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-The Project Gutenberg EBook of Storia della musica, by Alfredo Untersteiner
-
-This eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with
-almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or
-re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included
-with this eBook or online at www.gutenberg.org/license
-
-
-Title: Storia della musica
-
-Author: Alfredo Untersteiner
-
-Release Date: August 20, 2020 [EBook #62987]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DELLA MUSICA ***
-
-
-
-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by The Internet Archive)
-
-
-
-
-
-
- MANUALI HOEPLI
-
-
- STORIA DELLA MUSICA
-
-
- DI
-
- ALFREDO UNTERSTEINER
-
-
- QUARTA EDIZIONE
- interamente riveduta ed ampliata
-
-
-
- ULRICO HOEPLI
- EDITORE-LIBRAIO DELLA REAL CASA
- MILANO
- —
- 1916
-
-
-
-
- PROPRIETÀ LETTERARIA
-
- TIPOGRAFIA SOCIALE — Milano, Via Goffredo Mameli, 15
-
-
-
-
-INDICE
-
-
- CAP. I Introduzione Pag. 1
- » II La musica dei Greci 13
- » III I primi secoli dell'Era cristiana 25
- » IV I primordi dell'armonia. — Ubaldo e Guido d'Arezzo 43
- » V La musica mensurale ed i precursori dei Fiamminghi 56
- » VI I Fiamminghi 66
- » VII Le canzoni popolari. — Trovatori e Minnesänger 80
- » VIII L'«Ars nova» fiorentina ed il Rinascimento
- musicale in Italia 96
- » IX Misteri e Passioni. — Origine dell'opera 118
- » X Claudio Monteverdi e l'opera veneziana
- e napolitana 140
- » XI L'opera francese, tedesca ed inglese 175
- » XII Martin Lutero e la musica protestante. — Bach
- e Händel 203
- » XIII La musica monodica da camera e l'arte del canto
- fino al sec. XIX. — Teatri e decorazioni 228
- » XIV La musica istrumentale prima del secolo XIX 239
- » XV Gluck e la riforma dell'opera 260
- » XVI Haydn — Mozart — Beethoven 274
- » XVII L'opera romantica e la grand'opera francese 299
- » XVIII Gioachino Rossini e l'opera italiana del
- secolo XIX 317
- » XIX Francesco Schubert ed i romantici 336
- » XX I rivoluzionari dell'arte 365
- » XXI Scuole nazionali 384
- » XXII La musica italiana, francese e tedesca dei
- nostri giorni 400
- » XXIII L'ora presente 439
- » XXIV Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali 475
-
- INDICE ALFABETICO DEI NOMI 481
-
-
-
-
-CAPITOLO I.
-
-Introduzione.
-
-
-Lo studio delle origini della musica offre le stesse difficoltà di
-quello dell'origine della lingua. Innate nell'uomo erano e l'una e
-l'altra, giacchè a quella guisa, che una forza misteriosa costringeva
-l'uomo a cercare d'esprimere e comunicare al suo simile quello che
-pensava, era pure necessario, che egli cercasse di esprimere quello che
-egli sentiva. Anzi siccome il sentimento istintivo precede il pensiero,
-che è quasi la conseguenza del primo, e perchè la musica è appunto
-l'arte più ideale di tutte e quella che è capace di esprimere e dar
-forma a quel sentimento o sensazione, che la parola non sa esprimere,
-si può dire, che la musica sia anteriore alla parola.
-
-Ma per la stessa ragione essa non poteva progredire nello sviluppo
-di pari passo che la lingua, perchè allo stato primitivo questa
-corrispondeva di più al supremo bisogno della soddisfazione dei bisogni
-fisici istintivi, mentre deve escludersi che nell'epoca dei primordi
-ridealità, di cui vive la musica, abbia potuto venir concepita.
-
-In ciò è forse da cercare il motivo, per il quale lo sviluppo della
-musica comincia in un'età di molto posteriore a quella delle altre
-arti, e per cui, quando queste erano giunte ormai alla decadenza, la
-musica si trovava ancora quasi ai principi. Ma non in questo motivo
-soltanto, giacchè, se le altre arti come la pittura, la scultura,
-trovavano nella natura stessa i modelli da imitare e la poesia gli
-oggetti da descrivere, la musica doveva scrutare le misteriose leggi
-della natura per trovare i suoi elementi, ed il mondo esterno non le
-offriva nel rombo del tuono, nello scrosciare delle bufere, nei mille
-rumori del creato nulla che potesse imitare.
-
-I popoli antichi divinarono questa indipendenza della musica dalle cose
-esterne ascrivendola direttamente alla Divinità e ritenendola un dono
-della stessa. Così gli Indiani l'ascrissero a Brama ed un Semidio,
-_Nared_, fu l'inventore della sacra Vina; i Greci a _Mercurio_, che
-ideò la lira, avendo trovato il guscio d'una tartaruga, alla quale
-erano ancora attaccati alcuni tendini tesi che risuonavano; gli
-Egiziani ad _Iside_ ed al Dio _Thot_.
-
-Che il canto precedette la musica istrumentale è cosa facilmente
-ammissibile, ma altresì che questa non tardò a nascere e ad imitare il
-canto, per quanto l'imperfezione dei primi istrumenti lo permetteva.
-Questo restò però per lunghi secoli la parte principale della musica
-specialmente per le sue attinenze colla religione. L'idealismo e
-la vita di pensiero dell'umanità dei primi tempi non potevano che
-limitarsi alla religione, che innalzava le menti dalle cure terrene,
-ed essendo ciò pure lo scopo supremo della musica, essa doveva divenire
-l'indivisibile ancella di quella ed aggiungere alla parola quel maggior
-grado d'intensità, di affetto e di sentimento, di cui essa sola era
-capace.
-
-La mancanza assoluta di documenti musicali dell'epoca antichissima,
-rende impossibile il poter farsi un'idea della musica di quei tempi,
-e perciò le asserzioni di molti scrittori mancano d'ogni serio
-fondamento. La più comune e più verosimile di queste ipotesi è che i
-popoli antichissimi non abbiano conosciuto la melodia assoluta, ossia
-una sequenza di toni uniti secondo le leggi dell'armonia, in modo che
-siano graditi all'orecchio, ma che il canto sia stato indissolubilmente
-legato alla parola e fosse piuttosto una specie di declamazione con
-innalzamento ed abbassamento di voce a seconda dell'accento della
-parola e dell'affetto, con un ritmo dipendente dalla prosodia.
-
-Come la culla della cultura umana giace nell'Asia, così è opinione, che
-l'arte della musica sia venuta sviluppandosi originariamente nell'Asia.
-Nella Genesi (4.21) vien fatta menzione di _Jubal_ come primo inventore
-degli strumenti a fiato ed a corda e ne vien stabilita l'epoca a circa
-il 3000 av. C. Ma questa asserzione non merita fede, giacchè la musica
-degli Ebrei non raggiunse neppure nell'epoca posteriore quel grado di
-perfezione, che troviamo nella teoria musicale degli Indiani ed anzi
-non ci è neppure conservata memoria d'una teoria propria degli Ebrei.
-
-Della musica antica degli _Indiani_ non ci sono conservate che molte
-notizie sulla teoria, le quali sono però sufficienti a darci un'idea
-dell'immensa complicazione del loro sistema musicale. I toni della
-scala diatonica, che sembra esser stata da loro conosciuta, senza però
-che ne avessero compresa l'importanza come base del sistema musicale,
-venivano suddivisi in semitoni e questi alla lor volta in altri
-semitoni o quarti di tono ed ancor più piccole suddivisioni. Ma se
-lo scrittore _Soma_ ci parla di 960 tonalità diverse, ciò non si può
-intendere nel nostro significato, perchè ogni scala conteneva sei nuove
-tonalità, secondo che si cominciava da un diverso tono della stessa,
-per esempio, _do-do_, _re-re_, ecc., senza aver riguardo ai semitoni,
-e perchè lo stesso succedeva colle nuove scale formate sulla tonica di
-un semitono o quarto di tono. Le ricerche moderne non poterono ancora
-arrivare a provare, se questo sistema complicatissimo si fosse limitato
-alla parte teoretica e sia rimasto semplicemente un frutto della
-speculazione ed immaginazione od abbia avute attinenze colla pratica,
-come in genere è quasi impossibile il giudicare con qualche sicurezza
-della teoria musicale indiana, giacchè la musica moderna dell'India è
-un misto di antico e recente con influenza araba spiccatissima.
-
-Alle melodie dei Bramini (_Ragas_) conservate per tradizione, si
-attribuivano virtù particolari, di ammansare le belve, di incenerire
-chi le avesse cantate, di far cader la pioggia, di far oscurare il
-sole, ecc. Il testo di alcune di queste ci è conservato nei libri di
-Veda, come pure sono nominati nella letteratura sanscrita i titoli di
-alcuni scritti musicali, per esempio, _specchio delle melodie, teoria
-delle scale, mare degli affetti_, ecc. I più usitati istrumenti indiani
-erano la Vina, istrumento a pizzico, fatto di una canna munita di sette
-corde e due zucche alle estremità per la risonanza, ed il _Magondi_,
-specie di chitarra a quattro corde.
-
-Nessuna somiglianza colla teoria degli Indiani palesa quella dei
-_Cinesi_. Alla scala, che _Ling-Lun_ (circa 2500 av. C.) stabilì,
-mancano due intervalli: la quarta e la settima ed ogni tentativo
-posteriore d'aggiungerveli riuscì vano. Tanto varrebbe aggiungere un
-sesto e settimo dito alla mano dell'uomo, escalma uno scrittore. I toni
-della scala, che cominciava dal _fa_ del nostro sistema, aveano nomi
-simbolici come Kung (imperatore), Isang (ministro), ecc. Notevole è
-pure che nella musica cinese la nostra nota più bassa è la più alta e
-viceversa, sicchè il primo tono della scala, il _fa_, è il più alto.
-Insieme alla teoria erano stabilite otto specie di suoni diversi,
-che corrispondevano a quelli, che davano certi corpi. Questi erano
-la pietra, il metallo, la terracotta, la seta, il legno, le pelli,
-il bambù ed una specie di zucca, e di queste materie erano fatti
-gli strumenti musicali cinesi. Ad onta dello sviluppo della teoria
-musicale e della varietà degli istrumenti la musica cinese non seppe
-mai divenire una vera arte, e noi all'udire la musica moderna di questo
-popolo, che come è tenace nel conservare i suoi costumi primitivi,
-tien altrettanto fermo alle antichissime tradizioni musicali, non
-possiamo comprendere come _Confucio_ (500 av. C.) dopo aver udite le
-composizioni del celebre musico _Quei_ non abbia fatto per tre mesi
-altro che pensarci.
-
-Tanto alla musica cinese e giapponese quanto a quella dei popoli
-selvaggi è sconosciuto il semitono nella scala, che è composta di
-cinque toni con lacune al posto del semitono.
-
-Negli ultimi anni si è cercato di occuparsi molto più seriamente di
-prima della cosidetta musica esotica, nome che comprende tanto la
-musica dei popoli selvaggi che quella dei popoli asiatici. A questi
-studi servì molto il fonografo per fissare le melodie, gli intervalli
-ed il ritmo tante volte sì strani e diversi dai nostri. Capellen,
-Polak e Riemann hanno pubblicato trascrizioni di melodie originali
-cercando di armonizzarle in corrispondenza del sistema tonale della
-musica asiatica. Capellen si promette anzi dallo studio della musica
-orientale in genere un vantaggio positivo per la nostra musica, sia
-colla suddivisione degli intervalli in quarti di tono, ecc., sia
-coll'introduzione di nuovi ritmi, confermando quello che Saint-Saens
-avea già molti anni fa scritto in proposito.
-
-Le notizie, che ci rimangono della musica degli _Egiziani_ sono
-scarsissime. Dai bassorilievi conservati risulta che essa deve aver
-avuto una gran parte nel culto e che si conoscevano molti istrumenti
-come arpe a più corde, flauti, tamburi, ecc. Erodoto trovò in Egitto
-una melodia _Maneros_, che era molto somigliante al lamento di Lino,
-canzone antichissima della Grecia e che probabilmente fu importata
-dall'Egitto. Due dei 42 libri della sapienza erano i libri dei cantori
-e si crede che contenessero le melodie, che si cantavano alle sacre
-funzioni, ai funerali, ecc. La scala musicale sembra aver avuto sette
-toni, ossia due tetracordi uniti, ma non si sa, se questi sieno stati
-melodici o armonici. I sacerdoti poi avevano nei tempi antichissimi
-stabilito come permessi nella chiesa sette toni sacri e proibito l'uso
-di melodie straniere, inceppando in questa guisa lo sviluppo dell'arte
-musicale. È pure probabile, che la teoria musicale di Pitagora
-dell'armonia delle sfere, che mirava alla scoperta dei rapporti delle
-leggi musicali nelle leggi cosmiche ed astronomiche, abbia avuto la sua
-origine, nell'Egitto, dove era in fiore la scienza astronomica.
-
-Che la musica presso gli _Ebrei_ sia stata coltivata e tenuta in
-grande onore risulta da una infinità di passi, che troviamo nella sacra
-scrittura. Questa nazione, che mostrò poca attitudine alle arti della
-pittura e scultura, sorpassò tutti gli altri popoli asiatici nella
-poesia, i monumenti della quale formano ancor oggi l'oggetto della
-nostra ammirazione. Ma quell'istesso sentimento religioso innato nel
-popolo eletto, che avea trovato la sua più alta e perfetta espressione
-nella poesia religiosa, dovea necessariamente rivolgersi alla musica,
-l'arte, nella quale le più alte aspirazioni ed i più sublimi ideali
-trovano la loro espressione più adeguata. Per questo motivo la musica
-degli Ebrei fu essenzialmente religiosa e formava una parte integrante
-del culto divino, affidata alla classe privilegiata dei Leviti. Il re
-Davide e Salomone li confermarono nella loro carica e stabilirono, che
-essi dovessero fornire pel servizio del tempio _4000_ cantanti e musici
-suddivisi in 288 cori, ognuno dei quali aveva un proprio capo.
-
-È difficile se non impossibile farsi una chiara idea circa la natura
-della musica ebrea, non essendoci conservata alcuna notizia nè
-della teoria, nè conoscendosi degli istrumenti in uso poco più che
-il nome. È però probabile, che nei primi secoli essa sia stata poco
-dissimile dalla musica Egiziana per il lungo tempo passato dagli Ebrei
-nell'Egitto e per l'influenza esercitata dalla coltura egiziana su
-Mosè, educato alla sapienza di quel paese. L'epoca del maggior fiore
-della musica ebraica fu quella del re cantore Davide e di Salomone,
-l'uno autore dei Salmi, l'altro del Cantico dei Cantici, i due modelli
-di poesia religiosa e profana ebraica.
-
-Non vi può essere dubbio che i Salmi venissero cantati, sia pel genere
-della poesia, sia per le osservazioni, che stanno in testa ad alcuni di
-questi. Così il Salmo 9, che porta la soprascritta: da cantarsi secondo
-la bella gioventù; il 22, secondo la cerva, che vien cacciata; il 45,
-secondo il cantico di nozze delle rose; il 60, il 69, ecc. Queste
-soprascritte non potevano avere altro scopo, che indicare secondo
-quale melodia conosciuta da tutti si doveva cantare il Salmo, e si può
-credere, che le melodie indicate appartenessero alla musica popolare.
-Da simili accenni si può pure con certezza conchiudere, che i Salmi
-venivano cantati in versetti da cori, alle volte alternati, alle volte
-uniti, e che erano accompagnati da istrumenti e specialmente da cetre,
-arpe e salteri. La musica dei Salmi poi deve essere stata una specie di
-salmodia con accenti e variazioni di tono, corrispondente al testo, e
-non essersi estesa che a pochi toni.
-
-La questione, se gli ebrei abbiano conosciuta la notazione è ancora
-indecisa, giacchè non si sa ancora, se i segni che si trovano nelle
-più antiche scritture, siano note o semplicemente accenti metrici per
-facilitare la uniforme recitazione od il canto. Il tentativo fatto
-da Arends di decifrare uno di questi salmi sembra essere riuscito,
-giacchè la melodia risultante corrisponde in certo riguardo alle più
-accreditate ipotesi circa la musica ebraica. La musica degli Ebrei
-moderni non può essere presa a guida per quella antica, giacchè le
-diverse schiatte a seconda del paese dove si sono stabilite, hanno
-canti religiosi quasi del tutto differenti fra loro, e gli influssi
-esterni sono evidenti.
-
-Gli istrumenti, che erano in uso presso gli antichi Ebrei erano
-numerosissimi, ma anche di questi non conosciamo con precisione la
-natura, consistendo le fonti della nostra conoscenza in poco più
-che nei bassorilievi dell'arco di Tito. Fra gli strumenti a fiato
-erano i principali lo _Schofar_, specie di corno ricurvo ancor in uso
-nelle sinagoghe moderne, il _Chalit_, specie di flauto; fra quelli
-a corda, il _Kinor_, specie di cetra od arpa a più corde (10, 24),
-il _Salterio_, pure specie di arpa; fra gli strumenti a percussione
-l'_Aduf_, tamburo, le nacchere, ecc. Nel Talmud si fa pure menzione
-di uno strumento chiamato _Magrefa_, che fu ritenuto per un organo
-da cento toni, che si sentiva fin sul monte Oliveto, ma che viceversa
-sembra essere una mistificazione, giacchè Magrefa si chiamava altresì
-la gran pala del carbone, che si adoperava nel Tempio.
-
-Come la coltura generale degli _Arabi_ salì specialmente dopo le
-riforme di Maometto (622 d. C.) ad un alto grado nelle scienze ed
-in parte anche nelle arti dell'architettura e nella poesia, così
-era naturale, che anche la musica non venisse trascurata dai dotti e
-specialmente dai matematici. Difatti noi vediamo svilupparsi una teoria
-complicata ed artificiosa con toni stabili e mobili, con 84 specie di
-scale, fra cui bensì molte praticamente inadoperabili, con terzi di
-tono, donde l'indecisione tutta propria della musica orientale, ecc.
-Da principio i teorici andarono di pari passo colla pratica, ma poi
-si perdettero nei loro numerosi scritti in speculazioni filosofiche,
-allegoriche e mistiche od in astrusità matematiche, sicchè la musica
-non ne trasse alcun profitto e rapidamente decadde. Fra gli strumenti
-arabi i più noti sono il _Rebab_, da cui origina il violino, l'_Eut_
-da 4 fino a 14 corde, specie di liuto, donde il nome, portato in
-Europa dagli Arabi spagnuoli ed all'epoca delle Crociate introdotto
-dall'Oriente, l'oboe, ecc.
-
-La musica araba è omofona ed improntata ad una melanconia cadenzata e
-monotona propria della natura del popolo arabo. Essa non è però alle
-volte priva d'una certa poesia ed ispirazione melodica e fu più volte
-imitata dai musicisti europei nei suoi ritmi ed intervalli strani.
-
-Qualche somiglianza colla musica araba e specialmente coll'orientale
-in genere ha la musica degli _Zingari_, che senza dubbio sono
-d'origine orientale. La scala degli zingari è tutta propria e
-caratteristica. In essa trovasi, quantunque non costante, la quarta e
-la settima eccedente, la sesta diminuita. La musica zingara è musica
-d'improvvisazione. La melodia o larga ed appassionata, nelle tonalità
-minori, o saltellante ed incalzante in ritmi vispi ed irruenti, si
-perde quasi e si confonde in mezzo ad infinite fioriture, che si
-accalcano, s'intrecciano nelle singole voci. Il campo della musica
-zingara è ristretto, ma in questa ristrettezza havvi una varietà
-infinita che se per noi occidentali alla lunga diventa monotona per la
-forma stereotipa e per il carattere troppo pronunciatamente nazionale,
-non è però meno da ammirarsi.
-
-Gli istrumenti principali dell'orchestra zingara sono il violino
-ed il cimbalo, specie di salterio a più corde da battersi con due
-martelletti. Lo zingaro è appassionatissimo della sua musica e spesso
-vi raggiunge un alto grado. Quantunque l'armonia nella musica zingara
-non abbia grande importanza, pure, sia per l'influsso degli altri
-popoli sia per intuizione, l'accompagnamento eseguito sempre a memoria
-e per lo più improvvisato, è caratteristico ed originale specialmente
-quando le parti secondarie, stanche del semplice accompagnare, si
-emancipano ed adornano di mille arabeschi e fronde il canto del violino
-principale, rincorrendosi o seguendosi oppure unendosi in terze e
-seste.
-
-
- LETTERATURA
-
- R. Wallaschek — _Anfänge der Tonkunst_, Lipsia, Barth, 1903.
-
- G. Paldaofs — _La musica in oriente_, Milano, Sonzogno.
-
- Polak — _Die Harmonisierung indischer, türkischer und japanischer
- Melodien_, Lipsia, 1905.
-
- Capellen — _Exotische Mollmusik_, Lipsia.
-
- J. Rouanet — _La musique arabe_, Algier, 1905.
-
- Fr. Liszt — _Des Bohémiens et leur musique en Hongrie_, Lipsia,
- 1881.
-
- Laloy — _La musique chinoise_, Paris, 1910.
-
-
-
-
-CAPITOLO II.
-
-La musica dei Greci.
-
-
-Questo popolo, al quale la natura avea largito a larghissima mano le
-più belle doti, doveva esser quello, che anche nella musica dell'evo
-antico era destinato a lasciar la sua orma indelebile e piantare le
-basi di quell'edificio grandioso, a cui ogni limite sembra troppo
-angusto.
-
-Soltanto presso i Greci la musica comincia a divenire arte indipendente
-e cessa di essere l'espressione quasi inconscia dei sentimenti ed
-affetti interni; presso i Greci si sviluppa per la prima volta una
-teoria musicale basata sulle leggi fisiche ed armoniche; soltanto
-presso i Greci la musica si asside pari fra le arti e vien riconosciuta
-la potenza estetica ed etica a lei inerente.
-
-La storia della musica greca si divide in tre grandi periodi; il primo,
-che abbraccia l'epoca mitica ed arriva fino alla migrazione dei Dori
-(1000 a. C.), il secondo fino alla guerra del Peloponneso (404 a. C.),
-ed il terzo, o quello della Decadenza, fino alla conquista romana.
-
-Nel periodo mitico incontriamo come nella storia degli altri popoli
-le leggende, che ci raccontano dell'origine divina della musica. Le
-principali figure di questo periodo sono _Orfeo_, personificazione
-della potenza della musica, che ammansa col canto le belve, le furie
-dell'orco, fa movere i sassi e le piante; _Anfione_, al suono della cui
-cetra i massi di pietra si mettono a posto e formano le mura di Tebe,
-ecc. Grande parte ha pure la musica nella mitologia ed essa è messa
-sotto la protezione del Dio Apollo e delle Muse; con canti ditirambici
-vien onorato Bacco, quei canti che furono la prima origine della
-tragedia e dei cori dei drammi greci.
-
-Nel secondo periodo dopo l'immigrazione Dorica incontriamo _Olimpo_,
-il giovane, che vien celebrato qual inventore del genere enarmonico,
-e _Terpandro_, il vero padre della teoria musicale antica (600 a. C.),
-nativo di Lesbo e che visse in Sparta. Egli compose melodie (_nomi_),
-che durarono per tradizione lungo tempo, ed alle quali fu a simiglianza
-delle melodie indiane ascritta grande influenza sulla morale ed
-il costume. A lui si tributa pure l'onore d'essersi servito d'una
-notazione musicale, e di aver aggiunto all'antica lira altre tre corde
-alle quattro anteriori. Cantanti e musici sembrano esser stati pure la
-poetessa _Saffo_ (550 a. C.) ed _Alceo_ (580 a. C.). Più importante di
-tutti questi per lo sviluppo della musica e specialmente per la teoria
-fu il celebre filosofo e matematico _Pitagora_ di Samo (580-504 a. C.),
-il quale nei suoi lunghi viaggi in Egitto ed in Asia ebbe occasione
-di studiare la musica di quei paesi e di conoscerne i sistemi, che
-egli introdusse con modificazioni nella sua patria. Egli fu il primo,
-che trovò i rapporti numerici fra i toni col mezzo del _monocordo_
-(cassetto risonante, sul quale era tesa una corda, a cui si potevano
-applicare ponticelli mobili, che alteravano il tono della corda). A
-questo modo egli potè stabilire gli intervalli, determinare i rapporti
-della prima coll'ottava di 1:2, della quinta di 2:3, della quarta di
-3:4, corrispondenti al rapporto della lunghezza dell'intiera corda
-colla metà, due terzi, tre quarti, che davano gli intervalli accennati.
-Questo sistema, che basava su leggi matematiche e non armoniche, doveva
-disconoscere la natura dell'intervallo di _terza_, che per noi è il
-prototipo della consonanza e che per _Pitagora_ era dissonanza, e se la
-nuova scoperta fu importantissima per il futuro sviluppo della musica,
-essa fu forse cagione, che l'antichità non conobbe l'armonia, e che ci
-vollero ancora molti e molti secoli, prima che essa si sviluppasse.
-
-L'epoca della fiorita d'Atene ai tempi di Pisistrato ed ancor più di
-Pericle (478-429 a. C.) ed il sorgere e lo svilupparsi della tragedia
-nazionale rappresentano altresì l'epoca del maggior fiore della musica
-greca. L'importanza dei cori è massima in Eschilo, minore in Sofocle ed
-in Euripide. Che i cori venissero cantati è ormai cosa certa, e sembra
-pure quasi sicuro, che la musica fosse scritta dai poeti tragici stessi
-od almeno da loro designata, togliendola da canzoni popolari note,
-che si adattavano alla situazione ed ai sentimenti espressi. I cori
-consistevano di tre parti, della _Strofa_, _Antistrofa_ e dell'_Epodo_;
-le due prime venivano cantate da cori separati, che si univano
-nell'epodo. Ma non soltanto i cori si cantavano ma anche gran parte
-dei monologhi e dialoghi non con vere melodie ma in modo recitativo
-come si faceva già prima dai rapsodi che recitavano le poesie di
-Omero ed Esiodo. Sembra poi che tanto i cori che la parte recitata
-fosse accompagnata da istrumenti, probabilmente flauti e cetre. Si
-cantavano pure le canzoni popolari di più specie e venivano eseguite da
-istrumenti le danze sia religiose che profane.
-
-Colla corruzione dei costumi e colla decadenza delle repubbliche greche
-comincia pure l'epoca di decadimento della musica. Alla semplicità e
-grandezza degli antichi _nomi_ (melodie) subentra la virtuosità, che
-cerca di nascondere sotto la raffinatezza dell'arte e dell'effetto
-esteriore la mancanza di sostanza. La voce dei saggi, che piangono
-i tempi passati, vien soffocata dagli applausi della folla che dona
-corone d'alloro al citaredo Frini, al cantante Mosco, all'etéra Taide,
-ed innalza un tempio alla flautista Lamia. L'antica libertà greca
-si spegne sotto la dinastia macedonica e con lei l'arte musicale
-perde ogni importanza e diventa un semplice oggetto di sollazzo.
-Soltanto qualche dotto occupa le sue ore solitarie meditando sulle
-questioni teoretiche musicali e rivive nel passato, così _Aristosseno
-«l'armonico»_ (350 a. C.) del quale ci sono conservati tre libri di
-«Elementi di armonia» nei quali a differenza delle teorie pitagoriche
-vien istituito a giudice supremo l'udito e non le leggi matematiche,
-_Alipio_ (200 a. C.), di cui un frammento sembra contenere un sistema
-di notazione musicale con lettere, e _Plutarco_ (49 d. C.).
-
-Alla Grecia era pure riservata la gloria di essere la prima, che si
-occupò dell'estetica musicale e che studiò l'influenza della stessa
-sull'animo, sull'educazione e sullo sviluppo del carattere. Già
-al tempo di Pitagora e della sua scuola la musica era stata fatta
-oggetto di studî profondi e si avea voluto trovare rapporti fra essi,
-l'astronomia e l'ordine del creato. Questa scienza, che già s'era
-palesata nel mito e nella leggenda, fu coltivata fin all'esagerazione e
-la musica e l'astronomia furono dette sorelle.
-
-La lira è il simbolo dell'universo, le sue corde rappresentano gli
-elementi; l'armonia delle sfere trova la sua eco nella cetra e nei
-numeri armonici; le consonanze e dissonanze corrispondono ai segni
-dello Zodiaco.
-
-Studî egualmente profondi sulla musica fecero _Platone_ ed
-_Aristotele_. Il primo nega essere la musica oggetto di divertimento
-per sè, ma le ascrive una mansione e potenza morale. La musica deve
-influire sul carattere, informarlo al bene ed ispirare odio e ribrezzo
-per il male. La musica cattiva ed effeminata deve venir proibita dallo
-stato come pericolosa e corrompente i costumi. Delle tonalità non
-devono esser ammesse che due: la _dorica_ e la _lidica_, perchè l'una
-anima l'uomo alla forza, ai sentimenti maschi, alla costanza; l'altra
-lo conforta e gli ispira sentimenti di amore e bontà.
-
-Aristotele è d'accordo in massima con queste teorie, ma riconosce
-alla musica altresì lo scopo di dilettare e dilettando di nobilitare
-l'animo. Perciò essa deve venir insegnata alla gioventù. A quale grado
-questa potenza morale sia stata riconosciuta nella Grecia, mostra
-il fatto, che per _arte musicale_ s'intendeva nell'educazione la
-religione, la poesia e la musica.
-
-Colla storia della musica greca si chiude il periodo antico, giacchè
-della musica romana antica non ci restano che pochissime notizie, e
-quella dell'epoca posteriore non fu che l'ombra della greca. L'ideale
-dello stato romano, il carattere della nazione era rivolto ad altre
-mire e la più gentile ed ideale delle arti si doveva trovare a disagio
-in quell'ambiente di realismo, in mezzo a quelle masse agitate dal
-desiderio di conquista e di gloria. Coll'epoca degli imperatori e dopo
-la conquista della Grecia Roma s'appropriò la coltura greca e con essa
-la musica greca. Cantatrici e citariste greche rallegravano i triclinî
-dei patrizi romani. Roma cercava guadagnare il tempo perduto, e si dava
-in braccio alle più sfrenate orgie e divertimenti, ai quali la musica
-doveva contribuire non più come arte, per sè indipendente, ma come
-semplice ancella. L'antica semplicità era svanita e si cercava nelle
-feste e nei tripudî di dimenticare le cure e la tirannide. All'antico
-coro greco era subentrato un esercito di cantanti, citaredi e tibicini;
-invece degli antichi canti di vittoria e dei ditirambi risuonavano
-le rauche canzoni di Nerone, incoronato d'alloro e proclamato pari
-ad Apollo, finchè anche queste tacquero soffocate nel sangue. A loro
-subentrarono allora i canti dei barbari irruenti nella città eterna
-e la coltura greca e romana fu sepolta sotto le macerie dei templi
-crollanti.
-
-Il sistema musicale greco è assai complicato e difficile a comprendersi
-e la sua importanza per la musica moderna affatto secondaria, perchè
-l'uso della tonalità maggiore e minore ci ha fatto perdere il vero
-criterio delle tonalità antiche sulle quali basa tutto il sistema
-greco.
-
-Non bisogna però dimenticare, che la teoria della musica greca potrebbe
-assumere ben altro valore, se i musicisti moderni volessero occuparsene
-seriamente. Difatti pensando che noi non conosciamo che due modi mentre
-la musica antica ne usava sette, tutti diversi per la differente
-posizione del semitono, ne risulta per naturale conseguenza che la
-ricchezza e varietà della melodia come pure la potenza espressiva
-dovevano essere maggiori, giacchè queste dipendono dall'elemento
-modale. Ildebrando Pizzetti ha tentato con fortuna l'uso dei modi
-antichi nella musica per la _Nave_ e la _Fedra_ di d'Annunzio e ne ha
-tratto effetti sorprendenti di varietà ed espressione.
-
-Per lo scopo di questo libro basterà però un brevissimo cenno sul
-sistema greco.
-
-La base del sistema è il _tetracordo_, serie di quattro toni
-corrispondenti a quelli della lira. Esso consiste di due toni ed un
-semitono.
-
-La scala greca è composta di due tetracordi o congiunti da un tono
-comune o con un intervallo d'un tono intero fra l'uno e l'altro.
-
-Per esempio:
-
- _si do re mi — mi fa sol la_
-
- _mi fa sol la — si do re mi_
-
-Il sistema perfetto (_telejôn_) era formato di questi due ultimi
-tetracordi con altri due in fondo ed in cima ed un tono più basso
-aggiunto (_proslambanomenos_).
-
- La Si do re mi mi fa sol la
- si [=do] [=re] [=mi] [=mi] [=fa] [=sol] [=la]
-
-Come si vede è la nostra scala di _la_ minore discendente senza la nota
-sensibile.
-
-In seguito si aggiunse per la modulazione alla quinta un altro
-tetracordo che conteneva il semitono superiore dell'ultimo tono del
-tetracordo medio.
-
-La scala completa era dunque:
-
- 1 2 4 5
- __________ __________ _____________ _______________
- | | | | | | |
- La Si do re mi mi fa sol la — si[=do][=re][=mi] [=mi][=fa][=sol][=la]
- |
- la si bem. [=do] [=re]
- |___________________|
- 3
-
-Ognuno di questi tetracordi aveva un nome speciale (1 _hypaton_,
-2 _Meson_, 3 _Synemmenon_, 4 _Diezeugmmenon_, 5 _Hyperbolaeon_) e
-nomi speciali avevano pure le singole note (_Hypate_, _Parhypate_,
-_Lichanos_, ecc.). Il tono più alto del tetracordo di mezzo (il _la
-mese_) avea grande importanza perchè era la tonica.
-
-La musica greca conosceva sette specie di _ottave_ a seconda del tono
-della scala dalla quale essa cominciava. Rimanendo i toni della scala
-diatonica invariabili, l'unica differenza che passava fra le ottave
-dipendeva dalla diversa posizione dei semitoni.
-
-Le ottave erano:
-
- _Si — si_ = misolidica
-
- _do — [=do]_ = lidica
-
- _re — [=re]_ = frigia
-
- _mi — [=mi]_ = dorica
-
- _fa — [=fa]_ = hypolidica
-
- _sol — [=sol]_ = hypofrigia
-
- _la — [=la]_ = hypodorica.
-
-Il sistema perfetto si poteva trasportare in altri toni, donde
-derivarono le tonalità. Queste erano prima cinque, poi sette ed in
-ultimo quindici. Le più importanti erano quelle dei toni di mezzo:
-_dorica_ (_re_) _ionica_ (_re diesis_), _frigia_ (_mi_) _lidica_ (_fa
-diesis_). Cinque tonalità stavano una quarta più bassa (_hypodorica_,
-ecc.) ed altre cinque una quarta più alta (_hyperdorica_, ecc.).
-
-I Greci conoscevano oltre il sistema diatonico anche il cromatico e
-l'enarmonico. Da osservarsi è però, che il significato moderno delle
-parole _enarmonico_ e _cromatico_ non corrisponde punto all'antico,
-perchè la sequenza dei toni nel genere cromatico antico non succedeva
-per semitoni eguali ma per due semitoni ed una terza minore, e nel
-sistema enarmonico si usavano i quarti di tono.
-
-È difficile il decidere se l'enarmonia sia stata applicata alla pratica
-o sia rimasta piuttosto un oggetto di speculazioni teoretiche. Hemholz,
-certo un'autorità competente, crede che soltanto noi, assuefatti a
-tutt'altro sistema non siamo più capaci di comprendere la differenza
-che passa fra i quarti di tono. _Plutarco, Aristide Quintiliano_ ed
-altri autori posteriori parlano del genere enarmonico come ormai caduto
-in disuso ai loro tempi.
-
-Assai sviluppata era la teoria del ritmo basata sulla prosodia della
-lingua e conservataci in parte in alcuni trattati, ammirabili per
-acutezza di osservazione.
-
-Per la notazione, diversa per la musica vocale ed istrumentale
-servivano le lettere dell'alfabeto con modificazione dei segni. Nella
-musica vocale la lunghezza del tempo era indicata dalla sillaba
-sottoposta alla nota, nella musica istrumentale da segni per i
-diversi valori. Avendo ogni nota il proprio segno e separati segni pel
-valore, è naturale che la notazione fosse complicata e difficile ad
-apprendersi.
-
-L'antica questione se i Greci abbiano conosciuta l'armonia nel senso
-moderno della parola sembra esser decisa negativamente, non risultando
-il contrario dagli autori, ed essendo ciò tanto più probabile, in
-quanto non riconoscendo la terza come consonanza, essi non potevano
-conoscere gli accordi, dei quali la terza è appunto parte essenziale.
-Nè l'armonia corrispondeva al carattere della musica nazionale, che
-per la varietà e decisione del ritmo come per la caratteristica delle
-tonalità diverse non abbisognava dell'aiuto dell'armonia.
-
-Questa opinione ormai universalmente accettata ebbe la miglior conferma
-nell'ultima scoperta (1893) dell'Inno ad Apollo trovato a Delfo,
-probabilmente del secondo secolo av. Cristo. Esso è inciso su di una
-pietra e contiene oltre il testo anche i segni musicali sopra ogni
-sillaba, corrispondenti a quelli che abbiamo da Aristosseno. Il suo
-valore è inestimabile, perchè è l'unico monumento genuino di importanza
-che ci resta della musica greca. Gli altri frammenti conservatici sono
-i tre inni di _Mesomede_, pubblicati la prima volta da Vincenzo Galilei
-nel _Dialogo della musica antica_ (1581), un frammento dell'_Oreste_ di
-Euripide, uno _Scolion_ scoperto nel 83 su di un epitaffio a Tralles e
-pubblicato nel 91 da O. Crusius, ed altri frammenti quasi indecifrabili
-scoperti nel 93 a Delfo assieme all'Inno d'Apollo. L'ode di _Pindaro_
-pubblicata da Atanasio Kircher nel 1650, che egli vuol aver scoperta in
-un manoscritto a Messina, viene ora ritenuta apocrifa.
-
-Le speranze che si nutrivano dopo la nuova scoperta dell'Inno ad Apollo
-di aver trovata la chiave della musica greca, furono pur troppo quasi
-intieramente deluse e bisogna conchiudere che o noi non siamo capaci
-di decifrare quei frammenti o che il nostro modo di sentire la musica
-è affatto differente di quello dei Greci. A queste conclusioni bisogna
-giungere se si pensa che la tonalità dorica di deciso carattere minore
-valeva ai Greci per dura, bellicosa e potente, mentre la lidica (il
-nostro _do_ maggiore) si riteneva sensuale, effeminata! E ben meschina
-cosa ci appaiono considerati melodicamente i frammenti rimastici. Noi
-però ci avvicineremo alla soluzione del problema se si metterà a base
-il principio che la melodia greca procedeva dalla parola e che il ritmo
-e la misura erano dati dagli accenti stessi delle parole. Difatti la
-ricostruzione dell'Inno ad Apollo fatta da Oscar Fleischer secondo
-questo principio è ben più adatta a darci un'idea della musica greca
-di tutte le altre pochissimo fedeli e fatte a capriccio con elementi
-affatto moderni.
-
-Gli strumenti in uso presso i Greci erano di più specie a corda ed a
-fiato. Quelli a corda, tutti a pizzico, erano senza manico e tastiera
-ed appartenevano alla classe della _lyra_ (Kitharis-Phorminx). Fra
-quelli a fiato dominava l'_Aulos_, flauto di più specie, quasi certo
-costrutto alla guisa del flauto dolce ora in disuso, da suonarsi
-non orizzontalmente ma come l'oboe. L'istrumento dei soldati era la
-_Salpinx_, specie di tromba, diritta o ricurva.
-
-
- LETTERATURA
-
- Weitzmann — _Geschichte der griechischen Musik_, 1885.
-
- O. Paul — _Die absolute Harmonik der Griechen_, 1866.
-
- Westphal — _Geschichte der alten Musik_, 1865.
-
- Westphal — _Theorie der musikalischen Rythmik_, 1880.
-
- Gevaert — _Histoire et theorie de la musique grecque_, 1875-1881.
-
- Thierfelder — _System der altgriechischen Tonkunst_, 1900.
-
- A. Thierfelder — _Sammlung von Gesängen aus dem klassischen
- Alterthum_, 1900 (pubblicazione a scopi pratici).
-
- E. Romagnoli — _La musica greca_, Roma, 1905.
-
- G. Paribeni — _La storia e la teoria dell'antica musica greca_,
- Milano, Sonzogno.
-
- I. Pizzetti — _La musica dei Greci_, Roma, 1914.
-
- F. Celentano — _La musica presso i Romani_, Rivista musicale
- italiana, 1912 e seg.
-
-
-
-
-CAPITOLO III.
-
-I primi secoli dell'Era Cristiana.
-
-
-Mentre nell'impero romano, giunto all'apogeo della sua grandezza e
-gloria, già cominciava la decadenza cagionata dalla corruzione dei
-costumi, ed ai tirannici imperatori, che avean uccisa la libertà
-d'azione e di pensiero, si tributavano onori divini e si innalzavano
-templi e statue, nasceva in una cittadella ebrea Colui, che doveva
-fondare quella religione, che dichiarava eguali dinanzi a Dio e
-il grande e l'umile, che tutti accoglieva fra le sue braccia, che
-riconosceva come suo supremo principio l'eguaglianza e la carità. Gli
-imperatori cercavano soffocare nel sangue la nuova fede, ma invano
-perchè dal sangue dei martiri sparso sulla sabbia del circo pullulavano
-nuovi seguaci, che correvano incontro alla morte collo sguardo sereno
-ed estatico.
-
-La nuova Religione, che aveva aperto nuovi orizzonti al pensiero e
-che era l'espressione degli intimi e più nobili affetti, non avea
-bisogno dell'arte plastica e della pittura, perchè essa rifuggiva
-da ogni materialità, ma tanto più doveva cercare nella musica quel
-mezzo, che era il più atto ad esprimere gl'indefinibili sentimenti
-ed aspirazioni che commovevano gli animi dei credenti, i loro dolori
-e le loro speranze. Mentre risuonavano le grida delle baccanti, e la
-folla plaudente assisteva al martirio dei primi Cristiani, gettati
-in pasto alle belve feroci, i fedeli si raccoglievano nell'oscurità
-delle catacombe rischiarate da poche faci, e sulle tombe dei martiri si
-inginocchiavano a pregare ed innalzare cantici al vero Dio.
-
-Quali fossero i cantici dei Cristiani nei primi secoli del
-Cristianesimo non si potè e probabilmente non si potrà mai determinare.
-L'opinione quasi universalmente accettata è che essi sieno stati simili
-ai canti ebraici, senza però che ne fosse esclusa l'influenza della
-musica greca e romana. Difatti se è vero, che la maggior parte dei
-primi fedeli erano Ebrei convertiti, è altresì certo che molti Romani e
-Greci si convertirono presto alla nuova fede. Gli studî moderni hanno
-però dimostrato una grande differenza fra i primi canti della chiesa
-cristiana e la musica greca, giacchè i primi seguono il principio
-dell'accentuazione delle sillabe senza riguardo alla durata della nota
-ma a seconda della posizione delle sillabe nella parola ed ancor più
-a seconda del ritmo, mentre per la musica greca valeva esclusivamente
-la differenza fra sillaba lunga e breve. Altra differenza capitale è
-l'importanza della melodia, che nella musica greca doveva sottomettersi
-alle leggi metriche del testo e nei canti cristiani invece reggeva
-anche il ritmo del testo. Ma qui tutto è oscuro e la vera natura del
-canto cristiano primitivo è forse conosciuta nella linea melodica ma
-non nel ritmo, per cui non c'è alcuna concordanza d'opinioni ed il
-tutto si riduce a semplici ipotesi.
-
-La musica greca, diffusa ed universalmente conosciuta, non poteva
-del resto non influire sulla musica cristiana, giacchè è impossibile
-il pensare, che una nuova arte fosse sorta allora e che i cristiani
-abbiano potuto abbandonare quelle tradizioni nelle quali erano
-cresciuti. D'altro canto la musica ebraica intieramente decaduta,
-non era più che l'ombra di quello, che era stata all'epoca davidica e
-salomonica. Questa decadenza non poteva però essere tale, che fossero
-andate intieramente perdute le melodie dei cantici principali e si può
-ritenere che alcuni di questi sieno stati tramandati col testo anche
-nelle melodie tradizionali alla religione cristiana che gli accettò,
-come per esempio, i _Salmi_, il _Magnificat_, il _Cantico di Simeone_,
-il _Cantico dei tre giovani nella fornace ardente_, ecc.
-
-Che poi la musica greca abbia esercitato influenza sulla musica
-cristiana, e specialmente su quella dei nuovi inni, è facile arguire,
-se si pensa, che anche i primi tentativi della pittura cristiana
-nelle catacombe ci rammentano i miti greci: così il buon pastore che
-rassomiglia all'immagine pagana di Mercurio; Daniele nella fossa da
-ritenersi quasi Orfeo, che ammansa col canto le belve, ecc. Noi non
-saremo perciò lontani dal vero, se riterremo che la musica della prima
-epoca cristiana ebbe dalla musica pagana la forma e la bellezza e
-dall'ebrea la santità e l'elevatezza.
-
-Essa fu esclusivamente vocale, giacchè troppo grande era l'avversione,
-che ispiravano ai Cristiani gli istrumenti, che servivano alle feste
-pagane. «Noi non adoperiamo che un unico istrumento, la parola di
-pace, colla quale adoriamo Dio,» scrive S. Clemente d'Alessandria,
-«non l'antico salterio, i timpani, le trombe ed i flauti» e S. Gerolamo
-dice, che una vergine cristiana non deve sapere che cosa sia una cetra
-ed un flauto ed a qual uso essi servano.
-
-Ad onta dell'influsso della musica greca, la musica dei Cristiani non
-può però essere stata nei primi secoli che semplicissima e disadorna,
-giacchè la teoria musicale greca era troppo astrusa e complicata,
-per poter credere che venisse studiata ed applicata alla loro musica
-dai primi Cristiani, per la maggior parte appartenenti alle classi
-incolte e basse. Dalle notizie che ci danno gli autori di quel
-tempo, specialmente Filone, scrittore ebreo del primo secolo dell'èra
-cristiana, i canti cristiani sembrano aver avuto somiglianza con quelli
-dei cori delle tragedie greche, cantati a vicenda da doppi cori che
-poi si univano; un uso che ebbe il suo motivo probabilmente nella
-divisione dei Salmi in versetti. Le melodie dei Salmi saranno poi state
-le originarie ebree, giacchè non è probabile, che anche queste fossero
-andate perdute coll'andar dei secoli.
-
-Posteriori ai canti antifonici dei Salmi sono gli Inni, quantunque
-anche molti di questi appartengono ai primi tempi. Il primo poeta di
-Inni cristiani, dei quali ci è conservata memoria, è _Ilario_, vescovo
-di Poitiers (350 d. C.). L'opinione anteriore che la musica degli inni
-fosse semplicemente sillabica fu dimostrata erronea ed è ormai certo
-che gli inni e salmi si cantavano con vere e proprie melodie e non alla
-maniera di recitazione cadenzata.
-
-Fra coloro che si occuparono della musica cristiana, vengono nominati
-_S. Clemente_ d'Alessandria (200 d. C.), che proibì il genere cromatico
-ed armonico perchè snervante ed effeminato, _S. Basilio_, che riordinò
-il canto della Chiesa orientale (370), _Ilario_ e papa _Silvestro_
-(300), che sembra essere stato il primo ad istituire scuole di canto.
-
-Col progredire del tempo e dopo la riforma del culto il canto della
-comunità non era più compatibile sia perchè questa non conosceva
-diversi cantici, sia per la difficoltà della loro esecuzione, tanto
-più che la lingua latina andava spegnendosi e trasformandosi. Però già
-nel concilio di Laodicea (367) viene decretato, che in Chiesa nessuno
-deve cantare ad eccezione dei cantori dalla loro tribuna. A questi era
-affidata la cura di conservare le antiche tradizioni, ed a questi sono
-probabilmente d'ascriversi le melodie dei nuovi inni cristiani.
-
-Il primo, che ordinò il canto della nuova Chiesa e ne stabilì una
-teoria per quanto embrionale, fu _Ambrogio_, vescovo di Milano
-(333-397). Ai suoi tempi ferveva più accanita che mai la lotta cogli
-Ariani e la diocesi di Milano era minacciata dalle persecuzioni
-ordinate dalla madre dell'imperatore Valentiniano, che era favorevole
-agli Ariani e che voleva togliere Ambrogio alla sua diocesi. In quei
-giorni di desolazione e sommosse egli si rifuggì colla comunità in
-Chiesa, dove passò più giorni e notti in preghiere. Per rialzare gli
-animi abbattuti ed il fervore dei fedeli, egli fece cantare inni alla
-maniera orientale di antifona, avvicendando i cori. Da quell'epoca
-sembra che il canto cristiano abbia subìto una trasformazione e sia
-venuto diffondendosi nelle diocesi limitrofe, eliminando le antiche
-melodie pagane ed informando anche la musica mondana.
-
-Sulla vera natura del canto ambrosiano mancano però notizie esatte
-e non si può stabilire, quanto degna di fede sia l'asserzione, che
-esso non fosse stato esclusivamente diatonico, ma cromatico. Questa
-supposizione sembra, del resto, in parte giustificata, se si pensa
-all'entusiasmo che destò in Sant'Agostino, il quale, commosso alle
-lagrime, domanda se non sia peccaminoso questo canto, che tanto lo
-scuote colle sue dolcissime note e gli fa quasi dimenticare il testo.
-A S. Ambrogio vengono attribuiti più inni, fra cui il _Te Deum_,
-quantunque sembri invece accertato, che esso sia d'origine orientale. A
-lui pure s'ascrive, senza però averne alcuna certezza, l'introduzione
-dei primi quattro toni autentici, che non son altro che quattro delle
-sette ottave diatoniche del sistema di Tolomeo e precisamente quelle,
-che più s'avvicinano al carattere ed alla melodia dei Salmi. Esse
-sono i toni di _re-[=re], mi-[=mi], fa-[=fa], sol-[=sol]_, formati
-di due tetracordi uniti, e che corrispondono al tono greco-frigio,
-dorico, ipolidico, ed ipofrigio. Essi ebbero nomi proprii diversi dagli
-antichi, che ricordavano la musica pagana e si chiamarono _protos_,
-_deuteros_, _tritus_ e _tetrardus_ (primo, secondo, ecc.); tutti
-quattro poi furono chiamati a differenza di quelli posteriormente
-aggiunti _autentici_. Nel terzo tono (_fa-[=fa]_) non c'è semitono
-nel primo tetracordo e dalla quarta eccedente nacque il famigerato
-_tritonus_ (_diabolus in musica_), che fece rompere la testa ai teorici
-musicali del medio evo, i quali disputarono in lunghi trattati, se al
-_si_ si possa sostituire il _si bemolle_.
-
-Non è noto, se Ambrogio abbia conosciuta la notazione, quantunque ciò
-non sia improbabile, tanto più, che un diacono di Edessa, _Efraen_,
-sembra essersi servito già anteriormente di segni per la notazione.
-La supremazia del canto ambrosiano nella Chiesa occidentale durò per
-alcuni secoli, quantunque si creda che il canto della chiesa Romana
-abbia sempre differito in più punti dall'ambrosiano e si sia ognor più
-esteso, contenendo in sè il vero elemento, dal quale doveva sorgere la
-nostra musica come arte indipendente dalla parola. Ma anche qui nulla
-vi è di certo.
-
-I secoli posteriori a quelli di S. Ambrogio videro nella penisola
-italica più volte sanguinose guerre ed invasioni barbare. L'antica
-metropoli dell'impero romano, la città eterna, offriva allora un ben
-triste aspetto. Spopolata e in parte deserta, dilaniata da discordie
-cittadine, le sue vie risuonavano di salmodie di penitenti, che
-col capo coperto di cenere si battevano il petto e si recavano in
-processione alle nuove numerose chiese ad implorare misericordia da
-Dio per le colpe dell'umanità, fine alle pesti, che spopolavano le
-città, alle stragi, che insanguinavano le vie. Agli antichi monumenti,
-testimoni dell'antica grandezza, in gran parte rovinati dal tempo,
-e più dalla mano devastatrice dell'uomo, si avevano sostituiti tetri
-monasteri, che risuonavano di lugubri canti.
-
-Fu in questo tempo di miserie e decadenza, che salì sul trono di S.
-Pietro _Gregorio magno_ (590-604), grande carattere medioevale, una
-di quelle figure, che danno luce ad una intiera epoca. Il profondo
-sentimento religioso di cui egli era dotato, la sua estesa coltura
-e la conoscenza della musica non potevano fare a meno di attirare la
-sua attenzione su questa arte, che specialmente in quei tempi doveva
-considerarsi come la più grande ausiliaria della religione, di cui essa
-in origine era la figlia e l'ancella. Gregorio intuì la sua importanza
-e ad onta delle gravissime cure, che gl'imponeva il papato, vi rivolse
-la sua attenzione e ne meditò la riforma. Egli è il fondatore della
-_Schola cantorum_ romana, che per più secoli fu la fedele conservatrice
-delle antiche e più pure tradizioni e la fornì di un lauto patrimonio,
-concedendo ai membri della stessa cariche ecclesiastiche (_primicerius,
-secundicerius_). Alla _schola_ era unita la scuola dei fanciulli
-(_pueri symphoniaci_), alla istruzione dei quali Gregorio stesso alle
-volte prendeva parte, e dicesi che fino al secolo nono esistessero un
-sedile, che occupava Gregorio nella scuola, e la verga colla quale egli
-batteva i fanciulli disattenti.
-
-Come egli aveva ordinato il culto e la liturgia, così egli stabilì i
-canti e gli inni, che si dovevano cantare nelle singole funzioni sacre,
-e ne scelse e determinò le melodie. Il testo e le melodie furono per
-suo ordine scritte in un libro, l'_Antifonario_, che era attaccato con
-una catena all'altare di S. Pietro e che fu dichiarato l'unica fonte
-autentica ed invariabile. Si dice che egli stesso abbia scritto inni,
-ed a lui si attribuiscono fra gli altri il _Te lucis ante terminum_ ed
-il _Rex Christe_.
-
-Gevaert ha tentato nei suoi scritti di dimostrare che gli onori
-attribuiti a Gregorio sono usurpati e spettano invece a _Sergio I_
-(681-701), o a _Gregorio II_ o _III_. La questione non è nuova ma
-Gevaert ha saputo produrre nuovi argomenti, che se non sono del tutto
-persuasivi, sono atti a farci dubitare dell'autenticità dei meriti di
-Gregorio magno, dei quali fa per la prima volta menzione il cronista
-Giovanni Diacono (IX secolo), autore poco esatto e non veritiero.
-
-Il canto gregoriano ebbe più nomi: _cantus planus_ per l'egual valore
-delle note, _choralis_, e _cantus firmus_ per la sua invariabilità
-ingiunta. Esso si divideva in due specie principali: nel _concentus_,
-che comprendeva quei canti, nei quali dominava la melodia come negli
-inni, nelle _sequenze_, nei _responsori_, e nell'_accentus_, (_modus
-legendi choraliter_), che era ancora un rimasuglio dell'antica salmodia
-senza vero carattere melodico ma semplicemente recitativo cadenzato,
-come nell'Epistola, l'Evangelo, il Prefatio, il Pater noster, ecc.
-La _Sequenza_ è fra i canti antichi della chiesa quella, in cui la
-melodia è più pronunziata. Essa venne trasformandosi coll'andar del
-tempo dall'_iubilus_, cadenza libera e ornata di fioriture e melismi,
-che si cantava sull'ultima a _dell'Alleluia_ e che era l'espressione
-del giubilo dei credenti innalzanti inni alla divinità come l'estro
-momentaneo loro ispirava. In seguito si aggiunse un testo alle note
-dell'_iubilus_, ed in questo modo ebbe origine la _Sequenza_.
-
-Il perfezionamento del canto e la nuova riforma non avrebbero potuto
-compiersi, se la teoria non fosse andata di pari passo colla pratica.
-I quattro toni autentici di S. Ambrogio non potevano ormai più
-corrispondere ai bisogni della nuova arte ed è perciò naturale che si
-svegliasse l'interesse dei dotti e che questi cercassero di ampliare il
-sistema musicale. Fra gli scrittori teoretici dei primi secoli avanza
-tutti e di gran lunga _Severino Boezio_, nato verso il 470 di nobile
-stirpe romana, che coprì alte cariche alla corte di Teodorico, re dei
-Goti e fu decapitato nel 524 per aver preso parte ad una congiura. I
-suoi cinque libri _de Musica_, nei quali sono ripetute ed ampliate le
-teorie greche di Pitagora, diventarono l'evangelo musicale del medio
-evo e lo restarono fino al principio dell'evo moderno, quantunque le
-teorie contenute non corrispondessero alla nuova musica, che ormai si
-era intieramente allontanata dalla greca, abbandonandone le sue basi e
-sostituendovene di nuove.
-
-Le nuove ricerche hanno messo in chiaro che fu nella chiesa bizantina
-che si preparò la trasformazione del sistema musicale greco.
-Qui troviamo ormai una nuova scala diatonica costituita dei toni
-fondamentali delle scale di trasposizioni greche (dorica, frigia,
-ecc.), e che veniva designata colle prime lettere dell'alfabeto greco.
-La scala era questa:
-
- _La si do dies. re mi fa dies. sol dies. la._
-
-Nè alla scala soltanto si limitarono i cambiamenti, chè anzi anche
-nuove tonalità furono introdotte. Ma qui tutto è ancora oscuro ed
-incerto, nè gli studi fatti sono arrivati a conclusioni decisive.
-
-Il sistema greco si mantenne in occidente più a lungo, ma ormai
-influenzato dalla scuola bizantina, donde risultò una certa confusione.
-Anche qui troviamo abbandonato il sistema del tetracordo e messa qual
-base l'ottava diatonica. Ai quattro toni autentici si aggiungono altri
-quattro (_plagali_, appoggiati, storti) formati mettendo il secondo
-tetracordo del tono autentico avanti al primo. Così dal 1º tono
-autentico
-
- _re mi fa sol    la si do re_
-
-si forma il 1º plagale
-
- _la si do re mi fa sol la_
-
-I toni si designavano coi numeri _primo_, _secondo_, ecc. Ogni tono
-autentico aveva la nota principale (_repercussio_) comune col tono
-plagale (p. es. nel 1º (autentico) e 2º (plagale) il _re_). Da questo
-tendere del tono plagale alla quarta deriva una sensazione indefinita
-ed incerta, che tanto più si sente, quando, come di solito nelle
-melodie del canto fermo, manca nei toni plagali la terza maggiore
-ascendente.
-
-Il canto gregoriano è indissolubile dalle tonalità di chiesa, perchè
-agli otto toni corrispondono le melodie da cantarsi in toni destinati
-(_tropi_). Così corrispondono alle otto tonalità i cosidetti otto toni
-dei Salmi, dei quali le note melodicamente più importanti cadono sulle
-note principali del rispettivo tono gregoriano. Il posteriore _nono_
-modo dei Salmi, il _tonus peregrinus_ (_la_ minore), è formato dal
-primo e ottavo tono e si usa solamente per il salmo:
-
- _In exitu Israel de Aegypto._
-
-La diversa posizione dei semitoni nelle tonalità le rende una diversa
-dall'altra molto più che i nostri toni, che sono costituiti secondo uno
-stesso principio. Gerbert riporta da Adamo da Fulda, autore del secolo
-XV, questa caratteristica dei toni:
-
- OMNIBUS EST PRIMUS, SED ET ALTER, TRISTIBUS APTUS TERTIUS IRATUS,
- QUARTUS DICITUR FIERI BLANDUS, QUINTUM DA LAETIS, SEXTUM PIETATE
- PROBATIS, SEPTIMUS EST IUVENUM, SED POSTREMUS SAPIENTUM.
-
-La conoscenza e la pratica delle tonalità di chiesa è assolutamente
-necessaria per chi si occupa di musica antica ed è da deplorarsi che se
-ne trascuri tanto lo studio, giacchè anche la musica moderna sì avida
-di novità ne potrebbe trarre profitto. Le tonalità suddette portavano
-anche i nomi antichi greci ma senza l'antico significato e valore, ciò
-che è da ascriversi alla falsa interpretazione data da Boezio ed altri
-autori ad un passo di Tolomeo. A Gregorio magno si attribuisce, a torto
-perchè posteriore (_Notker_, 912), la denominazione delle note colle
-prime lettere dell'alfabeto _a b c d e f g_ cominciando dal la, che era
-la nota più bassa del sistema. Questo cambiamento è assai importante,
-giacchè esso indica che l'_ottava_ e non il _tetracordo_ era la base
-del sistema musicale, e perchè con ciò veniva dato l'ultimo crollo
-alla teoria greca. La prima maniera di segnare o indicare le note
-fu la _Cheironomia_, che consisteva in segni, che il maestro faceva
-colle mani, onde indicare in qualche modo l'alzarsi od abbassarsi
-del tono ed il ritmo. A questi seguirono poi i segni scritti detti
-_neumi_, chiamati così, forse dalla parola greca _pneuma_: alito,
-fiato — e nominati anche _nota romana_ — probabilmente di origine
-greco-bizantina, i quali formavano una specie di stenografia musicale,
-ed erano numerosi e complicati. La loro forma era il punto, la virgola,
-la linea o diritta o storta, uncini rivolti all'insù ed all'ingiù,
-accenti circonflessi, ecc. Il tono viene rappresentato col punto,
-che è quasi l'unità, e la sua durata più o meno lunga con una linea
-diritta o storta. Coll'unione di questi segni si rappresentavano poi
-gruppi di note e certe frase e cadenze usuali. I neumi avevano tutti
-il loro proprio nome, come, p. es., _virgula_, _astus_, _clinis_,
-_scandicus_, _ancus_, _cefalicus_, ecc., a seconda della loro forma.
-Essi si scrivevano immediatamente sopra la sillaba del testo senza
-linea. In seguito poi si cominciò, come ne fanno prova dei manoscritti
-longobardi del secolo X a scriverli più alti o bassi (la cosidetta
-_Diastematia_) con cui si indicava almeno l'alzarsi od abbassarsi del
-tono. Questa maniera di notazione, oltre offrire grandi difficoltà per
-apprendere i segni, non era che un aiuto alla memoria dei cantori, ai
-quali erano già note per tradizione le melodie, giacchè, se essi davano
-un indirizzo per il tempo ed il ritmo come pure per l'innalzamento od
-abbassamento del tono, non determinavano gl'intervalli.
-
-La decifrazione dei neumi è oggi un'ardua impresa e lo era anche nei
-primi tempi perchè mancavano regole fisse e perchè la notazione di
-spesso variava. Un antico autore scrive parlando dei cantori: _Coeci
-erratores quam cantores potius dici possunt._ Un'altra specie di neumi
-propria di alcuni paesi, segnava le note con punti uno sopra l'altro
-o uniti o separati. L'introduzione di una linea, sopra e sotto della
-quale si scrivevano i neumi, fu perciò una innovazione importante ed
-utilissima, giacchè col mezzo di essa era possibile stabilire almeno
-tre toni, cioè quello sulla linea, quello sopra e quello sotto.
-La linea si faceva in principio del secolo X rossa e indicava il
-tono di _fa_. In seguito si aggiunse una nuova linea superiore, di
-solito gialla, indicante il _do_, come nel codice della Biblioteca
-Magliabecchiana, sicchè era possibile ormai stabilire le note della
-quinta _fa-do_. Qualche autore moderno asserisce che già da principio
-si abbia fatto uso di quattro linee, due delle quali non a colori ma
-impresse con una punta nella pergamena, linee che poi col tempo e l'uso
-dei libri divennero invisibili.
-
-Altri neumi servivano a determinare la maniera d'esecuzione e da essi
-apprendiamo che ancora a quei tempi si conoscevano l'_appoggiatura_, il
-_mordente_, il _tremolo_ ed il _portamento della voce_, dal che si può
-arguire con certezza, che coll'andar del tempo il canto gregoriano si
-venne abbellendo ed infiorando di molte arti del canto e si abbandonò
-l'originaria forma semplice e disadorna.
-
-La diffusione del canto gregoriano fu favorita dalle circostanze
-dell'epoca ed andò quasi di pari passo con quella del Cristianesimo.
-A Roma accorrevano a torme i pellegrini per visitare la tomba di
-S. Pietro e non poteva essere che grande l'effetto, che facevano
-sugli animi dei popoli barbari, animati nella fede dalle nuove idee
-religiose, quei canti severi e maestosi, dolcissimi e pieni di una
-soave mestizia, che s'innalzavano nelle basiliche risplendenti di
-mosaici ed illuminate da mille ceri. Il canto gregoriano faceva altresì
-parte del culto e veniva importato ed insegnato dai missionari spediti
-dai Papi nei lontani paesi dell'antico impero romano. Già nel 600
-vengono mandati cantanti della scuola di Roma nella lontana Britannia
-e S. Bonifacio, apostolo dei Sassoni, fonda nel 750 una scuola di canto
-in Fulda. Ma sia che i popoli del Settentrione non avessero attitudine
-all'imparare il canto gregoriano, sia che, come si asserì, i cantanti
-per gelosia non abbiano voluto insegnare la loro arte, i progressi
-furono meschinissimi e Paolo Diacono parlando del canto degli Alemanni
-dice, che i cantori romani si lamentavano della rozzezza di quelle voci
-barbare, rovinate dalla ubbriachezza, simili al tuono e al rumore che
-fa un carro, che vien precipitando da un'altura.
-
-L'onore di aver migliorato il canto nelle regioni settentrionali ed
-averlo ridotto al modello romano spetta a _Carlo Magno_, che, come
-si rese benemerito delle scienze, rivolse pure la sua attenzione
-alla musica, che prediligeva e che volle fosse appresa dai suoi
-figli. L'impressione, che gli fece il canto gregoriano a Roma, fu
-tale, che egli diede severissimo ordine di bruciare tutti i libri di
-canto ambrosiano che erano nel suo regno, lo proibì assolutamente e
-pregò Papa Adriano di volergli spedire cantori per insegnare il canto
-gregoriano. Adriano mandò infatti nel 790 alla corte di Carlo Magno
-_Pietro_ e _Romano_ e diede loro copie autentiche dell'_Antifonario_
-di S. Gregorio. Pietro arrivò a Metz e vi fondò quella celebre scuola,
-che ebbe tanta fama per più secoli e da cui ebbe origine il cosidetto
-_cantus mettensis_. Romano ammalò durante il viaggio e si fermò nel
-convento di S. Gallo in Svizzera, dove, dopo aver ottenuto il permesso
-del Papa, si stabilì e rimase sino alla morte. In quel monastero,
-perduto nelle montagne dell'Elvezia, fra popoli barbari ed incolti,
-si sviluppò per la sua opera, continuata da una serie di uomini di
-scienza e genio una vita intellettuale sorprendente per quei tempi ed
-in breve il canto della scuola di S. Gallo raggiunse tanta rinomanza
-da gareggiare colla scuola romana. Fra i molti monaci illustri di quel
-convento emergono _Tuotilo_ (915) poeta e musico insigne, ed ancor più
-_Notker balbulus_ (balbuziente) (830-912) anima gentile ed ispirata,
-che sembra essere stato il primo a perfezionare la forma della sequenza
-ed al quale si ascrive fra molte anche la celebre: _Media vita in morte
-sumus_, ispiratagli al vedere alcuni lavoratori occupati a fabbricare
-un ponte su di un precipizio.
-
-In quei tetri secoli del Medio Evo anche la musica come le scienze ed
-arti era quasi esclusivo monopolio dei monasteri. Nella quiete delle
-celle claustrali, in mezzo alle inospiti vallate, infestate da bande
-di mala gente, o nelle pianure deserte, interrotte da pochi casolari
-di gente vassalla, il monaco trascriveva e ci conservava le opere dei
-classici, poetava inni religiosi e scriveva con infinita pazienza quei
-magnifici antifonari dalle grandi iniziali miniate, dimentico del mondo
-a maggior gloria di Dio. Soltanto nel secolo XIII quando si vennero
-fondando le Università, anche la musica cessa di essere il monopolio
-dei monasteri e viene insegnata nelle nuove scuole laiche come scienza
-speculativa insieme alle altre sei arti liberali del _quadrivio_ e
-_trivio_ (quadrivio: musica, aritmetica, geometria ed astronomia; —
-trivio: grammatica, dialettica e rettorica).
-
-La retta lezione del canto gregoriano fu ed è ancora oggetto di lunghe
-e dotte dispute fra le scuole di Ratisbona e Solesmes non ancora
-risolte definitivamente quantunque le conclusioni di Don Macquereau
-ed altri benedettini anche per l'approvazione di Pio X sieno le più
-universalmente accettate.
-
-
- LETTERATURA
-
- Gevaert — _La melopée antique dans les chants de l'eglise latine_,
- Gand, 1895.
-
- Pothier — _Les melodies Grégoriennes_, Tournay, 1880.
-
- O. Fleischer — _Neumen Studien_, Leipzig, 1895-97.
-
- Schelle — _Die päpstliche Sängerschule in Rom_, Vienna, 1872.
-
- A. Schubiger — _Die Sängerschule St. Gallens_, Einsiedeln, 1858,
- (contiene alcuni facsimili dei manoscritti di S. Gallo che sono con
- quello di Montpellier i più antichi).
-
-
-
-
-CAPITOLO IV.
-
-I primordi dell'armonia. Ubaldo e Guido d'Arezzo.
-
-
-La questione, che durò tanto tempo, se gli antichi popoli abbiano
-conosciuta l'armonia, ossia la musica a più voci nel senso di una
-serie di accordi modulati, si può ritenere ormai decisa in senso
-negativo. Nessuna traccia di simile musica ci è conservata, nè alcuno
-dei libri musicali teoretici antichi ne fa memoria, quantunque si
-possa con probabilità ritenere, che i Greci conoscessero non solo il
-canto unisono all'ottava, sviluppantesi naturalmente dalla diversità
-delle voci, ma che abbiano alle volte cantato e suonato la quinta e la
-quarta, che secondo il sistema greco erano consonanze. Il ricercare
-le ragioni per le quali la musica greca non arrivò alla conquista
-dell'armonia, senza cui noi non possiamo più pensare alla musica, ci
-condurrebbe troppo lontani dal nostro còmpito. Forse esse sono da
-trovarsi in quello stesso momento estetico, che doveva riconoscere
-nella plastica la suprema estrinsecazione dell'arte rappresentativa, e
-nella natura ellenica, che preferiva la forma del bello semplice ed era
-aliena ai teoremi speculativi.
-
-Il Medio Evo, che cambiò gli ideali ed approfondì il pensiero, aprì
-nuovi campi all'arte e dalla _comunità_, che innalza la mente a Dio
-ed unisce le sue voci per implorarne la misericordia, nacque forse
-l'idea dell'armonia. La questione dove fosse la culla dell'armonia e
-del canto a più voci è ancora una delle più discusse. Fino a non molti
-anni fa erano i Paesi bassi, che si credeva averne un diritto. Più
-tardi si dovette venire alla conclusione che non nell'Olanda ma nella
-Francia venne dapprima in uso il canto a più voci e vi si sviluppò la
-teoria e ciò per la scoperta di nuovi codici, appartenenti al secolo
-XII e XIII della biblioteca medica di Montpellier. E senza dubbio fu a
-Parigi che si istituirono le prime scuole di canto (_maitrises_) ed i
-primi documenti musicali sono quelli di _Leonin_ e _Perotin_, organisti
-della chiesa di Nôtre Dame e di _Machaud_ (circa 1284), del quale ci è
-restata una messa con tentativi delle forme del canone ed imitazione.
-
-Ma ora già si fa strada un'altra asserzione che merita di venir presa
-in seria considerazione. Vittorio Lederer difende la tesi, che la culla
-della musica polifonica sia da cercarsi nella lontana Albione, donde
-sorsero le leggende di Tristano ed Isotta, del re Artù e Merlino.
-A questo risultato egli crede giungere non colla scoperta di nuovi
-manoscritti ma con un'acutissima e nuova interpretazione del materiale
-già noto. Così p. es. Gerald de Barny del secolo XII (Giraldus
-Cambrensis) nella sua _Descriptio Cambriae_ (Wales) parla d'una
-polifonia già da lungo in uso nella pratica musicale di quei paesi
-(_usu longaevo_), ed ancora prima Erigene (Jean Scot) irlandese, morto
-nel 886 ad Oxford rammenta nella sua _de divisione natura_ composizioni
-a più voci ed un frammento musicale del secolo X conservato ad Oxford
-mostra sotto al testo una notazione alfabetica doppia. Secondo Lederer
-la polifonia è sorta dalla tradizionale maniera di canto degli abitanti
-celti di Wales dove fiorivano i cantici dei bardi ed i signori del
-paese li tenevano in grande onore. Re Enrico V, nativo della contea
-di Wales, volle riformare la musica da chiesa servendosi dei bardi
-celti e fu forse da questa scuola che derivò uno dei primi compositori
-polifonici, _Dunstaple_. Il re tedesco Sigismondo rimase ammirato di
-simili musiche e venuto al concilio di Costanza, ve ne fece propaganda.
-Morto Enrico V le tradizioni andarono perdute per le lunghe guerre
-nazionali ed i cantori sbandati vennero alle corti di Borgogna, di
-Avignone ed in genere sul continente, portandovi la loro arte. I
-pochissimi monumenti che ci restano di questa, sembrano dare ragione
-a Lederer, che promette altre prove, giacchè essi mostrano una grande
-differenza coll'_organum_. Intanto però si può tener fermo che se non
-la pratica almeno la teoria musicale dell'arte polifonica ebbe i suoi
-inizî nella Francia.
-
-La leggenda chiama Ubaldo padre dell'armonia, quantunque sia certo
-che i primordi si debbano ritenere anteriori di più d'un secolo. La
-biografia di Carlo Magno, attribuita ad un monaco d'Angoulème del
-principio del nono secolo fa menzione dell'_organum_ e dell'_ars
-organandi_ come appresi dai cantori di Gallia a Roma. Oggi poi
-sembra dopo gli ultimi studi quasi certo che la _Musica Enchiriadis_
-attribuita ad Ubaldo sia più recente d'un secolo di quello che si
-credeva.
-
-_Ubaldo_ (Hucbald), monaco benedettino (840-930) natura speculativa ed
-indagatrice, nacque nella Fiandra e fu monaco nel Convento di S. Amando
-nella Diocesi di Tournay, dove egli dopo aver soggiornato in altri
-monasteri ritornò e morì in età avanzata. Di lui ci sono conservate più
-opere teoretiche, nelle quali egli parla dell'_organum_ come di cosa
-già conosciuta ai suoi tempi.
-
-La teoria dell'_organum_, come si suole spiegare nei libri di storia
-musicale, è la posteriore, mentre la più antica, della quale si
-trova menzione nei primi scritti è affatto diversa. Nell'_organum_
-originario, forse d'origine celta, il principio e la fine d'ogni
-melodia come di ogni frase melodica sta in ambedue le voci all'unisono
-e solo le note di mezzo si staccano fino alla quarta. Più tardi si
-usarono indifferentemente altri intervalli, giacchè si aggiungeva alla
-melodia originale del corale una seconda parte melodica indipendente
-dalla prima nello stesso ritmo con molte consonanze col canto della
-parte superiore od accidentali o volute.
-
-L'_organum_ e l'_ars organandi_ consisteva nel cantare le melodie
-unendovi gli intervalli di quarta, quinta ed ottava parallele.
-Donde abbia avuto origine questa mostruosità musicale, che Ubaldo
-chiama _suavis concentus_ e che lacera i nostri orecchi, è difficile
-stabilire. Forse derivò dal fatto che quarta e quinta erano secondo il
-sistema greco consonanze, forse dall'_organo_, strumento che in quei
-tempi usavasi per rinforzare il canto, toccando la quarta o la quinta
-del tono cantato. Altri vollero trovarne l'origine negli strumenti
-ad arco di quei tempi accordati in quarte e quinte con ponticelli
-piani, che suonandosi coll'arco facevano sentire questi intervalli
-per l'impossibilità di toccare una corda sola. Noi d'altronde non
-dobbiamo dimenticare che l'orecchio musicale dei secoli X e XI non era
-sviluppato come il nostro, che allora i principi estetici erano nulli,
-e che nulla importava la bellezza, se la teoria non veniva trascurata.
-
-Dalla prescrizione che la seconda voce non deve abbassarsi più del _do_
-(l'intervallo di _seconda_ del 1º tono di chiesa) e dal fatto che negli
-antichissimi istrumenti d'organo questo _do_ era la nota più bassa,
-si potrebbe forse arguire, che la seconda voce, non si cantava ma si
-suonava sull'organo. Posteriormente venne sviluppandosi un'altra specie
-di _organum_ meno barbaro, che univa anche altri intervalli eccetto la
-terza ma che venne bandito da Giovanni XXIII, perchè lascivo e profano
-(!). Riemann volle ultimamente provare che l'_organum_ di Ubaldo non
-fu che un tentativo di costruire un sistema teoretico e che quarte e
-quinte parallele mai si acclimatizzarono, ciò che non è improbabile se
-si pensa, che il nuovo _organum_ era ben inferiore al primitivo.
-
-Oltre al merito d'aver tentato di stabilire la teoria dell'organo,
-spetta ad Ubaldo quello di aver semplificato la notazione ed aperto la
-strada a nuove invenzioni, quantunque i suoi tentativi rimasero privi
-di frutto, finchè un uomo più pratico e perspicace usufruì dell'idea e
-la perfezionò.
-
-Ubaldo bandì la guerra ai neumi e vi sostituì lettere per la
-denominazione delle note, scrivendole sopra alle sillabe, per es.:
-
- _m b f f_
-
- _A — ve — ma — ria_
-
-In seguito egli perfezionò il sistema, adottando linee, fra le quali
-egli scriveva le sillabe del testo con linee intermedie per indicare
-lo alzarsi ed abbassarsi dei toni. In capo alle linee egli metteva poi
-la lettera _T_ (_tonus_) _S_ (_semitonus_) per indicare se l'intervallo
-era un tono od un semitono. In questa guisa e con altre modificazioni,
-che qui sarebbe troppo lungo spiegare, Ubaldo scriveva il canto anche
-a più voci con un esercito di linee, sicchè il decifrarlo era forse più
-difficile che col mezzo dei neumi.
-
-La gloria di continuare con fortuna l'opera iniziata da Ubaldo era
-riservata a _Guido d'Arezzo_ al quale i secoli posteriori andarono a
-gara ad ascrivere tutte le innovazioni possibili, concentrando in lui
-tutta l'opera ed il lavoro di un'epoca. Guido d'Arezzo (995?-1050)
-fu monaco benedettino del convento di Pomposa presso Ravenna. I suoi
-successi e forse il suo fare battagliero e franco gli procacciarono
-nel convento liti e discordie tali, che egli l'abbandonò, e dopo aver
-vagato per l'Italia si stabilì nel Convento d'Arezzo. La fama delle
-sue riforme musicali ed i miracoli, che se ne raccontavano, mossero
-il papa Giovanni XIX (1024-1033) a chiamarlo a Roma, dove egli fu
-colmato d'onori, specialmente dopochè il papa stesso s'era persuaso
-dell'utilità delle riforme di Guido, decifrando in pochissimo tempo
-coll'aiuto dei nuovi segni e righe una melodia a lui sconosciuta. Guido
-non si fermò a Roma, perchè il clima non conveniva alla sua salute, ma
-ritornò a Pomposa, dove si rappacificò col priore. Egli morì priore dei
-Camaldolesi d'Avellana. Secondo le ultime ricerche (Morin) sembra che
-Guido sia nato nei dintorni di Parigi e che fosse educato nel Convento
-di St. Maur des Fossées presso Parigi.
-
-Quantunque l'importanza data a Guido di quasi nuovo inventore e
-padre della musica sia esagerata, non essendo punto dimostrato che
-egli sia stato il primo a trovare il monocordo, il clavicembalo, la
-_Solmisazione_, la notazione moderna, la mano guidonica, pure la gloria
-ed il suo merito restano abbastanza grandi per considerarlo come un
-innovatore geniale, che rese pratica la scienza e liberò la musica
-dalla scolastica. «La via dei filosofi non è la mia, egli scrive; io
-cerco ciò che giova alla chiesa e fa progredire i ragazzi (_pueri_)».
-
-La scala di Guido comprendeva a differenza dell'anteriore una nota
-bassa, il _sol_, γ, che mancava alla prima ottava, ed era basata sul
-sistema dell'esacordo (quattro toni ed un semitono), abbandonando il
-sistema greco del tetracordo. Essa comprendeva i seguenti toni Γ(sol) A
-B si nat. C D E F G a b si nat. c d e f g [=a] [=b] [=si] nat. [=c]
-[=d] [=e].
-
-Per solmisazione (_ars solfandi_), che fu ascritta a Guido ma però
-messa in pratica posteriormente, s'intendeva la denominazione dei toni
-colle sillabe _ut, re, mi, fa, sol, la_, o secondo la definizione di
-Tinctoris «_solfisatio est canendo vocum per sua nomina expressio_».
-Queste sillabe erano le prime dei sei versi della poesia ascritta a
-Paolo Diacono, colla quale i cantori impetravano da San Giovanni di
-liberarli dalla raucedine.
-
-La melodia e la poesia erano le seguenti:
-
- (ut)
- do re fa re mi re
- _Ut que-ant la — xis_
-
- re re do re mi mi
- _re — so — na — re fi — bris_
-
- mi fa sol mi re mi do re
- _mi — ra gesto — rum_
-
- fa sol [=la] sol fa mi re re
- _fa mu — li tu — o — rum_
-
- sol [=la] sol mi fa sol re
- _sol — ve pol — lu — ti_
-
- [=la] sol [=la] fa sol [=la] [=la]
- _la bi — i re a — tum_
-
- sol fa re re do mi re
- _San — cte Jo — hannes._
-
-«Tu vedi, che questa sinfonia, scrive Guido a frate Michele, nella
-lettera: _de ignoto cantu_, comincia nelle sue sei divisioni con sei
-diversi toni. Chi dunque ha imparato il principio di ogni divisione in
-modo da saper trovarlo con sicurezza, potrà anche trovare questi sei
-toni secondo la loro qualità ogni volta che li incontra».
-
-L'importanza delle sillabe guidoniche non consiste però nel fatto
-erroneamente creduto, che esse sieno state sostituite alle antiche
-lettere gregoriane, chè anzi queste furono conservate, ma in ciò, che
-esse determinarono la posizione d'ogni tono nel sistema ed il suo
-rapporto cogli altri toni, innalzandosi la frase musicale con ogni
-verso d'un tono. Nè bisogna credere che le nuove sillabe servissero
-originariamente a designare stabilmente i toni, chè anzi si poteva
-cominciare con esse da ogni tono mantenendo sempre le stesse sillabe.
-L'usanza di nominare le note della scala con sillabe, sembra del resto
-essere precedente a Guido, giacchè l'inglese _Johannes Cotton_ (circa
-1100) parla di sillabe come di cosa già da lungo in pratica.
-
-La base del sistema stava nel principio che fra la terza e quarta nota,
-dunque fra le sillabe _mi_ e _fa_ c'è il semitono.
-
-Tutte le scale si dividevano in sette esacordi (sei toni) che
-cominciavano dal _Sol_, _do_ e _fa_.
-
- G |A |H |c | d |e |f | g |a |bh| c |d |e |f | g |a |bh| c | d |e |
- 1|ut|re|mi|fa|sol|la| | | | | | | | | | | | | | |
- 2|ut|re |mi|fa|sol|la| | | | | | | | | | | |
- 3|ut|re |mi|fa|sol|la | | | | | | | | |
- 4|ut |re|mi|fa |sol|la| | | | | | | |
- 5|ut |re |mi|fa|sol|la| | | | |
- 6|ut|re |mi|fa|sol|la | |
- 7|ut |re|mi|fa |sol|la|
-
-Conoscendosi ai tempi di Guido ormai il _b rotundum_ (si bem.) ed il _b
-quadratum_ (si naturale), gli esacordi potevano essere di tre specie;
-quello di _do_ si chiamava _naturale_, quello di _fa_ col _si bem._ era
-il _molle_ e quello di _sol_ col _si naturale_ il _durum_.
-
-Se la melodia stava nei limiti di un esacordo si mantenevano le sillabe
-originarie di questo. Ma la difficoltà cominciava quando una melodia
-passava l'estensione di un esacordo, perchè dovevano cambiarsi le
-sillabe e si doveva adattarle al nuovo esacordo. Questa difficile
-e complicata procedura (_crux et tormentum puerorum_) si chiamava
-_mutazione_, che Marchetto da Padova definisce: _mutatio est variatio
-nominis vocis seu notae in eodem spatio_.
-
-Per agevolare lo studio delle mutazioni, che erano cinquantadue, si
-fece uso della mano guidonica, che nel medio evo fu in grande onore e
-si ascrisse a Guido, quantunque egli non ne parli nei suoi scritti.
-Si aveva, cioè, fatta l'osservazione, che la mano umana conta tante
-falangi ed estremità delle dita quante erano le note della scala
-guidonica, se si calcola il _si bemolle_ come nota da sè, cominciando
-dalla punta del pollice col _sol_ (Γ) e finendo col mi sopra la punta
-del dito medio. Lo scolaro apprendeva le note e mutazioni, che cadevano
-sulle giunture, ed arrivava, col mezzo di questo aiuto ad avere una
-certa pratica nella denominazione delle note, giacchè bastava che
-guardasse la mano sinistra (la sinistra, perchè vicina al cuore e più
-atta all'insegnamento) per saper la nota.
-
-La solmisazione potè durare ad onta delle difficoltà ed artificiosità
-che le erano proprie fino al secolo XVI e trovò persino nel secolo
-XVIII chi ne decantava i vantaggi. Anzi essa viveva come ombra ancora
-non molti anni fa nelle denominazioni _cfaut_, _alamire_, _csolfaut_,
-ecc. Il suo difetto principale era oltre la complicazione l'aver messo
-a base del sistema l'esacordo invece dell'ottava. Nel secolo XVI fu
-aggiunta la settima sillaba _si_ e si tornò così all'ottava, mentre
-in Italia si sostituì alla sillaba _ut_ il _do_. (Bonocini: _Musico
-pratico_, 1673). Ma le sillabe restarono e servirono d'ora in avanti
-di nome ai toni presso i popoli latini (italiani, francesi, spagnuoli)
-mentre i tedeschi e gli inglesi tennero fermo alle lettere gregoriane.
-
-Lo spirito pratico di Guido influì pure sulla notazione musicale,
-che egli semplificò grandemente, usando quattro linee, sulle quali e
-fra le quali egli scriveva in capo alla linea le note colle lettere
-dell'alfabeto (notazione franconica) e collocando i neumi al posto
-corrispondente e fra queste.
-
- [Illustrazione: Notazione guidoniana]
-
-La prima linea superiore era di solito di color verde o giallo, la
-terza rossa. In seguito si tralasciò di scrivere le linee a colori ma
-si premisero le lettere _F_ e _C_, che diventarono poi le nostre chiavi
-di _fa_ e _do_. L'opinione, che Guido si sia servito di punti per
-indicare le note, non è provata, quantunque il padre Atanasio Kircher
-asserisca nella sua _Musurgia_ d'aver veduto in Vallombrosa un codice
-anteriore a Guido scritto con punti che forse erano i neumi a punti
-suddetti.
-
-Prima di staccarci da Guido, facciamo menzione d'un fanciullesco metodo
-_meccanico_ di fabbricare melodie, che consiglia Guido (_quod ad cantum
-redigitur omne quod scribitur_). Esso consisteva nel sottoporre alle
-note della scala le vocali dell'alfabeto:
-
- Γ A B C D E F G a b si nt. c d ecc.
- a e i o u a e i o u ecc.
-
-e nell'adattare al testo, che si voleva mettere in musica, le
-note corrispondenti alle vocali delle sillabe. Giovanni Cottonio,
-commentatore di Guido, ha il coraggio di chiamar le melodie fatte con
-questo sistema «veramente belle».
-
-Il canto a più voci conosciuto da Guido, che egli chiama _Diafonia_,
-è quasi eguale all'organo di Ubaldo, giacchè la sostituzione di
-quarte parallele alle quinte non è alcun progresso per la sensibilità
-dell'orecchio musicale di quei tempi.
-
-
- LETTERATURA
-
- R. Schlecht — _Musica Enchiriadis._ Monatshefte für Musikgeschichte
- VI (Berlino).
-
- Hans Müller — _Hucbald's echte und unechte Schriften über Musik_,
- Leipzig, 1885.
-
- M. Falchi — _Studi su Guido Monaco_ (1882).
-
- A. Kiesewetter — _Guido d'Arezzo_ (1840).
-
- Angeloni — _Sopra la vita, le opere ed il sapere di Guido
- d'Arezzo_, Parigi, 1871.
-
- Brandi — _Guido Aretino_, ecc., Firenze, 1882.
-
- Nelle opere di Kiesewetter ed Ambros vengono riportati brani
- dell'_Organum_ di _Hucbald_. Le opere di Ubaldo e Guido sono
- pubblicate nei _Scriptores ecclesiastici de musica sacra
- potissimum_ di Gerbert, 1784.
-
-
-
-
-CAPITOLO V.
-
-La musica mensurale ed i precursori dei Fiamminghi.
-
-
-Colla diffusione del canto a più voci si fece sentire sempre più il
-bisogno di stabilire nella musica un ritmo ed una misura, che non
-dipendessero più come nel canto gregoriano dalla prosodia e dalla
-declamazione, ma che avessero la loro ragione nella melodia stessa.
-Anche in ciò l'istinto popolare diede un impulso alle nuove teorie,
-giacchè non vi può esser dubbio che le canzoni popolari del medio
-evo avevano un ritmo musicale deciso. Oltre ciò, se quando la musica
-era omofona, si poteva in certo modo far a meno del ritmo stabilito,
-la difficoltà cresceva nel canto a più voci e la mancanza ne era più
-sensibile. Anche questa parte della teoria musicale fu influenzata
-dalle tradizioni greche, e la metrica greca (il _giambo_ ᴗ —, ed
-il _trocheo_ — ᴗ) ne fu la base. Partendo dal principio, che una
-sillaba lunga è eguale a due brevi, si ottenne la divisione del
-tempo in tre parti, e la _misura_ era _perfetta_ se divisa in tre
-parti; _imperfetta_ se in due parti o tempo pari: 2/1, 4/2. Questa
-caratteristica, che in seguito secondo l'uso del tempo si cercò
-giustificare col misticismo medioevale della Trinità e del numero 3
-perfetto, si mantenne per lungo tempo e solo nel secolo XVI venne in
-onore anche il tempo _pari_. Uno dei primi ad usarlo fu _Philippus de
-Vitriaco_ (Vitry) al quale si ascrivono anche le _prolazioni_.
-
- (3/3 = 9/8, 3/2 = 3/4, 2/3 = 6/8, 2/2)
-
-Gli elementi della _mensura_ erano in principio la _longa_ e la
-_brevis_, alle quali si aggiunsero in seguito la _duplex longa_ o
-_maxima_ e la _semibrevis _. La _brevis_ era l'unità e si chiamava
-_tempus_; la sua durata era d'un batter della mano (_tactus_). A questa
-si sostituì posteriormente la _semibrevis_ (una nostra battuta) divisa
-nel tempo pari in _arsi_ e _tesi_ o due _minimae_. La divisione nel
-tempo perfetto era la seguente:
-
- maxima
- _____________________|_______________________
- | |
- longa longa
- | |
- brevis brevis brevis brevis
- | |
- semibrevis semibrevis semibrevis semibrevis
- | |
- minima minima minima minima
- | |
- semimin. semimin. semimin. semimin.
- | |
- fusa fusa fusa fusa
-
-Nel tempo imperfetto la _breve_ era pari a _tre_ semibrevi ed il
-_punctum addictionis_ (il nostro punto) accresceva della metà il valore
-della nota.
-
-La notazione subì in seguito alle nuove teorie pure una modificazione,
-dovendosi abbandonare i neumi, che non indicano la durata e
-sostituendovi la _nota mensuralis_. Essa differiva poco dalla nota
-corale, che si era ormai venuta trasformando dal punto dei neumi. Il
-valore della _nota mensuralis_ veniva fissato dalla sua lunghezza e
-dall'esservi aggiunta l'asta verticale. Le forme erano queste:
-
- [Illustrazione: maxima, longa, brevis, semi brevis, minima]
-
-La questione se i neumi abbiano avuto altresì significato ritmico non
-è del resto peranco sciolta, quantunque sia probabile il contrario. La
-_musica mensurata_ che si serviva dei segni della _plana_ (neumi con
-segni quadrati sulle linee) diede però loro anche un valore ritmico,
-giacchè la _virga_ del _cantus planus_ corrispondeva alla _longa_,
-il _punctus_ quadrato in piedi alla _brevis_, il punto obliquo alla
-_semibrevis_. Le canzoni francesi si scrivevano ormai a questa maniera,
-dalla quale si poteva rilevare con una certa precisione il ritmo,
-tanto più che se corrispondevano più note ad una sillaba, queste si
-aggruppavano insieme.
-
-Nuovi erano altresì i segni per il tempo, le ligature ed i segni
-delle pause od aspetti. La misura perfetta era segnata da uno o due
-cerchi paralleli, l'imperfetta da un semicerchio vòlto coll'apertura
-a destra; il cerchio tagliato da una striscia nel mezzo indicava
-tempo doppiamente celere; se al cerchio era aggiunto un 3, il tempo
-si duplicava. Le pause erano segnate similmente alle nostre e si
-chiamavano _pausa_, _semipausa_, _suspirium_ e _semisuspirium_. Colle
-ligature (_ligaturae_) si univano gruppi di note stringendole secondo
-regole stabilite senza intervallo l'una all'altra in modo da formarne
-figure, donde il nome di _musica figuralis_, che fin oggi si conserva.
-
-Al principio del secolo XIV s'usava anche il colore (_color_) per
-indicare il tempo. Quando cioè alcune note nel tempo perfetto avevano
-valore imperfetto (terzine, note sincopate), allora queste si segnavano
-col color rosso invece del nero (_notulae rubrae_). In seguito si
-scrissero queste note, per comodità, bianche (_cavatae_, _albae_) donde
-derivarono poi le note bianche.
-
-I primi mensuralisti non conoscevano ancora il significato del tempo
-nel nostro senso della parola (_Adagio_, _Allegro_, ecc.). Soltanto in
-seguito vennero formandosi le regole della _Deminutio_, _Augmentatio_
-e _Proportio_, che determinavano il cambiamento di tempo partendo
-dall'unità (_integer valor_). Queste sparirono poi un po' alla
-volta, quando si introdussero in Italia verso il milleseicento le
-denominazioni _Allegro_, _Adagio_, ecc., che le resero inutili.
-
-Finalmente è da notarsi che la quinta linea del nostro sistema fu
-introdotta contemporaneamente alla _musica mensuralis_ e che da
-questo tempo comincia l'uso delle _chiavi_, alle quali preludiavano
-già la linea rossa e gialla e che servivano alle trasposizioni senza
-cambiare nella scrittura la posizione delle note nei toni di chiesa
-(_chiavette_).
-
-L'epoca della _musica mensuralis_ si può stabilire al secolo XIII. I
-più celebri mensuralisti, dei quali ci sono conservati gli scritti,
-sono: _Franco da Colonia_ (XIII secolo), autore di un trattato
-sulla _Musica et ars cantus mensurabilis_. _Giovanni di Garlandia_
-(_Tractatus musicae mensurabilis_). _Iohannes Cotton_, _Geronimo de
-Moravia_ (1260), che visse a Parigi; il celebre e dotto _Giovanni
-de Muris_ (1300), normanno, dottore della Sorbona ed il tanto
-vituperato _Marchetto da Padova_, che visse in Verona ed insegnò poi
-a Napoli (1270), autore di diverse opere, fra cui il _Pomerium in
-arte musicae mensuratae_, opera contenente pensieri ed osservazioni
-notevolissime per quei tempi. Oltre ai meriti di questi autori circa
-la musica misurata, spetta a loro l'onore di aver stabilite le leggi
-dell'armonia, fra cui il divieto delle quinte parallele e l'annoverare
-la _terza_ e la _sesta_ fra le consonanze (imperfette).
-
-Anteriore alla musica _mensuralis_ fu il _discanto_, di cui si trovano
-le traccie ormai nel secolo XII, e specialmente nel trattato del secolo
-XII, conservato all'Ambrosiana, _Ad organum faciendum_, e che derivò e
-fu un perfezionamento dell'organo di Ubaldo. Per _discanto_, _déchant_
-(doppio canto) che sembra esser stato in uso primieramente in Francia,
-s'intende quel canto a due voci, in cui una, il tenore (da _tenere_),
-conteneva il canto fermo (_cantus firmus_, _cantus prius datus_)
-e l'altra superiore, il _discanto_. Questo era in principio di due
-specie: o le due voci si movevano in unisono, ed il discanto (la voce
-superiore) si staccava soltanto su alcune note dall'altra sostituendo
-alla nota unisona fioriture melismatiche (_fleurettes_) di libera
-invenzione; oppure le due voci si movevano in unisono e soltanto alle
-volte il discanto formava la terza od altro intervallo del tenore.
-
-Il principio fondamentale del discanto era il movimento contrario
-delle voci, dunque un gran miglioramento in confronto dell'_organum_.
-Una varietà in uso in Inghilterra era il _Gymel_ (_cantus gemellus_),
-d'origine antichissima, nel quale predominavano le terze e seste.
-
-Mentre l'organo non conosceva misura, il discanto se ne serviva.
-Coll'andar del tempo furono poi aggiunte alle due voci del discanto
-una terza e quarta, donde il nome _duplum_, _triplum_ e _quadruplum_.
-Da questi modesti principi derivò il contrappunto (_punctus contra
-punctum_, _nota contra notam_) denominazione conosciuta ancor a quei
-tempi, nei quali si distingueva il _contrapunctus a mente_, _chant sur
-le livre_, in uso al secolo XV, libera improvvisazione del cantante,
-consistente in trilli, passaggi, appoggiature sulla melodia del basso,
-ed il _contrapunctus a penna_ o scritto.
-
-Nel _Compendium discantus_ di Franco da Colonia si trova ormai
-delineata la teoria primordiale del contrappunto e questa durò quasi
-intatta fino al secolo XV. L'uso di più di due voci in un componimento
-rendeva impossibile l'osservanza delle regole del discanto e del
-bordone, giacchè non si poteva ragionevolmente proseguire senza
-interruzione nel moto parallelo o contrario ma bisognava combinarli.
-Perciò tanto Franco da Colonia che Marchetto da Padova raccomandano una
-certa libertà di movimento e condotta delle voci ed essi riconoscono
-l'importanza della terza e sesta come pure del pedale (_punctus
-organicus_, _point d'orgue_).
-
-Alla stessa epoca appartiene pure il _falso bordone_ (_faux bordon_),
-del quale fa la prima volta menzione _Guglielmo_ monaco che lo dice
-in uso specialmente presso gli Inglesi, specie di canto a tre voci
-in sestaccordi, imitazione dell'_organum_ coll'aggiunta di una terza
-voce, che raddolciva l'aspro effetto delle quarte parallele. Il soprano
-o contralto aveva il canto fermo, il tenore la quarta ed il basso la
-sesta. Il bordone si chiamava falso, perchè il _cantus firmus_ invece
-di esser nel basso era nella voce più alta, mentre il nome bordone si
-vuole spiegare o dalla parola _bourdon_, appoggio, base, bastone, o da
-_bourdonner_, ronzare (Pretorio). Il falso bordone venne coll'andare
-del tempo a perdere la forma originaria e significò una specie di
-composizione a quattro voci in consonanze senza misura che si usa ancor
-oggi. Da ultimo facciamo memoria di un'altra specie di canto chiamato
-_ochetus_ (singhiozzo, sospiro) che consisteva in brevi note con pause
-intermedie, colle quali si accompagnava il canto fermo.
-
-Colla ricchezza e varietà dei mezzi armonici eransi pure sviluppate
-diverse specie di composizioni sì sacre che profane come il _motetto_
-(_motus brevis cantilenae_), che alle volte aveva diverso testo
-nelle singole voci, il _rondello_ (_rondellus_) derivato dalla
-musica popolare e di stile profano, la _cantilena_ ed il _conduit_
-(_conductus_), a tre e quattro voci su tema libero. L'uso della
-_nota mensuralis_ per queste specie di composizione e specialmente
-per il Motetto ed il Rondello, era una necessità, perchè le sillabe
-nelle diverse voci non hanno lo stesso valore, mentre ciò era sempre
-nell'_organum_, discanto, falso bordone ed anche di spesso nel
-_Conductus_. Nel Rondello venne poi sviluppandosi la forma del canone,
-di cui uno dei primi monumenti che data circa dal 1240 coll'imitazione
-del canto del cuculo è ancor oggi interessante. Esso è conosciuto
-col nome di _Sommercanon_ e si dice fosse composto da Simone Fonsete,
-monaco di Reading. Una composizione di tecnica sì progredita presuppone
-una lunga pratica anteriore ed è un nuovo argomento per l'asserzione
-di Lederer circa la patria della polifonia. La forma del canone per
-quanto artistica si può del resto ritenerla nata dalla musica popolare
-per l'uso del canto che si ripete periodicamente nelle brigate
-(_rota_, _Rundgesang_), e l'ultima origine si potrebbe forse cercarla
-nell'imitazione dell'eco.
-
-Ma colle nuove innovazioni cominciarono altresì gli abusi dei cantanti
-e musicisti, contro i quali gli scrittori dell'epoca scagliano
-improperi. «O rozzezza e bestialità esclama Giovanni de Muris, di
-ritenere un asino per un uomo, una capra per un leone, una pecora
-per un pesce, un serpente per un salmone, perchè essi (i cantori)
-confondono consonanze con dissonanze da non distinguere più le une
-dalle altre». (_Summa musicae_). Così pure papa Giovanni XXII proibisce
-l'_ocheto_ e destina pedantescamente gli intervalli permessi nella
-musica a più voci nel servizio della chiesa.
-
-Eppure il valore e l'immensa importanza di quei rozzi tentativi non
-sono da disconoscere, giacchè fu da essi che derivò quel grandioso
-sistema, su cui basa il nostro contrappunto e la polifonia di un Bach
-e Händel. Noi non dobbiamo dimenticare, che quello che a noi sembra
-naturale e necessario, in quei tempi non lo era, perchè non era
-ancora stabilito il sentimento della tonalità, e l'accordo, base del
-nostro sistema, non era conosciuto come tale. Egli è perciò che noi ci
-imbattiamo in cose per noi incredibili come nell'unione di due melodie
-di tono diverso, barbaramente amalgamate, nell'unione di testi sacri
-con testi profani e mondani nelle diverse voci ed in altre enormità,
-giacchè lo scopo era raggiunto se le voci si univano in certe note e si
-combinavano in consonanze, mentre tutto il resto poco importava.
-
-
- LETTERATURA
-
- Coussemaker — _Histoire de l'Harmonie au moyen-âge_, Paris, 1882.
-
- D.º — _L'art harmonique aux XII ième et XIII ième siècle_, Paris,
- 1865.
-
- Riemann H. — _Studien zur Geschichte der Notenschrift_, Leipzig,
- 1878.
-
- G. Iacobsthal — _Die Mensuralnotenschrift des 12. und 13.
- Iahrhundertes_, Berlin, 1871.
-
- Bellermann — _Die Mensuralnoten und Taktzeichen des 15, und 16.
- Jahrhundertes_, Berlin, 1888.
-
- P. Bohm — _Magistri Franconis Ars cantus mensurabilis_, Trier,
- 1880.
-
- Joh. Wolf — _Geschichte der Mensuralnotation_, Lipsia Breitkopf u.
- Härtel 1905, 2. vol.
-
- V. Lederer — _Ueber Heimat und Ursprung der mehrstimmigen
- Tonkunst_, vol. 1º, Lipsia-Siegel.
-
- Williams C. F. — _The story of notation_, London W. Scott, 1903.
-
- Gasperini Guido — _Storia della Semiografia musicale_, Milano,
- Hoepli, 1905.
-
- A. R. Hirschfeld — _Johann de Muris_, Leipzig, 1884.
-
- I trattati dei mensuralisti e molte composizioni sono pubblicate
- nell'_Art armonique_ citata e nelle opere di Gerbert e Coussemaker:
- _Scriptores de musica medii aevi_, 1863.
-
-
-
-
-CAPITOLO VI.
-
-I Fiamminghi.
-
-
-La Francia, dove primieramente si coltivò l'arte polifonica, che ora
-si suole chiamare _ars antiqua_, non seppe conservarne il primato, ed
-in conseguenza delle guerre e lotte intestine il culto della stessa
-venne ben presto a decadere. L'eredità venne raccolta da una piccola
-nazione limitrofa, l'Olanda ed i Paesi Bassi, che da umili principî
-avevano saputo raggiungere coll'energia e perseveranza un alto grado di
-floridezza, estendere il loro commercio e fondare una delle più celebri
-scuole di pittura.
-
-In questo Stato ben ordinato, in cui la vita municipale ed il principio
-d'associazione s'erano potentemente sviluppati, la musica polifonica
-corrispondeva alle idee nazionali e trovava il terreno più adatto per
-sorgere rigogliosa, unendo quel popolo alle doti del popolo francese la
-disposizione e la predilezione dell'alemanno per la musica a più voci.
-L'ambasciatore Lodovico Guicciardini parlando nella _Descritione di
-tutti i Paesi Bassi_ (Anversa, 1656) degli Olandesi dice: «Questi sono
-i veri maestri della musica e quelli che l'hanno ristaurata e ridotta a
-perfezione, perchè l'hanno tanto propria e naturale che huomini e donne
-cantan naturalmente a misura con grandissima grazia e melodia».
-
-Da Dufay fino ad Orlando di Lasso l'Olanda vide nascere più di cento
-musicisti, fra i quali alcuni dotati di vero genio, moltissimi di
-grande talento e quasi tutti dotti ed esperti nella teoria musicale.
-E come doveva in seguito avvenire di molti dei suoi celebri pittori,
-così anche i suoi musicisti, ai quali era troppo angusta la patria,
-si sparsero per gli altri paesi, diffondendo la dottrina musicale e
-fondando celebri scuole in Italia, in Francia, in Spagna e lasciando
-negli archivi delle cattedrali e nelle biblioteche le loro opere, che
-ancor oggi formano la nostra ammirazione.
-
-L'epoca degli Olandesi si suole dagli storici dividere in più periodi e
-scuole. La più solita divisione è quella della Messa di Tournay (1350),
-il primo monumento conosciuto della musica polifonica fiamminga,
-scoperto da Coussemaker, fino a Dufay, da Dufay ad Okeghem, e da
-Okeghem a Giosquino. La Messa di Tournay è scritta a tre voci e mostra
-già una sufficiente libertà e naturalezza di condotta nelle parti
-ed armonie non tanto dure. Il primo musicista olandese del quale ci
-sono conservate alcune composizioni è _Enrico di Zeelandia_; ma il
-padre della polifonia olandese è _Guglielmo Dufay_, nato in Chimay in
-Hennegau (1400?-1474), che fu cantore a Roma, dove si conservano più
-Messe di lui nella cappella vaticana. In queste si palesa già un grande
-miglioramento in confronto delle composizioni anteriori e quantunque
-le armonie sieno spesso dure e strane ed il ritmo ancora incerto,
-pure sembra destarsi in esse il sentimento della melodia o almeno un
-barlume di questa, come nel _Kyrie_ della Messa _l'homme armé_, che
-nella sua melanconica e semplice austerità è ormai molto più di una
-combinazione di intervalli messi assieme a caso come lo erano molte
-delle composizioni polifoniche anteriori. La condotta delle voci è
-naturale, l'arte del canone ormai sviluppata e sono scomparse le quinte
-parallele.
-
-Lo stile di Dufay fu però assai influenzato dall'_Ars nova Fiorentina_,
-della quale parleremo più innanzi e dalle opere di _John Dunstaple_
-(circa 1370-1453), che avea perfezionato la tecnica dell'arte italiana
-ed applicatala alla musica da chiesa.
-
-Contemporanei a Dufay o di poco tempo posteriori a lui sono _Egidio
-Binchois_ (1400?-1460), _Antonio Busnois_ (1467) cantore alla corte
-di Carlo il Temerario di Borgogna, autore della celebre Messa: _Ecce
-ancilla_, _Vincenzo Faugues_ ed altri molti.
-
-Il primo dei compositori della seconda epoca ed il più profondo per
-sapienza è _Giovanni Okeghem_, nato nel 1430 (?) in Hennegau, morto
-quale tesoriere nell'Abbazia di S. Martino in Tours nel 1515. Egli
-è il primo che fa uso della forma della libera _imitazione_, ciò che
-ebbe una importanza immensa nella musica e diede origine al canto a
-cappella, giacchè l'imitazione si poteva fare su ogni intervallo e
-continuare e tralasciare a volontà. Con lui, che fu chiamato _princeps
-musicorum_, l'arte polifonica raggiunse un alto grado e degenerò poi
-in artificio smodato. I più complicati canoni _per augmentationem
-et diminutionem_ non gli bastano, ma egli si studia di complicarli e
-renderne più difficile l'esecuzione, facendone indovinar l'entrata,
-sviluppando una parte dall'altra, non segnando nè chiavi nè tono. Egli
-scrive, p. e., una messa _ad omne tonum_ con punti d'interrogazione
-invece di chiavi, una messa _prolationis_ a due voci, dalle quali si
-devono cercare le due altre secondo la differenza del tempo e della
-prolungazione, un _garritus_, canone a 36 voci, e simili stranezze.
-Questo sistema artificioso, rimasuglio della scolastica e del
-misticismo medioevale, restò per lunghi anni in uso, e si cercava con
-divise cabalistiche di dar la chiave dell'enigma. Alcune di queste, che
-citiamo per curiosità, erano: _bassum quaere in tenore in hypodiapente_
-— _exemplum dedi vobis ut et vos faciatis sicut et ego feci_ —
-_qui sequitur me non ambulat in tenebris_ — _trinitatem in unitate
-veneremur-canit more Hebraeorum_ (alla rovescia) — _Clama ne cesses_
-(ommettere gli aspetti) — _noctem in diem vertere_ (cantare le note
-bianche col valore delle nere, ecc., ecc.).
-
-Ma se Okeghem ed i suoi seguaci più di una volta si perdettero in
-simili capricci, non si deve però creder che le loro composizioni
-fossero più il frutto di semplice calcolo che dell'ispirazione, chè
-anzi alcune opere di Okeghem non mancano di maestà ed armonia. Pari
-se non maggiore di Okeghem è il suo coetaneo _Giacomo Obrecht_ (1430)
-d'Utrecht, morto nel 1505 di peste a Ferrara, che istruì Erasmo di
-Rotterdam nella musica e che fu il più ispirato di tutti i musicisti
-anteriori a Giosquino.
-
-Più fama di tutti questi ebbe _Josquin des Près_, (1450?-1521),
-Iodocus Pratensis, Giosquino del Prato, oriundo di Fiandra (Cambray?
-S. Quintino?) che fu cantore della cappella vaticana e che visse
-alla corte di Ercole I di Ferrara e di Lorenzo il Magnifico (1480),
-e posteriormente alla corte di Luigi XII di Francia. Egli morì ai 27
-Agosto 1521 a Condè, dove egli era prevosto del capitolo. Il merito
-maggiore di Giosquino, _spirito nuovo di virtù repleto_, come lo dice
-Baldassare Castiglione, fu d'aver liberato la musica dalle esagerazioni
-della scolastica, e d'averla ridotta a maggior semplicità e bellezza.
-Lutero diceva di lui, che mentre gli altri compositori dovevano fare
-quello che volevano le note, egli faceva fare alle note quello che
-egli voleva. Fra le sue opere (messe, motetti, salmi, inni, canzoni,
-ecc.) molte possono ancora oggi non solo interessare l'uditore come
-curiosità storiche ma costringerlo all'ammirazione, come, per esempio,
-la celebre Messa: _Herkules dux Ferraræ_, lo _Stabat mater_, il
-grandioso _Miserere_ a cinque voci scritto pure per incarico di Ercole,
-e più _Ave Maria_, dolcissime ed ispirate. Che anche egli all'usanza
-dei suoi colleghi qualche volta si perdè in ricercatezze e stranezze,
-come quando scrisse, così racconta Baini, un pezzo, in cui ogni parte
-cantava un testo differente, oppure il motetto dedicato a Luigi XII,
-col quale gli rammentava una sua promessa (_Memor es verbi tui_), è
-cosa perdonabile tanto più, che la Messa _laisse faire à moi_ sul tema
-la, sol, fa, re, mi (lascia fare a me) nata da un simile capriccio,
-divenne una delle sue più belle ed ispirate composizioni. Fra gli
-scolari più noti di Giosquino ed i musicisti olandesi posteriori a
-lui sino ad Orlando vanno nominati _Jean Mouton_; _Nicolò Gombert_,
-autore di un celebre _Pater noster_; _Clemens non papa_, autore
-dei noti Motetti _Vox in Roma_, ed _O Crux benedicta_; il maschio
-e potente _Pierre de la Rue_, _Antonio Brumel_, ed _Eleazaro Genet_
-soprannominato _Carpentrasso_ dalla sua patria, cantore di Leone X,
-del quale molti e molti anni si eseguirono nella cappella Vaticana le
-celebri Lamentazioni.
-
-Schering ha tentato ultimamente di dimostrare che sino all'epoca di
-Giosquino la musica non era soltanto vocale ma vocale ed istrumentale
-insieme. A questa opinione l'inducono: l'oltrepassare i confini
-naturali delle singole voci, la mancanza d'ogni pausa per lunghi
-tratti, melismi e colorature quasi impossibili per voci umane, ecc.
-Schering chiama _Messa d'organo_ quella in cui il coro unisono eseguiva
-probabilmente il _cantus firmus_ (_l'Homme armé_, _Malheur me bat_,
-ecc.) mentre l'organista suonava le altre parti ed è innegabile, che
-la riduzione della messa di Giosquino _l'homme armé_, dividendone le
-parti quali messa d'organo, fa sparire quasi tutte le difficoltà e
-rende accettabile la tesi di Schering. Ma la questione non è del resto
-risolta come ne rimangono insolute tante altre circa la musica di quel
-tempo.
-
-Ed ora prima di chiudere il capitolo degli Olandesi ci resta di parlare
-dell'ultimo grande rappresentante di quella scuola, che dopo di lui
-doveva spegnersi per sempre. Ma alla guisa del sole, che alla sera
-risplende di luce più viva e calda, il tramonto dell'arte olandese
-fu più splendido dell'epoca del maggior fiore. Questo grande artista
-fu Orlando di Lasso, un genio, che ha qualche cosa della grandiosità
-michelangiolesca e che ci riempie di ammirazione e stupore al pensare
-all'infinità delle sue opere di ogni stile e dimensione, quasi tutte
-ispirate. _Orlando di Lasso_ nacque nel 1530 a Mons in Hennegau. Il suo
-nome è _Roland de Lattre_, che egli cambiò, perchè gli ricordava il
-triste spettacolo, a cui dovette essere presente nella sua infanzia,
-quando suo padre come falso monetario fu messo alla berlina con una
-catena di monete false al collo (?). Egli fu istruito nella musica per
-la sua bellissima voce e seguì a 16 anni Ferdinando Gonzaga in Italia.
-A 21 anni divenne direttore della Cappella di S. Giovanni Laterano.
-Ritornato in patria per vedere i suoi genitori prima della loro
-morte, non vi rimase a lungo tempo. Insieme a Brancaccio viaggiò per
-l'Inghilterra e la Francia e si fermò per alcuni anni in Anversa. Di lì
-viene chiamato da Alberto V nel 1557 alla corte di Monaco, dove restò
-fino alla morte (1594) in qualità di maestro di cappella, interrompendo
-il lungo soggiorno con un viaggio alla corte di Carlo IX in Parigi.
-
-Il numero delle sue composizioni conservate per la maggior parte
-nella biblioteca di Monaco sorpassa le duemila, fra cui 51 Messe,
-180 Magnificat, 780 Motetti, 2 Passioni, 429 Cantiones sacræ, 233
-Madrigali, ecc., ecc.
-
-La caratteristica delle opere di Orlando è la grandiosità e la profonda
-potenza espressiva. A questa egli sacrifica persino la dolcezza e
-l'armonia ed appunto in ciò sta la sua inferiorità in confronto del
-Raffaello della musica, Palestrina, che alla grandiosità ed espressione
-seppe unire la perfezione della forma e dell'armonia. Ad onta di ciò
-molte opere di Orlando sono monumenti imperituri dell'arte musicale e
-basti qui il nominare i suoi celebri Salmi penitenziali ed i motetti,
-nei quali egli allargò la forma, introdusse nuovi elementi e si staccò
-dallo stereotipo modello anteriore. La fama che egli ebbe ai suoi tempi
-fu espressa nel verso: _Est Ille Lassus, qui lassum recreat orbem_.
-
-Dopo di lui l'arte olandese propriamente detta decadde rapidamente. I
-componisti fiamminghi si perdettero di nuovo in astruserie e puerilità
-come quelle di esprimere i diversi sentimenti con colori diversi delle
-note e come nella _Battaglia di Marignano_ e _le Cris de Paris_ di
-Clement Jannequin ed altri, in cui si voleva esprimere colle voci
-fucilate, grida e cozzar di spade. L'egemonia della musica doveva
-passare all'Italia, che era chiamata a darle l'impronta veramente
-artistica, la misura e la proporzione, toglierle le durezze e diminuire
-le astrusità.
-
-La storia della musica quale vera arte comincia coll'epoca degli
-Olandesi. La musica anteriore non si può ancora chiamar arte ma
-piuttosto semplice scolastica tanto più che essa era coltivata
-quasi esclusivamente dai dotti che ne avevano fatto oggetto di
-studi più teoretici che pratici. La caratteristica della musica dei
-fiamminghi è la polifonia, il contrappunto semplice, doppio e triplo.
-L'imitazione ed il canone (chiamato allora _fuga_) si sviluppano e si
-perfezionano; le voci formano un complesso ordinato ed organico, quasi
-simbolo dell'indirizzo dei tempi, favorevole alle corporazioni, le
-confraternite e gilde.
-
-Il pernio della maggior parte delle composizioni olandesi è di solito
-un tema del canto fermo, ora una canzone popolare, rare volte un tema
-di propria invenzione. Da questo si chiamavano le composizioni, donde
-p. e. il nome delle Messe, alle volte profanissimo, come _Adieu mes
-amours_, _Mio marito mi ha infamata_, _fortuna desperata_, _des rouges
-nès_ e _l'homme armé_, canzone provenzale che servì di canto fermo a
-moltissimi musicisti. Quando la messa non aveva nel tenore simili temi
-tolti dal rituale o dalle canzoni, allora si chiamava _sine nomine_.
-I temi venivano accorciati od allungati secondo il bisogno, come pure
-si cambiava il valore delle note, sicchè essi erano piuttosto visibili
-e riconoscibili all'occhio che all'udito nell'intreccio delle voci e
-nel cambiamento del tempo. Non si creda però che il tema abbia grande
-importanza, chè questa sta molto più nelle parti create liberamente.
-
-Il testo si scriveva di solito soltanto sotto le prime note e si
-lasciava poi ai cantanti la divisione del resto. Le opere degli
-Olandesi erano scritte nella prima epoca ordinariamente a tre
-poi a quattro, cinque e più voci. Esse sono con probabilità quasi
-esclusivamente vocali e soltanto nell'epoca della decadenza si usava
-sostituire ad una o l'altra voce istrumenti di solito a fiato. Alle
-note nere vengono sostituite le bianche e si fa uso qualche volta
-del semitono, che del resto di solito si ommetteva di segnare perchè
-sottinteso. Gli accidenti erano conosciuti ormai prima, giacchè se ne
-trova menzione negli Antifonari dell'epoca Guidoniana.
-
-Col progresso dell'arte mostrandosi la rigida diatonica del canto
-gregoriano insufficiente, si trasponevano le tonalità e si adoperavano
-gli accidenti, donde deriva la _musica ficta_ (falsa, finta) coi due
-sistemi _durum_ e _molle_, a seconda che il tono di chiesa era nella
-sua posizione naturale o si trasponeva alla quinta superiore o quarta
-inferiore, riducendo p. e. il tono misolidico a dorico, il dorico a
-eolico ed innalzando la settima, il _subsemitonum_.
-
-Le opere della scuola Olandese anteriori ad Orlando hanno però per
-noi con poche eccezioni soltanto un interesse storico. Il motivo sta
-nel nostro modo di sentire la musica affatto diverso di quello dei
-secoli anteriori e soltanto in seconda linea in quella certa durezza
-d'armonie e mancanza di scorrevolezza, che è inerente alla maggior
-parte delle opere fiamminghe. Il nostro sistema era affatto sconosciuto
-ed ignota l'importanza, il carattere e l'essere dell'accordo. La
-differenza si potrebbe forse spiegare, dicendo, che i Fiamminghi
-pensavano e sentivano la musica orizzontalmente mentre noi la pensiamo
-verticalmente. Allora si trattava cioè di unire più voci distinte e
-diverse per melodia, poco curandosi dell'accordo che ne risultava e
-l'orecchio seguiva le singole voci. Manca una legge musicale suprema
-alla quale si sottopongono le voci, le quali anzi mantengono il loro
-ritmo proprio tanto che in molte composizioni polifoniche non si
-accordano neppure gli accenti principali. Oggi invece l'importanza
-sta nell'armonia risultante dalle melodie combinate. Se noi dunque
-leggeremo le opere di quei tempi alla nostra maniera, sarà impossibile
-trovare un punto di contatto con esse e non potremo mai apprezzarle
-come lo meritano. Lo stesso principio vale almeno in parte anche per
-il maggior numero delle opere di Palestrina e successori. Ma in queste
-oltre la maggiore sapienza e padronanza dei mezzi sono altri elementi
-che le avvicinano più ai nostri tempi. L'antico sistema basato sulla
-scala melodica cede il posto a quello dell'armonica, già preparato da
-Willaert e Gabrieli ed ancor più dalla musica popolare.
-
-Kretschmar osserva giustamente che quel certo sentimento di poesia che
-però troviamo anche nelle opere dei primitivi fiamminghi dipende dai
-temi usati che o sono tolti o somigliano alle canzoni popolari e che
-quelle opere seguono la sorte delle tavole dipinte dai maestri nordici
-del quattrocento delle quali possono piacere le teste delle figure ma
-non il resto, perchè goffo e mancante di misura.
-
-Contemporaneamente allo sviluppo della musica pratica venne
-perfezionandosi e formandosi la teoria che prendeva gli esempi e
-formava le regole sulle opere dei musicisti, abbandonando l'antico
-ed ormai vieto sistema speculativo e cercando di dar una guida utile
-allo studio della musica e non una semplice esercitazione filosofica e
-mistica. Già _Enrico di Zeelandia_ avea tentato di scrivere un trattato
-della composizione. Più pratico e chiaro è _Giovanni Tinctoris_ di
-Nivelles (?) nel Brabante, morto a Napoli nel 1511 (?), dove Ferdinando
-aveva istituito una apposita cattedra per l'insegnamento della
-musica. Egli fu autore di molti trattati, scritti in latino chiaro ed
-arricchiti d'esempi tolti dalle opere dei celebri musicisti dell'epoca.
-(_Liber de arte contrapuncti_ — _Terminorum musicae diffinitorium_.)
-_Ugolino da Orvieto_ (1400?), arciprete in Ferrara, fu suo precursore
-e commentò con acume d'idee e chiarezza il trattato di _Muris_.
-Contemporaneo di Tinctoris fu _Franchino Gafor_ di Lodi (1451-1522)
-che insegnò musica a Milano alla corte di Lodovico Sforza, uno dei più
-grandi e profondi teorici del suo tempo, autore del celebre trattato
-_pratica musicæ_ (1496). Va pur nominato _Pietro Aaron_ toscano
-(1516) autore del trattato _il Toscanello in Musica_, libro chiaro,
-interessante e spigliato.
-
-Uno dei più grandi teorici italiani di tutti i secoli fu _Giuseppe
-Zarlino_ di Chioggia, nato nel 1517 (?), scolaro di Adriano Willaert,
-e successore di Cipriano di Rore al posto di direttore di cappella
-in S. Marco in Venezia. Più che per le sue composizioni egli divenne
-celebre per le sue opere teoretiche, fra le quali la maggiore _Le
-istituzioni armoniche_ (1562) fu più volte stampata. Zarlino morì nel
-1590. Anche egli, uomo gentile e di carattere mite, ebbe a subire le
-critiche dei musicisti invidiosi, e se le invereconde invettive e le
-contese tutt'altro che accademiche, che avevano avuto luogo fra Gafor
-e Spataro, Burci e Ramis Pareja (1440), non si ripeterono, fu tutto
-merito suo e non del suo accanito avversario Vincenzo Galilei, padre
-di Galileo. Soltanto con lui venne a sparire l'aborrimento della terza
-nell'accordo di chiusa e si ritennero definitivamente come consonanze
-la terza e la sesta.
-
-Fra i teorici tedeschi (_Adam de Fulda_, _Virdung_, _Agricola_, ecc.)
-il maggiore di tutti è _Henricus Loritus_ detto _Glareanus_, nato nel
-1488 a Glarus in Svizzera, autore del celebre _Dodekachordon_ ricco di
-esempi e di notizie biografiche († 1563).
-
-
- LETTERATURA
-
- Kiesewetter — _Ueber die Verdienste der Niederländer_, Amsterdam,
- 1829.
-
- E. van der Straeten — _La musique aux Pays-Bas avant le XIX
- siècle_, Bruxelles 1872 e seg., 8 volumi.
-
- F. H. Haberl — _Wilhelm du Fay._ Leipzig, Vierteljahreschrift für
- Musik.
-
- John Stainer — _Dufay and his contemporains_, London, 1898.
-
- Brenet — _Jean de Okeghem_, Paris, 1893.
-
- W. Baümker — _Orlandus de Lassus_, Freiburg, 1878.
-
- A. Sandberger — _Beiträge zur Geschichte der bayrischen Hofkapelle
- unter Orlandus Lassus_, 2 vol., Lipsia, 1891-95.
-
- A. W. Fritsche — _Glarean_, Frauenfeld, 1890.
-
- Riemann H. — _Zerlino als musikalischer Dualist._ Vol. XIII delle
- _Mittheilungen für Musikgeschichte_.
-
- Wagner P. — _Geschichte der Messe._ I Theil bis 1600, Lipsia, 1913.
-
- Composizioni fiamminghe contengono:
-
- Fr. Commer — _Collectio operum musicorum batavorum._ 12 volumi
- (1840-1857).
-
- R. I. van Maldeghem — _Trésor musical, collection de musique sacrée
- et profane des anciens maitres belges_ (1865 e seguenti).
-
- Gli ultimi volumi dei _Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich_
- (Vienna, Artaria, 1900 e seg.) contengono una scelta di opere
- fiamminghe tratte dai celebri Codici del Capitolo di Trento ora a
- Vienna.
-
-
-
-
-CAPITOLO VII.
-
-Le canzoni popolari. Trovatori e Minnesänger.
-
-
-Mentre nella quiete dei monasteri e nelle stanze dei dotti si
-studiavano i canoni della teoria musicale e si cercavano nella
-filosofia ed astronomia le ragioni degli stessi, mentre la polifonia
-nasceva da rozzi principi e si dibatteva fra le pastoie scolastiche,
-il popolo poco si curava di tutti questi studi e cantava come sempre
-aveva cantato a seconda dell'estro e dell'ispirazione del momento.
-Egli non pensava nè a musica _mensurata_ nè all'_organum_ nè ad altro,
-ma coll'istinto naturale precedeva la scienza e le somministrava il
-materiale primo, che essa poi riduceva a regole. La musica dotta si
-perdeva in astruserie, ma il popolo poetava e cantava canzoni, che già
-portavano l'impronta di vere melodie. Chi gliele insegnava? Nessuno
-lo sa; esse sorgevano senza che alcuno ci pensasse, si replicavano e
-si tramandavano di generazione in generazione. «La musica come tutte
-le arti usciva di chiesa per farsi profana; s'inebriava un cotal poco
-dell'aria aperta, tastava le belle villane e diceva fioretti alle
-gentildonne, ballonzolava per le piazze, per le sale e per le corti»
-(Carducci).
-
-Le notizie sulle canzoni popolari più antiche sono scarsissime per
-tutte le nazioni ma in special modo per l'Italia. Ma ciò non può
-affatto servir di prova che l'Italia non abbia avuto al pari delle
-altre nazioni canti popolari anche nei secoli lontani del Medio Evo,
-mancando ogni motivo per simile credenza, ma è piuttosto da ascriversi
-al caso, alle condizioni del paese stesso. Le continue invasioni, le
-guerre, il formarsi della lingua volgare dal latino plebeo vi ebbero
-certo influenza. Nè è escluso che questo buio si rischiari se si
-faranno studî diligenti, i quali pur troppo ancora mancano del tutto
-per la parte musicale.
-
-Uno dei primi monumenti della poesia popolare italiana cantata,
-quantunque non nella forma che ci resta, pare sia il canto delle scolte
-Modenesi del 924 o 899: _O tu qui servas_ scritto in neumi. Forse
-appartengono pure alla poesia popolare i Canti dell'Anonimo genovese
-sulla vittoria di Lajazzo (1294) e senza dubbio la ballata sull'Assedio
-di Messina del 1282, riportata in parte dal Villani: _Deh, com'egli
-è gran pietate_ ed una cantata a Reggio nel 1243 _Venuto è 'l lione_,
-come pure altri canti storici e religiosi ed alcuni Lamenti o _Lai_ del
-Milledugento.
-
-Tutte queste poesie popolari o divenute tali si cantavano perchè
-la vera canzone popolare è indissolubile dal canto. In due codici
-vaticani trovasi allato delle poesie di Lemmo Orlandi l'osservazione:
-_et Casella diede il suono_, quel Casella del quale Dante parla
-nel _Purgatorio_ (II, 112) e sotto una poesia di Lapo degli Uberti
-«_secondo la melodia di Mino d'Arezzo_». Il popolo cantava ora da sè
-ora adattava ai suoi canti componimenti intieri della poesia colta p.
-e. la ballata di Dante _Per una ghirlandetta_ che esiste in due lezioni
-alquanto diverse certo per le esigenze del canto.
-
-Considerando il genere della poesia non è presumibile che queste
-fossero vere canzoni popolari ma non è improbabile che le melodie
-fossero popolari e note. Nel _Decamerone_ di Boccaccio sono assai
-numerosi i passi dove si parla di canzoni e storie che si cantavano
-a voci sole o con accompagnamento di liuto, viola, ribeca, ecc.
-I _cantori a liuto_ che si distinguevano dai _cantori a libro_,
-coltivavano certo di preferenza la musica popolare come lo dice il
-loro nome in confronto degli altri, i dotti, che cantavano e suonavano
-col libro. Affinità colla musica popolare hanno le Canzoni di _Franco
-Sacchetti_, il celebre novelliere (1330) che si cantavano con melodie
-dell'autore stesso, o di altri come si può arguire dalle soprascritte
-alle sue poesie (p. e. _Francus dedit sonum_ oppure _fatta per
-altrui_). La sua nota canzone: o vaghe montanine pastorelle, Donde
-venite sì leggiadre e belle? si cantava e suonava a liuto ed egli fa
-cantare «un fabbro il Dante come si canta uno cantare (Nov. CXIV) ed un
-asinajo canta il libro di Dante (Nov. CXV)».
-
-Molto diffuse erano pure le canzoni cosidette giustiniane dal loro
-autore _Leonardo Giustiniani_ (1388), erudito procuratore di S.
-Marco nelle terre della Repubblica, dilettante di musica «alla quale
-mi trae, come scrive, la natura stessa, che mi guidò per facile via
-al pieno possesso d'ogni musica, non il volere». Che fossero note e
-ricercate lo mostra il fatto che il duca di Milano Sforza incaricò
-il suo ambasciatore a Venezia di raccogliere «tutte le canzoni de
-domino Leonardo Iustiniano, che sieno belle e le note del canto
-per intendere l'aere venetiano». Musica popolare erano i _cantari_,
-eseguiti dai cantastorie con accompagnamento di liuto e viole, di
-carattere narrativo in strofe da cantare tutte su di una stessa melodia
-ed in certe città c'erano persino luoghi destinati ai _canterini_ o
-_cantimpanchi_ p. e. in piazza di S. Martino a Firenze, come pure le
-_frottole_ originarie, disordinate nel metro e da distinguersi dalle
-posteriori. Antonio Squarcialupi, che troveremo ancora, coetaneo
-ed amico di Giovanni dei Medici, era di solito il musicista delle
-frottole, che si cantavano la festa di S. Giovanni alle radunanze
-all'aperto o nei palazzi da liete brigate, delle quali Giovanni dei
-Medici era l'anima.
-
-Alla musica e canzone popolare appartengono finalmente le _Canzoni
-dei Battuti_ e le _Laudi medioevali_ nate col movimento religioso
-dell'Umbria nell'anno dell'Alleluja (1233). Molte di queste ci
-sono conservate nel testo ed alcune anche nella melodia (bibl.
-Magliabecchiana). Fra i poeti di Laudi è da nominarsi _Jacopone da
-Todi_, il giullare di Dio, il supposto autore dello _Stabat Mater_,
-_Feo Belcari_, _Lucrezia Tornabuoni_, madre di Lorenzo dei Medici e
-_Lorenzo_ stesso. Le melodie sono simili a quelle del canto gregoriano
-e delle sequenze ma vi sono ormai uniti altri elementi profani o la
-melodia è tolta intieramente da qualche canzone popolare nota. Così si
-cantava la lauda di Belcari: _Chi non cerca Gesù con mente pia_ secondo
-la canzone rammentata da Boccaccio: _Chi guasta l'altrui cose fa
-villania_, l'altra: _o vaghe di Gesù, o verginelle_ secondo la canzone
-di Sacchetti già citata: _o vaghe montanine pastorelle_, ecc.
-
-Questo sistema non aveva allora nulla di sconveniente e Gerolamo
-Savonarola lo favoriva anzi per diffondere sempre più le laudi, ciò che
-riuscì tanto bene, che Alessandro d'Ancona riporta nel suo libro: _La
-poesia popolare in Italia_ il primo verso di più di duecento canzoni
-popolari del secolo XV e XVI citate nelle raccolte di Laudi spirituali.
-
-Affini alle canzoni popolari sono pure le _maggiolate_ ed i _canti
-carnascialeschi_. Il Lasca che ne fece una edizione (1559) così ne
-parla: «Il primo canto o mascherata che si cantasse in questa guisa
-era di uomini, che vendevano berriquocoli e confortini: composta a
-tre voci da un certo Arrigo tedesco, maestro allora della cappella di
-S. Giovanni, e musico in quei tempi reputatissimo. Ma dopo non molto
-ne fecero pur a quattro e così di mano in mano vennero crescendo
-i compositori così di note come di parole». I poeti sono Lorenzo
-dei Medici, Jacopo Nardi, Dovizio Bibbiena, ecc.; i compositori: il
-Tromboncino, Arrigo Tedesco (Heinrich Isaak), Agricola, ecc. I canti
-carnascialeschi pubblicati recentemente da Masson sono quasi tutti
-a quattro voci e constano di due parti, una in tempo pari, l'altra
-in dispari ed arieggiano lo stile popolaresco se non veramente il
-popolare.
-
-Di grande importanza per la canzone popolare italiana e la musica
-popolare in genere sono finalmente le numerose composizioni di liuto,
-molte delle quali come appare e dai titoli che portano e ancor più dal
-carattere della musica stessa sono trascrizioni di canzoni o danze
-popolari. La ricostruzione dell'originale non presenta le stesse
-difficoltà che per le canzoni che servivano da canto fermo nelle
-composizioni polifoniche, perchè queste sono quasi sempre cambiate
-nel ritmo ed anche nella linea melodica, mentre le canzoni e danze per
-liuto mantengono anche per l'impossibilità di riprodurre l'intreccio
-delle voci e perchè appartenevano più alla musica di divertimento che
-alla dotta, molto più fedelmente ed il ritmo e la melodia. Finalmente
-dipendono in certo riguardo dalla musica popolare anche le posteriori
-_villanelle_ e _frottole_, perchè per quanto concepite nello stile
-polifonico esse hanno pure degli elementi che non troviamo nella musica
-dotta e che derivano dall'influenza inconscia della musica popolare.
-
-Ad onta di tutto ciò non è improbabile che la poesia e musica popolare
-sia stata più diffusa nei paesi nordici che nell'Italia, perchè la
-canzone deriva in ultima linea dalle Sequenze della Chiesa d'origine
-germanica, che in Italia furono sempre accettate a malincuore e
-delle quali soltanto cinque furono riconosciute dalla Chiesa. Nè è
-da dimenticarsi che i canti latini rimasero sempre inintelligibili ai
-popoli non romani, per cui era naturale che essi cercassero crearsi una
-poesia e musica popolare propria. Altri motivi che valgono ancor oggi
-sono da cercarsi nel carattere del paese e della nazione stessa.
-
-Maggiori notizie ci sono conservate sulla canzone e musica popolare dei
-paesi nordici. Tacito racconta che i Germani cantavano inni al loro dio
-Tuisco e che tanto questi che i Bretoni ed i Galli avevano già nei più
-remoti secoli bardi, specie di rapsodi, che cantavano le gesta degli
-eroi nazionali accompagnandosi coll'arpa od altro strumento.
-
-Tutti questi canti, che si dice abbia fatto raccogliere Carlo Magno,
-sono andati perduti, nè si possono chiamare canzoni popolari i pochi
-frammenti conservatici sulla battaglia di Fontenay (842) o sulla
-vittoria di Clotario II sui Sassoni (662) in versi latini, scritti
-senza dubbio da qualche monaco. Una vera canzone popolare sembra invece
-essere il _lied_: _Einen Kuning weiss ich_ del 882. Altre canzoni
-popolari vennero indirettamente formandosi dai canti della chiesa e
-specialmente dalle frasi melodiche del _Kyrie eleison_, che erano le
-uniche che venivano intonate anche dal popolo in chiesa. Come dalle
-_iubilationes_ dell'Alleluja s'erano formate le sequenze, nacquero dai
-melismi del _Kyrie eleison_ canzoni popolari con testo tedesco che si
-dicevano _Leise_ (corruzione di _Kyrie eleison_).
-
-Molte notizie su canzoni popolari profane e parte del testo di queste
-ma nessuna melodia contiene _la cronaca di Limburgo_, un manoscritto
-del secolo decimoquarto. E che qui si trattava di vere canzoni popolari
-lo dicono in modo più che esplicito questi due passi della cronaca:
-
-«In quel tempo (1531) si cantava nelle terre tedesche una canzone, che
-si poteva fischiare e trombettare a diporto d'ognuno. — Un monaco degli
-Scalzi lebbroso ed impuro faceva allora (1374) sul Meno le più belle
-canzoni; e tutti le cantavano volentieri e le fischiavano ed era un
-gran piacere a sentirle».
-
-Una raccolta preziosa di canti popolari contiene il _Locheimer
-Liederbuch_ del 1452, le di cui canzoni sono senza dubbio molto
-più antiche. Fra le 41 canzoni di questo libro vi sono vere perle
-melodiche, fresche ed espressive, con movimento ritmico svariato,
-sentimento e semplicità affettuosa. Alcune sono a tre voci di condotta
-naturale e correttissima ed in esse già si palesa decisamente il
-sentimento della musica dotta ancora ligia alle tonalità di chiesa.
-
-Alla diffusione delle canzoni pensava l'infinita coorte medioevale dei
-musicanti girovaghi e cantastorie, gente abbietta disistimata, specie
-di straccioni ed istrioni, che giravano di terra in terra, cantando ed
-accompagnandosi con pifferi, arpe, rote, cornamuse ed altri strumenti,
-scacciati da per tutto e chiamati e pagati viceversa ai balli, alle
-nozze, ai funerali; privi di diritti, malmenati e taglieggiati.
-Soltanto coll'andare del tempo venne a cessare l'istinto nomade di
-questa gente e si fondarono confraternite e gilde con statuti e diritti
-proprî. La prima di queste fu quella di S. Nicolò di Vienna (1288) a
-capo della quale stava il re dei pifferari con statuto e giurisdizione
-propria e che durò fino al 1782.
-
-Nel secolo XV vennero poi formandosi nella Germania le istituzioni
-dei pifferari di città, che durarono fino al secolo scorso e che
-sono le antenate delle bande civiche. In Francia simili associazioni
-prosperarono pure e già nel 1295 abbiamo notizia d'un _Jean Charmillon_
-nominato da Filippo il Bello a _roy des menestriers_. Nel 1330 fu
-poi fondata la _Confrèrerie de St. Julien des menestriers_, i di cui
-membri abitavano tutti in una contrada e dipendevano dal _roy_, persona
-influente, l'ultimo dei quali fu Jean Pierre Guignon, _roy des Violons_
-(secolo XVIII).
-
-Tutte queste associazioni erano non solo conseguenza dello spirito
-dei tempi ma ancor più del bisogno di trovare nell'unione una difesa
-contro la mancanza di ogni diritto. Tali confraternite non esistevano
-in Italia, perchè la natura italiana è aliena a simili associazioni e
-perchè la posizione sociale dei suonatori non era così meschina come
-negli altri paesi. Qualche cosa di simile troviamo però in Firenze,
-dove già nel 1292 e 1298 esistevano suonatori di tromba (_tubatores_)
-e cennamellari, stipendiati dalla Signoria, che dovevano abitar insieme
-in San Michele. Il loro compito era d'escire dalla città «_in exercitum
-vel cavalcatam_ e d'intervenire nelle solennità del Comune _facendo
-maitinatas_». In seguito vi si aggiunsero suonatori di piffero,
-bombarde e cornette. Simili notizie troviamo negli Statuti della città
-di Pisa, Arezzo, ecc. A Perugia venivano stipendiati nel secolo XV
-musicisti poeti detti _Canterini_, che dovevano cantare ed accompagnare
-canzoni alle mense dei Priori e sulle piazze.
-
-Noi abbiamo veduto l'influenza delle nuove idee del Cristianesimo sulla
-musica medioevale. Quando l'Europa meridionale non fu più agitata dalle
-immigrazioni barbare e si vennero formando regni stabili e fiorenti,
-anche l'arte risorse e si destò un novello sentimento di vita. Le
-Crociate, la Cavalleria, sorta nel secolo XI, le romanzesche guerre,
-gli amori il culto della donna non potevano a meno di trovare un'eco
-nella musica, che coi suoni richiamava alla memoria dei cavalieri i
-lontani lidi dell'Oriente, le ardite gesta dei caduti, le parole di
-amore delle dame del cuore.
-
-La poesia e musica dei trovatori, la _gaya scienza_, ebbe la sua culla
-nella ridente Provenza alla corte dei conti di Tolosa e Barcellona.
-Primi fra i trovatori (_arte de trobar_) dei quali esiste memoria,
-furono _Guglielmo di Poitiers_ (1087-1127), _Peirol_ (1169-1220?), re
-_Thibaut di Navarra_ (1201-1254) ed il celebre _Adam de la Halle_, il
-gobbo di Arras (1240). Fra i molti generi di poesia e musica provenzale
-ricordiamo la canzone, la tenzone, il _lays_, il _rondeau_, l'_alba_,
-la _serena_, la _serventese_, il _plan_ (pianto, lamento), la ballata,
-l'_estampida_, ecc., quasi tutti di soggetto amoroso.
-
-Colla poesia di moltissime canzoni provenzali ci restò pure conservata
-la musica, scritta in neumi (_nota corale_) sulle linee anche dopo
-l'introduzione della _nota mensurata_, la quale non era necessaria,
-perchè il ritmo era dato dalla poesia, che non conosceva che il metro
-di due sillabe (trocheo e giambo) e ben raramente faceva uso del
-dattilo ed anapesto di tre sillabe. Le trascrizioni più in uso delle
-canzoni provenzali sono poco atte a rendercele simpatiche, ciò che
-dipende dalla maniera sbagliata di leggerle. Ora che finalmente si
-comprese, che la notazione non è la mensurale ma che le note quadrate
-ed i neumi corrispondono alle note corali, le goffe melodie di prima
-si trasformano in vivaci canzoni ritmiche di ben altro effetto. Uno dei
-primissimi monumenti è un _Estampida_ di _Rambaut de Vaqueiras_ (circa
-1195) gentile e melodica. Nè i venti canti del racconto del secolo
-XIII, _Aucassin et Nicolette_, su una melodia che si replica, non
-sono senza qualche pregio anche per noi. In complesso anzi le melodie
-dei primi trovatori sono più spontanee di quelle dei posteriori,
-nelle quali l'artificio e la preoccupazione di trovare una melodia
-interessante e bizzarra nei melismi e nelle fioriture sono palesi.
-
-I trovatori appartenevano di solito alla classe nobile e non cantavano
-le loro composizioni, ma le facevano eseguire dai _Jongleurs_
-(ioculatores) e _Menestrels_ (ministeriales) suonatori e cantanti
-girovaghi di professione.
-
-La poesia e musica provenzale di Francia passò in Italia alle corti
-di Monferrato, Ferrara, ecc., dove essa però non seppe mai raggiungere
-quel grado di popolarità e diffusione che aveva in Provenza. Quantunque
-non ci sieno conservate composizioni dei trovatori e poeti italiani
-della scuola siciliana e napoletana, è probabile, anzi sicuro, che
-molte canzoni si cantavano. Il nuovo sviluppo della poesia italiana
-con Cavalcanti e Guinizelli ed ancor molto più con Dante e Petrarca
-indirizzarono però l'arte ad altri ideali troppo diversi da quelli
-della poesia e musica provenzale.
-
-Molta attinenza coi trovatori provenzali hanno invece i _Minnesänger_
-di Germania quantunque la diversità nazionale sia assai palese. Difatti
-mentre la poesia provenzale era semplicemente amorosa e l'amore
-vi si mostra piuttosto sotto le forme della galanteria che come un
-profondo e vero sentimento passionale, la poesia dei _Minnesänger_
-innesta al culto della donna quello di Maria ed il sentimento della
-natura, purificandosi da ogni pensiero di sensualità. Oltre a ciò
-mentre i trovatori provenzali davano eguale o maggiore importanza
-alla composizione musicale che alla poesia, i _Minnesänger_ non erano
-cantori nel vero senso ma piuttosto rapsodi, pei quali il metro e la
-declamazione erano più importanti della melodia.
-
-L'epoca avventurosa degli Hohenstaufen fu quella del fiore dei
-_Minnesänger_. I principali fra questi, alcuni dei quali vengono
-nominati come presenti alla lotta dei cantori alla Wartburg, se pure
-essa ebbe mai luogo (1207), sono _Wolframo d'Eschenbach_, l'autore dei
-poemi del Parcival e Titurel, _Goffredo di Strassburgo_, (1210), il
-poeta del Tristano, _Gualtiero di Vogelweide_ (1160?), _Tannhauser_
-(1270?), _Enrico Meissen_ detto Frauenlob, che le donne di Magonza
-per rendergli grazie delle sue canzoni in loro onore portarono alla
-tomba (1318), _Osvaldo di Wolkenstein_ (1387), il primo, che alle
-sue canzoni unisce vere melodie, mentre quelle dei suoi antecessori
-somigliavano piuttosto a declamazioni cadenzate ed alle salmodie del
-canto gregoriano.
-
-La musica dei _Minnesänger_ mostra una certa differenza con quella dei
-Trovatori, perchè la poesia tedesca ha il ritmo sillabico e non quello
-degli accenti, donde deriva una maggior varietà, perchè si potevano
-cambiare gli accenti. I provenzali cercavano di ovviare alla monotomia
-coll'introdurre nella loro musica una quantità di melismi, ciò che non
-era che un ripiego di varietà.
-
-Con Osvaldo la poesia dei _Minnesänger_ decade celermente e va a finire
-coi _Maestri cantori_, che durarono sporadicamente fino al secolo
-scorso (1839). La poesia dei _Maestri cantori_ non ha più nulla di
-elevato e non è che un miscuglio di trivialità e pedanteria, che ben
-s'addiceva ai membri di quelle società, che erano o fabbri o ciabattini
-e simili. L'unico Maestro cantore, che si eleva sopra gli altri
-per una certa lepidezza ed originalità fu _Hans Sachs_, il cantore
-ciabattino di Norimberga (1484-1576), autore d'una quantità di azioni
-carnevalesche, ad altre opere.
-
-Scopo dei _Maestri cantori_, uniti in corporazioni speciali con
-privilegi e diritti era il culto della canzone di carattere religioso.
-Il testo delle canzoni era quasi sempre tolto dalla Sacra Scrittura.
-Le melodie erano affini a quelle del canto corale ma deturpate da
-cambiamenti e non avevano alcuna relazione col testo. Esse portavano
-nomi stabili scelti fra i più barocchi e strani, p. e. il tono rosso,
-azzurro, sanguigno, delle scimmie, del cane da tasso grasso, ecc.
-La pedanteria più ridicola presiedeva alle sedute periodiche dei
-Maestri che coprivano cariche diverse. Le regole erano contenute nella
-cosidetta _Tabulatura_.
-
-Gli strumenti coi quali i Trovatori, i _Minnesänger_ solevano
-accompagnare i loro canti ed i menestrelli e musicanti girovaghi
-eseguivano le loro musiche sono assai numerosi e diversi. Una
-enumerazione quasi completa è contenuta in una poesia del _Roy di
-Navarra_, riportata da Forkel nella sua _Storia della musica_ (Vol.
-IIº, pag. 747). Noi dobbiamo contentarci di nominare i principali. Fra
-gli strumenti a corda predominavano l'arpa, il liuto, la chitarra, la
-teorba, il mandolino. Molto diffusa era la _vielle_, specie di viola
-a cinque corde (_sol, re, [=sol], [=re], [==re]_), che si suonava
-coll'arco senza ponticello (donde il _bourdon_), la _rota_, specie di
-violino, la _ribecca_, il _ribecchino_, la _giga_ d'origine araba ed
-introdotta dopo le Crociate. In Germania usavasi pure il _Trumscheit_,
-_tromba marina_, specie di monocordo in forma di un lungo cassetto
-risonante con una corda da toccarsi coll'arco, che può chiamarsi l'avo
-del contrabasso. Altri strumenti di questi secoli erano il _salterio_
-da suonarsi col plettro, l'_organistro_, strumento a manovella, la
-_fiedel_ e _viole_ di ogni specie, tutte senza ponticello; fra gli
-strumenti a fiato di legno: _flauti_ lunghi di più specie da suonarsi
-come i nostri clarinetti, _flauti traversieri_, _corni ritorti_,
-_cornamuse_ (_calamus_) _bombarde_ e _cornetti_ (_Zinken_) — fra gli
-strumenti di metallo: trombe e tromboni (i nostri corni sono di molto
-posteriori).
-
-
- LETTERATURA
-
- A. D'Ancona — _La poesia popolare italiana_, Livorno, Vigo 1878.
-
- Carducci — _Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei secoli
- XIII e XIV_, Pisa, Nistri, 1871.
-
- — _Musica e poesia._ Saggi letterari, Livorno, 1860.
-
- Gaspary — _Storia della letteratura italiana_, Vol. I.
-
- Oscar Chilesotti — _Saggio sulla melodia popolare del cinquecento_,
- Milano, Ricordi e C.
-
- A. Restori — _Per la storia musicale dei trovatori provenzali._
- Rivista musicale, Torino, anno II e seg.
-
- — _Il canto dei soldati di Modena_, Vol. VI. Rivista musicale,
- Torino.
-
- — _Musica allegra nei secoli XII e XIII_, Parma, 1893.
-
- I. B. Beck — _Die Melodien der Troubadouren_, Strassburgo, Trübner,
- 1908.
-
- Pierre Aubry — _Trouvéres et Troubadours_, Paris, 1909.
-
- T. H. von der Hagen — _Minnesänger_, Lipsia, 1858, vol. IV.
-
- Schletterer M. — _Studien zur Geschichte der französischen Musik_,
- Berlin, 1884.
-
- A. Puschmann — _Gründlicher Bericht deutschen Meistergesanges_,
- pubb. da R. Jonas, 1888, Halle.
-
- Kurt Mey — _Der Meistergesang_, 1900.
-
- Reissmann — _Das deutsche Lied_, Cassel, 1861.
-
- Schurè Ed. — _Histoire du lied_, Paris, 1868.
-
- Schneider — _Das musikalische Lied in geschichtlicher
- Entwickelung_, Lipsia, Breitkopf und Härtel 1864 e seg.
-
- Gius. Zippel — _I suonatori della Signoria di Firenze_, Trento,
- Zippel.
-
- A. Rossi — _Memorie di musica civile in Perugia_, 1874, nel
- Giornale d'erudizione, fasc. IV.
-
- A. D'Ancona — _I canterini del comune di Perugia_, in Varietà
- storiche e letterarie. Vol. I. Milano, Treves.
-
- Iulien Tiersot — _La chanson populaire en France_, Paris, 1889.
-
- Coussemaker — _Oeuvres complétes du trouvére Adam de la Halle_,
- Paris, 1872.
-
- _Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich_, vol. IX (canzoni di
- Osvaldo di Wolkenstein).
-
- P. M. Masson — _Chants de Carnevals florentins._ Texte musical,
- Paris, 1913.
-
-
-
-
-CAPITOLO VIII.
-
-L'«Ars nova» fiorentina ed il Rinascimento musicale in Italia.
-
-
-All'Italia, patria d'ogni bell'arte, a questa figlia della Grecia,
-era riservato l'onore d'ispirare alla musica un caldo alito di vita
-ed informarla ai principi dell'estetica. Il motivo del risorgimento e
-della nuova evoluzione della musica nei secoli XV e XVI è lo stesso
-di quello del Rinascimento delle altre arti belle. Le nuove idee,
-l'umanesimo, la riforma religiosa, le nuove scoperte, la stampa ed
-altri fattori vi influirono, e se la musica ebbe il suo Rinascimento
-posteriore alle altre arti, e se Palestrina nacque dopo che Dante,
-Petrarca, Raffaello erano morti, la ragione non è tanto da cercarsi nel
-caso quanto nella natura della musica stessa, la più giovane di tutte
-le arti, nella mancanza di documenti antichi, che servissero d'esempio
-come nella scultura, e nella circostanza molte volte osservabile, che
-il fiore d'un'arte non sempre va a paro con quello d'un'altra.
-
-Le fasi di questo meraviglioso sviluppo della musica sono simili a
-quelle della scultura e pittura presso i Greci. Dapprincipio, come
-nella statua di Giove di Fidia, tutta l'espressione era concentrata
-nel volto ed in nulla veniva ricercato l'effetto; così nella musica
-della grande epoca di Palestrina l'idea della divinità domina nella
-sua austera grandezza, poco curandosi dei lenocinii della melodia,
-della ricercatezza della forma e degli effetti strani. Il coro come
-espressione della massa predomina e l'accompagnamento degli istrumenti,
-appunto perchè individualizza l'idea, è bandito.
-
-Posteriormente col perfezionarsi della tecnica l'artista perde la
-semplicità e l'espressione sintetica di una figura, derivante da
-tutto il corpo e dalla persona in azione, l'attrae e gli desta il
-desiderio di rappresentarla nella sua verità. Anche ciò ripetesi
-nella musica nella quale agli alti ideali succedono le passioni umane
-individuali donde nasce la monodia, l'opera, che le esprime. Quando
-poi il materialismo predomina e subentra la virtuosità, si propagano
-la ricerca della caratteristica e dell'effetto, il manierismo e la
-superficialità e l'arte decade.
-
-La storia della musica in Italia prima dell'influenza fiamminga era
-fino a pochi anni fa ben povera di notizie. Ora però dopo novissimi
-studi si va facendo la luce anche su questo periodo e le recenti
-ricerche e la pubblicazione di molte composizioni di musica mensurata
-tolte dai più antichi codici (cod. Laureziano, modenese, panciatico,
-parigino, ecc.), che sono più di quattrocento, condusse alla scoperta
-di una scuola fiorentina ed in genere italiana di somma importanza, la
-cui arte Ugo Riemann chiama in contrapposto a quella anteriore francese
-o parigina _ars nova fiorentina_. Gli inizî di questa scuola sono da
-mettersi al principio del secolo XIII a Firenze. È difficile spiegare
-donde sia nata questa _Ars nova_, che arriva già ai tempi di Dante.
-Forse vi influì l'elemento provenzale che sappiamo quanta parte abbia
-avuto anche nella poesia italiana antica. Ma più probabilmente essa
-derivava dalla canzone popolare paesana, della quale non ci restano
-monumenti musicali ma più testimonianze dell'esistenza nelle opere
-letterarie contemporanee. La differenza che passa fra l'_Ars antiqua_
-e l'_Ars nova_ fiorentina è grandissima. Mentre la prima traeva le
-melodie del canto fermo della chiesa ed era essenzialmente arte sacra,
-l'_Ars_ fiorentina è mondana, crea liberamente le melodie e si serve
-di una seconda voce più bassa che diventa un vero accompagnamento ciò
-che era il rovescio del procedere anteriore. La declamazione del testo,
-che è quasi sempre una poesia di qualche merito, è più accurata e più
-libera. L'armonia è più ricca e meno dura, perchè vi abbondano invece
-degli intervalli di quarta, quinta ed ottava, le terze e le seste; il
-ritmo non è sempre a tre e la notazione diversa dalla francese in molti
-riguardi. Insomma queste musiche ben poco hanno a fare collo stile
-vocale a cappella.
-
-Riemann è dell'opinione che le opere dell'_Ars nova_ fossero scritte
-per voci umane con accompagnamento di strumenti (viole, basso, arpe)
-ciò che non è improbabile anche astraendo dalle conclusioni che Riemann
-vuol trarre da un passo di Franco Sacchetti (Nov. LXXIV «lo dicea
-con molte note come se dicesse un madriale») e da un altro passo di
-un trattato antico di _Johannes de Grocheo_, che pare alluda ad un
-accompagnamento istrumentale delle canzoni. Difatti la parte di basso
-ha carattere deciso di accompagnamento istrumentale e non di voce
-cantata, mentre le parte o parti superiori sono sì ricche di melismi
-e fioriture da non poter credere che venissero intieramente cantate.
-Riemann si provò a sottoporre le parole del testo alle parti ma con
-poco successo. Allora gli venne l'idea di separare le parti e trarne
-una vocale e più istrumentali. Egli è forse andato troppo innanzi
-e non è rimasto nella trascrizione sempre fedele all'originale ma è
-innegabile che il risultato è sorprendente e che queste opere così
-ridotte ci fanno un'impressione ben più gradita di quella che si ha
-udendo le opere della polifonia antica. Ed è altresì in queste opere
-che si potrà cercare la prima origine della grande riforma posteriore
-del Seicento.
-
-I rappresentanti di questa scuola sono per nominarne solo alcuni
-_Giovanni da Cascia_ o _Johannes de Florentia_, organista a Firenze
-poi ai servigi di Martino della Scala (1329-1351), _Don Paolo da
-Florentia_, _Gherardello_, _Laurentio_, _Paolo_, _Bartolino da Padova_
-e _Francesco Landino_ (1325-1397) il cieco degli organi («cieco del
-corpo ma dell'animo illuminato, il quale così la teoria come la pratica
-di quell'arte sapea e nel suo tempo niuno fu migliore modellatore di
-dolcissimi canti, d'ogni strumento suonatore e massimamente di organi»
-— lettera di Rinuccini).
-
-Le forme dominanti sono la _Caccia_ (scene e descrizione di caccie)
-spesso a guisa di canone, la _ballata_, il _madrigale_, tutte scritte a
-base armonica e melodica nel senso moderno della parola. O sono canzoni
-a sole voci o a voci ed istrumenti o forse per soli strumenti come
-l'arpa, viole, strumenti a fiato o l'organetto portatile. E che questo
-genere di musica fosse assai diffuso, si può argomentare da una rozza
-poesia di un tal _Jacobus_ che viveva a quei tempi.
-
- Tutti fan da maestri.
- Fan Madrigali, ballate e motetti
- Tutti infiorano Filippotti[1] e Marchetti[2]
- Si è piena la terra di magistroli
- Che loco più non trovano i discepoli.
-
-Quanto siamo ormai distanti dall'organo e dal discanto lo dimostra p.
-e. una caccia di Gherardello de Florentia che ben meriterebbe venir
-trascritta, onde dimostrare quanta vivacità e colorito realistico vi
-abbia in essa.
-
-Ecco almeno i primi versi:
-
- Tosto che l'alba del bel giorno appare
- Isveglia il cacciator. Su, su, su, su
- Ch'egli è 'l tempo. Alletta li can
- Tè, tè, tè, tè, Viola, tè. Primerate, ecc.
-
-Ulteriori ricerche e nuove scoperte potrebbero forse farci cambiare
-opinione circa l'origine della polifonia e del contrappunto se si pensa
-al grado di sviluppo dell'_Ars nova_ in Italia circa il Trecento e poco
-dopo ed al fatto che il Carducci riuscì a mettere insieme ben trentatre
-nomi di musicisti italiani togliendoli dai codici manoscritti.
-
-L'_Ars nova_ fiorentina esercitò un grande influsso su quella francese
-e spagnola e molte sono le composizioni di musicisti di quei paesi
-scritte nello stesso stile. Dal Trecento al Cinquecento si compose in
-Francia una quantità di canzoni di solito a tre voci con carattere
-popolare spiccato e maggior mobilità di ritmo e spigliatezza delle
-italiane. Marchetto da Padova, Filippo de Vitry e Giovanni de Muris
-stabiliscono le regole della nuova arte e da quel tempo il discanto
-viene sostituito dal contrappunto (_puntus contra punctum_), giacchè
-cessava il moto parallelo delle quinte ed ottave.
-
-Nel Quattrocento l'_Ars nova_ comincia a decadere specialmente
-dopochè i papi tornarono da Avignone a Roma (1377), e l'Italia subisce
-l'influsso dei forestieri specialmente dei fiamminghi (oltramontani)
-che, sia attirati dalla magnificenza delle corti dei principi italiani,
-sia dalla malìa che l'Italia destò mai sempre sui popoli nordici, per
-più d'un secolo vennero in Italia, vi si fermarono, fondarono scuole
-e v'impartirono i loro insegnamenti. La vita italiana di quei secoli
-era ben diversa di quella degli altri paesi. Mentre l'artista tedesco,
-legato alle pastoje di casta non era che una specie di artigiano,
-appartenente ad una delle tante confraternite ed intristiva in un
-ambiente angusto e pedantesco, le splendide corti italiane gareggiavano
-nel proteggere le arti ed onorare in ogni maniera gli artisti. E ben
-altra era pure la coltura delle classi più alte, l'interesse per le
-scienze ed arti. Un simile ambiente fecondava l'intelletto dell'artista
-e noi vediamo che i maestri fiamminghi scrissero le loro opere più
-celebri o in Italia o dopo che vi soggiornarono.
-
-Fu pure sotto l'influsso dei maestri fiamminghi, che vennero formandosi
-in Italia diverse scuole con fisonomia propria e differente come quella
-di Venezia, Roma e Napoli. Il fondatore della scuola musicale veneziana
-fu _Adriano Willaert_, nato a Bruges nel 1480, dapprima giurista poscia
-scolaro di Mouton e Giosquino. Willaert venne nel 1516 a Roma dove
-già si cantava un suo motetto, attribuito a Giosquino. Dopo il 1527 lo
-troviamo a Venezia alla chiesa di S. Marco, dove salì in grande fama,
-ebbe sommi onori e vi restò fino alla morte (1562). Willaert fu il
-primo ad introdurre i cori spezzati (_separati_) ripristinando l'antico
-costume della maniera antifonica di cantare i Salmi. L'occasione di
-tale innovamento fu forse accidentale e suggerita dal trovarsi in
-S. Marco due organi con separata cantoria. Ma il merito di Willaert
-non sta tanto in questa innovazione quanto nell'aver egli pel primo
-abbandonato il sistema fiammingo che basava sul contrappunto e sulla
-condotta delle singole voci, poco curandosi dall'armonia e dall'effetto
-generale, e nell'aver dato tutta l'importanza all'_accordo_ per sè
-ed alla tonalità ormai decisa, che si avvicina alla nostra per l'uso
-frequente della dominante del sistema moderno. A lui spetta oltre a ciò
-il merito d'essere stato uno dei primi a coltivare il _Madrigale_.
-
-Successore di Willaert fu il suo scolaro _Cipriano de Rore_ (1516-1565)
-di Mechel nel Brabante, ardito innovatore che fece largo uso della
-cromatica, abbandonando sempre più il genere diatonico rigoroso.
-Cipriano morì a Parma alla corte Farnese. Scolaro di Willaert fu pure
-Zarlino.
-
-Uno dei più celebri maestri della scuola Veneziana antica fu _Andrea
-Gabrieli_ (1510-1586), organista di S. Marco ed il vero rappresentante
-della scuola veneziana come Palestrina lo è della romana. Con lui
-lo stile iniziato da Willaert raggiunse l'apogeo ed alla ricchezza e
-grandiosità egli unisce l'espressione della melodia ed il sentimento.
-Egli ci lasciò composizioni per organo, per doppio e triplo coro fino a
-16 voci, fra le quali il celebre _Magnificat_ e la cantata composta per
-le feste date dai Veneziani sulla Laguna in occasione della visita di
-Enrico III di Francia.
-
-Ambros le caratterizza così: «Nelle musiche di Andrea Gabrieli troviamo
-lo splendore, la ricchezza, il colorito magnifico e quella folla
-innumerevole di figure moventesi nella luminosità dell'aria, che noi
-vediamo nei possenti quadri dipinti nelle chiese sugli altari dai
-pittori veneziani dello stesso tempo».
-
-Maggiore di lui fu il nipote _Giovanni Gabrieli_ (1557-1613), nominato
-nel 1585 organista del primo organo di S. Marco, scolaro dello zio
-e collega del celebre Hassler e maestro di Schütz. Nelle sue opere
-l'elemento drammatico e l'espressione individuale incominciano a
-mostrarsi e rompere l'oggettivismo di prima, segnando il principio
-della decadenza della grand'arte religiosa. Le sue maggiori doti sono
-la plasticità, il colorito e la grandiosità della concezione, raggiunta
-con mezzi relativamente semplici e senza speculazioni ed artefici.
-
-Una delle sue opere maggiori, le _Symphoniae sacrae_, contiene una
-quantità di composizioni vocali ed istrumentali. Alcune delle prime
-hanno accompagnamento di cornetti, violini e tromboni, che se serve
-in parte a rinforzare ed a colorire le parti vocali, pure alle volte
-cammina indipendente e segna i principi della musica istrumentale
-assoluta. Da ultimo rammentiamo di lui il grandioso Salmo 54º a
-sette voci, in cui non si sa se più si debba ammirare la sapiente
-disposizione delle voci o la grandiosità e ricchezza armonica, e la
-sonata _Pian e forte_ per più strumenti (tromboni, fagotti, cornetti,
-viole e violini) splendida di fasto e colore.
-
-Enrico Schütz, il grande precursore di Bach, quando venne per la
-seconda volta a Venezia per studiarvi il nuovo genere di musica
-(l'opera) scrisse: «Quando io venni a Venezia, approdai dove aveva
-passato i miei primi anni di studio alla scuola del Grande Gabrieli.
-Gabrieli, o dei immortali, quale uomo egli era! Se l'antichità lo
-avesse conosciuto, l'avrebbe preferito ad Amfione, e se le Muse si
-fossero sposate, Melpomene (!) l'avrebbe preso per marito».
-
-Alla sua epoca appartiene pure _Giovanni Croce_ di Chioggia (1560-1609)
-pregievolissimo e severo autore di musica sacra, come pure di musica
-profana (_Mascarate_ — _Triaca musicale_ — _capricci_, ecc.).
-
-Quantunque la scuola veneziana basi come la romana sui fiamminghi,
-pure la differenza che passa fra l'una e l'altra è rimarcabilissima. La
-musica dei maestri veneziani rispecchia la pompa, lo sfarzo delle feste
-della regina della lagune, dei palagi, dei dipinti di Paolo Veronese
-e Tiziano. Ai fiamminghi bastavano alcune voci che si contrapponevano
-ed univano nè essi si servono di istrumenti. I veneziani sostituiscono
-alle singole voci cori intieri e li rinforzano con istrumenti per
-colorire e far maggiormente spiccare il disegno. Nella scuola romana
-il principio conservativo è maggiore e più tenace, mentre la veneziana
-è decisamente più progressista. Perciò la posteriore riforma musicale
-trovò a Venezia terreno più ferace che a Roma, tanto che l'opera
-musicale drammatica si può dire ad eccezione delle origini veneziana.
-
-Passando alla scuola romana incontriamo pure una certa affinità fra
-le due arti della musica e pittura. Come Tiziano e Gabrieli sono i
-prototipi delle scuole veneziane, così in Roma Raffaello e Palestrina
-presentano alcuni punti di contatto, che indicano l'intima connessione
-che passa fra le due scuole, la comunità degli ideali e dei propositi.
-Alla ricchezza e varietà del colorito veneziano corrispondeva l'effetto
-grandioso, la pompa dell'armonia e delle voci, forse la sensualità
-dell'esteriore, diremmo quasi il verismo. In Raffaello e Palestrina
-l'effetto sta soltanto in seconda linea e cede il primo posto
-all'intensità del pensiero, all'idea, alla forma perfetta e classica
-che aborre da ogni lenocinio ed apparenza e da tutto quello, che non
-sia assolutamente necessario. A Roma dove le antiche tradizioni e le
-memorie erano troppo vive, perchè venissero dimenticate e messe in
-disuso, il culto del severo canto gregoriano non poteva fare a meno
-di influenzare potentemente colle sue melodie la musica. Per questo
-le opere della scuola classica romana basano sul canto gregoriano, dal
-quale esse traggono la loro caratteristica, che le distingue da tutte
-le altre.
-
-Fra i molti compositori che fiorirono in Roma prima di Palestrina
-nominiamo _Costanzo Festa_ fiorentino († 1545), grande e dotto
-contrappuntista, _Cristoforo Morales_ di Siviglia, fecondo ed inspirato
-precursore di Palestrina nella idealità dello stile. Di lui si
-cantavano ed erano celebri le _Lamentazioni_ ed alcuni _Magnificat_.
-
-I veri fondatori della scuola romana sono però a reputarsi i fiamminghi
-e fra questi _Giacomo Arcadelt_, cantore a Roma nel 1540, morto
-a Parigi, compositore semplice e severo, del quale ancor oggi si
-eseguisce un'_Ave Maria_, ammirabile per purezza e semplicità di stile,
-ma non come si credeva prima _Claudio Goudimel_, che pare non fosse
-mai in Italia e si confonde con _Gaudio Mell_, che forse fu maestro di
-Palestrina.
-
-_Giovanni Pierluigi_, detto _Palestrina_ dalla sua patria, nacque nel
-1514, secondo Haberl nel 1536, da modesti genitori. Venne presto a
-Roma dove fu assunto per la sua bella voce fra i ragazzi cantori di S.
-Maria Maggiore ed istruito nella musica. In seguito divenne scolaro
-di Arcadelt. Dopo alcun tempo passato come direttore della cappella
-di Palestrina fu nominato nel 1551 successore di Arcadelt nel posto
-di _Magister puerorum_ nella cappella Giulia. Depose questo ufficio
-per divenir cantore della papale nel 1555, donde fu scacciato ancor
-nello stesso anno da Paolo IV con altri due cantori perchè ammogliato.
-Dal 1555 al 1561 fu direttore in S. Giovanni Laterano, quindi fino
-al 1571 in S. Maria Maggiore. In questo tempo furono composte le
-tre famose Messe, fra le quali quella di _Papa Marcello_, a cui la
-leggenda suol attribuire di aver salvata la musica figurata dal bando
-della Chiesa. L'occasione fu la seguente. Nella 22ª e 24ª sessione
-del Concilio di Trento fu stabilito di bandire dalla Chiesa la musica
-mondana e di rimettere ai vescovi e concilii provinciali le ulteriori
-riforme necessarie. Pio IV nominò ai 2 Agosto 1564 una commissione di
-8 cardinali, che doveva stabilire le riforme da introdursi. Queste
-si occuparono specialmente del testo ed in seconda linea dei temi
-delle melodie, che non dovevano esser tolte da canzoni profane.
-Principalmente poi trattavasi della possibilità di udire chiaramente il
-testo nelle complicazioni polifoniche, nelle quali s'erano introdotti
-tali abusi, che il cardinale Capranica ebbe a dire che a sentire
-i cantori gli sembrava udire un branco di porcellini chiusi in un
-sacco. Palestrina fu allora incaricato dalla commissione di comporre
-una Messa che corrispondesse alle esigenze della chiarezza del testo.
-Egli invece ne compose tre, che furono eseguite ai 28 Aprile 1565 nel
-Palazzo del cardinale Vitellozzo. L'impressione che la terza, dedicata
-al protettore di Palestrina, Papa Marcello, fece sugli uditori, fu tale
-che si decise di desistere da ogni ulteriore riforma e di raccomandarla
-come modello. Haberl crede che essa fu scritta più anni prima del 1565
-e la sua importanza più che nell'intima bellezza che viene superata
-da altre messe di Palestrina sta nell'uso conseguente dello stile
-declamato, nel raggruppamento magistrale delle voci e nella varietà di
-colorito.
-
-All'esecuzione di questa Messa seguita due mesi dopo si dice che Papa
-Giulio IV abbia esclamato: «Un altro Giovanni ci fa presentire nella
-terrestre Gerusalemme quel canto che l'apostolo Giovanni rapito in
-estasi sentì nella celeste». In seguito a questo successo Palestrina fu
-nominato maestro compositore della cappella papale, nella quale carica
-durò fino alla sua morte, avvenuta ai 2 Febbraio 1594, l'anno di morte
-di Orlando Lasso.
-
-L'importanza di Palestrina per la musica sacra è somma. Sarebbe però
-erroneo il credere, che egli fosse un riformatore nel senso solito
-della parola, ma è forse appunto in ciò che sta la sua grandezza,
-nell'aver cioè saputo coi mezzi conosciuti raggiungere tanta altezza.
-Anzi considerando le opere dei madrigalisti contemporanei o di poco a
-lui posteriori, egli è ben meno moderno di questi, che sono col loro
-stile cromatico i veri romantici del secolo XVI. Egli è piuttosto il
-genio, che chiude una grande epoca che in lui, come la susseguente
-con Sebastiano Bach, raggiunse la perfezione, quasi concentrando tutte
-le sue forze e virtù in un uomo solo che le desse l'impronta storica.
-Nella sua musica è raggiunta la perfezione della forma, la misura del
-bello non è mai oltrepassata come qualche volta in Orlando; egli non
-abusa dei melismi, non fa uso di armonie strane e ricercate nè di ritmi
-originali e insoliti. Le sue doti tecniche principali sono la bellezza
-e perfezione della linea melodica, la trasparenza delle voci e la
-chiarezza del testo, difficilissima a raggiungere nella polifonia. Il
-contrappunto e le più ardue soluzioni non sono mai scopo ma soltanto
-mezzo, ed egli, adoperandole sovranamente, non ci pensa neppure ma
-tende più in alto. Da ciò dipende quell'infinita dolcezza, religiosità
-e mite melanconia che ci destano le sue opere, quel sentimento
-indefinito di speranza e di aspirazione alle cose alte. Nè perciò
-Palestrina è mai effeminato, come non lo è Raffaello, mai sentimentale
-come i posteriori, perchè la sua tristezza è quella d'un uomo, che
-sa che con lui non è tutto finito ma che la vita eterna, guiderdone
-dei giusti, lo aspetta. Spitta osserva che se Orlando Lasso fosse
-nato un secolo più tardi, egli sarebbe divenuto un grande compositore
-drammatico, ciò che non è pensabile per Palestrina, perchè egli come
-Bach ha bisogno della solitudine per concentrarsi e trae tutto dal suo
-intimo.
-
-L'intelligenza delle opere di Palestrina non è cosa d'ognuno. Chi
-le giudica semplicemente coi nostri pensieri e criteri artistici non
-saprà mai trovarvi quella virtù, che ne è la principale. La musica di
-Palestrina non vuol essere eseguita in concerto ma in chiesa, per la
-quale fu scritta. Allora soltanto si capirà quale tesoro d'ispirazione,
-religiosità e d'arte sia contenuto in essa, in quelle brevi e semplici
-melodie, che non sono le nostre ma che ci sottraggono alle cure
-terrene, in quei maestosi accordi, in quell'avvicendarsi di voci ora
-dolcissime ora potenti e maschie, che sembrano innalzarsi al cielo
-per chiedere grazia e perdono. Allora soltanto si capirà che questa
-è arte vera e grande, e che essa non potrà mai perire, giacchè essa è
-superiore ai capricci del gusto ed immutabile nelle sue eterne leggi.
-
-Palestrina fu autore assai fecondo. Fra le sue moltissime composizioni,
-che Baini, il suo ammiratore e biografo, divide in 10 stili (!),
-nominiamo la serafica messa _Assumpta est Maria_, forse la più
-sublime composizione del genere, la Messa di Papa Marcello, il Motetto
-_Tenebrae factae sunt_, il grandioso _Stabat Mater_ a due cori una
-delle opere più grandiose della musica da chiesa di ogni tempo, in
-cui il dolore ha accenti celestiali di rassegnazione e speranza; gli
-_Improperi_, le _Lamentazioni_ ed i _Motetti del Cantico dei Cantici_
-a cinque voci, opera d'una ineffabile dolcezza e soavità, una _Salve
-Regina_ a cinque voci.
-
-Wagner nel suo studio su Beethoven ne giudica così: «L'unica
-progressione nel tempo si palesa quasi soltanto nel più delicato
-cambiamento del colore fondamentale, che ci fa apparire i più svariati
-passaggi mantenendo ferma l'affinità più ampia, senza che noi ci
-possiamo accorgere di un'alterazione di linee in questo cambiamento.
-Così risulta un quadro quasi senza tempo e spazio, una visione affatto
-sopranaturale, che ci commuove sì profondamente».
-
-Palestrina esercitò colle sue opere un grande influsso sull'arte
-musicale religiosa dei suoi tempi. Egli fu l'antesignano di quella
-stupenda e numerosa scuola d'autori italiani, che seguirono le sue
-aspirazioni ed ideali e le cui numerosissime composizioni sono colle
-sue il modello della vera musica da chiesa. Lo stile di tutte queste
-è quello che da Palestrina ebbe il nome e che ha per impronta la
-semplicità unita alla maestà e grandiosità, un'eterea altezza priva
-d'ogni sensualità e reminiscenza mondana, una serenità serafica,
-che trasporta in regioni più alte, la perfezione della forma e della
-misura, escluso ogni elemento drammatico, o, per dirla con espressione
-più adattata all'epoca nostra, ogni sentimento di soggettivismo,
-come s'addice alla Chiesa cattolica che domanda che l'individuo non
-pensi alle cure terrene ma si unisca in un rapimento di fervore e
-speranza alla comunità dei fedeli. Eppure se eccettuiamo _Lodovico da
-Vittoria_ (1540-1613?), spagnolo di Avila, direttore della Cappella
-Sistina, che gli è quasi pari, nessuno dei contemporanei e posteriori
-seppe raggiungere Palestrina, perchè la sua arte è troppo personale e
-quasi troppo soprannaturale per venir imitata od essere suscettibile
-di progresso nello stesso ambito e già Pietro della Valle la chiama
-_monumento da museo_ (1640).
-
-Contemporanei di Palestrina furono _Giovanni Maria Nanini_ (1540?-1607)
-che fondò con Palestrina una celebre scuola, dalla quale uscirono
-insigni maestri quali _Felice e Giovanni Anerio_, Giovanni Animuccia,
-Giovanni Guidetti (1532-1592) che ebbe l'incarico di rivedere
-con Palestrina i libri del Canto gregoriano, alla qual difficile
-impresa egli dovette poi attendere solo, _Francesco Soriano_ romano
-(1549-1631) originale ed ardito innovatore, il celebre _Luca Marenzio_
-e _Marcantonio Ingegneri_ (1550), l'autore dei celebri _Responsori_ che
-fino pochi anni fa si credevano di Palestrina.
-
-Fra gli autori dell'epoca dell'incipiente decadenza nominiamo _Gregorio
-Allegri_ (1586-1652) della famiglia di Correggio, l'autore del celebre
-_Miserere_ a due cori, che si canta il Venerdì Santo nella cappella
-Sistina, composizione stupenda nella sua semplicità di accordi di
-seguito, i due _Mazzocchi_, _Ercole Bernabei_ (1670-1690), _Orazio
-Benevoli_ (1602-1672), direttore a Roma ed a Vienna, da ultimo a S.
-Pietro, autore di composizioni nelle quali la polifonia raggiunge il
-numero di 12, 14, 24 e 48 voci, insuperabile nell'arte di aggruppare
-voci e cori, senza che la chiarezza ne soffra. La sua arte è talmente
-grande, che ad una voce egli sostituisce un intiero coro e scrive
-pezzi in stile fugato con entrate per coro invece di singole voci,
-interrompendo saggiamente la troppa polifonia con brani in cui canta un
-solo coro e tutte le voci si acquietano in un maestoso corale.
-
-Giunti a questo punto non sarà forse senza utilità l'esaminare
-brevemente i diversi generi di composizione sviluppatisi dopo i
-primi tentativi polifonici. La musica medioevale dotta appartiene
-ad eccezione dell'_Ars nova_ quasi esclusivamente alla Chiesa. Come
-la pittura e scultura sceglievano senza eccezione soggetti sacri,
-così i musicisti fiamminghi e le scuole posteriori fino al seicento
-dedicarono il meglio delle loro opere alla chiesa. Fra le composizioni
-sacre spetta il primo posto alla _Messa_, la parte più importante
-della liturgia. Ma si avrebbe un'opinione ben falsa se si credesse,
-che i maestri antichi abbiano scelto con predilezione il testo della
-Messa per la varietà dei sentimenti ed affetti, per la diversità di
-espressione e carattere delle singole parti, giacchè siamo ancora
-ben lontani dall'individualizzazione dei sentimenti nella musica. Il
-testo della messa non è che una semplice preghiera, affatto priva
-di carattere drammatico e passionale. Il musicista non cerca punto
-di tradurre nella sua opera il significato dei singoli pensieri ma
-si contenta di scrivere della musica, che nell'intonazione generale
-corrisponda allo scopo liturgico e sia nel medesimo tempo opera d'arte
-musicale. Premesso ciò, si comprende come la maggior parte delle messe
-antiche sieno ben di rado scritte su di un tema originale, giacchè
-l'invenzione melodica aveva poca importanza.
-
-Affine alla Messa nella maniera di composizione è il _motetto_ (da
-_motto_ o _motus_) ora su testo della chiesa, ora su altre parole.
-Esso basa nella forma originaria sulla congiunzione di due o tre
-melodie profane o sacre di testo diverso, mentre il basso (o tenore)
-è di solito tolto dal canto gregoriano. Coltivato dapprincipio con
-predilezione venne poi decadendo quando fu scelto per spiegarvi
-tutte le arti più complicate del contrappunto. Allo stile del motetto
-appartenevano le _narrazioni evangeliche_ ed i _Salmi_.
-
-Il bisogno di dar più libera espressione ai sentimenti ed affetti
-dell'animo senza le pastoje del canto fermo, la coltura crescente, la
-vita socievole dell'epoca del Rinascimento influirono sullo sviluppo
-di un'altra forma di composizione, che in certo riguardo preludia
-alla _Monodia_, cioè al _Madrigale_ che rappresenta quasi la musica
-da camera del secolo XVI. La parola deriva da mandra (Pietro Aaron lo
-chiama ancora Mandriale) ed indicava una specie di poesia pastorale.
-Esso è uno dei vanti della poesia e musica italiana e vi lavorarono
-per perfezionarlo intiere generazioni. Il Madrigale è a 3 fino ad 8
-voci — di solito a cinque — varia nella melodia non però legata al
-canto fermo, cerca di esprimere colla musica il carattere del testo
-e sfugge dalle complicazioni scolastiche, cercando invece d'essere
-espressivo. Ciò doveva aver per necessaria conseguenza maggior libertà
-nell'uso della tonalità, che s'avvicina talvolta alla cromatica e
-rompe l'austera diatonica antica. Il Madrigale appartiene intieramente
-alla musica profana ma altresì alla polifonica, sicchè passa di
-solito poca differenza fra la maniera del Motetto e del Madrigale,
-quantunque vi predomini la linea melodica, anche perchè la poesia dei
-madrigali a versi di diverso numero di sillabe dava occasione a maggior
-caratteristica, a ritmi più svariati, libertà di forma ed imitazioni
-musicali.
-
-I primi madrigali si distinguono ancor poco dai motetti ma la
-differenza diventa col progredire del tempo sempre più grande, quando
-cioè si sviluppò il sentimento dell'accordo ed il basso diventa una
-parte importante. Allorchè poi si cominciò a ridurre i madrigali per
-una voce sola e liuto od altri strumenti, che eseguivano tutte le voci
-ad eccezione della superiore, che si cantava, era già preparata la
-strada alla monodia e difatti per stile madrigalesco s'intende poi lo
-stile recitativo e drammatico.
-
-I cultori del Madrigale formano una legione ed infinite sono le loro
-opere, tanto che p. e. dal 1535 al 1600 si stamparono cinquecento
-raccolte di madrigali ed ogni raccolta ne conteneva dai venti ai
-cinquanta. I più celebri furono gli italiani fra i quali nominiamo
-oltre Willaert, che fu tra i primi a coltivarlo, Festa, Palestrina,
-Anerio e sopra tutti _Luca Marenzio_ (1550-1599) detto _il più dolce
-cigno d'Italia_, bresciano, ispirato e melodioso, ed il principe di
-Venosa _Carlo Gesualdo_ (1560?-1614) ardito innovatore, che precorse i
-suoi tempi.
-
-Celebri madrigalisti conta pure l'Inghilterra (_Bird_, _Gibbons_,
-_Bull_, ecc.).
-
-Altro genere di composizioni erano le _canzoni profane_ dei musicisti
-(_chansons_, _Lieder_) pure di stile polifonico di solito a tre voci
-sul tema di qualche canzone popolare, ma che con questa nulla avevano a
-fare e che somigliavano piuttosto al motetto.
-
-Contemporanee al madrigale e pure di origine italiana sono le
-_Villanelle_, _villotte_, _canzoni alla Napolitana_, _frottole_, ecc.
-Le più antiche sono le frottole, canzoni polifoniche a più voci scritte
-senza grande arte ma non senza una certa freschezza ed ispirazione.
-_Marco Cara_, _Bartolomeo Tromboncino_, _Giorgio della Porta_ sono i
-più noti cultori di questo genere. Le Villanelle e le altre specie di
-canzoni posteriori le fecero andare in disuso. Queste son scritte in
-stile più libero del madrigale, e quantunque non appartengano alla
-musica popolare hanno più volte lo stile omofono, la melodia nel
-soprano, la varietà di ritmo. Celebri autori di Villanelle furono
-_Giovanni Gastoldi_ (1556-1622) e _Baldassare Donati_ († 1603).
-
-L'epoca di Palestrina è quella del canto a cappella. Esso era
-affatto diverso dalle opere dell'_Ars nova_ e ripigliava piuttosto
-le tradizioni del tempo dell'_organum_ e del discanto. Perchè poi
-l'_Ars nova_, senza dubbio più moderna e popolare, sia sì presto
-decaduta, tanto che se ne perdette quasi la traccia, è ben difficile
-spiegare. Forse vi influì la venuta dei maestri fiamminghi in Italia,
-ai quali era ignota la nuova pratica di musica e che erano sempre anche
-eccellenti cantori. La posizione dominante che essi presero alle corti
-italiane e nelle cappelle delle chiese, si ripercosse sulla produzione
-che divenne interamente vocale.
-
-
- LETTERATURA
-
- Friedrich Ludwig — _Die mehrstimmige Musik des XIV Iahrhundertes._
- Sammelbände der intern. Musikgesellschaft — Jahrgang IV, Heft 1,
- 1902.
-
- J. Wolf — _Florenz in der Musikgeschichte des XIV._ Jahrhundertes,
- Do. Heft 3, 1902.
-
- Gandolfi Riccardo — _Illustrazioni di alcuni cimeli concernenti
- l'arte musicale in Firenze_, Firenze, 1882.
-
- Riemann H. — _Alte Hausmusik_, Lipsia, Breitkopf und Härtel
- (trascrizioni).
-
- R. Eitner — _Adrian Willaert, Musikhefte für Musikg. XIX._
-
- — _Iacob Arcadelt, Musikhefte für Musikg. XIX._
-
- — _Cyprian Rore, Musikhefte für Musikg. XIX._
-
- G. Baini — _Memorie storico critiche della vita e delle opere di
- Giov. Pier Luigi Palestrina_, 1828.
-
- W. Baümker — _Palestrina_, Freiburg, 1877.
-
- Spitta Phil — _Palestrina. Deutsche Rundschau_, 1894, fasc. 7º.
-
- Brenet M. — _Palestrina_, Paris, Alcan, 1906.
-
- Cametti A. — _Cenni biografici di G. Palestrina_, Milano, Ricordi,
- 1894.
-
- E. Schmitz E. — _Palestrina_, Lipsia, Breitkopf und Härtel 1914.
-
- Collet H. — _Victoria_, Paris, Alcan, 1914.
-
- Cesari G. — _Le origini del Madrigale cinquecentesco_, Riv. music.
- ital., XIX, fac. 2º.
-
- Le opere di Palestrina e Vittoria furono pubblicate dalla casa
- Breitkopf und Härtel di Lipsia.
-
- Raccolte di opere scelte degli altri autori sono:
-
- Proske — _Musica divina._
-
- Dommer — _Musica sacra._
-
- Stephan Lück — _Sammlung ausgezeichneter Compositionen für die
- Kirche_, Leipzig, Braun, 3 volumi, ecc.
-
- Torchi — _L'Arte musicale in Italia_, vol. 1º-2º (Ricordi).
-
- Cfr. E. Vogel — _Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik
- Italiens_ aus den Iahren 1500-1700.
-
-
-
-
-CAPITOLO IX.
-
-Misteri e Passioni. — Origine dell'opera.
-
-
-L'uso di rappresentare azioni sacre si rintraccia ormai nel Medio
-Evo. Il testo della Messa e della Passione racchiude in sè elementi
-eminentemente drammatici, che eccitavano alla rappresentazione. I
-_Misteri_ e _Miracles_ più antichi cominciarono col far recitare da
-diversi chierici le parole dette dalle singole persone. La lingua era
-la latina nè usavasi apparato scenico. In seguito venne sostituita la
-lingua volgare e si passò dalla chiesa alle piazze davanti le chiese,
-ai mercati. A Pasqua del 1244 si eseguì in simil modo la Passione e
-Risurrezione di Cristo sul Prato della Valle a Padova e ci restano
-notizie di altre rappresentazioni a Cividale e negli Abruzzi (Pianto
-delle Marie). Speciali corporazioni si dedicano a queste azioni sacre,
-così, per es. la Compagnia del Gonfalone a Roma, la Confraternita
-dei Battuti a Treviso, la _Confrérie de la Bazoche_ a Parigi, ecc.
-Trasportati questi misteri della Chiesa sulla piazza ed introdottavi
-la lingua volgare vi subentra l'elemento popolare comico e con questo
-la scurrilità. La chiesa scaglia bandi ma indarno. Il diavolo diventa
-una specie di Arlecchino, che porta le spese del divertimento. Egli sta
-di solito legato in una botte e finisce col prendere delle bastonate.
-Ciarlatani, merciaioli, lo scemo sono frammisti alle persone sacre
-e parlano una lingua da trivio. La più sconcia caricatura di queste
-azioni sacre erano la _fête de l'âne_, le _Diableries_ e _Messe degli
-asini_ in uso in Francia dal secolo XII al XVI. La così detta _prosa
-de asino_ (_Orientis partibus_, ecc.) era il canto di prammatica di
-queste feste. La biblioteca di Parigi conserva in un manoscritto questa
-_prosa de asino_ ed un'intiera _Messa degli asini_ in notazione. Le
-biblioteche di Padova, Cividale, Parigi, S. Gallo, ecc., posseggono
-molti manoscritti con Misteri ed azioni sacre antiche.
-
-I Misteri venivano quasi sempre cantati. Le melodie erano simili alle
-gregoriane ed alle sequenze; in seguito vi si introdussero canzoni
-popolari. Quando poi il realismo vi prese piede, il canto cessò e
-le azioni sacre vennero decadendo e trasformandosi in drammi sacri
-o mondani recitati. Una specie di azione sacra, se tale si può dire
-si conservò però anche posteriormente nella _Passione_ e da questa
-trasse forse la origine l'_Oratorio_. _S. Filippo Neri_ (1515-1595),
-per trattenere il popolo dal prendere parte alle licenziose feste del
-Carnevale, istituì funzioni sacre, che si facevano dapprincipio nel
-convento di San Gerolamo a Roma e poi nell'Oratorio di Santa Maria
-in Vallicella. Esse consistevano in sermoni e racconti della bibbia
-con intercalate laudi spirituali, specie di inni sillabici a quattro
-voci con piccoli a soli senza rappresentazione scenica. _Animuccia_
-(1514?-1570), _Asola_ ed altri composero più di queste laudi in stile
-popolaresco, molte delle quali furono pubblicate senza nome dell'autore
-a Venezia nel 1563 e posteriormente. La prima funzione ebbe luogo nel
-1564. In seguito esse divennero vere azioni sacre, misteri, moralità,
-esempi e si chiamarono _oratori_, prendendo forse il nome dal locale
-dove si eseguivano. Alcuni autori vogliono invece far derivare il nome
-dalle arti oratorie, che si insegnavano nelle scuole e conventi, dove
-si eseguivano funzioni unite a produzioni musicali.
-
-L'oratorio originario si distingue in due categorie, il latino ed il
-volgare. Il primo ha somiglianza col medioevale liturgico e rinacque
-nel 1600 in forma di dialogo in lingua latina senza rappresentazione
-scenica ma collo storico che racconta. Il secondo deriva dalle antiche
-laudi, originariamente canzoni a strofe poi simili al motetto. La
-Congregazione dell'Oratorio fondata a Roma nel 1575 diffuse in Italia
-e Francia questo genere di musica semisacra. Nel 1600 si eseguì in
-S. Maria in Vallicella la _Rappresentazione di anima e di corpo_ con
-musica di _Emilio del Cavaliere_, membro della Camerata fiorentina
-dei Bardi, gentiluomo romano, nato circa il 1550, prima a Roma poi a
-Firenze. Essa consta di piccoli inni scritti nello stile madrigalesco
-e di _a soli_ con accompagnamento di cembalo, lira doppia, due flauti
-ed un violino all'unisono col soprano. In questi sono ormai messe in
-pratica le teorie della Camerata fiorentina, nè mancano intieramente e
-l'ispirazione e l'arte come lo mostrò l'esecuzione del 1912 a Roma. Il
-testo di questa rappresentazione che non è di Laura Guidiccioni come di
-solito si scrive ma del padre Agostino Manni, è un'allegoria strana in
-cui i personaggi incarnano soggetti astratti, come il tempo, la vita,
-il corpo, ecc. La _rappresentazione_ non è però da mettersi fra gli
-oratorî ma per la forma e la musica appartiene piuttosto al melodramma.
-
-Ma già ancor prima dell'Oratorio troviamo in Italia rappresentazioni
-di soggetto mondano con musica. Un embrione di queste è ormai il _Jeu
-de Robin et Marion_ di _Adam de la Halle_ già menzionato, eseguito a
-Napoli verso la fine del Secolo XIII, un grazioso idillio, che può
-interessare ancor oggi. Le canzoni (senza accompagnamento) che ci
-rimangono, palesano un deciso sentimento per la melodia e la tonalità
-moderna.
-
-Arteaga ci racconta d'una specie di mascherata allegorica con cori,
-salmodie, danze, accompagnate da istrumenti, che si fece con grande
-sfarzo nel 1388 in Milano in occasione delle nozze di Galeazzo Sforza
-con Isabella d'Aragona. Di simili rappresentazioni, che ebbero luogo
-in Roma, Firenze e Venezia, ci è pure conservata la memoria, così
-d'una cantata, _La Conversione di S. Paolo_, con musiche di _Francesco
-Beverini_ eseguita a Roma all'epoca di Sisto IV, circa il 1480, di
-un dramma del Poliziano, _Orfeo_, con musica di Zarlino, eseguito
-alle feste per Enrico III di Francia in Venezia nel 1574, di un
-altro dramma, _Orbecche_ (1541), musicato da _Alfonso della Viola_ in
-Ferrara, del _Pastor fido_ del Guarini con musica di _Luzzasco_ e di
-altri (_Striggio_, _Malvezzi_, _Luca Marenzio_, _Banchieri_, ecc.).
-La musica di tutte queste azioni si limitava ad alcuni cori con pezzi
-istrumentali e qualche _a solo_ e si eseguiva soltanto negli intermezzi
-degli atti con poca o nessuna attinenza coll'azione, che veniva
-semplicemente declamata e rare volte interrotta da un coro nello stile
-madrigalesco.
-
-Un discorso di Vincenzo Giustiniani pubblicato dal Solerti contiene
-questo passo caratteristico: «L'anno santo del 1575 o poco dopo
-cominciò un modo di cantare diverso da quello di prima... massime nel
-modo di cantare con una voce sola sopra un istrumento con l'esempio
-di un Gio. Andrea Napolitano e del sig. Giulio Cesare Brancaccio e
-d'Alessandro Merlo romano, che cantavano un basso nella larghezza dello
-spazio di 22 voci (3 ottave) con varietà di passaggi nuovi e grati
-all'orecchio di tutti».
-
-A noi sembra cosa incredibile, che in quella epoca in cui le canzoni
-popolari avevano ormai ritmo e melodia decisa e spiccata, non si abbia
-saputo applicare questi nuovi elementi al dramma stesso, ai monologhi
-ed ai dialoghi. Eppure una cosa sì naturale, ed apparentemente sì
-facile a farsi, non successe che più tardi dopo mille tentativi
-infruttuosi, tanto era ancor potente la polifonia che si considerava
-come l'unica maniera di musica dotta. Le prove però non mancarono. O
-si faceva cantare da una sola voce di solito la parte del contralto
-e si eseguivano cogl'istrumenti le altre parti reali, o si faceva
-cantare un monologo o dialogo da più voci nello stile polifonico. La
-più interessante opera di questo genere è l'_Amfiparnaso_ di _Orazio
-Vecchi_, distinto contrappuntista (1550?-1605), una specie di commedia
-buffa, in cui le parti dei singoli personaggi (Pantalone, Francatrippa,
-dottor Graziano, Ebrei, ecc.), vengono cantate dal coro in madrigali a
-5 voci.
-
-I musicisti anteriori al secolo XVII che intuirono ed in certo modo
-divinarono la grande rivoluzione musicale posteriore furono quel
-Cipriano de Rore, scolaro di Willaert, che fece uso ed abuso della
-cromatica senza saperne comprendere l'importanza, Luca Marenzio ed
-ancor più _Carlo Gesualdo_, ricco di «espressioni veementi a forza di
-straordinarie modulazioni» (Martini).
-
-Altro e maggiore spirito innovatore fu _Lodovico Grossi_ di Viadana,
-chiamato _Lodovico Viadana_ (1564-1627), uno di quegli uomini, cui,
-come a Guido d'Arezzo, la fama si compiacque di attribuire scoperte
-musicali ed innovazioni, per quanto ne manchi la prova. Quantunque i
-suoi celebri _Concerti ecclesiastici, a una, due, tre e quattro voci
-con il basso continuo per suonar nell'organo_ sieno stati pubblicati la
-prima volta nel 1602, essi furono certo scritti in una epoca anteriore,
-sicchè spetta senza dubbio anche a lui parte della gloria data alla
-Camerata fiorentina. In questi concerti le voci sono trattate come veri
-_a solo_ differentemente dalla polifonia ed il carattere è melodioso,
-diviso in periodi e ritmico nel senso moderno della parola. Una vera
-novità fu l'aggiunta del basso continuo, non il numerato come di
-solito si asserisce, nel quale viene ridotta l'armonia, staccandola
-dalle voci e facendola servire da vero accompagnamento e base al
-canto. La prefazione ai concerti ci spiega come Viadana sia giunto
-all'introduzione od almeno all'applicazione conseguente del basso
-continuo. Essendo ai suoi tempi sempre più frequente l'uso di far
-eseguire composizioni a più voci da una sola con accompagnamento di
-altre od istrumenti in causa dello stile fugato e ricco di contrappunti
-ne risultavano riduzioni incomplete con molte interruzioni, alla quale
-suppliva appunto il basso continuo, che empiva le lacune e rendeva più
-scorrevole e completa l'armonia. Il Basso generale o numerato non fu
-introdotto da lui, giacchè la parte dell'organo non porta che qualche
-indicazione del diesis e bemolle della terza ma non cifre di accordi,
-come, p. es. la _Euridice_ di Peri e Caccini, pubblicate ormai prima
-dei Concerti.
-
-Chi ne abbia avuto l'idea, non si seppe ancora accertare, nè si sa se
-esso abbia avuto origine dal bisogno pratico di scrivere una partitura
-o schizzo della composizione con indicazione degli intervalli delle
-voci mancando allora le nostre partiture, oppure dall'intuizione
-degli accordi. La supposizione più probabile è la prima giacchè il
-basso numerato non fu per lungo tempo che una cosa meccanica, una
-specie di tabulatura senza alcun influsso sulla maniera di comporre e
-perchè altrimenti non sarebbe spiegabile l'immensa sorpresa che recò
-la posteriore teoria di Rameau sull'armonia. Non è improbabile che il
-basso numerato fosse introdotto già prima di Viadana per comodità degli
-organisti, onde risparmiare spazio, giacchè, come scrive Agazzari,
-altrimenti «per la quantità e varietà d'opere bisognerebbe l'organista
-maggior biblioteca d'un legale». Ma altresì si può ammettere che il
-basso numerato influì ad avvezzare l'orecchio o meglio l'occhio a
-comprendere l'essenza e la natura dell'accordo ed a leggere la musica
-non più orizzontalmente ma verticalmente. A Viadana spetta il merito
-od il biasimo di avere introdotta la monodia nella musica da Chiesa, la
-cosidetta _seconda pratica di musica_, o stile concertante a differenza
-dello stile a cappella, che fu certo la prima e maggior cagione
-del suo decadimento. Egli pure poi come gli altri menzionati tentò
-d'esprimere colla musica il sentimento delle parole e di darle motivi
-caratteristici.
-
-Lo stile dei _concerti_ non è del resto ancora il recitativo, perchè le
-melodie chiuse non vi sono evitate ed è trascurata l'accentazione delle
-parole. Il lagno generale era la mancanza d'espressione, di gentilezza
-e soavità che si rimproverava alla polifonia, la quale nel suo
-complicato tessuto di voci impediva di intendere le parole del testo
-ed escludeva la possibilità di esprimere i sentimenti individuali,
-«essendo nato il contrappunto in tempi rozzissimi e fra uomini d'ogni
-sorta di letteratura e gentilezza nudi, e che con li nomi stessi
-dimostrano la loro barbarie» (G. B. Doni).
-
-La soluzione di questo problema doveva trovarsi in Firenze, che fu
-la vera culla della musica drammatica e per conseguenza moderna,
-dove la vita in seguito alle lotte intestine era più agitata, e dove
-ebbe principio il Rinascimento delle arti. Gli studi umanistici e
-specialmente greci furono una delle cause della nuova rivoluzione
-musicale. Gli spiriti cessarono di rivolgersi esclusivamente al cielo
-e piegando gli sguardi alla terra «a questa bella d'erbe famiglia e di
-animali», si sprigionò dai petti un alito di vita calda e sensuale.
-La corte dei Medici accoglieva in quel tempo dotti, poeti, artisti e
-musici, che si ritrovavano in convegni a trattare questioni di scienza
-ed arti. Specialmente nella casa di _Giovanni Bardi_, Conte di Vernio,
-uomo assai colto, poeta e musico si radunavano molti artisti e dotti
-per trattare sopratutto di questioni musicali. Assidui frequentatori
-di questa Camerata erano _Giulio Caccini_ romano (1550?-1618), _Jacopo
-Peri_ (1561-1633) di origine fiorentina, _Emilio del Cavaliere_,
-_Vincenzo Galilei_, padre di Galileo (1540-1610), il poeta _Ottavio
-Rinuccini_, _Girolamo Mei_, _Pietro Strozzi_ ed _Jacopo Corsi_, nella
-casa del quale avevano luogo le riunioni, dopochè Giovanni Bardi fu
-chiamato come camerlengo alla Corte di Clemente VII.
-
-Dalla lettura degli autori greci, che decantavano la musica delle
-tragedie e dalle dottrine platoniche si era venuta formando la
-persuasione della sublimità di questa musica e si cercava di scoprirne
-la natura e la qualità. Il dialogo di Vincenzo Galilei sulla musica
-antica e moderna (1581) contiene la vera sfida di guerra alla musica
-antica. Egli pubblicò alcuni frammenti musicali di inni greci scoperti
-ma non seppe trovare la chiave per decifrarli. E così successe, che
-credendo di imitare la musica greca, della quale allora assolutamente
-nulla si sapeva ed oggi poco si sa, nacque lo stile drammatico, così
-detto _rappresentativo_. L'onore di aver fatto i primi tentativi
-spetta pure a Vincenzo Galilei, che compose la scena di Ugolino
-di Dante per voce sola ed accompagnamento di viola ed alcuni brani
-delle Lamentazioni di Geremia, quantunque da un passo di Baldassar
-Castiglione (I, 13) «ma sopratutto parmi gratissimo il cantare alla
-viola per recitare, il che tanto di venustà ed efficacia aggiunge alle
-parole che è gran meraviglia» si possa arguire, che simili tentativi
-furono fatti ancor prima. Il plauso che ne ottenne fu grande e ben
-presto si trovarono imitatori, fra i quali _Giulio Caccini_, che,
-nel 1601 pubblicò col titolo di _Nuove musiche_ una raccolta di pezzi
-scritti alcuni anni prima con accompagnamento di chitarrone o tiorba
-romana, specie di liuto a 10 corde. Essa contiene dodici madrigali
-a una voce, dieci arie ed alcuni frammenti tolti dal _Rapimento di
-Cefalo_. I madrigali sono semplici declamazioni, le arie si avvicinano
-alla canzone a strofe. Il basso numerato è senza interesse ma
-abbastanza corretto. Nella prefazione «ai lettori» vien data l'idea
-del nuovo stile, del quale Caccini si proclama inventore e sviluppata
-la teoria del canto. Lo stile di queste composizioni è diverso dal
-polifonico e si avvicina all'arioso senza melodia periodizzata,
-limitandosi ad una declamazione accentuata con piccole frasi melodiche
-e ritmo non deciso. In complesso però le _Nuove musiche_ sono ben
-poca cosa ed appartengono più che al nuovo stile alla _pratica del bel
-canto_, che era fra i supremi fini della Camerata. Riemann sempre in
-cerca di novità ha tentato ultimamente una riabilitazione delle _Nuove
-musiche_, cambiandone in parte il ritmo segnato che è il solito C,
-mentre in realtà vi si mescolano altri ritmi di 3/4 e 3/2, nè si può
-negare, che la nuova divisione ritmica rende quelle composizioni più
-agili e meno angolose.
-
-Questa innovazione non rispondeva però ancora all'idea della Camerata,
-che si pensava essere stata la musica delle tragedie greche qualche
-cosa di medio fra la parola ed il canto, più di una declamazione
-passionata e meno che una melodia ritmica, in una parola il _recitativo
-secco_ della nostra musica. Chi lo scoprì ed introdusse fu _Jacopo
-Peri_ († 1633), il Zazzerino, celebre cantante e musicista, che musicò
-la _Dafne_ di Rinuccini, eseguita in casa Corsi nel 1594, la prima vera
-opera scritta nello stile rappresentativo che corrispondeva a quanto si
-crede, agli ideali ellenici della Camerata, perchè ne andò perduta la
-musica ad eccezione di due brani insignificanti, che sono composti da
-Bardi e non da Peri.
-
-Sembra strano che un tale genere di musica, che destò tanta
-ammirazione e plauso, non abbia tosto trovato imitatori, giacchè non
-ci è conservata alcuna memoria di dramma in musica fra la _Dafne_ e
-l'_Euridice_, questa pure scritta da Rinuccini, con musica di Jacopo
-Peri, rappresentata a Firenze ai 6 ottobre del 1600 in occasione delle
-nozze di Maria dei Medici con Enrico IV di Francia nel palazzo Pitti
-in presenza della corte e dei nobili fiorentini con grande sfarzo di
-scene, vestiari e macchine. Peri cantò egli stesso la parte di Orfeo,
-mentre Caccini, che avea pure composto alcuni pezzi, dirigeva i cori.
-L'orchestra nascosta dietro la scena, si componeva di un clavicembalo,
-un chitarrone, un liuto grosso ed una lira grande, oltre molti
-istrumenti a fiato e corda, che accompagnavano i cori o suonavano i
-ritornelli.
-
-Giulio Caccini compose esso pure l'_Euridice_ e la pubblicò nel 1600
-presso Giorgio Marescotti. Questi due drammi per musica, o tragedie,
-come si chiamavano allora, sono scritti nello stile rappresentativo ed
-in essi erano messe in pratica le teorie nuove, frutto delle conferenze
-della Camerata fiorentina. Noi usi alla melodia moderna possiamo
-a stento capacitarci dell'ammirazione che destarono ai loro tempi,
-giacchè essi non contengono che lunghi recitativi con piccoli brani
-nello stile arioso e cantabile, avendo Peri e Caccini voluto escludere
-i pezzi chiusi, la melodia organica e periodizzata, perchè credevano
-che i Greci non l'avessero conosciuta od usata nei loro drammi. Anzi si
-può dire che questa nuova musica che evitava di progetto la melodia e
-specialmente il periodo melodico era un regresso in confronto dell'_Ars
-nuova_ fiorentina del Trecento e Quattrocento, come è pure ormai da
-rigettarsi l'opinione comune che l'introduzione della monodìa sia un
-merito della Camerata, giacchè questa la troviamo e migliore ancora
-prima e perchè le aspirazioni dei riformatori erano precipuamente
-rivolte alla verità drammatica da raggiungersi colla chiara ed
-accentata declamazione e l'accompagnamento istrumentale armonico. Del
-pari poco elaborati sono i cori, di gran lunga inferiori a quelli
-dell'epoca anteriore e contemporanea, nè gran fatto interessante è
-l'accompagnamento scritto per semplice basso, che procede alle volte a
-tentoni e soltanto nei momenti più caratteristici e passionali un poco
-si avviva e muove. E neppure si può pensare ad un orchestra con parti
-differenti per gli istrumenti, giacchè era lasciato al suonatore di
-scegliere a suo piacimento e secondo il suo buon gusto e tatto musicale
-le note degli accordi del tono indicato dal basso.
-
-I meriti della Camerata fiorentina risultano perciò specialmente dopo i
-nuovi studi molto più modesti di quanto si credeva prima. Lo stil nuovo
-è ormai abbastanza chiaramente accennato nei madrigali drammatici e
-negli intermezzi madrigaleschi di Striggio, Marenzio, Vecchi ed altri.
-Nè nelle due Euridici troviamo ancora il vero recitativo drammatico
-ma piuttosto degli ariosi rozzi. La loro importanza sta invece nel
-predominio del canto a solo e nell'introduzione del canto espressivo,
-che segue il testo. Ciò nullostante essa fu immensa per la musica,
-poichè ambedue segnarono il principio della vera rivoluzione musicale,
-dell'emancipazione dalla musica semplicemente polifonica e dalla
-diatonica dell'epoca anteriore. La mancanza della melodia periodizzata
-era meno importante che il tentativo di dar alle parole espressione
-adeguata e giusta, che è visibile ad ogni pagina di queste due opere,
-nelle quali ormai si fa uso della dissonanza per caratterizzare e si
-va trasformando la salmodia antica in vera recitazione e declamazione
-drammatica.
-
-Tanto Peri che Caccini ci hanno lasciato nella Prefazione delle loro
-opere un Credo artistico, che merita venir citato almeno in parte,
-anche perchè esso ha una certa rassomiglianza colle teorie wagneriane.
-
-(Peri) «.... Veduto che si trattava di poesia drammatica, e che però
-si doveva imitar col canto chi parla (e senza dubbio non si parlò mai
-cantando), stimai che gli antichi Greci e Romani usassero un'armonia,
-che avanzando quella del parlare ordinario, scendesse tanto dalla
-melodia del cantare che pigliasse forma di cosa mezzana.... Conobbi,
-parimenti nel nostro parlare, alcune voci intonarsi in guisa che vi
-si può fondare armonia; e nel corso della favella, passarsi per altre
-molte che non si intuonano finchè si torni ad altra capace di movimento
-di nuova consonanza.... E però, sì come io non ardirei affermare
-questo essere il canto nelle greche e nelle romane favole usato, così
-ho creduto esser quello che solo possa donarcisi dalla nostra musica,
-per accomodarsi alla nostra favella.... E spero che l'uso delle false,
-sonate e cantate senza paura non vi saranno di noia, massime nelle arie
-più meste e più gravi....».
-
-(Caccini) «E questa è quella maniera, altresì, la quale discorrendo
-Ella (_Bardi_) diceva essere stata usata dagli antichi Greci....
-Nella qual maniera di canto, ho io usato una certa sprezzatura, che
-io ho stimato che abbia del nobile, parendomi con essa di essermi
-appressato quel più alla natural favella.... non havendo mai nelle
-mie musiche usato altr'arte, che l'immitazione de' sentimenti delle
-parole, toccando quelle corde più affettuose, le quali ho giudicato più
-convenirsi per quella grazia che si ricerca per ben cantare....».
-
-E così era nato un nuovo genere di musica, che per un capriccio o caso
-dovevasi alla fisima d'aver rinnovellato la tragedia greca colla quale
-non aveva certo neppur lontana somiglianza nè di questa l'importanza
-etica, ma che era destinato a dominare il campo musicale fino al nostro
-tempo ed in futuro. Ma se la speranza o la credenza d'aver ripristinata
-la musica greca che colla sua teoria era stata soltanto un ostacolo
-al progresso dell'arte musicale, non fu che una vana illusione,
-la nuova e grande innovazione era la espressione di quell'istinto
-essenzialmente umano, che solamente nell'unione del sentimento
-spirituale del Cristianesimo col sensuale del Paganesimo vedeva o
-divinava la perfezione artistica. E come il sentimento ellenico, il
-piacere estetico della perfezione della forma fu quello che produsse la
-rivoluzione nella pittura e cagionò il Rinascimento delle arti e della
-letteratura, così l'unione dell'idea del mondo greco, il sentimento
-umano e terreno collo spiritualismo del Cristianesimo ispirò nuova vita
-alla musica e la fece arte umana vera e capace di esprimere la gioia ed
-il dolore del singolo individuo, che agognava ad indipendenza di azione
-e di pensiero. La poesia, che nello stile polifonico aveva perduta
-ogni importanza, viene rimessa nei suoi diritti, la musica diventa la
-compagna di lei e ne nasce l'elemento lirico musicale.
-
-Il dramma, come l'avevano ideato Peri e Caccini non poteva ancora
-corrispondere agl'ideali, che essi forse intravedevano ma non sapevano
-realizzare, giacchè la polifonia non era nelle loro opere eliminata ma
-soltanto trasformata e la tecnica e l'arte erano ancora insufficienti
-ad esprimere l'elemento soggettivo, che in quei tempi di risorgimento
-delle arti e del pensiero si faceva sempre più potente. L'opera di Peri
-e Caccini era nata alla corte dei Medici fra lo sfarzo delle feste e la
-pompa delle vesti e scenarî ed era monopolio dei principi. Il popolo
-vi restava estraneo, perchè le sue canzoni, le sue melodie parlavano
-altrimente al suo cuore ed altrimente lo commovevano. Alla nuova opera
-mancava ancora la vita interna, l'alito vivificatore che la facesse non
-una semplice parodia della tragedia greca ma l'espressione vera delle
-passioni umane. E forse per questo Peri e Caccini dopo l'_Euridice_ non
-ritentarono la prova.
-
-Questa è la storia esterna dell'origine dell'opera musicale. Ma ne
-esiste un'altra non meno importante e non meno vera, colla quale la
-Camerata fiorentina nulla ha da fare. Questa ha dato senza dubbio
-l'impulso immediato ma non è da credere che l'idea fecondatrice avrebbe
-creato l'opera, quando i tempi non fossero stati maturi e non fosse
-stata preparata nella pratica e nella teoria la trasformazione della
-polifonia alla monodia.
-
-La teoria greca conosce le consonanze ma più in teoria che in pratica.
-L'_organum_ colle quarte e quinte parallele, il bordone colle seste e
-terze non ebbero alcuna importanza per la intelligenza dell'armonia,
-ma rimasero rozzi tentativi meccanici. Da questi principî poteva
-però nascere l'armonia se non fosse stato introdotto col discanto
-il principio del moto contrario delle voci, che non si curava punto
-dell'accordo o consonanza delle voci, affidata al caso od all'istinto.
-La terza si riconobbe col tempo per consonanza ma imperfetta, tanto
-che il principio e la fine delle composizioni non hanno che la quinta
-e l'ottava ma non la terza. Chi divinò il nostro sistema d'armonia
-ma non seppe trarne conseguenze pratiche fu Giuseppe Zarlino nelle
-sue Istituzioni armoniche e forse ancor prima di lui un altro
-italiano _Lodovico Fogliarti_ nella sua _Musica theorica_ (1529). Ed
-a sconquassare l'edificio delle tonalità antiche servirono certo i
-tentativi di introdurre la cromatica e l'enarmonica, fatti da _Nicola
-Vicentino_, Cipriano de Rore, Gesualdo e Marenzio. A dar l'ultimo
-crollo alla teoria antica e far comprendere l'accordo servì poi il
-basso generale per quanto probabilmente per caso e non per frutto di
-speculazioni teoriche.
-
-Le canzoni popolari ebbero pure grande parte alla nuova rivoluzione
-musicale. L'uso di mettere la melodia o canto fermo nel tenore va
-adagio cessando ed il soprano cambia di spesso il nome di discanto
-in quello significativo di _cantus_. Le composizioni scritte per voci
-ed istrumenti e la maniera di cantare una o due voci ed eseguire con
-istrumenti le altre servì pure a far comprendere l'accordo. Petrucci
-stampò ormai nei primi anni del secolo XVI, dunque molti decenni prima
-dell'opera composizioni per soprano e liuto (tenore e basso). La parte
-di questo per l'impossibilità di tenere le note doveva diventare una
-specie di accompagnamento della voce che dominava anche per la poca
-sonorità dell'istrumento. Lo stesso si può dire delle composizioni
-scritte per più liuti, dove la melodia è sempre nella prima parte. E
-neppure bisogna tener fermo all'asserzione che Peri e Caccini sieno i
-primi monodisti perchè il basso dei Concerti ecclesiastici di Viadana,
-stampati nel 1602 ma scritti prima non è una semplice parte vocale ma
-un vero basso istrumentale e perchè la melodia è più scorrevole che
-nelle melopee dei primi, che propugnavano la «nobile sprezzatura del
-canto».
-
-La nuova forma fu dunque piuttosto la conseguenza dello svegliarsi
-della coscienza musicale e dei progressi dell'arte che del caso o delle
-sedute della Camera fiorentina. Ma se ammettendo ciò, si attenua la
-gloria di questa, non spetterà meno all'Italia il vanto di aver creato
-l'opera drammatica musicale. «Soltanto la nazione che deriva dai Romani
-e nella quale s'era ridotto quello che restava dei Greci, trovò forme
-che innalzavano la musica sopra lo strimpellare di suonatori e pifferai
-pagati e le speculazioni di scolastici all'indipendenza di arte bella.
-Gli Italiani seppero con grazia e successo far cose, che in ogni altro
-paese sarebbero state impossibili e riuscite ridicole, tanto essi
-avevano assorbito l'arte antica e le sue forme. Persino imprese che
-basavano palesemente su premesse false riuscirono a bene. Come sarebbe
-stato possibile in Germania, in Inghilterra od in Francia, di trovare
-coi mezzi che disponevano gli Italiani le due forme fondamentali della
-musica, l'opera e l'oratorio? Noi sappiamo che le loro premesse erano
-affatto infondate, giacchè nella musica greca non si troverà nulla
-che potesse servire di modello alla musica italiana che se ne faceva
-derivare; tali contradizioni, riconosciute o meno, avrebbero reso lo
-spirito germanico inetto a compiere qualsiasi cosa, mentre l'Accademia
-fiorentina, camminando sulle nuvole della fantasia come su di una
-strada aperta, raggiunse il suo scopo. Gli Italiani consideravano
-l'antichità non come freddi indagatori ma come artisti e ciò, a cui uno
-storico non avrebbe prestato alcuna attenzione, era l'unica cosa che
-per essi aveva valore. Il sentimento della forma artistica era in loro
-talmente potente, che bisogna ammettere che fosse piuttosto un istinto
-congenito della bellezza che il frutto di una coltura di più secoli.
-
-Chi potrebbe credere che la stessa nazione che aveva raggiunto
-la perfezione nei cori di chiesa, nel canto polifonico profano,
-nel madrigale potesse subito dopo creare la cosa più semplice, il
-recitativo, la monodia e l'arte del canto? Quasi tutto ciò che esiste
-di nuovo in questo riguardo lo dobbiamo a loro, e quando le altre
-nazioni avevano incominciato ad appropriarsi le nuove forme, gli
-Italiani le sorprendevano con delle nuove. (Chrysander, Händel, vol. I,
-153).
-
-
- LETTERATURA
-
- A. D'Ancona — _Origine del Teatro in Italia_, Firenze, 1877.
-
- C. Coussemaker — _Drames liturgiques du moyen-âge_, Rennes, 1860.
-
- F. I. Mone — _Schauspiele des Mittelalters_, 1846.
-
- _Commemorazione della Riforma melodrammatica_, Firenze, 1895,
- Galletti e Cocci.
-
- E. Rolland — _Histoire de l'Opéra en Europe avant Lully et
- Scarlatti_, 1895.
-
- Alaleona D. — _Studi su la storia dell'oratorio musicale in
- Italia._ Torino-Roma, 1908.
-
- — _Le laudi spirituali italiane nei secoli XVI e XVII._ Rivista
- musicale italiana. 1909, fasc. 1º.
-
- Goldschmidt Hugo — _Zur Geschichte der italienischen Oper im XIII.
- Jahrhundert._ Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1901.
-
- Pasquetti Guido — _L'oratorio musicale in Italia._ Storia critica
- letteraria. Firenze, Le Monnier, 1906.
-
- Schering Arnold — _Die Anfänge des Oratoriums._ Lipsia, 1907,
- Breitkopf und Härtel.
-
- Parazzi — _Vita ed opere musicali di Lodovico Grossi Viadana_,
- Milano.
-
- Ehrichs Alfred — _Giulio Caccini_, Leipzig, Hesse, 1909.
-
- A. Solerti — _Le origini del Melodramma._ Torino, Bona, 1901.
-
- — _Gli albori del Melodramma._ Palermo, Sandron, 3 v., 1903.
-
- — _Musica, ballo e drammatica arte alla Corte medicea, ed altre
- feste fiorentine dal 1600 al 1640._ Firenze, Bemporad, 1903.
-
- R. Eitner — _Die Quellen zur Entstehung der Oper-Monatshefte für
- Musikgeschichte._
-
- R. Kiesewetter — _Schicksale und Beschaffenheit des weltlichen
- Gesanges_, Lipsia, 1841.
-
- L'Euridice di Peri e Caccini è pubblicata in edizione tascabile di
- Ricordi e Comp., Milano, senza trascrizione del basso.
-
- L'_Euridice_ di Peri col basso decifrato, vol. X della
- Pubblikationen für Musikforschung, 1881.
-
- _La rappresentazione di anima e corpo_ in edizione facsimile per
- cura di F. Mantica, Roma.
-
- Composizioni di Caccini, Orazio Vecchi, Malvezzi, Viadana,
- contengono le opere di Kiesewetter, Gevaert (_les gloires de
- l'Italie_), Ambros, Proske (_Musica divina_).
-
- Torchi — (_L'arte musicale in Italia_) volume 2º e seg. Cfr. anche
- L. Torchi, _Canzoni ed arie italiane_, ad una voce del secolo XVII.
- Rivista musicale italiana, anno I, fascicolo 4º e la pubblicazione
- musicale corrispondente: _Canzoni ed arie del XVII secolo_ (Ricordi
- e Comp.).
-
-
-
-
-CAPITOLO X.
-
-Claudio Monteverdi e l'opera veneziana e napolitana.
-
-
-La Camerata fiorentina aveva dato l'impulso alla nuova evoluzione
-musicale e l'idea aveva trovato terreno fecondo negli animi desiderosi
-di nuove cose e destantisi alla vita moderna di pensiero. L'esempio
-di Firenze trovò presto imitatori e già nel 1601 si eseguì a Bologna
-l'_Euridice_ e nel 1604 a Parma la _Dafne_. In Roma, la sede della
-polifonia, il dramma per musica si contenta ancora di fornire
-divertimento al popolo e nel 1606 troviamo rappresentazioni popolari
-sulle piazze con musica di _Paolo Quagliati_, che ricordano l'antico
-carro greco di Tespi. Ma l'idea fiorentina minacciava spegnersi e
-restare una semplice utopia di letterati e dilettanti, tanto più che
-i membri della Camerata erano o gentiluomini o letterati, che della
-musica non avevano cognizioni profonde, mentre Caccini e Peri erano
-buoni musicisti e discreti contrappuntisti, ma non potevano paragonarsi
-ad altri musicisti dell'epoca, dottissimi teorici.
-
-La riforma doveva perciò trovare degli inimici nella classe dei
-musicisti stessi, che s'erano formati ad altri studî e che non
-risparmiavano le più aspre critiche alla nuova musica: «Se tornassero
-in vita Iusquino, Mutone e gli altri, che di questo sapevano assai
-pur, trasecolerebbero in vedere sì poca cognizione e quanto malamente
-hoggidì i compositori se ne sappiano servire, cose che mi fanno
-arrossire e vergognare per loro» (Lodovico Zacconi, Pratica di musica
-1622).
-
-Il nuovo stile rappresentativo non era ancora il passo decisivo per
-romperla colla polifonia e s'era fermato a mezza strada, non osando
-abbandonare intieramente le antiche tradizioni e viceversa rinunziando
-alla melodia ed alle forme musicali. L'arte aveva bisogno di un vero
-musicista, che sapesse liberare l'idea della Camerata da tutto quello
-di artificioso e pedantesco che traeva con sè e la fecondasse. Essa lo
-ebbe in _Claudio Monteverdi_.
-
-Nato in Cremona nel 1567, frequentò la scuola di Marcantonio Ingegneri,
-eccellente contrappuntista dell'epoca. Dopo molti anni passati alla
-Corte dei Duchi Gonzaga a Mantova, diventò direttore di cappella a S.
-Marco in Venezia dove rimase fino alla morte (1643). Quantunque egli
-abbia scritto più musica polifonica da chiesa e profana, egli deve la
-sua fama al dramma musicale. La sua prima opera _Orfeo_, favola per
-musica su testo di Rinuccini, fu rappresentata nel 1607 a Mantova alla
-corte di Vincenzo Gonzaga. Ormai in questa prima opera egli si mostra
-di gran lunga superiore a Peri ed a Caccini, giacchè in essa non v'è
-più lo stile semplicemente declamatorio dell'_Euridice_, ma un nuovo
-stile che palesa chiaramente il sentimento lirico ossia essenzialmente
-musicale.
-
-L'_Orfeo_ come lo dimostrarono le recenti esecuzioni è veramente
-l'opera d'un genio che precorse i tempi, giacchè in esso troviamo ormai
-più o meno sviluppati i germi delle maggiori innovazioni posteriori
-comprese quelle di Gluck, e Wagner e le moderne. Quest'arte divinatoria
-è tanto più meravigliosa in un'epoca in cui non c'era nulla da imitare
-ma pressochè tutto da creare, perchè la superiorità di Monteverdi
-su Peri e Caccini è immensa. La musica dell'_Orfeo_ non è oggi punto
-invecchiata ed ha interesse più che storico, perchè in essa v'è ben
-poco di formale ma tutto è vero, ispirato e convincente.
-
-All'_Orfeo_ segue già nel 1608 per le nozze di Francesco Gonzaga con
-Margherita di Savoia, _Arianna_, quel dramma pur troppo perduto ad
-eccezione del celebre brano del lamento, che fu come una rivelazione e
-che destò il più grande entusiasmo, tanto che il contemporaneo Bonini
-scrive «che non è stata casa, la quale avendo cembali o tiorbi in casa
-non avesse il lamento». E l'ammirazione non è esagerata, se si pensa
-alla potenza espressiva di quel piccolo brano, derivante specialmente
-dal sapiente e nuovo uso della dissonanza.
-
-Monteverdi scrisse alcune altre opere, che furono rappresentate con
-grande plauso a Venezia ed altrove (_Adone_, _Le nozze di Enea con
-Lavinia_, _Il ritorno di Ulisse_, _L'incoronazione di Poppea_). La
-musica delle ultime due ci è restata e quella dell'_Incoronazione di
-Poppea_ supera anche quella dell'_Orfeo_ per maturità e specialmente
-per la caratteristica ed il sentimento drammatico del dialogo.
-
-Monteverdi è veramente il primo musicista moderno. Egli merita questo
-nome, perchè egli fu il primo che liberò intieramente la musica
-dai ceppi della polifonia e dalla retorica dei fiorentini facendola
-esprimere le passioni umane coi più veri ed appassionati accenti. I
-personaggi dei suoi drammi non sono più semplicemente una piccola parte
-di un tutto, ma esseri umani, che pensano, agiscono, sentono, soffrono
-per sè individualmente e che esprimono con accenti proprî le loro
-passioni. A confermar ciò basti la menzionata scena dell'_Arianna_,
-in cui mai il dolore ebbe accenti più veri e toccanti. Ma egli di ciò
-non si contenta. Abbandona intieramente il sistema diatonico antico
-e vi sostituisce il cromatico, intuendo colla perspicacia del genio
-l'importanza della dissonanza per far spiccare i diversi caratteri
-ed i momenti più drammatici. Egli fa uso dell'accordo di dominante
-nella cadenza, adopera ripetutamente senza preparazione l'intervallo
-di _nona_, la _settima diminuita_, il _tritono_, il _diabolus_
-antico, dove si tratti concentrare l'espressione ed individualizzare,
-punto badando alle tradizioni e sorridendo alle invettive che gli
-scagliava il pedante Artusi in scritti mordaci — ma stimando come
-egli scrisse, che «potessero essere considerate altre feconde cose
-intorno all'armonia e che vi fosse una moderna pratica differente dalla
-determinata, la quale, con quietanza del senso e della ragione difende
-il moderno comporre». E così si diffondeva nella musica quel grido di
-dolore della umanità nata per soffrire e combattere, la dissonanza,
-che è la vera espressione individuale dell'uomo pensante in mezzo alla
-natura impassibilmente serena.
-
-Monteverdi si può pure chiamare il padre dell'istrumentazione, giacchè,
-se Peri e Caccini si contentarono di far accompagnare i loro canti da
-più istrumenti per rinforzo delle voci senza studiarne le particolarità
-ed il colorito speciale e senza dar loro importanza, Monteverdi studia
-ormai la natura di ogni istrumento, colorisce l'istrumentazione,
-aggiunge nuovi effetti, come il tremolo e il pizzicato degli istrumenti
-a corda, e da loro esistenza propria servendosene ad esprimere quello
-che le parole non ponno dire. In quanto egli sia in ciò superiore ai
-suoi antecessori si vede confrontando i suoi intermezzi e ritornelli,
-p. es. il graziosissimo a più viole dell'_Orfeo_ con quello di flauti
-dell'_Euridice_ di Peri. In genere i brani istrumentali dell'_Orfeo_
-(Sinfonie e Ritornelli) sono ammirabili e piccole poesie musicali, che
-stanno in stretta relazione coll'azione drammatica e la caratterizzano
-alle volte felicemente con poche battute, permettendolo anche la
-varietà degli strumenti impiegati, che nell'_Orfeo_ sono: 2 cembali, 2
-controbassi (specie di viole grandi) 10 viole da braccio, arpa doppia,
-2 violini piccoli alla francese, 2 cetre, 2 piccoli organi, 3 viole di
-gamba, 4 tromboni, 1 regale (specie di organo), 2 cornette, 1 flautino
-alla vigesima seconda, 1 clarino (tromba) 3 trombe sordine. Le parti
-istrumentali delle opere di Monteverdi non sono scritte in esteso ma
-sono solamente indicati gli strumenti, per cui si deve arguire che gli
-accompagnatori dovevano essere provetti musicisti, a meno non si voglia
-supporre che siano andate perdute le parti.
-
-I Madrigali di Monteverdi, quantunque di forma tradizionale contengono
-una quantità di elementi popolareschi e drammatici raggiunti col largo
-uso della cromatica e della dissonanza. Fra i _Madrigali guerrieri_
-trovasi il celebre _Combattimento di Tancredi e Clorinda_ per voci
-e quattro viole, dove s'incontra per la prima volta il tremolo ed il
-pizzicato.
-
-Monteverdi fu non soltanto un eminente musicista sempre in cerca di
-novità nel campo della teoria e tecnica ma altresì un fine esteta, che
-si rendeva ragione di quello che faceva d'uopo al dramma musicale. Egli
-non sceglie a caso i libretti ma li vaglia e giudica, come secoli dopo
-faceva Verdi, mettendo a dura prova i poeti. Così p. e. essendogli
-stato dato l'incarico dal Duca di Mantova Ferdinando di musicare la
-favola di _Teti e Peleo_ di Scipione Agnelli, egli risponde al suo
-signore: «Et come potrò io con il mezzo loro movere li affetti! Mosse
-l'Arianna per esser donna, mosse parimenti Orfeo per essere uomo e
-non vento. Le armonie imitano loro medesime et non con l'orazione et
-li strepiti dè venti, et il belar delle pecore, il nitrir dei cavalli
-et va dicendo, ma non imitano il parlar dè venti che non si trova. La
-favola tutta poi, quanto alla mia non poca ignoranza, non sento che
-punto mi mova e con difficoltà anco la intendo, nè tanto che lei mi
-porti con udire naturale ad un fine che mi mova. L'Arianna mi porta ad
-un giusto lamento et lo Orfeo ad una giusta preghiera, ma questa non so
-a qual fine, sicchè, che vuole la S. V. Ill.ma che la musica possa in
-questa!»
-
-Contemporaneo di Monteverdi ed a lui in molti riguardi affine è _Marco
-da Gagliano_, fiorentino (circa 1575-1642), autore di Madrigali e
-drammi musicali, dei quali ci restano la _Dafne_ e la _Flora_. Anche
-in queste due opere troviamo lo stile fiorentino ma più scorrevole ed
-espressivo. Degno di menzione è il Proemio della _Dafne_, nel quale
-l'autore dà utilissimi ammaestramenti ed indicazioni ai cantanti ed
-attori circa la maniera d'esecuzione.
-
-Il processo di sviluppo dell'opera in musica continua con _Pier
-Francesco Caletti Bruni_ detto _Cavalli_ (1600-1676) di Crema, scolaro
-ed erede del genio di Monteverdi, direttore di cappella in S. Marco a
-Venezia. Fra le sue (34-39) opere drammatiche, la prima delle quali fu
-_Le nozze di Teti e di Peleo_ (1639), ebbe grande successo il _Giasone_
-(1649), ed a ragione, perchè vi abbondano scene di grande bellezza e
-verità come p. e. il lamento di Isifile e Maria «dell'antro magico».
-Cavalli perfezionò lo stile e diede più libera movenza al recitativo ed
-all'aria, che quantunque non sia ancora sviluppata, pure ha carattere
-decisamente arioso e melodia organicamente periodizzata. Ammirabile è
-poi nelle sue composizioni il magistrale aggruppamento delle parti,
-(duetti, terzetti e quartetti), la caratteristica e la novità degli
-effetti. Quasi in tutte le sue opere, anche nelle serie, havvi qualche
-personaggio comico (balbuziente, soldato, ecc.), e qui sono forse da
-cercare i primordi dell'opera comica, della quale del resto troviamo
-esempi per quanto imperfetti nella _Tancia_ di _Jacopo Melani_ (1657),
-nel _Pazzo per forza_ e nel _Vecchio burlato_ dello stesso autore ed
-in altre opere ancora anteriori, come p. e. nella _Diana schernita_
-di _Giacinto Cornachioli_ Roma (1629), _Chi soffre speri_ di Marco
-Marazzoli su parole di _Giulio Rospigliosi_ (papa Clemente IX) (1639).
-
-Tanto nelle ultime opere di Monteverdi che in quelle di Cavalli il
-coro va perdendo importanza sia per la difficoltà di aver un coro
-per un'opera che cominciava a divenire popolare e perciò costretta a
-risparmiar spese o per il graduato abbandono della musica polifonica
-sia per lo spirito dei tempi inclinante al soggettivismo. In ambedue
-l'armonia viene coordinata alla melodia ed essa non segue più l'ordine
-delle voci. Per i crescendi drammatici si usa la forma della sequenza
-ed altre affini ed il recitativo ha ancora una parte musicalmente assai
-importante, quantunque Cavalli preferisca ormai l'arioso e le forme
-chiuse, di solito nel ritmo di passacaglia su bassi ostinati.
-
-L'istrumentazione di Cavalli è molto più semplice di quella di
-Monteverdi e vi domina il violino. Le trombe sono impiegate raramente
-nè si fa uso di tutta quella schiera d'istrumenti che usavano
-i fiorentini. Bisogna però osservare che gli strumenti non sono
-menzionati e che le partiture conservatici non sono forse che schizzi
-da completarsi a seconda del bisogno. Oltre le voci naturali, sono
-impiegati anche i castrati, che alle volte sono scritti in tessitura
-più alta di quella del soprano.
-
-La sinfonia originaria dell'opera veneziana cominciò coll'essere una
-semplice introduzione senza alcuna attinenza all'opera, in un tempo
-senza cambiamento di ritmo; poi si divise in due parti diverse di
-ritmo e tema, la prima basata sull'accordo, la seconda con sequenze
-formate da un breve tema, ciò che era ormai un embrione dell'ouverture
-francese posteriore. Monteverdi e Cavalli, come di solito succede dei
-genî, esercitarono per alcuni decenni, una potente influenza sulla
-musica contemporanea e dei maestri posteriori, quasi costringendoli
-all'imitazione e soffocando i singoli germi di originalità sicchè le
-opere di questi non sono che pallide copie delle loro.
-
-Non minor fama di Cavalli ebbe _Giacomo Carissimi_ di Marino
-(1604-1674), direttore in Sant'Apollinare in Roma, il quale quantunque
-non abbia composto opere teatrali ebbe grande influenza sullo stile
-drammatico. Carissimi eccelse nell'Oratorio e nella Cantata da Camera,
-specie di scena drammatica con _a soli_, recitativi e pezzi d'assieme.
-I meriti di Carissimi sono gli stessi di quelli di Cavalli, ma in
-lui la melodia è ancor più scorrevole, il recitativo diventa assai
-espressivo come nella stupenda fine del _Iefte_. Fra i suoi Oratorî
-scritti in lingua latina con accompagnamento di due violini ed organo
-od organo solo, fra i quali il _Giudizio di Salomone_, _Iefte_,
-_Giona_, ecc., i cori hanno qualche cosa della grandiosità e maestà
-di quelli di Händel e struttura ed armonia somigliante alla moderna.
-Il racconto è affidato allo Storico, le persone dell'azione cantano
-o in recitativo od in stile arioso, il coro ha alle volte parte
-drammatica. Di Carissimi esistono anche più composizioni comiche come
-il _testamento dell'asino_, la _declinazione dell'hic, haec, hoc_, ecc.
-
-Chi applicò all'opera i miglioramenti di Carissimi fu _Marcantonio
-Cesti_ suo scolaro, monaco aretino (1620-1669), direttore di cappella
-dell'imperatore Leopoldo I d'Austria, autore fecondo d'opere. Le
-più celebri sono la _Dori_ (1663) ed il _Pomo d'oro_ (1666). Questa
-fu eseguita con incredibile sfarzo per le nozze di Leopoldo I con
-Margherita di Spagna (la messa in scena costò 100.000 talleri) ed ha
-proporzioni incredibili (67 scene).
-
-Kretschmar caratterizza così Cavalli e Cesti: «La natura di Cavalli
-sviluppa la sua grandezza nelle scene patetiche ed in quelle dove
-dominano il misterioso ed il terribile. L'arte di Cesti ci conquide
-invece nelle parti idilliche del dramma, quando la musica esprime i
-teneri sentimenti dei cuori amanti, se l'amico consola l'amico, se
-il solitario ricorda lamentandosi, se si descrivono le immagini dei
-sogni. La melodia di Cavalli è di linea semplicissima, mentre Cesti è
-inesauribile in particolari intimi e finitissimi».
-
-Da nominarsi sono altresì _Giovanni Legrenzi_ (1625-1690), direttore
-di S. Marco in Venezia, maestro di Lotti e Caldara, _Andrea Ziani_
-(1653-1715), celebre organista di S. Marco, morto a Vienna, _Geronimo
-Giacobbi_ (1575-1630), _Francesca Caccini_, figlia di Giulio,
-_Carlo Polarolo_, _Giac. Ant. Perti_, _Antonio Draghi_ e finalmente
-_Alessandro Stradella_ napolitano (?) (1645-1681), celebre cantore e
-virtuoso continuatore dello stile di Carissimi. Le sue composizioni,
-fra le quali alcune opere, sonate assai importanti, oratorî, molte
-cantate, delle quali molte inedite, si conservano in parte nella
-biblioteca di Modena; le sue arie «_se i miei sospiri_» e «_o del mio
-dolce_» non sono certo scritte da lui, perchè di stile affatto moderno.
-Dopo una vita avventurosa morì pugnalato a Genova.
-
-Quantunque dopo gli studi recenti di Goldschmidt si possa ritenere
-che i diretti continuatori dell'opera di Caccini e Peri fossero romani
-(_Landi_, _Agazzari_, _Vitali_, _Mazzocchi_), pure l'opera si poteva
-chiamare fin qui veneziana, giacchè dopo Caccini e Peri sono i maestri
-veneziani o che vissero a Venezia i più celebri ed è a Venezia che
-si concentra l'interesse per l'opera e dove se ne rappresentò maggior
-numero. Ma colla fine del secolo XVII lo scettro passa a Napoli ed alla
-scuola napolitana.
-
-Il capo ed il primo dei molti celebri compositori drammatici
-napoletani fu _Alessandro Scarlatti_ che si può a ragione chiamare
-il padre dell'opera italiana moderna (1659-1725), nato a Trapani,
-scolaro di Carissimi. Scarlatti si provò in tutti i generi ed in
-ognuno con fortuna. Autore fecondissimo scrisse più di 100 opere,
-400 e più cantate, 200 messe, motetti, oratorî, e molte composizioni
-istrumentali. Egli forma l'anello di congiunzione fra lo stile severo
-di Palestrina e la scuola del bel canto. Le sue composizioni sacre
-sono ancora severe e maestose ed alla polifonia è ispirato un nuovo
-alito caldo di vita, che indarno si cerca nei suoi antecessori. La sua
-importanza sta però nella musica drammatica. Le sue opere teatrali (le
-più celebri sono _Rosaura_, _Tigrane_, _Laodicea_) sono omai di gran
-lunga superiori a quelle della scuola veneziana. La melodia diventa
-sempre più facile, scorrevole e spontanea, le forme si raffermano e
-perfezionano. Il recitativo secco od accompagnato, l'aria, l'ouverture
-prendono la forma definitiva. L'istrumentazione per quanto semplice
-e basata sugli archi è però molto più ricca che quella delle opere
-veneziane ed egli la colorisce con altri istrumenti come corni,
-fagotti, viole d'amore, ecc., al che giovò senza dubbio la musica
-istrumentale di Torelli e Corelli, suoi contemporanei.
-
-Lo studio delle sue opere non giustifica però tutte le immense lodi
-che gli si soglion dare. Egli è ben di rado drammatico e se lo è, di
-preferenza nelle scene comiche. Le sue melodie basano precipuamente
-sul contrappunto ed egli eccelle piuttosto nelle forme piccole come la
-cantata, che nell'opera teatrale stessa. Molti dei maestri posteriori
-lo superano nell'ispirazione ma nessuno nella sapienza e nell'estrema
-chiarezza del lavoro contrappuntistico, giovandogli forse la vicinanza
-di tempo dei grandi maestri romani. Ma di lui in realtà oggi si conosce
-ben poco, perchè quasi tutta la sua immensa opera è sepolta nelle
-biblioteche. Händel ed anche Bach gli devono moltissimo e specialmente
-il primo apprese da lui la bellezza della forma, la chiarezza e senza
-lo studio delle sue opere ed i suoi consigli egli non sarebbe quegli
-che egli è.
-
-Secondo gli ultimi studî sembra anche che molti dei meriti di
-_Scarlatti_ sieno comuni ad un altro maestro, _Francesco Provenzale_
-(1610) del quale sinora si conosceva poco più del nome e che forse fu
-maestro di Scarlatti. Le sue opere _Stellidaura vendicata_, _lo Schiavo
-di sua moglie_, _la Colomba ferita_, mostrano omai quelle forme e
-quei pregi di cui vanno adorne le opere di Scarlatti. Questi finì la
-sua gloriosa carriera quasi nell'oscurità e dimenticanza, consolato
-soltanto dall'ammirazione ed affetto di numerosi scolari e colleghi,
-fra i quali il sommo Händel, che di lui parlava colla più alta stima.
-
-L'opera di Scarlatti segna una nuova fase della musica. Essendo
-nell'opera napoletana concentrata tutta l'importanza nelle arie
-l'interesse drammatico, lo sviluppo dell'azione va perdendosi in un
-lirismo dominante. Fu quasi un'ubbriacatura di melodie delle quali mai
-si era sazî; _aria_ seguiva ad _aria_ e _recitativo_, ed i piccoli cori
-frammisti a qualche pezzo d'assieme di pochissima importanza aveano
-piuttosto lo scopo di conceder riposo al cantante che altra cosa. La
-polifonia avea troppo a lungo dominato il campo ed impedito il sorgere
-della melodia assoluta, cosicchè, quando questa potè liberamente
-espandersi, il pubblico dimenticò intieramente la verità drammatica, lo
-sviluppo dell'azione, dei caratteri ed altro. L'opera divenne pressochè
-una cantata, snaturandosi ancora nei primordî un genere che aveva altre
-tendenze e cagionando altresì la decadenza della musica da chiesa,
-giacchè all'antica polifonia l'Italia non seppe sostituire, come la
-Germania, l'elemento della semplice e grave devozione delle canzoni
-popolari protestanti ma vi trapiantò la melodia teatrale drammatica.
-
-La _nobile sprezzatura_ del canto, vagheggiata dalla Camerata
-fiorentina, fa luogo alla virtuosità che non serve a scopi alti ma
-tende semplicemente all'effetto esteriore. Questi difetti non sono
-tanto palesi in Scarlatti e nei primi maestri della grande scuola
-napoletana, durando ancora le antiche tradizioni ed essendo la
-riforma fiorentina troppo recente. Molte delle loro composizioni sacre
-resistettero perciò al cambiar dei tempi, mentre le opere drammatiche
-sono tutte dimenticate, perchè nelle prime oltre la bellezza melodica
-affascinante, l'armonia ed il contrappunto sono ancor sempre magistrali
-ed esse non mancano di maestà e devozione. Ma quando dopo Leo e Durante
-la polifonia ed il contrappunto abbandonano la tematica degli antichi
-inni ed alle frasi musicali a questi somiglianti si sostituisce la
-nuova melodia mondana, la religiosità scomparve e non restò che una
-vana forma ipocrita, che meglio s'adattava al contenuto sensuale.
-
-La scuola napoletana fondata da Alessandro Scarlatti conta una coorte
-di musicisti, autori fecondissimi, ispirati e facili, nè alcuna
-nazione vide mai in sì poco tempo seguirsi uno all'altro tal quantità
-di ingegni musicali, le melodie dei quali inondavano di dolcezza gli
-animi e li trasportavano in regioni incantate. Ed a quella guisa che i
-Fiamminghi avevano esercitato nel secolo XV un influsso decisivo sulla
-musica, così nei secoli XVII e seguenti l'opera napoletana domina non
-solo tutti i teatri d'Italia ma anche quelli delle corti di Germania e
-d'Inghilterra, mentre in Francia si accende la lotta fra i partigiani
-dell'opera francese ed italiana.
-
-Fra i numerosi scolari di Alessandro Scarlatti ebbero maggior fama
-_Francesco Durante_, _Leonardo Leo_ e _Niccolò Porpora_. _Francesco
-Durante_ (1674-1755) di Frattamaggiore presso Napoli, maestro del
-Conservatore di S. Onofrio, non ebbe fortuna nello stile drammatico
-e si dedicò quasi esclusivamente alla musica da chiesa e da camera.
-Meno ricco di fantasia del suo maestro e del suo condiscepolo Leo,
-egli scrisse molte composizioni da chiesa a più voci, piene d'effetto,
-splendide nelle armonie o non prive di grandezza. Il suo _Magnificat_
-e la _Messa alla Palestrina_ non sono neppure oggi dimenticati e
-quantunque non raggiungano le composizioni della scuola romana, possono
-annoverarsi fra le più belle opere del periodo posteriore al classico.
-Durante ebbe molti allievi, fra i quali _Vinci_, _Iomelli_, _Duni_,
-_Traetta_, _Piccini_, _Sacchini_, _Guglielmi_, _Paisiello_. Superiore
-a lui in ogni riguardo fu _Leonardo Leo_ (1694-1744) di San Vito nella
-provincia di Lecce, melodiosissimo ed ispirato, che ebbe gran fama per
-le sue opere, in cui l'istrumentazione è delicata e caratteristica.
-Fra le sue composizioni sacre è celebre il _Miserere_ a otto voci. Leo
-fu il primo a scrivere concerti per violoncello obbligato. Stupenda
-è l'Ouverture dell'Oratorio _St. Elena al Calvario_. _Francesco Feo_
-(1699-1752) fu condiscepolo di Durante e Leo alla scuola di Pitoni a
-Roma. Con lui la musica da chiesa decadde rapidamente, sostituendosi
-all'elemento religioso sempre più il drammatico e confondendosi i due
-stili.
-
-_Niccolò Porpora_ (1686-1767) fu autore fecondissimo in ogni genere, e
-fu egli che gareggiò a Londra con Händel. Maggiore della sua fama come
-compositore è la sua rinomanza quale maestro di canto e Farinelli ed
-il Porporino furono suoi scolari. La fama di Porpora è del resto molto
-minore dei suoi meriti. Egli è un vero classico e può misurarsi almeno
-nell'opera con Händel che alle volte supera p. e. nell'_Arianna_. Il
-suo difetto maggiore è una certa freddezza, che lo distingue in genere
-dai maestri napolitani.
-
-Se già Porpora appartiene all'epoca della decadenza della scuola
-napoletana, ciò può dirsi a maggior ragione dei maestri posteriori,
-le opere dei quali, con poche eccezioni, composte per lo più in
-breve tempo e per secondare il gusto del pubblico, mancano di verità
-drammatica e sono oltre ogni dire manierate.
-
-_Leonardo Vinci_ (1690-1732) di Strongoli, scolaro di _Gaetano Greco_,
-dottissimo contrappuntista, fu dotato di fantasia inesauribile. Le
-sue molteplici opere drammatiche ebbero grande successo ai loro tempi
-per la dolcezza delle melodie e per una certa sentimentalità, che
-allora era di moda. Vinci sa però molte volte raggiungere una grande
-potenza drammatica specialmente nel recitativo accompagnato, col quale
-egli da grande varietà ed espressione alle scene più caratteristiche,
-preparando la riforma di Gluck.
-
-Più noto di lui ai nostri tempi è _Giovanni Battista Pergolesi_ di
-Iesi (1710) scolaro di Durante, Greco e Feo. Il suo ingegno gentile
-e delicato non era fatto per l'opera seria. La sua _Olimpiade_ cadde
-a Roma e il giovane maestro se ne accorò tanto che la sua gracile
-salute ne ebbe tale scossa da non rimettersene più. Grande plauso
-destò invece il suo intermezzo _La serva padrona_, dato in Napoli
-(1731), opera che ancor oggi si eseguisce perchè è veramente ispirata
-ed ha vita drammatica ed eleganza di stile. Pergolesi fu colla _Serva
-padrona_ ed altri intermezzi (il _Frate innamorato_, il _Flaminio_, la
-_Contadina astuta_, ecc) uno dei fondatori dell'opera buffa. Celebre
-pure fino ad oggi è il suo _Stabat Mater_, composizione che egli compì
-poco prima della sua morte (1736). Questa opera per due voci di donna
-e quartetto d'archi non appartiene alla vera musica sacra, ma cattiva
-gli animi per una dolce melanconia non però priva di passione che vi
-è sparsa e per la grande bellezza melodica e la chiarezza del disegno
-musicale. I soliti giudizi specialmente degli stranieri sulle opere di
-Pergolesi sono oggi da rifarsi completamente, giacchè egli non è punto
-lo sdolcinato autore, che si volle fin oggi fare di lui. Egli è invece
-fra i contemporanei il più geniale e quegli che anche nell'opera seria
-aveva iniziato una riforma drammatica, che la morte troncò e bastino
-per prova i recitativi drammatici dell'_Olimpiade_ e dell'_Adriano_.
-Nell'opera buffa, della quale egli per circostanze esteriori ebbe più
-ad occuparsi, raggiunse un alto grado di perfezione per la concisione
-e bellezza della melodia, la sana e briosa letizia che non diventa
-mai triviale. Ma anche nella musica istrumentale egli fu un precursore
-geniale specialmente nelle Sonate per due violini e basso dove si trova
-già l'Allegro cantabile prima ignoto e di grande importanza per la
-musica posteriore, ed il riapparire del primo tema dopo lo sviluppo
-della seconda parte e del rivolto, un procedimento che a torto si
-riteneva fosse stato Filippo Emanuele Bach a usare per il primo.
-
-Pergolesi scrisse in cinque anni di lavoro dodici opere teatrali,
-tre oratori, quattro messe, più _Salve regina_, lo _Stabat_, _Arie_,
-_Trio_, ecc.
-
-Allo stesso genere di musica drammatica sacra appartiene pure il
-celebre _Stabat Mater_ di _Emanuele Astorga_ (1680-1736?), barone
-siciliano nato nel 1680 ad Augusta e morto in Spagna verso il 1750,
-autore dell'opera pastorale _Dafni_ e di molte cantate. Le ultime
-ricerche di Volkmann hanno sfatato tutte le leggende, che si leggono
-sulla sua vita. Lo _Stabat Mater_ di Astorga a 4 voci con archi
-è simile a quello di Pergolesi ma ha più maschia severità ed il
-contrappunto e l'armonia sono più ricchi.
-
-_Niccolò Iomelli_ di Aversa (1714-1774) frequentò la scuola di
-Durante e Feo. Scrisse più opere per varie città d'Italia. Scrittore
-facile e melodioso, egli seppe già dalle prime innalzarsi sopra gli
-altri. Passato alla corte di Stoccarda, dove fu molti anni maestro di
-cappella, fece risorgere le sorti di quel teatro, eseguendo opere, come
-in Germania mai si aveva prima sentito. Il contatto coi maestri della
-scuola tedesca influì altresì sul suo stile arricchendone l'armonia.
-Ritornato in patria i suoi ultimi lavori non ebbero fortuna. A torto
-però, giacchè le sue ultime opere per la nobiltà d'ispirazione e
-ricchezza di lavoro orchestrale si devono anzi contare fra le migliori
-della scuola napolitana. (_Enea nel Lazio_, _Penelope_, _Fetonte_).
-Fra le molte composizioni sacre che scrisse, è ancor noto un _Requiem_
-melodioso e d'effetto, benchè privo di maestà e grandezza. Una delle
-sue ultime opere fu un _Miserere_ per due soprani e quartetto d'arco
-opera che può star a paro collo _Stabat Mater_ di Pergolesi. Iomelli
-fu chiamato dai contemporanei il Gluck italiano e non senza ragione,
-giacchè nessun maestro italiano si curò tanto del libretto e della
-verità drammatica. Egli rimise in onore il coro, diede più importanza
-al recitativo accompagnato ed all'orchestra, che è trattata con
-grande diligenza. L'ultima scena del _Fetonte_ è un pezzo di musica
-descrittiva piuttosto unico che raro per il suo tempo.
-
-_Niccolò Piccini_ di Bari (1728-1800) deve la sua fama, che dura fino
-ad oggi, più che alle sue opere, alle gare ed alla contesa che si
-accese negli ultimi anni della sua vita a Parigi fra i suoi fautori e
-quelli di Gluck. A lui spetta però il merito d'aver introdotto nuove
-forme nell'opera buffa, iniziata da _Niccolò Logroscino_ (1700-1763),
-e d'averla arricchita di maggiore varietà. Egli abbandonò l'_aria da
-capo_ di Scarlatti e vi sostituì la forma del _rondò_. Trasformò la
-forma del finale e fu sempre accurato nella strumentazione. La sua
-_Cecchina_ ebbe tale successo che in pochi anni si rappresentò in tutta
-l'Europa. Qualche bel brano contiene altresì il suo _Orlando_, scritto
-per l'Opera di Parigi (1778).
-
-_Antonio Sacchini_ (1734-1786) di Pozzuoli, autore dell'_Edipo a
-Colono_ e _Tommaso Traetta_ (1717-1779) unirono all'abbondanza melodica
-napoletana vigoria e verità drammatica. Ambedue ebbero vita avventurosa
-e visitarono più paesi.
-
-_Giovanni Paisiello_ di Taranto (1741-1816) autore fecondissimo godè
-fama immensa tanto in Italia che in Germania e Russia. Più fortuna
-delle sue opere serie ebbero le comiche e buffe, fra cui il _Barbiere
-di Siviglia_ per lo stile festevole ed urbano, per eleganza di forma e
-per la freschezza inesauribile della melodia.
-
-_Niccolò Zingarelli_ (1752-1837) napoletano, autore dell'opera
-Giulietta e Romeo, fu pedante e retrogrado ma egregio pedagogo;
-
-Con _Domenico Cimarosa_ di Aversa (1749-1801) scolaro di Sacchini,
-autore di _Giannina e Bernardone_, del _Matrimonio segreto_, eseguito
-nel 1792 a Vienna con successo enorme, l'opera buffa, retaggio
-della terra italiana, arrivò al più alto grado di perfezione per la
-naturalezza, giovialità sana e per gli interessanti contrasti, il tutto
-raggiunto con arte sobria e sicura.
-
-Come in tutte le arti ad un epoca di splendore segue per legge
-naturale quella della decadenza, quasi che il genio umano abbisogni di
-riposo, al fiore dell'opera napoletana succede un'epoca nella quale
-il manierismo prende il sopravvento, lo stile perde l'originalità e
-diventa incolore. Ad onta di tutto ciò l'arte italiana mantenne almeno
-nell'opera il primato ed i musicisti italiani continuarono per lunghi
-anni ancora a dare le loro opere nei teatri di corte di Germania, ad
-occuparvi i più onorifici posti, ed i cantanti italiani erano ricercati
-e preferiti. E non solo i teatri di Vienna, Monaco e Dresda, ma anche
-molti di altre città, come Berlino, Breslavia, Lipsia, Stoccarda,
-Brunswick, ecc., erano intieramente dominati dagli artisti italiani,
-sicchè per i compositori tedeschi non restava altro che scegliere o fra
-l'oblio e la trascuranza o l'imitazione degli italiani.
-
-Quest'epoca poi, che chiamiamo di decadenza, non lo è che relativamente
-al tempo anteriore, in cui l'Italia come mai nessun'altra nazione vide
-in sì pochi anni fiorire tanti uomini illustri, dotati di sì grande
-genio musicale, poichè fra questi maestri alcuni furono pari ai primi
-per vastità d'ingegno e dottrina. L'influsso della scuola napoletana
-è generale in quest'epoca, e se prima potemmo distinguere la scuola
-fiorentina, romana e veneziana, la caratteristica di queste scuole, che
-però durarono anche in seguito, va perdendosi per il predominio dello
-stile dell'opera e della musica dei maestri napoletani.
-
-Il maggiore degli epigoni fu senza dubbio _Antonio Lotti_ (1667-1740),
-probabilmente nato in Hannover, figlio d'un musicista veneziano,
-direttore di quella cappella. Studiò da _Legrenzi_ ed occupò il
-posto di primo organista in San Marco, dove divenne poi direttore
-della cappella. Nell'anno 1718 si recò alla corte di Dresda e vi fece
-eseguire in occasione delle nozze del principe palatino di Sassonia
-la sua opera _Gli odi delusi dal sangue_ ma non vi restò che poco
-tempo, essendo ritornato a Venezia per rimanervi fino alla morte.
-L'importanza di Lotti sta nelle sue opere di musica sacra. In queste
-egli raggiunse i più alti ingegni e vi lasciò traccia imperitura.
-La potenza espressiva, la grandiosità tragica, la maestà e sonorità
-dei suoi celebri _Crucifixus_ a 6, 8 e 10 voci, delle sue messe,
-del suo _Miserere_ in _re minore_, del suo motetto _Laudate pueri_
-a tre voci di donne e quartetto, si cercano indarno nelle opere
-dei contemporanei. Sul limitare dell'epoca della musica da cappella
-della scuola romana egli vi infonde nuovi elementi moderni, che ne
-arricchiscono l'espressione e corrispondono all'epoca in cui la riforma
-aveva suscitato il dubbio e l'anima non possedeva più la quiete e la
-tranquillità del tempo di Palestrina. Non meno grande che nella musica
-da chiesa è Lotti nei suoi Madrigali, duetti e terzetti (1705) fra
-cui la celebre aria: _Pur dicesti, o bocca bella_, oggi tante volte
-cantata. Una delle sue ultime opere fu il celebre madrigale _Spirito di
-Dio_ (1736), scritto per ordine della Serenissima onde festeggiare il
-novello Doge.
-
-Miglior fortuna di Lotti ebbe nell'opera il suo collega di studi
-_Antonio Caldara_, veneziano (1678-1763), maestro dell'imperatore
-Carlo VI, direttore dell'opera a Vienna (1718), autore di 69 opere
-teatrali. Caldara appartiene ormai alla decadenza e ad onta della sua
-ricchezza melodica manca d'originalità e sentimento drammatico. Fra la
-sua musica da chiesa è noto un _Crucifixus_ a 16 voci e non sono ancora
-dimenticate alcune delle sue cantate.
-
-Fra gli altri musicisti veneziani degni di menzione eccelsero
-_Benedetto Marcello_ e _Baldassare Galuppi_. _Benedetto Marcello_
-nobile veneziano (1686-1739) deve la sua fama precipuamente alla sua
-opera capitale: _Estro poetico armonico_, raccolta di 50 salmi su
-parafrasi di Giustiniani, in otto volumi (1724-1727), edita più volte
-anche recentemente. Queste composizioni sono scritte a 1, 2, 3 e 4 voci
-con basso numerato ed altresì con istrumenti a corda, in stile diverso,
-che si avvicina alla cantata nella quale si avvicendano recitativi,
-arie e pezzi fugati. Quantunque molti temi sieno tolti da canti ebraici
-spagnuoli antichi e da melodie greche, il carattere è essenzialmente
-moderno, per cui è inevitabile un contrasto fra arcaismi e mezzi
-moderni, che esclude l'intima armonia delle parti. I salmi di Marcello
-non meritano la fama che ebbero per la parziale mancanza di semplicità
-e grandiosità addicentesi al testo e pel predominio del sentimento
-drammatico, ma sono però da considerarsi come un'opera monumentale del
-periodo della decadenza. Marcello coprì molte cariche onorifiche e morì
-a Brescia.
-
-_Baldassare Galuppi_ di Burano detto il Buranello (1706-1786),
-frequentò la scuola di Lotti, fu direttore di cappella a San Marco,
-e visitò Londra e Pietroburgo. Fra le sue numerose opere teatrali
-(circa 60), la _Didone abbandonata_ ebbe la maggior fortuna. Eccelse
-nel genere comico (_Il mondo della luna, l'Uomo femmina_, ecc.), e fu
-compositore melodioso ed ispirato unendo alla vivace fantasia un innato
-istinto della forma mentre invece l'armonia è povera e trascurata.
-
-In Roma duravano le antiche tradizioni dell'epoca di Palestrina ed
-esercitavano un influsso sui musicisti, che come prima si volgevano di
-preferenza alla musica da chiesa.
-
-Celebre maestro e capo d'una scuola, che frequentarono Durante, Feo,
-Leo ed altri fu _Giuseppe Ottavio Pitoni_ di Rieti (1657-1743),
-direttore di cappella in più chiese di Roma. Molte delle sue
-composizioni da chiesa si eseguiscono ancora oggi e s'avvicinano al
-modello di Palestrina per la grandiosità, maestà e purezza di stile
-(_Dixit_ a 16 voci, _Requiem_, ecc.). Fu dottissimo contrappuntista
-ed ebbe mente tanto chiara ed intelletto sì acuto da scrivere senza
-partitura. Di lui abbiamo pure un lavoro pregevolissimo ed assai utile
-per la storia della musica nella sua _Notizia dei contrappuntisti e
-compositori di musica dagli anni dell'êra cristiana_ 1000 _fino al_
-1700.
-
-Altri celebri maestri romani furono _Bernardo Pasquini_, uno dei
-più grandi organisti italiani (1637-1710); _Francesco Gasperini_ suo
-scolaro, nativo di Lucca (1668-1737), maestro in S. Giovanni Laterano,
-autore fecondo di musica da chiesa e di opere teatrali, come pure di
-un trattato: _L'armonico pratico al cembalo e Tommaso Bay_ (1713),
-direttore della cappella Sistina, autore del celebre _Miserere_,
-scritto a somiglianza di quello d'Allegri a 4 e 8 voci; _Giovanni
-Battista Casali e Pompeo Cannicciari_.
-
-La dotta Bologna vide pure fra le sue mura fiorire insigni ingegni
-musicali fra i quali _Giovanni Paolo Colonna_ (1640-1695), bresciano,
-allievo di Carissimi e Benevoli, compositore di musica da chiesa ed
-opere teatrali e dotto maestro, dalla cui scuola uscirono fra altri
-Bononcini e Clari.
-
-_Giovanni Bononcini_, il giovane, figlio del celebre teorico Giovan
-Maria Bononcini, nacque nel 1670 in Modena e frequentò dapprima
-la scuola del padre per poi passare a quella di Colonna a Bologna.
-Dopo aver vissuto alcun tempo a Vienna e Roma, dove fu ammirato per
-la sua arte di suonare il violoncello, si recò a Londra e vi fece
-rappresentare nel 1706 l'opera _Camilla_, spacciandola per sua,
-mentre l'aveva scritta sua fratello Marcantonio. Le sue composizioni
-vennero in voga, e la sua stella parve persino oscurare per qualche
-tempo quella del suo contemporaneo Händel. Il campo si divise in
-due fazioni, una per Bononcini, l'altra per Händel e non mancarono
-nè acerbe lotte nè libelli satirici dall'una e dall'altra parte. Ma
-Bononcini, quantunque buon musicista, non poteva alla lunga competere
-con un colosso come Händel, del quale indarno tentava raggiungere
-la grandiosità tragica e la potenza espressiva. La sua ultima opera,
-che diede a Londra (1727), fu l'_Astianatte_, colla quale intendeva
-superare Händel ma che non incontrò il favore del pubblico. La
-vanagloria fu la causa della sua rovina, giacchè avendo egli consegnato
-all'Accademia musicale, qual prova della sua capacità, un madrigale
-a cinque voci, scopertosi poi che era il madrigale di Lotti: _In una
-siepe ombrosa_, pubblicato nella sua raccolta di duetti, terzetti, ecc.
-(1705), fu abbandonato anche dai suoi partigiani e dovette ritirarsi
-sconfitto per finire la sua vita oscuramente a Venezia.
-
-Contemporaneo di Bononcini è _Attilio Ariosti_ (1660) bolognese,
-successore poco fortunato del primo a Londra. Egli fu celebre suonatore
-di viola e scrisse molte sonate per questo istrumento.
-
-Gentile ed ispirato compositore fu l'altro scolaro già nominato di
-Colonna, _Giovanni Maria Clari_ di Pisa (1669), direttore della
-cappella di Pistoia, che si distinse nella musica da camera. Di
-lui sono meritamente celebri un _de Profundis_ per coro, organo ed
-orchestra ed i duetti da camera.
-
-Maggiore di tutti in questo genere fu _Agostino Steffani_ di
-Castelfranco nella provincia di Venezia (1654-1728), una delle più
-simpatiche personalità artistiche del suo secolo. Dapprima putto
-in S. Marco a Venezia, si recò a Monaco a studiarvi la composizione
-da Bernabei. Nel 1685 fu chiamato alla corte di Hannover, dove egli
-sviluppò un'attività artistica coronata dal più felice successo. In
-seguito meritatasi la stima e confidenza del principe coprì cariche
-diplomatiche importanti e prestò segnalati servigi. Egli si provò in
-tutti i generi e nella musica da camera vocale riuscì insuperabile.
-I suoi duetti da camera oggi pur troppo quasi dimenticati, sono un
-modello del genere. In essi la forma, l'ispirazione, la dottrina, la
-infinita varietà vanno di pari passo e formano un complesso perfetto,
-che lo stesso Händel, suo successore in Hannover, non si peritò a
-chiamare inimitabile. La forma di questi duetti è svariata; essi
-constano ora d'uno ora di più tempi ed uniscono allo stile fugato
-e a canoni un'inesauribile vena melodica ed una rara potenza di
-espressione. L'ultima composizione di Steffani fu il suo grandioso
-_Stabat Mater_ a sei voci con archi ed organo, un'opera pari o
-superiore a quella del Pergolesi ed Astorga e di stile più puro di
-queste.
-
-In ultimo rammenteremo fra gli italiani il _P. Giambattista Martini_,
-monaco francescano di Bologna (1706-1784), più celebre teorico che
-compositore, autore dell'importante _Saggio fondamentale pratico
-di contrappunto_, che contiene una quantità di composizioni dei più
-distinti maestri, esaminate e spiegate con rara perspicacia e della
-_Storia della musica_ in tre volumi, opera pur troppo incompleta,
-che abbraccia soltanto l'epoca antica e da prova della stragrande
-coltura dell'autore; — _Francesco Conti_ fiorentino (1703), celebre
-tiorbista (specie di liuto), compositore d'opere fra le quali il _Don
-Chisciotte_, che ebbe molto successo, vice-direttore del teatro di
-Vienna; — Giuseppe Sarti di Faenza (1729), e _Vincenzo Martini_ di
-Valenza in Spagna (1754), autore il primo dell'opera _Fra due litiganti
-il terzo gode_, il secondo della _Cosa rara_, di due temi delle quali
-Mozart si servì nel finale del _Don Giovanni_ — _Ferdinando Paer_
-(1771-1839), parmigiano, facile ma superficiale, autore delle fortunate
-opere _Griselda_ e _Sargino_. — _Antonio Salieri_ (1750-1825) di
-Legnago, scolaro di Gluck, maestro di Beethoven e Schubert (_Danaidi_,
-_Tarare_). — _Vincenzo Righini_ (1756-1841) perugino, l'ultimo dei
-direttori italiani stabili nei teatri di Germania.
-
-Il tempo inesorabile ha travolto nella dimenticanza tutte le opere
-teatrali della scuola napolitana e di loro si conosce oggi soltanto
-qualche aria pubblicata in antologie musicali, mentre il resto giace
-sepolto nelle biblioteche. Una delle cagioni principali di questo
-completo oblio sta senza dubbio nella mancanza assoluta di interesse e
-verità drammatica dell'azione. I libretti di queste opere o di soggetto
-mitologico o storico romano o greco non sono che una filza di scene mal
-collegate che non hanno altro scopo che porgere occasione al musicista
-ed al cantante o allo scenografo di mettere in bella mostra la loro
-arte. La forma diventa perciò affatto stereotipa. Aria segue ad aria
-(40- 50 in una sol opera) e queste son collegate da recitativi di
-solito senza importanza. Il coro non ha quasi alcuna parte, i duetti
-sono piuttosto semplici composizioni di musica assoluta che scene
-drammatiche, i terzetti ed i quartetti sono rarissimi. L'opera buffa
-napolitana, preceduta dalla _commedia in musica_ di spesso in dialetto
-è più viva e spigliata e perciò essa seppe più resistere alle ingiurie
-del tempo.
-
-L'unica opera che si eseguisce ancora qualche rara volta è il
-_Matrimonio segreto_ di Cimarosa ed essa può servire a giudicare
-del genere. La facilità è davvero meravigliosa, le situazioni ed
-i caratteri vi sono appena accennati, l'orchestra si accontenta
-di accompagnare. Ma la matematica regolarità del periodo musicale,
-il mantenere lo stesso tono, le cadenze sempre eguali, insomma la
-troppa regolarità e somiglianza di una parte coll'altra finiscono col
-destare un sentimento di tedio e monotonia, per quanto non ci sembri
-giustificata la nota di Schumann nel suo giornale: «tecnica magistrale,
-del resto piuttosto senza interesse ed in fine tedioso e privo d'ogni
-pensiero».
-
-È affatto inutile il parlare dei poeti che servirono ai musicisti. La
-parte più debole della letteratura italiana fu sempre il teatro ed
-è naturale, che i libretti di opera fossero di molto inferiori alle
-poche produzioni drammatiche da recitarsi, perchè l'opera in musica
-era quasi fossilizzata per le forme ormai prescritte dalla tradizione.
-In ogni modo però _Apostolo Zeno_ (1687-1750) che «tentò comporre
-melodrammi che stessero in pace colla logica dell'arte» e _Pietro
-Trapassi-Metastasio_ (1898-1782), ambidue poeti cesarei alla corte
-di Vienna si innalzano su tutti gli altri ma a loro fanno difetto le
-maggiori doti del poeta drammatico, la verità, la caratteristica e la
-scienza dei contrasti.
-
-Metastasio è del resto ben superiore a Zeno, che diventò librettista
-d'opera più per necessità della vita e fu piuttosto un pedante che un
-poeta. Mentre egli come scrive «poetava pian piano per non riscaldarsi
-di soverchio il capo» Metastasio poteva dire di sè:
-
- Sogni e favole io fingo; e pure in carte
- Mentre favole e sogni orno e disegno,
- In lor, folle che son, prendo tal parte
- Che del mal che inventai piango e mi sdegno.
-
-I poeti posteriori non seppero del resto raggiungere neppure
-lontanamente Metastasio. «Molti, scrive Goldoni, si sono provati
-dopo di lui e valorosi e dotti; ma l'orecchio avvezzato a quei dolci
-versi, a que' gentili pensieri, a quel brillante modo di sceneggiare
-dell'egregio poeta, non ha trovato chi valga ad agguagliarlo». Difatti
-se i drammi di Metastasio non son capolavori, essi son ben di molto
-migliori di quelli dei poeti che gli successero, fra i quali emergono
-_Gio Batta Casti_ e _Lorenzo Da Ponte_, l'autore dei libretti delle
-_Nozze di Figaro_ e del _Don Giovanni_. Casti è l'autore dello scherzo
-comico: _Prima la musica, poi le parole_, musicato da Salieri, che è
-però una satira mordace dell'andazzo dei tempi, perchè come dice il
-Maestro nello Scherzo allora valeva quasi la massima che
-
- «_La mia musica ha questo d'eccellente,_
- _Che può adattarsi a tutto egregiamente_».
-
-L'importanza del teatro e specialmente dell'opera lirica di quei tempi
-era del resto ben diversa da quella che assunse poi, nè ciò si cambiò
-per molto tempo ancora, giacchè, come Vincenzo Monti diceva, «gli
-italiani non portano all'opera che gli orecchi». «Il teatro insieme
-con l'amore, la conversazione ed il gioco è il piacere supremo della
-gente ricca ed oziosa, non impacciata nei commerci, non tormentata
-dall'enorme fatica del pensare; essa si raccoglieva volentieri intorno
-ad un tavolino di faraone come accorreva in folla a udire quella musica
-facile, cascante di trilli e di vezzi, sensuale e voluttuosa, piena di
-strascichi e scoppî, di volute e fioriture, nella quale le Dorisbe ed
-Armide venivano alla ribalta a gorgheggiare le ariette, impazientemente
-attese dal pubblico dopo i lunghi recitativi, onde la favola era
-tessuta» (Tullio Concari, _Il Settecento_, pag. 53).
-
-Un quadro fedele del teatro lirico del Settecento in Italia ci dipinse
-Burney nel suo Giornale di viaggio attraverso la Francia e l'Italia
-(1770) mentre Benedetto Marcello colla sua celebre satira _Il Teatro
-alla moda_ (1720) ne caratterizzò i difetti. Altre satire del teatro
-musicale sono l'_Impresario delle Smirne_, di Goldoni, _il poeta di
-teatro_ di Filippo Pananti, e _l'opera seria_ di Ranieri Calzabigi con
-musica di Gennaro Astariota.
-
-I giudizî che da anni ed anni si ripetono stereotipi sull'opera
-italiana dopo Monteverdi fino alla fine del Settecento sono tanto meno
-giustificati che non si fa che ripetere quello che altri scrisse prima
-senza punto controllarne la giustezza e perchè in realtà quasi nessuno
-conosce veramente quelle opere, che per la maggior parte non furono
-mai pubblicate per le stampe. Anche oggi non esistono che pochissime
-edizioni moderne di alcune opere intiere e qualche raccolta di arie.
-Eppure per quanto insignificanti in confronto dello stragrande numero,
-esse bastano per conchiudere che l'opera italiana del Seicento e
-Settecento è ben superiore a quello che si crede.
-
-Il rapido ed innegabile decadimento dell'opera lirica, che aveva
-cominciato con sani principî, fu cagionato molto più dai poeti che
-dai musicisti, che non potevano ispirarsi a libretti, che d'opera
-non avevano che la forma esterna e per drammi senza vere passioni e
-conflitti umani. Anche i melodrammi di Metastasio per quanto migliori
-degli altri, mancavano nelle parti principali di musicabilità, pieni
-come erano di intrighi prosaici e dialoghi senza interesse per la
-musica e che non si potevano mettere in musica altrimenti che in
-forma di recitativo secco. Il musicista doveva perciò quasi sempre
-contentarsi delle strofette, framezzate in cui si formulavano facili
-sentenze morali senza vera attinenza all'azione. Se invece per
-avventura se ne presentava l'occasione, allora anche il musicista si
-librava ad alti voli e non sono affatto rari grandiosi monologhi e
-bellissimi recitativi drammatici, accompagnati da tutta l'orchestra con
-un sapore spiccato di modernità.
-
-
- LETTERATURA
-
- E. Vogel — _Claudio Monteverdi._ Vierteljahreschrift für
- Musikwissenschaft, III.
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- Untersteiner A. — _Agostino Steffani_, Riv. mus. it., vol. XIV
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-
- _Denkmäler deutscher Tonkunst in Bayern_, due volumi. _Opere scelte
- di Agostino Steffani_ (Duetti, ecc., Alarico il Balta).
-
- Molte opere tedesche (Fürstenau, Schneider, Sittard, Rudhard,
- Fischer) trattano dell'opera italiana alle corti di Germania.
-
- Nuovamente pubblicati furono:
-
- Gagliano — _Dafne._
-
- Monteverdi — _Orfeo_, 10º volume delle pubblicazioni della
- Gesellschaft für Musikforschung — e Milano, 1909.
-
- _L'incoronazione di Poppea_, Breitkopf und Härtel, 1904.
-
- Gevaert — _Les gloires de l'Italie_, Paris, 1868 (Scarlatti, Leo,
- Iomelli, Pergolese, ecc.).
-
- A. Parisotti — _Arie antiche_, Ricordi, Milano.
-
- Zanon M. — _Venti arie di Cavalli_, Trieste, Schmidt. — _Arie
- antiche_, Ricordi.
-
- Scarlatti — _La Rosaura_, pubblicata da Eitner.
-
- Iomelli — _Fetonte_, Volume 32 e 33 dei Denkmäler deutscher
- Tonkunst.
-
- Caldara — _Opere scelte_, in annata XIII dei Denkmäler der Tonkunst
- in Oesterreich.
-
- Pergolese ed Astorga — _Stabat Mater_, più edizioni.
-
- Carissimi — _Jefta_ ed altri oratori pubblicati da Chrysander.
-
- Cesti — _Dori_ e _Pomo d'oro_ nei Denkmäler, Vienna, Artaria.
-
- Cavalli — _Giasone_, XII vol. delle pubblicazioni della
- Gesellschaft für Musikforschung.
-
- Monteverdi — _Madrigali scelti_, Peters.
-
-
-
-
-CAPITOLO XI.
-
-L'Opera francese, tedesca ed inglese.
-
-
-La storia dell'opera in Francia sta in intimo rapporto con quella
-dell'opera italiana dalla quale essa deriva. E se, come alcuni
-sogliono, si volesse rimontare alle origini e trovare nelle scene di
-Adam de la Halle l'idea dell'azione drammatica musicale, non si deve
-dimenticare che quelle con tutta probabilità furono scritte ed eseguite
-a Napoli.
-
-Le prime rappresentazioni teatrali con musica datano in Francia
-dal 1570, quando Carlo IX aveva accordato a Giovanni Antonio de
-Baïf (veneziano?) ed a Gioachino Thibaut il privilegio di fondare
-un'accademia di musica, che incominciò la sua attività nel 1571 e fece
-eseguire musica italiana. Ma essa o per la mancanza d'interesse o per
-l'incapacità dei promotori venne a cessare già nel 1574. Nel 1582 si
-eseguisce con grande sfarzo il _Ballet comique de la Reyne_ con musica
-d'un certo Baldassare torinese (_Baltazarini_) venuto a Parigi con
-Caterina dei Medici e di altri. La musica di questo balletto esiste
-tuttora ed è un centone di arie da ballo, canti dialogati, cori, ecc.,
-senza interesse ed unità drammatica.
-
-La prima opera che si eseguì in Francia (1645) fu la _Finta pazza_ di
-_Sacrati_, scritta per Venezia e poi rifatta. I cantanti erano italiani
-chiamati in Francia dal Cardinal Mazarino, strano uomo che trovava
-tempo oltre reggere le sorti dello Stato di occuparsi di cose teatrali,
-far scritturare cantanti, suonatori e commedianti italiani, brigare
-per far sortire di convento un monaco evirato (Filippo Melani) e fargli
-cantare la parte di regina travestita da uomo ed amante del re (Serse
-di Cavalli).
-
-Due anni dopo si eseguisce l'_Orfeo_ di _Luigi Rossi_, napolitano,
-celebre autore di cantate e che, quando si conosceranno meglio le opere
-che scrisse, dovrà venir contato fra i migliori musicisti dell'epoca.
-L'Orfeo fu scritto a Parigi od almeno per Parigi sicchè esso è la
-prima opera scritta in Francia. Nel 1654 ritorna la compagnia italiana
-chiamata da Mazarino ed eseguisce _Teti e Peleo_ di _Carlo Caproli_.
-
-Quantunque l'interesse che destò questo nuovo genere di musica fosse
-grande, pure passarono ancora alcuni anni prima che nascesse la vera
-opera francese. Il motivo è da cercarsi tanto nell'indole della nazione
-e della lingua che nella mancanza di una certa ingenuità che impediva
-ai francesi di prendere il nuovo genere per una semplice transazione
-fra esecutori e pubblico. St. Evremont chiama, per es. l'opera «un
-travail bizzarre de pöesie et de musique ou le pöete et le musicien
-également génés l'un par l'autre se donnent bien de la peine pour faire
-un mauvais ouvrage». Il primo impulso all'opera nazionale fu dato da
-_Pietro Perrin_, abate senza abbazia, facile fabbricatore di versi,
-che si associò col musicista _Roberto Cambert_ e fece rappresentare nel
-1659 nel castello di Issy un'azione drammatica intitolata _Pastorale_,
-la _première comédie française en musique_, andata perduta. Il successo
-che essa ebbe fu maggiore di quello del _Serse_ di Cavalli, dato nel
-1660 per le nozze di Luigi XV coll'Infanta di Spagna. Secondo novissime
-ricerche pare però che la prima commedia francese fosse il _Trionfo
-dell'amore_, eseguita ai 22 gennaio 1655 con musica di _Michele de la
-Guerre_, organista e liutista. Anche questa musica è andata perduta.
-
-Una nuova opera di Perrin e Cambert, _Ariadne_ non potè essere data in
-causa della morte del cardinale Mazarino. Ma l'attivo Perrin non si
-diede per vinto e quando il re nel 1669 gli concesse per dodici anni
-il monopolio delle rappresentazioni teatrali ed accademie musicali, si
-fabbricò nella via Mazarino un teatro d'opera che fu inaugurato nel
-1671 coll'opera di Perrin e Cambert _Pomone_, che può considerarsi
-come la prima opera nazionale francese. Quest'azione drammatica, che
-non è che un miscuglio di scene, intermezzi e balletti quasi senza
-connessione, ebbe un successo enorme e si diede consecutivamente
-per più mesi. La musica di Cambert non è del tutto priva di pregi,
-quantunque essa non possa in nessun modo venir messa a confronto con
-quella delle opere italiane del tempo. La fortuna di Perrin e della
-sua intrapresa durò poco. Dispute sorte fra Perrin e Cambert e dissesti
-finanziari ruppero la società e Perrin perdette il suo privilegio, che
-passò a Lully, il vero fondatore dell'opera francese.
-
-_Giovanni Battista Lulli_ o _Lully_ nacque in Firenze nel 1632,
-come provò definitivamente A. Bonaventura con documenti, da genitori
-fiorentini e non francesi come ultimamente si volle asserire. Il duca
-di Guisa, al quale il talento precoce e l'indole svegliata del ragazzo
-erano piaciuti, lo prese seco nel 1644 in Francia e l'affidò alla
-sorella del re, madama di Montpensier. Impiegato come guattero nella
-cucina della sua signora, egli trovava tempo di esercitarsi nel violino
-e nella teoria musicale, nella quale avea avuto le prime nozioni già in
-patria da un frate francescano. I progressi che egli fece furono tali
-da attirargli l'attenzione e procurargli per mezzo del suo protettore,
-il conte di Nogent, un buon maestro ed un posto di violinista fra i 24
-_Violons du Roy_. Il re Luigi XIV prese ad amarlo, istituì per lui i
-_petits Violons_, ai quali lo prepose, e gli fece scrivere la musica
-d'alcuni balletti. L'occasione di agire come artista drammatico nelle
-commedie di Molière ed il sentire alcune opere italiane, date in quei
-tempi, volsero le sue mire al teatro ed all'opera, e d'allora in poi fu
-suo scopo il procacciarsi il privilegio di Perrin. Luigi XIV, che amava
-Lully, uomo astutissimo ed abile cortigiano, glielo concesse e ve ne
-aggiunse in seguito degli altri.
-
-Sua prima cura fu di cercare un abile poeta che scrivesse il testo
-delle sue opere e la sorte lo favorì anche qui, facendogli trovare
-in _Quinault_ uno dei migliori poeti contemporanei, che gli fornì una
-quantità di testi eccellenti. Le prime opere di Lully, dopo il _Cadmo_,
-opera giovanile di poco merito, furono l'_Alceste_ (1674) ed il _Teseo_
-(1675) seguite da molte altre. Il pubblico che aveva ascoltato con
-poco entusiasmo le prime produzioni, si assuefece al nuovo stile ed il
-successo di Lully divenne ogni dì più grande.
-
-Le opere di Lully, musicalmente di gran lunga inferiori alle italiane,
-hanno il pregio di una certa verità drammatica e della caratteristica.
-Lully, uomo d'ingegno perspicace, capì l'indirizzo del suo tempo,
-favorevole e propenso alla tragedia classica ripristinata da Corneille
-e Racine. Dotato di discreta fantasia musicale e poco dotto nella
-teoria, egli cercò di adattare alle parole la melodia seguendo
-fedelmente il testo e non facendo alcuna concessione alla musica.
-Perciò nelle sue composizioni non vi sono vere arie, duetti o pezzi
-chiusi, non fioriture, ma il tutto serve all'espressione drammatica,
-alla caratteristica della situazione. Il suo istrumentale è assai
-semplice e segue passo a passo la voce con meschini contrappunti o
-semplici accordi, ma non manca di una certa caratteristica. L'orchestra
-consta di violini, viole di più specie, flauti, oboe, fagotti e
-timpani. La divisione del tempo varia continuamente a seconda del
-testo. La sua musica ha un carattere declamatorio rettorico che alla
-lunga diventa noioso e confina col salmodiare. Egli modificò la forma
-dell'ouverture ampliandola. Al grave segue l'allegro di solito fugato.
-Ambedue si ripetono e segue poi di nuovo il grave. Essa differisce
-perciò da quella di Scarlatti, che incomincia e finisce coll'allegro,
-frammettendovi il grave.
-
-Ma Lully era fornito di troppo buon gusto, per non sentire le mancanze
-del nuovo stile ed egli cercava perciò di variarlo introducendo
-nell'opera piccoli ritornelli e danze istrumentali, dando al coro,
-a somiglianza della tragedia antica, una importanza di gran lunga
-maggiore che nell'opera italiana, e facendolo parte vera dell'azione
-drammatica. Anche al ballo egli seppe dare una parte più importante che
-usavano i suoi antecessori, per i quali esso era un semplice mezzo di
-variare l'azione senza alcun riguardo a questa.
-
-Quantunque Lully fosse italiano, gli elementi della sua musica sono
-essenzialmente francesi e fra le sue opere e quelle contemporanee
-italiane c'è ben poca somiglianza. Ed è appunto per questo, che esse
-seppero mantenersi per più d'un secolo fino a Gluck. Egli univa poi a
-tutte le sue eminenti doti di musicista drammatico un eccellente tatto
-pratico e somma conoscenza degli effetti scenici. Il poeta doveva
-cambiare e rifare molte e molte volte i suoi testi, prima che Lully
-si dichiarasse contento ed il successo gli dava sempre ragione. La
-sua maniera di comporre era originalissima. Egli imparava a memoria
-il testo e lo ripeteva fin a tanto che la melodia nascesse quasi da sè
-stessa. Allora egli si metteva al cembalo e suonando e cantando dettava
-la musica ai suoi scolari _Lalouette_ e _Colasse_ e dava loro cenni
-circa all'armonia ed istrumentazione.
-
-Lully ebbe molti ammiratori e detrattori. Di carattere iracondo ed
-intrigante, egli era in continue dispute e contese coi suoi colleghi.
-Ma come era subitaneo nell'ira, altrettanto presto questa spariva e
-i torti commessi erano rimediati con favori. La sua irascibilità fu
-altresì la causa della sua morte. Dirigendo un suo _Te Deum_, nella
-chiesa di St. Honoré in occasione della guarigione del re, si dimenò
-talmente nel batter il tempo che si ferì il piede, e non volendo subire
-l'operazione necessaria, morì ai 22 marzo 1687 in età di 54 anni,
-lasciando una vistosissima sostanza.
-
-L'opera francese decadde rapidamente dopo la morte di Lully. Nè il suo
-prediletto scolaro Colasse, nè i suoi figli che cercarono di imitare il
-maestro ed il padre, ebbero colle loro composizioni successo duraturo.
-L'unico forse fra tutti i compositori dell'epoca posteriore a Lully ed
-anteriore a Rameau, che gli si avvicinò fu _Andrea Campra_ (1660-1744)
-di Aix in Provenza che con molte opere (_Tancred_, _Hesione_) ebbe
-buon successo e divenne il favorito del pubblico parigino. La musica
-di Campra si distingue per una certa nobiltà di espressione drammatica
-e per ispirazione e tecnica senza dubbio superiori a quelle di Lully.
-Egli compose pure molta musica da chiesa e da camera, che può competere
-colle migliori opere degli italiani contemporanei.
-
-L'erede delle tradizioni di Lully ed il continuatore delle sue
-teorie fu _Giovanni Filippo Rameau_ di Digione (1683-1764). Suo
-padre, organista nella chiesa di S. Caterina, voleva destinarlo alla
-magistratura, ma il figlio, che aveva fatto grandi progressi nella
-musica, mandò a vuoto i piani paterni e venne in Italia, dove ebbe
-occasione di sentire le opere dei più celebri maestri e ne riportò
-un'impressione incancellabile, quantunque le sue opere non se ne
-dimostrino punto influenzate. Ritornato dopo pochi mesi in Francia, si
-recò a Parigi, che presto abbandonò per occupare il posto d'organista
-in Clermont. Il soggiorno nella quieta cittadella d'Alvernia giovò
-grandemente alla coltura di Rameau, che si occupò di studi profondi
-d'armonia e compose molte opere istrumentali e di stile sacro.
-
-Nel 1721 ritorna a Parigi forte di nuovi e severi studî e pubblica
-quindi nell'anno seguente il suo celebre trattato d'_Armonia ridotta ai
-suoi principi naturali_ opera capitale che mise le basi dell'armonia
-moderna e nella quale si parla dei risvolti e degli accordi, che
-vengono sviluppati da un unico principio, e si determinano i rapporti
-fra i toni e fra gli intervalli ed accordi. Questa sua opera e le
-seguenti incontrarono, come accade di tutte le importanti innovazioni,
-acerbe critiche (ai suoi tempi lo chiamarono «distillatore di accordi
-barocchi»), e le dispute ripetute ed accanite che Rameau ebbe a
-sostenere per difendere le sue teorie influirono sul suo carattere
-bisbetico, iracondo ed intollerante.
-
-Se la teoria di Rameau era nuova, la pratica del suo sistema s'era
-venuta formando a passo a passo in quasi due secoli nella mente dei
-musicisti. L'orecchio musicale aveva finalmente imparato a comprendere
-la musica come una _catena d'armonie_. Il principale risultato del
-sistema di Rameau era di riconoscere la tonalità moderna, ossia il
-rapporto di tutti i toni della scala con un tono unico, la _tonica_,
-che si mostra nel maggiore e nel minore, per cui venne tolta
-quell'incertezza propria delle tonalità antiche, che deriva dalla
-mancanza della tonica fondamentale e che i componisti aveano modificata
-istintivamente grado a grado. La teoria di Rameau sembrò nuova al
-mondo musicale ma non lo era del tutto, giacchè Zarlino l'aveva
-omai presentita. Ma anche Rameau si fermò a mezza strada, non avendo
-applicato le sue teorie all'accordo minore che egli considera ancora
-come una specie di accordo maggiore colla terza minore. Chi completò il
-sistema fu Tartini coi suoi toni di combinazione.
-
-Nell'agone teatrale Rameau scese quasi cinquantenne, il che però
-non impedì che fino alla sua morte egli scrivesse più di venti opere
-teatrali. (_Hyppolyte et Aricie_, _Dardanus_, _Castor et Pollux_). Le
-prime furono accolte dal pubblico freddamente, giacchè questo teneva
-ancora fermo agli ideali di Lully ed ogni innovazione sembravagli
-sacrilegio. Soltanto quando si vide che Rameau continuava le tradizioni
-antiche, e che non era che un perfezionatore del sistema allora gli fu
-concesso il favore del pubblico e lo si nominò degno erede di Lully.
-
-In realtà la musica di Rameau non differisce da quella di Lully che
-negli accessorî. La sua fantasia ed ispirazione, le sue cognizioni
-musicali sono maggiori di quelle di Lully, la sua istrumentazione è più
-ricca, il canto più melodioso, i cori più svariati ed elaborati, ma è
-sempre lo stesso modo di declamare e di fraseggiare, la stessa mancanza
-di pezzi chiusi, la stessa espressione drammatica, la stessa traduzione
-fedele del testo. Rameau è però meno istintivo ed impulsivo di Lully
-ed invece più intellettuale di lui. Siccome ebbe la sfortuna di non
-trovare mai un buon poeta e traduceva troppo servilmente il testo, le
-sue opere contengono spesso, dove la poesia è pedissequa, delle parti
-infinitamente monotone e la ricchezza d'armonia e le preziosità di
-stile arcaico, che oggi sono per il momento di moda, non ci dovrebbero
-illudere sul valore di Rameau come autore drammatico. Egli subì quasi
-la stessa sorte di Lully. Da molti innalzato alle stelle, fu detratto
-da altri come per esempio, da Diderot nel celebre scritto: _il Nipote
-di Rameau_, e da Rousseau in più scritti. A lui spetta però, senza
-dubbio, il merito d'aver fermata la decadenza alla quale l'opera
-francese andava incontro dopo Lully e d'aver messo le basi dell'armonia
-moderna. Le opere di Rameau contengono come quelle di Lully una
-quantità di danze, nelle quali egli eccelleva e che sono quelle che
-oltre la sua musica per clavicembalo sono ancor note. Ma le troppo
-numerose danze dell'opera francese ne erano altresì la parte debole e
-Grimm si lamenta «che l'opera francese è uno spettacolo dove tutta la
-felicità e le disgrazie delle persone consistono nel danzar intorno a
-loro, mentre esse non dicono mai quel che dovrebbero dire».
-
-Per quanto il successo della nuova opera francese fosse stato grande
-e clamoroso e le opere di Lully e di Rameau si fossero conservate per
-molti e molti anni nel repertorio dell'_Académie de musique_, non si
-può dire che essa corrispondesse al carattere della nazione e che fosse
-vera musica nazionale. Ciò lo impedivano le troppe declamazioni vuote,
-le ripetute sentenze e madrigali e la mancanza di ogni naturalezza
-e verità. Iniziata da uno straniero, essa era la conseguenza
-dell'indirizzo classico dei tempi e si risentiva dell'influsso dei
-grandi poeti tragici francesi. Ma il pubblico non poteva alla lunga
-contentarsi di queste opere, che trattavano soggetti mitologici, a lui
-del tutto sconosciuti, in cui l'elemento veramente umano si perdeva
-in una fraseologia esagerata. Ed ancor meno lo poteva appagare la
-musica di quei drammi, che si allungava in declamazioni enfatiche,
-le quali se traducevano adeguatamente il testo ed esprimevano la
-situazione drammatica, escludevano invece la vera melodia nelle forme
-chiuse e riuscivano monotone e pesanti. L'opera di Lully e di Rameau,
-per quanto decantata come il vero tipo dell'opera francese, non era
-che l'opera francese d'una parte esigua del pubblico, quella della
-corte, degli accademici e dei dotti. La vera opera francese, quella
-del popolo francese, è invece da cercarsi nell'opera comica, i di cui
-primordi troviamo ormai nel secolo XVII in rappresentazioni drammatiche
-musicali, che si davano in piccoli teatri sui mercati. Al principio
-del secolo XVIII questo genere di rappresentazioni portava il nome
-di _comédie à ariettes_, _vaudeville_ (voix de ville) e poi di _opéra
-comique_ e si componeva di canto, ballo e dialogo parlato. Le prime di
-queste opere comiche furono l'_Arlequin Mahomed_ su testo di Le Sage
-(1714), _Le Dieu de la foire_ (1724), _Sancho Pança_ (1727).
-
-A dare poi il colpo di grazia all'opera francese arrivò nel 1752 una
-compagnia di cantanti italiani a Parigi. Le opere eseguite erano di
-Pergolesi, Leo, Orlandini ed altri, ed appartenevano tutte all'opera
-buffa. Il successo che ebbero fu grandissimo. Il pubblico parigino
-non sapeva saziarsi delle dolci e graziose melodie degli intermezzi di
-Pergolesi, _La Serva padrona_ ed _Il Maestro di musica_, ed innalzava
-alle stelle l'arte dei cantanti italiani. Due fazioni si formarono
-che si misero a difendere l'una l'opera francese, l'altra l'italiana.
-Fra i partigiani dell'opera italiana vi erano Diderot e Rousseau il
-quale ultimo nella sua celebre _Lettre sur la musique française_ e
-nel _Dizionario di musica_ giunse a dire che la lingua francese non
-era fatta per la musica e che l'opere di Lully e Rameau non erano
-che meschine produzioni scolastiche. Gli scritti di Rousseau, per
-quanto parziali, produssero un grande effetto e servirono a scassinare
-l'edificio ormai crollante dell'opera francese. Del resto quasi
-tutti gli Enciclopedisti erano del partito della riforma ed essi
-hanno influito molto sul gusto dell'epoca, per quanto non fossero
-forse grandi le loro cognizioni musicali positive. Ma furono essi,
-che propugnarono il ritorno alla natura, il bando alle esagerazioni
-ed enfasi dell'opera tragica, a tutta quella congerie di danze e
-pantomine, che dominavano a sproposito nell'opera.
-
-La lotta fra _Buffonisti_ ed _Antibuffonisti_, col qual nome venivano
-chiamate le due fazioni, si decise colla vittoria dei primi, quantunque
-la compagnia italiana avesse dovuto abbandonare il campo dopo due anni.
-Ma il loro soggiorno ed il seme da loro gettato non furono infruttuosi,
-giacchè l'opera comica nazionale, che prima aveva menata una stentata
-esistenza, approfittando dell'esperienza avuta dagli italiani sorse a
-nuova vita e detronizzò la grand'opera.
-
-_Rousseau_ (1712-1778) avea già nel 1752 scritto e fatto rappresentare
-con grande successo il suo _Devin du village_, scritto intieramente
-sotto l'influsso dell'opera buffa italiana e nel 1753 vi fece seguito
-un'altra opera comica, _les Troqueurs_ di _D'Auvergne_. Nel 1755 poi,
-_Egidio Duni_ (1709-1755) il fortunato rivale di Pergolesi, che aveva
-portato col suo _Nerone_ la palma sull'_Olimpiade_ fa eseguire la sua
-opera _Ninette à la cour_, la prima di molte opere comiche che egli
-scrisse con grande fortuna in Francia. Duni fu quegli che diede la
-forma artistica alla nuova opera francese e come l'opera seria deve
-la sua origine ad un italiano, così fu pure un italiano il primo che
-raccolse l'idea iniziata coi _Troqueurs_ e che minacciava di perdersi.
-
-Il nuovo genere si distingueva dall'opera francese di Lully per la
-naturalezza, per il brio, la facilità della melodia e per l'accurato
-sviluppo dell'azione. I testi di Marmontel e Favart, scritti con
-garbo, sono pieni di frizzi spiritosi, il dialogo è naturale, l'azione
-interessante. Il pubblico assuefatto all'ampollosità e declamazione
-della tragedia, si interessava alla nuova opera, la trovava più
-corrispondente al suo gusto e rinveniva nelle melodie e nelle danze
-il carattere nazionale, che mancava alla tragedia musicale di Lully e
-Rameau.
-
-Fra i musicisti che si dedicarono all'opera comica si distinsero in
-ispecial modo:
-
-_Francesco Andrea Danican_ detto _Philidor_ (1726-1795), (_Le diable à
-quatre_, _Le boucheron_, ecc.)
-
-_Pietro Alessandro Monsigny_ (1729-1818) (_le Cadi dupé_, _le
-Deserteur_).
-
-_Nicolò D'Alayrac_ (1753-1809), (_le Corsaire_, _Vertvert_, _la pauvre
-femme_, ecc.).
-
-_Nicolò Isouard_ (1775-1818) (_Cendrillon_, _Joconda_).
-
-Tutti questi hanno vera vena comica, fresca e spiritosa, essi
-abbandonano gli eterni recitativi ed introducono la romanza cantata;
-l'aria da capo prende la forma più popolare del _rondeau_.
-
-Il più geniale di tutti è senza dubbio _André Grétry_ di Liegi
-(1741-1813), che passò più anni della sua gioventù in Roma, dove
-godè l'istruzione di Casali e vi fece eseguire con fortuna alcune
-composizioni. La sua prima opera comica data a Parigi fu _le Huron_
-(1768). Fra le sue molte opere sono meritevoli di memoria _Zemir et
-Azor_ (1771), _Anacréon_ (1797), e più di tutte _Richard cœur de lion_
-(1784), tradotta e data in molti paesi. Quantunque Grétry non fosse
-dotato di gran genio melodico e di potenza drammatica, le sue opere si
-distinguono per una grande naturalezza, facilità ed eleganza. Egli è
-sopratutto compositore nazionale nello spunto melodico, nella varietà
-dei ritmi piccanti e briosi e per la facilità e leggiadria del dialogo
-musicale. Scrisse le sue memorie, che contengono molte considerazioni
-sensate e nuove sulla declamazione musicale e nelle quali difende le
-teorie di Gluck.
-
- *
- * *
-
-L'opera musicale drammatica cominciò in _Germania_ più tardi che
-in Italia e fu piuttosto frutto dell'imitazione straniera che
-dell'iniziativa nazionale. Le produzioni drammatiche precedenti al
-Seicento si limitavano ai _Misteri_ e alle _Moralità_, alle feste
-carnevalesche, alle farse di Hans Sachs ed altri poeti popolari ed
-a spettacoli e balletti dati con grande sfarzo alle diverse corti
-dei principi di Germania. L'opera fiorentina ed il nuovo stile
-rappresentativo trovarono però imitatori molto prima che in Francia.
-Già nel 1627 _Enrico Schütz_, il grande musicista luterano antecessore
-di Bach, aveva composta la musica della _Dafne_ di Rinuccini, tradotta
-da Opitz. Questo dramma per musica fu dato a Torgau il 10 aprile 1627
-in occasione delle nozze del Landgravio di Essen con Luisa Eleonora di
-Sassonia. Quantunque la musica ne sia perduta, è da ritenersi secondo
-le notizie conservateci, che fosse scritta ad imitazione di quella di
-Peri. E sembra pure che Schütz abbia musicato l'_Orfeo_ di Rinuccini.
-Invece ci è restata la musica di un _Singspiel Seelewig_ (1644) di
-_Teofilo Staden_, una specie di allegoria simile alla Rappresentazione
-di anima e corpo di Emilio Cavalieri, un'opera affatto lontana dalle
-tendenze della Camerata fiorentina e solo d'interesse storico.
-
-Ma il nuovo genere non seppe attecchire, sia perchè i tempi erano
-difficili e la Germania era tormentata dalla tremenda guerra dei
-trent'anni, sia che mancassero gl'ingegni musicali che si volessero
-applicare al nuovo genere. C'era poi un altro motivo che rendeva
-difficile lo svilupparsi dell'opera nazionale. La lingua italiana era
-allora di moda nelle infinite corti di Germania come lo divenne poi la
-francese. Il pubblico stava in disparte e non prendeva alcun interesse
-alle cose artistiche; i teatri rimasero fino alla metà del secolo
-scorso con poche eccezioni riservati alla corte, ai cortigiani ed agli
-invitati. Era dunque naturale che i principi si rivolgessero all'Italia
-e chiamassero alle loro corti artisti italiani. Ognuna di queste aveva
-un poeta di corte che doveva montare sul suo Pegaso in ogni occasione
-voluta da circostanze esteriori. (Zeno e Metastasio a Vienna, Mauro ad
-Hannover, Pallavicino a Dresda, Terzago a Monaco, ecc.). I direttori
-erano italiani (Lotti, Caldara, Steffani, Porpora, Iomelli, Bononcini,
-ecc.), italiani i cantanti (Bordoni, Cuzzoni, Lotti, Durastanti,
-Senesino, Farinelli, Carestini, ecc.), italiani persino i pittori,
-decoratori ed architetti. Soltanto i suonatori erano in parte tedeschi
-e francesi.
-
-Fra le corti di Germania, che videro fiorire l'opera italiana sono
-specialmente da nominarsi Vienna, Dresda, Berlino e Monaco. La corte
-di Vienna s'era sempre distinta quale protettrice della musica ed ormai
-nel 1642 vi si eseguì l'_Egisto_ di Cavalli. Gli imperatori Leopoldo I,
-Giuseppe I e Carlo VI, buoni musicisti, preferivano la musica italiana
-e cercarono con ogni modo di attirare alle loro corti i migliori
-artisti italiani. Caldara e Conti assieme allo stiriano _Giovanni Fux_
-segnano l'epoca del maggior fiore dell'opera a Vienna. Fux (1660-1741)
-è tuttora noto per il suo celebre trattato _Gradus ad Parnassum_ (1725)
-e per musiche da chiesa più che per le sue opere teatrali, nelle quali
-imitò gli italiani. Quasi tutti poi i più celebri compositori italiani
-dell'epoca, cominciando da Cavalli, Cesti fino a Porpora e Salieri
-andarono a Vienna e scrissero per quel teatro di corte.
-
-Non inferiore a Vienna nel culto dell'opera italiana fu Dresda. Anche
-in questa città v'era un'intiera colonia artistica d'italiani, che
-dominava esclusivamente il teatro. L'opera italiana vi fu inaugurata
-formalmente nel 1662 col _Paride_ di _Giovanni Bontempi_, scolaro di
-Mazzocchi e collega di Schütz. Suo successore fu pure un italiano,
-_Carlo Pallavicini_, buon compositore. Salito al trono Federico Augusto
-I (1694), vero mecenate delle arti, cominciò una nuova era di lusso
-e splendore e Dresda mai vide maggior numero di celebri artisti nelle
-sue mura, fra i quali Lotti, Vittoria Tesi, il Senesino, e sopra tutti
-_Giovanni Adolfo Hasse_ e sua moglie, la famosa cantatrice _Faustina
-Bordoni_.
-
-Quantunque Hasse abbia avuto i natali in Germania (Bergedorf, 1699)
-egli appartiene interamente alla scuola napoletana ed è compositore
-italiano. Da principio cantante ad Amburgo e Brunswick, venne poi a
-Napoli (1724), dove si perfezionò nella composizione alla scuola di
-Porpora e quindi di Alessandro Scarlatti, che lo prese ad amare. Una
-sua opera, _Sesostrate_ (1726), destò unanime applauso ed egli già nel
-1727 fu nominato direttore al Conservatorio degli incurabili a Venezia,
-dove conobbe e sposò Faustina. La fama delle sue opere oltrepassò
-ben presto le Alpi e pochi anni dopo venne chiamato a Dresda (1731),
-dove con piccoli intervalli di tempo, fra i quali un breve soggiorno
-a Londra, passò la maggior parte della sua vita. Negli ultimi anni si
-recò a Venezia, dove morì nel 1783.
-
-Hasse fu compositore fecondissimo. Dotato di grande fantasia e di
-ricchezza melodica, egli dominava perfettamente la forma ed era sommo
-nel trattare la voce. Ma egli non si eleva sopra i migliori autori
-italiani dell'epoca, seguendo anch'egli la pratica che al bel canto
-sacrificava la verità drammatica. Egli non fu e non volle essere
-un riformatore ma seguì l'andazzo del tempo. Egli non copia alcuno
-degli italiani ma imita tutti, togliendone da tutti il meglio, per
-cui egli non è originale ma piuttosto la personificazione dello stile
-drammatico, diremmo quasi astratto, italiano del secolo XVIII. Hasse
-visse onorato e meritò tanto pel suo ingegno che per il suo carattere
-integro il nome di _Caro Sassone_, che in Italia gli si diede. Colla
-partenza di Hasse da Dresda (1756) e dopo la morte di Augusto III,
-l'opera italiana a Dresda decadde rapidamente, durando però al meno
-sporadicamente fino al 1842 (Morlacchi).
-
-In Berlino troviamo cantanti italiani (_Pasquino Grassi_ e _Giovanni
-Alberto Maglio_) già nel 1656. La prima opera si diede nel 1700 e fu
-_la festa dell'imeneo_ di _Attilio Ariosti_, alla quale negli anni
-posteriori fecero seguito delle altre finchè nel 1742 venne aperto
-da Federico II il nuovo teatro con _Cesare e Cleopatra_ di _Graun_.
-Federico il grande era musicista appassionato e buon suonatore di
-flauto. Egli prediligeva la musica italiana e non voleva saperne di
-cantanti tedeschi. «Piuttosto sentir un'aria cantata da un cavallo, che
-una tedesca come prima donna», soleva egli dire.
-
-Il miglior compositore dell'epoca fu _Carlo Enrico Graun_ (1701-1759),
-che dominò colle sue opere il repertorio fino alla sua morte. Graun
-appartiene pure alla scuola italiana. Scrisse 36 opere e molta musica
-da chiesa, fra cui l'oratorio _la Morte di Gesù_, che ancor oggi si
-eseguisce, opera priva di grandezza e religiosità e scritta nello
-stile teatrale. Graun fu scrittore melodioso e facile, ma non ebbe nè
-originalità nè potenza drammatica.
-
-Grande influenza sulle cose musicali ebbe pure alla corte di Federico
-il suo maestro di flauto _Giovanni Quanz_, che fu in Italia alla
-scuola di Gasperini e scrisse un'infinità di composizioni per flauto
-ad uso del re. Degni di menzione sono pure _Francesco Benda_, boemo
-(1709-1786), celebre violinista, fondatore della scuola germanica, il
-creatore del melodramma (declamazione con accompagnamento di musica), e
-la celebre cantatrice _Gertrude Elisabetta Mara_ per la quale Federico
-ebbe a ricredersi degli artisti tedeschi. Coll'avanzarsi dell'età venne
-a cessare l'interesse di Federico per l'opera, che priva del suo più
-potente appoggio rapidamente decadde.
-
-A Monaco gli Italiani erano diventati già per tempo padroni del
-campo. La corte di Alberto V aveva veduto commedie italiane (1568)
-per le quali aveva scritto madrigali Orlando di Lasso che in una
-rappresentazione aveva egli stesso rappresentato la parte di nobile
-veneziano (_Pantalone dei Bisognosi_). Il primo vero dramma per musica
-fu la _Ninfa ritrosa_ (1654) di autore sconosciuto. Fra tutti i maestri
-di quel tempo si incontra un sol nome tedesco, _Gaspare Kerl_, scolaro
-di Carissimi e celebre organista. Egli scrisse pure opere teatrali
-andate perdute. A Kerl successero Ercole Bernabei, Giovanni Bernabei,
-Agostino Steffani, Albinoni, Porta, Bernasconi. L'opera italiana cessò
-nel 1787.
-
-La patria dell'opera tedesca nazionale fu Amburgo, la libera
-città anseatica, dove la musica era sempre stata in onore e dove
-accorrevano gli artisti, sicuri di trovare un pubblico intelligente
-ed appassionato per l'arte. Quantunque l'opera italiana fosse ben
-presto giunta in Amburgo e vi avesse destato grande interesse e plauso,
-pure l'elemento nazionale si fece vivo di buon'ora e molti furono i
-tentativi di imitazione con tendenze nazionali e sostituzione della
-lingua tedesca all'italiana. La prima opera tedesca che si diede ad
-Amburgo fu _Adamo ed Eva_, musicata da _Giovanni Theile_ (2 gennaio
-1678). Dapprincipio essa non fu che una copia dell'italiana, ed i
-soggetti si toglievano dalla mitologia, dalla storia antica e dalle
-leggende sacre o dalla Bibbia. Ma il pubblico prendeva poco interesse
-a quelle rappresentazioni eroiche, nelle quali esso non trovava
-l'impronta nazionale ed i soggetti gli erano del tutto estranei e
-punto simpatici. Ed allora nacque la reazione, dapprincipio modesta,
-introducendovi l'elemento nazionale e comico e riducendo il tutto
-ad una parodia di cattivo gusto. Poi l'elemento nazionale prende il
-sopravento ed ai soggetti eroici e sacri si sostituiscono azioni tolte
-dalla vita contemporanea, che univano il tragico al comico, il sublime
-al triviale. Per sfortuna poi mai epoca fu sì povera di buoni poeti
-ed i musicisti dovevano contentarsi di mettere in musica versi che
-peggiori non ponno pensarsi, azioni che sono un'ibrida congiunzioni di
-sciocchezze, sfacciataggini e trivialità, il tutto condito da motti
-salaci in una lingua barbara ed un gergo da piazza. La meschinità di
-tali produzioni drammatiche si cercava nascondere sotto lo sfarzo delle
-scene, dei vestiari e dei balletti, per i quali si spendevano somme
-favolose, e si cercava cancellare l'impressione penosa d'una scena
-tragica con una comica della specie più scurrile, come nell'opera
-di Dedekind _Gesù morente_, dove Satana raccoglie in un canestro le
-budella di Giuda e col cestello in mano canta un'aria.
-
-Molto migliori dei meschini e prosaici poeti di quell'epoca furono i
-maestri che posero in musica i loro tristi parti. Fra questi merita
-speciale menzione _Giovanni Kusser_ (1657-1727), musicista di talento,
-il quale influì sulla nuova opera tanto colle sue opere che colle
-sue cognizioni pratiche e che pel primo liberò la scena da tutta la
-marmaglia di cantanti e cantatrici, tolti dal più basso volgo, che
-nulla sapevano di musica e vi sostituì buoni elementi.
-
-Ma quegli che per il suo grande ingegno, se a questo avesse unito
-serietà di propositi e veri criteri artistici, sarebbe stato chiamato
-ad ispirare nuova vita all'opera tedesca e metterla sul vero cammino,
-fu _Reinhard Keiser_ (1674-1739). Dotato d'inesauribile vena melodica
-e vivissima fantasia egli era nato per la musica drammatica e per la
-scena. Le sue numerose opere si distinguono per ricchezza e facilità
-di melodia, per varietà di forma e per verità d'espressione ed egli
-si innalza qualche volta a grandi altezze in scene eminentemente
-drammatiche come nell'_Ottavia_. Le forme che usa sono piccole e simili
-alla canzone popolare, ma caratteristiche e sempre adatte alle parole.
-Se egli non fu capace di impedire il rapido decadimento della giovine
-opera, si fu perchè gli mancava la fermezza del carattere e seguiva
-l'andazzo del tempo, poco curandosi degli alti ideali, pur che la
-sorte gli arridesse pel momento ed egli potesse menare vita brillante e
-spensierata. Eppure ad onta dei suoi molti difetti, la sua musica ancor
-oggi ha un fare sì spontaneo e naturale, è sì fresca e melodica che
-bisogna meravigliarsi come in un'epoca di tali aberrazioni del gusto
-potessero sbocciare fiori sì gentili.
-
-Altra figura interessante del tempo fu _Giovanni Mattheson_
-(1681-1764), un miscuglio d'umorista e pedante, cantante, musicista e
-scrittore. Le composizioni di Mattheson sono intieramente dimenticate,
-giacchè esse sono scritte nel gusto dei loro tempi e mancano di vera
-ispirazione, ma non lo sono molti dei suoi infiniti scritti d'arte e di
-polemica musicale, nei quali si palesa lo spirito battagliero, ardito
-e mordace dello scrittore ed in mezzo a molto ciarpame ed a frasi
-antiquate ed ampollose sono nascosti nuovi pensieri ed è messa la base
-dell'estetica musicale moderna. (_Il perfetto direttore_ (1739), _il
-patriota musicista_, _la porta d'onore_, _la critica musicale_).
-
-L'ultimo musicista della prima epoca dell'opera d'Amburgo, dopo il
-quale questa andò rapidamente decadendo, fu _Giorgio Filippo Telemann_
-(1681-1767), artista strano, che d'ogni stile s'appropriò qualche cosa,
-ma che per la manìa di essere originale ad ogni costo cadde in mille
-ricercatezze e puerilità artistiche. La sua fecondità fu prodigiosa;
-scrisse oltre circa 40 opere e 600 _ouvertures_, 44 passioni, 12 annate
-di musica da chiesa ed un'infinità d'altre composizioni.
-
-Prima di chiudere questo periodo ci resta a rammentare Händel, che nel
-1703 a 19 anni si recò ad Amburgo onde arricchire le sue cognizioni
-e studiarvi l'opera. Quantunque egli abbia scritto qualche opera per
-Amburgo (_Almira_, _Nerone_) e vi abbia fatto parlare di sè, pure egli
-non esercitò alcuna influenza sul suo indirizzo, inquantochè si tenne
-piuttosto in disparte come osservatore e pure profittando di quello
-che egli ad onta della falsa strada per cui si era messa l'opera, da
-questa potea apprendere, non era ancor giunto a quel grado di maturità
-artistica, che per ciò era necessario. Nel 1740 arriva ad Amburgo una
-compagnia d'opera italiana coll'impresario Angelo Mingotti e l'opera
-nazionale tedesca, che negli ultimi anni aveva menato un'esistenza
-stentata, venne a finire.
-
-In INGHILTERRA la musica drammatica fu quasi sempre senza carattere
-nazionale. Quantunque non sia giustificata l'opinione generalmente
-diffusa della mancanza di talento musicale degli Inglesi, non è da
-negarsi, che la musica in Inghilterra fu sempre influenzata dagli
-stranieri, che attirati dall'idea di gloria e dalla speranza di ricchi
-guadagni vi trapiantarono la musica dei loro paesi. Le prime notizie
-che ci sono conservate sulla musica in Inghilterra arrivano al 600 dopo
-Cristo, quando papa Vitaliano mandò in Gallia e Britannia Giovanni e
-Teodoro ad insegnare il canto gregoriano che in poco tempo raggiunse
-grande diffusione. Dopo un lungo silenzio la storia fa menzione di
-_Giov. Dunstaple_ del quale già parlammo ed a lui seguono molti altri
-musicisti pratici e teoretici, che ebbero molta parte allo sviluppo
-dell'armonia e contrappunto. Verso la fine del secolo XVI poi troviamo
-in Inghilterra molti musicisti, che si occuparono specialmente del
-madrigale, raggiungendo in questo genere le migliori opere degli
-italiani contemporanei. I più noti fra questi sono _William Bird_ (†
-1623), _Tommaso Morley_ (1557-1604), _John Bull_ (1563-1628) e _Orlando
-Gibbons_ (1583-1625). Molti madrigali di quell'epoca sono stati
-ultimamente pubblicati e eseguiti con plauso per la leggiadria dello
-stile, le bizzarrie ritmiche, gli scherzi armonici e la freschezza di
-melodia.
-
-Quel tempo vide pure il fiore della musica istrumentale che la regina
-vergine Elisabetta preferiva e molti furono i suonatori specialmente di
-_virginale_ (specie di spinetta) che ebbero grande fama anche in altri
-paesi. L'importanza di questo ramo della musica inglese è assai grande
-per la storia della musica istrumentale e lo sviluppo delle sue forme.
-I principali rappresentanti ne sono _Hugh Aston_ ed i nominati _Bird_ e
-_Bull_. Noi troviamo nelle loro opere, che si pubblicarono negli ultimi
-anni, un'assoluta indipendenza dallo stile corale, una tecnica assai
-perfezionata nella mano sinistra, armonia quasi moderna e nuove forme
-come per es. la variazione.
-
-Il dramma musicale venne all'Inghilterra dall'Italia e vi fu portato da
-_Tommaso Lupo_, _Angelo Notari_ ed _Alfonso Ferrabosco_. Bisogna però
-rammentare che _Roberto Jones_ pubblicava ormai nel 1601 due libri di
-_songs and ayres_ (canti ad 1-4 voci con e senza istrumenti) scritti
-nello stile recitativo delle _Nuove musiche_ di Caccini e che qualche
-cosa di simile all'opera erano le cosidette _Masques_ con cori, danze
-ed in genere musica istrumentale.
-
-Delle prime opere di maestri inglesi (_Lawes_, _Colman_, _Lock_,
-ecc.) sono conservati soltanto i titoli. Nel 1673 venne _Cambert_ in
-Inghilterra e vi introdusse la musica francese, che trovò tosto molti
-fautori fra i quali il re Carlo II.
-
-In quel tempo (1658) nasceva a Londra _Enrico Purcell_, il maggior
-genio musicale che l'Inghilterra mai ebbe. Purcell ha molti punti
-di somiglianza con Mozart. I suoi successi datano ormai dal suo
-diciottesimo anno e le sue opere giovanili (p. es. _Didone ed Enea_)
-mostrano maturità di studi, sicurezza di stile e di forma. Egli
-scrisse una quantità di musica per azioni teatrali, da chiesa ed
-istrumentali, tutte ricche di facile melodia, di ampiezza di stile e
-magistrale fattura. Il maggior difetto della sua musica è quello di
-essere troppo esangue e di restare quasi sempre allo stato di schizzo
-per quanto geniale. Egli si formò alla scuola degli Italiani senza però
-rinunciare alla sua personalità spiccata ma altresì senza raggiungerli.
-Egli prelude però ormai ad Händel specialmente colla sua maniera di
-innestare il coro all'azione e di concepire il quadro musicale.
-
-Purcell non trovò chi raccogliesse il suo retaggio. Morto a 37 anni,
-venne ben presto dimenticato dal pubblico che preferiva i piccanti
-ritmi delle canzoni francesi alla verità drammatica delle sue opere ed
-alla grandiosità dei suoi cori.
-
-Dopo la morte di Cambert (1677) sono di nuovo gli italiani che
-predominano e contendono la palma ad Händel, mentre gli ultimi
-tentativi di un'opera nazionale (_Beggar's Opéra_ di _Gay_ 1727) cadono
-sotto il livello dei più meschini prodotti.
-
-
- LETTERATURA
-
- H. M. Schletterer — _Studien zur französischen Musik_, Berlin,
- 1884-85.
-
- Nuitter et Thoinan — _Les origines de l'opéra français_, Paris,
- 1886.
-
- Prunières — _Lully._ 1910.
-
- Pougin A. — _Les vrais créateurs de l'opéra français_, Paris, 1881.
-
- R. Rolland — _Le premier opéra joué a Paris_ e _Notes sur Lully_ in
- _Musiciens d'autrefois_, Paris, 1908.
-
- L. de la Laurencie — _Lully_, 1910.
-
- Prunières — _L'opéra italien en France avant Lully_, Paris, 1913.
-
- Laloy L. — _Rameau_, Paris, 1908.
-
- L. de la Laurencie — _Rameau_, Paris, 1908.
-
- I. Iansen — _I. I. Rousseau als Musiker_, 1884.
-
- Brenet — _Gretry: Sa vie et ses oeuvres_, 1884.
-
- H. Cuzzon — _Gretry_, Paris, 1908.
-
- Le opere principali di Lully, Rameau e Gretry furono pubblicate
- nuovamente nei Chefs d'Oeuvres class. de l'Opéra français, ecc.
-
- O. Lindner — _Die erste stehende deutsche Oper_, Berlin, 1855.
-
- L. Meinardus — _Rückbliche auf die Anfänge der deutschen Oper_,
- Amburgo, 1878.
-
- H. Kretschmar — _Das erste Jahrhundert der deutschen Oper_
- Sammelbände der intern. Musik Gesell., III, 2.
-
- H. Schmidt — _Matheson_, Lipsia, 1897.
-
- I. Valletta — _La musica in Inghilterra_ — Riv. musicale italiana,
- vol. 5º.
-
- W. Nagel — _Geschichte der Musik in England_, Strassburgo,
- 1894-1897.
-
-
-
-
-CAPITOLO XII.
-
-Martin Lutero e la musica protestante. Bach e Händel.
-
-
-Nessuna nazione possiede sì ricco patrimonio di canzoni popolari quanto
-la tedesca. I musicisti non potevano ignorare tutta questa fioritura
-di canti ed è per questo che nelle loro opere si mostra più che in
-quelle degli altri maestri stranieri una certa inclinazione alla forma
-chiusa della canzone e che il canto fermo non si toglie di preferenza
-dal canto gregoriano. Mentre nei paesi romani si mantenne il canto
-liturgico latino e la comunità quasi mai partecipa al canto, noi
-troviamo cantici sacri in lingua tedesca ormai poco dopo il Mille. E
-ciò era naturale, perchè e ignota era la lingua latina e troppo diverso
-il canto gregoriano da quello popolare. Così vedemmo già parlando
-della canzone popolare, come il popolo tedesco trasformava i canti
-latini della chiesa, ora conservandone qualche brano, ora trasformando
-e ritmo e melodia alla guisa di canzone popolare (_Kyrleise_). Questi
-canti dapprima usati durante le processioni ed i misteri furono poi
-introdotti nella chiesa stessa e si ammisero benchè a malincuore dalla
-liturgia fra l'Epistola ed il Vangelo.
-
-Tale stato di cose si cambiò intieramente colla riforma di Lutero,
-che ha per la Germania lo stesso significato del Rinascimento in
-Italia. Questi due avvenimenti segnano nella storia della musica la
-fine del Medio Evo ed il principio di una nuova epoca. La riforma fu
-d'importanza capitale per la musica sacra tedesca e la musica tedesca
-in genere, giacchè Bach e Händel basano intieramente sulla musica della
-chiesa protestante e perchè le loro opere non si possono concepire
-senza la riforma che diede loro quell'austerità e maschia grandezza,
-che le distingue da quelle delle altre scuole.
-
-La chiesa riformata ammette il canto della comunità nella lingua
-del popolo. Esso non poteva essere dunque che la canzone popolare
-modificata per gli scopi della chiesa, perchè soltanto questo è il
-canto del popolo. Prima condizione era perciò di togliere la melodia
-dal tenore e darla al soprano onde renderla palese ed accompagnarla non
-con contrappunti ma nota per nota con armonie, con accordi.
-
-_Martin Lutero_ (1483-1546) comprese l'importanza della musica per
-l'opera della riforma e le dedicò tanto più le sue cure, che egli
-stesso ne era appassionato cultore. «La musica, egli scrive nei
-suoi sermoni, è un dono di Dio e non degli uomini. Essa mette in
-fuga il diavolo e rende gli uomini ilari. Essa fa dimenticare l'ira,
-l'impudicizia e tutti i vizî. Io le dò il primo e più alto posto dopo
-la teologia».
-
-Lutero tradusse ed adattò i canti della comunità assieme ai suoi fedeli
-amici _Rupff_ e _Walther_, scelse le melodie, sia togliendole dalle
-canzoni popolari, sia trasformando il canto gregoriano, sia trovandone
-di nuove e pubblicò nel 1524 la prima raccolta _Enchiridion_. Stabilì
-il tipo del corale protestante che fino ad oggi rimase lo stesso,
-perchè non fu la moda che ne dettò le regole. L'esempio fruttò e ben
-presto si moltiplicarono e diffusero i nuovi canti, sicchè un Gesuita
-ebbe a dire che i canti di Lutero hanno mandato in perdizione più
-anime che i suoi scritti e sermoni. E difatti si potevano bruciare le
-bibbie ed i libri, mettere al rogo i propagatori della nuova fede ma
-non soffocare quei canti che s'innalzavano dovunque, che eccitavano il
-coraggio nelle battaglie e che erano ormai divenuti canti patriottici
-politici.
-
-La vera storia della musica tedesca comincia dopo la Riforma, perchè
-i musicisti anteriori a quest'epoca non sono che imitatori dei
-fiamminghi. Soltanto ora si desta il sentimento nazionale e come la
-Riforma non pretendeva l'annichilimento dell'individuo, così entra
-nell'arte per altre strade che in Italia l'individualismo, che rimase
-una delle prime doti della musica tedesca.
-
-Noi ci contenteremo di enumerare alcuni dei maestri tedeschi anteriori
-a Bach, che sono e numerosi ed importanti come lo mostrano le loro
-opere, che furono intieramente dimenticate e che oggi si tornano a
-pubblicare. Ancor sotto l'influsso degli Olandesi sta _Enrico Isaak_
-(Arrigo tedesco) di Praga (?) che fu alla corte di Lorenzo il Magnifico
-e poi di Massimiliano († 1517). Le sue canzoni tedesche a più voci
-segnano ormai lo spegnersi dell'egemonia fiamminga. _Enrico Fink_ di
-Pirna († 1588), _Stefano Mahu_, _Giorgio Rhaw_, _Martino Agricola_,
-appartengono già alla scuola protestante, come pure _Lodovico Senfl_ di
-Basilea, scolaro di Isaak, l'autore prediletto di Lutero, musicista di
-vero genio.
-
-Questi autori si servono della forma del motetto per gli scopi della
-musica da chiesa protestante, abbandonano i contrappunti complicati ed
-usano di preferenza quello a _nota contra notam_, donde derivano gli
-accordi. _Luca Osiander_ fu il primo a pubblicare cinquanta canzoni
-sacre e salmi (1586) secondo la nuova maniera. Superiori di gran lunga
-a questi sono: _Adamo Gumpoldzhaimer_ (1560), _Leo Hasler_ (1564-1612),
-scolaro di Andrea Gabrieli, noto in Italia sotto il nome di _Gianleone_
-e _Giovanni Eccard_ (1553- 1611), ambedue ispirati e potenti.
-
-Mentre in Germania prendeva piede la Riforma, l'Italia aveva veduto
-nascere Palestrina e formarsi la scuola dei grandi musicisti romani
-e veneti. I Tedeschi sempre avidi di sapere ed imparare non potevano
-ignorare gl'immensi progressi dell'arte musicale in Italia e da
-questo tempo data quella pacifica immigrazione di musicisti tedeschi
-in Italia, replicandosi quanto era successo prima coi fiamminghi. E
-quasi a favorire questo pellegrinaggio sorgeva ai confini d'Italia,
-bella in mezzo alle onde, Venezia, la città incantata, le cui flotte
-si spingevano fin ai più lontani mari ed i cui cittadini avevano vaste
-relazioni di commercio oltre le Alpi, la città dove una scuola musicale
-che aveva veduto fiorire i più grandi ingegni, continuava le sue
-gloriose tradizioni ed i cui templi ricchi di mosaici e di dipinti dei
-più celebri maestri, risuonavano di sacri e dolcissimi concenti, che
-riempivano d'ammirazione i forestieri venuti per affari di mercatura
-in Italia. Augusta e Norimberga vi mandavano i figli dei patrizi ad
-apprendere il commercio ed il modo di vivere; nel 1506 i Tedeschi
-aveano fabbricato in vicinanza di Rialto il loro fondaco, che facevano
-adornare di dipinti da Giorgione e da Tiziano.
-
-Da _Gallus_ (1550) e _Meiland_ fino a _Schütz_, una coorte di musicisti
-scende in Germania per visitare le scuole dei celebri maestri italiani.
-La rimembranza di quei tempi resta incancellabile anche dopo il ritorno
-in patria e rivive nelle loro composizioni, che ad onta del carattere
-nazionale portano l'impronta dei maestri italiani. Coloro poi ai quali
-non era concesso veder adempiuto il maggior voto della loro vita, ed
-apprendere e perfezionarsi nell'arte dei suoni dalla bocca del maestro,
-cercavano indirettamente collo studio delle opere di avvicinarsi ai
-loro ideali o frequentavano la scuola di maestri che furono in Italia.
-Alla scuola di Carissimi in Roma venne quel _Gaspare Kerl_, famoso
-compositore di musica da chiesa ed organista, che vedemmo alla corte di
-Monaco rivaleggiare cogli italiani e pure a Roma studiò con Frescobaldi
-_Giovanni Froberger_ (1612), del quale faremo cenno in seguito.
-Soltanto indirettamente sotto l'influsso degli Italiani, seppure di
-un influsso quantunque indiretto si possa parlare, stanno i musicisti
-contemporanei, che nacquero e vissero nella Germania del Nord, quali
-_Melchiore Frank_, autore di molti corali ancor oggi in uso; _Andrea
-Hammerschmidt_ (1611-1675), felice imitatore dei maestri italiani; i
-due membri della grande famiglia _Bach_, _Giovanni Michele_ e lo zio di
-Sebastiano, _Giovanni Cristoforo_, eccellenti organisti e compositori;
-_Giovanni Pachelbel_ di Norimberga (1653), celebre organista e
-scrittore di musica d'organo, _Michele Prätorius_ (1571-1621) di
-Turingia, passionato ammiratore dei maestri italiani, dottissimo
-musicista ed autore della celebre opera _Syntagma musicum_, specie
-di enciclopedia musicale in tre volumi (1615-1620), di grandissimo
-interesse per la teoria e la storia dei musicisti e degli istrumenti.
-Il secondo libro contiene il _Theatrum musicum istrumentorum_, in
-cui sono descritti e disegnati tutti gli strumenti allora in uso;
-_Giovanni Ermanno Schein_ (1586-1630), uno dei primi autori di musica
-istrumentale veramente ispirata ed interessante (_banchetto musicale,
-ecc._); _Samuele Scheidt_ (1587-1654) celebre organista e scrittore di
-musica d'organo e da chiesa in genere.
-
-La caratteristica di questi maestri è da cercarsi nel fatto che quasi
-tutti furono organisti e che dall'organo ebbero il loro sviluppo. Essi
-sono i diretti precursori di Bach, essendo rintracciabile nelle loro
-composizioni più che in tutte le altre dei musicisti della Germania
-meridionale quell'austero sentimento proprio della Riforma, che è una
-delle caratteristiche principali di Bach.
-
-Molti di questi musicisti uscirono dalla scuola dei celebri organisti
-_Swelink_ (1540), scolaro di Zarlino e Gabrieli e _Reinken_ (1623), la
-fama del qual ultimo fu tale che il giovane Bach intraprese un viaggio
-pedestre fino ad Amburgo per poterlo sentire. Maggiore di Swelink e
-Reinken fu _Dietrich Buxtehude_, nato a Helsingor nel 1637, organista a
-Lubecca, la di cui virtuosità era fenomenale e le cui composizioni si
-avvicinano per grandiosità, varietà d'effetti, sapienza ed elevatezza
-a quelle di Bach, che fu talmente preso del suo modo di suonare e
-delle sue composizioni, che dimenticati i doveri che lo attendevano ad
-Arnstadt, si fermò per tre mesi a Lubecca (1705).
-
-A quella guisa che le composizioni della scuola romana basavano sul
-canto Gregoriano, così il fondamento della musica dei compositori
-della Germania settentrionale è il corale, che se non raggiunge la
-grandezza ed infinita semplicità tipica del canto gregoriano, pure
-nella sua melodica purezza, espressione e sentimento ha qualche
-cosa di più umano, di più commovente di questo ed è senza dubbio
-più individuale e corrispondente all'idea d'indipendenza della fede,
-propria del Protestantesimo. Gli organisti germanici servendosi del
-corale, ispirarono nuova vita alla musica d'organo e la resero capace
-d'esprimere tutte quelle aspirazioni e sentimenti che la parola non
-può esprimere. Nella loro musica la melodia non è che la pietra che
-serve alla costruzione dell'edifizio architettonico e maestoso e si
-palesa solamente nei giri armonici fra le arti contrappuntistiche e le
-fioriture, richiamando quasi l'attenzione dei fedeli al corale prima e
-dopo cantato.
-
-L'anello di congiunzione fra la scuola degli organisti di Germania
-e Bach ed il più grande e più geniale dei suoi antecessori fu senza
-dubbio _Enrico Schütz_ (1585-1672) (_Sagittarius_), quantunque
-dovessero passare ancora cento anni prima della nascita del grande
-cantore di Lipsia. Dapprima destinato alla carriera legale, si dedicò
-alla musica per il suo talento pronunciatissimo e venne alla scuola di
-Giovanni Gabrieli, dove stette tre anni fino alla morte del maestro.
-Ritornato in patria divenne direttore di cappella a Dresda, dove rimase
-sino alla morte.
-
-L'importanza di Schütz è assai grande, essendo egli stato il primo ad
-ispirare alla musica germanica un nuovo alito di vita ed a liberarla
-dal formalismo, unendo alla dolcezza e maestà dello stile palestriniano
-e veneziano il nervo e la vigoria delle melodie germaniche. Le sue
-opere hanno una certa somiglianza con quelle di Carissimi, ma egli
-è più profondo e grande nei cori, mentre l'Italiano gli è superiore
-nell'espressione drammatica degli ariosi e dei recitativi. Le
-principali sono le Symphoniae sacrae, composizioni per voci (3-6) con
-istrumenti, scritte ad imitazione di quelle di Gabrieli, fra le quali
-stupende la _Conversione di Paolo_, la _Storia della Risurrezione_ e le
-_Sette parole del Redentore_, specie di oratorî, scritti con tendenze
-musicali riformatrici e felice connubio di stili diversi che già di
-molto si avvicinano alle opere insuperabili di Bach, e finalmente le
-_Quattro Passioni_ secondo gli Evangelisti, per voci sole, i cori delle
-quali (_turbae_) sono grandiosi per espressione drammatica, per il
-sentimento tragico e per verità, quali li troviamo nella _Passione di
-S. Matteo_ di Bach. Schütz finì la sua lunga vita quasi nell'obblìo e
-le sue opere furono presto dimenticate, tanto che è difficile arguire
-se esse fossero state note a Bach e Händel. Oggi però per merito di
-Spitta, che pubblicò molte delle sue opere, egli è ritornato in onore e
-le _Sette parole_ si eseguiscono di spesso.
-
-L'egemonia della Germania nella musica da chiesa comincia ormai
-con Schütz. I tedeschi impararono ben presto dagli italiani quello
-che mancava alla loro musica e vi aggiunsero la profondità intima
-dell'espressione e la ricchezza dell'armonia, unite ad una certa
-rudezza, che sente la forza.
-
-Mentre in Germania l'opera italiana si diffondeva sempre più, nasceva
-in un'oscura città di Turingia, in Eisenach, ai 21 marzo del 1685,
-_Giovanni Sebastiano Bach_, uno dei maggiori geni musicali, che
-mai il mondo conobbe. Bach apparteneva ad una famiglia, che per sei
-generazioni fornì la Germania di musicisti, fra i quali alcuni, come
-gli zii di Sebastiano, Giovanni Cristoforo e Giovanni Michele, ebbero
-grande fama. Perduto il padre all'età di dieci anni, venne collocato
-presso il fratello maggiore Giovanni Cristoforo, organista di Ohrdruff,
-che gli insegnò i primi rudimenti della musica, e fu lì, che studiando
-al chiaro di luna le composizioni d'organo di Pachelbel, Frescobaldi
-ed altri maestri, le quali il fratello non gli voleva permettere
-di studiare, contrasse il germe di quella malattia di occhi, che
-negli ultimi anni della sua vita lo rese cieco. Da Ohrdruff passò a
-Luneburgo come cantante del coro, quindi a Weimar, dopo la mutazione
-della voce quale suonatore d'orchestra. Passati alcuni anni in diverse
-città (Arnstadt, Mühlhausen, Cöthen), ora come organista, ora come
-violinista, ottenne finalmente, dopo la morte di Kuhnau, il posto di
-cantore (direttore) alla scuola di S. Tommaso in Lipsia (1723) che
-occupò fino alla morte (28 luglio 1750).
-
-Sebastiano Bach nacque di famiglia povera e modesta, si ammogliò
-due volte ed ebbe ventun figli. Le sue aspirazioni non furono mai
-alte, nè egli cercò la gloria. Dopo i suoi trionfi come organista e
-pianista a Dresda ed a Berlino, ritornò alla sua casa e continuò le
-sue occupazioni senza inorgoglire, quasi inconscio del suo portentoso
-genio. Passò la vita in mezzo alla sua famiglia, severo con sè ed
-i suoi, ligio al dovere ed alla religione dei suoi padri. I suoi
-contemporanei non intuirono la sua grandezza. Nato in un'epoca in cui
-la Germania non aveva ideali, in cui la vita di pensiero era meschina
-o nulla ed il pedantismo e la gretteria regnavano, non si vide in Bach
-che un eccellente virtuoso d'organo e poco più che un buon e diligente
-direttore di cappella. Più volte egli ebbe a sostenere lotte accanite
-coi suoi superiori per futili lagnanze e per questioni indegne che gli
-amareggiarono l'esistenza.
-
-Dopo morto, le sue composizioni andarono dimenticate ed in parte
-perdute; gli ultimi rampolli della sua famiglia caddero in miseria,
-e come si obliò il luogo ove giaceva sepolto, così si scordò il suo
-nome, sicchè quando Marx e Mendelssohn esumarono la sua grandiosa
-_Passione di S. Matteo_ e ritornarono alla luce le sue maggiori opere,
-sembrò essere cosa incredibile che un simil genio avesse potuto per
-tanto tempo essere disconosciuto e quasi dimenticato. Oggi si può
-però parlare d'una vera rinascita bachiana, perchè la musica di Bach
-s'accorda in certo modo cogli ideali moderni d'estetica musicale e
-colla tendenza alla polifonia e fu appunto quando dominava l'omofonia,
-che Bach fu dimenticato per più d'un secolo.
-
-Dinanzi alla grandiosità delle sue opere la penna sfugge di mano e
-rifiuta il suo ufficio. Goethe scrisse di lui: «Quando penso a Bach,
-ho l'impressione, che l'eterna armonia si diverta con sè stessa
-forse come sarà successo nel seno di Dio prima della creazione». E
-Wagner: «Se si vuole comprendere la meravigliosa singolarità, forza ed
-importanza dello spirito tedesco con un solo ed incomparabile esempio,
-basta studiare la personalità quasi inconcepibile ed incomprensibile
-di Sebastiano Bach in un'epoca in cui il popolo tedesco era pressochè
-annientato».
-
-Il genio di Bach si può intuire, non esprimere a parole. Come
-Palestrina, egli sta sul confine di due epoche, e mentre chiude l'una,
-inizia l'altra. Anche egli non fu riformatore nel senso stretto
-della parola, nè trovò nuove forme, ma le sussistenti perfezionò
-e perfezionandole le rese tali che nuove appaiono. Come Palestrina
-incarna la musica sacra cattolica, così Bach è il rappresentante della
-musica protestante. La sua musica vocale è esclusivamente religiosa ed
-interpreta la dogmatica protestante, ma egli le ispira sentimenti più
-umani ed intimi di quello che la severa ortodossia antecedente avesse
-saputo. Se in Palestrina troviamo rappresentato l'elemento divino
-che s'abbassa fino all'umanità, in Bach domina l'elemento umano che
-si libera dai ceppi e dalle miserie terrene, si eleva al cielo, gli
-confida i suoi dolori, le sue angoscie e vi trova il conforto e la pace
-dopo la lotta.
-
-Il suo carattere inclina al misticismo, per cui la sua musica è
-precipuamente riflessiva, profonda ed esigente che l'uditore vi si
-immedesimi. Non sempre giustificato è però il voler sottolineare il
-sentimento religioso di Bach, che egli possedeva più per tradizione
-che per riflesso. Bach è portato altresì al lirismo ed in lui si
-trovano gli elementi del romanticismo; perciò era naturale che egli
-coltivasse anche la musica istrumentale, che più si adatta ad esprimere
-la profondità del pensiero. La musica di Bach non fu popolare ai tempi
-del maestro, perchè egli si elevava troppo sopra gli altri per venir
-intieramente compreso e popolare non lo è oggi nè mai lo diverrà. Ma
-invece si può ben con sicurezza affermare, che molte delle sue opere
-saranno imperiture come alcune dell'antichità nella letteratura,
-pittura e scoltura, perchè per quanto cambieranno e la vita di pensiero
-e le forme dell'espressione, l'alito geniale che vi ispirò il maestro,
-non può per il tempo che passa spegnersi.
-
-Nella musica vocale Bach segnò traccia imperitura. I suoi numerosi
-corali a quattro voci sono monumenti insuperabili di melodia ed
-espressione profonda; molti gli servono di tema per costruire grandiose
-concezioni polifoniche. Ma dove Bach sembrò attingere ad una fonte
-inesauribile fu nelle cantate, che sono più di trecento, quasi tutte su
-poesie di carattere religioso da eseguirsi dopo la predica dell'ufficio
-protestante. Esse mantengono la forma concertata di prima (introduzione
-istrumentale, coro, recitativi, arie, duetti, corale). La plasticità
-dei temi si presta a tutte le combinazioni, senza che l'unità
-sia perduta; l'opera grande e maestosa sorge naturalmente e quasi
-necessariamente, nel mentre ogni parte è individualmente concepita.
-La differenza che passa fra quelle di Bach e dei suoi antecessori
-e contemporanei è grande, perchè fu egli il primo a riconoscere
-l'importanza delle forme dell'opera italiana e servirsene combinandole
-collo stile della musica d'organo, raggiungendo così l'unità e creando
-una nuova musica da chiesa di spiccato carattere protestante, che fu
-anche l'ultima non essendo la posteriore che una semplice imitazione
-della sua.
-
-Il contrappunto di Bach basa a differenza dei maestri anteriori
-sull'armonia e le singole voci sono sempre condotte melodicamente. La
-tonalità è la moderna e non è che la scala minore discendente colla
-sesta maggiore che a noi riesce un po' strana ed arcaica.
-
-Fra le sue opere vocali le maggiori sono la _Passione secondo
-S. Matteo_, la _Messa in si minore_, l'_Oratorio di Natale_, il
-_Magnificat_ a cinque voci. La _Passione_ suddetta (15 aprile 1729),
-una delle tre conservateci, segna un immenso progresso in confronto
-delle anteriori e delle contemporanee e come il testo è depurato dalle
-aberrazioni ed ingenuità di prima, così la musica si eleva ad altezze,
-quali Bach stesso di rado seppe raggiungere. E se anche in questa
-sublime opera il contrasto fra l'elemento sacro e mondano o drammatico
-le tolgono l'unità, ciò deve ascriversi non all'autore ma al genere
-di composizione, per cui lo vediamo spegnersi con Bach e sostituirvisi
-l'oratorio, nel quale l'elemento sacro e mondano si confondono in uno e
-formano un nuovo stile.
-
-Nella musica istrumentale fu Bach che introdusse, come nessuno prima
-di lui seppe fare, le forme della musica polifonica vocale. Egli non
-creò la _Sonata_, la _Suite_, la _Partita_, la _Fuga_, ecc., ma tutti
-questi generi modificò e rinnovò in modo che fra le sue composizioni
-e le anteriori o contemporanee la somiglianza è poca o nessuna. La sua
-orchestrazione invece è semplice, quantunque non manchino specialmente
-nelle arie concertate tratti felici e nuovi impasti e combinazioni,
-che egli imparò senza dubbio dalle opere di Steffani. Fra la quantità
-delle sue opere istrumentali basti il nominare il suo _Clavicembalo ben
-temperato_, quella raccolta aurea di 48 preludî e fughe per cembalo, in
-cui Bach si palesa non solo sapiente teorico ma altresì poeta musicale,
-servendo la forma del preludio e della fuga ad esprimere sentimenti
-svariati ed affetti e facendo la profondità del pensiero e la bellezza
-melodica dimenticare la sapienza. Altre notissime sono la _fantasia
-cromatica_, il _Concerto in re minore_ per pianoforte, la _suite in re
-maggiore_ per orchestra, il _Concerto italiano_, le _toccate e fughe_,
-le _sonate per piano e violino_, le _sei sonate per violino solo_, i
-_concerti brandeburghesi_, ecc.
-
-Bach fu sommo organista e come tale fu riconosciuto anche dai
-contemporanei. Le sue improvvisazioni attiravano la folla ed il celebre
-organista Reinken dopo averlo sentito in Amburgo (1721), gli rivolse
-le memorabili parole: «Credevo che quest'arte fosse morta, ma vedo
-che essa ancor vive in voi». Bach non fu del resto soltanto sommo
-organista ma altresì sommo nelle sue composizioni per organo ancor oggi
-insuperate. E difatti chi ha mai più superate le sue toccate e fughe, i
-suoi preludî ai corali nei quali la profondità e la ricchezza melodica
-e tematica sono inesauribili?
-
-L'infinita ammirazione delle opere di Bach non deve però accecarci
-al punto di non riconoscere che non tutte raggiungono l'ideale della
-perfezione e che anch'egli, ciò che del resto è più che naturale se
-si considera la sua immensa produzione, molte volte lasciò correre la
-mano, fidandosi della sua prodigiosa sicurezza di maneggiare le forme
-più ardue del contrappunto. Allora anche Bach è soltanto un artista
-abilissimo ed è inutile cercare nelle opere scritte così, che non son
-poche, recondite profondità mistiche, alle quali certo l'autore non
-pensava e che neppur inconsciamente sentiva. E questo vale non soltanto
-per molte delle opere istrumentali ma ancor più per le cantate,
-scrivendo le quali Bach non poteva essere sempre invaso da compunzione
-religiosa ma voleva sopperire a bisogni liturgici, specialmente in
-un'epoca, in cui la religiosità s'univa ad un pietismo protestante
-barocco.
-
-Gli elementi della musica di Bach sono i più svariati. Il fondamento ne
-è il corale protestante, ma egli studiò altresì e profittò delle opere
-di Palestrina, Lotti, Caldara, Frescobaldi, molte delle quali egli
-copiò di propria mano. Nella musica istrumentale sono Corelli, Vivaldi
-(Concerti), Marcello, Albinoni, Couperin, Froberger, Buxtehude ed altri
-che esercitarono un influsso palese sulle sue opere.
-
-Fra i numerosi figli di Bach, quattro furono musicisti. Il maggiore,
-_Friedemann_ (1710-1784), mostrò grande ingegno ed ebbe a maestro
-il padre, che su lui avea fondato le sue speranze. Organista della
-cattedrale di Halle, vi stette venti anni. Ma il suo carattere strano,
-la sua vita scapestrata lo trassero a rovina. Dedito al bere, cadde
-sempre più in basso, abbandonò il suo posto e vagò per la Germania,
-finchè morì in miseria a Berlino. Nei suoi momenti felici fu uno dei
-più grandi organisti del suo tempo, dottissimo in teoria e lasciò
-più composizioni, fra cui _polonesi_, _cantate_, _sonate_ per piano
-e violoncello ed un _concerto_ per organo che è degno delle migliori
-opere del padre.
-
-Miglior sorte ebbe l'altro figlio di Bach, _Filippo Emanuele_
-(1714-1788), allievo pure del padre, che visse onorato e stimato ad
-Amburgo. Fra le sue numerose composizioni vanno menzionate le sue
-_sonate_ per piano, che furono il breviario di Haydn e segnarono una
-nuova fase nello sviluppo della sonata quantunque non sia giusto
-ascrivergli quello che fu il frutto dei tentativi di più maestri
-anteriori e contemporanei. In ultima linea le opere di F. E. Bach
-appartengono ormai allo stile galante, reso meno snello dalla
-pedanteria germanica dei suoi tempi.
-
-Tanto Friedemann che Filippo Emanuele si risentono dell'influenza
-superficiale dell'epoca e sono lontani dal raggiungere la grandezza
-e profondità del padre. Gli altri due figli, _Cristoforo Federico_,
-direttore a Bückeburg e _Giovanni Cristiano_, direttore a Milano e poi
-a Londra non si elevarono sopra la mediocrità.
-
-I numerosissimi manoscritti di Bach — durante la sua vita ne vennero
-stampati soltanto alcuni — furono divisi tra i due figli Friedemann e
-Filippo Emanuele. Ma il primo poco si curò del prezioso retaggio e così
-molte opere del grande genio di Turingia andarono perdute per sempre.
-
-Pochi giorni prima di Bach nasceva in Halle (23 febbraio 1685) _Giorgio
-Federico Händel_, quel genio che insieme a Bach, per lungo tempo
-assicurò alla Germania il primato musicale. Anche Händel, come tanti
-altri, ebbe a lottare col padre prima di potersi dedicare alla musica,
-finchè quest'ultimo, per l'intercessione del principe di Weissenfels,
-acconsentì all'ardente desiderio del figlio e lo mandò alla scuola
-dell'organista Zachau, eccellente teorico. A undici anni si recò a
-Berlino, dove viveva allora Bononcini e dove apprese nuove cose ed
-intravide orizzonti ben diversi da quelli che il suo maestro avevagli
-additato. Ma egli seppe resistere alla tentazione di rimanere e
-ritornò ai severi studi, che alternava con quelli della giurisprudenza
-all'Università, finchè a 19 anni si recò ad Amburgo per dedicarsi
-intieramente alla musica.
-
-Amburgo era allora il centro musicale germanico dell'opera ed offriva
-al giovane musicista ricco campo di studio ed esperienza. Difatti il
-suo soggiorno non fu senza frutto, chè di lui si eseguirono con buon
-successo tre opere. In Amburgo accadde pure la nota storia del suo
-duello con Mattheson, il turbolento e litigioso critico, che per poco
-non lo uccideva. La conoscenza dell'opera destò in Händel il desiderio
-di visitare l'Italia (1707), dove stette tre anni componendo più opere
-nello stile dell'epoca e riscuotendo grande plauso. Il soggiorno di
-Händel in Italia influì grandemente sulla sua musica, che ad onta di
-tanti punti di contatto, pure è sì diversa da quella di Bach. Lotti
-e Scarlatti gli furono prodighi di consigli e dalle opere di questi
-e della scuola romana, specialmente di Carissimi, trasse proficui
-ammaestramenti.
-
-Nel 1710 abbandona l'Italia e si ferma ad Annover, dove si trova con
-Steffani, il gentile ed ispirato autore di celebri duetti e cantate.
-Di là passa a Londra, che doveva divenire la sua patria adottiva. Nel
-1711 la sua opera _Rinaldo_, lo rende noto al pubblico inglese ed in
-breve tempo egli diventa l'autore più di moda. Ma la sua vittoria fu
-amareggiata da continue lotte con rivali ed una forte fazione d'inimici
-invidiosi cercò con ogni mezzo di soppiantarlo e discreditarlo. Le
-contese coi colleghi, fra cui _Ariosti, Bononcini, Porpora_, con
-cantanti e cantatrici, fra le quali la Cuzzoni e Faustina Hasse rivali
-ed inimiche acerrime, la cattiva riuscita delle sue imprese teatrali,
-finirono col disgustarlo del teatro, sicchè nel 1740 colla sua opera
-Deidamia, diede un addio alle scene e si dedicò ormai in età avanzata
-all'oratorio, a quel genere in cui si era anni avanti (1732-34: _Ester,
-Debora, Atalia, la festa di Alessandro_, 1736), provato con successo.
-Fra le opere di questo periodo nomineremo come le più celebri ed
-ancor oggi notissime, _Israele in Egitto_, coi suoi grandiosi cori che
-descrivono le sventure del popolo eletto; l'_Allegro ed il Pensieroso_;
-nel 1741 il celebre _Messia_, l'oratorio prediletto del pubblico
-inglese; nel 1742 _Sansone_, una delle opere più ispirate e grandiose
-per contrasti di tinte; nel 1746 _Giuda Maccabeo_, e finalmente
-_Iefte_, che Händel scrisse quando le tenebre della cecità si erano
-distese sui suoi occhi, due anni prima della sua morte (1759).
-
-Händel scrisse quaranta opere teatrali, diciotto oratorî, passioni,
-Anthems, Te Deum, Cantate, duetti, Concerti grossi, Sonate, Suites,
-musica d'organo.
-
-L'importanza di Händel sta precipuamente nell'oratorio. Nell'opera
-lirica egli non si innalza gran fatto al disopra dei contemporanei e
-se nelle sue arie la caratteristica è forse più efficace di quella di
-tanti altri maestri, le sue melodie sono meno insinuanti ed ispirate di
-quelle dei migliori italiani. Anche in Händel manca come nei maestri
-napoletani il sentimento drammatico dell'intiera opera e se un'aria
-o l'altra, singolarmente presa, mostra grande verità espressiva e
-s'adatta al testo, il tutto non è che una collezione di arie collegate
-coi recitativi.
-
-Dell'origine dell'oratorio abbiamo fatto cenno parlando di quella
-dell'opera. In Italia esso si era già al principio del secolo XVII
-diviso in due specie distinte. La prima a somiglianza delle antiche
-azioni liturgiche con testo latino, la seconda in forma di leggende
-di santi od azioni sacre drammatizzate con apparato scenico. Una
-suddivisione di quest'ultima sono gli Oratorî con persone allegoriche
-e simboli, ma essa iniziata da Cavalieri andò presto in disuso
-(_Maragnoli-Vita humana_ 1658). Le azioni sacre drammatiche invece
-vennero molto in voga e le biblioteche italiane e straniere posseggono
-una quantità di simili azioni sacre in musica, fra le quali nomineremo
-come le principali l'_Eumelio_ di _Ag. Agazzari_, _S. Alessio_ di
-_Landi_ (circa 1620), gli Oratorî di _Aless. Scarlatti_, _Stradella_
-(Modena), _S. Francesco_ di _G. Alessandri_ (Dresda) molti di _Caldara_
-(Vienna), _Leo_, ecc., e per dare un'idea della voga dell'oratorio
-basti il dire, che il padre Martini aveva nella sua biblioteca 350
-oratori scritti da maestri italiani, che poi andarono dispersi ed in
-parte perduti. La forma dell'oratorio drammatico italiano va sempre più
-avvicinandosi a quella dell'opera e la parte dell'_Historicus_ scompare
-ben presto, perchè essa era incompatibile colla forma drammatica, e
-l'esecuzione scenica, che molte volte si adottava.
-
-L'affinità fra l'azione dell'Oratorio con quella dell'opera influiva
-pure sullo stile. Una certa serietà ed elevatezza nelle arie e
-nei recitativi accompagnati, molte volte bellissimi, è l'unica
-caratteristica. I cori vanno sempre più perdendo d'importanza e si
-riducono di solito a due, al principio ed alla fine e ciò neppur
-sempre. L'interesse va perciò diminuendo e noi vediamo spegnersi
-l'oratorio, almeno in Italia, alla fine del secolo XVIII.
-
-È inutile indagare quali motivi abbiano deciso Händel ad abbandonare
-l'opera lirica e dedicarsi intieramente all'oratorio. Certo essi
-non sono da cercarsi solamente nelle circostanze esteriori. Più che
-queste influirono senza dubbio il suo carattere severo ed austero,
-l'altezza dei suoi ideali e l'impossibilità di raggiungerli nell'opera.
-Nell'oratorio di Händel si compie la fusione dell'elemento mondano
-e divino, che nella musica sacra era impossibile. La bibbia offriva
-ad Händel soggetti adatti alla sua natura inclinata all'epico,
-al grandioso; alla mancanza dell'elemento drammatico individuale
-suppliva la vastità del quadro michelangiolesco, dove invece di una
-singola persona parlava un popolo intiero. La mente di Händel non era
-inclinata alla contemplazione mistica, ma vedeva la vita oggettivamente
-cogli occhi di un cosmopolita. Perciò quello che Händel non seppe
-raggiungere nell'opera lirica, egli raggiunse nell'oratorio, il
-sentimento drammatico cioè e perciò i suoi grandiosi cori sono più
-veri ed espressivi che le sue arie, le quali per lo più sono antiquate
-e risentono del tempo tanto nelle loro forme alle volte barocche e
-convenzionali che nelle fioriture.
-
-L'orchestrazione di Händel è più ricca e colorita di quella di Bach,
-che doveva sempre contentarsi di pochi e mediocri suonatori, più
-interessante ed elaborata di quella dei maestri italiani. Fra le sue
-migliori opere istrumentali contano i _Concerti grossi_, per archi
-soli o per archi ed oboe, lo strumento preferito da Händel. La forma è
-quella dei Concerti di Corelli con qualche cambiamento.
-
-Händel è molto più comprensibile e vicino a noi italiani di Bach sia
-per le sue doti sia e forse di più per l'influenza che ebbero su di lui
-i maestri italiani ed il lungo soggiorno in Italia. «Andate in Italia
-a liberarvi la testa dalle idee superflue e le ubbie» diceva il vecchio
-musicista Fux ad un suo scolaro e fu certo in Italia che Händel imparò
-la chiarezza, l'equilibrio e la semplicità, che sono i suoi maggiori
-pregi e che Bach non seppe mai raggiungere in sì alto grado.
-
-La potenza assimilatrice di Händel è stragrande ed egli non ebbe mai
-scrupolo di servirsi di motivi e temi di altri maestri per le sue
-opere. Ma egli sa assorbire tutti gli elementi estranei in modo tale,
-che l'imitazione non diventa plagio e perde ogni importanza.
-
-Nell'opera egli non cercò nè trovò nuove vie ma seguì le battute.
-Nell'oratorio invece egli tenta continuamente nuovi esperimenti
-e gli fa subire diverse trasformazioni, innestandogli anche forza
-drammatica più che nelle sue opere teatrali, ora contentandosi di
-cori omofoni ora fugati, ora misti con soli. La sua facoltà inventiva
-sembra inesauribile, sicchè gli bastano poche settimane, alle volte
-pochi giorni per comporre un'opera od un oratorio (p. e. il _Messia_
-fu scritto fra il 22 agosto ed il 14 settembre 1741). I suoi Concerti
-per organo ed orchestra sono quasi improvvisazioni ed egli si contenta
-alle volte d'una stenografia musicale per seguire l'irruenza della sua
-fantasia.
-
-Bach e Händel sono due geni, che vicendevolmente si completano come
-Goethe e Schiller. Bach inclina al misticismo, alla contemplazione:
-egli basa completamente sul sentimento religioso protestante. Händel
-è più oggettivo e contempla la vita da un ampio e libero punto di
-vista; perciò il primo è essenzialmente lirico, mentre l'altro è epico
-e somiglia agli uomini dell'antichità. Il sentimento religioso in lui
-non è esclusivo come in Bach, ma è soltanto il fondamento su cui poggia
-il suo edifizio. Bach rimase germanico nell'arte ed esclusivamente
-nazionale, mentre Händel ne allargò i confini, e conservando la propria
-fisonomia, apprese e si perfezionò alla scuola degli italiani. Bach è
-più profondo e complicato di Händel che si serve di mezzi più chiari,
-più semplici; il primo è più accurato nei particolari, mentre il
-secondo dipinge a tratti più larghi. Ambedue menarono vita semplice ed
-integra e ad alte aspirazioni unirono somma attività e diligenza.
-
-Con Bach ed Händel finisce la prima grande epoca della musica tedesca.
-L'antica religiosità andava scomparendo per far luogo a nuove idee;
-all'antico dogmatismo succede il razionalismo di Kant; la Rivoluzione
-francese, che da lungo preparavasi, abbatte gli antichi pregiudizi e
-viene proclamata la libertà d'azione e di pensiero. Anche la musica
-si risente delle nuove idee e da queste nascono l'opera di Gluck e la
-musica istrumentale sinfonica moderna.
-
-
- LETTERATURA
-
- C. v. Winterfeld — _Der evangelische Kirchengesang_, Lipsia,
- 1843-47.
-
- H. Köstlin — _Luther als der Vater des evang. Kirchengesanges_,
- Lipsia, Breitkopf und Härtel.
-
- Pirro A. — _Schütz_, Paris, 1912.
-
- Pirro A. — _L'estethique de I. S. Bach_, Paris, 1907.
-
- Ph. Spitta — _Heinrich Schütz Leben u. Werke_, Berlin, 1904, nel
- libro _Musikalische Aufsätze_.
-
- — _I. S. Bach_, Lipsia, 1873 e seg.
-
- C. Bitter — _S. Bach_, Dresda, 1880.
-
- Schweitzer A. — _I. S. Bach, le musicien poête_, Leipzig, 1904.
-
- Fr. Chrysander — _G. F. Händel_, Lipsia (incompiuto.)
-
- T. Volbach — _G. F. Händel_, Berlino, 1898.
-
- Rolland R. — _Händel_, Paris, 1910.
-
- C. Bitter — _Die Söhne Bachs_, Berlino, 1868.
-
- — _Beiträge zur Geschichte des Oratoriums_, 1872.
-
- Le opere degli autori nominati, anteriori a Schütz sono in parte
- pubblicate in Antologie.
-
- Quelle di Schütz, Bach ed Händel furono intieramente pubblicate
- dalla casa Breiktopf und Härtel e dalla Società Händel.
-
-
-
-
-CAPITOLO XIII.
-
-La musica monodica da camera e l'arte del canto fino al secolo XIX.
-Teatri e decorazioni.
-
-
-Una delle qualità che secondo Baldassare Castiglione deve avere
-_il Cortigiano_ (1518) è che egli sia «ancor musico ed oltre allo
-intendere ed esser sicuro a libro sappia varii istrumenti». (Libro I.
-Cap. XLVIII). «Il tempo poi nel quale si possono usare queste sorti
-di musica, stimo che sia sempre che l'omo si trova in una domestica
-e cara compagnia, quando altre faccende non vi sono». (Lib. II. Cap.
-XIII). Simili accenni troviamo negli Asolani di Pietro Bembo, nella
-vita di Guido da Montefeltro, scritta da Vespasiano dei Bisticci, nei
-Dialoghi di Torquato Tasso ed in molte altre opere dei secoli scorsi,
-p. e. nell'Introduzione al Novellare nelle Cene di Francesco Grassini,
-detto il Lasca («si dierono a cantare certi madrigali a cinque voci di
-Verdolotto e d'Arcadelte in casa di una ricca e bella donna vedova,
-il di cui fratello aveva una camera fornita di canzonieri scelti e
-d'ogni sorte d'istromento lodevoli, sappiendo tutti quei giovani, chi
-più, chi meno, cantare e suonare»). La musica comincia a divenire col
-Rinascimento veramente un elemento di coltura e diletto delle classi
-alte e medie ed ad avere una parte non senza importanza nella vita
-privata. Paolo Veronese, Giorgione, Bonifazio dipingevano i cosidetti
-_Concerti_. Leonardo, Benvenuto Cellini, Salvator Rosa erano buoni
-musicisti, cantanti o suonatori; le corti di Firenze e specialmente
-di Mantova e Ferrara risuonavano di canti e suoni e musicisti celebri
-vi trovavano gentile ed onorevole accoglienza; Isabella ed Alfonso
-d'Este possedevano una raccolta di strumenti preziosi non allo scopo
-di farne una collezione ma di usarli praticamente. A differenza di
-prima di musica si occupavano e seriamente anche i dilettanti e basti
-il nominare fra le donne celebri o note per altri motivi Properzia dei
-Rossi, Irene da Spilimbergo e Tarquinia Molza quali distinte cantanti
-e suonatici e fra le compositrici Maddalena Casolana e Vittoria Aleotti
-che scrissero Madrigali, che si stamparono assieme a quelli dei maestri
-più celebri e finalmente la cortigiana Imperia che aveva studiato la
-composizione ed era abilissima cantante. La musica non mancava mai alle
-feste, conviti e persino nei conventi di monache si cantava e suonava
-per semplice svago e divertimento. In questo accordo perfetto di lodi
-alla musica non si ha che una stonatura nella lettera di Bembo a sua
-figlia Elena (1529), alla quale scrive che «il suonare è cosa da donna
-vana e leggiera e che è meglio esercitarsi nelle lettere e far la
-cucina».
-
-Più tardi il teatro e l'opera ebbero il predominio ma non perciò
-cessarono i concerti privati ed i trattenimenti dove la musica aveva
-gran parte. Così sappiamo p. e. dei famosi Lunedì del Cardinale
-Ottoboni a Roma, dove suonava Corelli e convenivano i più celebri
-musicisti (Scarlatti, Händel, Steffani, ecc.) e Burney ci racconta
-nelle sue memorie di una quantità di simili trattenimenti musicali
-in più città di Italia. Nè altrimenti si potrebbe spiegare la grande
-quantità di opere vocali ed istrumentali, scritte per scopi estranei
-al teatro, quali dapprima le Canzoni a più voci, i Madrigali, le
-innumerevoli composizioni per liuto, le canzoni monodiche, le cantate e
-la musica per istrumenti ad arco e tasto.
-
-Lo stesso può dirsi della Germania, quantunque la sua vita artistica
-non fosse certo sì sviluppata che in Italia. M. Agricola ci parla
-nella prefazione alla sua _Musica istrumentalis_ (1545) in versi
-prosaici e da colascione della musica nella vita privata tedesca.
-Walther, l'amico di Lutero, ci racconta che questi prima e dopo tavola
-si metteva a cantare e che Melantone faceva il basso. Le raccolte di
-canzoni _Kurzweilig, frische gute Liedlein_, sono numerosissime ed
-appartengono alla musica di carattere intimo, al qual genere sono pure
-da annoverarsi le opere di Clavicembalo della famiglia dei Bach, di
-Kuhnau, Froberger come in Francia, quelle di Couperin, Rameau, Daquin
-ed altri. In Germania poi i cosidetti _Collegia Musica_ erano società
-di dilettanti, che durarono quasi fino al termine del secolo XVIII e
-che, come lo indica la parola, erano circoli musicali privati, dove
-si eseguiva una quantità di opere vocali ed istrumentali con o senza
-uditorio. La conclusione che se ne può trarre è che ai tempi odierni si
-fa certo più musica che nei tempi passati ma che la musica da camera
-prima veniva molto più coltivata nelle famiglie e nelle radunanze
-private, al che influì senza dubbio anche la maggiore difficoltà
-tecnica della musica moderna.
-
-La musica da camera vocale monodica dei secoli scorsi è pressochè
-ignota non solo al cosidetto gran pubblico ma anche a molti musicisti.
-Eppure essa è d'una ricchezza incredibile ed è a sperare che ora che
-adagio adagio si vanno pubblicando le migliori opere antiche oltre
-le poche note celebri, noi impareremo a conoscerla e ad apprezzarla
-come lo merita. Essa, della quale trovammo già accenni nell'_Ars
-nova_ fiorentina ben presto andata in dimenticanza e che visse
-soltanto nella canzone popolare, rinacque quasi contemporaneamente
-all'opera ed è pure frutto del Rinascimento musicale. Tentennante da
-principio ed avvicinantesi alle melopee di Peri e Caccini, ben presto
-si depura ed invigorisce, diventa spontanea, fresca ed ispirata per
-la linea melodica, ora calda d'espressione, ora vivace di ritmo,
-ora caratteristica. Le nostre biblioteche possiedono una quantità di
-queste canzoni ed arie antiche e quando esse saranno di nuovo note
-ci accorgeremo di avere una meravigliosa lirica musicale antica, alla
-quale deve riannodare la lirica moderna, se non si vuole imbastardire
-l'arte nazionale.
-
-Fra le opere appartenenti a questo genere nomineremo oltre quelle
-pubblicate da L. Torchi nelle Canzoni ed Arie italiane ad una voce
-del secolo XVII, i _Madrigali ed Arie_ a voce sola di _Giovanni
-Francesco Capello_, la _Sphaera armoniosa_ di _Paolo Quagliati_
-(1623) i Madrigali di Francesco Turini (1629) e _Biagio Marini_ (1649)
-qualche canzone di _Salvator Rosa_ (1614-1673) il celebre pittore e di
-_Alessandro Stradella_. Riemann esamina nella sua storia della musica
-una quantità di queste raccolte di arie di maestri italiani affatto
-sconosciuti e ne riporta lunghi brani, parlando con grande ammirazione
-specialmente di quelle di _Benedetto Ferrari_ di Modena (?) (1633)
-che non esita a mettere a paro di Monteverdi e Carissimi. Ma la vera
-canzone lirica ebbe pur troppo brevissima vita per il predominio del
-teatro. Essa si va gradatamente cambiando nella _Cantata da camera_,
-che era quasi uno studio preparatorio dell'opera, un'opera in miniatura
-essa stessa, nata dal Madrigale coll'aggiungere ai cori pezzi a
-solo, che poi divennero dominanti. Lo stile di essa divenne poi quasi
-stereotipo, sicchè si può quasi dire che fu la Cantata nata dall'opera
-che poi influì su questa e sullo stile drammatico e gli tolse in parte
-la verità drammatica coll'esclusiva ricerca dell'eleganza ed una certa
-vacuità cagionata dalle poesie di solito insulse e convenzionali. E
-così successe, come giustamente osserva R. Rolland, che Carissimi e L.
-Rossi ebbero la prima colpa della decadenza dell'opera italiana appena
-iniziata, come tutti quelli che sostituiscono ad un ideale di verità
-uno di semplice bellezza, indifferente alla vita. La cantata consisteva
-solitamente di tre arie collegate da recitativi e la voce veniva
-accompagnata dal cembalo rinforzato dal basso o violoncello. Alle volte
-ma raramente si aggiungono istrumenti a corde p. e. liuti, chitarre,
-tiorba e lira. Molte delle infinite cantate dell'epoca sono da contarsi
-fra le migliori opere della musica italiana e superano spesso per la
-finezza del lavoro, la spontaneità e la correttezza della declamazione
-le opere teatrali contemporanee. Lo stesso può dirsi dei _duetti
-da camera_ di _A. Lotti_, _E. Astorga_, _Clari_ e specialmente di
-_Agostino Steffani_. Le poesie dei duetti sono pressochè esclusivamente
-di soggetto amoroso e non sono quasi mai veri dialoghi con contrasti
-drammatici, anche quando vi sono framessi piccoli recitativi. La forma
-di duetto era scritta semplicemente per scopi musicali, onde cioè
-impiegarvi imitazioni e canoni. Anche questi canti sono scritti col
-basso numerato solo o con altri strumenti, di solito violini ma in
-tutt'altra maniera delle opere anteriori del genere polifonico, che si
-potevano cantare e suonare _come piace_.
-
-Questa fioritura di musica vocale doveva aver per naturale conseguenza
-un nuovo indirizzo nell'arte del canto. Fino allora aveva dominato
-la polifonia ed era naturale che i cantanti delle opere polifoniche
-rivolgessero la loro attenzione più alla coltura musicale generale che
-alla tecnica del canto stesso. Ma non bisogna però credere che questa
-fosse del tutto trascurata, che anzi, p. e. i cantori della cappella
-Sistina dovevano pure accudire a lunghi esercizi vocali, che se non
-avevano direttamente per scopo l'espressione individuale del canto pure
-non potevano restare senza influsso sull'arte del cantare.
-
-Alla scuola di Virgilio Mazzocchi, come scrive Bontempi (1695)
-«gli allievi dovevano impiegare ogni giorno un'ora nel cantare cose
-difficili e malagevoli, un'altra negli studî delle lettere e un'altra
-negli ammaestramenti ed esercizi del canto e sotto l'udito del
-maestro e davanti a uno specchio per assuefarsi a non far moto alcuno
-inconveniente nè di vita, nè di fronte, nè di ciglio, nè di bocca e
-tutti questi sono gli impieghi della mattina».
-
-Coll'introduzione della monodia tutta l'attenzione si concentrò sul
-canto _a solo_, sull'espressione, la declamazione, la pronuncia e la
-tecnica. La prefazione alle _Nuove musiche_ di Caccini contiene un vero
-trattato di arte del canto con esempi ed offre ancor oggi un certo
-interesse, trillo, ribattuta di gola, cascata sempia, doppia, voci
-finte, (di testa) lunghi giri di voce (fioriture). Un madrigale di
-Antonio Archilei ci è conservato cogli ornamenti aggiunti alla parte
-del soprano dalla cantante Vittoria Archilei, fioriture, che anche
-oggi offrirebbero grandi difficoltà. Esiste pure un'antica traduzione
-tedesca di un'_Ars cantandi_ di Carissimi, che però non è che una
-teoria elementare della musica. Le prefazioni delle due Euridici e
-della Dafne sono finalmente ricche di notizie rispetto al canto.
-
-Da quest'epoca cominciano pure le notizie sui singoli cantanti, che
-ora potevano valere come individui e non semplicemente come membri
-d'un tutto (coro). I più noti di quei primi tempi dell'opera sono
-_Vittoria Archilei_ «che si può dire l'Euterpe dell'età nostra» (Peri),
-il castrato _Vittorio Loreto_, _Margarita Costa_ e la _Cecca della
-Laguna_, le quali due ultime furono causa di fazioni nemiche (_Costisti
-e Cecchisti_) che preludiano ai partiti posteriori dei Glickisti e
-Piccinisti anche cogli scandali ed invettive, _Virginia Andreini_ (la
-Florinda), _Adriana Basile_, _Baldassare Ferri_, _Francesco Grossi_
-(_Siface_), ecc.
-
-Alcuni decenni dopo il principio dell'opera comincia il dominio degli
-evirati. Fino allora si faceva eseguire in chiesa la parte di soprano
-e contralto da ragazzi o da falsettisti (alti naturali) che erano una
-specialità degli Spagnuoli. _Giovanni de Sanctos_ († 1625) fu l'ultimo
-falsettista della cappella pontificia. Il primo evirato che vi fu
-accolto fu il padre _Girolamo Rosini_ (1601) da Perugia. Donde fosse
-venuta questa infame barbarie che durò fino al scorso secolo e della
-quale vivevano fino a non molti anni fa ancora alcuni decrepiti e
-tristi testimoni a Roma, non è qui il luogo di ricercare. Incredibile
-è che uomini illuminati come _Pietro della Valle_, membro della Camera
-fiorentina ed altri chiamino gli evirati «il maggior ornamento della
-musica». Essi passarono dalla chiesa in teatro specialmente quando
-papa Clemente XII proibì che le donne cantassero nei teatri di Roma.
-Ed allora si videro uomini, che Parini chiamava «canori elefanti, che
-si trascinavano appena sulle adipose piante», cantare da soprano le
-parti di donna, oppure un amante od un eroe cantare la parte più alta,
-mentre il contralto era affidato ad una donna e simili! Ad onta di
-queste aberrazioni l'arte del canto faceva però in Italia progressi
-grandissimi. Molti dei migliori e più celebri maestri erano essi stessi
-eccellenti cantanti (Caccini, Peri, Carissimi, Stradella, Scarlatti).
-Altri si dedicarono intieramente all'insegnamento del canto e fondarono
-scuole, che divennero celebri. Uno dei più noti fu _Francesco Antonio
-Pistocchi_ (1659-1720) cultore del canto espressivo e fondatore della
-scuola bolognese. _Pietro Francesco Tosi_ ci ha tramandato nelle sue
-_Opinioni dei cantori antichi e moderni_ (1723) le regole di questa
-scuola che col successore di Pistocchi, _Antonio Bernacchi_ (1690-1756)
-coltivò con predilezione il canto fiorito. Altri celebri scuole furono
-quelle di _Francesco Redi_ di Firenze, di _N. Porpora_ a Napoli e
-_Mancini_ a Vienna.
-
-I cantanti più noti di questo tempo sono _Vittoria Tesi, Faustina
-Bordoni-Hasse, Francesca Cuzzoni, Margarita Durastanti, Regina
-Mingotti, Francesco Bernardi (Senesino), Carlo Broschi (Farinelli),
-Gaetano Majorano (Caffarelli)_, ecc.
-
-Il pubblico delirava per quelle voci potenti ed ammalianti, per
-quell'arte perfetta, per quel sentimento profondo che emanava da quel
-canto. Ma tanta ricchezza di voci e tanta perfezione d'arte influirono
-sull'arte stessa e quel fenomeno che vediamo nella pittura (Guercino,
-Domenichino) e nella scoltura (Bernini) si ripetè anche nella musica.
-Il virtuosismo cessò di esser mezzo ma divenne scopo ed il cantante
-non servì più all'arte ma l'arte a lui. Così una delle cagioni della
-decadenza dell'opera o della musica italiana in genere, che seguì
-questo periodo, fu senza dubbio il virtuosismo dei cantanti, che
-insuperbiti dei loro successi dettarono la loro volontà al musicista
-e lo resero schiavo dei loro capricci. Ed allora alla naturalezza ed
-alla verità subentrarono la ricercatezza e la manìa dell'effetto; il
-canto semplice ed espressivo dovette far luogo alle fioriture senza
-significato.
-
-L'Italia è la vera patria del teatro moderno. Mentre a Lucerna si
-eseguiva ancora nel 1583 sulla piazza del Mercato una rappresentazione
-sacra e gli attori con infantile semplicità recitavano a seconda del
-luogo dell'azione in diversi scompartimenti, uno accanto all'altro
-e tutti contemporaneamente visibili, _Andrea Palladio_ costruiva in
-Vicenza il teatro Olimpico, in cui quantunque senza scenari dipinti
-era effettuata l'idea della scena chiusa e Leonardo, Brunelleschi,
-Raffaello, Andrea del Sarto ed altri sommi artisti non sdegnavano
-prestare la loro opera per ideare apparati scenici e decorazioni.
-A Venezia si aprivano i primi teatri destinati al pubblico (S.
-Cassiano (1637), S. Moise (1639), ecc.). Gli architetti _Peruzzi_ e
-_Serlio_ stabiliscono le forme fondamentali del teatro moderno, il
-palco scenico, il proscenio, le quinte laterali. _Alcotti, Migliori,
-Mauro, Bibbiena_ ed altri italiani costruiscono i maggiori teatri
-delle città e residenze tedesche. _La descrizione dell'Apparato e
-degl'Intermedi_ (MDCXIX) di _De Rossi_, una lettera di Baldassare
-Castiglione ed altri simili scritti ci danno un'idea dello sfarzo di
-decorazioni, macchinismi e vestiarî, col quale vennero eseguite le
-prime rappresentazioni teatrali.
-
-Celebri pittori di scene furono la famiglia _Galli, Bibiena,
-Aldobrandini, Mauro, Servandoni_. Quest'ultimo osò dare nel 1739 a
-Parigi uno _spectacle de decoration_ esponendo con soli scenari senza
-attori il mito di Pandora. _Giacomo Torelli_ e _Francesco Santorini_
-introdussero per i primi fuori d'Italia i scenarî dipinti.
-
-
- LETTERATURA
-
- Schmitz E. — _Geschichte der Cantate und des geistliechen_
- _Concertes_, Lipsia, 1914.
-
- H. Goldschmidt — _Die italienische Gesangsmethode des 17.
- Jahrhunderts_, Breslau, 1890.
-
- Aby Warburg — _I costumi teatrali per gli Intermezzi del 1589_
- nella commemorazione della riforma melodrammatica fiorentina,
- Firenze.
-
- Burckardt — _La civiltà del Rinascimento in Italia_, Firenze,
- Sansoni.
-
- Graf M. — _Die Musik im Zeitalter der Renaissance_, Berlin, Bard.
-
- Riemann — _Kantaten frühling_ (1633-1682), Lipsia (14 cantate di
- Ferrari B., Cazzati, Piossi, Carissimi, Stradella).
-
-
-
-
-CAPITOLO XIV.
-
-La musica istrumentale prima del secolo XIX.
-
-
-La musica è fino al cinquecento o l'umile ancella della vocale o è
-musica popolare che si suona dai menestrelli, pifferari, ciarlatani
-girovaghi alle feste, ai balli. I primi monumenti della musica
-istrumentale sono alcune danze a quattro parti scritte in note
-mensurate, che datano probabilmente dal secolo XIII e non hanno
-che un valore storico di molto inferiore alle canzoni vocali con
-accompagnamento dell'_Ars nova_ fiorentina. Di poco posteriori sembrano
-essere alcune _Estampie_ (estampide), specie di danza da suonarsi
-colla rota o viola e _les Danses Royales_, pubblicate recentemente
-da Aubry, contenute insieme a canzoni di trovatori in un manoscritto
-della Biblioteca di Parigi. Ma se queste opere sono rarissime, invece
-è restata una quantità di musica per _liuto_ o originale o riduzione
-di musica vocale per lo più polifonica, modificata secondo la natura
-dell'istrumento e ricca di fioriture e melismi.
-
-Le prime forme di vera musica istrumentale sono i _Ricercari_ e
-_Capricci_ per liuto e poi per organo, consistenti in una serie
-di piccoli motivi da suonarsi senza interruzione e con poco nesso.
-Seguono le _toccate_ per organo, a guisa di preludio o fantasia in
-stile fugato. Di molto differenti sono le _canzoni_, imitate da quelle
-vocali specialmente francesi e di carattere vivace e la _Sonata_
-antica, identica della canzone (canzone da suonare) e senza alcuna
-somiglianza colla Sonata moderna. A tutta questa musica fa difetto la
-forma e l'euritmia. Le composizioni, di solito lunghissime, si perdono
-in un periodare senza fine dove motivo segue a motivo. Ma a salvare la
-musica istrumentale da un arido formalismo e dall'eterna imitazione
-della canzone sopraggiunse l'opera lirica e con essa la nuova teoria
-estetica.
-
-La musica istrumentale dei secoli XVII e XVIII è specialmente di
-stile concertato, alternandosi i gruppi di strumenti, perchè con ciò
-risultavano effetti di colorito e maggiore varietà. Le forme principali
-sono la _Canzone_, il _Concerto grosso_, la _Sonata da chiesa o da
-camera_ sia a due col basso, sia per uno strumento solo, di solito il
-violino col basso. Tutte queste forme d'origine italiana furono pure
-accettate e coltivate anche in Germania dove però si preferì per lungo
-tempo la _Suite_.
-
-La _Canzone_ era dapprincipio ad un tempo in stile fugato, poi in
-più tempi e perde un po' alla volta ogni somiglianza colla canzone
-originaria per organo od altri strumenti, trasformandosi nella _Sonata_
-sia _da chiesa_ che _da camera_, la prima a più tempi nello stile
-imitativo o fugato negli allegri, la seconda piuttosto simile alla
-_Suite_ (serie di pezzi nello stesso tono con carattere dominante
-di danze (_Pavana, Ciaccona, Gagliarda, Giga, Passacaglia, Gavotta_,
-poi come primo pezzo il _Preludio_ o _Sinfonia_, ecc.), nelle Suites
-francesi anche altre danze come il _Loure, Rigaudon, Passepied,
-Minuetto_, ecc.).
-
-La _Sonata a tre_ predomina e la sua letteratura è grandissima
-ed importante. Probabilmente essa veniva preferita per la maggior
-possibilità di impiegare arti contrappuntistiche colle due voci a
-solo. La _Sonata per violino solo e basso_ venne più tardi in onore
-e vi influirono certo almeno indirettamente la musica melodrammatica,
-e specialmente le sinfonie delle opere veneziane come possiamo vedere
-nelle Sonate di _Legrenzi_, che fu fra i primissimi a mettere le basi
-dello stile della Sonata. La Sonata per cembalo ha nei primi tempi
-minor importanza e non ha oltre la tecnica caratteristiche speciali.
-
-Il _Concerto grosso_ deriva dalla sonata per orchestra delle quali
-ne esistono molte di A. e G. Gabrieli, Cazzati, Bononcini, ecc.
-Esso constava di più tempi, di solito un largo, che passa modulando
-all'Allegro fugato; segue un tempo grave o moderato e si finisce con un
-allegro. Esso era scritto per più strumenti, di solito archi, cembalo
-od organo, che eseguiva il basso numerato. La caratteristica del
-Concerto grosso sta nell'alternarsi di un gruppo di strumenti solisti,
-quasi sempre due violini e violoncello (_concertino_) col _concerto
-grosso_ ossia col _tutti_. In Italia non vi si impiegavano pressochè
-mai istrumenti a fiato, mentre in Germania non di rado questi si
-combinavano con quelli ad arco p. e. nei Concerti brandeburgesi di Bach
-e nei Concerti grossi di Händel (oboe e fagotti).
-
-Gli strumenti in uso eran molti e svariati. Il primo e più importante è
-l'organo d'origine antichissima. Herone d'Alessandria, Cassiodoro, S.
-Agostino ci danno descrizioni abbastanza esatte degli organi antichi
-e vien nominato _Ktesibius_ (170 a. C.) qual inventore dell'_organum
-hydraulicum_ a canne e mantici. La costruzione e la meccanica erano
-fino al secolo XIV affatto primitive ed i tasti talmente grandi, che
-si premevano coi pugni e coi gomiti. Il pedale pare fosse introdotto
-dapprima in Germania e se ne fa ormai menzione parlando di _Bernardo
-tedesco_ (1470) in Venezia. L'organo non era affatto un istrumento
-destinato esclusivamente alla chiesa. Anzi nel Medio Evo e dopo erano
-assai diffusi piccoli organi per uso privato, i cosidetti _portativi_
-od _organetti_ da tenersi in grembo e suonare con una mano mentre
-l'altra faceva agire il mantice, ed il _positivo_, trasportabile ma più
-grande da suonare con ambidue le mani.
-
-La maniera di scrivere la musica d'organo variava secondo i paesi.
-In Italia si scriveva colle note mensurali o in sistemi di linee
-diverse per ogni voce a modo di partitura o in due sistemi per la
-mano destra e sinistra; in Germania si faceva invece molto uso della
-Tabulatura d'organo simile a quella di liuto con lettere gotiche
-maiuscole e minuscole per le note e segni per il valore di queste. La
-musica d'organo ha la divisione delle battute molto prima della musica
-mensurata.
-
-Delle opere dei primi organisti noti quali _Francesco Landini, Antonio
-Squarcialupi_ non ci restò che il cosidetto codice Squarcialupi che
-contiene oltre più composizioni vocali anche pezzi per organo solo dei
-secoli XIV e XV. Il _Fundamentum organisandi_ (1452), è una raccolta
-di ventiquattro pezzi per organo di _Corrado Paumann_. Sembra però che
-anche un manoscritto dell'Abbazia di Sussex di molto anteriore contenga
-composizioni per organo solo. Col secolo XVI comincia poi specialmente
-a Venezia una fioritura di musica d'organo colle forme delle
-_Fantasie_, _ricercari_, _capricci_, _canzoni_, _sonate_, appartenenti
-alla musica polifonica. Gli organisti italiani più noti di questo tempo
-sono oltre Willaert, Cipriano di Rore e Gabrieli, _Claudio Merulo_
-(1533-1604), _Adriano Banchieri_ (1565-1634), il vero creatore della
-Toccata _Girolamo Cavazzoni_, _Girolamo Parabosco_ (1510-1587) e sopra
-tutti _Girolamo Frescobaldi_ (1583-1644) ferrarese, che quasi raccolse
-l'eredità dei grandi organisti italiani antecedenti.
-
-Lo stile di questo, che si può dire il più grande organista italiano,
-è basato sul contrappunto ma egli non ha nelle sue opere nulla di
-scolastico e pedantesco e precorse di molto i suoi tempi coll'arditezza
-e la maschia severità delle sue opere. La tecnica fece con lui immensi
-progressi ed egli fu fra i primi a sviluppare la forma della fuga.
-Suo scolaro fu _Giov. Froberger_ († 1667), notissimo autore di musica
-istrumentale. Altro grande organista italiano fu _Bernardo Pasquini_
-(1637-1710), dopo il quale il primato dell'organo passò alla Germania
-coi suoi grandi maestri protestanti. Non si dimentichi però che non
-solo Froberger ma anche Kerl era stato alla scuola di Frescobaldi e che
-Sweelink fu scolaro di Zarlino.
-
-Tutti questi grandi organisti e musicisti italiani sono pressochè
-sconosciuti non solo al pubblico ma persino alla maggior parte dei
-musicisti, perchè la loro vera comprensione pretende una coltura
-storica e domestichezza colla musica primitiva. La diversità del nostro
-senso tonale ed un'innegabile durezza ed angolosità ci tengono lontani
-dalle loro opere che pure hanno vera ispirazione e grande sincerità.
-Gianotto Bastianelli ci ha di nuovo resi attenti in lucidi articoli e
-studi a Cavazzoni, Frescobaldi e Pasquini, che egli in certo riguardo
-preferisce a Bach.
-
-Il nostro Pianoforte deriva dal Monocordo, al quale si aggiunsero
-più tasti e corde. Il _Clavichordium_ e _Clavicymbalum_ di forma
-rettangolare o di trapezio a corde egualmente o diversamente lunghe
-datano ormai dal sec. XIV. Esso aveva di solito venti toni diatonici
-con interpolati due si bem. Non avendo piedi si metteva o su di un
-tavolo o si teneva sulle ginocchia. Il _Virginale_ era una varietà
-del Cembalo. Il suo nome che si mise in relazione colla regina vergine
-Elisabetta d'Inghilterra, data però da prima. Più tardi si chiamò anche
-_Spinetta_, forse da un Giovanni Spinetti, che pare fosse il primo a
-costruirlo circa il 1500. Celebre fabbricatore di cembali fu _Lorenzo
-Gusnaschi_ di Pavia (secolo XVI). Dopo questo tempo si continua a
-perfezionare l'istrumento, che cambia anche più volte il nome. Il
-Clavicordo si mantenne specialmente in Germania, mentre in Italia e
-Francia si preferiva il Clavicembalo (Cembalo, Spinetta, Clavecin).
-Tutti questi strumenti vennero ben presto in disuso quando s'introdusse
-il _Pianoforte_ (Clavicembalo col piano e forte) a martelletti. L'onore
-dell'invenzione spetta di ragione a _Bart. Cristofori_ o _Cristofani_,
-padovano (1655?-1731), perchè fu questi che costruì per il primo (1711)
-il pianoforte (Firenze) e non _Cristiano Schroeter_ che imitò più tardi
-Cristofori (1717 o 1721).
-
-La musica per Clavicembalo che dapprima era affatto simile a quella per
-organo, risente tosto l'influenza della Sonata per violino. Ma non per
-lungo tempo, giacchè fu essa che mise le basi della Sonata moderna.
-Mentre le Sonate di Durante e Marcello in due tempi mantengono lo
-schema della Sonata antica nella forma dei tempi, quelle di _Domenico
-Scarlatti_ (1685-1757) si avvicinano già alla forma moderna, quantunque
-il primo tema non ritorni dopo lo sviluppo della seconda parte e prima
-del rivolto. Esse, più di cinquecento, constano d'un solo tempo per
-lo più nello stile omofono, senza dubbio perchè la polifonia data la
-sua tecnica speciale non corrispondeva all'istrumento. La melodia sta
-nella parte superiore, il ritmo è vario ed originale, i contrasti si
-alternano dando vita alla composizione che ha un carattere d'estrema
-eleganza ed un sapore arcaico assai attraente. La tecnica è ormai
-assai sviluppata, anzi per i tempi dell'autore prodigiosa e p. e.
-affatto diversa da quella di Bach. Domenico Scarlatti è uno dei pochi
-autori antichi che sembrano quasi moderni. Confrontando le sue Sonate
-con quelle dei contemporanei italiani e stranieri, la differenza è
-grandissima e non soltanto nell'arte ma anche nel contenuto. Lo stile
-della melodia vocale si introduce, l'espressione si concentra ed è un
-unico sentimento che vi domina.
-
-Le Sonate di Scarlatti non sono forse che schizzi ma come tali
-magistrali e nella loro forma aforistica più perfetti ed ispirati per
-l'inesauribile vena melodica che molte altre opere di ben maggiori
-dimensioni e pretese. Alessandro Longo che curò con ogni diligenza una
-nuova edizione di tutte le Sonate di Scarlatti rende attenti alla loro
-grande varietà ed alle piccole ma notevoli differenze che esistono
-sia nella forma sia nella tonalità dei diversi tempi. Considerate
-superficialmente le Sonate sembrano forse poco ricche d'espressione
-affettiva. In realtà però c'è più passione in molti dei suoi allegri
-che in tanti adagi cosidetti espressivi.
-
-Altri autori italiani di Sonate per cembalo sono _Bernardino della
-Ciaja_ senese (1761-1755), _Giovanni Platti_, Porpora, Galuppi,
-Pasquini, Paradisi, il padre Martini.
-
-I cembalisti più noti di Germania prima di Bach sono il già nominato
-Froberger, _Giovanni Pachelbel_ (1653-1706), _Giorgio Muffat_ (†
-1704) e _Giovanni Kuhnau_ (1660-1722) che ha per la Germania la stessa
-importanza di Scarlatti per l'Italia, per quanto non ne raggiunga la
-genialità.
-
-Le opere per clavicembalo di S. Bach ad onta del loro grande valore non
-hanno per lo sviluppo della musica per pianoforte importanza pari al
-loro valore intrinseco, perchè il suo stile trovò pochissimi imitatori
-ed il gusto e la moda andavano per altre vie e preferivano lo stile
-galante, che si contentava di musica molto leggiera.
-
-La musica francese per clavicembalo, che data ormai dall'epoca di Luigi
-XIV, ha grande differenza da quella degli altri paesi, che derivava in
-ultima linea dalla musica d'organo e teneva fermo allo stile fugato. Le
-forme sono quelle della variazione, del rondò e delle danze in genere;
-la tecnica è tutta fatta di melismi, trilli e mordenti — i cosidetti
-_agréments_, l'armonia ed il ritmo sono interessanti e delicati, la
-tecnica simile a quella della musica per liuto. Il carattere di queste
-musiche somigliante allo stile delle opere di Boucher e Watteau è
-quello di una galante preziosità con una vena di sentimentalismo.
-Le forme sono piccole e gracili e se a tutte queste opere scritte
-quasi sempre a due voci con pochissimo uso dell'accordo manca quasi
-intieramente la grandezza, esse corrispondono però ai bisogni estetici
-di una società corrotta e raffinata quale era la francese di quei
-tempi. Una particolarità è poi l'uso di dare a questi piccoli pezzi
-i titoli più strani, che non sempre hanno attinenza colla musica e
-sono scelti a capriccio ma che pure caratterizzano queste opere quali
-quadretti di genere (_la Voluptueuse, les regrets, la prude, les ondes,
-la fleurie, l'agaçante, les bergeries_).
-
-I principali rappresentanti di questa scuola sono _De Chambonnières_
-(† 1670), _Claude Daquin_ (1694), la famiglia _Couperin_ e di essa
-specialmente _François Couperin_ (1688-1733), il più geniale di tutta
-la scuola, «la cui tenera melanconia sembra l'adorabile eco, che viene
-dallo sfondo misterioso dei paesaggi, dove languiscono le figure di
-Watteau» (Debussy). Bach studiò assiduamente le opere di Couperin ed
-alcune delle sue Suites non ne sono che imitazioni per quanto geniali.
-
-Studiando i vecchi cembalisti francesi e la loro grazia raffinata
-e voluttuosa ci accorgiamo che essi sono veramente gli antenati dei
-decadenti francesi dei nostri giorni e che la musica di Debussy e Ravel
-ne deriva nella sostanza ben più che dalla musica russa ed esotica
-in genere. E non solo la musica ma anche i titoli preziosi delle
-composizioni.
-
-Le opere per clavicembalo di _Rameau_ appartengono pure intieramente a
-questo genere e non superano, anzi non raggiungono quelle di Couperin
-se non forse nella tecnica maggiormente sviluppata.
-
-In Inghilterra sono gli scrittori di composizioni per il Virginale che
-si distinguono (_Bird_, _Tallis_, _Bull_, _Gibbons_, _Morley_, ecc.).
-
-Gli antenati del violino e degli strumenti ad arco moderni sono
-le Viole di più specie, da braccio (7) e da gamba (6), intonate
-diversamente, in genere a sei corde con tasti a modo della nostra
-chitarra. La trasformazione avvenne a poco a poco, sicchè è forse
-inutile il dar tanta importanza alla questione della priorità nella
-costruzione del violino. L'opinione più accreditata è che il primo
-a fabbricare violini fosse _Gaspare Bertolotti_ detto _Gasparo da
-Salò_ (1540 o 1542-1609). Molti attribuiscono il primato a _Gaspare
-Duiffopruggar_ (Tieffenbrucker) di Freising in Baviera (1570 o 1571)
-ma a torto come risultò dai documenti pubblicati da Coutagne. Poco
-posteriore a Gasparo da Salò è _Giov. Paolo Maggini_ di Bottesino
-presso Brescia (1580-1632?) forse scolaro del primo. Questi due sono
-da considerarsi come i primi che fecero violini, sicchè non si avranno
-notizie sicure su _Andrea Amati_ (1535-?-1611), il fondatore della
-celebre scuola cremonese. I rappresentanti più noti di questa sono:
-_Antonio_, _Girolamo_, _Nicolò Amati_; _Ant. Stradivari_ (1644-1737),
-_Gius. Ant. Guarnieri del Gesù_ (1687-1742?), _Bergonzi_, _Ruggeri_,
-_Guadagnini_, ecc. Quasi pari agli italiani fu _Jacob Stainer_
-(1621-1683) di Absam in Tirolo.
-
-Il nome di violino e violinista si trova ancor prima dell'istrumento
-stesso in un documento del 1462 dell'archivio di Perugia, (_Cantarinus
-et Quitarista seu Violinista_).
-
-Tanto la viola moderna che il violoncello derivano piuttosto dal
-violino che dalle viole antiche. Il violoncello viene menzionato la
-prima volta nel 1641 ma è certo di data più antica, giacchè è sicuro
-che Gasparo da Salò ne costruì. Dapprincipio esso aveva cinque o sei
-corde e fu solo nei primi decenni del secolo scorso che venne in uso
-l'accordatura moderna.
-
-La storia della musica istrumentale è strettamente congiunta con
-quella del violino. I primi violinisti sono _Carlo Farina_ (circa
-1600), _Biagio Marini_ († 1660), _Tarquinio Merula_, _G. B. Bassani_
-(1657-1716) maestro di Corelli, _Giuseppe Torelli_ († 1708), il primo
-compositore di Concerti per violino solo, scolaro di G. B. Bassani.
-
-L'antesignano della scuola è _Arcangelo Corelli_ (1653-1713) di
-Fusignano. Dopo un soggiorno all'estero (Monaco) egli si stabilì a
-Roma, dove assunse la direzione della Cappella del Cardinale Ottoboni,
-grande mecenate della musica. Corelli non eccelleva nel violino tanto
-per la tecnica ancora difettosa quanto per la larghezza del suo stile,
-la nobiltà, l'espressione e la bellezza della forma. Scrisse più opere
-(Sonate per uno e due violini e basso, Concerti grossi che servirono
-di modello ad Händel), ancor oggi stimatissime (specialmente l'opera
-V colla _Follia_ nell'ultima sonata). L'armonia di Corelli è orma
-assai corretta, lo stile polifonico predomina, le figure sono vivaci e
-svariate. _Francesco Geminiani_ (1680?-1762) seguì le orme di Corelli e
-sviluppò maggiormente la tecnica. Superiore di questi in ogni riguardo
-fu _Giuseppe Tartini_ di Pirano in Istria (1692-1770) che dapprima
-studiò le leggi a Padova ed in seguito per intrighi amorosi e duelli
-si rifugiò ad Assisi dove stette alcuni anni. Ritornato a Padova dopo
-un soggiorno a Praga vi aprì nel 1728 una scuola, dalla quale uscirono
-celebri scolari.
-
-Tartini fu artista geniale come esecutore ed autore. Le sue sonate e
-concerti (la maggior parte dei quali ancora manoscritti) sono veramente
-magistrali per la fattura e l'ispirazione (_Trillo del Diavolo_,
-_Didone abbandonata_, ecc.). La forma di Suite propria a quasi tutte le
-sonate di Corelli va trasformandosi in quella della Sonata. Tartini fu
-pure dotto teorico ed a lui si ascrive la scoperta dei cosidetti toni
-di combinazione (1754).
-
-Una posizione a parte prende _Antonio Vivaldi_ († 1743) coi suoi
-concerti per uno e due violini soli con accompagnamento d'archi perchè
-essi oltre la forma posteriore tipica del concerto: Allegro-Andante ed
-Adagio-Allegro hanno una tematica diversa da quella delle Sonate ed
-i tempi sono costruiti in modo da far emergere l'istrumento solista.
-I suoi numerosi concerti ebbero gran successo e diffusione ed alcuni
-furono ridotti da Seb. Bach per cembalo.
-
-Altri celebri violinisti sono _Evaristo dell'Abaco_ (1675-1742),
-_G. B. Vitali_ (1644-1692), _Pietro Nardini_ (1722-1793), _Antonio
-Lolli_ (1730-1802), _Gaetano Pugnani_ (1727-1793), _F. M. Veracini_
-(1685-1750), _Pietro Locatelli_ (1693-1764), _I. M. Leclair_
-(1697-1764), _P. Gaviniés_ (1726-1800), tutti autori di eccellenti
-sonate; in Germania _Biber_, _Pisendel_, _Benda_ e _Stamitz_.
-
-Uno dei primi violoncellisti di cui si fa menzione è _Domenico
-Gabrieli_ di Bologna (1640). _Attilio Ariosti_ e _Giovanni Bononcini_
-furono pure celebri suonatori di Viola da gamba. Da menzionarsi
-sono pure _Franceschello genovese_ (1692), _Leonardo Leo_ e sopra
-tutti _Luigi Boccherini_ (1743-1805) lucchese morto a Madrid, autore
-di un'infinità di sonate, quartetti e quintetti, nei quali per la
-freschezza della melodia, facilità d'ispirazione, scorrevolezza ed
-arguzia di stile ha molti punti di somiglianza con Haydn. Egli è già
-nelle prime opere entro i limiti del suo talento pressochè perfetto
-e non subì poi più alcun cambiamento. Essendo stati pubblicati i suoi
-primi quartetti a Parigi già nel 1768 è perciò esclusa un'influenza del
-maestro viennese.
-
-L'istrumento più diffuso nei secoli XV, XVI e XVII era senza dubbio
-il liuto. Esso è d'origine orientale e fu importato in Europa forse
-al tempo delle Crociate o più probabilmente dai Mori in Spagna.
-Esso veniva impiegato anche nell'orchestra e vi restò finchè vi
-fu sostituito il violino. I liuti erano di più specie (_liuto_,
-_arciliuto_, _quinterno_, _chitarrone_, _teorba_) e variavano pure il
-numero delle corde e l'accordatura.
-
-La musica di liuto veniva scritta in modo simile a quella d'organo con
-propria tabulatura, l'italiana con linee e lettere scritte sopra il
-rigo, la tedesca con lettere e numeri. A differenza della tavolatura
-d'organo non si segnavano però le note ma la posizione delle dita
-sul manico. I più noti liutisti sono _Corrado Paumann_ († 1473),
-_Hans Judenkunig_, _Hans Neusiedler_, _Hans Gerle_, tutti del secolo
-XVI, _Francesco da Milano_, _Vincenzo Galilei_ (Fronimo), _Terzi_,
-_Molinaro_, _Besardo_, ecc. Il liuto era lo strumento di moda nella
-società dei signori ed assieme alla viola quello che era permesso al
-vero cortigiano, «perchè vi si possono far molte cose che riempiono
-l'animo della musical dolcezza» (Castiglione, Cortegiano, Lib. II, Cap.
-XIII).
-
-Gli altri strumenti vanno semplificandosi e perfezionandosi. A tutta
-la famiglia svariata dei flauti traversieri e a becco (flauto dolce),
-cornamuse, bombarde, cornetti, si sostituirono grado grado i nostri
-flauti, l'oboe, i corni, il fagotto (1539?), mentre le trombe e i
-tromboni restano più o meno immutati. Il clarinetto invece è di data
-assai recente (circa 1750).
-
-Ad onta della quantità d'istrumenti in uso nei secoli andati
-l'orchestra come unione ed impasto di suoni caratteristici a secondo
-degli istrumenti è di data piuttosto moderna. La musica istrumentale
-passò per fasi abbastanza distinte. Dapprima gli strumenti non servono
-che a rinforzo delle voci umane e suppliscono a queste sia eseguendo
-le composizioni vocali con istrumenti, sia facendo eseguire una o
-più parti di questi e le altre dalle voci. La scelta degli strumenti
-era libera e si usava soltanto di servirsi di cori speciali d'una
-famiglia di strumenti p. e. viola, tromboni, cornetti, ecc., di diversa
-intonazione e grandezza. L'unica ricerca di colorito stava nel far
-eseguire una parte della composizione da un coro speciale e l'altra o
-la replica da un altro coro di strumenti di altra famiglia, oppure di
-suonare piano quello che prima un altro coro aveva suonato forte (eco).
-
-Le prime opere istrumentali non danno che l'indicazione generale degli
-strumenti, che ben di rado si usavano suonare insieme. Ciò vale anche
-per i primi drammi della Camerata fiorentina e dei maestri posteriori.
-Le due Euridici sono scritte come già dicemmo per canto e basso ad
-eccezione d'un ritornello a tre flauti di Peri. Se ora non si vuol
-ammettere che questa notazione fosse semplice schizzo, bisogna ritenere
-che l'accompagnamento degli strumenti venisse quasi improvvisato sulla
-base del basso. Questa questione non è però ancora risolta. Torchi
-conchiude coll'ammettere un'improvvisazione limitata a contrappunti,
-diminuzioni, passaggi e melismi, mentre l'armonia era assicurata dal
-basso dato. Goldschmidt crede invece che ogni suonatore abbia avuto
-uno schizzo della sua parte unito al basso, ciò che verrebbe confermato
-dalla recente scoperta di alcune parti di orchestra di quattro commedie
-in musica.
-
-L'orchestra primitiva dell'opera era di solito composta dei seguenti
-istrumenti: Clavicembalo od organo. Liuti, lira doppia, chitarrone,
-teorba, viole (poi violini) da braccio e gamba, flauti, cornetti,
-trombe, corni e tamburi, questi ultimi assai di raro. L'orchestra
-posteriore tende invece sempre più ad eliminare gli elementi eterogenei
-ed a mettere a base dell'istrumentazione il quartetto d'archi.
-Questo non è però ancora il moderno, sostituendo la viola di gamba il
-violoncello e questo il contrabasso o basso di viola. L'orchestra di
-Bach ed Händel è ormai simile alla nostra e non si distingue che per
-il maggior numero di oboi e fagotti. L'orchestra stava dapprincipio
-dietro la scena. Gagliano volle invece che i suonatori fossero «situati
-in luogo da vedere in viso i cantanti» ma messi in basso sì che il
-pubblico non li vedesse.
-
-Le vecchie edizioni di musica istrumentale non contengono che poco più
-di uno schizzo delle parti principali. I solisti solevano improvvisare
-una quantità di fioriture ed abbellimenti ed intercalarvi cadenze atte
-a mostrare la virtuosità. Lo stesso vale dalla parte del basso che non
-si suonava eseguendo soltanto gli accordi segnati dai numeri del basso
-numerato ma aggiungendovi voci di mezzo, contrappunti ed altro secondo
-la capacità ed il gusto di chi suonava il cembalo o l'organo.
-
-La dinamica orchestrale è d'origine italiana e venne sviluppandosi alla
-scuola napolitana. Le partiture di Iomelli segnano il crescendo e già
-Leo nota il _piano_, _più forte_, _rinforzando_. Il segno del crescendo
-si trova nel 1739 nelle Sonate di Francesco Geminiani.
-
-Prima di chiudere questo capitolo gioverà dare alcuni cenni sulla
-_stampa_ musicale antica. I primi monumenti sono gli esempi musicali
-delle opere teoretiche del secolo XV. Ma questi non erano stampati ma
-incisi in legno. In seguito si usò stampare le righe e scrivervi le
-note. _Ottaviano Scotto_ (Scotus) fu il primo in Italia a pubblicare
-messali con note stampate sulla carta già lineata. _Giorgio Reyser_ di
-Würzburgo gli contende il primato, giacchè pare che il messale stampato
-da lui allo stesso modo sia stato pubblicato alcune settimane prima
-(1481). Con ciò è da ritenersi definitivamente risolta la questione
-della priorità della stampa musicale con tipi mobili attribuita a
-_Ottaviano Petrucci_ di Fossombrone (1466-1539). Il suo merito sta
-nell'aver perfezionato di molto l'invenzione di Scotto e di averla
-impiegata per pubblicare una quantità di opere di musicisti celebri.
-La repubblica di Venezia gli conferì il 25 maggio 1498 per vent'anni
-il privilegio di usufruire da solo della sua invenzione. Le sue stampe
-sono nitide e correttissime; le parti sono pubblicate in fascicoli
-separati e non esistono partiture le quali datano soltanto dalla
-seconda metà del secolo XVII; le note sono angolose (mensurali) e
-manca la divisione delle battute. La prima opera pubblicata (1501) fu:
-_Harmonice musices Odhecaton_, raccolta di 33 composizioni polifoniche
-olandesi. Seguono a brevi intervalli i _Canti B_, i _Canti cento
-cinquanta_, libri di frottole, intavolature di liuto, ecc.
-
-Altri celebri stampatori sono _Giacomo Iunta_ di Roma, la famiglia
-_Scotto_ e _Gardane_ di Venezia. L'invenzione della stampa semplice
-(note col rigo annesso) viene attribuita a _Pietro Hautin_, francese
-(† 1525). Altri celebri stampatori francesi sono _P. Allaignant_
-e _Baillard_. Colla fine del secolo XVI la stampa musicale decade
-rapidamente e fa luogo all'incisione delle note in rame. La forma delle
-note rimane angolosa fino a quasi tutto il secolo XVII.
-
-
- LETTERATURA
-
- Otto Kindeldey — _Orgel und Clavier in der Musik des XVI
- Jahrhunderts_, Lipsia, 1910.
-
- Arnold Schering — _Geschichte des Instrumentalconcertes_, Lipsia,
- 1905.
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- Giov. de Piccolellis — _Liutai antichi e moderni_, Firenze, 1885.
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- Wasielewski — _Geschichte der Violine_, Lipsia, Breitkopf u.
- Härtel.
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- — _Geschichte der Violoncells_, Lipsia, Breitkopf u. Härtel.
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- — _Die Violine im 17. Jahrhundert_, Bonn, 1874.
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- — _Geschichte der Instrumentalmusik im XVI Jahrhundert_, Berlin,
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- Fétis — _Antoine Stradivari_, Paris, 1856.
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- Rühlmann — _Geschichte der Bogeninstrumente_, Brunswick, 1882.
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- Vidal A. — _Les instruments à archet_, Paris, 1876-1878.
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- Untersteiner Alfredo — _Storia del violino_, Milano, Hoepli, 1906.
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- Hart. G. — _Le violon, les luthiers célèbres et leur imitateurs_,
- trad, de l'ang., Paris, Rouan.
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- Witting C. — _Geschichte des Violinspiels_, Köln.
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- Klauwell O. — _Geschichte der Sonate_, Köln.
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- Schletterer — _Boccherini_, Breitkopf u. Härtel.
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- Malfatti G. — _Luigi Boccherini_, Lucca, Amadei, 1905.
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- Rosadi G. — _Di Luigi Boccherini_, Lucca, Amadei, 1906.
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- Haberl — _Frescobaldi_, Annuario ceciliano, 1887.
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- A. G. Ritter — _Geschichte des Orgelspiels_, 1884.
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- Tebaldini — _L'archivio musicale della Cappella Antoniana in
- Padova_, Padova, 1895 (Tartini).
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- Seiffert — _Geschichte des Clavierspieles_, Lipsia, 1899 e seg.
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- Oscar Bie — _Das Clavier_, Monaco, Bruckmann.
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- A. Villanis — _L'arte del Clavicembalo_, Torino-Roma, 1901.
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- Al. Longo — _Dom. Scarlatti_, Napoli, 1913.
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- Schünemann — _Geschichte des Dirigirens_, Lipsia, 1913.
-
- Torchi — _L'accompagnamento degli istrumenti nei melodrammi
- italiani della prima metà del seicento_, Riv. mus. italiana, vol.
- 1º e 2º.
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- — _La musica istrumentale in Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII_,
- Riv. mus. ital., vol. 4º e seg.
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- H. Goldschmidt — _Das Orchester der italienischen Oper in 17.
- Iahrhundert_, Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft, II
- Jahrgang, Heft I.
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- Lavoix H. — _Histoire de l'instrumentation_, Paris, 1878.
-
-
- Pubblicazioni pratiche sono:
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- Delf. Alard. — _I maestri classici del violino._ (Milano, Ricordi).
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- David. Ferd. — _Die hohe Schule des Violinspieles_, Lipsia,
- Breitkopf.
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- David. Ferd. — _Vorschule zur hohen Schule_, Lipsia, Breitkopf.
-
- Torchi L. — _Collection of pieces for violin_, London.
-
- Corelli — _Opere pubblicate da Joachim_, Londra, Augener.
-
- Iensen G. — _Musica classica per violino_, Londra, Augener.
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- Couperin. — _Opere_, pubbl. da Brahms, Londra.
-
- Rameau — _Opere_, scelte pubbl. da Riemann, Lipsia, Steingräber,
- ecc.
-
- Scarlatti Dom. — _Opere_, Ricordi (Longo).
-
- Alcune opere dei pianisti ed organisti antichi sono pubblicate in
- molte Antologie.
-
- _Liutisti del Cinquecento._ — Ein Beitrag zur Kenntniss des
- Ursprungs der modernen Tonkunst von Oscar Chilesotti, Lipsia,
- Breitkopf.
-
- Da un codice Lautenbuch del cinquecento. Trascrizioni di Oscar
- Chilesotti. Lipsia, Breitkopf.
-
- Riemann Hugo — _Die Entwickelung unserer Notenschrift_, Lipsia,
- Breitkopf und Härtel.
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- Wolf J. — _Handbach der Notations kunde_, Lipsia, 1913.
-
- Gasperini G. — _Storia della Semiografia musicale_, Milano, Hoepli,
- 1905.
-
- David E. et. M. Lussy — _Histoire de la notation musicale depuis
- ses origines_, Paris 1882.
-
- Schmidt A. — _Ottaviano dei Petrucci_, Vienna 1845.
-
- Vernarecci A. Q. — _Ottaviano dei Petrucci._ Bologna 1882.
-
-
-
-
-CAPITOLO XV.
-
-Gluck e la riforma dell'Opera.
-
-
-Noi abbiamo già veduto come l'opera italiana fosse venuta decadendo
-coll'andare del tempo ed il convenzionalismo, la superficialità, gli
-artificî dei cantanti vi avessero preso la supremazia, sicchè essa
-era divenuta un accozzamento di arie, duetti e terzetti collegati
-senza alcuna unità fra loro. La verità drammatica vi era trascurata
-e se alcune parti si distinguevano per bellezza di melodia, fattura,
-verità drammatica e per ispirazione, l'impressione del complesso non
-corrispondeva punto all'ideale d'una azione drammatica vera ed umana.
-Le idee della Camerata erano andate sempre più perdendosi ed i numerosi
-musicisti dell'epoca, molti fra i quali pure dotati di genio, seguivano
-l'andazzo del tempo e sacrificavano all'effetto ed alla brama di facili
-applausi gli alti ideali dell'arte.
-
-In tali circostanze era dunque necessaria una reazione ed essa difatti
-non tardò a mostrarsi, quantunque l'opera italiana si fosse diffusa
-per tutta l'Europa, dominasse tutti i teatri e più che mai sembrasse
-viva e potente. I primi sintomi di questo movimento si mostrarono nella
-Germania settentrionale, dove già vedemmo sorgere l'opera nazionale,
-che, sia per la difficoltà dei tempi, sia per la mancanza di uomini
-adatti, fu ben presto soggiogata dall'opera italiana. Ma il seme non si
-perdette e verso la metà del secolo XVIII esso rinasce nel _Singspiel_,
-l'operetta tedesca, sorta dal desiderio di vedere sostituite ai
-soggetti tragici dell'antichità e della mitologia azioni tolte dalla
-vita comune, di veder sulla scena persone più umane ed a noi più
-simili che gli eroi greci e romani. Il _Singspiel_ poi corrispondeva
-al carattere germanico in quanto che in esso poteva aver larga parte lo
-scherzo, la comicità, la caricatura, a cui il popolo tedesco inclina e
-che vi si poteva innestare quella tendenza sentimentale e romantica,
-pure una delle qualità del carattere germanico, del tutto aliena
-all'italiano. Ma anche la seconda volta questo genere di opera tedesca
-dovea essere di poca durata e spegnersi senza lasciar traccia di sè,
-sia perchè i suoi cultori non fossero dotati di genio sufficiente per
-renderlo vitale, sia perchè esso tosto degenerasse in farse triviali
-e barocchismo sentimentale. Con tutto ciò fra i musicisti che si
-dedicarono all'opera e operetta tedesca, alcuni vivono ancora nella
-memoria dei posteri, come _Giovanni Adamo Hiller_ (1772-1804), _Carlo
-Ditters di Dittersdorf_, viennese, l'autore della notissima operetta
-_Dottore e farmacista, Schenk (il Barbiere del villaggio), Weigel (la
-Famiglia svizzera), Wenzel Müller_ ed altri. Tutti questi musicisti
-hanno la melodia facile e naturale, una sana comicità ed umorismo e non
-di rado ci danno nelle loro opere stupendi quadretti di genere.
-
-_Haydn_ stesso scrisse pure una quantità di simili _Singspiele_ oggi
-dimenticati e _Salieri_ non isdegnò pure deporre il coturno col suo
-_Spazzacamino_. Anche _Bastien et Bastienne_ di Mozart ed il _Ratto
-del Serraglio_ appartengono in molti riguardi a questo genere. Ma se
-la riforma tentata dall'operetta tedesca non ebbe vero successo e restò
-senza o quasi senza conseguenze nell'arte, tanto maggiori furono quelle
-che trassero con sè le innovazioni di Gluck sullo scorcio del secolo
-XVIII.
-
-_Cristoforo Willibaldo Gluck_ nacque ai 2 luglio 1714 a Weidenwang
-nel Palatinato superiore. Istruito nella musica da oscuri maestri,
-venne nel 1736 a Vienna, dove il conte Melzi, ammirandone il talento,
-lo prese a proteggere e lo condusse seco a Milano per affidarlo al
-celebre musicista _Sammartini_. Frutto di questi studi fu un'opera,
-_Artaserse_, che fu data con successo nel 1741 a Milano. A questa
-fecero seguito molte altre, date pure con esito felice. Nel 1746
-ritornò in Germania e si stabilì a Vienna, dove con molte interruzioni,
-rimase fino alla morte seguita ai 15 novembre 1797.
-
-Le opere di Gluck anteriori all'_Orfeo_ ad eccezione del _Telemaco_,
-che mostra ormai i germi della riforma posteriore, non si distinguono
-punto dalle opere italiane dell'epoca e certo non per queste egli
-vivrebbe nella memoria dei posteri. Anzi molte delle italiane le
-superano sia per fattura sia per ispirazione e facilità melodica, nè
-molto grandi furono i suoi successi in Italia come lo prova la canzone
-che si cantava nel 1763 a Bologna:
-
- Doman el part el Cluch
- E el va per Triest
- Ch'al vaga ben prest
- Perchè al è un gran mamaluch.
-
-Fu solamente a quasi cinquant'anni, che Gluck fornito di lunga
-esperienza, fortificato nei suoi propositi dal vedere gli abusi sempre
-maggiori, ed ancor più coadiuvato dalla fortuna di aver trovato in
-_Raniero di Casalbigi_ un poeta di buon gusto, educato alla scuola
-tragica antica, scrisse l'_Orfeo e Euridice_ (1762), quantunque anche
-in quest'opera la verità drammatica non sia tanto osservata come nelle
-posteriori, anzi vi faccia difetto dove questa sarebbe necessaria come
-nella scena fra Euridice e Orfeo, in cui essa vien meno ed è sostituita
-da una filza d'arie e duetti quasi convenzionali.
-
-La prima opera, colla quale Gluck entrò veramente nel nuovo agone ed
-in cui egli cercò mettere in pratica le sue teorie, fu l'_Alceste_
-(1767), la quale incontrò l'opposizione dei pedanti e dei cantanti.
-Nella prefazione a questa opera che è un vero programma, Gluck parla
-delle sue riforme progettate e proclama la verità drammatica come
-suprema legge, alla quale tutto deve venir sacrificato. La musica
-deve essere quasi la serva della poesia nè deve esser priva d'una
-«bella semplicità»; l'azione non deve venir «raffreddata con inutili
-ornamenti»; il concerto degli istrumenti deve «regolarsi a proporzione
-dell'interesse e dalla passione e non lasciare quel tagliente divario
-nel dialogo fra l'aria ed il recitativo, che non tronchi a controsenso
-il periodo nè interrompa mal a proposito la forza e il caldo
-dell'azione».
-
-All'_Alceste_ seguì _Paride ed Elena_, che per la debolezza della
-poesia e per la poca ispirazione non ebbe successo e destò ancor
-maggior opposizione per le espressioni usate nella prefazione a
-quest'opera contro i semidotti.
-
-Gluck prese allora la decisione di recarsi a Parigi, eccitato dal
-Bailly Du Rollet, che gli avea scritto l'_Ifigenia in Aulide_,
-togliendola da Racine ed ormai preparato il terreno con entusiastiche
-lodi. Ma ogni specie di difficoltà si opponeva all'effettuazione
-del progetto, finchè queste furono tutte appianate dalla moglie
-del Delfino, Maria Antonietta, già scolara di Gluck. Finalmente
-l'_Ifigenia_ fu data all'accademia di Parigi ai 19 aprile 1774 senza
-però destare alcun entusiasmo. Soltanto in seguito essa ebbe sempre
-maggior successo, dopo che l'_Orfeo_ era stato assai applaudito.
-L'_Ifigenia_ segnò il principio della lotta fra i partigiani di Gluck e
-quelli dell'opera italiana e francese, che per questa occasione erano
-d'accordo nel combattere il nuovo indirizzo e cercarono d'opporvi
-Nicolò Piccinni. I fautori di quest'ultimo seppero coi loro raggiri
-far sì, che il libretto d'un'opera. _Orlando_ di Quinault, destinato a
-Gluck, fosse dato da comporre a Piccinni e speravano di vincere tanto
-più che la nuova opera di Gluck _Armida_, non ebbe che un mediocre
-successo, mentre l'_Orlando_ di Piccinni fu accolto con grande plauso.
-Ma le opere di Gluck in principio mal comprese, prendevano sempre più
-piede, e quando fu data l'_Ifigenia in Tauride_ (1770), il capolavoro
-di Gluck, la vittoria fu decisa pel maestro tedesco.
-
-Il genio di Gluck, e che fu genio non puossi dubitare, fu più
-drammatico che essenzialmente musicale (egli soleva dire, che quando
-si metteva a comporre cercava dimenticare di essere musicista!). La
-sua riforma fu piuttosto il frutto della sua lunga esperienza, della
-sua mente chiara e perspicace, dello studio dei poeti e del movimento
-letterario, iniziato da Lessing e Klopstock, che dell'istinto musicale.
-La sua melodia è spesso priva di bellezza intensa, anzi non di rado
-è povera; egli non introdusse nuove forme; la sua arte non è grande e
-questa mancanza si palesa specialmente nei suoi pezzi d'assieme, nei
-quali non sa unire in un gran quadro efficace gli elementi disparati
-ed agire coi contrasti. Gluck è grande invece nella verità drammatica,
-nella forza poetica dei particolari, nella caratteristica delle
-persone, nel dominare e tratteggiare la situazione con tocchi potenti
-nella loro semplicità. Egli non fa concessioni nè ai cantanti nè al
-pubblico, ma cammina dritto verso la meta ed appunto perciò le sue
-opere fanno l'impressione di produzioni nate organicamente e l'effetto
-generale è grandioso e potente. Le sue arie, i suoi duetti presi
-separatamente sono molte volte inferiori per ispirazione e fattura
-a quelli di Piccinni, ma superano questo in concisione e sentimento
-drammatico; con lui il recitativo di Lully e Rameau cessa d'essere
-una specie di salmodia e declamazione accentata, ma è parte integra
-dell'azione drammatica e vive e palpita.
-
-La sua orchestrazione è più ricca e caratteristica e specialmente
-più espressiva di quella degli Italiani contemporanei; il ballo
-non è semplicemente danza ma fa parte dell'azione; il coro infine
-viene innalzato a personaggio e gli vien data l'importanza che
-avea nella tragedia greca. Nell'_Alceste_ abbiamo il primo esempio
-d'un'_ouverture_, che fa presentire l'opera che segue e ne è vera
-parte.
-
-«Gluck, scrive Wagner, non fu certo il primo a scrivere arie
-espressive. Ma egli diventò il punto di partenza per un cambiamento
-completo nel valore dei fattori dell'opera, giacchè egli volle di
-proposito che l'espressione dell'aria e del recitativo corrispondesse
-al testo. Gluck volle consciamente tanto nel recitativo declamato
-quanto nell'aria cantata, pur mantenendo queste forme e non
-dimenticandosi del contenuto essenzialmente musicale, che il pensiero
-espresso dal testo venisse tradotto più fedelmente che possibile dalla
-musica e specialmente che l'accento declamatorio del verso non venisse
-trascurato per l'espressione musicale. Egli volle sopratutto parlare
-musicalmente una lingua giusta ed intelligibile».
-
-Tutto ciò in sè non era nulla di nuovo ma nuova e rara fu solamente la
-ferrea conseguenza colla quale Gluck tenne fermo a questi principî, che
-nella loro estrinsecazione hanno qualche cosa di rigido ed ascetico.
-Gluck, come succede al mondo, raccolse gli allori che anche altri
-con lui avevano meritato e preparato e se si conoscessero meglio le
-opere di Iomelli, Traetta, Majo e specialmente di Hasse per quello
-che concerne la parte intrinseca musicale e quelle di Rameau per il
-recitativo si arriverebbe forse ad altri risultati.
-
-La riforma fu del resto preparata come vedemmo dagli enciclopedisti
-francesi e noi troviamo le stesse idee di Gluck nel _Saggio sopra
-l'opera in musica_ del Conte Algarotti (1757). Nè si dovrebbe
-dimenticare, che Gluck s'è formato intieramente alla scuola italiana
-e che è l'opera italiana che egli riformò. Soltanto dopo, egli
-che aveva in sè degli elementi germanici e che studiò la musica
-francese e specialmente la declamazione, cercò di innalzarsi all'arte
-internazionale, _musique propre à toutes les nations_ come egli
-scrive. Gluck, più giusto dei suoi contemporanei e posteri, non
-disconobbe il genio di Piccinni ed altri, ed in una lettera scritta
-al _Mercurio_ di Parigi rivendica il primo onore del nuovo indirizzo
-al suo poeta Calzabigi. Costui aveva saputo, sebbene inferiore ai due
-poeti prediletti dai musicisti, Apostolo Zeno e Metastasio, sceverare
-dall'azione drammatica tutte le lungaggini inutili, solo buone ad
-aggiungere un numero sproporzionato di arie e duetti, accrescendo così
-l'interesse e sostituendo all'amore, soggetto quasi perenne delle
-arie, anche altre passioni umane. La riforma del libretto si fermò
-però a mezza strada, perchè vi rimasero tutte le arie, che sono sosta
-nell'azione e perciò contro la verità drammatica.
-
-Le opere di Gluck che hanno qualche cosa della precisione e nitidezza
-degli antichi bassorilievi, hanno molti punti di confronto colle
-tragedie greche. Grandezza, semplicità, chiarezza ed oggettività, una
-certa rigidezza sono proprio d'ambedue. Tutti i lenocini della forma
-e dell'effetto vi sono schivati e mancano gli effetti passionali come
-li sentiamo noi. Ciò ci toglie il punto di vero contatto tanto colle
-tragedie greche che colle opere di Gluck. Noi ammiriamo ma restiamo
-internamente freddi nè ciò si cambierà, non esistendo quella corrente
-fra autore ed uditore, che è necessaria perchè un'opera d'arte possa
-veramente interessarci e scuoterci. Perciò non è da credere ad una vera
-rinascita delle opere di Gluck, tante volte tentata, essendo la loro
-musica ormai troppo lontana dalla nostra umanità.
-
-L'influsso esercitato da Gluck sulla musica drammatica non fu tale
-quale poteva attendersi e se i suoi immediati successori, influenzati
-dalle sue teorie e mossi dal suo esempio, cercarono di raggiungere la
-verità drammatica, ciò nonostante dopo non molti anni le tradizioni
-di Gluck erano pressochè dimenticate. Parigi restò tuttavia, come per
-Gluck, la meta a cui tendevano i musicisti drammatici e la moderna
-grande opera seria, iniziata da lui, ebbe la sua culla in quella
-metropoli, quantunque fossero quasi sempre stranieri quelli che in
-essa dovevano eccellere e segnare una traccia nella storia del dramma
-musicale.
-
-L'influenza di Gluck è palese in _Etienne Mehul_ (1763-1817) che ci
-lasciò nel suo _Giuseppe ed i suoi fratelli_ (1807), un capolavoro
-di nobile semplicità e naturalezza. Maggiore di lui ed a ragione
-annoverato fra i sommi fu _Luigi Cherubini_, fiorentino (1760), scolaro
-di Sarti, che dopo essersi provato con fortuna nella sua patria in più
-opere, venne in Francia, vi si stabilì e vi giunse in gran fama. Egli
-morì nel 1842 dopo aver diretto per venti anni il Conservatorio di
-Parigi.
-
-Cherubini, italiano di nascita e naturalizzato francese, ha per il
-suo ideale artistico somiglianza coi grandi maestri tedeschi. Il suo
-genio è di natura riflessiva; le sue melodie non hanno la vera impronta
-nazionale italiana ma tengono piuttosto del carattere istrumentale,
-come pure pari a quella dei più grandi geni di Germania sono la sua
-sapienza teoretica, l'arte delle combinazioni armoniche ed orchestrali,
-l'assoluta padronanza della forma, la grande perfezione e la purezza
-del suo stile, mentre la declamazione ed il ritmo sono accentuati ed in
-ciò si avvicinano al carattere francese. Forse appunto per questo le
-opere di Cherubini rimasero pressochè sconosciute in Italia e neppure
-il tentativo recente di far risuscitare la _Medea_ si può dir riuscito.
-
-Ciò però non vuol punto dire che Cherubini fosse un imitatore dei
-maestri tedeschi, che anzi quella certa mancanza di bellezza sensuale
-della sua melodia, quella freddezza aristocratica, che è propria
-alla maggior parte delle sue opere, è tutta sua. Piuttosto è vero
-che i maestri tedeschi appresero molto da lui, compreso Beethoven
-che lo chiama il primo fra i contemporanei e Weber che lo dice pari a
-Beethoven.
-
-Delle sue opere drammatiche, _Il portatore di acqua_ (1800) resterà un
-modello insuperabile del genere semiserio, mentre la _Medea_ (1797) per
-la nobiltà di linee e meravigliosa fattura raggiunge le migliori delle
-opere della letteratura musicale d'ogni tempo. La _Medea_ iniziò la
-_grand'opera_ divergendo dai drammi di Gluck per la maggiore ricchezza
-armonica, per gli effetti ricercati, per l'orchestrazione più svariata
-e finalmente per i pezzi d'assieme, che di rado si trovano in Gluck.
-
-Le altre opere, quantunque contengano una quantità di tratti geniali,
-sono oggi dimenticate ad eccezione delle _ouvertures_, che per la
-freschezza, ispirazione e stupenda fattura appartengono alle migliori
-del genere. «Non bisogna però credere che queste opere, perchè non
-sono più in repertorio, siano morte; è soltanto una metempsicosi, che è
-successa e noi le sentiamo nelle opere di altri maestri dieci e cento
-volte di nuovo» (Hauptmann). Difatti è incredibile quanti elementi
-moderni, specialmente descrittivi e romantici, esse contengono, che
-poi vennero sfruttati da altri. E non soltanto le opere della maturità
-ma anche alcune di quelle scritte nella gioventù in Italia p. e.
-l'_Ifigenia_. Così p. e. nell'_Elisa_ (1794) e nell'_Anacreonte_ (1803)
-c'è ormai il romanticismo posteriore e molto della nota elegiaca
-schumanniana, nella _Medea_ vi sono punti di contatto con Beethoven
-(coro dei prigionieri) e persino l'unisono dell'_Africana_ è un vero
-tratto cherubiniano.
-
-Cherubini si ritirò disgustato dall'opera per dedicarsi alla musica da
-chiesa, per la quale egli scrisse più opere, che vanno annoverate fra
-le sue migliori, come le _Messe_, i grandiosi _Requiem_, specialmente
-quello in _re minore_, degno d'esser messo a paro col _Requiem_
-di Mozart, e un _Credo_ a 8 voci, senza dubbio una delle opere più
-meravigliose che dopo Palestrina mai fossero state scritte.
-
-Egli scrisse pure musica da camera, quartetti, ecc., che si avvicinano
-alle opere classiche ed un celebre trattato di contrappunto e fuga.
-Suoi scolari furono _Auber_, _Halévy_, _Adam_, _Carafa_, _Fétis_ ed
-altri.
-
-Straniero fu pure il successore di Cherubini nei trionfi dell'Opera
-di Parigi e di nuovo un italiano: _Gasparo Spontini_ di Majolati
-presso Jesi, nato nel 1774, morto nel 1851. Dapprima a Parigi nell'era
-napoleonica, venne dopo la Restorazione a Berlino, dove raggiunse i
-più alti onori ma che dovette poi abbandonare, quando la sua rigidezza
-e l'orgoglio nazionale ebbero a cozzare contro la coscienza germanica
-che si risvegliava. Se Cherubini colla sua _Medea_ ed il _Portatore
-d'acqua_ avea sentito l'influsso dei tempi, e le idee di libertà e la
-nobile arditezza di pensiero avevano trovato un eco nella sua musica,
-quella di Spontini è ancor meglio lo specchio del tempo in cui fu
-scritta, giacchè essa incarna l'idea napoleonica colla sua grandiosità
-marziale, larghezza di stile, potenza delle masse ed il suo realismo.
-
-Le tre opere capitali di Spontini sono la _Vestale_, il _Fernando
-Cortez_ e l'_Olimpia_, scritte per Parigi. Su tutte s'innalza la
-_Vestale_ per la ispirazione, verità di carattere e sentimento.
-L'elemento eroico trova nei grandiosi finali l'espressione più adeguata
-e si avvicina all'epica grandezza dei cori di Händel. Ma Spontini sa
-toccare anche le corde più sensibili del cuore nelle ispirate scene tra
-Giulia e Licinio, e se è meno sapiente di Cherubini lo supera certo in
-espressione e grandezza di concezione.
-
-In _Fernando Cortez_ l'ispirazione non è sì ricca quanto nella
-_Vestale_, ma vi sono ammirabili la pittura dei caratteri ed il
-colorito, i contrasti e la suprema padronanza delle masse come
-nel grandioso finale. L'_Olimpia_ non ebbe a Parigi il successo
-delle sorelle, nè il pubblico, felice di cullarsi nella pace della
-Ristorazione, poteva più infiammarsi alla rappresentazione di quei
-fatti che gli richiamavano alla memoria i burrascosi tempi napoleonici.
-
-Le opere che Spontini scrisse a Berlino segnano una decadenza sensibile
-nelle forze del maestro, nè per quanto esse contengano pregevolissimi
-squarci seppero resistere al tempo. Spontini ebbe il rammarico di
-vedersi alla fine della sua vita trascurato e quasi dimenticato.
-
-Egli fu insuperabile direttore, severissimo e mai soddisfatto;
-l'orchestra sotto la sua bacchetta era elettrizzata e suonava con una
-precisione meravigliosa.
-
-Successore di Cherubini e Spontini nel ramo della grande opera fu
-_Gian Francesco Lesuer_ (1763-1838), l'autore della fortunata opera _I
-Bardi_, e di molta musica da chiesa. Egli fu il compositore prediletto
-di Napoleone.
-
-
- LETTERATURA
-
- A. Marx — _Gluck und die Oper_, Berlin, 1863.
-
- Tiersot — _Gluck_, Paris, Alcan, 1910.
-
- A. Schmidt — _C. W. Gluck_, Lipsia, 1854.
-
- Ferrettini E. — _Cristoforo Gluck_, Torino, 1914.
-
- Desnoiresterres — _Gluck et Piccinni_, Paris, 1872.
-
- Spitta — _Spontini_ in «_Zur Musikgeschichte_», Berlino.
-
- C. Robert — _L. G. Spontini_, Berlino, 1833.
-
- O. Foque — _Lesuer_ in «_les Revolutionaires de la musique_»,
- Paris, 1882.
-
- Pougin A. — _Mehul_, Paris, 1889.
-
- Picchianti — _L. Cherubini_, 1844.
-
- Gamucci — _L. Cherubini_, 1869.
-
- Hohenemser — _L. Cherubini_, Lipsia, 1913.
-
-
-
-
-CAPITOLO XVI.
-
-Haydn — Mozart — Beethoven.
-
-
-La musica istrumentale anteriore ad Haydn non si occupava della
-traduzione di un pensiero poetico, d'un'idea coi mezzi della musica,
-ma cercava piuttosto nella bellezza dei temi, nella forma, nella
-combinazione degli accordi, nei coloriti, la sua meta. La musica
-istrumentale bastava a sè stessa ed in sè trovava la sua soddisfazione.
-Per ciò essa è principalmente oggettiva. Il continuare per questa via
-era impossibile senza cadere nel convenzionalismo e manierismo e quando
-il piacere della forma per la forma non fu più sufficiente allora si
-sviluppò anche nella musica istrumentale il soggettivismo.
-
-Questo nuovo elemento non fu del resto introdotto da Haydn, chè anzi
-noi lo vediamo farsi strada ormai in molte composizioni di Bach e
-successori, in Dom. Scarlatti e Fil. Em. Bach specialmente nelle
-_Toccate_, _Fantasie_, _Improvvisazioni_, ecc., i quali generi di
-composizione libera procedevano dall'ispirazione poetica. Ma questo
-nuovo indirizzo, questa individualizzazione del sentimento, il
-prevalere dell'elemento poetico, la traduzione dello stesso in toni
-che lo concretano con mezzi musicali, prima appena accennati, noi li
-troviamo palesi in Haydn le cui composizioni, oltre le qualità tecniche
-ed essenzialmente musicali delle anteriori, offrono allo uditore un
-elemento poetico, senza che egli, come suol succedere nella musica
-descrittiva, sia inceppato nei voli della sua fantasia.
-
-La nuova musica istrumentale basa sulle forme della _sonata_ e della
-_sinfonia_. L'opinione che queste derivassero dalla sonata antica,
-da molti propugnata, è molto discutibile, quantunque quest'ultima
-abbia senza dubbio influito grandemente sulla sinfonia e sulla sonata
-moderna. Ma assai più che la sonata antica, poco differente dalla
-_suite_ valse a formare la sinfonia e la sonata moderna l'antica
-_ouverture_, quale fu introdotta da Alessandro Scarlatti che si
-divideva in tre parti unite, _allegro_, _adagio_ ed _allegro_ e che
-coll'andare del tempo si usò nei concerti istrumentali suonare in tre
-tempi, dividendo le parti ed introducendovi il _minuetto_, tolto dalla
-_suite_. La caratteristica principale della nuova musica è il passaggio
-dalla polifonia all'omofonia. Le melodie sono ormai chiuse ed esse
-sono veramente accompagnate. C'è il primo e secondo tema colla ripresa
-dopo lo sviluppo tematico. Le composizioni perdono certo qualche
-cosa della loro monumentalità ma diventano molto più varie e ricche
-di contrasti anche improvvisi, che mancavano intieramente alle opere
-anteriori. Cessa pure il predominio delle tonalità minori. La dinamica
-è più varia e non bastano più gli effetti dell'eco (piano e forte), le
-tonalità cambiano nei diversi tempi e non è raro di trovare la melodia
-cominciata da uno strumento e finita da un altro, ciò che prima non
-succedeva.
-
-Fino a pochi anni fa era quasi incomprensibile la differenza che passa
-fra le opere anteriori ad Haydn e le sue e lo si soleva chiamare il
-padre della sinfonia e del quartetto. Torchi e Galli avevano bensì
-dimostrato che la forma della Sinfonia si trova ormai abbastanza
-sviluppata nelle opere di G. B. Sammartini, maestro di Gluck e che
-Haydn ebbe in Tartini un precursore nel quartetto per non parlare di
-Boccherini, che fu contemporaneo di Haydn e che certo non conobbe le
-sue opere. Oggi però s'è fatta almeno in gran parte la luce in seguito
-ai nuovi studi di Ugo Riemann e Guido Adler per i musicisti tedeschi
-e Fausto Torrefranca per quegli italiani. Le conclusioni sono però
-divergenti. Riemann difende la tesi che fu la scuola di Mannheim, dove
-esisteva un'orchestra eccellente e modello delle altre, a continuare
-la riforma della musica istrumentale già preparata da Bach ed Händel
-col connubio della monodia col contrappunto. In realtà non si trattava
-che dell'imitazione dello stile dell'aria nella musica istrumentale. Le
-_Six Sonates à trois ou avec toute l'orchestre_ di _Giovanni Stamitz_
-(1717-1757) op. 1 (1752) sono per Riemann l'evangelo della nuova arte
-ed egli da a quest'opera la stessa importanza che all'_Ars nova_ ed
-alla nascita dell'opera del Seicento. È innegabile che nei Trio di
-Stamitz si palesa un nuovo stile ben differente dall'anteriore e già
-Arteaga chiama Stamitz creatore d'un nuovo stile ed il Rubens dei
-compositori.
-
-Lo stile di _Stamitz_ è pure quello di _Francesco Richter_ (1709-1789),
-_Cannabich_, _Toeschi_ ed altri maestri che vissero prima di Haydn.
-Nelle opere di Stamitz, che è il caposcuola, troviamo già sviluppato il
-dualismo dei temi, il lavoro tematico, che è lo spirito creatore della
-musica istrumentale quasi altrettanto che la melodia; anche la forma
-della sonata e sinfonia in quattro tempi è pressochè stabile. Le opere
-di questa scuola sono sonate a tre, quattro e più istrumenti col basso
-numerato ed appartengono, almeno come si pubblicarono, apparentemente
-alla musica antica. In realtà però si eseguivano in Germania senza
-basso numerato sostituendovi più istrumenti a fiato, che non vanno
-all'unisono cogli archi ma o hanno note tenute oppure eseguiscono
-piccoli contrappunti.
-
-Guido Adler cerca invece di rivendicare almeno parte dei meriti dei
-musicisti di Mannheim a quelli di Vienna anteriori ad Haydn come
-_Matteo Monn_, _Wagenseil_, _Filz_, _Dittersdorf_, ecc. Ma tanto
-Riemann che Adler sembrano dimenticare che tutti questi musicisti boemi
-od austriaci erano direttamente od indirettamente influenzati nelle
-loro opere dai maestri italiani sparsi per tutta la Germania e che la
-musica vocale ed istrumentale che si eseguiva in quel tempo a Vienna
-era quasi esclusivamente italiana. Fausto Torrefranca ha fatto negli
-ultimi anni studi esaurienti sulla musica istrumentale specialmente
-per cembalo dei maestri italiani di quell'epoca ed è arrivato alla
-conclusione persuadente, che il nuovo stile non venne nè da Mannheim
-nè da Vienna ma che il movimento lirico istrumentale è nato in Italia
-e conduce attraverso la sonata per cembalo, la sinfonia da camera,
-la sonata a tre direttamente ad Haydn e Mozart. Egli è entusiasta
-di _Giovanni Platti_, un veneziano che fu alla corte vescovile di
-Würzburgo e ne studiò le Sonate pubblicate nel 1740, pur troppo ancora
-inedite, che come si può giudicare dalle copiose citazioni sembrano
-davvero aver precorso i tempi. Se si conoscessero meglio anche le
-Sonate di Pergolesi, Zipoli, Caldara, Galuppi, Rutini, della Ciaja e
-tanti altri si vedrebbe che essi sono molte volte più moderni ed arditi
-che Haydn e Mozart. La loro arte è fatta «di fugacità melodiche, di
-sfumature ritmiche, di brevi arabeschi, di contesture sottilissime ma
-dalle quali una cosa sopratutto vi colpisce, la signorilità inventiva,
-che ne adorna senza posa il trasparente tessuto». (Bastianelli).
-
-Torrefranca ha pure studiato alcune delle sinfonie di _G. B.
-Sanmartini_ (1704-1774?) che pare abbia scritto un'infinità di opere
-istrumentali, che ai suoi tempi godettero fama, come racconta Carpani
-nelle _Haydine_. Le sinfonie ancora esistenti di Sanmartini per archi
-ed oboi, anche con corni e trombe, «hanno un'architettura sottile e
-snella come di alberelli giovani ed una straordinaria ricchezza di
-motivi irrequieti, che svariano all'improvviso in poche battute. La
-vivacità, la ricchezza, il brio di queste musiche sono indicibili»
-(Torrefranca).
-
-Confrontando tutte queste opere italiane con quelle tedesche, costruite
-su temi assai semplici e senza grande varietà ritmica è ben palese
-la superiorità delle prime anche sulle sinfonie giovanili di Haydn,
-ultimamente pubblicate, che mostrano molte incertezze, del resto
-naturali in un esordiente. Forse però si da troppo importanza tanto
-ai maestri italiani che tedeschi nominati ed è più facile comprendere
-la grande modificazione che subì la musica istrumentale pensando che
-essa è quasi contemporanea all'immensa diffusione dell'opera italiana
-nel Settecento, e che il nuovo stile somiglia in molti punti a quello
-dell'opera. E perchè questa era minore nella Germania del Nord che in
-altri paesi, fu appunto lì che lo stile rimase più a lungo polifonico.
-
-Ciò nullostante l'egemonia della Germania dalla metà del Settecento è
-ormai palese nella musica istrumentale, che si diffonde anche nella
-Francia ed Inghilterra mentre nell'Italia dopo la morte dei grandi
-violinisti anche per la mancanza di orchestre stabili e società
-musicali la musica istrumentale va rapidamente decadendo. Se si
-esaminano gli antichi cataloghi degli editori tedeschi e francesi si
-deve arguire che mai un'epoca fu sì amante di musica istrumentale.
-Sono centinaia di Sinfonie, Quartetti con e senza pianoforte,
-Terzetti, Serenate, Divertimenti, Cassazioni, ecc., che si stampavano
-e ristampavano continuamente. Tutte queste opere sono oggi dimenticate
-ad eccezione di quelle di Haydn, ciò che successe anche perchè molte
-di esse erano scritte col basso numerato del quale si venne perdendo la
-pratica e che ben pochi sapevano eseguire.
-
-_Giuseppe Haydn_ nacque il 31 marzo 1732 a Rohrau sul confine
-ungherese, vicino ad Haimburg, dove imparò le prime nozioni di musica.
-Nel 1740 venne assunto fra i cantori della cappella di S. Stefano
-in Vienna per la sua bella voce e vi rimase continuando gli studi
-musicali, finchè cambiò la voce. Gli anni susseguenti fino alla sua
-nomina di direttore di cappella del principe Esterhazy furono per
-Haydn pieni di privazioni e di disinganni. Nella residenza principesca
-del suo Mecenate, la cittadella di _Eisenstadt_ in Ungheria, il
-suo meraviglioso ingegno ebbe campo di svilupparsi e gli anni che
-ivi passò (1760-90) alla testa di un'eccellente orchestra, che era
-a sua disposizione e dalla quale avea appreso a conoscere tutte
-le particolarità degli istrumenti, furono feraci di composizioni
-istrumentali come sinfonie, quartetti, terzetti, sonate per piano,
-operette, opere ed una quantità di pezzi per _baritono_ (specie di
-violoncello), istrumento ora dimenticato, che suonava il principe
-Esterhazy. Nel 1790 e 1794 andò a Londra, per la qual città scrisse le
-sue più belle sinfonie. In età ormai avanzata compose i suoi due famosi
-oratori, la _Creazione_ (1797) e le _Stagioni_ (1801). Haydn scrisse
-157 sinfonie, fra le quali sono celebri la _Reine_, la sinfonia col
-colpo di _timpani_, la _Oxford_, la _Militaire_, ecc. Haydn morì ai 31
-maggio 1809 a Vienna durante l'assedio dei francesi.
-
-Haydn fu principalmente compositore istrumentale. Nelle sue prime
-composizioni egli cerca ancora la sua strada e l'influenza del suo
-autore prediletto, Filippo Emanuele Bach, è ancora sensibile, ma
-ben presto sa liberarsi da ogni imitazione ed ispirare alla forma
-della sonata, del quartetto e della sinfonia novella vita. I suoi
-temi sono efficaci, plastici e suscettibili d'ogni trasformazione e
-sviluppo; le sue opere sono organicamente costruite e l'unità delle
-parti è sorprendente. Grande merito di Haydn fu poi quello d'aver
-individualizzato gli istrumenti e liberato la musica dalla monotonia
-ritmica di prima, che è una della principali cagioni per cui noi nelle
-composizioni anteriori non possiamo arrivare ad un piacere estetico
-complesso, tormentandoci sempre il metro troppo eguale. Il carattere
-predominante della musica di Haydn è la naturalezza, la freschezza
-unita ad una certa giovialità e semplicità di sentimento. Ma egli sa
-altresì toccare le fibre più interne del cuore coi suoi ispirati adagi
-e commuoverci colla potenza dell'espressione, che alle volte raggiunge
-il tragico.
-
-Insuperabile è la vena, la fantasia, la volubilità dei suoi minuetti.
-Questa specie di danza aristocratica e severa, con lui perde il suo
-fare austero e arcigno e diventa ora il più leggiadro giuoco di suoni,
-ora vi si frammischia una nota melanconica, una specie di umorismo
-sano, ora si avvicina allo scherzo di Beethoven quasi presentendolo.
-L'arte di Haydn è meravigliosa senza che egli abbia fatto uso di
-mezzi straordinari e senza che essa appaia come tale, tanta ne è la
-perfezione. La sua istrumentazione è semplice, ma nella semplicità,
-svariatissima e piena di contrasti, chiaroscuri e luci, che l'animano.
-Perciò le opere di Haydn, e fra tutte specialmente i quartetti,
-oggi dopo più di cento anni nulla hanno del barocco ed antiquato ma
-conservano ancora la freschezza dei primi giorni. La superiorità delle
-sue sinfonie e dei quartetti non sta tanto nella bellezza melodica
-dei temi quanto nella sapienza di sapersene servire. Noi possiamo
-studiare nelle sue opere come si sviluppi sempre più il lavoro tematico
-e come egli arrivi poi a costruire i suoi tempi con brani del tutto
-insignificanti del tema ma specialmente adatti al lavoro tematico.
-
-L'importanza degli oratori di Haydn non è pari a quella per la musica
-istrumentale, quantunque le _Stagioni_ ed ancor più la _Creazione_
-segnino una nuova via e s'innalzino di molto sopra le composizioni
-dell'epoca. In esse non è a cercarsi la grandiosità di Händel nè la
-profondità di Bach, ma vi abbondano invece la fantasia, la naturalezza,
-la grande varietà ed il sentimento della natura che si palesa in una
-quantità di tratti caratteristici.
-
-La musica da chiesa di Haydn sente l'influsso dell'epoca in cui
-fu scritta e va annoverata a quel genere di composizioni che non
-appartengono nè al sacro nè al profano e che perciò non corrispondono
-all'ideale della musica sacra.
-
-Haydn nella triade di genî germanici della musica istrumentale moderna
-è quello che è meno conscio del suo ingegno e scrive quasi per istinto
-ciò che l'ispirazione gli detta, senza occuparsi gran fatto di idee
-secondarie e di problemi sociali. Con lui l'elemento umorista, quel
-misto fra il serio e lo scherzoso, una leggiera ironia che sorride
-alle debolezze umane e guarda le miserie della vita colla serenità del
-filosofo, entra nella musica, quell'umorismo, che doveva avere la sua
-espressione più alta in Beethoven, il quale dalla più triste e lugubre
-disposizione di animo passa spesso alla gioia più sfrenata e bacchica.
-
-Le opere di Haydn specchiano il suo carattere. Egli fu di temperamento
-sereno, ilare, modesto. Innovatore da principio, fu sorvolato dal genio
-di Mozart, di lui più giovane, del quale risentì l'influsso negli anni
-posteriori, donde la grande differenza fra le opere anteriori e le
-seguenti. Gli ideali del giovane Beethoven e la rivoluzione musicale,
-che questi cagionò trovarono Haydn ormai vecchio ed incapace di seguire
-le nuove orme.
-
-Quello che vedemmo succedere in Palestrina e Bach, i quali sembrano
-quasi chiudere un'epoca della storia dello sviluppo musicale,
-concentrando in sè e perfezionandolo il frutto ed il complesso delle
-conquiste anteriori, si replica in _Mozart_, forse il maggior genio
-musicale che mai visse, quell'uomo, che senza peccare d'esagerazione,
-puossi chiamare il genio incarnato della musica. Mozart è universale;
-egli appartiene a tutte le nazioni e mai si unirono in un uomo gli
-elementi più disparati per formare un complesso più perfetto. Egli
-ha la ricchezza melodica, il sentimento drammatico degli Italiani, la
-sapienza, l'idealità poetica, la delicatezza e castità d'ispirazione
-dei Tedeschi, la varietà ritmica, l'argutezza e volubilità comica
-dei Francesi. In lui non si scoprono incertezze, tentennamenti, ma
-egli arriva ad altezze inesplorabili, sviluppandosi organicamente
-e necessariamente. Ha tutte le qualità di Gluck più il genio
-specificamente musicale di gran lunga maggiore. Confrontato con questo
-noi non troviamo nelle sue opere l'austerità, la ferrea conseguenza
-dell'espressione drammatica del primo ma invece la grandezza del genio
-che tutto nobilita, l'istinto che tutto trova senza cercare. Egli
-basa sull'opera italiana, ma col suo istinto geniale la nobilita e
-l'innalza. A tutte queste somme qualità egli aggiunge poi una sapienza
-della forma, una conoscenza sì grande dell'arte, che gli rende facile
-sciogliere qualsiasi compito, ed in modo che l'arte grandiosa non serva
-che a scopi più alti. Egli sa esprimere tutti i sentimenti, tutti gli
-affetti; nessuno lo supera nella rappresentazione dell'amore in tutte
-le sue fasi, dall'amore casto ed ideale all'amore sensuale. Nessuno
-come lui sa delineare i caratteri femminili e scrutarne meglio gli
-affetti.
-
-_Volfango Amadeo Mozart_ nacque ai 27 gennaio 1756 in Salisburgo, dove
-suo padre Leopoldo, eccellente musicista ed uomo dotato di buon senso e
-conoscente del mondo, era direttore della cappella dell'arcivescovo. Il
-piccolo Amadeo fu un talento precoce quale mai prima nè dopo si vide.
-A sei anni suonava benissimo il pianoforte, conosceva il violino e
-componeva sonate, sicchè il padre gli fece intraprendere lunghi viaggi,
-destando stupore ed entusiasmo. Nel 1768 scrive la sua prima Opera,
-_La finta semplice_ e nel 1769 viene nominato per opera di Martini
-membro dell'Accademia Bolognese. L'Italia fu la prima a festeggiarlo
-come compositore drammatico ed il suo _Mitridate re del Ponto_ (1770)
-riscosse a Milano grandi applausi. Ritornato in patria, dove era stato
-nominato dall'arcivescovo maestro concertatore, continuò i suoi studi e
-scrisse una quantità di opere drammatiche ed istrumentali.
-
-Le prime sono ancora scritte nello stile dell'opera italiana e solo quà
-e là vi si mostra la potenza di Mozart che supera il convenzionalismo
-formale. La prima opera, nella quale il genio di Mozart si palesa ormai
-nella sua interezza, è l'_Idomeneo_ (1781) scritta per Monaco, in cui,
-se le reminiscenze dello stile di Gluck sono ancora sensibili, il genio
-musicale specificamente melodico supera il modello. Ancor in quest'anno
-Mozart da principio ad altro lavoro. _Il ratto del serraglio_, la prima
-vera opera della scuola tedesca, scritta in uno stile molto differente
-dall'_Idomeneo_, si libera dalla posizione indegna e servile che lo
-teneva legato all'arcivescovo di Salisburgo, incapace di comprenderlo e
-si stabilisce a Vienna. Gli anni susseguenti portano ricca messe: _Le
-nozze di Figaro_ (1786), il _Don Giovanni_ (1787) scritto per Praga,
-_Così fan tutte_ (1790), _La clemenza di Tito_ ed _Il flauto magico_
-(1791).
-
-Mozart morì ai 5 Dicembre 1791, quando l'imperatore lo nominava
-direttore della Cappella di S. Stefano ed egli avrebbe potuto così
-dedicarsi, senza le cure della lotta per l'esistenza, alla composizione
-di tanti altri capolavori che dormivano nella sua grandiosa mente.
-
-La vita di Mozart è quella dell'artista moderno. Per lui l'arte è
-scopo supremo. Le miserie della vita non lo toccano e lo lasciano
-indifferente. Egli è spensierato, gioviale, noncurante del domani,
-dedito ai piaceri, ma altrettanto serio, indefesso, tenace al lavoro,
-capace di astrarsi in mezzo ad una società clamorosa e continuare il
-lavorìo della fantasia. La sua importanza sta nell'opera drammatica
-che con lui raggiunse la perfezione del genere, quale l'epoca sua
-poteva comportare e che ancor oggi fra le lotte delle scuole resta
-intangibile. Ed in questa egli seppe, come nessuno prima e dopo di lui,
-cambiare di stile a seconda del soggetto. Nell'_Idomeneo_ è palese
-la forma classica di Gluck, nel _Don Giovanni_ il romanticismo non
-nelle esteriorità fantastiche ma nell'elemento tragico e satanico,
-nelle _Nozze di Figaro_ l'opera cosidetta di conversazione, fine ed
-arguta, nel _Ratto_ il romantico misto all'umorismo, in _Così fan
-tutte_ l'opera buffa allegra e biricchina, nel _Tito_ di nuovo l'opera
-seria classica coll'elemento eroico. Nel _Flauto magico_ poi egli
-seppe da un'azione spettacolosa e destinata ad un teatro di sobborgo,
-creare un'opera in cui l'elemento simbolico e morale predomina ed il
-genio arriva alle più grandi altezze. Ad onta di ciò, Mozart non fu
-un rivoluzionario ma un riformatore, un eclettico geniale, che senza
-trovare forme assolutamente nuove, alle antiche ed usate ispirò nuova
-vita.
-
-«Il genio tedesco, scrive Wagner, sembra destinato a cercare presso i
-suoi vicini quello che non è dato alla sua patria, per poi toglierlo
-dai suoi stretti confini e creare qualche cosa di universale.
-Mozart creò i suoi capolavori sull'orma dell'opera italiana senza
-punto cambiarne la forma. Eppure quale superiorità sulle opere dei
-contemporanei italiani!»
-
-Si suol dire che Mozart col _Flauto magico_ fu il vero creatore
-dell'opera tedesca e quegli che diede il colpo di grazia all'opera
-napolitana. In realtà però le opere teatrali di Mozart appartengono ben
-più all'opera italiana che alla tedesca (15 opere su testo italiano e 5
-su tedesco) (_Singspiele_) e non solo per la lingua ed il numero ma ben
-più per l'intimo carattere della musica, ciò che è anche naturale se si
-pensa che la Germania e l'Austria del Settecento erano in riguardo del
-teatro musicale vere provincie italiane. Eppure le opere di Mozart non
-ebbero in Italia neppure ai suoi tempi che un successo effimero, molto
-minore che quelle del tedesco italianizzato _Simone Mayr_ (1763-1845),
-il primo maestro di Donizetti, che fu il primo che in Italia tentò lo
-stile della grand'opera francese e predilesse un'orchestrazione molto
-nutrita. Questo minor successo delle opere di Mozart dipese e dipende
-dalla povertà di veri accenti drammatici nei recitativi, nel non avere
-l'istinto infallibile dell'effetto, dalla mancanza di plasticità della
-forma specialmente nell'opera seria come pure dal predominio della
-forma strofica di canzone breve e succinta, che è una caratteristica
-dei musicisti tedeschi del suo tempo. Mozart è senza dubbio più sicuro
-ed efficace nell'opera buffa, che s'adattava anche di più al suo
-carattere, quantunque anche in questa egli segue le orme dei nostri
-maestri italiani Anfossi, Piccinni e Paisiello, che non si conoscono
-che di nome mentre se si studiassero le loro opere si apprenderebbe
-che molto di quello che noi chiamiamo specifico mozartiano si riduce
-ad elementi italiani del secolo XVIII. Comunque ciò sia, Mozart
-resterà sempre uno dei più grandi genî musicali d'ogni tempo, perchè
-molte delle sue maggiori opere corrispondono a quell'ideale d'arte ed
-a quei principî che pel mutare dei tempi non possono cambiare e noi
-ricorreremo sempre a lui come ad una sorgente di pace serena, alla
-quale si può sempre attingere senza che si esaurisca.
-
-La musica istrumentale di Mozart forma un anello di congiunzione fra
-Haydn e Beethoven. Le più celebri opere sono le _sinfonie_ in _sol
-minore_, in _do maggiore_ (_Iupiter_), i sei _quartetti_ dedicati ad
-Haydn, il _quintetto_ in _sol minore_. La differenza fra Haydn e Mozart
-si scorge nel primo e nell'ultimo tempo delle sue opere che hanno temi
-molto più cantabili, più lunghi ed espressivi. Haydn era maestro nel
-cavare dagli strumenti sempre nuovi effetti ma in certo modo non si
-serviva di loro ma serviva a loro; i suoi motivi sono molte volte quasi
-nati dagli istrumenti stessi e ci interessano principalmente per l'uso
-che ne fa l'autore. Mozart si serve invece degli strumenti per parlare
-la sua lingua, i suoi motivi sono più espressivi e presentono già
-Beethoven. Il confronto fra i quartetti dedicati ad Haydn con quelli di
-quest'ultimo anteriori e posteriori mostra palese questa differenza ed
-è toccante il vedere come il vecchio maestro cerchi nelle ultime opere
-raggiungere la profondità e la calda espressione del giovane. Le sonate
-per pianoforte, i Trio, ecc., sono con poche eccezioni (_fantasia in do
-min._, _sonata in do min._) opere d'occasione senza grande importanza e
-di valore ineguale. Superiori a queste sono i _Concerti per pianoforte_
-(_Re min._, concerto _per l'incoronazione_, ecc.), scritti con
-intenzioni sinfoniche.
-
-Delle sue musiche da chiesa vale quanto fu detto di quelle di Haydn.
-Da eccettuarsi sono però l'_Ave verum_, una _Messa_ ed il grandioso
-_Requiem_, la sua ultima opera che non potè finire, e che quantunque
-faccia concessioni allo stile dell'epoca tendente al drammatico ed al
-profano, pure è concepita con grandiosità e serietà di stile ed è sì
-ispirata da far dimenticare ogni principio e tacere ogni obbiezione.
-
-Quali opere Mozart ci avrebbe ancor dato, se gli fosse durata la vita,
-è impossibile il pensare; ma che egli avrebbe subìto una trasformazione
-quale vediamo poi succedere in Beethoven, è difficile l'ammetterlo.
-Mozart è essenzialmente oggettivo, nè mai dimentica d'essere sopratutto
-musicista. Per lui la musica non è un mezzo, ma scopo e ad essa egli
-sacrifica ogni intenzione a lei secondaria. L'idea musicale si presenta
-a lui complessa ed imperiosa senza essere semplicemente la traduzione
-d'un pensiero o d'un'idea poetica, come quasi sempre succede in
-Beethoven. Perciò Mozart, per quanto il suo genio musicale sia maggiore
-di quello di Beethoven, per noi figli dell'epoca moderna, comincia
-in molte delle sue opere a sembrare antiquato, perchè in esse non vi
-troviamo abbastanza riprodotte tutte le sensazioni, gli affetti, le
-passioni nostre.
-
-Con _Beethoven_ comincia un'altra epoca che per noi è la più
-importante. La musica del secolo decimonono porta l'impronta del
-soggettivismo. L'umanità ha perduto nelle lotte la serenità dei
-tempi passati; l'eterno dolore, (il _Weltschmerz_ dei filosofi e
-poeti tedeschi) il pessimismo, il dubbio che rode, diventano la
-nota dominante. Con Beethoven la musica non è più soltanto un'arte
-ma diventa l'arte universale; essa impara ad esprimere tutte quelle
-sensazioni, quei pensieri, quelle aspirazioni più intime che la parola
-non sa esprimere e definire.
-
-Beethoven non è più solamente musicista come Mozart e specialmente
-Haydn, ma altresì pensatore profondo, che dei problemi sociali e delle
-nuove idee si occupa e pel quale la Rivoluzione non è rimasta senza
-lasciare grande e potente traccia. Per lui la musica non è soltanto
-per sè esistente ma ha un più alto significato morale e quasi sempre
-incarna un'idea. Perciò la maggior parte delle sue composizioni,
-specialmente quelle della maturità e le ultime, non sono soltanto
-l'espressione d'un sentimento indefinito, ma vere poesie musicali,
-che specchiano i diversi pensieri, le fasi di questi, quasi un'azione
-in toni. Le sue opere gli vengono ispirate, come egli scrive, «da
-impressioni che il poeta traduce in parole ed egli in toni che si
-accavallano, sgorgano potenti e disordinati fin che si ordinano nella
-sua mente». Perciò alcune sue opere hanno un carattere programmatico
-palese (_Egmont_, _Coriolano_, _Leonora_, _sinfonia pastorale_, ecc.)
-ed altre e son le più numerose un programma latente. Egli dopo le
-incertezze naturali e necessarie della gioventù, scuote ogni influsso
-e la sua individualità domina sovrana. Egli è forse meno musicista di
-Haydn e di Mozart, ma li sorpassa ambidue nell'idealità, perchè egli
-emancipa la musica da ogni formalismo e sacrifica tutto all'idea.
-Questa tendenza al liberarsi dalla materia viene poi sempre più
-accentuandosi, quanto più la sordità lo distacca dal mondo esterno
-ed essa arriva in alcune delle sue ultime opere alla morbosità.
-Allora egli, attraverso lotte e contrasti, giunge all'assoluta
-contemplazione immateriale, in cui tacciono le cure e gli affanni ed
-il sentimento della suprema conciliazione addolcisce le miserie della
-vita. La serietà è il suo carattere dominante, ma anche essa può,
-bensì fugacemente, cambiarsi in gioia quasi bacchica, come nella _IX
-Sinfonia_. Egli non ha la naturale ilarità di Haydn, nè l'olimpica
-oggettività di Mozart, ma vede il suo ideale nell'esposizione dei
-contrasti della vita, nella lotta dei diversi affetti.
-
-Beethoven, come in genere i tedeschi, non fu un rivoluzionario ma
-un gran riformatore. Egli accetta tutte le conquiste del passato e
-continua l'edifizio sulle stesse basi; ma egli centuplica la forza
-espressiva non limitandola alle parti principali ma allargandola anche
-al resto che assume ben altra importanza di prima. Senza rompere od
-abbandonar di progetto le forme antiche, come altri fece dopo di lui,
-egli le trasforma grado grado mantenendo le linee originarie ed i
-principî cardinali. Ciò egli raggiunge fra altro cambiando l'elemento
-figurativo e melismatico, che prima non era che gioco di suoni, in
-elemento melodico ed espressivo a somiglianza della parola cantata ma
-con maggiore intensità, perchè egli poteva coi suoni esprimere anche
-quello che la mente concepisce e l'animo sente ma la bocca non sa
-esprimere a parole. I fascicoli che contengono gli schizzi musicali
-ci palesano il segreto della generazione delle sue opere. Ad onta
-dell'assoluta padronanza dei mezzi noi vediamo lottare il genio colla
-materia per costringerla ad ubbidirgli. Sono continui cambiamenti
-e pentimenti, lavori di lima paziente ed instancabile. Ma da tutto
-questo lavorio sorte alla fine l'opera completa che nulla palesa della
-dolorosa creazione. Ad onta di ciò studiando specialmente le ultime
-opere ci accorgiamo che il contenuto quasi trabocca dalla forma usata
-e spesso mal vi si adatta, quantunque il maestro tenti continuamente
-di ampliarla e modificarla. E ciò è naturale se si pensa che le sue
-melodie avevano ormai ben altro significato che quello puramente
-musicale e che egli creandole non pensava soltanto alla possibilità di
-sviluppi e lavori tematici.
-
-_Ludwig van Beethoven_ vide la luce ai 17 Dicembre 1770 a Bonn dove suo
-padre, d'origine olandese, era addetto alla cappella di quella città.
-Anch'egli fu un talento precoce e nel 1785 poteva ormai assumere le
-funzioni d'organista e suonare in orchestra. Nel 1793 andò a Vienna,
-che scelse dipoi a sua stabile dimora e dove trovò tosto nell'arciduca
-Rodolfo, nel principe Lichnowski e in Van Swieten potenti Mecenati.
-Continua i suoi studi un po' con Haydn, Schenk e specialmente con
-Albrèchtsberger e pubblica nel 1795 la prima sua opera, i tre _Trio_,
-fra cui il celebre in _do minore_, che ormai segna una nuova orma nella
-storia dell'arte. Il periodo seguente fu fecondo di nuove opere, fra le
-quali i 6 Quartetti d'arco (op. 18), i terzetti pure per archi, molte
-sonate per piano, le due prime sinfonie, il delizioso settimino (op.
-20), ecc. Nel 1802 comincia a mostrarsi la malattia della sordità,
-che venne poi sempre crescendo ed amareggiandogli l'esistenza e fu
-in quell'anno che egli scrisse il suo testamento, quello scritto che
-mostra la grandezza del carattere di Beethoven. Seguono la _Sinfonia
-eroica_ colla _Marcia funebre_ (1802), la _Pastorale_, la sua unica
-opera drammatica, il _Fidelio_ (1805), che ebbe alla prima esecuzione
-poco successo e che, ad onta di grandi bellezze, mostra che a Beethoven
-mancava l'istinto drammatico teatrale, la _Sinfonia_ in _do minore_
-(1808), forse il suo capolavoro, in cui la sua potenza di creare da un
-tema insignificante un vero poema è piuttosto unica che meravigliosa.
-
-L'influsso della sua incurabile malattia venne in seguito sempre più
-accentuandosi nelle sue opere posteriori, che per quanto geniali non
-vanno esenti da bizzarrie ed oscurità e che quasi fin oggi, mentre
-da molti sono proclamate quale l'espressione più alta del genio di
-Beethoven, subirono le critiche più disparate. Esse sono piuttosto
-l'espressione individuale di un uomo condannato all'isolamento che
-il frutto di idee riformatorie. Perciò sembra inutile il tentativo
-di volerle considerare come l'Evangelo della musica futura, perchè la
-loro concezione è troppo personale. A queste appartengono la _Messa in
-re_ (1816-1823), la _nona Sinfonia_ con coro e soli (1822), gli ultimi
-_Quartetti_ e le ultime _Sonate_ per pianoforte (1824-1826) che assieme
-alle potenti _Variazioni_ su un tema di Diabelli sembrano scritte più
-per chi le comprende cogli occhi che per chi le vuole eseguire.
-
-Beethoven morì ai 27 Marzo 1827 di idrope.
-
-La _Messa in re_ non è da considerarsi dal punto di vista della musica
-da chiesa, ma è piuttosto l'espressione individuale dell'anima di
-Beethoven, della sua religione. Il testo della Messa perde il suo
-significato oggettivo e liturgico per esprimere le idee dell'autore.
-Essa è quasi la preghiera, il grido di dolore di un uomo moderno, che
-aspira alla Divinità dalle miserie della terra, non l'espressione della
-quieta e fiduciosa devozione d'un credente.
-
-La _Nona Sinfonia_ è una delle più grandiose composizioni istrumentali
-della nostra epoca ed ancora la maggiore. In essa specchiasi quasi
-la vita di Beethoven nella descrizione delle lotte contro la sorte
-(1º _tempo_), dell'abbandonarsi alla gioia sfrenata per dimenticare
-(_scherzo_), della contemplazione ed ispirazione dell'ideale
-(_andante_) e della suprema conciliazione degli elementi lottanti in un
-inno di gioia e di giubilo all'umanità (_finale_).
-
-Mentre le prime opere palesano l'influsso di Haydn e Mozart, questo
-va presto perdendosi nelle seguenti, che portano marcata l'impronta
-personale dell'autore. La forma della sinfonia s'allarga e diventa
-più significante, al minuetto vien di solito sostituito lo _scherzo_,
-che perde quasi intieramente il carattere di danza per esprimere
-un umorismo che può arrivare fino al tragico; il _finale_, prima
-nella forma di _rondò_, diventa alle volte la parte più importante
-dell'opera (p. es. nella sinfonia in _do minore_ e nella _Nona_). I
-temi apparentemente più insignificanti assumono nello sviluppo tematico
-e nelle trasformazioni importanza e varietà grandissima. Dove si palesa
-meglio la profondità dell'anima di Beethoven è però negli Adagi, che
-nessuno seppe più eguagliare.
-
-Ma la grandezza del genio di Beethoven non si palesa soltanto nella
-sinfonia. Le sue sonate per pianoforte, fra cui le più note sono la
-_patetica_, la _sonata au clair de lune_, quella in _la bem._ colla
-marcia funebre, la _Waldsteinsonate_ formano come i preludî e le fughe
-di Bach, uno dei capisaldi del repertorio pianistico e sono una collana
-di fulgide perle. Fra le _ouvertures_, quelle per l'_Egmont_ di Goethe,
-per il _Coriolano_, la grande _ouverture N. 3 Leonora_, ci ammaliano
-colla grandiosità delle linee ed il colorito. Dei suoi 17 Quartetti, i
-primi sei, quelli dedicati a Rassumowsky, quello in _do diesis minore_,
-rimarranno esempi imperituri di ispirazione, euritmia e sviluppo
-tematico.
-
-Beethoven fu un grande infelice. Le circostanze ed il suo carattere
-lo resero tale. La malattia incurabile della sordità gli tolse ogni
-speranza quando il suo nome era grande e l'avvenire gli sorrideva. La
-suprema sventura che possa toccare ad un musicista, l'esser privato
-dell'udito, non fu risparmiata a lui, il re dei suoni. Egli ne rimase
-annientato ed un'amarezza infinita l'oppresse. Amori infelici,
-discordie famigliari finirono per renderlo iracondo, impaziente e
-distaccarlo dal mondo. Egli conobbe il suo genio e seppe farlo valere
-senza protervia ma con dignità ed energia, non stimandosi da meno dei
-grandi della terra ed innalzando la dignità dell'artista.
-
-È difficile il pensare quale indirizzo avrebbe preso la musica senza
-Beethoven. Oggi tanti anni dopo la sua morte, le sue opere sono ancora
-il prototipo della musica istrumentale. I suoi successori non hanno
-saputo trovare che qualche nuovo effetto d'orchestrazione, qualche
-cambiamento di forma ma null'altro di nuovo che non sia o palese
-od almeno accennato nelle sue opere. Ai suoi quartetti, alle sue
-sinfonie noi non sappiamo metter a paro nessun'opera, meno poi una
-che le superi. Egli è ancor oggi il modello insuperabile, a cui tutti
-ricorrono, il maestro dei maestri.
-
-Wagner paragona Beethoven a Tiresia il cieco veggente. Egli guarda
-coll'occhio della mente ed ascolta le infinite e recondite armonie che
-risuonano nel suo animo. Il mondo esterno non gli sa più dir nulla.
-
-
- LETTERATURA
-
- Brenet M. — _Histoire de la symphonie depuis ses origines jusqu'à
- Beethoven_, Paris.
-
- Brenet M. — _Haydn_, Paris, 1909.
-
- C. F. Pohl — _Josef Haydn_, Berlino (incompleto).
-
- G. Carpani — _Le Haydine_, Padova, 1823.
-
- L. Reissmann — _I. Haydn_, Berlino, 1879.
-
- L. Schmidt — _I. Haydn_, Berlino, Harmonie, 1889.
-
- O. Iahn — _W. A. Mozart_, 3ª ediz., 1891.
-
- A. Fleischer — _W. A. Mozart_, 1900.
-
- Bellaigue — _Mozart_, Paris.
-
- T. de Wyzewa et G. de Saint Foix — _Mozart et son oeuvre_, Paris,
- 1912.
-
- Curzon — _Mozart_, Paris, 1913.
-
- E. Dens — _Mozart's operas_, London, 1913.
-
- Schiedemayr L. — _Beiträge zur Geschichte der Oper in der Wende des
- 18. u. 19. Jahrhundertes_ (_Simon Mayr_), Lipsia, 1907 e 1910.
-
- B. A. Marx — _L. Beethoven_, Berlin, 1901.
-
- L. Nohl — _Beethovens Leben_, 1864.
-
- A. W. Thayer — _Beethoven_, Berlino, 1866-1879, trad. dall'inglese.
-
- R. Wagner — _Beethoven_, 1870.
-
- Wasielewsky — _Beethoven_, 1895.
-
- Rolland R. — _Vie de Beethoven_, Paris, 1907.
-
- Bekker P. — _Beethoven_, Berlino, Schuster und Loeffler, 1912.
-
- Chantavoine — _Beethoven_, Paris, 1907.
-
-
-
-
-CAPITOLO XVII.
-
-L'Opera romantica e la grand'Opera francese.
-
-
-Il romanticismo, come nella letteratura, è anche nella musica di data
-più remota di quello che per solito si ammette. Quantunque l'epoca
-della musica romantica sia per eccellenza il principio del secolo
-XIX, noi troviamo traccie di essa già in Bach, Mozart ed ancor più
-in Beethoven, nè è sempre giusto il separare la musica d'indirizzo
-classico da quella influenzata dal romanticismo. Ogni nazione ne ha più
-o meno sentito gli influssi, ma quella che per natura ed indole gli
-è più vicina è senza dubbio la tedesca, in cui il culto della donna,
-il sentimentalismo, la predilezione dell'elemento fantastico delle
-leggende, l'amore della natura, dei boschi, dei monti, la vita intima
-del pensiero hanno più importanza che per le nazioni romane, a ciò
-più indifferenti per la somiglianza ed affinità coi popoli classici
-dell'antichità portati all'oggettivismo.
-
-Il romanticismo del principio del secolo scorso non era in origine che
-il desiderio di ritornare al sentimento della natura e di abbandonare
-il convenzionalismo della coltura pseudo-classica del settecento più
-superficiale che profonda. E se tutta la letteratura se ne risentì,
-ancor più ne fu influenzata la musica giacchè essa era più adatta
-a seguire le nuove idee per la possibilità di conciliare meglio
-della poesia il contrasto fra il mondo reale ed il fantastico. La
-caratteristica del romanticismo letterario sta nell'aspirazione allo
-straordinario, (Novalis definisce per romantico ciò che sorprende),
-nella predilezione per l'elemento popolare e nella guerra alle forme
-e pastoje classiche. Gli elementi del Romanticismo musicale sono
-analogamente da cercarsi nell'armonia, istrumentazione e nella pittura
-musicale, insomma essi sono più di natura esteriore che interna. E. T.
-Hoffmann († 1822) poeta e musicista, l'autore delle novelle fantastiche
-e il creatore della figura strana del Kapellmeister Kreisler, forma
-l'anello di congiunzione fra il romanticismo letterario ed il musicale.
-
-Il romanticismo musicale ebbe la sua espressione tanto nella musica
-drammatica che nella lirica. Della prima sono rappresentanti _Weber_ e
-_Spohr_, della seconda _Schubert_, _Mendelssohn_ e _Schumann_.
-
-_Weber_ non fu una vera natura drammatica, ma ebbe squisito sentimento
-del colorito locale e seppe parlare al cuore della sua nazione colla
-semplicità toccante delle sue melodie ispirate, coi suoi quadri della
-natura che c'introducono nelle oscure e paurose selve, nelle tranquille
-case di campagna, perdute in mezzo al verde, colle sue evocazioni dei
-secoli cavallereschi, colle sue fantasmagorie di gnomi. Il successo del
-_Freischütz_ deriva in special modo dall'aver Weber saputo innestare
-alla sua musica la canzone popolare tedesca ed averla idealizzata.
-Il popolo, incapace di seguire e comprendere il genio di Beethoven
-e d'altro canto estraneo all'opera seria che trattava soggetti a lui
-ignoti, trovò sè stesso e le sue canzoni nel _Freischütz_, che somiglia
-ad una grande ballata popolare, ed alcune melodie di quella fortunata
-opera divennero patrimonio della nazione. Nell'_Euriante_ Weber tentò
-di conciliare i due elementi disparati della melodia assoluta e della
-vera espressione drammatica continuata, ma il tentativo non riuscì,
-perchè la conciliazione era impossibile. La potenza drammatica talvolta
-gli manca, ma egli ci risarcisce con mille geniali particolari, che
-egli deve specialmente alla sua grande arte d'istrumentare, nuova
-e caratteristica, all'uso tutto speciale degli istrumenti a fiato,
-specialmente di quelli di legno nelle note basse. Grande poi è la
-sua facoltà di descrivere l'elemento satanico, appunto perchè esso
-appartiene al descrittivo, in cui Weber era vero maestro. Da ciò
-deriva il grande successo del _Freischütz_ ed il minore dell'_Oberon_
-e dell'_Euriante_, la sua opera prediletta, nella quale si palesa la
-mancanza di sentimento drammatico ad onta della grandiosità e dello
-studio maggiore.
-
-Abbiamo già detto che si suol chiamare Mozart il creatore dell'opera
-tedesca. Ma ben più a diritto si può ascrivere questo onore a Weber,
-perchè fu veramente egli che col _Freischütz_ creò l'opera nazionale,
-che abbandonò i libretti di soggetto classico e vi sostituì azioni
-di carattere nordico e prettamente romantico, adattandovi una musica
-affine al soggetto che sa essere or rude or colorita or somigliante a
-quella delle canzoni popolari tedesche.
-
-Weber è in certo riguardo anche il padre della nostra musica, perchè la
-sua ha ormai una grandissima differenza con quella dei classici. Egli
-ha perciò esercitato un influsso stragrande ed il dramma di Wagner è
-già presentito nell'_Euriante_ come anche le sue opere per pianoforte
-precorrono quelle di Schumann e Chopin.
-
-_Carlo Maria de Weber_ ebbe vita avventurosa. Nato ai 18 dicembre
-1786 a Eutin nel Holstein di padre appartenente a famiglia nobile,
-ufficiale, uomo di affari, musicista, direttore di teatro, inventore,
-dovette menar vita nomade da una città all'altra nè potè compire un
-corso regolare di studî musicali. Dapprima scolaro di Michele Haydn
-a Salisburgo, compose più opere anche per il teatro. Studiò poi col
-celebre abate Vogler e divenne a diciotto anni direttore del Teatro
-di Breslavia. Cambiò dimora e carriera per seguire quale segretario
-il Principe di Württemberg; ritornò scolaro di Vogler a Darmstadt e
-collega di Meyerbeer al quale fu legato da sincera amicizia. Dopo
-un breve soggiorno a Berlino, dove si distingue come virtuoso di
-pianoforte e compone parecchi pezzi per questo istrumento, fra i quali
-il celebre _pezzo di Concerto_ in _fa minore_ e l'_Invitation à la
-danse_, va a Praga nel 1813, e poi nel 1816 a Dresda come direttore.
-Nel 1821 si eseguisce a Berlino il _Freischütz_ con immenso successo,
-e la _Preciosa_, cui fece seguito nel 1823, a Vienna, l'_Euriante_.
-Nel 1826 si recò a Londra per farvi eseguire l'_Oberon_, dove ammalò
-e morì ai 5 Giugno dello stesso anno, lontano dai suoi cari. Nel 1844
-le spoglie di Weber furono trasportate a Dresda ed accolte da Riccardo
-Wagner.
-
-Molto di quello che scrisse Weber è ad eccezione del _Freischütz_
-destinato all'oblio. Ma certo resisteranno alle ingiurie del tempo
-le _Ouvertures_ del _Freischütz_, _Oberon_, _Euriante_, splendide
-costruzioni musicali senza pedanteria di forma, veri riassunti
-dell'opera che segue.
-
-Weber senza raggiungere la perfezione, le si avvicina per la serietà
-ed idealità dei suoi propositi. Il popolo tedesco, che egli tanto
-amò, lo considera tuttora come il suo prediletto ed il _Freischütz_
-è ancor oggi l'opera più popolare del repertorio tedesco. «Mai è
-vissuto un musicista più tedesco di te! Dovunque ti portò il tuo genio,
-esso rimase in ogni regione della fantasia legato con tutte le sue
-più intime fibre al cuore tedesco, col quale egli rideva e piangeva
-come un fanciullo che ascolta le fiabe e leggende della sua patria».
-(Dall'orazione funebre di Riccardo Wagner).
-
-Il secondo di coloro che nella musica, e specialmente nel dramma,
-seguirono il romanticismo è _Luigi Spohr_, nato a Seesen presso
-Brunswick nel 1784, morto nel 1859 a Cassel. Questo maestro,
-compositore di gran vaglia in ogni ramo della musica, dall'opera
-drammatica, la sinfonia e l'oratorio fino agli studî elementari per
-violino, è caduto oggi in dimenticanza ed in lui si stima piuttosto
-il celebre virtuoso e pedagogo che il compositore drammatico. Eppure
-il suo _Faust_ e la sua _Iessonda_, opere che non sparirono mai
-dal repertorio contengono bellezze di primo ordine. Spohr tende
-all'elegiaco ed al sentimentale; egli è essenzialmente soggettivo e la
-sua musica porta un'impronta tutta personale che finisce col divenir
-monotona perchè priva di forza e maschiezza. Nella sinfonia egli fu
-un precursore della musica programmatica moderna, quantunque in lui
-essa non scenda mai a farsi pedissequa interprete della parola e
-dell'azione. La sua musica da camera, i suoi quartetti, gli ottetti,
-ecc., appartengono ai migliori dell'epoca posteriore alla classica
-quantunque la forma ne sia molte volte antiquata e convenzionale.
-Le sue composizioni per violino, i suoi concerti, duetti, ecc.,
-appartengono alle più note ed utili opere per questo istrumento. Come
-virtuoso egli fu caposcuola e fece celebri allievi.
-
-Alla scuola romantica appartiene pure _Enrico Marschner_ (1795-1861)
-autore del _Vampiro_, del _Hans Heiling_ e del _Templario_, opere di
-un certo vigore, potenza drammatica e caratteristica. Marschner dipende
-da Weber, che supera nel comico e nel gioviale, senza però raggiungere
-la purezza e la semplicità d'ispirazione del suo modello nelle parti
-liriche.
-
-L'opera romantica per eccellenza come la concepirono e Weber e
-Marschner venne presto a decadere ed una delle ultime del vecchio
-stile fu la _Genoveffa_ di Schumann. I musicisti tedeschi posteriori
-che si dedicarono all'opera ad eccezione di Riccardo Wagner e la sua
-scuola si contentarono di scrivere delle opere senza speciali tendenze
-e propria fisonomia, servendosi delle vecchie formole a quella stessa
-guisa che in Italia si scrivevano da maestri di secondo e terzo rango
-opere destinate ad effimeri successi, tanto per contentare il pubblico,
-sempre avido di novità. Gli influssi che essi subiscono sono i più
-vari. Quelli a noi più vicini imitarono per quel tanto che sanno
-e possono Verdi, Gounod ed altri e poi Wagner ma non nell'idealità
-della sua musica ma nella maniera esteriore e specialmente nell'uso
-dell'orchestra. Alcune di queste opere hanno però saputo resistere al
-tempo per le loro doti specifiche musicali e sarebbe ingiusto il non
-voler riconoscere ai loro autori delle buone e felici disposizioni per
-il teatro. Le più note della metà del secolo scorso sono _Il campo di
-Granada_ di _Corradino Kreutzer_ (1780-1840) _Marta_ e _Stradella_ di
-_Fed. Flotow_ (1812-1883) e specialmente le opere comiche di _Alberto
-Lortzing_ (1801-1851), (_Czar e falegname_ — _Ondina_ — _l'Armaiuolo_,
-ecc.) e le _Allegre comari di Windsor_ di _Ottone Nicolai_ (1810-1840),
-che le supera tutte per ispirazione, eleganza e freschezza. Uno dei
-pochi autori moderni tedeschi che seppero sottrarsi all'influsso
-prepotente di Wagner fu _Carlo Goldmark_ (1830-1914) l'autore della
-fortunata _Regina di Saba_ (1875) ed altre opere colle quali però egli
-non seppe più raggiungere il successo della prima, ricca di melodia
-calda e sensuale in una veste orchestrale smagliante, perchè egli fu
-un eclettico, che tenne fermo alle antiche forme e che quantunque subì
-l'influenza di Wagner, non ne imitò che qualche elemento della sua
-lingua musicale senza comprendere veramente l'importanza della sua
-riforma.
-
-
-Mentre in Germania si pugnava accanitamente pro e contro il Wagnerismo
-nasceva quasi per necessità di contrasti l'_operetta tedesca_. L'idea
-non era originale, perchè la Francia ne aveva già dato prima l'esempio.
-Ma l'operetta tedesca divenne tutt'altra cosa della francese, perchè
-la sua base musicale è la danza e non il couplet e la parodia delle
-forme dell'opera. E come la patria delle danze moderne od almeno il
-terreno dove esse assunsero forme artistiche fu Vienna (_Giuseppe
-Lanner_ (1801-1843), _Giovanni Strauss_ (1804-1849)), così furono i
-maestri tedeschi che si distinsero nell'operetta (_Giovanni Strauss_
-figlio (1825-1899) — _Francesco Suppè_ (1820-1895) — _Carlo Millöcker_
-(1842-1899) — _Rod. Genée_, _Zeller_, ecc.). Ma ormai la parabola
-dell'operetta è giunta ben in basso ed i nuovi prodotti (_Lehàr_,
-_Oscar Strauss_, _Ziehrer_, _Fall_, ecc.) ad onta degli incomprensibili
-successi sono opere di meschinissimo valore artistico e non vivono che
-di motti salaci o di allusioni politiche, avvicendandosi in essa la
-sentimentalità di cattivo gusto col libertinaggio, le romanze patetiche
-con quelle da trivio, le pose drammatiche con quelle grottesche ed
-acrobatiche.
-
-Quasi contemporanea dell'opera romantica tedesca è la _grand-opéra_
-francese di _Auber_, _Rossini_ e _Meyerbeer_. Come la prima anch'essa
-è figlia del suo tempo, e quantunque nata all'epoca della Ristorazione,
-essa preludia ai tempi che si preparavano, alle nuove idee che dovevano
-produrre la Rivoluzione di Luglio (1830).
-
-La grande opera nacque in Francia, non perchè essa fosse l'opera
-nazionale, ma perchè Parigi era un centro internazionale, al quale
-s'indirizzavano i maestri d'ogni nazione. Così noi vediamo il
-fiorentino Lulli fondare l'opera classica francese, Cherubini e
-Spontini l'opera dell'epoca della rivoluzione dell'impero, Rossini e
-Meyerbeer la grande opera francese, giacchè Auber, quantunque il primo
-della triade, risente gli influssi di Rossini e di Weber. La grande
-opera si distingueva dall'antecedente più negli elementi esteriori che
-nell'intrinseco. Il soggetto abbandona la mitologia ed il classicismo
-ed è di solito storico, l'importanza principale si concentra nella
-situazione, nei grandiosi quadri, nelle descrizioni, nel mettere in
-moto grandi masse, in una parola nell'effetto raggiunto col lusso
-d'una musica brillante, delle decorazioni, del ballo. La grandezza ed
-idealità inerenti alla _Muta_ di Auber ed al _Tell_ di Rossini vanno
-sempre più perdendosi in Meyerbeer, che manca di sincerità e d'unità di
-stile e sacrifica ogni cosa all'effetto.
-
-Il primo a scendere nel nuovo agone fu _Daniele Auber_ (nato a Caen nel
-1782, morto a Parigi nel 1871). Dapprima destinato alla mercatura, si
-dedicò in seguito alla musica, che studiò con Boieldieu e Cherubini.
-Quantunque il suo genio lo portasse all'opera comica, nella quale ci
-lasciò veri modelli del genere come il suo _Muratore e fabbro_ (1825),
-_Fra Diavolo_ (1830), _Domino nero_ (1837), _i Diamanti della corona_
-(1841), _la parte del Diavolo_, ecc., lo spirito di libertà, che nei
-primi lustri del secolo si faceva sentire, non rimase senza influsso
-sul suo animo facilmente impressionabile ed egli gli diede la più
-faconda espressione nella sua _Muta di Portici_ (1828), la cui altezza
-e genialità egli non seppe più raggiungere. In esse sono la franchezza
-e spontaneità dell'ispirazione, la passione, l'ardire del declamare
-ampio che ci attraggono. Magistrale poi ne è il colorito locale quasi
-pari a quello del _Tell_. La _Muta_ appartiene ad un nuovo stile che
-potrebbesi giudicare nato dal connubio dell'opera nazionale francese
-col genio rossiniano. Ma se Auber seppe apprendere da Rossini, egli
-non perdette l'impronta nazionale, che anzi conservò evidentissima
-anche in questa opera, unica che scrisse del genere. Eppure la _Muta_
-non è oggi più «calda sino a bruciare», come la dice Wagner ed essa si
-sostiene più per i ritmi piccanti, le scene di colorito nazionale e le
-danze che la passione dei suoi canti ed è perciò che il _Fra Diavolo_
-sopravviverà senza dubbio alla _Muta_ come il _Barbiere_ al _Guglielmo
-Tell_, perchè i maggiori meriti di Auber si trovano nelle sue opere
-comiche, nelle quali egli sviluppa i suoi pregi, quali la suprema
-grazia, la facilità e varietà ritmica, la accuratezza della forma
-aristocratica, e non ultimo fra questi l'aver saputo togliere alla
-forma stereotipa della canzone francese la durezza e rigidezza. A lui,
-che fu per molti anni direttore del Conservatorio di Parigi, la sua
-nazione deve senza dubbio gran parte della sua supremazia nell'opera
-comica.
-
-Come la _Muta di Portici_ risente l'influenza di Rossini per quel
-che riguarda specialmente la melodia, così il _Guglielmo Tell_
-di quest'ultimo, la seconda opera del nuovo genere (1829), mostra
-l'influsso della musica francese non sulla facile melodia italiana,
-ma nella ritmica, nella struttura dei pezzi e nell'accuratezza dei
-particolari. Il _Guglielmo Tell_ è l'opera d'un genio che ripete il
-prodigio di Mozart, d'aver saputo cioè assimilarsi gli elementi d'ogni
-scuola nazionale, amalgamandoli in un tutto essenzialmente organico
-senza perdere l'impronta originale. In essa ammiriamo la spontaneità
-melodica, la profondità del sentimento semplice e vero, la leggiadria
-ed il colorito locale e la caratteristica. Perciò il _Guglielmo Tell_
-è una di quelle pochissime opere, come il _Don Giovanni_, che cessano
-d'essere il patrimonio d'una singola nazione per diventarlo di tutte,
-perchè esse raggiungono gli ideali comuni a tutte. Rossini vi s'era
-preparato col _Mosè_ rifatto e l'_Assedio di Corinto_, che però ad onta
-dei loro pregi non possono servire di paragone, per cui quando comparve
-il suo _Tell_ la sorpresa pareggiò l'immenso successo.
-
-Chi raccolse il retaggio di Auber e di Rossini fu di nuovo uno
-straniero, _Giacomo Meyerbeer_. Negli ultimi tempi la moda, che non
-di rado anche in fatto di musica esercita i suoi supremi diritti,
-lo scelse a capro espiatorio facendogli scontare quel tanto di lodi
-iperboliche delle quali lo aveva prima colmato. Come al solito la
-verità sta nel mezzo e se non è giusto il voler annoverare Meyerbeer
-fra i più grandi genî musicali, altrettanto ingiusto è il voler
-negare che egli fosse uno dei più fortunati musicisti drammatici e
-che molte parti delle sue opere, specialmente degli _Ugonotti_ e del
-_Roberto_, appartengano alle più geniali e potenti ispirazioni. Il
-difetto capitale di Meyerbeer è la mancanza di sincerità artistica.
-Egli è maestro dell'effetto raggiunto con ogni mezzo ed a questo egli
-sacrifica e verità e naturalezza. Egli non segue l'impulso interno, ma
-calcola e specula quasi sul gusto del suo tempo e gli fa concessioni.
-Egli è eclettico fino all'eccesso, ma non sa come Mozart e Rossini
-unire gli elementi disparati delle diverse scuole, sicchè le sue
-opere non fanno l'effetto di un'opera organica. Egli esagera e cerca
-nascondere l'intima povertà sorprendendo le masse colla virtuosità
-del canto, coi grandiosi finali, con un'azione spettacolosa. Ma questi
-suoi difetti principali non devono renderci ciechi per le sue grandi
-doti, quali l'intuizione drammatica, la ricchezza melodica, la suprema
-padronanza dei mezzi e la sua potenza coloritrice nell'orchestra.
-Meyerbeer, quantunque caposcuola e prototipo di molti musicisti
-posteriori, non è originale come Rossini, Weber ed altri, nè il suo
-stile, per quanto di questo si parli ha un'impronta speciale e propria,
-ma esso è piuttosto l'apparenza d'uno stile sapientemente artificioso.
-
-Il motivo per cui la reazione posteriore si fece strada è del resto più
-profondo che per avventura si creda e dipende dagli ideali dell'opera
-drammatica moderna del tutto diversi da quella meyerbeeriana. La prima
-non li scorge più nei contrasti non motivati, nella grandiosità delle
-masse, nè nella ampollosità della frase, ma nella verità di sentimento
-e dei caratteri. Del resto tanto il _Tell_ che le opere di Meyerbeer
-appartengono ormai alla storia e per giudicare adeguatamente è
-necessario aver riguardo all'ambiente ed all'epoca dei loro autori.
-
-_Giacomo Meyerbeer_ (Jacob Beer) nacque ai 5 settembre 1791 in Berlino
-da ricca famiglia. Già nel 1800 egli si distingueva come virtuoso di
-pianoforte e dava motivo alle più alte speranze. Compiti gli studî
-musicali presso l'abate Vogler a Darmstadt (1810), si provò con poco
-successo sui teatri di Germania. Venuto in Italia, dove Rossini col
-suo _Tancredi_ aveva destato gli entusiasmi del pubblico, si mise ad
-imitare con fortuna lo stile di questo, specialmente nel suo _Crociato
-in Egitto_. Dall'Italia passa in Francia e vi dà il suo _Roberto
-il Diavolo_ (1831) con successo inaudito. A questo seguono _Gli
-Ugonotti_ (1831), senza dubbio la sua opera più perfetta ed ispirata,
-il _Profeta_ (1849), la Dinorah (1859), e dopo la sua morte (2 maggio
-1864) l'_Africana_ (1865).
-
-Gli stessi principî di Meyerbeer segue pure _Giacomo Fromental Halèvy_
-(1799-1862), autore dell'_Ebrea_, _Guido e Ginevra_, _Carlo VI_, la
-_Valle d'Andorra_, ecc.
-
-Invece una nuova nota troviamo nelle migliori opere di _Carlo
-Gounod_ (1818-1893) che col _Faust_ (1859) arrivò alla gloria. Oggi
-è specialmente in Germania di moda di parlare con un certo sprezzo
-di questa opera, che per molti anni contò fra le più fortunate ed
-eseguite e che ancor oggi sa resistere in molte parti agli oltraggi
-del tempo. Ma per giudicarla non si deve confrontare il libretto
-musicato da Gounod coll'originale di Goethe ma apprezzare quello
-che vi ha di poetico e veramente sentito nella sua musica, perchè i
-problemi filosofali e morali del _Faust_ nulla hanno da fare nell'opera
-di Gounod nè egli volle o credette scioglierli od anche soltanto
-musicalmente adombrarli. Gounod non fu certo un grande genio creatore
-ma nessuno potrà negare che egli seppe trovare note commoventi ed
-ispirate nell'esprimere l'amore, i misteri e le estasi di un'anima che
-ama o soffre.
-
-Gounod scrisse più opere, fra le quali contano come le migliori accanto
-al _Faust_, _Giulietta e Romeo_ (1867) e _Mireille_ (1864) come pure
-due oratorî (_Redemption_ e _Mors et vita_) ed altra musica da chiesa,
-le ultime di poco valore.
-
-Gounod non fu un innovatore, eppure in certo riguardo il _Faust_ è
-molto dissimile dalle opere dei maestri anteriori e fu per suo mezzo
-che in un'epoca in cui fuori di Germania nulla si sapeva di Wagner, si
-cominciarono a conoscere nuove forme ed una lingua, alla quale erano
-frammisti alle concessioni usuali pure dei nuovi elementi. E perciò
-Gounod ebbe nella sua patria e fuori molti imitatori.
-
-Non veramente uno di questi fu _Ambrogio Thomas_ (1811-1896), l'autore
-di _Mignon_, _Amleto_, _Francesca da Rimini_, ecc., talento di secondo
-rango senza vera fisonomia ma non privo di una certa facilità melodica
-ed eleganza tutta francese.
-
-Superiore ad ambedue in ogni riguardo ci appare _Giorgio Bizet_
-(1838-1875), uno dei maggiori genî musicali della Francia, spento sul
-fior degli anni, quando egli si sentiva ormai sicuro di arrivare alla
-gloria. Anch'egli cominciò coll'imitare Gounod ma per poco, giacchè il
-suo stile si palesa già nei _Pescatori di perle_, _La bella fanciulla
-di Perth_ e dopo _Djamileh_ scrive: «Ho ormai la certezza assoluta di
-aver trovato la mia via. Io sono conscio di ciò che faccio». Bizet è
-vero, ispirato, originale e nuovo. Egli scolpisce con pochi tratti
-un carattere, ci descrive con alcuni tocchi una situazione e colla
-sua stragrande disposizione all'esotismo ci disegna un ambiente come
-pochi lo sanno fare. Le sue due opere capitali sono la musica per
-l'_Arlesienne_, il dramma di Alfonso Daudet (1872) di grande potenza
-suggestiva e profondo sentimento della natura e la _Carmen_ (1875)
-un'opera che ammirano i seguaci di ogni scuola e che sembra imperitura.
-Bizet mantenne quasi sempre le antiche forme e forse in ciò sta uno
-dei suoi più grandi pregi, di aver cioè dimostrato che non è punto
-necessario rinnegare il passato per fare vera opera d'arte. Eppure la
-_Carmen_ e l'_Arlesienne_ non ebbero in principio alcun successo. Jauré
-si domanda in occasione della millesima rappresentazione di _Carmen_
-(1904) come fosse possibile che la musica di Bizet, fatta di eloquenza,
-verità, chiarezza, colore, sensibilità ed eleganza non abbia tosto
-conquistato il pubblico.
-
-Fra i maestri francesi dell'opera comica del secolo XIX è da rammentare
-oltre il nominato Daniele Auber, _Fr. Boieldieu_ (1785-1834) (_Giovanni
-da Parigi_, _La Dama bianca_, _Chaperon rouge_, ecc.), senza dubbio il
-più geniale di tutti gli altri, elegante, melodico, spiritoso, con una
-vena sentimentale e grande inclinazione alla canzone popolare e le sue
-forme.
-
-Simili qualità ma in grado molto minore troviamo in _Ferd. Hérold_
-(1791-1833) (_Zampa_, _le pré aux clercs_) e _Adolfo Adam_ (1803-1856)
-(_Postillon de Lonjumeau_, _Giralda_). Dopo questi l'opera comica
-francese comincia a decadere e se Auber seppe mantenerla ancora per
-alcun tempo ad un certo grado di altezza artistica, essa si avvia
-verso il Vaudeville e l'operetta dalla quale però si distinguono in
-qualche modo le opere di _Aimé Maillard_ (1816-1871) e _Vittorio Massé_
-(1822-1884).
-
-Il padre dell'operetta è _Giacomo Offenbach_ (1819-1880) musicista
-dotato di facile melodia ed abilità tecnica, fecondissimo e satirico.
-Il suo campo è quello della satira politica e sociale. L'ultima
-opera _I racconti di Offenbach_, eseguita dopo la sua morte ci palesò
-specialmente nell'ultimo atto di quanto egli sarebbe stato capace se
-avesse voluto.
-
-I migliori autori di operette francesi sono _Florismondo Hervé_
-(1825-1892), _Carlo Lecocq_ (1832), _Roberto Planquette_ (1840-1903),
-_Ad. Audran_ (1832-1901) ed _Andrea Messager_ (1853).
-
-Una posizione a parte occupa _Leo Delibes_ (1836-1891) noto più per la
-musica elegante e fine dei balli _Coppelia_ e _Silvia_ che per le sue
-opere (_Le roi l'a dit_, _Lakmé_, ecc.).
-
-
- LETTERATURA
-
- Servières G. — _Weber_, Paris, 1906.
-
- Barbedette — _C. M. Weber: Sa vie et ses oeuvres_, Paris.
-
- Max M. v. Weber — _K. M. von Weber_, Lipsia, 1866-68.
-
- A. Reissmann — _K. M. von Weber_, Berlin, 1883.
-
- L. Nohl — _Weber_, Lipsia, Reclam.
-
- Gehrmann — _Weber_, Berlino, Harmonie, 1900.
-
- L. Spohr — _Selbstbiografie_, Cassel, 1860.
-
- Schletterer — _L. Spohr_, Breitkopf u. Härtel, Lipsia.
-
- L. Nohl — _Spohr_, Lipsia, Reclam.
-
- Wittman — _Marschner_, Lipsia, Reclam.
-
- Niggli — _Giacomo Meyerbeer_, Lipsia, 1884.
-
- De Curzon — _Meyerbeer_, Paris, 1910.
-
- Dauriac L. — _Meyerbeer_, Paris, 1913.
-
- Blaze de Bury — _Meyerbeer_, Paris, 1866.
-
- Jouvin B. — _D. F. E. Aube_r, Paris, 1864.
-
- Chaherbe C. — _Auber_, Paris, 1911.
-
- Hubert H. — _G. Bizet_, Paris, 1899.
-
- Gatti G. — _Giorgio Bizet_, Torino, 1914.
-
- Bellaigne C. — _Gounod_, Paris, 1910.
-
- P. Hillemacher — _Gounod_, Paris, Laurens.
-
-
-
-
-CAPITOLO XVIII.
-
-Gioachino Rossini e l'Opera italiana del secolo XIX.
-
-
-La storia della musica ci insegna quale importanza ed influsso possa
-esercitare l'epoca in cui nacque il musicista sulla sua opera, e non
-soltanto per quel che riguarda la parte materiale, cioè l'arte per
-sè stessa nei suoi mezzi, ma anche sulla sostanza dell'opera d'arte
-stessa. Il compositore, quando rare volte non precede col suo genio
-i tempi, è lo specchio fedele di questi e gli avvenimenti esteriori
-politici e l'indirizzo del pensiero informano il suo sentimento
-estetico e le sue idee, dando loro un consimile obbiettivo.
-
-Questa verità indiscutibile la vediamo di nuovo avverarsi in _Rossini_.
-Come Cherubini col suo _Portatore d'acqua_ esprime le idee di libertà
-ed è in quest'opera il musicista della Rivoluzione, come Spontini
-incarna l'epoca Napoleonica imperiale, così Rossini è l'autore
-dell'epoca della Ristorazione. I popoli erano stanchi di guerre,
-di battaglie, di stragi che gravavano su loro come un incubo; essi
-aspiravano alla pace e agli ozi di questa; i loro orecchi non volevano
-più udire canzoni guerriere e bellicose, ma melodie insinuanti e
-dolci, che facessero loro dimenticare gli orrori passati, canzoni che
-li cullassero nel piacere disusato della quiete, della vita agiata e
-pacifica. Rossini era l'uomo capace di appagare questi desideri. Le sue
-melodie fluivano limpide, chiare, ammalianti, nè avevano altro scopo
-che quello di piacere per sè stesse. Esse mancavano alle volte bensì
-di verità e forza drammatica, a loro mancava spesso la caratteristica,
-ma a tutto ciò supplivano l'ispirazione e la varietà inesauribile e
-con esse le voci dei celebri cantanti del tempo trovavano ampio campo
-di farsi ammirare, perchè il maestro conosceva a fondo il meccanismo
-e le prerogative della voce umana. Ed appunto per ciò, quando i tempi
-cambiarono e la campana della rivoluzione di nuovo battè a stormo,
-la stella rossiniana tramontò ed il maestro coll'intuizione del genio
-presentì i tempi e nel suo canto del cigno, il celebre _Tell_, si librò
-su più forti e potenti ali.
-
-_Gioachino Rossini_ (nato ai 29 febbraio 1792 a Pesaro, morto ai 13
-novembre 1868 a Passy presso Parigi) fu scolaro di Mattei in Bologna.
-Le opere di Haydn e Mozart ebbero un grande influsso sul suo genio,
-e specialmente da quest'ultimo egli molto apprese. Dopo alcune opere
-buffe di poca importanza, il suo _Tancredi_ (1813) lo fece d'un tratto
-celebre e festeggiato. E infatti quest'opera, per quanto essa a noi
-appaia debole ed ineguale, pei suoi tempi segnava un grande progresso.
-Per capir ciò basta confrontarla colle opere dell'epoca. Paesiello
-e Cimarosa erano quasi dimenticati e non si eseguivano che opere di
-forme tradizionali e stereotipe di _Simone Mayr_, _Ferdinando Paer_
-ed altri maestri di secondo rango. Le melodie di Rossini scorrevano
-più limpide ed ispirate, il recitativo era più declamato e meno
-monotono, una leggiera tinta di malinconia prestava loro maggior
-attrazione, i ritmi erano più vari e vivaci, i pezzi d'assieme come
-pure l'orchestra, avevano maggiore importanza ed una sana sensualità
-informava tutta l'opera e le dava un che di giovanile e cavalleresco.
-Ma il _Tancredi_ conteneva altresì i difetti dello stile di Rossini,
-non però del Rossini del _Barbiere_ e del _Tell_, quali la mancanza di
-caratteristica e verità drammatica, la discordanza fra testo e musica,
-la predilezione della forma per la forma senza intendimenti alti.
-
-Al _Tancredi_ seguirono moltissime opere più o meno felici, ineguali
-in valore, ispirate e geniali in qualche parte, trascurate ed
-insignificanti in altre. Fra queste più note sono l'_Italiana in
-Algeri_ (1814), _Otello_ (1816), opera che nel terzo atto contiene
-le più felici ispirazioni di Rossini e palesa di quanta verità egli
-fosse capace; _Cenerentola_, _Gazza ladra_, _Semiramide_, _le Siège
-de Corinthe_, _Mosè_, _Conte Ory_. Ma se in queste opere è il Rossini
-tipico che ci si presenta e si ripete, in una, per non parlare
-del _Tell_ che sta da sè, nel _Barbiere di Siviglia_ (Roma, 1816)
-abbiamo il capolavoro di getto, l'opera perfetta indistruttibile e
-resistente ad ogni cambiar di gusto, in cui all'eterna freschezza,
-all'ispirazione, al realismo sano, alla comicità che mai arriva al
-grottesco, ed alla festività ilare e gioconda sono pari la verità e
-la caratteristica, il sentimento drammatico, la ricchezza delle tinte
-e dei ritmi, dei particolari e la cesellatura del lavoro. E quando si
-pensa che quest'opera, modello del genere, fu scritta in pochissimi
-giorni, e che Rossini dopo scritto il _Tell_, a 37 anni, quando gli
-altri cominciano, si chiuse in silenzio, involontariamente devesi
-domandare quali capolavori avrebbe potuto il mondo ancora aspettarsi da
-simile genio.
-
-«Simili uccelli canori come Rossini non ritornano ad ogni primavera ma
-soltanto ogni secolo. Chi può calcolare quanti milioni di cuori egli
-ha dilettato da un mezzo secolo sui più diversi punti della terra? La
-somma darebbe un grande popolo di uomini ilari e sorridenti. Se ai
-conquistatori ed eroi, che fanno infelici innumerevoli moltitudini,
-si elevano monumenti ed essi si cantano in epopee, cosa meriterebbe
-un tale consolatore e spenditore di infinite ore felici? Sommandole
-ne risulterebbe un'età dell'oro, un'epoca saturnicamente bella
-dell'umanità, come la sognano i poeti e sopra un simile popolo e regno
-della felicità riderebbe perenne il sole come nell'_Ecco ridente_ in
-cielo!» Auree parole del vecchio e fine musicista e critico Maurizio
-Hauptmann scritte molti anni fa ma che valgono anche oggi come allora.
-
-Fra le poche opere di Rossini non appartenenti al teatro è da nominarsi
-il suo _Stabat Mater_ opera ispirata ma punto scritta per la chiesa e
-nello stile ad essa conveniente.
-
-L'entusiasmo che destarono ovunque le opere di Rossini ed il dominio
-che queste esercitarono sul repertorio di tutti i teatri, quel dominio
-al quale dovevano cedere e Beethoven e Weber a Vienna, non poterono
-restare senza conseguenze, e difatti specialmente e principalmente
-in Italia l'opera _rossiniana_ fu il modello di moltissime opere di
-altri autori, che del maestro imitavano lo stile, ma erano lontani
-dall'averne il genio.
-
-Fra questi contemporanei e posteriori a Rossini basterà nominare
-i principali: _Saverio Mercadante_ (1795-1870) l'autore del
-_Giuramento_, opera piena di pregi, che in un certo significato
-precorse il suo tempo; _G. Pacini_ (1796-1867), il felice autore
-della _Saffo; Generali, Pietro Raimondi_, celebre contrappuntista,
-emulo degli antichi fiamminghi nello sciogliere problemi armonici e
-contrappuntistici; _Nicolò Vaccai_, l'autore della _Giulietta e Romeo_,
-ancor oggi non del tutto dimenticata; i fratelli _Luigi_ e _Federico
-Ricci_, autori dell'opera buffa _Crispino e la Comare_, piena di brio e
-festività comica.
-
-Maggiori di tutti questi furono _Vincenzo Bellini_ e _Gaetano
-Donizetti_.
-
-_Vincenzo Bellini_ (nato a Catania nel 1801, morto a Parigi nel 1835,
-allievo del Conservatorio di Napoli) scrisse le sue opere in un'epoca
-in cui alle speranze della rivoluzione del Luglio 1830 era subentrata
-la prostrazione dell'insuccesso. La gioventù era caduta in un profondo
-abbattimento ed in uno stato di apatia, avendo veduto svanire i bei
-sogni di libertà. La letteratura era dominata dal sentimentalismo,
-dalla malinconia e dalla nota elegiaca. La natura delicata di Bellini
-vi inclinava per disposizione e trovava nelle idee del tempo il campo
-più adattato. In questo riguardo il suo stile differisce da quello di
-Rossini per quanto ne derivi indirettamente.
-
-Bellini aveva la vena melodica facile, toccante, elegiaca; le sue
-melodie sono spesse volte ispirate e portano l'impronta del vero
-genio. Ed esse, piene di sospiri secreti e di molle abbandono hanno
-il fiato lungo, il disegno perfetto, nè abbisognano di ricche armonie
-ed accompagnamenti per mostrarci la loro intima bellezza. Ma per la
-nota predominante egli diviene alle volte monotono, incolore e la sua
-musica manca spesso d'energia e di forza. Una volta però nella _Norma_
-(1832) il suo genio salì alle regioni più alte, un'opera che ad onta
-di qualche parte debole, puossi mettere fra i capolavori e che contiene
-pagine di grande espressione, di melodia divina e di verità drammatica.
-Un gentile idillio è la _Sonnambula_ (1831), ricchissima di ispirazione
-melodica, bella per naturalezza e semplicità toccante. Nei _Puritani_
-(1834), l'ultima sua opera, il contrasto fra il naturale dell'autore e
-le esigenze della grande opera è evidente, nè egli seppe assimilarsi lo
-spirito francese come era riuscito a Rossini nel _Guglielmo Tell_ e più
-tardi a Donizetti nella _Favorita_.
-
-Molti musicisti moderni parlano oggi non sempre con rispetto di
-Bellini. Ma per quanto non sia grande la sua sapienza tecnica e molte
-volte sia trascurata e povera l'istrumentazione, è innegabile che egli
-cercò sempre nelle sue melodie la verità d'espressione e che egli in
-questo riguardo ed in qualche recitativo drammatico p. e. nella _Norma_
-fu quasi un riformatore.
-
-Dopo la morte di Bellini fu _Gaetano Donizetti_ (nato a Bergamo ai 27
-Settembre 1797, morto nel 1848), che colle sue opere dominò per alcuni
-anni il repertorio lirico. Egli fu certo un genio ma incompleto, perchè
-quantunque dotato di fantasia ed ispirazione fecondissima, egli non
-sa esercitare sulla sua opera i criteri d'una critica severa. Accanto
-a pezzi felicissimi, ad aspirazioni alte e geniali troviamo parti
-insignificanti e trascurate sicchè fra tutte le sue opere quasi nessuna
-mostra vera unità di stile e misura delle parti. Il suo stile è per
-sè eclettico, senza però che la fusione degli elementi sia naturale
-e spontanea. A lui mancarono i potenti e severi studi, la pazienza e
-l'accuratezza dell'artista che scrive per l'arte e non pel mestiere.
-Ma tutti questi difetti non possono farci dimenticare le molteplici
-doti di Donizetti e quantunque egli in prima linea non sia che un
-discendente di Rossini, pure in certe parti egli si innalzò alla verità
-tragica ed espresse con note divine gli affetti umani, come pure ebbe
-nelle sue composizioni comiche un'estrema leggiadria e delicatezza di
-espressione.
-
-Donizetti si provò nello stile serio e comico. Fra le sue moltissime
-opere, le più fortunate sono la _Lucia di Lammermoor_, _Lucrezia
-Borgia_, l'_Elisir d'amore_, _Don Pasquale_, _la Figlia del
-Reggimento_, _la Favorita_.
-
-Le opere di Donizetti vanno ormai scomparendo dal repertorio ad
-eccezione di quelle buffe. In queste egli si mostra un vero genio
-ed esse sembrano scritte ieri per l'inesauribile vena melodica, la
-freschezza dei ritmi, la naturalezza e quel fare gioviale tutto proprio
-dell'opera buffa italiana. Quantunque tanto l'_Elisir_ che il _Don
-Pasquale_ non raggiungano il _Barbiere_, essi sono due gioielli ed
-anche le parti più deboli sono meno sensibili nell'ambiente modesto
-che nelle opere serie. Strano è pure che anche i momenti di vero
-lirismo abbiano un carattere di maggior verità nelle opere comiche
-che nelle serie. Le quali ci sembrano oggi monotone e pesanti per
-la forma stereotipa, sicchè sentitane una pare di conoscerle tutte
-non salvandosi nel mare magno di accordi di tonica e dominante ed in
-mezzo ai ritmi ed accompagnamenti più vieti che qualche brano di vera
-ispirazione, qualche sprazzo di vero genio come nella _Lucrezia Borgia_
-che è forse la migliore per sentimento e forza drammatica, nella
-_Favorita_ e qualche altra.
-
-L'epoca di Rossini, Bellini e Donizetti è pure l'epoca dei grandi
-cantanti. Tutti questi maestri ebbero ad interpreti delle loro
-opere una coorte di artisti, il nome dei quali vive ancora, e che
-conservava le purissime tradizioni del bel canto italiano. Era quella
-l'epoca delle due _Grisi_, della _Persiani_, _Alboni_, di _Paolina
-Viardot-Garcia_, della _Malibran_, _Pasta_, _Jenny Lind_, _Guglielmina
-Schroeder-Devrient_, d'un _Rubini_, _Lablache_, _Tamburini_, _Roger_ e
-_Nourrit_, sommi artisti come oggi pur troppo più non si conoscono, sia
-perchè il canto non è più oggetto degli studi severi d'una volta, sia
-perchè i maestri vennero perdendo l'arte in sì sommo grado posseduta
-dai loro antecessori, di scrivere cioè per la voce umana, sia perchè
-le nuove esigenze del canto drammatico gli abbiano dato un nuovo
-indirizzo.
-
-Ben diversa di quella che toccò a Bellini e Donizetti fu la missione
-di _Verdi_ nel campo dell'opera drammatica. Egli è il rappresentante di
-tutte le lotte e crisi per le quali ebbe a passare l'opera italiana per
-liberarsi dalle antiche pastoje del convenzionalismo ed assurgere alla
-verità drammatica. Questa progressione si riscontra in tutte le sue
-opere dalla prima all'ultima; ognuna d'esse segna un passo in avanti,
-una nuova conquista, finchè egli giunge nell'_Otello_ e nel _Falstaff_
-alla perfezione. La vecchiaia non ebbe sulla sua opera nessun influsso
-nocivo ma sembrò anzi purificare la sua meravigliosa facoltà inventiva
-ed affinarla.
-
-_Giuseppe Verdi_ (nato a Roncole, presso Busseto ai 10 Ottobre 1813,
-morto a Milano ai 27 Gennaio 1901) va annoverato fra i più grandi
-compositori drammatici d'ogni tempo. Se egli in gioventù pagò il suo
-tributo al convenzionalismo e all'effetto, egli mostrò però fin da
-principio una individualità propria, una fisionomia originale che
-lo innalza sopra i contemporanei. Quantunque forse non fornito dalla
-natura della ricchezza melodica di Rossini e Donizetti, le sue melodie
-hanno un fare franco e largo, una potenza espressiva e caratteristica,
-che lo designano a compositore drammatico per eccellenza. L'elemento
-drammatico è perciò la sua dote principale, ed in questo specialmente
-il patetico, il tragico. Le passioni umane più violente, i contrasti
-più terribili sono espressi coi mezzi più potenti e vivi della musica.
-Essa è allora calda, palpitante, commovente, alle volte maschia e
-fiera, alle volte dolcissima ed elegicamente lirica. I caratteri
-dei suoi personaggi si staccano dal fondo, agiscono e parlano come
-veri uomini, non come tipi dell'opera convenzionale. Per raggiungere
-quell'alta drammaticità egli ha bisogno d'una situazione che lo
-impressioni nel suo complesso ed egli sa trovare allora coll'istinto
-e la sicurezza del genio la vera nota senza perdersi in inutili
-particolari ed analisi come alle volte fa Wagner. Perciò egli non usa
-anche nelle ultime opere motivi conduttori non volendo far studi di
-carattere di persone ma farle agire in un ambiente e perchè tutti i
-sistemi e teorie gli erano alieni. «Io credo all'ispirazione, voi altri
-alla fattura; ammetto il vostro criterio per discutere ma io voglio
-l'entusiasmo che a voi manca per sentire e giudicare. Voglio l'arte
-in qualunquesiasi manifestazione, non l'artifizio, il sistema, che voi
-preferite».
-
-Nelle prime opere l'ispirazione non è sempre la più scelta e la
-rappresentazione del sentimento drammatico arriva persino alla
-brutalità; la sua fantasia col progredire del tempo viene però sempre
-più purificandosi. Eppure il Verdi del _Nabucco_, del _Rigoletto_,
-della _Traviata_ restò sempre fedele al genio nazionale italiano anche
-nelle opere posteriori fino all'_Otello_ ed al _Falstaff_ e sono fole
-il voler trovare nelle sue ultime composizioni l'influenza wagneriana.
-
-Quantunque il dividere l'opera d'un artista in periodi separati non
-abbia alcun valore e di solito non corrisponda alla verità, pure
-in Verdi questa divisione e questo aspirare alla perfezione sono
-sensibilissimi e caratteristici, perchè nessuno potrà mettere in
-una linea il _Nabucco_ e l'_Ernani_ col _Rigoletto_ e col _Ballo
-in maschera_, nè queste opere coll'_Aida_ e l'_Otello_; quantunque
-già nelle prime si palesano le principali qualità dell'autore che
-sono la forza creativa, la chiarezza, il senso del positivo e la
-intuizione sicura. E, ammirevole e rara cosa, quando Verdi era giunto
-al limite della vecchiaia, egli ci diede l'_Otello_, e pochi anni
-dopo il _Falstaff_, due capolavori dell'arte drammatica musicale,
-che basterebbero ad assicurare la palma dell'immortalità e la cui
-importanza per la musica drammatica italiana è e resterà decisiva,
-perchè in queste due opere Verdi ha forse stabilito il modello del
-dramma lirico e della commedia musicale moderna più che Wagner, le
-cui teorie e principii sono troppo personali e congiunti al suo genio
-specifico per poter essere abbracciati e messi in pratica da altri.
-Il pubblico non le ha ancora abbastanza comprese ma non è lontano il
-giorno, in cui esse se non raggiungeranno la popolarità del _Trovatore_
-e _Rigoletto_ saranno almeno giudicate come meritano.
-
-Nell'_Otello_ e nel _Falstaff_ il sentimento e la verità drammatica
-dominano supremi; la declamazione è perfetta, la musica sottolinea
-l'azione, l'illustra, la spiega, la completa senza che mai
-l'ispirazione melodica ne soffra nè la voce umana diventi schiava
-dell'orchestra. Tutti gli spedienti dell'arte vi sono impiegati senza
-ostentazione ma naturalmente, approfittandone per creare l'opera
-d'arte complessa e perfetta. La vena melodica vi scorre spontanea,
-ricca, inesauribile senza interrompere il filo dell'azione nè far
-alcuna concessione al gusto del pubblico od ai capricci dei cantanti.
-I pezzi d'assieme non vi sono punto esclusi ma usati là dove l'azione
-li richiede e dalla grandiosa disposizione delle parti e dalla perfetta
-euritmia del tutto nasce il piacere estetico dell'uditore che ne resta
-conquiso. E quanta distanza ed evoluzione fra l'_Aida_ e l'_Otello_!
-Ormai Verdi non si preoccupa più del teatro ma mira dritto alla meta,
-che è la completa compenetrazione del dramma ed allora la sua musica
-sa o scatenare tutte le forze prepotenti della natura o descrivere lo
-strazio della semplice ed incosciente anima d'Otello e farlo tacere
-nell'immensa e paurosa quiete della morte. Il _Falstaff_ è il retaggio
-di un genio alla sua nazione, l'opera più veramente italiana e pura del
-maestro, perchè in essa tutto è perfetto e congruo e vi si aprono nuovi
-orizzonti all'arte.
-
-La melodia verdiana ha conservato ad onta del grande processo
-d'evoluzione per il quale essa passò sempre la stessa fisionomia.
-Alcuni dei suoi tratti caratteristici esterni sono la frequente
-ripetizione delle note iniziali del tema, una certa rudezza di ritmo
-ed il fare vibrante ed impulsivo. Essa è di rado sentimentale ma invece
-quasi sempre appassionata e drammatica. Nelle ultime opere la passione
-si purifica, perde della sua irruenza ma si approfondisce e diventa
-più interna. Per comprendere ciò basta confrontare qualche duetto delle
-prime opere con quello fra Otello e Desdemona del primo atto, una delle
-concezioni più delicate ed eteree non solo di Verdi ma della musica in
-genere.
-
-Il carattere essenziale della musica di Verdi è la sincerità. Egli è
-bensì andato alla scuola di Meyerbeer, ma se da lui ha molto appreso
-nell'uso sapiente dei mezzi, egli non ne ha imitati i difetti, da
-noi prima menzionati; egli ha studiato le opere di Wagner, ma esse
-non hanno potuto influenzare il suo carattere specifico italiano. La
-musica di Verdi ebbe pure un'importanza politica. Egli è il musicista
-dell'Italia risorta; le sue ispirazioni espressero più volte il
-grido di dolore del popolo oppresso dalla dominazione straniera; le
-sue canzoni infiammarono i giovani cuori ad alte imprese ed in certo
-riguardo la sua musica contribuì al risorgimento nazionale. «Patriotta
-egli stesso di fervidi sensi, infuse nelle orchestre tanta energia che
-parve desse voce all'anima del popolo italiano: poco importava che gli
-proibissero ora la _Battaglia di Legnano_ ora i _Vespri Siciliani_ e
-che gli sconciassero i libretti persino nei titoli; quanto le Censure
-ammettevano era ragione o pretesto a sentire o a manifestare ciò che
-nel maestro e negli uditori ferveva ed era la loro idea continua e
-suprema» (G. Mazzoni, l'Ottocento).
-
-Sorto dal popolo Verdi è rimasto come egli stesso scrive «un contadino
-tagliato giù alla buona». La sua musica fu prima popolaresca e perciò
-egli è il maestro, che il popolo poteva meglio comprendere. D'Annunzio
-ebbe una frase felice, quando egli disse che ci nutrimmo di lui come
-del pane e fu nutrimento semplice ma sano, cresciuto e raccolto dalla
-zolla materna. Verdi restò fino all'ultimo fedele ai suoi ideali,
-perchè l'evoluzione che subì la mente di Verdi dopo la lunga pausa di
-raccoglimento fra il _Requiem_ (1874) e l'_Otello_, non cambiò punto
-il carattere essenziale della sua melodia e la maniera di concepire il
-dramma musicale.
-
-È innegabile che nelle opere di Verdi c'è anche della scoria e molta.
-Ma forse che non ce n'è nelle opere di Bach, di Mozart e persino di
-Beethoven? E non bastano la suprema bellezza di molti e molti canti,
-la loro potenza espressiva, la forza ed irruenza drammatica di intiere
-scene per farcela dimenticare?
-
-Le sue opere principali sono: _Nabucco_ (1842), _Ernani_ (1844),
-_Macbeth_ (1847), _Luisa Miller_ (1849), _Rigoletto_ (1851),
-_Trovatore_ (1853), _Traviata_ (1853), _Un Ballo in maschera_ (1859),
-_La Forza del destino_ (1862), _Don Carlos_ (1867), _Aida_ (1871),
-_Otello_ (1887) e _Falstaff_ (1893).
-
-Fra le poche non dedicate al teatro citeremo il suo grandioso _Requiem_
-(1874), opera potente per ispirazione, sapienza ed effetto, scritta
-colla serietà corrispondente all'argomento, quantunque per le sue
-dimensioni e per lo stile non atta alla chiesa, un _quartetto_ per
-archi di accuratissima e sapiente fattura, un _Pater noster_ per coro
-ed un'_Ave Maria_ per voce sola e finalmente i _Pezzi sacri_ (_Ave
-Maria_, _Le Laudi alla Vergine_, _Stabat Mater_ e _Te Deum_) (1898).
-
-Accanto a questi maestri di primo rango brillarono per alcun tempo
-altri autori di opere per il teatro, alcune delle quali compaiono
-ancora quà e là. La loro caratteristica è l'imitazione dello stile
-di Bellini, Donizetti ed ancor più di Verdi e la mancanza d'una nota
-veramente personale. A quasi tutti non fa difetto nè facilità di
-melodia nè una certa padronanza dei mezzi elementari dell'effetto ma
-tutti peccano di grande superficialità, di mancanza di alti ideali
-artistici e la loro arte ha l'impronta palese d'una epoca di vera
-decadenza.
-
-Basterà perciò nominarne alcuni.
-
-_Lauro Rossi_ (1812-1885) scrisse dapprima opere comiche (_Il domino
-nero_, _La figlia di Figaro_, ecc.) per poi dedicarsi con poco successo
-all'opera seria (_Contessa di Mons_, _Cleopatra_). Egli è un vero
-epigone di poca ispirazione, dotto ma senza originalità.
-
-_Antonio Cagnoni_ (1828-1896) lo supera di gran lunga per la
-vena melodica e non gli si può certo negare vis comica, unita
-assai felicemente ad un tenue filo di sentimentalità, che riesce
-assai simpatico. _Don Bucefalo_ e specialmente _Papà Martin_ sono
-infinitamente superiori a tante opere comiche moderne.
-
-Ad _Errico Petrella_ (1813-1877) mancarono i forti studi per farne
-forse un grande maestro. La sua melodia è alle volte bella ed ispirata,
-ed egli ha il vero istinto del teatro e dell'effetto. Le _Precauzioni_,
-la _Contessa d'Amalfi_ e la _Jone_ hanno delle pagine bellissime degne
-d'un grande musicista.
-
-_Giuseppe Apolloni_ (1821-1889) scrisse l'_Ebreo_, che non è ancora
-intieramente dimenticato.
-
-Altri rappresentanti del genere comico sono _Nicola de Giosa_
-(1820-1885), _Sarria_ (1836-1883) ed _Emilio Usiglio_ (1841),
-continuatori dell'antica scuola napolitana. _Le Educande di Sorrento_
-di quest'ultimo ebbero ai loro tempi molta e meritata fortuna, mentre
-le posteriori _Donne Curiose_ si avvicinano all'operetta con tutti i
-suoi difetti. _De Ferrari_, _Carlo Pedrotti_ (1818-1893) e _Luporini_
-ebbero pure qualche successo nell'opera comica, che ora è in completa
-decadenza.
-
-Fra le opere serie che nei decenni scorsi più si applaudirono vanno
-contate: _Ruy Blas_ di _Filippo Marchetti_ (1831-1902), _Dolores_ di
-_Auteri Manzocchi_ (1845) ed i _Goti_ di _Gobatti_ (1852-1914). Tutti
-e tre questi autori non mantennero poi quello che da loro si aspettava
-ed il successo non fu che sporadico e dovuto a qualche spunto felice
-che si trova nelle loro opere. _C. Gomez_ (1839-1896) brasiliano di
-nascita, conobbe pure l'effimero successo col _Guarany_ e _Salvator
-Rosa_.
-
-Arte ormai di altri tempi è anche quella di _Amilcare Ponchielli_
-(1834-1884), l'autore della _Gioconda_, _Promessi sposi_, _Lituani_,
-_Il Figliuol prodigo_, _Marion Delorme_, quantunque la Gioconda si
-eseguisca in Italia ancora spesso e sempre con successo. Ponchielli
-è musicista sicuro ma ben di rado veramente originale. La sua musica
-tentenna fra l'imitazione di Verdi e di Meyerbeer e cerca con ogni
-mezzo l'effetto. Ad onta di tutto ciò è però innegabile, che nella
-musica di Ponchielli c'è non solo grande sincerità ma altresì tanto di
-musicalmente sano che almeno la Gioconda non sarà sì presto dimenticata
-da un pubblico, che non va tanto pel sottile, benchè altre delle sue
-opere siano in certo riguardo più pregevoli.
-
-Una posizione eccezionale prende nella musica italiana moderna il
-_Mefistofele_ di _Arrigo Boito_ (1842). Rappresentato alla Scala nel
-1868 senza alcun successo vi ritornò trionfante alcuni anni dopo,
-quando i tempi s'erano cambiati e la cultura musicale italiana s'era
-alzata. Pensando al tempo in cui Boito scrisse la sua opera, essa ci
-appare ancor più ammirabile per l'elevatezza della forma, l'ampiezza
-della concezione e l'originalità della musica. Bisogna pensare che
-Verdi era all'epoca del Don Carlos e non aveva ancor scritta l'Aida.
-La coscienza che le forme tradizionali non bastavano più non esisteva
-ancora o forse soltanto in qualche anima solitaria ed in realtà si
-andava avanti un po' seguendo l'antico andazzo, un po' a tentoni, senza
-veramente saper dove. Melodia, armonia, ritmo, istrumentazione, tutto
-mostra in quest'opera un'individualità spiccata sempre in cerca di
-nuovi effetti, che si adattino ai suoi scopi. Boito è un vero poeta non
-solo nella poesia ma anche nella musica, che è alle volte d'una potenza
-espressiva e drammatica meravigliosa. E se egli fu uno dei primi a
-seguire le teorie wagneriane, seppe però sempre conservare l'impronta
-nazionale. Oggi dopo quasi mezzo secolo il Mefistofele resiste ancora
-valido alle ingiurie del tempo se non in tutte le sue parti almeno
-nelle principali, perchè quest'opera che precorse certo i suoi tempi ha
-il merito della divinazione, la bellezza giovanile che fa dimenticare
-certe ineguaglianze ed ingenuità ed elementi di arte imperitura
-(prologo, morte di Margherita, ecc.).
-
-Dopo il Mefistofele il maestro tacque ed invano s'attende il suo
-_Nerone_. Ma questo silenzio è senza dubbio di tutt'altra natura di
-quello di Rossini e forse è da cercare nella severità dell'autocritica
-e nella difficoltà di trovare il perfetto connubio fra parola e
-nota e nella profondità e complessione del pensiero dell'artefice
-incontentabile. Nota è la forte ed ispirata poesia del Nerone e si può
-essere sicuri, che se l'autore si deciderà a pubblicarne la musica,
-nata senza dubbio dopo lunghe meditazioni e solo nei momenti di estro,
-essa sarà degna di un gran maestro, di un uomo austero e semplice, che
-lavorò e lavora sempre senza alcuna preoccupazione di successo.
-
-
- LETTERATURA
-
- Radiciotti G. — _Gioachino Rossini_, Genova, 1914.
-
- L. Dauriac — _Rossini_, Paris, 1905, Laurens.
-
- Azavedo A. — _G. Rossini_, Paris, 1864.
-
- Carpani — _Le Rossiniane_, 1824.
-
- Cecchi E. — _Rossini_, Firenze, 1898.
-
- Sittard — _G. A. Rossini_, Lipsia, 1882.
-
- Florimo — _Bellini, memorie e lettere_, 1885, Napoli.
-
- Scherillo — _Bellini e Belliniana._
-
- Pougin A. — _Bellini et son oeuvre_, 1868.
-
- Cicognetti V. — _Gaetano Donizetti_, 1864.
-
- Gabrieli A. — _Gaetano Donizetti_, Torino, 1904.
-
- Clemente — _Contributo ad una biografia di G. D._, 1896.
-
- G. Roncaglia — _G. Verdi e le sue opere_, 1911, Napoli.
-
- Basevi Abramo — _Studio sulle opere di G. Verdi_, 1850.
-
- Checchi — _G. Verdi_, 1887.
-
- Pougin A. — _G. Verdi_, 1896.
-
- Bellaigne C. — _Verdi_, Milano, 1913.
-
- A. Soffredini — _Le opere di G. Verdi_, 1901.
-
- Perinello Carlo — _Gius. Verdi_, 1900, Berlino, Harmonie.
-
- Torchi L. — _L'opera di Gius. Verdi ed i suoi caratteri
- principali._ Riv. mus. ital., anno 8º, fase. 2º, 1901.
-
- Hanslick E. — _Die moderne Oper_, Berlino.
-
-
-
-
-CAPITOLO XIX.
-
-Francesco Schubert ed i romantici.
-
-
-L'epoca posteriore alla morte di Beethoven è nella storia della musica
-istrumentale quella degli epigoni. Coll'ultima sinfonia di Beethoven
-sembrò per molti anni che fosse stata detta l'ultima parola e ciò anche
-perchè essa non era soltanto l'opera di un genio ma anche il prodotto
-di un'epoca di alte idee. In realtà però non è la sinfonia che era
-esausta, chè essa è anzi ancor suscettibile di mille trasformazioni
-come lo dimostra il fatto stesso della differenza fra le sinfonie
-di Haydn e Mozart con quelle di Beethoven, ma fu piuttosto l'aver
-considerato l'elemento formale e non il contenuto della sinfonia
-beethoveniana che produsse questo periodo di sosta. I continuatori
-si contentano di forme più modeste e di idee più piccole, miniano,
-studiano, lavorano di cesello e cercano di supplire alla mancante
-grandezza di concezione coll'intensificare l'espressione dei singoli
-motivi e creando la sinfonia che si potrebbe dire di genere. Ma ai
-nuovi maestri per quanto di grande talento e persino di genio mancò
-in ultima linea la forza di trovar nuove strade, alle quali Beethoven
-aveva accennato e non fu che molti anni dopo che Wagner e Liszt ebbero
-il coraggio di creare nuove forme che s'adattavano al nuovo contenuto,
-poco curandosi della logica formale ma più del pensiero poetico.
-
-La patria di questi epigoni fu quasi sempre la Germania. Il motivo
-non è soltanto accidentale od esteriore ma inerente all'indole della
-nazione. L'elemento più importante della musica istrumentale è per
-eccellenza il romanticismo come quello che colla idealità dei suoi
-pensieri si libra in sfere più alte che la musica drammatica, ed
-il romanticismo è pure il carattere dominante della nazione tedesca
-differente dai popoli latini inclinanti all'oggettivismo, all'arte
-antica, plastica e reale. Già con Beethoven il soggettivismo domina
-sovrano e la fantasia si libera dalle antiche forme. In lui e nei
-maestri posteriori l'arte dell'orchestrazione segue altre leggi che
-in Haydn e Mozart; il carattere dei diversi istrumenti viene impiegato
-non soltanto onde ricavare effetti precipualmente musicali e contrasti
-di colorito, ma per esprimere ed individualizzare idee poetiche
-differenti. Ed appunto in questo campo, che Beethoven divinava ed
-additava con insuperabili esempi, s'aprivano vasti orizzonti ai maestri
-posteriori e da ciò doveva formarsi quello stile sinfonico nazionale e
-caratteristico che impronta la musica tedesca istrumentale.
-
-Il più geniale, il più ispirato di tutti questi seguaci di Beethoven
-fu _Francesco Schubert_ (1797-1828). Figlio di un modesto maestro
-di scuola d'un sobborgo di Vienna, egli ebbe a lottare durante
-tutta la sua breve esistenza con ogni sorta di privazioni nè fu dai
-contemporanei compreso e stimato quanto egli meritava. Ma l'influsso
-degli avvenimenti non ebbe forza bastante per far disseccare la fonte
-inesausta d'ispirazione di cui egli era dotato, giacchè egli scriveva
-le sue opere per bisogno interno della sua natura. Soltanto i posteri
-lo compresero e riconobbero in lui il più grande ed ispirato lirico
-musicale.
-
-Schubert fu un genio essenzialmente lirico e come tale era predestinato
-a divenire il creatore della canzone, del _lied_ tedesco. Esso è di
-solito diverso dalla canzone strofica di carattere popolaresco ed
-una specialità della Germania, che per opera di Schubert, Schumann
-e Franz divenne una forma quasi perfetta e svariatissima a seconda
-dell'inclinazione degli autori.
-
-La storia della canzone tedesca anteriore a Schubert offre ben poco
-interesse. Prima di lui Mozart, Haydn, Beethoven avevano scritto
-canzoni ma per questi il genere non aveva importanza nè corrispondeva
-alla natura del loro genio. L'opera lirica dominava intieramente
-il campo e mancavano anche i veri poeti che potessero ispirare il
-musicista. Ciò durò fino a Goethe che però non aveva alcuna simpatia
-per la musica di Schubert e le preferiva quella di Reichardt e Zelter,
-talenti di terzo rango. Mentre la canzone tedesca si contentava prima
-di seguire pedissequa la poesia, Schubert le ispirò tutt'altra vita
-e ne formò una cosa del tutto nuova, emancipando l'accompagnamento
-dal dispotismo del canto. Egli sa immedesimarsi nell'intenzione del
-poeta e trova l'espressione musicale più adeguata. Egli veste di note
-il pensiero complesso più che il verso e la parola, per cui le sue
-canzoni ci appaiono quasi sempre organiche e perfette in tutte le
-parti. Egli ha toni per tutti i sentimenti; le poesie più ribelli alla
-musica perdono la loro rigidezza e gli ubbidiscono trasformandosi e
-mostrandosi da un lato a noi prima ignoto. La forza espressiva, la
-verità, l'ispirazione, la ricchezza dei particolari nelle sue infinite
-canzoni sono ancor oggi inarrivate. La lirica schubertiana fu una
-cosa tutta nuova, perchè egli molto più che continuare la lirica
-anteriore ne creò una nuova per istinto e bisogno della sua natura
-senza curarsi di principi formali e tecnici e cambiando continuamente
-a seconda della poesia e dell'estro, sicchè egli non si presta a
-nessuna classificazione. Per fortuna poi la nascita di Schubert
-combinò anche col fiore della nuova lirica tedesca (Goethe, Heine,
-Schiller). I cicli, _il canto del cigno_, _la bella mugnaia_, _il
-viaggio d'inverno_ e molti altri dei suoi _lieder_ sono veri poemi,
-che ci riproducono tutta la scala degli affetti ed in cui il connubio
-della poesia colla musica è perfetto. La parte del pianoforte cessa
-d'essere accompagnamento semplice, ma dipinge l'idea e forma l'ambiente
-nel quale si muove la voce, secondandola e facendo risaltare i momenti
-principali della poesia. In confronto delle canzoni di Schubert, quelle
-dei contemporanei e dei maestri antecedenti, pochissime eccezioni
-fatte, sembrano incolori, convenzionali. Le sue doti principali sono
-la semplicità e la chiarezza, la sensibilità e l'avvicinarsi alle volte
-alla canzone popolare, fresca e gentile.
-
-Nè minore è la sua importanza come autore di opere istrumentali,
-quantunque egli non fosse veramente un polifonico ma un armonico
-geniale di straordinaria ricchezza. La sua sinfonia in _do maggiore_,
-l'incompiuta in _si minore_ resteranno sempre opere da mettersi
-per la ricchezza di ispirazione se non per la fattura accanto alle
-più ispirate di Beethoven; lo stesso puossi dire di alcuni dei suoi
-quartetti, fra i quali il grandioso in _re minore_, il poetico ed
-ispirato in _la minore_ ed il _quintetto delle trote_, vere perle della
-letteratura musicale da camera.
-
-Schubert fu altresì iniziatore di un nuovo genere di musica di
-pianoforte coi suoi _Impromptus_ e _Moments musicales_, colle sue
-marcie ed altri pezzi di forma libera, precorrendo così le composizioni
-di Mendelssohn e Schumann. Nell'opera drammatica Schubert non riuscì
-per l'inclinazione della sua musa essenzialmente lirica e per la
-mancanza di teatralità delle sue opere, (_Rosamonda_, _Alfonso ed
-Estrella_, _Fierabras_, ecc.).
-
-Schubert appartiene ormai ad un periodo di transizione. Egli tien
-fermo ancora alle forme classiche ma la sua musica contiene ormai
-molti elementi specialmente romantici, che sono sconosciuti anche a
-Beethoven.
-
-Non fornito d'egual genio ma a Schubert in certo modo affine
-per l'indole lirica delle sue composizioni è _Felice Mendelssohn
-Bartholdy_, nato ai 3 Febbraio 1809 in Amburgo, morto ai 4 Novembre
-1847 a Lipsia, ove era direttore del Gewandhaus. Quantunque egli
-appartenga a tempi non lontani e sia compositore moderno non solo
-nell'uso dei mezzi ma anche nell'indirizzo estetico, pure egli,
-piuttosto che riannodare colle sue opere alle ultime di Beethoven, basa
-su Bach, Mozart e sul Beethoven della seconda maniera, della sinfonia
-eroica, di quella in _do minore_ e dei quartetti Rassumosky op. 59.
-
-Mendelssohn ebbe dalla sorte vita felice, nè mai conobbe le amarezze
-dell'insuccesso, le lotte della vita per l'esistenza ed i disinganni.
-Questa sua ventura influì sulle sue opere, che rare volte s'innalzano
-alla vera grandiosità e commuovono per potenza di contrasti e vigoria.
-Mendelssohn aveva innato il sentimento, l'istinto della forma ed in
-questo riguardo egli è superiore al suo contemporaneo Schumann. La
-sua vena melodica è abbondante, fine ed aristocratica, la sua musica
-è chiara, limpida, con una lieve tinta di sentimentalismo e melanconia
-che però alla lunga ci lascia freddi. L'originalità delle sue opere è
-però discutibile, quantunque esse abbiano una fisonomia tutta propria,
-che però in buona parte è manierismo e dipende da certe figure e frasi
-caratteristiche che di frequente si ripetono.
-
-Ma per giudicare delle sue opere è necessario pensare al tempo
-anteriore a lui e posteriore ai classici, un'epoca quasi di sosta,
-come se la natura volesse riposarsi dopo aver dato al mondo i grandi
-genî immortali. Di quel tempo non ci rimangono che le opere di Spohr,
-Hummel, la mediocrissima musica da camera di Onslow ed un'infinità di
-musica per pianoforte, variazioni, fantasie ed altra roba simile, che
-oggi nessuno più ricorda. Bach era allora tanto ben dimenticato, che
-quando Mendelssohn a vent'anni diresse a Berlino la Passione di S.
-Matteo, quasi nessuno si rammentava più della sua esistenza.
-
-Le sue sinfonie (la _Scozzese_, l'_Italiana_, ecc.) non segnano un
-passo in avanti in confronto di quelle di Beethoven, se non forse per
-la maggiore individualizzazione dell'idea poetica e per lo smagliante
-colorito orchestrale. In questo egli è sommo e le sue _ouvertures_
-sono vere poesie e paesaggi musicali d'una finitezza e d'un sentimento
-poetico insuperabile, come lo dimostrano fra tutte quelle del _Sogno
-d'una notte d'estate_ e le _Ebridi_. Ed altresì fra la sua musica da
-camera sonvi brani riuscitissimi, specialmente negli _scherzi_ e negli
-_adagi_ dei quartetti, nei primi per la spigliatezza dei ritmi e la
-suprema leggierezza degli arabeschi rincorrentisi e scherzanti come
-gnomi ed amorini, nei secondi per la calda espressione e gli spunti
-melodici ispirati. Mendelssohn, come quasi tutti i moderni musicisti
-di Germania, cominciò la sua carriera come pianista ed arricchì la
-letteratura del pianoforte con una quantità di opere, fra le quali
-le celebri _Canzoni senza parole_, un genere da lui iniziato, che
-corrispondeva perfettamente alla sua indole lirica e limitata a non
-troppo vasti orizzonti. E se fra le molte composizioni per questo
-istrumento alcune sono meno riuscite, esse però appartengono tutte al
-genere della musica da sala della miglior qualità, nè Mendelssohn si
-abbassò mai a servire al virtuosismo senza scopi più alti.
-
-Nelle sue canzoni Mendelssohn segue le orme di Schubert, senza però
-raggiungerlo quantunque però tanto fra quelle per una voce come per
-più voci alcune appartengano alle sue più felici ispirazioni e sieno
-diventate patrimonio del popolo tedesco.
-
-Di Mendelssohn possediamo pure due _oratori_, il _Paolo_ e l'_Elia_,
-più _Salmi_, fra cui il grandioso n. 114, la musica per l'_Atalia_ di
-Racine, _La notte di Valpurga_, i cori per l'_Edipo a Colono_, per
-l'_Antigone_ di Sofocle, ecc. Quantunque in queste opere manchi la
-grandiosità di Bach e di Händel, pure non è da negarsi che specialmente
-nel _Paolo_ e nell'_Elia_ non riviva lo spirito classico di quei
-due sommi ed all'antica forma della cantata e dell'oratorio non sia
-ispirato un nuovo alito di vita moderna da rendere queste due opere,
-magistrali per fattura, le più perfette dell'epoca posteriore alla
-classica. Una delle sue opere più fortunate è il _Concerto in Mi
-minore_ per violino.
-
-Mendelssohn fu chiamato il Mozart del secolo decimonono ed il paragone
-non è tanto bizzarro se si pensa ad una certa affinità nella euritmia
-delle loro opere. Ma mentre Mozart continuamente ascende, il genio o
-talento di Mendelssohn resta stazionario e se si confronta l'_Ottetto_
-e l'_Ouverture della notte d'estate_, opera della prima giovinezza,
-colle ultime opere è sempre la stessa maniera, sempre la stessa
-perfezione formale, sempre la stessa mancanza di profondo sentimento.
-
-Contemporaneo di Mendelssohn fu _Roberto Schumann_ (nato l'8 Luglio
-1810 a Zwikau, morto ai 29 Luglio 1856), uno dei più ispirati e geniali
-musicisti della Germania moderna, l'eterno giovane colla testa piena
-di sogni e sempre fuori del mondo, l'ammiratore di Lenau, Jean Paul ed
-Hoffmann, il vero poeta del pianoforte.
-
-La differenza che passa fra Mendelssohn e Schumann è assai grande.
-Schumann è più intimo, più riflessivo, più profondo; egli domina
-meno la forma, ha forse minore padronanza dei mezzi, ma scuote e
-commuove più di Mendelssohn, perchè è più sincero, più spontaneo,
-perchè la sua musica nasce più istintivamente. Schumann è alle volte
-bizzarro, strano, arruffato, ma sempre geniale; egli è più originale di
-Mendelssohn e punto manierato. Sia che egli crei piccole miniature od
-opere di maggiori dimensioni, egli ha sempre una fisionomia propria,
-una nota assolutamente personale, che non dipende dalla forma ma
-dal sentimento. Non basta dire che egli è un maestro romantico per
-eccellenza, perchè con ciò non si esaurisce la sua originalità che è
-più complessa e che ha introdotto nella musica la nota schumanniana,
-qualche cosa di indefinito, poetico, intimo, però senza sentimentalità
-morbosa. Noi meridionali ci sentiamo attratti dalle sue opere ma
-non arriviamo forse a comprenderle intieramente, perchè Schumann è
-piuttosto un talento nazionale tedesco che internazionale. Non c'è
-dubbio che le migliori opere sono quelle della giovinezza, quando
-predominava la tendenza al fantastico, alla sensibilità quasi femminea,
-la predilezione delle mezze tinte, il tutto unito ad un certo humour
-che è proprio delle nature nordiche. In lui vivevano due anime, una
-inclinante al misticismo, il fantastico, l'altra piena di foga e
-passione (_I Davidsbündler_ Florestano ed Eusebio).
-
-Le opere specchiano la sua vita. Nel primo periodo, il più fantastico,
-il più geniale egli dà sfogo alla sua fantasia impetuosa e ne nascono
-le prime opere i _Papillons_, il _Carnevale_, la _Kreisleriana_, i
-_Fantasiestücke_, ecc., nelle quali le immagini poetiche dominano sulla
-forma del tutta libera e che riproducono la sua vita di pensiero, le
-sue impressioni, le sue fantasie momentanee. In esse l'ispirazione è
-esuberante, i contrasti potenti, l'originalità sorprendente; l'umorismo
-vi domina ed il sentimentale ed il melanconico si avvicendano col
-fantastico. I contorni sono indecisi, le tinte sfumate si perdono nello
-sfondo. Sono sogni ad occhi aperti, fantasticherie geniali ed ispirate
-bizzarie; il riso si muta in pianto senza ragione apparente.
-
-Segue il periodo in cui l'influenza di Mendelssohn è palese ed il
-soggettivismo fa luogo all'oggettivismo. Il fantasticare va calmandosi
-e spegnendosi, non senza però mandare frequenti guizzi; la forma
-si modifica e prende la plasticità classica, i contorni si mostrano
-decisi. A questa epoca appartengono le opere formalmente più perfette:
-i tre _quartetti per archi_, il _quartetto per pianoforte_, il
-_quintetto_, molte _canzoni_, le _sinfonie_, parte della musica del
-_Faust_, l'oratorio _Il Paradiso e la Peri_.
-
-Ma la trasformazione è più apparente che essenziale. Le forme sono
-le tradizionali, ma il contenuto è nuovo e la forma antica non fa che
-equilibrarlo e dargli il sentimento della misura. Dopo questo periodo
-felice vanno scendendo, dapprincipio insensibilmente, le tremende ombre
-della pazzia; l'ispirazione si turba, la vena va disseccandosi, la
-chiarezza va sempre più oscurandosi. Le opere di quest'epoca triste di
-dissoluzione, interrotta da qualche lucido e felice intervallo, portano
-la traccia della notte che andava avvicinandosi per non più dileguarsi.
-
-Nelle canzoni ad una o più voci egli è quasi pari a Schubert e se
-non ne ha la limpidezza e freschezza, eguali ne sono il sentimento,
-l'espressione e forse maggiore la compenetrazione della musica colla
-poesia specialmente in quelle numerosissime che scrisse nell'epoca più
-felice della sua vita, quando era promesso sposo di Clara Wieck (1840).
-La voce ha minore importanza che in Schubert ed il canto è molte volte
-semplicemente declamato; maggiore invece è l'importanza del pianoforte
-che completa, illustra stupendamente l'idea poetica. I suoi cicli _Amor
-di poeta_, _Vita di donna_, possono star a paro di quelli di Schubert e
-restano insuperati nella letteratura lirica musicale.
-
-Schumann influì pure sulla tecnica pianistica più di Mendelssohn, che
-idealizzò il virtuosismo senza trovar nuovi effetti, mentre Schumann ha
-uno stile pianistico tutto proprio assai polifonico e con voci di mezzo
-importantissime. Il suo _Concerto_, gli _Studi sinfonici_, le _Sonate_,
-ecc., segnano perciò una nuova èra della musica del pianoforte e per
-eseguirle degnamente bisogna sentire la musica non nelle dita ma nella
-testa e più nel cuore ed essere intieramente padroni di quella tecnica
-non convenzionale, che punto si cura dell'effetto e che non è semplice
-mezzo.
-
-Nelle _sinfonie_ (4) di Schumann mancano alle volte l'unità e la forma,
-giammai l'ispirazione e la genialità degli episodi. L'orchestrazione
-di Schumann non è molto colorita probabilmente perchè egli pensava e
-concepiva pianisticamente ma non così monotona e convenzionale come se
-la volle trovare. Nè la perfezione troviamo negli _oratori_ e nelle
-_cantate_, fra cui _Il Paradiso e la Peri_, le scene del _Faust_, il
-_Pellegrinaggio della rosa_, la musica per il _Manfredo_ di Byron, poco
-adattandosi il genio essenzialmente lirico di Schumann a cosiffatte
-forme, quantunque anche queste opere contengano pagine stupende.
-
-Schumann divide coi moderni maestri tedeschi la poca attitudine
-all'opera drammatica, e la sua _Genoveffa_ non ebbe mai vero successo.
-Per ultimo non è da tacere dell'importanza di Schumann come critico e
-scrittore di cose musicali. L'influenza che egli ebbe come redattore
-della _Nuova gazzetta musicale_ da lui fondata, fu grandissima per
-l'indirizzo dei suoi tempi nè alcuno seppe finora eguagliarlo nei suoi
-scritti, pieni di fantasia, di acutezza e ricchezza d'immagini poetiche
-e d'umorismo.
-
-L'opera di Mendelssohn e Schumann non rimase senza imitatori. Fra
-coloro che nelle loro composizioni s'avvicinano più a Mendelssohn
-vanno annoverati: _William Bennett_ († 1875) e _Niels Gade_ († 1890),
-il primo che introdusse nella musica l'elemento nordico scandinavo,
-(Ouvertures, Sinfonia, Cantate), _Ferdinando Hiller_ († 1880), fecondo
-ed abilissimo; mentre _Stefano Heller_ († 1888), _Adolfo Henselt_
-(† 1889), _Adolfo Jensen_ († 1879), _Roberto Volkmann_ († 1883), _T.
-Kirchner_ († 1903), si avvicinano piuttosto a Schumann. Autore stimato
-di ballate fu _Carlo Loewe_ (1796-1869) che fu il primo a fermarne la
-forma e che in certo riguardo influenzò anche le ballate di Schumann.
-
-Mendelssohn e Schumann continuarono la scuola classica e romantica ed
-esiste una linea di congiunzione fra essi ed i maestri antecedenti.
-La stessa cosa non può dirsi del terzo musicista, che esercitò
-coi nominati grande influsso sulla musica istrumentale moderna e
-specialmente su quella di pianoforte, _Federico Chopin_ (1810-1849).
-Questa asserzione non è naturalmente da prendersi nel significato
-assoluto, giacchè le opere di Chopin, non sarebbero concepibili senza
-quelle di Beethoven e specialmente di Schubert, Weber ed altri; ciò
-nullastante Chopin ha una caratteristica tanto propria, una sua maniera
-sì personale da giustificare la nostra opinione.
-
-Chopin fu nel mondo musicale un'apparizione strana. Egli non andò
-alla scuola di nessun maestro di fama, non cominciò, come al solito,
-imitando questo o quello, ma trovò già nelle primissime opere uno
-stile tutto suo proprio. E neppur la sua tecnica pianistica deriva da
-quella dei maestri anteriori, nè da Mozart, nè da Beethoven ed ancora
-meno da quella dei suoi contemporanei quale Dussek, Field, Hummel ed
-altri. Essa è talmente adeguata allo spirito delle sue opere, che essa
-cessa quasi di essere tale e diventa elemento dell'ispirazione stessa,
-talchè le sue composizioni perderebbero gran parte della loro poesia,
-se si volesse applicarvene un'altra. Per capire ciò basta osservare la
-sua figurazione e gli ornamenti che sono affatto diversi dai soliti
-_agréments_, gruppetti, fioriture e simili, ma parte integra del
-pensiero musicale.
-
-E nuova è la sua armonia essenzialmente cromatica e tutta
-individuale ed egli in certo modo si può chiamare un precursore degli
-impressionisti moderni, colla differenza che rimane sempre logico.
-
-Ma di tutti i pregi il maggiore è senza dubbio l'originalità della
-sua musica, per modo che chi abbia sentito qualche opera di lui lo
-riconosce a mille miglia. E questa originalità che consiste in elementi
-impossibili a spiegare, quantunque abbia dell'esotico, non diventa
-monotona, non ci stanca come quella, p. es., di Grieg, col quale si
-potrebbe forse lontanamente confrontare, perchè egli ha sempre qualche
-cosa di nuovo a dirci nella sua lingua e perchè domina la gamma
-dei sentimenti e sa essere ora dolcissimo e poetico, ora irruente e
-palpitante di passione, ora bizzarro, bacchico, ora aspro e maschio.
-
-Egli fu chiamato l'anima del pianoforte. Il suo genio non sa dominare
-le grandi forme orchestrali e nel concerto e nella sonata gli mancano
-alle volte l'unità e lo sviluppo tematico sapiente, l'istinto della
-misura; egli è invece sommo nelle forme più piccole, nei suoi ispirati
-_Preludi_, nelle _Mazurke_, _Polonesi_, _Ballate_, nei _Notturni_,
-ed alle volte, come nei suoi potenti _Scherzi_, si alza fino alla
-grandezza tragica. Le sue composizioni sono vere poesie musicali ed
-esse non hanno bisogno di programmi per trasportarci nella terra dei
-sogni. Gli arabeschi, i passaggi diventano veri pensieri e cessano di
-essere soltanto occasione di virtuosismo, tanto che fra i suoi _Studi_
-havvene alcuni che contano fra le sue opere più ispirate. Egli unisce
-alla melanconia e sentimentalità delle canzoni slave la sapienza
-armonica tedesca, l'eleganza e la varietà ritmica francese, la facilità
-melodica e la purezza di linee della musica italiana. Egli sa toccare
-tutte le fibre più delicate, è romantico, cavalleresco, appassionato,
-elegante, fantastico e mai cade nel comune e nel triviale. Nato da
-padre francese e madre polacca, la sua musica ritrae il carattere di
-tutt'e due queste nazioni ed in essa risuonano il grido di dolore della
-sua patria oppressa, le memorie tristi dell'epoca passata, il rimpianto
-della libertà. Natura sensibile e delicata, egli pianista insuperabile,
-si ritirò ben presto dalla vita pubblica e visse quasi sempre a Parigi
-dove egli morì ancor giovane di mal sottile.
-
-«Gli influssi di tre nazionalità fanno di lui una personalità
-spiccatissima ed egli si è appropriato il meglio di tutto quello che
-distingue i tre popoli. La Polonia gli diede lo spirito cavalleresco
-ed il dolore stoico, la Francia la sua gentilezza e grazia, la Germania
-il sentimento romantico. Ma se egli siede al pianoforte ed improvvisa,
-non è più un polacco, francese o tedesco; egli palesa un'origine più
-alta e si capisce che è originario dal paese di Mozart, Raffaello
-e Goethe e che la sua patria è il regno poetico dei sogni» (Heine,
-1837). Parola giuste alle quali non ci sarebbe da aggiungere altro che
-anche l'Italia gli portò i suoi doni e che lo spirito di Bellini gli
-aleggiava intorno, quando egli scrisse alcuni dei suoi notturni, perchè
-la perfezione della linea melodica e la dolcezza dell'ispirazione gli è
-venuta dall'Italia.
-
-Il wagnerismo aveva messo in moda una specie di mal celato disprezzo
-delle opere di Mendelssohn e persino di Schumann. Ma il tempo ha fatto
-al solito giustizia. È vero che molte anzi moltissime delle opere di
-Mendelssohn portano ormai visibilissimi i segni della vecchiaia ed
-appartengono ad un tempo ben diverso dal nostro, ma nessuno vorrà
-negare che alcune delle sue opere non sieno concezioni geniali che
-dureranno ancora per ben molto tempo. Invece Schumann è oggi più
-vivo che mai, perchè in lui non c'è nulla di convenzionale e tanto le
-sue opere che quelle di Chopin nel loro lirismo melanconico, la loro
-sensibilità e colorito poetico corrispondono alla psiche moderna.
-
-L'ultimo degli scritti di Schumann per la _Gazzetta musicale di Lipsia_
-è dedicato a _Giovanni Brahms_ (1833-1897).
-
-«Ho pur pensato più d'una volta, egli scrive, che dovesse apparire
-taluno predestinato ad esprimere in modo ideale il suo tempo, uno che
-raggiungesse la perfezione, senza subire uno sviluppo progressivo. Ed
-egli è venuto, un giovin rampollo alla cui culla vegliarono le Grazie e
-gli Eroi. Egli si chiama Giov. Brahms».
-
-Ed era tempo, giacchè dopo la morte di Mendelssohn, Schumann e Chopin
-nessun vero e grande talento s'era mostrato degno di assumere il loro
-retaggio nel ramo della musica istrumentale, per quanto Liszt avesse
-già cominciato a mostrare nuovi orizzonti dell'arte coi suoi poemi
-sinfonici.
-
-Non è qui il luogo di esaminare se la profezia di Schumann si sia
-avverata. Il predominio della musica wagneriana e l'influenza che
-questa ha esercitato sulla musica moderna lo hanno fatto passare in
-seconda linea. Ma egli quantunque gli mancasse per la sua natura
-di rigido protestante l'olimpicità e la comprensione della vita
-pagana antica fu veramente l'ultimo dei classici, ed appunto perchè
-senza ignorare le innovazioni moderne fu fedele conservatore di
-quegli elementi dell'arte che sono eterni e che oggi tante volte si
-trascurano, si volle chiamarlo retrogrado e scolastico. Se però i segni
-del tempo non ingannano, non è improbabile che succeda una reazione
-ora che gli animi si sono calmati e che Wagner e Brahms non sono più il
-grido di guerra di due partiti avversi. E ciò lo mostra il fatto, che
-gran parte dei musicisti di Germania derivano direttamente da Brahms
-talmente che molte delle loro opere non sono che sbiadite imitazioni di
-quelle del maestro.
-
-Il carattere di Brahms è prettamente nordico e sì diverso dal nostro
-che a noi italiani riesce ben difficile il comprenderlo veramente
-nella sostanza delle sue opere e ciò tanto più, che Brahms come nella
-sua vita privata anche nelle sue opere è ritroso e schiva ogni troppo
-palese esplosione quasi si vergognasse di mostrarci le sue più intime
-fibre. E come egli non ha nulla di una natura latina, così non si
-trovano elementi di arte italiana nelle sue opere. In complesso egli
-inclina allo sconforto ed ha molto di quella profonda melanconia tutta
-propria anche ai poeti del suo paese, che Nietzche chiama la malinconia
-dell'impotenza ma che piuttosto deriva da impressioni indelebili del
-paesaggio nordico, che s'infiltrano e restano nell'anima. Impotenza non
-propria e personale ma della sua epoca che a Brahms, ultimo erede dei
-classici, i quali per lui significarono la perfezione doveva sembrare
-di decadenza. Eppure quest'uomo sì poco comunicativo aveva un'anima
-sensibilissima e romantica, che però sapeva colla ferrea disciplina
-dei suoi studi dominare. Brahms fra i moderni fu quegli che studiò
-più profondamente e con vero frutto gli autori antichi, specialmente i
-grandi maestri di musica polifonica vocale, che basa sulle tonalità di
-chiesa e che è nel ritmo ben più ricca della nostra, i clavicembalisti
-francesi ed in genere gli autori antichi. Ma tutti questi elementi
-anche eterogenei si fondono nella sua mente, forse ad eccezione della
-nota romantica schumanniana, che dura fino alle ultime opere ed è
-predominante nelle prime e ciò che è strano dell'elemento della musica
-popolaresca per quanto idealizzata.
-
-Brahms ha coltivato tutti i generi della composizione ad eccezione
-dell'opera (Sinfonie, Musica da camera. Concerti per pianoforte,
-violino, Cori, Cantate, Requiem, ecc.). Le prime opere sono per
-eccellenza romantiche. Ma chi le studia attentamente vi trova altri
-elementi quali la canzone popolare, il corale protestante e l'arte
-tematica di Bach. Donde il carattere essenzialmente germanico della sua
-musica e quell'impronta di durezza ed austerità che la fa apparire più
-sana e potente. La melodia ed in genere la musica di Brahms è assai
-originale e risulta non soltanto dalla linea melodica stessa quanto
-da una combinazione speciale di ritmi ed armonia e dalla polifonia,
-(ritmi binari e ternari appaiati, accordi spezzati, successioni di
-terze e seste, accentuazione delle parti deboli della battuta, incisi
-ed ommissioni, ecc.). Il suo _Requiem tedesco_ è certo una delle
-opere più potenti che furono scritte dopo le Passioni di Bach e gli
-oratori di Händel ed anche in questo Brahms è diverso da tutti gli
-altri autori di Messe da morto, nelle quali è il _Dies irae_ che da
-l'intonazione. Le sue quattro sinfonie e fra queste specialmente la
-prima aspra e forte, mostrano che nessuno come egli seppe penetrare
-nei secreti della mente di Beethoven. E se ad esse manca qualche volta
-il carattere monumentale, vi è invece ammirabile la logica musicale e
-la grandiosa sapienza tecnica. Nè giustificata appare la critica che
-si fa dell'istrumentazione delle stesse, che si vuol dire incolore e
-monotona. Certo egli non è un pittore dalla tavolozza smagliante ma
-piuttosto un disegnatore di una finezza incredibile, al quale basta una
-sfumatura di tinte, perchè egli non vuole concentrare l'attenzione che
-sul contenuto. Perciò le opere più perfette che egli scrisse e quelle
-che presumibilmente dureranno più a lungo sono quelle di musica da
-camera che superano di gran lunga tutte le contemporanee e le odierne
-e sono pari a quelle di Schumann. Una delle forme musicali predilette
-da Brahms è la variazione che egli tratta non solo da gran maestro
-ma anche da vero poeta. Le sue variazioni non consistono soltanto
-nella diversa figurazione del tema e nel cambiare l'accompagnamento
-ma tenendo fermo il basso diventano veri pezzi caratteristici di forma
-svariatissima sia nella melodia che nel ritmo ed armonia.
-
-Brahms scrisse circa centocinquanta canzoni fra le quali alcune sono
-assai note e molte bellissime. In esse egli si avvicina più a Schubert
-che a Schumann.
-
-La musica di Brahms non fu mai veramente popolare e mai lo diventerà,
-perchè essa è arte della più scelta e fine e non palesa le sue bellezze
-che a chi la studia con amore ed intelletto d'arte. Perciò essa è arte
-essenzialmente esclusiva, arte per i musicisti e per gli esteti, che la
-studiano ed approfondiscono.
-
-I musicisti hanno continuato dopo Beethoven a scrivere sinfonie, ma le
-opere del maestro restano oggi dopo cento anni ancora insuperate, quasi
-fosse impossibile trovare in questo ramo nuove vie. Chi lo tentò ed in
-parte vi riuscì fu _Antonio Bruckner_ (1824-1896).
-
-La sua vita non fu che un lungo martirio, da principio piena di stenti
-e lotte per l'esistenza, poi d'indicibili ed amari disinganni. Le sue
-prime opere furono accolte quasi dalla congiura del silenzio poi da
-motti di spirito ed improperi. Nella storia della musica è difficile
-trovare un parallelo con Bruckner. Musicisti di genio senza alcuna
-coltura sono assai frequenti specialmente nei tempi passati; ma come
-Bruckner abbia saputo concepire e scriver le sue nove sinfonie, è un
-enigma per chi lo conobbe. Egli non solo non aveva nessuna coltura
-tanto da non saper quasi scrivere una lettera ma non sentì mai neppure
-il bisogno di occuparsi nè dei problemi sociali nè di letteratura ed
-arte. La sua fede in Dio così profonda ma affatto istintiva era priva
-d'ogni critica.
-
-Venuto quasi sul declinare della virilità a Vienna, egli vi rimase fino
-alla morte quasi sbalordito e disorientato. Eppure questo uomo dalla
-faccia d'imperatore romano o da scaccino di chiesa è l'autore della
-nona sinfonia, una delle più grandi e potenti opere sinfoniche dei
-nostri tempi.
-
-Bruckner, che inconscio del suo genio aggiunge una sinfonia all'altra
-nulla curandosi della possibilità d'un'esecuzione, lasciando vagare la
-sua fantasia negli incommensurabili spazi dell'ideale, questo figlio
-della gleba materna, che ne ascolta i palpiti e sa tradurre nelle sue
-note ora tutti i sussurri più delicati della natura, ora lo scrosciare
-degli elementi furibondi è una delle figure più tragiche della storia
-della musica. Egli scrisse a 42 anni la sua prima sinfonia e non subì
-poi pressochè alcuna trasformazione. Le sue sinfonie stanno affatto
-solitarie ed hanno ben pochi punti di confronto con altre opere.
-La forma esterna è quella solita ma il contenuto è ben diverso come
-diverse ne sono le proporzioni. Lo stile di Bruckner non è originale
-nel senso comune della parola, se cioè per originalità si intendono
-certi procedimenti, frasi favorite, sviluppi e modulazioni. Ma se
-per originale s'intende quello che è proprio di uno solo, allora è
-certo che Bruckner fu uno dei musicisti più originali. Tali lo fanno
-l'ispirazione melodica, l'ampiezza della linea, il michelangiolesco
-della concezione, la profonda espressione del sentimento tragico,
-l'_humour_ dei suoi scherzi od il sentimento della natura agreste dei
-trio di questi. Egli che del mondo nulla comprendeva, sapeva parlare
-colla sua musica la lingua più moderna, più espressiva e profonda
-mostrando quanta forza elementare stia nell'essenza della musica,
-quando questa sgorga spontanea da un cuore riboccante. Che le opere di
-Bruckner non sieno perfette, è facile il comprendere, data la natura e
-la vita del loro autore. L'ispirazione e la tecnica non vanno sempre di
-pari passo, o per meglio dire egli non sa sempre combinare l'altezza
-dell'ispirazione coll'uso sapiente dei mezzi, sicchè noi troviamo
-nelle sue opere splendide ispirazioni alle quali seguono o precedono
-parti in cui l'autore si affanna in tessuti contrappuntistici senza
-valore. Ciò gli succede specialmente dopo l'esposizione del tema quando
-comincia il lavoro tematico, che per quanto spesso lunghissimo non ha
-la logica ferrea dei grandi maestri. Per questo si comprenderà anche
-che gli adagi e gli scherzi sono le parti più riuscite perchè la loro
-concezione formale ne era più facile. Altre volte l'idea felice prende
-proporzioni gigantesche ma non raggiunge il culmine e resta allo stato
-di torso, donde dipende il carattere frammentario di parte delle sue
-opere.
-
-Qualcuno volle chiamare Bruckner un epigone di Wagner e disse che egli
-volle portare le teorie wagneriane nel campo sinfonico. Certo è vero
-che Bruckner non ebbe che due idoli, Beethoven e Wagner e che la sua
-melodia ha alle volte della somiglianza con quella di Wagner. In realtà
-però sono ben pochi i punti di contatto dei due maestri.
-
-Le sinfonie di Bruckner non appartengono alla vera musica
-programmatica. Ma l'uditore in causa dei contrasti, almeno
-apparentemente senza motivo, è tentato a farsi un programma e
-facilmente si disorienta. E questi scatti e contrasti improvvisi
-sono forse il maggior difetto di Bruckner ed esso dipende certo dalla
-totale mancanza di coltura generale del maestro che alle volte sembra
-un dilettante di genio, un sentimentale sperduto nel nostro tempo, il
-_puro folle_ della musica, che trae le sue ispirazioni dalle inesauste
-ed inconscie forze della natura senza alcuna preoccupazione artistica
-od estetica ma solo coll'ingenuità del genio.
-
-Scolaro di Bruckner ed a lui in qualche riguardo affine fu _Gustavo
-Mahler_ (1860-1911). Ma l'affinità è soltanto superficiale e formale,
-perchè se Bruckner fu il musicista più sincero ed ingenuo che si può
-pensare, Mahler non seppe mai liberarsi nelle sue opere (9 sinfonie,
-due cantate) forse ad eccezione delle _canzoni in morte di un
-fanciullo_ dall'istrionismo e dalle reminiscenze del dramma musicale
-ed in lui lottano continuamente due nature affatto diverse. Egli fu
-un cerebrale d'immensa energia e serietà di propositi ma senza vera
-genialità, una specie di titano colla sola forza di volontà, sempre
-tendente all'alto, sempre intento alla soluzione dei problemi più ardui
-della vita, una natura tragica e barocca somigliante al Kapellmeister
-Kreisler di Hoffmann o al Jean Cristophe di Rolland. Egli aspira
-alla meta più alta che non sa mai raggiungere perchè le forze gli
-mancano a metà strada. Egli è melodioso, chiaro, facile, ma la sua
-melodia è spesso comune anzi triviale e la piglia dove la trova, poco
-importandogli se sia ispirata e fine ma bastandogli di dipingere al
-fresco i grandi quadri immensi di forma e sonorità che gli nascono
-nella mente. E questa sonorità nell'ottava sinfonica (Iª parte. _Veni
-creator_, IIª parte: frammenti tolti dalla seconda parte del Faust di
-Goethe) per orchestra, organo, coro separato d'ottoni, doppio coro,
-coro di fanciulli, raggiunge con accordi di tonica e dominante e mezzi
-di forze quasi elementari il maggior grado possibile ed arriva quasi ad
-ingannarci sul contenuto.
-
-Il giudicare delle sue opere è compito abbastanza arduo. Per molti
-la sua musica è vera _Kapellmeistermusik_, scritta da un autore, che
-per la lunga pratica di dirigere le opere più disparate e per una
-grande sapienza tecnica ha potuto creare delle opere mastodontiche ed
-ipertrofiche, che si risentono di tutti gli stili. Per altri egli fu
-un grande musicista, che con ogni nuova opera si innalza sempre più in
-sù nella parabola. Al solito la verità sta forse nel mezzo. La prima
-volta che si sente una sinfonia di Mahler l'effetto è di sbalordimento
-ed egli ci appare ineguale, esagerato, alle volte vuoto, bizzarro e
-persino grottesco; alle volte invece ci irrita ma ci conquide colla
-grandiosità dell'idea, che gli balena alla mente e per la smisurata
-architettura delle sue concezioni. In ciò e per il miscuglio d'estatico
-coll'elemento popolare egli ha una certa somiglianza con Bruckner del
-quale non sa però raggiungere neppur lontanamente l'intensa espressione
-dei suoi temi; alle volte somiglia a Berlioz per il suo fare che
-oscilla fra l'esaltato ed il primitivo e non è certo priva di posa
-questa musica che ha sempre dell'artificioso, quando non si contenta di
-essere nel suo diatonismo dominante affatto semplice.
-
-La seconda metà del secolo scorso ha segnato una completa
-trasformazione del Lied o canzone musicale. Fra le opere più note di
-Brahms contano senza dubbio molti dei suoi lieder. Ma tanto egli che
-_Roberto Franz_ (1815-1892), per quanto quest'ultimo sia specialmente
-per il felice connubio di elementi di canzone popolare con una forma
-assolutamente artistica da mettersi fra i più ispirati e felici autori
-di canzoni, non abbandonarono che poche volte la strada segnata da
-Schubert e poi da Mendelssohn e Schumann, vale a dire la forma melodica
-chiusa, che doveva dare l'intonazione generale e sintetica della
-poesia. _Ugo Wolf_ (1860-1903) portò invece fra i primi nel campo della
-lirica musicale intima il principio wagneriano del canto declamatorio,
-nascente dalla parola stessa e raggiunse in questo genere un alto grado
-di perfezione. Egli cerca con ogni mezzo musicale di compenetrare la
-poesia anzi ogni singolo pensiero di essa, quasi rifacendo musicalmente
-la poesia stessa. Con ciò però la canzone venne a perdere almeno per
-noi meridionali i suoi maggiori pregî, perchè alla forma e bellezza
-melodica subentrò la riflessione ed il sentimento drammatico, che
-il genere di composizione non comporta. L'estrema complicazione
-dell'accompagnamento, che vuole sottolineare e spiegare ogni parola ha
-finito di snaturarne il carattere. Wolf fu certo un grande ingegno e
-fra le sue infinite canzoni, nate sempre da un bisogno intimo, ce ne
-sono di perfette. Anch'egli come tanti altri musicisti ebbe sempre a
-lottare e la sua vita non fu che un lungo martirio.
-
-Prima di chiudere questo capitolo sono da nominarsi altri musicisti,
-che se non seppero raggiungere i nominati, pure si distinsero fra
-l'infinita quantità di compositori di musica istrumentale che ebbe la
-Germania e non sono ancora del tutto dimenticati, quantunque la maggior
-parte delle loro opere appartenga alla cosidetta _Kapellmeistermusik_,
-un vocabolo che si usa per indicare tutta quella musica che fu scritta
-e si scrive con molta buona volontà e solide cognizioni tecniche ma
-poca ispirazione.
-
-_Gioachino Raff_ (1822-1882) fu un eclettico per eccellenza, che cercò
-inutilmente di mettere d'accordo la tradizione classica coi nuovi
-indirizzi di Liszt e Berlioz. Ma fra le sue moltissime opere che per la
-maggior parte sono dimenticate, ve ne sono alcune non prive di merito
-(sinfonia _nel Bosco_, Quintetto, qualche trio e Quartetto).
-
-_Felice Draeseke_ (1835-1913) fu musicista più forte e sano ma rude
-ed angoloso, sicchè egli non seppe mai conquidere il pubblico ad onta
-di grandi pregî. (Sinfonie, Quartetti, Oratori, Requiem, ecc.). _Max
-Bruch_ (1838) ebbe giorni di fama specialmente coi suoi Oratorî e
-cantate (_Fritjof_, _Ulisse_, _Achille_, _La canzone della campana_,
-ecc.) opere di poco valore per quanto scritte con una certa facilità.
-Fra i suoi concerti per violino il primo in _sol minore_ è ancora
-notissimo e di spesso eseguito. _Giuseppe Rheinberger_ (1839-1901),
-dotto teorico e distinto maestro continuò per strade già battute ed
-oggi ci sembra ben poco interessante nelle sue opere, mentre _Enrico
-Herzogenberg_ (1843-1890) e _Hans Huber_ (1852) seguono fedelmente le
-orme di Brahms.
-
-
- LETTERATURA
-
- Hellborn — _Fr. Schubert_, Vienna, 1865.
-
- A. Reissmann — _Fr. Schubert_, Berlino, 1873.
-
- Dahms W. — _Schubert_, Berlino, 1912.
-
- Curzon H. — _Les lieder de F. Schubert_, Paris, 1900.
-
- Bourgault-Ducondray — _Schubert_, Paris-Laurens, 1909.
-
- A. Reissmann — _F. Mendelssohn-Bartoldy_, Berlino, 1873.
-
- Hiller F. — _F. Mendelssohn-Bartoldy_, 1874.
-
- Schrader — _F. Mendelssohn-Bartoldy_, Lipsia, Reclam.
-
- Barbedette — _Mendelssohn_, Paris.
-
- Stoecklin P. — _Mendelssohn_, Paris, Laurens, 1909.
-
- Wasielewski — _R. Schumann_, Dresda, 1880.
-
- Reimann H. — _R. Schumann_, Lipsia, 1887.
-
- Spitta — _R. Schumann_, Lipsia, Breitkopf u. Härtel.
-
- Batka — _R. Schumann_, Lipsia, Reclam.
-
- F. Liszt — _Fr. Chopin_, Lipsia, 1880.
-
- Ip. Valetta — _Fr. Chopin_, Torino, 1910.
-
- Laloy — _Chopin_, Parigi, 1913.
-
- F. Niecks — _Chopin_, London, 1888.
-
- Poiré E. — _Chopin_, Paris, 1906.
-
- Leichtentritt — _Chopin_, Berlin, 1907.
-
- H. Reimann — _I. Brahms_, Berlino, 1898.
-
- Spitta — _I. Brahms nel libro Zur Musik_, Berlino.
-
- Fuller-Maitland — _Brahms_, trad. tedesca dall'inglese, Berlino.
-
- Deiters — _I. Brahms_, Lipsia, 1898.
-
- H. Imbert — _Brahms_, Paris.
-
- Kalbeck M. — _I. Brahms_, 3 vol., Berlino.
-
- Louis R. — _Anton Bruckner_, Monaco, 1904.
-
- Graefinger — _A. Bruckner_, Monaco.
-
- St. Paul — _G. Mahler_, Monaco, 1910.
-
- Specht R. — _G. Mahler_, Berlino, 1914.
-
- E. Decsey — _Hugo Wolf_, Berlin, 1903-1905.
-
- Prati R. — _Ugo Wolf_, Torino, 1914.
-
- Weingartner F. — _Die Symphonie nach Beethoven_, Berlino, Fischer,
- 1900.
-
- Imbert H. — _La Symphonie après Beethoven_, Paris, Fischbacher.
-
-
-
-
-CAPITOLO XX.
-
-I rivoluzionari dell'arte.
-
-
-Fra le rivoluzioni e riforme musicali che abbiamo incontrate nel
-corso dei secoli nella storia della musica, nessuna, ad eccezione
-della fiorentina del Seicento, ha l'importanza di quella iniziata da
-Riccardo Wagner nell'opera drammatica e da Ettore Berlioz nella musica
-strumentale. Dopo la morte di Beethoven sembrava compiuto lo sviluppo
-della musica istrumentale e che fosse impossibile oltrepassare i
-confini da lui stabiliti. E difatti i maestri posteriori tedeschi non
-trovarono nuove forme nè aprirono nuovi orizzonti ma si contentarono
-di seguire le orme del maestro. Chi si mise per il primo per nuove
-strade fu _Ettore Berlioz_, che riconobbe che «de nouveaux besoins
-de l'esprit, du coeur et du sens de l'ouïe imposent des nouvelles
-tentatives, et même, dans certains cas, l'infraction des anciennes
-lois». I francesi mostrarono già per tempo una certa tendenza alla
-musica descrittiva e pittoresca come lo provano le composizioni per
-voci di Jannequin e quelle di cembalo di Couperin, Rameau ed altri.
-L'innovazione di Berlioz è però ben altra cosa, perchè egli non si
-contentò di seguire questa inclinazione nazionale, che fin allora
-non consisteva in sè che nella imitazione di suoni della natura ma la
-approfondì cercando di esprimere con toni situazioni e sentimenti che
-si adattano ad essere tradotti in musica. Egli è l'iniziatore della
-musica programmatica per eccellenza, essendo il suo supremo scopo
-quello di esprimere più fedelmente che fosse possibile non solamente un
-pensiero, un'impressione poetica in generale, ma un'azione seguendola
-nel suo corso, nelle sue fasi. Questo sistema doveva necessariamente
-condurre all'assoluta libertà della forma, ma altrettanto facile era
-l'oltrepassare i limiti segnati alla musica. E difatti con un passo di
-più ci troviamo nel campo dell'opera, dalla quale alcune delle opere
-sinfoniche di Berlioz poco differiscono. Ma egli non seppe o non volle
-abbandonare intieramente le forme tradizionali nè egli stesso per
-nulla chiamò la sua musica _architecturale_, giacchè egli tiene fermo
-per quanto possibile alla forma della sinfonia ed appunto per questo
-non seppe raggiungere il suo ideale, contrastando il formalismo della
-sinfonia colla libertà voluta dal programma. E forse questo è uno dei
-maggiori motivi che ci disorientano se vogliamo giudicare delle sue
-opere. E non soltanto questo. La melodia di Berlioz è tutta propria
-e ben diversa dalla nostra italiana. Essa manca almeno per i nostri
-orecchi di molte di quelle qualità, che noi le domandiamo e che Berlioz
-chiama _droleries_. Poi l'estrema libertà di ritmo, che del resto è
-certo uno dei più gran pregi delle opere di Berlioz e finalmente le
-proporzioni, che molte volte sono veramente straordinarie.
-
-Heine disse parlando della sua musica che essa gli fa pensare ad un
-usignuolo gigantesco, ad un'allodola dalle ali di aquila, a certi
-edifici di Ninive e Babilonia ed in questi motti di spirito sta
-nascosto anche del vero. Egli esagera Beethoven e ne fa quasi la
-caricatura, manca spesso d'unità nelle sue opere che di rado, ad onta
-di momenti felicissimi e geniali, ci lasciano intieramente soddisfatti
-anche perchè egli è figlio del suo tempo ed il suo pronunciato
-romanticismo simile a quello di Victor Hugo ed Eugenio Sue non è più
-di nostro gusto. Nessuno degli anteriori sa trarre invece più di lui
-dall'orchestra effetti sorprendenti ed incantevoli; egli sa ammaliarci
-con questi e soggiogarci colla grandiosità dei mezzi usati, ma di
-rado gli riesce di commuoverci con una semplice ed ispirata melodia,
-sicchè le sue opere sfrondate dello smagliante colorito orchestrale ci
-sembrano in molte parti bizzarre e strane e nella scelta degli spunti
-melodici non sempre felici.
-
-Berlioz ha una somiglianza spiccata con Vittor Hugo. Ambedue
-hanno una predilezione per il grottesco e si dilettano della sua
-rappresentazione. Ma mentre Hugo era artefice alle volte perfetto, il
-_volere_ di Berlioz è maggiore del suo _potere_ e l'uno non corrisponde
-all'altro; ciò che è specialmente palese nei primi ed ultimi tempi
-delle sue sinfonie. Egli sa spesso ingannare colla forza elementare
-dei mezzi usati, e cosa strana e replicantesi dopo in quasi tutti i
-compositori di musica descrittiva egli che sceglie idee poetiche per le
-sue opere è uno dei musicisti più realisti.
-
-Uno dei meriti di Berlioz sta nell'aver dato alla sinfonia maggior
-unità fra le sue parti con un tema dominante (_idée fixe_ nella
-sinfonia fantastica, il tema della viola nell'Aroldo, ecc.) che egli
-continuamente varia e sa trasformare in forma drammatico-psicologica.
-Egli è un gran genio veramente nazionale come la Francia mai ne ebbe nè
-prima nè dopo e non è da dimenticare, che egli scrisse quasi tutte le
-sue opere principali prima che Wagner avea composto il Rienzi!
-
-_Ettore Berlioz_ (nato agli 11 Dicembre 1803 a Cóte St. Andrè, morto
-agli 8 Marzo 1869 a Parigi) ebbe vita burrascosa e travagliata. Dopo
-aver dovuto lottare contro la volontà dei genitori per dedicarsi alla
-musica, dopo aver combattuto col bisogno, vinse il premio di Roma e
-restò per due anni nella Città Eterna, dove scrisse la poetica sinfonia
-_Romeo e Giulietta_ e la romantica _Aroldo in Italia_, ambedue ricche
-di felici momenti ispirati e d'un colorito poetico insuperabile. Ma nè
-queste opere nè la sua grandiosa _Damnation de Faust_, nè l'_Episode
-de la vie d'un artiste_, l'opera che gli avea procacciato la simpatia
-e l'ammirazione di Schumann, furono comprese dal pubblico francese,
-che ora soltanto con tarda ammirazione cerca rimediare al torto d'aver
-disconosciuto e trascurato in vita uno dei suoi più grandi musicisti.
-
-Perciò egli si rivolse alla Germania più atta a comprenderlo, dove le
-sue opere eseguite in molte città e più volte sotto la sua direzione
-destarono sempre il più grande interesse ed alle volte persino
-entusiasmo, e fu in Germania che egli trovò i primi e più caldi
-fautori. Oltre le opere suddette Berlioz scrisse più _ouvertures_,
-fra le quali sono note quella dei _Francs Juges_ e del _Re Lear_, un
-_Requiem_, che egli stesso chiama un cataclisma musicale, in cui alla
-grandiosità dei mezzi orchestrali corrisponde in parte la maestosa
-concezione michelangiolesca; l'oratorio _L'enfance de Christ_, le
-opere _Benvenuto Cellini_ colla stupenda _ouverture_ caratteristica,
-_Carneval romain_, _Les Troyens_, _Beatrice et Benedict_. I Trojani
-(_I Trojani a Cartagine_, _Cassandra_, _Didone_) contengono delle scene
-ispiratissime e certo precedono il loro tempo. Ma il tutto è di valore
-affatto ineguale ed i tentativi fatti di far rivivere quest'opera di
-proporzioni colossali sono finora rimasti infruttuosi.
-
-Berlioz fu pure distinto scrittore di cose musicali e critico arguto
-e ci lasciò un trattato sull'istrumentazione, che è un modello del
-genere.
-
-L'opera di Berlioz, certo inimitabile perchè troppo personale restò
-per anni senza frutto in Francia e soltanto molto tempo dopo i nuovi
-maestri accettarono in parte le sue idee e continuarono per la via da
-lui segnata. L'influsso che egli esercitò sulla musica istrumentale
-fu però di natura esterna, in quanto che egli è il padre di molti
-di quegli effetti incantevoli d'orchestra, che oggi si usano, di
-molte geniali combinazioni di suoni e coloriti, mentre l'indirizzo
-artistico esclusivo di lui non poteva divenire il vessillo d'una
-numerosa schiera. In un certo riguardo però, per quanto diverse furono
-le vie, egli fu il precursore di Wagner, e se la riforma e le idee di
-quest'ultimo ebbero più diffusione e trovarono più seguaci, ciò dipese
-non solo dalla maggiore genialità di queste ma altresì dal genere della
-musica.
-
-_Riccardo Wagner_ (nato ai 22 Maggio 1813 a Lipsia, morto a Venezia
-ai 13 Febbraio 1883), dopo aver terminati gli studî universitarî
-e musicali nella sua patria, compose nel 1832 quella sinfonia che
-nel 1882 fu eseguita al Liceo Marcello di Venezia e che ci mostra
-il maestro ancora sotto il diretto influsso dei classici. Nell'anno
-seguente fa eseguire a Würzburgo le sue _Fate_, un'opera romantica, e
-nel 1831 assume il posto di direttore a Magdeburgo. A Riga dove coprì
-la stessa carica, comincia a scrivere il _Rienzi_, che voleva far
-eseguire a Parigi, e finitolo, va in quella città per farlo accettare
-all'Opera. Ma ad onta del potente patrocinio di Meyerbeer le porte di
-quel teatro gli rimasero chiuse ed incominciò pel giovane maestro il
-periodo più triste della sua vita, pieno di disinganni e privazioni
-materiali. Altri non dotato dell'energia stragrande di Wagner si
-sarebbe perduto nei vortici della vita parigina. Egli invece lotta,
-lavora fiducioso di sè e delle sue forze e vince. Il suo _Rienzi_
-è accettato a Dresda e si eseguisce nel 1842 con immenso successo.
-Nel 1843 segue il _Vascello fantasma_ e nel 1845 il _Tannhäuser_.
-Intanto si preparavano i tempi burrascosi che dovevano condurre
-alla rivoluzione generale del 1848, alla quale anche Wagner si
-trovò immischiato e compromesso. Condannato e bandito, egli fugge in
-Svizzera, dove nella quiete dei monti e lontano dai rumori del mondo si
-occupa dei problemi di riforma, che da lungo studiava nella sua mente e
-pubblica i suoi maggiori scritti: _Arte e Rivoluzione_, _L'Opera d'arte
-dell'avvenire_, _Opera e Dramma_, in cui sono spiegate e giustificate
-le nuove idee.
-
-Nel primo di questi egli fa un quadro delle condizioni artistiche
-del suo tempo e le confronta coll'arte greca, espressione della
-vita nazionale, mentre il principio estetico dell'arte moderna è
-semplicemente il divertimento. Le sue idee si concretano nell'_Opera
-d'arte dell'avvenire_, che deve nascere dal complesso e dall'unione
-di tutte le arti. Nel dramma la musica, la poesia e la danza (mimica)
-devono unirsi e formare un tutto organico coll'aiuto delle arti
-plastiche e decorative. Nell'_Opera e Dramma_ egli fa la critica
-dell'opera e la dichiara un errore, giacchè in essa il mezzo
-d'espressione (la musica) diventa scopo e lo scopo (il dramma) mezzo.
-La vera melodia del dramma è quella che nasce dalla parola declamata e
-non quella che esiste per sè indipendentemente da quella.
-
-Nel 1850 Liszt eseguisce a Weimar il _Lohengrin_ e diventa il più caldo
-fautore, l'amico più fedele e devoto del maestro, che nei duri anni
-dell'esiglio, ora scoraggiato e disilluso, ora pieno di speranza e
-fiducia concepisce e scrive buona parte della sua grandiosa _Trilogia
-dei Nibelungi_ ed il _Tristano ed Isotta_. Finalmente nel 1864 il
-nobile e cavalleresco re di Baviera, l'infelice Lodovico, lo chiama
-alla sua corte, dove nel 1865 si dà il _Tristano_, il più ispirato
-poema musicale d'amore che fu mai scritto, e nel 1868 si eseguiscono
-i _Maestri cantori_, una concezione quasi perfetta, dove tutto è vita
-e movimento e vi domina un'infinita dolcezza e poesia. Ai 22 Maggio
-del 1872 si pone la prima pietra del teatro di Bayreuth, realizzandosi
-così il sogno del maestro, e nell'Agosto del 1876 vi si eseguisce
-la _Trilogia dei Nibelungi_. (_L'oro del Reno_, _la Walchiria_,
-_Sigfrido_, _il Crepuscolo degli Dei_) cominciata molti anni prima,
-interrotta più volte e poi ripresa. L'ultima opera del maestro fu il
-_Parsifal_ (26 Luglio 1882).
-
-Nietsche (Unzeitgenrässe Betrachtungen IV) scrive parlando delle opere
-letterarie del maestro: «Wagner come scrittore mostra sempre lo sforzo
-di un uomo forte, al quale fu troncata la mano destra e pugna colla
-sinistra. I suoi scritti nulla hanno di dottrinale, la teoria sta nelle
-sue opere musicali. Essi sono tentativi di scrutare l'istinto che lo
-spinse alle sue opere e di comprendere sè stesso. Se egli raggiungesse
-di cambiare l'istinto in coscienza, allora egli spererebbe che possa
-succedere il processo inverso nell'animo dei suoi lettori».
-
-Le teorie wagneriane nella loro sostanza non erano veramente nuove.
-Noi le abbiamo già trovate riconosciute dalla Camerata fiorentina e da
-Gluck. Accenni ed idee simili troviamo nelle Memorie di Gretry, negli
-scritti di Algarotti e per noi non è senza interesse il vedere Giacomo
-Leopardi lamentarsi nel suo Zibaldone (Pensieri V, 254) della povertà
-espressiva dell'opera specialmente seria cagionata «dal far totalmente
-servire le parole allo spettacolo ed alla musica e dalla confessata
-nullità di esse parole, dalla quale necessariamente deriva la nullità
-dei personaggi e così del coro e quindi la mancanza di effetto morale
-ossia di passione».
-
-Ma se non erano assolutamente nuove le teorie, nuova fu la maniera
-di Wagner di metterle in pratica, oppure, meglio detto, nuova fu la
-teoria che risultò dalle opere musicali di Wagner e che egli trasse
-da esse. Gluck mise a sommo delle sue aspirazioni il raggiungere la
-verità drammatica ma non seppe o volle rompere le forme musicali.
-Wagner invece parte dal principio che la parola deve essere nel dramma
-musicale l'elemento generante della melodia e che questa deve nascere
-dalla cadenza naturale ed accento della parola. Con ciò veniva bandita
-la melodia assoluta e la forma musicale. Ma ciò non bastava. Essendo
-l'azione drammatica un tutto organico, bisognava trovare un mezzo dal
-quale risultasse una continuità di stile. Anche prima di Wagner si
-scrisse certo della musica eminentemente drammatica ma soltanto Wagner
-fu quegli che concepì e seppe trovare per il primo uno stile drammatico
-continuato, tutto nuovo e personale con una lingua musicale diversa
-dalla solita. Quest'ultima era inadoperabile per lui, dove essa per
-accidente non aveva a tradurre speciali momenti lirici o poesia a forme
-fisse, p. es., a strofe. Wagner disciolse la melodia nei suoi elementi
-come già aveva fatto in certo riguardo Beethoven nel campo della musica
-istrumentale coi suoi sviluppi tematici e fu questo procedimento che lo
-condusse alla cosidetta melodia infinita che in sè non è altro che il
-canto parlato. Da questo deriva anche il maggior uso della cromatica
-derivata dalla cadenza naturale della declamazione, che ben di rado
-combina cogli intervalli diatonici.
-
-La funzione dell'orchestra diventava tutt'altra, giacchè se prima
-la linea melodica poteva in certo riguardo bastare a sè stessa, ora
-l'orchestra dovea supplire a quello che il canto non poteva esprimere
-e per conseguenza diventare sinfonia e non più contentarsi di
-accompagnare. Ma mancando la musica istrumentale della parola, essa
-poteva ancor meno della vocale far senza della forma. Wagner trovò il
-mezzo di poter combinare il canto declamatorio colla nuova orchestra
-nel _Leitmotiv_, che è ben diversa dalla reminiscenza simbolica di
-un tema musicale, che si ripete, quando si vuol esprimere lo stesso
-sentimento o l'egual situazione ma che è un elemento architettonico
-della nuova musica e che le impedisce di cadere nel caos completo.
-
-Wagner, questo _uomo di quattro anime_ come Leonardo, pensatore,
-patriota, poeta, musicista, nella storia della coltura nazionale
-germanica ha importanza simile a quella di Sofocle e Eschilo nella
-Grecia, ed assieme a Bismark ha destato in rami diversi il sentimento
-della grandezza del suo popolo e contribuito cogli avvenimenti politici
-al risorgimento nazionale. Prima di lui l'opera tedesca con pochissime
-eccezioni mancava di stile, d'ideale, d'indirizzo. Dopo le opere di
-Weber e Marschner si può anzi dire che nessun'opera drammatica tedesca
-si fosse elevata al di sopra della mediocrità, mancando in tutte il
-sentimento drammatico, la potenza e l'unità.
-
-Wagner preferì pei suoi drammi il mito e le azioni leggendarie
-medioevali, perchè queste ci mostrano l'uomo liberato dai ceppi
-convenzionali e nella sua prima semplicità. Come poeta drammatico
-egli ebbe più detrattori che come musicista, ma le critiche fattegli
-sono soltanto giustificate in quanto concernono la lingua, più volte
-contorta, ricercata, arcaica e persino inintelligibile, non sempre
-per l'azione drammatica stessa, giacchè molti dei suoi drammi per
-l'immaginazione, la verità dei caratteri, il sapiente aggruppamento
-delle parti hanno grande valore anche come opere letterarie. Il tema
-prediletto è la Redenzione per opera dell'amore (Olandese, Lohengrin,
-Tannhäuser, Tristano, Parsifal).
-
-L'opera di Wagner è sì complessa che è assai difficile il parlare
-dell'elemento specifico musicale in essa. Studiandola devesi però
-conchiudere che la sua facoltà melodica è assai grande e che egli
-seppe, quando lo volle, creare melodie delle più ispirate e non solo
-nelle prime opere ma in tutte fino alle ultime. Anzi l'intensità
-del sentimento, la ricchezza armonica, la varietà del ritmo segnano
-una continua linea ascendente sicchè si può dire che l'aridità e
-l'astrusità di alcune parti della _Trilogia_, dei _Maestri cantori_,
-ecc., sono piuttosto le conseguenze d'una esagerata costanza di
-principî che segni di decadenza del genio wagneriano. I difetti di
-Wagner, e che la sua opera non fu perfetta non si vorrà negare neppure
-dai suoi più caldi fautori, sono per noi italiani più sensibili che
-per i suoi connazionali. Il maggiore è la mancanza di quella certa
-semplicità ed ingenuità, che pure è tante volte propria dei genî. Egli
-si è fatto un sistema e lo segue con pertinacia e costanza anche dove
-ciò diventa pedanteria e la musica vorrebbe prepotente rompere i legami
-che la impacciano. Wagner è un genio potente ma complicato e fatto in
-parte di riflessione. Volendo caratterizzare e sottolineare tutto, egli
-finisce molte volte coll'affaticare e distruggere l'impressione totale.
-Wagner non fu mai sì ispirato e potente che quando si dimenticò dei
-suoi principî e sistemi e questo vale non soltanto per le prime opere
-ma anche pei Maestri cantori, per il Tristano ed il Parsifal.
-
-Nessuno ebbe più caldi ammiratori di Wagner ma altresì nessuno più
-accaniti nemici. La lotta, oggi dopo tanti anni è ormai decisa per
-le schiere wagneriane. Qualunque sia l'opinione che si può avere
-sull'opera di Wagner, il sottrarsi al di lei influsso sembra oggi
-ormai quasi impossibile ed è inutile il non voler riconoscere che
-la riforma wagneriana basa, specialmente nella parte musicale, in
-gran parte su principî veri e giustificati. Ma Wagner è un modello
-pericoloso da imitarsi e se recò immensi vantaggi all'arte musicale
-drammatica, l'influsso che egli esercitò sui musicisti non fu certo
-sempre benefico. I suoi seguaci non vollero soltanto accettare le
-sue teorie nelle idee principali ma imitare il suo procedere e qui
-naufragarono. L'applicazione del sistema del _Leitmotiv_ si mostrò
-finora perniciosa all'opera dei successori, perchè essa presuppone una
-potenza specialissima nel creare e trovare leitmotivi sì pregnanti e
-suscettibili di infinite variazioni armoniche e ritmiche da potere
-servire all'edifizio sinfonico, tutte qualità che ebbe il genio di
-Wagner ma che mancano quasi intieramente ai maestri posteriori.
-
-Wagner appartiene ormai alla storia, quantunque le sue opere sieno
-ancor oggi più vive che mai e sarebbe tempo di considerare in lui
-prima di tutto il musicista e non il filosofo e costruttore di
-sistemi estetici e metafisici. Egli fu un gran genio non perchè fu
-un innovatore e creò nuove teorie ma perchè fu uno dei più ispirati
-musicisti e riunì tutti gli elementi diversi in un organismo
-rigenerato. Egli scelse il mito e leggenda a soggetto dei suoi drammi,
-perchè egli credette così di rendere più intelligibile l'essenza
-dell'umanità. Ma se ciò poteva forse valere per i suoi connazionali
-o per i più colti di essi, questi miti dicono ben poco ai popoli
-stranieri, diversi per istinto, lingua e pensare, e noi latini non
-ammiriamo in lui che il grande ed ispirato musicista.
-
-Wagner e Verdi sono morti già da anni ed è perciò possibile giudicare
-spassionatamente della loro opera. Quale differenza fra questi due
-uomini nati nello stesso anno ma da un popolo ed in un ambiente
-ben diverso. Verdi crea le sue opere lontano dal mondo, silenzioso
-ed austero avvicendando una caduta con un successo senza provocare
-dispute, senza voler imporre sistemi. Arrivato all'estrema vecchiaia,
-guardando indietro alla via fatta e sorridente sulle vicende umane
-come un antico filosofo, ci da un'opera di serena ironia e giocondità.
-Wagner invece sempre in fermento ed in lotta con sè e gli uomini non si
-contenta di essere soltanto un musicista ma vuol essere anche poeta,
-filosofo, combatte battaglie per ogni sua opera nuova, ed invece di
-un Falstaff, scrive prima di scendere nella tomba il Parsifal «canto
-del cigno favoloso, ferito a morte, lunga preghiera melodica di un
-agonizzante che chiede pace, alzando verso un Dio ignoto la voce
-straziante e pur consolatrice, straziante e pura» (Borgese).
-
-Fra i numerosi ammiratori di Wagner nessuno fu più fedele, più sincero,
-più disinteressato del grande pianista _Francesco Liszt_ ed è in gran
-parte di lui merito se i drammi wagneriani furono presto eseguiti e le
-sue teorie si diffusero.
-
-_Francesco Liszt_ (nato ai 22 Ottobre 1811, morto ai 31 Luglio 1886),
-ungherese di nascita, fu scolaro di Carlo Czerny, il celebre pedagogo,
-e cominciò già nel 1834 quei viaggi artistici che gli procacciarono
-la fama di essere il più geniale dei pianisti. Dopo alcuni anni di
-soggiorno a Parigi, egli continuò fino al 1847 i suoi viaggi, destando
-dovunque inaudito fanatismo ed entusiasmo. Nel 1847 accettò il posto
-di direttore del teatro di Weimar dove rimase fino al 1861. In questo
-tempo egli sviluppò un'attività prodigiosa e Weimar divenne il centro
-della vita musicale germanica, al quale accorrevano i giovani, molti
-dei quali divennero scolari del maestro e contarono o contano ancora
-fra i migliori musicisti di Germania. Le opere della nuova scuola
-tanto le drammatiche che le istrumentali vi furono eseguite con ogni
-accuratezza, i nuovi problemi estetici si trattarono in articoli e
-studî. Fu anche durante quest'epoca che egli scrisse molte di quelle
-opere, per le quali va annoverato fra gli innovatori della musica
-istrumentale, come i _poemi sinfonici_, la sua sinfonia _Dante_ e
-_Faust_, la _Messa di Gran_, ecc. Nel 1861 Liszt abbandonò Weimar,
-venne a Roma ubbidendo ad un suo antico desiderio di dedicarsi all'arte
-sacra e vi restò con poche interruzioni fino al 1870. Poi visse a
-Pest e Weimar raccogliendo intorno a sè un'eletta schiera di giovani
-scolari. Anche questi anni furono feraci e fra le moltissime opere di
-questo tempo le più grandi ed importanti sono gli oratori _Cristo_, _S.
-Elisabetta_ e la _Messa ungherese d'incoronazione_.
-
-Liszt come compositore è certo inferiore al pianista. Chi non ebbe la
-sorte di udirlo al pianoforte, non può immaginare la potenza titanica,
-la passione, la dolcezza, la poesia infinita delle sue produzioni.
-Liszt non è paragonabile a nessun pianista, perchè egli oltrepassa
-tutti di gran lunga e non trova un parallelo che in Paganini.
-Ambedue affascinavano il pubblico, che era soggiogato come da una
-forza misteriosa. Liszt fu altresì un gran riformatore della tecnica
-pianistica. Sebastiano Bach e Domenico Scarlatti non si occuparono
-della didattica ma il loro sistema tecnico risulta dalle loro opere. La
-scuola tedesca basa sull'armonia ed il contrappunto per cui la tecnica
-del pianoforte (cembalo) somiglia a quella dell'organo. L'italiana
-si fonda invece sulla linea melodica ed i passaggi brillanti. Diverso
-era pure l'accompagnamento posteriore di stile leggiero: i cosidetti
-bassi albertini così chiamati da _Domenico Alberti_ (1717-1740?)
-che li usò fra i primi e che furono poi adottati anche da Haydn e
-Mozart. Ma mentre la scuola viennese considerava la tecnica quasi uno
-scopo e finì in un mare di fantasie e variazioni senza alcun valore,
-Muzio Clementi, che apprese il pianoforte da Cordicelli, scolaro
-di Scarlatti, seppe fondere i pregi delle due scuole e da lui e dai
-suoi scolari _Giov. Cramer_ (1771-1858) e _Giov. Field_ (1782-1837)
-dipendono tutti i pianisti fino a Mendelssohn. Chi aprì nuovi orizzonti
-alla tecnica pianistica fu di nuovo un italiano, _Giuseppe Francesco
-Pollini_ (1763-1846) che nella sua tecnica si avvicina ormai molto
-a Liszt, e noi troviamo già nelle sue opere la melodia nelle note
-centrali, suonata or colla mano destra ora colla sinistra, mentre
-l'accompagnamento si estende a tutta la tastiera, ed altre innovazioni
-ed effetti che sogliamo chiamare lisztiani. Il maggior merito di Liszt
-fu quello di aver introdotto la tecnica ed il colorito orchestrale.
-
-Le opere orchestrali di Liszt (dodici poemi sinfonici e due sinfonie —
-_Dante_ e _Faust_) seguono lo stesso indirizzo di quelle di Berlioz.
-Ma mentre questi tentò di mantenere fino ad un certo punto la forma
-tradizionale della sinfonia, Liszt si libera intieramente da questa
-e ne crea una nuova più adatta al soggetto poetico, che ogni volta si
-rinnova e cambia a seconda dell'oggetto che cerca di rappresentare od
-esprimere. La parola, il pensiero poetico fecondano la sua fantasia,
-che però non era veramente potente. La sua tecnica è affatto speciale
-e consiste di solito nella trasformazione ritmica di brani dei temi
-scelti. Questi spesso non molto ispirati non si adattano a veri
-sviluppi tematici, che difatti mancano quasi sempre nelle opere di
-Liszt ed egli vi supplisce con ripetizioni e coi crescendo, ciò che
-gli impedisce di arrivare alla concretazione dell'idea originaria alle
-volte geniale. Altro difetto è il predominio dell'elemento retorico
-ed estatico. Ad onta di ciò l'importanza delle opere orchestrali di
-Liszt fu grandissima per la musica moderna, perchè se esse non sono
-capolavori, contengono almeno una quantità di nuovi elementi geniali,
-di idee, che additarono nuove vie all'arte ed alle quali Wagner attinse
-molto più di quello che si crede e che influenzarono la scuola russa e
-Riccardo Strauss.
-
-Egli cercò pure di riformare la musica sacra, tentando di fondere
-l'arte antica colla moderna e creare un nuovo stile, partendo dal
-principio senza dubbio giusto, che è impossibile rimontare alle origini
-dell'arte ed ignorare nella musica da chiesa le conquiste dei secoli
-moderni, se le emanazioni artistiche non devono rimanere lettera morta
-ma corrispondere ai bisogni dei tempi.
-
-Le canzoni di Liszt quasi sconosciute confermano quanto si disse
-perchè hanno degli elementi di grande drammaticità e preludiano alle
-modernissime.
-
-Liszt è una delle più nobili figure nella storia della musica, l'amico
-più disinteressato ed affezionato di Wagner e di tanti altri musicisti,
-per i quali combattè colla parola, gli scritti, l'insuperabile maestro,
-l'uomo generoso sempre pronto a soccorrere col consiglio e l'opera non
-domandando mai nulla per se e le sue opere.
-
-
- LETTERATURA
-
- I. Tiersot — _Berlioz_, Paris, 1904.
-
- A. Jullien — _H. Berlioz_, Paris, 1888.
-
- Hippeau — _H. Berlioz, l'homme et l'artiste_, Paris, 1893-95.
-
- R. Pohl — _Gesammelte Schriften von H. Berlioz_, 1864.
-
- Berlioz — _Memorie e scritti_, Paris.
-
- Louis R. — _H. Berlioz_, 1904.
-
- Schurè — _Le drame musical_, Paris.
-
- R. Wagner — _Gesammelte Schriften_, Lipsia.
-
- Glasenapp — _Das Leben Rich. Wagners_, 1906.
-
- Chamberlain H. St. — _Richard Wagner_, 1904.
-
- Torchi — _Ricc. Wagner_, 1890.
-
- Adler G. — _R. Wagner_, 1904.
-
- Chantevoine — _F. Liszt_, Paris, 1911.
-
- Ramann — _Franz Liszt_, Lipsia, Breitkopf und Härtel.
-
- F. Liszt — _Gesammelte Schriften_, 1880-1883.
-
- Louis R. — _Franz Liszt_, Berlino, 1899.
-
- Kapp. — _Franz Liszt_, Berlino, 1914.
-
-
-
-
-CAPITOLO XXI.
-
-Scuole nazionali.
-
-
-Fino alla metà del secolo scorso la musica aveva un carattere
-piuttosto internazionale, per quanto non si vorrà certo negare che
-in molti riguardi si distinsero sempre la musica italiana e francese
-dalla tedesca. Ma queste differenze per quanto esistenti non sono
-molto sensibili, perchè i grandi maestri tedeschi e specialmente gli
-antichi fino a Gluck e Mozart hanno subito l'influsso della musica
-italiana e francese. I maestri posteriori d'ogni nazione cominciarono
-invece a mostrare una fisionomia più decisamente nazionale come p.
-e. la francese in Berlioz, Frank e Saint-Saens, ecc., e la tedesca in
-Schumann, Brahms ed altri. Col destarsi poi della coscienza nazionale,
-sia frutto di guerre od avvenimenti politici o di maggior coltura
-si vennero sempre più sviluppando differenze anche nella musica
-di altre nazioni, specialmente delle nordiche e slave, sia perchè
-avevano conservata la loro musica popolare, sia perchè s'erano fondate
-scuole nazionali ed i musicisti non frequentavano più come prima
-quasi esclusivamente quelle estere. L'egemonia che l'Italia aveva
-esercitato per secoli sulla musica era già cessata da tempo e gliela
-contrastava la Germania. Ma se i giovani musicisti scandinavi ed alcuni
-dei russi accorrevano ancora alle scuole tedesche per apprendervi
-l'arte musicale, ritornati in patria essi cercarono di liberarsi
-dall'influenza straniera ed approfittando dell'immensa ricchezza della
-canzone e melodia popolare seppero dare alle loro opere il carattere
-nazionale servendosi appunto dell'elemento melodico e ritmico della
-musica popolare.
-
-La prima per tempo di queste scuole è la _Scandinava_ che comprende
-la _danese_, la _norvegese_ e la _svedese_ col ramo secondario della
-musica _finnica_, che è di tutte la più recente. I maestri scandinavi
-sono quasi tutti romantici e derivano in ultima linea da Mendelssohn
-e Schumann col già nominato Gade quale anello di congiunzione.
-Essi prediligono perciò la musica istrumentale e di questa le forme
-minori. La loro musica, quantunque abbia l'impronta moderna non mostra
-alcun influsso delle nuove teorie rivoluzionarie ed è anzi piuttosto
-conservativa e di carattere intimo e lirico. La nota predominante è la
-melanconia in tutte le gradazioni, appaiata ad un sentimento intenso
-della natura e ad una felice disposizione al colorito istrumentale
-e finezze armoniche e ritmiche, derivanti senza dubbio da elementi
-etnici.
-
-La musica danese prima di _Gade_ non ebbe vera impronta nazionale. Fu
-egli per il primo che consciamente, almeno nelle opere della giovinezza
-e virilità, ispirò alla sua musica l'elemento nazionale. Prima si
-usava servirsi di qualche melodia popolare per scopi speciali o per
-semplice amore di novità. Gade senza copiare la musica delle canzoni
-nordiche seppe, mantenendo le forme usuali creare un tipo di melodia o
-spunto musicale, che ha un carattere essenzialmente nazionale, sicchè
-la sua prima sinfonia in _do minore_ fu ai suoi tempi una rivelazione.
-Questa sua nota speciale andò poi nelle opere posteriori sempre più
-affievolendosi, finchè egli finì col diventare un gentile ed abile
-imitatore di Mendelssohn. Ma Gade fece scuola in tutta la Scandinavia.
-Fra i migliori musicisti della Danimarca contano _Emilio Hartmann_
-(1836-1898), _Giorgio Mailing_ (1836-1903), _Asger Hamerik_ (1843),
-_Augusto Enna_ (1860) che si dedica con qualche fortuna principalmente
-al dramma musicale, (_La Strega_, _Cleopatra_, ecc.), _Carl Nielsen_
-(1860).
-
-Maggiore impronta nazionale della danese ha la musica _norvegese_
-colle sue canzoni e danze caratteristiche (_Halling_, _Springer_,
-ecc.). Ma forse più che alla maggior ricchezza melodica e varietà
-delle sue canzoni essa deve la sua superiorità ai musicisti stessi,
-fra i quali _Kjelruf_ (1815-1863) ed il celebre violinista _Ole Bull_
-(1810-1880) furono i primi che misero in onore la musica nazionale.
-Il vero rappresentante della scuola norvegese ed ancor oggi il più
-geniale ed importante è _Edgardo Grieg_ (1843-1907). Egli è il poeta
-musicale della Scandinavia più di Gade e degli altri, ed ha contribuito
-alla conoscenza dell'anima nordica altrettanto che Biornsön ed Ibsen,
-perchè in ogni sua composizione, la più grande e la più piccola egli
-non smentisce mai il carattere speciale della sua nazione e quasi
-neppur volendolo sa liberarsi dall'influenza della musica popolare,
-che è diventata sua seconda natura e che egli pur creando nuove
-melodie e forme imita. La sua natura è un misto di elementi artistici
-e popolareschi, i quali si fondono organicamente, sicchè l'opera che
-ne risulta non ha nulla di artificioso ma è spontanea e sincera. Il
-Concerto per pianoforte, le Sonate per violino, il Quartetto, ecc.,
-sono opere costruite secondo le norme della morfologia musicale, eppure
-esse hanno un'impronta tutta speciale, perchè il contenuto è diverso,
-diversa la melodia, il ritmo e l'armonizzazione.
-
-Grieg discende da Schumann ed è vero impressionista. Le sue opere
-sono quasi sempre la traduzione poetica di un sentimento che occupa
-il suo animo e che in lui, poeta dei suoni, trova eco e si estrinseca
-nella sua arte. Le opere più note oltre le nominate sono due _Suites_
-(_Peer-Gynt_) per orchestra, una _Suite_ in stile antico per archi,
-un'_Ouverture_, i pezzi lirici per pianoforte e molte delle sue
-bellissime canzoni. Grieg non fu certo uno dei colossi della musica ma
-piuttosto un delicatissimo e poetico miniatore. Perciò le sue migliori
-opere non sono le più grandi, giacchè a lui mancava la potenza delle
-concezioni grandiose.
-
-_Cristiano Sinding_ (1856) invece è padrone delle forme maggiori e
-le predilige (Sinfonie, Concerti, Sonate, Quintetto, Trio, ecc.).
-Confrontato con Grieg egli è certo più maschio e potente ma molto meno
-poetico nelle sue opere, meno fortunato negli spunti, che sono alle
-volte rudi ed aspri, meno nazionale nel colorito, meno lirico ma invece
-molto più epico.
-
-Altri noti musicisti norvegesi sono _Giovanni Svendsen_ (1840-1911) che
-scrisse ancor giovanissimo le sue migliori opere (Ottetto, Sinfonie,
-Concerti, Leggende, Rapsodie, ecc.); _Gerardo Schjelderup_ (1859)
-autore di drammi musicali e _Halfdan Cleve_ (1879) (Concerti per
-pianoforte, ecc.).
-
-Quasi le stesse caratteristiche mostra la musica _svedese_. _Ivan
-Hallström_ (1826-1901) cercò già per tempo di liberare l'opera
-drammatica musicale dalle influenze straniere e darle un carattere
-nazionale, però con poca fortuna, mentre maggiore ne ebbero i tentativi
-di _Gio. Södermann_ (1832-1876) di innalzare le sorti della canzone
-_svedese_ e di _Andrea Hallén_ (1846) per la musica istrumentale, che
-si risente della musica di Wagner e Liszt. _Emilio Sjögren_ (1853)
-(Sonate, pezzi per pianoforte, cantate, canzoni, ecc.), _Guglielmo
-Stenhammer_ (1871) e _Guglielmo Peterson-Berger_ (1867) sono oggi i più
-noti musicisti svedesi.
-
-Alla musica scandinava appartiene anche quella della _Finlandia_,
-del paese dei mille laghi, una terra che ha pure una canzone popolare
-propria, in molti riguardi diversa della scandinava e russa ma affine
-ad ambedue. Fino a pochi anni fa il nome dei maestri nazionali non
-oltrepassava i confini del paese. Oggi _Roberto Kajanus_ (1869)
-ed ancor più _Jean Sibelius_ (1865) sono abbastanza noti nel mondo
-musicale. Anzi molti chiamano ora Sibelius il caposcuola non solo
-della musica finlandese ma della nordica in genere. Alle opere di lui
-(poemi sinfonici, sinfonie, Concerto per violino, pezzi per pianoforte,
-canzoni, ecc.), manca però quasi intieramente la nota ilare e gioconda
-ed esse hanno somiglianza colla natura del paese dai lunghi inverni,
-le fitte nebbie, rotte alle volte da qualche raggio di sole sbiadito,
-che mostra gli stagni fumanti ed il verde pallido delle erbe. Anche
-egli come Grieg non padroneggia le forme maggiori e non è di rado
-frammentario.
-
-La musica _russa_ prima di Glinka ebbe ben poca importanza come arte
-nazionale. Sarti, Galuppi, Martini, Paisiello e Cimarosa per non
-nominare che i maggiori, soggiornarono a lungo nella Russia e vi
-scrissero molte delle loro opere. Il vero creatore della musica russa è
-_Michele Glinka_ (1804-1857) l'autore della _Vita per lo Czar_ (1837) e
-_Russlan e Ludmilla_, ambedue pregne di carattere e melodia nazionale,
-con novità di ritmi ed armonizzazione ma ben lontane da meritare
-gli esagerati entusiasmi, che destano ancor oggi nella loro patria.
-Quasi contemporaneo è _Alessandro Dargomisky_ (1813-1869) (_Russalka_
-e _Convitato di pietra_) forse meno ispirato di Glinka ma ricco di
-sentimento drammatico e ricercatore di nuove forme. In questo riguardo
-si può anzi dire che egli col suo recitativo melodico, base di tutto
-il suo Convitato di pietra, ha molti punti di affinità cogli autori
-più moderni. _Alessandro Seroff_ (1820-1871) (_Giuditta_, _Rogneda_)
-completa la triade ma non raggiunge neppur lontanamente i suddetti.
-
-Il vero e decisivo impulso a creare di proposito una vera arte
-musicale russa partì dal cosidetto cenacolo dei cinque (_Balakireff_,
-_Cui_, _Borodine_, _Rimsky-Korsakoff_ e _Moussorzsky_), che per caso
-originariamente furono o uomini di scienza o soldati. Era l'epoca del
-fermento prodotto dalle opere di Berlioz, Liszt e Wagner ed in genere
-della musica programmatica e descrittiva. I cinque nominati bandirono
-la crociata contro la musica italiana e francese ed accettando i
-nuovi principî cercarono di metterli in pratica nelle loro opere sia
-drammatiche che sinfoniche. Supremo scopo poi era di dare alla loro
-musica una vera impronta nazionale togliendola dalla melodia e dal
-ritmo delle canzoni popolari. Queste col loro carattere oscillante fra
-il maggiore e il minore, somigliante molte volte alle antiche tonalità
-di chiesa, con elementi orientali frammischiati furono dai sudetti
-sapientemente utilizzati ed imitati ed hanno dato alle opere della
-scuola russa moderna un certo carattere esotico ed originale che ne è
-forse il maggior pregio. Il ritmo della musica russa ha qualche cosa di
-elementare che deriva più dalla razza che dalla volontà del musicista
-ed è svariatissimo (anche p. e. in 5/4, 5/8, ecc.).
-
-Il più audace innovatore dei nominati è _Modesto Moussorzky_
-(1823-1881) quantunque egli non ebbe mai sufficiente padronanza
-della parte tecnica della sua arte. Egli è l'autore dell'opera _Boris
-Godounov_, che quando fu data la prima volta nel 1877 a Pietroburgo
-fu derisa e cadde miseramente, mentre oggi si considera come l'opera
-più audace e nuova della scuola russa. In essa l'arte sinfonica non ha
-alcuna parte, ma tutto è conciso, rapido ed eminentemente drammatico.
-
-_Cesare Cui_ (1835) scrisse più opere drammatiche, _Angelo_,
-_Ratcliff_, ecc., e sinfoniche. Ma il suo maggior merito sta
-nell'aver combattuto accanitamente per i nuovi ideali specialmente
-coi suoi scritti e la sua propaganda. _Al. Borodine_ (1834-1887)
-gli fu nell'ispirazione di gran lunga superiore e ci lasciò poche ma
-belle opere quali, p. es., il secondo quartetto, la sinfonia in _do
-minore_. Il suo _Principe Igor_, opera rimasta incompiuta e finita
-poi da Rimsky-Korsakoff e Glazounow è scritta piuttosto nello stile
-antico ma contiene nelle danze e nei cori delle pagine stupende di un
-colorito smagliante. _Nicola Rimsky-Korsakoff_ (1844-1908) fu di tutti
-il più sapiente e molti dei giovani musicisti russi, che contano fra
-i migliori, furono suoi scolari. Egli si provò in tutti i rami della
-musica e quasi in tutti con fortuna (opere drammatiche _Sadko_, _Notte
-di maggio_, _Pskovitaine_, ecc., sinfonie, poemi sinfonici, _Antar_,
-_Sheherezade_, quartetti, Concerti, ecc.).
-
-Ma più che tutti questi musicisti sono noti al mondo internazionale
-i loro contemporanei _Antonio Rubinstein_ (1829-1894) e _Pietro
-Tschaikowsky_ (1840-1893). Il primo, celebre pianista e fecondissimo
-autore di opere teatrali (_Nerone_, _Feramor_, _Maccabei_, _Demonio_,
-ecc.), sinfonie, concerti, musica da camera, canzoni, oratorî, ecc., è
-oggi pressochè dimenticato, quantunque nelle sue opere sieno numerosi
-i momenti di vera ispirazione geniale. Ma in tutta la sua stragrande
-produzione non c'è un'opera di maggior mole che sia veramente perfetta.
-Spunti dei più eletti si avvicendano con frasi comuni, ed ad un tempo
-riuscitissimo ne seguono degli altri, scritti senza ogni cura, nei
-quali l'autore si trascina innanzi con lunghe esposizioni e lavori
-tematici senza alcun valore.
-
-Tschaikowsky è più moderno, più sincero per quanto più bizzarro, più
-lirico che drammatico. Egli è incoerente nello stile ma spesso assai
-ispirato. Fra le sue opere (_Eugen Onegin_, _Jolanda_, _Mazeppa_,
-ecc., Sinfonie, Quartetti, Concerti, Suites, ecc.), emerge su tutte la
-sesta sinfonia in _Si minore_, la patetica, una delle migliori opere
-sinfoniche degli ultimi decenni, calda di fantasia, piena di contrasti,
-varia nei ritmi e coloriti.
-
-Tanto Rubinstein che Tschaikowsky non sono musicisti sì schiettamente
-nazionali quanto i suddetti, quantunque molti dei temi delle loro
-opere abbiano carattere russo nazionale, ciò che vale specialmente
-delle composizioni di Tschaikowsky. La nuova scuola russa li ha perciò
-piuttosto trascurati e cominciò col foggiare la sua musica servendosi
-quasi intieramente di melodie nazionali. Così le opere di _Alessandro
-Glazounow_ (1865), il capo dei giovani russi (7 sinfonie, poemi
-sinfonici, quartetti, ecc.), talento fecondissimo e precoce, fino alle
-ultime di pochi anni fa, sono di carattere spiccatissimo nazionale
-quasi ostentativo e lo stesso si può dire di quelle degli altri
-migliori: _Soloview_, _Liadow_, _Juon_, _Tanéjew_, _Glière_, ecc.
-
-Da qualche tempo è però sensibile una certa reazione, del resto
-salutare ed utile, perchè la troppa predominanza dell'elemento melodico
-nazionale finiva a rendere monotone le nuove opere. La produttività dei
-musicisti russi moderni è stragrande. Venuti tardi essi sembrano quasi
-voler guadagnare il tempo perduto e le loro sinfonie, poemi sinfonici
-e quartetti non si contano più. Il pubblico cosmopolita accolse tutte
-queste opere con grande simpatia, perchè esse portavano finalmente
-una nuova nota. Ma oggi si può ormai accorgersi di una diminuzione
-di interesse, come è successo colla musica nordica. Le melodie russe
-sono poco varie, o nenie melanconiche, che ricordano le steppe oppure
-piccole danze che si ripetono fino all'infinito. Il loro valore
-intrinseco è perciò molto relativo e se quei temi possono servire ad
-episodi e sono suscettibili di coloriti svariati, essi si adattano
-poco ad essere usati nelle forme maggiori della musica. Ma comunque
-ciò sia, la musica russa ha avuta una certa influenza sulla musica
-moderna in generale e ci ha resi attenti ad una quantità di musicisti,
-maestri dell'arte dell'orchestrazione e dell'armonia quasi sempre assai
-interessante, ricchi di temperamento esuberante, concettosi e non di
-rado ispirati ma altresì spesso bizzarri e brutali nella ricerca dei
-contrasti più crassi, poco amanti del serio lavoro tematico ed ancor
-lontani dal raggiungere quel grado di misura che è necessario alle
-opere durature.
-
-La disposizione del popolo _boemo_ alla musica è proverbiale ed
-infiniti sono i musicisti boemi specialmente suonatori di strumenti,
-dai più celebri virtuosi ai più meschini suonatori girovaghi. Ma una
-vera musica boema oltre a quella delle canzoni e danze popolari si
-venne formando soltanto dopo che anche i boemi si ricordarono di non
-essere soltanto una parte dell'Austria ma una nazione con lingua e
-letteratura propria e si destò il sentimento nazionale e patriottico.
-
-Il padre della nuova musica boema è _Federico Smetana_ (1824-1884),
-vero musicista di razza, il creatore dell'opera nazionale (_La sposa
-venduta_, _il Secreto_, _Dalibor_, _Il bacio_, ecc.), ed autore di una
-specie di epopea nazionale in musica, _La mia patria_, serie di sei
-poemi sinfonici, scritti a somiglianza di quelli di Liszt, ma certo
-più ispirati e più semplicemente concepiti. Pochi anni prima della sua
-morte minacciato dalla pazzia e quasi sordo scrisse un quartetto per
-archi _Dalla mia vita_, che è un'opera di gran passione e sentimento
-tragico. Fra le opere teatrali _la Sposa venduta_ è la migliore
-e la sua freschezza melodica e ritmica va a gara con una fattura
-sapientissima ed un colorito orchestrale dei più fini.
-
-L'eredità di Smetana fu raccolta da _Antonio Dvorak_ (1841-1904),
-senza dubbio il più grande musicista boemo, dotato di ispirazione,
-ricco di fantasia, colorista per eccellenza, spontaneo e fecondo.
-La musica di Dvorak (opere teatrali, quartetti, sinfonie, concerti,
-oratori, poemi sinfonici, ecc.), ha l'impronta nazionale ma essa
-gli viene più per istinto che per volontà, diversamente da Smetana.
-Meno profondo e sapiente di Brahms, che fu quegli che gli aprì la
-strada nel mondo musicale, egli è certo di lui più melodioso, più
-accessibile al pubblico. Il campo in cui egli eccelse e scrisse opere
-forse durature è quello della musica assoluta. Ma dopo un soggiorno di
-alcuni anni in America egli si convertì per sua disgrazia alla musica
-programmatica e le sue ultime opere non possono mettersi a paro con
-quelle anteriori. Dvorak era un musicista troppo istintivo, soltanto
-un musicista, non complicato con un esteta e filosofo ed egli si fermò
-soltanto all'esteriorità e credette bastare la traduzione musicale
-di un soggetto poetico passo per passo, verso per verso, per scrivere
-dei poemi sinfonici. Ad onta di ciò c'è tanto d'ispirato e sano nella
-sua musica, tanta superiorità tecnica e tanto splendido colorito
-orchestrale da non comprendere come le sue opere ad eccezione di
-qualche quartetto vadano ormai in dimenticanza.
-
-Un altro musicista boemo che meriterebbe esser più noto di quello che
-è, fu _Zdenko Fibich_ (1850-1900), vero poeta del pianoforte. Fra i
-contemporanei si distinguono _Viteslavo Novâk_ (1870), ardito e nuovo,
-_Giuseppe Suk_ (1874).
-
-Una vera musica _inglese_ non esiste ad eccezione di quella delle
-vecchie canzoni, alle quali non si può negare una fisionomia propria.
-Eppure anche in Inghilterra si coltivò e si coltiva con amore e
-perseveranza la musica ed i maggiori maestri di tutte le nazioni
-vi trovarono o personalmente o colle loro opere sempre cordiale
-accoglienza. Le sorti della musica inglese si rialzarono però già da
-molti anni e mentre prima non si potevano nominare oltre i musicisti di
-altri tempi che due inglesi, che ebbero anche sul continente qualche
-fama (_Vincenzo Wallace_ (1814-1865) la _Maritana_ e _Michele Balfe_
-(1808-1870) la _Zingara_) oggi sono parecchi i maestri inglesi che sono
-notissimi specialmente nel ramo dell'oratorio e della musica sinfonica.
-
-Questi sono _Alessandro Mackenzie_ (1847), _G. A. Macfarren_
-(1813-1887), _Arturo Sullivan_ (1842-1900), _Ferd. Cowen_ (1852),
-_Carlo Standford_ (1852), _Hubert Parry_ (1848), _Granville Bantock_
-(1868) e sovratutti _Edoardo Elgar_ (1857).
-
-Quantunque quasi tutti questi musicisti si dedicarono anche alla musica
-istrumentale, la loro predilezione è però rivolta all'oratorio sia
-biblico che di altro soggetto e ciò forse meno per un bisogno artistico
-della loro anima quanto per il fatto, che i numerosi festivals annui
-provocano una produzione di simili opere, che negli altri paesi sono
-in completa decadenza. La possibilità poi di esecuzioni con gran masse
-corali assai disciplinate influisce altresì sui maestri, che come p.
-e. Bantock ha potuto scrivere una grande sinfonia corale, _Atalanta a
-Caledonia_ (1912) senza orchestra per venti gruppi di voci usate come
-strumenti. Di tutti questi oratori due soli sono noti sul continente,
-_il sogno di Geronzio_ e gli _Apostoli_ di Elgar.
-
-Una posizione a parte prende _Ethel Smyth_ (1858) uno spirito
-irrequieto che cominciò seguendo vie già battute per trasformarsi
-e convertirsi poi ad una lingua più moderna nelle sue due opere, la
-_Foresta_, e specialmente i _Naufraghi_. Fra le donne compositrici
-Smyth supera certo di gran lunga le colleghe d'ogni paese.
-
-Quantunque la musica inglese sia piuttosto di carattere conservativo,
-anch'essa non ha potuto sottrarsi al modernismo musicale odierno e non
-mancano giovani musicisti, che hanno tendenze nazionali e cercano di
-dare un carattere specifico alla musica inglese basandosi specialmente
-sulla canzone popolare. A questo gruppo appartengono _Ralphe Vaughan
-Williams_ (1872), _Percy Grainger_ (1882) e _Cirillo Scott_, il più
-avanzato fra i nominati. In ultima linea manca però alla musica moderna
-inglese ancora la vera ispirazione ed essa è internamente piuttosto
-fredda e senza passione.
-
-La musica _americana_ è ancor giovane e manca come l'inglese di propria
-fisionomia, non esistendo una vera canzone popolare. L'unico musicista
-americano, che ha una nota specifica è _Edvardo Mac Dowel_ (1861-1908),
-autore di poemi sinfonici, concerti, suites, ecc. Le sue migliori opere
-sono però certo quelle per pianoforte e specialmente le minori (_Sea
-pieces_, ecc.) e molte canzoni. Altri musicisti americani di qualche
-nome sono: _Edgar Kelley_ (1857), _Giorgio Cladwik_ (1854) e _Orazio
-Parker_ (1863).
-
-A completare l'enumerazione delle scuole nazionali sono da aggiungersi
-la _belga_ o _fiamminga_ e la _spagnuola_ quantunque per ambedue
-non si possa parlare di tendenze decisamente nazionali. _Pietro
-Benoit_ (1834-1901) ha scritto più opere teatrali ed oratori su
-testi fiamminghi ma senza una vera nota personale. _Edgardo Tinel_
-(1854-1912) ebbe qualche successo col suo oratorio _Franciscus_ ma
-egli è nelle sue opere piuttosto dotto che ispirato. _Jan Blockx_
-(1851-1912) è con _Paolo Gilson_ (1865) forse il più originale e
-moderno dei nominati.
-
-Un'opera _spagnuola_ o _portoghese_ non esiste e la musica di quei
-paesi dopo Vittoria, Morales e Guerrero non ha quasi più importanza
-nella storia della musica e si contenta di produrre _Zarzuele_
-(operette). Un'eccezione è però da farsi per _Filippo Pedrell_
-(1841), dottissimo cultore degli studî musicali storici ed autore
-di una Trilogia: _I Pirenei_ (1902) opera di gran polso, concepita
-modernamente. Negli ultimi anni è però innegabile un risorgimento
-anche nella Spagna e le opere dei musicisti moderni (_Ripolles, Pujol,
-Morera, Manuel de Falla, Laparra_ e _Turina_, ecc.), cominciano a
-mostrare serietà di studî ed un nuovo indirizzo promettente.
-
-Il maggiore di tutti i musicisti spagnoli moderni e quello che sembrava
-destinato a rialzarne le sue sorti fu _Isacco Albeniz_ (1861-1910).
-Più che le altre sue opere sono quelle per pianoforte, specialmente la
-raccolta _Iberia_, che lo innalzano sugli altri. Gli spagnoli moderni
-compreso Albeniz derivano però dalla scuola modernista francese e
-di veramente nuovo non c'è nelle loro opere che l'elemento spiccato
-popolaresco, che però non è gran fatto vario, perchè non sa sortire dal
-ritmo di danza.
-
-
- LETTERATURA
-
- Walter Niemann — _Die Musik Skandinaviens_, Breitkopf und Härtel.
-
- Soubies A. — _La musique scandinave au XIX siècle_. Rivista
- italiana, anno 8º, fasc. 2º, e 9º fasc. 4º.
-
- Harwart E. — _La musique actuelle dans les Etats Scandinaves_,
- Paris, Fischbacher, 1910.
-
- H. F. Finks — _Edvard Grieg_, London, John Lane, anche trad. ted.
- Stuttgart. Grüninger.
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- Schielderup und Niemann — _Grieg biografie_, Lipsia, Peters
-
- Cui C. — _La musique en Russie_, Paris, Fischbacher, 1881.
-
- Soubies A. — _Précis de l'Histoire de la musique russe_, Paris,
- Fischbacher, 1903.
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- Bernstein N. — _Anton Rubinstein_, Lipsia.
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- Zabel E. — _Anton Rubinstein_, 1892.
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- Calvocoressi — _Glinka_, Paris, 1911.
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- Knorr. I. — _Tschaikowsky_, Berlino, 1900.
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- Tschaikowski M. — _Tschaikowski_, 1904, trad. in tedesco da P.
- Iuon.
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- Calvocoressi — _Moussorzsky_, Paris, 1910.
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- Pougin A. — _Essai historique sur la musique en Russie_. Rivista
- musicale italiana, Vol. III. e IV.
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- Bruneau A. — _Die russische Musik_, Berlin, Bard-Marquardt et Comp.
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- Batka R. — _Geschichte der boemischen Musik_, Berlin,
- Bard-Marquardt et Comp.
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- Streatfeild R. A. — _Musiciens anglais contemporains_, Paris, 1913.
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- Maitland J. A. Fuller — _Englische Musik in the XIX century_,
- London, Grand Richards, 1902.
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- Elson L. C. — _The history of American Music_, New-York, Macmillan,
- 1904.
-
- Soubies A. — _La musique en Espagne_, Paris, 1900.
-
-
-
-
-CAPITOLO XXII.
-
-La musica italiana, francese e tedesca dei nostri giorni.
-
-
-Il progresso che la coltura musicale ha fatto durante gli ultimi
-decenni in Italia è veramente notabile. Per comprenderlo è necessario
-richiamarsi alla memoria i tempi non molto lontani, quando l'ignoranza
-la più crassa circa le maggiori opere della musica istrumentale ed
-in genere della straniera era la regola e, ciò che è peggio, questo
-non valeva soltanto per il pubblico ma anche per la maggior parte dei
-musicisti stessi che senza ombra di veri ideali e senza sufficiente
-preparazione si mettevano a scrivere per il teatro. Su questo triste
-stato di cose influiva l'istruzione che s'impartiva ai giovani nei
-Conservatori da maestri senza vera coltura nè musicale nè generale,
-che si contentavano di insegnare quel tanto della loro arte che
-era assolutamente necessario e che, perchè essi avevano scritto un
-paio d'opere teatrali, avviavano i loro allievi per quella strada,
-che allora era l'unica aperta, anche se essa non si adattava al
-talento specifico dello scolaro. A difficoltare poi il miglioramento
-contribuiva il concentrarsi dell'interesse del pubblico al solo teatro,
-che non era che luogo di divertimento e svago ma ben raramente di
-educazione e coltura. La mancanza di orchestre stabili e società corali
-costringeva del resto i musicisti a trascurare altri rami della musica
-oltre la teatrale.
-
-Tra i primi che contribuirono al risveglio musicale ed a rialzare la
-coltura vanno nominati _Alberto Mazzuccato_ (1813-1877) direttore
-del Conservatorio di Milano, miglior maestro che compositore, uomo
-di profondo sapere, critico perspicace e studioso di nuove cose ed
-_Antonio Bazzini_ professore di composizione e poi direttore del
-Conservatorio di Milano.
-
-Eran quelli gli anni della maggior vitalità delle opere di Giuseppe
-Verdi, che brillava quale astro solitario ed era l'unico rappresentante
-vivente della musica italiana all'estero. Ma per ragioni che non è qui
-il luogo di ricercare, le opere di Verdi non ebbero nella sua patria
-tanti imitatori, quanto si avrebbe potuto credere ed i nuovi maestri
-cercarono altri modelli da imitare, che dapprima furono Gounod e poi
-Bizet e finalmente Massenet. Di un'imitazione wagneriana non si poteva
-parlare nè prima nè dopo, giacchè se è innegabile che i principî
-cardinali delle teorie wagneriane hanno influito in genere su tutta la
-musica da teatro, i maestri italiani dalle opere di Wagner appresero
-soltanto alcuni procedimenti tecnici ma si fermarono piuttosto
-alla superficialità, ciò che fu forse fortuna, giacchè l'imitazione
-wagneriana ha in Germania e Francia isterilito una quantità di talenti
-di secondo rango.
-
-Un maestro dell'epoca di transizione, per non parlare di Arrigo Boito,
-che sta a parte e di _Cesare Dominicetti_ (1821-1888) che è dimenticato
-più di quanto merita, fu _Alfredo Catalani_ (1854-1895). Educato
-prima di compire i suoi studi in Italia al Conservatorio di Parigi,
-egli cominciò con un'egloga musicale _La falce_ (1875) che sembrò ai
-suoi tempi una rivelazione e che è da mettersi fra le sue migliori
-composizioni. Seguirono poi l'_Elda_, opera farraginosa ma piena di
-promesse, che divenne poi la _Loreley_, l'_Edmea_ più facile ma di
-minor valore, la _Dejanice_ e la _Wally_ (1892) che ancora si eseguisce
-con plauso. Catalani fu fra i primi in Italia ad abbandonare le antiche
-forme ed a creare il dramma musicale. Egli era un'anima gentile,
-delicata, inclinante al patetico e sentimentale senza troppo impeto
-drammatico. La sua vena inventiva non è gran fatto originale nè potente
-ma sempre fine. Egli è un pittore di primo rango e sa descrivere con
-mille interessanti particolari il paesaggio. In ordine di tempo egli
-è da ritenersi il primo della scuola dei cosidetti veristi posteriori,
-per quanto i libretti, che egli mise in musica appartengono al più puro
-ed esagerato romanticismo, e tale lo fanno la maniera di concepire il
-dramma musicale, la ricerca dei particolari e traduzione del testo.
-
-La parola verismo musicale e la scuola italiana del verismo è di data
-posteriore ed il nome ci venne dalla Germania. In complesso la prima
-non vuol dir nulla, giacchè se per essa s'intende imitazione di cose
-del mondo esterno coi mezzi della musica, i maestri italiani non furono
-più veristi di altri stranieri. Comunque, i maestri italiani moderni
-hanno una fisionomia propria e pur mantenendo abbastanza fedelmente
-il carattere nazionale, hanno influito a creare l'opera moderna,
-liberandola da tutto il romanticismo antico e sostituendo a marionette
-storiche o d'invenzione veri uomini che sentono, soffrono, amano,
-odiano e gioiscono.
-
-Ma se ciò successe, non bisogna credere che il merito sia esclusivo
-dei musicisti, chè essi non fecero anzi che seguire l'indirizzo dei
-tempi e della produzione letteraria, che s'era già messa per quella
-via. L'ambiente era perciò preparato ed è naturale che i giovani
-musicisti, figli del loro tempo, abbiano cercato quei drammi che più
-s'adattavano all'indirizzo ormai generale. Dato questo, era sottinteso
-che il musicista che sceglieva un dramma scritto alla maniera nuova,
-non poteva metterlo in musica come si faceva prima. Del resto la
-predilezione di soggetti del più crasso realismo fu cosa abbastanza
-passeggiera e come i romanzi di Zola hanno perduto oggi gran parte
-del loro interesse, i musicisti hanno quasi cessato di occuparsi
-esclusivamente di fatti di sangue ed azioni da postribolo. Qualunque
-però sia il giudizio che si vuol dare delle opere musicali nate sotto
-questa stella, il fatto dell'immenso successo che alcune di esse ebbero
-non soltanto in Italia ma anche in altri paesi, è prova del principio
-di vitalità a loro inerente e noi fummo non solo liberati dall'incubo
-dell'imitazione wagneriana ma furono aperte nuove vie all'opera
-moderna, che forse sarà la psicologica, cioè quella che cercherà
-scrutare i più profondi sentimenti umani. Egli è perciò ben a torto
-che la critica, specialmente la straniera, si è divertita a detrarre in
-ogni modo le opere dei maestri italiani moderni ed a voler disconoscere
-quel tanto di nuovo e quei sani principî che esse contengono e far
-credere che il tutto non fu che una bolla di sapone o una felice
-speculazione di un accorto editore.
-
-Di tutte le opere di questi maestri la più fortunata e quella che
-ancor oggi conserva quasi tutta la sua vitalità è la _Cavalleria
-Rusticana_ (1890) di _Pietro Mascagni_ (1863), un'opera di genio ad
-onta dei suoi gravi difetti, piena di impeto e calore di giovinezza,
-ricca d'ispirazione, chiara, drammatica, sincera e nazionale, che non
-sarà senza importanza nella storia della musica teatrale, perchè per
-la prima volta vi domina l'elemento popolare semplice ed istintivo. I
-difetti stanno specialmente nella deficienza del lavoro tematico, alla
-quale cercano supplire le ripetizioni in altri toni, nella ricerca
-troppo palese dell'effetto con mezzi spesso affatto esteriori e comuni,
-in somma nella superficialità dell'apparato tecnico. Mascagni diventò
-colla Cavalleria specialmente per gli stranieri l'antesignano della
-scuola verista probabilmente senza merito o colpa, perchè fu certo
-il caso che gli offrì un buon libretto nè egli quando lo scelse era
-uomo da mulinare nella sua mente riforme. La Cavalleria divenne il
-modello di molte altre opere che sono scritte sulla stessa falsariga
-e che esagerano i difetti di Mascagni. Due di queste _A basso porto_
-di _Nicola Spinelli_ e _Santa Lucia_ di _Antonio Tasca_, si mantennero
-alcun tempo nel repertorio dei teatri di Germania e sembravano buone
-promesse, che però non ebbero seguito.
-
-Mascagni non seppe più raggiungere colle sue opere posteriori, il
-successo della Cavalleria. Già _L'amico Fritz_ ed i _Rantzau_ non hanno
-più la spontaneità melodica della prima opera e vi si sente la volontà
-di essere più ricercato, più fine specialmente nell'armonia, che del
-resto è spesse volte nuova ed interessante. Nei Rantzau poi c'è troppa
-spezzatura ed un affannoso cambiamento di tempi senza necessità ma
-solo per amore di nuove cose. Del _Ratcliff_ si disse che fosse opera
-in parte scritta prima della Cavalleria. Comunque, è innegabile che è
-opera forte e che contiene delle splendide pagine. L'_Iris_, venuta
-dopo, è l'opera che si distacca di più da ogni altra del maestro,
-compresa l'_Amica_ e le _Maschere_. Il soggetto giapponese ne fu
-soltanto in parte la cagione, giacchè della musica giapponese Mascagni
-non potè o volle servirsi e neppure del colorito locale. Ma egli, come
-prima di lui fece Bizet, si creò egli stesso un ambiente nuovo con
-colorito speciale adatto, ciò che val più che seminare quà e là qualche
-spunto melodico tolto dalle canzoni popolari ed ha adornato la delicata
-creatura giapponese di molte grazie, soffondendola di una grande
-poesia, che esala il suo profumo in tutta l'opera, certo la migliore
-e più ispirata dopo la Cavalleria. Le _Maschere_ non ebbero successo
-e ben difficilmente potevano averlo per l'infelicissimo libretto che
-è inetto a poter ispirare un musicista e perchè la musa di Mascagni ha
-ben poco di comico ed è naturalmente drammatica e passionale. Oltre a
-ciò a Mascagni mancava la coltura necessaria ed il senso storico per
-riescire a rianimare le antiche maschere italiane oppure realizzare
-musicalmente la satira, che il poeta forse aveva in mente.
-
-Le tre ultime opere (_Amica, Isabeau, Parisina_) segnano ormai una
-completa decadenza. A Mascagni non fanno certo difetto il talento,
-l'ispirazione, la foga drammatica, l'intuizione, insomma tutto
-quello che era necessario per farne un grande maestro. Ma a lui
-mancano invece la severa critica e la disciplina verso se stesso,
-l'assoluta serietà di propositi, una cultura musicale estetica ed
-anche la sapienza tecnica. Mascagni è un miscuglio di geniale e
-mediocre, spesso superficiale ed ineguale. Egli non ha veri principi
-e persuasioni fondate ma passa dal verismo al romanticismo ed al
-simbolismo senz'altra cagione del caso che gli porta un libretto
-invece d'un altro. Data questa sua natura e psiche era forse meglio
-per lui rimanere sempre lo stesso, quello della Cavalleria, come gli
-antichi maestri, che si recavano alcuni mesi o settimane prima in
-una città per scrivervi un'opera magari senza saper quale, insomma
-non preoccuparsi di problemi estetici e tecnici ma scrivere come gli
-dettava l'ispirazione del momento. Il volersi affinare e cambiare fu
-possibile ad una natura riflessiva ed austera come quella di Verdi
-ma non a lui. Egli lo tentò ma non è riuscito che a snaturarsi. Di
-questa decadenza i sintomi sono già palesi nell'Amica, che nulla ha
-di nuovo e che è anche melodicamente deficiente. L'Isabeau è forse
-meno tormentata della sorella ma in essa si ripete il tentativo di
-riescir nuovo ed interessante con procedimenti piuttosto ingenui come
-p. e. l'eterno modulare senza vera ragione ed il contorcimento della
-melodia, ciò che s'era già palesato nei Rantzau. L'intermezzo è di una
-povertà opprimente e nulla ha di sinfonico come in genere la musica
-di Mascagni. Perchè poi egli, mancante affatto di vena mistica e che
-non fu mai certo un sognatore abbia scelto un soggetto come Isabeau,
-è difficile capire, se non si vuole ammettere che anch'egli abbia
-voluto sacrificare alla mania erotica del tempo, per quanto l'erotismo
-nell'Isabeau non sia che latente. E come era naturale il musicista
-non ha potuto ispirarsi ad un libretto rancido di romanticismo dove le
-didascalie devono supplire alla vita drammatica e non ha trovato che
-frasi musicali internamente vuote. Nè miglior sorte ebbe la Parisina,
-dove la magniloquenza di D'Annunzio ha trascinato Mascagni ad un
-continuo fraseggiare senza nerbo e contenuto, perchè nessun musicista
-ha bisogno come egli di un testo semplice, tutto materiato d'azione e
-senza disquisizioni. E Mascagni, che pur altre volte ebbe dei momenti
-ispirati e felici nella descrizione della natura, specialmente del
-mattino, non ha saputo neppur tradurre quel tanto di poetico, che pur
-c'è nell'ambiente della Parisina.
-
-Mascagni oggi non conta pressochè più che per la sua Cavalleria e
-ciò è triste, perchè egli per la sua esuberante passionalità, per
-l'italianità della sua vena ingenua ma sincera e spontanea sembrava
-destinato a rinnovellare il melodramma italiano.
-
-Quasi pari al successo della Cavalleria fu quello dei _Pagliacci_
-(1892) di _Ruggero Leoncavallo_ (1858) che pur egli non seppe poi
-più raggiungere colle opere posteriori. La fortuna dei Pagliacci è
-d'ascriversi tanto al musicista che al poeta, riunito sì in questa che
-nelle altre opere in una sola persona. Ma in confronto della Cavalleria
-troviamo nei Pagliacci ben minore originalità ed ispirazione ed invece
-più riflessione e pratica del teatro con una buona parte di fraseologia
-musicale piuttosto vuota ad onta dell'apparente magniloquenza. Certo
-è però che la musica della piccola pantomima o commedia dell'arte
-è felicissima e che è trovato il passaggio dalla farsa alla realtà
-tragica. In genere si può anzi dire che il meglio delle opere di
-Leoncavallo sta nelle parti di carattere leggiero e che allora la sua
-musica diventa snella e varia come p. es. nella musica cantata da ballo
-dei _Medici_, nei due primi atti della _Bohème_ ed in qualche parte
-di _Zazà_, mentre dove l'azione diventa intensamente drammatica e la
-musica dovrebbe alzarsi, essa è incolore e le manca la nota ispirata.
-Perciò Leoncavallo fallì quasi intieramente la prova col _Rolando di
-Berlino_, per quanto egli abbia messo ogni cura a mettere in musica
-un libretto, che non gli conveniva e gli fu imposto da un capriccio di
-regnante, nè miglior sorte ebbero le sue opere ed operette posteriori.
-
-Ma se la stella di Mascagni e ben più quella di Leoncavallo va
-tramontando, il successo rimane pur sempre fedele a _Giacomo Puccini_
-(1858). Egli fu fra i primi della cosidetta nuova scuola ad entrare
-nell'agone colle _Villi_ (1884) un soggetto, che col verismo nulla
-ha da fare, ciò che dimostra come il nuovo indirizzo ha ben altra
-provenienza di quella che si crede, specialmente fuori d'Italia. Le
-Villi sono caratteristiche per giudicare dell'opera del musicista,
-perchè Puccini palesò in questa piccola opera tutte le sue principali
-qualità, che non hanno subito poi grandi trasformazioni. Alle Villi
-seguì l'_Edgar_, opera oscillante fra il vecchio ed il nuovo senza
-sicurezza d'indirizzo e che non ebbe successo. Ma la rivincita venne
-presto colla _Manon_, che è forse ancor oggi la miglior opera del
-maestro, specie nel primo atto, ricco d'invenzione melodica, gran
-movimento ritmico, varietà e spontaneità oggi assai rara. La _Bohème_
-è invece l'opera più diffusa e generalmente applaudita. Ma tanto essa
-quanto la _Tosca_, per quanto questa accentui la nota tragica ed anche
-_Madame Butterfly_ derivano in ultima linea dalla Manon. Nè Puccini
-si è cambiato nella sostanza della sua ultima opera _la Fanciulla
-del West_ che nell'aver continuato il processo d'assimilazione già
-incominciato colla Butterfly del nuovo sistema armonico e di averlo
-saputo modificare secondo i suoi bisogni e la sua natura come nessun
-altro meglio di lui. Melodicamente egli è rimasto sempre lo stesso
-ed egli supplisce anche nella Fanciulla del West alla mancanza di
-vera forza drammatica col frammettere con arte innegabile a tutte
-le peripezie veristiche ed alla fretta del libretto frasi melodiche
-che spesso sono ispirate e pur non interrompono troppo l'incalzare
-dell'azione. Di ciò ne è prova specialmente il primo atto che ha in
-questo riguardo molta somiglianza col primo della Manon. Tosca e la
-Fanciulla del West sono i tentativi di Puccini nel campo dell'azione
-tragica a forti tinte ed ambedue non si possono dire veramente
-riusciti, giacchè egli è un'anima essenzialmente lirico-patetica, che
-fallisce alla prova, quando egli vuole oltrepassare il limite messo
-alle sue forze, le quali bastano a cogliere felicemente un momento
-fuggevole ma non a dipingere un quadro a grandi linee.
-
-Lo stile di Puccini, e che egli abbia uno stile proprio nessuno vorrà
-negare, è fatto di sfumature e carezze ed è certo meno nazionale di
-quello di Mascagni. Egli lo ha formato sulle orme di Bizet ed ancor
-più di Massenet, che gli è affine, ma ha saputo dargli fino ad un certo
-punto una nota propria. La sua musica non predilige le grandi linee, i
-grandi quadri ma è a piccoli disegni di trama sottilissima e delicata,
-che l'autore con un'arte veramente incomparabile dell'istrumentazione
-ci fa apparire sempre sotto nuovi aspetti. Ma egli è di tutti i
-musicisti italiani il più accurato ed è incredibile come egli sappia
-seguire le parole anche quando queste sono pedisseque, pur mantenendo
-il periodo musicale e rialzando colla musica la prosa del testo. I
-soggetti delle sue opere (Manon, Tosca, Mimì, Butterfly, Minnie),
-ci indicano la caratteristica del maestro, che tenta di penetrare
-l'anima femminile nelle sue più sensibili fibre ed è naturale, che da
-ciò dipenda quel tanto di flebile sentimentalità, che è proprio della
-sua musica, povera di rude maschiezza e grandiosità ma quasi sempre
-delicatissima e piena di poesia. E ciò non è sì poco da giustificare
-tutte le critiche acerbe, che subirono in Italia e specialmente
-all'estero le opere di Puccini, che non è certo della stirpe verdiana
-ma al quale non si può negare sapienza, accuratezza e neppure
-ispirazione. Egli del resto non ha quasi mai tentato di parere quegli
-che non è e dove l'ha fatto, ha saputo con grande intuizione foggiare a
-suo modo il libretto, per farlo corrispondere al suo ingegno. E per ciò
-è ingiusto il voler pretendere da lui quello che non volle e forse non
-potè darci.
-
-_Umberto Giordano_ (1867) e _Alberto Franchetti_ (1869) contano pure
-fra gli autori italiani più noti. Giordano si affermò già presto colla
-_Mala vita_ (1892). _Regina Diaz_ non piacque ma fu grande invece
-il successo di _Andrea Chenier_ e quasi pari quello di _Fedora_.
-Le ultime opere _Siberia_, _Marcella_ e _Mese mariano_ non ebbero
-gli stessi applausi delle consorelle, nè si può neppur dire che la
-novissima _Madame Sans-Gêne_ (1915) ci abbia palesato una nuova nota
-od un progresso, ciò che del resto era prevedibile data la specie di
-libretto episodico e ribelle alla musica. La quale per necessità se
-ne risente e riesce frammentaria ed ineguale, difetto solito della
-musica del maestro, che si contenta di seguire le scene senza grandi
-preoccupazioni di unità di stile ed altro. La musica di Giordano
-non ha veramente una fisionomia propria ma essa si distingue però
-in qualche modo da quella degli altri. Egli è dei nominati forse il
-più cerebrale ed il meno spontaneo ma sa calcolare sapientemente gli
-effetti ed ha l'istinto del teatro. La sua tecnica è assai sviluppata
-e se la sua ispirazione melodica non è gran fatto potente, non gli
-manca però qualche volta la frase calda, quando il dramma lo richiede,
-mentre in altre parti egli si contenta di illustrare fedelmente e con
-grande varietà e sicurezza le parole e situazioni. Perciò la musica di
-Giordano ha bisogno della scena e ben poco ci dice senza di questa, ciò
-che in sè non è un difetto.
-
-Alberto Franchetti veniva considerato in Italia fino pochi anni fa
-come il più dotto dei musicisti italiani moderni che si dedicarono
-al teatro. Ed in verità nessuno fra i colleghi ha mostrato di sapere
-quanto lui, che studiò alla scuola di Rheinberger e Draeseke, far
-uso della polifonia per costruire pezzi di grandi dimensioni alla
-guisa di Meyerbeer, col quale ha qualche lontana somiglianza, nè le
-opere italiane moderne hanno molto da mettere a paro coi cori del
-secondo atto del Cristoforo o colle imponenti sonorità del finale del
-primo atto, e non è sempre una bella frase o melodia che gli manchi.
-Ma la vera scintilla, la melodia calda ed espressiva è ben di rado
-da trovarsi nella sua musica. L'_Asrael_, un'opera pletorica senza
-proprio stile ma con molte reminiscenze le più varie fu però una bella
-promessa. Il _Cristoforo Colombo_ mostra una mano molto più esperta ed
-ha delle belle pagine accanto a molte mediocri. _Fior d'Alpe_ ed il
-_Signor Pourceaugnac_ non ebbero successo anche perchè Franchetti ha
-bisogno delle forme ampie del melodramma o storico o fantastico. Perciò
-egli vi tornò colla _Germania_, inferiore al Colombo, perchè vi è
-troppo preoccupazione di voler essere melodico e facile, senza esserlo
-veramente. E lo stesso si può dire della _Figlia di Jorio_, nella
-quale Franchetti ingannato dalla bellezza dei versi credette trovare un
-soggetto adatto a lui. Ma egli ad onta di tutto l'amore e lo studio che
-vi impiegò non riescì a trovare il colore dell'ambiente ed ancor meno
-ad eguagliare il poeta ma si è contentato di scrivere della musica ben
-fatta e discretamente interessante. L'ultima opera _Notte di leggenda_
-(1915) non aggiunse nulla alla fama dell'autore, perchè in essa non c'è
-alcuna novità ed il maestro si contenta di seguire la via già battuta
-da lui e tanti altri.
-
-Altri maestri noti sono:
-
-_Luigi Mancinelli_ (1848) autore di un _Jsora di Provenza_ (1884) che
-ebbe qualche fortuna e di _Paolo e Francesca_ (1908) che la supera
-di gran lunga e per ispirazione e fattura. Mancinelli è pure autore
-pregiato di musica orchestrale (Intermezzi per _Cleopatra_, _Scene
-veneziane_ ed Oratori, _Isaia_, _Ero e Leandro_); _Antonio Smareglia_,
-(1854), musicista assai serio di carattere essenzialmente romantico,
-continuamente in cerca d'uno stile moderno, (_Preziosa_, _Bianca da
-Cervia_, _Vassallo di Szigeth_, _Cornelio Schut_, _Abisso_, ecc.). La
-sua miglior opera è forse _Nozze istriane_ e la più elaborata e poetica
-_Oceana_ (1903) specie di commedia fantastica, che si adatta alla sua
-indole.
-
-_A. Cilèa_ (1866), autore di _Tilda_, nata al tempo e sotto l'influsso
-della Cavalleria Rusticana, poi d'una gentile e melodiosa _Adriana
-Lecouvreur_ e di _Gloria_, opera di grandi dimensioni ma senza novità e
-mancante di vera unità drammatica e di vigore.
-
-_Pietro Floridia_, forse uno dei migliori e dei più ricchi di facoltà
-melodica e inventiva (_Maruzza_ e _Colonia libera_) e che da lungo
-tempo tace.
-
-_Spiro Samara_ (1861) (_Flora mirabilis_, la _Martire_, _La biondina_,
-_Rhea_, ecc.).
-
-_Giacomo Orefice_, (_Chopin_, _Mosè_).
-
-_Nicolò Van Westerhout_ (1862-1898). (_Fortunio_, _Dona Flor_).
-
-Un altro maestro oggi molto nominato è il veronese _Italo Montemezzi_,
-autore di _Giovanni Gallurese_, _Hellera_ e _l'Amore dei tre re_, delle
-quali l'ultima opera è certo la migliore. Ma anche in essa non troviamo
-la prova di un talento veramente originale e se non vi mancano una
-certa facilità melodica, specialmente nelle parti elegiache, spesso di
-buona lega, ed il sentimento e l'intuizione drammatica, ci sono ancora
-troppe influenze eterogenee, che l'autore non seppe amalgamare tanto
-da farsi uno stile personale. Lo stesso si può dire di _Franco Alfano_
-(_Risurrezione_, _il Principe Zilah_, _l'Ombra di Don Giovanni_)
-musicista serio e sicuro ma senza nota propria.
-
-Ad onta di tutta questa fiorita di nuove opere il melodramma italiano
-si trova in un periodo critico. Il difetto quasi generale sta nella
-mancanza di un vero indirizzo e nel vano conato di trovar forme
-nuove, mentre le antiche più non si adattano ai drammi concepiti
-modernamente ed al gusto del pubblico. I maestri si contentano di
-seguire più o meno fedelmente la parola del dramma e la traducono
-in melodie o frasi melodiche, donde risulta una successione di pezzi
-ma non il vero dramma musicale. Un simile compromesso non potrà però
-durare a lungo, se continua a mancare la vera melodia, che lo potrebbe
-ancora far accettare per alcun tempo. Manca perciò al dramma musicale
-l'anima che sorregge il tutto e lo tiene insieme organicamente. Le
-teorie wagneriane, sì giuste nei principî cardinali, non sono ancora
-sufficientemente comprese e se è fortuna che non vengano imitate
-nell'estrinsecazione del maestro non sono abbastanza seguite e non si
-concepisce la musica dell'opera come un'azione psicologica del dramma
-che non solo illustra e traduce ma esprime tutto quello che la parola
-non arriva a dire.
-
-Oltre questi difetti di natura estetica ne esistono altri di fattura
-e molte delle nuove opere palesano una mano abile, molte volte anzi
-abilissima e maestra nel trattare l'orchestra ma ben poca conoscenza
-della vera polifonia, che quando è melodica e non scolastica è
-veramente uno degli elementi principali dell'espressione e del
-sentimento. La melodia poi non è sempre della più scelta e mancando in
-genere la frase ispirata vi si supplisce con una parvenza di melodia,
-che gli antichi maestri avrebbero ripudiata. Un difetto comune a molti
-e senza dubbio derivante dalla deficienza di vera ispirazione è il
-troppo grande spezzamento ed il continuo riattaccare della frase come
-pure la esagerata ricerca di nuove armonie e preziosità ritmiche, che
-non hanno motivo di essere che nel capriccio dell'autore. In quasi
-tutte le opere poi si sente la preoccupazione dell'effetto che si vuol
-raggiungere con mezzi affatto superficiali e calcolati sul gusto non
-fine del pubblico.
-
-La conseguenza di tutto ciò è un'incertezza di stile, mancanza di
-omogeneità e quel che è più di originalità. Le nuove opere italiane
-ad eccezione di un paio che nomineremo dopo hanno tutte un'affinità
-di famiglia che è altrettanto da ascriversi a motivi etnici quanto al
-fatto dell'imitazione comune di autori stranieri. I giovani musicisti
-italiani sono ben altrimenti studiosi ed agguerriti d'una volta ed è
-palese in loro l'affaticarsi per trovare una nuova via. Ma perchè manca
-loro la forza di trovarla o la coscienza della potenzialità del loro
-talento, essi vanno snaturandosi e costringendosi a parere o diventare
-diversi da quello che la natura li ha fatti. Ed allora per ripiego
-essi imitano ora Wagner, ora Strauss, ora Debussy ma soltanto nei
-procedimenti esterni senza comprendere veramente il vero significato,
-che dipende dalla psiche dell'autore, e si dimenticano troppo spesso di
-essere italiani e discendenti di Monteverdi e specialmente di Verdi.
-
-La musica istrumentale italiana del secolo scorso e del nostro non
-può neppur lontanamente mettersi a confronto con quella tedesca. La
-sua decadenza cominciò già con quella della scuola napolitana e se
-anche molti dei suoi maestri scrissero opere pregiate per istrumenti
-(Sonate), dal principio del secolo XIX tutto l'interesse non è rivolto
-che al teatro. _Muzio Clementi_ (1752-1832) vive nella memoria più per
-il suo _Gradus ad Parnassum_ che per le molte sonate per pianoforte
-che però non sono certo senza meriti. _Gio Batta Viotti_ (1753-1824),
-celebre violinista, conta fra i perfezionatori della forma del Concerto
-nè è da negarsi valore musicale ai due concerti di _Nicolò Paganini_
-(1784-1840) ed ai suoi 24 capricci. Ma dopo quest'epoca si procede
-innanzi a tentoni senza alcun indirizzo, senza memoria e coscienza
-delle antiche tradizioni di gloria per cadere in una peggio che
-desolante mediocrità, sicchè dopo le sinfonie di Sammartini e la musica
-da camera di Boccherini è difficile menzionare un'opera superiore di
-musica istrumentale ad eccezione delle ouverture di Cherubini e di
-_Jacopo Foroni_ (1825-1858), talento che prometteva moltissimo ma che
-si spense sul fior dell'età. _Jacopo Tomadini_ (1820-1883) scrisse
-bella musica da chiesa e l'oratorio _la Risurrezione del Cristo_, opera
-di gran pregio, ma quasi nessuno ne prese nota. _Stefano Golinelli_
-(1818-1891), _Francesco Sangalli_ (1826-1892) e _Giovanni Rinaldi_
-(1840-1895), si dedicarono soltanto al pianoforte e seppero elevarsi
-sugli altri per delicatezza d'ispirazione ed eleganza di stile, mentre
-la maggior parte dei pianisti italiani si contentavano di scrivere
-fantasie e variazioni su motivi di opere teatrali.
-
-Ancor peggio stavano le cose per la musica orchestrale e bisogna
-arrivare a Sgambati e Martucci per incontrare una vera sinfonia in
-quattro tempi, mentre in Germania se ne contavano centinaia. _Antonio
-Bazzini_ (1818-1897), celebre violinista di fama mondiale ed eccellente
-musicista, si distinse però già per tempo con belle composizioni per
-il violino molto superiori alle solite e finì collo scrivere musica
-da camera (Quartetti e Quintetto) due Ouverture _Lear_ e _Saul_ ed
-il poema sinfonico _Francesca da Rimini_, che mostrano almeno buona
-fattura e bel colorito orchestrale.
-
-Le grandi forme della sinfonia coltivarono invece _Giovanni Sgambati_
-(1843-1915) e _Giuseppe Martucci_ (1856-1909). Il carattere delle opere
-di Martucci (musica da camera, 2 sinfonie, concerto per pianoforte,
-molta musica per pianoforte), è quello della riflessione sapiente
-schiva d'ogni effetto volgare. In un certo riguardo egli ha nelle
-opere più mature qualche somiglianza con Brahms e se non lo raggiunge
-certo nè nell'ispirazione nè nella logica assoluta dell'organismo
-egli sa accattivarsi le simpatie per l'eleganza ed un fine sentimento
-idilliaco. Da ciò dipende una certa austerità, che spiega la poca
-diffusione che ebbero le sue opere maggiori ad onta dei loro grandi
-pregî che si riconosceranno forse più tardi. Martucci fu un solitario,
-punto retrogrado ma senza simpatia per tutte le nuove correnti
-estetiche e sempre italiano nella melodia nobile e scelta. Sgambati,
-(musica da pianoforte, da camera, sinfonie, Requiem, ecc.), gli è certo
-superiore nell'ispirazione se non nella sapienza delle costruzioni
-tematiche. Egli ebbe fantasia fervida e potente e ci lasciò col suo
-Requiem un'opera di grandi dimensioni da potersi mettere a paro colle
-migliori del genere. Ma tanto Sgambati che Martucci ci diedero troppo
-poche opere ed anche su loro gravarono certo l'ambiente poco propizio
-alla musica istrumentale e la mancanza di vero incoraggiamento da parte
-del pubblico italiano.
-
-Da alcuni anni però le sorti vanno rialzandosi e ciò si palesa nella
-produzione che è molto più feconda e varia e nel fatto che i musicisti
-italiani che si dedicano alla musica istrumentale son ben altrimenti
-più numerosi e colti di prima.
-
-_Enrico Bossi_ (1861), eminente organista ed autore di Oratorî,
-musica da camera, organo, pianoforte, da chiesa ed orchestra (Suite,
-Intermezzi Goldoniani, Variazioni, ecc.), è più noto all'estero che in
-Italia. Il suo _Canticum canticorum_ (1900) per soli, coro ed orchestra
-è un'opera magistrale per ispirazione e sapienza che si eleva su tutta
-la produzione di questo genere dell'ultimo tempo, satura di colorito
-e polifonia, moderna nella sua fibra ed ammirabile per la potenza
-dell'autore di servirsi delle forme scolastiche del canone e fugato per
-trarne effetti estetici e superiori. Quasi gli stessi pregî hanno il
-suo grande oratorio _il Paradiso perduto_ ed il recente oratorio-dramma
-_Giovanna d'Arco_, mentre il piccolo poemetto _Il cieco_, su poesia di
-Pascoli è opera meno accessibile al pubblico ma di profonda poesia e
-sentimento tragico. Bossi ha sfatato colle sue opere la leggenda che
-in Italia non esista che musica da teatro. Una sol volta egli vi si è
-provato con un melodramma _Il Viandante_ (1906) dato in Germania, dove
-in genere furono eseguite per la prima volta e pubblicate quasi tutte
-le sue opere migliori.
-
-_Ermanno Wolf Ferrari_ (1876) veneziano, può domandarsi come Arturo
-Graf:
-
- Mia madre fu latina
- Fu teutone mio padre.
- Vince il padre o la madre?
-
-Non vi può esser dubbio, che egli si sente italiano e tale lo mostrano
-le sue opere. Italiano è il carattere predominante della Cantata
-_Vita nuova_, tolta da Dante per soli, coro ed orchestra, composizione
-di grande potenza espressiva, unita ad un colore smagliante (grande
-orchestra, organo e pianoforte) un'opera di getto senza pedanterie
-scolastiche e preziosità romantiche, che mal si sarebbero accomodate
-allo stile di Dante. Due Sonate per pianoforte e violino, due trio,
-un quintetto con pianoforte, una sinfonia da camera per pianoforte,
-quintetto d'archi e strumenti a fiato, pochi pezzi per pianoforte e
-qualche canzone sono le opere che Ferrari scrisse finora oltre quelle
-dedicate al teatro ed alle cantate _Sulamite_ e la _Figlia di Jairo_.
-
-Da alcuni anni Ferrari si dedica intieramente al teatro, al quale
-aveva già dato una delle sue prime composizioni, _Cenerentola_, che
-non ebbe alcun successo. Le sue opere posteriori (_le Donne curiose_,
-_I quattro rustici_, _il Segreto di Susanna_, _l'Amor medico_)
-appartengono al genere dell'opera buffa modificato a norma dei
-tempi cambiati. Wolf-Ferrari s'è venuto formando in esse uno stile
-abbastanza personale, un settecento musicale con qualche sapore di
-modernità nell'orchestra ed armonia. Ma se l'eleganza e la sapienza
-tecnica vi sono grandissime, non altrettanto copiosa e originale vi
-scorre la melodia ed è ben dubbio se a Ferrari convenga il tono di
-voluta semplicità, che domina nelle sue commedie musicali e non gli
-sia preferibile l'autore della seconda Sonata per violino e pianoforte
-e della Vita nuova. Ultimamente egli ha tentato nei _Giojelli della
-Madonna_, anche l'opera veristica turbolenta ed a forti tinte ma senza
-vero successo, perchè all'autore fa difetto la potenza drammatica.
-
-_Leone Sinigaglia_ (1868) s'è finora dedicato esclusivamente alla
-musica istrumentale, alla quale lo destinano il suo talento specifico
-di carattere intimo schivo d'ogni enfasi. Senza voler essere un
-innovatore egli non ci sorprende ma ci conquista colla rigogliosa
-ispirazione, coll'euritmia della sua musica, cogli effetti istrumentali
-ottenuti non con mezzi speciali e strani ma con sapienti impasti di
-colori. Sincerità e naturalezza sono le sue principali doti e la sua
-melodia ha qualche cosa di rude e vivificante della musica popolare. Le
-sue opere principali sono il _Concerto_ e la _Rapsodia piemontese_ per
-violino con orchestra, il Quartetto op. 27 con un Adagio stupendo per
-profonda espressione, una serenata per violino, viola e violoncello, le
-_Danze piemontesi_ per orchestra e l'Ouverture _Le baruffe Chiozzotte_,
-felicissimo compendio pieno di vita e spirito dell'allegra commedia di
-Goldoni, la Suite _Piemonte_.
-
-_Lorenzo Perosi_ (1872) destò coi suoi oratorî (_La Passione di Gesù
-Cristo, La trasfigurazione, La risurrezione di Lazzaro, La risurrezione
-di Cristo, Mosè_, ecc.), i facili entusiasmi del pubblico italiano, che
-aveva intieramente perduto la conoscenza dello stile dell'oratorio.
-Nè il successo fu dapprincipio immeritato, giacchè le prime opere,
-specialmente la _Passione di Cristo_, sembrarono davvero promettere
-per il futuro dell'artista e l'onda di facile e scorrevole melodia
-che vi fluiva, la nobiltà d'espressione conquisero gli uditori. Ma i
-molti difetti di queste restarono e l'autore venne formandosi uno stile
-stereotipo, al quale rimase fedele in tutte le sue opere posteriori ed
-alla lunga si dovette persuadersi dei limiti posti al talento gentile
-del maestro. E questo stile che è fatto di elementi drammatici moderni,
-di reminiscenze bachiane e di musica chiesastica e liturgica impedisce
-l'unità dell'opera e le toglie ogni grandezza anche per la predominanza
-della nota triste e sentimentale.
-
-Altri musicisti italiani noti sono: _Alessandro Longo_ autore di alcune
-eccellenti sonate per pianoforte di stile classico-romantico, _Cesare
-Ricci-Signorini_ (1867), (più poemi sinfonici di stile e colorito
-moderno, composizioni per pianoforte, ecc.), _Amilcare Zanella_ (1873),
-_Giovanni Buonamici_ (1846-1914), _Eugenio Pirani_ (1852), _Antonio
-Scontrino_ (1850), _Giovanni Tebaldini_ (1864), _Bruno Mugellini_
-(1871-1912), _Alberto Fano, Giovanni Bolzoni_ (1841), _Alfonso Rendano_
-(1853) e finalmente i facili autori di canzoni _Tosti, Rotoli, Denza,
-Costa, De Leva_.
-
-Tutti questi musicisti sono più o meno seguaci delle vecchie tradizioni
-e le nuove idee e teorie non trovano una vera eco nelle loro opere. La
-nuova generazione però non potè sottrarsi ad una influenza mediata od
-immediata di tutto il turbinare di nuovi problemi estetici e tecnici
-ed i frutti di studi ben più profondi e coscienziosi di un tempo
-cominciano già a mostrarsi in un vero rinnovamento dell'arte italiana,
-che ha forse base più solida di quella dell'arte francese perchè la
-natura italiana è aliena alle nebulosità ed alle preziosità in cui va
-isterilendosi l'arte francese odierna. Ma essendo gli italiani arrivati
-gli ultimi, essi si contentano ancora di imitare certi procedimenti
-tecnici nuovi ed innestarli alle loro opere concepite ancora secondo
-le vecchie tradizioni. Ma non tutti però, giacchè ci sono anche giovani
-musicisti italiani, che sono ormai decisamente progressisti sinceri.
-
-Non ancora per il successo ma più per la novità dei suoi tentativi
-sta oggi in prima linea fra i sudetti _Ildebrando Pizzetti_ colla sua
-_Fedra_ (1915), un musicista che aveva fatto già parlare di sè quando
-scrisse la musica per la _Nave_ e gli intermezzi per la _Pisanella_,
-dunque tutte opere poetiche di Gabriele D'Annunzio. Il suo credo, che
-egli enunziò in scritti e conferenze, è messo in pratica nella Fedra,
-giacchè le altre opere sono troppo poco numerose ed importanti per
-farsi una chiara idea delle tendenze dell'autore. Il quale vorrebbe
-riannodare ai principî della Camerata fiorentina e non vede nè
-nell'opera di Gluck nè di Wagner realizzato il vero dramma musicale,
-perchè esso ha sempre più o meno la forma di cantata e perciò manca
-di vera essenza drammatica. Siamo dunque di nuovo all'eterna questione
-del connubio o dissidio fra musica e poesia, forse meno importante di
-quanto si crede. E ciò lo dimostra Pizzetti stesso, che scegliendo
-la Fedra divenne inconsciamente infedele ai suoi supremi principî.
-Difatti le tragedie del poeta sono, e ciò può sembrare un paradosso,
-troppo musicali nella lingua e nelle immagini per adattarsi veramente
-al dramma musicale almeno come lo pensa o vorrebbe Pizzetti od hanno
-bisogno di un genio per musicalmente compenetrarle e rendere tutta
-la poesia lirica che vi domina. A tanto non arriva certo la potenza
-musicale di Pizzetti, che non è veramente un creatore ma piuttosto
-un dotto ricercatore e scrutatore. D'Annunzio scrisse, che non c'è
-una sola nota nell'intera partitura della Fedra, che contrari il
-ritmo spontaneo e ciò sarà vero. Per l'uditore però ciò non ha che
-un'importanza secondaria ed egli trova invece in quella musica troppa
-monotonia, neppur rialzata da un'orchestra veramente colorita e ricca
-di timbri speciali, sicchè è da temersi che l'opera di Ildebrando da
-Parma resti un nobile e serio tentativo ma che non diventi la Fedra
-«indimenticabile». Pizzetti vi ha fatto uso dei modi antichi, che egli
-ha profondamente studiati e dei quali si servì anche nei cori della
-Nave. La Trenodia che inizia il terz'atto se anche non è, come la disse
-D'Annunzio, uno dei vertici della musica moderna, degna di essere
-paragonata alle più alte pagine dei maestri del secolo XVI e XVII
-italiani, è certo uno squarcio di nobilissima musica. L'aspettarsi un
-grande vantaggio dall'uso molto frequente dei modi antichi nella musica
-moderna sarà però una speranza vana, perchè la loro trasformazione nei
-nostri di maggiore e minore non fu la conseguenza di velleità e studi
-di studi ma il frutto di una evoluzione logica e naturale.
-
-Ben altra tempra di artista, più spontanea, più irruente, è invece
-quella del trentino _Riccardo Zandonai_ (1883). Mentre Pizzetti si
-affatica a mettere in pratica quello che per speculazioni e studi
-gli sembra essere l'unica via per ispirare nuova vita al melodramma
-italiano, Zandonai coll'istinto del vero musicista di razza si è fatto
-strada e messo al primo posto nel teatro musicale italiano dei nostri
-giorni.
-
-Già la sua prima opera, _il Grillo del focolare_ si innalza di
-gran lunga sulla produzione contemporanea tanto per la spontaneità
-d'ispirazione che per la fattura accurata. _Conchita_ ha ormai ad
-onta dello stile frammentario una nota personale spiccatissima ed
-una potenza caratteristica assai grande. _Melenis_ oltre i pregi di
-Conchita ci palesò un altro lato del talento di Zandonai, la facoltà
-cioè di dipingere grandi quadri con mano maestra e di trovare melodie
-dalla linea ampia ed espressiva. Ma se in queste opere si scorge ancora
-l'incertezza di un giovane, che non si è ancora formato una lingua
-tutta propria ed alle volte vi manca l'unità organica, la _Francesca da
-Rimini_ (1914), nella cui musica l'autore ha saputo ben più felicemente
-che Pizzetti trasfondere tutta la poesia della parola ed ambiente
-dannunziani, sembra invece avvicinarsi al sogno di un dramma lirico
-moderno, quale tutti desiderano ed aspettano e dove alla musica non
-tocchi l'ultima parte. Zandonai, certo il più sicuro e sapiente degli
-operisti italiano, si risente ancora qualche volta delle opere di
-Wagner e di altri ma egli è fra tutti i giovani quegli che discende in
-linea diretta dal Verdi dell'Otello e Falstaff ed il più italiano di
-tutti, perchè italiana è la sua melodia, sempre scelta e spesso assai
-ispirata e felice, italiana la concezione dell'opera complessa, chiara
-e senza nebulosità, italiano il sentimento e l'espressione drammatica,
-ora dolcissima ed insinuante, ora irruente ed aspra. Zandonai ha
-studiato certo i maestri moderni ma ha saputo evitare un'imitazione
-pericolosa sicchè la sua musica nulla ha della evanescenza snervante
-della musica francese nuova e delle complicazioni cacofoniche
-straussiane ma è sana e forte.
-
-_Vittorio Gui_, _Dom. Alaleona_, _G. Fran. Malipiero_, _Alberto Gasco_,
-_Vincenzo Tommasini_, _Vincenzo Davico_, _A. Casella_ e _Gianotto
-Bastianelli_ sono pure fra i giovani quelli, che nutriti di forti studi
-e di tenace volontà cercano d'innalzare le sorti della musica italiana
-e fecero già buona prova.
-
-_Ottorino Respighi_, autore di squisite romanze, e composizioni
-orchestrali (sinfonia dramatica, ecc.), s'è preso a modello la
-polifonia ed in genere la musica di Strauss nella sua _Semirama_,
-un'opera di grande colorito, però ineguale nell'ispirazione e che
-non può valere che come una promessa, quantunque la tecnica sia ormai
-sicura.
-
-Non molto dissimile a quella dell'italiana fu la sorte della _musica
-francese_ negli ultimi decenni del secolo scorso. Anche in Francia
-essa fu quasi fino all'epoca tragica del Settanta arte di lusso e
-passatempo nè l'educazione musicale degli artisti e del pubblico era
-gran fatto superiore a quella della nazione sorella. Le ultime opere di
-Gounod erano pallide ombre del passato, Berlioz era affatto trascurato
-ed uno dei maggiori geni musicali che mai ebbe la Francia, Giorgio
-Bizet, s'era spento in giovane età, senza poter vedere riconosciuta ed
-ammirata la sua opera. Alcuni musicisti seppero però colla tenacia e
-serietà dei loro propositi tener fronte alla corrente d'indifferenza e
-finirono coll'imporsi all'attenzione.
-
-Il primo di questi è senza dubbio _Camillo Saint-Saens_ (1835) che i
-francesi hanno già assunto fra i classici nazionali. Se con ciò non
-si vuole riconoscere che la sua suprema maestria tecnica, non c'è
-dubbio che egli merita questo onore. Saint-Saens ha scritto opere di
-tutti i generi (musica da camera, Concerti per pianoforte, violino,
-violoncello, suites, poemi sinfonici, sinfonie, rapsodie, canzoni,
-musica per organo, opere teatrali — _Sansone e Dalila_, _Etienne
-Marcel_, _Enrico VIII_, _Proserpina_, _Ascanio_, ecc.). Ma in fondo
-egli non ha saputo farsi un vero e proprio stile, ma s'è lasciato
-influenzare da ogni stile assimilandoseli sapientemente. Egli è
-un artista equilibrato, elegantissimo e di grande talento ma fatto
-principalmente di riflessione, sicchè la sua musica quasi sempre ci
-interessa ma raramente ci conquide. Gounod giudicò molti anni fa così
-di lui e le sue parole possono valere ancor oggi, perchè il suo talento
-non ha subito poi alcuna evoluzione rimarcabile:
-
-«Saint-Saens è una delle personalità musicali più caratteristiche,
-che io conosca. Egli è un musicista munito di tutte le armi; egli
-sa la sua arte meglio d'ognuno, conosce a memoria tutti i maestri,
-suona l'orchestra come il pianoforte ed ha una facoltà d'assimilazione
-prodigiosa, non esagera mai, non è nè violento nè enfatico, non vuol
-riformar nulla ma scrive come sente e sa, perchè è un grande musicista
-di razza».
-
-Non egual importanza ebbero _Edoardo Lalo_ (1823-1892) e _Beniamino
-Godard_ (1849-1895), il primo, musicista di serî propositi, che ebbe
-ben poco successo in vita. Le sue opere principali sono due Concerti e
-la Sinfonia spagnuola per violino ed orchestra, una Rapsodia norvegese
-per orchestra, il ballo _Namouna_ e l'opera _Le roi d'Ys_, che ha
-delle pagine veramente belle. Godard scrisse musica sinfonica e opere
-teatrali, che ebbero qualche successo.
-
-Ma l'autore prediletto del grande pubblico francese fu ed è forse
-ancora _Giulio Massenet_ (1842-1912). Dotato di mediocre potenza
-drammatica egli dopo essersi più volte provato nella grande opera (_Re
-di Lahore_, _Erodiade_, _Cid_, _Esclarmonda_, _Le Mage_, _Thais_,
-_Arianna_, _Bacco_) e specialmente nelle prime composizioni con
-successo, venne poi modificando il suo stile, dando il predominio alla
-parte lirica (_Manon_, _Werther_, _Saffo_, _Cendrillon_, _Teresa_,
-ecc.). Ma questa maniera fatta di facili e carezzevoli melodie senza
-grande originalità ma di belle forme, di ritmi piccanti, di smagliante
-colorito orchestrale, se conquise specialmente nella _Manon_ e
-nel _Werther_, colla sensualità della sua musica vaporosa e piena
-d'abbandono, alla lunga non potè ingannarci sulla sua superficialità
-ed intima vacuità. Massenet è il poeta dell'amore sentimentale senza
-troppi slanci e senza vera tragicità. Alle volte le sue opere fanno
-l'effetto di lunghe romanze e la sua musica somiglia a Manon, elegante,
-volubile, gracile e corrotta. Le ultime opere del fecondissimo
-autore (_Panurge_, _Cleopatra_, _Amadis_, postume) non ebbero più il
-successo delle prime, giacchè sono sempre gli stessi procedimenti che
-si ripetono e perchè la grazia femminile e snervata dell'autore e la
-melodia goudoniana allungata all'acqua di rose che diventa sempre più
-insignificante e che finisce quasi col sottolineare semplicemente le
-parole, non poterono più bastare ai bisogni artistici del nostro tempo,
-che domanda ben altre e più forti commozioni. Massenet è un artefice
-perfetto e sa nascondere il lato debole della sua musica con tutte le
-raffinatezze dell'arte, che per lui non ha più segreti. Ma egli non si
-servì che ben di rado di questa sua perizia per scrivere un'opera forte
-ed ha mantenuto forse soltanto nella _Cleopatra_ quello che prometteva
-col _Re di Lahore_, contentandosi di seguire il gusto della moda e di
-un pubblico di decadenti. Massenet, che aveva cominciato cercando una
-specie di conciliazione fra il nuovo ed il vecchio, perdette poi il
-contatto coll'epoca presente e tutto quello di nuovo che c'è nell'aria,
-lo ha lasciato completamente indifferente. Eppure da lui derivano i più
-dei veristi moderni compresi alcuni degli italiani, che esagerarono i
-difetti senza saperlo raggiungere nella perfezione tecnica.
-
-L'influsso che ebbe la musica di Wagner su tutti questi autori non fu
-tale da cambiare o modificare sensibilmente la loro natura, se pure
-d'un vero influsso si può parlare. Ma dopo il Settanta comincia una
-vera e nuova era della musica francese, sulla quale la musica e le
-teorie di Wagner ebbero una grandissima importanza, cosa tanto più
-strana in quanto che sembrerebbe quasi impossibile che una nazione
-appena sconfitta dalle armi tedesche abbia potuto scegliere proprio
-quel momento per rinnovare la sua arte, plasmandola sul modello
-dell'odiato vincitore. Eppure fu così. Circa dall'ottanta in poi dopo
-che il successo della musica istrumentale tedesca era stato preparato
-coi concerti popolari di Lamoureux e Colonne, la conquista wagneriana
-fece passi da gigante e la produzione di quei dieci o quindici anni
-se ne risentì talmente, che la musica francese parve quasi perder
-ogni impronta nazionale. Fra i musicisti di questo periodo, nel quale
-l'imitazione wagneriana è sensibilissima, vanno nominati _Ernesto
-Reyer_ (1823-1909), autore di un _Sigurd_ (Sigfrido, 1884) scritto
-intieramente sotto l'influsso di Wagner e di _Salambò_ (1890) un'opera
-non senza meriti ma affatto mancante di unità di stile ed ineguale
-nell'ispirazione; _Ermanno Chabrier_ (1841-1894) autore dell'opera
-_Gwendoline_ (1886) musicista ispirato e ricco di potenza drammatica
-ma intristito nella imitazione wagneriana, che snaturò il suo stile,
-ed _Alfredo Bruneau_ (1857). Quest'ultimo protesta di non essere un
-wagneriano. «Pour ma part, admirateur fervent de Richard Wagner, je
-n'ai jamais cessé, dans mes oeuvres et dans ma critique, de défendre
-la cause de l'art français». Ma più a parole che con fatti, giacchè
-lo scegliere per i suoi drammi libretti che gli scrisse Emilio Zola
-(_Le Rêve_, _L'attaque du moulin_, _Messidor_, _Ouragan_, _La faute de
-l'abbé Mouret_, melodramma declamato, _L'enfant roi_, _Nais Micoulin_)
-azioni ora estremamente realistiche, ora peggio che accademiche ad
-onta della prosa nella quale sono scritte, perchè i personaggi non
-sono veri uomini ma simboli ed astrazioni, non poteva bastare, avendo
-la musica di questi drammi ben poco l'impronta nazionale e non essendo
-che del Wagner di seconda mano. E ciò è tanto più da deplorarsi che
-Bruneau è forte musicista, al quale non manca nè l'istinto del teatro
-nè la sapienza tecnica. In complesso quello che Bruneau si propone è il
-dramma musicale verista, lo stesso ideale al quale aspira con tendenze
-nazionalistiche e simbolistiche _G. Charpentier_ (1860) l'autore del
-romanzo musicale _Luisa_ (1898), l'opera sbagliata di un bell'ingegno,
-che credette poter ispirare vita artistica col mezzo di una musica alle
-volte elegante, colorita e vivace ma estremamente frammentaria e senza
-veri voli lirici alle peripezie triviali di una famiglia parigina.
-Molto minor successo della Luisa ebbe l'ultima sua opera _Julien_
-(1913) che è quasi un rifacimento della _Vie de pöete_, specie di
-dramma sinfonico, scritto in gioventù. Julien è venuto ormai troppo
-tardi e non ci dice più nulla di nuovo. Anche in essa contrastano
-romanticismo e realismo senza potersi accordare e questo continuo
-oscillamento toglie ogni unità all'opera nella quale l'ispirazione è
-assai scarsa e poco eletta.
-
-Tanto la musica di Bruneau che di Charpentier sono in sè la negazione
-di tutte quelle doti che noi eravamo abituati a trovare e cercare
-nella musica francese, cioè la chiarezza, la misura, la forma.
-Ambedue furono scolari di Massenet e per quanta differenza passi fra
-le opere del maestro e degli allievi devesi però sempre riconoscere
-un'affinità di famiglia ed un incrudirsi di quella maniera di concepire
-il dramma musicale come una semplice impressione ora sentimentale
-ora realistica che già si mostra, p. es., nella Saffo di Massenet.
-Ma quantunque Bruneau e Charpentier fino ad un certo punto tentino
-nuove vie, essi non si possono annoverarsi a quei pochi musicisti
-che oggi rappresentano la nuova scuola francese progressista. Il
-padre spirituale di tutti questi è _César Frank_ (1822-1880) un'anima
-candida, ingenua e profondamente religiosa, che in vita restò quasi
-sconosciuto e fu solo idolatrato dai suoi scolari. Le sue opere
-rispecchiano la sua natura e la loro caratteristica è il più puro
-idealismo. Educato alla musica di Bach egli venne formando il suo
-stile sulle opere degli antichi ma senza imitarli ed aggiungendovi
-qualche cosa di mistico che è tutto suo ed elementi affatto moderni
-specialmente dal lato armonico. Le sue opere principali sono gli
-oratori _Les Beatitudes_, _Psyché_, la sua musica da camera e
-per organo, alle quali non fanno certo difetto l'ispirazione ma
-il sentimento della misura e della forma, che alle volte sembra
-embrionale. In ultima linea è però assai dubbio, se si possa annoverare
-Frank fra i musicisti francesi, perchè son troppi gli elementi
-stranieri, che si trovano nella sua musica. Ma l'importanza di
-Frank sta forse più che nelle sue opere nella sua grandezza morale e
-nell'immenso influsso che ebbe sui suoi scolari, fra i quali contano i
-migliori musicisti odierni di Francia. E fu per questi che fu superato
-il periodo di imitazione wagneriana che minacciava snaturare l'arte
-nazionale e che oggi dopo un'interruzione di più secoli si può davvero
-parlare di una vera arte francese, la quale vuole, come proclamava
-Charles Bordes, uno dei più valenti maestri e fautori «le discours
-libre dans la musique libre, la melopée continue, la variation infinie,
-la liberté en un mot de la prose musicale. Nous voulons le triomphe de
-la musique naturelle, libre et mouvente comme le discours plastique et
-ritmique comme la danse antique».
-
-A questo ideale ben ancora lontano da esser raggiunto tendono i
-conati del nuovo Cenacolo, alla cui testa sta da anni _Vincent d'Indy_
-(1851), talento complicato di erudito, pensatore e musicista, fervido
-cattolico, battagliero, che cerca il rinnovamento dell'arte nella
-conoscenza profonda dell'arte medioevale. Eppure anch'egli sacrificò
-dapprima a Wagner come in genere tutti gli altri francesi del suo tempo
-e tanto la sua sinfonia _Wallenstein_ che la sua opera _Fervaal_ (1897)
-e specialmente _le Chant de la Cloche_ mostrano una palese derivazione
-dalla musica wagneriana. Nelle opere posteriori (_Etranger_, Sonata per
-pianoforte e violino. Quartetto, _Symphonie sur un thème montagnard_,
-ecc.), è innegabile la nota personale, che è fatta più di arte e di
-serietà che di spontanea ispirazione. In fondo d'Indy è un artista
-conscio e sicuro ma freddo, aristocratico e troppo eclettico per
-veramente commuoverci.
-
-Della musica _tedesca_ moderna, in quanto essa cerca nuove vie,
-parleremo nel seguente capitolo. Ma non tutti i musicisti di Germania
-seguono le orme di Riccardo Strauss, Max Reger e Gustavo Mahler. La
-maggior parte continua le vecchie tradizioni, imitando or questo o quel
-maestro. Nell'opera è Wagner, che è diventato la guida quasi sempre
-fatale e quantunque la produzione annua sia ancora ingente, le opere
-che non perirono nel mare della dimenticanza sono pochissime. Una di
-queste è _il Barbiere di Bagdad_ di _Pietro Cornelius_ (1824-1874),
-nata ancora ai tempi del soggiorno di Liszt a Weimar, ricca di gentile
-ispirazione ma senza vera potenza drammatica. Maggior fortuna ebbe la
-fiaba _Hänsel und Gretel_ di _Engelberto Humperdink_ (1854), felice
-connubio di canzoni popolari colla polifonia e la maniera dei Maestri
-cantori di Wagner, nota anche in Italia, dove ebbe pure successo
-l'altra opera _Figli di re_, una leggenda composta alla stessa maniera.
-Ma quando Humperdink abbandonò il campo delle fiabe, allora si mostrò
-la sua deficienza di vera forza drammatica e le opere posteriori
-non ebbero alcun successo. L'_Evangelimann_ di _Guglielmo Kienzl_
-(1857) ebbe pure gran successo ma più per il libretto sentimentale e
-commovente che per la musica appena mediocre. E così pure vero successo
-non può dirsi quello più recente di _Tiefland_, l'opera di _Eugenio
-D'Albert_ (1864), miscuglio di tutti gli stili con predominanza di
-quello italiano moderno. _Sigfrido Wagner_ (1869) ebbe come musicista
-la sfortuna di essere figlio di Riccardo Wagner. Le sue opere hanno
-specialmente nelle scene popolari di carattere comico una certa
-freschezza sana. Ma i libretti simbolico-mistici, che egli sceglie
-ed il voler oltrepassare i limiti postigli dalla natura, gli fecero
-finora fallire la prova. Ben maggiore potenza e serietà mostrano invece
-_Max Schillings_ (1868), l'autore di _Ingwelde_, _der Pfeiferstag_ e
-_Moloch_, e specialmente _Giov. Pfitzner_ (1869) (_il povero Enrico_,
-_la Rosa del giardino d'amore_), quantunque anche essi sono imitatori
-di Wagner e soffocano in una complicatissima polifonia dell'orchestra
-la linea melodica.
-
-Gli autori tedeschi di musica istrumentale sono infiniti ed è affatto
-impossibile il parlarne qui, sia perchè ciò oltrepasserebbe il compito
-di questo manuale sia perchè oltre Riccardo Strauss e Max Reger mancano
-personalità spiccate. Il maestro della maggior parte dei giovani più
-noti fu _Lodovico Thuille_ (1861-1907) scolaro e poi successore di
-Rheinberger a Monaco, un romantico, che però seppe seguire i tempi
-e che come maestro aveva doti specialissime. Ma come egli nelle sue
-opere fu un brahmsiano con infiltrazioni moderne anche i suoi scolari
-diretti od indiretti oggi in vista (_Braunfels_, _Noren_, _Bleyle_,
-_Lampe_, _Bischoff_, _Weissmann_) seguono la sua strada e sono
-seguaci or di Brahms or di Strauss. Le loro opere mostrano serietà di
-volere, sapienza e sicurezza tecnica ma difettano di vera originalità
-ed ispirazione. Quasi tutti poi si risentono delle nuove conquiste
-armoniche e cercano di usufruirne senza però che le loro opere si
-possano dire moderne nel senso della parola, perchè il loro fondo è in
-realtà ancora classicista ed il modernismo non ne è sincero.
-
-
- LETTERATURA
-
- Colombani A. — _L'opera italiana nel secolo XIX_, Milano.
-
- Prati R. — _Giuseppe Martucci_, Torino, 1914.
-
- Bastianelli Gianotto — _Pietro Mascagni_, Napoli, 1910.
-
- Torrefranca Franco — _Giacomo Puccini e l'opera internazionale_,
- Torino, 1912.
-
- Pfohl R. — _Die moderne Oper_, Berlino, 1894.
-
- Serviéres G. — _La musique française moderne_, 1897.
-
- Hervey A. — _French Music in the XIX Century_, London, 1903
-
- Neitzel O. — _Camille Saint-Saens_, Berlino, 1900.
-
- Angè de Lassus — _Saint-Saens_, Paris, 1914.
-
- Louis R. — _Die deutsche Musik der Gegenwart_, 1909.
-
- D'Indy V. — _César Frank_, Paris, 1906.
-
-
-
-
-CAPITOLO XXIII.
-
-L'ora presente.
-
-
-La fine del secolo decimonono avrà probabilmente nella storia della
-musica una certa importanza, perchè essa chiude quasi un periodo e
-segna l'inizio di una nuova epoca. Noi contemporanei non possiamo
-nè giudicarne dell'importanza ed ancor meno fare da profeti circa il
-futuro, perchè ci manca l'oggettività e la facoltà di contemplare da
-un punto di vista più dominante e lontano il nostro tempo e perchè
-quello che forse sarà la musica futura, oggi non si presenta ancora che
-appena allo stato embrionale. Il compito di uno che scrive della musica
-contemporanea non può essere dunque che quello di un cronista o di un
-semplice critico che esprime le sue opinioni personali.
-
-I nomi dei musicisti della seconda metà del secolo scorso che
-passeranno alla posterità non soltanto come suoni vacui sono ben pochi.
-Gli altri verranno dimenticati assieme alle opere dei loro autori
-oppure si ricorderanno come quelli dei pionieri di una nuova arte che
-già batte alle porte. I rappresentanti di questa sono tutti stranieri
-e precisamente tedeschi e francesi. Il più noto e discusso è certo
-_Riccardo Strauss_, nato nel 1864, l'anno della morte di Meyerbeer, col
-quale egli ha almeno la somiglianza della natura avida di successo.
-Questo barbaro magnifico e temerario dagli occhi chiari, come un
-giorno lo chiamò Gabriele D'Annunzio, è oggi il conscio duce di molti
-musicisti moderni e l'eroe dell'ora presente. Se però si studiano
-veramente le sue opere, non sarà difficile il conchiudere, che in fondo
-non è tanto la sostanza quanto la forma ed i mezzi di estrinsecarla,
-che si possono dire nuovi. La musica di questo talento complesso per
-eccellenza, di quest'anima eternamente tormentata da nuovi problemi,
-non ha la forza persuasiva di quella dei grandi maestri ma piuttosto
-ci conquide colla violenza e ci fa ammiratori con riluttanza, perchè la
-sua qualità principale non è tanto l'emozione sincera quanto la ferrea
-ed indomita volontà, che essa continuamente palesa.
-
-Strauss è il musicista meno ingenuo e semplice che si possa pensare
-ed il processo generativo della sua mente è dei più complicati.
-Apparentemente invasato dal sacro furore dell'arte e conquiso dalla
-situazione, dalle parole e versi, egli resta in realtà internamente
-freddo e quasi spettatore di sè stesso come qualche grande artista
-drammatico, che sembra vivere la vita delle persone che rappresenta
-ed invece non ne imita che con maestria i gesti e le parole. Egli
-è un cerebrale, che non fa che esperimentare e siccome nessuno lo
-supera oggi nel volere e sapere e nella sicurezza dell'istinto od
-almeno del conoscere gli istinti degli altri, le sue opere non hanno
-come quelle di tanti altri nulla di frammentario, appunto perchè non
-conosce la semplicità ed ingenuità. Altra volta uno degli elementi
-principali per giudicare dell'originalità o dell'altezza del talento
-d'un musicista era l'esame della sua melodia. Ora ciò non è più di
-moda. Se però si vuole ancora provare l'esperimento, si troverà che una
-melodia straussiana non esiste, mentre invece ne esiste benissimo una
-mozartiana, beethoveniana, verdiana, ecc. E non solo ciò ma anzi che
-i pregî di Strauss sono in genere da cercarsi in tutt'altro che nella
-melodia, perchè i suoi temi melodici sono ben di rado veramente felici
-e perchè egli si contenta molte volte di frasi comuni e di spunti
-che nulla hanno di peregrino. Ad onta di ciò è innegabile che questa
-deficienza melodica delle opere di Strauss non ha grande influenza
-sul loro valore, che dipende piuttosto dalla complessività di esse e
-dalla maniera di concepire l'opera d'arte. Ne è punto giustificato il
-voler chiamare la musica di Strauss astrusa e se tale molte volte si
-giudica, ciò dipende non dalla sostanza ma dall'estrema complicazione
-dell'apparato, dalla sopraposizione dei contrappunti, chè anzi il
-maestro, come lo dimostrò nella scelta dei soggetti, è natura certo
-speculativa ma con una buona parte di sensualismo.
-
-Strauss ha incominciato come tutti i musicisti coll'imitare i maestri
-precedenti e suoi contemporanei e fra questi specialmente Brahms. La
-prima opera in cui egli veramente si palesò fu il poema sinfonico
-_Macbeth_ (1887), seguito con breve intervallo dal _Don Giovanni_
-(1888) e dal _Tod und Verklärung_ (_Morte e trasfigurazione_) (1889),
-ancor oggi la sua opera più popolare. Tutte queste opere derivano
-da quelle di Liszt ma Strauss seppe trarre ben altre conseguenze
-dallo stile programmatico che il suo iniziatore. Egli non si fa mai
-veramente schiavo del programma ma è in grado di esprimere con mezzi
-semplicemente musicali tutto quello che vuole. Questa potenza gli
-è anzi tanto propria che egli molte volte ne abusa. In confronto di
-Liszt egli ha non solo maggiore padronanza dei mezzi e della tecnica
-ma anche più grande facoltà inventiva, le quali doti gli rendono
-possibile di mantenere l'architettura musicale e la divisione logica
-del pezzo, mentre gli altri seguaci di Liszt finiscono nella più
-completa anarchia. In un certo riguardo Strauss è anzi un formalista,
-ben inteso alla sua maniera, giacchè in tutto il suo procedere si può
-sempre osservare un certo sistema che consiste nella anatomizzazione e
-disgiunzione dei temi musicali e nel tener fermo alla forma ritmica,
-che è quasi l'ossatura ferrea della composizione. Un'altra delle
-sue qualità è la ricerca della caratteristica, che non rifugge da
-alcun mezzo, poichè a lui poco importa come risuoni la sua musica,
-purchè dica ciò che egli vuol esprimere. Documenti di questa tendenza
-sono rintracciabili in tutte le sue opere ma specialmente nella
-_Vita d'eroe_, e nello _Zaratustra_, dove vi sono brani di musica
-assolutamente brutta, se tale si può ancora chiamare e voluta così di
-proposito. Tendenza questa che non si deve confondere col cosidetto
-realismo o verismo musicale, del quale del resto le opere di Strauss
-mostrano molti esempî ma arte d'esprimere coi suoni materiali ed i
-mezzi della tecnica musicale sentimenti astratti ed idee che mai prima
-si tentò di tradurre.
-
-L'arte di Strauss è tutta personale ed è questa che nelle sue opere
-assume tale importanza da farle distinguere da quelle degli altri
-maestri. O meglio detto, essa cessa quasi di essere solamente arte e
-tecnica ma diventa cosa quasi principale, facendo passare in seconda
-linea l'idea ed il pensiero musicale. Le vie percorse da Berlioz e
-Liszt non avevano condotto a buon fine; Berlioz non seppe mai liberarsi
-dallo schema formale della sinfonia di Liszt e non scrisse che
-schizzi geniali di forma frammentaria. In una parola Berlioz fu troppo
-musicista e Liszt troppo poeta. Strauss proseguì per la strada segnata
-da questo ma evitandone i pericoli. L'idea poetica genera la forma ma
-egli non abbandona la logica musicale. E che ciò non sia impossibile
-egli mostrò in due delle sue migliori opere, nel _Don Chisciotte_,
-scritto in forma di variazioni e nel _Till Eulenspiegel_ in forma di
-rondò.
-
-La musica dei poemi sinfonici di Liszt è essenzialmente omofona.
-Strauss vi sostituì invece una complicatissima polifonia melodica
-simile a quella dei Maestri Cantori di Wagner. La quale, se in certo
-modo è un compenso alla mancanza dello sviluppo tematico tradizionale,
-rende però l'opera musicale molto più difficile a comprendersi,
-perchè l'orecchio s'affatica a voler seguire le combinazioni di tre o
-quattro temi molto più che se si trattasse di contrappunti per quanto
-complicati della maniera antica, perchè questi seguono pur sempre leggi
-formali, che Strauss rifiuta.
-
-Insuperabile, anzi unica è invece la sua arte d'orchestrazione, che
-sorpassa quella di Berlioz, Wagner e di ogni altro. Strauss è colorista
-per eccellenza e tale lo fa non tanto l'uso di alcuni strumenti ma
-l'istinto geniale degli impasti e la maniera di usare degli istrumenti,
-per trarne effetti affatto nuovi, ora di infinita dolcezza e soavità,
-ora di stragrande potenza. E perchè egli concepisce le sue opere
-orchestralmente, è quasi impossibile giudicare di esse studiandole
-al pianoforte. Molte cacofonie, molte stranezze spariscono sentite
-nell'orchestra o quasi non si avvertono, mentre al pianoforte ci
-riescono insopportabili. Quasi sì personale che l'istrumentazione è
-l'armonia di Strauss, che è impossibile spiegare e comprendere alla
-stregua delle antiche norme, che per lui più non esistono. L'ultima
-opera sinfonica di Riccardo Strauss e forse, se non la più ispirata,
-la più perfetta, fu la _Sinfonia domestica_. Il programma è appena
-accennato ed è quasi inutile giacchè è comprensibile anche senza di
-esso.
-
-La domanda se nella musica di Strauss domini più l'elemento sinfonico
-che il drammatico è ormai superflua. La musica istrumentale moderna è
-sì pregna di elementi drammatici, che i confini della musica sinfonica
-e drammatica, che prima erano ben definiti, vanno quasi scomparendo.
-Un fenomeno strano è anzi che la musica di Wagner ha avuto maggior
-importanza per la musica sinfonica che la drammatica. Le opere di
-Strauss sono in realtà piccoli drammi senza parole e tutta la sua
-natura lo predestinava al dramma. Eppure egli vi arrivò tardi, giacchè
-il _Guntram_ (1894) è un'opera scritta sulla falsariga di Wagner, del
-quale il giovane Strauss allora subiva il prepotente influsso.
-
-Vera musica di Strauss è invece quella della seconda opera _Feuersnot_
-(_Senza fuoco_) (1901). Il libretto, lardellato di frasi scabrose e
-quasi lubriche e di allusioni a Wagner e Strauss stesso non è tolto da
-una fiaba olandese come dice l'autore ma ricorda la leggenda medioevale
-del mago Virgilio e
-
- «la torre dove stette in due cestoni
- «Virgilio spenzolato
- (BERNI).
-
-Ma Strauss possiede una vena satirica assai pronunziata ed una dose
-di sensualità, che gli fecero scegliere quell'azione mista di lirismo
-nordico e vena boccacesca. La musica non differisce gran fatto da
-quella dei poemi sinfonici e vi predomina l'elemento sinfonico. Non
-mancano però momenti felici di lirismo nei canti di Kunrad, per quanto
-faccia difetto l'intensità della passione e della vita interiore,
-mentre c'è una certa giocondità primaverile nelle scene popolari, che
-non è priva di poesia.
-
-Da Feuersnot a _Salome_ (1905) passa una differenza abbastanza
-grande, quantunque forse non tanta quanti molti vogliono. Dal lato
-dell'ispirazione musicale anzi si può dire che Feuersnot è opera più
-spontanea ed originale e che la differenza è più da ascriversi al
-soggetto ed alla tecnica più complicata e più perfezionata dal punto
-di vista dell'autore che ad altri elementi. Il dramma di Oscar Wilde,
-per quanto non sia certo un capolavoro, ha delle qualità che dovevano
-attrarre un musicista della natura di Strauss, perchè l'arte di Wilde
-ha molte e grandi somiglianze con quella di Strauss, che è fatta più
-che di vera e sincera commozione di stravaganze, violenze, frenesie da
-un lato e di preziosità, ricercatezze e coloriti e tinte più svariate
-da un altro. Considerata come opera musicale uno dei maggiori pregî
-di Salomè è lo stragrande movimento, la rapidità che sostiene tutto
-l'edificio e le dà un'unità che non hanno neppure i drammi di Wagner,
-rendendo la musica eminentemente suggestiva.
-
-L'_Elettra_, venuta pochi anni dopo (1909), è scritta nello stesso
-stile e non supera la Salome che forse per ancor maggior irruenza
-ritmica e per l'asprezza rigida. Ad ambedue le opere è comune la
-deficienza melodica e la povertà dei temi, che di solito consistono di
-poche note, che traggono il loro significato più dal ritmo che dalla
-linea stessa. Il difetto maggiore di Salome ed ancor più di Elettra
-è l'eccesso, che quando è continuato, perde ogni effetto e produce
-monotonia. Tutto vi è spasmodico, turbinoso, delirante, convulsivo.
-Questa musica ha senza dubbio una grande potenza sugli uditori ma essa
-piuttosto di ammaliarli, li piglia di sorpresa tanto che essi poi non
-sanno rendersi una vera ragione dell'effetto subito. Perciò riudendo
-queste opere, si potrà scoprirne molti particolari interessanti
-sfuggiti la prima volta ma l'effetto e l'impressione iniziale non si
-raggiungono più, perchè bisogna alla fine persuadersi, che c'è ben
-molta posa in tutta questa musica, apparentemente sì calda ed in realtà
-sì fredda. Il successo che ebbero tanto la Salome che l'Elettra fu
-grande e fino ad un certo punto anche sincero. È però assai dubbio il
-dire quanta parte ne tocchi al poeta e quanta al musicista. Tutti e
-due i poemi sono opere più di letteratura che di vera poesia e Strauss
-seppe scegliere bene il momento propizio a simili prodotti, in cui
-isterismi sessuali si mescolano a preziosità letteraria e sotto una
-forma smagliante di immagini e parole si maschera un'intima povertà di
-vero contenuto. Il voler giudicare della musica di questi due drammi
-alla stregua dei principî del dramma lirico compreso quello di Wagner
-è del resto fatica inutile. L'autore rinuncia ad ogni forma musicale
-ed ormai non vuol che seguire la parola più fedelmente che possibile,
-ciò che esclude naturalmente ogni simmetria musicale. Ciò sarà forse
-giustificato, ma dal momento che tutto il dramma musicale non basa che
-su di una finzione è pure permesso il domandarsi, se non sarebbe ancor
-più logico contentarsi della sola parola.
-
-Dopo la Salome e l'Elettra, _il Cavaliere della rosa_, la nota comica
-dopo la tragica. Il poeta Hoffmannsthal, che non sa che rifare per
-quanto virtuosamente le cose altrui, collo scetticismo cinico del
-viennese decadente offrì al maestro un libretto settecentista un po'
-boccaccesco, un po' goldoniano, appesantito di elementi teutonici con
-una figura goffa e volgare quasi ributtante, un po' di colorito locale
-e non dimenticando l'italiano intrigante e subdolo, che sembra di
-prammatica (_Flauto solo_ d'Albert, _Arianna a Nasso_) insomma un poema
-che offende il nostro gusto latino e ne è ben lontano. Lo stile del
-Cavaliere della Rosa è un misto di elementi eterogenei sapientemente
-mascherati. La parte migliore è forse la sentimentale, mentre la comica
-è bizzarra ed esagerata. Quantunque Strauss si sforzi di essere chiaro
-e melodico, egli non ci riesce e cade alle volte persino nel regno
-dell'operetta.
-
-Le due ultime opere di Strauss sembrano destinate a non rimanere che
-un intermezzo nella sua produzione. L'idea di mettere in musica il
-_Bourgeois gentilhomme_ di Molière e specialmente il piccolo dramma
-_Arianna a Nasso_ che vi è contenuto ha attratto Strauss, lo scettico
-umorista, per il funambolismo della situazione buffonesca e lirica.
-Egli sciolse il problema da grande artista che sa far tutto ma senza
-poter creare un'opera vitale per la mancanza di ogni sentimento umano
-e per la pretenziosità troppo palese. Eppure anche quest'opera contiene
-pagine stupende or di umorismo or di dolcezza erotica.
-
-E non più che un capriccio di artista nordico e perciò complicato di
-simbolismo filosofico fu quello di scrivere l'azione coreografica _la
-leggenda di Giuseppe_, trasportata al tempo del barocco berniniano,
-pure di Hoffmanthal, natura affine di Strauss per il predominio
-dell'erotismo più o meno palese e congiunto modernamente ad elementi
-anche più bassi. Ma il simbolismo non si comprende e non resta che
-un'azione coreografica di mediocre interesse, nella quale domina non la
-danza sana e popolaresca del Cavaliere della Rosa ma quella dionisiaca
-o baccante del Zaratustra, della Salome ed Elettra. Comunque, l'opera
-complessa di Strauss resterà un documento importante del tempo,
-mentre la credenza che da lui cominci una nuova era non è certo più
-giustificata, giacchè fra la sua musica e la cosidetta futuristica c'è
-troppa differenza e completa disparità di principi.
-
-Arte ben più moderna è invece quella di Debussy e la nuova musica mette
-più o meno capo al _Pelleas et Melisande_, perchè essa riassume le
-nuove tendenze e conquiste e perchè fu per lei che venne a cessare in
-grandissima parte l'incubo wagneriano ed i musicisti si videro aperte
-altre strade. In ciò sta forse più che nel valore intrinseco dell'opera
-la sua importanza per la storia musicale. Il suo successo al nostro
-tempo di indirizzi così realistici è senza dubbio assai strano. O forse
-esso a pensarci meglio è spiegabile appunto per legge di contrasti.
-La nostra epoca combina l'opportunità della vita pratica col bisogno
-d'un certo misticismo claustrale, che ognuno ha in fondo all'anima
-senza rendersene conto. In sostanza è lo stesso fenomeno del successo
-dell'impressionismo e di tutte le sue suddivisioni nella pittura nonchè
-delle ricercatezze arcaiche della letteratura.
-
-_Claudio Debussy_ (1862) che a tempo perduto è anche critico di arte ci
-ha dato in uno dei suoi articoli la sua professione di fede: «L'arte
-è la più bella menzogna. Per quanto ci affatichiamo di rappresentare
-la vita nelle sue forme e colori usuali, non si arriverà mai ad un
-risultato soddisfacente ed appunto perciò è desiderabile che l'arte
-resti una menzogna, se essa non deve abbassarsi fino al più triste
-opportunismo dozzinale. Come? Non cerca ognuno l'oblio nell'arte e non
-è l'oblio una speciale forma della menzogna? Il nostro compito è di
-mantenere il mondo nelle sue illusioni e di non scuotere brutalmente
-gli uomini dai loro sogni per mostrar la cruda realtà. Contentiamoci
-del mondo fantastico, giacchè esso solo ci dà conforto, esso solo è
-capace di farci intravedere una bellezza che non passa, perchè eterna».
-
-Il Debussy non si contentò di parole ma cercò di mettere in pratica le
-sue teorie. Uscito dal Conservatorio di Parigi e scolaro di professori
-più che ortodossi scrisse la cantata _La demoiselle elue_ su poesia
-del preraffaelita Rossetti, che ispirò spavento ai suoi pedanti
-maestri e che mostra già tutte le caratteristiche dell'autore. Le
-quali sono completo abbandono delle forme tradizionali, soppressione
-di ogni simmetria musicale, dissoluzione della linea melodica in
-piccolissime frasi e melismi per produrre un'atmosfera musicale piena
-di vaporosità, il canto in modo di recitativo quasi come nelle opere
-di Peri e Caccini, imitando cogli intervalli l'alzarsi ed abbassarsi
-della voce parlata, tessuto armonico, in cui l'accordo sta quasi
-da sè e non si collega cogli antecedenti e posteriori, un'armonia
-armoniosa, come la chiama Laloy, che ha principio e fine in sè stessa.
-Il prodotto di tutte queste qualità in parte negative è uno dei più
-originali della musica moderna. Gli stessi principî messi in pratica
-da un musicista mediocre avrebbero condotto necessariamente a qualche
-cosa di disgustoso ed estremamente monotono. Debussy arrivò invece per
-questa via a darci opere sulle quali si potrà certo discutere e che
-ci sembreranno a seconda delle nostre inclinazioni e studi strane e
-forse antipatiche ma che non si potrà far a meno di riconoscere come il
-frutto di un talento singolare ed originale.
-
-La _Demoiselle elue_ fu presto dimenticata ma Debussy sorprese il
-pubblico con un'altra opera ancora più combattuta e dapprincipio
-rifiutata, che poi finì per far il giro delle sale di concerto di
-tutti i paesi. Questa volta l'autore scelse una poesia di Mallarmè,
-_L'après midi d'un faune_ per scriverne un preludio d'orchestra
-(1892). _C'est une sauce sans lièvre_ ebbe a dire un celebre musicista
-francese e secondo il comune modo di vedere non a torto. Difatti
-questo preludio fa ai pugni con tutto quello che noi intendiamo per
-un preludio, _ouverture_ o poema sinfonico, perchè qui non c'è tema
-sul quale s'imperni l'opera, non c'è sviluppo tematico ma solamente
-un'indefinibile incertezza della frase melodica, un continuo
-svolgimento di modulazioni strane. Eppure che effetto poetico l'autore
-sa trarre da un tutto, che ci pare inorganico, quale compenetrazione
-della poesia, quale tavolozza smagliante ad onta della delicatezza!
-Il nostro istinto si ribella contro questa musica rivoluzionaria, sì
-diversa dalla nostra e nel medesimo tempo quei suoni, quelle armonie
-ci ammaliano e quasi ci convertono alla nuova arte. Ed i _Nocturnes_
-e gli schizzi _La mer_, _Images_ ed i 24 preludi per pianoforte? Un
-nulla forse, quasi bolle di sapone iridescenti e vaporose ma un tutto
-eminentemente suggestivo e poetico.
-
-Queste opere come pure il suo _Quartetto_ in sol minore, molte canzoni
-ed alcuni pezzi per pianoforte non avrebbero però certo potuto rendere
-sì noto il loro autore quanto lo è, perchè tutta questa musica è
-troppo esclusivamente aristocratica per arrivare al pubblico. Invece
-il suo dramma musicale _Pelleas et Melisande_ (1902) fu quello che mise
-Debussy in primissima linea fra i musicisti francesi dei nostri giorni.
-
-Data la qualità del suo talento, egli avrebbe ben difficilmente potuto
-trovare una azione più adatta di quella del dramma di Maeterlink, vera
-tragedia del fato, nella quale le persone ci sembrano ombre ed il tutto
-un sogno. Debussy ha fatto opera concorde al poema, che è da giudicare
-con altri criterî che i soliti se si vuole comprenderla e nella quale
-non si deve cercare quello che non ci vuol essere. «Io ho tentato
-con tutte le mie forze, scrive Debussy, e con tutta la sincerità di
-identificare la mia musica colla sostanza poetica del dramma. Prima di
-tutto studiai il carattere delle persone e volli che parlassero esse
-stesse. Io ascoltai le loro parole e tentai di riprodurle. L'uditore
-è abituato, ascoltando un'opera, a provare due impressioni, quella
-della musica e quella delle persone che agiscono e sente di solito
-queste impressioni una dopo l'altra. Io ho tentato di congiungerle.
-La musica possiede un ritmo proprio, i sentimenti dell'animo ne hanno
-un altro più istintivo e sottoposto agli avvenimenti. Da ciò non può
-risultare che un perenne conflitto. Perciò l'uso della forma sinfonica
-(Wagner) non solo non può giovare ma anzi opprime ed annienta la musica
-drammatica».
-
-C'è chi vuol far derivare Debussy da Wagner. Ma ciò non è giusto. Il
-Pelleas è anzi una specie di atto di rivolta contro l'arte di Wagner
-e quantunque non è vero che quest'opera di un solitario rappresenti
-la vera arte francese, dalla quale si trova forse agli antipodi, è ben
-difficile trovarvi raffronti colla musica di Wagner, giacchè per poter
-dir ciò non basta qualche piccola somiglianza, che deriva piuttosto
-dall'ambiente musicale dei nostri giorni, che da una qualsiasi
-imitazione di Wagner. Nella musica di Debussy non ci sono leitmotivi,
-non c'è vera polifonia, non simmetria musicale. Il musicista non vuol
-essere architetto e darci costruzioni contrappuntistiche complicate,
-anzi i suoi temi come tali perdono ogni importanza e diventano quasi
-semplici melismi; la musica segue il testo parola per parola senza
-alcuna preoccupazione musicale, il periodo non obbedisce a leggi
-ma non cerca che di sottolineare e di dipingere, la musica viene
-quasi disciolta nei suoi elementi originari. Il risultato è una
-rara compenetrazione di musica e poesia, una evocazione mirabile
-dell'ambiente con colorito poetico incredibile, che Debussy raggiunge
-con un'arte incantevole nel trattare l'orchestra. Egli preferisce le
-mezze tinte, le penombre, per cui tanto più sfavillanti appariscono
-quei momenti, nei quali irrompe irresistibile la passione e tutto
-sembra ardere e divampare.
-
-Debussy è un prodotto della nostra epoca sì tormentata da ogni sorte
-di problemi. Volendo si può trovare nelle sue opere anche qualche
-somiglianza con quelle dei poeti simbolisti Mallarmè, Verlaine e
-Baudelaire ed ancor più coi pittori di Batignolles Monet, Manet,
-Césanne, ecc., giacchè egli compone come dipingevano quei pittori, cioè
-avendo gli uni per suprema legge il colore ed egli il suono. Ma colori
-e suoni hanno bisogno di anima per non rimaner materia bruta. E forse
-si può anche pensare al giapponesismo nella pittura ed il tutto si
-riduce ad un impressionismo e simbolismo quasi patologico.
-
-La musica di Debussy è basata armonicamente, e l'armonia ne è senza
-dubbio la parte più nuova, sulla trifonia ed esafonia, dalle quali
-dipende il suo colorito strano. Gli accordi adoperabili che ne
-risulterebbero almeno secondo il nostro sistema non sono in sè che
-quattro, dunque pochissimi, ma per comprendere la nuova armonia bisogna
-abbandonare i nostri antichi criteri e considerare i nuovi accordi
-altrimente che come fecimo finora.
-
-Per molti la sua musica è un libro chiuso a sette sigilli, per altri
-un evangelo e l'autore un nuovo Messia. «La musica di Debussy ha un
-carattere primitivo, georgico, sensuale e faunesco, che pur essendo
-proprio alla persona dell'autore è e sarà veramente il carattere
-principale dell'arte, della letteratura e della filosofia della nostra
-epoca forte e sana. Il misticismo dell'opera di Debussy al di là di
-ogni formola antica, intieramente fatto di sensazioni interiori sempre
-più complesse e di una sensualità carnale e naturale profondamente
-e sapientemente semplice è veramente il nuovo misticismo, che
-fa palpitare le ali ansiose della nostra gioventù pronta a forti
-combattimenti per nuove conquiste spirituali, è il misticismo sessuale
-di Rodin scultore e disegnatore» (?). (Ricciotto Canudo — Psycologie
-musicale de Civilisations).
-
-Debussy non ha più dato dopo il Pelleas alcun'opera al teatro ed è in
-genere poco produttivo. Le sue ultime opere sono la musica da scena per
-_il Martirio di S. Sebastiano_ di D'Annunzio, i preludi per pianoforte
-ed un ballo _Jeux_, che non ebbe successo. Data la sua maniera di
-comporre ed il contenuto della sua musica, ciò non è difficile a
-comprendere, perchè nuove opere non potrebbero essere fino ad un certo
-punto che ripetizioni delle anteriori.
-
-Fu detto sopra che sarebbe ben arrischiato il voler considerare la
-musica di Debussy come un vero prodotto dell'arte nazionale. Difatti
-in essa è riconoscibile l'influenza dei musicisti moderni russi,
-specialmente di Borodine e Moussorgsky (per esempio le _canzoni e
-danze della morte_) e, sia direttamente o di riverbero attraverso i
-russi, della musica orientale ed esotica in genere. Eppure Debussy ha
-già fatto scuola nella sua patria e se anche non si può parlare di una
-vera imitazione, che, data la natura della sua musica, è quasi esclusa,
-sono fino ad un certo punto gli stessi principî, che propugnano i veri
-modernisti francesi, fra cui uno dei più estremi è _Maurizio Ravel_
-(1875), squisito illustratore di sensazioni che gli vengono dal mondo
-esterno e perciò diverso da Debussy, che è più sognatore e che invece
-di tradurre le cose ci dà le impressioni che queste gli producono. La
-sua tecnica è però affatto simile alla debussiana e se ne distingue
-soltanto per certi procedimenti a lui propri come p. e. l'aggiungere
-note eterogenee oppure omettere appunto quello che l'orecchio
-s'aspetta.
-
-Melodicamente più ispirato di Debussy egli non gli è inferiore nel
-colorito smagliante ma nella complessività della sua opera. La sua
-opera _L'heure espagnole_ per quanto cesellata è troppo priva di
-freschezza comica, troppo lambiccata e contorta per poter piacere
-al pubblico. Nè i due balli _Daphni et Chloè_ e _Ma mère l'oye_ per
-quanto ricchi di finissimi particolari sono opere di vera ispirazione.
-Migliori sono senza dubbio le opere minori (un quartetto, una Sonatina
-per pianoforte ed i pezzi per questo istrumento _Miroirs_ e la raccolta
-_Gaspard de la nuit_).
-
-Debussy e Ravel sono oggi i rappresentanti più in vista della musica
-francese moderna. Ma confrontati coi veri maestri essi ci appaiono dei
-decadenti senza vigore, figli di un'arte affetta di tutte le malattie,
-di un'ipercoltura, che va in cerca di sensazioni strane, di narcotici
-e stimolanti ora per destarsi dallo stato di sonnambulismo nel quale si
-trova, ora per intensificarlo. Debussy e Ravel credono forse di creare
-una nuova arte e portano invece adosso il peso della coltura musicale
-di tutti i secoli che gli schiaccia.
-
-Più o meno seguaci delle nuove teorie sono pure: _Alberico Magnard_
-(1865-1914), _Ernest Chausson_ (1855-1899), _Alberto Roussel_ (1869),
-_Florent Schmit_ (1870), _Deodato de Séverac_ (1873), mentre _Gabriele
-Faurè_ (1845) e _Gabriele Piernè_ (1863) sono da annoverarsi fra i
-conservatori.
-
-Successo quasi pari al Pelleas ebbe l'opera _Ariane et Barbebleu_
-(1907) di _Paolo Dukas_ (1865) autore di uno scherzo sinfonico
-_L'apprenti sorcier_, pieno di ritmo e calore e di una Sonata per
-pianoforte, opera seria ma pesante. Dukas è molto più sinfonista di
-Debussy, molto più chiaro e ritmico e sta con un piede nel wagnerismo e
-l'altro nel modernismo. Tutti questi musicisti sono coloritori squisiti
-e la loro orchestrazione si distingue p. e. dalla straussiana per
-leggerezza senza esserne inferiori nella varietà di timbri ed impasti.
-
-La musica istrumentale francese è oggi senza dubbio la più nuova e più
-corrispondente al gusto dei moderni esteti. Ma anche gli entusiasti
-di quest'arte cominciano già ad elevare qualche voce che ammonisce:
-«La nostra arte musicale è la prima del mondo per le sue qualità
-aristocratiche ma manca di sangue. Rianimatela! Non si tratta di
-rinunziare alla sua aristocrazia di gusto e di sensibilità. Ma anche
-un grande aristocratico deve saper parlare a tutti e domare la folla a
-mille teste» (R. Rolland).
-
-Una delle maggiori preoccupazioni di questi musicisti è certo il
-tessuto armonico ed è piuttosto nella novità delle loro armonie che
-in altri elementi che si deve cercare il nuovo delle loro opere.
-In questo riguardo si può anzi dire che ad onta delle dissonanze e
-cacofonie volute tutte queste armonie nuove, che non sono più possibili
-a spiegare col solo concetto di tono maggiore e minore, hanno un
-sistema ancor latente ma che perciò non manca di una certa logica
-e che tutto ciò avrà certo grande influenza sulla musica futura. E
-ad un simile nuovo sistema di armonia cercano ormai i dotti di dare
-forma scientifica, un sistema che tenta comprendere in sè oltre le
-nostre tonalità anche le scale liturgiche antiche e combinarle, come
-pure la musica dei popoli orientali e per il quale non esiste quasi
-più il concetto antico di consonanza. Nè soltanto l'armonia è nuova
-ma nuovo è altresì un altro elemento della musica modernissima, che
-consiste nell'impiegare nella polifonia parti medie che sono affatto
-indipendenti nella tonalità della composizione e che combinano soltanto
-colle altre voci nel ritmo. Anche questo processo non è in verità
-affatto nuovo, perchè già lo troviamo nei primi tempi dell'armonia
-e nella musica popolare di certi popoli specialmente asiatici.
-Guido Adler crede di trovare in questa pratica qualche somiglianza
-colla _Eterofonia_, della quale fa menzione Aristosseno, Plutarco e
-Platone e prevede una nuova divisione in musica omofona, polifonica e
-eterofonica.
-
-Riconosciute le varie doti, che sono proprie di tutti questi musicisti
-è però giustificata la domanda, se una musica che non vuol altro che
-raggiungere un'atmosfera musicale e si bea dei suoni considerati in
-sè, che è satura di tutti gli elementi estetici immaginabili e che ad
-onta di tutto ciò e della sua complicazione ha somiglianze con un'arte
-primordiale, sia quella che veramente potrà aprire nuove vie o invece
-col suo snervante erotismo ed il suo misticismo malato non sia arte
-di corruzione, impotente e sterile. Diderot scrisse una volta: _Le
-gout de l'extraordinaire est le caractère de la médiocrité. Quand on
-desespére de faire une belle chose, naturelle et simple, on ne tente
-une bizzarre_. E D'Alembert: _Malheur aux productions de l'art, dont
-toute la beauté n'est que pour les artistes_.
-
-I musicisti nominati appartengono alla scuola impressionista o
-simbolista, per la quale la musica assoluta quasi più non esiste. I
-seguaci dell'altra fazione o scuola che cercano nelle loro opere di
-rivendicare alla musica il suo valore intrinseco e l'indipendenza
-dalle altre arti non sono sì numerosi quanto i primi. L'eterna e tanto
-dibattuta questione ha del resto almeno al nostro tempo un'importanza
-molto secondaria, giacchè in ultima linea qualunque composizione di
-genere superiore è frutto della fantasia poetica dell'autore, sia
-che questi sia o no consapevole dell'origine dell'ispirazione. La
-differenza è perciò da cercarsi più nei procedimenti tecnici che nella
-sostanza intrinseca. L'odierno maggiore campione della musica che
-diremo relativamente assoluta è _Max Reger_ (1873). I musicisti che
-non si lasciarono trascinare dall'influenza wagneriana sono pochi e fra
-questi sta in prima linea Reger, che già colle prime opere si schierò
-fra i musicisti soltanto musicisti e vi rimase fedele sino ad oggi. A
-ciò lo trasse la sua indole ed anche l'indirizzo dei suoi studî i quali
-devono essere stati sì lunghi ed esaurienti da fargli riuscire facile
-lo sciogliere ogni problema più arduo di contrappunto ed armonia.
-Questa è tutta speciale ed ha per caratteristica il brusco cambiamento
-di tono senza o quasi senza modulazione, il passaggio da una tonalità
-ad un'altra affatto eterogenea. La base non è già la scala maggiore o
-minore ma la cromatica; così si arriva tante volte a non poter definire
-il tono di un pezzo sino alla cadenza che ha un'importanza tutta
-propria. Confrontata però l'armonia di Reger con quella dei maestri
-francesi moderni, essa è assai più dura, pesante e caotica e non sa
-raggiungere neppur lontanamente l'effetto di quella.
-
-Nelle prime opere di questo autore troppo fecondo è difficile trovare
-una nota personale. In quelle di organo è più che sensibile l'influsso
-di Bach, mentre nelle opere per pianoforte e nella sua musica da
-camera in genere ricorrono ogni momento reminiscenze di Schumann ed
-ancor più di Brahms. Dall'opera 50 circa anni l'autore però subì una
-trasformazione che si palesa già nelle grandi fantasie per organo (op.
-46, op. 57, ecc.). La sua opera più rivoluzionaria è forse la Sonata
-in do maggiore per pianoforte e violino (op. 72), arruffata e confusa,
-dura negli spunti, melodici tanto per dire. Nè molto diversi sono il
-quartetto (op. 74), estremamente complicato, ed altre opere anche fra
-le ultime, compresi il Concerto per violino e quello per pianoforte.
-Ma fra questo turbinare di opere in cui i contrappunti si sovrappongono
-uno all'altro e le armonie più disparate ci sorprendono e lacerano gli
-orecchi, nacquero pure alcune opere come, per es., i piccoli pezzi per
-pianoforte, op. 82, i due Trio, op. 77, la Suite in stile antico, op.
-93, che sono fra le migliori cose che si scrissero negli ultimi anni.
-Reger predilige come Brahms la forma delle variazioni e vi sviluppa una
-ricchezza incredibile. Le variazioni e fuga su di un tema di Beethoven
-per due pianoforti, quelle su un tema di Bach sono da mettersi fra le
-maggiori e migliori sue composizioni. Le prime opere per orchestra,
-una Sinfonietta, una Serenata, Variazioni su di un tema di Hiller
-ed un Prologo per tragedia, sono opere faragginose ed estremamente
-complicate da rendere assai difficile all'orecchio seguire le parti,
-che si accavallano in contrappunti, istrumentate massicciamente,
-quasi l'autore usi piuttosto registri d'organo che istrumenti. Nelle
-posteriori, una _Suite de ballet_, una Suite romantica, ecc., Reger
-sembra voler mettersi per una nuova strada ed avvicinarsi alla musica
-descrittiva, accettando elementi straussiani e debussyani. E così
-egli si trasforma continuamente, ma non per vera necessità di natura
-ma più per proposito e per l'indirizzo del tempo, ciò che gli riesce
-facile per la sua grande potenza assimilatrice ed il suo immenso sapere
-tecnico. Ma ora che è possibile farsi un giudizio complessivo sulle
-sue opere, bisogna però conchiudere, che egli è un epigone brahmsiano
-con molte altre influenze moderne non ancora equilibrate. L'ispirazione
-melodica non è poi certo una delle prerogative di Reger. La sua melodia
-è di solito angolosa, frammentaria e quasi mai originale. Ma questa
-sua melodia è quella della quale egli abbisogna, perchè soltanto essa
-rende possibile la sua armonizzazione estremamente cromatica e la sua
-ritmica a scatti. Originale è soltanto il procedere tecnico, la fattura
-esterna non il nucleo. La musica di Reger non potrà mai raggiungere
-alcuna vera popolarità, perchè è troppo poco spontanea, troppo fredda
-e riflessiva ed è più la produzione d'un talento dotato di grandissime
-doti specifiche musicali specialmente dal lato tecnico che di un'anima
-esuberante di sentimento commotivo.
-
-Se tutti i segni del tempo non ingannano sembra ora che l'egemonia
-musicale tedesca che durò tanto tempo vada adagio decadendo, mentre
-invece sono le nazioni latine, fra cui prima la Francia come pure
-la Russia, che mostrano un vero risveglio e tendenze decisamente
-progressiste. Questo decadimento cominciò già dalla morte di Wagner,
-per quanto mai come in questi ultimi anni fossero operosi i musicisti
-tedeschi. E ciò si può asserire ad onta delle opera di Riccardo
-Strauss, Max Reger e Gustavo Mahler, certo musicisti di gran valore,
-specialmente i due primi ma decadenti e soltanto continuatori di
-antiche tradizioni, quantunque nessuno potrà negare che Riccardo
-Strauss non influenzi ora in qualche modo la musica europea, che Reger
-non abbia liberata l'armonia da tante vecchie pastoje, che Mahler non
-fosse un musicista di larghe e nuove vedute. Considerando le loro opere
-nell'intima essenza dovremo però conchiudere, che Strauss non è che un
-Wagner potenziato nella tecnica ma ben inferiore a lui nell'ispirazione
-e genialità, che la musica di Reger è in ultima linea una figliazione
-di quella di Brahms, Schumann e di altri maestri più antichi e che
-Mahler non tentò che seguire le orme di Bruckner, che senza ombra di
-coltura estetica risolve ben più felicemente i problemi estetici.
-
-Il parlare degli altri musicisti moderni di Germania oltre i già
-nominati, p. e. _Oscar Fried_, _Hausegger_, _Delius_, _Schrecker_,
-ecc., sarebbe superfluo in un libro come questo, che non ha alcuna
-pretesa di esaurire la materia. Nè le loro opere sono tali da
-meritarlo, perchè nessuna di esse mostra veramente l'impronta del
-genio.
-
-Considerando le nuove opere di Schönberg, Stravinski e Scriabine,
-non solo Reger ma anche Debussy e Ravel sono per i futuristi ormai
-quasi autori classici. La musica di questi tende a divenire atonale
-ed armonicamente anarchica, giacchè va perdendo il senso dei rapporti
-colla tonica e ne trova di più lontani fra tono e tono, che prima non
-si sapeva intuire. La differenza fra consonanza e dissonanza non viene
-più riconosciuta ed il ritmo ed ancor più il colore o timbro assumono
-ben altra importanza di prima. I più noti apostoli del nuovo verbo
-sono:
-
-_Arnoldo Schönberg_ (1874), certo il più sovversivo ed inaccessibile.
-Le sue prime opere (quartetto, sestetto, canzoni, poema sinfonico),
-si possono ancora spiegare come derivazioni molto arrischiate del
-Tristano. Le _Gurrelieder_, poemetto lirico ciclico per due voci
-a solo, declamazione, coro e grande orchestra, scritte con lunghe
-interruzioni, palesano in parte la trasformazione che andava succedendo
-nell'autore che in quest'opera di grandi proporzioni ci dà prova di
-vero talento anche inventivo ed originale. Ma ora Schönberg rifiuta
-tutto quello che egli scrisse prima e s'è venuto formando un sistema
-armonico ed in genere musicale che almeno per i nostri orecchi d'oggi
-sembra condurre al caos musicale, per quanto sia innegabile, che nelle
-opere più recenti (quartetto con una voce a solo, pezzi per pianoforte
-e per orchestra, il _Pierrot lunaire_) ci sia come la base di un nuovo
-sistema, che forse contemporaneamente sentirono anche altri per es.
-Alaleona, quello cioè della _dodecafonia_, che permette di considerare
-ogni accozzamento di toni come accordo. Per i più però le nuove opere
-di Schönberg sono di una monotonia opprimente, potendole ridurre a
-poche note sempre in un tono ad onta dell'apparente enarmonia.
-
-_Alessandro Scriabine_ (1872-1915) si trasformò da un romantico
-chopiniano in un modernista specialmente nelle numerose sonate per
-pianoforte, perchè la sua musica non conosce più lavori tematici e
-sviluppi ma nasce piuttosto da poche idee di importanza più armonica
-che melodica, dalle quali germinano poi combinazioni ed episodi, il
-tutto espresso in una tecnica pianistica molto nuove per figura e
-sonorità.
-
-_Igor Stravinsky_ (1882), scolaro di Rimsky-Korsakoff, si assimilò
-le nuove conquiste armoniche dei francesi e predilige la musica
-coloristica (balli _Petrouschka_, _Sacre du printemps_, _Rossignol_
-ed altre opere). Egli usa i suoni ed i colori derivanti dai timbri
-indipendentemente da ogni legge armonica e se ne serve come prima
-si faceva della melodia, supplendo a questa con una grande potenza
-ritmica.
-
-L'inglese _Cirillo Scott_ (1872) e _Ferruccio Busoni_ (1866) mostrano
-pure nelle loro opere tendenze affatto moderne, specialmente il secondo
-nel _notturno sinfonico_, nella _berceuse elegiaque_, ecc., mentre
-_Vladimiro Rebikoff_ (1867) coi suoi mimodrammi sta sul limitare
-dell'arte futuristica.
-
-La nuova arte, se tale si vuol dire, è una conseguenza dei tempi mutati
-ed in parte anche della posizione sociale che prendono i musicisti
-moderni, ben diversa da quella dell'epoca di Haydn e Mozart, messi dai
-loro signori nella gerarchia quasi al livello dei servi e camerieri.
-Mai nessun tempo fu tanto appassionato ed avido d'arte quanto il nostro
-e ciò influì naturalmente non solo ad innalzare la stima che godono gli
-artisti ma ebbe altresì per conseguenza una maggiore coltura di questi.
-Per caso poi o per altri motivi l'evoluzione moderna della musica
-combina con quella delle altre arti e da ciò venne che anche la musica
-si risente di tutte le nuove idee e teorie, che preoccupano gli artisti
-ed esteti in genere.
-
-La divisa della nuova arte è la novità e la mania dell'originalità.
-Pur di riuscire nuovo ed originale si sacrifica tutto, si fa violenza
-alla propria natura, non si rifugge da alcun mezzo. Per naturale
-conseguenza si vuole sfuggire il comune od almeno quello che si reputa
-tale ed è tale la paura che i musicisti hanno di riuscire convenzionali
-che tosto si presenta loro un'idea melodica, che potrebbe venir
-creduta tale, la strozzano appena nata o la contorcono talmente da
-renderla irriconoscibile. La conseguenza ne è che a forza di cercare
-del nuovo si è quasi perduta la capacità di godere della vera arte ed
-in un'epoca, in cui si è voluto affermare che il genio è affine alla
-pazzia si confondono i significati di nervosismo e talento, isterismo
-e temperamento. Una caratteristica della produzione moderna è con poche
-eccezioni l'incongruenza fra volere e potere, ossia grandi aspirazioni
-ed incapacità di estrinsecarle, oppure grande arte tecnica e nessuna o
-poca sostanza, insomma arte per l'arte ciò che prima non era, perchè
-la meta era più modesta ma si sapeva raggiungerla. E non soltanto
-questa incongruenza è uno dei fenomeni più comuni della nuova musica ma
-altresì l'esagerazione dei mezzi per raggiungere uno scopo, al quale si
-adatterebbero vie molto più semplici.
-
-Comune poi alla musica dei nostri giorni come alla pittura è la
-tendenza di ritornare alle forme primitive sia medioevali, sia dei
-popoli barbari o semibarbari e di servirsene combinandole colle più
-raffinate conquiste dell'arte moderna e dimenticando forse che il
-rifiutare la tradizione, la quale è il risultato dell'esperienza e la
-messe dei secoli, non vuol dire che ritornare indietro, per dopo far
-di nuovo la stessa strada. E comune le è pure la mania dell'esotismo,
-da qualunque paese esso venga, ciò che di nuova prova l'incapacità di
-saper veramente creare.
-
-La tecnica di quasi tutti questi musicisti moderni è ad onta
-dell'apparente novità in sè ben povera cosa, per quanto non sia
-necessario essere d'accordo con Riemann, che cerca spiegare colla
-vecchia armonia le nuove conquiste. (_Storia della musica_, vol. II, 3,
-pag. 251 e seg.). Con sole quarte e quinte di seguito, con accordi di
-nona od alterati e scale di toni intieri armonizzate non si fa ancora
-della vera musica se manca l'ispirazione. Nè si deve dimenticare che
-una musica fatta così non può essere che quasi omofona, almeno fino a
-tanto che l'orecchio musicale non avrà subito modificazioni radicali.
-
-A forza poi di nuove teorie estetiche, che riddano nell'aria e che
-saturano l'ambiente nel quale viviamo, si è quasi cambiata la nostra
-natura e ci siamo abituati a sentire altrimenti di prima, a cercare lo
-strano, a godere di sensazioni spiacevoli, insomma a volere il nuovo
-solamente perchè nuovo e perchè la moda lo vuole, donde deriva il
-paradosso di un'affettazione naturale, perchè di essa non siamo ormai
-più consci. Il pubblico ha certo una parte di colpa a questo stato
-di cose, perchè esso manca di sincerità e pur di non far la figura
-dell'ignorante non s'azzarda di disapprovare una cosa che non gli
-piace e così incita gli artisti a proseguire per una strada che non ha
-più uscita, prendendo, come dice Schiller, l'oscuro per profondo, il
-selvaggio per maschio, l'incerto per infinito, lo sconclusionato per
-sopranaturale.
-
-Altro difetto è la tendenza di oltrepassare i limiti della propria
-arte ed entrare in campi, che si credono affini, specialmente in
-quello della poesia e pittura, sconfessando così la potenza dell'arte
-e disconoscendo la sua superiorità ideale. La conseguenza è che alla
-fine non c'è più posto per quello che noi eravamo abituati a chiamar
-musica, poichè nelle composizioni orchestrali la vera melodia non è più
-ammessa se non serve a scopi estetici superiori, nel dramma lirico la
-verità drammatica la esclude o quasi ed essa non è neppure più permessa
-nella canzone moderna, che come in genere sceglie le poesie più
-astruse, si contenta di pochi melismi ed accordi ed alla più sottolinea
-certe parole e colorisce lievemente nell'accompagnamento. Tutti
-questi principî vanno altresì infiltrandosi nella musica da camera
-che sembrerebbe dover restare l'ultimo rifugio della musica assoluta.
-In una parola si vuole che la musica rappresenti sempre qualche cosa,
-ciò che equivale a voler far di essa altro che per natura è e dovrebbe
-essere. Altra e più fatale conseguenza di tutto questo procedere è che
-l'arte vien ridotta ad essere quella di pochi raffinati e snervati,
-che hanno bisogno di tutti gli stimoli per trovarvi ancora interesse e
-perchè essendo aristocratica perde sempre più il contatto col popolo e
-colla terra dalla quale essa nasce. L'arte per l'arte è una di quelle
-frasi fatte che si ripetono troppo di spesso senza pensarci gran
-fatto. Se con essa si vuol propugnare solo l'aristocraticità dell'arte
-e l'esclusione del vero pubblico dal suo santuario, non sarà certo
-con simili principî, che arriveremo ad un'arte nuova e sana. Pittura,
-scultura e musica sono arti per i sensi e non sono sempre i dotti ed
-esteti quelli, che meglio le comprendono. Nè da una simile arte, che
-di proposito rinunzia alle sue maggiori prerogative, è da sperare gran
-fatto una vera evoluzione musicale nel senso della parola, perchè è
-poco concepibile, per esempio, che dati i principî dell'autore una
-seconda opera lirica di Debussy non sia quasi una ripetizione del
-_Pelleas et Melisande_ e che un nuovo dramma di Strauss si distingua da
-_Salome_ ed _Elettra_.
-
-Tutte queste osservazioni non possono avere del resto che un valore
-ben relativo, se di valore si può parlare. Al mondo tutto è soggetto
-a cambiamento ed è stoltezza il voler stabilire dei dogmi. La musica
-come in genere tutte le arti deve esprimere la vita di pensiero del
-tempo e come questa continuamente cambia, è altrettanto logico che deva
-cambiarsi anche la musica. Coloro che trenta e quarant'anni fa venivano
-chiamati musicisti dell'avvenire ed erano i focosi e battaglieri
-apostoli del verbo d'allora, sono gli stessi che oggi parlano di
-confusione e degenerazione della musica e predicono il finimondo.
-Alcuni dei rivoluzionari di ieri sono i classici dell'oggi e così sarà
-sempre anche in futuro. Il comprendere un'opera d'arte è possibile
-soltanto a pochi eletti. L'uomo è per natura soggetto ad abitudini e
-tradizioni; ciò che non vi corrisponde, lo rende perplesso e confuso ed
-egli lo giudica senza oggettività. L'uomo ormai maturo non è più capace
-di riformare il suo modo di pensare e sentire e per lui il nuovo è
-decadenza, mentre per i giovani è conquista.
-
-Studiando oggettivamente la questione, bisogna però arrivare a
-conchiudere che la maniera di alcuni dei maestri più avanzati,
-appartiene ormai ad un mondo musicale diverso dal solito, in cui
-si distingueva fra bello e brutto e si usava questo soltanto di
-proposito per certi scopi speciali. Senza dubbio i moderni non
-vogliono riconoscere più il nostro brutto come tale e lo devono sentire
-altrimenti. Ciò dipende anche dalla differenza dell'udito musicale e
-dalla tendenza di allargare il sistema armonico con quarti di tono
-ancora impossibili a notare col nostro sistema ma già virtualmente
-accennati. Per questo la musica, che si può paragonare a certi dipinti
-cubistici, fa a noi vecchi musicisti l'effetto di musica stonata. Ma
-chi può garantire, che tale sembrerà in venti o meno anni?
-
-L'esperienza ci dimostra poi ogni giorno, che coi giudizî prematuri
-bisogna essere ben guardinghi. Si pensi a quello che si disse e scrisse
-del Tristano e l'effetto che ci fa oggi quella musica al confronto
-delle opere non diremo di Reger e Strauss, ma di Schönberg e compagnia.
-L'udito umano è suscettibile d'una modificazione meravigliosa. Il lungo
-uso di più secoli ci ha abituato a non sentire che i toni e semitoni e
-farci parere le gradazioni intermedie come stonazioni. Ma l'edifizio
-armonico ammette ancora dei perfezionamenti e maggiori finezze,
-che Beethoven ha già intuito nelle sue ultime opere e che non potè
-abbastanza sviluppare per la mancanza di segni musicali. Nè altrimenti
-è da spiegarsi molte volte l'armonia degli estremi modernisti che con
-una tendenza ad esprimer ciò che il loro orecchio ormai sente e che
-forse anche noi sentiremo in seguito.
-
-È inutile perciò e temerario di parlare di degenerazione e sfacelo
-della musica ed ancor più vacuo il voler far da profeta o prefica.
-Il vero artista crea le sue opere come il genio gliele ispira senza
-curarsi nè della critica nè di sacre tradizioni antiche. La vita non
-conosce periodi di vera sosta e se essi tali ci appaiono, ben raramente
-lo sono in realtà. Quand'anco le opere più discusse dei maestri d'oggi
-non avessero che un valore affatto relativo o persino negativo, cioè
-di distruzione delle tradizioni del passato, esse non saranno perciò
-senza importanza per la storia dell'evoluzione del pensiero musicale,
-perchè non è punto escluso che l'incompleta e difettosa realizzazione
-d'un'idea che si presenta alla mente dell'autore allo stato embrionale,
-non contenga il germe d'una nuova arte. E ciò potrebbe benissimo
-succedere, in quanto si tratti della parte tecnica, la quale ha
-indirettamente immensa importanza anche su quella inventiva. Questa è
-a dir vero finora assai meschina, perchè i modernisti si servono ancora
-di motivi e temi senza alcuna originalità e bellezza e li tolgono dalla
-musica di altri tempi. Ma la musica è ben ancora lontana dall'aver
-raggiunto il culmine definitivo della parabola. Questo è forse l'unico
-vaticinio, che si può fare senza rendersi ridicoli. Il resto è nel seno
-del fato.
-
-
- LETTERATURA
-
- Louis R. — _Die deutsche Musik der Gegenwart_, München, 1909.
-
- Batka R. — _Richard Strauss_, Charlottenburg, 1903.
-
- Newmann G. — _Richard Strauss_, London, 1909.
-
- Schmitz E. — _Richard Strauss als Musikdramatiker_, Monaco, 1907.
-
- Daly W. — _Debussy_, Edinburg, 1909.
-
- Rolland R. — _Musiciens d'aujourd'hui_, Paris, 1908.
-
- Bastianelli G. — _Musicisti d'oggi e di ieri_, Milano, 1914.
-
- Pizzetti I. — _Musicisti contemporanei_, Milano, 1914.
-
- Sézé O. — _Musiciens français d'aujourd'hui_, Paris, 1911.
-
- Setaccioli G. — _Debussy è un innovatore?_, Roma, 1910.
-
- Hehemann M. — _Max Reger_, Monaco.
-
- Steinitzer M. — _Riccardo Strauss_, Berlino, 1911.
-
- Samazeuilh G. — _Paul Dukas_, Parigi.
-
- Manuel R. — _Maurice Ravel et son oeuvre_, Parigi, 1914.
-
- Niemann W. — _Die Musik seit Richard Wagner_, Berlino, 1913.
-
-
-
-
-CAPITOLO XXIV.
-
-Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali.
-
-
-La nostra epoca è quella dei virtuosi e la perfezione raggiunta da
-questi nel trattare i loro istrumenti, nel cavarne tutti gli effetti
-possibili e nel superare ogni difficoltà, è più che ammirabile.
-
-La schiera dei pianisti celebri moderni è numerosissima. Ecco alcuni
-dei nomi più noti: _Giovanni Bülow_ (1830-1894), _Antonio Rubinstein,_
-Carlo Tausig (1841-72), _Sigismondo Thalberg_ (1812-72), _Sofia Menter,
-Annetta Essipoff, Teresa Carreno, Adolfo Fumagalli, Ad. Henselt,
-Alfredo Grünfeld, Giovanni Bonamici, Sgambati, Martucci, Eugenio
-d'Albert, Busoni, Siloti, Paderewski, Ben. Cesi, Palumbo, Consolo,
-Rendano, Godowsky, Sauer, Lamond_, ecc.
-
-La moderna scuola di violino deriva quasi direttamente da _Giov. Batt.
-Viotti_ (1753-1823) allievo di Pugnani ed egli stesso fondatore della
-scuola francese, dalla quale uscirono _Rodolfo Kreutzer_ (1767-1831),
-_Pietro Rode_ (1774-1830) e _Pietro Baillot_ (1771-1843), l'autore d'un
-notissimo metodo. Viotti allargò i confini della tecnica ed influì col
-suo esempio e le sue eccellenti opere (concerti, duetti) sullo sviluppo
-d'uno stile ampio, largo e nobile.
-
-Dopo quest'epoca vennero formandosi scuole nazionali di violino;
-così la francese celebre per l'eleganza e la finezza, fra i più noti
-campioni della quale sono da nominarsi _Carlo de Bériot_ (1802-70),
-_Enrico Vieuxtemps_ (1820-81), _Francesco Prume_ (1816-49),_ Enrico
-Wieniawski_ (1835-80), _H. Léonard_ (1819-1890), _Delfino Alard_
-(1815-1888), _Cesare Thomson_ (1857), _Eugenio Isaye_ (1858),
-_Enrico Marteau_ (1874), _ Émile Sauret_ (1852), _Pablo de Sarasate_
-(1844-1908), ecc.; l'italiana con _Niccolò Paganini_ (1784-1840),
-artista sommo e fenomenale, che affascinava il pubblico e destò
-entusiasmo quale nessuno prima e dopo di lui seppe e fece progredire
-la tecnica fino ai confini del possibile; _Alessandro Rolla_
-(1757-1841), _Camillo Sivori_ (1817-1894), le sorelle _Milanollo,
-Antonio Bazzini, Teresina Tua, A. Serato_, ecc.; la tedesca con _Luigi
-Spohr_ (1784-1859), rappresentante dello stile classico e maschio, non
-curante dei lelocinî della virtuosità esagerata; _Lipinski_, _Ferd.
-David_, celebre maestro, _Guglielmo Ernst, Ferd. Laub, Gius. Joachim_
-(1831-1907), _Augusto Wilhelmi_ (1845-1908), _Heermann_, _Ondricek_,
-_Hubermann_, _Kubelik_, ecc.
-
-Celebri violoncellisti furono _Gio. Dotzauer_, _Romberg_, _Duport_,
-e fra i più recenti _Alfredo Piatti_, _Gaet. Braga_, _David Popper_,
-_Carlo Davidoff_, _Gius. Servais_, _De Swert_, _Becker_, _Klengel_,
-ecc. Fra i contrabassisti, _Giov. Bottesini_, _Dragonetti_; fra i
-flautisti, _Dulon_, _Fürstenau_, _Briccialdi_, _Taffanel_; fra i
-suonatori di arpa, _Carlo Oberthür_, _Elia Parish-Alvars_, _Antonio
-Zamara_.
-
-L'arte del canto si trova in decadimento per la parte tecnica,
-mentre essa segna un progresso nel sentimento drammatico. Fra le
-cantanti celebri del secolo scorso vanno nominate _Angelica Catalani_
-(1779-1849), _Giuditta_ e _Giulietta Grisi_, _Giud. Pasta_ (1793-1865),
-_M. Malibran_ (1808-38), _Paolina Viardot-Garcia_, _Adelina_ e
-_Carlotta Patti_, _Cristina Nilson_, _Paolina Lucca_, _Amalia Materna_,
-_Marchisio_, _Brambilla_, _Stolz_, _Waldmann_, ecc.
-
-Fra i cantanti: _G. Duprez_, _G. Roger_, _Ad. Nourrit_, _G. B. Rubini_,
-_G. Mario_, _L. Lablache_, _Enrico Tamberlik_, _Stagno_, _Tamagno_,
-_Cotogni_, _Masini_, _Maurel_, _Caruso_, _Bonci_, ecc.
-
-Molto maggior importanza che nei tempi andati ha oggi l'arte di
-dirigere l'orchestra, che anzi minaccia di diventare una specie di
-virtuosismo a danno delle opere eseguite. Notissimi direttori furono e
-sono: _Antonio Habenek_, _Giulio Pasdeloup_, _Edoardo Colonne_, _Carlo
-Lamoureux_, _Hans Bülow_, _Ermanno Levi_, _Hans Richter_, _Felice
-Weingartner_, _Arturo Nikisch_, _Felice Mottl_, _Angelo Mariani, Franco
-Faccio, Toscanini_, _Mugnone, Mascheroni_, ecc.
-
-E pure grandiosi progressi hanno fatto negli ultimi decenni gli studî
-storici ed estetici musicali, nei quali al dilettantismo di prima
-è subentrata la ricerca delle fonti, sicchè la storia musicale è
-diventata una vera scienza.
-
-Qui nomineremo fra i cultori di simili studî in Italia:_ Baini, Caffi,
-Basevi, Biagi, Luigi Torchi, Oscar Chilesotti, Ippolito Valletta,
-Fr. Florimo, N. D'Arienzo, Giov. Tebaldini, Piccollelis. A. Galli,
-A. Villanis_ e fra i giovani, pari se non superiori ai più illustri
-stranieri, perchè non sono solamente studiosi ricercatori del passato
-ma critici acuti ed educatori di larghe vedute, _Giannotto Bastianelli,
-Fausto Torrefranca, Ildebrando Pizzetti, Gaetano Cesari_, ecc. — in
-Francia: _Francesco Fétis, E. Coussemaker, A. Pougin, E. Lavoix, Fr.
-Gevaert, M. Brenet, Tiersot, Jullien, Vidal, Kufferath, Bellaigue_,
-ecc. — in Germania: _Kiesewetter, Ambros, O. Iahn, Chrysander, F.
-Spitta, E. Hanslick, Adler, Sandberger, Fleischer, Haberl, Riemann,
-Kretschmar_ — in Inghilterra: _Thayer_ (americano), _Fuller-Maitland,
-Davez_, ecc. — in Spagna _Pedrell_.
-
-
-
-
-ELENCO
-
-DELLE OPERE PRINCIPALI MODERNE CONCERNENTI LA STORIA DELLA MUSICA
-
-
- A. Ambros. — _Geschichte der Musik_, 5 vol., 3ª edizione, Lipsia,
- 1880-1893.
-
- W. Langhans. — _Geschichte der Musik des_ 17, 18. _und_ 19.
- _Jahrhundertes_, 2 vol., Lipsia, 1884.
-
- Riemann H. — _Handbuch der Musikgeschichte_, Lipsia, 4 vol.
-
- _The Oxford History of Musik_, vol. 6 di più autori, 1900 e
- seguenti.
-
- Riemann H. — _Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert_, Berlino,
- 1900.
-
- Riemann H. — _Musikgeschichte in Beispielen_, 3 vol., Lipsia.
-
- Merian H. — _Illustrierte Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert_,
- Lipsia.
-
- Reissmann A. — _Allgemeine Geschichte der Musik_, Monaco, 4 vol.
-
- Naumann E. — _Musikgeschichte_, Lipsia, 2 vol.
-
- Dommer A. — _Geschichte der Musik_, Lipsia, nuova ediz., 1914.
-
- Brendel. — _Storia della musica in Italia, Germania e Francia_.
- Trad. dal tedesco, Genova, 1900.
-
- Marcillac F. — _Histoire de la musique moderne_, Paris, 1882.
-
- Combarieu. — _Histoire de la musique_, Paris.
-
- I. Fétis. — _Histoire générale de la musique_, 5 vol., Paris,
- 1869-1875.
-
- Riemann H. — _Geschichte der Musiktheorie im IX-XIX Jahrhundert_,
- Lipsia, 1898.
-
- Galli A. — _Estetica della musica_, Torino, 1900.
-
- Chilesotti Oscar. — _I nostri maestri del passato_, Milano.
-
- Fétis F. — _Biographie universelle et bibliographie générale de la
- musique_, 2ª ediz., Paris, 1860-1865.
-
- Pougin A. — _Supplement à la biographie des musiciens_, 3 vol.,
- Paris, 1878-1880.
-
- Riemann H. — _Musiklexikon_, Lipsia.
-
- Schmidl C. — _Dizionario universale dei musicisti_, Milano.
-
- Mendel. — _Musikalischer Conversationslexikon_, 2ª ed., 8 vol.,
- Berlino, 1880-1883.
-
- Riemann H. — _Opernhandbuch_, Lipsia.
-
- Paloschi G. — _Piccolo dizionario delle opere teatrali_, Milano.
-
- Kretschmar. — _Führer durch den Concertsaal_, 3 vol., Lipsia, 1900.
-
- Neitzel O. — _Führer durch die Oper_, 3 vol., Lipsia.
-
- Riemann H. — _Grundriss der Musikwissenschaft_, Lipsia, 1908.
-
- Eitner R. — _Bibliographie der Musiksammelwerke des 16 und 17
- Jahrhunderts_, Berlino, 1877.
-
- — _Quellen und Hilfswerke beim Studium der Musikgeschichte_,
- Lipsia, 1891.
-
- — _Biographisches, bibliographisches Quellenlexikon der Musiker und
- Musikgelehrten bis zur Mitte des 19. Jahrhunderts_, Lipsia, vol.
- 10.
-
- Grove G. — _Dictionary of music and musicians_, 5 volumi, 1905 e
- seg.
-
- _Guide de l'amateur d'ouvrages sur la musique, les musiciens et le
- theatre_, Paris, 1901.
-
- Importanti studi di storia musicale contengono le pubblicazioni
- periodiche:
-
- _Rivista musicale italiana_, Torino.
-
- _Monatshefte für Musikgeschichte._
-
- _Vierteljahresschrift für Musikwissenschaft._
-
- _Kirchenmusikalisches Jahrbuch._
-
- _Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft._
-
-
-
-
-INDICE ALFABETICO DEI NOMI
-
-(_I numeri indicano le pagine_).
-
-
-A
-
- Aaron Pietro, 78
- Abaco E., 252
- Adam A., 315
- Adam de Fulda, 79
- Adam della Halle, 90, 122
- Adler, 478
- Agazzari Ag., 151
- Agostino (Sant'), 31
- Agricola M., 79, 206
- Alaleona, 428
- Alard, 476
- Albeniz, 399
- Alberti, 381
- Alboni, 325
- Alceo, 14
- Alcotti, 238
- Aldobrandini, 239
- Alessandri, 224
- Alfano, 416
- Alfonso della Viola, 122
- Algarotti, 267
- Alipio, 17
- Allegri Gregorio, 113
- Amati, 250
- Ambrogio, 30
- Ambros, 478
- Andreini, 236
- Anerio F. e G., 112
- Anfione, 14
- Anfossi, 289
- Animuccia, 112, 120
- Apollo, 19, 23
- Apolloni, 332
- Arcadelt, 107
- Archilei Antonio, 235
- Archilei Vittoria, 235
- Arends, 9
- Ariosti Attilio, 166, 253
- Aristide, 22
- Aristosseno, 16
- Aristotele, 17
- Arrigo, 84
- Asola, 120
- Astariota, 172
- Aston, 201
- Astorga, 158
- Attaignant, 258
- Auber, 308
- Audran, 316
- Auteri M., 333
-
-
-B
-
- Bach, 208, 212, 219, 220
- Baillard, 258
- Baillot, 476
- Balakireff, 390
- Balfe, 396
- Baltazarini, 176
- Banchieri, 122, 244
- Bantock, 396
- Bardi, 127
- Bartolino frate, 99
- Basevi, 478
- Basile, 236
- Basilio (San), 29
- Bassani, 251
- Bastianelli, 428, 478
- Bay, 165
- Bazzini, 401, 419, 476
- Becker, 477
- Beethoven, 294
- Belcari Feo, 84
- Bellaigue, 478
- Bellini, 321
- Benda, 195, 252
- Benevoli O., 113
- Bennet, 348
- Benoit, 398
- Bergonzi, 250
- Bériot, 476
- Berlioz, 366
- Bernabei, 113
- Bernacchi, 237
- Bernardi, 237
- Bernardino della Ciaia, 247
- Bernardo, ted., 243
- Bertolotti, 250
- Besardo, 254
- Beverini, 122
- Biagi, 478
- Biber, 252
- Bibiena, 238
- Binchois, 68
- Bird, 116, 200, 249
- Bischoff, 438
- Bizet, 314
- Bleyle, 438
- Blockx, 398
- Boccherini, 253
- Boezio, 35, 38
- Boieldieu, 315
- Boito, 334
- Bolzoni, 424
- Bonamici, 424, 475
- Bonci, 477
- Bonifacio (San), 41
- Bonocini, 54, 165, 253
- Bontempi, 192
- Bordoni-Hasse Faustina, 193, 237
- Borodine, 390
- Bossi, 421
- Bottesini, 477
- Braga, 477
- Brahms, 352
- Brama, 2
- Brambilla, 477
- Brancaccio, 123
- Braunfels, 438
- Brenet, 478
- Broschi, 237
- Briccialdi, 477
- Bruch, 363
- Bruckner, 357
- Brumel, 71
- Bruneau, 433
- Bull, 116, 200, 249, 386
- Bülow, 475
- Buonamici, 424
- Burci, 78
- Busnois, 68
- Busoni, 467, 475
- Buxtehude, 209
-
-
-C
-
- Caccini Francesca, 150
- Caccini Giulio, 127
- Caffarelli, 237
- Caffi, 478
- Cagnoni, 232
- Caldara, 163
- Caletti Bruni, 146
- Calzabigi, 172, 263
- Cambert, 177
- Campra, 182
- Cannabich, 277
- Cannicciari, 165
- Capello, 232
- Caproli, 176
- Cara Marco, 117
- Carafa, 272
- Carducci, 81
- Carestini, 192
- Carissimi, 149
- Carlo Magno, 41
- Carreno, 475
- Caruso, 477
- Casali, 165
- Casella, 428
- Casti G. B., 170
- Catalani Alf., 402
- Catalani Angel., 477
- Cavalli, 146
- Cavazzoni, 244
- Cazzati, 242
- Cecca della laguna, 236
- Cellini Benvenuto, 229
- Cesari, 478
- Cesi, 475
- Cesti M., 149
- Chabrier, 433
- Chambonnières De, 249
- Charmillon, 88
- Charpentier, 434
- Chausson, 458
- Cherubini, 269
- Chilesotti, 478
- Chopin, 349
- Chrysander, 478
- Ciléa, 415
- Cimarosa, 160
- Cladwik, 398
- Clari, 166
- Clemens non papa, 71
- Clemente (San), 29
- Clementi, 418
- Cleve H., 388
- Colasse, 181
- Colonna, 165
- Colonne, 477
- Consolo, 475
- Conti, 168
- Corelli, 251
- Cornachioli, 147
- Cornelius, 437
- Corsi, 127
- Costa, 236, 424
- Cotogni, 477
- Cottonio, 52, 60
- Couperin, 249
- Coussemaker, 478
- Cowen, 396
- Cramer, 381
- Cristofori, 246
- Croce, 105
- Cui, 390
- Cuzzoni, 237
- Czerny, 379
-
-
-D
-
- D'Alayrac, 189
- D'Albert, 437, 475
- Da Ponte, 171
- Daquin, 249
- D'Arenzio, 478
- Dargomiski, 389
- D'Auvergne, 188
- Davez, 478
- Davico, 428
- David, 476
- Davide, 8
- Davidoff, 477
- Debussy, 450
- Dedekind, 191
- De Ferrari, 333
- De la Guerre Michele, 177
- Delibes, 316
- De Leva, 424
- Delius, 465
- Denza, 424
- De Swert, 477
- D'Indy, 436
- Dittersdorf, 262
- Dominicetti, 402
- Donati, 117
- Donizetti G., 323
- Dori, 13
- Dotzauer, 477
- Dowell, 398
- Draeseke, 363
- Draghi, 150
- Dragonetti, 477
- Dufay, 68
- Dukas, 359
- Duiffopruggar, 250
- Dulon, 477
- Duni, 188
- Dunstable, 46, 68
- Duport, 477
- Duprez, 477
- Durante, 155
- Durastanti, 237
- Dvorak, 395
-
-
-E
-
- Eccard, 207
- Efraen, 32
- Elgar E., 396
- Emilio del Cavaliere, 121
- Enna, 386
- Enrico de Zeelandia, 68, 77
- Erasmo di Rotterdam, 70
- Ernst G., 476
- Erodoto, 7
- Eschilo, 15
- Essipoff, 475
- Euripide, 15, 23
-
-
-F
-
- Faccio, 478
- Fall, 307
- Falla, 399
- Fano, 424
- Farina, 251
- Farinelli, 237
- Faugues, 69
- Faurè, 458
- Ferrabosco, 201
- Ferrari, 233
- Ferri, 236
- Festa, 106
- Fétis, 478
- Fibich, 396
- Field, 381
- Filippo Neri (San), 120
- Filone, 29
- Filz, 278
- Fink, 206
- Fleischer, 478
- Floridia, 415
- Florimo, 478
- Flotow, 306
- Fogliani, 136
- Fonsete S., 64
- Forkel, 94
- Foroni, 419
- Franceschello, 253
- Francesco da Colonia, 60
- Francesco da Milano, 254
- Franchetti, 412
- Frank C., 435
- Frank M., 208
- Franz, 362
- Frescobaldi, 244
- Fried, 465
- Frini, 16
- Froberger, 208, 244
- Fuller-Maitland, 478
- Fumagalli, 475
- Fürstenau, 477
- Fux, 192
-
-
-G
-
- Gabrieli A., 103
- Gabrieli D., 253
- Gabrieli G., 104
- Gade, 348, 385
- Gafor, 78
- Gagliano, 146
- Galilei, 79, 127, 254
- Galli, 239
- Galli A., 478
- Gallus, 208
- Galuppi, 163
- Gardane, 257
- Gasco, 428
- Gasparini, 165
- Gasparo da Salò, 250
- Gastoldi, 117
- Gavinés, 252
- Gay, 202
- Geminiani, 251
- Genée, 307
- Generali, 321
- Genet, 71
- Gerbert, 37
- Gerle, 254
- Geronimo de Moravia, 60
- Gesualdo, 116
- Gevaert, 478
- Gherardello, 99
- Giacobbi, 150
- Gianleone, 207
- Gibbons, 116, 200, 249
- Gilson, 398
- Giovanni da Fiorenza, 99
- Giovanni di Garlandia, 60
- Giovanni XXIII, 48
- Giorgio della Porta, 117
- Giosa N., 332
- Giosquino del Prato, 70
- Giordano, 412
- Giovanni da Cascia, 99
- Giustiniani, 83
- Glareanus, 79
- Glazounow, 393
- Glière, 393
- Glinka, 389
- Gluck, 262
- Gobatti, 333
- Godard, 410
- Godowsky, 475
- Goffredo di Strassburgo, 92
- Goldmark, 306
- Goldoni, 172
- Golinelli, 419
- Gounod, 312
- Gombert, 71
- Gomez, 333
- Goudimel, 107
- Grainger, 397
- Grassi Pasquino, 194
- Graun, 194
- Greco, 156
- Gretry, 189
- Gregorio Magno, 33
- Grisi, 325, 477
- Grieg, 386
- Grossi F., 236
- Grocheo, 99
- Grossi Lod. (Viadana), 124
- Grünfeld, 475
- Guadagnini, 250
- Gualtiero di Vogelweide, 92
- Guarneri del Gesù, 250
- Guglielmi, 155
- Guglielmo monaco, 63
- Guglielmo di Poitiers, 90
- Gui, 428
- Guidetti, 112
- Guidiccioni Laura, 121
- Guido d'Arezzo, 49
- Guignon, 88
- Gumpelzhaimer, 207
- Gusnaschi, 245
-
-
-H
-
- Habeneck, 477
- Haberl, 478
- Halévy, 312
- Hallen, 388
- Hallström, 388
- Hamerik, 386
- Hammerschmidt, 208
- Händel, 221
- Hanslick, 478
- Hartmann, 386
- Hasse, 193
- Hassler, 207
- Haussegger, 465
- Hautin, 258
- Haydn, 280
- Heermann, 477
- Heller, 348
- Henselt, 348, 475
- Herold, 315
- Hervé, 316
- Herzogenberg, 364
- Hiller F., 348
- Hiller J. A., 261
- Hoffmann, 300
- Huber, 364
- Hubermann, 477
- Humperdink, 437
-
-
-I
-
- Iahn, 478
- Ilario, 29
- Ingegneri, 113
- Ioannes Cotton, 60
- Iodocus Pratensis, 70
- Iomelli, 158
- Isaak, 85, 206
- Isaye, 476
- Iside, 2
- Isouard, 189
- Iunta, 257
-
-
-J
-
- Jacopone da Todi, 84
- Jannequin, 74
- Jensen, 348
- Joachim, 477
- Johannes de Florentia, 99
- Jones, 201
- Josquin des Près, 70
- Jubal, 3
- Judenkunig, 254
- Jullien, 478
- Juon, 393
-
-
-K
-
- Kajanus R., 389
- Keiser, 197
- Kelley, 398
- Kerl, 195, 208
- Kielruf, 386
- Kienzl, 437
- Kiesewetter, 478
- Kircher, 23, 55
- Kirchner, 348
- Klengel, 477
- Korsakoff, 390
- Kretschmar, 77, 478
- Kreutzer C., 306
- Kreutzer R., 476
- Ktesibiüs, 242
- Kubelik, 477
- Kufferath, 478
- Kuhnau, 247
- Kusser, 197
-
-
-L
-
- Lablache, 325, 477
- Lalo, 430
- Lalouette, 181
- Lamia, 16
- Lamond, 475
- Lamoureux, 477
- Lampe, 438
- Landi, 151
- Landino, 99, 243
- Lanner, 307
- Laparra, 399
- Laub, 476
- Laurentio, 99
- Lavoix, 478
- Leclair, 252
- Lecoq, 316
- Lederer, 45
- Legrenzi, 150, 242
- Lehàr, 307
- Leo, 155, 253
- Léonard, 476
- Leoncavallo, 409
- Leonin, 45
- Lesuer, 273
- Levi, 410
- Liadow, 393
- Lind, 325
- Ling-Lun, 5
- Lipinski, 476
- Liszt, 379
- Locatelli, 252
- Loewe, 349
- Logroscino, 159
- Lolli, 252
- Longo, 424
- Lorenzo dei Medici, 84
- Loreto, 236
- Loritus, 79
- Lortzing, 306
- Lotti, 161
- Lucca, 477
- Lulli, 178
- Lupo, 201
- Luporini, 333
- Lutero, 70, 205
- Luzzasco, 122
-
-
-M
-
- Macfarren, 396
- Machaud, 45
- Mackenzie, 396
- Maggini, 250
- Maglio G. A., 194
- Magnard, 458
- Mahler, 360
- Mahu, 206
- Maillard, 315
- Majorano, 237
- Malibran, 325, 477
- Malipiero, 428
- Malling G., 386
- Malvezzi, 122
- Mancinelli, 414
- Mancini, 237
- Manni, 121
- Maometto, 10
- Mara, 195
- Maragnoli, 224
- Marazzoli M., 147
- Marcello, 163
- Marchetti, 333
- Marchetto da Padova, 53, 61
- Marchisio, 477
- Marenzio, 113, 116
- Mariani, 478
- Marini B., 251
- Mario, 477
- Marschner, 305
- Marteau, 476
- Martini G. B., 167
- Martini V., 168
- Martucci, 420, 475
- Mascagni, 403
- Mascheroni, 478
- Masini, 477
- Massé, 315
- Massenet, 431
- Materna, 477
- Mattei, 318
- Mattheson, 198
- Maurel, 477
- Mauro, 238
- Mayr, 288
- Mazzocchi, 113
- Mazzucato, 401
- Méhul, 269
- Mei, 127
- Meilan, 208
- Meissen, 92
- Melani, 147
- Mell Gaudio, 107
- Mendelssohn, 341
- Menter, 475
- Mercadante, 321
- Mercurio, 2
- Merlo, 123
- Merulo, 244, 251
- Mesomede, 23
- Messager, 316
- Metastasio, 170
- Meyerbeer, 310
- Migliori, 238
- Milanollo, 476
- Millöcker, 307
- Mingotti, 237
- Molinaro, 254
- Monn, 278
- Monsigny, 189
- Montemezzi, 415
- Monteverdi, 141
- Morales, 106
- Morera, 399
- Morley, 200, 249
- Mosco, 16
- Mosè, 8
- Mottl, 478
- Moussorzky, 391
- Mouton, 71
- Mozart, 285
- Muffat, 247
- Mugellini, 424
- Mugnone, 478
- Müller, 262
- Muris, 60
-
-
-N
-
- Nanini, 112
- Napolitano Gio. Andrea, 123
- Nardi Jacopo, 85
- Nardini, 252
- Nared, 2
- Nerone, 19
- Neusielder, 254
- Nicolai, 306
- Nielsen, 386
- Nikisch, 477
- Nilson, 477
- Noren, 438
- Notari, 201
- Notker, 42
- Nourrit, 325, 477
- Novàk, 396
-
-
-O
-
- Oberthür, 177
- Obrecht, 70
- Offenbach, 315
- Okeghen, 69
- Olimpo, 14
- Ondricek, 477
- Orefice, 415
- Orfeo, 13
- Orlando di Lasso, 72
- Osiander, 206
- Osvaldo di Wolkestien, 92
-
-
-P
-
- Pachelbel, 208, 247
- Pacini, 321
- Paderewski, 475
- Paer, 168
- Paganini, 418, 476
- Paisiello, 160
- Palestrina, 107
- Palladio, 238
- Pallavicini, 192
- Palumbo, 475
- Pananti, 172
- Paolo da Florentia, 99
- Parabosco, 244
- Paradisi, 247
- Pareja, 79
- Parker, 398
- Parish-Alvars, 477
- Parry, 396
- Pasdeloup, 477
- Pasquini Bernardo, 165, 244
- Pasta, 325, 477
- Patti, 477
- Paumann, 244, 253
- Pedrel, 399, 478
- Pedrotti, 333
- Peirol, 90
- Pergolesi, 157
- Peri Iacopo, 127
- Pericle, 15
- Perosi, 423
- Perotin, 45
- Perrin, 177
- Persiani, 325
- Perti, 150
- Peruzzi, 238
- Peterson, 388
- Petrella, 332
- Petrucci, 257
- Pfitzner, 438
- Philidor, 189
- Philippus de Vitriaco, 57
- Piatti, 477
- Piccini, 159
- Piccollelis, 478
- Piernè, 458
- Pierre de la Rue, 71
- Pietro, 41
- Pindaro, 23
- Pirani, 424
- Pisendal, 252
- Pisistrato, 15
- Pistocchi, 237
- Pitagora, 14, 17
- Pitoni, 164
- Pizzetti, 425, 478
- Pizzetti Ildebrando, 19
- Planquette, 316
- Platone, 17
- Platti, 247, 278
- Plutarco, 17
- Poitiers Guglielmo di, 90
- Polarolo, 150
- Poliziano, 122
- Pollini, 381
- Ponchielli, 333
- Popper, 477
- Porpora, 156
- Pougin, 478
- Praetorius, 208
- Provenzale, 152
- Prume, 476
- Puccini, 411
- Pugnani, 252
- Pujol, 399
- Purcell, 201
-
-
-Q
-
- Quagliati, 140
- Quanz, 195
- Quei, 6
- Quinault, 179
- Quintiliano, 22
-
-
-R
-
- Raff, 363
- Raimondi, 321
- Rambaut, 91
- Rameau, 182
- Ravel, 457
- Rebikoff, 467
- Redi, 237
- Reger M., 461
- Reinken, 209
- Rendano, 424, 475
- Respighi, 429
- Reyer, 433
- Reyser, 257
- Rhaw, 206
- Rheinberger, 364
- Ricci, 321
- Ricci-Signorini, 424
- Richter, F., 277
- Richter Hans, 477
- Riemann, 99, 129
- Righini, 168
- Rinaldi, 419
- Rinuccini, 127
- Ripolles, 399
- Rode, 476
- Roger, 325, 477
- Roland de Lattre, 72
- Rolla, 476
- Romano, 41
- Romberg, 477
- Rore C. (de), 78, 103
- Rosini, 236
- Rossi L., 171
- Rossi Lauro, 332
- Rossini, 309, 318
- Rotoli, 424
- Rousseau, 188
- Roussel, 458
- Rubini, 325, 477
- Rubinstein, 392, 475
- Ruggeri, 250
- Rupff, 205
- Rutini, 278
-
-
-S
-
- Sacchetti, 82
- Sacchini, 160
- Sachs, 93
- Sacrati, 176
- Saffo, 14
- Saint-Saens, 429
- Salieri, 168
- Salomone, 8
- Salvator Rosa, 232
- Samara, 415
- Sammartini, 262
- Sanctos, 236
- Sandberger, 478
- Sangalli, 419
- Sanmartini, 279
- Santarini, 239
- Sarasate, 476
- Sarria, 332
- Sarti, 168
- Sauer, 475
- Sauret, 476
- Scarlatti Al., 151
- Scarlatti D., 246
- Scheidt S., 209
- Schein G., 209
- Schenk, 262
- Schering, 71
- Schillings, 438
- Schjelderup G., 388
- Schmit, 458
- Schönberg, 466
- Schrecker, 465
- Schroeder-Devrient, 325
- Schroeter, 246
- Schubert, 338
- Schumann, 344
- Schütz, 104, 208
- Scontrino, 424
- Scott, 397, 467
- Scotto, 257
- Scriabine, 466
- Senesino, 192
- Senfl, 206
- Serato, 476
- Sergio, 34
- Serlio, 238
- Seroff, 390
- Servais, 477
- Servandoni, 239
- Severac, 458
- Sgambati, 420, 475
- Sibelius J., 389
- Siloti, 475
- Silvestro, 29
- Sinding, 387
- Sinigaglia, 423
- Sivori, 476
- Sjögren, 388
- Smareglia, 415
- Smetana, 394
- Smyth, 397
- Södermann, 388
- Sofocle, 15
- Soma, 4
- Soriano, 112
- Spataro, 78
- Spinelli, 405
- Spinetti, 245
- Spitta, 478
- Spohr, 304, 476
- Spontini, 272
- Squarcialupo, 83, 243
- Staden T., 191
- Stagno, 477
- Stainer, 250
- Stamitz, 252, 277
- Stanford, 396
- Steffani, 166
- Stenhammer, 388
- Stolz, 477
- Stradella, 150
- Stradivari, 250
- Strauss J., 307
- Strauss O., 307
- Strauss R., 440
- Stravinsky, 467
- Striggio, 122
- Strozzi, 127
- Suk, 396
- Sullivan, 396
- Suppè, 307
- Svendsen, 388
- Swelink, 209
-
-
-T
-
- Taide, 16
- Taffanel, 477
- Tallis, 249
- Tamagno, 477
- Tamberlick, 477
- Tamburini, 325
- Taneieff, 393
- Tännhauser, 92
- Tartini, 251
- Tasca, 405
- Tausig, 475
- Tebaldini, 424, 478
- Telemann, 199
- Terpandro, 14
- Terzi, 254
- Tesi Vittoria, 237
- Thalberg, 475
- Theile, 196
- Thibaut, 90
- Thomas, 313
- Thomson, 476
- Thot, 2
- Thuille, 438
- Tiersot, 478
- Tinctoris, 78
- Tinel, 398
- Toeschi, 277
- Tolomeo, 31
- Tomadini, 419
- Tommasini, 428
- Torchi, 478
- Torelli, 239, 251
- Tornabuoni, 84
- Torrefranca, 478
- Toscanini, 478
- Tosi, 237
- Tosti, 424
- Traetta, 155
- Trigene, 45
- Tromboncino, 85, 117
- Tschaikowski, 392
- Tua, 476
- Tuotilo, 42
- Turina, 399
- Turini, 232
-
-
-U
-
- Ubaldo, 46
- Ugolino da Orvieto, 78
- Usiglio, 332
-
-
-V
-
- Vaccai, 321
- Valletta, 478
- Vaughan, 397
- Vecchi, 123
- Veda, 5
- Veracini, 252
- Verdi, 325
- Verdolotto, 229
- Viadana, 124
- Viardot-Garcia, 325, 477
- Vicentino Nicola, 136
- Vidal, 478
- Vieuxtemps, 476
- Villanis, 478
- Vinci, 156
- Viotti, 418, 476
- Virdung, 79
- Vitali, 252
- Vitri Filippo (de), 101
- Vittoria, 112
- Vivaldi, 252
- Vogelweide (Gualtiero di), 92
- Volkmann, 348
-
-
-W
-
- Wagenseil, 278
- Wagner R., 370
- Wagner S., 437
- Wallace, 396
- Waldmann, 477
- Walther, 205
- Weber, 301
- Weigel, 262
- Weingartner, 477
- Weissmann, 438
- Westerhout, 415
- Wieniawski, 476
- Wilhelmy, 476
- Willaert, 102
- Wolf, 362
- Wolf-Ferrari, 421
- Wolframo d'Eschenbach, 92
- Wolkenstein (Oswaldo di), 92
-
-
-Z
-
- Zamara, 477
- Zandonai, 427
- Zanella A., 424
- Zarlino, 78
- Zazzerino, 129
- Zeller, 307
- Zeno Ap., 170
- Ziani, 150
- Ziehrer, 307
- Zingarelli, 160
- Zipoli, 278
-
-
-
-
-NOTE:
-
-
-[1] Filippo di Vitry.
-
-[2] Marchetto da Padova.
-
-
-
-
-
-Nota del Trascrittore
-
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
-senza annotazione minimi errori tipografici.
-
-La notazione [=xx] indica che le lettere specificate sono sormontate da
-una barra; [==xx] indica una doppia barra.
-
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-Foundation
-
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-
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-
-The Project Gutenberg EBook of Storia della musica, by Alfredo Untersteiner
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-re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included
-with this eBook or online at www.gutenberg.org/license
-
-
-Title: Storia della musica
-
-Author: Alfredo Untersteiner
-
-Release Date: August 20, 2020 [EBook #62987]
-
-Language: Italian
-
-Character set encoding: UTF-8
-
-*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DELLA MUSICA ***
-
-
-
-
-Produced by Barbara Magni and the Online Distributed
-Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was
-produced from images made available by The Internet Archive)
-
-
-
-
-
-
-</pre>
-
-
-<div class="booktitle">
-<h1>
-STORIA DELLA MUSICA
-</h1>
-</div>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="titlepage">
-<p class="large">
-MANUALI HOEPLI
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-<hr class="tiny" />
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-<p class="pad2 main-t">
-STORIA DELLA MUSICA
-</p>
-
-<p class="pad2 small">
-DI
-</p>
-
-<p class="pad1 x-large">
-ALFREDO UNTERSTEINER
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-
-<hr class="tiny pad2" />
-<p>
-QUARTA EDIZIONE<br />
-interamente riveduta ed ampliata
-</p>
-<hr class="tiny" />
-
-<p class="pad4">
-<span class="large">ULRICO HOEPLI</span><br />
-<span class="small">EDITORE-LIBRAIO DELLA REAL CASA</span><br />
-MILANO<br />
-—<br />
-1916
-</p>
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-
-<div class="verso">
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-TIPOGRAFIA SOCIALE — Milano, Via Goffredo Mameli, 15
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-
-<div class="somm">
-
-<h2>
-INDICE
-</h2>
-
-<table class="indice" summary="">
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> I</td> <td>Introduzione</td> <td class="pag"><a href="#cap1">Pag. 1</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> II</td> <td>La musica dei Greci</td> <td class="pag"><a href="#cap2">13</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> III</td> <td>I primi secoli dell'Era cristiana</td> <td class="pag"><a href="#cap3">25</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> IV</td> <td>I primordi dell'armonia. — Ubaldo e Guido d'Arezzo</td> <td class="pag"><a href="#cap4">43</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> V</td> <td>La musica mensurale ed i precursori dei Fiamminghi</td> <td class="pag"><a href="#cap5">56</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> VI</td> <td>I Fiamminghi</td> <td class="pag"><a href="#cap6">66</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> VII</td> <td>Le canzoni popolari. — Trovatori e Minnesänger</td> <td class="pag"><a href="#cap7">80</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> VIII</td> <td>L'«Ars nova» fiorentina ed il Rinascimento musicale in Italia</td> <td class="pag"><a href="#cap8">96</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> IX</td> <td>Misteri e Passioni. — Origine dell'opera</td> <td class="pag"><a href="#cap9">118</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> X</td> <td>Claudio Monteverdi e l'opera veneziana e napolitana</td> <td class="pag"><a href="#cap10">140</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XI</td> <td>L'opera francese, tedesca ed inglese</td> <td class="pag"><a href="#cap11">175</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XII</td> <td>Martin Lutero e la musica protestante. — Bach e Händel</td> <td class="pag"><a href="#cap12">203</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XIII</td> <td>La musica monodica da camera e l'arte del canto fino al sec. XIX. — Teatri e decorazioni</td> <td class="pag"><a href="#cap13">228</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XIV</td> <td>La musica istrumentale prima del secolo XIX</td> <td class="pag"><a href="#cap14">239</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XV</td> <td>Gluck e la riforma dell'opera</td> <td class="pag"><a href="#cap15">260</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XVI</td> <td>Haydn — Mozart — Beethoven</td> <td class="pag"><a href="#cap16">274</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XVII</td> <td>L'opera romantica e la grand'opera francese</td> <td class="pag"><a href="#cap17">299</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XVIII</td> <td>Gioachino Rossini e l'opera italiana del secolo XIX</td> <td class="pag"><a href="#cap18">317</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XIX</td> <td>Francesco Schubert ed i romantici</td> <td class="pag"><a href="#cap19">336</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XX</td> <td>I rivoluzionari dell'arte</td> <td class="pag"><a href="#cap20">365</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXI</td> <td>Scuole nazionali</td> <td class="pag"><a href="#cap21">384</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXII</td> <td>La musica italiana, francese e tedesca dei nostri giorni</td> <td class="pag"><a href="#cap22">400</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXIII</td> <td>L'ora presente</td> <td class="pag"><a href="#cap23">439</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXIV</td> <td>Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali</td> <td class="pag"><a href="#cap24">475</a></td>
- </tr>
- <tr>
- <td>&nbsp;</td>
- </tr>
- <tr>
- <td colspan="2"><span class="smcap">Indice alfabetico dei nomi</span></td> <td class="pag"><a href="#indalf">481</a></td>
- </tr>
-</table>
-<hr />
-
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap1">CAPITOLO I.
-<span class="smaller">Introduzione.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Lo studio delle origini della musica offre le
-stesse difficoltà di quello dell'origine della lingua.
-Innate nell'uomo erano e l'una e l'altra,
-giacchè a quella guisa, che una forza misteriosa
-costringeva l'uomo a cercare d'esprimere
-e comunicare al suo simile quello che pensava,
-era pure necessario, che egli cercasse di esprimere
-quello che egli sentiva. Anzi siccome il
-sentimento istintivo precede il pensiero, che
-è quasi la conseguenza del primo, e perchè la
-musica è appunto l'arte più ideale di tutte e
-quella che è capace di esprimere e dar forma
-a quel sentimento o sensazione, che la parola
-non sa esprimere, si può dire, che la musica
-sia anteriore alla parola.
-</p>
-
-<p>
-Ma per la stessa ragione essa non poteva progredire
-nello sviluppo di pari passo che la lingua,
-perchè allo stato primitivo questa corrispondeva
-di più al supremo bisogno della soddisfazione
-dei bisogni fisici istintivi, mentre
-<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span>
-deve escludersi che nell'epoca dei primordi
-ridealità, di cui vive la musica, abbia potuto
-venir concepita.
-</p>
-
-<p>
-In ciò è forse da cercare il motivo, per il
-quale lo sviluppo della musica comincia in
-un'età di molto posteriore a quella delle altre
-arti, e per cui, quando queste erano giunte ormai
-alla decadenza, la musica si trovava ancora
-quasi ai principi. Ma non in questo motivo
-soltanto, giacchè, se le altre arti come la pittura,
-la scultura, trovavano nella natura stessa
-i modelli da imitare e la poesia gli oggetti da
-descrivere, la musica doveva scrutare le misteriose
-leggi della natura per trovare i suoi
-elementi, ed il mondo esterno non le offriva
-nel rombo del tuono, nello scrosciare delle
-bufere, nei mille rumori del creato nulla che
-potesse imitare.
-</p>
-
-<p>
-I popoli antichi divinarono questa indipendenza
-della musica dalle cose esterne ascrivendola
-direttamente alla Divinità e ritenendola
-un dono della stessa. Così gli Indiani l'ascrissero
-a Brama ed un Semidio, <i>Nared</i>, fu l'inventore
-della sacra Vina; i Greci a <i>Mercurio</i>,
-che ideò la lira, avendo trovato il guscio d'una
-tartaruga, alla quale erano ancora attaccati alcuni
-tendini tesi che risuonavano; gli Egiziani
-ad <i>Iside</i> ed al Dio <i>Thot</i>.
-</p>
-
-<p>
-Che il canto precedette la musica istrumentale
-è cosa facilmente ammissibile, ma altresì
-che questa non tardò a nascere e ad imitare il
-canto, per quanto l'imperfezione dei primi istrumenti
-<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span>
-lo permetteva. Questo restò però per
-lunghi secoli la parte principale della musica
-specialmente per le sue attinenze colla religione.
-L'idealismo e la vita di pensiero dell'umanità
-dei primi tempi non potevano che limitarsi alla
-religione, che innalzava le menti dalle cure
-terrene, ed essendo ciò pure lo scopo supremo
-della musica, essa doveva divenire l'indivisibile
-ancella di quella ed aggiungere alla parola
-quel maggior grado d'intensità, di affetto e di
-sentimento, di cui essa sola era capace.
-</p>
-
-<p>
-La mancanza assoluta di documenti musicali
-dell'epoca antichissima, rende impossibile il
-poter farsi un'idea della musica di quei tempi,
-e perciò le asserzioni di molti scrittori mancano
-d'ogni serio fondamento. La più comune
-e più verosimile di queste ipotesi è che i popoli
-antichissimi non abbiano conosciuto la melodia
-assoluta, ossia una sequenza di toni uniti
-secondo le leggi dell'armonia, in modo che siano
-graditi all'orecchio, ma che il canto sia stato
-indissolubilmente legato alla parola e fosse
-piuttosto una specie di declamazione con innalzamento
-ed abbassamento di voce a seconda
-dell'accento della parola e dell'affetto, con un
-ritmo dipendente dalla prosodia.
-</p>
-
-<p>
-Come la culla della cultura umana giace nell'Asia,
-così è opinione, che l'arte della musica
-sia venuta sviluppandosi originariamente nell'Asia.
-Nella Genesi (4.21) vien fatta menzione di
-<i>Jubal</i> come primo inventore degli strumenti a
-fiato ed a corda e ne vien stabilita l'epoca a
-<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span>
-circa il 3000 av. C. Ma questa asserzione non
-merita fede, giacchè la musica degli Ebrei non
-raggiunse neppure nell'epoca posteriore quel
-grado di perfezione, che troviamo nella teoria
-musicale degli Indiani ed anzi non ci è neppure
-conservata memoria d'una teoria propria
-degli Ebrei.
-</p>
-
-<p>
-Della musica antica degli <i>Indiani</i> non ci sono
-conservate che molte notizie sulla teoria, le
-quali sono però sufficienti a darci un'idea dell'immensa
-complicazione del loro sistema musicale.
-I toni della scala diatonica, che sembra
-esser stata da loro conosciuta, senza però che
-ne avessero compresa l'importanza come base
-del sistema musicale, venivano suddivisi in
-semitoni e questi alla lor volta in altri semitoni
-o quarti di tono ed ancor più piccole suddivisioni.
-Ma se lo scrittore <i>Soma</i> ci parla di
-960 tonalità diverse, ciò non si può intendere
-nel nostro significato, perchè ogni scala conteneva
-sei nuove tonalità, secondo che si cominciava
-da un diverso tono della stessa, per esempio,
-<i>do-do</i>, <i>re-re</i>, ecc., senza aver riguardo ai
-semitoni, e perchè lo stesso succedeva colle
-nuove scale formate sulla tonica di un semitono
-o quarto di tono. Le ricerche moderne
-non poterono ancora arrivare a provare, se
-questo sistema complicatissimo si fosse limitato
-alla parte teoretica e sia rimasto semplicemente
-un frutto della speculazione ed immaginazione
-od abbia avute attinenze colla pratica,
-come in genere è quasi impossibile il giudicare
-<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span>
-con qualche sicurezza della teoria musicale
-indiana, giacchè la musica moderna dell'India
-è un misto di antico e recente con influenza
-araba spiccatissima.
-</p>
-
-<p>
-Alle melodie dei Bramini (<i>Ragas</i>) conservate
-per tradizione, si attribuivano virtù particolari,
-di ammansare le belve, di incenerire chi le
-avesse cantate, di far cader la pioggia, di far
-oscurare il sole, ecc. Il testo di alcune di queste
-ci è conservato nei libri di Veda, come pure
-sono nominati nella letteratura sanscrita i titoli
-di alcuni scritti musicali, per esempio, <i>specchio
-delle melodie, teoria delle scale, mare degli
-affetti</i>, ecc. I più usitati istrumenti indiani erano
-la Vina, istrumento a pizzico, fatto di una canna
-munita di sette corde e due zucche alle estremità
-per la risonanza, ed il <i>Magondi</i>, specie di
-chitarra a quattro corde.
-</p>
-
-<p>
-Nessuna somiglianza colla teoria degli Indiani
-palesa quella dei <i>Cinesi</i>. Alla scala, che <i>Ling-Lun</i>
-(circa 2500 av. C.) stabilì, mancano due intervalli:
-la quarta e la settima ed ogni tentativo
-posteriore d'aggiungerveli riuscì vano.
-Tanto varrebbe aggiungere un sesto e settimo
-dito alla mano dell'uomo, escalma uno scrittore.
-I toni della scala, che cominciava dal <i>fa</i> del
-nostro sistema, aveano nomi simbolici come
-Kung (imperatore), Isang (ministro), ecc. Notevole
-è pure che nella musica cinese la nostra
-nota più bassa è la più alta e viceversa, sicchè
-il primo tono della scala, il <i>fa</i>, è il più alto.
-Insieme alla teoria erano stabilite otto specie
-<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span>
-di suoni diversi, che corrispondevano a quelli,
-che davano certi corpi. Questi erano la pietra,
-il metallo, la terracotta, la seta, il legno, le pelli,
-il bambù ed una specie di zucca, e di queste
-materie erano fatti gli strumenti musicali cinesi.
-Ad onta dello sviluppo della teoria musicale
-e della varietà degli istrumenti la musica
-cinese non seppe mai divenire una vera arte,
-e noi all'udire la musica moderna di questo popolo,
-che come è tenace nel conservare i suoi
-costumi primitivi, tien altrettanto fermo alle
-antichissime tradizioni musicali, non possiamo
-comprendere come <i>Confucio</i> (500 av. C.) dopo
-aver udite le composizioni del celebre musico
-<i>Quei</i> non abbia fatto per tre mesi altro che
-pensarci.
-</p>
-
-<p>
-Tanto alla musica cinese e giapponese quanto
-a quella dei popoli selvaggi è sconosciuto il
-semitono nella scala, che è composta di cinque
-toni con lacune al posto del semitono.
-</p>
-
-<p>
-Negli ultimi anni si è cercato di occuparsi
-molto più seriamente di prima della cosidetta
-musica esotica, nome che comprende tanto la
-musica dei popoli selvaggi che quella dei popoli
-asiatici. A questi studi servì molto il fonografo
-per fissare le melodie, gli intervalli ed il
-ritmo tante volte sì strani e diversi dai nostri.
-Capellen, Polak e Riemann hanno pubblicato
-trascrizioni di melodie originali cercando di armonizzarle
-in corrispondenza del sistema tonale
-della musica asiatica. Capellen si promette anzi
-dallo studio della musica orientale in genere un
-<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span>
-vantaggio positivo per la nostra musica, sia
-colla suddivisione degli intervalli in quarti di
-tono, ecc., sia coll'introduzione di nuovi ritmi,
-confermando quello che Saint-Saens avea già
-molti anni fa scritto in proposito.
-</p>
-
-<p>
-Le notizie, che ci rimangono della musica
-degli <i>Egiziani</i> sono scarsissime. Dai bassorilievi
-conservati risulta che essa deve aver avuto
-una gran parte nel culto e che si conoscevano
-molti istrumenti come arpe a più corde, flauti,
-tamburi, ecc. Erodoto trovò in Egitto una melodia
-<i>Maneros</i>, che era molto somigliante al
-lamento di Lino, canzone antichissima della
-Grecia e che probabilmente fu importata dall'Egitto.
-Due dei 42 libri della sapienza erano
-i libri dei cantori e si crede che contenessero
-le melodie, che si cantavano alle sacre funzioni,
-ai funerali, ecc. La scala musicale sembra aver
-avuto sette toni, ossia due tetracordi uniti, ma
-non si sa, se questi sieno stati melodici o armonici.
-I sacerdoti poi avevano nei tempi antichissimi
-stabilito come permessi nella chiesa
-sette toni sacri e proibito l'uso di melodie straniere,
-inceppando in questa guisa lo sviluppo
-dell'arte musicale. È pure probabile, che la teoria
-musicale di Pitagora dell'armonia delle sfere,
-che mirava alla scoperta dei rapporti delle leggi
-musicali nelle leggi cosmiche ed astronomiche,
-abbia avuto la sua origine, nell'Egitto, dove
-era in fiore la scienza astronomica.
-</p>
-
-<p>
-Che la musica presso gli <i>Ebrei</i> sia stata coltivata
-e tenuta in grande onore risulta da una
-<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span>
-infinità di passi, che troviamo nella sacra scrittura.
-Questa nazione, che mostrò poca attitudine
-alle arti della pittura e scultura, sorpassò
-tutti gli altri popoli asiatici nella poesia, i monumenti
-della quale formano ancor oggi l'oggetto
-della nostra ammirazione. Ma quell'istesso
-sentimento religioso innato nel popolo eletto,
-che avea trovato la sua più alta e perfetta espressione
-nella poesia religiosa, dovea necessariamente
-rivolgersi alla musica, l'arte, nella quale
-le più alte aspirazioni ed i più sublimi ideali
-trovano la loro espressione più adeguata. Per
-questo motivo la musica degli Ebrei fu essenzialmente
-religiosa e formava una parte integrante
-del culto divino, affidata alla classe privilegiata
-dei Leviti. Il re Davide e Salomone li
-confermarono nella loro carica e stabilirono,
-che essi dovessero fornire pel servizio del tempio
-<i>4000</i> cantanti e musici suddivisi in 288 cori,
-ognuno dei quali aveva un proprio capo.
-</p>
-
-<p>
-È difficile se non impossibile farsi una chiara
-idea circa la natura della musica ebrea, non
-essendoci conservata alcuna notizia nè della
-teoria, nè conoscendosi degli istrumenti in uso
-poco più che il nome. È però probabile, che
-nei primi secoli essa sia stata poco dissimile
-dalla musica Egiziana per il lungo tempo passato
-dagli Ebrei nell'Egitto e per l'influenza
-esercitata dalla coltura egiziana su Mosè, educato
-alla sapienza di quel paese. L'epoca del
-maggior fiore della musica ebraica fu quella
-del re cantore Davide e di Salomone, l'uno
-<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span>
-autore dei Salmi, l'altro del Cantico dei Cantici, i
-due modelli di poesia religiosa e profana ebraica.
-</p>
-
-<p>
-Non vi può essere dubbio che i Salmi venissero
-cantati, sia pel genere della poesia, sia per
-le osservazioni, che stanno in testa ad alcuni
-di questi. Così il Salmo 9, che porta la soprascritta:
-da cantarsi secondo la bella gioventù;
-il 22, secondo la cerva, che vien cacciata; il 45,
-secondo il cantico di nozze delle rose; il 60, il
-69, ecc. Queste soprascritte non potevano avere
-altro scopo, che indicare secondo quale melodia
-conosciuta da tutti si doveva cantare il
-Salmo, e si può credere, che le melodie indicate
-appartenessero alla musica popolare. Da
-simili accenni si può pure con certezza conchiudere,
-che i Salmi venivano cantati in versetti
-da cori, alle volte alternati, alle volte uniti,
-e che erano accompagnati da istrumenti e specialmente
-da cetre, arpe e salteri. La musica
-dei Salmi poi deve essere stata una specie di
-salmodia con accenti e variazioni di tono, corrispondente
-al testo, e non essersi estesa che
-a pochi toni.
-</p>
-
-<p>
-La questione, se gli ebrei abbiano conosciuta
-la notazione è ancora indecisa, giacchè non si
-sa ancora, se i segni che si trovano nelle più
-antiche scritture, siano note o semplicemente
-accenti metrici per facilitare la uniforme recitazione
-od il canto. Il tentativo fatto da Arends
-di decifrare uno di questi salmi sembra essere
-riuscito, giacchè la melodia risultante corrisponde
-in certo riguardo alle più accreditate
-<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span>
-ipotesi circa la musica ebraica. La musica degli
-Ebrei moderni non può essere presa a guida
-per quella antica, giacchè le diverse schiatte a
-seconda del paese dove si sono stabilite, hanno
-canti religiosi quasi del tutto differenti fra loro,
-e gli influssi esterni sono evidenti.
-</p>
-
-<p>
-Gli istrumenti, che erano in uso presso gli
-antichi Ebrei erano numerosissimi, ma anche
-di questi non conosciamo con precisione la
-natura, consistendo le fonti della nostra conoscenza
-in poco più che nei bassorilievi dell'arco
-di Tito. Fra gli strumenti a fiato erano i
-principali lo <i>Schofar</i>, specie di corno ricurvo
-ancor in uso nelle sinagoghe moderne, il <i>Chalit</i>,
-specie di flauto; fra quelli a corda, il <i>Kinor</i>,
-specie di cetra od arpa a più corde (10, 24), il
-<i>Salterio</i>, pure specie di arpa; fra gli strumenti
-a percussione l'<i>Aduf</i>, tamburo, le nacchere, ecc.
-Nel Talmud si fa pure menzione di uno strumento
-chiamato <i>Magrefa</i>, che fu ritenuto per
-un organo da cento toni, che si sentiva fin sul
-monte Oliveto, ma che viceversa sembra essere
-una mistificazione, giacchè Magrefa si chiamava
-altresì la gran pala del carbone, che si adoperava
-nel Tempio.
-</p>
-
-<p>
-Come la coltura generale degli <i>Arabi</i> salì specialmente
-dopo le riforme di Maometto (622 d. C.)
-ad un alto grado nelle scienze ed in parte anche
-nelle arti dell'architettura e nella poesia,
-così era naturale, che anche la musica non venisse
-trascurata dai dotti e specialmente dai
-matematici. Difatti noi vediamo svilupparsi una
-<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span>
-teoria complicata ed artificiosa con toni stabili
-e mobili, con 84 specie di scale, fra cui bensì
-molte praticamente inadoperabili, con terzi di
-tono, donde l'indecisione tutta propria della
-musica orientale, ecc. Da principio i teorici andarono
-di pari passo colla pratica, ma poi si
-perdettero nei loro numerosi scritti in speculazioni
-filosofiche, allegoriche e mistiche od in
-astrusità matematiche, sicchè la musica non ne
-trasse alcun profitto e rapidamente decadde.
-Fra gli strumenti arabi i più noti sono il <i>Rebab</i>,
-da cui origina il violino, l'<i>Eut</i> da 4 fino a
-14 corde, specie di liuto, donde il nome, portato
-in Europa dagli Arabi spagnuoli ed all'epoca
-delle Crociate introdotto dall'Oriente, l'oboe, ecc.
-</p>
-
-<p>
-La musica araba è omofona ed improntata ad
-una melanconia cadenzata e monotona propria
-della natura del popolo arabo. Essa non è però
-alle volte priva d'una certa poesia ed ispirazione
-melodica e fu più volte imitata dai musicisti
-europei nei suoi ritmi ed intervalli strani.
-</p>
-
-<p>
-Qualche somiglianza colla musica araba e specialmente
-coll'orientale in genere ha la musica
-degli <i>Zingari</i>, che senza dubbio sono d'origine
-orientale. La scala degli zingari è tutta propria
-e caratteristica. In essa trovasi, quantunque non
-costante, la quarta e la settima eccedente, la
-sesta diminuita. La musica zingara è musica
-d'improvvisazione. La melodia o larga ed appassionata,
-nelle tonalità minori, o saltellante
-ed incalzante in ritmi vispi ed irruenti, si perde
-quasi e si confonde in mezzo ad infinite fioriture,
-<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span>
-che si accalcano, s'intrecciano nelle singole
-voci. Il campo della musica zingara è ristretto,
-ma in questa ristrettezza havvi una
-varietà infinita che se per noi occidentali alla
-lunga diventa monotona per la forma stereotipa
-e per il carattere troppo pronunciatamente
-nazionale, non è però meno da ammirarsi.
-</p>
-
-<p>
-Gli istrumenti principali dell'orchestra zingara
-sono il violino ed il cimbalo, specie di
-salterio a più corde da battersi con due martelletti.
-Lo zingaro è appassionatissimo della
-sua musica e spesso vi raggiunge un alto grado.
-Quantunque l'armonia nella musica zingara
-non abbia grande importanza, pure, sia per
-l'influsso degli altri popoli sia per intuizione,
-l'accompagnamento eseguito sempre a memoria
-e per lo più improvvisato, è caratteristico ed
-originale specialmente quando le parti secondarie,
-stanche del semplice accompagnare, si
-emancipano ed adornano di mille arabeschi e
-fronde il canto del violino principale, rincorrendosi
-o seguendosi oppure unendosi in terze
-e seste.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-R. Wallaschek — <i>Anfänge der Tonkunst</i>, Lipsia, Barth, 1903.
-</p>
-
-<p>
-G. Paldaofs — <i>La musica in oriente</i>, Milano, Sonzogno.
-</p>
-
-<p>
-Polak — <i>Die Harmonisierung indischer, türkischer und japanischer Melodien</i>, Lipsia, 1905.
-</p>
-
-<p>
-Capellen — <i>Exotische Mollmusik</i>, Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-J. Rouanet — <i>La musique arabe</i>, Algier, 1905.
-</p>
-
-<p>
-Fr. Liszt — <i>Des Bohémiens et leur musique en Hongrie</i>, Lipsia, 1881.
-</p>
-
-<p>
-Laloy — <i>La musique chinoise</i>, Paris, 1910.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap2">CAPITOLO II.
-<span class="smaller">La musica dei Greci.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Questo popolo, al quale la natura avea largito
-a larghissima mano le più belle doti, doveva
-esser quello, che anche nella musica dell'evo
-antico era destinato a lasciar la sua orma indelebile
-e piantare le basi di quell'edificio grandioso,
-a cui ogni limite sembra troppo angusto.
-</p>
-
-<p>
-Soltanto presso i Greci la musica comincia a
-divenire arte indipendente e cessa di essere
-l'espressione quasi inconscia dei sentimenti ed
-affetti interni; presso i Greci si sviluppa per la
-prima volta una teoria musicale basata sulle
-leggi fisiche ed armoniche; soltanto presso i
-Greci la musica si asside pari fra le arti e vien
-riconosciuta la potenza estetica ed etica a lei
-inerente.
-</p>
-
-<p>
-La storia della musica greca si divide in tre
-grandi periodi; il primo, che abbraccia l'epoca
-mitica ed arriva fino alla migrazione dei Dori
-(1000 a. C.), il secondo fino alla guerra del Peloponneso
-(404 a. C.), ed il terzo, o quello della
-Decadenza, fino alla conquista romana.
-</p>
-
-<p>
-Nel periodo mitico incontriamo come nella
-storia degli altri popoli le leggende, che ci raccontano
-dell'origine divina della musica. Le
-principali figure di questo periodo sono <i>Orfeo</i>,
-personificazione della potenza della musica, che
-<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span>
-ammansa col canto le belve, le furie dell'orco,
-fa movere i sassi e le piante; <i>Anfione</i>, al suono
-della cui cetra i massi di pietra si mettono a
-posto e formano le mura di Tebe, ecc. Grande
-parte ha pure la musica nella mitologia ed
-essa è messa sotto la protezione del Dio Apollo
-e delle Muse; con canti ditirambici vien onorato
-Bacco, quei canti che furono la prima origine
-della tragedia e dei cori dei drammi greci.
-</p>
-
-<p>
-Nel secondo periodo dopo l'immigrazione Dorica
-incontriamo <i>Olimpo</i>, il giovane, che vien
-celebrato qual inventore del genere enarmonico,
-e <i>Terpandro</i>, il vero padre della teoria
-musicale antica (600 a. C.), nativo di Lesbo e
-che visse in Sparta. Egli compose melodie (<i>nomi</i>),
-che durarono per tradizione lungo tempo, ed
-alle quali fu a simiglianza delle melodie indiane
-ascritta grande influenza sulla morale ed il costume.
-A lui si tributa pure l'onore d'essersi
-servito d'una notazione musicale, e di aver aggiunto
-all'antica lira altre tre corde alle quattro
-anteriori. Cantanti e musici sembrano esser
-stati pure la poetessa <i>Saffo</i> (550 a. C.) ed <i>Alceo</i>
-(580 a. C.). Più importante di tutti questi per lo
-sviluppo della musica e specialmente per la
-teoria fu il celebre filosofo e matematico <i>Pitagora</i>
-di Samo (580-504 a. C.), il quale nei suoi
-lunghi viaggi in Egitto ed in Asia ebbe occasione
-di studiare la musica di quei paesi e di
-conoscerne i sistemi, che egli introdusse con
-modificazioni nella sua patria. Egli fu il primo,
-che trovò i rapporti numerici fra i toni col
-<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span>
-mezzo del <i>monocordo</i> (cassetto risonante, sul
-quale era tesa una corda, a cui si potevano applicare
-ponticelli mobili, che alteravano il tono
-della corda). A questo modo egli potè stabilire
-gli intervalli, determinare i rapporti della prima
-coll'ottava di 1:2, della quinta di 2:3, della
-quarta di 3:4, corrispondenti al rapporto della
-lunghezza dell'intiera corda colla metà, due
-terzi, tre quarti, che davano gli intervalli accennati.
-Questo sistema, che basava su leggi
-matematiche e non armoniche, doveva disconoscere
-la natura dell'intervallo di <i>terza</i>, che
-per noi è il prototipo della consonanza e che
-per <i>Pitagora</i> era dissonanza, e se la nuova scoperta
-fu importantissima per il futuro sviluppo
-della musica, essa fu forse cagione, che l'antichità
-non conobbe l'armonia, e che ci vollero
-ancora molti e molti secoli, prima che essa si
-sviluppasse.
-</p>
-
-<p>
-L'epoca della fiorita d'Atene ai tempi di Pisistrato
-ed ancor più di Pericle (478-429 a. C.)
-ed il sorgere e lo svilupparsi della tragedia nazionale
-rappresentano altresì l'epoca del maggior
-fiore della musica greca. L'importanza dei
-cori è massima in Eschilo, minore in Sofocle
-ed in Euripide. Che i cori venissero cantati è
-ormai cosa certa, e sembra pure quasi sicuro,
-che la musica fosse scritta dai poeti tragici
-stessi od almeno da loro designata, togliendola
-da canzoni popolari note, che si adattavano alla
-situazione ed ai sentimenti espressi. I cori consistevano
-di tre parti, della <i>Strofa</i>, <i>Antistrofa</i> e
-<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span>
-dell'<i>Epodo</i>; le due prime venivano cantate da
-cori separati, che si univano nell'epodo. Ma
-non soltanto i cori si cantavano ma anche
-gran parte dei monologhi e dialoghi non con
-vere melodie ma in modo recitativo come si
-faceva già prima dai rapsodi che recitavano le
-poesie di Omero ed Esiodo. Sembra poi che
-tanto i cori che la parte recitata fosse accompagnata
-da istrumenti, probabilmente flauti e cetre.
-Si cantavano pure le canzoni popolari di
-più specie e venivano eseguite da istrumenti le
-danze sia religiose che profane.
-</p>
-
-<p>
-Colla corruzione dei costumi e colla decadenza
-delle repubbliche greche comincia pure
-l'epoca di decadimento della musica. Alla semplicità
-e grandezza degli antichi <i>nomi</i> (melodie)
-subentra la virtuosità, che cerca di nascondere
-sotto la raffinatezza dell'arte e dell'effetto
-esteriore la mancanza di sostanza. La voce dei
-saggi, che piangono i tempi passati, vien soffocata
-dagli applausi della folla che dona corone
-d'alloro al citaredo Frini, al cantante Mosco,
-all'etéra Taide, ed innalza un tempio alla flautista
-Lamia. L'antica libertà greca si spegne
-sotto la dinastia macedonica e con lei l'arte
-musicale perde ogni importanza e diventa un
-semplice oggetto di sollazzo. Soltanto qualche
-dotto occupa le sue ore solitarie meditando
-sulle questioni teoretiche musicali e rivive nel
-passato, così <i>Aristosseno «l'armonico»</i> (350 a. C.)
-del quale ci sono conservati tre libri di «Elementi
-di armonia» nei quali a differenza delle
-<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span>
-teorie pitagoriche vien istituito a giudice supremo
-l'udito e non le leggi matematiche, <i>Alipio</i>
-(200 a. C.), di cui un frammento sembra
-contenere un sistema di notazione musicale con
-lettere, e <i>Plutarco</i> (49 d. C.).
-</p>
-
-<p>
-Alla Grecia era pure riservata la gloria di essere
-la prima, che si occupò dell'estetica musicale
-e che studiò l'influenza della stessa sull'animo,
-sull'educazione e sullo sviluppo del
-carattere. Già al tempo di Pitagora e della sua
-scuola la musica era stata fatta oggetto di studî
-profondi e si avea voluto trovare rapporti fra
-essi, l'astronomia e l'ordine del creato. Questa
-scienza, che già s'era palesata nel mito e nella
-leggenda, fu coltivata fin all'esagerazione e la
-musica e l'astronomia furono dette sorelle.
-</p>
-
-<p>
-La lira è il simbolo dell'universo, le sue corde
-rappresentano gli elementi; l'armonia delle sfere
-trova la sua eco nella cetra e nei numeri armonici;
-le consonanze e dissonanze corrispondono
-ai segni dello Zodiaco.
-</p>
-
-<p>
-Studî egualmente profondi sulla musica fecero
-<i>Platone</i> ed <i>Aristotele</i>. Il primo nega essere
-la musica oggetto di divertimento per sè, ma
-le ascrive una mansione e potenza morale. La
-musica deve influire sul carattere, informarlo
-al bene ed ispirare odio e ribrezzo per il male.
-La musica cattiva ed effeminata deve venir
-proibita dallo stato come pericolosa e corrompente
-i costumi. Delle tonalità non devono esser
-ammesse che due: la <i>dorica</i> e la <i>lidica</i>,
-perchè l'una anima l'uomo alla forza, ai sentimenti
-<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span>
-maschi, alla costanza; l'altra lo conforta
-e gli ispira sentimenti di amore e bontà.
-</p>
-
-<p>
-Aristotele è d'accordo in massima con queste
-teorie, ma riconosce alla musica altresì lo scopo
-di dilettare e dilettando di nobilitare l'animo.
-Perciò essa deve venir insegnata alla gioventù.
-A quale grado questa potenza morale sia stata
-riconosciuta nella Grecia, mostra il fatto, che
-per <i>arte musicale</i> s'intendeva nell'educazione
-la religione, la poesia e la musica.
-</p>
-
-<p>
-Colla storia della musica greca si chiude il
-periodo antico, giacchè della musica romana
-antica non ci restano che pochissime notizie,
-e quella dell'epoca posteriore non fu che l'ombra
-della greca. L'ideale dello stato romano, il
-carattere della nazione era rivolto ad altre mire
-e la più gentile ed ideale delle arti si doveva
-trovare a disagio in quell'ambiente di realismo,
-in mezzo a quelle masse agitate dal desiderio
-di conquista e di gloria. Coll'epoca degli imperatori
-e dopo la conquista della Grecia Roma
-s'appropriò la coltura greca e con essa la musica
-greca. Cantatrici e citariste greche rallegravano
-i triclinî dei patrizi romani. Roma cercava
-guadagnare il tempo perduto, e si dava
-in braccio alle più sfrenate orgie e divertimenti,
-ai quali la musica doveva contribuire non più
-come arte, per sè indipendente, ma come semplice
-ancella. L'antica semplicità era svanita e
-si cercava nelle feste e nei tripudî di dimenticare
-le cure e la tirannide. All'antico coro greco
-era subentrato un esercito di cantanti, citaredi
-<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span>
-e tibicini; invece degli antichi canti di vittoria
-e dei ditirambi risuonavano le rauche canzoni
-di Nerone, incoronato d'alloro e proclamato
-pari ad Apollo, finchè anche queste tacquero
-soffocate nel sangue. A loro subentrarono allora
-i canti dei barbari irruenti nella città eterna e
-la coltura greca e romana fu sepolta sotto le
-macerie dei templi crollanti.
-</p>
-
-<p>
-Il sistema musicale greco è assai complicato
-e difficile a comprendersi e la sua importanza
-per la musica moderna affatto secondaria, perchè
-l'uso della tonalità maggiore e minore ci
-ha fatto perdere il vero criterio delle tonalità
-antiche sulle quali basa tutto il sistema greco.
-</p>
-
-<p>
-Non bisogna però dimenticare, che la teoria
-della musica greca potrebbe assumere ben altro
-valore, se i musicisti moderni volessero
-occuparsene seriamente. Difatti pensando che
-noi non conosciamo che due modi mentre la
-musica antica ne usava sette, tutti diversi per
-la differente posizione del semitono, ne risulta
-per naturale conseguenza che la ricchezza e
-varietà della melodia come pure la potenza
-espressiva dovevano essere maggiori, giacchè
-queste dipendono dall'elemento modale. Ildebrando
-Pizzetti ha tentato con fortuna l'uso
-dei modi antichi nella musica per la <i>Nave</i> e
-la <i>Fedra</i> di d'Annunzio e ne ha tratto effetti
-sorprendenti di varietà ed espressione.
-</p>
-
-<p>
-Per lo scopo di questo libro basterà però
-un brevissimo cenno sul sistema greco.
-</p>
-
-<p>
-La base del sistema è il <i>tetracordo</i>, serie di
-<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span>
-quattro toni corrispondenti a quelli della lira.
-Esso consiste di due toni ed un semitono.
-</p>
-
-<p>
-La scala greca è composta di due tetracordi
-o congiunti da un tono comune o con un intervallo
-d'un tono intero fra l'uno e l'altro.
-</p>
-
-<p>
-Per esempio:
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-020a"></a>
- <img src="images/ill-020a.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-Il sistema perfetto (<i>telejôn</i>) era formato di
-questi due ultimi tetracordi con altri due in
-fondo ed in cima ed un tono più basso aggiunto
-(<i>proslambanomenos</i>).
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-020b"></a>
- <img src="images/ill-020b.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-Come si vede è la nostra scala di <i>la</i> minore
-discendente senza la nota sensibile.
-</p>
-
-<p>
-In seguito si aggiunse per la modulazione alla
-quinta un altro tetracordo che conteneva il semitono
-superiore dell'ultimo tono del tetracordo
-medio.
-</p>
-
-<p>
-La scala completa era dunque:
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-020c"></a>
- <img src="images/ill-020c.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ognuno di questi tetracordi aveva un nome
-speciale (1 <i>hypaton</i>, 2 <i>Meson</i>, 3 <i>Synemmenon</i>, 4
-<i>Diezeugmmenon</i>, 5 <i>Hyperbolaeon</i>) e nomi speciali
-avevano pure le singole note (<i>Hypate</i>, <i>Parhypate</i>,
-<i>Lichanos</i>, ecc.). Il tono più alto del tetracordo
-di mezzo (il <i>la mese</i>) avea grande importanza
-perchè era la tonica.
-</p>
-
-<p>
-La musica greca conosceva sette specie di
-<i>ottave</i> a seconda del tono della scala dalla quale
-essa cominciava. Rimanendo i toni della scala
-diatonica invariabili, l'unica differenza che passava
-fra le ottave dipendeva dalla diversa posizione
-dei semitoni.
-</p>
-
-<p>
-Le ottave erano:
-</p>
-
-<ul>
-<li><i>Si — si</i> = misolidica</li>
-<li><i>do — <span class="over">do</span></i> = lidica</li>
-<li><i>re — <span class="over">re</span></i> = frigia</li>
-<li><i>mi — <span class="over">mi</span></i> = dorica</li>
-<li><i>fa — <span class="over">fa</span></i> = hypolidica</li>
-<li><i>sol — <span class="over">sol</span></i> = hypofrigia</li>
-<li><i>la — <span class="over">la</span></i> = hypodorica.</li>
-</ul>
-
-<p>
-Il sistema perfetto si poteva trasportare in
-altri toni, donde derivarono le tonalità. Queste
-erano prima cinque, poi sette ed in ultimo
-quindici. Le più importanti erano quelle dei
-toni di mezzo: <i>dorica</i> (<i>re</i>) <i>ionica</i> (<i>re diesis</i>),
-<i>frigia</i> (<i>mi</i>) <i>lidica</i> (<i>fa diesis</i>). Cinque tonalità stavano
-una quarta più bassa (<i>hypodorica</i>, ecc.)
-ed altre cinque una quarta più alta (<i>hyperdorica</i>,
-ecc.).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span>
-</p>
-
-<p>
-I Greci conoscevano oltre il sistema diatonico
-anche il cromatico e l'enarmonico. Da osservarsi
-è però, che il significato moderno delle
-parole <i>enarmonico</i> e <i>cromatico</i> non corrisponde
-punto all'antico, perchè la sequenza dei toni
-nel genere cromatico antico non succedeva per
-semitoni eguali ma per due semitoni ed una
-terza minore, e nel sistema enarmonico si usavano
-i quarti di tono.
-</p>
-
-<p>
-È difficile il decidere se l'enarmonia sia stata
-applicata alla pratica o sia rimasta piuttosto
-un oggetto di speculazioni teoretiche. Hemholz,
-certo un'autorità competente, crede che soltanto
-noi, assuefatti a tutt'altro sistema non siamo
-più capaci di comprendere la differenza che
-passa fra i quarti di tono. <i>Plutarco, Aristide
-Quintiliano</i> ed altri autori posteriori parlano
-del genere enarmonico come ormai caduto in
-disuso ai loro tempi.
-</p>
-
-<p>
-Assai sviluppata era la teoria del ritmo basata
-sulla prosodia della lingua e conservataci
-in parte in alcuni trattati, ammirabili per acutezza
-di osservazione.
-</p>
-
-<p>
-Per la notazione, diversa per la musica vocale
-ed istrumentale servivano le lettere dell'alfabeto
-con modificazione dei segni. Nella musica
-vocale la lunghezza del tempo era indicata
-dalla sillaba sottoposta alla nota, nella musica
-istrumentale da segni per i diversi valori. Avendo
-ogni nota il proprio segno e separati segni pel
-valore, è naturale che la notazione fosse complicata
-e difficile ad apprendersi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'antica questione se i Greci abbiano conosciuta
-l'armonia nel senso moderno della parola
-sembra esser decisa negativamente, non risultando
-il contrario dagli autori, ed essendo ciò
-tanto più probabile, in quanto non riconoscendo
-la terza come consonanza, essi non potevano
-conoscere gli accordi, dei quali la terza è appunto
-parte essenziale. Nè l'armonia corrispondeva
-al carattere della musica nazionale, che
-per la varietà e decisione del ritmo come per la
-caratteristica delle tonalità diverse non abbisognava
-dell'aiuto dell'armonia.
-</p>
-
-<p>
-Questa opinione ormai universalmente accettata
-ebbe la miglior conferma nell'ultima scoperta
-(1893) dell'Inno ad Apollo trovato a Delfo,
-probabilmente del secondo secolo av. Cristo.
-Esso è inciso su di una pietra e contiene oltre
-il testo anche i segni musicali sopra ogni
-sillaba, corrispondenti a quelli che abbiamo da
-Aristosseno. Il suo valore è inestimabile, perchè
-è l'unico monumento genuino di importanza
-che ci resta della musica greca. Gli altri frammenti
-conservatici sono i tre inni di <i>Mesomede</i>,
-pubblicati la prima volta da Vincenzo Galilei
-nel <i>Dialogo della musica antica</i> (1581), un frammento
-dell'<i>Oreste</i> di Euripide, uno <i>Scolion</i> scoperto
-nel 83 su di un epitaffio a Tralles e pubblicato
-nel 91 da O. Crusius, ed altri frammenti
-quasi indecifrabili scoperti nel 93 a Delfo assieme
-all'Inno d'Apollo. L'ode di <i>Pindaro</i> pubblicata
-da Atanasio Kircher nel 1650, che egli
-vuol aver scoperta in un manoscritto a Messina,
-viene ora ritenuta apocrifa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le speranze che si nutrivano dopo la nuova
-scoperta dell'Inno ad Apollo di aver trovata la
-chiave della musica greca, furono pur troppo
-quasi intieramente deluse e bisogna conchiudere
-che o noi non siamo capaci di decifrare
-quei frammenti o che il nostro modo di sentire
-la musica è affatto differente di quello dei Greci.
-A queste conclusioni bisogna giungere se si
-pensa che la tonalità dorica di deciso carattere
-minore valeva ai Greci per dura, bellicosa
-e potente, mentre la lidica (il nostro <i>do</i> maggiore)
-si riteneva sensuale, effeminata! E ben
-meschina cosa ci appaiono considerati melodicamente
-i frammenti rimastici. Noi però ci avvicineremo
-alla soluzione del problema se si
-metterà a base il principio che la melodia
-greca procedeva dalla parola e che il ritmo e
-la misura erano dati dagli accenti stessi delle
-parole. Difatti la ricostruzione dell'Inno ad Apollo
-fatta da Oscar Fleischer secondo questo
-principio è ben più adatta a darci un'idea della
-musica greca di tutte le altre pochissimo fedeli
-e fatte a capriccio con elementi affatto
-moderni.
-</p>
-
-<p>
-Gli strumenti in uso presso i Greci erano di
-più specie a corda ed a fiato. Quelli a corda,
-tutti a pizzico, erano senza manico e tastiera
-ed appartenevano alla classe della <i>lyra</i> (Kitharis-Phorminx).
-Fra quelli a fiato dominava l'<i>Aulos</i>,
-flauto di più specie, quasi certo costrutto
-alla guisa del flauto dolce ora in disuso, da
-suonarsi non orizzontalmente ma come l'oboe.
-<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span>
-L'istrumento dei soldati era la <i>Salpinx</i>, specie
-di tromba, diritta o ricurva.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Weitzmann — <i>Geschichte der griechischen Musik</i>, 1885.
-</p>
-
-<p>
-O. Paul — <i>Die absolute Harmonik der Griechen</i>, 1866.
-</p>
-
-<p>
-Westphal — <i>Geschichte der alten Musik</i>, 1865.
-</p>
-
-<p>
-Westphal — <i>Theorie der musikalischen Rythmik</i>, 1880.
-</p>
-
-<p>
-Gevaert — <i>Histoire et theorie de la musique grecque</i>, 1875-1881.
-</p>
-
-<p>
-Thierfelder — <i>System der altgriechischen Tonkunst</i>, 1900.
-</p>
-
-<p>
-A. Thierfelder — <i>Sammlung von Gesängen aus dem klassischen
-Alterthum</i>, 1900 (pubblicazione a scopi pratici).
-</p>
-
-<p>
-E. Romagnoli — <i>La musica greca</i>, Roma, 1905.
-</p>
-
-<p>
-G. Paribeni — <i>La storia e la teoria dell'antica musica greca</i>,
-Milano, Sonzogno.
-</p>
-
-<p>
-I. Pizzetti — <i>La musica dei Greci</i>, Roma, 1914.
-</p>
-
-<p>
-F. Celentano — <i>La musica presso i Romani</i>, Rivista musicale
-italiana, 1912 e seg.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap3">CAPITOLO III.
-<span class="smaller">I primi secoli dell'Era Cristiana.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Mentre nell'impero romano, giunto all'apogeo
-della sua grandezza e gloria, già cominciava
-la decadenza cagionata dalla corruzione
-dei costumi, ed ai tirannici imperatori, che
-avean uccisa la libertà d'azione e di pensiero,
-si tributavano onori divini e si innalzavano
-templi e statue, nasceva in una cittadella ebrea
-Colui, che doveva fondare quella religione, che
-<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span>
-dichiarava eguali dinanzi a Dio e il grande e
-l'umile, che tutti accoglieva fra le sue braccia,
-che riconosceva come suo supremo principio
-l'eguaglianza e la carità. Gli imperatori cercavano
-soffocare nel sangue la nuova fede, ma
-invano perchè dal sangue dei martiri sparso
-sulla sabbia del circo pullulavano nuovi seguaci,
-che correvano incontro alla morte collo sguardo
-sereno ed estatico.
-</p>
-
-<p>
-La nuova Religione, che aveva aperto nuovi
-orizzonti al pensiero e che era l'espressione
-degli intimi e più nobili affetti, non avea bisogno
-dell'arte plastica e della pittura, perchè
-essa rifuggiva da ogni materialità, ma tanto più
-doveva cercare nella musica quel mezzo, che
-era il più atto ad esprimere gl'indefinibili sentimenti
-ed aspirazioni che commovevano gli
-animi dei credenti, i loro dolori e le loro speranze.
-Mentre risuonavano le grida delle baccanti,
-e la folla plaudente assisteva al martirio
-dei primi Cristiani, gettati in pasto alle belve
-feroci, i fedeli si raccoglievano nell'oscurità delle
-catacombe rischiarate da poche faci, e sulle
-tombe dei martiri si inginocchiavano a pregare
-ed innalzare cantici al vero Dio.
-</p>
-
-<p>
-Quali fossero i cantici dei Cristiani nei primi
-secoli del Cristianesimo non si potè e probabilmente
-non si potrà mai determinare. L'opinione
-quasi universalmente accettata è che essi sieno
-stati simili ai canti ebraici, senza però che ne
-fosse esclusa l'influenza della musica greca e
-romana. Difatti se è vero, che la maggior parte
-<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span>
-dei primi fedeli erano Ebrei convertiti, è altresì
-certo che molti Romani e Greci si convertirono
-presto alla nuova fede. Gli studî moderni hanno
-però dimostrato una grande differenza fra i
-primi canti della chiesa cristiana e la musica
-greca, giacchè i primi seguono il principio dell'accentuazione
-delle sillabe senza riguardo alla
-durata della nota ma a seconda della posizione
-delle sillabe nella parola ed ancor più a seconda
-del ritmo, mentre per la musica greca
-valeva esclusivamente la differenza fra sillaba
-lunga e breve. Altra differenza capitale è l'importanza
-della melodia, che nella musica greca
-doveva sottomettersi alle leggi metriche del
-testo e nei canti cristiani invece reggeva anche
-il ritmo del testo. Ma qui tutto è oscuro
-e la vera natura del canto cristiano primitivo
-è forse conosciuta nella linea melodica ma non
-nel ritmo, per cui non c'è alcuna concordanza
-d'opinioni ed il tutto si riduce a semplici
-ipotesi.
-</p>
-
-<p>
-La musica greca, diffusa ed universalmente
-conosciuta, non poteva del resto non influire
-sulla musica cristiana, giacchè è impossibile
-il pensare, che una nuova arte fosse sorta allora
-e che i cristiani abbiano potuto abbandonare
-quelle tradizioni nelle quali erano cresciuti.
-D'altro canto la musica ebraica intieramente
-decaduta, non era più che l'ombra di
-quello, che era stata all'epoca davidica e salomonica.
-Questa decadenza non poteva però essere
-tale, che fossero andate intieramente perdute
-<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span>
-le melodie dei cantici principali e si può
-ritenere che alcuni di questi sieno stati tramandati
-col testo anche nelle melodie tradizionali
-alla religione cristiana che gli accettò,
-come per esempio, i <i>Salmi</i>, il <i>Magnificat</i>, il <i>Cantico
-di Simeone</i>, il <i>Cantico dei tre giovani nella
-fornace ardente</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Che poi la musica greca abbia esercitato influenza
-sulla musica cristiana, e specialmente
-su quella dei nuovi inni, è facile arguire, se si
-pensa, che anche i primi tentativi della pittura
-cristiana nelle catacombe ci rammentano i miti
-greci: così il buon pastore che rassomiglia all'immagine
-pagana di Mercurio; Daniele nella
-fossa da ritenersi quasi Orfeo, che ammansa
-col canto le belve, ecc. Noi non saremo perciò
-lontani dal vero, se riterremo che la musica
-della prima epoca cristiana ebbe dalla musica
-pagana la forma e la bellezza e dall'ebrea la
-santità e l'elevatezza.
-</p>
-
-<p>
-Essa fu esclusivamente vocale, giacchè troppo
-grande era l'avversione, che ispiravano ai Cristiani
-gli istrumenti, che servivano alle feste pagane.
-«Noi non adoperiamo che un unico istrumento,
-la parola di pace, colla quale adoriamo
-Dio,» scrive S. Clemente d'Alessandria, «non
-l'antico salterio, i timpani, le trombe ed i flauti»
-e S. Gerolamo dice, che una vergine cristiana
-non deve sapere che cosa sia una cetra ed un
-flauto ed a qual uso essi servano.
-</p>
-
-<p>
-Ad onta dell'influsso della musica greca, la
-musica dei Cristiani non può però essere stata
-<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span>
-nei primi secoli che semplicissima e disadorna,
-giacchè la teoria musicale greca era troppo
-astrusa e complicata, per poter credere che venisse
-studiata ed applicata alla loro musica dai
-primi Cristiani, per la maggior parte appartenenti
-alle classi incolte e basse. Dalle notizie
-che ci danno gli autori di quel tempo, specialmente
-Filone, scrittore ebreo del primo secolo
-dell'èra cristiana, i canti cristiani sembrano
-aver avuto somiglianza con quelli dei cori delle
-tragedie greche, cantati a vicenda da doppi cori
-che poi si univano; un uso che ebbe il suo motivo
-probabilmente nella divisione dei Salmi in
-versetti. Le melodie dei Salmi saranno poi state
-le originarie ebree, giacchè non è probabile, che
-anche queste fossero andate perdute coll'andar
-dei secoli.
-</p>
-
-<p>
-Posteriori ai canti antifonici dei Salmi sono
-gli Inni, quantunque anche molti di questi appartengono
-ai primi tempi. Il primo poeta di
-Inni cristiani, dei quali ci è conservata memoria,
-è <i>Ilario</i>, vescovo di Poitiers (350 d. C.).
-L'opinione anteriore che la musica degli inni
-fosse semplicemente sillabica fu dimostrata erronea
-ed è ormai certo che gli inni e salmi si
-cantavano con vere e proprie melodie e non
-alla maniera di recitazione cadenzata.
-</p>
-
-<p>
-Fra coloro che si occuparono della musica
-cristiana, vengono nominati <i>S. Clemente</i> d'Alessandria
-(200 d. C.), che proibì il genere cromatico
-ed armonico perchè snervante ed effeminato,
-<i>S. Basilio</i>, che riordinò il canto della
-<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span>
-Chiesa orientale (370), <i>Ilario</i> e papa <i>Silvestro</i>
-(300), che sembra essere stato il primo ad istituire
-scuole di canto.
-</p>
-
-<p>
-Col progredire del tempo e dopo la riforma
-del culto il canto della comunità non era più
-compatibile sia perchè questa non conosceva
-diversi cantici, sia per la difficoltà della loro
-esecuzione, tanto più che la lingua latina andava
-spegnendosi e trasformandosi. Però già nel
-concilio di Laodicea (367) viene decretato, che
-in Chiesa nessuno deve cantare ad eccezione
-dei cantori dalla loro tribuna. A questi era affidata
-la cura di conservare le antiche tradizioni,
-ed a questi sono probabilmente d'ascriversi le
-melodie dei nuovi inni cristiani.
-</p>
-
-<p>
-Il primo, che ordinò il canto della nuova
-Chiesa e ne stabilì una teoria per quanto embrionale,
-fu <i>Ambrogio</i>, vescovo di Milano (333-397).
-Ai suoi tempi ferveva più accanita che
-mai la lotta cogli Ariani e la diocesi di Milano
-era minacciata dalle persecuzioni ordinate dalla
-madre dell'imperatore Valentiniano, che era favorevole
-agli Ariani e che voleva togliere Ambrogio
-alla sua diocesi. In quei giorni di desolazione
-e sommosse egli si rifuggì colla comunità
-in Chiesa, dove passò più giorni e notti in
-preghiere. Per rialzare gli animi abbattuti ed il
-fervore dei fedeli, egli fece cantare inni alla
-maniera orientale di antifona, avvicendando i
-cori. Da quell'epoca sembra che il canto cristiano
-abbia subìto una trasformazione e sia
-venuto diffondendosi nelle diocesi limitrofe,
-<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span>
-eliminando le antiche melodie pagane ed informando
-anche la musica mondana.
-</p>
-
-<p>
-Sulla vera natura del canto ambrosiano mancano
-però notizie esatte e non si può stabilire,
-quanto degna di fede sia l'asserzione, che esso
-non fosse stato esclusivamente diatonico, ma
-cromatico. Questa supposizione sembra, del
-resto, in parte giustificata, se si pensa all'entusiasmo
-che destò in Sant'Agostino, il quale,
-commosso alle lagrime, domanda se non sia
-peccaminoso questo canto, che tanto lo scuote
-colle sue dolcissime note e gli fa quasi dimenticare
-il testo. A S. Ambrogio vengono attribuiti
-più inni, fra cui il <i>Te Deum</i>, quantunque sembri
-invece accertato, che esso sia d'origine orientale.
-A lui pure s'ascrive, senza però averne alcuna
-certezza, l'introduzione dei primi quattro toni
-autentici, che non son altro che quattro delle
-sette ottave diatoniche del sistema di Tolomeo
-e precisamente quelle, che più s'avvicinano
-al carattere ed alla melodia dei Salmi.
-Esse sono i toni di <i>re-<span class="over">re</span>, mi-<span class="over">mi</span>, fa-<span class="over">fa</span>, sol-<span class="over">sol</span></i>,
-formati di due tetracordi uniti, e che corrispondono
-al tono greco-frigio, dorico, ipolidico,
-ed ipofrigio. Essi ebbero nomi proprii diversi
-dagli antichi, che ricordavano la musica pagana
-e si chiamarono <i>protos</i>, <i>deuteros</i>, <i>tritus</i> e <i>tetrardus</i>
-(primo, secondo, ecc.); tutti quattro poi furono
-chiamati a differenza di quelli posteriormente
-aggiunti <i>autentici</i>. Nel terzo tono (<i>fa-<span class="over">fa</span></i>)
-non c'è semitono nel primo tetracordo e dalla
-quarta eccedente nacque il famigerato <i>tritonus</i>
-<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span>
-(<i>diabolus in musica</i>), che fece rompere la testa
-ai teorici musicali del medio evo, i quali disputarono
-in lunghi trattati, se al <i>si</i> si possa
-sostituire il <i>si bemolle</i>.
-</p>
-
-<p>
-Non è noto, se Ambrogio abbia conosciuta la
-notazione, quantunque ciò non sia improbabile,
-tanto più, che un diacono di Edessa, <i>Efraen</i>,
-sembra essersi servito già anteriormente di segni
-per la notazione. La supremazia del canto
-ambrosiano nella Chiesa occidentale durò per
-alcuni secoli, quantunque si creda che il canto
-della chiesa Romana abbia sempre differito in
-più punti dall'ambrosiano e si sia ognor più
-esteso, contenendo in sè il vero elemento, dal
-quale doveva sorgere la nostra musica come
-arte indipendente dalla parola. Ma anche qui
-nulla vi è di certo.
-</p>
-
-<p>
-I secoli posteriori a quelli di S. Ambrogio
-videro nella penisola italica più volte sanguinose
-guerre ed invasioni barbare. L'antica metropoli
-dell'impero romano, la città eterna, offriva
-allora un ben triste aspetto. Spopolata e
-in parte deserta, dilaniata da discordie cittadine,
-le sue vie risuonavano di salmodie di penitenti,
-che col capo coperto di cenere si battevano
-il petto e si recavano in processione alle
-nuove numerose chiese ad implorare misericordia
-da Dio per le colpe dell'umanità, fine
-alle pesti, che spopolavano le città, alle stragi,
-che insanguinavano le vie. Agli antichi monumenti,
-testimoni dell'antica grandezza, in gran
-parte rovinati dal tempo, e più dalla mano
-<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span>
-devastatrice dell'uomo, si avevano sostituiti
-tetri monasteri, che risuonavano di lugubri
-canti.
-</p>
-
-<p>
-Fu in questo tempo di miserie e decadenza,
-che salì sul trono di S. Pietro <i>Gregorio magno</i>
-(590-604), grande carattere medioevale, una di
-quelle figure, che danno luce ad una intiera
-epoca. Il profondo sentimento religioso di cui
-egli era dotato, la sua estesa coltura e la conoscenza
-della musica non potevano fare a
-meno di attirare la sua attenzione su questa
-arte, che specialmente in quei tempi doveva
-considerarsi come la più grande ausiliaria della
-religione, di cui essa in origine era la figlia e
-l'ancella. Gregorio intuì la sua importanza e ad
-onta delle gravissime cure, che gl'imponeva il
-papato, vi rivolse la sua attenzione e ne meditò
-la riforma. Egli è il fondatore della <i>Schola cantorum</i>
-romana, che per più secoli fu la fedele
-conservatrice delle antiche e più pure tradizioni
-e la fornì di un lauto patrimonio, concedendo
-ai membri della stessa cariche ecclesiastiche
-(<i>primicerius, secundicerius</i>). Alla <i>schola</i> era unita
-la scuola dei fanciulli (<i>pueri symphoniaci</i>), alla
-istruzione dei quali Gregorio stesso alle volte
-prendeva parte, e dicesi che fino al secolo nono
-esistessero un sedile, che occupava Gregorio
-nella scuola, e la verga colla quale egli batteva
-i fanciulli disattenti.
-</p>
-
-<p>
-Come egli aveva ordinato il culto e la liturgia,
-così egli stabilì i canti e gli inni, che si
-dovevano cantare nelle singole funzioni sacre,
-<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span>
-e ne scelse e determinò le melodie. Il testo e
-le melodie furono per suo ordine scritte in un
-libro, l'<i>Antifonario</i>, che era attaccato con una
-catena all'altare di S. Pietro e che fu dichiarato
-l'unica fonte autentica ed invariabile. Si dice
-che egli stesso abbia scritto inni, ed a lui si
-attribuiscono fra gli altri il <i>Te lucis ante terminum</i>
-ed il <i>Rex Christe</i>.
-</p>
-
-<p>
-Gevaert ha tentato nei suoi scritti di dimostrare
-che gli onori attribuiti a Gregorio sono
-usurpati e spettano invece a <i>Sergio I</i> (681-701),
-o a <i>Gregorio II</i> o <i>III</i>. La questione non è nuova
-ma Gevaert ha saputo produrre nuovi argomenti,
-che se non sono del tutto persuasivi, sono atti
-a farci dubitare dell'autenticità dei meriti di Gregorio
-magno, dei quali fa per la prima volta
-menzione il cronista Giovanni Diacono (IX secolo),
-autore poco esatto e non veritiero.
-</p>
-
-<p>
-Il canto gregoriano ebbe più nomi: <i>cantus
-planus</i> per l'egual valore delle note, <i>choralis</i>, e
-<i>cantus firmus</i> per la sua invariabilità ingiunta.
-Esso si divideva in due specie principali: nel
-<i>concentus</i>, che comprendeva quei canti, nei quali
-dominava la melodia come negli inni, nelle <i>sequenze</i>,
-nei <i>responsori</i>, e nell'<i>accentus</i>, (<i>modus
-legendi choraliter</i>), che era ancora un rimasuglio
-dell'antica salmodia senza vero carattere melodico
-ma semplicemente recitativo cadenzato,
-come nell'Epistola, l'Evangelo, il Prefatio, il
-Pater noster, ecc. La <i>Sequenza</i> è fra i canti antichi
-della chiesa quella, in cui la melodia è
-più pronunziata. Essa venne trasformandosi
-<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span>
-coll'andar del tempo dall'<i>iubilus</i>, cadenza libera
-e ornata di fioriture e melismi, che si cantava
-sull'ultima a <i>dell'Alleluia</i> e che era l'espressione
-del giubilo dei credenti innalzanti inni alla
-divinità come l'estro momentaneo loro ispirava.
-In seguito si aggiunse un testo alle note dell'<i>iubilus</i>,
-ed in questo modo ebbe origine la <i>Sequenza</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il perfezionamento del canto e la nuova riforma
-non avrebbero potuto compiersi, se la
-teoria non fosse andata di pari passo colla pratica.
-I quattro toni autentici di S. Ambrogio non
-potevano ormai più corrispondere ai bisogni
-della nuova arte ed è perciò naturale che si
-svegliasse l'interesse dei dotti e che questi
-cercassero di ampliare il sistema musicale.
-Fra gli scrittori teoretici dei primi secoli avanza
-tutti e di gran lunga <i>Severino Boezio</i>, nato
-verso il 470 di nobile stirpe romana, che coprì
-alte cariche alla corte di Teodorico, re dei
-Goti e fu decapitato nel 524 per aver preso
-parte ad una congiura. I suoi cinque libri <i>de
-Musica</i>, nei quali sono ripetute ed ampliate le
-teorie greche di Pitagora, diventarono l'evangelo
-musicale del medio evo e lo restarono
-fino al principio dell'evo moderno, quantunque
-le teorie contenute non corrispondessero alla
-nuova musica, che ormai si era intieramente
-allontanata dalla greca, abbandonandone le sue
-basi e sostituendovene di nuove.
-</p>
-
-<p>
-Le nuove ricerche hanno messo in chiaro che
-fu nella chiesa bizantina che si preparò la trasformazione
-del sistema musicale greco. Qui
-<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span>
-troviamo ormai una nuova scala diatonica costituita
-dei toni fondamentali delle scale di trasposizioni
-greche (dorica, frigia, ecc.), e che veniva
-designata colle prime lettere dell'alfabeto
-greco. La scala era questa:
-</p>
-
-<p class="center">
-<i>La si do dies. re mi fa dies. sol dies. la.</i>
-</p>
-
-<p>
-Nè alla scala soltanto si limitarono i cambiamenti,
-chè anzi anche nuove tonalità furono
-introdotte. Ma qui tutto è ancora oscuro ed
-incerto, nè gli studi fatti sono arrivati a conclusioni
-decisive.
-</p>
-
-<p>
-Il sistema greco si mantenne in occidente più
-a lungo, ma ormai influenzato dalla scuola bizantina,
-donde risultò una certa confusione.
-Anche qui troviamo abbandonato il sistema
-del tetracordo e messa qual base l'ottava diatonica.
-Ai quattro toni autentici si aggiungono
-altri quattro (<i>plagali</i>, appoggiati, storti) formati
-mettendo il secondo tetracordo del tono autentico
-avanti al primo. Così dal 1º tono autentico
-</p>
-
-<p class="center">
-<i>re mi fa sol&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;la si do re</i>
-</p>
-
-<p>
-si forma il 1º plagale
-</p>
-
-<p class="center">
-<i>la si do re mi fa sol la</i>
-</p>
-
-<p>
-I toni si designavano coi numeri <i>primo</i>, <i>secondo</i>,
-ecc. Ogni tono autentico aveva la nota
-principale (<i>repercussio</i>) comune col tono plagale
-(p. es. nel 1º (autentico) e 2º (plagale) il <i>re</i>).
-Da questo tendere del tono plagale alla quarta
-<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span>
-deriva una sensazione indefinita ed incerta, che
-tanto più si sente, quando, come di solito nelle
-melodie del canto fermo, manca nei toni plagali
-la terza maggiore ascendente.
-</p>
-
-<p>
-Il canto gregoriano è indissolubile dalle tonalità
-di chiesa, perchè agli otto toni corrispondono
-le melodie da cantarsi in toni destinati (<i>tropi</i>).
-Così corrispondono alle otto tonalità i cosidetti
-otto toni dei Salmi, dei quali le note melodicamente
-più importanti cadono sulle note
-principali del rispettivo tono gregoriano. Il posteriore
-<i>nono</i> modo dei Salmi, il <i>tonus peregrinus</i>
-(<i>la</i> minore), è formato dal primo e ottavo
-tono e si usa solamente per il salmo:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>
-<i>In exitu Israel de Aegypto.</i>
-</p>
-</div>
-
-<p>
-La diversa posizione dei semitoni nelle tonalità
-le rende una diversa dall'altra molto più
-che i nostri toni, che sono costituiti secondo
-uno stesso principio. Gerbert riporta da Adamo
-da Fulda, autore del secolo XV, questa caratteristica
-dei toni:
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-<span class="smcap lowercase">OMNIBUS EST PRIMUS, SED ET ALTER, TRISTIBUS APTUS
-TERTIUS IRATUS, QUARTUS DICITUR FIERI BLANDUS,
-QUINTUM DA LAETIS, SEXTUM PIETATE PROBATIS,
-SEPTIMUS EST IUVENUM, SED POSTREMUS SAPIENTUM.</span>
-</p>
-</div>
-
-<p>
-La conoscenza e la pratica delle tonalità di
-chiesa è assolutamente necessaria per chi si
-occupa di musica antica ed è da deplorarsi che
-se ne trascuri tanto lo studio, giacchè anche
-<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span>
-la musica moderna sì avida di novità ne potrebbe
-trarre profitto. Le tonalità suddette portavano
-anche i nomi antichi greci ma senza l'antico
-significato e valore, ciò che è da ascriversi alla
-falsa interpretazione data da Boezio ed altri
-autori ad un passo di Tolomeo. A Gregorio magno
-si attribuisce, a torto perchè posteriore (<i>Notker</i>,
-912), la denominazione delle note colle prime
-lettere dell'alfabeto <i>a b c d e f g</i> cominciando
-dal la, che era la nota più bassa del sistema.
-Questo cambiamento è assai importante, giacchè
-esso indica che l'<i>ottava</i> e non il <i>tetracordo</i>
-era la base del sistema musicale, e perchè con
-ciò veniva dato l'ultimo crollo alla teoria greca.
-La prima maniera di segnare o indicare le
-note fu la <i>Cheironomia</i>, che consisteva in segni,
-che il maestro faceva colle mani, onde indicare
-in qualche modo l'alzarsi od abbassarsi del tono
-ed il ritmo. A questi seguirono poi i segni
-scritti detti <i>neumi</i>, chiamati così, forse dalla
-parola greca <i>pneuma</i>: alito, fiato — e nominati
-anche <i>nota romana</i> — probabilmente di origine
-greco-bizantina, i quali formavano una specie
-di stenografia musicale, ed erano numerosi e
-complicati. La loro forma era il punto, la virgola,
-la linea o diritta o storta, uncini rivolti
-all'insù ed all'ingiù, accenti circonflessi, ecc. Il
-tono viene rappresentato col punto, che è quasi
-l'unità, e la sua durata più o meno lunga con
-una linea diritta o storta. Coll'unione di questi
-segni si rappresentavano poi gruppi di note e
-certe frase e cadenze usuali. I neumi avevano
-<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span>
-tutti il loro proprio nome, come, p. es., <i>virgula</i>,
-<i>astus</i>, <i>clinis</i>, <i>scandicus</i>, <i>ancus</i>, <i>cefalicus</i>, ecc., a
-seconda della loro forma. Essi si scrivevano
-immediatamente sopra la sillaba del testo senza
-linea. In seguito poi si cominciò, come ne fanno
-prova dei manoscritti longobardi del secolo X
-a scriverli più alti o bassi (la cosidetta <i>Diastematia</i>)
-con cui si indicava almeno l'alzarsi od
-abbassarsi del tono. Questa maniera di notazione,
-oltre offrire grandi difficoltà per apprendere
-i segni, non era che un aiuto alla memoria
-dei cantori, ai quali erano già note per tradizione
-le melodie, giacchè, se essi davano un indirizzo
-per il tempo ed il ritmo come pure per
-l'innalzamento od abbassamento del tono, non
-determinavano gl'intervalli.
-</p>
-
-<p>
-La decifrazione dei neumi è oggi un'ardua
-impresa e lo era anche nei primi tempi perchè
-mancavano regole fisse e perchè la notazione
-di spesso variava. Un antico autore scrive parlando
-dei cantori: <i>Coeci erratores quam cantores
-potius dici possunt.</i> Un'altra specie di neumi
-propria di alcuni paesi, segnava le note con
-punti uno sopra l'altro o uniti o separati. L'introduzione
-di una linea, sopra e sotto della
-quale si scrivevano i neumi, fu perciò una innovazione
-importante ed utilissima, giacchè
-col mezzo di essa era possibile stabilire almeno
-tre toni, cioè quello sulla linea, quello sopra e
-quello sotto. La linea si faceva in principio del
-secolo X rossa e indicava il tono di <i>fa</i>. In seguito
-si aggiunse una nuova linea superiore, di
-<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span>
-solito gialla, indicante il <i>do</i>, come nel codice
-della Biblioteca Magliabecchiana, sicchè era
-possibile ormai stabilire le note della quinta <i>fa-do</i>.
-Qualche autore moderno asserisce che già da
-principio si abbia fatto uso di quattro linee, due
-delle quali non a colori ma impresse con una
-punta nella pergamena, linee che poi col tempo
-e l'uso dei libri divennero invisibili.
-</p>
-
-<p>
-Altri neumi servivano a determinare la maniera
-d'esecuzione e da essi apprendiamo che
-ancora a quei tempi si conoscevano l'<i>appoggiatura</i>,
-il <i>mordente</i>, il <i>tremolo</i> ed il <i>portamento
-della voce</i>, dal che si può arguire con certezza,
-che coll'andar del tempo il canto gregoriano si
-venne abbellendo ed infiorando di molte arti
-del canto e si abbandonò l'originaria forma semplice
-e disadorna.
-</p>
-
-<p>
-La diffusione del canto gregoriano fu favorita
-dalle circostanze dell'epoca ed andò quasi di
-pari passo con quella del Cristianesimo. A Roma
-accorrevano a torme i pellegrini per visitare la
-tomba di S. Pietro e non poteva essere che
-grande l'effetto, che facevano sugli animi dei
-popoli barbari, animati nella fede dalle nuove
-idee religiose, quei canti severi e maestosi, dolcissimi
-e pieni di una soave mestizia, che s'innalzavano
-nelle basiliche risplendenti di mosaici
-ed illuminate da mille ceri. Il canto gregoriano
-faceva altresì parte del culto e veniva
-importato ed insegnato dai missionari spediti
-dai Papi nei lontani paesi dell'antico impero
-romano. Già nel 600 vengono mandati cantanti
-<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span>
-della scuola di Roma nella lontana Britannia e
-S. Bonifacio, apostolo dei Sassoni, fonda nel
-750 una scuola di canto in Fulda. Ma sia che i
-popoli del Settentrione non avessero attitudine
-all'imparare il canto gregoriano, sia che, come
-si asserì, i cantanti per gelosia non abbiano
-voluto insegnare la loro arte, i progressi furono
-meschinissimi e Paolo Diacono parlando del
-canto degli Alemanni dice, che i cantori romani
-si lamentavano della rozzezza di quelle voci
-barbare, rovinate dalla ubbriachezza, simili al
-tuono e al rumore che fa un carro, che vien
-precipitando da un'altura.
-</p>
-
-<p>
-L'onore di aver migliorato il canto nelle regioni
-settentrionali ed averlo ridotto al modello
-romano spetta a <i>Carlo Magno</i>, che, come si
-rese benemerito delle scienze, rivolse pure la
-sua attenzione alla musica, che prediligeva e
-che volle fosse appresa dai suoi figli. L'impressione,
-che gli fece il canto gregoriano a
-Roma, fu tale, che egli diede severissimo ordine
-di bruciare tutti i libri di canto ambrosiano
-che erano nel suo regno, lo proibì assolutamente
-e pregò Papa Adriano di volergli
-spedire cantori per insegnare il canto gregoriano.
-Adriano mandò infatti nel 790 alla corte di
-Carlo Magno <i>Pietro</i> e <i>Romano</i> e diede loro copie
-autentiche dell'<i>Antifonario</i> di S. Gregorio.
-Pietro arrivò a Metz e vi fondò quella celebre
-scuola, che ebbe tanta fama per più secoli e
-da cui ebbe origine il cosidetto <i>cantus mettensis</i>.
-Romano ammalò durante il viaggio e si fermò
-<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span>
-nel convento di S. Gallo in Svizzera, dove, dopo
-aver ottenuto il permesso del Papa, si stabilì e
-rimase sino alla morte. In quel monastero, perduto
-nelle montagne dell'Elvezia, fra popoli
-barbari ed incolti, si sviluppò per la sua opera,
-continuata da una serie di uomini di scienza e
-genio una vita intellettuale sorprendente per
-quei tempi ed in breve il canto della scuola di
-S. Gallo raggiunse tanta rinomanza da gareggiare
-colla scuola romana. Fra i molti monaci
-illustri di quel convento emergono <i>Tuotilo</i> (915)
-poeta e musico insigne, ed ancor più <i>Notker
-balbulus</i> (balbuziente) (830-912) anima gentile ed
-ispirata, che sembra essere stato il primo a perfezionare
-la forma della sequenza ed al quale
-si ascrive fra molte anche la celebre: <i>Media
-vita in morte sumus</i>, ispiratagli al vedere alcuni
-lavoratori occupati a fabbricare un ponte su
-di un precipizio.
-</p>
-
-<p>
-In quei tetri secoli del Medio Evo anche la
-musica come le scienze ed arti era quasi esclusivo
-monopolio dei monasteri. Nella quiete delle
-celle claustrali, in mezzo alle inospiti vallate,
-infestate da bande di mala gente, o nelle pianure
-deserte, interrotte da pochi casolari di
-gente vassalla, il monaco trascriveva e ci conservava
-le opere dei classici, poetava inni religiosi
-e scriveva con infinita pazienza quei
-magnifici antifonari dalle grandi iniziali miniate,
-dimentico del mondo a maggior gloria di Dio.
-Soltanto nel secolo XIII quando si vennero fondando
-le Università, anche la musica cessa di
-<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span>
-essere il monopolio dei monasteri e viene insegnata
-nelle nuove scuole laiche come scienza
-speculativa insieme alle altre sei arti liberali
-del <i>quadrivio</i> e <i>trivio</i> (quadrivio: musica, aritmetica,
-geometria ed astronomia; — trivio:
-grammatica, dialettica e rettorica).
-</p>
-
-<p>
-La retta lezione del canto gregoriano fu ed è
-ancora oggetto di lunghe e dotte dispute fra
-le scuole di Ratisbona e Solesmes non ancora
-risolte definitivamente quantunque le conclusioni
-di Don Macquereau ed altri benedettini
-anche per l'approvazione di Pio X sieno le più
-universalmente accettate.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Gevaert — <i>La melopée antique dans les chants de l'eglise latine</i>,
-Gand, 1895.
-</p>
-
-<p>
-Pothier — <i>Les melodies Grégoriennes</i>, Tournay, 1880.
-</p>
-
-<p>
-O. Fleischer — <i>Neumen Studien</i>, Leipzig, 1895-97.
-</p>
-
-<p>
-Schelle — <i>Die päpstliche Sängerschule in Rom</i>, Vienna, 1872.
-</p>
-
-<p>
-A. Schubiger — <i>Die Sängerschule St. Gallens</i>, Einsiedeln, 1858,
-(contiene alcuni facsimili dei manoscritti di S. Gallo
-che sono con quello di Montpellier i più antichi).
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap4">CAPITOLO IV.
-<span class="smaller">I primordi dell'armonia.
-Ubaldo e Guido d'Arezzo.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La questione, che durò tanto tempo, se gli
-antichi popoli abbiano conosciuta l'armonia,
-ossia la musica a più voci nel senso di una
-<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span>
-serie di accordi modulati, si può ritenere ormai
-decisa in senso negativo. Nessuna traccia di simile
-musica ci è conservata, nè alcuno dei libri
-musicali teoretici antichi ne fa memoria, quantunque
-si possa con probabilità ritenere, che i
-Greci conoscessero non solo il canto unisono
-all'ottava, sviluppantesi naturalmente dalla diversità
-delle voci, ma che abbiano alle volte
-cantato e suonato la quinta e la quarta, che secondo
-il sistema greco erano consonanze. Il
-ricercare le ragioni per le quali la musica greca
-non arrivò alla conquista dell'armonia, senza
-cui noi non possiamo più pensare alla musica,
-ci condurrebbe troppo lontani dal nostro còmpito.
-Forse esse sono da trovarsi in quello
-stesso momento estetico, che doveva riconoscere
-nella plastica la suprema estrinsecazione
-dell'arte rappresentativa, e nella natura ellenica,
-che preferiva la forma del bello semplice ed era
-aliena ai teoremi speculativi.
-</p>
-
-<p>
-Il Medio Evo, che cambiò gli ideali ed approfondì
-il pensiero, aprì nuovi campi all'arte
-e dalla <i>comunità</i>, che innalza la mente a Dio
-ed unisce le sue voci per implorarne la misericordia,
-nacque forse l'idea dell'armonia. La
-questione dove fosse la culla dell'armonia e del
-canto a più voci è ancora una delle più discusse.
-Fino a non molti anni fa erano i Paesi
-bassi, che si credeva averne un diritto. Più
-tardi si dovette venire alla conclusione che non
-nell'Olanda ma nella Francia venne dapprima
-in uso il canto a più voci e vi si sviluppò la
-<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span>
-teoria e ciò per la scoperta di nuovi codici,
-appartenenti al secolo XII e XIII della biblioteca
-medica di Montpellier. E senza dubbio fu
-a Parigi che si istituirono le prime scuole di
-canto (<i>maitrises</i>) ed i primi documenti musicali
-sono quelli di <i>Leonin</i> e <i>Perotin</i>, organisti della
-chiesa di Nôtre Dame e di <i>Machaud</i> (circa 1284),
-del quale ci è restata una messa con tentativi
-delle forme del canone ed imitazione.
-</p>
-
-<p>
-Ma ora già si fa strada un'altra asserzione che
-merita di venir presa in seria considerazione.
-Vittorio Lederer difende la tesi, che la culla
-della musica polifonica sia da cercarsi nella
-lontana Albione, donde sorsero le leggende di
-Tristano ed Isotta, del re Artù e Merlino. A
-questo risultato egli crede giungere non colla
-scoperta di nuovi manoscritti ma con un'acutissima
-e nuova interpretazione del materiale
-già noto. Così p. es. Gerald de Barny del secolo
-XII (Giraldus Cambrensis) nella sua <i>Descriptio
-Cambriae</i> (Wales) parla d'una polifonia già da
-lungo in uso nella pratica musicale di quei
-paesi (<i>usu longaevo</i>), ed ancora prima Erigene
-(Jean Scot) irlandese, morto nel 886 ad Oxford
-rammenta nella sua <i>de divisione natura</i> composizioni
-a più voci ed un frammento musicale del
-secolo X conservato ad Oxford mostra sotto al
-testo una notazione alfabetica doppia. Secondo
-Lederer la polifonia è sorta dalla tradizionale
-maniera di canto degli abitanti celti di Wales
-dove fiorivano i cantici dei bardi ed i signori
-del paese li tenevano in grande onore. Re Enrico
-<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span>
-V, nativo della contea di Wales, volle riformare
-la musica da chiesa servendosi dei bardi
-celti e fu forse da questa scuola che derivò uno
-dei primi compositori polifonici, <i>Dunstaple</i>. Il re
-tedesco Sigismondo rimase ammirato di simili
-musiche e venuto al concilio di Costanza, ve
-ne fece propaganda. Morto Enrico V le tradizioni
-andarono perdute per le lunghe guerre
-nazionali ed i cantori sbandati vennero alle corti
-di Borgogna, di Avignone ed in genere sul continente,
-portandovi la loro arte. I pochissimi
-monumenti che ci restano di questa, sembrano
-dare ragione a Lederer, che promette altre
-prove, giacchè essi mostrano una grande differenza
-coll'<i>organum</i>. Intanto però si può tener
-fermo che se non la pratica almeno la teoria
-musicale dell'arte polifonica ebbe i suoi inizî
-nella Francia.
-</p>
-
-<p>
-La leggenda chiama Ubaldo padre dell'armonia,
-quantunque sia certo che i primordi si
-debbano ritenere anteriori di più d'un secolo.
-La biografia di Carlo Magno, attribuita ad un
-monaco d'Angoulème del principio del nono
-secolo fa menzione dell'<i>organum</i> e dell'<i>ars organandi</i>
-come appresi dai cantori di Gallia a
-Roma. Oggi poi sembra dopo gli ultimi studi
-quasi certo che la <i>Musica Enchiriadis</i> attribuita
-ad Ubaldo sia più recente d'un secolo di quello
-che si credeva.
-</p>
-
-<p>
-<i>Ubaldo</i> (Hucbald), monaco benedettino (840-930)
-natura speculativa ed indagatrice, nacque
-nella Fiandra e fu monaco nel Convento di
-<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span>
-S. Amando nella Diocesi di Tournay, dove egli
-dopo aver soggiornato in altri monasteri ritornò
-e morì in età avanzata. Di lui ci sono
-conservate più opere teoretiche, nelle quali egli
-parla dell'<i>organum</i> come di cosa già conosciuta
-ai suoi tempi.
-</p>
-
-<p>
-La teoria dell'<i>organum</i>, come si suole spiegare
-nei libri di storia musicale, è la posteriore,
-mentre la più antica, della quale si trova menzione
-nei primi scritti è affatto diversa. Nell'<i>organum</i>
-originario, forse d'origine celta, il
-principio e la fine d'ogni melodia come di ogni
-frase melodica sta in ambedue le voci all'unisono
-e solo le note di mezzo si staccano fino
-alla quarta. Più tardi si usarono indifferentemente
-altri intervalli, giacchè si aggiungeva alla
-melodia originale del corale una seconda parte
-melodica indipendente dalla prima nello stesso
-ritmo con molte consonanze col canto della
-parte superiore od accidentali o volute.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>organum</i> e l'<i>ars organandi</i> consisteva nel
-cantare le melodie unendovi gli intervalli di
-quarta, quinta ed ottava parallele. Donde abbia
-avuto origine questa mostruosità musicale, che
-Ubaldo chiama <i>suavis concentus</i> e che lacera i
-nostri orecchi, è difficile stabilire. Forse derivò
-dal fatto che quarta e quinta erano secondo il
-sistema greco consonanze, forse dall'<i>organo</i>,
-strumento che in quei tempi usavasi per rinforzare
-il canto, toccando la quarta o la quinta
-del tono cantato. Altri vollero trovarne l'origine
-negli strumenti ad arco di quei tempi accordati
-<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span>
-in quarte e quinte con ponticelli piani,
-che suonandosi coll'arco facevano sentire questi
-intervalli per l'impossibilità di toccare una
-corda sola. Noi d'altronde non dobbiamo dimenticare
-che l'orecchio musicale dei secoli X
-e XI non era sviluppato come il nostro, che allora
-i principi estetici erano nulli, e che nulla
-importava la bellezza, se la teoria non veniva
-trascurata.
-</p>
-
-<p>
-Dalla prescrizione che la seconda voce non
-deve abbassarsi più del <i>do</i> (l'intervallo di <i>seconda</i>
-del 1º tono di chiesa) e dal fatto che
-negli antichissimi istrumenti d'organo questo <i>do</i>
-era la nota più bassa, si potrebbe forse arguire,
-che la seconda voce, non si cantava ma si suonava
-sull'organo. Posteriormente venne sviluppandosi
-un'altra specie di <i>organum</i> meno barbaro,
-che univa anche altri intervalli eccetto la
-terza ma che venne bandito da Giovanni XXIII,
-perchè lascivo e profano (!). Riemann volle ultimamente
-provare che l'<i>organum</i> di Ubaldo non
-fu che un tentativo di costruire un sistema teoretico
-e che quarte e quinte parallele mai si
-acclimatizzarono, ciò che non è improbabile se
-si pensa, che il nuovo <i>organum</i> era ben inferiore
-al primitivo.
-</p>
-
-<p>
-Oltre al merito d'aver tentato di stabilire la
-teoria dell'organo, spetta ad Ubaldo quello di
-aver semplificato la notazione ed aperto la
-strada a nuove invenzioni, quantunque i suoi
-tentativi rimasero privi di frutto, finchè un
-uomo più pratico e perspicace usufruì dell'idea
-e la perfezionò.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ubaldo bandì la guerra ai neumi e vi sostituì
-lettere per la denominazione delle note, scrivendole
-sopra alle sillabe, per es.:
-</p>
-
-<table class="avem" summary="">
- <tr>
- <td><i>m</i></td> <td>&nbsp;</td> <td><i>b</i></td> <td>&nbsp;</td> <td><i>f</i></td> <td>&nbsp;</td> <td><i>f</i></td>
- </tr>
- <tr>
- <td><i>A</i></td> <td>—</td> <td><i>ve</i></td> <td>—</td> <td><i>ma</i></td> <td>—</td> <td><i>ria</i></td>
- </tr>
-</table>
-
-<p>
-In seguito egli perfezionò il sistema, adottando
-linee, fra le quali egli scriveva le sillabe
-del testo con linee intermedie per indicare lo
-alzarsi ed abbassarsi dei toni. In capo alle linee
-egli metteva poi la lettera <i>T</i> (<i>tonus</i>) <i>S</i> (<i>semitonus</i>)
-per indicare se l'intervallo era un tono od
-un semitono. In questa guisa e con altre modificazioni,
-che qui sarebbe troppo lungo spiegare,
-Ubaldo scriveva il canto anche a più voci con
-un esercito di linee, sicchè il decifrarlo era forse
-più difficile che col mezzo dei neumi.
-</p>
-
-<p>
-La gloria di continuare con fortuna l'opera
-iniziata da Ubaldo era riservata a <i>Guido d'Arezzo</i>
-al quale i secoli posteriori andarono a gara ad
-ascrivere tutte le innovazioni possibili, concentrando
-in lui tutta l'opera ed il lavoro di un'epoca.
-Guido d'Arezzo (995?-1050) fu monaco benedettino
-del convento di Pomposa presso Ravenna.
-I suoi successi e forse il suo fare battagliero
-e franco gli procacciarono nel convento
-liti e discordie tali, che egli l'abbandonò, e
-dopo aver vagato per l'Italia si stabilì nel Convento
-d'Arezzo. La fama delle sue riforme musicali
-ed i miracoli, che se ne raccontavano,
-mossero il papa Giovanni XIX (1024-1033) a
-chiamarlo a Roma, dove egli fu colmato d'onori,
-<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span>
-specialmente dopochè il papa stesso s'era persuaso
-dell'utilità delle riforme di Guido, decifrando
-in pochissimo tempo coll'aiuto dei nuovi
-segni e righe una melodia a lui sconosciuta.
-Guido non si fermò a Roma, perchè il clima
-non conveniva alla sua salute, ma ritornò a Pomposa,
-dove si rappacificò col priore. Egli morì
-priore dei Camaldolesi d'Avellana. Secondo le
-ultime ricerche (Morin) sembra che Guido sia
-nato nei dintorni di Parigi e che fosse educato
-nel Convento di St. Maur des Fossées presso
-Parigi.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque l'importanza data a Guido di
-quasi nuovo inventore e padre della musica
-sia esagerata, non essendo punto dimostrato
-che egli sia stato il primo a trovare il monocordo,
-il clavicembalo, la <i>Solmisazione</i>, la notazione
-moderna, la mano guidonica, pure la gloria
-ed il suo merito restano abbastanza grandi per
-considerarlo come un innovatore geniale, che
-rese pratica la scienza e liberò la musica dalla
-scolastica. «La via dei filosofi non è la mia,
-egli scrive; io cerco ciò che giova alla chiesa
-e fa progredire i ragazzi (<i>pueri</i>)».
-</p>
-
-<p>
-La scala di Guido comprendeva a differenza
-dell'anteriore una nota bassa, il <i>sol</i>, γ, che
-mancava alla prima ottava, ed era basata sul
-sistema dell'esacordo (quattro toni ed un semitono),
-abbandonando il sistema greco del tetracordo.
-Essa comprendeva i seguenti toni Γ (sol) <i>A
-B si nat. C D E F G a b si nat. c d e f g <span class="over">a</span> <span class="over">b</span> <span class="over">si</span> nat. <span class="over">c</span> <span class="over">d</span> <span class="over">e</span>.</i></p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span>
-</p>
-
-<p>
-Per solmisazione (<i>ars solfandi</i>), che fu ascritta
-a Guido ma però messa in pratica posteriormente,
-s'intendeva la denominazione dei toni
-colle sillabe <i>ut, re, mi, fa, sol, la</i>, o secondo la
-definizione di Tinctoris «<i>solfisatio est canendo
-vocum per sua nomina expressio</i>». Queste sillabe
-erano le prime dei sei versi della poesia ascritta
-a Paolo Diacono, colla quale i cantori impetravano
-da San Giovanni di liberarli dalla raucedine.
-</p>
-
-<p>
-La melodia e la poesia erano le seguenti:
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-051"></a>
- <img src="images/ill-051.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span>
-</p>
-
-<p>
-«Tu vedi, che questa sinfonia, scrive Guido
-a frate Michele, nella lettera: <i>de ignoto cantu</i>,
-comincia nelle sue sei divisioni con sei diversi
-toni. Chi dunque ha imparato il principio di
-ogni divisione in modo da saper trovarlo con
-sicurezza, potrà anche trovare questi sei toni
-secondo la loro qualità ogni volta che li incontra».
-</p>
-
-<p>
-L'importanza delle sillabe guidoniche non
-consiste però nel fatto erroneamente creduto,
-che esse sieno state sostituite alle antiche lettere
-gregoriane, chè anzi queste furono conservate,
-ma in ciò, che esse determinarono la
-posizione d'ogni tono nel sistema ed il suo rapporto
-cogli altri toni, innalzandosi la frase musicale
-con ogni verso d'un tono. Nè bisogna
-credere che le nuove sillabe servissero originariamente
-a designare stabilmente i toni, chè
-anzi si poteva cominciare con esse da ogni tono
-mantenendo sempre le stesse sillabe. L'usanza
-di nominare le note della scala con sillabe,
-sembra del resto essere precedente a Guido,
-giacchè l'inglese <i>Johannes Cotton</i> (circa 1100)
-parla di sillabe come di cosa già da lungo in
-pratica.
-</p>
-
-<p>
-La base del sistema stava nel principio che
-fra la terza e quarta nota, dunque fra le sillabe
-<i>mi</i> e <i>fa</i> c'è il semitono.
-</p>
-
-<p>
-Tutte le scale si dividevano in sette esacordi
-(sei toni) che cominciavano dal <i>Sol</i>, <i>do</i> e <i>fa</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span>
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-053"></a>
- <img src="images/ill-053.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-Conoscendosi ai tempi di Guido ormai il <i>b rotundum</i>
-(si bem.) ed il <i>b quadratum</i> (si naturale),
-gli esacordi potevano essere di tre specie;
-quello di <i>do</i> si chiamava <i>naturale</i>, quello di <i>fa</i> col
-<i>si bem.</i> era il <i>molle</i> e quello di <i>sol</i> col <i>si naturale</i>
-il <i>durum</i>.
-</p>
-
-<p>
-Se la melodia stava nei limiti di un esacordo
-si mantenevano le sillabe originarie di questo.
-Ma la difficoltà cominciava quando una melodia
-passava l'estensione di un esacordo, perchè dovevano
-cambiarsi le sillabe e si doveva adattarle
-al nuovo esacordo. Questa difficile e complicata
-procedura (<i>crux et tormentum puerorum</i>)
-si chiamava <i>mutazione</i>, che Marchetto da Padova
-definisce: <i>mutatio est variatio nominis vocis
-seu notae in eodem spatio</i>.
-</p>
-
-<p>
-Per agevolare lo studio delle mutazioni, che
-erano cinquantadue, si fece uso della mano guidonica,
-che nel medio evo fu in grande onore e
-si ascrisse a Guido, quantunque egli non ne
-parli nei suoi scritti. Si aveva, cioè, fatta l'osservazione,
-<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span>
-che la mano umana conta tante
-falangi ed estremità delle dita quante erano
-le note della scala guidonica, se si calcola il
-<i>si bemolle</i> come nota da sè, cominciando dalla
-punta del pollice col <i>sol</i> (Γ) e finendo col mi
-sopra la punta del dito medio. Lo scolaro apprendeva
-le note e mutazioni, che cadevano
-sulle giunture, ed arrivava, col mezzo di questo
-aiuto ad avere una certa pratica nella denominazione
-delle note, giacchè bastava che guardasse
-la mano sinistra (la sinistra, perchè vicina
-al cuore e più atta all'insegnamento) per saper
-la nota.
-</p>
-
-<p>
-La solmisazione potè durare ad onta delle difficoltà
-ed artificiosità che le erano proprie fino
-al secolo XVI e trovò persino nel secolo XVIII
-chi ne decantava i vantaggi. Anzi essa viveva
-come ombra ancora non molti anni fa nelle denominazioni
-<i>cfaut</i>, <i>alamire</i>, <i>csolfaut</i>, ecc. Il suo
-difetto principale era oltre la complicazione
-l'aver messo a base del sistema l'esacordo invece
-dell'ottava. Nel secolo XVI fu aggiunta la
-settima sillaba <i>si</i> e si tornò così all'ottava,
-mentre in Italia si sostituì alla sillaba <i>ut</i> il <i>do</i>.
-(Bonocini: <i>Musico pratico</i>, 1673). Ma le sillabe
-restarono e servirono d'ora in avanti di nome
-ai toni presso i popoli latini (italiani, francesi,
-spagnuoli) mentre i tedeschi e gli inglesi tennero
-fermo alle lettere gregoriane.
-</p>
-
-<p>
-Lo spirito pratico di Guido influì pure sulla
-notazione musicale, che egli semplificò grandemente,
-usando quattro linee, sulle quali e fra
-<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span>
-le quali egli scriveva in capo alla linea le note
-colle lettere dell'alfabeto (notazione franconica)
-e collocando i neumi al posto corrispondente
-e fra queste.
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-055a"></a>
- <img src="images/ill-055a.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-La prima linea superiore era di solito di color
-verde o giallo, la terza rossa. In seguito si
-tralasciò di scrivere le linee a colori ma si premisero
-le lettere <i>F</i> e <i>C</i>, che diventarono poi le
-nostre chiavi di <i>fa</i> e <i>do</i>. L'opinione, che Guido
-si sia servito di punti per indicare le note, non
-è provata, quantunque il padre Atanasio Kircher
-asserisca nella sua <i>Musurgia</i> d'aver veduto
-in Vallombrosa un codice anteriore a Guido
-scritto con punti che forse erano i neumi a
-punti suddetti.
-</p>
-
-<p>
-Prima di staccarci da Guido, facciamo menzione
-d'un fanciullesco metodo <i>meccanico</i> di
-fabbricare melodie, che consiglia Guido (<i>quod
-ad cantum redigitur omne quod scribitur</i>). Esso
-consisteva nel sottoporre alle note della scala
-le vocali dell'alfabeto:
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-055b"></a>
- <img src="images/ill-055b.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-e nell'adattare al testo, che si voleva mettere in
-<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span>
-musica, le note corrispondenti alle vocali delle
-sillabe. Giovanni Cottonio, commentatore di
-Guido, ha il coraggio di chiamar le melodie
-fatte con questo sistema «veramente belle».
-</p>
-
-<p>
-Il canto a più voci conosciuto da Guido, che
-egli chiama <i>Diafonia</i>, è quasi eguale all'organo
-di Ubaldo, giacchè la sostituzione di quarte parallele
-alle quinte non è alcun progresso per la
-sensibilità dell'orecchio musicale di quei tempi.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-R. Schlecht — <i>Musica Enchiriadis.</i> Monatshefte für Musikgeschichte
-VI (Berlino).
-</p>
-
-<p>
-Hans Müller — <i>Hucbald's echte und unechte Schriften über
-Musik</i>, Leipzig, 1885.
-</p>
-
-<p>
-M. Falchi — <i>Studi su Guido Monaco</i> (1882).
-</p>
-
-<p>
-A. Kiesewetter — <i>Guido d'Arezzo</i> (1840).
-</p>
-
-<p>
-Angeloni — <i>Sopra la vita, le opere ed il sapere di Guido d'Arezzo</i>,
-Parigi, 1871.
-</p>
-
-<p>
-Brandi — <i>Guido Aretino</i>, ecc., Firenze, 1882.
-</p>
-
-<p>
-Nelle opere di Kiesewetter ed Ambros vengono riportati
-brani dell'<i>Organum</i> di <i>Hucbald</i>. Le opere di Ubaldo e
-Guido sono pubblicate nei <i>Scriptores ecclesiastici de musica
-sacra potissimum</i> di Gerbert, 1784.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap5">CAPITOLO V.
-<span class="smaller">La musica mensurale
-ed i precursori dei Fiamminghi.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Colla diffusione del canto a più voci si fece
-sentire sempre più il bisogno di stabilire nella
-musica un ritmo ed una misura, che non dipendessero
-<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span>
-più come nel canto gregoriano dalla
-prosodia e dalla declamazione, ma che avessero
-la loro ragione nella melodia stessa. Anche in
-ciò l'istinto popolare diede un impulso alle
-nuove teorie, giacchè non vi può esser dubbio
-che le canzoni popolari del medio evo avevano
-un ritmo musicale deciso. Oltre ciò, se quando
-la musica era omofona, si poteva in certo modo
-far a meno del ritmo stabilito, la difficoltà cresceva
-nel canto a più voci e la mancanza ne
-era più sensibile. Anche questa parte della
-teoria musicale fu influenzata dalle tradizioni
-greche, e la metrica greca (il <i>giambo</i> ᴗ —, ed il
-<i>trocheo</i> — ᴗ) ne fu la base. Partendo dal principio,
-che una sillaba lunga è eguale a due brevi,
-si ottenne la divisione del tempo in tre parti, e
-la <i>misura</i> era <i>perfetta</i> se divisa in tre parti;
-<i>imperfetta</i> se in due parti o tempo pari: <span class="above">2</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">1</span>, <span class="above">4</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">2</span>.
-Questa caratteristica, che in seguito secondo
-l'uso del tempo si cercò giustificare col misticismo
-medioevale della Trinità e del numero 3
-perfetto, si mantenne per lungo tempo e solo
-nel secolo XVI venne in onore anche il tempo
-<i>pari</i>. Uno dei primi ad usarlo fu <i>Philippus de
-Vitriaco</i> (Vitry) al quale si ascrivono anche le
-<i>prolazioni</i>.
-</p>
-
-<p class="center">
-( <span class="division"><span class="numerator">3</span><span class="denominator">3</span></span> = <span class="division"><span class="numerator">9</span><span class="denominator">8</span></span>, &nbsp;<span class="division"><span class="numerator">3</span><span class="denominator">2</span></span> = <span class="above">3</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">4</span>, &nbsp;<span class="division"><span class="numerator">2</span><span class="denominator">3</span></span> = <span class="division"><span class="numerator">6</span><span class="denominator">8</span></span>, &nbsp;<span class="division"><span class="numerator">2</span><span class="denominator">2</span></span> )
-</p>
-
-<p>
-Gli elementi della <i>mensura</i> erano in principio
-la <i>longa</i> e la <i>brevis</i>, alle quali si aggiunsero in
-seguito la <i>duplex longa</i> o <i>maxima</i> e la <i>semibrevis </i>.
-<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span>
-La <i>brevis</i> era l'unità e si chiamava <i>tempus</i>;
-la sua durata era d'un batter della mano
-(<i>tactus</i>). A questa si sostituì posteriormente la
-<i>semibrevis</i> (una nostra battuta) divisa nel tempo
-pari in <i>arsi</i> e <i>tesi</i> o due <i>minimae</i>. La divisione
-nel tempo perfetto era la seguente:
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-058a"></a>
- <img src="images/ill-058a.jpg" alt="" />
-</div>
-
-<p>
-Nel tempo imperfetto la <i>breve</i> era pari a <i>tre</i>
-semibrevi ed il <i>punctum addictionis</i> (il nostro
-punto) accresceva della metà il valore della
-nota.
-</p>
-
-<p>
-La notazione subì in seguito alle nuove teorie
-pure una modificazione, dovendosi abbandonare
-i neumi, che non indicano la durata e
-sostituendovi la <i>nota mensuralis</i>. Essa differiva
-poco dalla nota corale, che si era ormai venuta
-trasformando dal punto dei neumi. Il valore
-della <i>nota mensuralis</i> veniva fissato dalla
-sua lunghezza e dall'esservi aggiunta l'asta verticale.
-Le forme erano queste:
-</p>
-
-<div class="figcenter"><a id="fill-058b"></a>
- <img src="images/ill-058b.jpg" alt="maxima, longa, brevis, semi brevis, minima" />
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span>
-</p>
-
-<p>
-La questione se i neumi abbiano avuto altresì
-significato ritmico non è del resto peranco
-sciolta, quantunque sia probabile il contrario.
-La <i>musica mensurata</i> che si serviva dei segni
-della <i>plana</i> (neumi con segni quadrati sulle
-linee) diede però loro anche un valore ritmico,
-giacchè la <i>virga</i> del <i>cantus planus</i> corrispondeva
-alla <i>longa</i>, il <i>punctus</i> quadrato in piedi alla <i>brevis</i>,
-il punto obliquo alla <i>semibrevis</i>. Le canzoni
-francesi si scrivevano ormai a questa maniera,
-dalla quale si poteva rilevare con una certa
-precisione il ritmo, tanto più che se corrispondevano
-più note ad una sillaba, queste si aggruppavano
-insieme.
-</p>
-
-<p>
-Nuovi erano altresì i segni per il tempo, le
-ligature ed i segni delle pause od aspetti. La
-misura perfetta era segnata da uno o due
-cerchi paralleli, l'imperfetta da un semicerchio
-vòlto coll'apertura a destra; il cerchio tagliato
-da una striscia nel mezzo indicava tempo doppiamente
-celere; se al cerchio era aggiunto un
-3, il tempo si duplicava. Le pause erano segnate
-similmente alle nostre e si chiamavano <i>pausa</i>,
-<i>semipausa</i>, <i>suspirium</i> e <i>semisuspirium</i>. Colle ligature
-(<i>ligaturae</i>) si univano gruppi di note stringendole
-secondo regole stabilite senza intervallo
-l'una all'altra in modo da formarne figure,
-donde il nome di <i>musica figuralis</i>, che fin oggi
-si conserva.
-</p>
-
-<p>
-Al principio del secolo XIV s'usava anche il
-colore (<i>color</i>) per indicare il tempo. Quando
-cioè alcune note nel tempo perfetto avevano
-<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span>
-valore imperfetto (terzine, note sincopate), allora
-queste si segnavano col color rosso invece
-del nero (<i>notulae rubrae</i>). In seguito si scrissero
-queste note, per comodità, bianche (<i>cavatae</i>, <i>albae</i>)
-donde derivarono poi le note bianche.
-</p>
-
-<p>
-I primi mensuralisti non conoscevano ancora
-il significato del tempo nel nostro senso della
-parola (<i>Adagio</i>, <i>Allegro</i>, ecc.). Soltanto in seguito
-vennero formandosi le regole della <i>Deminutio</i>,
-<i>Augmentatio</i> e <i>Proportio</i>, che determinavano il
-cambiamento di tempo partendo dall'unità (<i>integer
-valor</i>). Queste sparirono poi un po' alla
-volta, quando si introdussero in Italia verso il
-milleseicento le denominazioni <i>Allegro</i>, <i>Adagio</i>,
-ecc., che le resero inutili.
-</p>
-
-<p>
-Finalmente è da notarsi che la quinta linea
-del nostro sistema fu introdotta contemporaneamente
-alla <i>musica mensuralis</i> e che da questo
-tempo comincia l'uso delle <i>chiavi</i>, alle quali
-preludiavano già la linea rossa e gialla e che
-servivano alle trasposizioni senza cambiare
-nella scrittura la posizione delle note nei toni
-di chiesa (<i>chiavette</i>).
-</p>
-
-<p>
-L'epoca della <i>musica mensuralis</i> si può stabilire
-al secolo XIII. I più celebri mensuralisti,
-dei quali ci sono conservati gli scritti, sono:
-<i>Franco da Colonia</i> (XIII secolo), autore di un
-trattato sulla <i>Musica et ars cantus mensurabilis</i>.
-<i>Giovanni di Garlandia</i> (<i>Tractatus musicae mensurabilis</i>).
-<i>Iohannes Cotton</i>, <i>Geronimo de Moravia</i>
-(1260), che visse a Parigi; il celebre e dotto
-<i>Giovanni de Muris</i> (1300), normanno, dottore
-<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span>
-della Sorbona ed il tanto vituperato <i>Marchetto
-da Padova</i>, che visse in Verona ed insegnò poi
-a Napoli (1270), autore di diverse opere, fra cui
-il <i>Pomerium in arte musicae mensuratae</i>, opera
-contenente pensieri ed osservazioni notevolissime
-per quei tempi. Oltre ai meriti di questi
-autori circa la musica misurata, spetta a loro
-l'onore di aver stabilite le leggi dell'armonia,
-fra cui il divieto delle quinte parallele e l'annoverare
-la <i>terza</i> e la <i>sesta</i> fra le consonanze
-(imperfette).
-</p>
-
-<p>
-Anteriore alla musica <i>mensuralis</i> fu il <i>discanto</i>,
-di cui si trovano le traccie ormai nel
-secolo XII, e specialmente nel trattato del secolo
-XII, conservato all'Ambrosiana, <i>Ad organum
-faciendum</i>, e che derivò e fu un perfezionamento
-dell'organo di Ubaldo. Per <i>discanto</i>, <i>déchant</i>
-(doppio canto) che sembra esser stato in
-uso primieramente in Francia, s'intende quel
-canto a due voci, in cui una, il tenore (da <i>tenere</i>),
-conteneva il canto fermo (<i>cantus firmus</i>, <i>cantus
-prius datus</i>) e l'altra superiore, il <i>discanto</i>. Questo
-era in principio di due specie: o le due
-voci si movevano in unisono, ed il discanto
-(la voce superiore) si staccava soltanto su alcune
-note dall'altra sostituendo alla nota unisona
-fioriture melismatiche (<i>fleurettes</i>) di libera
-invenzione; oppure le due voci si movevano
-in unisono e soltanto alle volte il discanto formava
-la terza od altro intervallo del tenore.
-</p>
-
-<p>
-Il principio fondamentale del discanto era il
-movimento contrario delle voci, dunque un
-<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span>
-gran miglioramento in confronto dell'<i>organum</i>.
-Una varietà in uso in Inghilterra era il <i>Gymel</i>
-(<i>cantus gemellus</i>), d'origine antichissima, nel
-quale predominavano le terze e seste.
-</p>
-
-<p>
-Mentre l'organo non conosceva misura, il discanto
-se ne serviva. Coll'andar del tempo
-furono poi aggiunte alle due voci del discanto
-una terza e quarta, donde il nome <i>duplum</i>,
-<i>triplum</i> e <i>quadruplum</i>. Da questi modesti principi
-derivò il contrappunto (<i>punctus contra
-punctum</i>, <i>nota contra notam</i>) denominazione conosciuta
-ancor a quei tempi, nei quali si distingueva
-il <i>contrapunctus a mente</i>, <i>chant sur
-le livre</i>, in uso al secolo XV, libera improvvisazione
-del cantante, consistente in trilli, passaggi,
-appoggiature sulla melodia del basso, ed
-il <i>contrapunctus a penna</i> o scritto.
-</p>
-
-<p>
-Nel <i>Compendium discantus</i> di Franco da Colonia
-si trova ormai delineata la teoria primordiale
-del contrappunto e questa durò quasi intatta
-fino al secolo XV. L'uso di più di due
-voci in un componimento rendeva impossibile
-l'osservanza delle regole del discanto e del bordone,
-giacchè non si poteva ragionevolmente
-proseguire senza interruzione nel moto parallelo
-o contrario ma bisognava combinarli. Perciò
-tanto Franco da Colonia che Marchetto da Padova
-raccomandano una certa libertà di movimento
-e condotta delle voci ed essi riconoscono
-l'importanza della terza e sesta come pure del
-pedale (<i>punctus organicus</i>, <i>point d'orgue</i>).
-</p>
-
-<p>
-Alla stessa epoca appartiene pure il <i>falso
-<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span>
-bordone</i> (<i>faux bordon</i>), del quale fa la prima
-volta menzione <i>Guglielmo</i> monaco che lo dice
-in uso specialmente presso gli Inglesi, specie
-di canto a tre voci in sestaccordi, imitazione
-dell'<i>organum</i> coll'aggiunta di una terza voce,
-che raddolciva l'aspro effetto delle quarte parallele.
-Il soprano o contralto aveva il canto
-fermo, il tenore la quarta ed il basso la sesta.
-Il bordone si chiamava falso, perchè il <i>cantus
-firmus</i> invece di esser nel basso era nella voce
-più alta, mentre il nome bordone si vuole spiegare
-o dalla parola <i>bourdon</i>, appoggio, base,
-bastone, o da <i>bourdonner</i>, ronzare (Pretorio). Il
-falso bordone venne coll'andare del tempo a
-perdere la forma originaria e significò una
-specie di composizione a quattro voci in consonanze
-senza misura che si usa ancor oggi. Da
-ultimo facciamo memoria di un'altra specie di
-canto chiamato <i>ochetus</i> (singhiozzo, sospiro) che
-consisteva in brevi note con pause intermedie,
-colle quali si accompagnava il canto fermo.
-</p>
-
-<p>
-Colla ricchezza e varietà dei mezzi armonici
-eransi pure sviluppate diverse specie di composizioni
-sì sacre che profane come il <i>motetto</i>
-(<i>motus brevis cantilenae</i>), che alle volte aveva
-diverso testo nelle singole voci, il <i>rondello</i> (<i>rondellus</i>)
-derivato dalla musica popolare e di stile
-profano, la <i>cantilena</i> ed il <i>conduit</i> (<i>conductus</i>),
-a tre e quattro voci su tema libero. L'uso della
-<i>nota mensuralis</i> per queste specie di composizione
-e specialmente per il Motetto ed il Rondello,
-era una necessità, perchè le sillabe nelle
-<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span>
-diverse voci non hanno lo stesso valore, mentre
-ciò era sempre nell'<i>organum</i>, discanto,
-falso bordone ed anche di spesso nel <i>Conductus</i>.
-Nel Rondello venne poi sviluppandosi la
-forma del canone, di cui uno dei primi monumenti
-che data circa dal 1240 coll'imitazione del
-canto del cuculo è ancor oggi interessante.
-Esso è conosciuto col nome di <i>Sommercanon</i> e
-si dice fosse composto da Simone Fonsete, monaco
-di Reading. Una composizione di tecnica
-sì progredita presuppone una lunga pratica anteriore
-ed è un nuovo argomento per l'asserzione
-di Lederer circa la patria della polifonia.
-La forma del canone per quanto artistica si
-può del resto ritenerla nata dalla musica popolare
-per l'uso del canto che si ripete periodicamente
-nelle brigate (<i>rota</i>, <i>Rundgesang</i>), e
-l'ultima origine si potrebbe forse cercarla nell'imitazione
-dell'eco.
-</p>
-
-<p>
-Ma colle nuove innovazioni cominciarono altresì
-gli abusi dei cantanti e musicisti, contro
-i quali gli scrittori dell'epoca scagliano improperi.
-«O rozzezza e bestialità esclama Giovanni
-de Muris, di ritenere un asino per un
-uomo, una capra per un leone, una pecora per
-un pesce, un serpente per un salmone, perchè
-essi (i cantori) confondono consonanze con dissonanze
-da non distinguere più le une dalle
-altre». (<i>Summa musicae</i>). Così pure papa Giovanni
-XXII proibisce l'<i>ocheto</i> e destina pedantescamente
-gli intervalli permessi nella musica
-a più voci nel servizio della chiesa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span>
-</p>
-
-<p>
-Eppure il valore e l'immensa importanza di
-quei rozzi tentativi non sono da disconoscere,
-giacchè fu da essi che derivò quel grandioso
-sistema, su cui basa il nostro contrappunto e
-la polifonia di un Bach e Händel. Noi non dobbiamo
-dimenticare, che quello che a noi sembra
-naturale e necessario, in quei tempi non lo
-era, perchè non era ancora stabilito il sentimento
-della tonalità, e l'accordo, base del nostro
-sistema, non era conosciuto come tale. Egli
-è perciò che noi ci imbattiamo in cose per noi
-incredibili come nell'unione di due melodie di
-tono diverso, barbaramente amalgamate, nell'unione
-di testi sacri con testi profani e mondani
-nelle diverse voci ed in altre enormità,
-giacchè lo scopo era raggiunto se le voci si
-univano in certe note e si combinavano in consonanze,
-mentre tutto il resto poco importava.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Coussemaker — <i>Histoire de l'Harmonie au moyen-âge</i>, Paris,
-1882.
-</p>
-
-<p>
-D.º — <i>L'art harmonique aux XII ième et XIII ième siècle</i>,
-Paris, 1865.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Studien zur Geschichte der Notenschrift</i>,
-Leipzig, 1878.
-</p>
-
-<p>
-G. Iacobsthal — <i>Die Mensuralnotenschrift des 12. und 13.
-Iahrhundertes</i>, Berlin, 1871.
-</p>
-
-<p>
-Bellermann — <i>Die Mensuralnoten und Taktzeichen des 15,
-und 16. Jahrhundertes</i>, Berlin, 1888.
-</p>
-
-<p>
-P. Bohm — <i>Magistri Franconis Ars cantus mensurabilis</i>,
-Trier, 1880.
-</p>
-
-<p>
-Joh. Wolf — <i>Geschichte der Mensuralnotation</i>, Lipsia Breitkopf
-u. Härtel 1905, 2. vol.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span>
-</p>
-
-<p>
-V. Lederer — <i>Ueber Heimat und Ursprung der mehrstimmigen
-Tonkunst</i>, vol. 1º, Lipsia-Siegel.
-</p>
-
-<p>
-Williams C. F. — <i>The story of notation</i>, London W. Scott,
-1903.
-</p>
-
-<p>
-Gasperini Guido — <i>Storia della Semiografia musicale</i>, Milano,
-Hoepli, 1905.
-</p>
-
-<p>
-A. R. Hirschfeld — <i>Johann de Muris</i>, Leipzig, 1884.
-</p>
-
-<p>
-I trattati dei mensuralisti e molte composizioni sono pubblicate
-nell'<i>Art armonique</i> citata e nelle opere di Gerbert
-e Coussemaker: <i>Scriptores de musica medii aevi</i>,
-1863.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap6">CAPITOLO VI.
-<span class="smaller">I Fiamminghi.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La Francia, dove primieramente si coltivò
-l'arte polifonica, che ora si suole chiamare <i>ars
-antiqua</i>, non seppe conservarne il primato, ed
-in conseguenza delle guerre e lotte intestine il
-culto della stessa venne ben presto a decadere.
-L'eredità venne raccolta da una piccola nazione
-limitrofa, l'Olanda ed i Paesi Bassi, che da umili
-principî avevano saputo raggiungere coll'energia
-e perseveranza un alto grado di floridezza,
-estendere il loro commercio e fondare una delle
-più celebri scuole di pittura.
-</p>
-
-<p>
-In questo Stato ben ordinato, in cui la vita
-municipale ed il principio d'associazione s'erano
-potentemente sviluppati, la musica polifonica
-corrispondeva alle idee nazionali e trovava il
-<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span>
-terreno più adatto per sorgere rigogliosa,
-unendo quel popolo alle doti del popolo francese
-la disposizione e la predilezione dell'alemanno
-per la musica a più voci. L'ambasciatore
-Lodovico Guicciardini parlando nella <i>Descritione
-di tutti i Paesi Bassi</i> (Anversa, 1656) degli
-Olandesi dice: «Questi sono i veri maestri
-della musica e quelli che l'hanno ristaurata e
-ridotta a perfezione, perchè l'hanno tanto propria
-e naturale che huomini e donne cantan
-naturalmente a misura con grandissima grazia
-e melodia».
-</p>
-
-<p>
-Da Dufay fino ad Orlando di Lasso l'Olanda
-vide nascere più di cento musicisti, fra i quali
-alcuni dotati di vero genio, moltissimi di grande
-talento e quasi tutti dotti ed esperti nella teoria
-musicale. E come doveva in seguito avvenire
-di molti dei suoi celebri pittori, così anche i
-suoi musicisti, ai quali era troppo angusta la
-patria, si sparsero per gli altri paesi, diffondendo
-la dottrina musicale e fondando celebri
-scuole in Italia, in Francia, in Spagna e lasciando
-negli archivi delle cattedrali e nelle biblioteche
-le loro opere, che ancor oggi formano la nostra
-ammirazione.
-</p>
-
-<p>
-L'epoca degli Olandesi si suole dagli storici
-dividere in più periodi e scuole. La più solita
-divisione è quella della Messa di Tournay (1350),
-il primo monumento conosciuto della musica
-polifonica fiamminga, scoperto da Coussemaker,
-fino a Dufay, da Dufay ad Okeghem, e da Okeghem
-a Giosquino. La Messa di Tournay è
-<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span>
-scritta a tre voci e mostra già una sufficiente libertà
-e naturalezza di condotta nelle parti ed
-armonie non tanto dure. Il primo musicista
-olandese del quale ci sono conservate alcune
-composizioni è <i>Enrico di Zeelandia</i>; ma il padre
-della polifonia olandese è <i>Guglielmo Dufay</i>, nato
-in Chimay in Hennegau (1400?-1474), che fu
-cantore a Roma, dove si conservano più Messe
-di lui nella cappella vaticana. In queste si palesa
-già un grande miglioramento in confronto
-delle composizioni anteriori e quantunque le
-armonie sieno spesso dure e strane ed il ritmo
-ancora incerto, pure sembra destarsi in esse il
-sentimento della melodia o almeno un barlume
-di questa, come nel <i>Kyrie</i> della Messa <i>l'homme
-armé</i>, che nella sua melanconica e semplice austerità
-è ormai molto più di una combinazione
-di intervalli messi assieme a caso come lo erano
-molte delle composizioni polifoniche anteriori.
-La condotta delle voci è naturale, l'arte del canone
-ormai sviluppata e sono scomparse le
-quinte parallele.
-</p>
-
-<p>
-Lo stile di Dufay fu però assai influenzato
-dall'<i>Ars nova Fiorentina</i>, della quale parleremo
-più innanzi e dalle opere di <i>John Dunstaple</i>
-(circa 1370-1453), che avea perfezionato la tecnica
-dell'arte italiana ed applicatala alla musica
-da chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Contemporanei a Dufay o di poco tempo posteriori
-a lui sono <i>Egidio Binchois</i> (1400?-1460),
-<i>Antonio Busnois</i> (1467) cantore alla corte di
-Carlo il Temerario di Borgogna, autore della
-<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span>
-celebre Messa: <i>Ecce ancilla</i>, <i>Vincenzo Faugues</i>
-ed altri molti.
-</p>
-
-<p>
-Il primo dei compositori della seconda epoca
-ed il più profondo per sapienza è <i>Giovanni
-Okeghem</i>, nato nel 1430 (?) in Hennegau, morto
-quale tesoriere nell'Abbazia di S. Martino in
-Tours nel 1515. Egli è il primo che fa uso della
-forma della libera <i>imitazione</i>, ciò che ebbe una
-importanza immensa nella musica e diede origine
-al canto a cappella, giacchè l'imitazione
-si poteva fare su ogni intervallo e continuare
-e tralasciare a volontà. Con lui, che fu chiamato
-<i>princeps musicorum</i>, l'arte polifonica raggiunse
-un alto grado e degenerò poi in artificio
-smodato. I più complicati canoni <i>per augmentationem
-et diminutionem</i> non gli bastano,
-ma egli si studia di complicarli e renderne
-più difficile l'esecuzione, facendone indovinar
-l'entrata, sviluppando una parte dall'altra,
-non segnando nè chiavi nè tono. Egli scrive,
-p. e., una messa <i>ad omne tonum</i> con punti d'interrogazione
-invece di chiavi, una messa <i>prolationis</i>
-a due voci, dalle quali si devono cercare
-le due altre secondo la differenza del
-tempo e della prolungazione, un <i>garritus</i>, canone
-a 36 voci, e simili stranezze. Questo sistema
-artificioso, rimasuglio della scolastica e del
-misticismo medioevale, restò per lunghi anni
-in uso, e si cercava con divise cabalistiche di
-dar la chiave dell'enigma. Alcune di queste, che
-citiamo per curiosità, erano: <i>bassum quaere in
-tenore in hypodiapente</i> — <i>exemplum dedi vobis ut
-<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span>
-et vos faciatis sicut et ego feci</i> — <i>qui sequitur me
-non ambulat in tenebris</i> — <i>trinitatem in unitate
-veneremur-canit more Hebraeorum</i> (alla rovescia) — <i>Clama
-ne cesses</i> (ommettere gli aspetti) — <i>noctem
-in diem vertere</i> (cantare le note bianche
-col valore delle nere, ecc., ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Ma se Okeghem ed i suoi seguaci più di una
-volta si perdettero in simili capricci, non si
-deve però creder che le loro composizioni
-fossero più il frutto di semplice calcolo che dell'ispirazione,
-chè anzi alcune opere di Okeghem
-non mancano di maestà ed armonia. Pari se
-non maggiore di Okeghem è il suo coetaneo
-<i>Giacomo Obrecht</i> (1430) d'Utrecht, morto nel
-1505 di peste a Ferrara, che istruì Erasmo di
-Rotterdam nella musica e che fu il più ispirato
-di tutti i musicisti anteriori a Giosquino.
-</p>
-
-<p>
-Più fama di tutti questi ebbe <i>Josquin des Près</i>,
-(1450?-1521), Iodocus Pratensis, Giosquino del
-Prato, oriundo di Fiandra (Cambray? S. Quintino?)
-che fu cantore della cappella vaticana e
-che visse alla corte di Ercole I di Ferrara e di
-Lorenzo il Magnifico (1480), e posteriormente alla
-corte di Luigi XII di Francia. Egli morì ai 27
-Agosto 1521 a Condè, dove egli era prevosto del
-capitolo. Il merito maggiore di Giosquino, <i>spirito
-nuovo di virtù repleto</i>, come lo dice Baldassare
-Castiglione, fu d'aver liberato la musica
-dalle esagerazioni della scolastica, e d'averla
-ridotta a maggior semplicità e bellezza.
-Lutero diceva di lui, che mentre gli altri compositori
-dovevano fare quello che volevano
-<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span>
-le note, egli faceva fare alle note quello che egli
-voleva. Fra le sue opere (messe, motetti, salmi,
-inni, canzoni, ecc.) molte possono ancora oggi
-non solo interessare l'uditore come curiosità
-storiche ma costringerlo all'ammirazione, come,
-per esempio, la celebre Messa: <i>Herkules dux
-Ferraræ</i>, lo <i>Stabat mater</i>, il grandioso <i>Miserere</i>
-a cinque voci scritto pure per incarico di Ercole,
-e più <i>Ave Maria</i>, dolcissime ed ispirate.
-Che anche egli all'usanza dei suoi colleghi
-qualche volta si perdè in ricercatezze e stranezze,
-come quando scrisse, così racconta Baini,
-un pezzo, in cui ogni parte cantava un testo
-differente, oppure il motetto dedicato a Luigi
-XII, col quale gli rammentava una sua promessa
-(<i>Memor es verbi tui</i>), è cosa perdonabile
-tanto più, che la Messa <i>laisse faire à moi</i>
-sul tema la, sol, fa, re, mi (lascia fare a me) nata
-da un simile capriccio, divenne una delle sue
-più belle ed ispirate composizioni. Fra gli scolari
-più noti di Giosquino ed i musicisti olandesi
-posteriori a lui sino ad Orlando vanno nominati
-<i>Jean Mouton</i>; <i>Nicolò Gombert</i>, autore di un
-celebre <i>Pater noster</i>; <i>Clemens non papa</i>, autore
-dei noti Motetti <i>Vox in Roma</i>, ed <i>O Crux
-benedicta</i>; il maschio e potente <i>Pierre de la
-Rue</i>, <i>Antonio Brumel</i>, ed <i>Eleazaro Genet</i> soprannominato
-<i>Carpentrasso</i> dalla sua patria, cantore
-di Leone X, del quale molti e molti anni si
-eseguirono nella cappella Vaticana le celebri
-Lamentazioni.
-</p>
-
-<p>
-Schering ha tentato ultimamente di dimostrare
-<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span>
-che sino all'epoca di Giosquino la musica
-non era soltanto vocale ma vocale ed istrumentale
-insieme. A questa opinione l'inducono:
-l'oltrepassare i confini naturali delle singole voci,
-la mancanza d'ogni pausa per lunghi tratti, melismi
-e colorature quasi impossibili per voci
-umane, ecc. Schering chiama <i>Messa d'organo</i>
-quella in cui il coro unisono eseguiva probabilmente
-il <i>cantus firmus</i> (<i>l'Homme armé</i>, <i>Malheur
-me bat</i>, ecc.) mentre l'organista suonava
-le altre parti ed è innegabile, che la riduzione
-della messa di Giosquino <i>l'homme armé</i>, dividendone
-le parti quali messa d'organo, fa sparire
-quasi tutte le difficoltà e rende accettabile
-la tesi di Schering. Ma la questione non è del
-resto risolta come ne rimangono insolute tante
-altre circa la musica di quel tempo.
-</p>
-
-<p>
-Ed ora prima di chiudere il capitolo degli
-Olandesi ci resta di parlare dell'ultimo grande
-rappresentante di quella scuola, che dopo di lui
-doveva spegnersi per sempre. Ma alla guisa del
-sole, che alla sera risplende di luce più viva
-e calda, il tramonto dell'arte olandese fu più
-splendido dell'epoca del maggior fiore. Questo
-grande artista fu Orlando di Lasso, un genio,
-che ha qualche cosa della grandiosità michelangiolesca
-e che ci riempie di ammirazione e stupore
-al pensare all'infinità delle sue opere di ogni
-stile e dimensione, quasi tutte ispirate. <i>Orlando
-di Lasso</i> nacque nel 1530 a Mons in Hennegau.
-Il suo nome è <i>Roland de Lattre</i>, che egli cambiò,
-perchè gli ricordava il triste spettacolo, a
-<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span>
-cui dovette essere presente nella sua infanzia,
-quando suo padre come falso monetario fu messo
-alla berlina con una catena di monete false al
-collo (?). Egli fu istruito nella musica per la
-sua bellissima voce e seguì a 16 anni Ferdinando
-Gonzaga in Italia. A 21 anni divenne direttore
-della Cappella di S. Giovanni Laterano.
-Ritornato in patria per vedere i suoi genitori
-prima della loro morte, non vi rimase a lungo
-tempo. Insieme a Brancaccio viaggiò per l'Inghilterra
-e la Francia e si fermò per alcuni anni in
-Anversa. Di lì viene chiamato da Alberto V nel
-1557 alla corte di Monaco, dove restò fino alla
-morte (1594) in qualità di maestro di cappella,
-interrompendo il lungo soggiorno con un viaggio
-alla corte di Carlo IX in Parigi.
-</p>
-
-<p>
-Il numero delle sue composizioni conservate
-per la maggior parte nella biblioteca di Monaco
-sorpassa le duemila, fra cui 51 Messe, 180 Magnificat,
-780 Motetti, 2 Passioni, 429 Cantiones
-sacræ, 233 Madrigali, ecc., ecc.
-</p>
-
-<p>
-La caratteristica delle opere di Orlando è la
-grandiosità e la profonda potenza espressiva.
-A questa egli sacrifica persino la dolcezza e
-l'armonia ed appunto in ciò sta la sua inferiorità
-in confronto del Raffaello della musica,
-Palestrina, che alla grandiosità ed espressione
-seppe unire la perfezione della forma e dell'armonia.
-Ad onta di ciò molte opere di Orlando
-sono monumenti imperituri dell'arte musicale
-e basti qui il nominare i suoi celebri Salmi penitenziali
-ed i motetti, nei quali egli allargò la
-<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span>
-forma, introdusse nuovi elementi e si staccò
-dallo stereotipo modello anteriore. La fama che
-egli ebbe ai suoi tempi fu espressa nel verso:
-<i>Est Ille Lassus, qui lassum recreat orbem</i>.
-</p>
-
-<p>
-Dopo di lui l'arte olandese propriamente detta
-decadde rapidamente. I componisti fiamminghi
-si perdettero di nuovo in astruserie e puerilità
-come quelle di esprimere i diversi sentimenti
-con colori diversi delle note e come nella <i>Battaglia
-di Marignano</i> e <i>le Cris de Paris</i> di Clement
-Jannequin ed altri, in cui si voleva esprimere
-colle voci fucilate, grida e cozzar di spade.
-L'egemonia della musica doveva passare all'Italia,
-che era chiamata a darle l'impronta
-veramente artistica, la misura e la proporzione,
-toglierle le durezze e diminuire le astrusità.
-</p>
-
-<p>
-La storia della musica quale vera arte comincia
-coll'epoca degli Olandesi. La musica anteriore
-non si può ancora chiamar arte ma
-piuttosto semplice scolastica tanto più che essa
-era coltivata quasi esclusivamente dai dotti che
-ne avevano fatto oggetto di studi più teoretici
-che pratici. La caratteristica della musica dei
-fiamminghi è la polifonia, il contrappunto semplice,
-doppio e triplo. L'imitazione ed il canone
-(chiamato allora <i>fuga</i>) si sviluppano e si perfezionano;
-le voci formano un complesso ordinato
-ed organico, quasi simbolo dell'indirizzo dei
-tempi, favorevole alle corporazioni, le confraternite
-e gilde.
-</p>
-
-<p>
-Il pernio della maggior parte delle composizioni
-olandesi è di solito un tema del canto
-<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span>
-fermo, ora una canzone popolare, rare volte un
-tema di propria invenzione. Da questo si chiamavano
-le composizioni, donde p. e. il nome
-delle Messe, alle volte profanissimo, come <i>Adieu
-mes amours</i>, <i>Mio marito mi ha infamata</i>, <i>fortuna
-desperata</i>, <i>des rouges nès</i> e <i>l'homme armé</i>,
-canzone provenzale che servì di canto fermo
-a moltissimi musicisti. Quando la messa non
-aveva nel tenore simili temi tolti dal rituale
-o dalle canzoni, allora si chiamava <i>sine nomine</i>.
-I temi venivano accorciati od allungati secondo
-il bisogno, come pure si cambiava il valore
-delle note, sicchè essi erano piuttosto visibili
-e riconoscibili all'occhio che all'udito nell'intreccio
-delle voci e nel cambiamento del tempo.
-Non si creda però che il tema abbia grande
-importanza, chè questa sta molto più nelle
-parti create liberamente.
-</p>
-
-<p>
-Il testo si scriveva di solito soltanto sotto le
-prime note e si lasciava poi ai cantanti la divisione
-del resto. Le opere degli Olandesi erano
-scritte nella prima epoca ordinariamente a tre
-poi a quattro, cinque e più voci. Esse sono
-con probabilità quasi esclusivamente vocali e
-soltanto nell'epoca della decadenza si usava
-sostituire ad una o l'altra voce istrumenti di
-solito a fiato. Alle note nere vengono sostituite
-le bianche e si fa uso qualche volta del semitono,
-che del resto di solito si ommetteva di
-segnare perchè sottinteso. Gli accidenti erano
-conosciuti ormai prima, giacchè se ne trova
-menzione negli Antifonari dell'epoca Guidoniana.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span>
-</p>
-
-<p>
-Col progresso dell'arte mostrandosi la rigida
-diatonica del canto gregoriano insufficiente, si
-trasponevano le tonalità e si adoperavano gli
-accidenti, donde deriva la <i>musica ficta</i> (falsa,
-finta) coi due sistemi <i>durum</i> e <i>molle</i>, a seconda
-che il tono di chiesa era nella sua posizione
-naturale o si trasponeva alla quinta superiore
-o quarta inferiore, riducendo p. e. il tono misolidico
-a dorico, il dorico a eolico ed innalzando
-la settima, il <i>subsemitonum</i>.
-</p>
-
-<p>
-Le opere della scuola Olandese anteriori ad
-Orlando hanno però per noi con poche eccezioni
-soltanto un interesse storico. Il motivo sta nel
-nostro modo di sentire la musica affatto diverso
-di quello dei secoli anteriori e soltanto in seconda
-linea in quella certa durezza d'armonie
-e mancanza di scorrevolezza, che è inerente alla
-maggior parte delle opere fiamminghe. Il nostro
-sistema era affatto sconosciuto ed ignota l'importanza,
-il carattere e l'essere dell'accordo.
-La differenza si potrebbe forse spiegare, dicendo,
-che i Fiamminghi pensavano e sentivano la
-musica orizzontalmente mentre noi la pensiamo
-verticalmente. Allora si trattava cioè di
-unire più voci distinte e diverse per melodia,
-poco curandosi dell'accordo che ne risultava e
-l'orecchio seguiva le singole voci. Manca una
-legge musicale suprema alla quale si sottopongono
-le voci, le quali anzi mantengono il loro
-ritmo proprio tanto che in molte composizioni
-polifoniche non si accordano neppure gli accenti
-principali. Oggi invece l'importanza sta nell'armonia
-<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span>
-risultante dalle melodie combinate.
-Se noi dunque leggeremo le opere di quei tempi
-alla nostra maniera, sarà impossibile trovare
-un punto di contatto con esse e non potremo
-mai apprezzarle come lo meritano. Lo stesso
-principio vale almeno in parte anche per il
-maggior numero delle opere di Palestrina e successori.
-Ma in queste oltre la maggiore sapienza
-e padronanza dei mezzi sono altri elementi che
-le avvicinano più ai nostri tempi. L'antico sistema
-basato sulla scala melodica cede il posto
-a quello dell'armonica, già preparato da Willaert
-e Gabrieli ed ancor più dalla musica popolare.
-</p>
-
-<p>
-Kretschmar osserva giustamente che quel
-certo sentimento di poesia che però troviamo
-anche nelle opere dei primitivi fiamminghi dipende
-dai temi usati che o sono tolti o somigliano
-alle canzoni popolari e che quelle opere
-seguono la sorte delle tavole dipinte dai maestri
-nordici del quattrocento delle quali possono
-piacere le teste delle figure ma non il resto,
-perchè goffo e mancante di misura.
-</p>
-
-<p>
-Contemporaneamente allo sviluppo della musica
-pratica venne perfezionandosi e formandosi
-la teoria che prendeva gli esempi e formava le
-regole sulle opere dei musicisti, abbandonando
-l'antico ed ormai vieto sistema speculativo e
-cercando di dar una guida utile allo studio della
-musica e non una semplice esercitazione filosofica
-e mistica. Già <i>Enrico di Zeelandia</i> avea tentato
-di scrivere un trattato della composizione.
-<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span>
-Più pratico e chiaro è <i>Giovanni Tinctoris</i> di
-Nivelles (?) nel Brabante, morto a Napoli nel
-1511 (?), dove Ferdinando aveva istituito una
-apposita cattedra per l'insegnamento della musica.
-Egli fu autore di molti trattati, scritti in
-latino chiaro ed arricchiti d'esempi tolti dalle
-opere dei celebri musicisti dell'epoca. (<i>Liber de
-arte contrapuncti</i> — <i>Terminorum musicae diffinitorium</i>.)
-<i>Ugolino da Orvieto</i> (1400?), arciprete
-in Ferrara, fu suo precursore e commentò con
-acume d'idee e chiarezza il trattato di <i>Muris</i>.
-Contemporaneo di Tinctoris fu <i>Franchino Gafor</i>
-di Lodi (1451-1522) che insegnò musica a Milano
-alla corte di Lodovico Sforza, uno dei più
-grandi e profondi teorici del suo tempo, autore
-del celebre trattato <i>pratica musicæ</i> (1496). Va
-pur nominato <i>Pietro Aaron</i> toscano (1516) autore
-del trattato <i>il Toscanello in Musica</i>, libro
-chiaro, interessante e spigliato.
-</p>
-
-<p>
-Uno dei più grandi teorici italiani di tutti i
-secoli fu <i>Giuseppe Zarlino</i> di Chioggia, nato
-nel 1517 (?), scolaro di Adriano Willaert, e successore
-di Cipriano di Rore al posto di direttore
-di cappella in S. Marco in Venezia. Più che per
-le sue composizioni egli divenne celebre per le
-sue opere teoretiche, fra le quali la maggiore
-<i>Le istituzioni armoniche</i> (1562) fu più volte stampata.
-Zarlino morì nel 1590. Anche egli, uomo
-gentile e di carattere mite, ebbe a subire le critiche
-dei musicisti invidiosi, e se le invereconde
-invettive e le contese tutt'altro che accademiche,
-che avevano avuto luogo fra Gafor e Spataro,
-<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span>
-Burci e Ramis Pareja (1440), non si ripeterono,
-fu tutto merito suo e non del suo accanito
-avversario Vincenzo Galilei, padre di Galileo.
-Soltanto con lui venne a sparire l'aborrimento
-della terza nell'accordo di chiusa e si ritennero
-definitivamente come consonanze la terza e la
-sesta.
-</p>
-
-<p>
-Fra i teorici tedeschi (<i>Adam de Fulda</i>, <i>Virdung</i>,
-<i>Agricola</i>, ecc.) il maggiore di tutti è <i>Henricus
-Loritus</i> detto <i>Glareanus</i>, nato nel 1488 a Glarus
-in Svizzera, autore del celebre <i>Dodekachordon</i>
-ricco di esempi e di notizie biografiche († 1563).
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Kiesewetter — <i>Ueber die Verdienste der Niederländer</i>, Amsterdam,
-1829.
-</p>
-
-<p>
-E. van der Straeten — <i>La musique aux Pays-Bas avant le
-XIX siècle</i>, Bruxelles 1872 e seg., 8 volumi.
-</p>
-
-<p>
-F. H. Haberl — <i>Wilhelm du Fay.</i> Leipzig, Vierteljahreschrift
-für Musik.
-</p>
-
-<p>
-John Stainer — <i>Dufay and his contemporains</i>, London, 1898.
-</p>
-
-<p>
-Brenet — <i>Jean de Okeghem</i>, Paris, 1893.
-</p>
-
-<p>
-W. Baümker — <i>Orlandus de Lassus</i>, Freiburg, 1878.
-</p>
-
-<p>
-A. Sandberger — <i>Beiträge zur Geschichte der bayrischen Hofkapelle
-unter Orlandus Lassus</i>, 2 vol., Lipsia, 1891-95.
-</p>
-
-<p>
-A. W. Fritsche — <i>Glarean</i>, Frauenfeld, 1890.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Zerlino als musikalischer Dualist.</i> Vol. XIII
-delle <i>Mittheilungen für Musikgeschichte</i>.
-</p>
-
-<p>
-Wagner P. — <i>Geschichte der Messe.</i> I Theil bis 1600, Lipsia,
-1913.
-</p>
-
-<p>
-Composizioni fiamminghe contengono:
-</p>
-
-<p>
-Fr. Commer — <i>Collectio operum musicorum batavorum.</i> 12
-volumi (1840-1857).
-</p>
-
-<p>
-R. I. van Maldeghem — <i>Trésor musical, collection de musique
-sacrée et profane des anciens maitres belges</i> (1865 e
-seguenti).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span>
-</p>
-
-<p>
-Gli ultimi volumi dei <i>Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich</i>
-(Vienna, Artaria, 1900 e seg.) contengono una scelta
-di opere fiamminghe tratte dai celebri Codici del Capitolo
-di Trento ora a Vienna.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap7">CAPITOLO VII.
-<span class="smaller">Le canzoni popolari. Trovatori e Minnesänger.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Mentre nella quiete dei monasteri e nelle
-stanze dei dotti si studiavano i canoni della teoria
-musicale e si cercavano nella filosofia ed
-astronomia le ragioni degli stessi, mentre la polifonia
-nasceva da rozzi principi e si dibatteva
-fra le pastoie scolastiche, il popolo poco si curava
-di tutti questi studi e cantava come sempre
-aveva cantato a seconda dell'estro e dell'ispirazione
-del momento. Egli non pensava nè
-a musica <i>mensurata</i> nè all'<i>organum</i> nè ad altro,
-ma coll'istinto naturale precedeva la scienza e
-le somministrava il materiale primo, che essa
-poi riduceva a regole. La musica dotta si perdeva
-in astruserie, ma il popolo poetava e cantava
-canzoni, che già portavano l'impronta di
-vere melodie. Chi gliele insegnava? Nessuno lo
-sa; esse sorgevano senza che alcuno ci pensasse,
-si replicavano e si tramandavano di generazione
-in generazione. «La musica come tutte le arti
-usciva di chiesa per farsi profana; s'inebriava
-<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span>
-un cotal poco dell'aria aperta, tastava le belle
-villane e diceva fioretti alle gentildonne, ballonzolava
-per le piazze, per le sale e per le
-corti» (Carducci).
-</p>
-
-<p>
-Le notizie sulle canzoni popolari più antiche
-sono scarsissime per tutte le nazioni ma in
-special modo per l'Italia. Ma ciò non può affatto
-servir di prova che l'Italia non abbia avuto
-al pari delle altre nazioni canti popolari anche
-nei secoli lontani del Medio Evo, mancando ogni
-motivo per simile credenza, ma è piuttosto da
-ascriversi al caso, alle condizioni del paese
-stesso. Le continue invasioni, le guerre, il formarsi
-della lingua volgare dal latino plebeo vi
-ebbero certo influenza. Nè è escluso che questo
-buio si rischiari se si faranno studî diligenti,
-i quali pur troppo ancora mancano del tutto
-per la parte musicale.
-</p>
-
-<p>
-Uno dei primi monumenti della poesia popolare
-italiana cantata, quantunque non nella
-forma che ci resta, pare sia il canto delle scolte
-Modenesi del 924 o 899: <i>O tu qui servas</i> scritto
-in neumi. Forse appartengono pure alla poesia
-popolare i Canti dell'Anonimo genovese sulla
-vittoria di Lajazzo (1294) e senza dubbio la ballata
-sull'Assedio di Messina del 1282, riportata
-in parte dal Villani: <i>Deh, com'egli è gran pietate</i>
-ed una cantata a Reggio nel 1243 <i>Venuto è
-'l lione</i>, come pure altri canti storici e religiosi
-ed alcuni Lamenti o <i>Lai</i> del Milledugento.
-</p>
-
-<p>
-Tutte queste poesie popolari o divenute tali
-si cantavano perchè la vera canzone popolare
-<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span>
-è indissolubile dal canto. In due codici vaticani
-trovasi allato delle poesie di Lemmo Orlandi
-l'osservazione: <i>et Casella diede il suono</i>, quel
-Casella del quale Dante parla nel <i>Purgatorio</i>
-(II, 112) e sotto una poesia di Lapo degli Uberti
-«<i>secondo la melodia di Mino d'Arezzo</i>». Il popolo
-cantava ora da sè ora adattava ai suoi
-canti componimenti intieri della poesia colta
-p. e. la ballata di Dante <i>Per una ghirlandetta</i>
-che esiste in due lezioni alquanto diverse certo
-per le esigenze del canto.
-</p>
-
-<p>
-Considerando il genere della poesia non è
-presumibile che queste fossero vere canzoni
-popolari ma non è improbabile che le melodie
-fossero popolari e note. Nel <i>Decamerone</i> di Boccaccio
-sono assai numerosi i passi dove si
-parla di canzoni e storie che si cantavano a voci
-sole o con accompagnamento di liuto, viola,
-ribeca, ecc. I <i>cantori a liuto</i> che si distinguevano
-dai <i>cantori a libro</i>, coltivavano certo di preferenza
-la musica popolare come lo dice il loro
-nome in confronto degli altri, i dotti, che cantavano
-e suonavano col libro. Affinità colla
-musica popolare hanno le Canzoni di <i>Franco
-Sacchetti</i>, il celebre novelliere (1330) che si cantavano
-con melodie dell'autore stesso, o di
-altri come si può arguire dalle soprascritte alle
-sue poesie (p. e. <i>Francus dedit sonum</i> oppure
-<i>fatta per altrui</i>). La sua nota canzone: o vaghe
-montanine pastorelle, Donde venite sì leggiadre
-e belle? si cantava e suonava a liuto ed egli
-fa cantare «un fabbro il Dante come si canta
-<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span>
-uno cantare (Nov. CXIV) ed un asinajo
-canta il libro di Dante (Nov. CXV)».
-</p>
-
-<p>
-Molto diffuse erano pure le canzoni cosidette
-giustiniane dal loro autore <i>Leonardo Giustiniani</i>
-(1388), erudito procuratore di S. Marco
-nelle terre della Repubblica, dilettante di musica
-«alla quale mi trae, come scrive, la natura
-stessa, che mi guidò per facile via al pieno
-possesso d'ogni musica, non il volere». Che
-fossero note e ricercate lo mostra il fatto che
-il duca di Milano Sforza incaricò il suo ambasciatore
-a Venezia di raccogliere «tutte le canzoni
-de domino Leonardo Iustiniano, che sieno
-belle e le note del canto per intendere l'aere
-venetiano». Musica popolare erano i <i>cantari</i>,
-eseguiti dai cantastorie con accompagnamento
-di liuto e viole, di carattere narrativo in strofe
-da cantare tutte su di una stessa melodia ed
-in certe città c'erano persino luoghi destinati
-ai <i>canterini</i> o <i>cantimpanchi</i> p. e. in piazza di
-S. Martino a Firenze, come pure le <i>frottole</i> originarie,
-disordinate nel metro e da distinguersi
-dalle posteriori. Antonio Squarcialupi, che troveremo
-ancora, coetaneo ed amico di Giovanni
-dei Medici, era di solito il musicista delle frottole,
-che si cantavano la festa di S. Giovanni
-alle radunanze all'aperto o nei palazzi da liete
-brigate, delle quali Giovanni dei Medici era
-l'anima.
-</p>
-
-<p>
-Alla musica e canzone popolare appartengono
-finalmente le <i>Canzoni dei Battuti</i> e le <i>Laudi
-medioevali</i> nate col movimento religioso dell'Umbria
-<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span>
-nell'anno dell'Alleluja (1233). Molte
-di queste ci sono conservate nel testo ed alcune
-anche nella melodia (bibl. Magliabecchiana).
-Fra i poeti di Laudi è da nominarsi <i>Jacopone
-da Todi</i>, il giullare di Dio, il supposto autore
-dello <i>Stabat Mater</i>, <i>Feo Belcari</i>, <i>Lucrezia Tornabuoni</i>,
-madre di Lorenzo dei Medici e <i>Lorenzo</i>
-stesso. Le melodie sono simili a quelle del
-canto gregoriano e delle sequenze ma vi sono
-ormai uniti altri elementi profani o la melodia
-è tolta intieramente da qualche canzone popolare
-nota. Così si cantava la lauda di Belcari:
-<i>Chi non cerca Gesù con mente pia</i> secondo la
-canzone rammentata da Boccaccio: <i>Chi guasta
-l'altrui cose fa villania</i>, l'altra: <i>o vaghe di Gesù,
-o verginelle</i> secondo la canzone di Sacchetti già
-citata: <i>o vaghe montanine pastorelle</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Questo sistema non aveva allora nulla di
-sconveniente e Gerolamo Savonarola lo favoriva
-anzi per diffondere sempre più le laudi, ciò che
-riuscì tanto bene, che Alessandro d'Ancona
-riporta nel suo libro: <i>La poesia popolare in Italia</i>
-il primo verso di più di duecento canzoni popolari
-del secolo XV e XVI citate nelle raccolte
-di Laudi spirituali.
-</p>
-
-<p>
-Affini alle canzoni popolari sono pure le <i>maggiolate</i>
-ed i <i>canti carnascialeschi</i>. Il Lasca che
-ne fece una edizione (1559) così ne parla: «Il
-primo canto o mascherata che si cantasse in
-questa guisa era di uomini, che vendevano berriquocoli
-e confortini: composta a tre voci da
-un certo Arrigo tedesco, maestro allora della
-<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span>
-cappella di S. Giovanni, e musico in quei tempi
-reputatissimo. Ma dopo non molto ne fecero
-pur a quattro e così di mano in mano vennero
-crescendo i compositori così di note come di
-parole». I poeti sono Lorenzo dei Medici, Jacopo
-Nardi, Dovizio Bibbiena, ecc.; i compositori:
-il Tromboncino, Arrigo Tedesco (Heinrich
-Isaak), Agricola, ecc. I canti carnascialeschi
-pubblicati recentemente da Masson sono quasi
-tutti a quattro voci e constano di due parti,
-una in tempo pari, l'altra in dispari ed arieggiano
-lo stile popolaresco se non veramente il
-popolare.
-</p>
-
-<p>
-Di grande importanza per la canzone popolare
-italiana e la musica popolare in genere
-sono finalmente le numerose composizioni di
-liuto, molte delle quali come appare e dai titoli
-che portano e ancor più dal carattere della musica
-stessa sono trascrizioni di canzoni o danze
-popolari. La ricostruzione dell'originale non
-presenta le stesse difficoltà che per le canzoni
-che servivano da canto fermo nelle composizioni
-polifoniche, perchè queste sono quasi
-sempre cambiate nel ritmo ed anche nella linea
-melodica, mentre le canzoni e danze per liuto
-mantengono anche per l'impossibilità di riprodurre
-l'intreccio delle voci e perchè appartenevano
-più alla musica di divertimento che alla
-dotta, molto più fedelmente ed il ritmo e la
-melodia. Finalmente dipendono in certo riguardo
-dalla musica popolare anche le posteriori
-<i>villanelle</i> e <i>frottole</i>, perchè per quanto concepite
-<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span>
-nello stile polifonico esse hanno pure degli elementi
-che non troviamo nella musica dotta e
-che derivano dall'influenza inconscia della musica
-popolare.
-</p>
-
-<p>
-Ad onta di tutto ciò non è improbabile che la
-poesia e musica popolare sia stata più diffusa
-nei paesi nordici che nell'Italia, perchè la canzone
-deriva in ultima linea dalle Sequenze della
-Chiesa d'origine germanica, che in Italia furono
-sempre accettate a malincuore e delle quali
-soltanto cinque furono riconosciute dalla Chiesa.
-Nè è da dimenticarsi che i canti latini rimasero
-sempre inintelligibili ai popoli non romani,
-per cui era naturale che essi cercassero crearsi
-una poesia e musica popolare propria. Altri
-motivi che valgono ancor oggi sono da cercarsi
-nel carattere del paese e della nazione stessa.
-</p>
-
-<p>
-Maggiori notizie ci sono conservate sulla canzone
-e musica popolare dei paesi nordici. Tacito
-racconta che i Germani cantavano inni al
-loro dio Tuisco e che tanto questi che i Bretoni
-ed i Galli avevano già nei più remoti secoli
-bardi, specie di rapsodi, che cantavano le gesta
-degli eroi nazionali accompagnandosi coll'arpa
-od altro strumento.
-</p>
-
-<p>
-Tutti questi canti, che si dice abbia fatto raccogliere
-Carlo Magno, sono andati perduti, nè
-si possono chiamare canzoni popolari i pochi
-frammenti conservatici sulla battaglia di Fontenay
-(842) o sulla vittoria di Clotario II sui
-Sassoni (662) in versi latini, scritti senza dubbio
-da qualche monaco. Una vera canzone popolare
-<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span>
-sembra invece essere il <i>lied</i>: <i>Einen Kuning
-weiss ich</i> del 882. Altre canzoni popolari
-vennero indirettamente formandosi dai canti
-della chiesa e specialmente dalle frasi melodiche
-del <i>Kyrie eleison</i>, che erano le uniche che
-venivano intonate anche dal popolo in chiesa.
-Come dalle <i>iubilationes</i> dell'Alleluja s'erano formate
-le sequenze, nacquero dai melismi del <i>Kyrie
-eleison</i> canzoni popolari con testo tedesco che si
-dicevano <i>Leise</i> (corruzione di <i>Kyrie eleison</i>).
-</p>
-
-<p>
-Molte notizie su canzoni popolari profane e
-parte del testo di queste ma nessuna melodia
-contiene <i>la cronaca di Limburgo</i>, un manoscritto
-del secolo decimoquarto. E che qui si
-trattava di vere canzoni popolari lo dicono in
-modo più che esplicito questi due passi della
-cronaca:
-</p>
-
-<p>
-«In quel tempo (1531) si cantava nelle terre
-tedesche una canzone, che si poteva fischiare e
-trombettare a diporto d'ognuno. — Un monaco
-degli Scalzi lebbroso ed impuro faceva allora
-(1374) sul Meno le più belle canzoni; e tutti le
-cantavano volentieri e le fischiavano ed era un
-gran piacere a sentirle».
-</p>
-
-<p>
-Una raccolta preziosa di canti popolari contiene
-il <i>Locheimer Liederbuch</i> del 1452, le di cui
-canzoni sono senza dubbio molto più antiche.
-Fra le 41 canzoni di questo libro vi sono vere
-perle melodiche, fresche ed espressive, con
-movimento ritmico svariato, sentimento e semplicità
-affettuosa. Alcune sono a tre voci di
-condotta naturale e correttissima ed in esse
-<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span>
-già si palesa decisamente il sentimento della
-musica dotta ancora ligia alle tonalità di chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Alla diffusione delle canzoni pensava l'infinita
-coorte medioevale dei musicanti girovaghi
-e cantastorie, gente abbietta disistimata, specie
-di straccioni ed istrioni, che giravano di terra
-in terra, cantando ed accompagnandosi con pifferi,
-arpe, rote, cornamuse ed altri strumenti,
-scacciati da per tutto e chiamati e pagati viceversa
-ai balli, alle nozze, ai funerali; privi di
-diritti, malmenati e taglieggiati. Soltanto coll'andare
-del tempo venne a cessare l'istinto
-nomade di questa gente e si fondarono confraternite
-e gilde con statuti e diritti proprî. La
-prima di queste fu quella di S. Nicolò di Vienna
-(1288) a capo della quale stava il re dei pifferari
-con statuto e giurisdizione propria e che
-durò fino al 1782.
-</p>
-
-<p>
-Nel secolo XV vennero poi formandosi nella
-Germania le istituzioni dei pifferari di città,
-che durarono fino al secolo scorso e che sono
-le antenate delle bande civiche. In Francia simili
-associazioni prosperarono pure e già nel
-1295 abbiamo notizia d'un <i>Jean Charmillon</i> nominato
-da Filippo il Bello a <i>roy des menestriers</i>.
-Nel 1330 fu poi fondata la <i>Confrèrerie
-de St. Julien des menestriers</i>, i di cui membri
-abitavano tutti in una contrada e dipendevano
-dal <i>roy</i>, persona influente, l'ultimo dei quali fu
-Jean Pierre Guignon, <i>roy des Violons</i> (secolo
-XVIII).
-</p>
-
-<p>
-Tutte queste associazioni erano non solo conseguenza
-<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span>
-dello spirito dei tempi ma ancor più
-del bisogno di trovare nell'unione una difesa
-contro la mancanza di ogni diritto. Tali confraternite
-non esistevano in Italia, perchè la
-natura italiana è aliena a simili associazioni
-e perchè la posizione sociale dei suonatori
-non era così meschina come negli altri paesi.
-Qualche cosa di simile troviamo però in Firenze,
-dove già nel 1292 e 1298 esistevano suonatori
-di tromba (<i>tubatores</i>) e cennamellari,
-stipendiati dalla Signoria, che dovevano abitar
-insieme in San Michele. Il loro compito era
-d'escire dalla città «<i>in exercitum vel cavalcatam</i>
-e d'intervenire nelle solennità del Comune <i>facendo
-maitinatas</i>». In seguito vi si aggiunsero
-suonatori di piffero, bombarde e cornette. Simili
-notizie troviamo negli Statuti della città
-di Pisa, Arezzo, ecc. A Perugia venivano stipendiati
-nel secolo XV musicisti poeti detti
-<i>Canterini</i>, che dovevano cantare ed accompagnare
-canzoni alle mense dei Priori e sulle
-piazze.
-</p>
-
-<p>
-Noi abbiamo veduto l'influenza delle nuove
-idee del Cristianesimo sulla musica medioevale.
-Quando l'Europa meridionale non fu più agitata
-dalle immigrazioni barbare e si vennero
-formando regni stabili e fiorenti, anche l'arte
-risorse e si destò un novello sentimento di vita.
-Le Crociate, la Cavalleria, sorta nel secolo XI,
-le romanzesche guerre, gli amori il culto della
-donna non potevano a meno di trovare un'eco
-nella musica, che coi suoni richiamava alla
-<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span>
-memoria dei cavalieri i lontani lidi dell'Oriente,
-le ardite gesta dei caduti, le parole di
-amore delle dame del cuore.
-</p>
-
-<p>
-La poesia e musica dei trovatori, la <i>gaya
-scienza</i>, ebbe la sua culla nella ridente Provenza
-alla corte dei conti di Tolosa e Barcellona.
-Primi fra i trovatori (<i>arte de trobar</i>) dei
-quali esiste memoria, furono <i>Guglielmo di Poitiers</i>
-(1087-1127), <i>Peirol</i> (1169-1220?), re <i>Thibaut
-di Navarra</i> (1201-1254) ed il celebre <i>Adam de la
-Halle</i>, il gobbo di Arras (1240). Fra i molti generi
-di poesia e musica provenzale ricordiamo
-la canzone, la tenzone, il <i>lays</i>, il <i>rondeau</i>, l'<i>alba</i>,
-la <i>serena</i>, la <i>serventese</i>, il <i>plan</i> (pianto, lamento),
-la ballata, l'<i>estampida</i>, ecc., quasi tutti di soggetto
-amoroso.
-</p>
-
-<p>
-Colla poesia di moltissime canzoni provenzali
-ci restò pure conservata la musica, scritta
-in neumi (<i>nota corale</i>) sulle linee anche dopo
-l'introduzione della <i>nota mensurata</i>, la quale
-non era necessaria, perchè il ritmo era dato
-dalla poesia, che non conosceva che il metro
-di due sillabe (trocheo e giambo) e ben raramente
-faceva uso del dattilo ed anapesto di
-tre sillabe. Le trascrizioni più in uso delle
-canzoni provenzali sono poco atte a rendercele
-simpatiche, ciò che dipende dalla maniera
-sbagliata di leggerle. Ora che finalmente si
-comprese, che la notazione non è la mensurale
-ma che le note quadrate ed i neumi corrispondono
-alle note corali, le goffe melodie di prima
-si trasformano in vivaci canzoni ritmiche di
-<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span>
-ben altro effetto. Uno dei primissimi monumenti
-è un <i>Estampida</i> di <i>Rambaut de Vaqueiras</i>
-(circa 1195) gentile e melodica. Nè i venti
-canti del racconto del secolo XIII, <i>Aucassin et
-Nicolette</i>, su una melodia che si replica, non
-sono senza qualche pregio anche per noi. In
-complesso anzi le melodie dei primi trovatori
-sono più spontanee di quelle dei posteriori,
-nelle quali l'artificio e la preoccupazione di
-trovare una melodia interessante e bizzarra nei
-melismi e nelle fioriture sono palesi.
-</p>
-
-<p>
-I trovatori appartenevano di solito alla classe
-nobile e non cantavano le loro composizioni,
-ma le facevano eseguire dai <i>Jongleurs</i> (ioculatores)
-e <i>Menestrels</i> (ministeriales) suonatori e
-cantanti girovaghi di professione.
-</p>
-
-<p>
-La poesia e musica provenzale di Francia
-passò in Italia alle corti di Monferrato, Ferrara,
-ecc., dove essa però non seppe mai raggiungere
-quel grado di popolarità e diffusione
-che aveva in Provenza. Quantunque non ci
-sieno conservate composizioni dei trovatori e
-poeti italiani della scuola siciliana e napoletana,
-è probabile, anzi sicuro, che molte canzoni
-si cantavano. Il nuovo sviluppo della poesia
-italiana con Cavalcanti e Guinizelli ed ancor
-molto più con Dante e Petrarca indirizzarono
-però l'arte ad altri ideali troppo diversi da quelli
-della poesia e musica provenzale.
-</p>
-
-<p>
-Molta attinenza coi trovatori provenzali hanno
-invece i <i>Minnesänger</i> di Germania quantunque
-la diversità nazionale sia assai palese. Difatti
-<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span>
-mentre la poesia provenzale era semplicemente
-amorosa e l'amore vi si mostra piuttosto
-sotto le forme della galanteria che come
-un profondo e vero sentimento passionale, la
-poesia dei <i>Minnesänger</i> innesta al culto della
-donna quello di Maria ed il sentimento della
-natura, purificandosi da ogni pensiero di sensualità.
-Oltre a ciò mentre i trovatori provenzali
-davano eguale o maggiore importanza alla
-composizione musicale che alla poesia, i <i>Minnesänger</i>
-non erano cantori nel vero senso ma
-piuttosto rapsodi, pei quali il metro e la declamazione
-erano più importanti della melodia.
-</p>
-
-<p>
-L'epoca avventurosa degli Hohenstaufen fu
-quella del fiore dei <i>Minnesänger</i>. I principali
-fra questi, alcuni dei quali vengono nominati
-come presenti alla lotta dei cantori alla Wartburg,
-se pure essa ebbe mai luogo (1207),
-sono <i>Wolframo d'Eschenbach</i>, l'autore dei poemi
-del Parcival e Titurel, <i>Goffredo di Strassburgo</i>,
-(1210), il poeta del Tristano, <i>Gualtiero di Vogelweide</i>
-(1160?), <i>Tannhauser</i> (1270?), <i>Enrico
-Meissen</i> detto Frauenlob, che le donne di Magonza
-per rendergli grazie delle sue canzoni in
-loro onore portarono alla tomba (1318), <i>Osvaldo
-di Wolkenstein</i> (1387), il primo, che alle sue canzoni
-unisce vere melodie, mentre quelle dei
-suoi antecessori somigliavano piuttosto a declamazioni
-cadenzate ed alle salmodie del canto
-gregoriano.
-</p>
-
-<p>
-La musica dei <i>Minnesänger</i> mostra una certa
-differenza con quella dei Trovatori, perchè la
-<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span>
-poesia tedesca ha il ritmo sillabico e non quello
-degli accenti, donde deriva una maggior varietà,
-perchè si potevano cambiare gli accenti. I provenzali
-cercavano di ovviare alla monotomia
-coll'introdurre nella loro musica una quantità
-di melismi, ciò che non era che un ripiego di
-varietà.
-</p>
-
-<p>
-Con Osvaldo la poesia dei <i>Minnesänger</i> decade
-celermente e va a finire coi <i>Maestri cantori</i>,
-che durarono sporadicamente fino al secolo
-scorso (1839). La poesia dei <i>Maestri cantori</i>
-non ha più nulla di elevato e non è che
-un miscuglio di trivialità e pedanteria, che ben
-s'addiceva ai membri di quelle società, che
-erano o fabbri o ciabattini e simili. L'unico
-Maestro cantore, che si eleva sopra gli altri per
-una certa lepidezza ed originalità fu <i>Hans Sachs</i>,
-il cantore ciabattino di Norimberga (1484-1576),
-autore d'una quantità di azioni carnevalesche,
-ad altre opere.
-</p>
-
-<p>
-Scopo dei <i>Maestri cantori</i>, uniti in corporazioni
-speciali con privilegi e diritti era il culto
-della canzone di carattere religioso. Il testo delle
-canzoni era quasi sempre tolto dalla Sacra
-Scrittura. Le melodie erano affini a quelle del
-canto corale ma deturpate da cambiamenti e
-non avevano alcuna relazione col testo. Esse
-portavano nomi stabili scelti fra i più barocchi
-e strani, p. e. il tono rosso, azzurro, sanguigno,
-delle scimmie, del cane da tasso grasso, ecc. La
-pedanteria più ridicola presiedeva alle sedute
-periodiche dei Maestri che coprivano cariche
-<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span>
-diverse. Le regole erano contenute nella cosidetta
-<i>Tabulatura</i>.
-</p>
-
-<p>
-Gli strumenti coi quali i Trovatori, i <i>Minnesänger</i>
-solevano accompagnare i loro canti ed i
-menestrelli e musicanti girovaghi eseguivano
-le loro musiche sono assai numerosi e diversi.
-Una enumerazione quasi completa è contenuta
-in una poesia del <i>Roy di Navarra</i>, riportata
-da Forkel nella sua <i>Storia della musica</i> (Vol. IIº,
-pag. 747). Noi dobbiamo contentarci di nominare
-i principali. Fra gli strumenti a corda predominavano
-l'arpa, il liuto, la chitarra, la teorba,
-il mandolino. Molto diffusa era la <i>vielle</i>, specie
-di viola a cinque corde (<i>sol, re, <span class="over">sol</span>, <span class="over">re</span>, <span class="overdb">re</span></i>), che si
-suonava coll'arco senza ponticello (donde il
-<i>bourdon</i>), la <i>rota</i>, specie di violino, la <i>ribecca</i>,
-il <i>ribecchino</i>, la <i>giga</i> d'origine araba ed introdotta
-dopo le Crociate. In Germania usavasi
-pure il <i>Trumscheit</i>, <i>tromba marina</i>, specie di
-monocordo in forma di un lungo cassetto risonante
-con una corda da toccarsi coll'arco,
-che può chiamarsi l'avo del contrabasso. Altri
-strumenti di questi secoli erano il <i>salterio</i> da
-suonarsi col plettro, l'<i>organistro</i>, strumento a
-manovella, la <i>fiedel</i> e <i>viole</i> di ogni specie, tutte
-senza ponticello; fra gli strumenti a fiato di
-legno: <i>flauti</i> lunghi di più specie da suonarsi
-come i nostri clarinetti, <i>flauti traversieri</i>, <i>corni
-ritorti</i>, <i>cornamuse</i> (<i>calamus</i>) <i>bombarde</i> e <i>cornetti</i>
-(<i>Zinken</i>) — fra gli strumenti di metallo: trombe
-e tromboni (i nostri corni sono di molto posteriori).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span>
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-A. D'Ancona — <i>La poesia popolare italiana</i>, Livorno, Vigo 1878.
-</p>
-
-<p>
-Carducci — <i>Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei
-secoli XIII e XIV</i>, Pisa, Nistri, 1871.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Musica e poesia.</i> Saggi letterari, Livorno, 1860.
-</p>
-
-<p>
-Gaspary — <i>Storia della letteratura italiana</i>, Vol. I.
-</p>
-
-<p>
-Oscar Chilesotti — <i>Saggio sulla melodia popolare del cinquecento</i>,
-Milano, Ricordi e C.
-</p>
-
-<p>
-A. Restori — <i>Per la storia musicale dei trovatori provenzali.</i>
-Rivista musicale, Torino, anno II e seg.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Il canto dei soldati di Modena</i>, Vol. VI. Rivista musicale,
-Torino.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Musica allegra nei secoli XII e XIII</i>, Parma, 1893.
-</p>
-
-<p>
-I. B. Beck — <i>Die Melodien der Troubadouren</i>, Strassburgo,
-Trübner, 1908.
-</p>
-
-<p>
-Pierre Aubry — <i>Trouvéres et Troubadours</i>, Paris, 1909.
-</p>
-
-<p>
-T. H. von der Hagen — <i>Minnesänger</i>, Lipsia, 1858, vol. IV.
-</p>
-
-<p>
-Schletterer M. — <i>Studien zur Geschichte der französischen
-Musik</i>, Berlin, 1884.
-</p>
-
-<p>
-A. Puschmann — <i>Gründlicher Bericht deutschen Meistergesanges</i>,
-pubb. da R. Jonas, 1888, Halle.
-</p>
-
-<p>
-Kurt Mey — <i>Der Meistergesang</i>, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Reissmann — <i>Das deutsche Lied</i>, Cassel, 1861.
-</p>
-
-<p>
-Schurè Ed. — <i>Histoire du lied</i>, Paris, 1868.
-</p>
-
-<p>
-Schneider — <i>Das musikalische Lied in geschichtlicher Entwickelung</i>,
-Lipsia, Breitkopf und Härtel 1864 e seg.
-</p>
-
-<p>
-Gius. Zippel — <i>I suonatori della Signoria di Firenze</i>, Trento,
-Zippel.
-</p>
-
-<p>
-A. Rossi — <i>Memorie di musica civile in Perugia</i>, 1874, nel
-Giornale d'erudizione, fasc. IV.
-</p>
-
-<p>
-A. D'Ancona — <i>I canterini del comune di Perugia</i>, in Varietà
-storiche e letterarie. Vol. I. Milano, Treves.
-</p>
-
-<p>
-Iulien Tiersot — <i>La chanson populaire en France</i>, Paris, 1889.
-</p>
-
-<p>
-Coussemaker — <i>Oeuvres complétes du trouvére Adam de la
-Halle</i>, Paris, 1872.
-</p>
-
-<p>
-<i>Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich</i>, vol. IX (canzoni
-di Osvaldo di Wolkenstein).
-</p>
-
-<p>
-P. M. Masson — <i>Chants de Carnevals florentins.</i> Texte musical,
-Paris, 1913.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap8">CAPITOLO VIII.
-<span class="smaller">L'«Ars nova» fiorentina
-ed il Rinascimento musicale in Italia.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-All'Italia, patria d'ogni bell'arte, a questa
-figlia della Grecia, era riservato l'onore d'ispirare
-alla musica un caldo alito di vita ed informarla
-ai principi dell'estetica. Il motivo del risorgimento
-e della nuova evoluzione della musica
-nei secoli XV e XVI è lo stesso di quello
-del Rinascimento delle altre arti belle. Le nuove
-idee, l'umanesimo, la riforma religiosa, le nuove
-scoperte, la stampa ed altri fattori vi influirono,
-e se la musica ebbe il suo Rinascimento posteriore
-alle altre arti, e se Palestrina nacque dopo
-che Dante, Petrarca, Raffaello erano morti, la
-ragione non è tanto da cercarsi nel caso quanto
-nella natura della musica stessa, la più giovane
-di tutte le arti, nella mancanza di documenti
-antichi, che servissero d'esempio come nella
-scultura, e nella circostanza molte volte osservabile,
-che il fiore d'un'arte non sempre va a
-paro con quello d'un'altra.
-</p>
-
-<p>
-Le fasi di questo meraviglioso sviluppo della
-musica sono simili a quelle della scultura e pittura
-presso i Greci. Dapprincipio, come nella
-statua di Giove di Fidia, tutta l'espressione era
-concentrata nel volto ed in nulla veniva ricercato
-l'effetto; così nella musica della grande
-<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span>
-epoca di Palestrina l'idea della divinità domina
-nella sua austera grandezza, poco curandosi
-dei lenocinii della melodia, della ricercatezza
-della forma e degli effetti strani. Il coro come
-espressione della massa predomina e l'accompagnamento
-degli istrumenti, appunto perchè
-individualizza l'idea, è bandito.
-</p>
-
-<p>
-Posteriormente col perfezionarsi della tecnica
-l'artista perde la semplicità e l'espressione sintetica
-di una figura, derivante da tutto il corpo
-e dalla persona in azione, l'attrae e gli desta il
-desiderio di rappresentarla nella sua verità.
-Anche ciò ripetesi nella musica nella quale agli
-alti ideali succedono le passioni umane individuali
-donde nasce la monodia, l'opera, che le
-esprime. Quando poi il materialismo predomina
-e subentra la virtuosità, si propagano la ricerca
-della caratteristica e dell'effetto, il manierismo
-e la superficialità e l'arte decade.
-</p>
-
-<p>
-La storia della musica in Italia prima dell'influenza
-fiamminga era fino a pochi anni fa ben
-povera di notizie. Ora però dopo novissimi studi
-si va facendo la luce anche su questo periodo e
-le recenti ricerche e la pubblicazione di molte
-composizioni di musica mensurata tolte dai più
-antichi codici (cod. Laureziano, modenese, panciatico,
-parigino, ecc.), che sono più di quattrocento,
-condusse alla scoperta di una scuola
-fiorentina ed in genere italiana di somma importanza,
-la cui arte Ugo Riemann chiama in
-contrapposto a quella anteriore francese o parigina
-<i>ars nova fiorentina</i>. Gli inizî di questa
-<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span>
-scuola sono da mettersi al principio del secolo
-XIII a Firenze. È difficile spiegare donde
-sia nata questa <i>Ars nova</i>, che arriva già ai
-tempi di Dante. Forse vi influì l'elemento provenzale
-che sappiamo quanta parte abbia avuto
-anche nella poesia italiana antica. Ma più probabilmente
-essa derivava dalla canzone popolare
-paesana, della quale non ci restano monumenti
-musicali ma più testimonianze dell'esistenza
-nelle opere letterarie contemporanee. La differenza
-che passa fra l'<i>Ars antiqua</i> e l'<i>Ars nova</i>
-fiorentina è grandissima. Mentre la prima traeva
-le melodie del canto fermo della chiesa ed era
-essenzialmente arte sacra, l'<i>Ars</i> fiorentina è
-mondana, crea liberamente le melodie e si serve
-di una seconda voce più bassa che diventa un
-vero accompagnamento ciò che era il rovescio
-del procedere anteriore. La declamazione del
-testo, che è quasi sempre una poesia di qualche
-merito, è più accurata e più libera. L'armonia
-è più ricca e meno dura, perchè vi abbondano
-invece degli intervalli di quarta, quinta ed ottava,
-le terze e le seste; il ritmo non è sempre
-a tre e la notazione diversa dalla francese in
-molti riguardi. Insomma queste musiche ben
-poco hanno a fare collo stile vocale a cappella.
-</p>
-
-<p>
-Riemann è dell'opinione che le opere dell'<i>Ars
-nova</i> fossero scritte per voci umane con
-accompagnamento di strumenti (viole, basso,
-arpe) ciò che non è improbabile anche astraendo
-dalle conclusioni che Riemann vuol trarre da
-un passo di Franco Sacchetti (Nov. LXXIV «lo
-<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span>
-dicea con molte note come se dicesse un madriale»)
-e da un altro passo di un trattato antico
-di <i>Johannes de Grocheo</i>, che pare alluda ad
-un accompagnamento istrumentale delle canzoni.
-Difatti la parte di basso ha carattere deciso
-di accompagnamento istrumentale e non
-di voce cantata, mentre le parte o parti superiori
-sono sì ricche di melismi e fioriture da
-non poter credere che venissero intieramente
-cantate. Riemann si provò a sottoporre le parole
-del testo alle parti ma con poco successo. Allora
-gli venne l'idea di separare le parti e trarne
-una vocale e più istrumentali. Egli è forse andato
-troppo innanzi e non è rimasto nella trascrizione
-sempre fedele all'originale ma è innegabile
-che il risultato è sorprendente e che
-queste opere così ridotte ci fanno un'impressione
-ben più gradita di quella che si ha udendo
-le opere della polifonia antica. Ed è altresì
-in queste opere che si potrà cercare la prima
-origine della grande riforma posteriore del
-Seicento.
-</p>
-
-<p>
-I rappresentanti di questa scuola sono per
-nominarne solo alcuni <i>Giovanni da Cascia</i> o <i>Johannes
-de Florentia</i>, organista a Firenze poi ai
-servigi di Martino della Scala (1329-1351), <i>Don
-Paolo da Florentia</i>, <i>Gherardello</i>, <i>Laurentio</i>, <i>Paolo</i>,
-<i>Bartolino da Padova</i> e <i>Francesco Landino</i> (1325-1397)
-il cieco degli organi («cieco del corpo
-ma dell'animo illuminato, il quale così la teoria
-come la pratica di quell'arte sapea e nel
-suo tempo niuno fu migliore modellatore di dolcissimi
-<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span>
-canti, d'ogni strumento suonatore e massimamente
-di organi» — lettera di Rinuccini).
-</p>
-
-<p>
-Le forme dominanti sono la <i>Caccia</i> (scene
-e descrizione di caccie) spesso a guisa di canone,
-la <i>ballata</i>, il <i>madrigale</i>, tutte scritte a base
-armonica e melodica nel senso moderno della
-parola. O sono canzoni a sole voci o a voci ed
-istrumenti o forse per soli strumenti come
-l'arpa, viole, strumenti a fiato o l'organetto
-portatile. E che questo genere di musica fosse
-assai diffuso, si può argomentare da una rozza
-poesia di un tal <i>Jacobus</i> che viveva a quei
-tempi.
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>Tutti fan da maestri.</p>
-<p>Fan Madrigali, ballate e motetti</p>
-<p>Tutti infiorano Filippotti<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a> e Marchetti<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a></p>
-<p>Si è piena la terra di magistroli</p>
-<p>Che loco più non trovano i discepoli.</p>
-</div>
-
-<p>
-Quanto siamo ormai distanti dall'organo e
-dal discanto lo dimostra p. e. una caccia di
-Gherardello de Florentia che ben meriterebbe
-venir trascritta, onde dimostrare quanta vivacità
-e colorito realistico vi abbia in essa.
-</p>
-
-<p>
-Ecco almeno i primi versi:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>Tosto che l'alba del bel giorno appare</p>
-<p>Isveglia il cacciator. Su, su, su, su</p>
-<p>Ch'egli è 'l tempo. Alletta li can</p>
-<p>Tè, tè, tè, tè, Viola, tè. Primerate, ecc.</p>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ulteriori ricerche e nuove scoperte potrebbero
-forse farci cambiare opinione circa l'origine
-della polifonia e del contrappunto se si pensa
-al grado di sviluppo dell'<i>Ars nova</i> in Italia
-circa il Trecento e poco dopo ed al fatto che il
-Carducci riuscì a mettere insieme ben trentatre
-nomi di musicisti italiani togliendoli dai codici
-manoscritti.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>Ars nova</i> fiorentina esercitò un grande influsso
-su quella francese e spagnola e molte sono
-le composizioni di musicisti di quei paesi scritte
-nello stesso stile. Dal Trecento al Cinquecento
-si compose in Francia una quantità di canzoni
-di solito a tre voci con carattere popolare spiccato
-e maggior mobilità di ritmo e spigliatezza
-delle italiane. Marchetto da Padova, Filippo de
-Vitry e Giovanni de Muris stabiliscono le regole
-della nuova arte e da quel tempo il discanto
-viene sostituito dal contrappunto (<i>puntus contra
-punctum</i>), giacchè cessava il moto parallelo delle
-quinte ed ottave.
-</p>
-
-<p>
-Nel Quattrocento l'<i>Ars nova</i> comincia a decadere
-specialmente dopochè i papi tornarono da
-Avignone a Roma (1377), e l'Italia subisce l'influsso
-dei forestieri specialmente dei fiamminghi
-(oltramontani) che, sia attirati dalla magnificenza
-delle corti dei principi italiani, sia dalla
-malìa che l'Italia destò mai sempre sui popoli
-nordici, per più d'un secolo vennero in Italia,
-vi si fermarono, fondarono scuole e v'impartirono
-i loro insegnamenti. La vita italiana di
-quei secoli era ben diversa di quella degli altri
-<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span>
-paesi. Mentre l'artista tedesco, legato alle pastoje
-di casta non era che una specie di artigiano,
-appartenente ad una delle tante confraternite
-ed intristiva in un ambiente angusto e
-pedantesco, le splendide corti italiane gareggiavano
-nel proteggere le arti ed onorare in ogni
-maniera gli artisti. E ben altra era pure la coltura
-delle classi più alte, l'interesse per le scienze
-ed arti. Un simile ambiente fecondava l'intelletto
-dell'artista e noi vediamo che i maestri
-fiamminghi scrissero le loro opere più celebri o
-in Italia o dopo che vi soggiornarono.
-</p>
-
-<p>
-Fu pure sotto l'influsso dei maestri fiamminghi,
-che vennero formandosi in Italia diverse
-scuole con fisonomia propria e differente
-come quella di Venezia, Roma e Napoli. Il fondatore
-della scuola musicale veneziana fu <i>Adriano
-Willaert</i>, nato a Bruges nel 1480, dapprima
-giurista poscia scolaro di Mouton e
-Giosquino. Willaert venne nel 1516 a Roma dove
-già si cantava un suo motetto, attribuito a Giosquino.
-Dopo il 1527 lo troviamo a Venezia alla
-chiesa di S. Marco, dove salì in grande fama,
-ebbe sommi onori e vi restò fino alla morte
-(1562). Willaert fu il primo ad introdurre i cori
-spezzati (<i>separati</i>) ripristinando l'antico costume
-della maniera antifonica di cantare i Salmi.
-L'occasione di tale innovamento fu forse accidentale
-e suggerita dal trovarsi in S. Marco due
-organi con separata cantoria. Ma il merito di
-Willaert non sta tanto in questa innovazione
-quanto nell'aver egli pel primo abbandonato il
-<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span>
-sistema fiammingo che basava sul contrappunto
-e sulla condotta delle singole voci, poco curandosi
-dall'armonia e dall'effetto generale, e nell'aver
-dato tutta l'importanza all'<i>accordo</i> per sè
-ed alla tonalità ormai decisa, che si avvicina
-alla nostra per l'uso frequente della dominante
-del sistema moderno. A lui spetta oltre a ciò il
-merito d'essere stato uno dei primi a coltivare
-il <i>Madrigale</i>.
-</p>
-
-<p>
-Successore di Willaert fu il suo scolaro <i>Cipriano
-de Rore</i> (1516-1565) di Mechel nel Brabante,
-ardito innovatore che fece largo uso della
-cromatica, abbandonando sempre più il genere
-diatonico rigoroso. Cipriano morì a Parma alla
-corte Farnese. Scolaro di Willaert fu pure
-Zarlino.
-</p>
-
-<p>
-Uno dei più celebri maestri della scuola Veneziana
-antica fu <i>Andrea Gabrieli</i> (1510-1586),
-organista di S. Marco ed il vero rappresentante
-della scuola veneziana come Palestrina lo è
-della romana. Con lui lo stile iniziato da Willaert
-raggiunse l'apogeo ed alla ricchezza e
-grandiosità egli unisce l'espressione della melodia
-ed il sentimento. Egli ci lasciò composizioni
-per organo, per doppio e triplo coro fino
-a 16 voci, fra le quali il celebre <i>Magnificat</i> e la
-cantata composta per le feste date dai Veneziani
-sulla Laguna in occasione della visita di Enrico
-III di Francia.
-</p>
-
-<p>
-Ambros le caratterizza così: «Nelle musiche
-di Andrea Gabrieli troviamo lo splendore, la
-ricchezza, il colorito magnifico e quella folla
-<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span>
-innumerevole di figure moventesi nella luminosità
-dell'aria, che noi vediamo nei possenti
-quadri dipinti nelle chiese sugli altari dai pittori
-veneziani dello stesso tempo».
-</p>
-
-<p>
-Maggiore di lui fu il nipote <i>Giovanni Gabrieli</i>
-(1557-1613), nominato nel 1585 organista del
-primo organo di S. Marco, scolaro dello zio e
-collega del celebre Hassler e maestro di Schütz.
-Nelle sue opere l'elemento drammatico e l'espressione
-individuale incominciano a mostrarsi
-e rompere l'oggettivismo di prima, segnando il
-principio della decadenza della grand'arte religiosa.
-Le sue maggiori doti sono la plasticità,
-il colorito e la grandiosità della concezione,
-raggiunta con mezzi relativamente semplici e
-senza speculazioni ed artefici.
-</p>
-
-<p>
-Una delle sue opere maggiori, le <i>Symphoniae
-sacrae</i>, contiene una quantità di composizioni
-vocali ed istrumentali. Alcune delle prime hanno
-accompagnamento di cornetti, violini e tromboni,
-che se serve in parte a rinforzare ed a
-colorire le parti vocali, pure alle volte cammina
-indipendente e segna i principi della musica
-istrumentale assoluta. Da ultimo rammentiamo
-di lui il grandioso Salmo 54º a sette
-voci, in cui non si sa se più si debba ammirare
-la sapiente disposizione delle voci o la grandiosità
-e ricchezza armonica, e la sonata <i>Pian
-e forte</i> per più strumenti (tromboni, fagotti,
-cornetti, viole e violini) splendida di fasto e
-colore.
-</p>
-
-<p>
-Enrico Schütz, il grande precursore di Bach,
-<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span>
-quando venne per la seconda volta a Venezia
-per studiarvi il nuovo genere di musica (l'opera)
-scrisse: «Quando io venni a Venezia, approdai
-dove aveva passato i miei primi anni di studio
-alla scuola del Grande Gabrieli. Gabrieli, o dei
-immortali, quale uomo egli era! Se l'antichità
-lo avesse conosciuto, l'avrebbe preferito ad
-Amfione, e se le Muse si fossero sposate, Melpomene
-(!) l'avrebbe preso per marito».
-</p>
-
-<p>
-Alla sua epoca appartiene pure <i>Giovanni Croce</i>
-di Chioggia (1560-1609) pregievolissimo e severo
-autore di musica sacra, come pure di musica
-profana (<i>Mascarate</i> — <i>Triaca musicale</i> — <i>capricci</i>,
-ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Quantunque la scuola veneziana basi come la
-romana sui fiamminghi, pure la differenza che
-passa fra l'una e l'altra è rimarcabilissima. La
-musica dei maestri veneziani rispecchia la
-pompa, lo sfarzo delle feste della regina della
-lagune, dei palagi, dei dipinti di Paolo Veronese
-e Tiziano. Ai fiamminghi bastavano alcune voci
-che si contrapponevano ed univano nè essi si
-servono di istrumenti. I veneziani sostituiscono
-alle singole voci cori intieri e li rinforzano con
-istrumenti per colorire e far maggiormente spiccare
-il disegno. Nella scuola romana il principio
-conservativo è maggiore e più tenace, mentre
-la veneziana è decisamente più progressista.
-Perciò la posteriore riforma musicale trovò a
-Venezia terreno più ferace che a Roma, tanto
-che l'opera musicale drammatica si può dire
-ad eccezione delle origini veneziana.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span>
-</p>
-
-<p>
-Passando alla scuola romana incontriamo pure
-una certa affinità fra le due arti della musica e
-pittura. Come Tiziano e Gabrieli sono i prototipi
-delle scuole veneziane, così in Roma Raffaello
-e Palestrina presentano alcuni punti di
-contatto, che indicano l'intima connessione che
-passa fra le due scuole, la comunità degli ideali
-e dei propositi. Alla ricchezza e varietà del colorito
-veneziano corrispondeva l'effetto grandioso,
-la pompa dell'armonia e delle voci, forse la sensualità
-dell'esteriore, diremmo quasi il verismo.
-In Raffaello e Palestrina l'effetto sta soltanto in
-seconda linea e cede il primo posto all'intensità
-del pensiero, all'idea, alla forma perfetta e classica
-che aborre da ogni lenocinio ed apparenza e
-da tutto quello, che non sia assolutamente necessario.
-A Roma dove le antiche tradizioni e
-le memorie erano troppo vive, perchè venissero
-dimenticate e messe in disuso, il culto del
-severo canto gregoriano non poteva fare a meno
-di influenzare potentemente colle sue melodie
-la musica. Per questo le opere della scuola classica
-romana basano sul canto gregoriano, dal
-quale esse traggono la loro caratteristica, che
-le distingue da tutte le altre.
-</p>
-
-<p>
-Fra i molti compositori che fiorirono in Roma
-prima di Palestrina nominiamo <i>Costanzo Festa</i>
-fiorentino († 1545), grande e dotto contrappuntista,
-<i>Cristoforo Morales</i> di Siviglia, fecondo ed
-inspirato precursore di Palestrina nella idealità
-dello stile. Di lui si cantavano ed erano celebri
-le <i>Lamentazioni</i> ed alcuni <i>Magnificat</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span>
-</p>
-
-<p>
-I veri fondatori della scuola romana sono però
-a reputarsi i fiamminghi e fra questi <i>Giacomo
-Arcadelt</i>, cantore a Roma nel 1540, morto a
-Parigi, compositore semplice e severo, del quale
-ancor oggi si eseguisce un'<i>Ave Maria</i>, ammirabile
-per purezza e semplicità di stile, ma non
-come si credeva prima <i>Claudio Goudimel</i>, che
-pare non fosse mai in Italia e si confonde con
-<i>Gaudio Mell</i>, che forse fu maestro di Palestrina.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giovanni Pierluigi</i>, detto <i>Palestrina</i> dalla sua
-patria, nacque nel 1514, secondo Haberl nel
-1536, da modesti genitori. Venne presto a Roma
-dove fu assunto per la sua bella voce fra i ragazzi
-cantori di S. Maria Maggiore ed istruito
-nella musica. In seguito divenne scolaro di
-Arcadelt. Dopo alcun tempo passato come direttore
-della cappella di Palestrina fu nominato
-nel 1551 successore di Arcadelt nel posto
-di <i>Magister puerorum</i> nella cappella Giulia.
-Depose questo ufficio per divenir cantore della
-papale nel 1555, donde fu scacciato ancor nello
-stesso anno da Paolo IV con altri due cantori
-perchè ammogliato. Dal 1555 al 1561 fu direttore
-in S. Giovanni Laterano, quindi fino al
-1571 in S. Maria Maggiore. In questo tempo
-furono composte le tre famose Messe, fra le
-quali quella di <i>Papa Marcello</i>, a cui la leggenda
-suol attribuire di aver salvata la musica
-figurata dal bando della Chiesa. L'occasione
-fu la seguente. Nella 22ª e 24ª sessione
-del Concilio di Trento fu stabilito di bandire
-dalla Chiesa la musica mondana e di rimettere
-<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span>
-ai vescovi e concilii provinciali le ulteriori riforme
-necessarie. Pio IV nominò ai 2 Agosto
-1564 una commissione di 8 cardinali, che doveva
-stabilire le riforme da introdursi. Queste
-si occuparono specialmente del testo ed
-in seconda linea dei temi delle melodie, che
-non dovevano esser tolte da canzoni profane.
-Principalmente poi trattavasi della possibilità
-di udire chiaramente il testo nelle complicazioni
-polifoniche, nelle quali s'erano introdotti
-tali abusi, che il cardinale Capranica ebbe a
-dire che a sentire i cantori gli sembrava udire
-un branco di porcellini chiusi in un sacco. Palestrina
-fu allora incaricato dalla commissione
-di comporre una Messa che corrispondesse alle
-esigenze della chiarezza del testo. Egli invece
-ne compose tre, che furono eseguite ai 28 Aprile
-1565 nel Palazzo del cardinale Vitellozzo.
-L'impressione che la terza, dedicata al protettore
-di Palestrina, Papa Marcello, fece sugli
-uditori, fu tale che si decise di desistere da ogni
-ulteriore riforma e di raccomandarla come modello.
-Haberl crede che essa fu scritta più anni
-prima del 1565 e la sua importanza più che nell'intima
-bellezza che viene superata da altre
-messe di Palestrina sta nell'uso conseguente
-dello stile declamato, nel raggruppamento magistrale
-delle voci e nella varietà di colorito.
-</p>
-
-<p>
-All'esecuzione di questa Messa seguita due
-mesi dopo si dice che Papa Giulio IV abbia
-esclamato: «Un altro Giovanni ci fa presentire
-nella terrestre Gerusalemme quel canto che l'apostolo
-<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span>
-Giovanni rapito in estasi sentì nella
-celeste». In seguito a questo successo Palestrina
-fu nominato maestro compositore della
-cappella papale, nella quale carica durò fino
-alla sua morte, avvenuta ai 2 Febbraio 1594,
-l'anno di morte di Orlando Lasso.
-</p>
-
-<p>
-L'importanza di Palestrina per la musica
-sacra è somma. Sarebbe però erroneo il credere,
-che egli fosse un riformatore nel senso solito
-della parola, ma è forse appunto in ciò che
-sta la sua grandezza, nell'aver cioè saputo coi
-mezzi conosciuti raggiungere tanta altezza. Anzi
-considerando le opere dei madrigalisti contemporanei
-o di poco a lui posteriori, egli è ben
-meno moderno di questi, che sono col loro stile
-cromatico i veri romantici del secolo XVI. Egli
-è piuttosto il genio, che chiude una grande
-epoca che in lui, come la susseguente con
-Sebastiano Bach, raggiunse la perfezione, quasi
-concentrando tutte le sue forze e virtù in
-un uomo solo che le desse l'impronta storica.
-Nella sua musica è raggiunta la perfezione
-della forma, la misura del bello non è mai oltrepassata
-come qualche volta in Orlando; egli
-non abusa dei melismi, non fa uso di armonie
-strane e ricercate nè di ritmi originali e insoliti.
-Le sue doti tecniche principali sono la bellezza
-e perfezione della linea melodica, la trasparenza
-delle voci e la chiarezza del testo, difficilissima
-a raggiungere nella polifonia. Il contrappunto
-e le più ardue soluzioni non sono mai
-scopo ma soltanto mezzo, ed egli, adoperandole
-<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span>
-sovranamente, non ci pensa neppure ma tende
-più in alto. Da ciò dipende quell'infinita dolcezza,
-religiosità e mite melanconia che ci destano
-le sue opere, quel sentimento indefinito
-di speranza e di aspirazione alle cose alte. Nè
-perciò Palestrina è mai effeminato, come non
-lo è Raffaello, mai sentimentale come i posteriori,
-perchè la sua tristezza è quella d'un uomo,
-che sa che con lui non è tutto finito ma che la
-vita eterna, guiderdone dei giusti, lo aspetta.
-Spitta osserva che se Orlando Lasso fosse nato
-un secolo più tardi, egli sarebbe divenuto un
-grande compositore drammatico, ciò che non
-è pensabile per Palestrina, perchè egli come
-Bach ha bisogno della solitudine per concentrarsi
-e trae tutto dal suo intimo.
-</p>
-
-<p>
-L'intelligenza delle opere di Palestrina non
-è cosa d'ognuno. Chi le giudica semplicemente
-coi nostri pensieri e criteri artistici non saprà
-mai trovarvi quella virtù, che ne è la principale.
-La musica di Palestrina non vuol essere eseguita
-in concerto ma in chiesa, per la quale fu
-scritta. Allora soltanto si capirà quale tesoro
-d'ispirazione, religiosità e d'arte sia contenuto
-in essa, in quelle brevi e semplici melodie, che
-non sono le nostre ma che ci sottraggono alle
-cure terrene, in quei maestosi accordi, in quell'avvicendarsi
-di voci ora dolcissime ora potenti
-e maschie, che sembrano innalzarsi al cielo
-per chiedere grazia e perdono. Allora soltanto si
-capirà che questa è arte vera e grande, e che
-essa non potrà mai perire, giacchè essa è superiore
-<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span>
-ai capricci del gusto ed immutabile nelle
-sue eterne leggi.
-</p>
-
-<p>
-Palestrina fu autore assai fecondo. Fra le sue
-moltissime composizioni, che Baini, il suo ammiratore
-e biografo, divide in 10 stili (!), nominiamo
-la serafica messa <i>Assumpta est Maria</i>,
-forse la più sublime composizione del genere,
-la Messa di Papa Marcello, il Motetto <i>Tenebrae
-factae sunt</i>, il grandioso <i>Stabat Mater</i> a due cori
-una delle opere più grandiose della musica da
-chiesa di ogni tempo, in cui il dolore ha accenti
-celestiali di rassegnazione e speranza; gli
-<i>Improperi</i>, le <i>Lamentazioni</i> ed i <i>Motetti del Cantico
-dei Cantici</i> a cinque voci, opera d'una ineffabile
-dolcezza e soavità, una <i>Salve Regina</i> a
-cinque voci.
-</p>
-
-<p>
-Wagner nel suo studio su Beethoven ne giudica
-così: «L'unica progressione nel tempo si
-palesa quasi soltanto nel più delicato cambiamento
-del colore fondamentale, che ci fa apparire
-i più svariati passaggi mantenendo ferma
-l'affinità più ampia, senza che noi ci possiamo
-accorgere di un'alterazione di linee in questo
-cambiamento. Così risulta un quadro quasi
-senza tempo e spazio, una visione affatto sopranaturale,
-che ci commuove sì profondamente».
-</p>
-
-<p>
-Palestrina esercitò colle sue opere un grande
-influsso sull'arte musicale religiosa dei suoi
-tempi. Egli fu l'antesignano di quella stupenda
-e numerosa scuola d'autori italiani, che seguirono
-le sue aspirazioni ed ideali e le cui numerosissime
-<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span>
-composizioni sono colle sue il modello
-della vera musica da chiesa. Lo stile di
-tutte queste è quello che da Palestrina ebbe il
-nome e che ha per impronta la semplicità unita
-alla maestà e grandiosità, un'eterea altezza
-priva d'ogni sensualità e reminiscenza mondana,
-una serenità serafica, che trasporta in regioni
-più alte, la perfezione della forma e della misura,
-escluso ogni elemento drammatico, o, per
-dirla con espressione più adattata all'epoca
-nostra, ogni sentimento di soggettivismo, come
-s'addice alla Chiesa cattolica che domanda che
-l'individuo non pensi alle cure terrene ma si
-unisca in un rapimento di fervore e speranza
-alla comunità dei fedeli. Eppure se eccettuiamo
-<i>Lodovico da Vittoria</i> (1540-1613?), spagnolo di
-Avila, direttore della Cappella Sistina, che gli
-è quasi pari, nessuno dei contemporanei e posteriori
-seppe raggiungere Palestrina, perchè
-la sua arte è troppo personale e quasi troppo
-soprannaturale per venir imitata od essere suscettibile
-di progresso nello stesso ambito e già
-Pietro della Valle la chiama <i>monumento da
-museo</i> (1640).
-</p>
-
-<p>
-Contemporanei di Palestrina furono <i>Giovanni
-Maria Nanini</i> (1540?-1607) che fondò con Palestrina
-una celebre scuola, dalla quale uscirono
-insigni maestri quali <i>Felice e Giovanni Anerio</i>,
-Giovanni Animuccia, Giovanni Guidetti (1532-1592)
-che ebbe l'incarico di rivedere con Palestrina
-i libri del Canto gregoriano, alla qual difficile
-impresa egli dovette poi attendere solo,
-<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span>
-<i>Francesco Soriano</i> romano (1549-1631) originale
-ed ardito innovatore, il celebre <i>Luca Marenzio</i>
-e <i>Marcantonio Ingegneri</i> (1550), l'autore dei
-celebri <i>Responsori</i> che fino pochi anni fa si
-credevano di Palestrina.
-</p>
-
-<p>
-Fra gli autori dell'epoca dell'incipiente decadenza
-nominiamo <i>Gregorio Allegri</i> (1586-1652)
-della famiglia di Correggio, l'autore del celebre
-<i>Miserere</i> a due cori, che si canta il Venerdì
-Santo nella cappella Sistina, composizione stupenda
-nella sua semplicità di accordi di seguito,
-i due <i>Mazzocchi</i>, <i>Ercole Bernabei</i> (1670-1690),
-<i>Orazio Benevoli</i> (1602-1672), direttore a
-Roma ed a Vienna, da ultimo a S. Pietro,
-autore di composizioni nelle quali la polifonia
-raggiunge il numero di 12, 14, 24 e 48 voci, insuperabile
-nell'arte di aggruppare voci e cori,
-senza che la chiarezza ne soffra. La sua arte è
-talmente grande, che ad una voce egli sostituisce
-un intiero coro e scrive pezzi in stile fugato
-con entrate per coro invece di singole voci,
-interrompendo saggiamente la troppa polifonia
-con brani in cui canta un solo coro e tutte
-le voci si acquietano in un maestoso corale.
-</p>
-
-<p>
-Giunti a questo punto non sarà forse senza
-utilità l'esaminare brevemente i diversi generi
-di composizione sviluppatisi dopo i primi tentativi
-polifonici. La musica medioevale dotta appartiene
-ad eccezione dell'<i>Ars nova</i> quasi esclusivamente
-alla Chiesa. Come la pittura e scultura
-sceglievano senza eccezione soggetti sacri, così i
-musicisti fiamminghi e le scuole posteriori fino
-<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span>
-al seicento dedicarono il meglio delle loro opere
-alla chiesa. Fra le composizioni sacre spetta il
-primo posto alla <i>Messa</i>, la parte più importante
-della liturgia. Ma si avrebbe un'opinione
-ben falsa se si credesse, che i maestri antichi
-abbiano scelto con predilezione il testo della
-Messa per la varietà dei sentimenti ed affetti,
-per la diversità di espressione e carattere delle
-singole parti, giacchè siamo ancora ben lontani
-dall'individualizzazione dei sentimenti nella musica.
-Il testo della messa non è che una semplice
-preghiera, affatto priva di carattere drammatico
-e passionale. Il musicista non cerca
-punto di tradurre nella sua opera il significato
-dei singoli pensieri ma si contenta di scrivere
-della musica, che nell'intonazione generale
-corrisponda allo scopo liturgico e sia nel medesimo
-tempo opera d'arte musicale. Premesso
-ciò, si comprende come la maggior parte delle
-messe antiche sieno ben di rado scritte su di
-un tema originale, giacchè l'invenzione melodica
-aveva poca importanza.
-</p>
-
-<p>
-Affine alla Messa nella maniera di composizione
-è il <i>motetto</i> (da <i>motto</i> o <i>motus</i>) ora su testo
-della chiesa, ora su altre parole. Esso basa
-nella forma originaria sulla congiunzione di
-due o tre melodie profane o sacre di testo diverso,
-mentre il basso (o tenore) è di solito tolto
-dal canto gregoriano. Coltivato dapprincipio con
-predilezione venne poi decadendo quando fu
-scelto per spiegarvi tutte le arti più complicate
-del contrappunto. Allo stile del motetto appartenevano
-<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span>
-le <i>narrazioni evangeliche</i> ed i <i>Salmi</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il bisogno di dar più libera espressione ai
-sentimenti ed affetti dell'animo senza le pastoje
-del canto fermo, la coltura crescente, la vita
-socievole dell'epoca del Rinascimento influirono
-sullo sviluppo di un'altra forma di composizione,
-che in certo riguardo preludia alla <i>Monodia</i>,
-cioè al <i>Madrigale</i> che rappresenta quasi la musica
-da camera del secolo XVI. La parola deriva
-da mandra (Pietro Aaron lo chiama ancora
-Mandriale) ed indicava una specie di poesia pastorale.
-Esso è uno dei vanti della poesia
-e musica italiana e vi lavorarono per perfezionarlo
-intiere generazioni. Il Madrigale è a 3
-fino ad 8 voci — di solito a cinque — varia nella
-melodia non però legata al canto fermo, cerca
-di esprimere colla musica il carattere del testo
-e sfugge dalle complicazioni scolastiche, cercando
-invece d'essere espressivo. Ciò doveva
-aver per necessaria conseguenza maggior libertà
-nell'uso della tonalità, che s'avvicina
-talvolta alla cromatica e rompe l'austera diatonica
-antica. Il Madrigale appartiene intieramente
-alla musica profana ma altresì alla polifonica,
-sicchè passa di solito poca differenza
-fra la maniera del Motetto e del Madrigale,
-quantunque vi predomini la linea melodica,
-anche perchè la poesia dei madrigali a versi di
-diverso numero di sillabe dava occasione a
-maggior caratteristica, a ritmi più svariati, libertà
-di forma ed imitazioni musicali.
-</p>
-
-<p>
-I primi madrigali si distinguono ancor poco
-<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span>
-dai motetti ma la differenza diventa col progredire
-del tempo sempre più grande, quando cioè
-si sviluppò il sentimento dell'accordo ed il basso
-diventa una parte importante. Allorchè poi si
-cominciò a ridurre i madrigali per una voce sola
-e liuto od altri strumenti, che eseguivano tutte
-le voci ad eccezione della superiore, che si cantava,
-era già preparata la strada alla monodia
-e difatti per stile madrigalesco s'intende poi lo
-stile recitativo e drammatico.
-</p>
-
-<p>
-I cultori del Madrigale formano una legione
-ed infinite sono le loro opere, tanto che p. e.
-dal 1535 al 1600 si stamparono cinquecento
-raccolte di madrigali ed ogni raccolta ne conteneva
-dai venti ai cinquanta. I più celebri furono
-gli italiani fra i quali nominiamo oltre
-Willaert, che fu tra i primi a coltivarlo, Festa,
-Palestrina, Anerio e sopra tutti <i>Luca Marenzio</i>
-(1550-1599) detto <i>il più dolce cigno d'Italia</i>, bresciano,
-ispirato e melodioso, ed il principe di
-Venosa <i>Carlo Gesualdo</i> (1560?-1614) ardito innovatore,
-che precorse i suoi tempi.
-</p>
-
-<p>
-Celebri madrigalisti conta pure l'Inghilterra
-(<i>Bird</i>, <i>Gibbons</i>, <i>Bull</i>, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Altro genere di composizioni erano le <i>canzoni
-profane</i> dei musicisti (<i>chansons</i>, <i>Lieder</i>) pure di
-stile polifonico di solito a tre voci sul tema di
-qualche canzone popolare, ma che con questa
-nulla avevano a fare e che somigliavano piuttosto
-al motetto.
-</p>
-
-<p>
-Contemporanee al madrigale e pure di origine
-italiana sono le <i>Villanelle</i>, <i>villotte</i>, <i>canzoni
-<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span>
-alla Napolitana</i>, <i>frottole</i>, ecc. Le più antiche
-sono le frottole, canzoni polifoniche a più
-voci scritte senza grande arte ma non senza
-una certa freschezza ed ispirazione. <i>Marco Cara</i>,
-<i>Bartolomeo Tromboncino</i>, <i>Giorgio della Porta</i>
-sono i più noti cultori di questo genere. Le
-Villanelle e le altre specie di canzoni posteriori
-le fecero andare in disuso. Queste son scritte in
-stile più libero del madrigale, e quantunque non
-appartengano alla musica popolare hanno più
-volte lo stile omofono, la melodia nel soprano,
-la varietà di ritmo. Celebri autori di Villanelle
-furono <i>Giovanni Gastoldi</i> (1556-1622) e <i>Baldassare
-Donati</i> († 1603).
-</p>
-
-<p>
-L'epoca di Palestrina è quella del canto a cappella.
-Esso era affatto diverso dalle opere dell'<i>Ars
-nova</i> e ripigliava piuttosto le tradizioni
-del tempo dell'<i>organum</i> e del discanto. Perchè
-poi l'<i>Ars nova</i>, senza dubbio più moderna e
-popolare, sia sì presto decaduta, tanto che se
-ne perdette quasi la traccia, è ben difficile spiegare.
-Forse vi influì la venuta dei maestri fiamminghi
-in Italia, ai quali era ignota la nuova
-pratica di musica e che erano sempre anche
-eccellenti cantori. La posizione dominante che
-essi presero alle corti italiane e nelle cappelle
-delle chiese, si ripercosse sulla produzione che
-divenne interamente vocale.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Friedrich Ludwig — <i>Die mehrstimmige Musik des XIV Iahrhundertes.</i>
-Sammelbände der intern. Musikgesellschaft — Jahrgang
-IV, Heft 1, 1902.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span>
-</p>
-
-<p>
-J. Wolf — <i>Florenz in der Musikgeschichte des XIV.</i> Jahrhundertes,
-Do. Heft 3, 1902.
-</p>
-
-<p>
-Gandolfi Riccardo — <i>Illustrazioni di alcuni cimeli concernenti
-l'arte musicale in Firenze</i>, Firenze, 1882.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Alte Hausmusik</i>, Lipsia, Breitkopf und Härtel
-(trascrizioni).
-</p>
-
-<p>
-R. Eitner — <i>Adrian Willaert, Musikhefte für Musikg. XIX.</i>
-</p>
-
-<p>
-— <i>Iacob Arcadelt, Musikhefte für Musikg. XIX.</i>
-</p>
-
-<p>
-— <i>Cyprian Rore, Musikhefte für Musikg. XIX.</i>
-</p>
-
-<p>
-G. Baini — <i>Memorie storico critiche della vita e delle opere di
-Giov. Pier Luigi Palestrina</i>, 1828.
-</p>
-
-<p>
-W. Baümker — <i>Palestrina</i>, Freiburg, 1877.
-</p>
-
-<p>
-Spitta Phil — <i>Palestrina. Deutsche Rundschau</i>, 1894, fasc. 7º.
-</p>
-
-<p>
-Brenet M. — <i>Palestrina</i>, Paris, Alcan, 1906.
-</p>
-
-<p>
-Cametti A. — <i>Cenni biografici di G. Palestrina</i>, Milano, Ricordi,
-1894.
-</p>
-
-<p>
-E. Schmitz E. — <i>Palestrina</i>, Lipsia, Breitkopf und Härtel 1914.
-</p>
-
-<p>
-Collet H. — <i>Victoria</i>, Paris, Alcan, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Cesari G. — <i>Le origini del Madrigale cinquecentesco</i>, Riv.
-music. ital., XIX, fac. 2º.
-</p>
-
-<p>
-Le opere di Palestrina e Vittoria furono pubblicate dalla
-casa Breitkopf und Härtel di Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-Raccolte di opere scelte degli altri autori sono:
-</p>
-
-<p>
-Proske — <i>Musica divina.</i>
-</p>
-
-<p>
-Dommer — <i>Musica sacra.</i>
-</p>
-
-<p>
-Stephan Lück — <i>Sammlung ausgezeichneter Compositionen
-für die Kirche</i>, Leipzig, Braun, 3 volumi, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Torchi — <i>L'Arte musicale in Italia</i>, vol. 1º-2º (Ricordi).
-</p>
-
-<p>
-Cfr. E. Vogel — <i>Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik
-Italiens</i> aus den Iahren 1500-1700.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap9">CAPITOLO IX.
-<span class="smaller">Misteri e Passioni. — Origine dell'opera.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-L'uso di rappresentare azioni sacre si rintraccia
-ormai nel Medio Evo. Il testo della Messa
-<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span>
-e della Passione racchiude in sè elementi eminentemente
-drammatici, che eccitavano alla
-rappresentazione. I <i>Misteri</i> e <i>Miracles</i> più antichi
-cominciarono col far recitare da diversi
-chierici le parole dette dalle singole persone. La
-lingua era la latina nè usavasi apparato scenico.
-In seguito venne sostituita la lingua volgare e si
-passò dalla chiesa alle piazze davanti le chiese,
-ai mercati. A Pasqua del 1244 si eseguì in simil
-modo la Passione e Risurrezione di Cristo sul
-Prato della Valle a Padova e ci restano notizie
-di altre rappresentazioni a Cividale e negli
-Abruzzi (Pianto delle Marie). Speciali corporazioni
-si dedicano a queste azioni sacre, così,
-per es. la Compagnia del Gonfalone a Roma, la
-Confraternita dei Battuti a Treviso, la <i>Confrérie
-de la Bazoche</i> a Parigi, ecc. Trasportati questi
-misteri della Chiesa sulla piazza ed introdottavi
-la lingua volgare vi subentra l'elemento popolare
-comico e con questo la scurrilità. La chiesa
-scaglia bandi ma indarno. Il diavolo diventa una
-specie di Arlecchino, che porta le spese del
-divertimento. Egli sta di solito legato in una
-botte e finisce col prendere delle bastonate.
-Ciarlatani, merciaioli, lo scemo sono frammisti
-alle persone sacre e parlano una lingua da trivio.
-La più sconcia caricatura di queste azioni
-sacre erano la <i>fête de l'âne</i>, le <i>Diableries</i> e <i>Messe
-degli asini</i> in uso in Francia dal secolo XII al
-XVI. La così detta <i>prosa de asino</i> (<i>Orientis partibus</i>,
-ecc.) era il canto di prammatica di queste
-feste. La biblioteca di Parigi conserva in un
-<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span>
-manoscritto questa <i>prosa de asino</i> ed un'intiera
-<i>Messa degli asini</i> in notazione. Le biblioteche
-di Padova, Cividale, Parigi, S. Gallo, ecc.,
-posseggono molti manoscritti con Misteri ed
-azioni sacre antiche.
-</p>
-
-<p>
-I Misteri venivano quasi sempre cantati. Le
-melodie erano simili alle gregoriane ed alle
-sequenze; in seguito vi si introdussero canzoni
-popolari. Quando poi il realismo vi prese piede,
-il canto cessò e le azioni sacre vennero decadendo
-e trasformandosi in drammi sacri o mondani
-recitati. Una specie di azione sacra, se tale
-si può dire si conservò però anche posteriormente
-nella <i>Passione</i> e da questa trasse forse la
-origine l'<i>Oratorio</i>. <i>S. Filippo Neri</i> (1515-1595),
-per trattenere il popolo dal prendere parte alle
-licenziose feste del Carnevale, istituì funzioni
-sacre, che si facevano dapprincipio nel convento
-di San Gerolamo a Roma e poi nell'Oratorio
-di Santa Maria in Vallicella. Esse consistevano
-in sermoni e racconti della bibbia con
-intercalate laudi spirituali, specie di inni sillabici
-a quattro voci con piccoli a soli senza rappresentazione
-scenica. <i>Animuccia</i> (1514?-1570),
-<i>Asola</i> ed altri composero più di queste laudi
-in stile popolaresco, molte delle quali furono
-pubblicate senza nome dell'autore a Venezia
-nel 1563 e posteriormente. La prima funzione
-ebbe luogo nel 1564. In seguito esse divennero
-vere azioni sacre, misteri, moralità, esempi e
-si chiamarono <i>oratori</i>, prendendo forse il nome
-dal locale dove si eseguivano. Alcuni autori
-<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span>
-vogliono invece far derivare il nome dalle arti
-oratorie, che si insegnavano nelle scuole e conventi,
-dove si eseguivano funzioni unite a produzioni
-musicali.
-</p>
-
-<p>
-L'oratorio originario si distingue in due categorie,
-il latino ed il volgare. Il primo ha somiglianza
-col medioevale liturgico e rinacque nel
-1600 in forma di dialogo in lingua latina senza
-rappresentazione scenica ma collo storico che
-racconta. Il secondo deriva dalle antiche laudi,
-originariamente canzoni a strofe poi simili al
-motetto. La Congregazione dell'Oratorio fondata
-a Roma nel 1575 diffuse in Italia e Francia questo
-genere di musica semisacra. Nel 1600 si eseguì in
-S. Maria in Vallicella la <i>Rappresentazione di
-anima e di corpo</i> con musica di <i>Emilio del Cavaliere</i>,
-membro della Camerata fiorentina dei
-Bardi, gentiluomo romano, nato circa il 1550,
-prima a Roma poi a Firenze. Essa consta di
-piccoli inni scritti nello stile madrigalesco e
-di <i>a soli</i> con accompagnamento di cembalo, lira
-doppia, due flauti ed un violino all'unisono col
-soprano. In questi sono ormai messe in pratica
-le teorie della Camerata fiorentina, nè mancano
-intieramente e l'ispirazione e l'arte come lo
-mostrò l'esecuzione del 1912 a Roma. Il testo
-di questa rappresentazione che non è di Laura
-Guidiccioni come di solito si scrive ma del
-padre Agostino Manni, è un'allegoria strana in
-cui i personaggi incarnano soggetti astratti,
-come il tempo, la vita, il corpo, ecc. La <i>rappresentazione</i>
-non è però da mettersi fra gli oratorî
-<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span>
-ma per la forma e la musica appartiene piuttosto
-al melodramma.
-</p>
-
-<p>
-Ma già ancor prima dell'Oratorio troviamo
-in Italia rappresentazioni di soggetto mondano
-con musica. Un embrione di queste è ormai
-il <i>Jeu de Robin et Marion</i> di <i>Adam de la Halle</i>
-già menzionato, eseguito a Napoli verso la fine
-del Secolo XIII, un grazioso idillio, che può interessare
-ancor oggi. Le canzoni (senza accompagnamento)
-che ci rimangono, palesano un
-deciso sentimento per la melodia e la tonalità
-moderna.
-</p>
-
-<p>
-Arteaga ci racconta d'una specie di mascherata
-allegorica con cori, salmodie, danze, accompagnate
-da istrumenti, che si fece con
-grande sfarzo nel 1388 in Milano in occasione
-delle nozze di Galeazzo Sforza con Isabella
-d'Aragona. Di simili rappresentazioni, che ebbero
-luogo in Roma, Firenze e Venezia, ci è
-pure conservata la memoria, così d'una cantata,
-<i>La Conversione di S. Paolo</i>, con musiche di
-<i>Francesco Beverini</i> eseguita a Roma all'epoca
-di Sisto IV, circa il 1480, di un dramma del
-Poliziano, <i>Orfeo</i>, con musica di Zarlino, eseguito
-alle feste per Enrico III di Francia in Venezia
-nel 1574, di un altro dramma, <i>Orbecche</i> (1541),
-musicato da <i>Alfonso della Viola</i> in Ferrara, del
-<i>Pastor fido</i> del Guarini con musica di <i>Luzzasco</i>
-e di altri (<i>Striggio</i>, <i>Malvezzi</i>, <i>Luca Marenzio</i>,
-<i>Banchieri</i>, ecc.). La musica di tutte queste azioni
-si limitava ad alcuni cori con pezzi istrumentali
-e qualche <i>a solo</i> e si eseguiva soltanto negli
-<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span>
-intermezzi degli atti con poca o nessuna attinenza
-coll'azione, che veniva semplicemente
-declamata e rare volte interrotta da un coro
-nello stile madrigalesco.
-</p>
-
-<p>
-Un discorso di Vincenzo Giustiniani pubblicato
-dal Solerti contiene questo passo caratteristico:
-«L'anno santo del 1575 o poco dopo
-cominciò un modo di cantare diverso da quello
-di prima... massime nel modo di cantare con
-una voce sola sopra un istrumento con l'esempio
-di un Gio. Andrea Napolitano e del sig. Giulio
-Cesare Brancaccio e d'Alessandro Merlo romano,
-che cantavano un basso nella larghezza
-dello spazio di 22 voci (3 ottave) con varietà
-di passaggi nuovi e grati all'orecchio di tutti».
-</p>
-
-<p>
-A noi sembra cosa incredibile, che in quella
-epoca in cui le canzoni popolari avevano ormai
-ritmo e melodia decisa e spiccata, non si abbia
-saputo applicare questi nuovi elementi al dramma
-stesso, ai monologhi ed ai dialoghi. Eppure
-una cosa sì naturale, ed apparentemente sì facile
-a farsi, non successe che più tardi dopo mille
-tentativi infruttuosi, tanto era ancor potente la
-polifonia che si considerava come l'unica maniera
-di musica dotta. Le prove però non mancarono.
-O si faceva cantare da una sola voce
-di solito la parte del contralto e si eseguivano
-cogl'istrumenti le altre parti reali, o si faceva
-cantare un monologo o dialogo da più voci
-nello stile polifonico. La più interessante opera
-di questo genere è l'<i>Amfiparnaso</i> di <i>Orazio Vecchi</i>,
-distinto contrappuntista (1550?-1605), una
-<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span>
-specie di commedia buffa, in cui le parti dei
-singoli personaggi (Pantalone, Francatrippa,
-dottor Graziano, Ebrei, ecc.), vengono cantate
-dal coro in madrigali a 5 voci.
-</p>
-
-<p>
-I musicisti anteriori al secolo XVII che intuirono
-ed in certo modo divinarono la grande
-rivoluzione musicale posteriore furono quel
-Cipriano de Rore, scolaro di Willaert, che fece
-uso ed abuso della cromatica senza saperne comprendere
-l'importanza, Luca Marenzio ed ancor
-più <i>Carlo Gesualdo</i>, ricco di «espressioni veementi
-a forza di straordinarie modulazioni» (Martini).
-</p>
-
-<p>
-Altro e maggiore spirito innovatore fu <i>Lodovico
-Grossi</i> di Viadana, chiamato <i>Lodovico Viadana</i>
-(1564-1627), uno di quegli uomini, cui,
-come a Guido d'Arezzo, la fama si compiacque
-di attribuire scoperte musicali ed innovazioni,
-per quanto ne manchi la prova. Quantunque
-i suoi celebri <i>Concerti ecclesiastici, a una, due,
-tre e quattro voci con il basso continuo per suonar
-nell'organo</i> sieno stati pubblicati la prima
-volta nel 1602, essi furono certo scritti in una
-epoca anteriore, sicchè spetta senza dubbio
-anche a lui parte della gloria data alla Camerata
-fiorentina. In questi concerti le voci sono
-trattate come veri <i>a solo</i> differentemente dalla
-polifonia ed il carattere è melodioso, diviso in
-periodi e ritmico nel senso moderno della parola.
-Una vera novità fu l'aggiunta del basso
-continuo, non il numerato come di solito si asserisce,
-nel quale viene ridotta l'armonia, staccandola
-dalle voci e facendola servire da vero
-<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span>
-accompagnamento e base al canto. La prefazione
-ai concerti ci spiega come Viadana sia
-giunto all'introduzione od almeno all'applicazione
-conseguente del basso continuo. Essendo
-ai suoi tempi sempre più frequente l'uso di far
-eseguire composizioni a più voci da una sola
-con accompagnamento di altre od istrumenti
-in causa dello stile fugato e ricco di contrappunti
-ne risultavano riduzioni incomplete con
-molte interruzioni, alla quale suppliva appunto
-il basso continuo, che empiva le lacune e rendeva
-più scorrevole e completa l'armonia. Il
-Basso generale o numerato non fu introdotto
-da lui, giacchè la parte dell'organo non porta
-che qualche indicazione del diesis e bemolle
-della terza ma non cifre di accordi, come, p. es.
-la <i>Euridice</i> di Peri e Caccini, pubblicate ormai
-prima dei Concerti.
-</p>
-
-<p>
-Chi ne abbia avuto l'idea, non si seppe ancora
-accertare, nè si sa se esso abbia avuto origine
-dal bisogno pratico di scrivere una partitura
-o schizzo della composizione con indicazione
-degli intervalli delle voci mancando allora
-le nostre partiture, oppure dall'intuizione degli
-accordi. La supposizione più probabile è la prima
-giacchè il basso numerato non fu per lungo
-tempo che una cosa meccanica, una specie di
-tabulatura senza alcun influsso sulla maniera
-di comporre e perchè altrimenti non sarebbe
-spiegabile l'immensa sorpresa che recò la posteriore
-teoria di Rameau sull'armonia. Non è
-improbabile che il basso numerato fosse introdotto
-<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span>
-già prima di Viadana per comodità degli
-organisti, onde risparmiare spazio, giacchè,
-come scrive Agazzari, altrimenti «per la quantità
-e varietà d'opere bisognerebbe l'organista
-maggior biblioteca d'un legale». Ma altresì si
-può ammettere che il basso numerato influì ad
-avvezzare l'orecchio o meglio l'occhio a comprendere
-l'essenza e la natura dell'accordo ed
-a leggere la musica non più orizzontalmente
-ma verticalmente. A Viadana spetta il merito
-od il biasimo di avere introdotta la monodia
-nella musica da Chiesa, la cosidetta <i>seconda
-pratica di musica</i>, o stile concertante a differenza
-dello stile a cappella, che fu certo la
-prima e maggior cagione del suo decadimento.
-Egli pure poi come gli altri menzionati tentò
-d'esprimere colla musica il sentimento delle
-parole e di darle motivi caratteristici.
-</p>
-
-<p>
-Lo stile dei <i>concerti</i> non è del resto ancora
-il recitativo, perchè le melodie chiuse non vi sono
-evitate ed è trascurata l'accentazione delle parole.
-Il lagno generale era la mancanza d'espressione,
-di gentilezza e soavità che si rimproverava
-alla polifonia, la quale nel suo complicato
-tessuto di voci impediva di intendere le parole
-del testo ed escludeva la possibilità di esprimere
-i sentimenti individuali, «essendo nato
-il contrappunto in tempi rozzissimi e fra uomini
-d'ogni sorta di letteratura e gentilezza
-nudi, e che con li nomi stessi dimostrano la
-loro barbarie» (G. B. Doni).
-</p>
-
-<p>
-La soluzione di questo problema doveva trovarsi
-<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span>
-in Firenze, che fu la vera culla della musica
-drammatica e per conseguenza moderna,
-dove la vita in seguito alle lotte intestine era
-più agitata, e dove ebbe principio il Rinascimento
-delle arti. Gli studi umanistici e specialmente
-greci furono una delle cause della
-nuova rivoluzione musicale. Gli spiriti cessarono
-di rivolgersi esclusivamente al cielo e
-piegando gli sguardi alla terra «a questa bella
-d'erbe famiglia e di animali», si sprigionò dai
-petti un alito di vita calda e sensuale. La corte
-dei Medici accoglieva in quel tempo dotti, poeti,
-artisti e musici, che si ritrovavano in convegni
-a trattare questioni di scienza ed arti. Specialmente
-nella casa di <i>Giovanni Bardi</i>, Conte di
-Vernio, uomo assai colto, poeta e musico si
-radunavano molti artisti e dotti per trattare sopratutto
-di questioni musicali. Assidui frequentatori
-di questa Camerata erano <i>Giulio Caccini</i>
-romano (1550?-1618), <i>Jacopo Peri</i> (1561-1633)
-di origine fiorentina, <i>Emilio del Cavaliere</i>, <i>Vincenzo
-Galilei</i>, padre di Galileo (1540-1610), il
-poeta <i>Ottavio Rinuccini</i>, <i>Girolamo Mei</i>, <i>Pietro
-Strozzi</i> ed <i>Jacopo Corsi</i>, nella casa del quale
-avevano luogo le riunioni, dopochè Giovanni
-Bardi fu chiamato come camerlengo alla Corte
-di Clemente VII.
-</p>
-
-<p>
-Dalla lettura degli autori greci, che decantavano
-la musica delle tragedie e dalle dottrine
-platoniche si era venuta formando la persuasione
-della sublimità di questa musica e si cercava
-di scoprirne la natura e la qualità. Il dialogo
-<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span>
-di Vincenzo Galilei sulla musica antica e moderna
-(1581) contiene la vera sfida di guerra alla
-musica antica. Egli pubblicò alcuni frammenti
-musicali di inni greci scoperti ma non seppe
-trovare la chiave per decifrarli. E così successe,
-che credendo di imitare la musica greca, della
-quale allora assolutamente nulla si sapeva ed
-oggi poco si sa, nacque lo stile drammatico,
-così detto <i>rappresentativo</i>. L'onore di aver fatto
-i primi tentativi spetta pure a Vincenzo Galilei,
-che compose la scena di Ugolino di Dante
-per voce sola ed accompagnamento di viola
-ed alcuni brani delle Lamentazioni di Geremia,
-quantunque da un passo di Baldassar Castiglione
-(I, 13) «ma sopratutto parmi gratissimo
-il cantare alla viola per recitare, il che tanto di
-venustà ed efficacia aggiunge alle parole che è
-gran meraviglia» si possa arguire, che simili
-tentativi furono fatti ancor prima. Il plauso
-che ne ottenne fu grande e ben presto si trovarono
-imitatori, fra i quali <i>Giulio Caccini</i>, che,
-nel 1601 pubblicò col titolo di <i>Nuove musiche</i>
-una raccolta di pezzi scritti alcuni anni prima
-con accompagnamento di chitarrone o tiorba
-romana, specie di liuto a 10 corde. Essa contiene
-dodici madrigali a una voce, dieci arie ed alcuni
-frammenti tolti dal <i>Rapimento di Cefalo</i>.
-I madrigali sono semplici declamazioni, le arie
-si avvicinano alla canzone a strofe. Il basso
-numerato è senza interesse ma abbastanza corretto.
-Nella prefazione «ai lettori» vien data
-l'idea del nuovo stile, del quale Caccini si
-<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span>
-proclama inventore e sviluppata la teoria del
-canto. Lo stile di queste composizioni è diverso
-dal polifonico e si avvicina all'arioso senza melodia
-periodizzata, limitandosi ad una declamazione
-accentuata con piccole frasi melodiche
-e ritmo non deciso. In complesso però le <i>Nuove
-musiche</i> sono ben poca cosa ed appartengono
-più che al nuovo stile alla <i>pratica del bel canto</i>,
-che era fra i supremi fini della Camerata. Riemann
-sempre in cerca di novità ha tentato
-ultimamente una riabilitazione delle <i>Nuove
-musiche</i>, cambiandone in parte il ritmo segnato
-che è il solito C, mentre in realtà vi si mescolano
-altri ritmi di <span class="above">3</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">4</span> e <span class="above">3</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">2</span>, nè si può negare,
-che la nuova divisione ritmica rende quelle
-composizioni più agili e meno angolose.
-</p>
-
-<p>
-Questa innovazione non rispondeva però ancora
-all'idea della Camerata, che si pensava essere
-stata la musica delle tragedie greche qualche
-cosa di medio fra la parola ed il canto,
-più di una declamazione passionata e meno
-che una melodia ritmica, in una parola il <i>recitativo
-secco</i> della nostra musica. Chi lo scoprì
-ed introdusse fu <i>Jacopo Peri</i> († 1633), il Zazzerino,
-celebre cantante e musicista, che musicò
-la <i>Dafne</i> di Rinuccini, eseguita in casa
-Corsi nel 1594, la prima vera opera scritta nello
-stile rappresentativo che corrispondeva a quanto
-si crede, agli ideali ellenici della Camerata,
-perchè ne andò perduta la musica ad eccezione
-di due brani insignificanti, che sono composti
-da Bardi e non da Peri.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span>
-</p>
-
-<p>
-Sembra strano che un tale genere di musica,
-che destò tanta ammirazione e plauso, non abbia
-tosto trovato imitatori, giacchè non ci è
-conservata alcuna memoria di dramma in musica
-fra la <i>Dafne</i> e l'<i>Euridice</i>, questa pure
-scritta da Rinuccini, con musica di Jacopo
-Peri, rappresentata a Firenze ai 6 ottobre del
-1600 in occasione delle nozze di Maria dei
-Medici con Enrico IV di Francia nel palazzo
-Pitti in presenza della corte e dei nobili fiorentini
-con grande sfarzo di scene, vestiari e
-macchine. Peri cantò egli stesso la parte di Orfeo,
-mentre Caccini, che avea pure composto alcuni
-pezzi, dirigeva i cori. L'orchestra nascosta dietro
-la scena, si componeva di un clavicembalo,
-un chitarrone, un liuto grosso ed una lira
-grande, oltre molti istrumenti a fiato e corda,
-che accompagnavano i cori o suonavano i ritornelli.
-</p>
-
-<p>
-Giulio Caccini compose esso pure l'<i>Euridice</i>
-e la pubblicò nel 1600 presso Giorgio Marescotti.
-Questi due drammi per musica, o tragedie,
-come si chiamavano allora, sono scritti
-nello stile rappresentativo ed in essi erano messe
-in pratica le teorie nuove, frutto delle conferenze
-della Camerata fiorentina. Noi usi alla
-melodia moderna possiamo a stento capacitarci
-dell'ammirazione che destarono ai loro
-tempi, giacchè essi non contengono che lunghi
-recitativi con piccoli brani nello stile arioso e
-cantabile, avendo Peri e Caccini voluto escludere
-i pezzi chiusi, la melodia organica e periodizzata,
-<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span>
-perchè credevano che i Greci non
-l'avessero conosciuta od usata nei loro drammi.
-Anzi si può dire che questa nuova musica che
-evitava di progetto la melodia e specialmente
-il periodo melodico era un regresso in confronto
-dell'<i>Ars nuova</i> fiorentina del Trecento e
-Quattrocento, come è pure ormai da rigettarsi
-l'opinione comune che l'introduzione della monodìa
-sia un merito della Camerata, giacchè
-questa la troviamo e migliore ancora prima e
-perchè le aspirazioni dei riformatori erano precipuamente
-rivolte alla verità drammatica da
-raggiungersi colla chiara ed accentata declamazione
-e l'accompagnamento istrumentale armonico.
-Del pari poco elaborati sono i cori,
-di gran lunga inferiori a quelli dell'epoca anteriore
-e contemporanea, nè gran fatto interessante
-è l'accompagnamento scritto per semplice
-basso, che procede alle volte a tentoni e
-soltanto nei momenti più caratteristici e passionali
-un poco si avviva e muove. E neppure
-si può pensare ad un orchestra con parti differenti
-per gli istrumenti, giacchè era lasciato
-al suonatore di scegliere a suo piacimento e secondo
-il suo buon gusto e tatto musicale le note
-degli accordi del tono indicato dal basso.
-</p>
-
-<p>
-I meriti della Camerata fiorentina risultano
-perciò specialmente dopo i nuovi studi molto
-più modesti di quanto si credeva prima. Lo
-stil nuovo è ormai abbastanza chiaramente
-accennato nei madrigali drammatici e negli intermezzi
-madrigaleschi di Striggio, Marenzio,
-<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span>
-Vecchi ed altri. Nè nelle due Euridici troviamo
-ancora il vero recitativo drammatico ma piuttosto
-degli ariosi rozzi. La loro importanza sta
-invece nel predominio del canto a solo e nell'introduzione
-del canto espressivo, che segue
-il testo. Ciò nullostante essa fu immensa per la
-musica, poichè ambedue segnarono il principio
-della vera rivoluzione musicale, dell'emancipazione
-dalla musica semplicemente polifonica e
-dalla diatonica dell'epoca anteriore. La mancanza
-della melodia periodizzata era meno importante
-che il tentativo di dar alle parole
-espressione adeguata e giusta, che è visibile ad
-ogni pagina di queste due opere, nelle quali
-ormai si fa uso della dissonanza per caratterizzare
-e si va trasformando la salmodia antica in
-vera recitazione e declamazione drammatica.
-</p>
-
-<p>
-Tanto Peri che Caccini ci hanno lasciato nella
-Prefazione delle loro opere un Credo artistico,
-che merita venir citato almeno in parte, anche
-perchè esso ha una certa rassomiglianza colle
-teorie wagneriane.
-</p>
-
-<p>
-(Peri) «.... Veduto che si trattava di poesia
-drammatica, e che però si doveva imitar col
-canto chi parla (e senza dubbio non si parlò
-mai cantando), stimai che gli antichi Greci e
-Romani usassero un'armonia, che avanzando
-quella del parlare ordinario, scendesse tanto
-dalla melodia del cantare che pigliasse forma
-di cosa mezzana.... Conobbi, parimenti nel nostro
-parlare, alcune voci intonarsi in guisa che
-vi si può fondare armonia; e nel corso della
-<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span>
-favella, passarsi per altre molte che non si intuonano
-finchè si torni ad altra capace di movimento
-di nuova consonanza.... E però, sì come io
-non ardirei affermare questo essere il canto nelle
-greche e nelle romane favole usato, così ho
-creduto esser quello che solo possa donarcisi
-dalla nostra musica, per accomodarsi alla nostra
-favella.... E spero che l'uso delle false, sonate
-e cantate senza paura non vi saranno
-di noia, massime nelle arie più meste e più
-gravi....».
-</p>
-
-<p>
-(Caccini) «E questa è quella maniera, altresì,
-la quale discorrendo Ella (<i>Bardi</i>) diceva essere
-stata usata dagli antichi Greci.... Nella qual maniera
-di canto, ho io usato una certa sprezzatura,
-che io ho stimato che abbia del nobile,
-parendomi con essa di essermi appressato quel
-più alla natural favella.... non havendo mai nelle
-mie musiche usato altr'arte, che l'immitazione
-de' sentimenti delle parole, toccando quelle
-corde più affettuose, le quali ho giudicato più
-convenirsi per quella grazia che si ricerca per
-ben cantare....».
-</p>
-
-<p>
-E così era nato un nuovo genere di musica,
-che per un capriccio o caso dovevasi alla fisima
-d'aver rinnovellato la tragedia greca colla quale
-non aveva certo neppur lontana somiglianza
-nè di questa l'importanza etica, ma che era
-destinato a dominare il campo musicale fino al
-nostro tempo ed in futuro. Ma se la speranza
-o la credenza d'aver ripristinata la musica greca
-che colla sua teoria era stata soltanto un ostacolo
-<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span>
-al progresso dell'arte musicale, non fu che
-una vana illusione, la nuova e grande innovazione
-era la espressione di quell'istinto essenzialmente
-umano, che solamente nell'unione del
-sentimento spirituale del Cristianesimo col sensuale
-del Paganesimo vedeva o divinava la perfezione
-artistica. E come il sentimento ellenico,
-il piacere estetico della perfezione della forma
-fu quello che produsse la rivoluzione nella pittura
-e cagionò il Rinascimento delle arti e della
-letteratura, così l'unione dell'idea del mondo
-greco, il sentimento umano e terreno collo spiritualismo
-del Cristianesimo ispirò nuova vita alla
-musica e la fece arte umana vera e capace di
-esprimere la gioia ed il dolore del singolo individuo,
-che agognava ad indipendenza di azione
-e di pensiero. La poesia, che nello stile polifonico
-aveva perduta ogni importanza, viene rimessa
-nei suoi diritti, la musica diventa la compagna
-di lei e ne nasce l'elemento lirico musicale.
-</p>
-
-<p>
-Il dramma, come l'avevano ideato Peri e Caccini
-non poteva ancora corrispondere agl'ideali,
-che essi forse intravedevano ma non sapevano
-realizzare, giacchè la polifonia non era nelle
-loro opere eliminata ma soltanto trasformata e
-la tecnica e l'arte erano ancora insufficienti ad
-esprimere l'elemento soggettivo, che in quei
-tempi di risorgimento delle arti e del pensiero
-si faceva sempre più potente. L'opera di Peri
-e Caccini era nata alla corte dei Medici fra lo
-sfarzo delle feste e la pompa delle vesti e scenarî
-ed era monopolio dei principi. Il popolo
-<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span>
-vi restava estraneo, perchè le sue canzoni, le
-sue melodie parlavano altrimente al suo cuore
-ed altrimente lo commovevano. Alla nuova
-opera mancava ancora la vita interna, l'alito
-vivificatore che la facesse non una semplice
-parodia della tragedia greca ma l'espressione
-vera delle passioni umane. E forse per questo
-Peri e Caccini dopo l'<i>Euridice</i> non ritentarono
-la prova.
-</p>
-
-<p>
-Questa è la storia esterna dell'origine dell'opera
-musicale. Ma ne esiste un'altra non meno
-importante e non meno vera, colla quale la
-Camerata fiorentina nulla ha da fare. Questa
-ha dato senza dubbio l'impulso immediato ma
-non è da credere che l'idea fecondatrice avrebbe
-creato l'opera, quando i tempi non fossero stati
-maturi e non fosse stata preparata nella pratica
-e nella teoria la trasformazione della polifonia
-alla monodia.
-</p>
-
-<p>
-La teoria greca conosce le consonanze ma
-più in teoria che in pratica. L'<i>organum</i> colle
-quarte e quinte parallele, il bordone colle seste
-e terze non ebbero alcuna importanza per la
-intelligenza dell'armonia, ma rimasero rozzi tentativi
-meccanici. Da questi principî poteva però
-nascere l'armonia se non fosse stato introdotto
-col discanto il principio del moto contrario
-delle voci, che non si curava punto dell'accordo
-o consonanza delle voci, affidata al caso
-od all'istinto. La terza si riconobbe col tempo
-per consonanza ma imperfetta, tanto che il principio
-e la fine delle composizioni non hanno
-<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span>
-che la quinta e l'ottava ma non la terza. Chi
-divinò il nostro sistema d'armonia ma non
-seppe trarne conseguenze pratiche fu Giuseppe
-Zarlino nelle sue Istituzioni armoniche e forse
-ancor prima di lui un altro italiano <i>Lodovico
-Fogliarti</i> nella sua <i>Musica theorica</i> (1529). Ed a
-sconquassare l'edificio delle tonalità antiche
-servirono certo i tentativi di introdurre la cromatica
-e l'enarmonica, fatti da <i>Nicola Vicentino</i>,
-Cipriano de Rore, Gesualdo e Marenzio. A dar
-l'ultimo crollo alla teoria antica e far comprendere
-l'accordo servì poi il basso generale
-per quanto probabilmente per caso e non per
-frutto di speculazioni teoriche.
-</p>
-
-<p>
-Le canzoni popolari ebbero pure grande parte
-alla nuova rivoluzione musicale. L'uso di mettere
-la melodia o canto fermo nel tenore va
-adagio cessando ed il soprano cambia di spesso
-il nome di discanto in quello significativo di
-<i>cantus</i>. Le composizioni scritte per voci ed istrumenti
-e la maniera di cantare una o due voci ed
-eseguire con istrumenti le altre servì pure a far
-comprendere l'accordo. Petrucci stampò ormai
-nei primi anni del secolo XVI, dunque molti
-decenni prima dell'opera composizioni per soprano
-e liuto (tenore e basso). La parte di
-questo per l'impossibilità di tenere le note doveva
-diventare una specie di accompagnamento
-della voce che dominava anche per la poca sonorità
-dell'istrumento. Lo stesso si può dire
-delle composizioni scritte per più liuti, dove la
-melodia è sempre nella prima parte. E neppure
-<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span>
-bisogna tener fermo all'asserzione che Peri e
-Caccini sieno i primi monodisti perchè il basso
-dei Concerti ecclesiastici di Viadana, stampati
-nel 1602 ma scritti prima non è una semplice
-parte vocale ma un vero basso istrumentale e
-perchè la melodia è più scorrevole che nelle
-melopee dei primi, che propugnavano la «nobile
-sprezzatura del canto».
-</p>
-
-<p>
-La nuova forma fu dunque piuttosto la conseguenza
-dello svegliarsi della coscienza musicale
-e dei progressi dell'arte che del caso o delle
-sedute della Camera fiorentina. Ma se ammettendo
-ciò, si attenua la gloria di questa, non
-spetterà meno all'Italia il vanto di aver creato
-l'opera drammatica musicale. «Soltanto la nazione
-che deriva dai Romani e nella quale s'era
-ridotto quello che restava dei Greci, trovò forme
-che innalzavano la musica sopra lo strimpellare
-di suonatori e pifferai pagati e le speculazioni
-di scolastici all'indipendenza di arte bella. Gli
-Italiani seppero con grazia e successo far cose,
-che in ogni altro paese sarebbero state impossibili
-e riuscite ridicole, tanto essi avevano assorbito
-l'arte antica e le sue forme. Persino imprese
-che basavano palesemente su premesse
-false riuscirono a bene. Come sarebbe stato
-possibile in Germania, in Inghilterra od in Francia,
-di trovare coi mezzi che disponevano gli
-Italiani le due forme fondamentali della musica,
-l'opera e l'oratorio? Noi sappiamo che le loro
-premesse erano affatto infondate, giacchè nella
-musica greca non si troverà nulla che potesse
-<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span>
-servire di modello alla musica italiana che se
-ne faceva derivare; tali contradizioni, riconosciute
-o meno, avrebbero reso lo spirito germanico
-inetto a compiere qualsiasi cosa, mentre
-l'Accademia fiorentina, camminando sulle
-nuvole della fantasia come su di una strada
-aperta, raggiunse il suo scopo. Gli Italiani consideravano
-l'antichità non come freddi indagatori
-ma come artisti e ciò, a cui uno storico
-non avrebbe prestato alcuna attenzione, era l'unica
-cosa che per essi aveva valore. Il sentimento
-della forma artistica era in loro talmente
-potente, che bisogna ammettere che fosse
-piuttosto un istinto congenito della bellezza che
-il frutto di una coltura di più secoli.
-</p>
-
-<p>
-Chi potrebbe credere che la stessa nazione
-che aveva raggiunto la perfezione nei cori di
-chiesa, nel canto polifonico profano, nel madrigale
-potesse subito dopo creare la cosa più
-semplice, il recitativo, la monodia e l'arte del
-canto? Quasi tutto ciò che esiste di nuovo in
-questo riguardo lo dobbiamo a loro, e quando
-le altre nazioni avevano incominciato ad appropriarsi
-le nuove forme, gli Italiani le sorprendevano
-con delle nuove. (Chrysander, Händel,
-vol. I, 153).
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-A. D'Ancona — <i>Origine del Teatro in Italia</i>, Firenze, 1877.
-</p>
-
-<p>
-C. Coussemaker — <i>Drames liturgiques du moyen-âge</i>, Rennes,
-1860.
-</p>
-
-<p>
-F. I. Mone — <i>Schauspiele des Mittelalters</i>, 1846.
-</p>
-
-<p>
-<i>Commemorazione della Riforma melodrammatica</i>, Firenze,
-1895, Galletti e Cocci.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span>
-</p>
-
-<p>
-E. Rolland — <i>Histoire de l'Opéra en Europe avant Lully et
-Scarlatti</i>, 1895.
-</p>
-
-<p>
-Alaleona D. — <i>Studi su la storia dell'oratorio musicale in
-Italia.</i> Torino-Roma, 1908.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Le laudi spirituali italiane nei secoli XVI e XVII.</i> Rivista
-musicale italiana. 1909, fasc. 1º.
-</p>
-
-<p>
-Goldschmidt Hugo — <i>Zur Geschichte der italienischen Oper im
-XIII. Jahrhundert.</i> Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1901.
-</p>
-
-<p>
-Pasquetti Guido — <i>L'oratorio musicale in Italia.</i> Storia critica
-letteraria. Firenze, Le Monnier, 1906.
-</p>
-
-<p>
-Schering Arnold — <i>Die Anfänge des Oratoriums.</i> Lipsia,
-1907, Breitkopf und Härtel.
-</p>
-
-<p>
-Parazzi — <i>Vita ed opere musicali di Lodovico Grossi Viadana</i>,
-Milano.
-</p>
-
-<p>
-Ehrichs Alfred — <i>Giulio Caccini</i>, Leipzig, Hesse, 1909.
-</p>
-
-<p>
-A. Solerti — <i>Le origini del Melodramma.</i> Torino, Bona, 1901.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Gli albori del Melodramma.</i> Palermo, Sandron, 3 v., 1903.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Musica, ballo e drammatica arte alla Corte medicea, ed
-altre feste fiorentine dal 1600 al 1640.</i> Firenze, Bemporad,
-1903.
-</p>
-
-<p>
-R. Eitner — <i>Die Quellen zur Entstehung der Oper-Monatshefte
-für Musikgeschichte.</i>
-</p>
-
-<p>
-R. Kiesewetter — <i>Schicksale und Beschaffenheit des weltlichen
-Gesanges</i>, Lipsia, 1841.
-</p>
-
-<p>
-L'Euridice di Peri e Caccini è pubblicata in edizione tascabile
-di Ricordi e Comp., Milano, senza trascrizione del
-basso.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>Euridice</i> di Peri col basso decifrato, vol. X della Pubblikationen
-für Musikforschung, 1881.
-</p>
-
-<p>
-<i>La rappresentazione di anima e corpo</i> in edizione facsimile
-per cura di F. Mantica, Roma.
-</p>
-
-<p>
-Composizioni di Caccini, Orazio Vecchi, Malvezzi, Viadana,
-contengono le opere di Kiesewetter, Gevaert (<i>les gloires de
-l'Italie</i>), Ambros, Proske (<i>Musica divina</i>).
-</p>
-
-<p>
-Torchi — (<i>L'arte musicale in Italia</i>) volume 2º e seg. Cfr.
-anche L. Torchi, <i>Canzoni ed arie italiane</i>, ad una voce
-del secolo XVII. Rivista musicale italiana, anno I, fascicolo
-4º e la pubblicazione musicale corrispondente:
-<i>Canzoni ed arie del XVII secolo</i> (Ricordi e Comp.).
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap10">CAPITOLO X.
-<span class="smaller">Claudio Monteverdi
-e l'opera veneziana e napolitana.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La Camerata fiorentina aveva dato l'impulso
-alla nuova evoluzione musicale e l'idea aveva
-trovato terreno fecondo negli animi desiderosi
-di nuove cose e destantisi alla vita moderna
-di pensiero. L'esempio di Firenze trovò presto
-imitatori e già nel 1601 si eseguì a Bologna
-l'<i>Euridice</i> e nel 1604 a Parma la <i>Dafne</i>. In Roma,
-la sede della polifonia, il dramma per musica
-si contenta ancora di fornire divertimento al
-popolo e nel 1606 troviamo rappresentazioni
-popolari sulle piazze con musica di <i>Paolo Quagliati</i>,
-che ricordano l'antico carro greco di
-Tespi. Ma l'idea fiorentina minacciava spegnersi
-e restare una semplice utopia di letterati e dilettanti,
-tanto più che i membri della Camerata
-erano o gentiluomini o letterati, che della musica
-non avevano cognizioni profonde, mentre
-Caccini e Peri erano buoni musicisti e discreti
-contrappuntisti, ma non potevano paragonarsi
-ad altri musicisti dell'epoca, dottissimi teorici.
-</p>
-
-<p>
-La riforma doveva perciò trovare degli inimici
-nella classe dei musicisti stessi, che s'erano
-formati ad altri studî e che non risparmiavano
-le più aspre critiche alla nuova musica:
-<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span>
-«Se tornassero in vita Iusquino, Mutone
-e gli altri, che di questo sapevano assai pur,
-trasecolerebbero in vedere sì poca cognizione
-e quanto malamente hoggidì i compositori se
-ne sappiano servire, cose che mi fanno arrossire
-e vergognare per loro» (Lodovico Zacconi,
-Pratica di musica 1622).
-</p>
-
-<p>
-Il nuovo stile rappresentativo non era ancora
-il passo decisivo per romperla colla polifonia
-e s'era fermato a mezza strada, non osando
-abbandonare intieramente le antiche tradizioni
-e viceversa rinunziando alla melodia ed alle
-forme musicali. L'arte aveva bisogno di un vero
-musicista, che sapesse liberare l'idea della Camerata
-da tutto quello di artificioso e pedantesco
-che traeva con sè e la fecondasse. Essa
-lo ebbe in <i>Claudio Monteverdi</i>.
-</p>
-
-<p>
-Nato in Cremona nel 1567, frequentò la scuola
-di Marcantonio Ingegneri, eccellente contrappuntista
-dell'epoca. Dopo molti anni passati alla
-Corte dei Duchi Gonzaga a Mantova, diventò
-direttore di cappella a S. Marco in Venezia dove
-rimase fino alla morte (1643). Quantunque egli
-abbia scritto più musica polifonica da chiesa
-e profana, egli deve la sua fama al dramma musicale.
-La sua prima opera <i>Orfeo</i>, favola per
-musica su testo di Rinuccini, fu rappresentata
-nel 1607 a Mantova alla corte di Vincenzo Gonzaga.
-Ormai in questa prima opera egli si mostra
-di gran lunga superiore a Peri ed a Caccini,
-giacchè in essa non v'è più lo stile semplicemente
-declamatorio dell'<i>Euridice</i>, ma un
-<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span>
-nuovo stile che palesa chiaramente il sentimento
-lirico ossia essenzialmente musicale.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>Orfeo</i> come lo dimostrarono le recenti esecuzioni
-è veramente l'opera d'un genio che precorse
-i tempi, giacchè in esso troviamo ormai
-più o meno sviluppati i germi delle maggiori
-innovazioni posteriori comprese quelle di Gluck,
-e Wagner e le moderne. Quest'arte divinatoria
-è tanto più meravigliosa in un'epoca in cui
-non c'era nulla da imitare ma pressochè tutto
-da creare, perchè la superiorità di Monteverdi
-su Peri e Caccini è immensa. La musica dell'<i>Orfeo</i>
-non è oggi punto invecchiata ed ha
-interesse più che storico, perchè in essa v'è
-ben poco di formale ma tutto è vero, ispirato
-e convincente.
-</p>
-
-<p>
-All'<i>Orfeo</i> segue già nel 1608 per le nozze di
-Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia,
-<i>Arianna</i>, quel dramma pur troppo perduto ad
-eccezione del celebre brano del lamento, che fu
-come una rivelazione e che destò il più grande
-entusiasmo, tanto che il contemporaneo Bonini
-scrive «che non è stata casa, la quale avendo
-cembali o tiorbi in casa non avesse il lamento».
-E l'ammirazione non è esagerata, se si pensa
-alla potenza espressiva di quel piccolo brano,
-derivante specialmente dal sapiente e nuovo
-uso della dissonanza.
-</p>
-
-<p>
-Monteverdi scrisse alcune altre opere, che furono
-rappresentate con grande plauso a Venezia
-ed altrove (<i>Adone</i>, <i>Le nozze di Enea con Lavinia</i>,
-<i>Il ritorno di Ulisse</i>, <i>L'incoronazione di
-<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span>
-Poppea</i>). La musica delle ultime due ci è restata
-e quella dell'<i>Incoronazione di Poppea</i> supera
-anche quella dell'<i>Orfeo</i> per maturità e specialmente
-per la caratteristica ed il sentimento
-drammatico del dialogo.
-</p>
-
-<p>
-Monteverdi è veramente il primo musicista
-moderno. Egli merita questo nome, perchè egli
-fu il primo che liberò intieramente la musica
-dai ceppi della polifonia e dalla retorica dei
-fiorentini facendola esprimere le passioni umane
-coi più veri ed appassionati accenti. I personaggi
-dei suoi drammi non sono più semplicemente
-una piccola parte di un tutto, ma esseri
-umani, che pensano, agiscono, sentono, soffrono
-per sè individualmente e che esprimono con
-accenti proprî le loro passioni. A confermar
-ciò basti la menzionata scena dell'<i>Arianna</i>, in
-cui mai il dolore ebbe accenti più veri e toccanti.
-Ma egli di ciò non si contenta. Abbandona
-intieramente il sistema diatonico antico
-e vi sostituisce il cromatico, intuendo colla
-perspicacia del genio l'importanza della dissonanza
-per far spiccare i diversi caratteri ed i
-momenti più drammatici. Egli fa uso dell'accordo
-di dominante nella cadenza, adopera ripetutamente
-senza preparazione l'intervallo di
-<i>nona</i>, la <i>settima diminuita</i>, il <i>tritono</i>, il <i>diabolus</i>
-antico, dove si tratti concentrare l'espressione
-ed individualizzare, punto badando alle tradizioni
-e sorridendo alle invettive che gli scagliava
-il pedante Artusi in scritti mordaci — ma stimando
-come egli scrisse, che «potessero essere
-<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span>
-considerate altre feconde cose intorno all'armonia
-e che vi fosse una moderna pratica
-differente dalla determinata, la quale, con quietanza
-del senso e della ragione difende il moderno
-comporre». E così si diffondeva nella
-musica quel grido di dolore della umanità nata
-per soffrire e combattere, la dissonanza, che è
-la vera espressione individuale dell'uomo pensante
-in mezzo alla natura impassibilmente
-serena.
-</p>
-
-<p>
-Monteverdi si può pure chiamare il padre
-dell'istrumentazione, giacchè, se Peri e Caccini
-si contentarono di far accompagnare i loro
-canti da più istrumenti per rinforzo delle voci
-senza studiarne le particolarità ed il colorito
-speciale e senza dar loro importanza, Monteverdi
-studia ormai la natura di ogni istrumento,
-colorisce l'istrumentazione, aggiunge nuovi effetti,
-come il tremolo e il pizzicato degli istrumenti
-a corda, e da loro esistenza propria servendosene
-ad esprimere quello che le parole
-non ponno dire. In quanto egli sia in ciò superiore
-ai suoi antecessori si vede confrontando
-i suoi intermezzi e ritornelli, p. es. il graziosissimo
-a più viole dell'<i>Orfeo</i> con quello di flauti
-dell'<i>Euridice</i> di Peri. In genere i brani istrumentali
-dell'<i>Orfeo</i> (Sinfonie e Ritornelli) sono ammirabili
-e piccole poesie musicali, che stanno in
-stretta relazione coll'azione drammatica e la caratterizzano
-alle volte felicemente con poche
-battute, permettendolo anche la varietà degli
-strumenti impiegati, che nell'<i>Orfeo</i> sono: 2
-<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span>
-cembali, 2 controbassi (specie di viole grandi)
-10 viole da braccio, arpa doppia, 2 violini piccoli
-alla francese, 2 cetre, 2 piccoli organi, 3 viole
-di gamba, 4 tromboni, 1 regale (specie di organo),
-2 cornette, 1 flautino alla vigesima seconda,
-1 clarino (tromba) 3 trombe sordine.
-Le parti istrumentali delle opere di Monteverdi
-non sono scritte in esteso ma sono solamente
-indicati gli strumenti, per cui si deve arguire
-che gli accompagnatori dovevano essere
-provetti musicisti, a meno non si voglia supporre
-che siano andate perdute le parti.
-</p>
-
-<p>
-I Madrigali di Monteverdi, quantunque di
-forma tradizionale contengono una quantità
-di elementi popolareschi e drammatici raggiunti
-col largo uso della cromatica e della dissonanza.
-Fra i <i>Madrigali guerrieri</i> trovasi il
-celebre <i>Combattimento di Tancredi e Clorinda</i>
-per voci e quattro viole, dove s'incontra per
-la prima volta il tremolo ed il pizzicato.
-</p>
-
-<p>
-Monteverdi fu non soltanto un eminente musicista
-sempre in cerca di novità nel campo
-della teoria e tecnica ma altresì un fine esteta,
-che si rendeva ragione di quello che faceva
-d'uopo al dramma musicale. Egli non sceglie
-a caso i libretti ma li vaglia e giudica, come
-secoli dopo faceva Verdi, mettendo a dura
-prova i poeti. Così p. e. essendogli stato dato
-l'incarico dal Duca di Mantova Ferdinando di
-musicare la favola di <i>Teti e Peleo</i> di Scipione
-Agnelli, egli risponde al suo signore: «Et come
-potrò io con il mezzo loro movere li affetti!
-<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span>
-Mosse l'Arianna per esser donna, mosse parimenti
-Orfeo per essere uomo e non vento. Le
-armonie imitano loro medesime et non con
-l'orazione et li strepiti dè venti, et il belar
-delle pecore, il nitrir dei cavalli et va dicendo,
-ma non imitano il parlar dè venti che non si
-trova. La favola tutta poi, quanto alla mia non
-poca ignoranza, non sento che punto mi mova
-e con difficoltà anco la intendo, nè tanto che
-lei mi porti con udire naturale ad un fine
-che mi mova. L'Arianna mi porta ad un giusto
-lamento et lo Orfeo ad una giusta preghiera,
-ma questa non so a qual fine, sicchè, che vuole
-la S. V. Ill.ma che la musica possa in questa!»
-</p>
-
-<p>
-Contemporaneo di Monteverdi ed a lui in
-molti riguardi affine è <i>Marco da Gagliano</i>, fiorentino
-(circa 1575-1642), autore di Madrigali e
-drammi musicali, dei quali ci restano la <i>Dafne</i>
-e la <i>Flora</i>. Anche in queste due opere troviamo
-lo stile fiorentino ma più scorrevole ed espressivo.
-Degno di menzione è il Proemio della
-<i>Dafne</i>, nel quale l'autore dà utilissimi ammaestramenti
-ed indicazioni ai cantanti ed attori
-circa la maniera d'esecuzione.
-</p>
-
-<p>
-Il processo di sviluppo dell'opera in musica
-continua con <i>Pier Francesco Caletti Bruni</i> detto
-<i>Cavalli</i> (1600-1676) di Crema, scolaro ed erede
-del genio di Monteverdi, direttore di cappella
-in S. Marco a Venezia. Fra le sue (34-39) opere
-drammatiche, la prima delle quali fu <i>Le nozze
-di Teti e di Peleo</i> (1639), ebbe grande successo
-il <i>Giasone</i> (1649), ed a ragione, perchè vi abbondano
-<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span>
-scene di grande bellezza e verità come
-p. e. il lamento di Isifile e Maria «dell'antro
-magico». Cavalli perfezionò lo stile e diede
-più libera movenza al recitativo ed all'aria, che
-quantunque non sia ancora sviluppata, pure ha
-carattere decisamente arioso e melodia organicamente
-periodizzata. Ammirabile è poi nelle
-sue composizioni il magistrale aggruppamento
-delle parti, (duetti, terzetti e quartetti), la
-caratteristica e la novità degli effetti. Quasi in
-tutte le sue opere, anche nelle serie, havvi qualche
-personaggio comico (balbuziente, soldato,
-ecc.), e qui sono forse da cercare i primordi
-dell'opera comica, della quale del resto troviamo
-esempi per quanto imperfetti nella <i>Tancia</i>
-di <i>Jacopo Melani</i> (1657), nel <i>Pazzo per forza</i>
-e nel <i>Vecchio burlato</i> dello stesso autore ed in
-altre opere ancora anteriori, come p. e. nella
-<i>Diana schernita</i> di <i>Giacinto Cornachioli</i> Roma
-(1629), <i>Chi soffre speri</i> di Marco Marazzoli su
-parole di <i>Giulio Rospigliosi</i> (papa Clemente IX)
-(1639).
-</p>
-
-<p>
-Tanto nelle ultime opere di Monteverdi che
-in quelle di Cavalli il coro va perdendo importanza
-sia per la difficoltà di aver un coro per
-un'opera che cominciava a divenire popolare e
-perciò costretta a risparmiar spese o per il
-graduato abbandono della musica polifonica
-sia per lo spirito dei tempi inclinante al soggettivismo.
-In ambedue l'armonia viene coordinata
-alla melodia ed essa non segue più l'ordine
-delle voci. Per i crescendi drammatici si usa la
-<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span>
-forma della sequenza ed altre affini ed il recitativo
-ha ancora una parte musicalmente assai
-importante, quantunque Cavalli preferisca ormai
-l'arioso e le forme chiuse, di solito nel ritmo
-di passacaglia su bassi ostinati.
-</p>
-
-<p>
-L'istrumentazione di Cavalli è molto più semplice
-di quella di Monteverdi e vi domina il violino.
-Le trombe sono impiegate raramente nè si
-fa uso di tutta quella schiera d'istrumenti che
-usavano i fiorentini. Bisogna però osservare che
-gli strumenti non sono menzionati e che le partiture
-conservatici non sono forse che schizzi
-da completarsi a seconda del bisogno. Oltre le
-voci naturali, sono impiegati anche i castrati,
-che alle volte sono scritti in tessitura più alta
-di quella del soprano.
-</p>
-
-<p>
-La sinfonia originaria dell'opera veneziana cominciò
-coll'essere una semplice introduzione
-senza alcuna attinenza all'opera, in un tempo
-senza cambiamento di ritmo; poi si divise in
-due parti diverse di ritmo e tema, la prima
-basata sull'accordo, la seconda con sequenze
-formate da un breve tema, ciò che era ormai un
-embrione dell'ouverture francese posteriore.
-Monteverdi e Cavalli, come di solito succede
-dei genî, esercitarono per alcuni decenni, una
-potente influenza sulla musica contemporanea
-e dei maestri posteriori, quasi costringendoli
-all'imitazione e soffocando i singoli germi di
-originalità sicchè le opere di questi non sono
-che pallide copie delle loro.
-</p>
-
-<p>
-Non minor fama di Cavalli ebbe <i>Giacomo
-<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span>
-Carissimi</i> di Marino (1604-1674), direttore in Sant'Apollinare
-in Roma, il quale quantunque non
-abbia composto opere teatrali ebbe grande influenza
-sullo stile drammatico. Carissimi eccelse
-nell'Oratorio e nella Cantata da Camera, specie
-di scena drammatica con <i>a soli</i>, recitativi e
-pezzi d'assieme. I meriti di Carissimi sono gli
-stessi di quelli di Cavalli, ma in lui la melodia
-è ancor più scorrevole, il recitativo diventa assai
-espressivo come nella stupenda fine del <i>Iefte</i>. Fra
-i suoi Oratorî scritti in lingua latina con accompagnamento
-di due violini ed organo od organo
-solo, fra i quali il <i>Giudizio di Salomone</i>, <i>Iefte</i>,
-<i>Giona</i>, ecc., i cori hanno qualche cosa della
-grandiosità e maestà di quelli di Händel e
-struttura ed armonia somigliante alla moderna.
-Il racconto è affidato allo Storico, le persone
-dell'azione cantano o in recitativo od in stile
-arioso, il coro ha alle volte parte drammatica.
-Di Carissimi esistono anche più composizioni
-comiche come il <i>testamento dell'asino</i>, la <i>declinazione
-dell'hic, haec, hoc</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Chi applicò all'opera i miglioramenti di Carissimi
-fu <i>Marcantonio Cesti</i> suo scolaro, monaco
-aretino (1620-1669), direttore di cappella dell'imperatore
-Leopoldo I d'Austria, autore fecondo
-d'opere. Le più celebri sono la <i>Dori</i> (1663)
-ed il <i>Pomo d'oro</i> (1666). Questa fu eseguita
-con incredibile sfarzo per le nozze di Leopoldo I
-con Margherita di Spagna (la messa in scena
-costò 100.000 talleri) ed ha proporzioni incredibili
-(67 scene).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span>
-</p>
-
-<p>
-Kretschmar caratterizza così Cavalli e Cesti:
-«La natura di Cavalli sviluppa la sua grandezza
-nelle scene patetiche ed in quelle dove dominano
-il misterioso ed il terribile. L'arte di Cesti
-ci conquide invece nelle parti idilliche del
-dramma, quando la musica esprime i teneri
-sentimenti dei cuori amanti, se l'amico consola
-l'amico, se il solitario ricorda lamentandosi,
-se si descrivono le immagini dei sogni. La melodia
-di Cavalli è di linea semplicissima, mentre
-Cesti è inesauribile in particolari intimi e finitissimi».
-</p>
-
-<p>
-Da nominarsi sono altresì <i>Giovanni Legrenzi</i>
-(1625-1690), direttore di S. Marco in Venezia,
-maestro di Lotti e Caldara, <i>Andrea Ziani</i> (1653-1715),
-celebre organista di S. Marco, morto a
-Vienna, <i>Geronimo Giacobbi</i> (1575-1630), <i>Francesca
-Caccini</i>, figlia di Giulio, <i>Carlo Polarolo</i>,
-<i>Giac. Ant. Perti</i>, <i>Antonio Draghi</i> e finalmente
-<i>Alessandro Stradella</i> napolitano (?) (1645-1681),
-celebre cantore e virtuoso continuatore dello
-stile di Carissimi. Le sue composizioni, fra le
-quali alcune opere, sonate assai importanti,
-oratorî, molte cantate, delle quali molte inedite,
-si conservano in parte nella biblioteca di Modena;
-le sue arie «<i>se i miei sospiri</i>» e «<i>o del
-mio dolce</i>» non sono certo scritte da lui, perchè
-di stile affatto moderno. Dopo una vita avventurosa
-morì pugnalato a Genova.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque dopo gli studi recenti di Goldschmidt
-si possa ritenere che i diretti continuatori
-dell'opera di Caccini e Peri fossero romani
-<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span>
-(<i>Landi</i>, <i>Agazzari</i>, <i>Vitali</i>, <i>Mazzocchi</i>), pure
-l'opera si poteva chiamare fin qui veneziana,
-giacchè dopo Caccini e Peri sono i maestri veneziani
-o che vissero a Venezia i più celebri
-ed è a Venezia che si concentra l'interesse per
-l'opera e dove se ne rappresentò maggior numero.
-Ma colla fine del secolo XVII lo scettro
-passa a Napoli ed alla scuola napolitana.
-</p>
-
-<p>
-Il capo ed il primo dei molti celebri compositori
-drammatici napoletani fu <i>Alessandro Scarlatti</i>
-che si può a ragione chiamare il padre
-dell'opera italiana moderna (1659-1725), nato a
-Trapani, scolaro di Carissimi. Scarlatti si provò
-in tutti i generi ed in ognuno con fortuna. Autore
-fecondissimo scrisse più di 100 opere, 400
-e più cantate, 200 messe, motetti, oratorî, e
-molte composizioni istrumentali. Egli forma l'anello
-di congiunzione fra lo stile severo di Palestrina
-e la scuola del bel canto. Le sue composizioni
-sacre sono ancora severe e maestose ed alla
-polifonia è ispirato un nuovo alito caldo di vita,
-che indarno si cerca nei suoi antecessori. La sua
-importanza sta però nella musica drammatica.
-Le sue opere teatrali (le più celebri sono <i>Rosaura</i>,
-<i>Tigrane</i>, <i>Laodicea</i>) sono omai di gran lunga superiori
-a quelle della scuola veneziana. La melodia
-diventa sempre più facile, scorrevole e
-spontanea, le forme si raffermano e perfezionano.
-Il recitativo secco od accompagnato,
-l'aria, l'ouverture prendono la forma definitiva.
-L'istrumentazione per quanto semplice e basata
-sugli archi è però molto più ricca che quella
-<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span>
-delle opere veneziane ed egli la colorisce con
-altri istrumenti come corni, fagotti, viole d'amore,
-ecc., al che giovò senza dubbio la musica
-istrumentale di Torelli e Corelli, suoi contemporanei.
-</p>
-
-<p>
-Lo studio delle sue opere non giustifica però
-tutte le immense lodi che gli si soglion dare.
-Egli è ben di rado drammatico e se lo è, di preferenza
-nelle scene comiche. Le sue melodie
-basano precipuamente sul contrappunto ed egli
-eccelle piuttosto nelle forme piccole come la
-cantata, che nell'opera teatrale stessa. Molti dei
-maestri posteriori lo superano nell'ispirazione
-ma nessuno nella sapienza e nell'estrema chiarezza
-del lavoro contrappuntistico, giovandogli
-forse la vicinanza di tempo dei grandi maestri
-romani. Ma di lui in realtà oggi si conosce ben
-poco, perchè quasi tutta la sua immensa opera
-è sepolta nelle biblioteche. Händel ed anche
-Bach gli devono moltissimo e specialmente il
-primo apprese da lui la bellezza della forma,
-la chiarezza e senza lo studio delle sue opere
-ed i suoi consigli egli non sarebbe quegli che
-egli è.
-</p>
-
-<p>
-Secondo gli ultimi studî sembra anche che
-molti dei meriti di <i>Scarlatti</i> sieno comuni ad un
-altro maestro, <i>Francesco Provenzale</i> (1610) del
-quale sinora si conosceva poco più del nome e
-che forse fu maestro di Scarlatti. Le sue opere
-<i>Stellidaura vendicata</i>, <i>lo Schiavo di sua moglie</i>,
-<i>la Colomba ferita</i>, mostrano omai quelle forme
-e quei pregi di cui vanno adorne le opere di
-<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span>
-Scarlatti. Questi finì la sua gloriosa carriera
-quasi nell'oscurità e dimenticanza, consolato
-soltanto dall'ammirazione ed affetto di numerosi
-scolari e colleghi, fra i quali il sommo
-Händel, che di lui parlava colla più alta stima.
-</p>
-
-<p>
-L'opera di Scarlatti segna una nuova fase
-della musica. Essendo nell'opera napoletana
-concentrata tutta l'importanza nelle arie l'interesse
-drammatico, lo sviluppo dell'azione va
-perdendosi in un lirismo dominante. Fu quasi
-un'ubbriacatura di melodie delle quali mai si
-era sazî; <i>aria</i> seguiva ad <i>aria</i> e <i>recitativo</i>, ed
-i piccoli cori frammisti a qualche pezzo d'assieme
-di pochissima importanza aveano piuttosto
-lo scopo di conceder riposo al cantante
-che altra cosa. La polifonia avea troppo a lungo
-dominato il campo ed impedito il sorgere della
-melodia assoluta, cosicchè, quando questa potè
-liberamente espandersi, il pubblico dimenticò
-intieramente la verità drammatica, lo sviluppo
-dell'azione, dei caratteri ed altro. L'opera divenne
-pressochè una cantata, snaturandosi ancora
-nei primordî un genere che aveva altre
-tendenze e cagionando altresì la decadenza
-della musica da chiesa, giacchè all'antica polifonia
-l'Italia non seppe sostituire, come la
-Germania, l'elemento della semplice e grave
-devozione delle canzoni popolari protestanti
-ma vi trapiantò la melodia teatrale drammatica.
-</p>
-
-<p>
-La <i>nobile sprezzatura</i> del canto, vagheggiata
-dalla Camerata fiorentina, fa luogo alla virtuosità
-che non serve a scopi alti ma tende semplicemente
-<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span>
-all'effetto esteriore. Questi difetti non
-sono tanto palesi in Scarlatti e nei primi maestri
-della grande scuola napoletana, durando
-ancora le antiche tradizioni ed essendo la riforma
-fiorentina troppo recente. Molte delle loro
-composizioni sacre resistettero perciò al cambiar
-dei tempi, mentre le opere drammatiche
-sono tutte dimenticate, perchè nelle prime oltre
-la bellezza melodica affascinante, l'armonia ed
-il contrappunto sono ancor sempre magistrali
-ed esse non mancano di maestà e devozione. Ma
-quando dopo Leo e Durante la polifonia ed il
-contrappunto abbandonano la tematica degli
-antichi inni ed alle frasi musicali a questi somiglianti
-si sostituisce la nuova melodia mondana,
-la religiosità scomparve e non restò che una
-vana forma ipocrita, che meglio s'adattava al
-contenuto sensuale.
-</p>
-
-<p>
-La scuola napoletana fondata da Alessandro
-Scarlatti conta una coorte di musicisti, autori
-fecondissimi, ispirati e facili, nè alcuna nazione
-vide mai in sì poco tempo seguirsi uno all'altro
-tal quantità di ingegni musicali, le melodie dei
-quali inondavano di dolcezza gli animi e li trasportavano
-in regioni incantate. Ed a quella
-guisa che i Fiamminghi avevano esercitato nel
-secolo XV un influsso decisivo sulla musica,
-così nei secoli XVII e seguenti l'opera napoletana
-domina non solo tutti i teatri d'Italia ma
-anche quelli delle corti di Germania e d'Inghilterra,
-mentre in Francia si accende la lotta fra
-i partigiani dell'opera francese ed italiana.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span>
-</p>
-
-<p>
-Fra i numerosi scolari di Alessandro Scarlatti
-ebbero maggior fama <i>Francesco Durante</i>, <i>Leonardo
-Leo</i> e <i>Niccolò Porpora</i>. <i>Francesco Durante</i>
-(1674-1755) di Frattamaggiore presso Napoli,
-maestro del Conservatore di S. Onofrio, non ebbe
-fortuna nello stile drammatico e si dedicò quasi
-esclusivamente alla musica da chiesa e da camera.
-Meno ricco di fantasia del suo maestro
-e del suo condiscepolo Leo, egli scrisse molte
-composizioni da chiesa a più voci, piene d'effetto,
-splendide nelle armonie o non prive di
-grandezza. Il suo <i>Magnificat</i> e la <i>Messa alla Palestrina</i>
-non sono neppure oggi dimenticati e
-quantunque non raggiungano le composizioni
-della scuola romana, possono annoverarsi fra
-le più belle opere del periodo posteriore al
-classico. Durante ebbe molti allievi, fra i quali
-<i>Vinci</i>, <i>Iomelli</i>, <i>Duni</i>, <i>Traetta</i>, <i>Piccini</i>, <i>Sacchini</i>,
-<i>Guglielmi</i>, <i>Paisiello</i>. Superiore a lui in ogni riguardo
-fu <i>Leonardo Leo</i> (1694-1744) di San Vito
-nella provincia di Lecce, melodiosissimo ed
-ispirato, che ebbe gran fama per le sue opere,
-in cui l'istrumentazione è delicata e caratteristica.
-Fra le sue composizioni sacre è celebre
-il <i>Miserere</i> a otto voci. Leo fu il primo a scrivere
-concerti per violoncello obbligato. Stupenda
-è l'Ouverture dell'Oratorio <i>St. Elena al Calvario</i>.
-<i>Francesco Feo</i> (1699-1752) fu condiscepolo di
-Durante e Leo alla scuola di Pitoni a Roma. Con
-lui la musica da chiesa decadde rapidamente,
-sostituendosi all'elemento religioso sempre più
-il drammatico e confondendosi i due stili.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span>
-</p>
-
-<p>
-<i>Niccolò Porpora</i> (1686-1767) fu autore fecondissimo
-in ogni genere, e fu egli che gareggiò
-a Londra con Händel. Maggiore della sua fama
-come compositore è la sua rinomanza quale
-maestro di canto e Farinelli ed il Porporino furono
-suoi scolari. La fama di Porpora è del
-resto molto minore dei suoi meriti. Egli è un
-vero classico e può misurarsi almeno nell'opera
-con Händel che alle volte supera p. e. nell'<i>Arianna</i>.
-Il suo difetto maggiore è una certa
-freddezza, che lo distingue in genere dai maestri
-napolitani.
-</p>
-
-<p>
-Se già Porpora appartiene all'epoca della
-decadenza della scuola napoletana, ciò può
-dirsi a maggior ragione dei maestri posteriori,
-le opere dei quali, con poche eccezioni, composte
-per lo più in breve tempo e per secondare il
-gusto del pubblico, mancano di verità drammatica
-e sono oltre ogni dire manierate.
-</p>
-
-<p>
-<i>Leonardo Vinci</i> (1690-1732) di Strongoli, scolaro
-di <i>Gaetano Greco</i>, dottissimo contrappuntista,
-fu dotato di fantasia inesauribile. Le sue
-molteplici opere drammatiche ebbero grande
-successo ai loro tempi per la dolcezza delle
-melodie e per una certa sentimentalità, che allora
-era di moda. Vinci sa però molte volte raggiungere
-una grande potenza drammatica specialmente
-nel recitativo accompagnato, col
-quale egli da grande varietà ed espressione alle
-scene più caratteristiche, preparando la riforma
-di Gluck.
-</p>
-
-<p>
-Più noto di lui ai nostri tempi è <i>Giovanni
-<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span>
-Battista Pergolesi</i> di Iesi (1710) scolaro di Durante,
-Greco e Feo. Il suo ingegno gentile e
-delicato non era fatto per l'opera seria. La sua
-<i>Olimpiade</i> cadde a Roma e il giovane maestro
-se ne accorò tanto che la sua gracile salute ne
-ebbe tale scossa da non rimettersene più. Grande
-plauso destò invece il suo intermezzo <i>La serva
-padrona</i>, dato in Napoli (1731), opera che ancor
-oggi si eseguisce perchè è veramente ispirata
-ed ha vita drammatica ed eleganza di stile.
-Pergolesi fu colla <i>Serva padrona</i> ed altri intermezzi
-(il <i>Frate innamorato</i>, il <i>Flaminio</i>, la <i>Contadina
-astuta</i>, ecc) uno dei fondatori dell'opera
-buffa. Celebre pure fino ad oggi è il suo <i>Stabat
-Mater</i>, composizione che egli compì poco prima
-della sua morte (1736). Questa opera per due
-voci di donna e quartetto d'archi non appartiene
-alla vera musica sacra, ma cattiva gli
-animi per una dolce melanconia non però priva
-di passione che vi è sparsa e per la grande bellezza
-melodica e la chiarezza del disegno musicale.
-I soliti giudizi specialmente degli stranieri
-sulle opere di Pergolesi sono oggi da rifarsi completamente,
-giacchè egli non è punto lo sdolcinato
-autore, che si volle fin oggi fare di lui.
-Egli è invece fra i contemporanei il più geniale
-e quegli che anche nell'opera seria aveva iniziato
-una riforma drammatica, che la morte
-troncò e bastino per prova i recitativi drammatici
-dell'<i>Olimpiade</i> e dell'<i>Adriano</i>. Nell'opera
-buffa, della quale egli per circostanze esteriori
-ebbe più ad occuparsi, raggiunse un alto grado
-<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span>
-di perfezione per la concisione e bellezza della
-melodia, la sana e briosa letizia che non diventa
-mai triviale. Ma anche nella musica istrumentale
-egli fu un precursore geniale specialmente
-nelle Sonate per due violini e basso dove si
-trova già l'Allegro cantabile prima ignoto e di
-grande importanza per la musica posteriore, ed
-il riapparire del primo tema dopo lo sviluppo
-della seconda parte e del rivolto, un procedimento
-che a torto si riteneva fosse stato Filippo
-Emanuele Bach a usare per il primo.
-</p>
-
-<p>
-Pergolesi scrisse in cinque anni di lavoro dodici
-opere teatrali, tre oratori, quattro messe,
-più <i>Salve regina</i>, lo <i>Stabat</i>, <i>Arie</i>, <i>Trio</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Allo stesso genere di musica drammatica sacra
-appartiene pure il celebre <i>Stabat Mater</i> di <i>Emanuele
-Astorga</i> (1680-1736?), barone siciliano nato
-nel 1680 ad Augusta e morto in Spagna verso
-il 1750, autore dell'opera pastorale <i>Dafni</i> e di
-molte cantate. Le ultime ricerche di Volkmann
-hanno sfatato tutte le leggende, che si leggono
-sulla sua vita. Lo <i>Stabat Mater</i> di Astorga a
-4 voci con archi è simile a quello di Pergolesi ma
-ha più maschia severità ed il contrappunto e
-l'armonia sono più ricchi.
-</p>
-
-<p>
-<i>Niccolò Iomelli</i> di Aversa (1714-1774) frequentò
-la scuola di Durante e Feo. Scrisse più
-opere per varie città d'Italia. Scrittore facile e
-melodioso, egli seppe già dalle prime innalzarsi
-sopra gli altri. Passato alla corte di Stoccarda,
-dove fu molti anni maestro di cappella,
-fece risorgere le sorti di quel teatro, eseguendo
-<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span>
-opere, come in Germania mai si aveva prima
-sentito. Il contatto coi maestri della scuola tedesca
-influì altresì sul suo stile arricchendone
-l'armonia. Ritornato in patria i suoi ultimi lavori
-non ebbero fortuna. A torto però, giacchè
-le sue ultime opere per la nobiltà d'ispirazione
-e ricchezza di lavoro orchestrale si devono anzi
-contare fra le migliori della scuola napolitana.
-(<i>Enea nel Lazio</i>, <i>Penelope</i>, <i>Fetonte</i>). Fra le molte
-composizioni sacre che scrisse, è ancor noto un
-<i>Requiem</i> melodioso e d'effetto, benchè privo di
-maestà e grandezza. Una delle sue ultime opere
-fu un <i>Miserere</i> per due soprani e quartetto d'arco
-opera che può star a paro collo <i>Stabat Mater</i>
-di Pergolesi. Iomelli fu chiamato dai contemporanei
-il Gluck italiano e non senza ragione,
-giacchè nessun maestro italiano si curò tanto
-del libretto e della verità drammatica. Egli rimise
-in onore il coro, diede più importanza al
-recitativo accompagnato ed all'orchestra, che è
-trattata con grande diligenza. L'ultima scena
-del <i>Fetonte</i> è un pezzo di musica descrittiva
-piuttosto unico che raro per il suo tempo.
-</p>
-
-<p>
-<i>Niccolò Piccini</i> di Bari (1728-1800) deve la
-sua fama, che dura fino ad oggi, più che alle
-sue opere, alle gare ed alla contesa che si accese
-negli ultimi anni della sua vita a Parigi
-fra i suoi fautori e quelli di Gluck. A lui spetta
-però il merito d'aver introdotto nuove forme
-nell'opera buffa, iniziata da <i>Niccolò Logroscino</i>
-(1700-1763), e d'averla arricchita di maggiore
-varietà. Egli abbandonò l'<i>aria da capo</i> di Scarlatti
-<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span>
-e vi sostituì la forma del <i>rondò</i>. Trasformò
-la forma del finale e fu sempre accurato nella
-strumentazione. La sua <i>Cecchina</i> ebbe tale successo
-che in pochi anni si rappresentò in tutta
-l'Europa. Qualche bel brano contiene altresì
-il suo <i>Orlando</i>, scritto per l'Opera di Parigi (1778).
-</p>
-
-<p>
-<i>Antonio Sacchini</i> (1734-1786) di Pozzuoli, autore
-dell'<i>Edipo a Colono</i> e <i>Tommaso Traetta</i>
-(1717-1779) unirono all'abbondanza melodica
-napoletana vigoria e verità drammatica. Ambedue
-ebbero vita avventurosa e visitarono più
-paesi.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giovanni Paisiello</i> di Taranto (1741-1816) autore
-fecondissimo godè fama immensa tanto
-in Italia che in Germania e Russia. Più fortuna
-delle sue opere serie ebbero le comiche e buffe,
-fra cui il <i>Barbiere di Siviglia</i> per lo stile festevole
-ed urbano, per eleganza di forma e per
-la freschezza inesauribile della melodia.
-</p>
-
-<p>
-<i>Niccolò Zingarelli</i> (1752-1837) napoletano, autore
-dell'opera Giulietta e Romeo, fu pedante e
-retrogrado ma egregio pedagogo;
-</p>
-
-<p>
-Con <i>Domenico Cimarosa</i> di Aversa (1749-1801)
-scolaro di Sacchini, autore di <i>Giannina e Bernardone</i>,
-del <i>Matrimonio segreto</i>, eseguito nel
-1792 a Vienna con successo enorme, l'opera
-buffa, retaggio della terra italiana, arrivò al più
-alto grado di perfezione per la naturalezza, giovialità
-sana e per gli interessanti contrasti,
-il tutto raggiunto con arte sobria e sicura.
-</p>
-
-<p>
-Come in tutte le arti ad un epoca di splendore
-segue per legge naturale quella della decadenza,
-<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span>
-quasi che il genio umano abbisogni di riposo,
-al fiore dell'opera napoletana succede un'epoca
-nella quale il manierismo prende il sopravvento,
-lo stile perde l'originalità e diventa incolore.
-Ad onta di tutto ciò l'arte italiana mantenne almeno
-nell'opera il primato ed i musicisti italiani
-continuarono per lunghi anni ancora a
-dare le loro opere nei teatri di corte di Germania,
-ad occuparvi i più onorifici posti, ed
-i cantanti italiani erano ricercati e preferiti. E
-non solo i teatri di Vienna, Monaco e Dresda,
-ma anche molti di altre città, come Berlino,
-Breslavia, Lipsia, Stoccarda, Brunswick, ecc.,
-erano intieramente dominati dagli artisti italiani,
-sicchè per i compositori tedeschi non restava
-altro che scegliere o fra l'oblio e la trascuranza
-o l'imitazione degli italiani.
-</p>
-
-<p>
-Quest'epoca poi, che chiamiamo di decadenza,
-non lo è che relativamente al tempo anteriore,
-in cui l'Italia come mai nessun'altra nazione
-vide in sì pochi anni fiorire tanti uomini illustri,
-dotati di sì grande genio musicale, poichè fra
-questi maestri alcuni furono pari ai primi per
-vastità d'ingegno e dottrina. L'influsso della
-scuola napoletana è generale in quest'epoca, e
-se prima potemmo distinguere la scuola fiorentina,
-romana e veneziana, la caratteristica di
-queste scuole, che però durarono anche in seguito,
-va perdendosi per il predominio dello stile
-dell'opera e della musica dei maestri napoletani.
-</p>
-
-<p>
-Il maggiore degli epigoni fu senza dubbio
-<i>Antonio Lotti</i> (1667-1740), probabilmente nato
-<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span>
-in Hannover, figlio d'un musicista veneziano,
-direttore di quella cappella. Studiò da <i>Legrenzi</i>
-ed occupò il posto di primo organista in San
-Marco, dove divenne poi direttore della cappella.
-Nell'anno 1718 si recò alla corte di Dresda
-e vi fece eseguire in occasione delle nozze
-del principe palatino di Sassonia la sua opera
-<i>Gli odi delusi dal sangue</i> ma non vi restò che
-poco tempo, essendo ritornato a Venezia per
-rimanervi fino alla morte. L'importanza di
-Lotti sta nelle sue opere di musica sacra. In
-queste egli raggiunse i più alti ingegni e vi
-lasciò traccia imperitura. La potenza espressiva,
-la grandiosità tragica, la maestà e sonorità
-dei suoi celebri <i>Crucifixus</i> a 6, 8 e 10
-voci, delle sue messe, del suo <i>Miserere</i> in <i>re minore</i>,
-del suo motetto <i>Laudate pueri</i> a tre voci di
-donne e quartetto, si cercano indarno nelle
-opere dei contemporanei. Sul limitare dell'epoca
-della musica da cappella della scuola romana
-egli vi infonde nuovi elementi moderni, che ne
-arricchiscono l'espressione e corrispondono all'epoca
-in cui la riforma aveva suscitato il dubbio
-e l'anima non possedeva più la quiete e la
-tranquillità del tempo di Palestrina. Non meno
-grande che nella musica da chiesa è Lotti
-nei suoi Madrigali, duetti e terzetti (1705) fra
-cui la celebre aria: <i>Pur dicesti, o bocca bella</i>,
-oggi tante volte cantata. Una delle sue ultime
-opere fu il celebre madrigale <i>Spirito di Dio</i>
-(1736), scritto per ordine della Serenissima onde
-festeggiare il novello Doge.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span>
-</p>
-
-<p>
-Miglior fortuna di Lotti ebbe nell'opera il
-suo collega di studi <i>Antonio Caldara</i>, veneziano
-(1678-1763), maestro dell'imperatore Carlo VI,
-direttore dell'opera a Vienna (1718), autore di
-69 opere teatrali. Caldara appartiene ormai alla
-decadenza e ad onta della sua ricchezza melodica
-manca d'originalità e sentimento drammatico.
-Fra la sua musica da chiesa è noto un
-<i>Crucifixus</i> a 16 voci e non sono ancora dimenticate
-alcune delle sue cantate.
-</p>
-
-<p>
-Fra gli altri musicisti veneziani degni di
-menzione eccelsero <i>Benedetto Marcello</i> e <i>Baldassare
-Galuppi</i>. <i>Benedetto Marcello</i> nobile veneziano
-(1686-1739) deve la sua fama precipuamente
-alla sua opera capitale: <i>Estro poetico
-armonico</i>, raccolta di 50 salmi su parafrasi di
-Giustiniani, in otto volumi (1724-1727), edita
-più volte anche recentemente. Queste composizioni
-sono scritte a 1, 2, 3 e 4 voci con basso
-numerato ed altresì con istrumenti a corda, in
-stile diverso, che si avvicina alla cantata nella
-quale si avvicendano recitativi, arie e pezzi fugati.
-Quantunque molti temi sieno tolti da canti
-ebraici spagnuoli antichi e da melodie greche,
-il carattere è essenzialmente moderno, per cui
-è inevitabile un contrasto fra arcaismi e mezzi
-moderni, che esclude l'intima armonia delle
-parti. I salmi di Marcello non meritano la fama
-che ebbero per la parziale mancanza di semplicità
-e grandiosità addicentesi al testo e pel predominio
-del sentimento drammatico, ma sono
-però da considerarsi come un'opera monumentale
-<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span>
-del periodo della decadenza. Marcello coprì
-molte cariche onorifiche e morì a Brescia.
-</p>
-
-<p>
-<i>Baldassare Galuppi</i> di Burano detto il Buranello
-(1706-1786), frequentò la scuola di Lotti,
-fu direttore di cappella a San Marco, e visitò
-Londra e Pietroburgo. Fra le sue numerose
-opere teatrali (circa 60), la <i>Didone abbandonata</i>
-ebbe la maggior fortuna. Eccelse nel genere
-comico (<i>Il mondo della luna, l'Uomo femmina</i>,
-ecc.), e fu compositore melodioso ed ispirato
-unendo alla vivace fantasia un innato istinto
-della forma mentre invece l'armonia è povera
-e trascurata.
-</p>
-
-<p>
-In Roma duravano le antiche tradizioni dell'epoca
-di Palestrina ed esercitavano un influsso
-sui musicisti, che come prima si volgevano
-di preferenza alla musica da chiesa.
-</p>
-
-<p>
-Celebre maestro e capo d'una scuola, che frequentarono
-Durante, Feo, Leo ed altri fu <i>Giuseppe
-Ottavio Pitoni</i> di Rieti (1657-1743), direttore
-di cappella in più chiese di Roma. Molte
-delle sue composizioni da chiesa si eseguiscono
-ancora oggi e s'avvicinano al modello di Palestrina
-per la grandiosità, maestà e purezza di
-stile (<i>Dixit</i> a 16 voci, <i>Requiem</i>, ecc.). Fu dottissimo
-contrappuntista ed ebbe mente tanto chiara
-ed intelletto sì acuto da scrivere senza partitura.
-Di lui abbiamo pure un lavoro pregevolissimo
-ed assai utile per la storia della musica nella
-sua <i>Notizia dei contrappuntisti e compositori di
-musica dagli anni dell'êra cristiana</i> 1000 <i>fino
-al</i> 1700.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span>
-</p>
-
-<p>
-Altri celebri maestri romani furono <i>Bernardo
-Pasquini</i>, uno dei più grandi organisti italiani
-(1637-1710); <i>Francesco Gasperini</i> suo scolaro,
-nativo di Lucca (1668-1737), maestro in S. Giovanni
-Laterano, autore fecondo di musica da
-chiesa e di opere teatrali, come pure di un trattato:
-<i>L'armonico pratico al cembalo e Tommaso
-Bay</i> (1713), direttore della cappella Sistina, autore
-del celebre <i>Miserere</i>, scritto a somiglianza
-di quello d'Allegri a 4 e 8 voci; <i>Giovanni Battista
-Casali e Pompeo Cannicciari</i>.
-</p>
-
-<p>
-La dotta Bologna vide pure fra le sue mura
-fiorire insigni ingegni musicali fra i quali <i>Giovanni
-Paolo Colonna</i> (1640-1695), bresciano, allievo
-di Carissimi e Benevoli, compositore di
-musica da chiesa ed opere teatrali e dotto
-maestro, dalla cui scuola uscirono fra altri Bononcini
-e Clari.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giovanni Bononcini</i>, il giovane, figlio del celebre
-teorico Giovan Maria Bononcini, nacque
-nel 1670 in Modena e frequentò dapprima la
-scuola del padre per poi passare a quella di
-Colonna a Bologna. Dopo aver vissuto alcun
-tempo a Vienna e Roma, dove fu ammirato
-per la sua arte di suonare il violoncello, si recò
-a Londra e vi fece rappresentare nel 1706 l'opera
-<i>Camilla</i>, spacciandola per sua, mentre l'aveva
-scritta sua fratello Marcantonio. Le sue
-composizioni vennero in voga, e la sua stella
-parve persino oscurare per qualche tempo quella
-del suo contemporaneo Händel. Il campo si divise
-in due fazioni, una per Bononcini, l'altra
-<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span>
-per Händel e non mancarono nè acerbe lotte
-nè libelli satirici dall'una e dall'altra parte. Ma
-Bononcini, quantunque buon musicista, non poteva
-alla lunga competere con un colosso come
-Händel, del quale indarno tentava raggiungere
-la grandiosità tragica e la potenza espressiva.
-La sua ultima opera, che diede a Londra (1727),
-fu l'<i>Astianatte</i>, colla quale intendeva superare
-Händel ma che non incontrò il favore del pubblico.
-La vanagloria fu la causa della sua rovina,
-giacchè avendo egli consegnato all'Accademia
-musicale, qual prova della sua capacità, un madrigale
-a cinque voci, scopertosi poi che era il
-madrigale di Lotti: <i>In una siepe ombrosa</i>, pubblicato
-nella sua raccolta di duetti, terzetti, ecc.
-(1705), fu abbandonato anche dai suoi partigiani
-e dovette ritirarsi sconfitto per finire la sua vita
-oscuramente a Venezia.
-</p>
-
-<p>
-Contemporaneo di Bononcini è <i>Attilio Ariosti</i>
-(1660) bolognese, successore poco fortunato del
-primo a Londra. Egli fu celebre suonatore di
-viola e scrisse molte sonate per questo istrumento.
-</p>
-
-<p>
-Gentile ed ispirato compositore fu l'altro scolaro
-già nominato di Colonna, <i>Giovanni Maria
-Clari</i> di Pisa (1669), direttore della cappella di
-Pistoia, che si distinse nella musica da camera.
-Di lui sono meritamente celebri un <i>de Profundis</i>
-per coro, organo ed orchestra ed i duetti da
-camera.
-</p>
-
-<p>
-Maggiore di tutti in questo genere fu <i>Agostino
-Steffani</i> di Castelfranco nella provincia di Venezia
-<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span>
-(1654-1728), una delle più simpatiche personalità
-artistiche del suo secolo. Dapprima
-putto in S. Marco a Venezia, si recò a Monaco
-a studiarvi la composizione da Bernabei. Nel
-1685 fu chiamato alla corte di Hannover, dove
-egli sviluppò un'attività artistica coronata dal
-più felice successo. In seguito meritatasi la stima
-e confidenza del principe coprì cariche diplomatiche
-importanti e prestò segnalati servigi.
-Egli si provò in tutti i generi e nella musica
-da camera vocale riuscì insuperabile. I suoi
-duetti da camera oggi pur troppo quasi dimenticati,
-sono un modello del genere. In essi la
-forma, l'ispirazione, la dottrina, la infinita varietà
-vanno di pari passo e formano un complesso
-perfetto, che lo stesso Händel, suo successore
-in Hannover, non si peritò a chiamare
-inimitabile. La forma di questi duetti è svariata;
-essi constano ora d'uno ora di più tempi ed
-uniscono allo stile fugato e a canoni un'inesauribile
-vena melodica ed una rara potenza di
-espressione. L'ultima composizione di Steffani
-fu il suo grandioso <i>Stabat Mater</i> a sei voci con
-archi ed organo, un'opera pari o superiore a
-quella del Pergolesi ed Astorga e di stile più
-puro di queste.
-</p>
-
-<p>
-In ultimo rammenteremo fra gli italiani il
-<i>P. Giambattista Martini</i>, monaco francescano
-di Bologna (1706-1784), più celebre teorico che
-compositore, autore dell'importante <i>Saggio fondamentale
-pratico di contrappunto</i>, che contiene
-una quantità di composizioni dei più distinti
-<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span>
-maestri, esaminate e spiegate con rara perspicacia
-e della <i>Storia della musica</i> in tre volumi,
-opera pur troppo incompleta, che abbraccia
-soltanto l'epoca antica e da prova della stragrande
-coltura dell'autore; — <i>Francesco Conti</i>
-fiorentino (1703), celebre tiorbista (specie di
-liuto), compositore d'opere fra le quali il <i>Don
-Chisciotte</i>, che ebbe molto successo, vice-direttore
-del teatro di Vienna; — Giuseppe Sarti di
-Faenza (1729), e <i>Vincenzo Martini</i> di Valenza
-in Spagna (1754), autore il primo dell'opera
-<i>Fra due litiganti il terzo gode</i>, il secondo della
-<i>Cosa rara</i>, di due temi delle quali Mozart si
-servì nel finale del <i>Don Giovanni</i> — <i>Ferdinando
-Paer</i> (1771-1839), parmigiano, facile ma superficiale,
-autore delle fortunate opere <i>Griselda</i>
-e <i>Sargino</i>. — <i>Antonio Salieri</i> (1750-1825) di
-Legnago, scolaro di Gluck, maestro di Beethoven
-e Schubert (<i>Danaidi</i>, <i>Tarare</i>). — <i>Vincenzo
-Righini</i> (1756-1841) perugino, l'ultimo dei
-direttori italiani stabili nei teatri di Germania.
-</p>
-
-<p>
-Il tempo inesorabile ha travolto nella dimenticanza
-tutte le opere teatrali della scuola napolitana
-e di loro si conosce oggi soltanto qualche
-aria pubblicata in antologie musicali, mentre
-il resto giace sepolto nelle biblioteche. Una
-delle cagioni principali di questo completo
-oblio sta senza dubbio nella mancanza assoluta
-di interesse e verità drammatica dell'azione. I
-libretti di queste opere o di soggetto mitologico
-o storico romano o greco non sono che
-una filza di scene mal collegate che non hanno
-<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span>
-altro scopo che porgere occasione al musicista
-ed al cantante o allo scenografo di mettere in
-bella mostra la loro arte. La forma diventa
-perciò affatto stereotipa. Aria segue ad aria (40-
-50 in una sol opera) e queste son collegate da
-recitativi di solito senza importanza. Il coro
-non ha quasi alcuna parte, i duetti sono piuttosto
-semplici composizioni di musica assoluta
-che scene drammatiche, i terzetti ed i quartetti
-sono rarissimi. L'opera buffa napolitana, preceduta
-dalla <i>commedia in musica</i> di spesso in dialetto
-è più viva e spigliata e perciò essa seppe
-più resistere alle ingiurie del tempo.
-</p>
-
-<p>
-L'unica opera che si eseguisce ancora qualche
-rara volta è il <i>Matrimonio segreto</i> di Cimarosa
-ed essa può servire a giudicare del genere. La
-facilità è davvero meravigliosa, le situazioni ed i
-caratteri vi sono appena accennati, l'orchestra
-si accontenta di accompagnare. Ma la matematica
-regolarità del periodo musicale, il mantenere
-lo stesso tono, le cadenze sempre eguali,
-insomma la troppa regolarità e somiglianza di
-una parte coll'altra finiscono col destare un sentimento
-di tedio e monotonia, per quanto non
-ci sembri giustificata la nota di Schumann nel
-suo giornale: «tecnica magistrale, del resto piuttosto
-senza interesse ed in fine tedioso e privo
-d'ogni pensiero».
-</p>
-
-<p>
-È affatto inutile il parlare dei poeti che servirono
-ai musicisti. La parte più debole della
-letteratura italiana fu sempre il teatro ed è naturale,
-che i libretti di opera fossero di molto
-<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span>
-inferiori alle poche produzioni drammatiche da
-recitarsi, perchè l'opera in musica era quasi
-fossilizzata per le forme ormai prescritte dalla
-tradizione. In ogni modo però <i>Apostolo Zeno</i>
-(1687-1750) che «tentò comporre melodrammi
-che stessero in pace colla logica dell'arte» e
-<i>Pietro Trapassi-Metastasio</i> (1898-1782), ambidue
-poeti cesarei alla corte di Vienna si innalzano
-su tutti gli altri ma a loro fanno difetto le maggiori
-doti del poeta drammatico, la verità, la
-caratteristica e la scienza dei contrasti.
-</p>
-
-<p>
-Metastasio è del resto ben superiore a Zeno,
-che diventò librettista d'opera più per necessità
-della vita e fu piuttosto un pedante che un
-poeta. Mentre egli come scrive «poetava pian
-piano per non riscaldarsi di soverchio il capo»
-Metastasio poteva dire di sè:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>Sogni e favole io fingo; e pure in carte</p>
-<p>Mentre favole e sogni orno e disegno,</p>
-<p>In lor, folle che son, prendo tal parte</p>
-<p>Che del mal che inventai piango e mi sdegno.</p>
-</div>
-
-<p>
-I poeti posteriori non seppero del resto raggiungere
-neppure lontanamente Metastasio.
-«Molti, scrive Goldoni, si sono provati dopo di
-lui e valorosi e dotti; ma l'orecchio avvezzato
-a quei dolci versi, a que' gentili pensieri, a quel
-brillante modo di sceneggiare dell'egregio poeta,
-non ha trovato chi valga ad agguagliarlo». Difatti
-se i drammi di Metastasio non son capolavori,
-essi son ben di molto migliori di quelli
-dei poeti che gli successero, fra i quali emergono
-<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span>
-<i>Gio Batta Casti</i> e <i>Lorenzo Da Ponte</i>, l'autore
-dei libretti delle <i>Nozze di Figaro</i> e del
-<i>Don Giovanni</i>. Casti è l'autore dello scherzo comico:
-<i>Prima la musica, poi le parole</i>, musicato
-da Salieri, che è però una satira mordace dell'andazzo
-dei tempi, perchè come dice il Maestro
-nello Scherzo allora valeva quasi la massima
-che
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>«<i>La mia musica ha questo d'eccellente,</i></p>
-<p><i>Che può adattarsi a tutto egregiamente</i>».</p>
-</div>
-
-<p>
-L'importanza del teatro e specialmente dell'opera
-lirica di quei tempi era del resto ben
-diversa da quella che assunse poi, nè ciò si
-cambiò per molto tempo ancora, giacchè, come
-Vincenzo Monti diceva, «gli italiani non portano
-all'opera che gli orecchi». «Il teatro insieme
-con l'amore, la conversazione ed il gioco
-è il piacere supremo della gente ricca ed oziosa,
-non impacciata nei commerci, non tormentata
-dall'enorme fatica del pensare; essa si
-raccoglieva volentieri intorno ad un tavolino di
-faraone come accorreva in folla a udire quella
-musica facile, cascante di trilli e di vezzi, sensuale
-e voluttuosa, piena di strascichi e scoppî,
-di volute e fioriture, nella quale le Dorisbe ed
-Armide venivano alla ribalta a gorgheggiare le
-ariette, impazientemente attese dal pubblico
-dopo i lunghi recitativi, onde la favola era tessuta»
-(Tullio Concari, <i>Il Settecento</i>, pag. 53).
-</p>
-
-<p>
-Un quadro fedele del teatro lirico del Settecento
-in Italia ci dipinse Burney nel suo Giornale
-<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span>
-di viaggio attraverso la Francia e l'Italia
-(1770) mentre Benedetto Marcello colla sua celebre
-satira <i>Il Teatro alla moda</i> (1720) ne caratterizzò
-i difetti. Altre satire del teatro musicale
-sono l'<i>Impresario delle Smirne</i>, di Goldoni,
-<i>il poeta di teatro</i> di Filippo Pananti, e <i>l'opera
-seria</i> di Ranieri Calzabigi con musica di Gennaro
-Astariota.
-</p>
-
-<p>
-I giudizî che da anni ed anni si ripetono stereotipi
-sull'opera italiana dopo Monteverdi fino
-alla fine del Settecento sono tanto meno giustificati
-che non si fa che ripetere quello che altri
-scrisse prima senza punto controllarne la giustezza
-e perchè in realtà quasi nessuno conosce
-veramente quelle opere, che per la maggior
-parte non furono mai pubblicate per le stampe.
-Anche oggi non esistono che pochissime edizioni
-moderne di alcune opere intiere e qualche
-raccolta di arie. Eppure per quanto insignificanti
-in confronto dello stragrande numero,
-esse bastano per conchiudere che l'opera italiana
-del Seicento e Settecento è ben superiore
-a quello che si crede.
-</p>
-
-<p>
-Il rapido ed innegabile decadimento dell'opera
-lirica, che aveva cominciato con sani principî,
-fu cagionato molto più dai poeti che dai
-musicisti, che non potevano ispirarsi a libretti,
-che d'opera non avevano che la forma esterna
-e per drammi senza vere passioni e conflitti
-umani. Anche i melodrammi di Metastasio per
-quanto migliori degli altri, mancavano nelle
-parti principali di musicabilità, pieni come erano
-<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span>
-di intrighi prosaici e dialoghi senza interesse
-per la musica e che non si potevano mettere in
-musica altrimenti che in forma di recitativo
-secco. Il musicista doveva perciò quasi sempre
-contentarsi delle strofette, framezzate in cui
-si formulavano facili sentenze morali senza vera
-attinenza all'azione. Se invece per avventura
-se ne presentava l'occasione, allora anche il
-musicista si librava ad alti voli e non sono affatto
-rari grandiosi monologhi e bellissimi recitativi
-drammatici, accompagnati da tutta l'orchestra
-con un sapore spiccato di modernità.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-E. Vogel — <i>Claudio Monteverdi.</i> Vierteljahreschrift für Musikwissenschaft,
-III.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Marco da Gagliano.</i> Ibidem V.
-</p>
-
-<p>
-H. Goldschmidt — <i>Claudio Monteverdi. Il ritorno di Ulisse.</i>
-Sammelband J. M. G., 1908.
-</p>
-
-<p>
-Alfred Heuss — <i>Die Instrumentalstücke des Orfeo</i> (Monteverdi).
-Sammelband der J. M. G. IV, 2, 1903.
-</p>
-
-<p>
-H. Goldschmidt — <i>Cavalli als dramatischer Componist. Musikhelfe
-für Musikgeschichte</i>, 1893.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Geschichte der ital. Oper im XVII Jahrhundert</i>, Lipsia,
-1901.
-</p>
-
-<p>
-Wellesz Egon — <i>Cavalli und der Stil der venetianischen Oper</i>,
-Vienna, Artaria, 1913.
-</p>
-
-<p>
-H. Kretschmar — <i>Die venetianische Oper.</i> 1892.
-</p>
-
-<p>
-Ambros W. — <i>Bunte Blätter</i> (Alessandro Stradella). Lipsia,
-Leuckart.
-</p>
-
-<p>
-Hess Heinz — <i>Die Opern Alessandro Stradellas.</i> Lipsia, Breitkopf
-und Härtel.
-</p>
-
-<p>
-Fr. Florimo — <i>La scuola musicale di Napoli</i>, 1880.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Cenno storico sulla scuola musicale di Napoli</i>, 1869.
-</p>
-
-<p>
-N. d'Arienzo — <i>Origini dell'opera comica.</i> Rivista mus. ital.,
-Anno II e seguenti.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span>
-</p>
-
-<p>
-Edw. J. Dent — <i>Alessandro Scarlatti. His life and works</i>,
-London, Arnold, 1905.
-</p>
-
-<p>
-H. M. Schletterer — <i>Gio. Batta Pergolesi</i>, Lipsia, 1880,
-Breitkopf und Härtel.
-</p>
-
-<p>
-E. Fanolini-Fasini — <i>G. B. Pergolesi</i>, Ricordi, Milano, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Radiciotti G. — <i>G. B. Pergolesi</i>, Roma, ediz. Musica, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Volkmann H. — <i>Emanuel d'Astorga</i>, I Band, Lipsia, 1911.
-</p>
-
-<p>
-Scherillo Michele — <i>Storia letteraria dell'opera buffa italiana</i>,
-Napoli, 1883.
-</p>
-
-<p>
-Leo Giacomo — Leonardo Leo, Napoli, Melfi e Jele, 1905.
-</p>
-
-<p>
-Dent E. J. — <i>Leonardo Leo</i>, Sammelband Int. M. G., VIII, 4.
-</p>
-
-<p>
-Brenet — <i>Carissimi</i>, Riv. mus. ital., Anno IV, fasc. n. 3.
-</p>
-
-<p>
-Galvani — <i>I teatri musicali di Venezia</i>, 1878.
-</p>
-
-<p>
-Wiel Taddeo — <i>I teatri musicali veneziani del Settecento</i>,
-Venezia, 1897.
-</p>
-
-<p>
-Sittard I. — <i>Zur Geschichte der Musik am Würtemberger. Hof.</i>,
-Stuttgart, 1890 (Iomelli).
-</p>
-
-<p>
-Abert H. — <i>Niccolò Iomelli als Opernkomponist</i>, Halle, Niemeyer,
-1909.
-</p>
-
-<p>
-Ginguené — <i>La vie et les ouvrages de Piccini</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-Vernon Lee — <i>Il settecento in Italia</i>, Vol. I. La vita musicale,
-Milano. Dumolard, 1882.
-</p>
-
-<p>
-Naumann E. — <i>Italienische Tondichter</i>, Berlino, Oppenheim,
-1882.
-</p>
-
-<p>
-L. Busi — <i>Benedetto Marcello</i>, Bologna, Zanichelli, 1884.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Il padre G. B. Martini</i>, 1891.
-</p>
-
-<p>
-Untersteiner A. — <i>Agostino Steffani</i>, Riv. mus. it., vol. XIV
-fasc. 3º, 1907.
-</p>
-
-<p>
-<i>Denkmäler deutscher Tonkunst in Bayern</i>, due volumi. <i>Opere
-scelte di Agostino Steffani</i> (Duetti, ecc., Alarico il Balta).
-</p>
-
-<p>
-Molte opere tedesche (Fürstenau, Schneider, Sittard, Rudhard,
-Fischer) trattano dell'opera italiana alle corti di Germania.
-</p>
-
-<p>
-Nuovamente pubblicati furono:
-</p>
-
-<p>
-Gagliano — <i>Dafne.</i>
-</p>
-
-<p>
-Monteverdi — <i>Orfeo</i>, 10º volume delle pubblicazioni della
-Gesellschaft für Musikforschung — e Milano, 1909.
-</p>
-
-<p>
-<i>L'incoronazione di Poppea</i>, Breitkopf und Härtel, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Gevaert — <i>Les gloires de l'Italie</i>, Paris, 1868 (Scarlatti, Leo,
-Iomelli, Pergolese, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span>
-</p>
-
-<p>
-A. Parisotti — <i>Arie antiche</i>, Ricordi, Milano.
-</p>
-
-<p>
-Zanon M. — <i>Venti arie di Cavalli</i>, Trieste, Schmidt.
-— <i>Arie antiche</i>, Ricordi.
-</p>
-
-<p>
-Scarlatti — <i>La Rosaura</i>, pubblicata da Eitner.
-</p>
-
-<p>
-Iomelli — <i>Fetonte</i>, Volume 32 e 33 dei Denkmäler deutscher
-Tonkunst.
-</p>
-
-<p>
-Caldara — <i>Opere scelte</i>, in annata XIII dei Denkmäler der
-Tonkunst in Oesterreich.
-</p>
-
-<p>
-Pergolese ed Astorga — <i>Stabat Mater</i>, più edizioni.
-</p>
-
-<p>
-Carissimi — <i>Jefta</i> ed altri oratori pubblicati da Chrysander.
-</p>
-
-<p>
-Cesti — <i>Dori</i> e <i>Pomo d'oro</i> nei Denkmäler, Vienna, Artaria.
-</p>
-
-<p>
-Cavalli — <i>Giasone</i>, XII vol. delle pubblicazioni della Gesellschaft
-für Musikforschung.
-</p>
-
-<p>
-Monteverdi — <i>Madrigali scelti</i>, Peters.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap11">CAPITOLO XI.
-<span class="smaller">L'Opera francese, tedesca ed inglese.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La storia dell'opera in Francia sta in intimo
-rapporto con quella dell'opera italiana dalla
-quale essa deriva. E se, come alcuni sogliono,
-si volesse rimontare alle origini e trovare nelle
-scene di Adam de la Halle l'idea dell'azione
-drammatica musicale, non si deve dimenticare
-che quelle con tutta probabilità furono scritte
-ed eseguite a Napoli.
-</p>
-
-<p>
-Le prime rappresentazioni teatrali con musica
-datano in Francia dal 1570, quando Carlo IX
-aveva accordato a Giovanni Antonio de Baïf
-(veneziano?) ed a Gioachino Thibaut il privilegio
-di fondare un'accademia di musica, che incominciò
-<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span>
-la sua attività nel 1571 e fece eseguire musica
-italiana. Ma essa o per la mancanza d'interesse
-o per l'incapacità dei promotori venne
-a cessare già nel 1574. Nel 1582 si eseguisce con
-grande sfarzo il <i>Ballet comique de la Reyne</i>
-con musica d'un certo Baldassare torinese (<i>Baltazarini</i>)
-venuto a Parigi con Caterina dei Medici
-e di altri. La musica di questo balletto esiste
-tuttora ed è un centone di arie da ballo, canti
-dialogati, cori, ecc., senza interesse ed unità
-drammatica.
-</p>
-
-<p>
-La prima opera che si eseguì in Francia (1645)
-fu la <i>Finta pazza</i> di <i>Sacrati</i>, scritta per Venezia
-e poi rifatta. I cantanti erano italiani chiamati
-in Francia dal Cardinal Mazarino, strano uomo
-che trovava tempo oltre reggere le sorti dello
-Stato di occuparsi di cose teatrali, far scritturare
-cantanti, suonatori e commedianti italiani,
-brigare per far sortire di convento un monaco
-evirato (Filippo Melani) e fargli cantare la parte
-di regina travestita da uomo ed amante del re
-(Serse di Cavalli).
-</p>
-
-<p>
-Due anni dopo si eseguisce l'<i>Orfeo</i> di <i>Luigi
-Rossi</i>, napolitano, celebre autore di cantate e
-che, quando si conosceranno meglio le opere
-che scrisse, dovrà venir contato fra i migliori
-musicisti dell'epoca. L'Orfeo fu scritto a Parigi
-od almeno per Parigi sicchè esso è la prima
-opera scritta in Francia. Nel 1654 ritorna la
-compagnia italiana chiamata da Mazarino ed
-eseguisce <i>Teti e Peleo</i> di <i>Carlo Caproli</i>.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque l'interesse che destò questo nuovo
-<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span>
-genere di musica fosse grande, pure passarono
-ancora alcuni anni prima che nascesse la vera
-opera francese. Il motivo è da cercarsi tanto
-nell'indole della nazione e della lingua che nella
-mancanza di una certa ingenuità che impediva
-ai francesi di prendere il nuovo genere per una
-semplice transazione fra esecutori e pubblico.
-St. Evremont chiama, per es. l'opera «un travail
-bizzarre de pöesie et de musique ou le
-pöete et le musicien également génés l'un par
-l'autre se donnent bien de la peine pour faire
-un mauvais ouvrage». Il primo impulso all'opera
-nazionale fu dato da <i>Pietro Perrin</i>, abate
-senza abbazia, facile fabbricatore di versi, che
-si associò col musicista <i>Roberto Cambert</i> e fece
-rappresentare nel 1659 nel castello di Issy un'azione
-drammatica intitolata <i>Pastorale</i>, la <i>première
-comédie française en musique</i>, andata perduta.
-Il successo che essa ebbe fu maggiore di
-quello del <i>Serse</i> di Cavalli, dato nel 1660 per
-le nozze di Luigi XV coll'Infanta di Spagna.
-Secondo novissime ricerche pare però che la
-prima commedia francese fosse il <i>Trionfo dell'amore</i>,
-eseguita ai 22 gennaio 1655 con musica
-di <i>Michele de la Guerre</i>, organista e liutista. Anche
-questa musica è andata perduta.
-</p>
-
-<p>
-Una nuova opera di Perrin e Cambert, <i>Ariadne</i>
-non potè essere data in causa della morte del
-cardinale Mazarino. Ma l'attivo Perrin non si
-diede per vinto e quando il re nel 1669 gli
-concesse per dodici anni il monopolio delle
-rappresentazioni teatrali ed accademie musicali,
-<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span>
-si fabbricò nella via Mazarino un teatro d'opera
-che fu inaugurato nel 1671 coll'opera di Perrin
-e Cambert <i>Pomone</i>, che può considerarsi come
-la prima opera nazionale francese. Quest'azione
-drammatica, che non è che un miscuglio di
-scene, intermezzi e balletti quasi senza connessione,
-ebbe un successo enorme e si diede consecutivamente
-per più mesi. La musica di Cambert
-non è del tutto priva di pregi, quantunque
-essa non possa in nessun modo venir messa a
-confronto con quella delle opere italiane del
-tempo. La fortuna di Perrin e della sua intrapresa
-durò poco. Dispute sorte fra Perrin e Cambert
-e dissesti finanziari ruppero la società e Perrin
-perdette il suo privilegio, che passò a Lully, il
-vero fondatore dell'opera francese.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giovanni Battista Lulli</i> o <i>Lully</i> nacque in Firenze
-nel 1632, come provò definitivamente
-A. Bonaventura con documenti, da genitori fiorentini
-e non francesi come ultimamente si
-volle asserire. Il duca di Guisa, al quale il
-talento precoce e l'indole svegliata del ragazzo
-erano piaciuti, lo prese seco nel 1644 in Francia
-e l'affidò alla sorella del re, madama di Montpensier.
-Impiegato come guattero nella cucina
-della sua signora, egli trovava tempo di esercitarsi
-nel violino e nella teoria musicale, nella
-quale avea avuto le prime nozioni già in patria
-da un frate francescano. I progressi che egli
-fece furono tali da attirargli l'attenzione e procurargli
-per mezzo del suo protettore, il conte
-di Nogent, un buon maestro ed un posto di
-<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span>
-violinista fra i 24 <i>Violons du Roy</i>. Il re Luigi XIV
-prese ad amarlo, istituì per lui i <i>petits Violons</i>,
-ai quali lo prepose, e gli fece scrivere la musica
-d'alcuni balletti. L'occasione di agire come
-artista drammatico nelle commedie di Molière
-ed il sentire alcune opere italiane, date in quei
-tempi, volsero le sue mire al teatro ed all'opera,
-e d'allora in poi fu suo scopo il procacciarsi
-il privilegio di Perrin. Luigi XIV, che amava
-Lully, uomo astutissimo ed abile cortigiano,
-glielo concesse e ve ne aggiunse in seguito degli
-altri.
-</p>
-
-<p>
-Sua prima cura fu di cercare un abile poeta
-che scrivesse il testo delle sue opere e la sorte
-lo favorì anche qui, facendogli trovare in <i>Quinault</i>
-uno dei migliori poeti contemporanei, che
-gli fornì una quantità di testi eccellenti. Le
-prime opere di Lully, dopo il <i>Cadmo</i>, opera
-giovanile di poco merito, furono l'<i>Alceste</i> (1674)
-ed il <i>Teseo</i> (1675) seguite da molte altre. Il pubblico
-che aveva ascoltato con poco entusiasmo
-le prime produzioni, si assuefece al nuovo
-stile ed il successo di Lully divenne ogni dì
-più grande.
-</p>
-
-<p>
-Le opere di Lully, musicalmente di gran lunga
-inferiori alle italiane, hanno il pregio di una
-certa verità drammatica e della caratteristica.
-Lully, uomo d'ingegno perspicace, capì l'indirizzo
-del suo tempo, favorevole e propenso alla
-tragedia classica ripristinata da Corneille e Racine.
-Dotato di discreta fantasia musicale e poco
-dotto nella teoria, egli cercò di adattare alle parole
-<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span>
-la melodia seguendo fedelmente il testo e
-non facendo alcuna concessione alla musica.
-Perciò nelle sue composizioni non vi sono vere
-arie, duetti o pezzi chiusi, non fioriture, ma il
-tutto serve all'espressione drammatica, alla caratteristica
-della situazione. Il suo istrumentale
-è assai semplice e segue passo a passo la voce
-con meschini contrappunti o semplici accordi,
-ma non manca di una certa caratteristica.
-L'orchestra consta di violini, viole di più specie,
-flauti, oboe, fagotti e timpani. La divisione del
-tempo varia continuamente a seconda del testo.
-La sua musica ha un carattere declamatorio
-rettorico che alla lunga diventa noioso e confina
-col salmodiare. Egli modificò la forma dell'ouverture
-ampliandola. Al grave segue l'allegro
-di solito fugato. Ambedue si ripetono e segue
-poi di nuovo il grave. Essa differisce perciò da
-quella di Scarlatti, che incomincia e finisce coll'allegro,
-frammettendovi il grave.
-</p>
-
-<p>
-Ma Lully era fornito di troppo buon gusto,
-per non sentire le mancanze del nuovo stile
-ed egli cercava perciò di variarlo introducendo
-nell'opera piccoli ritornelli e danze istrumentali,
-dando al coro, a somiglianza della tragedia antica,
-una importanza di gran lunga maggiore
-che nell'opera italiana, e facendolo parte vera
-dell'azione drammatica. Anche al ballo egli
-seppe dare una parte più importante che usavano
-i suoi antecessori, per i quali esso era un
-semplice mezzo di variare l'azione senza alcun
-riguardo a questa.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quantunque Lully fosse italiano, gli elementi
-della sua musica sono essenzialmente francesi
-e fra le sue opere e quelle contemporanee italiane
-c'è ben poca somiglianza. Ed è appunto
-per questo, che esse seppero mantenersi per
-più d'un secolo fino a Gluck. Egli univa poi
-a tutte le sue eminenti doti di musicista drammatico
-un eccellente tatto pratico e somma
-conoscenza degli effetti scenici. Il poeta doveva
-cambiare e rifare molte e molte volte i suoi
-testi, prima che Lully si dichiarasse contento
-ed il successo gli dava sempre ragione. La sua
-maniera di comporre era originalissima. Egli
-imparava a memoria il testo e lo ripeteva fin
-a tanto che la melodia nascesse quasi da sè
-stessa. Allora egli si metteva al cembalo e
-suonando e cantando dettava la musica ai
-suoi scolari <i>Lalouette</i> e <i>Colasse</i> e dava loro
-cenni circa all'armonia ed istrumentazione.
-</p>
-
-<p>
-Lully ebbe molti ammiratori e detrattori. Di
-carattere iracondo ed intrigante, egli era in
-continue dispute e contese coi suoi colleghi.
-Ma come era subitaneo nell'ira, altrettanto presto
-questa spariva e i torti commessi erano rimediati
-con favori. La sua irascibilità fu altresì
-la causa della sua morte. Dirigendo un suo
-<i>Te Deum</i>, nella chiesa di St. Honoré in occasione
-della guarigione del re, si dimenò talmente
-nel batter il tempo che si ferì il piede,
-e non volendo subire l'operazione necessaria,
-morì ai 22 marzo 1687 in età di 54 anni, lasciando
-una vistosissima sostanza.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span>
-</p>
-
-<p>
-L'opera francese decadde rapidamente dopo
-la morte di Lully. Nè il suo prediletto scolaro
-Colasse, nè i suoi figli che cercarono di imitare
-il maestro ed il padre, ebbero colle loro
-composizioni successo duraturo. L'unico forse
-fra tutti i compositori dell'epoca posteriore
-a Lully ed anteriore a Rameau, che gli si avvicinò
-fu <i>Andrea Campra</i> (1660-1744) di Aix in
-Provenza che con molte opere (<i>Tancred</i>, <i>Hesione</i>)
-ebbe buon successo e divenne il favorito
-del pubblico parigino. La musica di Campra
-si distingue per una certa nobiltà di espressione
-drammatica e per ispirazione e tecnica senza
-dubbio superiori a quelle di Lully. Egli compose
-pure molta musica da chiesa e da camera,
-che può competere colle migliori opere degli
-italiani contemporanei.
-</p>
-
-<p>
-L'erede delle tradizioni di Lully ed il continuatore
-delle sue teorie fu <i>Giovanni Filippo Rameau</i>
-di Digione (1683-1764). Suo padre, organista
-nella chiesa di S. Caterina, voleva destinarlo
-alla magistratura, ma il figlio, che aveva fatto
-grandi progressi nella musica, mandò a vuoto
-i piani paterni e venne in Italia, dove ebbe occasione
-di sentire le opere dei più celebri maestri
-e ne riportò un'impressione incancellabile,
-quantunque le sue opere non se ne dimostrino
-punto influenzate. Ritornato dopo pochi mesi
-in Francia, si recò a Parigi, che presto abbandonò
-per occupare il posto d'organista in Clermont.
-Il soggiorno nella quieta cittadella d'Alvernia
-giovò grandemente alla coltura di Rameau,
-<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span>
-che si occupò di studi profondi d'armonia
-e compose molte opere istrumentali e di
-stile sacro.
-</p>
-
-<p>
-Nel 1721 ritorna a Parigi forte di nuovi e severi
-studî e pubblica quindi nell'anno seguente il
-suo celebre trattato d'<i>Armonia ridotta ai suoi
-principi naturali</i> opera capitale che mise le basi
-dell'armonia moderna e nella quale si parla
-dei risvolti e degli accordi, che vengono sviluppati
-da un unico principio, e si determinano
-i rapporti fra i toni e fra gli intervalli ed accordi.
-Questa sua opera e le seguenti incontrarono,
-come accade di tutte le importanti innovazioni,
-acerbe critiche (ai suoi tempi lo chiamarono
-«distillatore di accordi barocchi»), e
-le dispute ripetute ed accanite che Rameau ebbe
-a sostenere per difendere le sue teorie influirono
-sul suo carattere bisbetico, iracondo ed intollerante.
-</p>
-
-<p>
-Se la teoria di Rameau era nuova, la pratica
-del suo sistema s'era venuta formando a passo
-a passo in quasi due secoli nella mente dei
-musicisti. L'orecchio musicale aveva finalmente
-imparato a comprendere la musica come una
-<i>catena d'armonie</i>. Il principale risultato del sistema
-di Rameau era di riconoscere la tonalità
-moderna, ossia il rapporto di tutti i toni
-della scala con un tono unico, la <i>tonica</i>, che
-si mostra nel maggiore e nel minore, per cui
-venne tolta quell'incertezza propria delle tonalità
-antiche, che deriva dalla mancanza della
-tonica fondamentale e che i componisti aveano
-<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span>
-modificata istintivamente grado a grado. La
-teoria di Rameau sembrò nuova al mondo musicale
-ma non lo era del tutto, giacchè Zarlino
-l'aveva omai presentita. Ma anche Rameau
-si fermò a mezza strada, non avendo applicato
-le sue teorie all'accordo minore che egli considera
-ancora come una specie di accordo maggiore
-colla terza minore. Chi completò il sistema
-fu Tartini coi suoi toni di combinazione.
-</p>
-
-<p>
-Nell'agone teatrale Rameau scese quasi cinquantenne,
-il che però non impedì che fino alla
-sua morte egli scrivesse più di venti opere teatrali.
-(<i>Hyppolyte et Aricie</i>, <i>Dardanus</i>, <i>Castor et
-Pollux</i>). Le prime furono accolte dal pubblico
-freddamente, giacchè questo teneva ancora fermo
-agli ideali di Lully ed ogni innovazione
-sembravagli sacrilegio. Soltanto quando si vide
-che Rameau continuava le tradizioni antiche, e
-che non era che un perfezionatore del sistema
-allora gli fu concesso il favore del pubblico
-e lo si nominò degno erede di Lully.
-</p>
-
-<p>
-In realtà la musica di Rameau non differisce
-da quella di Lully che negli accessorî. La sua
-fantasia ed ispirazione, le sue cognizioni musicali
-sono maggiori di quelle di Lully, la sua
-istrumentazione è più ricca, il canto più melodioso,
-i cori più svariati ed elaborati, ma è
-sempre lo stesso modo di declamare e di fraseggiare,
-la stessa mancanza di pezzi chiusi, la
-stessa espressione drammatica, la stessa traduzione
-fedele del testo. Rameau è però meno
-istintivo ed impulsivo di Lully ed invece più
-<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span>
-intellettuale di lui. Siccome ebbe la sfortuna di
-non trovare mai un buon poeta e traduceva
-troppo servilmente il testo, le sue opere contengono
-spesso, dove la poesia è pedissequa,
-delle parti infinitamente monotone e la ricchezza
-d'armonia e le preziosità di stile arcaico, che
-oggi sono per il momento di moda, non ci dovrebbero
-illudere sul valore di Rameau come
-autore drammatico. Egli subì quasi la stessa
-sorte di Lully. Da molti innalzato alle stelle, fu
-detratto da altri come per esempio, da Diderot
-nel celebre scritto: <i>il Nipote di Rameau</i>, e da
-Rousseau in più scritti. A lui spetta però, senza
-dubbio, il merito d'aver fermata la decadenza
-alla quale l'opera francese andava incontro dopo
-Lully e d'aver messo le basi dell'armonia moderna.
-Le opere di Rameau contengono come
-quelle di Lully una quantità di danze, nelle
-quali egli eccelleva e che sono quelle che oltre la
-sua musica per clavicembalo sono ancor note.
-Ma le troppo numerose danze dell'opera francese
-ne erano altresì la parte debole e Grimm
-si lamenta «che l'opera francese è uno spettacolo
-dove tutta la felicità e le disgrazie delle persone
-consistono nel danzar intorno a loro, mentre
-esse non dicono mai quel che dovrebbero dire».
-</p>
-
-<p>
-Per quanto il successo della nuova opera
-francese fosse stato grande e clamoroso e le
-opere di Lully e di Rameau si fossero conservate
-per molti e molti anni nel repertorio dell'<i>Académie
-de musique</i>, non si può dire che essa
-corrispondesse al carattere della nazione e che
-<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span>
-fosse vera musica nazionale. Ciò lo impedivano
-le troppe declamazioni vuote, le ripetute sentenze
-e madrigali e la mancanza di ogni naturalezza
-e verità. Iniziata da uno straniero, essa
-era la conseguenza dell'indirizzo classico dei
-tempi e si risentiva dell'influsso dei grandi
-poeti tragici francesi. Ma il pubblico non poteva
-alla lunga contentarsi di queste opere,
-che trattavano soggetti mitologici, a lui del
-tutto sconosciuti, in cui l'elemento veramente
-umano si perdeva in una fraseologia esagerata.
-Ed ancor meno lo poteva appagare la musica
-di quei drammi, che si allungava in declamazioni
-enfatiche, le quali se traducevano adeguatamente
-il testo ed esprimevano la situazione
-drammatica, escludevano invece la vera melodia
-nelle forme chiuse e riuscivano monotone
-e pesanti. L'opera di Lully e di Rameau,
-per quanto decantata come il vero tipo dell'opera
-francese, non era che l'opera francese
-d'una parte esigua del pubblico, quella della
-corte, degli accademici e dei dotti. La vera
-opera francese, quella del popolo francese, è
-invece da cercarsi nell'opera comica, i di cui
-primordi troviamo ormai nel secolo XVII in
-rappresentazioni drammatiche musicali, che si
-davano in piccoli teatri sui mercati. Al principio
-del secolo XVIII questo genere di rappresentazioni
-portava il nome di <i>comédie à ariettes</i>,
-<i>vaudeville</i> (voix de ville) e poi di <i>opéra comique</i>
-e si componeva di canto, ballo e dialogo parlato.
-Le prime di queste opere comiche furono
-<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span>
-l'<i>Arlequin Mahomed</i> su testo di Le Sage (1714),
-<i>Le Dieu de la foire</i> (1724), <i>Sancho Pança</i> (1727).
-</p>
-
-<p>
-A dare poi il colpo di grazia all'opera francese
-arrivò nel 1752 una compagnia di cantanti
-italiani a Parigi. Le opere eseguite erano di
-Pergolesi, Leo, Orlandini ed altri, ed appartenevano
-tutte all'opera buffa. Il successo che
-ebbero fu grandissimo. Il pubblico parigino non
-sapeva saziarsi delle dolci e graziose melodie
-degli intermezzi di Pergolesi, <i>La Serva padrona</i>
-ed <i>Il Maestro di musica</i>, ed innalzava alle stelle
-l'arte dei cantanti italiani. Due fazioni si formarono
-che si misero a difendere l'una l'opera
-francese, l'altra l'italiana. Fra i partigiani
-dell'opera italiana vi erano Diderot e Rousseau
-il quale ultimo nella sua celebre <i>Lettre sur la
-musique française</i> e nel <i>Dizionario di musica</i>
-giunse a dire che la lingua francese non era
-fatta per la musica e che l'opere di Lully e
-Rameau non erano che meschine produzioni
-scolastiche. Gli scritti di Rousseau, per quanto
-parziali, produssero un grande effetto e servirono
-a scassinare l'edificio ormai crollante dell'opera
-francese. Del resto quasi tutti gli Enciclopedisti
-erano del partito della riforma ed essi
-hanno influito molto sul gusto dell'epoca, per
-quanto non fossero forse grandi le loro cognizioni
-musicali positive. Ma furono essi, che
-propugnarono il ritorno alla natura, il bando
-alle esagerazioni ed enfasi dell'opera tragica, a
-tutta quella congerie di danze e pantomine, che
-dominavano a sproposito nell'opera.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span>
-</p>
-
-<p>
-La lotta fra <i>Buffonisti</i> ed <i>Antibuffonisti</i>, col
-qual nome venivano chiamate le due fazioni, si
-decise colla vittoria dei primi, quantunque la
-compagnia italiana avesse dovuto abbandonare
-il campo dopo due anni. Ma il loro soggiorno
-ed il seme da loro gettato non furono infruttuosi,
-giacchè l'opera comica nazionale, che
-prima aveva menata una stentata esistenza, approfittando
-dell'esperienza avuta dagli italiani
-sorse a nuova vita e detronizzò la grand'opera.
-</p>
-
-<p>
-<i>Rousseau</i> (1712-1778) avea già nel 1752 scritto
-e fatto rappresentare con grande successo il suo
-<i>Devin du village</i>, scritto intieramente sotto l'influsso
-dell'opera buffa italiana e nel 1753 vi fece
-seguito un'altra opera comica, <i>les Troqueurs</i> di
-<i>D'Auvergne</i>. Nel 1755 poi, <i>Egidio Duni</i> (1709-1755)
-il fortunato rivale di Pergolesi, che aveva
-portato col suo <i>Nerone</i> la palma sull'<i>Olimpiade</i>
-fa eseguire la sua opera <i>Ninette à la cour</i>, la
-prima di molte opere comiche che egli scrisse
-con grande fortuna in Francia. Duni fu quegli
-che diede la forma artistica alla nuova opera
-francese e come l'opera seria deve la sua origine
-ad un italiano, così fu pure un italiano il primo
-che raccolse l'idea iniziata coi <i>Troqueurs</i> e che
-minacciava di perdersi.
-</p>
-
-<p>
-Il nuovo genere si distingueva dall'opera francese
-di Lully per la naturalezza, per il brio,
-la facilità della melodia e per l'accurato sviluppo
-dell'azione. I testi di Marmontel e Favart,
-scritti con garbo, sono pieni di frizzi spiritosi,
-il dialogo è naturale, l'azione interessante. Il
-<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span>
-pubblico assuefatto all'ampollosità e declamazione
-della tragedia, si interessava alla nuova
-opera, la trovava più corrispondente al suo gusto
-e rinveniva nelle melodie e nelle danze il
-carattere nazionale, che mancava alla tragedia
-musicale di Lully e Rameau.
-</p>
-
-<p>
-Fra i musicisti che si dedicarono all'opera
-comica si distinsero in ispecial modo:
-</p>
-
-<p>
-<i>Francesco Andrea Danican</i> detto <i>Philidor</i>
-(1726-1795), (<i>Le diable à quatre</i>, <i>Le boucheron</i>,
-ecc.)
-</p>
-
-<p>
-<i>Pietro Alessandro Monsigny</i> (1729-1818) (<i>le
-Cadi dupé</i>, <i>le Deserteur</i>).
-</p>
-
-<p>
-<i>Nicolò D'Alayrac</i> (1753-1809), (<i>le Corsaire</i>,
-<i>Vertvert</i>, <i>la pauvre femme</i>, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-<i>Nicolò Isouard</i> (1775-1818) (<i>Cendrillon</i>, <i>Joconda</i>).
-</p>
-
-<p>
-Tutti questi hanno vera vena comica, fresca
-e spiritosa, essi abbandonano gli eterni recitativi
-ed introducono la romanza cantata; l'aria
-da capo prende la forma più popolare del
-<i>rondeau</i>.
-</p>
-
-<p>
-Il più geniale di tutti è senza dubbio <i>André
-Grétry</i> di Liegi (1741-1813), che passò più anni
-della sua gioventù in Roma, dove godè l'istruzione
-di Casali e vi fece eseguire con fortuna
-alcune composizioni. La sua prima opera comica
-data a Parigi fu <i>le Huron</i> (1768). Fra le
-sue molte opere sono meritevoli di memoria
-<i>Zemir et Azor</i> (1771), <i>Anacréon</i> (1797), e più di
-tutte <i>Richard cœur de lion</i> (1784), tradotta e data
-in molti paesi. Quantunque Grétry non fosse
-<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span>
-dotato di gran genio melodico e di potenza
-drammatica, le sue opere si distinguono per una
-grande naturalezza, facilità ed eleganza. Egli è
-sopratutto compositore nazionale nello spunto
-melodico, nella varietà dei ritmi piccanti e briosi
-e per la facilità e leggiadria del dialogo musicale.
-Scrisse le sue memorie, che contengono
-molte considerazioni sensate e nuove sulla declamazione
-musicale e nelle quali difende le
-teorie di Gluck.
-</p>
-
-<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p>
-
-<p>
-L'opera musicale drammatica cominciò in
-<i>Germania</i> più tardi che in Italia e fu piuttosto
-frutto dell'imitazione straniera che dell'iniziativa
-nazionale. Le produzioni drammatiche precedenti
-al Seicento si limitavano ai <i>Misteri</i> e
-alle <i>Moralità</i>, alle feste carnevalesche, alle farse
-di Hans Sachs ed altri poeti popolari ed a spettacoli
-e balletti dati con grande sfarzo alle diverse
-corti dei principi di Germania. L'opera fiorentina
-ed il nuovo stile rappresentativo trovarono però
-imitatori molto prima che in Francia. Già nel
-1627 <i>Enrico Schütz</i>, il grande musicista luterano
-antecessore di Bach, aveva composta la musica
-della <i>Dafne</i> di Rinuccini, tradotta da Opitz.
-Questo dramma per musica fu dato a Torgau
-il 10 aprile 1627 in occasione delle nozze del
-Landgravio di Essen con Luisa Eleonora di
-Sassonia. Quantunque la musica ne sia perduta,
-è da ritenersi secondo le notizie conservateci,
-<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span>
-che fosse scritta ad imitazione di quella di Peri.
-E sembra pure che Schütz abbia musicato
-l'<i>Orfeo</i> di Rinuccini. Invece ci è restata la musica
-di un <i>Singspiel Seelewig</i> (1644) di <i>Teofilo
-Staden</i>, una specie di allegoria simile alla Rappresentazione
-di anima e corpo di Emilio Cavalieri,
-un'opera affatto lontana dalle tendenze
-della Camerata fiorentina e solo d'interesse
-storico.
-</p>
-
-<p>
-Ma il nuovo genere non seppe attecchire, sia
-perchè i tempi erano difficili e la Germania era
-tormentata dalla tremenda guerra dei trent'anni,
-sia che mancassero gl'ingegni musicali che si
-volessero applicare al nuovo genere. C'era poi
-un altro motivo che rendeva difficile lo svilupparsi
-dell'opera nazionale. La lingua italiana
-era allora di moda nelle infinite corti di Germania
-come lo divenne poi la francese. Il pubblico
-stava in disparte e non prendeva alcun
-interesse alle cose artistiche; i teatri rimasero
-fino alla metà del secolo scorso con poche eccezioni
-riservati alla corte, ai cortigiani ed agli
-invitati. Era dunque naturale che i principi si
-rivolgessero all'Italia e chiamassero alle loro
-corti artisti italiani. Ognuna di queste aveva
-un poeta di corte che doveva montare sul suo
-Pegaso in ogni occasione voluta da circostanze
-esteriori. (Zeno e Metastasio a Vienna, Mauro
-ad Hannover, Pallavicino a Dresda, Terzago a
-Monaco, ecc.). I direttori erano italiani (Lotti,
-Caldara, Steffani, Porpora, Iomelli, Bononcini,
-ecc.), italiani i cantanti (Bordoni, Cuzzoni, Lotti,
-<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span>
-Durastanti, Senesino, Farinelli, Carestini, ecc.),
-italiani persino i pittori, decoratori ed architetti.
-Soltanto i suonatori erano in parte tedeschi
-e francesi.
-</p>
-
-<p>
-Fra le corti di Germania, che videro fiorire
-l'opera italiana sono specialmente da nominarsi
-Vienna, Dresda, Berlino e Monaco. La corte di
-Vienna s'era sempre distinta quale protettrice
-della musica ed ormai nel 1642 vi si eseguì
-l'<i>Egisto</i> di Cavalli. Gli imperatori Leopoldo I,
-Giuseppe I e Carlo VI, buoni musicisti, preferivano
-la musica italiana e cercarono con ogni
-modo di attirare alle loro corti i migliori artisti
-italiani. Caldara e Conti assieme allo stiriano
-<i>Giovanni Fux</i> segnano l'epoca del maggior
-fiore dell'opera a Vienna. Fux (1660-1741) è tuttora
-noto per il suo celebre trattato <i>Gradus ad
-Parnassum</i> (1725) e per musiche da chiesa più
-che per le sue opere teatrali, nelle quali imitò
-gli italiani. Quasi tutti poi i più celebri compositori
-italiani dell'epoca, cominciando da Cavalli,
-Cesti fino a Porpora e Salieri andarono a
-Vienna e scrissero per quel teatro di corte.
-</p>
-
-<p>
-Non inferiore a Vienna nel culto dell'opera
-italiana fu Dresda. Anche in questa città v'era
-un'intiera colonia artistica d'italiani, che dominava
-esclusivamente il teatro. L'opera italiana
-vi fu inaugurata formalmente nel 1662 col <i>Paride</i>
-di <i>Giovanni Bontempi</i>, scolaro di Mazzocchi
-e collega di Schütz. Suo successore fu pure un
-italiano, <i>Carlo Pallavicini</i>, buon compositore.
-Salito al trono Federico Augusto I (1694), vero
-<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span>
-mecenate delle arti, cominciò una nuova era
-di lusso e splendore e Dresda mai vide maggior
-numero di celebri artisti nelle sue mura, fra i
-quali Lotti, Vittoria Tesi, il Senesino, e sopra
-tutti <i>Giovanni Adolfo Hasse</i> e sua moglie, la famosa
-cantatrice <i>Faustina Bordoni</i>.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque Hasse abbia avuto i natali in
-Germania (Bergedorf, 1699) egli appartiene interamente
-alla scuola napoletana ed è compositore
-italiano. Da principio cantante ad Amburgo
-e Brunswick, venne poi a Napoli (1724), dove si
-perfezionò nella composizione alla scuola di
-Porpora e quindi di Alessandro Scarlatti, che
-lo prese ad amare. Una sua opera, <i>Sesostrate</i>
-(1726), destò unanime applauso ed egli già nel
-1727 fu nominato direttore al Conservatorio degli
-incurabili a Venezia, dove conobbe e sposò Faustina.
-La fama delle sue opere oltrepassò ben
-presto le Alpi e pochi anni dopo venne chiamato
-a Dresda (1731), dove con piccoli intervalli
-di tempo, fra i quali un breve soggiorno a Londra,
-passò la maggior parte della sua vita. Negli ultimi
-anni si recò a Venezia, dove morì nel 1783.
-</p>
-
-<p>
-Hasse fu compositore fecondissimo. Dotato di
-grande fantasia e di ricchezza melodica, egli
-dominava perfettamente la forma ed era sommo
-nel trattare la voce. Ma egli non si eleva sopra
-i migliori autori italiani dell'epoca, seguendo
-anch'egli la pratica che al bel canto sacrificava
-la verità drammatica. Egli non fu e non volle
-essere un riformatore ma seguì l'andazzo del
-tempo. Egli non copia alcuno degli italiani ma
-<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span>
-imita tutti, togliendone da tutti il meglio, per
-cui egli non è originale ma piuttosto la personificazione
-dello stile drammatico, diremmo quasi
-astratto, italiano del secolo XVIII. Hasse visse
-onorato e meritò tanto pel suo ingegno che
-per il suo carattere integro il nome di <i>Caro Sassone</i>,
-che in Italia gli si diede. Colla partenza di
-Hasse da Dresda (1756) e dopo la morte di
-Augusto III, l'opera italiana a Dresda decadde
-rapidamente, durando però al meno sporadicamente
-fino al 1842 (Morlacchi).
-</p>
-
-<p>
-In Berlino troviamo cantanti italiani (<i>Pasquino
-Grassi</i> e <i>Giovanni Alberto Maglio</i>) già
-nel 1656. La prima opera si diede nel 1700 e
-fu <i>la festa dell'imeneo</i> di <i>Attilio Ariosti</i>, alla quale
-negli anni posteriori fecero seguito delle altre
-finchè nel 1742 venne aperto da Federico II
-il nuovo teatro con <i>Cesare e Cleopatra</i> di <i>Graun</i>.
-Federico il grande era musicista appassionato
-e buon suonatore di flauto. Egli prediligeva la
-musica italiana e non voleva saperne di cantanti
-tedeschi. «Piuttosto sentir un'aria cantata da
-un cavallo, che una tedesca come prima donna»,
-soleva egli dire.
-</p>
-
-<p>
-Il miglior compositore dell'epoca fu <i>Carlo Enrico
-Graun</i> (1701-1759), che dominò colle sue
-opere il repertorio fino alla sua morte. Graun
-appartiene pure alla scuola italiana. Scrisse 36
-opere e molta musica da chiesa, fra cui l'oratorio
-<i>la Morte di Gesù</i>, che ancor oggi si eseguisce,
-opera priva di grandezza e religiosità e
-scritta nello stile teatrale. Graun fu scrittore
-<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span>
-melodioso e facile, ma non ebbe nè originalità
-nè potenza drammatica.
-</p>
-
-<p>
-Grande influenza sulle cose musicali ebbe
-pure alla corte di Federico il suo maestro di
-flauto <i>Giovanni Quanz</i>, che fu in Italia alla scuola
-di Gasperini e scrisse un'infinità di composizioni
-per flauto ad uso del re. Degni di menzione
-sono pure <i>Francesco Benda</i>, boemo (1709-1786),
-celebre violinista, fondatore della scuola
-germanica, il creatore del melodramma (declamazione
-con accompagnamento di musica), e
-la celebre cantatrice <i>Gertrude Elisabetta Mara</i>
-per la quale Federico ebbe a ricredersi degli
-artisti tedeschi. Coll'avanzarsi dell'età venne a
-cessare l'interesse di Federico per l'opera, che
-priva del suo più potente appoggio rapidamente
-decadde.
-</p>
-
-<p>
-A Monaco gli Italiani erano diventati già per
-tempo padroni del campo. La corte di Alberto V
-aveva veduto commedie italiane (1568) per le
-quali aveva scritto madrigali Orlando di Lasso
-che in una rappresentazione aveva egli stesso
-rappresentato la parte di nobile veneziano (<i>Pantalone
-dei Bisognosi</i>). Il primo vero dramma per
-musica fu la <i>Ninfa ritrosa</i> (1654) di autore sconosciuto.
-Fra tutti i maestri di quel tempo si
-incontra un sol nome tedesco, <i>Gaspare Kerl</i>, scolaro
-di Carissimi e celebre organista. Egli scrisse
-pure opere teatrali andate perdute. A Kerl successero
-Ercole Bernabei, Giovanni Bernabei,
-Agostino Steffani, Albinoni, Porta, Bernasconi.
-L'opera italiana cessò nel 1787.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span>
-</p>
-
-<p>
-La patria dell'opera tedesca nazionale fu Amburgo,
-la libera città anseatica, dove la musica
-era sempre stata in onore e dove accorrevano
-gli artisti, sicuri di trovare un pubblico intelligente
-ed appassionato per l'arte. Quantunque
-l'opera italiana fosse ben presto giunta in Amburgo
-e vi avesse destato grande interesse e
-plauso, pure l'elemento nazionale si fece vivo
-di buon'ora e molti furono i tentativi di imitazione
-con tendenze nazionali e sostituzione della
-lingua tedesca all'italiana. La prima opera tedesca
-che si diede ad Amburgo fu <i>Adamo ed
-Eva</i>, musicata da <i>Giovanni Theile</i> (2 gennaio
-1678). Dapprincipio essa non fu che una copia
-dell'italiana, ed i soggetti si toglievano dalla mitologia,
-dalla storia antica e dalle leggende sacre
-o dalla Bibbia. Ma il pubblico prendeva poco
-interesse a quelle rappresentazioni eroiche, nelle
-quali esso non trovava l'impronta nazionale ed
-i soggetti gli erano del tutto estranei e punto
-simpatici. Ed allora nacque la reazione, dapprincipio
-modesta, introducendovi l'elemento nazionale
-e comico e riducendo il tutto ad una
-parodia di cattivo gusto. Poi l'elemento nazionale
-prende il sopravento ed ai soggetti eroici
-e sacri si sostituiscono azioni tolte dalla vita
-contemporanea, che univano il tragico al comico,
-il sublime al triviale. Per sfortuna poi mai epoca
-fu sì povera di buoni poeti ed i musicisti dovevano
-contentarsi di mettere in musica versi
-che peggiori non ponno pensarsi, azioni che
-sono un'ibrida congiunzioni di sciocchezze, sfacciataggini
-<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span>
-e trivialità, il tutto condito da motti
-salaci in una lingua barbara ed un gergo da
-piazza. La meschinità di tali produzioni drammatiche
-si cercava nascondere sotto lo sfarzo
-delle scene, dei vestiari e dei balletti, per i
-quali si spendevano somme favolose, e si cercava
-cancellare l'impressione penosa d'una scena
-tragica con una comica della specie più scurrile,
-come nell'opera di Dedekind <i>Gesù morente</i>,
-dove Satana raccoglie in un canestro le budella
-di Giuda e col cestello in mano canta
-un'aria.
-</p>
-
-<p>
-Molto migliori dei meschini e prosaici poeti
-di quell'epoca furono i maestri che posero in
-musica i loro tristi parti. Fra questi merita speciale
-menzione <i>Giovanni Kusser</i> (1657-1727), musicista
-di talento, il quale influì sulla nuova
-opera tanto colle sue opere che colle sue cognizioni
-pratiche e che pel primo liberò la scena
-da tutta la marmaglia di cantanti e cantatrici,
-tolti dal più basso volgo, che nulla sapevano di
-musica e vi sostituì buoni elementi.
-</p>
-
-<p>
-Ma quegli che per il suo grande ingegno, se a
-questo avesse unito serietà di propositi e veri
-criteri artistici, sarebbe stato chiamato ad ispirare
-nuova vita all'opera tedesca e metterla sul
-vero cammino, fu <i>Reinhard Keiser</i> (1674-1739).
-Dotato d'inesauribile vena melodica e vivissima
-fantasia egli era nato per la musica drammatica
-e per la scena. Le sue numerose opere si
-distinguono per ricchezza e facilità di melodia,
-per varietà di forma e per verità d'espressione
-<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span>
-ed egli si innalza qualche volta a grandi altezze
-in scene eminentemente drammatiche come
-nell'<i>Ottavia</i>. Le forme che usa sono piccole e simili
-alla canzone popolare, ma caratteristiche e
-sempre adatte alle parole. Se egli non fu capace
-di impedire il rapido decadimento della
-giovine opera, si fu perchè gli mancava la fermezza
-del carattere e seguiva l'andazzo del
-tempo, poco curandosi degli alti ideali, pur che
-la sorte gli arridesse pel momento ed egli potesse
-menare vita brillante e spensierata. Eppure
-ad onta dei suoi molti difetti, la sua musica
-ancor oggi ha un fare sì spontaneo e naturale,
-è sì fresca e melodica che bisogna meravigliarsi
-come in un'epoca di tali aberrazioni del
-gusto potessero sbocciare fiori sì gentili.
-</p>
-
-<p>
-Altra figura interessante del tempo fu <i>Giovanni
-Mattheson</i> (1681-1764), un miscuglio d'umorista
-e pedante, cantante, musicista e scrittore.
-Le composizioni di Mattheson sono intieramente
-dimenticate, giacchè esse sono scritte
-nel gusto dei loro tempi e mancano di vera
-ispirazione, ma non lo sono molti dei suoi infiniti
-scritti d'arte e di polemica musicale, nei
-quali si palesa lo spirito battagliero, ardito e
-mordace dello scrittore ed in mezzo a molto
-ciarpame ed a frasi antiquate ed ampollose
-sono nascosti nuovi pensieri ed è messa la base
-dell'estetica musicale moderna. (<i>Il perfetto direttore</i>
-(1739), <i>il patriota musicista</i>, <i>la porta
-d'onore</i>, <i>la critica musicale</i>).
-</p>
-
-<p>
-L'ultimo musicista della prima epoca dell'opera
-<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span>
-d'Amburgo, dopo il quale questa andò
-rapidamente decadendo, fu <i>Giorgio Filippo Telemann</i>
-(1681-1767), artista strano, che d'ogni
-stile s'appropriò qualche cosa, ma che per la
-manìa di essere originale ad ogni costo cadde
-in mille ricercatezze e puerilità artistiche. La
-sua fecondità fu prodigiosa; scrisse oltre circa
-40 opere e 600 <i>ouvertures</i>, 44 passioni, 12 annate
-di musica da chiesa ed un'infinità d'altre
-composizioni.
-</p>
-
-<p>
-Prima di chiudere questo periodo ci resta a
-rammentare Händel, che nel 1703 a 19 anni si
-recò ad Amburgo onde arricchire le sue cognizioni
-e studiarvi l'opera. Quantunque egli
-abbia scritto qualche opera per Amburgo (<i>Almira</i>,
-<i>Nerone</i>) e vi abbia fatto parlare di sè,
-pure egli non esercitò alcuna influenza sul suo
-indirizzo, inquantochè si tenne piuttosto in disparte
-come osservatore e pure profittando
-di quello che egli ad onta della falsa strada per
-cui si era messa l'opera, da questa potea apprendere,
-non era ancor giunto a quel grado di maturità
-artistica, che per ciò era necessario. Nel
-1740 arriva ad Amburgo una compagnia d'opera
-italiana coll'impresario Angelo Mingotti e l'opera
-nazionale tedesca, che negli ultimi anni
-aveva menato un'esistenza stentata, venne a
-finire.
-</p>
-
-<p>
-In <span class="smcap">Inghilterra</span> la musica drammatica fu
-quasi sempre senza carattere nazionale. Quantunque
-non sia giustificata l'opinione generalmente
-diffusa della mancanza di talento musicale
-<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span>
-degli Inglesi, non è da negarsi, che la musica
-in Inghilterra fu sempre influenzata dagli stranieri,
-che attirati dall'idea di gloria e dalla
-speranza di ricchi guadagni vi trapiantarono la
-musica dei loro paesi. Le prime notizie che ci
-sono conservate sulla musica in Inghilterra arrivano
-al 600 dopo Cristo, quando papa Vitaliano
-mandò in Gallia e Britannia Giovanni e
-Teodoro ad insegnare il canto gregoriano che
-in poco tempo raggiunse grande diffusione. Dopo
-un lungo silenzio la storia fa menzione di <i>Giov.
-Dunstaple</i> del quale già parlammo ed a lui seguono
-molti altri musicisti pratici e teoretici,
-che ebbero molta parte allo sviluppo dell'armonia
-e contrappunto. Verso la fine del secolo
-XVI poi troviamo in Inghilterra molti
-musicisti, che si occuparono specialmente del
-madrigale, raggiungendo in questo genere le
-migliori opere degli italiani contemporanei. I
-più noti fra questi sono <i>William Bird</i> († 1623),
-<i>Tommaso Morley</i> (1557-1604), <i>John Bull</i> (1563-1628)
-e <i>Orlando Gibbons</i> (1583-1625). Molti madrigali
-di quell'epoca sono stati ultimamente
-pubblicati e eseguiti con plauso per la leggiadria
-dello stile, le bizzarrie ritmiche, gli scherzi
-armonici e la freschezza di melodia.
-</p>
-
-<p>
-Quel tempo vide pure il fiore della musica
-istrumentale che la regina vergine Elisabetta
-preferiva e molti furono i suonatori specialmente
-di <i>virginale</i> (specie di spinetta) che ebbero
-grande fama anche in altri paesi. L'importanza
-di questo ramo della musica inglese
-<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span>
-è assai grande per la storia della musica istrumentale
-e lo sviluppo delle sue forme. I principali
-rappresentanti ne sono <i>Hugh Aston</i> ed i
-nominati <i>Bird</i> e <i>Bull</i>. Noi troviamo nelle loro
-opere, che si pubblicarono negli ultimi anni,
-un'assoluta indipendenza dallo stile corale, una
-tecnica assai perfezionata nella mano sinistra,
-armonia quasi moderna e nuove forme come
-per es. la variazione.
-</p>
-
-<p>
-Il dramma musicale venne all'Inghilterra dall'Italia
-e vi fu portato da <i>Tommaso Lupo</i>, <i>Angelo
-Notari</i> ed <i>Alfonso Ferrabosco</i>. Bisogna però
-rammentare che <i>Roberto Jones</i> pubblicava ormai
-nel 1601 due libri di <i>songs and ayres</i> (canti ad
-1-4 voci con e senza istrumenti) scritti nello
-stile recitativo delle <i>Nuove musiche</i> di Caccini
-e che qualche cosa di simile all'opera erano le
-cosidette <i>Masques</i> con cori, danze ed in genere
-musica istrumentale.
-</p>
-
-<p>
-Delle prime opere di maestri inglesi (<i>Lawes</i>,
-<i>Colman</i>, <i>Lock</i>, ecc.) sono conservati soltanto i
-titoli. Nel 1673 venne <i>Cambert</i> in Inghilterra e
-vi introdusse la musica francese, che trovò tosto
-molti fautori fra i quali il re Carlo II.
-</p>
-
-<p>
-In quel tempo (1658) nasceva a Londra <i>Enrico
-Purcell</i>, il maggior genio musicale che l'Inghilterra
-mai ebbe. Purcell ha molti punti di
-somiglianza con Mozart. I suoi successi datano
-ormai dal suo diciottesimo anno e le sue opere
-giovanili (p. es. <i>Didone ed Enea</i>) mostrano maturità
-di studi, sicurezza di stile e di forma.
-Egli scrisse una quantità di musica per azioni
-<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span>
-teatrali, da chiesa ed istrumentali, tutte ricche
-di facile melodia, di ampiezza di stile e magistrale
-fattura. Il maggior difetto della sua musica
-è quello di essere troppo esangue e di restare
-quasi sempre allo stato di schizzo per
-quanto geniale. Egli si formò alla scuola degli
-Italiani senza però rinunciare alla sua personalità
-spiccata ma altresì senza raggiungerli.
-Egli prelude però ormai ad Händel specialmente
-colla sua maniera di innestare il coro all'azione
-e di concepire il quadro musicale.
-</p>
-
-<p>
-Purcell non trovò chi raccogliesse il suo retaggio.
-Morto a 37 anni, venne ben presto dimenticato
-dal pubblico che preferiva i piccanti
-ritmi delle canzoni francesi alla verità drammatica
-delle sue opere ed alla grandiosità dei
-suoi cori.
-</p>
-
-<p>
-Dopo la morte di Cambert (1677) sono di
-nuovo gli italiani che predominano e contendono
-la palma ad Händel, mentre gli ultimi
-tentativi di un'opera nazionale (<i>Beggar's Opéra</i>
-di <i>Gay</i> 1727) cadono sotto il livello dei più meschini
-prodotti.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-H. M. Schletterer — <i>Studien zur französischen Musik</i>, Berlin,
-1884-85.
-</p>
-
-<p>
-Nuitter et Thoinan — <i>Les origines de l'opéra français</i>, Paris,
-1886.
-</p>
-
-<p>
-Prunières — <i>Lully.</i> 1910.
-</p>
-
-<p>
-Pougin A. — <i>Les vrais créateurs de l'opéra français</i>, Paris, 1881.
-</p>
-
-<p>
-R. Rolland — <i>Le premier opéra joué a Paris</i> e <i>Notes sur
-Lully</i> in <i>Musiciens d'autrefois</i>, Paris, 1908.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span>
-</p>
-
-<p>
-L. de la Laurencie — <i>Lully</i>, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Prunières — <i>L'opéra italien en France avant Lully</i>, Paris, 1913.
-</p>
-
-<p>
-Laloy L. — <i>Rameau</i>, Paris, 1908.
-</p>
-
-<p>
-L. de la Laurencie — <i>Rameau</i>, Paris, 1908.
-</p>
-
-<p>
-I. Iansen — <i>I. I. Rousseau als Musiker</i>, 1884.
-</p>
-
-<p>
-Brenet — <i>Gretry: Sa vie et ses oeuvres</i>, 1884.
-</p>
-
-<p>
-H. Cuzzon — <i>Gretry</i>, Paris, 1908.
-</p>
-
-<p>
-Le opere principali di Lully, Rameau e Gretry furono
-pubblicate nuovamente nei Chefs d'Oeuvres class. de l'Opéra
-français, ecc.
-</p>
-
-<p>
-O. Lindner — <i>Die erste stehende deutsche Oper</i>, Berlin, 1855.
-</p>
-
-<p>
-L. Meinardus — <i>Rückbliche auf die Anfänge der deutschen
-Oper</i>, Amburgo, 1878.
-</p>
-
-<p>
-H. Kretschmar — <i>Das erste Jahrhundert der deutschen Oper</i>
-Sammelbände der intern. Musik Gesell., III, 2.
-</p>
-
-<p>
-H. Schmidt — <i>Matheson</i>, Lipsia, 1897.
-</p>
-
-<p>
-I. Valletta — <i>La musica in Inghilterra</i> — Riv. musicale italiana,
-vol. 5º.
-</p>
-
-<p>
-W. Nagel — <i>Geschichte der Musik in England</i>, Strassburgo,
-1894-1897.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap12">CAPITOLO XII.
-<span class="smaller">Martin Lutero e la musica protestante.
-Bach e Händel.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Nessuna nazione possiede sì ricco patrimonio
-di canzoni popolari quanto la tedesca. I musicisti
-non potevano ignorare tutta questa fioritura
-di canti ed è per questo che nelle loro
-opere si mostra più che in quelle degli altri
-maestri stranieri una certa inclinazione alla
-forma chiusa della canzone e che il canto
-<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span>
-fermo non si toglie di preferenza dal canto
-gregoriano. Mentre nei paesi romani si mantenne
-il canto liturgico latino e la comunità quasi mai
-partecipa al canto, noi troviamo cantici sacri in
-lingua tedesca ormai poco dopo il Mille. E ciò
-era naturale, perchè e ignota era la lingua latina
-e troppo diverso il canto gregoriano da
-quello popolare. Così vedemmo già parlando
-della canzone popolare, come il popolo tedesco
-trasformava i canti latini della chiesa, ora conservandone
-qualche brano, ora trasformando e
-ritmo e melodia alla guisa di canzone popolare
-(<i>Kyrleise</i>). Questi canti dapprima usati durante
-le processioni ed i misteri furono poi introdotti
-nella chiesa stessa e si ammisero benchè a malincuore
-dalla liturgia fra l'Epistola ed il Vangelo.
-</p>
-
-<p>
-Tale stato di cose si cambiò intieramente
-colla riforma di Lutero, che ha per la Germania
-lo stesso significato del Rinascimento in Italia.
-Questi due avvenimenti segnano nella storia
-della musica la fine del Medio Evo ed il principio
-di una nuova epoca. La riforma fu d'importanza
-capitale per la musica sacra tedesca
-e la musica tedesca in genere, giacchè Bach e
-Händel basano intieramente sulla musica della
-chiesa protestante e perchè le loro opere non
-si possono concepire senza la riforma che diede
-loro quell'austerità e maschia grandezza, che le
-distingue da quelle delle altre scuole.
-</p>
-
-<p>
-La chiesa riformata ammette il canto della
-comunità nella lingua del popolo. Esso non poteva
-<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span>
-essere dunque che la canzone popolare
-modificata per gli scopi della chiesa, perchè
-soltanto questo è il canto del popolo. Prima
-condizione era perciò di togliere la melodia dal
-tenore e darla al soprano onde renderla palese
-ed accompagnarla non con contrappunti ma
-nota per nota con armonie, con accordi.
-</p>
-
-<p>
-<i>Martin Lutero</i> (1483-1546) comprese l'importanza
-della musica per l'opera della riforma e
-le dedicò tanto più le sue cure, che egli stesso
-ne era appassionato cultore. «La musica, egli
-scrive nei suoi sermoni, è un dono di Dio e
-non degli uomini. Essa mette in fuga il diavolo
-e rende gli uomini ilari. Essa fa dimenticare
-l'ira, l'impudicizia e tutti i vizî. Io le dò il
-primo e più alto posto dopo la teologia».
-</p>
-
-<p>
-Lutero tradusse ed adattò i canti della comunità
-assieme ai suoi fedeli amici <i>Rupff</i> e <i>Walther</i>,
-scelse le melodie, sia togliendole dalle canzoni
-popolari, sia trasformando il canto gregoriano,
-sia trovandone di nuove e pubblicò nel
-1524 la prima raccolta <i>Enchiridion</i>. Stabilì il
-tipo del corale protestante che fino ad oggi
-rimase lo stesso, perchè non fu la moda che
-ne dettò le regole. L'esempio fruttò e ben presto
-si moltiplicarono e diffusero i nuovi canti, sicchè
-un Gesuita ebbe a dire che i canti di Lutero
-hanno mandato in perdizione più anime che i
-suoi scritti e sermoni. E difatti si potevano
-bruciare le bibbie ed i libri, mettere al rogo i
-propagatori della nuova fede ma non soffocare
-quei canti che s'innalzavano dovunque, che eccitavano
-<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span>
-il coraggio nelle battaglie e che erano
-ormai divenuti canti patriottici politici.
-</p>
-
-<p>
-La vera storia della musica tedesca comincia
-dopo la Riforma, perchè i musicisti anteriori
-a quest'epoca non sono che imitatori dei fiamminghi.
-Soltanto ora si desta il sentimento nazionale
-e come la Riforma non pretendeva l'annichilimento
-dell'individuo, così entra nell'arte
-per altre strade che in Italia l'individualismo,
-che rimase una delle prime doti della musica
-tedesca.
-</p>
-
-<p>
-Noi ci contenteremo di enumerare alcuni dei
-maestri tedeschi anteriori a Bach, che sono e
-numerosi ed importanti come lo mostrano le
-loro opere, che furono intieramente dimenticate
-e che oggi si tornano a pubblicare. Ancor sotto
-l'influsso degli Olandesi sta <i>Enrico Isaak</i> (Arrigo
-tedesco) di Praga (?) che fu alla corte di
-Lorenzo il Magnifico e poi di Massimiliano
-(† 1517). Le sue canzoni tedesche a più voci
-segnano ormai lo spegnersi dell'egemonia fiamminga.
-<i>Enrico Fink</i> di Pirna († 1588), <i>Stefano
-Mahu</i>, <i>Giorgio Rhaw</i>, <i>Martino Agricola</i>, appartengono
-già alla scuola protestante, come pure
-<i>Lodovico Senfl</i> di Basilea, scolaro di Isaak, l'autore
-prediletto di Lutero, musicista di vero genio.
-</p>
-
-<p>
-Questi autori si servono della forma del motetto
-per gli scopi della musica da chiesa protestante,
-abbandonano i contrappunti complicati
-ed usano di preferenza quello a <i>nota contra
-notam</i>, donde derivano gli accordi. <i>Luca Osiander</i>
-fu il primo a pubblicare cinquanta canzoni
-<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span>
-sacre e salmi (1586) secondo la nuova maniera.
-Superiori di gran lunga a questi sono: <i>Adamo
-Gumpoldzhaimer</i> (1560), <i>Leo Hasler</i> (1564-1612),
-scolaro di Andrea Gabrieli, noto in Italia sotto
-il nome di <i>Gianleone</i> e <i>Giovanni Eccard</i> (1553-
-1611), ambedue ispirati e potenti.
-</p>
-
-<p>
-Mentre in Germania prendeva piede la Riforma,
-l'Italia aveva veduto nascere Palestrina
-e formarsi la scuola dei grandi musicisti romani
-e veneti. I Tedeschi sempre avidi di sapere ed
-imparare non potevano ignorare gl'immensi
-progressi dell'arte musicale in Italia e da questo
-tempo data quella pacifica immigrazione di
-musicisti tedeschi in Italia, replicandosi quanto
-era successo prima coi fiamminghi. E quasi a
-favorire questo pellegrinaggio sorgeva ai confini
-d'Italia, bella in mezzo alle onde, Venezia,
-la città incantata, le cui flotte si spingevano fin
-ai più lontani mari ed i cui cittadini avevano
-vaste relazioni di commercio oltre le Alpi, la
-città dove una scuola musicale che aveva veduto
-fiorire i più grandi ingegni, continuava le
-sue gloriose tradizioni ed i cui templi ricchi di
-mosaici e di dipinti dei più celebri maestri, risuonavano
-di sacri e dolcissimi concenti, che
-riempivano d'ammirazione i forestieri venuti
-per affari di mercatura in Italia. Augusta e
-Norimberga vi mandavano i figli dei patrizi ad
-apprendere il commercio ed il modo di vivere;
-nel 1506 i Tedeschi aveano fabbricato in vicinanza
-di Rialto il loro fondaco, che facevano
-adornare di dipinti da Giorgione e da Tiziano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span>
-</p>
-
-<p>
-Da <i>Gallus</i> (1550) e <i>Meiland</i> fino a <i>Schütz</i>, una
-coorte di musicisti scende in Germania per visitare
-le scuole dei celebri maestri italiani. La
-rimembranza di quei tempi resta incancellabile
-anche dopo il ritorno in patria e rivive nelle
-loro composizioni, che ad onta del carattere
-nazionale portano l'impronta dei maestri italiani.
-Coloro poi ai quali non era concesso veder
-adempiuto il maggior voto della loro vita,
-ed apprendere e perfezionarsi nell'arte dei suoni
-dalla bocca del maestro, cercavano indirettamente
-collo studio delle opere di avvicinarsi ai
-loro ideali o frequentavano la scuola di maestri
-che furono in Italia. Alla scuola di Carissimi in
-Roma venne quel <i>Gaspare Kerl</i>, famoso compositore
-di musica da chiesa ed organista, che
-vedemmo alla corte di Monaco rivaleggiare cogli
-italiani e pure a Roma studiò con Frescobaldi
-<i>Giovanni Froberger</i> (1612), del quale faremo
-cenno in seguito. Soltanto indirettamente sotto
-l'influsso degli Italiani, seppure di un influsso
-quantunque indiretto si possa parlare, stanno
-i musicisti contemporanei, che nacquero e vissero
-nella Germania del Nord, quali <i>Melchiore
-Frank</i>, autore di molti corali ancor oggi in uso;
-<i>Andrea Hammerschmidt</i> (1611-1675), felice imitatore
-dei maestri italiani; i due membri della
-grande famiglia <i>Bach</i>, <i>Giovanni Michele</i> e lo zio
-di Sebastiano, <i>Giovanni Cristoforo</i>, eccellenti organisti
-e compositori; <i>Giovanni Pachelbel</i> di Norimberga
-(1653), celebre organista e scrittore di
-musica d'organo, <i>Michele Prätorius</i> (1571-1621)
-<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span>
-di Turingia, passionato ammiratore dei maestri
-italiani, dottissimo musicista ed autore della
-celebre opera <i>Syntagma musicum</i>, specie di enciclopedia
-musicale in tre volumi (1615-1620),
-di grandissimo interesse per la teoria e la storia
-dei musicisti e degli istrumenti. Il secondo
-libro contiene il <i>Theatrum musicum istrumentorum</i>,
-in cui sono descritti e disegnati tutti gli
-strumenti allora in uso; <i>Giovanni Ermanno
-Schein</i> (1586-1630), uno dei primi autori di musica
-istrumentale veramente ispirata ed interessante
-(<i>banchetto musicale, ecc.</i>); <i>Samuele Scheidt</i>
-(1587-1654) celebre organista e scrittore di musica
-d'organo e da chiesa in genere.
-</p>
-
-<p>
-La caratteristica di questi maestri è da cercarsi
-nel fatto che quasi tutti furono organisti
-e che dall'organo ebbero il loro sviluppo. Essi
-sono i diretti precursori di Bach, essendo rintracciabile
-nelle loro composizioni più che in
-tutte le altre dei musicisti della Germania meridionale
-quell'austero sentimento proprio della
-Riforma, che è una delle caratteristiche principali
-di Bach.
-</p>
-
-<p>
-Molti di questi musicisti uscirono dalla scuola
-dei celebri organisti <i>Swelink</i> (1540), scolaro di
-Zarlino e Gabrieli e <i>Reinken</i> (1623), la fama del
-qual ultimo fu tale che il giovane Bach intraprese
-un viaggio pedestre fino ad Amburgo per
-poterlo sentire. Maggiore di Swelink e Reinken
-fu <i>Dietrich Buxtehude</i>, nato a Helsingor nel
-1637, organista a Lubecca, la di cui virtuosità
-era fenomenale e le cui composizioni si avvicinano
-<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span>
-per grandiosità, varietà d'effetti, sapienza
-ed elevatezza a quelle di Bach, che fu talmente
-preso del suo modo di suonare e delle sue composizioni,
-che dimenticati i doveri che lo attendevano
-ad Arnstadt, si fermò per tre mesi a
-Lubecca (1705).
-</p>
-
-<p>
-A quella guisa che le composizioni della
-scuola romana basavano sul canto Gregoriano,
-così il fondamento della musica dei compositori
-della Germania settentrionale è il corale, che
-se non raggiunge la grandezza ed infinita semplicità
-tipica del canto gregoriano, pure nella
-sua melodica purezza, espressione e sentimento
-ha qualche cosa di più umano, di più commovente
-di questo ed è senza dubbio più individuale
-e corrispondente all'idea d'indipendenza
-della fede, propria del Protestantesimo. Gli organisti
-germanici servendosi del corale, ispirarono
-nuova vita alla musica d'organo e la resero
-capace d'esprimere tutte quelle aspirazioni
-e sentimenti che la parola non può esprimere.
-Nella loro musica la melodia non è che la pietra
-che serve alla costruzione dell'edifizio architettonico
-e maestoso e si palesa solamente
-nei giri armonici fra le arti contrappuntistiche
-e le fioriture, richiamando quasi l'attenzione
-dei fedeli al corale prima e dopo cantato.
-</p>
-
-<p>
-L'anello di congiunzione fra la scuola degli
-organisti di Germania e Bach ed il più grande
-e più geniale dei suoi antecessori fu senza dubbio
-<i>Enrico Schütz</i> (1585-1672) (<i>Sagittarius</i>),
-quantunque dovessero passare ancora cento
-<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span>
-anni prima della nascita del grande cantore di
-Lipsia. Dapprima destinato alla carriera legale,
-si dedicò alla musica per il suo talento
-pronunciatissimo e venne alla scuola di Giovanni
-Gabrieli, dove stette tre anni fino alla morte del
-maestro. Ritornato in patria divenne direttore
-di cappella a Dresda, dove rimase sino alla
-morte.
-</p>
-
-<p>
-L'importanza di Schütz è assai grande, essendo
-egli stato il primo ad ispirare alla musica
-germanica un nuovo alito di vita ed a liberarla
-dal formalismo, unendo alla dolcezza e
-maestà dello stile palestriniano e veneziano il
-nervo e la vigoria delle melodie germaniche.
-Le sue opere hanno una certa somiglianza con
-quelle di Carissimi, ma egli è più profondo
-e grande nei cori, mentre l'Italiano gli è superiore
-nell'espressione drammatica degli ariosi
-e dei recitativi. Le principali sono le Symphoniae
-sacrae, composizioni per voci (3-6) con istrumenti,
-scritte ad imitazione di quelle di Gabrieli,
-fra le quali stupende la <i>Conversione di Paolo</i>,
-la <i>Storia della Risurrezione</i> e le <i>Sette parole del
-Redentore</i>, specie di oratorî, scritti con tendenze
-musicali riformatrici e felice connubio di stili
-diversi che già di molto si avvicinano alle opere
-insuperabili di Bach, e finalmente le <i>Quattro
-Passioni</i> secondo gli Evangelisti, per voci sole,
-i cori delle quali (<i>turbae</i>) sono grandiosi per
-espressione drammatica, per il sentimento tragico
-e per verità, quali li troviamo nella <i>Passione
-di S. Matteo</i> di Bach. Schütz finì la sua
-<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span>
-lunga vita quasi nell'obblìo e le sue opere furono
-presto dimenticate, tanto che è difficile arguire
-se esse fossero state note a Bach e Händel. Oggi
-però per merito di Spitta, che pubblicò molte
-delle sue opere, egli è ritornato in onore e le
-<i>Sette parole</i> si eseguiscono di spesso.
-</p>
-
-<p>
-L'egemonia della Germania nella musica da
-chiesa comincia ormai con Schütz. I tedeschi
-impararono ben presto dagli italiani quello
-che mancava alla loro musica e vi aggiunsero
-la profondità intima dell'espressione e la ricchezza
-dell'armonia, unite ad una certa rudezza,
-che sente la forza.
-</p>
-
-<p>
-Mentre in Germania l'opera italiana si diffondeva
-sempre più, nasceva in un'oscura città
-di Turingia, in Eisenach, ai 21 marzo del 1685,
-<i>Giovanni Sebastiano Bach</i>, uno dei maggiori
-geni musicali, che mai il mondo conobbe. Bach
-apparteneva ad una famiglia, che per sei generazioni
-fornì la Germania di musicisti, fra
-i quali alcuni, come gli zii di Sebastiano, Giovanni
-Cristoforo e Giovanni Michele, ebbero
-grande fama. Perduto il padre all'età di dieci
-anni, venne collocato presso il fratello maggiore
-Giovanni Cristoforo, organista di Ohrdruff,
-che gli insegnò i primi rudimenti della
-musica, e fu lì, che studiando al chiaro di luna
-le composizioni d'organo di Pachelbel, Frescobaldi
-ed altri maestri, le quali il fratello non
-gli voleva permettere di studiare, contrasse il
-germe di quella malattia di occhi, che negli
-ultimi anni della sua vita lo rese cieco. Da
-<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span>
-Ohrdruff passò a Luneburgo come cantante del
-coro, quindi a Weimar, dopo la mutazione della
-voce quale suonatore d'orchestra. Passati alcuni
-anni in diverse città (Arnstadt, Mühlhausen,
-Cöthen), ora come organista, ora come violinista,
-ottenne finalmente, dopo la morte di Kuhnau,
-il posto di cantore (direttore) alla scuola
-di S. Tommaso in Lipsia (1723) che occupò fino
-alla morte (28 luglio 1750).
-</p>
-
-<p>
-Sebastiano Bach nacque di famiglia povera e
-modesta, si ammogliò due volte ed ebbe ventun
-figli. Le sue aspirazioni non furono mai alte,
-nè egli cercò la gloria. Dopo i suoi trionfi come
-organista e pianista a Dresda ed a Berlino, ritornò
-alla sua casa e continuò le sue occupazioni
-senza inorgoglire, quasi inconscio del suo
-portentoso genio. Passò la vita in mezzo alla
-sua famiglia, severo con sè ed i suoi, ligio al
-dovere ed alla religione dei suoi padri. I suoi
-contemporanei non intuirono la sua grandezza.
-Nato in un'epoca in cui la Germania non aveva
-ideali, in cui la vita di pensiero era meschina
-o nulla ed il pedantismo e la gretteria regnavano,
-non si vide in Bach che un eccellente
-virtuoso d'organo e poco più che un buon e
-diligente direttore di cappella. Più volte egli
-ebbe a sostenere lotte accanite coi suoi superiori
-per futili lagnanze e per questioni indegne
-che gli amareggiarono l'esistenza.
-</p>
-
-<p>
-Dopo morto, le sue composizioni andarono
-dimenticate ed in parte perdute; gli ultimi rampolli
-della sua famiglia caddero in miseria, e
-<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span>
-come si obliò il luogo ove giaceva sepolto,
-così si scordò il suo nome, sicchè quando Marx
-e Mendelssohn esumarono la sua grandiosa <i>Passione
-di S. Matteo</i> e ritornarono alla luce le sue
-maggiori opere, sembrò essere cosa incredibile
-che un simil genio avesse potuto per tanto tempo
-essere disconosciuto e quasi dimenticato. Oggi
-si può però parlare d'una vera rinascita bachiana,
-perchè la musica di Bach s'accorda in
-certo modo cogli ideali moderni d'estetica
-musicale e colla tendenza alla polifonia e fu
-appunto quando dominava l'omofonia, che Bach
-fu dimenticato per più d'un secolo.
-</p>
-
-<p>
-Dinanzi alla grandiosità delle sue opere la
-penna sfugge di mano e rifiuta il suo ufficio.
-Goethe scrisse di lui: «Quando penso a Bach,
-ho l'impressione, che l'eterna armonia si diverta
-con sè stessa forse come sarà successo nel seno
-di Dio prima della creazione». E Wagner: «Se
-si vuole comprendere la meravigliosa singolarità,
-forza ed importanza dello spirito tedesco
-con un solo ed incomparabile esempio, basta
-studiare la personalità quasi inconcepibile ed
-incomprensibile di Sebastiano Bach in un'epoca
-in cui il popolo tedesco era pressochè annientato».
-</p>
-
-<p>
-Il genio di Bach si può intuire, non esprimere
-a parole. Come Palestrina, egli sta sul confine
-di due epoche, e mentre chiude l'una, inizia
-l'altra. Anche egli non fu riformatore nel senso
-stretto della parola, nè trovò nuove forme, ma
-le sussistenti perfezionò e perfezionandole le
-<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span>
-rese tali che nuove appaiono. Come Palestrina
-incarna la musica sacra cattolica, così Bach è
-il rappresentante della musica protestante. La
-sua musica vocale è esclusivamente religiosa ed
-interpreta la dogmatica protestante, ma egli
-le ispira sentimenti più umani ed intimi di
-quello che la severa ortodossia antecedente
-avesse saputo. Se in Palestrina troviamo rappresentato
-l'elemento divino che s'abbassa fino
-all'umanità, in Bach domina l'elemento umano
-che si libera dai ceppi e dalle miserie terrene,
-si eleva al cielo, gli confida i suoi dolori, le
-sue angoscie e vi trova il conforto e la pace
-dopo la lotta.
-</p>
-
-<p>
-Il suo carattere inclina al misticismo, per cui
-la sua musica è precipuamente riflessiva, profonda
-ed esigente che l'uditore vi si immedesimi.
-Non sempre giustificato è però il voler
-sottolineare il sentimento religioso di Bach, che
-egli possedeva più per tradizione che per riflesso.
-Bach è portato altresì al lirismo ed in lui si
-trovano gli elementi del romanticismo; perciò
-era naturale che egli coltivasse anche la musica
-istrumentale, che più si adatta ad esprimere
-la profondità del pensiero. La musica di
-Bach non fu popolare ai tempi del maestro,
-perchè egli si elevava troppo sopra gli altri per
-venir intieramente compreso e popolare non lo
-è oggi nè mai lo diverrà. Ma invece si può ben
-con sicurezza affermare, che molte delle sue
-opere saranno imperiture come alcune dell'antichità
-nella letteratura, pittura e scoltura, perchè
-<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span>
-per quanto cambieranno e la vita di pensiero
-e le forme dell'espressione, l'alito geniale
-che vi ispirò il maestro, non può per il tempo
-che passa spegnersi.
-</p>
-
-<p>
-Nella musica vocale Bach segnò traccia imperitura.
-I suoi numerosi corali a quattro voci
-sono monumenti insuperabili di melodia ed
-espressione profonda; molti gli servono di tema
-per costruire grandiose concezioni polifoniche.
-Ma dove Bach sembrò attingere ad una fonte
-inesauribile fu nelle cantate, che sono più di
-trecento, quasi tutte su poesie di carattere religioso
-da eseguirsi dopo la predica dell'ufficio
-protestante. Esse mantengono la forma concertata
-di prima (introduzione istrumentale, coro,
-recitativi, arie, duetti, corale). La plasticità dei
-temi si presta a tutte le combinazioni, senza
-che l'unità sia perduta; l'opera grande e maestosa
-sorge naturalmente e quasi necessariamente,
-nel mentre ogni parte è individualmente
-concepita. La differenza che passa fra quelle
-di Bach e dei suoi antecessori e contemporanei
-è grande, perchè fu egli il primo a riconoscere
-l'importanza delle forme dell'opera italiana e
-servirsene combinandole collo stile della musica
-d'organo, raggiungendo così l'unità e creando
-una nuova musica da chiesa di spiccato carattere
-protestante, che fu anche l'ultima non
-essendo la posteriore che una semplice imitazione
-della sua.
-</p>
-
-<p>
-Il contrappunto di Bach basa a differenza dei
-maestri anteriori sull'armonia e le singole voci
-<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span>
-sono sempre condotte melodicamente. La tonalità
-è la moderna e non è che la scala minore
-discendente colla sesta maggiore che a noi riesce
-un po' strana ed arcaica.
-</p>
-
-<p>
-Fra le sue opere vocali le maggiori sono la
-<i>Passione secondo S. Matteo</i>, la <i>Messa in si minore</i>,
-l'<i>Oratorio di Natale</i>, il <i>Magnificat</i> a cinque
-voci. La <i>Passione</i> suddetta (15 aprile 1729), una
-delle tre conservateci, segna un immenso progresso
-in confronto delle anteriori e delle contemporanee
-e come il testo è depurato dalle
-aberrazioni ed ingenuità di prima, così la musica
-si eleva ad altezze, quali Bach stesso di rado
-seppe raggiungere. E se anche in questa sublime
-opera il contrasto fra l'elemento sacro e mondano
-o drammatico le tolgono l'unità, ciò deve
-ascriversi non all'autore ma al genere di composizione,
-per cui lo vediamo spegnersi con
-Bach e sostituirvisi l'oratorio, nel quale l'elemento
-sacro e mondano si confondono in uno
-e formano un nuovo stile.
-</p>
-
-<p>
-Nella musica istrumentale fu Bach che introdusse,
-come nessuno prima di lui seppe fare,
-le forme della musica polifonica vocale. Egli
-non creò la <i>Sonata</i>, la <i>Suite</i>, la <i>Partita</i>, la
-<i>Fuga</i>, ecc., ma tutti questi generi modificò e
-rinnovò in modo che fra le sue composizioni
-e le anteriori o contemporanee la somiglianza
-è poca o nessuna. La sua orchestrazione invece
-è semplice, quantunque non manchino specialmente
-nelle arie concertate tratti felici e nuovi
-impasti e combinazioni, che egli imparò senza
-<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span>
-dubbio dalle opere di Steffani. Fra la quantità
-delle sue opere istrumentali basti il nominare
-il suo <i>Clavicembalo ben temperato</i>, quella raccolta
-aurea di 48 preludî e fughe per cembalo,
-in cui Bach si palesa non solo sapiente teorico
-ma altresì poeta musicale, servendo la forma
-del preludio e della fuga ad esprimere sentimenti
-svariati ed affetti e facendo la profondità
-del pensiero e la bellezza melodica dimenticare
-la sapienza. Altre notissime sono la <i>fantasia
-cromatica</i>, il <i>Concerto in re minore</i> per pianoforte,
-la <i>suite in re maggiore</i> per orchestra, il <i>Concerto
-italiano</i>, le <i>toccate e fughe</i>, le <i>sonate per piano e
-violino</i>, le <i>sei sonate per violino solo</i>, i <i>concerti
-brandeburghesi</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Bach fu sommo organista e come tale fu riconosciuto
-anche dai contemporanei. Le sue
-improvvisazioni attiravano la folla ed il celebre
-organista Reinken dopo averlo sentito in Amburgo
-(1721), gli rivolse le memorabili parole:
-«Credevo che quest'arte fosse morta, ma vedo
-che essa ancor vive in voi». Bach non fu del
-resto soltanto sommo organista ma altresì sommo
-nelle sue composizioni per organo ancor
-oggi insuperate. E difatti chi ha mai più superate
-le sue toccate e fughe, i suoi preludî ai
-corali nei quali la profondità e la ricchezza
-melodica e tematica sono inesauribili?
-</p>
-
-<p>
-L'infinita ammirazione delle opere di Bach
-non deve però accecarci al punto di non riconoscere
-che non tutte raggiungono l'ideale della
-perfezione e che anch'egli, ciò che del resto è
-<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span>
-più che naturale se si considera la sua immensa
-produzione, molte volte lasciò correre la mano,
-fidandosi della sua prodigiosa sicurezza di maneggiare
-le forme più ardue del contrappunto.
-Allora anche Bach è soltanto un artista abilissimo
-ed è inutile cercare nelle opere scritte
-così, che non son poche, recondite profondità
-mistiche, alle quali certo l'autore non pensava
-e che neppur inconsciamente sentiva. E questo
-vale non soltanto per molte delle opere istrumentali
-ma ancor più per le cantate, scrivendo
-le quali Bach non poteva essere sempre invaso
-da compunzione religiosa ma voleva sopperire
-a bisogni liturgici, specialmente in un'epoca,
-in cui la religiosità s'univa ad un pietismo
-protestante barocco.
-</p>
-
-<p>
-Gli elementi della musica di Bach sono i più
-svariati. Il fondamento ne è il corale protestante,
-ma egli studiò altresì e profittò delle
-opere di Palestrina, Lotti, Caldara, Frescobaldi,
-molte delle quali egli copiò di propria mano.
-Nella musica istrumentale sono Corelli, Vivaldi
-(Concerti), Marcello, Albinoni, Couperin, Froberger,
-Buxtehude ed altri che esercitarono un
-influsso palese sulle sue opere.
-</p>
-
-<p>
-Fra i numerosi figli di Bach, quattro furono
-musicisti. Il maggiore, <i>Friedemann</i> (1710-1784),
-mostrò grande ingegno ed ebbe a maestro il
-padre, che su lui avea fondato le sue speranze.
-Organista della cattedrale di Halle, vi stette
-venti anni. Ma il suo carattere strano, la sua
-vita scapestrata lo trassero a rovina. Dedito al
-<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span>
-bere, cadde sempre più in basso, abbandonò il
-suo posto e vagò per la Germania, finchè morì
-in miseria a Berlino. Nei suoi momenti felici
-fu uno dei più grandi organisti del suo tempo,
-dottissimo in teoria e lasciò più composizioni,
-fra cui <i>polonesi</i>, <i>cantate</i>, <i>sonate</i> per piano e violoncello
-ed un <i>concerto</i> per organo che è degno
-delle migliori opere del padre.
-</p>
-
-<p>
-Miglior sorte ebbe l'altro figlio di Bach, <i>Filippo
-Emanuele</i> (1714-1788), allievo pure del padre,
-che visse onorato e stimato ad Amburgo.
-Fra le sue numerose composizioni vanno menzionate
-le sue <i>sonate</i> per piano, che furono il
-breviario di Haydn e segnarono una nuova fase
-nello sviluppo della sonata quantunque non sia
-giusto ascrivergli quello che fu il frutto dei tentativi
-di più maestri anteriori e contemporanei.
-In ultima linea le opere di F. E. Bach appartengono
-ormai allo stile galante, reso meno
-snello dalla pedanteria germanica dei suoi tempi.
-</p>
-
-<p>
-Tanto Friedemann che Filippo Emanuele si
-risentono dell'influenza superficiale dell'epoca
-e sono lontani dal raggiungere la grandezza e
-profondità del padre. Gli altri due figli, <i>Cristoforo
-Federico</i>, direttore a Bückeburg e <i>Giovanni
-Cristiano</i>, direttore a Milano e poi a Londra
-non si elevarono sopra la mediocrità.
-</p>
-
-<p>
-I numerosissimi manoscritti di Bach — durante
-la sua vita ne vennero stampati soltanto
-alcuni — furono divisi tra i due figli Friedemann
-e Filippo Emanuele. Ma il primo poco si
-curò del prezioso retaggio e così molte opere
-<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span>
-del grande genio di Turingia andarono perdute
-per sempre.
-</p>
-
-<p>
-Pochi giorni prima di Bach nasceva in Halle
-(23 febbraio 1685) <i>Giorgio Federico Händel</i>, quel
-genio che insieme a Bach, per lungo tempo
-assicurò alla Germania il primato musicale.
-Anche Händel, come tanti altri, ebbe a lottare
-col padre prima di potersi dedicare alla musica,
-finchè quest'ultimo, per l'intercessione del
-principe di Weissenfels, acconsentì all'ardente
-desiderio del figlio e lo mandò alla scuola dell'organista
-Zachau, eccellente teorico. A undici
-anni si recò a Berlino, dove viveva allora Bononcini
-e dove apprese nuove cose ed intravide
-orizzonti ben diversi da quelli che il suo maestro
-avevagli additato. Ma egli seppe resistere
-alla tentazione di rimanere e ritornò ai severi
-studi, che alternava con quelli della giurisprudenza
-all'Università, finchè a 19 anni si recò
-ad Amburgo per dedicarsi intieramente alla
-musica.
-</p>
-
-<p>
-Amburgo era allora il centro musicale germanico
-dell'opera ed offriva al giovane musicista
-ricco campo di studio ed esperienza. Difatti
-il suo soggiorno non fu senza frutto, chè
-di lui si eseguirono con buon successo tre
-opere. In Amburgo accadde pure la nota storia
-del suo duello con Mattheson, il turbolento e
-litigioso critico, che per poco non lo uccideva.
-La conoscenza dell'opera destò in Händel il
-desiderio di visitare l'Italia (1707), dove stette
-tre anni componendo più opere nello stile dell'epoca
-<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span>
-e riscuotendo grande plauso. Il soggiorno
-di Händel in Italia influì grandemente sulla sua
-musica, che ad onta di tanti punti di contatto,
-pure è sì diversa da quella di Bach. Lotti e Scarlatti
-gli furono prodighi di consigli e dalle opere
-di questi e della scuola romana, specialmente
-di Carissimi, trasse proficui ammaestramenti.
-</p>
-
-<p>
-Nel 1710 abbandona l'Italia e si ferma ad Annover,
-dove si trova con Steffani, il gentile ed
-ispirato autore di celebri duetti e cantate. Di
-là passa a Londra, che doveva divenire la sua
-patria adottiva. Nel 1711 la sua opera <i>Rinaldo</i>,
-lo rende noto al pubblico inglese ed in breve
-tempo egli diventa l'autore più di moda. Ma la
-sua vittoria fu amareggiata da continue lotte
-con rivali ed una forte fazione d'inimici invidiosi
-cercò con ogni mezzo di soppiantarlo e
-discreditarlo. Le contese coi colleghi, fra cui
-<i>Ariosti, Bononcini, Porpora</i>, con cantanti e cantatrici,
-fra le quali la Cuzzoni e Faustina Hasse
-rivali ed inimiche acerrime, la cattiva riuscita
-delle sue imprese teatrali, finirono col disgustarlo
-del teatro, sicchè nel 1740 colla sua opera
-Deidamia, diede un addio alle scene e si dedicò
-ormai in età avanzata all'oratorio, a quel genere
-in cui si era anni avanti (1732-34: <i>Ester, Debora,
-Atalia, la festa di Alessandro</i>, 1736), provato
-con successo. Fra le opere di questo periodo
-nomineremo come le più celebri ed ancor oggi
-notissime, <i>Israele in Egitto</i>, coi suoi grandiosi
-cori che descrivono le sventure del popolo
-eletto; l'<i>Allegro ed il Pensieroso</i>; nel 1741 il
-<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span>
-celebre <i>Messia</i>, l'oratorio prediletto del pubblico
-inglese; nel 1742 <i>Sansone</i>, una delle opere più
-ispirate e grandiose per contrasti di tinte; nel
-1746 <i>Giuda Maccabeo</i>, e finalmente <i>Iefte</i>, che
-Händel scrisse quando le tenebre della cecità
-si erano distese sui suoi occhi, due anni prima
-della sua morte (1759).
-</p>
-
-<p>
-Händel scrisse quaranta opere teatrali, diciotto
-oratorî, passioni, Anthems, Te Deum, Cantate,
-duetti, Concerti grossi, Sonate, Suites, musica
-d'organo.
-</p>
-
-<p>
-L'importanza di Händel sta precipuamente
-nell'oratorio. Nell'opera lirica egli non si innalza
-gran fatto al disopra dei contemporanei
-e se nelle sue arie la caratteristica è forse più
-efficace di quella di tanti altri maestri, le sue
-melodie sono meno insinuanti ed ispirate di
-quelle dei migliori italiani. Anche in Händel
-manca come nei maestri napoletani il sentimento
-drammatico dell'intiera opera e se un'aria o
-l'altra, singolarmente presa, mostra grande verità
-espressiva e s'adatta al testo, il tutto non è
-che una collezione di arie collegate coi recitativi.
-</p>
-
-<p>
-Dell'origine dell'oratorio abbiamo fatto cenno
-parlando di quella dell'opera. In Italia esso si
-era già al principio del secolo XVII diviso in
-due specie distinte. La prima a somiglianza delle
-antiche azioni liturgiche con testo latino, la seconda
-in forma di leggende di santi od azioni
-sacre drammatizzate con apparato scenico. Una
-suddivisione di quest'ultima sono gli Oratorî con
-persone allegoriche e simboli, ma essa iniziata
-<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span>
-da Cavalieri andò presto in disuso (<i>Maragnoli-Vita
-humana</i> 1658). Le azioni sacre drammatiche
-invece vennero molto in voga e le biblioteche
-italiane e straniere posseggono una quantità di
-simili azioni sacre in musica, fra le quali nomineremo
-come le principali l'<i>Eumelio</i> di <i>Ag.
-Agazzari</i>, <i>S. Alessio</i> di <i>Landi</i> (circa 1620), gli
-Oratorî di <i>Aless. Scarlatti</i>, <i>Stradella</i> (Modena),
-<i>S. Francesco</i> di <i>G. Alessandri</i> (Dresda) molti di
-<i>Caldara</i> (Vienna), <i>Leo</i>, ecc., e per dare un'idea
-della voga dell'oratorio basti il dire, che il
-padre Martini aveva nella sua biblioteca 350
-oratori scritti da maestri italiani, che poi andarono
-dispersi ed in parte perduti. La forma dell'oratorio
-drammatico italiano va sempre più
-avvicinandosi a quella dell'opera e la parte dell'<i>Historicus</i>
-scompare ben presto, perchè essa
-era incompatibile colla forma drammatica, e
-l'esecuzione scenica, che molte volte si adottava.
-</p>
-
-<p>
-L'affinità fra l'azione dell'Oratorio con quella
-dell'opera influiva pure sullo stile. Una certa
-serietà ed elevatezza nelle arie e nei recitativi
-accompagnati, molte volte bellissimi, è l'unica
-caratteristica. I cori vanno sempre più perdendo
-d'importanza e si riducono di solito a due, al
-principio ed alla fine e ciò neppur sempre.
-L'interesse va perciò diminuendo e noi vediamo
-spegnersi l'oratorio, almeno in Italia, alla fine
-del secolo XVIII.
-</p>
-
-<p>
-È inutile indagare quali motivi abbiano deciso
-Händel ad abbandonare l'opera lirica e dedicarsi
-intieramente all'oratorio. Certo essi non
-<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span>
-sono da cercarsi solamente nelle circostanze
-esteriori. Più che queste influirono senza dubbio
-il suo carattere severo ed austero, l'altezza
-dei suoi ideali e l'impossibilità di raggiungerli
-nell'opera. Nell'oratorio di Händel si compie la
-fusione dell'elemento mondano e divino, che
-nella musica sacra era impossibile. La bibbia
-offriva ad Händel soggetti adatti alla sua natura
-inclinata all'epico, al grandioso; alla mancanza
-dell'elemento drammatico individuale suppliva
-la vastità del quadro michelangiolesco, dove invece
-di una singola persona parlava un popolo
-intiero. La mente di Händel non era inclinata
-alla contemplazione mistica, ma vedeva la vita
-oggettivamente cogli occhi di un cosmopolita.
-Perciò quello che Händel non seppe raggiungere
-nell'opera lirica, egli raggiunse nell'oratorio,
-il sentimento drammatico cioè e perciò
-i suoi grandiosi cori sono più veri ed espressivi
-che le sue arie, le quali per lo più sono
-antiquate e risentono del tempo tanto nelle loro
-forme alle volte barocche e convenzionali che
-nelle fioriture.
-</p>
-
-<p>
-L'orchestrazione di Händel è più ricca e colorita
-di quella di Bach, che doveva sempre
-contentarsi di pochi e mediocri suonatori, più
-interessante ed elaborata di quella dei maestri
-italiani. Fra le sue migliori opere istrumentali
-contano i <i>Concerti grossi</i>, per archi soli o per
-archi ed oboe, lo strumento preferito da Händel.
-La forma è quella dei Concerti di Corelli
-con qualche cambiamento.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span>
-</p>
-
-<p>
-Händel è molto più comprensibile e vicino a
-noi italiani di Bach sia per le sue doti sia e
-forse di più per l'influenza che ebbero su di lui
-i maestri italiani ed il lungo soggiorno in
-Italia. «Andate in Italia a liberarvi la testa
-dalle idee superflue e le ubbie» diceva il vecchio
-musicista Fux ad un suo scolaro e fu certo in
-Italia che Händel imparò la chiarezza, l'equilibrio
-e la semplicità, che sono i suoi maggiori
-pregi e che Bach non seppe mai raggiungere in
-sì alto grado.
-</p>
-
-<p>
-La potenza assimilatrice di Händel è stragrande
-ed egli non ebbe mai scrupolo di servirsi
-di motivi e temi di altri maestri per le
-sue opere. Ma egli sa assorbire tutti gli elementi
-estranei in modo tale, che l'imitazione non diventa
-plagio e perde ogni importanza.
-</p>
-
-<p>
-Nell'opera egli non cercò nè trovò nuove vie
-ma seguì le battute. Nell'oratorio invece egli
-tenta continuamente nuovi esperimenti e gli fa
-subire diverse trasformazioni, innestandogli anche
-forza drammatica più che nelle sue opere
-teatrali, ora contentandosi di cori omofoni ora
-fugati, ora misti con soli. La sua facoltà inventiva
-sembra inesauribile, sicchè gli bastano poche settimane,
-alle volte pochi giorni per comporre
-un'opera od un oratorio (p. e. il <i>Messia</i> fu scritto
-fra il 22 agosto ed il 14 settembre 1741). I suoi
-Concerti per organo ed orchestra sono quasi
-improvvisazioni ed egli si contenta alle volte
-d'una stenografia musicale per seguire l'irruenza
-della sua fantasia.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span>
-</p>
-
-<p>
-Bach e Händel sono due geni, che vicendevolmente
-si completano come Goethe e Schiller.
-Bach inclina al misticismo, alla contemplazione:
-egli basa completamente sul sentimento religioso
-protestante. Händel è più oggettivo e contempla
-la vita da un ampio e libero punto di
-vista; perciò il primo è essenzialmente lirico,
-mentre l'altro è epico e somiglia agli uomini
-dell'antichità. Il sentimento religioso in lui non
-è esclusivo come in Bach, ma è soltanto il fondamento
-su cui poggia il suo edifizio. Bach rimase
-germanico nell'arte ed esclusivamente nazionale,
-mentre Händel ne allargò i confini, e
-conservando la propria fisonomia, apprese e
-si perfezionò alla scuola degli italiani. Bach è
-più profondo e complicato di Händel che si
-serve di mezzi più chiari, più semplici; il primo
-è più accurato nei particolari, mentre il secondo
-dipinge a tratti più larghi. Ambedue menarono
-vita semplice ed integra e ad alte aspirazioni
-unirono somma attività e diligenza.
-</p>
-
-<p>
-Con Bach ed Händel finisce la prima grande
-epoca della musica tedesca. L'antica religiosità
-andava scomparendo per far luogo a nuove
-idee; all'antico dogmatismo succede il razionalismo
-di Kant; la Rivoluzione francese, che
-da lungo preparavasi, abbatte gli antichi pregiudizi
-e viene proclamata la libertà d'azione
-e di pensiero. Anche la musica si risente delle
-nuove idee e da queste nascono l'opera di
-Gluck e la musica istrumentale sinfonica moderna.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span>
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-C. v. Winterfeld — <i>Der evangelische Kirchengesang</i>, Lipsia,
-1843-47.
-</p>
-
-<p>
-H. Köstlin — <i>Luther als der Vater des evang. Kirchengesanges</i>,
-Lipsia, Breitkopf und Härtel.
-</p>
-
-<p>
-Pirro A. — <i>Schütz</i>, Paris, 1912.
-</p>
-
-<p>
-Pirro A. — <i>L'estethique de I. S. Bach</i>, Paris, 1907.
-</p>
-
-<p>
-Ph. Spitta — <i>Heinrich Schütz Leben u. Werke</i>, Berlin, 1904,
-nel libro <i>Musikalische Aufsätze</i>.
-</p>
-
-<p>
-— <i>I. S. Bach</i>, Lipsia, 1873 e seg.
-</p>
-
-<p>
-C. Bitter — <i>S. Bach</i>, Dresda, 1880.
-</p>
-
-<p>
-Schweitzer A. — <i>I. S. Bach, le musicien poête</i>, Leipzig, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Fr. Chrysander — <i>G. F. Händel</i>, Lipsia (incompiuto.)
-</p>
-
-<p>
-T. Volbach — <i>G. F. Händel</i>, Berlino, 1898.
-</p>
-
-<p>
-Rolland R. — <i>Händel</i>, Paris, 1910.
-</p>
-
-<p>
-C. Bitter — <i>Die Söhne Bachs</i>, Berlino, 1868.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Beiträge zur Geschichte des Oratoriums</i>, 1872.
-</p>
-
-<p>
-Le opere degli autori nominati, anteriori a Schütz sono
-in parte pubblicate in Antologie.
-</p>
-
-<p>
-Quelle di Schütz, Bach ed Händel furono intieramente
-pubblicate dalla casa Breiktopf und Härtel e dalla Società
-Händel.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap13">CAPITOLO XIII.
-<span class="smaller">La musica monodica da camera
-e l'arte del canto fino al secolo XIX.
-Teatri e decorazioni.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Una delle qualità che secondo Baldassare Castiglione
-deve avere <i>il Cortigiano</i> (1518) è che
-egli sia «ancor musico ed oltre allo intendere
-ed esser sicuro a libro sappia varii istrumenti».
-<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span>
-(Libro I. Cap. XLVIII). «Il tempo poi nel quale
-si possono usare queste sorti di musica, stimo
-che sia sempre che l'omo si trova in una domestica
-e cara compagnia, quando altre faccende
-non vi sono». (Lib. II. Cap. XIII). Simili
-accenni troviamo negli Asolani di Pietro Bembo,
-nella vita di Guido da Montefeltro, scritta
-da Vespasiano dei Bisticci, nei Dialoghi di Torquato
-Tasso ed in molte altre opere dei secoli
-scorsi, p. e. nell'Introduzione al Novellare nelle
-Cene di Francesco Grassini, detto il Lasca («si
-dierono a cantare certi madrigali a cinque voci
-di Verdolotto e d'Arcadelte in casa di una ricca
-e bella donna vedova, il di cui fratello aveva
-una camera fornita di canzonieri scelti e d'ogni
-sorte d'istromento lodevoli, sappiendo tutti
-quei giovani, chi più, chi meno, cantare e suonare»).
-La musica comincia a divenire col Rinascimento
-veramente un elemento di coltura
-e diletto delle classi alte e medie ed ad avere
-una parte non senza importanza nella vita privata.
-Paolo Veronese, Giorgione, Bonifazio dipingevano
-i cosidetti <i>Concerti</i>. Leonardo, Benvenuto
-Cellini, Salvator Rosa erano buoni musicisti,
-cantanti o suonatori; le corti di Firenze
-e specialmente di Mantova e Ferrara risuonavano
-di canti e suoni e musicisti celebri vi trovavano
-gentile ed onorevole accoglienza; Isabella
-ed Alfonso d'Este possedevano una raccolta
-di strumenti preziosi non allo scopo di
-farne una collezione ma di usarli praticamente.
-A differenza di prima di musica si occupavano
-<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span>
-e seriamente anche i dilettanti e basti il nominare
-fra le donne celebri o note per altri motivi
-Properzia dei Rossi, Irene da Spilimbergo e
-Tarquinia Molza quali distinte cantanti e suonatici
-e fra le compositrici Maddalena Casolana
-e Vittoria Aleotti che scrissero Madrigali,
-che si stamparono assieme a quelli dei maestri
-più celebri e finalmente la cortigiana Imperia
-che aveva studiato la composizione ed era abilissima
-cantante. La musica non mancava mai
-alle feste, conviti e persino nei conventi di
-monache si cantava e suonava per semplice
-svago e divertimento. In questo accordo perfetto
-di lodi alla musica non si ha che una stonatura
-nella lettera di Bembo a sua figlia Elena
-(1529), alla quale scrive che «il suonare è cosa
-da donna vana e leggiera e che è meglio esercitarsi
-nelle lettere e far la cucina».
-</p>
-
-<p>
-Più tardi il teatro e l'opera ebbero il predominio
-ma non perciò cessarono i concerti privati
-ed i trattenimenti dove la musica aveva
-gran parte. Così sappiamo p. e. dei famosi Lunedì
-del Cardinale Ottoboni a Roma, dove suonava
-Corelli e convenivano i più celebri musicisti
-(Scarlatti, Händel, Steffani, ecc.) e Burney
-ci racconta nelle sue memorie di una quantità
-di simili trattenimenti musicali in più città di
-Italia. Nè altrimenti si potrebbe spiegare la
-grande quantità di opere vocali ed istrumentali,
-scritte per scopi estranei al teatro, quali dapprima
-le Canzoni a più voci, i Madrigali, le innumerevoli
-composizioni per liuto, le canzoni
-<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span>
-monodiche, le cantate e la musica per istrumenti
-ad arco e tasto.
-</p>
-
-<p>
-Lo stesso può dirsi della Germania, quantunque
-la sua vita artistica non fosse certo sì sviluppata
-che in Italia. M. Agricola ci parla nella
-prefazione alla sua <i>Musica istrumentalis</i> (1545)
-in versi prosaici e da colascione della musica
-nella vita privata tedesca. Walther, l'amico di
-Lutero, ci racconta che questi prima e dopo
-tavola si metteva a cantare e che Melantone
-faceva il basso. Le raccolte di canzoni <i>Kurzweilig,
-frische gute Liedlein</i>, sono numerosissime
-ed appartengono alla musica di carattere intimo,
-al qual genere sono pure da annoverarsi le
-opere di Clavicembalo della famiglia dei Bach,
-di Kuhnau, Froberger come in Francia, quelle
-di Couperin, Rameau, Daquin ed altri. In Germania
-poi i cosidetti <i>Collegia Musica</i> erano società
-di dilettanti, che durarono quasi fino al
-termine del secolo XVIII e che, come lo indica
-la parola, erano circoli musicali privati,
-dove si eseguiva una quantità di opere vocali
-ed istrumentali con o senza uditorio. La conclusione
-che se ne può trarre è che ai tempi
-odierni si fa certo più musica che nei tempi
-passati ma che la musica da camera prima veniva
-molto più coltivata nelle famiglie e nelle
-radunanze private, al che influì senza dubbio
-anche la maggiore difficoltà tecnica della musica
-moderna.
-</p>
-
-<p>
-La musica da camera vocale monodica dei
-secoli scorsi è pressochè ignota non solo al
-<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span>
-cosidetto gran pubblico ma anche a molti musicisti.
-Eppure essa è d'una ricchezza incredibile
-ed è a sperare che ora che adagio adagio
-si vanno pubblicando le migliori opere antiche
-oltre le poche note celebri, noi impareremo a
-conoscerla e ad apprezzarla come lo merita.
-Essa, della quale trovammo già accenni nell'<i>Ars
-nova</i> fiorentina ben presto andata in dimenticanza
-e che visse soltanto nella canzone popolare,
-rinacque quasi contemporaneamente all'opera
-ed è pure frutto del Rinascimento musicale.
-Tentennante da principio ed avvicinantesi
-alle melopee di Peri e Caccini, ben presto si
-depura ed invigorisce, diventa spontanea, fresca
-ed ispirata per la linea melodica, ora calda
-d'espressione, ora vivace di ritmo, ora caratteristica.
-Le nostre biblioteche possiedono una
-quantità di queste canzoni ed arie antiche e
-quando esse saranno di nuovo note ci accorgeremo
-di avere una meravigliosa lirica musicale
-antica, alla quale deve riannodare la lirica moderna,
-se non si vuole imbastardire l'arte nazionale.
-</p>
-
-<p>
-Fra le opere appartenenti a questo genere
-nomineremo oltre quelle pubblicate da L. Torchi
-nelle Canzoni ed Arie italiane ad una voce
-del secolo XVII, i <i>Madrigali ed Arie</i> a voce sola
-di <i>Giovanni Francesco Capello</i>, la <i>Sphaera armoniosa</i>
-di <i>Paolo Quagliati</i> (1623) i Madrigali di
-Francesco Turini (1629) e <i>Biagio Marini</i> (1649)
-qualche canzone di <i>Salvator Rosa</i> (1614-1673) il
-celebre pittore e di <i>Alessandro Stradella</i>. Riemann
-<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span>
-esamina nella sua storia della musica una
-quantità di queste raccolte di arie di maestri
-italiani affatto sconosciuti e ne riporta lunghi
-brani, parlando con grande ammirazione specialmente
-di quelle di <i>Benedetto Ferrari</i> di Modena
-(?) (1633) che non esita a mettere a paro
-di Monteverdi e Carissimi. Ma la vera canzone
-lirica ebbe pur troppo brevissima vita per il
-predominio del teatro. Essa si va gradatamente
-cambiando nella <i>Cantata da camera</i>, che era
-quasi uno studio preparatorio dell'opera, un'opera
-in miniatura essa stessa, nata dal Madrigale
-coll'aggiungere ai cori pezzi a solo, che poi
-divennero dominanti. Lo stile di essa divenne
-poi quasi stereotipo, sicchè si può quasi dire
-che fu la Cantata nata dall'opera che poi influì
-su questa e sullo stile drammatico e gli tolse
-in parte la verità drammatica coll'esclusiva ricerca
-dell'eleganza ed una certa vacuità cagionata
-dalle poesie di solito insulse e convenzionali.
-E così successe, come giustamente osserva
-R. Rolland, che Carissimi e L. Rossi ebbero la
-prima colpa della decadenza dell'opera italiana
-appena iniziata, come tutti quelli che sostituiscono
-ad un ideale di verità uno di semplice
-bellezza, indifferente alla vita. La cantata consisteva
-solitamente di tre arie collegate da recitativi
-e la voce veniva accompagnata dal cembalo
-rinforzato dal basso o violoncello. Alle
-volte ma raramente si aggiungono istrumenti a
-corde p. e. liuti, chitarre, tiorba e lira. Molte
-delle infinite cantate dell'epoca sono da contarsi
-<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span>
-fra le migliori opere della musica italiana e
-superano spesso per la finezza del lavoro, la
-spontaneità e la correttezza della declamazione
-le opere teatrali contemporanee. Lo stesso può
-dirsi dei <i>duetti da camera</i> di <i>A. Lotti</i>, <i>E. Astorga</i>,
-<i>Clari</i> e specialmente di <i>Agostino Steffani</i>. Le
-poesie dei duetti sono pressochè esclusivamente
-di soggetto amoroso e non sono quasi mai veri
-dialoghi con contrasti drammatici, anche quando
-vi sono framessi piccoli recitativi. La forma di
-duetto era scritta semplicemente per scopi
-musicali, onde cioè impiegarvi imitazioni e canoni.
-Anche questi canti sono scritti col basso
-numerato solo o con altri strumenti, di solito
-violini ma in tutt'altra maniera delle opere
-anteriori del genere polifonico, che si potevano
-cantare e suonare <i>come piace</i>.
-</p>
-
-<p>
-Questa fioritura di musica vocale doveva
-aver per naturale conseguenza un nuovo indirizzo
-nell'arte del canto. Fino allora aveva
-dominato la polifonia ed era naturale che i cantanti
-delle opere polifoniche rivolgessero la loro
-attenzione più alla coltura musicale generale
-che alla tecnica del canto stesso. Ma non bisogna
-però credere che questa fosse del tutto trascurata,
-che anzi, p. e. i cantori della cappella
-Sistina dovevano pure accudire a lunghi esercizi
-vocali, che se non avevano direttamente
-per scopo l'espressione individuale del canto
-pure non potevano restare senza influsso sull'arte
-del cantare.
-</p>
-
-<p>
-Alla scuola di Virgilio Mazzocchi, come scrive
-<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span>
-Bontempi (1695) «gli allievi dovevano impiegare
-ogni giorno un'ora nel cantare cose difficili
-e malagevoli, un'altra negli studî delle lettere
-e un'altra negli ammaestramenti ed esercizi
-del canto e sotto l'udito del maestro e davanti
-a uno specchio per assuefarsi a non far moto
-alcuno inconveniente nè di vita, nè di fronte,
-nè di ciglio, nè di bocca e tutti questi sono gli
-impieghi della mattina».
-</p>
-
-<p>
-Coll'introduzione della monodia tutta l'attenzione
-si concentrò sul canto <i>a solo</i>, sull'espressione,
-la declamazione, la pronuncia e la tecnica.
-La prefazione alle <i>Nuove musiche</i> di Caccini
-contiene un vero trattato di arte del canto con
-esempi ed offre ancor oggi un certo interesse,
-trillo, ribattuta di gola, cascata sempia, doppia,
-voci finte, (di testa) lunghi giri di voce
-(fioriture). Un madrigale di Antonio Archilei ci
-è conservato cogli ornamenti aggiunti alla parte
-del soprano dalla cantante Vittoria Archilei,
-fioriture, che anche oggi offrirebbero grandi
-difficoltà. Esiste pure un'antica traduzione tedesca
-di un'<i>Ars cantandi</i> di Carissimi, che però
-non è che una teoria elementare della musica.
-Le prefazioni delle due Euridici e della Dafne
-sono finalmente ricche di notizie rispetto al
-canto.
-</p>
-
-<p>
-Da quest'epoca cominciano pure le notizie
-sui singoli cantanti, che ora potevano valere
-come individui e non semplicemente come
-membri d'un tutto (coro). I più noti di quei
-primi tempi dell'opera sono <i>Vittoria Archilei</i>
-<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span>
-«che si può dire l'Euterpe dell'età nostra»
-(Peri), il castrato <i>Vittorio Loreto</i>, <i>Margarita Costa</i>
-e la <i>Cecca della Laguna</i>, le quali due ultime
-furono causa di fazioni nemiche (<i>Costisti e Cecchisti</i>)
-che preludiano ai partiti posteriori dei
-Glickisti e Piccinisti anche cogli scandali ed
-invettive, <i>Virginia Andreini</i> (la Florinda), <i>Adriana
-Basile</i>, <i>Baldassare Ferri</i>, <i>Francesco Grossi</i>
-(<i>Siface</i>), ecc.
-</p>
-
-<p>
-Alcuni decenni dopo il principio dell'opera
-comincia il dominio degli evirati. Fino allora
-si faceva eseguire in chiesa la parte di soprano
-e contralto da ragazzi o da falsettisti (alti naturali)
-che erano una specialità degli Spagnuoli.
-<i>Giovanni de Sanctos</i> († 1625) fu l'ultimo falsettista
-della cappella pontificia. Il primo evirato
-che vi fu accolto fu il padre <i>Girolamo Rosini</i>
-(1601) da Perugia. Donde fosse venuta questa
-infame barbarie che durò fino al scorso secolo
-e della quale vivevano fino a non molti anni fa
-ancora alcuni decrepiti e tristi testimoni a
-Roma, non è qui il luogo di ricercare. Incredibile
-è che uomini illuminati come <i>Pietro della
-Valle</i>, membro della Camera fiorentina ed altri
-chiamino gli evirati «il maggior ornamento della
-musica». Essi passarono dalla chiesa in teatro
-specialmente quando papa Clemente XII proibì
-che le donne cantassero nei teatri di Roma.
-Ed allora si videro uomini, che Parini chiamava
-«canori elefanti, che si trascinavano appena
-sulle adipose piante», cantare da soprano le
-parti di donna, oppure un amante od un eroe
-<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span>
-cantare la parte più alta, mentre il contralto
-era affidato ad una donna e simili! Ad onta di
-queste aberrazioni l'arte del canto faceva però
-in Italia progressi grandissimi. Molti dei migliori
-e più celebri maestri erano essi stessi eccellenti
-cantanti (Caccini, Peri, Carissimi, Stradella,
-Scarlatti). Altri si dedicarono intieramente all'insegnamento
-del canto e fondarono scuole,
-che divennero celebri. Uno dei più noti fu <i>Francesco
-Antonio Pistocchi</i> (1659-1720) cultore del
-canto espressivo e fondatore della scuola bolognese.
-<i>Pietro Francesco Tosi</i> ci ha tramandato
-nelle sue <i>Opinioni dei cantori antichi e moderni</i>
-(1723) le regole di questa scuola che col
-successore di Pistocchi, <i>Antonio Bernacchi</i>
-(1690-1756) coltivò con predilezione il canto fiorito.
-Altri celebri scuole furono quelle di <i>Francesco
-Redi</i> di Firenze, di <i>N. Porpora</i> a Napoli
-e <i>Mancini</i> a Vienna.
-</p>
-
-<p>
-I cantanti più noti di questo tempo sono <i>Vittoria
-Tesi, Faustina Bordoni-Hasse, Francesca
-Cuzzoni, Margarita Durastanti, Regina Mingotti,
-Francesco Bernardi (Senesino), Carlo Broschi
-(Farinelli), Gaetano Majorano (Caffarelli)</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Il pubblico delirava per quelle voci potenti
-ed ammalianti, per quell'arte perfetta, per quel
-sentimento profondo che emanava da quel canto.
-Ma tanta ricchezza di voci e tanta perfezione
-d'arte influirono sull'arte stessa e quel fenomeno
-che vediamo nella pittura (Guercino, Domenichino)
-e nella scoltura (Bernini) si ripetè
-anche nella musica. Il virtuosismo cessò di esser
-<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span>
-mezzo ma divenne scopo ed il cantante non
-servì più all'arte ma l'arte a lui. Così una delle
-cagioni della decadenza dell'opera o della musica
-italiana in genere, che seguì questo periodo,
-fu senza dubbio il virtuosismo dei cantanti, che
-insuperbiti dei loro successi dettarono la loro
-volontà al musicista e lo resero schiavo dei
-loro capricci. Ed allora alla naturalezza ed alla
-verità subentrarono la ricercatezza e la manìa
-dell'effetto; il canto semplice ed espressivo dovette
-far luogo alle fioriture senza significato.
-</p>
-
-<p>
-L'Italia è la vera patria del teatro moderno.
-Mentre a Lucerna si eseguiva ancora nel 1583
-sulla piazza del Mercato una rappresentazione
-sacra e gli attori con infantile semplicità recitavano
-a seconda del luogo dell'azione in diversi
-scompartimenti, uno accanto all'altro e
-tutti contemporaneamente visibili, <i>Andrea Palladio</i>
-costruiva in Vicenza il teatro Olimpico, in
-cui quantunque senza scenari dipinti era effettuata
-l'idea della scena chiusa e Leonardo, Brunelleschi,
-Raffaello, Andrea del Sarto ed altri
-sommi artisti non sdegnavano prestare la loro
-opera per ideare apparati scenici e decorazioni.
-A Venezia si aprivano i primi teatri destinati al
-pubblico (S. Cassiano (1637), S. Moise (1639), ecc.).
-Gli architetti <i>Peruzzi</i> e <i>Serlio</i> stabiliscono le
-forme fondamentali del teatro moderno, il palco
-scenico, il proscenio, le quinte laterali. <i>Alcotti,
-Migliori, Mauro, Bibbiena</i> ed altri italiani costruiscono
-i maggiori teatri delle città e residenze
-tedesche. <i>La descrizione dell'Apparato e
-<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span>
-degl'Intermedi</i> (MDCXIX) di <i>De Rossi</i>, una lettera
-di Baldassare Castiglione ed altri simili
-scritti ci danno un'idea dello sfarzo di decorazioni,
-macchinismi e vestiarî, col quale vennero
-eseguite le prime rappresentazioni teatrali.
-</p>
-
-<p>
-Celebri pittori di scene furono la famiglia
-<i>Galli, Bibiena, Aldobrandini, Mauro, Servandoni</i>.
-Quest'ultimo osò dare nel 1739 a Parigi uno
-<i>spectacle de decoration</i> esponendo con soli scenari
-senza attori il mito di Pandora. <i>Giacomo
-Torelli</i> e <i>Francesco Santorini</i> introdussero per i
-primi fuori d'Italia i scenarî dipinti.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Schmitz E. — <i>Geschichte der Cantate und des geistliechen</i>
-<i>Concertes</i>, Lipsia, 1914.
-</p>
-
-<p>
-H. Goldschmidt — <i>Die italienische Gesangsmethode des 17.
-Jahrhunderts</i>, Breslau, 1890.
-</p>
-
-<p>
-Aby Warburg — <i>I costumi teatrali per gli Intermezzi del 1589</i>
-nella commemorazione della riforma melodrammatica
-fiorentina, Firenze.
-</p>
-
-<p>
-Burckardt — <i>La civiltà del Rinascimento in Italia</i>, Firenze,
-Sansoni.
-</p>
-
-<p>
-Graf M. — <i>Die Musik im Zeitalter der Renaissance</i>, Berlin,
-Bard.
-</p>
-
-<p>
-Riemann — <i>Kantaten frühling</i> (1633-1682), Lipsia (14 cantate
-di Ferrari B., Cazzati, Piossi, Carissimi, Stradella).
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap14">CAPITOLO XIV.
-<span class="smaller">La musica istrumentale prima del secolo XIX.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La musica è fino al cinquecento o l'umile ancella
-della vocale o è musica popolare che si
-<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span>
-suona dai menestrelli, pifferari, ciarlatani girovaghi
-alle feste, ai balli. I primi monumenti
-della musica istrumentale sono alcune danze a
-quattro parti scritte in note mensurate, che datano
-probabilmente dal secolo XIII e non hanno
-che un valore storico di molto inferiore alle
-canzoni vocali con accompagnamento dell'<i>Ars
-nova</i> fiorentina. Di poco posteriori sembrano
-essere alcune <i>Estampie</i> (estampide), specie di
-danza da suonarsi colla rota o viola e <i>les Danses
-Royales</i>, pubblicate recentemente da Aubry,
-contenute insieme a canzoni di trovatori in un
-manoscritto della Biblioteca di Parigi. Ma se
-queste opere sono rarissime, invece è restata
-una quantità di musica per <i>liuto</i> o originale o
-riduzione di musica vocale per lo più polifonica,
-modificata secondo la natura dell'istrumento
-e ricca di fioriture e melismi.
-</p>
-
-<p>
-Le prime forme di vera musica istrumentale
-sono i <i>Ricercari</i> e <i>Capricci</i> per liuto e poi per
-organo, consistenti in una serie di piccoli motivi
-da suonarsi senza interruzione e con poco nesso.
-Seguono le <i>toccate</i> per organo, a guisa di preludio
-o fantasia in stile fugato. Di molto differenti
-sono le <i>canzoni</i>, imitate da quelle vocali
-specialmente francesi e di carattere vivace e la
-<i>Sonata</i> antica, identica della canzone (canzone
-da suonare) e senza alcuna somiglianza colla
-Sonata moderna. A tutta questa musica fa difetto
-la forma e l'euritmia. Le composizioni,
-di solito lunghissime, si perdono in un periodare
-senza fine dove motivo segue a motivo.
-<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span>
-Ma a salvare la musica istrumentale da un arido
-formalismo e dall'eterna imitazione della canzone
-sopraggiunse l'opera lirica e con essa la
-nuova teoria estetica.
-</p>
-
-<p>
-La musica istrumentale dei secoli XVII e
-XVIII è specialmente di stile concertato, alternandosi
-i gruppi di strumenti, perchè con ciò
-risultavano effetti di colorito e maggiore varietà.
-Le forme principali sono la <i>Canzone</i>, il
-<i>Concerto grosso</i>, la <i>Sonata da chiesa o da camera</i>
-sia a due col basso, sia per uno strumento solo,
-di solito il violino col basso. Tutte queste forme
-d'origine italiana furono pure accettate e coltivate
-anche in Germania dove però si preferì
-per lungo tempo la <i>Suite</i>.
-</p>
-
-<p>
-La <i>Canzone</i> era dapprincipio ad un tempo
-in stile fugato, poi in più tempi e perde un po'
-alla volta ogni somiglianza colla canzone originaria
-per organo od altri strumenti, trasformandosi
-nella <i>Sonata</i> sia <i>da chiesa</i> che <i>da camera</i>,
-la prima a più tempi nello stile imitativo o fugato
-negli allegri, la seconda piuttosto simile
-alla <i>Suite</i> (serie di pezzi nello stesso tono con
-carattere dominante di danze (<i>Pavana, Ciaccona,
-Gagliarda, Giga, Passacaglia, Gavotta</i>, poi
-come primo pezzo il <i>Preludio</i> o <i>Sinfonia</i>, ecc.),
-nelle Suites francesi anche altre danze come il
-<i>Loure, Rigaudon, Passepied, Minuetto</i>, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-La <i>Sonata a tre</i> predomina e la sua letteratura
-è grandissima ed importante. Probabilmente
-essa veniva preferita per la maggior
-possibilità di impiegare arti contrappuntistiche
-<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span>
-colle due voci a solo. La <i>Sonata per violino solo
-e basso</i> venne più tardi in onore e vi influirono
-certo almeno indirettamente la musica melodrammatica,
-e specialmente le sinfonie delle
-opere veneziane come possiamo vedere nelle
-Sonate di <i>Legrenzi</i>, che fu fra i primissimi a
-mettere le basi dello stile della Sonata. La Sonata
-per cembalo ha nei primi tempi minor importanza
-e non ha oltre la tecnica caratteristiche
-speciali.
-</p>
-
-<p>
-Il <i>Concerto grosso</i> deriva dalla sonata per
-orchestra delle quali ne esistono molte di A. e
-G. Gabrieli, Cazzati, Bononcini, ecc. Esso constava
-di più tempi, di solito un largo, che passa
-modulando all'Allegro fugato; segue un tempo
-grave o moderato e si finisce con un allegro.
-Esso era scritto per più strumenti, di solito
-archi, cembalo od organo, che eseguiva il basso
-numerato. La caratteristica del Concerto grosso
-sta nell'alternarsi di un gruppo di strumenti
-solisti, quasi sempre due violini e violoncello
-(<i>concertino</i>) col <i>concerto grosso</i> ossia col <i>tutti</i>.
-In Italia non vi si impiegavano pressochè mai
-istrumenti a fiato, mentre in Germania non di
-rado questi si combinavano con quelli ad arco
-p. e. nei Concerti brandeburgesi di Bach e nei
-Concerti grossi di Händel (oboe e fagotti).
-</p>
-
-<p>
-Gli strumenti in uso eran molti e svariati. Il
-primo e più importante è l'organo d'origine
-antichissima. Herone d'Alessandria, Cassiodoro,
-S. Agostino ci danno descrizioni abbastanza
-esatte degli organi antichi e vien nominato
-<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span>
-<i>Ktesibius</i> (170 a. C.) qual inventore dell'<i>organum
-hydraulicum</i> a canne e mantici. La costruzione
-e la meccanica erano fino al secolo XIV affatto
-primitive ed i tasti talmente grandi, che si premevano
-coi pugni e coi gomiti. Il pedale pare
-fosse introdotto dapprima in Germania e se ne
-fa ormai menzione parlando di <i>Bernardo tedesco</i>
-(1470) in Venezia. L'organo non era affatto
-un istrumento destinato esclusivamente
-alla chiesa. Anzi nel Medio Evo e dopo erano
-assai diffusi piccoli organi per uso privato, i cosidetti
-<i>portativi</i> od <i>organetti</i> da tenersi in grembo
-e suonare con una mano mentre l'altra faceva
-agire il mantice, ed il <i>positivo</i>, trasportabile
-ma più grande da suonare con ambidue le mani.
-</p>
-
-<p>
-La maniera di scrivere la musica d'organo
-variava secondo i paesi. In Italia si scriveva
-colle note mensurali o in sistemi di linee diverse
-per ogni voce a modo di partitura o in
-due sistemi per la mano destra e sinistra; in
-Germania si faceva invece molto uso della Tabulatura
-d'organo simile a quella di liuto con
-lettere gotiche maiuscole e minuscole per le
-note e segni per il valore di queste. La musica
-d'organo ha la divisione delle battute molto
-prima della musica mensurata.
-</p>
-
-<p>
-Delle opere dei primi organisti noti quali
-<i>Francesco Landini, Antonio Squarcialupi</i> non ci
-restò che il cosidetto codice Squarcialupi che
-contiene oltre più composizioni vocali anche
-pezzi per organo solo dei secoli XIV e XV. Il
-<i>Fundamentum organisandi</i> (1452), è una raccolta
-<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span>
-di ventiquattro pezzi per organo di <i>Corrado
-Paumann</i>. Sembra però che anche un manoscritto
-dell'Abbazia di Sussex di molto anteriore
-contenga composizioni per organo solo.
-Col secolo XVI comincia poi specialmente a
-Venezia una fioritura di musica d'organo colle
-forme delle <i>Fantasie</i>, <i>ricercari</i>, <i>capricci</i>, <i>canzoni</i>,
-<i>sonate</i>, appartenenti alla musica polifonica. Gli
-organisti italiani più noti di questo tempo sono
-oltre Willaert, Cipriano di Rore e Gabrieli,
-<i>Claudio Merulo</i> (1533-1604), <i>Adriano Banchieri</i>
-(1565-1634), il vero creatore della Toccata <i>Girolamo
-Cavazzoni</i>, <i>Girolamo Parabosco</i> (1510-1587)
-e sopra tutti <i>Girolamo Frescobaldi</i> (1583-1644)
-ferrarese, che quasi raccolse l'eredità dei
-grandi organisti italiani antecedenti.
-</p>
-
-<p>
-Lo stile di questo, che si può dire il più
-grande organista italiano, è basato sul contrappunto
-ma egli non ha nelle sue opere nulla di
-scolastico e pedantesco e precorse di molto i
-suoi tempi coll'arditezza e la maschia severità
-delle sue opere. La tecnica fece con lui immensi
-progressi ed egli fu fra i primi a sviluppare
-la forma della fuga. Suo scolaro fu <i>Giov.
-Froberger</i> († 1667), notissimo autore di musica
-istrumentale. Altro grande organista italiano fu
-<i>Bernardo Pasquini</i> (1637-1710), dopo il quale il
-primato dell'organo passò alla Germania coi
-suoi grandi maestri protestanti. Non si dimentichi
-però che non solo Froberger ma anche
-Kerl era stato alla scuola di Frescobaldi e che
-Sweelink fu scolaro di Zarlino.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span>
-</p>
-
-<p>
-Tutti questi grandi organisti e musicisti italiani
-sono pressochè sconosciuti non solo al
-pubblico ma persino alla maggior parte dei musicisti,
-perchè la loro vera comprensione pretende
-una coltura storica e domestichezza
-colla musica primitiva. La diversità del nostro
-senso tonale ed un'innegabile durezza ed angolosità
-ci tengono lontani dalle loro opere che
-pure hanno vera ispirazione e grande sincerità.
-Gianotto Bastianelli ci ha di nuovo resi attenti
-in lucidi articoli e studi a Cavazzoni, Frescobaldi
-e Pasquini, che egli in certo riguardo preferisce
-a Bach.
-</p>
-
-<p>
-Il nostro Pianoforte deriva dal Monocordo,
-al quale si aggiunsero più tasti e corde. Il <i>Clavichordium</i>
-e <i>Clavicymbalum</i> di forma rettangolare
-o di trapezio a corde egualmente o diversamente
-lunghe datano ormai dal sec. XIV.
-Esso aveva di solito venti toni diatonici con
-interpolati due si bem. Non avendo piedi si metteva
-o su di un tavolo o si teneva sulle ginocchia.
-Il <i>Virginale</i> era una varietà del Cembalo.
-Il suo nome che si mise in relazione colla regina
-vergine Elisabetta d'Inghilterra, data però da
-prima. Più tardi si chiamò anche <i>Spinetta</i>,
-forse da un Giovanni Spinetti, che pare fosse
-il primo a costruirlo circa il 1500. Celebre
-fabbricatore di cembali fu <i>Lorenzo Gusnaschi</i>
-di Pavia (secolo XVI). Dopo questo tempo
-si continua a perfezionare l'istrumento, che
-cambia anche più volte il nome. Il Clavicordo
-si mantenne specialmente in Germania, mentre
-<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span>
-in Italia e Francia si preferiva il Clavicembalo
-(Cembalo, Spinetta, Clavecin). Tutti
-questi strumenti vennero ben presto in disuso
-quando s'introdusse il <i>Pianoforte</i> (Clavicembalo
-col piano e forte) a martelletti. L'onore dell'invenzione
-spetta di ragione a <i>Bart. Cristofori</i> o
-<i>Cristofani</i>, padovano (1655?-1731), perchè fu
-questi che costruì per il primo (1711) il pianoforte
-(Firenze) e non <i>Cristiano Schroeter</i> che
-imitò più tardi Cristofori (1717 o 1721).
-</p>
-
-<p>
-La musica per Clavicembalo che dapprima
-era affatto simile a quella per organo, risente
-tosto l'influenza della Sonata per violino. Ma
-non per lungo tempo, giacchè fu essa che mise
-le basi della Sonata moderna. Mentre le Sonate
-di Durante e Marcello in due tempi mantengono
-lo schema della Sonata antica nella
-forma dei tempi, quelle di <i>Domenico Scarlatti</i>
-(1685-1757) si avvicinano già alla forma moderna,
-quantunque il primo tema non ritorni
-dopo lo sviluppo della seconda parte e prima
-del rivolto. Esse, più di cinquecento, constano
-d'un solo tempo per lo più nello stile omofono,
-senza dubbio perchè la polifonia data la sua
-tecnica speciale non corrispondeva all'istrumento.
-La melodia sta nella parte superiore, il
-ritmo è vario ed originale, i contrasti si alternano
-dando vita alla composizione che ha un
-carattere d'estrema eleganza ed un sapore arcaico
-assai attraente. La tecnica è ormai assai
-sviluppata, anzi per i tempi dell'autore prodigiosa
-e p. e. affatto diversa da quella di Bach.
-<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span>
-Domenico Scarlatti è uno dei pochi autori antichi
-che sembrano quasi moderni. Confrontando
-le sue Sonate con quelle dei contemporanei
-italiani e stranieri, la differenza è grandissima e
-non soltanto nell'arte ma anche nel contenuto.
-Lo stile della melodia vocale si introduce, l'espressione
-si concentra ed è un unico sentimento
-che vi domina.
-</p>
-
-<p>
-Le Sonate di Scarlatti non sono forse che
-schizzi ma come tali magistrali e nella loro
-forma aforistica più perfetti ed ispirati per l'inesauribile
-vena melodica che molte altre opere
-di ben maggiori dimensioni e pretese. Alessandro
-Longo che curò con ogni diligenza una nuova
-edizione di tutte le Sonate di Scarlatti rende
-attenti alla loro grande varietà ed alle piccole
-ma notevoli differenze che esistono sia nella
-forma sia nella tonalità dei diversi tempi. Considerate
-superficialmente le Sonate sembrano
-forse poco ricche d'espressione affettiva. In
-realtà però c'è più passione in molti dei suoi
-allegri che in tanti adagi cosidetti espressivi.
-</p>
-
-<p>
-Altri autori italiani di Sonate per cembalo
-sono <i>Bernardino della Ciaja</i> senese (1761-1755),
-<i>Giovanni Platti</i>, Porpora, Galuppi, Pasquini,
-Paradisi, il padre Martini.
-</p>
-
-<p>
-I cembalisti più noti di Germania prima di
-Bach sono il già nominato Froberger, <i>Giovanni
-Pachelbel</i> (1653-1706), <i>Giorgio Muffat</i> († 1704) e
-<i>Giovanni Kuhnau</i> (1660-1722) che ha per la Germania
-la stessa importanza di Scarlatti per l'Italia,
-per quanto non ne raggiunga la genialità.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le opere per clavicembalo di S. Bach ad onta
-del loro grande valore non hanno per lo sviluppo
-della musica per pianoforte importanza
-pari al loro valore intrinseco, perchè il suo stile
-trovò pochissimi imitatori ed il gusto e la moda
-andavano per altre vie e preferivano lo stile
-galante, che si contentava di musica molto
-leggiera.
-</p>
-
-<p>
-La musica francese per clavicembalo, che data
-ormai dall'epoca di Luigi XIV, ha grande differenza
-da quella degli altri paesi, che derivava
-in ultima linea dalla musica d'organo e teneva
-fermo allo stile fugato. Le forme sono quelle
-della variazione, del rondò e delle danze in
-genere; la tecnica è tutta fatta di melismi, trilli
-e mordenti — i cosidetti <i>agréments</i>, l'armonia ed
-il ritmo sono interessanti e delicati, la tecnica
-simile a quella della musica per liuto. Il carattere
-di queste musiche somigliante allo stile delle
-opere di Boucher e Watteau è quello di una
-galante preziosità con una vena di sentimentalismo.
-Le forme sono piccole e gracili e se a tutte
-queste opere scritte quasi sempre a due voci
-con pochissimo uso dell'accordo manca quasi
-intieramente la grandezza, esse corrispondono
-però ai bisogni estetici di una società corrotta
-e raffinata quale era la francese di quei tempi.
-Una particolarità è poi l'uso di dare a questi
-piccoli pezzi i titoli più strani, che non sempre
-hanno attinenza colla musica e sono scelti a
-capriccio ma che pure caratterizzano queste
-opere quali quadretti di genere (<i>la Voluptueuse,
-<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span>
-les regrets, la prude, les ondes, la fleurie, l'agaçante,
-les bergeries</i>).
-</p>
-
-<p>
-I principali rappresentanti di questa scuola
-sono <i>De Chambonnières</i> († 1670), <i>Claude Daquin</i>
-(1694), la famiglia <i>Couperin</i> e di essa specialmente
-<i>François Couperin</i> (1688-1733), il più
-geniale di tutta la scuola, «la cui tenera melanconia
-sembra l'adorabile eco, che viene
-dallo sfondo misterioso dei paesaggi, dove
-languiscono le figure di Watteau» (Debussy).
-Bach studiò assiduamente le opere di Couperin
-ed alcune delle sue Suites non ne sono che imitazioni
-per quanto geniali.
-</p>
-
-<p>
-Studiando i vecchi cembalisti francesi e la
-loro grazia raffinata e voluttuosa ci accorgiamo
-che essi sono veramente gli antenati dei decadenti
-francesi dei nostri giorni e che la musica
-di Debussy e Ravel ne deriva nella sostanza
-ben più che dalla musica russa ed esotica in
-genere. E non solo la musica ma anche i titoli
-preziosi delle composizioni.
-</p>
-
-<p>
-Le opere per clavicembalo di <i>Rameau</i> appartengono
-pure intieramente a questo genere e
-non superano, anzi non raggiungono quelle di
-Couperin se non forse nella tecnica maggiormente
-sviluppata.
-</p>
-
-<p>
-In Inghilterra sono gli scrittori di composizioni
-per il Virginale che si distinguono (<i>Bird</i>,
-<i>Tallis</i>, <i>Bull</i>, <i>Gibbons</i>, <i>Morley</i>, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Gli antenati del violino e degli strumenti ad
-arco moderni sono le Viole di più specie, da
-braccio (7) e da gamba (6), intonate diversamente,
-<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span>
-in genere a sei corde con tasti a modo
-della nostra chitarra. La trasformazione avvenne
-a poco a poco, sicchè è forse inutile il dar
-tanta importanza alla questione della priorità
-nella costruzione del violino. L'opinione più
-accreditata è che il primo a fabbricare violini
-fosse <i>Gaspare Bertolotti</i> detto <i>Gasparo da Salò</i>
-(1540 o 1542-1609). Molti attribuiscono il primato
-a <i>Gaspare Duiffopruggar</i> (Tieffenbrucker)
-di Freising in Baviera (1570 o 1571) ma a torto
-come risultò dai documenti pubblicati da Coutagne.
-Poco posteriore a Gasparo da Salò è
-<i>Giov. Paolo Maggini</i> di Bottesino presso Brescia
-(1580-1632?) forse scolaro del primo. Questi
-due sono da considerarsi come i primi che
-fecero violini, sicchè non si avranno notizie
-sicure su <i>Andrea Amati</i> (1535-?-1611), il fondatore
-della celebre scuola cremonese. I rappresentanti
-più noti di questa sono: <i>Antonio</i>,
-<i>Girolamo</i>, <i>Nicolò Amati</i>; <i>Ant. Stradivari</i> (1644-1737),
-<i>Gius. Ant. Guarnieri del Gesù</i> (1687-1742?),
-<i>Bergonzi</i>, <i>Ruggeri</i>, <i>Guadagnini</i>, ecc. Quasi pari
-agli italiani fu <i>Jacob Stainer</i> (1621-1683) di
-Absam in Tirolo.
-</p>
-
-<p>
-Il nome di violino e violinista si trova ancor
-prima dell'istrumento stesso in un documento
-del 1462 dell'archivio di Perugia, (<i>Cantarinus et
-Quitarista seu Violinista</i>).
-</p>
-
-<p>
-Tanto la viola moderna che il violoncello derivano
-piuttosto dal violino che dalle viole antiche.
-Il violoncello viene menzionato la prima
-volta nel 1641 ma è certo di data più antica,
-<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span>
-giacchè è sicuro che Gasparo da Salò ne costruì.
-Dapprincipio esso aveva cinque o sei
-corde e fu solo nei primi decenni del secolo
-scorso che venne in uso l'accordatura moderna.
-</p>
-
-<p>
-La storia della musica istrumentale è strettamente
-congiunta con quella del violino. I primi
-violinisti sono <i>Carlo Farina</i> (circa 1600), <i>Biagio
-Marini</i> († 1660), <i>Tarquinio Merula</i>, <i>G. B. Bassani</i>
-(1657-1716) maestro di Corelli, <i>Giuseppe
-Torelli</i> († 1708), il primo compositore di Concerti
-per violino solo, scolaro di G. B. Bassani.
-</p>
-
-<p>
-L'antesignano della scuola è <i>Arcangelo Corelli</i>
-(1653-1713) di Fusignano. Dopo un soggiorno all'estero
-(Monaco) egli si stabilì a Roma, dove
-assunse la direzione della Cappella del Cardinale
-Ottoboni, grande mecenate della musica.
-Corelli non eccelleva nel violino tanto per la
-tecnica ancora difettosa quanto per la larghezza
-del suo stile, la nobiltà, l'espressione e la bellezza
-della forma. Scrisse più opere (Sonate per
-uno e due violini e basso, Concerti grossi che
-servirono di modello ad Händel), ancor oggi
-stimatissime (specialmente l'opera V colla <i>Follia</i>
-nell'ultima sonata). L'armonia di Corelli è orma
-assai corretta, lo stile polifonico predomina,
-le figure sono vivaci e svariate. <i>Francesco Geminiani</i>
-(1680?-1762) seguì le orme di Corelli e
-sviluppò maggiormente la tecnica. Superiore di
-questi in ogni riguardo fu <i>Giuseppe Tartini</i> di
-Pirano in Istria (1692-1770) che dapprima studiò
-le leggi a Padova ed in seguito per intrighi
-amorosi e duelli si rifugiò ad Assisi dove stette
-<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span>
-alcuni anni. Ritornato a Padova dopo un soggiorno
-a Praga vi aprì nel 1728 una scuola, dalla
-quale uscirono celebri scolari.
-</p>
-
-<p>
-Tartini fu artista geniale come esecutore ed
-autore. Le sue sonate e concerti (la maggior
-parte dei quali ancora manoscritti) sono veramente
-magistrali per la fattura e l'ispirazione
-(<i>Trillo del Diavolo</i>, <i>Didone abbandonata</i>, ecc.).
-La forma di Suite propria a quasi tutte le sonate
-di Corelli va trasformandosi in quella della
-Sonata. Tartini fu pure dotto teorico ed a lui
-si ascrive la scoperta dei cosidetti toni di combinazione
-(1754).
-</p>
-
-<p>
-Una posizione a parte prende <i>Antonio Vivaldi</i>
-(† 1743) coi suoi concerti per uno e due
-violini soli con accompagnamento d'archi perchè
-essi oltre la forma posteriore tipica del concerto:
-Allegro-Andante ed Adagio-Allegro hanno
-una tematica diversa da quella delle Sonate
-ed i tempi sono costruiti in modo da far emergere
-l'istrumento solista. I suoi numerosi concerti
-ebbero gran successo e diffusione ed alcuni
-furono ridotti da Seb. Bach per cembalo.
-</p>
-
-<p>
-Altri celebri violinisti sono <i>Evaristo dell'Abaco</i>
-(1675-1742), <i>G. B. Vitali</i> (1644-1692), <i>Pietro Nardini</i>
-(1722-1793), <i>Antonio Lolli</i> (1730-1802),
-<i>Gaetano Pugnani</i> (1727-1793), <i>F. M. Veracini</i>
-(1685-1750), <i>Pietro Locatelli</i> (1693-1764), <i>I. M.
-Leclair</i> (1697-1764), <i>P. Gaviniés</i> (1726-1800),
-tutti autori di eccellenti sonate; in Germania
-<i>Biber</i>, <i>Pisendel</i>, <i>Benda</i> e <i>Stamitz</i>.
-</p>
-
-<p>
-Uno dei primi violoncellisti di cui si fa menzione
-<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span>
-è <i>Domenico Gabrieli</i> di Bologna (1640).
-<i>Attilio Ariosti</i> e <i>Giovanni Bononcini</i> furono pure
-celebri suonatori di Viola da gamba. Da menzionarsi
-sono pure <i>Franceschello genovese</i> (1692),
-<i>Leonardo Leo</i> e sopra tutti <i>Luigi Boccherini</i>
-(1743-1805) lucchese morto a Madrid, autore di
-un'infinità di sonate, quartetti e quintetti, nei
-quali per la freschezza della melodia, facilità
-d'ispirazione, scorrevolezza ed arguzia di stile
-ha molti punti di somiglianza con Haydn.
-Egli è già nelle prime opere entro i limiti del suo
-talento pressochè perfetto e non subì poi più
-alcun cambiamento. Essendo stati pubblicati i
-suoi primi quartetti a Parigi già nel 1768 è
-perciò esclusa un'influenza del maestro viennese.
-</p>
-
-<p>
-L'istrumento più diffuso nei secoli XV, XVI
-e XVII era senza dubbio il liuto. Esso è d'origine
-orientale e fu importato in Europa forse
-al tempo delle Crociate o più probabilmente
-dai Mori in Spagna. Esso veniva impiegato anche
-nell'orchestra e vi restò finchè vi fu sostituito
-il violino. I liuti erano di più specie (<i>liuto</i>,
-<i>arciliuto</i>, <i>quinterno</i>, <i>chitarrone</i>, <i>teorba</i>) e variavano
-pure il numero delle corde e l'accordatura.
-</p>
-
-<p>
-La musica di liuto veniva scritta in modo simile
-a quella d'organo con propria tabulatura,
-l'italiana con linee e lettere scritte sopra il rigo,
-la tedesca con lettere e numeri. A differenza
-della tavolatura d'organo non si segnavano però
-le note ma la posizione delle dita sul manico.
-I più noti liutisti sono <i>Corrado Paumann</i> († 1473),
-<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span>
-<i>Hans Judenkunig</i>, <i>Hans Neusiedler</i>, <i>Hans Gerle</i>,
-tutti del secolo XVI, <i>Francesco da Milano</i>, <i>Vincenzo
-Galilei</i> (Fronimo), <i>Terzi</i>, <i>Molinaro</i>, <i>Besardo</i>,
-ecc. Il liuto era lo strumento di moda nella società
-dei signori ed assieme alla viola quello
-che era permesso al vero cortigiano, «perchè
-vi si possono far molte cose che riempiono
-l'animo della musical dolcezza» (Castiglione,
-Cortegiano, Lib. II, Cap. XIII).
-</p>
-
-<p>
-Gli altri strumenti vanno semplificandosi e
-perfezionandosi. A tutta la famiglia svariata dei
-flauti traversieri e a becco (flauto dolce), cornamuse,
-bombarde, cornetti, si sostituirono
-grado grado i nostri flauti, l'oboe, i corni, il
-fagotto (1539?), mentre le trombe e i tromboni
-restano più o meno immutati. Il clarinetto invece
-è di data assai recente (circa 1750).
-</p>
-
-<p>
-Ad onta della quantità d'istrumenti in uso
-nei secoli andati l'orchestra come unione ed
-impasto di suoni caratteristici a secondo degli
-istrumenti è di data piuttosto moderna. La musica
-istrumentale passò per fasi abbastanza distinte.
-Dapprima gli strumenti non servono che
-a rinforzo delle voci umane e suppliscono a
-queste sia eseguendo le composizioni vocali
-con istrumenti, sia facendo eseguire una o più
-parti di questi e le altre dalle voci. La scelta
-degli strumenti era libera e si usava soltanto
-di servirsi di cori speciali d'una famiglia di strumenti
-p. e. viola, tromboni, cornetti, ecc., di diversa
-intonazione e grandezza. L'unica ricerca
-di colorito stava nel far eseguire una parte
-<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span>
-della composizione da un coro speciale e l'altra
-o la replica da un altro coro di strumenti
-di altra famiglia, oppure di suonare piano quello
-che prima un altro coro aveva suonato forte
-(eco).
-</p>
-
-<p>
-Le prime opere istrumentali non danno che
-l'indicazione generale degli strumenti, che ben
-di rado si usavano suonare insieme. Ciò vale
-anche per i primi drammi della Camerata fiorentina
-e dei maestri posteriori. Le due Euridici
-sono scritte come già dicemmo per canto
-e basso ad eccezione d'un ritornello a tre flauti
-di Peri. Se ora non si vuol ammettere che questa
-notazione fosse semplice schizzo, bisogna
-ritenere che l'accompagnamento degli strumenti
-venisse quasi improvvisato sulla base del
-basso. Questa questione non è però ancora risolta.
-Torchi conchiude coll'ammettere un'improvvisazione
-limitata a contrappunti, diminuzioni,
-passaggi e melismi, mentre l'armonia era
-assicurata dal basso dato. Goldschmidt crede
-invece che ogni suonatore abbia avuto uno
-schizzo della sua parte unito al basso, ciò che
-verrebbe confermato dalla recente scoperta di
-alcune parti di orchestra di quattro commedie
-in musica.
-</p>
-
-<p>
-L'orchestra primitiva dell'opera era di solito
-composta dei seguenti istrumenti: Clavicembalo
-od organo. Liuti, lira doppia, chitarrone, teorba,
-viole (poi violini) da braccio e gamba, flauti,
-cornetti, trombe, corni e tamburi, questi ultimi
-assai di raro. L'orchestra posteriore tende invece
-<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span>
-sempre più ad eliminare gli elementi eterogenei
-ed a mettere a base dell'istrumentazione
-il quartetto d'archi. Questo non è però
-ancora il moderno, sostituendo la viola di gamba
-il violoncello e questo il contrabasso o basso
-di viola. L'orchestra di Bach ed Händel è ormai
-simile alla nostra e non si distingue che per il
-maggior numero di oboi e fagotti. L'orchestra
-stava dapprincipio dietro la scena. Gagliano
-volle invece che i suonatori fossero «situati in
-luogo da vedere in viso i cantanti» ma messi
-in basso sì che il pubblico non li vedesse.
-</p>
-
-<p>
-Le vecchie edizioni di musica istrumentale
-non contengono che poco più di uno schizzo
-delle parti principali. I solisti solevano improvvisare
-una quantità di fioriture ed abbellimenti
-ed intercalarvi cadenze atte a mostrare la virtuosità.
-Lo stesso vale dalla parte del basso
-che non si suonava eseguendo soltanto gli accordi
-segnati dai numeri del basso numerato
-ma aggiungendovi voci di mezzo, contrappunti
-ed altro secondo la capacità ed il gusto di chi
-suonava il cembalo o l'organo.
-</p>
-
-<p>
-La dinamica orchestrale è d'origine italiana
-e venne sviluppandosi alla scuola napolitana.
-Le partiture di Iomelli segnano il crescendo e
-già Leo nota il <i>piano</i>, <i>più forte</i>, <i>rinforzando</i>.
-Il segno del crescendo si trova nel 1739 nelle
-Sonate di Francesco Geminiani.
-</p>
-
-<p>
-Prima di chiudere questo capitolo gioverà
-dare alcuni cenni sulla <i>stampa</i> musicale antica.
-I primi monumenti sono gli esempi musicali
-<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span>
-delle opere teoretiche del secolo XV. Ma questi
-non erano stampati ma incisi in legno. In seguito
-si usò stampare le righe e scrivervi le note.
-<i>Ottaviano Scotto</i> (Scotus) fu il primo in Italia a
-pubblicare messali con note stampate sulla carta
-già lineata. <i>Giorgio Reyser</i> di Würzburgo gli
-contende il primato, giacchè pare che il messale
-stampato da lui allo stesso modo sia stato
-pubblicato alcune settimane prima (1481). Con
-ciò è da ritenersi definitivamente risolta la questione
-della priorità della stampa musicale con
-tipi mobili attribuita a <i>Ottaviano Petrucci</i> di
-Fossombrone (1466-1539). Il suo merito sta nell'aver
-perfezionato di molto l'invenzione di
-Scotto e di averla impiegata per pubblicare una
-quantità di opere di musicisti celebri. La repubblica
-di Venezia gli conferì il 25 maggio 1498
-per vent'anni il privilegio di usufruire da solo
-della sua invenzione. Le sue stampe sono nitide
-e correttissime; le parti sono pubblicate in fascicoli
-separati e non esistono partiture le quali
-datano soltanto dalla seconda metà del secolo
-XVII; le note sono angolose (mensurali)
-e manca la divisione delle battute. La prima
-opera pubblicata (1501) fu: <i>Harmonice musices
-Odhecaton</i>, raccolta di 33 composizioni polifoniche
-olandesi. Seguono a brevi intervalli i
-<i>Canti B</i>, i <i>Canti cento cinquanta</i>, libri di frottole,
-intavolature di liuto, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Altri celebri stampatori sono <i>Giacomo Iunta</i>
-di Roma, la famiglia <i>Scotto</i> e <i>Gardane</i> di Venezia.
-L'invenzione della stampa semplice (note col
-<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span>
-rigo annesso) viene attribuita a <i>Pietro Hautin</i>,
-francese († 1525). Altri celebri stampatori francesi
-sono <i>P. Allaignant</i> e <i>Baillard</i>. Colla fine del
-secolo XVI la stampa musicale decade rapidamente
-e fa luogo all'incisione delle note in rame.
-La forma delle note rimane angolosa fino a quasi
-tutto il secolo XVII.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Otto Kindeldey — <i>Orgel und Clavier in der Musik des XVI
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-Härtel.
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-Rühlmann — <i>Geschichte der Bogeninstrumente</i>, Brunswick,
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-<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span>
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-Schünemann — <i>Geschichte des Dirigirens</i>, Lipsia, 1913.
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-
-<p>
-Torchi — <i>L'accompagnamento degli istrumenti nei melodrammi
-italiani della prima metà del seicento</i>, Riv. mus.
-italiana, vol. 1º e 2º.
-</p>
-
-<p>
-— <i>La musica istrumentale in Italia nei secoli XVI, XVII e
-XVIII</i>, Riv. mus. ital., vol. 4º e seg.
-</p>
-
-<p>
-H. Goldschmidt — <i>Das Orchester der italienischen Oper in 17.
-Iahrhundert</i>, Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft,
-II Jahrgang, Heft I.
-</p>
-
-<p>
-Lavoix H. — <i>Histoire de l'instrumentation</i>, Paris, 1878.
-</p>
-
-<hr class="tbs" />
-
-<p>
-Pubblicazioni pratiche sono:
-</p>
-
-<p>
-Delf. Alard. — <i>I maestri classici del violino.</i> (Milano, Ricordi).
-</p>
-
-<p>
-David. Ferd. — <i>Die hohe Schule des Violinspieles</i>, Lipsia,
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-</p>
-
-<p>
-David. Ferd. — <i>Vorschule zur hohen Schule</i>, Lipsia, Breitkopf.
-</p>
-
-<p>
-Torchi L. — <i>Collection of pieces for violin</i>, London.
-</p>
-
-<p>
-Corelli — <i>Opere pubblicate da Joachim</i>, Londra, Augener.
-</p>
-
-<p>
-Iensen G. — <i>Musica classica per violino</i>, Londra, Augener.
-</p>
-
-<p>
-Couperin. — <i>Opere</i>, pubbl. da Brahms, Londra.
-</p>
-
-<p>
-Rameau — <i>Opere</i>, scelte pubbl. da Riemann, Lipsia, Steingräber,
-ecc.
-</p>
-
-<p>
-Scarlatti Dom. — <i>Opere</i>, Ricordi (Longo).
-</p>
-
-<p>
-Alcune opere dei pianisti ed organisti antichi sono pubblicate
-in molte Antologie.
-</p>
-
-<p>
-<i>Liutisti del Cinquecento.</i> — Ein Beitrag zur Kenntniss des
-Ursprungs der modernen Tonkunst von Oscar Chilesotti,
-Lipsia, Breitkopf.
-</p>
-
-<p>
-Da un codice Lautenbuch del cinquecento. Trascrizioni di
-Oscar Chilesotti. Lipsia, Breitkopf.
-</p>
-
-<p>
-Riemann Hugo — <i>Die Entwickelung unserer Notenschrift</i>,
-Lipsia, Breitkopf und Härtel.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span>
-</p>
-
-<p>
-Wolf J. — <i>Handbach der Notations kunde</i>, Lipsia, 1913.
-</p>
-
-<p>
-Gasperini G. — <i>Storia della Semiografia musicale</i>, Milano,
-Hoepli, 1905.
-</p>
-
-<p>
-David E. et. M. Lussy — <i>Histoire de la notation musicale
-depuis ses origines</i>, Paris 1882.
-</p>
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-<p>
-Schmidt A. — <i>Ottaviano dei Petrucci</i>, Vienna 1845.
-</p>
-
-<p>
-Vernarecci A. Q. — <i>Ottaviano dei Petrucci.</i> Bologna 1882.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap15">CAPITOLO XV.
-<span class="smaller">Gluck e la riforma dell'Opera.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Noi abbiamo già veduto come l'opera italiana
-fosse venuta decadendo coll'andare del tempo
-ed il convenzionalismo, la superficialità, gli artificî
-dei cantanti vi avessero preso la supremazia,
-sicchè essa era divenuta un accozzamento
-di arie, duetti e terzetti collegati senza alcuna
-unità fra loro. La verità drammatica vi era trascurata
-e se alcune parti si distinguevano per
-bellezza di melodia, fattura, verità drammatica
-e per ispirazione, l'impressione del complesso
-non corrispondeva punto all'ideale d'una
-azione drammatica vera ed umana. Le idee
-della Camerata erano andate sempre più perdendosi
-ed i numerosi musicisti dell'epoca, molti
-fra i quali pure dotati di genio, seguivano l'andazzo
-del tempo e sacrificavano all'effetto ed
-alla brama di facili applausi gli alti ideali dell'arte.
-</p>
-
-<p>
-In tali circostanze era dunque necessaria una
-<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span>
-reazione ed essa difatti non tardò a mostrarsi,
-quantunque l'opera italiana si fosse diffusa per
-tutta l'Europa, dominasse tutti i teatri e più che
-mai sembrasse viva e potente. I primi sintomi di
-questo movimento si mostrarono nella Germania
-settentrionale, dove già vedemmo sorgere l'opera
-nazionale, che, sia per la difficoltà dei tempi,
-sia per la mancanza di uomini adatti, fu ben
-presto soggiogata dall'opera italiana. Ma il seme
-non si perdette e verso la metà del secolo XVIII
-esso rinasce nel <i>Singspiel</i>, l'operetta tedesca,
-sorta dal desiderio di vedere sostituite ai soggetti
-tragici dell'antichità e della mitologia azioni
-tolte dalla vita comune, di veder sulla scena
-persone più umane ed a noi più simili che gli
-eroi greci e romani. Il <i>Singspiel</i> poi corrispondeva
-al carattere germanico in quanto che in
-esso poteva aver larga parte lo scherzo, la comicità,
-la caricatura, a cui il popolo tedesco
-inclina e che vi si poteva innestare quella tendenza
-sentimentale e romantica, pure una delle
-qualità del carattere germanico, del tutto aliena
-all'italiano. Ma anche la seconda volta questo
-genere di opera tedesca dovea essere di poca
-durata e spegnersi senza lasciar traccia di sè,
-sia perchè i suoi cultori non fossero dotati di
-genio sufficiente per renderlo vitale, sia perchè
-esso tosto degenerasse in farse triviali e barocchismo
-sentimentale. Con tutto ciò fra i musicisti
-che si dedicarono all'opera e operetta tedesca,
-alcuni vivono ancora nella memoria dei
-posteri, come <i>Giovanni Adamo Hiller</i> (1772-1804),
-<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span>
-<i>Carlo Ditters di Dittersdorf</i>, viennese, l'autore
-della notissima operetta <i>Dottore e farmacista,
-Schenk (il Barbiere del villaggio), Weigel (la Famiglia
-svizzera), Wenzel Müller</i> ed altri. Tutti
-questi musicisti hanno la melodia facile e naturale,
-una sana comicità ed umorismo e non
-di rado ci danno nelle loro opere stupendi quadretti
-di genere.
-</p>
-
-<p>
-<i>Haydn</i> stesso scrisse pure una quantità di
-simili <i>Singspiele</i> oggi dimenticati e <i>Salieri</i> non
-isdegnò pure deporre il coturno col suo <i>Spazzacamino</i>.
-Anche <i>Bastien et Bastienne</i> di Mozart
-ed il <i>Ratto del Serraglio</i> appartengono in molti
-riguardi a questo genere. Ma se la riforma tentata
-dall'operetta tedesca non ebbe vero successo
-e restò senza o quasi senza conseguenze
-nell'arte, tanto maggiori furono quelle che trassero
-con sè le innovazioni di Gluck sullo scorcio
-del secolo XVIII.
-</p>
-
-<p>
-<i>Cristoforo Willibaldo Gluck</i> nacque ai 2 luglio
-1714 a Weidenwang nel Palatinato superiore.
-Istruito nella musica da oscuri maestri, venne
-nel 1736 a Vienna, dove il conte Melzi, ammirandone
-il talento, lo prese a proteggere e lo
-condusse seco a Milano per affidarlo al celebre
-musicista <i>Sammartini</i>. Frutto di questi studi fu
-un'opera, <i>Artaserse</i>, che fu data con successo
-nel 1741 a Milano. A questa fecero seguito molte
-altre, date pure con esito felice. Nel 1746 ritornò
-in Germania e si stabilì a Vienna, dove con
-molte interruzioni, rimase fino alla morte seguita
-ai 15 novembre 1797.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le opere di Gluck anteriori all'<i>Orfeo</i> ad eccezione
-del <i>Telemaco</i>, che mostra ormai i germi
-della riforma posteriore, non si distinguono
-punto dalle opere italiane dell'epoca e certo
-non per queste egli vivrebbe nella memoria dei
-posteri. Anzi molte delle italiane le superano
-sia per fattura sia per ispirazione e facilità melodica,
-nè molto grandi furono i suoi successi
-in Italia come lo prova la canzone che si cantava
-nel 1763 a Bologna:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>Doman el part el Cluch</p>
-<p>E el va per Triest</p>
-<p>Ch'al vaga ben prest</p>
-<p>Perchè al è un gran mamaluch.</p>
-</div>
-
-<p>
-Fu solamente a quasi cinquant'anni, che Gluck
-fornito di lunga esperienza, fortificato nei suoi
-propositi dal vedere gli abusi sempre maggiori,
-ed ancor più coadiuvato dalla fortuna di aver
-trovato in <i>Raniero di Casalbigi</i> un poeta di buon
-gusto, educato alla scuola tragica antica, scrisse
-l'<i>Orfeo e Euridice</i> (1762), quantunque anche
-in quest'opera la verità drammatica non sia
-tanto osservata come nelle posteriori, anzi vi
-faccia difetto dove questa sarebbe necessaria
-come nella scena fra Euridice e Orfeo, in cui
-essa vien meno ed è sostituita da una filza d'arie
-e duetti quasi convenzionali.
-</p>
-
-<p>
-La prima opera, colla quale Gluck entrò veramente
-nel nuovo agone ed in cui egli cercò
-mettere in pratica le sue teorie, fu l'<i>Alceste</i>
-(1767), la quale incontrò l'opposizione dei pedanti
-<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span>
-e dei cantanti. Nella prefazione a questa
-opera che è un vero programma, Gluck parla
-delle sue riforme progettate e proclama la verità
-drammatica come suprema legge, alla quale
-tutto deve venir sacrificato. La musica deve
-essere quasi la serva della poesia nè deve esser
-priva d'una «bella semplicità»; l'azione non
-deve venir «raffreddata con inutili ornamenti»;
-il concerto degli istrumenti deve «regolarsi a
-proporzione dell'interesse e dalla passione e non
-lasciare quel tagliente divario nel dialogo fra
-l'aria ed il recitativo, che non tronchi a controsenso
-il periodo nè interrompa mal a proposito
-la forza e il caldo dell'azione».
-</p>
-
-<p>
-All'<i>Alceste</i> seguì <i>Paride ed Elena</i>, che per la
-debolezza della poesia e per la poca ispirazione
-non ebbe successo e destò ancor maggior opposizione
-per le espressioni usate nella prefazione
-a quest'opera contro i semidotti.
-</p>
-
-<p>
-Gluck prese allora la decisione di recarsi a
-Parigi, eccitato dal Bailly Du Rollet, che gli avea
-scritto l'<i>Ifigenia in Aulide</i>, togliendola da Racine
-ed ormai preparato il terreno con entusiastiche
-lodi. Ma ogni specie di difficoltà si opponeva
-all'effettuazione del progetto, finchè queste furono
-tutte appianate dalla moglie del Delfino,
-Maria Antonietta, già scolara di Gluck. Finalmente
-l'<i>Ifigenia</i> fu data all'accademia di Parigi
-ai 19 aprile 1774 senza però destare alcun entusiasmo.
-Soltanto in seguito essa ebbe sempre
-maggior successo, dopo che l'<i>Orfeo</i> era stato
-assai applaudito. L'<i>Ifigenia</i> segnò il principio
-<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span>
-della lotta fra i partigiani di Gluck e quelli
-dell'opera italiana e francese, che per questa
-occasione erano d'accordo nel combattere il
-nuovo indirizzo e cercarono d'opporvi Nicolò
-Piccinni. I fautori di quest'ultimo seppero coi
-loro raggiri far sì, che il libretto d'un'opera.
-<i>Orlando</i> di Quinault, destinato a Gluck, fosse
-dato da comporre a Piccinni e speravano di
-vincere tanto più che la nuova opera di Gluck
-<i>Armida</i>, non ebbe che un mediocre successo,
-mentre l'<i>Orlando</i> di Piccinni fu accolto con
-grande plauso. Ma le opere di Gluck in principio
-mal comprese, prendevano sempre più
-piede, e quando fu data l'<i>Ifigenia in Tauride</i>
-(1770), il capolavoro di Gluck, la vittoria fu decisa
-pel maestro tedesco.
-</p>
-
-<p>
-Il genio di Gluck, e che fu genio non puossi
-dubitare, fu più drammatico che essenzialmente
-musicale (egli soleva dire, che quando si metteva
-a comporre cercava dimenticare di essere
-musicista!). La sua riforma fu piuttosto il frutto
-della sua lunga esperienza, della sua mente
-chiara e perspicace, dello studio dei poeti e del
-movimento letterario, iniziato da Lessing e Klopstock,
-che dell'istinto musicale. La sua melodia
-è spesso priva di bellezza intensa, anzi non di
-rado è povera; egli non introdusse nuove forme;
-la sua arte non è grande e questa mancanza
-si palesa specialmente nei suoi pezzi d'assieme,
-nei quali non sa unire in un gran quadro efficace
-gli elementi disparati ed agire coi contrasti.
-Gluck è grande invece nella verità drammatica,
-<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span>
-nella forza poetica dei particolari, nella
-caratteristica delle persone, nel dominare e tratteggiare
-la situazione con tocchi potenti nella
-loro semplicità. Egli non fa concessioni nè ai
-cantanti nè al pubblico, ma cammina dritto verso
-la meta ed appunto perciò le sue opere fanno
-l'impressione di produzioni nate organicamente
-e l'effetto generale è grandioso e potente. Le
-sue arie, i suoi duetti presi separatamente sono
-molte volte inferiori per ispirazione e fattura
-a quelli di Piccinni, ma superano questo in concisione
-e sentimento drammatico; con lui il
-recitativo di Lully e Rameau cessa d'essere una
-specie di salmodia e declamazione accentata,
-ma è parte integra dell'azione drammatica e
-vive e palpita.
-</p>
-
-<p>
-La sua orchestrazione è più ricca e caratteristica
-e specialmente più espressiva di quella degli
-Italiani contemporanei; il ballo non è semplicemente
-danza ma fa parte dell'azione; il
-coro infine viene innalzato a personaggio e gli
-vien data l'importanza che avea nella tragedia
-greca. Nell'<i>Alceste</i> abbiamo il primo esempio
-d'un'<i>ouverture</i>, che fa presentire l'opera che
-segue e ne è vera parte.
-</p>
-
-<p>
-«Gluck, scrive Wagner, non fu certo il primo
-a scrivere arie espressive. Ma egli diventò il
-punto di partenza per un cambiamento completo
-nel valore dei fattori dell'opera, giacchè egli volle
-di proposito che l'espressione dell'aria e del
-recitativo corrispondesse al testo. Gluck volle
-consciamente tanto nel recitativo declamato
-<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span>
-quanto nell'aria cantata, pur mantenendo queste
-forme e non dimenticandosi del contenuto
-essenzialmente musicale, che il pensiero espresso
-dal testo venisse tradotto più fedelmente che
-possibile dalla musica e specialmente che l'accento
-declamatorio del verso non venisse trascurato
-per l'espressione musicale. Egli volle
-sopratutto parlare musicalmente una lingua
-giusta ed intelligibile».
-</p>
-
-<p>
-Tutto ciò in sè non era nulla di nuovo ma nuova
-e rara fu solamente la ferrea conseguenza colla
-quale Gluck tenne fermo a questi principî,
-che nella loro estrinsecazione hanno qualche
-cosa di rigido ed ascetico. Gluck, come succede
-al mondo, raccolse gli allori che anche altri con
-lui avevano meritato e preparato e se si conoscessero
-meglio le opere di Iomelli, Traetta,
-Majo e specialmente di Hasse per quello che
-concerne la parte intrinseca musicale e quelle
-di Rameau per il recitativo si arriverebbe forse
-ad altri risultati.
-</p>
-
-<p>
-La riforma fu del resto preparata come vedemmo
-dagli enciclopedisti francesi e noi troviamo
-le stesse idee di Gluck nel <i>Saggio sopra
-l'opera in musica</i> del Conte Algarotti (1757).
-Nè si dovrebbe dimenticare, che Gluck s'è formato
-intieramente alla scuola italiana e che è
-l'opera italiana che egli riformò. Soltanto dopo,
-egli che aveva in sè degli elementi germanici
-e che studiò la musica francese e specialmente
-la declamazione, cercò di innalzarsi all'arte internazionale,
-<i>musique propre à toutes les nations</i>
-<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span>
-come egli scrive. Gluck, più giusto dei suoi
-contemporanei e posteri, non disconobbe il genio
-di Piccinni ed altri, ed in una lettera scritta
-al <i>Mercurio</i> di Parigi rivendica il primo onore
-del nuovo indirizzo al suo poeta Calzabigi. Costui
-aveva saputo, sebbene inferiore ai due poeti
-prediletti dai musicisti, Apostolo Zeno e Metastasio,
-sceverare dall'azione drammatica tutte
-le lungaggini inutili, solo buone ad aggiungere
-un numero sproporzionato di arie e duetti, accrescendo
-così l'interesse e sostituendo all'amore,
-soggetto quasi perenne delle arie, anche altre
-passioni umane. La riforma del libretto si fermò
-però a mezza strada, perchè vi rimasero tutte
-le arie, che sono sosta nell'azione e perciò contro
-la verità drammatica.
-</p>
-
-<p>
-Le opere di Gluck che hanno qualche cosa
-della precisione e nitidezza degli antichi bassorilievi,
-hanno molti punti di confronto colle
-tragedie greche. Grandezza, semplicità, chiarezza
-ed oggettività, una certa rigidezza sono
-proprio d'ambedue. Tutti i lenocini della forma
-e dell'effetto vi sono schivati e mancano gli
-effetti passionali come li sentiamo noi. Ciò ci
-toglie il punto di vero contatto tanto colle tragedie
-greche che colle opere di Gluck. Noi ammiriamo
-ma restiamo internamente freddi nè
-ciò si cambierà, non esistendo quella corrente
-fra autore ed uditore, che è necessaria perchè
-un'opera d'arte possa veramente interessarci e
-scuoterci. Perciò non è da credere ad una vera
-rinascita delle opere di Gluck, tante volte tentata,
-<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span>
-essendo la loro musica ormai troppo lontana
-dalla nostra umanità.
-</p>
-
-<p>
-L'influsso esercitato da Gluck sulla musica
-drammatica non fu tale quale poteva attendersi
-e se i suoi immediati successori, influenzati
-dalle sue teorie e mossi dal suo esempio, cercarono
-di raggiungere la verità drammatica, ciò
-nonostante dopo non molti anni le tradizioni
-di Gluck erano pressochè dimenticate. Parigi
-restò tuttavia, come per Gluck, la meta a cui
-tendevano i musicisti drammatici e la moderna
-grande opera seria, iniziata da lui, ebbe la sua
-culla in quella metropoli, quantunque fossero
-quasi sempre stranieri quelli che in essa dovevano
-eccellere e segnare una traccia nella storia
-del dramma musicale.
-</p>
-
-<p>
-L'influenza di Gluck è palese in <i>Etienne Mehul</i>
-(1763-1817) che ci lasciò nel suo <i>Giuseppe ed i
-suoi fratelli</i> (1807), un capolavoro di nobile semplicità
-e naturalezza. Maggiore di lui ed a ragione
-annoverato fra i sommi fu <i>Luigi Cherubini</i>,
-fiorentino (1760), scolaro di Sarti, che dopo essersi
-provato con fortuna nella sua patria in
-più opere, venne in Francia, vi si stabilì e vi
-giunse in gran fama. Egli morì nel 1842 dopo
-aver diretto per venti anni il Conservatorio di
-Parigi.
-</p>
-
-<p>
-Cherubini, italiano di nascita e naturalizzato
-francese, ha per il suo ideale artistico somiglianza
-coi grandi maestri tedeschi. Il suo genio
-è di natura riflessiva; le sue melodie non
-hanno la vera impronta nazionale italiana ma
-<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span>
-tengono piuttosto del carattere istrumentale,
-come pure pari a quella dei più grandi geni di
-Germania sono la sua sapienza teoretica, l'arte
-delle combinazioni armoniche ed orchestrali,
-l'assoluta padronanza della forma, la grande
-perfezione e la purezza del suo stile, mentre
-la declamazione ed il ritmo sono accentuati ed
-in ciò si avvicinano al carattere francese. Forse
-appunto per questo le opere di Cherubini rimasero
-pressochè sconosciute in Italia e neppure
-il tentativo recente di far risuscitare la <i>Medea</i>
-si può dir riuscito.
-</p>
-
-<p>
-Ciò però non vuol punto dire che Cherubini
-fosse un imitatore dei maestri tedeschi, che
-anzi quella certa mancanza di bellezza sensuale
-della sua melodia, quella freddezza aristocratica,
-che è propria alla maggior parte delle sue
-opere, è tutta sua. Piuttosto è vero che i maestri
-tedeschi appresero molto da lui, compreso
-Beethoven che lo chiama il primo fra i contemporanei
-e Weber che lo dice pari a Beethoven.
-</p>
-
-<p>
-Delle sue opere drammatiche, <i>Il portatore di
-acqua</i> (1800) resterà un modello insuperabile
-del genere semiserio, mentre la <i>Medea</i> (1797)
-per la nobiltà di linee e meravigliosa fattura
-raggiunge le migliori delle opere della letteratura
-musicale d'ogni tempo. La <i>Medea</i> iniziò la
-<i>grand'opera</i> divergendo dai drammi di Gluck
-per la maggiore ricchezza armonica, per gli
-effetti ricercati, per l'orchestrazione più svariata
-e finalmente per i pezzi d'assieme, che di
-rado si trovano in Gluck.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le altre opere, quantunque contengano una
-quantità di tratti geniali, sono oggi dimenticate
-ad eccezione delle <i>ouvertures</i>, che per la
-freschezza, ispirazione e stupenda fattura appartengono
-alle migliori del genere. «Non bisogna
-però credere che queste opere, perchè non
-sono più in repertorio, siano morte; è soltanto
-una metempsicosi, che è successa e noi le sentiamo
-nelle opere di altri maestri dieci e cento
-volte di nuovo» (Hauptmann). Difatti è incredibile
-quanti elementi moderni, specialmente
-descrittivi e romantici, esse contengono, che
-poi vennero sfruttati da altri. E non soltanto
-le opere della maturità ma anche alcune
-di quelle scritte nella gioventù in Italia p. e.
-l'<i>Ifigenia</i>. Così p. e. nell'<i>Elisa</i> (1794) e nell'<i>Anacreonte</i>
-(1803) c'è ormai il romanticismo posteriore
-e molto della nota elegiaca schumanniana,
-nella <i>Medea</i> vi sono punti di contatto con
-Beethoven (coro dei prigionieri) e persino l'unisono
-dell'<i>Africana</i> è un vero tratto cherubiniano.
-</p>
-
-<p>
-Cherubini si ritirò disgustato dall'opera per
-dedicarsi alla musica da chiesa, per la quale
-egli scrisse più opere, che vanno annoverate
-fra le sue migliori, come le <i>Messe</i>, i grandiosi
-<i>Requiem</i>, specialmente quello in <i>re minore</i>, degno
-d'esser messo a paro col <i>Requiem</i> di Mozart,
-e un <i>Credo</i> a 8 voci, senza dubbio una delle
-opere più meravigliose che dopo Palestrina
-mai fossero state scritte.
-</p>
-
-<p>
-Egli scrisse pure musica da camera, quartetti,
-ecc., che si avvicinano alle opere classiche
-<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span>
-ed un celebre trattato di contrappunto e fuga.
-Suoi scolari furono <i>Auber</i>, <i>Halévy</i>, <i>Adam</i>, <i>Carafa</i>,
-<i>Fétis</i> ed altri.
-</p>
-
-<p>
-Straniero fu pure il successore di Cherubini
-nei trionfi dell'Opera di Parigi e di nuovo un
-italiano: <i>Gasparo Spontini</i> di Majolati presso
-Jesi, nato nel 1774, morto nel 1851. Dapprima
-a Parigi nell'era napoleonica, venne dopo la
-Restorazione a Berlino, dove raggiunse i più
-alti onori ma che dovette poi abbandonare,
-quando la sua rigidezza e l'orgoglio nazionale
-ebbero a cozzare contro la coscienza germanica
-che si risvegliava. Se Cherubini colla sua
-<i>Medea</i> ed il <i>Portatore d'acqua</i> avea sentito l'influsso
-dei tempi, e le idee di libertà e la nobile
-arditezza di pensiero avevano trovato un
-eco nella sua musica, quella di Spontini è ancor
-meglio lo specchio del tempo in cui fu
-scritta, giacchè essa incarna l'idea napoleonica
-colla sua grandiosità marziale, larghezza di stile,
-potenza delle masse ed il suo realismo.
-</p>
-
-<p>
-Le tre opere capitali di Spontini sono la <i>Vestale</i>,
-il <i>Fernando Cortez</i> e l'<i>Olimpia</i>, scritte per
-Parigi. Su tutte s'innalza la <i>Vestale</i> per la ispirazione,
-verità di carattere e sentimento. L'elemento
-eroico trova nei grandiosi finali l'espressione
-più adeguata e si avvicina all'epica grandezza
-dei cori di Händel. Ma Spontini sa toccare
-anche le corde più sensibili del cuore
-nelle ispirate scene tra Giulia e Licinio, e se è
-meno sapiente di Cherubini lo supera certo in
-espressione e grandezza di concezione.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span>
-</p>
-
-<p>
-In <i>Fernando Cortez</i> l'ispirazione non è sì ricca
-quanto nella <i>Vestale</i>, ma vi sono ammirabili la
-pittura dei caratteri ed il colorito, i contrasti
-e la suprema padronanza delle masse come nel
-grandioso finale. L'<i>Olimpia</i> non ebbe a Parigi
-il successo delle sorelle, nè il pubblico, felice
-di cullarsi nella pace della Ristorazione, poteva
-più infiammarsi alla rappresentazione di quei
-fatti che gli richiamavano alla memoria i burrascosi
-tempi napoleonici.
-</p>
-
-<p>
-Le opere che Spontini scrisse a Berlino segnano
-una decadenza sensibile nelle forze del
-maestro, nè per quanto esse contengano pregevolissimi
-squarci seppero resistere al tempo.
-Spontini ebbe il rammarico di vedersi alla fine
-della sua vita trascurato e quasi dimenticato.
-</p>
-
-<p>
-Egli fu insuperabile direttore, severissimo e
-mai soddisfatto; l'orchestra sotto la sua bacchetta
-era elettrizzata e suonava con una precisione
-meravigliosa.
-</p>
-
-<p>
-Successore di Cherubini e Spontini nel ramo
-della grande opera fu <i>Gian Francesco Lesuer</i>
-(1763-1838), l'autore della fortunata opera <i>I
-Bardi</i>, e di molta musica da chiesa. Egli fu il
-compositore prediletto di Napoleone.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-A. Marx — <i>Gluck und die Oper</i>, Berlin, 1863.
-</p>
-
-<p>
-Tiersot — <i>Gluck</i>, Paris, Alcan, 1910.
-</p>
-
-<p>
-A. Schmidt — <i>C. W. Gluck</i>, Lipsia, 1854.
-</p>
-
-<p>
-Ferrettini E. — <i>Cristoforo Gluck</i>, Torino, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Desnoiresterres — <i>Gluck et Piccinni</i>, Paris, 1872.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span>
-</p>
-
-<p>
-Spitta — <i>Spontini</i> in «<i>Zur Musikgeschichte</i>», Berlino.
-</p>
-
-<p>
-C. Robert — <i>L. G. Spontini</i>, Berlino, 1833.
-</p>
-
-<p>
-O. Foque — <i>Lesuer</i> in «<i>les Revolutionaires de la musique</i>»,
-Paris, 1882.
-</p>
-
-<p>
-Pougin A. — <i>Mehul</i>, Paris, 1889.
-</p>
-
-<p>
-Picchianti — <i>L. Cherubini</i>, 1844.
-</p>
-
-<p>
-Gamucci — <i>L. Cherubini</i>, 1869.
-</p>
-
-<p>
-Hohenemser — <i>L. Cherubini</i>, Lipsia, 1913.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap16">CAPITOLO XVI.
-<span class="smaller">Haydn — Mozart — Beethoven.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La musica istrumentale anteriore ad Haydn
-non si occupava della traduzione di un pensiero
-poetico, d'un'idea coi mezzi della musica,
-ma cercava piuttosto nella bellezza dei temi,
-nella forma, nella combinazione degli accordi,
-nei coloriti, la sua meta. La musica istrumentale
-bastava a sè stessa ed in sè trovava la sua
-soddisfazione. Per ciò essa è principalmente
-oggettiva. Il continuare per questa via era impossibile
-senza cadere nel convenzionalismo e
-manierismo e quando il piacere della forma
-per la forma non fu più sufficiente allora si
-sviluppò anche nella musica istrumentale il soggettivismo.
-</p>
-
-<p>
-Questo nuovo elemento non fu del resto introdotto
-da Haydn, chè anzi noi lo vediamo
-farsi strada ormai in molte composizioni di
-<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span>
-Bach e successori, in Dom. Scarlatti e Fil.
-Em. Bach specialmente nelle <i>Toccate</i>, <i>Fantasie</i>,
-<i>Improvvisazioni</i>, ecc., i quali generi di composizione
-libera procedevano dall'ispirazione
-poetica. Ma questo nuovo indirizzo, questa individualizzazione
-del sentimento, il prevalere
-dell'elemento poetico, la traduzione dello stesso
-in toni che lo concretano con mezzi musicali,
-prima appena accennati, noi li troviamo palesi
-in Haydn le cui composizioni, oltre le qualità
-tecniche ed essenzialmente musicali delle anteriori,
-offrono allo uditore un elemento poetico,
-senza che egli, come suol succedere nella
-musica descrittiva, sia inceppato nei voli della
-sua fantasia.
-</p>
-
-<p>
-La nuova musica istrumentale basa sulle
-forme della <i>sonata</i> e della <i>sinfonia</i>. L'opinione
-che queste derivassero dalla sonata antica, da
-molti propugnata, è molto discutibile, quantunque
-quest'ultima abbia senza dubbio influito
-grandemente sulla sinfonia e sulla sonata moderna.
-Ma assai più che la sonata antica, poco
-differente dalla <i>suite</i> valse a formare la sinfonia
-e la sonata moderna l'antica <i>ouverture</i>, quale
-fu introdotta da Alessandro Scarlatti che si
-divideva in tre parti unite, <i>allegro</i>, <i>adagio</i> ed
-<i>allegro</i> e che coll'andare del tempo si usò nei
-concerti istrumentali suonare in tre tempi, dividendo
-le parti ed introducendovi il <i>minuetto</i>,
-tolto dalla <i>suite</i>. La caratteristica principale
-della nuova musica è il passaggio dalla polifonia
-all'omofonia. Le melodie sono ormai
-<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span>
-chiuse ed esse sono veramente accompagnate.
-C'è il primo e secondo tema colla ripresa dopo
-lo sviluppo tematico. Le composizioni perdono
-certo qualche cosa della loro monumentalità
-ma diventano molto più varie e ricche di contrasti
-anche improvvisi, che mancavano intieramente
-alle opere anteriori. Cessa pure il predominio
-delle tonalità minori. La dinamica è
-più varia e non bastano più gli effetti dell'eco
-(piano e forte), le tonalità cambiano nei diversi
-tempi e non è raro di trovare la melodia
-cominciata da uno strumento e finita da un
-altro, ciò che prima non succedeva.
-</p>
-
-<p>
-Fino a pochi anni fa era quasi incomprensibile
-la differenza che passa fra le opere anteriori
-ad Haydn e le sue e lo si soleva chiamare
-il padre della sinfonia e del quartetto.
-Torchi e Galli avevano bensì dimostrato che
-la forma della Sinfonia si trova ormai abbastanza
-sviluppata nelle opere di G. B. Sammartini,
-maestro di Gluck e che Haydn ebbe
-in Tartini un precursore nel quartetto per non
-parlare di Boccherini, che fu contemporaneo
-di Haydn e che certo non conobbe le sue opere.
-Oggi però s'è fatta almeno in gran parte la
-luce in seguito ai nuovi studi di Ugo Riemann
-e Guido Adler per i musicisti tedeschi e Fausto
-Torrefranca per quegli italiani. Le conclusioni
-sono però divergenti. Riemann difende la tesi
-che fu la scuola di Mannheim, dove esisteva
-un'orchestra eccellente e modello delle altre, a
-continuare la riforma della musica istrumentale
-<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span>
-già preparata da Bach ed Händel col connubio
-della monodia col contrappunto. In realtà non
-si trattava che dell'imitazione dello stile dell'aria
-nella musica istrumentale. Le <i>Six Sonates
-à trois ou avec toute l'orchestre</i> di <i>Giovanni Stamitz</i>
-(1717-1757) op. 1 (1752) sono per Riemann
-l'evangelo della nuova arte ed egli da a
-quest'opera la stessa importanza che all'<i>Ars
-nova</i> ed alla nascita dell'opera del Seicento.
-È innegabile che nei Trio di Stamitz si palesa
-un nuovo stile ben differente dall'anteriore e
-già Arteaga chiama Stamitz creatore d'un nuovo
-stile ed il Rubens dei compositori.
-</p>
-
-<p>
-Lo stile di <i>Stamitz</i> è pure quello di <i>Francesco
-Richter</i> (1709-1789), <i>Cannabich</i>, <i>Toeschi</i> ed altri
-maestri che vissero prima di Haydn. Nelle opere
-di Stamitz, che è il caposcuola, troviamo già
-sviluppato il dualismo dei temi, il lavoro tematico,
-che è lo spirito creatore della musica istrumentale
-quasi altrettanto che la melodia; anche
-la forma della sonata e sinfonia in quattro tempi
-è pressochè stabile. Le opere di questa scuola
-sono sonate a tre, quattro e più istrumenti col
-basso numerato ed appartengono, almeno come
-si pubblicarono, apparentemente alla musica
-antica. In realtà però si eseguivano in Germania
-senza basso numerato sostituendovi più istrumenti
-a fiato, che non vanno all'unisono cogli
-archi ma o hanno note tenute oppure eseguiscono
-piccoli contrappunti.
-</p>
-
-<p>
-Guido Adler cerca invece di rivendicare almeno
-parte dei meriti dei musicisti di Mannheim
-<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span>
-a quelli di Vienna anteriori ad Haydn
-come <i>Matteo Monn</i>, <i>Wagenseil</i>, <i>Filz</i>, <i>Dittersdorf</i>,
-ecc. Ma tanto Riemann che Adler sembrano
-dimenticare che tutti questi musicisti boemi
-od austriaci erano direttamente od indirettamente
-influenzati nelle loro opere dai maestri
-italiani sparsi per tutta la Germania e che la
-musica vocale ed istrumentale che si eseguiva
-in quel tempo a Vienna era quasi esclusivamente
-italiana. Fausto Torrefranca ha fatto
-negli ultimi anni studi esaurienti sulla musica
-istrumentale specialmente per cembalo dei
-maestri italiani di quell'epoca ed è arrivato
-alla conclusione persuadente, che il nuovo stile
-non venne nè da Mannheim nè da Vienna ma
-che il movimento lirico istrumentale è nato in
-Italia e conduce attraverso la sonata per cembalo,
-la sinfonia da camera, la sonata a tre
-direttamente ad Haydn e Mozart. Egli è entusiasta
-di <i>Giovanni Platti</i>, un veneziano che fu
-alla corte vescovile di Würzburgo e ne studiò
-le Sonate pubblicate nel 1740, pur troppo ancora
-inedite, che come si può giudicare dalle
-copiose citazioni sembrano davvero aver precorso
-i tempi. Se si conoscessero meglio anche
-le Sonate di Pergolesi, Zipoli, Caldara, Galuppi,
-Rutini, della Ciaja e tanti altri si vedrebbe
-che essi sono molte volte più moderni
-ed arditi che Haydn e Mozart. La loro arte è
-fatta «di fugacità melodiche, di sfumature ritmiche,
-di brevi arabeschi, di contesture sottilissime
-ma dalle quali una cosa sopratutto vi
-<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span>
-colpisce, la signorilità inventiva, che ne adorna
-senza posa il trasparente tessuto». (Bastianelli).
-</p>
-
-<p>
-Torrefranca ha pure studiato alcune delle
-sinfonie di <i>G. B. Sanmartini</i> (1704-1774?) che
-pare abbia scritto un'infinità di opere istrumentali,
-che ai suoi tempi godettero fama,
-come racconta Carpani nelle <i>Haydine</i>. Le sinfonie
-ancora esistenti di Sanmartini per archi
-ed oboi, anche con corni e trombe, «hanno
-un'architettura sottile e snella come di alberelli
-giovani ed una straordinaria ricchezza di
-motivi irrequieti, che svariano all'improvviso in
-poche battute. La vivacità, la ricchezza, il
-brio di queste musiche sono indicibili» (Torrefranca).
-</p>
-
-<p>
-Confrontando tutte queste opere italiane con
-quelle tedesche, costruite su temi assai semplici
-e senza grande varietà ritmica è ben palese la
-superiorità delle prime anche sulle sinfonie
-giovanili di Haydn, ultimamente pubblicate, che
-mostrano molte incertezze, del resto naturali in
-un esordiente. Forse però si da troppo importanza
-tanto ai maestri italiani che tedeschi nominati
-ed è più facile comprendere la grande
-modificazione che subì la musica istrumentale
-pensando che essa è quasi contemporanea all'immensa
-diffusione dell'opera italiana nel Settecento,
-e che il nuovo stile somiglia in molti
-punti a quello dell'opera. E perchè questa era
-minore nella Germania del Nord che in altri
-paesi, fu appunto lì che lo stile rimase più a
-lungo polifonico.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ciò nullostante l'egemonia della Germania
-dalla metà del Settecento è ormai palese nella
-musica istrumentale, che si diffonde anche
-nella Francia ed Inghilterra mentre nell'Italia
-dopo la morte dei grandi violinisti anche per
-la mancanza di orchestre stabili e società musicali
-la musica istrumentale va rapidamente decadendo.
-Se si esaminano gli antichi cataloghi
-degli editori tedeschi e francesi si deve arguire
-che mai un'epoca fu sì amante di musica istrumentale.
-Sono centinaia di Sinfonie, Quartetti
-con e senza pianoforte, Terzetti, Serenate, Divertimenti,
-Cassazioni, ecc., che si stampavano
-e ristampavano continuamente. Tutte queste
-opere sono oggi dimenticate ad eccezione di
-quelle di Haydn, ciò che successe anche perchè
-molte di esse erano scritte col basso numerato
-del quale si venne perdendo la pratica e che ben
-pochi sapevano eseguire.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giuseppe Haydn</i> nacque il 31 marzo 1732 a
-Rohrau sul confine ungherese, vicino ad Haimburg,
-dove imparò le prime nozioni di musica.
-Nel 1740 venne assunto fra i cantori della cappella
-di S. Stefano in Vienna per la sua bella
-voce e vi rimase continuando gli studi musicali,
-finchè cambiò la voce. Gli anni susseguenti
-fino alla sua nomina di direttore di cappella
-del principe Esterhazy furono per Haydn
-pieni di privazioni e di disinganni. Nella residenza
-principesca del suo Mecenate, la cittadella
-di <i>Eisenstadt</i> in Ungheria, il suo meraviglioso
-ingegno ebbe campo di svilupparsi e gli
-<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span>
-anni che ivi passò (1760-90) alla testa di un'eccellente
-orchestra, che era a sua disposizione
-e dalla quale avea appreso a conoscere tutte le
-particolarità degli istrumenti, furono feraci di
-composizioni istrumentali come sinfonie, quartetti,
-terzetti, sonate per piano, operette, opere
-ed una quantità di pezzi per <i>baritono</i> (specie di
-violoncello), istrumento ora dimenticato, che
-suonava il principe Esterhazy. Nel 1790 e 1794
-andò a Londra, per la qual città scrisse le sue
-più belle sinfonie. In età ormai avanzata compose
-i suoi due famosi oratori, la <i>Creazione</i>
-(1797) e le <i>Stagioni</i> (1801). Haydn scrisse 157
-sinfonie, fra le quali sono celebri la <i>Reine</i>, la
-sinfonia col colpo di <i>timpani</i>, la <i>Oxford</i>, la <i>Militaire</i>,
-ecc. Haydn morì ai 31 maggio 1809 a
-Vienna durante l'assedio dei francesi.
-</p>
-
-<p>
-Haydn fu principalmente compositore istrumentale.
-Nelle sue prime composizioni egli cerca
-ancora la sua strada e l'influenza del suo autore
-prediletto, Filippo Emanuele Bach, è ancora
-sensibile, ma ben presto sa liberarsi da ogni
-imitazione ed ispirare alla forma della sonata,
-del quartetto e della sinfonia novella vita. I
-suoi temi sono efficaci, plastici e suscettibili
-d'ogni trasformazione e sviluppo; le sue opere
-sono organicamente costruite e l'unità delle
-parti è sorprendente. Grande merito di Haydn
-fu poi quello d'aver individualizzato gli istrumenti
-e liberato la musica dalla monotonia ritmica
-di prima, che è una della principali cagioni
-per cui noi nelle composizioni anteriori non
-<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span>
-possiamo arrivare ad un piacere estetico complesso,
-tormentandoci sempre il metro troppo
-eguale. Il carattere predominante della musica
-di Haydn è la naturalezza, la freschezza unita
-ad una certa giovialità e semplicità di sentimento.
-Ma egli sa altresì toccare le fibre più interne
-del cuore coi suoi ispirati adagi e commuoverci
-colla potenza dell'espressione, che alle
-volte raggiunge il tragico.
-</p>
-
-<p>
-Insuperabile è la vena, la fantasia, la volubilità
-dei suoi minuetti. Questa specie di danza
-aristocratica e severa, con lui perde il suo fare
-austero e arcigno e diventa ora il più leggiadro
-giuoco di suoni, ora vi si frammischia una
-nota melanconica, una specie di umorismo sano,
-ora si avvicina allo scherzo di Beethoven quasi
-presentendolo. L'arte di Haydn è meravigliosa
-senza che egli abbia fatto uso di mezzi straordinari
-e senza che essa appaia come tale, tanta
-ne è la perfezione. La sua istrumentazione è
-semplice, ma nella semplicità, svariatissima e
-piena di contrasti, chiaroscuri e luci, che l'animano.
-Perciò le opere di Haydn, e fra tutte
-specialmente i quartetti, oggi dopo più di cento
-anni nulla hanno del barocco ed antiquato ma
-conservano ancora la freschezza dei primi giorni.
-La superiorità delle sue sinfonie e dei quartetti
-non sta tanto nella bellezza melodica dei
-temi quanto nella sapienza di sapersene servire.
-Noi possiamo studiare nelle sue opere
-come si sviluppi sempre più il lavoro tematico
-e come egli arrivi poi a costruire i suoi
-<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span>
-tempi con brani del tutto insignificanti del tema
-ma specialmente adatti al lavoro tematico.
-</p>
-
-<p>
-L'importanza degli oratori di Haydn non è
-pari a quella per la musica istrumentale, quantunque
-le <i>Stagioni</i> ed ancor più la <i>Creazione</i>
-segnino una nuova via e s'innalzino di molto
-sopra le composizioni dell'epoca. In esse non è
-a cercarsi la grandiosità di Händel nè la profondità
-di Bach, ma vi abbondano invece la
-fantasia, la naturalezza, la grande varietà ed il
-sentimento della natura che si palesa in una
-quantità di tratti caratteristici.
-</p>
-
-<p>
-La musica da chiesa di Haydn sente l'influsso
-dell'epoca in cui fu scritta e va annoverata a
-quel genere di composizioni che non appartengono
-nè al sacro nè al profano e che
-perciò non corrispondono all'ideale della musica
-sacra.
-</p>
-
-<p>
-Haydn nella triade di genî germanici della
-musica istrumentale moderna è quello che è
-meno conscio del suo ingegno e scrive quasi
-per istinto ciò che l'ispirazione gli detta, senza
-occuparsi gran fatto di idee secondarie e di
-problemi sociali. Con lui l'elemento umorista,
-quel misto fra il serio e lo scherzoso, una leggiera
-ironia che sorride alle debolezze umane e
-guarda le miserie della vita colla serenità del
-filosofo, entra nella musica, quell'umorismo, che
-doveva avere la sua espressione più alta in
-Beethoven, il quale dalla più triste e lugubre
-disposizione di animo passa spesso alla gioia
-più sfrenata e bacchica.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span>
-</p>
-
-<p>
-Le opere di Haydn specchiano il suo carattere.
-Egli fu di temperamento sereno, ilare, modesto.
-Innovatore da principio, fu sorvolato dal
-genio di Mozart, di lui più giovane, del quale
-risentì l'influsso negli anni posteriori, donde la
-grande differenza fra le opere anteriori e le
-seguenti. Gli ideali del giovane Beethoven e la
-rivoluzione musicale, che questi cagionò trovarono
-Haydn ormai vecchio ed incapace di seguire
-le nuove orme.
-</p>
-
-<p>
-Quello che vedemmo succedere in Palestrina
-e Bach, i quali sembrano quasi chiudere un'epoca
-della storia dello sviluppo musicale, concentrando
-in sè e perfezionandolo il frutto ed
-il complesso delle conquiste anteriori, si replica
-in <i>Mozart</i>, forse il maggior genio musicale
-che mai visse, quell'uomo, che senza peccare
-d'esagerazione, puossi chiamare il genio
-incarnato della musica. Mozart è universale;
-egli appartiene a tutte le nazioni e mai si unirono
-in un uomo gli elementi più disparati per
-formare un complesso più perfetto. Egli ha la
-ricchezza melodica, il sentimento drammatico
-degli Italiani, la sapienza, l'idealità poetica, la
-delicatezza e castità d'ispirazione dei Tedeschi,
-la varietà ritmica, l'argutezza e volubilità comica
-dei Francesi. In lui non si scoprono incertezze,
-tentennamenti, ma egli arriva ad altezze
-inesplorabili, sviluppandosi organicamente
-e necessariamente. Ha tutte le qualità di Gluck
-più il genio specificamente musicale di gran
-lunga maggiore. Confrontato con questo noi non
-<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span>
-troviamo nelle sue opere l'austerità, la ferrea
-conseguenza dell'espressione drammatica del
-primo ma invece la grandezza del genio che
-tutto nobilita, l'istinto che tutto trova senza cercare.
-Egli basa sull'opera italiana, ma col suo
-istinto geniale la nobilita e l'innalza. A tutte
-queste somme qualità egli aggiunge poi una
-sapienza della forma, una conoscenza sì grande
-dell'arte, che gli rende facile sciogliere qualsiasi
-compito, ed in modo che l'arte grandiosa
-non serva che a scopi più alti. Egli sa esprimere
-tutti i sentimenti, tutti gli affetti; nessuno
-lo supera nella rappresentazione dell'amore in
-tutte le sue fasi, dall'amore casto ed ideale all'amore
-sensuale. Nessuno come lui sa delineare
-i caratteri femminili e scrutarne meglio
-gli affetti.
-</p>
-
-<p>
-<i>Volfango Amadeo Mozart</i> nacque ai 27 gennaio
-1756 in Salisburgo, dove suo padre Leopoldo,
-eccellente musicista ed uomo dotato di
-buon senso e conoscente del mondo, era direttore
-della cappella dell'arcivescovo. Il piccolo
-Amadeo fu un talento precoce quale mai prima
-nè dopo si vide. A sei anni suonava benissimo
-il pianoforte, conosceva il violino e componeva
-sonate, sicchè il padre gli fece intraprendere
-lunghi viaggi, destando stupore ed entusiasmo.
-Nel 1768 scrive la sua prima Opera, <i>La finta
-semplice</i> e nel 1769 viene nominato per opera
-di Martini membro dell'Accademia Bolognese.
-L'Italia fu la prima a festeggiarlo come compositore
-drammatico ed il suo <i>Mitridate re del
-<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span>
-Ponto</i> (1770) riscosse a Milano grandi applausi.
-Ritornato in patria, dove era stato nominato
-dall'arcivescovo maestro concertatore, continuò
-i suoi studi e scrisse una quantità di opere
-drammatiche ed istrumentali.
-</p>
-
-<p>
-Le prime sono ancora scritte nello stile dell'opera
-italiana e solo quà e là vi si mostra la
-potenza di Mozart che supera il convenzionalismo
-formale. La prima opera, nella quale il
-genio di Mozart si palesa ormai nella sua interezza,
-è l'<i>Idomeneo</i> (1781) scritta per Monaco, in
-cui, se le reminiscenze dello stile di Gluck sono
-ancora sensibili, il genio musicale specificamente
-melodico supera il modello. Ancor in
-quest'anno Mozart da principio ad altro lavoro.
-<i>Il ratto del serraglio</i>, la prima vera opera della
-scuola tedesca, scritta in uno stile molto differente
-dall'<i>Idomeneo</i>, si libera dalla posizione
-indegna e servile che lo teneva legato all'arcivescovo
-di Salisburgo, incapace di comprenderlo
-e si stabilisce a Vienna. Gli anni susseguenti
-portano ricca messe: <i>Le nozze di Figaro</i>
-(1786), il <i>Don Giovanni</i> (1787) scritto per Praga,
-<i>Così fan tutte</i> (1790), <i>La clemenza di Tito</i> ed
-<i>Il flauto magico</i> (1791).
-</p>
-
-<p>
-Mozart morì ai 5 Dicembre 1791, quando l'imperatore
-lo nominava direttore della Cappella
-di S. Stefano ed egli avrebbe potuto così dedicarsi,
-senza le cure della lotta per l'esistenza,
-alla composizione di tanti altri capolavori che
-dormivano nella sua grandiosa mente.
-</p>
-
-<p>
-La vita di Mozart è quella dell'artista moderno.
-<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span>
-Per lui l'arte è scopo supremo. Le miserie
-della vita non lo toccano e lo lasciano
-indifferente. Egli è spensierato, gioviale, noncurante
-del domani, dedito ai piaceri, ma altrettanto
-serio, indefesso, tenace al lavoro, capace
-di astrarsi in mezzo ad una società clamorosa
-e continuare il lavorìo della fantasia.
-La sua importanza sta nell'opera drammatica
-che con lui raggiunse la perfezione del genere,
-quale l'epoca sua poteva comportare e che
-ancor oggi fra le lotte delle scuole resta intangibile.
-Ed in questa egli seppe, come nessuno
-prima e dopo di lui, cambiare di stile a seconda
-del soggetto. Nell'<i>Idomeneo</i> è palese la
-forma classica di Gluck, nel <i>Don Giovanni</i>
-il romanticismo non nelle esteriorità fantastiche
-ma nell'elemento tragico e satanico, nelle
-<i>Nozze di Figaro</i> l'opera cosidetta di conversazione,
-fine ed arguta, nel <i>Ratto</i> il romantico
-misto all'umorismo, in <i>Così fan tutte</i> l'opera
-buffa allegra e biricchina, nel <i>Tito</i> di nuovo
-l'opera seria classica coll'elemento eroico. Nel
-<i>Flauto magico</i> poi egli seppe da un'azione spettacolosa
-e destinata ad un teatro di sobborgo,
-creare un'opera in cui l'elemento simbolico e
-morale predomina ed il genio arriva alle più
-grandi altezze. Ad onta di ciò, Mozart non fu
-un rivoluzionario ma un riformatore, un eclettico
-geniale, che senza trovare forme assolutamente
-nuove, alle antiche ed usate ispirò nuova vita.
-</p>
-
-<p>
-«Il genio tedesco, scrive Wagner, sembra destinato
-a cercare presso i suoi vicini quello che
-<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span>
-non è dato alla sua patria, per poi toglierlo dai
-suoi stretti confini e creare qualche cosa di universale.
-Mozart creò i suoi capolavori sull'orma
-dell'opera italiana senza punto cambiarne la
-forma. Eppure quale superiorità sulle opere dei
-contemporanei italiani!»
-</p>
-
-<p>
-Si suol dire che Mozart col <i>Flauto magico</i> fu
-il vero creatore dell'opera tedesca e quegli che
-diede il colpo di grazia all'opera napolitana.
-In realtà però le opere teatrali di Mozart appartengono
-ben più all'opera italiana che alla
-tedesca (15 opere su testo italiano e 5 su tedesco)
-(<i>Singspiele</i>) e non solo per la lingua ed
-il numero ma ben più per l'intimo carattere
-della musica, ciò che è anche naturale se si
-pensa che la Germania e l'Austria del Settecento
-erano in riguardo del teatro musicale
-vere provincie italiane. Eppure le opere di Mozart
-non ebbero in Italia neppure ai suoi tempi
-che un successo effimero, molto minore che quelle
-del tedesco italianizzato <i>Simone Mayr</i> (1763-1845),
-il primo maestro di Donizetti, che fu il
-primo che in Italia tentò lo stile della grand'opera
-francese e predilesse un'orchestrazione
-molto nutrita. Questo minor successo delle opere
-di Mozart dipese e dipende dalla povertà di
-veri accenti drammatici nei recitativi, nel non
-avere l'istinto infallibile dell'effetto, dalla mancanza
-di plasticità della forma specialmente
-nell'opera seria come pure dal predominio della
-forma strofica di canzone breve e succinta, che
-è una caratteristica dei musicisti tedeschi del
-<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span>
-suo tempo. Mozart è senza dubbio più sicuro ed
-efficace nell'opera buffa, che s'adattava anche
-di più al suo carattere, quantunque anche in
-questa egli segue le orme dei nostri maestri italiani
-Anfossi, Piccinni e Paisiello, che non si conoscono
-che di nome mentre se si studiassero
-le loro opere si apprenderebbe che molto di
-quello che noi chiamiamo specifico mozartiano
-si riduce ad elementi italiani del secolo XVIII.
-Comunque ciò sia, Mozart resterà sempre uno
-dei più grandi genî musicali d'ogni tempo,
-perchè molte delle sue maggiori opere corrispondono
-a quell'ideale d'arte ed a quei principî
-che pel mutare dei tempi non possono
-cambiare e noi ricorreremo sempre a lui come ad
-una sorgente di pace serena, alla quale si può
-sempre attingere senza che si esaurisca.
-</p>
-
-<p>
-La musica istrumentale di Mozart forma un
-anello di congiunzione fra Haydn e Beethoven.
-Le più celebri opere sono le <i>sinfonie</i> in <i>sol minore</i>,
-in <i>do maggiore</i> (<i>Iupiter</i>), i sei <i>quartetti</i> dedicati
-ad Haydn, il <i>quintetto</i> in <i>sol minore</i>. La
-differenza fra Haydn e Mozart si scorge nel
-primo e nell'ultimo tempo delle sue opere che
-hanno temi molto più cantabili, più lunghi ed
-espressivi. Haydn era maestro nel cavare dagli
-strumenti sempre nuovi effetti ma in certo
-modo non si serviva di loro ma serviva a loro;
-i suoi motivi sono molte volte quasi nati dagli
-istrumenti stessi e ci interessano principalmente
-per l'uso che ne fa l'autore. Mozart si serve invece
-degli strumenti per parlare la sua lingua,
-<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span>
-i suoi motivi sono più espressivi e presentono
-già Beethoven. Il confronto fra i quartetti dedicati
-ad Haydn con quelli di quest'ultimo anteriori
-e posteriori mostra palese questa differenza
-ed è toccante il vedere come il vecchio
-maestro cerchi nelle ultime opere raggiungere
-la profondità e la calda espressione del giovane.
-Le sonate per pianoforte, i Trio, ecc., sono con
-poche eccezioni (<i>fantasia in do min.</i>, <i>sonata in do
-min.</i>) opere d'occasione senza grande importanza
-e di valore ineguale. Superiori a queste sono i
-<i>Concerti per pianoforte</i> (<i>Re min.</i>, concerto <i>per l'incoronazione</i>,
-ecc.), scritti con intenzioni sinfoniche.
-</p>
-
-<p>
-Delle sue musiche da chiesa vale quanto fu
-detto di quelle di Haydn. Da eccettuarsi sono
-però l'<i>Ave verum</i>, una <i>Messa</i> ed il grandioso
-<i>Requiem</i>, la sua ultima opera che non potè
-finire, e che quantunque faccia concessioni allo
-stile dell'epoca tendente al drammatico ed al
-profano, pure è concepita con grandiosità e serietà
-di stile ed è sì ispirata da far dimenticare
-ogni principio e tacere ogni obbiezione.
-</p>
-
-<p>
-Quali opere Mozart ci avrebbe ancor dato, se
-gli fosse durata la vita, è impossibile il pensare;
-ma che egli avrebbe subìto una trasformazione
-quale vediamo poi succedere in Beethoven, è
-difficile l'ammetterlo. Mozart è essenzialmente
-oggettivo, nè mai dimentica d'essere sopratutto
-musicista. Per lui la musica non è un mezzo,
-ma scopo e ad essa egli sacrifica ogni intenzione
-a lei secondaria. L'idea musicale si presenta
-a lui complessa ed imperiosa senza essere
-<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span>
-semplicemente la traduzione d'un pensiero
-o d'un'idea poetica, come quasi sempre succede
-in Beethoven. Perciò Mozart, per quanto
-il suo genio musicale sia maggiore di quello
-di Beethoven, per noi figli dell'epoca moderna,
-comincia in molte delle sue opere a sembrare
-antiquato, perchè in esse non vi troviamo abbastanza
-riprodotte tutte le sensazioni, gli affetti,
-le passioni nostre.
-</p>
-
-<p>
-Con <i>Beethoven</i> comincia un'altra epoca che
-per noi è la più importante. La musica del secolo
-decimonono porta l'impronta del soggettivismo.
-L'umanità ha perduto nelle lotte la serenità
-dei tempi passati; l'eterno dolore, (il
-<i>Weltschmerz</i> dei filosofi e poeti tedeschi) il pessimismo,
-il dubbio che rode, diventano la nota
-dominante. Con Beethoven la musica non è più
-soltanto un'arte ma diventa l'arte universale;
-essa impara ad esprimere tutte quelle sensazioni,
-quei pensieri, quelle aspirazioni più intime
-che la parola non sa esprimere e definire.
-</p>
-
-<p>
-Beethoven non è più solamente musicista
-come Mozart e specialmente Haydn, ma altresì
-pensatore profondo, che dei problemi sociali e
-delle nuove idee si occupa e pel quale la Rivoluzione
-non è rimasta senza lasciare grande e potente
-traccia. Per lui la musica non è soltanto
-per sè esistente ma ha un più alto significato
-morale e quasi sempre incarna un'idea. Perciò
-la maggior parte delle sue composizioni, specialmente
-quelle della maturità e le ultime, non
-sono soltanto l'espressione d'un sentimento indefinito,
-<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span>
-ma vere poesie musicali, che specchiano
-i diversi pensieri, le fasi di questi, quasi
-un'azione in toni. Le sue opere gli vengono ispirate,
-come egli scrive, «da impressioni che il
-poeta traduce in parole ed egli in toni che si
-accavallano, sgorgano potenti e disordinati fin
-che si ordinano nella sua mente». Perciò alcune
-sue opere hanno un carattere programmatico
-palese (<i>Egmont</i>, <i>Coriolano</i>, <i>Leonora</i>, <i>sinfonia pastorale</i>,
-ecc.) ed altre e son le più numerose un
-programma latente. Egli dopo le incertezze naturali
-e necessarie della gioventù, scuote ogni
-influsso e la sua individualità domina sovrana.
-Egli è forse meno musicista di Haydn e di
-Mozart, ma li sorpassa ambidue nell'idealità,
-perchè egli emancipa la musica da ogni formalismo
-e sacrifica tutto all'idea. Questa tendenza
-al liberarsi dalla materia viene poi sempre più
-accentuandosi, quanto più la sordità lo distacca
-dal mondo esterno ed essa arriva in alcune delle
-sue ultime opere alla morbosità. Allora egli,
-attraverso lotte e contrasti, giunge all'assoluta
-contemplazione immateriale, in cui tacciono le
-cure e gli affanni ed il sentimento della suprema
-conciliazione addolcisce le miserie della vita.
-La serietà è il suo carattere dominante, ma anche
-essa può, bensì fugacemente, cambiarsi in gioia
-quasi bacchica, come nella <i>IX Sinfonia</i>. Egli
-non ha la naturale ilarità di Haydn, nè l'olimpica
-oggettività di Mozart, ma vede il suo
-ideale nell'esposizione dei contrasti della vita,
-nella lotta dei diversi affetti.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span>
-</p>
-
-<p>
-Beethoven, come in genere i tedeschi, non
-fu un rivoluzionario ma un gran riformatore.
-Egli accetta tutte le conquiste del passato e
-continua l'edifizio sulle stesse basi; ma egli
-centuplica la forza espressiva non limitandola
-alle parti principali ma allargandola anche al
-resto che assume ben altra importanza di prima.
-Senza rompere od abbandonar di progetto le
-forme antiche, come altri fece dopo di lui,
-egli le trasforma grado grado mantenendo le
-linee originarie ed i principî cardinali. Ciò egli
-raggiunge fra altro cambiando l'elemento figurativo
-e melismatico, che prima non era che
-gioco di suoni, in elemento melodico ed espressivo
-a somiglianza della parola cantata ma con
-maggiore intensità, perchè egli poteva coi suoni
-esprimere anche quello che la mente concepisce
-e l'animo sente ma la bocca non sa esprimere
-a parole. I fascicoli che contengono gli
-schizzi musicali ci palesano il segreto della
-generazione delle sue opere. Ad onta dell'assoluta
-padronanza dei mezzi noi vediamo lottare
-il genio colla materia per costringerla ad ubbidirgli.
-Sono continui cambiamenti e pentimenti,
-lavori di lima paziente ed instancabile.
-Ma da tutto questo lavorio sorte alla fine l'opera
-completa che nulla palesa della dolorosa
-creazione. Ad onta di ciò studiando specialmente
-le ultime opere ci accorgiamo che il contenuto
-quasi trabocca dalla forma usata e spesso
-mal vi si adatta, quantunque il maestro tenti
-continuamente di ampliarla e modificarla. E ciò
-<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span>
-è naturale se si pensa che le sue melodie avevano
-ormai ben altro significato che quello puramente
-musicale e che egli creandole non pensava
-soltanto alla possibilità di sviluppi e lavori
-tematici.
-</p>
-
-<p>
-<i>Ludwig van Beethoven</i> vide la luce ai 17 Dicembre
-1770 a Bonn dove suo padre, d'origine
-olandese, era addetto alla cappella di quella
-città. Anch'egli fu un talento precoce e nel 1785
-poteva ormai assumere le funzioni d'organista
-e suonare in orchestra. Nel 1793 andò a Vienna,
-che scelse dipoi a sua stabile dimora e dove
-trovò tosto nell'arciduca Rodolfo, nel principe
-Lichnowski e in Van Swieten potenti Mecenati.
-Continua i suoi studi un po' con Haydn, Schenk
-e specialmente con Albrèchtsberger e pubblica
-nel 1795 la prima sua opera, i tre <i>Trio</i>, fra cui
-il celebre in <i>do minore</i>, che ormai segna una
-nuova orma nella storia dell'arte. Il periodo seguente
-fu fecondo di nuove opere, fra le quali
-i 6 Quartetti d'arco (op. 18), i terzetti pure
-per archi, molte sonate per piano, le due prime
-sinfonie, il delizioso settimino (op. 20), ecc. Nel
-1802 comincia a mostrarsi la malattia della sordità,
-che venne poi sempre crescendo ed amareggiandogli
-l'esistenza e fu in quell'anno che
-egli scrisse il suo testamento, quello scritto che
-mostra la grandezza del carattere di Beethoven.
-Seguono la <i>Sinfonia eroica</i> colla <i>Marcia funebre</i>
-(1802), la <i>Pastorale</i>, la sua unica opera drammatica,
-il <i>Fidelio</i> (1805), che ebbe alla prima
-esecuzione poco successo e che, ad onta di
-<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span>
-grandi bellezze, mostra che a Beethoven mancava
-l'istinto drammatico teatrale, la <i>Sinfonia</i>
-in <i>do minore</i> (1808), forse il suo capolavoro, in
-cui la sua potenza di creare da un tema insignificante
-un vero poema è piuttosto unica che
-meravigliosa.
-</p>
-
-<p>
-L'influsso della sua incurabile malattia venne
-in seguito sempre più accentuandosi nelle sue
-opere posteriori, che per quanto geniali non
-vanno esenti da bizzarrie ed oscurità e che
-quasi fin oggi, mentre da molti sono proclamate
-quale l'espressione più alta del genio di
-Beethoven, subirono le critiche più disparate.
-Esse sono piuttosto l'espressione individuale
-di un uomo condannato all'isolamento che il
-frutto di idee riformatorie. Perciò sembra inutile
-il tentativo di volerle considerare come
-l'Evangelo della musica futura, perchè la loro
-concezione è troppo personale. A queste appartengono
-la <i>Messa in re</i> (1816-1823), la <i>nona
-Sinfonia</i> con coro e soli (1822), gli ultimi <i>Quartetti</i>
-e le ultime <i>Sonate</i> per pianoforte (1824-1826)
-che assieme alle potenti <i>Variazioni</i> su
-un tema di Diabelli sembrano scritte più per chi
-le comprende cogli occhi che per chi le vuole
-eseguire.
-</p>
-
-<p>
-Beethoven morì ai 27 Marzo 1827 di idrope.
-</p>
-
-<p>
-La <i>Messa in re</i> non è da considerarsi dal punto
-di vista della musica da chiesa, ma è piuttosto
-l'espressione individuale dell'anima di Beethoven,
-della sua religione. Il testo della Messa
-perde il suo significato oggettivo e liturgico per
-<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span>
-esprimere le idee dell'autore. Essa è quasi la
-preghiera, il grido di dolore di un uomo moderno,
-che aspira alla Divinità dalle miserie
-della terra, non l'espressione della quieta e fiduciosa
-devozione d'un credente.
-</p>
-
-<p>
-La <i>Nona Sinfonia</i> è una delle più grandiose
-composizioni istrumentali della nostra epoca
-ed ancora la maggiore. In essa specchiasi quasi
-la vita di Beethoven nella descrizione delle lotte
-contro la sorte (1º <i>tempo</i>), dell'abbandonarsi
-alla gioia sfrenata per dimenticare (<i>scherzo</i>),
-della contemplazione ed ispirazione dell'ideale
-(<i>andante</i>) e della suprema conciliazione degli
-elementi lottanti in un inno di gioia e di giubilo
-all'umanità (<i>finale</i>).
-</p>
-
-<p>
-Mentre le prime opere palesano l'influsso di
-Haydn e Mozart, questo va presto perdendosi
-nelle seguenti, che portano marcata l'impronta
-personale dell'autore. La forma della sinfonia
-s'allarga e diventa più significante, al minuetto
-vien di solito sostituito lo <i>scherzo</i>, che perde
-quasi intieramente il carattere di danza per
-esprimere un umorismo che può arrivare fino
-al tragico; il <i>finale</i>, prima nella forma di <i>rondò</i>,
-diventa alle volte la parte più importante dell'opera
-(p. es. nella sinfonia in <i>do minore</i> e
-nella <i>Nona</i>). I temi apparentemente più insignificanti
-assumono nello sviluppo tematico e nelle
-trasformazioni importanza e varietà grandissima.
-Dove si palesa meglio la profondità dell'anima
-di Beethoven è però negli Adagi, che nessuno
-seppe più eguagliare.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma la grandezza del genio di Beethoven non
-si palesa soltanto nella sinfonia. Le sue sonate
-per pianoforte, fra cui le più note sono la <i>patetica</i>,
-la <i>sonata au clair de lune</i>, quella in <i>la
-bem.</i> colla marcia funebre, la <i>Waldsteinsonate</i>
-formano come i preludî e le fughe di Bach,
-uno dei capisaldi del repertorio pianistico e
-sono una collana di fulgide perle. Fra le <i>ouvertures</i>,
-quelle per l'<i>Egmont</i> di Goethe, per il
-<i>Coriolano</i>, la grande <i>ouverture N. 3 Leonora</i>, ci
-ammaliano colla grandiosità delle linee ed il
-colorito. Dei suoi 17 Quartetti, i primi sei,
-quelli dedicati a Rassumowsky, quello in <i>do
-diesis minore</i>, rimarranno esempi imperituri di
-ispirazione, euritmia e sviluppo tematico.
-</p>
-
-<p>
-Beethoven fu un grande infelice. Le circostanze
-ed il suo carattere lo resero tale. La
-malattia incurabile della sordità gli tolse ogni
-speranza quando il suo nome era grande e l'avvenire
-gli sorrideva. La suprema sventura che
-possa toccare ad un musicista, l'esser privato
-dell'udito, non fu risparmiata a lui, il re dei
-suoni. Egli ne rimase annientato ed un'amarezza
-infinita l'oppresse. Amori infelici, discordie
-famigliari finirono per renderlo iracondo,
-impaziente e distaccarlo dal mondo. Egli conobbe
-il suo genio e seppe farlo valere senza
-protervia ma con dignità ed energia, non stimandosi
-da meno dei grandi della terra ed innalzando
-la dignità dell'artista.
-</p>
-
-<p>
-È difficile il pensare quale indirizzo avrebbe
-preso la musica senza Beethoven. Oggi tanti
-<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span>
-anni dopo la sua morte, le sue opere sono ancora
-il prototipo della musica istrumentale. I
-suoi successori non hanno saputo trovare che
-qualche nuovo effetto d'orchestrazione, qualche
-cambiamento di forma ma null'altro di nuovo
-che non sia o palese od almeno accennato nelle
-sue opere. Ai suoi quartetti, alle sue sinfonie
-noi non sappiamo metter a paro nessun'opera,
-meno poi una che le superi. Egli è ancor oggi
-il modello insuperabile, a cui tutti ricorrono, il
-maestro dei maestri.
-</p>
-
-<p>
-Wagner paragona Beethoven a Tiresia il cieco
-veggente. Egli guarda coll'occhio della mente
-ed ascolta le infinite e recondite armonie che
-risuonano nel suo animo. Il mondo esterno non
-gli sa più dir nulla.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Brenet M. — <i>Histoire de la symphonie depuis ses origines
-jusqu'à Beethoven</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-Brenet M. — <i>Haydn</i>, Paris, 1909.
-</p>
-
-<p>
-C. F. Pohl — <i>Josef Haydn</i>, Berlino (incompleto).
-</p>
-
-<p>
-G. Carpani — <i>Le Haydine</i>, Padova, 1823.
-</p>
-
-<p>
-L. Reissmann — <i>I. Haydn</i>, Berlino, 1879.
-</p>
-
-<p>
-L. Schmidt — <i>I. Haydn</i>, Berlino, Harmonie, 1889.
-</p>
-
-<p>
-O. Iahn — <i>W. A. Mozart</i>, 3ª ediz., 1891.
-</p>
-
-<p>
-A. Fleischer — <i>W. A. Mozart</i>, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Bellaigue — <i>Mozart</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-T. de Wyzewa et G. de Saint Foix — <i>Mozart et son oeuvre</i>,
-Paris, 1912.
-</p>
-
-<p>
-Curzon — <i>Mozart</i>, Paris, 1913.
-</p>
-
-<p>
-E. Dens — <i>Mozart's operas</i>, London, 1913.
-</p>
-
-<p>
-Schiedemayr L. — <i>Beiträge zur Geschichte der Oper in der
-Wende des 18. u. 19. Jahrhundertes</i> (<i>Simon Mayr</i>),
-Lipsia, 1907 e 1910.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span>
-</p>
-
-<p>
-B. A. Marx — <i>L. Beethoven</i>, Berlin, 1901.
-</p>
-
-<p>
-L. Nohl — <i>Beethovens Leben</i>, 1864.
-</p>
-
-<p>
-A. W. Thayer — <i>Beethoven</i>, Berlino, 1866-1879, trad. dall'inglese.
-</p>
-
-<p>
-R. Wagner — <i>Beethoven</i>, 1870.
-</p>
-
-<p>
-Wasielewsky — <i>Beethoven</i>, 1895.
-</p>
-
-<p>
-Rolland R. — <i>Vie de Beethoven</i>, Paris, 1907.
-</p>
-
-<p>
-Bekker P. — <i>Beethoven</i>, Berlino, Schuster und Loeffler, 1912.
-</p>
-
-<p>
-Chantavoine — <i>Beethoven</i>, Paris, 1907.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap17">CAPITOLO XVII.
-<span class="smaller">L'Opera romantica e la grand'Opera francese.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Il romanticismo, come nella letteratura, è anche
-nella musica di data più remota di quello
-che per solito si ammette. Quantunque l'epoca
-della musica romantica sia per eccellenza il
-principio del secolo XIX, noi troviamo traccie
-di essa già in Bach, Mozart ed ancor più in
-Beethoven, nè è sempre giusto il separare la
-musica d'indirizzo classico da quella influenzata
-dal romanticismo. Ogni nazione ne ha più
-o meno sentito gli influssi, ma quella che per
-natura ed indole gli è più vicina è senza dubbio
-la tedesca, in cui il culto della donna, il
-sentimentalismo, la predilezione dell'elemento
-fantastico delle leggende, l'amore della natura,
-dei boschi, dei monti, la vita intima del pensiero
-hanno più importanza che per le nazioni
-<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span>
-romane, a ciò più indifferenti per la somiglianza
-ed affinità coi popoli classici dell'antichità portati
-all'oggettivismo.
-</p>
-
-<p>
-Il romanticismo del principio del secolo
-scorso non era in origine che il desiderio di ritornare
-al sentimento della natura e di abbandonare
-il convenzionalismo della coltura pseudo-classica
-del settecento più superficiale che
-profonda. E se tutta la letteratura se ne risentì,
-ancor più ne fu influenzata la musica giacchè
-essa era più adatta a seguire le nuove idee per
-la possibilità di conciliare meglio della poesia
-il contrasto fra il mondo reale ed il fantastico.
-La caratteristica del romanticismo letterario
-sta nell'aspirazione allo straordinario, (Novalis
-definisce per romantico ciò che sorprende),
-nella predilezione per l'elemento popolare e
-nella guerra alle forme e pastoje classiche. Gli
-elementi del Romanticismo musicale sono analogamente
-da cercarsi nell'armonia, istrumentazione
-e nella pittura musicale, insomma essi
-sono più di natura esteriore che interna. E. T.
-Hoffmann († 1822) poeta e musicista, l'autore
-delle novelle fantastiche e il creatore della figura
-strana del Kapellmeister Kreisler, forma
-l'anello di congiunzione fra il romanticismo
-letterario ed il musicale.
-</p>
-
-<p>
-Il romanticismo musicale ebbe la sua espressione
-tanto nella musica drammatica che nella
-lirica. Della prima sono rappresentanti <i>Weber</i>
-e <i>Spohr</i>, della seconda <i>Schubert</i>, <i>Mendelssohn</i> e
-<i>Schumann</i>.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span>
-</p>
-
-<p>
-<i>Weber</i> non fu una vera natura drammatica,
-ma ebbe squisito sentimento del colorito locale
-e seppe parlare al cuore della sua nazione colla
-semplicità toccante delle sue melodie ispirate,
-coi suoi quadri della natura che c'introducono
-nelle oscure e paurose selve, nelle tranquille
-case di campagna, perdute in mezzo al verde,
-colle sue evocazioni dei secoli cavallereschi,
-colle sue fantasmagorie di gnomi. Il successo
-del <i>Freischütz</i> deriva in special modo dall'aver
-Weber saputo innestare alla sua musica la canzone
-popolare tedesca ed averla idealizzata. Il
-popolo, incapace di seguire e comprendere il
-genio di Beethoven e d'altro canto estraneo all'opera
-seria che trattava soggetti a lui ignoti,
-trovò sè stesso e le sue canzoni nel <i>Freischütz</i>,
-che somiglia ad una grande ballata popolare,
-ed alcune melodie di quella fortunata opera divennero
-patrimonio della nazione. Nell'<i>Euriante</i>
-Weber tentò di conciliare i due elementi disparati
-della melodia assoluta e della vera espressione
-drammatica continuata, ma il tentativo
-non riuscì, perchè la conciliazione era impossibile.
-La potenza drammatica talvolta gli manca,
-ma egli ci risarcisce con mille geniali particolari,
-che egli deve specialmente alla sua grande
-arte d'istrumentare, nuova e caratteristica, all'uso
-tutto speciale degli istrumenti a fiato, specialmente
-di quelli di legno nelle note basse.
-Grande poi è la sua facoltà di descrivere l'elemento
-satanico, appunto perchè esso appartiene
-al descrittivo, in cui Weber era vero maestro.
-<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span>
-Da ciò deriva il grande successo del <i>Freischütz</i>
-ed il minore dell'<i>Oberon</i> e dell'<i>Euriante</i>, la sua
-opera prediletta, nella quale si palesa la mancanza
-di sentimento drammatico ad onta della
-grandiosità e dello studio maggiore.
-</p>
-
-<p>
-Abbiamo già detto che si suol chiamare Mozart
-il creatore dell'opera tedesca. Ma ben più a diritto
-si può ascrivere questo onore a Weber,
-perchè fu veramente egli che col <i>Freischütz</i>
-creò l'opera nazionale, che abbandonò i libretti
-di soggetto classico e vi sostituì azioni di carattere
-nordico e prettamente romantico, adattandovi
-una musica affine al soggetto che sa
-essere or rude or colorita or somigliante a
-quella delle canzoni popolari tedesche.
-</p>
-
-<p>
-Weber è in certo riguardo anche il padre
-della nostra musica, perchè la sua ha ormai
-una grandissima differenza con quella dei classici.
-Egli ha perciò esercitato un influsso stragrande
-ed il dramma di Wagner è già presentito
-nell'<i>Euriante</i> come anche le sue opere per
-pianoforte precorrono quelle di Schumann e
-Chopin.
-</p>
-
-<p>
-<i>Carlo Maria de Weber</i> ebbe vita avventurosa.
-Nato ai 18 dicembre 1786 a Eutin nel Holstein
-di padre appartenente a famiglia nobile, ufficiale,
-uomo di affari, musicista, direttore di teatro,
-inventore, dovette menar vita nomade da
-una città all'altra nè potè compire un corso regolare
-di studî musicali. Dapprima scolaro di
-Michele Haydn a Salisburgo, compose più opere
-anche per il teatro. Studiò poi col celebre abate
-<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span>
-Vogler e divenne a diciotto anni direttore
-del Teatro di Breslavia. Cambiò dimora e carriera
-per seguire quale segretario il Principe
-di Württemberg; ritornò scolaro di Vogler a
-Darmstadt e collega di Meyerbeer al quale fu
-legato da sincera amicizia. Dopo un breve soggiorno
-a Berlino, dove si distingue come virtuoso
-di pianoforte e compone parecchi pezzi
-per questo istrumento, fra i quali il celebre
-<i>pezzo di Concerto</i> in <i>fa minore</i> e l'<i>Invitation à
-la danse</i>, va a Praga nel 1813, e poi nel 1816 a
-Dresda come direttore. Nel 1821 si eseguisce a
-Berlino il <i>Freischütz</i> con immenso successo, e
-la <i>Preciosa</i>, cui fece seguito nel 1823, a Vienna,
-l'<i>Euriante</i>. Nel 1826 si recò a Londra per farvi
-eseguire l'<i>Oberon</i>, dove ammalò e morì ai 5
-Giugno dello stesso anno, lontano dai suoi cari.
-Nel 1844 le spoglie di Weber furono trasportate
-a Dresda ed accolte da Riccardo Wagner.
-</p>
-
-<p>
-Molto di quello che scrisse Weber è ad eccezione
-del <i>Freischütz</i> destinato all'oblio. Ma certo
-resisteranno alle ingiurie del tempo le <i>Ouvertures</i>
-del <i>Freischütz</i>, <i>Oberon</i>, <i>Euriante</i>, splendide
-costruzioni musicali senza pedanteria di forma,
-veri riassunti dell'opera che segue.
-</p>
-
-<p>
-Weber senza raggiungere la perfezione, le si
-avvicina per la serietà ed idealità dei suoi propositi.
-Il popolo tedesco, che egli tanto amò,
-lo considera tuttora come il suo prediletto ed
-il <i>Freischütz</i> è ancor oggi l'opera più popolare
-del repertorio tedesco. «Mai è vissuto un musicista
-più tedesco di te! Dovunque ti portò il
-<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span>
-tuo genio, esso rimase in ogni regione della fantasia
-legato con tutte le sue più intime fibre al
-cuore tedesco, col quale egli rideva e piangeva
-come un fanciullo che ascolta le fiabe e leggende
-della sua patria». (Dall'orazione funebre di
-Riccardo Wagner).
-</p>
-
-<p>
-Il secondo di coloro che nella musica, e specialmente
-nel dramma, seguirono il romanticismo
-è <i>Luigi Spohr</i>, nato a Seesen presso Brunswick
-nel 1784, morto nel 1859 a Cassel. Questo
-maestro, compositore di gran vaglia in ogni
-ramo della musica, dall'opera drammatica, la
-sinfonia e l'oratorio fino agli studî elementari
-per violino, è caduto oggi in dimenticanza ed
-in lui si stima piuttosto il celebre virtuoso e
-pedagogo che il compositore drammatico. Eppure
-il suo <i>Faust</i> e la sua <i>Iessonda</i>, opere che
-non sparirono mai dal repertorio contengono
-bellezze di primo ordine. Spohr tende all'elegiaco
-ed al sentimentale; egli è essenzialmente
-soggettivo e la sua musica porta un'impronta
-tutta personale che finisce col divenir monotona
-perchè priva di forza e maschiezza. Nella
-sinfonia egli fu un precursore della musica programmatica
-moderna, quantunque in lui essa
-non scenda mai a farsi pedissequa interprete
-della parola e dell'azione. La sua musica da
-camera, i suoi quartetti, gli ottetti, ecc., appartengono
-ai migliori dell'epoca posteriore alla
-classica quantunque la forma ne sia molte volte
-antiquata e convenzionale. Le sue composizioni
-per violino, i suoi concerti, duetti, ecc., appartengono
-<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span>
-alle più note ed utili opere per questo
-istrumento. Come virtuoso egli fu caposcuola
-e fece celebri allievi.
-</p>
-
-<p>
-Alla scuola romantica appartiene pure <i>Enrico
-Marschner</i> (1795-1861) autore del <i>Vampiro</i>, del
-<i>Hans Heiling</i> e del <i>Templario</i>, opere di un certo
-vigore, potenza drammatica e caratteristica.
-Marschner dipende da Weber, che supera nel
-comico e nel gioviale, senza però raggiungere
-la purezza e la semplicità d'ispirazione del suo
-modello nelle parti liriche.
-</p>
-
-<p>
-L'opera romantica per eccellenza come la
-concepirono e Weber e Marschner venne presto
-a decadere ed una delle ultime del vecchio
-stile fu la <i>Genoveffa</i> di Schumann. I musicisti
-tedeschi posteriori che si dedicarono all'opera
-ad eccezione di Riccardo Wagner e la sua
-scuola si contentarono di scrivere delle opere
-senza speciali tendenze e propria fisonomia,
-servendosi delle vecchie formole a quella stessa
-guisa che in Italia si scrivevano da maestri di
-secondo e terzo rango opere destinate ad effimeri
-successi, tanto per contentare il pubblico,
-sempre avido di novità. Gli influssi che essi
-subiscono sono i più vari. Quelli a noi più vicini
-imitarono per quel tanto che sanno e possono
-Verdi, Gounod ed altri e poi Wagner ma
-non nell'idealità della sua musica ma nella maniera
-esteriore e specialmente nell'uso dell'orchestra.
-Alcune di queste opere hanno però saputo
-resistere al tempo per le loro doti specifiche
-musicali e sarebbe ingiusto il non voler
-<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span>
-riconoscere ai loro autori delle buone e felici
-disposizioni per il teatro. Le più note della
-metà del secolo scorso sono <i>Il campo di Granada</i>
-di <i>Corradino Kreutzer</i> (1780-1840) <i>Marta</i> e
-<i>Stradella</i> di <i>Fed. Flotow</i> (1812-1883) e specialmente
-le opere comiche di <i>Alberto Lortzing</i>
-(1801-1851), (<i>Czar e falegname</i> — <i>Ondina</i> — <i>l'Armaiuolo</i>,
-ecc.) e le <i>Allegre comari di Windsor</i>
-di <i>Ottone Nicolai</i> (1810-1840), che le supera tutte
-per ispirazione, eleganza e freschezza. Uno dei
-pochi autori moderni tedeschi che seppero sottrarsi
-all'influsso prepotente di Wagner fu <i>Carlo
-Goldmark</i> (1830-1914) l'autore della fortunata
-<i>Regina di Saba</i> (1875) ed altre opere colle quali
-però egli non seppe più raggiungere il successo
-della prima, ricca di melodia calda e sensuale
-in una veste orchestrale smagliante, perchè egli
-fu un eclettico, che tenne fermo alle antiche
-forme e che quantunque subì l'influenza di
-Wagner, non ne imitò che qualche elemento
-della sua lingua musicale senza comprendere
-veramente l'importanza della sua riforma.
-</p>
-
-<hr class="tbs" />
-
-<p>
-Mentre in Germania si pugnava accanitamente
-pro e contro il Wagnerismo nasceva quasi per
-necessità di contrasti l'<i>operetta tedesca</i>. L'idea
-non era originale, perchè la Francia ne aveva
-già dato prima l'esempio. Ma l'operetta tedesca
-divenne tutt'altra cosa della francese, perchè
-la sua base musicale è la danza e non il couplet
-e la parodia delle forme dell'opera. E come
-la patria delle danze moderne od almeno il
-<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span>
-terreno dove esse assunsero forme artistiche
-fu Vienna (<i>Giuseppe Lanner</i> (1801-1843), <i>Giovanni
-Strauss</i> (1804-1849)), così furono i maestri
-tedeschi che si distinsero nell'operetta (<i>Giovanni
-Strauss</i> figlio (1825-1899) — <i>Francesco
-Suppè</i> (1820-1895) — <i>Carlo Millöcker</i> (1842-1899) — <i>Rod.
-Genée</i>, <i>Zeller</i>, ecc.). Ma ormai la parabola
-dell'operetta è giunta ben in basso ed i nuovi
-prodotti (<i>Lehàr</i>, <i>Oscar Strauss</i>, <i>Ziehrer</i>, <i>Fall</i>, ecc.)
-ad onta degli incomprensibili successi sono
-opere di meschinissimo valore artistico e non
-vivono che di motti salaci o di allusioni politiche,
-avvicendandosi in essa la sentimentalità
-di cattivo gusto col libertinaggio, le romanze
-patetiche con quelle da trivio, le pose drammatiche
-con quelle grottesche ed acrobatiche.
-</p>
-
-<p>
-Quasi contemporanea dell'opera romantica
-tedesca è la <i>grand-opéra</i> francese di <i>Auber</i>,
-<i>Rossini</i> e <i>Meyerbeer</i>. Come la prima anch'essa
-è figlia del suo tempo, e quantunque nata all'epoca
-della Ristorazione, essa preludia ai
-tempi che si preparavano, alle nuove idee che
-dovevano produrre la Rivoluzione di Luglio
-(1830).
-</p>
-
-<p>
-La grande opera nacque in Francia, non perchè
-essa fosse l'opera nazionale, ma perchè Parigi
-era un centro internazionale, al quale s'indirizzavano
-i maestri d'ogni nazione. Così noi
-vediamo il fiorentino Lulli fondare l'opera classica
-francese, Cherubini e Spontini l'opera dell'epoca
-della rivoluzione dell'impero, Rossini
-e Meyerbeer la grande opera francese, giacchè
-<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span>
-Auber, quantunque il primo della triade, risente
-gli influssi di Rossini e di Weber. La
-grande opera si distingueva dall'antecedente
-più negli elementi esteriori che nell'intrinseco.
-Il soggetto abbandona la mitologia ed il classicismo
-ed è di solito storico, l'importanza principale
-si concentra nella situazione, nei grandiosi
-quadri, nelle descrizioni, nel mettere in
-moto grandi masse, in una parola nell'effetto
-raggiunto col lusso d'una musica brillante, delle
-decorazioni, del ballo. La grandezza ed idealità
-inerenti alla <i>Muta</i> di Auber ed al <i>Tell</i> di Rossini
-vanno sempre più perdendosi in Meyerbeer,
-che manca di sincerità e d'unità di stile
-e sacrifica ogni cosa all'effetto.
-</p>
-
-<p>
-Il primo a scendere nel nuovo agone fu <i>Daniele
-Auber</i> (nato a Caen nel 1782, morto a Parigi
-nel 1871). Dapprima destinato alla mercatura,
-si dedicò in seguito alla musica, che studiò
-con Boieldieu e Cherubini. Quantunque il
-suo genio lo portasse all'opera comica, nella
-quale ci lasciò veri modelli del genere come il
-suo <i>Muratore e fabbro</i> (1825), <i>Fra Diavolo</i> (1830),
-<i>Domino nero</i> (1837), <i>i Diamanti della corona</i>
-(1841), <i>la parte del Diavolo</i>, ecc., lo spirito di
-libertà, che nei primi lustri del secolo si faceva
-sentire, non rimase senza influsso sul suo
-animo facilmente impressionabile ed egli gli
-diede la più faconda espressione nella sua
-<i>Muta di Portici</i> (1828), la cui altezza e genialità
-egli non seppe più raggiungere. In esse sono
-la franchezza e spontaneità dell'ispirazione, la
-<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span>
-passione, l'ardire del declamare ampio che ci
-attraggono. Magistrale poi ne è il colorito locale
-quasi pari a quello del <i>Tell</i>. La <i>Muta</i> appartiene
-ad un nuovo stile che potrebbesi giudicare
-nato dal connubio dell'opera nazionale
-francese col genio rossiniano. Ma se Auber seppe
-apprendere da Rossini, egli non perdette l'impronta
-nazionale, che anzi conservò evidentissima
-anche in questa opera, unica che scrisse
-del genere. Eppure la <i>Muta</i> non è oggi più
-«calda sino a bruciare», come la dice Wagner
-ed essa si sostiene più per i ritmi piccanti,
-le scene di colorito nazionale e le danze che
-la passione dei suoi canti ed è perciò che il
-<i>Fra Diavolo</i> sopravviverà senza dubbio alla <i>Muta</i>
-come il <i>Barbiere</i> al <i>Guglielmo Tell</i>, perchè i
-maggiori meriti di Auber si trovano nelle sue
-opere comiche, nelle quali egli sviluppa i suoi
-pregi, quali la suprema grazia, la facilità e
-varietà ritmica, la accuratezza della forma aristocratica,
-e non ultimo fra questi l'aver saputo
-togliere alla forma stereotipa della canzone
-francese la durezza e rigidezza. A lui, che
-fu per molti anni direttore del Conservatorio
-di Parigi, la sua nazione deve senza dubbio
-gran parte della sua supremazia nell'opera
-comica.
-</p>
-
-<p>
-Come la <i>Muta di Portici</i> risente l'influenza
-di Rossini per quel che riguarda specialmente
-la melodia, così il <i>Guglielmo Tell</i> di quest'ultimo,
-la seconda opera del nuovo genere (1829),
-mostra l'influsso della musica francese non
-<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span>
-sulla facile melodia italiana, ma nella ritmica,
-nella struttura dei pezzi e nell'accuratezza dei
-particolari. Il <i>Guglielmo Tell</i> è l'opera d'un genio
-che ripete il prodigio di Mozart, d'aver saputo
-cioè assimilarsi gli elementi d'ogni scuola
-nazionale, amalgamandoli in un tutto essenzialmente
-organico senza perdere l'impronta originale.
-In essa ammiriamo la spontaneità melodica,
-la profondità del sentimento semplice e
-vero, la leggiadria ed il colorito locale e la caratteristica.
-Perciò il <i>Guglielmo Tell</i> è una di
-quelle pochissime opere, come il <i>Don Giovanni</i>,
-che cessano d'essere il patrimonio d'una singola
-nazione per diventarlo di tutte, perchè
-esse raggiungono gli ideali comuni a tutte.
-Rossini vi s'era preparato col <i>Mosè</i> rifatto e
-l'<i>Assedio di Corinto</i>, che però ad onta dei loro
-pregi non possono servire di paragone, per cui
-quando comparve il suo <i>Tell</i> la sorpresa pareggiò
-l'immenso successo.
-</p>
-
-<p>
-Chi raccolse il retaggio di Auber e di Rossini
-fu di nuovo uno straniero, <i>Giacomo Meyerbeer</i>.
-Negli ultimi tempi la moda, che non di rado
-anche in fatto di musica esercita i suoi supremi
-diritti, lo scelse a capro espiatorio facendogli
-scontare quel tanto di lodi iperboliche delle
-quali lo aveva prima colmato. Come al solito
-la verità sta nel mezzo e se non è giusto il
-voler annoverare Meyerbeer fra i più grandi
-genî musicali, altrettanto ingiusto è il voler negare
-che egli fosse uno dei più fortunati musicisti
-drammatici e che molte parti delle sue
-<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span>
-opere, specialmente degli <i>Ugonotti</i> e del <i>Roberto</i>,
-appartengano alle più geniali e potenti
-ispirazioni. Il difetto capitale di Meyerbeer è la
-mancanza di sincerità artistica. Egli è maestro
-dell'effetto raggiunto con ogni mezzo ed a questo
-egli sacrifica e verità e naturalezza. Egli
-non segue l'impulso interno, ma calcola e specula
-quasi sul gusto del suo tempo e gli fa concessioni.
-Egli è eclettico fino all'eccesso, ma
-non sa come Mozart e Rossini unire gli elementi
-disparati delle diverse scuole, sicchè le
-sue opere non fanno l'effetto di un'opera organica.
-Egli esagera e cerca nascondere l'intima
-povertà sorprendendo le masse colla virtuosità
-del canto, coi grandiosi finali, con un'azione
-spettacolosa. Ma questi suoi difetti principali
-non devono renderci ciechi per le sue
-grandi doti, quali l'intuizione drammatica, la
-ricchezza melodica, la suprema padronanza dei
-mezzi e la sua potenza coloritrice nell'orchestra.
-Meyerbeer, quantunque caposcuola e prototipo
-di molti musicisti posteriori, non è originale
-come Rossini, Weber ed altri, nè il suo
-stile, per quanto di questo si parli ha un'impronta
-speciale e propria, ma esso è piuttosto
-l'apparenza d'uno stile sapientemente artificioso.
-</p>
-
-<p>
-Il motivo per cui la reazione posteriore si
-fece strada è del resto più profondo che per
-avventura si creda e dipende dagli ideali dell'opera
-drammatica moderna del tutto diversi
-da quella meyerbeeriana. La prima non li scorge
-<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span>
-più nei contrasti non motivati, nella grandiosità
-delle masse, nè nella ampollosità della frase,
-ma nella verità di sentimento e dei caratteri.
-Del resto tanto il <i>Tell</i> che le opere di Meyerbeer
-appartengono ormai alla storia e per giudicare
-adeguatamente è necessario aver riguardo
-all'ambiente ed all'epoca dei loro autori.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giacomo Meyerbeer</i> (Jacob Beer) nacque ai
-5 settembre 1791 in Berlino da ricca famiglia.
-Già nel 1800 egli si distingueva come virtuoso
-di pianoforte e dava motivo alle più alte speranze.
-Compiti gli studî musicali presso l'abate
-Vogler a Darmstadt (1810), si provò con poco
-successo sui teatri di Germania. Venuto in Italia,
-dove Rossini col suo <i>Tancredi</i> aveva destato
-gli entusiasmi del pubblico, si mise ad imitare
-con fortuna lo stile di questo, specialmente nel
-suo <i>Crociato in Egitto</i>. Dall'Italia passa in Francia
-e vi dà il suo <i>Roberto il Diavolo</i> (1831) con
-successo inaudito. A questo seguono <i>Gli Ugonotti</i>
-(1831), senza dubbio la sua opera più perfetta
-ed ispirata, il <i>Profeta</i> (1849), la Dinorah
-(1859), e dopo la sua morte (2 maggio 1864)
-l'<i>Africana</i> (1865).
-</p>
-
-<p>
-Gli stessi principî di Meyerbeer segue pure
-<i>Giacomo Fromental Halèvy</i> (1799-1862), autore
-dell'<i>Ebrea</i>, <i>Guido e Ginevra</i>, <i>Carlo VI</i>, la <i>Valle
-d'Andorra</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Invece una nuova nota troviamo nelle migliori
-opere di <i>Carlo Gounod</i> (1818-1893) che col
-<i>Faust</i> (1859) arrivò alla gloria. Oggi è specialmente
-in Germania di moda di parlare con un
-<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span>
-certo sprezzo di questa opera, che per molti
-anni contò fra le più fortunate ed eseguite e
-che ancor oggi sa resistere in molte parti agli
-oltraggi del tempo. Ma per giudicarla non si
-deve confrontare il libretto musicato da Gounod
-coll'originale di Goethe ma apprezzare
-quello che vi ha di poetico e veramente sentito
-nella sua musica, perchè i problemi filosofali
-e morali del <i>Faust</i> nulla hanno da fare nell'opera
-di Gounod nè egli volle o credette
-scioglierli od anche soltanto musicalmente
-adombrarli. Gounod non fu certo un grande
-genio creatore ma nessuno potrà negare che
-egli seppe trovare note commoventi ed ispirate
-nell'esprimere l'amore, i misteri e le estasi di
-un'anima che ama o soffre.
-</p>
-
-<p>
-Gounod scrisse più opere, fra le quali contano
-come le migliori accanto al <i>Faust</i>, <i>Giulietta
-e Romeo</i> (1867) e <i>Mireille</i> (1864) come pure
-due oratorî (<i>Redemption</i> e <i>Mors et vita</i>) ed altra
-musica da chiesa, le ultime di poco valore.
-</p>
-
-<p>
-Gounod non fu un innovatore, eppure in
-certo riguardo il <i>Faust</i> è molto dissimile dalle
-opere dei maestri anteriori e fu per suo mezzo
-che in un'epoca in cui fuori di Germania nulla
-si sapeva di Wagner, si cominciarono a conoscere
-nuove forme ed una lingua, alla quale
-erano frammisti alle concessioni usuali pure
-dei nuovi elementi. E perciò Gounod ebbe
-nella sua patria e fuori molti imitatori.
-</p>
-
-<p>
-Non veramente uno di questi fu <i>Ambrogio
-Thomas</i> (1811-1896), l'autore di <i>Mignon</i>,
-<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span>
-<i>Amleto</i>, <i>Francesca da Rimini</i>, ecc., talento di secondo
-rango senza vera fisonomia ma non privo
-di una certa facilità melodica ed eleganza tutta
-francese.
-</p>
-
-<p>
-Superiore ad ambedue in ogni riguardo ci
-appare <i>Giorgio Bizet</i> (1838-1875), uno dei maggiori
-genî musicali della Francia, spento sul
-fior degli anni, quando egli si sentiva ormai
-sicuro di arrivare alla gloria. Anch'egli cominciò
-coll'imitare Gounod ma per poco, giacchè
-il suo stile si palesa già nei <i>Pescatori di
-perle</i>, <i>La bella fanciulla di Perth</i> e dopo <i>Djamileh</i>
-scrive: «Ho ormai la certezza assoluta
-di aver trovato la mia via. Io sono conscio di
-ciò che faccio». Bizet è vero, ispirato, originale
-e nuovo. Egli scolpisce con pochi tratti
-un carattere, ci descrive con alcuni tocchi una
-situazione e colla sua stragrande disposizione
-all'esotismo ci disegna un ambiente come pochi
-lo sanno fare. Le sue due opere capitali sono
-la musica per l'<i>Arlesienne</i>, il dramma di Alfonso
-Daudet (1872) di grande potenza suggestiva
-e profondo sentimento della natura e la
-<i>Carmen</i> (1875) un'opera che ammirano i seguaci
-di ogni scuola e che sembra imperitura. Bizet
-mantenne quasi sempre le antiche forme e forse
-in ciò sta uno dei suoi più grandi pregi, di
-aver cioè dimostrato che non è punto necessario
-rinnegare il passato per fare vera opera
-d'arte. Eppure la <i>Carmen</i> e l'<i>Arlesienne</i> non
-ebbero in principio alcun successo. Jauré si
-domanda in occasione della millesima rappresentazione
-<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span>
-di <i>Carmen</i> (1904) come fosse possibile
-che la musica di Bizet, fatta di eloquenza,
-verità, chiarezza, colore, sensibilità ed eleganza
-non abbia tosto conquistato il pubblico.
-</p>
-
-<p>
-Fra i maestri francesi dell'opera comica del
-secolo XIX è da rammentare oltre il nominato
-Daniele Auber, <i>Fr. Boieldieu</i> (1785-1834) (<i>Giovanni
-da Parigi</i>, <i>La Dama bianca</i>, <i>Chaperon
-rouge</i>, ecc.), senza dubbio il più geniale di tutti
-gli altri, elegante, melodico, spiritoso, con una
-vena sentimentale e grande inclinazione alla
-canzone popolare e le sue forme.
-</p>
-
-<p>
-Simili qualità ma in grado molto minore troviamo
-in <i>Ferd. Hérold</i> (1791-1833) (<i>Zampa</i>, <i>le
-pré aux clercs</i>) e <i>Adolfo Adam</i> (1803-1856) (<i>Postillon
-de Lonjumeau</i>, <i>Giralda</i>). Dopo questi l'opera
-comica francese comincia a decadere e se
-Auber seppe mantenerla ancora per alcun tempo
-ad un certo grado di altezza artistica, essa si
-avvia verso il Vaudeville e l'operetta dalla
-quale però si distinguono in qualche modo le
-opere di <i>Aimé Maillard</i> (1816-1871) e <i>Vittorio
-Massé</i> (1822-1884).
-</p>
-
-<p>
-Il padre dell'operetta è <i>Giacomo Offenbach</i>
-(1819-1880) musicista dotato di facile melodia
-ed abilità tecnica, fecondissimo e satirico. Il suo
-campo è quello della satira politica e sociale.
-L'ultima opera <i>I racconti di Offenbach</i>, eseguita
-dopo la sua morte ci palesò specialmente nell'ultimo
-atto di quanto egli sarebbe stato capace
-se avesse voluto.
-</p>
-
-<p>
-I migliori autori di operette francesi sono
-<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span>
-<i>Florismondo Hervé</i> (1825-1892), <i>Carlo Lecocq</i>
-(1832), <i>Roberto Planquette</i> (1840-1903), <i>Ad. Audran</i>
-(1832-1901) ed <i>Andrea Messager</i> (1853).
-</p>
-
-<p>
-Una posizione a parte occupa <i>Leo Delibes</i>
-(1836-1891) noto più per la musica elegante e
-fine dei balli <i>Coppelia</i> e <i>Silvia</i> che per le sue
-opere (<i>Le roi l'a dit</i>, <i>Lakmé</i>, ecc.).
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Servières G. — <i>Weber</i>, Paris, 1906.
-</p>
-
-<p>
-Barbedette — <i>C. M. Weber: Sa vie et ses oeuvres</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-Max M. v. Weber — <i>K. M. von Weber</i>, Lipsia, 1866-68.
-</p>
-
-<p>
-A. Reissmann — <i>K. M. von Weber</i>, Berlin, 1883.
-</p>
-
-<p>
-L. Nohl — <i>Weber</i>, Lipsia, Reclam.
-</p>
-
-<p>
-Gehrmann — <i>Weber</i>, Berlino, Harmonie, 1900.
-</p>
-
-<p>
-L. Spohr — <i>Selbstbiografie</i>, Cassel, 1860.
-</p>
-
-<p>
-Schletterer — <i>L. Spohr</i>, Breitkopf u. Härtel, Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-L. Nohl — <i>Spohr</i>, Lipsia, Reclam.
-</p>
-
-<p>
-Wittman — <i>Marschner</i>, Lipsia, Reclam.
-</p>
-
-<p>
-Niggli — <i>Giacomo Meyerbeer</i>, Lipsia, 1884.
-</p>
-
-<p>
-De Curzon — <i>Meyerbeer</i>, Paris, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Dauriac L. — <i>Meyerbeer</i>, Paris, 1913.
-</p>
-
-<p>
-Blaze de Bury — <i>Meyerbeer</i>, Paris, 1866.
-</p>
-
-<p>
-Jouvin B. — <i>D. F. E. Aube</i>r, Paris, 1864.
-</p>
-
-<p>
-Chaherbe C. — <i>Auber</i>, Paris, 1911.
-</p>
-
-<p>
-Hubert H. — <i>G. Bizet</i>, Paris, 1899.
-</p>
-
-<p>
-Gatti G. — <i>Giorgio Bizet</i>, Torino, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Bellaigne C. — <i>Gounod</i>, Paris, 1910.
-</p>
-
-<p>
-P. Hillemacher — <i>Gounod</i>, Paris, Laurens.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap18">CAPITOLO XVIII.
-<span class="smaller">Gioachino Rossini
-e l'Opera italiana del secolo XIX.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La storia della musica ci insegna quale importanza
-ed influsso possa esercitare l'epoca in
-cui nacque il musicista sulla sua opera, e non
-soltanto per quel che riguarda la parte materiale,
-cioè l'arte per sè stessa nei suoi mezzi,
-ma anche sulla sostanza dell'opera d'arte stessa.
-Il compositore, quando rare volte non precede
-col suo genio i tempi, è lo specchio fedele di
-questi e gli avvenimenti esteriori politici e l'indirizzo
-del pensiero informano il suo sentimento
-estetico e le sue idee, dando loro un consimile
-obbiettivo.
-</p>
-
-<p>
-Questa verità indiscutibile la vediamo di
-nuovo avverarsi in <i>Rossini</i>. Come Cherubini col
-suo <i>Portatore d'acqua</i> esprime le idee di libertà
-ed è in quest'opera il musicista della Rivoluzione,
-come Spontini incarna l'epoca Napoleonica
-imperiale, così Rossini è l'autore dell'epoca
-della Ristorazione. I popoli erano stanchi di
-guerre, di battaglie, di stragi che gravavano
-su loro come un incubo; essi aspiravano alla
-pace e agli ozi di questa; i loro orecchi non volevano
-più udire canzoni guerriere e bellicose,
-ma melodie insinuanti e dolci, che facessero loro
-dimenticare gli orrori passati, canzoni che li
-<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span>
-cullassero nel piacere disusato della quiete,
-della vita agiata e pacifica. Rossini era l'uomo
-capace di appagare questi desideri. Le sue melodie
-fluivano limpide, chiare, ammalianti, nè
-avevano altro scopo che quello di piacere per
-sè stesse. Esse mancavano alle volte bensì di
-verità e forza drammatica, a loro mancava
-spesso la caratteristica, ma a tutto ciò supplivano
-l'ispirazione e la varietà inesauribile e
-con esse le voci dei celebri cantanti del tempo
-trovavano ampio campo di farsi ammirare,
-perchè il maestro conosceva a fondo il meccanismo
-e le prerogative della voce umana. Ed
-appunto per ciò, quando i tempi cambiarono
-e la campana della rivoluzione di nuovo battè
-a stormo, la stella rossiniana tramontò ed il
-maestro coll'intuizione del genio presentì i
-tempi e nel suo canto del cigno, il celebre <i>Tell</i>,
-si librò su più forti e potenti ali.
-</p>
-
-<p>
-<i>Gioachino Rossini</i> (nato ai 29 febbraio 1792
-a Pesaro, morto ai 13 novembre 1868 a Passy
-presso Parigi) fu scolaro di Mattei in Bologna.
-Le opere di Haydn e Mozart ebbero un grande
-influsso sul suo genio, e specialmente da quest'ultimo
-egli molto apprese. Dopo alcune opere
-buffe di poca importanza, il suo <i>Tancredi</i> (1813)
-lo fece d'un tratto celebre e festeggiato. E infatti
-quest'opera, per quanto essa a noi appaia
-debole ed ineguale, pei suoi tempi segnava un
-grande progresso. Per capir ciò basta confrontarla
-colle opere dell'epoca. Paesiello e Cimarosa
-erano quasi dimenticati e non si eseguivano
-<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span>
-che opere di forme tradizionali e stereotipe
-di <i>Simone Mayr</i>, <i>Ferdinando Paer</i> ed altri
-maestri di secondo rango. Le melodie di Rossini
-scorrevano più limpide ed ispirate, il recitativo
-era più declamato e meno monotono, una
-leggiera tinta di malinconia prestava loro maggior
-attrazione, i ritmi erano più vari e vivaci,
-i pezzi d'assieme come pure l'orchestra, avevano
-maggiore importanza ed una sana sensualità
-informava tutta l'opera e le dava un che
-di giovanile e cavalleresco. Ma il <i>Tancredi</i>
-conteneva altresì i difetti dello stile di Rossini,
-non però del Rossini del <i>Barbiere</i> e del <i>Tell</i>,
-quali la mancanza di caratteristica e verità
-drammatica, la discordanza fra testo e musica,
-la predilezione della forma per la forma senza
-intendimenti alti.
-</p>
-
-<p>
-Al <i>Tancredi</i> seguirono moltissime opere più o
-meno felici, ineguali in valore, ispirate e geniali
-in qualche parte, trascurate ed insignificanti in
-altre. Fra queste più note sono l'<i>Italiana in Algeri</i>
-(1814), <i>Otello</i> (1816), opera che nel terzo
-atto contiene le più felici ispirazioni di Rossini
-e palesa di quanta verità egli fosse capace; <i>Cenerentola</i>,
-<i>Gazza ladra</i>, <i>Semiramide</i>, <i>le Siège de
-Corinthe</i>, <i>Mosè</i>, <i>Conte Ory</i>. Ma se in queste
-opere è il Rossini tipico che ci si presenta e si
-ripete, in una, per non parlare del <i>Tell</i> che sta
-da sè, nel <i>Barbiere di Siviglia</i> (Roma, 1816) abbiamo
-il capolavoro di getto, l'opera perfetta
-indistruttibile e resistente ad ogni cambiar di
-gusto, in cui all'eterna freschezza, all'ispirazione,
-<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span>
-al realismo sano, alla comicità che mai
-arriva al grottesco, ed alla festività ilare e gioconda
-sono pari la verità e la caratteristica, il
-sentimento drammatico, la ricchezza delle tinte
-e dei ritmi, dei particolari e la cesellatura del
-lavoro. E quando si pensa che quest'opera,
-modello del genere, fu scritta in pochissimi
-giorni, e che Rossini dopo scritto il <i>Tell</i>, a 37
-anni, quando gli altri cominciano, si chiuse in
-silenzio, involontariamente devesi domandare
-quali capolavori avrebbe potuto il mondo ancora
-aspettarsi da simile genio.
-</p>
-
-<p>
-«Simili uccelli canori come Rossini non ritornano
-ad ogni primavera ma soltanto ogni
-secolo. Chi può calcolare quanti milioni di cuori
-egli ha dilettato da un mezzo secolo sui più
-diversi punti della terra? La somma darebbe
-un grande popolo di uomini ilari e sorridenti.
-Se ai conquistatori ed eroi, che fanno infelici
-innumerevoli moltitudini, si elevano monumenti
-ed essi si cantano in epopee, cosa meriterebbe
-un tale consolatore e spenditore di infinite ore
-felici? Sommandole ne risulterebbe un'età dell'oro,
-un'epoca saturnicamente bella dell'umanità,
-come la sognano i poeti e sopra un simile
-popolo e regno della felicità riderebbe perenne
-il sole come nell'<i>Ecco ridente</i> in cielo!» Auree
-parole del vecchio e fine musicista e critico
-Maurizio Hauptmann scritte molti anni fa ma
-che valgono anche oggi come allora.
-</p>
-
-<p>
-Fra le poche opere di Rossini non appartenenti
-al teatro è da nominarsi il suo <i>Stabat
-<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span>
-Mater</i> opera ispirata ma punto scritta per la
-chiesa e nello stile ad essa conveniente.
-</p>
-
-<p>
-L'entusiasmo che destarono ovunque le opere
-di Rossini ed il dominio che queste esercitarono
-sul repertorio di tutti i teatri, quel dominio
-al quale dovevano cedere e Beethoven e
-Weber a Vienna, non poterono restare senza
-conseguenze, e difatti specialmente e principalmente
-in Italia l'opera <i>rossiniana</i> fu il modello
-di moltissime opere di altri autori, che del
-maestro imitavano lo stile, ma erano lontani dall'averne
-il genio.
-</p>
-
-<p>
-Fra questi contemporanei e posteriori a Rossini
-basterà nominare i principali: <i>Saverio Mercadante</i>
-(1795-1870) l'autore del <i>Giuramento</i>,
-opera piena di pregi, che in un certo significato
-precorse il suo tempo; <i>G. Pacini</i> (1796-1867),
-il felice autore della <i>Saffo; Generali, Pietro Raimondi</i>,
-celebre contrappuntista, emulo degli antichi
-fiamminghi nello sciogliere problemi armonici
-e contrappuntistici; <i>Nicolò Vaccai</i>, l'autore
-della <i>Giulietta e Romeo</i>, ancor oggi non del
-tutto dimenticata; i fratelli <i>Luigi</i> e <i>Federico
-Ricci</i>, autori dell'opera buffa <i>Crispino e la Comare</i>,
-piena di brio e festività comica.
-</p>
-
-<p>
-Maggiori di tutti questi furono <i>Vincenzo Bellini</i>
-e <i>Gaetano Donizetti</i>.
-</p>
-
-<p>
-<i>Vincenzo Bellini</i> (nato a Catania nel 1801,
-morto a Parigi nel 1835, allievo del Conservatorio
-di Napoli) scrisse le sue opere in un'epoca
-in cui alle speranze della rivoluzione del Luglio
-1830 era subentrata la prostrazione dell'insuccesso.
-<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span>
-La gioventù era caduta in un profondo
-abbattimento ed in uno stato di apatia, avendo
-veduto svanire i bei sogni di libertà. La letteratura
-era dominata dal sentimentalismo, dalla
-malinconia e dalla nota elegiaca. La natura delicata
-di Bellini vi inclinava per disposizione e
-trovava nelle idee del tempo il campo più adattato.
-In questo riguardo il suo stile differisce
-da quello di Rossini per quanto ne derivi indirettamente.
-</p>
-
-<p>
-Bellini aveva la vena melodica facile, toccante,
-elegiaca; le sue melodie sono spesse volte ispirate
-e portano l'impronta del vero genio. Ed
-esse, piene di sospiri secreti e di molle abbandono
-hanno il fiato lungo, il disegno perfetto,
-nè abbisognano di ricche armonie ed accompagnamenti
-per mostrarci la loro intima bellezza.
-Ma per la nota predominante egli diviene alle
-volte monotono, incolore e la sua musica manca
-spesso d'energia e di forza. Una volta però
-nella <i>Norma</i> (1832) il suo genio salì alle regioni
-più alte, un'opera che ad onta di qualche parte
-debole, puossi mettere fra i capolavori e che
-contiene pagine di grande espressione, di melodia
-divina e di verità drammatica. Un gentile
-idillio è la <i>Sonnambula</i> (1831), ricchissima di
-ispirazione melodica, bella per naturalezza e
-semplicità toccante. Nei <i>Puritani</i> (1834), l'ultima
-sua opera, il contrasto fra il naturale
-dell'autore e le esigenze della grande opera
-è evidente, nè egli seppe assimilarsi lo spirito
-francese come era riuscito a Rossini nel
-<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span>
-<i>Guglielmo Tell</i> e più tardi a Donizetti nella
-<i>Favorita</i>.
-</p>
-
-<p>
-Molti musicisti moderni parlano oggi non
-sempre con rispetto di Bellini. Ma per quanto
-non sia grande la sua sapienza tecnica e molte
-volte sia trascurata e povera l'istrumentazione,
-è innegabile che egli cercò sempre nelle sue
-melodie la verità d'espressione e che egli in
-questo riguardo ed in qualche recitativo drammatico
-p. e. nella <i>Norma</i> fu quasi un riformatore.
-</p>
-
-<p>
-Dopo la morte di Bellini fu <i>Gaetano Donizetti</i>
-(nato a Bergamo ai 27 Settembre 1797, morto
-nel 1848), che colle sue opere dominò per alcuni
-anni il repertorio lirico. Egli fu certo un genio
-ma incompleto, perchè quantunque dotato di
-fantasia ed ispirazione fecondissima, egli non
-sa esercitare sulla sua opera i criteri d'una
-critica severa. Accanto a pezzi felicissimi, ad
-aspirazioni alte e geniali troviamo parti insignificanti
-e trascurate sicchè fra tutte le sue
-opere quasi nessuna mostra vera unità di stile
-e misura delle parti. Il suo stile è per sè eclettico,
-senza però che la fusione degli elementi
-sia naturale e spontanea. A lui mancarono i
-potenti e severi studi, la pazienza e l'accuratezza
-dell'artista che scrive per l'arte e non pel mestiere.
-Ma tutti questi difetti non possono farci
-dimenticare le molteplici doti di Donizetti e
-quantunque egli in prima linea non sia che un
-discendente di Rossini, pure in certe parti egli
-si innalzò alla verità tragica ed espresse con
-<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span>
-note divine gli affetti umani, come pure ebbe
-nelle sue composizioni comiche un'estrema leggiadria
-e delicatezza di espressione.
-</p>
-
-<p>
-Donizetti si provò nello stile serio e comico.
-Fra le sue moltissime opere, le più fortunate
-sono la <i>Lucia di Lammermoor</i>, <i>Lucrezia Borgia</i>,
-l'<i>Elisir d'amore</i>, <i>Don Pasquale</i>, <i>la Figlia del Reggimento</i>,
-<i>la Favorita</i>.
-</p>
-
-<p>
-Le opere di Donizetti vanno ormai scomparendo
-dal repertorio ad eccezione di quelle buffe.
-In queste egli si mostra un vero genio ed esse
-sembrano scritte ieri per l'inesauribile vena melodica,
-la freschezza dei ritmi, la naturalezza e
-quel fare gioviale tutto proprio dell'opera buffa
-italiana. Quantunque tanto l'<i>Elisir</i> che il <i>Don
-Pasquale</i> non raggiungano il <i>Barbiere</i>, essi sono
-due gioielli ed anche le parti più deboli sono meno
-sensibili nell'ambiente modesto che nelle opere
-serie. Strano è pure che anche i momenti di
-vero lirismo abbiano un carattere di maggior
-verità nelle opere comiche che nelle serie. Le
-quali ci sembrano oggi monotone e pesanti per
-la forma stereotipa, sicchè sentitane una pare
-di conoscerle tutte non salvandosi nel mare
-magno di accordi di tonica e dominante ed in
-mezzo ai ritmi ed accompagnamenti più vieti
-che qualche brano di vera ispirazione, qualche
-sprazzo di vero genio come nella <i>Lucrezia Borgia</i>
-che è forse la migliore per sentimento e forza
-drammatica, nella <i>Favorita</i> e qualche altra.
-</p>
-
-<p>
-L'epoca di Rossini, Bellini e Donizetti è pure
-l'epoca dei grandi cantanti. Tutti questi maestri
-<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span>
-ebbero ad interpreti delle loro opere una coorte
-di artisti, il nome dei quali vive ancora, e che
-conservava le purissime tradizioni del bel canto
-italiano. Era quella l'epoca delle due <i>Grisi</i>, della
-<i>Persiani</i>, <i>Alboni</i>, di <i>Paolina Viardot-Garcia</i>, della
-<i>Malibran</i>, <i>Pasta</i>, <i>Jenny Lind</i>, <i>Guglielmina
-Schroeder-Devrient</i>, d'un <i>Rubini</i>, <i>Lablache</i>, <i>Tamburini</i>,
-<i>Roger</i> e <i>Nourrit</i>, sommi artisti come oggi
-pur troppo più non si conoscono, sia perchè il
-canto non è più oggetto degli studi severi d'una
-volta, sia perchè i maestri vennero perdendo
-l'arte in sì sommo grado posseduta dai loro antecessori,
-di scrivere cioè per la voce umana,
-sia perchè le nuove esigenze del canto drammatico
-gli abbiano dato un nuovo indirizzo.
-</p>
-
-<p>
-Ben diversa di quella che toccò a Bellini e
-Donizetti fu la missione di <i>Verdi</i> nel campo
-dell'opera drammatica. Egli è il rappresentante
-di tutte le lotte e crisi per le quali ebbe a passare
-l'opera italiana per liberarsi dalle antiche
-pastoje del convenzionalismo ed assurgere alla
-verità drammatica. Questa progressione si riscontra
-in tutte le sue opere dalla prima all'ultima;
-ognuna d'esse segna un passo in
-avanti, una nuova conquista, finchè egli giunge
-nell'<i>Otello</i> e nel <i>Falstaff</i> alla perfezione. La vecchiaia
-non ebbe sulla sua opera nessun influsso
-nocivo ma sembrò anzi purificare la sua meravigliosa
-facoltà inventiva ed affinarla.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giuseppe Verdi</i> (nato a Roncole, presso Busseto
-ai 10 Ottobre 1813, morto a Milano ai 27
-Gennaio 1901) va annoverato fra i più grandi
-<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span>
-compositori drammatici d'ogni tempo. Se egli
-in gioventù pagò il suo tributo al convenzionalismo
-e all'effetto, egli mostrò però fin da principio
-una individualità propria, una fisionomia
-originale che lo innalza sopra i contemporanei.
-Quantunque forse non fornito dalla natura della
-ricchezza melodica di Rossini e Donizetti, le sue
-melodie hanno un fare franco e largo, una potenza
-espressiva e caratteristica, che lo designano
-a compositore drammatico per eccellenza.
-L'elemento drammatico è perciò la sua dote
-principale, ed in questo specialmente il patetico,
-il tragico. Le passioni umane più violente,
-i contrasti più terribili sono espressi coi mezzi
-più potenti e vivi della musica. Essa è allora
-calda, palpitante, commovente, alle volte maschia
-e fiera, alle volte dolcissima ed elegicamente
-lirica. I caratteri dei suoi personaggi si
-staccano dal fondo, agiscono e parlano come
-veri uomini, non come tipi dell'opera convenzionale.
-Per raggiungere quell'alta drammaticità
-egli ha bisogno d'una situazione che lo
-impressioni nel suo complesso ed egli sa trovare
-allora coll'istinto e la sicurezza del genio la
-vera nota senza perdersi in inutili particolari ed
-analisi come alle volte fa Wagner. Perciò egli
-non usa anche nelle ultime opere motivi conduttori
-non volendo far studi di carattere di
-persone ma farle agire in un ambiente e perchè
-tutti i sistemi e teorie gli erano alieni. «Io credo
-all'ispirazione, voi altri alla fattura; ammetto
-il vostro criterio per discutere ma io voglio
-<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span>
-l'entusiasmo che a voi manca per sentire e giudicare.
-Voglio l'arte in qualunquesiasi manifestazione,
-non l'artifizio, il sistema, che voi
-preferite».
-</p>
-
-<p>
-Nelle prime opere l'ispirazione non è sempre
-la più scelta e la rappresentazione del sentimento
-drammatico arriva persino alla brutalità;
-la sua fantasia col progredire del tempo
-viene però sempre più purificandosi. Eppure il
-Verdi del <i>Nabucco</i>, del <i>Rigoletto</i>, della <i>Traviata</i>
-restò sempre fedele al genio nazionale italiano
-anche nelle opere posteriori fino all'<i>Otello</i> ed
-al <i>Falstaff</i> e sono fole il voler trovare nelle sue
-ultime composizioni l'influenza wagneriana.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque il dividere l'opera d'un artista
-in periodi separati non abbia alcun valore e
-di solito non corrisponda alla verità, pure in
-Verdi questa divisione e questo aspirare alla perfezione
-sono sensibilissimi e caratteristici, perchè
-nessuno potrà mettere in una linea il <i>Nabucco</i>
-e l'<i>Ernani</i> col <i>Rigoletto</i> e col <i>Ballo in
-maschera</i>, nè queste opere coll'<i>Aida</i> e l'<i>Otello</i>;
-quantunque già nelle prime si palesano le principali
-qualità dell'autore che sono la forza creativa,
-la chiarezza, il senso del positivo e la intuizione
-sicura. E, ammirevole e rara cosa,
-quando Verdi era giunto al limite della vecchiaia,
-egli ci diede l'<i>Otello</i>, e pochi anni dopo
-il <i>Falstaff</i>, due capolavori dell'arte drammatica
-musicale, che basterebbero ad assicurare la
-palma dell'immortalità e la cui importanza
-per la musica drammatica italiana è e resterà
-<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span>
-decisiva, perchè in queste due opere Verdi ha
-forse stabilito il modello del dramma lirico e
-della commedia musicale moderna più che
-Wagner, le cui teorie e principii sono troppo
-personali e congiunti al suo genio specifico per
-poter essere abbracciati e messi in pratica da
-altri. Il pubblico non le ha ancora abbastanza
-comprese ma non è lontano il giorno, in cui esse
-se non raggiungeranno la popolarità del <i>Trovatore</i>
-e <i>Rigoletto</i> saranno almeno giudicate come
-meritano.
-</p>
-
-<p>
-Nell'<i>Otello</i> e nel <i>Falstaff</i> il sentimento e la
-verità drammatica dominano supremi; la declamazione
-è perfetta, la musica sottolinea l'azione,
-l'illustra, la spiega, la completa senza che mai
-l'ispirazione melodica ne soffra nè la voce umana
-diventi schiava dell'orchestra. Tutti gli spedienti
-dell'arte vi sono impiegati senza ostentazione
-ma naturalmente, approfittandone per creare
-l'opera d'arte complessa e perfetta. La vena
-melodica vi scorre spontanea, ricca, inesauribile
-senza interrompere il filo dell'azione nè
-far alcuna concessione al gusto del pubblico
-od ai capricci dei cantanti. I pezzi d'assieme
-non vi sono punto esclusi ma usati là dove l'azione
-li richiede e dalla grandiosa disposizione
-delle parti e dalla perfetta euritmia del tutto
-nasce il piacere estetico dell'uditore che ne resta
-conquiso. E quanta distanza ed evoluzione
-fra l'<i>Aida</i> e l'<i>Otello</i>! Ormai Verdi non si preoccupa
-più del teatro ma mira dritto alla meta,
-che è la completa compenetrazione del dramma
-<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span>
-ed allora la sua musica sa o scatenare tutte le
-forze prepotenti della natura o descrivere lo
-strazio della semplice ed incosciente anima
-d'Otello e farlo tacere nell'immensa e paurosa
-quiete della morte. Il <i>Falstaff</i> è il retaggio di
-un genio alla sua nazione, l'opera più veramente
-italiana e pura del maestro, perchè in
-essa tutto è perfetto e congruo e vi si aprono
-nuovi orizzonti all'arte.
-</p>
-
-<p>
-La melodia verdiana ha conservato ad onta
-del grande processo d'evoluzione per il quale
-essa passò sempre la stessa fisionomia. Alcuni
-dei suoi tratti caratteristici esterni sono la frequente
-ripetizione delle note iniziali del tema,
-una certa rudezza di ritmo ed il fare vibrante
-ed impulsivo. Essa è di rado sentimentale ma
-invece quasi sempre appassionata e drammatica.
-Nelle ultime opere la passione si purifica,
-perde della sua irruenza ma si approfondisce e
-diventa più interna. Per comprendere ciò basta
-confrontare qualche duetto delle prime opere
-con quello fra Otello e Desdemona del primo
-atto, una delle concezioni più delicate ed eteree
-non solo di Verdi ma della musica in genere.
-</p>
-
-<p>
-Il carattere essenziale della musica di Verdi
-è la sincerità. Egli è bensì andato alla scuola
-di Meyerbeer, ma se da lui ha molto appreso
-nell'uso sapiente dei mezzi, egli non ne ha imitati
-i difetti, da noi prima menzionati; egli ha
-studiato le opere di Wagner, ma esse non
-hanno potuto influenzare il suo carattere specifico
-italiano. La musica di Verdi ebbe pure
-<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span>
-un'importanza politica. Egli è il musicista dell'Italia
-risorta; le sue ispirazioni espressero più
-volte il grido di dolore del popolo oppresso
-dalla dominazione straniera; le sue canzoni infiammarono
-i giovani cuori ad alte imprese ed
-in certo riguardo la sua musica contribuì al
-risorgimento nazionale. «Patriotta egli stesso
-di fervidi sensi, infuse nelle orchestre tanta
-energia che parve desse voce all'anima del popolo
-italiano: poco importava che gli proibissero
-ora la <i>Battaglia di Legnano</i> ora i <i>Vespri
-Siciliani</i> e che gli sconciassero i libretti persino
-nei titoli; quanto le Censure ammettevano era
-ragione o pretesto a sentire o a manifestare
-ciò che nel maestro e negli uditori ferveva ed
-era la loro idea continua e suprema» (G. Mazzoni,
-l'Ottocento).
-</p>
-
-<p>
-Sorto dal popolo Verdi è rimasto come egli
-stesso scrive «un contadino tagliato giù alla
-buona». La sua musica fu prima popolaresca e
-perciò egli è il maestro, che il popolo poteva
-meglio comprendere. D'Annunzio ebbe una
-frase felice, quando egli disse che ci nutrimmo
-di lui come del pane e fu nutrimento semplice
-ma sano, cresciuto e raccolto dalla zolla materna.
-Verdi restò fino all'ultimo fedele ai suoi
-ideali, perchè l'evoluzione che subì la mente
-di Verdi dopo la lunga pausa di raccoglimento
-fra il <i>Requiem</i> (1874) e l'<i>Otello</i>, non cambiò
-punto il carattere essenziale della sua melodia
-e la maniera di concepire il dramma musicale.
-</p>
-
-<p>
-È innegabile che nelle opere di Verdi c'è
-<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span>
-anche della scoria e molta. Ma forse che non
-ce n'è nelle opere di Bach, di Mozart e persino
-di Beethoven? E non bastano la suprema
-bellezza di molti e molti canti, la loro potenza
-espressiva, la forza ed irruenza drammatica di
-intiere scene per farcela dimenticare?
-</p>
-
-<p>
-Le sue opere principali sono: <i>Nabucco</i> (1842),
-<i>Ernani</i> (1844), <i>Macbeth</i> (1847), <i>Luisa Miller</i>
-(1849), <i>Rigoletto</i> (1851), <i>Trovatore</i> (1853), <i>Traviata</i>
-(1853), <i>Un Ballo in maschera</i> (1859), <i>La
-Forza del destino</i> (1862), <i>Don Carlos</i> (1867),
-<i>Aida</i> (1871), <i>Otello</i> (1887) e <i>Falstaff</i> (1893).
-</p>
-
-<p>
-Fra le poche non dedicate al teatro citeremo
-il suo grandioso <i>Requiem</i> (1874), opera potente
-per ispirazione, sapienza ed effetto, scritta colla
-serietà corrispondente all'argomento, quantunque
-per le sue dimensioni e per lo stile non atta
-alla chiesa, un <i>quartetto</i> per archi di accuratissima
-e sapiente fattura, un <i>Pater noster</i> per coro
-ed un'<i>Ave Maria</i> per voce sola e finalmente i
-<i>Pezzi sacri</i> (<i>Ave Maria</i>, <i>Le Laudi alla Vergine</i>,
-<i>Stabat Mater</i> e <i>Te Deum</i>) (1898).
-</p>
-
-<p>
-Accanto a questi maestri di primo rango brillarono
-per alcun tempo altri autori di opere
-per il teatro, alcune delle quali compaiono ancora
-quà e là. La loro caratteristica è l'imitazione
-dello stile di Bellini, Donizetti ed ancor
-più di Verdi e la mancanza d'una nota veramente
-personale. A quasi tutti non fa difetto
-nè facilità di melodia nè una certa padronanza
-dei mezzi elementari dell'effetto ma tutti peccano
-di grande superficialità, di mancanza di
-<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span>
-alti ideali artistici e la loro arte ha l'impronta
-palese d'una epoca di vera decadenza.
-</p>
-
-<p>
-Basterà perciò nominarne alcuni.
-</p>
-
-<p>
-<i>Lauro Rossi</i> (1812-1885) scrisse dapprima
-opere comiche (<i>Il domino nero</i>, <i>La figlia di Figaro</i>,
-ecc.) per poi dedicarsi con poco successo
-all'opera seria (<i>Contessa di Mons</i>, <i>Cleopatra</i>).
-Egli è un vero epigone di poca ispirazione, dotto
-ma senza originalità.
-</p>
-
-<p>
-<i>Antonio Cagnoni</i> (1828-1896) lo supera di gran
-lunga per la vena melodica e non gli si può
-certo negare vis comica, unita assai felicemente
-ad un tenue filo di sentimentalità, che riesce
-assai simpatico. <i>Don Bucefalo</i> e specialmente
-<i>Papà Martin</i> sono infinitamente superiori a
-tante opere comiche moderne.
-</p>
-
-<p>
-Ad <i>Errico Petrella</i> (1813-1877) mancarono i
-forti studi per farne forse un grande maestro.
-La sua melodia è alle volte bella ed ispirata,
-ed egli ha il vero istinto del teatro e dell'effetto.
-Le <i>Precauzioni</i>, la <i>Contessa d'Amalfi</i> e la
-<i>Jone</i> hanno delle pagine bellissime degne d'un
-grande musicista.
-</p>
-
-<p>
-<i>Giuseppe Apolloni</i> (1821-1889) scrisse l'<i>Ebreo</i>,
-che non è ancora intieramente dimenticato.
-</p>
-
-<p>
-Altri rappresentanti del genere comico sono
-<i>Nicola de Giosa</i> (1820-1885), <i>Sarria</i> (1836-1883)
-ed <i>Emilio Usiglio</i> (1841), continuatori dell'antica
-scuola napolitana. <i>Le Educande di Sorrento</i> di
-quest'ultimo ebbero ai loro tempi molta e meritata
-fortuna, mentre le posteriori <i>Donne Curiose</i>
-si avvicinano all'operetta con tutti i suoi
-<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span>
-difetti. <i>De Ferrari</i>, <i>Carlo Pedrotti</i> (1818-1893) e
-<i>Luporini</i> ebbero pure qualche successo nell'opera
-comica, che ora è in completa decadenza.
-</p>
-
-<p>
-Fra le opere serie che nei decenni scorsi più
-si applaudirono vanno contate: <i>Ruy Blas</i> di
-<i>Filippo Marchetti</i> (1831-1902), <i>Dolores</i> di <i>Auteri
-Manzocchi</i> (1845) ed i <i>Goti</i> di <i>Gobatti</i> (1852-1914).
-Tutti e tre questi autori non mantennero poi
-quello che da loro si aspettava ed il successo
-non fu che sporadico e dovuto a qualche spunto
-felice che si trova nelle loro opere. <i>C. Gomez</i>
-(1839-1896) brasiliano di nascita, conobbe pure
-l'effimero successo col <i>Guarany</i> e <i>Salvator Rosa</i>.
-</p>
-
-<p>
-Arte ormai di altri tempi è anche quella di
-<i>Amilcare Ponchielli</i> (1834-1884), l'autore della
-<i>Gioconda</i>, <i>Promessi sposi</i>, <i>Lituani</i>, <i>Il Figliuol
-prodigo</i>, <i>Marion Delorme</i>, quantunque la Gioconda
-si eseguisca in Italia ancora spesso e
-sempre con successo. Ponchielli è musicista
-sicuro ma ben di rado veramente originale. La
-sua musica tentenna fra l'imitazione di Verdi
-e di Meyerbeer e cerca con ogni mezzo l'effetto.
-Ad onta di tutto ciò è però innegabile,
-che nella musica di Ponchielli c'è non solo
-grande sincerità ma altresì tanto di musicalmente
-sano che almeno la Gioconda non sarà
-sì presto dimenticata da un pubblico, che non
-va tanto pel sottile, benchè altre delle sue opere
-siano in certo riguardo più pregevoli.
-</p>
-
-<p>
-Una posizione eccezionale prende nella musica
-italiana moderna il <i>Mefistofele</i> di <i>Arrigo
-<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span>
-Boito</i> (1842). Rappresentato alla Scala nel 1868
-senza alcun successo vi ritornò trionfante alcuni
-anni dopo, quando i tempi s'erano cambiati
-e la cultura musicale italiana s'era alzata.
-Pensando al tempo in cui Boito scrisse la sua
-opera, essa ci appare ancor più ammirabile per
-l'elevatezza della forma, l'ampiezza della concezione
-e l'originalità della musica. Bisogna pensare
-che Verdi era all'epoca del Don Carlos e
-non aveva ancor scritta l'Aida. La coscienza
-che le forme tradizionali non bastavano più
-non esisteva ancora o forse soltanto in qualche
-anima solitaria ed in realtà si andava avanti
-un po' seguendo l'antico andazzo, un po' a
-tentoni, senza veramente saper dove. Melodia,
-armonia, ritmo, istrumentazione, tutto mostra
-in quest'opera un'individualità spiccata sempre
-in cerca di nuovi effetti, che si adattino ai suoi
-scopi. Boito è un vero poeta non solo nella
-poesia ma anche nella musica, che è alle volte
-d'una potenza espressiva e drammatica meravigliosa.
-E se egli fu uno dei primi a seguire le
-teorie wagneriane, seppe però sempre conservare
-l'impronta nazionale. Oggi dopo quasi
-mezzo secolo il Mefistofele resiste ancora valido
-alle ingiurie del tempo se non in tutte le
-sue parti almeno nelle principali, perchè quest'opera
-che precorse certo i suoi tempi ha il
-merito della divinazione, la bellezza giovanile
-che fa dimenticare certe ineguaglianze ed ingenuità
-ed elementi di arte imperitura (prologo,
-morte di Margherita, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span>
-</p>
-
-<p>
-Dopo il Mefistofele il maestro tacque ed invano
-s'attende il suo <i>Nerone</i>. Ma questo silenzio
-è senza dubbio di tutt'altra natura di quello di
-Rossini e forse è da cercare nella severità dell'autocritica
-e nella difficoltà di trovare il perfetto
-connubio fra parola e nota e nella profondità
-e complessione del pensiero dell'artefice
-incontentabile. Nota è la forte ed ispirata
-poesia del Nerone e si può essere sicuri, che se
-l'autore si deciderà a pubblicarne la musica,
-nata senza dubbio dopo lunghe meditazioni e
-solo nei momenti di estro, essa sarà degna di
-un gran maestro, di un uomo austero e semplice,
-che lavorò e lavora sempre senza alcuna preoccupazione
-di successo.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Radiciotti G. — <i>Gioachino Rossini</i>, Genova, 1914.
-</p>
-
-<p>
-L. Dauriac — <i>Rossini</i>, Paris, 1905, Laurens.
-</p>
-
-<p>
-Azavedo A. — <i>G. Rossini</i>, Paris, 1864.
-</p>
-
-<p>
-Carpani — <i>Le Rossiniane</i>, 1824.
-</p>
-
-<p>
-Cecchi E. — <i>Rossini</i>, Firenze, 1898.
-</p>
-
-<p>
-Sittard — <i>G. A. Rossini</i>, Lipsia, 1882.
-</p>
-
-<p>
-Florimo — <i>Bellini, memorie e lettere</i>, 1885, Napoli.
-</p>
-
-<p>
-Scherillo — <i>Bellini e Belliniana.</i>
-</p>
-
-<p>
-Pougin A. — <i>Bellini et son oeuvre</i>, 1868.
-</p>
-
-<p>
-Cicognetti V. — <i>Gaetano Donizetti</i>, 1864.
-</p>
-
-<p>
-Gabrieli A. — <i>Gaetano Donizetti</i>, Torino, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Clemente — <i>Contributo ad una biografia di G. D.</i>, 1896.
-</p>
-
-<p>
-G. Roncaglia — <i>G. Verdi e le sue opere</i>, 1911, Napoli.
-</p>
-
-<p>
-Basevi Abramo — <i>Studio sulle opere di G. Verdi</i>, 1850.
-</p>
-
-<p>
-Checchi — <i>G. Verdi</i>, 1887.
-</p>
-
-<p>
-Pougin A. — <i>G. Verdi</i>, 1896.
-</p>
-
-<p>
-Bellaigne C. — <i>Verdi</i>, Milano, 1913.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span>
-</p>
-
-<p>
-A. Soffredini — <i>Le opere di G. Verdi</i>, 1901.
-</p>
-
-<p>
-Perinello Carlo — <i>Gius. Verdi</i>, 1900, Berlino, Harmonie.
-</p>
-
-<p>
-Torchi L. — <i>L'opera di Gius. Verdi ed i suoi caratteri principali.</i>
-Riv. mus. ital., anno 8º, fase. 2º, 1901.
-</p>
-
-<p>
-Hanslick E. — <i>Die moderne Oper</i>, Berlino.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap19">CAPITOLO XIX.
-<span class="smaller">Francesco Schubert ed i romantici.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-L'epoca posteriore alla morte di Beethoven è
-nella storia della musica istrumentale quella
-degli epigoni. Coll'ultima sinfonia di Beethoven
-sembrò per molti anni che fosse stata detta
-l'ultima parola e ciò anche perchè essa non era
-soltanto l'opera di un genio ma anche il prodotto
-di un'epoca di alte idee. In realtà però non è la
-sinfonia che era esausta, chè essa è anzi ancor
-suscettibile di mille trasformazioni come lo dimostra
-il fatto stesso della differenza fra le sinfonie
-di Haydn e Mozart con quelle di Beethoven,
-ma fu piuttosto l'aver considerato l'elemento
-formale e non il contenuto della sinfonia
-beethoveniana che produsse questo periodo di
-sosta. I continuatori si contentano di forme più
-modeste e di idee più piccole, miniano, studiano,
-lavorano di cesello e cercano di supplire
-alla mancante grandezza di concezione coll'intensificare
-l'espressione dei singoli motivi e
-<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span>
-creando la sinfonia che si potrebbe dire di genere.
-Ma ai nuovi maestri per quanto di grande
-talento e persino di genio mancò in ultima linea
-la forza di trovar nuove strade, alle quali Beethoven
-aveva accennato e non fu che molti
-anni dopo che Wagner e Liszt ebbero il coraggio
-di creare nuove forme che s'adattavano
-al nuovo contenuto, poco curandosi della logica
-formale ma più del pensiero poetico.
-</p>
-
-<p>
-La patria di questi epigoni fu quasi sempre
-la Germania. Il motivo non è soltanto accidentale
-od esteriore ma inerente all'indole della
-nazione. L'elemento più importante della musica
-istrumentale è per eccellenza il romanticismo
-come quello che colla idealità dei suoi pensieri
-si libra in sfere più alte che la musica drammatica,
-ed il romanticismo è pure il carattere
-dominante della nazione tedesca differente dai
-popoli latini inclinanti all'oggettivismo, all'arte
-antica, plastica e reale. Già con Beethoven il
-soggettivismo domina sovrano e la fantasia si
-libera dalle antiche forme. In lui e nei maestri
-posteriori l'arte dell'orchestrazione segue
-altre leggi che in Haydn e Mozart; il carattere
-dei diversi istrumenti viene impiegato non soltanto
-onde ricavare effetti precipualmente musicali
-e contrasti di colorito, ma per esprimere
-ed individualizzare idee poetiche differenti. Ed
-appunto in questo campo, che Beethoven divinava
-ed additava con insuperabili esempi, s'aprivano
-vasti orizzonti ai maestri posteriori e
-da ciò doveva formarsi quello stile sinfonico
-<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span>
-nazionale e caratteristico che impronta la musica
-tedesca istrumentale.
-</p>
-
-<p>
-Il più geniale, il più ispirato di tutti questi
-seguaci di Beethoven fu <i>Francesco Schubert</i>
-(1797-1828). Figlio di un modesto maestro di
-scuola d'un sobborgo di Vienna, egli ebbe a lottare
-durante tutta la sua breve esistenza con
-ogni sorta di privazioni nè fu dai contemporanei
-compreso e stimato quanto egli meritava.
-Ma l'influsso degli avvenimenti non ebbe forza
-bastante per far disseccare la fonte inesausta
-d'ispirazione di cui egli era dotato, giacchè egli
-scriveva le sue opere per bisogno interno della
-sua natura. Soltanto i posteri lo compresero e
-riconobbero in lui il più grande ed ispirato lirico
-musicale.
-</p>
-
-<p>
-Schubert fu un genio essenzialmente lirico e
-come tale era predestinato a divenire il creatore
-della canzone, del <i>lied</i> tedesco. Esso è di solito
-diverso dalla canzone strofica di carattere popolaresco
-ed una specialità della Germania,
-che per opera di Schubert, Schumann e Franz
-divenne una forma quasi perfetta e svariatissima
-a seconda dell'inclinazione degli autori.
-</p>
-
-<p>
-La storia della canzone tedesca anteriore a
-Schubert offre ben poco interesse. Prima di lui
-Mozart, Haydn, Beethoven avevano scritto canzoni
-ma per questi il genere non aveva importanza
-nè corrispondeva alla natura del loro
-genio. L'opera lirica dominava intieramente il
-campo e mancavano anche i veri poeti che potessero
-ispirare il musicista. Ciò durò fino a
-<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span>
-Goethe che però non aveva alcuna simpatia per
-la musica di Schubert e le preferiva quella di
-Reichardt e Zelter, talenti di terzo rango. Mentre
-la canzone tedesca si contentava prima di
-seguire pedissequa la poesia, Schubert le ispirò
-tutt'altra vita e ne formò una cosa del tutto
-nuova, emancipando l'accompagnamento dal
-dispotismo del canto. Egli sa immedesimarsi
-nell'intenzione del poeta e trova l'espressione
-musicale più adeguata. Egli veste di note il
-pensiero complesso più che il verso e la parola,
-per cui le sue canzoni ci appaiono quasi sempre
-organiche e perfette in tutte le parti. Egli ha
-toni per tutti i sentimenti; le poesie più ribelli
-alla musica perdono la loro rigidezza e gli ubbidiscono
-trasformandosi e mostrandosi da un
-lato a noi prima ignoto. La forza espressiva, la
-verità, l'ispirazione, la ricchezza dei particolari
-nelle sue infinite canzoni sono ancor oggi
-inarrivate. La lirica schubertiana fu una cosa
-tutta nuova, perchè egli molto più che continuare
-la lirica anteriore ne creò una nuova per
-istinto e bisogno della sua natura senza curarsi
-di principi formali e tecnici e cambiando continuamente
-a seconda della poesia e dell'estro,
-sicchè egli non si presta a nessuna classificazione.
-Per fortuna poi la nascita di Schubert
-combinò anche col fiore della nuova lirica tedesca
-(Goethe, Heine, Schiller). I cicli, <i>il canto
-del cigno</i>, <i>la bella mugnaia</i>, <i>il viaggio d'inverno</i>
-e molti altri dei suoi <i>lieder</i> sono veri poemi,
-che ci riproducono tutta la scala degli affetti
-<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span>
-ed in cui il connubio della poesia colla musica è
-perfetto. La parte del pianoforte cessa d'essere
-accompagnamento semplice, ma dipinge l'idea
-e forma l'ambiente nel quale si muove la voce,
-secondandola e facendo risaltare i momenti
-principali della poesia. In confronto delle canzoni
-di Schubert, quelle dei contemporanei e
-dei maestri antecedenti, pochissime eccezioni
-fatte, sembrano incolori, convenzionali. Le sue
-doti principali sono la semplicità e la chiarezza,
-la sensibilità e l'avvicinarsi alle volte
-alla canzone popolare, fresca e gentile.
-</p>
-
-<p>
-Nè minore è la sua importanza come autore
-di opere istrumentali, quantunque egli non fosse
-veramente un polifonico ma un armonico geniale
-di straordinaria ricchezza. La sua sinfonia
-in <i>do maggiore</i>, l'incompiuta in <i>si minore</i> resteranno
-sempre opere da mettersi per la ricchezza
-di ispirazione se non per la fattura accanto alle
-più ispirate di Beethoven; lo stesso puossi dire
-di alcuni dei suoi quartetti, fra i quali il grandioso
-in <i>re minore</i>, il poetico ed ispirato in <i>la
-minore</i> ed il <i>quintetto delle trote</i>, vere perle della
-letteratura musicale da camera.
-</p>
-
-<p>
-Schubert fu altresì iniziatore di un nuovo
-genere di musica di pianoforte coi suoi <i>Impromptus</i>
-e <i>Moments musicales</i>, colle sue marcie ed
-altri pezzi di forma libera, precorrendo così le
-composizioni di Mendelssohn e Schumann. Nell'opera
-drammatica Schubert non riuscì per
-l'inclinazione della sua musa essenzialmente lirica
-e per la mancanza di teatralità delle sue
-<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span>
-opere, (<i>Rosamonda</i>, <i>Alfonso ed Estrella</i>, <i>Fierabras</i>,
-ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Schubert appartiene ormai ad un periodo di
-transizione. Egli tien fermo ancora alle forme
-classiche ma la sua musica contiene ormai
-molti elementi specialmente romantici, che sono
-sconosciuti anche a Beethoven.
-</p>
-
-<p>
-Non fornito d'egual genio ma a Schubert in
-certo modo affine per l'indole lirica delle sue
-composizioni è <i>Felice Mendelssohn Bartholdy</i>,
-nato ai 3 Febbraio 1809 in Amburgo, morto ai
-4 Novembre 1847 a Lipsia, ove era direttore del
-Gewandhaus. Quantunque egli appartenga a
-tempi non lontani e sia compositore moderno
-non solo nell'uso dei mezzi ma anche nell'indirizzo
-estetico, pure egli, piuttosto che riannodare
-colle sue opere alle ultime di Beethoven,
-basa su Bach, Mozart e sul Beethoven della
-seconda maniera, della sinfonia eroica, di quella
-in <i>do minore</i> e dei quartetti Rassumosky op. 59.
-</p>
-
-<p>
-Mendelssohn ebbe dalla sorte vita felice, nè
-mai conobbe le amarezze dell'insuccesso, le lotte
-della vita per l'esistenza ed i disinganni. Questa
-sua ventura influì sulle sue opere, che rare
-volte s'innalzano alla vera grandiosità e commuovono
-per potenza di contrasti e vigoria.
-Mendelssohn aveva innato il sentimento, l'istinto
-della forma ed in questo riguardo egli è
-superiore al suo contemporaneo Schumann. La
-sua vena melodica è abbondante, fine ed aristocratica,
-la sua musica è chiara, limpida, con
-una lieve tinta di sentimentalismo e melanconia
-<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span>
-che però alla lunga ci lascia freddi. L'originalità
-delle sue opere è però discutibile, quantunque
-esse abbiano una fisonomia tutta propria, che
-però in buona parte è manierismo e dipende da
-certe figure e frasi caratteristiche che di frequente
-si ripetono.
-</p>
-
-<p>
-Ma per giudicare delle sue opere è necessario
-pensare al tempo anteriore a lui e posteriore
-ai classici, un'epoca quasi di sosta, come
-se la natura volesse riposarsi dopo aver dato
-al mondo i grandi genî immortali. Di quel
-tempo non ci rimangono che le opere di Spohr,
-Hummel, la mediocrissima musica da camera
-di Onslow ed un'infinità di musica per pianoforte,
-variazioni, fantasie ed altra roba simile,
-che oggi nessuno più ricorda. Bach era allora
-tanto ben dimenticato, che quando Mendelssohn
-a vent'anni diresse a Berlino la Passione
-di S. Matteo, quasi nessuno si rammentava più
-della sua esistenza.
-</p>
-
-<p>
-Le sue sinfonie (la <i>Scozzese</i>, l'<i>Italiana</i>, ecc.)
-non segnano un passo in avanti in confronto di
-quelle di Beethoven, se non forse per la maggiore
-individualizzazione dell'idea poetica e per
-lo smagliante colorito orchestrale. In questo egli
-è sommo e le sue <i>ouvertures</i> sono vere poesie
-e paesaggi musicali d'una finitezza e d'un sentimento
-poetico insuperabile, come lo dimostrano
-fra tutte quelle del <i>Sogno d'una notte d'estate</i>
-e le <i>Ebridi</i>. Ed altresì fra la sua musica
-da camera sonvi brani riuscitissimi, specialmente
-negli <i>scherzi</i> e negli <i>adagi</i> dei quartetti,
-<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span>
-nei primi per la spigliatezza dei ritmi e la suprema
-leggierezza degli arabeschi rincorrentisi
-e scherzanti come gnomi ed amorini, nei secondi
-per la calda espressione e gli spunti melodici
-ispirati. Mendelssohn, come quasi tutti i moderni
-musicisti di Germania, cominciò la sua carriera
-come pianista ed arricchì la letteratura
-del pianoforte con una quantità di opere, fra le
-quali le celebri <i>Canzoni senza parole</i>, un genere
-da lui iniziato, che corrispondeva perfettamente
-alla sua indole lirica e limitata a non troppo
-vasti orizzonti. E se fra le molte composizioni
-per questo istrumento alcune sono meno riuscite,
-esse però appartengono tutte al genere
-della musica da sala della miglior qualità, nè
-Mendelssohn si abbassò mai a servire al virtuosismo
-senza scopi più alti.
-</p>
-
-<p>
-Nelle sue canzoni Mendelssohn segue le orme
-di Schubert, senza però raggiungerlo quantunque
-però tanto fra quelle per una voce come per
-più voci alcune appartengano alle sue più felici
-ispirazioni e sieno diventate patrimonio del
-popolo tedesco.
-</p>
-
-<p>
-Di Mendelssohn possediamo pure due <i>oratori</i>,
-il <i>Paolo</i> e l'<i>Elia</i>, più <i>Salmi</i>, fra cui il grandioso
-n. 114, la musica per l'<i>Atalia</i> di Racine, <i>La notte
-di Valpurga</i>, i cori per l'<i>Edipo a Colono</i>, per
-l'<i>Antigone</i> di Sofocle, ecc. Quantunque in queste
-opere manchi la grandiosità di Bach e di Händel,
-pure non è da negarsi che specialmente nel
-<i>Paolo</i> e nell'<i>Elia</i> non riviva lo spirito classico
-di quei due sommi ed all'antica forma della
-<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span>
-cantata e dell'oratorio non sia ispirato un nuovo
-alito di vita moderna da rendere queste due
-opere, magistrali per fattura, le più perfette dell'epoca
-posteriore alla classica. Una delle sue
-opere più fortunate è il <i>Concerto in Mi minore</i>
-per violino.
-</p>
-
-<p>
-Mendelssohn fu chiamato il Mozart del secolo
-decimonono ed il paragone non è tanto bizzarro
-se si pensa ad una certa affinità nella euritmia
-delle loro opere. Ma mentre Mozart continuamente
-ascende, il genio o talento di Mendelssohn
-resta stazionario e se si confronta l'<i>Ottetto</i> e
-l'<i>Ouverture della notte d'estate</i>, opera della prima
-giovinezza, colle ultime opere è sempre la stessa
-maniera, sempre la stessa perfezione formale,
-sempre la stessa mancanza di profondo sentimento.
-</p>
-
-<p>
-Contemporaneo di Mendelssohn fu <i>Roberto
-Schumann</i> (nato l'8 Luglio 1810 a Zwikau, morto
-ai 29 Luglio 1856), uno dei più ispirati e geniali
-musicisti della Germania moderna, l'eterno giovane
-colla testa piena di sogni e sempre fuori
-del mondo, l'ammiratore di Lenau, Jean Paul
-ed Hoffmann, il vero poeta del pianoforte.
-</p>
-
-<p>
-La differenza che passa fra Mendelssohn e
-Schumann è assai grande. Schumann è più intimo,
-più riflessivo, più profondo; egli domina
-meno la forma, ha forse minore padronanza dei
-mezzi, ma scuote e commuove più di Mendelssohn,
-perchè è più sincero, più spontaneo, perchè
-la sua musica nasce più istintivamente.
-Schumann è alle volte bizzarro, strano, arruffato,
-<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span>
-ma sempre geniale; egli è più originale
-di Mendelssohn e punto manierato. Sia che egli
-crei piccole miniature od opere di maggiori
-dimensioni, egli ha sempre una fisionomia propria,
-una nota assolutamente personale, che non
-dipende dalla forma ma dal sentimento. Non
-basta dire che egli è un maestro romantico per
-eccellenza, perchè con ciò non si esaurisce la
-sua originalità che è più complessa e che ha
-introdotto nella musica la nota schumanniana,
-qualche cosa di indefinito, poetico, intimo, però
-senza sentimentalità morbosa. Noi meridionali
-ci sentiamo attratti dalle sue opere ma non
-arriviamo forse a comprenderle intieramente,
-perchè Schumann è piuttosto un talento nazionale
-tedesco che internazionale. Non c'è dubbio
-che le migliori opere sono quelle della giovinezza,
-quando predominava la tendenza al fantastico,
-alla sensibilità quasi femminea, la predilezione
-delle mezze tinte, il tutto unito ad un
-certo humour che è proprio delle nature nordiche.
-In lui vivevano due anime, una inclinante
-al misticismo, il fantastico, l'altra piena
-di foga e passione (<i>I Davidsbündler</i> Florestano
-ed Eusebio).
-</p>
-
-<p>
-Le opere specchiano la sua vita. Nel primo
-periodo, il più fantastico, il più geniale egli
-dà sfogo alla sua fantasia impetuosa e ne nascono
-le prime opere i <i>Papillons</i>, il <i>Carnevale</i>,
-la <i>Kreisleriana</i>, i <i>Fantasiestücke</i>, ecc., nelle
-quali le immagini poetiche dominano sulla forma
-del tutta libera e che riproducono la sua vita di
-<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span>
-pensiero, le sue impressioni, le sue fantasie momentanee.
-In esse l'ispirazione è esuberante, i
-contrasti potenti, l'originalità sorprendente; l'umorismo
-vi domina ed il sentimentale ed il
-melanconico si avvicendano col fantastico. I
-contorni sono indecisi, le tinte sfumate si perdono
-nello sfondo. Sono sogni ad occhi aperti, fantasticherie
-geniali ed ispirate bizzarie; il riso si
-muta in pianto senza ragione apparente.
-</p>
-
-<p>
-Segue il periodo in cui l'influenza di Mendelssohn
-è palese ed il soggettivismo fa luogo all'oggettivismo.
-Il fantasticare va calmandosi e spegnendosi,
-non senza però mandare frequenti
-guizzi; la forma si modifica e prende la plasticità
-classica, i contorni si mostrano decisi. A
-questa epoca appartengono le opere formalmente
-più perfette: i tre <i>quartetti per archi</i>, il <i>quartetto
-per pianoforte</i>, il <i>quintetto</i>, molte <i>canzoni</i>, le
-<i>sinfonie</i>, parte della musica del <i>Faust</i>, l'oratorio
-<i>Il Paradiso e la Peri</i>.
-</p>
-
-<p>
-Ma la trasformazione è più apparente che essenziale.
-Le forme sono le tradizionali, ma il
-contenuto è nuovo e la forma antica non fa
-che equilibrarlo e dargli il sentimento della misura.
-Dopo questo periodo felice vanno scendendo,
-dapprincipio insensibilmente, le tremende
-ombre della pazzia; l'ispirazione si turba, la vena
-va disseccandosi, la chiarezza va sempre più
-oscurandosi. Le opere di quest'epoca triste di
-dissoluzione, interrotta da qualche lucido e felice
-intervallo, portano la traccia della notte che
-andava avvicinandosi per non più dileguarsi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span>
-</p>
-
-<p>
-Nelle canzoni ad una o più voci egli è quasi
-pari a Schubert e se non ne ha la limpidezza e
-freschezza, eguali ne sono il sentimento, l'espressione
-e forse maggiore la compenetrazione
-della musica colla poesia specialmente in quelle
-numerosissime che scrisse nell'epoca più felice
-della sua vita, quando era promesso sposo di
-Clara Wieck (1840). La voce ha minore importanza
-che in Schubert ed il canto è molte volte
-semplicemente declamato; maggiore invece è
-l'importanza del pianoforte che completa, illustra
-stupendamente l'idea poetica. I suoi
-cicli <i>Amor di poeta</i>, <i>Vita di donna</i>, possono star
-a paro di quelli di Schubert e restano insuperati
-nella letteratura lirica musicale.
-</p>
-
-<p>
-Schumann influì pure sulla tecnica pianistica
-più di Mendelssohn, che idealizzò il virtuosismo
-senza trovar nuovi effetti, mentre
-Schumann ha uno stile pianistico tutto proprio
-assai polifonico e con voci di mezzo importantissime.
-Il suo <i>Concerto</i>, gli <i>Studi sinfonici</i>,
-le <i>Sonate</i>, ecc., segnano perciò una nuova èra
-della musica del pianoforte e per eseguirle
-degnamente bisogna sentire la musica non nelle
-dita ma nella testa e più nel cuore ed essere
-intieramente padroni di quella tecnica non convenzionale,
-che punto si cura dell'effetto e che
-non è semplice mezzo.
-</p>
-
-<p>
-Nelle <i>sinfonie</i> (4) di Schumann mancano alle
-volte l'unità e la forma, giammai l'ispirazione
-e la genialità degli episodi. L'orchestrazione di
-Schumann non è molto colorita probabilmente
-<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span>
-perchè egli pensava e concepiva pianisticamente
-ma non così monotona e convenzionale come se
-la volle trovare. Nè la perfezione troviamo negli
-<i>oratori</i> e nelle <i>cantate</i>, fra cui <i>Il Paradiso e la
-Peri</i>, le scene del <i>Faust</i>, il <i>Pellegrinaggio della
-rosa</i>, la musica per il <i>Manfredo</i> di Byron, poco
-adattandosi il genio essenzialmente lirico di
-Schumann a cosiffatte forme, quantunque anche
-queste opere contengano pagine stupende.
-</p>
-
-<p>
-Schumann divide coi moderni maestri tedeschi
-la poca attitudine all'opera drammatica, e
-la sua <i>Genoveffa</i> non ebbe mai vero successo.
-Per ultimo non è da tacere dell'importanza di
-Schumann come critico e scrittore di cose musicali.
-L'influenza che egli ebbe come redattore
-della <i>Nuova gazzetta musicale</i> da lui fondata,
-fu grandissima per l'indirizzo dei suoi tempi
-nè alcuno seppe finora eguagliarlo nei suoi
-scritti, pieni di fantasia, di acutezza e ricchezza
-d'immagini poetiche e d'umorismo.
-</p>
-
-<p>
-L'opera di Mendelssohn e Schumann non rimase
-senza imitatori. Fra coloro che nelle loro
-composizioni s'avvicinano più a Mendelssohn
-vanno annoverati: <i>William Bennett</i> († 1875) e
-<i>Niels Gade</i> († 1890), il primo che introdusse
-nella musica l'elemento nordico scandinavo,
-(Ouvertures, Sinfonia, Cantate), <i>Ferdinando Hiller</i>
-(† 1880), fecondo ed abilissimo; mentre <i>Stefano
-Heller</i> († 1888), <i>Adolfo Henselt</i> († 1889),
-<i>Adolfo Jensen</i> († 1879), <i>Roberto Volkmann</i>
-(† 1883), <i>T. Kirchner</i> († 1903), si avvicinano
-piuttosto a Schumann. Autore stimato di ballate
-<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span>
-fu <i>Carlo Loewe</i> (1796-1869) che fu il primo
-a fermarne la forma e che in certo riguardo influenzò
-anche le ballate di Schumann.
-</p>
-
-<p>
-Mendelssohn e Schumann continuarono la
-scuola classica e romantica ed esiste una linea
-di congiunzione fra essi ed i maestri antecedenti.
-La stessa cosa non può dirsi del terzo
-musicista, che esercitò coi nominati grande influsso
-sulla musica istrumentale moderna e
-specialmente su quella di pianoforte, <i>Federico
-Chopin</i> (1810-1849). Questa asserzione non è
-naturalmente da prendersi nel significato assoluto,
-giacchè le opere di Chopin, non sarebbero
-concepibili senza quelle di Beethoven e specialmente
-di Schubert, Weber ed altri; ciò nullastante
-Chopin ha una caratteristica tanto propria,
-una sua maniera sì personale da giustificare
-la nostra opinione.
-</p>
-
-<p>
-Chopin fu nel mondo musicale un'apparizione
-strana. Egli non andò alla scuola di nessun
-maestro di fama, non cominciò, come al
-solito, imitando questo o quello, ma trovò già
-nelle primissime opere uno stile tutto suo proprio.
-E neppur la sua tecnica pianistica deriva
-da quella dei maestri anteriori, nè da Mozart,
-nè da Beethoven ed ancora meno da quella dei
-suoi contemporanei quale Dussek, Field, Hummel
-ed altri. Essa è talmente adeguata allo spirito
-delle sue opere, che essa cessa quasi di essere
-tale e diventa elemento dell'ispirazione
-stessa, talchè le sue composizioni perderebbero
-gran parte della loro poesia, se si volesse applicarvene
-<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span>
-un'altra. Per capire ciò basta osservare
-la sua figurazione e gli ornamenti che sono
-affatto diversi dai soliti <i>agréments</i>, gruppetti,
-fioriture e simili, ma parte integra del pensiero
-musicale.
-</p>
-
-<p>
-E nuova è la sua armonia essenzialmente
-cromatica e tutta individuale ed egli in certo
-modo si può chiamare un precursore degli impressionisti
-moderni, colla differenza che rimane
-sempre logico.
-</p>
-
-<p>
-Ma di tutti i pregi il maggiore è senza dubbio
-l'originalità della sua musica, per modo
-che chi abbia sentito qualche opera di lui lo
-riconosce a mille miglia. E questa originalità
-che consiste in elementi impossibili a spiegare,
-quantunque abbia dell'esotico, non diventa monotona,
-non ci stanca come quella, p. es., di
-Grieg, col quale si potrebbe forse lontanamente
-confrontare, perchè egli ha sempre qualche cosa
-di nuovo a dirci nella sua lingua e perchè domina
-la gamma dei sentimenti e sa essere ora
-dolcissimo e poetico, ora irruente e palpitante
-di passione, ora bizzarro, bacchico, ora
-aspro e maschio.
-</p>
-
-<p>
-Egli fu chiamato l'anima del pianoforte. Il suo
-genio non sa dominare le grandi forme orchestrali
-e nel concerto e nella sonata gli mancano
-alle volte l'unità e lo sviluppo tematico
-sapiente, l'istinto della misura; egli è invece
-sommo nelle forme più piccole, nei suoi
-ispirati <i>Preludi</i>, nelle <i>Mazurke</i>, <i>Polonesi</i>, <i>Ballate</i>,
-nei <i>Notturni</i>, ed alle volte, come nei suoi potenti
-<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span>
-<i>Scherzi</i>, si alza fino alla grandezza tragica.
-Le sue composizioni sono vere poesie musicali
-ed esse non hanno bisogno di programmi per
-trasportarci nella terra dei sogni. Gli arabeschi,
-i passaggi diventano veri pensieri e cessano di
-essere soltanto occasione di virtuosismo, tanto
-che fra i suoi <i>Studi</i> havvene alcuni che contano
-fra le sue opere più ispirate. Egli unisce alla
-melanconia e sentimentalità delle canzoni slave
-la sapienza armonica tedesca, l'eleganza e la
-varietà ritmica francese, la facilità melodica
-e la purezza di linee della musica italiana. Egli
-sa toccare tutte le fibre più delicate, è romantico,
-cavalleresco, appassionato, elegante, fantastico
-e mai cade nel comune e nel triviale. Nato
-da padre francese e madre polacca, la sua musica
-ritrae il carattere di tutt'e due queste nazioni
-ed in essa risuonano il grido di dolore
-della sua patria oppressa, le memorie tristi dell'epoca
-passata, il rimpianto della libertà. Natura
-sensibile e delicata, egli pianista insuperabile,
-si ritirò ben presto dalla vita pubblica
-e visse quasi sempre a Parigi dove egli morì
-ancor giovane di mal sottile.
-</p>
-
-<p>
-«Gli influssi di tre nazionalità fanno di lui
-una personalità spiccatissima ed egli si è appropriato
-il meglio di tutto quello che distingue
-i tre popoli. La Polonia gli diede lo spirito cavalleresco
-ed il dolore stoico, la Francia la sua
-gentilezza e grazia, la Germania il sentimento
-romantico. Ma se egli siede al pianoforte ed
-improvvisa, non è più un polacco, francese o
-<span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span>
-tedesco; egli palesa un'origine più alta e si capisce
-che è originario dal paese di Mozart,
-Raffaello e Goethe e che la sua patria è il regno
-poetico dei sogni» (Heine, 1837). Parola giuste
-alle quali non ci sarebbe da aggiungere altro
-che anche l'Italia gli portò i suoi doni e che lo
-spirito di Bellini gli aleggiava intorno, quando
-egli scrisse alcuni dei suoi notturni, perchè la
-perfezione della linea melodica e la dolcezza
-dell'ispirazione gli è venuta dall'Italia.
-</p>
-
-<p>
-Il wagnerismo aveva messo in moda una
-specie di mal celato disprezzo delle opere di
-Mendelssohn e persino di Schumann. Ma il
-tempo ha fatto al solito giustizia. È vero che
-molte anzi moltissime delle opere di Mendelssohn
-portano ormai visibilissimi i segni della
-vecchiaia ed appartengono ad un tempo ben
-diverso dal nostro, ma nessuno vorrà negare
-che alcune delle sue opere non sieno concezioni
-geniali che dureranno ancora per ben molto
-tempo. Invece Schumann è oggi più vivo che
-mai, perchè in lui non c'è nulla di convenzionale
-e tanto le sue opere che quelle di Chopin nel
-loro lirismo melanconico, la loro sensibilità e colorito
-poetico corrispondono alla psiche moderna.
-</p>
-
-<p>
-L'ultimo degli scritti di Schumann per la
-<i>Gazzetta musicale di Lipsia</i> è dedicato a <i>Giovanni
-Brahms</i> (1833-1897).
-</p>
-
-<p>
-«Ho pur pensato più d'una volta, egli scrive,
-che dovesse apparire taluno predestinato ad
-esprimere in modo ideale il suo tempo, uno
-che raggiungesse la perfezione, senza subire
-<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span>
-uno sviluppo progressivo. Ed egli è venuto, un
-giovin rampollo alla cui culla vegliarono le
-Grazie e gli Eroi. Egli si chiama Giov. Brahms».
-</p>
-
-<p>
-Ed era tempo, giacchè dopo la morte di Mendelssohn,
-Schumann e Chopin nessun vero e
-grande talento s'era mostrato degno di assumere
-il loro retaggio nel ramo della musica
-istrumentale, per quanto Liszt avesse già cominciato
-a mostrare nuovi orizzonti dell'arte
-coi suoi poemi sinfonici.
-</p>
-
-<p>
-Non è qui il luogo di esaminare se la profezia
-di Schumann si sia avverata. Il predominio
-della musica wagneriana e l'influenza
-che questa ha esercitato sulla musica moderna
-lo hanno fatto passare in seconda linea. Ma egli
-quantunque gli mancasse per la sua natura di
-rigido protestante l'olimpicità e la comprensione
-della vita pagana antica fu veramente
-l'ultimo dei classici, ed appunto perchè senza
-ignorare le innovazioni moderne fu fedele conservatore
-di quegli elementi dell'arte che sono
-eterni e che oggi tante volte si trascurano, si
-volle chiamarlo retrogrado e scolastico. Se però
-i segni del tempo non ingannano, non è improbabile
-che succeda una reazione ora che gli
-animi si sono calmati e che Wagner e Brahms
-non sono più il grido di guerra di due partiti
-avversi. E ciò lo mostra il fatto, che gran parte
-dei musicisti di Germania derivano direttamente
-da Brahms talmente che molte delle loro
-opere non sono che sbiadite imitazioni di quelle
-del maestro.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span>
-</p>
-
-<p>
-Il carattere di Brahms è prettamente nordico
-e sì diverso dal nostro che a noi italiani riesce
-ben difficile il comprenderlo veramente nella
-sostanza delle sue opere e ciò tanto più, che
-Brahms come nella sua vita privata anche nelle
-sue opere è ritroso e schiva ogni troppo palese
-esplosione quasi si vergognasse di mostrarci
-le sue più intime fibre. E come egli non ha
-nulla di una natura latina, così non si trovano
-elementi di arte italiana nelle sue opere. In
-complesso egli inclina allo sconforto ed ha
-molto di quella profonda melanconia tutta propria
-anche ai poeti del suo paese, che Nietzche
-chiama la malinconia dell'impotenza ma che
-piuttosto deriva da impressioni indelebili del
-paesaggio nordico, che s'infiltrano e restano
-nell'anima. Impotenza non propria e personale
-ma della sua epoca che a Brahms, ultimo erede
-dei classici, i quali per lui significarono la perfezione
-doveva sembrare di decadenza. Eppure
-quest'uomo sì poco comunicativo aveva un'anima
-sensibilissima e romantica, che però sapeva
-colla ferrea disciplina dei suoi studi dominare.
-Brahms fra i moderni fu quegli che studiò più
-profondamente e con vero frutto gli autori antichi,
-specialmente i grandi maestri di musica
-polifonica vocale, che basa sulle tonalità di
-chiesa e che è nel ritmo ben più ricca della nostra,
-i clavicembalisti francesi ed in genere gli
-autori antichi. Ma tutti questi elementi anche
-eterogenei si fondono nella sua mente, forse
-ad eccezione della nota romantica schumanniana,
-<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span>
-che dura fino alle ultime opere ed è
-predominante nelle prime e ciò che è strano
-dell'elemento della musica popolaresca per
-quanto idealizzata.
-</p>
-
-<p>
-Brahms ha coltivato tutti i generi della composizione
-ad eccezione dell'opera (Sinfonie, Musica
-da camera. Concerti per pianoforte, violino,
-Cori, Cantate, Requiem, ecc.). Le prime opere
-sono per eccellenza romantiche. Ma chi le studia
-attentamente vi trova altri elementi quali
-la canzone popolare, il corale protestante e
-l'arte tematica di Bach. Donde il carattere essenzialmente
-germanico della sua musica e
-quell'impronta di durezza ed austerità che la fa
-apparire più sana e potente. La melodia ed in
-genere la musica di Brahms è assai originale
-e risulta non soltanto dalla linea melodica
-stessa quanto da una combinazione speciale di
-ritmi ed armonia e dalla polifonia, (ritmi binari
-e ternari appaiati, accordi spezzati, successioni
-di terze e seste, accentuazione delle parti deboli
-della battuta, incisi ed ommissioni, ecc.).
-Il suo <i>Requiem tedesco</i> è certo una delle opere
-più potenti che furono scritte dopo le Passioni
-di Bach e gli oratori di Händel ed anche
-in questo Brahms è diverso da tutti gli
-altri autori di Messe da morto, nelle quali è
-il <i>Dies irae</i> che da l'intonazione. Le sue quattro
-sinfonie e fra queste specialmente la prima aspra
-e forte, mostrano che nessuno come egli seppe
-penetrare nei secreti della mente di Beethoven.
-E se ad esse manca qualche volta il carattere
-<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span>
-monumentale, vi è invece ammirabile la logica
-musicale e la grandiosa sapienza tecnica. Nè
-giustificata appare la critica che si fa dell'istrumentazione
-delle stesse, che si vuol dire
-incolore e monotona. Certo egli non è un pittore
-dalla tavolozza smagliante ma piuttosto
-un disegnatore di una finezza incredibile, al
-quale basta una sfumatura di tinte, perchè egli
-non vuole concentrare l'attenzione che sul contenuto.
-Perciò le opere più perfette che egli
-scrisse e quelle che presumibilmente dureranno
-più a lungo sono quelle di musica da camera
-che superano di gran lunga tutte le contemporanee
-e le odierne e sono pari a quelle di Schumann.
-Una delle forme musicali predilette da
-Brahms è la variazione che egli tratta non solo
-da gran maestro ma anche da vero poeta. Le
-sue variazioni non consistono soltanto nella
-diversa figurazione del tema e nel cambiare
-l'accompagnamento ma tenendo fermo il basso
-diventano veri pezzi caratteristici di forma svariatissima
-sia nella melodia che nel ritmo ed
-armonia.
-</p>
-
-<p>
-Brahms scrisse circa centocinquanta canzoni
-fra le quali alcune sono assai note e molte
-bellissime. In esse egli si avvicina più a Schubert
-che a Schumann.
-</p>
-
-<p>
-La musica di Brahms non fu mai veramente
-popolare e mai lo diventerà, perchè essa è arte
-della più scelta e fine e non palesa le sue bellezze
-che a chi la studia con amore ed intelletto
-d'arte. Perciò essa è arte essenzialmente
-<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span>
-esclusiva, arte per i musicisti e per gli esteti,
-che la studiano ed approfondiscono.
-</p>
-
-<p>
-I musicisti hanno continuato dopo Beethoven
-a scrivere sinfonie, ma le opere del maestro
-restano oggi dopo cento anni ancora insuperate,
-quasi fosse impossibile trovare in questo
-ramo nuove vie. Chi lo tentò ed in parte vi
-riuscì fu <i>Antonio Bruckner</i> (1824-1896).
-</p>
-
-<p>
-La sua vita non fu che un lungo martirio, da
-principio piena di stenti e lotte per l'esistenza,
-poi d'indicibili ed amari disinganni. Le sue prime
-opere furono accolte quasi dalla congiura del
-silenzio poi da motti di spirito ed improperi.
-Nella storia della musica è difficile trovare un
-parallelo con Bruckner. Musicisti di genio senza
-alcuna coltura sono assai frequenti specialmente
-nei tempi passati; ma come Bruckner abbia saputo
-concepire e scriver le sue nove sinfonie,
-è un enigma per chi lo conobbe. Egli non solo
-non aveva nessuna coltura tanto da non saper
-quasi scrivere una lettera ma non sentì mai neppure
-il bisogno di occuparsi nè dei problemi
-sociali nè di letteratura ed arte. La sua fede in
-Dio così profonda ma affatto istintiva era priva
-d'ogni critica.
-</p>
-
-<p>
-Venuto quasi sul declinare della virilità a
-Vienna, egli vi rimase fino alla morte quasi
-sbalordito e disorientato. Eppure questo uomo
-dalla faccia d'imperatore romano o da scaccino
-di chiesa è l'autore della nona sinfonia, una
-delle più grandi e potenti opere sinfoniche dei
-nostri tempi.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span>
-</p>
-
-<p>
-Bruckner, che inconscio del suo genio aggiunge
-una sinfonia all'altra nulla curandosi
-della possibilità d'un'esecuzione, lasciando vagare
-la sua fantasia negli incommensurabili
-spazi dell'ideale, questo figlio della gleba materna,
-che ne ascolta i palpiti e sa tradurre
-nelle sue note ora tutti i sussurri più delicati
-della natura, ora lo scrosciare degli elementi
-furibondi è una delle figure più tragiche della
-storia della musica. Egli scrisse a 42 anni la
-sua prima sinfonia e non subì poi pressochè
-alcuna trasformazione. Le sue sinfonie stanno
-affatto solitarie ed hanno ben pochi punti di
-confronto con altre opere. La forma esterna è
-quella solita ma il contenuto è ben diverso
-come diverse ne sono le proporzioni. Lo stile
-di Bruckner non è originale nel senso comune
-della parola, se cioè per originalità si intendono
-certi procedimenti, frasi favorite, sviluppi e
-modulazioni. Ma se per originale s'intende
-quello che è proprio di uno solo, allora è certo
-che Bruckner fu uno dei musicisti più originali.
-Tali lo fanno l'ispirazione melodica, l'ampiezza
-della linea, il michelangiolesco della concezione,
-la profonda espressione del sentimento tragico,
-l'<i>humour</i> dei suoi scherzi od il sentimento della
-natura agreste dei trio di questi. Egli che del
-mondo nulla comprendeva, sapeva parlare
-colla sua musica la lingua più moderna, più
-espressiva e profonda mostrando quanta forza
-elementare stia nell'essenza della musica, quando
-questa sgorga spontanea da un cuore riboccante.
-<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span>
-Che le opere di Bruckner non sieno perfette,
-è facile il comprendere, data la natura e la vita
-del loro autore. L'ispirazione e la tecnica non
-vanno sempre di pari passo, o per meglio dire
-egli non sa sempre combinare l'altezza dell'ispirazione
-coll'uso sapiente dei mezzi, sicchè
-noi troviamo nelle sue opere splendide ispirazioni
-alle quali seguono o precedono parti in
-cui l'autore si affanna in tessuti contrappuntistici
-senza valore. Ciò gli succede specialmente
-dopo l'esposizione del tema quando comincia
-il lavoro tematico, che per quanto spesso lunghissimo
-non ha la logica ferrea dei grandi maestri.
-Per questo si comprenderà anche che gli
-adagi e gli scherzi sono le parti più riuscite
-perchè la loro concezione formale ne era più
-facile. Altre volte l'idea felice prende proporzioni
-gigantesche ma non raggiunge il culmine
-e resta allo stato di torso, donde dipende il
-carattere frammentario di parte delle sue opere.
-</p>
-
-<p>
-Qualcuno volle chiamare Bruckner un epigone
-di Wagner e disse che egli volle portare le
-teorie wagneriane nel campo sinfonico. Certo
-è vero che Bruckner non ebbe che due idoli,
-Beethoven e Wagner e che la sua melodia ha
-alle volte della somiglianza con quella di Wagner.
-In realtà però sono ben pochi i punti di
-contatto dei due maestri.
-</p>
-
-<p>
-Le sinfonie di Bruckner non appartengono
-alla vera musica programmatica. Ma l'uditore
-in causa dei contrasti, almeno apparentemente
-senza motivo, è tentato a farsi un programma e
-<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span>
-facilmente si disorienta. E questi scatti e contrasti
-improvvisi sono forse il maggior difetto
-di Bruckner ed esso dipende certo dalla totale
-mancanza di coltura generale del maestro che
-alle volte sembra un dilettante di genio, un sentimentale
-sperduto nel nostro tempo, il <i>puro
-folle</i> della musica, che trae le sue ispirazioni dalle
-inesauste ed inconscie forze della natura senza
-alcuna preoccupazione artistica od estetica ma
-solo coll'ingenuità del genio.
-</p>
-
-<p>
-Scolaro di Bruckner ed a lui in qualche riguardo
-affine fu <i>Gustavo Mahler</i> (1860-1911).
-Ma l'affinità è soltanto superficiale e formale,
-perchè se Bruckner fu il musicista più sincero
-ed ingenuo che si può pensare, Mahler non seppe
-mai liberarsi nelle sue opere (9 sinfonie, due cantate)
-forse ad eccezione delle <i>canzoni in morte
-di un fanciullo</i> dall'istrionismo e dalle reminiscenze
-del dramma musicale ed in lui lottano
-continuamente due nature affatto diverse. Egli
-fu un cerebrale d'immensa energia e serietà di
-propositi ma senza vera genialità, una specie
-di titano colla sola forza di volontà, sempre
-tendente all'alto, sempre intento alla soluzione
-dei problemi più ardui della vita, una natura
-tragica e barocca somigliante al Kapellmeister
-Kreisler di Hoffmann o al Jean Cristophe di
-Rolland. Egli aspira alla meta più alta che non
-sa mai raggiungere perchè le forze gli mancano
-a metà strada. Egli è melodioso, chiaro, facile,
-ma la sua melodia è spesso comune anzi triviale
-e la piglia dove la trova, poco importandogli
-<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span>
-se sia ispirata e fine ma bastandogli di
-dipingere al fresco i grandi quadri immensi di
-forma e sonorità che gli nascono nella mente.
-E questa sonorità nell'ottava sinfonica (Iª parte.
-<i>Veni creator</i>, IIª parte: frammenti tolti dalla
-seconda parte del Faust di Goethe) per orchestra,
-organo, coro separato d'ottoni, doppio
-coro, coro di fanciulli, raggiunge con accordi di
-tonica e dominante e mezzi di forze quasi elementari
-il maggior grado possibile ed arriva
-quasi ad ingannarci sul contenuto.
-</p>
-
-<p>
-Il giudicare delle sue opere è compito abbastanza
-arduo. Per molti la sua musica è vera
-<i>Kapellmeistermusik</i>, scritta da un autore, che
-per la lunga pratica di dirigere le opere più
-disparate e per una grande sapienza tecnica ha
-potuto creare delle opere mastodontiche ed
-ipertrofiche, che si risentono di tutti gli stili.
-Per altri egli fu un grande musicista, che con
-ogni nuova opera si innalza sempre più in sù
-nella parabola. Al solito la verità sta forse nel
-mezzo. La prima volta che si sente una sinfonia
-di Mahler l'effetto è di sbalordimento ed egli ci
-appare ineguale, esagerato, alle volte vuoto,
-bizzarro e persino grottesco; alle volte invece
-ci irrita ma ci conquide colla grandiosità dell'idea,
-che gli balena alla mente e per la smisurata
-architettura delle sue concezioni. In ciò
-e per il miscuglio d'estatico coll'elemento popolare
-egli ha una certa somiglianza con Bruckner
-del quale non sa però raggiungere neppur lontanamente
-l'intensa espressione dei suoi temi;
-<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span>
-alle volte somiglia a Berlioz per il suo fare che
-oscilla fra l'esaltato ed il primitivo e non è
-certo priva di posa questa musica che ha sempre
-dell'artificioso, quando non si contenta di
-essere nel suo diatonismo dominante affatto
-semplice.
-</p>
-
-<p>
-La seconda metà del secolo scorso ha segnato
-una completa trasformazione del Lied o canzone
-musicale. Fra le opere più note di Brahms
-contano senza dubbio molti dei suoi lieder.
-Ma tanto egli che <i>Roberto Franz</i> (1815-1892),
-per quanto quest'ultimo sia specialmente per
-il felice connubio di elementi di canzone popolare
-con una forma assolutamente artistica da
-mettersi fra i più ispirati e felici autori di canzoni,
-non abbandonarono che poche volte la
-strada segnata da Schubert e poi da Mendelssohn
-e Schumann, vale a dire la forma melodica
-chiusa, che doveva dare l'intonazione generale
-e sintetica della poesia. <i>Ugo Wolf</i> (1860-1903)
-portò invece fra i primi nel campo della
-lirica musicale intima il principio wagneriano
-del canto declamatorio, nascente dalla parola
-stessa e raggiunse in questo genere un alto grado
-di perfezione. Egli cerca con ogni mezzo musicale
-di compenetrare la poesia anzi ogni singolo
-pensiero di essa, quasi rifacendo musicalmente
-la poesia stessa. Con ciò però la canzone venne a
-perdere almeno per noi meridionali i suoi maggiori
-pregî, perchè alla forma e bellezza melodica
-subentrò la riflessione ed il sentimento
-drammatico, che il genere di composizione non
-<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span>
-comporta. L'estrema complicazione dell'accompagnamento,
-che vuole sottolineare e spiegare
-ogni parola ha finito di snaturarne il carattere.
-Wolf fu certo un grande ingegno e fra
-le sue infinite canzoni, nate sempre da un bisogno
-intimo, ce ne sono di perfette. Anch'egli
-come tanti altri musicisti ebbe sempre a lottare
-e la sua vita non fu che un lungo martirio.
-</p>
-
-<p>
-Prima di chiudere questo capitolo sono da
-nominarsi altri musicisti, che se non seppero
-raggiungere i nominati, pure si distinsero fra
-l'infinita quantità di compositori di musica
-istrumentale che ebbe la Germania e non sono
-ancora del tutto dimenticati, quantunque la
-maggior parte delle loro opere appartenga alla
-cosidetta <i>Kapellmeistermusik</i>, un vocabolo che
-si usa per indicare tutta quella musica che fu
-scritta e si scrive con molta buona volontà e
-solide cognizioni tecniche ma poca ispirazione.
-</p>
-
-<p>
-<i>Gioachino Raff</i> (1822-1882) fu un eclettico per
-eccellenza, che cercò inutilmente di mettere
-d'accordo la tradizione classica coi nuovi indirizzi
-di Liszt e Berlioz. Ma fra le sue moltissime
-opere che per la maggior parte sono dimenticate,
-ve ne sono alcune non prive di merito
-(sinfonia <i>nel Bosco</i>, Quintetto, qualche trio
-e Quartetto).
-</p>
-
-<p>
-<i>Felice Draeseke</i> (1835-1913) fu musicista più
-forte e sano ma rude ed angoloso, sicchè egli
-non seppe mai conquidere il pubblico ad onta
-di grandi pregî. (Sinfonie, Quartetti, Oratori,
-Requiem, ecc.). <i>Max Bruch</i> (1838) ebbe giorni
-<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span>
-di fama specialmente coi suoi Oratorî e cantate
-(<i>Fritjof</i>, <i>Ulisse</i>, <i>Achille</i>, <i>La canzone della campana</i>,
-ecc.) opere di poco valore per quanto
-scritte con una certa facilità. Fra i suoi concerti
-per violino il primo in <i>sol minore</i> è ancora
-notissimo e di spesso eseguito. <i>Giuseppe
-Rheinberger</i> (1839-1901), dotto teorico e distinto
-maestro continuò per strade già battute ed oggi
-ci sembra ben poco interessante nelle sue opere,
-mentre <i>Enrico Herzogenberg</i> (1843-1890) e <i>Hans
-Huber</i> (1852) seguono fedelmente le orme di
-Brahms.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Hellborn — <i>Fr. Schubert</i>, Vienna, 1865.
-</p>
-
-<p>
-A. Reissmann — <i>Fr. Schubert</i>, Berlino, 1873.
-</p>
-
-<p>
-Dahms W. — <i>Schubert</i>, Berlino, 1912.
-</p>
-
-<p>
-Curzon H. — <i>Les lieder de F. Schubert</i>, Paris, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Bourgault-Ducondray — <i>Schubert</i>, Paris-Laurens, 1909.
-</p>
-
-<p>
-A. Reissmann — <i>F. Mendelssohn-Bartoldy</i>, Berlino, 1873.
-</p>
-
-<p>
-Hiller F. — <i>F. Mendelssohn-Bartoldy</i>, 1874.
-</p>
-
-<p>
-Schrader — <i>F. Mendelssohn-Bartoldy</i>, Lipsia, Reclam.
-</p>
-
-<p>
-Barbedette — <i>Mendelssohn</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-Stoecklin P. — <i>Mendelssohn</i>, Paris, Laurens, 1909.
-</p>
-
-<p>
-Wasielewski — <i>R. Schumann</i>, Dresda, 1880.
-</p>
-
-<p>
-Reimann H. — <i>R. Schumann</i>, Lipsia, 1887.
-</p>
-
-<p>
-Spitta — <i>R. Schumann</i>, Lipsia, Breitkopf u. Härtel.
-</p>
-
-<p>
-Batka — <i>R. Schumann</i>, Lipsia, Reclam.
-</p>
-
-<p>
-F. Liszt — <i>Fr. Chopin</i>, Lipsia, 1880.
-</p>
-
-<p>
-Ip. Valetta — <i>Fr. Chopin</i>, Torino, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Laloy — <i>Chopin</i>, Parigi, 1913.
-</p>
-
-<p>
-F. Niecks — <i>Chopin</i>, London, 1888.
-</p>
-
-<p>
-Poiré E. — <i>Chopin</i>, Paris, 1906.
-</p>
-
-<p>
-Leichtentritt — <i>Chopin</i>, Berlin, 1907.
-</p>
-
-<p>
-H. Reimann — <i>I. Brahms</i>, Berlino, 1898.
-</p>
-
-<p>
-Spitta — <i>I. Brahms nel libro Zur Musik</i>, Berlino.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span>
-</p>
-
-<p>
-Fuller-Maitland — <i>Brahms</i>, trad. tedesca dall'inglese, Berlino.
-</p>
-
-<p>
-Deiters — <i>I. Brahms</i>, Lipsia, 1898.
-</p>
-
-<p>
-H. Imbert — <i>Brahms</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-Kalbeck M. — <i>I. Brahms</i>, 3 vol., Berlino.
-</p>
-
-<p>
-Louis R. — <i>Anton Bruckner</i>, Monaco, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Graefinger — <i>A. Bruckner</i>, Monaco.
-</p>
-
-<p>
-St. Paul — <i>G. Mahler</i>, Monaco, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Specht R. — <i>G. Mahler</i>, Berlino, 1914.
-</p>
-
-<p>
-E. Decsey — <i>Hugo Wolf</i>, Berlin, 1903-1905.
-</p>
-
-<p>
-Prati R. — <i>Ugo Wolf</i>, Torino, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Weingartner F. — <i>Die Symphonie nach Beethoven</i>, Berlino,
-Fischer, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Imbert H. — <i>La Symphonie après Beethoven</i>, Paris, Fischbacher.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap20">CAPITOLO XX.
-<span class="smaller">I rivoluzionari dell'arte.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Fra le rivoluzioni e riforme musicali che abbiamo
-incontrate nel corso dei secoli nella storia
-della musica, nessuna, ad eccezione della
-fiorentina del Seicento, ha l'importanza di quella
-iniziata da Riccardo Wagner nell'opera drammatica
-e da Ettore Berlioz nella musica strumentale.
-Dopo la morte di Beethoven sembrava
-compiuto lo sviluppo della musica istrumentale
-e che fosse impossibile oltrepassare i
-confini da lui stabiliti. E difatti i maestri posteriori
-tedeschi non trovarono nuove forme nè
-aprirono nuovi orizzonti ma si contentarono di
-seguire le orme del maestro. Chi si mise per
-<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span>
-il primo per nuove strade fu <i>Ettore Berlioz</i>, che
-riconobbe che «de nouveaux besoins de l'esprit,
-du coeur et du sens de l'ouïe imposent des
-nouvelles tentatives, et même, dans certains
-cas, l'infraction des anciennes lois». I francesi
-mostrarono già per tempo una certa tendenza
-alla musica descrittiva e pittoresca come lo
-provano le composizioni per voci di Jannequin
-e quelle di cembalo di Couperin, Rameau ed
-altri. L'innovazione di Berlioz è però ben altra
-cosa, perchè egli non si contentò di seguire
-questa inclinazione nazionale, che fin allora
-non consisteva in sè che nella imitazione di
-suoni della natura ma la approfondì cercando
-di esprimere con toni situazioni e sentimenti che
-si adattano ad essere tradotti in musica. Egli è
-l'iniziatore della musica programmatica per eccellenza,
-essendo il suo supremo scopo quello
-di esprimere più fedelmente che fosse possibile
-non solamente un pensiero, un'impressione
-poetica in generale, ma un'azione seguendola nel
-suo corso, nelle sue fasi. Questo sistema doveva
-necessariamente condurre all'assoluta libertà
-della forma, ma altrettanto facile era l'oltrepassare
-i limiti segnati alla musica. E difatti con
-un passo di più ci troviamo nel campo dell'opera,
-dalla quale alcune delle opere sinfoniche
-di Berlioz poco differiscono. Ma egli non seppe
-o non volle abbandonare intieramente le forme
-tradizionali nè egli stesso per nulla chiamò la
-sua musica <i>architecturale</i>, giacchè egli tiene
-fermo per quanto possibile alla forma della sinfonia
-<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span>
-ed appunto per questo non seppe raggiungere
-il suo ideale, contrastando il formalismo
-della sinfonia colla libertà voluta dal programma.
-E forse questo è uno dei maggiori motivi che ci
-disorientano se vogliamo giudicare delle sue
-opere. E non soltanto questo. La melodia di
-Berlioz è tutta propria e ben diversa dalla
-nostra italiana. Essa manca almeno per i nostri
-orecchi di molte di quelle qualità, che noi le domandiamo
-e che Berlioz chiama <i>droleries</i>. Poi
-l'estrema libertà di ritmo, che del resto è certo
-uno dei più gran pregi delle opere di Berlioz e
-finalmente le proporzioni, che molte volte sono
-veramente straordinarie.
-</p>
-
-<p>
-Heine disse parlando della sua musica che
-essa gli fa pensare ad un usignuolo gigantesco,
-ad un'allodola dalle ali di aquila, a certi edifici
-di Ninive e Babilonia ed in questi motti di spirito
-sta nascosto anche del vero. Egli esagera
-Beethoven e ne fa quasi la caricatura, manca
-spesso d'unità nelle sue opere che di rado, ad
-onta di momenti felicissimi e geniali, ci lasciano
-intieramente soddisfatti anche perchè egli è
-figlio del suo tempo ed il suo pronunciato romanticismo
-simile a quello di Victor Hugo ed Eugenio
-Sue non è più di nostro gusto. Nessuno
-degli anteriori sa trarre invece più di lui dall'orchestra
-effetti sorprendenti ed incantevoli;
-egli sa ammaliarci con questi e soggiogarci
-colla grandiosità dei mezzi usati, ma di
-rado gli riesce di commuoverci con una semplice
-ed ispirata melodia, sicchè le sue opere
-<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span>
-sfrondate dello smagliante colorito orchestrale
-ci sembrano in molte parti bizzarre e strane e
-nella scelta degli spunti melodici non sempre
-felici.
-</p>
-
-<p>
-Berlioz ha una somiglianza spiccata con Vittor
-Hugo. Ambedue hanno una predilezione per
-il grottesco e si dilettano della sua rappresentazione.
-Ma mentre Hugo era artefice alle volte
-perfetto, il <i>volere</i> di Berlioz è maggiore del suo
-<i>potere</i> e l'uno non corrisponde all'altro; ciò che
-è specialmente palese nei primi ed ultimi tempi
-delle sue sinfonie. Egli sa spesso ingannare colla
-forza elementare dei mezzi usati, e cosa strana
-e replicantesi dopo in quasi tutti i compositori
-di musica descrittiva egli che sceglie idee poetiche
-per le sue opere è uno dei musicisti più
-realisti.
-</p>
-
-<p>
-Uno dei meriti di Berlioz sta nell'aver dato
-alla sinfonia maggior unità fra le sue parti con
-un tema dominante (<i>idée fixe</i> nella sinfonia fantastica,
-il tema della viola nell'Aroldo, ecc.) che
-egli continuamente varia e sa trasformare in
-forma drammatico-psicologica. Egli è un gran
-genio veramente nazionale come la Francia mai
-ne ebbe nè prima nè dopo e non è da dimenticare,
-che egli scrisse quasi tutte le sue opere
-principali prima che Wagner avea composto il
-Rienzi!
-</p>
-
-<p>
-<i>Ettore Berlioz</i> (nato agli 11 Dicembre 1803 a
-Cóte St. Andrè, morto agli 8 Marzo 1869 a Parigi)
-ebbe vita burrascosa e travagliata. Dopo
-aver dovuto lottare contro la volontà dei genitori
-<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span>
-per dedicarsi alla musica, dopo aver combattuto
-col bisogno, vinse il premio di Roma
-e restò per due anni nella Città Eterna, dove
-scrisse la poetica sinfonia <i>Romeo e Giulietta</i> e
-la romantica <i>Aroldo in Italia</i>, ambedue ricche
-di felici momenti ispirati e d'un colorito poetico
-insuperabile. Ma nè queste opere nè la sua
-grandiosa <i>Damnation de Faust</i>, nè l'<i>Episode de
-la vie d'un artiste</i>, l'opera che gli avea procacciato
-la simpatia e l'ammirazione di Schumann,
-furono comprese dal pubblico francese, che
-ora soltanto con tarda ammirazione cerca rimediare
-al torto d'aver disconosciuto e trascurato
-in vita uno dei suoi più grandi musicisti.
-</p>
-
-<p>
-Perciò egli si rivolse alla Germania più atta
-a comprenderlo, dove le sue opere eseguite in
-molte città e più volte sotto la sua direzione
-destarono sempre il più grande interesse ed alle
-volte persino entusiasmo, e fu in Germania che
-egli trovò i primi e più caldi fautori. Oltre
-le opere suddette Berlioz scrisse più <i>ouvertures</i>,
-fra le quali sono note quella dei <i>Francs Juges</i>
-e del <i>Re Lear</i>, un <i>Requiem</i>, che egli stesso
-chiama un cataclisma musicale, in cui alla grandiosità
-dei mezzi orchestrali corrisponde in
-parte la maestosa concezione michelangiolesca;
-l'oratorio <i>L'enfance de Christ</i>, le opere <i>Benvenuto
-Cellini</i> colla stupenda <i>ouverture</i> caratteristica,
-<i>Carneval romain</i>, <i>Les Troyens</i>, <i>Beatrice et Benedict</i>.
-I Trojani (<i>I Trojani a Cartagine</i>, <i>Cassandra</i>,
-<i>Didone</i>) contengono delle scene ispiratissime
-e certo precedono il loro tempo. Ma
-<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span>
-il tutto è di valore affatto ineguale ed i tentativi
-fatti di far rivivere quest'opera di proporzioni
-colossali sono finora rimasti infruttuosi.
-</p>
-
-<p>
-Berlioz fu pure distinto scrittore di cose musicali
-e critico arguto e ci lasciò un trattato
-sull'istrumentazione, che è un modello del genere.
-</p>
-
-<p>
-L'opera di Berlioz, certo inimitabile perchè
-troppo personale restò per anni senza frutto
-in Francia e soltanto molto tempo dopo i nuovi
-maestri accettarono in parte le sue idee e continuarono
-per la via da lui segnata. L'influsso
-che egli esercitò sulla musica istrumentale fu
-però di natura esterna, in quanto che egli è il
-padre di molti di quegli effetti incantevoli d'orchestra,
-che oggi si usano, di molte geniali
-combinazioni di suoni e coloriti, mentre l'indirizzo
-artistico esclusivo di lui non poteva divenire
-il vessillo d'una numerosa schiera. In
-un certo riguardo però, per quanto diverse furono
-le vie, egli fu il precursore di Wagner, e
-se la riforma e le idee di quest'ultimo ebbero
-più diffusione e trovarono più seguaci, ciò dipese
-non solo dalla maggiore genialità di queste
-ma altresì dal genere della musica.
-</p>
-
-<p>
-<i>Riccardo Wagner</i> (nato ai 22 Maggio 1813 a
-Lipsia, morto a Venezia ai 13 Febbraio 1883),
-dopo aver terminati gli studî universitarî e musicali
-nella sua patria, compose nel 1832 quella
-sinfonia che nel 1882 fu eseguita al Liceo Marcello
-di Venezia e che ci mostra il maestro ancora
-sotto il diretto influsso dei classici. Nell'anno
-<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span>
-seguente fa eseguire a Würzburgo le sue
-<i>Fate</i>, un'opera romantica, e nel 1831 assume il
-posto di direttore a Magdeburgo. A Riga dove
-coprì la stessa carica, comincia a scrivere il
-<i>Rienzi</i>, che voleva far eseguire a Parigi, e finitolo,
-va in quella città per farlo accettare all'Opera.
-Ma ad onta del potente patrocinio di
-Meyerbeer le porte di quel teatro gli rimasero
-chiuse ed incominciò pel giovane maestro il
-periodo più triste della sua vita, pieno di disinganni
-e privazioni materiali. Altri non dotato
-dell'energia stragrande di Wagner si sarebbe
-perduto nei vortici della vita parigina. Egli invece
-lotta, lavora fiducioso di sè e delle sue forze
-e vince. Il suo <i>Rienzi</i> è accettato a Dresda e si
-eseguisce nel 1842 con immenso successo. Nel
-1843 segue il <i>Vascello fantasma</i> e nel 1845 il
-<i>Tannhäuser</i>. Intanto si preparavano i tempi burrascosi
-che dovevano condurre alla rivoluzione
-generale del 1848, alla quale anche Wagner
-si trovò immischiato e compromesso. Condannato
-e bandito, egli fugge in Svizzera, dove
-nella quiete dei monti e lontano dai rumori
-del mondo si occupa dei problemi di riforma,
-che da lungo studiava nella sua mente e pubblica
-i suoi maggiori scritti: <i>Arte e Rivoluzione</i>,
-<i>L'Opera d'arte dell'avvenire</i>, <i>Opera e Dramma</i>,
-in cui sono spiegate e giustificate le nuove idee.
-</p>
-
-<p>
-Nel primo di questi egli fa un quadro delle
-condizioni artistiche del suo tempo e le confronta
-coll'arte greca, espressione della vita nazionale,
-mentre il principio estetico dell'arte
-<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span>
-moderna è semplicemente il divertimento. Le
-sue idee si concretano nell'<i>Opera d'arte dell'avvenire</i>,
-che deve nascere dal complesso e dall'unione
-di tutte le arti. Nel dramma la musica,
-la poesia e la danza (mimica) devono unirsi e
-formare un tutto organico coll'aiuto delle arti
-plastiche e decorative. Nell'<i>Opera e Dramma</i>
-egli fa la critica dell'opera e la dichiara un errore,
-giacchè in essa il mezzo d'espressione
-(la musica) diventa scopo e lo scopo (il dramma)
-mezzo. La vera melodia del dramma è quella
-che nasce dalla parola declamata e non quella
-che esiste per sè indipendentemente da quella.
-</p>
-
-<p>
-Nel 1850 Liszt eseguisce a Weimar il <i>Lohengrin</i>
-e diventa il più caldo fautore, l'amico più fedele
-e devoto del maestro, che nei duri anni dell'esiglio,
-ora scoraggiato e disilluso, ora pieno di
-speranza e fiducia concepisce e scrive buona
-parte della sua grandiosa <i>Trilogia dei Nibelungi</i>
-ed il <i>Tristano ed Isotta</i>. Finalmente nel 1864 il
-nobile e cavalleresco re di Baviera, l'infelice
-Lodovico, lo chiama alla sua corte, dove nel
-1865 si dà il <i>Tristano</i>, il più ispirato poema musicale
-d'amore che fu mai scritto, e nel 1868
-si eseguiscono i <i>Maestri cantori</i>, una concezione
-quasi perfetta, dove tutto è vita e movimento
-e vi domina un'infinita dolcezza e poesia. Ai
-22 Maggio del 1872 si pone la prima pietra del
-teatro di Bayreuth, realizzandosi così il sogno
-del maestro, e nell'Agosto del 1876 vi si eseguisce
-la <i>Trilogia dei Nibelungi</i>. (<i>L'oro del Reno</i>,
-<i>la Walchiria</i>, <i>Sigfrido</i>, <i>il Crepuscolo degli Dei</i>)
-<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span>
-cominciata molti anni prima, interrotta più
-volte e poi ripresa. L'ultima opera del maestro
-fu il <i>Parsifal</i> (26 Luglio 1882).
-</p>
-
-<p>
-Nietsche (Unzeitgenrässe Betrachtungen IV)
-scrive parlando delle opere letterarie del maestro:
-«Wagner come scrittore mostra sempre
-lo sforzo di un uomo forte, al quale fu troncata
-la mano destra e pugna colla sinistra. I
-suoi scritti nulla hanno di dottrinale, la teoria
-sta nelle sue opere musicali. Essi sono tentativi
-di scrutare l'istinto che lo spinse alle sue
-opere e di comprendere sè stesso. Se egli raggiungesse
-di cambiare l'istinto in coscienza, allora
-egli spererebbe che possa succedere il processo
-inverso nell'animo dei suoi lettori».
-</p>
-
-<p>
-Le teorie wagneriane nella loro sostanza non
-erano veramente nuove. Noi le abbiamo già
-trovate riconosciute dalla Camerata fiorentina e
-da Gluck. Accenni ed idee simili troviamo nelle
-Memorie di Gretry, negli scritti di Algarotti e
-per noi non è senza interesse il vedere Giacomo
-Leopardi lamentarsi nel suo Zibaldone
-(Pensieri V, 254) della povertà espressiva dell'opera
-specialmente seria cagionata «dal far
-totalmente servire le parole allo spettacolo ed
-alla musica e dalla confessata nullità di esse
-parole, dalla quale necessariamente deriva la
-nullità dei personaggi e così del coro e quindi
-la mancanza di effetto morale ossia di passione».
-</p>
-
-<p>
-Ma se non erano assolutamente nuove le teorie,
-nuova fu la maniera di Wagner di metterle
-in pratica, oppure, meglio detto, nuova fu la
-<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span>
-teoria che risultò dalle opere musicali di Wagner
-e che egli trasse da esse. Gluck mise a sommo
-delle sue aspirazioni il raggiungere la verità
-drammatica ma non seppe o volle rompere le
-forme musicali. Wagner invece parte dal principio
-che la parola deve essere nel dramma
-musicale l'elemento generante della melodia e
-che questa deve nascere dalla cadenza naturale
-ed accento della parola. Con ciò veniva bandita
-la melodia assoluta e la forma musicale. Ma
-ciò non bastava. Essendo l'azione drammatica
-un tutto organico, bisognava trovare un mezzo
-dal quale risultasse una continuità di stile. Anche
-prima di Wagner si scrisse certo della musica
-eminentemente drammatica ma soltanto
-Wagner fu quegli che concepì e seppe trovare
-per il primo uno stile drammatico continuato,
-tutto nuovo e personale con una lingua musicale
-diversa dalla solita. Quest'ultima era inadoperabile
-per lui, dove essa per accidente non
-aveva a tradurre speciali momenti lirici o poesia
-a forme fisse, p. es., a strofe. Wagner disciolse
-la melodia nei suoi elementi come già
-aveva fatto in certo riguardo Beethoven nel
-campo della musica istrumentale coi suoi sviluppi
-tematici e fu questo procedimento che lo
-condusse alla cosidetta melodia infinita che in
-sè non è altro che il canto parlato. Da questo
-deriva anche il maggior uso della cromatica
-derivata dalla cadenza naturale della declamazione,
-che ben di rado combina cogli intervalli
-diatonici.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span>
-</p>
-
-<p>
-La funzione dell'orchestra diventava tutt'altra,
-giacchè se prima la linea melodica poteva
-in certo riguardo bastare a sè stessa, ora
-l'orchestra dovea supplire a quello che il canto
-non poteva esprimere e per conseguenza diventare
-sinfonia e non più contentarsi di accompagnare.
-Ma mancando la musica istrumentale
-della parola, essa poteva ancor meno della vocale
-far senza della forma. Wagner trovò il
-mezzo di poter combinare il canto declamatorio
-colla nuova orchestra nel <i>Leitmotiv</i>, che
-è ben diversa dalla reminiscenza simbolica di
-un tema musicale, che si ripete, quando si vuol
-esprimere lo stesso sentimento o l'egual situazione
-ma che è un elemento architettonico
-della nuova musica e che le impedisce di cadere
-nel caos completo.
-</p>
-
-<p>
-Wagner, questo <i>uomo di quattro anime</i> come
-Leonardo, pensatore, patriota, poeta, musicista,
-nella storia della coltura nazionale germanica
-ha importanza simile a quella di Sofocle e
-Eschilo nella Grecia, ed assieme a Bismark ha
-destato in rami diversi il sentimento della grandezza
-del suo popolo e contribuito cogli avvenimenti
-politici al risorgimento nazionale.
-Prima di lui l'opera tedesca con pochissime
-eccezioni mancava di stile, d'ideale, d'indirizzo.
-Dopo le opere di Weber e Marschner
-si può anzi dire che nessun'opera drammatica
-tedesca si fosse elevata al di sopra della mediocrità,
-mancando in tutte il sentimento drammatico,
-la potenza e l'unità.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span>
-</p>
-
-<p>
-Wagner preferì pei suoi drammi il mito e le
-azioni leggendarie medioevali, perchè queste
-ci mostrano l'uomo liberato dai ceppi convenzionali
-e nella sua prima semplicità. Come poeta
-drammatico egli ebbe più detrattori che come
-musicista, ma le critiche fattegli sono soltanto
-giustificate in quanto concernono la lingua, più
-volte contorta, ricercata, arcaica e persino inintelligibile,
-non sempre per l'azione drammatica
-stessa, giacchè molti dei suoi drammi per l'immaginazione,
-la verità dei caratteri, il sapiente
-aggruppamento delle parti hanno grande valore
-anche come opere letterarie. Il tema prediletto
-è la Redenzione per opera dell'amore (Olandese,
-Lohengrin, Tannhäuser, Tristano, Parsifal).
-</p>
-
-<p>
-L'opera di Wagner è sì complessa che è assai
-difficile il parlare dell'elemento specifico musicale
-in essa. Studiandola devesi però conchiudere
-che la sua facoltà melodica è assai grande
-e che egli seppe, quando lo volle, creare melodie
-delle più ispirate e non solo nelle prime opere ma
-in tutte fino alle ultime. Anzi l'intensità del
-sentimento, la ricchezza armonica, la varietà
-del ritmo segnano una continua linea ascendente
-sicchè si può dire che l'aridità e l'astrusità di
-alcune parti della <i>Trilogia</i>, dei <i>Maestri cantori</i>,
-ecc., sono piuttosto le conseguenze d'una
-esagerata costanza di principî che segni di decadenza
-del genio wagneriano. I difetti di Wagner,
-e che la sua opera non fu perfetta non si
-vorrà negare neppure dai suoi più caldi fautori,
-sono per noi italiani più sensibili che per
-<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span>
-i suoi connazionali. Il maggiore è la mancanza
-di quella certa semplicità ed ingenuità, che pure
-è tante volte propria dei genî. Egli si è fatto un
-sistema e lo segue con pertinacia e costanza
-anche dove ciò diventa pedanteria e la musica
-vorrebbe prepotente rompere i legami che la
-impacciano. Wagner è un genio potente ma complicato
-e fatto in parte di riflessione. Volendo
-caratterizzare e sottolineare tutto, egli finisce
-molte volte coll'affaticare e distruggere l'impressione
-totale. Wagner non fu mai sì ispirato
-e potente che quando si dimenticò dei suoi
-principî e sistemi e questo vale non soltanto
-per le prime opere ma anche pei Maestri cantori,
-per il Tristano ed il Parsifal.
-</p>
-
-<p>
-Nessuno ebbe più caldi ammiratori di Wagner
-ma altresì nessuno più accaniti nemici. La lotta,
-oggi dopo tanti anni è ormai decisa per le
-schiere wagneriane. Qualunque sia l'opinione
-che si può avere sull'opera di Wagner, il sottrarsi
-al di lei influsso sembra oggi ormai quasi
-impossibile ed è inutile il non voler riconoscere
-che la riforma wagneriana basa, specialmente
-nella parte musicale, in gran parte su principî
-veri e giustificati. Ma Wagner è un modello pericoloso
-da imitarsi e se recò immensi vantaggi
-all'arte musicale drammatica, l'influsso che egli
-esercitò sui musicisti non fu certo sempre benefico.
-I suoi seguaci non vollero soltanto accettare
-le sue teorie nelle idee principali ma imitare
-il suo procedere e qui naufragarono. L'applicazione
-del sistema del <i>Leitmotiv</i> si mostrò
-<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span>
-finora perniciosa all'opera dei successori, perchè
-essa presuppone una potenza specialissima nel
-creare e trovare leitmotivi sì pregnanti e suscettibili
-di infinite variazioni armoniche e ritmiche
-da potere servire all'edifizio sinfonico, tutte
-qualità che ebbe il genio di Wagner ma che mancano
-quasi intieramente ai maestri posteriori.
-</p>
-
-<p>
-Wagner appartiene ormai alla storia, quantunque
-le sue opere sieno ancor oggi più vive
-che mai e sarebbe tempo di considerare in lui
-prima di tutto il musicista e non il filosofo e
-costruttore di sistemi estetici e metafisici. Egli
-fu un gran genio non perchè fu un innovatore e
-creò nuove teorie ma perchè fu uno dei più
-ispirati musicisti e riunì tutti gli elementi diversi
-in un organismo rigenerato. Egli scelse
-il mito e leggenda a soggetto dei suoi drammi,
-perchè egli credette così di rendere più intelligibile
-l'essenza dell'umanità. Ma se ciò poteva
-forse valere per i suoi connazionali o per i più
-colti di essi, questi miti dicono ben poco ai
-popoli stranieri, diversi per istinto, lingua e
-pensare, e noi latini non ammiriamo in lui che
-il grande ed ispirato musicista.
-</p>
-
-<p>
-Wagner e Verdi sono morti già da anni ed
-è perciò possibile giudicare spassionatamente
-della loro opera. Quale differenza fra questi due
-uomini nati nello stesso anno ma da un popolo
-ed in un ambiente ben diverso. Verdi crea le
-sue opere lontano dal mondo, silenzioso ed austero
-avvicendando una caduta con un successo
-senza provocare dispute, senza voler imporre
-<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span>
-sistemi. Arrivato all'estrema vecchiaia, guardando
-indietro alla via fatta e sorridente sulle
-vicende umane come un antico filosofo, ci da
-un'opera di serena ironia e giocondità. Wagner
-invece sempre in fermento ed in lotta con sè e
-gli uomini non si contenta di essere soltanto un
-musicista ma vuol essere anche poeta, filosofo,
-combatte battaglie per ogni sua opera nuova,
-ed invece di un Falstaff, scrive prima di scendere
-nella tomba il Parsifal «canto del cigno
-favoloso, ferito a morte, lunga preghiera melodica
-di un agonizzante che chiede pace, alzando
-verso un Dio ignoto la voce straziante e pur
-consolatrice, straziante e pura» (Borgese).
-</p>
-
-<p>
-Fra i numerosi ammiratori di Wagner nessuno
-fu più fedele, più sincero, più disinteressato
-del grande pianista <i>Francesco Liszt</i> ed è
-in gran parte di lui merito se i drammi wagneriani
-furono presto eseguiti e le sue teorie
-si diffusero.
-</p>
-
-<p>
-<i>Francesco Liszt</i> (nato ai 22 Ottobre 1811,
-morto ai 31 Luglio 1886), ungherese di nascita,
-fu scolaro di Carlo Czerny, il celebre pedagogo,
-e cominciò già nel 1834 quei viaggi artistici che
-gli procacciarono la fama di essere il più geniale
-dei pianisti. Dopo alcuni anni di soggiorno
-a Parigi, egli continuò fino al 1847 i suoi viaggi,
-destando dovunque inaudito fanatismo ed entusiasmo.
-Nel 1847 accettò il posto di direttore
-del teatro di Weimar dove rimase fino al 1861.
-In questo tempo egli sviluppò un'attività prodigiosa
-e Weimar divenne il centro della vita
-<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span>
-musicale germanica, al quale accorrevano i giovani,
-molti dei quali divennero scolari del maestro
-e contarono o contano ancora fra i migliori
-musicisti di Germania. Le opere della nuova
-scuola tanto le drammatiche che le istrumentali
-vi furono eseguite con ogni accuratezza, i
-nuovi problemi estetici si trattarono in articoli
-e studî. Fu anche durante quest'epoca che
-egli scrisse molte di quelle opere, per le quali
-va annoverato fra gli innovatori della musica
-istrumentale, come i <i>poemi sinfonici</i>, la sua
-sinfonia <i>Dante</i> e <i>Faust</i>, la <i>Messa di Gran</i>, ecc.
-Nel 1861 Liszt abbandonò Weimar, venne a
-Roma ubbidendo ad un suo antico desiderio di
-dedicarsi all'arte sacra e vi restò con poche
-interruzioni fino al 1870. Poi visse a Pest e
-Weimar raccogliendo intorno a sè un'eletta
-schiera di giovani scolari. Anche questi anni
-furono feraci e fra le moltissime opere di questo
-tempo le più grandi ed importanti sono gli
-oratori <i>Cristo</i>, <i>S. Elisabetta</i> e la <i>Messa ungherese
-d'incoronazione</i>.
-</p>
-
-<p>
-Liszt come compositore è certo inferiore al
-pianista. Chi non ebbe la sorte di udirlo al
-pianoforte, non può immaginare la potenza titanica,
-la passione, la dolcezza, la poesia infinita
-delle sue produzioni. Liszt non è paragonabile
-a nessun pianista, perchè egli oltrepassa tutti
-di gran lunga e non trova un parallelo che in
-Paganini. Ambedue affascinavano il pubblico,
-che era soggiogato come da una forza misteriosa.
-Liszt fu altresì un gran riformatore della
-<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span>
-tecnica pianistica. Sebastiano Bach e Domenico
-Scarlatti non si occuparono della didattica
-ma il loro sistema tecnico risulta dalle loro opere.
-La scuola tedesca basa sull'armonia ed il contrappunto
-per cui la tecnica del pianoforte (cembalo)
-somiglia a quella dell'organo. L'italiana
-si fonda invece sulla linea melodica ed i passaggi
-brillanti. Diverso era pure l'accompagnamento
-posteriore di stile leggiero: i cosidetti bassi albertini
-così chiamati da <i>Domenico Alberti</i> (1717-1740?)
-che li usò fra i primi e che furono poi
-adottati anche da Haydn e Mozart. Ma mentre
-la scuola viennese considerava la tecnica quasi
-uno scopo e finì in un mare di fantasie e variazioni
-senza alcun valore, Muzio Clementi, che
-apprese il pianoforte da Cordicelli, scolaro di
-Scarlatti, seppe fondere i pregi delle due scuole
-e da lui e dai suoi scolari <i>Giov. Cramer</i> (1771-1858)
-e <i>Giov. Field</i> (1782-1837) dipendono tutti
-i pianisti fino a Mendelssohn. Chi aprì nuovi
-orizzonti alla tecnica pianistica fu di nuovo un
-italiano, <i>Giuseppe Francesco Pollini</i> (1763-1846)
-che nella sua tecnica si avvicina ormai molto
-a Liszt, e noi troviamo già nelle sue opere la
-melodia nelle note centrali, suonata or colla
-mano destra ora colla sinistra, mentre l'accompagnamento
-si estende a tutta la tastiera, ed
-altre innovazioni ed effetti che sogliamo chiamare
-lisztiani. Il maggior merito di Liszt fu
-quello di aver introdotto la tecnica ed il colorito
-orchestrale.
-</p>
-
-<p>
-Le opere orchestrali di Liszt (dodici poemi
-<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span>
-sinfonici e due sinfonie — <i>Dante</i> e <i>Faust</i>) seguono
-lo stesso indirizzo di quelle di Berlioz. Ma mentre
-questi tentò di mantenere fino ad un certo
-punto la forma tradizionale della sinfonia, Liszt
-si libera intieramente da questa e ne crea una
-nuova più adatta al soggetto poetico, che ogni
-volta si rinnova e cambia a seconda dell'oggetto
-che cerca di rappresentare od esprimere.
-La parola, il pensiero poetico fecondano la sua
-fantasia, che però non era veramente potente.
-La sua tecnica è affatto speciale e consiste di
-solito nella trasformazione ritmica di brani dei
-temi scelti. Questi spesso non molto ispirati
-non si adattano a veri sviluppi tematici, che difatti
-mancano quasi sempre nelle opere di Liszt
-ed egli vi supplisce con ripetizioni e coi crescendo,
-ciò che gli impedisce di arrivare alla
-concretazione dell'idea originaria alle volte geniale.
-Altro difetto è il predominio dell'elemento
-retorico ed estatico. Ad onta di ciò l'importanza
-delle opere orchestrali di Liszt fu grandissima
-per la musica moderna, perchè se esse non sono
-capolavori, contengono almeno una quantità di
-nuovi elementi geniali, di idee, che additarono
-nuove vie all'arte ed alle quali Wagner attinse
-molto più di quello che si crede e che influenzarono
-la scuola russa e Riccardo Strauss.
-</p>
-
-<p>
-Egli cercò pure di riformare la musica sacra,
-tentando di fondere l'arte antica colla moderna
-e creare un nuovo stile, partendo dal principio
-senza dubbio giusto, che è impossibile rimontare
-alle origini dell'arte ed ignorare nella musica
-<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span>
-da chiesa le conquiste dei secoli moderni,
-se le emanazioni artistiche non devono rimanere
-lettera morta ma corrispondere ai bisogni dei
-tempi.
-</p>
-
-<p>
-Le canzoni di Liszt quasi sconosciute confermano
-quanto si disse perchè hanno degli elementi
-di grande drammaticità e preludiano
-alle modernissime.
-</p>
-
-<p>
-Liszt è una delle più nobili figure nella storia
-della musica, l'amico più disinteressato ed affezionato
-di Wagner e di tanti altri musicisti, per
-i quali combattè colla parola, gli scritti, l'insuperabile
-maestro, l'uomo generoso sempre pronto
-a soccorrere col consiglio e l'opera non domandando
-mai nulla per se e le sue opere.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-I. Tiersot — <i>Berlioz</i>, Paris, 1904.
-</p>
-
-<p>
-A. Jullien — <i>H. Berlioz</i>, Paris, 1888.
-</p>
-
-<p>
-Hippeau — <i>H. Berlioz, l'homme et l'artiste</i>, Paris, 1893-95.
-</p>
-
-<p>
-R. Pohl — <i>Gesammelte Schriften von H. Berlioz</i>, 1864.
-</p>
-
-<p>
-Berlioz — <i>Memorie e scritti</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-Louis R. — <i>H. Berlioz</i>, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Schurè — <i>Le drame musical</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-R. Wagner — <i>Gesammelte Schriften</i>, Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-Glasenapp — <i>Das Leben Rich. Wagners</i>, 1906.
-</p>
-
-<p>
-Chamberlain H. St. — <i>Richard Wagner</i>, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Torchi — <i>Ricc. Wagner</i>, 1890.
-</p>
-
-<p>
-Adler G. — <i>R. Wagner</i>, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Chantevoine — <i>F. Liszt</i>, Paris, 1911.
-</p>
-
-<p>
-Ramann — <i>Franz Liszt</i>, Lipsia, Breitkopf und Härtel.
-</p>
-
-<p>
-F. Liszt — <i>Gesammelte Schriften</i>, 1880-1883.
-</p>
-
-<p>
-Louis R. — <i>Franz Liszt</i>, Berlino, 1899.
-</p>
-
-<p>
-Kapp. — <i>Franz Liszt</i>, Berlino, 1914.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span>
-</p>
-
-<h2 id="cap21">CAPITOLO XXI.
-<span class="smaller">Scuole nazionali.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Fino alla metà del secolo scorso la musica
-aveva un carattere piuttosto internazionale, per
-quanto non si vorrà certo negare che in molti
-riguardi si distinsero sempre la musica italiana
-e francese dalla tedesca. Ma queste differenze
-per quanto esistenti non sono molto sensibili,
-perchè i grandi maestri tedeschi e specialmente
-gli antichi fino a Gluck e Mozart hanno subito
-l'influsso della musica italiana e francese.
-I maestri posteriori d'ogni nazione cominciarono
-invece a mostrare una fisionomia più
-decisamente nazionale come p. e. la francese
-in Berlioz, Frank e Saint-Saens, ecc., e la
-tedesca in Schumann, Brahms ed altri. Col destarsi
-poi della coscienza nazionale, sia frutto
-di guerre od avvenimenti politici o di maggior
-coltura si vennero sempre più sviluppando differenze
-anche nella musica di altre nazioni, specialmente
-delle nordiche e slave, sia perchè
-avevano conservata la loro musica popolare,
-sia perchè s'erano fondate scuole nazionali ed
-i musicisti non frequentavano più come prima
-quasi esclusivamente quelle estere. L'egemonia
-che l'Italia aveva esercitato per secoli sulla
-musica era già cessata da tempo e gliela contrastava
-la Germania. Ma se i giovani musicisti
-<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span>
-scandinavi ed alcuni dei russi accorrevano ancora
-alle scuole tedesche per apprendervi l'arte
-musicale, ritornati in patria essi cercarono di
-liberarsi dall'influenza straniera ed approfittando
-dell'immensa ricchezza della canzone e
-melodia popolare seppero dare alle loro opere
-il carattere nazionale servendosi appunto dell'elemento
-melodico e ritmico della musica
-popolare.
-</p>
-
-<p>
-La prima per tempo di queste scuole è la
-<i>Scandinava</i> che comprende la <i>danese</i>, la <i>norvegese</i>
-e la <i>svedese</i> col ramo secondario della
-musica <i>finnica</i>, che è di tutte la più recente. I
-maestri scandinavi sono quasi tutti romantici
-e derivano in ultima linea da Mendelssohn e
-Schumann col già nominato Gade quale anello
-di congiunzione. Essi prediligono perciò la musica
-istrumentale e di questa le forme minori.
-La loro musica, quantunque abbia l'impronta
-moderna non mostra alcun influsso delle nuove
-teorie rivoluzionarie ed è anzi piuttosto conservativa
-e di carattere intimo e lirico. La nota
-predominante è la melanconia in tutte le gradazioni,
-appaiata ad un sentimento intenso della
-natura e ad una felice disposizione al colorito
-istrumentale e finezze armoniche e ritmiche,
-derivanti senza dubbio da elementi etnici.
-</p>
-
-<p>
-La musica danese prima di <i>Gade</i> non ebbe
-vera impronta nazionale. Fu egli per il primo
-che consciamente, almeno nelle opere della
-giovinezza e virilità, ispirò alla sua musica
-l'elemento nazionale. Prima si usava servirsi
-<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span>
-di qualche melodia popolare per scopi speciali
-o per semplice amore di novità. Gade senza
-copiare la musica delle canzoni nordiche seppe,
-mantenendo le forme usuali creare un tipo di
-melodia o spunto musicale, che ha un carattere
-essenzialmente nazionale, sicchè la sua prima
-sinfonia in <i>do minore</i> fu ai suoi tempi una rivelazione.
-Questa sua nota speciale andò poi
-nelle opere posteriori sempre più affievolendosi,
-finchè egli finì col diventare un gentile
-ed abile imitatore di Mendelssohn. Ma Gade
-fece scuola in tutta la Scandinavia. Fra i migliori
-musicisti della Danimarca contano <i>Emilio
-Hartmann</i> (1836-1898), <i>Giorgio Mailing</i> (1836-1903),
-<i>Asger Hamerik</i> (1843), <i>Augusto Enna</i>
-(1860) che si dedica con qualche fortuna principalmente
-al dramma musicale, (<i>La Strega</i>, <i>Cleopatra</i>,
-ecc.), <i>Carl Nielsen</i> (1860).
-</p>
-
-<p>
-Maggiore impronta nazionale della danese ha
-la musica <i>norvegese</i> colle sue canzoni e danze
-caratteristiche (<i>Halling</i>, <i>Springer</i>, ecc.). Ma
-forse più che alla maggior ricchezza melodica
-e varietà delle sue canzoni essa deve la sua superiorità
-ai musicisti stessi, fra i quali <i>Kjelruf</i>
-(1815-1863) ed il celebre violinista <i>Ole Bull</i>
-(1810-1880) furono i primi che misero in onore
-la musica nazionale. Il vero rappresentante
-della scuola norvegese ed ancor oggi il più geniale
-ed importante è <i>Edgardo Grieg</i> (1843-1907).
-Egli è il poeta musicale della Scandinavia più
-di Gade e degli altri, ed ha contribuito alla conoscenza
-dell'anima nordica altrettanto che
-<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span>
-Biornsön ed Ibsen, perchè in ogni sua composizione,
-la più grande e la più piccola egli non
-smentisce mai il carattere speciale della sua
-nazione e quasi neppur volendolo sa liberarsi
-dall'influenza della musica popolare, che è diventata
-sua seconda natura e che egli pur
-creando nuove melodie e forme imita. La sua
-natura è un misto di elementi artistici e popolareschi,
-i quali si fondono organicamente, sicchè
-l'opera che ne risulta non ha nulla di artificioso
-ma è spontanea e sincera. Il Concerto
-per pianoforte, le Sonate per violino, il Quartetto,
-ecc., sono opere costruite secondo le
-norme della morfologia musicale, eppure esse
-hanno un'impronta tutta speciale, perchè il contenuto
-è diverso, diversa la melodia, il ritmo
-e l'armonizzazione.
-</p>
-
-<p>
-Grieg discende da Schumann ed è vero impressionista.
-Le sue opere sono quasi sempre
-la traduzione poetica di un sentimento che occupa
-il suo animo e che in lui, poeta dei suoni,
-trova eco e si estrinseca nella sua arte. Le opere
-più note oltre le nominate sono due <i>Suites</i> (<i>Peer-Gynt</i>)
-per orchestra, una <i>Suite</i> in stile antico
-per archi, un'<i>Ouverture</i>, i pezzi lirici per pianoforte
-e molte delle sue bellissime canzoni.
-Grieg non fu certo uno dei colossi della musica
-ma piuttosto un delicatissimo e poetico
-miniatore. Perciò le sue migliori opere non
-sono le più grandi, giacchè a lui mancava la
-potenza delle concezioni grandiose.
-</p>
-
-<p>
-<i>Cristiano Sinding</i> (1856) invece è padrone delle
-<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span>
-forme maggiori e le predilige (Sinfonie, Concerti,
-Sonate, Quintetto, Trio, ecc.). Confrontato
-con Grieg egli è certo più maschio e potente
-ma molto meno poetico nelle sue opere, meno
-fortunato negli spunti, che sono alle volte rudi
-ed aspri, meno nazionale nel colorito, meno
-lirico ma invece molto più epico.
-</p>
-
-<p>
-Altri noti musicisti norvegesi sono <i>Giovanni
-Svendsen</i> (1840-1911) che scrisse ancor giovanissimo
-le sue migliori opere (Ottetto, Sinfonie,
-Concerti, Leggende, Rapsodie, ecc.); <i>Gerardo
-Schjelderup</i> (1859) autore di drammi musicali
-e <i>Halfdan Cleve</i> (1879) (Concerti per pianoforte,
-ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Quasi le stesse caratteristiche mostra la musica
-<i>svedese</i>. <i>Ivan Hallström</i> (1826-1901) cercò
-già per tempo di liberare l'opera drammatica
-musicale dalle influenze straniere e darle un
-carattere nazionale, però con poca fortuna,
-mentre maggiore ne ebbero i tentativi di <i>Gio.
-Södermann</i> (1832-1876) di innalzare le sorti
-della canzone <i>svedese</i> e di <i>Andrea Hallén</i> (1846)
-per la musica istrumentale, che si risente della
-musica di Wagner e Liszt. <i>Emilio Sjögren</i> (1853)
-(Sonate, pezzi per pianoforte, cantate, canzoni,
-ecc.), <i>Guglielmo Stenhammer</i> (1871) e <i>Guglielmo
-Peterson-Berger</i> (1867) sono oggi i più noti musicisti
-svedesi.
-</p>
-
-<p>
-Alla musica scandinava appartiene anche
-quella della <i>Finlandia</i>, del paese dei mille laghi,
-una terra che ha pure una canzone popolare
-propria, in molti riguardi diversa della
-<span class="pagenum" id="Page_389">[389]</span>
-scandinava e russa ma affine ad ambedue. Fino
-a pochi anni fa il nome dei maestri nazionali
-non oltrepassava i confini del paese. Oggi <i>Roberto
-Kajanus</i> (1869) ed ancor più <i>Jean Sibelius</i>
-(1865) sono abbastanza noti nel mondo musicale.
-Anzi molti chiamano ora Sibelius il caposcuola
-non solo della musica finlandese ma
-della nordica in genere. Alle opere di lui (poemi
-sinfonici, sinfonie, Concerto per violino, pezzi
-per pianoforte, canzoni, ecc.), manca però quasi
-intieramente la nota ilare e gioconda ed esse
-hanno somiglianza colla natura del paese dai
-lunghi inverni, le fitte nebbie, rotte alle volte
-da qualche raggio di sole sbiadito, che mostra
-gli stagni fumanti ed il verde pallido delle erbe.
-Anche egli come Grieg non padroneggia le forme
-maggiori e non è di rado frammentario.
-</p>
-
-<p>
-La musica <i>russa</i> prima di Glinka ebbe ben
-poca importanza come arte nazionale. Sarti,
-Galuppi, Martini, Paisiello e Cimarosa per non
-nominare che i maggiori, soggiornarono a lungo
-nella Russia e vi scrissero molte delle loro opere.
-Il vero creatore della musica russa è <i>Michele
-Glinka</i> (1804-1857) l'autore della <i>Vita per lo Czar</i>
-(1837) e <i>Russlan e Ludmilla</i>, ambedue pregne
-di carattere e melodia nazionale, con novità di
-ritmi ed armonizzazione ma ben lontane da
-meritare gli esagerati entusiasmi, che destano
-ancor oggi nella loro patria. Quasi contemporaneo
-è <i>Alessandro Dargomisky</i> (1813-1869) (<i>Russalka</i>
-e <i>Convitato di pietra</i>) forse meno ispirato
-di Glinka ma ricco di sentimento drammatico
-<span class="pagenum" id="Page_390">[390]</span>
-e ricercatore di nuove forme. In questo riguardo
-si può anzi dire che egli col suo recitativo melodico,
-base di tutto il suo Convitato di pietra,
-ha molti punti di affinità cogli autori più
-moderni. <i>Alessandro Seroff</i> (1820-1871) (<i>Giuditta</i>,
-<i>Rogneda</i>) completa la triade ma non raggiunge
-neppur lontanamente i suddetti.
-</p>
-
-<p>
-Il vero e decisivo impulso a creare di proposito
-una vera arte musicale russa partì dal
-cosidetto cenacolo dei cinque (<i>Balakireff</i>, <i>Cui</i>,
-<i>Borodine</i>, <i>Rimsky-Korsakoff</i> e <i>Moussorzsky</i>), che
-per caso originariamente furono o uomini di
-scienza o soldati. Era l'epoca del fermento prodotto
-dalle opere di Berlioz, Liszt e Wagner ed
-in genere della musica programmatica e descrittiva.
-I cinque nominati bandirono la crociata
-contro la musica italiana e francese ed
-accettando i nuovi principî cercarono di metterli
-in pratica nelle loro opere sia drammatiche
-che sinfoniche. Supremo scopo poi era di dare
-alla loro musica una vera impronta nazionale
-togliendola dalla melodia e dal ritmo delle canzoni
-popolari. Queste col loro carattere oscillante
-fra il maggiore e il minore, somigliante
-molte volte alle antiche tonalità di chiesa, con
-elementi orientali frammischiati furono dai sudetti
-sapientemente utilizzati ed imitati ed
-hanno dato alle opere della scuola russa moderna
-un certo carattere esotico ed originale che ne
-è forse il maggior pregio. Il ritmo della musica
-russa ha qualche cosa di elementare che deriva
-più dalla razza che dalla volontà del musicista
-<span class="pagenum" id="Page_391">[391]</span>
-ed è svariatissimo (anche p. e. in <span class="above">5</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">4</span>,
-<span class="above">5</span>&#xfeff;&#8260;&#xfeff;<span class="below">8</span>, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Il più audace innovatore dei nominati è <i>Modesto
-Moussorzky</i> (1823-1881) quantunque egli
-non ebbe mai sufficiente padronanza della parte
-tecnica della sua arte. Egli è l'autore dell'opera
-<i>Boris Godounov</i>, che quando fu data la prima
-volta nel 1877 a Pietroburgo fu derisa e cadde
-miseramente, mentre oggi si considera come
-l'opera più audace e nuova della scuola russa.
-In essa l'arte sinfonica non ha alcuna parte,
-ma tutto è conciso, rapido ed eminentemente
-drammatico.
-</p>
-
-<p>
-<i>Cesare Cui</i> (1835) scrisse più opere drammatiche,
-<i>Angelo</i>, <i>Ratcliff</i>, ecc., e sinfoniche. Ma il
-suo maggior merito sta nell'aver combattuto
-accanitamente per i nuovi ideali specialmente
-coi suoi scritti e la sua propaganda. <i>Al. Borodine</i>
-(1834-1887) gli fu nell'ispirazione di gran
-lunga superiore e ci lasciò poche ma belle opere
-quali, p. es., il secondo quartetto, la sinfonia
-in <i>do minore</i>. Il suo <i>Principe Igor</i>, opera rimasta
-incompiuta e finita poi da Rimsky-Korsakoff
-e Glazounow è scritta piuttosto nello stile antico
-ma contiene nelle danze e nei cori delle
-pagine stupende di un colorito smagliante. <i>Nicola
-Rimsky-Korsakoff</i> (1844-1908) fu di tutti
-il più sapiente e molti dei giovani musicisti russi,
-che contano fra i migliori, furono suoi scolari.
-Egli si provò in tutti i rami della musica e quasi
-in tutti con fortuna (opere drammatiche <i>Sadko</i>,
-<i>Notte di maggio</i>, <i>Pskovitaine</i>, ecc., sinfonie,
-<span class="pagenum" id="Page_392">[392]</span>
-poemi sinfonici, <i>Antar</i>, <i>Sheherezade</i>, quartetti,
-Concerti, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-Ma più che tutti questi musicisti sono noti
-al mondo internazionale i loro contemporanei
-<i>Antonio Rubinstein</i> (1829-1894) e <i>Pietro Tschaikowsky</i>
-(1840-1893). Il primo, celebre pianista e
-fecondissimo autore di opere teatrali (<i>Nerone</i>,
-<i>Feramor</i>, <i>Maccabei</i>, <i>Demonio</i>, ecc.), sinfonie,
-concerti, musica da camera, canzoni, oratorî,
-ecc., è oggi pressochè dimenticato, quantunque
-nelle sue opere sieno numerosi i momenti di
-vera ispirazione geniale. Ma in tutta la sua stragrande
-produzione non c'è un'opera di maggior
-mole che sia veramente perfetta. Spunti dei più
-eletti si avvicendano con frasi comuni, ed ad un
-tempo riuscitissimo ne seguono degli altri,
-scritti senza ogni cura, nei quali l'autore si
-trascina innanzi con lunghe esposizioni e lavori
-tematici senza alcun valore.
-</p>
-
-<p>
-Tschaikowsky è più moderno, più sincero per
-quanto più bizzarro, più lirico che drammatico.
-Egli è incoerente nello stile ma spesso assai
-ispirato. Fra le sue opere (<i>Eugen Onegin</i>, <i>Jolanda</i>,
-<i>Mazeppa</i>, ecc., Sinfonie, Quartetti, Concerti,
-Suites, ecc.), emerge su tutte la sesta sinfonia
-in <i>Si minore</i>, la patetica, una delle migliori
-opere sinfoniche degli ultimi decenni,
-calda di fantasia, piena di contrasti, varia nei
-ritmi e coloriti.
-</p>
-
-<p>
-Tanto Rubinstein che Tschaikowsky non sono
-musicisti sì schiettamente nazionali quanto i
-suddetti, quantunque molti dei temi delle loro
-<span class="pagenum" id="Page_393">[393]</span>
-opere abbiano carattere russo nazionale, ciò
-che vale specialmente delle composizioni di
-Tschaikowsky. La nuova scuola russa li ha perciò
-piuttosto trascurati e cominciò col foggiare
-la sua musica servendosi quasi intieramente di
-melodie nazionali. Così le opere di <i>Alessandro
-Glazounow</i> (1865), il capo dei giovani russi (7
-sinfonie, poemi sinfonici, quartetti, ecc.), talento
-fecondissimo e precoce, fino alle ultime di
-pochi anni fa, sono di carattere spiccatissimo
-nazionale quasi ostentativo e lo stesso si può
-dire di quelle degli altri migliori: <i>Soloview</i>,
-<i>Liadow</i>, <i>Juon</i>, <i>Tanéjew</i>, <i>Glière</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Da qualche tempo è però sensibile una certa
-reazione, del resto salutare ed utile, perchè la
-troppa predominanza dell'elemento melodico
-nazionale finiva a rendere monotone le nuove
-opere. La produttività dei musicisti russi moderni
-è stragrande. Venuti tardi essi sembrano
-quasi voler guadagnare il tempo perduto e le
-loro sinfonie, poemi sinfonici e quartetti non si
-contano più. Il pubblico cosmopolita accolse
-tutte queste opere con grande simpatia, perchè
-esse portavano finalmente una nuova nota. Ma
-oggi si può ormai accorgersi di una diminuzione
-di interesse, come è successo colla musica nordica.
-Le melodie russe sono poco varie, o nenie
-melanconiche, che ricordano le steppe oppure
-piccole danze che si ripetono fino all'infinito.
-Il loro valore intrinseco è perciò molto relativo
-e se quei temi possono servire ad episodi e
-sono suscettibili di coloriti svariati, essi si
-<span class="pagenum" id="Page_394">[394]</span>
-adattano poco ad essere usati nelle forme maggiori
-della musica. Ma comunque ciò sia, la
-musica russa ha avuta una certa influenza sulla
-musica moderna in generale e ci ha resi attenti
-ad una quantità di musicisti, maestri dell'arte
-dell'orchestrazione e dell'armonia quasi sempre
-assai interessante, ricchi di temperamento esuberante,
-concettosi e non di rado ispirati ma
-altresì spesso bizzarri e brutali nella ricerca
-dei contrasti più crassi, poco amanti del serio
-lavoro tematico ed ancor lontani dal raggiungere
-quel grado di misura che è necessario
-alle opere durature.
-</p>
-
-<p>
-La disposizione del popolo <i>boemo</i> alla musica
-è proverbiale ed infiniti sono i musicisti
-boemi specialmente suonatori di strumenti, dai
-più celebri virtuosi ai più meschini suonatori
-girovaghi. Ma una vera musica boema oltre a
-quella delle canzoni e danze popolari si venne
-formando soltanto dopo che anche i boemi si
-ricordarono di non essere soltanto una parte
-dell'Austria ma una nazione con lingua e letteratura
-propria e si destò il sentimento nazionale
-e patriottico.
-</p>
-
-<p>
-Il padre della nuova musica boema è <i>Federico
-Smetana</i> (1824-1884), vero musicista di razza, il
-creatore dell'opera nazionale (<i>La sposa venduta</i>,
-<i>il Secreto</i>, <i>Dalibor</i>, <i>Il bacio</i>, ecc.), ed autore di
-una specie di epopea nazionale in musica,
-<i>La mia patria</i>, serie di sei poemi sinfonici,
-scritti a somiglianza di quelli di Liszt, ma certo
-più ispirati e più semplicemente concepiti. Pochi
-<span class="pagenum" id="Page_395">[395]</span>
-anni prima della sua morte minacciato dalla
-pazzia e quasi sordo scrisse un quartetto per
-archi <i>Dalla mia vita</i>, che è un'opera di gran
-passione e sentimento tragico. Fra le opere
-teatrali <i>la Sposa venduta</i> è la migliore e la sua
-freschezza melodica e ritmica va a gara con
-una fattura sapientissima ed un colorito orchestrale
-dei più fini.
-</p>
-
-<p>
-L'eredità di Smetana fu raccolta da <i>Antonio
-Dvorak</i> (1841-1904), senza dubbio il più grande
-musicista boemo, dotato di ispirazione, ricco
-di fantasia, colorista per eccellenza, spontaneo
-e fecondo. La musica di Dvorak (opere
-teatrali, quartetti, sinfonie, concerti, oratori,
-poemi sinfonici, ecc.), ha l'impronta nazionale
-ma essa gli viene più per istinto che per volontà,
-diversamente da Smetana. Meno profondo
-e sapiente di Brahms, che fu quegli
-che gli aprì la strada nel mondo musicale,
-egli è certo di lui più melodioso, più accessibile
-al pubblico. Il campo in cui egli eccelse
-e scrisse opere forse durature è quello della musica
-assoluta. Ma dopo un soggiorno di alcuni
-anni in America egli si convertì per sua disgrazia
-alla musica programmatica e le sue ultime
-opere non possono mettersi a paro con quelle
-anteriori. Dvorak era un musicista troppo istintivo,
-soltanto un musicista, non complicato con
-un esteta e filosofo ed egli si fermò soltanto
-all'esteriorità e credette bastare la traduzione
-musicale di un soggetto poetico passo per
-passo, verso per verso, per scrivere dei poemi
-<span class="pagenum" id="Page_396">[396]</span>
-sinfonici. Ad onta di ciò c'è tanto d'ispirato e
-sano nella sua musica, tanta superiorità tecnica
-e tanto splendido colorito orchestrale da non
-comprendere come le sue opere ad eccezione
-di qualche quartetto vadano ormai in dimenticanza.
-</p>
-
-<p>
-Un altro musicista boemo che meriterebbe
-esser più noto di quello che è, fu <i>Zdenko Fibich</i>
-(1850-1900), vero poeta del pianoforte. Fra
-i contemporanei si distinguono <i>Viteslavo Novâk</i>
-(1870), ardito e nuovo, <i>Giuseppe Suk</i> (1874).
-</p>
-
-<p>
-Una vera musica <i>inglese</i> non esiste ad eccezione
-di quella delle vecchie canzoni, alle quali
-non si può negare una fisionomia propria. Eppure
-anche in Inghilterra si coltivò e si coltiva
-con amore e perseveranza la musica ed i maggiori
-maestri di tutte le nazioni vi trovarono o
-personalmente o colle loro opere sempre cordiale
-accoglienza. Le sorti della musica inglese
-si rialzarono però già da molti anni e mentre
-prima non si potevano nominare oltre i musicisti
-di altri tempi che due inglesi, che ebbero anche
-sul continente qualche fama (<i>Vincenzo Wallace</i>
-(1814-1865) la <i>Maritana</i> e <i>Michele Balfe</i> (1808-1870)
-la <i>Zingara</i>) oggi sono parecchi i maestri
-inglesi che sono notissimi specialmente nel
-ramo dell'oratorio e della musica sinfonica.
-</p>
-
-<p>
-Questi sono <i>Alessandro Mackenzie</i> (1847),
-<i>G. A. Macfarren</i> (1813-1887), <i>Arturo Sullivan</i>
-(1842-1900), <i>Ferd. Cowen</i> (1852), <i>Carlo Standford</i>
-(1852), <i>Hubert Parry</i> (1848), <i>Granville Bantock</i>
-(1868) e sovratutti <i>Edoardo Elgar</i> (1857).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_397">[397]</span>
-</p>
-
-<p>
-Quantunque quasi tutti questi musicisti si
-dedicarono anche alla musica istrumentale, la
-loro predilezione è però rivolta all'oratorio sia
-biblico che di altro soggetto e ciò forse meno
-per un bisogno artistico della loro anima quanto
-per il fatto, che i numerosi festivals annui provocano
-una produzione di simili opere, che negli
-altri paesi sono in completa decadenza. La possibilità
-poi di esecuzioni con gran masse corali
-assai disciplinate influisce altresì sui maestri,
-che come p. e. Bantock ha potuto scrivere una
-grande sinfonia corale, <i>Atalanta a Caledonia</i>
-(1912) senza orchestra per venti gruppi di voci
-usate come strumenti. Di tutti questi oratori
-due soli sono noti sul continente, <i>il sogno di
-Geronzio</i> e gli <i>Apostoli</i> di Elgar.
-</p>
-
-<p>
-Una posizione a parte prende <i>Ethel Smyth</i>
-(1858) uno spirito irrequieto che cominciò seguendo
-vie già battute per trasformarsi e convertirsi
-poi ad una lingua più moderna nelle
-sue due opere, la <i>Foresta</i>, e specialmente i <i>Naufraghi</i>.
-Fra le donne compositrici Smyth supera
-certo di gran lunga le colleghe d'ogni paese.
-</p>
-
-<p>
-Quantunque la musica inglese sia piuttosto
-di carattere conservativo, anch'essa non ha
-potuto sottrarsi al modernismo musicale odierno
-e non mancano giovani musicisti, che hanno
-tendenze nazionali e cercano di dare un carattere
-specifico alla musica inglese basandosi
-specialmente sulla canzone popolare. A questo
-gruppo appartengono <i>Ralphe Vaughan Williams</i>
-(1872), <i>Percy Grainger</i> (1882) e <i>Cirillo
-<span class="pagenum" id="Page_398">[398]</span>
-Scott</i>, il più avanzato fra i nominati. In ultima
-linea manca però alla musica moderna
-inglese ancora la vera ispirazione ed essa è
-internamente piuttosto fredda e senza passione.
-</p>
-
-<p>
-La musica <i>americana</i> è ancor giovane e manca
-come l'inglese di propria fisionomia, non esistendo
-una vera canzone popolare. L'unico musicista
-americano, che ha una nota specifica è
-<i>Edvardo Mac Dowel</i> (1861-1908), autore di poemi
-sinfonici, concerti, suites, ecc. Le sue migliori
-opere sono però certo quelle per pianoforte e
-specialmente le minori (<i>Sea pieces</i>, ecc.) e molte
-canzoni. Altri musicisti americani di qualche
-nome sono: <i>Edgar Kelley</i> (1857), <i>Giorgio Cladwik</i>
-(1854) e <i>Orazio Parker</i> (1863).
-</p>
-
-<p>
-A completare l'enumerazione delle scuole nazionali
-sono da aggiungersi la <i>belga</i> o <i>fiamminga</i>
-e la <i>spagnuola</i> quantunque per ambedue
-non si possa parlare di tendenze decisamente
-nazionali. <i>Pietro Benoit</i> (1834-1901) ha scritto
-più opere teatrali ed oratori su testi fiamminghi
-ma senza una vera nota personale. <i>Edgardo Tinel</i>
-(1854-1912) ebbe qualche successo col suo oratorio
-<i>Franciscus</i> ma egli è nelle sue opere piuttosto
-dotto che ispirato. <i>Jan Blockx</i> (1851-1912)
-è con <i>Paolo Gilson</i> (1865) forse il più originale e
-moderno dei nominati.
-</p>
-
-<p>
-Un'opera <i>spagnuola</i> o <i>portoghese</i> non esiste
-e la musica di quei paesi dopo Vittoria, Morales
-e Guerrero non ha quasi più importanza
-nella storia della musica e si contenta di produrre
-<span class="pagenum" id="Page_399">[399]</span>
-<i>Zarzuele</i> (operette). Un'eccezione è però da farsi
-per <i>Filippo Pedrell</i> (1841), dottissimo cultore
-degli studî musicali storici ed autore di una
-Trilogia: <i>I Pirenei</i> (1902) opera di gran polso,
-concepita modernamente. Negli ultimi anni è
-però innegabile un risorgimento anche nella
-Spagna e le opere dei musicisti moderni (<i>Ripolles,
-Pujol, Morera, Manuel de Falla, Laparra</i>
-e <i>Turina</i>, ecc.), cominciano a mostrare serietà
-di studî ed un nuovo indirizzo promettente.
-</p>
-
-<p>
-Il maggiore di tutti i musicisti spagnoli moderni
-e quello che sembrava destinato a rialzarne
-le sue sorti fu <i>Isacco Albeniz</i> (1861-1910). Più
-che le altre sue opere sono quelle per pianoforte,
-specialmente la raccolta <i>Iberia</i>, che lo
-innalzano sugli altri. Gli spagnoli moderni compreso
-Albeniz derivano però dalla scuola modernista
-francese e di veramente nuovo non c'è
-nelle loro opere che l'elemento spiccato popolaresco,
-che però non è gran fatto vario, perchè
-non sa sortire dal ritmo di danza.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Walter Niemann — <i>Die Musik Skandinaviens</i>, Breitkopf
-und Härtel.
-</p>
-
-<p>
-Soubies A. — <i>La musique scandinave au XIX siècle</i>. Rivista
-italiana, anno 8º, fasc. 2º, e 9º fasc. 4º.
-</p>
-
-<p>
-Harwart E. — <i>La musique actuelle dans les Etats Scandinaves</i>,
-Paris, Fischbacher, 1910.
-</p>
-
-<p>
-H. F. Finks — <i>Edvard Grieg</i>, London, John Lane, anche
-trad. ted. Stuttgart. Grüninger.
-</p>
-
-<p>
-Schielderup und Niemann — <i>Grieg biografie</i>, Lipsia, Peters
-</p>
-
-<p>
-Cui C. — <i>La musique en Russie</i>, Paris, Fischbacher, 1881.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_400">[400]</span>
-</p>
-
-<p>
-Soubies A. — <i>Précis de l'Histoire de la musique russe</i>, Paris,
-Fischbacher, 1903.
-</p>
-
-<p>
-Bernstein N. — <i>Anton Rubinstein</i>, Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-Zabel E. — <i>Anton Rubinstein</i>, 1892.
-</p>
-
-<p>
-Calvocoressi — <i>Glinka</i>, Paris, 1911.
-</p>
-
-<p>
-Knorr. I. — <i>Tschaikowsky</i>, Berlino, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Tschaikowski M. — <i>Tschaikowski</i>, 1904, trad. in tedesco da
-P. Iuon.
-</p>
-
-<p>
-Calvocoressi — <i>Moussorzsky</i>, Paris, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Pougin A. — <i>Essai historique sur la musique en Russie</i>. Rivista
-musicale italiana, Vol. III. e IV.
-</p>
-
-<p>
-Bruneau A. — <i>Die russische Musik</i>, Berlin, Bard-Marquardt
-et Comp.
-</p>
-
-<p>
-Batka R. — <i>Geschichte der boemischen Musik</i>, Berlin, Bard-Marquardt
-et Comp.
-</p>
-
-<p>
-Streatfeild R. A. — <i>Musiciens anglais contemporains</i>, Paris,
-1913.
-</p>
-
-<p>
-Maitland J. A. Fuller — <i>Englische Musik in the XIX century</i>,
-London, Grand Richards, 1902.
-</p>
-
-<p>
-Elson L. C. — <i>The history of American Music</i>, New-York,
-Macmillan, 1904.
-</p>
-
-<p>
-Soubies A. — <i>La musique en Espagne</i>, Paris, 1900.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap22">CAPITOLO XXII.
-<span class="smaller">La musica italiana, francese e tedesca
-dei nostri giorni.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-Il progresso che la coltura musicale ha fatto
-durante gli ultimi decenni in Italia è veramente
-notabile. Per comprenderlo è necessario richiamarsi
-alla memoria i tempi non molto lontani,
-quando l'ignoranza la più crassa circa le maggiori
-<span class="pagenum" id="Page_401">[401]</span>
-opere della musica istrumentale ed in genere
-della straniera era la regola e, ciò che è
-peggio, questo non valeva soltanto per il pubblico
-ma anche per la maggior parte dei musicisti
-stessi che senza ombra di veri ideali e
-senza sufficiente preparazione si mettevano a
-scrivere per il teatro. Su questo triste stato di
-cose influiva l'istruzione che s'impartiva ai giovani
-nei Conservatori da maestri senza vera
-coltura nè musicale nè generale, che si contentavano
-di insegnare quel tanto della loro arte che
-era assolutamente necessario e che, perchè essi
-avevano scritto un paio d'opere teatrali, avviavano
-i loro allievi per quella strada, che allora
-era l'unica aperta, anche se essa non si adattava
-al talento specifico dello scolaro. A difficoltare
-poi il miglioramento contribuiva il concentrarsi
-dell'interesse del pubblico al solo
-teatro, che non era che luogo di divertimento
-e svago ma ben raramente di educazione e coltura.
-La mancanza di orchestre stabili e società
-corali costringeva del resto i musicisti
-a trascurare altri rami della musica oltre la
-teatrale.
-</p>
-
-<p>
-Tra i primi che contribuirono al risveglio
-musicale ed a rialzare la coltura vanno nominati
-<i>Alberto Mazzuccato</i> (1813-1877) direttore
-del Conservatorio di Milano, miglior maestro che
-compositore, uomo di profondo sapere, critico
-perspicace e studioso di nuove cose ed <i>Antonio
-Bazzini</i> professore di composizione e poi direttore
-del Conservatorio di Milano.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_402">[402]</span>
-</p>
-
-<p>
-Eran quelli gli anni della maggior vitalità
-delle opere di Giuseppe Verdi, che brillava
-quale astro solitario ed era l'unico rappresentante
-vivente della musica italiana all'estero.
-Ma per ragioni che non è qui il luogo di ricercare,
-le opere di Verdi non ebbero nella sua
-patria tanti imitatori, quanto si avrebbe potuto
-credere ed i nuovi maestri cercarono altri modelli
-da imitare, che dapprima furono Gounod
-e poi Bizet e finalmente Massenet. Di un'imitazione
-wagneriana non si poteva parlare nè
-prima nè dopo, giacchè se è innegabile che i
-principî cardinali delle teorie wagneriane hanno
-influito in genere su tutta la musica da teatro,
-i maestri italiani dalle opere di Wagner appresero
-soltanto alcuni procedimenti tecnici ma si
-fermarono piuttosto alla superficialità, ciò che
-fu forse fortuna, giacchè l'imitazione wagneriana
-ha in Germania e Francia isterilito una
-quantità di talenti di secondo rango.
-</p>
-
-<p>
-Un maestro dell'epoca di transizione, per
-non parlare di Arrigo Boito, che sta a parte e
-di <i>Cesare Dominicetti</i> (1821-1888) che è dimenticato
-più di quanto merita, fu <i>Alfredo Catalani</i>
-(1854-1895). Educato prima di compire i suoi
-studi in Italia al Conservatorio di Parigi, egli cominciò
-con un'egloga musicale <i>La falce</i> (1875)
-che sembrò ai suoi tempi una rivelazione e che
-è da mettersi fra le sue migliori composizioni.
-Seguirono poi l'<i>Elda</i>, opera farraginosa ma
-piena di promesse, che divenne poi la <i>Loreley</i>,
-l'<i>Edmea</i> più facile ma di minor valore, la <i>Dejanice</i>
-<span class="pagenum" id="Page_403">[403]</span>
-e la <i>Wally</i> (1892) che ancora si eseguisce
-con plauso. Catalani fu fra i primi in Italia ad
-abbandonare le antiche forme ed a creare il
-dramma musicale. Egli era un'anima gentile,
-delicata, inclinante al patetico e sentimentale
-senza troppo impeto drammatico. La sua vena
-inventiva non è gran fatto originale nè potente
-ma sempre fine. Egli è un pittore di primo
-rango e sa descrivere con mille interessanti
-particolari il paesaggio. In ordine di tempo egli
-è da ritenersi il primo della scuola dei cosidetti
-veristi posteriori, per quanto i libretti, che egli
-mise in musica appartengono al più puro ed
-esagerato romanticismo, e tale lo fanno la maniera
-di concepire il dramma musicale, la ricerca
-dei particolari e traduzione del testo.
-</p>
-
-<p>
-La parola verismo musicale e la scuola italiana
-del verismo è di data posteriore ed il nome
-ci venne dalla Germania. In complesso la prima
-non vuol dir nulla, giacchè se per essa s'intende
-imitazione di cose del mondo esterno
-coi mezzi della musica, i maestri italiani non
-furono più veristi di altri stranieri. Comunque,
-i maestri italiani moderni hanno una fisionomia
-propria e pur mantenendo abbastanza fedelmente
-il carattere nazionale, hanno influito a
-creare l'opera moderna, liberandola da tutto il
-romanticismo antico e sostituendo a marionette
-storiche o d'invenzione veri uomini che sentono,
-soffrono, amano, odiano e gioiscono.
-</p>
-
-<p>
-Ma se ciò successe, non bisogna credere che
-il merito sia esclusivo dei musicisti, chè essi
-<span class="pagenum" id="Page_404">[404]</span>
-non fecero anzi che seguire l'indirizzo dei
-tempi e della produzione letteraria, che s'era
-già messa per quella via. L'ambiente era perciò
-preparato ed è naturale che i giovani musicisti,
-figli del loro tempo, abbiano cercato quei
-drammi che più s'adattavano all'indirizzo ormai
-generale. Dato questo, era sottinteso che il
-musicista che sceglieva un dramma scritto alla
-maniera nuova, non poteva metterlo in musica
-come si faceva prima. Del resto la predilezione
-di soggetti del più crasso realismo fu cosa abbastanza
-passeggiera e come i romanzi di Zola
-hanno perduto oggi gran parte del loro interesse,
-i musicisti hanno quasi cessato di occuparsi
-esclusivamente di fatti di sangue ed azioni
-da postribolo. Qualunque però sia il giudizio
-che si vuol dare delle opere musicali nate sotto
-questa stella, il fatto dell'immenso successo
-che alcune di esse ebbero non soltanto in Italia
-ma anche in altri paesi, è prova del principio
-di vitalità a loro inerente e noi fummo non solo
-liberati dall'incubo dell'imitazione wagneriana
-ma furono aperte nuove vie all'opera moderna,
-che forse sarà la psicologica, cioè quella che cercherà
-scrutare i più profondi sentimenti umani.
-Egli è perciò ben a torto che la critica, specialmente
-la straniera, si è divertita a detrarre
-in ogni modo le opere dei maestri italiani moderni
-ed a voler disconoscere quel tanto di nuovo
-e quei sani principî che esse contengono e far
-credere che il tutto non fu che una bolla di sapone
-o una felice speculazione di un accorto
-editore.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_405">[405]</span>
-</p>
-
-<p>
-Di tutte le opere di questi maestri la più fortunata
-e quella che ancor oggi conserva quasi
-tutta la sua vitalità è la <i>Cavalleria Rusticana</i>
-(1890) di <i>Pietro Mascagni</i> (1863), un'opera di genio
-ad onta dei suoi gravi difetti, piena di impeto
-e calore di giovinezza, ricca d'ispirazione,
-chiara, drammatica, sincera e nazionale, che
-non sarà senza importanza nella storia della musica
-teatrale, perchè per la prima volta vi domina
-l'elemento popolare semplice ed istintivo.
-I difetti stanno specialmente nella deficienza
-del lavoro tematico, alla quale cercano supplire
-le ripetizioni in altri toni, nella ricerca troppo
-palese dell'effetto con mezzi spesso affatto esteriori
-e comuni, in somma nella superficialità dell'apparato
-tecnico. Mascagni diventò colla Cavalleria
-specialmente per gli stranieri l'antesignano
-della scuola verista probabilmente senza
-merito o colpa, perchè fu certo il caso che gli
-offrì un buon libretto nè egli quando lo scelse
-era uomo da mulinare nella sua mente riforme.
-La Cavalleria divenne il modello di molte altre
-opere che sono scritte sulla stessa falsariga e
-che esagerano i difetti di Mascagni. Due di
-queste <i>A basso porto</i> di <i>Nicola Spinelli</i> e <i>Santa
-Lucia</i> di <i>Antonio Tasca</i>, si mantennero alcun
-tempo nel repertorio dei teatri di Germania
-e sembravano buone promesse, che però non
-ebbero seguito.
-</p>
-
-<p>
-Mascagni non seppe più raggiungere colle sue
-opere posteriori, il successo della Cavalleria.
-Già <i>L'amico Fritz</i> ed i <i>Rantzau</i> non hanno più
-<span class="pagenum" id="Page_406">[406]</span>
-la spontaneità melodica della prima opera e vi
-si sente la volontà di essere più ricercato, più
-fine specialmente nell'armonia, che del resto è
-spesse volte nuova ed interessante. Nei Rantzau
-poi c'è troppa spezzatura ed un affannoso cambiamento
-di tempi senza necessità ma solo per
-amore di nuove cose. Del <i>Ratcliff</i> si disse che
-fosse opera in parte scritta prima della Cavalleria.
-Comunque, è innegabile che è opera forte
-e che contiene delle splendide pagine. L'<i>Iris</i>,
-venuta dopo, è l'opera che si distacca di più
-da ogni altra del maestro, compresa l'<i>Amica</i> e
-le <i>Maschere</i>. Il soggetto giapponese ne fu soltanto
-in parte la cagione, giacchè della musica
-giapponese Mascagni non potè o volle servirsi
-e neppure del colorito locale. Ma egli, come prima
-di lui fece Bizet, si creò egli stesso un ambiente
-nuovo con colorito speciale adatto, ciò che val
-più che seminare quà e là qualche spunto melodico
-tolto dalle canzoni popolari ed ha adornato
-la delicata creatura giapponese di molte
-grazie, soffondendola di una grande poesia, che
-esala il suo profumo in tutta l'opera, certo la
-migliore e più ispirata dopo la Cavalleria. Le
-<i>Maschere</i> non ebbero successo e ben difficilmente
-potevano averlo per l'infelicissimo libretto che
-è inetto a poter ispirare un musicista e perchè
-la musa di Mascagni ha ben poco di comico
-ed è naturalmente drammatica e passionale.
-Oltre a ciò a Mascagni mancava la coltura necessaria
-ed il senso storico per riescire a rianimare
-le antiche maschere italiane oppure realizzare
-<span class="pagenum" id="Page_407">[407]</span>
-musicalmente la satira, che il poeta forse
-aveva in mente.
-</p>
-
-<p>
-Le tre ultime opere (<i>Amica, Isabeau, Parisina</i>)
-segnano ormai una completa decadenza.
-A Mascagni non fanno certo difetto il talento,
-l'ispirazione, la foga drammatica, l'intuizione,
-insomma tutto quello che era necessario per
-farne un grande maestro. Ma a lui mancano
-invece la severa critica e la disciplina verso
-se stesso, l'assoluta serietà di propositi, una cultura
-musicale estetica ed anche la sapienza
-tecnica. Mascagni è un miscuglio di geniale e
-mediocre, spesso superficiale ed ineguale. Egli
-non ha veri principi e persuasioni fondate ma
-passa dal verismo al romanticismo ed al simbolismo
-senz'altra cagione del caso che gli
-porta un libretto invece d'un altro. Data questa
-sua natura e psiche era forse meglio per lui
-rimanere sempre lo stesso, quello della Cavalleria,
-come gli antichi maestri, che si recavano
-alcuni mesi o settimane prima in una città per
-scrivervi un'opera magari senza saper quale,
-insomma non preoccuparsi di problemi estetici
-e tecnici ma scrivere come gli dettava l'ispirazione
-del momento. Il volersi affinare e cambiare
-fu possibile ad una natura riflessiva ed
-austera come quella di Verdi ma non a lui.
-Egli lo tentò ma non è riuscito che a snaturarsi.
-Di questa decadenza i sintomi sono già palesi
-nell'Amica, che nulla ha di nuovo e che è anche
-melodicamente deficiente. L'Isabeau è forse
-meno tormentata della sorella ma in essa si
-<span class="pagenum" id="Page_408">[408]</span>
-ripete il tentativo di riescir nuovo ed interessante
-con procedimenti piuttosto ingenui come
-p. e. l'eterno modulare senza vera ragione ed
-il contorcimento della melodia, ciò che s'era
-già palesato nei Rantzau. L'intermezzo è di una
-povertà opprimente e nulla ha di sinfonico come
-in genere la musica di Mascagni. Perchè poi
-egli, mancante affatto di vena mistica e che
-non fu mai certo un sognatore abbia scelto
-un soggetto come Isabeau, è difficile capire,
-se non si vuole ammettere che anch'egli abbia
-voluto sacrificare alla mania erotica del tempo,
-per quanto l'erotismo nell'Isabeau non sia che
-latente. E come era naturale il musicista non
-ha potuto ispirarsi ad un libretto rancido di
-romanticismo dove le didascalie devono supplire
-alla vita drammatica e non ha trovato
-che frasi musicali internamente vuote. Nè miglior
-sorte ebbe la Parisina, dove la magniloquenza
-di D'Annunzio ha trascinato Mascagni
-ad un continuo fraseggiare senza nerbo e contenuto,
-perchè nessun musicista ha bisogno
-come egli di un testo semplice, tutto materiato
-d'azione e senza disquisizioni. E Mascagni, che
-pur altre volte ebbe dei momenti ispirati e felici
-nella descrizione della natura, specialmente
-del mattino, non ha saputo neppur tradurre
-quel tanto di poetico, che pur c'è nell'ambiente
-della Parisina.
-</p>
-
-<p>
-Mascagni oggi non conta pressochè più che
-per la sua Cavalleria e ciò è triste, perchè egli
-per la sua esuberante passionalità, per l'italianità
-<span class="pagenum" id="Page_409">[409]</span>
-della sua vena ingenua ma sincera e spontanea
-sembrava destinato a rinnovellare il melodramma
-italiano.
-</p>
-
-<p>
-Quasi pari al successo della Cavalleria fu
-quello dei <i>Pagliacci</i> (1892) di <i>Ruggero Leoncavallo</i>
-(1858) che pur egli non seppe poi più raggiungere
-colle opere posteriori. La fortuna dei
-Pagliacci è d'ascriversi tanto al musicista che
-al poeta, riunito sì in questa che nelle altre
-opere in una sola persona. Ma in confronto
-della Cavalleria troviamo nei Pagliacci ben minore
-originalità ed ispirazione ed invece più
-riflessione e pratica del teatro con una buona
-parte di fraseologia musicale piuttosto vuota ad
-onta dell'apparente magniloquenza. Certo è però
-che la musica della piccola pantomima o commedia
-dell'arte è felicissima e che è trovato il
-passaggio dalla farsa alla realtà tragica. In genere
-si può anzi dire che il meglio delle opere di Leoncavallo
-sta nelle parti di carattere leggiero e che
-allora la sua musica diventa snella e varia
-come p. es. nella musica cantata da ballo dei
-<i>Medici</i>, nei due primi atti della <i>Bohème</i> ed in
-qualche parte di <i>Zazà</i>, mentre dove l'azione diventa
-intensamente drammatica e la musica
-dovrebbe alzarsi, essa è incolore e le manca
-la nota ispirata. Perciò Leoncavallo fallì quasi
-intieramente la prova col <i>Rolando di Berlino</i>,
-per quanto egli abbia messo ogni cura a mettere
-in musica un libretto, che non gli conveniva
-e gli fu imposto da un capriccio di regnante,
-nè miglior sorte ebbero le sue opere ed operette
-posteriori.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_410">[410]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma se la stella di Mascagni e ben più quella
-di Leoncavallo va tramontando, il successo rimane
-pur sempre fedele a <i>Giacomo Puccini</i> (1858).
-Egli fu fra i primi della cosidetta nuova scuola
-ad entrare nell'agone colle <i>Villi</i> (1884) un soggetto,
-che col verismo nulla ha da fare, ciò che
-dimostra come il nuovo indirizzo ha ben altra
-provenienza di quella che si crede, specialmente
-fuori d'Italia. Le Villi sono caratteristiche per
-giudicare dell'opera del musicista, perchè Puccini
-palesò in questa piccola opera tutte le sue
-principali qualità, che non hanno subito poi
-grandi trasformazioni. Alle Villi seguì l'<i>Edgar</i>,
-opera oscillante fra il vecchio ed il nuovo senza
-sicurezza d'indirizzo e che non ebbe successo.
-Ma la rivincita venne presto colla <i>Manon</i>, che
-è forse ancor oggi la miglior opera del maestro,
-specie nel primo atto, ricco d'invenzione
-melodica, gran movimento ritmico, varietà e
-spontaneità oggi assai rara. La <i>Bohème</i> è invece
-l'opera più diffusa e generalmente applaudita.
-Ma tanto essa quanto la <i>Tosca</i>, per quanto
-questa accentui la nota tragica ed anche <i>Madame
-Butterfly</i> derivano in ultima linea dalla
-Manon. Nè Puccini si è cambiato nella sostanza
-della sua ultima opera <i>la Fanciulla del West</i>
-che nell'aver continuato il processo d'assimilazione
-già incominciato colla Butterfly del nuovo
-sistema armonico e di averlo saputo modificare
-secondo i suoi bisogni e la sua natura
-come nessun altro meglio di lui. Melodicamente
-egli è rimasto sempre lo stesso ed egli supplisce
-<span class="pagenum" id="Page_411">[411]</span>
-anche nella Fanciulla del West alla mancanza
-di vera forza drammatica col frammettere con
-arte innegabile a tutte le peripezie veristiche
-ed alla fretta del libretto frasi melodiche che
-spesso sono ispirate e pur non interrompono
-troppo l'incalzare dell'azione. Di ciò ne è prova
-specialmente il primo atto che ha in questo riguardo
-molta somiglianza col primo della Manon.
-Tosca e la Fanciulla del West sono i tentativi
-di Puccini nel campo dell'azione tragica a forti
-tinte ed ambedue non si possono dire veramente
-riusciti, giacchè egli è un'anima essenzialmente
-lirico-patetica, che fallisce alla prova, quando
-egli vuole oltrepassare il limite messo alle sue
-forze, le quali bastano a cogliere felicemente
-un momento fuggevole ma non a dipingere un
-quadro a grandi linee.
-</p>
-
-<p>
-Lo stile di Puccini, e che egli abbia uno stile
-proprio nessuno vorrà negare, è fatto di sfumature
-e carezze ed è certo meno nazionale di
-quello di Mascagni. Egli lo ha formato sulle
-orme di Bizet ed ancor più di Massenet, che gli
-è affine, ma ha saputo dargli fino ad un certo
-punto una nota propria. La sua musica non
-predilige le grandi linee, i grandi quadri ma è
-a piccoli disegni di trama sottilissima e delicata,
-che l'autore con un'arte veramente incomparabile
-dell'istrumentazione ci fa apparire sempre
-sotto nuovi aspetti. Ma egli è di tutti i musicisti
-italiani il più accurato ed è incredibile
-come egli sappia seguire le parole anche
-quando queste sono pedisseque, pur mantenendo
-<span class="pagenum" id="Page_412">[412]</span>
-il periodo musicale e rialzando colla musica
-la prosa del testo. I soggetti delle sue opere
-(Manon, Tosca, Mimì, Butterfly, Minnie), ci indicano
-la caratteristica del maestro, che tenta
-di penetrare l'anima femminile nelle sue più
-sensibili fibre ed è naturale, che da ciò dipenda
-quel tanto di flebile sentimentalità, che è proprio
-della sua musica, povera di rude maschiezza
-e grandiosità ma quasi sempre delicatissima e
-piena di poesia. E ciò non è sì poco da giustificare
-tutte le critiche acerbe, che subirono in
-Italia e specialmente all'estero le opere di Puccini,
-che non è certo della stirpe verdiana ma
-al quale non si può negare sapienza, accuratezza
-e neppure ispirazione. Egli del resto non ha
-quasi mai tentato di parere quegli che non è
-e dove l'ha fatto, ha saputo con grande intuizione
-foggiare a suo modo il libretto, per farlo
-corrispondere al suo ingegno. E per ciò è ingiusto
-il voler pretendere da lui quello che non
-volle e forse non potè darci.
-</p>
-
-<p>
-<i>Umberto Giordano</i> (1867) e <i>Alberto Franchetti</i>
-(1869) contano pure fra gli autori italiani più
-noti. Giordano si affermò già presto colla <i>Mala
-vita</i> (1892). <i>Regina Diaz</i> non piacque ma fu
-grande invece il successo di <i>Andrea Chenier</i> e
-quasi pari quello di <i>Fedora</i>. Le ultime opere
-<i>Siberia</i>, <i>Marcella</i> e <i>Mese mariano</i> non ebbero
-gli stessi applausi delle consorelle, nè si può
-neppur dire che la novissima <i>Madame Sans-Gêne</i>
-(1915) ci abbia palesato una nuova nota
-od un progresso, ciò che del resto era prevedibile
-<span class="pagenum" id="Page_413">[413]</span>
-data la specie di libretto episodico e ribelle
-alla musica. La quale per necessità se ne
-risente e riesce frammentaria ed ineguale, difetto
-solito della musica del maestro, che si
-contenta di seguire le scene senza grandi preoccupazioni
-di unità di stile ed altro. La musica
-di Giordano non ha veramente una fisionomia
-propria ma essa si distingue però in qualche
-modo da quella degli altri. Egli è dei nominati
-forse il più cerebrale ed il meno spontaneo ma
-sa calcolare sapientemente gli effetti ed ha l'istinto
-del teatro. La sua tecnica è assai sviluppata
-e se la sua ispirazione melodica non è
-gran fatto potente, non gli manca però qualche
-volta la frase calda, quando il dramma lo richiede,
-mentre in altre parti egli si contenta
-di illustrare fedelmente e con grande varietà e
-sicurezza le parole e situazioni. Perciò la musica
-di Giordano ha bisogno della scena e ben
-poco ci dice senza di questa, ciò che in sè non
-è un difetto.
-</p>
-
-<p>
-Alberto Franchetti veniva considerato in Italia
-fino pochi anni fa come il più dotto dei musicisti
-italiani moderni che si dedicarono al teatro. Ed
-in verità nessuno fra i colleghi ha mostrato di
-sapere quanto lui, che studiò alla scuola di Rheinberger
-e Draeseke, far uso della polifonia per
-costruire pezzi di grandi dimensioni alla guisa
-di Meyerbeer, col quale ha qualche lontana somiglianza,
-nè le opere italiane moderne hanno
-molto da mettere a paro coi cori del secondo
-atto del Cristoforo o colle imponenti sonorità del
-<span class="pagenum" id="Page_414">[414]</span>
-finale del primo atto, e non è sempre una bella
-frase o melodia che gli manchi. Ma la vera scintilla,
-la melodia calda ed espressiva è ben di rado
-da trovarsi nella sua musica. L'<i>Asrael</i>, un'opera
-pletorica senza proprio stile ma con molte reminiscenze
-le più varie fu però una bella promessa.
-Il <i>Cristoforo Colombo</i> mostra una mano molto più
-esperta ed ha delle belle pagine accanto a molte
-mediocri. <i>Fior d'Alpe</i> ed il <i>Signor Pourceaugnac</i>
-non ebbero successo anche perchè Franchetti ha
-bisogno delle forme ampie del melodramma o
-storico o fantastico. Perciò egli vi tornò colla
-<i>Germania</i>, inferiore al Colombo, perchè vi è
-troppo preoccupazione di voler essere melodico
-e facile, senza esserlo veramente. E lo
-stesso si può dire della <i>Figlia di Jorio</i>, nella
-quale Franchetti ingannato dalla bellezza dei
-versi credette trovare un soggetto adatto a lui.
-Ma egli ad onta di tutto l'amore e lo studio
-che vi impiegò non riescì a trovare il colore
-dell'ambiente ed ancor meno ad eguagliare il
-poeta ma si è contentato di scrivere della musica
-ben fatta e discretamente interessante. L'ultima
-opera <i>Notte di leggenda</i> (1915) non aggiunse
-nulla alla fama dell'autore, perchè in essa non
-c'è alcuna novità ed il maestro si contenta di
-seguire la via già battuta da lui e tanti altri.
-</p>
-
-<p>
-Altri maestri noti sono:
-</p>
-
-<p>
-<i>Luigi Mancinelli</i> (1848) autore di un <i>Jsora di
-Provenza</i> (1884) che ebbe qualche fortuna e di
-<i>Paolo e Francesca</i> (1908) che la supera di gran
-lunga e per ispirazione e fattura. Mancinelli è
-<span class="pagenum" id="Page_415">[415]</span>
-pure autore pregiato di musica orchestrale (Intermezzi
-per <i>Cleopatra</i>, <i>Scene veneziane</i> ed Oratori,
-<i>Isaia</i>, <i>Ero e Leandro</i>); <i>Antonio Smareglia</i>,
-(1854), musicista assai serio di carattere essenzialmente
-romantico, continuamente in cerca
-d'uno stile moderno, (<i>Preziosa</i>, <i>Bianca da Cervia</i>,
-<i>Vassallo di Szigeth</i>, <i>Cornelio Schut</i>, <i>Abisso</i>, ecc.).
-La sua miglior opera è forse <i>Nozze istriane</i> e la
-più elaborata e poetica <i>Oceana</i> (1903) specie di
-commedia fantastica, che si adatta alla sua
-indole.
-</p>
-
-<p>
-<i>A. Cilèa</i> (1866), autore di <i>Tilda</i>, nata al tempo
-e sotto l'influsso della Cavalleria Rusticana,
-poi d'una gentile e melodiosa <i>Adriana Lecouvreur</i>
-e di <i>Gloria</i>, opera di grandi dimensioni
-ma senza novità e mancante di vera unità drammatica
-e di vigore.
-</p>
-
-<p>
-<i>Pietro Floridia</i>, forse uno dei migliori e dei
-più ricchi di facoltà melodica e inventiva (<i>Maruzza</i>
-e <i>Colonia libera</i>) e che da lungo tempo
-tace.
-</p>
-
-<p>
-<i>Spiro Samara</i> (1861) (<i>Flora mirabilis</i>, la <i>Martire</i>,
-<i>La biondina</i>, <i>Rhea</i>, ecc.).
-</p>
-
-<p>
-<i>Giacomo Orefice</i>, (<i>Chopin</i>, <i>Mosè</i>).
-</p>
-
-<p>
-<i>Nicolò Van Westerhout</i> (1862-1898). (<i>Fortunio</i>, <i>Dona
-Flor</i>).
-</p>
-
-<p>
-Un altro maestro oggi molto nominato è il
-veronese <i>Italo Montemezzi</i>, autore di <i>Giovanni
-Gallurese</i>, <i>Hellera</i> e <i>l'Amore dei tre re</i>, delle
-quali l'ultima opera è certo la migliore. Ma anche
-in essa non troviamo la prova di un talento veramente
-originale e se non vi mancano una certa
-<span class="pagenum" id="Page_416">[416]</span>
-facilità melodica, specialmente nelle parti elegiache,
-spesso di buona lega, ed il sentimento
-e l'intuizione drammatica, ci sono ancora
-troppe influenze eterogenee, che l'autore non
-seppe amalgamare tanto da farsi uno stile personale.
-Lo stesso si può dire di <i>Franco Alfano</i>
-(<i>Risurrezione</i>, <i>il Principe Zilah</i>, <i>l'Ombra di Don
-Giovanni</i>) musicista serio e sicuro ma senza
-nota propria.
-</p>
-
-<p>
-Ad onta di tutta questa fiorita di nuove opere
-il melodramma italiano si trova in un periodo
-critico. Il difetto quasi generale sta nella mancanza
-di un vero indirizzo e nel vano conato
-di trovar forme nuove, mentre le antiche più
-non si adattano ai drammi concepiti modernamente
-ed al gusto del pubblico. I maestri si
-contentano di seguire più o meno fedelmente
-la parola del dramma e la traducono in melodie
-o frasi melodiche, donde risulta una successione
-di pezzi ma non il vero dramma musicale.
-Un simile compromesso non potrà però
-durare a lungo, se continua a mancare la vera
-melodia, che lo potrebbe ancora far accettare per
-alcun tempo. Manca perciò al dramma musicale
-l'anima che sorregge il tutto e lo tiene insieme
-organicamente. Le teorie wagneriane, sì giuste
-nei principî cardinali, non sono ancora sufficientemente
-comprese e se è fortuna che non vengano
-imitate nell'estrinsecazione del maestro
-non sono abbastanza seguite e non si concepisce
-la musica dell'opera come un'azione psicologica
-del dramma che non solo illustra e traduce ma
-<span class="pagenum" id="Page_417">[417]</span>
-esprime tutto quello che la parola non arriva
-a dire.
-</p>
-
-<p>
-Oltre questi difetti di natura estetica ne
-esistono altri di fattura e molte delle nuove
-opere palesano una mano abile, molte volte
-anzi abilissima e maestra nel trattare l'orchestra
-ma ben poca conoscenza della vera polifonia,
-che quando è melodica e non scolastica
-è veramente uno degli elementi principali dell'espressione
-e del sentimento. La melodia poi
-non è sempre della più scelta e mancando in
-genere la frase ispirata vi si supplisce con una
-parvenza di melodia, che gli antichi maestri
-avrebbero ripudiata. Un difetto comune a molti
-e senza dubbio derivante dalla deficienza di
-vera ispirazione è il troppo grande spezzamento
-ed il continuo riattaccare della frase come pure
-la esagerata ricerca di nuove armonie e preziosità
-ritmiche, che non hanno motivo di essere
-che nel capriccio dell'autore. In quasi tutte
-le opere poi si sente la preoccupazione dell'effetto
-che si vuol raggiungere con mezzi affatto
-superficiali e calcolati sul gusto non fine del
-pubblico.
-</p>
-
-<p>
-La conseguenza di tutto ciò è un'incertezza
-di stile, mancanza di omogeneità e quel che è
-più di originalità. Le nuove opere italiane ad
-eccezione di un paio che nomineremo dopo
-hanno tutte un'affinità di famiglia che è altrettanto
-da ascriversi a motivi etnici quanto al
-fatto dell'imitazione comune di autori stranieri.
-I giovani musicisti italiani sono ben altrimenti
-<span class="pagenum" id="Page_418">[418]</span>
-studiosi ed agguerriti d'una volta ed
-è palese in loro l'affaticarsi per trovare una
-nuova via. Ma perchè manca loro la forza di
-trovarla o la coscienza della potenzialità del
-loro talento, essi vanno snaturandosi e costringendosi
-a parere o diventare diversi da quello
-che la natura li ha fatti. Ed allora per ripiego
-essi imitano ora Wagner, ora Strauss, ora Debussy
-ma soltanto nei procedimenti esterni
-senza comprendere veramente il vero significato,
-che dipende dalla psiche dell'autore, e si
-dimenticano troppo spesso di essere italiani
-e discendenti di Monteverdi e specialmente di
-Verdi.
-</p>
-
-<p>
-La musica istrumentale italiana del secolo
-scorso e del nostro non può neppur lontanamente
-mettersi a confronto con quella tedesca.
-La sua decadenza cominciò già con quella della
-scuola napolitana e se anche molti dei suoi
-maestri scrissero opere pregiate per istrumenti
-(Sonate), dal principio del secolo XIX tutto l'interesse
-non è rivolto che al teatro. <i>Muzio Clementi</i>
-(1752-1832) vive nella memoria più per
-il suo <i>Gradus ad Parnassum</i> che per le molte
-sonate per pianoforte che però non sono certo
-senza meriti. <i>Gio Batta Viotti</i> (1753-1824), celebre
-violinista, conta fra i perfezionatori della
-forma del Concerto nè è da negarsi valore musicale
-ai due concerti di <i>Nicolò Paganini</i> (1784-1840)
-ed ai suoi 24 capricci. Ma dopo quest'epoca
-si procede innanzi a tentoni senza alcun
-indirizzo, senza memoria e coscienza delle antiche
-<span class="pagenum" id="Page_419">[419]</span>
-tradizioni di gloria per cadere in una
-peggio che desolante mediocrità, sicchè dopo le
-sinfonie di Sammartini e la musica da camera
-di Boccherini è difficile menzionare un'opera superiore
-di musica istrumentale ad eccezione
-delle ouverture di Cherubini e di <i>Jacopo Foroni</i>
-(1825-1858), talento che prometteva moltissimo
-ma che si spense sul fior dell'età. <i>Jacopo Tomadini</i>
-(1820-1883) scrisse bella musica da chiesa
-e l'oratorio <i>la Risurrezione del Cristo</i>, opera di
-gran pregio, ma quasi nessuno ne prese nota.
-<i>Stefano Golinelli</i> (1818-1891), <i>Francesco Sangalli</i>
-(1826-1892) e <i>Giovanni Rinaldi</i> (1840-1895),
-si dedicarono soltanto al pianoforte e seppero
-elevarsi sugli altri per delicatezza d'ispirazione
-ed eleganza di stile, mentre la maggior parte
-dei pianisti italiani si contentavano di scrivere
-fantasie e variazioni su motivi di opere teatrali.
-</p>
-
-<p>
-Ancor peggio stavano le cose per la musica
-orchestrale e bisogna arrivare a Sgambati e
-Martucci per incontrare una vera sinfonia in
-quattro tempi, mentre in Germania se ne contavano
-centinaia. <i>Antonio Bazzini</i> (1818-1897),
-celebre violinista di fama mondiale ed eccellente
-musicista, si distinse però già per tempo
-con belle composizioni per il violino molto superiori
-alle solite e finì collo scrivere musica da
-camera (Quartetti e Quintetto) due Ouverture
-<i>Lear</i> e <i>Saul</i> ed il poema sinfonico <i>Francesca da
-Rimini</i>, che mostrano almeno buona fattura e
-bel colorito orchestrale.
-</p>
-
-<p>
-Le grandi forme della sinfonia coltivarono
-<span class="pagenum" id="Page_420">[420]</span>
-invece <i>Giovanni Sgambati</i> (1843-1915) e <i>Giuseppe
-Martucci</i> (1856-1909). Il carattere delle opere di
-Martucci (musica da camera, 2 sinfonie, concerto
-per pianoforte, molta musica per pianoforte),
-è quello della riflessione sapiente schiva
-d'ogni effetto volgare. In un certo riguardo
-egli ha nelle opere più mature qualche somiglianza
-con Brahms e se non lo raggiunge certo
-nè nell'ispirazione nè nella logica assoluta dell'organismo
-egli sa accattivarsi le simpatie per
-l'eleganza ed un fine sentimento idilliaco. Da
-ciò dipende una certa austerità, che spiega la
-poca diffusione che ebbero le sue opere maggiori
-ad onta dei loro grandi pregî che si riconosceranno
-forse più tardi. Martucci fu un solitario,
-punto retrogrado ma senza simpatia per
-tutte le nuove correnti estetiche e sempre italiano
-nella melodia nobile e scelta. Sgambati,
-(musica da pianoforte, da camera, sinfonie, Requiem,
-ecc.), gli è certo superiore nell'ispirazione
-se non nella sapienza delle costruzioni tematiche.
-Egli ebbe fantasia fervida e potente e
-ci lasciò col suo Requiem un'opera di grandi dimensioni
-da potersi mettere a paro colle migliori
-del genere. Ma tanto Sgambati che Martucci
-ci diedero troppo poche opere ed anche
-su loro gravarono certo l'ambiente poco propizio
-alla musica istrumentale e la mancanza di vero
-incoraggiamento da parte del pubblico italiano.
-</p>
-
-<p>
-Da alcuni anni però le sorti vanno rialzandosi
-e ciò si palesa nella produzione che è
-molto più feconda e varia e nel fatto che i musicisti
-<span class="pagenum" id="Page_421">[421]</span>
-italiani che si dedicano alla musica istrumentale
-son ben altrimenti più numerosi e
-colti di prima.
-</p>
-
-<p>
-<i>Enrico Bossi</i> (1861), eminente organista ed
-autore di Oratorî, musica da camera, organo,
-pianoforte, da chiesa ed orchestra (Suite, Intermezzi
-Goldoniani, Variazioni, ecc.), è più noto
-all'estero che in Italia. Il suo <i>Canticum canticorum</i>
-(1900) per soli, coro ed orchestra è un'opera
-magistrale per ispirazione e sapienza che
-si eleva su tutta la produzione di questo genere
-dell'ultimo tempo, satura di colorito e polifonia,
-moderna nella sua fibra ed ammirabile per la potenza
-dell'autore di servirsi delle forme scolastiche
-del canone e fugato per trarne effetti
-estetici e superiori. Quasi gli stessi pregî hanno
-il suo grande oratorio <i>il Paradiso perduto</i> ed il
-recente oratorio-dramma <i>Giovanna d'Arco</i>, mentre
-il piccolo poemetto <i>Il cieco</i>, su poesia di Pascoli
-è opera meno accessibile al pubblico ma
-di profonda poesia e sentimento tragico. Bossi
-ha sfatato colle sue opere la leggenda che in
-Italia non esista che musica da teatro. Una sol
-volta egli vi si è provato con un melodramma
-<i>Il Viandante</i> (1906) dato in Germania, dove in
-genere furono eseguite per la prima volta e
-pubblicate quasi tutte le sue opere migliori.
-</p>
-
-<p>
-<i>Ermanno Wolf Ferrari</i> (1876) veneziano, può
-domandarsi come Arturo Graf:
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>Mia madre fu latina</p>
-<p>Fu teutone mio padre.</p>
-<p>Vince il padre o la madre?</p>
-</div>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_422">[422]</span>
-</p>
-
-<p>
-Non vi può esser dubbio, che egli si sente
-italiano e tale lo mostrano le sue opere. Italiano
-è il carattere predominante della Cantata
-<i>Vita nuova</i>, tolta da Dante per soli, coro ed orchestra,
-composizione di grande potenza espressiva,
-unita ad un colore smagliante (grande orchestra,
-organo e pianoforte) un'opera di getto
-senza pedanterie scolastiche e preziosità romantiche,
-che mal si sarebbero accomodate allo
-stile di Dante. Due Sonate per pianoforte e
-violino, due trio, un quintetto con pianoforte,
-una sinfonia da camera per pianoforte, quintetto
-d'archi e strumenti a fiato, pochi pezzi
-per pianoforte e qualche canzone sono le opere
-che Ferrari scrisse finora oltre quelle dedicate
-al teatro ed alle cantate <i>Sulamite</i> e la <i>Figlia
-di Jairo</i>.
-</p>
-
-<p>
-Da alcuni anni Ferrari si dedica intieramente
-al teatro, al quale aveva già dato una delle sue
-prime composizioni, <i>Cenerentola</i>, che non ebbe
-alcun successo. Le sue opere posteriori (<i>le Donne
-curiose</i>, <i>I quattro rustici</i>, <i>il Segreto di Susanna</i>,
-<i>l'Amor medico</i>) appartengono al genere dell'opera
-buffa modificato a norma dei tempi cambiati.
-Wolf-Ferrari s'è venuto formando in esse
-uno stile abbastanza personale, un settecento
-musicale con qualche sapore di modernità nell'orchestra
-ed armonia. Ma se l'eleganza e la
-sapienza tecnica vi sono grandissime, non altrettanto
-copiosa e originale vi scorre la melodia
-ed è ben dubbio se a Ferrari convenga il tono
-di voluta semplicità, che domina nelle sue commedie
-<span class="pagenum" id="Page_423">[423]</span>
-musicali e non gli sia preferibile l'autore
-della seconda Sonata per violino e pianoforte
-e della Vita nuova. Ultimamente egli ha tentato
-nei <i>Giojelli della Madonna</i>, anche l'opera
-veristica turbolenta ed a forti tinte ma senza
-vero successo, perchè all'autore fa difetto la
-potenza drammatica.
-</p>
-
-<p>
-<i>Leone Sinigaglia</i> (1868) s'è finora dedicato
-esclusivamente alla musica istrumentale, alla
-quale lo destinano il suo talento specifico di
-carattere intimo schivo d'ogni enfasi. Senza voler
-essere un innovatore egli non ci sorprende
-ma ci conquista colla rigogliosa ispirazione,
-coll'euritmia della sua musica, cogli effetti istrumentali
-ottenuti non con mezzi speciali e strani
-ma con sapienti impasti di colori. Sincerità e
-naturalezza sono le sue principali doti e la sua
-melodia ha qualche cosa di rude e vivificante
-della musica popolare. Le sue opere principali
-sono il <i>Concerto</i> e la <i>Rapsodia piemontese</i> per
-violino con orchestra, il Quartetto op. 27 con
-un Adagio stupendo per profonda espressione,
-una serenata per violino, viola e violoncello,
-le <i>Danze piemontesi</i> per orchestra e l'Ouverture
-<i>Le baruffe Chiozzotte</i>, felicissimo compendio
-pieno di vita e spirito dell'allegra commedia
-di Goldoni, la Suite <i>Piemonte</i>.
-</p>
-
-<p>
-<i>Lorenzo Perosi</i> (1872) destò coi suoi oratorî
-(<i>La Passione di Gesù Cristo, La trasfigurazione,
-La risurrezione di Lazzaro, La risurrezione di
-Cristo, Mosè</i>, ecc.), i facili entusiasmi del pubblico
-italiano, che aveva intieramente perduto
-<span class="pagenum" id="Page_424">[424]</span>
-la conoscenza dello stile dell'oratorio. Nè il
-successo fu dapprincipio immeritato, giacchè
-le prime opere, specialmente la <i>Passione di
-Cristo</i>, sembrarono davvero promettere per il
-futuro dell'artista e l'onda di facile e scorrevole
-melodia che vi fluiva, la nobiltà d'espressione
-conquisero gli uditori. Ma i molti difetti di queste
-restarono e l'autore venne formandosi uno stile
-stereotipo, al quale rimase fedele in tutte le
-sue opere posteriori ed alla lunga si dovette
-persuadersi dei limiti posti al talento gentile
-del maestro. E questo stile che è fatto di elementi
-drammatici moderni, di reminiscenze
-bachiane e di musica chiesastica e liturgica
-impedisce l'unità dell'opera e le toglie ogni
-grandezza anche per la predominanza della nota
-triste e sentimentale.
-</p>
-
-<p>
-Altri musicisti italiani noti sono: <i>Alessandro
-Longo</i> autore di alcune eccellenti sonate per
-pianoforte di stile classico-romantico, <i>Cesare
-Ricci-Signorini</i> (1867), (più poemi sinfonici di
-stile e colorito moderno, composizioni per pianoforte,
-ecc.), <i>Amilcare Zanella</i> (1873), <i>Giovanni
-Buonamici</i> (1846-1914), <i>Eugenio Pirani</i> (1852),
-<i>Antonio Scontrino</i> (1850), <i>Giovanni Tebaldini</i>
-(1864), <i>Bruno Mugellini</i> (1871-1912), <i>Alberto
-Fano, Giovanni Bolzoni</i> (1841), <i>Alfonso Rendano</i>
-(1853) e finalmente i facili autori di canzoni
-<i>Tosti, Rotoli, Denza, Costa, De Leva</i>.
-</p>
-
-<p>
-Tutti questi musicisti sono più o meno seguaci
-delle vecchie tradizioni e le nuove idee
-e teorie non trovano una vera eco nelle loro
-<span class="pagenum" id="Page_425">[425]</span>
-opere. La nuova generazione però non potè
-sottrarsi ad una influenza mediata od immediata
-di tutto il turbinare di nuovi problemi estetici
-e tecnici ed i frutti di studi ben più profondi
-e coscienziosi di un tempo cominciano già a
-mostrarsi in un vero rinnovamento dell'arte
-italiana, che ha forse base più solida di quella
-dell'arte francese perchè la natura italiana è
-aliena alle nebulosità ed alle preziosità in cui
-va isterilendosi l'arte francese odierna. Ma essendo
-gli italiani arrivati gli ultimi, essi si contentano
-ancora di imitare certi procedimenti
-tecnici nuovi ed innestarli alle loro opere concepite
-ancora secondo le vecchie tradizioni.
-Ma non tutti però, giacchè ci sono anche giovani
-musicisti italiani, che sono ormai decisamente
-progressisti sinceri.
-</p>
-
-<p>
-Non ancora per il successo ma più per la novità
-dei suoi tentativi sta oggi in prima linea
-fra i sudetti <i>Ildebrando Pizzetti</i> colla sua <i>Fedra</i>
-(1915), un musicista che aveva fatto già parlare
-di sè quando scrisse la musica per la <i>Nave</i> e gli
-intermezzi per la <i>Pisanella</i>, dunque tutte opere
-poetiche di Gabriele D'Annunzio. Il suo credo,
-che egli enunziò in scritti e conferenze, è messo
-in pratica nella Fedra, giacchè le altre opere
-sono troppo poco numerose ed importanti per
-farsi una chiara idea delle tendenze dell'autore.
-Il quale vorrebbe riannodare ai principî della
-Camerata fiorentina e non vede nè nell'opera
-di Gluck nè di Wagner realizzato il vero dramma
-musicale, perchè esso ha sempre più o meno
-<span class="pagenum" id="Page_426">[426]</span>
-la forma di cantata e perciò manca di vera essenza
-drammatica. Siamo dunque di nuovo all'eterna
-questione del connubio o dissidio fra
-musica e poesia, forse meno importante di
-quanto si crede. E ciò lo dimostra Pizzetti
-stesso, che scegliendo la Fedra divenne inconsciamente
-infedele ai suoi supremi principî.
-Difatti le tragedie del poeta sono, e ciò può
-sembrare un paradosso, troppo musicali nella
-lingua e nelle immagini per adattarsi veramente
-al dramma musicale almeno come lo
-pensa o vorrebbe Pizzetti od hanno bisogno
-di un genio per musicalmente compenetrarle
-e rendere tutta la poesia lirica che vi domina.
-A tanto non arriva certo la potenza musicale
-di Pizzetti, che non è veramente un creatore
-ma piuttosto un dotto ricercatore e scrutatore.
-D'Annunzio scrisse, che non c'è una sola nota
-nell'intera partitura della Fedra, che contrari
-il ritmo spontaneo e ciò sarà vero. Per l'uditore
-però ciò non ha che un'importanza secondaria
-ed egli trova invece in quella musica troppa
-monotonia, neppur rialzata da un'orchestra veramente
-colorita e ricca di timbri speciali,
-sicchè è da temersi che l'opera di Ildebrando
-da Parma resti un nobile e serio tentativo ma
-che non diventi la Fedra «indimenticabile».
-Pizzetti vi ha fatto uso dei modi antichi, che
-egli ha profondamente studiati e dei quali si
-servì anche nei cori della Nave. La Trenodia
-che inizia il terz'atto se anche non è, come la
-disse D'Annunzio, uno dei vertici della musica
-<span class="pagenum" id="Page_427">[427]</span>
-moderna, degna di essere paragonata alle più
-alte pagine dei maestri del secolo XVI e XVII
-italiani, è certo uno squarcio di nobilissima musica.
-L'aspettarsi un grande vantaggio dall'uso
-molto frequente dei modi antichi nella musica
-moderna sarà però una speranza vana, perchè
-la loro trasformazione nei nostri di maggiore
-e minore non fu la conseguenza di velleità e
-studi di studi ma il frutto di una evoluzione
-logica e naturale.
-</p>
-
-<p>
-Ben altra tempra di artista, più spontanea,
-più irruente, è invece quella del trentino <i>Riccardo
-Zandonai</i> (1883). Mentre Pizzetti si affatica
-a mettere in pratica quello che per speculazioni
-e studi gli sembra essere l'unica via
-per ispirare nuova vita al melodramma italiano,
-Zandonai coll'istinto del vero musicista di razza
-si è fatto strada e messo al primo posto nel teatro
-musicale italiano dei nostri giorni.
-</p>
-
-<p>
-Già la sua prima opera, <i>il Grillo del focolare</i> si
-innalza di gran lunga sulla produzione contemporanea
-tanto per la spontaneità d'ispirazione
-che per la fattura accurata. <i>Conchita</i> ha ormai
-ad onta dello stile frammentario una nota personale
-spiccatissima ed una potenza caratteristica
-assai grande. <i>Melenis</i> oltre i pregi di
-Conchita ci palesò un altro lato del talento
-di Zandonai, la facoltà cioè di dipingere grandi
-quadri con mano maestra e di trovare melodie
-dalla linea ampia ed espressiva. Ma se in queste
-opere si scorge ancora l'incertezza di un giovane,
-che non si è ancora formato una lingua
-<span class="pagenum" id="Page_428">[428]</span>
-tutta propria ed alle volte vi manca l'unità
-organica, la <i>Francesca da Rimini</i> (1914), nella
-cui musica l'autore ha saputo ben più felicemente
-che Pizzetti trasfondere tutta la poesia
-della parola ed ambiente dannunziani, sembra
-invece avvicinarsi al sogno di un dramma lirico
-moderno, quale tutti desiderano ed aspettano
-e dove alla musica non tocchi l'ultima
-parte. Zandonai, certo il più sicuro e sapiente
-degli operisti italiano, si risente ancora
-qualche volta delle opere di Wagner e di altri
-ma egli è fra tutti i giovani quegli che discende
-in linea diretta dal Verdi dell'Otello e Falstaff
-ed il più italiano di tutti, perchè italiana è la
-sua melodia, sempre scelta e spesso assai ispirata
-e felice, italiana la concezione dell'opera
-complessa, chiara e senza nebulosità, italiano
-il sentimento e l'espressione drammatica, ora
-dolcissima ed insinuante, ora irruente ed aspra.
-Zandonai ha studiato certo i maestri moderni
-ma ha saputo evitare un'imitazione pericolosa
-sicchè la sua musica nulla ha della evanescenza
-snervante della musica francese nuova e delle
-complicazioni cacofoniche straussiane ma è
-sana e forte.
-</p>
-
-<p>
-<i>Vittorio Gui</i>, <i>Dom. Alaleona</i>, <i>G. Fran. Malipiero</i>,
-<i>Alberto Gasco</i>, <i>Vincenzo Tommasini</i>, <i>Vincenzo
-Davico</i>, <i>A. Casella</i> e <i>Gianotto Bastianelli</i>
-sono pure fra i giovani quelli, che nutriti di
-forti studi e di tenace volontà cercano d'innalzare
-le sorti della musica italiana e fecero già
-buona prova.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_429">[429]</span>
-</p>
-
-<p>
-<i>Ottorino Respighi</i>, autore di squisite romanze,
-e composizioni orchestrali (sinfonia dramatica,
-ecc.), s'è preso a modello la polifonia ed in
-genere la musica di Strauss nella sua <i>Semirama</i>,
-un'opera di grande colorito, però ineguale nell'ispirazione
-e che non può valere che come una
-promessa, quantunque la tecnica sia ormai sicura.
-</p>
-
-<p>
-Non molto dissimile a quella dell'italiana fu
-la sorte della <i>musica francese</i> negli ultimi decenni
-del secolo scorso. Anche in Francia
-essa fu quasi fino all'epoca tragica del Settanta
-arte di lusso e passatempo nè l'educazione musicale
-degli artisti e del pubblico era gran fatto
-superiore a quella della nazione sorella. Le ultime
-opere di Gounod erano pallide ombre del
-passato, Berlioz era affatto trascurato ed uno
-dei maggiori geni musicali che mai ebbe la
-Francia, Giorgio Bizet, s'era spento in giovane
-età, senza poter vedere riconosciuta ed ammirata
-la sua opera. Alcuni musicisti seppero però
-colla tenacia e serietà dei loro propositi tener
-fronte alla corrente d'indifferenza e finirono
-coll'imporsi all'attenzione.
-</p>
-
-<p>
-Il primo di questi è senza dubbio <i>Camillo
-Saint-Saens</i> (1835) che i francesi hanno già assunto
-fra i classici nazionali. Se con ciò non
-si vuole riconoscere che la sua suprema maestria
-tecnica, non c'è dubbio che egli merita questo
-onore. Saint-Saens ha scritto opere di tutti i
-generi (musica da camera, Concerti per pianoforte,
-violino, violoncello, suites, poemi sinfonici,
-sinfonie, rapsodie, canzoni, musica per
-<span class="pagenum" id="Page_430">[430]</span>
-organo, opere teatrali — <i>Sansone e Dalila</i>, <i>Etienne
-Marcel</i>, <i>Enrico VIII</i>, <i>Proserpina</i>, <i>Ascanio</i>, ecc.).
-Ma in fondo egli non ha saputo farsi un vero
-e proprio stile, ma s'è lasciato influenzare da
-ogni stile assimilandoseli sapientemente. Egli è
-un artista equilibrato, elegantissimo e di grande
-talento ma fatto principalmente di riflessione,
-sicchè la sua musica quasi sempre ci interessa
-ma raramente ci conquide. Gounod giudicò
-molti anni fa così di lui e le sue parole possono
-valere ancor oggi, perchè il suo talento non ha
-subito poi alcuna evoluzione rimarcabile:
-</p>
-
-<p>
-«Saint-Saens è una delle personalità musicali
-più caratteristiche, che io conosca. Egli è
-un musicista munito di tutte le armi; egli sa la
-sua arte meglio d'ognuno, conosce a memoria
-tutti i maestri, suona l'orchestra come il pianoforte
-ed ha una facoltà d'assimilazione prodigiosa,
-non esagera mai, non è nè violento nè
-enfatico, non vuol riformar nulla ma scrive
-come sente e sa, perchè è un grande musicista
-di razza».
-</p>
-
-<p>
-Non egual importanza ebbero <i>Edoardo Lalo</i>
-(1823-1892) e <i>Beniamino Godard</i> (1849-1895), il
-primo, musicista di serî propositi, che ebbe ben
-poco successo in vita. Le sue opere principali
-sono due Concerti e la Sinfonia spagnuola per
-violino ed orchestra, una Rapsodia norvegese
-per orchestra, il ballo <i>Namouna</i> e l'opera <i>Le
-roi d'Ys</i>, che ha delle pagine veramente belle.
-Godard scrisse musica sinfonica e opere teatrali,
-che ebbero qualche successo.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_431">[431]</span>
-</p>
-
-<p>
-Ma l'autore prediletto del grande pubblico
-francese fu ed è forse ancora <i>Giulio Massenet</i>
-(1842-1912). Dotato di mediocre potenza drammatica
-egli dopo essersi più volte provato nella
-grande opera (<i>Re di Lahore</i>, <i>Erodiade</i>, <i>Cid</i>,
-<i>Esclarmonda</i>, <i>Le Mage</i>, <i>Thais</i>, <i>Arianna</i>, <i>Bacco</i>)
-e specialmente nelle prime composizioni con
-successo, venne poi modificando il suo stile,
-dando il predominio alla parte lirica (<i>Manon</i>,
-<i>Werther</i>, <i>Saffo</i>, <i>Cendrillon</i>, <i>Teresa</i>, ecc.). Ma
-questa maniera fatta di facili e carezzevoli melodie
-senza grande originalità ma di belle forme,
-di ritmi piccanti, di smagliante colorito orchestrale,
-se conquise specialmente nella <i>Manon</i> e
-nel <i>Werther</i>, colla sensualità della sua musica
-vaporosa e piena d'abbandono, alla lunga non
-potè ingannarci sulla sua superficialità ed intima
-vacuità. Massenet è il poeta dell'amore
-sentimentale senza troppi slanci e senza vera
-tragicità. Alle volte le sue opere fanno l'effetto
-di lunghe romanze e la sua musica somiglia a
-Manon, elegante, volubile, gracile e corrotta.
-Le ultime opere del fecondissimo autore (<i>Panurge</i>,
-<i>Cleopatra</i>, <i>Amadis</i>, postume) non ebbero
-più il successo delle prime, giacchè sono sempre
-gli stessi procedimenti che si ripetono e perchè
-la grazia femminile e snervata dell'autore e la
-melodia goudoniana allungata all'acqua di rose
-che diventa sempre più insignificante e che finisce
-quasi col sottolineare semplicemente le
-parole, non poterono più bastare ai bisogni
-artistici del nostro tempo, che domanda ben
-<span class="pagenum" id="Page_432">[432]</span>
-altre e più forti commozioni. Massenet è un artefice
-perfetto e sa nascondere il lato debole della
-sua musica con tutte le raffinatezze dell'arte,
-che per lui non ha più segreti. Ma egli non si
-servì che ben di rado di questa sua perizia per
-scrivere un'opera forte ed ha mantenuto forse
-soltanto nella <i>Cleopatra</i> quello che prometteva
-col <i>Re di Lahore</i>, contentandosi di seguire il
-gusto della moda e di un pubblico di decadenti.
-Massenet, che aveva cominciato cercando una
-specie di conciliazione fra il nuovo ed il vecchio,
-perdette poi il contatto coll'epoca presente e
-tutto quello di nuovo che c'è nell'aria, lo ha
-lasciato completamente indifferente. Eppure da
-lui derivano i più dei veristi moderni compresi
-alcuni degli italiani, che esagerarono i difetti
-senza saperlo raggiungere nella perfezione tecnica.
-</p>
-
-<p>
-L'influsso che ebbe la musica di Wagner su
-tutti questi autori non fu tale da cambiare o
-modificare sensibilmente la loro natura, se pure
-d'un vero influsso si può parlare. Ma dopo il
-Settanta comincia una vera e nuova era della
-musica francese, sulla quale la musica e le
-teorie di Wagner ebbero una grandissima importanza,
-cosa tanto più strana in quanto
-che sembrerebbe quasi impossibile che una
-nazione appena sconfitta dalle armi tedesche
-abbia potuto scegliere proprio quel momento
-per rinnovare la sua arte, plasmandola sul modello
-dell'odiato vincitore. Eppure fu così. Circa
-dall'ottanta in poi dopo che il successo della
-<span class="pagenum" id="Page_433">[433]</span>
-musica istrumentale tedesca era stato preparato
-coi concerti popolari di Lamoureux e Colonne,
-la conquista wagneriana fece passi da gigante
-e la produzione di quei dieci o quindici anni
-se ne risentì talmente, che la musica francese
-parve quasi perder ogni impronta nazionale.
-Fra i musicisti di questo periodo, nel quale
-l'imitazione wagneriana è sensibilissima, vanno
-nominati <i>Ernesto Reyer</i> (1823-1909), autore di
-un <i>Sigurd</i> (Sigfrido, 1884) scritto intieramente
-sotto l'influsso di Wagner e di <i>Salambò</i> (1890)
-un'opera non senza meriti ma affatto mancante
-di unità di stile ed ineguale nell'ispirazione;
-<i>Ermanno Chabrier</i> (1841-1894) autore dell'opera
-<i>Gwendoline</i> (1886) musicista ispirato e ricco di
-potenza drammatica ma intristito nella imitazione
-wagneriana, che snaturò il suo stile, ed
-<i>Alfredo Bruneau</i> (1857). Quest'ultimo protesta di
-non essere un wagneriano. «Pour ma part, admirateur
-fervent de Richard Wagner, je n'ai
-jamais cessé, dans mes oeuvres et dans ma critique,
-de défendre la cause de l'art français».
-Ma più a parole che con fatti, giacchè lo scegliere
-per i suoi drammi libretti che gli scrisse
-Emilio Zola (<i>Le Rêve</i>, <i>L'attaque du moulin</i>, <i>Messidor</i>,
-<i>Ouragan</i>, <i>La faute de l'abbé Mouret</i>, melodramma
-declamato, <i>L'enfant roi</i>, <i>Nais Micoulin</i>)
-azioni ora estremamente realistiche, ora
-peggio che accademiche ad onta della prosa
-nella quale sono scritte, perchè i personaggi
-non sono veri uomini ma simboli ed astrazioni,
-non poteva bastare, avendo la musica di questi
-<span class="pagenum" id="Page_434">[434]</span>
-drammi ben poco l'impronta nazionale e non
-essendo che del Wagner di seconda mano. E
-ciò è tanto più da deplorarsi che Bruneau è
-forte musicista, al quale non manca nè l'istinto
-del teatro nè la sapienza tecnica. In complesso
-quello che Bruneau si propone è il dramma musicale
-verista, lo stesso ideale al quale aspira
-con tendenze nazionalistiche e simbolistiche
-<i>G. Charpentier</i> (1860) l'autore del romanzo musicale
-<i>Luisa</i> (1898), l'opera sbagliata di un bell'ingegno,
-che credette poter ispirare vita artistica
-col mezzo di una musica alle volte elegante,
-colorita e vivace ma estremamente
-frammentaria e senza veri voli lirici alle peripezie
-triviali di una famiglia parigina. Molto
-minor successo della Luisa ebbe l'ultima sua
-opera <i>Julien</i> (1913) che è quasi un rifacimento
-della <i>Vie de pöete</i>, specie di dramma sinfonico,
-scritto in gioventù. Julien è venuto ormai troppo
-tardi e non ci dice più nulla di nuovo. Anche
-in essa contrastano romanticismo e realismo
-senza potersi accordare e questo continuo oscillamento
-toglie ogni unità all'opera nella quale
-l'ispirazione è assai scarsa e poco eletta.
-</p>
-
-<p>
-Tanto la musica di Bruneau che di Charpentier
-sono in sè la negazione di tutte quelle doti
-che noi eravamo abituati a trovare e cercare
-nella musica francese, cioè la chiarezza, la misura,
-la forma. Ambedue furono scolari di Massenet
-e per quanta differenza passi fra le opere
-del maestro e degli allievi devesi però sempre
-riconoscere un'affinità di famiglia ed un incrudirsi
-<span class="pagenum" id="Page_435">[435]</span>
-di quella maniera di concepire il dramma
-musicale come una semplice impressione ora
-sentimentale ora realistica che già si mostra,
-p. es., nella Saffo di Massenet. Ma quantunque
-Bruneau e Charpentier fino ad un certo punto
-tentino nuove vie, essi non si possono annoverarsi
-a quei pochi musicisti che oggi rappresentano
-la nuova scuola francese progressista.
-Il padre spirituale di tutti questi è <i>César Frank</i>
-(1822-1880) un'anima candida, ingenua e profondamente
-religiosa, che in vita restò quasi
-sconosciuto e fu solo idolatrato dai suoi scolari.
-Le sue opere rispecchiano la sua natura e
-la loro caratteristica è il più puro idealismo.
-Educato alla musica di Bach egli venne formando
-il suo stile sulle opere degli antichi ma
-senza imitarli ed aggiungendovi qualche cosa
-di mistico che è tutto suo ed elementi affatto
-moderni specialmente dal lato armonico. Le
-sue opere principali sono gli oratori <i>Les Beatitudes</i>,
-<i>Psyché</i>, la sua musica da camera e per
-organo, alle quali non fanno certo difetto l'ispirazione
-ma il sentimento della misura e
-della forma, che alle volte sembra embrionale.
-In ultima linea è però assai dubbio, se si possa
-annoverare Frank fra i musicisti francesi, perchè
-son troppi gli elementi stranieri, che si trovano
-nella sua musica. Ma l'importanza di
-Frank sta forse più che nelle sue opere nella sua
-grandezza morale e nell'immenso influsso che
-ebbe sui suoi scolari, fra i quali contano i migliori
-musicisti odierni di Francia. E fu per
-<span class="pagenum" id="Page_436">[436]</span>
-questi che fu superato il periodo di imitazione
-wagneriana che minacciava snaturare l'arte nazionale
-e che oggi dopo un'interruzione di più
-secoli si può davvero parlare di una vera arte
-francese, la quale vuole, come proclamava
-Charles Bordes, uno dei più valenti maestri e
-fautori «le discours libre dans la musique libre,
-la melopée continue, la variation infinie, la liberté
-en un mot de la prose musicale. Nous
-voulons le triomphe de la musique naturelle,
-libre et mouvente comme le discours plastique
-et ritmique comme la danse antique».
-</p>
-
-<p>
-A questo ideale ben ancora lontano da esser
-raggiunto tendono i conati del nuovo Cenacolo,
-alla cui testa sta da anni <i>Vincent d'Indy</i> (1851),
-talento complicato di erudito, pensatore e musicista,
-fervido cattolico, battagliero, che cerca
-il rinnovamento dell'arte nella conoscenza profonda
-dell'arte medioevale. Eppure anch'egli
-sacrificò dapprima a Wagner come in genere
-tutti gli altri francesi del suo tempo e tanto la
-sua sinfonia <i>Wallenstein</i> che la sua opera <i>Fervaal</i>
-(1897) e specialmente <i>le Chant de la Cloche</i>
-mostrano una palese derivazione dalla musica
-wagneriana. Nelle opere posteriori (<i>Etranger</i>,
-Sonata per pianoforte e violino. Quartetto, <i>Symphonie
-sur un thème montagnard</i>, ecc.), è innegabile
-la nota personale, che è fatta più di arte
-e di serietà che di spontanea ispirazione. In fondo
-d'Indy è un artista conscio e sicuro ma freddo,
-aristocratico e troppo eclettico per veramente
-commuoverci.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_437">[437]</span>
-</p>
-
-<p>
-Della musica <i>tedesca</i> moderna, in quanto essa
-cerca nuove vie, parleremo nel seguente capitolo.
-Ma non tutti i musicisti di Germania seguono
-le orme di Riccardo Strauss, Max Reger
-e Gustavo Mahler. La maggior parte continua
-le vecchie tradizioni, imitando or questo o quel
-maestro. Nell'opera è Wagner, che è diventato
-la guida quasi sempre fatale e quantunque la
-produzione annua sia ancora ingente, le opere
-che non perirono nel mare della dimenticanza
-sono pochissime. Una di queste è <i>il Barbiere di
-Bagdad</i> di <i>Pietro Cornelius</i> (1824-1874), nata ancora
-ai tempi del soggiorno di Liszt a Weimar,
-ricca di gentile ispirazione ma senza vera potenza
-drammatica. Maggior fortuna ebbe la fiaba
-<i>Hänsel und Gretel</i> di <i>Engelberto Humperdink</i>
-(1854), felice connubio di canzoni popolari colla
-polifonia e la maniera dei Maestri cantori di
-Wagner, nota anche in Italia, dove ebbe pure
-successo l'altra opera <i>Figli di re</i>, una leggenda
-composta alla stessa maniera. Ma quando Humperdink
-abbandonò il campo delle fiabe, allora
-si mostrò la sua deficienza di vera forza drammatica
-e le opere posteriori non ebbero alcun
-successo. L'<i>Evangelimann</i> di <i>Guglielmo Kienzl</i>
-(1857) ebbe pure gran successo ma più per il
-libretto sentimentale e commovente che per la
-musica appena mediocre. E così pure vero successo
-non può dirsi quello più recente di <i>Tiefland</i>,
-l'opera di <i>Eugenio D'Albert</i> (1864), miscuglio
-di tutti gli stili con predominanza di quello
-italiano moderno. <i>Sigfrido Wagner</i> (1869) ebbe
-<span class="pagenum" id="Page_438">[438]</span>
-come musicista la sfortuna di essere figlio di
-Riccardo Wagner. Le sue opere hanno specialmente
-nelle scene popolari di carattere comico
-una certa freschezza sana. Ma i libretti simbolico-mistici,
-che egli sceglie ed il voler oltrepassare
-i limiti postigli dalla natura, gli fecero
-finora fallire la prova. Ben maggiore potenza e
-serietà mostrano invece <i>Max Schillings</i> (1868),
-l'autore di <i>Ingwelde</i>, <i>der Pfeiferstag</i> e <i>Moloch</i>,
-e specialmente <i>Giov. Pfitzner</i> (1869) (<i>il povero
-Enrico</i>, <i>la Rosa del giardino d'amore</i>), quantunque
-anche essi sono imitatori di Wagner e
-soffocano in una complicatissima polifonia dell'orchestra
-la linea melodica.
-</p>
-
-<p>
-Gli autori tedeschi di musica istrumentale
-sono infiniti ed è affatto impossibile il parlarne
-qui, sia perchè ciò oltrepasserebbe il compito
-di questo manuale sia perchè oltre Riccardo
-Strauss e Max Reger mancano personalità spiccate.
-Il maestro della maggior parte dei giovani
-più noti fu <i>Lodovico Thuille</i> (1861-1907) scolaro
-e poi successore di Rheinberger a Monaco,
-un romantico, che però seppe seguire i tempi
-e che come maestro aveva doti specialissime.
-Ma come egli nelle sue opere fu un brahmsiano
-con infiltrazioni moderne anche i suoi scolari diretti
-od indiretti oggi in vista (<i>Braunfels</i>, <i>Noren</i>,
-<i>Bleyle</i>, <i>Lampe</i>, <i>Bischoff</i>, <i>Weissmann</i>) seguono la
-sua strada e sono seguaci or di Brahms or di
-Strauss. Le loro opere mostrano serietà di volere,
-sapienza e sicurezza tecnica ma difettano
-di vera originalità ed ispirazione. Quasi tutti
-<span class="pagenum" id="Page_439">[439]</span>
-poi si risentono delle nuove conquiste armoniche
-e cercano di usufruirne senza però che le loro
-opere si possano dire moderne nel senso della
-parola, perchè il loro fondo è in realtà ancora
-classicista ed il modernismo non ne è sincero.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Colombani A. — <i>L'opera italiana nel secolo XIX</i>, Milano.
-</p>
-
-<p>
-Prati R. — <i>Giuseppe Martucci</i>, Torino, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Bastianelli Gianotto — <i>Pietro Mascagni</i>, Napoli, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Torrefranca Franco — <i>Giacomo Puccini e l'opera internazionale</i>,
-Torino, 1912.
-</p>
-
-<p>
-Pfohl R. — <i>Die moderne Oper</i>, Berlino, 1894.
-</p>
-
-<p>
-Serviéres G. — <i>La musique française moderne</i>, 1897.
-</p>
-
-<p>
-Hervey A. — <i>French Music in the XIX Century</i>, London, 1903
-</p>
-
-<p>
-Neitzel O. — <i>Camille Saint-Saens</i>, Berlino, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Angè de Lassus — <i>Saint-Saens</i>, Paris, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Louis R. — <i>Die deutsche Musik der Gegenwart</i>, 1909.
-</p>
-
-<p>
-D'Indy V. — <i>César Frank</i>, Paris, 1906.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap23">CAPITOLO XXIII.
-<span class="smaller">L'ora presente.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La fine del secolo decimonono avrà probabilmente
-nella storia della musica una certa
-importanza, perchè essa chiude quasi un periodo
-e segna l'inizio di una nuova epoca. Noi
-contemporanei non possiamo nè giudicarne dell'importanza
-ed ancor meno fare da profeti
-circa il futuro, perchè ci manca l'oggettività e
-<span class="pagenum" id="Page_440">[440]</span>
-la facoltà di contemplare da un punto di vista
-più dominante e lontano il nostro tempo e
-perchè quello che forse sarà la musica futura,
-oggi non si presenta ancora che appena allo
-stato embrionale. Il compito di uno che scrive
-della musica contemporanea non può essere
-dunque che quello di un cronista o di un semplice
-critico che esprime le sue opinioni personali.
-</p>
-
-<p>
-I nomi dei musicisti della seconda metà del
-secolo scorso che passeranno alla posterità non
-soltanto come suoni vacui sono ben pochi. Gli
-altri verranno dimenticati assieme alle opere
-dei loro autori oppure si ricorderanno come quelli
-dei pionieri di una nuova arte che già batte alle
-porte. I rappresentanti di questa sono tutti
-stranieri e precisamente tedeschi e francesi. Il
-più noto e discusso è certo <i>Riccardo Strauss</i>,
-nato nel 1864, l'anno della morte di Meyerbeer,
-col quale egli ha almeno la somiglianza della
-natura avida di successo. Questo barbaro magnifico
-e temerario dagli occhi chiari, come un
-giorno lo chiamò Gabriele D'Annunzio, è oggi il
-conscio duce di molti musicisti moderni e l'eroe
-dell'ora presente. Se però si studiano veramente
-le sue opere, non sarà difficile il conchiudere,
-che in fondo non è tanto la sostanza
-quanto la forma ed i mezzi di estrinsecarla, che
-si possono dire nuovi. La musica di questo talento
-complesso per eccellenza, di quest'anima
-eternamente tormentata da nuovi problemi,
-non ha la forza persuasiva di quella dei grandi
-<span class="pagenum" id="Page_441">[441]</span>
-maestri ma piuttosto ci conquide colla violenza
-e ci fa ammiratori con riluttanza, perchè
-la sua qualità principale non è tanto l'emozione
-sincera quanto la ferrea ed indomita volontà,
-che essa continuamente palesa.
-</p>
-
-<p>
-Strauss è il musicista meno ingenuo e semplice
-che si possa pensare ed il processo generativo
-della sua mente è dei più complicati.
-Apparentemente invasato dal sacro furore dell'arte
-e conquiso dalla situazione, dalle parole
-e versi, egli resta in realtà internamente freddo
-e quasi spettatore di sè stesso come qualche
-grande artista drammatico, che sembra vivere
-la vita delle persone che rappresenta ed invece
-non ne imita che con maestria i gesti e le parole.
-Egli è un cerebrale, che non fa che esperimentare
-e siccome nessuno lo supera oggi nel
-volere e sapere e nella sicurezza dell'istinto od
-almeno del conoscere gli istinti degli altri, le
-sue opere non hanno come quelle di tanti altri
-nulla di frammentario, appunto perchè non conosce
-la semplicità ed ingenuità. Altra volta
-uno degli elementi principali per giudicare dell'originalità
-o dell'altezza del talento d'un musicista
-era l'esame della sua melodia. Ora ciò
-non è più di moda. Se però si vuole ancora provare
-l'esperimento, si troverà che una melodia
-straussiana non esiste, mentre invece ne esiste
-benissimo una mozartiana, beethoveniana, verdiana,
-ecc. E non solo ciò ma anzi che i pregî
-di Strauss sono in genere da cercarsi in tutt'altro
-che nella melodia, perchè i suoi temi melodici
-<span class="pagenum" id="Page_442">[442]</span>
-sono ben di rado veramente felici e perchè egli
-si contenta molte volte di frasi comuni e di
-spunti che nulla hanno di peregrino. Ad onta
-di ciò è innegabile che questa deficienza melodica
-delle opere di Strauss non ha grande influenza
-sul loro valore, che dipende piuttosto dalla
-complessività di esse e dalla maniera di concepire
-l'opera d'arte. Ne è punto giustificato il
-voler chiamare la musica di Strauss astrusa e
-se tale molte volte si giudica, ciò dipende non
-dalla sostanza ma dall'estrema complicazione
-dell'apparato, dalla sopraposizione dei contrappunti,
-chè anzi il maestro, come lo dimostrò
-nella scelta dei soggetti, è natura certo
-speculativa ma con una buona parte di sensualismo.
-</p>
-
-<p>
-Strauss ha incominciato come tutti i musicisti
-coll'imitare i maestri precedenti e suoi contemporanei
-e fra questi specialmente Brahms.
-La prima opera in cui egli veramente si palesò
-fu il poema sinfonico <i>Macbeth</i> (1887), seguito con
-breve intervallo dal <i>Don Giovanni</i> (1888) e dal
-<i>Tod und Verklärung</i> (<i>Morte e trasfigurazione</i>)
-(1889), ancor oggi la sua opera più popolare.
-Tutte queste opere derivano da quelle di Liszt ma
-Strauss seppe trarre ben altre conseguenze dallo
-stile programmatico che il suo iniziatore. Egli
-non si fa mai veramente schiavo del programma
-ma è in grado di esprimere con mezzi semplicemente
-musicali tutto quello che vuole. Questa
-potenza gli è anzi tanto propria che egli
-molte volte ne abusa. In confronto di Liszt egli
-<span class="pagenum" id="Page_443">[443]</span>
-ha non solo maggiore padronanza dei mezzi e
-della tecnica ma anche più grande facoltà inventiva,
-le quali doti gli rendono possibile di
-mantenere l'architettura musicale e la divisione
-logica del pezzo, mentre gli altri seguaci di
-Liszt finiscono nella più completa anarchia. In
-un certo riguardo Strauss è anzi un formalista,
-ben inteso alla sua maniera, giacchè in tutto il
-suo procedere si può sempre osservare un
-certo sistema che consiste nella anatomizzazione
-e disgiunzione dei temi musicali e nel
-tener fermo alla forma ritmica, che è quasi
-l'ossatura ferrea della composizione. Un'altra
-delle sue qualità è la ricerca della caratteristica,
-che non rifugge da alcun mezzo, poichè
-a lui poco importa come risuoni la sua musica,
-purchè dica ciò che egli vuol esprimere.
-Documenti di questa tendenza sono rintracciabili
-in tutte le sue opere ma specialmente nella
-<i>Vita d'eroe</i>, e nello <i>Zaratustra</i>, dove vi sono
-brani di musica assolutamente brutta, se tale
-si può ancora chiamare e voluta così di proposito.
-Tendenza questa che non si deve confondere
-col cosidetto realismo o verismo musicale,
-del quale del resto le opere di Strauss
-mostrano molti esempî ma arte d'esprimere coi
-suoni materiali ed i mezzi della tecnica musicale
-sentimenti astratti ed idee che mai prima
-si tentò di tradurre.
-</p>
-
-<p>
-L'arte di Strauss è tutta personale ed è questa
-che nelle sue opere assume tale importanza
-da farle distinguere da quelle degli altri maestri.
-<span class="pagenum" id="Page_444">[444]</span>
-O meglio detto, essa cessa quasi di essere
-solamente arte e tecnica ma diventa cosa quasi
-principale, facendo passare in seconda linea
-l'idea ed il pensiero musicale. Le vie percorse
-da Berlioz e Liszt non avevano condotto a buon
-fine; Berlioz non seppe mai liberarsi dallo
-schema formale della sinfonia di Liszt e non
-scrisse che schizzi geniali di forma frammentaria.
-In una parola Berlioz fu troppo musicista
-e Liszt troppo poeta. Strauss proseguì per la
-strada segnata da questo ma evitandone i pericoli.
-L'idea poetica genera la forma ma egli non
-abbandona la logica musicale. E che ciò non sia
-impossibile egli mostrò in due delle sue migliori
-opere, nel <i>Don Chisciotte</i>, scritto in forma di variazioni
-e nel <i>Till Eulenspiegel</i> in forma di rondò.
-</p>
-
-<p>
-La musica dei poemi sinfonici di Liszt è essenzialmente
-omofona. Strauss vi sostituì invece
-una complicatissima polifonia melodica
-simile a quella dei Maestri Cantori di Wagner.
-La quale, se in certo modo è un compenso alla
-mancanza dello sviluppo tematico tradizionale,
-rende però l'opera musicale molto più difficile
-a comprendersi, perchè l'orecchio s'affatica a
-voler seguire le combinazioni di tre o quattro
-temi molto più che se si trattasse di contrappunti
-per quanto complicati della maniera antica,
-perchè questi seguono pur sempre leggi
-formali, che Strauss rifiuta.
-</p>
-
-<p>
-Insuperabile, anzi unica è invece la sua arte
-d'orchestrazione, che sorpassa quella di Berlioz,
-Wagner e di ogni altro. Strauss è colorista per
-<span class="pagenum" id="Page_445">[445]</span>
-eccellenza e tale lo fa non tanto l'uso di alcuni
-strumenti ma l'istinto geniale degli impasti e la
-maniera di usare degli istrumenti, per trarne
-effetti affatto nuovi, ora di infinita dolcezza e
-soavità, ora di stragrande potenza. E perchè
-egli concepisce le sue opere orchestralmente, è
-quasi impossibile giudicare di esse studiandole
-al pianoforte. Molte cacofonie, molte stranezze
-spariscono sentite nell'orchestra o quasi non
-si avvertono, mentre al pianoforte ci riescono
-insopportabili. Quasi sì personale che l'istrumentazione
-è l'armonia di Strauss, che è impossibile
-spiegare e comprendere alla stregua
-delle antiche norme, che per lui più non esistono.
-L'ultima opera sinfonica di Riccardo Strauss e
-forse, se non la più ispirata, la più perfetta, fu
-la <i>Sinfonia domestica</i>. Il programma è appena
-accennato ed è quasi inutile giacchè è comprensibile
-anche senza di esso.
-</p>
-
-<p>
-La domanda se nella musica di Strauss domini
-più l'elemento sinfonico che il drammatico è
-ormai superflua. La musica istrumentale moderna
-è sì pregna di elementi drammatici, che i
-confini della musica sinfonica e drammatica, che
-prima erano ben definiti, vanno quasi scomparendo.
-Un fenomeno strano è anzi che la musica
-di Wagner ha avuto maggior importanza
-per la musica sinfonica che la drammatica. Le
-opere di Strauss sono in realtà piccoli drammi
-senza parole e tutta la sua natura lo predestinava
-al dramma. Eppure egli vi arrivò tardi,
-giacchè il <i>Guntram</i> (1894) è un'opera scritta
-<span class="pagenum" id="Page_446">[446]</span>
-sulla falsariga di Wagner, del quale il giovane
-Strauss allora subiva il prepotente influsso.
-</p>
-
-<p>
-Vera musica di Strauss è invece quella della
-seconda opera <i>Feuersnot</i> (<i>Senza fuoco</i>) (1901). Il
-libretto, lardellato di frasi scabrose e quasi lubriche
-e di allusioni a Wagner e Strauss stesso
-non è tolto da una fiaba olandese come dice
-l'autore ma ricorda la leggenda medioevale del
-mago Virgilio e
-</p>
-
-<div class="poem">
-<p>«la torre dove stette in due cestoni</p>
-<p>«Virgilio spenzolato</p>
-<p class="i6"> (<span class="smcap">Berni</span>).</p>
-</div>
-
-<p>
-Ma Strauss possiede una vena satirica assai
-pronunziata ed una dose di sensualità, che gli
-fecero scegliere quell'azione mista di lirismo
-nordico e vena boccacesca. La musica non differisce
-gran fatto da quella dei poemi sinfonici
-e vi predomina l'elemento sinfonico. Non mancano
-però momenti felici di lirismo nei canti
-di Kunrad, per quanto faccia difetto l'intensità
-della passione e della vita interiore, mentre c'è
-una certa giocondità primaverile nelle scene
-popolari, che non è priva di poesia.
-</p>
-
-<p>
-Da Feuersnot a <i>Salome</i> (1905) passa una differenza
-abbastanza grande, quantunque forse
-non tanta quanti molti vogliono. Dal lato dell'ispirazione
-musicale anzi si può dire che
-Feuersnot è opera più spontanea ed originale
-e che la differenza è più da ascriversi al soggetto
-ed alla tecnica più complicata e più perfezionata
-dal punto di vista dell'autore che ad
-altri elementi. Il dramma di Oscar Wilde, per
-<span class="pagenum" id="Page_447">[447]</span>
-quanto non sia certo un capolavoro, ha delle
-qualità che dovevano attrarre un musicista
-della natura di Strauss, perchè l'arte di Wilde
-ha molte e grandi somiglianze con quella di
-Strauss, che è fatta più che di vera e sincera
-commozione di stravaganze, violenze, frenesie
-da un lato e di preziosità, ricercatezze e coloriti
-e tinte più svariate da un altro. Considerata
-come opera musicale uno dei maggiori
-pregî di Salomè è lo stragrande movimento, la
-rapidità che sostiene tutto l'edificio e le dà
-un'unità che non hanno neppure i drammi di
-Wagner, rendendo la musica eminentemente
-suggestiva.
-</p>
-
-<p>
-L'<i>Elettra</i>, venuta pochi anni dopo (1909), è
-scritta nello stesso stile e non supera la Salome
-che forse per ancor maggior irruenza ritmica
-e per l'asprezza rigida. Ad ambedue le opere è
-comune la deficienza melodica e la povertà dei
-temi, che di solito consistono di poche note,
-che traggono il loro significato più dal ritmo
-che dalla linea stessa. Il difetto maggiore di
-Salome ed ancor più di Elettra è l'eccesso, che
-quando è continuato, perde ogni effetto e produce
-monotonia. Tutto vi è spasmodico, turbinoso,
-delirante, convulsivo. Questa musica ha
-senza dubbio una grande potenza sugli uditori
-ma essa piuttosto di ammaliarli, li piglia di sorpresa
-tanto che essi poi non sanno rendersi
-una vera ragione dell'effetto subito. Perciò riudendo
-queste opere, si potrà scoprirne molti
-particolari interessanti sfuggiti la prima volta
-<span class="pagenum" id="Page_448">[448]</span>
-ma l'effetto e l'impressione iniziale non si raggiungono
-più, perchè bisogna alla fine persuadersi,
-che c'è ben molta posa in tutta questa
-musica, apparentemente sì calda ed in realtà sì
-fredda. Il successo che ebbero tanto la Salome
-che l'Elettra fu grande e fino ad un certo punto
-anche sincero. È però assai dubbio il dire
-quanta parte ne tocchi al poeta e quanta al
-musicista. Tutti e due i poemi sono opere più
-di letteratura che di vera poesia e Strauss
-seppe scegliere bene il momento propizio a
-simili prodotti, in cui isterismi sessuali si mescolano
-a preziosità letteraria e sotto una forma
-smagliante di immagini e parole si maschera
-un'intima povertà di vero contenuto. Il voler
-giudicare della musica di questi due drammi
-alla stregua dei principî del dramma lirico compreso
-quello di Wagner è del resto fatica inutile.
-L'autore rinuncia ad ogni forma musicale ed
-ormai non vuol che seguire la parola più fedelmente
-che possibile, ciò che esclude naturalmente
-ogni simmetria musicale. Ciò sarà
-forse giustificato, ma dal momento che tutto il
-dramma musicale non basa che su di una finzione
-è pure permesso il domandarsi, se non
-sarebbe ancor più logico contentarsi della sola
-parola.
-</p>
-
-<p>
-Dopo la Salome e l'Elettra, <i>il Cavaliere della
-rosa</i>, la nota comica dopo la tragica. Il poeta
-Hoffmannsthal, che non sa che rifare per quanto
-virtuosamente le cose altrui, collo scetticismo
-cinico del viennese decadente offrì al maestro
-<span class="pagenum" id="Page_449">[449]</span>
-un libretto settecentista un po' boccaccesco,
-un po' goldoniano, appesantito di elementi teutonici
-con una figura goffa e volgare quasi ributtante,
-un po' di colorito locale e non dimenticando
-l'italiano intrigante e subdolo, che
-sembra di prammatica (<i>Flauto solo</i> d'Albert,
-<i>Arianna a Nasso</i>) insomma un poema che offende
-il nostro gusto latino e ne è ben lontano.
-Lo stile del Cavaliere della Rosa è un misto di
-elementi eterogenei sapientemente mascherati.
-La parte migliore è forse la sentimentale, mentre
-la comica è bizzarra ed esagerata. Quantunque
-Strauss si sforzi di essere chiaro e melodico,
-egli non ci riesce e cade alle volte persino
-nel regno dell'operetta.
-</p>
-
-<p>
-Le due ultime opere di Strauss sembrano
-destinate a non rimanere che un intermezzo
-nella sua produzione. L'idea di mettere in musica
-il <i>Bourgeois gentilhomme</i> di Molière e specialmente
-il piccolo dramma <i>Arianna a Nasso</i>
-che vi è contenuto ha attratto Strauss, lo scettico
-umorista, per il funambolismo della situazione
-buffonesca e lirica. Egli sciolse il problema
-da grande artista che sa far tutto ma senza
-poter creare un'opera vitale per la mancanza
-di ogni sentimento umano e per la pretenziosità
-troppo palese. Eppure anche quest'opera contiene
-pagine stupende or di umorismo or di
-dolcezza erotica.
-</p>
-
-<p>
-E non più che un capriccio di artista nordico
-e perciò complicato di simbolismo filosofico fu
-quello di scrivere l'azione coreografica <i>la
-<span class="pagenum" id="Page_450">[450]</span>
-leggenda di Giuseppe</i>, trasportata al tempo del
-barocco berniniano, pure di Hoffmanthal, natura
-affine di Strauss per il predominio dell'erotismo
-più o meno palese e congiunto modernamente
-ad elementi anche più bassi. Ma il
-simbolismo non si comprende e non resta che
-un'azione coreografica di mediocre interesse,
-nella quale domina non la danza sana e popolaresca
-del Cavaliere della Rosa ma quella dionisiaca
-o baccante del Zaratustra, della Salome
-ed Elettra. Comunque, l'opera complessa di
-Strauss resterà un documento importante del
-tempo, mentre la credenza che da lui cominci
-una nuova era non è certo più giustificata,
-giacchè fra la sua musica e la cosidetta futuristica
-c'è troppa differenza e completa disparità
-di principi.
-</p>
-
-<p>
-Arte ben più moderna è invece quella di Debussy
-e la nuova musica mette più o meno
-capo al <i>Pelleas et Melisande</i>, perchè essa riassume
-le nuove tendenze e conquiste e perchè
-fu per lei che venne a cessare in grandissima
-parte l'incubo wagneriano ed i musicisti si
-videro aperte altre strade. In ciò sta forse
-più che nel valore intrinseco dell'opera la sua
-importanza per la storia musicale. Il suo successo
-al nostro tempo di indirizzi così realistici è senza
-dubbio assai strano. O forse esso a pensarci
-meglio è spiegabile appunto per legge di contrasti.
-La nostra epoca combina l'opportunità
-della vita pratica col bisogno d'un certo misticismo
-claustrale, che ognuno ha in fondo all'anima
-<span class="pagenum" id="Page_451">[451]</span>
-senza rendersene conto. In sostanza è
-lo stesso fenomeno del successo dell'impressionismo
-e di tutte le sue suddivisioni nella
-pittura nonchè delle ricercatezze arcaiche della
-letteratura.
-</p>
-
-<p>
-<i>Claudio Debussy</i> (1862) che a tempo perduto
-è anche critico di arte ci ha dato in uno dei
-suoi articoli la sua professione di fede: «L'arte
-è la più bella menzogna. Per quanto ci affatichiamo
-di rappresentare la vita nelle sue forme
-e colori usuali, non si arriverà mai ad un risultato
-soddisfacente ed appunto perciò è desiderabile
-che l'arte resti una menzogna, se
-essa non deve abbassarsi fino al più triste opportunismo
-dozzinale. Come? Non cerca ognuno
-l'oblio nell'arte e non è l'oblio una speciale
-forma della menzogna? Il nostro compito è di
-mantenere il mondo nelle sue illusioni e di non
-scuotere brutalmente gli uomini dai loro sogni
-per mostrar la cruda realtà. Contentiamoci del
-mondo fantastico, giacchè esso solo ci dà conforto,
-esso solo è capace di farci intravedere
-una bellezza che non passa, perchè eterna».
-</p>
-
-<p>
-Il Debussy non si contentò di parole ma
-cercò di mettere in pratica le sue teorie. Uscito
-dal Conservatorio di Parigi e scolaro di professori
-più che ortodossi scrisse la cantata <i>La
-demoiselle elue</i> su poesia del preraffaelita Rossetti,
-che ispirò spavento ai suoi pedanti maestri
-e che mostra già tutte le caratteristiche
-dell'autore. Le quali sono completo abbandono
-delle forme tradizionali, soppressione di ogni
-<span class="pagenum" id="Page_452">[452]</span>
-simmetria musicale, dissoluzione della linea
-melodica in piccolissime frasi e melismi per
-produrre un'atmosfera musicale piena di vaporosità,
-il canto in modo di recitativo quasi
-come nelle opere di Peri e Caccini, imitando
-cogli intervalli l'alzarsi ed abbassarsi della voce
-parlata, tessuto armonico, in cui l'accordo sta
-quasi da sè e non si collega cogli antecedenti
-e posteriori, un'armonia armoniosa, come
-la chiama Laloy, che ha principio e fine in sè
-stessa. Il prodotto di tutte queste qualità in
-parte negative è uno dei più originali della musica
-moderna. Gli stessi principî messi in pratica
-da un musicista mediocre avrebbero condotto
-necessariamente a qualche cosa di disgustoso
-ed estremamente monotono. Debussy
-arrivò invece per questa via a darci opere sulle
-quali si potrà certo discutere e che ci sembreranno
-a seconda delle nostre inclinazioni e
-studi strane e forse antipatiche ma che non si
-potrà far a meno di riconoscere come il frutto
-di un talento singolare ed originale.
-</p>
-
-<p>
-La <i>Demoiselle elue</i> fu presto dimenticata ma
-Debussy sorprese il pubblico con un'altra opera
-ancora più combattuta e dapprincipio rifiutata,
-che poi finì per far il giro delle sale di concerto
-di tutti i paesi. Questa volta l'autore scelse una
-poesia di Mallarmè, <i>L'après midi d'un faune</i> per
-scriverne un preludio d'orchestra (1892). <i>C'est
-une sauce sans lièvre</i> ebbe a dire un celebre
-musicista francese e secondo il comune modo
-di vedere non a torto. Difatti questo preludio
-<span class="pagenum" id="Page_453">[453]</span>
-fa ai pugni con tutto quello che noi intendiamo
-per un preludio, <i>ouverture</i> o poema sinfonico,
-perchè qui non c'è tema sul quale s'imperni
-l'opera, non c'è sviluppo tematico ma solamente
-un'indefinibile incertezza della frase melodica,
-un continuo svolgimento di modulazioni
-strane. Eppure che effetto poetico l'autore sa
-trarre da un tutto, che ci pare inorganico, quale
-compenetrazione della poesia, quale tavolozza
-smagliante ad onta della delicatezza! Il nostro
-istinto si ribella contro questa musica rivoluzionaria,
-sì diversa dalla nostra e nel medesimo
-tempo quei suoni, quelle armonie ci ammaliano
-e quasi ci convertono alla nuova arte. Ed i
-<i>Nocturnes</i> e gli schizzi <i>La mer</i>, <i>Images</i> ed i 24
-preludi per pianoforte? Un nulla forse, quasi
-bolle di sapone iridescenti e vaporose ma un
-tutto eminentemente suggestivo e poetico.
-</p>
-
-<p>
-Queste opere come pure il suo <i>Quartetto</i> in
-sol minore, molte canzoni ed alcuni pezzi per
-pianoforte non avrebbero però certo potuto
-rendere sì noto il loro autore quanto lo è, perchè
-tutta questa musica è troppo esclusivamente
-aristocratica per arrivare al pubblico.
-Invece il suo dramma musicale <i>Pelleas et Melisande</i>
-(1902) fu quello che mise Debussy in
-primissima linea fra i musicisti francesi dei
-nostri giorni.
-</p>
-
-<p>
-Data la qualità del suo talento, egli avrebbe
-ben difficilmente potuto trovare una azione
-più adatta di quella del dramma di Maeterlink,
-vera tragedia del fato, nella quale le
-<span class="pagenum" id="Page_454">[454]</span>
-persone ci sembrano ombre ed il tutto un sogno.
-Debussy ha fatto opera concorde al poema,
-che è da giudicare con altri criterî che i soliti
-se si vuole comprenderla e nella quale non si
-deve cercare quello che non ci vuol essere.
-«Io ho tentato con tutte le mie forze, scrive
-Debussy, e con tutta la sincerità di identificare
-la mia musica colla sostanza poetica del dramma.
-Prima di tutto studiai il carattere delle persone
-e volli che parlassero esse stesse. Io ascoltai
-le loro parole e tentai di riprodurle. L'uditore
-è abituato, ascoltando un'opera, a provare
-due impressioni, quella della musica e
-quella delle persone che agiscono e sente di
-solito queste impressioni una dopo l'altra. Io
-ho tentato di congiungerle. La musica possiede
-un ritmo proprio, i sentimenti dell'animo ne
-hanno un altro più istintivo e sottoposto agli
-avvenimenti. Da ciò non può risultare che un
-perenne conflitto. Perciò l'uso della forma sinfonica
-(Wagner) non solo non può giovare ma
-anzi opprime ed annienta la musica drammatica».
-</p>
-
-<p>
-C'è chi vuol far derivare Debussy da Wagner.
-Ma ciò non è giusto. Il Pelleas è anzi una specie
-di atto di rivolta contro l'arte di Wagner e
-quantunque non è vero che quest'opera di un
-solitario rappresenti la vera arte francese, dalla
-quale si trova forse agli antipodi, è ben difficile
-trovarvi raffronti colla musica di Wagner,
-giacchè per poter dir ciò non basta qualche
-piccola somiglianza, che deriva piuttosto dall'ambiente
-<span class="pagenum" id="Page_455">[455]</span>
-musicale dei nostri giorni, che da
-una qualsiasi imitazione di Wagner. Nella musica
-di Debussy non ci sono leitmotivi, non c'è
-vera polifonia, non simmetria musicale. Il musicista
-non vuol essere architetto e darci costruzioni
-contrappuntistiche complicate, anzi i
-suoi temi come tali perdono ogni importanza e
-diventano quasi semplici melismi; la musica
-segue il testo parola per parola senza alcuna
-preoccupazione musicale, il periodo non obbedisce
-a leggi ma non cerca che di sottolineare
-e di dipingere, la musica viene quasi disciolta
-nei suoi elementi originari. Il risultato è una
-rara compenetrazione di musica e poesia, una
-evocazione mirabile dell'ambiente con colorito
-poetico incredibile, che Debussy raggiunge con
-un'arte incantevole nel trattare l'orchestra. Egli
-preferisce le mezze tinte, le penombre, per cui
-tanto più sfavillanti appariscono quei momenti,
-nei quali irrompe irresistibile la passione e tutto
-sembra ardere e divampare.
-</p>
-
-<p>
-Debussy è un prodotto della nostra epoca sì
-tormentata da ogni sorte di problemi. Volendo
-si può trovare nelle sue opere anche qualche
-somiglianza con quelle dei poeti simbolisti
-Mallarmè, Verlaine e Baudelaire ed ancor più
-coi pittori di Batignolles Monet, Manet, Césanne,
-ecc., giacchè egli compone come dipingevano
-quei pittori, cioè avendo gli uni per suprema
-legge il colore ed egli il suono. Ma colori
-e suoni hanno bisogno di anima per non rimaner
-materia bruta. E forse si può anche pensare al
-<span class="pagenum" id="Page_456">[456]</span>
-giapponesismo nella pittura ed il tutto si riduce
-ad un impressionismo e simbolismo quasi patologico.
-</p>
-
-<p>
-La musica di Debussy è basata armonicamente,
-e l'armonia ne è senza dubbio la parte
-più nuova, sulla trifonia ed esafonia, dalle
-quali dipende il suo colorito strano. Gli accordi
-adoperabili che ne risulterebbero almeno secondo
-il nostro sistema non sono in sè che
-quattro, dunque pochissimi, ma per comprendere
-la nuova armonia bisogna abbandonare i
-nostri antichi criteri e considerare i nuovi accordi
-altrimente che come fecimo finora.
-</p>
-
-<p>
-Per molti la sua musica è un libro chiuso a
-sette sigilli, per altri un evangelo e l'autore un
-nuovo Messia. «La musica di Debussy ha un
-carattere primitivo, georgico, sensuale e faunesco,
-che pur essendo proprio alla persona
-dell'autore è e sarà veramente il carattere
-principale dell'arte, della letteratura e della filosofia
-della nostra epoca forte e sana. Il misticismo
-dell'opera di Debussy al di là di ogni
-formola antica, intieramente fatto di sensazioni
-interiori sempre più complesse e di una
-sensualità carnale e naturale profondamente e
-sapientemente semplice è veramente il nuovo
-misticismo, che fa palpitare le ali ansiose della
-nostra gioventù pronta a forti combattimenti
-per nuove conquiste spirituali, è il misticismo
-sessuale di Rodin scultore e disegnatore» (?).
-(Ricciotto Canudo — Psycologie musicale de
-Civilisations).
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_457">[457]</span>
-</p>
-
-<p>
-Debussy non ha più dato dopo il Pelleas
-alcun'opera al teatro ed è in genere poco produttivo.
-Le sue ultime opere sono la musica
-da scena per <i>il Martirio di S. Sebastiano</i> di
-D'Annunzio, i preludi per pianoforte ed un
-ballo <i>Jeux</i>, che non ebbe successo. Data la sua
-maniera di comporre ed il contenuto della sua
-musica, ciò non è difficile a comprendere, perchè
-nuove opere non potrebbero essere fino ad
-un certo punto che ripetizioni delle anteriori.
-</p>
-
-<p>
-Fu detto sopra che sarebbe ben arrischiato
-il voler considerare la musica di Debussy come
-un vero prodotto dell'arte nazionale. Difatti in
-essa è riconoscibile l'influenza dei musicisti moderni
-russi, specialmente di Borodine e Moussorgsky
-(per esempio le <i>canzoni e danze della
-morte</i>) e, sia direttamente o di riverbero attraverso
-i russi, della musica orientale ed esotica
-in genere. Eppure Debussy ha già fatto
-scuola nella sua patria e se anche non si può
-parlare di una vera imitazione, che, data la natura
-della sua musica, è quasi esclusa, sono
-fino ad un certo punto gli stessi principî, che
-propugnano i veri modernisti francesi, fra cui
-uno dei più estremi è <i>Maurizio Ravel</i> (1875),
-squisito illustratore di sensazioni che gli vengono
-dal mondo esterno e perciò diverso da
-Debussy, che è più sognatore e che invece di
-tradurre le cose ci dà le impressioni che queste
-gli producono. La sua tecnica è però affatto
-simile alla debussiana e se ne distingue soltanto
-per certi procedimenti a lui propri come p. e.
-<span class="pagenum" id="Page_458">[458]</span>
-l'aggiungere note eterogenee oppure omettere
-appunto quello che l'orecchio s'aspetta.
-</p>
-
-<p>
-Melodicamente più ispirato di Debussy egli
-non gli è inferiore nel colorito smagliante ma
-nella complessività della sua opera. La sua opera
-<i>L'heure espagnole</i> per quanto cesellata è troppo
-priva di freschezza comica, troppo lambiccata
-e contorta per poter piacere al pubblico. Nè i
-due balli <i>Daphni et Chloè</i> e <i>Ma mère l'oye</i> per
-quanto ricchi di finissimi particolari sono opere
-di vera ispirazione. Migliori sono senza dubbio
-le opere minori (un quartetto, una Sonatina
-per pianoforte ed i pezzi per questo istrumento
-<i>Miroirs</i> e la raccolta <i>Gaspard de la nuit</i>).
-</p>
-
-<p>
-Debussy e Ravel sono oggi i rappresentanti
-più in vista della musica francese moderna.
-Ma confrontati coi veri maestri essi ci appaiono
-dei decadenti senza vigore, figli di un'arte affetta
-di tutte le malattie, di un'ipercoltura,
-che va in cerca di sensazioni strane, di narcotici
-e stimolanti ora per destarsi dallo stato
-di sonnambulismo nel quale si trova, ora per
-intensificarlo. Debussy e Ravel credono forse
-di creare una nuova arte e portano invece
-adosso il peso della coltura musicale di tutti i
-secoli che gli schiaccia.
-</p>
-
-<p>
-Più o meno seguaci delle nuove teorie sono
-pure: <i>Alberico Magnard</i> (1865-1914), <i>Ernest
-Chausson</i> (1855-1899), <i>Alberto Roussel</i> (1869),
-<i>Florent Schmit</i> (1870), <i>Deodato de Séverac</i> (1873),
-mentre <i>Gabriele Faurè</i> (1845) e <i>Gabriele Piernè</i>
-(1863) sono da annoverarsi fra i conservatori.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_459">[459]</span>
-</p>
-
-<p>
-Successo quasi pari al Pelleas ebbe l'opera
-<i>Ariane et Barbebleu</i> (1907) di <i>Paolo Dukas</i> (1865)
-autore di uno scherzo sinfonico <i>L'apprenti sorcier</i>,
-pieno di ritmo e calore e di una Sonata
-per pianoforte, opera seria ma pesante. Dukas
-è molto più sinfonista di Debussy, molto più
-chiaro e ritmico e sta con un piede nel wagnerismo
-e l'altro nel modernismo. Tutti questi
-musicisti sono coloritori squisiti e la loro orchestrazione
-si distingue p. e. dalla straussiana
-per leggerezza senza esserne inferiori nella
-varietà di timbri ed impasti.
-</p>
-
-<p>
-La musica istrumentale francese è oggi senza
-dubbio la più nuova e più corrispondente al
-gusto dei moderni esteti. Ma anche gli entusiasti
-di quest'arte cominciano già ad elevare qualche
-voce che ammonisce: «La nostra arte musicale
-è la prima del mondo per le sue qualità aristocratiche
-ma manca di sangue. Rianimatela!
-Non si tratta di rinunziare alla sua aristocrazia
-di gusto e di sensibilità. Ma anche un grande
-aristocratico deve saper parlare a tutti e domare
-la folla a mille teste» (R. Rolland).
-</p>
-
-<p>
-Una delle maggiori preoccupazioni di questi
-musicisti è certo il tessuto armonico ed è piuttosto
-nella novità delle loro armonie che in altri
-elementi che si deve cercare il nuovo delle loro
-opere. In questo riguardo si può anzi dire che
-ad onta delle dissonanze e cacofonie volute
-tutte queste armonie nuove, che non sono più
-possibili a spiegare col solo concetto di tono
-maggiore e minore, hanno un sistema ancor
-<span class="pagenum" id="Page_460">[460]</span>
-latente ma che perciò non manca di una certa
-logica e che tutto ciò avrà certo grande influenza
-sulla musica futura. E ad un simile nuovo sistema
-di armonia cercano ormai i dotti di dare
-forma scientifica, un sistema che tenta comprendere
-in sè oltre le nostre tonalità anche le
-scale liturgiche antiche e combinarle, come pure
-la musica dei popoli orientali e per il quale non
-esiste quasi più il concetto antico di consonanza.
-Nè soltanto l'armonia è nuova ma nuovo
-è altresì un altro elemento della musica modernissima,
-che consiste nell'impiegare nella
-polifonia parti medie che sono affatto indipendenti
-nella tonalità della composizione e che
-combinano soltanto colle altre voci nel ritmo.
-Anche questo processo non è in verità affatto
-nuovo, perchè già lo troviamo nei primi tempi
-dell'armonia e nella musica popolare di certi
-popoli specialmente asiatici. Guido Adler crede
-di trovare in questa pratica qualche somiglianza
-colla <i>Eterofonia</i>, della quale fa menzione Aristosseno,
-Plutarco e Platone e prevede una
-nuova divisione in musica omofona, polifonica
-e eterofonica.
-</p>
-
-<p>
-Riconosciute le varie doti, che sono proprie
-di tutti questi musicisti è però giustificata la
-domanda, se una musica che non vuol altro
-che raggiungere un'atmosfera musicale e si bea
-dei suoni considerati in sè, che è satura di
-tutti gli elementi estetici immaginabili e che ad
-onta di tutto ciò e della sua complicazione ha
-somiglianze con un'arte primordiale, sia quella
-<span class="pagenum" id="Page_461">[461]</span>
-che veramente potrà aprire nuove vie o invece
-col suo snervante erotismo ed il suo misticismo
-malato non sia arte di corruzione, impotente e
-sterile. Diderot scrisse una volta: <i>Le gout de
-l'extraordinaire est le caractère de la médiocrité.
-Quand on desespére de faire une belle
-chose, naturelle et simple, on ne tente une bizzarre</i>.
-E D'Alembert: <i>Malheur aux productions
-de l'art, dont toute la beauté n'est que pour les
-artistes</i>.
-</p>
-
-<p>
-I musicisti nominati appartengono alla scuola
-impressionista o simbolista, per la quale la
-musica assoluta quasi più non esiste. I seguaci
-dell'altra fazione o scuola che cercano nelle
-loro opere di rivendicare alla musica il suo
-valore intrinseco e l'indipendenza dalle altre
-arti non sono sì numerosi quanto i primi. L'eterna
-e tanto dibattuta questione ha del resto
-almeno al nostro tempo un'importanza molto
-secondaria, giacchè in ultima linea qualunque
-composizione di genere superiore è frutto della
-fantasia poetica dell'autore, sia che questi sia
-o no consapevole dell'origine dell'ispirazione.
-La differenza è perciò da cercarsi più nei procedimenti
-tecnici che nella sostanza intrinseca.
-L'odierno maggiore campione della musica che
-diremo relativamente assoluta è <i>Max Reger</i>
-(1873). I musicisti che non si lasciarono trascinare
-dall'influenza wagneriana sono pochi e
-fra questi sta in prima linea Reger, che già
-colle prime opere si schierò fra i musicisti soltanto
-musicisti e vi rimase fedele sino ad oggi.
-<span class="pagenum" id="Page_462">[462]</span>
-A ciò lo trasse la sua indole ed anche l'indirizzo
-dei suoi studî i quali devono essere stati sì
-lunghi ed esaurienti da fargli riuscire facile lo
-sciogliere ogni problema più arduo di contrappunto
-ed armonia. Questa è tutta speciale ed
-ha per caratteristica il brusco cambiamento di
-tono senza o quasi senza modulazione, il passaggio
-da una tonalità ad un'altra affatto eterogenea.
-La base non è già la scala maggiore o
-minore ma la cromatica; così si arriva tante
-volte a non poter definire il tono di un pezzo
-sino alla cadenza che ha un'importanza tutta
-propria. Confrontata però l'armonia di Reger
-con quella dei maestri francesi moderni, essa è
-assai più dura, pesante e caotica e non sa raggiungere
-neppur lontanamente l'effetto di quella.
-</p>
-
-<p>
-Nelle prime opere di questo autore troppo
-fecondo è difficile trovare una nota personale.
-In quelle di organo è più che sensibile l'influsso
-di Bach, mentre nelle opere per pianoforte
-e nella sua musica da camera in genere
-ricorrono ogni momento reminiscenze di Schumann
-ed ancor più di Brahms. Dall'opera 50
-circa anni l'autore però subì una trasformazione
-che si palesa già nelle grandi fantasie per organo
-(op. 46, op. 57, ecc.). La sua opera più
-rivoluzionaria è forse la Sonata in do maggiore
-per pianoforte e violino (op. 72), arruffata e
-confusa, dura negli spunti, melodici tanto per
-dire. Nè molto diversi sono il quartetto (op. 74),
-estremamente complicato, ed altre opere anche
-fra le ultime, compresi il Concerto per violino
-<span class="pagenum" id="Page_463">[463]</span>
-e quello per pianoforte. Ma fra questo turbinare
-di opere in cui i contrappunti si sovrappongono
-uno all'altro e le armonie più disparate
-ci sorprendono e lacerano gli orecchi,
-nacquero pure alcune opere come, per es., i
-piccoli pezzi per pianoforte, op. 82, i due Trio,
-op. 77, la Suite in stile antico, op. 93, che sono
-fra le migliori cose che si scrissero negli ultimi
-anni. Reger predilige come Brahms la forma
-delle variazioni e vi sviluppa una ricchezza incredibile.
-Le variazioni e fuga su di un tema
-di Beethoven per due pianoforti, quelle su un
-tema di Bach sono da mettersi fra le maggiori
-e migliori sue composizioni. Le prime opere
-per orchestra, una Sinfonietta, una Serenata,
-Variazioni su di un tema di Hiller ed un Prologo
-per tragedia, sono opere faragginose ed
-estremamente complicate da rendere assai difficile
-all'orecchio seguire le parti, che si accavallano
-in contrappunti, istrumentate massicciamente,
-quasi l'autore usi piuttosto registri
-d'organo che istrumenti. Nelle posteriori, una
-<i>Suite de ballet</i>, una Suite romantica, ecc., Reger
-sembra voler mettersi per una nuova strada
-ed avvicinarsi alla musica descrittiva, accettando
-elementi straussiani e debussyani. E così
-egli si trasforma continuamente, ma non per
-vera necessità di natura ma più per proposito
-e per l'indirizzo del tempo, ciò che gli riesce
-facile per la sua grande potenza assimilatrice
-ed il suo immenso sapere tecnico. Ma ora che è
-possibile farsi un giudizio complessivo sulle sue
-<span class="pagenum" id="Page_464">[464]</span>
-opere, bisogna però conchiudere, che egli è
-un epigone brahmsiano con molte altre influenze
-moderne non ancora equilibrate. L'ispirazione
-melodica non è poi certo una delle prerogative
-di Reger. La sua melodia è di solito angolosa,
-frammentaria e quasi mai originale. Ma questa
-sua melodia è quella della quale egli abbisogna,
-perchè soltanto essa rende possibile la sua armonizzazione
-estremamente cromatica e la sua
-ritmica a scatti. Originale è soltanto il procedere
-tecnico, la fattura esterna non il nucleo.
-La musica di Reger non potrà mai raggiungere
-alcuna vera popolarità, perchè è troppo poco
-spontanea, troppo fredda e riflessiva ed è più
-la produzione d'un talento dotato di grandissime
-doti specifiche musicali specialmente dal
-lato tecnico che di un'anima esuberante di
-sentimento commotivo.
-</p>
-
-<p>
-Se tutti i segni del tempo non ingannano
-sembra ora che l'egemonia musicale tedesca
-che durò tanto tempo vada adagio decadendo,
-mentre invece sono le nazioni latine,
-fra cui prima la Francia come pure la Russia,
-che mostrano un vero risveglio e tendenze decisamente
-progressiste. Questo decadimento cominciò
-già dalla morte di Wagner, per quanto
-mai come in questi ultimi anni fossero operosi
-i musicisti tedeschi. E ciò si può asserire ad
-onta delle opera di Riccardo Strauss, Max Reger
-e Gustavo Mahler, certo musicisti di gran valore,
-specialmente i due primi ma decadenti e
-soltanto continuatori di antiche tradizioni,
-<span class="pagenum" id="Page_465">[465]</span>
-quantunque nessuno potrà negare che Riccardo
-Strauss non influenzi ora in qualche modo
-la musica europea, che Reger non abbia liberata
-l'armonia da tante vecchie pastoje, che
-Mahler non fosse un musicista di larghe e nuove
-vedute. Considerando le loro opere nell'intima
-essenza dovremo però conchiudere, che Strauss
-non è che un Wagner potenziato nella tecnica
-ma ben inferiore a lui nell'ispirazione e genialità,
-che la musica di Reger è in ultima linea
-una figliazione di quella di Brahms, Schumann
-e di altri maestri più antichi e che Mahler non
-tentò che seguire le orme di Bruckner, che senza
-ombra di coltura estetica risolve ben più felicemente
-i problemi estetici.
-</p>
-
-<p>
-Il parlare degli altri musicisti moderni di
-Germania oltre i già nominati, p. e. <i>Oscar Fried</i>,
-<i>Hausegger</i>, <i>Delius</i>, <i>Schrecker</i>, ecc., sarebbe superfluo
-in un libro come questo, che non ha alcuna
-pretesa di esaurire la materia. Nè le loro opere
-sono tali da meritarlo, perchè nessuna di esse
-mostra veramente l'impronta del genio.
-</p>
-
-<p>
-Considerando le nuove opere di Schönberg,
-Stravinski e Scriabine, non solo Reger ma
-anche Debussy e Ravel sono per i futuristi
-ormai quasi autori classici. La musica di questi
-tende a divenire atonale ed armonicamente
-anarchica, giacchè va perdendo il senso dei rapporti
-colla tonica e ne trova di più lontani fra
-tono e tono, che prima non si sapeva intuire.
-La differenza fra consonanza e dissonanza non
-viene più riconosciuta ed il ritmo ed ancor più
-<span class="pagenum" id="Page_466">[466]</span>
-il colore o timbro assumono ben altra importanza
-di prima. I più noti apostoli del nuovo
-verbo sono:
-</p>
-
-<p>
-<i>Arnoldo Schönberg</i> (1874), certo il più sovversivo
-ed inaccessibile. Le sue prime opere (quartetto,
-sestetto, canzoni, poema sinfonico), si
-possono ancora spiegare come derivazioni molto
-arrischiate del Tristano. Le <i>Gurrelieder</i>, poemetto
-lirico ciclico per due voci a solo, declamazione,
-coro e grande orchestra, scritte con lunghe
-interruzioni, palesano in parte la trasformazione
-che andava succedendo nell'autore che in quest'opera
-di grandi proporzioni ci dà prova di
-vero talento anche inventivo ed originale. Ma
-ora Schönberg rifiuta tutto quello che egli
-scrisse prima e s'è venuto formando un sistema
-armonico ed in genere musicale che almeno per
-i nostri orecchi d'oggi sembra condurre al caos
-musicale, per quanto sia innegabile, che nelle
-opere più recenti (quartetto con una voce a
-solo, pezzi per pianoforte e per orchestra, il
-<i>Pierrot lunaire</i>) ci sia come la base di un nuovo
-sistema, che forse contemporaneamente sentirono
-anche altri per es. Alaleona, quello cioè
-della <i>dodecafonia</i>, che permette di considerare
-ogni accozzamento di toni come accordo. Per
-i più però le nuove opere di Schönberg sono di
-una monotonia opprimente, potendole ridurre
-a poche note sempre in un tono ad onta dell'apparente
-enarmonia.
-</p>
-
-<p>
-<i>Alessandro Scriabine</i> (1872-1915) si trasformò
-da un romantico chopiniano in un modernista
-<span class="pagenum" id="Page_467">[467]</span>
-specialmente nelle numerose sonate per pianoforte,
-perchè la sua musica non conosce più
-lavori tematici e sviluppi ma nasce piuttosto
-da poche idee di importanza più armonica che
-melodica, dalle quali germinano poi combinazioni
-ed episodi, il tutto espresso in una tecnica
-pianistica molto nuove per figura e sonorità.
-</p>
-
-<p>
-<i>Igor Stravinsky</i> (1882), scolaro di Rimsky-Korsakoff,
-si assimilò le nuove conquiste armoniche
-dei francesi e predilige la musica coloristica
-(balli <i>Petrouschka</i>, <i>Sacre du printemps</i>,
-<i>Rossignol</i> ed altre opere). Egli usa i suoni ed i
-colori derivanti dai timbri indipendentemente da
-ogni legge armonica e se ne serve come prima
-si faceva della melodia, supplendo a questa
-con una grande potenza ritmica.
-</p>
-
-<p>
-L'inglese <i>Cirillo Scott</i> (1872) e <i>Ferruccio Busoni</i>
-(1866) mostrano pure nelle loro opere tendenze
-affatto moderne, specialmente il secondo
-nel <i>notturno sinfonico</i>, nella <i>berceuse elegiaque</i>,
-ecc., mentre <i>Vladimiro Rebikoff</i> (1867) coi suoi
-mimodrammi sta sul limitare dell'arte futuristica.
-</p>
-
-<p>
-La nuova arte, se tale si vuol dire, è una
-conseguenza dei tempi mutati ed in parte anche
-della posizione sociale che prendono i musicisti
-moderni, ben diversa da quella dell'epoca di
-Haydn e Mozart, messi dai loro signori nella
-gerarchia quasi al livello dei servi e camerieri.
-Mai nessun tempo fu tanto appassionato ed
-avido d'arte quanto il nostro e ciò influì naturalmente
-non solo ad innalzare la stima che
-<span class="pagenum" id="Page_468">[468]</span>
-godono gli artisti ma ebbe altresì per conseguenza
-una maggiore coltura di questi. Per caso
-poi o per altri motivi l'evoluzione moderna della
-musica combina con quella delle altre arti e da
-ciò venne che anche la musica si risente di tutte
-le nuove idee e teorie, che preoccupano gli artisti
-ed esteti in genere.
-</p>
-
-<p>
-La divisa della nuova arte è la novità e la
-mania dell'originalità. Pur di riuscire nuovo
-ed originale si sacrifica tutto, si fa violenza
-alla propria natura, non si rifugge da alcun
-mezzo. Per naturale conseguenza si vuole sfuggire
-il comune od almeno quello che si reputa
-tale ed è tale la paura che i musicisti hanno
-di riuscire convenzionali che tosto si presenta
-loro un'idea melodica, che potrebbe venir creduta
-tale, la strozzano appena nata o la contorcono
-talmente da renderla irriconoscibile. La
-conseguenza ne è che a forza di cercare del
-nuovo si è quasi perduta la capacità di godere
-della vera arte ed in un'epoca, in cui si è voluto
-affermare che il genio è affine alla pazzia
-si confondono i significati di nervosismo e talento,
-isterismo e temperamento. Una caratteristica
-della produzione moderna è con poche
-eccezioni l'incongruenza fra volere e potere,
-ossia grandi aspirazioni ed incapacità di estrinsecarle,
-oppure grande arte tecnica e nessuna
-o poca sostanza, insomma arte per l'arte ciò
-che prima non era, perchè la meta era più modesta
-ma si sapeva raggiungerla. E non soltanto
-questa incongruenza è uno dei fenomeni più
-<span class="pagenum" id="Page_469">[469]</span>
-comuni della nuova musica ma altresì l'esagerazione
-dei mezzi per raggiungere uno scopo, al
-quale si adatterebbero vie molto più semplici.
-</p>
-
-<p>
-Comune poi alla musica dei nostri giorni
-come alla pittura è la tendenza di ritornare
-alle forme primitive sia medioevali, sia dei popoli
-barbari o semibarbari e di servirsene combinandole
-colle più raffinate conquiste dell'arte
-moderna e dimenticando forse che il rifiutare
-la tradizione, la quale è il risultato dell'esperienza
-e la messe dei secoli, non vuol dire che ritornare
-indietro, per dopo far di nuovo la stessa
-strada. E comune le è pure la mania dell'esotismo,
-da qualunque paese esso venga, ciò che
-di nuova prova l'incapacità di saper veramente
-creare.
-</p>
-
-<p>
-La tecnica di quasi tutti questi musicisti
-moderni è ad onta dell'apparente novità in sè
-ben povera cosa, per quanto non sia necessario
-essere d'accordo con Riemann, che cerca spiegare
-colla vecchia armonia le nuove conquiste.
-(<i>Storia della musica</i>, vol. II, 3, pag. 251 e seg.).
-Con sole quarte e quinte di seguito, con accordi
-di nona od alterati e scale di toni intieri
-armonizzate non si fa ancora della vera musica
-se manca l'ispirazione. Nè si deve dimenticare
-che una musica fatta così non può essere
-che quasi omofona, almeno fino a tanto che
-l'orecchio musicale non avrà subito modificazioni
-radicali.
-</p>
-
-<p>
-A forza poi di nuove teorie estetiche, che
-riddano nell'aria e che saturano l'ambiente nel
-<span class="pagenum" id="Page_470">[470]</span>
-quale viviamo, si è quasi cambiata la nostra
-natura e ci siamo abituati a sentire altrimenti
-di prima, a cercare lo strano, a godere di sensazioni
-spiacevoli, insomma a volere il nuovo
-solamente perchè nuovo e perchè la moda lo
-vuole, donde deriva il paradosso di un'affettazione
-naturale, perchè di essa non siamo ormai
-più consci. Il pubblico ha certo una parte di
-colpa a questo stato di cose, perchè esso manca
-di sincerità e pur di non far la figura dell'ignorante
-non s'azzarda di disapprovare una cosa che
-non gli piace e così incita gli artisti a proseguire
-per una strada che non ha più uscita,
-prendendo, come dice Schiller, l'oscuro per
-profondo, il selvaggio per maschio, l'incerto
-per infinito, lo sconclusionato per sopranaturale.
-</p>
-
-<p>
-Altro difetto è la tendenza di oltrepassare i
-limiti della propria arte ed entrare in campi,
-che si credono affini, specialmente in quello
-della poesia e pittura, sconfessando così la potenza
-dell'arte e disconoscendo la sua superiorità
-ideale. La conseguenza è che alla fine
-non c'è più posto per quello che noi eravamo
-abituati a chiamar musica, poichè nelle composizioni
-orchestrali la vera melodia non è più
-ammessa se non serve a scopi estetici superiori,
-nel dramma lirico la verità drammatica la esclude
-o quasi ed essa non è neppure più permessa
-nella canzone moderna, che come in genere
-sceglie le poesie più astruse, si contenta di
-pochi melismi ed accordi ed alla più sottolinea
-certe parole e colorisce lievemente nell'accompagnamento.
-<span class="pagenum" id="Page_471">[471]</span>
-Tutti questi principî vanno altresì
-infiltrandosi nella musica da camera che sembrerebbe
-dover restare l'ultimo rifugio della
-musica assoluta. In una parola si vuole che la
-musica rappresenti sempre qualche cosa, ciò
-che equivale a voler far di essa altro che per
-natura è e dovrebbe essere. Altra e più fatale
-conseguenza di tutto questo procedere è che
-l'arte vien ridotta ad essere quella di pochi
-raffinati e snervati, che hanno bisogno di tutti
-gli stimoli per trovarvi ancora interesse e perchè
-essendo aristocratica perde sempre più il
-contatto col popolo e colla terra dalla quale
-essa nasce. L'arte per l'arte è una di quelle frasi
-fatte che si ripetono troppo di spesso senza
-pensarci gran fatto. Se con essa si vuol propugnare
-solo l'aristocraticità dell'arte e l'esclusione
-del vero pubblico dal suo santuario, non sarà
-certo con simili principî, che arriveremo ad
-un'arte nuova e sana. Pittura, scultura e musica
-sono arti per i sensi e non sono sempre i dotti
-ed esteti quelli, che meglio le comprendono.
-Nè da una simile arte, che di proposito rinunzia
-alle sue maggiori prerogative, è da sperare
-gran fatto una vera evoluzione musicale nel
-senso della parola, perchè è poco concepibile,
-per esempio, che dati i principî dell'autore una
-seconda opera lirica di Debussy non sia quasi
-una ripetizione del <i>Pelleas et Melisande</i> e che
-un nuovo dramma di Strauss si distingua da
-<i>Salome</i> ed <i>Elettra</i>.
-</p>
-
-<p>
-Tutte queste osservazioni non possono avere
-<span class="pagenum" id="Page_472">[472]</span>
-del resto che un valore ben relativo, se di valore
-si può parlare. Al mondo tutto è soggetto
-a cambiamento ed è stoltezza il voler stabilire
-dei dogmi. La musica come in genere tutte le
-arti deve esprimere la vita di pensiero del
-tempo e come questa continuamente cambia, è
-altrettanto logico che deva cambiarsi anche la
-musica. Coloro che trenta e quarant'anni fa
-venivano chiamati musicisti dell'avvenire ed
-erano i focosi e battaglieri apostoli del verbo
-d'allora, sono gli stessi che oggi parlano di
-confusione e degenerazione della musica e predicono
-il finimondo. Alcuni dei rivoluzionari
-di ieri sono i classici dell'oggi e così sarà sempre
-anche in futuro. Il comprendere un'opera
-d'arte è possibile soltanto a pochi eletti. L'uomo
-è per natura soggetto ad abitudini e tradizioni;
-ciò che non vi corrisponde, lo rende perplesso
-e confuso ed egli lo giudica senza oggettività.
-L'uomo ormai maturo non è più capace di riformare
-il suo modo di pensare e sentire e per
-lui il nuovo è decadenza, mentre per i giovani
-è conquista.
-</p>
-
-<p>
-Studiando oggettivamente la questione, bisogna
-però arrivare a conchiudere che la maniera
-di alcuni dei maestri più avanzati, appartiene
-ormai ad un mondo musicale diverso
-dal solito, in cui si distingueva fra bello e
-brutto e si usava questo soltanto di proposito
-per certi scopi speciali. Senza dubbio i moderni
-non vogliono riconoscere più il nostro
-brutto come tale e lo devono sentire altrimenti.
-<span class="pagenum" id="Page_473">[473]</span>
-Ciò dipende anche dalla differenza dell'udito
-musicale e dalla tendenza di allargare il sistema
-armonico con quarti di tono ancora impossibili
-a notare col nostro sistema ma già virtualmente
-accennati. Per questo la musica, che
-si può paragonare a certi dipinti cubistici, fa a
-noi vecchi musicisti l'effetto di musica stonata.
-Ma chi può garantire, che tale sembrerà
-in venti o meno anni?
-</p>
-
-<p>
-L'esperienza ci dimostra poi ogni giorno, che
-coi giudizî prematuri bisogna essere ben guardinghi.
-Si pensi a quello che si disse e scrisse
-del Tristano e l'effetto che ci fa oggi quella
-musica al confronto delle opere non diremo
-di Reger e Strauss, ma di Schönberg e compagnia.
-L'udito umano è suscettibile d'una modificazione
-meravigliosa. Il lungo uso di più
-secoli ci ha abituato a non sentire che i toni
-e semitoni e farci parere le gradazioni intermedie
-come stonazioni. Ma l'edifizio armonico
-ammette ancora dei perfezionamenti e maggiori
-finezze, che Beethoven ha già intuito nelle sue
-ultime opere e che non potè abbastanza sviluppare
-per la mancanza di segni musicali. Nè
-altrimenti è da spiegarsi molte volte l'armonia
-degli estremi modernisti che con una tendenza
-ad esprimer ciò che il loro orecchio ormai sente
-e che forse anche noi sentiremo in seguito.
-</p>
-
-<p>
-È inutile perciò e temerario di parlare di degenerazione
-e sfacelo della musica ed ancor
-più vacuo il voler far da profeta o prefica. Il
-vero artista crea le sue opere come il genio
-<span class="pagenum" id="Page_474">[474]</span>
-gliele ispira senza curarsi nè della critica nè
-di sacre tradizioni antiche. La vita non conosce
-periodi di vera sosta e se essi tali ci appaiono,
-ben raramente lo sono in realtà. Quand'anco
-le opere più discusse dei maestri d'oggi
-non avessero che un valore affatto relativo o
-persino negativo, cioè di distruzione delle tradizioni
-del passato, esse non saranno perciò
-senza importanza per la storia dell'evoluzione
-del pensiero musicale, perchè non è punto
-escluso che l'incompleta e difettosa realizzazione
-d'un'idea che si presenta alla mente dell'autore
-allo stato embrionale, non contenga il
-germe d'una nuova arte. E ciò potrebbe benissimo
-succedere, in quanto si tratti della parte
-tecnica, la quale ha indirettamente immensa
-importanza anche su quella inventiva. Questa
-è a dir vero finora assai meschina, perchè i modernisti
-si servono ancora di motivi e temi
-senza alcuna originalità e bellezza e li tolgono
-dalla musica di altri tempi. Ma la musica è ben
-ancora lontana dall'aver raggiunto il culmine
-definitivo della parabola. Questo è forse l'unico
-vaticinio, che si può fare senza rendersi ridicoli.
-Il resto è nel seno del fato.
-</p>
-
-<div class="blockquote">
-<p class="title">
-LETTERATURA
-</p>
-
-<p>
-Louis R. — <i>Die deutsche Musik der Gegenwart</i>, München,
-1909.
-</p>
-
-<p>
-Batka R. — <i>Richard Strauss</i>, Charlottenburg, 1903.
-</p>
-
-<p>
-Newmann G. — <i>Richard Strauss</i>, London, 1909.
-</p>
-
-<p>
-Schmitz E. — <i>Richard Strauss als Musikdramatiker</i>, Monaco,
-1907.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_475">[475]</span>
-</p>
-
-<p>
-Daly W. — <i>Debussy</i>, Edinburg, 1909.
-</p>
-
-<p>
-Rolland R. — <i>Musiciens d'aujourd'hui</i>, Paris, 1908.
-</p>
-
-<p>
-Bastianelli G. — <i>Musicisti d'oggi e di ieri</i>, Milano, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Pizzetti I. — <i>Musicisti contemporanei</i>, Milano, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Sézé O. — <i>Musiciens français d'aujourd'hui</i>, Paris, 1911.
-</p>
-
-<p>
-Setaccioli G. — <i>Debussy è un innovatore?</i>, Roma, 1910.
-</p>
-
-<p>
-Hehemann M. — <i>Max Reger</i>, Monaco.
-</p>
-
-<p>
-Steinitzer M. — <i>Riccardo Strauss</i>, Berlino, 1911.
-</p>
-
-<p>
-Samazeuilh G. — <i>Paul Dukas</i>, Parigi.
-</p>
-
-<p>
-Manuel R. — <i>Maurice Ravel et son oeuvre</i>, Parigi, 1914.
-</p>
-
-<p>
-Niemann W. — <i>Die Musik seit Richard Wagner</i>, Berlino,
-1913.
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<h2 id="cap24">CAPITOLO XXIV.
-<span class="smaller">Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali.</span></h2>
-</div>
-
-<p>
-La nostra epoca è quella dei virtuosi e la
-perfezione raggiunta da questi nel trattare i
-loro istrumenti, nel cavarne tutti gli effetti
-possibili e nel superare ogni difficoltà, è più
-che ammirabile.
-</p>
-
-<p>
-La schiera dei pianisti celebri moderni è numerosissima.
-Ecco alcuni dei nomi più noti:
-<i>Giovanni Bülow</i> (1830-1894), <i>Antonio Rubinstein,</i>
-Carlo Tausig (1841-72), <i>Sigismondo Thalberg</i>
-(1812-72), <i>Sofia Menter, Annetta Essipoff, Teresa
-Carreno, Adolfo Fumagalli, Ad. Henselt,
-Alfredo Grünfeld, Giovanni Bonamici, Sgambati,
-Martucci, Eugenio d'Albert, Busoni, Siloti,
-Paderewski, Ben. Cesi, Palumbo, Consolo, Rendano,
-Godowsky, Sauer, Lamond</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_476">[476]</span>
-</p>
-
-<p>
-La moderna scuola di violino deriva quasi
-direttamente da <i>Giov. Batt. Viotti</i> (1753-1823)
-allievo di Pugnani ed egli stesso fondatore della
-scuola francese, dalla quale uscirono <i>Rodolfo
-Kreutzer</i> (1767-1831), <i>Pietro Rode</i> (1774-1830) e
-<i>Pietro Baillot</i> (1771-1843), l'autore d'un notissimo
-metodo. Viotti allargò i confini della tecnica
-ed influì col suo esempio e le sue eccellenti
-opere (concerti, duetti) sullo sviluppo d'uno stile
-ampio, largo e nobile.
-</p>
-
-<p>
-Dopo quest'epoca vennero formandosi scuole
-nazionali di violino; così la francese celebre
-per l'eleganza e la finezza, fra i più noti campioni
-della quale sono da nominarsi <i>Carlo de
-Bériot</i> (1802-70), <i>Enrico Vieuxtemps</i> (1820-81),
-<i>Francesco Prume</i> (1816-49),<i> Enrico Wieniawski</i>
-(1835-80), <i>H. Léonard</i> (1819-1890), <i>Delfino Alard</i>
-(1815-1888), <i>Cesare Thomson</i> (1857), <i>Eugenio
-Isaye</i> (1858), <i>Enrico Marteau</i> (1874), <i> Émile Sauret</i>
-(1852), <i>Pablo de Sarasate</i> (1844-1908), ecc.;
-l'italiana con <i>Niccolò Paganini</i> (1784-1840), artista
-sommo e fenomenale, che affascinava il
-pubblico e destò entusiasmo quale nessuno
-prima e dopo di lui seppe e fece progredire la
-tecnica fino ai confini del possibile; <i>Alessandro
-Rolla</i> (1757-1841), <i>Camillo Sivori</i> (1817-1894),
-le sorelle <i>Milanollo, Antonio Bazzini, Teresina
-Tua, A. Serato</i>, ecc.; la tedesca con <i>Luigi Spohr</i>
-(1784-1859), rappresentante dello stile classico
-e maschio, non curante dei lelocinî della virtuosità
-esagerata; <i>Lipinski</i>, <i>Ferd. David</i>, celebre
-maestro, <i>Guglielmo Ernst, Ferd. Laub, Gius.
-<span class="pagenum" id="Page_477">[477]</span>
-Joachim</i> (1831-1907), <i>Augusto Wilhelmi</i> (1845-1908),
-<i>Heermann</i>, <i>Ondricek</i>, <i>Hubermann</i>, <i>Kubelik</i>,
-ecc.
-</p>
-
-<p>
-Celebri violoncellisti furono <i>Gio. Dotzauer</i>,
-<i>Romberg</i>, <i>Duport</i>, e fra i più recenti <i>Alfredo
-Piatti</i>, <i>Gaet. Braga</i>, <i>David Popper</i>, <i>Carlo Davidoff</i>,
-<i>Gius. Servais</i>, <i>De Swert</i>, <i>Becker</i>, <i>Klengel</i>,
-ecc. Fra i contrabassisti, <i>Giov. Bottesini</i>,
-<i>Dragonetti</i>; fra i flautisti, <i>Dulon</i>, <i>Fürstenau</i>, <i>Briccialdi</i>,
-<i>Taffanel</i>; fra i suonatori di arpa, <i>Carlo
-Oberthür</i>, <i>Elia Parish-Alvars</i>, <i>Antonio Zamara</i>.
-</p>
-
-<p>
-L'arte del canto si trova in decadimento per
-la parte tecnica, mentre essa segna un progresso
-nel sentimento drammatico. Fra le cantanti celebri
-del secolo scorso vanno nominate <i>Angelica
-Catalani</i> (1779-1849), <i>Giuditta</i> e <i>Giulietta Grisi</i>,
-<i>Giud. Pasta</i> (1793-1865), <i>M. Malibran</i> (1808-38),
-<i>Paolina Viardot-Garcia</i>, <i>Adelina</i> e <i>Carlotta Patti</i>,
-<i>Cristina Nilson</i>, <i>Paolina Lucca</i>, <i>Amalia Materna</i>,
-<i>Marchisio</i>, <i>Brambilla</i>, <i>Stolz</i>, <i>Waldmann</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Fra i cantanti: <i>G. Duprez</i>, <i>G. Roger</i>, <i>Ad. Nourrit</i>,
-<i>G. B. Rubini</i>, <i>G. Mario</i>, <i>L. Lablache</i>, <i>Enrico
-Tamberlik</i>, <i>Stagno</i>, <i>Tamagno</i>, <i>Cotogni</i>, <i>Masini</i>,
-<i>Maurel</i>, <i>Caruso</i>, <i>Bonci</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-Molto maggior importanza che nei tempi andati
-ha oggi l'arte di dirigere l'orchestra, che
-anzi minaccia di diventare una specie di virtuosismo
-a danno delle opere eseguite. Notissimi
-direttori furono e sono: <i>Antonio Habenek</i>,
-<i>Giulio Pasdeloup</i>, <i>Edoardo Colonne</i>, <i>Carlo Lamoureux</i>,
-<i>Hans Bülow</i>, <i>Ermanno Levi</i>, <i>Hans Richter</i>,
-<i>Felice Weingartner</i>, <i>Arturo Nikisch</i>,
-<span class="pagenum" id="Page_478">[478]</span>
-<i>Felice Mottl</i>, <i>Angelo Mariani, Franco Faccio, Toscanini</i>, <i>Mugnone, Mascheroni</i>, ecc.
-</p>
-
-<p>
-E pure grandiosi progressi hanno fatto negli
-ultimi decenni gli studî storici ed estetici musicali,
-nei quali al dilettantismo di prima è subentrata
-la ricerca delle fonti, sicchè la storia
-musicale è diventata una vera scienza.
-</p>
-
-<p>
-Qui nomineremo fra i cultori di simili studî
-in Italia:<i> Baini, Caffi, Basevi, Biagi, Luigi Torchi,
-Oscar Chilesotti, Ippolito Valletta, Fr. Florimo,
-N. D'Arienzo, Giov. Tebaldini, Piccollelis.
-A. Galli, A. Villanis</i> e fra i giovani, pari se non
-superiori ai più illustri stranieri, perchè non
-sono solamente studiosi ricercatori del passato
-ma critici acuti ed educatori di larghe vedute,
-<i>Giannotto Bastianelli, Fausto Torrefranca, Ildebrando
-Pizzetti, Gaetano Cesari</i>, ecc. — in Francia:
-<i>Francesco Fétis, E. Coussemaker, A. Pougin,
-E. Lavoix, Fr. Gevaert, M. Brenet, Tiersot, Jullien,
-Vidal, Kufferath, Bellaigue</i>, ecc. — in Germania:
-<i>Kiesewetter, Ambros, O. Iahn, Chrysander,
-F. Spitta, E. Hanslick, Adler, Sandberger,
-Fleischer, Haberl, Riemann, Kretschmar</i> — in
-Inghilterra: <i>Thayer</i> (americano), <i>Fuller-Maitland,
-Davez</i>, ecc. — in Spagna <i>Pedrell</i>.
-</p>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_479">[479]</span>
-</p>
-
-<h2 id="biblio">ELENCO
-<span class="smaller">DELLE OPERE PRINCIPALI MODERNE
-CONCERNENTI LA STORIA DELLA MUSICA</span></h2>
-</div>
-
-<div class="blockquote">
-<p>
-A. Ambros. — <i>Geschichte der Musik</i>, 5 vol., 3ª edizione,
-Lipsia, 1880-1893.
-</p>
-
-<p>
-W. Langhans. — <i>Geschichte der Musik des</i> 17, 18. <i>und</i> 19.
-<i>Jahrhundertes</i>, 2 vol., Lipsia, 1884.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Handbuch der Musikgeschichte</i>, Lipsia, 4 vol.
-</p>
-
-<p>
-<i>The Oxford History of Musik</i>, vol. 6 di più autori, 1900 e
-seguenti.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert</i>,
-Berlino, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Musikgeschichte in Beispielen</i>, 3 vol., Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-Merian H. — <i>Illustrierte Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert</i>,
-Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-Reissmann A. — <i>Allgemeine Geschichte der Musik</i>, Monaco,
-4 vol.
-</p>
-
-<p>
-Naumann E. — <i>Musikgeschichte</i>, Lipsia, 2 vol.
-</p>
-
-<p>
-Dommer A. — <i>Geschichte der Musik</i>, Lipsia, nuova ediz., 1914.
-</p>
-
-<p>
-Brendel. — <i>Storia della musica in Italia, Germania e Francia</i>.
-Trad. dal tedesco, Genova, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Marcillac F. — <i>Histoire de la musique moderne</i>, Paris, 1882.
-</p>
-
-<p>
-Combarieu. — <i>Histoire de la musique</i>, Paris.
-</p>
-
-<p>
-I. Fétis. — <i>Histoire générale de la musique</i>, 5 vol., Paris,
-1869-1875.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Geschichte der Musiktheorie im IX-XIX Jahrhundert</i>,
-Lipsia, 1898.
-</p>
-
-<p>
-Galli A. — <i>Estetica della musica</i>, Torino, 1900.
-</p>
-
-<p>
-Chilesotti Oscar. — <i>I nostri maestri del passato</i>, Milano.
-</p>
-
-<p>
-Fétis F. — <i>Biographie universelle et bibliographie générale
-de la musique</i>, 2ª ediz., Paris, 1860-1865.
-</p>
-
-<p>
-Pougin A. — <i>Supplement à la biographie des musiciens</i>, 3 vol.,
-Paris, 1878-1880.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Musiklexikon</i>, Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_480">[480]</span>
-</p>
-
-<p>
-Schmidl C. — <i>Dizionario universale dei musicisti</i>, Milano.
-</p>
-
-<p>
-Mendel. — <i>Musikalischer Conversationslexikon</i>, 2ª ed., 8 vol.,
-Berlino, 1880-1883.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Opernhandbuch</i>, Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-Paloschi G. — <i>Piccolo dizionario delle opere teatrali</i>, Milano.
-</p>
-
-<p>
-Kretschmar. — <i>Führer durch den Concertsaal</i>, 3 vol., Lipsia,
-1900.
-</p>
-
-<p>
-Neitzel O. — <i>Führer durch die Oper</i>, 3 vol., Lipsia.
-</p>
-
-<p>
-Riemann H. — <i>Grundriss der Musikwissenschaft</i>, Lipsia, 1908.
-</p>
-
-<p>
-Eitner R. — <i>Bibliographie der Musiksammelwerke des 16 und
-17 Jahrhunderts</i>, Berlino, 1877.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Quellen und Hilfswerke beim Studium der Musikgeschichte</i>,
-Lipsia, 1891.
-</p>
-
-<p>
-— <i>Biographisches, bibliographisches Quellenlexikon der Musiker
-und Musikgelehrten bis zur Mitte des 19. Jahrhunderts</i>,
-Lipsia, vol. 10.
-</p>
-
-<p>
-Grove G. — <i>Dictionary of music and musicians</i>, 5 volumi,
-1905 e seg.
-</p>
-
-<p>
-<i>Guide de l'amateur d'ouvrages sur la musique, les musiciens
-et le theatre</i>, Paris, 1901.
-</p>
-
-<p>
-Importanti studi di storia musicale contengono le pubblicazioni
-periodiche:
-</p>
-
-<p>
-<i>Rivista musicale italiana</i>, Torino.
-</p>
-
-<p>
-<i>Monatshefte für Musikgeschichte.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Vierteljahresschrift für Musikwissenschaft.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Kirchenmusikalisches Jahrbuch.</i>
-</p>
-
-<p>
-<i>Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft.</i>
-</p>
-</div>
-
-<div class="chapter">
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_481">[481]</span>
-</p>
-
-<h2 id="indalf">INDICE ALFABETICO DEI NOMI</h2>
-</div>
-
-<p class="center">
-(<i>I numeri indicano le pagine</i>).
-</p>
-
-<h3>A</h3>
-
-<ul>
-<li>Aaron Pietro, <a href="#Page_78">78</a></li>
-<li>Abaco E., <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Adam A., <a href="#Page_315">315</a></li>
-<li>Adam de Fulda, <a href="#Page_79">79</a></li>
-<li>Adam della Halle, <a href="#Page_90">90</a>, <a href="#Page_122">122</a></li>
-<li>Adler, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Agazzari Ag., <a href="#Page_151">151</a></li>
-<li>Agostino (Sant'), <a href="#Page_31">31</a></li>
-<li>Agricola M., <a href="#Page_79">79</a>, <a href="#Page_206">206</a></li>
-<li>Alaleona, <a href="#Page_428">428</a></li>
-<li>Alard, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Albeniz, <a href="#Page_399">399</a></li>
-<li>Alberti, <a href="#Page_381">381</a></li>
-<li>Alboni, <a href="#Page_325">325</a></li>
-<li>Alceo, <a href="#Page_14">14</a></li>
-<li>Alcotti, <a href="#Page_238">238</a></li>
-<li>Aldobrandini, <a href="#Page_239">239</a></li>
-<li>Alessandri, <a href="#Page_224">224</a></li>
-<li>Alfano, <a href="#Page_416">416</a></li>
-<li>Alfonso della Viola, <a href="#Page_122">122</a></li>
-<li>Algarotti, <a href="#Page_267">267</a></li>
-<li>Alipio, <a href="#Page_17">17</a></li>
-<li>Allegri Gregorio, <a href="#Page_113">113</a></li>
-<li>Amati, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Ambrogio, <a href="#Page_30">30</a></li>
-<li>Ambros, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Andreini, <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Anerio F. e G., <a href="#Page_112">112</a></li>
-<li>Anfione, <a href="#Page_14">14</a></li>
-<li>Anfossi, <a href="#Page_289">289</a></li>
-<li>Animuccia, <a href="#Page_112">112</a>, <a href="#Page_120">120</a></li>
-<li>Apollo, <a href="#Page_19">19</a>, <a href="#Page_23">23</a></li>
-<li>Apolloni, <a href="#Page_332">332</a></li>
-<li>Arcadelt, <a href="#Page_107">107</a></li>
-<li>Archilei Antonio, <a href="#Page_235">235</a></li>
-<li>Archilei Vittoria, <a href="#Page_235">235</a></li>
-<li>Arends, <a href="#Page_9">9</a></li>
-<li>Ariosti Attilio, <a href="#Page_166">166</a>, <a href="#Page_253">253</a></li>
-<li>Aristide, <a href="#Page_22">22</a></li>
-<li>Aristosseno, <a href="#Page_16">16</a></li>
-<li>Aristotele, <a href="#Page_17">17</a></li>
-<li>Arrigo, <a href="#Page_84">84</a></li>
-<li>Asola, <a href="#Page_120">120</a></li>
-<li>Astariota, <a href="#Page_172">172</a></li>
-<li>Aston, <a href="#Page_201">201</a></li>
-<li>Astorga, <a href="#Page_158">158</a></li>
-<li>Attaignant, <a href="#Page_258">258</a></li>
-<li>Auber, <a href="#Page_308">308</a></li>
-<li>Audran, <a href="#Page_316">316</a></li>
-<li>Auteri M., <a href="#Page_333">333</a></li>
-</ul>
-
-<h3>B</h3>
-
-<ul>
-<li>Bach, <a href="#Page_208">208</a>, <a href="#Page_212">212</a>, <a href="#Page_219">219</a>, <a href="#Page_220">220</a></li>
-<li>Baillard, <a href="#Page_258">258</a></li>
-<li>Baillot, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_482">[482]</span></li>
-<li>Balakireff, <a href="#Page_390">390</a></li>
-<li>Balfe, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Baltazarini, <a href="#Page_176">176</a></li>
-<li>Banchieri, <a href="#Page_122">122</a>, <a href="#Page_244">244</a></li>
-<li>Bantock, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Bardi, <a href="#Page_127">127</a></li>
-<li>Bartolino frate, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Basevi, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Basile, <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Basilio (San), <a href="#Page_29">29</a></li>
-<li>Bassani, <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Bastianelli, <a href="#Page_428">428</a>, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Bay, <a href="#Page_165">165</a></li>
-<li>Bazzini, <a href="#Page_401">401</a>, <a href="#Page_419">419</a>, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Becker, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Beethoven, <a href="#Page_294">294</a></li>
-<li>Belcari Feo, <a href="#Page_84">84</a></li>
-<li>Bellaigue, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Bellini, <a href="#Page_321">321</a></li>
-<li>Benda, <a href="#Page_195">195</a>, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Benevoli O., <a href="#Page_113">113</a></li>
-<li>Bennet, <a href="#Page_348">348</a></li>
-<li>Benoit, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Bergonzi, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Bériot, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Berlioz, <a href="#Page_366">366</a></li>
-<li>Bernabei, <a href="#Page_113">113</a></li>
-<li>Bernacchi, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Bernardi, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Bernardino della Ciaia, <a href="#Page_247">247</a></li>
-<li>Bernardo, ted., <a href="#Page_243">243</a></li>
-<li>Bertolotti, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Besardo, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Beverini, <a href="#Page_122">122</a></li>
-<li>Biagi, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Biber, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Bibiena, <a href="#Page_238">238</a></li>
-<li>Binchois, <a href="#Page_68">68</a></li>
-<li>Bird, <a href="#Page_116">116</a>, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a></li>
-<li>Bischoff, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Bizet, <a href="#Page_314">314</a></li>
-<li>Bleyle, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Blockx, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Boccherini, <a href="#Page_253">253</a></li>
-<li>Boezio, <a href="#Page_35">35</a>, <a href="#Page_38">38</a></li>
-<li>Boieldieu, <a href="#Page_315">315</a></li>
-<li>Boito, <a href="#Page_334">334</a></li>
-<li>Bolzoni, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Bonamici, <a href="#Page_424">424</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Bonci, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Bonifacio (San), <a href="#Page_41">41</a></li>
-<li>Bonocini, <a href="#Page_54">54</a>, <a href="#Page_165">165</a>, <a href="#Page_253">253</a></li>
-<li>Bontempi, <a href="#Page_192">192</a></li>
-<li>Bordoni-Hasse Faustina, <a href="#Page_193">193</a>, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Borodine, <a href="#Page_390">390</a></li>
-<li>Bossi, <a href="#Page_421">421</a></li>
-<li>Bottesini, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Braga, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Brahms, <a href="#Page_352">352</a></li>
-<li>Brama, <a href="#Page_2">2</a></li>
-<li>Brambilla, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Brancaccio, <a href="#Page_123">123</a></li>
-<li>Braunfels, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Brenet, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Broschi, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Briccialdi, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Bruch, <a href="#Page_363">363</a></li>
-<li>Bruckner, <a href="#Page_357">357</a></li>
-<li>Brumel, <a href="#Page_71">71</a></li>
-<li>Bruneau, <a href="#Page_433">433</a></li>
-<li>Bull, <a href="#Page_116">116</a>, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a>, <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Bülow, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Buonamici, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Burci, <a href="#Page_78">78</a></li>
-<li>Busnois, <a href="#Page_68">68</a></li>
-<li>Busoni, <a href="#Page_467">467</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Buxtehude, <a href="#Page_209">209</a></li>
-</ul>
-
-<h3>C</h3>
-
-<ul>
-<li>Caccini Francesca, <a href="#Page_150">150</a></li>
-<li>Caccini Giulio, <a href="#Page_127">127</a></li>
-<li>Caffarelli, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Caffi, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Cagnoni, <a href="#Page_232">232</a></li>
-<li>Caldara, <a href="#Page_163">163</a></li>
-<li>Caletti Bruni, <a href="#Page_146">146</a></li>
-<li>Calzabigi, <a href="#Page_172">172</a>, <a href="#Page_263">263</a></li>
-<li>Cambert, <a href="#Page_177">177</a></li>
-<li>Campra, <a href="#Page_182">182</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_483">[483]</span></li>
-<li>Cannabich, <a href="#Page_277">277</a></li>
-<li>Cannicciari, <a href="#Page_165">165</a></li>
-<li>Capello, <a href="#Page_232">232</a></li>
-<li>Caproli, <a href="#Page_176">176</a></li>
-<li>Cara Marco, <a href="#Page_117">117</a></li>
-<li>Carafa, <a href="#Page_272">272</a></li>
-<li>Carducci, <a href="#Page_81">81</a></li>
-<li>Carestini, <a href="#Page_192">192</a></li>
-<li>Carissimi, <a href="#Page_149">149</a></li>
-<li>Carlo Magno, <a href="#Page_41">41</a></li>
-<li>Carreno, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Caruso, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Casali, <a href="#Page_165">165</a></li>
-<li>Casella, <a href="#Page_428">428</a></li>
-<li>Casti G. B., <a href="#Page_170">170</a></li>
-<li>Catalani Alf., <a href="#Page_402">402</a></li>
-<li>Catalani Angel., <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Cavalli, <a href="#Page_146">146</a></li>
-<li>Cavazzoni, <a href="#Page_244">244</a></li>
-<li>Cazzati, <a href="#Page_242">242</a></li>
-<li>Cecca della laguna, <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Cellini Benvenuto, <a href="#Page_229">229</a></li>
-<li>Cesari, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Cesi, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Cesti M., <a href="#Page_149">149</a></li>
-<li>Chabrier, <a href="#Page_433">433</a></li>
-<li>Chambonnières De, <a href="#Page_249">249</a></li>
-<li>Charmillon, <a href="#Page_88">88</a></li>
-<li>Charpentier, <a href="#Page_434">434</a></li>
-<li>Chausson, <a href="#Page_458">458</a></li>
-<li>Cherubini, <a href="#Page_269">269</a></li>
-<li>Chilesotti, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Chopin, <a href="#Page_349">349</a></li>
-<li>Chrysander, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Ciléa, <a href="#Page_415">415</a></li>
-<li>Cimarosa, <a href="#Page_160">160</a></li>
-<li>Cladwik, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Clari, <a href="#Page_166">166</a></li>
-<li>Clemens non papa, <a href="#Page_71">71</a></li>
-<li>Clemente (San), <a href="#Page_29">29</a></li>
-<li>Clementi, <a href="#Page_418">418</a></li>
-<li>Cleve H., <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Colasse, <a href="#Page_181">181</a></li>
-<li>Colonna, <a href="#Page_165">165</a></li>
-<li>Colonne, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Consolo, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Conti, <a href="#Page_168">168</a></li>
-<li>Corelli, <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Cornachioli, <a href="#Page_147">147</a></li>
-<li>Cornelius, <a href="#Page_437">437</a></li>
-<li>Corsi, <a href="#Page_127">127</a></li>
-<li>Costa, <a href="#Page_236">236</a>, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Cotogni, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Cottonio, <a href="#Page_52">52</a>, <a href="#Page_60">60</a></li>
-<li>Couperin, <a href="#Page_249">249</a></li>
-<li>Coussemaker, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Cowen, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Cramer, <a href="#Page_381">381</a></li>
-<li>Cristofori, <a href="#Page_246">246</a></li>
-<li>Croce, <a href="#Page_105">105</a></li>
-<li>Cui, <a href="#Page_390">390</a></li>
-<li>Cuzzoni, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Czerny, <a href="#Page_379">379</a></li>
-</ul>
-
-<h3>D</h3>
-
-<ul>
-<li>D'Alayrac, <a href="#Page_189">189</a></li>
-<li>D'Albert, <a href="#Page_437">437</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Da Ponte, <a href="#Page_171">171</a></li>
-<li>Daquin, <a href="#Page_249">249</a></li>
-<li>D'Arenzio, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Dargomiski, <a href="#Page_389">389</a></li>
-<li>D'Auvergne, <a href="#Page_188">188</a></li>
-<li>Davez, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Davico, <a href="#Page_428">428</a></li>
-<li>David, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Davide, <a href="#Page_8">8</a></li>
-<li>Davidoff, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Debussy, <a href="#Page_450">450</a></li>
-<li>Dedekind, <a href="#Page_191">191</a></li>
-<li>De Ferrari, <a href="#Page_333">333</a></li>
-<li>De la Guerre Michele, <a href="#Page_177">177</a></li>
-<li>Delibes, <a href="#Page_316">316</a></li>
-<li>De Leva, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Delius, <a href="#Page_465">465</a></li>
-<li>Denza, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>De Swert, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>D'Indy, <a href="#Page_436">436</a></li>
-<li>Dittersdorf, <a href="#Page_262">262</a></li>
-<li>Dominicetti, <a href="#Page_402">402</a></li>
-<li>Donati, <a href="#Page_117">117</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_484">[484]</span></li>
-<li>Donizetti G., <a href="#Page_323">323</a></li>
-<li>Dori, <a href="#Page_13">13</a></li>
-<li>Dotzauer, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Dowell, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Draeseke, <a href="#Page_363">363</a></li>
-<li>Draghi, <a href="#Page_150">150</a></li>
-<li>Dragonetti, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Dufay, <a href="#Page_68">68</a></li>
-<li>Dukas, <a href="#Page_359">359</a></li>
-<li>Duiffopruggar, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Dulon, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Duni, <a href="#Page_188">188</a></li>
-<li>Dunstable, <a href="#Page_46">46</a>, <a href="#Page_68">68</a></li>
-<li>Duport, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Duprez, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Durante, <a href="#Page_155">155</a></li>
-<li>Durastanti, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Dvorak, <a href="#Page_395">395</a></li>
-</ul>
-
-<h3>E</h3>
-
-<ul>
-<li>Eccard, <a href="#Page_207">207</a></li>
-<li>Efraen, <a href="#Page_32">32</a></li>
-<li>Elgar E., <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Emilio del Cavaliere, <a href="#Page_121">121</a></li>
-<li>Enna, <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Enrico de Zeelandia, <a href="#Page_68">68</a>, <a href="#Page_77">77</a></li>
-<li>Erasmo di Rotterdam, <a href="#Page_70">70</a></li>
-<li>Ernst G., <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Erodoto, <a href="#Page_7">7</a></li>
-<li>Eschilo, <a href="#Page_15">15</a></li>
-<li>Essipoff, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Euripide, <a href="#Page_15">15</a>, <a href="#Page_23">23</a></li>
-</ul>
-
-<h3>F</h3>
-
-<ul>
-<li>Faccio, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Fall, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Falla, <a href="#Page_399">399</a></li>
-<li>Fano, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Farina, <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Farinelli, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Faugues, <a href="#Page_69">69</a></li>
-<li>Faurè, <a href="#Page_458">458</a></li>
-<li>Ferrabosco, <a href="#Page_201">201</a></li>
-<li>Ferrari, <a href="#Page_233">233</a></li>
-<li>Ferri, <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Festa, <a href="#Page_106">106</a></li>
-<li>Fétis, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Fibich, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Field, <a href="#Page_381">381</a></li>
-<li>Filippo Neri (San), <a href="#Page_120">120</a></li>
-<li>Filone, <a href="#Page_29">29</a></li>
-<li>Filz, <a href="#Page_278">278</a></li>
-<li>Fink, <a href="#Page_206">206</a></li>
-<li>Fleischer, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Floridia, <a href="#Page_415">415</a></li>
-<li>Florimo, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Flotow, <a href="#Page_306">306</a></li>
-<li>Fogliani, <a href="#Page_136">136</a></li>
-<li>Fonsete S., <a href="#Page_64">64</a></li>
-<li>Forkel, <a href="#Page_94">94</a></li>
-<li>Foroni, <a href="#Page_419">419</a></li>
-<li>Franceschello, <a href="#Page_253">253</a></li>
-<li>Francesco da Colonia, <a href="#Page_60">60</a></li>
-<li>Francesco da Milano, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Franchetti, <a href="#Page_412">412</a></li>
-<li>Frank C., <a href="#Page_435">435</a></li>
-<li>Frank M., <a href="#Page_208">208</a></li>
-<li>Franz, <a href="#Page_362">362</a></li>
-<li>Frescobaldi, <a href="#Page_244">244</a></li>
-<li>Fried, <a href="#Page_465">465</a></li>
-<li>Frini, <a href="#Page_16">16</a></li>
-<li>Froberger, <a href="#Page_208">208</a>, <a href="#Page_244">244</a></li>
-<li>Fuller-Maitland, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Fumagalli, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Fürstenau, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Fux, <a href="#Page_192">192</a></li>
-</ul>
-
-<h3>G</h3>
-
-<ul>
-<li>Gabrieli A., <a href="#Page_103">103</a></li>
-<li>Gabrieli D., <a href="#Page_253">253</a></li>
-<li>Gabrieli G., <a href="#Page_104">104</a></li>
-<li>Gade, <a href="#Page_348">348</a>, <a href="#Page_385">385</a></li>
-<li>Gafor, <a href="#Page_78">78</a></li>
-<li>Gagliano, <a href="#Page_146">146</a></li>
-<li>Galilei, <a href="#Page_79">79</a>, <a href="#Page_127">127</a>, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Galli, <a href="#Page_239">239</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_485">[485]</span></li>
-<li>Galli A., <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Gallus, <a href="#Page_208">208</a></li>
-<li>Galuppi, <a href="#Page_163">163</a></li>
-<li>Gardane, <a href="#Page_257">257</a></li>
-<li>Gasco, <a href="#Page_428">428</a></li>
-<li>Gasparini, <a href="#Page_165">165</a></li>
-<li>Gasparo da Salò, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Gastoldi, <a href="#Page_117">117</a></li>
-<li>Gavinés, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Gay, <a href="#Page_202">202</a></li>
-<li>Geminiani, <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Genée, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Generali, <a href="#Page_321">321</a></li>
-<li>Genet, <a href="#Page_71">71</a></li>
-<li>Gerbert, <a href="#Page_37">37</a></li>
-<li>Gerle, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Geronimo de Moravia, <a href="#Page_60">60</a></li>
-<li>Gesualdo, <a href="#Page_116">116</a></li>
-<li>Gevaert, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Gherardello, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Giacobbi, <a href="#Page_150">150</a></li>
-<li>Gianleone, <a href="#Page_207">207</a></li>
-<li>Gibbons, <a href="#Page_116">116</a>, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a></li>
-<li>Gilson, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Giovanni da Fiorenza, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Giovanni di Garlandia, <a href="#Page_60">60</a></li>
-<li>Giovanni XXIII, <a href="#Page_48">48</a></li>
-<li>Giorgio della Porta, <a href="#Page_117">117</a></li>
-<li>Giosa N., <a href="#Page_332">332</a></li>
-<li>Giosquino del Prato, <a href="#Page_70">70</a></li>
-<li>Giordano, <a href="#Page_412">412</a></li>
-<li>Giovanni da Cascia, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Giustiniani, <a href="#Page_83">83</a></li>
-<li>Glareanus, <a href="#Page_79">79</a></li>
-<li>Glazounow, <a href="#Page_393">393</a></li>
-<li>Glière, <a href="#Page_393">393</a></li>
-<li>Glinka, <a href="#Page_389">389</a></li>
-<li>Gluck, <a href="#Page_262">262</a></li>
-<li>Gobatti, <a href="#Page_333">333</a></li>
-<li>Godard, <a href="#Page_410">410</a></li>
-<li>Godowsky, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Goffredo di Strassburgo, <a href="#Page_92">92</a></li>
-<li>Goldmark, <a href="#Page_306">306</a></li>
-<li>Goldoni, <a href="#Page_172">172</a></li>
-<li>Golinelli, <a href="#Page_419">419</a></li>
-<li>Gounod, <a href="#Page_312">312</a></li>
-<li>Gombert, <a href="#Page_71">71</a></li>
-<li>Gomez, <a href="#Page_333">333</a></li>
-<li>Goudimel, <a href="#Page_107">107</a></li>
-<li>Grainger, <a href="#Page_397">397</a></li>
-<li>Grassi Pasquino, <a href="#Page_194">194</a></li>
-<li>Graun, <a href="#Page_194">194</a></li>
-<li>Greco, <a href="#Page_156">156</a></li>
-<li>Gretry, <a href="#Page_189">189</a></li>
-<li>Gregorio Magno, <a href="#Page_33">33</a></li>
-<li>Grisi, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Grieg, <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Grossi F., <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Grocheo, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Grossi Lod. (Viadana), <a href="#Page_124">124</a></li>
-<li>Grünfeld, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Guadagnini, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Gualtiero di Vogelweide, <a href="#Page_92">92</a></li>
-<li>Guarneri del Gesù, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Guglielmi, <a href="#Page_155">155</a></li>
-<li>Guglielmo monaco, <a href="#Page_63">63</a></li>
-<li>Guglielmo di Poitiers, <a href="#Page_90">90</a></li>
-<li>Gui, <a href="#Page_428">428</a></li>
-<li>Guidetti, <a href="#Page_112">112</a></li>
-<li>Guidiccioni Laura, <a href="#Page_121">121</a></li>
-<li>Guido d'Arezzo, <a href="#Page_49">49</a></li>
-<li>Guignon, <a href="#Page_88">88</a></li>
-<li>Gumpelzhaimer, <a href="#Page_207">207</a></li>
-<li>Gusnaschi, <a href="#Page_245">245</a></li>
-</ul>
-
-<h3>H</h3>
-
-<ul>
-<li>Habeneck, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Haberl, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Halévy, <a href="#Page_312">312</a></li>
-<li>Hallen, <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Hallström, <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Hamerik, <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Hammerschmidt, <a href="#Page_208">208</a></li>
-<li>Händel, <a href="#Page_221">221</a></li>
-<li>Hanslick, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Hartmann, <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Hasse, <a href="#Page_193">193</a></li>
-<li>Hassler, <a href="#Page_207">207</a></li>
-<li>Haussegger, <a href="#Page_465">465</a></li>
-<li>Hautin, <a href="#Page_258">258</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_486">[486]</span></li>
-<li>Haydn, <a href="#Page_280">280</a></li>
-<li>Heermann, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Heller, <a href="#Page_348">348</a></li>
-<li>Henselt, <a href="#Page_348">348</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Herold, <a href="#Page_315">315</a></li>
-<li>Hervé, <a href="#Page_316">316</a></li>
-<li>Herzogenberg, <a href="#Page_364">364</a></li>
-<li>Hiller F., <a href="#Page_348">348</a></li>
-<li>Hiller J. A., <a href="#Page_261">261</a></li>
-<li>Hoffmann, <a href="#Page_300">300</a></li>
-<li>Huber, <a href="#Page_364">364</a></li>
-<li>Hubermann, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Humperdink, <a href="#Page_437">437</a></li>
-</ul>
-
-<h3>I</h3>
-
-<ul>
-<li>Iahn, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Ilario, <a href="#Page_29">29</a></li>
-<li>Ingegneri, <a href="#Page_113">113</a></li>
-<li>Ioannes Cotton, <a href="#Page_60">60</a></li>
-<li>Iodocus Pratensis, <a href="#Page_70">70</a></li>
-<li>Iomelli, <a href="#Page_158">158</a></li>
-<li>Isaak, <a href="#Page_85">85</a>, <a href="#Page_206">206</a></li>
-<li>Isaye, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Iside, <a href="#Page_2">2</a></li>
-<li>Isouard, <a href="#Page_189">189</a></li>
-<li>Iunta, <a href="#Page_257">257</a></li>
-</ul>
-
-<h3>J</h3>
-
-<ul>
-<li>Jacopone da Todi, <a href="#Page_84">84</a></li>
-<li>Jannequin, <a href="#Page_74">74</a></li>
-<li>Jensen, <a href="#Page_348">348</a></li>
-<li>Joachim, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Johannes de Florentia, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Jones, <a href="#Page_201">201</a></li>
-<li>Josquin des Près, <a href="#Page_70">70</a></li>
-<li>Jubal, <a href="#Page_3">3</a></li>
-<li>Judenkunig, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Jullien, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Juon, <a href="#Page_393">393</a></li>
-</ul>
-
-<h3>K</h3>
-
-<ul>
-<li>Kajanus R., <a href="#Page_389">389</a></li>
-<li>Keiser, <a href="#Page_197">197</a></li>
-<li>Kelley, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Kerl, <a href="#Page_195">195</a>, <a href="#Page_208">208</a></li>
-<li>Kielruf, <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Kienzl, <a href="#Page_437">437</a></li>
-<li>Kiesewetter, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Kircher, <a href="#Page_23">23</a>, <a href="#Page_55">55</a></li>
-<li>Kirchner, <a href="#Page_348">348</a></li>
-<li>Klengel, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Korsakoff, <a href="#Page_390">390</a></li>
-<li>Kretschmar, <a href="#Page_77">77</a>, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Kreutzer C., <a href="#Page_306">306</a></li>
-<li>Kreutzer R., <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Ktesibiüs, <a href="#Page_242">242</a></li>
-<li>Kubelik, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Kufferath, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Kuhnau, <a href="#Page_247">247</a></li>
-<li>Kusser, <a href="#Page_197">197</a></li>
-</ul>
-
-<h3>L</h3>
-
-<ul>
-<li>Lablache, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Lalo, <a href="#Page_430">430</a></li>
-<li>Lalouette, <a href="#Page_181">181</a></li>
-<li>Lamia, <a href="#Page_16">16</a></li>
-<li>Lamond, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Lamoureux, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Lampe, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Landi, <a href="#Page_151">151</a></li>
-<li>Landino, <a href="#Page_99">99</a>, <a href="#Page_243">243</a></li>
-<li>Lanner, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Laparra, <a href="#Page_399">399</a></li>
-<li>Laub, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Laurentio, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Lavoix, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Leclair, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Lecoq, <a href="#Page_316">316</a></li>
-<li>Lederer, <a href="#Page_45">45</a></li>
-<li>Legrenzi, <a href="#Page_150">150</a>, <a href="#Page_242">242</a></li>
-<li>Lehàr, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Leo, <a href="#Page_155">155</a>, <a href="#Page_253">253</a></li>
-<li>Léonard, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Leoncavallo, <a href="#Page_409">409</a></li>
-<li>Leonin, <a href="#Page_45">45</a></li>
-<li>Lesuer, <a href="#Page_273">273</a></li>
-<li>Levi, <a href="#Page_410">410</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_487">[487]</span></li>
-<li>Liadow, <a href="#Page_393">393</a></li>
-<li>Lind, <a href="#Page_325">325</a></li>
-<li>Ling-Lun, <a href="#Page_5">5</a></li>
-<li>Lipinski, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Liszt, <a href="#Page_379">379</a></li>
-<li>Locatelli, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Loewe, <a href="#Page_349">349</a></li>
-<li>Logroscino, <a href="#Page_159">159</a></li>
-<li>Lolli, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Longo, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Lorenzo dei Medici, <a href="#Page_84">84</a></li>
-<li>Loreto, <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Loritus, <a href="#Page_79">79</a></li>
-<li>Lortzing, <a href="#Page_306">306</a></li>
-<li>Lotti, <a href="#Page_161">161</a></li>
-<li>Lucca, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Lulli, <a href="#Page_178">178</a></li>
-<li>Lupo, <a href="#Page_201">201</a></li>
-<li>Luporini, <a href="#Page_333">333</a></li>
-<li>Lutero, <a href="#Page_70">70</a>, <a href="#Page_205">205</a></li>
-<li>Luzzasco, <a href="#Page_122">122</a></li>
-</ul>
-
-<h3>M</h3>
-
-<ul>
-<li>Macfarren, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Machaud, <a href="#Page_45">45</a></li>
-<li>Mackenzie, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Maggini, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Maglio G. A., <a href="#Page_194">194</a></li>
-<li>Magnard, <a href="#Page_458">458</a></li>
-<li>Mahler, <a href="#Page_360">360</a></li>
-<li>Mahu, <a href="#Page_206">206</a></li>
-<li>Maillard, <a href="#Page_315">315</a></li>
-<li>Majorano, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Malibran, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Malipiero, <a href="#Page_428">428</a></li>
-<li>Malling G., <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Malvezzi, <a href="#Page_122">122</a></li>
-<li>Mancinelli, <a href="#Page_414">414</a></li>
-<li>Mancini, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Manni, <a href="#Page_121">121</a></li>
-<li>Maometto, <a href="#Page_10">10</a></li>
-<li>Mara, <a href="#Page_195">195</a></li>
-<li>Maragnoli, <a href="#Page_224">224</a></li>
-<li>Marazzoli M., <a href="#Page_147">147</a></li>
-<li>Marcello, <a href="#Page_163">163</a></li>
-<li>Marchetti, <a href="#Page_333">333</a></li>
-<li>Marchetto da Padova, <a href="#Page_53">53</a>, <a href="#Page_61">61</a></li>
-<li>Marchisio, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Marenzio, <a href="#Page_113">113</a>, <a href="#Page_116">116</a></li>
-<li>Mariani, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Marini B., <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Mario, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Marschner, <a href="#Page_305">305</a></li>
-<li>Marteau, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Martini G. B., <a href="#Page_167">167</a></li>
-<li>Martini V., <a href="#Page_168">168</a></li>
-<li>Martucci, <a href="#Page_420">420</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Mascagni, <a href="#Page_403">403</a></li>
-<li>Mascheroni, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Masini, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Massé, <a href="#Page_315">315</a></li>
-<li>Massenet, <a href="#Page_431">431</a></li>
-<li>Materna, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Mattei, <a href="#Page_318">318</a></li>
-<li>Mattheson, <a href="#Page_198">198</a></li>
-<li>Maurel, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Mauro, <a href="#Page_238">238</a></li>
-<li>Mayr, <a href="#Page_288">288</a></li>
-<li>Mazzocchi, <a href="#Page_113">113</a></li>
-<li>Mazzucato, <a href="#Page_401">401</a></li>
-<li>Méhul, <a href="#Page_269">269</a></li>
-<li>Mei, <a href="#Page_127">127</a></li>
-<li>Meilan, <a href="#Page_208">208</a></li>
-<li>Meissen, <a href="#Page_92">92</a></li>
-<li>Melani, <a href="#Page_147">147</a></li>
-<li>Mell Gaudio, <a href="#Page_107">107</a></li>
-<li>Mendelssohn, <a href="#Page_341">341</a></li>
-<li>Menter, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Mercadante, <a href="#Page_321">321</a></li>
-<li>Mercurio, <a href="#Page_2">2</a></li>
-<li>Merlo, <a href="#Page_123">123</a></li>
-<li>Merulo, <a href="#Page_244">244</a>, <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Mesomede, <a href="#Page_23">23</a></li>
-<li>Messager, <a href="#Page_316">316</a></li>
-<li>Metastasio, <a href="#Page_170">170</a></li>
-<li>Meyerbeer, <a href="#Page_310">310</a></li>
-<li>Migliori, <a href="#Page_238">238</a></li>
-<li>Milanollo, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Millöcker, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Mingotti, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_488">[488]</span></li>
-<li>Molinaro, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Monn, <a href="#Page_278">278</a></li>
-<li>Monsigny, <a href="#Page_189">189</a></li>
-<li>Montemezzi, <a href="#Page_415">415</a></li>
-<li>Monteverdi, <a href="#Page_141">141</a></li>
-<li>Morales, <a href="#Page_106">106</a></li>
-<li>Morera, <a href="#Page_399">399</a></li>
-<li>Morley, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a></li>
-<li>Mosco, <a href="#Page_16">16</a></li>
-<li>Mosè, <a href="#Page_8">8</a></li>
-<li>Mottl, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Moussorzky, <a href="#Page_391">391</a></li>
-<li>Mouton, <a href="#Page_71">71</a></li>
-<li>Mozart, <a href="#Page_285">285</a></li>
-<li>Muffat, <a href="#Page_247">247</a></li>
-<li>Mugellini, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Mugnone, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Müller, <a href="#Page_262">262</a></li>
-<li>Muris, <a href="#Page_60">60</a></li>
-</ul>
-
-<h3>N</h3>
-
-<ul>
-<li>Nanini, <a href="#Page_112">112</a></li>
-<li>Napolitano Gio. Andrea, <a href="#Page_123">123</a></li>
-<li>Nardi Jacopo, <a href="#Page_85">85</a></li>
-<li>Nardini, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Nared, <a href="#Page_2">2</a></li>
-<li>Nerone, <a href="#Page_19">19</a></li>
-<li>Neusielder, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Nicolai, <a href="#Page_306">306</a></li>
-<li>Nielsen, <a href="#Page_386">386</a></li>
-<li>Nikisch, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Nilson, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Noren, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Notari, <a href="#Page_201">201</a></li>
-<li>Notker, <a href="#Page_42">42</a></li>
-<li>Nourrit, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Novàk, <a href="#Page_396">396</a></li>
-</ul>
-
-<h3>O</h3>
-
-<ul>
-<li>Oberthür, <a href="#Page_177">177</a></li>
-<li>Obrecht, <a href="#Page_70">70</a></li>
-<li>Offenbach, <a href="#Page_315">315</a></li>
-<li>Okeghen, <a href="#Page_69">69</a></li>
-<li>Olimpo, <a href="#Page_14">14</a></li>
-<li>Ondricek, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Orefice, <a href="#Page_415">415</a></li>
-<li>Orfeo, <a href="#Page_13">13</a></li>
-<li>Orlando di Lasso, <a href="#Page_72">72</a></li>
-<li>Osiander, <a href="#Page_206">206</a></li>
-<li>Osvaldo di Wolkestien, <a href="#Page_92">92</a></li>
-</ul>
-
-<h3>P</h3>
-
-<ul>
-<li>Pachelbel, <a href="#Page_208">208</a>, <a href="#Page_247">247</a></li>
-<li>Pacini, <a href="#Page_321">321</a></li>
-<li>Paderewski, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Paer, <a href="#Page_168">168</a></li>
-<li>Paganini, <a href="#Page_418">418</a>, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Paisiello, <a href="#Page_160">160</a></li>
-<li>Palestrina, <a href="#Page_107">107</a></li>
-<li>Palladio, <a href="#Page_238">238</a></li>
-<li>Pallavicini, <a href="#Page_192">192</a></li>
-<li>Palumbo, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Pananti, <a href="#Page_172">172</a></li>
-<li>Paolo da Florentia, <a href="#Page_99">99</a></li>
-<li>Parabosco, <a href="#Page_244">244</a></li>
-<li>Paradisi, <a href="#Page_247">247</a></li>
-<li>Pareja, <a href="#Page_79">79</a></li>
-<li>Parker, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Parish-Alvars, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Parry, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Pasdeloup, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Pasquini Bernardo, <a href="#Page_165">165</a>, <a href="#Page_244">244</a></li>
-<li>Pasta, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Patti, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Paumann, <a href="#Page_244">244</a>, <a href="#Page_253">253</a></li>
-<li>Pedrel, <a href="#Page_399">399</a>, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Pedrotti, <a href="#Page_333">333</a></li>
-<li>Peirol, <a href="#Page_90">90</a></li>
-<li>Pergolesi, <a href="#Page_157">157</a></li>
-<li>Peri Iacopo, <a href="#Page_127">127</a></li>
-<li>Pericle, <a href="#Page_15">15</a></li>
-<li>Perosi, <a href="#Page_423">423</a></li>
-<li>Perotin, <a href="#Page_45">45</a></li>
-<li>Perrin, <a href="#Page_177">177</a></li>
-<li>Persiani, <a href="#Page_325">325</a></li>
-<li>Perti, <a href="#Page_150">150</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_489">[489]</span></li>
-<li>Peruzzi, <a href="#Page_238">238</a></li>
-<li>Peterson, <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Petrella, <a href="#Page_332">332</a></li>
-<li>Petrucci, <a href="#Page_257">257</a></li>
-<li>Pfitzner, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Philidor, <a href="#Page_189">189</a></li>
-<li>Philippus de Vitriaco, <a href="#Page_57">57</a></li>
-<li>Piatti, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Piccini, <a href="#Page_159">159</a></li>
-<li>Piccollelis, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Piernè, <a href="#Page_458">458</a></li>
-<li>Pierre de la Rue, <a href="#Page_71">71</a></li>
-<li>Pietro, <a href="#Page_41">41</a></li>
-<li>Pindaro, <a href="#Page_23">23</a></li>
-<li>Pirani, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Pisendal, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Pisistrato, <a href="#Page_15">15</a></li>
-<li>Pistocchi, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Pitagora, <a href="#Page_14">14</a>, <a href="#Page_17">17</a></li>
-<li>Pitoni, <a href="#Page_164">164</a></li>
-<li>Pizzetti, <a href="#Page_425">425</a>, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Pizzetti Ildebrando, <a href="#Page_19">19</a></li>
-<li>Planquette, <a href="#Page_316">316</a></li>
-<li>Platone, <a href="#Page_17">17</a></li>
-<li>Platti, <a href="#Page_247">247</a>, <a href="#Page_278">278</a></li>
-<li>Plutarco, <a href="#Page_17">17</a></li>
-<li>Poitiers Guglielmo di, <a href="#Page_90">90</a></li>
-<li>Polarolo, <a href="#Page_150">150</a></li>
-<li>Poliziano, <a href="#Page_122">122</a></li>
-<li>Pollini, <a href="#Page_381">381</a></li>
-<li>Ponchielli, <a href="#Page_333">333</a></li>
-<li>Popper, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Porpora, <a href="#Page_156">156</a></li>
-<li>Pougin, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Praetorius, <a href="#Page_208">208</a></li>
-<li>Provenzale, <a href="#Page_152">152</a></li>
-<li>Prume, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Puccini, <a href="#Page_411">411</a></li>
-<li>Pugnani, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Pujol, <a href="#Page_399">399</a></li>
-<li>Purcell, <a href="#Page_201">201</a></li>
-</ul>
-
-<h3>Q</h3>
-
-<ul>
-<li>Quagliati, <a href="#Page_140">140</a></li>
-<li>Quanz, <a href="#Page_195">195</a></li>
-<li>Quei, <a href="#Page_6">6</a></li>
-<li>Quinault, <a href="#Page_179">179</a></li>
-<li>Quintiliano, <a href="#Page_22">22</a></li>
-</ul>
-
-<h3>R</h3>
-
-<ul>
-<li>Raff, <a href="#Page_363">363</a></li>
-<li>Raimondi, <a href="#Page_321">321</a></li>
-<li>Rambaut, <a href="#Page_91">91</a></li>
-<li>Rameau, <a href="#Page_182">182</a></li>
-<li>Ravel, <a href="#Page_457">457</a></li>
-<li>Rebikoff, <a href="#Page_467">467</a></li>
-<li>Redi, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Reger M., <a href="#Page_461">461</a></li>
-<li>Reinken, <a href="#Page_209">209</a></li>
-<li>Rendano, <a href="#Page_424">424</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Respighi, <a href="#Page_429">429</a></li>
-<li>Reyer, <a href="#Page_433">433</a></li>
-<li>Reyser, <a href="#Page_257">257</a></li>
-<li>Rhaw, <a href="#Page_206">206</a></li>
-<li>Rheinberger, <a href="#Page_364">364</a></li>
-<li>Ricci, <a href="#Page_321">321</a></li>
-<li>Ricci-Signorini, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Richter, F., <a href="#Page_277">277</a></li>
-<li>Richter Hans, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Riemann, <a href="#Page_99">99</a>, <a href="#Page_129">129</a></li>
-<li>Righini, <a href="#Page_168">168</a></li>
-<li>Rinaldi, <a href="#Page_419">419</a></li>
-<li>Rinuccini, <a href="#Page_127">127</a></li>
-<li>Ripolles, <a href="#Page_399">399</a></li>
-<li>Rode, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Roger, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Roland de Lattre, <a href="#Page_72">72</a></li>
-<li>Rolla, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Romano, <a href="#Page_41">41</a></li>
-<li>Romberg, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Rore C. (de), <a href="#Page_78">78</a>, <a href="#Page_103">103</a></li>
-<li>Rosini, <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Rossi L., <a href="#Page_171">171</a></li>
-<li>Rossi Lauro, <a href="#Page_332">332</a></li>
-<li>Rossini, <a href="#Page_309">309</a>, <a href="#Page_318">318</a></li>
-<li>Rotoli, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Rousseau, <a href="#Page_188">188</a></li>
-<li>Roussel, <a href="#Page_458">458</a></li>
-<li>Rubini, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_490">[490]</span></li>
-<li>Rubinstein, <a href="#Page_392">392</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Ruggeri, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Rupff, <a href="#Page_205">205</a></li>
-<li>Rutini, <a href="#Page_278">278</a></li>
-</ul>
-
-<h3>S</h3>
-
-<ul>
-<li>Sacchetti, <a href="#Page_82">82</a></li>
-<li>Sacchini, <a href="#Page_160">160</a></li>
-<li>Sachs, <a href="#Page_93">93</a></li>
-<li>Sacrati, <a href="#Page_176">176</a></li>
-<li>Saffo, <a href="#Page_14">14</a></li>
-<li>Saint-Saens, <a href="#Page_429">429</a></li>
-<li>Salieri, <a href="#Page_168">168</a></li>
-<li>Salomone, <a href="#Page_8">8</a></li>
-<li>Salvator Rosa, <a href="#Page_232">232</a></li>
-<li>Samara, <a href="#Page_415">415</a></li>
-<li>Sammartini, <a href="#Page_262">262</a></li>
-<li>Sanctos, <a href="#Page_236">236</a></li>
-<li>Sandberger, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Sangalli, <a href="#Page_419">419</a></li>
-<li>Sanmartini, <a href="#Page_279">279</a></li>
-<li>Santarini, <a href="#Page_239">239</a></li>
-<li>Sarasate, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Sarria, <a href="#Page_332">332</a></li>
-<li>Sarti, <a href="#Page_168">168</a></li>
-<li>Sauer, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Sauret, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Scarlatti Al., <a href="#Page_151">151</a></li>
-<li>Scarlatti D., <a href="#Page_246">246</a></li>
-<li>Scheidt S., <a href="#Page_209">209</a></li>
-<li>Schein G., <a href="#Page_209">209</a></li>
-<li>Schenk, <a href="#Page_262">262</a></li>
-<li>Schering, <a href="#Page_71">71</a></li>
-<li>Schillings, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Schjelderup G., <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Schmit, <a href="#Page_458">458</a></li>
-<li>Schönberg, <a href="#Page_466">466</a></li>
-<li>Schrecker, <a href="#Page_465">465</a></li>
-<li>Schroeder-Devrient, <a href="#Page_325">325</a></li>
-<li>Schroeter, <a href="#Page_246">246</a></li>
-<li>Schubert, <a href="#Page_338">338</a></li>
-<li>Schumann, <a href="#Page_344">344</a></li>
-<li>Schütz, <a href="#Page_104">104</a>, <a href="#Page_208">208</a></li>
-<li>Scontrino, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Scott, <a href="#Page_397">397</a>, <a href="#Page_467">467</a></li>
-<li>Scotto, <a href="#Page_257">257</a></li>
-<li>Scriabine, <a href="#Page_466">466</a></li>
-<li>Senesino, <a href="#Page_192">192</a></li>
-<li>Senfl, <a href="#Page_206">206</a></li>
-<li>Serato, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Sergio, <a href="#Page_34">34</a></li>
-<li>Serlio, <a href="#Page_238">238</a></li>
-<li>Seroff, <a href="#Page_390">390</a></li>
-<li>Servais, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Servandoni, <a href="#Page_239">239</a></li>
-<li>Severac, <a href="#Page_458">458</a></li>
-<li>Sgambati, <a href="#Page_420">420</a>, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Sibelius J., <a href="#Page_389">389</a></li>
-<li>Siloti, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Silvestro, <a href="#Page_29">29</a></li>
-<li>Sinding, <a href="#Page_387">387</a></li>
-<li>Sinigaglia, <a href="#Page_423">423</a></li>
-<li>Sivori, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Sjögren, <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Smareglia, <a href="#Page_415">415</a></li>
-<li>Smetana, <a href="#Page_394">394</a></li>
-<li>Smyth, <a href="#Page_397">397</a></li>
-<li>Södermann, <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Sofocle, <a href="#Page_15">15</a></li>
-<li>Soma, <a href="#Page_4">4</a></li>
-<li>Soriano, <a href="#Page_112">112</a></li>
-<li>Spataro, <a href="#Page_78">78</a></li>
-<li>Spinelli, <a href="#Page_405">405</a></li>
-<li>Spinetti, <a href="#Page_245">245</a></li>
-<li>Spitta, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Spohr, <a href="#Page_304">304</a>, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Spontini, <a href="#Page_272">272</a></li>
-<li>Squarcialupo, <a href="#Page_83">83</a>, <a href="#Page_243">243</a></li>
-<li>Staden T., <a href="#Page_191">191</a></li>
-<li>Stagno, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Stainer, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Stamitz, <a href="#Page_252">252</a>, <a href="#Page_277">277</a></li>
-<li>Stanford, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Steffani, <a href="#Page_166">166</a></li>
-<li>Stenhammer, <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Stolz, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Stradella, <a href="#Page_150">150</a></li>
-<li>Stradivari, <a href="#Page_250">250</a></li>
-<li>Strauss J., <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Strauss O., <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li><span class="pagenum" id="Page_491">[491]</span></li>
-<li>Strauss R., <a href="#Page_440">440</a></li>
-<li>Stravinsky, <a href="#Page_467">467</a></li>
-<li>Striggio, <a href="#Page_122">122</a></li>
-<li>Strozzi, <a href="#Page_127">127</a></li>
-<li>Suk, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Sullivan, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Suppè, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Svendsen, <a href="#Page_388">388</a></li>
-<li>Swelink, <a href="#Page_209">209</a></li>
-</ul>
-
-<h3>T</h3>
-
-<ul>
-<li>Taide, <a href="#Page_16">16</a></li>
-<li>Taffanel, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Tallis, <a href="#Page_249">249</a></li>
-<li>Tamagno, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Tamberlick, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Tamburini, <a href="#Page_325">325</a></li>
-<li>Taneieff, <a href="#Page_393">393</a></li>
-<li>Tännhauser, <a href="#Page_92">92</a></li>
-<li>Tartini, <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Tasca, <a href="#Page_405">405</a></li>
-<li>Tausig, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Tebaldini, <a href="#Page_424">424</a>, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Telemann, <a href="#Page_199">199</a></li>
-<li>Terpandro, <a href="#Page_14">14</a></li>
-<li>Terzi, <a href="#Page_254">254</a></li>
-<li>Tesi Vittoria, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Thalberg, <a href="#Page_475">475</a></li>
-<li>Theile, <a href="#Page_196">196</a></li>
-<li>Thibaut, <a href="#Page_90">90</a></li>
-<li>Thomas, <a href="#Page_313">313</a></li>
-<li>Thomson, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Thot, <a href="#Page_2">2</a></li>
-<li>Thuille, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Tiersot, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Tinctoris, <a href="#Page_78">78</a></li>
-<li>Tinel, <a href="#Page_398">398</a></li>
-<li>Toeschi, <a href="#Page_277">277</a></li>
-<li>Tolomeo, <a href="#Page_31">31</a></li>
-<li>Tomadini, <a href="#Page_419">419</a></li>
-<li>Tommasini, <a href="#Page_428">428</a></li>
-<li>Torchi, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Torelli, <a href="#Page_239">239</a>, <a href="#Page_251">251</a></li>
-<li>Tornabuoni, <a href="#Page_84">84</a></li>
-<li>Torrefranca, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Toscanini, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Tosi, <a href="#Page_237">237</a></li>
-<li>Tosti, <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Traetta, <a href="#Page_155">155</a></li>
-<li>Trigene, <a href="#Page_45">45</a></li>
-<li>Tromboncino, <a href="#Page_85">85</a>, <a href="#Page_117">117</a></li>
-<li>Tschaikowski, <a href="#Page_392">392</a></li>
-<li>Tua, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Tuotilo, <a href="#Page_42">42</a></li>
-<li>Turina, <a href="#Page_399">399</a></li>
-<li>Turini, <a href="#Page_232">232</a></li>
-</ul>
-
-<h3>U</h3>
-
-<ul>
-<li>Ubaldo, <a href="#Page_46">46</a></li>
-<li>Ugolino da Orvieto, <a href="#Page_78">78</a></li>
-<li>Usiglio, <a href="#Page_332">332</a></li>
-</ul>
-
-<h3>V</h3>
-
-<ul>
-<li>Vaccai, <a href="#Page_321">321</a></li>
-<li>Valletta, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Vaughan, <a href="#Page_397">397</a></li>
-<li>Vecchi, <a href="#Page_123">123</a></li>
-<li>Veda, <a href="#Page_5">5</a></li>
-<li>Veracini, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Verdi, <a href="#Page_325">325</a></li>
-<li>Verdolotto, <a href="#Page_229">229</a></li>
-<li>Viadana, <a href="#Page_124">124</a></li>
-<li>Viardot-Garcia, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Vicentino Nicola, <a href="#Page_136">136</a></li>
-<li>Vidal, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Vieuxtemps, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Villanis, <a href="#Page_478">478</a></li>
-<li>Vinci, <a href="#Page_156">156</a></li>
-<li>Viotti, <a href="#Page_418">418</a>, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Virdung, <a href="#Page_79">79</a></li>
-<li>Vitali, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Vitri Filippo (de), <a href="#Page_101">101</a></li>
-<li>Vittoria, <a href="#Page_112">112</a></li>
-<li>Vivaldi, <a href="#Page_252">252</a></li>
-<li>Vogelweide (Gualtiero di), <a href="#Page_92">92</a></li>
-<li>Volkmann, <a href="#Page_348">348</a></li>
-</ul>
-
-<p>
-<span class="pagenum" id="Page_492">[492]</span>
-</p>
-
-<h3>W</h3>
-
-<ul>
-<li>Wagenseil, <a href="#Page_278">278</a></li>
-<li>Wagner R., <a href="#Page_370">370</a></li>
-<li>Wagner S., <a href="#Page_437">437</a></li>
-<li>Wallace, <a href="#Page_396">396</a></li>
-<li>Waldmann, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Walther, <a href="#Page_205">205</a></li>
-<li>Weber, <a href="#Page_301">301</a></li>
-<li>Weigel, <a href="#Page_262">262</a></li>
-<li>Weingartner, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Weissmann, <a href="#Page_438">438</a></li>
-<li>Westerhout, <a href="#Page_415">415</a></li>
-<li>Wieniawski, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Wilhelmy, <a href="#Page_476">476</a></li>
-<li>Willaert, <a href="#Page_102">102</a></li>
-<li>Wolf, <a href="#Page_362">362</a></li>
-<li>Wolf-Ferrari, <a href="#Page_421">421</a></li>
-<li>Wolframo d'Eschenbach, <a href="#Page_92">92</a></li>
-<li>Wolkenstein (Oswaldo di), <a href="#Page_92">92</a></li>
-</ul>
-
-<h3>Z</h3>
-
-<ul>
-<li>Zamara, <a href="#Page_477">477</a></li>
-<li>Zandonai, <a href="#Page_427">427</a></li>
-<li>Zanella A., <a href="#Page_424">424</a></li>
-<li>Zarlino, <a href="#Page_78">78</a></li>
-<li>Zazzerino, <a href="#Page_129">129</a></li>
-<li>Zeller, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Zeno Ap., <a href="#Page_170">170</a></li>
-<li>Ziani, <a href="#Page_150">150</a></li>
-<li>Ziehrer, <a href="#Page_307">307</a></li>
-<li>Zingarelli, <a href="#Page_160">160</a></li>
-<li>Zipoli, <a href="#Page_278">278</a></li>
-</ul>
-
-<hr class="silver" />
-
-<div class="footnotes">
-
-<h2>
-NOTE:
-</h2>
-
-<div class="footnote" id="note1">
-<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Filippo di Vitry.</p>
-</div>
-
-<div class="footnote" id="note2">
-<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>.&nbsp;&nbsp;</span>Marchetto da Padova.</p>
-</div>
-</div>
-
-<div class="tnote">
-<p class="tntitle">
-Nota del Trascrittore
-</p>
-
-<p>
-Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione
-minimi errori tipografici.
-</p>
-
-<p class="covernote">
-Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.
-</p>
-</div>
-
-
-
-
-
-
-
-
-<pre>
-
-
-
-
-
-End of Project Gutenberg's Storia della musica, by Alfredo Untersteiner
-
-*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DELLA MUSICA ***
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-To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation
-and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4
-and the Foundation web page at http://www.pglaf.org.
-
-
-Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive
-Foundation
-
-The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit
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-state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal
-Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification
-number is 64-6221541. Its 501(c)(3) letter is posted at
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-Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent
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-
-Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg
-Literary Archive Foundation
-
-Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide
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-
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-
-
-Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic
-works.
-
-Professor Michael S. Hart is the originator of the Project Gutenberg-tm
-concept of a library of electronic works that could be freely shared
-with anyone. For thirty years, he produced and distributed Project
-Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of volunteer support.
-
-
-Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed
-editions, all of which are confirmed as Public Domain in the U.S.
-unless a copyright notice is included. Thus, we do not necessarily
-keep eBooks in compliance with any particular paper edition.
-
-
-Most people start at our Web site which has the main PG search facility:
-
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-
-This Web site includes information about Project Gutenberg-tm,
-including how to make donations to the Project Gutenberg Literary
-Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to
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-
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-
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