche reputi superfluo offerirle
-le cose sue: non dimeno per una volta ho voluto ricordarli
-che la puo de la persona et mie facultà disponere non altrimente
-che de le sue proprie, et a lei sempre, mi racc<sup>do</sup> pregandola
-vogli rac<sup>me</sup> a lo Ill<sup>mo</sup> S<sup>re</sup> suo consorte mio hon<sup>mo</sup> fratello:
-Mantue XVIII Februarij 1502.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova).
-</p>
-
-<h3 id="doc40"><span class="smcap">Documento N. XL.</span>
-<span class="smaller"><i>La Marchesa Isabella Gonzaga ad Adriana Ursina.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Mantova, 18 febbraio 1502.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Dne Hadriane Ursine.
-</p>
-
-<p>
-M<sup>a</sup> Hadriana: Non havendo posto in oblivione le comendatione
-che ne fece la s. v. in nome suo, et de m<sup>a</sup> Julia, subito
-gionte che siamo state a Mantua havemo facto intendere
-al amico suo, quanto ne parlo v. s. in suo favore, offerendoli
-per rispecto de quella, et de M<sup>a</sup> Julia la protectione et
-suffragio nro in tutte le occurrentie sue: ne le quale procederemo
-a li effecti omne volta che possiamo gratificarlo in
-modo chel cognoscera che tenemo bon conto de la s. v. per
-la quale potendo qualche altra cosa serimo sempre disposte
-a compiacerla: Nui siamo gionte qua ad salvamento, et desideramo
-intendere che la Ill<sup>ma</sup> m<sup>a</sup> nra cognata et sorella continui
-insieme cum v. s. in buona valetudine: a la quale non
-agravara raccomandarne. Mantua XVIII Februarij 1502.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_423">[423]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc41"><span class="smcap">Documento N. XLI.</span>
-<span class="smaller"><i>Cesare Borgia alla sorella Lucrezia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Urbino, 20 luglio 1502.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>ma</sup> et Ex<sup>ma</sup> Signora Germana nra Char<sup>ma</sup>. Tenendo per
-certo che nulla più efficace et salubre Medicina essere po A
-la pnté indispositione de La Ex<sup>tia</sup> vra che sentire bone et felici
-novelle, Li facemo Intendere che in questo ponto havemo
-hauta nova et certezza de la presa de Camerino Pregamo
-quella voglia fare honore ad questa nova con evidente effecto
-de miglioramento et farcelo intendere, Imperoche con la sua
-infirmita Ne de questa ne de altre possemo sentire piacere
-alcuno. Pregandola anchora che la presente voglia participarla
-A lo Ill. S<sup>r</sup> Don Alfonso suo Consorte et nro Cognato come
-Fré Amantissimo Al quale per la pnté non scrivemo per la
-prescia. De Virbino adi XX de Juglio MDII.
-</p>
-
-<p class="indl">
-De V. Ill<sup>ma</sup> S. fratello q'como si medesmo lama
-</p>
-
-<p class="indr">
-Cesar.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Agapytus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc42"><span class="smcap">Documento N. XLII.</span>
-<span class="smaller"><i>Francesco Troche alla Marchesa Isabella Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 1º settembre 1502.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>ma</sup> S<sup>ra</sup> questa facio solo adcio che Sebastiano non Torne
-senza mia lra ad V. Ex<sup>cia</sup> ala quale per averli dato longo aviso
-per un altra mia per questa non scrivo altro si no che la
-s<sup>ra</sup> princessa qual sta un poco mal et la ho facta visitar da Sebastiano,
-basa le mano de V. S. Ill<sup>ma</sup>, faccio continuo scriver
-el libro in bona lra et lo mandaro presto non ly mando mo
-per che voglio far scriver alchune altre asé bene: suplico V.
-Ex<sup>cia</sup> se degne mandarne li sonetti che me promisse, et se
-in alchuna cosa la posso servire quella me commande che
-son desideroso servirla ala qual baso le mani di roma lo primo
-de setembro.
-</p>
-
-<p class="indl">
-D. V. ex<sup>cia</sup>
-</p>
-
-<p class="indr">
-humil servitor
-Fra<sup>co</sup> Trocche.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_424">[424]</span>
-</p>
-
-<h3 id="doc43"><span class="smcap">Documento N. XLIII.</span>
-<span class="smaller"><i>Lo stesso alla stessa.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 5 ottobre 1502.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>ma</sup> mia S<sup>ra</sup> per brognolo ho receputo una lra la qual
-insieme con li quatro sonetti quella se he degnata mandarme
-dela qual humanita infinite volte la rengratio significandole
-che quantunche in prima ly fosse deditissimo servitore hora
-cum questo mha in perpetuo obligato come è ragione et non
-desidero altro che poterlo cum qualche opera et effecto dimostrare
-Et perche me seria impossibile per lettere ne parolle
-esprimerlo ho pregato lo presente portator brognolo col qual
-diffusamente ho parlato alcune cose, lo voglia dir et far intendere
-a V. S. Ill<sup>ma</sup> alaqual humillmente me recomando et
-baso le sue mane, de Roma a V. de Octobre.
-</p>
-
-<p class="indl">
-D. V. I<sup>lla</sup> S.
-</p>
-
-<p class="indr">
-humile servitor
-</p>
-
-<p class="indr">
-F. trocche prothº ap<sup>co</sup> manu pp.
-</p>
-
-<p class="indr">
-<i>Con suggello con tre pesci.</i>
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc44"><span class="smcap">Documento N. XLIV.</span>
-<span class="smaller"><i>Isabella Gonzaga a Cesare Borgia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-15 gennaio 1503.
-</p>
-
-<p class="center">
-Dno. Duci Valentie.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> etc. De li felici progressi de V. Ex. quali cum una
-amorevole lra ce ha significati, ne havemo preso quello piacere
-et contento che si conviene a la mutua amicitia et benivolentia
-che è fra lei et lo Ill<sup>mo</sup> s. nro. consorte et nuy, et cossi
-in nome suo et nro ne congratulamo seco de omne secureza
-et prosperità sua et ringraciamola de la participatione et offerta
-ce ha facta di tenerni avisate de li successi: del che la pregamo
-ad volere per humanita sua continuare: perche amandola
-como facemo desyderamo sentire spesso li andamenti
-suoi per puoter insieme cum ley alligrarmi del bene et exaltatione
-de V. Ex. et perche credemo che doppo li strachi et
-fatiche che la patisse in queste sue gloriose imprese voglia
-anche ritrovare loco de recrearsi me parso mandarli per Joane
-nro staffero cento maschare: non perche non lo cognosciamo
-vile dono ala grandeza de li meriti de V. Ex. et de lanimo
-<span class="pagenum" id="Page_425">[425]</span>
-nro; ma per una testimonianza che quando in questo nro
-paese fusse cosa più degna et conveniente piu volentieri glila
-mandarissimo. Se anchora le maschare mancharano de la bellezza
-che se gli conveneria V. Cel<sup>ne</sup> imputara li maestri de
-Ferrara: quali per la prohibitione che già molti anni e in
-quella citta de maschararsi in publico hanno desimparato a
-fare acceptando per supplimento la sincera volunta et affectione
-nra versa V. Ex.: Circa ala pratica nra: non accade replicare
-altro, finche non intendiamo da V. S. Ill<sup>ma</sup> la resolutione
-de la S<sup>ta</sup> de N. S. circa il caso de la securta che gli
-facessimo explicare di visa per il Brognolo che cossi stiamo
-in expectatione per potere venire a la conclusione etc. a lei
-ne offerimo et raccommandamo XV. Jan. 1503.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc45"><span class="smcap">Documento</span> N. XLV.
-<span class="smaller"><i>Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Acquapendente, 1º febbraio 1503.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>ma</sup> Ex<sup>ma</sup> signora Comatre et sorella nra hon'. Havemo
-receputo el dono de la Ex<sup>tia</sup> vra de le cento Mascare, per la
-multiplice varieta et singulare bellezza desse ad me molto accepte,
-et assai piu per essere sopreionte ad tempo et loco che
-piu al proposito essere non seria stato possibile Come se la
-vra Ex<sup>tia</sup> ce havesse prefixa lege et ordine de le imprese et
-de la tornata nra ad Roma, Dopo l'acquisto per nui facto in
-uno medesimo di de citta et contado de senegaglia con le
-forteze et justa punitione delli perfidi tradimenti de li adversarii
-nri, et dipo anchora liberate da Tyrannia et reducte
-a la obedientia de la sanctita de Nro S<sup>re</sup> la citta de Castello,
-Fermo, Cisterna, Montone et Perosa: Et hora al ultimo deposito
-del Tyrannico Dominio se haveva occupato in Siena
-Pandolfo Petrucci, demustratosi contra de nui tanto atroce
-inimico Et sopre tutto ce sonno decte Mascare acceptissime per
-essere procedute da la fraterna et singulare benevolentia, la
-quale semo certissimi che quella conformemente con lo Ill<sup>mo</sup> S<sup>re</sup>
-suo consorte ce porta, et per ogni altro effecto ce demustra,
-et ha demustrato per la Amorevolissima lra che con esso presente
-ce ha mandata, de le qual cose tutte insieme haveriamo
-da rengratiarla infinite volte per lre se la grandeza de li meriti
-soi et di lo Ill<sup>mo</sup> S<sup>re</sup> consorte prefato verso de nui, non refutassero
-le demustrationi de parole, recercando pieni effecti, usarimo
-le decte Mascare, et la loro perfecta belleza, ce toglira
-cura de ogni altro ornamento, Ad effecto de la commune parentela
-<span class="pagenum" id="Page_426">[426]</span>
-perseveramo tutta via essere piu caldi, in questa andata
-nra ad Roma adoperarimo che per la S<sup>ta</sup> de Nro signore
-se li dia pienissimo effecto Del prescione che la vra Ex<sup>tia</sup> ce
-recerca faciamo liberare, scrivendo ce sia mandato subito
-piena informatione, et quella hauta non restarimo respondere
-ad essa Ill<sup>ma</sup> S<sup>ria</sup> vra. con sua satisfactione Ala quale ce recomandamo
-Ex Pontificiis Castris ad Aquampendentem primo
-Februarii MDIII.
-</p>
-
-<p>
-De V. Ex<sup>tia</sup> Compare et fratello el Duca de Romagna etc.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Cesar
-</p>
-
-<p class="indr">
-Agapytus.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc46"><span class="smcap">Documento</span> N. XLVI.
-<span class="smaller"><i>Il Duca Ercole a Giangiorgio Seregni, suo oratore in Milano.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Belriguardo, 24 agosto 1503.
-</p>
-
-<p class="center">
-Dux Ferrarie etc.
-</p>
-
-<p>
-Zanzorzo — Per chiarirte de quello che da multi te è
-dimandato, se stamo de malavoglia de la morte del Papa,
-te certificamo che per niun capo la ni e' dispiaciuta: anci
-per l'honore de nostro Signore Dio, et per la universale utilità
-de la christianita, habiamo più di sono desiderato, che
-la divina bonta e providentia facesse provisione de uno bono
-et exemplare pastore, et che de la chiesia soa se levasse tanto
-scandalo: Ne la nostra particularita ni poteria fare desiderare
-altramente: perche l'honore de Dio et del bene universale
-prepondera apresso Nui: ma piu te dicemo che non fu mai
-papa dal quale non havessimo più gratia, et più al piacere
-che da questo, etiam dopo la affinità contracta cum lui: solamente
-havessimo et a pena quello de che il se era obligato,
-del quale non staessimo ala fede soa: Ma in niuna altra cosa
-ne grande ne mediocre ne picola siamo stati compiaciuti da
-lui: che credemo procedesse in grande parte per colpa del
-Duca de Romagna: Il quale per non havere potuto fare di
-Nui quello che haveria voluto se è governato cum Nui da
-extraneo, ne mai sè allargato cum Nui, ni comunicato li soi
-andamenti: Ne nui habiamo comunicato li nostri cum Lui:
-et ultimamente per inclinare Lui a Spagnoli, et vederni Nui
-boni francesi, non havevemo mai da sperare ni dal Papa, ni
-da Soa Signoria apiacere alcuno: Però non ni è despiaciuta
-questa morte non expectando se non male de la Grandeza
-el predicto Signor Duca. Volemo che tu communichi questo
-<span class="pagenum" id="Page_427">[427]</span>
-nostro Secreto punctalmente al predicto Signor granmastro
-a la cui Signoria non volemo che sia celato lo animo nostro:
-ma cum altri parlane sobriamente: et remetterai poi questa
-indrieto al Reverendo messer Gianluca (Pozzi) nostro Consigliero.
-</p>
-
-<p>
-Belriguardi 24. Augusti 1503.
-</p>
-
-<p class="indr">
-N. Bendedeus.
-</p>
-
-<p>
-(Foris) Spectabili Secretario nostro delectissimo Joanni Georgio
-Seregnio
-</p>
-
-<p class="indr">
-Mediolani — Cita.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc47"><span class="smcap">Documento</span> N. XLVII.
-<span class="smaller"><i>Giovanni Sforza al Marchese Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Mantova, 25 agosto 1503.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> et Ex<sup>me</sup> D<sup>ne</sup> et Cognate honor<sup>me</sup> Ringratio la Ex. V.
-de la bona nova che per sue lettere la se dignata de darme
-del essere del Valentino, per che ne ho hauto tanta alegreza
-ch'io spero de dare repulsa al mio male: certeficandola che
-quando io reintra in stato, gli habia ad stare come factura
-e V. E. p.<sup>ta</sup> per esser lei patrone del tuto, et de la mia
-persona propria: pregandola se altro la intende del dicto Valentino,
-che pur el sii morto ad volermene dare qualche adviso,
-che la me fara sing.<sup>re</sup> apiacere: a la quale sempre ex
-corde me recomando.
-</p>
-
-<p>
-Dat Mantue die 25. Augusti 1503.
-</p>
-
-<p class="indr">
-Ill<sup>me</sup> V. D. Servitor Joannes Sfor. pisauri etc.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc48"><span class="smcap">Documento</span> N. XLVIII.
-<span class="smaller"><i>Don Jofrè Borgia al Marchese di Mantova.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Nepi, 18 settembre 1503.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> ac Ex<sup>me</sup> Dne et maior Honorande. M. Ruberto de
-bisenzo: M. Hieronimo de alexandria: M. Culpino da verona:
-Andrea da benevento: Francescho da bologna et Mattheo da
-benevento: Gentil homini e soldati della Ex. del signor duca
-di romagna nro Honorevol fratello: et alcuni nri: per esser
-tucti habitanti in monte fiascono co' loro mugliere et robe
-dicano essere stati saccheggiato domenicha immane et anche
-<span class="pagenum" id="Page_428">[428]</span>
-morto alcun de lor fratelli in montefiaschone de certa fantaria
-della X<sup>a</sup> M<sup>ta</sup>: per el che ad esse e incurso grandissimo
-danno: et perdita de lor robe: vi pregamo vogliate esse et
-tucti i danni passi siano satisfacti de tucto quello sia possibili
-recuperare: el che al prefato Ill<sup>mo</sup> S. Ducha serra inpiacere
-assai: e ad noi el reputiremo ad adceptissimo servitio
-da V. Ill<sup>ma</sup> S. al piacere della quali ne offerimo paratissimi
-Ex Nepe die XVIII. septenbris MDIII
-</p>
-
-<p>
-D. V. Ill<sup>ma</sup> Sig<sup>ria</sup>
-</p>
-
-<p class="indl">
-Como minor fratello
-</p>
-
-<p class="indr">
-El principe de Squillace.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc49"><span class="smcap">Documento</span> N. XLIX.
-<span class="smaller"><i>Il Marchese di Mantova alla moglie Isabella.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Isola degli Orsini, 22 settembre 1503.
-</p>
-
-<p>
-Ill.<sup>ma</sup> D.<sup>na</sup> Conjunx nos.<sup>a</sup> amatis<sup>ma</sup> Acio che la S. V. sia
-informata come noi del passaggio de la san.<sup>a</sup> memoria del
-papa Alessan.º VI.º gli significamo, come essendo infirmato,
-cominciò a parlare in forma che chi non intendeva il suo proposito,
-credeva chel vacillasse, ancor chel ragionasse cum
-gran sentimento, le parole sue erano, io veniro, l'e ragione,
-expecta anchor un pocho, e da quelli che intendevano il suo
-secreto, è scoperto, che dopo la morte di Innocentio ritrovandosi
-in conclave, el patuì col diavolo comprando il papato
-con l'anima sua, e tra li altri pacti fu chel dovesse vivere in
-sedia dodeci anni, il che gli è stato atteso cum quattro di de
-giunta, gli è ancor chi afferma haver visti sette diavoli nel
-punto del respiro in sua camera, morto chel fu, il corpo cominciò
-a boglire, e la bocca a spumare come faria uno caldaro
-al focho, assi perseverò mentre che fu sopra terra: divenne
-anchor ultra modo grosso in tanto che in lui non
-apparea forma di corpo humano, ne dala larghezza ala lunghezza
-del corpo suo era differenzia alcuna: ala sepoltura fu
-portato senza molto honore, e dil cattaleto fu trascinato per
-un facchino, cum una corda ligata al pede, al loco di la sepoltura
-per non trovarsi alcuno che lo volesse tocare, fulli
-facto uno deposito tanto misero che la nana moglie del zoppo
-lha li a Mantova piu honorevole: e per ultima sua fama ogni
-giorno se gli trovano attacchati li piu vituperosi epitaphij del
-mondo:
-</p>
-
-<p>
-Hora è venuta nova come il Siena è creato papa: reputato
-persona neutrale e senza passione ne parte: Alla S. V.
-<span class="pagenum" id="Page_429">[429]</span>
-tutto ne donamo basando pur assai Federico: Havemo mandato
-a dimandare il passo e victualie per meggia Roma non
-si essendo facto il ponte fora come era stato promisso non
-sapemo che risposta haveremo, sapemo ben che li nemici
-sono a Genezano e ni vengono incontra Mon<sup>r</sup> Tremoglia aggravato,
-è forciato ritornare a dreto: saremo soli al regimento
-del campo. Benevaleat D. V. Ex Insula XXII septembris MDIII.
-</p>
-
-<p>
-Conjunx Marchio Mantue etc.<sup>a</sup> X<sup>mi</sup> Regis Locumt<sup>s</sup> Generalis.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> d<sup>ne</sup> Conjugi Nostre amatiss<sup>me</sup> Dne Isabelle Marchionisse
-Mantue.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc50"><span class="smcap">Documento</span> N. L.
-<span class="smaller"><i>Il Duca Ercole a Lucrezia Borgia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Codegori, 4 ottobre 1503.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissima et Excellentissima Domina Nurus et filia
-nostra dilettissima: Havemo avuto la lettera de la Signoria
-Vostra, inseme cum quella de Mons. Reverendissimo Cardinale
-de Cosenza a lei directiva che la ni ha mandato, la
-quale ge remettemo cum questa nostra, et la quale non è stà
-lecta per persona alcuna se non per Noi, et havemo notato
-il prudentissimo scrivere de epsa Vostra Signoria, et del predicto
-Reverendissimo Cardinale, quale Le mone cum tante
-bone ragione, che non se po judicare, senon chel sia amorevole
-et savio: Unde havendo Noi pensato al tuto, ni pare che
-la Signoria Vostra possa et debia acconsentire a quanto propone
-de volere fare il predicto Monsignor Reverendissimo;
-al quale ni pare ora che Vostra Signoria habia ad havere
-qualche obligatione, per la demonstratione cun effecto de
-tanto cordiale amore chel mostra portare a quella et al Illustrissimo
-Don Rodorico suo figliolo, che se poterà dire, essere
-stato preservato in vita per sua opera et se bene epso Don
-Rodorico sera alquanto largato da epsa Vostra Signoria; meglio
-è stare così lontano et securo che vicino cun periculo
-come il demostra che seria; et non se diminuira per questa
-distantia puncto lo amore fra voi. Et quando el sera Grande
-Il potera secundo le condicione de tempi pigliare partito al
-facto suo on de retornare in Italia on de restare, et è bona
-provisione quella che dice epso Monsignore Cardinale de vendere
-<span class="pagenum" id="Page_430">[430]</span>
-quelle cose mobile, et acquistare lie per supplire al vivere
-suo, augumentandose le intrate, come il dice che fara
-unde per ogni respecto, come havemo dicto, ni pare chel sia
-bene ad acconsentire a la sua voluntade. Non dimanco se
-ala Signoria Vostra che è prudentissima paresse altramente,
-se ne remettemo a lei. Que bene valeat Codegorij iiij octobris
-1503.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Hercules Dux Ferrarie.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc51"><span class="smcap">Documento</span> N. LI.
-<span class="smaller"><i>Lucrezia Borgia al Marchese Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Reggio, 18 agosto 1505.
-</p>
-
-<p>
-Ill.<sup>me</sup> et Ex.<sup>me</sup> D.<sup>ne</sup> Cognate et fra.<sup>r</sup> nos.<sup>r</sup> hon.<sup>me</sup> Havendo
-sempre cognosciuta V. Ex.<sup>cia</sup> per ogni fortuna portare singulare
-amore all'Ill<sup>mo</sup> S. Duca mio fratello et esser bene disposita
-a tutte le cose che gli sieno di honore et comodo non
-altrimenti che se la gli fusse carnale fratello: con ogni fiducia
-al presente ricorro al favore suo per la liberatione de Sua
-Ex.<sup>cia</sup> per la quale etiam per opera et diligentia mia si prattica
-al presente in Roma de mandare ala Cat.<sup>ca</sup> M.<sup>tà</sup> lo Rev.<sup>mo</sup>
-Card.<sup>le</sup> Regino cum licentia et favore de la S.<sup>tà</sup> de N. S. et
-essendosi pregato Sua R.<sup>ma</sup> S.<sup>ia</sup> che li vogli andare voluntieri,
-ha gratiosamente resposto esserne molto contento: Resta la
-licentia et il favore del papa: Unde sapendo lo amore che
-sua Beat.<sup>ne</sup> porta a V. E. la priego quanto più posso che li
-piacia scrivere a S. Beat.<sup>ne</sup> pregandola grandem.<sup>te</sup> che la vogli
-dignarsi prestare dicta licentia ad esso Card.<sup>le</sup> et scrivere cum
-tale efficacia ala pred.<sup>ta</sup> Cath.<sup>ca</sup> M.<sup>tà</sup> che dicto S. Duca sia
-liberato, perchè si tiene per indubitato che serà facto quanto
-S.<sup>a</sup> S.<sup>ta</sup> vorrà, et quando lo Ill.<sup>mo</sup> S. Duca de Urbino fusse a
-Roma prego V. S.<sup>ia</sup> che li vogli scrivere opportunam.<sup>te</sup> sopra
-ciò, perche Sua Ill.<sup>ma</sup> S.<sup>ia</sup> tenga ben disposta la pred.<sup>ta</sup>
-Beat.<sup>ne</sup> a lo effecto predicto: Et non gravarà a V. Ex.<sup>cia</sup> mandarme
-epse lett.<sup>e</sup> per questo cavallaro che li mando a posta:
-a ciò lo possi cum le mie mandare al suo viaggio, et se anche
-paresse a quella oltra di questo, scrivere a qualche suo
-in Roma che etiam ne parli ala S.<sup>tà</sup> de N.º S.<sup>re</sup> et solleciti, la
-poterà fare quanto li parerà, et lo Ill<sup>mo</sup> S.<sup>r</sup> mio fratello et io
-de ogni suo favore gli ne restaremo obligat.<sup>mi</sup> ne seremo immemori
-<span class="pagenum" id="Page_431">[431]</span>
-del beneficio: Offerendomi et raccomandandomi a V.<sup>a</sup>
-Ex.<sup>cia</sup> que bene valeat. Regii XVIII. Aug.<sup>ti</sup> 1505.
-</p>
-
-<p class="indl">
-Lucretia Ducissa Ferrarie etc.
-</p>
-
-<p class="indr">
-N. Bendede'.
-</p>
-
-<p>
-Ex.<sup>mo</sup> Cognato et fratri meo hon. D.º Francisco Marchioni
-Mantue. Mantue subito.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc52"><span class="smcap">Documento</span> N. LII.
-<span class="smaller"><i>Tavole nuziali tra Niccolò De Rovere e Laura Orsini.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Novembre 1505.
-</p>
-
-<p>
-In n. D. D. nri J. Ch. Anno a nat. ejusd. Millº Quingentesimo
-V<sup>to</sup> pont. S. D. N. dni Julii div. prov. pp II. Ind. VIIII
-sec. mor. Rom. mens. nov. die vero.... Constituti ante
-pedes et sac. consp. pfati S<sup>mi</sup> dni nri pp Adstantib. ibid. et
-assistentibus R<sup>mis</sup> in xpo patrib. Hyeronimo epo Sabin. Card.
-Racanaten. vulg. nuncupato Raffaele S. Georgii epo Albanen.
-S. R. E. Camº R<sup>mo</sup> d. Jo. Antº Tusculan. epo Card. Alexandrino
-Antº S. Anastasie card. Cumano Francº S. Susanne
-Card. Volterrano Jo. S. Marie in Equirio Card. de Colunna
-vulg. nuncupato. In mei Not. pub. et test. infrascr. presentia
-Mag<sup>cus</sup> Adolescens dnus <span class="smcap">Nicolaus de Ruvere</span> pfati S. D. N.
-pape Nepos ac N<sup>mi</sup> in xpo pris Dni Galeotti tt<sup>i</sup> S. Petri ad
-Vincula Car<sup>lis</sup> ac S. R. E. Vicecancellarii germ. frater cum
-presentia et assistentia ejusd. ex una et mag<sup>ca</sup> et generosa
-dna <span class="smcap">Julia de farnesio</span> vidua relicta quond. mag<sup>ci</sup> viri dni
-<span class="smcap">Ursini de Ursinis</span> Mater et dudum Tutrix et nunc Curatrix
-mag<sup>ce</sup> puelle adulte dne <span class="smcap lowercase">LAURE</span> sue et dicti qd. dni
-Ursini legitime et nat. filie et universalis heredis et ipsa
-Mag<sup>ca</sup> dna laura cum presentia et auct. dicte sue matris ac
-Tutricis dudum et nunc curatricis et legit. administratricis et
-cum pres. et assist. R<sup>mi</sup> in xpo patris Alexandri tt<sup>i</sup> S. Eustachii
-Card<sup>is</sup> de Farnesio vulg. nuncup. Avunculi prefate dne
-laure sue germane sororis filie Ad interrogat. mei pub. Not.
-presentis et primo solemnit. interrogantis prefatum Mag<sup>cum</sup>
-d. Nicolaum present. et intellig. si vult habere et recipere in
-suam legitim. sponsam et uxor. pfatam mag<sup>cam</sup> d. lauram
-cum dote et fundis dotalib. jocalib. et mobilib. et paraferno
-secund. tractatus habitos conclusos et firmatos inter pfatos
-R<sup>mos</sup> dnos Car<sup>les</sup> de farnesio et vicecan. in totum adscendentes
-ad valor. et existimat. concorditer fact. triginta milium
-ducator. de Carlenis veterib. decem pro quolib. ducat. et legitimas
-nuptias cum ea contrahere et copulare et ipsam
-<span class="pagenum" id="Page_432">[432]</span>
-habere et tenere pro legit. sponsa et uxore secund. Mandata et
-ritum S. E. dei Ad quam quid. interrog. per me Not. pub.
-sic ut prefertur solemnit. factam sponte ac deliberato animo
-et ex certa sua scientia pfat. mag<sup>cus</sup> D. Nicolaus respondendo
-dixit Volo et ita consentit. Subsequenter vero per me eund.
-Not. interrogata pfata Mag<sup>ca</sup> D. Laura etatis nubilis sicut ex
-aspectu apparet existens si habere et recipere vult in suum
-legit. sponsum et maritum pfat. mag<sup>m</sup> D. Nicolaum presentem
-cum dote et jocal. et paraferno predictis sicut tractatum
-firmat. et conclus. fuit inter ipsos R<sup>os</sup> dnos Car<sup>les</sup> et in legit<sup>m</sup>
-matrimon. ejusd. consentire similiter sponte ac libere ac deliberato
-animo et ex certa sua scientia respondit, dixit volo
-et ita consentio Me Mot. ut pub. pers. etiam stipulante pro
-eis et eor. et cujuscq. ipsor. nomine == Postque incontinenti
-prefata mg<sup>ca</sup> d. Julia mater et curatrix et legit. administratrix
-pfate D. Laure sue filie et curatorio et administratorio
-nomine ipsius Cum presentia et assist. dicti R<sup>mi</sup> D. Car<sup>lis</sup> de
-farnesio sui germani fratris et ipsa mg<sup>ca</sup> D. Laura adulta cum
-auctoritate dicte sue matris et curatricis et cum pres. et assist.
-dicti R<sup>mi</sup> d. Card. avunculi sui Constituerunt dederunt
-cesser. concesser. transtuler. mandaverunt pfato M. D. Nicolao
-presenti et recip. et michi Not. etc. Quodam paternum
-Castrum vulgar. nuncupatum Bassanellum cum duob. casalib.
-et eor. tenimentis eid. anexis et incorporatis vid. Cerqueto
-et palazola vulg. nuncup. et cum toto dicti castri territorio
-dominio et vassallaggio ac mero et mixto imperio et
-cum fortellitiis et terris, Quod totum castrum cum suo territorio
-et casalibus situm est in dyocesi Ortana Censuatum
-R. Eccle cum onere census unius libre Cere annuatim Cui ab
-uno territorium civitatis Orte ab alio castri Gallesii ab alio
-castrum Suriani ab alio castrum Julianelli Extimatum concordit.
-et de comuni partium consensu valoris et comuni exstimationis
-quatuordecime milium ducator ad computum X carl.
-veterum pro quol. ducat.
-</p>
-
-<p>
-Item similr. in dotem et pro fiendo dotali ejusd. constituerunt
-deder. et concesser. transtuler. et mandaverunt omnia
-et sing. jura nomina et actiones que et quas habet pfata D.
-laura in quod. palatio et domib. et apotecis simul junctis quod
-et que situm et sita sunt Rome in R<sup>ne</sup> pontis jux. plateam
-Montis Jordani quib. undique a trib. laterib. sunt vie pub<sup>ce</sup> a
-quarto vero latere sunt res. . . . . . . . vel si qui sunt plures
-aut verior. confines seu vocabula veriora.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Amplius etiam pro jocalib. et acconcio et ornatu ipsius
-d. laure secund. ritum et morem Roman. tempore quo div.
-fav. gratia domum et familiam dicti sui sponsi transferetur
-promiserunt deferre et deferri facere et quod ipsa D. laura
-<span class="pagenum" id="Page_433">[433]</span>
-secum deferet tot et tanta bona in jocalib. monilib. unionibus
-perlarum collanis aureis vestib. sericeis et in broccat. vasis
-argenteis et aliis reb. et bonis mobilib. et suppellectib. valoris
-et extimat. altror. trium mil. ducat.
-</p>
-
-<p class="dots">················</p>
-
-<p>
-Acta fuerunt hec in palatio apostolico aput S. Petr. in
-Aula pontific. psentib. infrascriptis testibus vd. B<sup>ro</sup> do. Jacº
-epo Caiacen. dno epo Millepoten. dno epo Ortano dno epo
-Eugubien. dno herig. Archiepo tarentino et Ill. dno Constantino
-capitaneo ad custod. palatin. et principis qui ensem tenuit
-secund. ritum Romanor. in stipulatione sponsalium sollemnit.
-celebratarum inter dictos mag<sup>cos</sup> sponsum et sponsam
-omnibus ad predicta adhibitis et convocatis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Protocollo del Notaio Camillo Beneimbene.)
-</p>
-
-<h3 id="doc53"><span class="smcap">Documento</span> N. LIII.
-<span class="smaller"><i>Cesare Borgia al Marchese Francesco Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Pamplona, 7 dicembre 1506.
-</p>
-
-<p>
-Ill<sup>me</sup> Princeps et Ex<sup>me</sup> Dne. Compater et tanquam fr.
-hon. Comm: Aviso V. Ex<sup>tia</sup> como depoi tanti travagli ha piaciuto
-ad N. S<sup>r</sup> Dio liberarme et cavarme de prescione nel
-modo che da Federico mio secretario exhibitor de questa intendera,
-piaccia alla infinita sua clementia che sia per maiur
-suo servitio: Al presente me retrovo in Pampilona col ser<sup>mo</sup>
-Re et Regina de Navarra, dove arrivai alli tre de Decembre,
-como de questo et de ogni altra cosa dal prefato Federico V.
-Ill<sup>ma</sup> S<sup>ria</sup> ad pieno intendera, al quale piaccia de quanto dirà
-in mio nome prestar quella piena fede che faria alla mia propria
-persona. Alla Ex<sup>tia</sup> V. sempre me recommando. Ex Pampilona
-VII. Decembris MDVI.
-</p>
-
-<p>
-de vr<span class="over">a</span> S. compatre e minor fratello
-</p>
-
-<p class="indr">
-Cesar.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc54"><span class="smcap">Documento</span> N. LIV.
-<span class="smaller"><i>Lucrezia Borgia al Marchese Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Ferrara, 28 dicembre 1506.
-</p>
-
-<p>
-Ill.<sup>me</sup> et Ex<sup>me</sup> D.<sup>ne</sup> Cognate et fr. hon. Lo exhibitore presente
-serà un servitore del Ill.<sup>mo</sup> S. Duca mio fratello che
-expectandosi da sua Ex.<sup>cia</sup> ha portato lettere di quella, significando
-la nova de la sua certa liberatione, et il loco dove
-<span class="pagenum" id="Page_434">[434]</span>
-per Dio gratia la si trova sana et di bona voglia, che è in
-confermatione di quanto si haveva per advisi da diversi bande.
-Il viene a V.<sup>a</sup> Ill.<sup>ma</sup> S.<sup>ria</sup> cum sue lett.<sup>e</sup> sum certa che la si
-alegrarà et pigliarà quello contento che faria el pred.<sup>to</sup> S.<sup>r</sup>
-Duca et io dogni suo prospero et felice successo amandolo,
-come la fa da fratello. Non ho voluto chel dicto venga senza
-questa mia per la quale non me extenderò altramente in narrarli
-come è passata dicta liberatione perche da lui come
-instructo del tutto ge la exponerà diffusamente. Et a V.<sup>a</sup> Ex.<sup>ia</sup>
-sempre me ricomando.
-</p>
-
-<p>
-Ferrara XXVIII. Decembre 1506.
-</p>
-
-<p class="indl">
-De V.<sup>a</sup> S.<sup>ia</sup> obedientis.<sup>ma</sup> Sorella
-</p>
-
-<p class="center">
-La Duchessa de Ferrara.
-</p>
-
-<p class="indr">
-N. Bendede'.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc55"><span class="smcap">Documento</span> N. LV.
-<span class="smaller"><i>Lucrezia Borgia al Marchese Gonzaga.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Ferrara, 15 gennaio 1507.
-</p>
-
-<p>
-Ill.<sup>me</sup> et Ex.<sup>me</sup> D.<sup>ne</sup> Cognate et fr.<sup>r</sup> hon. Hora ho inteso
-che per commissione de la S.<sup>ia</sup> de N.º S.<sup>re</sup> è stato preso in
-Bologna Federico cancelliero del S.<sup>re</sup> Duca mio fratello: et
-perchè sum certis.<sup>a</sup> Chel non si trovarà in manchamento alcuno
-per non essere venuto per fare ni dire cosa alcuna che
-possa despiacere ni essere molesta a sua Beat.<sup>ne</sup> perchè sua
-Ex.<sup>ia</sup> non pensaria ni ardiria fare simil cosa verso sua S.<sup>ta</sup> et
-costui sel havesse commissione alcuna melhaveria prima comunicata,
-et io non haveria tollerato ne tollerarla che se ne
-facesse un tristo pensiero per essere devotiss.<sup>ma</sup> et fidelissima
-serva de S. Beat.<sup>ne</sup> insieme cum lo Ill.<sup>mo</sup> S.<sup>r</sup> mio consorte.
-Ma non trovo ne so chel sia venuto per altro se non per portare
-la nova de la sua liberatione. Et cussi tengo per indubitato
-chel non si trovarà in mancamento. Et perchè questa
-detentione io la estimo grandemente maxime per il smachamento
-che po essere per questo al p.<sup>to</sup> S.<sup>r</sup> Duca mio fratello
-che non sia in gratia de sua Beat.<sup>ne</sup> anche a me: priego
-quanto più so et posso V.<sup>a</sup> Ex.<sup>ia</sup> che per quanto amore la mi
-porta, la vogli in ogni modo operare cum la p.<sup>ta</sup> S.<sup>tà</sup> che presto
-el sia relaxato come spierò in la benignità sua et in la efficacia
-et intercessione de V.<sup>a</sup> Ex.<sup>ia</sup> che per un singulare piacere
-et beneficio al presente da V.<sup>a</sup> Ill.<sup>ma</sup> Sig.<sup>ia</sup> non potria
-recevere il magiore ni de che più ge ne restasse obligata et
-per l'honore et per ogni respecto, si chè de novo ge ricommando
-<span class="pagenum" id="Page_435">[435]</span>
-questo caso de tutto core, et a lei mi offero et ricomando.
-</p>
-
-<p>
-Ferrarie XV. Januarij 1507.
-</p>
-
-<p class="indl">
-De V.<sup>a</sup> S.<sup>ia</sup> sorella e servitrice la Duchessa
-<br />
-de Ferrara.
-</p>
-
-<p class="indr">
-N. Bendede'.
-</p>
-
-<p>
-Allo Ill<sup>mo</sup> et Ex.<sup>mo</sup> S.<sup>re</sup> mio cognato et fratello hon.<sup>mo</sup>
-el Sig.<sup>r</sup> Marchese de Mantova. Bononie.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio Gonzaga in Mantova.)
-</p>
-
-<h3 id="doc56"><span class="smcap">Documento</span> N. LVI.
-<span class="smaller"><i>Vannozza alla figlia Lucrezia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, febbraio 1515.
-</p>
-
-<p class="center">
-Alla Illustrissima et Excellentissima Signora
-et Figliuola mia observandissima la Signora
-Duchessa di Ferrara.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissima et Excellentissima Signora mia observandissima
-Commendatissima Per la lettera di Vostra Excellentia
-quale ho ricevuto a questi di, ho inteso quanto quella habbia
-facto nella causa mia con Paulo Pagnano, et benchè lui habbia
-usate buone parole col Conte Lorenzo delle quali io non
-mi fido punto, perciocchè molto prima di mo a me e notissima
-la sua malignità, et so che non pensa in altro che in
-darmi qualche fastidio et tribularmi sinchè io vivo, però
-prego la Excellentia Vostra con ogni efficacia possibile che
-voglia essere contenta de fare opera che io una volta sia liberata
-de tal molestia, et pigliare qualche expediente che io
-non stia più in questo timore, che certo saria causa della
-total ruina della persona, et de quelle poche facultate che io
-ho. Il bisogno mio saria che Vostra Excellentia insieme col
-Illustrissimo Signor Duca suo Consorte mandassino un loro
-servitore che fosse persona discreta, et amorevole, al Illustrissimo
-Signor Duca de Milano con lettere loro di buon
-tenor, con le quali si pregassi la Sua Excellentia ad dovere
-interponere l'autoritate sua col decto paulo et indicergli un
-perpetuo silentio et infine commandargli che attente le buone
-ragioni mei non debbia più molestarmi, maxime havendo lui
-da possersi revalere per altra via che per la mia ma lui come
-homo poco respectivo ha sempre voluto agitar contra di me,
-come se io fussi la piu vile persona del mondo, pensando
-forsi che io fussi abandonata et derelitta de ogni aiuto et favore,
-<span class="pagenum" id="Page_436">[436]</span>
-et che non si trovassi homo che parlassi per me, ma io
-rengratio lo onnipotente dio, che alla ragione ne la Sacra divina
-Maestà ne li homini de (questo) mondo me hanno abandonata,
-et così di nuovo prego et strengo con tutta la efficacia
-del cuor mio la Excellentia Vostra che non voglia mancarmi
-del suo aiuto, et favore, et per questa provisione che di sopra
-ho decto, et mandar questo loro servitore a fare questo effecto
-devotamente la certifico che mai ne vedrò fine si che per amor
-di dio non vogliate abandonarmi. Altro non voglio per ora
-dirgli se non che a Lei et al Illustrissimo Signor Duca suo
-Consorte et a li Signori Suoi Figliuoli mi raccomando, et continuo
-prego per la salute di tucti
-</p>
-
-<p>
-In Roma............ di Febraro MDXV.
-</p>
-
-<p class="indl">
-La Felice et Infelice Madre Vannoza Borgia.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc57"><span class="smcap">Documento</span> N. LVII.
-<span class="smaller"><i>Vannozza al Cardinale Ippolito d'Este.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 14 settembre 1515.
-</p>
-
-<p>
-Illustrissimo et Reverendissimo como figlolo observandissimo.
-Da poi humili benedictione etc. havemo riceputa una
-gratiotissima letera de Vostra Signoria Reverendissima iamdiu
-(per) la quale referemo infinite gratie di tanto amori e carità
-ne portate maxime in questi nostri negotij. Cum lingua non
-si poteria dare tante gratie si non che lo Altissimo sia prhegato
-voglia conservare in quello stato quali il cori nostro desia.
-Si che Signor mio Reverendissimo et Illustrissimo si posibile
-est dixe Cristo che Vostra Signoria metesi tale effetto a
-questo pagnano secondo parira a quella che prudenti non ne
-habia a distratiarne al modo che fa. Juro a Dio che pegio la
-vergogna pyu che il danno che uno Mercadante uxurario ne
-voglia straciarne a questo partito. Savio he prudenti siti solo,
-in Vostra Signoria mi confido che al tuto provedereti. Non
-altro quanto a questa parte. Si non avixo Vostra Signoria che
-al nostro giardino havemo trovato doe Colone de mistito e
-havemo inteso che Vostra Signoria fa lavorare a Ferrara per
-tanto Signor mio de queste ve ne fatio un presente et de altre
-cose che se troverano. Supplico a Vostra Signoria che
-dia avixo de la receputa quando sarano azonte perche Signor
-ho molti cani allorichia sopra questa materia, he non me fido,
-però havemo saputo che lo advocato di lo adversario nostro
-voleva scrivere li a Ferrara ad Monsignor Reverendissimo
-daragona che li dovesi domandare a Vostra Signoria benche
-<span class="pagenum" id="Page_437">[437]</span>
-son certa che si sua Signoria Reverendissima sapessi che
-questo fusi nostro adversario faria piutosto per noi che per
-simili. Si che Signor Mio epsa scriva a Messer — Iheronimo
-Sacrato li dia recapito de mandarli inanti che li tempi si
-guasti. A Vostra Signoria Reverendissima et Illustrissima se
-ne aricomandiamo. Prhegamo a dio di continuo ve conservi
-in sanità et augumento di stato. Rome die 14 septembris 1515.
-</p>
-
-<p>
-De Vostra Signoria Reverendissima et Illustrissima
-</p>
-
-<p class="indl">
-La felice et infelice quanto Matre<br />
-Vanotia Borgia de Cathaneis.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc58"><span class="smcap">Documento</span> N. LVIII.
-<span class="smaller"><i>Vannozza alla figlia Lucrezia.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Roma, 19 dicembre 1515.
-</p>
-
-<p class="center">
-Illustrissime Domine Domine Lucretie.
-Ferrarie Ducisse etc.
-Domine Colendissime
-</p>
-
-<p class="indr">
-Ferrarie
-</p>
-
-<p>
-Illustrissima Domina salutem et commendationem. La
-Excellentia nostra se deve ben ricordare la servitu della bona
-memoria de Messer Agapyto de Amelia verso la Excellentia
-già del Duca nostro et lo amore et affectione sempre porto
-ad Noi in spetie: Per il che non solo in una minima cosa:
-ma in ogne altra de qualunque sorte fusse adiutare et favorire
-i soi: Per questo occurre che avante el morisse renuntio
-in favor de soi Nepoti ad Messer Johan Baptista del Aquila
-tucti soi benefitij, tra li quali ce sono certi de poca valuta in
-lo Archivescovato de Capua: et questo fece la bona memoria
-per più favore de Soi Nepoti non possendo mai pensare che
-dal Reverendissimo et Illustrissimo Segnor Cardinale Vostro
-Arcivescovo prefato havessero da esser molestati. Impero se
-la Excellentia Vostra desidera farme cosa grata, la prego se
-degni per tucti li decti respecti favorire li prenominati Nepoti
-ad presso de sua Signoria Reverendissima et Illustrissima como
-piu ad pieno del bisogno della cosa la Excellentia Vostra sera
-informata da Nicola presente exhibitore pure Nepote del dicto
-Messer Agapito. Et bene valeat Excellentia Vostra cui etiam
-me commendo. — Rome Die XVIIIJ Decembris MDXV.
-</p>
-
-<p>
-Post scripta la Excellentia Vostra fara in questo quello
-ad quella parera che questo ho scripto me e stato forza: per
-questo non se faccia se non quello sia honore ad Monsignor
-<span class="pagenum" id="Page_438">[438]</span>
-Reverendissimo: Et per lo presente quella dara risposta ad
-quella parera....
-</p>
-
-<p>
-Di Vostra Illustrissima Signoria
-</p>
-
-<p class="indr">
-Perpetua oratrice Vannozza.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<h3 id="doc59"><span class="smcap">Documento</span> N. LIX.
-<span class="smaller"><i>Lucrezia Borgia a Leon X.</i></span></h3>
-
-<p class="indr">
-Ferrara, 22 giugno 1519.
-</p>
-
-<p>
-Sanctissimo Patre et Beatissimo Signor mio Colendissimo.
-</p>
-
-<p>
-Con ogni possibile reverentia d'animo basio li Santi pedi
-de Vostra Beatitudine, et humilmente me raccomando in La
-sua Santa gratia. Havendo io per una difficile gravidanza patito
-gran male più di duo mesi; come a Dio piacque a XIIIJ
-del presente in aurora hebbi una figliola: e sperava essendo
-scaricata del parto che mal mio anche si dovesse alleviare:
-ma è successo il contrario: in modo che mi è forza concedere
-alla natura: E tanto di dono mha fatto il Clementissimo nostro
-Creatore, che io cognosco il fine de la mia vita, e sento
-che fra poche hore ne saro fuori, havendo pero prima ricevuti
-tutti li Santi Sacramenti de la Chiesa: Et in questo punto
-come christiana benchè peccatrice mi sono racordata de supplicar
-a Vostra Beatitudine, che per sua benignita si degni
-dare del thesoro spirituale qualche suffragio con la Sua Santa
-benedictione allanima mia: e così devotamente la prego. Et
-in Sua Santa gratia raccomando il signor Consorte et figlioli
-mei tutti servitorj di predicta Vostra Beatitudine. In ferrara
-adi XXIJ de zugno 1519 a hore XIIIJ.
-</p>
-
-<p>
-De Vostra Beatitudine
-</p>
-
-<p class="indr">
-Humil Serva
-</p>
-
-<p class="indr">
-Lucretia da este.
-</p>
-
-<p class="indr">
-(Archivio di Stato in Modena.)
-</p>
-
-<p class="pad2 center large">
-FINE.
-</p>
-
-<div class="somm">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_439">[439]</span>
-</p>
-
-<h2><a id="indice" href="#indfront">
-INDICE DEL VOLUME.</a></h2>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td><span class="smcap">A Don Michelangelo Gaetani, duca di Sermoneta</span></td> <td class="pag"><a href="#dedica">Pag. I</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>Introduzione</i></td> <td class="pag"><a href="#intro">V</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="smcap">Libro primo</span> — Lucrezia Borgia in Roma</td> <td class="pag"><a href="#libro1">4</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><span class="smcap">Libro secondo</span> — Lucrezia Borgia a Ferrara</td> <td class="pag"><a href="#libro2">217</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Indice dei Documenti</td> <td class="pag"><a href="#inddoc">349</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>Documenti</td> <td class="pag"><a href="#documenti">353</a></td>
- </tr>
-</table>
-
-<hr />
-
-<p class="title">
-Errata-Corrige.
-</p>
-
-<table class="errata" summary="">
- <tr>
- <td class="center">Pag.</td> <td class="center">linea</td>
- </tr>
- <tr>
- <td></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="num">20</td> <td class="num">9</td> <td>Croee</td> <td>Croce</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="num">»</td> <td class="num">26</td> <td>mantova</td> <td>Mantova</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="num">23 nota</td> <td class="num">4</td> <td><i>nato</i></td> <td><i>noto</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="num">65</td> <td class="num">20</td> <td>imprudenza</td> <td>impudenza</td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="num">256</td> <td class="num">34</td> <td>quella,</td> <td>quella.</td>
- </tr>
-</table>
-
-</div>
-
-<hr class="silver2" />
-
-<div class="break-before">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_441">[441]</span>
-</p>
-<div class="figcenter"><a id="facs1"></a>
-<p class="caption">Alessandro VI a Lucrezia Borgia.</p>
- <img src="images/ill-441.jpg" alt="" />
-<p class="captionr">
-(<i>Archivio di Stato di Modena.</i>)
-</p>
-</div>
-</div>
-
-<hr class="silver2" />
-
-<div class="break-before">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_443">[443]</span>
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="facs2"></a>
-<p class="caption">Cesare Borgia ad Isabella Gonzaga.</p>
- <img src="images/ill-443.jpg" alt="" />
-<p class="captionr">
-(<i>Archivio Gonzaga in Mantova.</i>)
-</p>
-</div>
-</div>
-
-<hr class="silver2" />
-
-<div class="break-before">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_445">[445]</span>
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="facs3"></a>
-<p class="caption">Lucrezia Borgia ad Isabella Gonzaga.</p>
- <img src="images/ill-445.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_446">[446]</span>
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-446"></a>
- <img src="images/ill-446.jpg" alt="" />
-<p class="captionr">(<i>Archivio Gonzaga in Mantova</i>.)</p>
-</div>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="footnotes">
-
-<h2>
-NOTE:
-</h2>
-
-<div class="footnote" id="note1">
-<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Zurita, <i>Annales de Aragon</i>, V, 36.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note2">
-<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice de' documenti alla <i>Lucrezia Borgia</i>, <a href="#doc6">n. 6</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note3">
-<p><span class="label"><a href="#tag3">3</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Zurita (IV, 55) afferma, che morì <i>sin dexar ninguna succession</i>. L. N.
-Cittadella, senza badare a ciò, nel suo <i>Saggio di Albero genealogico e di
-memorie su la famiglia Borgia</i> (Torino, 1872), gli dà due figliuoli, Silvia e il
-cardinale Giovanni Borgia juniore.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note4">
-<p><span class="label"><a href="#tag4">4</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Raynald, su questo anno, n. 31.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note5">
-<p><span class="label"><a href="#tag5">5</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Statura procerus, colore medio, nigris oculis, ore paululum pleniore:</i>
-Hieron. Portius, <i>Commentarius</i>, edizione rara del 1493: nella Casanatense in
-Roma.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note6">
-<p><span class="label"><a href="#tag6">6</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc1">n. 1</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note7">
-<p><span class="label"><a href="#tag7">7</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc30">n. 30</a>, sulla fine.<a class="tag" id="tag10" href="#note10">[10]</a></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note8">
-<p><span class="label"><a href="#tag8">8</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Giannandrea Boccaccio al duca, Roma, 25 febbraio, 11 marzo 1493; e
-su questi dispacci ritorneremo più oltre. Archivio di Stato di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note9">
-<p><span class="label"><a href="#tag9">9</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Marin Sanudo, <i>Diario</i>, vol. I, fol. 258.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note10">
-<p><span class="label"><a href="#tag10">10</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Devo avvertire che nel rendere qui le corrispondenze e i documenti italiani,
-mi son deciso, dopo matura considerazione, a ridurli a lezione moderna,
-prestando loro forma e linguaggio più rispondenti a quelli dell'oggi. Ho sempre
-però tenuti presenti e scrupolosamente seguiti i testi originali. Mi son
-quindi rimasto fedele al concetto, non senz'anco, ov'era possibile, conservare
-l'espressione e sin le parole. Documenti e corrispondenze del tempo occorrono
-in questa storia frequenti troppo e numerosi. E riprodurre le une e gli altri
-testualmente nella lingua genuina e nella forma primitiva ancora e molto
-rozza, sarebbe stato come far del libro una specie di centone goffo e fastidiosissimo
-alla lettura. Niuno, per poco famigliare che sia con le scritture del
-tempo, di cui qui si discorre, vorrà per ciò muovermi rimprovero. Anzi, mi confido,
-approverà il modo usato. Chè, del resto, provvedendo così all'unità di
-stile e all'armonia di forma, non s'è defraudato alcuno d'alcuna cosa. Il
-lettore curioso e diligente troverà alla fine del volume, in Appendice, riprodotti
-originalmente i documenti più importanti e tuttora inediti, quelli che l'Autore
-stesso ha creduto dover pubblicare. (<i>Nota del Traduttore.</i>)</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note11">
-<p><span class="label"><a href="#tag11">11</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc4">n. 4</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note12">
-<p><span class="label"><a href="#tag12">12</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc1">n. 1</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note13">
-<p><span class="label"><a href="#tag13">13</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Un estratto delle tavole nuziali è nell'Archivio del Campidoglio, <i>Cred.
-XIV</i>, t. 72. Da un istrumento del notaro Agostino Martini.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note14">
-<p><span class="label"><a href="#tag14">14</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi in proposito le notizie da me tolte dall'Adinolfi nella mia <i>Geschichte
-der Stadt Rom im Mittelalter</i>, 2 <i>Aufl.</i>, VII, 312.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note15">
-<p><span class="label"><a href="#tag15">15</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La lettera con l'indirizzo: <i>A messer Carlo Canale</i>, si trova nell'edizione:
-<i>Le Stanze e l'Orfeo ed altre poesie</i> di Angelo Poliziano. Milano, 1808.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note16">
-<p><span class="label"><a href="#tag16">16</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nell'Archivio di Mantova trovasi una lettera della marchesa Isabella a
-Carlo Canale del 4 dicembre 1499.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note17">
-<p><span class="label"><a href="#tag17">17</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tutto questo intorno al Canale nella prefazione all'<i>Orfeo</i> di Ireneo Affò,
-messa nella citata edizione di Milano, specialmente nelle note.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note18">
-<p><span class="label"><a href="#tag18">18</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc2">n. 2</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note19">
-<p><span class="label"><a href="#tag19">19</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ludovico Gonzaga a Bartolomeo Erba: <i>Siamo contenti contrahi in
-nome nro. compaternità cum M. Carolo Canale et cussì per questa nostra ti
-commettiamo e constituimo nostro Procuratore</i>... Nota dell'Affò nella sua prefazione
-all'<i>Orfeo</i>, pag. 113.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note20">
-<p><span class="label"><a href="#tag20">20</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>M<sup>a.</sup> Adriana Ursina, la quale è socera de la dicta madona Julia
-(Farnese), che ha sempre governata essa sposa (Lucrezia) in casa propria per
-esser in loco de nepote del Pontifice, la fu figliuola de messer Piedro
-de Milla, noto a V. E<sup>ma.</sup> Sig<sup>ria</sup>, cusino carnale del Papa.</i> — Dispaccio
-ad Ercole, del 13 giugno 1493, nell'Archivio di Stato di Modena. E in un altro
-dispaccio del 6 maggio 1493 lo stesso la chiama: <i>Madona Adriana Ursina soa
-governatrice figliola che fu del quondam messer Pietro del Mila</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note21">
-<p><span class="label"><a href="#tag21">21</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Altro vocabolo, che più s'accosti al tedesco <i>Blaustrumpf</i>, non mi sovviene,
-e forse non v'è. Gl'Inglesi hanno l'equivalente <i>bleu-stocking</i>, e i Francesi
-<i>bas-bleu</i>. Nella nostra lingua espressione più specifica e viva manca, perche prima,
-come ben dice l'Autore, ce ne mancò il concetto, e poi la cosa. Dico <i>ci mancò</i>,
-non ci manca, perche timidamente sì, ma oramai comincia anche tra noi a mostrarsi.
-Del resto quel che importa è comprendere il valore intrinseco della parola
-tedesca. <i>Blaustrumpf</i> vocabolo composto, letteralmente indica <i>persona dalle
-calze cilestri</i>. Si adopera al traslato ironico, e vuol dire donna che ha messo
-calze maschili, dandosi aria e pretensioni gravi di uomo. Risponde estrinsecamente
-un po' a quel che noi si vuol significare con <i>donna coi calzoni</i>. Questo però va
-inteso più nel senso di donna di spirito libero. Per tanto ho preferito <i>dottoressa</i>,
-che, come il Fanfani nota, è usato per indicar <i>donna sacciuta e salamistra</i>. (<i>Nota
-del Traduttore.</i>)</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note22">
-<p><span class="label"><a href="#tag22">22</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Jacobus Bergomensis, <i>De claris mulieribus</i>. Paris, 1521.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note23">
-<p><span class="label"><a href="#tag23">23</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc4">n. 4</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note24">
-<p><span class="label"><a href="#tag24">24</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc3">n. 3</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note25">
-<p><span class="label"><a href="#tag25">25</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Accedit studium illud tuum et perquam fertile bonarum litterarum in
-quo hac in state seris.... Non deerit surgenti tuae virtuti commodus aliquando
-et idoneus praeco. — At tu Caesar profecto non parum laudandus
-es; qui in hac aetate tam facile senem agis. Perge nostri temporis Borgiae
-familiae spes et decus.</i> — Prefazione alla <i>Syllabica</i>, edizione romana del 1488:
-nell'edizione del Gennarelli del <i>Diario di Burcard</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note26">
-<p><span class="label"><a href="#tag26">26</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc4">n. 4</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note27">
-<p><span class="label"><a href="#tag27">27</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sullo studio di Cesare in Pisa: Angelo Fabroni, <i>Hist. Acad. Pisan.</i>, I,
-160, 201.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note28">
-<p><span class="label"><a href="#tag28">28</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc4">n. 4</a>. — Il 16 giugno 1491 furono fatte alcune
-mutazioni al contratto, le quali Beneimbene ha registrate nello stesso protocollo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note29">
-<p><span class="label"><a href="#tag29">29</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Tutto ciò apparisce dallo scioglimento del contratto matrimoniale con
-Don Gasparo: Appendice di documenti, <a href="#doc7">n. 7</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note30">
-<p><span class="label"><a href="#tag30">30</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cum simonia et mille ribalderie et inhonestate si è venduto il Pontificato
-che è cosa ignominiosa et detestabile</i>.... Dispaccio dell'ambasciatore ferrarese
-in Milano, Giacomo Trotti, al duca Ercole. Milano, 28 agosto 1492:
-nell'Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note31">
-<p><span class="label"><a href="#tag31">31</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Compose i distici Jeronimo Porcio, che gli pose nel <i>Hieronymus Porcius
-Patritius Romanus Rotae Primarius Auditor.... Commentarius</i>. Edizione
-rara di Eucario Silber in Roma, 18 settembre 1498. — Altri distici di Michele
-Ferno di Milano finiscono:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Borgia stirps: bos: atque Ceres trascendit Olympo,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Cantabunt nomen saecula cuncta suum;</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-il che è stato una vera profezia. Vedi: Michael Firnus, <i>Historia nova
-Alexandri VI ab Inocentii obitu VIII</i>. Edizione similmente rara dello stesso
-Eucario Silber, anno 1493.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note32">
-<p><span class="label"><a href="#tag32">32</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ex arce Spoletina, die V Oct.</i> (di propria mano) <i>Vr. uti fr. Cesar
-de Borja Elect. Valentin.</i> Pubblicato dal Reumont nell'<i>Archiv. Stor. Ital.</i>,
-serie 3ª, tomo XVII, 1873, 3ª dispensa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note33">
-<p><span class="label"><a href="#tag33">33</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Era venuto il primo marito de la dicta nepote, qual fu rimesso a
-Napoli, non visto da niuno</i>... Dispaccio di Giannandrea Boccaccio, vescovo
-di Modena, Roma, 2 novembre 1492, e i seguenti del 5 e 9 novembre, nell'Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note34">
-<p><span class="label"><a href="#tag34">34</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc7">n. 7</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note35">
-<p><span class="label"><a href="#tag35">35</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio nell'Archivio di Mantova. Ne' rapporti officiali la Lucrezia
-era a volte chiamata anche <i>Nipote</i> del Papa.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note36">
-<p><span class="label"><a href="#tag36">36</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Giannandrea Boccaccio al duca Ercole. Roma, 25 febbraio 1493.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note37">
-<p><span class="label"><a href="#tag37">37</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il contratto di matrimonio nell'Appendice di documenti, <a href="#doc9">n. 9</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note38">
-<p><span class="label"><a href="#tag38">38</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Memorie manoscritte di Pesaro</i>, di Pietro Marzetti e di Lodovico
-Zacconi, nella Biblioteca Oliveriana di quella città.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note39">
-<p><span class="label"><a href="#tag39">39</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc8">n. 8</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note40">
-<p><span class="label"><a href="#tag40">40</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispacci del Boccaccio. Roma, 25 febbraio e 11 marzo 1493.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note41">
-<p><span class="label"><a href="#tag41">41</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Magni et excellentis ingenii et praeclare indolis; prae se fert speciem
-filii magni Principis, et super omnia clarus et iocundus, e tutto festa:
-cum magna siquidem modestia est longe melioris et praestantioris aspectus
-quam sit dux Candie germanus suus. Anchora lui è dotato di bone parte.</i> — Dispaccio
-del 19 marzo 1493.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note42">
-<p><span class="label"><a href="#tag42">42</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Mai fu visto il più carnale homo; l'hama questa madona Lucrezia
-in superlativo gradu.</i> Dispaccio del Boccaccio, Roma, 4 aprile 1493. L'espressione
-carnale è da prendere solo nel senso del nepotismo: così l'ambasciatore
-stesso l'adopera anche in altro luogo in modo chiaro e che non ammette
-dubbio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note43">
-<p><span class="label"><a href="#tag43">43</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Se ne vegga la descrizione nella mia <i>Geschichte der Stadt Rom im
-Mittelalter</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note44">
-<p><span class="label"><a href="#tag44">44</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc10">n. 10</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note45">
-<p><span class="label"><a href="#tag45">45</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cod. Aragon.</i>, II, 2, 67. Edizione Trinchera.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note46">
-<p><span class="label"><a href="#tag46">46</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Carte Strozziane</i>, filza 343. Archivio di Firenze.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note47">
-<p><span class="label"><a href="#tag47">47</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il 13 gennaio 1494, <i>Lelia Ursina de Farnesio</i> si congratula con lui
-della nomina. Ibidem.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note48">
-<p><span class="label"><a href="#tag48">48</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc11">n. 11</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note49">
-<p><span class="label"><a href="#tag49">49</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc11">n. 11</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note50">
-<p><span class="label"><a href="#tag50">50</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Atti e Memorie di Storia patria per le provincie Modenesi e Parmensi.</i>
-Modena, 1863, vol. I, pag. 443.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note51">
-<p><span class="label"><a href="#tag51">51</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispacci di Giorgio Brognolo al marchese. Roma, 6 e 15 maggio 1494.
-Archivio di Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note52">
-<p><span class="label"><a href="#tag52">52</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Giacomo Trotti al duca Ercole. Milano, 11 giugno 1494. — Le
-donne il 1º maggio erano ancora in Roma, avendo in tal giorno madonna
-Adriana scritto alla marchesa di Mantova, per raccomandarle un'amica. — Lettera
-nell'Archivio di Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note53">
-<p><span class="label"><a href="#tag53">53</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questo Breve trovasi nella <i>Storia de' Conti e Duchi d'Urbino</i> dell'Ugolini,
-II: docum. n. 13. Vedi l'originale nell'Archivio di Stato di Firenze: solo
-la firma è di mano d'Alessandro; il rimanente è del datario Giovanni Lopez,
-che si sottoscrive: <i>Io Datarius</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note54">
-<p><span class="label"><a href="#tag54">54</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Memorie di Tommaso Diplovatazio, Patrizio Costantinopolitano e Pesarese</i>,
-di Annibale Olivieri. Pesaro, 1771.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note55">
-<p><span class="label"><a href="#tag55">55</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Su Collenuccio vedi lo scritto del suo concittadino Giulio Perticari, nelle
-<i>Opere</i> di costui. Bologna, 1837, vol. II, pag. 52 e segg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note56">
-<p><span class="label"><a href="#tag56">56</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Questa notizia la dà Marin Sanudo, <i>Venuta di Carlo VIII in Italia</i>.
-L'originale è nella Biblioteca di Parigi, ma ultimamente riprodotto in copia
-nella Marciana. Egli chiama Giulia <i>favorita del Pontefice, di età giovane,
-et bellissima, savia, accorta e mansueta</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note57">
-<p><span class="label"><a href="#tag57">57</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Secondo un dispaccio di Brognolo, nell'Archivio di Mantova, Giulia e
-Adriana tornarono il primo dicembre. In quel giorno Pandolfo Collenuccio, che
-trovavasi allora in Roma, scriveva: <i>Una optima novella ce è per alcuno. Che
-M. Julia si è recuperata, et andò Messer Joan Marrades per Lei. Et è venuta
-in Roma: e dicesi, che Domenica de nocte allogiò in Palazzo.</i> — Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note58">
-<p><span class="label"><a href="#tag58">58</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Giacomo Trotti. Milano, 21 dicembre 1494. — Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note59">
-<p><span class="label"><a href="#tag59">59</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Che li pareva ogni hora vedere Messer Bartolomeo da Calcho a Sua
-Eccellenzia cum una staffetta, chel Papa fosse preso, e li fosse taliata la testa.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note60">
-<p><span class="label"><a href="#tag60">60</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Trotti al duca di Ferrara. Milano, 24 dicembre 1494.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note61">
-<p><span class="label"><a href="#tag61">61</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste date le porge Marin Sanudo nella sua storia manoscritta dell'invasione
-di Carlo VIII, fol. 470.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note62">
-<p><span class="label"><a href="#tag62">62</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste date sono tolte dalle notizie di Marin Sanudo, <i>Diario</i>, vol. I,
-fol. 55, 58, 85.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note63">
-<p><span class="label"><a href="#tag63">63</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Il dì de S. Laurentio il Duca de Gandia, figliuolo del Papa, intrò in
-Roma accompagnato dal Cardinale di Valenzia, et tutta la Corte con grandissima
-pompa.</i> Dispaccio di Lodovico Carissimi al duca di Ferrara. Roma,
-15 agosto 1496. Archivio di Modena. — Il 12 settembre il Gandia scrisse una
-lettera al marchese Gonzaga, che è riprodotta nell'Appendice di n. 12, affinchè
-si abbia anche una lettera di questo Borgia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note64">
-<p><span class="label"><a href="#tag64">64</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Boccaccio ad Ercole, 24 maggio 1495.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note65">
-<p><span class="label"><a href="#tag65">65</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La Civiltà Cattolica (fascicolo del 15 marzo 1873, pag. 727) dà un
-estratto della notizia del <i>Diario</i> di Marin Sanudo, vol. I, 258. Essa suona così:
-<i>Da Roma per le lettere del orator nostro se intese et etiam de private persone
-cossa assai abominevole in la chiesa di Dio che al papa erra nato un fiolo di
-una dona romana maridata, ch'el padre l'havea rufianata e di questa il marito
-invitò il suocero ala vigna e lo uccise tagliandogli el capo ponendo quello
-sopra uno legno con letere che diceva questo e il capo de mio suocero che a
-rufianato sua fiola al papa et che inteso questo il papa fece metter el dito in
-exilio di Roma con taglia. Questa nova vene per letere particular etiam si
-godea con la sua spagnola menatali di Spagna per suo fiol duca di Gandia
-novamente lì venuto.</i></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note66">
-<p><span class="label"><a href="#tag66">66</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Epitaphia clarissimarum mulierum quae virtute: arte: aut aliqua nota
-claruerunt.</i> Codice di Hartmann Schedel nella Biblioteca Nazionale di Monaco.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note67">
-<p><span class="label"><a href="#tag67">67</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lod. Zacconi, <i>Hist. di Pesaro</i>, manoscritto nella Biblioteca Oliveriana;
-e così pure Pietro Marzetti.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note68">
-<p><span class="label"><a href="#tag68">68</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le lettere sono nell'Archivio Gonzaga a Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note69">
-<p><span class="label"><a href="#tag69">69</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Battista Almerici, I, e Pietro Marzetti, <i>Memorie di Pesaro</i>. Il manoscritto
-è nella Oliveriana. Queste cronache non sono esatte nelle date e spesso
-sono piene d'errori.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note70">
-<p><span class="label"><a href="#tag70">70</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Marin Sanudo, <i>Diario</i>, vol. I, fol. 410, marzo 1497.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note71">
-<p><span class="label"><a href="#tag71">71</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nell'Appendice di documenti, <a href="#doc14">n. 14</a>, v'è la lettera di condoglianza del
-cardinale Giuliano Della Rovere.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note72">
-<p><span class="label"><a href="#tag72">72</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Quest'atto è dato in sunto dall'Amati nel <i>Periodico di Numismatica</i>
-dello Strozzi, anno III, fasc. II, pag. 73.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note73">
-<p><span class="label"><a href="#tag73">73</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc17">n. 17</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note74">
-<p><span class="label"><a href="#tag74">74</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nell'Archivio di Modena fra le <i>Lettere di Donato Aretino da Roma</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note75">
-<p><span class="label"><a href="#tag75">75</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lettera di Lodovico Carissimi. Roma, 8 agosto 1497. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note76">
-<p><span class="label"><a href="#tag76">76</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Et mancho se è curato de fare prova de se qua con Done per poterne
-chiarire el Rev. Legato che era qua, sebbene Sua Excellentia tastandolo sopra
-ciò gli ne abia facto offerta.</i> Dispaccio dell'ambasciatore ferrarese a Milano, Antonio
-Costabili, al duca Ercole. Milano, 23 giugno 1497. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note77">
-<p><span class="label"><a href="#tag77">77</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Di ciò Pandolfo Collenuccio, che era in Roma al seguito del cardinale
-Ippolito, scrive al duca di Ferrara il 25 dicembre 1498 (1497). La lettera autografa
-è nell'Archivio di Modena: <i>El S. de Pesaro ha scripto qua de sua mano:
-non haverla mai cognosciuta.... et esser impotente, alias la sententia non se
-potea dare.... El prefato S. dice però haver scripto così per obedire el Duca de
-Milano et Aschanio</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note78">
-<p><span class="label"><a href="#tag78">78</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nello stesso dispaccio da Milano del 23 giugno 1497, l'ambasciatore
-ferrarese Costabili scriveva, Giovanni Sforza aver detto al duca Ludovico: <i>Anzi
-haverla conosciuta infinite volte, ma chel Papa non gelha tolta per altro se
-non per usare con lei. Extendendose molto a carico di Sua Beatitudine</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note79">
-<p><span class="label"><a href="#tag79">79</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'originale del Breve si trova nell'Archivio di Modena: proviene dalla
-Cancelleria di Lucrezia. — Appendice di documenti, <a href="#doc15">n. 15</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note80">
-<p><span class="label"><a href="#tag80">80</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc16">n. 16</a>. — Il Ducato di Bisceglie, città oggi
-di 19,000 abitanti, cui mena la strada ferrata di Foggia. Si diceva e scriveva
-allora anche <i>Biseglia</i> o <i>Biselli</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note81">
-<p><span class="label"><a href="#tag81">81</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Giovanni Lucido Cataneo. Roma, 8 agosto 1498. — Archivio
-Gonzaga.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note82">
-<p><span class="label"><a href="#tag82">82</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I Brevi sono nell'Archivio di Stato di Venezia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note83">
-<p><span class="label"><a href="#tag83">83</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'istrumento è nel protocollo di Beneimbene. Vedine l'estratto nell'Appendice
-di documenti, <a href="#doc18">n. 18</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note84">
-<p><span class="label"><a href="#tag84">84</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel protocollo di Beneimbene.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note85">
-<p><span class="label"><a href="#tag85">85</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc23">n. 23</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note86">
-<p><span class="label"><a href="#tag86">86</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La notizia è nel <i>Diario</i> di Marin Sanudo, II, 751.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note87">
-<p><span class="label"><a href="#tag87">87</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Breve è nell'Archivio di Stato di Spoleto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note88">
-<p><span class="label"><a href="#tag88">88</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La Bolla d'investitura su pergamena è datata da Roma 1499 <i>Non.</i> (il
-mese manca). È un'ampia donazione. — Dalla Cancelleria di Lucrezia nell'Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note89">
-<p><span class="label"><a href="#tag89">89</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I due Brevi sono nell'Archivio della Casa comunale di Nepi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note90">
-<p><span class="label"><a href="#tag90">90</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gli atti relativi alla vendita, dagli 11 al 15 febbraio 1500, sono nell'Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note91">
-<p><span class="label"><a href="#tag91">91</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi la protesta di Jacopo Gaetani nell'Appendice di documenti, <a href="#doc19">n. 19</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note92">
-<p><span class="label"><a href="#tag92">92</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc22">n. 22</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note93">
-<p><span class="label"><a href="#tag93">93</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Manoscritto nella Vaticana, n. 5205.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note94">
-<p><span class="label"><a href="#tag94">94</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Collocutores itinerantes Tuscus et Remus, Romae in Campo Florae</i>,
-1497. Un altro scritto, del quale Jeronimo si vanta, <i>De gentilicium
-nuptiarum ritu libellus</i>, non m'è riuscito vederlo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note95">
-<p><span class="label"><a href="#tag95">95</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc5">n. 5</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note96">
-<p><span class="label"><a href="#tag96">96</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc13">n. 13</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note97">
-<p><span class="label"><a href="#tag97">97</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi Appendice di documenti, <a href="#doc41">n. 41</a>, <a href="#doc42">42</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note98">
-<p><span class="label"><a href="#tag98">98</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il mio scritto: <i>Das Archiv der Notare des Capitols in Rom
-und das Protocollbuch des Notars Camillus de Beneimbene von 1457
-bis 1505</i>. Resoconto di una tornata della Reale Accademia Bavarese delle
-Scienze a Monaco, 1872, fascic. IV.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note99">
-<p><span class="label"><a href="#tag99">99</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel Codice di Hartmann Schedel, nella Biblioteca Nazionale di Monaco.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note100">
-<p><span class="label"><a href="#tag100">100</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nell'Archivio Gonzaga.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note101">
-<p><span class="label"><a href="#tag101">101</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>In questa mattina ho hauto lo adviso de la morte del R<sup>mo</sup> Card. Borgia
-<span class="smcap lowercase">MIO FRATRE</span> passato de questa vita in Urbino</i>. <i>Forlì</i>, 16 <i>Ian</i>. 1500. — Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note102">
-<p><span class="label"><a href="#tag102">102</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>A</i>. 1500 22 <i>gennaio</i> (la data è sbagliata) <i>morì il Card. Borgia, fiolo
-del Papa Alexº a Orbino. Silva Cronicarum Bernardini Zambotti</i>. — Manoscritto
-nella Biblioteca di Ferrara.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note103">
-<p><span class="label"><a href="#tag103">103</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>La bona memoria del Cardinale Borgia mio fratre</i>. Roma, 30 luglio
-1500 — Archivio Gonzaga.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note104">
-<p><span class="label"><a href="#tag104">104</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È erroneo ciò che crede il Cittadella, che Giovanni Borgia <i>iunior</i> sia stato
-un figlio di Pierluigi, il fratello di Alessandro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note105">
-<p><span class="label"><a href="#tag105">105</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Femina quasi virago crudelissima et di gran animo</i>. — <i>Venuta di
-Carlo VIII</i>, pag. 811. Manoscritto. Qui <i>Virago</i> non sta nel senso indicato innanti
-a pag. 28, ma nell'altro di donna di tempra virile — <i>Mannweib</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note106">
-<p><span class="label"><a href="#tag106">106</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>O bona Madonna, hora non te mancherà da....</i> Dispaccio dell'ambasciatore
-ferrarese Giorgio Seregni al duca Ercole. Milano, 15 gennaio 1500. — Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note107">
-<p><span class="label"><a href="#tag107">107</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc20">n. 20</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note108">
-<p><span class="label"><a href="#tag108">108</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc26">n. 26</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note109">
-<p><span class="label"><a href="#tag109">109</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc21">n. 21</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note110">
-<p><span class="label"><a href="#tag110">110</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Sulla facciata di Porta Romana e sui bastioni si veggono ancora le armi
-colossali in pietra di Paolo III, e quelle di suo figlio. Un'iscrizione dice: «P. <span class="smcap">Aloisius
-Farnesius Dux i Castri et Nepete Munimentum hoc ad tutelam
-civitatis exstruxit, mdxl.»</span></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note111">
-<p><span class="label"><a href="#tag111">111</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Corrispondenza di lui col Gonzaga conservata nell'Archivio di Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note112">
-<p><span class="label"><a href="#tag112">112</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ad Pisaurenses: Guidi Posthumi Silvestris Pisaurensis Elegiarum</i>,
-<i>Libri II</i>, pag. 33. Bonon., 1624.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note113">
-<p><span class="label"><a href="#tag113">113</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc24">n. 24</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note114">
-<p><span class="label"><a href="#tag114">114</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pietro Marzetti, <i>Memorie di Pesaro</i>. Manoscritto nella Oliveriana.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note115">
-<p><span class="label"><a href="#tag115">115</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc25">n. 25</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note116">
-<p><span class="label"><a href="#tag116">116</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il cardinal Ferrari al duca Ercole. Roma, 18 febbraio 1501. Prima lettera,
-tra quelle esistenti nell'Archivio di Modena, relativa a questo affare.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note117">
-<p><span class="label"><a href="#tag117">117</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lettera di Ercole al suo inviato Manfredo Manfredi in Firenze, 25
-aprile 1501. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note118">
-<p><span class="label"><a href="#tag118">118</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Ferrari a Ercole, 1 maggio 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note119">
-<p><span class="label"><a href="#tag119">119</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Girolamo Sacrati a Ercole. Roma, 8 maggio 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note120">
-<p><span class="label"><a href="#tag120">120</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bartolommeo dei Cavallieri, inviato ferrarese in Francia, a Ercole. Châlons,
-26 maggio 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note121">
-<p><span class="label"><a href="#tag121">121</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bartolommeo dei Cavallieri. Lione, 22 giugno 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note122">
-<p><span class="label"><a href="#tag122">122</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ercole a Giovanni Valla, 8 luglio 1501. Ercole al cardinale di Rouen,
-8 luglio 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note123">
-<p><span class="label"><a href="#tag123">123</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Bartolommeo Cavallieri, inviato di Ferrara presso la Corte
-di Francia, a Ercole, 10, 14, 21 luglio 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note124">
-<p><span class="label"><a href="#tag124">124</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispacci dello stesso senza data.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note125">
-<p><span class="label"><a href="#tag125">125</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il duca Ercole a Giovanni Valla, suo ambasciatore presso il cardinale
-di Rouen in Milano, 21 e 26 luglio 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note126">
-<p><span class="label"><a href="#tag126">126</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Da Roma accertasi, che la figliola del Papa ha partorito....</i> Gio. Alberto
-della Pigna al duca. Venezia, 15 marzo 1498. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note127">
-<p><span class="label"><a href="#tag127">127</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Uno dei primi ad annunziare che Cesare fosse stato l'uccisore del fratello,
-fu un inviato ferrarese a Venezia. <i>De novo ho inteso, come de la morte del
-Duca di Candia fo causa el Cardinale suo fratello</i>. Dispaccio del Pigna ad Ercole,
-Venezia, 22 febbraio 1498.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note128">
-<p><span class="label"><a href="#tag128">128</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Si paragoni l'epitaffio di Alessandro VI del Sannazzaro con l'epigramma
-di Guido Postumo: <i>In Tumulum Sexti</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note129">
-<p><span class="label"><a href="#tag129">129</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nella lettera presso il Malipiero (<i>Arch. Stor. Ital.</i>, VII, I, 499) è detto:
-<span class="smcap">Si dice</span> <i>che il signor Giovanni Sforza ha fatto questo effetto</i> (l'uccisione di
-Gandia)<i>, perchè il Duca di Gandia usava con la sorella, sua consorte, la quale
-è fiola del Papa, ma d'un'altra madre</i>: il che è positivamente falso. L'ambasciatore
-veneziano Polo Capello accenna a quel rumore con un <span class="smcap lowercase">SI DICE</span> nella sua
-conosciuta Relazione del settembre 1500.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note130">
-<p><span class="label"><a href="#tag130">130</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Cavallieri ad Ercole: Lione, S agosto 1501. Informa avere il Papa
-scritto al suo nunzio di accettare le domande del duca per concludere il matrimonio,
-il quale sarebbe straordinariamente vantaggioso per quest'ultimo e pel
-duca di Romagna.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note131">
-<p><span class="label"><a href="#tag131">131</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispacci dell'inviato ferrarese Bartolommeo Cartari da Venezia: 25 giugno,
-28 luglio, 2 agosto 1501. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note132">
-<p><span class="label"><a href="#tag132">132</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lettera di Ercole al Pozzi in Ferrara, 25 agosto 1501. Le lettere di Massimiliano
-non si trovano nell'Archivio d'Este, nè a Vienna.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note133">
-<p><span class="label"><a href="#tag133">133</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il contratto del 26 agosto 1501 fu ricevuto dal Beneimbene. Tanto questo,
-quanto l'altro contratto stipulato a Ferrara il primo settembre 1501 in Belfiore,
-allegato in copia nel protocollo del Beneimbene, non sono riprodotti nell'Appendice,
-perchè troppo lunghi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note134">
-<p><span class="label"><a href="#tag134">134</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il cardinal Ferrari ad Ercole. Roma, 27 agosto 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note135">
-<p><span class="label"><a href="#tag135">135</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Minute ducali</i>, primo settembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note136">
-<p><span class="label"><a href="#tag136">136</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La lettera è stampata nella <i>Lucrezia Borgia duchessa di Ferrara</i>, del
-Zucchetti. Milano, 1869.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note137">
-<p><span class="label"><a href="#tag137">137</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ed altre cose che egli disse per maggiormente magnificare il fatto</i>.
-Matteo Canali al duca di Ferrara. Roma, 11 settembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note138">
-<p><span class="label"><a href="#tag138">138</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Quale mi pare già essere optima Ferrarese</i>. Dispaccio da Roma del
-15 settembre.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note139">
-<p><span class="label"><a href="#tag139">139</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Che voleva havessimo veduto che la Duchessa non era zoppa</i>. Il Saraceni
-a Ercole. Roma, 16 settembre.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note140">
-<p><span class="label"><a href="#tag140">140</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Saraceni. Roma, 23 settembre.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note141">
-<p><span class="label"><a href="#tag141">141</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio del 25 settembre.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note142">
-<p><span class="label"><a href="#tag142">142</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc29">n. 29</a>. Ercole fece rispondere in modo da calmare
-i timori. Lettera a' suoi due oratori in Roma, 30 settembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note143">
-<p><span class="label"><a href="#tag143">143</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Matteo Canali ad Ercole. Roma, 18 settembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note144">
-<p><span class="label"><a href="#tag144">144</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi le Bolle nell'Appendice di documenti, <a href="#doc27">n. 27</a> e <a href="#doc28">28</a>. Entrambe sono
-nell'Archivio di Modena. La prima è un duplicato, la seconda originale. Manca
-il suggello di piombo; ma rimane ancora il filo di seta rossa e gialla, cui era sospeso.
-Lo stesso m'accadde incontrare in un manoscritto della Barberiniana in
-Roma, che diedi già nella <i>Storia della città di Roma nel Medio Evo</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note145">
-<p><span class="label"><a href="#tag145">145</a>.&nbsp;&nbsp;</span>In un mandato del Papa, relativo a certi balzelli, del 21 luglio 1501,
-si dice: <i>Nobili Infanti Johanni Borgia nostro secundum carnem nepoti</i>. Anche
-in un Breve del 12 giugno 1502 alla Comunità di Gallese: <i>Dil. filii nobilis infantis
-Johannis Borgia ducis Nepesini dilecti filii nobilis viri Caesaris Borgia
-de Francia</i>, etc. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note146">
-<p><span class="label"><a href="#tag146">146</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Saraceni ad Ercole. Roma, 28 settembre.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note147">
-<p><span class="label"><a href="#tag147">147</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Datum in civitate Hispali</i>, 7 <i>gennaio</i> 1502. <i>Yo el Rey</i>. — Archivio di
-Modena, nel <i>Liber Arrendamentorun Terrarum ad Illmos Dnos Rodericum
-Bor. de Aragonia Sermoneti et Jo. de bor. Nepesin. Duces infantes spectantium
-alearq. scripturar. status eorundem tangentium.</i> Biselli, 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note148">
-<p><span class="label"><a href="#tag148">148</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lucrezia ad Ercole, 18 ottobre. Ercole a Lucrezia, 23 ottobre.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note149">
-<p><span class="label"><a href="#tag149">149</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gerardo Saraceni ad Ercole, 15 ottobre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note150">
-<p><span class="label"><a href="#tag150">150</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ercole a Don Francesco Roxas, 24 ottobre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note151">
-<p><span class="label"><a href="#tag151">151</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gerardo Saraceni ad Ercole. Roma, 26 ottobre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note152">
-<p><span class="label"><a href="#tag152">152</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Saraceni ad Ercole, 26 ottobre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note153">
-<p><span class="label"><a href="#tag153">153</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'oratore Manfredo Manfredi ad Ercole. Firenze, 22 e 24 novembre 1601.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note154">
-<p><span class="label"><a href="#tag154">154</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il duca a' suoi due ambasciatori in Roma, 7 ottobre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note155">
-<p><span class="label"><a href="#tag155">155</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ercole a Gerardo Saraceni, 24 novembre 1501, e altre sue lettere dello
-stesso tenore a' suoi ambasciatori.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note156">
-<p><span class="label"><a href="#tag156">156</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ercole a Gerardo Saraceni in Roma, 11 ottobre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note157">
-<p><span class="label"><a href="#tag157">157</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio dell'inviato Ferrarese ad Ercole. Roma, 31 ottobre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note158">
-<p><span class="label"><a href="#tag158">158</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Il qual mal effecto volendo nui fugire, seamo condescesani a contrahere
-la affinità cum soa Santità. Responsum ill.<sup>mi</sup> Dni ducis Ferrarie D. Angustino
-Semetic Ces. M.<sup>tis</sup> secretario</i>. Ferrara, 22 novembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note159">
-<p><span class="label"><a href="#tag159">159</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Che il procedere del Duca era un procedere da mercatante</i>. Ercole a
-Gerardo Saraceni, 1º dicembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note160">
-<p><span class="label"><a href="#tag160">160</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ercole ad Alessandro VI, 1º dicembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note161">
-<p><span class="label"><a href="#tag161">161</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Giovanni Lucido, nell'Archivio di Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note162">
-<p><span class="label"><a href="#tag162">162</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La relazione di questo <i>Reporter</i>, che si segna <i>El Prete</i>, si conserva nell'Archivio
-di Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note163">
-<p><span class="label"><a href="#tag163">163</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc34">n. 34</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note164">
-<p><span class="label"><a href="#tag164">164</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Gianluca Pozzi ad Ercole. Roma, 25 dicembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note165">
-<p><span class="label"><a href="#tag165">165</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gianluca Pozzi ad Ercole. Roma, 25 dicembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note166">
-<p><span class="label"><a href="#tag166">166</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Fu necessario che la abreviasse</i>. Gianluca e Gerardo ad Ercole. Roma,
-30 dicembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note167">
-<p><span class="label"><a href="#tag167">167</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>E ciò nello scopo, che se mancasse essa Duchessa verso lo ill.<sup>mo</sup> Don
-Alfonso non fosse più obbligato di quanto voleva esserlo circa dette gioie</i>.
-Ercole al cardinale Ippolito, 2 dicembre 1501. Della stessa data sul medesimo
-oggetto è pure la lettera di Ercole a Gianluca Pozzi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note168">
-<p><span class="label"><a href="#tag168">168</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Pozzi a Ercole, 1º gennaio 1501. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note169">
-<p><span class="label"><a href="#tag169">169</a>.&nbsp;&nbsp;</span>El Prete ad Isabella. Roma, 2 gennaio 1502. Appendice di documenti, <a href="#doc35">n. 35</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note170">
-<p><span class="label"><a href="#tag170">170</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc34">n. 34</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note171">
-<p><span class="label"><a href="#tag171">171</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pozzi al duca Ercole. Roma, 28 dicembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note172">
-<p><span class="label"><a href="#tag172">172</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pozzi e Saraceni. Roma, 28 dicembre 1501.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note173">
-<p><span class="label"><a href="#tag173">173</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Roma, 9 gennaio 1502. Appendice di documenti, <a href="#doc36">n. 36</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note174">
-<p><span class="label"><a href="#tag174">174</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pozzi e Saraceni ad Ercole. Roma, 6 gennaio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note175">
-<p><span class="label"><a href="#tag175">175</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nell'Archivio comunale di Nepi, dove lo copiai dal <i>Libro de' Brevi</i>, ec.
-Appendice di documenti, <a href="#doc33">n. 33</a>. — Con la stessa formola e sotto la medesima data,
-un altro Breve alla Comunità di Trevi trovasi nell'Archivio di questa città, ed è
-stato stampato nell'<i>Arte Cristiana: Passeggiate nell'Umbria</i>, 1866, pag. 358,
-di Tullio Dandolo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note176">
-<p><span class="label"><a href="#tag176">176</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Beltrando Costabili al duca Ercole. Roma, 6 gennaio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note177">
-<p><span class="label"><a href="#tag177">177</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc37">n. 37</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note178">
-<p><span class="label"><a href="#tag178">178</a>.&nbsp;&nbsp;</span>I colori della Lucrezia erano giallo e nero bruno (<i>morello aperto</i>), e quelli
-di Alessandro giallo e nero.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note179">
-<p><span class="label"><a href="#tag179">179</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Spogli di Giambattista Almerici</i>, I, 284. Manoscritto nell'Oliveriana di
-Pesaro.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note180">
-<p><span class="label"><a href="#tag180">180</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio da Rimini, 22 gennaio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note181">
-<p><span class="label"><a href="#tag181">181</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ferrante ad Ercole. Rimini, 23 gennaio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note182">
-<p><span class="label"><a href="#tag182">182</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'espressione tecnica è: <i>lavarsi il capo</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note183">
-<p><span class="label"><a href="#tag183">183</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ferrante ad Ercole. Imola, 27 gennaio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note184">
-<p><span class="label"><a href="#tag184">184</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gianluca al duca Ercole. Bentivoglio, 31 gennaio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note185">
-<p><span class="label"><a href="#tag185">185</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bernardino Zambotto. Vedi lo scritto di monsignor Giuseppe Antonelli:
-<i>Lucrezia Borgia in Ferrara, sposa a Don Alfonso d'Este. Memorie storiche....</i>
-Ferrara, 1867.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note186">
-<p><span class="label"><a href="#tag186">186</a>.&nbsp;&nbsp;</span>L'ambasciatore Beltrando Costabili al duca Ercole. Roma, 7 gennaio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note187">
-<p><span class="label"><a href="#tag187">187</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il duca al suo ambasciatore in Roma. Ferrara, 22 gennaio 1502, nelle
-<i>Minute Ducali a Costabili Beltrando Oratore a Roma</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note188">
-<p><span class="label"><a href="#tag188">188</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il signor Cittadella, il più grande conoscitore della sua città natale, mi fu
-guida in quel luogo, e devo la cognizione, che ne acquistai, ai dati, alle indicazioni
-e alle antiche carte da lui fornitimi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note189">
-<p><span class="label"><a href="#tag189">189</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lo dice egli stesso in una lettera al suo ambasciatore Beltrando Costabili
-a Roma. Ferrara, 3 febbraio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note190">
-<p><span class="label"><a href="#tag190">190</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Isabella Gonzaga, che stava a vedere il corteggio dalla finestra di un palazzo,
-dà espressamente questo posto al duca. Lettera a suo marito: Ferrara,
-2 febbraio, nell'<i>Archiv. Stor. Ital.</i>, App. II, 305. Le notizie di lei furono in
-gran parte inserite nelle descrizioni di Marin Sanudo (<i>Diario</i>, vol. IV, fol. 104 e
-seg., sotto il titolo: <i>Ordine di le pompe e spectaculi di le noze de mad. Lucretia
-Borgia</i>). Rawdon Brown le ha già pubblicate nel suo <i>Ragguaglio su la vita e le
-opere di M. Sanudo</i>, II, 197 e seg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note191">
-<p><span class="label"><a href="#tag191">191</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Da Roma egli scriveva a Lucrezia il 16 gennaio, essere stato a visitare il
-figlio Rodrigo e averlo trovato che dormiva il più placido sonno che mai. Il 9 febbraio
-lo stesso cardinale scrive, il Papa averlo invitato per la sera insieme con Cesare,
-il cardinal Borgia e la signora principessa, che probabilmente era Sancia.
-<i>Lettere nell'Archivio di Modena</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note192">
-<p><span class="label"><a href="#tag192">192</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Così la dice la stessa Isabella Gonzaga. La Relazione del Cagnolo nomina
-invece un'altra Adriana, come moglie di Francesco (Colonna) di Palestrina.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note193">
-<p><span class="label"><a href="#tag193">193</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cronica manoscritta</i> di Mario Equicola nella Biblioteca di Ferrara, nel
-Palazzo dell'Università, altra volta Paradiso.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note194">
-<p><span class="label"><a href="#tag194">194</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Paolo Zerbinati, <i>Memorie manoscritte</i>, nella Biblioteca di Ferrara, pag. 3.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note195">
-<p><span class="label"><a href="#tag195">195</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il manoscritto è nella Biblioteca di Ferrara: <i>Nicolai Marii Paniciati ferrariensis
-Borgias. Ad Excell. D. Lucretiam Borgiam III Alphonsi Estensis
-Sponsam celeber, MDII</i> — Uno degli epigrammi suona così:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Tyndaridem jactant Heroica saecula cujus</i></p>
-<p class="i02"> <i>Armavit varios forma superba Duces.</i></p>
-<p class="i01"><i>Haec collata tibi, merito, Lucretia, cedit,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Nam tuus omne Helenes lumen obumbrat honor.</i></p>
-<p class="i01"><i>Illa neces populis, diuturnaque bella paravit:</i></p>
-<p class="i02"> <i>Tu bona tranquillae pacis opima refers.</i></p>
-<p class="i01"><i>Moribus illa suis speciem temeravit honestam:</i></p>
-<p class="i02"> <i>Innumeris speciem dotibus ipsa colis;</i></p>
-<p class="i01"><i>Ore deam praestas: virtute venustior alma:</i></p>
-<p class="i02"> <i>Foeda Helenae facies aequiparata tuae.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note196">
-<p><span class="label"><a href="#tag196">196</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Caelii Calcagnini ferrariensis. In Illustriss. Divi Alphonsi Primogeniti
-Herculis Ducis Ferr. ac Divae Lucretiae Borgiae Nuptias Epithalamium. Laurentius
-de Valentia Imprimebat, Ferrariae Deo, Opt. Max. Favente Calend.
-Febr. MDII</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note197">
-<p><span class="label"><a href="#tag197">197</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Egli dice pure:
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Est levis haec jactura tamen, ruat hoc quoque quicquid</i></p>
-<p class="i01"><i>Est reliquum, juvet et nudis habitare sub antris,</i></p>
-<p class="i01"><i>Vivere dum liceat tecum pulcherrima virgo.</i></p>
-</div></div>
-
-<p>
-<i>Ludovici Areosti ferrariensis Epithalamion</i>, nel vol. I de' <i>Carmina Illustrium
-Poetarum Italorum</i>, pag. 342-46.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note198">
-<p><span class="label"><a href="#tag198">198</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il passo in <i>Lucrezia Borgia in Ferrara</i>. Ferrara, 1867, pag. 20.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note199">
-<p><span class="label"><a href="#tag199">199</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il passo in <i>Lucrezia Borgia in Ferrara</i>. Ferrara, 1867, pag. 39.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note200">
-<p><span class="label"><a href="#tag200">200</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Agnolo Firenzuola, <i>Della perfetta bellezza di una donna</i>, vol. I.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note201">
-<p><span class="label"><a href="#tag201">201</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Fu essa Lucrezia di venusto e mansueto aspetto, prudente, di gratissime
-maniere negli atti, e nel parlare di molta grazia e allegrezza.</i> — Così il segretario
-intimo di Alfonso, Bonaventura Pistofilo, nella <i>Vita di Alfonso I d'Este</i>.
-Tutti i contemporanei le danno della <i>venusta</i>, <i>gentile</i>, <i>graziosa</i>, <i>amabile</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note202">
-<p><span class="label"><a href="#tag202">202</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Queste rappresentazioni cominciarono il 13 febbraio: vi furon anche
-delle moresche. — <i>Cronica manoscritta</i> dello Zambotto nella Biblioteca di Ferrara.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note203">
-<p><span class="label"><a href="#tag203">203</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le notevoli lettere d'Isabella sulle feste nuziali in Ferrara sono pubblicate
-nelle <i>Notizie di Isabella Estense</i>, di Carlo d'Arco (<i>Archiv. Stor. Ital.</i>,
-App. II, 223 e seg.). La lettera della marchesana di Cotrone, del 1º febbraio, è
-nella Biblioteca di Mantova, e nell'Archivio poi sono parecchie altre lettere della
-stessa al Gonzaga a proposito delle feste.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note204">
-<p><span class="label"><a href="#tag204">204</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Qual Madonna sposa danzò molte danze, al suono delli suoi Tamburini
-alla Romanesca e Spagnuola.</i> — Relazione di Niccolò Cagnolo di Parma, che aveva
-accompagnato a Ferrara l'ambasciatore francese. Questa descrizione delle feste
-nuziali fu inserita dallo Zambotto nella sua <i>Cronica</i>; sicchè è pubblicata nel piccolo
-scritto già citato: <i>Lucrezia Borgia in Ferrara</i>, ec. (1867).</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note205">
-<p><span class="label"><a href="#tag205">205</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La <i>Cassaria</i> fu rappresentata la prima volta nel 1508, i <i>Suppositi</i>
-nel 1509. Giuseppe Campori, <i>Notizie per la vita di Lodovico Ariosto</i>, seconda
-ediz. Modena, 1871, pag. 67.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note206">
-<p><span class="label"><a href="#tag206">206</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio dell'inviato ferrarese Bartolomeo Cartari ad Ercole. Venezia,
-25 gennaio 1502. — Archivio di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note207">
-<p><span class="label"><a href="#tag207">207</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Nel dispaccio stesso il Cartari dice, che le vesti da lui descritte erano state
-destinate per servire di regalo. — <i>Li Ambasciatori veneziani le presentarono due
-vesti grandi in forma di patii di velluto Cremesino foderati di ermelini, quali
-levatesi di sopra loro le presentarono</i>: Cagnolo.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note208">
-<p><span class="label"><a href="#tag208">208</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Ano dato materia di ridere ad hogni homo cum suo presente</i>: La marchesana
-di Cotrone al marchese di Mantova. Ferrara, 8 febbraio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note209">
-<p><span class="label"><a href="#tag209">209</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Violas arcu pulsantes</i>.... Cesare Borgia ad Ercole. Roma, 3 settembre 1498.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note210">
-<p><span class="label"><a href="#tag210">210</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi le lettere di Isabella del 3 e 5 febbraio.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note211">
-<p><span class="label"><a href="#tag211">211</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc39">n. 39</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note212">
-<p><span class="label"><a href="#tag212">212</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La lettera è pubblicata dallo Zucchetti, pag. 12.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note213">
-<p><span class="label"><a href="#tag213">213</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc40">n. 40</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note214">
-<p><span class="label"><a href="#tag214">214</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>P. S. Li gentilhomini de lo illustrissimo signor Duca di Romagna,
-poichè sono stati qui dodici giorni, sono stati da me licenziati per essere impertinente
-e senza fructo alcuno a la Santità de N. S. et allo illustrissimo
-signor Duca de Romagna.</i> — A Beltrando Costabili, nelle Minute Ducali, 14
-febbraio 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note215">
-<p><span class="label"><a href="#tag215">215</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc38">n. 38</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note216">
-<p><span class="label"><a href="#tag216">216</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il Cittadella (<i>Guida del forestiere in Ferrara</i>. Ferrara, 1873) ride
-pello specchio che avrebbe tradito l'amore di Ugo e Parisina. Vedi il <i>Castello
-di Ferrara</i> (Torino, 1873) dello stesso, e la descrizione del castello nelle <i>Notizie
-storico-artistiche sui primarii palazzi d'Italia</i>. Firenze, Cennini, 1871.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note217">
-<p><span class="label"><a href="#tag217">217</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il primo tipografo in Ferrara nel 1471 fu il francese Andreas, nominato
-Belforte. Luigi Napoleone Cittadella, <i>La stampa in Ferrara</i>. Ferrara, 1873.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note218">
-<p><span class="label"><a href="#tag218">218</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi le prime pagine della nota <i>Biografia del Savonarola</i>, di Pasquale
-Villari.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note219">
-<p><span class="label"><a href="#tag219">219</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Maxime intendendo che continuano dormire insieme la notte. Se
-ben intende ch'el signor Don Alfonso el dì va a piacere in diversi loci come
-giovane; il quale, dice Sua Santità, fa molto bene</i>. — Beltrando Costabili al
-duca. Roma, 1º aprile 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note220">
-<p><span class="label"><a href="#tag220">220</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc41">n. 41</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note221">
-<p><span class="label"><a href="#tag221">221</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Carlino d'argento con la scritta: <span class="smcap">Joannes Bor. Dux. Camerini</span>; il bove,
-arme de' Borgia, circondato di gigli, e le strisce de' Lançol. Sul rovescio: <span class="smcap">San.
-Venantius. De. Cameri.</span> Tali monete sono illustrate nel <i>Periodico di Numismatica
-e Sfragistica per la storia d'Italia</i>, diretto dal marchese C. Strozzi
-(Firenze, 1870, A. III., fascic. II, pag. 70-77); da G. Amati, e poi (A. IV,
-fascic. VI, pag. 259-265) da M. Santoni. Gl'illustratori cadono entrambi nell'errore
-di tener Gio. Borgia per un figlio del duca di Gandia; e l'Amati scambia
-pure Valenza (<i>Valence</i>) nel Delfinato, con Valenza (<i>Valencia</i>) nella Spagna.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note222">
-<p><span class="label"><a href="#tag222">222</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le date delle due visite di Cesare sono nella <i>Cronaca Estense</i> di F. Paolo
-da Rignano. — Manoscritto nell'Archivio di Stato degli Este.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note223">
-<p><span class="label"><a href="#tag223">223</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il duca al suo ambasciatore Costabili a Roma, 9 e 23 ottobre 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note224">
-<p><span class="label"><a href="#tag224">224</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc44">n. 44</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note225">
-<p><span class="label"><a href="#tag225">225</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc45">n. 45</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note226">
-<p><span class="label"><a href="#tag226">226</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Bartolomeo Cavalieri ad Ercole. Macon, 8 settembre 1503.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note227">
-<p><span class="label"><a href="#tag227">227</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc46">n. 46</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note228">
-<p><span class="label"><a href="#tag228">228</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc49">n. 49</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note229">
-<p><span class="label"><a href="#tag229">229</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Bembo, <i>Opere</i>, vol. III, pag. 309.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note230">
-<p><span class="label"><a href="#tag230">230</a>.&nbsp;&nbsp;</span>A Beltrando Costabili, nelle <i>Minute Ducali</i>. Ferrara, 28 agosto 1503.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note231">
-<p><span class="label"><a href="#tag231">231</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc47">n. 47</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note232">
-<p><span class="label"><a href="#tag232">232</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La medaglia è nel Gabinetto numismatico della Biblioteca Olivieriana
-di Pesaro. È stata riprodotta nella <i>Nuova raccolta delle Monete e Zecche
-d'Italia</i>, di Guidantonio Zannetti, pag. 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note233">
-<p><span class="label"><a href="#tag233">233</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi Giulio Perticari, <i>Opere</i>. Bologna, 1839, vol. II: <i>Intorno la
-morte di Pandolfo Collenuccio</i>. Il giudizio del Perticari è troppo parziale ed
-entusiastico. L'inno bellissimo sulla morte, composto dal Collenuccio poco innanzi
-di morire, deve essere stato, senza dubbio, fatto in altro e meno terribile
-momento.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note234">
-<p><span class="label"><a href="#tag234">234</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc48">n. 48</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note235">
-<p><span class="label"><a href="#tag235">235</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il diploma è nell'Archivio d'Este.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note236">
-<p><span class="label"><a href="#tag236">236</a>.&nbsp;&nbsp;</span>È un registro intitolato: <i>Liber arrendamentorum terrarum ad illustrissimos
-Dominos Rodericum Borgiam de Aragonia, Sermoneti etc., et Johannem
-Borgiam Nepesini Duces, infantes spectantium aliarumque scripturarum
-status eorundem tangentium</i>. Biselli, 1502.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note237">
-<p><span class="label"><a href="#tag237">237</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc50">n. 50</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note238">
-<p><span class="label"><a href="#tag238">238</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Ercole al suo ambasciatore in Roma, 31 dicembre 1503.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note239">
-<p><span class="label"><a href="#tag239">239</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Manfredo Manfredi ad Ercole. Firenze, 20 agosto 1504.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note240">
-<p><span class="label"><a href="#tag240">240</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Perchè la Mogliera del Duca di Candia, che fu morto dal Duca Valentino,
-ha procurato questo acto de tencione et vendicta, et che Lei è parente
-del Re di Spagna.</i> — Lettera di Giovanni Alberto della Pigna a Ercole. Venezia,
-18 giugno 1504.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note241">
-<p><span class="label"><a href="#tag241">241</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio del Costabili al duca. Roma, 27 ottobre 1504.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note242">
-<p><span class="label"><a href="#tag242">242</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Contratto nel Protocollo di Beneimbene.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note243">
-<p><span class="label"><a href="#tag243">243</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc51">n. 51</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note244">
-<p><span class="label"><a href="#tag244">244</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Dissertazione del sig. Dottor Baldassare Oltrocchi sopra i primi amori
-di Pietro Bembo</i>, indirizzata al sig. conte Giammaria Massucchelli Bresciano. — Nella
-<i>Nuova Raccolta d'Opuscoli scientifici</i> del Calogerà, tomo IV. — <i>Lettere
-di Lucrezia Borgia a Messer Pietro Bembo</i>, dagli autografi conservati in
-un Codice della Biblioteca Ambrosiana. Milano, coi tipi dell'Ambrosiana, 1859.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note245">
-<p><span class="label"><a href="#tag245">245</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Laeto nata solo, dextra, rosa, pollice carpta;</i></p>
-<p class="i02"> <i>Unde tibi solito pulcrior, unde color?</i></p>
-<p class="i01"><i>Num te iterum tinxit Venus? sin potius tibi tantum</i></p>
-<p class="i02"> <i>Borgia purpureo praebuit ore decus?</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note246">
-<p><span class="label"><a href="#tag246">246</a>.&nbsp;&nbsp;</span>«Ad Bembum de Lucretia:»
-</p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>Si mutatur in X. C. tertia nominis hujus</i></p>
-<p class="i02"> <i>Littera <span class="smcap lowercase">LUX</span> fiet, quod modo <span class="smcap lowercase">LUC</span> fuerat.</i></p>
-<p class="i01"><i><span class="smcap">Retia</span> subsequitur, cui tu haec subiunge paratque,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Subscribens lux haec retia, Bembe, parat.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note247">
-<p><span class="label"><a href="#tag247">247</a>.&nbsp;&nbsp;</span></p>
-
-<div class="poem"><div class="stanza">
-<p class="i01"><i>La prima inscrizion ch'agli occhi occorre</i></p>
-<p class="i02"> <i>Con lungo onor Lucrezia Borgia noma,</i></p>
-<p class="i02"> <i>La cui bellezza ed onestà preporre</i></p>
-<p class="i02"> <i>Debbe all'antiqua la sua patria Roma.</i></p>
-<p class="i02"> <i>I duo che voluto han sopra sè torre</i></p>
-<p class="i02"> <i>Tanto eccellente ed onorata soma,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Noma lo scritto: Antonio Tebaldeo,</i></p>
-<p class="i02"> <i>Ercole Strozza: un Lino, e un Orfeo.</i></p>
-</div></div>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note248">
-<p><span class="label"><a href="#tag248">248</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi lo scritto del marchese Giuseppe Campori: <i>Una vittima della
-storia</i> (Lucrezia Borgia), nella <i>Nuova Antologia</i> del settembre 1866.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note249">
-<p><span class="label"><a href="#tag249">249</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi il Frizzi, Storia di Ferrara, vol. IV, pag. 205.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note250">
-<p><span class="label"><a href="#tag250">250</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cose tutte che sono in onta del vero</i>, dice in proposito Antonio Cappelli
-nella Prefazione (pag. <span class="smcap lowercase">XXXIII</span> e seg.) alla sua edizione delle <i>Lettere di Ludovico
-Ariosto</i>: Bologna, 1866. L'egloga si trova nelle <i>Opere minori</i> dell'Ariosto,
-vol. I, pag. 267. Angela Borgia è nominata nella quarta ottava dell'ultimo
-canto dell'<i>Orlando Furioso</i>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note251">
-<p><span class="label"><a href="#tag251">251</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc18">n. 18</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note252">
-<p><span class="label"><a href="#tag252">252</a>.&nbsp;&nbsp;</span>La Bolla è nell'Archivio di casa Gaetani.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note253">
-<p><span class="label"><a href="#tag253">253</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi Fioravante Martinelli, <i>Carbognano illustrato</i>. Roma, 1644.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note254">
-<p><span class="label"><a href="#tag254">254</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc53">n. 53</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note255">
-<p><span class="label"><a href="#tag255">255</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc54">n. 54</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note256">
-<p><span class="label"><a href="#tag256">256</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc55">n. 55</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note257">
-<p><span class="label"><a href="#tag257">257</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispacci dell'ambasciatore ferrarese in Francia, Manfredo Manfredi,
-al duca Alfonso, gennaio 1507.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note258">
-<p><span class="label"><a href="#tag258">258</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lettere di Jeronimo Magnanini al suo signore Alfonso. Ferrara, dagli 11
-al 22 aprile, nell'Archivio Este.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note259">
-<p><span class="label"><a href="#tag259">259</a>.&nbsp;&nbsp;</span><i>Cæsaris Borgia Ducis Epicedium per Herculem Strozzam ad Divam
-Lucretiam Borgiam Ferrariæ Ducem. Nello Strozii Poetæ Pater et Filius</i>.
-Parigi, 1530.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note260">
-<p><span class="label"><a href="#tag260">260</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi <i>Genealogia della Casa Borgia</i>, del Cittadella.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note261">
-<p><span class="label"><a href="#tag261">261</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Lettera di Giulio Alvarotti dalla Francia, del 14 febbraio 1550. — Archivio
-di Modena.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note262">
-<p><span class="label"><a href="#tag262">262</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Campori, <i>Una vittima della storia</i>; Antonio Cappelli, <i>Lettere di
-L. Ariosto</i>, prefazione, pag. <span class="smcap lowercase">LXI</span>. Vedi anche W. Gilbert, <i>Lucrezia Borgia Duchess
-of Ferrara</i>, vol. II, pag. 240 e seg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note263">
-<p><span class="label"><a href="#tag263">263</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Di ciò egli diede nuova al marchese Gonzaga con lettera da Pesaro, 4 novembre
-1505. — Archivio di Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note264">
-<p><span class="label"><a href="#tag264">264</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gli Atti relativi a questi ultimi Sforza di Pesaro sono in copia
-nell'Archivio di Stato di Firenze: testamento di Giovanni Sforza del 24 luglio
-1510; trattato di Galeazzo col legato papale del 30 ottobre 1512; testamento
-di Galeazzo del 23 marzo 1515; in Pesaro poi le tavole nuziali d'Isabella
-del 29 settembre 1520.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note265">
-<p><span class="label"><a href="#tag265">265</a>.&nbsp;&nbsp;</span>«J'ose dire que, de son temps, ni beaucoup avant, il ne s'est point
-trouvé de plus triomphante princesse, car elle était belle, bonne, douce et
-courtoise à toutes gens.» <i>Le Loyal serviteur, Histoire du bon Chevalier</i>, le
-seigneur De Bayard, chap. 45.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note266">
-<p><span class="label"><a href="#tag266">266</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il dispaccio dell'agente è nell'Archivio di Mantova.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note267">
-<p><span class="label"><a href="#tag267">267</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Gl'istrumenti nel <i>Liber Arrendamentorum</i>, già citato, provengono
-dalla Cancelleria di Lucrezia.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note268">
-<p><span class="label"><a href="#tag268">268</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi Cittadella, <i>Genealogia della famiglia Borgia</i>, pag. 41 e seg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note269">
-<p><span class="label"><a href="#tag269">269</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pubblicate nell'edizione italiana della <i>Vita di Leon X</i> del Roscoe,
-cap. VII, pag. 300 e seg.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note270">
-<p><span class="label"><a href="#tag270">270</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Cittadella, <i>Albero genealogico</i>, n. XXXI.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note271">
-<p><span class="label"><a href="#tag271">271</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Trovai gli Atti nell'Archivio di Stato di Firenze, fra le carte di Urbino,
-cl. I, div. C, fil. 14. — Giulia Varano nel 1534 sposò Guidobaldo II
-di Urbino, cui portò in dote Camerino. Ma colui dovette nel 1539 cederlo a
-Paolo III, che lo diede al nipote Ottavio Farnese.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note272">
-<p><span class="label"><a href="#tag272">272</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Dispaccio di Beltrando Costabili al duca Ercole. Roma, 7 marzo 1504.<a class="tag" id="tag273" href="#note273">[273]</a></p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note273">
-<p><span class="label"><a href="#tag273">273</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Il dispaccio del Costabili è uno degli ultimi citati in questa storia.
-Dispacci e relazioni officiali di oratori, agenti, inviati e ambasciatori della
-Repubblica di Venezia, delle Corti di Ferrara e di Mantova, incontrammo sin
-qui ad ogni passo. I nomi dei Capello e Zorzi; dei Pozzi, Trotti, Manfredi,
-Seregni, Sacrato, Cartari, Saraceni, Bellingeri, Boccaccio, Carissimi e Costabili;
-dei Brognolo, Cataneo e Carola, e per la molta attività che spiegavano, e
-per la intera fiducia che meritamente godevano, hanno dovuto lasciare nel
-lettore gradita impressione. Quanto a noi, procedendo nella traduzione di questo
-libro, in verità ci parve mano mano formassero il più spiccato e più
-nobile contrapposto a un mondo ricchissimo e splendidissimo, senza dubbio,
-nelle forme, ma guasto nelle intime essenzialità della vita; a un mondo,
-ove ogni cosa, per sacra che fosse, cedeva spesso alla passione e all'interesse
-brutale, e ogni idea di moralità sembrava quasi del tutto ottenebrata, e carattere
-proprio degl'uomini pubblici era quello di non averne alcuno. Rimpetto a
-quel mondo sì profondamente commosso e tutto pieno d'instabilità negl'animi
-e in qualsiasi umana relazione, splende davvero di bella luce quella pleiade di
-uomini seriamente e costantemente devoti al dover loro e ai loro Stati, scrupolosi
-nel loro ufficio, fedeli ai Principi loro, cauti, oculati, attenti sempre,
-quanto alacri, abili ed esperti! E come quei che gli si affidarono, dovettero
-esser contenti de' segnalati servizii che n'ebbero e del modo onde furon resi!
-Nel dividerci da essi sia lecita questa parola che ne onori la memoria. Valga
-la fama di quegli uomini egregii a riabilitare, non fosse che in parte, il nome
-italiano in quell'epoca floridissima e tristissima insieme. Nè, da un altro lato,
-l'operosità e svegliatezza, onde fecero mostra, avrà forse contribuito poco a
-fondare quella reputazione di sagacia e d'avvedutezza che l'ingegno diplomatico
-degl'Italiani s'è acquistata. (<i>Nota del Traduttore</i>.)</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note274">
-<p><span class="label"><a href="#tag274">274</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Documento nell'Archivio <i>Sancta Sanctorum</i>, armadio IV, mazzo VI,
-n. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note275">
-<p><span class="label"><a href="#tag275">275</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Atto del 4 dicembre 1503, nell'Archivio suddetto.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note276">
-<p><span class="label"><a href="#tag276">276</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Archivio <i>Sancta Sanctorum</i>: istrumento del 1º aprile 1504.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note277">
-<p><span class="label"><a href="#tag277">277</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Archivio <i>Sancta Sanctorum</i>, armadio IV, mazzo VI, n. 5.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note278">
-<p><span class="label"><a href="#tag278">278</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Archivio <i>Sancta Sanctorum</i>, armadio VI, mazzo VI, n. 7.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note279">
-<p><span class="label"><a href="#tag279">279</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc58">n. 58</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note280">
-<p><span class="label"><a href="#tag280">280</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Testamento di Vannozza nell'Archivio del Campidoglio, cred. XIV,
-T. 72, pag. 305, negli Atti del notaio Andrea Carosi.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note281">
-<p><span class="label"><a href="#tag281">281</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Presso Marin Sanudo, <i>Diario</i>, vol. XXVI, fol. 135.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note282">
-<p><span class="label"><a href="#tag282">282</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Pubblicata nella <i>Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara</i>, dello Zucchetti,
-pag. 21.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note283">
-<p><span class="label"><a href="#tag283">283</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Appendice di documenti, <a href="#doc59">n. 59</a>.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note284">
-<p><span class="label"><a href="#tag284">284</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Edita dallo Zucchetti, pag. 23.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note285">
-<p><span class="label"><a href="#tag285">285</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Edita dallo Zucchetti, pag. 23. Lo Zucchetti crede che <i>il cilizio</i> di Lucrezia
-non fosse la veste di crini, ma quel cordone che sogliono portare stretto
-e nascosto sotto gli abiti gli ascritti al Terziarato di San Francesco. Anche Dante
-deve averlo portato siffatto cordone.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note286">
-<p><span class="label"><a href="#tag286">286</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Devo alla bontà del signor Giulio Friedländer, direttore del Gabinetto
-numismatico di Berlino, una copia in gesso della medaglia colà esistente, e che
-è l'esemplare più perfetto tra quelli che se ne trovano (in Ferrara, Modena e
-Bologna). L'incisione è presa dal rame stesso, che il signor Friedländer fece disegnare
-pel suo scritto sulla medaglia di Lucrezia: <i>Eine Schaumünze der Lucrezia
-Borgia von Filippino Lippi</i>, ne' <i>Berliner Blätter für Munz = Siegel=
-und Wappen = Kunde. Bd. III, Berlin</i>, 1806. In quello scritto il lettore
-può vedere ciò che l'esimio Numismatico ha detto a proposito della medaglia e
-del tempo dell'impressione. Egli pensa che nel gennaio 1502 ne fu fatto in
-Bologna il modello in cera, che non venne poi eseguito che nel 1505, quando
-Lucrezia era divenuta di fatto duchessa di Ferrara.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note287">
-<p><span class="label"><a href="#tag287">287</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Le due medaglie si trovano nel <i>Trésor de Numismatique et de Glyptique</i>,
-II, pl. XXV, 2, e II, pl. XXIV, 1.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note288">
-<p><span class="label"><a href="#tag288">288</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Vedi Ugolini, <i>Storia dei Duchi d'Urbino</i>, cap. II, pag. 248.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note289">
-<p><span class="label"><a href="#tag289">289</a>.&nbsp;&nbsp;</span>J. M. S. Daurignac, <i>Histoire de S. Francois de Borgia, duc de Gandie,
-troisième General de la Compagnie de Jésus</i>. Paris, 1863.</p>
-</div>
-</div>
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici. Le correzioni indicate a pag. <a href="#Page_439">439</a> (Errata-Corrige) sono state riportate nel testo.
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-
-
-
-
-
-
-
-<pre>
-
-
-
-
-
-End of Project Gutenberg's Lucrezia Borgia, by Ferdinand Gregorovius
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LUCREZIA BORGIA ***
-
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