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I Introduzione Pag. 1 - » II La musica dei Greci 13 - » III I primi secoli dell'Era cristiana 25 - » IV I primordi dell'armonia. — Ubaldo e Guido d'Arezzo 43 - » V La musica mensurale ed i precursori dei Fiamminghi 56 - » VI I Fiamminghi 66 - » VII Le canzoni popolari. — Trovatori e Minnesänger 80 - » VIII L'«Ars nova» fiorentina ed il Rinascimento - musicale in Italia 96 - » IX Misteri e Passioni. — Origine dell'opera 118 - » X Claudio Monteverdi e l'opera veneziana - e napolitana 140 - » XI L'opera francese, tedesca ed inglese 175 - » XII Martin Lutero e la musica protestante. — Bach - e Händel 203 - » XIII La musica monodica da camera e l'arte del canto - fino al sec. XIX. — Teatri e decorazioni 228 - » XIV La musica istrumentale prima del secolo XIX 239 - » XV Gluck e la riforma dell'opera 260 - » XVI Haydn — Mozart — Beethoven 274 - » XVII L'opera romantica e la grand'opera francese 299 - » XVIII Gioachino Rossini e l'opera italiana del - secolo XIX 317 - » XIX Francesco Schubert ed i romantici 336 - » XX I rivoluzionari dell'arte 365 - » XXI Scuole nazionali 384 - » XXII La musica italiana, francese e tedesca dei - nostri giorni 400 - » XXIII L'ora presente 439 - » XXIV Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali 475 - - INDICE ALFABETICO DEI NOMI 481 - - - - -CAPITOLO I. - -Introduzione. - - -Lo studio delle origini della musica offre le stesse difficoltà di -quello dell'origine della lingua. Innate nell'uomo erano e l'una e -l'altra, giacchè a quella guisa, che una forza misteriosa costringeva -l'uomo a cercare d'esprimere e comunicare al suo simile quello che -pensava, era pure necessario, che egli cercasse di esprimere quello che -egli sentiva. Anzi siccome il sentimento istintivo precede il pensiero, -che è quasi la conseguenza del primo, e perchè la musica è appunto -l'arte più ideale di tutte e quella che è capace di esprimere e dar -forma a quel sentimento o sensazione, che la parola non sa esprimere, -si può dire, che la musica sia anteriore alla parola. - -Ma per la stessa ragione essa non poteva progredire nello sviluppo -di pari passo che la lingua, perchè allo stato primitivo questa -corrispondeva di più al supremo bisogno della soddisfazione dei bisogni -fisici istintivi, mentre deve escludersi che nell'epoca dei primordi -ridealità, di cui vive la musica, abbia potuto venir concepita. - -In ciò è forse da cercare il motivo, per il quale lo sviluppo della -musica comincia in un'età di molto posteriore a quella delle altre -arti, e per cui, quando queste erano giunte ormai alla decadenza, la -musica si trovava ancora quasi ai principi. Ma non in questo motivo -soltanto, giacchè, se le altre arti come la pittura, la scultura, -trovavano nella natura stessa i modelli da imitare e la poesia gli -oggetti da descrivere, la musica doveva scrutare le misteriose leggi -della natura per trovare i suoi elementi, ed il mondo esterno non le -offriva nel rombo del tuono, nello scrosciare delle bufere, nei mille -rumori del creato nulla che potesse imitare. - -I popoli antichi divinarono questa indipendenza della musica dalle cose -esterne ascrivendola direttamente alla Divinità e ritenendola un dono -della stessa. Così gli Indiani l'ascrissero a Brama ed un Semidio, -_Nared_, fu l'inventore della sacra Vina; i Greci a _Mercurio_, che -ideò la lira, avendo trovato il guscio d'una tartaruga, alla quale -erano ancora attaccati alcuni tendini tesi che risuonavano; gli -Egiziani ad _Iside_ ed al Dio _Thot_. - -Che il canto precedette la musica istrumentale è cosa facilmente -ammissibile, ma altresì che questa non tardò a nascere e ad imitare il -canto, per quanto l'imperfezione dei primi istrumenti lo permetteva. -Questo restò però per lunghi secoli la parte principale della musica -specialmente per le sue attinenze colla religione. L'idealismo e -la vita di pensiero dell'umanità dei primi tempi non potevano che -limitarsi alla religione, che innalzava le menti dalle cure terrene, -ed essendo ciò pure lo scopo supremo della musica, essa doveva divenire -l'indivisibile ancella di quella ed aggiungere alla parola quel maggior -grado d'intensità, di affetto e di sentimento, di cui essa sola era -capace. - -La mancanza assoluta di documenti musicali dell'epoca antichissima, -rende impossibile il poter farsi un'idea della musica di quei tempi, -e perciò le asserzioni di molti scrittori mancano d'ogni serio -fondamento. La più comune e più verosimile di queste ipotesi è che i -popoli antichissimi non abbiano conosciuto la melodia assoluta, ossia -una sequenza di toni uniti secondo le leggi dell'armonia, in modo che -siano graditi all'orecchio, ma che il canto sia stato indissolubilmente -legato alla parola e fosse piuttosto una specie di declamazione con -innalzamento ed abbassamento di voce a seconda dell'accento della -parola e dell'affetto, con un ritmo dipendente dalla prosodia. - -Come la culla della cultura umana giace nell'Asia, così è opinione, che -l'arte della musica sia venuta sviluppandosi originariamente nell'Asia. -Nella Genesi (4.21) vien fatta menzione di _Jubal_ come primo inventore -degli strumenti a fiato ed a corda e ne vien stabilita l'epoca a circa -il 3000 av. C. Ma questa asserzione non merita fede, giacchè la musica -degli Ebrei non raggiunse neppure nell'epoca posteriore quel grado di -perfezione, che troviamo nella teoria musicale degli Indiani ed anzi -non ci è neppure conservata memoria d'una teoria propria degli Ebrei. - -Della musica antica degli _Indiani_ non ci sono conservate che molte -notizie sulla teoria, le quali sono però sufficienti a darci un'idea -dell'immensa complicazione del loro sistema musicale. I toni della -scala diatonica, che sembra esser stata da loro conosciuta, senza però -che ne avessero compresa l'importanza come base del sistema musicale, -venivano suddivisi in semitoni e questi alla lor volta in altri -semitoni o quarti di tono ed ancor più piccole suddivisioni. Ma se -lo scrittore _Soma_ ci parla di 960 tonalità diverse, ciò non si può -intendere nel nostro significato, perchè ogni scala conteneva sei nuove -tonalità, secondo che si cominciava da un diverso tono della stessa, -per esempio, _do-do_, _re-re_, ecc., senza aver riguardo ai semitoni, -e perchè lo stesso succedeva colle nuove scale formate sulla tonica di -un semitono o quarto di tono. Le ricerche moderne non poterono ancora -arrivare a provare, se questo sistema complicatissimo si fosse limitato -alla parte teoretica e sia rimasto semplicemente un frutto della -speculazione ed immaginazione od abbia avute attinenze colla pratica, -come in genere è quasi impossibile il giudicare con qualche sicurezza -della teoria musicale indiana, giacchè la musica moderna dell'India è -un misto di antico e recente con influenza araba spiccatissima. - -Alle melodie dei Bramini (_Ragas_) conservate per tradizione, si -attribuivano virtù particolari, di ammansare le belve, di incenerire -chi le avesse cantate, di far cader la pioggia, di far oscurare il -sole, ecc. Il testo di alcune di queste ci è conservato nei libri di -Veda, come pure sono nominati nella letteratura sanscrita i titoli di -alcuni scritti musicali, per esempio, _specchio delle melodie, teoria -delle scale, mare degli affetti_, ecc. I più usitati istrumenti indiani -erano la Vina, istrumento a pizzico, fatto di una canna munita di sette -corde e due zucche alle estremità per la risonanza, ed il _Magondi_, -specie di chitarra a quattro corde. - -Nessuna somiglianza colla teoria degli Indiani palesa quella dei -_Cinesi_. Alla scala, che _Ling-Lun_ (circa 2500 av. C.) stabilì, -mancano due intervalli: la quarta e la settima ed ogni tentativo -posteriore d'aggiungerveli riuscì vano. Tanto varrebbe aggiungere un -sesto e settimo dito alla mano dell'uomo, escalma uno scrittore. I toni -della scala, che cominciava dal _fa_ del nostro sistema, aveano nomi -simbolici come Kung (imperatore), Isang (ministro), ecc. Notevole è -pure che nella musica cinese la nostra nota più bassa è la più alta e -viceversa, sicchè il primo tono della scala, il _fa_, è il più alto. -Insieme alla teoria erano stabilite otto specie di suoni diversi, -che corrispondevano a quelli, che davano certi corpi. Questi erano -la pietra, il metallo, la terracotta, la seta, il legno, le pelli, -il bambù ed una specie di zucca, e di queste materie erano fatti -gli strumenti musicali cinesi. Ad onta dello sviluppo della teoria -musicale e della varietà degli istrumenti la musica cinese non seppe -mai divenire una vera arte, e noi all'udire la musica moderna di questo -popolo, che come è tenace nel conservare i suoi costumi primitivi, -tien altrettanto fermo alle antichissime tradizioni musicali, non -possiamo comprendere come _Confucio_ (500 av. C.) dopo aver udite le -composizioni del celebre musico _Quei_ non abbia fatto per tre mesi -altro che pensarci. - -Tanto alla musica cinese e giapponese quanto a quella dei popoli -selvaggi è sconosciuto il semitono nella scala, che è composta di -cinque toni con lacune al posto del semitono. - -Negli ultimi anni si è cercato di occuparsi molto più seriamente di -prima della cosidetta musica esotica, nome che comprende tanto la -musica dei popoli selvaggi che quella dei popoli asiatici. A questi -studi servì molto il fonografo per fissare le melodie, gli intervalli -ed il ritmo tante volte sì strani e diversi dai nostri. Capellen, -Polak e Riemann hanno pubblicato trascrizioni di melodie originali -cercando di armonizzarle in corrispondenza del sistema tonale della -musica asiatica. Capellen si promette anzi dallo studio della musica -orientale in genere un vantaggio positivo per la nostra musica, sia -colla suddivisione degli intervalli in quarti di tono, ecc., sia -coll'introduzione di nuovi ritmi, confermando quello che Saint-Saens -avea già molti anni fa scritto in proposito. - -Le notizie, che ci rimangono della musica degli _Egiziani_ sono -scarsissime. Dai bassorilievi conservati risulta che essa deve aver -avuto una gran parte nel culto e che si conoscevano molti istrumenti -come arpe a più corde, flauti, tamburi, ecc. Erodoto trovò in Egitto -una melodia _Maneros_, che era molto somigliante al lamento di Lino, -canzone antichissima della Grecia e che probabilmente fu importata -dall'Egitto. Due dei 42 libri della sapienza erano i libri dei cantori -e si crede che contenessero le melodie, che si cantavano alle sacre -funzioni, ai funerali, ecc. La scala musicale sembra aver avuto sette -toni, ossia due tetracordi uniti, ma non si sa, se questi sieno stati -melodici o armonici. I sacerdoti poi avevano nei tempi antichissimi -stabilito come permessi nella chiesa sette toni sacri e proibito l'uso -di melodie straniere, inceppando in questa guisa lo sviluppo dell'arte -musicale. È pure probabile, che la teoria musicale di Pitagora -dell'armonia delle sfere, che mirava alla scoperta dei rapporti delle -leggi musicali nelle leggi cosmiche ed astronomiche, abbia avuto la sua -origine, nell'Egitto, dove era in fiore la scienza astronomica. - -Che la musica presso gli _Ebrei_ sia stata coltivata e tenuta in -grande onore risulta da una infinità di passi, che troviamo nella sacra -scrittura. Questa nazione, che mostrò poca attitudine alle arti della -pittura e scultura, sorpassò tutti gli altri popoli asiatici nella -poesia, i monumenti della quale formano ancor oggi l'oggetto della -nostra ammirazione. Ma quell'istesso sentimento religioso innato nel -popolo eletto, che avea trovato la sua più alta e perfetta espressione -nella poesia religiosa, dovea necessariamente rivolgersi alla musica, -l'arte, nella quale le più alte aspirazioni ed i più sublimi ideali -trovano la loro espressione più adeguata. Per questo motivo la musica -degli Ebrei fu essenzialmente religiosa e formava una parte integrante -del culto divino, affidata alla classe privilegiata dei Leviti. Il re -Davide e Salomone li confermarono nella loro carica e stabilirono, che -essi dovessero fornire pel servizio del tempio _4000_ cantanti e musici -suddivisi in 288 cori, ognuno dei quali aveva un proprio capo. - -È difficile se non impossibile farsi una chiara idea circa la natura -della musica ebrea, non essendoci conservata alcuna notizia nè -della teoria, nè conoscendosi degli istrumenti in uso poco più che -il nome. È però probabile, che nei primi secoli essa sia stata poco -dissimile dalla musica Egiziana per il lungo tempo passato dagli Ebrei -nell'Egitto e per l'influenza esercitata dalla coltura egiziana su -Mosè, educato alla sapienza di quel paese. L'epoca del maggior fiore -della musica ebraica fu quella del re cantore Davide e di Salomone, -l'uno autore dei Salmi, l'altro del Cantico dei Cantici, i due modelli -di poesia religiosa e profana ebraica. - -Non vi può essere dubbio che i Salmi venissero cantati, sia pel genere -della poesia, sia per le osservazioni, che stanno in testa ad alcuni di -questi. Così il Salmo 9, che porta la soprascritta: da cantarsi secondo -la bella gioventù; il 22, secondo la cerva, che vien cacciata; il 45, -secondo il cantico di nozze delle rose; il 60, il 69, ecc. Queste -soprascritte non potevano avere altro scopo, che indicare secondo -quale melodia conosciuta da tutti si doveva cantare il Salmo, e si può -credere, che le melodie indicate appartenessero alla musica popolare. -Da simili accenni si può pure con certezza conchiudere, che i Salmi -venivano cantati in versetti da cori, alle volte alternati, alle volte -uniti, e che erano accompagnati da istrumenti e specialmente da cetre, -arpe e salteri. La musica dei Salmi poi deve essere stata una specie di -salmodia con accenti e variazioni di tono, corrispondente al testo, e -non essersi estesa che a pochi toni. - -La questione, se gli ebrei abbiano conosciuta la notazione è ancora -indecisa, giacchè non si sa ancora, se i segni che si trovano nelle -più antiche scritture, siano note o semplicemente accenti metrici per -facilitare la uniforme recitazione od il canto. Il tentativo fatto -da Arends di decifrare uno di questi salmi sembra essere riuscito, -giacchè la melodia risultante corrisponde in certo riguardo alle più -accreditate ipotesi circa la musica ebraica. La musica degli Ebrei -moderni non può essere presa a guida per quella antica, giacchè le -diverse schiatte a seconda del paese dove si sono stabilite, hanno -canti religiosi quasi del tutto differenti fra loro, e gli influssi -esterni sono evidenti. - -Gli istrumenti, che erano in uso presso gli antichi Ebrei erano -numerosissimi, ma anche di questi non conosciamo con precisione la -natura, consistendo le fonti della nostra conoscenza in poco più -che nei bassorilievi dell'arco di Tito. Fra gli strumenti a fiato -erano i principali lo _Schofar_, specie di corno ricurvo ancor in uso -nelle sinagoghe moderne, il _Chalit_, specie di flauto; fra quelli -a corda, il _Kinor_, specie di cetra od arpa a più corde (10, 24), -il _Salterio_, pure specie di arpa; fra gli strumenti a percussione -l'_Aduf_, tamburo, le nacchere, ecc. Nel Talmud si fa pure menzione -di uno strumento chiamato _Magrefa_, che fu ritenuto per un organo -da cento toni, che si sentiva fin sul monte Oliveto, ma che viceversa -sembra essere una mistificazione, giacchè Magrefa si chiamava altresì -la gran pala del carbone, che si adoperava nel Tempio. - -Come la coltura generale degli _Arabi_ salì specialmente dopo le -riforme di Maometto (622 d. C.) ad un alto grado nelle scienze ed -in parte anche nelle arti dell'architettura e nella poesia, così -era naturale, che anche la musica non venisse trascurata dai dotti e -specialmente dai matematici. Difatti noi vediamo svilupparsi una teoria -complicata ed artificiosa con toni stabili e mobili, con 84 specie di -scale, fra cui bensì molte praticamente inadoperabili, con terzi di -tono, donde l'indecisione tutta propria della musica orientale, ecc. -Da principio i teorici andarono di pari passo colla pratica, ma poi -si perdettero nei loro numerosi scritti in speculazioni filosofiche, -allegoriche e mistiche od in astrusità matematiche, sicchè la musica -non ne trasse alcun profitto e rapidamente decadde. Fra gli strumenti -arabi i più noti sono il _Rebab_, da cui origina il violino, l'_Eut_ -da 4 fino a 14 corde, specie di liuto, donde il nome, portato in -Europa dagli Arabi spagnuoli ed all'epoca delle Crociate introdotto -dall'Oriente, l'oboe, ecc. - -La musica araba è omofona ed improntata ad una melanconia cadenzata e -monotona propria della natura del popolo arabo. Essa non è però alle -volte priva d'una certa poesia ed ispirazione melodica e fu più volte -imitata dai musicisti europei nei suoi ritmi ed intervalli strani. - -Qualche somiglianza colla musica araba e specialmente coll'orientale -in genere ha la musica degli _Zingari_, che senza dubbio sono -d'origine orientale. La scala degli zingari è tutta propria e -caratteristica. In essa trovasi, quantunque non costante, la quarta e -la settima eccedente, la sesta diminuita. La musica zingara è musica -d'improvvisazione. La melodia o larga ed appassionata, nelle tonalità -minori, o saltellante ed incalzante in ritmi vispi ed irruenti, si -perde quasi e si confonde in mezzo ad infinite fioriture, che si -accalcano, s'intrecciano nelle singole voci. Il campo della musica -zingara è ristretto, ma in questa ristrettezza havvi una varietà -infinita che se per noi occidentali alla lunga diventa monotona per la -forma stereotipa e per il carattere troppo pronunciatamente nazionale, -non è però meno da ammirarsi. - -Gli istrumenti principali dell'orchestra zingara sono il violino -ed il cimbalo, specie di salterio a più corde da battersi con due -martelletti. Lo zingaro è appassionatissimo della sua musica e spesso -vi raggiunge un alto grado. Quantunque l'armonia nella musica zingara -non abbia grande importanza, pure, sia per l'influsso degli altri -popoli sia per intuizione, l'accompagnamento eseguito sempre a memoria -e per lo più improvvisato, è caratteristico ed originale specialmente -quando le parti secondarie, stanche del semplice accompagnare, si -emancipano ed adornano di mille arabeschi e fronde il canto del violino -principale, rincorrendosi o seguendosi oppure unendosi in terze e -seste. - - - LETTERATURA - - R. Wallaschek — _Anfänge der Tonkunst_, Lipsia, Barth, 1903. - - G. Paldaofs — _La musica in oriente_, Milano, Sonzogno. - - Polak — _Die Harmonisierung indischer, türkischer und japanischer - Melodien_, Lipsia, 1905. - - Capellen — _Exotische Mollmusik_, Lipsia. - - J. Rouanet — _La musique arabe_, Algier, 1905. - - Fr. Liszt — _Des Bohémiens et leur musique en Hongrie_, Lipsia, - 1881. - - Laloy — _La musique chinoise_, Paris, 1910. - - - - -CAPITOLO II. - -La musica dei Greci. - - -Questo popolo, al quale la natura avea largito a larghissima mano le -più belle doti, doveva esser quello, che anche nella musica dell'evo -antico era destinato a lasciar la sua orma indelebile e piantare le -basi di quell'edificio grandioso, a cui ogni limite sembra troppo -angusto. - -Soltanto presso i Greci la musica comincia a divenire arte indipendente -e cessa di essere l'espressione quasi inconscia dei sentimenti ed -affetti interni; presso i Greci si sviluppa per la prima volta una -teoria musicale basata sulle leggi fisiche ed armoniche; soltanto -presso i Greci la musica si asside pari fra le arti e vien riconosciuta -la potenza estetica ed etica a lei inerente. - -La storia della musica greca si divide in tre grandi periodi; il primo, -che abbraccia l'epoca mitica ed arriva fino alla migrazione dei Dori -(1000 a. C.), il secondo fino alla guerra del Peloponneso (404 a. C.), -ed il terzo, o quello della Decadenza, fino alla conquista romana. - -Nel periodo mitico incontriamo come nella storia degli altri popoli -le leggende, che ci raccontano dell'origine divina della musica. Le -principali figure di questo periodo sono _Orfeo_, personificazione -della potenza della musica, che ammansa col canto le belve, le furie -dell'orco, fa movere i sassi e le piante; _Anfione_, al suono della cui -cetra i massi di pietra si mettono a posto e formano le mura di Tebe, -ecc. Grande parte ha pure la musica nella mitologia ed essa è messa -sotto la protezione del Dio Apollo e delle Muse; con canti ditirambici -vien onorato Bacco, quei canti che furono la prima origine della -tragedia e dei cori dei drammi greci. - -Nel secondo periodo dopo l'immigrazione Dorica incontriamo _Olimpo_, -il giovane, che vien celebrato qual inventore del genere enarmonico, -e _Terpandro_, il vero padre della teoria musicale antica (600 a. C.), -nativo di Lesbo e che visse in Sparta. Egli compose melodie (_nomi_), -che durarono per tradizione lungo tempo, ed alle quali fu a simiglianza -delle melodie indiane ascritta grande influenza sulla morale ed -il costume. A lui si tributa pure l'onore d'essersi servito d'una -notazione musicale, e di aver aggiunto all'antica lira altre tre corde -alle quattro anteriori. Cantanti e musici sembrano esser stati pure la -poetessa _Saffo_ (550 a. C.) ed _Alceo_ (580 a. C.). Più importante di -tutti questi per lo sviluppo della musica e specialmente per la teoria -fu il celebre filosofo e matematico _Pitagora_ di Samo (580-504 a. C.), -il quale nei suoi lunghi viaggi in Egitto ed in Asia ebbe occasione -di studiare la musica di quei paesi e di conoscerne i sistemi, che -egli introdusse con modificazioni nella sua patria. Egli fu il primo, -che trovò i rapporti numerici fra i toni col mezzo del _monocordo_ -(cassetto risonante, sul quale era tesa una corda, a cui si potevano -applicare ponticelli mobili, che alteravano il tono della corda). A -questo modo egli potè stabilire gli intervalli, determinare i rapporti -della prima coll'ottava di 1:2, della quinta di 2:3, della quarta di -3:4, corrispondenti al rapporto della lunghezza dell'intiera corda -colla metà, due terzi, tre quarti, che davano gli intervalli accennati. -Questo sistema, che basava su leggi matematiche e non armoniche, doveva -disconoscere la natura dell'intervallo di _terza_, che per noi è il -prototipo della consonanza e che per _Pitagora_ era dissonanza, e se la -nuova scoperta fu importantissima per il futuro sviluppo della musica, -essa fu forse cagione, che l'antichità non conobbe l'armonia, e che ci -vollero ancora molti e molti secoli, prima che essa si sviluppasse. - -L'epoca della fiorita d'Atene ai tempi di Pisistrato ed ancor più di -Pericle (478-429 a. C.) ed il sorgere e lo svilupparsi della tragedia -nazionale rappresentano altresì l'epoca del maggior fiore della musica -greca. L'importanza dei cori è massima in Eschilo, minore in Sofocle ed -in Euripide. Che i cori venissero cantati è ormai cosa certa, e sembra -pure quasi sicuro, che la musica fosse scritta dai poeti tragici stessi -od almeno da loro designata, togliendola da canzoni popolari note, -che si adattavano alla situazione ed ai sentimenti espressi. I cori -consistevano di tre parti, della _Strofa_, _Antistrofa_ e dell'_Epodo_; -le due prime venivano cantate da cori separati, che si univano -nell'epodo. Ma non soltanto i cori si cantavano ma anche gran parte -dei monologhi e dialoghi non con vere melodie ma in modo recitativo -come si faceva già prima dai rapsodi che recitavano le poesie di -Omero ed Esiodo. Sembra poi che tanto i cori che la parte recitata -fosse accompagnata da istrumenti, probabilmente flauti e cetre. Si -cantavano pure le canzoni popolari di più specie e venivano eseguite da -istrumenti le danze sia religiose che profane. - -Colla corruzione dei costumi e colla decadenza delle repubbliche greche -comincia pure l'epoca di decadimento della musica. Alla semplicità e -grandezza degli antichi _nomi_ (melodie) subentra la virtuosità, che -cerca di nascondere sotto la raffinatezza dell'arte e dell'effetto -esteriore la mancanza di sostanza. La voce dei saggi, che piangono -i tempi passati, vien soffocata dagli applausi della folla che dona -corone d'alloro al citaredo Frini, al cantante Mosco, all'etéra Taide, -ed innalza un tempio alla flautista Lamia. L'antica libertà greca -si spegne sotto la dinastia macedonica e con lei l'arte musicale -perde ogni importanza e diventa un semplice oggetto di sollazzo. -Soltanto qualche dotto occupa le sue ore solitarie meditando sulle -questioni teoretiche musicali e rivive nel passato, così _Aristosseno -«l'armonico»_ (350 a. C.) del quale ci sono conservati tre libri di -«Elementi di armonia» nei quali a differenza delle teorie pitagoriche -vien istituito a giudice supremo l'udito e non le leggi matematiche, -_Alipio_ (200 a. C.), di cui un frammento sembra contenere un sistema -di notazione musicale con lettere, e _Plutarco_ (49 d. C.). - -Alla Grecia era pure riservata la gloria di essere la prima, che si -occupò dell'estetica musicale e che studiò l'influenza della stessa -sull'animo, sull'educazione e sullo sviluppo del carattere. Già -al tempo di Pitagora e della sua scuola la musica era stata fatta -oggetto di studî profondi e si avea voluto trovare rapporti fra essi, -l'astronomia e l'ordine del creato. Questa scienza, che già s'era -palesata nel mito e nella leggenda, fu coltivata fin all'esagerazione e -la musica e l'astronomia furono dette sorelle. - -La lira è il simbolo dell'universo, le sue corde rappresentano gli -elementi; l'armonia delle sfere trova la sua eco nella cetra e nei -numeri armonici; le consonanze e dissonanze corrispondono ai segni -dello Zodiaco. - -Studî egualmente profondi sulla musica fecero _Platone_ ed -_Aristotele_. Il primo nega essere la musica oggetto di divertimento -per sè, ma le ascrive una mansione e potenza morale. La musica deve -influire sul carattere, informarlo al bene ed ispirare odio e ribrezzo -per il male. La musica cattiva ed effeminata deve venir proibita dallo -stato come pericolosa e corrompente i costumi. Delle tonalità non -devono esser ammesse che due: la _dorica_ e la _lidica_, perchè l'una -anima l'uomo alla forza, ai sentimenti maschi, alla costanza; l'altra -lo conforta e gli ispira sentimenti di amore e bontà. - -Aristotele è d'accordo in massima con queste teorie, ma riconosce -alla musica altresì lo scopo di dilettare e dilettando di nobilitare -l'animo. Perciò essa deve venir insegnata alla gioventù. A quale grado -questa potenza morale sia stata riconosciuta nella Grecia, mostra -il fatto, che per _arte musicale_ s'intendeva nell'educazione la -religione, la poesia e la musica. - -Colla storia della musica greca si chiude il periodo antico, giacchè -della musica romana antica non ci restano che pochissime notizie, e -quella dell'epoca posteriore non fu che l'ombra della greca. L'ideale -dello stato romano, il carattere della nazione era rivolto ad altre -mire e la più gentile ed ideale delle arti si doveva trovare a disagio -in quell'ambiente di realismo, in mezzo a quelle masse agitate dal -desiderio di conquista e di gloria. Coll'epoca degli imperatori e dopo -la conquista della Grecia Roma s'appropriò la coltura greca e con essa -la musica greca. Cantatrici e citariste greche rallegravano i triclinî -dei patrizi romani. Roma cercava guadagnare il tempo perduto, e si dava -in braccio alle più sfrenate orgie e divertimenti, ai quali la musica -doveva contribuire non più come arte, per sè indipendente, ma come -semplice ancella. L'antica semplicità era svanita e si cercava nelle -feste e nei tripudî di dimenticare le cure e la tirannide. All'antico -coro greco era subentrato un esercito di cantanti, citaredi e tibicini; -invece degli antichi canti di vittoria e dei ditirambi risuonavano -le rauche canzoni di Nerone, incoronato d'alloro e proclamato pari -ad Apollo, finchè anche queste tacquero soffocate nel sangue. A loro -subentrarono allora i canti dei barbari irruenti nella città eterna -e la coltura greca e romana fu sepolta sotto le macerie dei templi -crollanti. - -Il sistema musicale greco è assai complicato e difficile a comprendersi -e la sua importanza per la musica moderna affatto secondaria, perchè -l'uso della tonalità maggiore e minore ci ha fatto perdere il vero -criterio delle tonalità antiche sulle quali basa tutto il sistema -greco. - -Non bisogna però dimenticare, che la teoria della musica greca potrebbe -assumere ben altro valore, se i musicisti moderni volessero occuparsene -seriamente. Difatti pensando che noi non conosciamo che due modi mentre -la musica antica ne usava sette, tutti diversi per la differente -posizione del semitono, ne risulta per naturale conseguenza che la -ricchezza e varietà della melodia come pure la potenza espressiva -dovevano essere maggiori, giacchè queste dipendono dall'elemento -modale. Ildebrando Pizzetti ha tentato con fortuna l'uso dei modi -antichi nella musica per la _Nave_ e la _Fedra_ di d'Annunzio e ne ha -tratto effetti sorprendenti di varietà ed espressione. - -Per lo scopo di questo libro basterà però un brevissimo cenno sul -sistema greco. - -La base del sistema è il _tetracordo_, serie di quattro toni -corrispondenti a quelli della lira. Esso consiste di due toni ed un -semitono. - -La scala greca è composta di due tetracordi o congiunti da un tono -comune o con un intervallo d'un tono intero fra l'uno e l'altro. - -Per esempio: - - _si do re mi — mi fa sol la_ - - _mi fa sol la — si do re mi_ - -Il sistema perfetto (_telejôn_) era formato di questi due ultimi -tetracordi con altri due in fondo ed in cima ed un tono più basso -aggiunto (_proslambanomenos_). - - La Si do re mi mi fa sol la - si [=do] [=re] [=mi] [=mi] [=fa] [=sol] [=la] - -Come si vede è la nostra scala di _la_ minore discendente senza la nota -sensibile. - -In seguito si aggiunse per la modulazione alla quinta un altro -tetracordo che conteneva il semitono superiore dell'ultimo tono del -tetracordo medio. - -La scala completa era dunque: - - 1 2 4 5 - __________ __________ _____________ _______________ - | | | | | | | - La Si do re mi mi fa sol la — si[=do][=re][=mi] [=mi][=fa][=sol][=la] - | - la si bem. [=do] [=re] - |___________________| - 3 - -Ognuno di questi tetracordi aveva un nome speciale (1 _hypaton_, -2 _Meson_, 3 _Synemmenon_, 4 _Diezeugmmenon_, 5 _Hyperbolaeon_) e -nomi speciali avevano pure le singole note (_Hypate_, _Parhypate_, -_Lichanos_, ecc.). Il tono più alto del tetracordo di mezzo (il _la -mese_) avea grande importanza perchè era la tonica. - -La musica greca conosceva sette specie di _ottave_ a seconda del tono -della scala dalla quale essa cominciava. Rimanendo i toni della scala -diatonica invariabili, l'unica differenza che passava fra le ottave -dipendeva dalla diversa posizione dei semitoni. - -Le ottave erano: - - _Si — si_ = misolidica - - _do — [=do]_ = lidica - - _re — [=re]_ = frigia - - _mi — [=mi]_ = dorica - - _fa — [=fa]_ = hypolidica - - _sol — [=sol]_ = hypofrigia - - _la — [=la]_ = hypodorica. - -Il sistema perfetto si poteva trasportare in altri toni, donde -derivarono le tonalità. Queste erano prima cinque, poi sette ed in -ultimo quindici. Le più importanti erano quelle dei toni di mezzo: -_dorica_ (_re_) _ionica_ (_re diesis_), _frigia_ (_mi_) _lidica_ (_fa -diesis_). Cinque tonalità stavano una quarta più bassa (_hypodorica_, -ecc.) ed altre cinque una quarta più alta (_hyperdorica_, ecc.). - -I Greci conoscevano oltre il sistema diatonico anche il cromatico e -l'enarmonico. Da osservarsi è però, che il significato moderno delle -parole _enarmonico_ e _cromatico_ non corrisponde punto all'antico, -perchè la sequenza dei toni nel genere cromatico antico non succedeva -per semitoni eguali ma per due semitoni ed una terza minore, e nel -sistema enarmonico si usavano i quarti di tono. - -È difficile il decidere se l'enarmonia sia stata applicata alla pratica -o sia rimasta piuttosto un oggetto di speculazioni teoretiche. Hemholz, -certo un'autorità competente, crede che soltanto noi, assuefatti a -tutt'altro sistema non siamo più capaci di comprendere la differenza -che passa fra i quarti di tono. _Plutarco, Aristide Quintiliano_ ed -altri autori posteriori parlano del genere enarmonico come ormai caduto -in disuso ai loro tempi. - -Assai sviluppata era la teoria del ritmo basata sulla prosodia della -lingua e conservataci in parte in alcuni trattati, ammirabili per -acutezza di osservazione. - -Per la notazione, diversa per la musica vocale ed istrumentale -servivano le lettere dell'alfabeto con modificazione dei segni. Nella -musica vocale la lunghezza del tempo era indicata dalla sillaba -sottoposta alla nota, nella musica istrumentale da segni per i -diversi valori. Avendo ogni nota il proprio segno e separati segni pel -valore, è naturale che la notazione fosse complicata e difficile ad -apprendersi. - -L'antica questione se i Greci abbiano conosciuta l'armonia nel senso -moderno della parola sembra esser decisa negativamente, non risultando -il contrario dagli autori, ed essendo ciò tanto più probabile, in -quanto non riconoscendo la terza come consonanza, essi non potevano -conoscere gli accordi, dei quali la terza è appunto parte essenziale. -Nè l'armonia corrispondeva al carattere della musica nazionale, che -per la varietà e decisione del ritmo come per la caratteristica delle -tonalità diverse non abbisognava dell'aiuto dell'armonia. - -Questa opinione ormai universalmente accettata ebbe la miglior conferma -nell'ultima scoperta (1893) dell'Inno ad Apollo trovato a Delfo, -probabilmente del secondo secolo av. Cristo. Esso è inciso su di una -pietra e contiene oltre il testo anche i segni musicali sopra ogni -sillaba, corrispondenti a quelli che abbiamo da Aristosseno. Il suo -valore è inestimabile, perchè è l'unico monumento genuino di importanza -che ci resta della musica greca. Gli altri frammenti conservatici sono -i tre inni di _Mesomede_, pubblicati la prima volta da Vincenzo Galilei -nel _Dialogo della musica antica_ (1581), un frammento dell'_Oreste_ di -Euripide, uno _Scolion_ scoperto nel 83 su di un epitaffio a Tralles e -pubblicato nel 91 da O. Crusius, ed altri frammenti quasi indecifrabili -scoperti nel 93 a Delfo assieme all'Inno d'Apollo. L'ode di _Pindaro_ -pubblicata da Atanasio Kircher nel 1650, che egli vuol aver scoperta in -un manoscritto a Messina, viene ora ritenuta apocrifa. - -Le speranze che si nutrivano dopo la nuova scoperta dell'Inno ad Apollo -di aver trovata la chiave della musica greca, furono pur troppo quasi -intieramente deluse e bisogna conchiudere che o noi non siamo capaci -di decifrare quei frammenti o che il nostro modo di sentire la musica -è affatto differente di quello dei Greci. A queste conclusioni bisogna -giungere se si pensa che la tonalità dorica di deciso carattere minore -valeva ai Greci per dura, bellicosa e potente, mentre la lidica (il -nostro _do_ maggiore) si riteneva sensuale, effeminata! E ben meschina -cosa ci appaiono considerati melodicamente i frammenti rimastici. Noi -però ci avvicineremo alla soluzione del problema se si metterà a base -il principio che la melodia greca procedeva dalla parola e che il ritmo -e la misura erano dati dagli accenti stessi delle parole. Difatti la -ricostruzione dell'Inno ad Apollo fatta da Oscar Fleischer secondo -questo principio è ben più adatta a darci un'idea della musica greca -di tutte le altre pochissimo fedeli e fatte a capriccio con elementi -affatto moderni. - -Gli strumenti in uso presso i Greci erano di più specie a corda ed a -fiato. Quelli a corda, tutti a pizzico, erano senza manico e tastiera -ed appartenevano alla classe della _lyra_ (Kitharis-Phorminx). Fra -quelli a fiato dominava l'_Aulos_, flauto di più specie, quasi certo -costrutto alla guisa del flauto dolce ora in disuso, da suonarsi -non orizzontalmente ma come l'oboe. L'istrumento dei soldati era la -_Salpinx_, specie di tromba, diritta o ricurva. - - - LETTERATURA - - Weitzmann — _Geschichte der griechischen Musik_, 1885. - - O. Paul — _Die absolute Harmonik der Griechen_, 1866. - - Westphal — _Geschichte der alten Musik_, 1865. - - Westphal — _Theorie der musikalischen Rythmik_, 1880. - - Gevaert — _Histoire et theorie de la musique grecque_, 1875-1881. - - Thierfelder — _System der altgriechischen Tonkunst_, 1900. - - A. Thierfelder — _Sammlung von Gesängen aus dem klassischen - Alterthum_, 1900 (pubblicazione a scopi pratici). - - E. Romagnoli — _La musica greca_, Roma, 1905. - - G. Paribeni — _La storia e la teoria dell'antica musica greca_, - Milano, Sonzogno. - - I. Pizzetti — _La musica dei Greci_, Roma, 1914. - - F. Celentano — _La musica presso i Romani_, Rivista musicale - italiana, 1912 e seg. - - - - -CAPITOLO III. - -I primi secoli dell'Era Cristiana. - - -Mentre nell'impero romano, giunto all'apogeo della sua grandezza e -gloria, già cominciava la decadenza cagionata dalla corruzione dei -costumi, ed ai tirannici imperatori, che avean uccisa la libertà -d'azione e di pensiero, si tributavano onori divini e si innalzavano -templi e statue, nasceva in una cittadella ebrea Colui, che doveva -fondare quella religione, che dichiarava eguali dinanzi a Dio e -il grande e l'umile, che tutti accoglieva fra le sue braccia, che -riconosceva come suo supremo principio l'eguaglianza e la carità. Gli -imperatori cercavano soffocare nel sangue la nuova fede, ma invano -perchè dal sangue dei martiri sparso sulla sabbia del circo pullulavano -nuovi seguaci, che correvano incontro alla morte collo sguardo sereno -ed estatico. - -La nuova Religione, che aveva aperto nuovi orizzonti al pensiero e -che era l'espressione degli intimi e più nobili affetti, non avea -bisogno dell'arte plastica e della pittura, perchè essa rifuggiva -da ogni materialità, ma tanto più doveva cercare nella musica quel -mezzo, che era il più atto ad esprimere gl'indefinibili sentimenti -ed aspirazioni che commovevano gli animi dei credenti, i loro dolori -e le loro speranze. Mentre risuonavano le grida delle baccanti, e la -folla plaudente assisteva al martirio dei primi Cristiani, gettati -in pasto alle belve feroci, i fedeli si raccoglievano nell'oscurità -delle catacombe rischiarate da poche faci, e sulle tombe dei martiri si -inginocchiavano a pregare ed innalzare cantici al vero Dio. - -Quali fossero i cantici dei Cristiani nei primi secoli del -Cristianesimo non si potè e probabilmente non si potrà mai determinare. -L'opinione quasi universalmente accettata è che essi sieno stati simili -ai canti ebraici, senza però che ne fosse esclusa l'influenza della -musica greca e romana. Difatti se è vero, che la maggior parte dei -primi fedeli erano Ebrei convertiti, è altresì certo che molti Romani e -Greci si convertirono presto alla nuova fede. Gli studî moderni hanno -però dimostrato una grande differenza fra i primi canti della chiesa -cristiana e la musica greca, giacchè i primi seguono il principio -dell'accentuazione delle sillabe senza riguardo alla durata della nota -ma a seconda della posizione delle sillabe nella parola ed ancor più -a seconda del ritmo, mentre per la musica greca valeva esclusivamente -la differenza fra sillaba lunga e breve. Altra differenza capitale è -l'importanza della melodia, che nella musica greca doveva sottomettersi -alle leggi metriche del testo e nei canti cristiani invece reggeva -anche il ritmo del testo. Ma qui tutto è oscuro e la vera natura del -canto cristiano primitivo è forse conosciuta nella linea melodica ma -non nel ritmo, per cui non c'è alcuna concordanza d'opinioni ed il -tutto si riduce a semplici ipotesi. - -La musica greca, diffusa ed universalmente conosciuta, non poteva -del resto non influire sulla musica cristiana, giacchè è impossibile -il pensare, che una nuova arte fosse sorta allora e che i cristiani -abbiano potuto abbandonare quelle tradizioni nelle quali erano -cresciuti. D'altro canto la musica ebraica intieramente decaduta, -non era più che l'ombra di quello, che era stata all'epoca davidica e -salomonica. Questa decadenza non poteva però essere tale, che fossero -andate intieramente perdute le melodie dei cantici principali e si può -ritenere che alcuni di questi sieno stati tramandati col testo anche -nelle melodie tradizionali alla religione cristiana che gli accettò, -come per esempio, i _Salmi_, il _Magnificat_, il _Cantico di Simeone_, -il _Cantico dei tre giovani nella fornace ardente_, ecc. - -Che poi la musica greca abbia esercitato influenza sulla musica -cristiana, e specialmente su quella dei nuovi inni, è facile arguire, -se si pensa, che anche i primi tentativi della pittura cristiana -nelle catacombe ci rammentano i miti greci: così il buon pastore che -rassomiglia all'immagine pagana di Mercurio; Daniele nella fossa da -ritenersi quasi Orfeo, che ammansa col canto le belve, ecc. Noi non -saremo perciò lontani dal vero, se riterremo che la musica della prima -epoca cristiana ebbe dalla musica pagana la forma e la bellezza e -dall'ebrea la santità e l'elevatezza. - -Essa fu esclusivamente vocale, giacchè troppo grande era l'avversione, -che ispiravano ai Cristiani gli istrumenti, che servivano alle feste -pagane. «Noi non adoperiamo che un unico istrumento, la parola di -pace, colla quale adoriamo Dio,» scrive S. Clemente d'Alessandria, -«non l'antico salterio, i timpani, le trombe ed i flauti» e S. Gerolamo -dice, che una vergine cristiana non deve sapere che cosa sia una cetra -ed un flauto ed a qual uso essi servano. - -Ad onta dell'influsso della musica greca, la musica dei Cristiani non -può però essere stata nei primi secoli che semplicissima e disadorna, -giacchè la teoria musicale greca era troppo astrusa e complicata, -per poter credere che venisse studiata ed applicata alla loro musica -dai primi Cristiani, per la maggior parte appartenenti alle classi -incolte e basse. Dalle notizie che ci danno gli autori di quel -tempo, specialmente Filone, scrittore ebreo del primo secolo dell'èra -cristiana, i canti cristiani sembrano aver avuto somiglianza con quelli -dei cori delle tragedie greche, cantati a vicenda da doppi cori che -poi si univano; un uso che ebbe il suo motivo probabilmente nella -divisione dei Salmi in versetti. Le melodie dei Salmi saranno poi state -le originarie ebree, giacchè non è probabile, che anche queste fossero -andate perdute coll'andar dei secoli. - -Posteriori ai canti antifonici dei Salmi sono gli Inni, quantunque -anche molti di questi appartengono ai primi tempi. Il primo poeta di -Inni cristiani, dei quali ci è conservata memoria, è _Ilario_, vescovo -di Poitiers (350 d. C.). L'opinione anteriore che la musica degli inni -fosse semplicemente sillabica fu dimostrata erronea ed è ormai certo -che gli inni e salmi si cantavano con vere e proprie melodie e non alla -maniera di recitazione cadenzata. - -Fra coloro che si occuparono della musica cristiana, vengono nominati -_S. Clemente_ d'Alessandria (200 d. C.), che proibì il genere cromatico -ed armonico perchè snervante ed effeminato, _S. Basilio_, che riordinò -il canto della Chiesa orientale (370), _Ilario_ e papa _Silvestro_ -(300), che sembra essere stato il primo ad istituire scuole di canto. - -Col progredire del tempo e dopo la riforma del culto il canto della -comunità non era più compatibile sia perchè questa non conosceva -diversi cantici, sia per la difficoltà della loro esecuzione, tanto -più che la lingua latina andava spegnendosi e trasformandosi. Però già -nel concilio di Laodicea (367) viene decretato, che in Chiesa nessuno -deve cantare ad eccezione dei cantori dalla loro tribuna. A questi era -affidata la cura di conservare le antiche tradizioni, ed a questi sono -probabilmente d'ascriversi le melodie dei nuovi inni cristiani. - -Il primo, che ordinò il canto della nuova Chiesa e ne stabilì una -teoria per quanto embrionale, fu _Ambrogio_, vescovo di Milano -(333-397). Ai suoi tempi ferveva più accanita che mai la lotta cogli -Ariani e la diocesi di Milano era minacciata dalle persecuzioni -ordinate dalla madre dell'imperatore Valentiniano, che era favorevole -agli Ariani e che voleva togliere Ambrogio alla sua diocesi. In quei -giorni di desolazione e sommosse egli si rifuggì colla comunità in -Chiesa, dove passò più giorni e notti in preghiere. Per rialzare gli -animi abbattuti ed il fervore dei fedeli, egli fece cantare inni alla -maniera orientale di antifona, avvicendando i cori. Da quell'epoca -sembra che il canto cristiano abbia subìto una trasformazione e sia -venuto diffondendosi nelle diocesi limitrofe, eliminando le antiche -melodie pagane ed informando anche la musica mondana. - -Sulla vera natura del canto ambrosiano mancano però notizie esatte -e non si può stabilire, quanto degna di fede sia l'asserzione, che -esso non fosse stato esclusivamente diatonico, ma cromatico. Questa -supposizione sembra, del resto, in parte giustificata, se si pensa -all'entusiasmo che destò in Sant'Agostino, il quale, commosso alle -lagrime, domanda se non sia peccaminoso questo canto, che tanto lo -scuote colle sue dolcissime note e gli fa quasi dimenticare il testo. -A S. Ambrogio vengono attribuiti più inni, fra cui il _Te Deum_, -quantunque sembri invece accertato, che esso sia d'origine orientale. A -lui pure s'ascrive, senza però averne alcuna certezza, l'introduzione -dei primi quattro toni autentici, che non son altro che quattro delle -sette ottave diatoniche del sistema di Tolomeo e precisamente quelle, -che più s'avvicinano al carattere ed alla melodia dei Salmi. Esse -sono i toni di _re-[=re], mi-[=mi], fa-[=fa], sol-[=sol]_, formati -di due tetracordi uniti, e che corrispondono al tono greco-frigio, -dorico, ipolidico, ed ipofrigio. Essi ebbero nomi proprii diversi dagli -antichi, che ricordavano la musica pagana e si chiamarono _protos_, -_deuteros_, _tritus_ e _tetrardus_ (primo, secondo, ecc.); tutti -quattro poi furono chiamati a differenza di quelli posteriormente -aggiunti _autentici_. Nel terzo tono (_fa-[=fa]_) non c'è semitono -nel primo tetracordo e dalla quarta eccedente nacque il famigerato -_tritonus_ (_diabolus in musica_), che fece rompere la testa ai teorici -musicali del medio evo, i quali disputarono in lunghi trattati, se al -_si_ si possa sostituire il _si bemolle_. - -Non è noto, se Ambrogio abbia conosciuta la notazione, quantunque ciò -non sia improbabile, tanto più, che un diacono di Edessa, _Efraen_, -sembra essersi servito già anteriormente di segni per la notazione. -La supremazia del canto ambrosiano nella Chiesa occidentale durò per -alcuni secoli, quantunque si creda che il canto della chiesa Romana -abbia sempre differito in più punti dall'ambrosiano e si sia ognor più -esteso, contenendo in sè il vero elemento, dal quale doveva sorgere la -nostra musica come arte indipendente dalla parola. Ma anche qui nulla -vi è di certo. - -I secoli posteriori a quelli di S. Ambrogio videro nella penisola -italica più volte sanguinose guerre ed invasioni barbare. L'antica -metropoli dell'impero romano, la città eterna, offriva allora un ben -triste aspetto. Spopolata e in parte deserta, dilaniata da discordie -cittadine, le sue vie risuonavano di salmodie di penitenti, che -col capo coperto di cenere si battevano il petto e si recavano in -processione alle nuove numerose chiese ad implorare misericordia da -Dio per le colpe dell'umanità, fine alle pesti, che spopolavano le -città, alle stragi, che insanguinavano le vie. Agli antichi monumenti, -testimoni dell'antica grandezza, in gran parte rovinati dal tempo, -e più dalla mano devastatrice dell'uomo, si avevano sostituiti tetri -monasteri, che risuonavano di lugubri canti. - -Fu in questo tempo di miserie e decadenza, che salì sul trono di S. -Pietro _Gregorio magno_ (590-604), grande carattere medioevale, una -di quelle figure, che danno luce ad una intiera epoca. Il profondo -sentimento religioso di cui egli era dotato, la sua estesa coltura -e la conoscenza della musica non potevano fare a meno di attirare la -sua attenzione su questa arte, che specialmente in quei tempi doveva -considerarsi come la più grande ausiliaria della religione, di cui essa -in origine era la figlia e l'ancella. Gregorio intuì la sua importanza -e ad onta delle gravissime cure, che gl'imponeva il papato, vi rivolse -la sua attenzione e ne meditò la riforma. Egli è il fondatore della -_Schola cantorum_ romana, che per più secoli fu la fedele conservatrice -delle antiche e più pure tradizioni e la fornì di un lauto patrimonio, -concedendo ai membri della stessa cariche ecclesiastiche (_primicerius, -secundicerius_). Alla _schola_ era unita la scuola dei fanciulli -(_pueri symphoniaci_), alla istruzione dei quali Gregorio stesso alle -volte prendeva parte, e dicesi che fino al secolo nono esistessero un -sedile, che occupava Gregorio nella scuola, e la verga colla quale egli -batteva i fanciulli disattenti. - -Come egli aveva ordinato il culto e la liturgia, così egli stabilì i -canti e gli inni, che si dovevano cantare nelle singole funzioni sacre, -e ne scelse e determinò le melodie. Il testo e le melodie furono per -suo ordine scritte in un libro, l'_Antifonario_, che era attaccato con -una catena all'altare di S. Pietro e che fu dichiarato l'unica fonte -autentica ed invariabile. Si dice che egli stesso abbia scritto inni, -ed a lui si attribuiscono fra gli altri il _Te lucis ante terminum_ ed -il _Rex Christe_. - -Gevaert ha tentato nei suoi scritti di dimostrare che gli onori -attribuiti a Gregorio sono usurpati e spettano invece a _Sergio I_ -(681-701), o a _Gregorio II_ o _III_. La questione non è nuova ma -Gevaert ha saputo produrre nuovi argomenti, che se non sono del tutto -persuasivi, sono atti a farci dubitare dell'autenticità dei meriti di -Gregorio magno, dei quali fa per la prima volta menzione il cronista -Giovanni Diacono (IX secolo), autore poco esatto e non veritiero. - -Il canto gregoriano ebbe più nomi: _cantus planus_ per l'egual valore -delle note, _choralis_, e _cantus firmus_ per la sua invariabilità -ingiunta. Esso si divideva in due specie principali: nel _concentus_, -che comprendeva quei canti, nei quali dominava la melodia come negli -inni, nelle _sequenze_, nei _responsori_, e nell'_accentus_, (_modus -legendi choraliter_), che era ancora un rimasuglio dell'antica salmodia -senza vero carattere melodico ma semplicemente recitativo cadenzato, -come nell'Epistola, l'Evangelo, il Prefatio, il Pater noster, ecc. -La _Sequenza_ è fra i canti antichi della chiesa quella, in cui la -melodia è più pronunziata. Essa venne trasformandosi coll'andar del -tempo dall'_iubilus_, cadenza libera e ornata di fioriture e melismi, -che si cantava sull'ultima a _dell'Alleluia_ e che era l'espressione -del giubilo dei credenti innalzanti inni alla divinità come l'estro -momentaneo loro ispirava. In seguito si aggiunse un testo alle note -dell'_iubilus_, ed in questo modo ebbe origine la _Sequenza_. - -Il perfezionamento del canto e la nuova riforma non avrebbero potuto -compiersi, se la teoria non fosse andata di pari passo colla pratica. -I quattro toni autentici di S. Ambrogio non potevano ormai più -corrispondere ai bisogni della nuova arte ed è perciò naturale che si -svegliasse l'interesse dei dotti e che questi cercassero di ampliare il -sistema musicale. Fra gli scrittori teoretici dei primi secoli avanza -tutti e di gran lunga _Severino Boezio_, nato verso il 470 di nobile -stirpe romana, che coprì alte cariche alla corte di Teodorico, re dei -Goti e fu decapitato nel 524 per aver preso parte ad una congiura. I -suoi cinque libri _de Musica_, nei quali sono ripetute ed ampliate le -teorie greche di Pitagora, diventarono l'evangelo musicale del medio -evo e lo restarono fino al principio dell'evo moderno, quantunque le -teorie contenute non corrispondessero alla nuova musica, che ormai si -era intieramente allontanata dalla greca, abbandonandone le sue basi e -sostituendovene di nuove. - -Le nuove ricerche hanno messo in chiaro che fu nella chiesa bizantina -che si preparò la trasformazione del sistema musicale greco. -Qui troviamo ormai una nuova scala diatonica costituita dei toni -fondamentali delle scale di trasposizioni greche (dorica, frigia, -ecc.), e che veniva designata colle prime lettere dell'alfabeto greco. -La scala era questa: - - _La si do dies. re mi fa dies. sol dies. la._ - -Nè alla scala soltanto si limitarono i cambiamenti, chè anzi anche -nuove tonalità furono introdotte. Ma qui tutto è ancora oscuro ed -incerto, nè gli studi fatti sono arrivati a conclusioni decisive. - -Il sistema greco si mantenne in occidente più a lungo, ma ormai -influenzato dalla scuola bizantina, donde risultò una certa confusione. -Anche qui troviamo abbandonato il sistema del tetracordo e messa qual -base l'ottava diatonica. Ai quattro toni autentici si aggiungono altri -quattro (_plagali_, appoggiati, storti) formati mettendo il secondo -tetracordo del tono autentico avanti al primo. Così dal 1º tono -autentico - - _re mi fa sol la si do re_ - -si forma il 1º plagale - - _la si do re mi fa sol la_ - -I toni si designavano coi numeri _primo_, _secondo_, ecc. Ogni tono -autentico aveva la nota principale (_repercussio_) comune col tono -plagale (p. es. nel 1º (autentico) e 2º (plagale) il _re_). Da questo -tendere del tono plagale alla quarta deriva una sensazione indefinita -ed incerta, che tanto più si sente, quando, come di solito nelle -melodie del canto fermo, manca nei toni plagali la terza maggiore -ascendente. - -Il canto gregoriano è indissolubile dalle tonalità di chiesa, perchè -agli otto toni corrispondono le melodie da cantarsi in toni destinati -(_tropi_). Così corrispondono alle otto tonalità i cosidetti otto toni -dei Salmi, dei quali le note melodicamente più importanti cadono sulle -note principali del rispettivo tono gregoriano. Il posteriore _nono_ -modo dei Salmi, il _tonus peregrinus_ (_la_ minore), è formato dal -primo e ottavo tono e si usa solamente per il salmo: - - _In exitu Israel de Aegypto._ - -La diversa posizione dei semitoni nelle tonalità le rende una diversa -dall'altra molto più che i nostri toni, che sono costituiti secondo uno -stesso principio. Gerbert riporta da Adamo da Fulda, autore del secolo -XV, questa caratteristica dei toni: - - OMNIBUS EST PRIMUS, SED ET ALTER, TRISTIBUS APTUS TERTIUS IRATUS, - QUARTUS DICITUR FIERI BLANDUS, QUINTUM DA LAETIS, SEXTUM PIETATE - PROBATIS, SEPTIMUS EST IUVENUM, SED POSTREMUS SAPIENTUM. - -La conoscenza e la pratica delle tonalità di chiesa è assolutamente -necessaria per chi si occupa di musica antica ed è da deplorarsi che se -ne trascuri tanto lo studio, giacchè anche la musica moderna sì avida -di novità ne potrebbe trarre profitto. Le tonalità suddette portavano -anche i nomi antichi greci ma senza l'antico significato e valore, ciò -che è da ascriversi alla falsa interpretazione data da Boezio ed altri -autori ad un passo di Tolomeo. A Gregorio magno si attribuisce, a torto -perchè posteriore (_Notker_, 912), la denominazione delle note colle -prime lettere dell'alfabeto _a b c d e f g_ cominciando dal la, che era -la nota più bassa del sistema. Questo cambiamento è assai importante, -giacchè esso indica che l'_ottava_ e non il _tetracordo_ era la base -del sistema musicale, e perchè con ciò veniva dato l'ultimo crollo -alla teoria greca. La prima maniera di segnare o indicare le note -fu la _Cheironomia_, che consisteva in segni, che il maestro faceva -colle mani, onde indicare in qualche modo l'alzarsi od abbassarsi -del tono ed il ritmo. A questi seguirono poi i segni scritti detti -_neumi_, chiamati così, forse dalla parola greca _pneuma_: alito, -fiato — e nominati anche _nota romana_ — probabilmente di origine -greco-bizantina, i quali formavano una specie di stenografia musicale, -ed erano numerosi e complicati. La loro forma era il punto, la virgola, -la linea o diritta o storta, uncini rivolti all'insù ed all'ingiù, -accenti circonflessi, ecc. Il tono viene rappresentato col punto, -che è quasi l'unità, e la sua durata più o meno lunga con una linea -diritta o storta. Coll'unione di questi segni si rappresentavano poi -gruppi di note e certe frase e cadenze usuali. I neumi avevano tutti -il loro proprio nome, come, p. es., _virgula_, _astus_, _clinis_, -_scandicus_, _ancus_, _cefalicus_, ecc., a seconda della loro forma. -Essi si scrivevano immediatamente sopra la sillaba del testo senza -linea. In seguito poi si cominciò, come ne fanno prova dei manoscritti -longobardi del secolo X a scriverli più alti o bassi (la cosidetta -_Diastematia_) con cui si indicava almeno l'alzarsi od abbassarsi del -tono. Questa maniera di notazione, oltre offrire grandi difficoltà per -apprendere i segni, non era che un aiuto alla memoria dei cantori, ai -quali erano già note per tradizione le melodie, giacchè, se essi davano -un indirizzo per il tempo ed il ritmo come pure per l'innalzamento od -abbassamento del tono, non determinavano gl'intervalli. - -La decifrazione dei neumi è oggi un'ardua impresa e lo era anche nei -primi tempi perchè mancavano regole fisse e perchè la notazione di -spesso variava. Un antico autore scrive parlando dei cantori: _Coeci -erratores quam cantores potius dici possunt._ Un'altra specie di neumi -propria di alcuni paesi, segnava le note con punti uno sopra l'altro -o uniti o separati. L'introduzione di una linea, sopra e sotto della -quale si scrivevano i neumi, fu perciò una innovazione importante ed -utilissima, giacchè col mezzo di essa era possibile stabilire almeno -tre toni, cioè quello sulla linea, quello sopra e quello sotto. -La linea si faceva in principio del secolo X rossa e indicava il -tono di _fa_. In seguito si aggiunse una nuova linea superiore, di -solito gialla, indicante il _do_, come nel codice della Biblioteca -Magliabecchiana, sicchè era possibile ormai stabilire le note della -quinta _fa-do_. Qualche autore moderno asserisce che già da principio -si abbia fatto uso di quattro linee, due delle quali non a colori ma -impresse con una punta nella pergamena, linee che poi col tempo e l'uso -dei libri divennero invisibili. - -Altri neumi servivano a determinare la maniera d'esecuzione e da essi -apprendiamo che ancora a quei tempi si conoscevano l'_appoggiatura_, il -_mordente_, il _tremolo_ ed il _portamento della voce_, dal che si può -arguire con certezza, che coll'andar del tempo il canto gregoriano si -venne abbellendo ed infiorando di molte arti del canto e si abbandonò -l'originaria forma semplice e disadorna. - -La diffusione del canto gregoriano fu favorita dalle circostanze -dell'epoca ed andò quasi di pari passo con quella del Cristianesimo. -A Roma accorrevano a torme i pellegrini per visitare la tomba di -S. Pietro e non poteva essere che grande l'effetto, che facevano -sugli animi dei popoli barbari, animati nella fede dalle nuove idee -religiose, quei canti severi e maestosi, dolcissimi e pieni di una -soave mestizia, che s'innalzavano nelle basiliche risplendenti di -mosaici ed illuminate da mille ceri. Il canto gregoriano faceva altresì -parte del culto e veniva importato ed insegnato dai missionari spediti -dai Papi nei lontani paesi dell'antico impero romano. Già nel 600 -vengono mandati cantanti della scuola di Roma nella lontana Britannia -e S. Bonifacio, apostolo dei Sassoni, fonda nel 750 una scuola di canto -in Fulda. Ma sia che i popoli del Settentrione non avessero attitudine -all'imparare il canto gregoriano, sia che, come si asserì, i cantanti -per gelosia non abbiano voluto insegnare la loro arte, i progressi -furono meschinissimi e Paolo Diacono parlando del canto degli Alemanni -dice, che i cantori romani si lamentavano della rozzezza di quelle voci -barbare, rovinate dalla ubbriachezza, simili al tuono e al rumore che -fa un carro, che vien precipitando da un'altura. - -L'onore di aver migliorato il canto nelle regioni settentrionali ed -averlo ridotto al modello romano spetta a _Carlo Magno_, che, come -si rese benemerito delle scienze, rivolse pure la sua attenzione -alla musica, che prediligeva e che volle fosse appresa dai suoi -figli. L'impressione, che gli fece il canto gregoriano a Roma, fu -tale, che egli diede severissimo ordine di bruciare tutti i libri di -canto ambrosiano che erano nel suo regno, lo proibì assolutamente e -pregò Papa Adriano di volergli spedire cantori per insegnare il canto -gregoriano. Adriano mandò infatti nel 790 alla corte di Carlo Magno -_Pietro_ e _Romano_ e diede loro copie autentiche dell'_Antifonario_ -di S. Gregorio. Pietro arrivò a Metz e vi fondò quella celebre scuola, -che ebbe tanta fama per più secoli e da cui ebbe origine il cosidetto -_cantus mettensis_. Romano ammalò durante il viaggio e si fermò nel -convento di S. Gallo in Svizzera, dove, dopo aver ottenuto il permesso -del Papa, si stabilì e rimase sino alla morte. In quel monastero, -perduto nelle montagne dell'Elvezia, fra popoli barbari ed incolti, -si sviluppò per la sua opera, continuata da una serie di uomini di -scienza e genio una vita intellettuale sorprendente per quei tempi ed -in breve il canto della scuola di S. Gallo raggiunse tanta rinomanza -da gareggiare colla scuola romana. Fra i molti monaci illustri di quel -convento emergono _Tuotilo_ (915) poeta e musico insigne, ed ancor più -_Notker balbulus_ (balbuziente) (830-912) anima gentile ed ispirata, -che sembra essere stato il primo a perfezionare la forma della sequenza -ed al quale si ascrive fra molte anche la celebre: _Media vita in morte -sumus_, ispiratagli al vedere alcuni lavoratori occupati a fabbricare -un ponte su di un precipizio. - -In quei tetri secoli del Medio Evo anche la musica come le scienze ed -arti era quasi esclusivo monopolio dei monasteri. Nella quiete delle -celle claustrali, in mezzo alle inospiti vallate, infestate da bande -di mala gente, o nelle pianure deserte, interrotte da pochi casolari -di gente vassalla, il monaco trascriveva e ci conservava le opere dei -classici, poetava inni religiosi e scriveva con infinita pazienza quei -magnifici antifonari dalle grandi iniziali miniate, dimentico del mondo -a maggior gloria di Dio. Soltanto nel secolo XIII quando si vennero -fondando le Università, anche la musica cessa di essere il monopolio -dei monasteri e viene insegnata nelle nuove scuole laiche come scienza -speculativa insieme alle altre sei arti liberali del _quadrivio_ e -_trivio_ (quadrivio: musica, aritmetica, geometria ed astronomia; — -trivio: grammatica, dialettica e rettorica). - -La retta lezione del canto gregoriano fu ed è ancora oggetto di lunghe -e dotte dispute fra le scuole di Ratisbona e Solesmes non ancora -risolte definitivamente quantunque le conclusioni di Don Macquereau -ed altri benedettini anche per l'approvazione di Pio X sieno le più -universalmente accettate. - - - LETTERATURA - - Gevaert — _La melopée antique dans les chants de l'eglise latine_, - Gand, 1895. - - Pothier — _Les melodies Grégoriennes_, Tournay, 1880. - - O. Fleischer — _Neumen Studien_, Leipzig, 1895-97. - - Schelle — _Die päpstliche Sängerschule in Rom_, Vienna, 1872. - - A. Schubiger — _Die Sängerschule St. Gallens_, Einsiedeln, 1858, - (contiene alcuni facsimili dei manoscritti di S. Gallo che sono con - quello di Montpellier i più antichi). - - - - -CAPITOLO IV. - -I primordi dell'armonia. Ubaldo e Guido d'Arezzo. - - -La questione, che durò tanto tempo, se gli antichi popoli abbiano -conosciuta l'armonia, ossia la musica a più voci nel senso di una -serie di accordi modulati, si può ritenere ormai decisa in senso -negativo. Nessuna traccia di simile musica ci è conservata, nè alcuno -dei libri musicali teoretici antichi ne fa memoria, quantunque si -possa con probabilità ritenere, che i Greci conoscessero non solo il -canto unisono all'ottava, sviluppantesi naturalmente dalla diversità -delle voci, ma che abbiano alle volte cantato e suonato la quinta e la -quarta, che secondo il sistema greco erano consonanze. Il ricercare -le ragioni per le quali la musica greca non arrivò alla conquista -dell'armonia, senza cui noi non possiamo più pensare alla musica, ci -condurrebbe troppo lontani dal nostro còmpito. Forse esse sono da -trovarsi in quello stesso momento estetico, che doveva riconoscere -nella plastica la suprema estrinsecazione dell'arte rappresentativa, e -nella natura ellenica, che preferiva la forma del bello semplice ed era -aliena ai teoremi speculativi. - -Il Medio Evo, che cambiò gli ideali ed approfondì il pensiero, aprì -nuovi campi all'arte e dalla _comunità_, che innalza la mente a Dio -ed unisce le sue voci per implorarne la misericordia, nacque forse -l'idea dell'armonia. La questione dove fosse la culla dell'armonia e -del canto a più voci è ancora una delle più discusse. Fino a non molti -anni fa erano i Paesi bassi, che si credeva averne un diritto. Più -tardi si dovette venire alla conclusione che non nell'Olanda ma nella -Francia venne dapprima in uso il canto a più voci e vi si sviluppò la -teoria e ciò per la scoperta di nuovi codici, appartenenti al secolo -XII e XIII della biblioteca medica di Montpellier. E senza dubbio fu a -Parigi che si istituirono le prime scuole di canto (_maitrises_) ed i -primi documenti musicali sono quelli di _Leonin_ e _Perotin_, organisti -della chiesa di Nôtre Dame e di _Machaud_ (circa 1284), del quale ci è -restata una messa con tentativi delle forme del canone ed imitazione. - -Ma ora già si fa strada un'altra asserzione che merita di venir presa -in seria considerazione. Vittorio Lederer difende la tesi, che la culla -della musica polifonica sia da cercarsi nella lontana Albione, donde -sorsero le leggende di Tristano ed Isotta, del re Artù e Merlino. -A questo risultato egli crede giungere non colla scoperta di nuovi -manoscritti ma con un'acutissima e nuova interpretazione del materiale -già noto. Così p. es. Gerald de Barny del secolo XII (Giraldus -Cambrensis) nella sua _Descriptio Cambriae_ (Wales) parla d'una -polifonia già da lungo in uso nella pratica musicale di quei paesi -(_usu longaevo_), ed ancora prima Erigene (Jean Scot) irlandese, morto -nel 886 ad Oxford rammenta nella sua _de divisione natura_ composizioni -a più voci ed un frammento musicale del secolo X conservato ad Oxford -mostra sotto al testo una notazione alfabetica doppia. Secondo Lederer -la polifonia è sorta dalla tradizionale maniera di canto degli abitanti -celti di Wales dove fiorivano i cantici dei bardi ed i signori del -paese li tenevano in grande onore. Re Enrico V, nativo della contea -di Wales, volle riformare la musica da chiesa servendosi dei bardi -celti e fu forse da questa scuola che derivò uno dei primi compositori -polifonici, _Dunstaple_. Il re tedesco Sigismondo rimase ammirato di -simili musiche e venuto al concilio di Costanza, ve ne fece propaganda. -Morto Enrico V le tradizioni andarono perdute per le lunghe guerre -nazionali ed i cantori sbandati vennero alle corti di Borgogna, di -Avignone ed in genere sul continente, portandovi la loro arte. I -pochissimi monumenti che ci restano di questa, sembrano dare ragione -a Lederer, che promette altre prove, giacchè essi mostrano una grande -differenza coll'_organum_. Intanto però si può tener fermo che se non -la pratica almeno la teoria musicale dell'arte polifonica ebbe i suoi -inizî nella Francia. - -La leggenda chiama Ubaldo padre dell'armonia, quantunque sia certo -che i primordi si debbano ritenere anteriori di più d'un secolo. La -biografia di Carlo Magno, attribuita ad un monaco d'Angoulème del -principio del nono secolo fa menzione dell'_organum_ e dell'_ars -organandi_ come appresi dai cantori di Gallia a Roma. Oggi poi -sembra dopo gli ultimi studi quasi certo che la _Musica Enchiriadis_ -attribuita ad Ubaldo sia più recente d'un secolo di quello che si -credeva. - -_Ubaldo_ (Hucbald), monaco benedettino (840-930) natura speculativa ed -indagatrice, nacque nella Fiandra e fu monaco nel Convento di S. Amando -nella Diocesi di Tournay, dove egli dopo aver soggiornato in altri -monasteri ritornò e morì in età avanzata. Di lui ci sono conservate più -opere teoretiche, nelle quali egli parla dell'_organum_ come di cosa -già conosciuta ai suoi tempi. - -La teoria dell'_organum_, come si suole spiegare nei libri di storia -musicale, è la posteriore, mentre la più antica, della quale si -trova menzione nei primi scritti è affatto diversa. Nell'_organum_ -originario, forse d'origine celta, il principio e la fine d'ogni -melodia come di ogni frase melodica sta in ambedue le voci all'unisono -e solo le note di mezzo si staccano fino alla quarta. Più tardi si -usarono indifferentemente altri intervalli, giacchè si aggiungeva alla -melodia originale del corale una seconda parte melodica indipendente -dalla prima nello stesso ritmo con molte consonanze col canto della -parte superiore od accidentali o volute. - -L'_organum_ e l'_ars organandi_ consisteva nel cantare le melodie -unendovi gli intervalli di quarta, quinta ed ottava parallele. -Donde abbia avuto origine questa mostruosità musicale, che Ubaldo -chiama _suavis concentus_ e che lacera i nostri orecchi, è difficile -stabilire. Forse derivò dal fatto che quarta e quinta erano secondo il -sistema greco consonanze, forse dall'_organo_, strumento che in quei -tempi usavasi per rinforzare il canto, toccando la quarta o la quinta -del tono cantato. Altri vollero trovarne l'origine negli strumenti -ad arco di quei tempi accordati in quarte e quinte con ponticelli -piani, che suonandosi coll'arco facevano sentire questi intervalli -per l'impossibilità di toccare una corda sola. Noi d'altronde non -dobbiamo dimenticare che l'orecchio musicale dei secoli X e XI non era -sviluppato come il nostro, che allora i principi estetici erano nulli, -e che nulla importava la bellezza, se la teoria non veniva trascurata. - -Dalla prescrizione che la seconda voce non deve abbassarsi più del _do_ -(l'intervallo di _seconda_ del 1º tono di chiesa) e dal fatto che negli -antichissimi istrumenti d'organo questo _do_ era la nota più bassa, -si potrebbe forse arguire, che la seconda voce, non si cantava ma si -suonava sull'organo. Posteriormente venne sviluppandosi un'altra specie -di _organum_ meno barbaro, che univa anche altri intervalli eccetto la -terza ma che venne bandito da Giovanni XXIII, perchè lascivo e profano -(!). Riemann volle ultimamente provare che l'_organum_ di Ubaldo non -fu che un tentativo di costruire un sistema teoretico e che quarte e -quinte parallele mai si acclimatizzarono, ciò che non è improbabile se -si pensa, che il nuovo _organum_ era ben inferiore al primitivo. - -Oltre al merito d'aver tentato di stabilire la teoria dell'organo, -spetta ad Ubaldo quello di aver semplificato la notazione ed aperto la -strada a nuove invenzioni, quantunque i suoi tentativi rimasero privi -di frutto, finchè un uomo più pratico e perspicace usufruì dell'idea e -la perfezionò. - -Ubaldo bandì la guerra ai neumi e vi sostituì lettere per la -denominazione delle note, scrivendole sopra alle sillabe, per es.: - - _m b f f_ - - _A — ve — ma — ria_ - -In seguito egli perfezionò il sistema, adottando linee, fra le quali -egli scriveva le sillabe del testo con linee intermedie per indicare -lo alzarsi ed abbassarsi dei toni. In capo alle linee egli metteva poi -la lettera _T_ (_tonus_) _S_ (_semitonus_) per indicare se l'intervallo -era un tono od un semitono. In questa guisa e con altre modificazioni, -che qui sarebbe troppo lungo spiegare, Ubaldo scriveva il canto anche -a più voci con un esercito di linee, sicchè il decifrarlo era forse più -difficile che col mezzo dei neumi. - -La gloria di continuare con fortuna l'opera iniziata da Ubaldo era -riservata a _Guido d'Arezzo_ al quale i secoli posteriori andarono a -gara ad ascrivere tutte le innovazioni possibili, concentrando in lui -tutta l'opera ed il lavoro di un'epoca. Guido d'Arezzo (995?-1050) -fu monaco benedettino del convento di Pomposa presso Ravenna. I suoi -successi e forse il suo fare battagliero e franco gli procacciarono -nel convento liti e discordie tali, che egli l'abbandonò, e dopo aver -vagato per l'Italia si stabilì nel Convento d'Arezzo. La fama delle -sue riforme musicali ed i miracoli, che se ne raccontavano, mossero -il papa Giovanni XIX (1024-1033) a chiamarlo a Roma, dove egli fu -colmato d'onori, specialmente dopochè il papa stesso s'era persuaso -dell'utilità delle riforme di Guido, decifrando in pochissimo tempo -coll'aiuto dei nuovi segni e righe una melodia a lui sconosciuta. Guido -non si fermò a Roma, perchè il clima non conveniva alla sua salute, ma -ritornò a Pomposa, dove si rappacificò col priore. Egli morì priore dei -Camaldolesi d'Avellana. Secondo le ultime ricerche (Morin) sembra che -Guido sia nato nei dintorni di Parigi e che fosse educato nel Convento -di St. Maur des Fossées presso Parigi. - -Quantunque l'importanza data a Guido di quasi nuovo inventore e -padre della musica sia esagerata, non essendo punto dimostrato che -egli sia stato il primo a trovare il monocordo, il clavicembalo, la -_Solmisazione_, la notazione moderna, la mano guidonica, pure la gloria -ed il suo merito restano abbastanza grandi per considerarlo come un -innovatore geniale, che rese pratica la scienza e liberò la musica -dalla scolastica. «La via dei filosofi non è la mia, egli scrive; io -cerco ciò che giova alla chiesa e fa progredire i ragazzi (_pueri_)». - -La scala di Guido comprendeva a differenza dell'anteriore una nota -bassa, il _sol_, γ, che mancava alla prima ottava, ed era basata sul -sistema dell'esacordo (quattro toni ed un semitono), abbandonando il -sistema greco del tetracordo. Essa comprendeva i seguenti toni Γ(sol) A -B si nat. C D E F G a b si nat. c d e f g [=a] [=b] [=si] nat. [=c] -[=d] [=e]. - -Per solmisazione (_ars solfandi_), che fu ascritta a Guido ma però -messa in pratica posteriormente, s'intendeva la denominazione dei toni -colle sillabe _ut, re, mi, fa, sol, la_, o secondo la definizione di -Tinctoris «_solfisatio est canendo vocum per sua nomina expressio_». -Queste sillabe erano le prime dei sei versi della poesia ascritta a -Paolo Diacono, colla quale i cantori impetravano da San Giovanni di -liberarli dalla raucedine. - -La melodia e la poesia erano le seguenti: - - (ut) - do re fa re mi re - _Ut que-ant la — xis_ - - re re do re mi mi - _re — so — na — re fi — bris_ - - mi fa sol mi re mi do re - _mi — ra gesto — rum_ - - fa sol [=la] sol fa mi re re - _fa mu — li tu — o — rum_ - - sol [=la] sol mi fa sol re - _sol — ve pol — lu — ti_ - - [=la] sol [=la] fa sol [=la] [=la] - _la bi — i re a — tum_ - - sol fa re re do mi re - _San — cte Jo — hannes._ - -«Tu vedi, che questa sinfonia, scrive Guido a frate Michele, nella -lettera: _de ignoto cantu_, comincia nelle sue sei divisioni con sei -diversi toni. Chi dunque ha imparato il principio di ogni divisione in -modo da saper trovarlo con sicurezza, potrà anche trovare questi sei -toni secondo la loro qualità ogni volta che li incontra». - -L'importanza delle sillabe guidoniche non consiste però nel fatto -erroneamente creduto, che esse sieno state sostituite alle antiche -lettere gregoriane, chè anzi queste furono conservate, ma in ciò, che -esse determinarono la posizione d'ogni tono nel sistema ed il suo -rapporto cogli altri toni, innalzandosi la frase musicale con ogni -verso d'un tono. Nè bisogna credere che le nuove sillabe servissero -originariamente a designare stabilmente i toni, chè anzi si poteva -cominciare con esse da ogni tono mantenendo sempre le stesse sillabe. -L'usanza di nominare le note della scala con sillabe, sembra del resto -essere precedente a Guido, giacchè l'inglese _Johannes Cotton_ (circa -1100) parla di sillabe come di cosa già da lungo in pratica. - -La base del sistema stava nel principio che fra la terza e quarta nota, -dunque fra le sillabe _mi_ e _fa_ c'è il semitono. - -Tutte le scale si dividevano in sette esacordi (sei toni) che -cominciavano dal _Sol_, _do_ e _fa_. - - G |A |H |c | d |e |f | g |a |bh| c |d |e |f | g |a |bh| c | d |e | - 1|ut|re|mi|fa|sol|la| | | | | | | | | | | | | | | - 2|ut|re |mi|fa|sol|la| | | | | | | | | | | | - 3|ut|re |mi|fa|sol|la | | | | | | | | | - 4|ut |re|mi|fa |sol|la| | | | | | | | - 5|ut |re |mi|fa|sol|la| | | | | - 6|ut|re |mi|fa|sol|la | | - 7|ut |re|mi|fa |sol|la| - -Conoscendosi ai tempi di Guido ormai il _b rotundum_ (si bem.) ed il _b -quadratum_ (si naturale), gli esacordi potevano essere di tre specie; -quello di _do_ si chiamava _naturale_, quello di _fa_ col _si bem._ era -il _molle_ e quello di _sol_ col _si naturale_ il _durum_. - -Se la melodia stava nei limiti di un esacordo si mantenevano le sillabe -originarie di questo. Ma la difficoltà cominciava quando una melodia -passava l'estensione di un esacordo, perchè dovevano cambiarsi le -sillabe e si doveva adattarle al nuovo esacordo. Questa difficile -e complicata procedura (_crux et tormentum puerorum_) si chiamava -_mutazione_, che Marchetto da Padova definisce: _mutatio est variatio -nominis vocis seu notae in eodem spatio_. - -Per agevolare lo studio delle mutazioni, che erano cinquantadue, si -fece uso della mano guidonica, che nel medio evo fu in grande onore e -si ascrisse a Guido, quantunque egli non ne parli nei suoi scritti. -Si aveva, cioè, fatta l'osservazione, che la mano umana conta tante -falangi ed estremità delle dita quante erano le note della scala -guidonica, se si calcola il _si bemolle_ come nota da sè, cominciando -dalla punta del pollice col _sol_ (Γ) e finendo col mi sopra la punta -del dito medio. Lo scolaro apprendeva le note e mutazioni, che cadevano -sulle giunture, ed arrivava, col mezzo di questo aiuto ad avere una -certa pratica nella denominazione delle note, giacchè bastava che -guardasse la mano sinistra (la sinistra, perchè vicina al cuore e più -atta all'insegnamento) per saper la nota. - -La solmisazione potè durare ad onta delle difficoltà ed artificiosità -che le erano proprie fino al secolo XVI e trovò persino nel secolo -XVIII chi ne decantava i vantaggi. Anzi essa viveva come ombra ancora -non molti anni fa nelle denominazioni _cfaut_, _alamire_, _csolfaut_, -ecc. Il suo difetto principale era oltre la complicazione l'aver messo -a base del sistema l'esacordo invece dell'ottava. Nel secolo XVI fu -aggiunta la settima sillaba _si_ e si tornò così all'ottava, mentre -in Italia si sostituì alla sillaba _ut_ il _do_. (Bonocini: _Musico -pratico_, 1673). Ma le sillabe restarono e servirono d'ora in avanti -di nome ai toni presso i popoli latini (italiani, francesi, spagnuoli) -mentre i tedeschi e gli inglesi tennero fermo alle lettere gregoriane. - -Lo spirito pratico di Guido influì pure sulla notazione musicale, -che egli semplificò grandemente, usando quattro linee, sulle quali e -fra le quali egli scriveva in capo alla linea le note colle lettere -dell'alfabeto (notazione franconica) e collocando i neumi al posto -corrispondente e fra queste. - - [Illustrazione: Notazione guidoniana] - -La prima linea superiore era di solito di color verde o giallo, la -terza rossa. In seguito si tralasciò di scrivere le linee a colori ma -si premisero le lettere _F_ e _C_, che diventarono poi le nostre chiavi -di _fa_ e _do_. L'opinione, che Guido si sia servito di punti per -indicare le note, non è provata, quantunque il padre Atanasio Kircher -asserisca nella sua _Musurgia_ d'aver veduto in Vallombrosa un codice -anteriore a Guido scritto con punti che forse erano i neumi a punti -suddetti. - -Prima di staccarci da Guido, facciamo menzione d'un fanciullesco metodo -_meccanico_ di fabbricare melodie, che consiglia Guido (_quod ad cantum -redigitur omne quod scribitur_). Esso consisteva nel sottoporre alle -note della scala le vocali dell'alfabeto: - - Γ A B C D E F G a b si nt. c d ecc. - a e i o u a e i o u ecc. - -e nell'adattare al testo, che si voleva mettere in musica, le -note corrispondenti alle vocali delle sillabe. Giovanni Cottonio, -commentatore di Guido, ha il coraggio di chiamar le melodie fatte con -questo sistema «veramente belle». - -Il canto a più voci conosciuto da Guido, che egli chiama _Diafonia_, -è quasi eguale all'organo di Ubaldo, giacchè la sostituzione di -quarte parallele alle quinte non è alcun progresso per la sensibilità -dell'orecchio musicale di quei tempi. - - - LETTERATURA - - R. Schlecht — _Musica Enchiriadis._ Monatshefte für Musikgeschichte - VI (Berlino). - - Hans Müller — _Hucbald's echte und unechte Schriften über Musik_, - Leipzig, 1885. - - M. Falchi — _Studi su Guido Monaco_ (1882). - - A. Kiesewetter — _Guido d'Arezzo_ (1840). - - Angeloni — _Sopra la vita, le opere ed il sapere di Guido - d'Arezzo_, Parigi, 1871. - - Brandi — _Guido Aretino_, ecc., Firenze, 1882. - - Nelle opere di Kiesewetter ed Ambros vengono riportati brani - dell'_Organum_ di _Hucbald_. Le opere di Ubaldo e Guido sono - pubblicate nei _Scriptores ecclesiastici de musica sacra - potissimum_ di Gerbert, 1784. - - - - -CAPITOLO V. - -La musica mensurale ed i precursori dei Fiamminghi. - - -Colla diffusione del canto a più voci si fece sentire sempre più il -bisogno di stabilire nella musica un ritmo ed una misura, che non -dipendessero più come nel canto gregoriano dalla prosodia e dalla -declamazione, ma che avessero la loro ragione nella melodia stessa. -Anche in ciò l'istinto popolare diede un impulso alle nuove teorie, -giacchè non vi può esser dubbio che le canzoni popolari del medio -evo avevano un ritmo musicale deciso. Oltre ciò, se quando la musica -era omofona, si poteva in certo modo far a meno del ritmo stabilito, -la difficoltà cresceva nel canto a più voci e la mancanza ne era più -sensibile. Anche questa parte della teoria musicale fu influenzata -dalle tradizioni greche, e la metrica greca (il _giambo_ ᴗ —, ed -il _trocheo_ — ᴗ) ne fu la base. Partendo dal principio, che una -sillaba lunga è eguale a due brevi, si ottenne la divisione del -tempo in tre parti, e la _misura_ era _perfetta_ se divisa in tre -parti; _imperfetta_ se in due parti o tempo pari: 2/1, 4/2. Questa -caratteristica, che in seguito secondo l'uso del tempo si cercò -giustificare col misticismo medioevale della Trinità e del numero 3 -perfetto, si mantenne per lungo tempo e solo nel secolo XVI venne in -onore anche il tempo _pari_. Uno dei primi ad usarlo fu _Philippus de -Vitriaco_ (Vitry) al quale si ascrivono anche le _prolazioni_. - - (3/3 = 9/8, 3/2 = 3/4, 2/3 = 6/8, 2/2) - -Gli elementi della _mensura_ erano in principio la _longa_ e la -_brevis_, alle quali si aggiunsero in seguito la _duplex longa_ o -_maxima_ e la _semibrevis _. La _brevis_ era l'unità e si chiamava -_tempus_; la sua durata era d'un batter della mano (_tactus_). A questa -si sostituì posteriormente la _semibrevis_ (una nostra battuta) divisa -nel tempo pari in _arsi_ e _tesi_ o due _minimae_. La divisione nel -tempo perfetto era la seguente: - - maxima - _____________________|_______________________ - | | - longa longa - | | - brevis brevis brevis brevis - | | - semibrevis semibrevis semibrevis semibrevis - | | - minima minima minima minima - | | - semimin. semimin. semimin. semimin. - | | - fusa fusa fusa fusa - -Nel tempo imperfetto la _breve_ era pari a _tre_ semibrevi ed il -_punctum addictionis_ (il nostro punto) accresceva della metà il valore -della nota. - -La notazione subì in seguito alle nuove teorie pure una modificazione, -dovendosi abbandonare i neumi, che non indicano la durata e -sostituendovi la _nota mensuralis_. Essa differiva poco dalla nota -corale, che si era ormai venuta trasformando dal punto dei neumi. Il -valore della _nota mensuralis_ veniva fissato dalla sua lunghezza e -dall'esservi aggiunta l'asta verticale. Le forme erano queste: - - [Illustrazione: maxima, longa, brevis, semi brevis, minima] - -La questione se i neumi abbiano avuto altresì significato ritmico non -è del resto peranco sciolta, quantunque sia probabile il contrario. La -_musica mensurata_ che si serviva dei segni della _plana_ (neumi con -segni quadrati sulle linee) diede però loro anche un valore ritmico, -giacchè la _virga_ del _cantus planus_ corrispondeva alla _longa_, -il _punctus_ quadrato in piedi alla _brevis_, il punto obliquo alla -_semibrevis_. Le canzoni francesi si scrivevano ormai a questa maniera, -dalla quale si poteva rilevare con una certa precisione il ritmo, -tanto più che se corrispondevano più note ad una sillaba, queste si -aggruppavano insieme. - -Nuovi erano altresì i segni per il tempo, le ligature ed i segni -delle pause od aspetti. La misura perfetta era segnata da uno o due -cerchi paralleli, l'imperfetta da un semicerchio vòlto coll'apertura -a destra; il cerchio tagliato da una striscia nel mezzo indicava -tempo doppiamente celere; se al cerchio era aggiunto un 3, il tempo -si duplicava. Le pause erano segnate similmente alle nostre e si -chiamavano _pausa_, _semipausa_, _suspirium_ e _semisuspirium_. Colle -ligature (_ligaturae_) si univano gruppi di note stringendole secondo -regole stabilite senza intervallo l'una all'altra in modo da formarne -figure, donde il nome di _musica figuralis_, che fin oggi si conserva. - -Al principio del secolo XIV s'usava anche il colore (_color_) per -indicare il tempo. Quando cioè alcune note nel tempo perfetto avevano -valore imperfetto (terzine, note sincopate), allora queste si segnavano -col color rosso invece del nero (_notulae rubrae_). In seguito si -scrissero queste note, per comodità, bianche (_cavatae_, _albae_) donde -derivarono poi le note bianche. - -I primi mensuralisti non conoscevano ancora il significato del tempo -nel nostro senso della parola (_Adagio_, _Allegro_, ecc.). Soltanto in -seguito vennero formandosi le regole della _Deminutio_, _Augmentatio_ -e _Proportio_, che determinavano il cambiamento di tempo partendo -dall'unità (_integer valor_). Queste sparirono poi un po' alla -volta, quando si introdussero in Italia verso il milleseicento le -denominazioni _Allegro_, _Adagio_, ecc., che le resero inutili. - -Finalmente è da notarsi che la quinta linea del nostro sistema fu -introdotta contemporaneamente alla _musica mensuralis_ e che da -questo tempo comincia l'uso delle _chiavi_, alle quali preludiavano -già la linea rossa e gialla e che servivano alle trasposizioni senza -cambiare nella scrittura la posizione delle note nei toni di chiesa -(_chiavette_). - -L'epoca della _musica mensuralis_ si può stabilire al secolo XIII. I -più celebri mensuralisti, dei quali ci sono conservati gli scritti, -sono: _Franco da Colonia_ (XIII secolo), autore di un trattato -sulla _Musica et ars cantus mensurabilis_. _Giovanni di Garlandia_ -(_Tractatus musicae mensurabilis_). _Iohannes Cotton_, _Geronimo de -Moravia_ (1260), che visse a Parigi; il celebre e dotto _Giovanni -de Muris_ (1300), normanno, dottore della Sorbona ed il tanto -vituperato _Marchetto da Padova_, che visse in Verona ed insegnò poi -a Napoli (1270), autore di diverse opere, fra cui il _Pomerium in -arte musicae mensuratae_, opera contenente pensieri ed osservazioni -notevolissime per quei tempi. Oltre ai meriti di questi autori circa -la musica misurata, spetta a loro l'onore di aver stabilite le leggi -dell'armonia, fra cui il divieto delle quinte parallele e l'annoverare -la _terza_ e la _sesta_ fra le consonanze (imperfette). - -Anteriore alla musica _mensuralis_ fu il _discanto_, di cui si trovano -le traccie ormai nel secolo XII, e specialmente nel trattato del secolo -XII, conservato all'Ambrosiana, _Ad organum faciendum_, e che derivò e -fu un perfezionamento dell'organo di Ubaldo. Per _discanto_, _déchant_ -(doppio canto) che sembra esser stato in uso primieramente in Francia, -s'intende quel canto a due voci, in cui una, il tenore (da _tenere_), -conteneva il canto fermo (_cantus firmus_, _cantus prius datus_) -e l'altra superiore, il _discanto_. Questo era in principio di due -specie: o le due voci si movevano in unisono, ed il discanto (la voce -superiore) si staccava soltanto su alcune note dall'altra sostituendo -alla nota unisona fioriture melismatiche (_fleurettes_) di libera -invenzione; oppure le due voci si movevano in unisono e soltanto alle -volte il discanto formava la terza od altro intervallo del tenore. - -Il principio fondamentale del discanto era il movimento contrario -delle voci, dunque un gran miglioramento in confronto dell'_organum_. -Una varietà in uso in Inghilterra era il _Gymel_ (_cantus gemellus_), -d'origine antichissima, nel quale predominavano le terze e seste. - -Mentre l'organo non conosceva misura, il discanto se ne serviva. -Coll'andar del tempo furono poi aggiunte alle due voci del discanto -una terza e quarta, donde il nome _duplum_, _triplum_ e _quadruplum_. -Da questi modesti principi derivò il contrappunto (_punctus contra -punctum_, _nota contra notam_) denominazione conosciuta ancor a quei -tempi, nei quali si distingueva il _contrapunctus a mente_, _chant sur -le livre_, in uso al secolo XV, libera improvvisazione del cantante, -consistente in trilli, passaggi, appoggiature sulla melodia del basso, -ed il _contrapunctus a penna_ o scritto. - -Nel _Compendium discantus_ di Franco da Colonia si trova ormai -delineata la teoria primordiale del contrappunto e questa durò quasi -intatta fino al secolo XV. L'uso di più di due voci in un componimento -rendeva impossibile l'osservanza delle regole del discanto e del -bordone, giacchè non si poteva ragionevolmente proseguire senza -interruzione nel moto parallelo o contrario ma bisognava combinarli. -Perciò tanto Franco da Colonia che Marchetto da Padova raccomandano una -certa libertà di movimento e condotta delle voci ed essi riconoscono -l'importanza della terza e sesta come pure del pedale (_punctus -organicus_, _point d'orgue_). - -Alla stessa epoca appartiene pure il _falso bordone_ (_faux bordon_), -del quale fa la prima volta menzione _Guglielmo_ monaco che lo dice -in uso specialmente presso gli Inglesi, specie di canto a tre voci -in sestaccordi, imitazione dell'_organum_ coll'aggiunta di una terza -voce, che raddolciva l'aspro effetto delle quarte parallele. Il soprano -o contralto aveva il canto fermo, il tenore la quarta ed il basso la -sesta. Il bordone si chiamava falso, perchè il _cantus firmus_ invece -di esser nel basso era nella voce più alta, mentre il nome bordone si -vuole spiegare o dalla parola _bourdon_, appoggio, base, bastone, o da -_bourdonner_, ronzare (Pretorio). Il falso bordone venne coll'andare -del tempo a perdere la forma originaria e significò una specie di -composizione a quattro voci in consonanze senza misura che si usa ancor -oggi. Da ultimo facciamo memoria di un'altra specie di canto chiamato -_ochetus_ (singhiozzo, sospiro) che consisteva in brevi note con pause -intermedie, colle quali si accompagnava il canto fermo. - -Colla ricchezza e varietà dei mezzi armonici eransi pure sviluppate -diverse specie di composizioni sì sacre che profane come il _motetto_ -(_motus brevis cantilenae_), che alle volte aveva diverso testo -nelle singole voci, il _rondello_ (_rondellus_) derivato dalla -musica popolare e di stile profano, la _cantilena_ ed il _conduit_ -(_conductus_), a tre e quattro voci su tema libero. L'uso della -_nota mensuralis_ per queste specie di composizione e specialmente -per il Motetto ed il Rondello, era una necessità, perchè le sillabe -nelle diverse voci non hanno lo stesso valore, mentre ciò era sempre -nell'_organum_, discanto, falso bordone ed anche di spesso nel -_Conductus_. Nel Rondello venne poi sviluppandosi la forma del canone, -di cui uno dei primi monumenti che data circa dal 1240 coll'imitazione -del canto del cuculo è ancor oggi interessante. Esso è conosciuto -col nome di _Sommercanon_ e si dice fosse composto da Simone Fonsete, -monaco di Reading. Una composizione di tecnica sì progredita presuppone -una lunga pratica anteriore ed è un nuovo argomento per l'asserzione -di Lederer circa la patria della polifonia. La forma del canone per -quanto artistica si può del resto ritenerla nata dalla musica popolare -per l'uso del canto che si ripete periodicamente nelle brigate -(_rota_, _Rundgesang_), e l'ultima origine si potrebbe forse cercarla -nell'imitazione dell'eco. - -Ma colle nuove innovazioni cominciarono altresì gli abusi dei cantanti -e musicisti, contro i quali gli scrittori dell'epoca scagliano -improperi. «O rozzezza e bestialità esclama Giovanni de Muris, di -ritenere un asino per un uomo, una capra per un leone, una pecora -per un pesce, un serpente per un salmone, perchè essi (i cantori) -confondono consonanze con dissonanze da non distinguere più le une -dalle altre». (_Summa musicae_). Così pure papa Giovanni XXII proibisce -l'_ocheto_ e destina pedantescamente gli intervalli permessi nella -musica a più voci nel servizio della chiesa. - -Eppure il valore e l'immensa importanza di quei rozzi tentativi non -sono da disconoscere, giacchè fu da essi che derivò quel grandioso -sistema, su cui basa il nostro contrappunto e la polifonia di un Bach -e Händel. Noi non dobbiamo dimenticare, che quello che a noi sembra -naturale e necessario, in quei tempi non lo era, perchè non era -ancora stabilito il sentimento della tonalità, e l'accordo, base del -nostro sistema, non era conosciuto come tale. Egli è perciò che noi ci -imbattiamo in cose per noi incredibili come nell'unione di due melodie -di tono diverso, barbaramente amalgamate, nell'unione di testi sacri -con testi profani e mondani nelle diverse voci ed in altre enormità, -giacchè lo scopo era raggiunto se le voci si univano in certe note e si -combinavano in consonanze, mentre tutto il resto poco importava. - - - LETTERATURA - - Coussemaker — _Histoire de l'Harmonie au moyen-âge_, Paris, 1882. - - D.º — _L'art harmonique aux XII ième et XIII ième siècle_, Paris, - 1865. - - Riemann H. — _Studien zur Geschichte der Notenschrift_, Leipzig, - 1878. - - G. Iacobsthal — _Die Mensuralnotenschrift des 12. und 13. - Iahrhundertes_, Berlin, 1871. - - Bellermann — _Die Mensuralnoten und Taktzeichen des 15, und 16. - Jahrhundertes_, Berlin, 1888. - - P. Bohm — _Magistri Franconis Ars cantus mensurabilis_, Trier, - 1880. - - Joh. Wolf — _Geschichte der Mensuralnotation_, Lipsia Breitkopf u. - Härtel 1905, 2. vol. - - V. Lederer — _Ueber Heimat und Ursprung der mehrstimmigen - Tonkunst_, vol. 1º, Lipsia-Siegel. - - Williams C. F. — _The story of notation_, London W. Scott, 1903. - - Gasperini Guido — _Storia della Semiografia musicale_, Milano, - Hoepli, 1905. - - A. R. Hirschfeld — _Johann de Muris_, Leipzig, 1884. - - I trattati dei mensuralisti e molte composizioni sono pubblicate - nell'_Art armonique_ citata e nelle opere di Gerbert e Coussemaker: - _Scriptores de musica medii aevi_, 1863. - - - - -CAPITOLO VI. - -I Fiamminghi. - - -La Francia, dove primieramente si coltivò l'arte polifonica, che ora -si suole chiamare _ars antiqua_, non seppe conservarne il primato, ed -in conseguenza delle guerre e lotte intestine il culto della stessa -venne ben presto a decadere. L'eredità venne raccolta da una piccola -nazione limitrofa, l'Olanda ed i Paesi Bassi, che da umili principî -avevano saputo raggiungere coll'energia e perseveranza un alto grado di -floridezza, estendere il loro commercio e fondare una delle più celebri -scuole di pittura. - -In questo Stato ben ordinato, in cui la vita municipale ed il principio -d'associazione s'erano potentemente sviluppati, la musica polifonica -corrispondeva alle idee nazionali e trovava il terreno più adatto per -sorgere rigogliosa, unendo quel popolo alle doti del popolo francese la -disposizione e la predilezione dell'alemanno per la musica a più voci. -L'ambasciatore Lodovico Guicciardini parlando nella _Descritione di -tutti i Paesi Bassi_ (Anversa, 1656) degli Olandesi dice: «Questi sono -i veri maestri della musica e quelli che l'hanno ristaurata e ridotta a -perfezione, perchè l'hanno tanto propria e naturale che huomini e donne -cantan naturalmente a misura con grandissima grazia e melodia». - -Da Dufay fino ad Orlando di Lasso l'Olanda vide nascere più di cento -musicisti, fra i quali alcuni dotati di vero genio, moltissimi di -grande talento e quasi tutti dotti ed esperti nella teoria musicale. -E come doveva in seguito avvenire di molti dei suoi celebri pittori, -così anche i suoi musicisti, ai quali era troppo angusta la patria, -si sparsero per gli altri paesi, diffondendo la dottrina musicale e -fondando celebri scuole in Italia, in Francia, in Spagna e lasciando -negli archivi delle cattedrali e nelle biblioteche le loro opere, che -ancor oggi formano la nostra ammirazione. - -L'epoca degli Olandesi si suole dagli storici dividere in più periodi e -scuole. La più solita divisione è quella della Messa di Tournay (1350), -il primo monumento conosciuto della musica polifonica fiamminga, -scoperto da Coussemaker, fino a Dufay, da Dufay ad Okeghem, e da -Okeghem a Giosquino. La Messa di Tournay è scritta a tre voci e mostra -già una sufficiente libertà e naturalezza di condotta nelle parti -ed armonie non tanto dure. Il primo musicista olandese del quale ci -sono conservate alcune composizioni è _Enrico di Zeelandia_; ma il -padre della polifonia olandese è _Guglielmo Dufay_, nato in Chimay in -Hennegau (1400?-1474), che fu cantore a Roma, dove si conservano più -Messe di lui nella cappella vaticana. In queste si palesa già un grande -miglioramento in confronto delle composizioni anteriori e quantunque -le armonie sieno spesso dure e strane ed il ritmo ancora incerto, -pure sembra destarsi in esse il sentimento della melodia o almeno un -barlume di questa, come nel _Kyrie_ della Messa _l'homme armé_, che -nella sua melanconica e semplice austerità è ormai molto più di una -combinazione di intervalli messi assieme a caso come lo erano molte -delle composizioni polifoniche anteriori. La condotta delle voci è -naturale, l'arte del canone ormai sviluppata e sono scomparse le quinte -parallele. - -Lo stile di Dufay fu però assai influenzato dall'_Ars nova Fiorentina_, -della quale parleremo più innanzi e dalle opere di _John Dunstaple_ -(circa 1370-1453), che avea perfezionato la tecnica dell'arte italiana -ed applicatala alla musica da chiesa. - -Contemporanei a Dufay o di poco tempo posteriori a lui sono _Egidio -Binchois_ (1400?-1460), _Antonio Busnois_ (1467) cantore alla corte -di Carlo il Temerario di Borgogna, autore della celebre Messa: _Ecce -ancilla_, _Vincenzo Faugues_ ed altri molti. - -Il primo dei compositori della seconda epoca ed il più profondo per -sapienza è _Giovanni Okeghem_, nato nel 1430 (?) in Hennegau, morto -quale tesoriere nell'Abbazia di S. Martino in Tours nel 1515. Egli -è il primo che fa uso della forma della libera _imitazione_, ciò che -ebbe una importanza immensa nella musica e diede origine al canto a -cappella, giacchè l'imitazione si poteva fare su ogni intervallo e -continuare e tralasciare a volontà. Con lui, che fu chiamato _princeps -musicorum_, l'arte polifonica raggiunse un alto grado e degenerò poi -in artificio smodato. I più complicati canoni _per augmentationem -et diminutionem_ non gli bastano, ma egli si studia di complicarli e -renderne più difficile l'esecuzione, facendone indovinar l'entrata, -sviluppando una parte dall'altra, non segnando nè chiavi nè tono. Egli -scrive, p. e., una messa _ad omne tonum_ con punti d'interrogazione -invece di chiavi, una messa _prolationis_ a due voci, dalle quali si -devono cercare le due altre secondo la differenza del tempo e della -prolungazione, un _garritus_, canone a 36 voci, e simili stranezze. -Questo sistema artificioso, rimasuglio della scolastica e del -misticismo medioevale, restò per lunghi anni in uso, e si cercava con -divise cabalistiche di dar la chiave dell'enigma. Alcune di queste, che -citiamo per curiosità, erano: _bassum quaere in tenore in hypodiapente_ -— _exemplum dedi vobis ut et vos faciatis sicut et ego feci_ — -_qui sequitur me non ambulat in tenebris_ — _trinitatem in unitate -veneremur-canit more Hebraeorum_ (alla rovescia) — _Clama ne cesses_ -(ommettere gli aspetti) — _noctem in diem vertere_ (cantare le note -bianche col valore delle nere, ecc., ecc.). - -Ma se Okeghem ed i suoi seguaci più di una volta si perdettero in -simili capricci, non si deve però creder che le loro composizioni -fossero più il frutto di semplice calcolo che dell'ispirazione, chè -anzi alcune opere di Okeghem non mancano di maestà ed armonia. Pari -se non maggiore di Okeghem è il suo coetaneo _Giacomo Obrecht_ (1430) -d'Utrecht, morto nel 1505 di peste a Ferrara, che istruì Erasmo di -Rotterdam nella musica e che fu il più ispirato di tutti i musicisti -anteriori a Giosquino. - -Più fama di tutti questi ebbe _Josquin des Près_, (1450?-1521), -Iodocus Pratensis, Giosquino del Prato, oriundo di Fiandra (Cambray? -S. Quintino?) che fu cantore della cappella vaticana e che visse -alla corte di Ercole I di Ferrara e di Lorenzo il Magnifico (1480), -e posteriormente alla corte di Luigi XII di Francia. Egli morì ai 27 -Agosto 1521 a Condè, dove egli era prevosto del capitolo. Il merito -maggiore di Giosquino, _spirito nuovo di virtù repleto_, come lo dice -Baldassare Castiglione, fu d'aver liberato la musica dalle esagerazioni -della scolastica, e d'averla ridotta a maggior semplicità e bellezza. -Lutero diceva di lui, che mentre gli altri compositori dovevano fare -quello che volevano le note, egli faceva fare alle note quello che -egli voleva. Fra le sue opere (messe, motetti, salmi, inni, canzoni, -ecc.) molte possono ancora oggi non solo interessare l'uditore come -curiosità storiche ma costringerlo all'ammirazione, come, per esempio, -la celebre Messa: _Herkules dux Ferraræ_, lo _Stabat mater_, il -grandioso _Miserere_ a cinque voci scritto pure per incarico di Ercole, -e più _Ave Maria_, dolcissime ed ispirate. Che anche egli all'usanza -dei suoi colleghi qualche volta si perdè in ricercatezze e stranezze, -come quando scrisse, così racconta Baini, un pezzo, in cui ogni parte -cantava un testo differente, oppure il motetto dedicato a Luigi XII, -col quale gli rammentava una sua promessa (_Memor es verbi tui_), è -cosa perdonabile tanto più, che la Messa _laisse faire à moi_ sul tema -la, sol, fa, re, mi (lascia fare a me) nata da un simile capriccio, -divenne una delle sue più belle ed ispirate composizioni. Fra gli -scolari più noti di Giosquino ed i musicisti olandesi posteriori a -lui sino ad Orlando vanno nominati _Jean Mouton_; _Nicolò Gombert_, -autore di un celebre _Pater noster_; _Clemens non papa_, autore -dei noti Motetti _Vox in Roma_, ed _O Crux benedicta_; il maschio -e potente _Pierre de la Rue_, _Antonio Brumel_, ed _Eleazaro Genet_ -soprannominato _Carpentrasso_ dalla sua patria, cantore di Leone X, -del quale molti e molti anni si eseguirono nella cappella Vaticana le -celebri Lamentazioni. - -Schering ha tentato ultimamente di dimostrare che sino all'epoca di -Giosquino la musica non era soltanto vocale ma vocale ed istrumentale -insieme. A questa opinione l'inducono: l'oltrepassare i confini -naturali delle singole voci, la mancanza d'ogni pausa per lunghi -tratti, melismi e colorature quasi impossibili per voci umane, ecc. -Schering chiama _Messa d'organo_ quella in cui il coro unisono eseguiva -probabilmente il _cantus firmus_ (_l'Homme armé_, _Malheur me bat_, -ecc.) mentre l'organista suonava le altre parti ed è innegabile, che -la riduzione della messa di Giosquino _l'homme armé_, dividendone le -parti quali messa d'organo, fa sparire quasi tutte le difficoltà e -rende accettabile la tesi di Schering. Ma la questione non è del resto -risolta come ne rimangono insolute tante altre circa la musica di quel -tempo. - -Ed ora prima di chiudere il capitolo degli Olandesi ci resta di parlare -dell'ultimo grande rappresentante di quella scuola, che dopo di lui -doveva spegnersi per sempre. Ma alla guisa del sole, che alla sera -risplende di luce più viva e calda, il tramonto dell'arte olandese -fu più splendido dell'epoca del maggior fiore. Questo grande artista -fu Orlando di Lasso, un genio, che ha qualche cosa della grandiosità -michelangiolesca e che ci riempie di ammirazione e stupore al pensare -all'infinità delle sue opere di ogni stile e dimensione, quasi tutte -ispirate. _Orlando di Lasso_ nacque nel 1530 a Mons in Hennegau. Il suo -nome è _Roland de Lattre_, che egli cambiò, perchè gli ricordava il -triste spettacolo, a cui dovette essere presente nella sua infanzia, -quando suo padre come falso monetario fu messo alla berlina con una -catena di monete false al collo (?). Egli fu istruito nella musica per -la sua bellissima voce e seguì a 16 anni Ferdinando Gonzaga in Italia. -A 21 anni divenne direttore della Cappella di S. Giovanni Laterano. -Ritornato in patria per vedere i suoi genitori prima della loro -morte, non vi rimase a lungo tempo. Insieme a Brancaccio viaggiò per -l'Inghilterra e la Francia e si fermò per alcuni anni in Anversa. Di lì -viene chiamato da Alberto V nel 1557 alla corte di Monaco, dove restò -fino alla morte (1594) in qualità di maestro di cappella, interrompendo -il lungo soggiorno con un viaggio alla corte di Carlo IX in Parigi. - -Il numero delle sue composizioni conservate per la maggior parte -nella biblioteca di Monaco sorpassa le duemila, fra cui 51 Messe, -180 Magnificat, 780 Motetti, 2 Passioni, 429 Cantiones sacræ, 233 -Madrigali, ecc., ecc. - -La caratteristica delle opere di Orlando è la grandiosità e la profonda -potenza espressiva. A questa egli sacrifica persino la dolcezza e -l'armonia ed appunto in ciò sta la sua inferiorità in confronto del -Raffaello della musica, Palestrina, che alla grandiosità ed espressione -seppe unire la perfezione della forma e dell'armonia. Ad onta di ciò -molte opere di Orlando sono monumenti imperituri dell'arte musicale e -basti qui il nominare i suoi celebri Salmi penitenziali ed i motetti, -nei quali egli allargò la forma, introdusse nuovi elementi e si staccò -dallo stereotipo modello anteriore. La fama che egli ebbe ai suoi tempi -fu espressa nel verso: _Est Ille Lassus, qui lassum recreat orbem_. - -Dopo di lui l'arte olandese propriamente detta decadde rapidamente. I -componisti fiamminghi si perdettero di nuovo in astruserie e puerilità -come quelle di esprimere i diversi sentimenti con colori diversi delle -note e come nella _Battaglia di Marignano_ e _le Cris de Paris_ di -Clement Jannequin ed altri, in cui si voleva esprimere colle voci -fucilate, grida e cozzar di spade. L'egemonia della musica doveva -passare all'Italia, che era chiamata a darle l'impronta veramente -artistica, la misura e la proporzione, toglierle le durezze e diminuire -le astrusità. - -La storia della musica quale vera arte comincia coll'epoca degli -Olandesi. La musica anteriore non si può ancora chiamar arte ma -piuttosto semplice scolastica tanto più che essa era coltivata -quasi esclusivamente dai dotti che ne avevano fatto oggetto di -studi più teoretici che pratici. La caratteristica della musica dei -fiamminghi è la polifonia, il contrappunto semplice, doppio e triplo. -L'imitazione ed il canone (chiamato allora _fuga_) si sviluppano e si -perfezionano; le voci formano un complesso ordinato ed organico, quasi -simbolo dell'indirizzo dei tempi, favorevole alle corporazioni, le -confraternite e gilde. - -Il pernio della maggior parte delle composizioni olandesi è di solito -un tema del canto fermo, ora una canzone popolare, rare volte un tema -di propria invenzione. Da questo si chiamavano le composizioni, donde -p. e. il nome delle Messe, alle volte profanissimo, come _Adieu mes -amours_, _Mio marito mi ha infamata_, _fortuna desperata_, _des rouges -nès_ e _l'homme armé_, canzone provenzale che servì di canto fermo a -moltissimi musicisti. Quando la messa non aveva nel tenore simili temi -tolti dal rituale o dalle canzoni, allora si chiamava _sine nomine_. -I temi venivano accorciati od allungati secondo il bisogno, come pure -si cambiava il valore delle note, sicchè essi erano piuttosto visibili -e riconoscibili all'occhio che all'udito nell'intreccio delle voci e -nel cambiamento del tempo. Non si creda però che il tema abbia grande -importanza, chè questa sta molto più nelle parti create liberamente. - -Il testo si scriveva di solito soltanto sotto le prime note e si -lasciava poi ai cantanti la divisione del resto. Le opere degli -Olandesi erano scritte nella prima epoca ordinariamente a tre -poi a quattro, cinque e più voci. Esse sono con probabilità quasi -esclusivamente vocali e soltanto nell'epoca della decadenza si usava -sostituire ad una o l'altra voce istrumenti di solito a fiato. Alle -note nere vengono sostituite le bianche e si fa uso qualche volta -del semitono, che del resto di solito si ommetteva di segnare perchè -sottinteso. Gli accidenti erano conosciuti ormai prima, giacchè se ne -trova menzione negli Antifonari dell'epoca Guidoniana. - -Col progresso dell'arte mostrandosi la rigida diatonica del canto -gregoriano insufficiente, si trasponevano le tonalità e si adoperavano -gli accidenti, donde deriva la _musica ficta_ (falsa, finta) coi due -sistemi _durum_ e _molle_, a seconda che il tono di chiesa era nella -sua posizione naturale o si trasponeva alla quinta superiore o quarta -inferiore, riducendo p. e. il tono misolidico a dorico, il dorico a -eolico ed innalzando la settima, il _subsemitonum_. - -Le opere della scuola Olandese anteriori ad Orlando hanno però per -noi con poche eccezioni soltanto un interesse storico. Il motivo sta -nel nostro modo di sentire la musica affatto diverso di quello dei -secoli anteriori e soltanto in seconda linea in quella certa durezza -d'armonie e mancanza di scorrevolezza, che è inerente alla maggior -parte delle opere fiamminghe. Il nostro sistema era affatto sconosciuto -ed ignota l'importanza, il carattere e l'essere dell'accordo. La -differenza si potrebbe forse spiegare, dicendo, che i Fiamminghi -pensavano e sentivano la musica orizzontalmente mentre noi la pensiamo -verticalmente. Allora si trattava cioè di unire più voci distinte e -diverse per melodia, poco curandosi dell'accordo che ne risultava e -l'orecchio seguiva le singole voci. Manca una legge musicale suprema -alla quale si sottopongono le voci, le quali anzi mantengono il loro -ritmo proprio tanto che in molte composizioni polifoniche non si -accordano neppure gli accenti principali. Oggi invece l'importanza -sta nell'armonia risultante dalle melodie combinate. Se noi dunque -leggeremo le opere di quei tempi alla nostra maniera, sarà impossibile -trovare un punto di contatto con esse e non potremo mai apprezzarle -come lo meritano. Lo stesso principio vale almeno in parte anche per -il maggior numero delle opere di Palestrina e successori. Ma in queste -oltre la maggiore sapienza e padronanza dei mezzi sono altri elementi -che le avvicinano più ai nostri tempi. L'antico sistema basato sulla -scala melodica cede il posto a quello dell'armonica, già preparato da -Willaert e Gabrieli ed ancor più dalla musica popolare. - -Kretschmar osserva giustamente che quel certo sentimento di poesia che -però troviamo anche nelle opere dei primitivi fiamminghi dipende dai -temi usati che o sono tolti o somigliano alle canzoni popolari e che -quelle opere seguono la sorte delle tavole dipinte dai maestri nordici -del quattrocento delle quali possono piacere le teste delle figure ma -non il resto, perchè goffo e mancante di misura. - -Contemporaneamente allo sviluppo della musica pratica venne -perfezionandosi e formandosi la teoria che prendeva gli esempi e -formava le regole sulle opere dei musicisti, abbandonando l'antico -ed ormai vieto sistema speculativo e cercando di dar una guida utile -allo studio della musica e non una semplice esercitazione filosofica e -mistica. Già _Enrico di Zeelandia_ avea tentato di scrivere un trattato -della composizione. Più pratico e chiaro è _Giovanni Tinctoris_ di -Nivelles (?) nel Brabante, morto a Napoli nel 1511 (?), dove Ferdinando -aveva istituito una apposita cattedra per l'insegnamento della -musica. Egli fu autore di molti trattati, scritti in latino chiaro ed -arricchiti d'esempi tolti dalle opere dei celebri musicisti dell'epoca. -(_Liber de arte contrapuncti_ — _Terminorum musicae diffinitorium_.) -_Ugolino da Orvieto_ (1400?), arciprete in Ferrara, fu suo precursore -e commentò con acume d'idee e chiarezza il trattato di _Muris_. -Contemporaneo di Tinctoris fu _Franchino Gafor_ di Lodi (1451-1522) -che insegnò musica a Milano alla corte di Lodovico Sforza, uno dei più -grandi e profondi teorici del suo tempo, autore del celebre trattato -_pratica musicæ_ (1496). Va pur nominato _Pietro Aaron_ toscano -(1516) autore del trattato _il Toscanello in Musica_, libro chiaro, -interessante e spigliato. - -Uno dei più grandi teorici italiani di tutti i secoli fu _Giuseppe -Zarlino_ di Chioggia, nato nel 1517 (?), scolaro di Adriano Willaert, -e successore di Cipriano di Rore al posto di direttore di cappella -in S. Marco in Venezia. Più che per le sue composizioni egli divenne -celebre per le sue opere teoretiche, fra le quali la maggiore _Le -istituzioni armoniche_ (1562) fu più volte stampata. Zarlino morì nel -1590. Anche egli, uomo gentile e di carattere mite, ebbe a subire le -critiche dei musicisti invidiosi, e se le invereconde invettive e le -contese tutt'altro che accademiche, che avevano avuto luogo fra Gafor -e Spataro, Burci e Ramis Pareja (1440), non si ripeterono, fu tutto -merito suo e non del suo accanito avversario Vincenzo Galilei, padre -di Galileo. Soltanto con lui venne a sparire l'aborrimento della terza -nell'accordo di chiusa e si ritennero definitivamente come consonanze -la terza e la sesta. - -Fra i teorici tedeschi (_Adam de Fulda_, _Virdung_, _Agricola_, ecc.) -il maggiore di tutti è _Henricus Loritus_ detto _Glareanus_, nato nel -1488 a Glarus in Svizzera, autore del celebre _Dodekachordon_ ricco di -esempi e di notizie biografiche († 1563). - - - LETTERATURA - - Kiesewetter — _Ueber die Verdienste der Niederländer_, Amsterdam, - 1829. - - E. van der Straeten — _La musique aux Pays-Bas avant le XIX - siècle_, Bruxelles 1872 e seg., 8 volumi. - - F. H. Haberl — _Wilhelm du Fay._ Leipzig, Vierteljahreschrift für - Musik. - - John Stainer — _Dufay and his contemporains_, London, 1898. - - Brenet — _Jean de Okeghem_, Paris, 1893. - - W. Baümker — _Orlandus de Lassus_, Freiburg, 1878. - - A. Sandberger — _Beiträge zur Geschichte der bayrischen Hofkapelle - unter Orlandus Lassus_, 2 vol., Lipsia, 1891-95. - - A. W. Fritsche — _Glarean_, Frauenfeld, 1890. - - Riemann H. — _Zerlino als musikalischer Dualist._ Vol. XIII delle - _Mittheilungen für Musikgeschichte_. - - Wagner P. — _Geschichte der Messe._ I Theil bis 1600, Lipsia, 1913. - - Composizioni fiamminghe contengono: - - Fr. Commer — _Collectio operum musicorum batavorum._ 12 volumi - (1840-1857). - - R. I. van Maldeghem — _Trésor musical, collection de musique sacrée - et profane des anciens maitres belges_ (1865 e seguenti). - - Gli ultimi volumi dei _Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich_ - (Vienna, Artaria, 1900 e seg.) contengono una scelta di opere - fiamminghe tratte dai celebri Codici del Capitolo di Trento ora a - Vienna. - - - - -CAPITOLO VII. - -Le canzoni popolari. Trovatori e Minnesänger. - - -Mentre nella quiete dei monasteri e nelle stanze dei dotti si -studiavano i canoni della teoria musicale e si cercavano nella -filosofia ed astronomia le ragioni degli stessi, mentre la polifonia -nasceva da rozzi principi e si dibatteva fra le pastoie scolastiche, -il popolo poco si curava di tutti questi studi e cantava come sempre -aveva cantato a seconda dell'estro e dell'ispirazione del momento. -Egli non pensava nè a musica _mensurata_ nè all'_organum_ nè ad altro, -ma coll'istinto naturale precedeva la scienza e le somministrava il -materiale primo, che essa poi riduceva a regole. La musica dotta si -perdeva in astruserie, ma il popolo poetava e cantava canzoni, che già -portavano l'impronta di vere melodie. Chi gliele insegnava? Nessuno -lo sa; esse sorgevano senza che alcuno ci pensasse, si replicavano e -si tramandavano di generazione in generazione. «La musica come tutte -le arti usciva di chiesa per farsi profana; s'inebriava un cotal poco -dell'aria aperta, tastava le belle villane e diceva fioretti alle -gentildonne, ballonzolava per le piazze, per le sale e per le corti» -(Carducci). - -Le notizie sulle canzoni popolari più antiche sono scarsissime per -tutte le nazioni ma in special modo per l'Italia. Ma ciò non può -affatto servir di prova che l'Italia non abbia avuto al pari delle -altre nazioni canti popolari anche nei secoli lontani del Medio Evo, -mancando ogni motivo per simile credenza, ma è piuttosto da ascriversi -al caso, alle condizioni del paese stesso. Le continue invasioni, le -guerre, il formarsi della lingua volgare dal latino plebeo vi ebbero -certo influenza. Nè è escluso che questo buio si rischiari se si -faranno studî diligenti, i quali pur troppo ancora mancano del tutto -per la parte musicale. - -Uno dei primi monumenti della poesia popolare italiana cantata, -quantunque non nella forma che ci resta, pare sia il canto delle scolte -Modenesi del 924 o 899: _O tu qui servas_ scritto in neumi. Forse -appartengono pure alla poesia popolare i Canti dell'Anonimo genovese -sulla vittoria di Lajazzo (1294) e senza dubbio la ballata sull'Assedio -di Messina del 1282, riportata in parte dal Villani: _Deh, com'egli -è gran pietate_ ed una cantata a Reggio nel 1243 _Venuto è 'l lione_, -come pure altri canti storici e religiosi ed alcuni Lamenti o _Lai_ del -Milledugento. - -Tutte queste poesie popolari o divenute tali si cantavano perchè -la vera canzone popolare è indissolubile dal canto. In due codici -vaticani trovasi allato delle poesie di Lemmo Orlandi l'osservazione: -_et Casella diede il suono_, quel Casella del quale Dante parla -nel _Purgatorio_ (II, 112) e sotto una poesia di Lapo degli Uberti -«_secondo la melodia di Mino d'Arezzo_». Il popolo cantava ora da sè -ora adattava ai suoi canti componimenti intieri della poesia colta p. -e. la ballata di Dante _Per una ghirlandetta_ che esiste in due lezioni -alquanto diverse certo per le esigenze del canto. - -Considerando il genere della poesia non è presumibile che queste -fossero vere canzoni popolari ma non è improbabile che le melodie -fossero popolari e note. Nel _Decamerone_ di Boccaccio sono assai -numerosi i passi dove si parla di canzoni e storie che si cantavano -a voci sole o con accompagnamento di liuto, viola, ribeca, ecc. -I _cantori a liuto_ che si distinguevano dai _cantori a libro_, -coltivavano certo di preferenza la musica popolare come lo dice il -loro nome in confronto degli altri, i dotti, che cantavano e suonavano -col libro. Affinità colla musica popolare hanno le Canzoni di _Franco -Sacchetti_, il celebre novelliere (1330) che si cantavano con melodie -dell'autore stesso, o di altri come si può arguire dalle soprascritte -alle sue poesie (p. e. _Francus dedit sonum_ oppure _fatta per -altrui_). La sua nota canzone: o vaghe montanine pastorelle, Donde -venite sì leggiadre e belle? si cantava e suonava a liuto ed egli fa -cantare «un fabbro il Dante come si canta uno cantare (Nov. CXIV) ed un -asinajo canta il libro di Dante (Nov. CXV)». - -Molto diffuse erano pure le canzoni cosidette giustiniane dal loro -autore _Leonardo Giustiniani_ (1388), erudito procuratore di S. -Marco nelle terre della Repubblica, dilettante di musica «alla quale -mi trae, come scrive, la natura stessa, che mi guidò per facile via -al pieno possesso d'ogni musica, non il volere». Che fossero note e -ricercate lo mostra il fatto che il duca di Milano Sforza incaricò -il suo ambasciatore a Venezia di raccogliere «tutte le canzoni de -domino Leonardo Iustiniano, che sieno belle e le note del canto -per intendere l'aere venetiano». Musica popolare erano i _cantari_, -eseguiti dai cantastorie con accompagnamento di liuto e viole, di -carattere narrativo in strofe da cantare tutte su di una stessa melodia -ed in certe città c'erano persino luoghi destinati ai _canterini_ o -_cantimpanchi_ p. e. in piazza di S. Martino a Firenze, come pure le -_frottole_ originarie, disordinate nel metro e da distinguersi dalle -posteriori. Antonio Squarcialupi, che troveremo ancora, coetaneo -ed amico di Giovanni dei Medici, era di solito il musicista delle -frottole, che si cantavano la festa di S. Giovanni alle radunanze -all'aperto o nei palazzi da liete brigate, delle quali Giovanni dei -Medici era l'anima. - -Alla musica e canzone popolare appartengono finalmente le _Canzoni -dei Battuti_ e le _Laudi medioevali_ nate col movimento religioso -dell'Umbria nell'anno dell'Alleluja (1233). Molte di queste ci -sono conservate nel testo ed alcune anche nella melodia (bibl. -Magliabecchiana). Fra i poeti di Laudi è da nominarsi _Jacopone da -Todi_, il giullare di Dio, il supposto autore dello _Stabat Mater_, -_Feo Belcari_, _Lucrezia Tornabuoni_, madre di Lorenzo dei Medici e -_Lorenzo_ stesso. Le melodie sono simili a quelle del canto gregoriano -e delle sequenze ma vi sono ormai uniti altri elementi profani o la -melodia è tolta intieramente da qualche canzone popolare nota. Così si -cantava la lauda di Belcari: _Chi non cerca Gesù con mente pia_ secondo -la canzone rammentata da Boccaccio: _Chi guasta l'altrui cose fa -villania_, l'altra: _o vaghe di Gesù, o verginelle_ secondo la canzone -di Sacchetti già citata: _o vaghe montanine pastorelle_, ecc. - -Questo sistema non aveva allora nulla di sconveniente e Gerolamo -Savonarola lo favoriva anzi per diffondere sempre più le laudi, ciò che -riuscì tanto bene, che Alessandro d'Ancona riporta nel suo libro: _La -poesia popolare in Italia_ il primo verso di più di duecento canzoni -popolari del secolo XV e XVI citate nelle raccolte di Laudi spirituali. - -Affini alle canzoni popolari sono pure le _maggiolate_ ed i _canti -carnascialeschi_. Il Lasca che ne fece una edizione (1559) così ne -parla: «Il primo canto o mascherata che si cantasse in questa guisa -era di uomini, che vendevano berriquocoli e confortini: composta a -tre voci da un certo Arrigo tedesco, maestro allora della cappella di -S. Giovanni, e musico in quei tempi reputatissimo. Ma dopo non molto -ne fecero pur a quattro e così di mano in mano vennero crescendo -i compositori così di note come di parole». I poeti sono Lorenzo -dei Medici, Jacopo Nardi, Dovizio Bibbiena, ecc.; i compositori: il -Tromboncino, Arrigo Tedesco (Heinrich Isaak), Agricola, ecc. I canti -carnascialeschi pubblicati recentemente da Masson sono quasi tutti -a quattro voci e constano di due parti, una in tempo pari, l'altra -in dispari ed arieggiano lo stile popolaresco se non veramente il -popolare. - -Di grande importanza per la canzone popolare italiana e la musica -popolare in genere sono finalmente le numerose composizioni di liuto, -molte delle quali come appare e dai titoli che portano e ancor più dal -carattere della musica stessa sono trascrizioni di canzoni o danze -popolari. La ricostruzione dell'originale non presenta le stesse -difficoltà che per le canzoni che servivano da canto fermo nelle -composizioni polifoniche, perchè queste sono quasi sempre cambiate -nel ritmo ed anche nella linea melodica, mentre le canzoni e danze per -liuto mantengono anche per l'impossibilità di riprodurre l'intreccio -delle voci e perchè appartenevano più alla musica di divertimento che -alla dotta, molto più fedelmente ed il ritmo e la melodia. Finalmente -dipendono in certo riguardo dalla musica popolare anche le posteriori -_villanelle_ e _frottole_, perchè per quanto concepite nello stile -polifonico esse hanno pure degli elementi che non troviamo nella musica -dotta e che derivano dall'influenza inconscia della musica popolare. - -Ad onta di tutto ciò non è improbabile che la poesia e musica popolare -sia stata più diffusa nei paesi nordici che nell'Italia, perchè la -canzone deriva in ultima linea dalle Sequenze della Chiesa d'origine -germanica, che in Italia furono sempre accettate a malincuore e -delle quali soltanto cinque furono riconosciute dalla Chiesa. Nè è -da dimenticarsi che i canti latini rimasero sempre inintelligibili ai -popoli non romani, per cui era naturale che essi cercassero crearsi una -poesia e musica popolare propria. Altri motivi che valgono ancor oggi -sono da cercarsi nel carattere del paese e della nazione stessa. - -Maggiori notizie ci sono conservate sulla canzone e musica popolare dei -paesi nordici. Tacito racconta che i Germani cantavano inni al loro dio -Tuisco e che tanto questi che i Bretoni ed i Galli avevano già nei più -remoti secoli bardi, specie di rapsodi, che cantavano le gesta degli -eroi nazionali accompagnandosi coll'arpa od altro strumento. - -Tutti questi canti, che si dice abbia fatto raccogliere Carlo Magno, -sono andati perduti, nè si possono chiamare canzoni popolari i pochi -frammenti conservatici sulla battaglia di Fontenay (842) o sulla -vittoria di Clotario II sui Sassoni (662) in versi latini, scritti -senza dubbio da qualche monaco. Una vera canzone popolare sembra invece -essere il _lied_: _Einen Kuning weiss ich_ del 882. Altre canzoni -popolari vennero indirettamente formandosi dai canti della chiesa e -specialmente dalle frasi melodiche del _Kyrie eleison_, che erano le -uniche che venivano intonate anche dal popolo in chiesa. Come dalle -_iubilationes_ dell'Alleluja s'erano formate le sequenze, nacquero dai -melismi del _Kyrie eleison_ canzoni popolari con testo tedesco che si -dicevano _Leise_ (corruzione di _Kyrie eleison_). - -Molte notizie su canzoni popolari profane e parte del testo di queste -ma nessuna melodia contiene _la cronaca di Limburgo_, un manoscritto -del secolo decimoquarto. E che qui si trattava di vere canzoni popolari -lo dicono in modo più che esplicito questi due passi della cronaca: - -«In quel tempo (1531) si cantava nelle terre tedesche una canzone, che -si poteva fischiare e trombettare a diporto d'ognuno. — Un monaco degli -Scalzi lebbroso ed impuro faceva allora (1374) sul Meno le più belle -canzoni; e tutti le cantavano volentieri e le fischiavano ed era un -gran piacere a sentirle». - -Una raccolta preziosa di canti popolari contiene il _Locheimer -Liederbuch_ del 1452, le di cui canzoni sono senza dubbio molto -più antiche. Fra le 41 canzoni di questo libro vi sono vere perle -melodiche, fresche ed espressive, con movimento ritmico svariato, -sentimento e semplicità affettuosa. Alcune sono a tre voci di condotta -naturale e correttissima ed in esse già si palesa decisamente il -sentimento della musica dotta ancora ligia alle tonalità di chiesa. - -Alla diffusione delle canzoni pensava l'infinita coorte medioevale dei -musicanti girovaghi e cantastorie, gente abbietta disistimata, specie -di straccioni ed istrioni, che giravano di terra in terra, cantando ed -accompagnandosi con pifferi, arpe, rote, cornamuse ed altri strumenti, -scacciati da per tutto e chiamati e pagati viceversa ai balli, alle -nozze, ai funerali; privi di diritti, malmenati e taglieggiati. -Soltanto coll'andare del tempo venne a cessare l'istinto nomade di -questa gente e si fondarono confraternite e gilde con statuti e diritti -proprî. La prima di queste fu quella di S. Nicolò di Vienna (1288) a -capo della quale stava il re dei pifferari con statuto e giurisdizione -propria e che durò fino al 1782. - -Nel secolo XV vennero poi formandosi nella Germania le istituzioni -dei pifferari di città, che durarono fino al secolo scorso e che -sono le antenate delle bande civiche. In Francia simili associazioni -prosperarono pure e già nel 1295 abbiamo notizia d'un _Jean Charmillon_ -nominato da Filippo il Bello a _roy des menestriers_. Nel 1330 fu -poi fondata la _Confrèrerie de St. Julien des menestriers_, i di cui -membri abitavano tutti in una contrada e dipendevano dal _roy_, persona -influente, l'ultimo dei quali fu Jean Pierre Guignon, _roy des Violons_ -(secolo XVIII). - -Tutte queste associazioni erano non solo conseguenza dello spirito -dei tempi ma ancor più del bisogno di trovare nell'unione una difesa -contro la mancanza di ogni diritto. Tali confraternite non esistevano -in Italia, perchè la natura italiana è aliena a simili associazioni e -perchè la posizione sociale dei suonatori non era così meschina come -negli altri paesi. Qualche cosa di simile troviamo però in Firenze, -dove già nel 1292 e 1298 esistevano suonatori di tromba (_tubatores_) -e cennamellari, stipendiati dalla Signoria, che dovevano abitar insieme -in San Michele. Il loro compito era d'escire dalla città «_in exercitum -vel cavalcatam_ e d'intervenire nelle solennità del Comune _facendo -maitinatas_». In seguito vi si aggiunsero suonatori di piffero, -bombarde e cornette. Simili notizie troviamo negli Statuti della città -di Pisa, Arezzo, ecc. A Perugia venivano stipendiati nel secolo XV -musicisti poeti detti _Canterini_, che dovevano cantare ed accompagnare -canzoni alle mense dei Priori e sulle piazze. - -Noi abbiamo veduto l'influenza delle nuove idee del Cristianesimo sulla -musica medioevale. Quando l'Europa meridionale non fu più agitata dalle -immigrazioni barbare e si vennero formando regni stabili e fiorenti, -anche l'arte risorse e si destò un novello sentimento di vita. Le -Crociate, la Cavalleria, sorta nel secolo XI, le romanzesche guerre, -gli amori il culto della donna non potevano a meno di trovare un'eco -nella musica, che coi suoni richiamava alla memoria dei cavalieri i -lontani lidi dell'Oriente, le ardite gesta dei caduti, le parole di -amore delle dame del cuore. - -La poesia e musica dei trovatori, la _gaya scienza_, ebbe la sua culla -nella ridente Provenza alla corte dei conti di Tolosa e Barcellona. -Primi fra i trovatori (_arte de trobar_) dei quali esiste memoria, -furono _Guglielmo di Poitiers_ (1087-1127), _Peirol_ (1169-1220?), re -_Thibaut di Navarra_ (1201-1254) ed il celebre _Adam de la Halle_, il -gobbo di Arras (1240). Fra i molti generi di poesia e musica provenzale -ricordiamo la canzone, la tenzone, il _lays_, il _rondeau_, l'_alba_, -la _serena_, la _serventese_, il _plan_ (pianto, lamento), la ballata, -l'_estampida_, ecc., quasi tutti di soggetto amoroso. - -Colla poesia di moltissime canzoni provenzali ci restò pure conservata -la musica, scritta in neumi (_nota corale_) sulle linee anche dopo -l'introduzione della _nota mensurata_, la quale non era necessaria, -perchè il ritmo era dato dalla poesia, che non conosceva che il metro -di due sillabe (trocheo e giambo) e ben raramente faceva uso del -dattilo ed anapesto di tre sillabe. Le trascrizioni più in uso delle -canzoni provenzali sono poco atte a rendercele simpatiche, ciò che -dipende dalla maniera sbagliata di leggerle. Ora che finalmente si -comprese, che la notazione non è la mensurale ma che le note quadrate -ed i neumi corrispondono alle note corali, le goffe melodie di prima -si trasformano in vivaci canzoni ritmiche di ben altro effetto. Uno dei -primissimi monumenti è un _Estampida_ di _Rambaut de Vaqueiras_ (circa -1195) gentile e melodica. Nè i venti canti del racconto del secolo -XIII, _Aucassin et Nicolette_, su una melodia che si replica, non -sono senza qualche pregio anche per noi. In complesso anzi le melodie -dei primi trovatori sono più spontanee di quelle dei posteriori, -nelle quali l'artificio e la preoccupazione di trovare una melodia -interessante e bizzarra nei melismi e nelle fioriture sono palesi. - -I trovatori appartenevano di solito alla classe nobile e non cantavano -le loro composizioni, ma le facevano eseguire dai _Jongleurs_ -(ioculatores) e _Menestrels_ (ministeriales) suonatori e cantanti -girovaghi di professione. - -La poesia e musica provenzale di Francia passò in Italia alle corti -di Monferrato, Ferrara, ecc., dove essa però non seppe mai raggiungere -quel grado di popolarità e diffusione che aveva in Provenza. Quantunque -non ci sieno conservate composizioni dei trovatori e poeti italiani -della scuola siciliana e napoletana, è probabile, anzi sicuro, che -molte canzoni si cantavano. Il nuovo sviluppo della poesia italiana -con Cavalcanti e Guinizelli ed ancor molto più con Dante e Petrarca -indirizzarono però l'arte ad altri ideali troppo diversi da quelli -della poesia e musica provenzale. - -Molta attinenza coi trovatori provenzali hanno invece i _Minnesänger_ -di Germania quantunque la diversità nazionale sia assai palese. Difatti -mentre la poesia provenzale era semplicemente amorosa e l'amore -vi si mostra piuttosto sotto le forme della galanteria che come un -profondo e vero sentimento passionale, la poesia dei _Minnesänger_ -innesta al culto della donna quello di Maria ed il sentimento della -natura, purificandosi da ogni pensiero di sensualità. Oltre a ciò -mentre i trovatori provenzali davano eguale o maggiore importanza -alla composizione musicale che alla poesia, i _Minnesänger_ non erano -cantori nel vero senso ma piuttosto rapsodi, pei quali il metro e la -declamazione erano più importanti della melodia. - -L'epoca avventurosa degli Hohenstaufen fu quella del fiore dei -_Minnesänger_. I principali fra questi, alcuni dei quali vengono -nominati come presenti alla lotta dei cantori alla Wartburg, se pure -essa ebbe mai luogo (1207), sono _Wolframo d'Eschenbach_, l'autore dei -poemi del Parcival e Titurel, _Goffredo di Strassburgo_, (1210), il -poeta del Tristano, _Gualtiero di Vogelweide_ (1160?), _Tannhauser_ -(1270?), _Enrico Meissen_ detto Frauenlob, che le donne di Magonza -per rendergli grazie delle sue canzoni in loro onore portarono alla -tomba (1318), _Osvaldo di Wolkenstein_ (1387), il primo, che alle -sue canzoni unisce vere melodie, mentre quelle dei suoi antecessori -somigliavano piuttosto a declamazioni cadenzate ed alle salmodie del -canto gregoriano. - -La musica dei _Minnesänger_ mostra una certa differenza con quella dei -Trovatori, perchè la poesia tedesca ha il ritmo sillabico e non quello -degli accenti, donde deriva una maggior varietà, perchè si potevano -cambiare gli accenti. I provenzali cercavano di ovviare alla monotomia -coll'introdurre nella loro musica una quantità di melismi, ciò che non -era che un ripiego di varietà. - -Con Osvaldo la poesia dei _Minnesänger_ decade celermente e va a finire -coi _Maestri cantori_, che durarono sporadicamente fino al secolo -scorso (1839). La poesia dei _Maestri cantori_ non ha più nulla di -elevato e non è che un miscuglio di trivialità e pedanteria, che ben -s'addiceva ai membri di quelle società, che erano o fabbri o ciabattini -e simili. L'unico Maestro cantore, che si eleva sopra gli altri -per una certa lepidezza ed originalità fu _Hans Sachs_, il cantore -ciabattino di Norimberga (1484-1576), autore d'una quantità di azioni -carnevalesche, ad altre opere. - -Scopo dei _Maestri cantori_, uniti in corporazioni speciali con -privilegi e diritti era il culto della canzone di carattere religioso. -Il testo delle canzoni era quasi sempre tolto dalla Sacra Scrittura. -Le melodie erano affini a quelle del canto corale ma deturpate da -cambiamenti e non avevano alcuna relazione col testo. Esse portavano -nomi stabili scelti fra i più barocchi e strani, p. e. il tono rosso, -azzurro, sanguigno, delle scimmie, del cane da tasso grasso, ecc. -La pedanteria più ridicola presiedeva alle sedute periodiche dei -Maestri che coprivano cariche diverse. Le regole erano contenute nella -cosidetta _Tabulatura_. - -Gli strumenti coi quali i Trovatori, i _Minnesänger_ solevano -accompagnare i loro canti ed i menestrelli e musicanti girovaghi -eseguivano le loro musiche sono assai numerosi e diversi. Una -enumerazione quasi completa è contenuta in una poesia del _Roy di -Navarra_, riportata da Forkel nella sua _Storia della musica_ (Vol. -IIº, pag. 747). Noi dobbiamo contentarci di nominare i principali. Fra -gli strumenti a corda predominavano l'arpa, il liuto, la chitarra, la -teorba, il mandolino. Molto diffusa era la _vielle_, specie di viola -a cinque corde (_sol, re, [=sol], [=re], [==re]_), che si suonava -coll'arco senza ponticello (donde il _bourdon_), la _rota_, specie di -violino, la _ribecca_, il _ribecchino_, la _giga_ d'origine araba ed -introdotta dopo le Crociate. In Germania usavasi pure il _Trumscheit_, -_tromba marina_, specie di monocordo in forma di un lungo cassetto -risonante con una corda da toccarsi coll'arco, che può chiamarsi l'avo -del contrabasso. Altri strumenti di questi secoli erano il _salterio_ -da suonarsi col plettro, l'_organistro_, strumento a manovella, la -_fiedel_ e _viole_ di ogni specie, tutte senza ponticello; fra gli -strumenti a fiato di legno: _flauti_ lunghi di più specie da suonarsi -come i nostri clarinetti, _flauti traversieri_, _corni ritorti_, -_cornamuse_ (_calamus_) _bombarde_ e _cornetti_ (_Zinken_) — fra gli -strumenti di metallo: trombe e tromboni (i nostri corni sono di molto -posteriori). - - - LETTERATURA - - A. D'Ancona — _La poesia popolare italiana_, Livorno, Vigo 1878. - - Carducci — _Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei secoli - XIII e XIV_, Pisa, Nistri, 1871. - - — _Musica e poesia._ Saggi letterari, Livorno, 1860. - - Gaspary — _Storia della letteratura italiana_, Vol. I. - - Oscar Chilesotti — _Saggio sulla melodia popolare del cinquecento_, - Milano, Ricordi e C. - - A. Restori — _Per la storia musicale dei trovatori provenzali._ - Rivista musicale, Torino, anno II e seg. - - — _Il canto dei soldati di Modena_, Vol. VI. Rivista musicale, - Torino. - - — _Musica allegra nei secoli XII e XIII_, Parma, 1893. - - I. B. Beck — _Die Melodien der Troubadouren_, Strassburgo, Trübner, - 1908. - - Pierre Aubry — _Trouvéres et Troubadours_, Paris, 1909. - - T. H. von der Hagen — _Minnesänger_, Lipsia, 1858, vol. IV. - - Schletterer M. — _Studien zur Geschichte der französischen Musik_, - Berlin, 1884. - - A. Puschmann — _Gründlicher Bericht deutschen Meistergesanges_, - pubb. da R. Jonas, 1888, Halle. - - Kurt Mey — _Der Meistergesang_, 1900. - - Reissmann — _Das deutsche Lied_, Cassel, 1861. - - Schurè Ed. — _Histoire du lied_, Paris, 1868. - - Schneider — _Das musikalische Lied in geschichtlicher - Entwickelung_, Lipsia, Breitkopf und Härtel 1864 e seg. - - Gius. Zippel — _I suonatori della Signoria di Firenze_, Trento, - Zippel. - - A. Rossi — _Memorie di musica civile in Perugia_, 1874, nel - Giornale d'erudizione, fasc. IV. - - A. D'Ancona — _I canterini del comune di Perugia_, in Varietà - storiche e letterarie. Vol. I. Milano, Treves. - - Iulien Tiersot — _La chanson populaire en France_, Paris, 1889. - - Coussemaker — _Oeuvres complétes du trouvére Adam de la Halle_, - Paris, 1872. - - _Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich_, vol. IX (canzoni di - Osvaldo di Wolkenstein). - - P. M. Masson — _Chants de Carnevals florentins._ Texte musical, - Paris, 1913. - - - - -CAPITOLO VIII. - -L'«Ars nova» fiorentina ed il Rinascimento musicale in Italia. - - -All'Italia, patria d'ogni bell'arte, a questa figlia della Grecia, -era riservato l'onore d'ispirare alla musica un caldo alito di vita -ed informarla ai principi dell'estetica. Il motivo del risorgimento e -della nuova evoluzione della musica nei secoli XV e XVI è lo stesso -di quello del Rinascimento delle altre arti belle. Le nuove idee, -l'umanesimo, la riforma religiosa, le nuove scoperte, la stampa ed -altri fattori vi influirono, e se la musica ebbe il suo Rinascimento -posteriore alle altre arti, e se Palestrina nacque dopo che Dante, -Petrarca, Raffaello erano morti, la ragione non è tanto da cercarsi nel -caso quanto nella natura della musica stessa, la più giovane di tutte -le arti, nella mancanza di documenti antichi, che servissero d'esempio -come nella scultura, e nella circostanza molte volte osservabile, che -il fiore d'un'arte non sempre va a paro con quello d'un'altra. - -Le fasi di questo meraviglioso sviluppo della musica sono simili a -quelle della scultura e pittura presso i Greci. Dapprincipio, come -nella statua di Giove di Fidia, tutta l'espressione era concentrata -nel volto ed in nulla veniva ricercato l'effetto; così nella musica -della grande epoca di Palestrina l'idea della divinità domina nella -sua austera grandezza, poco curandosi dei lenocinii della melodia, -della ricercatezza della forma e degli effetti strani. Il coro come -espressione della massa predomina e l'accompagnamento degli istrumenti, -appunto perchè individualizza l'idea, è bandito. - -Posteriormente col perfezionarsi della tecnica l'artista perde la -semplicità e l'espressione sintetica di una figura, derivante da -tutto il corpo e dalla persona in azione, l'attrae e gli desta il -desiderio di rappresentarla nella sua verità. Anche ciò ripetesi -nella musica nella quale agli alti ideali succedono le passioni umane -individuali donde nasce la monodia, l'opera, che le esprime. Quando -poi il materialismo predomina e subentra la virtuosità, si propagano -la ricerca della caratteristica e dell'effetto, il manierismo e la -superficialità e l'arte decade. - -La storia della musica in Italia prima dell'influenza fiamminga era -fino a pochi anni fa ben povera di notizie. Ora però dopo novissimi -studi si va facendo la luce anche su questo periodo e le recenti -ricerche e la pubblicazione di molte composizioni di musica mensurata -tolte dai più antichi codici (cod. Laureziano, modenese, panciatico, -parigino, ecc.), che sono più di quattrocento, condusse alla scoperta -di una scuola fiorentina ed in genere italiana di somma importanza, la -cui arte Ugo Riemann chiama in contrapposto a quella anteriore francese -o parigina _ars nova fiorentina_. Gli inizî di questa scuola sono da -mettersi al principio del secolo XIII a Firenze. È difficile spiegare -donde sia nata questa _Ars nova_, che arriva già ai tempi di Dante. -Forse vi influì l'elemento provenzale che sappiamo quanta parte abbia -avuto anche nella poesia italiana antica. Ma più probabilmente essa -derivava dalla canzone popolare paesana, della quale non ci restano -monumenti musicali ma più testimonianze dell'esistenza nelle opere -letterarie contemporanee. La differenza che passa fra l'_Ars antiqua_ -e l'_Ars nova_ fiorentina è grandissima. Mentre la prima traeva le -melodie del canto fermo della chiesa ed era essenzialmente arte sacra, -l'_Ars_ fiorentina è mondana, crea liberamente le melodie e si serve -di una seconda voce più bassa che diventa un vero accompagnamento ciò -che era il rovescio del procedere anteriore. La declamazione del testo, -che è quasi sempre una poesia di qualche merito, è più accurata e più -libera. L'armonia è più ricca e meno dura, perchè vi abbondano invece -degli intervalli di quarta, quinta ed ottava, le terze e le seste; il -ritmo non è sempre a tre e la notazione diversa dalla francese in molti -riguardi. Insomma queste musiche ben poco hanno a fare collo stile -vocale a cappella. - -Riemann è dell'opinione che le opere dell'_Ars nova_ fossero scritte -per voci umane con accompagnamento di strumenti (viole, basso, arpe) -ciò che non è improbabile anche astraendo dalle conclusioni che Riemann -vuol trarre da un passo di Franco Sacchetti (Nov. LXXIV «lo dicea -con molte note come se dicesse un madriale») e da un altro passo di -un trattato antico di _Johannes de Grocheo_, che pare alluda ad un -accompagnamento istrumentale delle canzoni. Difatti la parte di basso -ha carattere deciso di accompagnamento istrumentale e non di voce -cantata, mentre le parte o parti superiori sono sì ricche di melismi -e fioriture da non poter credere che venissero intieramente cantate. -Riemann si provò a sottoporre le parole del testo alle parti ma con -poco successo. Allora gli venne l'idea di separare le parti e trarne -una vocale e più istrumentali. Egli è forse andato troppo innanzi -e non è rimasto nella trascrizione sempre fedele all'originale ma è -innegabile che il risultato è sorprendente e che queste opere così -ridotte ci fanno un'impressione ben più gradita di quella che si ha -udendo le opere della polifonia antica. Ed è altresì in queste opere -che si potrà cercare la prima origine della grande riforma posteriore -del Seicento. - -I rappresentanti di questa scuola sono per nominarne solo alcuni -_Giovanni da Cascia_ o _Johannes de Florentia_, organista a Firenze -poi ai servigi di Martino della Scala (1329-1351), _Don Paolo da -Florentia_, _Gherardello_, _Laurentio_, _Paolo_, _Bartolino da Padova_ -e _Francesco Landino_ (1325-1397) il cieco degli organi («cieco del -corpo ma dell'animo illuminato, il quale così la teoria come la pratica -di quell'arte sapea e nel suo tempo niuno fu migliore modellatore di -dolcissimi canti, d'ogni strumento suonatore e massimamente di organi» -— lettera di Rinuccini). - -Le forme dominanti sono la _Caccia_ (scene e descrizione di caccie) -spesso a guisa di canone, la _ballata_, il _madrigale_, tutte scritte a -base armonica e melodica nel senso moderno della parola. O sono canzoni -a sole voci o a voci ed istrumenti o forse per soli strumenti come -l'arpa, viole, strumenti a fiato o l'organetto portatile. E che questo -genere di musica fosse assai diffuso, si può argomentare da una rozza -poesia di un tal _Jacobus_ che viveva a quei tempi. - - Tutti fan da maestri. - Fan Madrigali, ballate e motetti - Tutti infiorano Filippotti[1] e Marchetti[2] - Si è piena la terra di magistroli - Che loco più non trovano i discepoli. - -Quanto siamo ormai distanti dall'organo e dal discanto lo dimostra p. -e. una caccia di Gherardello de Florentia che ben meriterebbe venir -trascritta, onde dimostrare quanta vivacità e colorito realistico vi -abbia in essa. - -Ecco almeno i primi versi: - - Tosto che l'alba del bel giorno appare - Isveglia il cacciator. Su, su, su, su - Ch'egli è 'l tempo. Alletta li can - Tè, tè, tè, tè, Viola, tè. Primerate, ecc. - -Ulteriori ricerche e nuove scoperte potrebbero forse farci cambiare -opinione circa l'origine della polifonia e del contrappunto se si pensa -al grado di sviluppo dell'_Ars nova_ in Italia circa il Trecento e poco -dopo ed al fatto che il Carducci riuscì a mettere insieme ben trentatre -nomi di musicisti italiani togliendoli dai codici manoscritti. - -L'_Ars nova_ fiorentina esercitò un grande influsso su quella francese -e spagnola e molte sono le composizioni di musicisti di quei paesi -scritte nello stesso stile. Dal Trecento al Cinquecento si compose in -Francia una quantità di canzoni di solito a tre voci con carattere -popolare spiccato e maggior mobilità di ritmo e spigliatezza delle -italiane. Marchetto da Padova, Filippo de Vitry e Giovanni de Muris -stabiliscono le regole della nuova arte e da quel tempo il discanto -viene sostituito dal contrappunto (_puntus contra punctum_), giacchè -cessava il moto parallelo delle quinte ed ottave. - -Nel Quattrocento l'_Ars nova_ comincia a decadere specialmente -dopochè i papi tornarono da Avignone a Roma (1377), e l'Italia subisce -l'influsso dei forestieri specialmente dei fiamminghi (oltramontani) -che, sia attirati dalla magnificenza delle corti dei principi italiani, -sia dalla malìa che l'Italia destò mai sempre sui popoli nordici, per -più d'un secolo vennero in Italia, vi si fermarono, fondarono scuole -e v'impartirono i loro insegnamenti. La vita italiana di quei secoli -era ben diversa di quella degli altri paesi. Mentre l'artista tedesco, -legato alle pastoje di casta non era che una specie di artigiano, -appartenente ad una delle tante confraternite ed intristiva in un -ambiente angusto e pedantesco, le splendide corti italiane gareggiavano -nel proteggere le arti ed onorare in ogni maniera gli artisti. E ben -altra era pure la coltura delle classi più alte, l'interesse per le -scienze ed arti. Un simile ambiente fecondava l'intelletto dell'artista -e noi vediamo che i maestri fiamminghi scrissero le loro opere più -celebri o in Italia o dopo che vi soggiornarono. - -Fu pure sotto l'influsso dei maestri fiamminghi, che vennero formandosi -in Italia diverse scuole con fisonomia propria e differente come quella -di Venezia, Roma e Napoli. Il fondatore della scuola musicale veneziana -fu _Adriano Willaert_, nato a Bruges nel 1480, dapprima giurista poscia -scolaro di Mouton e Giosquino. Willaert venne nel 1516 a Roma dove -già si cantava un suo motetto, attribuito a Giosquino. Dopo il 1527 lo -troviamo a Venezia alla chiesa di S. Marco, dove salì in grande fama, -ebbe sommi onori e vi restò fino alla morte (1562). Willaert fu il -primo ad introdurre i cori spezzati (_separati_) ripristinando l'antico -costume della maniera antifonica di cantare i Salmi. L'occasione di -tale innovamento fu forse accidentale e suggerita dal trovarsi in -S. Marco due organi con separata cantoria. Ma il merito di Willaert -non sta tanto in questa innovazione quanto nell'aver egli pel primo -abbandonato il sistema fiammingo che basava sul contrappunto e sulla -condotta delle singole voci, poco curandosi dall'armonia e dall'effetto -generale, e nell'aver dato tutta l'importanza all'_accordo_ per sè -ed alla tonalità ormai decisa, che si avvicina alla nostra per l'uso -frequente della dominante del sistema moderno. A lui spetta oltre a ciò -il merito d'essere stato uno dei primi a coltivare il _Madrigale_. - -Successore di Willaert fu il suo scolaro _Cipriano de Rore_ (1516-1565) -di Mechel nel Brabante, ardito innovatore che fece largo uso della -cromatica, abbandonando sempre più il genere diatonico rigoroso. -Cipriano morì a Parma alla corte Farnese. Scolaro di Willaert fu pure -Zarlino. - -Uno dei più celebri maestri della scuola Veneziana antica fu _Andrea -Gabrieli_ (1510-1586), organista di S. Marco ed il vero rappresentante -della scuola veneziana come Palestrina lo è della romana. Con lui -lo stile iniziato da Willaert raggiunse l'apogeo ed alla ricchezza e -grandiosità egli unisce l'espressione della melodia ed il sentimento. -Egli ci lasciò composizioni per organo, per doppio e triplo coro fino a -16 voci, fra le quali il celebre _Magnificat_ e la cantata composta per -le feste date dai Veneziani sulla Laguna in occasione della visita di -Enrico III di Francia. - -Ambros le caratterizza così: «Nelle musiche di Andrea Gabrieli troviamo -lo splendore, la ricchezza, il colorito magnifico e quella folla -innumerevole di figure moventesi nella luminosità dell'aria, che noi -vediamo nei possenti quadri dipinti nelle chiese sugli altari dai -pittori veneziani dello stesso tempo». - -Maggiore di lui fu il nipote _Giovanni Gabrieli_ (1557-1613), nominato -nel 1585 organista del primo organo di S. Marco, scolaro dello zio -e collega del celebre Hassler e maestro di Schütz. Nelle sue opere -l'elemento drammatico e l'espressione individuale incominciano a -mostrarsi e rompere l'oggettivismo di prima, segnando il principio -della decadenza della grand'arte religiosa. Le sue maggiori doti sono -la plasticità, il colorito e la grandiosità della concezione, raggiunta -con mezzi relativamente semplici e senza speculazioni ed artefici. - -Una delle sue opere maggiori, le _Symphoniae sacrae_, contiene una -quantità di composizioni vocali ed istrumentali. Alcune delle prime -hanno accompagnamento di cornetti, violini e tromboni, che se serve -in parte a rinforzare ed a colorire le parti vocali, pure alle volte -cammina indipendente e segna i principi della musica istrumentale -assoluta. Da ultimo rammentiamo di lui il grandioso Salmo 54º a -sette voci, in cui non si sa se più si debba ammirare la sapiente -disposizione delle voci o la grandiosità e ricchezza armonica, e la -sonata _Pian e forte_ per più strumenti (tromboni, fagotti, cornetti, -viole e violini) splendida di fasto e colore. - -Enrico Schütz, il grande precursore di Bach, quando venne per la -seconda volta a Venezia per studiarvi il nuovo genere di musica -(l'opera) scrisse: «Quando io venni a Venezia, approdai dove aveva -passato i miei primi anni di studio alla scuola del Grande Gabrieli. -Gabrieli, o dei immortali, quale uomo egli era! Se l'antichità lo -avesse conosciuto, l'avrebbe preferito ad Amfione, e se le Muse si -fossero sposate, Melpomene (!) l'avrebbe preso per marito». - -Alla sua epoca appartiene pure _Giovanni Croce_ di Chioggia (1560-1609) -pregievolissimo e severo autore di musica sacra, come pure di musica -profana (_Mascarate_ — _Triaca musicale_ — _capricci_, ecc.). - -Quantunque la scuola veneziana basi come la romana sui fiamminghi, -pure la differenza che passa fra l'una e l'altra è rimarcabilissima. La -musica dei maestri veneziani rispecchia la pompa, lo sfarzo delle feste -della regina della lagune, dei palagi, dei dipinti di Paolo Veronese -e Tiziano. Ai fiamminghi bastavano alcune voci che si contrapponevano -ed univano nè essi si servono di istrumenti. I veneziani sostituiscono -alle singole voci cori intieri e li rinforzano con istrumenti per -colorire e far maggiormente spiccare il disegno. Nella scuola romana -il principio conservativo è maggiore e più tenace, mentre la veneziana -è decisamente più progressista. Perciò la posteriore riforma musicale -trovò a Venezia terreno più ferace che a Roma, tanto che l'opera -musicale drammatica si può dire ad eccezione delle origini veneziana. - -Passando alla scuola romana incontriamo pure una certa affinità fra -le due arti della musica e pittura. Come Tiziano e Gabrieli sono i -prototipi delle scuole veneziane, così in Roma Raffaello e Palestrina -presentano alcuni punti di contatto, che indicano l'intima connessione -che passa fra le due scuole, la comunità degli ideali e dei propositi. -Alla ricchezza e varietà del colorito veneziano corrispondeva l'effetto -grandioso, la pompa dell'armonia e delle voci, forse la sensualità -dell'esteriore, diremmo quasi il verismo. In Raffaello e Palestrina -l'effetto sta soltanto in seconda linea e cede il primo posto -all'intensità del pensiero, all'idea, alla forma perfetta e classica -che aborre da ogni lenocinio ed apparenza e da tutto quello, che non -sia assolutamente necessario. A Roma dove le antiche tradizioni e le -memorie erano troppo vive, perchè venissero dimenticate e messe in -disuso, il culto del severo canto gregoriano non poteva fare a meno -di influenzare potentemente colle sue melodie la musica. Per questo -le opere della scuola classica romana basano sul canto gregoriano, dal -quale esse traggono la loro caratteristica, che le distingue da tutte -le altre. - -Fra i molti compositori che fiorirono in Roma prima di Palestrina -nominiamo _Costanzo Festa_ fiorentino († 1545), grande e dotto -contrappuntista, _Cristoforo Morales_ di Siviglia, fecondo ed inspirato -precursore di Palestrina nella idealità dello stile. Di lui si -cantavano ed erano celebri le _Lamentazioni_ ed alcuni _Magnificat_. - -I veri fondatori della scuola romana sono però a reputarsi i fiamminghi -e fra questi _Giacomo Arcadelt_, cantore a Roma nel 1540, morto -a Parigi, compositore semplice e severo, del quale ancor oggi si -eseguisce un'_Ave Maria_, ammirabile per purezza e semplicità di stile, -ma non come si credeva prima _Claudio Goudimel_, che pare non fosse -mai in Italia e si confonde con _Gaudio Mell_, che forse fu maestro di -Palestrina. - -_Giovanni Pierluigi_, detto _Palestrina_ dalla sua patria, nacque nel -1514, secondo Haberl nel 1536, da modesti genitori. Venne presto a -Roma dove fu assunto per la sua bella voce fra i ragazzi cantori di S. -Maria Maggiore ed istruito nella musica. In seguito divenne scolaro -di Arcadelt. Dopo alcun tempo passato come direttore della cappella -di Palestrina fu nominato nel 1551 successore di Arcadelt nel posto -di _Magister puerorum_ nella cappella Giulia. Depose questo ufficio -per divenir cantore della papale nel 1555, donde fu scacciato ancor -nello stesso anno da Paolo IV con altri due cantori perchè ammogliato. -Dal 1555 al 1561 fu direttore in S. Giovanni Laterano, quindi fino -al 1571 in S. Maria Maggiore. In questo tempo furono composte le -tre famose Messe, fra le quali quella di _Papa Marcello_, a cui la -leggenda suol attribuire di aver salvata la musica figurata dal bando -della Chiesa. L'occasione fu la seguente. Nella 22ª e 24ª sessione -del Concilio di Trento fu stabilito di bandire dalla Chiesa la musica -mondana e di rimettere ai vescovi e concilii provinciali le ulteriori -riforme necessarie. Pio IV nominò ai 2 Agosto 1564 una commissione di -8 cardinali, che doveva stabilire le riforme da introdursi. Queste -si occuparono specialmente del testo ed in seconda linea dei temi -delle melodie, che non dovevano esser tolte da canzoni profane. -Principalmente poi trattavasi della possibilità di udire chiaramente il -testo nelle complicazioni polifoniche, nelle quali s'erano introdotti -tali abusi, che il cardinale Capranica ebbe a dire che a sentire -i cantori gli sembrava udire un branco di porcellini chiusi in un -sacco. Palestrina fu allora incaricato dalla commissione di comporre -una Messa che corrispondesse alle esigenze della chiarezza del testo. -Egli invece ne compose tre, che furono eseguite ai 28 Aprile 1565 nel -Palazzo del cardinale Vitellozzo. L'impressione che la terza, dedicata -al protettore di Palestrina, Papa Marcello, fece sugli uditori, fu tale -che si decise di desistere da ogni ulteriore riforma e di raccomandarla -come modello. Haberl crede che essa fu scritta più anni prima del 1565 -e la sua importanza più che nell'intima bellezza che viene superata -da altre messe di Palestrina sta nell'uso conseguente dello stile -declamato, nel raggruppamento magistrale delle voci e nella varietà di -colorito. - -All'esecuzione di questa Messa seguita due mesi dopo si dice che Papa -Giulio IV abbia esclamato: «Un altro Giovanni ci fa presentire nella -terrestre Gerusalemme quel canto che l'apostolo Giovanni rapito in -estasi sentì nella celeste». In seguito a questo successo Palestrina fu -nominato maestro compositore della cappella papale, nella quale carica -durò fino alla sua morte, avvenuta ai 2 Febbraio 1594, l'anno di morte -di Orlando Lasso. - -L'importanza di Palestrina per la musica sacra è somma. Sarebbe però -erroneo il credere, che egli fosse un riformatore nel senso solito -della parola, ma è forse appunto in ciò che sta la sua grandezza, -nell'aver cioè saputo coi mezzi conosciuti raggiungere tanta altezza. -Anzi considerando le opere dei madrigalisti contemporanei o di poco a -lui posteriori, egli è ben meno moderno di questi, che sono col loro -stile cromatico i veri romantici del secolo XVI. Egli è piuttosto il -genio, che chiude una grande epoca che in lui, come la susseguente -con Sebastiano Bach, raggiunse la perfezione, quasi concentrando tutte -le sue forze e virtù in un uomo solo che le desse l'impronta storica. -Nella sua musica è raggiunta la perfezione della forma, la misura del -bello non è mai oltrepassata come qualche volta in Orlando; egli non -abusa dei melismi, non fa uso di armonie strane e ricercate nè di ritmi -originali e insoliti. Le sue doti tecniche principali sono la bellezza -e perfezione della linea melodica, la trasparenza delle voci e la -chiarezza del testo, difficilissima a raggiungere nella polifonia. Il -contrappunto e le più ardue soluzioni non sono mai scopo ma soltanto -mezzo, ed egli, adoperandole sovranamente, non ci pensa neppure ma -tende più in alto. Da ciò dipende quell'infinita dolcezza, religiosità -e mite melanconia che ci destano le sue opere, quel sentimento -indefinito di speranza e di aspirazione alle cose alte. Nè perciò -Palestrina è mai effeminato, come non lo è Raffaello, mai sentimentale -come i posteriori, perchè la sua tristezza è quella d'un uomo, che -sa che con lui non è tutto finito ma che la vita eterna, guiderdone -dei giusti, lo aspetta. Spitta osserva che se Orlando Lasso fosse -nato un secolo più tardi, egli sarebbe divenuto un grande compositore -drammatico, ciò che non è pensabile per Palestrina, perchè egli come -Bach ha bisogno della solitudine per concentrarsi e trae tutto dal suo -intimo. - -L'intelligenza delle opere di Palestrina non è cosa d'ognuno. Chi -le giudica semplicemente coi nostri pensieri e criteri artistici non -saprà mai trovarvi quella virtù, che ne è la principale. La musica di -Palestrina non vuol essere eseguita in concerto ma in chiesa, per la -quale fu scritta. Allora soltanto si capirà quale tesoro d'ispirazione, -religiosità e d'arte sia contenuto in essa, in quelle brevi e semplici -melodie, che non sono le nostre ma che ci sottraggono alle cure -terrene, in quei maestosi accordi, in quell'avvicendarsi di voci ora -dolcissime ora potenti e maschie, che sembrano innalzarsi al cielo -per chiedere grazia e perdono. Allora soltanto si capirà che questa -è arte vera e grande, e che essa non potrà mai perire, giacchè essa è -superiore ai capricci del gusto ed immutabile nelle sue eterne leggi. - -Palestrina fu autore assai fecondo. Fra le sue moltissime composizioni, -che Baini, il suo ammiratore e biografo, divide in 10 stili (!), -nominiamo la serafica messa _Assumpta est Maria_, forse la più -sublime composizione del genere, la Messa di Papa Marcello, il Motetto -_Tenebrae factae sunt_, il grandioso _Stabat Mater_ a due cori una -delle opere più grandiose della musica da chiesa di ogni tempo, in -cui il dolore ha accenti celestiali di rassegnazione e speranza; gli -_Improperi_, le _Lamentazioni_ ed i _Motetti del Cantico dei Cantici_ -a cinque voci, opera d'una ineffabile dolcezza e soavità, una _Salve -Regina_ a cinque voci. - -Wagner nel suo studio su Beethoven ne giudica così: «L'unica -progressione nel tempo si palesa quasi soltanto nel più delicato -cambiamento del colore fondamentale, che ci fa apparire i più svariati -passaggi mantenendo ferma l'affinità più ampia, senza che noi ci -possiamo accorgere di un'alterazione di linee in questo cambiamento. -Così risulta un quadro quasi senza tempo e spazio, una visione affatto -sopranaturale, che ci commuove sì profondamente». - -Palestrina esercitò colle sue opere un grande influsso sull'arte -musicale religiosa dei suoi tempi. Egli fu l'antesignano di quella -stupenda e numerosa scuola d'autori italiani, che seguirono le sue -aspirazioni ed ideali e le cui numerosissime composizioni sono colle -sue il modello della vera musica da chiesa. Lo stile di tutte queste -è quello che da Palestrina ebbe il nome e che ha per impronta la -semplicità unita alla maestà e grandiosità, un'eterea altezza priva -d'ogni sensualità e reminiscenza mondana, una serenità serafica, -che trasporta in regioni più alte, la perfezione della forma e della -misura, escluso ogni elemento drammatico, o, per dirla con espressione -più adattata all'epoca nostra, ogni sentimento di soggettivismo, -come s'addice alla Chiesa cattolica che domanda che l'individuo non -pensi alle cure terrene ma si unisca in un rapimento di fervore e -speranza alla comunità dei fedeli. Eppure se eccettuiamo _Lodovico da -Vittoria_ (1540-1613?), spagnolo di Avila, direttore della Cappella -Sistina, che gli è quasi pari, nessuno dei contemporanei e posteriori -seppe raggiungere Palestrina, perchè la sua arte è troppo personale e -quasi troppo soprannaturale per venir imitata od essere suscettibile -di progresso nello stesso ambito e già Pietro della Valle la chiama -_monumento da museo_ (1640). - -Contemporanei di Palestrina furono _Giovanni Maria Nanini_ (1540?-1607) -che fondò con Palestrina una celebre scuola, dalla quale uscirono -insigni maestri quali _Felice e Giovanni Anerio_, Giovanni Animuccia, -Giovanni Guidetti (1532-1592) che ebbe l'incarico di rivedere -con Palestrina i libri del Canto gregoriano, alla qual difficile -impresa egli dovette poi attendere solo, _Francesco Soriano_ romano -(1549-1631) originale ed ardito innovatore, il celebre _Luca Marenzio_ -e _Marcantonio Ingegneri_ (1550), l'autore dei celebri _Responsori_ che -fino pochi anni fa si credevano di Palestrina. - -Fra gli autori dell'epoca dell'incipiente decadenza nominiamo _Gregorio -Allegri_ (1586-1652) della famiglia di Correggio, l'autore del celebre -_Miserere_ a due cori, che si canta il Venerdì Santo nella cappella -Sistina, composizione stupenda nella sua semplicità di accordi di -seguito, i due _Mazzocchi_, _Ercole Bernabei_ (1670-1690), _Orazio -Benevoli_ (1602-1672), direttore a Roma ed a Vienna, da ultimo a S. -Pietro, autore di composizioni nelle quali la polifonia raggiunge il -numero di 12, 14, 24 e 48 voci, insuperabile nell'arte di aggruppare -voci e cori, senza che la chiarezza ne soffra. La sua arte è talmente -grande, che ad una voce egli sostituisce un intiero coro e scrive -pezzi in stile fugato con entrate per coro invece di singole voci, -interrompendo saggiamente la troppa polifonia con brani in cui canta un -solo coro e tutte le voci si acquietano in un maestoso corale. - -Giunti a questo punto non sarà forse senza utilità l'esaminare -brevemente i diversi generi di composizione sviluppatisi dopo i -primi tentativi polifonici. La musica medioevale dotta appartiene -ad eccezione dell'_Ars nova_ quasi esclusivamente alla Chiesa. Come -la pittura e scultura sceglievano senza eccezione soggetti sacri, -così i musicisti fiamminghi e le scuole posteriori fino al seicento -dedicarono il meglio delle loro opere alla chiesa. Fra le composizioni -sacre spetta il primo posto alla _Messa_, la parte più importante -della liturgia. Ma si avrebbe un'opinione ben falsa se si credesse, -che i maestri antichi abbiano scelto con predilezione il testo della -Messa per la varietà dei sentimenti ed affetti, per la diversità di -espressione e carattere delle singole parti, giacchè siamo ancora -ben lontani dall'individualizzazione dei sentimenti nella musica. Il -testo della messa non è che una semplice preghiera, affatto priva -di carattere drammatico e passionale. Il musicista non cerca punto -di tradurre nella sua opera il significato dei singoli pensieri ma -si contenta di scrivere della musica, che nell'intonazione generale -corrisponda allo scopo liturgico e sia nel medesimo tempo opera d'arte -musicale. Premesso ciò, si comprende come la maggior parte delle messe -antiche sieno ben di rado scritte su di un tema originale, giacchè -l'invenzione melodica aveva poca importanza. - -Affine alla Messa nella maniera di composizione è il _motetto_ (da -_motto_ o _motus_) ora su testo della chiesa, ora su altre parole. -Esso basa nella forma originaria sulla congiunzione di due o tre -melodie profane o sacre di testo diverso, mentre il basso (o tenore) -è di solito tolto dal canto gregoriano. Coltivato dapprincipio con -predilezione venne poi decadendo quando fu scelto per spiegarvi -tutte le arti più complicate del contrappunto. Allo stile del motetto -appartenevano le _narrazioni evangeliche_ ed i _Salmi_. - -Il bisogno di dar più libera espressione ai sentimenti ed affetti -dell'animo senza le pastoje del canto fermo, la coltura crescente, la -vita socievole dell'epoca del Rinascimento influirono sullo sviluppo -di un'altra forma di composizione, che in certo riguardo preludia -alla _Monodia_, cioè al _Madrigale_ che rappresenta quasi la musica -da camera del secolo XVI. La parola deriva da mandra (Pietro Aaron lo -chiama ancora Mandriale) ed indicava una specie di poesia pastorale. -Esso è uno dei vanti della poesia e musica italiana e vi lavorarono -per perfezionarlo intiere generazioni. Il Madrigale è a 3 fino ad 8 -voci — di solito a cinque — varia nella melodia non però legata al -canto fermo, cerca di esprimere colla musica il carattere del testo -e sfugge dalle complicazioni scolastiche, cercando invece d'essere -espressivo. Ciò doveva aver per necessaria conseguenza maggior libertà -nell'uso della tonalità, che s'avvicina talvolta alla cromatica e -rompe l'austera diatonica antica. Il Madrigale appartiene intieramente -alla musica profana ma altresì alla polifonica, sicchè passa di -solito poca differenza fra la maniera del Motetto e del Madrigale, -quantunque vi predomini la linea melodica, anche perchè la poesia dei -madrigali a versi di diverso numero di sillabe dava occasione a maggior -caratteristica, a ritmi più svariati, libertà di forma ed imitazioni -musicali. - -I primi madrigali si distinguono ancor poco dai motetti ma la -differenza diventa col progredire del tempo sempre più grande, quando -cioè si sviluppò il sentimento dell'accordo ed il basso diventa una -parte importante. Allorchè poi si cominciò a ridurre i madrigali per -una voce sola e liuto od altri strumenti, che eseguivano tutte le voci -ad eccezione della superiore, che si cantava, era già preparata la -strada alla monodia e difatti per stile madrigalesco s'intende poi lo -stile recitativo e drammatico. - -I cultori del Madrigale formano una legione ed infinite sono le loro -opere, tanto che p. e. dal 1535 al 1600 si stamparono cinquecento -raccolte di madrigali ed ogni raccolta ne conteneva dai venti ai -cinquanta. I più celebri furono gli italiani fra i quali nominiamo -oltre Willaert, che fu tra i primi a coltivarlo, Festa, Palestrina, -Anerio e sopra tutti _Luca Marenzio_ (1550-1599) detto _il più dolce -cigno d'Italia_, bresciano, ispirato e melodioso, ed il principe di -Venosa _Carlo Gesualdo_ (1560?-1614) ardito innovatore, che precorse i -suoi tempi. - -Celebri madrigalisti conta pure l'Inghilterra (_Bird_, _Gibbons_, -_Bull_, ecc.). - -Altro genere di composizioni erano le _canzoni profane_ dei musicisti -(_chansons_, _Lieder_) pure di stile polifonico di solito a tre voci -sul tema di qualche canzone popolare, ma che con questa nulla avevano a -fare e che somigliavano piuttosto al motetto. - -Contemporanee al madrigale e pure di origine italiana sono le -_Villanelle_, _villotte_, _canzoni alla Napolitana_, _frottole_, ecc. -Le più antiche sono le frottole, canzoni polifoniche a più voci scritte -senza grande arte ma non senza una certa freschezza ed ispirazione. -_Marco Cara_, _Bartolomeo Tromboncino_, _Giorgio della Porta_ sono i -più noti cultori di questo genere. Le Villanelle e le altre specie di -canzoni posteriori le fecero andare in disuso. Queste son scritte in -stile più libero del madrigale, e quantunque non appartengano alla -musica popolare hanno più volte lo stile omofono, la melodia nel -soprano, la varietà di ritmo. Celebri autori di Villanelle furono -_Giovanni Gastoldi_ (1556-1622) e _Baldassare Donati_ († 1603). - -L'epoca di Palestrina è quella del canto a cappella. Esso era -affatto diverso dalle opere dell'_Ars nova_ e ripigliava piuttosto -le tradizioni del tempo dell'_organum_ e del discanto. Perchè poi -l'_Ars nova_, senza dubbio più moderna e popolare, sia sì presto -decaduta, tanto che se ne perdette quasi la traccia, è ben difficile -spiegare. Forse vi influì la venuta dei maestri fiamminghi in Italia, -ai quali era ignota la nuova pratica di musica e che erano sempre anche -eccellenti cantori. La posizione dominante che essi presero alle corti -italiane e nelle cappelle delle chiese, si ripercosse sulla produzione -che divenne interamente vocale. - - - LETTERATURA - - Friedrich Ludwig — _Die mehrstimmige Musik des XIV Iahrhundertes._ - Sammelbände der intern. Musikgesellschaft — Jahrgang IV, Heft 1, - 1902. - - J. Wolf — _Florenz in der Musikgeschichte des XIV._ Jahrhundertes, - Do. Heft 3, 1902. - - Gandolfi Riccardo — _Illustrazioni di alcuni cimeli concernenti - l'arte musicale in Firenze_, Firenze, 1882. - - Riemann H. — _Alte Hausmusik_, Lipsia, Breitkopf und Härtel - (trascrizioni). - - R. Eitner — _Adrian Willaert, Musikhefte für Musikg. XIX._ - - — _Iacob Arcadelt, Musikhefte für Musikg. XIX._ - - — _Cyprian Rore, Musikhefte für Musikg. XIX._ - - G. Baini — _Memorie storico critiche della vita e delle opere di - Giov. Pier Luigi Palestrina_, 1828. - - W. Baümker — _Palestrina_, Freiburg, 1877. - - Spitta Phil — _Palestrina. Deutsche Rundschau_, 1894, fasc. 7º. - - Brenet M. — _Palestrina_, Paris, Alcan, 1906. - - Cametti A. — _Cenni biografici di G. Palestrina_, Milano, Ricordi, - 1894. - - E. Schmitz E. — _Palestrina_, Lipsia, Breitkopf und Härtel 1914. - - Collet H. — _Victoria_, Paris, Alcan, 1914. - - Cesari G. — _Le origini del Madrigale cinquecentesco_, Riv. music. - ital., XIX, fac. 2º. - - Le opere di Palestrina e Vittoria furono pubblicate dalla casa - Breitkopf und Härtel di Lipsia. - - Raccolte di opere scelte degli altri autori sono: - - Proske — _Musica divina._ - - Dommer — _Musica sacra._ - - Stephan Lück — _Sammlung ausgezeichneter Compositionen für die - Kirche_, Leipzig, Braun, 3 volumi, ecc. - - Torchi — _L'Arte musicale in Italia_, vol. 1º-2º (Ricordi). - - Cfr. E. Vogel — _Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik - Italiens_ aus den Iahren 1500-1700. - - - - -CAPITOLO IX. - -Misteri e Passioni. — Origine dell'opera. - - -L'uso di rappresentare azioni sacre si rintraccia ormai nel Medio -Evo. Il testo della Messa e della Passione racchiude in sè elementi -eminentemente drammatici, che eccitavano alla rappresentazione. I -_Misteri_ e _Miracles_ più antichi cominciarono col far recitare da -diversi chierici le parole dette dalle singole persone. La lingua era -la latina nè usavasi apparato scenico. In seguito venne sostituita la -lingua volgare e si passò dalla chiesa alle piazze davanti le chiese, -ai mercati. A Pasqua del 1244 si eseguì in simil modo la Passione e -Risurrezione di Cristo sul Prato della Valle a Padova e ci restano -notizie di altre rappresentazioni a Cividale e negli Abruzzi (Pianto -delle Marie). Speciali corporazioni si dedicano a queste azioni sacre, -così, per es. la Compagnia del Gonfalone a Roma, la Confraternita -dei Battuti a Treviso, la _Confrérie de la Bazoche_ a Parigi, ecc. -Trasportati questi misteri della Chiesa sulla piazza ed introdottavi -la lingua volgare vi subentra l'elemento popolare comico e con questo -la scurrilità. La chiesa scaglia bandi ma indarno. Il diavolo diventa -una specie di Arlecchino, che porta le spese del divertimento. Egli sta -di solito legato in una botte e finisce col prendere delle bastonate. -Ciarlatani, merciaioli, lo scemo sono frammisti alle persone sacre -e parlano una lingua da trivio. La più sconcia caricatura di queste -azioni sacre erano la _fête de l'âne_, le _Diableries_ e _Messe degli -asini_ in uso in Francia dal secolo XII al XVI. La così detta _prosa -de asino_ (_Orientis partibus_, ecc.) era il canto di prammatica di -queste feste. La biblioteca di Parigi conserva in un manoscritto questa -_prosa de asino_ ed un'intiera _Messa degli asini_ in notazione. Le -biblioteche di Padova, Cividale, Parigi, S. Gallo, ecc., posseggono -molti manoscritti con Misteri ed azioni sacre antiche. - -I Misteri venivano quasi sempre cantati. Le melodie erano simili alle -gregoriane ed alle sequenze; in seguito vi si introdussero canzoni -popolari. Quando poi il realismo vi prese piede, il canto cessò e -le azioni sacre vennero decadendo e trasformandosi in drammi sacri -o mondani recitati. Una specie di azione sacra, se tale si può dire -si conservò però anche posteriormente nella _Passione_ e da questa -trasse forse la origine l'_Oratorio_. _S. Filippo Neri_ (1515-1595), -per trattenere il popolo dal prendere parte alle licenziose feste del -Carnevale, istituì funzioni sacre, che si facevano dapprincipio nel -convento di San Gerolamo a Roma e poi nell'Oratorio di Santa Maria -in Vallicella. Esse consistevano in sermoni e racconti della bibbia -con intercalate laudi spirituali, specie di inni sillabici a quattro -voci con piccoli a soli senza rappresentazione scenica. _Animuccia_ -(1514?-1570), _Asola_ ed altri composero più di queste laudi in stile -popolaresco, molte delle quali furono pubblicate senza nome dell'autore -a Venezia nel 1563 e posteriormente. La prima funzione ebbe luogo nel -1564. In seguito esse divennero vere azioni sacre, misteri, moralità, -esempi e si chiamarono _oratori_, prendendo forse il nome dal locale -dove si eseguivano. Alcuni autori vogliono invece far derivare il nome -dalle arti oratorie, che si insegnavano nelle scuole e conventi, dove -si eseguivano funzioni unite a produzioni musicali. - -L'oratorio originario si distingue in due categorie, il latino ed il -volgare. Il primo ha somiglianza col medioevale liturgico e rinacque -nel 1600 in forma di dialogo in lingua latina senza rappresentazione -scenica ma collo storico che racconta. Il secondo deriva dalle antiche -laudi, originariamente canzoni a strofe poi simili al motetto. La -Congregazione dell'Oratorio fondata a Roma nel 1575 diffuse in Italia -e Francia questo genere di musica semisacra. Nel 1600 si eseguì in -S. Maria in Vallicella la _Rappresentazione di anima e di corpo_ con -musica di _Emilio del Cavaliere_, membro della Camerata fiorentina -dei Bardi, gentiluomo romano, nato circa il 1550, prima a Roma poi a -Firenze. Essa consta di piccoli inni scritti nello stile madrigalesco -e di _a soli_ con accompagnamento di cembalo, lira doppia, due flauti -ed un violino all'unisono col soprano. In questi sono ormai messe in -pratica le teorie della Camerata fiorentina, nè mancano intieramente e -l'ispirazione e l'arte come lo mostrò l'esecuzione del 1912 a Roma. Il -testo di questa rappresentazione che non è di Laura Guidiccioni come di -solito si scrive ma del padre Agostino Manni, è un'allegoria strana in -cui i personaggi incarnano soggetti astratti, come il tempo, la vita, -il corpo, ecc. La _rappresentazione_ non è però da mettersi fra gli -oratorî ma per la forma e la musica appartiene piuttosto al melodramma. - -Ma già ancor prima dell'Oratorio troviamo in Italia rappresentazioni -di soggetto mondano con musica. Un embrione di queste è ormai il _Jeu -de Robin et Marion_ di _Adam de la Halle_ già menzionato, eseguito a -Napoli verso la fine del Secolo XIII, un grazioso idillio, che può -interessare ancor oggi. Le canzoni (senza accompagnamento) che ci -rimangono, palesano un deciso sentimento per la melodia e la tonalità -moderna. - -Arteaga ci racconta d'una specie di mascherata allegorica con cori, -salmodie, danze, accompagnate da istrumenti, che si fece con grande -sfarzo nel 1388 in Milano in occasione delle nozze di Galeazzo Sforza -con Isabella d'Aragona. Di simili rappresentazioni, che ebbero luogo -in Roma, Firenze e Venezia, ci è pure conservata la memoria, così -d'una cantata, _La Conversione di S. Paolo_, con musiche di _Francesco -Beverini_ eseguita a Roma all'epoca di Sisto IV, circa il 1480, di -un dramma del Poliziano, _Orfeo_, con musica di Zarlino, eseguito -alle feste per Enrico III di Francia in Venezia nel 1574, di un -altro dramma, _Orbecche_ (1541), musicato da _Alfonso della Viola_ in -Ferrara, del _Pastor fido_ del Guarini con musica di _Luzzasco_ e di -altri (_Striggio_, _Malvezzi_, _Luca Marenzio_, _Banchieri_, ecc.). -La musica di tutte queste azioni si limitava ad alcuni cori con pezzi -istrumentali e qualche _a solo_ e si eseguiva soltanto negli intermezzi -degli atti con poca o nessuna attinenza coll'azione, che veniva -semplicemente declamata e rare volte interrotta da un coro nello stile -madrigalesco. - -Un discorso di Vincenzo Giustiniani pubblicato dal Solerti contiene -questo passo caratteristico: «L'anno santo del 1575 o poco dopo -cominciò un modo di cantare diverso da quello di prima... massime nel -modo di cantare con una voce sola sopra un istrumento con l'esempio -di un Gio. Andrea Napolitano e del sig. Giulio Cesare Brancaccio e -d'Alessandro Merlo romano, che cantavano un basso nella larghezza dello -spazio di 22 voci (3 ottave) con varietà di passaggi nuovi e grati -all'orecchio di tutti». - -A noi sembra cosa incredibile, che in quella epoca in cui le canzoni -popolari avevano ormai ritmo e melodia decisa e spiccata, non si abbia -saputo applicare questi nuovi elementi al dramma stesso, ai monologhi -ed ai dialoghi. Eppure una cosa sì naturale, ed apparentemente sì -facile a farsi, non successe che più tardi dopo mille tentativi -infruttuosi, tanto era ancor potente la polifonia che si considerava -come l'unica maniera di musica dotta. Le prove però non mancarono. O -si faceva cantare da una sola voce di solito la parte del contralto -e si eseguivano cogl'istrumenti le altre parti reali, o si faceva -cantare un monologo o dialogo da più voci nello stile polifonico. La -più interessante opera di questo genere è l'_Amfiparnaso_ di _Orazio -Vecchi_, distinto contrappuntista (1550?-1605), una specie di commedia -buffa, in cui le parti dei singoli personaggi (Pantalone, Francatrippa, -dottor Graziano, Ebrei, ecc.), vengono cantate dal coro in madrigali a -5 voci. - -I musicisti anteriori al secolo XVII che intuirono ed in certo modo -divinarono la grande rivoluzione musicale posteriore furono quel -Cipriano de Rore, scolaro di Willaert, che fece uso ed abuso della -cromatica senza saperne comprendere l'importanza, Luca Marenzio ed -ancor più _Carlo Gesualdo_, ricco di «espressioni veementi a forza di -straordinarie modulazioni» (Martini). - -Altro e maggiore spirito innovatore fu _Lodovico Grossi_ di Viadana, -chiamato _Lodovico Viadana_ (1564-1627), uno di quegli uomini, cui, -come a Guido d'Arezzo, la fama si compiacque di attribuire scoperte -musicali ed innovazioni, per quanto ne manchi la prova. Quantunque i -suoi celebri _Concerti ecclesiastici, a una, due, tre e quattro voci -con il basso continuo per suonar nell'organo_ sieno stati pubblicati la -prima volta nel 1602, essi furono certo scritti in una epoca anteriore, -sicchè spetta senza dubbio anche a lui parte della gloria data alla -Camerata fiorentina. In questi concerti le voci sono trattate come veri -_a solo_ differentemente dalla polifonia ed il carattere è melodioso, -diviso in periodi e ritmico nel senso moderno della parola. Una vera -novità fu l'aggiunta del basso continuo, non il numerato come di -solito si asserisce, nel quale viene ridotta l'armonia, staccandola -dalle voci e facendola servire da vero accompagnamento e base al -canto. La prefazione ai concerti ci spiega come Viadana sia giunto -all'introduzione od almeno all'applicazione conseguente del basso -continuo. Essendo ai suoi tempi sempre più frequente l'uso di far -eseguire composizioni a più voci da una sola con accompagnamento di -altre od istrumenti in causa dello stile fugato e ricco di contrappunti -ne risultavano riduzioni incomplete con molte interruzioni, alla quale -suppliva appunto il basso continuo, che empiva le lacune e rendeva più -scorrevole e completa l'armonia. Il Basso generale o numerato non fu -introdotto da lui, giacchè la parte dell'organo non porta che qualche -indicazione del diesis e bemolle della terza ma non cifre di accordi, -come, p. es. la _Euridice_ di Peri e Caccini, pubblicate ormai prima -dei Concerti. - -Chi ne abbia avuto l'idea, non si seppe ancora accertare, nè si sa se -esso abbia avuto origine dal bisogno pratico di scrivere una partitura -o schizzo della composizione con indicazione degli intervalli delle -voci mancando allora le nostre partiture, oppure dall'intuizione -degli accordi. La supposizione più probabile è la prima giacchè il -basso numerato non fu per lungo tempo che una cosa meccanica, una -specie di tabulatura senza alcun influsso sulla maniera di comporre e -perchè altrimenti non sarebbe spiegabile l'immensa sorpresa che recò -la posteriore teoria di Rameau sull'armonia. Non è improbabile che il -basso numerato fosse introdotto già prima di Viadana per comodità degli -organisti, onde risparmiare spazio, giacchè, come scrive Agazzari, -altrimenti «per la quantità e varietà d'opere bisognerebbe l'organista -maggior biblioteca d'un legale». Ma altresì si può ammettere che il -basso numerato influì ad avvezzare l'orecchio o meglio l'occhio a -comprendere l'essenza e la natura dell'accordo ed a leggere la musica -non più orizzontalmente ma verticalmente. A Viadana spetta il merito -od il biasimo di avere introdotta la monodia nella musica da Chiesa, la -cosidetta _seconda pratica di musica_, o stile concertante a differenza -dello stile a cappella, che fu certo la prima e maggior cagione -del suo decadimento. Egli pure poi come gli altri menzionati tentò -d'esprimere colla musica il sentimento delle parole e di darle motivi -caratteristici. - -Lo stile dei _concerti_ non è del resto ancora il recitativo, perchè le -melodie chiuse non vi sono evitate ed è trascurata l'accentazione delle -parole. Il lagno generale era la mancanza d'espressione, di gentilezza -e soavità che si rimproverava alla polifonia, la quale nel suo -complicato tessuto di voci impediva di intendere le parole del testo -ed escludeva la possibilità di esprimere i sentimenti individuali, -«essendo nato il contrappunto in tempi rozzissimi e fra uomini d'ogni -sorta di letteratura e gentilezza nudi, e che con li nomi stessi -dimostrano la loro barbarie» (G. B. Doni). - -La soluzione di questo problema doveva trovarsi in Firenze, che fu -la vera culla della musica drammatica e per conseguenza moderna, -dove la vita in seguito alle lotte intestine era più agitata, e dove -ebbe principio il Rinascimento delle arti. Gli studi umanistici e -specialmente greci furono una delle cause della nuova rivoluzione -musicale. Gli spiriti cessarono di rivolgersi esclusivamente al cielo -e piegando gli sguardi alla terra «a questa bella d'erbe famiglia e di -animali», si sprigionò dai petti un alito di vita calda e sensuale. -La corte dei Medici accoglieva in quel tempo dotti, poeti, artisti e -musici, che si ritrovavano in convegni a trattare questioni di scienza -ed arti. Specialmente nella casa di _Giovanni Bardi_, Conte di Vernio, -uomo assai colto, poeta e musico si radunavano molti artisti e dotti -per trattare sopratutto di questioni musicali. Assidui frequentatori -di questa Camerata erano _Giulio Caccini_ romano (1550?-1618), _Jacopo -Peri_ (1561-1633) di origine fiorentina, _Emilio del Cavaliere_, -_Vincenzo Galilei_, padre di Galileo (1540-1610), il poeta _Ottavio -Rinuccini_, _Girolamo Mei_, _Pietro Strozzi_ ed _Jacopo Corsi_, nella -casa del quale avevano luogo le riunioni, dopochè Giovanni Bardi fu -chiamato come camerlengo alla Corte di Clemente VII. - -Dalla lettura degli autori greci, che decantavano la musica delle -tragedie e dalle dottrine platoniche si era venuta formando la -persuasione della sublimità di questa musica e si cercava di scoprirne -la natura e la qualità. Il dialogo di Vincenzo Galilei sulla musica -antica e moderna (1581) contiene la vera sfida di guerra alla musica -antica. Egli pubblicò alcuni frammenti musicali di inni greci scoperti -ma non seppe trovare la chiave per decifrarli. E così successe, che -credendo di imitare la musica greca, della quale allora assolutamente -nulla si sapeva ed oggi poco si sa, nacque lo stile drammatico, così -detto _rappresentativo_. L'onore di aver fatto i primi tentativi -spetta pure a Vincenzo Galilei, che compose la scena di Ugolino -di Dante per voce sola ed accompagnamento di viola ed alcuni brani -delle Lamentazioni di Geremia, quantunque da un passo di Baldassar -Castiglione (I, 13) «ma sopratutto parmi gratissimo il cantare alla -viola per recitare, il che tanto di venustà ed efficacia aggiunge alle -parole che è gran meraviglia» si possa arguire, che simili tentativi -furono fatti ancor prima. Il plauso che ne ottenne fu grande e ben -presto si trovarono imitatori, fra i quali _Giulio Caccini_, che, -nel 1601 pubblicò col titolo di _Nuove musiche_ una raccolta di pezzi -scritti alcuni anni prima con accompagnamento di chitarrone o tiorba -romana, specie di liuto a 10 corde. Essa contiene dodici madrigali -a una voce, dieci arie ed alcuni frammenti tolti dal _Rapimento di -Cefalo_. I madrigali sono semplici declamazioni, le arie si avvicinano -alla canzone a strofe. Il basso numerato è senza interesse ma -abbastanza corretto. Nella prefazione «ai lettori» vien data l'idea -del nuovo stile, del quale Caccini si proclama inventore e sviluppata -la teoria del canto. Lo stile di queste composizioni è diverso dal -polifonico e si avvicina all'arioso senza melodia periodizzata, -limitandosi ad una declamazione accentuata con piccole frasi melodiche -e ritmo non deciso. In complesso però le _Nuove musiche_ sono ben -poca cosa ed appartengono più che al nuovo stile alla _pratica del bel -canto_, che era fra i supremi fini della Camerata. Riemann sempre in -cerca di novità ha tentato ultimamente una riabilitazione delle _Nuove -musiche_, cambiandone in parte il ritmo segnato che è il solito C, -mentre in realtà vi si mescolano altri ritmi di 3/4 e 3/2, nè si può -negare, che la nuova divisione ritmica rende quelle composizioni più -agili e meno angolose. - -Questa innovazione non rispondeva però ancora all'idea della Camerata, -che si pensava essere stata la musica delle tragedie greche qualche -cosa di medio fra la parola ed il canto, più di una declamazione -passionata e meno che una melodia ritmica, in una parola il _recitativo -secco_ della nostra musica. Chi lo scoprì ed introdusse fu _Jacopo -Peri_ († 1633), il Zazzerino, celebre cantante e musicista, che musicò -la _Dafne_ di Rinuccini, eseguita in casa Corsi nel 1594, la prima vera -opera scritta nello stile rappresentativo che corrispondeva a quanto si -crede, agli ideali ellenici della Camerata, perchè ne andò perduta la -musica ad eccezione di due brani insignificanti, che sono composti da -Bardi e non da Peri. - -Sembra strano che un tale genere di musica, che destò tanta -ammirazione e plauso, non abbia tosto trovato imitatori, giacchè non -ci è conservata alcuna memoria di dramma in musica fra la _Dafne_ e -l'_Euridice_, questa pure scritta da Rinuccini, con musica di Jacopo -Peri, rappresentata a Firenze ai 6 ottobre del 1600 in occasione delle -nozze di Maria dei Medici con Enrico IV di Francia nel palazzo Pitti -in presenza della corte e dei nobili fiorentini con grande sfarzo di -scene, vestiari e macchine. Peri cantò egli stesso la parte di Orfeo, -mentre Caccini, che avea pure composto alcuni pezzi, dirigeva i cori. -L'orchestra nascosta dietro la scena, si componeva di un clavicembalo, -un chitarrone, un liuto grosso ed una lira grande, oltre molti -istrumenti a fiato e corda, che accompagnavano i cori o suonavano i -ritornelli. - -Giulio Caccini compose esso pure l'_Euridice_ e la pubblicò nel 1600 -presso Giorgio Marescotti. Questi due drammi per musica, o tragedie, -come si chiamavano allora, sono scritti nello stile rappresentativo ed -in essi erano messe in pratica le teorie nuove, frutto delle conferenze -della Camerata fiorentina. Noi usi alla melodia moderna possiamo -a stento capacitarci dell'ammirazione che destarono ai loro tempi, -giacchè essi non contengono che lunghi recitativi con piccoli brani -nello stile arioso e cantabile, avendo Peri e Caccini voluto escludere -i pezzi chiusi, la melodia organica e periodizzata, perchè credevano -che i Greci non l'avessero conosciuta od usata nei loro drammi. Anzi si -può dire che questa nuova musica che evitava di progetto la melodia e -specialmente il periodo melodico era un regresso in confronto dell'_Ars -nuova_ fiorentina del Trecento e Quattrocento, come è pure ormai da -rigettarsi l'opinione comune che l'introduzione della monodìa sia un -merito della Camerata, giacchè questa la troviamo e migliore ancora -prima e perchè le aspirazioni dei riformatori erano precipuamente -rivolte alla verità drammatica da raggiungersi colla chiara ed -accentata declamazione e l'accompagnamento istrumentale armonico. Del -pari poco elaborati sono i cori, di gran lunga inferiori a quelli -dell'epoca anteriore e contemporanea, nè gran fatto interessante è -l'accompagnamento scritto per semplice basso, che procede alle volte a -tentoni e soltanto nei momenti più caratteristici e passionali un poco -si avviva e muove. E neppure si può pensare ad un orchestra con parti -differenti per gli istrumenti, giacchè era lasciato al suonatore di -scegliere a suo piacimento e secondo il suo buon gusto e tatto musicale -le note degli accordi del tono indicato dal basso. - -I meriti della Camerata fiorentina risultano perciò specialmente dopo i -nuovi studi molto più modesti di quanto si credeva prima. Lo stil nuovo -è ormai abbastanza chiaramente accennato nei madrigali drammatici e -negli intermezzi madrigaleschi di Striggio, Marenzio, Vecchi ed altri. -Nè nelle due Euridici troviamo ancora il vero recitativo drammatico -ma piuttosto degli ariosi rozzi. La loro importanza sta invece nel -predominio del canto a solo e nell'introduzione del canto espressivo, -che segue il testo. Ciò nullostante essa fu immensa per la musica, -poichè ambedue segnarono il principio della vera rivoluzione musicale, -dell'emancipazione dalla musica semplicemente polifonica e dalla -diatonica dell'epoca anteriore. La mancanza della melodia periodizzata -era meno importante che il tentativo di dar alle parole espressione -adeguata e giusta, che è visibile ad ogni pagina di queste due opere, -nelle quali ormai si fa uso della dissonanza per caratterizzare e si -va trasformando la salmodia antica in vera recitazione e declamazione -drammatica. - -Tanto Peri che Caccini ci hanno lasciato nella Prefazione delle loro -opere un Credo artistico, che merita venir citato almeno in parte, -anche perchè esso ha una certa rassomiglianza colle teorie wagneriane. - -(Peri) «.... Veduto che si trattava di poesia drammatica, e che però -si doveva imitar col canto chi parla (e senza dubbio non si parlò mai -cantando), stimai che gli antichi Greci e Romani usassero un'armonia, -che avanzando quella del parlare ordinario, scendesse tanto dalla -melodia del cantare che pigliasse forma di cosa mezzana.... Conobbi, -parimenti nel nostro parlare, alcune voci intonarsi in guisa che vi -si può fondare armonia; e nel corso della favella, passarsi per altre -molte che non si intuonano finchè si torni ad altra capace di movimento -di nuova consonanza.... E però, sì come io non ardirei affermare -questo essere il canto nelle greche e nelle romane favole usato, così -ho creduto esser quello che solo possa donarcisi dalla nostra musica, -per accomodarsi alla nostra favella.... E spero che l'uso delle false, -sonate e cantate senza paura non vi saranno di noia, massime nelle arie -più meste e più gravi....». - -(Caccini) «E questa è quella maniera, altresì, la quale discorrendo -Ella (_Bardi_) diceva essere stata usata dagli antichi Greci.... -Nella qual maniera di canto, ho io usato una certa sprezzatura, che -io ho stimato che abbia del nobile, parendomi con essa di essermi -appressato quel più alla natural favella.... non havendo mai nelle -mie musiche usato altr'arte, che l'immitazione de' sentimenti delle -parole, toccando quelle corde più affettuose, le quali ho giudicato più -convenirsi per quella grazia che si ricerca per ben cantare....». - -E così era nato un nuovo genere di musica, che per un capriccio o caso -dovevasi alla fisima d'aver rinnovellato la tragedia greca colla quale -non aveva certo neppur lontana somiglianza nè di questa l'importanza -etica, ma che era destinato a dominare il campo musicale fino al nostro -tempo ed in futuro. Ma se la speranza o la credenza d'aver ripristinata -la musica greca che colla sua teoria era stata soltanto un ostacolo -al progresso dell'arte musicale, non fu che una vana illusione, -la nuova e grande innovazione era la espressione di quell'istinto -essenzialmente umano, che solamente nell'unione del sentimento -spirituale del Cristianesimo col sensuale del Paganesimo vedeva o -divinava la perfezione artistica. E come il sentimento ellenico, il -piacere estetico della perfezione della forma fu quello che produsse la -rivoluzione nella pittura e cagionò il Rinascimento delle arti e della -letteratura, così l'unione dell'idea del mondo greco, il sentimento -umano e terreno collo spiritualismo del Cristianesimo ispirò nuova vita -alla musica e la fece arte umana vera e capace di esprimere la gioia ed -il dolore del singolo individuo, che agognava ad indipendenza di azione -e di pensiero. La poesia, che nello stile polifonico aveva perduta -ogni importanza, viene rimessa nei suoi diritti, la musica diventa la -compagna di lei e ne nasce l'elemento lirico musicale. - -Il dramma, come l'avevano ideato Peri e Caccini non poteva ancora -corrispondere agl'ideali, che essi forse intravedevano ma non sapevano -realizzare, giacchè la polifonia non era nelle loro opere eliminata ma -soltanto trasformata e la tecnica e l'arte erano ancora insufficienti -ad esprimere l'elemento soggettivo, che in quei tempi di risorgimento -delle arti e del pensiero si faceva sempre più potente. L'opera di Peri -e Caccini era nata alla corte dei Medici fra lo sfarzo delle feste e la -pompa delle vesti e scenarî ed era monopolio dei principi. Il popolo -vi restava estraneo, perchè le sue canzoni, le sue melodie parlavano -altrimente al suo cuore ed altrimente lo commovevano. Alla nuova opera -mancava ancora la vita interna, l'alito vivificatore che la facesse non -una semplice parodia della tragedia greca ma l'espressione vera delle -passioni umane. E forse per questo Peri e Caccini dopo l'_Euridice_ non -ritentarono la prova. - -Questa è la storia esterna dell'origine dell'opera musicale. Ma ne -esiste un'altra non meno importante e non meno vera, colla quale la -Camerata fiorentina nulla ha da fare. Questa ha dato senza dubbio -l'impulso immediato ma non è da credere che l'idea fecondatrice avrebbe -creato l'opera, quando i tempi non fossero stati maturi e non fosse -stata preparata nella pratica e nella teoria la trasformazione della -polifonia alla monodia. - -La teoria greca conosce le consonanze ma più in teoria che in pratica. -L'_organum_ colle quarte e quinte parallele, il bordone colle seste e -terze non ebbero alcuna importanza per la intelligenza dell'armonia, -ma rimasero rozzi tentativi meccanici. Da questi principî poteva -però nascere l'armonia se non fosse stato introdotto col discanto -il principio del moto contrario delle voci, che non si curava punto -dell'accordo o consonanza delle voci, affidata al caso od all'istinto. -La terza si riconobbe col tempo per consonanza ma imperfetta, tanto -che il principio e la fine delle composizioni non hanno che la quinta -e l'ottava ma non la terza. Chi divinò il nostro sistema d'armonia -ma non seppe trarne conseguenze pratiche fu Giuseppe Zarlino nelle -sue Istituzioni armoniche e forse ancor prima di lui un altro -italiano _Lodovico Fogliarti_ nella sua _Musica theorica_ (1529). Ed -a sconquassare l'edificio delle tonalità antiche servirono certo i -tentativi di introdurre la cromatica e l'enarmonica, fatti da _Nicola -Vicentino_, Cipriano de Rore, Gesualdo e Marenzio. A dar l'ultimo -crollo alla teoria antica e far comprendere l'accordo servì poi il -basso generale per quanto probabilmente per caso e non per frutto di -speculazioni teoriche. - -Le canzoni popolari ebbero pure grande parte alla nuova rivoluzione -musicale. L'uso di mettere la melodia o canto fermo nel tenore va -adagio cessando ed il soprano cambia di spesso il nome di discanto -in quello significativo di _cantus_. Le composizioni scritte per voci -ed istrumenti e la maniera di cantare una o due voci ed eseguire con -istrumenti le altre servì pure a far comprendere l'accordo. Petrucci -stampò ormai nei primi anni del secolo XVI, dunque molti decenni prima -dell'opera composizioni per soprano e liuto (tenore e basso). La parte -di questo per l'impossibilità di tenere le note doveva diventare una -specie di accompagnamento della voce che dominava anche per la poca -sonorità dell'istrumento. Lo stesso si può dire delle composizioni -scritte per più liuti, dove la melodia è sempre nella prima parte. E -neppure bisogna tener fermo all'asserzione che Peri e Caccini sieno i -primi monodisti perchè il basso dei Concerti ecclesiastici di Viadana, -stampati nel 1602 ma scritti prima non è una semplice parte vocale ma -un vero basso istrumentale e perchè la melodia è più scorrevole che -nelle melopee dei primi, che propugnavano la «nobile sprezzatura del -canto». - -La nuova forma fu dunque piuttosto la conseguenza dello svegliarsi -della coscienza musicale e dei progressi dell'arte che del caso o delle -sedute della Camera fiorentina. Ma se ammettendo ciò, si attenua la -gloria di questa, non spetterà meno all'Italia il vanto di aver creato -l'opera drammatica musicale. «Soltanto la nazione che deriva dai Romani -e nella quale s'era ridotto quello che restava dei Greci, trovò forme -che innalzavano la musica sopra lo strimpellare di suonatori e pifferai -pagati e le speculazioni di scolastici all'indipendenza di arte bella. -Gli Italiani seppero con grazia e successo far cose, che in ogni altro -paese sarebbero state impossibili e riuscite ridicole, tanto essi -avevano assorbito l'arte antica e le sue forme. Persino imprese che -basavano palesemente su premesse false riuscirono a bene. Come sarebbe -stato possibile in Germania, in Inghilterra od in Francia, di trovare -coi mezzi che disponevano gli Italiani le due forme fondamentali della -musica, l'opera e l'oratorio? Noi sappiamo che le loro premesse erano -affatto infondate, giacchè nella musica greca non si troverà nulla -che potesse servire di modello alla musica italiana che se ne faceva -derivare; tali contradizioni, riconosciute o meno, avrebbero reso lo -spirito germanico inetto a compiere qualsiasi cosa, mentre l'Accademia -fiorentina, camminando sulle nuvole della fantasia come su di una -strada aperta, raggiunse il suo scopo. Gli Italiani consideravano -l'antichità non come freddi indagatori ma come artisti e ciò, a cui uno -storico non avrebbe prestato alcuna attenzione, era l'unica cosa che -per essi aveva valore. Il sentimento della forma artistica era in loro -talmente potente, che bisogna ammettere che fosse piuttosto un istinto -congenito della bellezza che il frutto di una coltura di più secoli. - -Chi potrebbe credere che la stessa nazione che aveva raggiunto -la perfezione nei cori di chiesa, nel canto polifonico profano, -nel madrigale potesse subito dopo creare la cosa più semplice, il -recitativo, la monodia e l'arte del canto? Quasi tutto ciò che esiste -di nuovo in questo riguardo lo dobbiamo a loro, e quando le altre -nazioni avevano incominciato ad appropriarsi le nuove forme, gli -Italiani le sorprendevano con delle nuove. (Chrysander, Händel, vol. I, -153). - - - LETTERATURA - - A. D'Ancona — _Origine del Teatro in Italia_, Firenze, 1877. - - C. Coussemaker — _Drames liturgiques du moyen-âge_, Rennes, 1860. - - F. I. Mone — _Schauspiele des Mittelalters_, 1846. - - _Commemorazione della Riforma melodrammatica_, Firenze, 1895, - Galletti e Cocci. - - E. Rolland — _Histoire de l'Opéra en Europe avant Lully et - Scarlatti_, 1895. - - Alaleona D. — _Studi su la storia dell'oratorio musicale in - Italia._ Torino-Roma, 1908. - - — _Le laudi spirituali italiane nei secoli XVI e XVII._ Rivista - musicale italiana. 1909, fasc. 1º. - - Goldschmidt Hugo — _Zur Geschichte der italienischen Oper im XIII. - Jahrhundert._ Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1901. - - Pasquetti Guido — _L'oratorio musicale in Italia._ Storia critica - letteraria. Firenze, Le Monnier, 1906. - - Schering Arnold — _Die Anfänge des Oratoriums._ Lipsia, 1907, - Breitkopf und Härtel. - - Parazzi — _Vita ed opere musicali di Lodovico Grossi Viadana_, - Milano. - - Ehrichs Alfred — _Giulio Caccini_, Leipzig, Hesse, 1909. - - A. Solerti — _Le origini del Melodramma._ Torino, Bona, 1901. - - — _Gli albori del Melodramma._ Palermo, Sandron, 3 v., 1903. - - — _Musica, ballo e drammatica arte alla Corte medicea, ed altre - feste fiorentine dal 1600 al 1640._ Firenze, Bemporad, 1903. - - R. Eitner — _Die Quellen zur Entstehung der Oper-Monatshefte für - Musikgeschichte._ - - R. Kiesewetter — _Schicksale und Beschaffenheit des weltlichen - Gesanges_, Lipsia, 1841. - - L'Euridice di Peri e Caccini è pubblicata in edizione tascabile di - Ricordi e Comp., Milano, senza trascrizione del basso. - - L'_Euridice_ di Peri col basso decifrato, vol. X della - Pubblikationen für Musikforschung, 1881. - - _La rappresentazione di anima e corpo_ in edizione facsimile per - cura di F. Mantica, Roma. - - Composizioni di Caccini, Orazio Vecchi, Malvezzi, Viadana, - contengono le opere di Kiesewetter, Gevaert (_les gloires de - l'Italie_), Ambros, Proske (_Musica divina_). - - Torchi — (_L'arte musicale in Italia_) volume 2º e seg. Cfr. anche - L. Torchi, _Canzoni ed arie italiane_, ad una voce del secolo XVII. - Rivista musicale italiana, anno I, fascicolo 4º e la pubblicazione - musicale corrispondente: _Canzoni ed arie del XVII secolo_ (Ricordi - e Comp.). - - - - -CAPITOLO X. - -Claudio Monteverdi e l'opera veneziana e napolitana. - - -La Camerata fiorentina aveva dato l'impulso alla nuova evoluzione -musicale e l'idea aveva trovato terreno fecondo negli animi desiderosi -di nuove cose e destantisi alla vita moderna di pensiero. L'esempio -di Firenze trovò presto imitatori e già nel 1601 si eseguì a Bologna -l'_Euridice_ e nel 1604 a Parma la _Dafne_. In Roma, la sede della -polifonia, il dramma per musica si contenta ancora di fornire -divertimento al popolo e nel 1606 troviamo rappresentazioni popolari -sulle piazze con musica di _Paolo Quagliati_, che ricordano l'antico -carro greco di Tespi. Ma l'idea fiorentina minacciava spegnersi e -restare una semplice utopia di letterati e dilettanti, tanto più che -i membri della Camerata erano o gentiluomini o letterati, che della -musica non avevano cognizioni profonde, mentre Caccini e Peri erano -buoni musicisti e discreti contrappuntisti, ma non potevano paragonarsi -ad altri musicisti dell'epoca, dottissimi teorici. - -La riforma doveva perciò trovare degli inimici nella classe dei -musicisti stessi, che s'erano formati ad altri studî e che non -risparmiavano le più aspre critiche alla nuova musica: «Se tornassero -in vita Iusquino, Mutone e gli altri, che di questo sapevano assai -pur, trasecolerebbero in vedere sì poca cognizione e quanto malamente -hoggidì i compositori se ne sappiano servire, cose che mi fanno -arrossire e vergognare per loro» (Lodovico Zacconi, Pratica di musica -1622). - -Il nuovo stile rappresentativo non era ancora il passo decisivo per -romperla colla polifonia e s'era fermato a mezza strada, non osando -abbandonare intieramente le antiche tradizioni e viceversa rinunziando -alla melodia ed alle forme musicali. L'arte aveva bisogno di un vero -musicista, che sapesse liberare l'idea della Camerata da tutto quello -di artificioso e pedantesco che traeva con sè e la fecondasse. Essa lo -ebbe in _Claudio Monteverdi_. - -Nato in Cremona nel 1567, frequentò la scuola di Marcantonio Ingegneri, -eccellente contrappuntista dell'epoca. Dopo molti anni passati alla -Corte dei Duchi Gonzaga a Mantova, diventò direttore di cappella a S. -Marco in Venezia dove rimase fino alla morte (1643). Quantunque egli -abbia scritto più musica polifonica da chiesa e profana, egli deve la -sua fama al dramma musicale. La sua prima opera _Orfeo_, favola per -musica su testo di Rinuccini, fu rappresentata nel 1607 a Mantova alla -corte di Vincenzo Gonzaga. Ormai in questa prima opera egli si mostra -di gran lunga superiore a Peri ed a Caccini, giacchè in essa non v'è -più lo stile semplicemente declamatorio dell'_Euridice_, ma un nuovo -stile che palesa chiaramente il sentimento lirico ossia essenzialmente -musicale. - -L'_Orfeo_ come lo dimostrarono le recenti esecuzioni è veramente -l'opera d'un genio che precorse i tempi, giacchè in esso troviamo ormai -più o meno sviluppati i germi delle maggiori innovazioni posteriori -comprese quelle di Gluck, e Wagner e le moderne. Quest'arte divinatoria -è tanto più meravigliosa in un'epoca in cui non c'era nulla da imitare -ma pressochè tutto da creare, perchè la superiorità di Monteverdi -su Peri e Caccini è immensa. La musica dell'_Orfeo_ non è oggi punto -invecchiata ed ha interesse più che storico, perchè in essa v'è ben -poco di formale ma tutto è vero, ispirato e convincente. - -All'_Orfeo_ segue già nel 1608 per le nozze di Francesco Gonzaga con -Margherita di Savoia, _Arianna_, quel dramma pur troppo perduto ad -eccezione del celebre brano del lamento, che fu come una rivelazione e -che destò il più grande entusiasmo, tanto che il contemporaneo Bonini -scrive «che non è stata casa, la quale avendo cembali o tiorbi in casa -non avesse il lamento». E l'ammirazione non è esagerata, se si pensa -alla potenza espressiva di quel piccolo brano, derivante specialmente -dal sapiente e nuovo uso della dissonanza. - -Monteverdi scrisse alcune altre opere, che furono rappresentate con -grande plauso a Venezia ed altrove (_Adone_, _Le nozze di Enea con -Lavinia_, _Il ritorno di Ulisse_, _L'incoronazione di Poppea_). La -musica delle ultime due ci è restata e quella dell'_Incoronazione di -Poppea_ supera anche quella dell'_Orfeo_ per maturità e specialmente -per la caratteristica ed il sentimento drammatico del dialogo. - -Monteverdi è veramente il primo musicista moderno. Egli merita questo -nome, perchè egli fu il primo che liberò intieramente la musica -dai ceppi della polifonia e dalla retorica dei fiorentini facendola -esprimere le passioni umane coi più veri ed appassionati accenti. I -personaggi dei suoi drammi non sono più semplicemente una piccola parte -di un tutto, ma esseri umani, che pensano, agiscono, sentono, soffrono -per sè individualmente e che esprimono con accenti proprî le loro -passioni. A confermar ciò basti la menzionata scena dell'_Arianna_, -in cui mai il dolore ebbe accenti più veri e toccanti. Ma egli di ciò -non si contenta. Abbandona intieramente il sistema diatonico antico -e vi sostituisce il cromatico, intuendo colla perspicacia del genio -l'importanza della dissonanza per far spiccare i diversi caratteri -ed i momenti più drammatici. Egli fa uso dell'accordo di dominante -nella cadenza, adopera ripetutamente senza preparazione l'intervallo -di _nona_, la _settima diminuita_, il _tritono_, il _diabolus_ -antico, dove si tratti concentrare l'espressione ed individualizzare, -punto badando alle tradizioni e sorridendo alle invettive che gli -scagliava il pedante Artusi in scritti mordaci — ma stimando come -egli scrisse, che «potessero essere considerate altre feconde cose -intorno all'armonia e che vi fosse una moderna pratica differente dalla -determinata, la quale, con quietanza del senso e della ragione difende -il moderno comporre». E così si diffondeva nella musica quel grido di -dolore della umanità nata per soffrire e combattere, la dissonanza, -che è la vera espressione individuale dell'uomo pensante in mezzo alla -natura impassibilmente serena. - -Monteverdi si può pure chiamare il padre dell'istrumentazione, giacchè, -se Peri e Caccini si contentarono di far accompagnare i loro canti da -più istrumenti per rinforzo delle voci senza studiarne le particolarità -ed il colorito speciale e senza dar loro importanza, Monteverdi studia -ormai la natura di ogni istrumento, colorisce l'istrumentazione, -aggiunge nuovi effetti, come il tremolo e il pizzicato degli istrumenti -a corda, e da loro esistenza propria servendosene ad esprimere quello -che le parole non ponno dire. In quanto egli sia in ciò superiore ai -suoi antecessori si vede confrontando i suoi intermezzi e ritornelli, -p. es. il graziosissimo a più viole dell'_Orfeo_ con quello di flauti -dell'_Euridice_ di Peri. In genere i brani istrumentali dell'_Orfeo_ -(Sinfonie e Ritornelli) sono ammirabili e piccole poesie musicali, che -stanno in stretta relazione coll'azione drammatica e la caratterizzano -alle volte felicemente con poche battute, permettendolo anche la -varietà degli strumenti impiegati, che nell'_Orfeo_ sono: 2 cembali, 2 -controbassi (specie di viole grandi) 10 viole da braccio, arpa doppia, -2 violini piccoli alla francese, 2 cetre, 2 piccoli organi, 3 viole di -gamba, 4 tromboni, 1 regale (specie di organo), 2 cornette, 1 flautino -alla vigesima seconda, 1 clarino (tromba) 3 trombe sordine. Le parti -istrumentali delle opere di Monteverdi non sono scritte in esteso ma -sono solamente indicati gli strumenti, per cui si deve arguire che gli -accompagnatori dovevano essere provetti musicisti, a meno non si voglia -supporre che siano andate perdute le parti. - -I Madrigali di Monteverdi, quantunque di forma tradizionale contengono -una quantità di elementi popolareschi e drammatici raggiunti col largo -uso della cromatica e della dissonanza. Fra i _Madrigali guerrieri_ -trovasi il celebre _Combattimento di Tancredi e Clorinda_ per voci -e quattro viole, dove s'incontra per la prima volta il tremolo ed il -pizzicato. - -Monteverdi fu non soltanto un eminente musicista sempre in cerca di -novità nel campo della teoria e tecnica ma altresì un fine esteta, che -si rendeva ragione di quello che faceva d'uopo al dramma musicale. Egli -non sceglie a caso i libretti ma li vaglia e giudica, come secoli dopo -faceva Verdi, mettendo a dura prova i poeti. Così p. e. essendogli -stato dato l'incarico dal Duca di Mantova Ferdinando di musicare la -favola di _Teti e Peleo_ di Scipione Agnelli, egli risponde al suo -signore: «Et come potrò io con il mezzo loro movere li affetti! Mosse -l'Arianna per esser donna, mosse parimenti Orfeo per essere uomo e -non vento. Le armonie imitano loro medesime et non con l'orazione et -li strepiti dè venti, et il belar delle pecore, il nitrir dei cavalli -et va dicendo, ma non imitano il parlar dè venti che non si trova. La -favola tutta poi, quanto alla mia non poca ignoranza, non sento che -punto mi mova e con difficoltà anco la intendo, nè tanto che lei mi -porti con udire naturale ad un fine che mi mova. L'Arianna mi porta ad -un giusto lamento et lo Orfeo ad una giusta preghiera, ma questa non so -a qual fine, sicchè, che vuole la S. V. Ill.ma che la musica possa in -questa!» - -Contemporaneo di Monteverdi ed a lui in molti riguardi affine è _Marco -da Gagliano_, fiorentino (circa 1575-1642), autore di Madrigali e -drammi musicali, dei quali ci restano la _Dafne_ e la _Flora_. Anche -in queste due opere troviamo lo stile fiorentino ma più scorrevole ed -espressivo. Degno di menzione è il Proemio della _Dafne_, nel quale -l'autore dà utilissimi ammaestramenti ed indicazioni ai cantanti ed -attori circa la maniera d'esecuzione. - -Il processo di sviluppo dell'opera in musica continua con _Pier -Francesco Caletti Bruni_ detto _Cavalli_ (1600-1676) di Crema, scolaro -ed erede del genio di Monteverdi, direttore di cappella in S. Marco a -Venezia. Fra le sue (34-39) opere drammatiche, la prima delle quali fu -_Le nozze di Teti e di Peleo_ (1639), ebbe grande successo il _Giasone_ -(1649), ed a ragione, perchè vi abbondano scene di grande bellezza e -verità come p. e. il lamento di Isifile e Maria «dell'antro magico». -Cavalli perfezionò lo stile e diede più libera movenza al recitativo ed -all'aria, che quantunque non sia ancora sviluppata, pure ha carattere -decisamente arioso e melodia organicamente periodizzata. Ammirabile è -poi nelle sue composizioni il magistrale aggruppamento delle parti, -(duetti, terzetti e quartetti), la caratteristica e la novità degli -effetti. Quasi in tutte le sue opere, anche nelle serie, havvi qualche -personaggio comico (balbuziente, soldato, ecc.), e qui sono forse da -cercare i primordi dell'opera comica, della quale del resto troviamo -esempi per quanto imperfetti nella _Tancia_ di _Jacopo Melani_ (1657), -nel _Pazzo per forza_ e nel _Vecchio burlato_ dello stesso autore ed -in altre opere ancora anteriori, come p. e. nella _Diana schernita_ -di _Giacinto Cornachioli_ Roma (1629), _Chi soffre speri_ di Marco -Marazzoli su parole di _Giulio Rospigliosi_ (papa Clemente IX) (1639). - -Tanto nelle ultime opere di Monteverdi che in quelle di Cavalli il -coro va perdendo importanza sia per la difficoltà di aver un coro -per un'opera che cominciava a divenire popolare e perciò costretta a -risparmiar spese o per il graduato abbandono della musica polifonica -sia per lo spirito dei tempi inclinante al soggettivismo. In ambedue -l'armonia viene coordinata alla melodia ed essa non segue più l'ordine -delle voci. Per i crescendi drammatici si usa la forma della sequenza -ed altre affini ed il recitativo ha ancora una parte musicalmente assai -importante, quantunque Cavalli preferisca ormai l'arioso e le forme -chiuse, di solito nel ritmo di passacaglia su bassi ostinati. - -L'istrumentazione di Cavalli è molto più semplice di quella di -Monteverdi e vi domina il violino. Le trombe sono impiegate raramente -nè si fa uso di tutta quella schiera d'istrumenti che usavano -i fiorentini. Bisogna però osservare che gli strumenti non sono -menzionati e che le partiture conservatici non sono forse che schizzi -da completarsi a seconda del bisogno. Oltre le voci naturali, sono -impiegati anche i castrati, che alle volte sono scritti in tessitura -più alta di quella del soprano. - -La sinfonia originaria dell'opera veneziana cominciò coll'essere una -semplice introduzione senza alcuna attinenza all'opera, in un tempo -senza cambiamento di ritmo; poi si divise in due parti diverse di -ritmo e tema, la prima basata sull'accordo, la seconda con sequenze -formate da un breve tema, ciò che era ormai un embrione dell'ouverture -francese posteriore. Monteverdi e Cavalli, come di solito succede dei -genî, esercitarono per alcuni decenni, una potente influenza sulla -musica contemporanea e dei maestri posteriori, quasi costringendoli -all'imitazione e soffocando i singoli germi di originalità sicchè le -opere di questi non sono che pallide copie delle loro. - -Non minor fama di Cavalli ebbe _Giacomo Carissimi_ di Marino -(1604-1674), direttore in Sant'Apollinare in Roma, il quale quantunque -non abbia composto opere teatrali ebbe grande influenza sullo stile -drammatico. Carissimi eccelse nell'Oratorio e nella Cantata da Camera, -specie di scena drammatica con _a soli_, recitativi e pezzi d'assieme. -I meriti di Carissimi sono gli stessi di quelli di Cavalli, ma in -lui la melodia è ancor più scorrevole, il recitativo diventa assai -espressivo come nella stupenda fine del _Iefte_. Fra i suoi Oratorî -scritti in lingua latina con accompagnamento di due violini ed organo -od organo solo, fra i quali il _Giudizio di Salomone_, _Iefte_, -_Giona_, ecc., i cori hanno qualche cosa della grandiosità e maestà -di quelli di Händel e struttura ed armonia somigliante alla moderna. -Il racconto è affidato allo Storico, le persone dell'azione cantano -o in recitativo od in stile arioso, il coro ha alle volte parte -drammatica. Di Carissimi esistono anche più composizioni comiche come -il _testamento dell'asino_, la _declinazione dell'hic, haec, hoc_, ecc. - -Chi applicò all'opera i miglioramenti di Carissimi fu _Marcantonio -Cesti_ suo scolaro, monaco aretino (1620-1669), direttore di cappella -dell'imperatore Leopoldo I d'Austria, autore fecondo d'opere. Le -più celebri sono la _Dori_ (1663) ed il _Pomo d'oro_ (1666). Questa -fu eseguita con incredibile sfarzo per le nozze di Leopoldo I con -Margherita di Spagna (la messa in scena costò 100.000 talleri) ed ha -proporzioni incredibili (67 scene). - -Kretschmar caratterizza così Cavalli e Cesti: «La natura di Cavalli -sviluppa la sua grandezza nelle scene patetiche ed in quelle dove -dominano il misterioso ed il terribile. L'arte di Cesti ci conquide -invece nelle parti idilliche del dramma, quando la musica esprime i -teneri sentimenti dei cuori amanti, se l'amico consola l'amico, se -il solitario ricorda lamentandosi, se si descrivono le immagini dei -sogni. La melodia di Cavalli è di linea semplicissima, mentre Cesti è -inesauribile in particolari intimi e finitissimi». - -Da nominarsi sono altresì _Giovanni Legrenzi_ (1625-1690), direttore -di S. Marco in Venezia, maestro di Lotti e Caldara, _Andrea Ziani_ -(1653-1715), celebre organista di S. Marco, morto a Vienna, _Geronimo -Giacobbi_ (1575-1630), _Francesca Caccini_, figlia di Giulio, -_Carlo Polarolo_, _Giac. Ant. Perti_, _Antonio Draghi_ e finalmente -_Alessandro Stradella_ napolitano (?) (1645-1681), celebre cantore e -virtuoso continuatore dello stile di Carissimi. Le sue composizioni, -fra le quali alcune opere, sonate assai importanti, oratorî, molte -cantate, delle quali molte inedite, si conservano in parte nella -biblioteca di Modena; le sue arie «_se i miei sospiri_» e «_o del mio -dolce_» non sono certo scritte da lui, perchè di stile affatto moderno. -Dopo una vita avventurosa morì pugnalato a Genova. - -Quantunque dopo gli studi recenti di Goldschmidt si possa ritenere -che i diretti continuatori dell'opera di Caccini e Peri fossero romani -(_Landi_, _Agazzari_, _Vitali_, _Mazzocchi_), pure l'opera si poteva -chiamare fin qui veneziana, giacchè dopo Caccini e Peri sono i maestri -veneziani o che vissero a Venezia i più celebri ed è a Venezia che -si concentra l'interesse per l'opera e dove se ne rappresentò maggior -numero. Ma colla fine del secolo XVII lo scettro passa a Napoli ed alla -scuola napolitana. - -Il capo ed il primo dei molti celebri compositori drammatici -napoletani fu _Alessandro Scarlatti_ che si può a ragione chiamare -il padre dell'opera italiana moderna (1659-1725), nato a Trapani, -scolaro di Carissimi. Scarlatti si provò in tutti i generi ed in -ognuno con fortuna. Autore fecondissimo scrisse più di 100 opere, -400 e più cantate, 200 messe, motetti, oratorî, e molte composizioni -istrumentali. Egli forma l'anello di congiunzione fra lo stile severo -di Palestrina e la scuola del bel canto. Le sue composizioni sacre -sono ancora severe e maestose ed alla polifonia è ispirato un nuovo -alito caldo di vita, che indarno si cerca nei suoi antecessori. La sua -importanza sta però nella musica drammatica. Le sue opere teatrali (le -più celebri sono _Rosaura_, _Tigrane_, _Laodicea_) sono omai di gran -lunga superiori a quelle della scuola veneziana. La melodia diventa -sempre più facile, scorrevole e spontanea, le forme si raffermano e -perfezionano. Il recitativo secco od accompagnato, l'aria, l'ouverture -prendono la forma definitiva. L'istrumentazione per quanto semplice -e basata sugli archi è però molto più ricca che quella delle opere -veneziane ed egli la colorisce con altri istrumenti come corni, -fagotti, viole d'amore, ecc., al che giovò senza dubbio la musica -istrumentale di Torelli e Corelli, suoi contemporanei. - -Lo studio delle sue opere non giustifica però tutte le immense lodi -che gli si soglion dare. Egli è ben di rado drammatico e se lo è, di -preferenza nelle scene comiche. Le sue melodie basano precipuamente -sul contrappunto ed egli eccelle piuttosto nelle forme piccole come la -cantata, che nell'opera teatrale stessa. Molti dei maestri posteriori -lo superano nell'ispirazione ma nessuno nella sapienza e nell'estrema -chiarezza del lavoro contrappuntistico, giovandogli forse la vicinanza -di tempo dei grandi maestri romani. Ma di lui in realtà oggi si conosce -ben poco, perchè quasi tutta la sua immensa opera è sepolta nelle -biblioteche. Händel ed anche Bach gli devono moltissimo e specialmente -il primo apprese da lui la bellezza della forma, la chiarezza e senza -lo studio delle sue opere ed i suoi consigli egli non sarebbe quegli -che egli è. - -Secondo gli ultimi studî sembra anche che molti dei meriti di -_Scarlatti_ sieno comuni ad un altro maestro, _Francesco Provenzale_ -(1610) del quale sinora si conosceva poco più del nome e che forse fu -maestro di Scarlatti. Le sue opere _Stellidaura vendicata_, _lo Schiavo -di sua moglie_, _la Colomba ferita_, mostrano omai quelle forme e -quei pregi di cui vanno adorne le opere di Scarlatti. Questi finì la -sua gloriosa carriera quasi nell'oscurità e dimenticanza, consolato -soltanto dall'ammirazione ed affetto di numerosi scolari e colleghi, -fra i quali il sommo Händel, che di lui parlava colla più alta stima. - -L'opera di Scarlatti segna una nuova fase della musica. Essendo -nell'opera napoletana concentrata tutta l'importanza nelle arie -l'interesse drammatico, lo sviluppo dell'azione va perdendosi in un -lirismo dominante. Fu quasi un'ubbriacatura di melodie delle quali mai -si era sazî; _aria_ seguiva ad _aria_ e _recitativo_, ed i piccoli cori -frammisti a qualche pezzo d'assieme di pochissima importanza aveano -piuttosto lo scopo di conceder riposo al cantante che altra cosa. La -polifonia avea troppo a lungo dominato il campo ed impedito il sorgere -della melodia assoluta, cosicchè, quando questa potè liberamente -espandersi, il pubblico dimenticò intieramente la verità drammatica, lo -sviluppo dell'azione, dei caratteri ed altro. L'opera divenne pressochè -una cantata, snaturandosi ancora nei primordî un genere che aveva altre -tendenze e cagionando altresì la decadenza della musica da chiesa, -giacchè all'antica polifonia l'Italia non seppe sostituire, come la -Germania, l'elemento della semplice e grave devozione delle canzoni -popolari protestanti ma vi trapiantò la melodia teatrale drammatica. - -La _nobile sprezzatura_ del canto, vagheggiata dalla Camerata -fiorentina, fa luogo alla virtuosità che non serve a scopi alti ma -tende semplicemente all'effetto esteriore. Questi difetti non sono -tanto palesi in Scarlatti e nei primi maestri della grande scuola -napoletana, durando ancora le antiche tradizioni ed essendo la -riforma fiorentina troppo recente. Molte delle loro composizioni sacre -resistettero perciò al cambiar dei tempi, mentre le opere drammatiche -sono tutte dimenticate, perchè nelle prime oltre la bellezza melodica -affascinante, l'armonia ed il contrappunto sono ancor sempre magistrali -ed esse non mancano di maestà e devozione. Ma quando dopo Leo e Durante -la polifonia ed il contrappunto abbandonano la tematica degli antichi -inni ed alle frasi musicali a questi somiglianti si sostituisce la -nuova melodia mondana, la religiosità scomparve e non restò che una -vana forma ipocrita, che meglio s'adattava al contenuto sensuale. - -La scuola napoletana fondata da Alessandro Scarlatti conta una coorte -di musicisti, autori fecondissimi, ispirati e facili, nè alcuna -nazione vide mai in sì poco tempo seguirsi uno all'altro tal quantità -di ingegni musicali, le melodie dei quali inondavano di dolcezza gli -animi e li trasportavano in regioni incantate. Ed a quella guisa che i -Fiamminghi avevano esercitato nel secolo XV un influsso decisivo sulla -musica, così nei secoli XVII e seguenti l'opera napoletana domina non -solo tutti i teatri d'Italia ma anche quelli delle corti di Germania e -d'Inghilterra, mentre in Francia si accende la lotta fra i partigiani -dell'opera francese ed italiana. - -Fra i numerosi scolari di Alessandro Scarlatti ebbero maggior fama -_Francesco Durante_, _Leonardo Leo_ e _Niccolò Porpora_. _Francesco -Durante_ (1674-1755) di Frattamaggiore presso Napoli, maestro del -Conservatore di S. Onofrio, non ebbe fortuna nello stile drammatico -e si dedicò quasi esclusivamente alla musica da chiesa e da camera. -Meno ricco di fantasia del suo maestro e del suo condiscepolo Leo, -egli scrisse molte composizioni da chiesa a più voci, piene d'effetto, -splendide nelle armonie o non prive di grandezza. Il suo _Magnificat_ -e la _Messa alla Palestrina_ non sono neppure oggi dimenticati e -quantunque non raggiungano le composizioni della scuola romana, possono -annoverarsi fra le più belle opere del periodo posteriore al classico. -Durante ebbe molti allievi, fra i quali _Vinci_, _Iomelli_, _Duni_, -_Traetta_, _Piccini_, _Sacchini_, _Guglielmi_, _Paisiello_. Superiore -a lui in ogni riguardo fu _Leonardo Leo_ (1694-1744) di San Vito nella -provincia di Lecce, melodiosissimo ed ispirato, che ebbe gran fama per -le sue opere, in cui l'istrumentazione è delicata e caratteristica. -Fra le sue composizioni sacre è celebre il _Miserere_ a otto voci. Leo -fu il primo a scrivere concerti per violoncello obbligato. Stupenda -è l'Ouverture dell'Oratorio _St. Elena al Calvario_. _Francesco Feo_ -(1699-1752) fu condiscepolo di Durante e Leo alla scuola di Pitoni a -Roma. Con lui la musica da chiesa decadde rapidamente, sostituendosi -all'elemento religioso sempre più il drammatico e confondendosi i due -stili. - -_Niccolò Porpora_ (1686-1767) fu autore fecondissimo in ogni genere, e -fu egli che gareggiò a Londra con Händel. Maggiore della sua fama come -compositore è la sua rinomanza quale maestro di canto e Farinelli ed -il Porporino furono suoi scolari. La fama di Porpora è del resto molto -minore dei suoi meriti. Egli è un vero classico e può misurarsi almeno -nell'opera con Händel che alle volte supera p. e. nell'_Arianna_. Il -suo difetto maggiore è una certa freddezza, che lo distingue in genere -dai maestri napolitani. - -Se già Porpora appartiene all'epoca della decadenza della scuola -napoletana, ciò può dirsi a maggior ragione dei maestri posteriori, -le opere dei quali, con poche eccezioni, composte per lo più in -breve tempo e per secondare il gusto del pubblico, mancano di verità -drammatica e sono oltre ogni dire manierate. - -_Leonardo Vinci_ (1690-1732) di Strongoli, scolaro di _Gaetano Greco_, -dottissimo contrappuntista, fu dotato di fantasia inesauribile. Le -sue molteplici opere drammatiche ebbero grande successo ai loro tempi -per la dolcezza delle melodie e per una certa sentimentalità, che -allora era di moda. Vinci sa però molte volte raggiungere una grande -potenza drammatica specialmente nel recitativo accompagnato, col quale -egli da grande varietà ed espressione alle scene più caratteristiche, -preparando la riforma di Gluck. - -Più noto di lui ai nostri tempi è _Giovanni Battista Pergolesi_ di -Iesi (1710) scolaro di Durante, Greco e Feo. Il suo ingegno gentile -e delicato non era fatto per l'opera seria. La sua _Olimpiade_ cadde -a Roma e il giovane maestro se ne accorò tanto che la sua gracile -salute ne ebbe tale scossa da non rimettersene più. Grande plauso -destò invece il suo intermezzo _La serva padrona_, dato in Napoli -(1731), opera che ancor oggi si eseguisce perchè è veramente ispirata -ed ha vita drammatica ed eleganza di stile. Pergolesi fu colla _Serva -padrona_ ed altri intermezzi (il _Frate innamorato_, il _Flaminio_, la -_Contadina astuta_, ecc) uno dei fondatori dell'opera buffa. Celebre -pure fino ad oggi è il suo _Stabat Mater_, composizione che egli compì -poco prima della sua morte (1736). Questa opera per due voci di donna -e quartetto d'archi non appartiene alla vera musica sacra, ma cattiva -gli animi per una dolce melanconia non però priva di passione che vi -è sparsa e per la grande bellezza melodica e la chiarezza del disegno -musicale. I soliti giudizi specialmente degli stranieri sulle opere di -Pergolesi sono oggi da rifarsi completamente, giacchè egli non è punto -lo sdolcinato autore, che si volle fin oggi fare di lui. Egli è invece -fra i contemporanei il più geniale e quegli che anche nell'opera seria -aveva iniziato una riforma drammatica, che la morte troncò e bastino -per prova i recitativi drammatici dell'_Olimpiade_ e dell'_Adriano_. -Nell'opera buffa, della quale egli per circostanze esteriori ebbe più -ad occuparsi, raggiunse un alto grado di perfezione per la concisione -e bellezza della melodia, la sana e briosa letizia che non diventa -mai triviale. Ma anche nella musica istrumentale egli fu un precursore -geniale specialmente nelle Sonate per due violini e basso dove si trova -già l'Allegro cantabile prima ignoto e di grande importanza per la -musica posteriore, ed il riapparire del primo tema dopo lo sviluppo -della seconda parte e del rivolto, un procedimento che a torto si -riteneva fosse stato Filippo Emanuele Bach a usare per il primo. - -Pergolesi scrisse in cinque anni di lavoro dodici opere teatrali, -tre oratori, quattro messe, più _Salve regina_, lo _Stabat_, _Arie_, -_Trio_, ecc. - -Allo stesso genere di musica drammatica sacra appartiene pure il -celebre _Stabat Mater_ di _Emanuele Astorga_ (1680-1736?), barone -siciliano nato nel 1680 ad Augusta e morto in Spagna verso il 1750, -autore dell'opera pastorale _Dafni_ e di molte cantate. Le ultime -ricerche di Volkmann hanno sfatato tutte le leggende, che si leggono -sulla sua vita. Lo _Stabat Mater_ di Astorga a 4 voci con archi -è simile a quello di Pergolesi ma ha più maschia severità ed il -contrappunto e l'armonia sono più ricchi. - -_Niccolò Iomelli_ di Aversa (1714-1774) frequentò la scuola di -Durante e Feo. Scrisse più opere per varie città d'Italia. Scrittore -facile e melodioso, egli seppe già dalle prime innalzarsi sopra gli -altri. Passato alla corte di Stoccarda, dove fu molti anni maestro di -cappella, fece risorgere le sorti di quel teatro, eseguendo opere, come -in Germania mai si aveva prima sentito. Il contatto coi maestri della -scuola tedesca influì altresì sul suo stile arricchendone l'armonia. -Ritornato in patria i suoi ultimi lavori non ebbero fortuna. A torto -però, giacchè le sue ultime opere per la nobiltà d'ispirazione e -ricchezza di lavoro orchestrale si devono anzi contare fra le migliori -della scuola napolitana. (_Enea nel Lazio_, _Penelope_, _Fetonte_). -Fra le molte composizioni sacre che scrisse, è ancor noto un _Requiem_ -melodioso e d'effetto, benchè privo di maestà e grandezza. Una delle -sue ultime opere fu un _Miserere_ per due soprani e quartetto d'arco -opera che può star a paro collo _Stabat Mater_ di Pergolesi. Iomelli -fu chiamato dai contemporanei il Gluck italiano e non senza ragione, -giacchè nessun maestro italiano si curò tanto del libretto e della -verità drammatica. Egli rimise in onore il coro, diede più importanza -al recitativo accompagnato ed all'orchestra, che è trattata con -grande diligenza. L'ultima scena del _Fetonte_ è un pezzo di musica -descrittiva piuttosto unico che raro per il suo tempo. - -_Niccolò Piccini_ di Bari (1728-1800) deve la sua fama, che dura fino -ad oggi, più che alle sue opere, alle gare ed alla contesa che si -accese negli ultimi anni della sua vita a Parigi fra i suoi fautori e -quelli di Gluck. A lui spetta però il merito d'aver introdotto nuove -forme nell'opera buffa, iniziata da _Niccolò Logroscino_ (1700-1763), -e d'averla arricchita di maggiore varietà. Egli abbandonò l'_aria da -capo_ di Scarlatti e vi sostituì la forma del _rondò_. Trasformò la -forma del finale e fu sempre accurato nella strumentazione. La sua -_Cecchina_ ebbe tale successo che in pochi anni si rappresentò in tutta -l'Europa. Qualche bel brano contiene altresì il suo _Orlando_, scritto -per l'Opera di Parigi (1778). - -_Antonio Sacchini_ (1734-1786) di Pozzuoli, autore dell'_Edipo a -Colono_ e _Tommaso Traetta_ (1717-1779) unirono all'abbondanza melodica -napoletana vigoria e verità drammatica. Ambedue ebbero vita avventurosa -e visitarono più paesi. - -_Giovanni Paisiello_ di Taranto (1741-1816) autore fecondissimo godè -fama immensa tanto in Italia che in Germania e Russia. Più fortuna -delle sue opere serie ebbero le comiche e buffe, fra cui il _Barbiere -di Siviglia_ per lo stile festevole ed urbano, per eleganza di forma e -per la freschezza inesauribile della melodia. - -_Niccolò Zingarelli_ (1752-1837) napoletano, autore dell'opera -Giulietta e Romeo, fu pedante e retrogrado ma egregio pedagogo; - -Con _Domenico Cimarosa_ di Aversa (1749-1801) scolaro di Sacchini, -autore di _Giannina e Bernardone_, del _Matrimonio segreto_, eseguito -nel 1792 a Vienna con successo enorme, l'opera buffa, retaggio -della terra italiana, arrivò al più alto grado di perfezione per la -naturalezza, giovialità sana e per gli interessanti contrasti, il tutto -raggiunto con arte sobria e sicura. - -Come in tutte le arti ad un epoca di splendore segue per legge -naturale quella della decadenza, quasi che il genio umano abbisogni di -riposo, al fiore dell'opera napoletana succede un'epoca nella quale -il manierismo prende il sopravvento, lo stile perde l'originalità e -diventa incolore. Ad onta di tutto ciò l'arte italiana mantenne almeno -nell'opera il primato ed i musicisti italiani continuarono per lunghi -anni ancora a dare le loro opere nei teatri di corte di Germania, ad -occuparvi i più onorifici posti, ed i cantanti italiani erano ricercati -e preferiti. E non solo i teatri di Vienna, Monaco e Dresda, ma anche -molti di altre città, come Berlino, Breslavia, Lipsia, Stoccarda, -Brunswick, ecc., erano intieramente dominati dagli artisti italiani, -sicchè per i compositori tedeschi non restava altro che scegliere o fra -l'oblio e la trascuranza o l'imitazione degli italiani. - -Quest'epoca poi, che chiamiamo di decadenza, non lo è che relativamente -al tempo anteriore, in cui l'Italia come mai nessun'altra nazione vide -in sì pochi anni fiorire tanti uomini illustri, dotati di sì grande -genio musicale, poichè fra questi maestri alcuni furono pari ai primi -per vastità d'ingegno e dottrina. L'influsso della scuola napoletana -è generale in quest'epoca, e se prima potemmo distinguere la scuola -fiorentina, romana e veneziana, la caratteristica di queste scuole, che -però durarono anche in seguito, va perdendosi per il predominio dello -stile dell'opera e della musica dei maestri napoletani. - -Il maggiore degli epigoni fu senza dubbio _Antonio Lotti_ (1667-1740), -probabilmente nato in Hannover, figlio d'un musicista veneziano, -direttore di quella cappella. Studiò da _Legrenzi_ ed occupò il -posto di primo organista in San Marco, dove divenne poi direttore -della cappella. Nell'anno 1718 si recò alla corte di Dresda e vi fece -eseguire in occasione delle nozze del principe palatino di Sassonia -la sua opera _Gli odi delusi dal sangue_ ma non vi restò che poco -tempo, essendo ritornato a Venezia per rimanervi fino alla morte. -L'importanza di Lotti sta nelle sue opere di musica sacra. In queste -egli raggiunse i più alti ingegni e vi lasciò traccia imperitura. -La potenza espressiva, la grandiosità tragica, la maestà e sonorità -dei suoi celebri _Crucifixus_ a 6, 8 e 10 voci, delle sue messe, -del suo _Miserere_ in _re minore_, del suo motetto _Laudate pueri_ -a tre voci di donne e quartetto, si cercano indarno nelle opere -dei contemporanei. Sul limitare dell'epoca della musica da cappella -della scuola romana egli vi infonde nuovi elementi moderni, che ne -arricchiscono l'espressione e corrispondono all'epoca in cui la riforma -aveva suscitato il dubbio e l'anima non possedeva più la quiete e la -tranquillità del tempo di Palestrina. Non meno grande che nella musica -da chiesa è Lotti nei suoi Madrigali, duetti e terzetti (1705) fra -cui la celebre aria: _Pur dicesti, o bocca bella_, oggi tante volte -cantata. Una delle sue ultime opere fu il celebre madrigale _Spirito di -Dio_ (1736), scritto per ordine della Serenissima onde festeggiare il -novello Doge. - -Miglior fortuna di Lotti ebbe nell'opera il suo collega di studi -_Antonio Caldara_, veneziano (1678-1763), maestro dell'imperatore -Carlo VI, direttore dell'opera a Vienna (1718), autore di 69 opere -teatrali. Caldara appartiene ormai alla decadenza e ad onta della sua -ricchezza melodica manca d'originalità e sentimento drammatico. Fra la -sua musica da chiesa è noto un _Crucifixus_ a 16 voci e non sono ancora -dimenticate alcune delle sue cantate. - -Fra gli altri musicisti veneziani degni di menzione eccelsero -_Benedetto Marcello_ e _Baldassare Galuppi_. _Benedetto Marcello_ -nobile veneziano (1686-1739) deve la sua fama precipuamente alla sua -opera capitale: _Estro poetico armonico_, raccolta di 50 salmi su -parafrasi di Giustiniani, in otto volumi (1724-1727), edita più volte -anche recentemente. Queste composizioni sono scritte a 1, 2, 3 e 4 voci -con basso numerato ed altresì con istrumenti a corda, in stile diverso, -che si avvicina alla cantata nella quale si avvicendano recitativi, -arie e pezzi fugati. Quantunque molti temi sieno tolti da canti ebraici -spagnuoli antichi e da melodie greche, il carattere è essenzialmente -moderno, per cui è inevitabile un contrasto fra arcaismi e mezzi -moderni, che esclude l'intima armonia delle parti. I salmi di Marcello -non meritano la fama che ebbero per la parziale mancanza di semplicità -e grandiosità addicentesi al testo e pel predominio del sentimento -drammatico, ma sono però da considerarsi come un'opera monumentale del -periodo della decadenza. Marcello coprì molte cariche onorifiche e morì -a Brescia. - -_Baldassare Galuppi_ di Burano detto il Buranello (1706-1786), -frequentò la scuola di Lotti, fu direttore di cappella a San Marco, -e visitò Londra e Pietroburgo. Fra le sue numerose opere teatrali -(circa 60), la _Didone abbandonata_ ebbe la maggior fortuna. Eccelse -nel genere comico (_Il mondo della luna, l'Uomo femmina_, ecc.), e fu -compositore melodioso ed ispirato unendo alla vivace fantasia un innato -istinto della forma mentre invece l'armonia è povera e trascurata. - -In Roma duravano le antiche tradizioni dell'epoca di Palestrina ed -esercitavano un influsso sui musicisti, che come prima si volgevano di -preferenza alla musica da chiesa. - -Celebre maestro e capo d'una scuola, che frequentarono Durante, Feo, -Leo ed altri fu _Giuseppe Ottavio Pitoni_ di Rieti (1657-1743), -direttore di cappella in più chiese di Roma. Molte delle sue -composizioni da chiesa si eseguiscono ancora oggi e s'avvicinano al -modello di Palestrina per la grandiosità, maestà e purezza di stile -(_Dixit_ a 16 voci, _Requiem_, ecc.). Fu dottissimo contrappuntista -ed ebbe mente tanto chiara ed intelletto sì acuto da scrivere senza -partitura. Di lui abbiamo pure un lavoro pregevolissimo ed assai utile -per la storia della musica nella sua _Notizia dei contrappuntisti e -compositori di musica dagli anni dell'êra cristiana_ 1000 _fino al_ -1700. - -Altri celebri maestri romani furono _Bernardo Pasquini_, uno dei -più grandi organisti italiani (1637-1710); _Francesco Gasperini_ suo -scolaro, nativo di Lucca (1668-1737), maestro in S. Giovanni Laterano, -autore fecondo di musica da chiesa e di opere teatrali, come pure di -un trattato: _L'armonico pratico al cembalo e Tommaso Bay_ (1713), -direttore della cappella Sistina, autore del celebre _Miserere_, -scritto a somiglianza di quello d'Allegri a 4 e 8 voci; _Giovanni -Battista Casali e Pompeo Cannicciari_. - -La dotta Bologna vide pure fra le sue mura fiorire insigni ingegni -musicali fra i quali _Giovanni Paolo Colonna_ (1640-1695), bresciano, -allievo di Carissimi e Benevoli, compositore di musica da chiesa ed -opere teatrali e dotto maestro, dalla cui scuola uscirono fra altri -Bononcini e Clari. - -_Giovanni Bononcini_, il giovane, figlio del celebre teorico Giovan -Maria Bononcini, nacque nel 1670 in Modena e frequentò dapprima -la scuola del padre per poi passare a quella di Colonna a Bologna. -Dopo aver vissuto alcun tempo a Vienna e Roma, dove fu ammirato per -la sua arte di suonare il violoncello, si recò a Londra e vi fece -rappresentare nel 1706 l'opera _Camilla_, spacciandola per sua, -mentre l'aveva scritta sua fratello Marcantonio. Le sue composizioni -vennero in voga, e la sua stella parve persino oscurare per qualche -tempo quella del suo contemporaneo Händel. Il campo si divise in -due fazioni, una per Bononcini, l'altra per Händel e non mancarono -nè acerbe lotte nè libelli satirici dall'una e dall'altra parte. Ma -Bononcini, quantunque buon musicista, non poteva alla lunga competere -con un colosso come Händel, del quale indarno tentava raggiungere -la grandiosità tragica e la potenza espressiva. La sua ultima opera, -che diede a Londra (1727), fu l'_Astianatte_, colla quale intendeva -superare Händel ma che non incontrò il favore del pubblico. La -vanagloria fu la causa della sua rovina, giacchè avendo egli consegnato -all'Accademia musicale, qual prova della sua capacità, un madrigale -a cinque voci, scopertosi poi che era il madrigale di Lotti: _In una -siepe ombrosa_, pubblicato nella sua raccolta di duetti, terzetti, ecc. -(1705), fu abbandonato anche dai suoi partigiani e dovette ritirarsi -sconfitto per finire la sua vita oscuramente a Venezia. - -Contemporaneo di Bononcini è _Attilio Ariosti_ (1660) bolognese, -successore poco fortunato del primo a Londra. Egli fu celebre suonatore -di viola e scrisse molte sonate per questo istrumento. - -Gentile ed ispirato compositore fu l'altro scolaro già nominato di -Colonna, _Giovanni Maria Clari_ di Pisa (1669), direttore della -cappella di Pistoia, che si distinse nella musica da camera. Di -lui sono meritamente celebri un _de Profundis_ per coro, organo ed -orchestra ed i duetti da camera. - -Maggiore di tutti in questo genere fu _Agostino Steffani_ di -Castelfranco nella provincia di Venezia (1654-1728), una delle più -simpatiche personalità artistiche del suo secolo. Dapprima putto -in S. Marco a Venezia, si recò a Monaco a studiarvi la composizione -da Bernabei. Nel 1685 fu chiamato alla corte di Hannover, dove egli -sviluppò un'attività artistica coronata dal più felice successo. In -seguito meritatasi la stima e confidenza del principe coprì cariche -diplomatiche importanti e prestò segnalati servigi. Egli si provò in -tutti i generi e nella musica da camera vocale riuscì insuperabile. -I suoi duetti da camera oggi pur troppo quasi dimenticati, sono un -modello del genere. In essi la forma, l'ispirazione, la dottrina, la -infinita varietà vanno di pari passo e formano un complesso perfetto, -che lo stesso Händel, suo successore in Hannover, non si peritò a -chiamare inimitabile. La forma di questi duetti è svariata; essi -constano ora d'uno ora di più tempi ed uniscono allo stile fugato -e a canoni un'inesauribile vena melodica ed una rara potenza di -espressione. L'ultima composizione di Steffani fu il suo grandioso -_Stabat Mater_ a sei voci con archi ed organo, un'opera pari o -superiore a quella del Pergolesi ed Astorga e di stile più puro di -queste. - -In ultimo rammenteremo fra gli italiani il _P. Giambattista Martini_, -monaco francescano di Bologna (1706-1784), più celebre teorico che -compositore, autore dell'importante _Saggio fondamentale pratico -di contrappunto_, che contiene una quantità di composizioni dei più -distinti maestri, esaminate e spiegate con rara perspicacia e della -_Storia della musica_ in tre volumi, opera pur troppo incompleta, -che abbraccia soltanto l'epoca antica e da prova della stragrande -coltura dell'autore; — _Francesco Conti_ fiorentino (1703), celebre -tiorbista (specie di liuto), compositore d'opere fra le quali il _Don -Chisciotte_, che ebbe molto successo, vice-direttore del teatro di -Vienna; — Giuseppe Sarti di Faenza (1729), e _Vincenzo Martini_ di -Valenza in Spagna (1754), autore il primo dell'opera _Fra due litiganti -il terzo gode_, il secondo della _Cosa rara_, di due temi delle quali -Mozart si servì nel finale del _Don Giovanni_ — _Ferdinando Paer_ -(1771-1839), parmigiano, facile ma superficiale, autore delle fortunate -opere _Griselda_ e _Sargino_. — _Antonio Salieri_ (1750-1825) di -Legnago, scolaro di Gluck, maestro di Beethoven e Schubert (_Danaidi_, -_Tarare_). — _Vincenzo Righini_ (1756-1841) perugino, l'ultimo dei -direttori italiani stabili nei teatri di Germania. - -Il tempo inesorabile ha travolto nella dimenticanza tutte le opere -teatrali della scuola napolitana e di loro si conosce oggi soltanto -qualche aria pubblicata in antologie musicali, mentre il resto giace -sepolto nelle biblioteche. Una delle cagioni principali di questo -completo oblio sta senza dubbio nella mancanza assoluta di interesse e -verità drammatica dell'azione. I libretti di queste opere o di soggetto -mitologico o storico romano o greco non sono che una filza di scene mal -collegate che non hanno altro scopo che porgere occasione al musicista -ed al cantante o allo scenografo di mettere in bella mostra la loro -arte. La forma diventa perciò affatto stereotipa. Aria segue ad aria -(40- 50 in una sol opera) e queste son collegate da recitativi di -solito senza importanza. Il coro non ha quasi alcuna parte, i duetti -sono piuttosto semplici composizioni di musica assoluta che scene -drammatiche, i terzetti ed i quartetti sono rarissimi. L'opera buffa -napolitana, preceduta dalla _commedia in musica_ di spesso in dialetto -è più viva e spigliata e perciò essa seppe più resistere alle ingiurie -del tempo. - -L'unica opera che si eseguisce ancora qualche rara volta è il -_Matrimonio segreto_ di Cimarosa ed essa può servire a giudicare -del genere. La facilità è davvero meravigliosa, le situazioni ed -i caratteri vi sono appena accennati, l'orchestra si accontenta -di accompagnare. Ma la matematica regolarità del periodo musicale, -il mantenere lo stesso tono, le cadenze sempre eguali, insomma la -troppa regolarità e somiglianza di una parte coll'altra finiscono col -destare un sentimento di tedio e monotonia, per quanto non ci sembri -giustificata la nota di Schumann nel suo giornale: «tecnica magistrale, -del resto piuttosto senza interesse ed in fine tedioso e privo d'ogni -pensiero». - -È affatto inutile il parlare dei poeti che servirono ai musicisti. La -parte più debole della letteratura italiana fu sempre il teatro ed -è naturale, che i libretti di opera fossero di molto inferiori alle -poche produzioni drammatiche da recitarsi, perchè l'opera in musica -era quasi fossilizzata per le forme ormai prescritte dalla tradizione. -In ogni modo però _Apostolo Zeno_ (1687-1750) che «tentò comporre -melodrammi che stessero in pace colla logica dell'arte» e _Pietro -Trapassi-Metastasio_ (1898-1782), ambidue poeti cesarei alla corte -di Vienna si innalzano su tutti gli altri ma a loro fanno difetto le -maggiori doti del poeta drammatico, la verità, la caratteristica e la -scienza dei contrasti. - -Metastasio è del resto ben superiore a Zeno, che diventò librettista -d'opera più per necessità della vita e fu piuttosto un pedante che un -poeta. Mentre egli come scrive «poetava pian piano per non riscaldarsi -di soverchio il capo» Metastasio poteva dire di sè: - - Sogni e favole io fingo; e pure in carte - Mentre favole e sogni orno e disegno, - In lor, folle che son, prendo tal parte - Che del mal che inventai piango e mi sdegno. - -I poeti posteriori non seppero del resto raggiungere neppure -lontanamente Metastasio. «Molti, scrive Goldoni, si sono provati -dopo di lui e valorosi e dotti; ma l'orecchio avvezzato a quei dolci -versi, a que' gentili pensieri, a quel brillante modo di sceneggiare -dell'egregio poeta, non ha trovato chi valga ad agguagliarlo». Difatti -se i drammi di Metastasio non son capolavori, essi son ben di molto -migliori di quelli dei poeti che gli successero, fra i quali emergono -_Gio Batta Casti_ e _Lorenzo Da Ponte_, l'autore dei libretti delle -_Nozze di Figaro_ e del _Don Giovanni_. Casti è l'autore dello scherzo -comico: _Prima la musica, poi le parole_, musicato da Salieri, che è -però una satira mordace dell'andazzo dei tempi, perchè come dice il -Maestro nello Scherzo allora valeva quasi la massima che - - «_La mia musica ha questo d'eccellente,_ - _Che può adattarsi a tutto egregiamente_». - -L'importanza del teatro e specialmente dell'opera lirica di quei tempi -era del resto ben diversa da quella che assunse poi, nè ciò si cambiò -per molto tempo ancora, giacchè, come Vincenzo Monti diceva, «gli -italiani non portano all'opera che gli orecchi». «Il teatro insieme -con l'amore, la conversazione ed il gioco è il piacere supremo della -gente ricca ed oziosa, non impacciata nei commerci, non tormentata -dall'enorme fatica del pensare; essa si raccoglieva volentieri intorno -ad un tavolino di faraone come accorreva in folla a udire quella musica -facile, cascante di trilli e di vezzi, sensuale e voluttuosa, piena di -strascichi e scoppî, di volute e fioriture, nella quale le Dorisbe ed -Armide venivano alla ribalta a gorgheggiare le ariette, impazientemente -attese dal pubblico dopo i lunghi recitativi, onde la favola era -tessuta» (Tullio Concari, _Il Settecento_, pag. 53). - -Un quadro fedele del teatro lirico del Settecento in Italia ci dipinse -Burney nel suo Giornale di viaggio attraverso la Francia e l'Italia -(1770) mentre Benedetto Marcello colla sua celebre satira _Il Teatro -alla moda_ (1720) ne caratterizzò i difetti. Altre satire del teatro -musicale sono l'_Impresario delle Smirne_, di Goldoni, _il poeta di -teatro_ di Filippo Pananti, e _l'opera seria_ di Ranieri Calzabigi con -musica di Gennaro Astariota. - -I giudizî che da anni ed anni si ripetono stereotipi sull'opera -italiana dopo Monteverdi fino alla fine del Settecento sono tanto meno -giustificati che non si fa che ripetere quello che altri scrisse prima -senza punto controllarne la giustezza e perchè in realtà quasi nessuno -conosce veramente quelle opere, che per la maggior parte non furono -mai pubblicate per le stampe. Anche oggi non esistono che pochissime -edizioni moderne di alcune opere intiere e qualche raccolta di arie. -Eppure per quanto insignificanti in confronto dello stragrande numero, -esse bastano per conchiudere che l'opera italiana del Seicento e -Settecento è ben superiore a quello che si crede. - -Il rapido ed innegabile decadimento dell'opera lirica, che aveva -cominciato con sani principî, fu cagionato molto più dai poeti che -dai musicisti, che non potevano ispirarsi a libretti, che d'opera -non avevano che la forma esterna e per drammi senza vere passioni e -conflitti umani. Anche i melodrammi di Metastasio per quanto migliori -degli altri, mancavano nelle parti principali di musicabilità, pieni -come erano di intrighi prosaici e dialoghi senza interesse per la -musica e che non si potevano mettere in musica altrimenti che in -forma di recitativo secco. Il musicista doveva perciò quasi sempre -contentarsi delle strofette, framezzate in cui si formulavano facili -sentenze morali senza vera attinenza all'azione. Se invece per -avventura se ne presentava l'occasione, allora anche il musicista si -librava ad alti voli e non sono affatto rari grandiosi monologhi e -bellissimi recitativi drammatici, accompagnati da tutta l'orchestra con -un sapore spiccato di modernità. - - - LETTERATURA - - E. Vogel — _Claudio Monteverdi._ Vierteljahreschrift für - Musikwissenschaft, III. - - — _Marco da Gagliano._ Ibidem V. - - H. Goldschmidt — _Claudio Monteverdi. Il ritorno di Ulisse._ - Sammelband J. M. G., 1908. - - Alfred Heuss — _Die Instrumentalstücke des Orfeo_ (Monteverdi). - Sammelband der J. M. G. IV, 2, 1903. - - H. Goldschmidt — _Cavalli als dramatischer Componist. Musikhelfe - für Musikgeschichte_, 1893. - - — _Geschichte der ital. 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Martini_, 1891. - - Untersteiner A. — _Agostino Steffani_, Riv. mus. it., vol. XIV - fasc. 3º, 1907. - - _Denkmäler deutscher Tonkunst in Bayern_, due volumi. _Opere scelte - di Agostino Steffani_ (Duetti, ecc., Alarico il Balta). - - Molte opere tedesche (Fürstenau, Schneider, Sittard, Rudhard, - Fischer) trattano dell'opera italiana alle corti di Germania. - - Nuovamente pubblicati furono: - - Gagliano — _Dafne._ - - Monteverdi — _Orfeo_, 10º volume delle pubblicazioni della - Gesellschaft für Musikforschung — e Milano, 1909. - - _L'incoronazione di Poppea_, Breitkopf und Härtel, 1904. - - Gevaert — _Les gloires de l'Italie_, Paris, 1868 (Scarlatti, Leo, - Iomelli, Pergolese, ecc.). - - A. Parisotti — _Arie antiche_, Ricordi, Milano. - - Zanon M. — _Venti arie di Cavalli_, Trieste, Schmidt. — _Arie - antiche_, Ricordi. - - Scarlatti — _La Rosaura_, pubblicata da Eitner. - - Iomelli — _Fetonte_, Volume 32 e 33 dei Denkmäler deutscher - Tonkunst. - - Caldara — _Opere scelte_, in annata XIII dei Denkmäler der Tonkunst - in Oesterreich. - - Pergolese ed Astorga — _Stabat Mater_, più edizioni. - - Carissimi — _Jefta_ ed altri oratori pubblicati da Chrysander. - - Cesti — _Dori_ e _Pomo d'oro_ nei Denkmäler, Vienna, Artaria. - - Cavalli — _Giasone_, XII vol. delle pubblicazioni della - Gesellschaft für Musikforschung. - - Monteverdi — _Madrigali scelti_, Peters. - - - - -CAPITOLO XI. - -L'Opera francese, tedesca ed inglese. - - -La storia dell'opera in Francia sta in intimo rapporto con quella -dell'opera italiana dalla quale essa deriva. E se, come alcuni -sogliono, si volesse rimontare alle origini e trovare nelle scene di -Adam de la Halle l'idea dell'azione drammatica musicale, non si deve -dimenticare che quelle con tutta probabilità furono scritte ed eseguite -a Napoli. - -Le prime rappresentazioni teatrali con musica datano in Francia -dal 1570, quando Carlo IX aveva accordato a Giovanni Antonio de -Baïf (veneziano?) ed a Gioachino Thibaut il privilegio di fondare -un'accademia di musica, che incominciò la sua attività nel 1571 e fece -eseguire musica italiana. Ma essa o per la mancanza d'interesse o per -l'incapacità dei promotori venne a cessare già nel 1574. Nel 1582 si -eseguisce con grande sfarzo il _Ballet comique de la Reyne_ con musica -d'un certo Baldassare torinese (_Baltazarini_) venuto a Parigi con -Caterina dei Medici e di altri. La musica di questo balletto esiste -tuttora ed è un centone di arie da ballo, canti dialogati, cori, ecc., -senza interesse ed unità drammatica. - -La prima opera che si eseguì in Francia (1645) fu la _Finta pazza_ di -_Sacrati_, scritta per Venezia e poi rifatta. I cantanti erano italiani -chiamati in Francia dal Cardinal Mazarino, strano uomo che trovava -tempo oltre reggere le sorti dello Stato di occuparsi di cose teatrali, -far scritturare cantanti, suonatori e commedianti italiani, brigare -per far sortire di convento un monaco evirato (Filippo Melani) e fargli -cantare la parte di regina travestita da uomo ed amante del re (Serse -di Cavalli). - -Due anni dopo si eseguisce l'_Orfeo_ di _Luigi Rossi_, napolitano, -celebre autore di cantate e che, quando si conosceranno meglio le opere -che scrisse, dovrà venir contato fra i migliori musicisti dell'epoca. -L'Orfeo fu scritto a Parigi od almeno per Parigi sicchè esso è la -prima opera scritta in Francia. Nel 1654 ritorna la compagnia italiana -chiamata da Mazarino ed eseguisce _Teti e Peleo_ di _Carlo Caproli_. - -Quantunque l'interesse che destò questo nuovo genere di musica fosse -grande, pure passarono ancora alcuni anni prima che nascesse la vera -opera francese. Il motivo è da cercarsi tanto nell'indole della nazione -e della lingua che nella mancanza di una certa ingenuità che impediva -ai francesi di prendere il nuovo genere per una semplice transazione -fra esecutori e pubblico. St. Evremont chiama, per es. l'opera «un -travail bizzarre de pöesie et de musique ou le pöete et le musicien -également génés l'un par l'autre se donnent bien de la peine pour faire -un mauvais ouvrage». Il primo impulso all'opera nazionale fu dato da -_Pietro Perrin_, abate senza abbazia, facile fabbricatore di versi, -che si associò col musicista _Roberto Cambert_ e fece rappresentare nel -1659 nel castello di Issy un'azione drammatica intitolata _Pastorale_, -la _première comédie française en musique_, andata perduta. Il successo -che essa ebbe fu maggiore di quello del _Serse_ di Cavalli, dato nel -1660 per le nozze di Luigi XV coll'Infanta di Spagna. Secondo novissime -ricerche pare però che la prima commedia francese fosse il _Trionfo -dell'amore_, eseguita ai 22 gennaio 1655 con musica di _Michele de la -Guerre_, organista e liutista. Anche questa musica è andata perduta. - -Una nuova opera di Perrin e Cambert, _Ariadne_ non potè essere data in -causa della morte del cardinale Mazarino. Ma l'attivo Perrin non si -diede per vinto e quando il re nel 1669 gli concesse per dodici anni -il monopolio delle rappresentazioni teatrali ed accademie musicali, si -fabbricò nella via Mazarino un teatro d'opera che fu inaugurato nel -1671 coll'opera di Perrin e Cambert _Pomone_, che può considerarsi -come la prima opera nazionale francese. Quest'azione drammatica, che -non è che un miscuglio di scene, intermezzi e balletti quasi senza -connessione, ebbe un successo enorme e si diede consecutivamente -per più mesi. La musica di Cambert non è del tutto priva di pregi, -quantunque essa non possa in nessun modo venir messa a confronto con -quella delle opere italiane del tempo. La fortuna di Perrin e della -sua intrapresa durò poco. Dispute sorte fra Perrin e Cambert e dissesti -finanziari ruppero la società e Perrin perdette il suo privilegio, che -passò a Lully, il vero fondatore dell'opera francese. - -_Giovanni Battista Lulli_ o _Lully_ nacque in Firenze nel 1632, -come provò definitivamente A. Bonaventura con documenti, da genitori -fiorentini e non francesi come ultimamente si volle asserire. Il duca -di Guisa, al quale il talento precoce e l'indole svegliata del ragazzo -erano piaciuti, lo prese seco nel 1644 in Francia e l'affidò alla -sorella del re, madama di Montpensier. Impiegato come guattero nella -cucina della sua signora, egli trovava tempo di esercitarsi nel violino -e nella teoria musicale, nella quale avea avuto le prime nozioni già in -patria da un frate francescano. I progressi che egli fece furono tali -da attirargli l'attenzione e procurargli per mezzo del suo protettore, -il conte di Nogent, un buon maestro ed un posto di violinista fra i 24 -_Violons du Roy_. Il re Luigi XIV prese ad amarlo, istituì per lui i -_petits Violons_, ai quali lo prepose, e gli fece scrivere la musica -d'alcuni balletti. L'occasione di agire come artista drammatico nelle -commedie di Molière ed il sentire alcune opere italiane, date in quei -tempi, volsero le sue mire al teatro ed all'opera, e d'allora in poi fu -suo scopo il procacciarsi il privilegio di Perrin. Luigi XIV, che amava -Lully, uomo astutissimo ed abile cortigiano, glielo concesse e ve ne -aggiunse in seguito degli altri. - -Sua prima cura fu di cercare un abile poeta che scrivesse il testo -delle sue opere e la sorte lo favorì anche qui, facendogli trovare -in _Quinault_ uno dei migliori poeti contemporanei, che gli fornì una -quantità di testi eccellenti. Le prime opere di Lully, dopo il _Cadmo_, -opera giovanile di poco merito, furono l'_Alceste_ (1674) ed il _Teseo_ -(1675) seguite da molte altre. Il pubblico che aveva ascoltato con -poco entusiasmo le prime produzioni, si assuefece al nuovo stile ed il -successo di Lully divenne ogni dì più grande. - -Le opere di Lully, musicalmente di gran lunga inferiori alle italiane, -hanno il pregio di una certa verità drammatica e della caratteristica. -Lully, uomo d'ingegno perspicace, capì l'indirizzo del suo tempo, -favorevole e propenso alla tragedia classica ripristinata da Corneille -e Racine. Dotato di discreta fantasia musicale e poco dotto nella -teoria, egli cercò di adattare alle parole la melodia seguendo -fedelmente il testo e non facendo alcuna concessione alla musica. -Perciò nelle sue composizioni non vi sono vere arie, duetti o pezzi -chiusi, non fioriture, ma il tutto serve all'espressione drammatica, -alla caratteristica della situazione. Il suo istrumentale è assai -semplice e segue passo a passo la voce con meschini contrappunti o -semplici accordi, ma non manca di una certa caratteristica. L'orchestra -consta di violini, viole di più specie, flauti, oboe, fagotti e -timpani. La divisione del tempo varia continuamente a seconda del -testo. La sua musica ha un carattere declamatorio rettorico che alla -lunga diventa noioso e confina col salmodiare. Egli modificò la forma -dell'ouverture ampliandola. Al grave segue l'allegro di solito fugato. -Ambedue si ripetono e segue poi di nuovo il grave. Essa differisce -perciò da quella di Scarlatti, che incomincia e finisce coll'allegro, -frammettendovi il grave. - -Ma Lully era fornito di troppo buon gusto, per non sentire le mancanze -del nuovo stile ed egli cercava perciò di variarlo introducendo -nell'opera piccoli ritornelli e danze istrumentali, dando al coro, -a somiglianza della tragedia antica, una importanza di gran lunga -maggiore che nell'opera italiana, e facendolo parte vera dell'azione -drammatica. Anche al ballo egli seppe dare una parte più importante che -usavano i suoi antecessori, per i quali esso era un semplice mezzo di -variare l'azione senza alcun riguardo a questa. - -Quantunque Lully fosse italiano, gli elementi della sua musica sono -essenzialmente francesi e fra le sue opere e quelle contemporanee -italiane c'è ben poca somiglianza. Ed è appunto per questo, che esse -seppero mantenersi per più d'un secolo fino a Gluck. Egli univa poi a -tutte le sue eminenti doti di musicista drammatico un eccellente tatto -pratico e somma conoscenza degli effetti scenici. Il poeta doveva -cambiare e rifare molte e molte volte i suoi testi, prima che Lully -si dichiarasse contento ed il successo gli dava sempre ragione. La -sua maniera di comporre era originalissima. Egli imparava a memoria -il testo e lo ripeteva fin a tanto che la melodia nascesse quasi da sè -stessa. Allora egli si metteva al cembalo e suonando e cantando dettava -la musica ai suoi scolari _Lalouette_ e _Colasse_ e dava loro cenni -circa all'armonia ed istrumentazione. - -Lully ebbe molti ammiratori e detrattori. Di carattere iracondo ed -intrigante, egli era in continue dispute e contese coi suoi colleghi. -Ma come era subitaneo nell'ira, altrettanto presto questa spariva e -i torti commessi erano rimediati con favori. La sua irascibilità fu -altresì la causa della sua morte. Dirigendo un suo _Te Deum_, nella -chiesa di St. Honoré in occasione della guarigione del re, si dimenò -talmente nel batter il tempo che si ferì il piede, e non volendo subire -l'operazione necessaria, morì ai 22 marzo 1687 in età di 54 anni, -lasciando una vistosissima sostanza. - -L'opera francese decadde rapidamente dopo la morte di Lully. Nè il suo -prediletto scolaro Colasse, nè i suoi figli che cercarono di imitare il -maestro ed il padre, ebbero colle loro composizioni successo duraturo. -L'unico forse fra tutti i compositori dell'epoca posteriore a Lully ed -anteriore a Rameau, che gli si avvicinò fu _Andrea Campra_ (1660-1744) -di Aix in Provenza che con molte opere (_Tancred_, _Hesione_) ebbe -buon successo e divenne il favorito del pubblico parigino. La musica -di Campra si distingue per una certa nobiltà di espressione drammatica -e per ispirazione e tecnica senza dubbio superiori a quelle di Lully. -Egli compose pure molta musica da chiesa e da camera, che può competere -colle migliori opere degli italiani contemporanei. - -L'erede delle tradizioni di Lully ed il continuatore delle sue -teorie fu _Giovanni Filippo Rameau_ di Digione (1683-1764). Suo -padre, organista nella chiesa di S. Caterina, voleva destinarlo alla -magistratura, ma il figlio, che aveva fatto grandi progressi nella -musica, mandò a vuoto i piani paterni e venne in Italia, dove ebbe -occasione di sentire le opere dei più celebri maestri e ne riportò -un'impressione incancellabile, quantunque le sue opere non se ne -dimostrino punto influenzate. Ritornato dopo pochi mesi in Francia, si -recò a Parigi, che presto abbandonò per occupare il posto d'organista -in Clermont. Il soggiorno nella quieta cittadella d'Alvernia giovò -grandemente alla coltura di Rameau, che si occupò di studi profondi -d'armonia e compose molte opere istrumentali e di stile sacro. - -Nel 1721 ritorna a Parigi forte di nuovi e severi studî e pubblica -quindi nell'anno seguente il suo celebre trattato d'_Armonia ridotta ai -suoi principi naturali_ opera capitale che mise le basi dell'armonia -moderna e nella quale si parla dei risvolti e degli accordi, che -vengono sviluppati da un unico principio, e si determinano i rapporti -fra i toni e fra gli intervalli ed accordi. Questa sua opera e le -seguenti incontrarono, come accade di tutte le importanti innovazioni, -acerbe critiche (ai suoi tempi lo chiamarono «distillatore di accordi -barocchi»), e le dispute ripetute ed accanite che Rameau ebbe a -sostenere per difendere le sue teorie influirono sul suo carattere -bisbetico, iracondo ed intollerante. - -Se la teoria di Rameau era nuova, la pratica del suo sistema s'era -venuta formando a passo a passo in quasi due secoli nella mente dei -musicisti. L'orecchio musicale aveva finalmente imparato a comprendere -la musica come una _catena d'armonie_. Il principale risultato del -sistema di Rameau era di riconoscere la tonalità moderna, ossia il -rapporto di tutti i toni della scala con un tono unico, la _tonica_, -che si mostra nel maggiore e nel minore, per cui venne tolta -quell'incertezza propria delle tonalità antiche, che deriva dalla -mancanza della tonica fondamentale e che i componisti aveano modificata -istintivamente grado a grado. La teoria di Rameau sembrò nuova al -mondo musicale ma non lo era del tutto, giacchè Zarlino l'aveva -omai presentita. Ma anche Rameau si fermò a mezza strada, non avendo -applicato le sue teorie all'accordo minore che egli considera ancora -come una specie di accordo maggiore colla terza minore. Chi completò il -sistema fu Tartini coi suoi toni di combinazione. - -Nell'agone teatrale Rameau scese quasi cinquantenne, il che però -non impedì che fino alla sua morte egli scrivesse più di venti opere -teatrali. (_Hyppolyte et Aricie_, _Dardanus_, _Castor et Pollux_). Le -prime furono accolte dal pubblico freddamente, giacchè questo teneva -ancora fermo agli ideali di Lully ed ogni innovazione sembravagli -sacrilegio. Soltanto quando si vide che Rameau continuava le tradizioni -antiche, e che non era che un perfezionatore del sistema allora gli fu -concesso il favore del pubblico e lo si nominò degno erede di Lully. - -In realtà la musica di Rameau non differisce da quella di Lully che -negli accessorî. La sua fantasia ed ispirazione, le sue cognizioni -musicali sono maggiori di quelle di Lully, la sua istrumentazione è più -ricca, il canto più melodioso, i cori più svariati ed elaborati, ma è -sempre lo stesso modo di declamare e di fraseggiare, la stessa mancanza -di pezzi chiusi, la stessa espressione drammatica, la stessa traduzione -fedele del testo. Rameau è però meno istintivo ed impulsivo di Lully -ed invece più intellettuale di lui. Siccome ebbe la sfortuna di non -trovare mai un buon poeta e traduceva troppo servilmente il testo, le -sue opere contengono spesso, dove la poesia è pedissequa, delle parti -infinitamente monotone e la ricchezza d'armonia e le preziosità di -stile arcaico, che oggi sono per il momento di moda, non ci dovrebbero -illudere sul valore di Rameau come autore drammatico. Egli subì quasi -la stessa sorte di Lully. Da molti innalzato alle stelle, fu detratto -da altri come per esempio, da Diderot nel celebre scritto: _il Nipote -di Rameau_, e da Rousseau in più scritti. A lui spetta però, senza -dubbio, il merito d'aver fermata la decadenza alla quale l'opera -francese andava incontro dopo Lully e d'aver messo le basi dell'armonia -moderna. Le opere di Rameau contengono come quelle di Lully una -quantità di danze, nelle quali egli eccelleva e che sono quelle che -oltre la sua musica per clavicembalo sono ancor note. Ma le troppo -numerose danze dell'opera francese ne erano altresì la parte debole e -Grimm si lamenta «che l'opera francese è uno spettacolo dove tutta la -felicità e le disgrazie delle persone consistono nel danzar intorno a -loro, mentre esse non dicono mai quel che dovrebbero dire». - -Per quanto il successo della nuova opera francese fosse stato grande -e clamoroso e le opere di Lully e di Rameau si fossero conservate per -molti e molti anni nel repertorio dell'_Académie de musique_, non si -può dire che essa corrispondesse al carattere della nazione e che fosse -vera musica nazionale. Ciò lo impedivano le troppe declamazioni vuote, -le ripetute sentenze e madrigali e la mancanza di ogni naturalezza -e verità. Iniziata da uno straniero, essa era la conseguenza -dell'indirizzo classico dei tempi e si risentiva dell'influsso dei -grandi poeti tragici francesi. Ma il pubblico non poteva alla lunga -contentarsi di queste opere, che trattavano soggetti mitologici, a lui -del tutto sconosciuti, in cui l'elemento veramente umano si perdeva -in una fraseologia esagerata. Ed ancor meno lo poteva appagare la -musica di quei drammi, che si allungava in declamazioni enfatiche, -le quali se traducevano adeguatamente il testo ed esprimevano la -situazione drammatica, escludevano invece la vera melodia nelle forme -chiuse e riuscivano monotone e pesanti. L'opera di Lully e di Rameau, -per quanto decantata come il vero tipo dell'opera francese, non era -che l'opera francese d'una parte esigua del pubblico, quella della -corte, degli accademici e dei dotti. La vera opera francese, quella -del popolo francese, è invece da cercarsi nell'opera comica, i di cui -primordi troviamo ormai nel secolo XVII in rappresentazioni drammatiche -musicali, che si davano in piccoli teatri sui mercati. Al principio -del secolo XVIII questo genere di rappresentazioni portava il nome -di _comédie à ariettes_, _vaudeville_ (voix de ville) e poi di _opéra -comique_ e si componeva di canto, ballo e dialogo parlato. Le prime di -queste opere comiche furono l'_Arlequin Mahomed_ su testo di Le Sage -(1714), _Le Dieu de la foire_ (1724), _Sancho Pança_ (1727). - -A dare poi il colpo di grazia all'opera francese arrivò nel 1752 una -compagnia di cantanti italiani a Parigi. Le opere eseguite erano di -Pergolesi, Leo, Orlandini ed altri, ed appartenevano tutte all'opera -buffa. Il successo che ebbero fu grandissimo. Il pubblico parigino -non sapeva saziarsi delle dolci e graziose melodie degli intermezzi di -Pergolesi, _La Serva padrona_ ed _Il Maestro di musica_, ed innalzava -alle stelle l'arte dei cantanti italiani. Due fazioni si formarono -che si misero a difendere l'una l'opera francese, l'altra l'italiana. -Fra i partigiani dell'opera italiana vi erano Diderot e Rousseau il -quale ultimo nella sua celebre _Lettre sur la musique française_ e -nel _Dizionario di musica_ giunse a dire che la lingua francese non -era fatta per la musica e che l'opere di Lully e Rameau non erano -che meschine produzioni scolastiche. Gli scritti di Rousseau, per -quanto parziali, produssero un grande effetto e servirono a scassinare -l'edificio ormai crollante dell'opera francese. Del resto quasi -tutti gli Enciclopedisti erano del partito della riforma ed essi -hanno influito molto sul gusto dell'epoca, per quanto non fossero -forse grandi le loro cognizioni musicali positive. Ma furono essi, -che propugnarono il ritorno alla natura, il bando alle esagerazioni -ed enfasi dell'opera tragica, a tutta quella congerie di danze e -pantomine, che dominavano a sproposito nell'opera. - -La lotta fra _Buffonisti_ ed _Antibuffonisti_, col qual nome venivano -chiamate le due fazioni, si decise colla vittoria dei primi, quantunque -la compagnia italiana avesse dovuto abbandonare il campo dopo due anni. -Ma il loro soggiorno ed il seme da loro gettato non furono infruttuosi, -giacchè l'opera comica nazionale, che prima aveva menata una stentata -esistenza, approfittando dell'esperienza avuta dagli italiani sorse a -nuova vita e detronizzò la grand'opera. - -_Rousseau_ (1712-1778) avea già nel 1752 scritto e fatto rappresentare -con grande successo il suo _Devin du village_, scritto intieramente -sotto l'influsso dell'opera buffa italiana e nel 1753 vi fece seguito -un'altra opera comica, _les Troqueurs_ di _D'Auvergne_. Nel 1755 poi, -_Egidio Duni_ (1709-1755) il fortunato rivale di Pergolesi, che aveva -portato col suo _Nerone_ la palma sull'_Olimpiade_ fa eseguire la sua -opera _Ninette à la cour_, la prima di molte opere comiche che egli -scrisse con grande fortuna in Francia. Duni fu quegli che diede la -forma artistica alla nuova opera francese e come l'opera seria deve -la sua origine ad un italiano, così fu pure un italiano il primo che -raccolse l'idea iniziata coi _Troqueurs_ e che minacciava di perdersi. - -Il nuovo genere si distingueva dall'opera francese di Lully per la -naturalezza, per il brio, la facilità della melodia e per l'accurato -sviluppo dell'azione. I testi di Marmontel e Favart, scritti con -garbo, sono pieni di frizzi spiritosi, il dialogo è naturale, l'azione -interessante. Il pubblico assuefatto all'ampollosità e declamazione -della tragedia, si interessava alla nuova opera, la trovava più -corrispondente al suo gusto e rinveniva nelle melodie e nelle danze -il carattere nazionale, che mancava alla tragedia musicale di Lully e -Rameau. - -Fra i musicisti che si dedicarono all'opera comica si distinsero in -ispecial modo: - -_Francesco Andrea Danican_ detto _Philidor_ (1726-1795), (_Le diable à -quatre_, _Le boucheron_, ecc.) - -_Pietro Alessandro Monsigny_ (1729-1818) (_le Cadi dupé_, _le -Deserteur_). - -_Nicolò D'Alayrac_ (1753-1809), (_le Corsaire_, _Vertvert_, _la pauvre -femme_, ecc.). - -_Nicolò Isouard_ (1775-1818) (_Cendrillon_, _Joconda_). - -Tutti questi hanno vera vena comica, fresca e spiritosa, essi -abbandonano gli eterni recitativi ed introducono la romanza cantata; -l'aria da capo prende la forma più popolare del _rondeau_. - -Il più geniale di tutti è senza dubbio _André Grétry_ di Liegi -(1741-1813), che passò più anni della sua gioventù in Roma, dove -godè l'istruzione di Casali e vi fece eseguire con fortuna alcune -composizioni. La sua prima opera comica data a Parigi fu _le Huron_ -(1768). Fra le sue molte opere sono meritevoli di memoria _Zemir et -Azor_ (1771), _Anacréon_ (1797), e più di tutte _Richard cœur de lion_ -(1784), tradotta e data in molti paesi. Quantunque Grétry non fosse -dotato di gran genio melodico e di potenza drammatica, le sue opere si -distinguono per una grande naturalezza, facilità ed eleganza. Egli è -sopratutto compositore nazionale nello spunto melodico, nella varietà -dei ritmi piccanti e briosi e per la facilità e leggiadria del dialogo -musicale. Scrisse le sue memorie, che contengono molte considerazioni -sensate e nuove sulla declamazione musicale e nelle quali difende le -teorie di Gluck. - - * - * * - -L'opera musicale drammatica cominciò in _Germania_ più tardi che -in Italia e fu piuttosto frutto dell'imitazione straniera che -dell'iniziativa nazionale. Le produzioni drammatiche precedenti al -Seicento si limitavano ai _Misteri_ e alle _Moralità_, alle feste -carnevalesche, alle farse di Hans Sachs ed altri poeti popolari ed -a spettacoli e balletti dati con grande sfarzo alle diverse corti -dei principi di Germania. L'opera fiorentina ed il nuovo stile -rappresentativo trovarono però imitatori molto prima che in Francia. -Già nel 1627 _Enrico Schütz_, il grande musicista luterano antecessore -di Bach, aveva composta la musica della _Dafne_ di Rinuccini, tradotta -da Opitz. Questo dramma per musica fu dato a Torgau il 10 aprile 1627 -in occasione delle nozze del Landgravio di Essen con Luisa Eleonora di -Sassonia. Quantunque la musica ne sia perduta, è da ritenersi secondo -le notizie conservateci, che fosse scritta ad imitazione di quella di -Peri. E sembra pure che Schütz abbia musicato l'_Orfeo_ di Rinuccini. -Invece ci è restata la musica di un _Singspiel Seelewig_ (1644) di -_Teofilo Staden_, una specie di allegoria simile alla Rappresentazione -di anima e corpo di Emilio Cavalieri, un'opera affatto lontana dalle -tendenze della Camerata fiorentina e solo d'interesse storico. - -Ma il nuovo genere non seppe attecchire, sia perchè i tempi erano -difficili e la Germania era tormentata dalla tremenda guerra dei -trent'anni, sia che mancassero gl'ingegni musicali che si volessero -applicare al nuovo genere. C'era poi un altro motivo che rendeva -difficile lo svilupparsi dell'opera nazionale. La lingua italiana era -allora di moda nelle infinite corti di Germania come lo divenne poi la -francese. Il pubblico stava in disparte e non prendeva alcun interesse -alle cose artistiche; i teatri rimasero fino alla metà del secolo -scorso con poche eccezioni riservati alla corte, ai cortigiani ed agli -invitati. Era dunque naturale che i principi si rivolgessero all'Italia -e chiamassero alle loro corti artisti italiani. Ognuna di queste aveva -un poeta di corte che doveva montare sul suo Pegaso in ogni occasione -voluta da circostanze esteriori. (Zeno e Metastasio a Vienna, Mauro ad -Hannover, Pallavicino a Dresda, Terzago a Monaco, ecc.). I direttori -erano italiani (Lotti, Caldara, Steffani, Porpora, Iomelli, Bononcini, -ecc.), italiani i cantanti (Bordoni, Cuzzoni, Lotti, Durastanti, -Senesino, Farinelli, Carestini, ecc.), italiani persino i pittori, -decoratori ed architetti. Soltanto i suonatori erano in parte tedeschi -e francesi. - -Fra le corti di Germania, che videro fiorire l'opera italiana sono -specialmente da nominarsi Vienna, Dresda, Berlino e Monaco. La corte -di Vienna s'era sempre distinta quale protettrice della musica ed ormai -nel 1642 vi si eseguì l'_Egisto_ di Cavalli. Gli imperatori Leopoldo I, -Giuseppe I e Carlo VI, buoni musicisti, preferivano la musica italiana -e cercarono con ogni modo di attirare alle loro corti i migliori -artisti italiani. Caldara e Conti assieme allo stiriano _Giovanni Fux_ -segnano l'epoca del maggior fiore dell'opera a Vienna. Fux (1660-1741) -è tuttora noto per il suo celebre trattato _Gradus ad Parnassum_ (1725) -e per musiche da chiesa più che per le sue opere teatrali, nelle quali -imitò gli italiani. Quasi tutti poi i più celebri compositori italiani -dell'epoca, cominciando da Cavalli, Cesti fino a Porpora e Salieri -andarono a Vienna e scrissero per quel teatro di corte. - -Non inferiore a Vienna nel culto dell'opera italiana fu Dresda. Anche -in questa città v'era un'intiera colonia artistica d'italiani, che -dominava esclusivamente il teatro. L'opera italiana vi fu inaugurata -formalmente nel 1662 col _Paride_ di _Giovanni Bontempi_, scolaro di -Mazzocchi e collega di Schütz. Suo successore fu pure un italiano, -_Carlo Pallavicini_, buon compositore. Salito al trono Federico Augusto -I (1694), vero mecenate delle arti, cominciò una nuova era di lusso -e splendore e Dresda mai vide maggior numero di celebri artisti nelle -sue mura, fra i quali Lotti, Vittoria Tesi, il Senesino, e sopra tutti -_Giovanni Adolfo Hasse_ e sua moglie, la famosa cantatrice _Faustina -Bordoni_. - -Quantunque Hasse abbia avuto i natali in Germania (Bergedorf, 1699) -egli appartiene interamente alla scuola napoletana ed è compositore -italiano. Da principio cantante ad Amburgo e Brunswick, venne poi a -Napoli (1724), dove si perfezionò nella composizione alla scuola di -Porpora e quindi di Alessandro Scarlatti, che lo prese ad amare. Una -sua opera, _Sesostrate_ (1726), destò unanime applauso ed egli già nel -1727 fu nominato direttore al Conservatorio degli incurabili a Venezia, -dove conobbe e sposò Faustina. La fama delle sue opere oltrepassò -ben presto le Alpi e pochi anni dopo venne chiamato a Dresda (1731), -dove con piccoli intervalli di tempo, fra i quali un breve soggiorno -a Londra, passò la maggior parte della sua vita. Negli ultimi anni si -recò a Venezia, dove morì nel 1783. - -Hasse fu compositore fecondissimo. Dotato di grande fantasia e di -ricchezza melodica, egli dominava perfettamente la forma ed era sommo -nel trattare la voce. Ma egli non si eleva sopra i migliori autori -italiani dell'epoca, seguendo anch'egli la pratica che al bel canto -sacrificava la verità drammatica. Egli non fu e non volle essere -un riformatore ma seguì l'andazzo del tempo. Egli non copia alcuno -degli italiani ma imita tutti, togliendone da tutti il meglio, per -cui egli non è originale ma piuttosto la personificazione dello stile -drammatico, diremmo quasi astratto, italiano del secolo XVIII. Hasse -visse onorato e meritò tanto pel suo ingegno che per il suo carattere -integro il nome di _Caro Sassone_, che in Italia gli si diede. Colla -partenza di Hasse da Dresda (1756) e dopo la morte di Augusto III, -l'opera italiana a Dresda decadde rapidamente, durando però al meno -sporadicamente fino al 1842 (Morlacchi). - -In Berlino troviamo cantanti italiani (_Pasquino Grassi_ e _Giovanni -Alberto Maglio_) già nel 1656. La prima opera si diede nel 1700 e fu -_la festa dell'imeneo_ di _Attilio Ariosti_, alla quale negli anni -posteriori fecero seguito delle altre finchè nel 1742 venne aperto -da Federico II il nuovo teatro con _Cesare e Cleopatra_ di _Graun_. -Federico il grande era musicista appassionato e buon suonatore di -flauto. Egli prediligeva la musica italiana e non voleva saperne di -cantanti tedeschi. «Piuttosto sentir un'aria cantata da un cavallo, che -una tedesca come prima donna», soleva egli dire. - -Il miglior compositore dell'epoca fu _Carlo Enrico Graun_ (1701-1759), -che dominò colle sue opere il repertorio fino alla sua morte. Graun -appartiene pure alla scuola italiana. Scrisse 36 opere e molta musica -da chiesa, fra cui l'oratorio _la Morte di Gesù_, che ancor oggi si -eseguisce, opera priva di grandezza e religiosità e scritta nello -stile teatrale. Graun fu scrittore melodioso e facile, ma non ebbe nè -originalità nè potenza drammatica. - -Grande influenza sulle cose musicali ebbe pure alla corte di Federico -il suo maestro di flauto _Giovanni Quanz_, che fu in Italia alla -scuola di Gasperini e scrisse un'infinità di composizioni per flauto -ad uso del re. Degni di menzione sono pure _Francesco Benda_, boemo -(1709-1786), celebre violinista, fondatore della scuola germanica, il -creatore del melodramma (declamazione con accompagnamento di musica), e -la celebre cantatrice _Gertrude Elisabetta Mara_ per la quale Federico -ebbe a ricredersi degli artisti tedeschi. Coll'avanzarsi dell'età venne -a cessare l'interesse di Federico per l'opera, che priva del suo più -potente appoggio rapidamente decadde. - -A Monaco gli Italiani erano diventati già per tempo padroni del -campo. La corte di Alberto V aveva veduto commedie italiane (1568) -per le quali aveva scritto madrigali Orlando di Lasso che in una -rappresentazione aveva egli stesso rappresentato la parte di nobile -veneziano (_Pantalone dei Bisognosi_). Il primo vero dramma per musica -fu la _Ninfa ritrosa_ (1654) di autore sconosciuto. Fra tutti i maestri -di quel tempo si incontra un sol nome tedesco, _Gaspare Kerl_, scolaro -di Carissimi e celebre organista. Egli scrisse pure opere teatrali -andate perdute. A Kerl successero Ercole Bernabei, Giovanni Bernabei, -Agostino Steffani, Albinoni, Porta, Bernasconi. L'opera italiana cessò -nel 1787. - -La patria dell'opera tedesca nazionale fu Amburgo, la libera -città anseatica, dove la musica era sempre stata in onore e dove -accorrevano gli artisti, sicuri di trovare un pubblico intelligente -ed appassionato per l'arte. Quantunque l'opera italiana fosse ben -presto giunta in Amburgo e vi avesse destato grande interesse e plauso, -pure l'elemento nazionale si fece vivo di buon'ora e molti furono i -tentativi di imitazione con tendenze nazionali e sostituzione della -lingua tedesca all'italiana. La prima opera tedesca che si diede ad -Amburgo fu _Adamo ed Eva_, musicata da _Giovanni Theile_ (2 gennaio -1678). Dapprincipio essa non fu che una copia dell'italiana, ed i -soggetti si toglievano dalla mitologia, dalla storia antica e dalle -leggende sacre o dalla Bibbia. Ma il pubblico prendeva poco interesse -a quelle rappresentazioni eroiche, nelle quali esso non trovava -l'impronta nazionale ed i soggetti gli erano del tutto estranei e -punto simpatici. Ed allora nacque la reazione, dapprincipio modesta, -introducendovi l'elemento nazionale e comico e riducendo il tutto -ad una parodia di cattivo gusto. Poi l'elemento nazionale prende il -sopravento ed ai soggetti eroici e sacri si sostituiscono azioni tolte -dalla vita contemporanea, che univano il tragico al comico, il sublime -al triviale. Per sfortuna poi mai epoca fu sì povera di buoni poeti -ed i musicisti dovevano contentarsi di mettere in musica versi che -peggiori non ponno pensarsi, azioni che sono un'ibrida congiunzioni di -sciocchezze, sfacciataggini e trivialità, il tutto condito da motti -salaci in una lingua barbara ed un gergo da piazza. La meschinità di -tali produzioni drammatiche si cercava nascondere sotto lo sfarzo delle -scene, dei vestiari e dei balletti, per i quali si spendevano somme -favolose, e si cercava cancellare l'impressione penosa d'una scena -tragica con una comica della specie più scurrile, come nell'opera -di Dedekind _Gesù morente_, dove Satana raccoglie in un canestro le -budella di Giuda e col cestello in mano canta un'aria. - -Molto migliori dei meschini e prosaici poeti di quell'epoca furono i -maestri che posero in musica i loro tristi parti. Fra questi merita -speciale menzione _Giovanni Kusser_ (1657-1727), musicista di talento, -il quale influì sulla nuova opera tanto colle sue opere che colle -sue cognizioni pratiche e che pel primo liberò la scena da tutta la -marmaglia di cantanti e cantatrici, tolti dal più basso volgo, che -nulla sapevano di musica e vi sostituì buoni elementi. - -Ma quegli che per il suo grande ingegno, se a questo avesse unito -serietà di propositi e veri criteri artistici, sarebbe stato chiamato -ad ispirare nuova vita all'opera tedesca e metterla sul vero cammino, -fu _Reinhard Keiser_ (1674-1739). Dotato d'inesauribile vena melodica -e vivissima fantasia egli era nato per la musica drammatica e per la -scena. Le sue numerose opere si distinguono per ricchezza e facilità -di melodia, per varietà di forma e per verità d'espressione ed egli -si innalza qualche volta a grandi altezze in scene eminentemente -drammatiche come nell'_Ottavia_. Le forme che usa sono piccole e simili -alla canzone popolare, ma caratteristiche e sempre adatte alle parole. -Se egli non fu capace di impedire il rapido decadimento della giovine -opera, si fu perchè gli mancava la fermezza del carattere e seguiva -l'andazzo del tempo, poco curandosi degli alti ideali, pur che la -sorte gli arridesse pel momento ed egli potesse menare vita brillante e -spensierata. Eppure ad onta dei suoi molti difetti, la sua musica ancor -oggi ha un fare sì spontaneo e naturale, è sì fresca e melodica che -bisogna meravigliarsi come in un'epoca di tali aberrazioni del gusto -potessero sbocciare fiori sì gentili. - -Altra figura interessante del tempo fu _Giovanni Mattheson_ -(1681-1764), un miscuglio d'umorista e pedante, cantante, musicista e -scrittore. Le composizioni di Mattheson sono intieramente dimenticate, -giacchè esse sono scritte nel gusto dei loro tempi e mancano di vera -ispirazione, ma non lo sono molti dei suoi infiniti scritti d'arte e di -polemica musicale, nei quali si palesa lo spirito battagliero, ardito -e mordace dello scrittore ed in mezzo a molto ciarpame ed a frasi -antiquate ed ampollose sono nascosti nuovi pensieri ed è messa la base -dell'estetica musicale moderna. (_Il perfetto direttore_ (1739), _il -patriota musicista_, _la porta d'onore_, _la critica musicale_). - -L'ultimo musicista della prima epoca dell'opera d'Amburgo, dopo il -quale questa andò rapidamente decadendo, fu _Giorgio Filippo Telemann_ -(1681-1767), artista strano, che d'ogni stile s'appropriò qualche cosa, -ma che per la manìa di essere originale ad ogni costo cadde in mille -ricercatezze e puerilità artistiche. La sua fecondità fu prodigiosa; -scrisse oltre circa 40 opere e 600 _ouvertures_, 44 passioni, 12 annate -di musica da chiesa ed un'infinità d'altre composizioni. - -Prima di chiudere questo periodo ci resta a rammentare Händel, che nel -1703 a 19 anni si recò ad Amburgo onde arricchire le sue cognizioni -e studiarvi l'opera. Quantunque egli abbia scritto qualche opera per -Amburgo (_Almira_, _Nerone_) e vi abbia fatto parlare di sè, pure egli -non esercitò alcuna influenza sul suo indirizzo, inquantochè si tenne -piuttosto in disparte come osservatore e pure profittando di quello -che egli ad onta della falsa strada per cui si era messa l'opera, da -questa potea apprendere, non era ancor giunto a quel grado di maturità -artistica, che per ciò era necessario. Nel 1740 arriva ad Amburgo una -compagnia d'opera italiana coll'impresario Angelo Mingotti e l'opera -nazionale tedesca, che negli ultimi anni aveva menato un'esistenza -stentata, venne a finire. - -In INGHILTERRA la musica drammatica fu quasi sempre senza carattere -nazionale. Quantunque non sia giustificata l'opinione generalmente -diffusa della mancanza di talento musicale degli Inglesi, non è da -negarsi, che la musica in Inghilterra fu sempre influenzata dagli -stranieri, che attirati dall'idea di gloria e dalla speranza di ricchi -guadagni vi trapiantarono la musica dei loro paesi. Le prime notizie -che ci sono conservate sulla musica in Inghilterra arrivano al 600 dopo -Cristo, quando papa Vitaliano mandò in Gallia e Britannia Giovanni e -Teodoro ad insegnare il canto gregoriano che in poco tempo raggiunse -grande diffusione. Dopo un lungo silenzio la storia fa menzione di -_Giov. Dunstaple_ del quale già parlammo ed a lui seguono molti altri -musicisti pratici e teoretici, che ebbero molta parte allo sviluppo -dell'armonia e contrappunto. Verso la fine del secolo XVI poi troviamo -in Inghilterra molti musicisti, che si occuparono specialmente del -madrigale, raggiungendo in questo genere le migliori opere degli -italiani contemporanei. I più noti fra questi sono _William Bird_ († -1623), _Tommaso Morley_ (1557-1604), _John Bull_ (1563-1628) e _Orlando -Gibbons_ (1583-1625). Molti madrigali di quell'epoca sono stati -ultimamente pubblicati e eseguiti con plauso per la leggiadria dello -stile, le bizzarrie ritmiche, gli scherzi armonici e la freschezza di -melodia. - -Quel tempo vide pure il fiore della musica istrumentale che la regina -vergine Elisabetta preferiva e molti furono i suonatori specialmente di -_virginale_ (specie di spinetta) che ebbero grande fama anche in altri -paesi. L'importanza di questo ramo della musica inglese è assai grande -per la storia della musica istrumentale e lo sviluppo delle sue forme. -I principali rappresentanti ne sono _Hugh Aston_ ed i nominati _Bird_ e -_Bull_. Noi troviamo nelle loro opere, che si pubblicarono negli ultimi -anni, un'assoluta indipendenza dallo stile corale, una tecnica assai -perfezionata nella mano sinistra, armonia quasi moderna e nuove forme -come per es. la variazione. - -Il dramma musicale venne all'Inghilterra dall'Italia e vi fu portato da -_Tommaso Lupo_, _Angelo Notari_ ed _Alfonso Ferrabosco_. Bisogna però -rammentare che _Roberto Jones_ pubblicava ormai nel 1601 due libri di -_songs and ayres_ (canti ad 1-4 voci con e senza istrumenti) scritti -nello stile recitativo delle _Nuove musiche_ di Caccini e che qualche -cosa di simile all'opera erano le cosidette _Masques_ con cori, danze -ed in genere musica istrumentale. - -Delle prime opere di maestri inglesi (_Lawes_, _Colman_, _Lock_, -ecc.) sono conservati soltanto i titoli. Nel 1673 venne _Cambert_ in -Inghilterra e vi introdusse la musica francese, che trovò tosto molti -fautori fra i quali il re Carlo II. - -In quel tempo (1658) nasceva a Londra _Enrico Purcell_, il maggior -genio musicale che l'Inghilterra mai ebbe. Purcell ha molti punti -di somiglianza con Mozart. I suoi successi datano ormai dal suo -diciottesimo anno e le sue opere giovanili (p. es. _Didone ed Enea_) -mostrano maturità di studi, sicurezza di stile e di forma. Egli -scrisse una quantità di musica per azioni teatrali, da chiesa ed -istrumentali, tutte ricche di facile melodia, di ampiezza di stile e -magistrale fattura. Il maggior difetto della sua musica è quello di -essere troppo esangue e di restare quasi sempre allo stato di schizzo -per quanto geniale. Egli si formò alla scuola degli Italiani senza però -rinunciare alla sua personalità spiccata ma altresì senza raggiungerli. -Egli prelude però ormai ad Händel specialmente colla sua maniera di -innestare il coro all'azione e di concepire il quadro musicale. - -Purcell non trovò chi raccogliesse il suo retaggio. Morto a 37 anni, -venne ben presto dimenticato dal pubblico che preferiva i piccanti -ritmi delle canzoni francesi alla verità drammatica delle sue opere ed -alla grandiosità dei suoi cori. - -Dopo la morte di Cambert (1677) sono di nuovo gli italiani che -predominano e contendono la palma ad Händel, mentre gli ultimi -tentativi di un'opera nazionale (_Beggar's Opéra_ di _Gay_ 1727) cadono -sotto il livello dei più meschini prodotti. - - - LETTERATURA - - H. M. Schletterer — _Studien zur französischen Musik_, Berlin, - 1884-85. - - Nuitter et Thoinan — _Les origines de l'opéra français_, Paris, - 1886. - - Prunières — _Lully._ 1910. - - Pougin A. — _Les vrais créateurs de l'opéra français_, Paris, 1881. - - R. Rolland — _Le premier opéra joué a Paris_ e _Notes sur Lully_ in - _Musiciens d'autrefois_, Paris, 1908. - - L. de la Laurencie — _Lully_, 1910. - - Prunières — _L'opéra italien en France avant Lully_, Paris, 1913. - - Laloy L. — _Rameau_, Paris, 1908. - - L. de la Laurencie — _Rameau_, Paris, 1908. - - I. Iansen — _I. I. Rousseau als Musiker_, 1884. - - Brenet — _Gretry: Sa vie et ses oeuvres_, 1884. - - H. Cuzzon — _Gretry_, Paris, 1908. - - Le opere principali di Lully, Rameau e Gretry furono pubblicate - nuovamente nei Chefs d'Oeuvres class. de l'Opéra français, ecc. - - O. Lindner — _Die erste stehende deutsche Oper_, Berlin, 1855. - - L. Meinardus — _Rückbliche auf die Anfänge der deutschen Oper_, - Amburgo, 1878. - - H. Kretschmar — _Das erste Jahrhundert der deutschen Oper_ - Sammelbände der intern. Musik Gesell., III, 2. - - H. Schmidt — _Matheson_, Lipsia, 1897. - - I. Valletta — _La musica in Inghilterra_ — Riv. musicale italiana, - vol. 5º. - - W. Nagel — _Geschichte der Musik in England_, Strassburgo, - 1894-1897. - - - - -CAPITOLO XII. - -Martin Lutero e la musica protestante. Bach e Händel. - - -Nessuna nazione possiede sì ricco patrimonio di canzoni popolari quanto -la tedesca. I musicisti non potevano ignorare tutta questa fioritura -di canti ed è per questo che nelle loro opere si mostra più che in -quelle degli altri maestri stranieri una certa inclinazione alla forma -chiusa della canzone e che il canto fermo non si toglie di preferenza -dal canto gregoriano. Mentre nei paesi romani si mantenne il canto -liturgico latino e la comunità quasi mai partecipa al canto, noi -troviamo cantici sacri in lingua tedesca ormai poco dopo il Mille. E -ciò era naturale, perchè e ignota era la lingua latina e troppo diverso -il canto gregoriano da quello popolare. Così vedemmo già parlando -della canzone popolare, come il popolo tedesco trasformava i canti -latini della chiesa, ora conservandone qualche brano, ora trasformando -e ritmo e melodia alla guisa di canzone popolare (_Kyrleise_). Questi -canti dapprima usati durante le processioni ed i misteri furono poi -introdotti nella chiesa stessa e si ammisero benchè a malincuore dalla -liturgia fra l'Epistola ed il Vangelo. - -Tale stato di cose si cambiò intieramente colla riforma di Lutero, -che ha per la Germania lo stesso significato del Rinascimento in -Italia. Questi due avvenimenti segnano nella storia della musica la -fine del Medio Evo ed il principio di una nuova epoca. La riforma fu -d'importanza capitale per la musica sacra tedesca e la musica tedesca -in genere, giacchè Bach e Händel basano intieramente sulla musica della -chiesa protestante e perchè le loro opere non si possono concepire -senza la riforma che diede loro quell'austerità e maschia grandezza, -che le distingue da quelle delle altre scuole. - -La chiesa riformata ammette il canto della comunità nella lingua -del popolo. Esso non poteva essere dunque che la canzone popolare -modificata per gli scopi della chiesa, perchè soltanto questo è il -canto del popolo. Prima condizione era perciò di togliere la melodia -dal tenore e darla al soprano onde renderla palese ed accompagnarla non -con contrappunti ma nota per nota con armonie, con accordi. - -_Martin Lutero_ (1483-1546) comprese l'importanza della musica per -l'opera della riforma e le dedicò tanto più le sue cure, che egli -stesso ne era appassionato cultore. «La musica, egli scrive nei -suoi sermoni, è un dono di Dio e non degli uomini. Essa mette in -fuga il diavolo e rende gli uomini ilari. Essa fa dimenticare l'ira, -l'impudicizia e tutti i vizî. Io le dò il primo e più alto posto dopo -la teologia». - -Lutero tradusse ed adattò i canti della comunità assieme ai suoi fedeli -amici _Rupff_ e _Walther_, scelse le melodie, sia togliendole dalle -canzoni popolari, sia trasformando il canto gregoriano, sia trovandone -di nuove e pubblicò nel 1524 la prima raccolta _Enchiridion_. Stabilì -il tipo del corale protestante che fino ad oggi rimase lo stesso, -perchè non fu la moda che ne dettò le regole. L'esempio fruttò e ben -presto si moltiplicarono e diffusero i nuovi canti, sicchè un Gesuita -ebbe a dire che i canti di Lutero hanno mandato in perdizione più -anime che i suoi scritti e sermoni. E difatti si potevano bruciare le -bibbie ed i libri, mettere al rogo i propagatori della nuova fede ma -non soffocare quei canti che s'innalzavano dovunque, che eccitavano il -coraggio nelle battaglie e che erano ormai divenuti canti patriottici -politici. - -La vera storia della musica tedesca comincia dopo la Riforma, perchè -i musicisti anteriori a quest'epoca non sono che imitatori dei -fiamminghi. Soltanto ora si desta il sentimento nazionale e come la -Riforma non pretendeva l'annichilimento dell'individuo, così entra -nell'arte per altre strade che in Italia l'individualismo, che rimase -una delle prime doti della musica tedesca. - -Noi ci contenteremo di enumerare alcuni dei maestri tedeschi anteriori -a Bach, che sono e numerosi ed importanti come lo mostrano le loro -opere, che furono intieramente dimenticate e che oggi si tornano a -pubblicare. Ancor sotto l'influsso degli Olandesi sta _Enrico Isaak_ -(Arrigo tedesco) di Praga (?) che fu alla corte di Lorenzo il Magnifico -e poi di Massimiliano († 1517). Le sue canzoni tedesche a più voci -segnano ormai lo spegnersi dell'egemonia fiamminga. _Enrico Fink_ di -Pirna († 1588), _Stefano Mahu_, _Giorgio Rhaw_, _Martino Agricola_, -appartengono già alla scuola protestante, come pure _Lodovico Senfl_ di -Basilea, scolaro di Isaak, l'autore prediletto di Lutero, musicista di -vero genio. - -Questi autori si servono della forma del motetto per gli scopi della -musica da chiesa protestante, abbandonano i contrappunti complicati ed -usano di preferenza quello a _nota contra notam_, donde derivano gli -accordi. _Luca Osiander_ fu il primo a pubblicare cinquanta canzoni -sacre e salmi (1586) secondo la nuova maniera. Superiori di gran lunga -a questi sono: _Adamo Gumpoldzhaimer_ (1560), _Leo Hasler_ (1564-1612), -scolaro di Andrea Gabrieli, noto in Italia sotto il nome di _Gianleone_ -e _Giovanni Eccard_ (1553- 1611), ambedue ispirati e potenti. - -Mentre in Germania prendeva piede la Riforma, l'Italia aveva veduto -nascere Palestrina e formarsi la scuola dei grandi musicisti romani -e veneti. I Tedeschi sempre avidi di sapere ed imparare non potevano -ignorare gl'immensi progressi dell'arte musicale in Italia e da -questo tempo data quella pacifica immigrazione di musicisti tedeschi -in Italia, replicandosi quanto era successo prima coi fiamminghi. E -quasi a favorire questo pellegrinaggio sorgeva ai confini d'Italia, -bella in mezzo alle onde, Venezia, la città incantata, le cui flotte -si spingevano fin ai più lontani mari ed i cui cittadini avevano vaste -relazioni di commercio oltre le Alpi, la città dove una scuola musicale -che aveva veduto fiorire i più grandi ingegni, continuava le sue -gloriose tradizioni ed i cui templi ricchi di mosaici e di dipinti dei -più celebri maestri, risuonavano di sacri e dolcissimi concenti, che -riempivano d'ammirazione i forestieri venuti per affari di mercatura -in Italia. Augusta e Norimberga vi mandavano i figli dei patrizi ad -apprendere il commercio ed il modo di vivere; nel 1506 i Tedeschi -aveano fabbricato in vicinanza di Rialto il loro fondaco, che facevano -adornare di dipinti da Giorgione e da Tiziano. - -Da _Gallus_ (1550) e _Meiland_ fino a _Schütz_, una coorte di musicisti -scende in Germania per visitare le scuole dei celebri maestri italiani. -La rimembranza di quei tempi resta incancellabile anche dopo il ritorno -in patria e rivive nelle loro composizioni, che ad onta del carattere -nazionale portano l'impronta dei maestri italiani. Coloro poi ai quali -non era concesso veder adempiuto il maggior voto della loro vita, ed -apprendere e perfezionarsi nell'arte dei suoni dalla bocca del maestro, -cercavano indirettamente collo studio delle opere di avvicinarsi ai -loro ideali o frequentavano la scuola di maestri che furono in Italia. -Alla scuola di Carissimi in Roma venne quel _Gaspare Kerl_, famoso -compositore di musica da chiesa ed organista, che vedemmo alla corte di -Monaco rivaleggiare cogli italiani e pure a Roma studiò con Frescobaldi -_Giovanni Froberger_ (1612), del quale faremo cenno in seguito. -Soltanto indirettamente sotto l'influsso degli Italiani, seppure di -un influsso quantunque indiretto si possa parlare, stanno i musicisti -contemporanei, che nacquero e vissero nella Germania del Nord, quali -_Melchiore Frank_, autore di molti corali ancor oggi in uso; _Andrea -Hammerschmidt_ (1611-1675), felice imitatore dei maestri italiani; i -due membri della grande famiglia _Bach_, _Giovanni Michele_ e lo zio di -Sebastiano, _Giovanni Cristoforo_, eccellenti organisti e compositori; -_Giovanni Pachelbel_ di Norimberga (1653), celebre organista e -scrittore di musica d'organo, _Michele Prätorius_ (1571-1621) di -Turingia, passionato ammiratore dei maestri italiani, dottissimo -musicista ed autore della celebre opera _Syntagma musicum_, specie -di enciclopedia musicale in tre volumi (1615-1620), di grandissimo -interesse per la teoria e la storia dei musicisti e degli istrumenti. -Il secondo libro contiene il _Theatrum musicum istrumentorum_, in -cui sono descritti e disegnati tutti gli strumenti allora in uso; -_Giovanni Ermanno Schein_ (1586-1630), uno dei primi autori di musica -istrumentale veramente ispirata ed interessante (_banchetto musicale, -ecc._); _Samuele Scheidt_ (1587-1654) celebre organista e scrittore di -musica d'organo e da chiesa in genere. - -La caratteristica di questi maestri è da cercarsi nel fatto che quasi -tutti furono organisti e che dall'organo ebbero il loro sviluppo. Essi -sono i diretti precursori di Bach, essendo rintracciabile nelle loro -composizioni più che in tutte le altre dei musicisti della Germania -meridionale quell'austero sentimento proprio della Riforma, che è una -delle caratteristiche principali di Bach. - -Molti di questi musicisti uscirono dalla scuola dei celebri organisti -_Swelink_ (1540), scolaro di Zarlino e Gabrieli e _Reinken_ (1623), la -fama del qual ultimo fu tale che il giovane Bach intraprese un viaggio -pedestre fino ad Amburgo per poterlo sentire. Maggiore di Swelink e -Reinken fu _Dietrich Buxtehude_, nato a Helsingor nel 1637, organista a -Lubecca, la di cui virtuosità era fenomenale e le cui composizioni si -avvicinano per grandiosità, varietà d'effetti, sapienza ed elevatezza -a quelle di Bach, che fu talmente preso del suo modo di suonare e -delle sue composizioni, che dimenticati i doveri che lo attendevano ad -Arnstadt, si fermò per tre mesi a Lubecca (1705). - -A quella guisa che le composizioni della scuola romana basavano sul -canto Gregoriano, così il fondamento della musica dei compositori -della Germania settentrionale è il corale, che se non raggiunge la -grandezza ed infinita semplicità tipica del canto gregoriano, pure -nella sua melodica purezza, espressione e sentimento ha qualche -cosa di più umano, di più commovente di questo ed è senza dubbio -più individuale e corrispondente all'idea d'indipendenza della fede, -propria del Protestantesimo. Gli organisti germanici servendosi del -corale, ispirarono nuova vita alla musica d'organo e la resero capace -d'esprimere tutte quelle aspirazioni e sentimenti che la parola non -può esprimere. Nella loro musica la melodia non è che la pietra che -serve alla costruzione dell'edifizio architettonico e maestoso e si -palesa solamente nei giri armonici fra le arti contrappuntistiche e le -fioriture, richiamando quasi l'attenzione dei fedeli al corale prima e -dopo cantato. - -L'anello di congiunzione fra la scuola degli organisti di Germania -e Bach ed il più grande e più geniale dei suoi antecessori fu senza -dubbio _Enrico Schütz_ (1585-1672) (_Sagittarius_), quantunque -dovessero passare ancora cento anni prima della nascita del grande -cantore di Lipsia. Dapprima destinato alla carriera legale, si dedicò -alla musica per il suo talento pronunciatissimo e venne alla scuola di -Giovanni Gabrieli, dove stette tre anni fino alla morte del maestro. -Ritornato in patria divenne direttore di cappella a Dresda, dove rimase -sino alla morte. - -L'importanza di Schütz è assai grande, essendo egli stato il primo ad -ispirare alla musica germanica un nuovo alito di vita ed a liberarla -dal formalismo, unendo alla dolcezza e maestà dello stile palestriniano -e veneziano il nervo e la vigoria delle melodie germaniche. Le sue -opere hanno una certa somiglianza con quelle di Carissimi, ma egli -è più profondo e grande nei cori, mentre l'Italiano gli è superiore -nell'espressione drammatica degli ariosi e dei recitativi. Le -principali sono le Symphoniae sacrae, composizioni per voci (3-6) con -istrumenti, scritte ad imitazione di quelle di Gabrieli, fra le quali -stupende la _Conversione di Paolo_, la _Storia della Risurrezione_ e le -_Sette parole del Redentore_, specie di oratorî, scritti con tendenze -musicali riformatrici e felice connubio di stili diversi che già di -molto si avvicinano alle opere insuperabili di Bach, e finalmente le -_Quattro Passioni_ secondo gli Evangelisti, per voci sole, i cori delle -quali (_turbae_) sono grandiosi per espressione drammatica, per il -sentimento tragico e per verità, quali li troviamo nella _Passione di -S. Matteo_ di Bach. Schütz finì la sua lunga vita quasi nell'obblìo e -le sue opere furono presto dimenticate, tanto che è difficile arguire -se esse fossero state note a Bach e Händel. Oggi però per merito di -Spitta, che pubblicò molte delle sue opere, egli è ritornato in onore e -le _Sette parole_ si eseguiscono di spesso. - -L'egemonia della Germania nella musica da chiesa comincia ormai -con Schütz. I tedeschi impararono ben presto dagli italiani quello -che mancava alla loro musica e vi aggiunsero la profondità intima -dell'espressione e la ricchezza dell'armonia, unite ad una certa -rudezza, che sente la forza. - -Mentre in Germania l'opera italiana si diffondeva sempre più, nasceva -in un'oscura città di Turingia, in Eisenach, ai 21 marzo del 1685, -_Giovanni Sebastiano Bach_, uno dei maggiori geni musicali, che -mai il mondo conobbe. Bach apparteneva ad una famiglia, che per sei -generazioni fornì la Germania di musicisti, fra i quali alcuni, come -gli zii di Sebastiano, Giovanni Cristoforo e Giovanni Michele, ebbero -grande fama. Perduto il padre all'età di dieci anni, venne collocato -presso il fratello maggiore Giovanni Cristoforo, organista di Ohrdruff, -che gli insegnò i primi rudimenti della musica, e fu lì, che studiando -al chiaro di luna le composizioni d'organo di Pachelbel, Frescobaldi -ed altri maestri, le quali il fratello non gli voleva permettere -di studiare, contrasse il germe di quella malattia di occhi, che -negli ultimi anni della sua vita lo rese cieco. Da Ohrdruff passò a -Luneburgo come cantante del coro, quindi a Weimar, dopo la mutazione -della voce quale suonatore d'orchestra. Passati alcuni anni in diverse -città (Arnstadt, Mühlhausen, Cöthen), ora come organista, ora come -violinista, ottenne finalmente, dopo la morte di Kuhnau, il posto di -cantore (direttore) alla scuola di S. Tommaso in Lipsia (1723) che -occupò fino alla morte (28 luglio 1750). - -Sebastiano Bach nacque di famiglia povera e modesta, si ammogliò -due volte ed ebbe ventun figli. Le sue aspirazioni non furono mai -alte, nè egli cercò la gloria. Dopo i suoi trionfi come organista e -pianista a Dresda ed a Berlino, ritornò alla sua casa e continuò le -sue occupazioni senza inorgoglire, quasi inconscio del suo portentoso -genio. Passò la vita in mezzo alla sua famiglia, severo con sè ed -i suoi, ligio al dovere ed alla religione dei suoi padri. I suoi -contemporanei non intuirono la sua grandezza. Nato in un'epoca in cui -la Germania non aveva ideali, in cui la vita di pensiero era meschina -o nulla ed il pedantismo e la gretteria regnavano, non si vide in Bach -che un eccellente virtuoso d'organo e poco più che un buon e diligente -direttore di cappella. Più volte egli ebbe a sostenere lotte accanite -coi suoi superiori per futili lagnanze e per questioni indegne che gli -amareggiarono l'esistenza. - -Dopo morto, le sue composizioni andarono dimenticate ed in parte -perdute; gli ultimi rampolli della sua famiglia caddero in miseria, -e come si obliò il luogo ove giaceva sepolto, così si scordò il suo -nome, sicchè quando Marx e Mendelssohn esumarono la sua grandiosa -_Passione di S. Matteo_ e ritornarono alla luce le sue maggiori opere, -sembrò essere cosa incredibile che un simil genio avesse potuto per -tanto tempo essere disconosciuto e quasi dimenticato. Oggi si può -però parlare d'una vera rinascita bachiana, perchè la musica di Bach -s'accorda in certo modo cogli ideali moderni d'estetica musicale e -colla tendenza alla polifonia e fu appunto quando dominava l'omofonia, -che Bach fu dimenticato per più d'un secolo. - -Dinanzi alla grandiosità delle sue opere la penna sfugge di mano e -rifiuta il suo ufficio. Goethe scrisse di lui: «Quando penso a Bach, -ho l'impressione, che l'eterna armonia si diverta con sè stessa -forse come sarà successo nel seno di Dio prima della creazione». E -Wagner: «Se si vuole comprendere la meravigliosa singolarità, forza ed -importanza dello spirito tedesco con un solo ed incomparabile esempio, -basta studiare la personalità quasi inconcepibile ed incomprensibile -di Sebastiano Bach in un'epoca in cui il popolo tedesco era pressochè -annientato». - -Il genio di Bach si può intuire, non esprimere a parole. Come -Palestrina, egli sta sul confine di due epoche, e mentre chiude l'una, -inizia l'altra. Anche egli non fu riformatore nel senso stretto -della parola, nè trovò nuove forme, ma le sussistenti perfezionò -e perfezionandole le rese tali che nuove appaiono. Come Palestrina -incarna la musica sacra cattolica, così Bach è il rappresentante della -musica protestante. La sua musica vocale è esclusivamente religiosa ed -interpreta la dogmatica protestante, ma egli le ispira sentimenti più -umani ed intimi di quello che la severa ortodossia antecedente avesse -saputo. Se in Palestrina troviamo rappresentato l'elemento divino -che s'abbassa fino all'umanità, in Bach domina l'elemento umano che -si libera dai ceppi e dalle miserie terrene, si eleva al cielo, gli -confida i suoi dolori, le sue angoscie e vi trova il conforto e la pace -dopo la lotta. - -Il suo carattere inclina al misticismo, per cui la sua musica è -precipuamente riflessiva, profonda ed esigente che l'uditore vi si -immedesimi. Non sempre giustificato è però il voler sottolineare il -sentimento religioso di Bach, che egli possedeva più per tradizione -che per riflesso. Bach è portato altresì al lirismo ed in lui si -trovano gli elementi del romanticismo; perciò era naturale che egli -coltivasse anche la musica istrumentale, che più si adatta ad esprimere -la profondità del pensiero. La musica di Bach non fu popolare ai tempi -del maestro, perchè egli si elevava troppo sopra gli altri per venir -intieramente compreso e popolare non lo è oggi nè mai lo diverrà. Ma -invece si può ben con sicurezza affermare, che molte delle sue opere -saranno imperiture come alcune dell'antichità nella letteratura, -pittura e scoltura, perchè per quanto cambieranno e la vita di pensiero -e le forme dell'espressione, l'alito geniale che vi ispirò il maestro, -non può per il tempo che passa spegnersi. - -Nella musica vocale Bach segnò traccia imperitura. I suoi numerosi -corali a quattro voci sono monumenti insuperabili di melodia ed -espressione profonda; molti gli servono di tema per costruire grandiose -concezioni polifoniche. Ma dove Bach sembrò attingere ad una fonte -inesauribile fu nelle cantate, che sono più di trecento, quasi tutte su -poesie di carattere religioso da eseguirsi dopo la predica dell'ufficio -protestante. Esse mantengono la forma concertata di prima (introduzione -istrumentale, coro, recitativi, arie, duetti, corale). La plasticità -dei temi si presta a tutte le combinazioni, senza che l'unità -sia perduta; l'opera grande e maestosa sorge naturalmente e quasi -necessariamente, nel mentre ogni parte è individualmente concepita. -La differenza che passa fra quelle di Bach e dei suoi antecessori -e contemporanei è grande, perchè fu egli il primo a riconoscere -l'importanza delle forme dell'opera italiana e servirsene combinandole -collo stile della musica d'organo, raggiungendo così l'unità e creando -una nuova musica da chiesa di spiccato carattere protestante, che fu -anche l'ultima non essendo la posteriore che una semplice imitazione -della sua. - -Il contrappunto di Bach basa a differenza dei maestri anteriori -sull'armonia e le singole voci sono sempre condotte melodicamente. La -tonalità è la moderna e non è che la scala minore discendente colla -sesta maggiore che a noi riesce un po' strana ed arcaica. - -Fra le sue opere vocali le maggiori sono la _Passione secondo -S. Matteo_, la _Messa in si minore_, l'_Oratorio di Natale_, il -_Magnificat_ a cinque voci. La _Passione_ suddetta (15 aprile 1729), -una delle tre conservateci, segna un immenso progresso in confronto -delle anteriori e delle contemporanee e come il testo è depurato dalle -aberrazioni ed ingenuità di prima, così la musica si eleva ad altezze, -quali Bach stesso di rado seppe raggiungere. E se anche in questa -sublime opera il contrasto fra l'elemento sacro e mondano o drammatico -le tolgono l'unità, ciò deve ascriversi non all'autore ma al genere -di composizione, per cui lo vediamo spegnersi con Bach e sostituirvisi -l'oratorio, nel quale l'elemento sacro e mondano si confondono in uno e -formano un nuovo stile. - -Nella musica istrumentale fu Bach che introdusse, come nessuno prima -di lui seppe fare, le forme della musica polifonica vocale. Egli non -creò la _Sonata_, la _Suite_, la _Partita_, la _Fuga_, ecc., ma tutti -questi generi modificò e rinnovò in modo che fra le sue composizioni -e le anteriori o contemporanee la somiglianza è poca o nessuna. La sua -orchestrazione invece è semplice, quantunque non manchino specialmente -nelle arie concertate tratti felici e nuovi impasti e combinazioni, -che egli imparò senza dubbio dalle opere di Steffani. Fra la quantità -delle sue opere istrumentali basti il nominare il suo _Clavicembalo ben -temperato_, quella raccolta aurea di 48 preludî e fughe per cembalo, in -cui Bach si palesa non solo sapiente teorico ma altresì poeta musicale, -servendo la forma del preludio e della fuga ad esprimere sentimenti -svariati ed affetti e facendo la profondità del pensiero e la bellezza -melodica dimenticare la sapienza. Altre notissime sono la _fantasia -cromatica_, il _Concerto in re minore_ per pianoforte, la _suite in re -maggiore_ per orchestra, il _Concerto italiano_, le _toccate e fughe_, -le _sonate per piano e violino_, le _sei sonate per violino solo_, i -_concerti brandeburghesi_, ecc. - -Bach fu sommo organista e come tale fu riconosciuto anche dai -contemporanei. Le sue improvvisazioni attiravano la folla ed il celebre -organista Reinken dopo averlo sentito in Amburgo (1721), gli rivolse -le memorabili parole: «Credevo che quest'arte fosse morta, ma vedo -che essa ancor vive in voi». Bach non fu del resto soltanto sommo -organista ma altresì sommo nelle sue composizioni per organo ancor oggi -insuperate. E difatti chi ha mai più superate le sue toccate e fughe, i -suoi preludî ai corali nei quali la profondità e la ricchezza melodica -e tematica sono inesauribili? - -L'infinita ammirazione delle opere di Bach non deve però accecarci -al punto di non riconoscere che non tutte raggiungono l'ideale della -perfezione e che anch'egli, ciò che del resto è più che naturale se -si considera la sua immensa produzione, molte volte lasciò correre la -mano, fidandosi della sua prodigiosa sicurezza di maneggiare le forme -più ardue del contrappunto. Allora anche Bach è soltanto un artista -abilissimo ed è inutile cercare nelle opere scritte così, che non son -poche, recondite profondità mistiche, alle quali certo l'autore non -pensava e che neppur inconsciamente sentiva. E questo vale non soltanto -per molte delle opere istrumentali ma ancor più per le cantate, -scrivendo le quali Bach non poteva essere sempre invaso da compunzione -religiosa ma voleva sopperire a bisogni liturgici, specialmente in -un'epoca, in cui la religiosità s'univa ad un pietismo protestante -barocco. - -Gli elementi della musica di Bach sono i più svariati. Il fondamento ne -è il corale protestante, ma egli studiò altresì e profittò delle opere -di Palestrina, Lotti, Caldara, Frescobaldi, molte delle quali egli -copiò di propria mano. Nella musica istrumentale sono Corelli, Vivaldi -(Concerti), Marcello, Albinoni, Couperin, Froberger, Buxtehude ed altri -che esercitarono un influsso palese sulle sue opere. - -Fra i numerosi figli di Bach, quattro furono musicisti. Il maggiore, -_Friedemann_ (1710-1784), mostrò grande ingegno ed ebbe a maestro -il padre, che su lui avea fondato le sue speranze. Organista della -cattedrale di Halle, vi stette venti anni. Ma il suo carattere strano, -la sua vita scapestrata lo trassero a rovina. Dedito al bere, cadde -sempre più in basso, abbandonò il suo posto e vagò per la Germania, -finchè morì in miseria a Berlino. Nei suoi momenti felici fu uno dei -più grandi organisti del suo tempo, dottissimo in teoria e lasciò -più composizioni, fra cui _polonesi_, _cantate_, _sonate_ per piano -e violoncello ed un _concerto_ per organo che è degno delle migliori -opere del padre. - -Miglior sorte ebbe l'altro figlio di Bach, _Filippo Emanuele_ -(1714-1788), allievo pure del padre, che visse onorato e stimato ad -Amburgo. Fra le sue numerose composizioni vanno menzionate le sue -_sonate_ per piano, che furono il breviario di Haydn e segnarono una -nuova fase nello sviluppo della sonata quantunque non sia giusto -ascrivergli quello che fu il frutto dei tentativi di più maestri -anteriori e contemporanei. In ultima linea le opere di F. E. Bach -appartengono ormai allo stile galante, reso meno snello dalla -pedanteria germanica dei suoi tempi. - -Tanto Friedemann che Filippo Emanuele si risentono dell'influenza -superficiale dell'epoca e sono lontani dal raggiungere la grandezza -e profondità del padre. Gli altri due figli, _Cristoforo Federico_, -direttore a Bückeburg e _Giovanni Cristiano_, direttore a Milano e poi -a Londra non si elevarono sopra la mediocrità. - -I numerosissimi manoscritti di Bach — durante la sua vita ne vennero -stampati soltanto alcuni — furono divisi tra i due figli Friedemann e -Filippo Emanuele. Ma il primo poco si curò del prezioso retaggio e così -molte opere del grande genio di Turingia andarono perdute per sempre. - -Pochi giorni prima di Bach nasceva in Halle (23 febbraio 1685) _Giorgio -Federico Händel_, quel genio che insieme a Bach, per lungo tempo -assicurò alla Germania il primato musicale. Anche Händel, come tanti -altri, ebbe a lottare col padre prima di potersi dedicare alla musica, -finchè quest'ultimo, per l'intercessione del principe di Weissenfels, -acconsentì all'ardente desiderio del figlio e lo mandò alla scuola -dell'organista Zachau, eccellente teorico. A undici anni si recò a -Berlino, dove viveva allora Bononcini e dove apprese nuove cose ed -intravide orizzonti ben diversi da quelli che il suo maestro avevagli -additato. Ma egli seppe resistere alla tentazione di rimanere e -ritornò ai severi studi, che alternava con quelli della giurisprudenza -all'Università, finchè a 19 anni si recò ad Amburgo per dedicarsi -intieramente alla musica. - -Amburgo era allora il centro musicale germanico dell'opera ed offriva -al giovane musicista ricco campo di studio ed esperienza. Difatti il -suo soggiorno non fu senza frutto, chè di lui si eseguirono con buon -successo tre opere. In Amburgo accadde pure la nota storia del suo -duello con Mattheson, il turbolento e litigioso critico, che per poco -non lo uccideva. La conoscenza dell'opera destò in Händel il desiderio -di visitare l'Italia (1707), dove stette tre anni componendo più opere -nello stile dell'epoca e riscuotendo grande plauso. Il soggiorno di -Händel in Italia influì grandemente sulla sua musica, che ad onta di -tanti punti di contatto, pure è sì diversa da quella di Bach. Lotti -e Scarlatti gli furono prodighi di consigli e dalle opere di questi -e della scuola romana, specialmente di Carissimi, trasse proficui -ammaestramenti. - -Nel 1710 abbandona l'Italia e si ferma ad Annover, dove si trova con -Steffani, il gentile ed ispirato autore di celebri duetti e cantate. -Di là passa a Londra, che doveva divenire la sua patria adottiva. Nel -1711 la sua opera _Rinaldo_, lo rende noto al pubblico inglese ed in -breve tempo egli diventa l'autore più di moda. Ma la sua vittoria fu -amareggiata da continue lotte con rivali ed una forte fazione d'inimici -invidiosi cercò con ogni mezzo di soppiantarlo e discreditarlo. Le -contese coi colleghi, fra cui _Ariosti, Bononcini, Porpora_, con -cantanti e cantatrici, fra le quali la Cuzzoni e Faustina Hasse rivali -ed inimiche acerrime, la cattiva riuscita delle sue imprese teatrali, -finirono col disgustarlo del teatro, sicchè nel 1740 colla sua opera -Deidamia, diede un addio alle scene e si dedicò ormai in età avanzata -all'oratorio, a quel genere in cui si era anni avanti (1732-34: _Ester, -Debora, Atalia, la festa di Alessandro_, 1736), provato con successo. -Fra le opere di questo periodo nomineremo come le più celebri ed -ancor oggi notissime, _Israele in Egitto_, coi suoi grandiosi cori che -descrivono le sventure del popolo eletto; l'_Allegro ed il Pensieroso_; -nel 1741 il celebre _Messia_, l'oratorio prediletto del pubblico -inglese; nel 1742 _Sansone_, una delle opere più ispirate e grandiose -per contrasti di tinte; nel 1746 _Giuda Maccabeo_, e finalmente -_Iefte_, che Händel scrisse quando le tenebre della cecità si erano -distese sui suoi occhi, due anni prima della sua morte (1759). - -Händel scrisse quaranta opere teatrali, diciotto oratorî, passioni, -Anthems, Te Deum, Cantate, duetti, Concerti grossi, Sonate, Suites, -musica d'organo. - -L'importanza di Händel sta precipuamente nell'oratorio. Nell'opera -lirica egli non si innalza gran fatto al disopra dei contemporanei e -se nelle sue arie la caratteristica è forse più efficace di quella di -tanti altri maestri, le sue melodie sono meno insinuanti ed ispirate di -quelle dei migliori italiani. Anche in Händel manca come nei maestri -napoletani il sentimento drammatico dell'intiera opera e se un'aria -o l'altra, singolarmente presa, mostra grande verità espressiva e -s'adatta al testo, il tutto non è che una collezione di arie collegate -coi recitativi. - -Dell'origine dell'oratorio abbiamo fatto cenno parlando di quella -dell'opera. In Italia esso si era già al principio del secolo XVII -diviso in due specie distinte. La prima a somiglianza delle antiche -azioni liturgiche con testo latino, la seconda in forma di leggende -di santi od azioni sacre drammatizzate con apparato scenico. Una -suddivisione di quest'ultima sono gli Oratorî con persone allegoriche -e simboli, ma essa iniziata da Cavalieri andò presto in disuso -(_Maragnoli-Vita humana_ 1658). Le azioni sacre drammatiche invece -vennero molto in voga e le biblioteche italiane e straniere posseggono -una quantità di simili azioni sacre in musica, fra le quali nomineremo -come le principali l'_Eumelio_ di _Ag. Agazzari_, _S. Alessio_ di -_Landi_ (circa 1620), gli Oratorî di _Aless. Scarlatti_, _Stradella_ -(Modena), _S. Francesco_ di _G. Alessandri_ (Dresda) molti di _Caldara_ -(Vienna), _Leo_, ecc., e per dare un'idea della voga dell'oratorio -basti il dire, che il padre Martini aveva nella sua biblioteca 350 -oratori scritti da maestri italiani, che poi andarono dispersi ed in -parte perduti. La forma dell'oratorio drammatico italiano va sempre più -avvicinandosi a quella dell'opera e la parte dell'_Historicus_ scompare -ben presto, perchè essa era incompatibile colla forma drammatica, e -l'esecuzione scenica, che molte volte si adottava. - -L'affinità fra l'azione dell'Oratorio con quella dell'opera influiva -pure sullo stile. Una certa serietà ed elevatezza nelle arie e -nei recitativi accompagnati, molte volte bellissimi, è l'unica -caratteristica. I cori vanno sempre più perdendo d'importanza e si -riducono di solito a due, al principio ed alla fine e ciò neppur -sempre. L'interesse va perciò diminuendo e noi vediamo spegnersi -l'oratorio, almeno in Italia, alla fine del secolo XVIII. - -È inutile indagare quali motivi abbiano deciso Händel ad abbandonare -l'opera lirica e dedicarsi intieramente all'oratorio. Certo essi -non sono da cercarsi solamente nelle circostanze esteriori. Più che -queste influirono senza dubbio il suo carattere severo ed austero, -l'altezza dei suoi ideali e l'impossibilità di raggiungerli nell'opera. -Nell'oratorio di Händel si compie la fusione dell'elemento mondano -e divino, che nella musica sacra era impossibile. La bibbia offriva -ad Händel soggetti adatti alla sua natura inclinata all'epico, -al grandioso; alla mancanza dell'elemento drammatico individuale -suppliva la vastità del quadro michelangiolesco, dove invece di una -singola persona parlava un popolo intiero. La mente di Händel non era -inclinata alla contemplazione mistica, ma vedeva la vita oggettivamente -cogli occhi di un cosmopolita. Perciò quello che Händel non seppe -raggiungere nell'opera lirica, egli raggiunse nell'oratorio, il -sentimento drammatico cioè e perciò i suoi grandiosi cori sono più -veri ed espressivi che le sue arie, le quali per lo più sono antiquate -e risentono del tempo tanto nelle loro forme alle volte barocche e -convenzionali che nelle fioriture. - -L'orchestrazione di Händel è più ricca e colorita di quella di Bach, -che doveva sempre contentarsi di pochi e mediocri suonatori, più -interessante ed elaborata di quella dei maestri italiani. Fra le sue -migliori opere istrumentali contano i _Concerti grossi_, per archi -soli o per archi ed oboe, lo strumento preferito da Händel. La forma è -quella dei Concerti di Corelli con qualche cambiamento. - -Händel è molto più comprensibile e vicino a noi italiani di Bach sia -per le sue doti sia e forse di più per l'influenza che ebbero su di lui -i maestri italiani ed il lungo soggiorno in Italia. «Andate in Italia -a liberarvi la testa dalle idee superflue e le ubbie» diceva il vecchio -musicista Fux ad un suo scolaro e fu certo in Italia che Händel imparò -la chiarezza, l'equilibrio e la semplicità, che sono i suoi maggiori -pregi e che Bach non seppe mai raggiungere in sì alto grado. - -La potenza assimilatrice di Händel è stragrande ed egli non ebbe mai -scrupolo di servirsi di motivi e temi di altri maestri per le sue -opere. Ma egli sa assorbire tutti gli elementi estranei in modo tale, -che l'imitazione non diventa plagio e perde ogni importanza. - -Nell'opera egli non cercò nè trovò nuove vie ma seguì le battute. -Nell'oratorio invece egli tenta continuamente nuovi esperimenti -e gli fa subire diverse trasformazioni, innestandogli anche forza -drammatica più che nelle sue opere teatrali, ora contentandosi di -cori omofoni ora fugati, ora misti con soli. La sua facoltà inventiva -sembra inesauribile, sicchè gli bastano poche settimane, alle volte -pochi giorni per comporre un'opera od un oratorio (p. e. il _Messia_ -fu scritto fra il 22 agosto ed il 14 settembre 1741). I suoi Concerti -per organo ed orchestra sono quasi improvvisazioni ed egli si contenta -alle volte d'una stenografia musicale per seguire l'irruenza della sua -fantasia. - -Bach e Händel sono due geni, che vicendevolmente si completano come -Goethe e Schiller. Bach inclina al misticismo, alla contemplazione: -egli basa completamente sul sentimento religioso protestante. Händel -è più oggettivo e contempla la vita da un ampio e libero punto di -vista; perciò il primo è essenzialmente lirico, mentre l'altro è epico -e somiglia agli uomini dell'antichità. Il sentimento religioso in lui -non è esclusivo come in Bach, ma è soltanto il fondamento su cui poggia -il suo edifizio. Bach rimase germanico nell'arte ed esclusivamente -nazionale, mentre Händel ne allargò i confini, e conservando la propria -fisonomia, apprese e si perfezionò alla scuola degli italiani. Bach è -più profondo e complicato di Händel che si serve di mezzi più chiari, -più semplici; il primo è più accurato nei particolari, mentre il -secondo dipinge a tratti più larghi. Ambedue menarono vita semplice ed -integra e ad alte aspirazioni unirono somma attività e diligenza. - -Con Bach ed Händel finisce la prima grande epoca della musica tedesca. -L'antica religiosità andava scomparendo per far luogo a nuove idee; -all'antico dogmatismo succede il razionalismo di Kant; la Rivoluzione -francese, che da lungo preparavasi, abbatte gli antichi pregiudizi e -viene proclamata la libertà d'azione e di pensiero. Anche la musica -si risente delle nuove idee e da queste nascono l'opera di Gluck e la -musica istrumentale sinfonica moderna. - - - LETTERATURA - - C. v. Winterfeld — _Der evangelische Kirchengesang_, Lipsia, - 1843-47. - - H. Köstlin — _Luther als der Vater des evang. Kirchengesanges_, - Lipsia, Breitkopf und Härtel. - - Pirro A. — _Schütz_, Paris, 1912. - - Pirro A. — _L'estethique de I. S. Bach_, Paris, 1907. - - Ph. Spitta — _Heinrich Schütz Leben u. Werke_, Berlin, 1904, nel - libro _Musikalische Aufsätze_. - - — _I. S. Bach_, Lipsia, 1873 e seg. - - C. Bitter — _S. Bach_, Dresda, 1880. - - Schweitzer A. — _I. S. Bach, le musicien poête_, Leipzig, 1904. - - Fr. Chrysander — _G. F. Händel_, Lipsia (incompiuto.) - - T. Volbach — _G. F. Händel_, Berlino, 1898. - - Rolland R. — _Händel_, Paris, 1910. - - C. Bitter — _Die Söhne Bachs_, Berlino, 1868. - - — _Beiträge zur Geschichte des Oratoriums_, 1872. - - Le opere degli autori nominati, anteriori a Schütz sono in parte - pubblicate in Antologie. - - Quelle di Schütz, Bach ed Händel furono intieramente pubblicate - dalla casa Breiktopf und Härtel e dalla Società Händel. - - - - -CAPITOLO XIII. - -La musica monodica da camera e l'arte del canto fino al secolo XIX. -Teatri e decorazioni. - - -Una delle qualità che secondo Baldassare Castiglione deve avere -_il Cortigiano_ (1518) è che egli sia «ancor musico ed oltre allo -intendere ed esser sicuro a libro sappia varii istrumenti». (Libro I. -Cap. XLVIII). «Il tempo poi nel quale si possono usare queste sorti -di musica, stimo che sia sempre che l'omo si trova in una domestica -e cara compagnia, quando altre faccende non vi sono». (Lib. II. Cap. -XIII). Simili accenni troviamo negli Asolani di Pietro Bembo, nella -vita di Guido da Montefeltro, scritta da Vespasiano dei Bisticci, nei -Dialoghi di Torquato Tasso ed in molte altre opere dei secoli scorsi, -p. e. nell'Introduzione al Novellare nelle Cene di Francesco Grassini, -detto il Lasca («si dierono a cantare certi madrigali a cinque voci di -Verdolotto e d'Arcadelte in casa di una ricca e bella donna vedova, -il di cui fratello aveva una camera fornita di canzonieri scelti e -d'ogni sorte d'istromento lodevoli, sappiendo tutti quei giovani, chi -più, chi meno, cantare e suonare»). La musica comincia a divenire col -Rinascimento veramente un elemento di coltura e diletto delle classi -alte e medie ed ad avere una parte non senza importanza nella vita -privata. Paolo Veronese, Giorgione, Bonifazio dipingevano i cosidetti -_Concerti_. Leonardo, Benvenuto Cellini, Salvator Rosa erano buoni -musicisti, cantanti o suonatori; le corti di Firenze e specialmente -di Mantova e Ferrara risuonavano di canti e suoni e musicisti celebri -vi trovavano gentile ed onorevole accoglienza; Isabella ed Alfonso -d'Este possedevano una raccolta di strumenti preziosi non allo scopo -di farne una collezione ma di usarli praticamente. A differenza di -prima di musica si occupavano e seriamente anche i dilettanti e basti -il nominare fra le donne celebri o note per altri motivi Properzia dei -Rossi, Irene da Spilimbergo e Tarquinia Molza quali distinte cantanti -e suonatici e fra le compositrici Maddalena Casolana e Vittoria Aleotti -che scrissero Madrigali, che si stamparono assieme a quelli dei maestri -più celebri e finalmente la cortigiana Imperia che aveva studiato la -composizione ed era abilissima cantante. La musica non mancava mai alle -feste, conviti e persino nei conventi di monache si cantava e suonava -per semplice svago e divertimento. In questo accordo perfetto di lodi -alla musica non si ha che una stonatura nella lettera di Bembo a sua -figlia Elena (1529), alla quale scrive che «il suonare è cosa da donna -vana e leggiera e che è meglio esercitarsi nelle lettere e far la -cucina». - -Più tardi il teatro e l'opera ebbero il predominio ma non perciò -cessarono i concerti privati ed i trattenimenti dove la musica aveva -gran parte. Così sappiamo p. e. dei famosi Lunedì del Cardinale -Ottoboni a Roma, dove suonava Corelli e convenivano i più celebri -musicisti (Scarlatti, Händel, Steffani, ecc.) e Burney ci racconta -nelle sue memorie di una quantità di simili trattenimenti musicali -in più città di Italia. Nè altrimenti si potrebbe spiegare la grande -quantità di opere vocali ed istrumentali, scritte per scopi estranei -al teatro, quali dapprima le Canzoni a più voci, i Madrigali, le -innumerevoli composizioni per liuto, le canzoni monodiche, le cantate e -la musica per istrumenti ad arco e tasto. - -Lo stesso può dirsi della Germania, quantunque la sua vita artistica -non fosse certo sì sviluppata che in Italia. M. Agricola ci parla -nella prefazione alla sua _Musica istrumentalis_ (1545) in versi -prosaici e da colascione della musica nella vita privata tedesca. -Walther, l'amico di Lutero, ci racconta che questi prima e dopo tavola -si metteva a cantare e che Melantone faceva il basso. Le raccolte di -canzoni _Kurzweilig, frische gute Liedlein_, sono numerosissime ed -appartengono alla musica di carattere intimo, al qual genere sono pure -da annoverarsi le opere di Clavicembalo della famiglia dei Bach, di -Kuhnau, Froberger come in Francia, quelle di Couperin, Rameau, Daquin -ed altri. In Germania poi i cosidetti _Collegia Musica_ erano società -di dilettanti, che durarono quasi fino al termine del secolo XVIII e -che, come lo indica la parola, erano circoli musicali privati, dove -si eseguiva una quantità di opere vocali ed istrumentali con o senza -uditorio. La conclusione che se ne può trarre è che ai tempi odierni si -fa certo più musica che nei tempi passati ma che la musica da camera -prima veniva molto più coltivata nelle famiglie e nelle radunanze -private, al che influì senza dubbio anche la maggiore difficoltà -tecnica della musica moderna. - -La musica da camera vocale monodica dei secoli scorsi è pressochè -ignota non solo al cosidetto gran pubblico ma anche a molti musicisti. -Eppure essa è d'una ricchezza incredibile ed è a sperare che ora che -adagio adagio si vanno pubblicando le migliori opere antiche oltre -le poche note celebri, noi impareremo a conoscerla e ad apprezzarla -come lo merita. Essa, della quale trovammo già accenni nell'_Ars -nova_ fiorentina ben presto andata in dimenticanza e che visse -soltanto nella canzone popolare, rinacque quasi contemporaneamente -all'opera ed è pure frutto del Rinascimento musicale. Tentennante da -principio ed avvicinantesi alle melopee di Peri e Caccini, ben presto -si depura ed invigorisce, diventa spontanea, fresca ed ispirata per -la linea melodica, ora calda d'espressione, ora vivace di ritmo, -ora caratteristica. Le nostre biblioteche possiedono una quantità di -queste canzoni ed arie antiche e quando esse saranno di nuovo note -ci accorgeremo di avere una meravigliosa lirica musicale antica, alla -quale deve riannodare la lirica moderna, se non si vuole imbastardire -l'arte nazionale. - -Fra le opere appartenenti a questo genere nomineremo oltre quelle -pubblicate da L. Torchi nelle Canzoni ed Arie italiane ad una voce -del secolo XVII, i _Madrigali ed Arie_ a voce sola di _Giovanni -Francesco Capello_, la _Sphaera armoniosa_ di _Paolo Quagliati_ -(1623) i Madrigali di Francesco Turini (1629) e _Biagio Marini_ (1649) -qualche canzone di _Salvator Rosa_ (1614-1673) il celebre pittore e di -_Alessandro Stradella_. Riemann esamina nella sua storia della musica -una quantità di queste raccolte di arie di maestri italiani affatto -sconosciuti e ne riporta lunghi brani, parlando con grande ammirazione -specialmente di quelle di _Benedetto Ferrari_ di Modena (?) (1633) -che non esita a mettere a paro di Monteverdi e Carissimi. Ma la vera -canzone lirica ebbe pur troppo brevissima vita per il predominio del -teatro. Essa si va gradatamente cambiando nella _Cantata da camera_, -che era quasi uno studio preparatorio dell'opera, un'opera in miniatura -essa stessa, nata dal Madrigale coll'aggiungere ai cori pezzi a -solo, che poi divennero dominanti. Lo stile di essa divenne poi quasi -stereotipo, sicchè si può quasi dire che fu la Cantata nata dall'opera -che poi influì su questa e sullo stile drammatico e gli tolse in parte -la verità drammatica coll'esclusiva ricerca dell'eleganza ed una certa -vacuità cagionata dalle poesie di solito insulse e convenzionali. E -così successe, come giustamente osserva R. Rolland, che Carissimi e L. -Rossi ebbero la prima colpa della decadenza dell'opera italiana appena -iniziata, come tutti quelli che sostituiscono ad un ideale di verità -uno di semplice bellezza, indifferente alla vita. La cantata consisteva -solitamente di tre arie collegate da recitativi e la voce veniva -accompagnata dal cembalo rinforzato dal basso o violoncello. Alle volte -ma raramente si aggiungono istrumenti a corde p. e. liuti, chitarre, -tiorba e lira. Molte delle infinite cantate dell'epoca sono da contarsi -fra le migliori opere della musica italiana e superano spesso per la -finezza del lavoro, la spontaneità e la correttezza della declamazione -le opere teatrali contemporanee. Lo stesso può dirsi dei _duetti -da camera_ di _A. Lotti_, _E. Astorga_, _Clari_ e specialmente di -_Agostino Steffani_. Le poesie dei duetti sono pressochè esclusivamente -di soggetto amoroso e non sono quasi mai veri dialoghi con contrasti -drammatici, anche quando vi sono framessi piccoli recitativi. La forma -di duetto era scritta semplicemente per scopi musicali, onde cioè -impiegarvi imitazioni e canoni. Anche questi canti sono scritti col -basso numerato solo o con altri strumenti, di solito violini ma in -tutt'altra maniera delle opere anteriori del genere polifonico, che si -potevano cantare e suonare _come piace_. - -Questa fioritura di musica vocale doveva aver per naturale conseguenza -un nuovo indirizzo nell'arte del canto. Fino allora aveva dominato -la polifonia ed era naturale che i cantanti delle opere polifoniche -rivolgessero la loro attenzione più alla coltura musicale generale che -alla tecnica del canto stesso. Ma non bisogna però credere che questa -fosse del tutto trascurata, che anzi, p. e. i cantori della cappella -Sistina dovevano pure accudire a lunghi esercizi vocali, che se non -avevano direttamente per scopo l'espressione individuale del canto pure -non potevano restare senza influsso sull'arte del cantare. - -Alla scuola di Virgilio Mazzocchi, come scrive Bontempi (1695) -«gli allievi dovevano impiegare ogni giorno un'ora nel cantare cose -difficili e malagevoli, un'altra negli studî delle lettere e un'altra -negli ammaestramenti ed esercizi del canto e sotto l'udito del -maestro e davanti a uno specchio per assuefarsi a non far moto alcuno -inconveniente nè di vita, nè di fronte, nè di ciglio, nè di bocca e -tutti questi sono gli impieghi della mattina». - -Coll'introduzione della monodia tutta l'attenzione si concentrò sul -canto _a solo_, sull'espressione, la declamazione, la pronuncia e la -tecnica. La prefazione alle _Nuove musiche_ di Caccini contiene un vero -trattato di arte del canto con esempi ed offre ancor oggi un certo -interesse, trillo, ribattuta di gola, cascata sempia, doppia, voci -finte, (di testa) lunghi giri di voce (fioriture). Un madrigale di -Antonio Archilei ci è conservato cogli ornamenti aggiunti alla parte -del soprano dalla cantante Vittoria Archilei, fioriture, che anche -oggi offrirebbero grandi difficoltà. Esiste pure un'antica traduzione -tedesca di un'_Ars cantandi_ di Carissimi, che però non è che una -teoria elementare della musica. Le prefazioni delle due Euridici e -della Dafne sono finalmente ricche di notizie rispetto al canto. - -Da quest'epoca cominciano pure le notizie sui singoli cantanti, che -ora potevano valere come individui e non semplicemente come membri -d'un tutto (coro). I più noti di quei primi tempi dell'opera sono -_Vittoria Archilei_ «che si può dire l'Euterpe dell'età nostra» (Peri), -il castrato _Vittorio Loreto_, _Margarita Costa_ e la _Cecca della -Laguna_, le quali due ultime furono causa di fazioni nemiche (_Costisti -e Cecchisti_) che preludiano ai partiti posteriori dei Glickisti e -Piccinisti anche cogli scandali ed invettive, _Virginia Andreini_ (la -Florinda), _Adriana Basile_, _Baldassare Ferri_, _Francesco Grossi_ -(_Siface_), ecc. - -Alcuni decenni dopo il principio dell'opera comincia il dominio degli -evirati. Fino allora si faceva eseguire in chiesa la parte di soprano -e contralto da ragazzi o da falsettisti (alti naturali) che erano una -specialità degli Spagnuoli. _Giovanni de Sanctos_ († 1625) fu l'ultimo -falsettista della cappella pontificia. Il primo evirato che vi fu -accolto fu il padre _Girolamo Rosini_ (1601) da Perugia. Donde fosse -venuta questa infame barbarie che durò fino al scorso secolo e della -quale vivevano fino a non molti anni fa ancora alcuni decrepiti e -tristi testimoni a Roma, non è qui il luogo di ricercare. Incredibile -è che uomini illuminati come _Pietro della Valle_, membro della Camera -fiorentina ed altri chiamino gli evirati «il maggior ornamento della -musica». Essi passarono dalla chiesa in teatro specialmente quando -papa Clemente XII proibì che le donne cantassero nei teatri di Roma. -Ed allora si videro uomini, che Parini chiamava «canori elefanti, che -si trascinavano appena sulle adipose piante», cantare da soprano le -parti di donna, oppure un amante od un eroe cantare la parte più alta, -mentre il contralto era affidato ad una donna e simili! Ad onta di -queste aberrazioni l'arte del canto faceva però in Italia progressi -grandissimi. Molti dei migliori e più celebri maestri erano essi stessi -eccellenti cantanti (Caccini, Peri, Carissimi, Stradella, Scarlatti). -Altri si dedicarono intieramente all'insegnamento del canto e fondarono -scuole, che divennero celebri. Uno dei più noti fu _Francesco Antonio -Pistocchi_ (1659-1720) cultore del canto espressivo e fondatore della -scuola bolognese. _Pietro Francesco Tosi_ ci ha tramandato nelle sue -_Opinioni dei cantori antichi e moderni_ (1723) le regole di questa -scuola che col successore di Pistocchi, _Antonio Bernacchi_ (1690-1756) -coltivò con predilezione il canto fiorito. Altri celebri scuole furono -quelle di _Francesco Redi_ di Firenze, di _N. Porpora_ a Napoli e -_Mancini_ a Vienna. - -I cantanti più noti di questo tempo sono _Vittoria Tesi, Faustina -Bordoni-Hasse, Francesca Cuzzoni, Margarita Durastanti, Regina -Mingotti, Francesco Bernardi (Senesino), Carlo Broschi (Farinelli), -Gaetano Majorano (Caffarelli)_, ecc. - -Il pubblico delirava per quelle voci potenti ed ammalianti, per -quell'arte perfetta, per quel sentimento profondo che emanava da quel -canto. Ma tanta ricchezza di voci e tanta perfezione d'arte influirono -sull'arte stessa e quel fenomeno che vediamo nella pittura (Guercino, -Domenichino) e nella scoltura (Bernini) si ripetè anche nella musica. -Il virtuosismo cessò di esser mezzo ma divenne scopo ed il cantante -non servì più all'arte ma l'arte a lui. Così una delle cagioni della -decadenza dell'opera o della musica italiana in genere, che seguì -questo periodo, fu senza dubbio il virtuosismo dei cantanti, che -insuperbiti dei loro successi dettarono la loro volontà al musicista -e lo resero schiavo dei loro capricci. Ed allora alla naturalezza ed -alla verità subentrarono la ricercatezza e la manìa dell'effetto; il -canto semplice ed espressivo dovette far luogo alle fioriture senza -significato. - -L'Italia è la vera patria del teatro moderno. Mentre a Lucerna si -eseguiva ancora nel 1583 sulla piazza del Mercato una rappresentazione -sacra e gli attori con infantile semplicità recitavano a seconda del -luogo dell'azione in diversi scompartimenti, uno accanto all'altro -e tutti contemporaneamente visibili, _Andrea Palladio_ costruiva in -Vicenza il teatro Olimpico, in cui quantunque senza scenari dipinti -era effettuata l'idea della scena chiusa e Leonardo, Brunelleschi, -Raffaello, Andrea del Sarto ed altri sommi artisti non sdegnavano -prestare la loro opera per ideare apparati scenici e decorazioni. -A Venezia si aprivano i primi teatri destinati al pubblico (S. -Cassiano (1637), S. Moise (1639), ecc.). Gli architetti _Peruzzi_ e -_Serlio_ stabiliscono le forme fondamentali del teatro moderno, il -palco scenico, il proscenio, le quinte laterali. _Alcotti, Migliori, -Mauro, Bibbiena_ ed altri italiani costruiscono i maggiori teatri -delle città e residenze tedesche. _La descrizione dell'Apparato e -degl'Intermedi_ (MDCXIX) di _De Rossi_, una lettera di Baldassare -Castiglione ed altri simili scritti ci danno un'idea dello sfarzo di -decorazioni, macchinismi e vestiarî, col quale vennero eseguite le -prime rappresentazioni teatrali. - -Celebri pittori di scene furono la famiglia _Galli, Bibiena, -Aldobrandini, Mauro, Servandoni_. Quest'ultimo osò dare nel 1739 a -Parigi uno _spectacle de decoration_ esponendo con soli scenari senza -attori il mito di Pandora. _Giacomo Torelli_ e _Francesco Santorini_ -introdussero per i primi fuori d'Italia i scenarî dipinti. - - - LETTERATURA - - Schmitz E. — _Geschichte der Cantate und des geistliechen_ - _Concertes_, Lipsia, 1914. - - H. Goldschmidt — _Die italienische Gesangsmethode des 17. - Jahrhunderts_, Breslau, 1890. - - Aby Warburg — _I costumi teatrali per gli Intermezzi del 1589_ - nella commemorazione della riforma melodrammatica fiorentina, - Firenze. - - Burckardt — _La civiltà del Rinascimento in Italia_, Firenze, - Sansoni. - - Graf M. — _Die Musik im Zeitalter der Renaissance_, Berlin, Bard. - - Riemann — _Kantaten frühling_ (1633-1682), Lipsia (14 cantate di - Ferrari B., Cazzati, Piossi, Carissimi, Stradella). - - - - -CAPITOLO XIV. - -La musica istrumentale prima del secolo XIX. - - -La musica è fino al cinquecento o l'umile ancella della vocale o è -musica popolare che si suona dai menestrelli, pifferari, ciarlatani -girovaghi alle feste, ai balli. I primi monumenti della musica -istrumentale sono alcune danze a quattro parti scritte in note -mensurate, che datano probabilmente dal secolo XIII e non hanno -che un valore storico di molto inferiore alle canzoni vocali con -accompagnamento dell'_Ars nova_ fiorentina. Di poco posteriori sembrano -essere alcune _Estampie_ (estampide), specie di danza da suonarsi -colla rota o viola e _les Danses Royales_, pubblicate recentemente -da Aubry, contenute insieme a canzoni di trovatori in un manoscritto -della Biblioteca di Parigi. Ma se queste opere sono rarissime, invece -è restata una quantità di musica per _liuto_ o originale o riduzione -di musica vocale per lo più polifonica, modificata secondo la natura -dell'istrumento e ricca di fioriture e melismi. - -Le prime forme di vera musica istrumentale sono i _Ricercari_ e -_Capricci_ per liuto e poi per organo, consistenti in una serie -di piccoli motivi da suonarsi senza interruzione e con poco nesso. -Seguono le _toccate_ per organo, a guisa di preludio o fantasia in -stile fugato. Di molto differenti sono le _canzoni_, imitate da quelle -vocali specialmente francesi e di carattere vivace e la _Sonata_ -antica, identica della canzone (canzone da suonare) e senza alcuna -somiglianza colla Sonata moderna. A tutta questa musica fa difetto la -forma e l'euritmia. Le composizioni, di solito lunghissime, si perdono -in un periodare senza fine dove motivo segue a motivo. Ma a salvare la -musica istrumentale da un arido formalismo e dall'eterna imitazione -della canzone sopraggiunse l'opera lirica e con essa la nuova teoria -estetica. - -La musica istrumentale dei secoli XVII e XVIII è specialmente di -stile concertato, alternandosi i gruppi di strumenti, perchè con ciò -risultavano effetti di colorito e maggiore varietà. Le forme principali -sono la _Canzone_, il _Concerto grosso_, la _Sonata da chiesa o da -camera_ sia a due col basso, sia per uno strumento solo, di solito il -violino col basso. Tutte queste forme d'origine italiana furono pure -accettate e coltivate anche in Germania dove però si preferì per lungo -tempo la _Suite_. - -La _Canzone_ era dapprincipio ad un tempo in stile fugato, poi in -più tempi e perde un po' alla volta ogni somiglianza colla canzone -originaria per organo od altri strumenti, trasformandosi nella _Sonata_ -sia _da chiesa_ che _da camera_, la prima a più tempi nello stile -imitativo o fugato negli allegri, la seconda piuttosto simile alla -_Suite_ (serie di pezzi nello stesso tono con carattere dominante -di danze (_Pavana, Ciaccona, Gagliarda, Giga, Passacaglia, Gavotta_, -poi come primo pezzo il _Preludio_ o _Sinfonia_, ecc.), nelle Suites -francesi anche altre danze come il _Loure, Rigaudon, Passepied, -Minuetto_, ecc.). - -La _Sonata a tre_ predomina e la sua letteratura è grandissima -ed importante. Probabilmente essa veniva preferita per la maggior -possibilità di impiegare arti contrappuntistiche colle due voci a -solo. La _Sonata per violino solo e basso_ venne più tardi in onore -e vi influirono certo almeno indirettamente la musica melodrammatica, -e specialmente le sinfonie delle opere veneziane come possiamo vedere -nelle Sonate di _Legrenzi_, che fu fra i primissimi a mettere le basi -dello stile della Sonata. La Sonata per cembalo ha nei primi tempi -minor importanza e non ha oltre la tecnica caratteristiche speciali. - -Il _Concerto grosso_ deriva dalla sonata per orchestra delle quali -ne esistono molte di A. e G. Gabrieli, Cazzati, Bononcini, ecc. -Esso constava di più tempi, di solito un largo, che passa modulando -all'Allegro fugato; segue un tempo grave o moderato e si finisce con un -allegro. Esso era scritto per più strumenti, di solito archi, cembalo -od organo, che eseguiva il basso numerato. La caratteristica del -Concerto grosso sta nell'alternarsi di un gruppo di strumenti solisti, -quasi sempre due violini e violoncello (_concertino_) col _concerto -grosso_ ossia col _tutti_. In Italia non vi si impiegavano pressochè -mai istrumenti a fiato, mentre in Germania non di rado questi si -combinavano con quelli ad arco p. e. nei Concerti brandeburgesi di Bach -e nei Concerti grossi di Händel (oboe e fagotti). - -Gli strumenti in uso eran molti e svariati. Il primo e più importante è -l'organo d'origine antichissima. Herone d'Alessandria, Cassiodoro, S. -Agostino ci danno descrizioni abbastanza esatte degli organi antichi -e vien nominato _Ktesibius_ (170 a. C.) qual inventore dell'_organum -hydraulicum_ a canne e mantici. La costruzione e la meccanica erano -fino al secolo XIV affatto primitive ed i tasti talmente grandi, che -si premevano coi pugni e coi gomiti. Il pedale pare fosse introdotto -dapprima in Germania e se ne fa ormai menzione parlando di _Bernardo -tedesco_ (1470) in Venezia. L'organo non era affatto un istrumento -destinato esclusivamente alla chiesa. Anzi nel Medio Evo e dopo erano -assai diffusi piccoli organi per uso privato, i cosidetti _portativi_ -od _organetti_ da tenersi in grembo e suonare con una mano mentre -l'altra faceva agire il mantice, ed il _positivo_, trasportabile ma più -grande da suonare con ambidue le mani. - -La maniera di scrivere la musica d'organo variava secondo i paesi. -In Italia si scriveva colle note mensurali o in sistemi di linee -diverse per ogni voce a modo di partitura o in due sistemi per la -mano destra e sinistra; in Germania si faceva invece molto uso della -Tabulatura d'organo simile a quella di liuto con lettere gotiche -maiuscole e minuscole per le note e segni per il valore di queste. La -musica d'organo ha la divisione delle battute molto prima della musica -mensurata. - -Delle opere dei primi organisti noti quali _Francesco Landini, Antonio -Squarcialupi_ non ci restò che il cosidetto codice Squarcialupi che -contiene oltre più composizioni vocali anche pezzi per organo solo dei -secoli XIV e XV. Il _Fundamentum organisandi_ (1452), è una raccolta -di ventiquattro pezzi per organo di _Corrado Paumann_. Sembra però che -anche un manoscritto dell'Abbazia di Sussex di molto anteriore contenga -composizioni per organo solo. Col secolo XVI comincia poi specialmente -a Venezia una fioritura di musica d'organo colle forme delle -_Fantasie_, _ricercari_, _capricci_, _canzoni_, _sonate_, appartenenti -alla musica polifonica. Gli organisti italiani più noti di questo tempo -sono oltre Willaert, Cipriano di Rore e Gabrieli, _Claudio Merulo_ -(1533-1604), _Adriano Banchieri_ (1565-1634), il vero creatore della -Toccata _Girolamo Cavazzoni_, _Girolamo Parabosco_ (1510-1587) e sopra -tutti _Girolamo Frescobaldi_ (1583-1644) ferrarese, che quasi raccolse -l'eredità dei grandi organisti italiani antecedenti. - -Lo stile di questo, che si può dire il più grande organista italiano, -è basato sul contrappunto ma egli non ha nelle sue opere nulla di -scolastico e pedantesco e precorse di molto i suoi tempi coll'arditezza -e la maschia severità delle sue opere. La tecnica fece con lui immensi -progressi ed egli fu fra i primi a sviluppare la forma della fuga. -Suo scolaro fu _Giov. Froberger_ († 1667), notissimo autore di musica -istrumentale. Altro grande organista italiano fu _Bernardo Pasquini_ -(1637-1710), dopo il quale il primato dell'organo passò alla Germania -coi suoi grandi maestri protestanti. Non si dimentichi però che non -solo Froberger ma anche Kerl era stato alla scuola di Frescobaldi e che -Sweelink fu scolaro di Zarlino. - -Tutti questi grandi organisti e musicisti italiani sono pressochè -sconosciuti non solo al pubblico ma persino alla maggior parte dei -musicisti, perchè la loro vera comprensione pretende una coltura -storica e domestichezza colla musica primitiva. La diversità del nostro -senso tonale ed un'innegabile durezza ed angolosità ci tengono lontani -dalle loro opere che pure hanno vera ispirazione e grande sincerità. -Gianotto Bastianelli ci ha di nuovo resi attenti in lucidi articoli e -studi a Cavazzoni, Frescobaldi e Pasquini, che egli in certo riguardo -preferisce a Bach. - -Il nostro Pianoforte deriva dal Monocordo, al quale si aggiunsero -più tasti e corde. Il _Clavichordium_ e _Clavicymbalum_ di forma -rettangolare o di trapezio a corde egualmente o diversamente lunghe -datano ormai dal sec. XIV. Esso aveva di solito venti toni diatonici -con interpolati due si bem. Non avendo piedi si metteva o su di un -tavolo o si teneva sulle ginocchia. Il _Virginale_ era una varietà -del Cembalo. Il suo nome che si mise in relazione colla regina vergine -Elisabetta d'Inghilterra, data però da prima. Più tardi si chiamò anche -_Spinetta_, forse da un Giovanni Spinetti, che pare fosse il primo a -costruirlo circa il 1500. Celebre fabbricatore di cembali fu _Lorenzo -Gusnaschi_ di Pavia (secolo XVI). Dopo questo tempo si continua a -perfezionare l'istrumento, che cambia anche più volte il nome. Il -Clavicordo si mantenne specialmente in Germania, mentre in Italia e -Francia si preferiva il Clavicembalo (Cembalo, Spinetta, Clavecin). -Tutti questi strumenti vennero ben presto in disuso quando s'introdusse -il _Pianoforte_ (Clavicembalo col piano e forte) a martelletti. L'onore -dell'invenzione spetta di ragione a _Bart. Cristofori_ o _Cristofani_, -padovano (1655?-1731), perchè fu questi che costruì per il primo (1711) -il pianoforte (Firenze) e non _Cristiano Schroeter_ che imitò più tardi -Cristofori (1717 o 1721). - -La musica per Clavicembalo che dapprima era affatto simile a quella per -organo, risente tosto l'influenza della Sonata per violino. Ma non per -lungo tempo, giacchè fu essa che mise le basi della Sonata moderna. -Mentre le Sonate di Durante e Marcello in due tempi mantengono lo -schema della Sonata antica nella forma dei tempi, quelle di _Domenico -Scarlatti_ (1685-1757) si avvicinano già alla forma moderna, quantunque -il primo tema non ritorni dopo lo sviluppo della seconda parte e prima -del rivolto. Esse, più di cinquecento, constano d'un solo tempo per -lo più nello stile omofono, senza dubbio perchè la polifonia data la -sua tecnica speciale non corrispondeva all'istrumento. La melodia sta -nella parte superiore, il ritmo è vario ed originale, i contrasti si -alternano dando vita alla composizione che ha un carattere d'estrema -eleganza ed un sapore arcaico assai attraente. La tecnica è ormai -assai sviluppata, anzi per i tempi dell'autore prodigiosa e p. e. -affatto diversa da quella di Bach. Domenico Scarlatti è uno dei pochi -autori antichi che sembrano quasi moderni. Confrontando le sue Sonate -con quelle dei contemporanei italiani e stranieri, la differenza è -grandissima e non soltanto nell'arte ma anche nel contenuto. Lo stile -della melodia vocale si introduce, l'espressione si concentra ed è un -unico sentimento che vi domina. - -Le Sonate di Scarlatti non sono forse che schizzi ma come tali -magistrali e nella loro forma aforistica più perfetti ed ispirati per -l'inesauribile vena melodica che molte altre opere di ben maggiori -dimensioni e pretese. Alessandro Longo che curò con ogni diligenza una -nuova edizione di tutte le Sonate di Scarlatti rende attenti alla loro -grande varietà ed alle piccole ma notevoli differenze che esistono -sia nella forma sia nella tonalità dei diversi tempi. Considerate -superficialmente le Sonate sembrano forse poco ricche d'espressione -affettiva. In realtà però c'è più passione in molti dei suoi allegri -che in tanti adagi cosidetti espressivi. - -Altri autori italiani di Sonate per cembalo sono _Bernardino della -Ciaja_ senese (1761-1755), _Giovanni Platti_, Porpora, Galuppi, -Pasquini, Paradisi, il padre Martini. - -I cembalisti più noti di Germania prima di Bach sono il già nominato -Froberger, _Giovanni Pachelbel_ (1653-1706), _Giorgio Muffat_ († -1704) e _Giovanni Kuhnau_ (1660-1722) che ha per la Germania la stessa -importanza di Scarlatti per l'Italia, per quanto non ne raggiunga la -genialità. - -Le opere per clavicembalo di S. Bach ad onta del loro grande valore non -hanno per lo sviluppo della musica per pianoforte importanza pari al -loro valore intrinseco, perchè il suo stile trovò pochissimi imitatori -ed il gusto e la moda andavano per altre vie e preferivano lo stile -galante, che si contentava di musica molto leggiera. - -La musica francese per clavicembalo, che data ormai dall'epoca di Luigi -XIV, ha grande differenza da quella degli altri paesi, che derivava in -ultima linea dalla musica d'organo e teneva fermo allo stile fugato. Le -forme sono quelle della variazione, del rondò e delle danze in genere; -la tecnica è tutta fatta di melismi, trilli e mordenti — i cosidetti -_agréments_, l'armonia ed il ritmo sono interessanti e delicati, la -tecnica simile a quella della musica per liuto. Il carattere di queste -musiche somigliante allo stile delle opere di Boucher e Watteau è -quello di una galante preziosità con una vena di sentimentalismo. -Le forme sono piccole e gracili e se a tutte queste opere scritte -quasi sempre a due voci con pochissimo uso dell'accordo manca quasi -intieramente la grandezza, esse corrispondono però ai bisogni estetici -di una società corrotta e raffinata quale era la francese di quei -tempi. Una particolarità è poi l'uso di dare a questi piccoli pezzi -i titoli più strani, che non sempre hanno attinenza colla musica e -sono scelti a capriccio ma che pure caratterizzano queste opere quali -quadretti di genere (_la Voluptueuse, les regrets, la prude, les ondes, -la fleurie, l'agaçante, les bergeries_). - -I principali rappresentanti di questa scuola sono _De Chambonnières_ -(† 1670), _Claude Daquin_ (1694), la famiglia _Couperin_ e di essa -specialmente _François Couperin_ (1688-1733), il più geniale di tutta -la scuola, «la cui tenera melanconia sembra l'adorabile eco, che viene -dallo sfondo misterioso dei paesaggi, dove languiscono le figure di -Watteau» (Debussy). Bach studiò assiduamente le opere di Couperin ed -alcune delle sue Suites non ne sono che imitazioni per quanto geniali. - -Studiando i vecchi cembalisti francesi e la loro grazia raffinata -e voluttuosa ci accorgiamo che essi sono veramente gli antenati dei -decadenti francesi dei nostri giorni e che la musica di Debussy e Ravel -ne deriva nella sostanza ben più che dalla musica russa ed esotica -in genere. E non solo la musica ma anche i titoli preziosi delle -composizioni. - -Le opere per clavicembalo di _Rameau_ appartengono pure intieramente a -questo genere e non superano, anzi non raggiungono quelle di Couperin -se non forse nella tecnica maggiormente sviluppata. - -In Inghilterra sono gli scrittori di composizioni per il Virginale che -si distinguono (_Bird_, _Tallis_, _Bull_, _Gibbons_, _Morley_, ecc.). - -Gli antenati del violino e degli strumenti ad arco moderni sono -le Viole di più specie, da braccio (7) e da gamba (6), intonate -diversamente, in genere a sei corde con tasti a modo della nostra -chitarra. La trasformazione avvenne a poco a poco, sicchè è forse -inutile il dar tanta importanza alla questione della priorità nella -costruzione del violino. L'opinione più accreditata è che il primo -a fabbricare violini fosse _Gaspare Bertolotti_ detto _Gasparo da -Salò_ (1540 o 1542-1609). Molti attribuiscono il primato a _Gaspare -Duiffopruggar_ (Tieffenbrucker) di Freising in Baviera (1570 o 1571) -ma a torto come risultò dai documenti pubblicati da Coutagne. Poco -posteriore a Gasparo da Salò è _Giov. Paolo Maggini_ di Bottesino -presso Brescia (1580-1632?) forse scolaro del primo. Questi due sono -da considerarsi come i primi che fecero violini, sicchè non si avranno -notizie sicure su _Andrea Amati_ (1535-?-1611), il fondatore della -celebre scuola cremonese. I rappresentanti più noti di questa sono: -_Antonio_, _Girolamo_, _Nicolò Amati_; _Ant. Stradivari_ (1644-1737), -_Gius. Ant. Guarnieri del Gesù_ (1687-1742?), _Bergonzi_, _Ruggeri_, -_Guadagnini_, ecc. Quasi pari agli italiani fu _Jacob Stainer_ -(1621-1683) di Absam in Tirolo. - -Il nome di violino e violinista si trova ancor prima dell'istrumento -stesso in un documento del 1462 dell'archivio di Perugia, (_Cantarinus -et Quitarista seu Violinista_). - -Tanto la viola moderna che il violoncello derivano piuttosto dal -violino che dalle viole antiche. Il violoncello viene menzionato la -prima volta nel 1641 ma è certo di data più antica, giacchè è sicuro -che Gasparo da Salò ne costruì. Dapprincipio esso aveva cinque o sei -corde e fu solo nei primi decenni del secolo scorso che venne in uso -l'accordatura moderna. - -La storia della musica istrumentale è strettamente congiunta con -quella del violino. I primi violinisti sono _Carlo Farina_ (circa -1600), _Biagio Marini_ († 1660), _Tarquinio Merula_, _G. B. Bassani_ -(1657-1716) maestro di Corelli, _Giuseppe Torelli_ († 1708), il primo -compositore di Concerti per violino solo, scolaro di G. B. Bassani. - -L'antesignano della scuola è _Arcangelo Corelli_ (1653-1713) di -Fusignano. Dopo un soggiorno all'estero (Monaco) egli si stabilì a -Roma, dove assunse la direzione della Cappella del Cardinale Ottoboni, -grande mecenate della musica. Corelli non eccelleva nel violino tanto -per la tecnica ancora difettosa quanto per la larghezza del suo stile, -la nobiltà, l'espressione e la bellezza della forma. Scrisse più opere -(Sonate per uno e due violini e basso, Concerti grossi che servirono -di modello ad Händel), ancor oggi stimatissime (specialmente l'opera -V colla _Follia_ nell'ultima sonata). L'armonia di Corelli è orma -assai corretta, lo stile polifonico predomina, le figure sono vivaci e -svariate. _Francesco Geminiani_ (1680?-1762) seguì le orme di Corelli e -sviluppò maggiormente la tecnica. Superiore di questi in ogni riguardo -fu _Giuseppe Tartini_ di Pirano in Istria (1692-1770) che dapprima -studiò le leggi a Padova ed in seguito per intrighi amorosi e duelli -si rifugiò ad Assisi dove stette alcuni anni. Ritornato a Padova dopo -un soggiorno a Praga vi aprì nel 1728 una scuola, dalla quale uscirono -celebri scolari. - -Tartini fu artista geniale come esecutore ed autore. Le sue sonate e -concerti (la maggior parte dei quali ancora manoscritti) sono veramente -magistrali per la fattura e l'ispirazione (_Trillo del Diavolo_, -_Didone abbandonata_, ecc.). La forma di Suite propria a quasi tutte le -sonate di Corelli va trasformandosi in quella della Sonata. Tartini fu -pure dotto teorico ed a lui si ascrive la scoperta dei cosidetti toni -di combinazione (1754). - -Una posizione a parte prende _Antonio Vivaldi_ († 1743) coi suoi -concerti per uno e due violini soli con accompagnamento d'archi perchè -essi oltre la forma posteriore tipica del concerto: Allegro-Andante ed -Adagio-Allegro hanno una tematica diversa da quella delle Sonate ed -i tempi sono costruiti in modo da far emergere l'istrumento solista. -I suoi numerosi concerti ebbero gran successo e diffusione ed alcuni -furono ridotti da Seb. Bach per cembalo. - -Altri celebri violinisti sono _Evaristo dell'Abaco_ (1675-1742), -_G. B. Vitali_ (1644-1692), _Pietro Nardini_ (1722-1793), _Antonio -Lolli_ (1730-1802), _Gaetano Pugnani_ (1727-1793), _F. M. Veracini_ -(1685-1750), _Pietro Locatelli_ (1693-1764), _I. M. Leclair_ -(1697-1764), _P. Gaviniés_ (1726-1800), tutti autori di eccellenti -sonate; in Germania _Biber_, _Pisendel_, _Benda_ e _Stamitz_. - -Uno dei primi violoncellisti di cui si fa menzione è _Domenico -Gabrieli_ di Bologna (1640). _Attilio Ariosti_ e _Giovanni Bononcini_ -furono pure celebri suonatori di Viola da gamba. Da menzionarsi -sono pure _Franceschello genovese_ (1692), _Leonardo Leo_ e sopra -tutti _Luigi Boccherini_ (1743-1805) lucchese morto a Madrid, autore -di un'infinità di sonate, quartetti e quintetti, nei quali per la -freschezza della melodia, facilità d'ispirazione, scorrevolezza ed -arguzia di stile ha molti punti di somiglianza con Haydn. Egli è già -nelle prime opere entro i limiti del suo talento pressochè perfetto -e non subì poi più alcun cambiamento. Essendo stati pubblicati i suoi -primi quartetti a Parigi già nel 1768 è perciò esclusa un'influenza del -maestro viennese. - -L'istrumento più diffuso nei secoli XV, XVI e XVII era senza dubbio -il liuto. Esso è d'origine orientale e fu importato in Europa forse -al tempo delle Crociate o più probabilmente dai Mori in Spagna. -Esso veniva impiegato anche nell'orchestra e vi restò finchè vi -fu sostituito il violino. I liuti erano di più specie (_liuto_, -_arciliuto_, _quinterno_, _chitarrone_, _teorba_) e variavano pure il -numero delle corde e l'accordatura. - -La musica di liuto veniva scritta in modo simile a quella d'organo con -propria tabulatura, l'italiana con linee e lettere scritte sopra il -rigo, la tedesca con lettere e numeri. A differenza della tavolatura -d'organo non si segnavano però le note ma la posizione delle dita -sul manico. I più noti liutisti sono _Corrado Paumann_ († 1473), -_Hans Judenkunig_, _Hans Neusiedler_, _Hans Gerle_, tutti del secolo -XVI, _Francesco da Milano_, _Vincenzo Galilei_ (Fronimo), _Terzi_, -_Molinaro_, _Besardo_, ecc. Il liuto era lo strumento di moda nella -società dei signori ed assieme alla viola quello che era permesso al -vero cortigiano, «perchè vi si possono far molte cose che riempiono -l'animo della musical dolcezza» (Castiglione, Cortegiano, Lib. II, Cap. -XIII). - -Gli altri strumenti vanno semplificandosi e perfezionandosi. A tutta -la famiglia svariata dei flauti traversieri e a becco (flauto dolce), -cornamuse, bombarde, cornetti, si sostituirono grado grado i nostri -flauti, l'oboe, i corni, il fagotto (1539?), mentre le trombe e i -tromboni restano più o meno immutati. Il clarinetto invece è di data -assai recente (circa 1750). - -Ad onta della quantità d'istrumenti in uso nei secoli andati -l'orchestra come unione ed impasto di suoni caratteristici a secondo -degli istrumenti è di data piuttosto moderna. La musica istrumentale -passò per fasi abbastanza distinte. Dapprima gli strumenti non servono -che a rinforzo delle voci umane e suppliscono a queste sia eseguendo -le composizioni vocali con istrumenti, sia facendo eseguire una o -più parti di questi e le altre dalle voci. La scelta degli strumenti -era libera e si usava soltanto di servirsi di cori speciali d'una -famiglia di strumenti p. e. viola, tromboni, cornetti, ecc., di diversa -intonazione e grandezza. L'unica ricerca di colorito stava nel far -eseguire una parte della composizione da un coro speciale e l'altra o -la replica da un altro coro di strumenti di altra famiglia, oppure di -suonare piano quello che prima un altro coro aveva suonato forte (eco). - -Le prime opere istrumentali non danno che l'indicazione generale degli -strumenti, che ben di rado si usavano suonare insieme. Ciò vale anche -per i primi drammi della Camerata fiorentina e dei maestri posteriori. -Le due Euridici sono scritte come già dicemmo per canto e basso ad -eccezione d'un ritornello a tre flauti di Peri. Se ora non si vuol -ammettere che questa notazione fosse semplice schizzo, bisogna ritenere -che l'accompagnamento degli strumenti venisse quasi improvvisato sulla -base del basso. Questa questione non è però ancora risolta. Torchi -conchiude coll'ammettere un'improvvisazione limitata a contrappunti, -diminuzioni, passaggi e melismi, mentre l'armonia era assicurata dal -basso dato. Goldschmidt crede invece che ogni suonatore abbia avuto -uno schizzo della sua parte unito al basso, ciò che verrebbe confermato -dalla recente scoperta di alcune parti di orchestra di quattro commedie -in musica. - -L'orchestra primitiva dell'opera era di solito composta dei seguenti -istrumenti: Clavicembalo od organo. Liuti, lira doppia, chitarrone, -teorba, viole (poi violini) da braccio e gamba, flauti, cornetti, -trombe, corni e tamburi, questi ultimi assai di raro. L'orchestra -posteriore tende invece sempre più ad eliminare gli elementi eterogenei -ed a mettere a base dell'istrumentazione il quartetto d'archi. -Questo non è però ancora il moderno, sostituendo la viola di gamba il -violoncello e questo il contrabasso o basso di viola. L'orchestra di -Bach ed Händel è ormai simile alla nostra e non si distingue che per -il maggior numero di oboi e fagotti. L'orchestra stava dapprincipio -dietro la scena. Gagliano volle invece che i suonatori fossero «situati -in luogo da vedere in viso i cantanti» ma messi in basso sì che il -pubblico non li vedesse. - -Le vecchie edizioni di musica istrumentale non contengono che poco più -di uno schizzo delle parti principali. I solisti solevano improvvisare -una quantità di fioriture ed abbellimenti ed intercalarvi cadenze atte -a mostrare la virtuosità. Lo stesso vale dalla parte del basso che non -si suonava eseguendo soltanto gli accordi segnati dai numeri del basso -numerato ma aggiungendovi voci di mezzo, contrappunti ed altro secondo -la capacità ed il gusto di chi suonava il cembalo o l'organo. - -La dinamica orchestrale è d'origine italiana e venne sviluppandosi alla -scuola napolitana. Le partiture di Iomelli segnano il crescendo e già -Leo nota il _piano_, _più forte_, _rinforzando_. Il segno del crescendo -si trova nel 1739 nelle Sonate di Francesco Geminiani. - -Prima di chiudere questo capitolo gioverà dare alcuni cenni sulla -_stampa_ musicale antica. I primi monumenti sono gli esempi musicali -delle opere teoretiche del secolo XV. Ma questi non erano stampati ma -incisi in legno. In seguito si usò stampare le righe e scrivervi le -note. _Ottaviano Scotto_ (Scotus) fu il primo in Italia a pubblicare -messali con note stampate sulla carta già lineata. _Giorgio Reyser_ di -Würzburgo gli contende il primato, giacchè pare che il messale stampato -da lui allo stesso modo sia stato pubblicato alcune settimane prima -(1481). Con ciò è da ritenersi definitivamente risolta la questione -della priorità della stampa musicale con tipi mobili attribuita a -_Ottaviano Petrucci_ di Fossombrone (1466-1539). Il suo merito sta -nell'aver perfezionato di molto l'invenzione di Scotto e di averla -impiegata per pubblicare una quantità di opere di musicisti celebri. -La repubblica di Venezia gli conferì il 25 maggio 1498 per vent'anni -il privilegio di usufruire da solo della sua invenzione. Le sue stampe -sono nitide e correttissime; le parti sono pubblicate in fascicoli -separati e non esistono partiture le quali datano soltanto dalla -seconda metà del secolo XVII; le note sono angolose (mensurali) e -manca la divisione delle battute. La prima opera pubblicata (1501) fu: -_Harmonice musices Odhecaton_, raccolta di 33 composizioni polifoniche -olandesi. Seguono a brevi intervalli i _Canti B_, i _Canti cento -cinquanta_, libri di frottole, intavolature di liuto, ecc. - -Altri celebri stampatori sono _Giacomo Iunta_ di Roma, la famiglia -_Scotto_ e _Gardane_ di Venezia. L'invenzione della stampa semplice -(note col rigo annesso) viene attribuita a _Pietro Hautin_, francese -(† 1525). Altri celebri stampatori francesi sono _P. Allaignant_ -e _Baillard_. Colla fine del secolo XVI la stampa musicale decade -rapidamente e fa luogo all'incisione delle note in rame. La forma delle -note rimane angolosa fino a quasi tutto il secolo XVII. - - - LETTERATURA - - Otto Kindeldey — _Orgel und Clavier in der Musik des XVI - Jahrhunderts_, Lipsia, 1910. - - Arnold Schering — _Geschichte des Instrumentalconcertes_, Lipsia, - 1905. - - Giov. de Piccolellis — _Liutai antichi e moderni_, Firenze, 1885. - - Wasielewski — _Geschichte der Violine_, Lipsia, Breitkopf u. - Härtel. - - — _Geschichte der Violoncells_, Lipsia, Breitkopf u. Härtel. - - — _Die Violine im 17. Jahrhundert_, Bonn, 1874. - - — _Geschichte der Instrumentalmusik im XVI Jahrhundert_, Berlin, - 1878. - - Fétis — _Antoine Stradivari_, Paris, 1856. - - Rühlmann — _Geschichte der Bogeninstrumente_, Brunswick, 1882. - - Vidal A. — _Les instruments à archet_, Paris, 1876-1878. - - Untersteiner Alfredo — _Storia del violino_, Milano, Hoepli, 1906. - - Hart. G. — _Le violon, les luthiers célèbres et leur imitateurs_, - trad, de l'ang., Paris, Rouan. - - Witting C. — _Geschichte des Violinspiels_, Köln. - - Klauwell O. — _Geschichte der Sonate_, Köln. - - Schletterer — _Boccherini_, Breitkopf u. Härtel. - - Malfatti G. — _Luigi Boccherini_, Lucca, Amadei, 1905. - - Rosadi G. — _Di Luigi Boccherini_, Lucca, Amadei, 1906. - - Haberl — _Frescobaldi_, Annuario ceciliano, 1887. - - A. G. Ritter — _Geschichte des Orgelspiels_, 1884. - - Tebaldini — _L'archivio musicale della Cappella Antoniana in - Padova_, Padova, 1895 (Tartini). - - Seiffert — _Geschichte des Clavierspieles_, Lipsia, 1899 e seg. - - Oscar Bie — _Das Clavier_, Monaco, Bruckmann. - - A. Villanis — _L'arte del Clavicembalo_, Torino-Roma, 1901. - - Al. Longo — _Dom. Scarlatti_, Napoli, 1913. - - Schünemann — _Geschichte des Dirigirens_, Lipsia, 1913. - - Torchi — _L'accompagnamento degli istrumenti nei melodrammi - italiani della prima metà del seicento_, Riv. mus. italiana, vol. - 1º e 2º. - - — _La musica istrumentale in Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII_, - Riv. mus. ital., vol. 4º e seg. - - H. Goldschmidt — _Das Orchester der italienischen Oper in 17. - Iahrhundert_, Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft, II - Jahrgang, Heft I. - - Lavoix H. — _Histoire de l'instrumentation_, Paris, 1878. - - - Pubblicazioni pratiche sono: - - Delf. Alard. — _I maestri classici del violino._ (Milano, Ricordi). - - David. Ferd. — _Die hohe Schule des Violinspieles_, Lipsia, - Breitkopf. - - David. Ferd. — _Vorschule zur hohen Schule_, Lipsia, Breitkopf. - - Torchi L. — _Collection of pieces for violin_, London. - - Corelli — _Opere pubblicate da Joachim_, Londra, Augener. - - Iensen G. — _Musica classica per violino_, Londra, Augener. - - Couperin. — _Opere_, pubbl. da Brahms, Londra. - - Rameau — _Opere_, scelte pubbl. da Riemann, Lipsia, Steingräber, - ecc. - - Scarlatti Dom. — _Opere_, Ricordi (Longo). - - Alcune opere dei pianisti ed organisti antichi sono pubblicate in - molte Antologie. - - _Liutisti del Cinquecento._ — Ein Beitrag zur Kenntniss des - Ursprungs der modernen Tonkunst von Oscar Chilesotti, Lipsia, - Breitkopf. - - Da un codice Lautenbuch del cinquecento. Trascrizioni di Oscar - Chilesotti. Lipsia, Breitkopf. - - Riemann Hugo — _Die Entwickelung unserer Notenschrift_, Lipsia, - Breitkopf und Härtel. - - Wolf J. — _Handbach der Notations kunde_, Lipsia, 1913. - - Gasperini G. — _Storia della Semiografia musicale_, Milano, Hoepli, - 1905. - - David E. et. M. Lussy — _Histoire de la notation musicale depuis - ses origines_, Paris 1882. - - Schmidt A. — _Ottaviano dei Petrucci_, Vienna 1845. - - Vernarecci A. Q. — _Ottaviano dei Petrucci._ Bologna 1882. - - - - -CAPITOLO XV. - -Gluck e la riforma dell'Opera. - - -Noi abbiamo già veduto come l'opera italiana fosse venuta decadendo -coll'andare del tempo ed il convenzionalismo, la superficialità, gli -artificî dei cantanti vi avessero preso la supremazia, sicchè essa -era divenuta un accozzamento di arie, duetti e terzetti collegati -senza alcuna unità fra loro. La verità drammatica vi era trascurata -e se alcune parti si distinguevano per bellezza di melodia, fattura, -verità drammatica e per ispirazione, l'impressione del complesso non -corrispondeva punto all'ideale d'una azione drammatica vera ed umana. -Le idee della Camerata erano andate sempre più perdendosi ed i numerosi -musicisti dell'epoca, molti fra i quali pure dotati di genio, seguivano -l'andazzo del tempo e sacrificavano all'effetto ed alla brama di facili -applausi gli alti ideali dell'arte. - -In tali circostanze era dunque necessaria una reazione ed essa difatti -non tardò a mostrarsi, quantunque l'opera italiana si fosse diffusa -per tutta l'Europa, dominasse tutti i teatri e più che mai sembrasse -viva e potente. I primi sintomi di questo movimento si mostrarono nella -Germania settentrionale, dove già vedemmo sorgere l'opera nazionale, -che, sia per la difficoltà dei tempi, sia per la mancanza di uomini -adatti, fu ben presto soggiogata dall'opera italiana. Ma il seme non si -perdette e verso la metà del secolo XVIII esso rinasce nel _Singspiel_, -l'operetta tedesca, sorta dal desiderio di vedere sostituite ai -soggetti tragici dell'antichità e della mitologia azioni tolte dalla -vita comune, di veder sulla scena persone più umane ed a noi più -simili che gli eroi greci e romani. Il _Singspiel_ poi corrispondeva -al carattere germanico in quanto che in esso poteva aver larga parte lo -scherzo, la comicità, la caricatura, a cui il popolo tedesco inclina e -che vi si poteva innestare quella tendenza sentimentale e romantica, -pure una delle qualità del carattere germanico, del tutto aliena -all'italiano. Ma anche la seconda volta questo genere di opera tedesca -dovea essere di poca durata e spegnersi senza lasciar traccia di sè, -sia perchè i suoi cultori non fossero dotati di genio sufficiente per -renderlo vitale, sia perchè esso tosto degenerasse in farse triviali -e barocchismo sentimentale. Con tutto ciò fra i musicisti che si -dedicarono all'opera e operetta tedesca, alcuni vivono ancora nella -memoria dei posteri, come _Giovanni Adamo Hiller_ (1772-1804), _Carlo -Ditters di Dittersdorf_, viennese, l'autore della notissima operetta -_Dottore e farmacista, Schenk (il Barbiere del villaggio), Weigel (la -Famiglia svizzera), Wenzel Müller_ ed altri. Tutti questi musicisti -hanno la melodia facile e naturale, una sana comicità ed umorismo e non -di rado ci danno nelle loro opere stupendi quadretti di genere. - -_Haydn_ stesso scrisse pure una quantità di simili _Singspiele_ oggi -dimenticati e _Salieri_ non isdegnò pure deporre il coturno col suo -_Spazzacamino_. Anche _Bastien et Bastienne_ di Mozart ed il _Ratto -del Serraglio_ appartengono in molti riguardi a questo genere. Ma se -la riforma tentata dall'operetta tedesca non ebbe vero successo e restò -senza o quasi senza conseguenze nell'arte, tanto maggiori furono quelle -che trassero con sè le innovazioni di Gluck sullo scorcio del secolo -XVIII. - -_Cristoforo Willibaldo Gluck_ nacque ai 2 luglio 1714 a Weidenwang -nel Palatinato superiore. Istruito nella musica da oscuri maestri, -venne nel 1736 a Vienna, dove il conte Melzi, ammirandone il talento, -lo prese a proteggere e lo condusse seco a Milano per affidarlo al -celebre musicista _Sammartini_. Frutto di questi studi fu un'opera, -_Artaserse_, che fu data con successo nel 1741 a Milano. A questa -fecero seguito molte altre, date pure con esito felice. Nel 1746 -ritornò in Germania e si stabilì a Vienna, dove con molte interruzioni, -rimase fino alla morte seguita ai 15 novembre 1797. - -Le opere di Gluck anteriori all'_Orfeo_ ad eccezione del _Telemaco_, -che mostra ormai i germi della riforma posteriore, non si distinguono -punto dalle opere italiane dell'epoca e certo non per queste egli -vivrebbe nella memoria dei posteri. Anzi molte delle italiane le -superano sia per fattura sia per ispirazione e facilità melodica, nè -molto grandi furono i suoi successi in Italia come lo prova la canzone -che si cantava nel 1763 a Bologna: - - Doman el part el Cluch - E el va per Triest - Ch'al vaga ben prest - Perchè al è un gran mamaluch. - -Fu solamente a quasi cinquant'anni, che Gluck fornito di lunga -esperienza, fortificato nei suoi propositi dal vedere gli abusi sempre -maggiori, ed ancor più coadiuvato dalla fortuna di aver trovato in -_Raniero di Casalbigi_ un poeta di buon gusto, educato alla scuola -tragica antica, scrisse l'_Orfeo e Euridice_ (1762), quantunque anche -in quest'opera la verità drammatica non sia tanto osservata come nelle -posteriori, anzi vi faccia difetto dove questa sarebbe necessaria come -nella scena fra Euridice e Orfeo, in cui essa vien meno ed è sostituita -da una filza d'arie e duetti quasi convenzionali. - -La prima opera, colla quale Gluck entrò veramente nel nuovo agone ed -in cui egli cercò mettere in pratica le sue teorie, fu l'_Alceste_ -(1767), la quale incontrò l'opposizione dei pedanti e dei cantanti. -Nella prefazione a questa opera che è un vero programma, Gluck parla -delle sue riforme progettate e proclama la verità drammatica come -suprema legge, alla quale tutto deve venir sacrificato. La musica -deve essere quasi la serva della poesia nè deve esser priva d'una -«bella semplicità»; l'azione non deve venir «raffreddata con inutili -ornamenti»; il concerto degli istrumenti deve «regolarsi a proporzione -dell'interesse e dalla passione e non lasciare quel tagliente divario -nel dialogo fra l'aria ed il recitativo, che non tronchi a controsenso -il periodo nè interrompa mal a proposito la forza e il caldo -dell'azione». - -All'_Alceste_ seguì _Paride ed Elena_, che per la debolezza della -poesia e per la poca ispirazione non ebbe successo e destò ancor -maggior opposizione per le espressioni usate nella prefazione a -quest'opera contro i semidotti. - -Gluck prese allora la decisione di recarsi a Parigi, eccitato dal -Bailly Du Rollet, che gli avea scritto l'_Ifigenia in Aulide_, -togliendola da Racine ed ormai preparato il terreno con entusiastiche -lodi. Ma ogni specie di difficoltà si opponeva all'effettuazione -del progetto, finchè queste furono tutte appianate dalla moglie -del Delfino, Maria Antonietta, già scolara di Gluck. Finalmente -l'_Ifigenia_ fu data all'accademia di Parigi ai 19 aprile 1774 senza -però destare alcun entusiasmo. Soltanto in seguito essa ebbe sempre -maggior successo, dopo che l'_Orfeo_ era stato assai applaudito. -L'_Ifigenia_ segnò il principio della lotta fra i partigiani di Gluck e -quelli dell'opera italiana e francese, che per questa occasione erano -d'accordo nel combattere il nuovo indirizzo e cercarono d'opporvi -Nicolò Piccinni. I fautori di quest'ultimo seppero coi loro raggiri -far sì, che il libretto d'un'opera. _Orlando_ di Quinault, destinato a -Gluck, fosse dato da comporre a Piccinni e speravano di vincere tanto -più che la nuova opera di Gluck _Armida_, non ebbe che un mediocre -successo, mentre l'_Orlando_ di Piccinni fu accolto con grande plauso. -Ma le opere di Gluck in principio mal comprese, prendevano sempre più -piede, e quando fu data l'_Ifigenia in Tauride_ (1770), il capolavoro -di Gluck, la vittoria fu decisa pel maestro tedesco. - -Il genio di Gluck, e che fu genio non puossi dubitare, fu più -drammatico che essenzialmente musicale (egli soleva dire, che quando -si metteva a comporre cercava dimenticare di essere musicista!). La -sua riforma fu piuttosto il frutto della sua lunga esperienza, della -sua mente chiara e perspicace, dello studio dei poeti e del movimento -letterario, iniziato da Lessing e Klopstock, che dell'istinto musicale. -La sua melodia è spesso priva di bellezza intensa, anzi non di rado -è povera; egli non introdusse nuove forme; la sua arte non è grande e -questa mancanza si palesa specialmente nei suoi pezzi d'assieme, nei -quali non sa unire in un gran quadro efficace gli elementi disparati -ed agire coi contrasti. Gluck è grande invece nella verità drammatica, -nella forza poetica dei particolari, nella caratteristica delle -persone, nel dominare e tratteggiare la situazione con tocchi potenti -nella loro semplicità. Egli non fa concessioni nè ai cantanti nè al -pubblico, ma cammina dritto verso la meta ed appunto perciò le sue -opere fanno l'impressione di produzioni nate organicamente e l'effetto -generale è grandioso e potente. Le sue arie, i suoi duetti presi -separatamente sono molte volte inferiori per ispirazione e fattura -a quelli di Piccinni, ma superano questo in concisione e sentimento -drammatico; con lui il recitativo di Lully e Rameau cessa d'essere -una specie di salmodia e declamazione accentata, ma è parte integra -dell'azione drammatica e vive e palpita. - -La sua orchestrazione è più ricca e caratteristica e specialmente -più espressiva di quella degli Italiani contemporanei; il ballo -non è semplicemente danza ma fa parte dell'azione; il coro infine -viene innalzato a personaggio e gli vien data l'importanza che -avea nella tragedia greca. Nell'_Alceste_ abbiamo il primo esempio -d'un'_ouverture_, che fa presentire l'opera che segue e ne è vera -parte. - -«Gluck, scrive Wagner, non fu certo il primo a scrivere arie -espressive. Ma egli diventò il punto di partenza per un cambiamento -completo nel valore dei fattori dell'opera, giacchè egli volle di -proposito che l'espressione dell'aria e del recitativo corrispondesse -al testo. Gluck volle consciamente tanto nel recitativo declamato -quanto nell'aria cantata, pur mantenendo queste forme e non -dimenticandosi del contenuto essenzialmente musicale, che il pensiero -espresso dal testo venisse tradotto più fedelmente che possibile dalla -musica e specialmente che l'accento declamatorio del verso non venisse -trascurato per l'espressione musicale. Egli volle sopratutto parlare -musicalmente una lingua giusta ed intelligibile». - -Tutto ciò in sè non era nulla di nuovo ma nuova e rara fu solamente la -ferrea conseguenza colla quale Gluck tenne fermo a questi principî, che -nella loro estrinsecazione hanno qualche cosa di rigido ed ascetico. -Gluck, come succede al mondo, raccolse gli allori che anche altri -con lui avevano meritato e preparato e se si conoscessero meglio le -opere di Iomelli, Traetta, Majo e specialmente di Hasse per quello -che concerne la parte intrinseca musicale e quelle di Rameau per il -recitativo si arriverebbe forse ad altri risultati. - -La riforma fu del resto preparata come vedemmo dagli enciclopedisti -francesi e noi troviamo le stesse idee di Gluck nel _Saggio sopra -l'opera in musica_ del Conte Algarotti (1757). Nè si dovrebbe -dimenticare, che Gluck s'è formato intieramente alla scuola italiana -e che è l'opera italiana che egli riformò. Soltanto dopo, egli -che aveva in sè degli elementi germanici e che studiò la musica -francese e specialmente la declamazione, cercò di innalzarsi all'arte -internazionale, _musique propre à toutes les nations_ come egli -scrive. Gluck, più giusto dei suoi contemporanei e posteri, non -disconobbe il genio di Piccinni ed altri, ed in una lettera scritta -al _Mercurio_ di Parigi rivendica il primo onore del nuovo indirizzo -al suo poeta Calzabigi. Costui aveva saputo, sebbene inferiore ai due -poeti prediletti dai musicisti, Apostolo Zeno e Metastasio, sceverare -dall'azione drammatica tutte le lungaggini inutili, solo buone ad -aggiungere un numero sproporzionato di arie e duetti, accrescendo così -l'interesse e sostituendo all'amore, soggetto quasi perenne delle -arie, anche altre passioni umane. La riforma del libretto si fermò -però a mezza strada, perchè vi rimasero tutte le arie, che sono sosta -nell'azione e perciò contro la verità drammatica. - -Le opere di Gluck che hanno qualche cosa della precisione e nitidezza -degli antichi bassorilievi, hanno molti punti di confronto colle -tragedie greche. Grandezza, semplicità, chiarezza ed oggettività, una -certa rigidezza sono proprio d'ambedue. Tutti i lenocini della forma -e dell'effetto vi sono schivati e mancano gli effetti passionali come -li sentiamo noi. Ciò ci toglie il punto di vero contatto tanto colle -tragedie greche che colle opere di Gluck. Noi ammiriamo ma restiamo -internamente freddi nè ciò si cambierà, non esistendo quella corrente -fra autore ed uditore, che è necessaria perchè un'opera d'arte possa -veramente interessarci e scuoterci. Perciò non è da credere ad una vera -rinascita delle opere di Gluck, tante volte tentata, essendo la loro -musica ormai troppo lontana dalla nostra umanità. - -L'influsso esercitato da Gluck sulla musica drammatica non fu tale -quale poteva attendersi e se i suoi immediati successori, influenzati -dalle sue teorie e mossi dal suo esempio, cercarono di raggiungere la -verità drammatica, ciò nonostante dopo non molti anni le tradizioni -di Gluck erano pressochè dimenticate. Parigi restò tuttavia, come per -Gluck, la meta a cui tendevano i musicisti drammatici e la moderna -grande opera seria, iniziata da lui, ebbe la sua culla in quella -metropoli, quantunque fossero quasi sempre stranieri quelli che in -essa dovevano eccellere e segnare una traccia nella storia del dramma -musicale. - -L'influenza di Gluck è palese in _Etienne Mehul_ (1763-1817) che ci -lasciò nel suo _Giuseppe ed i suoi fratelli_ (1807), un capolavoro -di nobile semplicità e naturalezza. Maggiore di lui ed a ragione -annoverato fra i sommi fu _Luigi Cherubini_, fiorentino (1760), scolaro -di Sarti, che dopo essersi provato con fortuna nella sua patria in più -opere, venne in Francia, vi si stabilì e vi giunse in gran fama. Egli -morì nel 1842 dopo aver diretto per venti anni il Conservatorio di -Parigi. - -Cherubini, italiano di nascita e naturalizzato francese, ha per il -suo ideale artistico somiglianza coi grandi maestri tedeschi. Il suo -genio è di natura riflessiva; le sue melodie non hanno la vera impronta -nazionale italiana ma tengono piuttosto del carattere istrumentale, -come pure pari a quella dei più grandi geni di Germania sono la sua -sapienza teoretica, l'arte delle combinazioni armoniche ed orchestrali, -l'assoluta padronanza della forma, la grande perfezione e la purezza -del suo stile, mentre la declamazione ed il ritmo sono accentuati ed in -ciò si avvicinano al carattere francese. Forse appunto per questo le -opere di Cherubini rimasero pressochè sconosciute in Italia e neppure -il tentativo recente di far risuscitare la _Medea_ si può dir riuscito. - -Ciò però non vuol punto dire che Cherubini fosse un imitatore dei -maestri tedeschi, che anzi quella certa mancanza di bellezza sensuale -della sua melodia, quella freddezza aristocratica, che è propria -alla maggior parte delle sue opere, è tutta sua. Piuttosto è vero -che i maestri tedeschi appresero molto da lui, compreso Beethoven -che lo chiama il primo fra i contemporanei e Weber che lo dice pari a -Beethoven. - -Delle sue opere drammatiche, _Il portatore di acqua_ (1800) resterà un -modello insuperabile del genere semiserio, mentre la _Medea_ (1797) per -la nobiltà di linee e meravigliosa fattura raggiunge le migliori delle -opere della letteratura musicale d'ogni tempo. La _Medea_ iniziò la -_grand'opera_ divergendo dai drammi di Gluck per la maggiore ricchezza -armonica, per gli effetti ricercati, per l'orchestrazione più svariata -e finalmente per i pezzi d'assieme, che di rado si trovano in Gluck. - -Le altre opere, quantunque contengano una quantità di tratti geniali, -sono oggi dimenticate ad eccezione delle _ouvertures_, che per la -freschezza, ispirazione e stupenda fattura appartengono alle migliori -del genere. «Non bisogna però credere che queste opere, perchè non -sono più in repertorio, siano morte; è soltanto una metempsicosi, che è -successa e noi le sentiamo nelle opere di altri maestri dieci e cento -volte di nuovo» (Hauptmann). Difatti è incredibile quanti elementi -moderni, specialmente descrittivi e romantici, esse contengono, che -poi vennero sfruttati da altri. E non soltanto le opere della maturità -ma anche alcune di quelle scritte nella gioventù in Italia p. e. -l'_Ifigenia_. Così p. e. nell'_Elisa_ (1794) e nell'_Anacreonte_ (1803) -c'è ormai il romanticismo posteriore e molto della nota elegiaca -schumanniana, nella _Medea_ vi sono punti di contatto con Beethoven -(coro dei prigionieri) e persino l'unisono dell'_Africana_ è un vero -tratto cherubiniano. - -Cherubini si ritirò disgustato dall'opera per dedicarsi alla musica da -chiesa, per la quale egli scrisse più opere, che vanno annoverate fra -le sue migliori, come le _Messe_, i grandiosi _Requiem_, specialmente -quello in _re minore_, degno d'esser messo a paro col _Requiem_ -di Mozart, e un _Credo_ a 8 voci, senza dubbio una delle opere più -meravigliose che dopo Palestrina mai fossero state scritte. - -Egli scrisse pure musica da camera, quartetti, ecc., che si avvicinano -alle opere classiche ed un celebre trattato di contrappunto e fuga. -Suoi scolari furono _Auber_, _Halévy_, _Adam_, _Carafa_, _Fétis_ ed -altri. - -Straniero fu pure il successore di Cherubini nei trionfi dell'Opera -di Parigi e di nuovo un italiano: _Gasparo Spontini_ di Majolati -presso Jesi, nato nel 1774, morto nel 1851. Dapprima a Parigi nell'era -napoleonica, venne dopo la Restorazione a Berlino, dove raggiunse i -più alti onori ma che dovette poi abbandonare, quando la sua rigidezza -e l'orgoglio nazionale ebbero a cozzare contro la coscienza germanica -che si risvegliava. Se Cherubini colla sua _Medea_ ed il _Portatore -d'acqua_ avea sentito l'influsso dei tempi, e le idee di libertà e la -nobile arditezza di pensiero avevano trovato un eco nella sua musica, -quella di Spontini è ancor meglio lo specchio del tempo in cui fu -scritta, giacchè essa incarna l'idea napoleonica colla sua grandiosità -marziale, larghezza di stile, potenza delle masse ed il suo realismo. - -Le tre opere capitali di Spontini sono la _Vestale_, il _Fernando -Cortez_ e l'_Olimpia_, scritte per Parigi. Su tutte s'innalza la -_Vestale_ per la ispirazione, verità di carattere e sentimento. -L'elemento eroico trova nei grandiosi finali l'espressione più adeguata -e si avvicina all'epica grandezza dei cori di Händel. Ma Spontini sa -toccare anche le corde più sensibili del cuore nelle ispirate scene tra -Giulia e Licinio, e se è meno sapiente di Cherubini lo supera certo in -espressione e grandezza di concezione. - -In _Fernando Cortez_ l'ispirazione non è sì ricca quanto nella -_Vestale_, ma vi sono ammirabili la pittura dei caratteri ed il -colorito, i contrasti e la suprema padronanza delle masse come -nel grandioso finale. L'_Olimpia_ non ebbe a Parigi il successo -delle sorelle, nè il pubblico, felice di cullarsi nella pace della -Ristorazione, poteva più infiammarsi alla rappresentazione di quei -fatti che gli richiamavano alla memoria i burrascosi tempi napoleonici. - -Le opere che Spontini scrisse a Berlino segnano una decadenza sensibile -nelle forze del maestro, nè per quanto esse contengano pregevolissimi -squarci seppero resistere al tempo. Spontini ebbe il rammarico di -vedersi alla fine della sua vita trascurato e quasi dimenticato. - -Egli fu insuperabile direttore, severissimo e mai soddisfatto; -l'orchestra sotto la sua bacchetta era elettrizzata e suonava con una -precisione meravigliosa. - -Successore di Cherubini e Spontini nel ramo della grande opera fu -_Gian Francesco Lesuer_ (1763-1838), l'autore della fortunata opera _I -Bardi_, e di molta musica da chiesa. Egli fu il compositore prediletto -di Napoleone. - - - LETTERATURA - - A. Marx — _Gluck und die Oper_, Berlin, 1863. - - Tiersot — _Gluck_, Paris, Alcan, 1910. - - A. Schmidt — _C. W. Gluck_, Lipsia, 1854. - - Ferrettini E. — _Cristoforo Gluck_, Torino, 1914. - - Desnoiresterres — _Gluck et Piccinni_, Paris, 1872. - - Spitta — _Spontini_ in «_Zur Musikgeschichte_», Berlino. - - C. Robert — _L. G. Spontini_, Berlino, 1833. - - O. Foque — _Lesuer_ in «_les Revolutionaires de la musique_», - Paris, 1882. - - Pougin A. — _Mehul_, Paris, 1889. - - Picchianti — _L. Cherubini_, 1844. - - Gamucci — _L. Cherubini_, 1869. - - Hohenemser — _L. Cherubini_, Lipsia, 1913. - - - - -CAPITOLO XVI. - -Haydn — Mozart — Beethoven. - - -La musica istrumentale anteriore ad Haydn non si occupava della -traduzione di un pensiero poetico, d'un'idea coi mezzi della musica, -ma cercava piuttosto nella bellezza dei temi, nella forma, nella -combinazione degli accordi, nei coloriti, la sua meta. La musica -istrumentale bastava a sè stessa ed in sè trovava la sua soddisfazione. -Per ciò essa è principalmente oggettiva. Il continuare per questa via -era impossibile senza cadere nel convenzionalismo e manierismo e quando -il piacere della forma per la forma non fu più sufficiente allora si -sviluppò anche nella musica istrumentale il soggettivismo. - -Questo nuovo elemento non fu del resto introdotto da Haydn, chè anzi -noi lo vediamo farsi strada ormai in molte composizioni di Bach e -successori, in Dom. Scarlatti e Fil. Em. Bach specialmente nelle -_Toccate_, _Fantasie_, _Improvvisazioni_, ecc., i quali generi di -composizione libera procedevano dall'ispirazione poetica. Ma questo -nuovo indirizzo, questa individualizzazione del sentimento, il -prevalere dell'elemento poetico, la traduzione dello stesso in toni -che lo concretano con mezzi musicali, prima appena accennati, noi li -troviamo palesi in Haydn le cui composizioni, oltre le qualità tecniche -ed essenzialmente musicali delle anteriori, offrono allo uditore un -elemento poetico, senza che egli, come suol succedere nella musica -descrittiva, sia inceppato nei voli della sua fantasia. - -La nuova musica istrumentale basa sulle forme della _sonata_ e della -_sinfonia_. L'opinione che queste derivassero dalla sonata antica, -da molti propugnata, è molto discutibile, quantunque quest'ultima -abbia senza dubbio influito grandemente sulla sinfonia e sulla sonata -moderna. Ma assai più che la sonata antica, poco differente dalla -_suite_ valse a formare la sinfonia e la sonata moderna l'antica -_ouverture_, quale fu introdotta da Alessandro Scarlatti che si -divideva in tre parti unite, _allegro_, _adagio_ ed _allegro_ e che -coll'andare del tempo si usò nei concerti istrumentali suonare in tre -tempi, dividendo le parti ed introducendovi il _minuetto_, tolto dalla -_suite_. La caratteristica principale della nuova musica è il passaggio -dalla polifonia all'omofonia. Le melodie sono ormai chiuse ed esse -sono veramente accompagnate. C'è il primo e secondo tema colla ripresa -dopo lo sviluppo tematico. Le composizioni perdono certo qualche -cosa della loro monumentalità ma diventano molto più varie e ricche -di contrasti anche improvvisi, che mancavano intieramente alle opere -anteriori. Cessa pure il predominio delle tonalità minori. La dinamica -è più varia e non bastano più gli effetti dell'eco (piano e forte), le -tonalità cambiano nei diversi tempi e non è raro di trovare la melodia -cominciata da uno strumento e finita da un altro, ciò che prima non -succedeva. - -Fino a pochi anni fa era quasi incomprensibile la differenza che passa -fra le opere anteriori ad Haydn e le sue e lo si soleva chiamare il -padre della sinfonia e del quartetto. Torchi e Galli avevano bensì -dimostrato che la forma della Sinfonia si trova ormai abbastanza -sviluppata nelle opere di G. B. Sammartini, maestro di Gluck e che -Haydn ebbe in Tartini un precursore nel quartetto per non parlare di -Boccherini, che fu contemporaneo di Haydn e che certo non conobbe le -sue opere. Oggi però s'è fatta almeno in gran parte la luce in seguito -ai nuovi studi di Ugo Riemann e Guido Adler per i musicisti tedeschi -e Fausto Torrefranca per quegli italiani. Le conclusioni sono però -divergenti. Riemann difende la tesi che fu la scuola di Mannheim, dove -esisteva un'orchestra eccellente e modello delle altre, a continuare -la riforma della musica istrumentale già preparata da Bach ed Händel -col connubio della monodia col contrappunto. In realtà non si trattava -che dell'imitazione dello stile dell'aria nella musica istrumentale. Le -_Six Sonates à trois ou avec toute l'orchestre_ di _Giovanni Stamitz_ -(1717-1757) op. 1 (1752) sono per Riemann l'evangelo della nuova arte -ed egli da a quest'opera la stessa importanza che all'_Ars nova_ ed -alla nascita dell'opera del Seicento. È innegabile che nei Trio di -Stamitz si palesa un nuovo stile ben differente dall'anteriore e già -Arteaga chiama Stamitz creatore d'un nuovo stile ed il Rubens dei -compositori. - -Lo stile di _Stamitz_ è pure quello di _Francesco Richter_ (1709-1789), -_Cannabich_, _Toeschi_ ed altri maestri che vissero prima di Haydn. -Nelle opere di Stamitz, che è il caposcuola, troviamo già sviluppato il -dualismo dei temi, il lavoro tematico, che è lo spirito creatore della -musica istrumentale quasi altrettanto che la melodia; anche la forma -della sonata e sinfonia in quattro tempi è pressochè stabile. Le opere -di questa scuola sono sonate a tre, quattro e più istrumenti col basso -numerato ed appartengono, almeno come si pubblicarono, apparentemente -alla musica antica. In realtà però si eseguivano in Germania senza -basso numerato sostituendovi più istrumenti a fiato, che non vanno -all'unisono cogli archi ma o hanno note tenute oppure eseguiscono -piccoli contrappunti. - -Guido Adler cerca invece di rivendicare almeno parte dei meriti dei -musicisti di Mannheim a quelli di Vienna anteriori ad Haydn come -_Matteo Monn_, _Wagenseil_, _Filz_, _Dittersdorf_, ecc. Ma tanto -Riemann che Adler sembrano dimenticare che tutti questi musicisti boemi -od austriaci erano direttamente od indirettamente influenzati nelle -loro opere dai maestri italiani sparsi per tutta la Germania e che la -musica vocale ed istrumentale che si eseguiva in quel tempo a Vienna -era quasi esclusivamente italiana. Fausto Torrefranca ha fatto negli -ultimi anni studi esaurienti sulla musica istrumentale specialmente -per cembalo dei maestri italiani di quell'epoca ed è arrivato alla -conclusione persuadente, che il nuovo stile non venne nè da Mannheim -nè da Vienna ma che il movimento lirico istrumentale è nato in Italia -e conduce attraverso la sonata per cembalo, la sinfonia da camera, -la sonata a tre direttamente ad Haydn e Mozart. Egli è entusiasta -di _Giovanni Platti_, un veneziano che fu alla corte vescovile di -Würzburgo e ne studiò le Sonate pubblicate nel 1740, pur troppo ancora -inedite, che come si può giudicare dalle copiose citazioni sembrano -davvero aver precorso i tempi. Se si conoscessero meglio anche le -Sonate di Pergolesi, Zipoli, Caldara, Galuppi, Rutini, della Ciaja e -tanti altri si vedrebbe che essi sono molte volte più moderni ed arditi -che Haydn e Mozart. La loro arte è fatta «di fugacità melodiche, di -sfumature ritmiche, di brevi arabeschi, di contesture sottilissime ma -dalle quali una cosa sopratutto vi colpisce, la signorilità inventiva, -che ne adorna senza posa il trasparente tessuto». (Bastianelli). - -Torrefranca ha pure studiato alcune delle sinfonie di _G. B. -Sanmartini_ (1704-1774?) che pare abbia scritto un'infinità di opere -istrumentali, che ai suoi tempi godettero fama, come racconta Carpani -nelle _Haydine_. Le sinfonie ancora esistenti di Sanmartini per archi -ed oboi, anche con corni e trombe, «hanno un'architettura sottile e -snella come di alberelli giovani ed una straordinaria ricchezza di -motivi irrequieti, che svariano all'improvviso in poche battute. La -vivacità, la ricchezza, il brio di queste musiche sono indicibili» -(Torrefranca). - -Confrontando tutte queste opere italiane con quelle tedesche, costruite -su temi assai semplici e senza grande varietà ritmica è ben palese -la superiorità delle prime anche sulle sinfonie giovanili di Haydn, -ultimamente pubblicate, che mostrano molte incertezze, del resto -naturali in un esordiente. Forse però si da troppo importanza tanto -ai maestri italiani che tedeschi nominati ed è più facile comprendere -la grande modificazione che subì la musica istrumentale pensando che -essa è quasi contemporanea all'immensa diffusione dell'opera italiana -nel Settecento, e che il nuovo stile somiglia in molti punti a quello -dell'opera. E perchè questa era minore nella Germania del Nord che in -altri paesi, fu appunto lì che lo stile rimase più a lungo polifonico. - -Ciò nullostante l'egemonia della Germania dalla metà del Settecento è -ormai palese nella musica istrumentale, che si diffonde anche nella -Francia ed Inghilterra mentre nell'Italia dopo la morte dei grandi -violinisti anche per la mancanza di orchestre stabili e società -musicali la musica istrumentale va rapidamente decadendo. Se si -esaminano gli antichi cataloghi degli editori tedeschi e francesi si -deve arguire che mai un'epoca fu sì amante di musica istrumentale. -Sono centinaia di Sinfonie, Quartetti con e senza pianoforte, -Terzetti, Serenate, Divertimenti, Cassazioni, ecc., che si stampavano -e ristampavano continuamente. Tutte queste opere sono oggi dimenticate -ad eccezione di quelle di Haydn, ciò che successe anche perchè molte -di esse erano scritte col basso numerato del quale si venne perdendo la -pratica e che ben pochi sapevano eseguire. - -_Giuseppe Haydn_ nacque il 31 marzo 1732 a Rohrau sul confine -ungherese, vicino ad Haimburg, dove imparò le prime nozioni di musica. -Nel 1740 venne assunto fra i cantori della cappella di S. Stefano -in Vienna per la sua bella voce e vi rimase continuando gli studi -musicali, finchè cambiò la voce. Gli anni susseguenti fino alla sua -nomina di direttore di cappella del principe Esterhazy furono per -Haydn pieni di privazioni e di disinganni. Nella residenza principesca -del suo Mecenate, la cittadella di _Eisenstadt_ in Ungheria, il -suo meraviglioso ingegno ebbe campo di svilupparsi e gli anni che -ivi passò (1760-90) alla testa di un'eccellente orchestra, che era -a sua disposizione e dalla quale avea appreso a conoscere tutte -le particolarità degli istrumenti, furono feraci di composizioni -istrumentali come sinfonie, quartetti, terzetti, sonate per piano, -operette, opere ed una quantità di pezzi per _baritono_ (specie di -violoncello), istrumento ora dimenticato, che suonava il principe -Esterhazy. Nel 1790 e 1794 andò a Londra, per la qual città scrisse le -sue più belle sinfonie. In età ormai avanzata compose i suoi due famosi -oratori, la _Creazione_ (1797) e le _Stagioni_ (1801). Haydn scrisse -157 sinfonie, fra le quali sono celebri la _Reine_, la sinfonia col -colpo di _timpani_, la _Oxford_, la _Militaire_, ecc. Haydn morì ai 31 -maggio 1809 a Vienna durante l'assedio dei francesi. - -Haydn fu principalmente compositore istrumentale. Nelle sue prime -composizioni egli cerca ancora la sua strada e l'influenza del suo -autore prediletto, Filippo Emanuele Bach, è ancora sensibile, ma -ben presto sa liberarsi da ogni imitazione ed ispirare alla forma -della sonata, del quartetto e della sinfonia novella vita. I suoi -temi sono efficaci, plastici e suscettibili d'ogni trasformazione e -sviluppo; le sue opere sono organicamente costruite e l'unità delle -parti è sorprendente. Grande merito di Haydn fu poi quello d'aver -individualizzato gli istrumenti e liberato la musica dalla monotonia -ritmica di prima, che è una della principali cagioni per cui noi nelle -composizioni anteriori non possiamo arrivare ad un piacere estetico -complesso, tormentandoci sempre il metro troppo eguale. Il carattere -predominante della musica di Haydn è la naturalezza, la freschezza -unita ad una certa giovialità e semplicità di sentimento. Ma egli sa -altresì toccare le fibre più interne del cuore coi suoi ispirati adagi -e commuoverci colla potenza dell'espressione, che alle volte raggiunge -il tragico. - -Insuperabile è la vena, la fantasia, la volubilità dei suoi minuetti. -Questa specie di danza aristocratica e severa, con lui perde il suo -fare austero e arcigno e diventa ora il più leggiadro giuoco di suoni, -ora vi si frammischia una nota melanconica, una specie di umorismo -sano, ora si avvicina allo scherzo di Beethoven quasi presentendolo. -L'arte di Haydn è meravigliosa senza che egli abbia fatto uso di -mezzi straordinari e senza che essa appaia come tale, tanta ne è la -perfezione. La sua istrumentazione è semplice, ma nella semplicità, -svariatissima e piena di contrasti, chiaroscuri e luci, che l'animano. -Perciò le opere di Haydn, e fra tutte specialmente i quartetti, -oggi dopo più di cento anni nulla hanno del barocco ed antiquato ma -conservano ancora la freschezza dei primi giorni. La superiorità delle -sue sinfonie e dei quartetti non sta tanto nella bellezza melodica -dei temi quanto nella sapienza di sapersene servire. Noi possiamo -studiare nelle sue opere come si sviluppi sempre più il lavoro tematico -e come egli arrivi poi a costruire i suoi tempi con brani del tutto -insignificanti del tema ma specialmente adatti al lavoro tematico. - -L'importanza degli oratori di Haydn non è pari a quella per la musica -istrumentale, quantunque le _Stagioni_ ed ancor più la _Creazione_ -segnino una nuova via e s'innalzino di molto sopra le composizioni -dell'epoca. In esse non è a cercarsi la grandiosità di Händel nè la -profondità di Bach, ma vi abbondano invece la fantasia, la naturalezza, -la grande varietà ed il sentimento della natura che si palesa in una -quantità di tratti caratteristici. - -La musica da chiesa di Haydn sente l'influsso dell'epoca in cui -fu scritta e va annoverata a quel genere di composizioni che non -appartengono nè al sacro nè al profano e che perciò non corrispondono -all'ideale della musica sacra. - -Haydn nella triade di genî germanici della musica istrumentale moderna -è quello che è meno conscio del suo ingegno e scrive quasi per istinto -ciò che l'ispirazione gli detta, senza occuparsi gran fatto di idee -secondarie e di problemi sociali. Con lui l'elemento umorista, quel -misto fra il serio e lo scherzoso, una leggiera ironia che sorride -alle debolezze umane e guarda le miserie della vita colla serenità del -filosofo, entra nella musica, quell'umorismo, che doveva avere la sua -espressione più alta in Beethoven, il quale dalla più triste e lugubre -disposizione di animo passa spesso alla gioia più sfrenata e bacchica. - -Le opere di Haydn specchiano il suo carattere. Egli fu di temperamento -sereno, ilare, modesto. Innovatore da principio, fu sorvolato dal genio -di Mozart, di lui più giovane, del quale risentì l'influsso negli anni -posteriori, donde la grande differenza fra le opere anteriori e le -seguenti. Gli ideali del giovane Beethoven e la rivoluzione musicale, -che questi cagionò trovarono Haydn ormai vecchio ed incapace di seguire -le nuove orme. - -Quello che vedemmo succedere in Palestrina e Bach, i quali sembrano -quasi chiudere un'epoca della storia dello sviluppo musicale, -concentrando in sè e perfezionandolo il frutto ed il complesso delle -conquiste anteriori, si replica in _Mozart_, forse il maggior genio -musicale che mai visse, quell'uomo, che senza peccare d'esagerazione, -puossi chiamare il genio incarnato della musica. Mozart è universale; -egli appartiene a tutte le nazioni e mai si unirono in un uomo gli -elementi più disparati per formare un complesso più perfetto. Egli -ha la ricchezza melodica, il sentimento drammatico degli Italiani, la -sapienza, l'idealità poetica, la delicatezza e castità d'ispirazione -dei Tedeschi, la varietà ritmica, l'argutezza e volubilità comica -dei Francesi. In lui non si scoprono incertezze, tentennamenti, ma -egli arriva ad altezze inesplorabili, sviluppandosi organicamente -e necessariamente. Ha tutte le qualità di Gluck più il genio -specificamente musicale di gran lunga maggiore. Confrontato con questo -noi non troviamo nelle sue opere l'austerità, la ferrea conseguenza -dell'espressione drammatica del primo ma invece la grandezza del genio -che tutto nobilita, l'istinto che tutto trova senza cercare. Egli -basa sull'opera italiana, ma col suo istinto geniale la nobilita e -l'innalza. A tutte queste somme qualità egli aggiunge poi una sapienza -della forma, una conoscenza sì grande dell'arte, che gli rende facile -sciogliere qualsiasi compito, ed in modo che l'arte grandiosa non serva -che a scopi più alti. Egli sa esprimere tutti i sentimenti, tutti gli -affetti; nessuno lo supera nella rappresentazione dell'amore in tutte -le sue fasi, dall'amore casto ed ideale all'amore sensuale. Nessuno -come lui sa delineare i caratteri femminili e scrutarne meglio gli -affetti. - -_Volfango Amadeo Mozart_ nacque ai 27 gennaio 1756 in Salisburgo, dove -suo padre Leopoldo, eccellente musicista ed uomo dotato di buon senso e -conoscente del mondo, era direttore della cappella dell'arcivescovo. Il -piccolo Amadeo fu un talento precoce quale mai prima nè dopo si vide. -A sei anni suonava benissimo il pianoforte, conosceva il violino e -componeva sonate, sicchè il padre gli fece intraprendere lunghi viaggi, -destando stupore ed entusiasmo. Nel 1768 scrive la sua prima Opera, -_La finta semplice_ e nel 1769 viene nominato per opera di Martini -membro dell'Accademia Bolognese. L'Italia fu la prima a festeggiarlo -come compositore drammatico ed il suo _Mitridate re del Ponto_ (1770) -riscosse a Milano grandi applausi. Ritornato in patria, dove era stato -nominato dall'arcivescovo maestro concertatore, continuò i suoi studi e -scrisse una quantità di opere drammatiche ed istrumentali. - -Le prime sono ancora scritte nello stile dell'opera italiana e solo quà -e là vi si mostra la potenza di Mozart che supera il convenzionalismo -formale. La prima opera, nella quale il genio di Mozart si palesa ormai -nella sua interezza, è l'_Idomeneo_ (1781) scritta per Monaco, in cui, -se le reminiscenze dello stile di Gluck sono ancora sensibili, il genio -musicale specificamente melodico supera il modello. Ancor in quest'anno -Mozart da principio ad altro lavoro. _Il ratto del serraglio_, la prima -vera opera della scuola tedesca, scritta in uno stile molto differente -dall'_Idomeneo_, si libera dalla posizione indegna e servile che lo -teneva legato all'arcivescovo di Salisburgo, incapace di comprenderlo e -si stabilisce a Vienna. Gli anni susseguenti portano ricca messe: _Le -nozze di Figaro_ (1786), il _Don Giovanni_ (1787) scritto per Praga, -_Così fan tutte_ (1790), _La clemenza di Tito_ ed _Il flauto magico_ -(1791). - -Mozart morì ai 5 Dicembre 1791, quando l'imperatore lo nominava -direttore della Cappella di S. Stefano ed egli avrebbe potuto così -dedicarsi, senza le cure della lotta per l'esistenza, alla composizione -di tanti altri capolavori che dormivano nella sua grandiosa mente. - -La vita di Mozart è quella dell'artista moderno. Per lui l'arte è -scopo supremo. Le miserie della vita non lo toccano e lo lasciano -indifferente. Egli è spensierato, gioviale, noncurante del domani, -dedito ai piaceri, ma altrettanto serio, indefesso, tenace al lavoro, -capace di astrarsi in mezzo ad una società clamorosa e continuare il -lavorìo della fantasia. La sua importanza sta nell'opera drammatica -che con lui raggiunse la perfezione del genere, quale l'epoca sua -poteva comportare e che ancor oggi fra le lotte delle scuole resta -intangibile. Ed in questa egli seppe, come nessuno prima e dopo di lui, -cambiare di stile a seconda del soggetto. Nell'_Idomeneo_ è palese -la forma classica di Gluck, nel _Don Giovanni_ il romanticismo non -nelle esteriorità fantastiche ma nell'elemento tragico e satanico, -nelle _Nozze di Figaro_ l'opera cosidetta di conversazione, fine ed -arguta, nel _Ratto_ il romantico misto all'umorismo, in _Così fan -tutte_ l'opera buffa allegra e biricchina, nel _Tito_ di nuovo l'opera -seria classica coll'elemento eroico. Nel _Flauto magico_ poi egli -seppe da un'azione spettacolosa e destinata ad un teatro di sobborgo, -creare un'opera in cui l'elemento simbolico e morale predomina ed il -genio arriva alle più grandi altezze. Ad onta di ciò, Mozart non fu -un rivoluzionario ma un riformatore, un eclettico geniale, che senza -trovare forme assolutamente nuove, alle antiche ed usate ispirò nuova -vita. - -«Il genio tedesco, scrive Wagner, sembra destinato a cercare presso i -suoi vicini quello che non è dato alla sua patria, per poi toglierlo -dai suoi stretti confini e creare qualche cosa di universale. -Mozart creò i suoi capolavori sull'orma dell'opera italiana senza -punto cambiarne la forma. Eppure quale superiorità sulle opere dei -contemporanei italiani!» - -Si suol dire che Mozart col _Flauto magico_ fu il vero creatore -dell'opera tedesca e quegli che diede il colpo di grazia all'opera -napolitana. In realtà però le opere teatrali di Mozart appartengono ben -più all'opera italiana che alla tedesca (15 opere su testo italiano e 5 -su tedesco) (_Singspiele_) e non solo per la lingua ed il numero ma ben -più per l'intimo carattere della musica, ciò che è anche naturale se si -pensa che la Germania e l'Austria del Settecento erano in riguardo del -teatro musicale vere provincie italiane. Eppure le opere di Mozart non -ebbero in Italia neppure ai suoi tempi che un successo effimero, molto -minore che quelle del tedesco italianizzato _Simone Mayr_ (1763-1845), -il primo maestro di Donizetti, che fu il primo che in Italia tentò lo -stile della grand'opera francese e predilesse un'orchestrazione molto -nutrita. Questo minor successo delle opere di Mozart dipese e dipende -dalla povertà di veri accenti drammatici nei recitativi, nel non avere -l'istinto infallibile dell'effetto, dalla mancanza di plasticità della -forma specialmente nell'opera seria come pure dal predominio della -forma strofica di canzone breve e succinta, che è una caratteristica -dei musicisti tedeschi del suo tempo. Mozart è senza dubbio più sicuro -ed efficace nell'opera buffa, che s'adattava anche di più al suo -carattere, quantunque anche in questa egli segue le orme dei nostri -maestri italiani Anfossi, Piccinni e Paisiello, che non si conoscono -che di nome mentre se si studiassero le loro opere si apprenderebbe -che molto di quello che noi chiamiamo specifico mozartiano si riduce -ad elementi italiani del secolo XVIII. Comunque ciò sia, Mozart -resterà sempre uno dei più grandi genî musicali d'ogni tempo, perchè -molte delle sue maggiori opere corrispondono a quell'ideale d'arte ed -a quei principî che pel mutare dei tempi non possono cambiare e noi -ricorreremo sempre a lui come ad una sorgente di pace serena, alla -quale si può sempre attingere senza che si esaurisca. - -La musica istrumentale di Mozart forma un anello di congiunzione fra -Haydn e Beethoven. Le più celebri opere sono le _sinfonie_ in _sol -minore_, in _do maggiore_ (_Iupiter_), i sei _quartetti_ dedicati ad -Haydn, il _quintetto_ in _sol minore_. La differenza fra Haydn e Mozart -si scorge nel primo e nell'ultimo tempo delle sue opere che hanno temi -molto più cantabili, più lunghi ed espressivi. Haydn era maestro nel -cavare dagli strumenti sempre nuovi effetti ma in certo modo non si -serviva di loro ma serviva a loro; i suoi motivi sono molte volte quasi -nati dagli istrumenti stessi e ci interessano principalmente per l'uso -che ne fa l'autore. Mozart si serve invece degli strumenti per parlare -la sua lingua, i suoi motivi sono più espressivi e presentono già -Beethoven. Il confronto fra i quartetti dedicati ad Haydn con quelli di -quest'ultimo anteriori e posteriori mostra palese questa differenza ed -è toccante il vedere come il vecchio maestro cerchi nelle ultime opere -raggiungere la profondità e la calda espressione del giovane. Le sonate -per pianoforte, i Trio, ecc., sono con poche eccezioni (_fantasia in do -min._, _sonata in do min._) opere d'occasione senza grande importanza e -di valore ineguale. Superiori a queste sono i _Concerti per pianoforte_ -(_Re min._, concerto _per l'incoronazione_, ecc.), scritti con -intenzioni sinfoniche. - -Delle sue musiche da chiesa vale quanto fu detto di quelle di Haydn. -Da eccettuarsi sono però l'_Ave verum_, una _Messa_ ed il grandioso -_Requiem_, la sua ultima opera che non potè finire, e che quantunque -faccia concessioni allo stile dell'epoca tendente al drammatico ed al -profano, pure è concepita con grandiosità e serietà di stile ed è sì -ispirata da far dimenticare ogni principio e tacere ogni obbiezione. - -Quali opere Mozart ci avrebbe ancor dato, se gli fosse durata la vita, -è impossibile il pensare; ma che egli avrebbe subìto una trasformazione -quale vediamo poi succedere in Beethoven, è difficile l'ammetterlo. -Mozart è essenzialmente oggettivo, nè mai dimentica d'essere sopratutto -musicista. Per lui la musica non è un mezzo, ma scopo e ad essa egli -sacrifica ogni intenzione a lei secondaria. L'idea musicale si presenta -a lui complessa ed imperiosa senza essere semplicemente la traduzione -d'un pensiero o d'un'idea poetica, come quasi sempre succede in -Beethoven. Perciò Mozart, per quanto il suo genio musicale sia maggiore -di quello di Beethoven, per noi figli dell'epoca moderna, comincia -in molte delle sue opere a sembrare antiquato, perchè in esse non vi -troviamo abbastanza riprodotte tutte le sensazioni, gli affetti, le -passioni nostre. - -Con _Beethoven_ comincia un'altra epoca che per noi è la più -importante. La musica del secolo decimonono porta l'impronta del -soggettivismo. L'umanità ha perduto nelle lotte la serenità dei -tempi passati; l'eterno dolore, (il _Weltschmerz_ dei filosofi e -poeti tedeschi) il pessimismo, il dubbio che rode, diventano la -nota dominante. Con Beethoven la musica non è più soltanto un'arte -ma diventa l'arte universale; essa impara ad esprimere tutte quelle -sensazioni, quei pensieri, quelle aspirazioni più intime che la parola -non sa esprimere e definire. - -Beethoven non è più solamente musicista come Mozart e specialmente -Haydn, ma altresì pensatore profondo, che dei problemi sociali e delle -nuove idee si occupa e pel quale la Rivoluzione non è rimasta senza -lasciare grande e potente traccia. Per lui la musica non è soltanto -per sè esistente ma ha un più alto significato morale e quasi sempre -incarna un'idea. Perciò la maggior parte delle sue composizioni, -specialmente quelle della maturità e le ultime, non sono soltanto -l'espressione d'un sentimento indefinito, ma vere poesie musicali, -che specchiano i diversi pensieri, le fasi di questi, quasi un'azione -in toni. Le sue opere gli vengono ispirate, come egli scrive, «da -impressioni che il poeta traduce in parole ed egli in toni che si -accavallano, sgorgano potenti e disordinati fin che si ordinano nella -sua mente». Perciò alcune sue opere hanno un carattere programmatico -palese (_Egmont_, _Coriolano_, _Leonora_, _sinfonia pastorale_, ecc.) -ed altre e son le più numerose un programma latente. Egli dopo le -incertezze naturali e necessarie della gioventù, scuote ogni influsso -e la sua individualità domina sovrana. Egli è forse meno musicista di -Haydn e di Mozart, ma li sorpassa ambidue nell'idealità, perchè egli -emancipa la musica da ogni formalismo e sacrifica tutto all'idea. -Questa tendenza al liberarsi dalla materia viene poi sempre più -accentuandosi, quanto più la sordità lo distacca dal mondo esterno -ed essa arriva in alcune delle sue ultime opere alla morbosità. -Allora egli, attraverso lotte e contrasti, giunge all'assoluta -contemplazione immateriale, in cui tacciono le cure e gli affanni ed -il sentimento della suprema conciliazione addolcisce le miserie della -vita. La serietà è il suo carattere dominante, ma anche essa può, -bensì fugacemente, cambiarsi in gioia quasi bacchica, come nella _IX -Sinfonia_. Egli non ha la naturale ilarità di Haydn, nè l'olimpica -oggettività di Mozart, ma vede il suo ideale nell'esposizione dei -contrasti della vita, nella lotta dei diversi affetti. - -Beethoven, come in genere i tedeschi, non fu un rivoluzionario ma -un gran riformatore. Egli accetta tutte le conquiste del passato e -continua l'edifizio sulle stesse basi; ma egli centuplica la forza -espressiva non limitandola alle parti principali ma allargandola anche -al resto che assume ben altra importanza di prima. Senza rompere od -abbandonar di progetto le forme antiche, come altri fece dopo di lui, -egli le trasforma grado grado mantenendo le linee originarie ed i -principî cardinali. Ciò egli raggiunge fra altro cambiando l'elemento -figurativo e melismatico, che prima non era che gioco di suoni, in -elemento melodico ed espressivo a somiglianza della parola cantata ma -con maggiore intensità, perchè egli poteva coi suoni esprimere anche -quello che la mente concepisce e l'animo sente ma la bocca non sa -esprimere a parole. I fascicoli che contengono gli schizzi musicali -ci palesano il segreto della generazione delle sue opere. Ad onta -dell'assoluta padronanza dei mezzi noi vediamo lottare il genio colla -materia per costringerla ad ubbidirgli. Sono continui cambiamenti -e pentimenti, lavori di lima paziente ed instancabile. Ma da tutto -questo lavorio sorte alla fine l'opera completa che nulla palesa della -dolorosa creazione. Ad onta di ciò studiando specialmente le ultime -opere ci accorgiamo che il contenuto quasi trabocca dalla forma usata -e spesso mal vi si adatta, quantunque il maestro tenti continuamente -di ampliarla e modificarla. E ciò è naturale se si pensa che le sue -melodie avevano ormai ben altro significato che quello puramente -musicale e che egli creandole non pensava soltanto alla possibilità di -sviluppi e lavori tematici. - -_Ludwig van Beethoven_ vide la luce ai 17 Dicembre 1770 a Bonn dove suo -padre, d'origine olandese, era addetto alla cappella di quella città. -Anch'egli fu un talento precoce e nel 1785 poteva ormai assumere le -funzioni d'organista e suonare in orchestra. Nel 1793 andò a Vienna, -che scelse dipoi a sua stabile dimora e dove trovò tosto nell'arciduca -Rodolfo, nel principe Lichnowski e in Van Swieten potenti Mecenati. -Continua i suoi studi un po' con Haydn, Schenk e specialmente con -Albrèchtsberger e pubblica nel 1795 la prima sua opera, i tre _Trio_, -fra cui il celebre in _do minore_, che ormai segna una nuova orma nella -storia dell'arte. Il periodo seguente fu fecondo di nuove opere, fra le -quali i 6 Quartetti d'arco (op. 18), i terzetti pure per archi, molte -sonate per piano, le due prime sinfonie, il delizioso settimino (op. -20), ecc. Nel 1802 comincia a mostrarsi la malattia della sordità, -che venne poi sempre crescendo ed amareggiandogli l'esistenza e fu -in quell'anno che egli scrisse il suo testamento, quello scritto che -mostra la grandezza del carattere di Beethoven. Seguono la _Sinfonia -eroica_ colla _Marcia funebre_ (1802), la _Pastorale_, la sua unica -opera drammatica, il _Fidelio_ (1805), che ebbe alla prima esecuzione -poco successo e che, ad onta di grandi bellezze, mostra che a Beethoven -mancava l'istinto drammatico teatrale, la _Sinfonia_ in _do minore_ -(1808), forse il suo capolavoro, in cui la sua potenza di creare da un -tema insignificante un vero poema è piuttosto unica che meravigliosa. - -L'influsso della sua incurabile malattia venne in seguito sempre più -accentuandosi nelle sue opere posteriori, che per quanto geniali non -vanno esenti da bizzarrie ed oscurità e che quasi fin oggi, mentre -da molti sono proclamate quale l'espressione più alta del genio di -Beethoven, subirono le critiche più disparate. Esse sono piuttosto -l'espressione individuale di un uomo condannato all'isolamento che -il frutto di idee riformatorie. Perciò sembra inutile il tentativo -di volerle considerare come l'Evangelo della musica futura, perchè la -loro concezione è troppo personale. A queste appartengono la _Messa in -re_ (1816-1823), la _nona Sinfonia_ con coro e soli (1822), gli ultimi -_Quartetti_ e le ultime _Sonate_ per pianoforte (1824-1826) che assieme -alle potenti _Variazioni_ su un tema di Diabelli sembrano scritte più -per chi le comprende cogli occhi che per chi le vuole eseguire. - -Beethoven morì ai 27 Marzo 1827 di idrope. - -La _Messa in re_ non è da considerarsi dal punto di vista della musica -da chiesa, ma è piuttosto l'espressione individuale dell'anima di -Beethoven, della sua religione. Il testo della Messa perde il suo -significato oggettivo e liturgico per esprimere le idee dell'autore. -Essa è quasi la preghiera, il grido di dolore di un uomo moderno, che -aspira alla Divinità dalle miserie della terra, non l'espressione della -quieta e fiduciosa devozione d'un credente. - -La _Nona Sinfonia_ è una delle più grandiose composizioni istrumentali -della nostra epoca ed ancora la maggiore. In essa specchiasi quasi -la vita di Beethoven nella descrizione delle lotte contro la sorte -(1º _tempo_), dell'abbandonarsi alla gioia sfrenata per dimenticare -(_scherzo_), della contemplazione ed ispirazione dell'ideale -(_andante_) e della suprema conciliazione degli elementi lottanti in un -inno di gioia e di giubilo all'umanità (_finale_). - -Mentre le prime opere palesano l'influsso di Haydn e Mozart, questo -va presto perdendosi nelle seguenti, che portano marcata l'impronta -personale dell'autore. La forma della sinfonia s'allarga e diventa -più significante, al minuetto vien di solito sostituito lo _scherzo_, -che perde quasi intieramente il carattere di danza per esprimere -un umorismo che può arrivare fino al tragico; il _finale_, prima -nella forma di _rondò_, diventa alle volte la parte più importante -dell'opera (p. es. nella sinfonia in _do minore_ e nella _Nona_). I -temi apparentemente più insignificanti assumono nello sviluppo tematico -e nelle trasformazioni importanza e varietà grandissima. Dove si palesa -meglio la profondità dell'anima di Beethoven è però negli Adagi, che -nessuno seppe più eguagliare. - -Ma la grandezza del genio di Beethoven non si palesa soltanto nella -sinfonia. Le sue sonate per pianoforte, fra cui le più note sono la -_patetica_, la _sonata au clair de lune_, quella in _la bem._ colla -marcia funebre, la _Waldsteinsonate_ formano come i preludî e le fughe -di Bach, uno dei capisaldi del repertorio pianistico e sono una collana -di fulgide perle. Fra le _ouvertures_, quelle per l'_Egmont_ di Goethe, -per il _Coriolano_, la grande _ouverture N. 3 Leonora_, ci ammaliano -colla grandiosità delle linee ed il colorito. Dei suoi 17 Quartetti, i -primi sei, quelli dedicati a Rassumowsky, quello in _do diesis minore_, -rimarranno esempi imperituri di ispirazione, euritmia e sviluppo -tematico. - -Beethoven fu un grande infelice. Le circostanze ed il suo carattere -lo resero tale. La malattia incurabile della sordità gli tolse ogni -speranza quando il suo nome era grande e l'avvenire gli sorrideva. La -suprema sventura che possa toccare ad un musicista, l'esser privato -dell'udito, non fu risparmiata a lui, il re dei suoni. Egli ne rimase -annientato ed un'amarezza infinita l'oppresse. Amori infelici, -discordie famigliari finirono per renderlo iracondo, impaziente e -distaccarlo dal mondo. Egli conobbe il suo genio e seppe farlo valere -senza protervia ma con dignità ed energia, non stimandosi da meno dei -grandi della terra ed innalzando la dignità dell'artista. - -È difficile il pensare quale indirizzo avrebbe preso la musica senza -Beethoven. Oggi tanti anni dopo la sua morte, le sue opere sono ancora -il prototipo della musica istrumentale. I suoi successori non hanno -saputo trovare che qualche nuovo effetto d'orchestrazione, qualche -cambiamento di forma ma null'altro di nuovo che non sia o palese -od almeno accennato nelle sue opere. Ai suoi quartetti, alle sue -sinfonie noi non sappiamo metter a paro nessun'opera, meno poi una -che le superi. Egli è ancor oggi il modello insuperabile, a cui tutti -ricorrono, il maestro dei maestri. - -Wagner paragona Beethoven a Tiresia il cieco veggente. Egli guarda -coll'occhio della mente ed ascolta le infinite e recondite armonie che -risuonano nel suo animo. Il mondo esterno non gli sa più dir nulla. - - - LETTERATURA - - Brenet M. — _Histoire de la symphonie depuis ses origines jusqu'à - Beethoven_, Paris. - - Brenet M. — _Haydn_, Paris, 1909. - - C. F. Pohl — _Josef Haydn_, Berlino (incompleto). - - G. Carpani — _Le Haydine_, Padova, 1823. - - L. Reissmann — _I. Haydn_, Berlino, 1879. - - L. Schmidt — _I. Haydn_, Berlino, Harmonie, 1889. - - O. Iahn — _W. A. Mozart_, 3ª ediz., 1891. - - A. Fleischer — _W. A. Mozart_, 1900. - - Bellaigue — _Mozart_, Paris. - - T. de Wyzewa et G. de Saint Foix — _Mozart et son oeuvre_, Paris, - 1912. - - Curzon — _Mozart_, Paris, 1913. - - E. Dens — _Mozart's operas_, London, 1913. - - Schiedemayr L. — _Beiträge zur Geschichte der Oper in der Wende des - 18. u. 19. Jahrhundertes_ (_Simon Mayr_), Lipsia, 1907 e 1910. - - B. A. Marx — _L. Beethoven_, Berlin, 1901. - - L. Nohl — _Beethovens Leben_, 1864. - - A. W. Thayer — _Beethoven_, Berlino, 1866-1879, trad. dall'inglese. - - R. Wagner — _Beethoven_, 1870. - - Wasielewsky — _Beethoven_, 1895. - - Rolland R. — _Vie de Beethoven_, Paris, 1907. - - Bekker P. — _Beethoven_, Berlino, Schuster und Loeffler, 1912. - - Chantavoine — _Beethoven_, Paris, 1907. - - - - -CAPITOLO XVII. - -L'Opera romantica e la grand'Opera francese. - - -Il romanticismo, come nella letteratura, è anche nella musica di data -più remota di quello che per solito si ammette. Quantunque l'epoca -della musica romantica sia per eccellenza il principio del secolo -XIX, noi troviamo traccie di essa già in Bach, Mozart ed ancor più -in Beethoven, nè è sempre giusto il separare la musica d'indirizzo -classico da quella influenzata dal romanticismo. Ogni nazione ne ha più -o meno sentito gli influssi, ma quella che per natura ed indole gli -è più vicina è senza dubbio la tedesca, in cui il culto della donna, -il sentimentalismo, la predilezione dell'elemento fantastico delle -leggende, l'amore della natura, dei boschi, dei monti, la vita intima -del pensiero hanno più importanza che per le nazioni romane, a ciò -più indifferenti per la somiglianza ed affinità coi popoli classici -dell'antichità portati all'oggettivismo. - -Il romanticismo del principio del secolo scorso non era in origine che -il desiderio di ritornare al sentimento della natura e di abbandonare -il convenzionalismo della coltura pseudo-classica del settecento più -superficiale che profonda. E se tutta la letteratura se ne risentì, -ancor più ne fu influenzata la musica giacchè essa era più adatta -a seguire le nuove idee per la possibilità di conciliare meglio -della poesia il contrasto fra il mondo reale ed il fantastico. La -caratteristica del romanticismo letterario sta nell'aspirazione allo -straordinario, (Novalis definisce per romantico ciò che sorprende), -nella predilezione per l'elemento popolare e nella guerra alle forme -e pastoje classiche. Gli elementi del Romanticismo musicale sono -analogamente da cercarsi nell'armonia, istrumentazione e nella pittura -musicale, insomma essi sono più di natura esteriore che interna. E. T. -Hoffmann († 1822) poeta e musicista, l'autore delle novelle fantastiche -e il creatore della figura strana del Kapellmeister Kreisler, forma -l'anello di congiunzione fra il romanticismo letterario ed il musicale. - -Il romanticismo musicale ebbe la sua espressione tanto nella musica -drammatica che nella lirica. Della prima sono rappresentanti _Weber_ e -_Spohr_, della seconda _Schubert_, _Mendelssohn_ e _Schumann_. - -_Weber_ non fu una vera natura drammatica, ma ebbe squisito sentimento -del colorito locale e seppe parlare al cuore della sua nazione colla -semplicità toccante delle sue melodie ispirate, coi suoi quadri della -natura che c'introducono nelle oscure e paurose selve, nelle tranquille -case di campagna, perdute in mezzo al verde, colle sue evocazioni dei -secoli cavallereschi, colle sue fantasmagorie di gnomi. Il successo del -_Freischütz_ deriva in special modo dall'aver Weber saputo innestare -alla sua musica la canzone popolare tedesca ed averla idealizzata. -Il popolo, incapace di seguire e comprendere il genio di Beethoven -e d'altro canto estraneo all'opera seria che trattava soggetti a lui -ignoti, trovò sè stesso e le sue canzoni nel _Freischütz_, che somiglia -ad una grande ballata popolare, ed alcune melodie di quella fortunata -opera divennero patrimonio della nazione. Nell'_Euriante_ Weber tentò -di conciliare i due elementi disparati della melodia assoluta e della -vera espressione drammatica continuata, ma il tentativo non riuscì, -perchè la conciliazione era impossibile. La potenza drammatica talvolta -gli manca, ma egli ci risarcisce con mille geniali particolari, che -egli deve specialmente alla sua grande arte d'istrumentare, nuova -e caratteristica, all'uso tutto speciale degli istrumenti a fiato, -specialmente di quelli di legno nelle note basse. Grande poi è la -sua facoltà di descrivere l'elemento satanico, appunto perchè esso -appartiene al descrittivo, in cui Weber era vero maestro. Da ciò -deriva il grande successo del _Freischütz_ ed il minore dell'_Oberon_ -e dell'_Euriante_, la sua opera prediletta, nella quale si palesa la -mancanza di sentimento drammatico ad onta della grandiosità e dello -studio maggiore. - -Abbiamo già detto che si suol chiamare Mozart il creatore dell'opera -tedesca. Ma ben più a diritto si può ascrivere questo onore a Weber, -perchè fu veramente egli che col _Freischütz_ creò l'opera nazionale, -che abbandonò i libretti di soggetto classico e vi sostituì azioni -di carattere nordico e prettamente romantico, adattandovi una musica -affine al soggetto che sa essere or rude or colorita or somigliante a -quella delle canzoni popolari tedesche. - -Weber è in certo riguardo anche il padre della nostra musica, perchè la -sua ha ormai una grandissima differenza con quella dei classici. Egli -ha perciò esercitato un influsso stragrande ed il dramma di Wagner è -già presentito nell'_Euriante_ come anche le sue opere per pianoforte -precorrono quelle di Schumann e Chopin. - -_Carlo Maria de Weber_ ebbe vita avventurosa. Nato ai 18 dicembre -1786 a Eutin nel Holstein di padre appartenente a famiglia nobile, -ufficiale, uomo di affari, musicista, direttore di teatro, inventore, -dovette menar vita nomade da una città all'altra nè potè compire un -corso regolare di studî musicali. Dapprima scolaro di Michele Haydn -a Salisburgo, compose più opere anche per il teatro. Studiò poi col -celebre abate Vogler e divenne a diciotto anni direttore del Teatro -di Breslavia. Cambiò dimora e carriera per seguire quale segretario -il Principe di Württemberg; ritornò scolaro di Vogler a Darmstadt e -collega di Meyerbeer al quale fu legato da sincera amicizia. Dopo -un breve soggiorno a Berlino, dove si distingue come virtuoso di -pianoforte e compone parecchi pezzi per questo istrumento, fra i quali -il celebre _pezzo di Concerto_ in _fa minore_ e l'_Invitation à la -danse_, va a Praga nel 1813, e poi nel 1816 a Dresda come direttore. -Nel 1821 si eseguisce a Berlino il _Freischütz_ con immenso successo, -e la _Preciosa_, cui fece seguito nel 1823, a Vienna, l'_Euriante_. -Nel 1826 si recò a Londra per farvi eseguire l'_Oberon_, dove ammalò -e morì ai 5 Giugno dello stesso anno, lontano dai suoi cari. Nel 1844 -le spoglie di Weber furono trasportate a Dresda ed accolte da Riccardo -Wagner. - -Molto di quello che scrisse Weber è ad eccezione del _Freischütz_ -destinato all'oblio. Ma certo resisteranno alle ingiurie del tempo -le _Ouvertures_ del _Freischütz_, _Oberon_, _Euriante_, splendide -costruzioni musicali senza pedanteria di forma, veri riassunti -dell'opera che segue. - -Weber senza raggiungere la perfezione, le si avvicina per la serietà -ed idealità dei suoi propositi. Il popolo tedesco, che egli tanto -amò, lo considera tuttora come il suo prediletto ed il _Freischütz_ -è ancor oggi l'opera più popolare del repertorio tedesco. «Mai è -vissuto un musicista più tedesco di te! Dovunque ti portò il tuo genio, -esso rimase in ogni regione della fantasia legato con tutte le sue -più intime fibre al cuore tedesco, col quale egli rideva e piangeva -come un fanciullo che ascolta le fiabe e leggende della sua patria». -(Dall'orazione funebre di Riccardo Wagner). - -Il secondo di coloro che nella musica, e specialmente nel dramma, -seguirono il romanticismo è _Luigi Spohr_, nato a Seesen presso -Brunswick nel 1784, morto nel 1859 a Cassel. Questo maestro, -compositore di gran vaglia in ogni ramo della musica, dall'opera -drammatica, la sinfonia e l'oratorio fino agli studî elementari per -violino, è caduto oggi in dimenticanza ed in lui si stima piuttosto -il celebre virtuoso e pedagogo che il compositore drammatico. Eppure -il suo _Faust_ e la sua _Iessonda_, opere che non sparirono mai -dal repertorio contengono bellezze di primo ordine. Spohr tende -all'elegiaco ed al sentimentale; egli è essenzialmente soggettivo e la -sua musica porta un'impronta tutta personale che finisce col divenir -monotona perchè priva di forza e maschiezza. Nella sinfonia egli fu -un precursore della musica programmatica moderna, quantunque in lui -essa non scenda mai a farsi pedissequa interprete della parola e -dell'azione. La sua musica da camera, i suoi quartetti, gli ottetti, -ecc., appartengono ai migliori dell'epoca posteriore alla classica -quantunque la forma ne sia molte volte antiquata e convenzionale. -Le sue composizioni per violino, i suoi concerti, duetti, ecc., -appartengono alle più note ed utili opere per questo istrumento. Come -virtuoso egli fu caposcuola e fece celebri allievi. - -Alla scuola romantica appartiene pure _Enrico Marschner_ (1795-1861) -autore del _Vampiro_, del _Hans Heiling_ e del _Templario_, opere di -un certo vigore, potenza drammatica e caratteristica. Marschner dipende -da Weber, che supera nel comico e nel gioviale, senza però raggiungere -la purezza e la semplicità d'ispirazione del suo modello nelle parti -liriche. - -L'opera romantica per eccellenza come la concepirono e Weber e -Marschner venne presto a decadere ed una delle ultime del vecchio -stile fu la _Genoveffa_ di Schumann. I musicisti tedeschi posteriori -che si dedicarono all'opera ad eccezione di Riccardo Wagner e la sua -scuola si contentarono di scrivere delle opere senza speciali tendenze -e propria fisonomia, servendosi delle vecchie formole a quella stessa -guisa che in Italia si scrivevano da maestri di secondo e terzo rango -opere destinate ad effimeri successi, tanto per contentare il pubblico, -sempre avido di novità. Gli influssi che essi subiscono sono i più -vari. Quelli a noi più vicini imitarono per quel tanto che sanno -e possono Verdi, Gounod ed altri e poi Wagner ma non nell'idealità -della sua musica ma nella maniera esteriore e specialmente nell'uso -dell'orchestra. Alcune di queste opere hanno però saputo resistere al -tempo per le loro doti specifiche musicali e sarebbe ingiusto il non -voler riconoscere ai loro autori delle buone e felici disposizioni per -il teatro. Le più note della metà del secolo scorso sono _Il campo di -Granada_ di _Corradino Kreutzer_ (1780-1840) _Marta_ e _Stradella_ di -_Fed. Flotow_ (1812-1883) e specialmente le opere comiche di _Alberto -Lortzing_ (1801-1851), (_Czar e falegname_ — _Ondina_ — _l'Armaiuolo_, -ecc.) e le _Allegre comari di Windsor_ di _Ottone Nicolai_ (1810-1840), -che le supera tutte per ispirazione, eleganza e freschezza. Uno dei -pochi autori moderni tedeschi che seppero sottrarsi all'influsso -prepotente di Wagner fu _Carlo Goldmark_ (1830-1914) l'autore della -fortunata _Regina di Saba_ (1875) ed altre opere colle quali però egli -non seppe più raggiungere il successo della prima, ricca di melodia -calda e sensuale in una veste orchestrale smagliante, perchè egli fu -un eclettico, che tenne fermo alle antiche forme e che quantunque subì -l'influenza di Wagner, non ne imitò che qualche elemento della sua -lingua musicale senza comprendere veramente l'importanza della sua -riforma. - - -Mentre in Germania si pugnava accanitamente pro e contro il Wagnerismo -nasceva quasi per necessità di contrasti l'_operetta tedesca_. L'idea -non era originale, perchè la Francia ne aveva già dato prima l'esempio. -Ma l'operetta tedesca divenne tutt'altra cosa della francese, perchè -la sua base musicale è la danza e non il couplet e la parodia delle -forme dell'opera. E come la patria delle danze moderne od almeno il -terreno dove esse assunsero forme artistiche fu Vienna (_Giuseppe -Lanner_ (1801-1843), _Giovanni Strauss_ (1804-1849)), così furono i -maestri tedeschi che si distinsero nell'operetta (_Giovanni Strauss_ -figlio (1825-1899) — _Francesco Suppè_ (1820-1895) — _Carlo Millöcker_ -(1842-1899) — _Rod. Genée_, _Zeller_, ecc.). Ma ormai la parabola -dell'operetta è giunta ben in basso ed i nuovi prodotti (_Lehàr_, -_Oscar Strauss_, _Ziehrer_, _Fall_, ecc.) ad onta degli incomprensibili -successi sono opere di meschinissimo valore artistico e non vivono che -di motti salaci o di allusioni politiche, avvicendandosi in essa la -sentimentalità di cattivo gusto col libertinaggio, le romanze patetiche -con quelle da trivio, le pose drammatiche con quelle grottesche ed -acrobatiche. - -Quasi contemporanea dell'opera romantica tedesca è la _grand-opéra_ -francese di _Auber_, _Rossini_ e _Meyerbeer_. Come la prima anch'essa -è figlia del suo tempo, e quantunque nata all'epoca della Ristorazione, -essa preludia ai tempi che si preparavano, alle nuove idee che dovevano -produrre la Rivoluzione di Luglio (1830). - -La grande opera nacque in Francia, non perchè essa fosse l'opera -nazionale, ma perchè Parigi era un centro internazionale, al quale -s'indirizzavano i maestri d'ogni nazione. Così noi vediamo il -fiorentino Lulli fondare l'opera classica francese, Cherubini e -Spontini l'opera dell'epoca della rivoluzione dell'impero, Rossini e -Meyerbeer la grande opera francese, giacchè Auber, quantunque il primo -della triade, risente gli influssi di Rossini e di Weber. La grande -opera si distingueva dall'antecedente più negli elementi esteriori che -nell'intrinseco. Il soggetto abbandona la mitologia ed il classicismo -ed è di solito storico, l'importanza principale si concentra nella -situazione, nei grandiosi quadri, nelle descrizioni, nel mettere in -moto grandi masse, in una parola nell'effetto raggiunto col lusso -d'una musica brillante, delle decorazioni, del ballo. La grandezza ed -idealità inerenti alla _Muta_ di Auber ed al _Tell_ di Rossini vanno -sempre più perdendosi in Meyerbeer, che manca di sincerità e d'unità di -stile e sacrifica ogni cosa all'effetto. - -Il primo a scendere nel nuovo agone fu _Daniele Auber_ (nato a Caen nel -1782, morto a Parigi nel 1871). Dapprima destinato alla mercatura, si -dedicò in seguito alla musica, che studiò con Boieldieu e Cherubini. -Quantunque il suo genio lo portasse all'opera comica, nella quale ci -lasciò veri modelli del genere come il suo _Muratore e fabbro_ (1825), -_Fra Diavolo_ (1830), _Domino nero_ (1837), _i Diamanti della corona_ -(1841), _la parte del Diavolo_, ecc., lo spirito di libertà, che nei -primi lustri del secolo si faceva sentire, non rimase senza influsso -sul suo animo facilmente impressionabile ed egli gli diede la più -faconda espressione nella sua _Muta di Portici_ (1828), la cui altezza -e genialità egli non seppe più raggiungere. In esse sono la franchezza -e spontaneità dell'ispirazione, la passione, l'ardire del declamare -ampio che ci attraggono. Magistrale poi ne è il colorito locale quasi -pari a quello del _Tell_. La _Muta_ appartiene ad un nuovo stile che -potrebbesi giudicare nato dal connubio dell'opera nazionale francese -col genio rossiniano. Ma se Auber seppe apprendere da Rossini, egli -non perdette l'impronta nazionale, che anzi conservò evidentissima -anche in questa opera, unica che scrisse del genere. Eppure la _Muta_ -non è oggi più «calda sino a bruciare», come la dice Wagner ed essa si -sostiene più per i ritmi piccanti, le scene di colorito nazionale e le -danze che la passione dei suoi canti ed è perciò che il _Fra Diavolo_ -sopravviverà senza dubbio alla _Muta_ come il _Barbiere_ al _Guglielmo -Tell_, perchè i maggiori meriti di Auber si trovano nelle sue opere -comiche, nelle quali egli sviluppa i suoi pregi, quali la suprema -grazia, la facilità e varietà ritmica, la accuratezza della forma -aristocratica, e non ultimo fra questi l'aver saputo togliere alla -forma stereotipa della canzone francese la durezza e rigidezza. A lui, -che fu per molti anni direttore del Conservatorio di Parigi, la sua -nazione deve senza dubbio gran parte della sua supremazia nell'opera -comica. - -Come la _Muta di Portici_ risente l'influenza di Rossini per quel -che riguarda specialmente la melodia, così il _Guglielmo Tell_ -di quest'ultimo, la seconda opera del nuovo genere (1829), mostra -l'influsso della musica francese non sulla facile melodia italiana, -ma nella ritmica, nella struttura dei pezzi e nell'accuratezza dei -particolari. Il _Guglielmo Tell_ è l'opera d'un genio che ripete il -prodigio di Mozart, d'aver saputo cioè assimilarsi gli elementi d'ogni -scuola nazionale, amalgamandoli in un tutto essenzialmente organico -senza perdere l'impronta originale. In essa ammiriamo la spontaneità -melodica, la profondità del sentimento semplice e vero, la leggiadria -ed il colorito locale e la caratteristica. Perciò il _Guglielmo Tell_ -è una di quelle pochissime opere, come il _Don Giovanni_, che cessano -d'essere il patrimonio d'una singola nazione per diventarlo di tutte, -perchè esse raggiungono gli ideali comuni a tutte. Rossini vi s'era -preparato col _Mosè_ rifatto e l'_Assedio di Corinto_, che però ad onta -dei loro pregi non possono servire di paragone, per cui quando comparve -il suo _Tell_ la sorpresa pareggiò l'immenso successo. - -Chi raccolse il retaggio di Auber e di Rossini fu di nuovo uno -straniero, _Giacomo Meyerbeer_. Negli ultimi tempi la moda, che non -di rado anche in fatto di musica esercita i suoi supremi diritti, -lo scelse a capro espiatorio facendogli scontare quel tanto di lodi -iperboliche delle quali lo aveva prima colmato. Come al solito la -verità sta nel mezzo e se non è giusto il voler annoverare Meyerbeer -fra i più grandi genî musicali, altrettanto ingiusto è il voler -negare che egli fosse uno dei più fortunati musicisti drammatici e -che molte parti delle sue opere, specialmente degli _Ugonotti_ e del -_Roberto_, appartengano alle più geniali e potenti ispirazioni. Il -difetto capitale di Meyerbeer è la mancanza di sincerità artistica. -Egli è maestro dell'effetto raggiunto con ogni mezzo ed a questo egli -sacrifica e verità e naturalezza. Egli non segue l'impulso interno, ma -calcola e specula quasi sul gusto del suo tempo e gli fa concessioni. -Egli è eclettico fino all'eccesso, ma non sa come Mozart e Rossini -unire gli elementi disparati delle diverse scuole, sicchè le sue -opere non fanno l'effetto di un'opera organica. Egli esagera e cerca -nascondere l'intima povertà sorprendendo le masse colla virtuosità -del canto, coi grandiosi finali, con un'azione spettacolosa. Ma questi -suoi difetti principali non devono renderci ciechi per le sue grandi -doti, quali l'intuizione drammatica, la ricchezza melodica, la suprema -padronanza dei mezzi e la sua potenza coloritrice nell'orchestra. -Meyerbeer, quantunque caposcuola e prototipo di molti musicisti -posteriori, non è originale come Rossini, Weber ed altri, nè il suo -stile, per quanto di questo si parli ha un'impronta speciale e propria, -ma esso è piuttosto l'apparenza d'uno stile sapientemente artificioso. - -Il motivo per cui la reazione posteriore si fece strada è del resto più -profondo che per avventura si creda e dipende dagli ideali dell'opera -drammatica moderna del tutto diversi da quella meyerbeeriana. La prima -non li scorge più nei contrasti non motivati, nella grandiosità delle -masse, nè nella ampollosità della frase, ma nella verità di sentimento -e dei caratteri. Del resto tanto il _Tell_ che le opere di Meyerbeer -appartengono ormai alla storia e per giudicare adeguatamente è -necessario aver riguardo all'ambiente ed all'epoca dei loro autori. - -_Giacomo Meyerbeer_ (Jacob Beer) nacque ai 5 settembre 1791 in Berlino -da ricca famiglia. Già nel 1800 egli si distingueva come virtuoso di -pianoforte e dava motivo alle più alte speranze. Compiti gli studî -musicali presso l'abate Vogler a Darmstadt (1810), si provò con poco -successo sui teatri di Germania. Venuto in Italia, dove Rossini col -suo _Tancredi_ aveva destato gli entusiasmi del pubblico, si mise ad -imitare con fortuna lo stile di questo, specialmente nel suo _Crociato -in Egitto_. Dall'Italia passa in Francia e vi dà il suo _Roberto -il Diavolo_ (1831) con successo inaudito. A questo seguono _Gli -Ugonotti_ (1831), senza dubbio la sua opera più perfetta ed ispirata, -il _Profeta_ (1849), la Dinorah (1859), e dopo la sua morte (2 maggio -1864) l'_Africana_ (1865). - -Gli stessi principî di Meyerbeer segue pure _Giacomo Fromental Halèvy_ -(1799-1862), autore dell'_Ebrea_, _Guido e Ginevra_, _Carlo VI_, la -_Valle d'Andorra_, ecc. - -Invece una nuova nota troviamo nelle migliori opere di _Carlo -Gounod_ (1818-1893) che col _Faust_ (1859) arrivò alla gloria. Oggi -è specialmente in Germania di moda di parlare con un certo sprezzo -di questa opera, che per molti anni contò fra le più fortunate ed -eseguite e che ancor oggi sa resistere in molte parti agli oltraggi -del tempo. Ma per giudicarla non si deve confrontare il libretto -musicato da Gounod coll'originale di Goethe ma apprezzare quello -che vi ha di poetico e veramente sentito nella sua musica, perchè i -problemi filosofali e morali del _Faust_ nulla hanno da fare nell'opera -di Gounod nè egli volle o credette scioglierli od anche soltanto -musicalmente adombrarli. Gounod non fu certo un grande genio creatore -ma nessuno potrà negare che egli seppe trovare note commoventi ed -ispirate nell'esprimere l'amore, i misteri e le estasi di un'anima che -ama o soffre. - -Gounod scrisse più opere, fra le quali contano come le migliori accanto -al _Faust_, _Giulietta e Romeo_ (1867) e _Mireille_ (1864) come pure -due oratorî (_Redemption_ e _Mors et vita_) ed altra musica da chiesa, -le ultime di poco valore. - -Gounod non fu un innovatore, eppure in certo riguardo il _Faust_ è -molto dissimile dalle opere dei maestri anteriori e fu per suo mezzo -che in un'epoca in cui fuori di Germania nulla si sapeva di Wagner, si -cominciarono a conoscere nuove forme ed una lingua, alla quale erano -frammisti alle concessioni usuali pure dei nuovi elementi. E perciò -Gounod ebbe nella sua patria e fuori molti imitatori. - -Non veramente uno di questi fu _Ambrogio Thomas_ (1811-1896), l'autore -di _Mignon_, _Amleto_, _Francesca da Rimini_, ecc., talento di secondo -rango senza vera fisonomia ma non privo di una certa facilità melodica -ed eleganza tutta francese. - -Superiore ad ambedue in ogni riguardo ci appare _Giorgio Bizet_ -(1838-1875), uno dei maggiori genî musicali della Francia, spento sul -fior degli anni, quando egli si sentiva ormai sicuro di arrivare alla -gloria. Anch'egli cominciò coll'imitare Gounod ma per poco, giacchè il -suo stile si palesa già nei _Pescatori di perle_, _La bella fanciulla -di Perth_ e dopo _Djamileh_ scrive: «Ho ormai la certezza assoluta di -aver trovato la mia via. Io sono conscio di ciò che faccio». Bizet è -vero, ispirato, originale e nuovo. Egli scolpisce con pochi tratti -un carattere, ci descrive con alcuni tocchi una situazione e colla -sua stragrande disposizione all'esotismo ci disegna un ambiente come -pochi lo sanno fare. Le sue due opere capitali sono la musica per -l'_Arlesienne_, il dramma di Alfonso Daudet (1872) di grande potenza -suggestiva e profondo sentimento della natura e la _Carmen_ (1875) -un'opera che ammirano i seguaci di ogni scuola e che sembra imperitura. -Bizet mantenne quasi sempre le antiche forme e forse in ciò sta uno -dei suoi più grandi pregi, di aver cioè dimostrato che non è punto -necessario rinnegare il passato per fare vera opera d'arte. Eppure la -_Carmen_ e l'_Arlesienne_ non ebbero in principio alcun successo. Jauré -si domanda in occasione della millesima rappresentazione di _Carmen_ -(1904) come fosse possibile che la musica di Bizet, fatta di eloquenza, -verità, chiarezza, colore, sensibilità ed eleganza non abbia tosto -conquistato il pubblico. - -Fra i maestri francesi dell'opera comica del secolo XIX è da rammentare -oltre il nominato Daniele Auber, _Fr. Boieldieu_ (1785-1834) (_Giovanni -da Parigi_, _La Dama bianca_, _Chaperon rouge_, ecc.), senza dubbio il -più geniale di tutti gli altri, elegante, melodico, spiritoso, con una -vena sentimentale e grande inclinazione alla canzone popolare e le sue -forme. - -Simili qualità ma in grado molto minore troviamo in _Ferd. Hérold_ -(1791-1833) (_Zampa_, _le pré aux clercs_) e _Adolfo Adam_ (1803-1856) -(_Postillon de Lonjumeau_, _Giralda_). Dopo questi l'opera comica -francese comincia a decadere e se Auber seppe mantenerla ancora per -alcun tempo ad un certo grado di altezza artistica, essa si avvia -verso il Vaudeville e l'operetta dalla quale però si distinguono in -qualche modo le opere di _Aimé Maillard_ (1816-1871) e _Vittorio Massé_ -(1822-1884). - -Il padre dell'operetta è _Giacomo Offenbach_ (1819-1880) musicista -dotato di facile melodia ed abilità tecnica, fecondissimo e satirico. -Il suo campo è quello della satira politica e sociale. L'ultima -opera _I racconti di Offenbach_, eseguita dopo la sua morte ci palesò -specialmente nell'ultimo atto di quanto egli sarebbe stato capace se -avesse voluto. - -I migliori autori di operette francesi sono _Florismondo Hervé_ -(1825-1892), _Carlo Lecocq_ (1832), _Roberto Planquette_ (1840-1903), -_Ad. Audran_ (1832-1901) ed _Andrea Messager_ (1853). - -Una posizione a parte occupa _Leo Delibes_ (1836-1891) noto più per la -musica elegante e fine dei balli _Coppelia_ e _Silvia_ che per le sue -opere (_Le roi l'a dit_, _Lakmé_, ecc.). - - - LETTERATURA - - Servières G. — _Weber_, Paris, 1906. - - Barbedette — _C. M. Weber: Sa vie et ses oeuvres_, Paris. - - Max M. v. Weber — _K. M. von Weber_, Lipsia, 1866-68. - - A. Reissmann — _K. M. von Weber_, Berlin, 1883. - - L. Nohl — _Weber_, Lipsia, Reclam. - - Gehrmann — _Weber_, Berlino, Harmonie, 1900. - - L. Spohr — _Selbstbiografie_, Cassel, 1860. - - Schletterer — _L. Spohr_, Breitkopf u. Härtel, Lipsia. - - L. Nohl — _Spohr_, Lipsia, Reclam. - - Wittman — _Marschner_, Lipsia, Reclam. - - Niggli — _Giacomo Meyerbeer_, Lipsia, 1884. - - De Curzon — _Meyerbeer_, Paris, 1910. - - Dauriac L. — _Meyerbeer_, Paris, 1913. - - Blaze de Bury — _Meyerbeer_, Paris, 1866. - - Jouvin B. — _D. F. E. Aube_r, Paris, 1864. - - Chaherbe C. — _Auber_, Paris, 1911. - - Hubert H. — _G. Bizet_, Paris, 1899. - - Gatti G. — _Giorgio Bizet_, Torino, 1914. - - Bellaigne C. — _Gounod_, Paris, 1910. - - P. Hillemacher — _Gounod_, Paris, Laurens. - - - - -CAPITOLO XVIII. - -Gioachino Rossini e l'Opera italiana del secolo XIX. - - -La storia della musica ci insegna quale importanza ed influsso possa -esercitare l'epoca in cui nacque il musicista sulla sua opera, e non -soltanto per quel che riguarda la parte materiale, cioè l'arte per -sè stessa nei suoi mezzi, ma anche sulla sostanza dell'opera d'arte -stessa. Il compositore, quando rare volte non precede col suo genio -i tempi, è lo specchio fedele di questi e gli avvenimenti esteriori -politici e l'indirizzo del pensiero informano il suo sentimento -estetico e le sue idee, dando loro un consimile obbiettivo. - -Questa verità indiscutibile la vediamo di nuovo avverarsi in _Rossini_. -Come Cherubini col suo _Portatore d'acqua_ esprime le idee di libertà -ed è in quest'opera il musicista della Rivoluzione, come Spontini -incarna l'epoca Napoleonica imperiale, così Rossini è l'autore -dell'epoca della Ristorazione. I popoli erano stanchi di guerre, -di battaglie, di stragi che gravavano su loro come un incubo; essi -aspiravano alla pace e agli ozi di questa; i loro orecchi non volevano -più udire canzoni guerriere e bellicose, ma melodie insinuanti e -dolci, che facessero loro dimenticare gli orrori passati, canzoni che -li cullassero nel piacere disusato della quiete, della vita agiata e -pacifica. Rossini era l'uomo capace di appagare questi desideri. Le sue -melodie fluivano limpide, chiare, ammalianti, nè avevano altro scopo -che quello di piacere per sè stesse. Esse mancavano alle volte bensì -di verità e forza drammatica, a loro mancava spesso la caratteristica, -ma a tutto ciò supplivano l'ispirazione e la varietà inesauribile e -con esse le voci dei celebri cantanti del tempo trovavano ampio campo -di farsi ammirare, perchè il maestro conosceva a fondo il meccanismo -e le prerogative della voce umana. Ed appunto per ciò, quando i tempi -cambiarono e la campana della rivoluzione di nuovo battè a stormo, -la stella rossiniana tramontò ed il maestro coll'intuizione del genio -presentì i tempi e nel suo canto del cigno, il celebre _Tell_, si librò -su più forti e potenti ali. - -_Gioachino Rossini_ (nato ai 29 febbraio 1792 a Pesaro, morto ai 13 -novembre 1868 a Passy presso Parigi) fu scolaro di Mattei in Bologna. -Le opere di Haydn e Mozart ebbero un grande influsso sul suo genio, -e specialmente da quest'ultimo egli molto apprese. Dopo alcune opere -buffe di poca importanza, il suo _Tancredi_ (1813) lo fece d'un tratto -celebre e festeggiato. E infatti quest'opera, per quanto essa a noi -appaia debole ed ineguale, pei suoi tempi segnava un grande progresso. -Per capir ciò basta confrontarla colle opere dell'epoca. Paesiello -e Cimarosa erano quasi dimenticati e non si eseguivano che opere di -forme tradizionali e stereotipe di _Simone Mayr_, _Ferdinando Paer_ -ed altri maestri di secondo rango. Le melodie di Rossini scorrevano -più limpide ed ispirate, il recitativo era più declamato e meno -monotono, una leggiera tinta di malinconia prestava loro maggior -attrazione, i ritmi erano più vari e vivaci, i pezzi d'assieme come -pure l'orchestra, avevano maggiore importanza ed una sana sensualità -informava tutta l'opera e le dava un che di giovanile e cavalleresco. -Ma il _Tancredi_ conteneva altresì i difetti dello stile di Rossini, -non però del Rossini del _Barbiere_ e del _Tell_, quali la mancanza di -caratteristica e verità drammatica, la discordanza fra testo e musica, -la predilezione della forma per la forma senza intendimenti alti. - -Al _Tancredi_ seguirono moltissime opere più o meno felici, ineguali -in valore, ispirate e geniali in qualche parte, trascurate ed -insignificanti in altre. Fra queste più note sono l'_Italiana in -Algeri_ (1814), _Otello_ (1816), opera che nel terzo atto contiene -le più felici ispirazioni di Rossini e palesa di quanta verità egli -fosse capace; _Cenerentola_, _Gazza ladra_, _Semiramide_, _le Siège -de Corinthe_, _Mosè_, _Conte Ory_. Ma se in queste opere è il Rossini -tipico che ci si presenta e si ripete, in una, per non parlare -del _Tell_ che sta da sè, nel _Barbiere di Siviglia_ (Roma, 1816) -abbiamo il capolavoro di getto, l'opera perfetta indistruttibile e -resistente ad ogni cambiar di gusto, in cui all'eterna freschezza, -all'ispirazione, al realismo sano, alla comicità che mai arriva al -grottesco, ed alla festività ilare e gioconda sono pari la verità e -la caratteristica, il sentimento drammatico, la ricchezza delle tinte -e dei ritmi, dei particolari e la cesellatura del lavoro. E quando si -pensa che quest'opera, modello del genere, fu scritta in pochissimi -giorni, e che Rossini dopo scritto il _Tell_, a 37 anni, quando gli -altri cominciano, si chiuse in silenzio, involontariamente devesi -domandare quali capolavori avrebbe potuto il mondo ancora aspettarsi da -simile genio. - -«Simili uccelli canori come Rossini non ritornano ad ogni primavera ma -soltanto ogni secolo. Chi può calcolare quanti milioni di cuori egli -ha dilettato da un mezzo secolo sui più diversi punti della terra? La -somma darebbe un grande popolo di uomini ilari e sorridenti. Se ai -conquistatori ed eroi, che fanno infelici innumerevoli moltitudini, -si elevano monumenti ed essi si cantano in epopee, cosa meriterebbe -un tale consolatore e spenditore di infinite ore felici? Sommandole -ne risulterebbe un'età dell'oro, un'epoca saturnicamente bella -dell'umanità, come la sognano i poeti e sopra un simile popolo e regno -della felicità riderebbe perenne il sole come nell'_Ecco ridente_ in -cielo!» Auree parole del vecchio e fine musicista e critico Maurizio -Hauptmann scritte molti anni fa ma che valgono anche oggi come allora. - -Fra le poche opere di Rossini non appartenenti al teatro è da nominarsi -il suo _Stabat Mater_ opera ispirata ma punto scritta per la chiesa e -nello stile ad essa conveniente. - -L'entusiasmo che destarono ovunque le opere di Rossini ed il dominio -che queste esercitarono sul repertorio di tutti i teatri, quel dominio -al quale dovevano cedere e Beethoven e Weber a Vienna, non poterono -restare senza conseguenze, e difatti specialmente e principalmente -in Italia l'opera _rossiniana_ fu il modello di moltissime opere di -altri autori, che del maestro imitavano lo stile, ma erano lontani -dall'averne il genio. - -Fra questi contemporanei e posteriori a Rossini basterà nominare -i principali: _Saverio Mercadante_ (1795-1870) l'autore del -_Giuramento_, opera piena di pregi, che in un certo significato -precorse il suo tempo; _G. Pacini_ (1796-1867), il felice autore -della _Saffo; Generali, Pietro Raimondi_, celebre contrappuntista, -emulo degli antichi fiamminghi nello sciogliere problemi armonici e -contrappuntistici; _Nicolò Vaccai_, l'autore della _Giulietta e Romeo_, -ancor oggi non del tutto dimenticata; i fratelli _Luigi_ e _Federico -Ricci_, autori dell'opera buffa _Crispino e la Comare_, piena di brio e -festività comica. - -Maggiori di tutti questi furono _Vincenzo Bellini_ e _Gaetano -Donizetti_. - -_Vincenzo Bellini_ (nato a Catania nel 1801, morto a Parigi nel 1835, -allievo del Conservatorio di Napoli) scrisse le sue opere in un'epoca -in cui alle speranze della rivoluzione del Luglio 1830 era subentrata -la prostrazione dell'insuccesso. La gioventù era caduta in un profondo -abbattimento ed in uno stato di apatia, avendo veduto svanire i bei -sogni di libertà. La letteratura era dominata dal sentimentalismo, -dalla malinconia e dalla nota elegiaca. La natura delicata di Bellini -vi inclinava per disposizione e trovava nelle idee del tempo il campo -più adattato. In questo riguardo il suo stile differisce da quello di -Rossini per quanto ne derivi indirettamente. - -Bellini aveva la vena melodica facile, toccante, elegiaca; le sue -melodie sono spesse volte ispirate e portano l'impronta del vero -genio. Ed esse, piene di sospiri secreti e di molle abbandono hanno -il fiato lungo, il disegno perfetto, nè abbisognano di ricche armonie -ed accompagnamenti per mostrarci la loro intima bellezza. Ma per la -nota predominante egli diviene alle volte monotono, incolore e la sua -musica manca spesso d'energia e di forza. Una volta però nella _Norma_ -(1832) il suo genio salì alle regioni più alte, un'opera che ad onta -di qualche parte debole, puossi mettere fra i capolavori e che contiene -pagine di grande espressione, di melodia divina e di verità drammatica. -Un gentile idillio è la _Sonnambula_ (1831), ricchissima di ispirazione -melodica, bella per naturalezza e semplicità toccante. Nei _Puritani_ -(1834), l'ultima sua opera, il contrasto fra il naturale dell'autore e -le esigenze della grande opera è evidente, nè egli seppe assimilarsi lo -spirito francese come era riuscito a Rossini nel _Guglielmo Tell_ e più -tardi a Donizetti nella _Favorita_. - -Molti musicisti moderni parlano oggi non sempre con rispetto di -Bellini. Ma per quanto non sia grande la sua sapienza tecnica e molte -volte sia trascurata e povera l'istrumentazione, è innegabile che egli -cercò sempre nelle sue melodie la verità d'espressione e che egli in -questo riguardo ed in qualche recitativo drammatico p. e. nella _Norma_ -fu quasi un riformatore. - -Dopo la morte di Bellini fu _Gaetano Donizetti_ (nato a Bergamo ai 27 -Settembre 1797, morto nel 1848), che colle sue opere dominò per alcuni -anni il repertorio lirico. Egli fu certo un genio ma incompleto, perchè -quantunque dotato di fantasia ed ispirazione fecondissima, egli non -sa esercitare sulla sua opera i criteri d'una critica severa. Accanto -a pezzi felicissimi, ad aspirazioni alte e geniali troviamo parti -insignificanti e trascurate sicchè fra tutte le sue opere quasi nessuna -mostra vera unità di stile e misura delle parti. Il suo stile è per -sè eclettico, senza però che la fusione degli elementi sia naturale -e spontanea. A lui mancarono i potenti e severi studi, la pazienza e -l'accuratezza dell'artista che scrive per l'arte e non pel mestiere. -Ma tutti questi difetti non possono farci dimenticare le molteplici -doti di Donizetti e quantunque egli in prima linea non sia che un -discendente di Rossini, pure in certe parti egli si innalzò alla verità -tragica ed espresse con note divine gli affetti umani, come pure ebbe -nelle sue composizioni comiche un'estrema leggiadria e delicatezza di -espressione. - -Donizetti si provò nello stile serio e comico. Fra le sue moltissime -opere, le più fortunate sono la _Lucia di Lammermoor_, _Lucrezia -Borgia_, l'_Elisir d'amore_, _Don Pasquale_, _la Figlia del -Reggimento_, _la Favorita_. - -Le opere di Donizetti vanno ormai scomparendo dal repertorio ad -eccezione di quelle buffe. In queste egli si mostra un vero genio -ed esse sembrano scritte ieri per l'inesauribile vena melodica, la -freschezza dei ritmi, la naturalezza e quel fare gioviale tutto proprio -dell'opera buffa italiana. Quantunque tanto l'_Elisir_ che il _Don -Pasquale_ non raggiungano il _Barbiere_, essi sono due gioielli ed -anche le parti più deboli sono meno sensibili nell'ambiente modesto -che nelle opere serie. Strano è pure che anche i momenti di vero -lirismo abbiano un carattere di maggior verità nelle opere comiche -che nelle serie. Le quali ci sembrano oggi monotone e pesanti per -la forma stereotipa, sicchè sentitane una pare di conoscerle tutte -non salvandosi nel mare magno di accordi di tonica e dominante ed in -mezzo ai ritmi ed accompagnamenti più vieti che qualche brano di vera -ispirazione, qualche sprazzo di vero genio come nella _Lucrezia Borgia_ -che è forse la migliore per sentimento e forza drammatica, nella -_Favorita_ e qualche altra. - -L'epoca di Rossini, Bellini e Donizetti è pure l'epoca dei grandi -cantanti. Tutti questi maestri ebbero ad interpreti delle loro -opere una coorte di artisti, il nome dei quali vive ancora, e che -conservava le purissime tradizioni del bel canto italiano. Era quella -l'epoca delle due _Grisi_, della _Persiani_, _Alboni_, di _Paolina -Viardot-Garcia_, della _Malibran_, _Pasta_, _Jenny Lind_, _Guglielmina -Schroeder-Devrient_, d'un _Rubini_, _Lablache_, _Tamburini_, _Roger_ e -_Nourrit_, sommi artisti come oggi pur troppo più non si conoscono, sia -perchè il canto non è più oggetto degli studi severi d'una volta, sia -perchè i maestri vennero perdendo l'arte in sì sommo grado posseduta -dai loro antecessori, di scrivere cioè per la voce umana, sia perchè -le nuove esigenze del canto drammatico gli abbiano dato un nuovo -indirizzo. - -Ben diversa di quella che toccò a Bellini e Donizetti fu la missione -di _Verdi_ nel campo dell'opera drammatica. Egli è il rappresentante di -tutte le lotte e crisi per le quali ebbe a passare l'opera italiana per -liberarsi dalle antiche pastoje del convenzionalismo ed assurgere alla -verità drammatica. Questa progressione si riscontra in tutte le sue -opere dalla prima all'ultima; ognuna d'esse segna un passo in avanti, -una nuova conquista, finchè egli giunge nell'_Otello_ e nel _Falstaff_ -alla perfezione. La vecchiaia non ebbe sulla sua opera nessun influsso -nocivo ma sembrò anzi purificare la sua meravigliosa facoltà inventiva -ed affinarla. - -_Giuseppe Verdi_ (nato a Roncole, presso Busseto ai 10 Ottobre 1813, -morto a Milano ai 27 Gennaio 1901) va annoverato fra i più grandi -compositori drammatici d'ogni tempo. Se egli in gioventù pagò il suo -tributo al convenzionalismo e all'effetto, egli mostrò però fin da -principio una individualità propria, una fisionomia originale che -lo innalza sopra i contemporanei. Quantunque forse non fornito dalla -natura della ricchezza melodica di Rossini e Donizetti, le sue melodie -hanno un fare franco e largo, una potenza espressiva e caratteristica, -che lo designano a compositore drammatico per eccellenza. L'elemento -drammatico è perciò la sua dote principale, ed in questo specialmente -il patetico, il tragico. Le passioni umane più violente, i contrasti -più terribili sono espressi coi mezzi più potenti e vivi della musica. -Essa è allora calda, palpitante, commovente, alle volte maschia e -fiera, alle volte dolcissima ed elegicamente lirica. I caratteri -dei suoi personaggi si staccano dal fondo, agiscono e parlano come -veri uomini, non come tipi dell'opera convenzionale. Per raggiungere -quell'alta drammaticità egli ha bisogno d'una situazione che lo -impressioni nel suo complesso ed egli sa trovare allora coll'istinto -e la sicurezza del genio la vera nota senza perdersi in inutili -particolari ed analisi come alle volte fa Wagner. Perciò egli non usa -anche nelle ultime opere motivi conduttori non volendo far studi di -carattere di persone ma farle agire in un ambiente e perchè tutti i -sistemi e teorie gli erano alieni. «Io credo all'ispirazione, voi altri -alla fattura; ammetto il vostro criterio per discutere ma io voglio -l'entusiasmo che a voi manca per sentire e giudicare. Voglio l'arte -in qualunquesiasi manifestazione, non l'artifizio, il sistema, che voi -preferite». - -Nelle prime opere l'ispirazione non è sempre la più scelta e la -rappresentazione del sentimento drammatico arriva persino alla -brutalità; la sua fantasia col progredire del tempo viene però sempre -più purificandosi. Eppure il Verdi del _Nabucco_, del _Rigoletto_, -della _Traviata_ restò sempre fedele al genio nazionale italiano anche -nelle opere posteriori fino all'_Otello_ ed al _Falstaff_ e sono fole -il voler trovare nelle sue ultime composizioni l'influenza wagneriana. - -Quantunque il dividere l'opera d'un artista in periodi separati non -abbia alcun valore e di solito non corrisponda alla verità, pure -in Verdi questa divisione e questo aspirare alla perfezione sono -sensibilissimi e caratteristici, perchè nessuno potrà mettere in -una linea il _Nabucco_ e l'_Ernani_ col _Rigoletto_ e col _Ballo -in maschera_, nè queste opere coll'_Aida_ e l'_Otello_; quantunque -già nelle prime si palesano le principali qualità dell'autore che -sono la forza creativa, la chiarezza, il senso del positivo e la -intuizione sicura. E, ammirevole e rara cosa, quando Verdi era giunto -al limite della vecchiaia, egli ci diede l'_Otello_, e pochi anni -dopo il _Falstaff_, due capolavori dell'arte drammatica musicale, -che basterebbero ad assicurare la palma dell'immortalità e la cui -importanza per la musica drammatica italiana è e resterà decisiva, -perchè in queste due opere Verdi ha forse stabilito il modello del -dramma lirico e della commedia musicale moderna più che Wagner, le -cui teorie e principii sono troppo personali e congiunti al suo genio -specifico per poter essere abbracciati e messi in pratica da altri. -Il pubblico non le ha ancora abbastanza comprese ma non è lontano il -giorno, in cui esse se non raggiungeranno la popolarità del _Trovatore_ -e _Rigoletto_ saranno almeno giudicate come meritano. - -Nell'_Otello_ e nel _Falstaff_ il sentimento e la verità drammatica -dominano supremi; la declamazione è perfetta, la musica sottolinea -l'azione, l'illustra, la spiega, la completa senza che mai -l'ispirazione melodica ne soffra nè la voce umana diventi schiava -dell'orchestra. Tutti gli spedienti dell'arte vi sono impiegati senza -ostentazione ma naturalmente, approfittandone per creare l'opera -d'arte complessa e perfetta. La vena melodica vi scorre spontanea, -ricca, inesauribile senza interrompere il filo dell'azione nè far -alcuna concessione al gusto del pubblico od ai capricci dei cantanti. -I pezzi d'assieme non vi sono punto esclusi ma usati là dove l'azione -li richiede e dalla grandiosa disposizione delle parti e dalla perfetta -euritmia del tutto nasce il piacere estetico dell'uditore che ne resta -conquiso. E quanta distanza ed evoluzione fra l'_Aida_ e l'_Otello_! -Ormai Verdi non si preoccupa più del teatro ma mira dritto alla meta, -che è la completa compenetrazione del dramma ed allora la sua musica -sa o scatenare tutte le forze prepotenti della natura o descrivere lo -strazio della semplice ed incosciente anima d'Otello e farlo tacere -nell'immensa e paurosa quiete della morte. Il _Falstaff_ è il retaggio -di un genio alla sua nazione, l'opera più veramente italiana e pura del -maestro, perchè in essa tutto è perfetto e congruo e vi si aprono nuovi -orizzonti all'arte. - -La melodia verdiana ha conservato ad onta del grande processo -d'evoluzione per il quale essa passò sempre la stessa fisionomia. -Alcuni dei suoi tratti caratteristici esterni sono la frequente -ripetizione delle note iniziali del tema, una certa rudezza di ritmo -ed il fare vibrante ed impulsivo. Essa è di rado sentimentale ma invece -quasi sempre appassionata e drammatica. Nelle ultime opere la passione -si purifica, perde della sua irruenza ma si approfondisce e diventa -più interna. Per comprendere ciò basta confrontare qualche duetto delle -prime opere con quello fra Otello e Desdemona del primo atto, una delle -concezioni più delicate ed eteree non solo di Verdi ma della musica in -genere. - -Il carattere essenziale della musica di Verdi è la sincerità. Egli è -bensì andato alla scuola di Meyerbeer, ma se da lui ha molto appreso -nell'uso sapiente dei mezzi, egli non ne ha imitati i difetti, da -noi prima menzionati; egli ha studiato le opere di Wagner, ma esse -non hanno potuto influenzare il suo carattere specifico italiano. La -musica di Verdi ebbe pure un'importanza politica. Egli è il musicista -dell'Italia risorta; le sue ispirazioni espressero più volte il -grido di dolore del popolo oppresso dalla dominazione straniera; le -sue canzoni infiammarono i giovani cuori ad alte imprese ed in certo -riguardo la sua musica contribuì al risorgimento nazionale. «Patriotta -egli stesso di fervidi sensi, infuse nelle orchestre tanta energia che -parve desse voce all'anima del popolo italiano: poco importava che gli -proibissero ora la _Battaglia di Legnano_ ora i _Vespri Siciliani_ e -che gli sconciassero i libretti persino nei titoli; quanto le Censure -ammettevano era ragione o pretesto a sentire o a manifestare ciò che -nel maestro e negli uditori ferveva ed era la loro idea continua e -suprema» (G. Mazzoni, l'Ottocento). - -Sorto dal popolo Verdi è rimasto come egli stesso scrive «un contadino -tagliato giù alla buona». La sua musica fu prima popolaresca e perciò -egli è il maestro, che il popolo poteva meglio comprendere. D'Annunzio -ebbe una frase felice, quando egli disse che ci nutrimmo di lui come -del pane e fu nutrimento semplice ma sano, cresciuto e raccolto dalla -zolla materna. Verdi restò fino all'ultimo fedele ai suoi ideali, -perchè l'evoluzione che subì la mente di Verdi dopo la lunga pausa di -raccoglimento fra il _Requiem_ (1874) e l'_Otello_, non cambiò punto -il carattere essenziale della sua melodia e la maniera di concepire il -dramma musicale. - -È innegabile che nelle opere di Verdi c'è anche della scoria e molta. -Ma forse che non ce n'è nelle opere di Bach, di Mozart e persino di -Beethoven? E non bastano la suprema bellezza di molti e molti canti, -la loro potenza espressiva, la forza ed irruenza drammatica di intiere -scene per farcela dimenticare? - -Le sue opere principali sono: _Nabucco_ (1842), _Ernani_ (1844), -_Macbeth_ (1847), _Luisa Miller_ (1849), _Rigoletto_ (1851), -_Trovatore_ (1853), _Traviata_ (1853), _Un Ballo in maschera_ (1859), -_La Forza del destino_ (1862), _Don Carlos_ (1867), _Aida_ (1871), -_Otello_ (1887) e _Falstaff_ (1893). - -Fra le poche non dedicate al teatro citeremo il suo grandioso _Requiem_ -(1874), opera potente per ispirazione, sapienza ed effetto, scritta -colla serietà corrispondente all'argomento, quantunque per le sue -dimensioni e per lo stile non atta alla chiesa, un _quartetto_ per -archi di accuratissima e sapiente fattura, un _Pater noster_ per coro -ed un'_Ave Maria_ per voce sola e finalmente i _Pezzi sacri_ (_Ave -Maria_, _Le Laudi alla Vergine_, _Stabat Mater_ e _Te Deum_) (1898). - -Accanto a questi maestri di primo rango brillarono per alcun tempo -altri autori di opere per il teatro, alcune delle quali compaiono -ancora quà e là. La loro caratteristica è l'imitazione dello stile -di Bellini, Donizetti ed ancor più di Verdi e la mancanza d'una nota -veramente personale. A quasi tutti non fa difetto nè facilità di -melodia nè una certa padronanza dei mezzi elementari dell'effetto ma -tutti peccano di grande superficialità, di mancanza di alti ideali -artistici e la loro arte ha l'impronta palese d'una epoca di vera -decadenza. - -Basterà perciò nominarne alcuni. - -_Lauro Rossi_ (1812-1885) scrisse dapprima opere comiche (_Il domino -nero_, _La figlia di Figaro_, ecc.) per poi dedicarsi con poco successo -all'opera seria (_Contessa di Mons_, _Cleopatra_). Egli è un vero -epigone di poca ispirazione, dotto ma senza originalità. - -_Antonio Cagnoni_ (1828-1896) lo supera di gran lunga per la -vena melodica e non gli si può certo negare vis comica, unita -assai felicemente ad un tenue filo di sentimentalità, che riesce -assai simpatico. _Don Bucefalo_ e specialmente _Papà Martin_ sono -infinitamente superiori a tante opere comiche moderne. - -Ad _Errico Petrella_ (1813-1877) mancarono i forti studi per farne -forse un grande maestro. La sua melodia è alle volte bella ed ispirata, -ed egli ha il vero istinto del teatro e dell'effetto. Le _Precauzioni_, -la _Contessa d'Amalfi_ e la _Jone_ hanno delle pagine bellissime degne -d'un grande musicista. - -_Giuseppe Apolloni_ (1821-1889) scrisse l'_Ebreo_, che non è ancora -intieramente dimenticato. - -Altri rappresentanti del genere comico sono _Nicola de Giosa_ -(1820-1885), _Sarria_ (1836-1883) ed _Emilio Usiglio_ (1841), -continuatori dell'antica scuola napolitana. _Le Educande di Sorrento_ -di quest'ultimo ebbero ai loro tempi molta e meritata fortuna, mentre -le posteriori _Donne Curiose_ si avvicinano all'operetta con tutti i -suoi difetti. _De Ferrari_, _Carlo Pedrotti_ (1818-1893) e _Luporini_ -ebbero pure qualche successo nell'opera comica, che ora è in completa -decadenza. - -Fra le opere serie che nei decenni scorsi più si applaudirono vanno -contate: _Ruy Blas_ di _Filippo Marchetti_ (1831-1902), _Dolores_ di -_Auteri Manzocchi_ (1845) ed i _Goti_ di _Gobatti_ (1852-1914). Tutti -e tre questi autori non mantennero poi quello che da loro si aspettava -ed il successo non fu che sporadico e dovuto a qualche spunto felice -che si trova nelle loro opere. _C. Gomez_ (1839-1896) brasiliano di -nascita, conobbe pure l'effimero successo col _Guarany_ e _Salvator -Rosa_. - -Arte ormai di altri tempi è anche quella di _Amilcare Ponchielli_ -(1834-1884), l'autore della _Gioconda_, _Promessi sposi_, _Lituani_, -_Il Figliuol prodigo_, _Marion Delorme_, quantunque la Gioconda si -eseguisca in Italia ancora spesso e sempre con successo. Ponchielli -è musicista sicuro ma ben di rado veramente originale. La sua musica -tentenna fra l'imitazione di Verdi e di Meyerbeer e cerca con ogni -mezzo l'effetto. Ad onta di tutto ciò è però innegabile, che nella -musica di Ponchielli c'è non solo grande sincerità ma altresì tanto di -musicalmente sano che almeno la Gioconda non sarà sì presto dimenticata -da un pubblico, che non va tanto pel sottile, benchè altre delle sue -opere siano in certo riguardo più pregevoli. - -Una posizione eccezionale prende nella musica italiana moderna il -_Mefistofele_ di _Arrigo Boito_ (1842). Rappresentato alla Scala nel -1868 senza alcun successo vi ritornò trionfante alcuni anni dopo, -quando i tempi s'erano cambiati e la cultura musicale italiana s'era -alzata. Pensando al tempo in cui Boito scrisse la sua opera, essa ci -appare ancor più ammirabile per l'elevatezza della forma, l'ampiezza -della concezione e l'originalità della musica. Bisogna pensare che -Verdi era all'epoca del Don Carlos e non aveva ancor scritta l'Aida. -La coscienza che le forme tradizionali non bastavano più non esisteva -ancora o forse soltanto in qualche anima solitaria ed in realtà si -andava avanti un po' seguendo l'antico andazzo, un po' a tentoni, senza -veramente saper dove. Melodia, armonia, ritmo, istrumentazione, tutto -mostra in quest'opera un'individualità spiccata sempre in cerca di -nuovi effetti, che si adattino ai suoi scopi. Boito è un vero poeta non -solo nella poesia ma anche nella musica, che è alle volte d'una potenza -espressiva e drammatica meravigliosa. E se egli fu uno dei primi a -seguire le teorie wagneriane, seppe però sempre conservare l'impronta -nazionale. Oggi dopo quasi mezzo secolo il Mefistofele resiste ancora -valido alle ingiurie del tempo se non in tutte le sue parti almeno -nelle principali, perchè quest'opera che precorse certo i suoi tempi ha -il merito della divinazione, la bellezza giovanile che fa dimenticare -certe ineguaglianze ed ingenuità ed elementi di arte imperitura -(prologo, morte di Margherita, ecc.). - -Dopo il Mefistofele il maestro tacque ed invano s'attende il suo -_Nerone_. Ma questo silenzio è senza dubbio di tutt'altra natura di -quello di Rossini e forse è da cercare nella severità dell'autocritica -e nella difficoltà di trovare il perfetto connubio fra parola e -nota e nella profondità e complessione del pensiero dell'artefice -incontentabile. Nota è la forte ed ispirata poesia del Nerone e si può -essere sicuri, che se l'autore si deciderà a pubblicarne la musica, -nata senza dubbio dopo lunghe meditazioni e solo nei momenti di estro, -essa sarà degna di un gran maestro, di un uomo austero e semplice, che -lavorò e lavora sempre senza alcuna preoccupazione di successo. - - - LETTERATURA - - Radiciotti G. — _Gioachino Rossini_, Genova, 1914. - - L. Dauriac — _Rossini_, Paris, 1905, Laurens. - - Azavedo A. — _G. Rossini_, Paris, 1864. - - Carpani — _Le Rossiniane_, 1824. - - Cecchi E. — _Rossini_, Firenze, 1898. - - Sittard — _G. A. Rossini_, Lipsia, 1882. - - Florimo — _Bellini, memorie e lettere_, 1885, Napoli. - - Scherillo — _Bellini e Belliniana._ - - Pougin A. — _Bellini et son oeuvre_, 1868. - - Cicognetti V. — _Gaetano Donizetti_, 1864. - - Gabrieli A. — _Gaetano Donizetti_, Torino, 1904. - - Clemente — _Contributo ad una biografia di G. D._, 1896. - - G. Roncaglia — _G. Verdi e le sue opere_, 1911, Napoli. - - Basevi Abramo — _Studio sulle opere di G. Verdi_, 1850. - - Checchi — _G. Verdi_, 1887. - - Pougin A. — _G. Verdi_, 1896. - - Bellaigne C. — _Verdi_, Milano, 1913. - - A. Soffredini — _Le opere di G. Verdi_, 1901. - - Perinello Carlo — _Gius. Verdi_, 1900, Berlino, Harmonie. - - Torchi L. — _L'opera di Gius. Verdi ed i suoi caratteri - principali._ Riv. mus. ital., anno 8º, fase. 2º, 1901. - - Hanslick E. — _Die moderne Oper_, Berlino. - - - - -CAPITOLO XIX. - -Francesco Schubert ed i romantici. - - -L'epoca posteriore alla morte di Beethoven è nella storia della musica -istrumentale quella degli epigoni. Coll'ultima sinfonia di Beethoven -sembrò per molti anni che fosse stata detta l'ultima parola e ciò anche -perchè essa non era soltanto l'opera di un genio ma anche il prodotto -di un'epoca di alte idee. In realtà però non è la sinfonia che era -esausta, chè essa è anzi ancor suscettibile di mille trasformazioni -come lo dimostra il fatto stesso della differenza fra le sinfonie -di Haydn e Mozart con quelle di Beethoven, ma fu piuttosto l'aver -considerato l'elemento formale e non il contenuto della sinfonia -beethoveniana che produsse questo periodo di sosta. I continuatori -si contentano di forme più modeste e di idee più piccole, miniano, -studiano, lavorano di cesello e cercano di supplire alla mancante -grandezza di concezione coll'intensificare l'espressione dei singoli -motivi e creando la sinfonia che si potrebbe dire di genere. Ma ai -nuovi maestri per quanto di grande talento e persino di genio mancò -in ultima linea la forza di trovar nuove strade, alle quali Beethoven -aveva accennato e non fu che molti anni dopo che Wagner e Liszt ebbero -il coraggio di creare nuove forme che s'adattavano al nuovo contenuto, -poco curandosi della logica formale ma più del pensiero poetico. - -La patria di questi epigoni fu quasi sempre la Germania. Il motivo -non è soltanto accidentale od esteriore ma inerente all'indole della -nazione. L'elemento più importante della musica istrumentale è per -eccellenza il romanticismo come quello che colla idealità dei suoi -pensieri si libra in sfere più alte che la musica drammatica, ed -il romanticismo è pure il carattere dominante della nazione tedesca -differente dai popoli latini inclinanti all'oggettivismo, all'arte -antica, plastica e reale. Già con Beethoven il soggettivismo domina -sovrano e la fantasia si libera dalle antiche forme. In lui e nei -maestri posteriori l'arte dell'orchestrazione segue altre leggi che -in Haydn e Mozart; il carattere dei diversi istrumenti viene impiegato -non soltanto onde ricavare effetti precipualmente musicali e contrasti -di colorito, ma per esprimere ed individualizzare idee poetiche -differenti. Ed appunto in questo campo, che Beethoven divinava ed -additava con insuperabili esempi, s'aprivano vasti orizzonti ai maestri -posteriori e da ciò doveva formarsi quello stile sinfonico nazionale e -caratteristico che impronta la musica tedesca istrumentale. - -Il più geniale, il più ispirato di tutti questi seguaci di Beethoven -fu _Francesco Schubert_ (1797-1828). Figlio di un modesto maestro -di scuola d'un sobborgo di Vienna, egli ebbe a lottare durante -tutta la sua breve esistenza con ogni sorta di privazioni nè fu dai -contemporanei compreso e stimato quanto egli meritava. Ma l'influsso -degli avvenimenti non ebbe forza bastante per far disseccare la fonte -inesausta d'ispirazione di cui egli era dotato, giacchè egli scriveva -le sue opere per bisogno interno della sua natura. Soltanto i posteri -lo compresero e riconobbero in lui il più grande ed ispirato lirico -musicale. - -Schubert fu un genio essenzialmente lirico e come tale era predestinato -a divenire il creatore della canzone, del _lied_ tedesco. Esso è di -solito diverso dalla canzone strofica di carattere popolaresco ed -una specialità della Germania, che per opera di Schubert, Schumann -e Franz divenne una forma quasi perfetta e svariatissima a seconda -dell'inclinazione degli autori. - -La storia della canzone tedesca anteriore a Schubert offre ben poco -interesse. Prima di lui Mozart, Haydn, Beethoven avevano scritto -canzoni ma per questi il genere non aveva importanza nè corrispondeva -alla natura del loro genio. L'opera lirica dominava intieramente -il campo e mancavano anche i veri poeti che potessero ispirare il -musicista. Ciò durò fino a Goethe che però non aveva alcuna simpatia -per la musica di Schubert e le preferiva quella di Reichardt e Zelter, -talenti di terzo rango. Mentre la canzone tedesca si contentava prima -di seguire pedissequa la poesia, Schubert le ispirò tutt'altra vita -e ne formò una cosa del tutto nuova, emancipando l'accompagnamento -dal dispotismo del canto. Egli sa immedesimarsi nell'intenzione del -poeta e trova l'espressione musicale più adeguata. Egli veste di note -il pensiero complesso più che il verso e la parola, per cui le sue -canzoni ci appaiono quasi sempre organiche e perfette in tutte le -parti. Egli ha toni per tutti i sentimenti; le poesie più ribelli alla -musica perdono la loro rigidezza e gli ubbidiscono trasformandosi e -mostrandosi da un lato a noi prima ignoto. La forza espressiva, la -verità, l'ispirazione, la ricchezza dei particolari nelle sue infinite -canzoni sono ancor oggi inarrivate. La lirica schubertiana fu una -cosa tutta nuova, perchè egli molto più che continuare la lirica -anteriore ne creò una nuova per istinto e bisogno della sua natura -senza curarsi di principi formali e tecnici e cambiando continuamente -a seconda della poesia e dell'estro, sicchè egli non si presta a -nessuna classificazione. Per fortuna poi la nascita di Schubert -combinò anche col fiore della nuova lirica tedesca (Goethe, Heine, -Schiller). I cicli, _il canto del cigno_, _la bella mugnaia_, _il -viaggio d'inverno_ e molti altri dei suoi _lieder_ sono veri poemi, -che ci riproducono tutta la scala degli affetti ed in cui il connubio -della poesia colla musica è perfetto. La parte del pianoforte cessa -d'essere accompagnamento semplice, ma dipinge l'idea e forma l'ambiente -nel quale si muove la voce, secondandola e facendo risaltare i momenti -principali della poesia. In confronto delle canzoni di Schubert, quelle -dei contemporanei e dei maestri antecedenti, pochissime eccezioni -fatte, sembrano incolori, convenzionali. Le sue doti principali sono -la semplicità e la chiarezza, la sensibilità e l'avvicinarsi alle volte -alla canzone popolare, fresca e gentile. - -Nè minore è la sua importanza come autore di opere istrumentali, -quantunque egli non fosse veramente un polifonico ma un armonico -geniale di straordinaria ricchezza. La sua sinfonia in _do maggiore_, -l'incompiuta in _si minore_ resteranno sempre opere da mettersi -per la ricchezza di ispirazione se non per la fattura accanto alle -più ispirate di Beethoven; lo stesso puossi dire di alcuni dei suoi -quartetti, fra i quali il grandioso in _re minore_, il poetico ed -ispirato in _la minore_ ed il _quintetto delle trote_, vere perle della -letteratura musicale da camera. - -Schubert fu altresì iniziatore di un nuovo genere di musica di -pianoforte coi suoi _Impromptus_ e _Moments musicales_, colle sue -marcie ed altri pezzi di forma libera, precorrendo così le composizioni -di Mendelssohn e Schumann. Nell'opera drammatica Schubert non riuscì -per l'inclinazione della sua musa essenzialmente lirica e per la -mancanza di teatralità delle sue opere, (_Rosamonda_, _Alfonso ed -Estrella_, _Fierabras_, ecc.). - -Schubert appartiene ormai ad un periodo di transizione. Egli tien -fermo ancora alle forme classiche ma la sua musica contiene ormai -molti elementi specialmente romantici, che sono sconosciuti anche a -Beethoven. - -Non fornito d'egual genio ma a Schubert in certo modo affine -per l'indole lirica delle sue composizioni è _Felice Mendelssohn -Bartholdy_, nato ai 3 Febbraio 1809 in Amburgo, morto ai 4 Novembre -1847 a Lipsia, ove era direttore del Gewandhaus. Quantunque egli -appartenga a tempi non lontani e sia compositore moderno non solo -nell'uso dei mezzi ma anche nell'indirizzo estetico, pure egli, -piuttosto che riannodare colle sue opere alle ultime di Beethoven, basa -su Bach, Mozart e sul Beethoven della seconda maniera, della sinfonia -eroica, di quella in _do minore_ e dei quartetti Rassumosky op. 59. - -Mendelssohn ebbe dalla sorte vita felice, nè mai conobbe le amarezze -dell'insuccesso, le lotte della vita per l'esistenza ed i disinganni. -Questa sua ventura influì sulle sue opere, che rare volte s'innalzano -alla vera grandiosità e commuovono per potenza di contrasti e vigoria. -Mendelssohn aveva innato il sentimento, l'istinto della forma ed in -questo riguardo egli è superiore al suo contemporaneo Schumann. La -sua vena melodica è abbondante, fine ed aristocratica, la sua musica -è chiara, limpida, con una lieve tinta di sentimentalismo e melanconia -che però alla lunga ci lascia freddi. L'originalità delle sue opere è -però discutibile, quantunque esse abbiano una fisonomia tutta propria, -che però in buona parte è manierismo e dipende da certe figure e frasi -caratteristiche che di frequente si ripetono. - -Ma per giudicare delle sue opere è necessario pensare al tempo -anteriore a lui e posteriore ai classici, un'epoca quasi di sosta, -come se la natura volesse riposarsi dopo aver dato al mondo i grandi -genî immortali. Di quel tempo non ci rimangono che le opere di Spohr, -Hummel, la mediocrissima musica da camera di Onslow ed un'infinità di -musica per pianoforte, variazioni, fantasie ed altra roba simile, che -oggi nessuno più ricorda. Bach era allora tanto ben dimenticato, che -quando Mendelssohn a vent'anni diresse a Berlino la Passione di S. -Matteo, quasi nessuno si rammentava più della sua esistenza. - -Le sue sinfonie (la _Scozzese_, l'_Italiana_, ecc.) non segnano un -passo in avanti in confronto di quelle di Beethoven, se non forse per -la maggiore individualizzazione dell'idea poetica e per lo smagliante -colorito orchestrale. In questo egli è sommo e le sue _ouvertures_ -sono vere poesie e paesaggi musicali d'una finitezza e d'un sentimento -poetico insuperabile, come lo dimostrano fra tutte quelle del _Sogno -d'una notte d'estate_ e le _Ebridi_. Ed altresì fra la sua musica da -camera sonvi brani riuscitissimi, specialmente negli _scherzi_ e negli -_adagi_ dei quartetti, nei primi per la spigliatezza dei ritmi e la -suprema leggierezza degli arabeschi rincorrentisi e scherzanti come -gnomi ed amorini, nei secondi per la calda espressione e gli spunti -melodici ispirati. Mendelssohn, come quasi tutti i moderni musicisti -di Germania, cominciò la sua carriera come pianista ed arricchì la -letteratura del pianoforte con una quantità di opere, fra le quali -le celebri _Canzoni senza parole_, un genere da lui iniziato, che -corrispondeva perfettamente alla sua indole lirica e limitata a non -troppo vasti orizzonti. E se fra le molte composizioni per questo -istrumento alcune sono meno riuscite, esse però appartengono tutte al -genere della musica da sala della miglior qualità, nè Mendelssohn si -abbassò mai a servire al virtuosismo senza scopi più alti. - -Nelle sue canzoni Mendelssohn segue le orme di Schubert, senza però -raggiungerlo quantunque però tanto fra quelle per una voce come per -più voci alcune appartengano alle sue più felici ispirazioni e sieno -diventate patrimonio del popolo tedesco. - -Di Mendelssohn possediamo pure due _oratori_, il _Paolo_ e l'_Elia_, -più _Salmi_, fra cui il grandioso n. 114, la musica per l'_Atalia_ di -Racine, _La notte di Valpurga_, i cori per l'_Edipo a Colono_, per -l'_Antigone_ di Sofocle, ecc. Quantunque in queste opere manchi la -grandiosità di Bach e di Händel, pure non è da negarsi che specialmente -nel _Paolo_ e nell'_Elia_ non riviva lo spirito classico di quei -due sommi ed all'antica forma della cantata e dell'oratorio non sia -ispirato un nuovo alito di vita moderna da rendere queste due opere, -magistrali per fattura, le più perfette dell'epoca posteriore alla -classica. Una delle sue opere più fortunate è il _Concerto in Mi -minore_ per violino. - -Mendelssohn fu chiamato il Mozart del secolo decimonono ed il paragone -non è tanto bizzarro se si pensa ad una certa affinità nella euritmia -delle loro opere. Ma mentre Mozart continuamente ascende, il genio o -talento di Mendelssohn resta stazionario e se si confronta l'_Ottetto_ -e l'_Ouverture della notte d'estate_, opera della prima giovinezza, -colle ultime opere è sempre la stessa maniera, sempre la stessa -perfezione formale, sempre la stessa mancanza di profondo sentimento. - -Contemporaneo di Mendelssohn fu _Roberto Schumann_ (nato l'8 Luglio -1810 a Zwikau, morto ai 29 Luglio 1856), uno dei più ispirati e geniali -musicisti della Germania moderna, l'eterno giovane colla testa piena -di sogni e sempre fuori del mondo, l'ammiratore di Lenau, Jean Paul ed -Hoffmann, il vero poeta del pianoforte. - -La differenza che passa fra Mendelssohn e Schumann è assai grande. -Schumann è più intimo, più riflessivo, più profondo; egli domina -meno la forma, ha forse minore padronanza dei mezzi, ma scuote e -commuove più di Mendelssohn, perchè è più sincero, più spontaneo, -perchè la sua musica nasce più istintivamente. Schumann è alle volte -bizzarro, strano, arruffato, ma sempre geniale; egli è più originale di -Mendelssohn e punto manierato. Sia che egli crei piccole miniature od -opere di maggiori dimensioni, egli ha sempre una fisionomia propria, -una nota assolutamente personale, che non dipende dalla forma ma -dal sentimento. Non basta dire che egli è un maestro romantico per -eccellenza, perchè con ciò non si esaurisce la sua originalità che è -più complessa e che ha introdotto nella musica la nota schumanniana, -qualche cosa di indefinito, poetico, intimo, però senza sentimentalità -morbosa. Noi meridionali ci sentiamo attratti dalle sue opere ma -non arriviamo forse a comprenderle intieramente, perchè Schumann è -piuttosto un talento nazionale tedesco che internazionale. Non c'è -dubbio che le migliori opere sono quelle della giovinezza, quando -predominava la tendenza al fantastico, alla sensibilità quasi femminea, -la predilezione delle mezze tinte, il tutto unito ad un certo humour -che è proprio delle nature nordiche. In lui vivevano due anime, una -inclinante al misticismo, il fantastico, l'altra piena di foga e -passione (_I Davidsbündler_ Florestano ed Eusebio). - -Le opere specchiano la sua vita. Nel primo periodo, il più fantastico, -il più geniale egli dà sfogo alla sua fantasia impetuosa e ne nascono -le prime opere i _Papillons_, il _Carnevale_, la _Kreisleriana_, i -_Fantasiestücke_, ecc., nelle quali le immagini poetiche dominano sulla -forma del tutta libera e che riproducono la sua vita di pensiero, le -sue impressioni, le sue fantasie momentanee. In esse l'ispirazione è -esuberante, i contrasti potenti, l'originalità sorprendente; l'umorismo -vi domina ed il sentimentale ed il melanconico si avvicendano col -fantastico. I contorni sono indecisi, le tinte sfumate si perdono nello -sfondo. Sono sogni ad occhi aperti, fantasticherie geniali ed ispirate -bizzarie; il riso si muta in pianto senza ragione apparente. - -Segue il periodo in cui l'influenza di Mendelssohn è palese ed il -soggettivismo fa luogo all'oggettivismo. Il fantasticare va calmandosi -e spegnendosi, non senza però mandare frequenti guizzi; la forma -si modifica e prende la plasticità classica, i contorni si mostrano -decisi. A questa epoca appartengono le opere formalmente più perfette: -i tre _quartetti per archi_, il _quartetto per pianoforte_, il -_quintetto_, molte _canzoni_, le _sinfonie_, parte della musica del -_Faust_, l'oratorio _Il Paradiso e la Peri_. - -Ma la trasformazione è più apparente che essenziale. Le forme sono -le tradizionali, ma il contenuto è nuovo e la forma antica non fa che -equilibrarlo e dargli il sentimento della misura. Dopo questo periodo -felice vanno scendendo, dapprincipio insensibilmente, le tremende ombre -della pazzia; l'ispirazione si turba, la vena va disseccandosi, la -chiarezza va sempre più oscurandosi. Le opere di quest'epoca triste di -dissoluzione, interrotta da qualche lucido e felice intervallo, portano -la traccia della notte che andava avvicinandosi per non più dileguarsi. - -Nelle canzoni ad una o più voci egli è quasi pari a Schubert e se -non ne ha la limpidezza e freschezza, eguali ne sono il sentimento, -l'espressione e forse maggiore la compenetrazione della musica colla -poesia specialmente in quelle numerosissime che scrisse nell'epoca più -felice della sua vita, quando era promesso sposo di Clara Wieck (1840). -La voce ha minore importanza che in Schubert ed il canto è molte volte -semplicemente declamato; maggiore invece è l'importanza del pianoforte -che completa, illustra stupendamente l'idea poetica. I suoi cicli _Amor -di poeta_, _Vita di donna_, possono star a paro di quelli di Schubert e -restano insuperati nella letteratura lirica musicale. - -Schumann influì pure sulla tecnica pianistica più di Mendelssohn, che -idealizzò il virtuosismo senza trovar nuovi effetti, mentre Schumann ha -uno stile pianistico tutto proprio assai polifonico e con voci di mezzo -importantissime. Il suo _Concerto_, gli _Studi sinfonici_, le _Sonate_, -ecc., segnano perciò una nuova èra della musica del pianoforte e per -eseguirle degnamente bisogna sentire la musica non nelle dita ma nella -testa e più nel cuore ed essere intieramente padroni di quella tecnica -non convenzionale, che punto si cura dell'effetto e che non è semplice -mezzo. - -Nelle _sinfonie_ (4) di Schumann mancano alle volte l'unità e la forma, -giammai l'ispirazione e la genialità degli episodi. L'orchestrazione -di Schumann non è molto colorita probabilmente perchè egli pensava e -concepiva pianisticamente ma non così monotona e convenzionale come se -la volle trovare. Nè la perfezione troviamo negli _oratori_ e nelle -_cantate_, fra cui _Il Paradiso e la Peri_, le scene del _Faust_, il -_Pellegrinaggio della rosa_, la musica per il _Manfredo_ di Byron, poco -adattandosi il genio essenzialmente lirico di Schumann a cosiffatte -forme, quantunque anche queste opere contengano pagine stupende. - -Schumann divide coi moderni maestri tedeschi la poca attitudine -all'opera drammatica, e la sua _Genoveffa_ non ebbe mai vero successo. -Per ultimo non è da tacere dell'importanza di Schumann come critico e -scrittore di cose musicali. L'influenza che egli ebbe come redattore -della _Nuova gazzetta musicale_ da lui fondata, fu grandissima per -l'indirizzo dei suoi tempi nè alcuno seppe finora eguagliarlo nei suoi -scritti, pieni di fantasia, di acutezza e ricchezza d'immagini poetiche -e d'umorismo. - -L'opera di Mendelssohn e Schumann non rimase senza imitatori. Fra -coloro che nelle loro composizioni s'avvicinano più a Mendelssohn -vanno annoverati: _William Bennett_ († 1875) e _Niels Gade_ († 1890), -il primo che introdusse nella musica l'elemento nordico scandinavo, -(Ouvertures, Sinfonia, Cantate), _Ferdinando Hiller_ († 1880), fecondo -ed abilissimo; mentre _Stefano Heller_ († 1888), _Adolfo Henselt_ -(† 1889), _Adolfo Jensen_ († 1879), _Roberto Volkmann_ († 1883), _T. -Kirchner_ († 1903), si avvicinano piuttosto a Schumann. Autore stimato -di ballate fu _Carlo Loewe_ (1796-1869) che fu il primo a fermarne la -forma e che in certo riguardo influenzò anche le ballate di Schumann. - -Mendelssohn e Schumann continuarono la scuola classica e romantica ed -esiste una linea di congiunzione fra essi ed i maestri antecedenti. -La stessa cosa non può dirsi del terzo musicista, che esercitò -coi nominati grande influsso sulla musica istrumentale moderna e -specialmente su quella di pianoforte, _Federico Chopin_ (1810-1849). -Questa asserzione non è naturalmente da prendersi nel significato -assoluto, giacchè le opere di Chopin, non sarebbero concepibili senza -quelle di Beethoven e specialmente di Schubert, Weber ed altri; ciò -nullastante Chopin ha una caratteristica tanto propria, una sua maniera -sì personale da giustificare la nostra opinione. - -Chopin fu nel mondo musicale un'apparizione strana. Egli non andò -alla scuola di nessun maestro di fama, non cominciò, come al solito, -imitando questo o quello, ma trovò già nelle primissime opere uno -stile tutto suo proprio. E neppur la sua tecnica pianistica deriva da -quella dei maestri anteriori, nè da Mozart, nè da Beethoven ed ancora -meno da quella dei suoi contemporanei quale Dussek, Field, Hummel ed -altri. Essa è talmente adeguata allo spirito delle sue opere, che essa -cessa quasi di essere tale e diventa elemento dell'ispirazione stessa, -talchè le sue composizioni perderebbero gran parte della loro poesia, -se si volesse applicarvene un'altra. Per capire ciò basta osservare la -sua figurazione e gli ornamenti che sono affatto diversi dai soliti -_agréments_, gruppetti, fioriture e simili, ma parte integra del -pensiero musicale. - -E nuova è la sua armonia essenzialmente cromatica e tutta -individuale ed egli in certo modo si può chiamare un precursore degli -impressionisti moderni, colla differenza che rimane sempre logico. - -Ma di tutti i pregi il maggiore è senza dubbio l'originalità della -sua musica, per modo che chi abbia sentito qualche opera di lui lo -riconosce a mille miglia. E questa originalità che consiste in elementi -impossibili a spiegare, quantunque abbia dell'esotico, non diventa -monotona, non ci stanca come quella, p. es., di Grieg, col quale si -potrebbe forse lontanamente confrontare, perchè egli ha sempre qualche -cosa di nuovo a dirci nella sua lingua e perchè domina la gamma -dei sentimenti e sa essere ora dolcissimo e poetico, ora irruente e -palpitante di passione, ora bizzarro, bacchico, ora aspro e maschio. - -Egli fu chiamato l'anima del pianoforte. Il suo genio non sa dominare -le grandi forme orchestrali e nel concerto e nella sonata gli mancano -alle volte l'unità e lo sviluppo tematico sapiente, l'istinto della -misura; egli è invece sommo nelle forme più piccole, nei suoi ispirati -_Preludi_, nelle _Mazurke_, _Polonesi_, _Ballate_, nei _Notturni_, -ed alle volte, come nei suoi potenti _Scherzi_, si alza fino alla -grandezza tragica. Le sue composizioni sono vere poesie musicali ed -esse non hanno bisogno di programmi per trasportarci nella terra dei -sogni. Gli arabeschi, i passaggi diventano veri pensieri e cessano di -essere soltanto occasione di virtuosismo, tanto che fra i suoi _Studi_ -havvene alcuni che contano fra le sue opere più ispirate. Egli unisce -alla melanconia e sentimentalità delle canzoni slave la sapienza -armonica tedesca, l'eleganza e la varietà ritmica francese, la facilità -melodica e la purezza di linee della musica italiana. Egli sa toccare -tutte le fibre più delicate, è romantico, cavalleresco, appassionato, -elegante, fantastico e mai cade nel comune e nel triviale. Nato da -padre francese e madre polacca, la sua musica ritrae il carattere di -tutt'e due queste nazioni ed in essa risuonano il grido di dolore della -sua patria oppressa, le memorie tristi dell'epoca passata, il rimpianto -della libertà. Natura sensibile e delicata, egli pianista insuperabile, -si ritirò ben presto dalla vita pubblica e visse quasi sempre a Parigi -dove egli morì ancor giovane di mal sottile. - -«Gli influssi di tre nazionalità fanno di lui una personalità -spiccatissima ed egli si è appropriato il meglio di tutto quello che -distingue i tre popoli. La Polonia gli diede lo spirito cavalleresco -ed il dolore stoico, la Francia la sua gentilezza e grazia, la Germania -il sentimento romantico. Ma se egli siede al pianoforte ed improvvisa, -non è più un polacco, francese o tedesco; egli palesa un'origine più -alta e si capisce che è originario dal paese di Mozart, Raffaello -e Goethe e che la sua patria è il regno poetico dei sogni» (Heine, -1837). Parola giuste alle quali non ci sarebbe da aggiungere altro che -anche l'Italia gli portò i suoi doni e che lo spirito di Bellini gli -aleggiava intorno, quando egli scrisse alcuni dei suoi notturni, perchè -la perfezione della linea melodica e la dolcezza dell'ispirazione gli è -venuta dall'Italia. - -Il wagnerismo aveva messo in moda una specie di mal celato disprezzo -delle opere di Mendelssohn e persino di Schumann. Ma il tempo ha fatto -al solito giustizia. È vero che molte anzi moltissime delle opere di -Mendelssohn portano ormai visibilissimi i segni della vecchiaia ed -appartengono ad un tempo ben diverso dal nostro, ma nessuno vorrà -negare che alcune delle sue opere non sieno concezioni geniali che -dureranno ancora per ben molto tempo. Invece Schumann è oggi più -vivo che mai, perchè in lui non c'è nulla di convenzionale e tanto le -sue opere che quelle di Chopin nel loro lirismo melanconico, la loro -sensibilità e colorito poetico corrispondono alla psiche moderna. - -L'ultimo degli scritti di Schumann per la _Gazzetta musicale di Lipsia_ -è dedicato a _Giovanni Brahms_ (1833-1897). - -«Ho pur pensato più d'una volta, egli scrive, che dovesse apparire -taluno predestinato ad esprimere in modo ideale il suo tempo, uno che -raggiungesse la perfezione, senza subire uno sviluppo progressivo. Ed -egli è venuto, un giovin rampollo alla cui culla vegliarono le Grazie e -gli Eroi. Egli si chiama Giov. Brahms». - -Ed era tempo, giacchè dopo la morte di Mendelssohn, Schumann e Chopin -nessun vero e grande talento s'era mostrato degno di assumere il loro -retaggio nel ramo della musica istrumentale, per quanto Liszt avesse -già cominciato a mostrare nuovi orizzonti dell'arte coi suoi poemi -sinfonici. - -Non è qui il luogo di esaminare se la profezia di Schumann si sia -avverata. Il predominio della musica wagneriana e l'influenza che -questa ha esercitato sulla musica moderna lo hanno fatto passare in -seconda linea. Ma egli quantunque gli mancasse per la sua natura -di rigido protestante l'olimpicità e la comprensione della vita -pagana antica fu veramente l'ultimo dei classici, ed appunto perchè -senza ignorare le innovazioni moderne fu fedele conservatore di -quegli elementi dell'arte che sono eterni e che oggi tante volte si -trascurano, si volle chiamarlo retrogrado e scolastico. Se però i segni -del tempo non ingannano, non è improbabile che succeda una reazione -ora che gli animi si sono calmati e che Wagner e Brahms non sono più il -grido di guerra di due partiti avversi. E ciò lo mostra il fatto, che -gran parte dei musicisti di Germania derivano direttamente da Brahms -talmente che molte delle loro opere non sono che sbiadite imitazioni di -quelle del maestro. - -Il carattere di Brahms è prettamente nordico e sì diverso dal nostro -che a noi italiani riesce ben difficile il comprenderlo veramente -nella sostanza delle sue opere e ciò tanto più, che Brahms come nella -sua vita privata anche nelle sue opere è ritroso e schiva ogni troppo -palese esplosione quasi si vergognasse di mostrarci le sue più intime -fibre. E come egli non ha nulla di una natura latina, così non si -trovano elementi di arte italiana nelle sue opere. In complesso egli -inclina allo sconforto ed ha molto di quella profonda melanconia tutta -propria anche ai poeti del suo paese, che Nietzche chiama la malinconia -dell'impotenza ma che piuttosto deriva da impressioni indelebili del -paesaggio nordico, che s'infiltrano e restano nell'anima. Impotenza non -propria e personale ma della sua epoca che a Brahms, ultimo erede dei -classici, i quali per lui significarono la perfezione doveva sembrare -di decadenza. Eppure quest'uomo sì poco comunicativo aveva un'anima -sensibilissima e romantica, che però sapeva colla ferrea disciplina -dei suoi studi dominare. Brahms fra i moderni fu quegli che studiò -più profondamente e con vero frutto gli autori antichi, specialmente i -grandi maestri di musica polifonica vocale, che basa sulle tonalità di -chiesa e che è nel ritmo ben più ricca della nostra, i clavicembalisti -francesi ed in genere gli autori antichi. Ma tutti questi elementi -anche eterogenei si fondono nella sua mente, forse ad eccezione della -nota romantica schumanniana, che dura fino alle ultime opere ed è -predominante nelle prime e ciò che è strano dell'elemento della musica -popolaresca per quanto idealizzata. - -Brahms ha coltivato tutti i generi della composizione ad eccezione -dell'opera (Sinfonie, Musica da camera. Concerti per pianoforte, -violino, Cori, Cantate, Requiem, ecc.). Le prime opere sono per -eccellenza romantiche. Ma chi le studia attentamente vi trova altri -elementi quali la canzone popolare, il corale protestante e l'arte -tematica di Bach. Donde il carattere essenzialmente germanico della sua -musica e quell'impronta di durezza ed austerità che la fa apparire più -sana e potente. La melodia ed in genere la musica di Brahms è assai -originale e risulta non soltanto dalla linea melodica stessa quanto -da una combinazione speciale di ritmi ed armonia e dalla polifonia, -(ritmi binari e ternari appaiati, accordi spezzati, successioni di -terze e seste, accentuazione delle parti deboli della battuta, incisi -ed ommissioni, ecc.). Il suo _Requiem tedesco_ è certo una delle -opere più potenti che furono scritte dopo le Passioni di Bach e gli -oratori di Händel ed anche in questo Brahms è diverso da tutti gli -altri autori di Messe da morto, nelle quali è il _Dies irae_ che da -l'intonazione. Le sue quattro sinfonie e fra queste specialmente la -prima aspra e forte, mostrano che nessuno come egli seppe penetrare -nei secreti della mente di Beethoven. E se ad esse manca qualche volta -il carattere monumentale, vi è invece ammirabile la logica musicale e -la grandiosa sapienza tecnica. Nè giustificata appare la critica che -si fa dell'istrumentazione delle stesse, che si vuol dire incolore e -monotona. Certo egli non è un pittore dalla tavolozza smagliante ma -piuttosto un disegnatore di una finezza incredibile, al quale basta una -sfumatura di tinte, perchè egli non vuole concentrare l'attenzione che -sul contenuto. Perciò le opere più perfette che egli scrisse e quelle -che presumibilmente dureranno più a lungo sono quelle di musica da -camera che superano di gran lunga tutte le contemporanee e le odierne -e sono pari a quelle di Schumann. Una delle forme musicali predilette -da Brahms è la variazione che egli tratta non solo da gran maestro -ma anche da vero poeta. Le sue variazioni non consistono soltanto -nella diversa figurazione del tema e nel cambiare l'accompagnamento -ma tenendo fermo il basso diventano veri pezzi caratteristici di forma -svariatissima sia nella melodia che nel ritmo ed armonia. - -Brahms scrisse circa centocinquanta canzoni fra le quali alcune sono -assai note e molte bellissime. In esse egli si avvicina più a Schubert -che a Schumann. - -La musica di Brahms non fu mai veramente popolare e mai lo diventerà, -perchè essa è arte della più scelta e fine e non palesa le sue bellezze -che a chi la studia con amore ed intelletto d'arte. Perciò essa è arte -essenzialmente esclusiva, arte per i musicisti e per gli esteti, che la -studiano ed approfondiscono. - -I musicisti hanno continuato dopo Beethoven a scrivere sinfonie, ma le -opere del maestro restano oggi dopo cento anni ancora insuperate, quasi -fosse impossibile trovare in questo ramo nuove vie. Chi lo tentò ed in -parte vi riuscì fu _Antonio Bruckner_ (1824-1896). - -La sua vita non fu che un lungo martirio, da principio piena di stenti -e lotte per l'esistenza, poi d'indicibili ed amari disinganni. Le sue -prime opere furono accolte quasi dalla congiura del silenzio poi da -motti di spirito ed improperi. Nella storia della musica è difficile -trovare un parallelo con Bruckner. Musicisti di genio senza alcuna -coltura sono assai frequenti specialmente nei tempi passati; ma come -Bruckner abbia saputo concepire e scriver le sue nove sinfonie, è un -enigma per chi lo conobbe. Egli non solo non aveva nessuna coltura -tanto da non saper quasi scrivere una lettera ma non sentì mai neppure -il bisogno di occuparsi nè dei problemi sociali nè di letteratura ed -arte. La sua fede in Dio così profonda ma affatto istintiva era priva -d'ogni critica. - -Venuto quasi sul declinare della virilità a Vienna, egli vi rimase fino -alla morte quasi sbalordito e disorientato. Eppure questo uomo dalla -faccia d'imperatore romano o da scaccino di chiesa è l'autore della -nona sinfonia, una delle più grandi e potenti opere sinfoniche dei -nostri tempi. - -Bruckner, che inconscio del suo genio aggiunge una sinfonia all'altra -nulla curandosi della possibilità d'un'esecuzione, lasciando vagare la -sua fantasia negli incommensurabili spazi dell'ideale, questo figlio -della gleba materna, che ne ascolta i palpiti e sa tradurre nelle sue -note ora tutti i sussurri più delicati della natura, ora lo scrosciare -degli elementi furibondi è una delle figure più tragiche della storia -della musica. Egli scrisse a 42 anni la sua prima sinfonia e non subì -poi pressochè alcuna trasformazione. Le sue sinfonie stanno affatto -solitarie ed hanno ben pochi punti di confronto con altre opere. -La forma esterna è quella solita ma il contenuto è ben diverso come -diverse ne sono le proporzioni. Lo stile di Bruckner non è originale -nel senso comune della parola, se cioè per originalità si intendono -certi procedimenti, frasi favorite, sviluppi e modulazioni. Ma se -per originale s'intende quello che è proprio di uno solo, allora è -certo che Bruckner fu uno dei musicisti più originali. Tali lo fanno -l'ispirazione melodica, l'ampiezza della linea, il michelangiolesco -della concezione, la profonda espressione del sentimento tragico, -l'_humour_ dei suoi scherzi od il sentimento della natura agreste dei -trio di questi. Egli che del mondo nulla comprendeva, sapeva parlare -colla sua musica la lingua più moderna, più espressiva e profonda -mostrando quanta forza elementare stia nell'essenza della musica, -quando questa sgorga spontanea da un cuore riboccante. Che le opere di -Bruckner non sieno perfette, è facile il comprendere, data la natura e -la vita del loro autore. L'ispirazione e la tecnica non vanno sempre di -pari passo, o per meglio dire egli non sa sempre combinare l'altezza -dell'ispirazione coll'uso sapiente dei mezzi, sicchè noi troviamo -nelle sue opere splendide ispirazioni alle quali seguono o precedono -parti in cui l'autore si affanna in tessuti contrappuntistici senza -valore. Ciò gli succede specialmente dopo l'esposizione del tema quando -comincia il lavoro tematico, che per quanto spesso lunghissimo non ha -la logica ferrea dei grandi maestri. Per questo si comprenderà anche -che gli adagi e gli scherzi sono le parti più riuscite perchè la loro -concezione formale ne era più facile. Altre volte l'idea felice prende -proporzioni gigantesche ma non raggiunge il culmine e resta allo stato -di torso, donde dipende il carattere frammentario di parte delle sue -opere. - -Qualcuno volle chiamare Bruckner un epigone di Wagner e disse che egli -volle portare le teorie wagneriane nel campo sinfonico. Certo è vero -che Bruckner non ebbe che due idoli, Beethoven e Wagner e che la sua -melodia ha alle volte della somiglianza con quella di Wagner. In realtà -però sono ben pochi i punti di contatto dei due maestri. - -Le sinfonie di Bruckner non appartengono alla vera musica -programmatica. Ma l'uditore in causa dei contrasti, almeno -apparentemente senza motivo, è tentato a farsi un programma e -facilmente si disorienta. E questi scatti e contrasti improvvisi -sono forse il maggior difetto di Bruckner ed esso dipende certo dalla -totale mancanza di coltura generale del maestro che alle volte sembra -un dilettante di genio, un sentimentale sperduto nel nostro tempo, il -_puro folle_ della musica, che trae le sue ispirazioni dalle inesauste -ed inconscie forze della natura senza alcuna preoccupazione artistica -od estetica ma solo coll'ingenuità del genio. - -Scolaro di Bruckner ed a lui in qualche riguardo affine fu _Gustavo -Mahler_ (1860-1911). Ma l'affinità è soltanto superficiale e formale, -perchè se Bruckner fu il musicista più sincero ed ingenuo che si può -pensare, Mahler non seppe mai liberarsi nelle sue opere (9 sinfonie, -due cantate) forse ad eccezione delle _canzoni in morte di un -fanciullo_ dall'istrionismo e dalle reminiscenze del dramma musicale -ed in lui lottano continuamente due nature affatto diverse. Egli fu -un cerebrale d'immensa energia e serietà di propositi ma senza vera -genialità, una specie di titano colla sola forza di volontà, sempre -tendente all'alto, sempre intento alla soluzione dei problemi più ardui -della vita, una natura tragica e barocca somigliante al Kapellmeister -Kreisler di Hoffmann o al Jean Cristophe di Rolland. Egli aspira -alla meta più alta che non sa mai raggiungere perchè le forze gli -mancano a metà strada. Egli è melodioso, chiaro, facile, ma la sua -melodia è spesso comune anzi triviale e la piglia dove la trova, poco -importandogli se sia ispirata e fine ma bastandogli di dipingere al -fresco i grandi quadri immensi di forma e sonorità che gli nascono -nella mente. E questa sonorità nell'ottava sinfonica (Iª parte. _Veni -creator_, IIª parte: frammenti tolti dalla seconda parte del Faust di -Goethe) per orchestra, organo, coro separato d'ottoni, doppio coro, -coro di fanciulli, raggiunge con accordi di tonica e dominante e mezzi -di forze quasi elementari il maggior grado possibile ed arriva quasi ad -ingannarci sul contenuto. - -Il giudicare delle sue opere è compito abbastanza arduo. Per molti -la sua musica è vera _Kapellmeistermusik_, scritta da un autore, che -per la lunga pratica di dirigere le opere più disparate e per una -grande sapienza tecnica ha potuto creare delle opere mastodontiche ed -ipertrofiche, che si risentono di tutti gli stili. Per altri egli fu -un grande musicista, che con ogni nuova opera si innalza sempre più in -sù nella parabola. Al solito la verità sta forse nel mezzo. La prima -volta che si sente una sinfonia di Mahler l'effetto è di sbalordimento -ed egli ci appare ineguale, esagerato, alle volte vuoto, bizzarro e -persino grottesco; alle volte invece ci irrita ma ci conquide colla -grandiosità dell'idea, che gli balena alla mente e per la smisurata -architettura delle sue concezioni. In ciò e per il miscuglio d'estatico -coll'elemento popolare egli ha una certa somiglianza con Bruckner del -quale non sa però raggiungere neppur lontanamente l'intensa espressione -dei suoi temi; alle volte somiglia a Berlioz per il suo fare che -oscilla fra l'esaltato ed il primitivo e non è certo priva di posa -questa musica che ha sempre dell'artificioso, quando non si contenta di -essere nel suo diatonismo dominante affatto semplice. - -La seconda metà del secolo scorso ha segnato una completa -trasformazione del Lied o canzone musicale. Fra le opere più note di -Brahms contano senza dubbio molti dei suoi lieder. Ma tanto egli che -_Roberto Franz_ (1815-1892), per quanto quest'ultimo sia specialmente -per il felice connubio di elementi di canzone popolare con una forma -assolutamente artistica da mettersi fra i più ispirati e felici autori -di canzoni, non abbandonarono che poche volte la strada segnata da -Schubert e poi da Mendelssohn e Schumann, vale a dire la forma melodica -chiusa, che doveva dare l'intonazione generale e sintetica della -poesia. _Ugo Wolf_ (1860-1903) portò invece fra i primi nel campo della -lirica musicale intima il principio wagneriano del canto declamatorio, -nascente dalla parola stessa e raggiunse in questo genere un alto grado -di perfezione. Egli cerca con ogni mezzo musicale di compenetrare la -poesia anzi ogni singolo pensiero di essa, quasi rifacendo musicalmente -la poesia stessa. Con ciò però la canzone venne a perdere almeno per -noi meridionali i suoi maggiori pregî, perchè alla forma e bellezza -melodica subentrò la riflessione ed il sentimento drammatico, che -il genere di composizione non comporta. L'estrema complicazione -dell'accompagnamento, che vuole sottolineare e spiegare ogni parola ha -finito di snaturarne il carattere. Wolf fu certo un grande ingegno e -fra le sue infinite canzoni, nate sempre da un bisogno intimo, ce ne -sono di perfette. Anch'egli come tanti altri musicisti ebbe sempre a -lottare e la sua vita non fu che un lungo martirio. - -Prima di chiudere questo capitolo sono da nominarsi altri musicisti, -che se non seppero raggiungere i nominati, pure si distinsero fra -l'infinita quantità di compositori di musica istrumentale che ebbe la -Germania e non sono ancora del tutto dimenticati, quantunque la maggior -parte delle loro opere appartenga alla cosidetta _Kapellmeistermusik_, -un vocabolo che si usa per indicare tutta quella musica che fu scritta -e si scrive con molta buona volontà e solide cognizioni tecniche ma -poca ispirazione. - -_Gioachino Raff_ (1822-1882) fu un eclettico per eccellenza, che cercò -inutilmente di mettere d'accordo la tradizione classica coi nuovi -indirizzi di Liszt e Berlioz. Ma fra le sue moltissime opere che per la -maggior parte sono dimenticate, ve ne sono alcune non prive di merito -(sinfonia _nel Bosco_, Quintetto, qualche trio e Quartetto). - -_Felice Draeseke_ (1835-1913) fu musicista più forte e sano ma rude -ed angoloso, sicchè egli non seppe mai conquidere il pubblico ad onta -di grandi pregî. (Sinfonie, Quartetti, Oratori, Requiem, ecc.). _Max -Bruch_ (1838) ebbe giorni di fama specialmente coi suoi Oratorî e -cantate (_Fritjof_, _Ulisse_, _Achille_, _La canzone della campana_, -ecc.) opere di poco valore per quanto scritte con una certa facilità. -Fra i suoi concerti per violino il primo in _sol minore_ è ancora -notissimo e di spesso eseguito. _Giuseppe Rheinberger_ (1839-1901), -dotto teorico e distinto maestro continuò per strade già battute ed -oggi ci sembra ben poco interessante nelle sue opere, mentre _Enrico -Herzogenberg_ (1843-1890) e _Hans Huber_ (1852) seguono fedelmente le -orme di Brahms. - - - LETTERATURA - - Hellborn — _Fr. Schubert_, Vienna, 1865. - - A. Reissmann — _Fr. Schubert_, Berlino, 1873. - - Dahms W. — _Schubert_, Berlino, 1912. - - Curzon H. — _Les lieder de F. Schubert_, Paris, 1900. - - Bourgault-Ducondray — _Schubert_, Paris-Laurens, 1909. - - A. Reissmann — _F. Mendelssohn-Bartoldy_, Berlino, 1873. - - Hiller F. — _F. Mendelssohn-Bartoldy_, 1874. - - Schrader — _F. Mendelssohn-Bartoldy_, Lipsia, Reclam. - - Barbedette — _Mendelssohn_, Paris. - - Stoecklin P. — _Mendelssohn_, Paris, Laurens, 1909. - - Wasielewski — _R. Schumann_, Dresda, 1880. - - Reimann H. — _R. Schumann_, Lipsia, 1887. - - Spitta — _R. Schumann_, Lipsia, Breitkopf u. Härtel. - - Batka — _R. Schumann_, Lipsia, Reclam. - - F. Liszt — _Fr. Chopin_, Lipsia, 1880. - - Ip. Valetta — _Fr. Chopin_, Torino, 1910. - - Laloy — _Chopin_, Parigi, 1913. - - F. Niecks — _Chopin_, London, 1888. - - Poiré E. — _Chopin_, Paris, 1906. - - Leichtentritt — _Chopin_, Berlin, 1907. - - H. Reimann — _I. Brahms_, Berlino, 1898. - - Spitta — _I. Brahms nel libro Zur Musik_, Berlino. - - Fuller-Maitland — _Brahms_, trad. tedesca dall'inglese, Berlino. - - Deiters — _I. Brahms_, Lipsia, 1898. - - H. Imbert — _Brahms_, Paris. - - Kalbeck M. — _I. Brahms_, 3 vol., Berlino. - - Louis R. — _Anton Bruckner_, Monaco, 1904. - - Graefinger — _A. Bruckner_, Monaco. - - St. Paul — _G. Mahler_, Monaco, 1910. - - Specht R. — _G. Mahler_, Berlino, 1914. - - E. Decsey — _Hugo Wolf_, Berlin, 1903-1905. - - Prati R. — _Ugo Wolf_, Torino, 1914. - - Weingartner F. — _Die Symphonie nach Beethoven_, Berlino, Fischer, - 1900. - - Imbert H. — _La Symphonie après Beethoven_, Paris, Fischbacher. - - - - -CAPITOLO XX. - -I rivoluzionari dell'arte. - - -Fra le rivoluzioni e riforme musicali che abbiamo incontrate nel -corso dei secoli nella storia della musica, nessuna, ad eccezione -della fiorentina del Seicento, ha l'importanza di quella iniziata da -Riccardo Wagner nell'opera drammatica e da Ettore Berlioz nella musica -strumentale. Dopo la morte di Beethoven sembrava compiuto lo sviluppo -della musica istrumentale e che fosse impossibile oltrepassare i -confini da lui stabiliti. E difatti i maestri posteriori tedeschi non -trovarono nuove forme nè aprirono nuovi orizzonti ma si contentarono -di seguire le orme del maestro. Chi si mise per il primo per nuove -strade fu _Ettore Berlioz_, che riconobbe che «de nouveaux besoins -de l'esprit, du coeur et du sens de l'ouïe imposent des nouvelles -tentatives, et même, dans certains cas, l'infraction des anciennes -lois». I francesi mostrarono già per tempo una certa tendenza alla -musica descrittiva e pittoresca come lo provano le composizioni per -voci di Jannequin e quelle di cembalo di Couperin, Rameau ed altri. -L'innovazione di Berlioz è però ben altra cosa, perchè egli non si -contentò di seguire questa inclinazione nazionale, che fin allora -non consisteva in sè che nella imitazione di suoni della natura ma la -approfondì cercando di esprimere con toni situazioni e sentimenti che -si adattano ad essere tradotti in musica. Egli è l'iniziatore della -musica programmatica per eccellenza, essendo il suo supremo scopo -quello di esprimere più fedelmente che fosse possibile non solamente un -pensiero, un'impressione poetica in generale, ma un'azione seguendola -nel suo corso, nelle sue fasi. Questo sistema doveva necessariamente -condurre all'assoluta libertà della forma, ma altrettanto facile era -l'oltrepassare i limiti segnati alla musica. E difatti con un passo di -più ci troviamo nel campo dell'opera, dalla quale alcune delle opere -sinfoniche di Berlioz poco differiscono. Ma egli non seppe o non volle -abbandonare intieramente le forme tradizionali nè egli stesso per -nulla chiamò la sua musica _architecturale_, giacchè egli tiene fermo -per quanto possibile alla forma della sinfonia ed appunto per questo -non seppe raggiungere il suo ideale, contrastando il formalismo della -sinfonia colla libertà voluta dal programma. E forse questo è uno dei -maggiori motivi che ci disorientano se vogliamo giudicare delle sue -opere. E non soltanto questo. La melodia di Berlioz è tutta propria -e ben diversa dalla nostra italiana. Essa manca almeno per i nostri -orecchi di molte di quelle qualità, che noi le domandiamo e che Berlioz -chiama _droleries_. Poi l'estrema libertà di ritmo, che del resto è -certo uno dei più gran pregi delle opere di Berlioz e finalmente le -proporzioni, che molte volte sono veramente straordinarie. - -Heine disse parlando della sua musica che essa gli fa pensare ad un -usignuolo gigantesco, ad un'allodola dalle ali di aquila, a certi -edifici di Ninive e Babilonia ed in questi motti di spirito sta -nascosto anche del vero. Egli esagera Beethoven e ne fa quasi la -caricatura, manca spesso d'unità nelle sue opere che di rado, ad onta -di momenti felicissimi e geniali, ci lasciano intieramente soddisfatti -anche perchè egli è figlio del suo tempo ed il suo pronunciato -romanticismo simile a quello di Victor Hugo ed Eugenio Sue non è più -di nostro gusto. Nessuno degli anteriori sa trarre invece più di lui -dall'orchestra effetti sorprendenti ed incantevoli; egli sa ammaliarci -con questi e soggiogarci colla grandiosità dei mezzi usati, ma di -rado gli riesce di commuoverci con una semplice ed ispirata melodia, -sicchè le sue opere sfrondate dello smagliante colorito orchestrale ci -sembrano in molte parti bizzarre e strane e nella scelta degli spunti -melodici non sempre felici. - -Berlioz ha una somiglianza spiccata con Vittor Hugo. Ambedue -hanno una predilezione per il grottesco e si dilettano della sua -rappresentazione. Ma mentre Hugo era artefice alle volte perfetto, il -_volere_ di Berlioz è maggiore del suo _potere_ e l'uno non corrisponde -all'altro; ciò che è specialmente palese nei primi ed ultimi tempi -delle sue sinfonie. Egli sa spesso ingannare colla forza elementare -dei mezzi usati, e cosa strana e replicantesi dopo in quasi tutti i -compositori di musica descrittiva egli che sceglie idee poetiche per le -sue opere è uno dei musicisti più realisti. - -Uno dei meriti di Berlioz sta nell'aver dato alla sinfonia maggior -unità fra le sue parti con un tema dominante (_idée fixe_ nella -sinfonia fantastica, il tema della viola nell'Aroldo, ecc.) che egli -continuamente varia e sa trasformare in forma drammatico-psicologica. -Egli è un gran genio veramente nazionale come la Francia mai ne ebbe nè -prima nè dopo e non è da dimenticare, che egli scrisse quasi tutte le -sue opere principali prima che Wagner avea composto il Rienzi! - -_Ettore Berlioz_ (nato agli 11 Dicembre 1803 a Cóte St. Andrè, morto -agli 8 Marzo 1869 a Parigi) ebbe vita burrascosa e travagliata. Dopo -aver dovuto lottare contro la volontà dei genitori per dedicarsi alla -musica, dopo aver combattuto col bisogno, vinse il premio di Roma e -restò per due anni nella Città Eterna, dove scrisse la poetica sinfonia -_Romeo e Giulietta_ e la romantica _Aroldo in Italia_, ambedue ricche -di felici momenti ispirati e d'un colorito poetico insuperabile. Ma nè -queste opere nè la sua grandiosa _Damnation de Faust_, nè l'_Episode -de la vie d'un artiste_, l'opera che gli avea procacciato la simpatia -e l'ammirazione di Schumann, furono comprese dal pubblico francese, -che ora soltanto con tarda ammirazione cerca rimediare al torto d'aver -disconosciuto e trascurato in vita uno dei suoi più grandi musicisti. - -Perciò egli si rivolse alla Germania più atta a comprenderlo, dove le -sue opere eseguite in molte città e più volte sotto la sua direzione -destarono sempre il più grande interesse ed alle volte persino -entusiasmo, e fu in Germania che egli trovò i primi e più caldi -fautori. Oltre le opere suddette Berlioz scrisse più _ouvertures_, -fra le quali sono note quella dei _Francs Juges_ e del _Re Lear_, un -_Requiem_, che egli stesso chiama un cataclisma musicale, in cui alla -grandiosità dei mezzi orchestrali corrisponde in parte la maestosa -concezione michelangiolesca; l'oratorio _L'enfance de Christ_, le -opere _Benvenuto Cellini_ colla stupenda _ouverture_ caratteristica, -_Carneval romain_, _Les Troyens_, _Beatrice et Benedict_. I Trojani -(_I Trojani a Cartagine_, _Cassandra_, _Didone_) contengono delle scene -ispiratissime e certo precedono il loro tempo. Ma il tutto è di valore -affatto ineguale ed i tentativi fatti di far rivivere quest'opera di -proporzioni colossali sono finora rimasti infruttuosi. - -Berlioz fu pure distinto scrittore di cose musicali e critico arguto -e ci lasciò un trattato sull'istrumentazione, che è un modello del -genere. - -L'opera di Berlioz, certo inimitabile perchè troppo personale restò -per anni senza frutto in Francia e soltanto molto tempo dopo i nuovi -maestri accettarono in parte le sue idee e continuarono per la via da -lui segnata. L'influsso che egli esercitò sulla musica istrumentale -fu però di natura esterna, in quanto che egli è il padre di molti -di quegli effetti incantevoli d'orchestra, che oggi si usano, di -molte geniali combinazioni di suoni e coloriti, mentre l'indirizzo -artistico esclusivo di lui non poteva divenire il vessillo d'una -numerosa schiera. In un certo riguardo però, per quanto diverse furono -le vie, egli fu il precursore di Wagner, e se la riforma e le idee di -quest'ultimo ebbero più diffusione e trovarono più seguaci, ciò dipese -non solo dalla maggiore genialità di queste ma altresì dal genere della -musica. - -_Riccardo Wagner_ (nato ai 22 Maggio 1813 a Lipsia, morto a Venezia -ai 13 Febbraio 1883), dopo aver terminati gli studî universitarî -e musicali nella sua patria, compose nel 1832 quella sinfonia che -nel 1882 fu eseguita al Liceo Marcello di Venezia e che ci mostra -il maestro ancora sotto il diretto influsso dei classici. Nell'anno -seguente fa eseguire a Würzburgo le sue _Fate_, un'opera romantica, e -nel 1831 assume il posto di direttore a Magdeburgo. A Riga dove coprì -la stessa carica, comincia a scrivere il _Rienzi_, che voleva far -eseguire a Parigi, e finitolo, va in quella città per farlo accettare -all'Opera. Ma ad onta del potente patrocinio di Meyerbeer le porte di -quel teatro gli rimasero chiuse ed incominciò pel giovane maestro il -periodo più triste della sua vita, pieno di disinganni e privazioni -materiali. Altri non dotato dell'energia stragrande di Wagner si -sarebbe perduto nei vortici della vita parigina. Egli invece lotta, -lavora fiducioso di sè e delle sue forze e vince. Il suo _Rienzi_ -è accettato a Dresda e si eseguisce nel 1842 con immenso successo. -Nel 1843 segue il _Vascello fantasma_ e nel 1845 il _Tannhäuser_. -Intanto si preparavano i tempi burrascosi che dovevano condurre -alla rivoluzione generale del 1848, alla quale anche Wagner si -trovò immischiato e compromesso. Condannato e bandito, egli fugge in -Svizzera, dove nella quiete dei monti e lontano dai rumori del mondo si -occupa dei problemi di riforma, che da lungo studiava nella sua mente e -pubblica i suoi maggiori scritti: _Arte e Rivoluzione_, _L'Opera d'arte -dell'avvenire_, _Opera e Dramma_, in cui sono spiegate e giustificate -le nuove idee. - -Nel primo di questi egli fa un quadro delle condizioni artistiche -del suo tempo e le confronta coll'arte greca, espressione della -vita nazionale, mentre il principio estetico dell'arte moderna è -semplicemente il divertimento. Le sue idee si concretano nell'_Opera -d'arte dell'avvenire_, che deve nascere dal complesso e dall'unione -di tutte le arti. Nel dramma la musica, la poesia e la danza (mimica) -devono unirsi e formare un tutto organico coll'aiuto delle arti -plastiche e decorative. Nell'_Opera e Dramma_ egli fa la critica -dell'opera e la dichiara un errore, giacchè in essa il mezzo -d'espressione (la musica) diventa scopo e lo scopo (il dramma) mezzo. -La vera melodia del dramma è quella che nasce dalla parola declamata e -non quella che esiste per sè indipendentemente da quella. - -Nel 1850 Liszt eseguisce a Weimar il _Lohengrin_ e diventa il più caldo -fautore, l'amico più fedele e devoto del maestro, che nei duri anni -dell'esiglio, ora scoraggiato e disilluso, ora pieno di speranza e -fiducia concepisce e scrive buona parte della sua grandiosa _Trilogia -dei Nibelungi_ ed il _Tristano ed Isotta_. Finalmente nel 1864 il -nobile e cavalleresco re di Baviera, l'infelice Lodovico, lo chiama -alla sua corte, dove nel 1865 si dà il _Tristano_, il più ispirato -poema musicale d'amore che fu mai scritto, e nel 1868 si eseguiscono -i _Maestri cantori_, una concezione quasi perfetta, dove tutto è vita -e movimento e vi domina un'infinita dolcezza e poesia. Ai 22 Maggio -del 1872 si pone la prima pietra del teatro di Bayreuth, realizzandosi -così il sogno del maestro, e nell'Agosto del 1876 vi si eseguisce -la _Trilogia dei Nibelungi_. (_L'oro del Reno_, _la Walchiria_, -_Sigfrido_, _il Crepuscolo degli Dei_) cominciata molti anni prima, -interrotta più volte e poi ripresa. L'ultima opera del maestro fu il -_Parsifal_ (26 Luglio 1882). - -Nietsche (Unzeitgenrässe Betrachtungen IV) scrive parlando delle opere -letterarie del maestro: «Wagner come scrittore mostra sempre lo sforzo -di un uomo forte, al quale fu troncata la mano destra e pugna colla -sinistra. I suoi scritti nulla hanno di dottrinale, la teoria sta nelle -sue opere musicali. Essi sono tentativi di scrutare l'istinto che lo -spinse alle sue opere e di comprendere sè stesso. Se egli raggiungesse -di cambiare l'istinto in coscienza, allora egli spererebbe che possa -succedere il processo inverso nell'animo dei suoi lettori». - -Le teorie wagneriane nella loro sostanza non erano veramente nuove. -Noi le abbiamo già trovate riconosciute dalla Camerata fiorentina e da -Gluck. Accenni ed idee simili troviamo nelle Memorie di Gretry, negli -scritti di Algarotti e per noi non è senza interesse il vedere Giacomo -Leopardi lamentarsi nel suo Zibaldone (Pensieri V, 254) della povertà -espressiva dell'opera specialmente seria cagionata «dal far totalmente -servire le parole allo spettacolo ed alla musica e dalla confessata -nullità di esse parole, dalla quale necessariamente deriva la nullità -dei personaggi e così del coro e quindi la mancanza di effetto morale -ossia di passione». - -Ma se non erano assolutamente nuove le teorie, nuova fu la maniera -di Wagner di metterle in pratica, oppure, meglio detto, nuova fu la -teoria che risultò dalle opere musicali di Wagner e che egli trasse -da esse. Gluck mise a sommo delle sue aspirazioni il raggiungere la -verità drammatica ma non seppe o volle rompere le forme musicali. -Wagner invece parte dal principio che la parola deve essere nel dramma -musicale l'elemento generante della melodia e che questa deve nascere -dalla cadenza naturale ed accento della parola. Con ciò veniva bandita -la melodia assoluta e la forma musicale. Ma ciò non bastava. Essendo -l'azione drammatica un tutto organico, bisognava trovare un mezzo dal -quale risultasse una continuità di stile. Anche prima di Wagner si -scrisse certo della musica eminentemente drammatica ma soltanto Wagner -fu quegli che concepì e seppe trovare per il primo uno stile drammatico -continuato, tutto nuovo e personale con una lingua musicale diversa -dalla solita. Quest'ultima era inadoperabile per lui, dove essa per -accidente non aveva a tradurre speciali momenti lirici o poesia a forme -fisse, p. es., a strofe. Wagner disciolse la melodia nei suoi elementi -come già aveva fatto in certo riguardo Beethoven nel campo della musica -istrumentale coi suoi sviluppi tematici e fu questo procedimento che lo -condusse alla cosidetta melodia infinita che in sè non è altro che il -canto parlato. Da questo deriva anche il maggior uso della cromatica -derivata dalla cadenza naturale della declamazione, che ben di rado -combina cogli intervalli diatonici. - -La funzione dell'orchestra diventava tutt'altra, giacchè se prima -la linea melodica poteva in certo riguardo bastare a sè stessa, ora -l'orchestra dovea supplire a quello che il canto non poteva esprimere -e per conseguenza diventare sinfonia e non più contentarsi di -accompagnare. Ma mancando la musica istrumentale della parola, essa -poteva ancor meno della vocale far senza della forma. Wagner trovò il -mezzo di poter combinare il canto declamatorio colla nuova orchestra -nel _Leitmotiv_, che è ben diversa dalla reminiscenza simbolica di -un tema musicale, che si ripete, quando si vuol esprimere lo stesso -sentimento o l'egual situazione ma che è un elemento architettonico -della nuova musica e che le impedisce di cadere nel caos completo. - -Wagner, questo _uomo di quattro anime_ come Leonardo, pensatore, -patriota, poeta, musicista, nella storia della coltura nazionale -germanica ha importanza simile a quella di Sofocle e Eschilo nella -Grecia, ed assieme a Bismark ha destato in rami diversi il sentimento -della grandezza del suo popolo e contribuito cogli avvenimenti politici -al risorgimento nazionale. Prima di lui l'opera tedesca con pochissime -eccezioni mancava di stile, d'ideale, d'indirizzo. Dopo le opere di -Weber e Marschner si può anzi dire che nessun'opera drammatica tedesca -si fosse elevata al di sopra della mediocrità, mancando in tutte il -sentimento drammatico, la potenza e l'unità. - -Wagner preferì pei suoi drammi il mito e le azioni leggendarie -medioevali, perchè queste ci mostrano l'uomo liberato dai ceppi -convenzionali e nella sua prima semplicità. Come poeta drammatico -egli ebbe più detrattori che come musicista, ma le critiche fattegli -sono soltanto giustificate in quanto concernono la lingua, più volte -contorta, ricercata, arcaica e persino inintelligibile, non sempre -per l'azione drammatica stessa, giacchè molti dei suoi drammi per -l'immaginazione, la verità dei caratteri, il sapiente aggruppamento -delle parti hanno grande valore anche come opere letterarie. Il tema -prediletto è la Redenzione per opera dell'amore (Olandese, Lohengrin, -Tannhäuser, Tristano, Parsifal). - -L'opera di Wagner è sì complessa che è assai difficile il parlare -dell'elemento specifico musicale in essa. Studiandola devesi però -conchiudere che la sua facoltà melodica è assai grande e che egli -seppe, quando lo volle, creare melodie delle più ispirate e non solo -nelle prime opere ma in tutte fino alle ultime. Anzi l'intensità -del sentimento, la ricchezza armonica, la varietà del ritmo segnano -una continua linea ascendente sicchè si può dire che l'aridità e -l'astrusità di alcune parti della _Trilogia_, dei _Maestri cantori_, -ecc., sono piuttosto le conseguenze d'una esagerata costanza di -principî che segni di decadenza del genio wagneriano. I difetti di -Wagner, e che la sua opera non fu perfetta non si vorrà negare neppure -dai suoi più caldi fautori, sono per noi italiani più sensibili che -per i suoi connazionali. Il maggiore è la mancanza di quella certa -semplicità ed ingenuità, che pure è tante volte propria dei genî. Egli -si è fatto un sistema e lo segue con pertinacia e costanza anche dove -ciò diventa pedanteria e la musica vorrebbe prepotente rompere i legami -che la impacciano. Wagner è un genio potente ma complicato e fatto in -parte di riflessione. Volendo caratterizzare e sottolineare tutto, egli -finisce molte volte coll'affaticare e distruggere l'impressione totale. -Wagner non fu mai sì ispirato e potente che quando si dimenticò dei -suoi principî e sistemi e questo vale non soltanto per le prime opere -ma anche pei Maestri cantori, per il Tristano ed il Parsifal. - -Nessuno ebbe più caldi ammiratori di Wagner ma altresì nessuno più -accaniti nemici. La lotta, oggi dopo tanti anni è ormai decisa per -le schiere wagneriane. Qualunque sia l'opinione che si può avere -sull'opera di Wagner, il sottrarsi al di lei influsso sembra oggi -ormai quasi impossibile ed è inutile il non voler riconoscere che -la riforma wagneriana basa, specialmente nella parte musicale, in -gran parte su principî veri e giustificati. Ma Wagner è un modello -pericoloso da imitarsi e se recò immensi vantaggi all'arte musicale -drammatica, l'influsso che egli esercitò sui musicisti non fu certo -sempre benefico. I suoi seguaci non vollero soltanto accettare le -sue teorie nelle idee principali ma imitare il suo procedere e qui -naufragarono. L'applicazione del sistema del _Leitmotiv_ si mostrò -finora perniciosa all'opera dei successori, perchè essa presuppone una -potenza specialissima nel creare e trovare leitmotivi sì pregnanti e -suscettibili di infinite variazioni armoniche e ritmiche da potere -servire all'edifizio sinfonico, tutte qualità che ebbe il genio di -Wagner ma che mancano quasi intieramente ai maestri posteriori. - -Wagner appartiene ormai alla storia, quantunque le sue opere sieno -ancor oggi più vive che mai e sarebbe tempo di considerare in lui -prima di tutto il musicista e non il filosofo e costruttore di -sistemi estetici e metafisici. Egli fu un gran genio non perchè fu -un innovatore e creò nuove teorie ma perchè fu uno dei più ispirati -musicisti e riunì tutti gli elementi diversi in un organismo -rigenerato. Egli scelse il mito e leggenda a soggetto dei suoi drammi, -perchè egli credette così di rendere più intelligibile l'essenza -dell'umanità. Ma se ciò poteva forse valere per i suoi connazionali -o per i più colti di essi, questi miti dicono ben poco ai popoli -stranieri, diversi per istinto, lingua e pensare, e noi latini non -ammiriamo in lui che il grande ed ispirato musicista. - -Wagner e Verdi sono morti già da anni ed è perciò possibile giudicare -spassionatamente della loro opera. Quale differenza fra questi due -uomini nati nello stesso anno ma da un popolo ed in un ambiente -ben diverso. Verdi crea le sue opere lontano dal mondo, silenzioso -ed austero avvicendando una caduta con un successo senza provocare -dispute, senza voler imporre sistemi. Arrivato all'estrema vecchiaia, -guardando indietro alla via fatta e sorridente sulle vicende umane -come un antico filosofo, ci da un'opera di serena ironia e giocondità. -Wagner invece sempre in fermento ed in lotta con sè e gli uomini non si -contenta di essere soltanto un musicista ma vuol essere anche poeta, -filosofo, combatte battaglie per ogni sua opera nuova, ed invece di -un Falstaff, scrive prima di scendere nella tomba il Parsifal «canto -del cigno favoloso, ferito a morte, lunga preghiera melodica di un -agonizzante che chiede pace, alzando verso un Dio ignoto la voce -straziante e pur consolatrice, straziante e pura» (Borgese). - -Fra i numerosi ammiratori di Wagner nessuno fu più fedele, più sincero, -più disinteressato del grande pianista _Francesco Liszt_ ed è in gran -parte di lui merito se i drammi wagneriani furono presto eseguiti e le -sue teorie si diffusero. - -_Francesco Liszt_ (nato ai 22 Ottobre 1811, morto ai 31 Luglio 1886), -ungherese di nascita, fu scolaro di Carlo Czerny, il celebre pedagogo, -e cominciò già nel 1834 quei viaggi artistici che gli procacciarono -la fama di essere il più geniale dei pianisti. Dopo alcuni anni di -soggiorno a Parigi, egli continuò fino al 1847 i suoi viaggi, destando -dovunque inaudito fanatismo ed entusiasmo. Nel 1847 accettò il posto -di direttore del teatro di Weimar dove rimase fino al 1861. In questo -tempo egli sviluppò un'attività prodigiosa e Weimar divenne il centro -della vita musicale germanica, al quale accorrevano i giovani, molti -dei quali divennero scolari del maestro e contarono o contano ancora -fra i migliori musicisti di Germania. Le opere della nuova scuola -tanto le drammatiche che le istrumentali vi furono eseguite con ogni -accuratezza, i nuovi problemi estetici si trattarono in articoli e -studî. Fu anche durante quest'epoca che egli scrisse molte di quelle -opere, per le quali va annoverato fra gli innovatori della musica -istrumentale, come i _poemi sinfonici_, la sua sinfonia _Dante_ e -_Faust_, la _Messa di Gran_, ecc. Nel 1861 Liszt abbandonò Weimar, -venne a Roma ubbidendo ad un suo antico desiderio di dedicarsi all'arte -sacra e vi restò con poche interruzioni fino al 1870. Poi visse a -Pest e Weimar raccogliendo intorno a sè un'eletta schiera di giovani -scolari. Anche questi anni furono feraci e fra le moltissime opere di -questo tempo le più grandi ed importanti sono gli oratori _Cristo_, _S. -Elisabetta_ e la _Messa ungherese d'incoronazione_. - -Liszt come compositore è certo inferiore al pianista. Chi non ebbe la -sorte di udirlo al pianoforte, non può immaginare la potenza titanica, -la passione, la dolcezza, la poesia infinita delle sue produzioni. -Liszt non è paragonabile a nessun pianista, perchè egli oltrepassa -tutti di gran lunga e non trova un parallelo che in Paganini. -Ambedue affascinavano il pubblico, che era soggiogato come da una -forza misteriosa. Liszt fu altresì un gran riformatore della tecnica -pianistica. Sebastiano Bach e Domenico Scarlatti non si occuparono -della didattica ma il loro sistema tecnico risulta dalle loro opere. La -scuola tedesca basa sull'armonia ed il contrappunto per cui la tecnica -del pianoforte (cembalo) somiglia a quella dell'organo. L'italiana -si fonda invece sulla linea melodica ed i passaggi brillanti. Diverso -era pure l'accompagnamento posteriore di stile leggiero: i cosidetti -bassi albertini così chiamati da _Domenico Alberti_ (1717-1740?) -che li usò fra i primi e che furono poi adottati anche da Haydn e -Mozart. Ma mentre la scuola viennese considerava la tecnica quasi uno -scopo e finì in un mare di fantasie e variazioni senza alcun valore, -Muzio Clementi, che apprese il pianoforte da Cordicelli, scolaro -di Scarlatti, seppe fondere i pregi delle due scuole e da lui e dai -suoi scolari _Giov. Cramer_ (1771-1858) e _Giov. Field_ (1782-1837) -dipendono tutti i pianisti fino a Mendelssohn. Chi aprì nuovi orizzonti -alla tecnica pianistica fu di nuovo un italiano, _Giuseppe Francesco -Pollini_ (1763-1846) che nella sua tecnica si avvicina ormai molto -a Liszt, e noi troviamo già nelle sue opere la melodia nelle note -centrali, suonata or colla mano destra ora colla sinistra, mentre -l'accompagnamento si estende a tutta la tastiera, ed altre innovazioni -ed effetti che sogliamo chiamare lisztiani. Il maggior merito di Liszt -fu quello di aver introdotto la tecnica ed il colorito orchestrale. - -Le opere orchestrali di Liszt (dodici poemi sinfonici e due sinfonie — -_Dante_ e _Faust_) seguono lo stesso indirizzo di quelle di Berlioz. -Ma mentre questi tentò di mantenere fino ad un certo punto la forma -tradizionale della sinfonia, Liszt si libera intieramente da questa -e ne crea una nuova più adatta al soggetto poetico, che ogni volta si -rinnova e cambia a seconda dell'oggetto che cerca di rappresentare od -esprimere. La parola, il pensiero poetico fecondano la sua fantasia, -che però non era veramente potente. La sua tecnica è affatto speciale -e consiste di solito nella trasformazione ritmica di brani dei temi -scelti. Questi spesso non molto ispirati non si adattano a veri -sviluppi tematici, che difatti mancano quasi sempre nelle opere di -Liszt ed egli vi supplisce con ripetizioni e coi crescendo, ciò che -gli impedisce di arrivare alla concretazione dell'idea originaria alle -volte geniale. Altro difetto è il predominio dell'elemento retorico -ed estatico. Ad onta di ciò l'importanza delle opere orchestrali di -Liszt fu grandissima per la musica moderna, perchè se esse non sono -capolavori, contengono almeno una quantità di nuovi elementi geniali, -di idee, che additarono nuove vie all'arte ed alle quali Wagner attinse -molto più di quello che si crede e che influenzarono la scuola russa e -Riccardo Strauss. - -Egli cercò pure di riformare la musica sacra, tentando di fondere -l'arte antica colla moderna e creare un nuovo stile, partendo dal -principio senza dubbio giusto, che è impossibile rimontare alle origini -dell'arte ed ignorare nella musica da chiesa le conquiste dei secoli -moderni, se le emanazioni artistiche non devono rimanere lettera morta -ma corrispondere ai bisogni dei tempi. - -Le canzoni di Liszt quasi sconosciute confermano quanto si disse -perchè hanno degli elementi di grande drammaticità e preludiano alle -modernissime. - -Liszt è una delle più nobili figure nella storia della musica, l'amico -più disinteressato ed affezionato di Wagner e di tanti altri musicisti, -per i quali combattè colla parola, gli scritti, l'insuperabile maestro, -l'uomo generoso sempre pronto a soccorrere col consiglio e l'opera non -domandando mai nulla per se e le sue opere. - - - LETTERATURA - - I. Tiersot — _Berlioz_, Paris, 1904. - - A. Jullien — _H. Berlioz_, Paris, 1888. - - Hippeau — _H. Berlioz, l'homme et l'artiste_, Paris, 1893-95. - - R. Pohl — _Gesammelte Schriften von H. Berlioz_, 1864. - - Berlioz — _Memorie e scritti_, Paris. - - Louis R. — _H. Berlioz_, 1904. - - Schurè — _Le drame musical_, Paris. - - R. Wagner — _Gesammelte Schriften_, Lipsia. - - Glasenapp — _Das Leben Rich. Wagners_, 1906. - - Chamberlain H. St. — _Richard Wagner_, 1904. - - Torchi — _Ricc. Wagner_, 1890. - - Adler G. — _R. Wagner_, 1904. - - Chantevoine — _F. Liszt_, Paris, 1911. - - Ramann — _Franz Liszt_, Lipsia, Breitkopf und Härtel. - - F. Liszt — _Gesammelte Schriften_, 1880-1883. - - Louis R. — _Franz Liszt_, Berlino, 1899. - - Kapp. — _Franz Liszt_, Berlino, 1914. - - - - -CAPITOLO XXI. - -Scuole nazionali. - - -Fino alla metà del secolo scorso la musica aveva un carattere -piuttosto internazionale, per quanto non si vorrà certo negare che -in molti riguardi si distinsero sempre la musica italiana e francese -dalla tedesca. Ma queste differenze per quanto esistenti non sono -molto sensibili, perchè i grandi maestri tedeschi e specialmente gli -antichi fino a Gluck e Mozart hanno subito l'influsso della musica -italiana e francese. I maestri posteriori d'ogni nazione cominciarono -invece a mostrare una fisionomia più decisamente nazionale come p. -e. la francese in Berlioz, Frank e Saint-Saens, ecc., e la tedesca in -Schumann, Brahms ed altri. Col destarsi poi della coscienza nazionale, -sia frutto di guerre od avvenimenti politici o di maggior coltura -si vennero sempre più sviluppando differenze anche nella musica -di altre nazioni, specialmente delle nordiche e slave, sia perchè -avevano conservata la loro musica popolare, sia perchè s'erano fondate -scuole nazionali ed i musicisti non frequentavano più come prima -quasi esclusivamente quelle estere. L'egemonia che l'Italia aveva -esercitato per secoli sulla musica era già cessata da tempo e gliela -contrastava la Germania. Ma se i giovani musicisti scandinavi ed alcuni -dei russi accorrevano ancora alle scuole tedesche per apprendervi -l'arte musicale, ritornati in patria essi cercarono di liberarsi -dall'influenza straniera ed approfittando dell'immensa ricchezza della -canzone e melodia popolare seppero dare alle loro opere il carattere -nazionale servendosi appunto dell'elemento melodico e ritmico della -musica popolare. - -La prima per tempo di queste scuole è la _Scandinava_ che comprende -la _danese_, la _norvegese_ e la _svedese_ col ramo secondario della -musica _finnica_, che è di tutte la più recente. I maestri scandinavi -sono quasi tutti romantici e derivano in ultima linea da Mendelssohn -e Schumann col già nominato Gade quale anello di congiunzione. -Essi prediligono perciò la musica istrumentale e di questa le forme -minori. La loro musica, quantunque abbia l'impronta moderna non mostra -alcun influsso delle nuove teorie rivoluzionarie ed è anzi piuttosto -conservativa e di carattere intimo e lirico. La nota predominante è la -melanconia in tutte le gradazioni, appaiata ad un sentimento intenso -della natura e ad una felice disposizione al colorito istrumentale -e finezze armoniche e ritmiche, derivanti senza dubbio da elementi -etnici. - -La musica danese prima di _Gade_ non ebbe vera impronta nazionale. Fu -egli per il primo che consciamente, almeno nelle opere della giovinezza -e virilità, ispirò alla sua musica l'elemento nazionale. Prima si -usava servirsi di qualche melodia popolare per scopi speciali o per -semplice amore di novità. Gade senza copiare la musica delle canzoni -nordiche seppe, mantenendo le forme usuali creare un tipo di melodia o -spunto musicale, che ha un carattere essenzialmente nazionale, sicchè -la sua prima sinfonia in _do minore_ fu ai suoi tempi una rivelazione. -Questa sua nota speciale andò poi nelle opere posteriori sempre più -affievolendosi, finchè egli finì col diventare un gentile ed abile -imitatore di Mendelssohn. Ma Gade fece scuola in tutta la Scandinavia. -Fra i migliori musicisti della Danimarca contano _Emilio Hartmann_ -(1836-1898), _Giorgio Mailing_ (1836-1903), _Asger Hamerik_ (1843), -_Augusto Enna_ (1860) che si dedica con qualche fortuna principalmente -al dramma musicale, (_La Strega_, _Cleopatra_, ecc.), _Carl Nielsen_ -(1860). - -Maggiore impronta nazionale della danese ha la musica _norvegese_ -colle sue canzoni e danze caratteristiche (_Halling_, _Springer_, -ecc.). Ma forse più che alla maggior ricchezza melodica e varietà -delle sue canzoni essa deve la sua superiorità ai musicisti stessi, -fra i quali _Kjelruf_ (1815-1863) ed il celebre violinista _Ole Bull_ -(1810-1880) furono i primi che misero in onore la musica nazionale. -Il vero rappresentante della scuola norvegese ed ancor oggi il più -geniale ed importante è _Edgardo Grieg_ (1843-1907). Egli è il poeta -musicale della Scandinavia più di Gade e degli altri, ed ha contribuito -alla conoscenza dell'anima nordica altrettanto che Biornsön ed Ibsen, -perchè in ogni sua composizione, la più grande e la più piccola egli -non smentisce mai il carattere speciale della sua nazione e quasi -neppur volendolo sa liberarsi dall'influenza della musica popolare, -che è diventata sua seconda natura e che egli pur creando nuove -melodie e forme imita. La sua natura è un misto di elementi artistici -e popolareschi, i quali si fondono organicamente, sicchè l'opera che -ne risulta non ha nulla di artificioso ma è spontanea e sincera. Il -Concerto per pianoforte, le Sonate per violino, il Quartetto, ecc., -sono opere costruite secondo le norme della morfologia musicale, eppure -esse hanno un'impronta tutta speciale, perchè il contenuto è diverso, -diversa la melodia, il ritmo e l'armonizzazione. - -Grieg discende da Schumann ed è vero impressionista. Le sue opere -sono quasi sempre la traduzione poetica di un sentimento che occupa -il suo animo e che in lui, poeta dei suoni, trova eco e si estrinseca -nella sua arte. Le opere più note oltre le nominate sono due _Suites_ -(_Peer-Gynt_) per orchestra, una _Suite_ in stile antico per archi, -un'_Ouverture_, i pezzi lirici per pianoforte e molte delle sue -bellissime canzoni. Grieg non fu certo uno dei colossi della musica ma -piuttosto un delicatissimo e poetico miniatore. Perciò le sue migliori -opere non sono le più grandi, giacchè a lui mancava la potenza delle -concezioni grandiose. - -_Cristiano Sinding_ (1856) invece è padrone delle forme maggiori e -le predilige (Sinfonie, Concerti, Sonate, Quintetto, Trio, ecc.). -Confrontato con Grieg egli è certo più maschio e potente ma molto meno -poetico nelle sue opere, meno fortunato negli spunti, che sono alle -volte rudi ed aspri, meno nazionale nel colorito, meno lirico ma invece -molto più epico. - -Altri noti musicisti norvegesi sono _Giovanni Svendsen_ (1840-1911) che -scrisse ancor giovanissimo le sue migliori opere (Ottetto, Sinfonie, -Concerti, Leggende, Rapsodie, ecc.); _Gerardo Schjelderup_ (1859) -autore di drammi musicali e _Halfdan Cleve_ (1879) (Concerti per -pianoforte, ecc.). - -Quasi le stesse caratteristiche mostra la musica _svedese_. _Ivan -Hallström_ (1826-1901) cercò già per tempo di liberare l'opera -drammatica musicale dalle influenze straniere e darle un carattere -nazionale, però con poca fortuna, mentre maggiore ne ebbero i tentativi -di _Gio. Södermann_ (1832-1876) di innalzare le sorti della canzone -_svedese_ e di _Andrea Hallén_ (1846) per la musica istrumentale, che -si risente della musica di Wagner e Liszt. _Emilio Sjögren_ (1853) -(Sonate, pezzi per pianoforte, cantate, canzoni, ecc.), _Guglielmo -Stenhammer_ (1871) e _Guglielmo Peterson-Berger_ (1867) sono oggi i più -noti musicisti svedesi. - -Alla musica scandinava appartiene anche quella della _Finlandia_, -del paese dei mille laghi, una terra che ha pure una canzone popolare -propria, in molti riguardi diversa della scandinava e russa ma affine -ad ambedue. Fino a pochi anni fa il nome dei maestri nazionali non -oltrepassava i confini del paese. Oggi _Roberto Kajanus_ (1869) -ed ancor più _Jean Sibelius_ (1865) sono abbastanza noti nel mondo -musicale. Anzi molti chiamano ora Sibelius il caposcuola non solo -della musica finlandese ma della nordica in genere. Alle opere di lui -(poemi sinfonici, sinfonie, Concerto per violino, pezzi per pianoforte, -canzoni, ecc.), manca però quasi intieramente la nota ilare e gioconda -ed esse hanno somiglianza colla natura del paese dai lunghi inverni, -le fitte nebbie, rotte alle volte da qualche raggio di sole sbiadito, -che mostra gli stagni fumanti ed il verde pallido delle erbe. Anche -egli come Grieg non padroneggia le forme maggiori e non è di rado -frammentario. - -La musica _russa_ prima di Glinka ebbe ben poca importanza come arte -nazionale. Sarti, Galuppi, Martini, Paisiello e Cimarosa per non -nominare che i maggiori, soggiornarono a lungo nella Russia e vi -scrissero molte delle loro opere. Il vero creatore della musica russa è -_Michele Glinka_ (1804-1857) l'autore della _Vita per lo Czar_ (1837) e -_Russlan e Ludmilla_, ambedue pregne di carattere e melodia nazionale, -con novità di ritmi ed armonizzazione ma ben lontane da meritare -gli esagerati entusiasmi, che destano ancor oggi nella loro patria. -Quasi contemporaneo è _Alessandro Dargomisky_ (1813-1869) (_Russalka_ -e _Convitato di pietra_) forse meno ispirato di Glinka ma ricco di -sentimento drammatico e ricercatore di nuove forme. In questo riguardo -si può anzi dire che egli col suo recitativo melodico, base di tutto -il suo Convitato di pietra, ha molti punti di affinità cogli autori -più moderni. _Alessandro Seroff_ (1820-1871) (_Giuditta_, _Rogneda_) -completa la triade ma non raggiunge neppur lontanamente i suddetti. - -Il vero e decisivo impulso a creare di proposito una vera arte -musicale russa partì dal cosidetto cenacolo dei cinque (_Balakireff_, -_Cui_, _Borodine_, _Rimsky-Korsakoff_ e _Moussorzsky_), che per caso -originariamente furono o uomini di scienza o soldati. Era l'epoca del -fermento prodotto dalle opere di Berlioz, Liszt e Wagner ed in genere -della musica programmatica e descrittiva. I cinque nominati bandirono -la crociata contro la musica italiana e francese ed accettando i -nuovi principî cercarono di metterli in pratica nelle loro opere sia -drammatiche che sinfoniche. Supremo scopo poi era di dare alla loro -musica una vera impronta nazionale togliendola dalla melodia e dal -ritmo delle canzoni popolari. Queste col loro carattere oscillante fra -il maggiore e il minore, somigliante molte volte alle antiche tonalità -di chiesa, con elementi orientali frammischiati furono dai sudetti -sapientemente utilizzati ed imitati ed hanno dato alle opere della -scuola russa moderna un certo carattere esotico ed originale che ne è -forse il maggior pregio. Il ritmo della musica russa ha qualche cosa di -elementare che deriva più dalla razza che dalla volontà del musicista -ed è svariatissimo (anche p. e. in 5/4, 5/8, ecc.). - -Il più audace innovatore dei nominati è _Modesto Moussorzky_ -(1823-1881) quantunque egli non ebbe mai sufficiente padronanza -della parte tecnica della sua arte. Egli è l'autore dell'opera _Boris -Godounov_, che quando fu data la prima volta nel 1877 a Pietroburgo -fu derisa e cadde miseramente, mentre oggi si considera come l'opera -più audace e nuova della scuola russa. In essa l'arte sinfonica non ha -alcuna parte, ma tutto è conciso, rapido ed eminentemente drammatico. - -_Cesare Cui_ (1835) scrisse più opere drammatiche, _Angelo_, -_Ratcliff_, ecc., e sinfoniche. Ma il suo maggior merito sta -nell'aver combattuto accanitamente per i nuovi ideali specialmente -coi suoi scritti e la sua propaganda. _Al. Borodine_ (1834-1887) -gli fu nell'ispirazione di gran lunga superiore e ci lasciò poche ma -belle opere quali, p. es., il secondo quartetto, la sinfonia in _do -minore_. Il suo _Principe Igor_, opera rimasta incompiuta e finita -poi da Rimsky-Korsakoff e Glazounow è scritta piuttosto nello stile -antico ma contiene nelle danze e nei cori delle pagine stupende di un -colorito smagliante. _Nicola Rimsky-Korsakoff_ (1844-1908) fu di tutti -il più sapiente e molti dei giovani musicisti russi, che contano fra -i migliori, furono suoi scolari. Egli si provò in tutti i rami della -musica e quasi in tutti con fortuna (opere drammatiche _Sadko_, _Notte -di maggio_, _Pskovitaine_, ecc., sinfonie, poemi sinfonici, _Antar_, -_Sheherezade_, quartetti, Concerti, ecc.). - -Ma più che tutti questi musicisti sono noti al mondo internazionale -i loro contemporanei _Antonio Rubinstein_ (1829-1894) e _Pietro -Tschaikowsky_ (1840-1893). Il primo, celebre pianista e fecondissimo -autore di opere teatrali (_Nerone_, _Feramor_, _Maccabei_, _Demonio_, -ecc.), sinfonie, concerti, musica da camera, canzoni, oratorî, ecc., è -oggi pressochè dimenticato, quantunque nelle sue opere sieno numerosi -i momenti di vera ispirazione geniale. Ma in tutta la sua stragrande -produzione non c'è un'opera di maggior mole che sia veramente perfetta. -Spunti dei più eletti si avvicendano con frasi comuni, ed ad un tempo -riuscitissimo ne seguono degli altri, scritti senza ogni cura, nei -quali l'autore si trascina innanzi con lunghe esposizioni e lavori -tematici senza alcun valore. - -Tschaikowsky è più moderno, più sincero per quanto più bizzarro, più -lirico che drammatico. Egli è incoerente nello stile ma spesso assai -ispirato. Fra le sue opere (_Eugen Onegin_, _Jolanda_, _Mazeppa_, -ecc., Sinfonie, Quartetti, Concerti, Suites, ecc.), emerge su tutte la -sesta sinfonia in _Si minore_, la patetica, una delle migliori opere -sinfoniche degli ultimi decenni, calda di fantasia, piena di contrasti, -varia nei ritmi e coloriti. - -Tanto Rubinstein che Tschaikowsky non sono musicisti sì schiettamente -nazionali quanto i suddetti, quantunque molti dei temi delle loro -opere abbiano carattere russo nazionale, ciò che vale specialmente -delle composizioni di Tschaikowsky. La nuova scuola russa li ha perciò -piuttosto trascurati e cominciò col foggiare la sua musica servendosi -quasi intieramente di melodie nazionali. Così le opere di _Alessandro -Glazounow_ (1865), il capo dei giovani russi (7 sinfonie, poemi -sinfonici, quartetti, ecc.), talento fecondissimo e precoce, fino alle -ultime di pochi anni fa, sono di carattere spiccatissimo nazionale -quasi ostentativo e lo stesso si può dire di quelle degli altri -migliori: _Soloview_, _Liadow_, _Juon_, _Tanéjew_, _Glière_, ecc. - -Da qualche tempo è però sensibile una certa reazione, del resto -salutare ed utile, perchè la troppa predominanza dell'elemento melodico -nazionale finiva a rendere monotone le nuove opere. La produttività dei -musicisti russi moderni è stragrande. Venuti tardi essi sembrano quasi -voler guadagnare il tempo perduto e le loro sinfonie, poemi sinfonici -e quartetti non si contano più. Il pubblico cosmopolita accolse tutte -queste opere con grande simpatia, perchè esse portavano finalmente -una nuova nota. Ma oggi si può ormai accorgersi di una diminuzione -di interesse, come è successo colla musica nordica. Le melodie russe -sono poco varie, o nenie melanconiche, che ricordano le steppe oppure -piccole danze che si ripetono fino all'infinito. Il loro valore -intrinseco è perciò molto relativo e se quei temi possono servire ad -episodi e sono suscettibili di coloriti svariati, essi si adattano -poco ad essere usati nelle forme maggiori della musica. Ma comunque -ciò sia, la musica russa ha avuta una certa influenza sulla musica -moderna in generale e ci ha resi attenti ad una quantità di musicisti, -maestri dell'arte dell'orchestrazione e dell'armonia quasi sempre assai -interessante, ricchi di temperamento esuberante, concettosi e non di -rado ispirati ma altresì spesso bizzarri e brutali nella ricerca dei -contrasti più crassi, poco amanti del serio lavoro tematico ed ancor -lontani dal raggiungere quel grado di misura che è necessario alle -opere durature. - -La disposizione del popolo _boemo_ alla musica è proverbiale ed -infiniti sono i musicisti boemi specialmente suonatori di strumenti, -dai più celebri virtuosi ai più meschini suonatori girovaghi. Ma una -vera musica boema oltre a quella delle canzoni e danze popolari si -venne formando soltanto dopo che anche i boemi si ricordarono di non -essere soltanto una parte dell'Austria ma una nazione con lingua e -letteratura propria e si destò il sentimento nazionale e patriottico. - -Il padre della nuova musica boema è _Federico Smetana_ (1824-1884), -vero musicista di razza, il creatore dell'opera nazionale (_La sposa -venduta_, _il Secreto_, _Dalibor_, _Il bacio_, ecc.), ed autore di una -specie di epopea nazionale in musica, _La mia patria_, serie di sei -poemi sinfonici, scritti a somiglianza di quelli di Liszt, ma certo -più ispirati e più semplicemente concepiti. Pochi anni prima della sua -morte minacciato dalla pazzia e quasi sordo scrisse un quartetto per -archi _Dalla mia vita_, che è un'opera di gran passione e sentimento -tragico. Fra le opere teatrali _la Sposa venduta_ è la migliore -e la sua freschezza melodica e ritmica va a gara con una fattura -sapientissima ed un colorito orchestrale dei più fini. - -L'eredità di Smetana fu raccolta da _Antonio Dvorak_ (1841-1904), -senza dubbio il più grande musicista boemo, dotato di ispirazione, -ricco di fantasia, colorista per eccellenza, spontaneo e fecondo. -La musica di Dvorak (opere teatrali, quartetti, sinfonie, concerti, -oratori, poemi sinfonici, ecc.), ha l'impronta nazionale ma essa -gli viene più per istinto che per volontà, diversamente da Smetana. -Meno profondo e sapiente di Brahms, che fu quegli che gli aprì la -strada nel mondo musicale, egli è certo di lui più melodioso, più -accessibile al pubblico. Il campo in cui egli eccelse e scrisse opere -forse durature è quello della musica assoluta. Ma dopo un soggiorno di -alcuni anni in America egli si convertì per sua disgrazia alla musica -programmatica e le sue ultime opere non possono mettersi a paro con -quelle anteriori. Dvorak era un musicista troppo istintivo, soltanto -un musicista, non complicato con un esteta e filosofo ed egli si fermò -soltanto all'esteriorità e credette bastare la traduzione musicale -di un soggetto poetico passo per passo, verso per verso, per scrivere -dei poemi sinfonici. Ad onta di ciò c'è tanto d'ispirato e sano nella -sua musica, tanta superiorità tecnica e tanto splendido colorito -orchestrale da non comprendere come le sue opere ad eccezione di -qualche quartetto vadano ormai in dimenticanza. - -Un altro musicista boemo che meriterebbe esser più noto di quello che -è, fu _Zdenko Fibich_ (1850-1900), vero poeta del pianoforte. Fra i -contemporanei si distinguono _Viteslavo Novâk_ (1870), ardito e nuovo, -_Giuseppe Suk_ (1874). - -Una vera musica _inglese_ non esiste ad eccezione di quella delle -vecchie canzoni, alle quali non si può negare una fisionomia propria. -Eppure anche in Inghilterra si coltivò e si coltiva con amore e -perseveranza la musica ed i maggiori maestri di tutte le nazioni -vi trovarono o personalmente o colle loro opere sempre cordiale -accoglienza. Le sorti della musica inglese si rialzarono però già da -molti anni e mentre prima non si potevano nominare oltre i musicisti di -altri tempi che due inglesi, che ebbero anche sul continente qualche -fama (_Vincenzo Wallace_ (1814-1865) la _Maritana_ e _Michele Balfe_ -(1808-1870) la _Zingara_) oggi sono parecchi i maestri inglesi che sono -notissimi specialmente nel ramo dell'oratorio e della musica sinfonica. - -Questi sono _Alessandro Mackenzie_ (1847), _G. A. Macfarren_ -(1813-1887), _Arturo Sullivan_ (1842-1900), _Ferd. Cowen_ (1852), -_Carlo Standford_ (1852), _Hubert Parry_ (1848), _Granville Bantock_ -(1868) e sovratutti _Edoardo Elgar_ (1857). - -Quantunque quasi tutti questi musicisti si dedicarono anche alla musica -istrumentale, la loro predilezione è però rivolta all'oratorio sia -biblico che di altro soggetto e ciò forse meno per un bisogno artistico -della loro anima quanto per il fatto, che i numerosi festivals annui -provocano una produzione di simili opere, che negli altri paesi sono -in completa decadenza. La possibilità poi di esecuzioni con gran masse -corali assai disciplinate influisce altresì sui maestri, che come p. -e. Bantock ha potuto scrivere una grande sinfonia corale, _Atalanta a -Caledonia_ (1912) senza orchestra per venti gruppi di voci usate come -strumenti. Di tutti questi oratori due soli sono noti sul continente, -_il sogno di Geronzio_ e gli _Apostoli_ di Elgar. - -Una posizione a parte prende _Ethel Smyth_ (1858) uno spirito -irrequieto che cominciò seguendo vie già battute per trasformarsi -e convertirsi poi ad una lingua più moderna nelle sue due opere, la -_Foresta_, e specialmente i _Naufraghi_. Fra le donne compositrici -Smyth supera certo di gran lunga le colleghe d'ogni paese. - -Quantunque la musica inglese sia piuttosto di carattere conservativo, -anch'essa non ha potuto sottrarsi al modernismo musicale odierno e non -mancano giovani musicisti, che hanno tendenze nazionali e cercano di -dare un carattere specifico alla musica inglese basandosi specialmente -sulla canzone popolare. A questo gruppo appartengono _Ralphe Vaughan -Williams_ (1872), _Percy Grainger_ (1882) e _Cirillo Scott_, il più -avanzato fra i nominati. In ultima linea manca però alla musica moderna -inglese ancora la vera ispirazione ed essa è internamente piuttosto -fredda e senza passione. - -La musica _americana_ è ancor giovane e manca come l'inglese di propria -fisionomia, non esistendo una vera canzone popolare. L'unico musicista -americano, che ha una nota specifica è _Edvardo Mac Dowel_ (1861-1908), -autore di poemi sinfonici, concerti, suites, ecc. Le sue migliori opere -sono però certo quelle per pianoforte e specialmente le minori (_Sea -pieces_, ecc.) e molte canzoni. Altri musicisti americani di qualche -nome sono: _Edgar Kelley_ (1857), _Giorgio Cladwik_ (1854) e _Orazio -Parker_ (1863). - -A completare l'enumerazione delle scuole nazionali sono da aggiungersi -la _belga_ o _fiamminga_ e la _spagnuola_ quantunque per ambedue -non si possa parlare di tendenze decisamente nazionali. _Pietro -Benoit_ (1834-1901) ha scritto più opere teatrali ed oratori su -testi fiamminghi ma senza una vera nota personale. _Edgardo Tinel_ -(1854-1912) ebbe qualche successo col suo oratorio _Franciscus_ ma -egli è nelle sue opere piuttosto dotto che ispirato. _Jan Blockx_ -(1851-1912) è con _Paolo Gilson_ (1865) forse il più originale e -moderno dei nominati. - -Un'opera _spagnuola_ o _portoghese_ non esiste e la musica di quei -paesi dopo Vittoria, Morales e Guerrero non ha quasi più importanza -nella storia della musica e si contenta di produrre _Zarzuele_ -(operette). Un'eccezione è però da farsi per _Filippo Pedrell_ -(1841), dottissimo cultore degli studî musicali storici ed autore -di una Trilogia: _I Pirenei_ (1902) opera di gran polso, concepita -modernamente. Negli ultimi anni è però innegabile un risorgimento -anche nella Spagna e le opere dei musicisti moderni (_Ripolles, Pujol, -Morera, Manuel de Falla, Laparra_ e _Turina_, ecc.), cominciano a -mostrare serietà di studî ed un nuovo indirizzo promettente. - -Il maggiore di tutti i musicisti spagnoli moderni e quello che sembrava -destinato a rialzarne le sue sorti fu _Isacco Albeniz_ (1861-1910). -Più che le altre sue opere sono quelle per pianoforte, specialmente la -raccolta _Iberia_, che lo innalzano sugli altri. Gli spagnoli moderni -compreso Albeniz derivano però dalla scuola modernista francese e -di veramente nuovo non c'è nelle loro opere che l'elemento spiccato -popolaresco, che però non è gran fatto vario, perchè non sa sortire dal -ritmo di danza. - - - LETTERATURA - - Walter Niemann — _Die Musik Skandinaviens_, Breitkopf und Härtel. - - Soubies A. — _La musique scandinave au XIX siècle_. Rivista - italiana, anno 8º, fasc. 2º, e 9º fasc. 4º. - - Harwart E. — _La musique actuelle dans les Etats Scandinaves_, - Paris, Fischbacher, 1910. - - H. F. Finks — _Edvard Grieg_, London, John Lane, anche trad. ted. - Stuttgart. Grüninger. - - Schielderup und Niemann — _Grieg biografie_, Lipsia, Peters - - Cui C. — _La musique en Russie_, Paris, Fischbacher, 1881. - - Soubies A. — _Précis de l'Histoire de la musique russe_, Paris, - Fischbacher, 1903. - - Bernstein N. — _Anton Rubinstein_, Lipsia. - - Zabel E. — _Anton Rubinstein_, 1892. - - Calvocoressi — _Glinka_, Paris, 1911. - - Knorr. I. — _Tschaikowsky_, Berlino, 1900. - - Tschaikowski M. — _Tschaikowski_, 1904, trad. in tedesco da P. - Iuon. - - Calvocoressi — _Moussorzsky_, Paris, 1910. - - Pougin A. — _Essai historique sur la musique en Russie_. Rivista - musicale italiana, Vol. III. e IV. - - Bruneau A. — _Die russische Musik_, Berlin, Bard-Marquardt et Comp. - - Batka R. — _Geschichte der boemischen Musik_, Berlin, - Bard-Marquardt et Comp. - - Streatfeild R. A. — _Musiciens anglais contemporains_, Paris, 1913. - - Maitland J. A. Fuller — _Englische Musik in the XIX century_, - London, Grand Richards, 1902. - - Elson L. C. — _The history of American Music_, New-York, Macmillan, - 1904. - - Soubies A. — _La musique en Espagne_, Paris, 1900. - - - - -CAPITOLO XXII. - -La musica italiana, francese e tedesca dei nostri giorni. - - -Il progresso che la coltura musicale ha fatto durante gli ultimi -decenni in Italia è veramente notabile. Per comprenderlo è necessario -richiamarsi alla memoria i tempi non molto lontani, quando l'ignoranza -la più crassa circa le maggiori opere della musica istrumentale ed -in genere della straniera era la regola e, ciò che è peggio, questo -non valeva soltanto per il pubblico ma anche per la maggior parte dei -musicisti stessi che senza ombra di veri ideali e senza sufficiente -preparazione si mettevano a scrivere per il teatro. Su questo triste -stato di cose influiva l'istruzione che s'impartiva ai giovani nei -Conservatori da maestri senza vera coltura nè musicale nè generale, -che si contentavano di insegnare quel tanto della loro arte che -era assolutamente necessario e che, perchè essi avevano scritto un -paio d'opere teatrali, avviavano i loro allievi per quella strada, -che allora era l'unica aperta, anche se essa non si adattava al -talento specifico dello scolaro. A difficoltare poi il miglioramento -contribuiva il concentrarsi dell'interesse del pubblico al solo teatro, -che non era che luogo di divertimento e svago ma ben raramente di -educazione e coltura. La mancanza di orchestre stabili e società corali -costringeva del resto i musicisti a trascurare altri rami della musica -oltre la teatrale. - -Tra i primi che contribuirono al risveglio musicale ed a rialzare la -coltura vanno nominati _Alberto Mazzuccato_ (1813-1877) direttore -del Conservatorio di Milano, miglior maestro che compositore, uomo -di profondo sapere, critico perspicace e studioso di nuove cose ed -_Antonio Bazzini_ professore di composizione e poi direttore del -Conservatorio di Milano. - -Eran quelli gli anni della maggior vitalità delle opere di Giuseppe -Verdi, che brillava quale astro solitario ed era l'unico rappresentante -vivente della musica italiana all'estero. Ma per ragioni che non è qui -il luogo di ricercare, le opere di Verdi non ebbero nella sua patria -tanti imitatori, quanto si avrebbe potuto credere ed i nuovi maestri -cercarono altri modelli da imitare, che dapprima furono Gounod e poi -Bizet e finalmente Massenet. Di un'imitazione wagneriana non si poteva -parlare nè prima nè dopo, giacchè se è innegabile che i principî -cardinali delle teorie wagneriane hanno influito in genere su tutta la -musica da teatro, i maestri italiani dalle opere di Wagner appresero -soltanto alcuni procedimenti tecnici ma si fermarono piuttosto -alla superficialità, ciò che fu forse fortuna, giacchè l'imitazione -wagneriana ha in Germania e Francia isterilito una quantità di talenti -di secondo rango. - -Un maestro dell'epoca di transizione, per non parlare di Arrigo Boito, -che sta a parte e di _Cesare Dominicetti_ (1821-1888) che è dimenticato -più di quanto merita, fu _Alfredo Catalani_ (1854-1895). Educato -prima di compire i suoi studi in Italia al Conservatorio di Parigi, -egli cominciò con un'egloga musicale _La falce_ (1875) che sembrò ai -suoi tempi una rivelazione e che è da mettersi fra le sue migliori -composizioni. Seguirono poi l'_Elda_, opera farraginosa ma piena di -promesse, che divenne poi la _Loreley_, l'_Edmea_ più facile ma di -minor valore, la _Dejanice_ e la _Wally_ (1892) che ancora si eseguisce -con plauso. Catalani fu fra i primi in Italia ad abbandonare le antiche -forme ed a creare il dramma musicale. Egli era un'anima gentile, -delicata, inclinante al patetico e sentimentale senza troppo impeto -drammatico. La sua vena inventiva non è gran fatto originale nè potente -ma sempre fine. Egli è un pittore di primo rango e sa descrivere con -mille interessanti particolari il paesaggio. In ordine di tempo egli -è da ritenersi il primo della scuola dei cosidetti veristi posteriori, -per quanto i libretti, che egli mise in musica appartengono al più puro -ed esagerato romanticismo, e tale lo fanno la maniera di concepire il -dramma musicale, la ricerca dei particolari e traduzione del testo. - -La parola verismo musicale e la scuola italiana del verismo è di data -posteriore ed il nome ci venne dalla Germania. In complesso la prima -non vuol dir nulla, giacchè se per essa s'intende imitazione di cose -del mondo esterno coi mezzi della musica, i maestri italiani non furono -più veristi di altri stranieri. Comunque, i maestri italiani moderni -hanno una fisionomia propria e pur mantenendo abbastanza fedelmente -il carattere nazionale, hanno influito a creare l'opera moderna, -liberandola da tutto il romanticismo antico e sostituendo a marionette -storiche o d'invenzione veri uomini che sentono, soffrono, amano, -odiano e gioiscono. - -Ma se ciò successe, non bisogna credere che il merito sia esclusivo -dei musicisti, chè essi non fecero anzi che seguire l'indirizzo dei -tempi e della produzione letteraria, che s'era già messa per quella -via. L'ambiente era perciò preparato ed è naturale che i giovani -musicisti, figli del loro tempo, abbiano cercato quei drammi che più -s'adattavano all'indirizzo ormai generale. Dato questo, era sottinteso -che il musicista che sceglieva un dramma scritto alla maniera nuova, -non poteva metterlo in musica come si faceva prima. Del resto la -predilezione di soggetti del più crasso realismo fu cosa abbastanza -passeggiera e come i romanzi di Zola hanno perduto oggi gran parte -del loro interesse, i musicisti hanno quasi cessato di occuparsi -esclusivamente di fatti di sangue ed azioni da postribolo. Qualunque -però sia il giudizio che si vuol dare delle opere musicali nate sotto -questa stella, il fatto dell'immenso successo che alcune di esse ebbero -non soltanto in Italia ma anche in altri paesi, è prova del principio -di vitalità a loro inerente e noi fummo non solo liberati dall'incubo -dell'imitazione wagneriana ma furono aperte nuove vie all'opera -moderna, che forse sarà la psicologica, cioè quella che cercherà -scrutare i più profondi sentimenti umani. Egli è perciò ben a torto -che la critica, specialmente la straniera, si è divertita a detrarre in -ogni modo le opere dei maestri italiani moderni ed a voler disconoscere -quel tanto di nuovo e quei sani principî che esse contengono e far -credere che il tutto non fu che una bolla di sapone o una felice -speculazione di un accorto editore. - -Di tutte le opere di questi maestri la più fortunata e quella che -ancor oggi conserva quasi tutta la sua vitalità è la _Cavalleria -Rusticana_ (1890) di _Pietro Mascagni_ (1863), un'opera di genio ad -onta dei suoi gravi difetti, piena di impeto e calore di giovinezza, -ricca d'ispirazione, chiara, drammatica, sincera e nazionale, che non -sarà senza importanza nella storia della musica teatrale, perchè per -la prima volta vi domina l'elemento popolare semplice ed istintivo. I -difetti stanno specialmente nella deficienza del lavoro tematico, alla -quale cercano supplire le ripetizioni in altri toni, nella ricerca -troppo palese dell'effetto con mezzi spesso affatto esteriori e comuni, -in somma nella superficialità dell'apparato tecnico. Mascagni diventò -colla Cavalleria specialmente per gli stranieri l'antesignano della -scuola verista probabilmente senza merito o colpa, perchè fu certo -il caso che gli offrì un buon libretto nè egli quando lo scelse era -uomo da mulinare nella sua mente riforme. La Cavalleria divenne il -modello di molte altre opere che sono scritte sulla stessa falsariga -e che esagerano i difetti di Mascagni. Due di queste _A basso porto_ -di _Nicola Spinelli_ e _Santa Lucia_ di _Antonio Tasca_, si mantennero -alcun tempo nel repertorio dei teatri di Germania e sembravano buone -promesse, che però non ebbero seguito. - -Mascagni non seppe più raggiungere colle sue opere posteriori, il -successo della Cavalleria. Già _L'amico Fritz_ ed i _Rantzau_ non hanno -più la spontaneità melodica della prima opera e vi si sente la volontà -di essere più ricercato, più fine specialmente nell'armonia, che del -resto è spesse volte nuova ed interessante. Nei Rantzau poi c'è troppa -spezzatura ed un affannoso cambiamento di tempi senza necessità ma -solo per amore di nuove cose. Del _Ratcliff_ si disse che fosse opera -in parte scritta prima della Cavalleria. Comunque, è innegabile che è -opera forte e che contiene delle splendide pagine. L'_Iris_, venuta -dopo, è l'opera che si distacca di più da ogni altra del maestro, -compresa l'_Amica_ e le _Maschere_. Il soggetto giapponese ne fu -soltanto in parte la cagione, giacchè della musica giapponese Mascagni -non potè o volle servirsi e neppure del colorito locale. Ma egli, come -prima di lui fece Bizet, si creò egli stesso un ambiente nuovo con -colorito speciale adatto, ciò che val più che seminare quà e là qualche -spunto melodico tolto dalle canzoni popolari ed ha adornato la delicata -creatura giapponese di molte grazie, soffondendola di una grande -poesia, che esala il suo profumo in tutta l'opera, certo la migliore -e più ispirata dopo la Cavalleria. Le _Maschere_ non ebbero successo -e ben difficilmente potevano averlo per l'infelicissimo libretto che -è inetto a poter ispirare un musicista e perchè la musa di Mascagni ha -ben poco di comico ed è naturalmente drammatica e passionale. Oltre a -ciò a Mascagni mancava la coltura necessaria ed il senso storico per -riescire a rianimare le antiche maschere italiane oppure realizzare -musicalmente la satira, che il poeta forse aveva in mente. - -Le tre ultime opere (_Amica, Isabeau, Parisina_) segnano ormai una -completa decadenza. A Mascagni non fanno certo difetto il talento, -l'ispirazione, la foga drammatica, l'intuizione, insomma tutto -quello che era necessario per farne un grande maestro. Ma a lui -mancano invece la severa critica e la disciplina verso se stesso, -l'assoluta serietà di propositi, una cultura musicale estetica ed -anche la sapienza tecnica. Mascagni è un miscuglio di geniale e -mediocre, spesso superficiale ed ineguale. Egli non ha veri principi -e persuasioni fondate ma passa dal verismo al romanticismo ed al -simbolismo senz'altra cagione del caso che gli porta un libretto -invece d'un altro. Data questa sua natura e psiche era forse meglio -per lui rimanere sempre lo stesso, quello della Cavalleria, come gli -antichi maestri, che si recavano alcuni mesi o settimane prima in -una città per scrivervi un'opera magari senza saper quale, insomma -non preoccuparsi di problemi estetici e tecnici ma scrivere come gli -dettava l'ispirazione del momento. Il volersi affinare e cambiare fu -possibile ad una natura riflessiva ed austera come quella di Verdi -ma non a lui. Egli lo tentò ma non è riuscito che a snaturarsi. Di -questa decadenza i sintomi sono già palesi nell'Amica, che nulla ha -di nuovo e che è anche melodicamente deficiente. L'Isabeau è forse -meno tormentata della sorella ma in essa si ripete il tentativo di -riescir nuovo ed interessante con procedimenti piuttosto ingenui come -p. e. l'eterno modulare senza vera ragione ed il contorcimento della -melodia, ciò che s'era già palesato nei Rantzau. L'intermezzo è di una -povertà opprimente e nulla ha di sinfonico come in genere la musica -di Mascagni. Perchè poi egli, mancante affatto di vena mistica e che -non fu mai certo un sognatore abbia scelto un soggetto come Isabeau, -è difficile capire, se non si vuole ammettere che anch'egli abbia -voluto sacrificare alla mania erotica del tempo, per quanto l'erotismo -nell'Isabeau non sia che latente. E come era naturale il musicista -non ha potuto ispirarsi ad un libretto rancido di romanticismo dove le -didascalie devono supplire alla vita drammatica e non ha trovato che -frasi musicali internamente vuote. Nè miglior sorte ebbe la Parisina, -dove la magniloquenza di D'Annunzio ha trascinato Mascagni ad un -continuo fraseggiare senza nerbo e contenuto, perchè nessun musicista -ha bisogno come egli di un testo semplice, tutto materiato d'azione e -senza disquisizioni. E Mascagni, che pur altre volte ebbe dei momenti -ispirati e felici nella descrizione della natura, specialmente del -mattino, non ha saputo neppur tradurre quel tanto di poetico, che pur -c'è nell'ambiente della Parisina. - -Mascagni oggi non conta pressochè più che per la sua Cavalleria e -ciò è triste, perchè egli per la sua esuberante passionalità, per -l'italianità della sua vena ingenua ma sincera e spontanea sembrava -destinato a rinnovellare il melodramma italiano. - -Quasi pari al successo della Cavalleria fu quello dei _Pagliacci_ -(1892) di _Ruggero Leoncavallo_ (1858) che pur egli non seppe poi -più raggiungere colle opere posteriori. La fortuna dei Pagliacci è -d'ascriversi tanto al musicista che al poeta, riunito sì in questa che -nelle altre opere in una sola persona. Ma in confronto della Cavalleria -troviamo nei Pagliacci ben minore originalità ed ispirazione ed invece -più riflessione e pratica del teatro con una buona parte di fraseologia -musicale piuttosto vuota ad onta dell'apparente magniloquenza. Certo -è però che la musica della piccola pantomima o commedia dell'arte -è felicissima e che è trovato il passaggio dalla farsa alla realtà -tragica. In genere si può anzi dire che il meglio delle opere di -Leoncavallo sta nelle parti di carattere leggiero e che allora la sua -musica diventa snella e varia come p. es. nella musica cantata da ballo -dei _Medici_, nei due primi atti della _Bohème_ ed in qualche parte -di _Zazà_, mentre dove l'azione diventa intensamente drammatica e la -musica dovrebbe alzarsi, essa è incolore e le manca la nota ispirata. -Perciò Leoncavallo fallì quasi intieramente la prova col _Rolando di -Berlino_, per quanto egli abbia messo ogni cura a mettere in musica -un libretto, che non gli conveniva e gli fu imposto da un capriccio di -regnante, nè miglior sorte ebbero le sue opere ed operette posteriori. - -Ma se la stella di Mascagni e ben più quella di Leoncavallo va -tramontando, il successo rimane pur sempre fedele a _Giacomo Puccini_ -(1858). Egli fu fra i primi della cosidetta nuova scuola ad entrare -nell'agone colle _Villi_ (1884) un soggetto, che col verismo nulla -ha da fare, ciò che dimostra come il nuovo indirizzo ha ben altra -provenienza di quella che si crede, specialmente fuori d'Italia. Le -Villi sono caratteristiche per giudicare dell'opera del musicista, -perchè Puccini palesò in questa piccola opera tutte le sue principali -qualità, che non hanno subito poi grandi trasformazioni. Alle Villi -seguì l'_Edgar_, opera oscillante fra il vecchio ed il nuovo senza -sicurezza d'indirizzo e che non ebbe successo. Ma la rivincita venne -presto colla _Manon_, che è forse ancor oggi la miglior opera del -maestro, specie nel primo atto, ricco d'invenzione melodica, gran -movimento ritmico, varietà e spontaneità oggi assai rara. La _Bohème_ -è invece l'opera più diffusa e generalmente applaudita. Ma tanto essa -quanto la _Tosca_, per quanto questa accentui la nota tragica ed anche -_Madame Butterfly_ derivano in ultima linea dalla Manon. Nè Puccini -si è cambiato nella sostanza della sua ultima opera _la Fanciulla -del West_ che nell'aver continuato il processo d'assimilazione già -incominciato colla Butterfly del nuovo sistema armonico e di averlo -saputo modificare secondo i suoi bisogni e la sua natura come nessun -altro meglio di lui. Melodicamente egli è rimasto sempre lo stesso -ed egli supplisce anche nella Fanciulla del West alla mancanza di -vera forza drammatica col frammettere con arte innegabile a tutte -le peripezie veristiche ed alla fretta del libretto frasi melodiche -che spesso sono ispirate e pur non interrompono troppo l'incalzare -dell'azione. Di ciò ne è prova specialmente il primo atto che ha in -questo riguardo molta somiglianza col primo della Manon. Tosca e la -Fanciulla del West sono i tentativi di Puccini nel campo dell'azione -tragica a forti tinte ed ambedue non si possono dire veramente -riusciti, giacchè egli è un'anima essenzialmente lirico-patetica, che -fallisce alla prova, quando egli vuole oltrepassare il limite messo -alle sue forze, le quali bastano a cogliere felicemente un momento -fuggevole ma non a dipingere un quadro a grandi linee. - -Lo stile di Puccini, e che egli abbia uno stile proprio nessuno vorrà -negare, è fatto di sfumature e carezze ed è certo meno nazionale di -quello di Mascagni. Egli lo ha formato sulle orme di Bizet ed ancor -più di Massenet, che gli è affine, ma ha saputo dargli fino ad un certo -punto una nota propria. La sua musica non predilige le grandi linee, i -grandi quadri ma è a piccoli disegni di trama sottilissima e delicata, -che l'autore con un'arte veramente incomparabile dell'istrumentazione -ci fa apparire sempre sotto nuovi aspetti. Ma egli è di tutti i -musicisti italiani il più accurato ed è incredibile come egli sappia -seguire le parole anche quando queste sono pedisseque, pur mantenendo -il periodo musicale e rialzando colla musica la prosa del testo. I -soggetti delle sue opere (Manon, Tosca, Mimì, Butterfly, Minnie), -ci indicano la caratteristica del maestro, che tenta di penetrare -l'anima femminile nelle sue più sensibili fibre ed è naturale, che da -ciò dipenda quel tanto di flebile sentimentalità, che è proprio della -sua musica, povera di rude maschiezza e grandiosità ma quasi sempre -delicatissima e piena di poesia. E ciò non è sì poco da giustificare -tutte le critiche acerbe, che subirono in Italia e specialmente -all'estero le opere di Puccini, che non è certo della stirpe verdiana -ma al quale non si può negare sapienza, accuratezza e neppure -ispirazione. Egli del resto non ha quasi mai tentato di parere quegli -che non è e dove l'ha fatto, ha saputo con grande intuizione foggiare a -suo modo il libretto, per farlo corrispondere al suo ingegno. E per ciò -è ingiusto il voler pretendere da lui quello che non volle e forse non -potè darci. - -_Umberto Giordano_ (1867) e _Alberto Franchetti_ (1869) contano pure -fra gli autori italiani più noti. Giordano si affermò già presto colla -_Mala vita_ (1892). _Regina Diaz_ non piacque ma fu grande invece -il successo di _Andrea Chenier_ e quasi pari quello di _Fedora_. -Le ultime opere _Siberia_, _Marcella_ e _Mese mariano_ non ebbero -gli stessi applausi delle consorelle, nè si può neppur dire che la -novissima _Madame Sans-Gêne_ (1915) ci abbia palesato una nuova nota -od un progresso, ciò che del resto era prevedibile data la specie di -libretto episodico e ribelle alla musica. La quale per necessità se -ne risente e riesce frammentaria ed ineguale, difetto solito della -musica del maestro, che si contenta di seguire le scene senza grandi -preoccupazioni di unità di stile ed altro. La musica di Giordano -non ha veramente una fisionomia propria ma essa si distingue però -in qualche modo da quella degli altri. Egli è dei nominati forse il -più cerebrale ed il meno spontaneo ma sa calcolare sapientemente gli -effetti ed ha l'istinto del teatro. La sua tecnica è assai sviluppata -e se la sua ispirazione melodica non è gran fatto potente, non gli -manca però qualche volta la frase calda, quando il dramma lo richiede, -mentre in altre parti egli si contenta di illustrare fedelmente e con -grande varietà e sicurezza le parole e situazioni. Perciò la musica di -Giordano ha bisogno della scena e ben poco ci dice senza di questa, ciò -che in sè non è un difetto. - -Alberto Franchetti veniva considerato in Italia fino pochi anni fa -come il più dotto dei musicisti italiani moderni che si dedicarono -al teatro. Ed in verità nessuno fra i colleghi ha mostrato di sapere -quanto lui, che studiò alla scuola di Rheinberger e Draeseke, far -uso della polifonia per costruire pezzi di grandi dimensioni alla -guisa di Meyerbeer, col quale ha qualche lontana somiglianza, nè le -opere italiane moderne hanno molto da mettere a paro coi cori del -secondo atto del Cristoforo o colle imponenti sonorità del finale del -primo atto, e non è sempre una bella frase o melodia che gli manchi. -Ma la vera scintilla, la melodia calda ed espressiva è ben di rado -da trovarsi nella sua musica. L'_Asrael_, un'opera pletorica senza -proprio stile ma con molte reminiscenze le più varie fu però una bella -promessa. Il _Cristoforo Colombo_ mostra una mano molto più esperta ed -ha delle belle pagine accanto a molte mediocri. _Fior d'Alpe_ ed il -_Signor Pourceaugnac_ non ebbero successo anche perchè Franchetti ha -bisogno delle forme ampie del melodramma o storico o fantastico. Perciò -egli vi tornò colla _Germania_, inferiore al Colombo, perchè vi è -troppo preoccupazione di voler essere melodico e facile, senza esserlo -veramente. E lo stesso si può dire della _Figlia di Jorio_, nella -quale Franchetti ingannato dalla bellezza dei versi credette trovare un -soggetto adatto a lui. Ma egli ad onta di tutto l'amore e lo studio che -vi impiegò non riescì a trovare il colore dell'ambiente ed ancor meno -ad eguagliare il poeta ma si è contentato di scrivere della musica ben -fatta e discretamente interessante. L'ultima opera _Notte di leggenda_ -(1915) non aggiunse nulla alla fama dell'autore, perchè in essa non c'è -alcuna novità ed il maestro si contenta di seguire la via già battuta -da lui e tanti altri. - -Altri maestri noti sono: - -_Luigi Mancinelli_ (1848) autore di un _Jsora di Provenza_ (1884) che -ebbe qualche fortuna e di _Paolo e Francesca_ (1908) che la supera -di gran lunga e per ispirazione e fattura. Mancinelli è pure autore -pregiato di musica orchestrale (Intermezzi per _Cleopatra_, _Scene -veneziane_ ed Oratori, _Isaia_, _Ero e Leandro_); _Antonio Smareglia_, -(1854), musicista assai serio di carattere essenzialmente romantico, -continuamente in cerca d'uno stile moderno, (_Preziosa_, _Bianca da -Cervia_, _Vassallo di Szigeth_, _Cornelio Schut_, _Abisso_, ecc.). La -sua miglior opera è forse _Nozze istriane_ e la più elaborata e poetica -_Oceana_ (1903) specie di commedia fantastica, che si adatta alla sua -indole. - -_A. Cilèa_ (1866), autore di _Tilda_, nata al tempo e sotto l'influsso -della Cavalleria Rusticana, poi d'una gentile e melodiosa _Adriana -Lecouvreur_ e di _Gloria_, opera di grandi dimensioni ma senza novità e -mancante di vera unità drammatica e di vigore. - -_Pietro Floridia_, forse uno dei migliori e dei più ricchi di facoltà -melodica e inventiva (_Maruzza_ e _Colonia libera_) e che da lungo -tempo tace. - -_Spiro Samara_ (1861) (_Flora mirabilis_, la _Martire_, _La biondina_, -_Rhea_, ecc.). - -_Giacomo Orefice_, (_Chopin_, _Mosè_). - -_Nicolò Van Westerhout_ (1862-1898). (_Fortunio_, _Dona Flor_). - -Un altro maestro oggi molto nominato è il veronese _Italo Montemezzi_, -autore di _Giovanni Gallurese_, _Hellera_ e _l'Amore dei tre re_, delle -quali l'ultima opera è certo la migliore. Ma anche in essa non troviamo -la prova di un talento veramente originale e se non vi mancano una -certa facilità melodica, specialmente nelle parti elegiache, spesso di -buona lega, ed il sentimento e l'intuizione drammatica, ci sono ancora -troppe influenze eterogenee, che l'autore non seppe amalgamare tanto -da farsi uno stile personale. Lo stesso si può dire di _Franco Alfano_ -(_Risurrezione_, _il Principe Zilah_, _l'Ombra di Don Giovanni_) -musicista serio e sicuro ma senza nota propria. - -Ad onta di tutta questa fiorita di nuove opere il melodramma italiano -si trova in un periodo critico. Il difetto quasi generale sta nella -mancanza di un vero indirizzo e nel vano conato di trovar forme -nuove, mentre le antiche più non si adattano ai drammi concepiti -modernamente ed al gusto del pubblico. I maestri si contentano di -seguire più o meno fedelmente la parola del dramma e la traducono -in melodie o frasi melodiche, donde risulta una successione di pezzi -ma non il vero dramma musicale. Un simile compromesso non potrà però -durare a lungo, se continua a mancare la vera melodia, che lo potrebbe -ancora far accettare per alcun tempo. Manca perciò al dramma musicale -l'anima che sorregge il tutto e lo tiene insieme organicamente. Le -teorie wagneriane, sì giuste nei principî cardinali, non sono ancora -sufficientemente comprese e se è fortuna che non vengano imitate -nell'estrinsecazione del maestro non sono abbastanza seguite e non si -concepisce la musica dell'opera come un'azione psicologica del dramma -che non solo illustra e traduce ma esprime tutto quello che la parola -non arriva a dire. - -Oltre questi difetti di natura estetica ne esistono altri di fattura -e molte delle nuove opere palesano una mano abile, molte volte anzi -abilissima e maestra nel trattare l'orchestra ma ben poca conoscenza -della vera polifonia, che quando è melodica e non scolastica è -veramente uno degli elementi principali dell'espressione e del -sentimento. La melodia poi non è sempre della più scelta e mancando in -genere la frase ispirata vi si supplisce con una parvenza di melodia, -che gli antichi maestri avrebbero ripudiata. Un difetto comune a molti -e senza dubbio derivante dalla deficienza di vera ispirazione è il -troppo grande spezzamento ed il continuo riattaccare della frase come -pure la esagerata ricerca di nuove armonie e preziosità ritmiche, che -non hanno motivo di essere che nel capriccio dell'autore. In quasi -tutte le opere poi si sente la preoccupazione dell'effetto che si vuol -raggiungere con mezzi affatto superficiali e calcolati sul gusto non -fine del pubblico. - -La conseguenza di tutto ciò è un'incertezza di stile, mancanza di -omogeneità e quel che è più di originalità. Le nuove opere italiane -ad eccezione di un paio che nomineremo dopo hanno tutte un'affinità -di famiglia che è altrettanto da ascriversi a motivi etnici quanto al -fatto dell'imitazione comune di autori stranieri. I giovani musicisti -italiani sono ben altrimenti studiosi ed agguerriti d'una volta ed è -palese in loro l'affaticarsi per trovare una nuova via. Ma perchè manca -loro la forza di trovarla o la coscienza della potenzialità del loro -talento, essi vanno snaturandosi e costringendosi a parere o diventare -diversi da quello che la natura li ha fatti. Ed allora per ripiego -essi imitano ora Wagner, ora Strauss, ora Debussy ma soltanto nei -procedimenti esterni senza comprendere veramente il vero significato, -che dipende dalla psiche dell'autore, e si dimenticano troppo spesso di -essere italiani e discendenti di Monteverdi e specialmente di Verdi. - -La musica istrumentale italiana del secolo scorso e del nostro non -può neppur lontanamente mettersi a confronto con quella tedesca. La -sua decadenza cominciò già con quella della scuola napolitana e se -anche molti dei suoi maestri scrissero opere pregiate per istrumenti -(Sonate), dal principio del secolo XIX tutto l'interesse non è rivolto -che al teatro. _Muzio Clementi_ (1752-1832) vive nella memoria più per -il suo _Gradus ad Parnassum_ che per le molte sonate per pianoforte -che però non sono certo senza meriti. _Gio Batta Viotti_ (1753-1824), -celebre violinista, conta fra i perfezionatori della forma del Concerto -nè è da negarsi valore musicale ai due concerti di _Nicolò Paganini_ -(1784-1840) ed ai suoi 24 capricci. Ma dopo quest'epoca si procede -innanzi a tentoni senza alcun indirizzo, senza memoria e coscienza -delle antiche tradizioni di gloria per cadere in una peggio che -desolante mediocrità, sicchè dopo le sinfonie di Sammartini e la musica -da camera di Boccherini è difficile menzionare un'opera superiore di -musica istrumentale ad eccezione delle ouverture di Cherubini e di -_Jacopo Foroni_ (1825-1858), talento che prometteva moltissimo ma che -si spense sul fior dell'età. _Jacopo Tomadini_ (1820-1883) scrisse -bella musica da chiesa e l'oratorio _la Risurrezione del Cristo_, opera -di gran pregio, ma quasi nessuno ne prese nota. _Stefano Golinelli_ -(1818-1891), _Francesco Sangalli_ (1826-1892) e _Giovanni Rinaldi_ -(1840-1895), si dedicarono soltanto al pianoforte e seppero elevarsi -sugli altri per delicatezza d'ispirazione ed eleganza di stile, mentre -la maggior parte dei pianisti italiani si contentavano di scrivere -fantasie e variazioni su motivi di opere teatrali. - -Ancor peggio stavano le cose per la musica orchestrale e bisogna -arrivare a Sgambati e Martucci per incontrare una vera sinfonia in -quattro tempi, mentre in Germania se ne contavano centinaia. _Antonio -Bazzini_ (1818-1897), celebre violinista di fama mondiale ed eccellente -musicista, si distinse però già per tempo con belle composizioni per -il violino molto superiori alle solite e finì collo scrivere musica -da camera (Quartetti e Quintetto) due Ouverture _Lear_ e _Saul_ ed -il poema sinfonico _Francesca da Rimini_, che mostrano almeno buona -fattura e bel colorito orchestrale. - -Le grandi forme della sinfonia coltivarono invece _Giovanni Sgambati_ -(1843-1915) e _Giuseppe Martucci_ (1856-1909). Il carattere delle opere -di Martucci (musica da camera, 2 sinfonie, concerto per pianoforte, -molta musica per pianoforte), è quello della riflessione sapiente -schiva d'ogni effetto volgare. In un certo riguardo egli ha nelle -opere più mature qualche somiglianza con Brahms e se non lo raggiunge -certo nè nell'ispirazione nè nella logica assoluta dell'organismo -egli sa accattivarsi le simpatie per l'eleganza ed un fine sentimento -idilliaco. Da ciò dipende una certa austerità, che spiega la poca -diffusione che ebbero le sue opere maggiori ad onta dei loro grandi -pregî che si riconosceranno forse più tardi. Martucci fu un solitario, -punto retrogrado ma senza simpatia per tutte le nuove correnti -estetiche e sempre italiano nella melodia nobile e scelta. Sgambati, -(musica da pianoforte, da camera, sinfonie, Requiem, ecc.), gli è certo -superiore nell'ispirazione se non nella sapienza delle costruzioni -tematiche. Egli ebbe fantasia fervida e potente e ci lasciò col suo -Requiem un'opera di grandi dimensioni da potersi mettere a paro colle -migliori del genere. Ma tanto Sgambati che Martucci ci diedero troppo -poche opere ed anche su loro gravarono certo l'ambiente poco propizio -alla musica istrumentale e la mancanza di vero incoraggiamento da parte -del pubblico italiano. - -Da alcuni anni però le sorti vanno rialzandosi e ciò si palesa nella -produzione che è molto più feconda e varia e nel fatto che i musicisti -italiani che si dedicano alla musica istrumentale son ben altrimenti -più numerosi e colti di prima. - -_Enrico Bossi_ (1861), eminente organista ed autore di Oratorî, -musica da camera, organo, pianoforte, da chiesa ed orchestra (Suite, -Intermezzi Goldoniani, Variazioni, ecc.), è più noto all'estero che in -Italia. Il suo _Canticum canticorum_ (1900) per soli, coro ed orchestra -è un'opera magistrale per ispirazione e sapienza che si eleva su tutta -la produzione di questo genere dell'ultimo tempo, satura di colorito -e polifonia, moderna nella sua fibra ed ammirabile per la potenza -dell'autore di servirsi delle forme scolastiche del canone e fugato per -trarne effetti estetici e superiori. Quasi gli stessi pregî hanno il -suo grande oratorio _il Paradiso perduto_ ed il recente oratorio-dramma -_Giovanna d'Arco_, mentre il piccolo poemetto _Il cieco_, su poesia di -Pascoli è opera meno accessibile al pubblico ma di profonda poesia e -sentimento tragico. Bossi ha sfatato colle sue opere la leggenda che -in Italia non esista che musica da teatro. Una sol volta egli vi si è -provato con un melodramma _Il Viandante_ (1906) dato in Germania, dove -in genere furono eseguite per la prima volta e pubblicate quasi tutte -le sue opere migliori. - -_Ermanno Wolf Ferrari_ (1876) veneziano, può domandarsi come Arturo -Graf: - - Mia madre fu latina - Fu teutone mio padre. - Vince il padre o la madre? - -Non vi può esser dubbio, che egli si sente italiano e tale lo mostrano -le sue opere. Italiano è il carattere predominante della Cantata -_Vita nuova_, tolta da Dante per soli, coro ed orchestra, composizione -di grande potenza espressiva, unita ad un colore smagliante (grande -orchestra, organo e pianoforte) un'opera di getto senza pedanterie -scolastiche e preziosità romantiche, che mal si sarebbero accomodate -allo stile di Dante. Due Sonate per pianoforte e violino, due trio, -un quintetto con pianoforte, una sinfonia da camera per pianoforte, -quintetto d'archi e strumenti a fiato, pochi pezzi per pianoforte e -qualche canzone sono le opere che Ferrari scrisse finora oltre quelle -dedicate al teatro ed alle cantate _Sulamite_ e la _Figlia di Jairo_. - -Da alcuni anni Ferrari si dedica intieramente al teatro, al quale -aveva già dato una delle sue prime composizioni, _Cenerentola_, che -non ebbe alcun successo. Le sue opere posteriori (_le Donne curiose_, -_I quattro rustici_, _il Segreto di Susanna_, _l'Amor medico_) -appartengono al genere dell'opera buffa modificato a norma dei -tempi cambiati. Wolf-Ferrari s'è venuto formando in esse uno stile -abbastanza personale, un settecento musicale con qualche sapore di -modernità nell'orchestra ed armonia. Ma se l'eleganza e la sapienza -tecnica vi sono grandissime, non altrettanto copiosa e originale vi -scorre la melodia ed è ben dubbio se a Ferrari convenga il tono di -voluta semplicità, che domina nelle sue commedie musicali e non gli -sia preferibile l'autore della seconda Sonata per violino e pianoforte -e della Vita nuova. Ultimamente egli ha tentato nei _Giojelli della -Madonna_, anche l'opera veristica turbolenta ed a forti tinte ma senza -vero successo, perchè all'autore fa difetto la potenza drammatica. - -_Leone Sinigaglia_ (1868) s'è finora dedicato esclusivamente alla -musica istrumentale, alla quale lo destinano il suo talento specifico -di carattere intimo schivo d'ogni enfasi. Senza voler essere un -innovatore egli non ci sorprende ma ci conquista colla rigogliosa -ispirazione, coll'euritmia della sua musica, cogli effetti istrumentali -ottenuti non con mezzi speciali e strani ma con sapienti impasti di -colori. Sincerità e naturalezza sono le sue principali doti e la sua -melodia ha qualche cosa di rude e vivificante della musica popolare. Le -sue opere principali sono il _Concerto_ e la _Rapsodia piemontese_ per -violino con orchestra, il Quartetto op. 27 con un Adagio stupendo per -profonda espressione, una serenata per violino, viola e violoncello, le -_Danze piemontesi_ per orchestra e l'Ouverture _Le baruffe Chiozzotte_, -felicissimo compendio pieno di vita e spirito dell'allegra commedia di -Goldoni, la Suite _Piemonte_. - -_Lorenzo Perosi_ (1872) destò coi suoi oratorî (_La Passione di Gesù -Cristo, La trasfigurazione, La risurrezione di Lazzaro, La risurrezione -di Cristo, Mosè_, ecc.), i facili entusiasmi del pubblico italiano, che -aveva intieramente perduto la conoscenza dello stile dell'oratorio. -Nè il successo fu dapprincipio immeritato, giacchè le prime opere, -specialmente la _Passione di Cristo_, sembrarono davvero promettere -per il futuro dell'artista e l'onda di facile e scorrevole melodia -che vi fluiva, la nobiltà d'espressione conquisero gli uditori. Ma i -molti difetti di queste restarono e l'autore venne formandosi uno stile -stereotipo, al quale rimase fedele in tutte le sue opere posteriori ed -alla lunga si dovette persuadersi dei limiti posti al talento gentile -del maestro. E questo stile che è fatto di elementi drammatici moderni, -di reminiscenze bachiane e di musica chiesastica e liturgica impedisce -l'unità dell'opera e le toglie ogni grandezza anche per la predominanza -della nota triste e sentimentale. - -Altri musicisti italiani noti sono: _Alessandro Longo_ autore di alcune -eccellenti sonate per pianoforte di stile classico-romantico, _Cesare -Ricci-Signorini_ (1867), (più poemi sinfonici di stile e colorito -moderno, composizioni per pianoforte, ecc.), _Amilcare Zanella_ (1873), -_Giovanni Buonamici_ (1846-1914), _Eugenio Pirani_ (1852), _Antonio -Scontrino_ (1850), _Giovanni Tebaldini_ (1864), _Bruno Mugellini_ -(1871-1912), _Alberto Fano, Giovanni Bolzoni_ (1841), _Alfonso Rendano_ -(1853) e finalmente i facili autori di canzoni _Tosti, Rotoli, Denza, -Costa, De Leva_. - -Tutti questi musicisti sono più o meno seguaci delle vecchie tradizioni -e le nuove idee e teorie non trovano una vera eco nelle loro opere. La -nuova generazione però non potè sottrarsi ad una influenza mediata od -immediata di tutto il turbinare di nuovi problemi estetici e tecnici -ed i frutti di studi ben più profondi e coscienziosi di un tempo -cominciano già a mostrarsi in un vero rinnovamento dell'arte italiana, -che ha forse base più solida di quella dell'arte francese perchè la -natura italiana è aliena alle nebulosità ed alle preziosità in cui va -isterilendosi l'arte francese odierna. Ma essendo gli italiani arrivati -gli ultimi, essi si contentano ancora di imitare certi procedimenti -tecnici nuovi ed innestarli alle loro opere concepite ancora secondo -le vecchie tradizioni. Ma non tutti però, giacchè ci sono anche giovani -musicisti italiani, che sono ormai decisamente progressisti sinceri. - -Non ancora per il successo ma più per la novità dei suoi tentativi -sta oggi in prima linea fra i sudetti _Ildebrando Pizzetti_ colla sua -_Fedra_ (1915), un musicista che aveva fatto già parlare di sè quando -scrisse la musica per la _Nave_ e gli intermezzi per la _Pisanella_, -dunque tutte opere poetiche di Gabriele D'Annunzio. Il suo credo, che -egli enunziò in scritti e conferenze, è messo in pratica nella Fedra, -giacchè le altre opere sono troppo poco numerose ed importanti per -farsi una chiara idea delle tendenze dell'autore. Il quale vorrebbe -riannodare ai principî della Camerata fiorentina e non vede nè -nell'opera di Gluck nè di Wagner realizzato il vero dramma musicale, -perchè esso ha sempre più o meno la forma di cantata e perciò manca -di vera essenza drammatica. Siamo dunque di nuovo all'eterna questione -del connubio o dissidio fra musica e poesia, forse meno importante di -quanto si crede. E ciò lo dimostra Pizzetti stesso, che scegliendo -la Fedra divenne inconsciamente infedele ai suoi supremi principî. -Difatti le tragedie del poeta sono, e ciò può sembrare un paradosso, -troppo musicali nella lingua e nelle immagini per adattarsi veramente -al dramma musicale almeno come lo pensa o vorrebbe Pizzetti od hanno -bisogno di un genio per musicalmente compenetrarle e rendere tutta -la poesia lirica che vi domina. A tanto non arriva certo la potenza -musicale di Pizzetti, che non è veramente un creatore ma piuttosto -un dotto ricercatore e scrutatore. D'Annunzio scrisse, che non c'è -una sola nota nell'intera partitura della Fedra, che contrari il -ritmo spontaneo e ciò sarà vero. Per l'uditore però ciò non ha che -un'importanza secondaria ed egli trova invece in quella musica troppa -monotonia, neppur rialzata da un'orchestra veramente colorita e ricca -di timbri speciali, sicchè è da temersi che l'opera di Ildebrando da -Parma resti un nobile e serio tentativo ma che non diventi la Fedra -«indimenticabile». Pizzetti vi ha fatto uso dei modi antichi, che egli -ha profondamente studiati e dei quali si servì anche nei cori della -Nave. La Trenodia che inizia il terz'atto se anche non è, come la disse -D'Annunzio, uno dei vertici della musica moderna, degna di essere -paragonata alle più alte pagine dei maestri del secolo XVI e XVII -italiani, è certo uno squarcio di nobilissima musica. L'aspettarsi un -grande vantaggio dall'uso molto frequente dei modi antichi nella musica -moderna sarà però una speranza vana, perchè la loro trasformazione nei -nostri di maggiore e minore non fu la conseguenza di velleità e studi -di studi ma il frutto di una evoluzione logica e naturale. - -Ben altra tempra di artista, più spontanea, più irruente, è invece -quella del trentino _Riccardo Zandonai_ (1883). Mentre Pizzetti si -affatica a mettere in pratica quello che per speculazioni e studi -gli sembra essere l'unica via per ispirare nuova vita al melodramma -italiano, Zandonai coll'istinto del vero musicista di razza si è fatto -strada e messo al primo posto nel teatro musicale italiano dei nostri -giorni. - -Già la sua prima opera, _il Grillo del focolare_ si innalza di -gran lunga sulla produzione contemporanea tanto per la spontaneità -d'ispirazione che per la fattura accurata. _Conchita_ ha ormai ad -onta dello stile frammentario una nota personale spiccatissima ed -una potenza caratteristica assai grande. _Melenis_ oltre i pregi di -Conchita ci palesò un altro lato del talento di Zandonai, la facoltà -cioè di dipingere grandi quadri con mano maestra e di trovare melodie -dalla linea ampia ed espressiva. Ma se in queste opere si scorge ancora -l'incertezza di un giovane, che non si è ancora formato una lingua -tutta propria ed alle volte vi manca l'unità organica, la _Francesca da -Rimini_ (1914), nella cui musica l'autore ha saputo ben più felicemente -che Pizzetti trasfondere tutta la poesia della parola ed ambiente -dannunziani, sembra invece avvicinarsi al sogno di un dramma lirico -moderno, quale tutti desiderano ed aspettano e dove alla musica non -tocchi l'ultima parte. Zandonai, certo il più sicuro e sapiente degli -operisti italiano, si risente ancora qualche volta delle opere di -Wagner e di altri ma egli è fra tutti i giovani quegli che discende in -linea diretta dal Verdi dell'Otello e Falstaff ed il più italiano di -tutti, perchè italiana è la sua melodia, sempre scelta e spesso assai -ispirata e felice, italiana la concezione dell'opera complessa, chiara -e senza nebulosità, italiano il sentimento e l'espressione drammatica, -ora dolcissima ed insinuante, ora irruente ed aspra. Zandonai ha -studiato certo i maestri moderni ma ha saputo evitare un'imitazione -pericolosa sicchè la sua musica nulla ha della evanescenza snervante -della musica francese nuova e delle complicazioni cacofoniche -straussiane ma è sana e forte. - -_Vittorio Gui_, _Dom. Alaleona_, _G. Fran. Malipiero_, _Alberto Gasco_, -_Vincenzo Tommasini_, _Vincenzo Davico_, _A. Casella_ e _Gianotto -Bastianelli_ sono pure fra i giovani quelli, che nutriti di forti studi -e di tenace volontà cercano d'innalzare le sorti della musica italiana -e fecero già buona prova. - -_Ottorino Respighi_, autore di squisite romanze, e composizioni -orchestrali (sinfonia dramatica, ecc.), s'è preso a modello la -polifonia ed in genere la musica di Strauss nella sua _Semirama_, -un'opera di grande colorito, però ineguale nell'ispirazione e che -non può valere che come una promessa, quantunque la tecnica sia ormai -sicura. - -Non molto dissimile a quella dell'italiana fu la sorte della _musica -francese_ negli ultimi decenni del secolo scorso. Anche in Francia -essa fu quasi fino all'epoca tragica del Settanta arte di lusso e -passatempo nè l'educazione musicale degli artisti e del pubblico era -gran fatto superiore a quella della nazione sorella. Le ultime opere di -Gounod erano pallide ombre del passato, Berlioz era affatto trascurato -ed uno dei maggiori geni musicali che mai ebbe la Francia, Giorgio -Bizet, s'era spento in giovane età, senza poter vedere riconosciuta ed -ammirata la sua opera. Alcuni musicisti seppero però colla tenacia e -serietà dei loro propositi tener fronte alla corrente d'indifferenza e -finirono coll'imporsi all'attenzione. - -Il primo di questi è senza dubbio _Camillo Saint-Saens_ (1835) che i -francesi hanno già assunto fra i classici nazionali. Se con ciò non -si vuole riconoscere che la sua suprema maestria tecnica, non c'è -dubbio che egli merita questo onore. Saint-Saens ha scritto opere di -tutti i generi (musica da camera, Concerti per pianoforte, violino, -violoncello, suites, poemi sinfonici, sinfonie, rapsodie, canzoni, -musica per organo, opere teatrali — _Sansone e Dalila_, _Etienne -Marcel_, _Enrico VIII_, _Proserpina_, _Ascanio_, ecc.). Ma in fondo -egli non ha saputo farsi un vero e proprio stile, ma s'è lasciato -influenzare da ogni stile assimilandoseli sapientemente. Egli è -un artista equilibrato, elegantissimo e di grande talento ma fatto -principalmente di riflessione, sicchè la sua musica quasi sempre ci -interessa ma raramente ci conquide. Gounod giudicò molti anni fa così -di lui e le sue parole possono valere ancor oggi, perchè il suo talento -non ha subito poi alcuna evoluzione rimarcabile: - -«Saint-Saens è una delle personalità musicali più caratteristiche, -che io conosca. Egli è un musicista munito di tutte le armi; egli -sa la sua arte meglio d'ognuno, conosce a memoria tutti i maestri, -suona l'orchestra come il pianoforte ed ha una facoltà d'assimilazione -prodigiosa, non esagera mai, non è nè violento nè enfatico, non vuol -riformar nulla ma scrive come sente e sa, perchè è un grande musicista -di razza». - -Non egual importanza ebbero _Edoardo Lalo_ (1823-1892) e _Beniamino -Godard_ (1849-1895), il primo, musicista di serî propositi, che ebbe -ben poco successo in vita. Le sue opere principali sono due Concerti e -la Sinfonia spagnuola per violino ed orchestra, una Rapsodia norvegese -per orchestra, il ballo _Namouna_ e l'opera _Le roi d'Ys_, che ha -delle pagine veramente belle. Godard scrisse musica sinfonica e opere -teatrali, che ebbero qualche successo. - -Ma l'autore prediletto del grande pubblico francese fu ed è forse -ancora _Giulio Massenet_ (1842-1912). Dotato di mediocre potenza -drammatica egli dopo essersi più volte provato nella grande opera (_Re -di Lahore_, _Erodiade_, _Cid_, _Esclarmonda_, _Le Mage_, _Thais_, -_Arianna_, _Bacco_) e specialmente nelle prime composizioni con -successo, venne poi modificando il suo stile, dando il predominio alla -parte lirica (_Manon_, _Werther_, _Saffo_, _Cendrillon_, _Teresa_, -ecc.). Ma questa maniera fatta di facili e carezzevoli melodie senza -grande originalità ma di belle forme, di ritmi piccanti, di smagliante -colorito orchestrale, se conquise specialmente nella _Manon_ e -nel _Werther_, colla sensualità della sua musica vaporosa e piena -d'abbandono, alla lunga non potè ingannarci sulla sua superficialità -ed intima vacuità. Massenet è il poeta dell'amore sentimentale senza -troppi slanci e senza vera tragicità. Alle volte le sue opere fanno -l'effetto di lunghe romanze e la sua musica somiglia a Manon, elegante, -volubile, gracile e corrotta. Le ultime opere del fecondissimo -autore (_Panurge_, _Cleopatra_, _Amadis_, postume) non ebbero più il -successo delle prime, giacchè sono sempre gli stessi procedimenti che -si ripetono e perchè la grazia femminile e snervata dell'autore e la -melodia goudoniana allungata all'acqua di rose che diventa sempre più -insignificante e che finisce quasi col sottolineare semplicemente le -parole, non poterono più bastare ai bisogni artistici del nostro tempo, -che domanda ben altre e più forti commozioni. Massenet è un artefice -perfetto e sa nascondere il lato debole della sua musica con tutte le -raffinatezze dell'arte, che per lui non ha più segreti. Ma egli non si -servì che ben di rado di questa sua perizia per scrivere un'opera forte -ed ha mantenuto forse soltanto nella _Cleopatra_ quello che prometteva -col _Re di Lahore_, contentandosi di seguire il gusto della moda e di -un pubblico di decadenti. Massenet, che aveva cominciato cercando una -specie di conciliazione fra il nuovo ed il vecchio, perdette poi il -contatto coll'epoca presente e tutto quello di nuovo che c'è nell'aria, -lo ha lasciato completamente indifferente. Eppure da lui derivano i più -dei veristi moderni compresi alcuni degli italiani, che esagerarono i -difetti senza saperlo raggiungere nella perfezione tecnica. - -L'influsso che ebbe la musica di Wagner su tutti questi autori non fu -tale da cambiare o modificare sensibilmente la loro natura, se pure -d'un vero influsso si può parlare. Ma dopo il Settanta comincia una -vera e nuova era della musica francese, sulla quale la musica e le -teorie di Wagner ebbero una grandissima importanza, cosa tanto più -strana in quanto che sembrerebbe quasi impossibile che una nazione -appena sconfitta dalle armi tedesche abbia potuto scegliere proprio -quel momento per rinnovare la sua arte, plasmandola sul modello -dell'odiato vincitore. Eppure fu così. Circa dall'ottanta in poi dopo -che il successo della musica istrumentale tedesca era stato preparato -coi concerti popolari di Lamoureux e Colonne, la conquista wagneriana -fece passi da gigante e la produzione di quei dieci o quindici anni -se ne risentì talmente, che la musica francese parve quasi perder -ogni impronta nazionale. Fra i musicisti di questo periodo, nel quale -l'imitazione wagneriana è sensibilissima, vanno nominati _Ernesto -Reyer_ (1823-1909), autore di un _Sigurd_ (Sigfrido, 1884) scritto -intieramente sotto l'influsso di Wagner e di _Salambò_ (1890) un'opera -non senza meriti ma affatto mancante di unità di stile ed ineguale -nell'ispirazione; _Ermanno Chabrier_ (1841-1894) autore dell'opera -_Gwendoline_ (1886) musicista ispirato e ricco di potenza drammatica -ma intristito nella imitazione wagneriana, che snaturò il suo stile, -ed _Alfredo Bruneau_ (1857). Quest'ultimo protesta di non essere un -wagneriano. «Pour ma part, admirateur fervent de Richard Wagner, je -n'ai jamais cessé, dans mes oeuvres et dans ma critique, de défendre -la cause de l'art français». Ma più a parole che con fatti, giacchè -lo scegliere per i suoi drammi libretti che gli scrisse Emilio Zola -(_Le Rêve_, _L'attaque du moulin_, _Messidor_, _Ouragan_, _La faute de -l'abbé Mouret_, melodramma declamato, _L'enfant roi_, _Nais Micoulin_) -azioni ora estremamente realistiche, ora peggio che accademiche ad -onta della prosa nella quale sono scritte, perchè i personaggi non -sono veri uomini ma simboli ed astrazioni, non poteva bastare, avendo -la musica di questi drammi ben poco l'impronta nazionale e non essendo -che del Wagner di seconda mano. E ciò è tanto più da deplorarsi che -Bruneau è forte musicista, al quale non manca nè l'istinto del teatro -nè la sapienza tecnica. In complesso quello che Bruneau si propone è il -dramma musicale verista, lo stesso ideale al quale aspira con tendenze -nazionalistiche e simbolistiche _G. Charpentier_ (1860) l'autore del -romanzo musicale _Luisa_ (1898), l'opera sbagliata di un bell'ingegno, -che credette poter ispirare vita artistica col mezzo di una musica alle -volte elegante, colorita e vivace ma estremamente frammentaria e senza -veri voli lirici alle peripezie triviali di una famiglia parigina. -Molto minor successo della Luisa ebbe l'ultima sua opera _Julien_ -(1913) che è quasi un rifacimento della _Vie de pöete_, specie di -dramma sinfonico, scritto in gioventù. Julien è venuto ormai troppo -tardi e non ci dice più nulla di nuovo. Anche in essa contrastano -romanticismo e realismo senza potersi accordare e questo continuo -oscillamento toglie ogni unità all'opera nella quale l'ispirazione è -assai scarsa e poco eletta. - -Tanto la musica di Bruneau che di Charpentier sono in sè la negazione -di tutte quelle doti che noi eravamo abituati a trovare e cercare -nella musica francese, cioè la chiarezza, la misura, la forma. -Ambedue furono scolari di Massenet e per quanta differenza passi fra -le opere del maestro e degli allievi devesi però sempre riconoscere -un'affinità di famiglia ed un incrudirsi di quella maniera di concepire -il dramma musicale come una semplice impressione ora sentimentale -ora realistica che già si mostra, p. es., nella Saffo di Massenet. -Ma quantunque Bruneau e Charpentier fino ad un certo punto tentino -nuove vie, essi non si possono annoverarsi a quei pochi musicisti -che oggi rappresentano la nuova scuola francese progressista. Il -padre spirituale di tutti questi è _César Frank_ (1822-1880) un'anima -candida, ingenua e profondamente religiosa, che in vita restò quasi -sconosciuto e fu solo idolatrato dai suoi scolari. Le sue opere -rispecchiano la sua natura e la loro caratteristica è il più puro -idealismo. Educato alla musica di Bach egli venne formando il suo -stile sulle opere degli antichi ma senza imitarli ed aggiungendovi -qualche cosa di mistico che è tutto suo ed elementi affatto moderni -specialmente dal lato armonico. Le sue opere principali sono gli -oratori _Les Beatitudes_, _Psyché_, la sua musica da camera e -per organo, alle quali non fanno certo difetto l'ispirazione ma -il sentimento della misura e della forma, che alle volte sembra -embrionale. In ultima linea è però assai dubbio, se si possa annoverare -Frank fra i musicisti francesi, perchè son troppi gli elementi -stranieri, che si trovano nella sua musica. Ma l'importanza di -Frank sta forse più che nelle sue opere nella sua grandezza morale e -nell'immenso influsso che ebbe sui suoi scolari, fra i quali contano i -migliori musicisti odierni di Francia. E fu per questi che fu superato -il periodo di imitazione wagneriana che minacciava snaturare l'arte -nazionale e che oggi dopo un'interruzione di più secoli si può davvero -parlare di una vera arte francese, la quale vuole, come proclamava -Charles Bordes, uno dei più valenti maestri e fautori «le discours -libre dans la musique libre, la melopée continue, la variation infinie, -la liberté en un mot de la prose musicale. Nous voulons le triomphe de -la musique naturelle, libre et mouvente comme le discours plastique et -ritmique comme la danse antique». - -A questo ideale ben ancora lontano da esser raggiunto tendono i -conati del nuovo Cenacolo, alla cui testa sta da anni _Vincent d'Indy_ -(1851), talento complicato di erudito, pensatore e musicista, fervido -cattolico, battagliero, che cerca il rinnovamento dell'arte nella -conoscenza profonda dell'arte medioevale. Eppure anch'egli sacrificò -dapprima a Wagner come in genere tutti gli altri francesi del suo tempo -e tanto la sua sinfonia _Wallenstein_ che la sua opera _Fervaal_ (1897) -e specialmente _le Chant de la Cloche_ mostrano una palese derivazione -dalla musica wagneriana. Nelle opere posteriori (_Etranger_, Sonata per -pianoforte e violino. Quartetto, _Symphonie sur un thème montagnard_, -ecc.), è innegabile la nota personale, che è fatta più di arte e di -serietà che di spontanea ispirazione. In fondo d'Indy è un artista -conscio e sicuro ma freddo, aristocratico e troppo eclettico per -veramente commuoverci. - -Della musica _tedesca_ moderna, in quanto essa cerca nuove vie, -parleremo nel seguente capitolo. Ma non tutti i musicisti di Germania -seguono le orme di Riccardo Strauss, Max Reger e Gustavo Mahler. La -maggior parte continua le vecchie tradizioni, imitando or questo o quel -maestro. Nell'opera è Wagner, che è diventato la guida quasi sempre -fatale e quantunque la produzione annua sia ancora ingente, le opere -che non perirono nel mare della dimenticanza sono pochissime. Una di -queste è _il Barbiere di Bagdad_ di _Pietro Cornelius_ (1824-1874), -nata ancora ai tempi del soggiorno di Liszt a Weimar, ricca di gentile -ispirazione ma senza vera potenza drammatica. Maggior fortuna ebbe la -fiaba _Hänsel und Gretel_ di _Engelberto Humperdink_ (1854), felice -connubio di canzoni popolari colla polifonia e la maniera dei Maestri -cantori di Wagner, nota anche in Italia, dove ebbe pure successo -l'altra opera _Figli di re_, una leggenda composta alla stessa maniera. -Ma quando Humperdink abbandonò il campo delle fiabe, allora si mostrò -la sua deficienza di vera forza drammatica e le opere posteriori -non ebbero alcun successo. L'_Evangelimann_ di _Guglielmo Kienzl_ -(1857) ebbe pure gran successo ma più per il libretto sentimentale e -commovente che per la musica appena mediocre. E così pure vero successo -non può dirsi quello più recente di _Tiefland_, l'opera di _Eugenio -D'Albert_ (1864), miscuglio di tutti gli stili con predominanza di -quello italiano moderno. _Sigfrido Wagner_ (1869) ebbe come musicista -la sfortuna di essere figlio di Riccardo Wagner. Le sue opere hanno -specialmente nelle scene popolari di carattere comico una certa -freschezza sana. Ma i libretti simbolico-mistici, che egli sceglie -ed il voler oltrepassare i limiti postigli dalla natura, gli fecero -finora fallire la prova. Ben maggiore potenza e serietà mostrano invece -_Max Schillings_ (1868), l'autore di _Ingwelde_, _der Pfeiferstag_ e -_Moloch_, e specialmente _Giov. Pfitzner_ (1869) (_il povero Enrico_, -_la Rosa del giardino d'amore_), quantunque anche essi sono imitatori -di Wagner e soffocano in una complicatissima polifonia dell'orchestra -la linea melodica. - -Gli autori tedeschi di musica istrumentale sono infiniti ed è affatto -impossibile il parlarne qui, sia perchè ciò oltrepasserebbe il compito -di questo manuale sia perchè oltre Riccardo Strauss e Max Reger mancano -personalità spiccate. Il maestro della maggior parte dei giovani più -noti fu _Lodovico Thuille_ (1861-1907) scolaro e poi successore di -Rheinberger a Monaco, un romantico, che però seppe seguire i tempi -e che come maestro aveva doti specialissime. Ma come egli nelle sue -opere fu un brahmsiano con infiltrazioni moderne anche i suoi scolari -diretti od indiretti oggi in vista (_Braunfels_, _Noren_, _Bleyle_, -_Lampe_, _Bischoff_, _Weissmann_) seguono la sua strada e sono -seguaci or di Brahms or di Strauss. Le loro opere mostrano serietà di -volere, sapienza e sicurezza tecnica ma difettano di vera originalità -ed ispirazione. Quasi tutti poi si risentono delle nuove conquiste -armoniche e cercano di usufruirne senza però che le loro opere si -possano dire moderne nel senso della parola, perchè il loro fondo è in -realtà ancora classicista ed il modernismo non ne è sincero. - - - LETTERATURA - - Colombani A. — _L'opera italiana nel secolo XIX_, Milano. - - Prati R. — _Giuseppe Martucci_, Torino, 1914. - - Bastianelli Gianotto — _Pietro Mascagni_, Napoli, 1910. - - Torrefranca Franco — _Giacomo Puccini e l'opera internazionale_, - Torino, 1912. - - Pfohl R. — _Die moderne Oper_, Berlino, 1894. - - Serviéres G. — _La musique française moderne_, 1897. - - Hervey A. — _French Music in the XIX Century_, London, 1903 - - Neitzel O. — _Camille Saint-Saens_, Berlino, 1900. - - Angè de Lassus — _Saint-Saens_, Paris, 1914. - - Louis R. — _Die deutsche Musik der Gegenwart_, 1909. - - D'Indy V. — _César Frank_, Paris, 1906. - - - - -CAPITOLO XXIII. - -L'ora presente. - - -La fine del secolo decimonono avrà probabilmente nella storia della -musica una certa importanza, perchè essa chiude quasi un periodo e -segna l'inizio di una nuova epoca. Noi contemporanei non possiamo -nè giudicarne dell'importanza ed ancor meno fare da profeti circa il -futuro, perchè ci manca l'oggettività e la facoltà di contemplare da -un punto di vista più dominante e lontano il nostro tempo e perchè -quello che forse sarà la musica futura, oggi non si presenta ancora che -appena allo stato embrionale. Il compito di uno che scrive della musica -contemporanea non può essere dunque che quello di un cronista o di un -semplice critico che esprime le sue opinioni personali. - -I nomi dei musicisti della seconda metà del secolo scorso che -passeranno alla posterità non soltanto come suoni vacui sono ben pochi. -Gli altri verranno dimenticati assieme alle opere dei loro autori -oppure si ricorderanno come quelli dei pionieri di una nuova arte che -già batte alle porte. I rappresentanti di questa sono tutti stranieri -e precisamente tedeschi e francesi. Il più noto e discusso è certo -_Riccardo Strauss_, nato nel 1864, l'anno della morte di Meyerbeer, col -quale egli ha almeno la somiglianza della natura avida di successo. -Questo barbaro magnifico e temerario dagli occhi chiari, come un -giorno lo chiamò Gabriele D'Annunzio, è oggi il conscio duce di molti -musicisti moderni e l'eroe dell'ora presente. Se però si studiano -veramente le sue opere, non sarà difficile il conchiudere, che in fondo -non è tanto la sostanza quanto la forma ed i mezzi di estrinsecarla, -che si possono dire nuovi. La musica di questo talento complesso per -eccellenza, di quest'anima eternamente tormentata da nuovi problemi, -non ha la forza persuasiva di quella dei grandi maestri ma piuttosto -ci conquide colla violenza e ci fa ammiratori con riluttanza, perchè la -sua qualità principale non è tanto l'emozione sincera quanto la ferrea -ed indomita volontà, che essa continuamente palesa. - -Strauss è il musicista meno ingenuo e semplice che si possa pensare -ed il processo generativo della sua mente è dei più complicati. -Apparentemente invasato dal sacro furore dell'arte e conquiso dalla -situazione, dalle parole e versi, egli resta in realtà internamente -freddo e quasi spettatore di sè stesso come qualche grande artista -drammatico, che sembra vivere la vita delle persone che rappresenta -ed invece non ne imita che con maestria i gesti e le parole. Egli -è un cerebrale, che non fa che esperimentare e siccome nessuno lo -supera oggi nel volere e sapere e nella sicurezza dell'istinto od -almeno del conoscere gli istinti degli altri, le sue opere non hanno -come quelle di tanti altri nulla di frammentario, appunto perchè non -conosce la semplicità ed ingenuità. Altra volta uno degli elementi -principali per giudicare dell'originalità o dell'altezza del talento -d'un musicista era l'esame della sua melodia. Ora ciò non è più di -moda. Se però si vuole ancora provare l'esperimento, si troverà che una -melodia straussiana non esiste, mentre invece ne esiste benissimo una -mozartiana, beethoveniana, verdiana, ecc. E non solo ciò ma anzi che -i pregî di Strauss sono in genere da cercarsi in tutt'altro che nella -melodia, perchè i suoi temi melodici sono ben di rado veramente felici -e perchè egli si contenta molte volte di frasi comuni e di spunti -che nulla hanno di peregrino. Ad onta di ciò è innegabile che questa -deficienza melodica delle opere di Strauss non ha grande influenza -sul loro valore, che dipende piuttosto dalla complessività di esse e -dalla maniera di concepire l'opera d'arte. Ne è punto giustificato il -voler chiamare la musica di Strauss astrusa e se tale molte volte si -giudica, ciò dipende non dalla sostanza ma dall'estrema complicazione -dell'apparato, dalla sopraposizione dei contrappunti, chè anzi il -maestro, come lo dimostrò nella scelta dei soggetti, è natura certo -speculativa ma con una buona parte di sensualismo. - -Strauss ha incominciato come tutti i musicisti coll'imitare i maestri -precedenti e suoi contemporanei e fra questi specialmente Brahms. La -prima opera in cui egli veramente si palesò fu il poema sinfonico -_Macbeth_ (1887), seguito con breve intervallo dal _Don Giovanni_ -(1888) e dal _Tod und Verklärung_ (_Morte e trasfigurazione_) (1889), -ancor oggi la sua opera più popolare. Tutte queste opere derivano -da quelle di Liszt ma Strauss seppe trarre ben altre conseguenze -dallo stile programmatico che il suo iniziatore. Egli non si fa mai -veramente schiavo del programma ma è in grado di esprimere con mezzi -semplicemente musicali tutto quello che vuole. Questa potenza gli -è anzi tanto propria che egli molte volte ne abusa. In confronto di -Liszt egli ha non solo maggiore padronanza dei mezzi e della tecnica -ma anche più grande facoltà inventiva, le quali doti gli rendono -possibile di mantenere l'architettura musicale e la divisione logica -del pezzo, mentre gli altri seguaci di Liszt finiscono nella più -completa anarchia. In un certo riguardo Strauss è anzi un formalista, -ben inteso alla sua maniera, giacchè in tutto il suo procedere si può -sempre osservare un certo sistema che consiste nella anatomizzazione e -disgiunzione dei temi musicali e nel tener fermo alla forma ritmica, -che è quasi l'ossatura ferrea della composizione. Un'altra delle -sue qualità è la ricerca della caratteristica, che non rifugge da -alcun mezzo, poichè a lui poco importa come risuoni la sua musica, -purchè dica ciò che egli vuol esprimere. Documenti di questa tendenza -sono rintracciabili in tutte le sue opere ma specialmente nella -_Vita d'eroe_, e nello _Zaratustra_, dove vi sono brani di musica -assolutamente brutta, se tale si può ancora chiamare e voluta così di -proposito. Tendenza questa che non si deve confondere col cosidetto -realismo o verismo musicale, del quale del resto le opere di Strauss -mostrano molti esempî ma arte d'esprimere coi suoni materiali ed i -mezzi della tecnica musicale sentimenti astratti ed idee che mai prima -si tentò di tradurre. - -L'arte di Strauss è tutta personale ed è questa che nelle sue opere -assume tale importanza da farle distinguere da quelle degli altri -maestri. O meglio detto, essa cessa quasi di essere solamente arte e -tecnica ma diventa cosa quasi principale, facendo passare in seconda -linea l'idea ed il pensiero musicale. Le vie percorse da Berlioz e -Liszt non avevano condotto a buon fine; Berlioz non seppe mai liberarsi -dallo schema formale della sinfonia di Liszt e non scrisse che -schizzi geniali di forma frammentaria. In una parola Berlioz fu troppo -musicista e Liszt troppo poeta. Strauss proseguì per la strada segnata -da questo ma evitandone i pericoli. L'idea poetica genera la forma ma -egli non abbandona la logica musicale. E che ciò non sia impossibile -egli mostrò in due delle sue migliori opere, nel _Don Chisciotte_, -scritto in forma di variazioni e nel _Till Eulenspiegel_ in forma di -rondò. - -La musica dei poemi sinfonici di Liszt è essenzialmente omofona. -Strauss vi sostituì invece una complicatissima polifonia melodica -simile a quella dei Maestri Cantori di Wagner. La quale, se in certo -modo è un compenso alla mancanza dello sviluppo tematico tradizionale, -rende però l'opera musicale molto più difficile a comprendersi, -perchè l'orecchio s'affatica a voler seguire le combinazioni di tre o -quattro temi molto più che se si trattasse di contrappunti per quanto -complicati della maniera antica, perchè questi seguono pur sempre leggi -formali, che Strauss rifiuta. - -Insuperabile, anzi unica è invece la sua arte d'orchestrazione, che -sorpassa quella di Berlioz, Wagner e di ogni altro. Strauss è colorista -per eccellenza e tale lo fa non tanto l'uso di alcuni strumenti ma -l'istinto geniale degli impasti e la maniera di usare degli istrumenti, -per trarne effetti affatto nuovi, ora di infinita dolcezza e soavità, -ora di stragrande potenza. E perchè egli concepisce le sue opere -orchestralmente, è quasi impossibile giudicare di esse studiandole -al pianoforte. Molte cacofonie, molte stranezze spariscono sentite -nell'orchestra o quasi non si avvertono, mentre al pianoforte ci -riescono insopportabili. Quasi sì personale che l'istrumentazione è -l'armonia di Strauss, che è impossibile spiegare e comprendere alla -stregua delle antiche norme, che per lui più non esistono. L'ultima -opera sinfonica di Riccardo Strauss e forse, se non la più ispirata, -la più perfetta, fu la _Sinfonia domestica_. Il programma è appena -accennato ed è quasi inutile giacchè è comprensibile anche senza di -esso. - -La domanda se nella musica di Strauss domini più l'elemento sinfonico -che il drammatico è ormai superflua. La musica istrumentale moderna è -sì pregna di elementi drammatici, che i confini della musica sinfonica -e drammatica, che prima erano ben definiti, vanno quasi scomparendo. -Un fenomeno strano è anzi che la musica di Wagner ha avuto maggior -importanza per la musica sinfonica che la drammatica. Le opere di -Strauss sono in realtà piccoli drammi senza parole e tutta la sua -natura lo predestinava al dramma. Eppure egli vi arrivò tardi, giacchè -il _Guntram_ (1894) è un'opera scritta sulla falsariga di Wagner, del -quale il giovane Strauss allora subiva il prepotente influsso. - -Vera musica di Strauss è invece quella della seconda opera _Feuersnot_ -(_Senza fuoco_) (1901). Il libretto, lardellato di frasi scabrose e -quasi lubriche e di allusioni a Wagner e Strauss stesso non è tolto da -una fiaba olandese come dice l'autore ma ricorda la leggenda medioevale -del mago Virgilio e - - «la torre dove stette in due cestoni - «Virgilio spenzolato - (BERNI). - -Ma Strauss possiede una vena satirica assai pronunziata ed una dose -di sensualità, che gli fecero scegliere quell'azione mista di lirismo -nordico e vena boccacesca. La musica non differisce gran fatto da -quella dei poemi sinfonici e vi predomina l'elemento sinfonico. Non -mancano però momenti felici di lirismo nei canti di Kunrad, per quanto -faccia difetto l'intensità della passione e della vita interiore, -mentre c'è una certa giocondità primaverile nelle scene popolari, che -non è priva di poesia. - -Da Feuersnot a _Salome_ (1905) passa una differenza abbastanza -grande, quantunque forse non tanta quanti molti vogliono. Dal lato -dell'ispirazione musicale anzi si può dire che Feuersnot è opera più -spontanea ed originale e che la differenza è più da ascriversi al -soggetto ed alla tecnica più complicata e più perfezionata dal punto -di vista dell'autore che ad altri elementi. Il dramma di Oscar Wilde, -per quanto non sia certo un capolavoro, ha delle qualità che dovevano -attrarre un musicista della natura di Strauss, perchè l'arte di Wilde -ha molte e grandi somiglianze con quella di Strauss, che è fatta più -che di vera e sincera commozione di stravaganze, violenze, frenesie da -un lato e di preziosità, ricercatezze e coloriti e tinte più svariate -da un altro. Considerata come opera musicale uno dei maggiori pregî -di Salomè è lo stragrande movimento, la rapidità che sostiene tutto -l'edificio e le dà un'unità che non hanno neppure i drammi di Wagner, -rendendo la musica eminentemente suggestiva. - -L'_Elettra_, venuta pochi anni dopo (1909), è scritta nello stesso -stile e non supera la Salome che forse per ancor maggior irruenza -ritmica e per l'asprezza rigida. Ad ambedue le opere è comune la -deficienza melodica e la povertà dei temi, che di solito consistono di -poche note, che traggono il loro significato più dal ritmo che dalla -linea stessa. Il difetto maggiore di Salome ed ancor più di Elettra -è l'eccesso, che quando è continuato, perde ogni effetto e produce -monotonia. Tutto vi è spasmodico, turbinoso, delirante, convulsivo. -Questa musica ha senza dubbio una grande potenza sugli uditori ma essa -piuttosto di ammaliarli, li piglia di sorpresa tanto che essi poi non -sanno rendersi una vera ragione dell'effetto subito. Perciò riudendo -queste opere, si potrà scoprirne molti particolari interessanti -sfuggiti la prima volta ma l'effetto e l'impressione iniziale non si -raggiungono più, perchè bisogna alla fine persuadersi, che c'è ben -molta posa in tutta questa musica, apparentemente sì calda ed in realtà -sì fredda. Il successo che ebbero tanto la Salome che l'Elettra fu -grande e fino ad un certo punto anche sincero. È però assai dubbio il -dire quanta parte ne tocchi al poeta e quanta al musicista. Tutti e -due i poemi sono opere più di letteratura che di vera poesia e Strauss -seppe scegliere bene il momento propizio a simili prodotti, in cui -isterismi sessuali si mescolano a preziosità letteraria e sotto una -forma smagliante di immagini e parole si maschera un'intima povertà di -vero contenuto. Il voler giudicare della musica di questi due drammi -alla stregua dei principî del dramma lirico compreso quello di Wagner -è del resto fatica inutile. L'autore rinuncia ad ogni forma musicale -ed ormai non vuol che seguire la parola più fedelmente che possibile, -ciò che esclude naturalmente ogni simmetria musicale. Ciò sarà forse -giustificato, ma dal momento che tutto il dramma musicale non basa che -su di una finzione è pure permesso il domandarsi, se non sarebbe ancor -più logico contentarsi della sola parola. - -Dopo la Salome e l'Elettra, _il Cavaliere della rosa_, la nota comica -dopo la tragica. Il poeta Hoffmannsthal, che non sa che rifare per -quanto virtuosamente le cose altrui, collo scetticismo cinico del -viennese decadente offrì al maestro un libretto settecentista un po' -boccaccesco, un po' goldoniano, appesantito di elementi teutonici con -una figura goffa e volgare quasi ributtante, un po' di colorito locale -e non dimenticando l'italiano intrigante e subdolo, che sembra di -prammatica (_Flauto solo_ d'Albert, _Arianna a Nasso_) insomma un poema -che offende il nostro gusto latino e ne è ben lontano. Lo stile del -Cavaliere della Rosa è un misto di elementi eterogenei sapientemente -mascherati. La parte migliore è forse la sentimentale, mentre la comica -è bizzarra ed esagerata. Quantunque Strauss si sforzi di essere chiaro -e melodico, egli non ci riesce e cade alle volte persino nel regno -dell'operetta. - -Le due ultime opere di Strauss sembrano destinate a non rimanere che -un intermezzo nella sua produzione. L'idea di mettere in musica il -_Bourgeois gentilhomme_ di Molière e specialmente il piccolo dramma -_Arianna a Nasso_ che vi è contenuto ha attratto Strauss, lo scettico -umorista, per il funambolismo della situazione buffonesca e lirica. -Egli sciolse il problema da grande artista che sa far tutto ma senza -poter creare un'opera vitale per la mancanza di ogni sentimento umano -e per la pretenziosità troppo palese. Eppure anche quest'opera contiene -pagine stupende or di umorismo or di dolcezza erotica. - -E non più che un capriccio di artista nordico e perciò complicato di -simbolismo filosofico fu quello di scrivere l'azione coreografica _la -leggenda di Giuseppe_, trasportata al tempo del barocco berniniano, -pure di Hoffmanthal, natura affine di Strauss per il predominio -dell'erotismo più o meno palese e congiunto modernamente ad elementi -anche più bassi. Ma il simbolismo non si comprende e non resta che -un'azione coreografica di mediocre interesse, nella quale domina non la -danza sana e popolaresca del Cavaliere della Rosa ma quella dionisiaca -o baccante del Zaratustra, della Salome ed Elettra. Comunque, l'opera -complessa di Strauss resterà un documento importante del tempo, -mentre la credenza che da lui cominci una nuova era non è certo più -giustificata, giacchè fra la sua musica e la cosidetta futuristica c'è -troppa differenza e completa disparità di principi. - -Arte ben più moderna è invece quella di Debussy e la nuova musica mette -più o meno capo al _Pelleas et Melisande_, perchè essa riassume le -nuove tendenze e conquiste e perchè fu per lei che venne a cessare in -grandissima parte l'incubo wagneriano ed i musicisti si videro aperte -altre strade. In ciò sta forse più che nel valore intrinseco dell'opera -la sua importanza per la storia musicale. Il suo successo al nostro -tempo di indirizzi così realistici è senza dubbio assai strano. O forse -esso a pensarci meglio è spiegabile appunto per legge di contrasti. -La nostra epoca combina l'opportunità della vita pratica col bisogno -d'un certo misticismo claustrale, che ognuno ha in fondo all'anima -senza rendersene conto. In sostanza è lo stesso fenomeno del successo -dell'impressionismo e di tutte le sue suddivisioni nella pittura nonchè -delle ricercatezze arcaiche della letteratura. - -_Claudio Debussy_ (1862) che a tempo perduto è anche critico di arte ci -ha dato in uno dei suoi articoli la sua professione di fede: «L'arte -è la più bella menzogna. Per quanto ci affatichiamo di rappresentare -la vita nelle sue forme e colori usuali, non si arriverà mai ad un -risultato soddisfacente ed appunto perciò è desiderabile che l'arte -resti una menzogna, se essa non deve abbassarsi fino al più triste -opportunismo dozzinale. Come? Non cerca ognuno l'oblio nell'arte e non -è l'oblio una speciale forma della menzogna? Il nostro compito è di -mantenere il mondo nelle sue illusioni e di non scuotere brutalmente -gli uomini dai loro sogni per mostrar la cruda realtà. Contentiamoci -del mondo fantastico, giacchè esso solo ci dà conforto, esso solo è -capace di farci intravedere una bellezza che non passa, perchè eterna». - -Il Debussy non si contentò di parole ma cercò di mettere in pratica le -sue teorie. Uscito dal Conservatorio di Parigi e scolaro di professori -più che ortodossi scrisse la cantata _La demoiselle elue_ su poesia -del preraffaelita Rossetti, che ispirò spavento ai suoi pedanti -maestri e che mostra già tutte le caratteristiche dell'autore. Le -quali sono completo abbandono delle forme tradizionali, soppressione -di ogni simmetria musicale, dissoluzione della linea melodica in -piccolissime frasi e melismi per produrre un'atmosfera musicale piena -di vaporosità, il canto in modo di recitativo quasi come nelle opere -di Peri e Caccini, imitando cogli intervalli l'alzarsi ed abbassarsi -della voce parlata, tessuto armonico, in cui l'accordo sta quasi -da sè e non si collega cogli antecedenti e posteriori, un'armonia -armoniosa, come la chiama Laloy, che ha principio e fine in sè stessa. -Il prodotto di tutte queste qualità in parte negative è uno dei più -originali della musica moderna. Gli stessi principî messi in pratica -da un musicista mediocre avrebbero condotto necessariamente a qualche -cosa di disgustoso ed estremamente monotono. Debussy arrivò invece per -questa via a darci opere sulle quali si potrà certo discutere e che -ci sembreranno a seconda delle nostre inclinazioni e studi strane e -forse antipatiche ma che non si potrà far a meno di riconoscere come il -frutto di un talento singolare ed originale. - -La _Demoiselle elue_ fu presto dimenticata ma Debussy sorprese il -pubblico con un'altra opera ancora più combattuta e dapprincipio -rifiutata, che poi finì per far il giro delle sale di concerto di -tutti i paesi. Questa volta l'autore scelse una poesia di Mallarmè, -_L'après midi d'un faune_ per scriverne un preludio d'orchestra -(1892). _C'est une sauce sans lièvre_ ebbe a dire un celebre musicista -francese e secondo il comune modo di vedere non a torto. Difatti -questo preludio fa ai pugni con tutto quello che noi intendiamo per -un preludio, _ouverture_ o poema sinfonico, perchè qui non c'è tema -sul quale s'imperni l'opera, non c'è sviluppo tematico ma solamente -un'indefinibile incertezza della frase melodica, un continuo -svolgimento di modulazioni strane. Eppure che effetto poetico l'autore -sa trarre da un tutto, che ci pare inorganico, quale compenetrazione -della poesia, quale tavolozza smagliante ad onta della delicatezza! -Il nostro istinto si ribella contro questa musica rivoluzionaria, sì -diversa dalla nostra e nel medesimo tempo quei suoni, quelle armonie -ci ammaliano e quasi ci convertono alla nuova arte. Ed i _Nocturnes_ -e gli schizzi _La mer_, _Images_ ed i 24 preludi per pianoforte? Un -nulla forse, quasi bolle di sapone iridescenti e vaporose ma un tutto -eminentemente suggestivo e poetico. - -Queste opere come pure il suo _Quartetto_ in sol minore, molte canzoni -ed alcuni pezzi per pianoforte non avrebbero però certo potuto rendere -sì noto il loro autore quanto lo è, perchè tutta questa musica è -troppo esclusivamente aristocratica per arrivare al pubblico. Invece -il suo dramma musicale _Pelleas et Melisande_ (1902) fu quello che mise -Debussy in primissima linea fra i musicisti francesi dei nostri giorni. - -Data la qualità del suo talento, egli avrebbe ben difficilmente potuto -trovare una azione più adatta di quella del dramma di Maeterlink, vera -tragedia del fato, nella quale le persone ci sembrano ombre ed il tutto -un sogno. Debussy ha fatto opera concorde al poema, che è da giudicare -con altri criterî che i soliti se si vuole comprenderla e nella quale -non si deve cercare quello che non ci vuol essere. «Io ho tentato -con tutte le mie forze, scrive Debussy, e con tutta la sincerità di -identificare la mia musica colla sostanza poetica del dramma. Prima di -tutto studiai il carattere delle persone e volli che parlassero esse -stesse. Io ascoltai le loro parole e tentai di riprodurle. L'uditore -è abituato, ascoltando un'opera, a provare due impressioni, quella -della musica e quella delle persone che agiscono e sente di solito -queste impressioni una dopo l'altra. Io ho tentato di congiungerle. -La musica possiede un ritmo proprio, i sentimenti dell'animo ne hanno -un altro più istintivo e sottoposto agli avvenimenti. Da ciò non può -risultare che un perenne conflitto. Perciò l'uso della forma sinfonica -(Wagner) non solo non può giovare ma anzi opprime ed annienta la musica -drammatica». - -C'è chi vuol far derivare Debussy da Wagner. Ma ciò non è giusto. Il -Pelleas è anzi una specie di atto di rivolta contro l'arte di Wagner -e quantunque non è vero che quest'opera di un solitario rappresenti -la vera arte francese, dalla quale si trova forse agli antipodi, è ben -difficile trovarvi raffronti colla musica di Wagner, giacchè per poter -dir ciò non basta qualche piccola somiglianza, che deriva piuttosto -dall'ambiente musicale dei nostri giorni, che da una qualsiasi -imitazione di Wagner. Nella musica di Debussy non ci sono leitmotivi, -non c'è vera polifonia, non simmetria musicale. Il musicista non vuol -essere architetto e darci costruzioni contrappuntistiche complicate, -anzi i suoi temi come tali perdono ogni importanza e diventano quasi -semplici melismi; la musica segue il testo parola per parola senza -alcuna preoccupazione musicale, il periodo non obbedisce a leggi -ma non cerca che di sottolineare e di dipingere, la musica viene -quasi disciolta nei suoi elementi originari. Il risultato è una -rara compenetrazione di musica e poesia, una evocazione mirabile -dell'ambiente con colorito poetico incredibile, che Debussy raggiunge -con un'arte incantevole nel trattare l'orchestra. Egli preferisce le -mezze tinte, le penombre, per cui tanto più sfavillanti appariscono -quei momenti, nei quali irrompe irresistibile la passione e tutto -sembra ardere e divampare. - -Debussy è un prodotto della nostra epoca sì tormentata da ogni sorte -di problemi. Volendo si può trovare nelle sue opere anche qualche -somiglianza con quelle dei poeti simbolisti Mallarmè, Verlaine e -Baudelaire ed ancor più coi pittori di Batignolles Monet, Manet, -Césanne, ecc., giacchè egli compone come dipingevano quei pittori, cioè -avendo gli uni per suprema legge il colore ed egli il suono. Ma colori -e suoni hanno bisogno di anima per non rimaner materia bruta. E forse -si può anche pensare al giapponesismo nella pittura ed il tutto si -riduce ad un impressionismo e simbolismo quasi patologico. - -La musica di Debussy è basata armonicamente, e l'armonia ne è senza -dubbio la parte più nuova, sulla trifonia ed esafonia, dalle quali -dipende il suo colorito strano. Gli accordi adoperabili che ne -risulterebbero almeno secondo il nostro sistema non sono in sè che -quattro, dunque pochissimi, ma per comprendere la nuova armonia bisogna -abbandonare i nostri antichi criteri e considerare i nuovi accordi -altrimente che come fecimo finora. - -Per molti la sua musica è un libro chiuso a sette sigilli, per altri -un evangelo e l'autore un nuovo Messia. «La musica di Debussy ha un -carattere primitivo, georgico, sensuale e faunesco, che pur essendo -proprio alla persona dell'autore è e sarà veramente il carattere -principale dell'arte, della letteratura e della filosofia della nostra -epoca forte e sana. Il misticismo dell'opera di Debussy al di là di -ogni formola antica, intieramente fatto di sensazioni interiori sempre -più complesse e di una sensualità carnale e naturale profondamente -e sapientemente semplice è veramente il nuovo misticismo, che -fa palpitare le ali ansiose della nostra gioventù pronta a forti -combattimenti per nuove conquiste spirituali, è il misticismo sessuale -di Rodin scultore e disegnatore» (?). (Ricciotto Canudo — Psycologie -musicale de Civilisations). - -Debussy non ha più dato dopo il Pelleas alcun'opera al teatro ed è in -genere poco produttivo. Le sue ultime opere sono la musica da scena per -_il Martirio di S. Sebastiano_ di D'Annunzio, i preludi per pianoforte -ed un ballo _Jeux_, che non ebbe successo. Data la sua maniera di -comporre ed il contenuto della sua musica, ciò non è difficile a -comprendere, perchè nuove opere non potrebbero essere fino ad un certo -punto che ripetizioni delle anteriori. - -Fu detto sopra che sarebbe ben arrischiato il voler considerare la -musica di Debussy come un vero prodotto dell'arte nazionale. Difatti -in essa è riconoscibile l'influenza dei musicisti moderni russi, -specialmente di Borodine e Moussorgsky (per esempio le _canzoni e -danze della morte_) e, sia direttamente o di riverbero attraverso i -russi, della musica orientale ed esotica in genere. Eppure Debussy ha -già fatto scuola nella sua patria e se anche non si può parlare di una -vera imitazione, che, data la natura della sua musica, è quasi esclusa, -sono fino ad un certo punto gli stessi principî, che propugnano i veri -modernisti francesi, fra cui uno dei più estremi è _Maurizio Ravel_ -(1875), squisito illustratore di sensazioni che gli vengono dal mondo -esterno e perciò diverso da Debussy, che è più sognatore e che invece -di tradurre le cose ci dà le impressioni che queste gli producono. La -sua tecnica è però affatto simile alla debussiana e se ne distingue -soltanto per certi procedimenti a lui propri come p. e. l'aggiungere -note eterogenee oppure omettere appunto quello che l'orecchio -s'aspetta. - -Melodicamente più ispirato di Debussy egli non gli è inferiore nel -colorito smagliante ma nella complessività della sua opera. La sua -opera _L'heure espagnole_ per quanto cesellata è troppo priva di -freschezza comica, troppo lambiccata e contorta per poter piacere -al pubblico. Nè i due balli _Daphni et Chloè_ e _Ma mère l'oye_ per -quanto ricchi di finissimi particolari sono opere di vera ispirazione. -Migliori sono senza dubbio le opere minori (un quartetto, una Sonatina -per pianoforte ed i pezzi per questo istrumento _Miroirs_ e la raccolta -_Gaspard de la nuit_). - -Debussy e Ravel sono oggi i rappresentanti più in vista della musica -francese moderna. Ma confrontati coi veri maestri essi ci appaiono dei -decadenti senza vigore, figli di un'arte affetta di tutte le malattie, -di un'ipercoltura, che va in cerca di sensazioni strane, di narcotici -e stimolanti ora per destarsi dallo stato di sonnambulismo nel quale si -trova, ora per intensificarlo. Debussy e Ravel credono forse di creare -una nuova arte e portano invece adosso il peso della coltura musicale -di tutti i secoli che gli schiaccia. - -Più o meno seguaci delle nuove teorie sono pure: _Alberico Magnard_ -(1865-1914), _Ernest Chausson_ (1855-1899), _Alberto Roussel_ (1869), -_Florent Schmit_ (1870), _Deodato de Séverac_ (1873), mentre _Gabriele -Faurè_ (1845) e _Gabriele Piernè_ (1863) sono da annoverarsi fra i -conservatori. - -Successo quasi pari al Pelleas ebbe l'opera _Ariane et Barbebleu_ -(1907) di _Paolo Dukas_ (1865) autore di uno scherzo sinfonico -_L'apprenti sorcier_, pieno di ritmo e calore e di una Sonata per -pianoforte, opera seria ma pesante. Dukas è molto più sinfonista di -Debussy, molto più chiaro e ritmico e sta con un piede nel wagnerismo e -l'altro nel modernismo. Tutti questi musicisti sono coloritori squisiti -e la loro orchestrazione si distingue p. e. dalla straussiana per -leggerezza senza esserne inferiori nella varietà di timbri ed impasti. - -La musica istrumentale francese è oggi senza dubbio la più nuova e più -corrispondente al gusto dei moderni esteti. Ma anche gli entusiasti -di quest'arte cominciano già ad elevare qualche voce che ammonisce: -«La nostra arte musicale è la prima del mondo per le sue qualità -aristocratiche ma manca di sangue. Rianimatela! Non si tratta di -rinunziare alla sua aristocrazia di gusto e di sensibilità. Ma anche -un grande aristocratico deve saper parlare a tutti e domare la folla a -mille teste» (R. Rolland). - -Una delle maggiori preoccupazioni di questi musicisti è certo il -tessuto armonico ed è piuttosto nella novità delle loro armonie che -in altri elementi che si deve cercare il nuovo delle loro opere. -In questo riguardo si può anzi dire che ad onta delle dissonanze e -cacofonie volute tutte queste armonie nuove, che non sono più possibili -a spiegare col solo concetto di tono maggiore e minore, hanno un -sistema ancor latente ma che perciò non manca di una certa logica -e che tutto ciò avrà certo grande influenza sulla musica futura. E -ad un simile nuovo sistema di armonia cercano ormai i dotti di dare -forma scientifica, un sistema che tenta comprendere in sè oltre le -nostre tonalità anche le scale liturgiche antiche e combinarle, come -pure la musica dei popoli orientali e per il quale non esiste quasi -più il concetto antico di consonanza. Nè soltanto l'armonia è nuova -ma nuovo è altresì un altro elemento della musica modernissima, che -consiste nell'impiegare nella polifonia parti medie che sono affatto -indipendenti nella tonalità della composizione e che combinano soltanto -colle altre voci nel ritmo. Anche questo processo non è in verità -affatto nuovo, perchè già lo troviamo nei primi tempi dell'armonia -e nella musica popolare di certi popoli specialmente asiatici. -Guido Adler crede di trovare in questa pratica qualche somiglianza -colla _Eterofonia_, della quale fa menzione Aristosseno, Plutarco e -Platone e prevede una nuova divisione in musica omofona, polifonica e -eterofonica. - -Riconosciute le varie doti, che sono proprie di tutti questi musicisti -è però giustificata la domanda, se una musica che non vuol altro che -raggiungere un'atmosfera musicale e si bea dei suoni considerati in -sè, che è satura di tutti gli elementi estetici immaginabili e che ad -onta di tutto ciò e della sua complicazione ha somiglianze con un'arte -primordiale, sia quella che veramente potrà aprire nuove vie o invece -col suo snervante erotismo ed il suo misticismo malato non sia arte -di corruzione, impotente e sterile. Diderot scrisse una volta: _Le -gout de l'extraordinaire est le caractère de la médiocrité. Quand on -desespére de faire une belle chose, naturelle et simple, on ne tente -une bizzarre_. E D'Alembert: _Malheur aux productions de l'art, dont -toute la beauté n'est que pour les artistes_. - -I musicisti nominati appartengono alla scuola impressionista o -simbolista, per la quale la musica assoluta quasi più non esiste. I -seguaci dell'altra fazione o scuola che cercano nelle loro opere di -rivendicare alla musica il suo valore intrinseco e l'indipendenza -dalle altre arti non sono sì numerosi quanto i primi. L'eterna e tanto -dibattuta questione ha del resto almeno al nostro tempo un'importanza -molto secondaria, giacchè in ultima linea qualunque composizione di -genere superiore è frutto della fantasia poetica dell'autore, sia -che questi sia o no consapevole dell'origine dell'ispirazione. La -differenza è perciò da cercarsi più nei procedimenti tecnici che nella -sostanza intrinseca. L'odierno maggiore campione della musica che -diremo relativamente assoluta è _Max Reger_ (1873). I musicisti che -non si lasciarono trascinare dall'influenza wagneriana sono pochi e fra -questi sta in prima linea Reger, che già colle prime opere si schierò -fra i musicisti soltanto musicisti e vi rimase fedele sino ad oggi. A -ciò lo trasse la sua indole ed anche l'indirizzo dei suoi studî i quali -devono essere stati sì lunghi ed esaurienti da fargli riuscire facile -lo sciogliere ogni problema più arduo di contrappunto ed armonia. -Questa è tutta speciale ed ha per caratteristica il brusco cambiamento -di tono senza o quasi senza modulazione, il passaggio da una tonalità -ad un'altra affatto eterogenea. La base non è già la scala maggiore o -minore ma la cromatica; così si arriva tante volte a non poter definire -il tono di un pezzo sino alla cadenza che ha un'importanza tutta -propria. Confrontata però l'armonia di Reger con quella dei maestri -francesi moderni, essa è assai più dura, pesante e caotica e non sa -raggiungere neppur lontanamente l'effetto di quella. - -Nelle prime opere di questo autore troppo fecondo è difficile trovare -una nota personale. In quelle di organo è più che sensibile l'influsso -di Bach, mentre nelle opere per pianoforte e nella sua musica da -camera in genere ricorrono ogni momento reminiscenze di Schumann ed -ancor più di Brahms. Dall'opera 50 circa anni l'autore però subì una -trasformazione che si palesa già nelle grandi fantasie per organo (op. -46, op. 57, ecc.). La sua opera più rivoluzionaria è forse la Sonata -in do maggiore per pianoforte e violino (op. 72), arruffata e confusa, -dura negli spunti, melodici tanto per dire. Nè molto diversi sono il -quartetto (op. 74), estremamente complicato, ed altre opere anche fra -le ultime, compresi il Concerto per violino e quello per pianoforte. -Ma fra questo turbinare di opere in cui i contrappunti si sovrappongono -uno all'altro e le armonie più disparate ci sorprendono e lacerano gli -orecchi, nacquero pure alcune opere come, per es., i piccoli pezzi per -pianoforte, op. 82, i due Trio, op. 77, la Suite in stile antico, op. -93, che sono fra le migliori cose che si scrissero negli ultimi anni. -Reger predilige come Brahms la forma delle variazioni e vi sviluppa una -ricchezza incredibile. Le variazioni e fuga su di un tema di Beethoven -per due pianoforti, quelle su un tema di Bach sono da mettersi fra le -maggiori e migliori sue composizioni. Le prime opere per orchestra, -una Sinfonietta, una Serenata, Variazioni su di un tema di Hiller -ed un Prologo per tragedia, sono opere faragginose ed estremamente -complicate da rendere assai difficile all'orecchio seguire le parti, -che si accavallano in contrappunti, istrumentate massicciamente, -quasi l'autore usi piuttosto registri d'organo che istrumenti. Nelle -posteriori, una _Suite de ballet_, una Suite romantica, ecc., Reger -sembra voler mettersi per una nuova strada ed avvicinarsi alla musica -descrittiva, accettando elementi straussiani e debussyani. E così -egli si trasforma continuamente, ma non per vera necessità di natura -ma più per proposito e per l'indirizzo del tempo, ciò che gli riesce -facile per la sua grande potenza assimilatrice ed il suo immenso sapere -tecnico. Ma ora che è possibile farsi un giudizio complessivo sulle -sue opere, bisogna però conchiudere, che egli è un epigone brahmsiano -con molte altre influenze moderne non ancora equilibrate. L'ispirazione -melodica non è poi certo una delle prerogative di Reger. La sua melodia -è di solito angolosa, frammentaria e quasi mai originale. Ma questa -sua melodia è quella della quale egli abbisogna, perchè soltanto essa -rende possibile la sua armonizzazione estremamente cromatica e la sua -ritmica a scatti. Originale è soltanto il procedere tecnico, la fattura -esterna non il nucleo. La musica di Reger non potrà mai raggiungere -alcuna vera popolarità, perchè è troppo poco spontanea, troppo fredda -e riflessiva ed è più la produzione d'un talento dotato di grandissime -doti specifiche musicali specialmente dal lato tecnico che di un'anima -esuberante di sentimento commotivo. - -Se tutti i segni del tempo non ingannano sembra ora che l'egemonia -musicale tedesca che durò tanto tempo vada adagio decadendo, mentre -invece sono le nazioni latine, fra cui prima la Francia come pure -la Russia, che mostrano un vero risveglio e tendenze decisamente -progressiste. Questo decadimento cominciò già dalla morte di Wagner, -per quanto mai come in questi ultimi anni fossero operosi i musicisti -tedeschi. E ciò si può asserire ad onta delle opera di Riccardo -Strauss, Max Reger e Gustavo Mahler, certo musicisti di gran valore, -specialmente i due primi ma decadenti e soltanto continuatori di -antiche tradizioni, quantunque nessuno potrà negare che Riccardo -Strauss non influenzi ora in qualche modo la musica europea, che Reger -non abbia liberata l'armonia da tante vecchie pastoje, che Mahler non -fosse un musicista di larghe e nuove vedute. Considerando le loro opere -nell'intima essenza dovremo però conchiudere, che Strauss non è che un -Wagner potenziato nella tecnica ma ben inferiore a lui nell'ispirazione -e genialità, che la musica di Reger è in ultima linea una figliazione -di quella di Brahms, Schumann e di altri maestri più antichi e che -Mahler non tentò che seguire le orme di Bruckner, che senza ombra di -coltura estetica risolve ben più felicemente i problemi estetici. - -Il parlare degli altri musicisti moderni di Germania oltre i già -nominati, p. e. _Oscar Fried_, _Hausegger_, _Delius_, _Schrecker_, -ecc., sarebbe superfluo in un libro come questo, che non ha alcuna -pretesa di esaurire la materia. Nè le loro opere sono tali da -meritarlo, perchè nessuna di esse mostra veramente l'impronta del -genio. - -Considerando le nuove opere di Schönberg, Stravinski e Scriabine, -non solo Reger ma anche Debussy e Ravel sono per i futuristi ormai -quasi autori classici. La musica di questi tende a divenire atonale -ed armonicamente anarchica, giacchè va perdendo il senso dei rapporti -colla tonica e ne trova di più lontani fra tono e tono, che prima non -si sapeva intuire. La differenza fra consonanza e dissonanza non viene -più riconosciuta ed il ritmo ed ancor più il colore o timbro assumono -ben altra importanza di prima. I più noti apostoli del nuovo verbo -sono: - -_Arnoldo Schönberg_ (1874), certo il più sovversivo ed inaccessibile. -Le sue prime opere (quartetto, sestetto, canzoni, poema sinfonico), -si possono ancora spiegare come derivazioni molto arrischiate del -Tristano. Le _Gurrelieder_, poemetto lirico ciclico per due voci -a solo, declamazione, coro e grande orchestra, scritte con lunghe -interruzioni, palesano in parte la trasformazione che andava succedendo -nell'autore che in quest'opera di grandi proporzioni ci dà prova di -vero talento anche inventivo ed originale. Ma ora Schönberg rifiuta -tutto quello che egli scrisse prima e s'è venuto formando un sistema -armonico ed in genere musicale che almeno per i nostri orecchi d'oggi -sembra condurre al caos musicale, per quanto sia innegabile, che nelle -opere più recenti (quartetto con una voce a solo, pezzi per pianoforte -e per orchestra, il _Pierrot lunaire_) ci sia come la base di un nuovo -sistema, che forse contemporaneamente sentirono anche altri per es. -Alaleona, quello cioè della _dodecafonia_, che permette di considerare -ogni accozzamento di toni come accordo. Per i più però le nuove opere -di Schönberg sono di una monotonia opprimente, potendole ridurre a -poche note sempre in un tono ad onta dell'apparente enarmonia. - -_Alessandro Scriabine_ (1872-1915) si trasformò da un romantico -chopiniano in un modernista specialmente nelle numerose sonate per -pianoforte, perchè la sua musica non conosce più lavori tematici e -sviluppi ma nasce piuttosto da poche idee di importanza più armonica -che melodica, dalle quali germinano poi combinazioni ed episodi, il -tutto espresso in una tecnica pianistica molto nuove per figura e -sonorità. - -_Igor Stravinsky_ (1882), scolaro di Rimsky-Korsakoff, si assimilò -le nuove conquiste armoniche dei francesi e predilige la musica -coloristica (balli _Petrouschka_, _Sacre du printemps_, _Rossignol_ -ed altre opere). Egli usa i suoni ed i colori derivanti dai timbri -indipendentemente da ogni legge armonica e se ne serve come prima -si faceva della melodia, supplendo a questa con una grande potenza -ritmica. - -L'inglese _Cirillo Scott_ (1872) e _Ferruccio Busoni_ (1866) mostrano -pure nelle loro opere tendenze affatto moderne, specialmente il secondo -nel _notturno sinfonico_, nella _berceuse elegiaque_, ecc., mentre -_Vladimiro Rebikoff_ (1867) coi suoi mimodrammi sta sul limitare -dell'arte futuristica. - -La nuova arte, se tale si vuol dire, è una conseguenza dei tempi mutati -ed in parte anche della posizione sociale che prendono i musicisti -moderni, ben diversa da quella dell'epoca di Haydn e Mozart, messi dai -loro signori nella gerarchia quasi al livello dei servi e camerieri. -Mai nessun tempo fu tanto appassionato ed avido d'arte quanto il nostro -e ciò influì naturalmente non solo ad innalzare la stima che godono gli -artisti ma ebbe altresì per conseguenza una maggiore coltura di questi. -Per caso poi o per altri motivi l'evoluzione moderna della musica -combina con quella delle altre arti e da ciò venne che anche la musica -si risente di tutte le nuove idee e teorie, che preoccupano gli artisti -ed esteti in genere. - -La divisa della nuova arte è la novità e la mania dell'originalità. -Pur di riuscire nuovo ed originale si sacrifica tutto, si fa violenza -alla propria natura, non si rifugge da alcun mezzo. Per naturale -conseguenza si vuole sfuggire il comune od almeno quello che si reputa -tale ed è tale la paura che i musicisti hanno di riuscire convenzionali -che tosto si presenta loro un'idea melodica, che potrebbe venir -creduta tale, la strozzano appena nata o la contorcono talmente da -renderla irriconoscibile. La conseguenza ne è che a forza di cercare -del nuovo si è quasi perduta la capacità di godere della vera arte ed -in un'epoca, in cui si è voluto affermare che il genio è affine alla -pazzia si confondono i significati di nervosismo e talento, isterismo -e temperamento. Una caratteristica della produzione moderna è con poche -eccezioni l'incongruenza fra volere e potere, ossia grandi aspirazioni -ed incapacità di estrinsecarle, oppure grande arte tecnica e nessuna o -poca sostanza, insomma arte per l'arte ciò che prima non era, perchè -la meta era più modesta ma si sapeva raggiungerla. E non soltanto -questa incongruenza è uno dei fenomeni più comuni della nuova musica ma -altresì l'esagerazione dei mezzi per raggiungere uno scopo, al quale si -adatterebbero vie molto più semplici. - -Comune poi alla musica dei nostri giorni come alla pittura è la -tendenza di ritornare alle forme primitive sia medioevali, sia dei -popoli barbari o semibarbari e di servirsene combinandole colle più -raffinate conquiste dell'arte moderna e dimenticando forse che il -rifiutare la tradizione, la quale è il risultato dell'esperienza e la -messe dei secoli, non vuol dire che ritornare indietro, per dopo far -di nuovo la stessa strada. E comune le è pure la mania dell'esotismo, -da qualunque paese esso venga, ciò che di nuova prova l'incapacità di -saper veramente creare. - -La tecnica di quasi tutti questi musicisti moderni è ad onta -dell'apparente novità in sè ben povera cosa, per quanto non sia -necessario essere d'accordo con Riemann, che cerca spiegare colla -vecchia armonia le nuove conquiste. (_Storia della musica_, vol. II, 3, -pag. 251 e seg.). Con sole quarte e quinte di seguito, con accordi di -nona od alterati e scale di toni intieri armonizzate non si fa ancora -della vera musica se manca l'ispirazione. Nè si deve dimenticare che -una musica fatta così non può essere che quasi omofona, almeno fino a -tanto che l'orecchio musicale non avrà subito modificazioni radicali. - -A forza poi di nuove teorie estetiche, che riddano nell'aria e che -saturano l'ambiente nel quale viviamo, si è quasi cambiata la nostra -natura e ci siamo abituati a sentire altrimenti di prima, a cercare lo -strano, a godere di sensazioni spiacevoli, insomma a volere il nuovo -solamente perchè nuovo e perchè la moda lo vuole, donde deriva il -paradosso di un'affettazione naturale, perchè di essa non siamo ormai -più consci. Il pubblico ha certo una parte di colpa a questo stato -di cose, perchè esso manca di sincerità e pur di non far la figura -dell'ignorante non s'azzarda di disapprovare una cosa che non gli -piace e così incita gli artisti a proseguire per una strada che non ha -più uscita, prendendo, come dice Schiller, l'oscuro per profondo, il -selvaggio per maschio, l'incerto per infinito, lo sconclusionato per -sopranaturale. - -Altro difetto è la tendenza di oltrepassare i limiti della propria -arte ed entrare in campi, che si credono affini, specialmente in -quello della poesia e pittura, sconfessando così la potenza dell'arte -e disconoscendo la sua superiorità ideale. La conseguenza è che alla -fine non c'è più posto per quello che noi eravamo abituati a chiamar -musica, poichè nelle composizioni orchestrali la vera melodia non è più -ammessa se non serve a scopi estetici superiori, nel dramma lirico la -verità drammatica la esclude o quasi ed essa non è neppure più permessa -nella canzone moderna, che come in genere sceglie le poesie più -astruse, si contenta di pochi melismi ed accordi ed alla più sottolinea -certe parole e colorisce lievemente nell'accompagnamento. Tutti -questi principî vanno altresì infiltrandosi nella musica da camera -che sembrerebbe dover restare l'ultimo rifugio della musica assoluta. -In una parola si vuole che la musica rappresenti sempre qualche cosa, -ciò che equivale a voler far di essa altro che per natura è e dovrebbe -essere. Altra e più fatale conseguenza di tutto questo procedere è che -l'arte vien ridotta ad essere quella di pochi raffinati e snervati, -che hanno bisogno di tutti gli stimoli per trovarvi ancora interesse e -perchè essendo aristocratica perde sempre più il contatto col popolo e -colla terra dalla quale essa nasce. L'arte per l'arte è una di quelle -frasi fatte che si ripetono troppo di spesso senza pensarci gran -fatto. Se con essa si vuol propugnare solo l'aristocraticità dell'arte -e l'esclusione del vero pubblico dal suo santuario, non sarà certo -con simili principî, che arriveremo ad un'arte nuova e sana. Pittura, -scultura e musica sono arti per i sensi e non sono sempre i dotti ed -esteti quelli, che meglio le comprendono. Nè da una simile arte, che -di proposito rinunzia alle sue maggiori prerogative, è da sperare gran -fatto una vera evoluzione musicale nel senso della parola, perchè è -poco concepibile, per esempio, che dati i principî dell'autore una -seconda opera lirica di Debussy non sia quasi una ripetizione del -_Pelleas et Melisande_ e che un nuovo dramma di Strauss si distingua da -_Salome_ ed _Elettra_. - -Tutte queste osservazioni non possono avere del resto che un valore -ben relativo, se di valore si può parlare. Al mondo tutto è soggetto -a cambiamento ed è stoltezza il voler stabilire dei dogmi. La musica -come in genere tutte le arti deve esprimere la vita di pensiero del -tempo e come questa continuamente cambia, è altrettanto logico che deva -cambiarsi anche la musica. Coloro che trenta e quarant'anni fa venivano -chiamati musicisti dell'avvenire ed erano i focosi e battaglieri -apostoli del verbo d'allora, sono gli stessi che oggi parlano di -confusione e degenerazione della musica e predicono il finimondo. -Alcuni dei rivoluzionari di ieri sono i classici dell'oggi e così sarà -sempre anche in futuro. Il comprendere un'opera d'arte è possibile -soltanto a pochi eletti. L'uomo è per natura soggetto ad abitudini e -tradizioni; ciò che non vi corrisponde, lo rende perplesso e confuso ed -egli lo giudica senza oggettività. L'uomo ormai maturo non è più capace -di riformare il suo modo di pensare e sentire e per lui il nuovo è -decadenza, mentre per i giovani è conquista. - -Studiando oggettivamente la questione, bisogna però arrivare a -conchiudere che la maniera di alcuni dei maestri più avanzati, -appartiene ormai ad un mondo musicale diverso dal solito, in cui -si distingueva fra bello e brutto e si usava questo soltanto di -proposito per certi scopi speciali. Senza dubbio i moderni non -vogliono riconoscere più il nostro brutto come tale e lo devono sentire -altrimenti. Ciò dipende anche dalla differenza dell'udito musicale e -dalla tendenza di allargare il sistema armonico con quarti di tono -ancora impossibili a notare col nostro sistema ma già virtualmente -accennati. Per questo la musica, che si può paragonare a certi dipinti -cubistici, fa a noi vecchi musicisti l'effetto di musica stonata. Ma -chi può garantire, che tale sembrerà in venti o meno anni? - -L'esperienza ci dimostra poi ogni giorno, che coi giudizî prematuri -bisogna essere ben guardinghi. Si pensi a quello che si disse e scrisse -del Tristano e l'effetto che ci fa oggi quella musica al confronto -delle opere non diremo di Reger e Strauss, ma di Schönberg e compagnia. -L'udito umano è suscettibile d'una modificazione meravigliosa. Il lungo -uso di più secoli ci ha abituato a non sentire che i toni e semitoni e -farci parere le gradazioni intermedie come stonazioni. Ma l'edifizio -armonico ammette ancora dei perfezionamenti e maggiori finezze, -che Beethoven ha già intuito nelle sue ultime opere e che non potè -abbastanza sviluppare per la mancanza di segni musicali. Nè altrimenti -è da spiegarsi molte volte l'armonia degli estremi modernisti che con -una tendenza ad esprimer ciò che il loro orecchio ormai sente e che -forse anche noi sentiremo in seguito. - -È inutile perciò e temerario di parlare di degenerazione e sfacelo -della musica ed ancor più vacuo il voler far da profeta o prefica. -Il vero artista crea le sue opere come il genio gliele ispira senza -curarsi nè della critica nè di sacre tradizioni antiche. La vita non -conosce periodi di vera sosta e se essi tali ci appaiono, ben raramente -lo sono in realtà. Quand'anco le opere più discusse dei maestri d'oggi -non avessero che un valore affatto relativo o persino negativo, cioè -di distruzione delle tradizioni del passato, esse non saranno perciò -senza importanza per la storia dell'evoluzione del pensiero musicale, -perchè non è punto escluso che l'incompleta e difettosa realizzazione -d'un'idea che si presenta alla mente dell'autore allo stato embrionale, -non contenga il germe d'una nuova arte. E ciò potrebbe benissimo -succedere, in quanto si tratti della parte tecnica, la quale ha -indirettamente immensa importanza anche su quella inventiva. Questa è -a dir vero finora assai meschina, perchè i modernisti si servono ancora -di motivi e temi senza alcuna originalità e bellezza e li tolgono dalla -musica di altri tempi. Ma la musica è ben ancora lontana dall'aver -raggiunto il culmine definitivo della parabola. Questo è forse l'unico -vaticinio, che si può fare senza rendersi ridicoli. Il resto è nel seno -del fato. - - - LETTERATURA - - Louis R. — _Die deutsche Musik der Gegenwart_, München, 1909. - - Batka R. — _Richard Strauss_, Charlottenburg, 1903. - - Newmann G. — _Richard Strauss_, London, 1909. - - Schmitz E. — _Richard Strauss als Musikdramatiker_, Monaco, 1907. - - Daly W. — _Debussy_, Edinburg, 1909. - - Rolland R. — _Musiciens d'aujourd'hui_, Paris, 1908. - - Bastianelli G. — _Musicisti d'oggi e di ieri_, Milano, 1914. - - Pizzetti I. — _Musicisti contemporanei_, Milano, 1914. - - Sézé O. — _Musiciens français d'aujourd'hui_, Paris, 1911. - - Setaccioli G. — _Debussy è un innovatore?_, Roma, 1910. - - Hehemann M. — _Max Reger_, Monaco. - - Steinitzer M. — _Riccardo Strauss_, Berlino, 1911. - - Samazeuilh G. — _Paul Dukas_, Parigi. - - Manuel R. — _Maurice Ravel et son oeuvre_, Parigi, 1914. - - Niemann W. — _Die Musik seit Richard Wagner_, Berlino, 1913. - - - - -CAPITOLO XXIV. - -Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali. - - -La nostra epoca è quella dei virtuosi e la perfezione raggiunta da -questi nel trattare i loro istrumenti, nel cavarne tutti gli effetti -possibili e nel superare ogni difficoltà, è più che ammirabile. - -La schiera dei pianisti celebri moderni è numerosissima. Ecco alcuni -dei nomi più noti: _Giovanni Bülow_ (1830-1894), _Antonio Rubinstein,_ -Carlo Tausig (1841-72), _Sigismondo Thalberg_ (1812-72), _Sofia Menter, -Annetta Essipoff, Teresa Carreno, Adolfo Fumagalli, Ad. Henselt, -Alfredo Grünfeld, Giovanni Bonamici, Sgambati, Martucci, Eugenio -d'Albert, Busoni, Siloti, Paderewski, Ben. Cesi, Palumbo, Consolo, -Rendano, Godowsky, Sauer, Lamond_, ecc. - -La moderna scuola di violino deriva quasi direttamente da _Giov. Batt. -Viotti_ (1753-1823) allievo di Pugnani ed egli stesso fondatore della -scuola francese, dalla quale uscirono _Rodolfo Kreutzer_ (1767-1831), -_Pietro Rode_ (1774-1830) e _Pietro Baillot_ (1771-1843), l'autore d'un -notissimo metodo. Viotti allargò i confini della tecnica ed influì col -suo esempio e le sue eccellenti opere (concerti, duetti) sullo sviluppo -d'uno stile ampio, largo e nobile. - -Dopo quest'epoca vennero formandosi scuole nazionali di violino; -così la francese celebre per l'eleganza e la finezza, fra i più noti -campioni della quale sono da nominarsi _Carlo de Bériot_ (1802-70), -_Enrico Vieuxtemps_ (1820-81), _Francesco Prume_ (1816-49),_ Enrico -Wieniawski_ (1835-80), _H. Léonard_ (1819-1890), _Delfino Alard_ -(1815-1888), _Cesare Thomson_ (1857), _Eugenio Isaye_ (1858), -_Enrico Marteau_ (1874), _ Émile Sauret_ (1852), _Pablo de Sarasate_ -(1844-1908), ecc.; l'italiana con _Niccolò Paganini_ (1784-1840), -artista sommo e fenomenale, che affascinava il pubblico e destò -entusiasmo quale nessuno prima e dopo di lui seppe e fece progredire -la tecnica fino ai confini del possibile; _Alessandro Rolla_ -(1757-1841), _Camillo Sivori_ (1817-1894), le sorelle _Milanollo, -Antonio Bazzini, Teresina Tua, A. Serato_, ecc.; la tedesca con _Luigi -Spohr_ (1784-1859), rappresentante dello stile classico e maschio, non -curante dei lelocinî della virtuosità esagerata; _Lipinski_, _Ferd. -David_, celebre maestro, _Guglielmo Ernst, Ferd. Laub, Gius. Joachim_ -(1831-1907), _Augusto Wilhelmi_ (1845-1908), _Heermann_, _Ondricek_, -_Hubermann_, _Kubelik_, ecc. - -Celebri violoncellisti furono _Gio. Dotzauer_, _Romberg_, _Duport_, -e fra i più recenti _Alfredo Piatti_, _Gaet. Braga_, _David Popper_, -_Carlo Davidoff_, _Gius. Servais_, _De Swert_, _Becker_, _Klengel_, -ecc. Fra i contrabassisti, _Giov. Bottesini_, _Dragonetti_; fra i -flautisti, _Dulon_, _Fürstenau_, _Briccialdi_, _Taffanel_; fra i -suonatori di arpa, _Carlo Oberthür_, _Elia Parish-Alvars_, _Antonio -Zamara_. - -L'arte del canto si trova in decadimento per la parte tecnica, -mentre essa segna un progresso nel sentimento drammatico. Fra le -cantanti celebri del secolo scorso vanno nominate _Angelica Catalani_ -(1779-1849), _Giuditta_ e _Giulietta Grisi_, _Giud. Pasta_ (1793-1865), -_M. Malibran_ (1808-38), _Paolina Viardot-Garcia_, _Adelina_ e -_Carlotta Patti_, _Cristina Nilson_, _Paolina Lucca_, _Amalia Materna_, -_Marchisio_, _Brambilla_, _Stolz_, _Waldmann_, ecc. - -Fra i cantanti: _G. Duprez_, _G. Roger_, _Ad. Nourrit_, _G. B. Rubini_, -_G. Mario_, _L. Lablache_, _Enrico Tamberlik_, _Stagno_, _Tamagno_, -_Cotogni_, _Masini_, _Maurel_, _Caruso_, _Bonci_, ecc. - -Molto maggior importanza che nei tempi andati ha oggi l'arte di -dirigere l'orchestra, che anzi minaccia di diventare una specie di -virtuosismo a danno delle opere eseguite. Notissimi direttori furono e -sono: _Antonio Habenek_, _Giulio Pasdeloup_, _Edoardo Colonne_, _Carlo -Lamoureux_, _Hans Bülow_, _Ermanno Levi_, _Hans Richter_, _Felice -Weingartner_, _Arturo Nikisch_, _Felice Mottl_, _Angelo Mariani, Franco -Faccio, Toscanini_, _Mugnone, Mascheroni_, ecc. - -E pure grandiosi progressi hanno fatto negli ultimi decenni gli studî -storici ed estetici musicali, nei quali al dilettantismo di prima -è subentrata la ricerca delle fonti, sicchè la storia musicale è -diventata una vera scienza. - -Qui nomineremo fra i cultori di simili studî in Italia:_ Baini, Caffi, -Basevi, Biagi, Luigi Torchi, Oscar Chilesotti, Ippolito Valletta, -Fr. Florimo, N. D'Arienzo, Giov. Tebaldini, Piccollelis. A. Galli, -A. Villanis_ e fra i giovani, pari se non superiori ai più illustri -stranieri, perchè non sono solamente studiosi ricercatori del passato -ma critici acuti ed educatori di larghe vedute, _Giannotto Bastianelli, -Fausto Torrefranca, Ildebrando Pizzetti, Gaetano Cesari_, ecc. — in -Francia: _Francesco Fétis, E. Coussemaker, A. Pougin, E. Lavoix, Fr. -Gevaert, M. Brenet, Tiersot, Jullien, Vidal, Kufferath, Bellaigue_, -ecc. — in Germania: _Kiesewetter, Ambros, O. Iahn, Chrysander, F. -Spitta, E. Hanslick, Adler, Sandberger, Fleischer, Haberl, Riemann, -Kretschmar_ — in Inghilterra: _Thayer_ (americano), _Fuller-Maitland, -Davez_, ecc. — in Spagna _Pedrell_. - - - - -ELENCO - -DELLE OPERE PRINCIPALI MODERNE CONCERNENTI LA STORIA DELLA MUSICA - - - A. Ambros. — _Geschichte der Musik_, 5 vol., 3ª edizione, Lipsia, - 1880-1893. - - W. Langhans. — _Geschichte der Musik des_ 17, 18. _und_ 19. - _Jahrhundertes_, 2 vol., Lipsia, 1884. - - Riemann H. — _Handbuch der Musikgeschichte_, Lipsia, 4 vol. - - _The Oxford History of Musik_, vol. 6 di più autori, 1900 e - seguenti. - - Riemann H. — _Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert_, Berlino, - 1900. - - Riemann H. — _Musikgeschichte in Beispielen_, 3 vol., Lipsia. - - Merian H. — _Illustrierte Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert_, - Lipsia. - - Reissmann A. — _Allgemeine Geschichte der Musik_, Monaco, 4 vol. - - Naumann E. — _Musikgeschichte_, Lipsia, 2 vol. - - Dommer A. — _Geschichte der Musik_, Lipsia, nuova ediz., 1914. - - Brendel. — _Storia della musica in Italia, Germania e Francia_. - Trad. dal tedesco, Genova, 1900. - - Marcillac F. — _Histoire de la musique moderne_, Paris, 1882. - - Combarieu. — _Histoire de la musique_, Paris. - - I. Fétis. — _Histoire générale de la musique_, 5 vol., Paris, - 1869-1875. - - Riemann H. — _Geschichte der Musiktheorie im IX-XIX Jahrhundert_, - Lipsia, 1898. - - Galli A. — _Estetica della musica_, Torino, 1900. - - Chilesotti Oscar. — _I nostri maestri del passato_, Milano. - - Fétis F. — _Biographie universelle et bibliographie générale de la - musique_, 2ª ediz., Paris, 1860-1865. - - Pougin A. — _Supplement à la biographie des musiciens_, 3 vol., - Paris, 1878-1880. - - Riemann H. — _Musiklexikon_, Lipsia. - - Schmidl C. — _Dizionario universale dei musicisti_, Milano. - - Mendel. — _Musikalischer Conversationslexikon_, 2ª ed., 8 vol., - Berlino, 1880-1883. - - Riemann H. — _Opernhandbuch_, Lipsia. - - Paloschi G. — _Piccolo dizionario delle opere teatrali_, Milano. - - Kretschmar. — _Führer durch den Concertsaal_, 3 vol., Lipsia, 1900. - - Neitzel O. — _Führer durch die Oper_, 3 vol., Lipsia. - - Riemann H. — _Grundriss der Musikwissenschaft_, Lipsia, 1908. - - Eitner R. — _Bibliographie der Musiksammelwerke des 16 und 17 - Jahrhunderts_, Berlino, 1877. - - — _Quellen und Hilfswerke beim Studium der Musikgeschichte_, - Lipsia, 1891. - - — _Biographisches, bibliographisches Quellenlexikon der Musiker und - Musikgelehrten bis zur Mitte des 19. Jahrhunderts_, Lipsia, vol. - 10. - - Grove G. — _Dictionary of music and musicians_, 5 volumi, 1905 e - seg. - - _Guide de l'amateur d'ouvrages sur la musique, les musiciens et le - theatre_, Paris, 1901. - - Importanti studi di storia musicale contengono le pubblicazioni - periodiche: - - _Rivista musicale italiana_, Torino. - - _Monatshefte für Musikgeschichte._ - - _Vierteljahresschrift für Musikwissenschaft._ - - _Kirchenmusikalisches Jahrbuch._ - - _Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft._ - - - - -INDICE ALFABETICO DEI NOMI - -(_I numeri indicano le pagine_). - - -A - - Aaron Pietro, 78 - Abaco E., 252 - Adam A., 315 - Adam de Fulda, 79 - Adam della Halle, 90, 122 - Adler, 478 - Agazzari Ag., 151 - Agostino (Sant'), 31 - Agricola M., 79, 206 - Alaleona, 428 - Alard, 476 - Albeniz, 399 - Alberti, 381 - Alboni, 325 - Alceo, 14 - Alcotti, 238 - Aldobrandini, 239 - Alessandri, 224 - Alfano, 416 - Alfonso della Viola, 122 - Algarotti, 267 - Alipio, 17 - Allegri Gregorio, 113 - Amati, 250 - Ambrogio, 30 - Ambros, 478 - Andreini, 236 - Anerio F. e G., 112 - Anfione, 14 - Anfossi, 289 - Animuccia, 112, 120 - Apollo, 19, 23 - Apolloni, 332 - Arcadelt, 107 - Archilei Antonio, 235 - Archilei Vittoria, 235 - Arends, 9 - Ariosti Attilio, 166, 253 - Aristide, 22 - Aristosseno, 16 - Aristotele, 17 - Arrigo, 84 - Asola, 120 - Astariota, 172 - Aston, 201 - Astorga, 158 - Attaignant, 258 - Auber, 308 - Audran, 316 - Auteri M., 333 - - -B - - Bach, 208, 212, 219, 220 - Baillard, 258 - Baillot, 476 - Balakireff, 390 - Balfe, 396 - Baltazarini, 176 - Banchieri, 122, 244 - Bantock, 396 - Bardi, 127 - Bartolino frate, 99 - Basevi, 478 - Basile, 236 - Basilio (San), 29 - Bassani, 251 - Bastianelli, 428, 478 - Bay, 165 - Bazzini, 401, 419, 476 - Becker, 477 - Beethoven, 294 - Belcari Feo, 84 - Bellaigue, 478 - Bellini, 321 - Benda, 195, 252 - Benevoli O., 113 - Bennet, 348 - Benoit, 398 - Bergonzi, 250 - Bériot, 476 - Berlioz, 366 - Bernabei, 113 - Bernacchi, 237 - Bernardi, 237 - Bernardino della Ciaia, 247 - Bernardo, ted., 243 - Bertolotti, 250 - Besardo, 254 - Beverini, 122 - Biagi, 478 - Biber, 252 - Bibiena, 238 - Binchois, 68 - Bird, 116, 200, 249 - Bischoff, 438 - Bizet, 314 - Bleyle, 438 - Blockx, 398 - Boccherini, 253 - Boezio, 35, 38 - Boieldieu, 315 - Boito, 334 - Bolzoni, 424 - Bonamici, 424, 475 - Bonci, 477 - Bonifacio (San), 41 - Bonocini, 54, 165, 253 - Bontempi, 192 - Bordoni-Hasse Faustina, 193, 237 - Borodine, 390 - Bossi, 421 - Bottesini, 477 - Braga, 477 - Brahms, 352 - Brama, 2 - Brambilla, 477 - Brancaccio, 123 - Braunfels, 438 - Brenet, 478 - Broschi, 237 - Briccialdi, 477 - Bruch, 363 - Bruckner, 357 - Brumel, 71 - Bruneau, 433 - Bull, 116, 200, 249, 386 - Bülow, 475 - Buonamici, 424 - Burci, 78 - Busnois, 68 - Busoni, 467, 475 - Buxtehude, 209 - - -C - - Caccini Francesca, 150 - Caccini Giulio, 127 - Caffarelli, 237 - Caffi, 478 - Cagnoni, 232 - Caldara, 163 - Caletti Bruni, 146 - Calzabigi, 172, 263 - Cambert, 177 - Campra, 182 - Cannabich, 277 - Cannicciari, 165 - Capello, 232 - Caproli, 176 - Cara Marco, 117 - Carafa, 272 - Carducci, 81 - Carestini, 192 - Carissimi, 149 - Carlo Magno, 41 - Carreno, 475 - Caruso, 477 - Casali, 165 - Casella, 428 - Casti G. B., 170 - Catalani Alf., 402 - Catalani Angel., 477 - Cavalli, 146 - Cavazzoni, 244 - Cazzati, 242 - Cecca della laguna, 236 - Cellini Benvenuto, 229 - Cesari, 478 - Cesi, 475 - Cesti M., 149 - Chabrier, 433 - Chambonnières De, 249 - Charmillon, 88 - Charpentier, 434 - Chausson, 458 - Cherubini, 269 - Chilesotti, 478 - Chopin, 349 - Chrysander, 478 - Ciléa, 415 - Cimarosa, 160 - Cladwik, 398 - Clari, 166 - Clemens non papa, 71 - Clemente (San), 29 - Clementi, 418 - Cleve H., 388 - Colasse, 181 - Colonna, 165 - Colonne, 477 - Consolo, 475 - Conti, 168 - Corelli, 251 - Cornachioli, 147 - Cornelius, 437 - Corsi, 127 - Costa, 236, 424 - Cotogni, 477 - Cottonio, 52, 60 - Couperin, 249 - Coussemaker, 478 - Cowen, 396 - Cramer, 381 - Cristofori, 246 - Croce, 105 - Cui, 390 - Cuzzoni, 237 - Czerny, 379 - - -D - - D'Alayrac, 189 - D'Albert, 437, 475 - Da Ponte, 171 - Daquin, 249 - D'Arenzio, 478 - Dargomiski, 389 - D'Auvergne, 188 - Davez, 478 - Davico, 428 - David, 476 - Davide, 8 - Davidoff, 477 - Debussy, 450 - Dedekind, 191 - De Ferrari, 333 - De la Guerre Michele, 177 - Delibes, 316 - De Leva, 424 - Delius, 465 - Denza, 424 - De Swert, 477 - D'Indy, 436 - Dittersdorf, 262 - Dominicetti, 402 - Donati, 117 - Donizetti G., 323 - Dori, 13 - Dotzauer, 477 - Dowell, 398 - Draeseke, 363 - Draghi, 150 - Dragonetti, 477 - Dufay, 68 - Dukas, 359 - Duiffopruggar, 250 - Dulon, 477 - Duni, 188 - Dunstable, 46, 68 - Duport, 477 - Duprez, 477 - Durante, 155 - Durastanti, 237 - Dvorak, 395 - - -E - - Eccard, 207 - Efraen, 32 - Elgar E., 396 - Emilio del Cavaliere, 121 - Enna, 386 - Enrico de Zeelandia, 68, 77 - Erasmo di Rotterdam, 70 - Ernst G., 476 - Erodoto, 7 - Eschilo, 15 - Essipoff, 475 - Euripide, 15, 23 - - -F - - Faccio, 478 - Fall, 307 - Falla, 399 - Fano, 424 - Farina, 251 - Farinelli, 237 - Faugues, 69 - Faurè, 458 - Ferrabosco, 201 - Ferrari, 233 - Ferri, 236 - Festa, 106 - Fétis, 478 - Fibich, 396 - Field, 381 - Filippo Neri (San), 120 - Filone, 29 - Filz, 278 - Fink, 206 - Fleischer, 478 - Floridia, 415 - Florimo, 478 - Flotow, 306 - Fogliani, 136 - Fonsete S., 64 - Forkel, 94 - Foroni, 419 - Franceschello, 253 - Francesco da Colonia, 60 - Francesco da Milano, 254 - Franchetti, 412 - Frank C., 435 - Frank M., 208 - Franz, 362 - Frescobaldi, 244 - Fried, 465 - Frini, 16 - Froberger, 208, 244 - Fuller-Maitland, 478 - Fumagalli, 475 - Fürstenau, 477 - Fux, 192 - - -G - - Gabrieli A., 103 - Gabrieli D., 253 - Gabrieli G., 104 - Gade, 348, 385 - Gafor, 78 - Gagliano, 146 - Galilei, 79, 127, 254 - Galli, 239 - Galli A., 478 - Gallus, 208 - Galuppi, 163 - Gardane, 257 - Gasco, 428 - Gasparini, 165 - Gasparo da Salò, 250 - Gastoldi, 117 - Gavinés, 252 - Gay, 202 - Geminiani, 251 - Genée, 307 - Generali, 321 - Genet, 71 - Gerbert, 37 - Gerle, 254 - Geronimo de Moravia, 60 - Gesualdo, 116 - Gevaert, 478 - Gherardello, 99 - Giacobbi, 150 - Gianleone, 207 - Gibbons, 116, 200, 249 - Gilson, 398 - Giovanni da Fiorenza, 99 - Giovanni di Garlandia, 60 - Giovanni XXIII, 48 - Giorgio della Porta, 117 - Giosa N., 332 - Giosquino del Prato, 70 - Giordano, 412 - Giovanni da Cascia, 99 - Giustiniani, 83 - Glareanus, 79 - Glazounow, 393 - Glière, 393 - Glinka, 389 - Gluck, 262 - Gobatti, 333 - Godard, 410 - Godowsky, 475 - Goffredo di Strassburgo, 92 - Goldmark, 306 - Goldoni, 172 - Golinelli, 419 - Gounod, 312 - Gombert, 71 - Gomez, 333 - Goudimel, 107 - Grainger, 397 - Grassi Pasquino, 194 - Graun, 194 - Greco, 156 - Gretry, 189 - Gregorio Magno, 33 - Grisi, 325, 477 - Grieg, 386 - Grossi F., 236 - Grocheo, 99 - Grossi Lod. (Viadana), 124 - Grünfeld, 475 - Guadagnini, 250 - Gualtiero di Vogelweide, 92 - Guarneri del Gesù, 250 - Guglielmi, 155 - Guglielmo monaco, 63 - Guglielmo di Poitiers, 90 - Gui, 428 - Guidetti, 112 - Guidiccioni Laura, 121 - Guido d'Arezzo, 49 - Guignon, 88 - Gumpelzhaimer, 207 - Gusnaschi, 245 - - -H - - Habeneck, 477 - Haberl, 478 - Halévy, 312 - Hallen, 388 - Hallström, 388 - Hamerik, 386 - Hammerschmidt, 208 - Händel, 221 - Hanslick, 478 - Hartmann, 386 - Hasse, 193 - Hassler, 207 - Haussegger, 465 - Hautin, 258 - Haydn, 280 - Heermann, 477 - Heller, 348 - Henselt, 348, 475 - Herold, 315 - Hervé, 316 - Herzogenberg, 364 - Hiller F., 348 - Hiller J. A., 261 - Hoffmann, 300 - Huber, 364 - Hubermann, 477 - Humperdink, 437 - - -I - - Iahn, 478 - Ilario, 29 - Ingegneri, 113 - Ioannes Cotton, 60 - Iodocus Pratensis, 70 - Iomelli, 158 - Isaak, 85, 206 - Isaye, 476 - Iside, 2 - Isouard, 189 - Iunta, 257 - - -J - - Jacopone da Todi, 84 - Jannequin, 74 - Jensen, 348 - Joachim, 477 - Johannes de Florentia, 99 - Jones, 201 - Josquin des Près, 70 - Jubal, 3 - Judenkunig, 254 - Jullien, 478 - Juon, 393 - - -K - - Kajanus R., 389 - Keiser, 197 - Kelley, 398 - Kerl, 195, 208 - Kielruf, 386 - Kienzl, 437 - Kiesewetter, 478 - Kircher, 23, 55 - Kirchner, 348 - Klengel, 477 - Korsakoff, 390 - Kretschmar, 77, 478 - Kreutzer C., 306 - Kreutzer R., 476 - Ktesibiüs, 242 - Kubelik, 477 - Kufferath, 478 - Kuhnau, 247 - Kusser, 197 - - -L - - Lablache, 325, 477 - Lalo, 430 - Lalouette, 181 - Lamia, 16 - Lamond, 475 - Lamoureux, 477 - Lampe, 438 - Landi, 151 - Landino, 99, 243 - Lanner, 307 - Laparra, 399 - Laub, 476 - Laurentio, 99 - Lavoix, 478 - Leclair, 252 - Lecoq, 316 - Lederer, 45 - Legrenzi, 150, 242 - Lehàr, 307 - Leo, 155, 253 - Léonard, 476 - Leoncavallo, 409 - Leonin, 45 - Lesuer, 273 - Levi, 410 - Liadow, 393 - Lind, 325 - Ling-Lun, 5 - Lipinski, 476 - Liszt, 379 - Locatelli, 252 - Loewe, 349 - Logroscino, 159 - Lolli, 252 - Longo, 424 - Lorenzo dei Medici, 84 - Loreto, 236 - Loritus, 79 - Lortzing, 306 - Lotti, 161 - Lucca, 477 - Lulli, 178 - Lupo, 201 - Luporini, 333 - Lutero, 70, 205 - Luzzasco, 122 - - -M - - Macfarren, 396 - Machaud, 45 - Mackenzie, 396 - Maggini, 250 - Maglio G. A., 194 - Magnard, 458 - Mahler, 360 - Mahu, 206 - Maillard, 315 - Majorano, 237 - Malibran, 325, 477 - Malipiero, 428 - Malling G., 386 - Malvezzi, 122 - Mancinelli, 414 - Mancini, 237 - Manni, 121 - Maometto, 10 - Mara, 195 - Maragnoli, 224 - Marazzoli M., 147 - Marcello, 163 - Marchetti, 333 - Marchetto da Padova, 53, 61 - Marchisio, 477 - Marenzio, 113, 116 - Mariani, 478 - Marini B., 251 - Mario, 477 - Marschner, 305 - Marteau, 476 - Martini G. B., 167 - Martini V., 168 - Martucci, 420, 475 - Mascagni, 403 - Mascheroni, 478 - Masini, 477 - Massé, 315 - Massenet, 431 - Materna, 477 - Mattei, 318 - Mattheson, 198 - Maurel, 477 - Mauro, 238 - Mayr, 288 - Mazzocchi, 113 - Mazzucato, 401 - Méhul, 269 - Mei, 127 - Meilan, 208 - Meissen, 92 - Melani, 147 - Mell Gaudio, 107 - Mendelssohn, 341 - Menter, 475 - Mercadante, 321 - Mercurio, 2 - Merlo, 123 - Merulo, 244, 251 - Mesomede, 23 - Messager, 316 - Metastasio, 170 - Meyerbeer, 310 - Migliori, 238 - Milanollo, 476 - Millöcker, 307 - Mingotti, 237 - Molinaro, 254 - Monn, 278 - Monsigny, 189 - Montemezzi, 415 - Monteverdi, 141 - Morales, 106 - Morera, 399 - Morley, 200, 249 - Mosco, 16 - Mosè, 8 - Mottl, 478 - Moussorzky, 391 - Mouton, 71 - Mozart, 285 - Muffat, 247 - Mugellini, 424 - Mugnone, 478 - Müller, 262 - Muris, 60 - - -N - - Nanini, 112 - Napolitano Gio. Andrea, 123 - Nardi Jacopo, 85 - Nardini, 252 - Nared, 2 - Nerone, 19 - Neusielder, 254 - Nicolai, 306 - Nielsen, 386 - Nikisch, 477 - Nilson, 477 - Noren, 438 - Notari, 201 - Notker, 42 - Nourrit, 325, 477 - Novàk, 396 - - -O - - Oberthür, 177 - Obrecht, 70 - Offenbach, 315 - Okeghen, 69 - Olimpo, 14 - Ondricek, 477 - Orefice, 415 - Orfeo, 13 - Orlando di Lasso, 72 - Osiander, 206 - Osvaldo di Wolkestien, 92 - - -P - - Pachelbel, 208, 247 - Pacini, 321 - Paderewski, 475 - Paer, 168 - Paganini, 418, 476 - Paisiello, 160 - Palestrina, 107 - Palladio, 238 - Pallavicini, 192 - Palumbo, 475 - Pananti, 172 - Paolo da Florentia, 99 - Parabosco, 244 - Paradisi, 247 - Pareja, 79 - Parker, 398 - Parish-Alvars, 477 - Parry, 396 - Pasdeloup, 477 - Pasquini Bernardo, 165, 244 - Pasta, 325, 477 - Patti, 477 - Paumann, 244, 253 - Pedrel, 399, 478 - Pedrotti, 333 - Peirol, 90 - Pergolesi, 157 - Peri Iacopo, 127 - Pericle, 15 - Perosi, 423 - Perotin, 45 - Perrin, 177 - Persiani, 325 - Perti, 150 - Peruzzi, 238 - Peterson, 388 - Petrella, 332 - Petrucci, 257 - Pfitzner, 438 - Philidor, 189 - Philippus de Vitriaco, 57 - Piatti, 477 - Piccini, 159 - Piccollelis, 478 - Piernè, 458 - Pierre de la Rue, 71 - Pietro, 41 - Pindaro, 23 - Pirani, 424 - Pisendal, 252 - Pisistrato, 15 - Pistocchi, 237 - Pitagora, 14, 17 - Pitoni, 164 - Pizzetti, 425, 478 - Pizzetti Ildebrando, 19 - Planquette, 316 - Platone, 17 - Platti, 247, 278 - Plutarco, 17 - Poitiers Guglielmo di, 90 - Polarolo, 150 - Poliziano, 122 - Pollini, 381 - Ponchielli, 333 - Popper, 477 - Porpora, 156 - Pougin, 478 - Praetorius, 208 - Provenzale, 152 - Prume, 476 - Puccini, 411 - Pugnani, 252 - Pujol, 399 - Purcell, 201 - - -Q - - Quagliati, 140 - Quanz, 195 - Quei, 6 - Quinault, 179 - Quintiliano, 22 - - -R - - Raff, 363 - Raimondi, 321 - Rambaut, 91 - Rameau, 182 - Ravel, 457 - Rebikoff, 467 - Redi, 237 - Reger M., 461 - Reinken, 209 - Rendano, 424, 475 - Respighi, 429 - Reyer, 433 - Reyser, 257 - Rhaw, 206 - Rheinberger, 364 - Ricci, 321 - Ricci-Signorini, 424 - Richter, F., 277 - Richter Hans, 477 - Riemann, 99, 129 - Righini, 168 - Rinaldi, 419 - Rinuccini, 127 - Ripolles, 399 - Rode, 476 - Roger, 325, 477 - Roland de Lattre, 72 - Rolla, 476 - Romano, 41 - Romberg, 477 - Rore C. (de), 78, 103 - Rosini, 236 - Rossi L., 171 - Rossi Lauro, 332 - Rossini, 309, 318 - Rotoli, 424 - Rousseau, 188 - Roussel, 458 - Rubini, 325, 477 - Rubinstein, 392, 475 - Ruggeri, 250 - Rupff, 205 - Rutini, 278 - - -S - - Sacchetti, 82 - Sacchini, 160 - Sachs, 93 - Sacrati, 176 - Saffo, 14 - Saint-Saens, 429 - Salieri, 168 - Salomone, 8 - Salvator Rosa, 232 - Samara, 415 - Sammartini, 262 - Sanctos, 236 - Sandberger, 478 - Sangalli, 419 - Sanmartini, 279 - Santarini, 239 - Sarasate, 476 - Sarria, 332 - Sarti, 168 - Sauer, 475 - Sauret, 476 - Scarlatti Al., 151 - Scarlatti D., 246 - Scheidt S., 209 - Schein G., 209 - Schenk, 262 - Schering, 71 - Schillings, 438 - Schjelderup G., 388 - Schmit, 458 - Schönberg, 466 - Schrecker, 465 - Schroeder-Devrient, 325 - Schroeter, 246 - Schubert, 338 - Schumann, 344 - Schütz, 104, 208 - Scontrino, 424 - Scott, 397, 467 - Scotto, 257 - Scriabine, 466 - Senesino, 192 - Senfl, 206 - Serato, 476 - Sergio, 34 - Serlio, 238 - Seroff, 390 - Servais, 477 - Servandoni, 239 - Severac, 458 - Sgambati, 420, 475 - Sibelius J., 389 - Siloti, 475 - Silvestro, 29 - Sinding, 387 - Sinigaglia, 423 - Sivori, 476 - Sjögren, 388 - Smareglia, 415 - Smetana, 394 - Smyth, 397 - Södermann, 388 - Sofocle, 15 - Soma, 4 - Soriano, 112 - Spataro, 78 - Spinelli, 405 - Spinetti, 245 - Spitta, 478 - Spohr, 304, 476 - Spontini, 272 - Squarcialupo, 83, 243 - Staden T., 191 - Stagno, 477 - Stainer, 250 - Stamitz, 252, 277 - Stanford, 396 - Steffani, 166 - Stenhammer, 388 - Stolz, 477 - Stradella, 150 - Stradivari, 250 - Strauss J., 307 - Strauss O., 307 - Strauss R., 440 - Stravinsky, 467 - Striggio, 122 - Strozzi, 127 - Suk, 396 - Sullivan, 396 - Suppè, 307 - Svendsen, 388 - Swelink, 209 - - -T - - Taide, 16 - Taffanel, 477 - Tallis, 249 - Tamagno, 477 - Tamberlick, 477 - Tamburini, 325 - Taneieff, 393 - Tännhauser, 92 - Tartini, 251 - Tasca, 405 - Tausig, 475 - Tebaldini, 424, 478 - Telemann, 199 - Terpandro, 14 - Terzi, 254 - Tesi Vittoria, 237 - Thalberg, 475 - Theile, 196 - Thibaut, 90 - Thomas, 313 - Thomson, 476 - Thot, 2 - Thuille, 438 - Tiersot, 478 - Tinctoris, 78 - Tinel, 398 - Toeschi, 277 - Tolomeo, 31 - Tomadini, 419 - Tommasini, 428 - Torchi, 478 - Torelli, 239, 251 - Tornabuoni, 84 - Torrefranca, 478 - Toscanini, 478 - Tosi, 237 - Tosti, 424 - Traetta, 155 - Trigene, 45 - Tromboncino, 85, 117 - Tschaikowski, 392 - Tua, 476 - Tuotilo, 42 - Turina, 399 - Turini, 232 - - -U - - Ubaldo, 46 - Ugolino da Orvieto, 78 - Usiglio, 332 - - -V - - Vaccai, 321 - Valletta, 478 - Vaughan, 397 - Vecchi, 123 - Veda, 5 - Veracini, 252 - Verdi, 325 - Verdolotto, 229 - Viadana, 124 - Viardot-Garcia, 325, 477 - Vicentino Nicola, 136 - Vidal, 478 - Vieuxtemps, 476 - Villanis, 478 - Vinci, 156 - Viotti, 418, 476 - Virdung, 79 - Vitali, 252 - Vitri Filippo (de), 101 - Vittoria, 112 - Vivaldi, 252 - Vogelweide (Gualtiero di), 92 - Volkmann, 348 - - -W - - Wagenseil, 278 - Wagner R., 370 - Wagner S., 437 - Wallace, 396 - Waldmann, 477 - Walther, 205 - Weber, 301 - Weigel, 262 - Weingartner, 477 - Weissmann, 438 - Westerhout, 415 - Wieniawski, 476 - Wilhelmy, 476 - Willaert, 102 - Wolf, 362 - Wolf-Ferrari, 421 - Wolframo d'Eschenbach, 92 - Wolkenstein (Oswaldo di), 92 - - -Z - - Zamara, 477 - Zandonai, 427 - Zanella A., 424 - Zarlino, 78 - Zazzerino, 129 - Zeller, 307 - Zeno Ap., 170 - Ziani, 150 - Ziehrer, 307 - Zingarelli, 160 - Zipoli, 278 - - - - -NOTE: - - -[1] Filippo di Vitry. - -[2] Marchetto da Padova. - - - - - -Nota del Trascrittore - -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo -senza annotazione minimi errori tipografici. - -La notazione [=xx] indica che le lettere specificate sono sormontate da -una barra; [==xx] indica una doppia barra. - - - - - -End of Project Gutenberg's Storia della musica, by Alfredo Untersteiner - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DELLA MUSICA *** - -***** This file should be named 62987-0.txt or 62987-0.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/9/8/62987/ - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - -Updated editions will replace the previous one--the old editions -will be renamed. - -Creating the works from public domain print editions means that no -one owns a United States copyright in these works, so the Foundation -(and you!) can copy and distribute it in the United States without -permission and without paying copyright royalties. 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You may copy it, give it away or -re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included -with this eBook or online at www.gutenberg.org/license - - -Title: Storia della musica - -Author: Alfredo Untersteiner - -Release Date: August 20, 2020 [EBook #62987] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DELLA MUSICA *** - - - - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - - - - - -</pre> - - -<div class="booktitle"> -<h1> -STORIA DELLA MUSICA -</h1> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="titlepage"> -<p class="large"> -MANUALI HOEPLI -</p> -<hr class="tiny" /> - -<p class="pad2 main-t"> -STORIA DELLA MUSICA -</p> - -<p class="pad2 small"> -DI -</p> - -<p class="pad1 x-large"> -ALFREDO UNTERSTEINER -</p> - -<hr class="tiny pad2" /> -<p> -QUARTA EDIZIONE<br /> -interamente riveduta ed ampliata -</p> -<hr class="tiny" /> - -<p class="pad4"> -<span class="large">ULRICO HOEPLI</span><br /> -<span class="small">EDITORE-LIBRAIO DELLA REAL CASA</span><br /> -MILANO<br /> -—<br /> -1916 -</p> -</div> - -<div class="verso"> -<hr class="mid" /> -<p> -PROPRIETÀ LETTERARIA -</p> - -<p> -TIPOGRAFIA SOCIALE — Milano, Via Goffredo Mameli, 15 -</p> -<hr class="mid" /> -</div> - -<div class="somm"> - -<h2> -INDICE -</h2> - -<table class="indice" summary=""> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> I</td> <td>Introduzione</td> <td class="pag"><a href="#cap1">Pag. 1</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> II</td> <td>La musica dei Greci</td> <td class="pag"><a href="#cap2">13</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> III</td> <td>I primi secoli dell'Era cristiana</td> <td class="pag"><a href="#cap3">25</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> IV</td> <td>I primordi dell'armonia. — Ubaldo e Guido d'Arezzo</td> <td class="pag"><a href="#cap4">43</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> V</td> <td>La musica mensurale ed i precursori dei Fiamminghi</td> <td class="pag"><a href="#cap5">56</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> VI</td> <td>I Fiamminghi</td> <td class="pag"><a href="#cap6">66</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> VII</td> <td>Le canzoni popolari. — Trovatori e Minnesänger</td> <td class="pag"><a href="#cap7">80</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> VIII</td> <td>L'«Ars nova» fiorentina ed il Rinascimento musicale in Italia</td> <td class="pag"><a href="#cap8">96</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> IX</td> <td>Misteri e Passioni. — Origine dell'opera</td> <td class="pag"><a href="#cap9">118</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> X</td> <td>Claudio Monteverdi e l'opera veneziana e napolitana</td> <td class="pag"><a href="#cap10">140</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XI</td> <td>L'opera francese, tedesca ed inglese</td> <td class="pag"><a href="#cap11">175</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XII</td> <td>Martin Lutero e la musica protestante. — Bach e Händel</td> <td class="pag"><a href="#cap12">203</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XIII</td> <td>La musica monodica da camera e l'arte del canto fino al sec. XIX. — Teatri e decorazioni</td> <td class="pag"><a href="#cap13">228</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XIV</td> <td>La musica istrumentale prima del secolo XIX</td> <td class="pag"><a href="#cap14">239</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XV</td> <td>Gluck e la riforma dell'opera</td> <td class="pag"><a href="#cap15">260</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XVI</td> <td>Haydn — Mozart — Beethoven</td> <td class="pag"><a href="#cap16">274</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XVII</td> <td>L'opera romantica e la grand'opera francese</td> <td class="pag"><a href="#cap17">299</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XVIII</td> <td>Gioachino Rossini e l'opera italiana del secolo XIX</td> <td class="pag"><a href="#cap18">317</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XIX</td> <td>Francesco Schubert ed i romantici</td> <td class="pag"><a href="#cap19">336</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XX</td> <td>I rivoluzionari dell'arte</td> <td class="pag"><a href="#cap20">365</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXI</td> <td>Scuole nazionali</td> <td class="pag"><a href="#cap21">384</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXII</td> <td>La musica italiana, francese e tedesca dei nostri giorni</td> <td class="pag"><a href="#cap22">400</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXIII</td> <td>L'ora presente</td> <td class="pag"><a href="#cap23">439</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap"><span class="smcap">Cap.</span> XXIV</td> <td>Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali</td> <td class="pag"><a href="#cap24">475</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="2"><span class="smcap">Indice alfabetico dei nomi</span></td> <td class="pag"><a href="#indalf">481</a></td> - </tr> -</table> -<hr /> - -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_1">[1]</span> -</p> - -<h2 id="cap1">CAPITOLO I. -<span class="smaller">Introduzione.</span></h2> -</div> - -<p> -Lo studio delle origini della musica offre le -stesse difficoltà di quello dell'origine della lingua. -Innate nell'uomo erano e l'una e l'altra, -giacchè a quella guisa, che una forza misteriosa -costringeva l'uomo a cercare d'esprimere -e comunicare al suo simile quello che pensava, -era pure necessario, che egli cercasse di esprimere -quello che egli sentiva. Anzi siccome il -sentimento istintivo precede il pensiero, che -è quasi la conseguenza del primo, e perchè la -musica è appunto l'arte più ideale di tutte e -quella che è capace di esprimere e dar forma -a quel sentimento o sensazione, che la parola -non sa esprimere, si può dire, che la musica -sia anteriore alla parola. -</p> - -<p> -Ma per la stessa ragione essa non poteva progredire -nello sviluppo di pari passo che la lingua, -perchè allo stato primitivo questa corrispondeva -di più al supremo bisogno della soddisfazione -dei bisogni fisici istintivi, mentre -<span class="pagenum" id="Page_2">[2]</span> -deve escludersi che nell'epoca dei primordi -ridealità, di cui vive la musica, abbia potuto -venir concepita. -</p> - -<p> -In ciò è forse da cercare il motivo, per il -quale lo sviluppo della musica comincia in -un'età di molto posteriore a quella delle altre -arti, e per cui, quando queste erano giunte ormai -alla decadenza, la musica si trovava ancora -quasi ai principi. Ma non in questo motivo -soltanto, giacchè, se le altre arti come la pittura, -la scultura, trovavano nella natura stessa -i modelli da imitare e la poesia gli oggetti da -descrivere, la musica doveva scrutare le misteriose -leggi della natura per trovare i suoi -elementi, ed il mondo esterno non le offriva -nel rombo del tuono, nello scrosciare delle -bufere, nei mille rumori del creato nulla che -potesse imitare. -</p> - -<p> -I popoli antichi divinarono questa indipendenza -della musica dalle cose esterne ascrivendola -direttamente alla Divinità e ritenendola -un dono della stessa. Così gli Indiani l'ascrissero -a Brama ed un Semidio, <i>Nared</i>, fu l'inventore -della sacra Vina; i Greci a <i>Mercurio</i>, -che ideò la lira, avendo trovato il guscio d'una -tartaruga, alla quale erano ancora attaccati alcuni -tendini tesi che risuonavano; gli Egiziani -ad <i>Iside</i> ed al Dio <i>Thot</i>. -</p> - -<p> -Che il canto precedette la musica istrumentale -è cosa facilmente ammissibile, ma altresì -che questa non tardò a nascere e ad imitare il -canto, per quanto l'imperfezione dei primi istrumenti -<span class="pagenum" id="Page_3">[3]</span> -lo permetteva. Questo restò però per -lunghi secoli la parte principale della musica -specialmente per le sue attinenze colla religione. -L'idealismo e la vita di pensiero dell'umanità -dei primi tempi non potevano che limitarsi alla -religione, che innalzava le menti dalle cure -terrene, ed essendo ciò pure lo scopo supremo -della musica, essa doveva divenire l'indivisibile -ancella di quella ed aggiungere alla parola -quel maggior grado d'intensità, di affetto e di -sentimento, di cui essa sola era capace. -</p> - -<p> -La mancanza assoluta di documenti musicali -dell'epoca antichissima, rende impossibile il -poter farsi un'idea della musica di quei tempi, -e perciò le asserzioni di molti scrittori mancano -d'ogni serio fondamento. La più comune -e più verosimile di queste ipotesi è che i popoli -antichissimi non abbiano conosciuto la melodia -assoluta, ossia una sequenza di toni uniti -secondo le leggi dell'armonia, in modo che siano -graditi all'orecchio, ma che il canto sia stato -indissolubilmente legato alla parola e fosse -piuttosto una specie di declamazione con innalzamento -ed abbassamento di voce a seconda -dell'accento della parola e dell'affetto, con un -ritmo dipendente dalla prosodia. -</p> - -<p> -Come la culla della cultura umana giace nell'Asia, -così è opinione, che l'arte della musica -sia venuta sviluppandosi originariamente nell'Asia. -Nella Genesi (4.21) vien fatta menzione di -<i>Jubal</i> come primo inventore degli strumenti a -fiato ed a corda e ne vien stabilita l'epoca a -<span class="pagenum" id="Page_4">[4]</span> -circa il 3000 av. C. Ma questa asserzione non -merita fede, giacchè la musica degli Ebrei non -raggiunse neppure nell'epoca posteriore quel -grado di perfezione, che troviamo nella teoria -musicale degli Indiani ed anzi non ci è neppure -conservata memoria d'una teoria propria -degli Ebrei. -</p> - -<p> -Della musica antica degli <i>Indiani</i> non ci sono -conservate che molte notizie sulla teoria, le -quali sono però sufficienti a darci un'idea dell'immensa -complicazione del loro sistema musicale. -I toni della scala diatonica, che sembra -esser stata da loro conosciuta, senza però che -ne avessero compresa l'importanza come base -del sistema musicale, venivano suddivisi in -semitoni e questi alla lor volta in altri semitoni -o quarti di tono ed ancor più piccole suddivisioni. -Ma se lo scrittore <i>Soma</i> ci parla di -960 tonalità diverse, ciò non si può intendere -nel nostro significato, perchè ogni scala conteneva -sei nuove tonalità, secondo che si cominciava -da un diverso tono della stessa, per esempio, -<i>do-do</i>, <i>re-re</i>, ecc., senza aver riguardo ai -semitoni, e perchè lo stesso succedeva colle -nuove scale formate sulla tonica di un semitono -o quarto di tono. Le ricerche moderne -non poterono ancora arrivare a provare, se -questo sistema complicatissimo si fosse limitato -alla parte teoretica e sia rimasto semplicemente -un frutto della speculazione ed immaginazione -od abbia avute attinenze colla pratica, -come in genere è quasi impossibile il giudicare -<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span> -con qualche sicurezza della teoria musicale -indiana, giacchè la musica moderna dell'India -è un misto di antico e recente con influenza -araba spiccatissima. -</p> - -<p> -Alle melodie dei Bramini (<i>Ragas</i>) conservate -per tradizione, si attribuivano virtù particolari, -di ammansare le belve, di incenerire chi le -avesse cantate, di far cader la pioggia, di far -oscurare il sole, ecc. Il testo di alcune di queste -ci è conservato nei libri di Veda, come pure -sono nominati nella letteratura sanscrita i titoli -di alcuni scritti musicali, per esempio, <i>specchio -delle melodie, teoria delle scale, mare degli -affetti</i>, ecc. I più usitati istrumenti indiani erano -la Vina, istrumento a pizzico, fatto di una canna -munita di sette corde e due zucche alle estremità -per la risonanza, ed il <i>Magondi</i>, specie di -chitarra a quattro corde. -</p> - -<p> -Nessuna somiglianza colla teoria degli Indiani -palesa quella dei <i>Cinesi</i>. Alla scala, che <i>Ling-Lun</i> -(circa 2500 av. C.) stabilì, mancano due intervalli: -la quarta e la settima ed ogni tentativo -posteriore d'aggiungerveli riuscì vano. -Tanto varrebbe aggiungere un sesto e settimo -dito alla mano dell'uomo, escalma uno scrittore. -I toni della scala, che cominciava dal <i>fa</i> del -nostro sistema, aveano nomi simbolici come -Kung (imperatore), Isang (ministro), ecc. Notevole -è pure che nella musica cinese la nostra -nota più bassa è la più alta e viceversa, sicchè -il primo tono della scala, il <i>fa</i>, è il più alto. -Insieme alla teoria erano stabilite otto specie -<span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span> -di suoni diversi, che corrispondevano a quelli, -che davano certi corpi. Questi erano la pietra, -il metallo, la terracotta, la seta, il legno, le pelli, -il bambù ed una specie di zucca, e di queste -materie erano fatti gli strumenti musicali cinesi. -Ad onta dello sviluppo della teoria musicale -e della varietà degli istrumenti la musica -cinese non seppe mai divenire una vera arte, -e noi all'udire la musica moderna di questo popolo, -che come è tenace nel conservare i suoi -costumi primitivi, tien altrettanto fermo alle -antichissime tradizioni musicali, non possiamo -comprendere come <i>Confucio</i> (500 av. C.) dopo -aver udite le composizioni del celebre musico -<i>Quei</i> non abbia fatto per tre mesi altro che -pensarci. -</p> - -<p> -Tanto alla musica cinese e giapponese quanto -a quella dei popoli selvaggi è sconosciuto il -semitono nella scala, che è composta di cinque -toni con lacune al posto del semitono. -</p> - -<p> -Negli ultimi anni si è cercato di occuparsi -molto più seriamente di prima della cosidetta -musica esotica, nome che comprende tanto la -musica dei popoli selvaggi che quella dei popoli -asiatici. A questi studi servì molto il fonografo -per fissare le melodie, gli intervalli ed il -ritmo tante volte sì strani e diversi dai nostri. -Capellen, Polak e Riemann hanno pubblicato -trascrizioni di melodie originali cercando di armonizzarle -in corrispondenza del sistema tonale -della musica asiatica. Capellen si promette anzi -dallo studio della musica orientale in genere un -<span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span> -vantaggio positivo per la nostra musica, sia -colla suddivisione degli intervalli in quarti di -tono, ecc., sia coll'introduzione di nuovi ritmi, -confermando quello che Saint-Saens avea già -molti anni fa scritto in proposito. -</p> - -<p> -Le notizie, che ci rimangono della musica -degli <i>Egiziani</i> sono scarsissime. Dai bassorilievi -conservati risulta che essa deve aver avuto -una gran parte nel culto e che si conoscevano -molti istrumenti come arpe a più corde, flauti, -tamburi, ecc. Erodoto trovò in Egitto una melodia -<i>Maneros</i>, che era molto somigliante al -lamento di Lino, canzone antichissima della -Grecia e che probabilmente fu importata dall'Egitto. -Due dei 42 libri della sapienza erano -i libri dei cantori e si crede che contenessero -le melodie, che si cantavano alle sacre funzioni, -ai funerali, ecc. La scala musicale sembra aver -avuto sette toni, ossia due tetracordi uniti, ma -non si sa, se questi sieno stati melodici o armonici. -I sacerdoti poi avevano nei tempi antichissimi -stabilito come permessi nella chiesa -sette toni sacri e proibito l'uso di melodie straniere, -inceppando in questa guisa lo sviluppo -dell'arte musicale. È pure probabile, che la teoria -musicale di Pitagora dell'armonia delle sfere, -che mirava alla scoperta dei rapporti delle leggi -musicali nelle leggi cosmiche ed astronomiche, -abbia avuto la sua origine, nell'Egitto, dove -era in fiore la scienza astronomica. -</p> - -<p> -Che la musica presso gli <i>Ebrei</i> sia stata coltivata -e tenuta in grande onore risulta da una -<span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span> -infinità di passi, che troviamo nella sacra scrittura. -Questa nazione, che mostrò poca attitudine -alle arti della pittura e scultura, sorpassò -tutti gli altri popoli asiatici nella poesia, i monumenti -della quale formano ancor oggi l'oggetto -della nostra ammirazione. Ma quell'istesso -sentimento religioso innato nel popolo eletto, -che avea trovato la sua più alta e perfetta espressione -nella poesia religiosa, dovea necessariamente -rivolgersi alla musica, l'arte, nella quale -le più alte aspirazioni ed i più sublimi ideali -trovano la loro espressione più adeguata. Per -questo motivo la musica degli Ebrei fu essenzialmente -religiosa e formava una parte integrante -del culto divino, affidata alla classe privilegiata -dei Leviti. Il re Davide e Salomone li -confermarono nella loro carica e stabilirono, -che essi dovessero fornire pel servizio del tempio -<i>4000</i> cantanti e musici suddivisi in 288 cori, -ognuno dei quali aveva un proprio capo. -</p> - -<p> -È difficile se non impossibile farsi una chiara -idea circa la natura della musica ebrea, non -essendoci conservata alcuna notizia nè della -teoria, nè conoscendosi degli istrumenti in uso -poco più che il nome. È però probabile, che -nei primi secoli essa sia stata poco dissimile -dalla musica Egiziana per il lungo tempo passato -dagli Ebrei nell'Egitto e per l'influenza -esercitata dalla coltura egiziana su Mosè, educato -alla sapienza di quel paese. L'epoca del -maggior fiore della musica ebraica fu quella -del re cantore Davide e di Salomone, l'uno -<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span> -autore dei Salmi, l'altro del Cantico dei Cantici, i -due modelli di poesia religiosa e profana ebraica. -</p> - -<p> -Non vi può essere dubbio che i Salmi venissero -cantati, sia pel genere della poesia, sia per -le osservazioni, che stanno in testa ad alcuni -di questi. Così il Salmo 9, che porta la soprascritta: -da cantarsi secondo la bella gioventù; -il 22, secondo la cerva, che vien cacciata; il 45, -secondo il cantico di nozze delle rose; il 60, il -69, ecc. Queste soprascritte non potevano avere -altro scopo, che indicare secondo quale melodia -conosciuta da tutti si doveva cantare il -Salmo, e si può credere, che le melodie indicate -appartenessero alla musica popolare. Da -simili accenni si può pure con certezza conchiudere, -che i Salmi venivano cantati in versetti -da cori, alle volte alternati, alle volte uniti, -e che erano accompagnati da istrumenti e specialmente -da cetre, arpe e salteri. La musica -dei Salmi poi deve essere stata una specie di -salmodia con accenti e variazioni di tono, corrispondente -al testo, e non essersi estesa che -a pochi toni. -</p> - -<p> -La questione, se gli ebrei abbiano conosciuta -la notazione è ancora indecisa, giacchè non si -sa ancora, se i segni che si trovano nelle più -antiche scritture, siano note o semplicemente -accenti metrici per facilitare la uniforme recitazione -od il canto. Il tentativo fatto da Arends -di decifrare uno di questi salmi sembra essere -riuscito, giacchè la melodia risultante corrisponde -in certo riguardo alle più accreditate -<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span> -ipotesi circa la musica ebraica. La musica degli -Ebrei moderni non può essere presa a guida -per quella antica, giacchè le diverse schiatte a -seconda del paese dove si sono stabilite, hanno -canti religiosi quasi del tutto differenti fra loro, -e gli influssi esterni sono evidenti. -</p> - -<p> -Gli istrumenti, che erano in uso presso gli -antichi Ebrei erano numerosissimi, ma anche -di questi non conosciamo con precisione la -natura, consistendo le fonti della nostra conoscenza -in poco più che nei bassorilievi dell'arco -di Tito. Fra gli strumenti a fiato erano i -principali lo <i>Schofar</i>, specie di corno ricurvo -ancor in uso nelle sinagoghe moderne, il <i>Chalit</i>, -specie di flauto; fra quelli a corda, il <i>Kinor</i>, -specie di cetra od arpa a più corde (10, 24), il -<i>Salterio</i>, pure specie di arpa; fra gli strumenti -a percussione l'<i>Aduf</i>, tamburo, le nacchere, ecc. -Nel Talmud si fa pure menzione di uno strumento -chiamato <i>Magrefa</i>, che fu ritenuto per -un organo da cento toni, che si sentiva fin sul -monte Oliveto, ma che viceversa sembra essere -una mistificazione, giacchè Magrefa si chiamava -altresì la gran pala del carbone, che si adoperava -nel Tempio. -</p> - -<p> -Come la coltura generale degli <i>Arabi</i> salì specialmente -dopo le riforme di Maometto (622 d. C.) -ad un alto grado nelle scienze ed in parte anche -nelle arti dell'architettura e nella poesia, -così era naturale, che anche la musica non venisse -trascurata dai dotti e specialmente dai -matematici. Difatti noi vediamo svilupparsi una -<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span> -teoria complicata ed artificiosa con toni stabili -e mobili, con 84 specie di scale, fra cui bensì -molte praticamente inadoperabili, con terzi di -tono, donde l'indecisione tutta propria della -musica orientale, ecc. Da principio i teorici andarono -di pari passo colla pratica, ma poi si -perdettero nei loro numerosi scritti in speculazioni -filosofiche, allegoriche e mistiche od in -astrusità matematiche, sicchè la musica non ne -trasse alcun profitto e rapidamente decadde. -Fra gli strumenti arabi i più noti sono il <i>Rebab</i>, -da cui origina il violino, l'<i>Eut</i> da 4 fino a -14 corde, specie di liuto, donde il nome, portato -in Europa dagli Arabi spagnuoli ed all'epoca -delle Crociate introdotto dall'Oriente, l'oboe, ecc. -</p> - -<p> -La musica araba è omofona ed improntata ad -una melanconia cadenzata e monotona propria -della natura del popolo arabo. Essa non è però -alle volte priva d'una certa poesia ed ispirazione -melodica e fu più volte imitata dai musicisti -europei nei suoi ritmi ed intervalli strani. -</p> - -<p> -Qualche somiglianza colla musica araba e specialmente -coll'orientale in genere ha la musica -degli <i>Zingari</i>, che senza dubbio sono d'origine -orientale. La scala degli zingari è tutta propria -e caratteristica. In essa trovasi, quantunque non -costante, la quarta e la settima eccedente, la -sesta diminuita. La musica zingara è musica -d'improvvisazione. La melodia o larga ed appassionata, -nelle tonalità minori, o saltellante -ed incalzante in ritmi vispi ed irruenti, si perde -quasi e si confonde in mezzo ad infinite fioriture, -<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span> -che si accalcano, s'intrecciano nelle singole -voci. Il campo della musica zingara è ristretto, -ma in questa ristrettezza havvi una -varietà infinita che se per noi occidentali alla -lunga diventa monotona per la forma stereotipa -e per il carattere troppo pronunciatamente -nazionale, non è però meno da ammirarsi. -</p> - -<p> -Gli istrumenti principali dell'orchestra zingara -sono il violino ed il cimbalo, specie di -salterio a più corde da battersi con due martelletti. -Lo zingaro è appassionatissimo della -sua musica e spesso vi raggiunge un alto grado. -Quantunque l'armonia nella musica zingara -non abbia grande importanza, pure, sia per -l'influsso degli altri popoli sia per intuizione, -l'accompagnamento eseguito sempre a memoria -e per lo più improvvisato, è caratteristico ed -originale specialmente quando le parti secondarie, -stanche del semplice accompagnare, si -emancipano ed adornano di mille arabeschi e -fronde il canto del violino principale, rincorrendosi -o seguendosi oppure unendosi in terze -e seste. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -R. Wallaschek — <i>Anfänge der Tonkunst</i>, Lipsia, Barth, 1903. -</p> - -<p> -G. Paldaofs — <i>La musica in oriente</i>, Milano, Sonzogno. -</p> - -<p> -Polak — <i>Die Harmonisierung indischer, türkischer und japanischer Melodien</i>, Lipsia, 1905. -</p> - -<p> -Capellen — <i>Exotische Mollmusik</i>, Lipsia. -</p> - -<p> -J. Rouanet — <i>La musique arabe</i>, Algier, 1905. -</p> - -<p> -Fr. Liszt — <i>Des Bohémiens et leur musique en Hongrie</i>, Lipsia, 1881. -</p> - -<p> -Laloy — <i>La musique chinoise</i>, Paris, 1910. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span> -</p> - -<h2 id="cap2">CAPITOLO II. -<span class="smaller">La musica dei Greci.</span></h2> -</div> - -<p> -Questo popolo, al quale la natura avea largito -a larghissima mano le più belle doti, doveva -esser quello, che anche nella musica dell'evo -antico era destinato a lasciar la sua orma indelebile -e piantare le basi di quell'edificio grandioso, -a cui ogni limite sembra troppo angusto. -</p> - -<p> -Soltanto presso i Greci la musica comincia a -divenire arte indipendente e cessa di essere -l'espressione quasi inconscia dei sentimenti ed -affetti interni; presso i Greci si sviluppa per la -prima volta una teoria musicale basata sulle -leggi fisiche ed armoniche; soltanto presso i -Greci la musica si asside pari fra le arti e vien -riconosciuta la potenza estetica ed etica a lei -inerente. -</p> - -<p> -La storia della musica greca si divide in tre -grandi periodi; il primo, che abbraccia l'epoca -mitica ed arriva fino alla migrazione dei Dori -(1000 a. C.), il secondo fino alla guerra del Peloponneso -(404 a. C.), ed il terzo, o quello della -Decadenza, fino alla conquista romana. -</p> - -<p> -Nel periodo mitico incontriamo come nella -storia degli altri popoli le leggende, che ci raccontano -dell'origine divina della musica. Le -principali figure di questo periodo sono <i>Orfeo</i>, -personificazione della potenza della musica, che -<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span> -ammansa col canto le belve, le furie dell'orco, -fa movere i sassi e le piante; <i>Anfione</i>, al suono -della cui cetra i massi di pietra si mettono a -posto e formano le mura di Tebe, ecc. Grande -parte ha pure la musica nella mitologia ed -essa è messa sotto la protezione del Dio Apollo -e delle Muse; con canti ditirambici vien onorato -Bacco, quei canti che furono la prima origine -della tragedia e dei cori dei drammi greci. -</p> - -<p> -Nel secondo periodo dopo l'immigrazione Dorica -incontriamo <i>Olimpo</i>, il giovane, che vien -celebrato qual inventore del genere enarmonico, -e <i>Terpandro</i>, il vero padre della teoria -musicale antica (600 a. C.), nativo di Lesbo e -che visse in Sparta. Egli compose melodie (<i>nomi</i>), -che durarono per tradizione lungo tempo, ed -alle quali fu a simiglianza delle melodie indiane -ascritta grande influenza sulla morale ed il costume. -A lui si tributa pure l'onore d'essersi -servito d'una notazione musicale, e di aver aggiunto -all'antica lira altre tre corde alle quattro -anteriori. Cantanti e musici sembrano esser -stati pure la poetessa <i>Saffo</i> (550 a. C.) ed <i>Alceo</i> -(580 a. C.). Più importante di tutti questi per lo -sviluppo della musica e specialmente per la -teoria fu il celebre filosofo e matematico <i>Pitagora</i> -di Samo (580-504 a. C.), il quale nei suoi -lunghi viaggi in Egitto ed in Asia ebbe occasione -di studiare la musica di quei paesi e di -conoscerne i sistemi, che egli introdusse con -modificazioni nella sua patria. Egli fu il primo, -che trovò i rapporti numerici fra i toni col -<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span> -mezzo del <i>monocordo</i> (cassetto risonante, sul -quale era tesa una corda, a cui si potevano applicare -ponticelli mobili, che alteravano il tono -della corda). A questo modo egli potè stabilire -gli intervalli, determinare i rapporti della prima -coll'ottava di 1:2, della quinta di 2:3, della -quarta di 3:4, corrispondenti al rapporto della -lunghezza dell'intiera corda colla metà, due -terzi, tre quarti, che davano gli intervalli accennati. -Questo sistema, che basava su leggi -matematiche e non armoniche, doveva disconoscere -la natura dell'intervallo di <i>terza</i>, che -per noi è il prototipo della consonanza e che -per <i>Pitagora</i> era dissonanza, e se la nuova scoperta -fu importantissima per il futuro sviluppo -della musica, essa fu forse cagione, che l'antichità -non conobbe l'armonia, e che ci vollero -ancora molti e molti secoli, prima che essa si -sviluppasse. -</p> - -<p> -L'epoca della fiorita d'Atene ai tempi di Pisistrato -ed ancor più di Pericle (478-429 a. C.) -ed il sorgere e lo svilupparsi della tragedia nazionale -rappresentano altresì l'epoca del maggior -fiore della musica greca. L'importanza dei -cori è massima in Eschilo, minore in Sofocle -ed in Euripide. Che i cori venissero cantati è -ormai cosa certa, e sembra pure quasi sicuro, -che la musica fosse scritta dai poeti tragici -stessi od almeno da loro designata, togliendola -da canzoni popolari note, che si adattavano alla -situazione ed ai sentimenti espressi. I cori consistevano -di tre parti, della <i>Strofa</i>, <i>Antistrofa</i> e -<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span> -dell'<i>Epodo</i>; le due prime venivano cantate da -cori separati, che si univano nell'epodo. Ma -non soltanto i cori si cantavano ma anche -gran parte dei monologhi e dialoghi non con -vere melodie ma in modo recitativo come si -faceva già prima dai rapsodi che recitavano le -poesie di Omero ed Esiodo. Sembra poi che -tanto i cori che la parte recitata fosse accompagnata -da istrumenti, probabilmente flauti e cetre. -Si cantavano pure le canzoni popolari di -più specie e venivano eseguite da istrumenti le -danze sia religiose che profane. -</p> - -<p> -Colla corruzione dei costumi e colla decadenza -delle repubbliche greche comincia pure -l'epoca di decadimento della musica. Alla semplicità -e grandezza degli antichi <i>nomi</i> (melodie) -subentra la virtuosità, che cerca di nascondere -sotto la raffinatezza dell'arte e dell'effetto -esteriore la mancanza di sostanza. La voce dei -saggi, che piangono i tempi passati, vien soffocata -dagli applausi della folla che dona corone -d'alloro al citaredo Frini, al cantante Mosco, -all'etéra Taide, ed innalza un tempio alla flautista -Lamia. L'antica libertà greca si spegne -sotto la dinastia macedonica e con lei l'arte -musicale perde ogni importanza e diventa un -semplice oggetto di sollazzo. Soltanto qualche -dotto occupa le sue ore solitarie meditando -sulle questioni teoretiche musicali e rivive nel -passato, così <i>Aristosseno «l'armonico»</i> (350 a. C.) -del quale ci sono conservati tre libri di «Elementi -di armonia» nei quali a differenza delle -<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span> -teorie pitagoriche vien istituito a giudice supremo -l'udito e non le leggi matematiche, <i>Alipio</i> -(200 a. C.), di cui un frammento sembra -contenere un sistema di notazione musicale con -lettere, e <i>Plutarco</i> (49 d. C.). -</p> - -<p> -Alla Grecia era pure riservata la gloria di essere -la prima, che si occupò dell'estetica musicale -e che studiò l'influenza della stessa sull'animo, -sull'educazione e sullo sviluppo del -carattere. Già al tempo di Pitagora e della sua -scuola la musica era stata fatta oggetto di studî -profondi e si avea voluto trovare rapporti fra -essi, l'astronomia e l'ordine del creato. Questa -scienza, che già s'era palesata nel mito e nella -leggenda, fu coltivata fin all'esagerazione e la -musica e l'astronomia furono dette sorelle. -</p> - -<p> -La lira è il simbolo dell'universo, le sue corde -rappresentano gli elementi; l'armonia delle sfere -trova la sua eco nella cetra e nei numeri armonici; -le consonanze e dissonanze corrispondono -ai segni dello Zodiaco. -</p> - -<p> -Studî egualmente profondi sulla musica fecero -<i>Platone</i> ed <i>Aristotele</i>. Il primo nega essere -la musica oggetto di divertimento per sè, ma -le ascrive una mansione e potenza morale. La -musica deve influire sul carattere, informarlo -al bene ed ispirare odio e ribrezzo per il male. -La musica cattiva ed effeminata deve venir -proibita dallo stato come pericolosa e corrompente -i costumi. Delle tonalità non devono esser -ammesse che due: la <i>dorica</i> e la <i>lidica</i>, -perchè l'una anima l'uomo alla forza, ai sentimenti -<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span> -maschi, alla costanza; l'altra lo conforta -e gli ispira sentimenti di amore e bontà. -</p> - -<p> -Aristotele è d'accordo in massima con queste -teorie, ma riconosce alla musica altresì lo scopo -di dilettare e dilettando di nobilitare l'animo. -Perciò essa deve venir insegnata alla gioventù. -A quale grado questa potenza morale sia stata -riconosciuta nella Grecia, mostra il fatto, che -per <i>arte musicale</i> s'intendeva nell'educazione -la religione, la poesia e la musica. -</p> - -<p> -Colla storia della musica greca si chiude il -periodo antico, giacchè della musica romana -antica non ci restano che pochissime notizie, -e quella dell'epoca posteriore non fu che l'ombra -della greca. L'ideale dello stato romano, il -carattere della nazione era rivolto ad altre mire -e la più gentile ed ideale delle arti si doveva -trovare a disagio in quell'ambiente di realismo, -in mezzo a quelle masse agitate dal desiderio -di conquista e di gloria. Coll'epoca degli imperatori -e dopo la conquista della Grecia Roma -s'appropriò la coltura greca e con essa la musica -greca. Cantatrici e citariste greche rallegravano -i triclinî dei patrizi romani. Roma cercava -guadagnare il tempo perduto, e si dava -in braccio alle più sfrenate orgie e divertimenti, -ai quali la musica doveva contribuire non più -come arte, per sè indipendente, ma come semplice -ancella. L'antica semplicità era svanita e -si cercava nelle feste e nei tripudî di dimenticare -le cure e la tirannide. All'antico coro greco -era subentrato un esercito di cantanti, citaredi -<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span> -e tibicini; invece degli antichi canti di vittoria -e dei ditirambi risuonavano le rauche canzoni -di Nerone, incoronato d'alloro e proclamato -pari ad Apollo, finchè anche queste tacquero -soffocate nel sangue. A loro subentrarono allora -i canti dei barbari irruenti nella città eterna e -la coltura greca e romana fu sepolta sotto le -macerie dei templi crollanti. -</p> - -<p> -Il sistema musicale greco è assai complicato -e difficile a comprendersi e la sua importanza -per la musica moderna affatto secondaria, perchè -l'uso della tonalità maggiore e minore ci -ha fatto perdere il vero criterio delle tonalità -antiche sulle quali basa tutto il sistema greco. -</p> - -<p> -Non bisogna però dimenticare, che la teoria -della musica greca potrebbe assumere ben altro -valore, se i musicisti moderni volessero -occuparsene seriamente. Difatti pensando che -noi non conosciamo che due modi mentre la -musica antica ne usava sette, tutti diversi per -la differente posizione del semitono, ne risulta -per naturale conseguenza che la ricchezza e -varietà della melodia come pure la potenza -espressiva dovevano essere maggiori, giacchè -queste dipendono dall'elemento modale. Ildebrando -Pizzetti ha tentato con fortuna l'uso -dei modi antichi nella musica per la <i>Nave</i> e -la <i>Fedra</i> di d'Annunzio e ne ha tratto effetti -sorprendenti di varietà ed espressione. -</p> - -<p> -Per lo scopo di questo libro basterà però -un brevissimo cenno sul sistema greco. -</p> - -<p> -La base del sistema è il <i>tetracordo</i>, serie di -<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span> -quattro toni corrispondenti a quelli della lira. -Esso consiste di due toni ed un semitono. -</p> - -<p> -La scala greca è composta di due tetracordi -o congiunti da un tono comune o con un intervallo -d'un tono intero fra l'uno e l'altro. -</p> - -<p> -Per esempio: -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-020a"></a> - <img src="images/ill-020a.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -Il sistema perfetto (<i>telejôn</i>) era formato di -questi due ultimi tetracordi con altri due in -fondo ed in cima ed un tono più basso aggiunto -(<i>proslambanomenos</i>). -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-020b"></a> - <img src="images/ill-020b.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -Come si vede è la nostra scala di <i>la</i> minore -discendente senza la nota sensibile. -</p> - -<p> -In seguito si aggiunse per la modulazione alla -quinta un altro tetracordo che conteneva il semitono -superiore dell'ultimo tono del tetracordo -medio. -</p> - -<p> -La scala completa era dunque: -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-020c"></a> - <img src="images/ill-020c.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span> -</p> - -<p> -Ognuno di questi tetracordi aveva un nome -speciale (1 <i>hypaton</i>, 2 <i>Meson</i>, 3 <i>Synemmenon</i>, 4 -<i>Diezeugmmenon</i>, 5 <i>Hyperbolaeon</i>) e nomi speciali -avevano pure le singole note (<i>Hypate</i>, <i>Parhypate</i>, -<i>Lichanos</i>, ecc.). Il tono più alto del tetracordo -di mezzo (il <i>la mese</i>) avea grande importanza -perchè era la tonica. -</p> - -<p> -La musica greca conosceva sette specie di -<i>ottave</i> a seconda del tono della scala dalla quale -essa cominciava. Rimanendo i toni della scala -diatonica invariabili, l'unica differenza che passava -fra le ottave dipendeva dalla diversa posizione -dei semitoni. -</p> - -<p> -Le ottave erano: -</p> - -<ul> -<li><i>Si — si</i> = misolidica</li> -<li><i>do — <span class="over">do</span></i> = lidica</li> -<li><i>re — <span class="over">re</span></i> = frigia</li> -<li><i>mi — <span class="over">mi</span></i> = dorica</li> -<li><i>fa — <span class="over">fa</span></i> = hypolidica</li> -<li><i>sol — <span class="over">sol</span></i> = hypofrigia</li> -<li><i>la — <span class="over">la</span></i> = hypodorica.</li> -</ul> - -<p> -Il sistema perfetto si poteva trasportare in -altri toni, donde derivarono le tonalità. Queste -erano prima cinque, poi sette ed in ultimo -quindici. Le più importanti erano quelle dei -toni di mezzo: <i>dorica</i> (<i>re</i>) <i>ionica</i> (<i>re diesis</i>), -<i>frigia</i> (<i>mi</i>) <i>lidica</i> (<i>fa diesis</i>). Cinque tonalità stavano -una quarta più bassa (<i>hypodorica</i>, ecc.) -ed altre cinque una quarta più alta (<i>hyperdorica</i>, -ecc.). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span> -</p> - -<p> -I Greci conoscevano oltre il sistema diatonico -anche il cromatico e l'enarmonico. Da osservarsi -è però, che il significato moderno delle -parole <i>enarmonico</i> e <i>cromatico</i> non corrisponde -punto all'antico, perchè la sequenza dei toni -nel genere cromatico antico non succedeva per -semitoni eguali ma per due semitoni ed una -terza minore, e nel sistema enarmonico si usavano -i quarti di tono. -</p> - -<p> -È difficile il decidere se l'enarmonia sia stata -applicata alla pratica o sia rimasta piuttosto -un oggetto di speculazioni teoretiche. Hemholz, -certo un'autorità competente, crede che soltanto -noi, assuefatti a tutt'altro sistema non siamo -più capaci di comprendere la differenza che -passa fra i quarti di tono. <i>Plutarco, Aristide -Quintiliano</i> ed altri autori posteriori parlano -del genere enarmonico come ormai caduto in -disuso ai loro tempi. -</p> - -<p> -Assai sviluppata era la teoria del ritmo basata -sulla prosodia della lingua e conservataci -in parte in alcuni trattati, ammirabili per acutezza -di osservazione. -</p> - -<p> -Per la notazione, diversa per la musica vocale -ed istrumentale servivano le lettere dell'alfabeto -con modificazione dei segni. Nella musica -vocale la lunghezza del tempo era indicata -dalla sillaba sottoposta alla nota, nella musica -istrumentale da segni per i diversi valori. Avendo -ogni nota il proprio segno e separati segni pel -valore, è naturale che la notazione fosse complicata -e difficile ad apprendersi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span> -</p> - -<p> -L'antica questione se i Greci abbiano conosciuta -l'armonia nel senso moderno della parola -sembra esser decisa negativamente, non risultando -il contrario dagli autori, ed essendo ciò -tanto più probabile, in quanto non riconoscendo -la terza come consonanza, essi non potevano -conoscere gli accordi, dei quali la terza è appunto -parte essenziale. Nè l'armonia corrispondeva -al carattere della musica nazionale, che -per la varietà e decisione del ritmo come per la -caratteristica delle tonalità diverse non abbisognava -dell'aiuto dell'armonia. -</p> - -<p> -Questa opinione ormai universalmente accettata -ebbe la miglior conferma nell'ultima scoperta -(1893) dell'Inno ad Apollo trovato a Delfo, -probabilmente del secondo secolo av. Cristo. -Esso è inciso su di una pietra e contiene oltre -il testo anche i segni musicali sopra ogni -sillaba, corrispondenti a quelli che abbiamo da -Aristosseno. Il suo valore è inestimabile, perchè -è l'unico monumento genuino di importanza -che ci resta della musica greca. Gli altri frammenti -conservatici sono i tre inni di <i>Mesomede</i>, -pubblicati la prima volta da Vincenzo Galilei -nel <i>Dialogo della musica antica</i> (1581), un frammento -dell'<i>Oreste</i> di Euripide, uno <i>Scolion</i> scoperto -nel 83 su di un epitaffio a Tralles e pubblicato -nel 91 da O. Crusius, ed altri frammenti -quasi indecifrabili scoperti nel 93 a Delfo assieme -all'Inno d'Apollo. L'ode di <i>Pindaro</i> pubblicata -da Atanasio Kircher nel 1650, che egli -vuol aver scoperta in un manoscritto a Messina, -viene ora ritenuta apocrifa. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span> -</p> - -<p> -Le speranze che si nutrivano dopo la nuova -scoperta dell'Inno ad Apollo di aver trovata la -chiave della musica greca, furono pur troppo -quasi intieramente deluse e bisogna conchiudere -che o noi non siamo capaci di decifrare -quei frammenti o che il nostro modo di sentire -la musica è affatto differente di quello dei Greci. -A queste conclusioni bisogna giungere se si -pensa che la tonalità dorica di deciso carattere -minore valeva ai Greci per dura, bellicosa -e potente, mentre la lidica (il nostro <i>do</i> maggiore) -si riteneva sensuale, effeminata! E ben -meschina cosa ci appaiono considerati melodicamente -i frammenti rimastici. Noi però ci avvicineremo -alla soluzione del problema se si -metterà a base il principio che la melodia -greca procedeva dalla parola e che il ritmo e -la misura erano dati dagli accenti stessi delle -parole. Difatti la ricostruzione dell'Inno ad Apollo -fatta da Oscar Fleischer secondo questo -principio è ben più adatta a darci un'idea della -musica greca di tutte le altre pochissimo fedeli -e fatte a capriccio con elementi affatto -moderni. -</p> - -<p> -Gli strumenti in uso presso i Greci erano di -più specie a corda ed a fiato. Quelli a corda, -tutti a pizzico, erano senza manico e tastiera -ed appartenevano alla classe della <i>lyra</i> (Kitharis-Phorminx). -Fra quelli a fiato dominava l'<i>Aulos</i>, -flauto di più specie, quasi certo costrutto -alla guisa del flauto dolce ora in disuso, da -suonarsi non orizzontalmente ma come l'oboe. -<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span> -L'istrumento dei soldati era la <i>Salpinx</i>, specie -di tromba, diritta o ricurva. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Weitzmann — <i>Geschichte der griechischen Musik</i>, 1885. -</p> - -<p> -O. Paul — <i>Die absolute Harmonik der Griechen</i>, 1866. -</p> - -<p> -Westphal — <i>Geschichte der alten Musik</i>, 1865. -</p> - -<p> -Westphal — <i>Theorie der musikalischen Rythmik</i>, 1880. -</p> - -<p> -Gevaert — <i>Histoire et theorie de la musique grecque</i>, 1875-1881. -</p> - -<p> -Thierfelder — <i>System der altgriechischen Tonkunst</i>, 1900. -</p> - -<p> -A. Thierfelder — <i>Sammlung von Gesängen aus dem klassischen -Alterthum</i>, 1900 (pubblicazione a scopi pratici). -</p> - -<p> -E. Romagnoli — <i>La musica greca</i>, Roma, 1905. -</p> - -<p> -G. Paribeni — <i>La storia e la teoria dell'antica musica greca</i>, -Milano, Sonzogno. -</p> - -<p> -I. Pizzetti — <i>La musica dei Greci</i>, Roma, 1914. -</p> - -<p> -F. Celentano — <i>La musica presso i Romani</i>, Rivista musicale -italiana, 1912 e seg. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap3">CAPITOLO III. -<span class="smaller">I primi secoli dell'Era Cristiana.</span></h2> -</div> - -<p> -Mentre nell'impero romano, giunto all'apogeo -della sua grandezza e gloria, già cominciava -la decadenza cagionata dalla corruzione -dei costumi, ed ai tirannici imperatori, che -avean uccisa la libertà d'azione e di pensiero, -si tributavano onori divini e si innalzavano -templi e statue, nasceva in una cittadella ebrea -Colui, che doveva fondare quella religione, che -<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span> -dichiarava eguali dinanzi a Dio e il grande e -l'umile, che tutti accoglieva fra le sue braccia, -che riconosceva come suo supremo principio -l'eguaglianza e la carità. Gli imperatori cercavano -soffocare nel sangue la nuova fede, ma -invano perchè dal sangue dei martiri sparso -sulla sabbia del circo pullulavano nuovi seguaci, -che correvano incontro alla morte collo sguardo -sereno ed estatico. -</p> - -<p> -La nuova Religione, che aveva aperto nuovi -orizzonti al pensiero e che era l'espressione -degli intimi e più nobili affetti, non avea bisogno -dell'arte plastica e della pittura, perchè -essa rifuggiva da ogni materialità, ma tanto più -doveva cercare nella musica quel mezzo, che -era il più atto ad esprimere gl'indefinibili sentimenti -ed aspirazioni che commovevano gli -animi dei credenti, i loro dolori e le loro speranze. -Mentre risuonavano le grida delle baccanti, -e la folla plaudente assisteva al martirio -dei primi Cristiani, gettati in pasto alle belve -feroci, i fedeli si raccoglievano nell'oscurità delle -catacombe rischiarate da poche faci, e sulle -tombe dei martiri si inginocchiavano a pregare -ed innalzare cantici al vero Dio. -</p> - -<p> -Quali fossero i cantici dei Cristiani nei primi -secoli del Cristianesimo non si potè e probabilmente -non si potrà mai determinare. L'opinione -quasi universalmente accettata è che essi sieno -stati simili ai canti ebraici, senza però che ne -fosse esclusa l'influenza della musica greca e -romana. Difatti se è vero, che la maggior parte -<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span> -dei primi fedeli erano Ebrei convertiti, è altresì -certo che molti Romani e Greci si convertirono -presto alla nuova fede. Gli studî moderni hanno -però dimostrato una grande differenza fra i -primi canti della chiesa cristiana e la musica -greca, giacchè i primi seguono il principio dell'accentuazione -delle sillabe senza riguardo alla -durata della nota ma a seconda della posizione -delle sillabe nella parola ed ancor più a seconda -del ritmo, mentre per la musica greca -valeva esclusivamente la differenza fra sillaba -lunga e breve. Altra differenza capitale è l'importanza -della melodia, che nella musica greca -doveva sottomettersi alle leggi metriche del -testo e nei canti cristiani invece reggeva anche -il ritmo del testo. Ma qui tutto è oscuro -e la vera natura del canto cristiano primitivo -è forse conosciuta nella linea melodica ma non -nel ritmo, per cui non c'è alcuna concordanza -d'opinioni ed il tutto si riduce a semplici -ipotesi. -</p> - -<p> -La musica greca, diffusa ed universalmente -conosciuta, non poteva del resto non influire -sulla musica cristiana, giacchè è impossibile -il pensare, che una nuova arte fosse sorta allora -e che i cristiani abbiano potuto abbandonare -quelle tradizioni nelle quali erano cresciuti. -D'altro canto la musica ebraica intieramente -decaduta, non era più che l'ombra di -quello, che era stata all'epoca davidica e salomonica. -Questa decadenza non poteva però essere -tale, che fossero andate intieramente perdute -<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span> -le melodie dei cantici principali e si può -ritenere che alcuni di questi sieno stati tramandati -col testo anche nelle melodie tradizionali -alla religione cristiana che gli accettò, -come per esempio, i <i>Salmi</i>, il <i>Magnificat</i>, il <i>Cantico -di Simeone</i>, il <i>Cantico dei tre giovani nella -fornace ardente</i>, ecc. -</p> - -<p> -Che poi la musica greca abbia esercitato influenza -sulla musica cristiana, e specialmente -su quella dei nuovi inni, è facile arguire, se si -pensa, che anche i primi tentativi della pittura -cristiana nelle catacombe ci rammentano i miti -greci: così il buon pastore che rassomiglia all'immagine -pagana di Mercurio; Daniele nella -fossa da ritenersi quasi Orfeo, che ammansa -col canto le belve, ecc. Noi non saremo perciò -lontani dal vero, se riterremo che la musica -della prima epoca cristiana ebbe dalla musica -pagana la forma e la bellezza e dall'ebrea la -santità e l'elevatezza. -</p> - -<p> -Essa fu esclusivamente vocale, giacchè troppo -grande era l'avversione, che ispiravano ai Cristiani -gli istrumenti, che servivano alle feste pagane. -«Noi non adoperiamo che un unico istrumento, -la parola di pace, colla quale adoriamo -Dio,» scrive S. Clemente d'Alessandria, «non -l'antico salterio, i timpani, le trombe ed i flauti» -e S. Gerolamo dice, che una vergine cristiana -non deve sapere che cosa sia una cetra ed un -flauto ed a qual uso essi servano. -</p> - -<p> -Ad onta dell'influsso della musica greca, la -musica dei Cristiani non può però essere stata -<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span> -nei primi secoli che semplicissima e disadorna, -giacchè la teoria musicale greca era troppo -astrusa e complicata, per poter credere che venisse -studiata ed applicata alla loro musica dai -primi Cristiani, per la maggior parte appartenenti -alle classi incolte e basse. Dalle notizie -che ci danno gli autori di quel tempo, specialmente -Filone, scrittore ebreo del primo secolo -dell'èra cristiana, i canti cristiani sembrano -aver avuto somiglianza con quelli dei cori delle -tragedie greche, cantati a vicenda da doppi cori -che poi si univano; un uso che ebbe il suo motivo -probabilmente nella divisione dei Salmi in -versetti. Le melodie dei Salmi saranno poi state -le originarie ebree, giacchè non è probabile, che -anche queste fossero andate perdute coll'andar -dei secoli. -</p> - -<p> -Posteriori ai canti antifonici dei Salmi sono -gli Inni, quantunque anche molti di questi appartengono -ai primi tempi. Il primo poeta di -Inni cristiani, dei quali ci è conservata memoria, -è <i>Ilario</i>, vescovo di Poitiers (350 d. C.). -L'opinione anteriore che la musica degli inni -fosse semplicemente sillabica fu dimostrata erronea -ed è ormai certo che gli inni e salmi si -cantavano con vere e proprie melodie e non -alla maniera di recitazione cadenzata. -</p> - -<p> -Fra coloro che si occuparono della musica -cristiana, vengono nominati <i>S. Clemente</i> d'Alessandria -(200 d. C.), che proibì il genere cromatico -ed armonico perchè snervante ed effeminato, -<i>S. Basilio</i>, che riordinò il canto della -<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span> -Chiesa orientale (370), <i>Ilario</i> e papa <i>Silvestro</i> -(300), che sembra essere stato il primo ad istituire -scuole di canto. -</p> - -<p> -Col progredire del tempo e dopo la riforma -del culto il canto della comunità non era più -compatibile sia perchè questa non conosceva -diversi cantici, sia per la difficoltà della loro -esecuzione, tanto più che la lingua latina andava -spegnendosi e trasformandosi. Però già nel -concilio di Laodicea (367) viene decretato, che -in Chiesa nessuno deve cantare ad eccezione -dei cantori dalla loro tribuna. A questi era affidata -la cura di conservare le antiche tradizioni, -ed a questi sono probabilmente d'ascriversi le -melodie dei nuovi inni cristiani. -</p> - -<p> -Il primo, che ordinò il canto della nuova -Chiesa e ne stabilì una teoria per quanto embrionale, -fu <i>Ambrogio</i>, vescovo di Milano (333-397). -Ai suoi tempi ferveva più accanita che -mai la lotta cogli Ariani e la diocesi di Milano -era minacciata dalle persecuzioni ordinate dalla -madre dell'imperatore Valentiniano, che era favorevole -agli Ariani e che voleva togliere Ambrogio -alla sua diocesi. In quei giorni di desolazione -e sommosse egli si rifuggì colla comunità -in Chiesa, dove passò più giorni e notti in -preghiere. Per rialzare gli animi abbattuti ed il -fervore dei fedeli, egli fece cantare inni alla -maniera orientale di antifona, avvicendando i -cori. Da quell'epoca sembra che il canto cristiano -abbia subìto una trasformazione e sia -venuto diffondendosi nelle diocesi limitrofe, -<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span> -eliminando le antiche melodie pagane ed informando -anche la musica mondana. -</p> - -<p> -Sulla vera natura del canto ambrosiano mancano -però notizie esatte e non si può stabilire, -quanto degna di fede sia l'asserzione, che esso -non fosse stato esclusivamente diatonico, ma -cromatico. Questa supposizione sembra, del -resto, in parte giustificata, se si pensa all'entusiasmo -che destò in Sant'Agostino, il quale, -commosso alle lagrime, domanda se non sia -peccaminoso questo canto, che tanto lo scuote -colle sue dolcissime note e gli fa quasi dimenticare -il testo. A S. Ambrogio vengono attribuiti -più inni, fra cui il <i>Te Deum</i>, quantunque sembri -invece accertato, che esso sia d'origine orientale. -A lui pure s'ascrive, senza però averne alcuna -certezza, l'introduzione dei primi quattro toni -autentici, che non son altro che quattro delle -sette ottave diatoniche del sistema di Tolomeo -e precisamente quelle, che più s'avvicinano -al carattere ed alla melodia dei Salmi. -Esse sono i toni di <i>re-<span class="over">re</span>, mi-<span class="over">mi</span>, fa-<span class="over">fa</span>, sol-<span class="over">sol</span></i>, -formati di due tetracordi uniti, e che corrispondono -al tono greco-frigio, dorico, ipolidico, -ed ipofrigio. Essi ebbero nomi proprii diversi -dagli antichi, che ricordavano la musica pagana -e si chiamarono <i>protos</i>, <i>deuteros</i>, <i>tritus</i> e <i>tetrardus</i> -(primo, secondo, ecc.); tutti quattro poi furono -chiamati a differenza di quelli posteriormente -aggiunti <i>autentici</i>. Nel terzo tono (<i>fa-<span class="over">fa</span></i>) -non c'è semitono nel primo tetracordo e dalla -quarta eccedente nacque il famigerato <i>tritonus</i> -<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span> -(<i>diabolus in musica</i>), che fece rompere la testa -ai teorici musicali del medio evo, i quali disputarono -in lunghi trattati, se al <i>si</i> si possa -sostituire il <i>si bemolle</i>. -</p> - -<p> -Non è noto, se Ambrogio abbia conosciuta la -notazione, quantunque ciò non sia improbabile, -tanto più, che un diacono di Edessa, <i>Efraen</i>, -sembra essersi servito già anteriormente di segni -per la notazione. La supremazia del canto -ambrosiano nella Chiesa occidentale durò per -alcuni secoli, quantunque si creda che il canto -della chiesa Romana abbia sempre differito in -più punti dall'ambrosiano e si sia ognor più -esteso, contenendo in sè il vero elemento, dal -quale doveva sorgere la nostra musica come -arte indipendente dalla parola. Ma anche qui -nulla vi è di certo. -</p> - -<p> -I secoli posteriori a quelli di S. Ambrogio -videro nella penisola italica più volte sanguinose -guerre ed invasioni barbare. L'antica metropoli -dell'impero romano, la città eterna, offriva -allora un ben triste aspetto. Spopolata e -in parte deserta, dilaniata da discordie cittadine, -le sue vie risuonavano di salmodie di penitenti, -che col capo coperto di cenere si battevano -il petto e si recavano in processione alle -nuove numerose chiese ad implorare misericordia -da Dio per le colpe dell'umanità, fine -alle pesti, che spopolavano le città, alle stragi, -che insanguinavano le vie. Agli antichi monumenti, -testimoni dell'antica grandezza, in gran -parte rovinati dal tempo, e più dalla mano -<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span> -devastatrice dell'uomo, si avevano sostituiti -tetri monasteri, che risuonavano di lugubri -canti. -</p> - -<p> -Fu in questo tempo di miserie e decadenza, -che salì sul trono di S. Pietro <i>Gregorio magno</i> -(590-604), grande carattere medioevale, una di -quelle figure, che danno luce ad una intiera -epoca. Il profondo sentimento religioso di cui -egli era dotato, la sua estesa coltura e la conoscenza -della musica non potevano fare a -meno di attirare la sua attenzione su questa -arte, che specialmente in quei tempi doveva -considerarsi come la più grande ausiliaria della -religione, di cui essa in origine era la figlia e -l'ancella. Gregorio intuì la sua importanza e ad -onta delle gravissime cure, che gl'imponeva il -papato, vi rivolse la sua attenzione e ne meditò -la riforma. Egli è il fondatore della <i>Schola cantorum</i> -romana, che per più secoli fu la fedele -conservatrice delle antiche e più pure tradizioni -e la fornì di un lauto patrimonio, concedendo -ai membri della stessa cariche ecclesiastiche -(<i>primicerius, secundicerius</i>). Alla <i>schola</i> era unita -la scuola dei fanciulli (<i>pueri symphoniaci</i>), alla -istruzione dei quali Gregorio stesso alle volte -prendeva parte, e dicesi che fino al secolo nono -esistessero un sedile, che occupava Gregorio -nella scuola, e la verga colla quale egli batteva -i fanciulli disattenti. -</p> - -<p> -Come egli aveva ordinato il culto e la liturgia, -così egli stabilì i canti e gli inni, che si -dovevano cantare nelle singole funzioni sacre, -<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span> -e ne scelse e determinò le melodie. Il testo e -le melodie furono per suo ordine scritte in un -libro, l'<i>Antifonario</i>, che era attaccato con una -catena all'altare di S. Pietro e che fu dichiarato -l'unica fonte autentica ed invariabile. Si dice -che egli stesso abbia scritto inni, ed a lui si -attribuiscono fra gli altri il <i>Te lucis ante terminum</i> -ed il <i>Rex Christe</i>. -</p> - -<p> -Gevaert ha tentato nei suoi scritti di dimostrare -che gli onori attribuiti a Gregorio sono -usurpati e spettano invece a <i>Sergio I</i> (681-701), -o a <i>Gregorio II</i> o <i>III</i>. La questione non è nuova -ma Gevaert ha saputo produrre nuovi argomenti, -che se non sono del tutto persuasivi, sono atti -a farci dubitare dell'autenticità dei meriti di Gregorio -magno, dei quali fa per la prima volta -menzione il cronista Giovanni Diacono (IX secolo), -autore poco esatto e non veritiero. -</p> - -<p> -Il canto gregoriano ebbe più nomi: <i>cantus -planus</i> per l'egual valore delle note, <i>choralis</i>, e -<i>cantus firmus</i> per la sua invariabilità ingiunta. -Esso si divideva in due specie principali: nel -<i>concentus</i>, che comprendeva quei canti, nei quali -dominava la melodia come negli inni, nelle <i>sequenze</i>, -nei <i>responsori</i>, e nell'<i>accentus</i>, (<i>modus -legendi choraliter</i>), che era ancora un rimasuglio -dell'antica salmodia senza vero carattere melodico -ma semplicemente recitativo cadenzato, -come nell'Epistola, l'Evangelo, il Prefatio, il -Pater noster, ecc. La <i>Sequenza</i> è fra i canti antichi -della chiesa quella, in cui la melodia è -più pronunziata. Essa venne trasformandosi -<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span> -coll'andar del tempo dall'<i>iubilus</i>, cadenza libera -e ornata di fioriture e melismi, che si cantava -sull'ultima a <i>dell'Alleluia</i> e che era l'espressione -del giubilo dei credenti innalzanti inni alla -divinità come l'estro momentaneo loro ispirava. -In seguito si aggiunse un testo alle note dell'<i>iubilus</i>, -ed in questo modo ebbe origine la <i>Sequenza</i>. -</p> - -<p> -Il perfezionamento del canto e la nuova riforma -non avrebbero potuto compiersi, se la -teoria non fosse andata di pari passo colla pratica. -I quattro toni autentici di S. Ambrogio non -potevano ormai più corrispondere ai bisogni -della nuova arte ed è perciò naturale che si -svegliasse l'interesse dei dotti e che questi -cercassero di ampliare il sistema musicale. -Fra gli scrittori teoretici dei primi secoli avanza -tutti e di gran lunga <i>Severino Boezio</i>, nato -verso il 470 di nobile stirpe romana, che coprì -alte cariche alla corte di Teodorico, re dei -Goti e fu decapitato nel 524 per aver preso -parte ad una congiura. I suoi cinque libri <i>de -Musica</i>, nei quali sono ripetute ed ampliate le -teorie greche di Pitagora, diventarono l'evangelo -musicale del medio evo e lo restarono -fino al principio dell'evo moderno, quantunque -le teorie contenute non corrispondessero alla -nuova musica, che ormai si era intieramente -allontanata dalla greca, abbandonandone le sue -basi e sostituendovene di nuove. -</p> - -<p> -Le nuove ricerche hanno messo in chiaro che -fu nella chiesa bizantina che si preparò la trasformazione -del sistema musicale greco. Qui -<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span> -troviamo ormai una nuova scala diatonica costituita -dei toni fondamentali delle scale di trasposizioni -greche (dorica, frigia, ecc.), e che veniva -designata colle prime lettere dell'alfabeto -greco. La scala era questa: -</p> - -<p class="center"> -<i>La si do dies. re mi fa dies. sol dies. la.</i> -</p> - -<p> -Nè alla scala soltanto si limitarono i cambiamenti, -chè anzi anche nuove tonalità furono -introdotte. Ma qui tutto è ancora oscuro ed -incerto, nè gli studi fatti sono arrivati a conclusioni -decisive. -</p> - -<p> -Il sistema greco si mantenne in occidente più -a lungo, ma ormai influenzato dalla scuola bizantina, -donde risultò una certa confusione. -Anche qui troviamo abbandonato il sistema -del tetracordo e messa qual base l'ottava diatonica. -Ai quattro toni autentici si aggiungono -altri quattro (<i>plagali</i>, appoggiati, storti) formati -mettendo il secondo tetracordo del tono autentico -avanti al primo. Così dal 1º tono autentico -</p> - -<p class="center"> -<i>re mi fa sol la si do re</i> -</p> - -<p> -si forma il 1º plagale -</p> - -<p class="center"> -<i>la si do re mi fa sol la</i> -</p> - -<p> -I toni si designavano coi numeri <i>primo</i>, <i>secondo</i>, -ecc. Ogni tono autentico aveva la nota -principale (<i>repercussio</i>) comune col tono plagale -(p. es. nel 1º (autentico) e 2º (plagale) il <i>re</i>). -Da questo tendere del tono plagale alla quarta -<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span> -deriva una sensazione indefinita ed incerta, che -tanto più si sente, quando, come di solito nelle -melodie del canto fermo, manca nei toni plagali -la terza maggiore ascendente. -</p> - -<p> -Il canto gregoriano è indissolubile dalle tonalità -di chiesa, perchè agli otto toni corrispondono -le melodie da cantarsi in toni destinati (<i>tropi</i>). -Così corrispondono alle otto tonalità i cosidetti -otto toni dei Salmi, dei quali le note melodicamente -più importanti cadono sulle note -principali del rispettivo tono gregoriano. Il posteriore -<i>nono</i> modo dei Salmi, il <i>tonus peregrinus</i> -(<i>la</i> minore), è formato dal primo e ottavo -tono e si usa solamente per il salmo: -</p> - -<div class="poem"> -<p> -<i>In exitu Israel de Aegypto.</i> -</p> -</div> - -<p> -La diversa posizione dei semitoni nelle tonalità -le rende una diversa dall'altra molto più -che i nostri toni, che sono costituiti secondo -uno stesso principio. Gerbert riporta da Adamo -da Fulda, autore del secolo XV, questa caratteristica -dei toni: -</p> - -<div class="blockquote"> -<p> -<span class="smcap lowercase">OMNIBUS EST PRIMUS, SED ET ALTER, TRISTIBUS APTUS -TERTIUS IRATUS, QUARTUS DICITUR FIERI BLANDUS, -QUINTUM DA LAETIS, SEXTUM PIETATE PROBATIS, -SEPTIMUS EST IUVENUM, SED POSTREMUS SAPIENTUM.</span> -</p> -</div> - -<p> -La conoscenza e la pratica delle tonalità di -chiesa è assolutamente necessaria per chi si -occupa di musica antica ed è da deplorarsi che -se ne trascuri tanto lo studio, giacchè anche -<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span> -la musica moderna sì avida di novità ne potrebbe -trarre profitto. Le tonalità suddette portavano -anche i nomi antichi greci ma senza l'antico -significato e valore, ciò che è da ascriversi alla -falsa interpretazione data da Boezio ed altri -autori ad un passo di Tolomeo. A Gregorio magno -si attribuisce, a torto perchè posteriore (<i>Notker</i>, -912), la denominazione delle note colle prime -lettere dell'alfabeto <i>a b c d e f g</i> cominciando -dal la, che era la nota più bassa del sistema. -Questo cambiamento è assai importante, giacchè -esso indica che l'<i>ottava</i> e non il <i>tetracordo</i> -era la base del sistema musicale, e perchè con -ciò veniva dato l'ultimo crollo alla teoria greca. -La prima maniera di segnare o indicare le -note fu la <i>Cheironomia</i>, che consisteva in segni, -che il maestro faceva colle mani, onde indicare -in qualche modo l'alzarsi od abbassarsi del tono -ed il ritmo. A questi seguirono poi i segni -scritti detti <i>neumi</i>, chiamati così, forse dalla -parola greca <i>pneuma</i>: alito, fiato — e nominati -anche <i>nota romana</i> — probabilmente di origine -greco-bizantina, i quali formavano una specie -di stenografia musicale, ed erano numerosi e -complicati. La loro forma era il punto, la virgola, -la linea o diritta o storta, uncini rivolti -all'insù ed all'ingiù, accenti circonflessi, ecc. Il -tono viene rappresentato col punto, che è quasi -l'unità, e la sua durata più o meno lunga con -una linea diritta o storta. Coll'unione di questi -segni si rappresentavano poi gruppi di note e -certe frase e cadenze usuali. I neumi avevano -<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span> -tutti il loro proprio nome, come, p. es., <i>virgula</i>, -<i>astus</i>, <i>clinis</i>, <i>scandicus</i>, <i>ancus</i>, <i>cefalicus</i>, ecc., a -seconda della loro forma. Essi si scrivevano -immediatamente sopra la sillaba del testo senza -linea. In seguito poi si cominciò, come ne fanno -prova dei manoscritti longobardi del secolo X -a scriverli più alti o bassi (la cosidetta <i>Diastematia</i>) -con cui si indicava almeno l'alzarsi od -abbassarsi del tono. Questa maniera di notazione, -oltre offrire grandi difficoltà per apprendere -i segni, non era che un aiuto alla memoria -dei cantori, ai quali erano già note per tradizione -le melodie, giacchè, se essi davano un indirizzo -per il tempo ed il ritmo come pure per -l'innalzamento od abbassamento del tono, non -determinavano gl'intervalli. -</p> - -<p> -La decifrazione dei neumi è oggi un'ardua -impresa e lo era anche nei primi tempi perchè -mancavano regole fisse e perchè la notazione -di spesso variava. Un antico autore scrive parlando -dei cantori: <i>Coeci erratores quam cantores -potius dici possunt.</i> Un'altra specie di neumi -propria di alcuni paesi, segnava le note con -punti uno sopra l'altro o uniti o separati. L'introduzione -di una linea, sopra e sotto della -quale si scrivevano i neumi, fu perciò una innovazione -importante ed utilissima, giacchè -col mezzo di essa era possibile stabilire almeno -tre toni, cioè quello sulla linea, quello sopra e -quello sotto. La linea si faceva in principio del -secolo X rossa e indicava il tono di <i>fa</i>. In seguito -si aggiunse una nuova linea superiore, di -<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span> -solito gialla, indicante il <i>do</i>, come nel codice -della Biblioteca Magliabecchiana, sicchè era -possibile ormai stabilire le note della quinta <i>fa-do</i>. -Qualche autore moderno asserisce che già da -principio si abbia fatto uso di quattro linee, due -delle quali non a colori ma impresse con una -punta nella pergamena, linee che poi col tempo -e l'uso dei libri divennero invisibili. -</p> - -<p> -Altri neumi servivano a determinare la maniera -d'esecuzione e da essi apprendiamo che -ancora a quei tempi si conoscevano l'<i>appoggiatura</i>, -il <i>mordente</i>, il <i>tremolo</i> ed il <i>portamento -della voce</i>, dal che si può arguire con certezza, -che coll'andar del tempo il canto gregoriano si -venne abbellendo ed infiorando di molte arti -del canto e si abbandonò l'originaria forma semplice -e disadorna. -</p> - -<p> -La diffusione del canto gregoriano fu favorita -dalle circostanze dell'epoca ed andò quasi di -pari passo con quella del Cristianesimo. A Roma -accorrevano a torme i pellegrini per visitare la -tomba di S. Pietro e non poteva essere che -grande l'effetto, che facevano sugli animi dei -popoli barbari, animati nella fede dalle nuove -idee religiose, quei canti severi e maestosi, dolcissimi -e pieni di una soave mestizia, che s'innalzavano -nelle basiliche risplendenti di mosaici -ed illuminate da mille ceri. Il canto gregoriano -faceva altresì parte del culto e veniva -importato ed insegnato dai missionari spediti -dai Papi nei lontani paesi dell'antico impero -romano. Già nel 600 vengono mandati cantanti -<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span> -della scuola di Roma nella lontana Britannia e -S. Bonifacio, apostolo dei Sassoni, fonda nel -750 una scuola di canto in Fulda. Ma sia che i -popoli del Settentrione non avessero attitudine -all'imparare il canto gregoriano, sia che, come -si asserì, i cantanti per gelosia non abbiano -voluto insegnare la loro arte, i progressi furono -meschinissimi e Paolo Diacono parlando del -canto degli Alemanni dice, che i cantori romani -si lamentavano della rozzezza di quelle voci -barbare, rovinate dalla ubbriachezza, simili al -tuono e al rumore che fa un carro, che vien -precipitando da un'altura. -</p> - -<p> -L'onore di aver migliorato il canto nelle regioni -settentrionali ed averlo ridotto al modello -romano spetta a <i>Carlo Magno</i>, che, come si -rese benemerito delle scienze, rivolse pure la -sua attenzione alla musica, che prediligeva e -che volle fosse appresa dai suoi figli. L'impressione, -che gli fece il canto gregoriano a -Roma, fu tale, che egli diede severissimo ordine -di bruciare tutti i libri di canto ambrosiano -che erano nel suo regno, lo proibì assolutamente -e pregò Papa Adriano di volergli -spedire cantori per insegnare il canto gregoriano. -Adriano mandò infatti nel 790 alla corte di -Carlo Magno <i>Pietro</i> e <i>Romano</i> e diede loro copie -autentiche dell'<i>Antifonario</i> di S. Gregorio. -Pietro arrivò a Metz e vi fondò quella celebre -scuola, che ebbe tanta fama per più secoli e -da cui ebbe origine il cosidetto <i>cantus mettensis</i>. -Romano ammalò durante il viaggio e si fermò -<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span> -nel convento di S. Gallo in Svizzera, dove, dopo -aver ottenuto il permesso del Papa, si stabilì e -rimase sino alla morte. In quel monastero, perduto -nelle montagne dell'Elvezia, fra popoli -barbari ed incolti, si sviluppò per la sua opera, -continuata da una serie di uomini di scienza e -genio una vita intellettuale sorprendente per -quei tempi ed in breve il canto della scuola di -S. Gallo raggiunse tanta rinomanza da gareggiare -colla scuola romana. Fra i molti monaci -illustri di quel convento emergono <i>Tuotilo</i> (915) -poeta e musico insigne, ed ancor più <i>Notker -balbulus</i> (balbuziente) (830-912) anima gentile ed -ispirata, che sembra essere stato il primo a perfezionare -la forma della sequenza ed al quale -si ascrive fra molte anche la celebre: <i>Media -vita in morte sumus</i>, ispiratagli al vedere alcuni -lavoratori occupati a fabbricare un ponte su -di un precipizio. -</p> - -<p> -In quei tetri secoli del Medio Evo anche la -musica come le scienze ed arti era quasi esclusivo -monopolio dei monasteri. Nella quiete delle -celle claustrali, in mezzo alle inospiti vallate, -infestate da bande di mala gente, o nelle pianure -deserte, interrotte da pochi casolari di -gente vassalla, il monaco trascriveva e ci conservava -le opere dei classici, poetava inni religiosi -e scriveva con infinita pazienza quei -magnifici antifonari dalle grandi iniziali miniate, -dimentico del mondo a maggior gloria di Dio. -Soltanto nel secolo XIII quando si vennero fondando -le Università, anche la musica cessa di -<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span> -essere il monopolio dei monasteri e viene insegnata -nelle nuove scuole laiche come scienza -speculativa insieme alle altre sei arti liberali -del <i>quadrivio</i> e <i>trivio</i> (quadrivio: musica, aritmetica, -geometria ed astronomia; — trivio: -grammatica, dialettica e rettorica). -</p> - -<p> -La retta lezione del canto gregoriano fu ed è -ancora oggetto di lunghe e dotte dispute fra -le scuole di Ratisbona e Solesmes non ancora -risolte definitivamente quantunque le conclusioni -di Don Macquereau ed altri benedettini -anche per l'approvazione di Pio X sieno le più -universalmente accettate. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Gevaert — <i>La melopée antique dans les chants de l'eglise latine</i>, -Gand, 1895. -</p> - -<p> -Pothier — <i>Les melodies Grégoriennes</i>, Tournay, 1880. -</p> - -<p> -O. Fleischer — <i>Neumen Studien</i>, Leipzig, 1895-97. -</p> - -<p> -Schelle — <i>Die päpstliche Sängerschule in Rom</i>, Vienna, 1872. -</p> - -<p> -A. Schubiger — <i>Die Sängerschule St. Gallens</i>, Einsiedeln, 1858, -(contiene alcuni facsimili dei manoscritti di S. Gallo -che sono con quello di Montpellier i più antichi). -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap4">CAPITOLO IV. -<span class="smaller">I primordi dell'armonia. -Ubaldo e Guido d'Arezzo.</span></h2> -</div> - -<p> -La questione, che durò tanto tempo, se gli -antichi popoli abbiano conosciuta l'armonia, -ossia la musica a più voci nel senso di una -<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span> -serie di accordi modulati, si può ritenere ormai -decisa in senso negativo. Nessuna traccia di simile -musica ci è conservata, nè alcuno dei libri -musicali teoretici antichi ne fa memoria, quantunque -si possa con probabilità ritenere, che i -Greci conoscessero non solo il canto unisono -all'ottava, sviluppantesi naturalmente dalla diversità -delle voci, ma che abbiano alle volte -cantato e suonato la quinta e la quarta, che secondo -il sistema greco erano consonanze. Il -ricercare le ragioni per le quali la musica greca -non arrivò alla conquista dell'armonia, senza -cui noi non possiamo più pensare alla musica, -ci condurrebbe troppo lontani dal nostro còmpito. -Forse esse sono da trovarsi in quello -stesso momento estetico, che doveva riconoscere -nella plastica la suprema estrinsecazione -dell'arte rappresentativa, e nella natura ellenica, -che preferiva la forma del bello semplice ed era -aliena ai teoremi speculativi. -</p> - -<p> -Il Medio Evo, che cambiò gli ideali ed approfondì -il pensiero, aprì nuovi campi all'arte -e dalla <i>comunità</i>, che innalza la mente a Dio -ed unisce le sue voci per implorarne la misericordia, -nacque forse l'idea dell'armonia. La -questione dove fosse la culla dell'armonia e del -canto a più voci è ancora una delle più discusse. -Fino a non molti anni fa erano i Paesi -bassi, che si credeva averne un diritto. Più -tardi si dovette venire alla conclusione che non -nell'Olanda ma nella Francia venne dapprima -in uso il canto a più voci e vi si sviluppò la -<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span> -teoria e ciò per la scoperta di nuovi codici, -appartenenti al secolo XII e XIII della biblioteca -medica di Montpellier. E senza dubbio fu -a Parigi che si istituirono le prime scuole di -canto (<i>maitrises</i>) ed i primi documenti musicali -sono quelli di <i>Leonin</i> e <i>Perotin</i>, organisti della -chiesa di Nôtre Dame e di <i>Machaud</i> (circa 1284), -del quale ci è restata una messa con tentativi -delle forme del canone ed imitazione. -</p> - -<p> -Ma ora già si fa strada un'altra asserzione che -merita di venir presa in seria considerazione. -Vittorio Lederer difende la tesi, che la culla -della musica polifonica sia da cercarsi nella -lontana Albione, donde sorsero le leggende di -Tristano ed Isotta, del re Artù e Merlino. A -questo risultato egli crede giungere non colla -scoperta di nuovi manoscritti ma con un'acutissima -e nuova interpretazione del materiale -già noto. Così p. es. Gerald de Barny del secolo -XII (Giraldus Cambrensis) nella sua <i>Descriptio -Cambriae</i> (Wales) parla d'una polifonia già da -lungo in uso nella pratica musicale di quei -paesi (<i>usu longaevo</i>), ed ancora prima Erigene -(Jean Scot) irlandese, morto nel 886 ad Oxford -rammenta nella sua <i>de divisione natura</i> composizioni -a più voci ed un frammento musicale del -secolo X conservato ad Oxford mostra sotto al -testo una notazione alfabetica doppia. Secondo -Lederer la polifonia è sorta dalla tradizionale -maniera di canto degli abitanti celti di Wales -dove fiorivano i cantici dei bardi ed i signori -del paese li tenevano in grande onore. Re Enrico -<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span> -V, nativo della contea di Wales, volle riformare -la musica da chiesa servendosi dei bardi -celti e fu forse da questa scuola che derivò uno -dei primi compositori polifonici, <i>Dunstaple</i>. Il re -tedesco Sigismondo rimase ammirato di simili -musiche e venuto al concilio di Costanza, ve -ne fece propaganda. Morto Enrico V le tradizioni -andarono perdute per le lunghe guerre -nazionali ed i cantori sbandati vennero alle corti -di Borgogna, di Avignone ed in genere sul continente, -portandovi la loro arte. I pochissimi -monumenti che ci restano di questa, sembrano -dare ragione a Lederer, che promette altre -prove, giacchè essi mostrano una grande differenza -coll'<i>organum</i>. Intanto però si può tener -fermo che se non la pratica almeno la teoria -musicale dell'arte polifonica ebbe i suoi inizî -nella Francia. -</p> - -<p> -La leggenda chiama Ubaldo padre dell'armonia, -quantunque sia certo che i primordi si -debbano ritenere anteriori di più d'un secolo. -La biografia di Carlo Magno, attribuita ad un -monaco d'Angoulème del principio del nono -secolo fa menzione dell'<i>organum</i> e dell'<i>ars organandi</i> -come appresi dai cantori di Gallia a -Roma. Oggi poi sembra dopo gli ultimi studi -quasi certo che la <i>Musica Enchiriadis</i> attribuita -ad Ubaldo sia più recente d'un secolo di quello -che si credeva. -</p> - -<p> -<i>Ubaldo</i> (Hucbald), monaco benedettino (840-930) -natura speculativa ed indagatrice, nacque -nella Fiandra e fu monaco nel Convento di -<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span> -S. Amando nella Diocesi di Tournay, dove egli -dopo aver soggiornato in altri monasteri ritornò -e morì in età avanzata. Di lui ci sono -conservate più opere teoretiche, nelle quali egli -parla dell'<i>organum</i> come di cosa già conosciuta -ai suoi tempi. -</p> - -<p> -La teoria dell'<i>organum</i>, come si suole spiegare -nei libri di storia musicale, è la posteriore, -mentre la più antica, della quale si trova menzione -nei primi scritti è affatto diversa. Nell'<i>organum</i> -originario, forse d'origine celta, il -principio e la fine d'ogni melodia come di ogni -frase melodica sta in ambedue le voci all'unisono -e solo le note di mezzo si staccano fino -alla quarta. Più tardi si usarono indifferentemente -altri intervalli, giacchè si aggiungeva alla -melodia originale del corale una seconda parte -melodica indipendente dalla prima nello stesso -ritmo con molte consonanze col canto della -parte superiore od accidentali o volute. -</p> - -<p> -L'<i>organum</i> e l'<i>ars organandi</i> consisteva nel -cantare le melodie unendovi gli intervalli di -quarta, quinta ed ottava parallele. Donde abbia -avuto origine questa mostruosità musicale, che -Ubaldo chiama <i>suavis concentus</i> e che lacera i -nostri orecchi, è difficile stabilire. Forse derivò -dal fatto che quarta e quinta erano secondo il -sistema greco consonanze, forse dall'<i>organo</i>, -strumento che in quei tempi usavasi per rinforzare -il canto, toccando la quarta o la quinta -del tono cantato. Altri vollero trovarne l'origine -negli strumenti ad arco di quei tempi accordati -<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span> -in quarte e quinte con ponticelli piani, -che suonandosi coll'arco facevano sentire questi -intervalli per l'impossibilità di toccare una -corda sola. Noi d'altronde non dobbiamo dimenticare -che l'orecchio musicale dei secoli X -e XI non era sviluppato come il nostro, che allora -i principi estetici erano nulli, e che nulla -importava la bellezza, se la teoria non veniva -trascurata. -</p> - -<p> -Dalla prescrizione che la seconda voce non -deve abbassarsi più del <i>do</i> (l'intervallo di <i>seconda</i> -del 1º tono di chiesa) e dal fatto che -negli antichissimi istrumenti d'organo questo <i>do</i> -era la nota più bassa, si potrebbe forse arguire, -che la seconda voce, non si cantava ma si suonava -sull'organo. Posteriormente venne sviluppandosi -un'altra specie di <i>organum</i> meno barbaro, -che univa anche altri intervalli eccetto la -terza ma che venne bandito da Giovanni XXIII, -perchè lascivo e profano (!). Riemann volle ultimamente -provare che l'<i>organum</i> di Ubaldo non -fu che un tentativo di costruire un sistema teoretico -e che quarte e quinte parallele mai si -acclimatizzarono, ciò che non è improbabile se -si pensa, che il nuovo <i>organum</i> era ben inferiore -al primitivo. -</p> - -<p> -Oltre al merito d'aver tentato di stabilire la -teoria dell'organo, spetta ad Ubaldo quello di -aver semplificato la notazione ed aperto la -strada a nuove invenzioni, quantunque i suoi -tentativi rimasero privi di frutto, finchè un -uomo più pratico e perspicace usufruì dell'idea -e la perfezionò. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span> -</p> - -<p> -Ubaldo bandì la guerra ai neumi e vi sostituì -lettere per la denominazione delle note, scrivendole -sopra alle sillabe, per es.: -</p> - -<table class="avem" summary=""> - <tr> - <td><i>m</i></td> <td> </td> <td><i>b</i></td> <td> </td> <td><i>f</i></td> <td> </td> <td><i>f</i></td> - </tr> - <tr> - <td><i>A</i></td> <td>—</td> <td><i>ve</i></td> <td>—</td> <td><i>ma</i></td> <td>—</td> <td><i>ria</i></td> - </tr> -</table> - -<p> -In seguito egli perfezionò il sistema, adottando -linee, fra le quali egli scriveva le sillabe -del testo con linee intermedie per indicare lo -alzarsi ed abbassarsi dei toni. In capo alle linee -egli metteva poi la lettera <i>T</i> (<i>tonus</i>) <i>S</i> (<i>semitonus</i>) -per indicare se l'intervallo era un tono od -un semitono. In questa guisa e con altre modificazioni, -che qui sarebbe troppo lungo spiegare, -Ubaldo scriveva il canto anche a più voci con -un esercito di linee, sicchè il decifrarlo era forse -più difficile che col mezzo dei neumi. -</p> - -<p> -La gloria di continuare con fortuna l'opera -iniziata da Ubaldo era riservata a <i>Guido d'Arezzo</i> -al quale i secoli posteriori andarono a gara ad -ascrivere tutte le innovazioni possibili, concentrando -in lui tutta l'opera ed il lavoro di un'epoca. -Guido d'Arezzo (995?-1050) fu monaco benedettino -del convento di Pomposa presso Ravenna. -I suoi successi e forse il suo fare battagliero -e franco gli procacciarono nel convento -liti e discordie tali, che egli l'abbandonò, e -dopo aver vagato per l'Italia si stabilì nel Convento -d'Arezzo. La fama delle sue riforme musicali -ed i miracoli, che se ne raccontavano, -mossero il papa Giovanni XIX (1024-1033) a -chiamarlo a Roma, dove egli fu colmato d'onori, -<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span> -specialmente dopochè il papa stesso s'era persuaso -dell'utilità delle riforme di Guido, decifrando -in pochissimo tempo coll'aiuto dei nuovi -segni e righe una melodia a lui sconosciuta. -Guido non si fermò a Roma, perchè il clima -non conveniva alla sua salute, ma ritornò a Pomposa, -dove si rappacificò col priore. Egli morì -priore dei Camaldolesi d'Avellana. Secondo le -ultime ricerche (Morin) sembra che Guido sia -nato nei dintorni di Parigi e che fosse educato -nel Convento di St. Maur des Fossées presso -Parigi. -</p> - -<p> -Quantunque l'importanza data a Guido di -quasi nuovo inventore e padre della musica -sia esagerata, non essendo punto dimostrato -che egli sia stato il primo a trovare il monocordo, -il clavicembalo, la <i>Solmisazione</i>, la notazione -moderna, la mano guidonica, pure la gloria -ed il suo merito restano abbastanza grandi per -considerarlo come un innovatore geniale, che -rese pratica la scienza e liberò la musica dalla -scolastica. «La via dei filosofi non è la mia, -egli scrive; io cerco ciò che giova alla chiesa -e fa progredire i ragazzi (<i>pueri</i>)». -</p> - -<p> -La scala di Guido comprendeva a differenza -dell'anteriore una nota bassa, il <i>sol</i>, γ, che -mancava alla prima ottava, ed era basata sul -sistema dell'esacordo (quattro toni ed un semitono), -abbandonando il sistema greco del tetracordo. -Essa comprendeva i seguenti toni Γ (sol) <i>A -B si nat. C D E F G a b si nat. c d e f g <span class="over">a</span> <span class="over">b</span> <span class="over">si</span> nat. <span class="over">c</span> <span class="over">d</span> <span class="over">e</span>.</i></p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span> -</p> - -<p> -Per solmisazione (<i>ars solfandi</i>), che fu ascritta -a Guido ma però messa in pratica posteriormente, -s'intendeva la denominazione dei toni -colle sillabe <i>ut, re, mi, fa, sol, la</i>, o secondo la -definizione di Tinctoris «<i>solfisatio est canendo -vocum per sua nomina expressio</i>». Queste sillabe -erano le prime dei sei versi della poesia ascritta -a Paolo Diacono, colla quale i cantori impetravano -da San Giovanni di liberarli dalla raucedine. -</p> - -<p> -La melodia e la poesia erano le seguenti: -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-051"></a> - <img src="images/ill-051.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span> -</p> - -<p> -«Tu vedi, che questa sinfonia, scrive Guido -a frate Michele, nella lettera: <i>de ignoto cantu</i>, -comincia nelle sue sei divisioni con sei diversi -toni. Chi dunque ha imparato il principio di -ogni divisione in modo da saper trovarlo con -sicurezza, potrà anche trovare questi sei toni -secondo la loro qualità ogni volta che li incontra». -</p> - -<p> -L'importanza delle sillabe guidoniche non -consiste però nel fatto erroneamente creduto, -che esse sieno state sostituite alle antiche lettere -gregoriane, chè anzi queste furono conservate, -ma in ciò, che esse determinarono la -posizione d'ogni tono nel sistema ed il suo rapporto -cogli altri toni, innalzandosi la frase musicale -con ogni verso d'un tono. Nè bisogna -credere che le nuove sillabe servissero originariamente -a designare stabilmente i toni, chè -anzi si poteva cominciare con esse da ogni tono -mantenendo sempre le stesse sillabe. L'usanza -di nominare le note della scala con sillabe, -sembra del resto essere precedente a Guido, -giacchè l'inglese <i>Johannes Cotton</i> (circa 1100) -parla di sillabe come di cosa già da lungo in -pratica. -</p> - -<p> -La base del sistema stava nel principio che -fra la terza e quarta nota, dunque fra le sillabe -<i>mi</i> e <i>fa</i> c'è il semitono. -</p> - -<p> -Tutte le scale si dividevano in sette esacordi -(sei toni) che cominciavano dal <i>Sol</i>, <i>do</i> e <i>fa</i>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span> -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-053"></a> - <img src="images/ill-053.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -Conoscendosi ai tempi di Guido ormai il <i>b rotundum</i> -(si bem.) ed il <i>b quadratum</i> (si naturale), -gli esacordi potevano essere di tre specie; -quello di <i>do</i> si chiamava <i>naturale</i>, quello di <i>fa</i> col -<i>si bem.</i> era il <i>molle</i> e quello di <i>sol</i> col <i>si naturale</i> -il <i>durum</i>. -</p> - -<p> -Se la melodia stava nei limiti di un esacordo -si mantenevano le sillabe originarie di questo. -Ma la difficoltà cominciava quando una melodia -passava l'estensione di un esacordo, perchè dovevano -cambiarsi le sillabe e si doveva adattarle -al nuovo esacordo. Questa difficile e complicata -procedura (<i>crux et tormentum puerorum</i>) -si chiamava <i>mutazione</i>, che Marchetto da Padova -definisce: <i>mutatio est variatio nominis vocis -seu notae in eodem spatio</i>. -</p> - -<p> -Per agevolare lo studio delle mutazioni, che -erano cinquantadue, si fece uso della mano guidonica, -che nel medio evo fu in grande onore e -si ascrisse a Guido, quantunque egli non ne -parli nei suoi scritti. Si aveva, cioè, fatta l'osservazione, -<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span> -che la mano umana conta tante -falangi ed estremità delle dita quante erano -le note della scala guidonica, se si calcola il -<i>si bemolle</i> come nota da sè, cominciando dalla -punta del pollice col <i>sol</i> (Γ) e finendo col mi -sopra la punta del dito medio. Lo scolaro apprendeva -le note e mutazioni, che cadevano -sulle giunture, ed arrivava, col mezzo di questo -aiuto ad avere una certa pratica nella denominazione -delle note, giacchè bastava che guardasse -la mano sinistra (la sinistra, perchè vicina -al cuore e più atta all'insegnamento) per saper -la nota. -</p> - -<p> -La solmisazione potè durare ad onta delle difficoltà -ed artificiosità che le erano proprie fino -al secolo XVI e trovò persino nel secolo XVIII -chi ne decantava i vantaggi. Anzi essa viveva -come ombra ancora non molti anni fa nelle denominazioni -<i>cfaut</i>, <i>alamire</i>, <i>csolfaut</i>, ecc. Il suo -difetto principale era oltre la complicazione -l'aver messo a base del sistema l'esacordo invece -dell'ottava. Nel secolo XVI fu aggiunta la -settima sillaba <i>si</i> e si tornò così all'ottava, -mentre in Italia si sostituì alla sillaba <i>ut</i> il <i>do</i>. -(Bonocini: <i>Musico pratico</i>, 1673). Ma le sillabe -restarono e servirono d'ora in avanti di nome -ai toni presso i popoli latini (italiani, francesi, -spagnuoli) mentre i tedeschi e gli inglesi tennero -fermo alle lettere gregoriane. -</p> - -<p> -Lo spirito pratico di Guido influì pure sulla -notazione musicale, che egli semplificò grandemente, -usando quattro linee, sulle quali e fra -<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span> -le quali egli scriveva in capo alla linea le note -colle lettere dell'alfabeto (notazione franconica) -e collocando i neumi al posto corrispondente -e fra queste. -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-055a"></a> - <img src="images/ill-055a.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -La prima linea superiore era di solito di color -verde o giallo, la terza rossa. In seguito si -tralasciò di scrivere le linee a colori ma si premisero -le lettere <i>F</i> e <i>C</i>, che diventarono poi le -nostre chiavi di <i>fa</i> e <i>do</i>. L'opinione, che Guido -si sia servito di punti per indicare le note, non -è provata, quantunque il padre Atanasio Kircher -asserisca nella sua <i>Musurgia</i> d'aver veduto -in Vallombrosa un codice anteriore a Guido -scritto con punti che forse erano i neumi a -punti suddetti. -</p> - -<p> -Prima di staccarci da Guido, facciamo menzione -d'un fanciullesco metodo <i>meccanico</i> di -fabbricare melodie, che consiglia Guido (<i>quod -ad cantum redigitur omne quod scribitur</i>). Esso -consisteva nel sottoporre alle note della scala -le vocali dell'alfabeto: -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-055b"></a> - <img src="images/ill-055b.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -e nell'adattare al testo, che si voleva mettere in -<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span> -musica, le note corrispondenti alle vocali delle -sillabe. Giovanni Cottonio, commentatore di -Guido, ha il coraggio di chiamar le melodie -fatte con questo sistema «veramente belle». -</p> - -<p> -Il canto a più voci conosciuto da Guido, che -egli chiama <i>Diafonia</i>, è quasi eguale all'organo -di Ubaldo, giacchè la sostituzione di quarte parallele -alle quinte non è alcun progresso per la -sensibilità dell'orecchio musicale di quei tempi. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -R. Schlecht — <i>Musica Enchiriadis.</i> Monatshefte für Musikgeschichte -VI (Berlino). -</p> - -<p> -Hans Müller — <i>Hucbald's echte und unechte Schriften über -Musik</i>, Leipzig, 1885. -</p> - -<p> -M. Falchi — <i>Studi su Guido Monaco</i> (1882). -</p> - -<p> -A. Kiesewetter — <i>Guido d'Arezzo</i> (1840). -</p> - -<p> -Angeloni — <i>Sopra la vita, le opere ed il sapere di Guido d'Arezzo</i>, -Parigi, 1871. -</p> - -<p> -Brandi — <i>Guido Aretino</i>, ecc., Firenze, 1882. -</p> - -<p> -Nelle opere di Kiesewetter ed Ambros vengono riportati -brani dell'<i>Organum</i> di <i>Hucbald</i>. Le opere di Ubaldo e -Guido sono pubblicate nei <i>Scriptores ecclesiastici de musica -sacra potissimum</i> di Gerbert, 1784. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap5">CAPITOLO V. -<span class="smaller">La musica mensurale -ed i precursori dei Fiamminghi.</span></h2> -</div> - -<p> -Colla diffusione del canto a più voci si fece -sentire sempre più il bisogno di stabilire nella -musica un ritmo ed una misura, che non dipendessero -<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span> -più come nel canto gregoriano dalla -prosodia e dalla declamazione, ma che avessero -la loro ragione nella melodia stessa. Anche in -ciò l'istinto popolare diede un impulso alle -nuove teorie, giacchè non vi può esser dubbio -che le canzoni popolari del medio evo avevano -un ritmo musicale deciso. Oltre ciò, se quando -la musica era omofona, si poteva in certo modo -far a meno del ritmo stabilito, la difficoltà cresceva -nel canto a più voci e la mancanza ne -era più sensibile. Anche questa parte della -teoria musicale fu influenzata dalle tradizioni -greche, e la metrica greca (il <i>giambo</i> ᴗ —, ed il -<i>trocheo</i> — ᴗ) ne fu la base. Partendo dal principio, -che una sillaba lunga è eguale a due brevi, -si ottenne la divisione del tempo in tre parti, e -la <i>misura</i> era <i>perfetta</i> se divisa in tre parti; -<i>imperfetta</i> se in due parti o tempo pari: <span class="above">2</span>⁄<span class="below">1</span>, <span class="above">4</span>⁄<span class="below">2</span>. -Questa caratteristica, che in seguito secondo -l'uso del tempo si cercò giustificare col misticismo -medioevale della Trinità e del numero 3 -perfetto, si mantenne per lungo tempo e solo -nel secolo XVI venne in onore anche il tempo -<i>pari</i>. Uno dei primi ad usarlo fu <i>Philippus de -Vitriaco</i> (Vitry) al quale si ascrivono anche le -<i>prolazioni</i>. -</p> - -<p class="center"> -( <span class="division"><span class="numerator">3</span><span class="denominator">3</span></span> = <span class="division"><span class="numerator">9</span><span class="denominator">8</span></span>, <span class="division"><span class="numerator">3</span><span class="denominator">2</span></span> = <span class="above">3</span>⁄<span class="below">4</span>, <span class="division"><span class="numerator">2</span><span class="denominator">3</span></span> = <span class="division"><span class="numerator">6</span><span class="denominator">8</span></span>, <span class="division"><span class="numerator">2</span><span class="denominator">2</span></span> ) -</p> - -<p> -Gli elementi della <i>mensura</i> erano in principio -la <i>longa</i> e la <i>brevis</i>, alle quali si aggiunsero in -seguito la <i>duplex longa</i> o <i>maxima</i> e la <i>semibrevis </i>. -<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span> -La <i>brevis</i> era l'unità e si chiamava <i>tempus</i>; -la sua durata era d'un batter della mano -(<i>tactus</i>). A questa si sostituì posteriormente la -<i>semibrevis</i> (una nostra battuta) divisa nel tempo -pari in <i>arsi</i> e <i>tesi</i> o due <i>minimae</i>. La divisione -nel tempo perfetto era la seguente: -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-058a"></a> - <img src="images/ill-058a.jpg" alt="" /> -</div> - -<p> -Nel tempo imperfetto la <i>breve</i> era pari a <i>tre</i> -semibrevi ed il <i>punctum addictionis</i> (il nostro -punto) accresceva della metà il valore della -nota. -</p> - -<p> -La notazione subì in seguito alle nuove teorie -pure una modificazione, dovendosi abbandonare -i neumi, che non indicano la durata e -sostituendovi la <i>nota mensuralis</i>. Essa differiva -poco dalla nota corale, che si era ormai venuta -trasformando dal punto dei neumi. Il valore -della <i>nota mensuralis</i> veniva fissato dalla -sua lunghezza e dall'esservi aggiunta l'asta verticale. -Le forme erano queste: -</p> - -<div class="figcenter"><a id="fill-058b"></a> - <img src="images/ill-058b.jpg" alt="maxima, longa, brevis, semi brevis, minima" /> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span> -</p> - -<p> -La questione se i neumi abbiano avuto altresì -significato ritmico non è del resto peranco -sciolta, quantunque sia probabile il contrario. -La <i>musica mensurata</i> che si serviva dei segni -della <i>plana</i> (neumi con segni quadrati sulle -linee) diede però loro anche un valore ritmico, -giacchè la <i>virga</i> del <i>cantus planus</i> corrispondeva -alla <i>longa</i>, il <i>punctus</i> quadrato in piedi alla <i>brevis</i>, -il punto obliquo alla <i>semibrevis</i>. Le canzoni -francesi si scrivevano ormai a questa maniera, -dalla quale si poteva rilevare con una certa -precisione il ritmo, tanto più che se corrispondevano -più note ad una sillaba, queste si aggruppavano -insieme. -</p> - -<p> -Nuovi erano altresì i segni per il tempo, le -ligature ed i segni delle pause od aspetti. La -misura perfetta era segnata da uno o due -cerchi paralleli, l'imperfetta da un semicerchio -vòlto coll'apertura a destra; il cerchio tagliato -da una striscia nel mezzo indicava tempo doppiamente -celere; se al cerchio era aggiunto un -3, il tempo si duplicava. Le pause erano segnate -similmente alle nostre e si chiamavano <i>pausa</i>, -<i>semipausa</i>, <i>suspirium</i> e <i>semisuspirium</i>. Colle ligature -(<i>ligaturae</i>) si univano gruppi di note stringendole -secondo regole stabilite senza intervallo -l'una all'altra in modo da formarne figure, -donde il nome di <i>musica figuralis</i>, che fin oggi -si conserva. -</p> - -<p> -Al principio del secolo XIV s'usava anche il -colore (<i>color</i>) per indicare il tempo. Quando -cioè alcune note nel tempo perfetto avevano -<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span> -valore imperfetto (terzine, note sincopate), allora -queste si segnavano col color rosso invece -del nero (<i>notulae rubrae</i>). In seguito si scrissero -queste note, per comodità, bianche (<i>cavatae</i>, <i>albae</i>) -donde derivarono poi le note bianche. -</p> - -<p> -I primi mensuralisti non conoscevano ancora -il significato del tempo nel nostro senso della -parola (<i>Adagio</i>, <i>Allegro</i>, ecc.). Soltanto in seguito -vennero formandosi le regole della <i>Deminutio</i>, -<i>Augmentatio</i> e <i>Proportio</i>, che determinavano il -cambiamento di tempo partendo dall'unità (<i>integer -valor</i>). Queste sparirono poi un po' alla -volta, quando si introdussero in Italia verso il -milleseicento le denominazioni <i>Allegro</i>, <i>Adagio</i>, -ecc., che le resero inutili. -</p> - -<p> -Finalmente è da notarsi che la quinta linea -del nostro sistema fu introdotta contemporaneamente -alla <i>musica mensuralis</i> e che da questo -tempo comincia l'uso delle <i>chiavi</i>, alle quali -preludiavano già la linea rossa e gialla e che -servivano alle trasposizioni senza cambiare -nella scrittura la posizione delle note nei toni -di chiesa (<i>chiavette</i>). -</p> - -<p> -L'epoca della <i>musica mensuralis</i> si può stabilire -al secolo XIII. I più celebri mensuralisti, -dei quali ci sono conservati gli scritti, sono: -<i>Franco da Colonia</i> (XIII secolo), autore di un -trattato sulla <i>Musica et ars cantus mensurabilis</i>. -<i>Giovanni di Garlandia</i> (<i>Tractatus musicae mensurabilis</i>). -<i>Iohannes Cotton</i>, <i>Geronimo de Moravia</i> -(1260), che visse a Parigi; il celebre e dotto -<i>Giovanni de Muris</i> (1300), normanno, dottore -<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span> -della Sorbona ed il tanto vituperato <i>Marchetto -da Padova</i>, che visse in Verona ed insegnò poi -a Napoli (1270), autore di diverse opere, fra cui -il <i>Pomerium in arte musicae mensuratae</i>, opera -contenente pensieri ed osservazioni notevolissime -per quei tempi. Oltre ai meriti di questi -autori circa la musica misurata, spetta a loro -l'onore di aver stabilite le leggi dell'armonia, -fra cui il divieto delle quinte parallele e l'annoverare -la <i>terza</i> e la <i>sesta</i> fra le consonanze -(imperfette). -</p> - -<p> -Anteriore alla musica <i>mensuralis</i> fu il <i>discanto</i>, -di cui si trovano le traccie ormai nel -secolo XII, e specialmente nel trattato del secolo -XII, conservato all'Ambrosiana, <i>Ad organum -faciendum</i>, e che derivò e fu un perfezionamento -dell'organo di Ubaldo. Per <i>discanto</i>, <i>déchant</i> -(doppio canto) che sembra esser stato in -uso primieramente in Francia, s'intende quel -canto a due voci, in cui una, il tenore (da <i>tenere</i>), -conteneva il canto fermo (<i>cantus firmus</i>, <i>cantus -prius datus</i>) e l'altra superiore, il <i>discanto</i>. Questo -era in principio di due specie: o le due -voci si movevano in unisono, ed il discanto -(la voce superiore) si staccava soltanto su alcune -note dall'altra sostituendo alla nota unisona -fioriture melismatiche (<i>fleurettes</i>) di libera -invenzione; oppure le due voci si movevano -in unisono e soltanto alle volte il discanto formava -la terza od altro intervallo del tenore. -</p> - -<p> -Il principio fondamentale del discanto era il -movimento contrario delle voci, dunque un -<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span> -gran miglioramento in confronto dell'<i>organum</i>. -Una varietà in uso in Inghilterra era il <i>Gymel</i> -(<i>cantus gemellus</i>), d'origine antichissima, nel -quale predominavano le terze e seste. -</p> - -<p> -Mentre l'organo non conosceva misura, il discanto -se ne serviva. Coll'andar del tempo -furono poi aggiunte alle due voci del discanto -una terza e quarta, donde il nome <i>duplum</i>, -<i>triplum</i> e <i>quadruplum</i>. Da questi modesti principi -derivò il contrappunto (<i>punctus contra -punctum</i>, <i>nota contra notam</i>) denominazione conosciuta -ancor a quei tempi, nei quali si distingueva -il <i>contrapunctus a mente</i>, <i>chant sur -le livre</i>, in uso al secolo XV, libera improvvisazione -del cantante, consistente in trilli, passaggi, -appoggiature sulla melodia del basso, ed -il <i>contrapunctus a penna</i> o scritto. -</p> - -<p> -Nel <i>Compendium discantus</i> di Franco da Colonia -si trova ormai delineata la teoria primordiale -del contrappunto e questa durò quasi intatta -fino al secolo XV. L'uso di più di due -voci in un componimento rendeva impossibile -l'osservanza delle regole del discanto e del bordone, -giacchè non si poteva ragionevolmente -proseguire senza interruzione nel moto parallelo -o contrario ma bisognava combinarli. Perciò -tanto Franco da Colonia che Marchetto da Padova -raccomandano una certa libertà di movimento -e condotta delle voci ed essi riconoscono -l'importanza della terza e sesta come pure del -pedale (<i>punctus organicus</i>, <i>point d'orgue</i>). -</p> - -<p> -Alla stessa epoca appartiene pure il <i>falso -<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span> -bordone</i> (<i>faux bordon</i>), del quale fa la prima -volta menzione <i>Guglielmo</i> monaco che lo dice -in uso specialmente presso gli Inglesi, specie -di canto a tre voci in sestaccordi, imitazione -dell'<i>organum</i> coll'aggiunta di una terza voce, -che raddolciva l'aspro effetto delle quarte parallele. -Il soprano o contralto aveva il canto -fermo, il tenore la quarta ed il basso la sesta. -Il bordone si chiamava falso, perchè il <i>cantus -firmus</i> invece di esser nel basso era nella voce -più alta, mentre il nome bordone si vuole spiegare -o dalla parola <i>bourdon</i>, appoggio, base, -bastone, o da <i>bourdonner</i>, ronzare (Pretorio). Il -falso bordone venne coll'andare del tempo a -perdere la forma originaria e significò una -specie di composizione a quattro voci in consonanze -senza misura che si usa ancor oggi. Da -ultimo facciamo memoria di un'altra specie di -canto chiamato <i>ochetus</i> (singhiozzo, sospiro) che -consisteva in brevi note con pause intermedie, -colle quali si accompagnava il canto fermo. -</p> - -<p> -Colla ricchezza e varietà dei mezzi armonici -eransi pure sviluppate diverse specie di composizioni -sì sacre che profane come il <i>motetto</i> -(<i>motus brevis cantilenae</i>), che alle volte aveva -diverso testo nelle singole voci, il <i>rondello</i> (<i>rondellus</i>) -derivato dalla musica popolare e di stile -profano, la <i>cantilena</i> ed il <i>conduit</i> (<i>conductus</i>), -a tre e quattro voci su tema libero. L'uso della -<i>nota mensuralis</i> per queste specie di composizione -e specialmente per il Motetto ed il Rondello, -era una necessità, perchè le sillabe nelle -<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span> -diverse voci non hanno lo stesso valore, mentre -ciò era sempre nell'<i>organum</i>, discanto, -falso bordone ed anche di spesso nel <i>Conductus</i>. -Nel Rondello venne poi sviluppandosi la -forma del canone, di cui uno dei primi monumenti -che data circa dal 1240 coll'imitazione del -canto del cuculo è ancor oggi interessante. -Esso è conosciuto col nome di <i>Sommercanon</i> e -si dice fosse composto da Simone Fonsete, monaco -di Reading. Una composizione di tecnica -sì progredita presuppone una lunga pratica anteriore -ed è un nuovo argomento per l'asserzione -di Lederer circa la patria della polifonia. -La forma del canone per quanto artistica si -può del resto ritenerla nata dalla musica popolare -per l'uso del canto che si ripete periodicamente -nelle brigate (<i>rota</i>, <i>Rundgesang</i>), e -l'ultima origine si potrebbe forse cercarla nell'imitazione -dell'eco. -</p> - -<p> -Ma colle nuove innovazioni cominciarono altresì -gli abusi dei cantanti e musicisti, contro -i quali gli scrittori dell'epoca scagliano improperi. -«O rozzezza e bestialità esclama Giovanni -de Muris, di ritenere un asino per un -uomo, una capra per un leone, una pecora per -un pesce, un serpente per un salmone, perchè -essi (i cantori) confondono consonanze con dissonanze -da non distinguere più le une dalle -altre». (<i>Summa musicae</i>). Così pure papa Giovanni -XXII proibisce l'<i>ocheto</i> e destina pedantescamente -gli intervalli permessi nella musica -a più voci nel servizio della chiesa. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span> -</p> - -<p> -Eppure il valore e l'immensa importanza di -quei rozzi tentativi non sono da disconoscere, -giacchè fu da essi che derivò quel grandioso -sistema, su cui basa il nostro contrappunto e -la polifonia di un Bach e Händel. Noi non dobbiamo -dimenticare, che quello che a noi sembra -naturale e necessario, in quei tempi non lo -era, perchè non era ancora stabilito il sentimento -della tonalità, e l'accordo, base del nostro -sistema, non era conosciuto come tale. Egli -è perciò che noi ci imbattiamo in cose per noi -incredibili come nell'unione di due melodie di -tono diverso, barbaramente amalgamate, nell'unione -di testi sacri con testi profani e mondani -nelle diverse voci ed in altre enormità, -giacchè lo scopo era raggiunto se le voci si -univano in certe note e si combinavano in consonanze, -mentre tutto il resto poco importava. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Coussemaker — <i>Histoire de l'Harmonie au moyen-âge</i>, Paris, -1882. -</p> - -<p> -D.º — <i>L'art harmonique aux XII ième et XIII ième siècle</i>, -Paris, 1865. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Studien zur Geschichte der Notenschrift</i>, -Leipzig, 1878. -</p> - -<p> -G. Iacobsthal — <i>Die Mensuralnotenschrift des 12. und 13. -Iahrhundertes</i>, Berlin, 1871. -</p> - -<p> -Bellermann — <i>Die Mensuralnoten und Taktzeichen des 15, -und 16. Jahrhundertes</i>, Berlin, 1888. -</p> - -<p> -P. Bohm — <i>Magistri Franconis Ars cantus mensurabilis</i>, -Trier, 1880. -</p> - -<p> -Joh. Wolf — <i>Geschichte der Mensuralnotation</i>, Lipsia Breitkopf -u. Härtel 1905, 2. vol. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span> -</p> - -<p> -V. Lederer — <i>Ueber Heimat und Ursprung der mehrstimmigen -Tonkunst</i>, vol. 1º, Lipsia-Siegel. -</p> - -<p> -Williams C. F. — <i>The story of notation</i>, London W. Scott, -1903. -</p> - -<p> -Gasperini Guido — <i>Storia della Semiografia musicale</i>, Milano, -Hoepli, 1905. -</p> - -<p> -A. R. Hirschfeld — <i>Johann de Muris</i>, Leipzig, 1884. -</p> - -<p> -I trattati dei mensuralisti e molte composizioni sono pubblicate -nell'<i>Art armonique</i> citata e nelle opere di Gerbert -e Coussemaker: <i>Scriptores de musica medii aevi</i>, -1863. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap6">CAPITOLO VI. -<span class="smaller">I Fiamminghi.</span></h2> -</div> - -<p> -La Francia, dove primieramente si coltivò -l'arte polifonica, che ora si suole chiamare <i>ars -antiqua</i>, non seppe conservarne il primato, ed -in conseguenza delle guerre e lotte intestine il -culto della stessa venne ben presto a decadere. -L'eredità venne raccolta da una piccola nazione -limitrofa, l'Olanda ed i Paesi Bassi, che da umili -principî avevano saputo raggiungere coll'energia -e perseveranza un alto grado di floridezza, -estendere il loro commercio e fondare una delle -più celebri scuole di pittura. -</p> - -<p> -In questo Stato ben ordinato, in cui la vita -municipale ed il principio d'associazione s'erano -potentemente sviluppati, la musica polifonica -corrispondeva alle idee nazionali e trovava il -<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span> -terreno più adatto per sorgere rigogliosa, -unendo quel popolo alle doti del popolo francese -la disposizione e la predilezione dell'alemanno -per la musica a più voci. L'ambasciatore -Lodovico Guicciardini parlando nella <i>Descritione -di tutti i Paesi Bassi</i> (Anversa, 1656) degli -Olandesi dice: «Questi sono i veri maestri -della musica e quelli che l'hanno ristaurata e -ridotta a perfezione, perchè l'hanno tanto propria -e naturale che huomini e donne cantan -naturalmente a misura con grandissima grazia -e melodia». -</p> - -<p> -Da Dufay fino ad Orlando di Lasso l'Olanda -vide nascere più di cento musicisti, fra i quali -alcuni dotati di vero genio, moltissimi di grande -talento e quasi tutti dotti ed esperti nella teoria -musicale. E come doveva in seguito avvenire -di molti dei suoi celebri pittori, così anche i -suoi musicisti, ai quali era troppo angusta la -patria, si sparsero per gli altri paesi, diffondendo -la dottrina musicale e fondando celebri -scuole in Italia, in Francia, in Spagna e lasciando -negli archivi delle cattedrali e nelle biblioteche -le loro opere, che ancor oggi formano la nostra -ammirazione. -</p> - -<p> -L'epoca degli Olandesi si suole dagli storici -dividere in più periodi e scuole. La più solita -divisione è quella della Messa di Tournay (1350), -il primo monumento conosciuto della musica -polifonica fiamminga, scoperto da Coussemaker, -fino a Dufay, da Dufay ad Okeghem, e da Okeghem -a Giosquino. La Messa di Tournay è -<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span> -scritta a tre voci e mostra già una sufficiente libertà -e naturalezza di condotta nelle parti ed -armonie non tanto dure. Il primo musicista -olandese del quale ci sono conservate alcune -composizioni è <i>Enrico di Zeelandia</i>; ma il padre -della polifonia olandese è <i>Guglielmo Dufay</i>, nato -in Chimay in Hennegau (1400?-1474), che fu -cantore a Roma, dove si conservano più Messe -di lui nella cappella vaticana. In queste si palesa -già un grande miglioramento in confronto -delle composizioni anteriori e quantunque le -armonie sieno spesso dure e strane ed il ritmo -ancora incerto, pure sembra destarsi in esse il -sentimento della melodia o almeno un barlume -di questa, come nel <i>Kyrie</i> della Messa <i>l'homme -armé</i>, che nella sua melanconica e semplice austerità -è ormai molto più di una combinazione -di intervalli messi assieme a caso come lo erano -molte delle composizioni polifoniche anteriori. -La condotta delle voci è naturale, l'arte del canone -ormai sviluppata e sono scomparse le -quinte parallele. -</p> - -<p> -Lo stile di Dufay fu però assai influenzato -dall'<i>Ars nova Fiorentina</i>, della quale parleremo -più innanzi e dalle opere di <i>John Dunstaple</i> -(circa 1370-1453), che avea perfezionato la tecnica -dell'arte italiana ed applicatala alla musica -da chiesa. -</p> - -<p> -Contemporanei a Dufay o di poco tempo posteriori -a lui sono <i>Egidio Binchois</i> (1400?-1460), -<i>Antonio Busnois</i> (1467) cantore alla corte di -Carlo il Temerario di Borgogna, autore della -<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span> -celebre Messa: <i>Ecce ancilla</i>, <i>Vincenzo Faugues</i> -ed altri molti. -</p> - -<p> -Il primo dei compositori della seconda epoca -ed il più profondo per sapienza è <i>Giovanni -Okeghem</i>, nato nel 1430 (?) in Hennegau, morto -quale tesoriere nell'Abbazia di S. Martino in -Tours nel 1515. Egli è il primo che fa uso della -forma della libera <i>imitazione</i>, ciò che ebbe una -importanza immensa nella musica e diede origine -al canto a cappella, giacchè l'imitazione -si poteva fare su ogni intervallo e continuare -e tralasciare a volontà. Con lui, che fu chiamato -<i>princeps musicorum</i>, l'arte polifonica raggiunse -un alto grado e degenerò poi in artificio -smodato. I più complicati canoni <i>per augmentationem -et diminutionem</i> non gli bastano, -ma egli si studia di complicarli e renderne -più difficile l'esecuzione, facendone indovinar -l'entrata, sviluppando una parte dall'altra, -non segnando nè chiavi nè tono. Egli scrive, -p. e., una messa <i>ad omne tonum</i> con punti d'interrogazione -invece di chiavi, una messa <i>prolationis</i> -a due voci, dalle quali si devono cercare -le due altre secondo la differenza del -tempo e della prolungazione, un <i>garritus</i>, canone -a 36 voci, e simili stranezze. Questo sistema -artificioso, rimasuglio della scolastica e del -misticismo medioevale, restò per lunghi anni -in uso, e si cercava con divise cabalistiche di -dar la chiave dell'enigma. Alcune di queste, che -citiamo per curiosità, erano: <i>bassum quaere in -tenore in hypodiapente</i> — <i>exemplum dedi vobis ut -<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span> -et vos faciatis sicut et ego feci</i> — <i>qui sequitur me -non ambulat in tenebris</i> — <i>trinitatem in unitate -veneremur-canit more Hebraeorum</i> (alla rovescia) — <i>Clama -ne cesses</i> (ommettere gli aspetti) — <i>noctem -in diem vertere</i> (cantare le note bianche -col valore delle nere, ecc., ecc.). -</p> - -<p> -Ma se Okeghem ed i suoi seguaci più di una -volta si perdettero in simili capricci, non si -deve però creder che le loro composizioni -fossero più il frutto di semplice calcolo che dell'ispirazione, -chè anzi alcune opere di Okeghem -non mancano di maestà ed armonia. Pari se -non maggiore di Okeghem è il suo coetaneo -<i>Giacomo Obrecht</i> (1430) d'Utrecht, morto nel -1505 di peste a Ferrara, che istruì Erasmo di -Rotterdam nella musica e che fu il più ispirato -di tutti i musicisti anteriori a Giosquino. -</p> - -<p> -Più fama di tutti questi ebbe <i>Josquin des Près</i>, -(1450?-1521), Iodocus Pratensis, Giosquino del -Prato, oriundo di Fiandra (Cambray? S. Quintino?) -che fu cantore della cappella vaticana e -che visse alla corte di Ercole I di Ferrara e di -Lorenzo il Magnifico (1480), e posteriormente alla -corte di Luigi XII di Francia. Egli morì ai 27 -Agosto 1521 a Condè, dove egli era prevosto del -capitolo. Il merito maggiore di Giosquino, <i>spirito -nuovo di virtù repleto</i>, come lo dice Baldassare -Castiglione, fu d'aver liberato la musica -dalle esagerazioni della scolastica, e d'averla -ridotta a maggior semplicità e bellezza. -Lutero diceva di lui, che mentre gli altri compositori -dovevano fare quello che volevano -<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span> -le note, egli faceva fare alle note quello che egli -voleva. Fra le sue opere (messe, motetti, salmi, -inni, canzoni, ecc.) molte possono ancora oggi -non solo interessare l'uditore come curiosità -storiche ma costringerlo all'ammirazione, come, -per esempio, la celebre Messa: <i>Herkules dux -Ferraræ</i>, lo <i>Stabat mater</i>, il grandioso <i>Miserere</i> -a cinque voci scritto pure per incarico di Ercole, -e più <i>Ave Maria</i>, dolcissime ed ispirate. -Che anche egli all'usanza dei suoi colleghi -qualche volta si perdè in ricercatezze e stranezze, -come quando scrisse, così racconta Baini, -un pezzo, in cui ogni parte cantava un testo -differente, oppure il motetto dedicato a Luigi -XII, col quale gli rammentava una sua promessa -(<i>Memor es verbi tui</i>), è cosa perdonabile -tanto più, che la Messa <i>laisse faire à moi</i> -sul tema la, sol, fa, re, mi (lascia fare a me) nata -da un simile capriccio, divenne una delle sue -più belle ed ispirate composizioni. Fra gli scolari -più noti di Giosquino ed i musicisti olandesi -posteriori a lui sino ad Orlando vanno nominati -<i>Jean Mouton</i>; <i>Nicolò Gombert</i>, autore di un -celebre <i>Pater noster</i>; <i>Clemens non papa</i>, autore -dei noti Motetti <i>Vox in Roma</i>, ed <i>O Crux -benedicta</i>; il maschio e potente <i>Pierre de la -Rue</i>, <i>Antonio Brumel</i>, ed <i>Eleazaro Genet</i> soprannominato -<i>Carpentrasso</i> dalla sua patria, cantore -di Leone X, del quale molti e molti anni si -eseguirono nella cappella Vaticana le celebri -Lamentazioni. -</p> - -<p> -Schering ha tentato ultimamente di dimostrare -<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span> -che sino all'epoca di Giosquino la musica -non era soltanto vocale ma vocale ed istrumentale -insieme. A questa opinione l'inducono: -l'oltrepassare i confini naturali delle singole voci, -la mancanza d'ogni pausa per lunghi tratti, melismi -e colorature quasi impossibili per voci -umane, ecc. Schering chiama <i>Messa d'organo</i> -quella in cui il coro unisono eseguiva probabilmente -il <i>cantus firmus</i> (<i>l'Homme armé</i>, <i>Malheur -me bat</i>, ecc.) mentre l'organista suonava -le altre parti ed è innegabile, che la riduzione -della messa di Giosquino <i>l'homme armé</i>, dividendone -le parti quali messa d'organo, fa sparire -quasi tutte le difficoltà e rende accettabile -la tesi di Schering. Ma la questione non è del -resto risolta come ne rimangono insolute tante -altre circa la musica di quel tempo. -</p> - -<p> -Ed ora prima di chiudere il capitolo degli -Olandesi ci resta di parlare dell'ultimo grande -rappresentante di quella scuola, che dopo di lui -doveva spegnersi per sempre. Ma alla guisa del -sole, che alla sera risplende di luce più viva -e calda, il tramonto dell'arte olandese fu più -splendido dell'epoca del maggior fiore. Questo -grande artista fu Orlando di Lasso, un genio, -che ha qualche cosa della grandiosità michelangiolesca -e che ci riempie di ammirazione e stupore -al pensare all'infinità delle sue opere di ogni -stile e dimensione, quasi tutte ispirate. <i>Orlando -di Lasso</i> nacque nel 1530 a Mons in Hennegau. -Il suo nome è <i>Roland de Lattre</i>, che egli cambiò, -perchè gli ricordava il triste spettacolo, a -<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span> -cui dovette essere presente nella sua infanzia, -quando suo padre come falso monetario fu messo -alla berlina con una catena di monete false al -collo (?). Egli fu istruito nella musica per la -sua bellissima voce e seguì a 16 anni Ferdinando -Gonzaga in Italia. A 21 anni divenne direttore -della Cappella di S. Giovanni Laterano. -Ritornato in patria per vedere i suoi genitori -prima della loro morte, non vi rimase a lungo -tempo. Insieme a Brancaccio viaggiò per l'Inghilterra -e la Francia e si fermò per alcuni anni in -Anversa. Di lì viene chiamato da Alberto V nel -1557 alla corte di Monaco, dove restò fino alla -morte (1594) in qualità di maestro di cappella, -interrompendo il lungo soggiorno con un viaggio -alla corte di Carlo IX in Parigi. -</p> - -<p> -Il numero delle sue composizioni conservate -per la maggior parte nella biblioteca di Monaco -sorpassa le duemila, fra cui 51 Messe, 180 Magnificat, -780 Motetti, 2 Passioni, 429 Cantiones -sacræ, 233 Madrigali, ecc., ecc. -</p> - -<p> -La caratteristica delle opere di Orlando è la -grandiosità e la profonda potenza espressiva. -A questa egli sacrifica persino la dolcezza e -l'armonia ed appunto in ciò sta la sua inferiorità -in confronto del Raffaello della musica, -Palestrina, che alla grandiosità ed espressione -seppe unire la perfezione della forma e dell'armonia. -Ad onta di ciò molte opere di Orlando -sono monumenti imperituri dell'arte musicale -e basti qui il nominare i suoi celebri Salmi penitenziali -ed i motetti, nei quali egli allargò la -<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span> -forma, introdusse nuovi elementi e si staccò -dallo stereotipo modello anteriore. La fama che -egli ebbe ai suoi tempi fu espressa nel verso: -<i>Est Ille Lassus, qui lassum recreat orbem</i>. -</p> - -<p> -Dopo di lui l'arte olandese propriamente detta -decadde rapidamente. I componisti fiamminghi -si perdettero di nuovo in astruserie e puerilità -come quelle di esprimere i diversi sentimenti -con colori diversi delle note e come nella <i>Battaglia -di Marignano</i> e <i>le Cris de Paris</i> di Clement -Jannequin ed altri, in cui si voleva esprimere -colle voci fucilate, grida e cozzar di spade. -L'egemonia della musica doveva passare all'Italia, -che era chiamata a darle l'impronta -veramente artistica, la misura e la proporzione, -toglierle le durezze e diminuire le astrusità. -</p> - -<p> -La storia della musica quale vera arte comincia -coll'epoca degli Olandesi. La musica anteriore -non si può ancora chiamar arte ma -piuttosto semplice scolastica tanto più che essa -era coltivata quasi esclusivamente dai dotti che -ne avevano fatto oggetto di studi più teoretici -che pratici. La caratteristica della musica dei -fiamminghi è la polifonia, il contrappunto semplice, -doppio e triplo. L'imitazione ed il canone -(chiamato allora <i>fuga</i>) si sviluppano e si perfezionano; -le voci formano un complesso ordinato -ed organico, quasi simbolo dell'indirizzo dei -tempi, favorevole alle corporazioni, le confraternite -e gilde. -</p> - -<p> -Il pernio della maggior parte delle composizioni -olandesi è di solito un tema del canto -<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span> -fermo, ora una canzone popolare, rare volte un -tema di propria invenzione. Da questo si chiamavano -le composizioni, donde p. e. il nome -delle Messe, alle volte profanissimo, come <i>Adieu -mes amours</i>, <i>Mio marito mi ha infamata</i>, <i>fortuna -desperata</i>, <i>des rouges nès</i> e <i>l'homme armé</i>, -canzone provenzale che servì di canto fermo -a moltissimi musicisti. Quando la messa non -aveva nel tenore simili temi tolti dal rituale -o dalle canzoni, allora si chiamava <i>sine nomine</i>. -I temi venivano accorciati od allungati secondo -il bisogno, come pure si cambiava il valore -delle note, sicchè essi erano piuttosto visibili -e riconoscibili all'occhio che all'udito nell'intreccio -delle voci e nel cambiamento del tempo. -Non si creda però che il tema abbia grande -importanza, chè questa sta molto più nelle -parti create liberamente. -</p> - -<p> -Il testo si scriveva di solito soltanto sotto le -prime note e si lasciava poi ai cantanti la divisione -del resto. Le opere degli Olandesi erano -scritte nella prima epoca ordinariamente a tre -poi a quattro, cinque e più voci. Esse sono -con probabilità quasi esclusivamente vocali e -soltanto nell'epoca della decadenza si usava -sostituire ad una o l'altra voce istrumenti di -solito a fiato. Alle note nere vengono sostituite -le bianche e si fa uso qualche volta del semitono, -che del resto di solito si ommetteva di -segnare perchè sottinteso. Gli accidenti erano -conosciuti ormai prima, giacchè se ne trova -menzione negli Antifonari dell'epoca Guidoniana. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span> -</p> - -<p> -Col progresso dell'arte mostrandosi la rigida -diatonica del canto gregoriano insufficiente, si -trasponevano le tonalità e si adoperavano gli -accidenti, donde deriva la <i>musica ficta</i> (falsa, -finta) coi due sistemi <i>durum</i> e <i>molle</i>, a seconda -che il tono di chiesa era nella sua posizione -naturale o si trasponeva alla quinta superiore -o quarta inferiore, riducendo p. e. il tono misolidico -a dorico, il dorico a eolico ed innalzando -la settima, il <i>subsemitonum</i>. -</p> - -<p> -Le opere della scuola Olandese anteriori ad -Orlando hanno però per noi con poche eccezioni -soltanto un interesse storico. Il motivo sta nel -nostro modo di sentire la musica affatto diverso -di quello dei secoli anteriori e soltanto in seconda -linea in quella certa durezza d'armonie -e mancanza di scorrevolezza, che è inerente alla -maggior parte delle opere fiamminghe. Il nostro -sistema era affatto sconosciuto ed ignota l'importanza, -il carattere e l'essere dell'accordo. -La differenza si potrebbe forse spiegare, dicendo, -che i Fiamminghi pensavano e sentivano la -musica orizzontalmente mentre noi la pensiamo -verticalmente. Allora si trattava cioè di -unire più voci distinte e diverse per melodia, -poco curandosi dell'accordo che ne risultava e -l'orecchio seguiva le singole voci. Manca una -legge musicale suprema alla quale si sottopongono -le voci, le quali anzi mantengono il loro -ritmo proprio tanto che in molte composizioni -polifoniche non si accordano neppure gli accenti -principali. Oggi invece l'importanza sta nell'armonia -<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span> -risultante dalle melodie combinate. -Se noi dunque leggeremo le opere di quei tempi -alla nostra maniera, sarà impossibile trovare -un punto di contatto con esse e non potremo -mai apprezzarle come lo meritano. Lo stesso -principio vale almeno in parte anche per il -maggior numero delle opere di Palestrina e successori. -Ma in queste oltre la maggiore sapienza -e padronanza dei mezzi sono altri elementi che -le avvicinano più ai nostri tempi. L'antico sistema -basato sulla scala melodica cede il posto -a quello dell'armonica, già preparato da Willaert -e Gabrieli ed ancor più dalla musica popolare. -</p> - -<p> -Kretschmar osserva giustamente che quel -certo sentimento di poesia che però troviamo -anche nelle opere dei primitivi fiamminghi dipende -dai temi usati che o sono tolti o somigliano -alle canzoni popolari e che quelle opere -seguono la sorte delle tavole dipinte dai maestri -nordici del quattrocento delle quali possono -piacere le teste delle figure ma non il resto, -perchè goffo e mancante di misura. -</p> - -<p> -Contemporaneamente allo sviluppo della musica -pratica venne perfezionandosi e formandosi -la teoria che prendeva gli esempi e formava le -regole sulle opere dei musicisti, abbandonando -l'antico ed ormai vieto sistema speculativo e -cercando di dar una guida utile allo studio della -musica e non una semplice esercitazione filosofica -e mistica. Già <i>Enrico di Zeelandia</i> avea tentato -di scrivere un trattato della composizione. -<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span> -Più pratico e chiaro è <i>Giovanni Tinctoris</i> di -Nivelles (?) nel Brabante, morto a Napoli nel -1511 (?), dove Ferdinando aveva istituito una -apposita cattedra per l'insegnamento della musica. -Egli fu autore di molti trattati, scritti in -latino chiaro ed arricchiti d'esempi tolti dalle -opere dei celebri musicisti dell'epoca. (<i>Liber de -arte contrapuncti</i> — <i>Terminorum musicae diffinitorium</i>.) -<i>Ugolino da Orvieto</i> (1400?), arciprete -in Ferrara, fu suo precursore e commentò con -acume d'idee e chiarezza il trattato di <i>Muris</i>. -Contemporaneo di Tinctoris fu <i>Franchino Gafor</i> -di Lodi (1451-1522) che insegnò musica a Milano -alla corte di Lodovico Sforza, uno dei più -grandi e profondi teorici del suo tempo, autore -del celebre trattato <i>pratica musicæ</i> (1496). Va -pur nominato <i>Pietro Aaron</i> toscano (1516) autore -del trattato <i>il Toscanello in Musica</i>, libro -chiaro, interessante e spigliato. -</p> - -<p> -Uno dei più grandi teorici italiani di tutti i -secoli fu <i>Giuseppe Zarlino</i> di Chioggia, nato -nel 1517 (?), scolaro di Adriano Willaert, e successore -di Cipriano di Rore al posto di direttore -di cappella in S. Marco in Venezia. Più che per -le sue composizioni egli divenne celebre per le -sue opere teoretiche, fra le quali la maggiore -<i>Le istituzioni armoniche</i> (1562) fu più volte stampata. -Zarlino morì nel 1590. Anche egli, uomo -gentile e di carattere mite, ebbe a subire le critiche -dei musicisti invidiosi, e se le invereconde -invettive e le contese tutt'altro che accademiche, -che avevano avuto luogo fra Gafor e Spataro, -<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span> -Burci e Ramis Pareja (1440), non si ripeterono, -fu tutto merito suo e non del suo accanito -avversario Vincenzo Galilei, padre di Galileo. -Soltanto con lui venne a sparire l'aborrimento -della terza nell'accordo di chiusa e si ritennero -definitivamente come consonanze la terza e la -sesta. -</p> - -<p> -Fra i teorici tedeschi (<i>Adam de Fulda</i>, <i>Virdung</i>, -<i>Agricola</i>, ecc.) il maggiore di tutti è <i>Henricus -Loritus</i> detto <i>Glareanus</i>, nato nel 1488 a Glarus -in Svizzera, autore del celebre <i>Dodekachordon</i> -ricco di esempi e di notizie biografiche († 1563). -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Kiesewetter — <i>Ueber die Verdienste der Niederländer</i>, Amsterdam, -1829. -</p> - -<p> -E. van der Straeten — <i>La musique aux Pays-Bas avant le -XIX siècle</i>, Bruxelles 1872 e seg., 8 volumi. -</p> - -<p> -F. H. Haberl — <i>Wilhelm du Fay.</i> Leipzig, Vierteljahreschrift -für Musik. -</p> - -<p> -John Stainer — <i>Dufay and his contemporains</i>, London, 1898. -</p> - -<p> -Brenet — <i>Jean de Okeghem</i>, Paris, 1893. -</p> - -<p> -W. Baümker — <i>Orlandus de Lassus</i>, Freiburg, 1878. -</p> - -<p> -A. Sandberger — <i>Beiträge zur Geschichte der bayrischen Hofkapelle -unter Orlandus Lassus</i>, 2 vol., Lipsia, 1891-95. -</p> - -<p> -A. W. Fritsche — <i>Glarean</i>, Frauenfeld, 1890. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Zerlino als musikalischer Dualist.</i> Vol. XIII -delle <i>Mittheilungen für Musikgeschichte</i>. -</p> - -<p> -Wagner P. — <i>Geschichte der Messe.</i> I Theil bis 1600, Lipsia, -1913. -</p> - -<p> -Composizioni fiamminghe contengono: -</p> - -<p> -Fr. Commer — <i>Collectio operum musicorum batavorum.</i> 12 -volumi (1840-1857). -</p> - -<p> -R. I. van Maldeghem — <i>Trésor musical, collection de musique -sacrée et profane des anciens maitres belges</i> (1865 e -seguenti). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span> -</p> - -<p> -Gli ultimi volumi dei <i>Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich</i> -(Vienna, Artaria, 1900 e seg.) contengono una scelta -di opere fiamminghe tratte dai celebri Codici del Capitolo -di Trento ora a Vienna. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap7">CAPITOLO VII. -<span class="smaller">Le canzoni popolari. Trovatori e Minnesänger.</span></h2> -</div> - -<p> -Mentre nella quiete dei monasteri e nelle -stanze dei dotti si studiavano i canoni della teoria -musicale e si cercavano nella filosofia ed -astronomia le ragioni degli stessi, mentre la polifonia -nasceva da rozzi principi e si dibatteva -fra le pastoie scolastiche, il popolo poco si curava -di tutti questi studi e cantava come sempre -aveva cantato a seconda dell'estro e dell'ispirazione -del momento. Egli non pensava nè -a musica <i>mensurata</i> nè all'<i>organum</i> nè ad altro, -ma coll'istinto naturale precedeva la scienza e -le somministrava il materiale primo, che essa -poi riduceva a regole. La musica dotta si perdeva -in astruserie, ma il popolo poetava e cantava -canzoni, che già portavano l'impronta di -vere melodie. Chi gliele insegnava? Nessuno lo -sa; esse sorgevano senza che alcuno ci pensasse, -si replicavano e si tramandavano di generazione -in generazione. «La musica come tutte le arti -usciva di chiesa per farsi profana; s'inebriava -<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span> -un cotal poco dell'aria aperta, tastava le belle -villane e diceva fioretti alle gentildonne, ballonzolava -per le piazze, per le sale e per le -corti» (Carducci). -</p> - -<p> -Le notizie sulle canzoni popolari più antiche -sono scarsissime per tutte le nazioni ma in -special modo per l'Italia. Ma ciò non può affatto -servir di prova che l'Italia non abbia avuto -al pari delle altre nazioni canti popolari anche -nei secoli lontani del Medio Evo, mancando ogni -motivo per simile credenza, ma è piuttosto da -ascriversi al caso, alle condizioni del paese -stesso. Le continue invasioni, le guerre, il formarsi -della lingua volgare dal latino plebeo vi -ebbero certo influenza. Nè è escluso che questo -buio si rischiari se si faranno studî diligenti, -i quali pur troppo ancora mancano del tutto -per la parte musicale. -</p> - -<p> -Uno dei primi monumenti della poesia popolare -italiana cantata, quantunque non nella -forma che ci resta, pare sia il canto delle scolte -Modenesi del 924 o 899: <i>O tu qui servas</i> scritto -in neumi. Forse appartengono pure alla poesia -popolare i Canti dell'Anonimo genovese sulla -vittoria di Lajazzo (1294) e senza dubbio la ballata -sull'Assedio di Messina del 1282, riportata -in parte dal Villani: <i>Deh, com'egli è gran pietate</i> -ed una cantata a Reggio nel 1243 <i>Venuto è -'l lione</i>, come pure altri canti storici e religiosi -ed alcuni Lamenti o <i>Lai</i> del Milledugento. -</p> - -<p> -Tutte queste poesie popolari o divenute tali -si cantavano perchè la vera canzone popolare -<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span> -è indissolubile dal canto. In due codici vaticani -trovasi allato delle poesie di Lemmo Orlandi -l'osservazione: <i>et Casella diede il suono</i>, quel -Casella del quale Dante parla nel <i>Purgatorio</i> -(II, 112) e sotto una poesia di Lapo degli Uberti -«<i>secondo la melodia di Mino d'Arezzo</i>». Il popolo -cantava ora da sè ora adattava ai suoi -canti componimenti intieri della poesia colta -p. e. la ballata di Dante <i>Per una ghirlandetta</i> -che esiste in due lezioni alquanto diverse certo -per le esigenze del canto. -</p> - -<p> -Considerando il genere della poesia non è -presumibile che queste fossero vere canzoni -popolari ma non è improbabile che le melodie -fossero popolari e note. Nel <i>Decamerone</i> di Boccaccio -sono assai numerosi i passi dove si -parla di canzoni e storie che si cantavano a voci -sole o con accompagnamento di liuto, viola, -ribeca, ecc. I <i>cantori a liuto</i> che si distinguevano -dai <i>cantori a libro</i>, coltivavano certo di preferenza -la musica popolare come lo dice il loro -nome in confronto degli altri, i dotti, che cantavano -e suonavano col libro. Affinità colla -musica popolare hanno le Canzoni di <i>Franco -Sacchetti</i>, il celebre novelliere (1330) che si cantavano -con melodie dell'autore stesso, o di -altri come si può arguire dalle soprascritte alle -sue poesie (p. e. <i>Francus dedit sonum</i> oppure -<i>fatta per altrui</i>). La sua nota canzone: o vaghe -montanine pastorelle, Donde venite sì leggiadre -e belle? si cantava e suonava a liuto ed egli -fa cantare «un fabbro il Dante come si canta -<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span> -uno cantare (Nov. CXIV) ed un asinajo -canta il libro di Dante (Nov. CXV)». -</p> - -<p> -Molto diffuse erano pure le canzoni cosidette -giustiniane dal loro autore <i>Leonardo Giustiniani</i> -(1388), erudito procuratore di S. Marco -nelle terre della Repubblica, dilettante di musica -«alla quale mi trae, come scrive, la natura -stessa, che mi guidò per facile via al pieno -possesso d'ogni musica, non il volere». Che -fossero note e ricercate lo mostra il fatto che -il duca di Milano Sforza incaricò il suo ambasciatore -a Venezia di raccogliere «tutte le canzoni -de domino Leonardo Iustiniano, che sieno -belle e le note del canto per intendere l'aere -venetiano». Musica popolare erano i <i>cantari</i>, -eseguiti dai cantastorie con accompagnamento -di liuto e viole, di carattere narrativo in strofe -da cantare tutte su di una stessa melodia ed -in certe città c'erano persino luoghi destinati -ai <i>canterini</i> o <i>cantimpanchi</i> p. e. in piazza di -S. Martino a Firenze, come pure le <i>frottole</i> originarie, -disordinate nel metro e da distinguersi -dalle posteriori. Antonio Squarcialupi, che troveremo -ancora, coetaneo ed amico di Giovanni -dei Medici, era di solito il musicista delle frottole, -che si cantavano la festa di S. Giovanni -alle radunanze all'aperto o nei palazzi da liete -brigate, delle quali Giovanni dei Medici era -l'anima. -</p> - -<p> -Alla musica e canzone popolare appartengono -finalmente le <i>Canzoni dei Battuti</i> e le <i>Laudi -medioevali</i> nate col movimento religioso dell'Umbria -<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span> -nell'anno dell'Alleluja (1233). Molte -di queste ci sono conservate nel testo ed alcune -anche nella melodia (bibl. Magliabecchiana). -Fra i poeti di Laudi è da nominarsi <i>Jacopone -da Todi</i>, il giullare di Dio, il supposto autore -dello <i>Stabat Mater</i>, <i>Feo Belcari</i>, <i>Lucrezia Tornabuoni</i>, -madre di Lorenzo dei Medici e <i>Lorenzo</i> -stesso. Le melodie sono simili a quelle del -canto gregoriano e delle sequenze ma vi sono -ormai uniti altri elementi profani o la melodia -è tolta intieramente da qualche canzone popolare -nota. Così si cantava la lauda di Belcari: -<i>Chi non cerca Gesù con mente pia</i> secondo la -canzone rammentata da Boccaccio: <i>Chi guasta -l'altrui cose fa villania</i>, l'altra: <i>o vaghe di Gesù, -o verginelle</i> secondo la canzone di Sacchetti già -citata: <i>o vaghe montanine pastorelle</i>, ecc. -</p> - -<p> -Questo sistema non aveva allora nulla di -sconveniente e Gerolamo Savonarola lo favoriva -anzi per diffondere sempre più le laudi, ciò che -riuscì tanto bene, che Alessandro d'Ancona -riporta nel suo libro: <i>La poesia popolare in Italia</i> -il primo verso di più di duecento canzoni popolari -del secolo XV e XVI citate nelle raccolte -di Laudi spirituali. -</p> - -<p> -Affini alle canzoni popolari sono pure le <i>maggiolate</i> -ed i <i>canti carnascialeschi</i>. Il Lasca che -ne fece una edizione (1559) così ne parla: «Il -primo canto o mascherata che si cantasse in -questa guisa era di uomini, che vendevano berriquocoli -e confortini: composta a tre voci da -un certo Arrigo tedesco, maestro allora della -<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span> -cappella di S. Giovanni, e musico in quei tempi -reputatissimo. Ma dopo non molto ne fecero -pur a quattro e così di mano in mano vennero -crescendo i compositori così di note come di -parole». I poeti sono Lorenzo dei Medici, Jacopo -Nardi, Dovizio Bibbiena, ecc.; i compositori: -il Tromboncino, Arrigo Tedesco (Heinrich -Isaak), Agricola, ecc. I canti carnascialeschi -pubblicati recentemente da Masson sono quasi -tutti a quattro voci e constano di due parti, -una in tempo pari, l'altra in dispari ed arieggiano -lo stile popolaresco se non veramente il -popolare. -</p> - -<p> -Di grande importanza per la canzone popolare -italiana e la musica popolare in genere -sono finalmente le numerose composizioni di -liuto, molte delle quali come appare e dai titoli -che portano e ancor più dal carattere della musica -stessa sono trascrizioni di canzoni o danze -popolari. La ricostruzione dell'originale non -presenta le stesse difficoltà che per le canzoni -che servivano da canto fermo nelle composizioni -polifoniche, perchè queste sono quasi -sempre cambiate nel ritmo ed anche nella linea -melodica, mentre le canzoni e danze per liuto -mantengono anche per l'impossibilità di riprodurre -l'intreccio delle voci e perchè appartenevano -più alla musica di divertimento che alla -dotta, molto più fedelmente ed il ritmo e la -melodia. Finalmente dipendono in certo riguardo -dalla musica popolare anche le posteriori -<i>villanelle</i> e <i>frottole</i>, perchè per quanto concepite -<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span> -nello stile polifonico esse hanno pure degli elementi -che non troviamo nella musica dotta e -che derivano dall'influenza inconscia della musica -popolare. -</p> - -<p> -Ad onta di tutto ciò non è improbabile che la -poesia e musica popolare sia stata più diffusa -nei paesi nordici che nell'Italia, perchè la canzone -deriva in ultima linea dalle Sequenze della -Chiesa d'origine germanica, che in Italia furono -sempre accettate a malincuore e delle quali -soltanto cinque furono riconosciute dalla Chiesa. -Nè è da dimenticarsi che i canti latini rimasero -sempre inintelligibili ai popoli non romani, -per cui era naturale che essi cercassero crearsi -una poesia e musica popolare propria. Altri -motivi che valgono ancor oggi sono da cercarsi -nel carattere del paese e della nazione stessa. -</p> - -<p> -Maggiori notizie ci sono conservate sulla canzone -e musica popolare dei paesi nordici. Tacito -racconta che i Germani cantavano inni al -loro dio Tuisco e che tanto questi che i Bretoni -ed i Galli avevano già nei più remoti secoli -bardi, specie di rapsodi, che cantavano le gesta -degli eroi nazionali accompagnandosi coll'arpa -od altro strumento. -</p> - -<p> -Tutti questi canti, che si dice abbia fatto raccogliere -Carlo Magno, sono andati perduti, nè -si possono chiamare canzoni popolari i pochi -frammenti conservatici sulla battaglia di Fontenay -(842) o sulla vittoria di Clotario II sui -Sassoni (662) in versi latini, scritti senza dubbio -da qualche monaco. Una vera canzone popolare -<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span> -sembra invece essere il <i>lied</i>: <i>Einen Kuning -weiss ich</i> del 882. Altre canzoni popolari -vennero indirettamente formandosi dai canti -della chiesa e specialmente dalle frasi melodiche -del <i>Kyrie eleison</i>, che erano le uniche che -venivano intonate anche dal popolo in chiesa. -Come dalle <i>iubilationes</i> dell'Alleluja s'erano formate -le sequenze, nacquero dai melismi del <i>Kyrie -eleison</i> canzoni popolari con testo tedesco che si -dicevano <i>Leise</i> (corruzione di <i>Kyrie eleison</i>). -</p> - -<p> -Molte notizie su canzoni popolari profane e -parte del testo di queste ma nessuna melodia -contiene <i>la cronaca di Limburgo</i>, un manoscritto -del secolo decimoquarto. E che qui si -trattava di vere canzoni popolari lo dicono in -modo più che esplicito questi due passi della -cronaca: -</p> - -<p> -«In quel tempo (1531) si cantava nelle terre -tedesche una canzone, che si poteva fischiare e -trombettare a diporto d'ognuno. — Un monaco -degli Scalzi lebbroso ed impuro faceva allora -(1374) sul Meno le più belle canzoni; e tutti le -cantavano volentieri e le fischiavano ed era un -gran piacere a sentirle». -</p> - -<p> -Una raccolta preziosa di canti popolari contiene -il <i>Locheimer Liederbuch</i> del 1452, le di cui -canzoni sono senza dubbio molto più antiche. -Fra le 41 canzoni di questo libro vi sono vere -perle melodiche, fresche ed espressive, con -movimento ritmico svariato, sentimento e semplicità -affettuosa. Alcune sono a tre voci di -condotta naturale e correttissima ed in esse -<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span> -già si palesa decisamente il sentimento della -musica dotta ancora ligia alle tonalità di chiesa. -</p> - -<p> -Alla diffusione delle canzoni pensava l'infinita -coorte medioevale dei musicanti girovaghi -e cantastorie, gente abbietta disistimata, specie -di straccioni ed istrioni, che giravano di terra -in terra, cantando ed accompagnandosi con pifferi, -arpe, rote, cornamuse ed altri strumenti, -scacciati da per tutto e chiamati e pagati viceversa -ai balli, alle nozze, ai funerali; privi di -diritti, malmenati e taglieggiati. Soltanto coll'andare -del tempo venne a cessare l'istinto -nomade di questa gente e si fondarono confraternite -e gilde con statuti e diritti proprî. La -prima di queste fu quella di S. Nicolò di Vienna -(1288) a capo della quale stava il re dei pifferari -con statuto e giurisdizione propria e che -durò fino al 1782. -</p> - -<p> -Nel secolo XV vennero poi formandosi nella -Germania le istituzioni dei pifferari di città, -che durarono fino al secolo scorso e che sono -le antenate delle bande civiche. In Francia simili -associazioni prosperarono pure e già nel -1295 abbiamo notizia d'un <i>Jean Charmillon</i> nominato -da Filippo il Bello a <i>roy des menestriers</i>. -Nel 1330 fu poi fondata la <i>Confrèrerie -de St. Julien des menestriers</i>, i di cui membri -abitavano tutti in una contrada e dipendevano -dal <i>roy</i>, persona influente, l'ultimo dei quali fu -Jean Pierre Guignon, <i>roy des Violons</i> (secolo -XVIII). -</p> - -<p> -Tutte queste associazioni erano non solo conseguenza -<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span> -dello spirito dei tempi ma ancor più -del bisogno di trovare nell'unione una difesa -contro la mancanza di ogni diritto. Tali confraternite -non esistevano in Italia, perchè la -natura italiana è aliena a simili associazioni -e perchè la posizione sociale dei suonatori -non era così meschina come negli altri paesi. -Qualche cosa di simile troviamo però in Firenze, -dove già nel 1292 e 1298 esistevano suonatori -di tromba (<i>tubatores</i>) e cennamellari, -stipendiati dalla Signoria, che dovevano abitar -insieme in San Michele. Il loro compito era -d'escire dalla città «<i>in exercitum vel cavalcatam</i> -e d'intervenire nelle solennità del Comune <i>facendo -maitinatas</i>». In seguito vi si aggiunsero -suonatori di piffero, bombarde e cornette. Simili -notizie troviamo negli Statuti della città -di Pisa, Arezzo, ecc. A Perugia venivano stipendiati -nel secolo XV musicisti poeti detti -<i>Canterini</i>, che dovevano cantare ed accompagnare -canzoni alle mense dei Priori e sulle -piazze. -</p> - -<p> -Noi abbiamo veduto l'influenza delle nuove -idee del Cristianesimo sulla musica medioevale. -Quando l'Europa meridionale non fu più agitata -dalle immigrazioni barbare e si vennero -formando regni stabili e fiorenti, anche l'arte -risorse e si destò un novello sentimento di vita. -Le Crociate, la Cavalleria, sorta nel secolo XI, -le romanzesche guerre, gli amori il culto della -donna non potevano a meno di trovare un'eco -nella musica, che coi suoni richiamava alla -<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span> -memoria dei cavalieri i lontani lidi dell'Oriente, -le ardite gesta dei caduti, le parole di -amore delle dame del cuore. -</p> - -<p> -La poesia e musica dei trovatori, la <i>gaya -scienza</i>, ebbe la sua culla nella ridente Provenza -alla corte dei conti di Tolosa e Barcellona. -Primi fra i trovatori (<i>arte de trobar</i>) dei -quali esiste memoria, furono <i>Guglielmo di Poitiers</i> -(1087-1127), <i>Peirol</i> (1169-1220?), re <i>Thibaut -di Navarra</i> (1201-1254) ed il celebre <i>Adam de la -Halle</i>, il gobbo di Arras (1240). Fra i molti generi -di poesia e musica provenzale ricordiamo -la canzone, la tenzone, il <i>lays</i>, il <i>rondeau</i>, l'<i>alba</i>, -la <i>serena</i>, la <i>serventese</i>, il <i>plan</i> (pianto, lamento), -la ballata, l'<i>estampida</i>, ecc., quasi tutti di soggetto -amoroso. -</p> - -<p> -Colla poesia di moltissime canzoni provenzali -ci restò pure conservata la musica, scritta -in neumi (<i>nota corale</i>) sulle linee anche dopo -l'introduzione della <i>nota mensurata</i>, la quale -non era necessaria, perchè il ritmo era dato -dalla poesia, che non conosceva che il metro -di due sillabe (trocheo e giambo) e ben raramente -faceva uso del dattilo ed anapesto di -tre sillabe. Le trascrizioni più in uso delle -canzoni provenzali sono poco atte a rendercele -simpatiche, ciò che dipende dalla maniera -sbagliata di leggerle. Ora che finalmente si -comprese, che la notazione non è la mensurale -ma che le note quadrate ed i neumi corrispondono -alle note corali, le goffe melodie di prima -si trasformano in vivaci canzoni ritmiche di -<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span> -ben altro effetto. Uno dei primissimi monumenti -è un <i>Estampida</i> di <i>Rambaut de Vaqueiras</i> -(circa 1195) gentile e melodica. Nè i venti -canti del racconto del secolo XIII, <i>Aucassin et -Nicolette</i>, su una melodia che si replica, non -sono senza qualche pregio anche per noi. In -complesso anzi le melodie dei primi trovatori -sono più spontanee di quelle dei posteriori, -nelle quali l'artificio e la preoccupazione di -trovare una melodia interessante e bizzarra nei -melismi e nelle fioriture sono palesi. -</p> - -<p> -I trovatori appartenevano di solito alla classe -nobile e non cantavano le loro composizioni, -ma le facevano eseguire dai <i>Jongleurs</i> (ioculatores) -e <i>Menestrels</i> (ministeriales) suonatori e -cantanti girovaghi di professione. -</p> - -<p> -La poesia e musica provenzale di Francia -passò in Italia alle corti di Monferrato, Ferrara, -ecc., dove essa però non seppe mai raggiungere -quel grado di popolarità e diffusione -che aveva in Provenza. Quantunque non ci -sieno conservate composizioni dei trovatori e -poeti italiani della scuola siciliana e napoletana, -è probabile, anzi sicuro, che molte canzoni -si cantavano. Il nuovo sviluppo della poesia -italiana con Cavalcanti e Guinizelli ed ancor -molto più con Dante e Petrarca indirizzarono -però l'arte ad altri ideali troppo diversi da quelli -della poesia e musica provenzale. -</p> - -<p> -Molta attinenza coi trovatori provenzali hanno -invece i <i>Minnesänger</i> di Germania quantunque -la diversità nazionale sia assai palese. Difatti -<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span> -mentre la poesia provenzale era semplicemente -amorosa e l'amore vi si mostra piuttosto -sotto le forme della galanteria che come -un profondo e vero sentimento passionale, la -poesia dei <i>Minnesänger</i> innesta al culto della -donna quello di Maria ed il sentimento della -natura, purificandosi da ogni pensiero di sensualità. -Oltre a ciò mentre i trovatori provenzali -davano eguale o maggiore importanza alla -composizione musicale che alla poesia, i <i>Minnesänger</i> -non erano cantori nel vero senso ma -piuttosto rapsodi, pei quali il metro e la declamazione -erano più importanti della melodia. -</p> - -<p> -L'epoca avventurosa degli Hohenstaufen fu -quella del fiore dei <i>Minnesänger</i>. I principali -fra questi, alcuni dei quali vengono nominati -come presenti alla lotta dei cantori alla Wartburg, -se pure essa ebbe mai luogo (1207), -sono <i>Wolframo d'Eschenbach</i>, l'autore dei poemi -del Parcival e Titurel, <i>Goffredo di Strassburgo</i>, -(1210), il poeta del Tristano, <i>Gualtiero di Vogelweide</i> -(1160?), <i>Tannhauser</i> (1270?), <i>Enrico -Meissen</i> detto Frauenlob, che le donne di Magonza -per rendergli grazie delle sue canzoni in -loro onore portarono alla tomba (1318), <i>Osvaldo -di Wolkenstein</i> (1387), il primo, che alle sue canzoni -unisce vere melodie, mentre quelle dei -suoi antecessori somigliavano piuttosto a declamazioni -cadenzate ed alle salmodie del canto -gregoriano. -</p> - -<p> -La musica dei <i>Minnesänger</i> mostra una certa -differenza con quella dei Trovatori, perchè la -<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span> -poesia tedesca ha il ritmo sillabico e non quello -degli accenti, donde deriva una maggior varietà, -perchè si potevano cambiare gli accenti. I provenzali -cercavano di ovviare alla monotomia -coll'introdurre nella loro musica una quantità -di melismi, ciò che non era che un ripiego di -varietà. -</p> - -<p> -Con Osvaldo la poesia dei <i>Minnesänger</i> decade -celermente e va a finire coi <i>Maestri cantori</i>, -che durarono sporadicamente fino al secolo -scorso (1839). La poesia dei <i>Maestri cantori</i> -non ha più nulla di elevato e non è che -un miscuglio di trivialità e pedanteria, che ben -s'addiceva ai membri di quelle società, che -erano o fabbri o ciabattini e simili. L'unico -Maestro cantore, che si eleva sopra gli altri per -una certa lepidezza ed originalità fu <i>Hans Sachs</i>, -il cantore ciabattino di Norimberga (1484-1576), -autore d'una quantità di azioni carnevalesche, -ad altre opere. -</p> - -<p> -Scopo dei <i>Maestri cantori</i>, uniti in corporazioni -speciali con privilegi e diritti era il culto -della canzone di carattere religioso. Il testo delle -canzoni era quasi sempre tolto dalla Sacra -Scrittura. Le melodie erano affini a quelle del -canto corale ma deturpate da cambiamenti e -non avevano alcuna relazione col testo. Esse -portavano nomi stabili scelti fra i più barocchi -e strani, p. e. il tono rosso, azzurro, sanguigno, -delle scimmie, del cane da tasso grasso, ecc. La -pedanteria più ridicola presiedeva alle sedute -periodiche dei Maestri che coprivano cariche -<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span> -diverse. Le regole erano contenute nella cosidetta -<i>Tabulatura</i>. -</p> - -<p> -Gli strumenti coi quali i Trovatori, i <i>Minnesänger</i> -solevano accompagnare i loro canti ed i -menestrelli e musicanti girovaghi eseguivano -le loro musiche sono assai numerosi e diversi. -Una enumerazione quasi completa è contenuta -in una poesia del <i>Roy di Navarra</i>, riportata -da Forkel nella sua <i>Storia della musica</i> (Vol. IIº, -pag. 747). Noi dobbiamo contentarci di nominare -i principali. Fra gli strumenti a corda predominavano -l'arpa, il liuto, la chitarra, la teorba, -il mandolino. Molto diffusa era la <i>vielle</i>, specie -di viola a cinque corde (<i>sol, re, <span class="over">sol</span>, <span class="over">re</span>, <span class="overdb">re</span></i>), che si -suonava coll'arco senza ponticello (donde il -<i>bourdon</i>), la <i>rota</i>, specie di violino, la <i>ribecca</i>, -il <i>ribecchino</i>, la <i>giga</i> d'origine araba ed introdotta -dopo le Crociate. In Germania usavasi -pure il <i>Trumscheit</i>, <i>tromba marina</i>, specie di -monocordo in forma di un lungo cassetto risonante -con una corda da toccarsi coll'arco, -che può chiamarsi l'avo del contrabasso. Altri -strumenti di questi secoli erano il <i>salterio</i> da -suonarsi col plettro, l'<i>organistro</i>, strumento a -manovella, la <i>fiedel</i> e <i>viole</i> di ogni specie, tutte -senza ponticello; fra gli strumenti a fiato di -legno: <i>flauti</i> lunghi di più specie da suonarsi -come i nostri clarinetti, <i>flauti traversieri</i>, <i>corni -ritorti</i>, <i>cornamuse</i> (<i>calamus</i>) <i>bombarde</i> e <i>cornetti</i> -(<i>Zinken</i>) — fra gli strumenti di metallo: trombe -e tromboni (i nostri corni sono di molto posteriori). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span> -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -A. D'Ancona — <i>La poesia popolare italiana</i>, Livorno, Vigo 1878. -</p> - -<p> -Carducci — <i>Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei -secoli XIII e XIV</i>, Pisa, Nistri, 1871. -</p> - -<p> -— <i>Musica e poesia.</i> Saggi letterari, Livorno, 1860. -</p> - -<p> -Gaspary — <i>Storia della letteratura italiana</i>, Vol. I. -</p> - -<p> -Oscar Chilesotti — <i>Saggio sulla melodia popolare del cinquecento</i>, -Milano, Ricordi e C. -</p> - -<p> -A. Restori — <i>Per la storia musicale dei trovatori provenzali.</i> -Rivista musicale, Torino, anno II e seg. -</p> - -<p> -— <i>Il canto dei soldati di Modena</i>, Vol. VI. Rivista musicale, -Torino. -</p> - -<p> -— <i>Musica allegra nei secoli XII e XIII</i>, Parma, 1893. -</p> - -<p> -I. B. Beck — <i>Die Melodien der Troubadouren</i>, Strassburgo, -Trübner, 1908. -</p> - -<p> -Pierre Aubry — <i>Trouvéres et Troubadours</i>, Paris, 1909. -</p> - -<p> -T. H. von der Hagen — <i>Minnesänger</i>, Lipsia, 1858, vol. IV. -</p> - -<p> -Schletterer M. — <i>Studien zur Geschichte der französischen -Musik</i>, Berlin, 1884. -</p> - -<p> -A. Puschmann — <i>Gründlicher Bericht deutschen Meistergesanges</i>, -pubb. da R. Jonas, 1888, Halle. -</p> - -<p> -Kurt Mey — <i>Der Meistergesang</i>, 1900. -</p> - -<p> -Reissmann — <i>Das deutsche Lied</i>, Cassel, 1861. -</p> - -<p> -Schurè Ed. — <i>Histoire du lied</i>, Paris, 1868. -</p> - -<p> -Schneider — <i>Das musikalische Lied in geschichtlicher Entwickelung</i>, -Lipsia, Breitkopf und Härtel 1864 e seg. -</p> - -<p> -Gius. Zippel — <i>I suonatori della Signoria di Firenze</i>, Trento, -Zippel. -</p> - -<p> -A. Rossi — <i>Memorie di musica civile in Perugia</i>, 1874, nel -Giornale d'erudizione, fasc. IV. -</p> - -<p> -A. D'Ancona — <i>I canterini del comune di Perugia</i>, in Varietà -storiche e letterarie. Vol. I. Milano, Treves. -</p> - -<p> -Iulien Tiersot — <i>La chanson populaire en France</i>, Paris, 1889. -</p> - -<p> -Coussemaker — <i>Oeuvres complétes du trouvére Adam de la -Halle</i>, Paris, 1872. -</p> - -<p> -<i>Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich</i>, vol. IX (canzoni -di Osvaldo di Wolkenstein). -</p> - -<p> -P. M. Masson — <i>Chants de Carnevals florentins.</i> Texte musical, -Paris, 1913. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span> -</p> - -<h2 id="cap8">CAPITOLO VIII. -<span class="smaller">L'«Ars nova» fiorentina -ed il Rinascimento musicale in Italia.</span></h2> -</div> - -<p> -All'Italia, patria d'ogni bell'arte, a questa -figlia della Grecia, era riservato l'onore d'ispirare -alla musica un caldo alito di vita ed informarla -ai principi dell'estetica. Il motivo del risorgimento -e della nuova evoluzione della musica -nei secoli XV e XVI è lo stesso di quello -del Rinascimento delle altre arti belle. Le nuove -idee, l'umanesimo, la riforma religiosa, le nuove -scoperte, la stampa ed altri fattori vi influirono, -e se la musica ebbe il suo Rinascimento posteriore -alle altre arti, e se Palestrina nacque dopo -che Dante, Petrarca, Raffaello erano morti, la -ragione non è tanto da cercarsi nel caso quanto -nella natura della musica stessa, la più giovane -di tutte le arti, nella mancanza di documenti -antichi, che servissero d'esempio come nella -scultura, e nella circostanza molte volte osservabile, -che il fiore d'un'arte non sempre va a -paro con quello d'un'altra. -</p> - -<p> -Le fasi di questo meraviglioso sviluppo della -musica sono simili a quelle della scultura e pittura -presso i Greci. Dapprincipio, come nella -statua di Giove di Fidia, tutta l'espressione era -concentrata nel volto ed in nulla veniva ricercato -l'effetto; così nella musica della grande -<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span> -epoca di Palestrina l'idea della divinità domina -nella sua austera grandezza, poco curandosi -dei lenocinii della melodia, della ricercatezza -della forma e degli effetti strani. Il coro come -espressione della massa predomina e l'accompagnamento -degli istrumenti, appunto perchè -individualizza l'idea, è bandito. -</p> - -<p> -Posteriormente col perfezionarsi della tecnica -l'artista perde la semplicità e l'espressione sintetica -di una figura, derivante da tutto il corpo -e dalla persona in azione, l'attrae e gli desta il -desiderio di rappresentarla nella sua verità. -Anche ciò ripetesi nella musica nella quale agli -alti ideali succedono le passioni umane individuali -donde nasce la monodia, l'opera, che le -esprime. Quando poi il materialismo predomina -e subentra la virtuosità, si propagano la ricerca -della caratteristica e dell'effetto, il manierismo -e la superficialità e l'arte decade. -</p> - -<p> -La storia della musica in Italia prima dell'influenza -fiamminga era fino a pochi anni fa ben -povera di notizie. Ora però dopo novissimi studi -si va facendo la luce anche su questo periodo e -le recenti ricerche e la pubblicazione di molte -composizioni di musica mensurata tolte dai più -antichi codici (cod. Laureziano, modenese, panciatico, -parigino, ecc.), che sono più di quattrocento, -condusse alla scoperta di una scuola -fiorentina ed in genere italiana di somma importanza, -la cui arte Ugo Riemann chiama in -contrapposto a quella anteriore francese o parigina -<i>ars nova fiorentina</i>. Gli inizî di questa -<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span> -scuola sono da mettersi al principio del secolo -XIII a Firenze. È difficile spiegare donde -sia nata questa <i>Ars nova</i>, che arriva già ai -tempi di Dante. Forse vi influì l'elemento provenzale -che sappiamo quanta parte abbia avuto -anche nella poesia italiana antica. Ma più probabilmente -essa derivava dalla canzone popolare -paesana, della quale non ci restano monumenti -musicali ma più testimonianze dell'esistenza -nelle opere letterarie contemporanee. La differenza -che passa fra l'<i>Ars antiqua</i> e l'<i>Ars nova</i> -fiorentina è grandissima. Mentre la prima traeva -le melodie del canto fermo della chiesa ed era -essenzialmente arte sacra, l'<i>Ars</i> fiorentina è -mondana, crea liberamente le melodie e si serve -di una seconda voce più bassa che diventa un -vero accompagnamento ciò che era il rovescio -del procedere anteriore. La declamazione del -testo, che è quasi sempre una poesia di qualche -merito, è più accurata e più libera. L'armonia -è più ricca e meno dura, perchè vi abbondano -invece degli intervalli di quarta, quinta ed ottava, -le terze e le seste; il ritmo non è sempre -a tre e la notazione diversa dalla francese in -molti riguardi. Insomma queste musiche ben -poco hanno a fare collo stile vocale a cappella. -</p> - -<p> -Riemann è dell'opinione che le opere dell'<i>Ars -nova</i> fossero scritte per voci umane con -accompagnamento di strumenti (viole, basso, -arpe) ciò che non è improbabile anche astraendo -dalle conclusioni che Riemann vuol trarre da -un passo di Franco Sacchetti (Nov. LXXIV «lo -<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span> -dicea con molte note come se dicesse un madriale») -e da un altro passo di un trattato antico -di <i>Johannes de Grocheo</i>, che pare alluda ad -un accompagnamento istrumentale delle canzoni. -Difatti la parte di basso ha carattere deciso -di accompagnamento istrumentale e non -di voce cantata, mentre le parte o parti superiori -sono sì ricche di melismi e fioriture da -non poter credere che venissero intieramente -cantate. Riemann si provò a sottoporre le parole -del testo alle parti ma con poco successo. Allora -gli venne l'idea di separare le parti e trarne -una vocale e più istrumentali. Egli è forse andato -troppo innanzi e non è rimasto nella trascrizione -sempre fedele all'originale ma è innegabile -che il risultato è sorprendente e che -queste opere così ridotte ci fanno un'impressione -ben più gradita di quella che si ha udendo -le opere della polifonia antica. Ed è altresì -in queste opere che si potrà cercare la prima -origine della grande riforma posteriore del -Seicento. -</p> - -<p> -I rappresentanti di questa scuola sono per -nominarne solo alcuni <i>Giovanni da Cascia</i> o <i>Johannes -de Florentia</i>, organista a Firenze poi ai -servigi di Martino della Scala (1329-1351), <i>Don -Paolo da Florentia</i>, <i>Gherardello</i>, <i>Laurentio</i>, <i>Paolo</i>, -<i>Bartolino da Padova</i> e <i>Francesco Landino</i> (1325-1397) -il cieco degli organi («cieco del corpo -ma dell'animo illuminato, il quale così la teoria -come la pratica di quell'arte sapea e nel -suo tempo niuno fu migliore modellatore di dolcissimi -<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span> -canti, d'ogni strumento suonatore e massimamente -di organi» — lettera di Rinuccini). -</p> - -<p> -Le forme dominanti sono la <i>Caccia</i> (scene -e descrizione di caccie) spesso a guisa di canone, -la <i>ballata</i>, il <i>madrigale</i>, tutte scritte a base -armonica e melodica nel senso moderno della -parola. O sono canzoni a sole voci o a voci ed -istrumenti o forse per soli strumenti come -l'arpa, viole, strumenti a fiato o l'organetto -portatile. E che questo genere di musica fosse -assai diffuso, si può argomentare da una rozza -poesia di un tal <i>Jacobus</i> che viveva a quei -tempi. -</p> - -<div class="poem"> -<p>Tutti fan da maestri.</p> -<p>Fan Madrigali, ballate e motetti</p> -<p>Tutti infiorano Filippotti<a class="tag" id="tag1" href="#note1">[1]</a> e Marchetti<a class="tag" id="tag2" href="#note2">[2]</a></p> -<p>Si è piena la terra di magistroli</p> -<p>Che loco più non trovano i discepoli.</p> -</div> - -<p> -Quanto siamo ormai distanti dall'organo e -dal discanto lo dimostra p. e. una caccia di -Gherardello de Florentia che ben meriterebbe -venir trascritta, onde dimostrare quanta vivacità -e colorito realistico vi abbia in essa. -</p> - -<p> -Ecco almeno i primi versi: -</p> - -<div class="poem"> -<p>Tosto che l'alba del bel giorno appare</p> -<p>Isveglia il cacciator. Su, su, su, su</p> -<p>Ch'egli è 'l tempo. Alletta li can</p> -<p>Tè, tè, tè, tè, Viola, tè. Primerate, ecc.</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span> -</p> - -<p> -Ulteriori ricerche e nuove scoperte potrebbero -forse farci cambiare opinione circa l'origine -della polifonia e del contrappunto se si pensa -al grado di sviluppo dell'<i>Ars nova</i> in Italia -circa il Trecento e poco dopo ed al fatto che il -Carducci riuscì a mettere insieme ben trentatre -nomi di musicisti italiani togliendoli dai codici -manoscritti. -</p> - -<p> -L'<i>Ars nova</i> fiorentina esercitò un grande influsso -su quella francese e spagnola e molte sono -le composizioni di musicisti di quei paesi scritte -nello stesso stile. Dal Trecento al Cinquecento -si compose in Francia una quantità di canzoni -di solito a tre voci con carattere popolare spiccato -e maggior mobilità di ritmo e spigliatezza -delle italiane. Marchetto da Padova, Filippo de -Vitry e Giovanni de Muris stabiliscono le regole -della nuova arte e da quel tempo il discanto -viene sostituito dal contrappunto (<i>puntus contra -punctum</i>), giacchè cessava il moto parallelo delle -quinte ed ottave. -</p> - -<p> -Nel Quattrocento l'<i>Ars nova</i> comincia a decadere -specialmente dopochè i papi tornarono da -Avignone a Roma (1377), e l'Italia subisce l'influsso -dei forestieri specialmente dei fiamminghi -(oltramontani) che, sia attirati dalla magnificenza -delle corti dei principi italiani, sia dalla -malìa che l'Italia destò mai sempre sui popoli -nordici, per più d'un secolo vennero in Italia, -vi si fermarono, fondarono scuole e v'impartirono -i loro insegnamenti. La vita italiana di -quei secoli era ben diversa di quella degli altri -<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span> -paesi. Mentre l'artista tedesco, legato alle pastoje -di casta non era che una specie di artigiano, -appartenente ad una delle tante confraternite -ed intristiva in un ambiente angusto e -pedantesco, le splendide corti italiane gareggiavano -nel proteggere le arti ed onorare in ogni -maniera gli artisti. E ben altra era pure la coltura -delle classi più alte, l'interesse per le scienze -ed arti. Un simile ambiente fecondava l'intelletto -dell'artista e noi vediamo che i maestri -fiamminghi scrissero le loro opere più celebri o -in Italia o dopo che vi soggiornarono. -</p> - -<p> -Fu pure sotto l'influsso dei maestri fiamminghi, -che vennero formandosi in Italia diverse -scuole con fisonomia propria e differente -come quella di Venezia, Roma e Napoli. Il fondatore -della scuola musicale veneziana fu <i>Adriano -Willaert</i>, nato a Bruges nel 1480, dapprima -giurista poscia scolaro di Mouton e -Giosquino. Willaert venne nel 1516 a Roma dove -già si cantava un suo motetto, attribuito a Giosquino. -Dopo il 1527 lo troviamo a Venezia alla -chiesa di S. Marco, dove salì in grande fama, -ebbe sommi onori e vi restò fino alla morte -(1562). Willaert fu il primo ad introdurre i cori -spezzati (<i>separati</i>) ripristinando l'antico costume -della maniera antifonica di cantare i Salmi. -L'occasione di tale innovamento fu forse accidentale -e suggerita dal trovarsi in S. Marco due -organi con separata cantoria. Ma il merito di -Willaert non sta tanto in questa innovazione -quanto nell'aver egli pel primo abbandonato il -<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span> -sistema fiammingo che basava sul contrappunto -e sulla condotta delle singole voci, poco curandosi -dall'armonia e dall'effetto generale, e nell'aver -dato tutta l'importanza all'<i>accordo</i> per sè -ed alla tonalità ormai decisa, che si avvicina -alla nostra per l'uso frequente della dominante -del sistema moderno. A lui spetta oltre a ciò il -merito d'essere stato uno dei primi a coltivare -il <i>Madrigale</i>. -</p> - -<p> -Successore di Willaert fu il suo scolaro <i>Cipriano -de Rore</i> (1516-1565) di Mechel nel Brabante, -ardito innovatore che fece largo uso della -cromatica, abbandonando sempre più il genere -diatonico rigoroso. Cipriano morì a Parma alla -corte Farnese. Scolaro di Willaert fu pure -Zarlino. -</p> - -<p> -Uno dei più celebri maestri della scuola Veneziana -antica fu <i>Andrea Gabrieli</i> (1510-1586), -organista di S. Marco ed il vero rappresentante -della scuola veneziana come Palestrina lo è -della romana. Con lui lo stile iniziato da Willaert -raggiunse l'apogeo ed alla ricchezza e -grandiosità egli unisce l'espressione della melodia -ed il sentimento. Egli ci lasciò composizioni -per organo, per doppio e triplo coro fino -a 16 voci, fra le quali il celebre <i>Magnificat</i> e la -cantata composta per le feste date dai Veneziani -sulla Laguna in occasione della visita di Enrico -III di Francia. -</p> - -<p> -Ambros le caratterizza così: «Nelle musiche -di Andrea Gabrieli troviamo lo splendore, la -ricchezza, il colorito magnifico e quella folla -<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span> -innumerevole di figure moventesi nella luminosità -dell'aria, che noi vediamo nei possenti -quadri dipinti nelle chiese sugli altari dai pittori -veneziani dello stesso tempo». -</p> - -<p> -Maggiore di lui fu il nipote <i>Giovanni Gabrieli</i> -(1557-1613), nominato nel 1585 organista del -primo organo di S. Marco, scolaro dello zio e -collega del celebre Hassler e maestro di Schütz. -Nelle sue opere l'elemento drammatico e l'espressione -individuale incominciano a mostrarsi -e rompere l'oggettivismo di prima, segnando il -principio della decadenza della grand'arte religiosa. -Le sue maggiori doti sono la plasticità, -il colorito e la grandiosità della concezione, -raggiunta con mezzi relativamente semplici e -senza speculazioni ed artefici. -</p> - -<p> -Una delle sue opere maggiori, le <i>Symphoniae -sacrae</i>, contiene una quantità di composizioni -vocali ed istrumentali. Alcune delle prime hanno -accompagnamento di cornetti, violini e tromboni, -che se serve in parte a rinforzare ed a -colorire le parti vocali, pure alle volte cammina -indipendente e segna i principi della musica -istrumentale assoluta. Da ultimo rammentiamo -di lui il grandioso Salmo 54º a sette -voci, in cui non si sa se più si debba ammirare -la sapiente disposizione delle voci o la grandiosità -e ricchezza armonica, e la sonata <i>Pian -e forte</i> per più strumenti (tromboni, fagotti, -cornetti, viole e violini) splendida di fasto e -colore. -</p> - -<p> -Enrico Schütz, il grande precursore di Bach, -<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span> -quando venne per la seconda volta a Venezia -per studiarvi il nuovo genere di musica (l'opera) -scrisse: «Quando io venni a Venezia, approdai -dove aveva passato i miei primi anni di studio -alla scuola del Grande Gabrieli. Gabrieli, o dei -immortali, quale uomo egli era! Se l'antichità -lo avesse conosciuto, l'avrebbe preferito ad -Amfione, e se le Muse si fossero sposate, Melpomene -(!) l'avrebbe preso per marito». -</p> - -<p> -Alla sua epoca appartiene pure <i>Giovanni Croce</i> -di Chioggia (1560-1609) pregievolissimo e severo -autore di musica sacra, come pure di musica -profana (<i>Mascarate</i> — <i>Triaca musicale</i> — <i>capricci</i>, -ecc.). -</p> - -<p> -Quantunque la scuola veneziana basi come la -romana sui fiamminghi, pure la differenza che -passa fra l'una e l'altra è rimarcabilissima. La -musica dei maestri veneziani rispecchia la -pompa, lo sfarzo delle feste della regina della -lagune, dei palagi, dei dipinti di Paolo Veronese -e Tiziano. Ai fiamminghi bastavano alcune voci -che si contrapponevano ed univano nè essi si -servono di istrumenti. I veneziani sostituiscono -alle singole voci cori intieri e li rinforzano con -istrumenti per colorire e far maggiormente spiccare -il disegno. Nella scuola romana il principio -conservativo è maggiore e più tenace, mentre -la veneziana è decisamente più progressista. -Perciò la posteriore riforma musicale trovò a -Venezia terreno più ferace che a Roma, tanto -che l'opera musicale drammatica si può dire -ad eccezione delle origini veneziana. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span> -</p> - -<p> -Passando alla scuola romana incontriamo pure -una certa affinità fra le due arti della musica e -pittura. Come Tiziano e Gabrieli sono i prototipi -delle scuole veneziane, così in Roma Raffaello -e Palestrina presentano alcuni punti di -contatto, che indicano l'intima connessione che -passa fra le due scuole, la comunità degli ideali -e dei propositi. Alla ricchezza e varietà del colorito -veneziano corrispondeva l'effetto grandioso, -la pompa dell'armonia e delle voci, forse la sensualità -dell'esteriore, diremmo quasi il verismo. -In Raffaello e Palestrina l'effetto sta soltanto in -seconda linea e cede il primo posto all'intensità -del pensiero, all'idea, alla forma perfetta e classica -che aborre da ogni lenocinio ed apparenza e -da tutto quello, che non sia assolutamente necessario. -A Roma dove le antiche tradizioni e -le memorie erano troppo vive, perchè venissero -dimenticate e messe in disuso, il culto del -severo canto gregoriano non poteva fare a meno -di influenzare potentemente colle sue melodie -la musica. Per questo le opere della scuola classica -romana basano sul canto gregoriano, dal -quale esse traggono la loro caratteristica, che -le distingue da tutte le altre. -</p> - -<p> -Fra i molti compositori che fiorirono in Roma -prima di Palestrina nominiamo <i>Costanzo Festa</i> -fiorentino († 1545), grande e dotto contrappuntista, -<i>Cristoforo Morales</i> di Siviglia, fecondo ed -inspirato precursore di Palestrina nella idealità -dello stile. Di lui si cantavano ed erano celebri -le <i>Lamentazioni</i> ed alcuni <i>Magnificat</i>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span> -</p> - -<p> -I veri fondatori della scuola romana sono però -a reputarsi i fiamminghi e fra questi <i>Giacomo -Arcadelt</i>, cantore a Roma nel 1540, morto a -Parigi, compositore semplice e severo, del quale -ancor oggi si eseguisce un'<i>Ave Maria</i>, ammirabile -per purezza e semplicità di stile, ma non -come si credeva prima <i>Claudio Goudimel</i>, che -pare non fosse mai in Italia e si confonde con -<i>Gaudio Mell</i>, che forse fu maestro di Palestrina. -</p> - -<p> -<i>Giovanni Pierluigi</i>, detto <i>Palestrina</i> dalla sua -patria, nacque nel 1514, secondo Haberl nel -1536, da modesti genitori. Venne presto a Roma -dove fu assunto per la sua bella voce fra i ragazzi -cantori di S. Maria Maggiore ed istruito -nella musica. In seguito divenne scolaro di -Arcadelt. Dopo alcun tempo passato come direttore -della cappella di Palestrina fu nominato -nel 1551 successore di Arcadelt nel posto -di <i>Magister puerorum</i> nella cappella Giulia. -Depose questo ufficio per divenir cantore della -papale nel 1555, donde fu scacciato ancor nello -stesso anno da Paolo IV con altri due cantori -perchè ammogliato. Dal 1555 al 1561 fu direttore -in S. Giovanni Laterano, quindi fino al -1571 in S. Maria Maggiore. In questo tempo -furono composte le tre famose Messe, fra le -quali quella di <i>Papa Marcello</i>, a cui la leggenda -suol attribuire di aver salvata la musica -figurata dal bando della Chiesa. L'occasione -fu la seguente. Nella 22ª e 24ª sessione -del Concilio di Trento fu stabilito di bandire -dalla Chiesa la musica mondana e di rimettere -<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span> -ai vescovi e concilii provinciali le ulteriori riforme -necessarie. Pio IV nominò ai 2 Agosto -1564 una commissione di 8 cardinali, che doveva -stabilire le riforme da introdursi. Queste -si occuparono specialmente del testo ed -in seconda linea dei temi delle melodie, che -non dovevano esser tolte da canzoni profane. -Principalmente poi trattavasi della possibilità -di udire chiaramente il testo nelle complicazioni -polifoniche, nelle quali s'erano introdotti -tali abusi, che il cardinale Capranica ebbe a -dire che a sentire i cantori gli sembrava udire -un branco di porcellini chiusi in un sacco. Palestrina -fu allora incaricato dalla commissione -di comporre una Messa che corrispondesse alle -esigenze della chiarezza del testo. Egli invece -ne compose tre, che furono eseguite ai 28 Aprile -1565 nel Palazzo del cardinale Vitellozzo. -L'impressione che la terza, dedicata al protettore -di Palestrina, Papa Marcello, fece sugli -uditori, fu tale che si decise di desistere da ogni -ulteriore riforma e di raccomandarla come modello. -Haberl crede che essa fu scritta più anni -prima del 1565 e la sua importanza più che nell'intima -bellezza che viene superata da altre -messe di Palestrina sta nell'uso conseguente -dello stile declamato, nel raggruppamento magistrale -delle voci e nella varietà di colorito. -</p> - -<p> -All'esecuzione di questa Messa seguita due -mesi dopo si dice che Papa Giulio IV abbia -esclamato: «Un altro Giovanni ci fa presentire -nella terrestre Gerusalemme quel canto che l'apostolo -<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span> -Giovanni rapito in estasi sentì nella -celeste». In seguito a questo successo Palestrina -fu nominato maestro compositore della -cappella papale, nella quale carica durò fino -alla sua morte, avvenuta ai 2 Febbraio 1594, -l'anno di morte di Orlando Lasso. -</p> - -<p> -L'importanza di Palestrina per la musica -sacra è somma. Sarebbe però erroneo il credere, -che egli fosse un riformatore nel senso solito -della parola, ma è forse appunto in ciò che -sta la sua grandezza, nell'aver cioè saputo coi -mezzi conosciuti raggiungere tanta altezza. Anzi -considerando le opere dei madrigalisti contemporanei -o di poco a lui posteriori, egli è ben -meno moderno di questi, che sono col loro stile -cromatico i veri romantici del secolo XVI. Egli -è piuttosto il genio, che chiude una grande -epoca che in lui, come la susseguente con -Sebastiano Bach, raggiunse la perfezione, quasi -concentrando tutte le sue forze e virtù in -un uomo solo che le desse l'impronta storica. -Nella sua musica è raggiunta la perfezione -della forma, la misura del bello non è mai oltrepassata -come qualche volta in Orlando; egli -non abusa dei melismi, non fa uso di armonie -strane e ricercate nè di ritmi originali e insoliti. -Le sue doti tecniche principali sono la bellezza -e perfezione della linea melodica, la trasparenza -delle voci e la chiarezza del testo, difficilissima -a raggiungere nella polifonia. Il contrappunto -e le più ardue soluzioni non sono mai -scopo ma soltanto mezzo, ed egli, adoperandole -<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span> -sovranamente, non ci pensa neppure ma tende -più in alto. Da ciò dipende quell'infinita dolcezza, -religiosità e mite melanconia che ci destano -le sue opere, quel sentimento indefinito -di speranza e di aspirazione alle cose alte. Nè -perciò Palestrina è mai effeminato, come non -lo è Raffaello, mai sentimentale come i posteriori, -perchè la sua tristezza è quella d'un uomo, -che sa che con lui non è tutto finito ma che la -vita eterna, guiderdone dei giusti, lo aspetta. -Spitta osserva che se Orlando Lasso fosse nato -un secolo più tardi, egli sarebbe divenuto un -grande compositore drammatico, ciò che non -è pensabile per Palestrina, perchè egli come -Bach ha bisogno della solitudine per concentrarsi -e trae tutto dal suo intimo. -</p> - -<p> -L'intelligenza delle opere di Palestrina non -è cosa d'ognuno. Chi le giudica semplicemente -coi nostri pensieri e criteri artistici non saprà -mai trovarvi quella virtù, che ne è la principale. -La musica di Palestrina non vuol essere eseguita -in concerto ma in chiesa, per la quale fu -scritta. Allora soltanto si capirà quale tesoro -d'ispirazione, religiosità e d'arte sia contenuto -in essa, in quelle brevi e semplici melodie, che -non sono le nostre ma che ci sottraggono alle -cure terrene, in quei maestosi accordi, in quell'avvicendarsi -di voci ora dolcissime ora potenti -e maschie, che sembrano innalzarsi al cielo -per chiedere grazia e perdono. Allora soltanto si -capirà che questa è arte vera e grande, e che -essa non potrà mai perire, giacchè essa è superiore -<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span> -ai capricci del gusto ed immutabile nelle -sue eterne leggi. -</p> - -<p> -Palestrina fu autore assai fecondo. Fra le sue -moltissime composizioni, che Baini, il suo ammiratore -e biografo, divide in 10 stili (!), nominiamo -la serafica messa <i>Assumpta est Maria</i>, -forse la più sublime composizione del genere, -la Messa di Papa Marcello, il Motetto <i>Tenebrae -factae sunt</i>, il grandioso <i>Stabat Mater</i> a due cori -una delle opere più grandiose della musica da -chiesa di ogni tempo, in cui il dolore ha accenti -celestiali di rassegnazione e speranza; gli -<i>Improperi</i>, le <i>Lamentazioni</i> ed i <i>Motetti del Cantico -dei Cantici</i> a cinque voci, opera d'una ineffabile -dolcezza e soavità, una <i>Salve Regina</i> a -cinque voci. -</p> - -<p> -Wagner nel suo studio su Beethoven ne giudica -così: «L'unica progressione nel tempo si -palesa quasi soltanto nel più delicato cambiamento -del colore fondamentale, che ci fa apparire -i più svariati passaggi mantenendo ferma -l'affinità più ampia, senza che noi ci possiamo -accorgere di un'alterazione di linee in questo -cambiamento. Così risulta un quadro quasi -senza tempo e spazio, una visione affatto sopranaturale, -che ci commuove sì profondamente». -</p> - -<p> -Palestrina esercitò colle sue opere un grande -influsso sull'arte musicale religiosa dei suoi -tempi. Egli fu l'antesignano di quella stupenda -e numerosa scuola d'autori italiani, che seguirono -le sue aspirazioni ed ideali e le cui numerosissime -<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span> -composizioni sono colle sue il modello -della vera musica da chiesa. Lo stile di -tutte queste è quello che da Palestrina ebbe il -nome e che ha per impronta la semplicità unita -alla maestà e grandiosità, un'eterea altezza -priva d'ogni sensualità e reminiscenza mondana, -una serenità serafica, che trasporta in regioni -più alte, la perfezione della forma e della misura, -escluso ogni elemento drammatico, o, per -dirla con espressione più adattata all'epoca -nostra, ogni sentimento di soggettivismo, come -s'addice alla Chiesa cattolica che domanda che -l'individuo non pensi alle cure terrene ma si -unisca in un rapimento di fervore e speranza -alla comunità dei fedeli. Eppure se eccettuiamo -<i>Lodovico da Vittoria</i> (1540-1613?), spagnolo di -Avila, direttore della Cappella Sistina, che gli -è quasi pari, nessuno dei contemporanei e posteriori -seppe raggiungere Palestrina, perchè -la sua arte è troppo personale e quasi troppo -soprannaturale per venir imitata od essere suscettibile -di progresso nello stesso ambito e già -Pietro della Valle la chiama <i>monumento da -museo</i> (1640). -</p> - -<p> -Contemporanei di Palestrina furono <i>Giovanni -Maria Nanini</i> (1540?-1607) che fondò con Palestrina -una celebre scuola, dalla quale uscirono -insigni maestri quali <i>Felice e Giovanni Anerio</i>, -Giovanni Animuccia, Giovanni Guidetti (1532-1592) -che ebbe l'incarico di rivedere con Palestrina -i libri del Canto gregoriano, alla qual difficile -impresa egli dovette poi attendere solo, -<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span> -<i>Francesco Soriano</i> romano (1549-1631) originale -ed ardito innovatore, il celebre <i>Luca Marenzio</i> -e <i>Marcantonio Ingegneri</i> (1550), l'autore dei -celebri <i>Responsori</i> che fino pochi anni fa si -credevano di Palestrina. -</p> - -<p> -Fra gli autori dell'epoca dell'incipiente decadenza -nominiamo <i>Gregorio Allegri</i> (1586-1652) -della famiglia di Correggio, l'autore del celebre -<i>Miserere</i> a due cori, che si canta il Venerdì -Santo nella cappella Sistina, composizione stupenda -nella sua semplicità di accordi di seguito, -i due <i>Mazzocchi</i>, <i>Ercole Bernabei</i> (1670-1690), -<i>Orazio Benevoli</i> (1602-1672), direttore a -Roma ed a Vienna, da ultimo a S. Pietro, -autore di composizioni nelle quali la polifonia -raggiunge il numero di 12, 14, 24 e 48 voci, insuperabile -nell'arte di aggruppare voci e cori, -senza che la chiarezza ne soffra. La sua arte è -talmente grande, che ad una voce egli sostituisce -un intiero coro e scrive pezzi in stile fugato -con entrate per coro invece di singole voci, -interrompendo saggiamente la troppa polifonia -con brani in cui canta un solo coro e tutte -le voci si acquietano in un maestoso corale. -</p> - -<p> -Giunti a questo punto non sarà forse senza -utilità l'esaminare brevemente i diversi generi -di composizione sviluppatisi dopo i primi tentativi -polifonici. La musica medioevale dotta appartiene -ad eccezione dell'<i>Ars nova</i> quasi esclusivamente -alla Chiesa. Come la pittura e scultura -sceglievano senza eccezione soggetti sacri, così i -musicisti fiamminghi e le scuole posteriori fino -<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span> -al seicento dedicarono il meglio delle loro opere -alla chiesa. Fra le composizioni sacre spetta il -primo posto alla <i>Messa</i>, la parte più importante -della liturgia. Ma si avrebbe un'opinione -ben falsa se si credesse, che i maestri antichi -abbiano scelto con predilezione il testo della -Messa per la varietà dei sentimenti ed affetti, -per la diversità di espressione e carattere delle -singole parti, giacchè siamo ancora ben lontani -dall'individualizzazione dei sentimenti nella musica. -Il testo della messa non è che una semplice -preghiera, affatto priva di carattere drammatico -e passionale. Il musicista non cerca -punto di tradurre nella sua opera il significato -dei singoli pensieri ma si contenta di scrivere -della musica, che nell'intonazione generale -corrisponda allo scopo liturgico e sia nel medesimo -tempo opera d'arte musicale. Premesso -ciò, si comprende come la maggior parte delle -messe antiche sieno ben di rado scritte su di -un tema originale, giacchè l'invenzione melodica -aveva poca importanza. -</p> - -<p> -Affine alla Messa nella maniera di composizione -è il <i>motetto</i> (da <i>motto</i> o <i>motus</i>) ora su testo -della chiesa, ora su altre parole. Esso basa -nella forma originaria sulla congiunzione di -due o tre melodie profane o sacre di testo diverso, -mentre il basso (o tenore) è di solito tolto -dal canto gregoriano. Coltivato dapprincipio con -predilezione venne poi decadendo quando fu -scelto per spiegarvi tutte le arti più complicate -del contrappunto. Allo stile del motetto appartenevano -<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span> -le <i>narrazioni evangeliche</i> ed i <i>Salmi</i>. -</p> - -<p> -Il bisogno di dar più libera espressione ai -sentimenti ed affetti dell'animo senza le pastoje -del canto fermo, la coltura crescente, la vita -socievole dell'epoca del Rinascimento influirono -sullo sviluppo di un'altra forma di composizione, -che in certo riguardo preludia alla <i>Monodia</i>, -cioè al <i>Madrigale</i> che rappresenta quasi la musica -da camera del secolo XVI. La parola deriva -da mandra (Pietro Aaron lo chiama ancora -Mandriale) ed indicava una specie di poesia pastorale. -Esso è uno dei vanti della poesia -e musica italiana e vi lavorarono per perfezionarlo -intiere generazioni. Il Madrigale è a 3 -fino ad 8 voci — di solito a cinque — varia nella -melodia non però legata al canto fermo, cerca -di esprimere colla musica il carattere del testo -e sfugge dalle complicazioni scolastiche, cercando -invece d'essere espressivo. Ciò doveva -aver per necessaria conseguenza maggior libertà -nell'uso della tonalità, che s'avvicina -talvolta alla cromatica e rompe l'austera diatonica -antica. Il Madrigale appartiene intieramente -alla musica profana ma altresì alla polifonica, -sicchè passa di solito poca differenza -fra la maniera del Motetto e del Madrigale, -quantunque vi predomini la linea melodica, -anche perchè la poesia dei madrigali a versi di -diverso numero di sillabe dava occasione a -maggior caratteristica, a ritmi più svariati, libertà -di forma ed imitazioni musicali. -</p> - -<p> -I primi madrigali si distinguono ancor poco -<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span> -dai motetti ma la differenza diventa col progredire -del tempo sempre più grande, quando cioè -si sviluppò il sentimento dell'accordo ed il basso -diventa una parte importante. Allorchè poi si -cominciò a ridurre i madrigali per una voce sola -e liuto od altri strumenti, che eseguivano tutte -le voci ad eccezione della superiore, che si cantava, -era già preparata la strada alla monodia -e difatti per stile madrigalesco s'intende poi lo -stile recitativo e drammatico. -</p> - -<p> -I cultori del Madrigale formano una legione -ed infinite sono le loro opere, tanto che p. e. -dal 1535 al 1600 si stamparono cinquecento -raccolte di madrigali ed ogni raccolta ne conteneva -dai venti ai cinquanta. I più celebri furono -gli italiani fra i quali nominiamo oltre -Willaert, che fu tra i primi a coltivarlo, Festa, -Palestrina, Anerio e sopra tutti <i>Luca Marenzio</i> -(1550-1599) detto <i>il più dolce cigno d'Italia</i>, bresciano, -ispirato e melodioso, ed il principe di -Venosa <i>Carlo Gesualdo</i> (1560?-1614) ardito innovatore, -che precorse i suoi tempi. -</p> - -<p> -Celebri madrigalisti conta pure l'Inghilterra -(<i>Bird</i>, <i>Gibbons</i>, <i>Bull</i>, ecc.). -</p> - -<p> -Altro genere di composizioni erano le <i>canzoni -profane</i> dei musicisti (<i>chansons</i>, <i>Lieder</i>) pure di -stile polifonico di solito a tre voci sul tema di -qualche canzone popolare, ma che con questa -nulla avevano a fare e che somigliavano piuttosto -al motetto. -</p> - -<p> -Contemporanee al madrigale e pure di origine -italiana sono le <i>Villanelle</i>, <i>villotte</i>, <i>canzoni -<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span> -alla Napolitana</i>, <i>frottole</i>, ecc. Le più antiche -sono le frottole, canzoni polifoniche a più -voci scritte senza grande arte ma non senza -una certa freschezza ed ispirazione. <i>Marco Cara</i>, -<i>Bartolomeo Tromboncino</i>, <i>Giorgio della Porta</i> -sono i più noti cultori di questo genere. Le -Villanelle e le altre specie di canzoni posteriori -le fecero andare in disuso. Queste son scritte in -stile più libero del madrigale, e quantunque non -appartengano alla musica popolare hanno più -volte lo stile omofono, la melodia nel soprano, -la varietà di ritmo. Celebri autori di Villanelle -furono <i>Giovanni Gastoldi</i> (1556-1622) e <i>Baldassare -Donati</i> († 1603). -</p> - -<p> -L'epoca di Palestrina è quella del canto a cappella. -Esso era affatto diverso dalle opere dell'<i>Ars -nova</i> e ripigliava piuttosto le tradizioni -del tempo dell'<i>organum</i> e del discanto. Perchè -poi l'<i>Ars nova</i>, senza dubbio più moderna e -popolare, sia sì presto decaduta, tanto che se -ne perdette quasi la traccia, è ben difficile spiegare. -Forse vi influì la venuta dei maestri fiamminghi -in Italia, ai quali era ignota la nuova -pratica di musica e che erano sempre anche -eccellenti cantori. La posizione dominante che -essi presero alle corti italiane e nelle cappelle -delle chiese, si ripercosse sulla produzione che -divenne interamente vocale. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Friedrich Ludwig — <i>Die mehrstimmige Musik des XIV Iahrhundertes.</i> -Sammelbände der intern. Musikgesellschaft — Jahrgang -IV, Heft 1, 1902. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span> -</p> - -<p> -J. Wolf — <i>Florenz in der Musikgeschichte des XIV.</i> Jahrhundertes, -Do. Heft 3, 1902. -</p> - -<p> -Gandolfi Riccardo — <i>Illustrazioni di alcuni cimeli concernenti -l'arte musicale in Firenze</i>, Firenze, 1882. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Alte Hausmusik</i>, Lipsia, Breitkopf und Härtel -(trascrizioni). -</p> - -<p> -R. Eitner — <i>Adrian Willaert, Musikhefte für Musikg. XIX.</i> -</p> - -<p> -— <i>Iacob Arcadelt, Musikhefte für Musikg. XIX.</i> -</p> - -<p> -— <i>Cyprian Rore, Musikhefte für Musikg. XIX.</i> -</p> - -<p> -G. Baini — <i>Memorie storico critiche della vita e delle opere di -Giov. Pier Luigi Palestrina</i>, 1828. -</p> - -<p> -W. Baümker — <i>Palestrina</i>, Freiburg, 1877. -</p> - -<p> -Spitta Phil — <i>Palestrina. Deutsche Rundschau</i>, 1894, fasc. 7º. -</p> - -<p> -Brenet M. — <i>Palestrina</i>, Paris, Alcan, 1906. -</p> - -<p> -Cametti A. — <i>Cenni biografici di G. Palestrina</i>, Milano, Ricordi, -1894. -</p> - -<p> -E. Schmitz E. — <i>Palestrina</i>, Lipsia, Breitkopf und Härtel 1914. -</p> - -<p> -Collet H. — <i>Victoria</i>, Paris, Alcan, 1914. -</p> - -<p> -Cesari G. — <i>Le origini del Madrigale cinquecentesco</i>, Riv. -music. ital., XIX, fac. 2º. -</p> - -<p> -Le opere di Palestrina e Vittoria furono pubblicate dalla -casa Breitkopf und Härtel di Lipsia. -</p> - -<p> -Raccolte di opere scelte degli altri autori sono: -</p> - -<p> -Proske — <i>Musica divina.</i> -</p> - -<p> -Dommer — <i>Musica sacra.</i> -</p> - -<p> -Stephan Lück — <i>Sammlung ausgezeichneter Compositionen -für die Kirche</i>, Leipzig, Braun, 3 volumi, ecc. -</p> - -<p> -Torchi — <i>L'Arte musicale in Italia</i>, vol. 1º-2º (Ricordi). -</p> - -<p> -Cfr. E. Vogel — <i>Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik -Italiens</i> aus den Iahren 1500-1700. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap9">CAPITOLO IX. -<span class="smaller">Misteri e Passioni. — Origine dell'opera.</span></h2> -</div> - -<p> -L'uso di rappresentare azioni sacre si rintraccia -ormai nel Medio Evo. Il testo della Messa -<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span> -e della Passione racchiude in sè elementi eminentemente -drammatici, che eccitavano alla -rappresentazione. I <i>Misteri</i> e <i>Miracles</i> più antichi -cominciarono col far recitare da diversi -chierici le parole dette dalle singole persone. La -lingua era la latina nè usavasi apparato scenico. -In seguito venne sostituita la lingua volgare e si -passò dalla chiesa alle piazze davanti le chiese, -ai mercati. A Pasqua del 1244 si eseguì in simil -modo la Passione e Risurrezione di Cristo sul -Prato della Valle a Padova e ci restano notizie -di altre rappresentazioni a Cividale e negli -Abruzzi (Pianto delle Marie). Speciali corporazioni -si dedicano a queste azioni sacre, così, -per es. la Compagnia del Gonfalone a Roma, la -Confraternita dei Battuti a Treviso, la <i>Confrérie -de la Bazoche</i> a Parigi, ecc. Trasportati questi -misteri della Chiesa sulla piazza ed introdottavi -la lingua volgare vi subentra l'elemento popolare -comico e con questo la scurrilità. La chiesa -scaglia bandi ma indarno. Il diavolo diventa una -specie di Arlecchino, che porta le spese del -divertimento. Egli sta di solito legato in una -botte e finisce col prendere delle bastonate. -Ciarlatani, merciaioli, lo scemo sono frammisti -alle persone sacre e parlano una lingua da trivio. -La più sconcia caricatura di queste azioni -sacre erano la <i>fête de l'âne</i>, le <i>Diableries</i> e <i>Messe -degli asini</i> in uso in Francia dal secolo XII al -XVI. La così detta <i>prosa de asino</i> (<i>Orientis partibus</i>, -ecc.) era il canto di prammatica di queste -feste. La biblioteca di Parigi conserva in un -<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span> -manoscritto questa <i>prosa de asino</i> ed un'intiera -<i>Messa degli asini</i> in notazione. Le biblioteche -di Padova, Cividale, Parigi, S. Gallo, ecc., -posseggono molti manoscritti con Misteri ed -azioni sacre antiche. -</p> - -<p> -I Misteri venivano quasi sempre cantati. Le -melodie erano simili alle gregoriane ed alle -sequenze; in seguito vi si introdussero canzoni -popolari. Quando poi il realismo vi prese piede, -il canto cessò e le azioni sacre vennero decadendo -e trasformandosi in drammi sacri o mondani -recitati. Una specie di azione sacra, se tale -si può dire si conservò però anche posteriormente -nella <i>Passione</i> e da questa trasse forse la -origine l'<i>Oratorio</i>. <i>S. Filippo Neri</i> (1515-1595), -per trattenere il popolo dal prendere parte alle -licenziose feste del Carnevale, istituì funzioni -sacre, che si facevano dapprincipio nel convento -di San Gerolamo a Roma e poi nell'Oratorio -di Santa Maria in Vallicella. Esse consistevano -in sermoni e racconti della bibbia con -intercalate laudi spirituali, specie di inni sillabici -a quattro voci con piccoli a soli senza rappresentazione -scenica. <i>Animuccia</i> (1514?-1570), -<i>Asola</i> ed altri composero più di queste laudi -in stile popolaresco, molte delle quali furono -pubblicate senza nome dell'autore a Venezia -nel 1563 e posteriormente. La prima funzione -ebbe luogo nel 1564. In seguito esse divennero -vere azioni sacre, misteri, moralità, esempi e -si chiamarono <i>oratori</i>, prendendo forse il nome -dal locale dove si eseguivano. Alcuni autori -<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span> -vogliono invece far derivare il nome dalle arti -oratorie, che si insegnavano nelle scuole e conventi, -dove si eseguivano funzioni unite a produzioni -musicali. -</p> - -<p> -L'oratorio originario si distingue in due categorie, -il latino ed il volgare. Il primo ha somiglianza -col medioevale liturgico e rinacque nel -1600 in forma di dialogo in lingua latina senza -rappresentazione scenica ma collo storico che -racconta. Il secondo deriva dalle antiche laudi, -originariamente canzoni a strofe poi simili al -motetto. La Congregazione dell'Oratorio fondata -a Roma nel 1575 diffuse in Italia e Francia questo -genere di musica semisacra. Nel 1600 si eseguì in -S. Maria in Vallicella la <i>Rappresentazione di -anima e di corpo</i> con musica di <i>Emilio del Cavaliere</i>, -membro della Camerata fiorentina dei -Bardi, gentiluomo romano, nato circa il 1550, -prima a Roma poi a Firenze. Essa consta di -piccoli inni scritti nello stile madrigalesco e -di <i>a soli</i> con accompagnamento di cembalo, lira -doppia, due flauti ed un violino all'unisono col -soprano. In questi sono ormai messe in pratica -le teorie della Camerata fiorentina, nè mancano -intieramente e l'ispirazione e l'arte come lo -mostrò l'esecuzione del 1912 a Roma. Il testo -di questa rappresentazione che non è di Laura -Guidiccioni come di solito si scrive ma del -padre Agostino Manni, è un'allegoria strana in -cui i personaggi incarnano soggetti astratti, -come il tempo, la vita, il corpo, ecc. La <i>rappresentazione</i> -non è però da mettersi fra gli oratorî -<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span> -ma per la forma e la musica appartiene piuttosto -al melodramma. -</p> - -<p> -Ma già ancor prima dell'Oratorio troviamo -in Italia rappresentazioni di soggetto mondano -con musica. Un embrione di queste è ormai -il <i>Jeu de Robin et Marion</i> di <i>Adam de la Halle</i> -già menzionato, eseguito a Napoli verso la fine -del Secolo XIII, un grazioso idillio, che può interessare -ancor oggi. Le canzoni (senza accompagnamento) -che ci rimangono, palesano un -deciso sentimento per la melodia e la tonalità -moderna. -</p> - -<p> -Arteaga ci racconta d'una specie di mascherata -allegorica con cori, salmodie, danze, accompagnate -da istrumenti, che si fece con -grande sfarzo nel 1388 in Milano in occasione -delle nozze di Galeazzo Sforza con Isabella -d'Aragona. Di simili rappresentazioni, che ebbero -luogo in Roma, Firenze e Venezia, ci è -pure conservata la memoria, così d'una cantata, -<i>La Conversione di S. Paolo</i>, con musiche di -<i>Francesco Beverini</i> eseguita a Roma all'epoca -di Sisto IV, circa il 1480, di un dramma del -Poliziano, <i>Orfeo</i>, con musica di Zarlino, eseguito -alle feste per Enrico III di Francia in Venezia -nel 1574, di un altro dramma, <i>Orbecche</i> (1541), -musicato da <i>Alfonso della Viola</i> in Ferrara, del -<i>Pastor fido</i> del Guarini con musica di <i>Luzzasco</i> -e di altri (<i>Striggio</i>, <i>Malvezzi</i>, <i>Luca Marenzio</i>, -<i>Banchieri</i>, ecc.). La musica di tutte queste azioni -si limitava ad alcuni cori con pezzi istrumentali -e qualche <i>a solo</i> e si eseguiva soltanto negli -<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span> -intermezzi degli atti con poca o nessuna attinenza -coll'azione, che veniva semplicemente -declamata e rare volte interrotta da un coro -nello stile madrigalesco. -</p> - -<p> -Un discorso di Vincenzo Giustiniani pubblicato -dal Solerti contiene questo passo caratteristico: -«L'anno santo del 1575 o poco dopo -cominciò un modo di cantare diverso da quello -di prima... massime nel modo di cantare con -una voce sola sopra un istrumento con l'esempio -di un Gio. Andrea Napolitano e del sig. Giulio -Cesare Brancaccio e d'Alessandro Merlo romano, -che cantavano un basso nella larghezza -dello spazio di 22 voci (3 ottave) con varietà -di passaggi nuovi e grati all'orecchio di tutti». -</p> - -<p> -A noi sembra cosa incredibile, che in quella -epoca in cui le canzoni popolari avevano ormai -ritmo e melodia decisa e spiccata, non si abbia -saputo applicare questi nuovi elementi al dramma -stesso, ai monologhi ed ai dialoghi. Eppure -una cosa sì naturale, ed apparentemente sì facile -a farsi, non successe che più tardi dopo mille -tentativi infruttuosi, tanto era ancor potente la -polifonia che si considerava come l'unica maniera -di musica dotta. Le prove però non mancarono. -O si faceva cantare da una sola voce -di solito la parte del contralto e si eseguivano -cogl'istrumenti le altre parti reali, o si faceva -cantare un monologo o dialogo da più voci -nello stile polifonico. La più interessante opera -di questo genere è l'<i>Amfiparnaso</i> di <i>Orazio Vecchi</i>, -distinto contrappuntista (1550?-1605), una -<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span> -specie di commedia buffa, in cui le parti dei -singoli personaggi (Pantalone, Francatrippa, -dottor Graziano, Ebrei, ecc.), vengono cantate -dal coro in madrigali a 5 voci. -</p> - -<p> -I musicisti anteriori al secolo XVII che intuirono -ed in certo modo divinarono la grande -rivoluzione musicale posteriore furono quel -Cipriano de Rore, scolaro di Willaert, che fece -uso ed abuso della cromatica senza saperne comprendere -l'importanza, Luca Marenzio ed ancor -più <i>Carlo Gesualdo</i>, ricco di «espressioni veementi -a forza di straordinarie modulazioni» (Martini). -</p> - -<p> -Altro e maggiore spirito innovatore fu <i>Lodovico -Grossi</i> di Viadana, chiamato <i>Lodovico Viadana</i> -(1564-1627), uno di quegli uomini, cui, -come a Guido d'Arezzo, la fama si compiacque -di attribuire scoperte musicali ed innovazioni, -per quanto ne manchi la prova. Quantunque -i suoi celebri <i>Concerti ecclesiastici, a una, due, -tre e quattro voci con il basso continuo per suonar -nell'organo</i> sieno stati pubblicati la prima -volta nel 1602, essi furono certo scritti in una -epoca anteriore, sicchè spetta senza dubbio -anche a lui parte della gloria data alla Camerata -fiorentina. In questi concerti le voci sono -trattate come veri <i>a solo</i> differentemente dalla -polifonia ed il carattere è melodioso, diviso in -periodi e ritmico nel senso moderno della parola. -Una vera novità fu l'aggiunta del basso -continuo, non il numerato come di solito si asserisce, -nel quale viene ridotta l'armonia, staccandola -dalle voci e facendola servire da vero -<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span> -accompagnamento e base al canto. La prefazione -ai concerti ci spiega come Viadana sia -giunto all'introduzione od almeno all'applicazione -conseguente del basso continuo. Essendo -ai suoi tempi sempre più frequente l'uso di far -eseguire composizioni a più voci da una sola -con accompagnamento di altre od istrumenti -in causa dello stile fugato e ricco di contrappunti -ne risultavano riduzioni incomplete con -molte interruzioni, alla quale suppliva appunto -il basso continuo, che empiva le lacune e rendeva -più scorrevole e completa l'armonia. Il -Basso generale o numerato non fu introdotto -da lui, giacchè la parte dell'organo non porta -che qualche indicazione del diesis e bemolle -della terza ma non cifre di accordi, come, p. es. -la <i>Euridice</i> di Peri e Caccini, pubblicate ormai -prima dei Concerti. -</p> - -<p> -Chi ne abbia avuto l'idea, non si seppe ancora -accertare, nè si sa se esso abbia avuto origine -dal bisogno pratico di scrivere una partitura -o schizzo della composizione con indicazione -degli intervalli delle voci mancando allora -le nostre partiture, oppure dall'intuizione degli -accordi. La supposizione più probabile è la prima -giacchè il basso numerato non fu per lungo -tempo che una cosa meccanica, una specie di -tabulatura senza alcun influsso sulla maniera -di comporre e perchè altrimenti non sarebbe -spiegabile l'immensa sorpresa che recò la posteriore -teoria di Rameau sull'armonia. Non è -improbabile che il basso numerato fosse introdotto -<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span> -già prima di Viadana per comodità degli -organisti, onde risparmiare spazio, giacchè, -come scrive Agazzari, altrimenti «per la quantità -e varietà d'opere bisognerebbe l'organista -maggior biblioteca d'un legale». Ma altresì si -può ammettere che il basso numerato influì ad -avvezzare l'orecchio o meglio l'occhio a comprendere -l'essenza e la natura dell'accordo ed -a leggere la musica non più orizzontalmente -ma verticalmente. A Viadana spetta il merito -od il biasimo di avere introdotta la monodia -nella musica da Chiesa, la cosidetta <i>seconda -pratica di musica</i>, o stile concertante a differenza -dello stile a cappella, che fu certo la -prima e maggior cagione del suo decadimento. -Egli pure poi come gli altri menzionati tentò -d'esprimere colla musica il sentimento delle -parole e di darle motivi caratteristici. -</p> - -<p> -Lo stile dei <i>concerti</i> non è del resto ancora -il recitativo, perchè le melodie chiuse non vi sono -evitate ed è trascurata l'accentazione delle parole. -Il lagno generale era la mancanza d'espressione, -di gentilezza e soavità che si rimproverava -alla polifonia, la quale nel suo complicato -tessuto di voci impediva di intendere le parole -del testo ed escludeva la possibilità di esprimere -i sentimenti individuali, «essendo nato -il contrappunto in tempi rozzissimi e fra uomini -d'ogni sorta di letteratura e gentilezza -nudi, e che con li nomi stessi dimostrano la -loro barbarie» (G. B. Doni). -</p> - -<p> -La soluzione di questo problema doveva trovarsi -<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span> -in Firenze, che fu la vera culla della musica -drammatica e per conseguenza moderna, -dove la vita in seguito alle lotte intestine era -più agitata, e dove ebbe principio il Rinascimento -delle arti. Gli studi umanistici e specialmente -greci furono una delle cause della -nuova rivoluzione musicale. Gli spiriti cessarono -di rivolgersi esclusivamente al cielo e -piegando gli sguardi alla terra «a questa bella -d'erbe famiglia e di animali», si sprigionò dai -petti un alito di vita calda e sensuale. La corte -dei Medici accoglieva in quel tempo dotti, poeti, -artisti e musici, che si ritrovavano in convegni -a trattare questioni di scienza ed arti. Specialmente -nella casa di <i>Giovanni Bardi</i>, Conte di -Vernio, uomo assai colto, poeta e musico si -radunavano molti artisti e dotti per trattare sopratutto -di questioni musicali. Assidui frequentatori -di questa Camerata erano <i>Giulio Caccini</i> -romano (1550?-1618), <i>Jacopo Peri</i> (1561-1633) -di origine fiorentina, <i>Emilio del Cavaliere</i>, <i>Vincenzo -Galilei</i>, padre di Galileo (1540-1610), il -poeta <i>Ottavio Rinuccini</i>, <i>Girolamo Mei</i>, <i>Pietro -Strozzi</i> ed <i>Jacopo Corsi</i>, nella casa del quale -avevano luogo le riunioni, dopochè Giovanni -Bardi fu chiamato come camerlengo alla Corte -di Clemente VII. -</p> - -<p> -Dalla lettura degli autori greci, che decantavano -la musica delle tragedie e dalle dottrine -platoniche si era venuta formando la persuasione -della sublimità di questa musica e si cercava -di scoprirne la natura e la qualità. Il dialogo -<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span> -di Vincenzo Galilei sulla musica antica e moderna -(1581) contiene la vera sfida di guerra alla -musica antica. Egli pubblicò alcuni frammenti -musicali di inni greci scoperti ma non seppe -trovare la chiave per decifrarli. E così successe, -che credendo di imitare la musica greca, della -quale allora assolutamente nulla si sapeva ed -oggi poco si sa, nacque lo stile drammatico, -così detto <i>rappresentativo</i>. L'onore di aver fatto -i primi tentativi spetta pure a Vincenzo Galilei, -che compose la scena di Ugolino di Dante -per voce sola ed accompagnamento di viola -ed alcuni brani delle Lamentazioni di Geremia, -quantunque da un passo di Baldassar Castiglione -(I, 13) «ma sopratutto parmi gratissimo -il cantare alla viola per recitare, il che tanto di -venustà ed efficacia aggiunge alle parole che è -gran meraviglia» si possa arguire, che simili -tentativi furono fatti ancor prima. Il plauso -che ne ottenne fu grande e ben presto si trovarono -imitatori, fra i quali <i>Giulio Caccini</i>, che, -nel 1601 pubblicò col titolo di <i>Nuove musiche</i> -una raccolta di pezzi scritti alcuni anni prima -con accompagnamento di chitarrone o tiorba -romana, specie di liuto a 10 corde. Essa contiene -dodici madrigali a una voce, dieci arie ed alcuni -frammenti tolti dal <i>Rapimento di Cefalo</i>. -I madrigali sono semplici declamazioni, le arie -si avvicinano alla canzone a strofe. Il basso -numerato è senza interesse ma abbastanza corretto. -Nella prefazione «ai lettori» vien data -l'idea del nuovo stile, del quale Caccini si -<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span> -proclama inventore e sviluppata la teoria del -canto. Lo stile di queste composizioni è diverso -dal polifonico e si avvicina all'arioso senza melodia -periodizzata, limitandosi ad una declamazione -accentuata con piccole frasi melodiche -e ritmo non deciso. In complesso però le <i>Nuove -musiche</i> sono ben poca cosa ed appartengono -più che al nuovo stile alla <i>pratica del bel canto</i>, -che era fra i supremi fini della Camerata. Riemann -sempre in cerca di novità ha tentato -ultimamente una riabilitazione delle <i>Nuove -musiche</i>, cambiandone in parte il ritmo segnato -che è il solito C, mentre in realtà vi si mescolano -altri ritmi di <span class="above">3</span>⁄<span class="below">4</span> e <span class="above">3</span>⁄<span class="below">2</span>, nè si può negare, -che la nuova divisione ritmica rende quelle -composizioni più agili e meno angolose. -</p> - -<p> -Questa innovazione non rispondeva però ancora -all'idea della Camerata, che si pensava essere -stata la musica delle tragedie greche qualche -cosa di medio fra la parola ed il canto, -più di una declamazione passionata e meno -che una melodia ritmica, in una parola il <i>recitativo -secco</i> della nostra musica. Chi lo scoprì -ed introdusse fu <i>Jacopo Peri</i> († 1633), il Zazzerino, -celebre cantante e musicista, che musicò -la <i>Dafne</i> di Rinuccini, eseguita in casa -Corsi nel 1594, la prima vera opera scritta nello -stile rappresentativo che corrispondeva a quanto -si crede, agli ideali ellenici della Camerata, -perchè ne andò perduta la musica ad eccezione -di due brani insignificanti, che sono composti -da Bardi e non da Peri. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span> -</p> - -<p> -Sembra strano che un tale genere di musica, -che destò tanta ammirazione e plauso, non abbia -tosto trovato imitatori, giacchè non ci è -conservata alcuna memoria di dramma in musica -fra la <i>Dafne</i> e l'<i>Euridice</i>, questa pure -scritta da Rinuccini, con musica di Jacopo -Peri, rappresentata a Firenze ai 6 ottobre del -1600 in occasione delle nozze di Maria dei -Medici con Enrico IV di Francia nel palazzo -Pitti in presenza della corte e dei nobili fiorentini -con grande sfarzo di scene, vestiari e -macchine. Peri cantò egli stesso la parte di Orfeo, -mentre Caccini, che avea pure composto alcuni -pezzi, dirigeva i cori. L'orchestra nascosta dietro -la scena, si componeva di un clavicembalo, -un chitarrone, un liuto grosso ed una lira -grande, oltre molti istrumenti a fiato e corda, -che accompagnavano i cori o suonavano i ritornelli. -</p> - -<p> -Giulio Caccini compose esso pure l'<i>Euridice</i> -e la pubblicò nel 1600 presso Giorgio Marescotti. -Questi due drammi per musica, o tragedie, -come si chiamavano allora, sono scritti -nello stile rappresentativo ed in essi erano messe -in pratica le teorie nuove, frutto delle conferenze -della Camerata fiorentina. Noi usi alla -melodia moderna possiamo a stento capacitarci -dell'ammirazione che destarono ai loro -tempi, giacchè essi non contengono che lunghi -recitativi con piccoli brani nello stile arioso e -cantabile, avendo Peri e Caccini voluto escludere -i pezzi chiusi, la melodia organica e periodizzata, -<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span> -perchè credevano che i Greci non -l'avessero conosciuta od usata nei loro drammi. -Anzi si può dire che questa nuova musica che -evitava di progetto la melodia e specialmente -il periodo melodico era un regresso in confronto -dell'<i>Ars nuova</i> fiorentina del Trecento e -Quattrocento, come è pure ormai da rigettarsi -l'opinione comune che l'introduzione della monodìa -sia un merito della Camerata, giacchè -questa la troviamo e migliore ancora prima e -perchè le aspirazioni dei riformatori erano precipuamente -rivolte alla verità drammatica da -raggiungersi colla chiara ed accentata declamazione -e l'accompagnamento istrumentale armonico. -Del pari poco elaborati sono i cori, -di gran lunga inferiori a quelli dell'epoca anteriore -e contemporanea, nè gran fatto interessante -è l'accompagnamento scritto per semplice -basso, che procede alle volte a tentoni e -soltanto nei momenti più caratteristici e passionali -un poco si avviva e muove. E neppure -si può pensare ad un orchestra con parti differenti -per gli istrumenti, giacchè era lasciato -al suonatore di scegliere a suo piacimento e secondo -il suo buon gusto e tatto musicale le note -degli accordi del tono indicato dal basso. -</p> - -<p> -I meriti della Camerata fiorentina risultano -perciò specialmente dopo i nuovi studi molto -più modesti di quanto si credeva prima. Lo -stil nuovo è ormai abbastanza chiaramente -accennato nei madrigali drammatici e negli intermezzi -madrigaleschi di Striggio, Marenzio, -<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span> -Vecchi ed altri. Nè nelle due Euridici troviamo -ancora il vero recitativo drammatico ma piuttosto -degli ariosi rozzi. La loro importanza sta -invece nel predominio del canto a solo e nell'introduzione -del canto espressivo, che segue -il testo. Ciò nullostante essa fu immensa per la -musica, poichè ambedue segnarono il principio -della vera rivoluzione musicale, dell'emancipazione -dalla musica semplicemente polifonica e -dalla diatonica dell'epoca anteriore. La mancanza -della melodia periodizzata era meno importante -che il tentativo di dar alle parole -espressione adeguata e giusta, che è visibile ad -ogni pagina di queste due opere, nelle quali -ormai si fa uso della dissonanza per caratterizzare -e si va trasformando la salmodia antica in -vera recitazione e declamazione drammatica. -</p> - -<p> -Tanto Peri che Caccini ci hanno lasciato nella -Prefazione delle loro opere un Credo artistico, -che merita venir citato almeno in parte, anche -perchè esso ha una certa rassomiglianza colle -teorie wagneriane. -</p> - -<p> -(Peri) «.... Veduto che si trattava di poesia -drammatica, e che però si doveva imitar col -canto chi parla (e senza dubbio non si parlò -mai cantando), stimai che gli antichi Greci e -Romani usassero un'armonia, che avanzando -quella del parlare ordinario, scendesse tanto -dalla melodia del cantare che pigliasse forma -di cosa mezzana.... Conobbi, parimenti nel nostro -parlare, alcune voci intonarsi in guisa che -vi si può fondare armonia; e nel corso della -<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span> -favella, passarsi per altre molte che non si intuonano -finchè si torni ad altra capace di movimento -di nuova consonanza.... E però, sì come io -non ardirei affermare questo essere il canto nelle -greche e nelle romane favole usato, così ho -creduto esser quello che solo possa donarcisi -dalla nostra musica, per accomodarsi alla nostra -favella.... E spero che l'uso delle false, sonate -e cantate senza paura non vi saranno -di noia, massime nelle arie più meste e più -gravi....». -</p> - -<p> -(Caccini) «E questa è quella maniera, altresì, -la quale discorrendo Ella (<i>Bardi</i>) diceva essere -stata usata dagli antichi Greci.... Nella qual maniera -di canto, ho io usato una certa sprezzatura, -che io ho stimato che abbia del nobile, -parendomi con essa di essermi appressato quel -più alla natural favella.... non havendo mai nelle -mie musiche usato altr'arte, che l'immitazione -de' sentimenti delle parole, toccando quelle -corde più affettuose, le quali ho giudicato più -convenirsi per quella grazia che si ricerca per -ben cantare....». -</p> - -<p> -E così era nato un nuovo genere di musica, -che per un capriccio o caso dovevasi alla fisima -d'aver rinnovellato la tragedia greca colla quale -non aveva certo neppur lontana somiglianza -nè di questa l'importanza etica, ma che era -destinato a dominare il campo musicale fino al -nostro tempo ed in futuro. Ma se la speranza -o la credenza d'aver ripristinata la musica greca -che colla sua teoria era stata soltanto un ostacolo -<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span> -al progresso dell'arte musicale, non fu che -una vana illusione, la nuova e grande innovazione -era la espressione di quell'istinto essenzialmente -umano, che solamente nell'unione del -sentimento spirituale del Cristianesimo col sensuale -del Paganesimo vedeva o divinava la perfezione -artistica. E come il sentimento ellenico, -il piacere estetico della perfezione della forma -fu quello che produsse la rivoluzione nella pittura -e cagionò il Rinascimento delle arti e della -letteratura, così l'unione dell'idea del mondo -greco, il sentimento umano e terreno collo spiritualismo -del Cristianesimo ispirò nuova vita alla -musica e la fece arte umana vera e capace di -esprimere la gioia ed il dolore del singolo individuo, -che agognava ad indipendenza di azione -e di pensiero. La poesia, che nello stile polifonico -aveva perduta ogni importanza, viene rimessa -nei suoi diritti, la musica diventa la compagna -di lei e ne nasce l'elemento lirico musicale. -</p> - -<p> -Il dramma, come l'avevano ideato Peri e Caccini -non poteva ancora corrispondere agl'ideali, -che essi forse intravedevano ma non sapevano -realizzare, giacchè la polifonia non era nelle -loro opere eliminata ma soltanto trasformata e -la tecnica e l'arte erano ancora insufficienti ad -esprimere l'elemento soggettivo, che in quei -tempi di risorgimento delle arti e del pensiero -si faceva sempre più potente. L'opera di Peri -e Caccini era nata alla corte dei Medici fra lo -sfarzo delle feste e la pompa delle vesti e scenarî -ed era monopolio dei principi. Il popolo -<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span> -vi restava estraneo, perchè le sue canzoni, le -sue melodie parlavano altrimente al suo cuore -ed altrimente lo commovevano. Alla nuova -opera mancava ancora la vita interna, l'alito -vivificatore che la facesse non una semplice -parodia della tragedia greca ma l'espressione -vera delle passioni umane. E forse per questo -Peri e Caccini dopo l'<i>Euridice</i> non ritentarono -la prova. -</p> - -<p> -Questa è la storia esterna dell'origine dell'opera -musicale. Ma ne esiste un'altra non meno -importante e non meno vera, colla quale la -Camerata fiorentina nulla ha da fare. Questa -ha dato senza dubbio l'impulso immediato ma -non è da credere che l'idea fecondatrice avrebbe -creato l'opera, quando i tempi non fossero stati -maturi e non fosse stata preparata nella pratica -e nella teoria la trasformazione della polifonia -alla monodia. -</p> - -<p> -La teoria greca conosce le consonanze ma -più in teoria che in pratica. L'<i>organum</i> colle -quarte e quinte parallele, il bordone colle seste -e terze non ebbero alcuna importanza per la -intelligenza dell'armonia, ma rimasero rozzi tentativi -meccanici. Da questi principî poteva però -nascere l'armonia se non fosse stato introdotto -col discanto il principio del moto contrario -delle voci, che non si curava punto dell'accordo -o consonanza delle voci, affidata al caso -od all'istinto. La terza si riconobbe col tempo -per consonanza ma imperfetta, tanto che il principio -e la fine delle composizioni non hanno -<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span> -che la quinta e l'ottava ma non la terza. Chi -divinò il nostro sistema d'armonia ma non -seppe trarne conseguenze pratiche fu Giuseppe -Zarlino nelle sue Istituzioni armoniche e forse -ancor prima di lui un altro italiano <i>Lodovico -Fogliarti</i> nella sua <i>Musica theorica</i> (1529). Ed a -sconquassare l'edificio delle tonalità antiche -servirono certo i tentativi di introdurre la cromatica -e l'enarmonica, fatti da <i>Nicola Vicentino</i>, -Cipriano de Rore, Gesualdo e Marenzio. A dar -l'ultimo crollo alla teoria antica e far comprendere -l'accordo servì poi il basso generale -per quanto probabilmente per caso e non per -frutto di speculazioni teoriche. -</p> - -<p> -Le canzoni popolari ebbero pure grande parte -alla nuova rivoluzione musicale. L'uso di mettere -la melodia o canto fermo nel tenore va -adagio cessando ed il soprano cambia di spesso -il nome di discanto in quello significativo di -<i>cantus</i>. Le composizioni scritte per voci ed istrumenti -e la maniera di cantare una o due voci ed -eseguire con istrumenti le altre servì pure a far -comprendere l'accordo. Petrucci stampò ormai -nei primi anni del secolo XVI, dunque molti -decenni prima dell'opera composizioni per soprano -e liuto (tenore e basso). La parte di -questo per l'impossibilità di tenere le note doveva -diventare una specie di accompagnamento -della voce che dominava anche per la poca sonorità -dell'istrumento. Lo stesso si può dire -delle composizioni scritte per più liuti, dove la -melodia è sempre nella prima parte. E neppure -<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span> -bisogna tener fermo all'asserzione che Peri e -Caccini sieno i primi monodisti perchè il basso -dei Concerti ecclesiastici di Viadana, stampati -nel 1602 ma scritti prima non è una semplice -parte vocale ma un vero basso istrumentale e -perchè la melodia è più scorrevole che nelle -melopee dei primi, che propugnavano la «nobile -sprezzatura del canto». -</p> - -<p> -La nuova forma fu dunque piuttosto la conseguenza -dello svegliarsi della coscienza musicale -e dei progressi dell'arte che del caso o delle -sedute della Camera fiorentina. Ma se ammettendo -ciò, si attenua la gloria di questa, non -spetterà meno all'Italia il vanto di aver creato -l'opera drammatica musicale. «Soltanto la nazione -che deriva dai Romani e nella quale s'era -ridotto quello che restava dei Greci, trovò forme -che innalzavano la musica sopra lo strimpellare -di suonatori e pifferai pagati e le speculazioni -di scolastici all'indipendenza di arte bella. Gli -Italiani seppero con grazia e successo far cose, -che in ogni altro paese sarebbero state impossibili -e riuscite ridicole, tanto essi avevano assorbito -l'arte antica e le sue forme. Persino imprese -che basavano palesemente su premesse -false riuscirono a bene. Come sarebbe stato -possibile in Germania, in Inghilterra od in Francia, -di trovare coi mezzi che disponevano gli -Italiani le due forme fondamentali della musica, -l'opera e l'oratorio? Noi sappiamo che le loro -premesse erano affatto infondate, giacchè nella -musica greca non si troverà nulla che potesse -<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span> -servire di modello alla musica italiana che se -ne faceva derivare; tali contradizioni, riconosciute -o meno, avrebbero reso lo spirito germanico -inetto a compiere qualsiasi cosa, mentre -l'Accademia fiorentina, camminando sulle -nuvole della fantasia come su di una strada -aperta, raggiunse il suo scopo. Gli Italiani consideravano -l'antichità non come freddi indagatori -ma come artisti e ciò, a cui uno storico -non avrebbe prestato alcuna attenzione, era l'unica -cosa che per essi aveva valore. Il sentimento -della forma artistica era in loro talmente -potente, che bisogna ammettere che fosse -piuttosto un istinto congenito della bellezza che -il frutto di una coltura di più secoli. -</p> - -<p> -Chi potrebbe credere che la stessa nazione -che aveva raggiunto la perfezione nei cori di -chiesa, nel canto polifonico profano, nel madrigale -potesse subito dopo creare la cosa più -semplice, il recitativo, la monodia e l'arte del -canto? Quasi tutto ciò che esiste di nuovo in -questo riguardo lo dobbiamo a loro, e quando -le altre nazioni avevano incominciato ad appropriarsi -le nuove forme, gli Italiani le sorprendevano -con delle nuove. (Chrysander, Händel, -vol. I, 153). -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -A. D'Ancona — <i>Origine del Teatro in Italia</i>, Firenze, 1877. -</p> - -<p> -C. Coussemaker — <i>Drames liturgiques du moyen-âge</i>, Rennes, -1860. -</p> - -<p> -F. I. Mone — <i>Schauspiele des Mittelalters</i>, 1846. -</p> - -<p> -<i>Commemorazione della Riforma melodrammatica</i>, Firenze, -1895, Galletti e Cocci. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span> -</p> - -<p> -E. Rolland — <i>Histoire de l'Opéra en Europe avant Lully et -Scarlatti</i>, 1895. -</p> - -<p> -Alaleona D. — <i>Studi su la storia dell'oratorio musicale in -Italia.</i> Torino-Roma, 1908. -</p> - -<p> -— <i>Le laudi spirituali italiane nei secoli XVI e XVII.</i> Rivista -musicale italiana. 1909, fasc. 1º. -</p> - -<p> -Goldschmidt Hugo — <i>Zur Geschichte der italienischen Oper im -XIII. Jahrhundert.</i> Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1901. -</p> - -<p> -Pasquetti Guido — <i>L'oratorio musicale in Italia.</i> Storia critica -letteraria. Firenze, Le Monnier, 1906. -</p> - -<p> -Schering Arnold — <i>Die Anfänge des Oratoriums.</i> Lipsia, -1907, Breitkopf und Härtel. -</p> - -<p> -Parazzi — <i>Vita ed opere musicali di Lodovico Grossi Viadana</i>, -Milano. -</p> - -<p> -Ehrichs Alfred — <i>Giulio Caccini</i>, Leipzig, Hesse, 1909. -</p> - -<p> -A. Solerti — <i>Le origini del Melodramma.</i> Torino, Bona, 1901. -</p> - -<p> -— <i>Gli albori del Melodramma.</i> Palermo, Sandron, 3 v., 1903. -</p> - -<p> -— <i>Musica, ballo e drammatica arte alla Corte medicea, ed -altre feste fiorentine dal 1600 al 1640.</i> Firenze, Bemporad, -1903. -</p> - -<p> -R. Eitner — <i>Die Quellen zur Entstehung der Oper-Monatshefte -für Musikgeschichte.</i> -</p> - -<p> -R. Kiesewetter — <i>Schicksale und Beschaffenheit des weltlichen -Gesanges</i>, Lipsia, 1841. -</p> - -<p> -L'Euridice di Peri e Caccini è pubblicata in edizione tascabile -di Ricordi e Comp., Milano, senza trascrizione del -basso. -</p> - -<p> -L'<i>Euridice</i> di Peri col basso decifrato, vol. X della Pubblikationen -für Musikforschung, 1881. -</p> - -<p> -<i>La rappresentazione di anima e corpo</i> in edizione facsimile -per cura di F. Mantica, Roma. -</p> - -<p> -Composizioni di Caccini, Orazio Vecchi, Malvezzi, Viadana, -contengono le opere di Kiesewetter, Gevaert (<i>les gloires de -l'Italie</i>), Ambros, Proske (<i>Musica divina</i>). -</p> - -<p> -Torchi — (<i>L'arte musicale in Italia</i>) volume 2º e seg. Cfr. -anche L. Torchi, <i>Canzoni ed arie italiane</i>, ad una voce -del secolo XVII. Rivista musicale italiana, anno I, fascicolo -4º e la pubblicazione musicale corrispondente: -<i>Canzoni ed arie del XVII secolo</i> (Ricordi e Comp.). -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span> -</p> - -<h2 id="cap10">CAPITOLO X. -<span class="smaller">Claudio Monteverdi -e l'opera veneziana e napolitana.</span></h2> -</div> - -<p> -La Camerata fiorentina aveva dato l'impulso -alla nuova evoluzione musicale e l'idea aveva -trovato terreno fecondo negli animi desiderosi -di nuove cose e destantisi alla vita moderna -di pensiero. L'esempio di Firenze trovò presto -imitatori e già nel 1601 si eseguì a Bologna -l'<i>Euridice</i> e nel 1604 a Parma la <i>Dafne</i>. In Roma, -la sede della polifonia, il dramma per musica -si contenta ancora di fornire divertimento al -popolo e nel 1606 troviamo rappresentazioni -popolari sulle piazze con musica di <i>Paolo Quagliati</i>, -che ricordano l'antico carro greco di -Tespi. Ma l'idea fiorentina minacciava spegnersi -e restare una semplice utopia di letterati e dilettanti, -tanto più che i membri della Camerata -erano o gentiluomini o letterati, che della musica -non avevano cognizioni profonde, mentre -Caccini e Peri erano buoni musicisti e discreti -contrappuntisti, ma non potevano paragonarsi -ad altri musicisti dell'epoca, dottissimi teorici. -</p> - -<p> -La riforma doveva perciò trovare degli inimici -nella classe dei musicisti stessi, che s'erano -formati ad altri studî e che non risparmiavano -le più aspre critiche alla nuova musica: -<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span> -«Se tornassero in vita Iusquino, Mutone -e gli altri, che di questo sapevano assai pur, -trasecolerebbero in vedere sì poca cognizione -e quanto malamente hoggidì i compositori se -ne sappiano servire, cose che mi fanno arrossire -e vergognare per loro» (Lodovico Zacconi, -Pratica di musica 1622). -</p> - -<p> -Il nuovo stile rappresentativo non era ancora -il passo decisivo per romperla colla polifonia -e s'era fermato a mezza strada, non osando -abbandonare intieramente le antiche tradizioni -e viceversa rinunziando alla melodia ed alle -forme musicali. L'arte aveva bisogno di un vero -musicista, che sapesse liberare l'idea della Camerata -da tutto quello di artificioso e pedantesco -che traeva con sè e la fecondasse. Essa -lo ebbe in <i>Claudio Monteverdi</i>. -</p> - -<p> -Nato in Cremona nel 1567, frequentò la scuola -di Marcantonio Ingegneri, eccellente contrappuntista -dell'epoca. Dopo molti anni passati alla -Corte dei Duchi Gonzaga a Mantova, diventò -direttore di cappella a S. Marco in Venezia dove -rimase fino alla morte (1643). Quantunque egli -abbia scritto più musica polifonica da chiesa -e profana, egli deve la sua fama al dramma musicale. -La sua prima opera <i>Orfeo</i>, favola per -musica su testo di Rinuccini, fu rappresentata -nel 1607 a Mantova alla corte di Vincenzo Gonzaga. -Ormai in questa prima opera egli si mostra -di gran lunga superiore a Peri ed a Caccini, -giacchè in essa non v'è più lo stile semplicemente -declamatorio dell'<i>Euridice</i>, ma un -<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span> -nuovo stile che palesa chiaramente il sentimento -lirico ossia essenzialmente musicale. -</p> - -<p> -L'<i>Orfeo</i> come lo dimostrarono le recenti esecuzioni -è veramente l'opera d'un genio che precorse -i tempi, giacchè in esso troviamo ormai -più o meno sviluppati i germi delle maggiori -innovazioni posteriori comprese quelle di Gluck, -e Wagner e le moderne. Quest'arte divinatoria -è tanto più meravigliosa in un'epoca in cui -non c'era nulla da imitare ma pressochè tutto -da creare, perchè la superiorità di Monteverdi -su Peri e Caccini è immensa. La musica dell'<i>Orfeo</i> -non è oggi punto invecchiata ed ha -interesse più che storico, perchè in essa v'è -ben poco di formale ma tutto è vero, ispirato -e convincente. -</p> - -<p> -All'<i>Orfeo</i> segue già nel 1608 per le nozze di -Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia, -<i>Arianna</i>, quel dramma pur troppo perduto ad -eccezione del celebre brano del lamento, che fu -come una rivelazione e che destò il più grande -entusiasmo, tanto che il contemporaneo Bonini -scrive «che non è stata casa, la quale avendo -cembali o tiorbi in casa non avesse il lamento». -E l'ammirazione non è esagerata, se si pensa -alla potenza espressiva di quel piccolo brano, -derivante specialmente dal sapiente e nuovo -uso della dissonanza. -</p> - -<p> -Monteverdi scrisse alcune altre opere, che furono -rappresentate con grande plauso a Venezia -ed altrove (<i>Adone</i>, <i>Le nozze di Enea con Lavinia</i>, -<i>Il ritorno di Ulisse</i>, <i>L'incoronazione di -<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span> -Poppea</i>). La musica delle ultime due ci è restata -e quella dell'<i>Incoronazione di Poppea</i> supera -anche quella dell'<i>Orfeo</i> per maturità e specialmente -per la caratteristica ed il sentimento -drammatico del dialogo. -</p> - -<p> -Monteverdi è veramente il primo musicista -moderno. Egli merita questo nome, perchè egli -fu il primo che liberò intieramente la musica -dai ceppi della polifonia e dalla retorica dei -fiorentini facendola esprimere le passioni umane -coi più veri ed appassionati accenti. I personaggi -dei suoi drammi non sono più semplicemente -una piccola parte di un tutto, ma esseri -umani, che pensano, agiscono, sentono, soffrono -per sè individualmente e che esprimono con -accenti proprî le loro passioni. A confermar -ciò basti la menzionata scena dell'<i>Arianna</i>, in -cui mai il dolore ebbe accenti più veri e toccanti. -Ma egli di ciò non si contenta. Abbandona -intieramente il sistema diatonico antico -e vi sostituisce il cromatico, intuendo colla -perspicacia del genio l'importanza della dissonanza -per far spiccare i diversi caratteri ed i -momenti più drammatici. Egli fa uso dell'accordo -di dominante nella cadenza, adopera ripetutamente -senza preparazione l'intervallo di -<i>nona</i>, la <i>settima diminuita</i>, il <i>tritono</i>, il <i>diabolus</i> -antico, dove si tratti concentrare l'espressione -ed individualizzare, punto badando alle tradizioni -e sorridendo alle invettive che gli scagliava -il pedante Artusi in scritti mordaci — ma stimando -come egli scrisse, che «potessero essere -<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span> -considerate altre feconde cose intorno all'armonia -e che vi fosse una moderna pratica -differente dalla determinata, la quale, con quietanza -del senso e della ragione difende il moderno -comporre». E così si diffondeva nella -musica quel grido di dolore della umanità nata -per soffrire e combattere, la dissonanza, che è -la vera espressione individuale dell'uomo pensante -in mezzo alla natura impassibilmente -serena. -</p> - -<p> -Monteverdi si può pure chiamare il padre -dell'istrumentazione, giacchè, se Peri e Caccini -si contentarono di far accompagnare i loro -canti da più istrumenti per rinforzo delle voci -senza studiarne le particolarità ed il colorito -speciale e senza dar loro importanza, Monteverdi -studia ormai la natura di ogni istrumento, -colorisce l'istrumentazione, aggiunge nuovi effetti, -come il tremolo e il pizzicato degli istrumenti -a corda, e da loro esistenza propria servendosene -ad esprimere quello che le parole -non ponno dire. In quanto egli sia in ciò superiore -ai suoi antecessori si vede confrontando -i suoi intermezzi e ritornelli, p. es. il graziosissimo -a più viole dell'<i>Orfeo</i> con quello di flauti -dell'<i>Euridice</i> di Peri. In genere i brani istrumentali -dell'<i>Orfeo</i> (Sinfonie e Ritornelli) sono ammirabili -e piccole poesie musicali, che stanno in -stretta relazione coll'azione drammatica e la caratterizzano -alle volte felicemente con poche -battute, permettendolo anche la varietà degli -strumenti impiegati, che nell'<i>Orfeo</i> sono: 2 -<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span> -cembali, 2 controbassi (specie di viole grandi) -10 viole da braccio, arpa doppia, 2 violini piccoli -alla francese, 2 cetre, 2 piccoli organi, 3 viole -di gamba, 4 tromboni, 1 regale (specie di organo), -2 cornette, 1 flautino alla vigesima seconda, -1 clarino (tromba) 3 trombe sordine. -Le parti istrumentali delle opere di Monteverdi -non sono scritte in esteso ma sono solamente -indicati gli strumenti, per cui si deve arguire -che gli accompagnatori dovevano essere -provetti musicisti, a meno non si voglia supporre -che siano andate perdute le parti. -</p> - -<p> -I Madrigali di Monteverdi, quantunque di -forma tradizionale contengono una quantità -di elementi popolareschi e drammatici raggiunti -col largo uso della cromatica e della dissonanza. -Fra i <i>Madrigali guerrieri</i> trovasi il -celebre <i>Combattimento di Tancredi e Clorinda</i> -per voci e quattro viole, dove s'incontra per -la prima volta il tremolo ed il pizzicato. -</p> - -<p> -Monteverdi fu non soltanto un eminente musicista -sempre in cerca di novità nel campo -della teoria e tecnica ma altresì un fine esteta, -che si rendeva ragione di quello che faceva -d'uopo al dramma musicale. Egli non sceglie -a caso i libretti ma li vaglia e giudica, come -secoli dopo faceva Verdi, mettendo a dura -prova i poeti. Così p. e. essendogli stato dato -l'incarico dal Duca di Mantova Ferdinando di -musicare la favola di <i>Teti e Peleo</i> di Scipione -Agnelli, egli risponde al suo signore: «Et come -potrò io con il mezzo loro movere li affetti! -<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span> -Mosse l'Arianna per esser donna, mosse parimenti -Orfeo per essere uomo e non vento. Le -armonie imitano loro medesime et non con -l'orazione et li strepiti dè venti, et il belar -delle pecore, il nitrir dei cavalli et va dicendo, -ma non imitano il parlar dè venti che non si -trova. La favola tutta poi, quanto alla mia non -poca ignoranza, non sento che punto mi mova -e con difficoltà anco la intendo, nè tanto che -lei mi porti con udire naturale ad un fine -che mi mova. L'Arianna mi porta ad un giusto -lamento et lo Orfeo ad una giusta preghiera, -ma questa non so a qual fine, sicchè, che vuole -la S. V. Ill.ma che la musica possa in questa!» -</p> - -<p> -Contemporaneo di Monteverdi ed a lui in -molti riguardi affine è <i>Marco da Gagliano</i>, fiorentino -(circa 1575-1642), autore di Madrigali e -drammi musicali, dei quali ci restano la <i>Dafne</i> -e la <i>Flora</i>. Anche in queste due opere troviamo -lo stile fiorentino ma più scorrevole ed espressivo. -Degno di menzione è il Proemio della -<i>Dafne</i>, nel quale l'autore dà utilissimi ammaestramenti -ed indicazioni ai cantanti ed attori -circa la maniera d'esecuzione. -</p> - -<p> -Il processo di sviluppo dell'opera in musica -continua con <i>Pier Francesco Caletti Bruni</i> detto -<i>Cavalli</i> (1600-1676) di Crema, scolaro ed erede -del genio di Monteverdi, direttore di cappella -in S. Marco a Venezia. Fra le sue (34-39) opere -drammatiche, la prima delle quali fu <i>Le nozze -di Teti e di Peleo</i> (1639), ebbe grande successo -il <i>Giasone</i> (1649), ed a ragione, perchè vi abbondano -<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span> -scene di grande bellezza e verità come -p. e. il lamento di Isifile e Maria «dell'antro -magico». Cavalli perfezionò lo stile e diede -più libera movenza al recitativo ed all'aria, che -quantunque non sia ancora sviluppata, pure ha -carattere decisamente arioso e melodia organicamente -periodizzata. Ammirabile è poi nelle -sue composizioni il magistrale aggruppamento -delle parti, (duetti, terzetti e quartetti), la -caratteristica e la novità degli effetti. Quasi in -tutte le sue opere, anche nelle serie, havvi qualche -personaggio comico (balbuziente, soldato, -ecc.), e qui sono forse da cercare i primordi -dell'opera comica, della quale del resto troviamo -esempi per quanto imperfetti nella <i>Tancia</i> -di <i>Jacopo Melani</i> (1657), nel <i>Pazzo per forza</i> -e nel <i>Vecchio burlato</i> dello stesso autore ed in -altre opere ancora anteriori, come p. e. nella -<i>Diana schernita</i> di <i>Giacinto Cornachioli</i> Roma -(1629), <i>Chi soffre speri</i> di Marco Marazzoli su -parole di <i>Giulio Rospigliosi</i> (papa Clemente IX) -(1639). -</p> - -<p> -Tanto nelle ultime opere di Monteverdi che -in quelle di Cavalli il coro va perdendo importanza -sia per la difficoltà di aver un coro per -un'opera che cominciava a divenire popolare e -perciò costretta a risparmiar spese o per il -graduato abbandono della musica polifonica -sia per lo spirito dei tempi inclinante al soggettivismo. -In ambedue l'armonia viene coordinata -alla melodia ed essa non segue più l'ordine -delle voci. Per i crescendi drammatici si usa la -<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span> -forma della sequenza ed altre affini ed il recitativo -ha ancora una parte musicalmente assai -importante, quantunque Cavalli preferisca ormai -l'arioso e le forme chiuse, di solito nel ritmo -di passacaglia su bassi ostinati. -</p> - -<p> -L'istrumentazione di Cavalli è molto più semplice -di quella di Monteverdi e vi domina il violino. -Le trombe sono impiegate raramente nè si -fa uso di tutta quella schiera d'istrumenti che -usavano i fiorentini. Bisogna però osservare che -gli strumenti non sono menzionati e che le partiture -conservatici non sono forse che schizzi -da completarsi a seconda del bisogno. Oltre le -voci naturali, sono impiegati anche i castrati, -che alle volte sono scritti in tessitura più alta -di quella del soprano. -</p> - -<p> -La sinfonia originaria dell'opera veneziana cominciò -coll'essere una semplice introduzione -senza alcuna attinenza all'opera, in un tempo -senza cambiamento di ritmo; poi si divise in -due parti diverse di ritmo e tema, la prima -basata sull'accordo, la seconda con sequenze -formate da un breve tema, ciò che era ormai un -embrione dell'ouverture francese posteriore. -Monteverdi e Cavalli, come di solito succede -dei genî, esercitarono per alcuni decenni, una -potente influenza sulla musica contemporanea -e dei maestri posteriori, quasi costringendoli -all'imitazione e soffocando i singoli germi di -originalità sicchè le opere di questi non sono -che pallide copie delle loro. -</p> - -<p> -Non minor fama di Cavalli ebbe <i>Giacomo -<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span> -Carissimi</i> di Marino (1604-1674), direttore in Sant'Apollinare -in Roma, il quale quantunque non -abbia composto opere teatrali ebbe grande influenza -sullo stile drammatico. Carissimi eccelse -nell'Oratorio e nella Cantata da Camera, specie -di scena drammatica con <i>a soli</i>, recitativi e -pezzi d'assieme. I meriti di Carissimi sono gli -stessi di quelli di Cavalli, ma in lui la melodia -è ancor più scorrevole, il recitativo diventa assai -espressivo come nella stupenda fine del <i>Iefte</i>. Fra -i suoi Oratorî scritti in lingua latina con accompagnamento -di due violini ed organo od organo -solo, fra i quali il <i>Giudizio di Salomone</i>, <i>Iefte</i>, -<i>Giona</i>, ecc., i cori hanno qualche cosa della -grandiosità e maestà di quelli di Händel e -struttura ed armonia somigliante alla moderna. -Il racconto è affidato allo Storico, le persone -dell'azione cantano o in recitativo od in stile -arioso, il coro ha alle volte parte drammatica. -Di Carissimi esistono anche più composizioni -comiche come il <i>testamento dell'asino</i>, la <i>declinazione -dell'hic, haec, hoc</i>, ecc. -</p> - -<p> -Chi applicò all'opera i miglioramenti di Carissimi -fu <i>Marcantonio Cesti</i> suo scolaro, monaco -aretino (1620-1669), direttore di cappella dell'imperatore -Leopoldo I d'Austria, autore fecondo -d'opere. Le più celebri sono la <i>Dori</i> (1663) -ed il <i>Pomo d'oro</i> (1666). Questa fu eseguita -con incredibile sfarzo per le nozze di Leopoldo I -con Margherita di Spagna (la messa in scena -costò 100.000 talleri) ed ha proporzioni incredibili -(67 scene). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span> -</p> - -<p> -Kretschmar caratterizza così Cavalli e Cesti: -«La natura di Cavalli sviluppa la sua grandezza -nelle scene patetiche ed in quelle dove dominano -il misterioso ed il terribile. L'arte di Cesti -ci conquide invece nelle parti idilliche del -dramma, quando la musica esprime i teneri -sentimenti dei cuori amanti, se l'amico consola -l'amico, se il solitario ricorda lamentandosi, -se si descrivono le immagini dei sogni. La melodia -di Cavalli è di linea semplicissima, mentre -Cesti è inesauribile in particolari intimi e finitissimi». -</p> - -<p> -Da nominarsi sono altresì <i>Giovanni Legrenzi</i> -(1625-1690), direttore di S. Marco in Venezia, -maestro di Lotti e Caldara, <i>Andrea Ziani</i> (1653-1715), -celebre organista di S. Marco, morto a -Vienna, <i>Geronimo Giacobbi</i> (1575-1630), <i>Francesca -Caccini</i>, figlia di Giulio, <i>Carlo Polarolo</i>, -<i>Giac. Ant. Perti</i>, <i>Antonio Draghi</i> e finalmente -<i>Alessandro Stradella</i> napolitano (?) (1645-1681), -celebre cantore e virtuoso continuatore dello -stile di Carissimi. Le sue composizioni, fra le -quali alcune opere, sonate assai importanti, -oratorî, molte cantate, delle quali molte inedite, -si conservano in parte nella biblioteca di Modena; -le sue arie «<i>se i miei sospiri</i>» e «<i>o del -mio dolce</i>» non sono certo scritte da lui, perchè -di stile affatto moderno. Dopo una vita avventurosa -morì pugnalato a Genova. -</p> - -<p> -Quantunque dopo gli studi recenti di Goldschmidt -si possa ritenere che i diretti continuatori -dell'opera di Caccini e Peri fossero romani -<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span> -(<i>Landi</i>, <i>Agazzari</i>, <i>Vitali</i>, <i>Mazzocchi</i>), pure -l'opera si poteva chiamare fin qui veneziana, -giacchè dopo Caccini e Peri sono i maestri veneziani -o che vissero a Venezia i più celebri -ed è a Venezia che si concentra l'interesse per -l'opera e dove se ne rappresentò maggior numero. -Ma colla fine del secolo XVII lo scettro -passa a Napoli ed alla scuola napolitana. -</p> - -<p> -Il capo ed il primo dei molti celebri compositori -drammatici napoletani fu <i>Alessandro Scarlatti</i> -che si può a ragione chiamare il padre -dell'opera italiana moderna (1659-1725), nato a -Trapani, scolaro di Carissimi. Scarlatti si provò -in tutti i generi ed in ognuno con fortuna. Autore -fecondissimo scrisse più di 100 opere, 400 -e più cantate, 200 messe, motetti, oratorî, e -molte composizioni istrumentali. Egli forma l'anello -di congiunzione fra lo stile severo di Palestrina -e la scuola del bel canto. Le sue composizioni -sacre sono ancora severe e maestose ed alla -polifonia è ispirato un nuovo alito caldo di vita, -che indarno si cerca nei suoi antecessori. La sua -importanza sta però nella musica drammatica. -Le sue opere teatrali (le più celebri sono <i>Rosaura</i>, -<i>Tigrane</i>, <i>Laodicea</i>) sono omai di gran lunga superiori -a quelle della scuola veneziana. La melodia -diventa sempre più facile, scorrevole e -spontanea, le forme si raffermano e perfezionano. -Il recitativo secco od accompagnato, -l'aria, l'ouverture prendono la forma definitiva. -L'istrumentazione per quanto semplice e basata -sugli archi è però molto più ricca che quella -<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span> -delle opere veneziane ed egli la colorisce con -altri istrumenti come corni, fagotti, viole d'amore, -ecc., al che giovò senza dubbio la musica -istrumentale di Torelli e Corelli, suoi contemporanei. -</p> - -<p> -Lo studio delle sue opere non giustifica però -tutte le immense lodi che gli si soglion dare. -Egli è ben di rado drammatico e se lo è, di preferenza -nelle scene comiche. Le sue melodie -basano precipuamente sul contrappunto ed egli -eccelle piuttosto nelle forme piccole come la -cantata, che nell'opera teatrale stessa. Molti dei -maestri posteriori lo superano nell'ispirazione -ma nessuno nella sapienza e nell'estrema chiarezza -del lavoro contrappuntistico, giovandogli -forse la vicinanza di tempo dei grandi maestri -romani. Ma di lui in realtà oggi si conosce ben -poco, perchè quasi tutta la sua immensa opera -è sepolta nelle biblioteche. Händel ed anche -Bach gli devono moltissimo e specialmente il -primo apprese da lui la bellezza della forma, -la chiarezza e senza lo studio delle sue opere -ed i suoi consigli egli non sarebbe quegli che -egli è. -</p> - -<p> -Secondo gli ultimi studî sembra anche che -molti dei meriti di <i>Scarlatti</i> sieno comuni ad un -altro maestro, <i>Francesco Provenzale</i> (1610) del -quale sinora si conosceva poco più del nome e -che forse fu maestro di Scarlatti. Le sue opere -<i>Stellidaura vendicata</i>, <i>lo Schiavo di sua moglie</i>, -<i>la Colomba ferita</i>, mostrano omai quelle forme -e quei pregi di cui vanno adorne le opere di -<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span> -Scarlatti. Questi finì la sua gloriosa carriera -quasi nell'oscurità e dimenticanza, consolato -soltanto dall'ammirazione ed affetto di numerosi -scolari e colleghi, fra i quali il sommo -Händel, che di lui parlava colla più alta stima. -</p> - -<p> -L'opera di Scarlatti segna una nuova fase -della musica. Essendo nell'opera napoletana -concentrata tutta l'importanza nelle arie l'interesse -drammatico, lo sviluppo dell'azione va -perdendosi in un lirismo dominante. Fu quasi -un'ubbriacatura di melodie delle quali mai si -era sazî; <i>aria</i> seguiva ad <i>aria</i> e <i>recitativo</i>, ed -i piccoli cori frammisti a qualche pezzo d'assieme -di pochissima importanza aveano piuttosto -lo scopo di conceder riposo al cantante -che altra cosa. La polifonia avea troppo a lungo -dominato il campo ed impedito il sorgere della -melodia assoluta, cosicchè, quando questa potè -liberamente espandersi, il pubblico dimenticò -intieramente la verità drammatica, lo sviluppo -dell'azione, dei caratteri ed altro. L'opera divenne -pressochè una cantata, snaturandosi ancora -nei primordî un genere che aveva altre -tendenze e cagionando altresì la decadenza -della musica da chiesa, giacchè all'antica polifonia -l'Italia non seppe sostituire, come la -Germania, l'elemento della semplice e grave -devozione delle canzoni popolari protestanti -ma vi trapiantò la melodia teatrale drammatica. -</p> - -<p> -La <i>nobile sprezzatura</i> del canto, vagheggiata -dalla Camerata fiorentina, fa luogo alla virtuosità -che non serve a scopi alti ma tende semplicemente -<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span> -all'effetto esteriore. Questi difetti non -sono tanto palesi in Scarlatti e nei primi maestri -della grande scuola napoletana, durando -ancora le antiche tradizioni ed essendo la riforma -fiorentina troppo recente. Molte delle loro -composizioni sacre resistettero perciò al cambiar -dei tempi, mentre le opere drammatiche -sono tutte dimenticate, perchè nelle prime oltre -la bellezza melodica affascinante, l'armonia ed -il contrappunto sono ancor sempre magistrali -ed esse non mancano di maestà e devozione. Ma -quando dopo Leo e Durante la polifonia ed il -contrappunto abbandonano la tematica degli -antichi inni ed alle frasi musicali a questi somiglianti -si sostituisce la nuova melodia mondana, -la religiosità scomparve e non restò che una -vana forma ipocrita, che meglio s'adattava al -contenuto sensuale. -</p> - -<p> -La scuola napoletana fondata da Alessandro -Scarlatti conta una coorte di musicisti, autori -fecondissimi, ispirati e facili, nè alcuna nazione -vide mai in sì poco tempo seguirsi uno all'altro -tal quantità di ingegni musicali, le melodie dei -quali inondavano di dolcezza gli animi e li trasportavano -in regioni incantate. Ed a quella -guisa che i Fiamminghi avevano esercitato nel -secolo XV un influsso decisivo sulla musica, -così nei secoli XVII e seguenti l'opera napoletana -domina non solo tutti i teatri d'Italia ma -anche quelli delle corti di Germania e d'Inghilterra, -mentre in Francia si accende la lotta fra -i partigiani dell'opera francese ed italiana. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span> -</p> - -<p> -Fra i numerosi scolari di Alessandro Scarlatti -ebbero maggior fama <i>Francesco Durante</i>, <i>Leonardo -Leo</i> e <i>Niccolò Porpora</i>. <i>Francesco Durante</i> -(1674-1755) di Frattamaggiore presso Napoli, -maestro del Conservatore di S. Onofrio, non ebbe -fortuna nello stile drammatico e si dedicò quasi -esclusivamente alla musica da chiesa e da camera. -Meno ricco di fantasia del suo maestro -e del suo condiscepolo Leo, egli scrisse molte -composizioni da chiesa a più voci, piene d'effetto, -splendide nelle armonie o non prive di -grandezza. Il suo <i>Magnificat</i> e la <i>Messa alla Palestrina</i> -non sono neppure oggi dimenticati e -quantunque non raggiungano le composizioni -della scuola romana, possono annoverarsi fra -le più belle opere del periodo posteriore al -classico. Durante ebbe molti allievi, fra i quali -<i>Vinci</i>, <i>Iomelli</i>, <i>Duni</i>, <i>Traetta</i>, <i>Piccini</i>, <i>Sacchini</i>, -<i>Guglielmi</i>, <i>Paisiello</i>. Superiore a lui in ogni riguardo -fu <i>Leonardo Leo</i> (1694-1744) di San Vito -nella provincia di Lecce, melodiosissimo ed -ispirato, che ebbe gran fama per le sue opere, -in cui l'istrumentazione è delicata e caratteristica. -Fra le sue composizioni sacre è celebre -il <i>Miserere</i> a otto voci. Leo fu il primo a scrivere -concerti per violoncello obbligato. Stupenda -è l'Ouverture dell'Oratorio <i>St. Elena al Calvario</i>. -<i>Francesco Feo</i> (1699-1752) fu condiscepolo di -Durante e Leo alla scuola di Pitoni a Roma. Con -lui la musica da chiesa decadde rapidamente, -sostituendosi all'elemento religioso sempre più -il drammatico e confondendosi i due stili. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span> -</p> - -<p> -<i>Niccolò Porpora</i> (1686-1767) fu autore fecondissimo -in ogni genere, e fu egli che gareggiò -a Londra con Händel. Maggiore della sua fama -come compositore è la sua rinomanza quale -maestro di canto e Farinelli ed il Porporino furono -suoi scolari. La fama di Porpora è del -resto molto minore dei suoi meriti. Egli è un -vero classico e può misurarsi almeno nell'opera -con Händel che alle volte supera p. e. nell'<i>Arianna</i>. -Il suo difetto maggiore è una certa -freddezza, che lo distingue in genere dai maestri -napolitani. -</p> - -<p> -Se già Porpora appartiene all'epoca della -decadenza della scuola napoletana, ciò può -dirsi a maggior ragione dei maestri posteriori, -le opere dei quali, con poche eccezioni, composte -per lo più in breve tempo e per secondare il -gusto del pubblico, mancano di verità drammatica -e sono oltre ogni dire manierate. -</p> - -<p> -<i>Leonardo Vinci</i> (1690-1732) di Strongoli, scolaro -di <i>Gaetano Greco</i>, dottissimo contrappuntista, -fu dotato di fantasia inesauribile. Le sue -molteplici opere drammatiche ebbero grande -successo ai loro tempi per la dolcezza delle -melodie e per una certa sentimentalità, che allora -era di moda. Vinci sa però molte volte raggiungere -una grande potenza drammatica specialmente -nel recitativo accompagnato, col -quale egli da grande varietà ed espressione alle -scene più caratteristiche, preparando la riforma -di Gluck. -</p> - -<p> -Più noto di lui ai nostri tempi è <i>Giovanni -<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span> -Battista Pergolesi</i> di Iesi (1710) scolaro di Durante, -Greco e Feo. Il suo ingegno gentile e -delicato non era fatto per l'opera seria. La sua -<i>Olimpiade</i> cadde a Roma e il giovane maestro -se ne accorò tanto che la sua gracile salute ne -ebbe tale scossa da non rimettersene più. Grande -plauso destò invece il suo intermezzo <i>La serva -padrona</i>, dato in Napoli (1731), opera che ancor -oggi si eseguisce perchè è veramente ispirata -ed ha vita drammatica ed eleganza di stile. -Pergolesi fu colla <i>Serva padrona</i> ed altri intermezzi -(il <i>Frate innamorato</i>, il <i>Flaminio</i>, la <i>Contadina -astuta</i>, ecc) uno dei fondatori dell'opera -buffa. Celebre pure fino ad oggi è il suo <i>Stabat -Mater</i>, composizione che egli compì poco prima -della sua morte (1736). Questa opera per due -voci di donna e quartetto d'archi non appartiene -alla vera musica sacra, ma cattiva gli -animi per una dolce melanconia non però priva -di passione che vi è sparsa e per la grande bellezza -melodica e la chiarezza del disegno musicale. -I soliti giudizi specialmente degli stranieri -sulle opere di Pergolesi sono oggi da rifarsi completamente, -giacchè egli non è punto lo sdolcinato -autore, che si volle fin oggi fare di lui. -Egli è invece fra i contemporanei il più geniale -e quegli che anche nell'opera seria aveva iniziato -una riforma drammatica, che la morte -troncò e bastino per prova i recitativi drammatici -dell'<i>Olimpiade</i> e dell'<i>Adriano</i>. Nell'opera -buffa, della quale egli per circostanze esteriori -ebbe più ad occuparsi, raggiunse un alto grado -<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span> -di perfezione per la concisione e bellezza della -melodia, la sana e briosa letizia che non diventa -mai triviale. Ma anche nella musica istrumentale -egli fu un precursore geniale specialmente -nelle Sonate per due violini e basso dove si -trova già l'Allegro cantabile prima ignoto e di -grande importanza per la musica posteriore, ed -il riapparire del primo tema dopo lo sviluppo -della seconda parte e del rivolto, un procedimento -che a torto si riteneva fosse stato Filippo -Emanuele Bach a usare per il primo. -</p> - -<p> -Pergolesi scrisse in cinque anni di lavoro dodici -opere teatrali, tre oratori, quattro messe, -più <i>Salve regina</i>, lo <i>Stabat</i>, <i>Arie</i>, <i>Trio</i>, ecc. -</p> - -<p> -Allo stesso genere di musica drammatica sacra -appartiene pure il celebre <i>Stabat Mater</i> di <i>Emanuele -Astorga</i> (1680-1736?), barone siciliano nato -nel 1680 ad Augusta e morto in Spagna verso -il 1750, autore dell'opera pastorale <i>Dafni</i> e di -molte cantate. Le ultime ricerche di Volkmann -hanno sfatato tutte le leggende, che si leggono -sulla sua vita. Lo <i>Stabat Mater</i> di Astorga a -4 voci con archi è simile a quello di Pergolesi ma -ha più maschia severità ed il contrappunto e -l'armonia sono più ricchi. -</p> - -<p> -<i>Niccolò Iomelli</i> di Aversa (1714-1774) frequentò -la scuola di Durante e Feo. Scrisse più -opere per varie città d'Italia. Scrittore facile e -melodioso, egli seppe già dalle prime innalzarsi -sopra gli altri. Passato alla corte di Stoccarda, -dove fu molti anni maestro di cappella, -fece risorgere le sorti di quel teatro, eseguendo -<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span> -opere, come in Germania mai si aveva prima -sentito. Il contatto coi maestri della scuola tedesca -influì altresì sul suo stile arricchendone -l'armonia. Ritornato in patria i suoi ultimi lavori -non ebbero fortuna. A torto però, giacchè -le sue ultime opere per la nobiltà d'ispirazione -e ricchezza di lavoro orchestrale si devono anzi -contare fra le migliori della scuola napolitana. -(<i>Enea nel Lazio</i>, <i>Penelope</i>, <i>Fetonte</i>). Fra le molte -composizioni sacre che scrisse, è ancor noto un -<i>Requiem</i> melodioso e d'effetto, benchè privo di -maestà e grandezza. Una delle sue ultime opere -fu un <i>Miserere</i> per due soprani e quartetto d'arco -opera che può star a paro collo <i>Stabat Mater</i> -di Pergolesi. Iomelli fu chiamato dai contemporanei -il Gluck italiano e non senza ragione, -giacchè nessun maestro italiano si curò tanto -del libretto e della verità drammatica. Egli rimise -in onore il coro, diede più importanza al -recitativo accompagnato ed all'orchestra, che è -trattata con grande diligenza. L'ultima scena -del <i>Fetonte</i> è un pezzo di musica descrittiva -piuttosto unico che raro per il suo tempo. -</p> - -<p> -<i>Niccolò Piccini</i> di Bari (1728-1800) deve la -sua fama, che dura fino ad oggi, più che alle -sue opere, alle gare ed alla contesa che si accese -negli ultimi anni della sua vita a Parigi -fra i suoi fautori e quelli di Gluck. A lui spetta -però il merito d'aver introdotto nuove forme -nell'opera buffa, iniziata da <i>Niccolò Logroscino</i> -(1700-1763), e d'averla arricchita di maggiore -varietà. Egli abbandonò l'<i>aria da capo</i> di Scarlatti -<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span> -e vi sostituì la forma del <i>rondò</i>. Trasformò -la forma del finale e fu sempre accurato nella -strumentazione. La sua <i>Cecchina</i> ebbe tale successo -che in pochi anni si rappresentò in tutta -l'Europa. Qualche bel brano contiene altresì -il suo <i>Orlando</i>, scritto per l'Opera di Parigi (1778). -</p> - -<p> -<i>Antonio Sacchini</i> (1734-1786) di Pozzuoli, autore -dell'<i>Edipo a Colono</i> e <i>Tommaso Traetta</i> -(1717-1779) unirono all'abbondanza melodica -napoletana vigoria e verità drammatica. Ambedue -ebbero vita avventurosa e visitarono più -paesi. -</p> - -<p> -<i>Giovanni Paisiello</i> di Taranto (1741-1816) autore -fecondissimo godè fama immensa tanto -in Italia che in Germania e Russia. Più fortuna -delle sue opere serie ebbero le comiche e buffe, -fra cui il <i>Barbiere di Siviglia</i> per lo stile festevole -ed urbano, per eleganza di forma e per -la freschezza inesauribile della melodia. -</p> - -<p> -<i>Niccolò Zingarelli</i> (1752-1837) napoletano, autore -dell'opera Giulietta e Romeo, fu pedante e -retrogrado ma egregio pedagogo; -</p> - -<p> -Con <i>Domenico Cimarosa</i> di Aversa (1749-1801) -scolaro di Sacchini, autore di <i>Giannina e Bernardone</i>, -del <i>Matrimonio segreto</i>, eseguito nel -1792 a Vienna con successo enorme, l'opera -buffa, retaggio della terra italiana, arrivò al più -alto grado di perfezione per la naturalezza, giovialità -sana e per gli interessanti contrasti, -il tutto raggiunto con arte sobria e sicura. -</p> - -<p> -Come in tutte le arti ad un epoca di splendore -segue per legge naturale quella della decadenza, -<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span> -quasi che il genio umano abbisogni di riposo, -al fiore dell'opera napoletana succede un'epoca -nella quale il manierismo prende il sopravvento, -lo stile perde l'originalità e diventa incolore. -Ad onta di tutto ciò l'arte italiana mantenne almeno -nell'opera il primato ed i musicisti italiani -continuarono per lunghi anni ancora a -dare le loro opere nei teatri di corte di Germania, -ad occuparvi i più onorifici posti, ed -i cantanti italiani erano ricercati e preferiti. E -non solo i teatri di Vienna, Monaco e Dresda, -ma anche molti di altre città, come Berlino, -Breslavia, Lipsia, Stoccarda, Brunswick, ecc., -erano intieramente dominati dagli artisti italiani, -sicchè per i compositori tedeschi non restava -altro che scegliere o fra l'oblio e la trascuranza -o l'imitazione degli italiani. -</p> - -<p> -Quest'epoca poi, che chiamiamo di decadenza, -non lo è che relativamente al tempo anteriore, -in cui l'Italia come mai nessun'altra nazione -vide in sì pochi anni fiorire tanti uomini illustri, -dotati di sì grande genio musicale, poichè fra -questi maestri alcuni furono pari ai primi per -vastità d'ingegno e dottrina. L'influsso della -scuola napoletana è generale in quest'epoca, e -se prima potemmo distinguere la scuola fiorentina, -romana e veneziana, la caratteristica di -queste scuole, che però durarono anche in seguito, -va perdendosi per il predominio dello stile -dell'opera e della musica dei maestri napoletani. -</p> - -<p> -Il maggiore degli epigoni fu senza dubbio -<i>Antonio Lotti</i> (1667-1740), probabilmente nato -<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span> -in Hannover, figlio d'un musicista veneziano, -direttore di quella cappella. Studiò da <i>Legrenzi</i> -ed occupò il posto di primo organista in San -Marco, dove divenne poi direttore della cappella. -Nell'anno 1718 si recò alla corte di Dresda -e vi fece eseguire in occasione delle nozze -del principe palatino di Sassonia la sua opera -<i>Gli odi delusi dal sangue</i> ma non vi restò che -poco tempo, essendo ritornato a Venezia per -rimanervi fino alla morte. L'importanza di -Lotti sta nelle sue opere di musica sacra. In -queste egli raggiunse i più alti ingegni e vi -lasciò traccia imperitura. La potenza espressiva, -la grandiosità tragica, la maestà e sonorità -dei suoi celebri <i>Crucifixus</i> a 6, 8 e 10 -voci, delle sue messe, del suo <i>Miserere</i> in <i>re minore</i>, -del suo motetto <i>Laudate pueri</i> a tre voci di -donne e quartetto, si cercano indarno nelle -opere dei contemporanei. Sul limitare dell'epoca -della musica da cappella della scuola romana -egli vi infonde nuovi elementi moderni, che ne -arricchiscono l'espressione e corrispondono all'epoca -in cui la riforma aveva suscitato il dubbio -e l'anima non possedeva più la quiete e la -tranquillità del tempo di Palestrina. Non meno -grande che nella musica da chiesa è Lotti -nei suoi Madrigali, duetti e terzetti (1705) fra -cui la celebre aria: <i>Pur dicesti, o bocca bella</i>, -oggi tante volte cantata. Una delle sue ultime -opere fu il celebre madrigale <i>Spirito di Dio</i> -(1736), scritto per ordine della Serenissima onde -festeggiare il novello Doge. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span> -</p> - -<p> -Miglior fortuna di Lotti ebbe nell'opera il -suo collega di studi <i>Antonio Caldara</i>, veneziano -(1678-1763), maestro dell'imperatore Carlo VI, -direttore dell'opera a Vienna (1718), autore di -69 opere teatrali. Caldara appartiene ormai alla -decadenza e ad onta della sua ricchezza melodica -manca d'originalità e sentimento drammatico. -Fra la sua musica da chiesa è noto un -<i>Crucifixus</i> a 16 voci e non sono ancora dimenticate -alcune delle sue cantate. -</p> - -<p> -Fra gli altri musicisti veneziani degni di -menzione eccelsero <i>Benedetto Marcello</i> e <i>Baldassare -Galuppi</i>. <i>Benedetto Marcello</i> nobile veneziano -(1686-1739) deve la sua fama precipuamente -alla sua opera capitale: <i>Estro poetico -armonico</i>, raccolta di 50 salmi su parafrasi di -Giustiniani, in otto volumi (1724-1727), edita -più volte anche recentemente. Queste composizioni -sono scritte a 1, 2, 3 e 4 voci con basso -numerato ed altresì con istrumenti a corda, in -stile diverso, che si avvicina alla cantata nella -quale si avvicendano recitativi, arie e pezzi fugati. -Quantunque molti temi sieno tolti da canti -ebraici spagnuoli antichi e da melodie greche, -il carattere è essenzialmente moderno, per cui -è inevitabile un contrasto fra arcaismi e mezzi -moderni, che esclude l'intima armonia delle -parti. I salmi di Marcello non meritano la fama -che ebbero per la parziale mancanza di semplicità -e grandiosità addicentesi al testo e pel predominio -del sentimento drammatico, ma sono -però da considerarsi come un'opera monumentale -<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span> -del periodo della decadenza. Marcello coprì -molte cariche onorifiche e morì a Brescia. -</p> - -<p> -<i>Baldassare Galuppi</i> di Burano detto il Buranello -(1706-1786), frequentò la scuola di Lotti, -fu direttore di cappella a San Marco, e visitò -Londra e Pietroburgo. Fra le sue numerose -opere teatrali (circa 60), la <i>Didone abbandonata</i> -ebbe la maggior fortuna. Eccelse nel genere -comico (<i>Il mondo della luna, l'Uomo femmina</i>, -ecc.), e fu compositore melodioso ed ispirato -unendo alla vivace fantasia un innato istinto -della forma mentre invece l'armonia è povera -e trascurata. -</p> - -<p> -In Roma duravano le antiche tradizioni dell'epoca -di Palestrina ed esercitavano un influsso -sui musicisti, che come prima si volgevano -di preferenza alla musica da chiesa. -</p> - -<p> -Celebre maestro e capo d'una scuola, che frequentarono -Durante, Feo, Leo ed altri fu <i>Giuseppe -Ottavio Pitoni</i> di Rieti (1657-1743), direttore -di cappella in più chiese di Roma. Molte -delle sue composizioni da chiesa si eseguiscono -ancora oggi e s'avvicinano al modello di Palestrina -per la grandiosità, maestà e purezza di -stile (<i>Dixit</i> a 16 voci, <i>Requiem</i>, ecc.). Fu dottissimo -contrappuntista ed ebbe mente tanto chiara -ed intelletto sì acuto da scrivere senza partitura. -Di lui abbiamo pure un lavoro pregevolissimo -ed assai utile per la storia della musica nella -sua <i>Notizia dei contrappuntisti e compositori di -musica dagli anni dell'êra cristiana</i> 1000 <i>fino -al</i> 1700. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span> -</p> - -<p> -Altri celebri maestri romani furono <i>Bernardo -Pasquini</i>, uno dei più grandi organisti italiani -(1637-1710); <i>Francesco Gasperini</i> suo scolaro, -nativo di Lucca (1668-1737), maestro in S. Giovanni -Laterano, autore fecondo di musica da -chiesa e di opere teatrali, come pure di un trattato: -<i>L'armonico pratico al cembalo e Tommaso -Bay</i> (1713), direttore della cappella Sistina, autore -del celebre <i>Miserere</i>, scritto a somiglianza -di quello d'Allegri a 4 e 8 voci; <i>Giovanni Battista -Casali e Pompeo Cannicciari</i>. -</p> - -<p> -La dotta Bologna vide pure fra le sue mura -fiorire insigni ingegni musicali fra i quali <i>Giovanni -Paolo Colonna</i> (1640-1695), bresciano, allievo -di Carissimi e Benevoli, compositore di -musica da chiesa ed opere teatrali e dotto -maestro, dalla cui scuola uscirono fra altri Bononcini -e Clari. -</p> - -<p> -<i>Giovanni Bononcini</i>, il giovane, figlio del celebre -teorico Giovan Maria Bononcini, nacque -nel 1670 in Modena e frequentò dapprima la -scuola del padre per poi passare a quella di -Colonna a Bologna. Dopo aver vissuto alcun -tempo a Vienna e Roma, dove fu ammirato -per la sua arte di suonare il violoncello, si recò -a Londra e vi fece rappresentare nel 1706 l'opera -<i>Camilla</i>, spacciandola per sua, mentre l'aveva -scritta sua fratello Marcantonio. Le sue -composizioni vennero in voga, e la sua stella -parve persino oscurare per qualche tempo quella -del suo contemporaneo Händel. Il campo si divise -in due fazioni, una per Bononcini, l'altra -<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span> -per Händel e non mancarono nè acerbe lotte -nè libelli satirici dall'una e dall'altra parte. Ma -Bononcini, quantunque buon musicista, non poteva -alla lunga competere con un colosso come -Händel, del quale indarno tentava raggiungere -la grandiosità tragica e la potenza espressiva. -La sua ultima opera, che diede a Londra (1727), -fu l'<i>Astianatte</i>, colla quale intendeva superare -Händel ma che non incontrò il favore del pubblico. -La vanagloria fu la causa della sua rovina, -giacchè avendo egli consegnato all'Accademia -musicale, qual prova della sua capacità, un madrigale -a cinque voci, scopertosi poi che era il -madrigale di Lotti: <i>In una siepe ombrosa</i>, pubblicato -nella sua raccolta di duetti, terzetti, ecc. -(1705), fu abbandonato anche dai suoi partigiani -e dovette ritirarsi sconfitto per finire la sua vita -oscuramente a Venezia. -</p> - -<p> -Contemporaneo di Bononcini è <i>Attilio Ariosti</i> -(1660) bolognese, successore poco fortunato del -primo a Londra. Egli fu celebre suonatore di -viola e scrisse molte sonate per questo istrumento. -</p> - -<p> -Gentile ed ispirato compositore fu l'altro scolaro -già nominato di Colonna, <i>Giovanni Maria -Clari</i> di Pisa (1669), direttore della cappella di -Pistoia, che si distinse nella musica da camera. -Di lui sono meritamente celebri un <i>de Profundis</i> -per coro, organo ed orchestra ed i duetti da -camera. -</p> - -<p> -Maggiore di tutti in questo genere fu <i>Agostino -Steffani</i> di Castelfranco nella provincia di Venezia -<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span> -(1654-1728), una delle più simpatiche personalità -artistiche del suo secolo. Dapprima -putto in S. Marco a Venezia, si recò a Monaco -a studiarvi la composizione da Bernabei. Nel -1685 fu chiamato alla corte di Hannover, dove -egli sviluppò un'attività artistica coronata dal -più felice successo. In seguito meritatasi la stima -e confidenza del principe coprì cariche diplomatiche -importanti e prestò segnalati servigi. -Egli si provò in tutti i generi e nella musica -da camera vocale riuscì insuperabile. I suoi -duetti da camera oggi pur troppo quasi dimenticati, -sono un modello del genere. In essi la -forma, l'ispirazione, la dottrina, la infinita varietà -vanno di pari passo e formano un complesso -perfetto, che lo stesso Händel, suo successore -in Hannover, non si peritò a chiamare -inimitabile. La forma di questi duetti è svariata; -essi constano ora d'uno ora di più tempi ed -uniscono allo stile fugato e a canoni un'inesauribile -vena melodica ed una rara potenza di -espressione. L'ultima composizione di Steffani -fu il suo grandioso <i>Stabat Mater</i> a sei voci con -archi ed organo, un'opera pari o superiore a -quella del Pergolesi ed Astorga e di stile più -puro di queste. -</p> - -<p> -In ultimo rammenteremo fra gli italiani il -<i>P. Giambattista Martini</i>, monaco francescano -di Bologna (1706-1784), più celebre teorico che -compositore, autore dell'importante <i>Saggio fondamentale -pratico di contrappunto</i>, che contiene -una quantità di composizioni dei più distinti -<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span> -maestri, esaminate e spiegate con rara perspicacia -e della <i>Storia della musica</i> in tre volumi, -opera pur troppo incompleta, che abbraccia -soltanto l'epoca antica e da prova della stragrande -coltura dell'autore; — <i>Francesco Conti</i> -fiorentino (1703), celebre tiorbista (specie di -liuto), compositore d'opere fra le quali il <i>Don -Chisciotte</i>, che ebbe molto successo, vice-direttore -del teatro di Vienna; — Giuseppe Sarti di -Faenza (1729), e <i>Vincenzo Martini</i> di Valenza -in Spagna (1754), autore il primo dell'opera -<i>Fra due litiganti il terzo gode</i>, il secondo della -<i>Cosa rara</i>, di due temi delle quali Mozart si -servì nel finale del <i>Don Giovanni</i> — <i>Ferdinando -Paer</i> (1771-1839), parmigiano, facile ma superficiale, -autore delle fortunate opere <i>Griselda</i> -e <i>Sargino</i>. — <i>Antonio Salieri</i> (1750-1825) di -Legnago, scolaro di Gluck, maestro di Beethoven -e Schubert (<i>Danaidi</i>, <i>Tarare</i>). — <i>Vincenzo -Righini</i> (1756-1841) perugino, l'ultimo dei -direttori italiani stabili nei teatri di Germania. -</p> - -<p> -Il tempo inesorabile ha travolto nella dimenticanza -tutte le opere teatrali della scuola napolitana -e di loro si conosce oggi soltanto qualche -aria pubblicata in antologie musicali, mentre -il resto giace sepolto nelle biblioteche. Una -delle cagioni principali di questo completo -oblio sta senza dubbio nella mancanza assoluta -di interesse e verità drammatica dell'azione. I -libretti di queste opere o di soggetto mitologico -o storico romano o greco non sono che -una filza di scene mal collegate che non hanno -<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span> -altro scopo che porgere occasione al musicista -ed al cantante o allo scenografo di mettere in -bella mostra la loro arte. La forma diventa -perciò affatto stereotipa. Aria segue ad aria (40- -50 in una sol opera) e queste son collegate da -recitativi di solito senza importanza. Il coro -non ha quasi alcuna parte, i duetti sono piuttosto -semplici composizioni di musica assoluta -che scene drammatiche, i terzetti ed i quartetti -sono rarissimi. L'opera buffa napolitana, preceduta -dalla <i>commedia in musica</i> di spesso in dialetto -è più viva e spigliata e perciò essa seppe -più resistere alle ingiurie del tempo. -</p> - -<p> -L'unica opera che si eseguisce ancora qualche -rara volta è il <i>Matrimonio segreto</i> di Cimarosa -ed essa può servire a giudicare del genere. La -facilità è davvero meravigliosa, le situazioni ed i -caratteri vi sono appena accennati, l'orchestra -si accontenta di accompagnare. Ma la matematica -regolarità del periodo musicale, il mantenere -lo stesso tono, le cadenze sempre eguali, -insomma la troppa regolarità e somiglianza di -una parte coll'altra finiscono col destare un sentimento -di tedio e monotonia, per quanto non -ci sembri giustificata la nota di Schumann nel -suo giornale: «tecnica magistrale, del resto piuttosto -senza interesse ed in fine tedioso e privo -d'ogni pensiero». -</p> - -<p> -È affatto inutile il parlare dei poeti che servirono -ai musicisti. La parte più debole della -letteratura italiana fu sempre il teatro ed è naturale, -che i libretti di opera fossero di molto -<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span> -inferiori alle poche produzioni drammatiche da -recitarsi, perchè l'opera in musica era quasi -fossilizzata per le forme ormai prescritte dalla -tradizione. In ogni modo però <i>Apostolo Zeno</i> -(1687-1750) che «tentò comporre melodrammi -che stessero in pace colla logica dell'arte» e -<i>Pietro Trapassi-Metastasio</i> (1898-1782), ambidue -poeti cesarei alla corte di Vienna si innalzano -su tutti gli altri ma a loro fanno difetto le maggiori -doti del poeta drammatico, la verità, la -caratteristica e la scienza dei contrasti. -</p> - -<p> -Metastasio è del resto ben superiore a Zeno, -che diventò librettista d'opera più per necessità -della vita e fu piuttosto un pedante che un -poeta. Mentre egli come scrive «poetava pian -piano per non riscaldarsi di soverchio il capo» -Metastasio poteva dire di sè: -</p> - -<div class="poem"> -<p>Sogni e favole io fingo; e pure in carte</p> -<p>Mentre favole e sogni orno e disegno,</p> -<p>In lor, folle che son, prendo tal parte</p> -<p>Che del mal che inventai piango e mi sdegno.</p> -</div> - -<p> -I poeti posteriori non seppero del resto raggiungere -neppure lontanamente Metastasio. -«Molti, scrive Goldoni, si sono provati dopo di -lui e valorosi e dotti; ma l'orecchio avvezzato -a quei dolci versi, a que' gentili pensieri, a quel -brillante modo di sceneggiare dell'egregio poeta, -non ha trovato chi valga ad agguagliarlo». Difatti -se i drammi di Metastasio non son capolavori, -essi son ben di molto migliori di quelli -dei poeti che gli successero, fra i quali emergono -<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span> -<i>Gio Batta Casti</i> e <i>Lorenzo Da Ponte</i>, l'autore -dei libretti delle <i>Nozze di Figaro</i> e del -<i>Don Giovanni</i>. Casti è l'autore dello scherzo comico: -<i>Prima la musica, poi le parole</i>, musicato -da Salieri, che è però una satira mordace dell'andazzo -dei tempi, perchè come dice il Maestro -nello Scherzo allora valeva quasi la massima -che -</p> - -<div class="poem"> -<p>«<i>La mia musica ha questo d'eccellente,</i></p> -<p><i>Che può adattarsi a tutto egregiamente</i>».</p> -</div> - -<p> -L'importanza del teatro e specialmente dell'opera -lirica di quei tempi era del resto ben -diversa da quella che assunse poi, nè ciò si -cambiò per molto tempo ancora, giacchè, come -Vincenzo Monti diceva, «gli italiani non portano -all'opera che gli orecchi». «Il teatro insieme -con l'amore, la conversazione ed il gioco -è il piacere supremo della gente ricca ed oziosa, -non impacciata nei commerci, non tormentata -dall'enorme fatica del pensare; essa si -raccoglieva volentieri intorno ad un tavolino di -faraone come accorreva in folla a udire quella -musica facile, cascante di trilli e di vezzi, sensuale -e voluttuosa, piena di strascichi e scoppî, -di volute e fioriture, nella quale le Dorisbe ed -Armide venivano alla ribalta a gorgheggiare le -ariette, impazientemente attese dal pubblico -dopo i lunghi recitativi, onde la favola era tessuta» -(Tullio Concari, <i>Il Settecento</i>, pag. 53). -</p> - -<p> -Un quadro fedele del teatro lirico del Settecento -in Italia ci dipinse Burney nel suo Giornale -<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span> -di viaggio attraverso la Francia e l'Italia -(1770) mentre Benedetto Marcello colla sua celebre -satira <i>Il Teatro alla moda</i> (1720) ne caratterizzò -i difetti. Altre satire del teatro musicale -sono l'<i>Impresario delle Smirne</i>, di Goldoni, -<i>il poeta di teatro</i> di Filippo Pananti, e <i>l'opera -seria</i> di Ranieri Calzabigi con musica di Gennaro -Astariota. -</p> - -<p> -I giudizî che da anni ed anni si ripetono stereotipi -sull'opera italiana dopo Monteverdi fino -alla fine del Settecento sono tanto meno giustificati -che non si fa che ripetere quello che altri -scrisse prima senza punto controllarne la giustezza -e perchè in realtà quasi nessuno conosce -veramente quelle opere, che per la maggior -parte non furono mai pubblicate per le stampe. -Anche oggi non esistono che pochissime edizioni -moderne di alcune opere intiere e qualche -raccolta di arie. Eppure per quanto insignificanti -in confronto dello stragrande numero, -esse bastano per conchiudere che l'opera italiana -del Seicento e Settecento è ben superiore -a quello che si crede. -</p> - -<p> -Il rapido ed innegabile decadimento dell'opera -lirica, che aveva cominciato con sani principî, -fu cagionato molto più dai poeti che dai -musicisti, che non potevano ispirarsi a libretti, -che d'opera non avevano che la forma esterna -e per drammi senza vere passioni e conflitti -umani. Anche i melodrammi di Metastasio per -quanto migliori degli altri, mancavano nelle -parti principali di musicabilità, pieni come erano -<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span> -di intrighi prosaici e dialoghi senza interesse -per la musica e che non si potevano mettere in -musica altrimenti che in forma di recitativo -secco. Il musicista doveva perciò quasi sempre -contentarsi delle strofette, framezzate in cui -si formulavano facili sentenze morali senza vera -attinenza all'azione. Se invece per avventura -se ne presentava l'occasione, allora anche il -musicista si librava ad alti voli e non sono affatto -rari grandiosi monologhi e bellissimi recitativi -drammatici, accompagnati da tutta l'orchestra -con un sapore spiccato di modernità. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -E. Vogel — <i>Claudio Monteverdi.</i> Vierteljahreschrift für Musikwissenschaft, -III. -</p> - -<p> -— <i>Marco da Gagliano.</i> Ibidem V. -</p> - -<p> -H. Goldschmidt — <i>Claudio Monteverdi. Il ritorno di Ulisse.</i> -Sammelband J. M. G., 1908. -</p> - -<p> -Alfred Heuss — <i>Die Instrumentalstücke des Orfeo</i> (Monteverdi). -Sammelband der J. M. G. IV, 2, 1903. -</p> - -<p> -H. Goldschmidt — <i>Cavalli als dramatischer Componist. Musikhelfe -für Musikgeschichte</i>, 1893. -</p> - -<p> -— <i>Geschichte der ital. Oper im XVII Jahrhundert</i>, Lipsia, -1901. -</p> - -<p> -Wellesz Egon — <i>Cavalli und der Stil der venetianischen Oper</i>, -Vienna, Artaria, 1913. -</p> - -<p> -H. Kretschmar — <i>Die venetianische Oper.</i> 1892. -</p> - -<p> -Ambros W. — <i>Bunte Blätter</i> (Alessandro Stradella). Lipsia, -Leuckart. -</p> - -<p> -Hess Heinz — <i>Die Opern Alessandro Stradellas.</i> Lipsia, Breitkopf -und Härtel. -</p> - -<p> -Fr. Florimo — <i>La scuola musicale di Napoli</i>, 1880. -</p> - -<p> -— <i>Cenno storico sulla scuola musicale di Napoli</i>, 1869. -</p> - -<p> -N. d'Arienzo — <i>Origini dell'opera comica.</i> Rivista mus. ital., -Anno II e seguenti. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span> -</p> - -<p> -Edw. J. Dent — <i>Alessandro Scarlatti. His life and works</i>, -London, Arnold, 1905. -</p> - -<p> -H. M. Schletterer — <i>Gio. Batta Pergolesi</i>, Lipsia, 1880, -Breitkopf und Härtel. -</p> - -<p> -E. Fanolini-Fasini — <i>G. B. Pergolesi</i>, Ricordi, Milano, 1900. -</p> - -<p> -Radiciotti G. — <i>G. B. Pergolesi</i>, Roma, ediz. Musica, 1910. -</p> - -<p> -Volkmann H. — <i>Emanuel d'Astorga</i>, I Band, Lipsia, 1911. -</p> - -<p> -Scherillo Michele — <i>Storia letteraria dell'opera buffa italiana</i>, -Napoli, 1883. -</p> - -<p> -Leo Giacomo — Leonardo Leo, Napoli, Melfi e Jele, 1905. -</p> - -<p> -Dent E. J. — <i>Leonardo Leo</i>, Sammelband Int. M. G., VIII, 4. -</p> - -<p> -Brenet — <i>Carissimi</i>, Riv. mus. ital., Anno IV, fasc. n. 3. -</p> - -<p> -Galvani — <i>I teatri musicali di Venezia</i>, 1878. -</p> - -<p> -Wiel Taddeo — <i>I teatri musicali veneziani del Settecento</i>, -Venezia, 1897. -</p> - -<p> -Sittard I. — <i>Zur Geschichte der Musik am Würtemberger. Hof.</i>, -Stuttgart, 1890 (Iomelli). -</p> - -<p> -Abert H. — <i>Niccolò Iomelli als Opernkomponist</i>, Halle, Niemeyer, -1909. -</p> - -<p> -Ginguené — <i>La vie et les ouvrages de Piccini</i>, Paris. -</p> - -<p> -Vernon Lee — <i>Il settecento in Italia</i>, Vol. I. La vita musicale, -Milano. Dumolard, 1882. -</p> - -<p> -Naumann E. — <i>Italienische Tondichter</i>, Berlino, Oppenheim, -1882. -</p> - -<p> -L. Busi — <i>Benedetto Marcello</i>, Bologna, Zanichelli, 1884. -</p> - -<p> -— <i>Il padre G. B. Martini</i>, 1891. -</p> - -<p> -Untersteiner A. — <i>Agostino Steffani</i>, Riv. mus. it., vol. XIV -fasc. 3º, 1907. -</p> - -<p> -<i>Denkmäler deutscher Tonkunst in Bayern</i>, due volumi. <i>Opere -scelte di Agostino Steffani</i> (Duetti, ecc., Alarico il Balta). -</p> - -<p> -Molte opere tedesche (Fürstenau, Schneider, Sittard, Rudhard, -Fischer) trattano dell'opera italiana alle corti di Germania. -</p> - -<p> -Nuovamente pubblicati furono: -</p> - -<p> -Gagliano — <i>Dafne.</i> -</p> - -<p> -Monteverdi — <i>Orfeo</i>, 10º volume delle pubblicazioni della -Gesellschaft für Musikforschung — e Milano, 1909. -</p> - -<p> -<i>L'incoronazione di Poppea</i>, Breitkopf und Härtel, 1904. -</p> - -<p> -Gevaert — <i>Les gloires de l'Italie</i>, Paris, 1868 (Scarlatti, Leo, -Iomelli, Pergolese, ecc.). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span> -</p> - -<p> -A. Parisotti — <i>Arie antiche</i>, Ricordi, Milano. -</p> - -<p> -Zanon M. — <i>Venti arie di Cavalli</i>, Trieste, Schmidt. -— <i>Arie antiche</i>, Ricordi. -</p> - -<p> -Scarlatti — <i>La Rosaura</i>, pubblicata da Eitner. -</p> - -<p> -Iomelli — <i>Fetonte</i>, Volume 32 e 33 dei Denkmäler deutscher -Tonkunst. -</p> - -<p> -Caldara — <i>Opere scelte</i>, in annata XIII dei Denkmäler der -Tonkunst in Oesterreich. -</p> - -<p> -Pergolese ed Astorga — <i>Stabat Mater</i>, più edizioni. -</p> - -<p> -Carissimi — <i>Jefta</i> ed altri oratori pubblicati da Chrysander. -</p> - -<p> -Cesti — <i>Dori</i> e <i>Pomo d'oro</i> nei Denkmäler, Vienna, Artaria. -</p> - -<p> -Cavalli — <i>Giasone</i>, XII vol. delle pubblicazioni della Gesellschaft -für Musikforschung. -</p> - -<p> -Monteverdi — <i>Madrigali scelti</i>, Peters. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap11">CAPITOLO XI. -<span class="smaller">L'Opera francese, tedesca ed inglese.</span></h2> -</div> - -<p> -La storia dell'opera in Francia sta in intimo -rapporto con quella dell'opera italiana dalla -quale essa deriva. E se, come alcuni sogliono, -si volesse rimontare alle origini e trovare nelle -scene di Adam de la Halle l'idea dell'azione -drammatica musicale, non si deve dimenticare -che quelle con tutta probabilità furono scritte -ed eseguite a Napoli. -</p> - -<p> -Le prime rappresentazioni teatrali con musica -datano in Francia dal 1570, quando Carlo IX -aveva accordato a Giovanni Antonio de Baïf -(veneziano?) ed a Gioachino Thibaut il privilegio -di fondare un'accademia di musica, che incominciò -<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span> -la sua attività nel 1571 e fece eseguire musica -italiana. Ma essa o per la mancanza d'interesse -o per l'incapacità dei promotori venne -a cessare già nel 1574. Nel 1582 si eseguisce con -grande sfarzo il <i>Ballet comique de la Reyne</i> -con musica d'un certo Baldassare torinese (<i>Baltazarini</i>) -venuto a Parigi con Caterina dei Medici -e di altri. La musica di questo balletto esiste -tuttora ed è un centone di arie da ballo, canti -dialogati, cori, ecc., senza interesse ed unità -drammatica. -</p> - -<p> -La prima opera che si eseguì in Francia (1645) -fu la <i>Finta pazza</i> di <i>Sacrati</i>, scritta per Venezia -e poi rifatta. I cantanti erano italiani chiamati -in Francia dal Cardinal Mazarino, strano uomo -che trovava tempo oltre reggere le sorti dello -Stato di occuparsi di cose teatrali, far scritturare -cantanti, suonatori e commedianti italiani, -brigare per far sortire di convento un monaco -evirato (Filippo Melani) e fargli cantare la parte -di regina travestita da uomo ed amante del re -(Serse di Cavalli). -</p> - -<p> -Due anni dopo si eseguisce l'<i>Orfeo</i> di <i>Luigi -Rossi</i>, napolitano, celebre autore di cantate e -che, quando si conosceranno meglio le opere -che scrisse, dovrà venir contato fra i migliori -musicisti dell'epoca. L'Orfeo fu scritto a Parigi -od almeno per Parigi sicchè esso è la prima -opera scritta in Francia. Nel 1654 ritorna la -compagnia italiana chiamata da Mazarino ed -eseguisce <i>Teti e Peleo</i> di <i>Carlo Caproli</i>. -</p> - -<p> -Quantunque l'interesse che destò questo nuovo -<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span> -genere di musica fosse grande, pure passarono -ancora alcuni anni prima che nascesse la vera -opera francese. Il motivo è da cercarsi tanto -nell'indole della nazione e della lingua che nella -mancanza di una certa ingenuità che impediva -ai francesi di prendere il nuovo genere per una -semplice transazione fra esecutori e pubblico. -St. Evremont chiama, per es. l'opera «un travail -bizzarre de pöesie et de musique ou le -pöete et le musicien également génés l'un par -l'autre se donnent bien de la peine pour faire -un mauvais ouvrage». Il primo impulso all'opera -nazionale fu dato da <i>Pietro Perrin</i>, abate -senza abbazia, facile fabbricatore di versi, che -si associò col musicista <i>Roberto Cambert</i> e fece -rappresentare nel 1659 nel castello di Issy un'azione -drammatica intitolata <i>Pastorale</i>, la <i>première -comédie française en musique</i>, andata perduta. -Il successo che essa ebbe fu maggiore di -quello del <i>Serse</i> di Cavalli, dato nel 1660 per -le nozze di Luigi XV coll'Infanta di Spagna. -Secondo novissime ricerche pare però che la -prima commedia francese fosse il <i>Trionfo dell'amore</i>, -eseguita ai 22 gennaio 1655 con musica -di <i>Michele de la Guerre</i>, organista e liutista. Anche -questa musica è andata perduta. -</p> - -<p> -Una nuova opera di Perrin e Cambert, <i>Ariadne</i> -non potè essere data in causa della morte del -cardinale Mazarino. Ma l'attivo Perrin non si -diede per vinto e quando il re nel 1669 gli -concesse per dodici anni il monopolio delle -rappresentazioni teatrali ed accademie musicali, -<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span> -si fabbricò nella via Mazarino un teatro d'opera -che fu inaugurato nel 1671 coll'opera di Perrin -e Cambert <i>Pomone</i>, che può considerarsi come -la prima opera nazionale francese. Quest'azione -drammatica, che non è che un miscuglio di -scene, intermezzi e balletti quasi senza connessione, -ebbe un successo enorme e si diede consecutivamente -per più mesi. La musica di Cambert -non è del tutto priva di pregi, quantunque -essa non possa in nessun modo venir messa a -confronto con quella delle opere italiane del -tempo. La fortuna di Perrin e della sua intrapresa -durò poco. Dispute sorte fra Perrin e Cambert -e dissesti finanziari ruppero la società e Perrin -perdette il suo privilegio, che passò a Lully, il -vero fondatore dell'opera francese. -</p> - -<p> -<i>Giovanni Battista Lulli</i> o <i>Lully</i> nacque in Firenze -nel 1632, come provò definitivamente -A. Bonaventura con documenti, da genitori fiorentini -e non francesi come ultimamente si -volle asserire. Il duca di Guisa, al quale il -talento precoce e l'indole svegliata del ragazzo -erano piaciuti, lo prese seco nel 1644 in Francia -e l'affidò alla sorella del re, madama di Montpensier. -Impiegato come guattero nella cucina -della sua signora, egli trovava tempo di esercitarsi -nel violino e nella teoria musicale, nella -quale avea avuto le prime nozioni già in patria -da un frate francescano. I progressi che egli -fece furono tali da attirargli l'attenzione e procurargli -per mezzo del suo protettore, il conte -di Nogent, un buon maestro ed un posto di -<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span> -violinista fra i 24 <i>Violons du Roy</i>. Il re Luigi XIV -prese ad amarlo, istituì per lui i <i>petits Violons</i>, -ai quali lo prepose, e gli fece scrivere la musica -d'alcuni balletti. L'occasione di agire come -artista drammatico nelle commedie di Molière -ed il sentire alcune opere italiane, date in quei -tempi, volsero le sue mire al teatro ed all'opera, -e d'allora in poi fu suo scopo il procacciarsi -il privilegio di Perrin. Luigi XIV, che amava -Lully, uomo astutissimo ed abile cortigiano, -glielo concesse e ve ne aggiunse in seguito degli -altri. -</p> - -<p> -Sua prima cura fu di cercare un abile poeta -che scrivesse il testo delle sue opere e la sorte -lo favorì anche qui, facendogli trovare in <i>Quinault</i> -uno dei migliori poeti contemporanei, che -gli fornì una quantità di testi eccellenti. Le -prime opere di Lully, dopo il <i>Cadmo</i>, opera -giovanile di poco merito, furono l'<i>Alceste</i> (1674) -ed il <i>Teseo</i> (1675) seguite da molte altre. Il pubblico -che aveva ascoltato con poco entusiasmo -le prime produzioni, si assuefece al nuovo -stile ed il successo di Lully divenne ogni dì -più grande. -</p> - -<p> -Le opere di Lully, musicalmente di gran lunga -inferiori alle italiane, hanno il pregio di una -certa verità drammatica e della caratteristica. -Lully, uomo d'ingegno perspicace, capì l'indirizzo -del suo tempo, favorevole e propenso alla -tragedia classica ripristinata da Corneille e Racine. -Dotato di discreta fantasia musicale e poco -dotto nella teoria, egli cercò di adattare alle parole -<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span> -la melodia seguendo fedelmente il testo e -non facendo alcuna concessione alla musica. -Perciò nelle sue composizioni non vi sono vere -arie, duetti o pezzi chiusi, non fioriture, ma il -tutto serve all'espressione drammatica, alla caratteristica -della situazione. Il suo istrumentale -è assai semplice e segue passo a passo la voce -con meschini contrappunti o semplici accordi, -ma non manca di una certa caratteristica. -L'orchestra consta di violini, viole di più specie, -flauti, oboe, fagotti e timpani. La divisione del -tempo varia continuamente a seconda del testo. -La sua musica ha un carattere declamatorio -rettorico che alla lunga diventa noioso e confina -col salmodiare. Egli modificò la forma dell'ouverture -ampliandola. Al grave segue l'allegro -di solito fugato. Ambedue si ripetono e segue -poi di nuovo il grave. Essa differisce perciò da -quella di Scarlatti, che incomincia e finisce coll'allegro, -frammettendovi il grave. -</p> - -<p> -Ma Lully era fornito di troppo buon gusto, -per non sentire le mancanze del nuovo stile -ed egli cercava perciò di variarlo introducendo -nell'opera piccoli ritornelli e danze istrumentali, -dando al coro, a somiglianza della tragedia antica, -una importanza di gran lunga maggiore -che nell'opera italiana, e facendolo parte vera -dell'azione drammatica. Anche al ballo egli -seppe dare una parte più importante che usavano -i suoi antecessori, per i quali esso era un -semplice mezzo di variare l'azione senza alcun -riguardo a questa. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span> -</p> - -<p> -Quantunque Lully fosse italiano, gli elementi -della sua musica sono essenzialmente francesi -e fra le sue opere e quelle contemporanee italiane -c'è ben poca somiglianza. Ed è appunto -per questo, che esse seppero mantenersi per -più d'un secolo fino a Gluck. Egli univa poi -a tutte le sue eminenti doti di musicista drammatico -un eccellente tatto pratico e somma -conoscenza degli effetti scenici. Il poeta doveva -cambiare e rifare molte e molte volte i suoi -testi, prima che Lully si dichiarasse contento -ed il successo gli dava sempre ragione. La sua -maniera di comporre era originalissima. Egli -imparava a memoria il testo e lo ripeteva fin -a tanto che la melodia nascesse quasi da sè -stessa. Allora egli si metteva al cembalo e -suonando e cantando dettava la musica ai -suoi scolari <i>Lalouette</i> e <i>Colasse</i> e dava loro -cenni circa all'armonia ed istrumentazione. -</p> - -<p> -Lully ebbe molti ammiratori e detrattori. Di -carattere iracondo ed intrigante, egli era in -continue dispute e contese coi suoi colleghi. -Ma come era subitaneo nell'ira, altrettanto presto -questa spariva e i torti commessi erano rimediati -con favori. La sua irascibilità fu altresì -la causa della sua morte. Dirigendo un suo -<i>Te Deum</i>, nella chiesa di St. Honoré in occasione -della guarigione del re, si dimenò talmente -nel batter il tempo che si ferì il piede, -e non volendo subire l'operazione necessaria, -morì ai 22 marzo 1687 in età di 54 anni, lasciando -una vistosissima sostanza. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span> -</p> - -<p> -L'opera francese decadde rapidamente dopo -la morte di Lully. Nè il suo prediletto scolaro -Colasse, nè i suoi figli che cercarono di imitare -il maestro ed il padre, ebbero colle loro -composizioni successo duraturo. L'unico forse -fra tutti i compositori dell'epoca posteriore -a Lully ed anteriore a Rameau, che gli si avvicinò -fu <i>Andrea Campra</i> (1660-1744) di Aix in -Provenza che con molte opere (<i>Tancred</i>, <i>Hesione</i>) -ebbe buon successo e divenne il favorito -del pubblico parigino. La musica di Campra -si distingue per una certa nobiltà di espressione -drammatica e per ispirazione e tecnica senza -dubbio superiori a quelle di Lully. Egli compose -pure molta musica da chiesa e da camera, -che può competere colle migliori opere degli -italiani contemporanei. -</p> - -<p> -L'erede delle tradizioni di Lully ed il continuatore -delle sue teorie fu <i>Giovanni Filippo Rameau</i> -di Digione (1683-1764). Suo padre, organista -nella chiesa di S. Caterina, voleva destinarlo -alla magistratura, ma il figlio, che aveva fatto -grandi progressi nella musica, mandò a vuoto -i piani paterni e venne in Italia, dove ebbe occasione -di sentire le opere dei più celebri maestri -e ne riportò un'impressione incancellabile, -quantunque le sue opere non se ne dimostrino -punto influenzate. Ritornato dopo pochi mesi -in Francia, si recò a Parigi, che presto abbandonò -per occupare il posto d'organista in Clermont. -Il soggiorno nella quieta cittadella d'Alvernia -giovò grandemente alla coltura di Rameau, -<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span> -che si occupò di studi profondi d'armonia -e compose molte opere istrumentali e di -stile sacro. -</p> - -<p> -Nel 1721 ritorna a Parigi forte di nuovi e severi -studî e pubblica quindi nell'anno seguente il -suo celebre trattato d'<i>Armonia ridotta ai suoi -principi naturali</i> opera capitale che mise le basi -dell'armonia moderna e nella quale si parla -dei risvolti e degli accordi, che vengono sviluppati -da un unico principio, e si determinano -i rapporti fra i toni e fra gli intervalli ed accordi. -Questa sua opera e le seguenti incontrarono, -come accade di tutte le importanti innovazioni, -acerbe critiche (ai suoi tempi lo chiamarono -«distillatore di accordi barocchi»), e -le dispute ripetute ed accanite che Rameau ebbe -a sostenere per difendere le sue teorie influirono -sul suo carattere bisbetico, iracondo ed intollerante. -</p> - -<p> -Se la teoria di Rameau era nuova, la pratica -del suo sistema s'era venuta formando a passo -a passo in quasi due secoli nella mente dei -musicisti. L'orecchio musicale aveva finalmente -imparato a comprendere la musica come una -<i>catena d'armonie</i>. Il principale risultato del sistema -di Rameau era di riconoscere la tonalità -moderna, ossia il rapporto di tutti i toni -della scala con un tono unico, la <i>tonica</i>, che -si mostra nel maggiore e nel minore, per cui -venne tolta quell'incertezza propria delle tonalità -antiche, che deriva dalla mancanza della -tonica fondamentale e che i componisti aveano -<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span> -modificata istintivamente grado a grado. La -teoria di Rameau sembrò nuova al mondo musicale -ma non lo era del tutto, giacchè Zarlino -l'aveva omai presentita. Ma anche Rameau -si fermò a mezza strada, non avendo applicato -le sue teorie all'accordo minore che egli considera -ancora come una specie di accordo maggiore -colla terza minore. Chi completò il sistema -fu Tartini coi suoi toni di combinazione. -</p> - -<p> -Nell'agone teatrale Rameau scese quasi cinquantenne, -il che però non impedì che fino alla -sua morte egli scrivesse più di venti opere teatrali. -(<i>Hyppolyte et Aricie</i>, <i>Dardanus</i>, <i>Castor et -Pollux</i>). Le prime furono accolte dal pubblico -freddamente, giacchè questo teneva ancora fermo -agli ideali di Lully ed ogni innovazione -sembravagli sacrilegio. Soltanto quando si vide -che Rameau continuava le tradizioni antiche, e -che non era che un perfezionatore del sistema -allora gli fu concesso il favore del pubblico -e lo si nominò degno erede di Lully. -</p> - -<p> -In realtà la musica di Rameau non differisce -da quella di Lully che negli accessorî. La sua -fantasia ed ispirazione, le sue cognizioni musicali -sono maggiori di quelle di Lully, la sua -istrumentazione è più ricca, il canto più melodioso, -i cori più svariati ed elaborati, ma è -sempre lo stesso modo di declamare e di fraseggiare, -la stessa mancanza di pezzi chiusi, la -stessa espressione drammatica, la stessa traduzione -fedele del testo. Rameau è però meno -istintivo ed impulsivo di Lully ed invece più -<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span> -intellettuale di lui. Siccome ebbe la sfortuna di -non trovare mai un buon poeta e traduceva -troppo servilmente il testo, le sue opere contengono -spesso, dove la poesia è pedissequa, -delle parti infinitamente monotone e la ricchezza -d'armonia e le preziosità di stile arcaico, che -oggi sono per il momento di moda, non ci dovrebbero -illudere sul valore di Rameau come -autore drammatico. Egli subì quasi la stessa -sorte di Lully. Da molti innalzato alle stelle, fu -detratto da altri come per esempio, da Diderot -nel celebre scritto: <i>il Nipote di Rameau</i>, e da -Rousseau in più scritti. A lui spetta però, senza -dubbio, il merito d'aver fermata la decadenza -alla quale l'opera francese andava incontro dopo -Lully e d'aver messo le basi dell'armonia moderna. -Le opere di Rameau contengono come -quelle di Lully una quantità di danze, nelle -quali egli eccelleva e che sono quelle che oltre la -sua musica per clavicembalo sono ancor note. -Ma le troppo numerose danze dell'opera francese -ne erano altresì la parte debole e Grimm -si lamenta «che l'opera francese è uno spettacolo -dove tutta la felicità e le disgrazie delle persone -consistono nel danzar intorno a loro, mentre -esse non dicono mai quel che dovrebbero dire». -</p> - -<p> -Per quanto il successo della nuova opera -francese fosse stato grande e clamoroso e le -opere di Lully e di Rameau si fossero conservate -per molti e molti anni nel repertorio dell'<i>Académie -de musique</i>, non si può dire che essa -corrispondesse al carattere della nazione e che -<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span> -fosse vera musica nazionale. Ciò lo impedivano -le troppe declamazioni vuote, le ripetute sentenze -e madrigali e la mancanza di ogni naturalezza -e verità. Iniziata da uno straniero, essa -era la conseguenza dell'indirizzo classico dei -tempi e si risentiva dell'influsso dei grandi -poeti tragici francesi. Ma il pubblico non poteva -alla lunga contentarsi di queste opere, -che trattavano soggetti mitologici, a lui del -tutto sconosciuti, in cui l'elemento veramente -umano si perdeva in una fraseologia esagerata. -Ed ancor meno lo poteva appagare la musica -di quei drammi, che si allungava in declamazioni -enfatiche, le quali se traducevano adeguatamente -il testo ed esprimevano la situazione -drammatica, escludevano invece la vera melodia -nelle forme chiuse e riuscivano monotone -e pesanti. L'opera di Lully e di Rameau, -per quanto decantata come il vero tipo dell'opera -francese, non era che l'opera francese -d'una parte esigua del pubblico, quella della -corte, degli accademici e dei dotti. La vera -opera francese, quella del popolo francese, è -invece da cercarsi nell'opera comica, i di cui -primordi troviamo ormai nel secolo XVII in -rappresentazioni drammatiche musicali, che si -davano in piccoli teatri sui mercati. Al principio -del secolo XVIII questo genere di rappresentazioni -portava il nome di <i>comédie à ariettes</i>, -<i>vaudeville</i> (voix de ville) e poi di <i>opéra comique</i> -e si componeva di canto, ballo e dialogo parlato. -Le prime di queste opere comiche furono -<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span> -l'<i>Arlequin Mahomed</i> su testo di Le Sage (1714), -<i>Le Dieu de la foire</i> (1724), <i>Sancho Pança</i> (1727). -</p> - -<p> -A dare poi il colpo di grazia all'opera francese -arrivò nel 1752 una compagnia di cantanti -italiani a Parigi. Le opere eseguite erano di -Pergolesi, Leo, Orlandini ed altri, ed appartenevano -tutte all'opera buffa. Il successo che -ebbero fu grandissimo. Il pubblico parigino non -sapeva saziarsi delle dolci e graziose melodie -degli intermezzi di Pergolesi, <i>La Serva padrona</i> -ed <i>Il Maestro di musica</i>, ed innalzava alle stelle -l'arte dei cantanti italiani. Due fazioni si formarono -che si misero a difendere l'una l'opera -francese, l'altra l'italiana. Fra i partigiani -dell'opera italiana vi erano Diderot e Rousseau -il quale ultimo nella sua celebre <i>Lettre sur la -musique française</i> e nel <i>Dizionario di musica</i> -giunse a dire che la lingua francese non era -fatta per la musica e che l'opere di Lully e -Rameau non erano che meschine produzioni -scolastiche. Gli scritti di Rousseau, per quanto -parziali, produssero un grande effetto e servirono -a scassinare l'edificio ormai crollante dell'opera -francese. Del resto quasi tutti gli Enciclopedisti -erano del partito della riforma ed essi -hanno influito molto sul gusto dell'epoca, per -quanto non fossero forse grandi le loro cognizioni -musicali positive. Ma furono essi, che -propugnarono il ritorno alla natura, il bando -alle esagerazioni ed enfasi dell'opera tragica, a -tutta quella congerie di danze e pantomine, che -dominavano a sproposito nell'opera. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span> -</p> - -<p> -La lotta fra <i>Buffonisti</i> ed <i>Antibuffonisti</i>, col -qual nome venivano chiamate le due fazioni, si -decise colla vittoria dei primi, quantunque la -compagnia italiana avesse dovuto abbandonare -il campo dopo due anni. Ma il loro soggiorno -ed il seme da loro gettato non furono infruttuosi, -giacchè l'opera comica nazionale, che -prima aveva menata una stentata esistenza, approfittando -dell'esperienza avuta dagli italiani -sorse a nuova vita e detronizzò la grand'opera. -</p> - -<p> -<i>Rousseau</i> (1712-1778) avea già nel 1752 scritto -e fatto rappresentare con grande successo il suo -<i>Devin du village</i>, scritto intieramente sotto l'influsso -dell'opera buffa italiana e nel 1753 vi fece -seguito un'altra opera comica, <i>les Troqueurs</i> di -<i>D'Auvergne</i>. Nel 1755 poi, <i>Egidio Duni</i> (1709-1755) -il fortunato rivale di Pergolesi, che aveva -portato col suo <i>Nerone</i> la palma sull'<i>Olimpiade</i> -fa eseguire la sua opera <i>Ninette à la cour</i>, la -prima di molte opere comiche che egli scrisse -con grande fortuna in Francia. Duni fu quegli -che diede la forma artistica alla nuova opera -francese e come l'opera seria deve la sua origine -ad un italiano, così fu pure un italiano il primo -che raccolse l'idea iniziata coi <i>Troqueurs</i> e che -minacciava di perdersi. -</p> - -<p> -Il nuovo genere si distingueva dall'opera francese -di Lully per la naturalezza, per il brio, -la facilità della melodia e per l'accurato sviluppo -dell'azione. I testi di Marmontel e Favart, -scritti con garbo, sono pieni di frizzi spiritosi, -il dialogo è naturale, l'azione interessante. Il -<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span> -pubblico assuefatto all'ampollosità e declamazione -della tragedia, si interessava alla nuova -opera, la trovava più corrispondente al suo gusto -e rinveniva nelle melodie e nelle danze il -carattere nazionale, che mancava alla tragedia -musicale di Lully e Rameau. -</p> - -<p> -Fra i musicisti che si dedicarono all'opera -comica si distinsero in ispecial modo: -</p> - -<p> -<i>Francesco Andrea Danican</i> detto <i>Philidor</i> -(1726-1795), (<i>Le diable à quatre</i>, <i>Le boucheron</i>, -ecc.) -</p> - -<p> -<i>Pietro Alessandro Monsigny</i> (1729-1818) (<i>le -Cadi dupé</i>, <i>le Deserteur</i>). -</p> - -<p> -<i>Nicolò D'Alayrac</i> (1753-1809), (<i>le Corsaire</i>, -<i>Vertvert</i>, <i>la pauvre femme</i>, ecc.). -</p> - -<p> -<i>Nicolò Isouard</i> (1775-1818) (<i>Cendrillon</i>, <i>Joconda</i>). -</p> - -<p> -Tutti questi hanno vera vena comica, fresca -e spiritosa, essi abbandonano gli eterni recitativi -ed introducono la romanza cantata; l'aria -da capo prende la forma più popolare del -<i>rondeau</i>. -</p> - -<p> -Il più geniale di tutti è senza dubbio <i>André -Grétry</i> di Liegi (1741-1813), che passò più anni -della sua gioventù in Roma, dove godè l'istruzione -di Casali e vi fece eseguire con fortuna -alcune composizioni. La sua prima opera comica -data a Parigi fu <i>le Huron</i> (1768). Fra le -sue molte opere sono meritevoli di memoria -<i>Zemir et Azor</i> (1771), <i>Anacréon</i> (1797), e più di -tutte <i>Richard cœur de lion</i> (1784), tradotta e data -in molti paesi. Quantunque Grétry non fosse -<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span> -dotato di gran genio melodico e di potenza -drammatica, le sue opere si distinguono per una -grande naturalezza, facilità ed eleganza. Egli è -sopratutto compositore nazionale nello spunto -melodico, nella varietà dei ritmi piccanti e briosi -e per la facilità e leggiadria del dialogo musicale. -Scrisse le sue memorie, che contengono -molte considerazioni sensate e nuove sulla declamazione -musicale e nelle quali difende le -teorie di Gluck. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -L'opera musicale drammatica cominciò in -<i>Germania</i> più tardi che in Italia e fu piuttosto -frutto dell'imitazione straniera che dell'iniziativa -nazionale. Le produzioni drammatiche precedenti -al Seicento si limitavano ai <i>Misteri</i> e -alle <i>Moralità</i>, alle feste carnevalesche, alle farse -di Hans Sachs ed altri poeti popolari ed a spettacoli -e balletti dati con grande sfarzo alle diverse -corti dei principi di Germania. L'opera fiorentina -ed il nuovo stile rappresentativo trovarono però -imitatori molto prima che in Francia. Già nel -1627 <i>Enrico Schütz</i>, il grande musicista luterano -antecessore di Bach, aveva composta la musica -della <i>Dafne</i> di Rinuccini, tradotta da Opitz. -Questo dramma per musica fu dato a Torgau -il 10 aprile 1627 in occasione delle nozze del -Landgravio di Essen con Luisa Eleonora di -Sassonia. Quantunque la musica ne sia perduta, -è da ritenersi secondo le notizie conservateci, -<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span> -che fosse scritta ad imitazione di quella di Peri. -E sembra pure che Schütz abbia musicato -l'<i>Orfeo</i> di Rinuccini. Invece ci è restata la musica -di un <i>Singspiel Seelewig</i> (1644) di <i>Teofilo -Staden</i>, una specie di allegoria simile alla Rappresentazione -di anima e corpo di Emilio Cavalieri, -un'opera affatto lontana dalle tendenze -della Camerata fiorentina e solo d'interesse -storico. -</p> - -<p> -Ma il nuovo genere non seppe attecchire, sia -perchè i tempi erano difficili e la Germania era -tormentata dalla tremenda guerra dei trent'anni, -sia che mancassero gl'ingegni musicali che si -volessero applicare al nuovo genere. C'era poi -un altro motivo che rendeva difficile lo svilupparsi -dell'opera nazionale. La lingua italiana -era allora di moda nelle infinite corti di Germania -come lo divenne poi la francese. Il pubblico -stava in disparte e non prendeva alcun -interesse alle cose artistiche; i teatri rimasero -fino alla metà del secolo scorso con poche eccezioni -riservati alla corte, ai cortigiani ed agli -invitati. Era dunque naturale che i principi si -rivolgessero all'Italia e chiamassero alle loro -corti artisti italiani. Ognuna di queste aveva -un poeta di corte che doveva montare sul suo -Pegaso in ogni occasione voluta da circostanze -esteriori. (Zeno e Metastasio a Vienna, Mauro -ad Hannover, Pallavicino a Dresda, Terzago a -Monaco, ecc.). I direttori erano italiani (Lotti, -Caldara, Steffani, Porpora, Iomelli, Bononcini, -ecc.), italiani i cantanti (Bordoni, Cuzzoni, Lotti, -<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span> -Durastanti, Senesino, Farinelli, Carestini, ecc.), -italiani persino i pittori, decoratori ed architetti. -Soltanto i suonatori erano in parte tedeschi -e francesi. -</p> - -<p> -Fra le corti di Germania, che videro fiorire -l'opera italiana sono specialmente da nominarsi -Vienna, Dresda, Berlino e Monaco. La corte di -Vienna s'era sempre distinta quale protettrice -della musica ed ormai nel 1642 vi si eseguì -l'<i>Egisto</i> di Cavalli. Gli imperatori Leopoldo I, -Giuseppe I e Carlo VI, buoni musicisti, preferivano -la musica italiana e cercarono con ogni -modo di attirare alle loro corti i migliori artisti -italiani. Caldara e Conti assieme allo stiriano -<i>Giovanni Fux</i> segnano l'epoca del maggior -fiore dell'opera a Vienna. Fux (1660-1741) è tuttora -noto per il suo celebre trattato <i>Gradus ad -Parnassum</i> (1725) e per musiche da chiesa più -che per le sue opere teatrali, nelle quali imitò -gli italiani. Quasi tutti poi i più celebri compositori -italiani dell'epoca, cominciando da Cavalli, -Cesti fino a Porpora e Salieri andarono a -Vienna e scrissero per quel teatro di corte. -</p> - -<p> -Non inferiore a Vienna nel culto dell'opera -italiana fu Dresda. Anche in questa città v'era -un'intiera colonia artistica d'italiani, che dominava -esclusivamente il teatro. L'opera italiana -vi fu inaugurata formalmente nel 1662 col <i>Paride</i> -di <i>Giovanni Bontempi</i>, scolaro di Mazzocchi -e collega di Schütz. Suo successore fu pure un -italiano, <i>Carlo Pallavicini</i>, buon compositore. -Salito al trono Federico Augusto I (1694), vero -<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span> -mecenate delle arti, cominciò una nuova era -di lusso e splendore e Dresda mai vide maggior -numero di celebri artisti nelle sue mura, fra i -quali Lotti, Vittoria Tesi, il Senesino, e sopra -tutti <i>Giovanni Adolfo Hasse</i> e sua moglie, la famosa -cantatrice <i>Faustina Bordoni</i>. -</p> - -<p> -Quantunque Hasse abbia avuto i natali in -Germania (Bergedorf, 1699) egli appartiene interamente -alla scuola napoletana ed è compositore -italiano. Da principio cantante ad Amburgo -e Brunswick, venne poi a Napoli (1724), dove si -perfezionò nella composizione alla scuola di -Porpora e quindi di Alessandro Scarlatti, che -lo prese ad amare. Una sua opera, <i>Sesostrate</i> -(1726), destò unanime applauso ed egli già nel -1727 fu nominato direttore al Conservatorio degli -incurabili a Venezia, dove conobbe e sposò Faustina. -La fama delle sue opere oltrepassò ben -presto le Alpi e pochi anni dopo venne chiamato -a Dresda (1731), dove con piccoli intervalli -di tempo, fra i quali un breve soggiorno a Londra, -passò la maggior parte della sua vita. Negli ultimi -anni si recò a Venezia, dove morì nel 1783. -</p> - -<p> -Hasse fu compositore fecondissimo. Dotato di -grande fantasia e di ricchezza melodica, egli -dominava perfettamente la forma ed era sommo -nel trattare la voce. Ma egli non si eleva sopra -i migliori autori italiani dell'epoca, seguendo -anch'egli la pratica che al bel canto sacrificava -la verità drammatica. Egli non fu e non volle -essere un riformatore ma seguì l'andazzo del -tempo. Egli non copia alcuno degli italiani ma -<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span> -imita tutti, togliendone da tutti il meglio, per -cui egli non è originale ma piuttosto la personificazione -dello stile drammatico, diremmo quasi -astratto, italiano del secolo XVIII. Hasse visse -onorato e meritò tanto pel suo ingegno che -per il suo carattere integro il nome di <i>Caro Sassone</i>, -che in Italia gli si diede. Colla partenza di -Hasse da Dresda (1756) e dopo la morte di -Augusto III, l'opera italiana a Dresda decadde -rapidamente, durando però al meno sporadicamente -fino al 1842 (Morlacchi). -</p> - -<p> -In Berlino troviamo cantanti italiani (<i>Pasquino -Grassi</i> e <i>Giovanni Alberto Maglio</i>) già -nel 1656. La prima opera si diede nel 1700 e -fu <i>la festa dell'imeneo</i> di <i>Attilio Ariosti</i>, alla quale -negli anni posteriori fecero seguito delle altre -finchè nel 1742 venne aperto da Federico II -il nuovo teatro con <i>Cesare e Cleopatra</i> di <i>Graun</i>. -Federico il grande era musicista appassionato -e buon suonatore di flauto. Egli prediligeva la -musica italiana e non voleva saperne di cantanti -tedeschi. «Piuttosto sentir un'aria cantata da -un cavallo, che una tedesca come prima donna», -soleva egli dire. -</p> - -<p> -Il miglior compositore dell'epoca fu <i>Carlo Enrico -Graun</i> (1701-1759), che dominò colle sue -opere il repertorio fino alla sua morte. Graun -appartiene pure alla scuola italiana. Scrisse 36 -opere e molta musica da chiesa, fra cui l'oratorio -<i>la Morte di Gesù</i>, che ancor oggi si eseguisce, -opera priva di grandezza e religiosità e -scritta nello stile teatrale. Graun fu scrittore -<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span> -melodioso e facile, ma non ebbe nè originalità -nè potenza drammatica. -</p> - -<p> -Grande influenza sulle cose musicali ebbe -pure alla corte di Federico il suo maestro di -flauto <i>Giovanni Quanz</i>, che fu in Italia alla scuola -di Gasperini e scrisse un'infinità di composizioni -per flauto ad uso del re. Degni di menzione -sono pure <i>Francesco Benda</i>, boemo (1709-1786), -celebre violinista, fondatore della scuola -germanica, il creatore del melodramma (declamazione -con accompagnamento di musica), e -la celebre cantatrice <i>Gertrude Elisabetta Mara</i> -per la quale Federico ebbe a ricredersi degli -artisti tedeschi. Coll'avanzarsi dell'età venne a -cessare l'interesse di Federico per l'opera, che -priva del suo più potente appoggio rapidamente -decadde. -</p> - -<p> -A Monaco gli Italiani erano diventati già per -tempo padroni del campo. La corte di Alberto V -aveva veduto commedie italiane (1568) per le -quali aveva scritto madrigali Orlando di Lasso -che in una rappresentazione aveva egli stesso -rappresentato la parte di nobile veneziano (<i>Pantalone -dei Bisognosi</i>). Il primo vero dramma per -musica fu la <i>Ninfa ritrosa</i> (1654) di autore sconosciuto. -Fra tutti i maestri di quel tempo si -incontra un sol nome tedesco, <i>Gaspare Kerl</i>, scolaro -di Carissimi e celebre organista. Egli scrisse -pure opere teatrali andate perdute. A Kerl successero -Ercole Bernabei, Giovanni Bernabei, -Agostino Steffani, Albinoni, Porta, Bernasconi. -L'opera italiana cessò nel 1787. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span> -</p> - -<p> -La patria dell'opera tedesca nazionale fu Amburgo, -la libera città anseatica, dove la musica -era sempre stata in onore e dove accorrevano -gli artisti, sicuri di trovare un pubblico intelligente -ed appassionato per l'arte. Quantunque -l'opera italiana fosse ben presto giunta in Amburgo -e vi avesse destato grande interesse e -plauso, pure l'elemento nazionale si fece vivo -di buon'ora e molti furono i tentativi di imitazione -con tendenze nazionali e sostituzione della -lingua tedesca all'italiana. La prima opera tedesca -che si diede ad Amburgo fu <i>Adamo ed -Eva</i>, musicata da <i>Giovanni Theile</i> (2 gennaio -1678). Dapprincipio essa non fu che una copia -dell'italiana, ed i soggetti si toglievano dalla mitologia, -dalla storia antica e dalle leggende sacre -o dalla Bibbia. Ma il pubblico prendeva poco -interesse a quelle rappresentazioni eroiche, nelle -quali esso non trovava l'impronta nazionale ed -i soggetti gli erano del tutto estranei e punto -simpatici. Ed allora nacque la reazione, dapprincipio -modesta, introducendovi l'elemento nazionale -e comico e riducendo il tutto ad una -parodia di cattivo gusto. Poi l'elemento nazionale -prende il sopravento ed ai soggetti eroici -e sacri si sostituiscono azioni tolte dalla vita -contemporanea, che univano il tragico al comico, -il sublime al triviale. Per sfortuna poi mai epoca -fu sì povera di buoni poeti ed i musicisti dovevano -contentarsi di mettere in musica versi -che peggiori non ponno pensarsi, azioni che -sono un'ibrida congiunzioni di sciocchezze, sfacciataggini -<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span> -e trivialità, il tutto condito da motti -salaci in una lingua barbara ed un gergo da -piazza. La meschinità di tali produzioni drammatiche -si cercava nascondere sotto lo sfarzo -delle scene, dei vestiari e dei balletti, per i -quali si spendevano somme favolose, e si cercava -cancellare l'impressione penosa d'una scena -tragica con una comica della specie più scurrile, -come nell'opera di Dedekind <i>Gesù morente</i>, -dove Satana raccoglie in un canestro le budella -di Giuda e col cestello in mano canta -un'aria. -</p> - -<p> -Molto migliori dei meschini e prosaici poeti -di quell'epoca furono i maestri che posero in -musica i loro tristi parti. Fra questi merita speciale -menzione <i>Giovanni Kusser</i> (1657-1727), musicista -di talento, il quale influì sulla nuova -opera tanto colle sue opere che colle sue cognizioni -pratiche e che pel primo liberò la scena -da tutta la marmaglia di cantanti e cantatrici, -tolti dal più basso volgo, che nulla sapevano di -musica e vi sostituì buoni elementi. -</p> - -<p> -Ma quegli che per il suo grande ingegno, se a -questo avesse unito serietà di propositi e veri -criteri artistici, sarebbe stato chiamato ad ispirare -nuova vita all'opera tedesca e metterla sul -vero cammino, fu <i>Reinhard Keiser</i> (1674-1739). -Dotato d'inesauribile vena melodica e vivissima -fantasia egli era nato per la musica drammatica -e per la scena. Le sue numerose opere si -distinguono per ricchezza e facilità di melodia, -per varietà di forma e per verità d'espressione -<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span> -ed egli si innalza qualche volta a grandi altezze -in scene eminentemente drammatiche come -nell'<i>Ottavia</i>. Le forme che usa sono piccole e simili -alla canzone popolare, ma caratteristiche e -sempre adatte alle parole. Se egli non fu capace -di impedire il rapido decadimento della -giovine opera, si fu perchè gli mancava la fermezza -del carattere e seguiva l'andazzo del -tempo, poco curandosi degli alti ideali, pur che -la sorte gli arridesse pel momento ed egli potesse -menare vita brillante e spensierata. Eppure -ad onta dei suoi molti difetti, la sua musica -ancor oggi ha un fare sì spontaneo e naturale, -è sì fresca e melodica che bisogna meravigliarsi -come in un'epoca di tali aberrazioni del -gusto potessero sbocciare fiori sì gentili. -</p> - -<p> -Altra figura interessante del tempo fu <i>Giovanni -Mattheson</i> (1681-1764), un miscuglio d'umorista -e pedante, cantante, musicista e scrittore. -Le composizioni di Mattheson sono intieramente -dimenticate, giacchè esse sono scritte -nel gusto dei loro tempi e mancano di vera -ispirazione, ma non lo sono molti dei suoi infiniti -scritti d'arte e di polemica musicale, nei -quali si palesa lo spirito battagliero, ardito e -mordace dello scrittore ed in mezzo a molto -ciarpame ed a frasi antiquate ed ampollose -sono nascosti nuovi pensieri ed è messa la base -dell'estetica musicale moderna. (<i>Il perfetto direttore</i> -(1739), <i>il patriota musicista</i>, <i>la porta -d'onore</i>, <i>la critica musicale</i>). -</p> - -<p> -L'ultimo musicista della prima epoca dell'opera -<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span> -d'Amburgo, dopo il quale questa andò -rapidamente decadendo, fu <i>Giorgio Filippo Telemann</i> -(1681-1767), artista strano, che d'ogni -stile s'appropriò qualche cosa, ma che per la -manìa di essere originale ad ogni costo cadde -in mille ricercatezze e puerilità artistiche. La -sua fecondità fu prodigiosa; scrisse oltre circa -40 opere e 600 <i>ouvertures</i>, 44 passioni, 12 annate -di musica da chiesa ed un'infinità d'altre -composizioni. -</p> - -<p> -Prima di chiudere questo periodo ci resta a -rammentare Händel, che nel 1703 a 19 anni si -recò ad Amburgo onde arricchire le sue cognizioni -e studiarvi l'opera. Quantunque egli -abbia scritto qualche opera per Amburgo (<i>Almira</i>, -<i>Nerone</i>) e vi abbia fatto parlare di sè, -pure egli non esercitò alcuna influenza sul suo -indirizzo, inquantochè si tenne piuttosto in disparte -come osservatore e pure profittando -di quello che egli ad onta della falsa strada per -cui si era messa l'opera, da questa potea apprendere, -non era ancor giunto a quel grado di maturità -artistica, che per ciò era necessario. Nel -1740 arriva ad Amburgo una compagnia d'opera -italiana coll'impresario Angelo Mingotti e l'opera -nazionale tedesca, che negli ultimi anni -aveva menato un'esistenza stentata, venne a -finire. -</p> - -<p> -In <span class="smcap">Inghilterra</span> la musica drammatica fu -quasi sempre senza carattere nazionale. Quantunque -non sia giustificata l'opinione generalmente -diffusa della mancanza di talento musicale -<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span> -degli Inglesi, non è da negarsi, che la musica -in Inghilterra fu sempre influenzata dagli stranieri, -che attirati dall'idea di gloria e dalla -speranza di ricchi guadagni vi trapiantarono la -musica dei loro paesi. Le prime notizie che ci -sono conservate sulla musica in Inghilterra arrivano -al 600 dopo Cristo, quando papa Vitaliano -mandò in Gallia e Britannia Giovanni e -Teodoro ad insegnare il canto gregoriano che -in poco tempo raggiunse grande diffusione. Dopo -un lungo silenzio la storia fa menzione di <i>Giov. -Dunstaple</i> del quale già parlammo ed a lui seguono -molti altri musicisti pratici e teoretici, -che ebbero molta parte allo sviluppo dell'armonia -e contrappunto. Verso la fine del secolo -XVI poi troviamo in Inghilterra molti -musicisti, che si occuparono specialmente del -madrigale, raggiungendo in questo genere le -migliori opere degli italiani contemporanei. I -più noti fra questi sono <i>William Bird</i> († 1623), -<i>Tommaso Morley</i> (1557-1604), <i>John Bull</i> (1563-1628) -e <i>Orlando Gibbons</i> (1583-1625). Molti madrigali -di quell'epoca sono stati ultimamente -pubblicati e eseguiti con plauso per la leggiadria -dello stile, le bizzarrie ritmiche, gli scherzi -armonici e la freschezza di melodia. -</p> - -<p> -Quel tempo vide pure il fiore della musica -istrumentale che la regina vergine Elisabetta -preferiva e molti furono i suonatori specialmente -di <i>virginale</i> (specie di spinetta) che ebbero -grande fama anche in altri paesi. L'importanza -di questo ramo della musica inglese -<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span> -è assai grande per la storia della musica istrumentale -e lo sviluppo delle sue forme. I principali -rappresentanti ne sono <i>Hugh Aston</i> ed i -nominati <i>Bird</i> e <i>Bull</i>. Noi troviamo nelle loro -opere, che si pubblicarono negli ultimi anni, -un'assoluta indipendenza dallo stile corale, una -tecnica assai perfezionata nella mano sinistra, -armonia quasi moderna e nuove forme come -per es. la variazione. -</p> - -<p> -Il dramma musicale venne all'Inghilterra dall'Italia -e vi fu portato da <i>Tommaso Lupo</i>, <i>Angelo -Notari</i> ed <i>Alfonso Ferrabosco</i>. Bisogna però -rammentare che <i>Roberto Jones</i> pubblicava ormai -nel 1601 due libri di <i>songs and ayres</i> (canti ad -1-4 voci con e senza istrumenti) scritti nello -stile recitativo delle <i>Nuove musiche</i> di Caccini -e che qualche cosa di simile all'opera erano le -cosidette <i>Masques</i> con cori, danze ed in genere -musica istrumentale. -</p> - -<p> -Delle prime opere di maestri inglesi (<i>Lawes</i>, -<i>Colman</i>, <i>Lock</i>, ecc.) sono conservati soltanto i -titoli. Nel 1673 venne <i>Cambert</i> in Inghilterra e -vi introdusse la musica francese, che trovò tosto -molti fautori fra i quali il re Carlo II. -</p> - -<p> -In quel tempo (1658) nasceva a Londra <i>Enrico -Purcell</i>, il maggior genio musicale che l'Inghilterra -mai ebbe. Purcell ha molti punti di -somiglianza con Mozart. I suoi successi datano -ormai dal suo diciottesimo anno e le sue opere -giovanili (p. es. <i>Didone ed Enea</i>) mostrano maturità -di studi, sicurezza di stile e di forma. -Egli scrisse una quantità di musica per azioni -<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span> -teatrali, da chiesa ed istrumentali, tutte ricche -di facile melodia, di ampiezza di stile e magistrale -fattura. Il maggior difetto della sua musica -è quello di essere troppo esangue e di restare -quasi sempre allo stato di schizzo per -quanto geniale. Egli si formò alla scuola degli -Italiani senza però rinunciare alla sua personalità -spiccata ma altresì senza raggiungerli. -Egli prelude però ormai ad Händel specialmente -colla sua maniera di innestare il coro all'azione -e di concepire il quadro musicale. -</p> - -<p> -Purcell non trovò chi raccogliesse il suo retaggio. -Morto a 37 anni, venne ben presto dimenticato -dal pubblico che preferiva i piccanti -ritmi delle canzoni francesi alla verità drammatica -delle sue opere ed alla grandiosità dei -suoi cori. -</p> - -<p> -Dopo la morte di Cambert (1677) sono di -nuovo gli italiani che predominano e contendono -la palma ad Händel, mentre gli ultimi -tentativi di un'opera nazionale (<i>Beggar's Opéra</i> -di <i>Gay</i> 1727) cadono sotto il livello dei più meschini -prodotti. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -H. M. Schletterer — <i>Studien zur französischen Musik</i>, Berlin, -1884-85. -</p> - -<p> -Nuitter et Thoinan — <i>Les origines de l'opéra français</i>, Paris, -1886. -</p> - -<p> -Prunières — <i>Lully.</i> 1910. -</p> - -<p> -Pougin A. — <i>Les vrais créateurs de l'opéra français</i>, Paris, 1881. -</p> - -<p> -R. Rolland — <i>Le premier opéra joué a Paris</i> e <i>Notes sur -Lully</i> in <i>Musiciens d'autrefois</i>, Paris, 1908. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span> -</p> - -<p> -L. de la Laurencie — <i>Lully</i>, 1910. -</p> - -<p> -Prunières — <i>L'opéra italien en France avant Lully</i>, Paris, 1913. -</p> - -<p> -Laloy L. — <i>Rameau</i>, Paris, 1908. -</p> - -<p> -L. de la Laurencie — <i>Rameau</i>, Paris, 1908. -</p> - -<p> -I. Iansen — <i>I. I. Rousseau als Musiker</i>, 1884. -</p> - -<p> -Brenet — <i>Gretry: Sa vie et ses oeuvres</i>, 1884. -</p> - -<p> -H. Cuzzon — <i>Gretry</i>, Paris, 1908. -</p> - -<p> -Le opere principali di Lully, Rameau e Gretry furono -pubblicate nuovamente nei Chefs d'Oeuvres class. de l'Opéra -français, ecc. -</p> - -<p> -O. Lindner — <i>Die erste stehende deutsche Oper</i>, Berlin, 1855. -</p> - -<p> -L. Meinardus — <i>Rückbliche auf die Anfänge der deutschen -Oper</i>, Amburgo, 1878. -</p> - -<p> -H. Kretschmar — <i>Das erste Jahrhundert der deutschen Oper</i> -Sammelbände der intern. Musik Gesell., III, 2. -</p> - -<p> -H. Schmidt — <i>Matheson</i>, Lipsia, 1897. -</p> - -<p> -I. Valletta — <i>La musica in Inghilterra</i> — Riv. musicale italiana, -vol. 5º. -</p> - -<p> -W. Nagel — <i>Geschichte der Musik in England</i>, Strassburgo, -1894-1897. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap12">CAPITOLO XII. -<span class="smaller">Martin Lutero e la musica protestante. -Bach e Händel.</span></h2> -</div> - -<p> -Nessuna nazione possiede sì ricco patrimonio -di canzoni popolari quanto la tedesca. I musicisti -non potevano ignorare tutta questa fioritura -di canti ed è per questo che nelle loro -opere si mostra più che in quelle degli altri -maestri stranieri una certa inclinazione alla -forma chiusa della canzone e che il canto -<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span> -fermo non si toglie di preferenza dal canto -gregoriano. Mentre nei paesi romani si mantenne -il canto liturgico latino e la comunità quasi mai -partecipa al canto, noi troviamo cantici sacri in -lingua tedesca ormai poco dopo il Mille. E ciò -era naturale, perchè e ignota era la lingua latina -e troppo diverso il canto gregoriano da -quello popolare. Così vedemmo già parlando -della canzone popolare, come il popolo tedesco -trasformava i canti latini della chiesa, ora conservandone -qualche brano, ora trasformando e -ritmo e melodia alla guisa di canzone popolare -(<i>Kyrleise</i>). Questi canti dapprima usati durante -le processioni ed i misteri furono poi introdotti -nella chiesa stessa e si ammisero benchè a malincuore -dalla liturgia fra l'Epistola ed il Vangelo. -</p> - -<p> -Tale stato di cose si cambiò intieramente -colla riforma di Lutero, che ha per la Germania -lo stesso significato del Rinascimento in Italia. -Questi due avvenimenti segnano nella storia -della musica la fine del Medio Evo ed il principio -di una nuova epoca. La riforma fu d'importanza -capitale per la musica sacra tedesca -e la musica tedesca in genere, giacchè Bach e -Händel basano intieramente sulla musica della -chiesa protestante e perchè le loro opere non -si possono concepire senza la riforma che diede -loro quell'austerità e maschia grandezza, che le -distingue da quelle delle altre scuole. -</p> - -<p> -La chiesa riformata ammette il canto della -comunità nella lingua del popolo. Esso non poteva -<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span> -essere dunque che la canzone popolare -modificata per gli scopi della chiesa, perchè -soltanto questo è il canto del popolo. Prima -condizione era perciò di togliere la melodia dal -tenore e darla al soprano onde renderla palese -ed accompagnarla non con contrappunti ma -nota per nota con armonie, con accordi. -</p> - -<p> -<i>Martin Lutero</i> (1483-1546) comprese l'importanza -della musica per l'opera della riforma e -le dedicò tanto più le sue cure, che egli stesso -ne era appassionato cultore. «La musica, egli -scrive nei suoi sermoni, è un dono di Dio e -non degli uomini. Essa mette in fuga il diavolo -e rende gli uomini ilari. Essa fa dimenticare -l'ira, l'impudicizia e tutti i vizî. Io le dò il -primo e più alto posto dopo la teologia». -</p> - -<p> -Lutero tradusse ed adattò i canti della comunità -assieme ai suoi fedeli amici <i>Rupff</i> e <i>Walther</i>, -scelse le melodie, sia togliendole dalle canzoni -popolari, sia trasformando il canto gregoriano, -sia trovandone di nuove e pubblicò nel -1524 la prima raccolta <i>Enchiridion</i>. Stabilì il -tipo del corale protestante che fino ad oggi -rimase lo stesso, perchè non fu la moda che -ne dettò le regole. L'esempio fruttò e ben presto -si moltiplicarono e diffusero i nuovi canti, sicchè -un Gesuita ebbe a dire che i canti di Lutero -hanno mandato in perdizione più anime che i -suoi scritti e sermoni. E difatti si potevano -bruciare le bibbie ed i libri, mettere al rogo i -propagatori della nuova fede ma non soffocare -quei canti che s'innalzavano dovunque, che eccitavano -<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span> -il coraggio nelle battaglie e che erano -ormai divenuti canti patriottici politici. -</p> - -<p> -La vera storia della musica tedesca comincia -dopo la Riforma, perchè i musicisti anteriori -a quest'epoca non sono che imitatori dei fiamminghi. -Soltanto ora si desta il sentimento nazionale -e come la Riforma non pretendeva l'annichilimento -dell'individuo, così entra nell'arte -per altre strade che in Italia l'individualismo, -che rimase una delle prime doti della musica -tedesca. -</p> - -<p> -Noi ci contenteremo di enumerare alcuni dei -maestri tedeschi anteriori a Bach, che sono e -numerosi ed importanti come lo mostrano le -loro opere, che furono intieramente dimenticate -e che oggi si tornano a pubblicare. Ancor sotto -l'influsso degli Olandesi sta <i>Enrico Isaak</i> (Arrigo -tedesco) di Praga (?) che fu alla corte di -Lorenzo il Magnifico e poi di Massimiliano -(† 1517). Le sue canzoni tedesche a più voci -segnano ormai lo spegnersi dell'egemonia fiamminga. -<i>Enrico Fink</i> di Pirna († 1588), <i>Stefano -Mahu</i>, <i>Giorgio Rhaw</i>, <i>Martino Agricola</i>, appartengono -già alla scuola protestante, come pure -<i>Lodovico Senfl</i> di Basilea, scolaro di Isaak, l'autore -prediletto di Lutero, musicista di vero genio. -</p> - -<p> -Questi autori si servono della forma del motetto -per gli scopi della musica da chiesa protestante, -abbandonano i contrappunti complicati -ed usano di preferenza quello a <i>nota contra -notam</i>, donde derivano gli accordi. <i>Luca Osiander</i> -fu il primo a pubblicare cinquanta canzoni -<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span> -sacre e salmi (1586) secondo la nuova maniera. -Superiori di gran lunga a questi sono: <i>Adamo -Gumpoldzhaimer</i> (1560), <i>Leo Hasler</i> (1564-1612), -scolaro di Andrea Gabrieli, noto in Italia sotto -il nome di <i>Gianleone</i> e <i>Giovanni Eccard</i> (1553- -1611), ambedue ispirati e potenti. -</p> - -<p> -Mentre in Germania prendeva piede la Riforma, -l'Italia aveva veduto nascere Palestrina -e formarsi la scuola dei grandi musicisti romani -e veneti. I Tedeschi sempre avidi di sapere ed -imparare non potevano ignorare gl'immensi -progressi dell'arte musicale in Italia e da questo -tempo data quella pacifica immigrazione di -musicisti tedeschi in Italia, replicandosi quanto -era successo prima coi fiamminghi. E quasi a -favorire questo pellegrinaggio sorgeva ai confini -d'Italia, bella in mezzo alle onde, Venezia, -la città incantata, le cui flotte si spingevano fin -ai più lontani mari ed i cui cittadini avevano -vaste relazioni di commercio oltre le Alpi, la -città dove una scuola musicale che aveva veduto -fiorire i più grandi ingegni, continuava le -sue gloriose tradizioni ed i cui templi ricchi di -mosaici e di dipinti dei più celebri maestri, risuonavano -di sacri e dolcissimi concenti, che -riempivano d'ammirazione i forestieri venuti -per affari di mercatura in Italia. Augusta e -Norimberga vi mandavano i figli dei patrizi ad -apprendere il commercio ed il modo di vivere; -nel 1506 i Tedeschi aveano fabbricato in vicinanza -di Rialto il loro fondaco, che facevano -adornare di dipinti da Giorgione e da Tiziano. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span> -</p> - -<p> -Da <i>Gallus</i> (1550) e <i>Meiland</i> fino a <i>Schütz</i>, una -coorte di musicisti scende in Germania per visitare -le scuole dei celebri maestri italiani. La -rimembranza di quei tempi resta incancellabile -anche dopo il ritorno in patria e rivive nelle -loro composizioni, che ad onta del carattere -nazionale portano l'impronta dei maestri italiani. -Coloro poi ai quali non era concesso veder -adempiuto il maggior voto della loro vita, -ed apprendere e perfezionarsi nell'arte dei suoni -dalla bocca del maestro, cercavano indirettamente -collo studio delle opere di avvicinarsi ai -loro ideali o frequentavano la scuola di maestri -che furono in Italia. Alla scuola di Carissimi in -Roma venne quel <i>Gaspare Kerl</i>, famoso compositore -di musica da chiesa ed organista, che -vedemmo alla corte di Monaco rivaleggiare cogli -italiani e pure a Roma studiò con Frescobaldi -<i>Giovanni Froberger</i> (1612), del quale faremo -cenno in seguito. Soltanto indirettamente sotto -l'influsso degli Italiani, seppure di un influsso -quantunque indiretto si possa parlare, stanno -i musicisti contemporanei, che nacquero e vissero -nella Germania del Nord, quali <i>Melchiore -Frank</i>, autore di molti corali ancor oggi in uso; -<i>Andrea Hammerschmidt</i> (1611-1675), felice imitatore -dei maestri italiani; i due membri della -grande famiglia <i>Bach</i>, <i>Giovanni Michele</i> e lo zio -di Sebastiano, <i>Giovanni Cristoforo</i>, eccellenti organisti -e compositori; <i>Giovanni Pachelbel</i> di Norimberga -(1653), celebre organista e scrittore di -musica d'organo, <i>Michele Prätorius</i> (1571-1621) -<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span> -di Turingia, passionato ammiratore dei maestri -italiani, dottissimo musicista ed autore della -celebre opera <i>Syntagma musicum</i>, specie di enciclopedia -musicale in tre volumi (1615-1620), -di grandissimo interesse per la teoria e la storia -dei musicisti e degli istrumenti. Il secondo -libro contiene il <i>Theatrum musicum istrumentorum</i>, -in cui sono descritti e disegnati tutti gli -strumenti allora in uso; <i>Giovanni Ermanno -Schein</i> (1586-1630), uno dei primi autori di musica -istrumentale veramente ispirata ed interessante -(<i>banchetto musicale, ecc.</i>); <i>Samuele Scheidt</i> -(1587-1654) celebre organista e scrittore di musica -d'organo e da chiesa in genere. -</p> - -<p> -La caratteristica di questi maestri è da cercarsi -nel fatto che quasi tutti furono organisti -e che dall'organo ebbero il loro sviluppo. Essi -sono i diretti precursori di Bach, essendo rintracciabile -nelle loro composizioni più che in -tutte le altre dei musicisti della Germania meridionale -quell'austero sentimento proprio della -Riforma, che è una delle caratteristiche principali -di Bach. -</p> - -<p> -Molti di questi musicisti uscirono dalla scuola -dei celebri organisti <i>Swelink</i> (1540), scolaro di -Zarlino e Gabrieli e <i>Reinken</i> (1623), la fama del -qual ultimo fu tale che il giovane Bach intraprese -un viaggio pedestre fino ad Amburgo per -poterlo sentire. Maggiore di Swelink e Reinken -fu <i>Dietrich Buxtehude</i>, nato a Helsingor nel -1637, organista a Lubecca, la di cui virtuosità -era fenomenale e le cui composizioni si avvicinano -<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span> -per grandiosità, varietà d'effetti, sapienza -ed elevatezza a quelle di Bach, che fu talmente -preso del suo modo di suonare e delle sue composizioni, -che dimenticati i doveri che lo attendevano -ad Arnstadt, si fermò per tre mesi a -Lubecca (1705). -</p> - -<p> -A quella guisa che le composizioni della -scuola romana basavano sul canto Gregoriano, -così il fondamento della musica dei compositori -della Germania settentrionale è il corale, che -se non raggiunge la grandezza ed infinita semplicità -tipica del canto gregoriano, pure nella -sua melodica purezza, espressione e sentimento -ha qualche cosa di più umano, di più commovente -di questo ed è senza dubbio più individuale -e corrispondente all'idea d'indipendenza -della fede, propria del Protestantesimo. Gli organisti -germanici servendosi del corale, ispirarono -nuova vita alla musica d'organo e la resero -capace d'esprimere tutte quelle aspirazioni -e sentimenti che la parola non può esprimere. -Nella loro musica la melodia non è che la pietra -che serve alla costruzione dell'edifizio architettonico -e maestoso e si palesa solamente -nei giri armonici fra le arti contrappuntistiche -e le fioriture, richiamando quasi l'attenzione -dei fedeli al corale prima e dopo cantato. -</p> - -<p> -L'anello di congiunzione fra la scuola degli -organisti di Germania e Bach ed il più grande -e più geniale dei suoi antecessori fu senza dubbio -<i>Enrico Schütz</i> (1585-1672) (<i>Sagittarius</i>), -quantunque dovessero passare ancora cento -<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span> -anni prima della nascita del grande cantore di -Lipsia. Dapprima destinato alla carriera legale, -si dedicò alla musica per il suo talento -pronunciatissimo e venne alla scuola di Giovanni -Gabrieli, dove stette tre anni fino alla morte del -maestro. Ritornato in patria divenne direttore -di cappella a Dresda, dove rimase sino alla -morte. -</p> - -<p> -L'importanza di Schütz è assai grande, essendo -egli stato il primo ad ispirare alla musica -germanica un nuovo alito di vita ed a liberarla -dal formalismo, unendo alla dolcezza e -maestà dello stile palestriniano e veneziano il -nervo e la vigoria delle melodie germaniche. -Le sue opere hanno una certa somiglianza con -quelle di Carissimi, ma egli è più profondo -e grande nei cori, mentre l'Italiano gli è superiore -nell'espressione drammatica degli ariosi -e dei recitativi. Le principali sono le Symphoniae -sacrae, composizioni per voci (3-6) con istrumenti, -scritte ad imitazione di quelle di Gabrieli, -fra le quali stupende la <i>Conversione di Paolo</i>, -la <i>Storia della Risurrezione</i> e le <i>Sette parole del -Redentore</i>, specie di oratorî, scritti con tendenze -musicali riformatrici e felice connubio di stili -diversi che già di molto si avvicinano alle opere -insuperabili di Bach, e finalmente le <i>Quattro -Passioni</i> secondo gli Evangelisti, per voci sole, -i cori delle quali (<i>turbae</i>) sono grandiosi per -espressione drammatica, per il sentimento tragico -e per verità, quali li troviamo nella <i>Passione -di S. Matteo</i> di Bach. Schütz finì la sua -<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span> -lunga vita quasi nell'obblìo e le sue opere furono -presto dimenticate, tanto che è difficile arguire -se esse fossero state note a Bach e Händel. Oggi -però per merito di Spitta, che pubblicò molte -delle sue opere, egli è ritornato in onore e le -<i>Sette parole</i> si eseguiscono di spesso. -</p> - -<p> -L'egemonia della Germania nella musica da -chiesa comincia ormai con Schütz. I tedeschi -impararono ben presto dagli italiani quello -che mancava alla loro musica e vi aggiunsero -la profondità intima dell'espressione e la ricchezza -dell'armonia, unite ad una certa rudezza, -che sente la forza. -</p> - -<p> -Mentre in Germania l'opera italiana si diffondeva -sempre più, nasceva in un'oscura città -di Turingia, in Eisenach, ai 21 marzo del 1685, -<i>Giovanni Sebastiano Bach</i>, uno dei maggiori -geni musicali, che mai il mondo conobbe. Bach -apparteneva ad una famiglia, che per sei generazioni -fornì la Germania di musicisti, fra -i quali alcuni, come gli zii di Sebastiano, Giovanni -Cristoforo e Giovanni Michele, ebbero -grande fama. Perduto il padre all'età di dieci -anni, venne collocato presso il fratello maggiore -Giovanni Cristoforo, organista di Ohrdruff, -che gli insegnò i primi rudimenti della -musica, e fu lì, che studiando al chiaro di luna -le composizioni d'organo di Pachelbel, Frescobaldi -ed altri maestri, le quali il fratello non -gli voleva permettere di studiare, contrasse il -germe di quella malattia di occhi, che negli -ultimi anni della sua vita lo rese cieco. Da -<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span> -Ohrdruff passò a Luneburgo come cantante del -coro, quindi a Weimar, dopo la mutazione della -voce quale suonatore d'orchestra. Passati alcuni -anni in diverse città (Arnstadt, Mühlhausen, -Cöthen), ora come organista, ora come violinista, -ottenne finalmente, dopo la morte di Kuhnau, -il posto di cantore (direttore) alla scuola -di S. Tommaso in Lipsia (1723) che occupò fino -alla morte (28 luglio 1750). -</p> - -<p> -Sebastiano Bach nacque di famiglia povera e -modesta, si ammogliò due volte ed ebbe ventun -figli. Le sue aspirazioni non furono mai alte, -nè egli cercò la gloria. Dopo i suoi trionfi come -organista e pianista a Dresda ed a Berlino, ritornò -alla sua casa e continuò le sue occupazioni -senza inorgoglire, quasi inconscio del suo -portentoso genio. Passò la vita in mezzo alla -sua famiglia, severo con sè ed i suoi, ligio al -dovere ed alla religione dei suoi padri. I suoi -contemporanei non intuirono la sua grandezza. -Nato in un'epoca in cui la Germania non aveva -ideali, in cui la vita di pensiero era meschina -o nulla ed il pedantismo e la gretteria regnavano, -non si vide in Bach che un eccellente -virtuoso d'organo e poco più che un buon e -diligente direttore di cappella. Più volte egli -ebbe a sostenere lotte accanite coi suoi superiori -per futili lagnanze e per questioni indegne -che gli amareggiarono l'esistenza. -</p> - -<p> -Dopo morto, le sue composizioni andarono -dimenticate ed in parte perdute; gli ultimi rampolli -della sua famiglia caddero in miseria, e -<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span> -come si obliò il luogo ove giaceva sepolto, -così si scordò il suo nome, sicchè quando Marx -e Mendelssohn esumarono la sua grandiosa <i>Passione -di S. Matteo</i> e ritornarono alla luce le sue -maggiori opere, sembrò essere cosa incredibile -che un simil genio avesse potuto per tanto tempo -essere disconosciuto e quasi dimenticato. Oggi -si può però parlare d'una vera rinascita bachiana, -perchè la musica di Bach s'accorda in -certo modo cogli ideali moderni d'estetica -musicale e colla tendenza alla polifonia e fu -appunto quando dominava l'omofonia, che Bach -fu dimenticato per più d'un secolo. -</p> - -<p> -Dinanzi alla grandiosità delle sue opere la -penna sfugge di mano e rifiuta il suo ufficio. -Goethe scrisse di lui: «Quando penso a Bach, -ho l'impressione, che l'eterna armonia si diverta -con sè stessa forse come sarà successo nel seno -di Dio prima della creazione». E Wagner: «Se -si vuole comprendere la meravigliosa singolarità, -forza ed importanza dello spirito tedesco -con un solo ed incomparabile esempio, basta -studiare la personalità quasi inconcepibile ed -incomprensibile di Sebastiano Bach in un'epoca -in cui il popolo tedesco era pressochè annientato». -</p> - -<p> -Il genio di Bach si può intuire, non esprimere -a parole. Come Palestrina, egli sta sul confine -di due epoche, e mentre chiude l'una, inizia -l'altra. Anche egli non fu riformatore nel senso -stretto della parola, nè trovò nuove forme, ma -le sussistenti perfezionò e perfezionandole le -<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span> -rese tali che nuove appaiono. Come Palestrina -incarna la musica sacra cattolica, così Bach è -il rappresentante della musica protestante. La -sua musica vocale è esclusivamente religiosa ed -interpreta la dogmatica protestante, ma egli -le ispira sentimenti più umani ed intimi di -quello che la severa ortodossia antecedente -avesse saputo. Se in Palestrina troviamo rappresentato -l'elemento divino che s'abbassa fino -all'umanità, in Bach domina l'elemento umano -che si libera dai ceppi e dalle miserie terrene, -si eleva al cielo, gli confida i suoi dolori, le -sue angoscie e vi trova il conforto e la pace -dopo la lotta. -</p> - -<p> -Il suo carattere inclina al misticismo, per cui -la sua musica è precipuamente riflessiva, profonda -ed esigente che l'uditore vi si immedesimi. -Non sempre giustificato è però il voler -sottolineare il sentimento religioso di Bach, che -egli possedeva più per tradizione che per riflesso. -Bach è portato altresì al lirismo ed in lui si -trovano gli elementi del romanticismo; perciò -era naturale che egli coltivasse anche la musica -istrumentale, che più si adatta ad esprimere -la profondità del pensiero. La musica di -Bach non fu popolare ai tempi del maestro, -perchè egli si elevava troppo sopra gli altri per -venir intieramente compreso e popolare non lo -è oggi nè mai lo diverrà. Ma invece si può ben -con sicurezza affermare, che molte delle sue -opere saranno imperiture come alcune dell'antichità -nella letteratura, pittura e scoltura, perchè -<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span> -per quanto cambieranno e la vita di pensiero -e le forme dell'espressione, l'alito geniale -che vi ispirò il maestro, non può per il tempo -che passa spegnersi. -</p> - -<p> -Nella musica vocale Bach segnò traccia imperitura. -I suoi numerosi corali a quattro voci -sono monumenti insuperabili di melodia ed -espressione profonda; molti gli servono di tema -per costruire grandiose concezioni polifoniche. -Ma dove Bach sembrò attingere ad una fonte -inesauribile fu nelle cantate, che sono più di -trecento, quasi tutte su poesie di carattere religioso -da eseguirsi dopo la predica dell'ufficio -protestante. Esse mantengono la forma concertata -di prima (introduzione istrumentale, coro, -recitativi, arie, duetti, corale). La plasticità dei -temi si presta a tutte le combinazioni, senza -che l'unità sia perduta; l'opera grande e maestosa -sorge naturalmente e quasi necessariamente, -nel mentre ogni parte è individualmente -concepita. La differenza che passa fra quelle -di Bach e dei suoi antecessori e contemporanei -è grande, perchè fu egli il primo a riconoscere -l'importanza delle forme dell'opera italiana e -servirsene combinandole collo stile della musica -d'organo, raggiungendo così l'unità e creando -una nuova musica da chiesa di spiccato carattere -protestante, che fu anche l'ultima non -essendo la posteriore che una semplice imitazione -della sua. -</p> - -<p> -Il contrappunto di Bach basa a differenza dei -maestri anteriori sull'armonia e le singole voci -<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span> -sono sempre condotte melodicamente. La tonalità -è la moderna e non è che la scala minore -discendente colla sesta maggiore che a noi riesce -un po' strana ed arcaica. -</p> - -<p> -Fra le sue opere vocali le maggiori sono la -<i>Passione secondo S. Matteo</i>, la <i>Messa in si minore</i>, -l'<i>Oratorio di Natale</i>, il <i>Magnificat</i> a cinque -voci. La <i>Passione</i> suddetta (15 aprile 1729), una -delle tre conservateci, segna un immenso progresso -in confronto delle anteriori e delle contemporanee -e come il testo è depurato dalle -aberrazioni ed ingenuità di prima, così la musica -si eleva ad altezze, quali Bach stesso di rado -seppe raggiungere. E se anche in questa sublime -opera il contrasto fra l'elemento sacro e mondano -o drammatico le tolgono l'unità, ciò deve -ascriversi non all'autore ma al genere di composizione, -per cui lo vediamo spegnersi con -Bach e sostituirvisi l'oratorio, nel quale l'elemento -sacro e mondano si confondono in uno -e formano un nuovo stile. -</p> - -<p> -Nella musica istrumentale fu Bach che introdusse, -come nessuno prima di lui seppe fare, -le forme della musica polifonica vocale. Egli -non creò la <i>Sonata</i>, la <i>Suite</i>, la <i>Partita</i>, la -<i>Fuga</i>, ecc., ma tutti questi generi modificò e -rinnovò in modo che fra le sue composizioni -e le anteriori o contemporanee la somiglianza -è poca o nessuna. La sua orchestrazione invece -è semplice, quantunque non manchino specialmente -nelle arie concertate tratti felici e nuovi -impasti e combinazioni, che egli imparò senza -<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span> -dubbio dalle opere di Steffani. Fra la quantità -delle sue opere istrumentali basti il nominare -il suo <i>Clavicembalo ben temperato</i>, quella raccolta -aurea di 48 preludî e fughe per cembalo, -in cui Bach si palesa non solo sapiente teorico -ma altresì poeta musicale, servendo la forma -del preludio e della fuga ad esprimere sentimenti -svariati ed affetti e facendo la profondità -del pensiero e la bellezza melodica dimenticare -la sapienza. Altre notissime sono la <i>fantasia -cromatica</i>, il <i>Concerto in re minore</i> per pianoforte, -la <i>suite in re maggiore</i> per orchestra, il <i>Concerto -italiano</i>, le <i>toccate e fughe</i>, le <i>sonate per piano e -violino</i>, le <i>sei sonate per violino solo</i>, i <i>concerti -brandeburghesi</i>, ecc. -</p> - -<p> -Bach fu sommo organista e come tale fu riconosciuto -anche dai contemporanei. Le sue -improvvisazioni attiravano la folla ed il celebre -organista Reinken dopo averlo sentito in Amburgo -(1721), gli rivolse le memorabili parole: -«Credevo che quest'arte fosse morta, ma vedo -che essa ancor vive in voi». Bach non fu del -resto soltanto sommo organista ma altresì sommo -nelle sue composizioni per organo ancor -oggi insuperate. E difatti chi ha mai più superate -le sue toccate e fughe, i suoi preludî ai -corali nei quali la profondità e la ricchezza -melodica e tematica sono inesauribili? -</p> - -<p> -L'infinita ammirazione delle opere di Bach -non deve però accecarci al punto di non riconoscere -che non tutte raggiungono l'ideale della -perfezione e che anch'egli, ciò che del resto è -<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span> -più che naturale se si considera la sua immensa -produzione, molte volte lasciò correre la mano, -fidandosi della sua prodigiosa sicurezza di maneggiare -le forme più ardue del contrappunto. -Allora anche Bach è soltanto un artista abilissimo -ed è inutile cercare nelle opere scritte -così, che non son poche, recondite profondità -mistiche, alle quali certo l'autore non pensava -e che neppur inconsciamente sentiva. E questo -vale non soltanto per molte delle opere istrumentali -ma ancor più per le cantate, scrivendo -le quali Bach non poteva essere sempre invaso -da compunzione religiosa ma voleva sopperire -a bisogni liturgici, specialmente in un'epoca, -in cui la religiosità s'univa ad un pietismo -protestante barocco. -</p> - -<p> -Gli elementi della musica di Bach sono i più -svariati. Il fondamento ne è il corale protestante, -ma egli studiò altresì e profittò delle -opere di Palestrina, Lotti, Caldara, Frescobaldi, -molte delle quali egli copiò di propria mano. -Nella musica istrumentale sono Corelli, Vivaldi -(Concerti), Marcello, Albinoni, Couperin, Froberger, -Buxtehude ed altri che esercitarono un -influsso palese sulle sue opere. -</p> - -<p> -Fra i numerosi figli di Bach, quattro furono -musicisti. Il maggiore, <i>Friedemann</i> (1710-1784), -mostrò grande ingegno ed ebbe a maestro il -padre, che su lui avea fondato le sue speranze. -Organista della cattedrale di Halle, vi stette -venti anni. Ma il suo carattere strano, la sua -vita scapestrata lo trassero a rovina. Dedito al -<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span> -bere, cadde sempre più in basso, abbandonò il -suo posto e vagò per la Germania, finchè morì -in miseria a Berlino. Nei suoi momenti felici -fu uno dei più grandi organisti del suo tempo, -dottissimo in teoria e lasciò più composizioni, -fra cui <i>polonesi</i>, <i>cantate</i>, <i>sonate</i> per piano e violoncello -ed un <i>concerto</i> per organo che è degno -delle migliori opere del padre. -</p> - -<p> -Miglior sorte ebbe l'altro figlio di Bach, <i>Filippo -Emanuele</i> (1714-1788), allievo pure del padre, -che visse onorato e stimato ad Amburgo. -Fra le sue numerose composizioni vanno menzionate -le sue <i>sonate</i> per piano, che furono il -breviario di Haydn e segnarono una nuova fase -nello sviluppo della sonata quantunque non sia -giusto ascrivergli quello che fu il frutto dei tentativi -di più maestri anteriori e contemporanei. -In ultima linea le opere di F. E. Bach appartengono -ormai allo stile galante, reso meno -snello dalla pedanteria germanica dei suoi tempi. -</p> - -<p> -Tanto Friedemann che Filippo Emanuele si -risentono dell'influenza superficiale dell'epoca -e sono lontani dal raggiungere la grandezza e -profondità del padre. Gli altri due figli, <i>Cristoforo -Federico</i>, direttore a Bückeburg e <i>Giovanni -Cristiano</i>, direttore a Milano e poi a Londra -non si elevarono sopra la mediocrità. -</p> - -<p> -I numerosissimi manoscritti di Bach — durante -la sua vita ne vennero stampati soltanto -alcuni — furono divisi tra i due figli Friedemann -e Filippo Emanuele. Ma il primo poco si -curò del prezioso retaggio e così molte opere -<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span> -del grande genio di Turingia andarono perdute -per sempre. -</p> - -<p> -Pochi giorni prima di Bach nasceva in Halle -(23 febbraio 1685) <i>Giorgio Federico Händel</i>, quel -genio che insieme a Bach, per lungo tempo -assicurò alla Germania il primato musicale. -Anche Händel, come tanti altri, ebbe a lottare -col padre prima di potersi dedicare alla musica, -finchè quest'ultimo, per l'intercessione del -principe di Weissenfels, acconsentì all'ardente -desiderio del figlio e lo mandò alla scuola dell'organista -Zachau, eccellente teorico. A undici -anni si recò a Berlino, dove viveva allora Bononcini -e dove apprese nuove cose ed intravide -orizzonti ben diversi da quelli che il suo maestro -avevagli additato. Ma egli seppe resistere -alla tentazione di rimanere e ritornò ai severi -studi, che alternava con quelli della giurisprudenza -all'Università, finchè a 19 anni si recò -ad Amburgo per dedicarsi intieramente alla -musica. -</p> - -<p> -Amburgo era allora il centro musicale germanico -dell'opera ed offriva al giovane musicista -ricco campo di studio ed esperienza. Difatti -il suo soggiorno non fu senza frutto, chè -di lui si eseguirono con buon successo tre -opere. In Amburgo accadde pure la nota storia -del suo duello con Mattheson, il turbolento e -litigioso critico, che per poco non lo uccideva. -La conoscenza dell'opera destò in Händel il -desiderio di visitare l'Italia (1707), dove stette -tre anni componendo più opere nello stile dell'epoca -<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span> -e riscuotendo grande plauso. Il soggiorno -di Händel in Italia influì grandemente sulla sua -musica, che ad onta di tanti punti di contatto, -pure è sì diversa da quella di Bach. Lotti e Scarlatti -gli furono prodighi di consigli e dalle opere -di questi e della scuola romana, specialmente -di Carissimi, trasse proficui ammaestramenti. -</p> - -<p> -Nel 1710 abbandona l'Italia e si ferma ad Annover, -dove si trova con Steffani, il gentile ed -ispirato autore di celebri duetti e cantate. Di -là passa a Londra, che doveva divenire la sua -patria adottiva. Nel 1711 la sua opera <i>Rinaldo</i>, -lo rende noto al pubblico inglese ed in breve -tempo egli diventa l'autore più di moda. Ma la -sua vittoria fu amareggiata da continue lotte -con rivali ed una forte fazione d'inimici invidiosi -cercò con ogni mezzo di soppiantarlo e -discreditarlo. Le contese coi colleghi, fra cui -<i>Ariosti, Bononcini, Porpora</i>, con cantanti e cantatrici, -fra le quali la Cuzzoni e Faustina Hasse -rivali ed inimiche acerrime, la cattiva riuscita -delle sue imprese teatrali, finirono col disgustarlo -del teatro, sicchè nel 1740 colla sua opera -Deidamia, diede un addio alle scene e si dedicò -ormai in età avanzata all'oratorio, a quel genere -in cui si era anni avanti (1732-34: <i>Ester, Debora, -Atalia, la festa di Alessandro</i>, 1736), provato -con successo. Fra le opere di questo periodo -nomineremo come le più celebri ed ancor oggi -notissime, <i>Israele in Egitto</i>, coi suoi grandiosi -cori che descrivono le sventure del popolo -eletto; l'<i>Allegro ed il Pensieroso</i>; nel 1741 il -<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span> -celebre <i>Messia</i>, l'oratorio prediletto del pubblico -inglese; nel 1742 <i>Sansone</i>, una delle opere più -ispirate e grandiose per contrasti di tinte; nel -1746 <i>Giuda Maccabeo</i>, e finalmente <i>Iefte</i>, che -Händel scrisse quando le tenebre della cecità -si erano distese sui suoi occhi, due anni prima -della sua morte (1759). -</p> - -<p> -Händel scrisse quaranta opere teatrali, diciotto -oratorî, passioni, Anthems, Te Deum, Cantate, -duetti, Concerti grossi, Sonate, Suites, musica -d'organo. -</p> - -<p> -L'importanza di Händel sta precipuamente -nell'oratorio. Nell'opera lirica egli non si innalza -gran fatto al disopra dei contemporanei -e se nelle sue arie la caratteristica è forse più -efficace di quella di tanti altri maestri, le sue -melodie sono meno insinuanti ed ispirate di -quelle dei migliori italiani. Anche in Händel -manca come nei maestri napoletani il sentimento -drammatico dell'intiera opera e se un'aria o -l'altra, singolarmente presa, mostra grande verità -espressiva e s'adatta al testo, il tutto non è -che una collezione di arie collegate coi recitativi. -</p> - -<p> -Dell'origine dell'oratorio abbiamo fatto cenno -parlando di quella dell'opera. In Italia esso si -era già al principio del secolo XVII diviso in -due specie distinte. La prima a somiglianza delle -antiche azioni liturgiche con testo latino, la seconda -in forma di leggende di santi od azioni -sacre drammatizzate con apparato scenico. Una -suddivisione di quest'ultima sono gli Oratorî con -persone allegoriche e simboli, ma essa iniziata -<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span> -da Cavalieri andò presto in disuso (<i>Maragnoli-Vita -humana</i> 1658). Le azioni sacre drammatiche -invece vennero molto in voga e le biblioteche -italiane e straniere posseggono una quantità di -simili azioni sacre in musica, fra le quali nomineremo -come le principali l'<i>Eumelio</i> di <i>Ag. -Agazzari</i>, <i>S. Alessio</i> di <i>Landi</i> (circa 1620), gli -Oratorî di <i>Aless. Scarlatti</i>, <i>Stradella</i> (Modena), -<i>S. Francesco</i> di <i>G. Alessandri</i> (Dresda) molti di -<i>Caldara</i> (Vienna), <i>Leo</i>, ecc., e per dare un'idea -della voga dell'oratorio basti il dire, che il -padre Martini aveva nella sua biblioteca 350 -oratori scritti da maestri italiani, che poi andarono -dispersi ed in parte perduti. La forma dell'oratorio -drammatico italiano va sempre più -avvicinandosi a quella dell'opera e la parte dell'<i>Historicus</i> -scompare ben presto, perchè essa -era incompatibile colla forma drammatica, e -l'esecuzione scenica, che molte volte si adottava. -</p> - -<p> -L'affinità fra l'azione dell'Oratorio con quella -dell'opera influiva pure sullo stile. Una certa -serietà ed elevatezza nelle arie e nei recitativi -accompagnati, molte volte bellissimi, è l'unica -caratteristica. I cori vanno sempre più perdendo -d'importanza e si riducono di solito a due, al -principio ed alla fine e ciò neppur sempre. -L'interesse va perciò diminuendo e noi vediamo -spegnersi l'oratorio, almeno in Italia, alla fine -del secolo XVIII. -</p> - -<p> -È inutile indagare quali motivi abbiano deciso -Händel ad abbandonare l'opera lirica e dedicarsi -intieramente all'oratorio. Certo essi non -<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span> -sono da cercarsi solamente nelle circostanze -esteriori. Più che queste influirono senza dubbio -il suo carattere severo ed austero, l'altezza -dei suoi ideali e l'impossibilità di raggiungerli -nell'opera. Nell'oratorio di Händel si compie la -fusione dell'elemento mondano e divino, che -nella musica sacra era impossibile. La bibbia -offriva ad Händel soggetti adatti alla sua natura -inclinata all'epico, al grandioso; alla mancanza -dell'elemento drammatico individuale suppliva -la vastità del quadro michelangiolesco, dove invece -di una singola persona parlava un popolo -intiero. La mente di Händel non era inclinata -alla contemplazione mistica, ma vedeva la vita -oggettivamente cogli occhi di un cosmopolita. -Perciò quello che Händel non seppe raggiungere -nell'opera lirica, egli raggiunse nell'oratorio, -il sentimento drammatico cioè e perciò -i suoi grandiosi cori sono più veri ed espressivi -che le sue arie, le quali per lo più sono -antiquate e risentono del tempo tanto nelle loro -forme alle volte barocche e convenzionali che -nelle fioriture. -</p> - -<p> -L'orchestrazione di Händel è più ricca e colorita -di quella di Bach, che doveva sempre -contentarsi di pochi e mediocri suonatori, più -interessante ed elaborata di quella dei maestri -italiani. Fra le sue migliori opere istrumentali -contano i <i>Concerti grossi</i>, per archi soli o per -archi ed oboe, lo strumento preferito da Händel. -La forma è quella dei Concerti di Corelli -con qualche cambiamento. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span> -</p> - -<p> -Händel è molto più comprensibile e vicino a -noi italiani di Bach sia per le sue doti sia e -forse di più per l'influenza che ebbero su di lui -i maestri italiani ed il lungo soggiorno in -Italia. «Andate in Italia a liberarvi la testa -dalle idee superflue e le ubbie» diceva il vecchio -musicista Fux ad un suo scolaro e fu certo in -Italia che Händel imparò la chiarezza, l'equilibrio -e la semplicità, che sono i suoi maggiori -pregi e che Bach non seppe mai raggiungere in -sì alto grado. -</p> - -<p> -La potenza assimilatrice di Händel è stragrande -ed egli non ebbe mai scrupolo di servirsi -di motivi e temi di altri maestri per le -sue opere. Ma egli sa assorbire tutti gli elementi -estranei in modo tale, che l'imitazione non diventa -plagio e perde ogni importanza. -</p> - -<p> -Nell'opera egli non cercò nè trovò nuove vie -ma seguì le battute. Nell'oratorio invece egli -tenta continuamente nuovi esperimenti e gli fa -subire diverse trasformazioni, innestandogli anche -forza drammatica più che nelle sue opere -teatrali, ora contentandosi di cori omofoni ora -fugati, ora misti con soli. La sua facoltà inventiva -sembra inesauribile, sicchè gli bastano poche settimane, -alle volte pochi giorni per comporre -un'opera od un oratorio (p. e. il <i>Messia</i> fu scritto -fra il 22 agosto ed il 14 settembre 1741). I suoi -Concerti per organo ed orchestra sono quasi -improvvisazioni ed egli si contenta alle volte -d'una stenografia musicale per seguire l'irruenza -della sua fantasia. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span> -</p> - -<p> -Bach e Händel sono due geni, che vicendevolmente -si completano come Goethe e Schiller. -Bach inclina al misticismo, alla contemplazione: -egli basa completamente sul sentimento religioso -protestante. Händel è più oggettivo e contempla -la vita da un ampio e libero punto di -vista; perciò il primo è essenzialmente lirico, -mentre l'altro è epico e somiglia agli uomini -dell'antichità. Il sentimento religioso in lui non -è esclusivo come in Bach, ma è soltanto il fondamento -su cui poggia il suo edifizio. Bach rimase -germanico nell'arte ed esclusivamente nazionale, -mentre Händel ne allargò i confini, e -conservando la propria fisonomia, apprese e -si perfezionò alla scuola degli italiani. Bach è -più profondo e complicato di Händel che si -serve di mezzi più chiari, più semplici; il primo -è più accurato nei particolari, mentre il secondo -dipinge a tratti più larghi. Ambedue menarono -vita semplice ed integra e ad alte aspirazioni -unirono somma attività e diligenza. -</p> - -<p> -Con Bach ed Händel finisce la prima grande -epoca della musica tedesca. L'antica religiosità -andava scomparendo per far luogo a nuove -idee; all'antico dogmatismo succede il razionalismo -di Kant; la Rivoluzione francese, che -da lungo preparavasi, abbatte gli antichi pregiudizi -e viene proclamata la libertà d'azione -e di pensiero. Anche la musica si risente delle -nuove idee e da queste nascono l'opera di -Gluck e la musica istrumentale sinfonica moderna. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span> -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -C. v. Winterfeld — <i>Der evangelische Kirchengesang</i>, Lipsia, -1843-47. -</p> - -<p> -H. Köstlin — <i>Luther als der Vater des evang. Kirchengesanges</i>, -Lipsia, Breitkopf und Härtel. -</p> - -<p> -Pirro A. — <i>Schütz</i>, Paris, 1912. -</p> - -<p> -Pirro A. — <i>L'estethique de I. S. Bach</i>, Paris, 1907. -</p> - -<p> -Ph. Spitta — <i>Heinrich Schütz Leben u. Werke</i>, Berlin, 1904, -nel libro <i>Musikalische Aufsätze</i>. -</p> - -<p> -— <i>I. S. Bach</i>, Lipsia, 1873 e seg. -</p> - -<p> -C. Bitter — <i>S. Bach</i>, Dresda, 1880. -</p> - -<p> -Schweitzer A. — <i>I. S. Bach, le musicien poête</i>, Leipzig, 1904. -</p> - -<p> -Fr. Chrysander — <i>G. F. Händel</i>, Lipsia (incompiuto.) -</p> - -<p> -T. Volbach — <i>G. F. Händel</i>, Berlino, 1898. -</p> - -<p> -Rolland R. — <i>Händel</i>, Paris, 1910. -</p> - -<p> -C. Bitter — <i>Die Söhne Bachs</i>, Berlino, 1868. -</p> - -<p> -— <i>Beiträge zur Geschichte des Oratoriums</i>, 1872. -</p> - -<p> -Le opere degli autori nominati, anteriori a Schütz sono -in parte pubblicate in Antologie. -</p> - -<p> -Quelle di Schütz, Bach ed Händel furono intieramente -pubblicate dalla casa Breiktopf und Härtel e dalla Società -Händel. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap13">CAPITOLO XIII. -<span class="smaller">La musica monodica da camera -e l'arte del canto fino al secolo XIX. -Teatri e decorazioni.</span></h2> -</div> - -<p> -Una delle qualità che secondo Baldassare Castiglione -deve avere <i>il Cortigiano</i> (1518) è che -egli sia «ancor musico ed oltre allo intendere -ed esser sicuro a libro sappia varii istrumenti». -<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span> -(Libro I. Cap. XLVIII). «Il tempo poi nel quale -si possono usare queste sorti di musica, stimo -che sia sempre che l'omo si trova in una domestica -e cara compagnia, quando altre faccende -non vi sono». (Lib. II. Cap. XIII). Simili -accenni troviamo negli Asolani di Pietro Bembo, -nella vita di Guido da Montefeltro, scritta -da Vespasiano dei Bisticci, nei Dialoghi di Torquato -Tasso ed in molte altre opere dei secoli -scorsi, p. e. nell'Introduzione al Novellare nelle -Cene di Francesco Grassini, detto il Lasca («si -dierono a cantare certi madrigali a cinque voci -di Verdolotto e d'Arcadelte in casa di una ricca -e bella donna vedova, il di cui fratello aveva -una camera fornita di canzonieri scelti e d'ogni -sorte d'istromento lodevoli, sappiendo tutti -quei giovani, chi più, chi meno, cantare e suonare»). -La musica comincia a divenire col Rinascimento -veramente un elemento di coltura -e diletto delle classi alte e medie ed ad avere -una parte non senza importanza nella vita privata. -Paolo Veronese, Giorgione, Bonifazio dipingevano -i cosidetti <i>Concerti</i>. Leonardo, Benvenuto -Cellini, Salvator Rosa erano buoni musicisti, -cantanti o suonatori; le corti di Firenze -e specialmente di Mantova e Ferrara risuonavano -di canti e suoni e musicisti celebri vi trovavano -gentile ed onorevole accoglienza; Isabella -ed Alfonso d'Este possedevano una raccolta -di strumenti preziosi non allo scopo di -farne una collezione ma di usarli praticamente. -A differenza di prima di musica si occupavano -<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span> -e seriamente anche i dilettanti e basti il nominare -fra le donne celebri o note per altri motivi -Properzia dei Rossi, Irene da Spilimbergo e -Tarquinia Molza quali distinte cantanti e suonatici -e fra le compositrici Maddalena Casolana -e Vittoria Aleotti che scrissero Madrigali, -che si stamparono assieme a quelli dei maestri -più celebri e finalmente la cortigiana Imperia -che aveva studiato la composizione ed era abilissima -cantante. La musica non mancava mai -alle feste, conviti e persino nei conventi di -monache si cantava e suonava per semplice -svago e divertimento. In questo accordo perfetto -di lodi alla musica non si ha che una stonatura -nella lettera di Bembo a sua figlia Elena -(1529), alla quale scrive che «il suonare è cosa -da donna vana e leggiera e che è meglio esercitarsi -nelle lettere e far la cucina». -</p> - -<p> -Più tardi il teatro e l'opera ebbero il predominio -ma non perciò cessarono i concerti privati -ed i trattenimenti dove la musica aveva -gran parte. Così sappiamo p. e. dei famosi Lunedì -del Cardinale Ottoboni a Roma, dove suonava -Corelli e convenivano i più celebri musicisti -(Scarlatti, Händel, Steffani, ecc.) e Burney -ci racconta nelle sue memorie di una quantità -di simili trattenimenti musicali in più città di -Italia. Nè altrimenti si potrebbe spiegare la -grande quantità di opere vocali ed istrumentali, -scritte per scopi estranei al teatro, quali dapprima -le Canzoni a più voci, i Madrigali, le innumerevoli -composizioni per liuto, le canzoni -<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span> -monodiche, le cantate e la musica per istrumenti -ad arco e tasto. -</p> - -<p> -Lo stesso può dirsi della Germania, quantunque -la sua vita artistica non fosse certo sì sviluppata -che in Italia. M. Agricola ci parla nella -prefazione alla sua <i>Musica istrumentalis</i> (1545) -in versi prosaici e da colascione della musica -nella vita privata tedesca. Walther, l'amico di -Lutero, ci racconta che questi prima e dopo -tavola si metteva a cantare e che Melantone -faceva il basso. Le raccolte di canzoni <i>Kurzweilig, -frische gute Liedlein</i>, sono numerosissime -ed appartengono alla musica di carattere intimo, -al qual genere sono pure da annoverarsi le -opere di Clavicembalo della famiglia dei Bach, -di Kuhnau, Froberger come in Francia, quelle -di Couperin, Rameau, Daquin ed altri. In Germania -poi i cosidetti <i>Collegia Musica</i> erano società -di dilettanti, che durarono quasi fino al -termine del secolo XVIII e che, come lo indica -la parola, erano circoli musicali privati, -dove si eseguiva una quantità di opere vocali -ed istrumentali con o senza uditorio. La conclusione -che se ne può trarre è che ai tempi -odierni si fa certo più musica che nei tempi -passati ma che la musica da camera prima veniva -molto più coltivata nelle famiglie e nelle -radunanze private, al che influì senza dubbio -anche la maggiore difficoltà tecnica della musica -moderna. -</p> - -<p> -La musica da camera vocale monodica dei -secoli scorsi è pressochè ignota non solo al -<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span> -cosidetto gran pubblico ma anche a molti musicisti. -Eppure essa è d'una ricchezza incredibile -ed è a sperare che ora che adagio adagio -si vanno pubblicando le migliori opere antiche -oltre le poche note celebri, noi impareremo a -conoscerla e ad apprezzarla come lo merita. -Essa, della quale trovammo già accenni nell'<i>Ars -nova</i> fiorentina ben presto andata in dimenticanza -e che visse soltanto nella canzone popolare, -rinacque quasi contemporaneamente all'opera -ed è pure frutto del Rinascimento musicale. -Tentennante da principio ed avvicinantesi -alle melopee di Peri e Caccini, ben presto si -depura ed invigorisce, diventa spontanea, fresca -ed ispirata per la linea melodica, ora calda -d'espressione, ora vivace di ritmo, ora caratteristica. -Le nostre biblioteche possiedono una -quantità di queste canzoni ed arie antiche e -quando esse saranno di nuovo note ci accorgeremo -di avere una meravigliosa lirica musicale -antica, alla quale deve riannodare la lirica moderna, -se non si vuole imbastardire l'arte nazionale. -</p> - -<p> -Fra le opere appartenenti a questo genere -nomineremo oltre quelle pubblicate da L. Torchi -nelle Canzoni ed Arie italiane ad una voce -del secolo XVII, i <i>Madrigali ed Arie</i> a voce sola -di <i>Giovanni Francesco Capello</i>, la <i>Sphaera armoniosa</i> -di <i>Paolo Quagliati</i> (1623) i Madrigali di -Francesco Turini (1629) e <i>Biagio Marini</i> (1649) -qualche canzone di <i>Salvator Rosa</i> (1614-1673) il -celebre pittore e di <i>Alessandro Stradella</i>. Riemann -<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span> -esamina nella sua storia della musica una -quantità di queste raccolte di arie di maestri -italiani affatto sconosciuti e ne riporta lunghi -brani, parlando con grande ammirazione specialmente -di quelle di <i>Benedetto Ferrari</i> di Modena -(?) (1633) che non esita a mettere a paro -di Monteverdi e Carissimi. Ma la vera canzone -lirica ebbe pur troppo brevissima vita per il -predominio del teatro. Essa si va gradatamente -cambiando nella <i>Cantata da camera</i>, che era -quasi uno studio preparatorio dell'opera, un'opera -in miniatura essa stessa, nata dal Madrigale -coll'aggiungere ai cori pezzi a solo, che poi -divennero dominanti. Lo stile di essa divenne -poi quasi stereotipo, sicchè si può quasi dire -che fu la Cantata nata dall'opera che poi influì -su questa e sullo stile drammatico e gli tolse -in parte la verità drammatica coll'esclusiva ricerca -dell'eleganza ed una certa vacuità cagionata -dalle poesie di solito insulse e convenzionali. -E così successe, come giustamente osserva -R. Rolland, che Carissimi e L. Rossi ebbero la -prima colpa della decadenza dell'opera italiana -appena iniziata, come tutti quelli che sostituiscono -ad un ideale di verità uno di semplice -bellezza, indifferente alla vita. La cantata consisteva -solitamente di tre arie collegate da recitativi -e la voce veniva accompagnata dal cembalo -rinforzato dal basso o violoncello. Alle -volte ma raramente si aggiungono istrumenti a -corde p. e. liuti, chitarre, tiorba e lira. Molte -delle infinite cantate dell'epoca sono da contarsi -<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span> -fra le migliori opere della musica italiana e -superano spesso per la finezza del lavoro, la -spontaneità e la correttezza della declamazione -le opere teatrali contemporanee. Lo stesso può -dirsi dei <i>duetti da camera</i> di <i>A. Lotti</i>, <i>E. Astorga</i>, -<i>Clari</i> e specialmente di <i>Agostino Steffani</i>. Le -poesie dei duetti sono pressochè esclusivamente -di soggetto amoroso e non sono quasi mai veri -dialoghi con contrasti drammatici, anche quando -vi sono framessi piccoli recitativi. La forma di -duetto era scritta semplicemente per scopi -musicali, onde cioè impiegarvi imitazioni e canoni. -Anche questi canti sono scritti col basso -numerato solo o con altri strumenti, di solito -violini ma in tutt'altra maniera delle opere -anteriori del genere polifonico, che si potevano -cantare e suonare <i>come piace</i>. -</p> - -<p> -Questa fioritura di musica vocale doveva -aver per naturale conseguenza un nuovo indirizzo -nell'arte del canto. Fino allora aveva -dominato la polifonia ed era naturale che i cantanti -delle opere polifoniche rivolgessero la loro -attenzione più alla coltura musicale generale -che alla tecnica del canto stesso. Ma non bisogna -però credere che questa fosse del tutto trascurata, -che anzi, p. e. i cantori della cappella -Sistina dovevano pure accudire a lunghi esercizi -vocali, che se non avevano direttamente -per scopo l'espressione individuale del canto -pure non potevano restare senza influsso sull'arte -del cantare. -</p> - -<p> -Alla scuola di Virgilio Mazzocchi, come scrive -<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span> -Bontempi (1695) «gli allievi dovevano impiegare -ogni giorno un'ora nel cantare cose difficili -e malagevoli, un'altra negli studî delle lettere -e un'altra negli ammaestramenti ed esercizi -del canto e sotto l'udito del maestro e davanti -a uno specchio per assuefarsi a non far moto -alcuno inconveniente nè di vita, nè di fronte, -nè di ciglio, nè di bocca e tutti questi sono gli -impieghi della mattina». -</p> - -<p> -Coll'introduzione della monodia tutta l'attenzione -si concentrò sul canto <i>a solo</i>, sull'espressione, -la declamazione, la pronuncia e la tecnica. -La prefazione alle <i>Nuove musiche</i> di Caccini -contiene un vero trattato di arte del canto con -esempi ed offre ancor oggi un certo interesse, -trillo, ribattuta di gola, cascata sempia, doppia, -voci finte, (di testa) lunghi giri di voce -(fioriture). Un madrigale di Antonio Archilei ci -è conservato cogli ornamenti aggiunti alla parte -del soprano dalla cantante Vittoria Archilei, -fioriture, che anche oggi offrirebbero grandi -difficoltà. Esiste pure un'antica traduzione tedesca -di un'<i>Ars cantandi</i> di Carissimi, che però -non è che una teoria elementare della musica. -Le prefazioni delle due Euridici e della Dafne -sono finalmente ricche di notizie rispetto al -canto. -</p> - -<p> -Da quest'epoca cominciano pure le notizie -sui singoli cantanti, che ora potevano valere -come individui e non semplicemente come -membri d'un tutto (coro). I più noti di quei -primi tempi dell'opera sono <i>Vittoria Archilei</i> -<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span> -«che si può dire l'Euterpe dell'età nostra» -(Peri), il castrato <i>Vittorio Loreto</i>, <i>Margarita Costa</i> -e la <i>Cecca della Laguna</i>, le quali due ultime -furono causa di fazioni nemiche (<i>Costisti e Cecchisti</i>) -che preludiano ai partiti posteriori dei -Glickisti e Piccinisti anche cogli scandali ed -invettive, <i>Virginia Andreini</i> (la Florinda), <i>Adriana -Basile</i>, <i>Baldassare Ferri</i>, <i>Francesco Grossi</i> -(<i>Siface</i>), ecc. -</p> - -<p> -Alcuni decenni dopo il principio dell'opera -comincia il dominio degli evirati. Fino allora -si faceva eseguire in chiesa la parte di soprano -e contralto da ragazzi o da falsettisti (alti naturali) -che erano una specialità degli Spagnuoli. -<i>Giovanni de Sanctos</i> († 1625) fu l'ultimo falsettista -della cappella pontificia. Il primo evirato -che vi fu accolto fu il padre <i>Girolamo Rosini</i> -(1601) da Perugia. Donde fosse venuta questa -infame barbarie che durò fino al scorso secolo -e della quale vivevano fino a non molti anni fa -ancora alcuni decrepiti e tristi testimoni a -Roma, non è qui il luogo di ricercare. Incredibile -è che uomini illuminati come <i>Pietro della -Valle</i>, membro della Camera fiorentina ed altri -chiamino gli evirati «il maggior ornamento della -musica». Essi passarono dalla chiesa in teatro -specialmente quando papa Clemente XII proibì -che le donne cantassero nei teatri di Roma. -Ed allora si videro uomini, che Parini chiamava -«canori elefanti, che si trascinavano appena -sulle adipose piante», cantare da soprano le -parti di donna, oppure un amante od un eroe -<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span> -cantare la parte più alta, mentre il contralto -era affidato ad una donna e simili! Ad onta di -queste aberrazioni l'arte del canto faceva però -in Italia progressi grandissimi. Molti dei migliori -e più celebri maestri erano essi stessi eccellenti -cantanti (Caccini, Peri, Carissimi, Stradella, -Scarlatti). Altri si dedicarono intieramente all'insegnamento -del canto e fondarono scuole, -che divennero celebri. Uno dei più noti fu <i>Francesco -Antonio Pistocchi</i> (1659-1720) cultore del -canto espressivo e fondatore della scuola bolognese. -<i>Pietro Francesco Tosi</i> ci ha tramandato -nelle sue <i>Opinioni dei cantori antichi e moderni</i> -(1723) le regole di questa scuola che col -successore di Pistocchi, <i>Antonio Bernacchi</i> -(1690-1756) coltivò con predilezione il canto fiorito. -Altri celebri scuole furono quelle di <i>Francesco -Redi</i> di Firenze, di <i>N. Porpora</i> a Napoli -e <i>Mancini</i> a Vienna. -</p> - -<p> -I cantanti più noti di questo tempo sono <i>Vittoria -Tesi, Faustina Bordoni-Hasse, Francesca -Cuzzoni, Margarita Durastanti, Regina Mingotti, -Francesco Bernardi (Senesino), Carlo Broschi -(Farinelli), Gaetano Majorano (Caffarelli)</i>, ecc. -</p> - -<p> -Il pubblico delirava per quelle voci potenti -ed ammalianti, per quell'arte perfetta, per quel -sentimento profondo che emanava da quel canto. -Ma tanta ricchezza di voci e tanta perfezione -d'arte influirono sull'arte stessa e quel fenomeno -che vediamo nella pittura (Guercino, Domenichino) -e nella scoltura (Bernini) si ripetè -anche nella musica. Il virtuosismo cessò di esser -<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span> -mezzo ma divenne scopo ed il cantante non -servì più all'arte ma l'arte a lui. Così una delle -cagioni della decadenza dell'opera o della musica -italiana in genere, che seguì questo periodo, -fu senza dubbio il virtuosismo dei cantanti, che -insuperbiti dei loro successi dettarono la loro -volontà al musicista e lo resero schiavo dei -loro capricci. Ed allora alla naturalezza ed alla -verità subentrarono la ricercatezza e la manìa -dell'effetto; il canto semplice ed espressivo dovette -far luogo alle fioriture senza significato. -</p> - -<p> -L'Italia è la vera patria del teatro moderno. -Mentre a Lucerna si eseguiva ancora nel 1583 -sulla piazza del Mercato una rappresentazione -sacra e gli attori con infantile semplicità recitavano -a seconda del luogo dell'azione in diversi -scompartimenti, uno accanto all'altro e -tutti contemporaneamente visibili, <i>Andrea Palladio</i> -costruiva in Vicenza il teatro Olimpico, in -cui quantunque senza scenari dipinti era effettuata -l'idea della scena chiusa e Leonardo, Brunelleschi, -Raffaello, Andrea del Sarto ed altri -sommi artisti non sdegnavano prestare la loro -opera per ideare apparati scenici e decorazioni. -A Venezia si aprivano i primi teatri destinati al -pubblico (S. Cassiano (1637), S. Moise (1639), ecc.). -Gli architetti <i>Peruzzi</i> e <i>Serlio</i> stabiliscono le -forme fondamentali del teatro moderno, il palco -scenico, il proscenio, le quinte laterali. <i>Alcotti, -Migliori, Mauro, Bibbiena</i> ed altri italiani costruiscono -i maggiori teatri delle città e residenze -tedesche. <i>La descrizione dell'Apparato e -<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span> -degl'Intermedi</i> (MDCXIX) di <i>De Rossi</i>, una lettera -di Baldassare Castiglione ed altri simili -scritti ci danno un'idea dello sfarzo di decorazioni, -macchinismi e vestiarî, col quale vennero -eseguite le prime rappresentazioni teatrali. -</p> - -<p> -Celebri pittori di scene furono la famiglia -<i>Galli, Bibiena, Aldobrandini, Mauro, Servandoni</i>. -Quest'ultimo osò dare nel 1739 a Parigi uno -<i>spectacle de decoration</i> esponendo con soli scenari -senza attori il mito di Pandora. <i>Giacomo -Torelli</i> e <i>Francesco Santorini</i> introdussero per i -primi fuori d'Italia i scenarî dipinti. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Schmitz E. — <i>Geschichte der Cantate und des geistliechen</i> -<i>Concertes</i>, Lipsia, 1914. -</p> - -<p> -H. Goldschmidt — <i>Die italienische Gesangsmethode des 17. -Jahrhunderts</i>, Breslau, 1890. -</p> - -<p> -Aby Warburg — <i>I costumi teatrali per gli Intermezzi del 1589</i> -nella commemorazione della riforma melodrammatica -fiorentina, Firenze. -</p> - -<p> -Burckardt — <i>La civiltà del Rinascimento in Italia</i>, Firenze, -Sansoni. -</p> - -<p> -Graf M. — <i>Die Musik im Zeitalter der Renaissance</i>, Berlin, -Bard. -</p> - -<p> -Riemann — <i>Kantaten frühling</i> (1633-1682), Lipsia (14 cantate -di Ferrari B., Cazzati, Piossi, Carissimi, Stradella). -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap14">CAPITOLO XIV. -<span class="smaller">La musica istrumentale prima del secolo XIX.</span></h2> -</div> - -<p> -La musica è fino al cinquecento o l'umile ancella -della vocale o è musica popolare che si -<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span> -suona dai menestrelli, pifferari, ciarlatani girovaghi -alle feste, ai balli. I primi monumenti -della musica istrumentale sono alcune danze a -quattro parti scritte in note mensurate, che datano -probabilmente dal secolo XIII e non hanno -che un valore storico di molto inferiore alle -canzoni vocali con accompagnamento dell'<i>Ars -nova</i> fiorentina. Di poco posteriori sembrano -essere alcune <i>Estampie</i> (estampide), specie di -danza da suonarsi colla rota o viola e <i>les Danses -Royales</i>, pubblicate recentemente da Aubry, -contenute insieme a canzoni di trovatori in un -manoscritto della Biblioteca di Parigi. Ma se -queste opere sono rarissime, invece è restata -una quantità di musica per <i>liuto</i> o originale o -riduzione di musica vocale per lo più polifonica, -modificata secondo la natura dell'istrumento -e ricca di fioriture e melismi. -</p> - -<p> -Le prime forme di vera musica istrumentale -sono i <i>Ricercari</i> e <i>Capricci</i> per liuto e poi per -organo, consistenti in una serie di piccoli motivi -da suonarsi senza interruzione e con poco nesso. -Seguono le <i>toccate</i> per organo, a guisa di preludio -o fantasia in stile fugato. Di molto differenti -sono le <i>canzoni</i>, imitate da quelle vocali -specialmente francesi e di carattere vivace e la -<i>Sonata</i> antica, identica della canzone (canzone -da suonare) e senza alcuna somiglianza colla -Sonata moderna. A tutta questa musica fa difetto -la forma e l'euritmia. Le composizioni, -di solito lunghissime, si perdono in un periodare -senza fine dove motivo segue a motivo. -<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span> -Ma a salvare la musica istrumentale da un arido -formalismo e dall'eterna imitazione della canzone -sopraggiunse l'opera lirica e con essa la -nuova teoria estetica. -</p> - -<p> -La musica istrumentale dei secoli XVII e -XVIII è specialmente di stile concertato, alternandosi -i gruppi di strumenti, perchè con ciò -risultavano effetti di colorito e maggiore varietà. -Le forme principali sono la <i>Canzone</i>, il -<i>Concerto grosso</i>, la <i>Sonata da chiesa o da camera</i> -sia a due col basso, sia per uno strumento solo, -di solito il violino col basso. Tutte queste forme -d'origine italiana furono pure accettate e coltivate -anche in Germania dove però si preferì -per lungo tempo la <i>Suite</i>. -</p> - -<p> -La <i>Canzone</i> era dapprincipio ad un tempo -in stile fugato, poi in più tempi e perde un po' -alla volta ogni somiglianza colla canzone originaria -per organo od altri strumenti, trasformandosi -nella <i>Sonata</i> sia <i>da chiesa</i> che <i>da camera</i>, -la prima a più tempi nello stile imitativo o fugato -negli allegri, la seconda piuttosto simile -alla <i>Suite</i> (serie di pezzi nello stesso tono con -carattere dominante di danze (<i>Pavana, Ciaccona, -Gagliarda, Giga, Passacaglia, Gavotta</i>, poi -come primo pezzo il <i>Preludio</i> o <i>Sinfonia</i>, ecc.), -nelle Suites francesi anche altre danze come il -<i>Loure, Rigaudon, Passepied, Minuetto</i>, ecc.). -</p> - -<p> -La <i>Sonata a tre</i> predomina e la sua letteratura -è grandissima ed importante. Probabilmente -essa veniva preferita per la maggior -possibilità di impiegare arti contrappuntistiche -<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span> -colle due voci a solo. La <i>Sonata per violino solo -e basso</i> venne più tardi in onore e vi influirono -certo almeno indirettamente la musica melodrammatica, -e specialmente le sinfonie delle -opere veneziane come possiamo vedere nelle -Sonate di <i>Legrenzi</i>, che fu fra i primissimi a -mettere le basi dello stile della Sonata. La Sonata -per cembalo ha nei primi tempi minor importanza -e non ha oltre la tecnica caratteristiche -speciali. -</p> - -<p> -Il <i>Concerto grosso</i> deriva dalla sonata per -orchestra delle quali ne esistono molte di A. e -G. Gabrieli, Cazzati, Bononcini, ecc. Esso constava -di più tempi, di solito un largo, che passa -modulando all'Allegro fugato; segue un tempo -grave o moderato e si finisce con un allegro. -Esso era scritto per più strumenti, di solito -archi, cembalo od organo, che eseguiva il basso -numerato. La caratteristica del Concerto grosso -sta nell'alternarsi di un gruppo di strumenti -solisti, quasi sempre due violini e violoncello -(<i>concertino</i>) col <i>concerto grosso</i> ossia col <i>tutti</i>. -In Italia non vi si impiegavano pressochè mai -istrumenti a fiato, mentre in Germania non di -rado questi si combinavano con quelli ad arco -p. e. nei Concerti brandeburgesi di Bach e nei -Concerti grossi di Händel (oboe e fagotti). -</p> - -<p> -Gli strumenti in uso eran molti e svariati. Il -primo e più importante è l'organo d'origine -antichissima. Herone d'Alessandria, Cassiodoro, -S. Agostino ci danno descrizioni abbastanza -esatte degli organi antichi e vien nominato -<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span> -<i>Ktesibius</i> (170 a. C.) qual inventore dell'<i>organum -hydraulicum</i> a canne e mantici. La costruzione -e la meccanica erano fino al secolo XIV affatto -primitive ed i tasti talmente grandi, che si premevano -coi pugni e coi gomiti. Il pedale pare -fosse introdotto dapprima in Germania e se ne -fa ormai menzione parlando di <i>Bernardo tedesco</i> -(1470) in Venezia. L'organo non era affatto -un istrumento destinato esclusivamente -alla chiesa. Anzi nel Medio Evo e dopo erano -assai diffusi piccoli organi per uso privato, i cosidetti -<i>portativi</i> od <i>organetti</i> da tenersi in grembo -e suonare con una mano mentre l'altra faceva -agire il mantice, ed il <i>positivo</i>, trasportabile -ma più grande da suonare con ambidue le mani. -</p> - -<p> -La maniera di scrivere la musica d'organo -variava secondo i paesi. In Italia si scriveva -colle note mensurali o in sistemi di linee diverse -per ogni voce a modo di partitura o in -due sistemi per la mano destra e sinistra; in -Germania si faceva invece molto uso della Tabulatura -d'organo simile a quella di liuto con -lettere gotiche maiuscole e minuscole per le -note e segni per il valore di queste. La musica -d'organo ha la divisione delle battute molto -prima della musica mensurata. -</p> - -<p> -Delle opere dei primi organisti noti quali -<i>Francesco Landini, Antonio Squarcialupi</i> non ci -restò che il cosidetto codice Squarcialupi che -contiene oltre più composizioni vocali anche -pezzi per organo solo dei secoli XIV e XV. Il -<i>Fundamentum organisandi</i> (1452), è una raccolta -<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span> -di ventiquattro pezzi per organo di <i>Corrado -Paumann</i>. Sembra però che anche un manoscritto -dell'Abbazia di Sussex di molto anteriore -contenga composizioni per organo solo. -Col secolo XVI comincia poi specialmente a -Venezia una fioritura di musica d'organo colle -forme delle <i>Fantasie</i>, <i>ricercari</i>, <i>capricci</i>, <i>canzoni</i>, -<i>sonate</i>, appartenenti alla musica polifonica. Gli -organisti italiani più noti di questo tempo sono -oltre Willaert, Cipriano di Rore e Gabrieli, -<i>Claudio Merulo</i> (1533-1604), <i>Adriano Banchieri</i> -(1565-1634), il vero creatore della Toccata <i>Girolamo -Cavazzoni</i>, <i>Girolamo Parabosco</i> (1510-1587) -e sopra tutti <i>Girolamo Frescobaldi</i> (1583-1644) -ferrarese, che quasi raccolse l'eredità dei -grandi organisti italiani antecedenti. -</p> - -<p> -Lo stile di questo, che si può dire il più -grande organista italiano, è basato sul contrappunto -ma egli non ha nelle sue opere nulla di -scolastico e pedantesco e precorse di molto i -suoi tempi coll'arditezza e la maschia severità -delle sue opere. La tecnica fece con lui immensi -progressi ed egli fu fra i primi a sviluppare -la forma della fuga. Suo scolaro fu <i>Giov. -Froberger</i> († 1667), notissimo autore di musica -istrumentale. Altro grande organista italiano fu -<i>Bernardo Pasquini</i> (1637-1710), dopo il quale il -primato dell'organo passò alla Germania coi -suoi grandi maestri protestanti. Non si dimentichi -però che non solo Froberger ma anche -Kerl era stato alla scuola di Frescobaldi e che -Sweelink fu scolaro di Zarlino. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span> -</p> - -<p> -Tutti questi grandi organisti e musicisti italiani -sono pressochè sconosciuti non solo al -pubblico ma persino alla maggior parte dei musicisti, -perchè la loro vera comprensione pretende -una coltura storica e domestichezza -colla musica primitiva. La diversità del nostro -senso tonale ed un'innegabile durezza ed angolosità -ci tengono lontani dalle loro opere che -pure hanno vera ispirazione e grande sincerità. -Gianotto Bastianelli ci ha di nuovo resi attenti -in lucidi articoli e studi a Cavazzoni, Frescobaldi -e Pasquini, che egli in certo riguardo preferisce -a Bach. -</p> - -<p> -Il nostro Pianoforte deriva dal Monocordo, -al quale si aggiunsero più tasti e corde. Il <i>Clavichordium</i> -e <i>Clavicymbalum</i> di forma rettangolare -o di trapezio a corde egualmente o diversamente -lunghe datano ormai dal sec. XIV. -Esso aveva di solito venti toni diatonici con -interpolati due si bem. Non avendo piedi si metteva -o su di un tavolo o si teneva sulle ginocchia. -Il <i>Virginale</i> era una varietà del Cembalo. -Il suo nome che si mise in relazione colla regina -vergine Elisabetta d'Inghilterra, data però da -prima. Più tardi si chiamò anche <i>Spinetta</i>, -forse da un Giovanni Spinetti, che pare fosse -il primo a costruirlo circa il 1500. Celebre -fabbricatore di cembali fu <i>Lorenzo Gusnaschi</i> -di Pavia (secolo XVI). Dopo questo tempo -si continua a perfezionare l'istrumento, che -cambia anche più volte il nome. Il Clavicordo -si mantenne specialmente in Germania, mentre -<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span> -in Italia e Francia si preferiva il Clavicembalo -(Cembalo, Spinetta, Clavecin). Tutti -questi strumenti vennero ben presto in disuso -quando s'introdusse il <i>Pianoforte</i> (Clavicembalo -col piano e forte) a martelletti. L'onore dell'invenzione -spetta di ragione a <i>Bart. Cristofori</i> o -<i>Cristofani</i>, padovano (1655?-1731), perchè fu -questi che costruì per il primo (1711) il pianoforte -(Firenze) e non <i>Cristiano Schroeter</i> che -imitò più tardi Cristofori (1717 o 1721). -</p> - -<p> -La musica per Clavicembalo che dapprima -era affatto simile a quella per organo, risente -tosto l'influenza della Sonata per violino. Ma -non per lungo tempo, giacchè fu essa che mise -le basi della Sonata moderna. Mentre le Sonate -di Durante e Marcello in due tempi mantengono -lo schema della Sonata antica nella -forma dei tempi, quelle di <i>Domenico Scarlatti</i> -(1685-1757) si avvicinano già alla forma moderna, -quantunque il primo tema non ritorni -dopo lo sviluppo della seconda parte e prima -del rivolto. Esse, più di cinquecento, constano -d'un solo tempo per lo più nello stile omofono, -senza dubbio perchè la polifonia data la sua -tecnica speciale non corrispondeva all'istrumento. -La melodia sta nella parte superiore, il -ritmo è vario ed originale, i contrasti si alternano -dando vita alla composizione che ha un -carattere d'estrema eleganza ed un sapore arcaico -assai attraente. La tecnica è ormai assai -sviluppata, anzi per i tempi dell'autore prodigiosa -e p. e. affatto diversa da quella di Bach. -<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span> -Domenico Scarlatti è uno dei pochi autori antichi -che sembrano quasi moderni. Confrontando -le sue Sonate con quelle dei contemporanei -italiani e stranieri, la differenza è grandissima e -non soltanto nell'arte ma anche nel contenuto. -Lo stile della melodia vocale si introduce, l'espressione -si concentra ed è un unico sentimento -che vi domina. -</p> - -<p> -Le Sonate di Scarlatti non sono forse che -schizzi ma come tali magistrali e nella loro -forma aforistica più perfetti ed ispirati per l'inesauribile -vena melodica che molte altre opere -di ben maggiori dimensioni e pretese. Alessandro -Longo che curò con ogni diligenza una nuova -edizione di tutte le Sonate di Scarlatti rende -attenti alla loro grande varietà ed alle piccole -ma notevoli differenze che esistono sia nella -forma sia nella tonalità dei diversi tempi. Considerate -superficialmente le Sonate sembrano -forse poco ricche d'espressione affettiva. In -realtà però c'è più passione in molti dei suoi -allegri che in tanti adagi cosidetti espressivi. -</p> - -<p> -Altri autori italiani di Sonate per cembalo -sono <i>Bernardino della Ciaja</i> senese (1761-1755), -<i>Giovanni Platti</i>, Porpora, Galuppi, Pasquini, -Paradisi, il padre Martini. -</p> - -<p> -I cembalisti più noti di Germania prima di -Bach sono il già nominato Froberger, <i>Giovanni -Pachelbel</i> (1653-1706), <i>Giorgio Muffat</i> († 1704) e -<i>Giovanni Kuhnau</i> (1660-1722) che ha per la Germania -la stessa importanza di Scarlatti per l'Italia, -per quanto non ne raggiunga la genialità. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span> -</p> - -<p> -Le opere per clavicembalo di S. Bach ad onta -del loro grande valore non hanno per lo sviluppo -della musica per pianoforte importanza -pari al loro valore intrinseco, perchè il suo stile -trovò pochissimi imitatori ed il gusto e la moda -andavano per altre vie e preferivano lo stile -galante, che si contentava di musica molto -leggiera. -</p> - -<p> -La musica francese per clavicembalo, che data -ormai dall'epoca di Luigi XIV, ha grande differenza -da quella degli altri paesi, che derivava -in ultima linea dalla musica d'organo e teneva -fermo allo stile fugato. Le forme sono quelle -della variazione, del rondò e delle danze in -genere; la tecnica è tutta fatta di melismi, trilli -e mordenti — i cosidetti <i>agréments</i>, l'armonia ed -il ritmo sono interessanti e delicati, la tecnica -simile a quella della musica per liuto. Il carattere -di queste musiche somigliante allo stile delle -opere di Boucher e Watteau è quello di una -galante preziosità con una vena di sentimentalismo. -Le forme sono piccole e gracili e se a tutte -queste opere scritte quasi sempre a due voci -con pochissimo uso dell'accordo manca quasi -intieramente la grandezza, esse corrispondono -però ai bisogni estetici di una società corrotta -e raffinata quale era la francese di quei tempi. -Una particolarità è poi l'uso di dare a questi -piccoli pezzi i titoli più strani, che non sempre -hanno attinenza colla musica e sono scelti a -capriccio ma che pure caratterizzano queste -opere quali quadretti di genere (<i>la Voluptueuse, -<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span> -les regrets, la prude, les ondes, la fleurie, l'agaçante, -les bergeries</i>). -</p> - -<p> -I principali rappresentanti di questa scuola -sono <i>De Chambonnières</i> († 1670), <i>Claude Daquin</i> -(1694), la famiglia <i>Couperin</i> e di essa specialmente -<i>François Couperin</i> (1688-1733), il più -geniale di tutta la scuola, «la cui tenera melanconia -sembra l'adorabile eco, che viene -dallo sfondo misterioso dei paesaggi, dove -languiscono le figure di Watteau» (Debussy). -Bach studiò assiduamente le opere di Couperin -ed alcune delle sue Suites non ne sono che imitazioni -per quanto geniali. -</p> - -<p> -Studiando i vecchi cembalisti francesi e la -loro grazia raffinata e voluttuosa ci accorgiamo -che essi sono veramente gli antenati dei decadenti -francesi dei nostri giorni e che la musica -di Debussy e Ravel ne deriva nella sostanza -ben più che dalla musica russa ed esotica in -genere. E non solo la musica ma anche i titoli -preziosi delle composizioni. -</p> - -<p> -Le opere per clavicembalo di <i>Rameau</i> appartengono -pure intieramente a questo genere e -non superano, anzi non raggiungono quelle di -Couperin se non forse nella tecnica maggiormente -sviluppata. -</p> - -<p> -In Inghilterra sono gli scrittori di composizioni -per il Virginale che si distinguono (<i>Bird</i>, -<i>Tallis</i>, <i>Bull</i>, <i>Gibbons</i>, <i>Morley</i>, ecc.). -</p> - -<p> -Gli antenati del violino e degli strumenti ad -arco moderni sono le Viole di più specie, da -braccio (7) e da gamba (6), intonate diversamente, -<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span> -in genere a sei corde con tasti a modo -della nostra chitarra. La trasformazione avvenne -a poco a poco, sicchè è forse inutile il dar -tanta importanza alla questione della priorità -nella costruzione del violino. L'opinione più -accreditata è che il primo a fabbricare violini -fosse <i>Gaspare Bertolotti</i> detto <i>Gasparo da Salò</i> -(1540 o 1542-1609). Molti attribuiscono il primato -a <i>Gaspare Duiffopruggar</i> (Tieffenbrucker) -di Freising in Baviera (1570 o 1571) ma a torto -come risultò dai documenti pubblicati da Coutagne. -Poco posteriore a Gasparo da Salò è -<i>Giov. Paolo Maggini</i> di Bottesino presso Brescia -(1580-1632?) forse scolaro del primo. Questi -due sono da considerarsi come i primi che -fecero violini, sicchè non si avranno notizie -sicure su <i>Andrea Amati</i> (1535-?-1611), il fondatore -della celebre scuola cremonese. I rappresentanti -più noti di questa sono: <i>Antonio</i>, -<i>Girolamo</i>, <i>Nicolò Amati</i>; <i>Ant. Stradivari</i> (1644-1737), -<i>Gius. Ant. Guarnieri del Gesù</i> (1687-1742?), -<i>Bergonzi</i>, <i>Ruggeri</i>, <i>Guadagnini</i>, ecc. Quasi pari -agli italiani fu <i>Jacob Stainer</i> (1621-1683) di -Absam in Tirolo. -</p> - -<p> -Il nome di violino e violinista si trova ancor -prima dell'istrumento stesso in un documento -del 1462 dell'archivio di Perugia, (<i>Cantarinus et -Quitarista seu Violinista</i>). -</p> - -<p> -Tanto la viola moderna che il violoncello derivano -piuttosto dal violino che dalle viole antiche. -Il violoncello viene menzionato la prima -volta nel 1641 ma è certo di data più antica, -<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span> -giacchè è sicuro che Gasparo da Salò ne costruì. -Dapprincipio esso aveva cinque o sei -corde e fu solo nei primi decenni del secolo -scorso che venne in uso l'accordatura moderna. -</p> - -<p> -La storia della musica istrumentale è strettamente -congiunta con quella del violino. I primi -violinisti sono <i>Carlo Farina</i> (circa 1600), <i>Biagio -Marini</i> († 1660), <i>Tarquinio Merula</i>, <i>G. B. Bassani</i> -(1657-1716) maestro di Corelli, <i>Giuseppe -Torelli</i> († 1708), il primo compositore di Concerti -per violino solo, scolaro di G. B. Bassani. -</p> - -<p> -L'antesignano della scuola è <i>Arcangelo Corelli</i> -(1653-1713) di Fusignano. Dopo un soggiorno all'estero -(Monaco) egli si stabilì a Roma, dove -assunse la direzione della Cappella del Cardinale -Ottoboni, grande mecenate della musica. -Corelli non eccelleva nel violino tanto per la -tecnica ancora difettosa quanto per la larghezza -del suo stile, la nobiltà, l'espressione e la bellezza -della forma. Scrisse più opere (Sonate per -uno e due violini e basso, Concerti grossi che -servirono di modello ad Händel), ancor oggi -stimatissime (specialmente l'opera V colla <i>Follia</i> -nell'ultima sonata). L'armonia di Corelli è orma -assai corretta, lo stile polifonico predomina, -le figure sono vivaci e svariate. <i>Francesco Geminiani</i> -(1680?-1762) seguì le orme di Corelli e -sviluppò maggiormente la tecnica. Superiore di -questi in ogni riguardo fu <i>Giuseppe Tartini</i> di -Pirano in Istria (1692-1770) che dapprima studiò -le leggi a Padova ed in seguito per intrighi -amorosi e duelli si rifugiò ad Assisi dove stette -<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span> -alcuni anni. Ritornato a Padova dopo un soggiorno -a Praga vi aprì nel 1728 una scuola, dalla -quale uscirono celebri scolari. -</p> - -<p> -Tartini fu artista geniale come esecutore ed -autore. Le sue sonate e concerti (la maggior -parte dei quali ancora manoscritti) sono veramente -magistrali per la fattura e l'ispirazione -(<i>Trillo del Diavolo</i>, <i>Didone abbandonata</i>, ecc.). -La forma di Suite propria a quasi tutte le sonate -di Corelli va trasformandosi in quella della -Sonata. Tartini fu pure dotto teorico ed a lui -si ascrive la scoperta dei cosidetti toni di combinazione -(1754). -</p> - -<p> -Una posizione a parte prende <i>Antonio Vivaldi</i> -(† 1743) coi suoi concerti per uno e due -violini soli con accompagnamento d'archi perchè -essi oltre la forma posteriore tipica del concerto: -Allegro-Andante ed Adagio-Allegro hanno -una tematica diversa da quella delle Sonate -ed i tempi sono costruiti in modo da far emergere -l'istrumento solista. I suoi numerosi concerti -ebbero gran successo e diffusione ed alcuni -furono ridotti da Seb. Bach per cembalo. -</p> - -<p> -Altri celebri violinisti sono <i>Evaristo dell'Abaco</i> -(1675-1742), <i>G. B. Vitali</i> (1644-1692), <i>Pietro Nardini</i> -(1722-1793), <i>Antonio Lolli</i> (1730-1802), -<i>Gaetano Pugnani</i> (1727-1793), <i>F. M. Veracini</i> -(1685-1750), <i>Pietro Locatelli</i> (1693-1764), <i>I. M. -Leclair</i> (1697-1764), <i>P. Gaviniés</i> (1726-1800), -tutti autori di eccellenti sonate; in Germania -<i>Biber</i>, <i>Pisendel</i>, <i>Benda</i> e <i>Stamitz</i>. -</p> - -<p> -Uno dei primi violoncellisti di cui si fa menzione -<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span> -è <i>Domenico Gabrieli</i> di Bologna (1640). -<i>Attilio Ariosti</i> e <i>Giovanni Bononcini</i> furono pure -celebri suonatori di Viola da gamba. Da menzionarsi -sono pure <i>Franceschello genovese</i> (1692), -<i>Leonardo Leo</i> e sopra tutti <i>Luigi Boccherini</i> -(1743-1805) lucchese morto a Madrid, autore di -un'infinità di sonate, quartetti e quintetti, nei -quali per la freschezza della melodia, facilità -d'ispirazione, scorrevolezza ed arguzia di stile -ha molti punti di somiglianza con Haydn. -Egli è già nelle prime opere entro i limiti del suo -talento pressochè perfetto e non subì poi più -alcun cambiamento. Essendo stati pubblicati i -suoi primi quartetti a Parigi già nel 1768 è -perciò esclusa un'influenza del maestro viennese. -</p> - -<p> -L'istrumento più diffuso nei secoli XV, XVI -e XVII era senza dubbio il liuto. Esso è d'origine -orientale e fu importato in Europa forse -al tempo delle Crociate o più probabilmente -dai Mori in Spagna. Esso veniva impiegato anche -nell'orchestra e vi restò finchè vi fu sostituito -il violino. I liuti erano di più specie (<i>liuto</i>, -<i>arciliuto</i>, <i>quinterno</i>, <i>chitarrone</i>, <i>teorba</i>) e variavano -pure il numero delle corde e l'accordatura. -</p> - -<p> -La musica di liuto veniva scritta in modo simile -a quella d'organo con propria tabulatura, -l'italiana con linee e lettere scritte sopra il rigo, -la tedesca con lettere e numeri. A differenza -della tavolatura d'organo non si segnavano però -le note ma la posizione delle dita sul manico. -I più noti liutisti sono <i>Corrado Paumann</i> († 1473), -<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span> -<i>Hans Judenkunig</i>, <i>Hans Neusiedler</i>, <i>Hans Gerle</i>, -tutti del secolo XVI, <i>Francesco da Milano</i>, <i>Vincenzo -Galilei</i> (Fronimo), <i>Terzi</i>, <i>Molinaro</i>, <i>Besardo</i>, -ecc. Il liuto era lo strumento di moda nella società -dei signori ed assieme alla viola quello -che era permesso al vero cortigiano, «perchè -vi si possono far molte cose che riempiono -l'animo della musical dolcezza» (Castiglione, -Cortegiano, Lib. II, Cap. XIII). -</p> - -<p> -Gli altri strumenti vanno semplificandosi e -perfezionandosi. A tutta la famiglia svariata dei -flauti traversieri e a becco (flauto dolce), cornamuse, -bombarde, cornetti, si sostituirono -grado grado i nostri flauti, l'oboe, i corni, il -fagotto (1539?), mentre le trombe e i tromboni -restano più o meno immutati. Il clarinetto invece -è di data assai recente (circa 1750). -</p> - -<p> -Ad onta della quantità d'istrumenti in uso -nei secoli andati l'orchestra come unione ed -impasto di suoni caratteristici a secondo degli -istrumenti è di data piuttosto moderna. La musica -istrumentale passò per fasi abbastanza distinte. -Dapprima gli strumenti non servono che -a rinforzo delle voci umane e suppliscono a -queste sia eseguendo le composizioni vocali -con istrumenti, sia facendo eseguire una o più -parti di questi e le altre dalle voci. La scelta -degli strumenti era libera e si usava soltanto -di servirsi di cori speciali d'una famiglia di strumenti -p. e. viola, tromboni, cornetti, ecc., di diversa -intonazione e grandezza. L'unica ricerca -di colorito stava nel far eseguire una parte -<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span> -della composizione da un coro speciale e l'altra -o la replica da un altro coro di strumenti -di altra famiglia, oppure di suonare piano quello -che prima un altro coro aveva suonato forte -(eco). -</p> - -<p> -Le prime opere istrumentali non danno che -l'indicazione generale degli strumenti, che ben -di rado si usavano suonare insieme. Ciò vale -anche per i primi drammi della Camerata fiorentina -e dei maestri posteriori. Le due Euridici -sono scritte come già dicemmo per canto -e basso ad eccezione d'un ritornello a tre flauti -di Peri. Se ora non si vuol ammettere che questa -notazione fosse semplice schizzo, bisogna -ritenere che l'accompagnamento degli strumenti -venisse quasi improvvisato sulla base del -basso. Questa questione non è però ancora risolta. -Torchi conchiude coll'ammettere un'improvvisazione -limitata a contrappunti, diminuzioni, -passaggi e melismi, mentre l'armonia era -assicurata dal basso dato. Goldschmidt crede -invece che ogni suonatore abbia avuto uno -schizzo della sua parte unito al basso, ciò che -verrebbe confermato dalla recente scoperta di -alcune parti di orchestra di quattro commedie -in musica. -</p> - -<p> -L'orchestra primitiva dell'opera era di solito -composta dei seguenti istrumenti: Clavicembalo -od organo. Liuti, lira doppia, chitarrone, teorba, -viole (poi violini) da braccio e gamba, flauti, -cornetti, trombe, corni e tamburi, questi ultimi -assai di raro. L'orchestra posteriore tende invece -<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span> -sempre più ad eliminare gli elementi eterogenei -ed a mettere a base dell'istrumentazione -il quartetto d'archi. Questo non è però -ancora il moderno, sostituendo la viola di gamba -il violoncello e questo il contrabasso o basso -di viola. L'orchestra di Bach ed Händel è ormai -simile alla nostra e non si distingue che per il -maggior numero di oboi e fagotti. L'orchestra -stava dapprincipio dietro la scena. Gagliano -volle invece che i suonatori fossero «situati in -luogo da vedere in viso i cantanti» ma messi -in basso sì che il pubblico non li vedesse. -</p> - -<p> -Le vecchie edizioni di musica istrumentale -non contengono che poco più di uno schizzo -delle parti principali. I solisti solevano improvvisare -una quantità di fioriture ed abbellimenti -ed intercalarvi cadenze atte a mostrare la virtuosità. -Lo stesso vale dalla parte del basso -che non si suonava eseguendo soltanto gli accordi -segnati dai numeri del basso numerato -ma aggiungendovi voci di mezzo, contrappunti -ed altro secondo la capacità ed il gusto di chi -suonava il cembalo o l'organo. -</p> - -<p> -La dinamica orchestrale è d'origine italiana -e venne sviluppandosi alla scuola napolitana. -Le partiture di Iomelli segnano il crescendo e -già Leo nota il <i>piano</i>, <i>più forte</i>, <i>rinforzando</i>. -Il segno del crescendo si trova nel 1739 nelle -Sonate di Francesco Geminiani. -</p> - -<p> -Prima di chiudere questo capitolo gioverà -dare alcuni cenni sulla <i>stampa</i> musicale antica. -I primi monumenti sono gli esempi musicali -<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span> -delle opere teoretiche del secolo XV. Ma questi -non erano stampati ma incisi in legno. In seguito -si usò stampare le righe e scrivervi le note. -<i>Ottaviano Scotto</i> (Scotus) fu il primo in Italia a -pubblicare messali con note stampate sulla carta -già lineata. <i>Giorgio Reyser</i> di Würzburgo gli -contende il primato, giacchè pare che il messale -stampato da lui allo stesso modo sia stato -pubblicato alcune settimane prima (1481). Con -ciò è da ritenersi definitivamente risolta la questione -della priorità della stampa musicale con -tipi mobili attribuita a <i>Ottaviano Petrucci</i> di -Fossombrone (1466-1539). Il suo merito sta nell'aver -perfezionato di molto l'invenzione di -Scotto e di averla impiegata per pubblicare una -quantità di opere di musicisti celebri. La repubblica -di Venezia gli conferì il 25 maggio 1498 -per vent'anni il privilegio di usufruire da solo -della sua invenzione. Le sue stampe sono nitide -e correttissime; le parti sono pubblicate in fascicoli -separati e non esistono partiture le quali -datano soltanto dalla seconda metà del secolo -XVII; le note sono angolose (mensurali) -e manca la divisione delle battute. La prima -opera pubblicata (1501) fu: <i>Harmonice musices -Odhecaton</i>, raccolta di 33 composizioni polifoniche -olandesi. Seguono a brevi intervalli i -<i>Canti B</i>, i <i>Canti cento cinquanta</i>, libri di frottole, -intavolature di liuto, ecc. -</p> - -<p> -Altri celebri stampatori sono <i>Giacomo Iunta</i> -di Roma, la famiglia <i>Scotto</i> e <i>Gardane</i> di Venezia. -L'invenzione della stampa semplice (note col -<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span> -rigo annesso) viene attribuita a <i>Pietro Hautin</i>, -francese († 1525). Altri celebri stampatori francesi -sono <i>P. Allaignant</i> e <i>Baillard</i>. Colla fine del -secolo XVI la stampa musicale decade rapidamente -e fa luogo all'incisione delle note in rame. -La forma delle note rimane angolosa fino a quasi -tutto il secolo XVII. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Otto Kindeldey — <i>Orgel und Clavier in der Musik des XVI -Jahrhunderts</i>, Lipsia, 1910. -</p> - -<p> -Arnold Schering — <i>Geschichte des Instrumentalconcertes</i>, -Lipsia, 1905. -</p> - -<p> -Giov. de Piccolellis — <i>Liutai antichi e moderni</i>, Firenze, 1885. -</p> - -<p> -Wasielewski — <i>Geschichte der Violine</i>, Lipsia, Breitkopf u. -Härtel. -</p> - -<p> -— <i>Geschichte der Violoncells</i>, Lipsia, Breitkopf u. Härtel. -</p> - -<p> -— <i>Die Violine im 17. Jahrhundert</i>, Bonn, 1874. -</p> - -<p> -— <i>Geschichte der Instrumentalmusik im XVI Jahrhundert</i>, -Berlin, 1878. -</p> - -<p> -Fétis — <i>Antoine Stradivari</i>, Paris, 1856. -</p> - -<p> -Rühlmann — <i>Geschichte der Bogeninstrumente</i>, Brunswick, -1882. -</p> - -<p> -Vidal A. — <i>Les instruments à archet</i>, Paris, 1876-1878. -</p> - -<p> -Untersteiner Alfredo — <i>Storia del violino</i>, Milano, Hoepli, -1906. -</p> - -<p> -Hart. G. — <i>Le violon, les luthiers célèbres et leur imitateurs</i>, -trad, de l'ang., Paris, Rouan. -</p> - -<p> -Witting C. — <i>Geschichte des Violinspiels</i>, Köln. -</p> - -<p> -Klauwell O. — <i>Geschichte der Sonate</i>, Köln. -</p> - -<p> -Schletterer — <i>Boccherini</i>, Breitkopf u. Härtel. -</p> - -<p> -Malfatti G. — <i>Luigi Boccherini</i>, Lucca, Amadei, 1905. -</p> - -<p> -Rosadi G. — <i>Di Luigi Boccherini</i>, Lucca, Amadei, 1906. -</p> - -<p> -Haberl — <i>Frescobaldi</i>, Annuario ceciliano, 1887. -</p> - -<p> -A. G. Ritter — <i>Geschichte des Orgelspiels</i>, 1884. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span> -</p> - -<p> -Tebaldini — <i>L'archivio musicale della Cappella Antoniana -in Padova</i>, Padova, 1895 (Tartini). -</p> - -<p> -Seiffert — <i>Geschichte des Clavierspieles</i>, Lipsia, 1899 e seg. -</p> - -<p> -Oscar Bie — <i>Das Clavier</i>, Monaco, Bruckmann. -</p> - -<p> -A. Villanis — <i>L'arte del Clavicembalo</i>, Torino-Roma, 1901. -</p> - -<p> -Al. Longo — <i>Dom. Scarlatti</i>, Napoli, 1913. -</p> - -<p> -Schünemann — <i>Geschichte des Dirigirens</i>, Lipsia, 1913. -</p> - -<p> -Torchi — <i>L'accompagnamento degli istrumenti nei melodrammi -italiani della prima metà del seicento</i>, Riv. mus. -italiana, vol. 1º e 2º. -</p> - -<p> -— <i>La musica istrumentale in Italia nei secoli XVI, XVII e -XVIII</i>, Riv. mus. ital., vol. 4º e seg. -</p> - -<p> -H. Goldschmidt — <i>Das Orchester der italienischen Oper in 17. -Iahrhundert</i>, Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft, -II Jahrgang, Heft I. -</p> - -<p> -Lavoix H. — <i>Histoire de l'instrumentation</i>, Paris, 1878. -</p> - -<hr class="tbs" /> - -<p> -Pubblicazioni pratiche sono: -</p> - -<p> -Delf. Alard. — <i>I maestri classici del violino.</i> (Milano, Ricordi). -</p> - -<p> -David. Ferd. — <i>Die hohe Schule des Violinspieles</i>, Lipsia, -Breitkopf. -</p> - -<p> -David. Ferd. — <i>Vorschule zur hohen Schule</i>, Lipsia, Breitkopf. -</p> - -<p> -Torchi L. — <i>Collection of pieces for violin</i>, London. -</p> - -<p> -Corelli — <i>Opere pubblicate da Joachim</i>, Londra, Augener. -</p> - -<p> -Iensen G. — <i>Musica classica per violino</i>, Londra, Augener. -</p> - -<p> -Couperin. — <i>Opere</i>, pubbl. da Brahms, Londra. -</p> - -<p> -Rameau — <i>Opere</i>, scelte pubbl. da Riemann, Lipsia, Steingräber, -ecc. -</p> - -<p> -Scarlatti Dom. — <i>Opere</i>, Ricordi (Longo). -</p> - -<p> -Alcune opere dei pianisti ed organisti antichi sono pubblicate -in molte Antologie. -</p> - -<p> -<i>Liutisti del Cinquecento.</i> — Ein Beitrag zur Kenntniss des -Ursprungs der modernen Tonkunst von Oscar Chilesotti, -Lipsia, Breitkopf. -</p> - -<p> -Da un codice Lautenbuch del cinquecento. Trascrizioni di -Oscar Chilesotti. Lipsia, Breitkopf. -</p> - -<p> -Riemann Hugo — <i>Die Entwickelung unserer Notenschrift</i>, -Lipsia, Breitkopf und Härtel. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span> -</p> - -<p> -Wolf J. — <i>Handbach der Notations kunde</i>, Lipsia, 1913. -</p> - -<p> -Gasperini G. — <i>Storia della Semiografia musicale</i>, Milano, -Hoepli, 1905. -</p> - -<p> -David E. et. M. Lussy — <i>Histoire de la notation musicale -depuis ses origines</i>, Paris 1882. -</p> - -<p> -Schmidt A. — <i>Ottaviano dei Petrucci</i>, Vienna 1845. -</p> - -<p> -Vernarecci A. Q. — <i>Ottaviano dei Petrucci.</i> Bologna 1882. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap15">CAPITOLO XV. -<span class="smaller">Gluck e la riforma dell'Opera.</span></h2> -</div> - -<p> -Noi abbiamo già veduto come l'opera italiana -fosse venuta decadendo coll'andare del tempo -ed il convenzionalismo, la superficialità, gli artificî -dei cantanti vi avessero preso la supremazia, -sicchè essa era divenuta un accozzamento -di arie, duetti e terzetti collegati senza alcuna -unità fra loro. La verità drammatica vi era trascurata -e se alcune parti si distinguevano per -bellezza di melodia, fattura, verità drammatica -e per ispirazione, l'impressione del complesso -non corrispondeva punto all'ideale d'una -azione drammatica vera ed umana. Le idee -della Camerata erano andate sempre più perdendosi -ed i numerosi musicisti dell'epoca, molti -fra i quali pure dotati di genio, seguivano l'andazzo -del tempo e sacrificavano all'effetto ed -alla brama di facili applausi gli alti ideali dell'arte. -</p> - -<p> -In tali circostanze era dunque necessaria una -<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span> -reazione ed essa difatti non tardò a mostrarsi, -quantunque l'opera italiana si fosse diffusa per -tutta l'Europa, dominasse tutti i teatri e più che -mai sembrasse viva e potente. I primi sintomi di -questo movimento si mostrarono nella Germania -settentrionale, dove già vedemmo sorgere l'opera -nazionale, che, sia per la difficoltà dei tempi, -sia per la mancanza di uomini adatti, fu ben -presto soggiogata dall'opera italiana. Ma il seme -non si perdette e verso la metà del secolo XVIII -esso rinasce nel <i>Singspiel</i>, l'operetta tedesca, -sorta dal desiderio di vedere sostituite ai soggetti -tragici dell'antichità e della mitologia azioni -tolte dalla vita comune, di veder sulla scena -persone più umane ed a noi più simili che gli -eroi greci e romani. Il <i>Singspiel</i> poi corrispondeva -al carattere germanico in quanto che in -esso poteva aver larga parte lo scherzo, la comicità, -la caricatura, a cui il popolo tedesco -inclina e che vi si poteva innestare quella tendenza -sentimentale e romantica, pure una delle -qualità del carattere germanico, del tutto aliena -all'italiano. Ma anche la seconda volta questo -genere di opera tedesca dovea essere di poca -durata e spegnersi senza lasciar traccia di sè, -sia perchè i suoi cultori non fossero dotati di -genio sufficiente per renderlo vitale, sia perchè -esso tosto degenerasse in farse triviali e barocchismo -sentimentale. Con tutto ciò fra i musicisti -che si dedicarono all'opera e operetta tedesca, -alcuni vivono ancora nella memoria dei -posteri, come <i>Giovanni Adamo Hiller</i> (1772-1804), -<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span> -<i>Carlo Ditters di Dittersdorf</i>, viennese, l'autore -della notissima operetta <i>Dottore e farmacista, -Schenk (il Barbiere del villaggio), Weigel (la Famiglia -svizzera), Wenzel Müller</i> ed altri. Tutti -questi musicisti hanno la melodia facile e naturale, -una sana comicità ed umorismo e non -di rado ci danno nelle loro opere stupendi quadretti -di genere. -</p> - -<p> -<i>Haydn</i> stesso scrisse pure una quantità di -simili <i>Singspiele</i> oggi dimenticati e <i>Salieri</i> non -isdegnò pure deporre il coturno col suo <i>Spazzacamino</i>. -Anche <i>Bastien et Bastienne</i> di Mozart -ed il <i>Ratto del Serraglio</i> appartengono in molti -riguardi a questo genere. Ma se la riforma tentata -dall'operetta tedesca non ebbe vero successo -e restò senza o quasi senza conseguenze -nell'arte, tanto maggiori furono quelle che trassero -con sè le innovazioni di Gluck sullo scorcio -del secolo XVIII. -</p> - -<p> -<i>Cristoforo Willibaldo Gluck</i> nacque ai 2 luglio -1714 a Weidenwang nel Palatinato superiore. -Istruito nella musica da oscuri maestri, venne -nel 1736 a Vienna, dove il conte Melzi, ammirandone -il talento, lo prese a proteggere e lo -condusse seco a Milano per affidarlo al celebre -musicista <i>Sammartini</i>. Frutto di questi studi fu -un'opera, <i>Artaserse</i>, che fu data con successo -nel 1741 a Milano. A questa fecero seguito molte -altre, date pure con esito felice. Nel 1746 ritornò -in Germania e si stabilì a Vienna, dove con -molte interruzioni, rimase fino alla morte seguita -ai 15 novembre 1797. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span> -</p> - -<p> -Le opere di Gluck anteriori all'<i>Orfeo</i> ad eccezione -del <i>Telemaco</i>, che mostra ormai i germi -della riforma posteriore, non si distinguono -punto dalle opere italiane dell'epoca e certo -non per queste egli vivrebbe nella memoria dei -posteri. Anzi molte delle italiane le superano -sia per fattura sia per ispirazione e facilità melodica, -nè molto grandi furono i suoi successi -in Italia come lo prova la canzone che si cantava -nel 1763 a Bologna: -</p> - -<div class="poem"> -<p>Doman el part el Cluch</p> -<p>E el va per Triest</p> -<p>Ch'al vaga ben prest</p> -<p>Perchè al è un gran mamaluch.</p> -</div> - -<p> -Fu solamente a quasi cinquant'anni, che Gluck -fornito di lunga esperienza, fortificato nei suoi -propositi dal vedere gli abusi sempre maggiori, -ed ancor più coadiuvato dalla fortuna di aver -trovato in <i>Raniero di Casalbigi</i> un poeta di buon -gusto, educato alla scuola tragica antica, scrisse -l'<i>Orfeo e Euridice</i> (1762), quantunque anche -in quest'opera la verità drammatica non sia -tanto osservata come nelle posteriori, anzi vi -faccia difetto dove questa sarebbe necessaria -come nella scena fra Euridice e Orfeo, in cui -essa vien meno ed è sostituita da una filza d'arie -e duetti quasi convenzionali. -</p> - -<p> -La prima opera, colla quale Gluck entrò veramente -nel nuovo agone ed in cui egli cercò -mettere in pratica le sue teorie, fu l'<i>Alceste</i> -(1767), la quale incontrò l'opposizione dei pedanti -<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span> -e dei cantanti. Nella prefazione a questa -opera che è un vero programma, Gluck parla -delle sue riforme progettate e proclama la verità -drammatica come suprema legge, alla quale -tutto deve venir sacrificato. La musica deve -essere quasi la serva della poesia nè deve esser -priva d'una «bella semplicità»; l'azione non -deve venir «raffreddata con inutili ornamenti»; -il concerto degli istrumenti deve «regolarsi a -proporzione dell'interesse e dalla passione e non -lasciare quel tagliente divario nel dialogo fra -l'aria ed il recitativo, che non tronchi a controsenso -il periodo nè interrompa mal a proposito -la forza e il caldo dell'azione». -</p> - -<p> -All'<i>Alceste</i> seguì <i>Paride ed Elena</i>, che per la -debolezza della poesia e per la poca ispirazione -non ebbe successo e destò ancor maggior opposizione -per le espressioni usate nella prefazione -a quest'opera contro i semidotti. -</p> - -<p> -Gluck prese allora la decisione di recarsi a -Parigi, eccitato dal Bailly Du Rollet, che gli avea -scritto l'<i>Ifigenia in Aulide</i>, togliendola da Racine -ed ormai preparato il terreno con entusiastiche -lodi. Ma ogni specie di difficoltà si opponeva -all'effettuazione del progetto, finchè queste furono -tutte appianate dalla moglie del Delfino, -Maria Antonietta, già scolara di Gluck. Finalmente -l'<i>Ifigenia</i> fu data all'accademia di Parigi -ai 19 aprile 1774 senza però destare alcun entusiasmo. -Soltanto in seguito essa ebbe sempre -maggior successo, dopo che l'<i>Orfeo</i> era stato -assai applaudito. L'<i>Ifigenia</i> segnò il principio -<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span> -della lotta fra i partigiani di Gluck e quelli -dell'opera italiana e francese, che per questa -occasione erano d'accordo nel combattere il -nuovo indirizzo e cercarono d'opporvi Nicolò -Piccinni. I fautori di quest'ultimo seppero coi -loro raggiri far sì, che il libretto d'un'opera. -<i>Orlando</i> di Quinault, destinato a Gluck, fosse -dato da comporre a Piccinni e speravano di -vincere tanto più che la nuova opera di Gluck -<i>Armida</i>, non ebbe che un mediocre successo, -mentre l'<i>Orlando</i> di Piccinni fu accolto con -grande plauso. Ma le opere di Gluck in principio -mal comprese, prendevano sempre più -piede, e quando fu data l'<i>Ifigenia in Tauride</i> -(1770), il capolavoro di Gluck, la vittoria fu decisa -pel maestro tedesco. -</p> - -<p> -Il genio di Gluck, e che fu genio non puossi -dubitare, fu più drammatico che essenzialmente -musicale (egli soleva dire, che quando si metteva -a comporre cercava dimenticare di essere -musicista!). La sua riforma fu piuttosto il frutto -della sua lunga esperienza, della sua mente -chiara e perspicace, dello studio dei poeti e del -movimento letterario, iniziato da Lessing e Klopstock, -che dell'istinto musicale. La sua melodia -è spesso priva di bellezza intensa, anzi non di -rado è povera; egli non introdusse nuove forme; -la sua arte non è grande e questa mancanza -si palesa specialmente nei suoi pezzi d'assieme, -nei quali non sa unire in un gran quadro efficace -gli elementi disparati ed agire coi contrasti. -Gluck è grande invece nella verità drammatica, -<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span> -nella forza poetica dei particolari, nella -caratteristica delle persone, nel dominare e tratteggiare -la situazione con tocchi potenti nella -loro semplicità. Egli non fa concessioni nè ai -cantanti nè al pubblico, ma cammina dritto verso -la meta ed appunto perciò le sue opere fanno -l'impressione di produzioni nate organicamente -e l'effetto generale è grandioso e potente. Le -sue arie, i suoi duetti presi separatamente sono -molte volte inferiori per ispirazione e fattura -a quelli di Piccinni, ma superano questo in concisione -e sentimento drammatico; con lui il -recitativo di Lully e Rameau cessa d'essere una -specie di salmodia e declamazione accentata, -ma è parte integra dell'azione drammatica e -vive e palpita. -</p> - -<p> -La sua orchestrazione è più ricca e caratteristica -e specialmente più espressiva di quella degli -Italiani contemporanei; il ballo non è semplicemente -danza ma fa parte dell'azione; il -coro infine viene innalzato a personaggio e gli -vien data l'importanza che avea nella tragedia -greca. Nell'<i>Alceste</i> abbiamo il primo esempio -d'un'<i>ouverture</i>, che fa presentire l'opera che -segue e ne è vera parte. -</p> - -<p> -«Gluck, scrive Wagner, non fu certo il primo -a scrivere arie espressive. Ma egli diventò il -punto di partenza per un cambiamento completo -nel valore dei fattori dell'opera, giacchè egli volle -di proposito che l'espressione dell'aria e del -recitativo corrispondesse al testo. Gluck volle -consciamente tanto nel recitativo declamato -<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span> -quanto nell'aria cantata, pur mantenendo queste -forme e non dimenticandosi del contenuto -essenzialmente musicale, che il pensiero espresso -dal testo venisse tradotto più fedelmente che -possibile dalla musica e specialmente che l'accento -declamatorio del verso non venisse trascurato -per l'espressione musicale. Egli volle -sopratutto parlare musicalmente una lingua -giusta ed intelligibile». -</p> - -<p> -Tutto ciò in sè non era nulla di nuovo ma nuova -e rara fu solamente la ferrea conseguenza colla -quale Gluck tenne fermo a questi principî, -che nella loro estrinsecazione hanno qualche -cosa di rigido ed ascetico. Gluck, come succede -al mondo, raccolse gli allori che anche altri con -lui avevano meritato e preparato e se si conoscessero -meglio le opere di Iomelli, Traetta, -Majo e specialmente di Hasse per quello che -concerne la parte intrinseca musicale e quelle -di Rameau per il recitativo si arriverebbe forse -ad altri risultati. -</p> - -<p> -La riforma fu del resto preparata come vedemmo -dagli enciclopedisti francesi e noi troviamo -le stesse idee di Gluck nel <i>Saggio sopra -l'opera in musica</i> del Conte Algarotti (1757). -Nè si dovrebbe dimenticare, che Gluck s'è formato -intieramente alla scuola italiana e che è -l'opera italiana che egli riformò. Soltanto dopo, -egli che aveva in sè degli elementi germanici -e che studiò la musica francese e specialmente -la declamazione, cercò di innalzarsi all'arte internazionale, -<i>musique propre à toutes les nations</i> -<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span> -come egli scrive. Gluck, più giusto dei suoi -contemporanei e posteri, non disconobbe il genio -di Piccinni ed altri, ed in una lettera scritta -al <i>Mercurio</i> di Parigi rivendica il primo onore -del nuovo indirizzo al suo poeta Calzabigi. Costui -aveva saputo, sebbene inferiore ai due poeti -prediletti dai musicisti, Apostolo Zeno e Metastasio, -sceverare dall'azione drammatica tutte -le lungaggini inutili, solo buone ad aggiungere -un numero sproporzionato di arie e duetti, accrescendo -così l'interesse e sostituendo all'amore, -soggetto quasi perenne delle arie, anche altre -passioni umane. La riforma del libretto si fermò -però a mezza strada, perchè vi rimasero tutte -le arie, che sono sosta nell'azione e perciò contro -la verità drammatica. -</p> - -<p> -Le opere di Gluck che hanno qualche cosa -della precisione e nitidezza degli antichi bassorilievi, -hanno molti punti di confronto colle -tragedie greche. Grandezza, semplicità, chiarezza -ed oggettività, una certa rigidezza sono -proprio d'ambedue. Tutti i lenocini della forma -e dell'effetto vi sono schivati e mancano gli -effetti passionali come li sentiamo noi. Ciò ci -toglie il punto di vero contatto tanto colle tragedie -greche che colle opere di Gluck. Noi ammiriamo -ma restiamo internamente freddi nè -ciò si cambierà, non esistendo quella corrente -fra autore ed uditore, che è necessaria perchè -un'opera d'arte possa veramente interessarci e -scuoterci. Perciò non è da credere ad una vera -rinascita delle opere di Gluck, tante volte tentata, -<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span> -essendo la loro musica ormai troppo lontana -dalla nostra umanità. -</p> - -<p> -L'influsso esercitato da Gluck sulla musica -drammatica non fu tale quale poteva attendersi -e se i suoi immediati successori, influenzati -dalle sue teorie e mossi dal suo esempio, cercarono -di raggiungere la verità drammatica, ciò -nonostante dopo non molti anni le tradizioni -di Gluck erano pressochè dimenticate. Parigi -restò tuttavia, come per Gluck, la meta a cui -tendevano i musicisti drammatici e la moderna -grande opera seria, iniziata da lui, ebbe la sua -culla in quella metropoli, quantunque fossero -quasi sempre stranieri quelli che in essa dovevano -eccellere e segnare una traccia nella storia -del dramma musicale. -</p> - -<p> -L'influenza di Gluck è palese in <i>Etienne Mehul</i> -(1763-1817) che ci lasciò nel suo <i>Giuseppe ed i -suoi fratelli</i> (1807), un capolavoro di nobile semplicità -e naturalezza. Maggiore di lui ed a ragione -annoverato fra i sommi fu <i>Luigi Cherubini</i>, -fiorentino (1760), scolaro di Sarti, che dopo essersi -provato con fortuna nella sua patria in -più opere, venne in Francia, vi si stabilì e vi -giunse in gran fama. Egli morì nel 1842 dopo -aver diretto per venti anni il Conservatorio di -Parigi. -</p> - -<p> -Cherubini, italiano di nascita e naturalizzato -francese, ha per il suo ideale artistico somiglianza -coi grandi maestri tedeschi. Il suo genio -è di natura riflessiva; le sue melodie non -hanno la vera impronta nazionale italiana ma -<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span> -tengono piuttosto del carattere istrumentale, -come pure pari a quella dei più grandi geni di -Germania sono la sua sapienza teoretica, l'arte -delle combinazioni armoniche ed orchestrali, -l'assoluta padronanza della forma, la grande -perfezione e la purezza del suo stile, mentre -la declamazione ed il ritmo sono accentuati ed -in ciò si avvicinano al carattere francese. Forse -appunto per questo le opere di Cherubini rimasero -pressochè sconosciute in Italia e neppure -il tentativo recente di far risuscitare la <i>Medea</i> -si può dir riuscito. -</p> - -<p> -Ciò però non vuol punto dire che Cherubini -fosse un imitatore dei maestri tedeschi, che -anzi quella certa mancanza di bellezza sensuale -della sua melodia, quella freddezza aristocratica, -che è propria alla maggior parte delle sue -opere, è tutta sua. Piuttosto è vero che i maestri -tedeschi appresero molto da lui, compreso -Beethoven che lo chiama il primo fra i contemporanei -e Weber che lo dice pari a Beethoven. -</p> - -<p> -Delle sue opere drammatiche, <i>Il portatore di -acqua</i> (1800) resterà un modello insuperabile -del genere semiserio, mentre la <i>Medea</i> (1797) -per la nobiltà di linee e meravigliosa fattura -raggiunge le migliori delle opere della letteratura -musicale d'ogni tempo. La <i>Medea</i> iniziò la -<i>grand'opera</i> divergendo dai drammi di Gluck -per la maggiore ricchezza armonica, per gli -effetti ricercati, per l'orchestrazione più svariata -e finalmente per i pezzi d'assieme, che di -rado si trovano in Gluck. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span> -</p> - -<p> -Le altre opere, quantunque contengano una -quantità di tratti geniali, sono oggi dimenticate -ad eccezione delle <i>ouvertures</i>, che per la -freschezza, ispirazione e stupenda fattura appartengono -alle migliori del genere. «Non bisogna -però credere che queste opere, perchè non -sono più in repertorio, siano morte; è soltanto -una metempsicosi, che è successa e noi le sentiamo -nelle opere di altri maestri dieci e cento -volte di nuovo» (Hauptmann). Difatti è incredibile -quanti elementi moderni, specialmente -descrittivi e romantici, esse contengono, che -poi vennero sfruttati da altri. E non soltanto -le opere della maturità ma anche alcune -di quelle scritte nella gioventù in Italia p. e. -l'<i>Ifigenia</i>. Così p. e. nell'<i>Elisa</i> (1794) e nell'<i>Anacreonte</i> -(1803) c'è ormai il romanticismo posteriore -e molto della nota elegiaca schumanniana, -nella <i>Medea</i> vi sono punti di contatto con -Beethoven (coro dei prigionieri) e persino l'unisono -dell'<i>Africana</i> è un vero tratto cherubiniano. -</p> - -<p> -Cherubini si ritirò disgustato dall'opera per -dedicarsi alla musica da chiesa, per la quale -egli scrisse più opere, che vanno annoverate -fra le sue migliori, come le <i>Messe</i>, i grandiosi -<i>Requiem</i>, specialmente quello in <i>re minore</i>, degno -d'esser messo a paro col <i>Requiem</i> di Mozart, -e un <i>Credo</i> a 8 voci, senza dubbio una delle -opere più meravigliose che dopo Palestrina -mai fossero state scritte. -</p> - -<p> -Egli scrisse pure musica da camera, quartetti, -ecc., che si avvicinano alle opere classiche -<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span> -ed un celebre trattato di contrappunto e fuga. -Suoi scolari furono <i>Auber</i>, <i>Halévy</i>, <i>Adam</i>, <i>Carafa</i>, -<i>Fétis</i> ed altri. -</p> - -<p> -Straniero fu pure il successore di Cherubini -nei trionfi dell'Opera di Parigi e di nuovo un -italiano: <i>Gasparo Spontini</i> di Majolati presso -Jesi, nato nel 1774, morto nel 1851. Dapprima -a Parigi nell'era napoleonica, venne dopo la -Restorazione a Berlino, dove raggiunse i più -alti onori ma che dovette poi abbandonare, -quando la sua rigidezza e l'orgoglio nazionale -ebbero a cozzare contro la coscienza germanica -che si risvegliava. Se Cherubini colla sua -<i>Medea</i> ed il <i>Portatore d'acqua</i> avea sentito l'influsso -dei tempi, e le idee di libertà e la nobile -arditezza di pensiero avevano trovato un -eco nella sua musica, quella di Spontini è ancor -meglio lo specchio del tempo in cui fu -scritta, giacchè essa incarna l'idea napoleonica -colla sua grandiosità marziale, larghezza di stile, -potenza delle masse ed il suo realismo. -</p> - -<p> -Le tre opere capitali di Spontini sono la <i>Vestale</i>, -il <i>Fernando Cortez</i> e l'<i>Olimpia</i>, scritte per -Parigi. Su tutte s'innalza la <i>Vestale</i> per la ispirazione, -verità di carattere e sentimento. L'elemento -eroico trova nei grandiosi finali l'espressione -più adeguata e si avvicina all'epica grandezza -dei cori di Händel. Ma Spontini sa toccare -anche le corde più sensibili del cuore -nelle ispirate scene tra Giulia e Licinio, e se è -meno sapiente di Cherubini lo supera certo in -espressione e grandezza di concezione. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span> -</p> - -<p> -In <i>Fernando Cortez</i> l'ispirazione non è sì ricca -quanto nella <i>Vestale</i>, ma vi sono ammirabili la -pittura dei caratteri ed il colorito, i contrasti -e la suprema padronanza delle masse come nel -grandioso finale. L'<i>Olimpia</i> non ebbe a Parigi -il successo delle sorelle, nè il pubblico, felice -di cullarsi nella pace della Ristorazione, poteva -più infiammarsi alla rappresentazione di quei -fatti che gli richiamavano alla memoria i burrascosi -tempi napoleonici. -</p> - -<p> -Le opere che Spontini scrisse a Berlino segnano -una decadenza sensibile nelle forze del -maestro, nè per quanto esse contengano pregevolissimi -squarci seppero resistere al tempo. -Spontini ebbe il rammarico di vedersi alla fine -della sua vita trascurato e quasi dimenticato. -</p> - -<p> -Egli fu insuperabile direttore, severissimo e -mai soddisfatto; l'orchestra sotto la sua bacchetta -era elettrizzata e suonava con una precisione -meravigliosa. -</p> - -<p> -Successore di Cherubini e Spontini nel ramo -della grande opera fu <i>Gian Francesco Lesuer</i> -(1763-1838), l'autore della fortunata opera <i>I -Bardi</i>, e di molta musica da chiesa. Egli fu il -compositore prediletto di Napoleone. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -A. Marx — <i>Gluck und die Oper</i>, Berlin, 1863. -</p> - -<p> -Tiersot — <i>Gluck</i>, Paris, Alcan, 1910. -</p> - -<p> -A. Schmidt — <i>C. W. Gluck</i>, Lipsia, 1854. -</p> - -<p> -Ferrettini E. — <i>Cristoforo Gluck</i>, Torino, 1914. -</p> - -<p> -Desnoiresterres — <i>Gluck et Piccinni</i>, Paris, 1872. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span> -</p> - -<p> -Spitta — <i>Spontini</i> in «<i>Zur Musikgeschichte</i>», Berlino. -</p> - -<p> -C. Robert — <i>L. G. Spontini</i>, Berlino, 1833. -</p> - -<p> -O. Foque — <i>Lesuer</i> in «<i>les Revolutionaires de la musique</i>», -Paris, 1882. -</p> - -<p> -Pougin A. — <i>Mehul</i>, Paris, 1889. -</p> - -<p> -Picchianti — <i>L. Cherubini</i>, 1844. -</p> - -<p> -Gamucci — <i>L. Cherubini</i>, 1869. -</p> - -<p> -Hohenemser — <i>L. Cherubini</i>, Lipsia, 1913. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap16">CAPITOLO XVI. -<span class="smaller">Haydn — Mozart — Beethoven.</span></h2> -</div> - -<p> -La musica istrumentale anteriore ad Haydn -non si occupava della traduzione di un pensiero -poetico, d'un'idea coi mezzi della musica, -ma cercava piuttosto nella bellezza dei temi, -nella forma, nella combinazione degli accordi, -nei coloriti, la sua meta. La musica istrumentale -bastava a sè stessa ed in sè trovava la sua -soddisfazione. Per ciò essa è principalmente -oggettiva. Il continuare per questa via era impossibile -senza cadere nel convenzionalismo e -manierismo e quando il piacere della forma -per la forma non fu più sufficiente allora si -sviluppò anche nella musica istrumentale il soggettivismo. -</p> - -<p> -Questo nuovo elemento non fu del resto introdotto -da Haydn, chè anzi noi lo vediamo -farsi strada ormai in molte composizioni di -<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span> -Bach e successori, in Dom. Scarlatti e Fil. -Em. Bach specialmente nelle <i>Toccate</i>, <i>Fantasie</i>, -<i>Improvvisazioni</i>, ecc., i quali generi di composizione -libera procedevano dall'ispirazione -poetica. Ma questo nuovo indirizzo, questa individualizzazione -del sentimento, il prevalere -dell'elemento poetico, la traduzione dello stesso -in toni che lo concretano con mezzi musicali, -prima appena accennati, noi li troviamo palesi -in Haydn le cui composizioni, oltre le qualità -tecniche ed essenzialmente musicali delle anteriori, -offrono allo uditore un elemento poetico, -senza che egli, come suol succedere nella -musica descrittiva, sia inceppato nei voli della -sua fantasia. -</p> - -<p> -La nuova musica istrumentale basa sulle -forme della <i>sonata</i> e della <i>sinfonia</i>. L'opinione -che queste derivassero dalla sonata antica, da -molti propugnata, è molto discutibile, quantunque -quest'ultima abbia senza dubbio influito -grandemente sulla sinfonia e sulla sonata moderna. -Ma assai più che la sonata antica, poco -differente dalla <i>suite</i> valse a formare la sinfonia -e la sonata moderna l'antica <i>ouverture</i>, quale -fu introdotta da Alessandro Scarlatti che si -divideva in tre parti unite, <i>allegro</i>, <i>adagio</i> ed -<i>allegro</i> e che coll'andare del tempo si usò nei -concerti istrumentali suonare in tre tempi, dividendo -le parti ed introducendovi il <i>minuetto</i>, -tolto dalla <i>suite</i>. La caratteristica principale -della nuova musica è il passaggio dalla polifonia -all'omofonia. Le melodie sono ormai -<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span> -chiuse ed esse sono veramente accompagnate. -C'è il primo e secondo tema colla ripresa dopo -lo sviluppo tematico. Le composizioni perdono -certo qualche cosa della loro monumentalità -ma diventano molto più varie e ricche di contrasti -anche improvvisi, che mancavano intieramente -alle opere anteriori. Cessa pure il predominio -delle tonalità minori. La dinamica è -più varia e non bastano più gli effetti dell'eco -(piano e forte), le tonalità cambiano nei diversi -tempi e non è raro di trovare la melodia -cominciata da uno strumento e finita da un -altro, ciò che prima non succedeva. -</p> - -<p> -Fino a pochi anni fa era quasi incomprensibile -la differenza che passa fra le opere anteriori -ad Haydn e le sue e lo si soleva chiamare -il padre della sinfonia e del quartetto. -Torchi e Galli avevano bensì dimostrato che -la forma della Sinfonia si trova ormai abbastanza -sviluppata nelle opere di G. B. Sammartini, -maestro di Gluck e che Haydn ebbe -in Tartini un precursore nel quartetto per non -parlare di Boccherini, che fu contemporaneo -di Haydn e che certo non conobbe le sue opere. -Oggi però s'è fatta almeno in gran parte la -luce in seguito ai nuovi studi di Ugo Riemann -e Guido Adler per i musicisti tedeschi e Fausto -Torrefranca per quegli italiani. Le conclusioni -sono però divergenti. Riemann difende la tesi -che fu la scuola di Mannheim, dove esisteva -un'orchestra eccellente e modello delle altre, a -continuare la riforma della musica istrumentale -<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span> -già preparata da Bach ed Händel col connubio -della monodia col contrappunto. In realtà non -si trattava che dell'imitazione dello stile dell'aria -nella musica istrumentale. Le <i>Six Sonates -à trois ou avec toute l'orchestre</i> di <i>Giovanni Stamitz</i> -(1717-1757) op. 1 (1752) sono per Riemann -l'evangelo della nuova arte ed egli da a -quest'opera la stessa importanza che all'<i>Ars -nova</i> ed alla nascita dell'opera del Seicento. -È innegabile che nei Trio di Stamitz si palesa -un nuovo stile ben differente dall'anteriore e -già Arteaga chiama Stamitz creatore d'un nuovo -stile ed il Rubens dei compositori. -</p> - -<p> -Lo stile di <i>Stamitz</i> è pure quello di <i>Francesco -Richter</i> (1709-1789), <i>Cannabich</i>, <i>Toeschi</i> ed altri -maestri che vissero prima di Haydn. Nelle opere -di Stamitz, che è il caposcuola, troviamo già -sviluppato il dualismo dei temi, il lavoro tematico, -che è lo spirito creatore della musica istrumentale -quasi altrettanto che la melodia; anche -la forma della sonata e sinfonia in quattro tempi -è pressochè stabile. Le opere di questa scuola -sono sonate a tre, quattro e più istrumenti col -basso numerato ed appartengono, almeno come -si pubblicarono, apparentemente alla musica -antica. In realtà però si eseguivano in Germania -senza basso numerato sostituendovi più istrumenti -a fiato, che non vanno all'unisono cogli -archi ma o hanno note tenute oppure eseguiscono -piccoli contrappunti. -</p> - -<p> -Guido Adler cerca invece di rivendicare almeno -parte dei meriti dei musicisti di Mannheim -<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span> -a quelli di Vienna anteriori ad Haydn -come <i>Matteo Monn</i>, <i>Wagenseil</i>, <i>Filz</i>, <i>Dittersdorf</i>, -ecc. Ma tanto Riemann che Adler sembrano -dimenticare che tutti questi musicisti boemi -od austriaci erano direttamente od indirettamente -influenzati nelle loro opere dai maestri -italiani sparsi per tutta la Germania e che la -musica vocale ed istrumentale che si eseguiva -in quel tempo a Vienna era quasi esclusivamente -italiana. Fausto Torrefranca ha fatto -negli ultimi anni studi esaurienti sulla musica -istrumentale specialmente per cembalo dei -maestri italiani di quell'epoca ed è arrivato -alla conclusione persuadente, che il nuovo stile -non venne nè da Mannheim nè da Vienna ma -che il movimento lirico istrumentale è nato in -Italia e conduce attraverso la sonata per cembalo, -la sinfonia da camera, la sonata a tre -direttamente ad Haydn e Mozart. Egli è entusiasta -di <i>Giovanni Platti</i>, un veneziano che fu -alla corte vescovile di Würzburgo e ne studiò -le Sonate pubblicate nel 1740, pur troppo ancora -inedite, che come si può giudicare dalle -copiose citazioni sembrano davvero aver precorso -i tempi. Se si conoscessero meglio anche -le Sonate di Pergolesi, Zipoli, Caldara, Galuppi, -Rutini, della Ciaja e tanti altri si vedrebbe -che essi sono molte volte più moderni -ed arditi che Haydn e Mozart. La loro arte è -fatta «di fugacità melodiche, di sfumature ritmiche, -di brevi arabeschi, di contesture sottilissime -ma dalle quali una cosa sopratutto vi -<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span> -colpisce, la signorilità inventiva, che ne adorna -senza posa il trasparente tessuto». (Bastianelli). -</p> - -<p> -Torrefranca ha pure studiato alcune delle -sinfonie di <i>G. B. Sanmartini</i> (1704-1774?) che -pare abbia scritto un'infinità di opere istrumentali, -che ai suoi tempi godettero fama, -come racconta Carpani nelle <i>Haydine</i>. Le sinfonie -ancora esistenti di Sanmartini per archi -ed oboi, anche con corni e trombe, «hanno -un'architettura sottile e snella come di alberelli -giovani ed una straordinaria ricchezza di -motivi irrequieti, che svariano all'improvviso in -poche battute. La vivacità, la ricchezza, il -brio di queste musiche sono indicibili» (Torrefranca). -</p> - -<p> -Confrontando tutte queste opere italiane con -quelle tedesche, costruite su temi assai semplici -e senza grande varietà ritmica è ben palese la -superiorità delle prime anche sulle sinfonie -giovanili di Haydn, ultimamente pubblicate, che -mostrano molte incertezze, del resto naturali in -un esordiente. Forse però si da troppo importanza -tanto ai maestri italiani che tedeschi nominati -ed è più facile comprendere la grande -modificazione che subì la musica istrumentale -pensando che essa è quasi contemporanea all'immensa -diffusione dell'opera italiana nel Settecento, -e che il nuovo stile somiglia in molti -punti a quello dell'opera. E perchè questa era -minore nella Germania del Nord che in altri -paesi, fu appunto lì che lo stile rimase più a -lungo polifonico. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_280">[280]</span> -</p> - -<p> -Ciò nullostante l'egemonia della Germania -dalla metà del Settecento è ormai palese nella -musica istrumentale, che si diffonde anche -nella Francia ed Inghilterra mentre nell'Italia -dopo la morte dei grandi violinisti anche per -la mancanza di orchestre stabili e società musicali -la musica istrumentale va rapidamente decadendo. -Se si esaminano gli antichi cataloghi -degli editori tedeschi e francesi si deve arguire -che mai un'epoca fu sì amante di musica istrumentale. -Sono centinaia di Sinfonie, Quartetti -con e senza pianoforte, Terzetti, Serenate, Divertimenti, -Cassazioni, ecc., che si stampavano -e ristampavano continuamente. Tutte queste -opere sono oggi dimenticate ad eccezione di -quelle di Haydn, ciò che successe anche perchè -molte di esse erano scritte col basso numerato -del quale si venne perdendo la pratica e che ben -pochi sapevano eseguire. -</p> - -<p> -<i>Giuseppe Haydn</i> nacque il 31 marzo 1732 a -Rohrau sul confine ungherese, vicino ad Haimburg, -dove imparò le prime nozioni di musica. -Nel 1740 venne assunto fra i cantori della cappella -di S. Stefano in Vienna per la sua bella -voce e vi rimase continuando gli studi musicali, -finchè cambiò la voce. Gli anni susseguenti -fino alla sua nomina di direttore di cappella -del principe Esterhazy furono per Haydn -pieni di privazioni e di disinganni. Nella residenza -principesca del suo Mecenate, la cittadella -di <i>Eisenstadt</i> in Ungheria, il suo meraviglioso -ingegno ebbe campo di svilupparsi e gli -<span class="pagenum" id="Page_281">[281]</span> -anni che ivi passò (1760-90) alla testa di un'eccellente -orchestra, che era a sua disposizione -e dalla quale avea appreso a conoscere tutte le -particolarità degli istrumenti, furono feraci di -composizioni istrumentali come sinfonie, quartetti, -terzetti, sonate per piano, operette, opere -ed una quantità di pezzi per <i>baritono</i> (specie di -violoncello), istrumento ora dimenticato, che -suonava il principe Esterhazy. Nel 1790 e 1794 -andò a Londra, per la qual città scrisse le sue -più belle sinfonie. In età ormai avanzata compose -i suoi due famosi oratori, la <i>Creazione</i> -(1797) e le <i>Stagioni</i> (1801). Haydn scrisse 157 -sinfonie, fra le quali sono celebri la <i>Reine</i>, la -sinfonia col colpo di <i>timpani</i>, la <i>Oxford</i>, la <i>Militaire</i>, -ecc. Haydn morì ai 31 maggio 1809 a -Vienna durante l'assedio dei francesi. -</p> - -<p> -Haydn fu principalmente compositore istrumentale. -Nelle sue prime composizioni egli cerca -ancora la sua strada e l'influenza del suo autore -prediletto, Filippo Emanuele Bach, è ancora -sensibile, ma ben presto sa liberarsi da ogni -imitazione ed ispirare alla forma della sonata, -del quartetto e della sinfonia novella vita. I -suoi temi sono efficaci, plastici e suscettibili -d'ogni trasformazione e sviluppo; le sue opere -sono organicamente costruite e l'unità delle -parti è sorprendente. Grande merito di Haydn -fu poi quello d'aver individualizzato gli istrumenti -e liberato la musica dalla monotonia ritmica -di prima, che è una della principali cagioni -per cui noi nelle composizioni anteriori non -<span class="pagenum" id="Page_282">[282]</span> -possiamo arrivare ad un piacere estetico complesso, -tormentandoci sempre il metro troppo -eguale. Il carattere predominante della musica -di Haydn è la naturalezza, la freschezza unita -ad una certa giovialità e semplicità di sentimento. -Ma egli sa altresì toccare le fibre più interne -del cuore coi suoi ispirati adagi e commuoverci -colla potenza dell'espressione, che alle -volte raggiunge il tragico. -</p> - -<p> -Insuperabile è la vena, la fantasia, la volubilità -dei suoi minuetti. Questa specie di danza -aristocratica e severa, con lui perde il suo fare -austero e arcigno e diventa ora il più leggiadro -giuoco di suoni, ora vi si frammischia una -nota melanconica, una specie di umorismo sano, -ora si avvicina allo scherzo di Beethoven quasi -presentendolo. L'arte di Haydn è meravigliosa -senza che egli abbia fatto uso di mezzi straordinari -e senza che essa appaia come tale, tanta -ne è la perfezione. La sua istrumentazione è -semplice, ma nella semplicità, svariatissima e -piena di contrasti, chiaroscuri e luci, che l'animano. -Perciò le opere di Haydn, e fra tutte -specialmente i quartetti, oggi dopo più di cento -anni nulla hanno del barocco ed antiquato ma -conservano ancora la freschezza dei primi giorni. -La superiorità delle sue sinfonie e dei quartetti -non sta tanto nella bellezza melodica dei -temi quanto nella sapienza di sapersene servire. -Noi possiamo studiare nelle sue opere -come si sviluppi sempre più il lavoro tematico -e come egli arrivi poi a costruire i suoi -<span class="pagenum" id="Page_283">[283]</span> -tempi con brani del tutto insignificanti del tema -ma specialmente adatti al lavoro tematico. -</p> - -<p> -L'importanza degli oratori di Haydn non è -pari a quella per la musica istrumentale, quantunque -le <i>Stagioni</i> ed ancor più la <i>Creazione</i> -segnino una nuova via e s'innalzino di molto -sopra le composizioni dell'epoca. In esse non è -a cercarsi la grandiosità di Händel nè la profondità -di Bach, ma vi abbondano invece la -fantasia, la naturalezza, la grande varietà ed il -sentimento della natura che si palesa in una -quantità di tratti caratteristici. -</p> - -<p> -La musica da chiesa di Haydn sente l'influsso -dell'epoca in cui fu scritta e va annoverata a -quel genere di composizioni che non appartengono -nè al sacro nè al profano e che -perciò non corrispondono all'ideale della musica -sacra. -</p> - -<p> -Haydn nella triade di genî germanici della -musica istrumentale moderna è quello che è -meno conscio del suo ingegno e scrive quasi -per istinto ciò che l'ispirazione gli detta, senza -occuparsi gran fatto di idee secondarie e di -problemi sociali. Con lui l'elemento umorista, -quel misto fra il serio e lo scherzoso, una leggiera -ironia che sorride alle debolezze umane e -guarda le miserie della vita colla serenità del -filosofo, entra nella musica, quell'umorismo, che -doveva avere la sua espressione più alta in -Beethoven, il quale dalla più triste e lugubre -disposizione di animo passa spesso alla gioia -più sfrenata e bacchica. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_284">[284]</span> -</p> - -<p> -Le opere di Haydn specchiano il suo carattere. -Egli fu di temperamento sereno, ilare, modesto. -Innovatore da principio, fu sorvolato dal -genio di Mozart, di lui più giovane, del quale -risentì l'influsso negli anni posteriori, donde la -grande differenza fra le opere anteriori e le -seguenti. Gli ideali del giovane Beethoven e la -rivoluzione musicale, che questi cagionò trovarono -Haydn ormai vecchio ed incapace di seguire -le nuove orme. -</p> - -<p> -Quello che vedemmo succedere in Palestrina -e Bach, i quali sembrano quasi chiudere un'epoca -della storia dello sviluppo musicale, concentrando -in sè e perfezionandolo il frutto ed -il complesso delle conquiste anteriori, si replica -in <i>Mozart</i>, forse il maggior genio musicale -che mai visse, quell'uomo, che senza peccare -d'esagerazione, puossi chiamare il genio -incarnato della musica. Mozart è universale; -egli appartiene a tutte le nazioni e mai si unirono -in un uomo gli elementi più disparati per -formare un complesso più perfetto. Egli ha la -ricchezza melodica, il sentimento drammatico -degli Italiani, la sapienza, l'idealità poetica, la -delicatezza e castità d'ispirazione dei Tedeschi, -la varietà ritmica, l'argutezza e volubilità comica -dei Francesi. In lui non si scoprono incertezze, -tentennamenti, ma egli arriva ad altezze -inesplorabili, sviluppandosi organicamente -e necessariamente. Ha tutte le qualità di Gluck -più il genio specificamente musicale di gran -lunga maggiore. Confrontato con questo noi non -<span class="pagenum" id="Page_285">[285]</span> -troviamo nelle sue opere l'austerità, la ferrea -conseguenza dell'espressione drammatica del -primo ma invece la grandezza del genio che -tutto nobilita, l'istinto che tutto trova senza cercare. -Egli basa sull'opera italiana, ma col suo -istinto geniale la nobilita e l'innalza. A tutte -queste somme qualità egli aggiunge poi una -sapienza della forma, una conoscenza sì grande -dell'arte, che gli rende facile sciogliere qualsiasi -compito, ed in modo che l'arte grandiosa -non serva che a scopi più alti. Egli sa esprimere -tutti i sentimenti, tutti gli affetti; nessuno -lo supera nella rappresentazione dell'amore in -tutte le sue fasi, dall'amore casto ed ideale all'amore -sensuale. Nessuno come lui sa delineare -i caratteri femminili e scrutarne meglio -gli affetti. -</p> - -<p> -<i>Volfango Amadeo Mozart</i> nacque ai 27 gennaio -1756 in Salisburgo, dove suo padre Leopoldo, -eccellente musicista ed uomo dotato di -buon senso e conoscente del mondo, era direttore -della cappella dell'arcivescovo. Il piccolo -Amadeo fu un talento precoce quale mai prima -nè dopo si vide. A sei anni suonava benissimo -il pianoforte, conosceva il violino e componeva -sonate, sicchè il padre gli fece intraprendere -lunghi viaggi, destando stupore ed entusiasmo. -Nel 1768 scrive la sua prima Opera, <i>La finta -semplice</i> e nel 1769 viene nominato per opera -di Martini membro dell'Accademia Bolognese. -L'Italia fu la prima a festeggiarlo come compositore -drammatico ed il suo <i>Mitridate re del -<span class="pagenum" id="Page_286">[286]</span> -Ponto</i> (1770) riscosse a Milano grandi applausi. -Ritornato in patria, dove era stato nominato -dall'arcivescovo maestro concertatore, continuò -i suoi studi e scrisse una quantità di opere -drammatiche ed istrumentali. -</p> - -<p> -Le prime sono ancora scritte nello stile dell'opera -italiana e solo quà e là vi si mostra la -potenza di Mozart che supera il convenzionalismo -formale. La prima opera, nella quale il -genio di Mozart si palesa ormai nella sua interezza, -è l'<i>Idomeneo</i> (1781) scritta per Monaco, in -cui, se le reminiscenze dello stile di Gluck sono -ancora sensibili, il genio musicale specificamente -melodico supera il modello. Ancor in -quest'anno Mozart da principio ad altro lavoro. -<i>Il ratto del serraglio</i>, la prima vera opera della -scuola tedesca, scritta in uno stile molto differente -dall'<i>Idomeneo</i>, si libera dalla posizione -indegna e servile che lo teneva legato all'arcivescovo -di Salisburgo, incapace di comprenderlo -e si stabilisce a Vienna. Gli anni susseguenti -portano ricca messe: <i>Le nozze di Figaro</i> -(1786), il <i>Don Giovanni</i> (1787) scritto per Praga, -<i>Così fan tutte</i> (1790), <i>La clemenza di Tito</i> ed -<i>Il flauto magico</i> (1791). -</p> - -<p> -Mozart morì ai 5 Dicembre 1791, quando l'imperatore -lo nominava direttore della Cappella -di S. Stefano ed egli avrebbe potuto così dedicarsi, -senza le cure della lotta per l'esistenza, -alla composizione di tanti altri capolavori che -dormivano nella sua grandiosa mente. -</p> - -<p> -La vita di Mozart è quella dell'artista moderno. -<span class="pagenum" id="Page_287">[287]</span> -Per lui l'arte è scopo supremo. Le miserie -della vita non lo toccano e lo lasciano -indifferente. Egli è spensierato, gioviale, noncurante -del domani, dedito ai piaceri, ma altrettanto -serio, indefesso, tenace al lavoro, capace -di astrarsi in mezzo ad una società clamorosa -e continuare il lavorìo della fantasia. -La sua importanza sta nell'opera drammatica -che con lui raggiunse la perfezione del genere, -quale l'epoca sua poteva comportare e che -ancor oggi fra le lotte delle scuole resta intangibile. -Ed in questa egli seppe, come nessuno -prima e dopo di lui, cambiare di stile a seconda -del soggetto. Nell'<i>Idomeneo</i> è palese la -forma classica di Gluck, nel <i>Don Giovanni</i> -il romanticismo non nelle esteriorità fantastiche -ma nell'elemento tragico e satanico, nelle -<i>Nozze di Figaro</i> l'opera cosidetta di conversazione, -fine ed arguta, nel <i>Ratto</i> il romantico -misto all'umorismo, in <i>Così fan tutte</i> l'opera -buffa allegra e biricchina, nel <i>Tito</i> di nuovo -l'opera seria classica coll'elemento eroico. Nel -<i>Flauto magico</i> poi egli seppe da un'azione spettacolosa -e destinata ad un teatro di sobborgo, -creare un'opera in cui l'elemento simbolico e -morale predomina ed il genio arriva alle più -grandi altezze. Ad onta di ciò, Mozart non fu -un rivoluzionario ma un riformatore, un eclettico -geniale, che senza trovare forme assolutamente -nuove, alle antiche ed usate ispirò nuova vita. -</p> - -<p> -«Il genio tedesco, scrive Wagner, sembra destinato -a cercare presso i suoi vicini quello che -<span class="pagenum" id="Page_288">[288]</span> -non è dato alla sua patria, per poi toglierlo dai -suoi stretti confini e creare qualche cosa di universale. -Mozart creò i suoi capolavori sull'orma -dell'opera italiana senza punto cambiarne la -forma. Eppure quale superiorità sulle opere dei -contemporanei italiani!» -</p> - -<p> -Si suol dire che Mozart col <i>Flauto magico</i> fu -il vero creatore dell'opera tedesca e quegli che -diede il colpo di grazia all'opera napolitana. -In realtà però le opere teatrali di Mozart appartengono -ben più all'opera italiana che alla -tedesca (15 opere su testo italiano e 5 su tedesco) -(<i>Singspiele</i>) e non solo per la lingua ed -il numero ma ben più per l'intimo carattere -della musica, ciò che è anche naturale se si -pensa che la Germania e l'Austria del Settecento -erano in riguardo del teatro musicale -vere provincie italiane. Eppure le opere di Mozart -non ebbero in Italia neppure ai suoi tempi -che un successo effimero, molto minore che quelle -del tedesco italianizzato <i>Simone Mayr</i> (1763-1845), -il primo maestro di Donizetti, che fu il -primo che in Italia tentò lo stile della grand'opera -francese e predilesse un'orchestrazione -molto nutrita. Questo minor successo delle opere -di Mozart dipese e dipende dalla povertà di -veri accenti drammatici nei recitativi, nel non -avere l'istinto infallibile dell'effetto, dalla mancanza -di plasticità della forma specialmente -nell'opera seria come pure dal predominio della -forma strofica di canzone breve e succinta, che -è una caratteristica dei musicisti tedeschi del -<span class="pagenum" id="Page_289">[289]</span> -suo tempo. Mozart è senza dubbio più sicuro ed -efficace nell'opera buffa, che s'adattava anche -di più al suo carattere, quantunque anche in -questa egli segue le orme dei nostri maestri italiani -Anfossi, Piccinni e Paisiello, che non si conoscono -che di nome mentre se si studiassero -le loro opere si apprenderebbe che molto di -quello che noi chiamiamo specifico mozartiano -si riduce ad elementi italiani del secolo XVIII. -Comunque ciò sia, Mozart resterà sempre uno -dei più grandi genî musicali d'ogni tempo, -perchè molte delle sue maggiori opere corrispondono -a quell'ideale d'arte ed a quei principî -che pel mutare dei tempi non possono -cambiare e noi ricorreremo sempre a lui come ad -una sorgente di pace serena, alla quale si può -sempre attingere senza che si esaurisca. -</p> - -<p> -La musica istrumentale di Mozart forma un -anello di congiunzione fra Haydn e Beethoven. -Le più celebri opere sono le <i>sinfonie</i> in <i>sol minore</i>, -in <i>do maggiore</i> (<i>Iupiter</i>), i sei <i>quartetti</i> dedicati -ad Haydn, il <i>quintetto</i> in <i>sol minore</i>. La -differenza fra Haydn e Mozart si scorge nel -primo e nell'ultimo tempo delle sue opere che -hanno temi molto più cantabili, più lunghi ed -espressivi. Haydn era maestro nel cavare dagli -strumenti sempre nuovi effetti ma in certo -modo non si serviva di loro ma serviva a loro; -i suoi motivi sono molte volte quasi nati dagli -istrumenti stessi e ci interessano principalmente -per l'uso che ne fa l'autore. Mozart si serve invece -degli strumenti per parlare la sua lingua, -<span class="pagenum" id="Page_290">[290]</span> -i suoi motivi sono più espressivi e presentono -già Beethoven. Il confronto fra i quartetti dedicati -ad Haydn con quelli di quest'ultimo anteriori -e posteriori mostra palese questa differenza -ed è toccante il vedere come il vecchio -maestro cerchi nelle ultime opere raggiungere -la profondità e la calda espressione del giovane. -Le sonate per pianoforte, i Trio, ecc., sono con -poche eccezioni (<i>fantasia in do min.</i>, <i>sonata in do -min.</i>) opere d'occasione senza grande importanza -e di valore ineguale. Superiori a queste sono i -<i>Concerti per pianoforte</i> (<i>Re min.</i>, concerto <i>per l'incoronazione</i>, -ecc.), scritti con intenzioni sinfoniche. -</p> - -<p> -Delle sue musiche da chiesa vale quanto fu -detto di quelle di Haydn. Da eccettuarsi sono -però l'<i>Ave verum</i>, una <i>Messa</i> ed il grandioso -<i>Requiem</i>, la sua ultima opera che non potè -finire, e che quantunque faccia concessioni allo -stile dell'epoca tendente al drammatico ed al -profano, pure è concepita con grandiosità e serietà -di stile ed è sì ispirata da far dimenticare -ogni principio e tacere ogni obbiezione. -</p> - -<p> -Quali opere Mozart ci avrebbe ancor dato, se -gli fosse durata la vita, è impossibile il pensare; -ma che egli avrebbe subìto una trasformazione -quale vediamo poi succedere in Beethoven, è -difficile l'ammetterlo. Mozart è essenzialmente -oggettivo, nè mai dimentica d'essere sopratutto -musicista. Per lui la musica non è un mezzo, -ma scopo e ad essa egli sacrifica ogni intenzione -a lei secondaria. L'idea musicale si presenta -a lui complessa ed imperiosa senza essere -<span class="pagenum" id="Page_291">[291]</span> -semplicemente la traduzione d'un pensiero -o d'un'idea poetica, come quasi sempre succede -in Beethoven. Perciò Mozart, per quanto -il suo genio musicale sia maggiore di quello -di Beethoven, per noi figli dell'epoca moderna, -comincia in molte delle sue opere a sembrare -antiquato, perchè in esse non vi troviamo abbastanza -riprodotte tutte le sensazioni, gli affetti, -le passioni nostre. -</p> - -<p> -Con <i>Beethoven</i> comincia un'altra epoca che -per noi è la più importante. La musica del secolo -decimonono porta l'impronta del soggettivismo. -L'umanità ha perduto nelle lotte la serenità -dei tempi passati; l'eterno dolore, (il -<i>Weltschmerz</i> dei filosofi e poeti tedeschi) il pessimismo, -il dubbio che rode, diventano la nota -dominante. Con Beethoven la musica non è più -soltanto un'arte ma diventa l'arte universale; -essa impara ad esprimere tutte quelle sensazioni, -quei pensieri, quelle aspirazioni più intime -che la parola non sa esprimere e definire. -</p> - -<p> -Beethoven non è più solamente musicista -come Mozart e specialmente Haydn, ma altresì -pensatore profondo, che dei problemi sociali e -delle nuove idee si occupa e pel quale la Rivoluzione -non è rimasta senza lasciare grande e potente -traccia. Per lui la musica non è soltanto -per sè esistente ma ha un più alto significato -morale e quasi sempre incarna un'idea. Perciò -la maggior parte delle sue composizioni, specialmente -quelle della maturità e le ultime, non -sono soltanto l'espressione d'un sentimento indefinito, -<span class="pagenum" id="Page_292">[292]</span> -ma vere poesie musicali, che specchiano -i diversi pensieri, le fasi di questi, quasi -un'azione in toni. Le sue opere gli vengono ispirate, -come egli scrive, «da impressioni che il -poeta traduce in parole ed egli in toni che si -accavallano, sgorgano potenti e disordinati fin -che si ordinano nella sua mente». Perciò alcune -sue opere hanno un carattere programmatico -palese (<i>Egmont</i>, <i>Coriolano</i>, <i>Leonora</i>, <i>sinfonia pastorale</i>, -ecc.) ed altre e son le più numerose un -programma latente. Egli dopo le incertezze naturali -e necessarie della gioventù, scuote ogni -influsso e la sua individualità domina sovrana. -Egli è forse meno musicista di Haydn e di -Mozart, ma li sorpassa ambidue nell'idealità, -perchè egli emancipa la musica da ogni formalismo -e sacrifica tutto all'idea. Questa tendenza -al liberarsi dalla materia viene poi sempre più -accentuandosi, quanto più la sordità lo distacca -dal mondo esterno ed essa arriva in alcune delle -sue ultime opere alla morbosità. Allora egli, -attraverso lotte e contrasti, giunge all'assoluta -contemplazione immateriale, in cui tacciono le -cure e gli affanni ed il sentimento della suprema -conciliazione addolcisce le miserie della vita. -La serietà è il suo carattere dominante, ma anche -essa può, bensì fugacemente, cambiarsi in gioia -quasi bacchica, come nella <i>IX Sinfonia</i>. Egli -non ha la naturale ilarità di Haydn, nè l'olimpica -oggettività di Mozart, ma vede il suo -ideale nell'esposizione dei contrasti della vita, -nella lotta dei diversi affetti. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_293">[293]</span> -</p> - -<p> -Beethoven, come in genere i tedeschi, non -fu un rivoluzionario ma un gran riformatore. -Egli accetta tutte le conquiste del passato e -continua l'edifizio sulle stesse basi; ma egli -centuplica la forza espressiva non limitandola -alle parti principali ma allargandola anche al -resto che assume ben altra importanza di prima. -Senza rompere od abbandonar di progetto le -forme antiche, come altri fece dopo di lui, -egli le trasforma grado grado mantenendo le -linee originarie ed i principî cardinali. Ciò egli -raggiunge fra altro cambiando l'elemento figurativo -e melismatico, che prima non era che -gioco di suoni, in elemento melodico ed espressivo -a somiglianza della parola cantata ma con -maggiore intensità, perchè egli poteva coi suoni -esprimere anche quello che la mente concepisce -e l'animo sente ma la bocca non sa esprimere -a parole. I fascicoli che contengono gli -schizzi musicali ci palesano il segreto della -generazione delle sue opere. Ad onta dell'assoluta -padronanza dei mezzi noi vediamo lottare -il genio colla materia per costringerla ad ubbidirgli. -Sono continui cambiamenti e pentimenti, -lavori di lima paziente ed instancabile. -Ma da tutto questo lavorio sorte alla fine l'opera -completa che nulla palesa della dolorosa -creazione. Ad onta di ciò studiando specialmente -le ultime opere ci accorgiamo che il contenuto -quasi trabocca dalla forma usata e spesso -mal vi si adatta, quantunque il maestro tenti -continuamente di ampliarla e modificarla. E ciò -<span class="pagenum" id="Page_294">[294]</span> -è naturale se si pensa che le sue melodie avevano -ormai ben altro significato che quello puramente -musicale e che egli creandole non pensava -soltanto alla possibilità di sviluppi e lavori -tematici. -</p> - -<p> -<i>Ludwig van Beethoven</i> vide la luce ai 17 Dicembre -1770 a Bonn dove suo padre, d'origine -olandese, era addetto alla cappella di quella -città. Anch'egli fu un talento precoce e nel 1785 -poteva ormai assumere le funzioni d'organista -e suonare in orchestra. Nel 1793 andò a Vienna, -che scelse dipoi a sua stabile dimora e dove -trovò tosto nell'arciduca Rodolfo, nel principe -Lichnowski e in Van Swieten potenti Mecenati. -Continua i suoi studi un po' con Haydn, Schenk -e specialmente con Albrèchtsberger e pubblica -nel 1795 la prima sua opera, i tre <i>Trio</i>, fra cui -il celebre in <i>do minore</i>, che ormai segna una -nuova orma nella storia dell'arte. Il periodo seguente -fu fecondo di nuove opere, fra le quali -i 6 Quartetti d'arco (op. 18), i terzetti pure -per archi, molte sonate per piano, le due prime -sinfonie, il delizioso settimino (op. 20), ecc. Nel -1802 comincia a mostrarsi la malattia della sordità, -che venne poi sempre crescendo ed amareggiandogli -l'esistenza e fu in quell'anno che -egli scrisse il suo testamento, quello scritto che -mostra la grandezza del carattere di Beethoven. -Seguono la <i>Sinfonia eroica</i> colla <i>Marcia funebre</i> -(1802), la <i>Pastorale</i>, la sua unica opera drammatica, -il <i>Fidelio</i> (1805), che ebbe alla prima -esecuzione poco successo e che, ad onta di -<span class="pagenum" id="Page_295">[295]</span> -grandi bellezze, mostra che a Beethoven mancava -l'istinto drammatico teatrale, la <i>Sinfonia</i> -in <i>do minore</i> (1808), forse il suo capolavoro, in -cui la sua potenza di creare da un tema insignificante -un vero poema è piuttosto unica che -meravigliosa. -</p> - -<p> -L'influsso della sua incurabile malattia venne -in seguito sempre più accentuandosi nelle sue -opere posteriori, che per quanto geniali non -vanno esenti da bizzarrie ed oscurità e che -quasi fin oggi, mentre da molti sono proclamate -quale l'espressione più alta del genio di -Beethoven, subirono le critiche più disparate. -Esse sono piuttosto l'espressione individuale -di un uomo condannato all'isolamento che il -frutto di idee riformatorie. Perciò sembra inutile -il tentativo di volerle considerare come -l'Evangelo della musica futura, perchè la loro -concezione è troppo personale. A queste appartengono -la <i>Messa in re</i> (1816-1823), la <i>nona -Sinfonia</i> con coro e soli (1822), gli ultimi <i>Quartetti</i> -e le ultime <i>Sonate</i> per pianoforte (1824-1826) -che assieme alle potenti <i>Variazioni</i> su -un tema di Diabelli sembrano scritte più per chi -le comprende cogli occhi che per chi le vuole -eseguire. -</p> - -<p> -Beethoven morì ai 27 Marzo 1827 di idrope. -</p> - -<p> -La <i>Messa in re</i> non è da considerarsi dal punto -di vista della musica da chiesa, ma è piuttosto -l'espressione individuale dell'anima di Beethoven, -della sua religione. Il testo della Messa -perde il suo significato oggettivo e liturgico per -<span class="pagenum" id="Page_296">[296]</span> -esprimere le idee dell'autore. Essa è quasi la -preghiera, il grido di dolore di un uomo moderno, -che aspira alla Divinità dalle miserie -della terra, non l'espressione della quieta e fiduciosa -devozione d'un credente. -</p> - -<p> -La <i>Nona Sinfonia</i> è una delle più grandiose -composizioni istrumentali della nostra epoca -ed ancora la maggiore. In essa specchiasi quasi -la vita di Beethoven nella descrizione delle lotte -contro la sorte (1º <i>tempo</i>), dell'abbandonarsi -alla gioia sfrenata per dimenticare (<i>scherzo</i>), -della contemplazione ed ispirazione dell'ideale -(<i>andante</i>) e della suprema conciliazione degli -elementi lottanti in un inno di gioia e di giubilo -all'umanità (<i>finale</i>). -</p> - -<p> -Mentre le prime opere palesano l'influsso di -Haydn e Mozart, questo va presto perdendosi -nelle seguenti, che portano marcata l'impronta -personale dell'autore. La forma della sinfonia -s'allarga e diventa più significante, al minuetto -vien di solito sostituito lo <i>scherzo</i>, che perde -quasi intieramente il carattere di danza per -esprimere un umorismo che può arrivare fino -al tragico; il <i>finale</i>, prima nella forma di <i>rondò</i>, -diventa alle volte la parte più importante dell'opera -(p. es. nella sinfonia in <i>do minore</i> e -nella <i>Nona</i>). I temi apparentemente più insignificanti -assumono nello sviluppo tematico e nelle -trasformazioni importanza e varietà grandissima. -Dove si palesa meglio la profondità dell'anima -di Beethoven è però negli Adagi, che nessuno -seppe più eguagliare. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_297">[297]</span> -</p> - -<p> -Ma la grandezza del genio di Beethoven non -si palesa soltanto nella sinfonia. Le sue sonate -per pianoforte, fra cui le più note sono la <i>patetica</i>, -la <i>sonata au clair de lune</i>, quella in <i>la -bem.</i> colla marcia funebre, la <i>Waldsteinsonate</i> -formano come i preludî e le fughe di Bach, -uno dei capisaldi del repertorio pianistico e -sono una collana di fulgide perle. Fra le <i>ouvertures</i>, -quelle per l'<i>Egmont</i> di Goethe, per il -<i>Coriolano</i>, la grande <i>ouverture N. 3 Leonora</i>, ci -ammaliano colla grandiosità delle linee ed il -colorito. Dei suoi 17 Quartetti, i primi sei, -quelli dedicati a Rassumowsky, quello in <i>do -diesis minore</i>, rimarranno esempi imperituri di -ispirazione, euritmia e sviluppo tematico. -</p> - -<p> -Beethoven fu un grande infelice. Le circostanze -ed il suo carattere lo resero tale. La -malattia incurabile della sordità gli tolse ogni -speranza quando il suo nome era grande e l'avvenire -gli sorrideva. La suprema sventura che -possa toccare ad un musicista, l'esser privato -dell'udito, non fu risparmiata a lui, il re dei -suoni. Egli ne rimase annientato ed un'amarezza -infinita l'oppresse. Amori infelici, discordie -famigliari finirono per renderlo iracondo, -impaziente e distaccarlo dal mondo. Egli conobbe -il suo genio e seppe farlo valere senza -protervia ma con dignità ed energia, non stimandosi -da meno dei grandi della terra ed innalzando -la dignità dell'artista. -</p> - -<p> -È difficile il pensare quale indirizzo avrebbe -preso la musica senza Beethoven. Oggi tanti -<span class="pagenum" id="Page_298">[298]</span> -anni dopo la sua morte, le sue opere sono ancora -il prototipo della musica istrumentale. I -suoi successori non hanno saputo trovare che -qualche nuovo effetto d'orchestrazione, qualche -cambiamento di forma ma null'altro di nuovo -che non sia o palese od almeno accennato nelle -sue opere. Ai suoi quartetti, alle sue sinfonie -noi non sappiamo metter a paro nessun'opera, -meno poi una che le superi. Egli è ancor oggi -il modello insuperabile, a cui tutti ricorrono, il -maestro dei maestri. -</p> - -<p> -Wagner paragona Beethoven a Tiresia il cieco -veggente. Egli guarda coll'occhio della mente -ed ascolta le infinite e recondite armonie che -risuonano nel suo animo. Il mondo esterno non -gli sa più dir nulla. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Brenet M. — <i>Histoire de la symphonie depuis ses origines -jusqu'à Beethoven</i>, Paris. -</p> - -<p> -Brenet M. — <i>Haydn</i>, Paris, 1909. -</p> - -<p> -C. F. Pohl — <i>Josef Haydn</i>, Berlino (incompleto). -</p> - -<p> -G. Carpani — <i>Le Haydine</i>, Padova, 1823. -</p> - -<p> -L. Reissmann — <i>I. Haydn</i>, Berlino, 1879. -</p> - -<p> -L. Schmidt — <i>I. Haydn</i>, Berlino, Harmonie, 1889. -</p> - -<p> -O. Iahn — <i>W. A. Mozart</i>, 3ª ediz., 1891. -</p> - -<p> -A. Fleischer — <i>W. A. Mozart</i>, 1900. -</p> - -<p> -Bellaigue — <i>Mozart</i>, Paris. -</p> - -<p> -T. de Wyzewa et G. de Saint Foix — <i>Mozart et son oeuvre</i>, -Paris, 1912. -</p> - -<p> -Curzon — <i>Mozart</i>, Paris, 1913. -</p> - -<p> -E. Dens — <i>Mozart's operas</i>, London, 1913. -</p> - -<p> -Schiedemayr L. — <i>Beiträge zur Geschichte der Oper in der -Wende des 18. u. 19. Jahrhundertes</i> (<i>Simon Mayr</i>), -Lipsia, 1907 e 1910. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_299">[299]</span> -</p> - -<p> -B. A. Marx — <i>L. Beethoven</i>, Berlin, 1901. -</p> - -<p> -L. Nohl — <i>Beethovens Leben</i>, 1864. -</p> - -<p> -A. W. Thayer — <i>Beethoven</i>, Berlino, 1866-1879, trad. dall'inglese. -</p> - -<p> -R. Wagner — <i>Beethoven</i>, 1870. -</p> - -<p> -Wasielewsky — <i>Beethoven</i>, 1895. -</p> - -<p> -Rolland R. — <i>Vie de Beethoven</i>, Paris, 1907. -</p> - -<p> -Bekker P. — <i>Beethoven</i>, Berlino, Schuster und Loeffler, 1912. -</p> - -<p> -Chantavoine — <i>Beethoven</i>, Paris, 1907. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap17">CAPITOLO XVII. -<span class="smaller">L'Opera romantica e la grand'Opera francese.</span></h2> -</div> - -<p> -Il romanticismo, come nella letteratura, è anche -nella musica di data più remota di quello -che per solito si ammette. Quantunque l'epoca -della musica romantica sia per eccellenza il -principio del secolo XIX, noi troviamo traccie -di essa già in Bach, Mozart ed ancor più in -Beethoven, nè è sempre giusto il separare la -musica d'indirizzo classico da quella influenzata -dal romanticismo. Ogni nazione ne ha più -o meno sentito gli influssi, ma quella che per -natura ed indole gli è più vicina è senza dubbio -la tedesca, in cui il culto della donna, il -sentimentalismo, la predilezione dell'elemento -fantastico delle leggende, l'amore della natura, -dei boschi, dei monti, la vita intima del pensiero -hanno più importanza che per le nazioni -<span class="pagenum" id="Page_300">[300]</span> -romane, a ciò più indifferenti per la somiglianza -ed affinità coi popoli classici dell'antichità portati -all'oggettivismo. -</p> - -<p> -Il romanticismo del principio del secolo -scorso non era in origine che il desiderio di ritornare -al sentimento della natura e di abbandonare -il convenzionalismo della coltura pseudo-classica -del settecento più superficiale che -profonda. E se tutta la letteratura se ne risentì, -ancor più ne fu influenzata la musica giacchè -essa era più adatta a seguire le nuove idee per -la possibilità di conciliare meglio della poesia -il contrasto fra il mondo reale ed il fantastico. -La caratteristica del romanticismo letterario -sta nell'aspirazione allo straordinario, (Novalis -definisce per romantico ciò che sorprende), -nella predilezione per l'elemento popolare e -nella guerra alle forme e pastoje classiche. Gli -elementi del Romanticismo musicale sono analogamente -da cercarsi nell'armonia, istrumentazione -e nella pittura musicale, insomma essi -sono più di natura esteriore che interna. E. T. -Hoffmann († 1822) poeta e musicista, l'autore -delle novelle fantastiche e il creatore della figura -strana del Kapellmeister Kreisler, forma -l'anello di congiunzione fra il romanticismo -letterario ed il musicale. -</p> - -<p> -Il romanticismo musicale ebbe la sua espressione -tanto nella musica drammatica che nella -lirica. Della prima sono rappresentanti <i>Weber</i> -e <i>Spohr</i>, della seconda <i>Schubert</i>, <i>Mendelssohn</i> e -<i>Schumann</i>. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_301">[301]</span> -</p> - -<p> -<i>Weber</i> non fu una vera natura drammatica, -ma ebbe squisito sentimento del colorito locale -e seppe parlare al cuore della sua nazione colla -semplicità toccante delle sue melodie ispirate, -coi suoi quadri della natura che c'introducono -nelle oscure e paurose selve, nelle tranquille -case di campagna, perdute in mezzo al verde, -colle sue evocazioni dei secoli cavallereschi, -colle sue fantasmagorie di gnomi. Il successo -del <i>Freischütz</i> deriva in special modo dall'aver -Weber saputo innestare alla sua musica la canzone -popolare tedesca ed averla idealizzata. Il -popolo, incapace di seguire e comprendere il -genio di Beethoven e d'altro canto estraneo all'opera -seria che trattava soggetti a lui ignoti, -trovò sè stesso e le sue canzoni nel <i>Freischütz</i>, -che somiglia ad una grande ballata popolare, -ed alcune melodie di quella fortunata opera divennero -patrimonio della nazione. Nell'<i>Euriante</i> -Weber tentò di conciliare i due elementi disparati -della melodia assoluta e della vera espressione -drammatica continuata, ma il tentativo -non riuscì, perchè la conciliazione era impossibile. -La potenza drammatica talvolta gli manca, -ma egli ci risarcisce con mille geniali particolari, -che egli deve specialmente alla sua grande -arte d'istrumentare, nuova e caratteristica, all'uso -tutto speciale degli istrumenti a fiato, specialmente -di quelli di legno nelle note basse. -Grande poi è la sua facoltà di descrivere l'elemento -satanico, appunto perchè esso appartiene -al descrittivo, in cui Weber era vero maestro. -<span class="pagenum" id="Page_302">[302]</span> -Da ciò deriva il grande successo del <i>Freischütz</i> -ed il minore dell'<i>Oberon</i> e dell'<i>Euriante</i>, la sua -opera prediletta, nella quale si palesa la mancanza -di sentimento drammatico ad onta della -grandiosità e dello studio maggiore. -</p> - -<p> -Abbiamo già detto che si suol chiamare Mozart -il creatore dell'opera tedesca. Ma ben più a diritto -si può ascrivere questo onore a Weber, -perchè fu veramente egli che col <i>Freischütz</i> -creò l'opera nazionale, che abbandonò i libretti -di soggetto classico e vi sostituì azioni di carattere -nordico e prettamente romantico, adattandovi -una musica affine al soggetto che sa -essere or rude or colorita or somigliante a -quella delle canzoni popolari tedesche. -</p> - -<p> -Weber è in certo riguardo anche il padre -della nostra musica, perchè la sua ha ormai -una grandissima differenza con quella dei classici. -Egli ha perciò esercitato un influsso stragrande -ed il dramma di Wagner è già presentito -nell'<i>Euriante</i> come anche le sue opere per -pianoforte precorrono quelle di Schumann e -Chopin. -</p> - -<p> -<i>Carlo Maria de Weber</i> ebbe vita avventurosa. -Nato ai 18 dicembre 1786 a Eutin nel Holstein -di padre appartenente a famiglia nobile, ufficiale, -uomo di affari, musicista, direttore di teatro, -inventore, dovette menar vita nomade da -una città all'altra nè potè compire un corso regolare -di studî musicali. Dapprima scolaro di -Michele Haydn a Salisburgo, compose più opere -anche per il teatro. Studiò poi col celebre abate -<span class="pagenum" id="Page_303">[303]</span> -Vogler e divenne a diciotto anni direttore -del Teatro di Breslavia. Cambiò dimora e carriera -per seguire quale segretario il Principe -di Württemberg; ritornò scolaro di Vogler a -Darmstadt e collega di Meyerbeer al quale fu -legato da sincera amicizia. Dopo un breve soggiorno -a Berlino, dove si distingue come virtuoso -di pianoforte e compone parecchi pezzi -per questo istrumento, fra i quali il celebre -<i>pezzo di Concerto</i> in <i>fa minore</i> e l'<i>Invitation à -la danse</i>, va a Praga nel 1813, e poi nel 1816 a -Dresda come direttore. Nel 1821 si eseguisce a -Berlino il <i>Freischütz</i> con immenso successo, e -la <i>Preciosa</i>, cui fece seguito nel 1823, a Vienna, -l'<i>Euriante</i>. Nel 1826 si recò a Londra per farvi -eseguire l'<i>Oberon</i>, dove ammalò e morì ai 5 -Giugno dello stesso anno, lontano dai suoi cari. -Nel 1844 le spoglie di Weber furono trasportate -a Dresda ed accolte da Riccardo Wagner. -</p> - -<p> -Molto di quello che scrisse Weber è ad eccezione -del <i>Freischütz</i> destinato all'oblio. Ma certo -resisteranno alle ingiurie del tempo le <i>Ouvertures</i> -del <i>Freischütz</i>, <i>Oberon</i>, <i>Euriante</i>, splendide -costruzioni musicali senza pedanteria di forma, -veri riassunti dell'opera che segue. -</p> - -<p> -Weber senza raggiungere la perfezione, le si -avvicina per la serietà ed idealità dei suoi propositi. -Il popolo tedesco, che egli tanto amò, -lo considera tuttora come il suo prediletto ed -il <i>Freischütz</i> è ancor oggi l'opera più popolare -del repertorio tedesco. «Mai è vissuto un musicista -più tedesco di te! Dovunque ti portò il -<span class="pagenum" id="Page_304">[304]</span> -tuo genio, esso rimase in ogni regione della fantasia -legato con tutte le sue più intime fibre al -cuore tedesco, col quale egli rideva e piangeva -come un fanciullo che ascolta le fiabe e leggende -della sua patria». (Dall'orazione funebre di -Riccardo Wagner). -</p> - -<p> -Il secondo di coloro che nella musica, e specialmente -nel dramma, seguirono il romanticismo -è <i>Luigi Spohr</i>, nato a Seesen presso Brunswick -nel 1784, morto nel 1859 a Cassel. Questo -maestro, compositore di gran vaglia in ogni -ramo della musica, dall'opera drammatica, la -sinfonia e l'oratorio fino agli studî elementari -per violino, è caduto oggi in dimenticanza ed -in lui si stima piuttosto il celebre virtuoso e -pedagogo che il compositore drammatico. Eppure -il suo <i>Faust</i> e la sua <i>Iessonda</i>, opere che -non sparirono mai dal repertorio contengono -bellezze di primo ordine. Spohr tende all'elegiaco -ed al sentimentale; egli è essenzialmente -soggettivo e la sua musica porta un'impronta -tutta personale che finisce col divenir monotona -perchè priva di forza e maschiezza. Nella -sinfonia egli fu un precursore della musica programmatica -moderna, quantunque in lui essa -non scenda mai a farsi pedissequa interprete -della parola e dell'azione. La sua musica da -camera, i suoi quartetti, gli ottetti, ecc., appartengono -ai migliori dell'epoca posteriore alla -classica quantunque la forma ne sia molte volte -antiquata e convenzionale. Le sue composizioni -per violino, i suoi concerti, duetti, ecc., appartengono -<span class="pagenum" id="Page_305">[305]</span> -alle più note ed utili opere per questo -istrumento. Come virtuoso egli fu caposcuola -e fece celebri allievi. -</p> - -<p> -Alla scuola romantica appartiene pure <i>Enrico -Marschner</i> (1795-1861) autore del <i>Vampiro</i>, del -<i>Hans Heiling</i> e del <i>Templario</i>, opere di un certo -vigore, potenza drammatica e caratteristica. -Marschner dipende da Weber, che supera nel -comico e nel gioviale, senza però raggiungere -la purezza e la semplicità d'ispirazione del suo -modello nelle parti liriche. -</p> - -<p> -L'opera romantica per eccellenza come la -concepirono e Weber e Marschner venne presto -a decadere ed una delle ultime del vecchio -stile fu la <i>Genoveffa</i> di Schumann. I musicisti -tedeschi posteriori che si dedicarono all'opera -ad eccezione di Riccardo Wagner e la sua -scuola si contentarono di scrivere delle opere -senza speciali tendenze e propria fisonomia, -servendosi delle vecchie formole a quella stessa -guisa che in Italia si scrivevano da maestri di -secondo e terzo rango opere destinate ad effimeri -successi, tanto per contentare il pubblico, -sempre avido di novità. Gli influssi che essi -subiscono sono i più vari. Quelli a noi più vicini -imitarono per quel tanto che sanno e possono -Verdi, Gounod ed altri e poi Wagner ma -non nell'idealità della sua musica ma nella maniera -esteriore e specialmente nell'uso dell'orchestra. -Alcune di queste opere hanno però saputo -resistere al tempo per le loro doti specifiche -musicali e sarebbe ingiusto il non voler -<span class="pagenum" id="Page_306">[306]</span> -riconoscere ai loro autori delle buone e felici -disposizioni per il teatro. Le più note della -metà del secolo scorso sono <i>Il campo di Granada</i> -di <i>Corradino Kreutzer</i> (1780-1840) <i>Marta</i> e -<i>Stradella</i> di <i>Fed. Flotow</i> (1812-1883) e specialmente -le opere comiche di <i>Alberto Lortzing</i> -(1801-1851), (<i>Czar e falegname</i> — <i>Ondina</i> — <i>l'Armaiuolo</i>, -ecc.) e le <i>Allegre comari di Windsor</i> -di <i>Ottone Nicolai</i> (1810-1840), che le supera tutte -per ispirazione, eleganza e freschezza. Uno dei -pochi autori moderni tedeschi che seppero sottrarsi -all'influsso prepotente di Wagner fu <i>Carlo -Goldmark</i> (1830-1914) l'autore della fortunata -<i>Regina di Saba</i> (1875) ed altre opere colle quali -però egli non seppe più raggiungere il successo -della prima, ricca di melodia calda e sensuale -in una veste orchestrale smagliante, perchè egli -fu un eclettico, che tenne fermo alle antiche -forme e che quantunque subì l'influenza di -Wagner, non ne imitò che qualche elemento -della sua lingua musicale senza comprendere -veramente l'importanza della sua riforma. -</p> - -<hr class="tbs" /> - -<p> -Mentre in Germania si pugnava accanitamente -pro e contro il Wagnerismo nasceva quasi per -necessità di contrasti l'<i>operetta tedesca</i>. L'idea -non era originale, perchè la Francia ne aveva -già dato prima l'esempio. Ma l'operetta tedesca -divenne tutt'altra cosa della francese, perchè -la sua base musicale è la danza e non il couplet -e la parodia delle forme dell'opera. E come -la patria delle danze moderne od almeno il -<span class="pagenum" id="Page_307">[307]</span> -terreno dove esse assunsero forme artistiche -fu Vienna (<i>Giuseppe Lanner</i> (1801-1843), <i>Giovanni -Strauss</i> (1804-1849)), così furono i maestri -tedeschi che si distinsero nell'operetta (<i>Giovanni -Strauss</i> figlio (1825-1899) — <i>Francesco -Suppè</i> (1820-1895) — <i>Carlo Millöcker</i> (1842-1899) — <i>Rod. -Genée</i>, <i>Zeller</i>, ecc.). Ma ormai la parabola -dell'operetta è giunta ben in basso ed i nuovi -prodotti (<i>Lehàr</i>, <i>Oscar Strauss</i>, <i>Ziehrer</i>, <i>Fall</i>, ecc.) -ad onta degli incomprensibili successi sono -opere di meschinissimo valore artistico e non -vivono che di motti salaci o di allusioni politiche, -avvicendandosi in essa la sentimentalità -di cattivo gusto col libertinaggio, le romanze -patetiche con quelle da trivio, le pose drammatiche -con quelle grottesche ed acrobatiche. -</p> - -<p> -Quasi contemporanea dell'opera romantica -tedesca è la <i>grand-opéra</i> francese di <i>Auber</i>, -<i>Rossini</i> e <i>Meyerbeer</i>. Come la prima anch'essa -è figlia del suo tempo, e quantunque nata all'epoca -della Ristorazione, essa preludia ai -tempi che si preparavano, alle nuove idee che -dovevano produrre la Rivoluzione di Luglio -(1830). -</p> - -<p> -La grande opera nacque in Francia, non perchè -essa fosse l'opera nazionale, ma perchè Parigi -era un centro internazionale, al quale s'indirizzavano -i maestri d'ogni nazione. Così noi -vediamo il fiorentino Lulli fondare l'opera classica -francese, Cherubini e Spontini l'opera dell'epoca -della rivoluzione dell'impero, Rossini -e Meyerbeer la grande opera francese, giacchè -<span class="pagenum" id="Page_308">[308]</span> -Auber, quantunque il primo della triade, risente -gli influssi di Rossini e di Weber. La -grande opera si distingueva dall'antecedente -più negli elementi esteriori che nell'intrinseco. -Il soggetto abbandona la mitologia ed il classicismo -ed è di solito storico, l'importanza principale -si concentra nella situazione, nei grandiosi -quadri, nelle descrizioni, nel mettere in -moto grandi masse, in una parola nell'effetto -raggiunto col lusso d'una musica brillante, delle -decorazioni, del ballo. La grandezza ed idealità -inerenti alla <i>Muta</i> di Auber ed al <i>Tell</i> di Rossini -vanno sempre più perdendosi in Meyerbeer, -che manca di sincerità e d'unità di stile -e sacrifica ogni cosa all'effetto. -</p> - -<p> -Il primo a scendere nel nuovo agone fu <i>Daniele -Auber</i> (nato a Caen nel 1782, morto a Parigi -nel 1871). Dapprima destinato alla mercatura, -si dedicò in seguito alla musica, che studiò -con Boieldieu e Cherubini. Quantunque il -suo genio lo portasse all'opera comica, nella -quale ci lasciò veri modelli del genere come il -suo <i>Muratore e fabbro</i> (1825), <i>Fra Diavolo</i> (1830), -<i>Domino nero</i> (1837), <i>i Diamanti della corona</i> -(1841), <i>la parte del Diavolo</i>, ecc., lo spirito di -libertà, che nei primi lustri del secolo si faceva -sentire, non rimase senza influsso sul suo -animo facilmente impressionabile ed egli gli -diede la più faconda espressione nella sua -<i>Muta di Portici</i> (1828), la cui altezza e genialità -egli non seppe più raggiungere. In esse sono -la franchezza e spontaneità dell'ispirazione, la -<span class="pagenum" id="Page_309">[309]</span> -passione, l'ardire del declamare ampio che ci -attraggono. Magistrale poi ne è il colorito locale -quasi pari a quello del <i>Tell</i>. La <i>Muta</i> appartiene -ad un nuovo stile che potrebbesi giudicare -nato dal connubio dell'opera nazionale -francese col genio rossiniano. Ma se Auber seppe -apprendere da Rossini, egli non perdette l'impronta -nazionale, che anzi conservò evidentissima -anche in questa opera, unica che scrisse -del genere. Eppure la <i>Muta</i> non è oggi più -«calda sino a bruciare», come la dice Wagner -ed essa si sostiene più per i ritmi piccanti, -le scene di colorito nazionale e le danze che -la passione dei suoi canti ed è perciò che il -<i>Fra Diavolo</i> sopravviverà senza dubbio alla <i>Muta</i> -come il <i>Barbiere</i> al <i>Guglielmo Tell</i>, perchè i -maggiori meriti di Auber si trovano nelle sue -opere comiche, nelle quali egli sviluppa i suoi -pregi, quali la suprema grazia, la facilità e -varietà ritmica, la accuratezza della forma aristocratica, -e non ultimo fra questi l'aver saputo -togliere alla forma stereotipa della canzone -francese la durezza e rigidezza. A lui, che -fu per molti anni direttore del Conservatorio -di Parigi, la sua nazione deve senza dubbio -gran parte della sua supremazia nell'opera -comica. -</p> - -<p> -Come la <i>Muta di Portici</i> risente l'influenza -di Rossini per quel che riguarda specialmente -la melodia, così il <i>Guglielmo Tell</i> di quest'ultimo, -la seconda opera del nuovo genere (1829), -mostra l'influsso della musica francese non -<span class="pagenum" id="Page_310">[310]</span> -sulla facile melodia italiana, ma nella ritmica, -nella struttura dei pezzi e nell'accuratezza dei -particolari. Il <i>Guglielmo Tell</i> è l'opera d'un genio -che ripete il prodigio di Mozart, d'aver saputo -cioè assimilarsi gli elementi d'ogni scuola -nazionale, amalgamandoli in un tutto essenzialmente -organico senza perdere l'impronta originale. -In essa ammiriamo la spontaneità melodica, -la profondità del sentimento semplice e -vero, la leggiadria ed il colorito locale e la caratteristica. -Perciò il <i>Guglielmo Tell</i> è una di -quelle pochissime opere, come il <i>Don Giovanni</i>, -che cessano d'essere il patrimonio d'una singola -nazione per diventarlo di tutte, perchè -esse raggiungono gli ideali comuni a tutte. -Rossini vi s'era preparato col <i>Mosè</i> rifatto e -l'<i>Assedio di Corinto</i>, che però ad onta dei loro -pregi non possono servire di paragone, per cui -quando comparve il suo <i>Tell</i> la sorpresa pareggiò -l'immenso successo. -</p> - -<p> -Chi raccolse il retaggio di Auber e di Rossini -fu di nuovo uno straniero, <i>Giacomo Meyerbeer</i>. -Negli ultimi tempi la moda, che non di rado -anche in fatto di musica esercita i suoi supremi -diritti, lo scelse a capro espiatorio facendogli -scontare quel tanto di lodi iperboliche delle -quali lo aveva prima colmato. Come al solito -la verità sta nel mezzo e se non è giusto il -voler annoverare Meyerbeer fra i più grandi -genî musicali, altrettanto ingiusto è il voler negare -che egli fosse uno dei più fortunati musicisti -drammatici e che molte parti delle sue -<span class="pagenum" id="Page_311">[311]</span> -opere, specialmente degli <i>Ugonotti</i> e del <i>Roberto</i>, -appartengano alle più geniali e potenti -ispirazioni. Il difetto capitale di Meyerbeer è la -mancanza di sincerità artistica. Egli è maestro -dell'effetto raggiunto con ogni mezzo ed a questo -egli sacrifica e verità e naturalezza. Egli -non segue l'impulso interno, ma calcola e specula -quasi sul gusto del suo tempo e gli fa concessioni. -Egli è eclettico fino all'eccesso, ma -non sa come Mozart e Rossini unire gli elementi -disparati delle diverse scuole, sicchè le -sue opere non fanno l'effetto di un'opera organica. -Egli esagera e cerca nascondere l'intima -povertà sorprendendo le masse colla virtuosità -del canto, coi grandiosi finali, con un'azione -spettacolosa. Ma questi suoi difetti principali -non devono renderci ciechi per le sue -grandi doti, quali l'intuizione drammatica, la -ricchezza melodica, la suprema padronanza dei -mezzi e la sua potenza coloritrice nell'orchestra. -Meyerbeer, quantunque caposcuola e prototipo -di molti musicisti posteriori, non è originale -come Rossini, Weber ed altri, nè il suo -stile, per quanto di questo si parli ha un'impronta -speciale e propria, ma esso è piuttosto -l'apparenza d'uno stile sapientemente artificioso. -</p> - -<p> -Il motivo per cui la reazione posteriore si -fece strada è del resto più profondo che per -avventura si creda e dipende dagli ideali dell'opera -drammatica moderna del tutto diversi -da quella meyerbeeriana. La prima non li scorge -<span class="pagenum" id="Page_312">[312]</span> -più nei contrasti non motivati, nella grandiosità -delle masse, nè nella ampollosità della frase, -ma nella verità di sentimento e dei caratteri. -Del resto tanto il <i>Tell</i> che le opere di Meyerbeer -appartengono ormai alla storia e per giudicare -adeguatamente è necessario aver riguardo -all'ambiente ed all'epoca dei loro autori. -</p> - -<p> -<i>Giacomo Meyerbeer</i> (Jacob Beer) nacque ai -5 settembre 1791 in Berlino da ricca famiglia. -Già nel 1800 egli si distingueva come virtuoso -di pianoforte e dava motivo alle più alte speranze. -Compiti gli studî musicali presso l'abate -Vogler a Darmstadt (1810), si provò con poco -successo sui teatri di Germania. Venuto in Italia, -dove Rossini col suo <i>Tancredi</i> aveva destato -gli entusiasmi del pubblico, si mise ad imitare -con fortuna lo stile di questo, specialmente nel -suo <i>Crociato in Egitto</i>. Dall'Italia passa in Francia -e vi dà il suo <i>Roberto il Diavolo</i> (1831) con -successo inaudito. A questo seguono <i>Gli Ugonotti</i> -(1831), senza dubbio la sua opera più perfetta -ed ispirata, il <i>Profeta</i> (1849), la Dinorah -(1859), e dopo la sua morte (2 maggio 1864) -l'<i>Africana</i> (1865). -</p> - -<p> -Gli stessi principî di Meyerbeer segue pure -<i>Giacomo Fromental Halèvy</i> (1799-1862), autore -dell'<i>Ebrea</i>, <i>Guido e Ginevra</i>, <i>Carlo VI</i>, la <i>Valle -d'Andorra</i>, ecc. -</p> - -<p> -Invece una nuova nota troviamo nelle migliori -opere di <i>Carlo Gounod</i> (1818-1893) che col -<i>Faust</i> (1859) arrivò alla gloria. Oggi è specialmente -in Germania di moda di parlare con un -<span class="pagenum" id="Page_313">[313]</span> -certo sprezzo di questa opera, che per molti -anni contò fra le più fortunate ed eseguite e -che ancor oggi sa resistere in molte parti agli -oltraggi del tempo. Ma per giudicarla non si -deve confrontare il libretto musicato da Gounod -coll'originale di Goethe ma apprezzare -quello che vi ha di poetico e veramente sentito -nella sua musica, perchè i problemi filosofali -e morali del <i>Faust</i> nulla hanno da fare nell'opera -di Gounod nè egli volle o credette -scioglierli od anche soltanto musicalmente -adombrarli. Gounod non fu certo un grande -genio creatore ma nessuno potrà negare che -egli seppe trovare note commoventi ed ispirate -nell'esprimere l'amore, i misteri e le estasi di -un'anima che ama o soffre. -</p> - -<p> -Gounod scrisse più opere, fra le quali contano -come le migliori accanto al <i>Faust</i>, <i>Giulietta -e Romeo</i> (1867) e <i>Mireille</i> (1864) come pure -due oratorî (<i>Redemption</i> e <i>Mors et vita</i>) ed altra -musica da chiesa, le ultime di poco valore. -</p> - -<p> -Gounod non fu un innovatore, eppure in -certo riguardo il <i>Faust</i> è molto dissimile dalle -opere dei maestri anteriori e fu per suo mezzo -che in un'epoca in cui fuori di Germania nulla -si sapeva di Wagner, si cominciarono a conoscere -nuove forme ed una lingua, alla quale -erano frammisti alle concessioni usuali pure -dei nuovi elementi. E perciò Gounod ebbe -nella sua patria e fuori molti imitatori. -</p> - -<p> -Non veramente uno di questi fu <i>Ambrogio -Thomas</i> (1811-1896), l'autore di <i>Mignon</i>, -<span class="pagenum" id="Page_314">[314]</span> -<i>Amleto</i>, <i>Francesca da Rimini</i>, ecc., talento di secondo -rango senza vera fisonomia ma non privo -di una certa facilità melodica ed eleganza tutta -francese. -</p> - -<p> -Superiore ad ambedue in ogni riguardo ci -appare <i>Giorgio Bizet</i> (1838-1875), uno dei maggiori -genî musicali della Francia, spento sul -fior degli anni, quando egli si sentiva ormai -sicuro di arrivare alla gloria. Anch'egli cominciò -coll'imitare Gounod ma per poco, giacchè -il suo stile si palesa già nei <i>Pescatori di -perle</i>, <i>La bella fanciulla di Perth</i> e dopo <i>Djamileh</i> -scrive: «Ho ormai la certezza assoluta -di aver trovato la mia via. Io sono conscio di -ciò che faccio». Bizet è vero, ispirato, originale -e nuovo. Egli scolpisce con pochi tratti -un carattere, ci descrive con alcuni tocchi una -situazione e colla sua stragrande disposizione -all'esotismo ci disegna un ambiente come pochi -lo sanno fare. Le sue due opere capitali sono -la musica per l'<i>Arlesienne</i>, il dramma di Alfonso -Daudet (1872) di grande potenza suggestiva -e profondo sentimento della natura e la -<i>Carmen</i> (1875) un'opera che ammirano i seguaci -di ogni scuola e che sembra imperitura. Bizet -mantenne quasi sempre le antiche forme e forse -in ciò sta uno dei suoi più grandi pregi, di -aver cioè dimostrato che non è punto necessario -rinnegare il passato per fare vera opera -d'arte. Eppure la <i>Carmen</i> e l'<i>Arlesienne</i> non -ebbero in principio alcun successo. Jauré si -domanda in occasione della millesima rappresentazione -<span class="pagenum" id="Page_315">[315]</span> -di <i>Carmen</i> (1904) come fosse possibile -che la musica di Bizet, fatta di eloquenza, -verità, chiarezza, colore, sensibilità ed eleganza -non abbia tosto conquistato il pubblico. -</p> - -<p> -Fra i maestri francesi dell'opera comica del -secolo XIX è da rammentare oltre il nominato -Daniele Auber, <i>Fr. Boieldieu</i> (1785-1834) (<i>Giovanni -da Parigi</i>, <i>La Dama bianca</i>, <i>Chaperon -rouge</i>, ecc.), senza dubbio il più geniale di tutti -gli altri, elegante, melodico, spiritoso, con una -vena sentimentale e grande inclinazione alla -canzone popolare e le sue forme. -</p> - -<p> -Simili qualità ma in grado molto minore troviamo -in <i>Ferd. Hérold</i> (1791-1833) (<i>Zampa</i>, <i>le -pré aux clercs</i>) e <i>Adolfo Adam</i> (1803-1856) (<i>Postillon -de Lonjumeau</i>, <i>Giralda</i>). Dopo questi l'opera -comica francese comincia a decadere e se -Auber seppe mantenerla ancora per alcun tempo -ad un certo grado di altezza artistica, essa si -avvia verso il Vaudeville e l'operetta dalla -quale però si distinguono in qualche modo le -opere di <i>Aimé Maillard</i> (1816-1871) e <i>Vittorio -Massé</i> (1822-1884). -</p> - -<p> -Il padre dell'operetta è <i>Giacomo Offenbach</i> -(1819-1880) musicista dotato di facile melodia -ed abilità tecnica, fecondissimo e satirico. Il suo -campo è quello della satira politica e sociale. -L'ultima opera <i>I racconti di Offenbach</i>, eseguita -dopo la sua morte ci palesò specialmente nell'ultimo -atto di quanto egli sarebbe stato capace -se avesse voluto. -</p> - -<p> -I migliori autori di operette francesi sono -<span class="pagenum" id="Page_316">[316]</span> -<i>Florismondo Hervé</i> (1825-1892), <i>Carlo Lecocq</i> -(1832), <i>Roberto Planquette</i> (1840-1903), <i>Ad. Audran</i> -(1832-1901) ed <i>Andrea Messager</i> (1853). -</p> - -<p> -Una posizione a parte occupa <i>Leo Delibes</i> -(1836-1891) noto più per la musica elegante e -fine dei balli <i>Coppelia</i> e <i>Silvia</i> che per le sue -opere (<i>Le roi l'a dit</i>, <i>Lakmé</i>, ecc.). -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Servières G. — <i>Weber</i>, Paris, 1906. -</p> - -<p> -Barbedette — <i>C. M. Weber: Sa vie et ses oeuvres</i>, Paris. -</p> - -<p> -Max M. v. Weber — <i>K. M. von Weber</i>, Lipsia, 1866-68. -</p> - -<p> -A. Reissmann — <i>K. M. von Weber</i>, Berlin, 1883. -</p> - -<p> -L. Nohl — <i>Weber</i>, Lipsia, Reclam. -</p> - -<p> -Gehrmann — <i>Weber</i>, Berlino, Harmonie, 1900. -</p> - -<p> -L. Spohr — <i>Selbstbiografie</i>, Cassel, 1860. -</p> - -<p> -Schletterer — <i>L. Spohr</i>, Breitkopf u. Härtel, Lipsia. -</p> - -<p> -L. Nohl — <i>Spohr</i>, Lipsia, Reclam. -</p> - -<p> -Wittman — <i>Marschner</i>, Lipsia, Reclam. -</p> - -<p> -Niggli — <i>Giacomo Meyerbeer</i>, Lipsia, 1884. -</p> - -<p> -De Curzon — <i>Meyerbeer</i>, Paris, 1910. -</p> - -<p> -Dauriac L. — <i>Meyerbeer</i>, Paris, 1913. -</p> - -<p> -Blaze de Bury — <i>Meyerbeer</i>, Paris, 1866. -</p> - -<p> -Jouvin B. — <i>D. F. E. Aube</i>r, Paris, 1864. -</p> - -<p> -Chaherbe C. — <i>Auber</i>, Paris, 1911. -</p> - -<p> -Hubert H. — <i>G. Bizet</i>, Paris, 1899. -</p> - -<p> -Gatti G. — <i>Giorgio Bizet</i>, Torino, 1914. -</p> - -<p> -Bellaigne C. — <i>Gounod</i>, Paris, 1910. -</p> - -<p> -P. Hillemacher — <i>Gounod</i>, Paris, Laurens. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_317">[317]</span> -</p> - -<h2 id="cap18">CAPITOLO XVIII. -<span class="smaller">Gioachino Rossini -e l'Opera italiana del secolo XIX.</span></h2> -</div> - -<p> -La storia della musica ci insegna quale importanza -ed influsso possa esercitare l'epoca in -cui nacque il musicista sulla sua opera, e non -soltanto per quel che riguarda la parte materiale, -cioè l'arte per sè stessa nei suoi mezzi, -ma anche sulla sostanza dell'opera d'arte stessa. -Il compositore, quando rare volte non precede -col suo genio i tempi, è lo specchio fedele di -questi e gli avvenimenti esteriori politici e l'indirizzo -del pensiero informano il suo sentimento -estetico e le sue idee, dando loro un consimile -obbiettivo. -</p> - -<p> -Questa verità indiscutibile la vediamo di -nuovo avverarsi in <i>Rossini</i>. Come Cherubini col -suo <i>Portatore d'acqua</i> esprime le idee di libertà -ed è in quest'opera il musicista della Rivoluzione, -come Spontini incarna l'epoca Napoleonica -imperiale, così Rossini è l'autore dell'epoca -della Ristorazione. I popoli erano stanchi di -guerre, di battaglie, di stragi che gravavano -su loro come un incubo; essi aspiravano alla -pace e agli ozi di questa; i loro orecchi non volevano -più udire canzoni guerriere e bellicose, -ma melodie insinuanti e dolci, che facessero loro -dimenticare gli orrori passati, canzoni che li -<span class="pagenum" id="Page_318">[318]</span> -cullassero nel piacere disusato della quiete, -della vita agiata e pacifica. Rossini era l'uomo -capace di appagare questi desideri. Le sue melodie -fluivano limpide, chiare, ammalianti, nè -avevano altro scopo che quello di piacere per -sè stesse. Esse mancavano alle volte bensì di -verità e forza drammatica, a loro mancava -spesso la caratteristica, ma a tutto ciò supplivano -l'ispirazione e la varietà inesauribile e -con esse le voci dei celebri cantanti del tempo -trovavano ampio campo di farsi ammirare, -perchè il maestro conosceva a fondo il meccanismo -e le prerogative della voce umana. Ed -appunto per ciò, quando i tempi cambiarono -e la campana della rivoluzione di nuovo battè -a stormo, la stella rossiniana tramontò ed il -maestro coll'intuizione del genio presentì i -tempi e nel suo canto del cigno, il celebre <i>Tell</i>, -si librò su più forti e potenti ali. -</p> - -<p> -<i>Gioachino Rossini</i> (nato ai 29 febbraio 1792 -a Pesaro, morto ai 13 novembre 1868 a Passy -presso Parigi) fu scolaro di Mattei in Bologna. -Le opere di Haydn e Mozart ebbero un grande -influsso sul suo genio, e specialmente da quest'ultimo -egli molto apprese. Dopo alcune opere -buffe di poca importanza, il suo <i>Tancredi</i> (1813) -lo fece d'un tratto celebre e festeggiato. E infatti -quest'opera, per quanto essa a noi appaia -debole ed ineguale, pei suoi tempi segnava un -grande progresso. Per capir ciò basta confrontarla -colle opere dell'epoca. Paesiello e Cimarosa -erano quasi dimenticati e non si eseguivano -<span class="pagenum" id="Page_319">[319]</span> -che opere di forme tradizionali e stereotipe -di <i>Simone Mayr</i>, <i>Ferdinando Paer</i> ed altri -maestri di secondo rango. Le melodie di Rossini -scorrevano più limpide ed ispirate, il recitativo -era più declamato e meno monotono, una -leggiera tinta di malinconia prestava loro maggior -attrazione, i ritmi erano più vari e vivaci, -i pezzi d'assieme come pure l'orchestra, avevano -maggiore importanza ed una sana sensualità -informava tutta l'opera e le dava un che -di giovanile e cavalleresco. Ma il <i>Tancredi</i> -conteneva altresì i difetti dello stile di Rossini, -non però del Rossini del <i>Barbiere</i> e del <i>Tell</i>, -quali la mancanza di caratteristica e verità -drammatica, la discordanza fra testo e musica, -la predilezione della forma per la forma senza -intendimenti alti. -</p> - -<p> -Al <i>Tancredi</i> seguirono moltissime opere più o -meno felici, ineguali in valore, ispirate e geniali -in qualche parte, trascurate ed insignificanti in -altre. Fra queste più note sono l'<i>Italiana in Algeri</i> -(1814), <i>Otello</i> (1816), opera che nel terzo -atto contiene le più felici ispirazioni di Rossini -e palesa di quanta verità egli fosse capace; <i>Cenerentola</i>, -<i>Gazza ladra</i>, <i>Semiramide</i>, <i>le Siège de -Corinthe</i>, <i>Mosè</i>, <i>Conte Ory</i>. Ma se in queste -opere è il Rossini tipico che ci si presenta e si -ripete, in una, per non parlare del <i>Tell</i> che sta -da sè, nel <i>Barbiere di Siviglia</i> (Roma, 1816) abbiamo -il capolavoro di getto, l'opera perfetta -indistruttibile e resistente ad ogni cambiar di -gusto, in cui all'eterna freschezza, all'ispirazione, -<span class="pagenum" id="Page_320">[320]</span> -al realismo sano, alla comicità che mai -arriva al grottesco, ed alla festività ilare e gioconda -sono pari la verità e la caratteristica, il -sentimento drammatico, la ricchezza delle tinte -e dei ritmi, dei particolari e la cesellatura del -lavoro. E quando si pensa che quest'opera, -modello del genere, fu scritta in pochissimi -giorni, e che Rossini dopo scritto il <i>Tell</i>, a 37 -anni, quando gli altri cominciano, si chiuse in -silenzio, involontariamente devesi domandare -quali capolavori avrebbe potuto il mondo ancora -aspettarsi da simile genio. -</p> - -<p> -«Simili uccelli canori come Rossini non ritornano -ad ogni primavera ma soltanto ogni -secolo. Chi può calcolare quanti milioni di cuori -egli ha dilettato da un mezzo secolo sui più -diversi punti della terra? La somma darebbe -un grande popolo di uomini ilari e sorridenti. -Se ai conquistatori ed eroi, che fanno infelici -innumerevoli moltitudini, si elevano monumenti -ed essi si cantano in epopee, cosa meriterebbe -un tale consolatore e spenditore di infinite ore -felici? Sommandole ne risulterebbe un'età dell'oro, -un'epoca saturnicamente bella dell'umanità, -come la sognano i poeti e sopra un simile -popolo e regno della felicità riderebbe perenne -il sole come nell'<i>Ecco ridente</i> in cielo!» Auree -parole del vecchio e fine musicista e critico -Maurizio Hauptmann scritte molti anni fa ma -che valgono anche oggi come allora. -</p> - -<p> -Fra le poche opere di Rossini non appartenenti -al teatro è da nominarsi il suo <i>Stabat -<span class="pagenum" id="Page_321">[321]</span> -Mater</i> opera ispirata ma punto scritta per la -chiesa e nello stile ad essa conveniente. -</p> - -<p> -L'entusiasmo che destarono ovunque le opere -di Rossini ed il dominio che queste esercitarono -sul repertorio di tutti i teatri, quel dominio -al quale dovevano cedere e Beethoven e -Weber a Vienna, non poterono restare senza -conseguenze, e difatti specialmente e principalmente -in Italia l'opera <i>rossiniana</i> fu il modello -di moltissime opere di altri autori, che del -maestro imitavano lo stile, ma erano lontani dall'averne -il genio. -</p> - -<p> -Fra questi contemporanei e posteriori a Rossini -basterà nominare i principali: <i>Saverio Mercadante</i> -(1795-1870) l'autore del <i>Giuramento</i>, -opera piena di pregi, che in un certo significato -precorse il suo tempo; <i>G. Pacini</i> (1796-1867), -il felice autore della <i>Saffo; Generali, Pietro Raimondi</i>, -celebre contrappuntista, emulo degli antichi -fiamminghi nello sciogliere problemi armonici -e contrappuntistici; <i>Nicolò Vaccai</i>, l'autore -della <i>Giulietta e Romeo</i>, ancor oggi non del -tutto dimenticata; i fratelli <i>Luigi</i> e <i>Federico -Ricci</i>, autori dell'opera buffa <i>Crispino e la Comare</i>, -piena di brio e festività comica. -</p> - -<p> -Maggiori di tutti questi furono <i>Vincenzo Bellini</i> -e <i>Gaetano Donizetti</i>. -</p> - -<p> -<i>Vincenzo Bellini</i> (nato a Catania nel 1801, -morto a Parigi nel 1835, allievo del Conservatorio -di Napoli) scrisse le sue opere in un'epoca -in cui alle speranze della rivoluzione del Luglio -1830 era subentrata la prostrazione dell'insuccesso. -<span class="pagenum" id="Page_322">[322]</span> -La gioventù era caduta in un profondo -abbattimento ed in uno stato di apatia, avendo -veduto svanire i bei sogni di libertà. La letteratura -era dominata dal sentimentalismo, dalla -malinconia e dalla nota elegiaca. La natura delicata -di Bellini vi inclinava per disposizione e -trovava nelle idee del tempo il campo più adattato. -In questo riguardo il suo stile differisce -da quello di Rossini per quanto ne derivi indirettamente. -</p> - -<p> -Bellini aveva la vena melodica facile, toccante, -elegiaca; le sue melodie sono spesse volte ispirate -e portano l'impronta del vero genio. Ed -esse, piene di sospiri secreti e di molle abbandono -hanno il fiato lungo, il disegno perfetto, -nè abbisognano di ricche armonie ed accompagnamenti -per mostrarci la loro intima bellezza. -Ma per la nota predominante egli diviene alle -volte monotono, incolore e la sua musica manca -spesso d'energia e di forza. Una volta però -nella <i>Norma</i> (1832) il suo genio salì alle regioni -più alte, un'opera che ad onta di qualche parte -debole, puossi mettere fra i capolavori e che -contiene pagine di grande espressione, di melodia -divina e di verità drammatica. Un gentile -idillio è la <i>Sonnambula</i> (1831), ricchissima di -ispirazione melodica, bella per naturalezza e -semplicità toccante. Nei <i>Puritani</i> (1834), l'ultima -sua opera, il contrasto fra il naturale -dell'autore e le esigenze della grande opera -è evidente, nè egli seppe assimilarsi lo spirito -francese come era riuscito a Rossini nel -<span class="pagenum" id="Page_323">[323]</span> -<i>Guglielmo Tell</i> e più tardi a Donizetti nella -<i>Favorita</i>. -</p> - -<p> -Molti musicisti moderni parlano oggi non -sempre con rispetto di Bellini. Ma per quanto -non sia grande la sua sapienza tecnica e molte -volte sia trascurata e povera l'istrumentazione, -è innegabile che egli cercò sempre nelle sue -melodie la verità d'espressione e che egli in -questo riguardo ed in qualche recitativo drammatico -p. e. nella <i>Norma</i> fu quasi un riformatore. -</p> - -<p> -Dopo la morte di Bellini fu <i>Gaetano Donizetti</i> -(nato a Bergamo ai 27 Settembre 1797, morto -nel 1848), che colle sue opere dominò per alcuni -anni il repertorio lirico. Egli fu certo un genio -ma incompleto, perchè quantunque dotato di -fantasia ed ispirazione fecondissima, egli non -sa esercitare sulla sua opera i criteri d'una -critica severa. Accanto a pezzi felicissimi, ad -aspirazioni alte e geniali troviamo parti insignificanti -e trascurate sicchè fra tutte le sue -opere quasi nessuna mostra vera unità di stile -e misura delle parti. Il suo stile è per sè eclettico, -senza però che la fusione degli elementi -sia naturale e spontanea. A lui mancarono i -potenti e severi studi, la pazienza e l'accuratezza -dell'artista che scrive per l'arte e non pel mestiere. -Ma tutti questi difetti non possono farci -dimenticare le molteplici doti di Donizetti e -quantunque egli in prima linea non sia che un -discendente di Rossini, pure in certe parti egli -si innalzò alla verità tragica ed espresse con -<span class="pagenum" id="Page_324">[324]</span> -note divine gli affetti umani, come pure ebbe -nelle sue composizioni comiche un'estrema leggiadria -e delicatezza di espressione. -</p> - -<p> -Donizetti si provò nello stile serio e comico. -Fra le sue moltissime opere, le più fortunate -sono la <i>Lucia di Lammermoor</i>, <i>Lucrezia Borgia</i>, -l'<i>Elisir d'amore</i>, <i>Don Pasquale</i>, <i>la Figlia del Reggimento</i>, -<i>la Favorita</i>. -</p> - -<p> -Le opere di Donizetti vanno ormai scomparendo -dal repertorio ad eccezione di quelle buffe. -In queste egli si mostra un vero genio ed esse -sembrano scritte ieri per l'inesauribile vena melodica, -la freschezza dei ritmi, la naturalezza e -quel fare gioviale tutto proprio dell'opera buffa -italiana. Quantunque tanto l'<i>Elisir</i> che il <i>Don -Pasquale</i> non raggiungano il <i>Barbiere</i>, essi sono -due gioielli ed anche le parti più deboli sono meno -sensibili nell'ambiente modesto che nelle opere -serie. Strano è pure che anche i momenti di -vero lirismo abbiano un carattere di maggior -verità nelle opere comiche che nelle serie. Le -quali ci sembrano oggi monotone e pesanti per -la forma stereotipa, sicchè sentitane una pare -di conoscerle tutte non salvandosi nel mare -magno di accordi di tonica e dominante ed in -mezzo ai ritmi ed accompagnamenti più vieti -che qualche brano di vera ispirazione, qualche -sprazzo di vero genio come nella <i>Lucrezia Borgia</i> -che è forse la migliore per sentimento e forza -drammatica, nella <i>Favorita</i> e qualche altra. -</p> - -<p> -L'epoca di Rossini, Bellini e Donizetti è pure -l'epoca dei grandi cantanti. Tutti questi maestri -<span class="pagenum" id="Page_325">[325]</span> -ebbero ad interpreti delle loro opere una coorte -di artisti, il nome dei quali vive ancora, e che -conservava le purissime tradizioni del bel canto -italiano. Era quella l'epoca delle due <i>Grisi</i>, della -<i>Persiani</i>, <i>Alboni</i>, di <i>Paolina Viardot-Garcia</i>, della -<i>Malibran</i>, <i>Pasta</i>, <i>Jenny Lind</i>, <i>Guglielmina -Schroeder-Devrient</i>, d'un <i>Rubini</i>, <i>Lablache</i>, <i>Tamburini</i>, -<i>Roger</i> e <i>Nourrit</i>, sommi artisti come oggi -pur troppo più non si conoscono, sia perchè il -canto non è più oggetto degli studi severi d'una -volta, sia perchè i maestri vennero perdendo -l'arte in sì sommo grado posseduta dai loro antecessori, -di scrivere cioè per la voce umana, -sia perchè le nuove esigenze del canto drammatico -gli abbiano dato un nuovo indirizzo. -</p> - -<p> -Ben diversa di quella che toccò a Bellini e -Donizetti fu la missione di <i>Verdi</i> nel campo -dell'opera drammatica. Egli è il rappresentante -di tutte le lotte e crisi per le quali ebbe a passare -l'opera italiana per liberarsi dalle antiche -pastoje del convenzionalismo ed assurgere alla -verità drammatica. Questa progressione si riscontra -in tutte le sue opere dalla prima all'ultima; -ognuna d'esse segna un passo in -avanti, una nuova conquista, finchè egli giunge -nell'<i>Otello</i> e nel <i>Falstaff</i> alla perfezione. La vecchiaia -non ebbe sulla sua opera nessun influsso -nocivo ma sembrò anzi purificare la sua meravigliosa -facoltà inventiva ed affinarla. -</p> - -<p> -<i>Giuseppe Verdi</i> (nato a Roncole, presso Busseto -ai 10 Ottobre 1813, morto a Milano ai 27 -Gennaio 1901) va annoverato fra i più grandi -<span class="pagenum" id="Page_326">[326]</span> -compositori drammatici d'ogni tempo. Se egli -in gioventù pagò il suo tributo al convenzionalismo -e all'effetto, egli mostrò però fin da principio -una individualità propria, una fisionomia -originale che lo innalza sopra i contemporanei. -Quantunque forse non fornito dalla natura della -ricchezza melodica di Rossini e Donizetti, le sue -melodie hanno un fare franco e largo, una potenza -espressiva e caratteristica, che lo designano -a compositore drammatico per eccellenza. -L'elemento drammatico è perciò la sua dote -principale, ed in questo specialmente il patetico, -il tragico. Le passioni umane più violente, -i contrasti più terribili sono espressi coi mezzi -più potenti e vivi della musica. Essa è allora -calda, palpitante, commovente, alle volte maschia -e fiera, alle volte dolcissima ed elegicamente -lirica. I caratteri dei suoi personaggi si -staccano dal fondo, agiscono e parlano come -veri uomini, non come tipi dell'opera convenzionale. -Per raggiungere quell'alta drammaticità -egli ha bisogno d'una situazione che lo -impressioni nel suo complesso ed egli sa trovare -allora coll'istinto e la sicurezza del genio la -vera nota senza perdersi in inutili particolari ed -analisi come alle volte fa Wagner. Perciò egli -non usa anche nelle ultime opere motivi conduttori -non volendo far studi di carattere di -persone ma farle agire in un ambiente e perchè -tutti i sistemi e teorie gli erano alieni. «Io credo -all'ispirazione, voi altri alla fattura; ammetto -il vostro criterio per discutere ma io voglio -<span class="pagenum" id="Page_327">[327]</span> -l'entusiasmo che a voi manca per sentire e giudicare. -Voglio l'arte in qualunquesiasi manifestazione, -non l'artifizio, il sistema, che voi -preferite». -</p> - -<p> -Nelle prime opere l'ispirazione non è sempre -la più scelta e la rappresentazione del sentimento -drammatico arriva persino alla brutalità; -la sua fantasia col progredire del tempo -viene però sempre più purificandosi. Eppure il -Verdi del <i>Nabucco</i>, del <i>Rigoletto</i>, della <i>Traviata</i> -restò sempre fedele al genio nazionale italiano -anche nelle opere posteriori fino all'<i>Otello</i> ed -al <i>Falstaff</i> e sono fole il voler trovare nelle sue -ultime composizioni l'influenza wagneriana. -</p> - -<p> -Quantunque il dividere l'opera d'un artista -in periodi separati non abbia alcun valore e -di solito non corrisponda alla verità, pure in -Verdi questa divisione e questo aspirare alla perfezione -sono sensibilissimi e caratteristici, perchè -nessuno potrà mettere in una linea il <i>Nabucco</i> -e l'<i>Ernani</i> col <i>Rigoletto</i> e col <i>Ballo in -maschera</i>, nè queste opere coll'<i>Aida</i> e l'<i>Otello</i>; -quantunque già nelle prime si palesano le principali -qualità dell'autore che sono la forza creativa, -la chiarezza, il senso del positivo e la intuizione -sicura. E, ammirevole e rara cosa, -quando Verdi era giunto al limite della vecchiaia, -egli ci diede l'<i>Otello</i>, e pochi anni dopo -il <i>Falstaff</i>, due capolavori dell'arte drammatica -musicale, che basterebbero ad assicurare la -palma dell'immortalità e la cui importanza -per la musica drammatica italiana è e resterà -<span class="pagenum" id="Page_328">[328]</span> -decisiva, perchè in queste due opere Verdi ha -forse stabilito il modello del dramma lirico e -della commedia musicale moderna più che -Wagner, le cui teorie e principii sono troppo -personali e congiunti al suo genio specifico per -poter essere abbracciati e messi in pratica da -altri. Il pubblico non le ha ancora abbastanza -comprese ma non è lontano il giorno, in cui esse -se non raggiungeranno la popolarità del <i>Trovatore</i> -e <i>Rigoletto</i> saranno almeno giudicate come -meritano. -</p> - -<p> -Nell'<i>Otello</i> e nel <i>Falstaff</i> il sentimento e la -verità drammatica dominano supremi; la declamazione -è perfetta, la musica sottolinea l'azione, -l'illustra, la spiega, la completa senza che mai -l'ispirazione melodica ne soffra nè la voce umana -diventi schiava dell'orchestra. Tutti gli spedienti -dell'arte vi sono impiegati senza ostentazione -ma naturalmente, approfittandone per creare -l'opera d'arte complessa e perfetta. La vena -melodica vi scorre spontanea, ricca, inesauribile -senza interrompere il filo dell'azione nè -far alcuna concessione al gusto del pubblico -od ai capricci dei cantanti. I pezzi d'assieme -non vi sono punto esclusi ma usati là dove l'azione -li richiede e dalla grandiosa disposizione -delle parti e dalla perfetta euritmia del tutto -nasce il piacere estetico dell'uditore che ne resta -conquiso. E quanta distanza ed evoluzione -fra l'<i>Aida</i> e l'<i>Otello</i>! Ormai Verdi non si preoccupa -più del teatro ma mira dritto alla meta, -che è la completa compenetrazione del dramma -<span class="pagenum" id="Page_329">[329]</span> -ed allora la sua musica sa o scatenare tutte le -forze prepotenti della natura o descrivere lo -strazio della semplice ed incosciente anima -d'Otello e farlo tacere nell'immensa e paurosa -quiete della morte. Il <i>Falstaff</i> è il retaggio di -un genio alla sua nazione, l'opera più veramente -italiana e pura del maestro, perchè in -essa tutto è perfetto e congruo e vi si aprono -nuovi orizzonti all'arte. -</p> - -<p> -La melodia verdiana ha conservato ad onta -del grande processo d'evoluzione per il quale -essa passò sempre la stessa fisionomia. Alcuni -dei suoi tratti caratteristici esterni sono la frequente -ripetizione delle note iniziali del tema, -una certa rudezza di ritmo ed il fare vibrante -ed impulsivo. Essa è di rado sentimentale ma -invece quasi sempre appassionata e drammatica. -Nelle ultime opere la passione si purifica, -perde della sua irruenza ma si approfondisce e -diventa più interna. Per comprendere ciò basta -confrontare qualche duetto delle prime opere -con quello fra Otello e Desdemona del primo -atto, una delle concezioni più delicate ed eteree -non solo di Verdi ma della musica in genere. -</p> - -<p> -Il carattere essenziale della musica di Verdi -è la sincerità. Egli è bensì andato alla scuola -di Meyerbeer, ma se da lui ha molto appreso -nell'uso sapiente dei mezzi, egli non ne ha imitati -i difetti, da noi prima menzionati; egli ha -studiato le opere di Wagner, ma esse non -hanno potuto influenzare il suo carattere specifico -italiano. La musica di Verdi ebbe pure -<span class="pagenum" id="Page_330">[330]</span> -un'importanza politica. Egli è il musicista dell'Italia -risorta; le sue ispirazioni espressero più -volte il grido di dolore del popolo oppresso -dalla dominazione straniera; le sue canzoni infiammarono -i giovani cuori ad alte imprese ed -in certo riguardo la sua musica contribuì al -risorgimento nazionale. «Patriotta egli stesso -di fervidi sensi, infuse nelle orchestre tanta -energia che parve desse voce all'anima del popolo -italiano: poco importava che gli proibissero -ora la <i>Battaglia di Legnano</i> ora i <i>Vespri -Siciliani</i> e che gli sconciassero i libretti persino -nei titoli; quanto le Censure ammettevano era -ragione o pretesto a sentire o a manifestare -ciò che nel maestro e negli uditori ferveva ed -era la loro idea continua e suprema» (G. Mazzoni, -l'Ottocento). -</p> - -<p> -Sorto dal popolo Verdi è rimasto come egli -stesso scrive «un contadino tagliato giù alla -buona». La sua musica fu prima popolaresca e -perciò egli è il maestro, che il popolo poteva -meglio comprendere. D'Annunzio ebbe una -frase felice, quando egli disse che ci nutrimmo -di lui come del pane e fu nutrimento semplice -ma sano, cresciuto e raccolto dalla zolla materna. -Verdi restò fino all'ultimo fedele ai suoi -ideali, perchè l'evoluzione che subì la mente -di Verdi dopo la lunga pausa di raccoglimento -fra il <i>Requiem</i> (1874) e l'<i>Otello</i>, non cambiò -punto il carattere essenziale della sua melodia -e la maniera di concepire il dramma musicale. -</p> - -<p> -È innegabile che nelle opere di Verdi c'è -<span class="pagenum" id="Page_331">[331]</span> -anche della scoria e molta. Ma forse che non -ce n'è nelle opere di Bach, di Mozart e persino -di Beethoven? E non bastano la suprema -bellezza di molti e molti canti, la loro potenza -espressiva, la forza ed irruenza drammatica di -intiere scene per farcela dimenticare? -</p> - -<p> -Le sue opere principali sono: <i>Nabucco</i> (1842), -<i>Ernani</i> (1844), <i>Macbeth</i> (1847), <i>Luisa Miller</i> -(1849), <i>Rigoletto</i> (1851), <i>Trovatore</i> (1853), <i>Traviata</i> -(1853), <i>Un Ballo in maschera</i> (1859), <i>La -Forza del destino</i> (1862), <i>Don Carlos</i> (1867), -<i>Aida</i> (1871), <i>Otello</i> (1887) e <i>Falstaff</i> (1893). -</p> - -<p> -Fra le poche non dedicate al teatro citeremo -il suo grandioso <i>Requiem</i> (1874), opera potente -per ispirazione, sapienza ed effetto, scritta colla -serietà corrispondente all'argomento, quantunque -per le sue dimensioni e per lo stile non atta -alla chiesa, un <i>quartetto</i> per archi di accuratissima -e sapiente fattura, un <i>Pater noster</i> per coro -ed un'<i>Ave Maria</i> per voce sola e finalmente i -<i>Pezzi sacri</i> (<i>Ave Maria</i>, <i>Le Laudi alla Vergine</i>, -<i>Stabat Mater</i> e <i>Te Deum</i>) (1898). -</p> - -<p> -Accanto a questi maestri di primo rango brillarono -per alcun tempo altri autori di opere -per il teatro, alcune delle quali compaiono ancora -quà e là. La loro caratteristica è l'imitazione -dello stile di Bellini, Donizetti ed ancor -più di Verdi e la mancanza d'una nota veramente -personale. A quasi tutti non fa difetto -nè facilità di melodia nè una certa padronanza -dei mezzi elementari dell'effetto ma tutti peccano -di grande superficialità, di mancanza di -<span class="pagenum" id="Page_332">[332]</span> -alti ideali artistici e la loro arte ha l'impronta -palese d'una epoca di vera decadenza. -</p> - -<p> -Basterà perciò nominarne alcuni. -</p> - -<p> -<i>Lauro Rossi</i> (1812-1885) scrisse dapprima -opere comiche (<i>Il domino nero</i>, <i>La figlia di Figaro</i>, -ecc.) per poi dedicarsi con poco successo -all'opera seria (<i>Contessa di Mons</i>, <i>Cleopatra</i>). -Egli è un vero epigone di poca ispirazione, dotto -ma senza originalità. -</p> - -<p> -<i>Antonio Cagnoni</i> (1828-1896) lo supera di gran -lunga per la vena melodica e non gli si può -certo negare vis comica, unita assai felicemente -ad un tenue filo di sentimentalità, che riesce -assai simpatico. <i>Don Bucefalo</i> e specialmente -<i>Papà Martin</i> sono infinitamente superiori a -tante opere comiche moderne. -</p> - -<p> -Ad <i>Errico Petrella</i> (1813-1877) mancarono i -forti studi per farne forse un grande maestro. -La sua melodia è alle volte bella ed ispirata, -ed egli ha il vero istinto del teatro e dell'effetto. -Le <i>Precauzioni</i>, la <i>Contessa d'Amalfi</i> e la -<i>Jone</i> hanno delle pagine bellissime degne d'un -grande musicista. -</p> - -<p> -<i>Giuseppe Apolloni</i> (1821-1889) scrisse l'<i>Ebreo</i>, -che non è ancora intieramente dimenticato. -</p> - -<p> -Altri rappresentanti del genere comico sono -<i>Nicola de Giosa</i> (1820-1885), <i>Sarria</i> (1836-1883) -ed <i>Emilio Usiglio</i> (1841), continuatori dell'antica -scuola napolitana. <i>Le Educande di Sorrento</i> di -quest'ultimo ebbero ai loro tempi molta e meritata -fortuna, mentre le posteriori <i>Donne Curiose</i> -si avvicinano all'operetta con tutti i suoi -<span class="pagenum" id="Page_333">[333]</span> -difetti. <i>De Ferrari</i>, <i>Carlo Pedrotti</i> (1818-1893) e -<i>Luporini</i> ebbero pure qualche successo nell'opera -comica, che ora è in completa decadenza. -</p> - -<p> -Fra le opere serie che nei decenni scorsi più -si applaudirono vanno contate: <i>Ruy Blas</i> di -<i>Filippo Marchetti</i> (1831-1902), <i>Dolores</i> di <i>Auteri -Manzocchi</i> (1845) ed i <i>Goti</i> di <i>Gobatti</i> (1852-1914). -Tutti e tre questi autori non mantennero poi -quello che da loro si aspettava ed il successo -non fu che sporadico e dovuto a qualche spunto -felice che si trova nelle loro opere. <i>C. Gomez</i> -(1839-1896) brasiliano di nascita, conobbe pure -l'effimero successo col <i>Guarany</i> e <i>Salvator Rosa</i>. -</p> - -<p> -Arte ormai di altri tempi è anche quella di -<i>Amilcare Ponchielli</i> (1834-1884), l'autore della -<i>Gioconda</i>, <i>Promessi sposi</i>, <i>Lituani</i>, <i>Il Figliuol -prodigo</i>, <i>Marion Delorme</i>, quantunque la Gioconda -si eseguisca in Italia ancora spesso e -sempre con successo. Ponchielli è musicista -sicuro ma ben di rado veramente originale. La -sua musica tentenna fra l'imitazione di Verdi -e di Meyerbeer e cerca con ogni mezzo l'effetto. -Ad onta di tutto ciò è però innegabile, -che nella musica di Ponchielli c'è non solo -grande sincerità ma altresì tanto di musicalmente -sano che almeno la Gioconda non sarà -sì presto dimenticata da un pubblico, che non -va tanto pel sottile, benchè altre delle sue opere -siano in certo riguardo più pregevoli. -</p> - -<p> -Una posizione eccezionale prende nella musica -italiana moderna il <i>Mefistofele</i> di <i>Arrigo -<span class="pagenum" id="Page_334">[334]</span> -Boito</i> (1842). Rappresentato alla Scala nel 1868 -senza alcun successo vi ritornò trionfante alcuni -anni dopo, quando i tempi s'erano cambiati -e la cultura musicale italiana s'era alzata. -Pensando al tempo in cui Boito scrisse la sua -opera, essa ci appare ancor più ammirabile per -l'elevatezza della forma, l'ampiezza della concezione -e l'originalità della musica. Bisogna pensare -che Verdi era all'epoca del Don Carlos e -non aveva ancor scritta l'Aida. La coscienza -che le forme tradizionali non bastavano più -non esisteva ancora o forse soltanto in qualche -anima solitaria ed in realtà si andava avanti -un po' seguendo l'antico andazzo, un po' a -tentoni, senza veramente saper dove. Melodia, -armonia, ritmo, istrumentazione, tutto mostra -in quest'opera un'individualità spiccata sempre -in cerca di nuovi effetti, che si adattino ai suoi -scopi. Boito è un vero poeta non solo nella -poesia ma anche nella musica, che è alle volte -d'una potenza espressiva e drammatica meravigliosa. -E se egli fu uno dei primi a seguire le -teorie wagneriane, seppe però sempre conservare -l'impronta nazionale. Oggi dopo quasi -mezzo secolo il Mefistofele resiste ancora valido -alle ingiurie del tempo se non in tutte le -sue parti almeno nelle principali, perchè quest'opera -che precorse certo i suoi tempi ha il -merito della divinazione, la bellezza giovanile -che fa dimenticare certe ineguaglianze ed ingenuità -ed elementi di arte imperitura (prologo, -morte di Margherita, ecc.). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_335">[335]</span> -</p> - -<p> -Dopo il Mefistofele il maestro tacque ed invano -s'attende il suo <i>Nerone</i>. Ma questo silenzio -è senza dubbio di tutt'altra natura di quello di -Rossini e forse è da cercare nella severità dell'autocritica -e nella difficoltà di trovare il perfetto -connubio fra parola e nota e nella profondità -e complessione del pensiero dell'artefice -incontentabile. Nota è la forte ed ispirata -poesia del Nerone e si può essere sicuri, che se -l'autore si deciderà a pubblicarne la musica, -nata senza dubbio dopo lunghe meditazioni e -solo nei momenti di estro, essa sarà degna di -un gran maestro, di un uomo austero e semplice, -che lavorò e lavora sempre senza alcuna preoccupazione -di successo. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Radiciotti G. — <i>Gioachino Rossini</i>, Genova, 1914. -</p> - -<p> -L. Dauriac — <i>Rossini</i>, Paris, 1905, Laurens. -</p> - -<p> -Azavedo A. — <i>G. Rossini</i>, Paris, 1864. -</p> - -<p> -Carpani — <i>Le Rossiniane</i>, 1824. -</p> - -<p> -Cecchi E. — <i>Rossini</i>, Firenze, 1898. -</p> - -<p> -Sittard — <i>G. A. Rossini</i>, Lipsia, 1882. -</p> - -<p> -Florimo — <i>Bellini, memorie e lettere</i>, 1885, Napoli. -</p> - -<p> -Scherillo — <i>Bellini e Belliniana.</i> -</p> - -<p> -Pougin A. — <i>Bellini et son oeuvre</i>, 1868. -</p> - -<p> -Cicognetti V. — <i>Gaetano Donizetti</i>, 1864. -</p> - -<p> -Gabrieli A. — <i>Gaetano Donizetti</i>, Torino, 1904. -</p> - -<p> -Clemente — <i>Contributo ad una biografia di G. D.</i>, 1896. -</p> - -<p> -G. Roncaglia — <i>G. Verdi e le sue opere</i>, 1911, Napoli. -</p> - -<p> -Basevi Abramo — <i>Studio sulle opere di G. Verdi</i>, 1850. -</p> - -<p> -Checchi — <i>G. Verdi</i>, 1887. -</p> - -<p> -Pougin A. — <i>G. Verdi</i>, 1896. -</p> - -<p> -Bellaigne C. — <i>Verdi</i>, Milano, 1913. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_336">[336]</span> -</p> - -<p> -A. Soffredini — <i>Le opere di G. Verdi</i>, 1901. -</p> - -<p> -Perinello Carlo — <i>Gius. Verdi</i>, 1900, Berlino, Harmonie. -</p> - -<p> -Torchi L. — <i>L'opera di Gius. Verdi ed i suoi caratteri principali.</i> -Riv. mus. ital., anno 8º, fase. 2º, 1901. -</p> - -<p> -Hanslick E. — <i>Die moderne Oper</i>, Berlino. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap19">CAPITOLO XIX. -<span class="smaller">Francesco Schubert ed i romantici.</span></h2> -</div> - -<p> -L'epoca posteriore alla morte di Beethoven è -nella storia della musica istrumentale quella -degli epigoni. Coll'ultima sinfonia di Beethoven -sembrò per molti anni che fosse stata detta -l'ultima parola e ciò anche perchè essa non era -soltanto l'opera di un genio ma anche il prodotto -di un'epoca di alte idee. In realtà però non è la -sinfonia che era esausta, chè essa è anzi ancor -suscettibile di mille trasformazioni come lo dimostra -il fatto stesso della differenza fra le sinfonie -di Haydn e Mozart con quelle di Beethoven, -ma fu piuttosto l'aver considerato l'elemento -formale e non il contenuto della sinfonia -beethoveniana che produsse questo periodo di -sosta. I continuatori si contentano di forme più -modeste e di idee più piccole, miniano, studiano, -lavorano di cesello e cercano di supplire -alla mancante grandezza di concezione coll'intensificare -l'espressione dei singoli motivi e -<span class="pagenum" id="Page_337">[337]</span> -creando la sinfonia che si potrebbe dire di genere. -Ma ai nuovi maestri per quanto di grande -talento e persino di genio mancò in ultima linea -la forza di trovar nuove strade, alle quali Beethoven -aveva accennato e non fu che molti -anni dopo che Wagner e Liszt ebbero il coraggio -di creare nuove forme che s'adattavano -al nuovo contenuto, poco curandosi della logica -formale ma più del pensiero poetico. -</p> - -<p> -La patria di questi epigoni fu quasi sempre -la Germania. Il motivo non è soltanto accidentale -od esteriore ma inerente all'indole della -nazione. L'elemento più importante della musica -istrumentale è per eccellenza il romanticismo -come quello che colla idealità dei suoi pensieri -si libra in sfere più alte che la musica drammatica, -ed il romanticismo è pure il carattere -dominante della nazione tedesca differente dai -popoli latini inclinanti all'oggettivismo, all'arte -antica, plastica e reale. Già con Beethoven il -soggettivismo domina sovrano e la fantasia si -libera dalle antiche forme. In lui e nei maestri -posteriori l'arte dell'orchestrazione segue -altre leggi che in Haydn e Mozart; il carattere -dei diversi istrumenti viene impiegato non soltanto -onde ricavare effetti precipualmente musicali -e contrasti di colorito, ma per esprimere -ed individualizzare idee poetiche differenti. Ed -appunto in questo campo, che Beethoven divinava -ed additava con insuperabili esempi, s'aprivano -vasti orizzonti ai maestri posteriori e -da ciò doveva formarsi quello stile sinfonico -<span class="pagenum" id="Page_338">[338]</span> -nazionale e caratteristico che impronta la musica -tedesca istrumentale. -</p> - -<p> -Il più geniale, il più ispirato di tutti questi -seguaci di Beethoven fu <i>Francesco Schubert</i> -(1797-1828). Figlio di un modesto maestro di -scuola d'un sobborgo di Vienna, egli ebbe a lottare -durante tutta la sua breve esistenza con -ogni sorta di privazioni nè fu dai contemporanei -compreso e stimato quanto egli meritava. -Ma l'influsso degli avvenimenti non ebbe forza -bastante per far disseccare la fonte inesausta -d'ispirazione di cui egli era dotato, giacchè egli -scriveva le sue opere per bisogno interno della -sua natura. Soltanto i posteri lo compresero e -riconobbero in lui il più grande ed ispirato lirico -musicale. -</p> - -<p> -Schubert fu un genio essenzialmente lirico e -come tale era predestinato a divenire il creatore -della canzone, del <i>lied</i> tedesco. Esso è di solito -diverso dalla canzone strofica di carattere popolaresco -ed una specialità della Germania, -che per opera di Schubert, Schumann e Franz -divenne una forma quasi perfetta e svariatissima -a seconda dell'inclinazione degli autori. -</p> - -<p> -La storia della canzone tedesca anteriore a -Schubert offre ben poco interesse. Prima di lui -Mozart, Haydn, Beethoven avevano scritto canzoni -ma per questi il genere non aveva importanza -nè corrispondeva alla natura del loro -genio. L'opera lirica dominava intieramente il -campo e mancavano anche i veri poeti che potessero -ispirare il musicista. Ciò durò fino a -<span class="pagenum" id="Page_339">[339]</span> -Goethe che però non aveva alcuna simpatia per -la musica di Schubert e le preferiva quella di -Reichardt e Zelter, talenti di terzo rango. Mentre -la canzone tedesca si contentava prima di -seguire pedissequa la poesia, Schubert le ispirò -tutt'altra vita e ne formò una cosa del tutto -nuova, emancipando l'accompagnamento dal -dispotismo del canto. Egli sa immedesimarsi -nell'intenzione del poeta e trova l'espressione -musicale più adeguata. Egli veste di note il -pensiero complesso più che il verso e la parola, -per cui le sue canzoni ci appaiono quasi sempre -organiche e perfette in tutte le parti. Egli ha -toni per tutti i sentimenti; le poesie più ribelli -alla musica perdono la loro rigidezza e gli ubbidiscono -trasformandosi e mostrandosi da un -lato a noi prima ignoto. La forza espressiva, la -verità, l'ispirazione, la ricchezza dei particolari -nelle sue infinite canzoni sono ancor oggi -inarrivate. La lirica schubertiana fu una cosa -tutta nuova, perchè egli molto più che continuare -la lirica anteriore ne creò una nuova per -istinto e bisogno della sua natura senza curarsi -di principi formali e tecnici e cambiando continuamente -a seconda della poesia e dell'estro, -sicchè egli non si presta a nessuna classificazione. -Per fortuna poi la nascita di Schubert -combinò anche col fiore della nuova lirica tedesca -(Goethe, Heine, Schiller). I cicli, <i>il canto -del cigno</i>, <i>la bella mugnaia</i>, <i>il viaggio d'inverno</i> -e molti altri dei suoi <i>lieder</i> sono veri poemi, -che ci riproducono tutta la scala degli affetti -<span class="pagenum" id="Page_340">[340]</span> -ed in cui il connubio della poesia colla musica è -perfetto. La parte del pianoforte cessa d'essere -accompagnamento semplice, ma dipinge l'idea -e forma l'ambiente nel quale si muove la voce, -secondandola e facendo risaltare i momenti -principali della poesia. In confronto delle canzoni -di Schubert, quelle dei contemporanei e -dei maestri antecedenti, pochissime eccezioni -fatte, sembrano incolori, convenzionali. Le sue -doti principali sono la semplicità e la chiarezza, -la sensibilità e l'avvicinarsi alle volte -alla canzone popolare, fresca e gentile. -</p> - -<p> -Nè minore è la sua importanza come autore -di opere istrumentali, quantunque egli non fosse -veramente un polifonico ma un armonico geniale -di straordinaria ricchezza. La sua sinfonia -in <i>do maggiore</i>, l'incompiuta in <i>si minore</i> resteranno -sempre opere da mettersi per la ricchezza -di ispirazione se non per la fattura accanto alle -più ispirate di Beethoven; lo stesso puossi dire -di alcuni dei suoi quartetti, fra i quali il grandioso -in <i>re minore</i>, il poetico ed ispirato in <i>la -minore</i> ed il <i>quintetto delle trote</i>, vere perle della -letteratura musicale da camera. -</p> - -<p> -Schubert fu altresì iniziatore di un nuovo -genere di musica di pianoforte coi suoi <i>Impromptus</i> -e <i>Moments musicales</i>, colle sue marcie ed -altri pezzi di forma libera, precorrendo così le -composizioni di Mendelssohn e Schumann. Nell'opera -drammatica Schubert non riuscì per -l'inclinazione della sua musa essenzialmente lirica -e per la mancanza di teatralità delle sue -<span class="pagenum" id="Page_341">[341]</span> -opere, (<i>Rosamonda</i>, <i>Alfonso ed Estrella</i>, <i>Fierabras</i>, -ecc.). -</p> - -<p> -Schubert appartiene ormai ad un periodo di -transizione. Egli tien fermo ancora alle forme -classiche ma la sua musica contiene ormai -molti elementi specialmente romantici, che sono -sconosciuti anche a Beethoven. -</p> - -<p> -Non fornito d'egual genio ma a Schubert in -certo modo affine per l'indole lirica delle sue -composizioni è <i>Felice Mendelssohn Bartholdy</i>, -nato ai 3 Febbraio 1809 in Amburgo, morto ai -4 Novembre 1847 a Lipsia, ove era direttore del -Gewandhaus. Quantunque egli appartenga a -tempi non lontani e sia compositore moderno -non solo nell'uso dei mezzi ma anche nell'indirizzo -estetico, pure egli, piuttosto che riannodare -colle sue opere alle ultime di Beethoven, -basa su Bach, Mozart e sul Beethoven della -seconda maniera, della sinfonia eroica, di quella -in <i>do minore</i> e dei quartetti Rassumosky op. 59. -</p> - -<p> -Mendelssohn ebbe dalla sorte vita felice, nè -mai conobbe le amarezze dell'insuccesso, le lotte -della vita per l'esistenza ed i disinganni. Questa -sua ventura influì sulle sue opere, che rare -volte s'innalzano alla vera grandiosità e commuovono -per potenza di contrasti e vigoria. -Mendelssohn aveva innato il sentimento, l'istinto -della forma ed in questo riguardo egli è -superiore al suo contemporaneo Schumann. La -sua vena melodica è abbondante, fine ed aristocratica, -la sua musica è chiara, limpida, con -una lieve tinta di sentimentalismo e melanconia -<span class="pagenum" id="Page_342">[342]</span> -che però alla lunga ci lascia freddi. L'originalità -delle sue opere è però discutibile, quantunque -esse abbiano una fisonomia tutta propria, che -però in buona parte è manierismo e dipende da -certe figure e frasi caratteristiche che di frequente -si ripetono. -</p> - -<p> -Ma per giudicare delle sue opere è necessario -pensare al tempo anteriore a lui e posteriore -ai classici, un'epoca quasi di sosta, come -se la natura volesse riposarsi dopo aver dato -al mondo i grandi genî immortali. Di quel -tempo non ci rimangono che le opere di Spohr, -Hummel, la mediocrissima musica da camera -di Onslow ed un'infinità di musica per pianoforte, -variazioni, fantasie ed altra roba simile, -che oggi nessuno più ricorda. Bach era allora -tanto ben dimenticato, che quando Mendelssohn -a vent'anni diresse a Berlino la Passione -di S. Matteo, quasi nessuno si rammentava più -della sua esistenza. -</p> - -<p> -Le sue sinfonie (la <i>Scozzese</i>, l'<i>Italiana</i>, ecc.) -non segnano un passo in avanti in confronto di -quelle di Beethoven, se non forse per la maggiore -individualizzazione dell'idea poetica e per -lo smagliante colorito orchestrale. In questo egli -è sommo e le sue <i>ouvertures</i> sono vere poesie -e paesaggi musicali d'una finitezza e d'un sentimento -poetico insuperabile, come lo dimostrano -fra tutte quelle del <i>Sogno d'una notte d'estate</i> -e le <i>Ebridi</i>. Ed altresì fra la sua musica -da camera sonvi brani riuscitissimi, specialmente -negli <i>scherzi</i> e negli <i>adagi</i> dei quartetti, -<span class="pagenum" id="Page_343">[343]</span> -nei primi per la spigliatezza dei ritmi e la suprema -leggierezza degli arabeschi rincorrentisi -e scherzanti come gnomi ed amorini, nei secondi -per la calda espressione e gli spunti melodici -ispirati. Mendelssohn, come quasi tutti i moderni -musicisti di Germania, cominciò la sua carriera -come pianista ed arricchì la letteratura -del pianoforte con una quantità di opere, fra le -quali le celebri <i>Canzoni senza parole</i>, un genere -da lui iniziato, che corrispondeva perfettamente -alla sua indole lirica e limitata a non troppo -vasti orizzonti. E se fra le molte composizioni -per questo istrumento alcune sono meno riuscite, -esse però appartengono tutte al genere -della musica da sala della miglior qualità, nè -Mendelssohn si abbassò mai a servire al virtuosismo -senza scopi più alti. -</p> - -<p> -Nelle sue canzoni Mendelssohn segue le orme -di Schubert, senza però raggiungerlo quantunque -però tanto fra quelle per una voce come per -più voci alcune appartengano alle sue più felici -ispirazioni e sieno diventate patrimonio del -popolo tedesco. -</p> - -<p> -Di Mendelssohn possediamo pure due <i>oratori</i>, -il <i>Paolo</i> e l'<i>Elia</i>, più <i>Salmi</i>, fra cui il grandioso -n. 114, la musica per l'<i>Atalia</i> di Racine, <i>La notte -di Valpurga</i>, i cori per l'<i>Edipo a Colono</i>, per -l'<i>Antigone</i> di Sofocle, ecc. Quantunque in queste -opere manchi la grandiosità di Bach e di Händel, -pure non è da negarsi che specialmente nel -<i>Paolo</i> e nell'<i>Elia</i> non riviva lo spirito classico -di quei due sommi ed all'antica forma della -<span class="pagenum" id="Page_344">[344]</span> -cantata e dell'oratorio non sia ispirato un nuovo -alito di vita moderna da rendere queste due -opere, magistrali per fattura, le più perfette dell'epoca -posteriore alla classica. Una delle sue -opere più fortunate è il <i>Concerto in Mi minore</i> -per violino. -</p> - -<p> -Mendelssohn fu chiamato il Mozart del secolo -decimonono ed il paragone non è tanto bizzarro -se si pensa ad una certa affinità nella euritmia -delle loro opere. Ma mentre Mozart continuamente -ascende, il genio o talento di Mendelssohn -resta stazionario e se si confronta l'<i>Ottetto</i> e -l'<i>Ouverture della notte d'estate</i>, opera della prima -giovinezza, colle ultime opere è sempre la stessa -maniera, sempre la stessa perfezione formale, -sempre la stessa mancanza di profondo sentimento. -</p> - -<p> -Contemporaneo di Mendelssohn fu <i>Roberto -Schumann</i> (nato l'8 Luglio 1810 a Zwikau, morto -ai 29 Luglio 1856), uno dei più ispirati e geniali -musicisti della Germania moderna, l'eterno giovane -colla testa piena di sogni e sempre fuori -del mondo, l'ammiratore di Lenau, Jean Paul -ed Hoffmann, il vero poeta del pianoforte. -</p> - -<p> -La differenza che passa fra Mendelssohn e -Schumann è assai grande. Schumann è più intimo, -più riflessivo, più profondo; egli domina -meno la forma, ha forse minore padronanza dei -mezzi, ma scuote e commuove più di Mendelssohn, -perchè è più sincero, più spontaneo, perchè -la sua musica nasce più istintivamente. -Schumann è alle volte bizzarro, strano, arruffato, -<span class="pagenum" id="Page_345">[345]</span> -ma sempre geniale; egli è più originale -di Mendelssohn e punto manierato. Sia che egli -crei piccole miniature od opere di maggiori -dimensioni, egli ha sempre una fisionomia propria, -una nota assolutamente personale, che non -dipende dalla forma ma dal sentimento. Non -basta dire che egli è un maestro romantico per -eccellenza, perchè con ciò non si esaurisce la -sua originalità che è più complessa e che ha -introdotto nella musica la nota schumanniana, -qualche cosa di indefinito, poetico, intimo, però -senza sentimentalità morbosa. Noi meridionali -ci sentiamo attratti dalle sue opere ma non -arriviamo forse a comprenderle intieramente, -perchè Schumann è piuttosto un talento nazionale -tedesco che internazionale. Non c'è dubbio -che le migliori opere sono quelle della giovinezza, -quando predominava la tendenza al fantastico, -alla sensibilità quasi femminea, la predilezione -delle mezze tinte, il tutto unito ad un -certo humour che è proprio delle nature nordiche. -In lui vivevano due anime, una inclinante -al misticismo, il fantastico, l'altra piena -di foga e passione (<i>I Davidsbündler</i> Florestano -ed Eusebio). -</p> - -<p> -Le opere specchiano la sua vita. Nel primo -periodo, il più fantastico, il più geniale egli -dà sfogo alla sua fantasia impetuosa e ne nascono -le prime opere i <i>Papillons</i>, il <i>Carnevale</i>, -la <i>Kreisleriana</i>, i <i>Fantasiestücke</i>, ecc., nelle -quali le immagini poetiche dominano sulla forma -del tutta libera e che riproducono la sua vita di -<span class="pagenum" id="Page_346">[346]</span> -pensiero, le sue impressioni, le sue fantasie momentanee. -In esse l'ispirazione è esuberante, i -contrasti potenti, l'originalità sorprendente; l'umorismo -vi domina ed il sentimentale ed il -melanconico si avvicendano col fantastico. I -contorni sono indecisi, le tinte sfumate si perdono -nello sfondo. Sono sogni ad occhi aperti, fantasticherie -geniali ed ispirate bizzarie; il riso si -muta in pianto senza ragione apparente. -</p> - -<p> -Segue il periodo in cui l'influenza di Mendelssohn -è palese ed il soggettivismo fa luogo all'oggettivismo. -Il fantasticare va calmandosi e spegnendosi, -non senza però mandare frequenti -guizzi; la forma si modifica e prende la plasticità -classica, i contorni si mostrano decisi. A -questa epoca appartengono le opere formalmente -più perfette: i tre <i>quartetti per archi</i>, il <i>quartetto -per pianoforte</i>, il <i>quintetto</i>, molte <i>canzoni</i>, le -<i>sinfonie</i>, parte della musica del <i>Faust</i>, l'oratorio -<i>Il Paradiso e la Peri</i>. -</p> - -<p> -Ma la trasformazione è più apparente che essenziale. -Le forme sono le tradizionali, ma il -contenuto è nuovo e la forma antica non fa -che equilibrarlo e dargli il sentimento della misura. -Dopo questo periodo felice vanno scendendo, -dapprincipio insensibilmente, le tremende -ombre della pazzia; l'ispirazione si turba, la vena -va disseccandosi, la chiarezza va sempre più -oscurandosi. Le opere di quest'epoca triste di -dissoluzione, interrotta da qualche lucido e felice -intervallo, portano la traccia della notte che -andava avvicinandosi per non più dileguarsi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_347">[347]</span> -</p> - -<p> -Nelle canzoni ad una o più voci egli è quasi -pari a Schubert e se non ne ha la limpidezza e -freschezza, eguali ne sono il sentimento, l'espressione -e forse maggiore la compenetrazione -della musica colla poesia specialmente in quelle -numerosissime che scrisse nell'epoca più felice -della sua vita, quando era promesso sposo di -Clara Wieck (1840). La voce ha minore importanza -che in Schubert ed il canto è molte volte -semplicemente declamato; maggiore invece è -l'importanza del pianoforte che completa, illustra -stupendamente l'idea poetica. I suoi -cicli <i>Amor di poeta</i>, <i>Vita di donna</i>, possono star -a paro di quelli di Schubert e restano insuperati -nella letteratura lirica musicale. -</p> - -<p> -Schumann influì pure sulla tecnica pianistica -più di Mendelssohn, che idealizzò il virtuosismo -senza trovar nuovi effetti, mentre -Schumann ha uno stile pianistico tutto proprio -assai polifonico e con voci di mezzo importantissime. -Il suo <i>Concerto</i>, gli <i>Studi sinfonici</i>, -le <i>Sonate</i>, ecc., segnano perciò una nuova èra -della musica del pianoforte e per eseguirle -degnamente bisogna sentire la musica non nelle -dita ma nella testa e più nel cuore ed essere -intieramente padroni di quella tecnica non convenzionale, -che punto si cura dell'effetto e che -non è semplice mezzo. -</p> - -<p> -Nelle <i>sinfonie</i> (4) di Schumann mancano alle -volte l'unità e la forma, giammai l'ispirazione -e la genialità degli episodi. L'orchestrazione di -Schumann non è molto colorita probabilmente -<span class="pagenum" id="Page_348">[348]</span> -perchè egli pensava e concepiva pianisticamente -ma non così monotona e convenzionale come se -la volle trovare. Nè la perfezione troviamo negli -<i>oratori</i> e nelle <i>cantate</i>, fra cui <i>Il Paradiso e la -Peri</i>, le scene del <i>Faust</i>, il <i>Pellegrinaggio della -rosa</i>, la musica per il <i>Manfredo</i> di Byron, poco -adattandosi il genio essenzialmente lirico di -Schumann a cosiffatte forme, quantunque anche -queste opere contengano pagine stupende. -</p> - -<p> -Schumann divide coi moderni maestri tedeschi -la poca attitudine all'opera drammatica, e -la sua <i>Genoveffa</i> non ebbe mai vero successo. -Per ultimo non è da tacere dell'importanza di -Schumann come critico e scrittore di cose musicali. -L'influenza che egli ebbe come redattore -della <i>Nuova gazzetta musicale</i> da lui fondata, -fu grandissima per l'indirizzo dei suoi tempi -nè alcuno seppe finora eguagliarlo nei suoi -scritti, pieni di fantasia, di acutezza e ricchezza -d'immagini poetiche e d'umorismo. -</p> - -<p> -L'opera di Mendelssohn e Schumann non rimase -senza imitatori. Fra coloro che nelle loro -composizioni s'avvicinano più a Mendelssohn -vanno annoverati: <i>William Bennett</i> († 1875) e -<i>Niels Gade</i> († 1890), il primo che introdusse -nella musica l'elemento nordico scandinavo, -(Ouvertures, Sinfonia, Cantate), <i>Ferdinando Hiller</i> -(† 1880), fecondo ed abilissimo; mentre <i>Stefano -Heller</i> († 1888), <i>Adolfo Henselt</i> († 1889), -<i>Adolfo Jensen</i> († 1879), <i>Roberto Volkmann</i> -(† 1883), <i>T. Kirchner</i> († 1903), si avvicinano -piuttosto a Schumann. Autore stimato di ballate -<span class="pagenum" id="Page_349">[349]</span> -fu <i>Carlo Loewe</i> (1796-1869) che fu il primo -a fermarne la forma e che in certo riguardo influenzò -anche le ballate di Schumann. -</p> - -<p> -Mendelssohn e Schumann continuarono la -scuola classica e romantica ed esiste una linea -di congiunzione fra essi ed i maestri antecedenti. -La stessa cosa non può dirsi del terzo -musicista, che esercitò coi nominati grande influsso -sulla musica istrumentale moderna e -specialmente su quella di pianoforte, <i>Federico -Chopin</i> (1810-1849). Questa asserzione non è -naturalmente da prendersi nel significato assoluto, -giacchè le opere di Chopin, non sarebbero -concepibili senza quelle di Beethoven e specialmente -di Schubert, Weber ed altri; ciò nullastante -Chopin ha una caratteristica tanto propria, -una sua maniera sì personale da giustificare -la nostra opinione. -</p> - -<p> -Chopin fu nel mondo musicale un'apparizione -strana. Egli non andò alla scuola di nessun -maestro di fama, non cominciò, come al -solito, imitando questo o quello, ma trovò già -nelle primissime opere uno stile tutto suo proprio. -E neppur la sua tecnica pianistica deriva -da quella dei maestri anteriori, nè da Mozart, -nè da Beethoven ed ancora meno da quella dei -suoi contemporanei quale Dussek, Field, Hummel -ed altri. Essa è talmente adeguata allo spirito -delle sue opere, che essa cessa quasi di essere -tale e diventa elemento dell'ispirazione -stessa, talchè le sue composizioni perderebbero -gran parte della loro poesia, se si volesse applicarvene -<span class="pagenum" id="Page_350">[350]</span> -un'altra. Per capire ciò basta osservare -la sua figurazione e gli ornamenti che sono -affatto diversi dai soliti <i>agréments</i>, gruppetti, -fioriture e simili, ma parte integra del pensiero -musicale. -</p> - -<p> -E nuova è la sua armonia essenzialmente -cromatica e tutta individuale ed egli in certo -modo si può chiamare un precursore degli impressionisti -moderni, colla differenza che rimane -sempre logico. -</p> - -<p> -Ma di tutti i pregi il maggiore è senza dubbio -l'originalità della sua musica, per modo -che chi abbia sentito qualche opera di lui lo -riconosce a mille miglia. E questa originalità -che consiste in elementi impossibili a spiegare, -quantunque abbia dell'esotico, non diventa monotona, -non ci stanca come quella, p. es., di -Grieg, col quale si potrebbe forse lontanamente -confrontare, perchè egli ha sempre qualche cosa -di nuovo a dirci nella sua lingua e perchè domina -la gamma dei sentimenti e sa essere ora -dolcissimo e poetico, ora irruente e palpitante -di passione, ora bizzarro, bacchico, ora -aspro e maschio. -</p> - -<p> -Egli fu chiamato l'anima del pianoforte. Il suo -genio non sa dominare le grandi forme orchestrali -e nel concerto e nella sonata gli mancano -alle volte l'unità e lo sviluppo tematico -sapiente, l'istinto della misura; egli è invece -sommo nelle forme più piccole, nei suoi -ispirati <i>Preludi</i>, nelle <i>Mazurke</i>, <i>Polonesi</i>, <i>Ballate</i>, -nei <i>Notturni</i>, ed alle volte, come nei suoi potenti -<span class="pagenum" id="Page_351">[351]</span> -<i>Scherzi</i>, si alza fino alla grandezza tragica. -Le sue composizioni sono vere poesie musicali -ed esse non hanno bisogno di programmi per -trasportarci nella terra dei sogni. Gli arabeschi, -i passaggi diventano veri pensieri e cessano di -essere soltanto occasione di virtuosismo, tanto -che fra i suoi <i>Studi</i> havvene alcuni che contano -fra le sue opere più ispirate. Egli unisce alla -melanconia e sentimentalità delle canzoni slave -la sapienza armonica tedesca, l'eleganza e la -varietà ritmica francese, la facilità melodica -e la purezza di linee della musica italiana. Egli -sa toccare tutte le fibre più delicate, è romantico, -cavalleresco, appassionato, elegante, fantastico -e mai cade nel comune e nel triviale. Nato -da padre francese e madre polacca, la sua musica -ritrae il carattere di tutt'e due queste nazioni -ed in essa risuonano il grido di dolore -della sua patria oppressa, le memorie tristi dell'epoca -passata, il rimpianto della libertà. Natura -sensibile e delicata, egli pianista insuperabile, -si ritirò ben presto dalla vita pubblica -e visse quasi sempre a Parigi dove egli morì -ancor giovane di mal sottile. -</p> - -<p> -«Gli influssi di tre nazionalità fanno di lui -una personalità spiccatissima ed egli si è appropriato -il meglio di tutto quello che distingue -i tre popoli. La Polonia gli diede lo spirito cavalleresco -ed il dolore stoico, la Francia la sua -gentilezza e grazia, la Germania il sentimento -romantico. Ma se egli siede al pianoforte ed -improvvisa, non è più un polacco, francese o -<span class="pagenum" id="Page_352">[352]</span> -tedesco; egli palesa un'origine più alta e si capisce -che è originario dal paese di Mozart, -Raffaello e Goethe e che la sua patria è il regno -poetico dei sogni» (Heine, 1837). Parola giuste -alle quali non ci sarebbe da aggiungere altro -che anche l'Italia gli portò i suoi doni e che lo -spirito di Bellini gli aleggiava intorno, quando -egli scrisse alcuni dei suoi notturni, perchè la -perfezione della linea melodica e la dolcezza -dell'ispirazione gli è venuta dall'Italia. -</p> - -<p> -Il wagnerismo aveva messo in moda una -specie di mal celato disprezzo delle opere di -Mendelssohn e persino di Schumann. Ma il -tempo ha fatto al solito giustizia. È vero che -molte anzi moltissime delle opere di Mendelssohn -portano ormai visibilissimi i segni della -vecchiaia ed appartengono ad un tempo ben -diverso dal nostro, ma nessuno vorrà negare -che alcune delle sue opere non sieno concezioni -geniali che dureranno ancora per ben molto -tempo. Invece Schumann è oggi più vivo che -mai, perchè in lui non c'è nulla di convenzionale -e tanto le sue opere che quelle di Chopin nel -loro lirismo melanconico, la loro sensibilità e colorito -poetico corrispondono alla psiche moderna. -</p> - -<p> -L'ultimo degli scritti di Schumann per la -<i>Gazzetta musicale di Lipsia</i> è dedicato a <i>Giovanni -Brahms</i> (1833-1897). -</p> - -<p> -«Ho pur pensato più d'una volta, egli scrive, -che dovesse apparire taluno predestinato ad -esprimere in modo ideale il suo tempo, uno -che raggiungesse la perfezione, senza subire -<span class="pagenum" id="Page_353">[353]</span> -uno sviluppo progressivo. Ed egli è venuto, un -giovin rampollo alla cui culla vegliarono le -Grazie e gli Eroi. Egli si chiama Giov. Brahms». -</p> - -<p> -Ed era tempo, giacchè dopo la morte di Mendelssohn, -Schumann e Chopin nessun vero e -grande talento s'era mostrato degno di assumere -il loro retaggio nel ramo della musica -istrumentale, per quanto Liszt avesse già cominciato -a mostrare nuovi orizzonti dell'arte -coi suoi poemi sinfonici. -</p> - -<p> -Non è qui il luogo di esaminare se la profezia -di Schumann si sia avverata. Il predominio -della musica wagneriana e l'influenza -che questa ha esercitato sulla musica moderna -lo hanno fatto passare in seconda linea. Ma egli -quantunque gli mancasse per la sua natura di -rigido protestante l'olimpicità e la comprensione -della vita pagana antica fu veramente -l'ultimo dei classici, ed appunto perchè senza -ignorare le innovazioni moderne fu fedele conservatore -di quegli elementi dell'arte che sono -eterni e che oggi tante volte si trascurano, si -volle chiamarlo retrogrado e scolastico. Se però -i segni del tempo non ingannano, non è improbabile -che succeda una reazione ora che gli -animi si sono calmati e che Wagner e Brahms -non sono più il grido di guerra di due partiti -avversi. E ciò lo mostra il fatto, che gran parte -dei musicisti di Germania derivano direttamente -da Brahms talmente che molte delle loro -opere non sono che sbiadite imitazioni di quelle -del maestro. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_354">[354]</span> -</p> - -<p> -Il carattere di Brahms è prettamente nordico -e sì diverso dal nostro che a noi italiani riesce -ben difficile il comprenderlo veramente nella -sostanza delle sue opere e ciò tanto più, che -Brahms come nella sua vita privata anche nelle -sue opere è ritroso e schiva ogni troppo palese -esplosione quasi si vergognasse di mostrarci -le sue più intime fibre. E come egli non ha -nulla di una natura latina, così non si trovano -elementi di arte italiana nelle sue opere. In -complesso egli inclina allo sconforto ed ha -molto di quella profonda melanconia tutta propria -anche ai poeti del suo paese, che Nietzche -chiama la malinconia dell'impotenza ma che -piuttosto deriva da impressioni indelebili del -paesaggio nordico, che s'infiltrano e restano -nell'anima. Impotenza non propria e personale -ma della sua epoca che a Brahms, ultimo erede -dei classici, i quali per lui significarono la perfezione -doveva sembrare di decadenza. Eppure -quest'uomo sì poco comunicativo aveva un'anima -sensibilissima e romantica, che però sapeva -colla ferrea disciplina dei suoi studi dominare. -Brahms fra i moderni fu quegli che studiò più -profondamente e con vero frutto gli autori antichi, -specialmente i grandi maestri di musica -polifonica vocale, che basa sulle tonalità di -chiesa e che è nel ritmo ben più ricca della nostra, -i clavicembalisti francesi ed in genere gli -autori antichi. Ma tutti questi elementi anche -eterogenei si fondono nella sua mente, forse -ad eccezione della nota romantica schumanniana, -<span class="pagenum" id="Page_355">[355]</span> -che dura fino alle ultime opere ed è -predominante nelle prime e ciò che è strano -dell'elemento della musica popolaresca per -quanto idealizzata. -</p> - -<p> -Brahms ha coltivato tutti i generi della composizione -ad eccezione dell'opera (Sinfonie, Musica -da camera. Concerti per pianoforte, violino, -Cori, Cantate, Requiem, ecc.). Le prime opere -sono per eccellenza romantiche. Ma chi le studia -attentamente vi trova altri elementi quali -la canzone popolare, il corale protestante e -l'arte tematica di Bach. Donde il carattere essenzialmente -germanico della sua musica e -quell'impronta di durezza ed austerità che la fa -apparire più sana e potente. La melodia ed in -genere la musica di Brahms è assai originale -e risulta non soltanto dalla linea melodica -stessa quanto da una combinazione speciale di -ritmi ed armonia e dalla polifonia, (ritmi binari -e ternari appaiati, accordi spezzati, successioni -di terze e seste, accentuazione delle parti deboli -della battuta, incisi ed ommissioni, ecc.). -Il suo <i>Requiem tedesco</i> è certo una delle opere -più potenti che furono scritte dopo le Passioni -di Bach e gli oratori di Händel ed anche -in questo Brahms è diverso da tutti gli -altri autori di Messe da morto, nelle quali è -il <i>Dies irae</i> che da l'intonazione. Le sue quattro -sinfonie e fra queste specialmente la prima aspra -e forte, mostrano che nessuno come egli seppe -penetrare nei secreti della mente di Beethoven. -E se ad esse manca qualche volta il carattere -<span class="pagenum" id="Page_356">[356]</span> -monumentale, vi è invece ammirabile la logica -musicale e la grandiosa sapienza tecnica. Nè -giustificata appare la critica che si fa dell'istrumentazione -delle stesse, che si vuol dire -incolore e monotona. Certo egli non è un pittore -dalla tavolozza smagliante ma piuttosto -un disegnatore di una finezza incredibile, al -quale basta una sfumatura di tinte, perchè egli -non vuole concentrare l'attenzione che sul contenuto. -Perciò le opere più perfette che egli -scrisse e quelle che presumibilmente dureranno -più a lungo sono quelle di musica da camera -che superano di gran lunga tutte le contemporanee -e le odierne e sono pari a quelle di Schumann. -Una delle forme musicali predilette da -Brahms è la variazione che egli tratta non solo -da gran maestro ma anche da vero poeta. Le -sue variazioni non consistono soltanto nella -diversa figurazione del tema e nel cambiare -l'accompagnamento ma tenendo fermo il basso -diventano veri pezzi caratteristici di forma svariatissima -sia nella melodia che nel ritmo ed -armonia. -</p> - -<p> -Brahms scrisse circa centocinquanta canzoni -fra le quali alcune sono assai note e molte -bellissime. In esse egli si avvicina più a Schubert -che a Schumann. -</p> - -<p> -La musica di Brahms non fu mai veramente -popolare e mai lo diventerà, perchè essa è arte -della più scelta e fine e non palesa le sue bellezze -che a chi la studia con amore ed intelletto -d'arte. Perciò essa è arte essenzialmente -<span class="pagenum" id="Page_357">[357]</span> -esclusiva, arte per i musicisti e per gli esteti, -che la studiano ed approfondiscono. -</p> - -<p> -I musicisti hanno continuato dopo Beethoven -a scrivere sinfonie, ma le opere del maestro -restano oggi dopo cento anni ancora insuperate, -quasi fosse impossibile trovare in questo -ramo nuove vie. Chi lo tentò ed in parte vi -riuscì fu <i>Antonio Bruckner</i> (1824-1896). -</p> - -<p> -La sua vita non fu che un lungo martirio, da -principio piena di stenti e lotte per l'esistenza, -poi d'indicibili ed amari disinganni. Le sue prime -opere furono accolte quasi dalla congiura del -silenzio poi da motti di spirito ed improperi. -Nella storia della musica è difficile trovare un -parallelo con Bruckner. Musicisti di genio senza -alcuna coltura sono assai frequenti specialmente -nei tempi passati; ma come Bruckner abbia saputo -concepire e scriver le sue nove sinfonie, -è un enigma per chi lo conobbe. Egli non solo -non aveva nessuna coltura tanto da non saper -quasi scrivere una lettera ma non sentì mai neppure -il bisogno di occuparsi nè dei problemi -sociali nè di letteratura ed arte. La sua fede in -Dio così profonda ma affatto istintiva era priva -d'ogni critica. -</p> - -<p> -Venuto quasi sul declinare della virilità a -Vienna, egli vi rimase fino alla morte quasi -sbalordito e disorientato. Eppure questo uomo -dalla faccia d'imperatore romano o da scaccino -di chiesa è l'autore della nona sinfonia, una -delle più grandi e potenti opere sinfoniche dei -nostri tempi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_358">[358]</span> -</p> - -<p> -Bruckner, che inconscio del suo genio aggiunge -una sinfonia all'altra nulla curandosi -della possibilità d'un'esecuzione, lasciando vagare -la sua fantasia negli incommensurabili -spazi dell'ideale, questo figlio della gleba materna, -che ne ascolta i palpiti e sa tradurre -nelle sue note ora tutti i sussurri più delicati -della natura, ora lo scrosciare degli elementi -furibondi è una delle figure più tragiche della -storia della musica. Egli scrisse a 42 anni la -sua prima sinfonia e non subì poi pressochè -alcuna trasformazione. Le sue sinfonie stanno -affatto solitarie ed hanno ben pochi punti di -confronto con altre opere. La forma esterna è -quella solita ma il contenuto è ben diverso -come diverse ne sono le proporzioni. Lo stile -di Bruckner non è originale nel senso comune -della parola, se cioè per originalità si intendono -certi procedimenti, frasi favorite, sviluppi e -modulazioni. Ma se per originale s'intende -quello che è proprio di uno solo, allora è certo -che Bruckner fu uno dei musicisti più originali. -Tali lo fanno l'ispirazione melodica, l'ampiezza -della linea, il michelangiolesco della concezione, -la profonda espressione del sentimento tragico, -l'<i>humour</i> dei suoi scherzi od il sentimento della -natura agreste dei trio di questi. Egli che del -mondo nulla comprendeva, sapeva parlare -colla sua musica la lingua più moderna, più -espressiva e profonda mostrando quanta forza -elementare stia nell'essenza della musica, quando -questa sgorga spontanea da un cuore riboccante. -<span class="pagenum" id="Page_359">[359]</span> -Che le opere di Bruckner non sieno perfette, -è facile il comprendere, data la natura e la vita -del loro autore. L'ispirazione e la tecnica non -vanno sempre di pari passo, o per meglio dire -egli non sa sempre combinare l'altezza dell'ispirazione -coll'uso sapiente dei mezzi, sicchè -noi troviamo nelle sue opere splendide ispirazioni -alle quali seguono o precedono parti in -cui l'autore si affanna in tessuti contrappuntistici -senza valore. Ciò gli succede specialmente -dopo l'esposizione del tema quando comincia -il lavoro tematico, che per quanto spesso lunghissimo -non ha la logica ferrea dei grandi maestri. -Per questo si comprenderà anche che gli -adagi e gli scherzi sono le parti più riuscite -perchè la loro concezione formale ne era più -facile. Altre volte l'idea felice prende proporzioni -gigantesche ma non raggiunge il culmine -e resta allo stato di torso, donde dipende il -carattere frammentario di parte delle sue opere. -</p> - -<p> -Qualcuno volle chiamare Bruckner un epigone -di Wagner e disse che egli volle portare le -teorie wagneriane nel campo sinfonico. Certo -è vero che Bruckner non ebbe che due idoli, -Beethoven e Wagner e che la sua melodia ha -alle volte della somiglianza con quella di Wagner. -In realtà però sono ben pochi i punti di -contatto dei due maestri. -</p> - -<p> -Le sinfonie di Bruckner non appartengono -alla vera musica programmatica. Ma l'uditore -in causa dei contrasti, almeno apparentemente -senza motivo, è tentato a farsi un programma e -<span class="pagenum" id="Page_360">[360]</span> -facilmente si disorienta. E questi scatti e contrasti -improvvisi sono forse il maggior difetto -di Bruckner ed esso dipende certo dalla totale -mancanza di coltura generale del maestro che -alle volte sembra un dilettante di genio, un sentimentale -sperduto nel nostro tempo, il <i>puro -folle</i> della musica, che trae le sue ispirazioni dalle -inesauste ed inconscie forze della natura senza -alcuna preoccupazione artistica od estetica ma -solo coll'ingenuità del genio. -</p> - -<p> -Scolaro di Bruckner ed a lui in qualche riguardo -affine fu <i>Gustavo Mahler</i> (1860-1911). -Ma l'affinità è soltanto superficiale e formale, -perchè se Bruckner fu il musicista più sincero -ed ingenuo che si può pensare, Mahler non seppe -mai liberarsi nelle sue opere (9 sinfonie, due cantate) -forse ad eccezione delle <i>canzoni in morte -di un fanciullo</i> dall'istrionismo e dalle reminiscenze -del dramma musicale ed in lui lottano -continuamente due nature affatto diverse. Egli -fu un cerebrale d'immensa energia e serietà di -propositi ma senza vera genialità, una specie -di titano colla sola forza di volontà, sempre -tendente all'alto, sempre intento alla soluzione -dei problemi più ardui della vita, una natura -tragica e barocca somigliante al Kapellmeister -Kreisler di Hoffmann o al Jean Cristophe di -Rolland. Egli aspira alla meta più alta che non -sa mai raggiungere perchè le forze gli mancano -a metà strada. Egli è melodioso, chiaro, facile, -ma la sua melodia è spesso comune anzi triviale -e la piglia dove la trova, poco importandogli -<span class="pagenum" id="Page_361">[361]</span> -se sia ispirata e fine ma bastandogli di -dipingere al fresco i grandi quadri immensi di -forma e sonorità che gli nascono nella mente. -E questa sonorità nell'ottava sinfonica (Iª parte. -<i>Veni creator</i>, IIª parte: frammenti tolti dalla -seconda parte del Faust di Goethe) per orchestra, -organo, coro separato d'ottoni, doppio -coro, coro di fanciulli, raggiunge con accordi di -tonica e dominante e mezzi di forze quasi elementari -il maggior grado possibile ed arriva -quasi ad ingannarci sul contenuto. -</p> - -<p> -Il giudicare delle sue opere è compito abbastanza -arduo. Per molti la sua musica è vera -<i>Kapellmeistermusik</i>, scritta da un autore, che -per la lunga pratica di dirigere le opere più -disparate e per una grande sapienza tecnica ha -potuto creare delle opere mastodontiche ed -ipertrofiche, che si risentono di tutti gli stili. -Per altri egli fu un grande musicista, che con -ogni nuova opera si innalza sempre più in sù -nella parabola. Al solito la verità sta forse nel -mezzo. La prima volta che si sente una sinfonia -di Mahler l'effetto è di sbalordimento ed egli ci -appare ineguale, esagerato, alle volte vuoto, -bizzarro e persino grottesco; alle volte invece -ci irrita ma ci conquide colla grandiosità dell'idea, -che gli balena alla mente e per la smisurata -architettura delle sue concezioni. In ciò -e per il miscuglio d'estatico coll'elemento popolare -egli ha una certa somiglianza con Bruckner -del quale non sa però raggiungere neppur lontanamente -l'intensa espressione dei suoi temi; -<span class="pagenum" id="Page_362">[362]</span> -alle volte somiglia a Berlioz per il suo fare che -oscilla fra l'esaltato ed il primitivo e non è -certo priva di posa questa musica che ha sempre -dell'artificioso, quando non si contenta di -essere nel suo diatonismo dominante affatto -semplice. -</p> - -<p> -La seconda metà del secolo scorso ha segnato -una completa trasformazione del Lied o canzone -musicale. Fra le opere più note di Brahms -contano senza dubbio molti dei suoi lieder. -Ma tanto egli che <i>Roberto Franz</i> (1815-1892), -per quanto quest'ultimo sia specialmente per -il felice connubio di elementi di canzone popolare -con una forma assolutamente artistica da -mettersi fra i più ispirati e felici autori di canzoni, -non abbandonarono che poche volte la -strada segnata da Schubert e poi da Mendelssohn -e Schumann, vale a dire la forma melodica -chiusa, che doveva dare l'intonazione generale -e sintetica della poesia. <i>Ugo Wolf</i> (1860-1903) -portò invece fra i primi nel campo della -lirica musicale intima il principio wagneriano -del canto declamatorio, nascente dalla parola -stessa e raggiunse in questo genere un alto grado -di perfezione. Egli cerca con ogni mezzo musicale -di compenetrare la poesia anzi ogni singolo -pensiero di essa, quasi rifacendo musicalmente -la poesia stessa. Con ciò però la canzone venne a -perdere almeno per noi meridionali i suoi maggiori -pregî, perchè alla forma e bellezza melodica -subentrò la riflessione ed il sentimento -drammatico, che il genere di composizione non -<span class="pagenum" id="Page_363">[363]</span> -comporta. L'estrema complicazione dell'accompagnamento, -che vuole sottolineare e spiegare -ogni parola ha finito di snaturarne il carattere. -Wolf fu certo un grande ingegno e fra -le sue infinite canzoni, nate sempre da un bisogno -intimo, ce ne sono di perfette. Anch'egli -come tanti altri musicisti ebbe sempre a lottare -e la sua vita non fu che un lungo martirio. -</p> - -<p> -Prima di chiudere questo capitolo sono da -nominarsi altri musicisti, che se non seppero -raggiungere i nominati, pure si distinsero fra -l'infinita quantità di compositori di musica -istrumentale che ebbe la Germania e non sono -ancora del tutto dimenticati, quantunque la -maggior parte delle loro opere appartenga alla -cosidetta <i>Kapellmeistermusik</i>, un vocabolo che -si usa per indicare tutta quella musica che fu -scritta e si scrive con molta buona volontà e -solide cognizioni tecniche ma poca ispirazione. -</p> - -<p> -<i>Gioachino Raff</i> (1822-1882) fu un eclettico per -eccellenza, che cercò inutilmente di mettere -d'accordo la tradizione classica coi nuovi indirizzi -di Liszt e Berlioz. Ma fra le sue moltissime -opere che per la maggior parte sono dimenticate, -ve ne sono alcune non prive di merito -(sinfonia <i>nel Bosco</i>, Quintetto, qualche trio -e Quartetto). -</p> - -<p> -<i>Felice Draeseke</i> (1835-1913) fu musicista più -forte e sano ma rude ed angoloso, sicchè egli -non seppe mai conquidere il pubblico ad onta -di grandi pregî. (Sinfonie, Quartetti, Oratori, -Requiem, ecc.). <i>Max Bruch</i> (1838) ebbe giorni -<span class="pagenum" id="Page_364">[364]</span> -di fama specialmente coi suoi Oratorî e cantate -(<i>Fritjof</i>, <i>Ulisse</i>, <i>Achille</i>, <i>La canzone della campana</i>, -ecc.) opere di poco valore per quanto -scritte con una certa facilità. Fra i suoi concerti -per violino il primo in <i>sol minore</i> è ancora -notissimo e di spesso eseguito. <i>Giuseppe -Rheinberger</i> (1839-1901), dotto teorico e distinto -maestro continuò per strade già battute ed oggi -ci sembra ben poco interessante nelle sue opere, -mentre <i>Enrico Herzogenberg</i> (1843-1890) e <i>Hans -Huber</i> (1852) seguono fedelmente le orme di -Brahms. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Hellborn — <i>Fr. Schubert</i>, Vienna, 1865. -</p> - -<p> -A. Reissmann — <i>Fr. Schubert</i>, Berlino, 1873. -</p> - -<p> -Dahms W. — <i>Schubert</i>, Berlino, 1912. -</p> - -<p> -Curzon H. — <i>Les lieder de F. Schubert</i>, Paris, 1900. -</p> - -<p> -Bourgault-Ducondray — <i>Schubert</i>, Paris-Laurens, 1909. -</p> - -<p> -A. Reissmann — <i>F. Mendelssohn-Bartoldy</i>, Berlino, 1873. -</p> - -<p> -Hiller F. — <i>F. Mendelssohn-Bartoldy</i>, 1874. -</p> - -<p> -Schrader — <i>F. Mendelssohn-Bartoldy</i>, Lipsia, Reclam. -</p> - -<p> -Barbedette — <i>Mendelssohn</i>, Paris. -</p> - -<p> -Stoecklin P. — <i>Mendelssohn</i>, Paris, Laurens, 1909. -</p> - -<p> -Wasielewski — <i>R. Schumann</i>, Dresda, 1880. -</p> - -<p> -Reimann H. — <i>R. Schumann</i>, Lipsia, 1887. -</p> - -<p> -Spitta — <i>R. Schumann</i>, Lipsia, Breitkopf u. Härtel. -</p> - -<p> -Batka — <i>R. Schumann</i>, Lipsia, Reclam. -</p> - -<p> -F. Liszt — <i>Fr. Chopin</i>, Lipsia, 1880. -</p> - -<p> -Ip. Valetta — <i>Fr. Chopin</i>, Torino, 1910. -</p> - -<p> -Laloy — <i>Chopin</i>, Parigi, 1913. -</p> - -<p> -F. Niecks — <i>Chopin</i>, London, 1888. -</p> - -<p> -Poiré E. — <i>Chopin</i>, Paris, 1906. -</p> - -<p> -Leichtentritt — <i>Chopin</i>, Berlin, 1907. -</p> - -<p> -H. Reimann — <i>I. Brahms</i>, Berlino, 1898. -</p> - -<p> -Spitta — <i>I. Brahms nel libro Zur Musik</i>, Berlino. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_365">[365]</span> -</p> - -<p> -Fuller-Maitland — <i>Brahms</i>, trad. tedesca dall'inglese, Berlino. -</p> - -<p> -Deiters — <i>I. Brahms</i>, Lipsia, 1898. -</p> - -<p> -H. Imbert — <i>Brahms</i>, Paris. -</p> - -<p> -Kalbeck M. — <i>I. Brahms</i>, 3 vol., Berlino. -</p> - -<p> -Louis R. — <i>Anton Bruckner</i>, Monaco, 1904. -</p> - -<p> -Graefinger — <i>A. Bruckner</i>, Monaco. -</p> - -<p> -St. Paul — <i>G. Mahler</i>, Monaco, 1910. -</p> - -<p> -Specht R. — <i>G. Mahler</i>, Berlino, 1914. -</p> - -<p> -E. Decsey — <i>Hugo Wolf</i>, Berlin, 1903-1905. -</p> - -<p> -Prati R. — <i>Ugo Wolf</i>, Torino, 1914. -</p> - -<p> -Weingartner F. — <i>Die Symphonie nach Beethoven</i>, Berlino, -Fischer, 1900. -</p> - -<p> -Imbert H. — <i>La Symphonie après Beethoven</i>, Paris, Fischbacher. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap20">CAPITOLO XX. -<span class="smaller">I rivoluzionari dell'arte.</span></h2> -</div> - -<p> -Fra le rivoluzioni e riforme musicali che abbiamo -incontrate nel corso dei secoli nella storia -della musica, nessuna, ad eccezione della -fiorentina del Seicento, ha l'importanza di quella -iniziata da Riccardo Wagner nell'opera drammatica -e da Ettore Berlioz nella musica strumentale. -Dopo la morte di Beethoven sembrava -compiuto lo sviluppo della musica istrumentale -e che fosse impossibile oltrepassare i -confini da lui stabiliti. E difatti i maestri posteriori -tedeschi non trovarono nuove forme nè -aprirono nuovi orizzonti ma si contentarono di -seguire le orme del maestro. Chi si mise per -<span class="pagenum" id="Page_366">[366]</span> -il primo per nuove strade fu <i>Ettore Berlioz</i>, che -riconobbe che «de nouveaux besoins de l'esprit, -du coeur et du sens de l'ouïe imposent des -nouvelles tentatives, et même, dans certains -cas, l'infraction des anciennes lois». I francesi -mostrarono già per tempo una certa tendenza -alla musica descrittiva e pittoresca come lo -provano le composizioni per voci di Jannequin -e quelle di cembalo di Couperin, Rameau ed -altri. L'innovazione di Berlioz è però ben altra -cosa, perchè egli non si contentò di seguire -questa inclinazione nazionale, che fin allora -non consisteva in sè che nella imitazione di -suoni della natura ma la approfondì cercando -di esprimere con toni situazioni e sentimenti che -si adattano ad essere tradotti in musica. Egli è -l'iniziatore della musica programmatica per eccellenza, -essendo il suo supremo scopo quello -di esprimere più fedelmente che fosse possibile -non solamente un pensiero, un'impressione -poetica in generale, ma un'azione seguendola nel -suo corso, nelle sue fasi. Questo sistema doveva -necessariamente condurre all'assoluta libertà -della forma, ma altrettanto facile era l'oltrepassare -i limiti segnati alla musica. E difatti con -un passo di più ci troviamo nel campo dell'opera, -dalla quale alcune delle opere sinfoniche -di Berlioz poco differiscono. Ma egli non seppe -o non volle abbandonare intieramente le forme -tradizionali nè egli stesso per nulla chiamò la -sua musica <i>architecturale</i>, giacchè egli tiene -fermo per quanto possibile alla forma della sinfonia -<span class="pagenum" id="Page_367">[367]</span> -ed appunto per questo non seppe raggiungere -il suo ideale, contrastando il formalismo -della sinfonia colla libertà voluta dal programma. -E forse questo è uno dei maggiori motivi che ci -disorientano se vogliamo giudicare delle sue -opere. E non soltanto questo. La melodia di -Berlioz è tutta propria e ben diversa dalla -nostra italiana. Essa manca almeno per i nostri -orecchi di molte di quelle qualità, che noi le domandiamo -e che Berlioz chiama <i>droleries</i>. Poi -l'estrema libertà di ritmo, che del resto è certo -uno dei più gran pregi delle opere di Berlioz e -finalmente le proporzioni, che molte volte sono -veramente straordinarie. -</p> - -<p> -Heine disse parlando della sua musica che -essa gli fa pensare ad un usignuolo gigantesco, -ad un'allodola dalle ali di aquila, a certi edifici -di Ninive e Babilonia ed in questi motti di spirito -sta nascosto anche del vero. Egli esagera -Beethoven e ne fa quasi la caricatura, manca -spesso d'unità nelle sue opere che di rado, ad -onta di momenti felicissimi e geniali, ci lasciano -intieramente soddisfatti anche perchè egli è -figlio del suo tempo ed il suo pronunciato romanticismo -simile a quello di Victor Hugo ed Eugenio -Sue non è più di nostro gusto. Nessuno -degli anteriori sa trarre invece più di lui dall'orchestra -effetti sorprendenti ed incantevoli; -egli sa ammaliarci con questi e soggiogarci -colla grandiosità dei mezzi usati, ma di -rado gli riesce di commuoverci con una semplice -ed ispirata melodia, sicchè le sue opere -<span class="pagenum" id="Page_368">[368]</span> -sfrondate dello smagliante colorito orchestrale -ci sembrano in molte parti bizzarre e strane e -nella scelta degli spunti melodici non sempre -felici. -</p> - -<p> -Berlioz ha una somiglianza spiccata con Vittor -Hugo. Ambedue hanno una predilezione per -il grottesco e si dilettano della sua rappresentazione. -Ma mentre Hugo era artefice alle volte -perfetto, il <i>volere</i> di Berlioz è maggiore del suo -<i>potere</i> e l'uno non corrisponde all'altro; ciò che -è specialmente palese nei primi ed ultimi tempi -delle sue sinfonie. Egli sa spesso ingannare colla -forza elementare dei mezzi usati, e cosa strana -e replicantesi dopo in quasi tutti i compositori -di musica descrittiva egli che sceglie idee poetiche -per le sue opere è uno dei musicisti più -realisti. -</p> - -<p> -Uno dei meriti di Berlioz sta nell'aver dato -alla sinfonia maggior unità fra le sue parti con -un tema dominante (<i>idée fixe</i> nella sinfonia fantastica, -il tema della viola nell'Aroldo, ecc.) che -egli continuamente varia e sa trasformare in -forma drammatico-psicologica. Egli è un gran -genio veramente nazionale come la Francia mai -ne ebbe nè prima nè dopo e non è da dimenticare, -che egli scrisse quasi tutte le sue opere -principali prima che Wagner avea composto il -Rienzi! -</p> - -<p> -<i>Ettore Berlioz</i> (nato agli 11 Dicembre 1803 a -Cóte St. Andrè, morto agli 8 Marzo 1869 a Parigi) -ebbe vita burrascosa e travagliata. Dopo -aver dovuto lottare contro la volontà dei genitori -<span class="pagenum" id="Page_369">[369]</span> -per dedicarsi alla musica, dopo aver combattuto -col bisogno, vinse il premio di Roma -e restò per due anni nella Città Eterna, dove -scrisse la poetica sinfonia <i>Romeo e Giulietta</i> e -la romantica <i>Aroldo in Italia</i>, ambedue ricche -di felici momenti ispirati e d'un colorito poetico -insuperabile. Ma nè queste opere nè la sua -grandiosa <i>Damnation de Faust</i>, nè l'<i>Episode de -la vie d'un artiste</i>, l'opera che gli avea procacciato -la simpatia e l'ammirazione di Schumann, -furono comprese dal pubblico francese, che -ora soltanto con tarda ammirazione cerca rimediare -al torto d'aver disconosciuto e trascurato -in vita uno dei suoi più grandi musicisti. -</p> - -<p> -Perciò egli si rivolse alla Germania più atta -a comprenderlo, dove le sue opere eseguite in -molte città e più volte sotto la sua direzione -destarono sempre il più grande interesse ed alle -volte persino entusiasmo, e fu in Germania che -egli trovò i primi e più caldi fautori. Oltre -le opere suddette Berlioz scrisse più <i>ouvertures</i>, -fra le quali sono note quella dei <i>Francs Juges</i> -e del <i>Re Lear</i>, un <i>Requiem</i>, che egli stesso -chiama un cataclisma musicale, in cui alla grandiosità -dei mezzi orchestrali corrisponde in -parte la maestosa concezione michelangiolesca; -l'oratorio <i>L'enfance de Christ</i>, le opere <i>Benvenuto -Cellini</i> colla stupenda <i>ouverture</i> caratteristica, -<i>Carneval romain</i>, <i>Les Troyens</i>, <i>Beatrice et Benedict</i>. -I Trojani (<i>I Trojani a Cartagine</i>, <i>Cassandra</i>, -<i>Didone</i>) contengono delle scene ispiratissime -e certo precedono il loro tempo. Ma -<span class="pagenum" id="Page_370">[370]</span> -il tutto è di valore affatto ineguale ed i tentativi -fatti di far rivivere quest'opera di proporzioni -colossali sono finora rimasti infruttuosi. -</p> - -<p> -Berlioz fu pure distinto scrittore di cose musicali -e critico arguto e ci lasciò un trattato -sull'istrumentazione, che è un modello del genere. -</p> - -<p> -L'opera di Berlioz, certo inimitabile perchè -troppo personale restò per anni senza frutto -in Francia e soltanto molto tempo dopo i nuovi -maestri accettarono in parte le sue idee e continuarono -per la via da lui segnata. L'influsso -che egli esercitò sulla musica istrumentale fu -però di natura esterna, in quanto che egli è il -padre di molti di quegli effetti incantevoli d'orchestra, -che oggi si usano, di molte geniali -combinazioni di suoni e coloriti, mentre l'indirizzo -artistico esclusivo di lui non poteva divenire -il vessillo d'una numerosa schiera. In -un certo riguardo però, per quanto diverse furono -le vie, egli fu il precursore di Wagner, e -se la riforma e le idee di quest'ultimo ebbero -più diffusione e trovarono più seguaci, ciò dipese -non solo dalla maggiore genialità di queste -ma altresì dal genere della musica. -</p> - -<p> -<i>Riccardo Wagner</i> (nato ai 22 Maggio 1813 a -Lipsia, morto a Venezia ai 13 Febbraio 1883), -dopo aver terminati gli studî universitarî e musicali -nella sua patria, compose nel 1832 quella -sinfonia che nel 1882 fu eseguita al Liceo Marcello -di Venezia e che ci mostra il maestro ancora -sotto il diretto influsso dei classici. Nell'anno -<span class="pagenum" id="Page_371">[371]</span> -seguente fa eseguire a Würzburgo le sue -<i>Fate</i>, un'opera romantica, e nel 1831 assume il -posto di direttore a Magdeburgo. A Riga dove -coprì la stessa carica, comincia a scrivere il -<i>Rienzi</i>, che voleva far eseguire a Parigi, e finitolo, -va in quella città per farlo accettare all'Opera. -Ma ad onta del potente patrocinio di -Meyerbeer le porte di quel teatro gli rimasero -chiuse ed incominciò pel giovane maestro il -periodo più triste della sua vita, pieno di disinganni -e privazioni materiali. Altri non dotato -dell'energia stragrande di Wagner si sarebbe -perduto nei vortici della vita parigina. Egli invece -lotta, lavora fiducioso di sè e delle sue forze -e vince. Il suo <i>Rienzi</i> è accettato a Dresda e si -eseguisce nel 1842 con immenso successo. Nel -1843 segue il <i>Vascello fantasma</i> e nel 1845 il -<i>Tannhäuser</i>. Intanto si preparavano i tempi burrascosi -che dovevano condurre alla rivoluzione -generale del 1848, alla quale anche Wagner -si trovò immischiato e compromesso. Condannato -e bandito, egli fugge in Svizzera, dove -nella quiete dei monti e lontano dai rumori -del mondo si occupa dei problemi di riforma, -che da lungo studiava nella sua mente e pubblica -i suoi maggiori scritti: <i>Arte e Rivoluzione</i>, -<i>L'Opera d'arte dell'avvenire</i>, <i>Opera e Dramma</i>, -in cui sono spiegate e giustificate le nuove idee. -</p> - -<p> -Nel primo di questi egli fa un quadro delle -condizioni artistiche del suo tempo e le confronta -coll'arte greca, espressione della vita nazionale, -mentre il principio estetico dell'arte -<span class="pagenum" id="Page_372">[372]</span> -moderna è semplicemente il divertimento. Le -sue idee si concretano nell'<i>Opera d'arte dell'avvenire</i>, -che deve nascere dal complesso e dall'unione -di tutte le arti. Nel dramma la musica, -la poesia e la danza (mimica) devono unirsi e -formare un tutto organico coll'aiuto delle arti -plastiche e decorative. Nell'<i>Opera e Dramma</i> -egli fa la critica dell'opera e la dichiara un errore, -giacchè in essa il mezzo d'espressione -(la musica) diventa scopo e lo scopo (il dramma) -mezzo. La vera melodia del dramma è quella -che nasce dalla parola declamata e non quella -che esiste per sè indipendentemente da quella. -</p> - -<p> -Nel 1850 Liszt eseguisce a Weimar il <i>Lohengrin</i> -e diventa il più caldo fautore, l'amico più fedele -e devoto del maestro, che nei duri anni dell'esiglio, -ora scoraggiato e disilluso, ora pieno di -speranza e fiducia concepisce e scrive buona -parte della sua grandiosa <i>Trilogia dei Nibelungi</i> -ed il <i>Tristano ed Isotta</i>. Finalmente nel 1864 il -nobile e cavalleresco re di Baviera, l'infelice -Lodovico, lo chiama alla sua corte, dove nel -1865 si dà il <i>Tristano</i>, il più ispirato poema musicale -d'amore che fu mai scritto, e nel 1868 -si eseguiscono i <i>Maestri cantori</i>, una concezione -quasi perfetta, dove tutto è vita e movimento -e vi domina un'infinita dolcezza e poesia. Ai -22 Maggio del 1872 si pone la prima pietra del -teatro di Bayreuth, realizzandosi così il sogno -del maestro, e nell'Agosto del 1876 vi si eseguisce -la <i>Trilogia dei Nibelungi</i>. (<i>L'oro del Reno</i>, -<i>la Walchiria</i>, <i>Sigfrido</i>, <i>il Crepuscolo degli Dei</i>) -<span class="pagenum" id="Page_373">[373]</span> -cominciata molti anni prima, interrotta più -volte e poi ripresa. L'ultima opera del maestro -fu il <i>Parsifal</i> (26 Luglio 1882). -</p> - -<p> -Nietsche (Unzeitgenrässe Betrachtungen IV) -scrive parlando delle opere letterarie del maestro: -«Wagner come scrittore mostra sempre -lo sforzo di un uomo forte, al quale fu troncata -la mano destra e pugna colla sinistra. I -suoi scritti nulla hanno di dottrinale, la teoria -sta nelle sue opere musicali. Essi sono tentativi -di scrutare l'istinto che lo spinse alle sue -opere e di comprendere sè stesso. Se egli raggiungesse -di cambiare l'istinto in coscienza, allora -egli spererebbe che possa succedere il processo -inverso nell'animo dei suoi lettori». -</p> - -<p> -Le teorie wagneriane nella loro sostanza non -erano veramente nuove. Noi le abbiamo già -trovate riconosciute dalla Camerata fiorentina e -da Gluck. Accenni ed idee simili troviamo nelle -Memorie di Gretry, negli scritti di Algarotti e -per noi non è senza interesse il vedere Giacomo -Leopardi lamentarsi nel suo Zibaldone -(Pensieri V, 254) della povertà espressiva dell'opera -specialmente seria cagionata «dal far -totalmente servire le parole allo spettacolo ed -alla musica e dalla confessata nullità di esse -parole, dalla quale necessariamente deriva la -nullità dei personaggi e così del coro e quindi -la mancanza di effetto morale ossia di passione». -</p> - -<p> -Ma se non erano assolutamente nuove le teorie, -nuova fu la maniera di Wagner di metterle -in pratica, oppure, meglio detto, nuova fu la -<span class="pagenum" id="Page_374">[374]</span> -teoria che risultò dalle opere musicali di Wagner -e che egli trasse da esse. Gluck mise a sommo -delle sue aspirazioni il raggiungere la verità -drammatica ma non seppe o volle rompere le -forme musicali. Wagner invece parte dal principio -che la parola deve essere nel dramma -musicale l'elemento generante della melodia e -che questa deve nascere dalla cadenza naturale -ed accento della parola. Con ciò veniva bandita -la melodia assoluta e la forma musicale. Ma -ciò non bastava. Essendo l'azione drammatica -un tutto organico, bisognava trovare un mezzo -dal quale risultasse una continuità di stile. Anche -prima di Wagner si scrisse certo della musica -eminentemente drammatica ma soltanto -Wagner fu quegli che concepì e seppe trovare -per il primo uno stile drammatico continuato, -tutto nuovo e personale con una lingua musicale -diversa dalla solita. Quest'ultima era inadoperabile -per lui, dove essa per accidente non -aveva a tradurre speciali momenti lirici o poesia -a forme fisse, p. es., a strofe. Wagner disciolse -la melodia nei suoi elementi come già -aveva fatto in certo riguardo Beethoven nel -campo della musica istrumentale coi suoi sviluppi -tematici e fu questo procedimento che lo -condusse alla cosidetta melodia infinita che in -sè non è altro che il canto parlato. Da questo -deriva anche il maggior uso della cromatica -derivata dalla cadenza naturale della declamazione, -che ben di rado combina cogli intervalli -diatonici. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_375">[375]</span> -</p> - -<p> -La funzione dell'orchestra diventava tutt'altra, -giacchè se prima la linea melodica poteva -in certo riguardo bastare a sè stessa, ora -l'orchestra dovea supplire a quello che il canto -non poteva esprimere e per conseguenza diventare -sinfonia e non più contentarsi di accompagnare. -Ma mancando la musica istrumentale -della parola, essa poteva ancor meno della vocale -far senza della forma. Wagner trovò il -mezzo di poter combinare il canto declamatorio -colla nuova orchestra nel <i>Leitmotiv</i>, che -è ben diversa dalla reminiscenza simbolica di -un tema musicale, che si ripete, quando si vuol -esprimere lo stesso sentimento o l'egual situazione -ma che è un elemento architettonico -della nuova musica e che le impedisce di cadere -nel caos completo. -</p> - -<p> -Wagner, questo <i>uomo di quattro anime</i> come -Leonardo, pensatore, patriota, poeta, musicista, -nella storia della coltura nazionale germanica -ha importanza simile a quella di Sofocle e -Eschilo nella Grecia, ed assieme a Bismark ha -destato in rami diversi il sentimento della grandezza -del suo popolo e contribuito cogli avvenimenti -politici al risorgimento nazionale. -Prima di lui l'opera tedesca con pochissime -eccezioni mancava di stile, d'ideale, d'indirizzo. -Dopo le opere di Weber e Marschner -si può anzi dire che nessun'opera drammatica -tedesca si fosse elevata al di sopra della mediocrità, -mancando in tutte il sentimento drammatico, -la potenza e l'unità. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_376">[376]</span> -</p> - -<p> -Wagner preferì pei suoi drammi il mito e le -azioni leggendarie medioevali, perchè queste -ci mostrano l'uomo liberato dai ceppi convenzionali -e nella sua prima semplicità. Come poeta -drammatico egli ebbe più detrattori che come -musicista, ma le critiche fattegli sono soltanto -giustificate in quanto concernono la lingua, più -volte contorta, ricercata, arcaica e persino inintelligibile, -non sempre per l'azione drammatica -stessa, giacchè molti dei suoi drammi per l'immaginazione, -la verità dei caratteri, il sapiente -aggruppamento delle parti hanno grande valore -anche come opere letterarie. Il tema prediletto -è la Redenzione per opera dell'amore (Olandese, -Lohengrin, Tannhäuser, Tristano, Parsifal). -</p> - -<p> -L'opera di Wagner è sì complessa che è assai -difficile il parlare dell'elemento specifico musicale -in essa. Studiandola devesi però conchiudere -che la sua facoltà melodica è assai grande -e che egli seppe, quando lo volle, creare melodie -delle più ispirate e non solo nelle prime opere ma -in tutte fino alle ultime. Anzi l'intensità del -sentimento, la ricchezza armonica, la varietà -del ritmo segnano una continua linea ascendente -sicchè si può dire che l'aridità e l'astrusità di -alcune parti della <i>Trilogia</i>, dei <i>Maestri cantori</i>, -ecc., sono piuttosto le conseguenze d'una -esagerata costanza di principî che segni di decadenza -del genio wagneriano. I difetti di Wagner, -e che la sua opera non fu perfetta non si -vorrà negare neppure dai suoi più caldi fautori, -sono per noi italiani più sensibili che per -<span class="pagenum" id="Page_377">[377]</span> -i suoi connazionali. Il maggiore è la mancanza -di quella certa semplicità ed ingenuità, che pure -è tante volte propria dei genî. Egli si è fatto un -sistema e lo segue con pertinacia e costanza -anche dove ciò diventa pedanteria e la musica -vorrebbe prepotente rompere i legami che la -impacciano. Wagner è un genio potente ma complicato -e fatto in parte di riflessione. Volendo -caratterizzare e sottolineare tutto, egli finisce -molte volte coll'affaticare e distruggere l'impressione -totale. Wagner non fu mai sì ispirato -e potente che quando si dimenticò dei suoi -principî e sistemi e questo vale non soltanto -per le prime opere ma anche pei Maestri cantori, -per il Tristano ed il Parsifal. -</p> - -<p> -Nessuno ebbe più caldi ammiratori di Wagner -ma altresì nessuno più accaniti nemici. La lotta, -oggi dopo tanti anni è ormai decisa per le -schiere wagneriane. Qualunque sia l'opinione -che si può avere sull'opera di Wagner, il sottrarsi -al di lei influsso sembra oggi ormai quasi -impossibile ed è inutile il non voler riconoscere -che la riforma wagneriana basa, specialmente -nella parte musicale, in gran parte su principî -veri e giustificati. Ma Wagner è un modello pericoloso -da imitarsi e se recò immensi vantaggi -all'arte musicale drammatica, l'influsso che egli -esercitò sui musicisti non fu certo sempre benefico. -I suoi seguaci non vollero soltanto accettare -le sue teorie nelle idee principali ma imitare -il suo procedere e qui naufragarono. L'applicazione -del sistema del <i>Leitmotiv</i> si mostrò -<span class="pagenum" id="Page_378">[378]</span> -finora perniciosa all'opera dei successori, perchè -essa presuppone una potenza specialissima nel -creare e trovare leitmotivi sì pregnanti e suscettibili -di infinite variazioni armoniche e ritmiche -da potere servire all'edifizio sinfonico, tutte -qualità che ebbe il genio di Wagner ma che mancano -quasi intieramente ai maestri posteriori. -</p> - -<p> -Wagner appartiene ormai alla storia, quantunque -le sue opere sieno ancor oggi più vive -che mai e sarebbe tempo di considerare in lui -prima di tutto il musicista e non il filosofo e -costruttore di sistemi estetici e metafisici. Egli -fu un gran genio non perchè fu un innovatore e -creò nuove teorie ma perchè fu uno dei più -ispirati musicisti e riunì tutti gli elementi diversi -in un organismo rigenerato. Egli scelse -il mito e leggenda a soggetto dei suoi drammi, -perchè egli credette così di rendere più intelligibile -l'essenza dell'umanità. Ma se ciò poteva -forse valere per i suoi connazionali o per i più -colti di essi, questi miti dicono ben poco ai -popoli stranieri, diversi per istinto, lingua e -pensare, e noi latini non ammiriamo in lui che -il grande ed ispirato musicista. -</p> - -<p> -Wagner e Verdi sono morti già da anni ed -è perciò possibile giudicare spassionatamente -della loro opera. Quale differenza fra questi due -uomini nati nello stesso anno ma da un popolo -ed in un ambiente ben diverso. Verdi crea le -sue opere lontano dal mondo, silenzioso ed austero -avvicendando una caduta con un successo -senza provocare dispute, senza voler imporre -<span class="pagenum" id="Page_379">[379]</span> -sistemi. Arrivato all'estrema vecchiaia, guardando -indietro alla via fatta e sorridente sulle -vicende umane come un antico filosofo, ci da -un'opera di serena ironia e giocondità. Wagner -invece sempre in fermento ed in lotta con sè e -gli uomini non si contenta di essere soltanto un -musicista ma vuol essere anche poeta, filosofo, -combatte battaglie per ogni sua opera nuova, -ed invece di un Falstaff, scrive prima di scendere -nella tomba il Parsifal «canto del cigno -favoloso, ferito a morte, lunga preghiera melodica -di un agonizzante che chiede pace, alzando -verso un Dio ignoto la voce straziante e pur -consolatrice, straziante e pura» (Borgese). -</p> - -<p> -Fra i numerosi ammiratori di Wagner nessuno -fu più fedele, più sincero, più disinteressato -del grande pianista <i>Francesco Liszt</i> ed è -in gran parte di lui merito se i drammi wagneriani -furono presto eseguiti e le sue teorie -si diffusero. -</p> - -<p> -<i>Francesco Liszt</i> (nato ai 22 Ottobre 1811, -morto ai 31 Luglio 1886), ungherese di nascita, -fu scolaro di Carlo Czerny, il celebre pedagogo, -e cominciò già nel 1834 quei viaggi artistici che -gli procacciarono la fama di essere il più geniale -dei pianisti. Dopo alcuni anni di soggiorno -a Parigi, egli continuò fino al 1847 i suoi viaggi, -destando dovunque inaudito fanatismo ed entusiasmo. -Nel 1847 accettò il posto di direttore -del teatro di Weimar dove rimase fino al 1861. -In questo tempo egli sviluppò un'attività prodigiosa -e Weimar divenne il centro della vita -<span class="pagenum" id="Page_380">[380]</span> -musicale germanica, al quale accorrevano i giovani, -molti dei quali divennero scolari del maestro -e contarono o contano ancora fra i migliori -musicisti di Germania. Le opere della nuova -scuola tanto le drammatiche che le istrumentali -vi furono eseguite con ogni accuratezza, i -nuovi problemi estetici si trattarono in articoli -e studî. Fu anche durante quest'epoca che -egli scrisse molte di quelle opere, per le quali -va annoverato fra gli innovatori della musica -istrumentale, come i <i>poemi sinfonici</i>, la sua -sinfonia <i>Dante</i> e <i>Faust</i>, la <i>Messa di Gran</i>, ecc. -Nel 1861 Liszt abbandonò Weimar, venne a -Roma ubbidendo ad un suo antico desiderio di -dedicarsi all'arte sacra e vi restò con poche -interruzioni fino al 1870. Poi visse a Pest e -Weimar raccogliendo intorno a sè un'eletta -schiera di giovani scolari. Anche questi anni -furono feraci e fra le moltissime opere di questo -tempo le più grandi ed importanti sono gli -oratori <i>Cristo</i>, <i>S. Elisabetta</i> e la <i>Messa ungherese -d'incoronazione</i>. -</p> - -<p> -Liszt come compositore è certo inferiore al -pianista. Chi non ebbe la sorte di udirlo al -pianoforte, non può immaginare la potenza titanica, -la passione, la dolcezza, la poesia infinita -delle sue produzioni. Liszt non è paragonabile -a nessun pianista, perchè egli oltrepassa tutti -di gran lunga e non trova un parallelo che in -Paganini. Ambedue affascinavano il pubblico, -che era soggiogato come da una forza misteriosa. -Liszt fu altresì un gran riformatore della -<span class="pagenum" id="Page_381">[381]</span> -tecnica pianistica. Sebastiano Bach e Domenico -Scarlatti non si occuparono della didattica -ma il loro sistema tecnico risulta dalle loro opere. -La scuola tedesca basa sull'armonia ed il contrappunto -per cui la tecnica del pianoforte (cembalo) -somiglia a quella dell'organo. L'italiana -si fonda invece sulla linea melodica ed i passaggi -brillanti. Diverso era pure l'accompagnamento -posteriore di stile leggiero: i cosidetti bassi albertini -così chiamati da <i>Domenico Alberti</i> (1717-1740?) -che li usò fra i primi e che furono poi -adottati anche da Haydn e Mozart. Ma mentre -la scuola viennese considerava la tecnica quasi -uno scopo e finì in un mare di fantasie e variazioni -senza alcun valore, Muzio Clementi, che -apprese il pianoforte da Cordicelli, scolaro di -Scarlatti, seppe fondere i pregi delle due scuole -e da lui e dai suoi scolari <i>Giov. Cramer</i> (1771-1858) -e <i>Giov. Field</i> (1782-1837) dipendono tutti -i pianisti fino a Mendelssohn. Chi aprì nuovi -orizzonti alla tecnica pianistica fu di nuovo un -italiano, <i>Giuseppe Francesco Pollini</i> (1763-1846) -che nella sua tecnica si avvicina ormai molto -a Liszt, e noi troviamo già nelle sue opere la -melodia nelle note centrali, suonata or colla -mano destra ora colla sinistra, mentre l'accompagnamento -si estende a tutta la tastiera, ed -altre innovazioni ed effetti che sogliamo chiamare -lisztiani. Il maggior merito di Liszt fu -quello di aver introdotto la tecnica ed il colorito -orchestrale. -</p> - -<p> -Le opere orchestrali di Liszt (dodici poemi -<span class="pagenum" id="Page_382">[382]</span> -sinfonici e due sinfonie — <i>Dante</i> e <i>Faust</i>) seguono -lo stesso indirizzo di quelle di Berlioz. Ma mentre -questi tentò di mantenere fino ad un certo -punto la forma tradizionale della sinfonia, Liszt -si libera intieramente da questa e ne crea una -nuova più adatta al soggetto poetico, che ogni -volta si rinnova e cambia a seconda dell'oggetto -che cerca di rappresentare od esprimere. -La parola, il pensiero poetico fecondano la sua -fantasia, che però non era veramente potente. -La sua tecnica è affatto speciale e consiste di -solito nella trasformazione ritmica di brani dei -temi scelti. Questi spesso non molto ispirati -non si adattano a veri sviluppi tematici, che difatti -mancano quasi sempre nelle opere di Liszt -ed egli vi supplisce con ripetizioni e coi crescendo, -ciò che gli impedisce di arrivare alla -concretazione dell'idea originaria alle volte geniale. -Altro difetto è il predominio dell'elemento -retorico ed estatico. Ad onta di ciò l'importanza -delle opere orchestrali di Liszt fu grandissima -per la musica moderna, perchè se esse non sono -capolavori, contengono almeno una quantità di -nuovi elementi geniali, di idee, che additarono -nuove vie all'arte ed alle quali Wagner attinse -molto più di quello che si crede e che influenzarono -la scuola russa e Riccardo Strauss. -</p> - -<p> -Egli cercò pure di riformare la musica sacra, -tentando di fondere l'arte antica colla moderna -e creare un nuovo stile, partendo dal principio -senza dubbio giusto, che è impossibile rimontare -alle origini dell'arte ed ignorare nella musica -<span class="pagenum" id="Page_383">[383]</span> -da chiesa le conquiste dei secoli moderni, -se le emanazioni artistiche non devono rimanere -lettera morta ma corrispondere ai bisogni dei -tempi. -</p> - -<p> -Le canzoni di Liszt quasi sconosciute confermano -quanto si disse perchè hanno degli elementi -di grande drammaticità e preludiano -alle modernissime. -</p> - -<p> -Liszt è una delle più nobili figure nella storia -della musica, l'amico più disinteressato ed affezionato -di Wagner e di tanti altri musicisti, per -i quali combattè colla parola, gli scritti, l'insuperabile -maestro, l'uomo generoso sempre pronto -a soccorrere col consiglio e l'opera non domandando -mai nulla per se e le sue opere. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -I. Tiersot — <i>Berlioz</i>, Paris, 1904. -</p> - -<p> -A. Jullien — <i>H. Berlioz</i>, Paris, 1888. -</p> - -<p> -Hippeau — <i>H. Berlioz, l'homme et l'artiste</i>, Paris, 1893-95. -</p> - -<p> -R. Pohl — <i>Gesammelte Schriften von H. Berlioz</i>, 1864. -</p> - -<p> -Berlioz — <i>Memorie e scritti</i>, Paris. -</p> - -<p> -Louis R. — <i>H. Berlioz</i>, 1904. -</p> - -<p> -Schurè — <i>Le drame musical</i>, Paris. -</p> - -<p> -R. Wagner — <i>Gesammelte Schriften</i>, Lipsia. -</p> - -<p> -Glasenapp — <i>Das Leben Rich. Wagners</i>, 1906. -</p> - -<p> -Chamberlain H. St. — <i>Richard Wagner</i>, 1904. -</p> - -<p> -Torchi — <i>Ricc. Wagner</i>, 1890. -</p> - -<p> -Adler G. — <i>R. Wagner</i>, 1904. -</p> - -<p> -Chantevoine — <i>F. Liszt</i>, Paris, 1911. -</p> - -<p> -Ramann — <i>Franz Liszt</i>, Lipsia, Breitkopf und Härtel. -</p> - -<p> -F. Liszt — <i>Gesammelte Schriften</i>, 1880-1883. -</p> - -<p> -Louis R. — <i>Franz Liszt</i>, Berlino, 1899. -</p> - -<p> -Kapp. — <i>Franz Liszt</i>, Berlino, 1914. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_384">[384]</span> -</p> - -<h2 id="cap21">CAPITOLO XXI. -<span class="smaller">Scuole nazionali.</span></h2> -</div> - -<p> -Fino alla metà del secolo scorso la musica -aveva un carattere piuttosto internazionale, per -quanto non si vorrà certo negare che in molti -riguardi si distinsero sempre la musica italiana -e francese dalla tedesca. Ma queste differenze -per quanto esistenti non sono molto sensibili, -perchè i grandi maestri tedeschi e specialmente -gli antichi fino a Gluck e Mozart hanno subito -l'influsso della musica italiana e francese. -I maestri posteriori d'ogni nazione cominciarono -invece a mostrare una fisionomia più -decisamente nazionale come p. e. la francese -in Berlioz, Frank e Saint-Saens, ecc., e la -tedesca in Schumann, Brahms ed altri. Col destarsi -poi della coscienza nazionale, sia frutto -di guerre od avvenimenti politici o di maggior -coltura si vennero sempre più sviluppando differenze -anche nella musica di altre nazioni, specialmente -delle nordiche e slave, sia perchè -avevano conservata la loro musica popolare, -sia perchè s'erano fondate scuole nazionali ed -i musicisti non frequentavano più come prima -quasi esclusivamente quelle estere. L'egemonia -che l'Italia aveva esercitato per secoli sulla -musica era già cessata da tempo e gliela contrastava -la Germania. Ma se i giovani musicisti -<span class="pagenum" id="Page_385">[385]</span> -scandinavi ed alcuni dei russi accorrevano ancora -alle scuole tedesche per apprendervi l'arte -musicale, ritornati in patria essi cercarono di -liberarsi dall'influenza straniera ed approfittando -dell'immensa ricchezza della canzone e -melodia popolare seppero dare alle loro opere -il carattere nazionale servendosi appunto dell'elemento -melodico e ritmico della musica -popolare. -</p> - -<p> -La prima per tempo di queste scuole è la -<i>Scandinava</i> che comprende la <i>danese</i>, la <i>norvegese</i> -e la <i>svedese</i> col ramo secondario della -musica <i>finnica</i>, che è di tutte la più recente. I -maestri scandinavi sono quasi tutti romantici -e derivano in ultima linea da Mendelssohn e -Schumann col già nominato Gade quale anello -di congiunzione. Essi prediligono perciò la musica -istrumentale e di questa le forme minori. -La loro musica, quantunque abbia l'impronta -moderna non mostra alcun influsso delle nuove -teorie rivoluzionarie ed è anzi piuttosto conservativa -e di carattere intimo e lirico. La nota -predominante è la melanconia in tutte le gradazioni, -appaiata ad un sentimento intenso della -natura e ad una felice disposizione al colorito -istrumentale e finezze armoniche e ritmiche, -derivanti senza dubbio da elementi etnici. -</p> - -<p> -La musica danese prima di <i>Gade</i> non ebbe -vera impronta nazionale. Fu egli per il primo -che consciamente, almeno nelle opere della -giovinezza e virilità, ispirò alla sua musica -l'elemento nazionale. Prima si usava servirsi -<span class="pagenum" id="Page_386">[386]</span> -di qualche melodia popolare per scopi speciali -o per semplice amore di novità. Gade senza -copiare la musica delle canzoni nordiche seppe, -mantenendo le forme usuali creare un tipo di -melodia o spunto musicale, che ha un carattere -essenzialmente nazionale, sicchè la sua prima -sinfonia in <i>do minore</i> fu ai suoi tempi una rivelazione. -Questa sua nota speciale andò poi -nelle opere posteriori sempre più affievolendosi, -finchè egli finì col diventare un gentile -ed abile imitatore di Mendelssohn. Ma Gade -fece scuola in tutta la Scandinavia. Fra i migliori -musicisti della Danimarca contano <i>Emilio -Hartmann</i> (1836-1898), <i>Giorgio Mailing</i> (1836-1903), -<i>Asger Hamerik</i> (1843), <i>Augusto Enna</i> -(1860) che si dedica con qualche fortuna principalmente -al dramma musicale, (<i>La Strega</i>, <i>Cleopatra</i>, -ecc.), <i>Carl Nielsen</i> (1860). -</p> - -<p> -Maggiore impronta nazionale della danese ha -la musica <i>norvegese</i> colle sue canzoni e danze -caratteristiche (<i>Halling</i>, <i>Springer</i>, ecc.). Ma -forse più che alla maggior ricchezza melodica -e varietà delle sue canzoni essa deve la sua superiorità -ai musicisti stessi, fra i quali <i>Kjelruf</i> -(1815-1863) ed il celebre violinista <i>Ole Bull</i> -(1810-1880) furono i primi che misero in onore -la musica nazionale. Il vero rappresentante -della scuola norvegese ed ancor oggi il più geniale -ed importante è <i>Edgardo Grieg</i> (1843-1907). -Egli è il poeta musicale della Scandinavia più -di Gade e degli altri, ed ha contribuito alla conoscenza -dell'anima nordica altrettanto che -<span class="pagenum" id="Page_387">[387]</span> -Biornsön ed Ibsen, perchè in ogni sua composizione, -la più grande e la più piccola egli non -smentisce mai il carattere speciale della sua -nazione e quasi neppur volendolo sa liberarsi -dall'influenza della musica popolare, che è diventata -sua seconda natura e che egli pur -creando nuove melodie e forme imita. La sua -natura è un misto di elementi artistici e popolareschi, -i quali si fondono organicamente, sicchè -l'opera che ne risulta non ha nulla di artificioso -ma è spontanea e sincera. Il Concerto -per pianoforte, le Sonate per violino, il Quartetto, -ecc., sono opere costruite secondo le -norme della morfologia musicale, eppure esse -hanno un'impronta tutta speciale, perchè il contenuto -è diverso, diversa la melodia, il ritmo -e l'armonizzazione. -</p> - -<p> -Grieg discende da Schumann ed è vero impressionista. -Le sue opere sono quasi sempre -la traduzione poetica di un sentimento che occupa -il suo animo e che in lui, poeta dei suoni, -trova eco e si estrinseca nella sua arte. Le opere -più note oltre le nominate sono due <i>Suites</i> (<i>Peer-Gynt</i>) -per orchestra, una <i>Suite</i> in stile antico -per archi, un'<i>Ouverture</i>, i pezzi lirici per pianoforte -e molte delle sue bellissime canzoni. -Grieg non fu certo uno dei colossi della musica -ma piuttosto un delicatissimo e poetico -miniatore. Perciò le sue migliori opere non -sono le più grandi, giacchè a lui mancava la -potenza delle concezioni grandiose. -</p> - -<p> -<i>Cristiano Sinding</i> (1856) invece è padrone delle -<span class="pagenum" id="Page_388">[388]</span> -forme maggiori e le predilige (Sinfonie, Concerti, -Sonate, Quintetto, Trio, ecc.). Confrontato -con Grieg egli è certo più maschio e potente -ma molto meno poetico nelle sue opere, meno -fortunato negli spunti, che sono alle volte rudi -ed aspri, meno nazionale nel colorito, meno -lirico ma invece molto più epico. -</p> - -<p> -Altri noti musicisti norvegesi sono <i>Giovanni -Svendsen</i> (1840-1911) che scrisse ancor giovanissimo -le sue migliori opere (Ottetto, Sinfonie, -Concerti, Leggende, Rapsodie, ecc.); <i>Gerardo -Schjelderup</i> (1859) autore di drammi musicali -e <i>Halfdan Cleve</i> (1879) (Concerti per pianoforte, -ecc.). -</p> - -<p> -Quasi le stesse caratteristiche mostra la musica -<i>svedese</i>. <i>Ivan Hallström</i> (1826-1901) cercò -già per tempo di liberare l'opera drammatica -musicale dalle influenze straniere e darle un -carattere nazionale, però con poca fortuna, -mentre maggiore ne ebbero i tentativi di <i>Gio. -Södermann</i> (1832-1876) di innalzare le sorti -della canzone <i>svedese</i> e di <i>Andrea Hallén</i> (1846) -per la musica istrumentale, che si risente della -musica di Wagner e Liszt. <i>Emilio Sjögren</i> (1853) -(Sonate, pezzi per pianoforte, cantate, canzoni, -ecc.), <i>Guglielmo Stenhammer</i> (1871) e <i>Guglielmo -Peterson-Berger</i> (1867) sono oggi i più noti musicisti -svedesi. -</p> - -<p> -Alla musica scandinava appartiene anche -quella della <i>Finlandia</i>, del paese dei mille laghi, -una terra che ha pure una canzone popolare -propria, in molti riguardi diversa della -<span class="pagenum" id="Page_389">[389]</span> -scandinava e russa ma affine ad ambedue. Fino -a pochi anni fa il nome dei maestri nazionali -non oltrepassava i confini del paese. Oggi <i>Roberto -Kajanus</i> (1869) ed ancor più <i>Jean Sibelius</i> -(1865) sono abbastanza noti nel mondo musicale. -Anzi molti chiamano ora Sibelius il caposcuola -non solo della musica finlandese ma -della nordica in genere. Alle opere di lui (poemi -sinfonici, sinfonie, Concerto per violino, pezzi -per pianoforte, canzoni, ecc.), manca però quasi -intieramente la nota ilare e gioconda ed esse -hanno somiglianza colla natura del paese dai -lunghi inverni, le fitte nebbie, rotte alle volte -da qualche raggio di sole sbiadito, che mostra -gli stagni fumanti ed il verde pallido delle erbe. -Anche egli come Grieg non padroneggia le forme -maggiori e non è di rado frammentario. -</p> - -<p> -La musica <i>russa</i> prima di Glinka ebbe ben -poca importanza come arte nazionale. Sarti, -Galuppi, Martini, Paisiello e Cimarosa per non -nominare che i maggiori, soggiornarono a lungo -nella Russia e vi scrissero molte delle loro opere. -Il vero creatore della musica russa è <i>Michele -Glinka</i> (1804-1857) l'autore della <i>Vita per lo Czar</i> -(1837) e <i>Russlan e Ludmilla</i>, ambedue pregne -di carattere e melodia nazionale, con novità di -ritmi ed armonizzazione ma ben lontane da -meritare gli esagerati entusiasmi, che destano -ancor oggi nella loro patria. Quasi contemporaneo -è <i>Alessandro Dargomisky</i> (1813-1869) (<i>Russalka</i> -e <i>Convitato di pietra</i>) forse meno ispirato -di Glinka ma ricco di sentimento drammatico -<span class="pagenum" id="Page_390">[390]</span> -e ricercatore di nuove forme. In questo riguardo -si può anzi dire che egli col suo recitativo melodico, -base di tutto il suo Convitato di pietra, -ha molti punti di affinità cogli autori più -moderni. <i>Alessandro Seroff</i> (1820-1871) (<i>Giuditta</i>, -<i>Rogneda</i>) completa la triade ma non raggiunge -neppur lontanamente i suddetti. -</p> - -<p> -Il vero e decisivo impulso a creare di proposito -una vera arte musicale russa partì dal -cosidetto cenacolo dei cinque (<i>Balakireff</i>, <i>Cui</i>, -<i>Borodine</i>, <i>Rimsky-Korsakoff</i> e <i>Moussorzsky</i>), che -per caso originariamente furono o uomini di -scienza o soldati. Era l'epoca del fermento prodotto -dalle opere di Berlioz, Liszt e Wagner ed -in genere della musica programmatica e descrittiva. -I cinque nominati bandirono la crociata -contro la musica italiana e francese ed -accettando i nuovi principî cercarono di metterli -in pratica nelle loro opere sia drammatiche -che sinfoniche. Supremo scopo poi era di dare -alla loro musica una vera impronta nazionale -togliendola dalla melodia e dal ritmo delle canzoni -popolari. Queste col loro carattere oscillante -fra il maggiore e il minore, somigliante -molte volte alle antiche tonalità di chiesa, con -elementi orientali frammischiati furono dai sudetti -sapientemente utilizzati ed imitati ed -hanno dato alle opere della scuola russa moderna -un certo carattere esotico ed originale che ne -è forse il maggior pregio. Il ritmo della musica -russa ha qualche cosa di elementare che deriva -più dalla razza che dalla volontà del musicista -<span class="pagenum" id="Page_391">[391]</span> -ed è svariatissimo (anche p. e. in <span class="above">5</span>⁄<span class="below">4</span>, -<span class="above">5</span>⁄<span class="below">8</span>, ecc.). -</p> - -<p> -Il più audace innovatore dei nominati è <i>Modesto -Moussorzky</i> (1823-1881) quantunque egli -non ebbe mai sufficiente padronanza della parte -tecnica della sua arte. Egli è l'autore dell'opera -<i>Boris Godounov</i>, che quando fu data la prima -volta nel 1877 a Pietroburgo fu derisa e cadde -miseramente, mentre oggi si considera come -l'opera più audace e nuova della scuola russa. -In essa l'arte sinfonica non ha alcuna parte, -ma tutto è conciso, rapido ed eminentemente -drammatico. -</p> - -<p> -<i>Cesare Cui</i> (1835) scrisse più opere drammatiche, -<i>Angelo</i>, <i>Ratcliff</i>, ecc., e sinfoniche. Ma il -suo maggior merito sta nell'aver combattuto -accanitamente per i nuovi ideali specialmente -coi suoi scritti e la sua propaganda. <i>Al. Borodine</i> -(1834-1887) gli fu nell'ispirazione di gran -lunga superiore e ci lasciò poche ma belle opere -quali, p. es., il secondo quartetto, la sinfonia -in <i>do minore</i>. Il suo <i>Principe Igor</i>, opera rimasta -incompiuta e finita poi da Rimsky-Korsakoff -e Glazounow è scritta piuttosto nello stile antico -ma contiene nelle danze e nei cori delle -pagine stupende di un colorito smagliante. <i>Nicola -Rimsky-Korsakoff</i> (1844-1908) fu di tutti -il più sapiente e molti dei giovani musicisti russi, -che contano fra i migliori, furono suoi scolari. -Egli si provò in tutti i rami della musica e quasi -in tutti con fortuna (opere drammatiche <i>Sadko</i>, -<i>Notte di maggio</i>, <i>Pskovitaine</i>, ecc., sinfonie, -<span class="pagenum" id="Page_392">[392]</span> -poemi sinfonici, <i>Antar</i>, <i>Sheherezade</i>, quartetti, -Concerti, ecc.). -</p> - -<p> -Ma più che tutti questi musicisti sono noti -al mondo internazionale i loro contemporanei -<i>Antonio Rubinstein</i> (1829-1894) e <i>Pietro Tschaikowsky</i> -(1840-1893). Il primo, celebre pianista e -fecondissimo autore di opere teatrali (<i>Nerone</i>, -<i>Feramor</i>, <i>Maccabei</i>, <i>Demonio</i>, ecc.), sinfonie, -concerti, musica da camera, canzoni, oratorî, -ecc., è oggi pressochè dimenticato, quantunque -nelle sue opere sieno numerosi i momenti di -vera ispirazione geniale. Ma in tutta la sua stragrande -produzione non c'è un'opera di maggior -mole che sia veramente perfetta. Spunti dei più -eletti si avvicendano con frasi comuni, ed ad un -tempo riuscitissimo ne seguono degli altri, -scritti senza ogni cura, nei quali l'autore si -trascina innanzi con lunghe esposizioni e lavori -tematici senza alcun valore. -</p> - -<p> -Tschaikowsky è più moderno, più sincero per -quanto più bizzarro, più lirico che drammatico. -Egli è incoerente nello stile ma spesso assai -ispirato. Fra le sue opere (<i>Eugen Onegin</i>, <i>Jolanda</i>, -<i>Mazeppa</i>, ecc., Sinfonie, Quartetti, Concerti, -Suites, ecc.), emerge su tutte la sesta sinfonia -in <i>Si minore</i>, la patetica, una delle migliori -opere sinfoniche degli ultimi decenni, -calda di fantasia, piena di contrasti, varia nei -ritmi e coloriti. -</p> - -<p> -Tanto Rubinstein che Tschaikowsky non sono -musicisti sì schiettamente nazionali quanto i -suddetti, quantunque molti dei temi delle loro -<span class="pagenum" id="Page_393">[393]</span> -opere abbiano carattere russo nazionale, ciò -che vale specialmente delle composizioni di -Tschaikowsky. La nuova scuola russa li ha perciò -piuttosto trascurati e cominciò col foggiare -la sua musica servendosi quasi intieramente di -melodie nazionali. Così le opere di <i>Alessandro -Glazounow</i> (1865), il capo dei giovani russi (7 -sinfonie, poemi sinfonici, quartetti, ecc.), talento -fecondissimo e precoce, fino alle ultime di -pochi anni fa, sono di carattere spiccatissimo -nazionale quasi ostentativo e lo stesso si può -dire di quelle degli altri migliori: <i>Soloview</i>, -<i>Liadow</i>, <i>Juon</i>, <i>Tanéjew</i>, <i>Glière</i>, ecc. -</p> - -<p> -Da qualche tempo è però sensibile una certa -reazione, del resto salutare ed utile, perchè la -troppa predominanza dell'elemento melodico -nazionale finiva a rendere monotone le nuove -opere. La produttività dei musicisti russi moderni -è stragrande. Venuti tardi essi sembrano -quasi voler guadagnare il tempo perduto e le -loro sinfonie, poemi sinfonici e quartetti non si -contano più. Il pubblico cosmopolita accolse -tutte queste opere con grande simpatia, perchè -esse portavano finalmente una nuova nota. Ma -oggi si può ormai accorgersi di una diminuzione -di interesse, come è successo colla musica nordica. -Le melodie russe sono poco varie, o nenie -melanconiche, che ricordano le steppe oppure -piccole danze che si ripetono fino all'infinito. -Il loro valore intrinseco è perciò molto relativo -e se quei temi possono servire ad episodi e -sono suscettibili di coloriti svariati, essi si -<span class="pagenum" id="Page_394">[394]</span> -adattano poco ad essere usati nelle forme maggiori -della musica. Ma comunque ciò sia, la -musica russa ha avuta una certa influenza sulla -musica moderna in generale e ci ha resi attenti -ad una quantità di musicisti, maestri dell'arte -dell'orchestrazione e dell'armonia quasi sempre -assai interessante, ricchi di temperamento esuberante, -concettosi e non di rado ispirati ma -altresì spesso bizzarri e brutali nella ricerca -dei contrasti più crassi, poco amanti del serio -lavoro tematico ed ancor lontani dal raggiungere -quel grado di misura che è necessario -alle opere durature. -</p> - -<p> -La disposizione del popolo <i>boemo</i> alla musica -è proverbiale ed infiniti sono i musicisti -boemi specialmente suonatori di strumenti, dai -più celebri virtuosi ai più meschini suonatori -girovaghi. Ma una vera musica boema oltre a -quella delle canzoni e danze popolari si venne -formando soltanto dopo che anche i boemi si -ricordarono di non essere soltanto una parte -dell'Austria ma una nazione con lingua e letteratura -propria e si destò il sentimento nazionale -e patriottico. -</p> - -<p> -Il padre della nuova musica boema è <i>Federico -Smetana</i> (1824-1884), vero musicista di razza, il -creatore dell'opera nazionale (<i>La sposa venduta</i>, -<i>il Secreto</i>, <i>Dalibor</i>, <i>Il bacio</i>, ecc.), ed autore di -una specie di epopea nazionale in musica, -<i>La mia patria</i>, serie di sei poemi sinfonici, -scritti a somiglianza di quelli di Liszt, ma certo -più ispirati e più semplicemente concepiti. Pochi -<span class="pagenum" id="Page_395">[395]</span> -anni prima della sua morte minacciato dalla -pazzia e quasi sordo scrisse un quartetto per -archi <i>Dalla mia vita</i>, che è un'opera di gran -passione e sentimento tragico. Fra le opere -teatrali <i>la Sposa venduta</i> è la migliore e la sua -freschezza melodica e ritmica va a gara con -una fattura sapientissima ed un colorito orchestrale -dei più fini. -</p> - -<p> -L'eredità di Smetana fu raccolta da <i>Antonio -Dvorak</i> (1841-1904), senza dubbio il più grande -musicista boemo, dotato di ispirazione, ricco -di fantasia, colorista per eccellenza, spontaneo -e fecondo. La musica di Dvorak (opere -teatrali, quartetti, sinfonie, concerti, oratori, -poemi sinfonici, ecc.), ha l'impronta nazionale -ma essa gli viene più per istinto che per volontà, -diversamente da Smetana. Meno profondo -e sapiente di Brahms, che fu quegli -che gli aprì la strada nel mondo musicale, -egli è certo di lui più melodioso, più accessibile -al pubblico. Il campo in cui egli eccelse -e scrisse opere forse durature è quello della musica -assoluta. Ma dopo un soggiorno di alcuni -anni in America egli si convertì per sua disgrazia -alla musica programmatica e le sue ultime -opere non possono mettersi a paro con quelle -anteriori. Dvorak era un musicista troppo istintivo, -soltanto un musicista, non complicato con -un esteta e filosofo ed egli si fermò soltanto -all'esteriorità e credette bastare la traduzione -musicale di un soggetto poetico passo per -passo, verso per verso, per scrivere dei poemi -<span class="pagenum" id="Page_396">[396]</span> -sinfonici. Ad onta di ciò c'è tanto d'ispirato e -sano nella sua musica, tanta superiorità tecnica -e tanto splendido colorito orchestrale da non -comprendere come le sue opere ad eccezione -di qualche quartetto vadano ormai in dimenticanza. -</p> - -<p> -Un altro musicista boemo che meriterebbe -esser più noto di quello che è, fu <i>Zdenko Fibich</i> -(1850-1900), vero poeta del pianoforte. Fra -i contemporanei si distinguono <i>Viteslavo Novâk</i> -(1870), ardito e nuovo, <i>Giuseppe Suk</i> (1874). -</p> - -<p> -Una vera musica <i>inglese</i> non esiste ad eccezione -di quella delle vecchie canzoni, alle quali -non si può negare una fisionomia propria. Eppure -anche in Inghilterra si coltivò e si coltiva -con amore e perseveranza la musica ed i maggiori -maestri di tutte le nazioni vi trovarono o -personalmente o colle loro opere sempre cordiale -accoglienza. Le sorti della musica inglese -si rialzarono però già da molti anni e mentre -prima non si potevano nominare oltre i musicisti -di altri tempi che due inglesi, che ebbero anche -sul continente qualche fama (<i>Vincenzo Wallace</i> -(1814-1865) la <i>Maritana</i> e <i>Michele Balfe</i> (1808-1870) -la <i>Zingara</i>) oggi sono parecchi i maestri -inglesi che sono notissimi specialmente nel -ramo dell'oratorio e della musica sinfonica. -</p> - -<p> -Questi sono <i>Alessandro Mackenzie</i> (1847), -<i>G. A. Macfarren</i> (1813-1887), <i>Arturo Sullivan</i> -(1842-1900), <i>Ferd. Cowen</i> (1852), <i>Carlo Standford</i> -(1852), <i>Hubert Parry</i> (1848), <i>Granville Bantock</i> -(1868) e sovratutti <i>Edoardo Elgar</i> (1857). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_397">[397]</span> -</p> - -<p> -Quantunque quasi tutti questi musicisti si -dedicarono anche alla musica istrumentale, la -loro predilezione è però rivolta all'oratorio sia -biblico che di altro soggetto e ciò forse meno -per un bisogno artistico della loro anima quanto -per il fatto, che i numerosi festivals annui provocano -una produzione di simili opere, che negli -altri paesi sono in completa decadenza. La possibilità -poi di esecuzioni con gran masse corali -assai disciplinate influisce altresì sui maestri, -che come p. e. Bantock ha potuto scrivere una -grande sinfonia corale, <i>Atalanta a Caledonia</i> -(1912) senza orchestra per venti gruppi di voci -usate come strumenti. Di tutti questi oratori -due soli sono noti sul continente, <i>il sogno di -Geronzio</i> e gli <i>Apostoli</i> di Elgar. -</p> - -<p> -Una posizione a parte prende <i>Ethel Smyth</i> -(1858) uno spirito irrequieto che cominciò seguendo -vie già battute per trasformarsi e convertirsi -poi ad una lingua più moderna nelle -sue due opere, la <i>Foresta</i>, e specialmente i <i>Naufraghi</i>. -Fra le donne compositrici Smyth supera -certo di gran lunga le colleghe d'ogni paese. -</p> - -<p> -Quantunque la musica inglese sia piuttosto -di carattere conservativo, anch'essa non ha -potuto sottrarsi al modernismo musicale odierno -e non mancano giovani musicisti, che hanno -tendenze nazionali e cercano di dare un carattere -specifico alla musica inglese basandosi -specialmente sulla canzone popolare. A questo -gruppo appartengono <i>Ralphe Vaughan Williams</i> -(1872), <i>Percy Grainger</i> (1882) e <i>Cirillo -<span class="pagenum" id="Page_398">[398]</span> -Scott</i>, il più avanzato fra i nominati. In ultima -linea manca però alla musica moderna -inglese ancora la vera ispirazione ed essa è -internamente piuttosto fredda e senza passione. -</p> - -<p> -La musica <i>americana</i> è ancor giovane e manca -come l'inglese di propria fisionomia, non esistendo -una vera canzone popolare. L'unico musicista -americano, che ha una nota specifica è -<i>Edvardo Mac Dowel</i> (1861-1908), autore di poemi -sinfonici, concerti, suites, ecc. Le sue migliori -opere sono però certo quelle per pianoforte e -specialmente le minori (<i>Sea pieces</i>, ecc.) e molte -canzoni. Altri musicisti americani di qualche -nome sono: <i>Edgar Kelley</i> (1857), <i>Giorgio Cladwik</i> -(1854) e <i>Orazio Parker</i> (1863). -</p> - -<p> -A completare l'enumerazione delle scuole nazionali -sono da aggiungersi la <i>belga</i> o <i>fiamminga</i> -e la <i>spagnuola</i> quantunque per ambedue -non si possa parlare di tendenze decisamente -nazionali. <i>Pietro Benoit</i> (1834-1901) ha scritto -più opere teatrali ed oratori su testi fiamminghi -ma senza una vera nota personale. <i>Edgardo Tinel</i> -(1854-1912) ebbe qualche successo col suo oratorio -<i>Franciscus</i> ma egli è nelle sue opere piuttosto -dotto che ispirato. <i>Jan Blockx</i> (1851-1912) -è con <i>Paolo Gilson</i> (1865) forse il più originale e -moderno dei nominati. -</p> - -<p> -Un'opera <i>spagnuola</i> o <i>portoghese</i> non esiste -e la musica di quei paesi dopo Vittoria, Morales -e Guerrero non ha quasi più importanza -nella storia della musica e si contenta di produrre -<span class="pagenum" id="Page_399">[399]</span> -<i>Zarzuele</i> (operette). Un'eccezione è però da farsi -per <i>Filippo Pedrell</i> (1841), dottissimo cultore -degli studî musicali storici ed autore di una -Trilogia: <i>I Pirenei</i> (1902) opera di gran polso, -concepita modernamente. Negli ultimi anni è -però innegabile un risorgimento anche nella -Spagna e le opere dei musicisti moderni (<i>Ripolles, -Pujol, Morera, Manuel de Falla, Laparra</i> -e <i>Turina</i>, ecc.), cominciano a mostrare serietà -di studî ed un nuovo indirizzo promettente. -</p> - -<p> -Il maggiore di tutti i musicisti spagnoli moderni -e quello che sembrava destinato a rialzarne -le sue sorti fu <i>Isacco Albeniz</i> (1861-1910). Più -che le altre sue opere sono quelle per pianoforte, -specialmente la raccolta <i>Iberia</i>, che lo -innalzano sugli altri. Gli spagnoli moderni compreso -Albeniz derivano però dalla scuola modernista -francese e di veramente nuovo non c'è -nelle loro opere che l'elemento spiccato popolaresco, -che però non è gran fatto vario, perchè -non sa sortire dal ritmo di danza. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Walter Niemann — <i>Die Musik Skandinaviens</i>, Breitkopf -und Härtel. -</p> - -<p> -Soubies A. — <i>La musique scandinave au XIX siècle</i>. Rivista -italiana, anno 8º, fasc. 2º, e 9º fasc. 4º. -</p> - -<p> -Harwart E. — <i>La musique actuelle dans les Etats Scandinaves</i>, -Paris, Fischbacher, 1910. -</p> - -<p> -H. F. Finks — <i>Edvard Grieg</i>, London, John Lane, anche -trad. ted. Stuttgart. Grüninger. -</p> - -<p> -Schielderup und Niemann — <i>Grieg biografie</i>, Lipsia, Peters -</p> - -<p> -Cui C. — <i>La musique en Russie</i>, Paris, Fischbacher, 1881. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_400">[400]</span> -</p> - -<p> -Soubies A. — <i>Précis de l'Histoire de la musique russe</i>, Paris, -Fischbacher, 1903. -</p> - -<p> -Bernstein N. — <i>Anton Rubinstein</i>, Lipsia. -</p> - -<p> -Zabel E. — <i>Anton Rubinstein</i>, 1892. -</p> - -<p> -Calvocoressi — <i>Glinka</i>, Paris, 1911. -</p> - -<p> -Knorr. I. — <i>Tschaikowsky</i>, Berlino, 1900. -</p> - -<p> -Tschaikowski M. — <i>Tschaikowski</i>, 1904, trad. in tedesco da -P. Iuon. -</p> - -<p> -Calvocoressi — <i>Moussorzsky</i>, Paris, 1910. -</p> - -<p> -Pougin A. — <i>Essai historique sur la musique en Russie</i>. Rivista -musicale italiana, Vol. III. e IV. -</p> - -<p> -Bruneau A. — <i>Die russische Musik</i>, Berlin, Bard-Marquardt -et Comp. -</p> - -<p> -Batka R. — <i>Geschichte der boemischen Musik</i>, Berlin, Bard-Marquardt -et Comp. -</p> - -<p> -Streatfeild R. A. — <i>Musiciens anglais contemporains</i>, Paris, -1913. -</p> - -<p> -Maitland J. A. Fuller — <i>Englische Musik in the XIX century</i>, -London, Grand Richards, 1902. -</p> - -<p> -Elson L. C. — <i>The history of American Music</i>, New-York, -Macmillan, 1904. -</p> - -<p> -Soubies A. — <i>La musique en Espagne</i>, Paris, 1900. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap22">CAPITOLO XXII. -<span class="smaller">La musica italiana, francese e tedesca -dei nostri giorni.</span></h2> -</div> - -<p> -Il progresso che la coltura musicale ha fatto -durante gli ultimi decenni in Italia è veramente -notabile. Per comprenderlo è necessario richiamarsi -alla memoria i tempi non molto lontani, -quando l'ignoranza la più crassa circa le maggiori -<span class="pagenum" id="Page_401">[401]</span> -opere della musica istrumentale ed in genere -della straniera era la regola e, ciò che è -peggio, questo non valeva soltanto per il pubblico -ma anche per la maggior parte dei musicisti -stessi che senza ombra di veri ideali e -senza sufficiente preparazione si mettevano a -scrivere per il teatro. Su questo triste stato di -cose influiva l'istruzione che s'impartiva ai giovani -nei Conservatori da maestri senza vera -coltura nè musicale nè generale, che si contentavano -di insegnare quel tanto della loro arte che -era assolutamente necessario e che, perchè essi -avevano scritto un paio d'opere teatrali, avviavano -i loro allievi per quella strada, che allora -era l'unica aperta, anche se essa non si adattava -al talento specifico dello scolaro. A difficoltare -poi il miglioramento contribuiva il concentrarsi -dell'interesse del pubblico al solo -teatro, che non era che luogo di divertimento -e svago ma ben raramente di educazione e coltura. -La mancanza di orchestre stabili e società -corali costringeva del resto i musicisti -a trascurare altri rami della musica oltre la -teatrale. -</p> - -<p> -Tra i primi che contribuirono al risveglio -musicale ed a rialzare la coltura vanno nominati -<i>Alberto Mazzuccato</i> (1813-1877) direttore -del Conservatorio di Milano, miglior maestro che -compositore, uomo di profondo sapere, critico -perspicace e studioso di nuove cose ed <i>Antonio -Bazzini</i> professore di composizione e poi direttore -del Conservatorio di Milano. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_402">[402]</span> -</p> - -<p> -Eran quelli gli anni della maggior vitalità -delle opere di Giuseppe Verdi, che brillava -quale astro solitario ed era l'unico rappresentante -vivente della musica italiana all'estero. -Ma per ragioni che non è qui il luogo di ricercare, -le opere di Verdi non ebbero nella sua -patria tanti imitatori, quanto si avrebbe potuto -credere ed i nuovi maestri cercarono altri modelli -da imitare, che dapprima furono Gounod -e poi Bizet e finalmente Massenet. Di un'imitazione -wagneriana non si poteva parlare nè -prima nè dopo, giacchè se è innegabile che i -principî cardinali delle teorie wagneriane hanno -influito in genere su tutta la musica da teatro, -i maestri italiani dalle opere di Wagner appresero -soltanto alcuni procedimenti tecnici ma si -fermarono piuttosto alla superficialità, ciò che -fu forse fortuna, giacchè l'imitazione wagneriana -ha in Germania e Francia isterilito una -quantità di talenti di secondo rango. -</p> - -<p> -Un maestro dell'epoca di transizione, per -non parlare di Arrigo Boito, che sta a parte e -di <i>Cesare Dominicetti</i> (1821-1888) che è dimenticato -più di quanto merita, fu <i>Alfredo Catalani</i> -(1854-1895). Educato prima di compire i suoi -studi in Italia al Conservatorio di Parigi, egli cominciò -con un'egloga musicale <i>La falce</i> (1875) -che sembrò ai suoi tempi una rivelazione e che -è da mettersi fra le sue migliori composizioni. -Seguirono poi l'<i>Elda</i>, opera farraginosa ma -piena di promesse, che divenne poi la <i>Loreley</i>, -l'<i>Edmea</i> più facile ma di minor valore, la <i>Dejanice</i> -<span class="pagenum" id="Page_403">[403]</span> -e la <i>Wally</i> (1892) che ancora si eseguisce -con plauso. Catalani fu fra i primi in Italia ad -abbandonare le antiche forme ed a creare il -dramma musicale. Egli era un'anima gentile, -delicata, inclinante al patetico e sentimentale -senza troppo impeto drammatico. La sua vena -inventiva non è gran fatto originale nè potente -ma sempre fine. Egli è un pittore di primo -rango e sa descrivere con mille interessanti -particolari il paesaggio. In ordine di tempo egli -è da ritenersi il primo della scuola dei cosidetti -veristi posteriori, per quanto i libretti, che egli -mise in musica appartengono al più puro ed -esagerato romanticismo, e tale lo fanno la maniera -di concepire il dramma musicale, la ricerca -dei particolari e traduzione del testo. -</p> - -<p> -La parola verismo musicale e la scuola italiana -del verismo è di data posteriore ed il nome -ci venne dalla Germania. In complesso la prima -non vuol dir nulla, giacchè se per essa s'intende -imitazione di cose del mondo esterno -coi mezzi della musica, i maestri italiani non -furono più veristi di altri stranieri. Comunque, -i maestri italiani moderni hanno una fisionomia -propria e pur mantenendo abbastanza fedelmente -il carattere nazionale, hanno influito a -creare l'opera moderna, liberandola da tutto il -romanticismo antico e sostituendo a marionette -storiche o d'invenzione veri uomini che sentono, -soffrono, amano, odiano e gioiscono. -</p> - -<p> -Ma se ciò successe, non bisogna credere che -il merito sia esclusivo dei musicisti, chè essi -<span class="pagenum" id="Page_404">[404]</span> -non fecero anzi che seguire l'indirizzo dei -tempi e della produzione letteraria, che s'era -già messa per quella via. L'ambiente era perciò -preparato ed è naturale che i giovani musicisti, -figli del loro tempo, abbiano cercato quei -drammi che più s'adattavano all'indirizzo ormai -generale. Dato questo, era sottinteso che il -musicista che sceglieva un dramma scritto alla -maniera nuova, non poteva metterlo in musica -come si faceva prima. Del resto la predilezione -di soggetti del più crasso realismo fu cosa abbastanza -passeggiera e come i romanzi di Zola -hanno perduto oggi gran parte del loro interesse, -i musicisti hanno quasi cessato di occuparsi -esclusivamente di fatti di sangue ed azioni -da postribolo. Qualunque però sia il giudizio -che si vuol dare delle opere musicali nate sotto -questa stella, il fatto dell'immenso successo -che alcune di esse ebbero non soltanto in Italia -ma anche in altri paesi, è prova del principio -di vitalità a loro inerente e noi fummo non solo -liberati dall'incubo dell'imitazione wagneriana -ma furono aperte nuove vie all'opera moderna, -che forse sarà la psicologica, cioè quella che cercherà -scrutare i più profondi sentimenti umani. -Egli è perciò ben a torto che la critica, specialmente -la straniera, si è divertita a detrarre -in ogni modo le opere dei maestri italiani moderni -ed a voler disconoscere quel tanto di nuovo -e quei sani principî che esse contengono e far -credere che il tutto non fu che una bolla di sapone -o una felice speculazione di un accorto -editore. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_405">[405]</span> -</p> - -<p> -Di tutte le opere di questi maestri la più fortunata -e quella che ancor oggi conserva quasi -tutta la sua vitalità è la <i>Cavalleria Rusticana</i> -(1890) di <i>Pietro Mascagni</i> (1863), un'opera di genio -ad onta dei suoi gravi difetti, piena di impeto -e calore di giovinezza, ricca d'ispirazione, -chiara, drammatica, sincera e nazionale, che -non sarà senza importanza nella storia della musica -teatrale, perchè per la prima volta vi domina -l'elemento popolare semplice ed istintivo. -I difetti stanno specialmente nella deficienza -del lavoro tematico, alla quale cercano supplire -le ripetizioni in altri toni, nella ricerca troppo -palese dell'effetto con mezzi spesso affatto esteriori -e comuni, in somma nella superficialità dell'apparato -tecnico. Mascagni diventò colla Cavalleria -specialmente per gli stranieri l'antesignano -della scuola verista probabilmente senza -merito o colpa, perchè fu certo il caso che gli -offrì un buon libretto nè egli quando lo scelse -era uomo da mulinare nella sua mente riforme. -La Cavalleria divenne il modello di molte altre -opere che sono scritte sulla stessa falsariga e -che esagerano i difetti di Mascagni. Due di -queste <i>A basso porto</i> di <i>Nicola Spinelli</i> e <i>Santa -Lucia</i> di <i>Antonio Tasca</i>, si mantennero alcun -tempo nel repertorio dei teatri di Germania -e sembravano buone promesse, che però non -ebbero seguito. -</p> - -<p> -Mascagni non seppe più raggiungere colle sue -opere posteriori, il successo della Cavalleria. -Già <i>L'amico Fritz</i> ed i <i>Rantzau</i> non hanno più -<span class="pagenum" id="Page_406">[406]</span> -la spontaneità melodica della prima opera e vi -si sente la volontà di essere più ricercato, più -fine specialmente nell'armonia, che del resto è -spesse volte nuova ed interessante. Nei Rantzau -poi c'è troppa spezzatura ed un affannoso cambiamento -di tempi senza necessità ma solo per -amore di nuove cose. Del <i>Ratcliff</i> si disse che -fosse opera in parte scritta prima della Cavalleria. -Comunque, è innegabile che è opera forte -e che contiene delle splendide pagine. L'<i>Iris</i>, -venuta dopo, è l'opera che si distacca di più -da ogni altra del maestro, compresa l'<i>Amica</i> e -le <i>Maschere</i>. Il soggetto giapponese ne fu soltanto -in parte la cagione, giacchè della musica -giapponese Mascagni non potè o volle servirsi -e neppure del colorito locale. Ma egli, come prima -di lui fece Bizet, si creò egli stesso un ambiente -nuovo con colorito speciale adatto, ciò che val -più che seminare quà e là qualche spunto melodico -tolto dalle canzoni popolari ed ha adornato -la delicata creatura giapponese di molte -grazie, soffondendola di una grande poesia, che -esala il suo profumo in tutta l'opera, certo la -migliore e più ispirata dopo la Cavalleria. Le -<i>Maschere</i> non ebbero successo e ben difficilmente -potevano averlo per l'infelicissimo libretto che -è inetto a poter ispirare un musicista e perchè -la musa di Mascagni ha ben poco di comico -ed è naturalmente drammatica e passionale. -Oltre a ciò a Mascagni mancava la coltura necessaria -ed il senso storico per riescire a rianimare -le antiche maschere italiane oppure realizzare -<span class="pagenum" id="Page_407">[407]</span> -musicalmente la satira, che il poeta forse -aveva in mente. -</p> - -<p> -Le tre ultime opere (<i>Amica, Isabeau, Parisina</i>) -segnano ormai una completa decadenza. -A Mascagni non fanno certo difetto il talento, -l'ispirazione, la foga drammatica, l'intuizione, -insomma tutto quello che era necessario per -farne un grande maestro. Ma a lui mancano -invece la severa critica e la disciplina verso -se stesso, l'assoluta serietà di propositi, una cultura -musicale estetica ed anche la sapienza -tecnica. Mascagni è un miscuglio di geniale e -mediocre, spesso superficiale ed ineguale. Egli -non ha veri principi e persuasioni fondate ma -passa dal verismo al romanticismo ed al simbolismo -senz'altra cagione del caso che gli -porta un libretto invece d'un altro. Data questa -sua natura e psiche era forse meglio per lui -rimanere sempre lo stesso, quello della Cavalleria, -come gli antichi maestri, che si recavano -alcuni mesi o settimane prima in una città per -scrivervi un'opera magari senza saper quale, -insomma non preoccuparsi di problemi estetici -e tecnici ma scrivere come gli dettava l'ispirazione -del momento. Il volersi affinare e cambiare -fu possibile ad una natura riflessiva ed -austera come quella di Verdi ma non a lui. -Egli lo tentò ma non è riuscito che a snaturarsi. -Di questa decadenza i sintomi sono già palesi -nell'Amica, che nulla ha di nuovo e che è anche -melodicamente deficiente. L'Isabeau è forse -meno tormentata della sorella ma in essa si -<span class="pagenum" id="Page_408">[408]</span> -ripete il tentativo di riescir nuovo ed interessante -con procedimenti piuttosto ingenui come -p. e. l'eterno modulare senza vera ragione ed -il contorcimento della melodia, ciò che s'era -già palesato nei Rantzau. L'intermezzo è di una -povertà opprimente e nulla ha di sinfonico come -in genere la musica di Mascagni. Perchè poi -egli, mancante affatto di vena mistica e che -non fu mai certo un sognatore abbia scelto -un soggetto come Isabeau, è difficile capire, -se non si vuole ammettere che anch'egli abbia -voluto sacrificare alla mania erotica del tempo, -per quanto l'erotismo nell'Isabeau non sia che -latente. E come era naturale il musicista non -ha potuto ispirarsi ad un libretto rancido di -romanticismo dove le didascalie devono supplire -alla vita drammatica e non ha trovato -che frasi musicali internamente vuote. Nè miglior -sorte ebbe la Parisina, dove la magniloquenza -di D'Annunzio ha trascinato Mascagni -ad un continuo fraseggiare senza nerbo e contenuto, -perchè nessun musicista ha bisogno -come egli di un testo semplice, tutto materiato -d'azione e senza disquisizioni. E Mascagni, che -pur altre volte ebbe dei momenti ispirati e felici -nella descrizione della natura, specialmente -del mattino, non ha saputo neppur tradurre -quel tanto di poetico, che pur c'è nell'ambiente -della Parisina. -</p> - -<p> -Mascagni oggi non conta pressochè più che -per la sua Cavalleria e ciò è triste, perchè egli -per la sua esuberante passionalità, per l'italianità -<span class="pagenum" id="Page_409">[409]</span> -della sua vena ingenua ma sincera e spontanea -sembrava destinato a rinnovellare il melodramma -italiano. -</p> - -<p> -Quasi pari al successo della Cavalleria fu -quello dei <i>Pagliacci</i> (1892) di <i>Ruggero Leoncavallo</i> -(1858) che pur egli non seppe poi più raggiungere -colle opere posteriori. La fortuna dei -Pagliacci è d'ascriversi tanto al musicista che -al poeta, riunito sì in questa che nelle altre -opere in una sola persona. Ma in confronto -della Cavalleria troviamo nei Pagliacci ben minore -originalità ed ispirazione ed invece più -riflessione e pratica del teatro con una buona -parte di fraseologia musicale piuttosto vuota ad -onta dell'apparente magniloquenza. Certo è però -che la musica della piccola pantomima o commedia -dell'arte è felicissima e che è trovato il -passaggio dalla farsa alla realtà tragica. In genere -si può anzi dire che il meglio delle opere di Leoncavallo -sta nelle parti di carattere leggiero e che -allora la sua musica diventa snella e varia -come p. es. nella musica cantata da ballo dei -<i>Medici</i>, nei due primi atti della <i>Bohème</i> ed in -qualche parte di <i>Zazà</i>, mentre dove l'azione diventa -intensamente drammatica e la musica -dovrebbe alzarsi, essa è incolore e le manca -la nota ispirata. Perciò Leoncavallo fallì quasi -intieramente la prova col <i>Rolando di Berlino</i>, -per quanto egli abbia messo ogni cura a mettere -in musica un libretto, che non gli conveniva -e gli fu imposto da un capriccio di regnante, -nè miglior sorte ebbero le sue opere ed operette -posteriori. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_410">[410]</span> -</p> - -<p> -Ma se la stella di Mascagni e ben più quella -di Leoncavallo va tramontando, il successo rimane -pur sempre fedele a <i>Giacomo Puccini</i> (1858). -Egli fu fra i primi della cosidetta nuova scuola -ad entrare nell'agone colle <i>Villi</i> (1884) un soggetto, -che col verismo nulla ha da fare, ciò che -dimostra come il nuovo indirizzo ha ben altra -provenienza di quella che si crede, specialmente -fuori d'Italia. Le Villi sono caratteristiche per -giudicare dell'opera del musicista, perchè Puccini -palesò in questa piccola opera tutte le sue -principali qualità, che non hanno subito poi -grandi trasformazioni. Alle Villi seguì l'<i>Edgar</i>, -opera oscillante fra il vecchio ed il nuovo senza -sicurezza d'indirizzo e che non ebbe successo. -Ma la rivincita venne presto colla <i>Manon</i>, che -è forse ancor oggi la miglior opera del maestro, -specie nel primo atto, ricco d'invenzione -melodica, gran movimento ritmico, varietà e -spontaneità oggi assai rara. La <i>Bohème</i> è invece -l'opera più diffusa e generalmente applaudita. -Ma tanto essa quanto la <i>Tosca</i>, per quanto -questa accentui la nota tragica ed anche <i>Madame -Butterfly</i> derivano in ultima linea dalla -Manon. Nè Puccini si è cambiato nella sostanza -della sua ultima opera <i>la Fanciulla del West</i> -che nell'aver continuato il processo d'assimilazione -già incominciato colla Butterfly del nuovo -sistema armonico e di averlo saputo modificare -secondo i suoi bisogni e la sua natura -come nessun altro meglio di lui. Melodicamente -egli è rimasto sempre lo stesso ed egli supplisce -<span class="pagenum" id="Page_411">[411]</span> -anche nella Fanciulla del West alla mancanza -di vera forza drammatica col frammettere con -arte innegabile a tutte le peripezie veristiche -ed alla fretta del libretto frasi melodiche che -spesso sono ispirate e pur non interrompono -troppo l'incalzare dell'azione. Di ciò ne è prova -specialmente il primo atto che ha in questo riguardo -molta somiglianza col primo della Manon. -Tosca e la Fanciulla del West sono i tentativi -di Puccini nel campo dell'azione tragica a forti -tinte ed ambedue non si possono dire veramente -riusciti, giacchè egli è un'anima essenzialmente -lirico-patetica, che fallisce alla prova, quando -egli vuole oltrepassare il limite messo alle sue -forze, le quali bastano a cogliere felicemente -un momento fuggevole ma non a dipingere un -quadro a grandi linee. -</p> - -<p> -Lo stile di Puccini, e che egli abbia uno stile -proprio nessuno vorrà negare, è fatto di sfumature -e carezze ed è certo meno nazionale di -quello di Mascagni. Egli lo ha formato sulle -orme di Bizet ed ancor più di Massenet, che gli -è affine, ma ha saputo dargli fino ad un certo -punto una nota propria. La sua musica non -predilige le grandi linee, i grandi quadri ma è -a piccoli disegni di trama sottilissima e delicata, -che l'autore con un'arte veramente incomparabile -dell'istrumentazione ci fa apparire sempre -sotto nuovi aspetti. Ma egli è di tutti i musicisti -italiani il più accurato ed è incredibile -come egli sappia seguire le parole anche -quando queste sono pedisseque, pur mantenendo -<span class="pagenum" id="Page_412">[412]</span> -il periodo musicale e rialzando colla musica -la prosa del testo. I soggetti delle sue opere -(Manon, Tosca, Mimì, Butterfly, Minnie), ci indicano -la caratteristica del maestro, che tenta -di penetrare l'anima femminile nelle sue più -sensibili fibre ed è naturale, che da ciò dipenda -quel tanto di flebile sentimentalità, che è proprio -della sua musica, povera di rude maschiezza -e grandiosità ma quasi sempre delicatissima e -piena di poesia. E ciò non è sì poco da giustificare -tutte le critiche acerbe, che subirono in -Italia e specialmente all'estero le opere di Puccini, -che non è certo della stirpe verdiana ma -al quale non si può negare sapienza, accuratezza -e neppure ispirazione. Egli del resto non ha -quasi mai tentato di parere quegli che non è -e dove l'ha fatto, ha saputo con grande intuizione -foggiare a suo modo il libretto, per farlo -corrispondere al suo ingegno. E per ciò è ingiusto -il voler pretendere da lui quello che non -volle e forse non potè darci. -</p> - -<p> -<i>Umberto Giordano</i> (1867) e <i>Alberto Franchetti</i> -(1869) contano pure fra gli autori italiani più -noti. Giordano si affermò già presto colla <i>Mala -vita</i> (1892). <i>Regina Diaz</i> non piacque ma fu -grande invece il successo di <i>Andrea Chenier</i> e -quasi pari quello di <i>Fedora</i>. Le ultime opere -<i>Siberia</i>, <i>Marcella</i> e <i>Mese mariano</i> non ebbero -gli stessi applausi delle consorelle, nè si può -neppur dire che la novissima <i>Madame Sans-Gêne</i> -(1915) ci abbia palesato una nuova nota -od un progresso, ciò che del resto era prevedibile -<span class="pagenum" id="Page_413">[413]</span> -data la specie di libretto episodico e ribelle -alla musica. La quale per necessità se ne -risente e riesce frammentaria ed ineguale, difetto -solito della musica del maestro, che si -contenta di seguire le scene senza grandi preoccupazioni -di unità di stile ed altro. La musica -di Giordano non ha veramente una fisionomia -propria ma essa si distingue però in qualche -modo da quella degli altri. Egli è dei nominati -forse il più cerebrale ed il meno spontaneo ma -sa calcolare sapientemente gli effetti ed ha l'istinto -del teatro. La sua tecnica è assai sviluppata -e se la sua ispirazione melodica non è -gran fatto potente, non gli manca però qualche -volta la frase calda, quando il dramma lo richiede, -mentre in altre parti egli si contenta -di illustrare fedelmente e con grande varietà e -sicurezza le parole e situazioni. Perciò la musica -di Giordano ha bisogno della scena e ben -poco ci dice senza di questa, ciò che in sè non -è un difetto. -</p> - -<p> -Alberto Franchetti veniva considerato in Italia -fino pochi anni fa come il più dotto dei musicisti -italiani moderni che si dedicarono al teatro. Ed -in verità nessuno fra i colleghi ha mostrato di -sapere quanto lui, che studiò alla scuola di Rheinberger -e Draeseke, far uso della polifonia per -costruire pezzi di grandi dimensioni alla guisa -di Meyerbeer, col quale ha qualche lontana somiglianza, -nè le opere italiane moderne hanno -molto da mettere a paro coi cori del secondo -atto del Cristoforo o colle imponenti sonorità del -<span class="pagenum" id="Page_414">[414]</span> -finale del primo atto, e non è sempre una bella -frase o melodia che gli manchi. Ma la vera scintilla, -la melodia calda ed espressiva è ben di rado -da trovarsi nella sua musica. L'<i>Asrael</i>, un'opera -pletorica senza proprio stile ma con molte reminiscenze -le più varie fu però una bella promessa. -Il <i>Cristoforo Colombo</i> mostra una mano molto più -esperta ed ha delle belle pagine accanto a molte -mediocri. <i>Fior d'Alpe</i> ed il <i>Signor Pourceaugnac</i> -non ebbero successo anche perchè Franchetti ha -bisogno delle forme ampie del melodramma o -storico o fantastico. Perciò egli vi tornò colla -<i>Germania</i>, inferiore al Colombo, perchè vi è -troppo preoccupazione di voler essere melodico -e facile, senza esserlo veramente. E lo -stesso si può dire della <i>Figlia di Jorio</i>, nella -quale Franchetti ingannato dalla bellezza dei -versi credette trovare un soggetto adatto a lui. -Ma egli ad onta di tutto l'amore e lo studio -che vi impiegò non riescì a trovare il colore -dell'ambiente ed ancor meno ad eguagliare il -poeta ma si è contentato di scrivere della musica -ben fatta e discretamente interessante. L'ultima -opera <i>Notte di leggenda</i> (1915) non aggiunse -nulla alla fama dell'autore, perchè in essa non -c'è alcuna novità ed il maestro si contenta di -seguire la via già battuta da lui e tanti altri. -</p> - -<p> -Altri maestri noti sono: -</p> - -<p> -<i>Luigi Mancinelli</i> (1848) autore di un <i>Jsora di -Provenza</i> (1884) che ebbe qualche fortuna e di -<i>Paolo e Francesca</i> (1908) che la supera di gran -lunga e per ispirazione e fattura. Mancinelli è -<span class="pagenum" id="Page_415">[415]</span> -pure autore pregiato di musica orchestrale (Intermezzi -per <i>Cleopatra</i>, <i>Scene veneziane</i> ed Oratori, -<i>Isaia</i>, <i>Ero e Leandro</i>); <i>Antonio Smareglia</i>, -(1854), musicista assai serio di carattere essenzialmente -romantico, continuamente in cerca -d'uno stile moderno, (<i>Preziosa</i>, <i>Bianca da Cervia</i>, -<i>Vassallo di Szigeth</i>, <i>Cornelio Schut</i>, <i>Abisso</i>, ecc.). -La sua miglior opera è forse <i>Nozze istriane</i> e la -più elaborata e poetica <i>Oceana</i> (1903) specie di -commedia fantastica, che si adatta alla sua -indole. -</p> - -<p> -<i>A. Cilèa</i> (1866), autore di <i>Tilda</i>, nata al tempo -e sotto l'influsso della Cavalleria Rusticana, -poi d'una gentile e melodiosa <i>Adriana Lecouvreur</i> -e di <i>Gloria</i>, opera di grandi dimensioni -ma senza novità e mancante di vera unità drammatica -e di vigore. -</p> - -<p> -<i>Pietro Floridia</i>, forse uno dei migliori e dei -più ricchi di facoltà melodica e inventiva (<i>Maruzza</i> -e <i>Colonia libera</i>) e che da lungo tempo -tace. -</p> - -<p> -<i>Spiro Samara</i> (1861) (<i>Flora mirabilis</i>, la <i>Martire</i>, -<i>La biondina</i>, <i>Rhea</i>, ecc.). -</p> - -<p> -<i>Giacomo Orefice</i>, (<i>Chopin</i>, <i>Mosè</i>). -</p> - -<p> -<i>Nicolò Van Westerhout</i> (1862-1898). (<i>Fortunio</i>, <i>Dona -Flor</i>). -</p> - -<p> -Un altro maestro oggi molto nominato è il -veronese <i>Italo Montemezzi</i>, autore di <i>Giovanni -Gallurese</i>, <i>Hellera</i> e <i>l'Amore dei tre re</i>, delle -quali l'ultima opera è certo la migliore. Ma anche -in essa non troviamo la prova di un talento veramente -originale e se non vi mancano una certa -<span class="pagenum" id="Page_416">[416]</span> -facilità melodica, specialmente nelle parti elegiache, -spesso di buona lega, ed il sentimento -e l'intuizione drammatica, ci sono ancora -troppe influenze eterogenee, che l'autore non -seppe amalgamare tanto da farsi uno stile personale. -Lo stesso si può dire di <i>Franco Alfano</i> -(<i>Risurrezione</i>, <i>il Principe Zilah</i>, <i>l'Ombra di Don -Giovanni</i>) musicista serio e sicuro ma senza -nota propria. -</p> - -<p> -Ad onta di tutta questa fiorita di nuove opere -il melodramma italiano si trova in un periodo -critico. Il difetto quasi generale sta nella mancanza -di un vero indirizzo e nel vano conato -di trovar forme nuove, mentre le antiche più -non si adattano ai drammi concepiti modernamente -ed al gusto del pubblico. I maestri si -contentano di seguire più o meno fedelmente -la parola del dramma e la traducono in melodie -o frasi melodiche, donde risulta una successione -di pezzi ma non il vero dramma musicale. -Un simile compromesso non potrà però -durare a lungo, se continua a mancare la vera -melodia, che lo potrebbe ancora far accettare per -alcun tempo. Manca perciò al dramma musicale -l'anima che sorregge il tutto e lo tiene insieme -organicamente. Le teorie wagneriane, sì giuste -nei principî cardinali, non sono ancora sufficientemente -comprese e se è fortuna che non vengano -imitate nell'estrinsecazione del maestro -non sono abbastanza seguite e non si concepisce -la musica dell'opera come un'azione psicologica -del dramma che non solo illustra e traduce ma -<span class="pagenum" id="Page_417">[417]</span> -esprime tutto quello che la parola non arriva -a dire. -</p> - -<p> -Oltre questi difetti di natura estetica ne -esistono altri di fattura e molte delle nuove -opere palesano una mano abile, molte volte -anzi abilissima e maestra nel trattare l'orchestra -ma ben poca conoscenza della vera polifonia, -che quando è melodica e non scolastica -è veramente uno degli elementi principali dell'espressione -e del sentimento. La melodia poi -non è sempre della più scelta e mancando in -genere la frase ispirata vi si supplisce con una -parvenza di melodia, che gli antichi maestri -avrebbero ripudiata. Un difetto comune a molti -e senza dubbio derivante dalla deficienza di -vera ispirazione è il troppo grande spezzamento -ed il continuo riattaccare della frase come pure -la esagerata ricerca di nuove armonie e preziosità -ritmiche, che non hanno motivo di essere -che nel capriccio dell'autore. In quasi tutte -le opere poi si sente la preoccupazione dell'effetto -che si vuol raggiungere con mezzi affatto -superficiali e calcolati sul gusto non fine del -pubblico. -</p> - -<p> -La conseguenza di tutto ciò è un'incertezza -di stile, mancanza di omogeneità e quel che è -più di originalità. Le nuove opere italiane ad -eccezione di un paio che nomineremo dopo -hanno tutte un'affinità di famiglia che è altrettanto -da ascriversi a motivi etnici quanto al -fatto dell'imitazione comune di autori stranieri. -I giovani musicisti italiani sono ben altrimenti -<span class="pagenum" id="Page_418">[418]</span> -studiosi ed agguerriti d'una volta ed -è palese in loro l'affaticarsi per trovare una -nuova via. Ma perchè manca loro la forza di -trovarla o la coscienza della potenzialità del -loro talento, essi vanno snaturandosi e costringendosi -a parere o diventare diversi da quello -che la natura li ha fatti. Ed allora per ripiego -essi imitano ora Wagner, ora Strauss, ora Debussy -ma soltanto nei procedimenti esterni -senza comprendere veramente il vero significato, -che dipende dalla psiche dell'autore, e si -dimenticano troppo spesso di essere italiani -e discendenti di Monteverdi e specialmente di -Verdi. -</p> - -<p> -La musica istrumentale italiana del secolo -scorso e del nostro non può neppur lontanamente -mettersi a confronto con quella tedesca. -La sua decadenza cominciò già con quella della -scuola napolitana e se anche molti dei suoi -maestri scrissero opere pregiate per istrumenti -(Sonate), dal principio del secolo XIX tutto l'interesse -non è rivolto che al teatro. <i>Muzio Clementi</i> -(1752-1832) vive nella memoria più per -il suo <i>Gradus ad Parnassum</i> che per le molte -sonate per pianoforte che però non sono certo -senza meriti. <i>Gio Batta Viotti</i> (1753-1824), celebre -violinista, conta fra i perfezionatori della -forma del Concerto nè è da negarsi valore musicale -ai due concerti di <i>Nicolò Paganini</i> (1784-1840) -ed ai suoi 24 capricci. Ma dopo quest'epoca -si procede innanzi a tentoni senza alcun -indirizzo, senza memoria e coscienza delle antiche -<span class="pagenum" id="Page_419">[419]</span> -tradizioni di gloria per cadere in una -peggio che desolante mediocrità, sicchè dopo le -sinfonie di Sammartini e la musica da camera -di Boccherini è difficile menzionare un'opera superiore -di musica istrumentale ad eccezione -delle ouverture di Cherubini e di <i>Jacopo Foroni</i> -(1825-1858), talento che prometteva moltissimo -ma che si spense sul fior dell'età. <i>Jacopo Tomadini</i> -(1820-1883) scrisse bella musica da chiesa -e l'oratorio <i>la Risurrezione del Cristo</i>, opera di -gran pregio, ma quasi nessuno ne prese nota. -<i>Stefano Golinelli</i> (1818-1891), <i>Francesco Sangalli</i> -(1826-1892) e <i>Giovanni Rinaldi</i> (1840-1895), -si dedicarono soltanto al pianoforte e seppero -elevarsi sugli altri per delicatezza d'ispirazione -ed eleganza di stile, mentre la maggior parte -dei pianisti italiani si contentavano di scrivere -fantasie e variazioni su motivi di opere teatrali. -</p> - -<p> -Ancor peggio stavano le cose per la musica -orchestrale e bisogna arrivare a Sgambati e -Martucci per incontrare una vera sinfonia in -quattro tempi, mentre in Germania se ne contavano -centinaia. <i>Antonio Bazzini</i> (1818-1897), -celebre violinista di fama mondiale ed eccellente -musicista, si distinse però già per tempo -con belle composizioni per il violino molto superiori -alle solite e finì collo scrivere musica da -camera (Quartetti e Quintetto) due Ouverture -<i>Lear</i> e <i>Saul</i> ed il poema sinfonico <i>Francesca da -Rimini</i>, che mostrano almeno buona fattura e -bel colorito orchestrale. -</p> - -<p> -Le grandi forme della sinfonia coltivarono -<span class="pagenum" id="Page_420">[420]</span> -invece <i>Giovanni Sgambati</i> (1843-1915) e <i>Giuseppe -Martucci</i> (1856-1909). Il carattere delle opere di -Martucci (musica da camera, 2 sinfonie, concerto -per pianoforte, molta musica per pianoforte), -è quello della riflessione sapiente schiva -d'ogni effetto volgare. In un certo riguardo -egli ha nelle opere più mature qualche somiglianza -con Brahms e se non lo raggiunge certo -nè nell'ispirazione nè nella logica assoluta dell'organismo -egli sa accattivarsi le simpatie per -l'eleganza ed un fine sentimento idilliaco. Da -ciò dipende una certa austerità, che spiega la -poca diffusione che ebbero le sue opere maggiori -ad onta dei loro grandi pregî che si riconosceranno -forse più tardi. Martucci fu un solitario, -punto retrogrado ma senza simpatia per -tutte le nuove correnti estetiche e sempre italiano -nella melodia nobile e scelta. Sgambati, -(musica da pianoforte, da camera, sinfonie, Requiem, -ecc.), gli è certo superiore nell'ispirazione -se non nella sapienza delle costruzioni tematiche. -Egli ebbe fantasia fervida e potente e -ci lasciò col suo Requiem un'opera di grandi dimensioni -da potersi mettere a paro colle migliori -del genere. Ma tanto Sgambati che Martucci -ci diedero troppo poche opere ed anche -su loro gravarono certo l'ambiente poco propizio -alla musica istrumentale e la mancanza di vero -incoraggiamento da parte del pubblico italiano. -</p> - -<p> -Da alcuni anni però le sorti vanno rialzandosi -e ciò si palesa nella produzione che è -molto più feconda e varia e nel fatto che i musicisti -<span class="pagenum" id="Page_421">[421]</span> -italiani che si dedicano alla musica istrumentale -son ben altrimenti più numerosi e -colti di prima. -</p> - -<p> -<i>Enrico Bossi</i> (1861), eminente organista ed -autore di Oratorî, musica da camera, organo, -pianoforte, da chiesa ed orchestra (Suite, Intermezzi -Goldoniani, Variazioni, ecc.), è più noto -all'estero che in Italia. Il suo <i>Canticum canticorum</i> -(1900) per soli, coro ed orchestra è un'opera -magistrale per ispirazione e sapienza che -si eleva su tutta la produzione di questo genere -dell'ultimo tempo, satura di colorito e polifonia, -moderna nella sua fibra ed ammirabile per la potenza -dell'autore di servirsi delle forme scolastiche -del canone e fugato per trarne effetti -estetici e superiori. Quasi gli stessi pregî hanno -il suo grande oratorio <i>il Paradiso perduto</i> ed il -recente oratorio-dramma <i>Giovanna d'Arco</i>, mentre -il piccolo poemetto <i>Il cieco</i>, su poesia di Pascoli -è opera meno accessibile al pubblico ma -di profonda poesia e sentimento tragico. Bossi -ha sfatato colle sue opere la leggenda che in -Italia non esista che musica da teatro. Una sol -volta egli vi si è provato con un melodramma -<i>Il Viandante</i> (1906) dato in Germania, dove in -genere furono eseguite per la prima volta e -pubblicate quasi tutte le sue opere migliori. -</p> - -<p> -<i>Ermanno Wolf Ferrari</i> (1876) veneziano, può -domandarsi come Arturo Graf: -</p> - -<div class="poem"> -<p>Mia madre fu latina</p> -<p>Fu teutone mio padre.</p> -<p>Vince il padre o la madre?</p> -</div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_422">[422]</span> -</p> - -<p> -Non vi può esser dubbio, che egli si sente -italiano e tale lo mostrano le sue opere. Italiano -è il carattere predominante della Cantata -<i>Vita nuova</i>, tolta da Dante per soli, coro ed orchestra, -composizione di grande potenza espressiva, -unita ad un colore smagliante (grande orchestra, -organo e pianoforte) un'opera di getto -senza pedanterie scolastiche e preziosità romantiche, -che mal si sarebbero accomodate allo -stile di Dante. Due Sonate per pianoforte e -violino, due trio, un quintetto con pianoforte, -una sinfonia da camera per pianoforte, quintetto -d'archi e strumenti a fiato, pochi pezzi -per pianoforte e qualche canzone sono le opere -che Ferrari scrisse finora oltre quelle dedicate -al teatro ed alle cantate <i>Sulamite</i> e la <i>Figlia -di Jairo</i>. -</p> - -<p> -Da alcuni anni Ferrari si dedica intieramente -al teatro, al quale aveva già dato una delle sue -prime composizioni, <i>Cenerentola</i>, che non ebbe -alcun successo. Le sue opere posteriori (<i>le Donne -curiose</i>, <i>I quattro rustici</i>, <i>il Segreto di Susanna</i>, -<i>l'Amor medico</i>) appartengono al genere dell'opera -buffa modificato a norma dei tempi cambiati. -Wolf-Ferrari s'è venuto formando in esse -uno stile abbastanza personale, un settecento -musicale con qualche sapore di modernità nell'orchestra -ed armonia. Ma se l'eleganza e la -sapienza tecnica vi sono grandissime, non altrettanto -copiosa e originale vi scorre la melodia -ed è ben dubbio se a Ferrari convenga il tono -di voluta semplicità, che domina nelle sue commedie -<span class="pagenum" id="Page_423">[423]</span> -musicali e non gli sia preferibile l'autore -della seconda Sonata per violino e pianoforte -e della Vita nuova. Ultimamente egli ha tentato -nei <i>Giojelli della Madonna</i>, anche l'opera -veristica turbolenta ed a forti tinte ma senza -vero successo, perchè all'autore fa difetto la -potenza drammatica. -</p> - -<p> -<i>Leone Sinigaglia</i> (1868) s'è finora dedicato -esclusivamente alla musica istrumentale, alla -quale lo destinano il suo talento specifico di -carattere intimo schivo d'ogni enfasi. Senza voler -essere un innovatore egli non ci sorprende -ma ci conquista colla rigogliosa ispirazione, -coll'euritmia della sua musica, cogli effetti istrumentali -ottenuti non con mezzi speciali e strani -ma con sapienti impasti di colori. Sincerità e -naturalezza sono le sue principali doti e la sua -melodia ha qualche cosa di rude e vivificante -della musica popolare. Le sue opere principali -sono il <i>Concerto</i> e la <i>Rapsodia piemontese</i> per -violino con orchestra, il Quartetto op. 27 con -un Adagio stupendo per profonda espressione, -una serenata per violino, viola e violoncello, -le <i>Danze piemontesi</i> per orchestra e l'Ouverture -<i>Le baruffe Chiozzotte</i>, felicissimo compendio -pieno di vita e spirito dell'allegra commedia -di Goldoni, la Suite <i>Piemonte</i>. -</p> - -<p> -<i>Lorenzo Perosi</i> (1872) destò coi suoi oratorî -(<i>La Passione di Gesù Cristo, La trasfigurazione, -La risurrezione di Lazzaro, La risurrezione di -Cristo, Mosè</i>, ecc.), i facili entusiasmi del pubblico -italiano, che aveva intieramente perduto -<span class="pagenum" id="Page_424">[424]</span> -la conoscenza dello stile dell'oratorio. Nè il -successo fu dapprincipio immeritato, giacchè -le prime opere, specialmente la <i>Passione di -Cristo</i>, sembrarono davvero promettere per il -futuro dell'artista e l'onda di facile e scorrevole -melodia che vi fluiva, la nobiltà d'espressione -conquisero gli uditori. Ma i molti difetti di queste -restarono e l'autore venne formandosi uno stile -stereotipo, al quale rimase fedele in tutte le -sue opere posteriori ed alla lunga si dovette -persuadersi dei limiti posti al talento gentile -del maestro. E questo stile che è fatto di elementi -drammatici moderni, di reminiscenze -bachiane e di musica chiesastica e liturgica -impedisce l'unità dell'opera e le toglie ogni -grandezza anche per la predominanza della nota -triste e sentimentale. -</p> - -<p> -Altri musicisti italiani noti sono: <i>Alessandro -Longo</i> autore di alcune eccellenti sonate per -pianoforte di stile classico-romantico, <i>Cesare -Ricci-Signorini</i> (1867), (più poemi sinfonici di -stile e colorito moderno, composizioni per pianoforte, -ecc.), <i>Amilcare Zanella</i> (1873), <i>Giovanni -Buonamici</i> (1846-1914), <i>Eugenio Pirani</i> (1852), -<i>Antonio Scontrino</i> (1850), <i>Giovanni Tebaldini</i> -(1864), <i>Bruno Mugellini</i> (1871-1912), <i>Alberto -Fano, Giovanni Bolzoni</i> (1841), <i>Alfonso Rendano</i> -(1853) e finalmente i facili autori di canzoni -<i>Tosti, Rotoli, Denza, Costa, De Leva</i>. -</p> - -<p> -Tutti questi musicisti sono più o meno seguaci -delle vecchie tradizioni e le nuove idee -e teorie non trovano una vera eco nelle loro -<span class="pagenum" id="Page_425">[425]</span> -opere. La nuova generazione però non potè -sottrarsi ad una influenza mediata od immediata -di tutto il turbinare di nuovi problemi estetici -e tecnici ed i frutti di studi ben più profondi -e coscienziosi di un tempo cominciano già a -mostrarsi in un vero rinnovamento dell'arte -italiana, che ha forse base più solida di quella -dell'arte francese perchè la natura italiana è -aliena alle nebulosità ed alle preziosità in cui -va isterilendosi l'arte francese odierna. Ma essendo -gli italiani arrivati gli ultimi, essi si contentano -ancora di imitare certi procedimenti -tecnici nuovi ed innestarli alle loro opere concepite -ancora secondo le vecchie tradizioni. -Ma non tutti però, giacchè ci sono anche giovani -musicisti italiani, che sono ormai decisamente -progressisti sinceri. -</p> - -<p> -Non ancora per il successo ma più per la novità -dei suoi tentativi sta oggi in prima linea -fra i sudetti <i>Ildebrando Pizzetti</i> colla sua <i>Fedra</i> -(1915), un musicista che aveva fatto già parlare -di sè quando scrisse la musica per la <i>Nave</i> e gli -intermezzi per la <i>Pisanella</i>, dunque tutte opere -poetiche di Gabriele D'Annunzio. Il suo credo, -che egli enunziò in scritti e conferenze, è messo -in pratica nella Fedra, giacchè le altre opere -sono troppo poco numerose ed importanti per -farsi una chiara idea delle tendenze dell'autore. -Il quale vorrebbe riannodare ai principî della -Camerata fiorentina e non vede nè nell'opera -di Gluck nè di Wagner realizzato il vero dramma -musicale, perchè esso ha sempre più o meno -<span class="pagenum" id="Page_426">[426]</span> -la forma di cantata e perciò manca di vera essenza -drammatica. Siamo dunque di nuovo all'eterna -questione del connubio o dissidio fra -musica e poesia, forse meno importante di -quanto si crede. E ciò lo dimostra Pizzetti -stesso, che scegliendo la Fedra divenne inconsciamente -infedele ai suoi supremi principî. -Difatti le tragedie del poeta sono, e ciò può -sembrare un paradosso, troppo musicali nella -lingua e nelle immagini per adattarsi veramente -al dramma musicale almeno come lo -pensa o vorrebbe Pizzetti od hanno bisogno -di un genio per musicalmente compenetrarle -e rendere tutta la poesia lirica che vi domina. -A tanto non arriva certo la potenza musicale -di Pizzetti, che non è veramente un creatore -ma piuttosto un dotto ricercatore e scrutatore. -D'Annunzio scrisse, che non c'è una sola nota -nell'intera partitura della Fedra, che contrari -il ritmo spontaneo e ciò sarà vero. Per l'uditore -però ciò non ha che un'importanza secondaria -ed egli trova invece in quella musica troppa -monotonia, neppur rialzata da un'orchestra veramente -colorita e ricca di timbri speciali, -sicchè è da temersi che l'opera di Ildebrando -da Parma resti un nobile e serio tentativo ma -che non diventi la Fedra «indimenticabile». -Pizzetti vi ha fatto uso dei modi antichi, che -egli ha profondamente studiati e dei quali si -servì anche nei cori della Nave. La Trenodia -che inizia il terz'atto se anche non è, come la -disse D'Annunzio, uno dei vertici della musica -<span class="pagenum" id="Page_427">[427]</span> -moderna, degna di essere paragonata alle più -alte pagine dei maestri del secolo XVI e XVII -italiani, è certo uno squarcio di nobilissima musica. -L'aspettarsi un grande vantaggio dall'uso -molto frequente dei modi antichi nella musica -moderna sarà però una speranza vana, perchè -la loro trasformazione nei nostri di maggiore -e minore non fu la conseguenza di velleità e -studi di studi ma il frutto di una evoluzione -logica e naturale. -</p> - -<p> -Ben altra tempra di artista, più spontanea, -più irruente, è invece quella del trentino <i>Riccardo -Zandonai</i> (1883). Mentre Pizzetti si affatica -a mettere in pratica quello che per speculazioni -e studi gli sembra essere l'unica via -per ispirare nuova vita al melodramma italiano, -Zandonai coll'istinto del vero musicista di razza -si è fatto strada e messo al primo posto nel teatro -musicale italiano dei nostri giorni. -</p> - -<p> -Già la sua prima opera, <i>il Grillo del focolare</i> si -innalza di gran lunga sulla produzione contemporanea -tanto per la spontaneità d'ispirazione -che per la fattura accurata. <i>Conchita</i> ha ormai -ad onta dello stile frammentario una nota personale -spiccatissima ed una potenza caratteristica -assai grande. <i>Melenis</i> oltre i pregi di -Conchita ci palesò un altro lato del talento -di Zandonai, la facoltà cioè di dipingere grandi -quadri con mano maestra e di trovare melodie -dalla linea ampia ed espressiva. Ma se in queste -opere si scorge ancora l'incertezza di un giovane, -che non si è ancora formato una lingua -<span class="pagenum" id="Page_428">[428]</span> -tutta propria ed alle volte vi manca l'unità -organica, la <i>Francesca da Rimini</i> (1914), nella -cui musica l'autore ha saputo ben più felicemente -che Pizzetti trasfondere tutta la poesia -della parola ed ambiente dannunziani, sembra -invece avvicinarsi al sogno di un dramma lirico -moderno, quale tutti desiderano ed aspettano -e dove alla musica non tocchi l'ultima -parte. Zandonai, certo il più sicuro e sapiente -degli operisti italiano, si risente ancora -qualche volta delle opere di Wagner e di altri -ma egli è fra tutti i giovani quegli che discende -in linea diretta dal Verdi dell'Otello e Falstaff -ed il più italiano di tutti, perchè italiana è la -sua melodia, sempre scelta e spesso assai ispirata -e felice, italiana la concezione dell'opera -complessa, chiara e senza nebulosità, italiano -il sentimento e l'espressione drammatica, ora -dolcissima ed insinuante, ora irruente ed aspra. -Zandonai ha studiato certo i maestri moderni -ma ha saputo evitare un'imitazione pericolosa -sicchè la sua musica nulla ha della evanescenza -snervante della musica francese nuova e delle -complicazioni cacofoniche straussiane ma è -sana e forte. -</p> - -<p> -<i>Vittorio Gui</i>, <i>Dom. Alaleona</i>, <i>G. Fran. Malipiero</i>, -<i>Alberto Gasco</i>, <i>Vincenzo Tommasini</i>, <i>Vincenzo -Davico</i>, <i>A. Casella</i> e <i>Gianotto Bastianelli</i> -sono pure fra i giovani quelli, che nutriti di -forti studi e di tenace volontà cercano d'innalzare -le sorti della musica italiana e fecero già -buona prova. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_429">[429]</span> -</p> - -<p> -<i>Ottorino Respighi</i>, autore di squisite romanze, -e composizioni orchestrali (sinfonia dramatica, -ecc.), s'è preso a modello la polifonia ed in -genere la musica di Strauss nella sua <i>Semirama</i>, -un'opera di grande colorito, però ineguale nell'ispirazione -e che non può valere che come una -promessa, quantunque la tecnica sia ormai sicura. -</p> - -<p> -Non molto dissimile a quella dell'italiana fu -la sorte della <i>musica francese</i> negli ultimi decenni -del secolo scorso. Anche in Francia -essa fu quasi fino all'epoca tragica del Settanta -arte di lusso e passatempo nè l'educazione musicale -degli artisti e del pubblico era gran fatto -superiore a quella della nazione sorella. Le ultime -opere di Gounod erano pallide ombre del -passato, Berlioz era affatto trascurato ed uno -dei maggiori geni musicali che mai ebbe la -Francia, Giorgio Bizet, s'era spento in giovane -età, senza poter vedere riconosciuta ed ammirata -la sua opera. Alcuni musicisti seppero però -colla tenacia e serietà dei loro propositi tener -fronte alla corrente d'indifferenza e finirono -coll'imporsi all'attenzione. -</p> - -<p> -Il primo di questi è senza dubbio <i>Camillo -Saint-Saens</i> (1835) che i francesi hanno già assunto -fra i classici nazionali. Se con ciò non -si vuole riconoscere che la sua suprema maestria -tecnica, non c'è dubbio che egli merita questo -onore. Saint-Saens ha scritto opere di tutti i -generi (musica da camera, Concerti per pianoforte, -violino, violoncello, suites, poemi sinfonici, -sinfonie, rapsodie, canzoni, musica per -<span class="pagenum" id="Page_430">[430]</span> -organo, opere teatrali — <i>Sansone e Dalila</i>, <i>Etienne -Marcel</i>, <i>Enrico VIII</i>, <i>Proserpina</i>, <i>Ascanio</i>, ecc.). -Ma in fondo egli non ha saputo farsi un vero -e proprio stile, ma s'è lasciato influenzare da -ogni stile assimilandoseli sapientemente. Egli è -un artista equilibrato, elegantissimo e di grande -talento ma fatto principalmente di riflessione, -sicchè la sua musica quasi sempre ci interessa -ma raramente ci conquide. Gounod giudicò -molti anni fa così di lui e le sue parole possono -valere ancor oggi, perchè il suo talento non ha -subito poi alcuna evoluzione rimarcabile: -</p> - -<p> -«Saint-Saens è una delle personalità musicali -più caratteristiche, che io conosca. Egli è -un musicista munito di tutte le armi; egli sa la -sua arte meglio d'ognuno, conosce a memoria -tutti i maestri, suona l'orchestra come il pianoforte -ed ha una facoltà d'assimilazione prodigiosa, -non esagera mai, non è nè violento nè -enfatico, non vuol riformar nulla ma scrive -come sente e sa, perchè è un grande musicista -di razza». -</p> - -<p> -Non egual importanza ebbero <i>Edoardo Lalo</i> -(1823-1892) e <i>Beniamino Godard</i> (1849-1895), il -primo, musicista di serî propositi, che ebbe ben -poco successo in vita. Le sue opere principali -sono due Concerti e la Sinfonia spagnuola per -violino ed orchestra, una Rapsodia norvegese -per orchestra, il ballo <i>Namouna</i> e l'opera <i>Le -roi d'Ys</i>, che ha delle pagine veramente belle. -Godard scrisse musica sinfonica e opere teatrali, -che ebbero qualche successo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_431">[431]</span> -</p> - -<p> -Ma l'autore prediletto del grande pubblico -francese fu ed è forse ancora <i>Giulio Massenet</i> -(1842-1912). Dotato di mediocre potenza drammatica -egli dopo essersi più volte provato nella -grande opera (<i>Re di Lahore</i>, <i>Erodiade</i>, <i>Cid</i>, -<i>Esclarmonda</i>, <i>Le Mage</i>, <i>Thais</i>, <i>Arianna</i>, <i>Bacco</i>) -e specialmente nelle prime composizioni con -successo, venne poi modificando il suo stile, -dando il predominio alla parte lirica (<i>Manon</i>, -<i>Werther</i>, <i>Saffo</i>, <i>Cendrillon</i>, <i>Teresa</i>, ecc.). Ma -questa maniera fatta di facili e carezzevoli melodie -senza grande originalità ma di belle forme, -di ritmi piccanti, di smagliante colorito orchestrale, -se conquise specialmente nella <i>Manon</i> e -nel <i>Werther</i>, colla sensualità della sua musica -vaporosa e piena d'abbandono, alla lunga non -potè ingannarci sulla sua superficialità ed intima -vacuità. Massenet è il poeta dell'amore -sentimentale senza troppi slanci e senza vera -tragicità. Alle volte le sue opere fanno l'effetto -di lunghe romanze e la sua musica somiglia a -Manon, elegante, volubile, gracile e corrotta. -Le ultime opere del fecondissimo autore (<i>Panurge</i>, -<i>Cleopatra</i>, <i>Amadis</i>, postume) non ebbero -più il successo delle prime, giacchè sono sempre -gli stessi procedimenti che si ripetono e perchè -la grazia femminile e snervata dell'autore e la -melodia goudoniana allungata all'acqua di rose -che diventa sempre più insignificante e che finisce -quasi col sottolineare semplicemente le -parole, non poterono più bastare ai bisogni -artistici del nostro tempo, che domanda ben -<span class="pagenum" id="Page_432">[432]</span> -altre e più forti commozioni. Massenet è un artefice -perfetto e sa nascondere il lato debole della -sua musica con tutte le raffinatezze dell'arte, -che per lui non ha più segreti. Ma egli non si -servì che ben di rado di questa sua perizia per -scrivere un'opera forte ed ha mantenuto forse -soltanto nella <i>Cleopatra</i> quello che prometteva -col <i>Re di Lahore</i>, contentandosi di seguire il -gusto della moda e di un pubblico di decadenti. -Massenet, che aveva cominciato cercando una -specie di conciliazione fra il nuovo ed il vecchio, -perdette poi il contatto coll'epoca presente e -tutto quello di nuovo che c'è nell'aria, lo ha -lasciato completamente indifferente. Eppure da -lui derivano i più dei veristi moderni compresi -alcuni degli italiani, che esagerarono i difetti -senza saperlo raggiungere nella perfezione tecnica. -</p> - -<p> -L'influsso che ebbe la musica di Wagner su -tutti questi autori non fu tale da cambiare o -modificare sensibilmente la loro natura, se pure -d'un vero influsso si può parlare. Ma dopo il -Settanta comincia una vera e nuova era della -musica francese, sulla quale la musica e le -teorie di Wagner ebbero una grandissima importanza, -cosa tanto più strana in quanto -che sembrerebbe quasi impossibile che una -nazione appena sconfitta dalle armi tedesche -abbia potuto scegliere proprio quel momento -per rinnovare la sua arte, plasmandola sul modello -dell'odiato vincitore. Eppure fu così. Circa -dall'ottanta in poi dopo che il successo della -<span class="pagenum" id="Page_433">[433]</span> -musica istrumentale tedesca era stato preparato -coi concerti popolari di Lamoureux e Colonne, -la conquista wagneriana fece passi da gigante -e la produzione di quei dieci o quindici anni -se ne risentì talmente, che la musica francese -parve quasi perder ogni impronta nazionale. -Fra i musicisti di questo periodo, nel quale -l'imitazione wagneriana è sensibilissima, vanno -nominati <i>Ernesto Reyer</i> (1823-1909), autore di -un <i>Sigurd</i> (Sigfrido, 1884) scritto intieramente -sotto l'influsso di Wagner e di <i>Salambò</i> (1890) -un'opera non senza meriti ma affatto mancante -di unità di stile ed ineguale nell'ispirazione; -<i>Ermanno Chabrier</i> (1841-1894) autore dell'opera -<i>Gwendoline</i> (1886) musicista ispirato e ricco di -potenza drammatica ma intristito nella imitazione -wagneriana, che snaturò il suo stile, ed -<i>Alfredo Bruneau</i> (1857). Quest'ultimo protesta di -non essere un wagneriano. «Pour ma part, admirateur -fervent de Richard Wagner, je n'ai -jamais cessé, dans mes oeuvres et dans ma critique, -de défendre la cause de l'art français». -Ma più a parole che con fatti, giacchè lo scegliere -per i suoi drammi libretti che gli scrisse -Emilio Zola (<i>Le Rêve</i>, <i>L'attaque du moulin</i>, <i>Messidor</i>, -<i>Ouragan</i>, <i>La faute de l'abbé Mouret</i>, melodramma -declamato, <i>L'enfant roi</i>, <i>Nais Micoulin</i>) -azioni ora estremamente realistiche, ora -peggio che accademiche ad onta della prosa -nella quale sono scritte, perchè i personaggi -non sono veri uomini ma simboli ed astrazioni, -non poteva bastare, avendo la musica di questi -<span class="pagenum" id="Page_434">[434]</span> -drammi ben poco l'impronta nazionale e non -essendo che del Wagner di seconda mano. E -ciò è tanto più da deplorarsi che Bruneau è -forte musicista, al quale non manca nè l'istinto -del teatro nè la sapienza tecnica. In complesso -quello che Bruneau si propone è il dramma musicale -verista, lo stesso ideale al quale aspira -con tendenze nazionalistiche e simbolistiche -<i>G. Charpentier</i> (1860) l'autore del romanzo musicale -<i>Luisa</i> (1898), l'opera sbagliata di un bell'ingegno, -che credette poter ispirare vita artistica -col mezzo di una musica alle volte elegante, -colorita e vivace ma estremamente -frammentaria e senza veri voli lirici alle peripezie -triviali di una famiglia parigina. Molto -minor successo della Luisa ebbe l'ultima sua -opera <i>Julien</i> (1913) che è quasi un rifacimento -della <i>Vie de pöete</i>, specie di dramma sinfonico, -scritto in gioventù. Julien è venuto ormai troppo -tardi e non ci dice più nulla di nuovo. Anche -in essa contrastano romanticismo e realismo -senza potersi accordare e questo continuo oscillamento -toglie ogni unità all'opera nella quale -l'ispirazione è assai scarsa e poco eletta. -</p> - -<p> -Tanto la musica di Bruneau che di Charpentier -sono in sè la negazione di tutte quelle doti -che noi eravamo abituati a trovare e cercare -nella musica francese, cioè la chiarezza, la misura, -la forma. Ambedue furono scolari di Massenet -e per quanta differenza passi fra le opere -del maestro e degli allievi devesi però sempre -riconoscere un'affinità di famiglia ed un incrudirsi -<span class="pagenum" id="Page_435">[435]</span> -di quella maniera di concepire il dramma -musicale come una semplice impressione ora -sentimentale ora realistica che già si mostra, -p. es., nella Saffo di Massenet. Ma quantunque -Bruneau e Charpentier fino ad un certo punto -tentino nuove vie, essi non si possono annoverarsi -a quei pochi musicisti che oggi rappresentano -la nuova scuola francese progressista. -Il padre spirituale di tutti questi è <i>César Frank</i> -(1822-1880) un'anima candida, ingenua e profondamente -religiosa, che in vita restò quasi -sconosciuto e fu solo idolatrato dai suoi scolari. -Le sue opere rispecchiano la sua natura e -la loro caratteristica è il più puro idealismo. -Educato alla musica di Bach egli venne formando -il suo stile sulle opere degli antichi ma -senza imitarli ed aggiungendovi qualche cosa -di mistico che è tutto suo ed elementi affatto -moderni specialmente dal lato armonico. Le -sue opere principali sono gli oratori <i>Les Beatitudes</i>, -<i>Psyché</i>, la sua musica da camera e per -organo, alle quali non fanno certo difetto l'ispirazione -ma il sentimento della misura e -della forma, che alle volte sembra embrionale. -In ultima linea è però assai dubbio, se si possa -annoverare Frank fra i musicisti francesi, perchè -son troppi gli elementi stranieri, che si trovano -nella sua musica. Ma l'importanza di -Frank sta forse più che nelle sue opere nella sua -grandezza morale e nell'immenso influsso che -ebbe sui suoi scolari, fra i quali contano i migliori -musicisti odierni di Francia. E fu per -<span class="pagenum" id="Page_436">[436]</span> -questi che fu superato il periodo di imitazione -wagneriana che minacciava snaturare l'arte nazionale -e che oggi dopo un'interruzione di più -secoli si può davvero parlare di una vera arte -francese, la quale vuole, come proclamava -Charles Bordes, uno dei più valenti maestri e -fautori «le discours libre dans la musique libre, -la melopée continue, la variation infinie, la liberté -en un mot de la prose musicale. Nous -voulons le triomphe de la musique naturelle, -libre et mouvente comme le discours plastique -et ritmique comme la danse antique». -</p> - -<p> -A questo ideale ben ancora lontano da esser -raggiunto tendono i conati del nuovo Cenacolo, -alla cui testa sta da anni <i>Vincent d'Indy</i> (1851), -talento complicato di erudito, pensatore e musicista, -fervido cattolico, battagliero, che cerca -il rinnovamento dell'arte nella conoscenza profonda -dell'arte medioevale. Eppure anch'egli -sacrificò dapprima a Wagner come in genere -tutti gli altri francesi del suo tempo e tanto la -sua sinfonia <i>Wallenstein</i> che la sua opera <i>Fervaal</i> -(1897) e specialmente <i>le Chant de la Cloche</i> -mostrano una palese derivazione dalla musica -wagneriana. Nelle opere posteriori (<i>Etranger</i>, -Sonata per pianoforte e violino. Quartetto, <i>Symphonie -sur un thème montagnard</i>, ecc.), è innegabile -la nota personale, che è fatta più di arte -e di serietà che di spontanea ispirazione. In fondo -d'Indy è un artista conscio e sicuro ma freddo, -aristocratico e troppo eclettico per veramente -commuoverci. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_437">[437]</span> -</p> - -<p> -Della musica <i>tedesca</i> moderna, in quanto essa -cerca nuove vie, parleremo nel seguente capitolo. -Ma non tutti i musicisti di Germania seguono -le orme di Riccardo Strauss, Max Reger -e Gustavo Mahler. La maggior parte continua -le vecchie tradizioni, imitando or questo o quel -maestro. Nell'opera è Wagner, che è diventato -la guida quasi sempre fatale e quantunque la -produzione annua sia ancora ingente, le opere -che non perirono nel mare della dimenticanza -sono pochissime. Una di queste è <i>il Barbiere di -Bagdad</i> di <i>Pietro Cornelius</i> (1824-1874), nata ancora -ai tempi del soggiorno di Liszt a Weimar, -ricca di gentile ispirazione ma senza vera potenza -drammatica. Maggior fortuna ebbe la fiaba -<i>Hänsel und Gretel</i> di <i>Engelberto Humperdink</i> -(1854), felice connubio di canzoni popolari colla -polifonia e la maniera dei Maestri cantori di -Wagner, nota anche in Italia, dove ebbe pure -successo l'altra opera <i>Figli di re</i>, una leggenda -composta alla stessa maniera. Ma quando Humperdink -abbandonò il campo delle fiabe, allora -si mostrò la sua deficienza di vera forza drammatica -e le opere posteriori non ebbero alcun -successo. L'<i>Evangelimann</i> di <i>Guglielmo Kienzl</i> -(1857) ebbe pure gran successo ma più per il -libretto sentimentale e commovente che per la -musica appena mediocre. E così pure vero successo -non può dirsi quello più recente di <i>Tiefland</i>, -l'opera di <i>Eugenio D'Albert</i> (1864), miscuglio -di tutti gli stili con predominanza di quello -italiano moderno. <i>Sigfrido Wagner</i> (1869) ebbe -<span class="pagenum" id="Page_438">[438]</span> -come musicista la sfortuna di essere figlio di -Riccardo Wagner. Le sue opere hanno specialmente -nelle scene popolari di carattere comico -una certa freschezza sana. Ma i libretti simbolico-mistici, -che egli sceglie ed il voler oltrepassare -i limiti postigli dalla natura, gli fecero -finora fallire la prova. Ben maggiore potenza e -serietà mostrano invece <i>Max Schillings</i> (1868), -l'autore di <i>Ingwelde</i>, <i>der Pfeiferstag</i> e <i>Moloch</i>, -e specialmente <i>Giov. Pfitzner</i> (1869) (<i>il povero -Enrico</i>, <i>la Rosa del giardino d'amore</i>), quantunque -anche essi sono imitatori di Wagner e -soffocano in una complicatissima polifonia dell'orchestra -la linea melodica. -</p> - -<p> -Gli autori tedeschi di musica istrumentale -sono infiniti ed è affatto impossibile il parlarne -qui, sia perchè ciò oltrepasserebbe il compito -di questo manuale sia perchè oltre Riccardo -Strauss e Max Reger mancano personalità spiccate. -Il maestro della maggior parte dei giovani -più noti fu <i>Lodovico Thuille</i> (1861-1907) scolaro -e poi successore di Rheinberger a Monaco, -un romantico, che però seppe seguire i tempi -e che come maestro aveva doti specialissime. -Ma come egli nelle sue opere fu un brahmsiano -con infiltrazioni moderne anche i suoi scolari diretti -od indiretti oggi in vista (<i>Braunfels</i>, <i>Noren</i>, -<i>Bleyle</i>, <i>Lampe</i>, <i>Bischoff</i>, <i>Weissmann</i>) seguono la -sua strada e sono seguaci or di Brahms or di -Strauss. Le loro opere mostrano serietà di volere, -sapienza e sicurezza tecnica ma difettano -di vera originalità ed ispirazione. Quasi tutti -<span class="pagenum" id="Page_439">[439]</span> -poi si risentono delle nuove conquiste armoniche -e cercano di usufruirne senza però che le loro -opere si possano dire moderne nel senso della -parola, perchè il loro fondo è in realtà ancora -classicista ed il modernismo non ne è sincero. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Colombani A. — <i>L'opera italiana nel secolo XIX</i>, Milano. -</p> - -<p> -Prati R. — <i>Giuseppe Martucci</i>, Torino, 1914. -</p> - -<p> -Bastianelli Gianotto — <i>Pietro Mascagni</i>, Napoli, 1910. -</p> - -<p> -Torrefranca Franco — <i>Giacomo Puccini e l'opera internazionale</i>, -Torino, 1912. -</p> - -<p> -Pfohl R. — <i>Die moderne Oper</i>, Berlino, 1894. -</p> - -<p> -Serviéres G. — <i>La musique française moderne</i>, 1897. -</p> - -<p> -Hervey A. — <i>French Music in the XIX Century</i>, London, 1903 -</p> - -<p> -Neitzel O. — <i>Camille Saint-Saens</i>, Berlino, 1900. -</p> - -<p> -Angè de Lassus — <i>Saint-Saens</i>, Paris, 1914. -</p> - -<p> -Louis R. — <i>Die deutsche Musik der Gegenwart</i>, 1909. -</p> - -<p> -D'Indy V. — <i>César Frank</i>, Paris, 1906. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap23">CAPITOLO XXIII. -<span class="smaller">L'ora presente.</span></h2> -</div> - -<p> -La fine del secolo decimonono avrà probabilmente -nella storia della musica una certa -importanza, perchè essa chiude quasi un periodo -e segna l'inizio di una nuova epoca. Noi -contemporanei non possiamo nè giudicarne dell'importanza -ed ancor meno fare da profeti -circa il futuro, perchè ci manca l'oggettività e -<span class="pagenum" id="Page_440">[440]</span> -la facoltà di contemplare da un punto di vista -più dominante e lontano il nostro tempo e -perchè quello che forse sarà la musica futura, -oggi non si presenta ancora che appena allo -stato embrionale. Il compito di uno che scrive -della musica contemporanea non può essere -dunque che quello di un cronista o di un semplice -critico che esprime le sue opinioni personali. -</p> - -<p> -I nomi dei musicisti della seconda metà del -secolo scorso che passeranno alla posterità non -soltanto come suoni vacui sono ben pochi. Gli -altri verranno dimenticati assieme alle opere -dei loro autori oppure si ricorderanno come quelli -dei pionieri di una nuova arte che già batte alle -porte. I rappresentanti di questa sono tutti -stranieri e precisamente tedeschi e francesi. Il -più noto e discusso è certo <i>Riccardo Strauss</i>, -nato nel 1864, l'anno della morte di Meyerbeer, -col quale egli ha almeno la somiglianza della -natura avida di successo. Questo barbaro magnifico -e temerario dagli occhi chiari, come un -giorno lo chiamò Gabriele D'Annunzio, è oggi il -conscio duce di molti musicisti moderni e l'eroe -dell'ora presente. Se però si studiano veramente -le sue opere, non sarà difficile il conchiudere, -che in fondo non è tanto la sostanza -quanto la forma ed i mezzi di estrinsecarla, che -si possono dire nuovi. La musica di questo talento -complesso per eccellenza, di quest'anima -eternamente tormentata da nuovi problemi, -non ha la forza persuasiva di quella dei grandi -<span class="pagenum" id="Page_441">[441]</span> -maestri ma piuttosto ci conquide colla violenza -e ci fa ammiratori con riluttanza, perchè -la sua qualità principale non è tanto l'emozione -sincera quanto la ferrea ed indomita volontà, -che essa continuamente palesa. -</p> - -<p> -Strauss è il musicista meno ingenuo e semplice -che si possa pensare ed il processo generativo -della sua mente è dei più complicati. -Apparentemente invasato dal sacro furore dell'arte -e conquiso dalla situazione, dalle parole -e versi, egli resta in realtà internamente freddo -e quasi spettatore di sè stesso come qualche -grande artista drammatico, che sembra vivere -la vita delle persone che rappresenta ed invece -non ne imita che con maestria i gesti e le parole. -Egli è un cerebrale, che non fa che esperimentare -e siccome nessuno lo supera oggi nel -volere e sapere e nella sicurezza dell'istinto od -almeno del conoscere gli istinti degli altri, le -sue opere non hanno come quelle di tanti altri -nulla di frammentario, appunto perchè non conosce -la semplicità ed ingenuità. Altra volta -uno degli elementi principali per giudicare dell'originalità -o dell'altezza del talento d'un musicista -era l'esame della sua melodia. Ora ciò -non è più di moda. Se però si vuole ancora provare -l'esperimento, si troverà che una melodia -straussiana non esiste, mentre invece ne esiste -benissimo una mozartiana, beethoveniana, verdiana, -ecc. E non solo ciò ma anzi che i pregî -di Strauss sono in genere da cercarsi in tutt'altro -che nella melodia, perchè i suoi temi melodici -<span class="pagenum" id="Page_442">[442]</span> -sono ben di rado veramente felici e perchè egli -si contenta molte volte di frasi comuni e di -spunti che nulla hanno di peregrino. Ad onta -di ciò è innegabile che questa deficienza melodica -delle opere di Strauss non ha grande influenza -sul loro valore, che dipende piuttosto dalla -complessività di esse e dalla maniera di concepire -l'opera d'arte. Ne è punto giustificato il -voler chiamare la musica di Strauss astrusa e -se tale molte volte si giudica, ciò dipende non -dalla sostanza ma dall'estrema complicazione -dell'apparato, dalla sopraposizione dei contrappunti, -chè anzi il maestro, come lo dimostrò -nella scelta dei soggetti, è natura certo -speculativa ma con una buona parte di sensualismo. -</p> - -<p> -Strauss ha incominciato come tutti i musicisti -coll'imitare i maestri precedenti e suoi contemporanei -e fra questi specialmente Brahms. -La prima opera in cui egli veramente si palesò -fu il poema sinfonico <i>Macbeth</i> (1887), seguito con -breve intervallo dal <i>Don Giovanni</i> (1888) e dal -<i>Tod und Verklärung</i> (<i>Morte e trasfigurazione</i>) -(1889), ancor oggi la sua opera più popolare. -Tutte queste opere derivano da quelle di Liszt ma -Strauss seppe trarre ben altre conseguenze dallo -stile programmatico che il suo iniziatore. Egli -non si fa mai veramente schiavo del programma -ma è in grado di esprimere con mezzi semplicemente -musicali tutto quello che vuole. Questa -potenza gli è anzi tanto propria che egli -molte volte ne abusa. In confronto di Liszt egli -<span class="pagenum" id="Page_443">[443]</span> -ha non solo maggiore padronanza dei mezzi e -della tecnica ma anche più grande facoltà inventiva, -le quali doti gli rendono possibile di -mantenere l'architettura musicale e la divisione -logica del pezzo, mentre gli altri seguaci di -Liszt finiscono nella più completa anarchia. In -un certo riguardo Strauss è anzi un formalista, -ben inteso alla sua maniera, giacchè in tutto il -suo procedere si può sempre osservare un -certo sistema che consiste nella anatomizzazione -e disgiunzione dei temi musicali e nel -tener fermo alla forma ritmica, che è quasi -l'ossatura ferrea della composizione. Un'altra -delle sue qualità è la ricerca della caratteristica, -che non rifugge da alcun mezzo, poichè -a lui poco importa come risuoni la sua musica, -purchè dica ciò che egli vuol esprimere. -Documenti di questa tendenza sono rintracciabili -in tutte le sue opere ma specialmente nella -<i>Vita d'eroe</i>, e nello <i>Zaratustra</i>, dove vi sono -brani di musica assolutamente brutta, se tale -si può ancora chiamare e voluta così di proposito. -Tendenza questa che non si deve confondere -col cosidetto realismo o verismo musicale, -del quale del resto le opere di Strauss -mostrano molti esempî ma arte d'esprimere coi -suoni materiali ed i mezzi della tecnica musicale -sentimenti astratti ed idee che mai prima -si tentò di tradurre. -</p> - -<p> -L'arte di Strauss è tutta personale ed è questa -che nelle sue opere assume tale importanza -da farle distinguere da quelle degli altri maestri. -<span class="pagenum" id="Page_444">[444]</span> -O meglio detto, essa cessa quasi di essere -solamente arte e tecnica ma diventa cosa quasi -principale, facendo passare in seconda linea -l'idea ed il pensiero musicale. Le vie percorse -da Berlioz e Liszt non avevano condotto a buon -fine; Berlioz non seppe mai liberarsi dallo -schema formale della sinfonia di Liszt e non -scrisse che schizzi geniali di forma frammentaria. -In una parola Berlioz fu troppo musicista -e Liszt troppo poeta. Strauss proseguì per la -strada segnata da questo ma evitandone i pericoli. -L'idea poetica genera la forma ma egli non -abbandona la logica musicale. E che ciò non sia -impossibile egli mostrò in due delle sue migliori -opere, nel <i>Don Chisciotte</i>, scritto in forma di variazioni -e nel <i>Till Eulenspiegel</i> in forma di rondò. -</p> - -<p> -La musica dei poemi sinfonici di Liszt è essenzialmente -omofona. Strauss vi sostituì invece -una complicatissima polifonia melodica -simile a quella dei Maestri Cantori di Wagner. -La quale, se in certo modo è un compenso alla -mancanza dello sviluppo tematico tradizionale, -rende però l'opera musicale molto più difficile -a comprendersi, perchè l'orecchio s'affatica a -voler seguire le combinazioni di tre o quattro -temi molto più che se si trattasse di contrappunti -per quanto complicati della maniera antica, -perchè questi seguono pur sempre leggi -formali, che Strauss rifiuta. -</p> - -<p> -Insuperabile, anzi unica è invece la sua arte -d'orchestrazione, che sorpassa quella di Berlioz, -Wagner e di ogni altro. Strauss è colorista per -<span class="pagenum" id="Page_445">[445]</span> -eccellenza e tale lo fa non tanto l'uso di alcuni -strumenti ma l'istinto geniale degli impasti e la -maniera di usare degli istrumenti, per trarne -effetti affatto nuovi, ora di infinita dolcezza e -soavità, ora di stragrande potenza. E perchè -egli concepisce le sue opere orchestralmente, è -quasi impossibile giudicare di esse studiandole -al pianoforte. Molte cacofonie, molte stranezze -spariscono sentite nell'orchestra o quasi non -si avvertono, mentre al pianoforte ci riescono -insopportabili. Quasi sì personale che l'istrumentazione -è l'armonia di Strauss, che è impossibile -spiegare e comprendere alla stregua -delle antiche norme, che per lui più non esistono. -L'ultima opera sinfonica di Riccardo Strauss e -forse, se non la più ispirata, la più perfetta, fu -la <i>Sinfonia domestica</i>. Il programma è appena -accennato ed è quasi inutile giacchè è comprensibile -anche senza di esso. -</p> - -<p> -La domanda se nella musica di Strauss domini -più l'elemento sinfonico che il drammatico è -ormai superflua. La musica istrumentale moderna -è sì pregna di elementi drammatici, che i -confini della musica sinfonica e drammatica, che -prima erano ben definiti, vanno quasi scomparendo. -Un fenomeno strano è anzi che la musica -di Wagner ha avuto maggior importanza -per la musica sinfonica che la drammatica. Le -opere di Strauss sono in realtà piccoli drammi -senza parole e tutta la sua natura lo predestinava -al dramma. Eppure egli vi arrivò tardi, -giacchè il <i>Guntram</i> (1894) è un'opera scritta -<span class="pagenum" id="Page_446">[446]</span> -sulla falsariga di Wagner, del quale il giovane -Strauss allora subiva il prepotente influsso. -</p> - -<p> -Vera musica di Strauss è invece quella della -seconda opera <i>Feuersnot</i> (<i>Senza fuoco</i>) (1901). Il -libretto, lardellato di frasi scabrose e quasi lubriche -e di allusioni a Wagner e Strauss stesso -non è tolto da una fiaba olandese come dice -l'autore ma ricorda la leggenda medioevale del -mago Virgilio e -</p> - -<div class="poem"> -<p>«la torre dove stette in due cestoni</p> -<p>«Virgilio spenzolato</p> -<p class="i6"> (<span class="smcap">Berni</span>).</p> -</div> - -<p> -Ma Strauss possiede una vena satirica assai -pronunziata ed una dose di sensualità, che gli -fecero scegliere quell'azione mista di lirismo -nordico e vena boccacesca. La musica non differisce -gran fatto da quella dei poemi sinfonici -e vi predomina l'elemento sinfonico. Non mancano -però momenti felici di lirismo nei canti -di Kunrad, per quanto faccia difetto l'intensità -della passione e della vita interiore, mentre c'è -una certa giocondità primaverile nelle scene -popolari, che non è priva di poesia. -</p> - -<p> -Da Feuersnot a <i>Salome</i> (1905) passa una differenza -abbastanza grande, quantunque forse -non tanta quanti molti vogliono. Dal lato dell'ispirazione -musicale anzi si può dire che -Feuersnot è opera più spontanea ed originale -e che la differenza è più da ascriversi al soggetto -ed alla tecnica più complicata e più perfezionata -dal punto di vista dell'autore che ad -altri elementi. Il dramma di Oscar Wilde, per -<span class="pagenum" id="Page_447">[447]</span> -quanto non sia certo un capolavoro, ha delle -qualità che dovevano attrarre un musicista -della natura di Strauss, perchè l'arte di Wilde -ha molte e grandi somiglianze con quella di -Strauss, che è fatta più che di vera e sincera -commozione di stravaganze, violenze, frenesie -da un lato e di preziosità, ricercatezze e coloriti -e tinte più svariate da un altro. Considerata -come opera musicale uno dei maggiori -pregî di Salomè è lo stragrande movimento, la -rapidità che sostiene tutto l'edificio e le dà -un'unità che non hanno neppure i drammi di -Wagner, rendendo la musica eminentemente -suggestiva. -</p> - -<p> -L'<i>Elettra</i>, venuta pochi anni dopo (1909), è -scritta nello stesso stile e non supera la Salome -che forse per ancor maggior irruenza ritmica -e per l'asprezza rigida. Ad ambedue le opere è -comune la deficienza melodica e la povertà dei -temi, che di solito consistono di poche note, -che traggono il loro significato più dal ritmo -che dalla linea stessa. Il difetto maggiore di -Salome ed ancor più di Elettra è l'eccesso, che -quando è continuato, perde ogni effetto e produce -monotonia. Tutto vi è spasmodico, turbinoso, -delirante, convulsivo. Questa musica ha -senza dubbio una grande potenza sugli uditori -ma essa piuttosto di ammaliarli, li piglia di sorpresa -tanto che essi poi non sanno rendersi -una vera ragione dell'effetto subito. Perciò riudendo -queste opere, si potrà scoprirne molti -particolari interessanti sfuggiti la prima volta -<span class="pagenum" id="Page_448">[448]</span> -ma l'effetto e l'impressione iniziale non si raggiungono -più, perchè bisogna alla fine persuadersi, -che c'è ben molta posa in tutta questa -musica, apparentemente sì calda ed in realtà sì -fredda. Il successo che ebbero tanto la Salome -che l'Elettra fu grande e fino ad un certo punto -anche sincero. È però assai dubbio il dire -quanta parte ne tocchi al poeta e quanta al -musicista. Tutti e due i poemi sono opere più -di letteratura che di vera poesia e Strauss -seppe scegliere bene il momento propizio a -simili prodotti, in cui isterismi sessuali si mescolano -a preziosità letteraria e sotto una forma -smagliante di immagini e parole si maschera -un'intima povertà di vero contenuto. Il voler -giudicare della musica di questi due drammi -alla stregua dei principî del dramma lirico compreso -quello di Wagner è del resto fatica inutile. -L'autore rinuncia ad ogni forma musicale ed -ormai non vuol che seguire la parola più fedelmente -che possibile, ciò che esclude naturalmente -ogni simmetria musicale. Ciò sarà -forse giustificato, ma dal momento che tutto il -dramma musicale non basa che su di una finzione -è pure permesso il domandarsi, se non -sarebbe ancor più logico contentarsi della sola -parola. -</p> - -<p> -Dopo la Salome e l'Elettra, <i>il Cavaliere della -rosa</i>, la nota comica dopo la tragica. Il poeta -Hoffmannsthal, che non sa che rifare per quanto -virtuosamente le cose altrui, collo scetticismo -cinico del viennese decadente offrì al maestro -<span class="pagenum" id="Page_449">[449]</span> -un libretto settecentista un po' boccaccesco, -un po' goldoniano, appesantito di elementi teutonici -con una figura goffa e volgare quasi ributtante, -un po' di colorito locale e non dimenticando -l'italiano intrigante e subdolo, che -sembra di prammatica (<i>Flauto solo</i> d'Albert, -<i>Arianna a Nasso</i>) insomma un poema che offende -il nostro gusto latino e ne è ben lontano. -Lo stile del Cavaliere della Rosa è un misto di -elementi eterogenei sapientemente mascherati. -La parte migliore è forse la sentimentale, mentre -la comica è bizzarra ed esagerata. Quantunque -Strauss si sforzi di essere chiaro e melodico, -egli non ci riesce e cade alle volte persino -nel regno dell'operetta. -</p> - -<p> -Le due ultime opere di Strauss sembrano -destinate a non rimanere che un intermezzo -nella sua produzione. L'idea di mettere in musica -il <i>Bourgeois gentilhomme</i> di Molière e specialmente -il piccolo dramma <i>Arianna a Nasso</i> -che vi è contenuto ha attratto Strauss, lo scettico -umorista, per il funambolismo della situazione -buffonesca e lirica. Egli sciolse il problema -da grande artista che sa far tutto ma senza -poter creare un'opera vitale per la mancanza -di ogni sentimento umano e per la pretenziosità -troppo palese. Eppure anche quest'opera contiene -pagine stupende or di umorismo or di -dolcezza erotica. -</p> - -<p> -E non più che un capriccio di artista nordico -e perciò complicato di simbolismo filosofico fu -quello di scrivere l'azione coreografica <i>la -<span class="pagenum" id="Page_450">[450]</span> -leggenda di Giuseppe</i>, trasportata al tempo del -barocco berniniano, pure di Hoffmanthal, natura -affine di Strauss per il predominio dell'erotismo -più o meno palese e congiunto modernamente -ad elementi anche più bassi. Ma il -simbolismo non si comprende e non resta che -un'azione coreografica di mediocre interesse, -nella quale domina non la danza sana e popolaresca -del Cavaliere della Rosa ma quella dionisiaca -o baccante del Zaratustra, della Salome -ed Elettra. Comunque, l'opera complessa di -Strauss resterà un documento importante del -tempo, mentre la credenza che da lui cominci -una nuova era non è certo più giustificata, -giacchè fra la sua musica e la cosidetta futuristica -c'è troppa differenza e completa disparità -di principi. -</p> - -<p> -Arte ben più moderna è invece quella di Debussy -e la nuova musica mette più o meno -capo al <i>Pelleas et Melisande</i>, perchè essa riassume -le nuove tendenze e conquiste e perchè -fu per lei che venne a cessare in grandissima -parte l'incubo wagneriano ed i musicisti si -videro aperte altre strade. In ciò sta forse -più che nel valore intrinseco dell'opera la sua -importanza per la storia musicale. Il suo successo -al nostro tempo di indirizzi così realistici è senza -dubbio assai strano. O forse esso a pensarci -meglio è spiegabile appunto per legge di contrasti. -La nostra epoca combina l'opportunità -della vita pratica col bisogno d'un certo misticismo -claustrale, che ognuno ha in fondo all'anima -<span class="pagenum" id="Page_451">[451]</span> -senza rendersene conto. In sostanza è -lo stesso fenomeno del successo dell'impressionismo -e di tutte le sue suddivisioni nella -pittura nonchè delle ricercatezze arcaiche della -letteratura. -</p> - -<p> -<i>Claudio Debussy</i> (1862) che a tempo perduto -è anche critico di arte ci ha dato in uno dei -suoi articoli la sua professione di fede: «L'arte -è la più bella menzogna. Per quanto ci affatichiamo -di rappresentare la vita nelle sue forme -e colori usuali, non si arriverà mai ad un risultato -soddisfacente ed appunto perciò è desiderabile -che l'arte resti una menzogna, se -essa non deve abbassarsi fino al più triste opportunismo -dozzinale. Come? Non cerca ognuno -l'oblio nell'arte e non è l'oblio una speciale -forma della menzogna? Il nostro compito è di -mantenere il mondo nelle sue illusioni e di non -scuotere brutalmente gli uomini dai loro sogni -per mostrar la cruda realtà. Contentiamoci del -mondo fantastico, giacchè esso solo ci dà conforto, -esso solo è capace di farci intravedere -una bellezza che non passa, perchè eterna». -</p> - -<p> -Il Debussy non si contentò di parole ma -cercò di mettere in pratica le sue teorie. Uscito -dal Conservatorio di Parigi e scolaro di professori -più che ortodossi scrisse la cantata <i>La -demoiselle elue</i> su poesia del preraffaelita Rossetti, -che ispirò spavento ai suoi pedanti maestri -e che mostra già tutte le caratteristiche -dell'autore. Le quali sono completo abbandono -delle forme tradizionali, soppressione di ogni -<span class="pagenum" id="Page_452">[452]</span> -simmetria musicale, dissoluzione della linea -melodica in piccolissime frasi e melismi per -produrre un'atmosfera musicale piena di vaporosità, -il canto in modo di recitativo quasi -come nelle opere di Peri e Caccini, imitando -cogli intervalli l'alzarsi ed abbassarsi della voce -parlata, tessuto armonico, in cui l'accordo sta -quasi da sè e non si collega cogli antecedenti -e posteriori, un'armonia armoniosa, come -la chiama Laloy, che ha principio e fine in sè -stessa. Il prodotto di tutte queste qualità in -parte negative è uno dei più originali della musica -moderna. Gli stessi principî messi in pratica -da un musicista mediocre avrebbero condotto -necessariamente a qualche cosa di disgustoso -ed estremamente monotono. Debussy -arrivò invece per questa via a darci opere sulle -quali si potrà certo discutere e che ci sembreranno -a seconda delle nostre inclinazioni e -studi strane e forse antipatiche ma che non si -potrà far a meno di riconoscere come il frutto -di un talento singolare ed originale. -</p> - -<p> -La <i>Demoiselle elue</i> fu presto dimenticata ma -Debussy sorprese il pubblico con un'altra opera -ancora più combattuta e dapprincipio rifiutata, -che poi finì per far il giro delle sale di concerto -di tutti i paesi. Questa volta l'autore scelse una -poesia di Mallarmè, <i>L'après midi d'un faune</i> per -scriverne un preludio d'orchestra (1892). <i>C'est -une sauce sans lièvre</i> ebbe a dire un celebre -musicista francese e secondo il comune modo -di vedere non a torto. Difatti questo preludio -<span class="pagenum" id="Page_453">[453]</span> -fa ai pugni con tutto quello che noi intendiamo -per un preludio, <i>ouverture</i> o poema sinfonico, -perchè qui non c'è tema sul quale s'imperni -l'opera, non c'è sviluppo tematico ma solamente -un'indefinibile incertezza della frase melodica, -un continuo svolgimento di modulazioni -strane. Eppure che effetto poetico l'autore sa -trarre da un tutto, che ci pare inorganico, quale -compenetrazione della poesia, quale tavolozza -smagliante ad onta della delicatezza! Il nostro -istinto si ribella contro questa musica rivoluzionaria, -sì diversa dalla nostra e nel medesimo -tempo quei suoni, quelle armonie ci ammaliano -e quasi ci convertono alla nuova arte. Ed i -<i>Nocturnes</i> e gli schizzi <i>La mer</i>, <i>Images</i> ed i 24 -preludi per pianoforte? Un nulla forse, quasi -bolle di sapone iridescenti e vaporose ma un -tutto eminentemente suggestivo e poetico. -</p> - -<p> -Queste opere come pure il suo <i>Quartetto</i> in -sol minore, molte canzoni ed alcuni pezzi per -pianoforte non avrebbero però certo potuto -rendere sì noto il loro autore quanto lo è, perchè -tutta questa musica è troppo esclusivamente -aristocratica per arrivare al pubblico. -Invece il suo dramma musicale <i>Pelleas et Melisande</i> -(1902) fu quello che mise Debussy in -primissima linea fra i musicisti francesi dei -nostri giorni. -</p> - -<p> -Data la qualità del suo talento, egli avrebbe -ben difficilmente potuto trovare una azione -più adatta di quella del dramma di Maeterlink, -vera tragedia del fato, nella quale le -<span class="pagenum" id="Page_454">[454]</span> -persone ci sembrano ombre ed il tutto un sogno. -Debussy ha fatto opera concorde al poema, -che è da giudicare con altri criterî che i soliti -se si vuole comprenderla e nella quale non si -deve cercare quello che non ci vuol essere. -«Io ho tentato con tutte le mie forze, scrive -Debussy, e con tutta la sincerità di identificare -la mia musica colla sostanza poetica del dramma. -Prima di tutto studiai il carattere delle persone -e volli che parlassero esse stesse. Io ascoltai -le loro parole e tentai di riprodurle. L'uditore -è abituato, ascoltando un'opera, a provare -due impressioni, quella della musica e -quella delle persone che agiscono e sente di -solito queste impressioni una dopo l'altra. Io -ho tentato di congiungerle. La musica possiede -un ritmo proprio, i sentimenti dell'animo ne -hanno un altro più istintivo e sottoposto agli -avvenimenti. Da ciò non può risultare che un -perenne conflitto. Perciò l'uso della forma sinfonica -(Wagner) non solo non può giovare ma -anzi opprime ed annienta la musica drammatica». -</p> - -<p> -C'è chi vuol far derivare Debussy da Wagner. -Ma ciò non è giusto. Il Pelleas è anzi una specie -di atto di rivolta contro l'arte di Wagner e -quantunque non è vero che quest'opera di un -solitario rappresenti la vera arte francese, dalla -quale si trova forse agli antipodi, è ben difficile -trovarvi raffronti colla musica di Wagner, -giacchè per poter dir ciò non basta qualche -piccola somiglianza, che deriva piuttosto dall'ambiente -<span class="pagenum" id="Page_455">[455]</span> -musicale dei nostri giorni, che da -una qualsiasi imitazione di Wagner. Nella musica -di Debussy non ci sono leitmotivi, non c'è -vera polifonia, non simmetria musicale. Il musicista -non vuol essere architetto e darci costruzioni -contrappuntistiche complicate, anzi i -suoi temi come tali perdono ogni importanza e -diventano quasi semplici melismi; la musica -segue il testo parola per parola senza alcuna -preoccupazione musicale, il periodo non obbedisce -a leggi ma non cerca che di sottolineare -e di dipingere, la musica viene quasi disciolta -nei suoi elementi originari. Il risultato è una -rara compenetrazione di musica e poesia, una -evocazione mirabile dell'ambiente con colorito -poetico incredibile, che Debussy raggiunge con -un'arte incantevole nel trattare l'orchestra. Egli -preferisce le mezze tinte, le penombre, per cui -tanto più sfavillanti appariscono quei momenti, -nei quali irrompe irresistibile la passione e tutto -sembra ardere e divampare. -</p> - -<p> -Debussy è un prodotto della nostra epoca sì -tormentata da ogni sorte di problemi. Volendo -si può trovare nelle sue opere anche qualche -somiglianza con quelle dei poeti simbolisti -Mallarmè, Verlaine e Baudelaire ed ancor più -coi pittori di Batignolles Monet, Manet, Césanne, -ecc., giacchè egli compone come dipingevano -quei pittori, cioè avendo gli uni per suprema -legge il colore ed egli il suono. Ma colori -e suoni hanno bisogno di anima per non rimaner -materia bruta. E forse si può anche pensare al -<span class="pagenum" id="Page_456">[456]</span> -giapponesismo nella pittura ed il tutto si riduce -ad un impressionismo e simbolismo quasi patologico. -</p> - -<p> -La musica di Debussy è basata armonicamente, -e l'armonia ne è senza dubbio la parte -più nuova, sulla trifonia ed esafonia, dalle -quali dipende il suo colorito strano. Gli accordi -adoperabili che ne risulterebbero almeno secondo -il nostro sistema non sono in sè che -quattro, dunque pochissimi, ma per comprendere -la nuova armonia bisogna abbandonare i -nostri antichi criteri e considerare i nuovi accordi -altrimente che come fecimo finora. -</p> - -<p> -Per molti la sua musica è un libro chiuso a -sette sigilli, per altri un evangelo e l'autore un -nuovo Messia. «La musica di Debussy ha un -carattere primitivo, georgico, sensuale e faunesco, -che pur essendo proprio alla persona -dell'autore è e sarà veramente il carattere -principale dell'arte, della letteratura e della filosofia -della nostra epoca forte e sana. Il misticismo -dell'opera di Debussy al di là di ogni -formola antica, intieramente fatto di sensazioni -interiori sempre più complesse e di una -sensualità carnale e naturale profondamente e -sapientemente semplice è veramente il nuovo -misticismo, che fa palpitare le ali ansiose della -nostra gioventù pronta a forti combattimenti -per nuove conquiste spirituali, è il misticismo -sessuale di Rodin scultore e disegnatore» (?). -(Ricciotto Canudo — Psycologie musicale de -Civilisations). -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_457">[457]</span> -</p> - -<p> -Debussy non ha più dato dopo il Pelleas -alcun'opera al teatro ed è in genere poco produttivo. -Le sue ultime opere sono la musica -da scena per <i>il Martirio di S. Sebastiano</i> di -D'Annunzio, i preludi per pianoforte ed un -ballo <i>Jeux</i>, che non ebbe successo. Data la sua -maniera di comporre ed il contenuto della sua -musica, ciò non è difficile a comprendere, perchè -nuove opere non potrebbero essere fino ad -un certo punto che ripetizioni delle anteriori. -</p> - -<p> -Fu detto sopra che sarebbe ben arrischiato -il voler considerare la musica di Debussy come -un vero prodotto dell'arte nazionale. Difatti in -essa è riconoscibile l'influenza dei musicisti moderni -russi, specialmente di Borodine e Moussorgsky -(per esempio le <i>canzoni e danze della -morte</i>) e, sia direttamente o di riverbero attraverso -i russi, della musica orientale ed esotica -in genere. Eppure Debussy ha già fatto -scuola nella sua patria e se anche non si può -parlare di una vera imitazione, che, data la natura -della sua musica, è quasi esclusa, sono -fino ad un certo punto gli stessi principî, che -propugnano i veri modernisti francesi, fra cui -uno dei più estremi è <i>Maurizio Ravel</i> (1875), -squisito illustratore di sensazioni che gli vengono -dal mondo esterno e perciò diverso da -Debussy, che è più sognatore e che invece di -tradurre le cose ci dà le impressioni che queste -gli producono. La sua tecnica è però affatto -simile alla debussiana e se ne distingue soltanto -per certi procedimenti a lui propri come p. e. -<span class="pagenum" id="Page_458">[458]</span> -l'aggiungere note eterogenee oppure omettere -appunto quello che l'orecchio s'aspetta. -</p> - -<p> -Melodicamente più ispirato di Debussy egli -non gli è inferiore nel colorito smagliante ma -nella complessività della sua opera. La sua opera -<i>L'heure espagnole</i> per quanto cesellata è troppo -priva di freschezza comica, troppo lambiccata -e contorta per poter piacere al pubblico. Nè i -due balli <i>Daphni et Chloè</i> e <i>Ma mère l'oye</i> per -quanto ricchi di finissimi particolari sono opere -di vera ispirazione. Migliori sono senza dubbio -le opere minori (un quartetto, una Sonatina -per pianoforte ed i pezzi per questo istrumento -<i>Miroirs</i> e la raccolta <i>Gaspard de la nuit</i>). -</p> - -<p> -Debussy e Ravel sono oggi i rappresentanti -più in vista della musica francese moderna. -Ma confrontati coi veri maestri essi ci appaiono -dei decadenti senza vigore, figli di un'arte affetta -di tutte le malattie, di un'ipercoltura, -che va in cerca di sensazioni strane, di narcotici -e stimolanti ora per destarsi dallo stato -di sonnambulismo nel quale si trova, ora per -intensificarlo. Debussy e Ravel credono forse -di creare una nuova arte e portano invece -adosso il peso della coltura musicale di tutti i -secoli che gli schiaccia. -</p> - -<p> -Più o meno seguaci delle nuove teorie sono -pure: <i>Alberico Magnard</i> (1865-1914), <i>Ernest -Chausson</i> (1855-1899), <i>Alberto Roussel</i> (1869), -<i>Florent Schmit</i> (1870), <i>Deodato de Séverac</i> (1873), -mentre <i>Gabriele Faurè</i> (1845) e <i>Gabriele Piernè</i> -(1863) sono da annoverarsi fra i conservatori. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_459">[459]</span> -</p> - -<p> -Successo quasi pari al Pelleas ebbe l'opera -<i>Ariane et Barbebleu</i> (1907) di <i>Paolo Dukas</i> (1865) -autore di uno scherzo sinfonico <i>L'apprenti sorcier</i>, -pieno di ritmo e calore e di una Sonata -per pianoforte, opera seria ma pesante. Dukas -è molto più sinfonista di Debussy, molto più -chiaro e ritmico e sta con un piede nel wagnerismo -e l'altro nel modernismo. Tutti questi -musicisti sono coloritori squisiti e la loro orchestrazione -si distingue p. e. dalla straussiana -per leggerezza senza esserne inferiori nella -varietà di timbri ed impasti. -</p> - -<p> -La musica istrumentale francese è oggi senza -dubbio la più nuova e più corrispondente al -gusto dei moderni esteti. Ma anche gli entusiasti -di quest'arte cominciano già ad elevare qualche -voce che ammonisce: «La nostra arte musicale -è la prima del mondo per le sue qualità aristocratiche -ma manca di sangue. Rianimatela! -Non si tratta di rinunziare alla sua aristocrazia -di gusto e di sensibilità. Ma anche un grande -aristocratico deve saper parlare a tutti e domare -la folla a mille teste» (R. Rolland). -</p> - -<p> -Una delle maggiori preoccupazioni di questi -musicisti è certo il tessuto armonico ed è piuttosto -nella novità delle loro armonie che in altri -elementi che si deve cercare il nuovo delle loro -opere. In questo riguardo si può anzi dire che -ad onta delle dissonanze e cacofonie volute -tutte queste armonie nuove, che non sono più -possibili a spiegare col solo concetto di tono -maggiore e minore, hanno un sistema ancor -<span class="pagenum" id="Page_460">[460]</span> -latente ma che perciò non manca di una certa -logica e che tutto ciò avrà certo grande influenza -sulla musica futura. E ad un simile nuovo sistema -di armonia cercano ormai i dotti di dare -forma scientifica, un sistema che tenta comprendere -in sè oltre le nostre tonalità anche le -scale liturgiche antiche e combinarle, come pure -la musica dei popoli orientali e per il quale non -esiste quasi più il concetto antico di consonanza. -Nè soltanto l'armonia è nuova ma nuovo -è altresì un altro elemento della musica modernissima, -che consiste nell'impiegare nella -polifonia parti medie che sono affatto indipendenti -nella tonalità della composizione e che -combinano soltanto colle altre voci nel ritmo. -Anche questo processo non è in verità affatto -nuovo, perchè già lo troviamo nei primi tempi -dell'armonia e nella musica popolare di certi -popoli specialmente asiatici. Guido Adler crede -di trovare in questa pratica qualche somiglianza -colla <i>Eterofonia</i>, della quale fa menzione Aristosseno, -Plutarco e Platone e prevede una -nuova divisione in musica omofona, polifonica -e eterofonica. -</p> - -<p> -Riconosciute le varie doti, che sono proprie -di tutti questi musicisti è però giustificata la -domanda, se una musica che non vuol altro -che raggiungere un'atmosfera musicale e si bea -dei suoni considerati in sè, che è satura di -tutti gli elementi estetici immaginabili e che ad -onta di tutto ciò e della sua complicazione ha -somiglianze con un'arte primordiale, sia quella -<span class="pagenum" id="Page_461">[461]</span> -che veramente potrà aprire nuove vie o invece -col suo snervante erotismo ed il suo misticismo -malato non sia arte di corruzione, impotente e -sterile. Diderot scrisse una volta: <i>Le gout de -l'extraordinaire est le caractère de la médiocrité. -Quand on desespére de faire une belle -chose, naturelle et simple, on ne tente une bizzarre</i>. -E D'Alembert: <i>Malheur aux productions -de l'art, dont toute la beauté n'est que pour les -artistes</i>. -</p> - -<p> -I musicisti nominati appartengono alla scuola -impressionista o simbolista, per la quale la -musica assoluta quasi più non esiste. I seguaci -dell'altra fazione o scuola che cercano nelle -loro opere di rivendicare alla musica il suo -valore intrinseco e l'indipendenza dalle altre -arti non sono sì numerosi quanto i primi. L'eterna -e tanto dibattuta questione ha del resto -almeno al nostro tempo un'importanza molto -secondaria, giacchè in ultima linea qualunque -composizione di genere superiore è frutto della -fantasia poetica dell'autore, sia che questi sia -o no consapevole dell'origine dell'ispirazione. -La differenza è perciò da cercarsi più nei procedimenti -tecnici che nella sostanza intrinseca. -L'odierno maggiore campione della musica che -diremo relativamente assoluta è <i>Max Reger</i> -(1873). I musicisti che non si lasciarono trascinare -dall'influenza wagneriana sono pochi e -fra questi sta in prima linea Reger, che già -colle prime opere si schierò fra i musicisti soltanto -musicisti e vi rimase fedele sino ad oggi. -<span class="pagenum" id="Page_462">[462]</span> -A ciò lo trasse la sua indole ed anche l'indirizzo -dei suoi studî i quali devono essere stati sì -lunghi ed esaurienti da fargli riuscire facile lo -sciogliere ogni problema più arduo di contrappunto -ed armonia. Questa è tutta speciale ed -ha per caratteristica il brusco cambiamento di -tono senza o quasi senza modulazione, il passaggio -da una tonalità ad un'altra affatto eterogenea. -La base non è già la scala maggiore o -minore ma la cromatica; così si arriva tante -volte a non poter definire il tono di un pezzo -sino alla cadenza che ha un'importanza tutta -propria. Confrontata però l'armonia di Reger -con quella dei maestri francesi moderni, essa è -assai più dura, pesante e caotica e non sa raggiungere -neppur lontanamente l'effetto di quella. -</p> - -<p> -Nelle prime opere di questo autore troppo -fecondo è difficile trovare una nota personale. -In quelle di organo è più che sensibile l'influsso -di Bach, mentre nelle opere per pianoforte -e nella sua musica da camera in genere -ricorrono ogni momento reminiscenze di Schumann -ed ancor più di Brahms. Dall'opera 50 -circa anni l'autore però subì una trasformazione -che si palesa già nelle grandi fantasie per organo -(op. 46, op. 57, ecc.). La sua opera più -rivoluzionaria è forse la Sonata in do maggiore -per pianoforte e violino (op. 72), arruffata e -confusa, dura negli spunti, melodici tanto per -dire. Nè molto diversi sono il quartetto (op. 74), -estremamente complicato, ed altre opere anche -fra le ultime, compresi il Concerto per violino -<span class="pagenum" id="Page_463">[463]</span> -e quello per pianoforte. Ma fra questo turbinare -di opere in cui i contrappunti si sovrappongono -uno all'altro e le armonie più disparate -ci sorprendono e lacerano gli orecchi, -nacquero pure alcune opere come, per es., i -piccoli pezzi per pianoforte, op. 82, i due Trio, -op. 77, la Suite in stile antico, op. 93, che sono -fra le migliori cose che si scrissero negli ultimi -anni. Reger predilige come Brahms la forma -delle variazioni e vi sviluppa una ricchezza incredibile. -Le variazioni e fuga su di un tema -di Beethoven per due pianoforti, quelle su un -tema di Bach sono da mettersi fra le maggiori -e migliori sue composizioni. Le prime opere -per orchestra, una Sinfonietta, una Serenata, -Variazioni su di un tema di Hiller ed un Prologo -per tragedia, sono opere faragginose ed -estremamente complicate da rendere assai difficile -all'orecchio seguire le parti, che si accavallano -in contrappunti, istrumentate massicciamente, -quasi l'autore usi piuttosto registri -d'organo che istrumenti. Nelle posteriori, una -<i>Suite de ballet</i>, una Suite romantica, ecc., Reger -sembra voler mettersi per una nuova strada -ed avvicinarsi alla musica descrittiva, accettando -elementi straussiani e debussyani. E così -egli si trasforma continuamente, ma non per -vera necessità di natura ma più per proposito -e per l'indirizzo del tempo, ciò che gli riesce -facile per la sua grande potenza assimilatrice -ed il suo immenso sapere tecnico. Ma ora che è -possibile farsi un giudizio complessivo sulle sue -<span class="pagenum" id="Page_464">[464]</span> -opere, bisogna però conchiudere, che egli è -un epigone brahmsiano con molte altre influenze -moderne non ancora equilibrate. L'ispirazione -melodica non è poi certo una delle prerogative -di Reger. La sua melodia è di solito angolosa, -frammentaria e quasi mai originale. Ma questa -sua melodia è quella della quale egli abbisogna, -perchè soltanto essa rende possibile la sua armonizzazione -estremamente cromatica e la sua -ritmica a scatti. Originale è soltanto il procedere -tecnico, la fattura esterna non il nucleo. -La musica di Reger non potrà mai raggiungere -alcuna vera popolarità, perchè è troppo poco -spontanea, troppo fredda e riflessiva ed è più -la produzione d'un talento dotato di grandissime -doti specifiche musicali specialmente dal -lato tecnico che di un'anima esuberante di -sentimento commotivo. -</p> - -<p> -Se tutti i segni del tempo non ingannano -sembra ora che l'egemonia musicale tedesca -che durò tanto tempo vada adagio decadendo, -mentre invece sono le nazioni latine, -fra cui prima la Francia come pure la Russia, -che mostrano un vero risveglio e tendenze decisamente -progressiste. Questo decadimento cominciò -già dalla morte di Wagner, per quanto -mai come in questi ultimi anni fossero operosi -i musicisti tedeschi. E ciò si può asserire ad -onta delle opera di Riccardo Strauss, Max Reger -e Gustavo Mahler, certo musicisti di gran valore, -specialmente i due primi ma decadenti e -soltanto continuatori di antiche tradizioni, -<span class="pagenum" id="Page_465">[465]</span> -quantunque nessuno potrà negare che Riccardo -Strauss non influenzi ora in qualche modo -la musica europea, che Reger non abbia liberata -l'armonia da tante vecchie pastoje, che -Mahler non fosse un musicista di larghe e nuove -vedute. Considerando le loro opere nell'intima -essenza dovremo però conchiudere, che Strauss -non è che un Wagner potenziato nella tecnica -ma ben inferiore a lui nell'ispirazione e genialità, -che la musica di Reger è in ultima linea -una figliazione di quella di Brahms, Schumann -e di altri maestri più antichi e che Mahler non -tentò che seguire le orme di Bruckner, che senza -ombra di coltura estetica risolve ben più felicemente -i problemi estetici. -</p> - -<p> -Il parlare degli altri musicisti moderni di -Germania oltre i già nominati, p. e. <i>Oscar Fried</i>, -<i>Hausegger</i>, <i>Delius</i>, <i>Schrecker</i>, ecc., sarebbe superfluo -in un libro come questo, che non ha alcuna -pretesa di esaurire la materia. Nè le loro opere -sono tali da meritarlo, perchè nessuna di esse -mostra veramente l'impronta del genio. -</p> - -<p> -Considerando le nuove opere di Schönberg, -Stravinski e Scriabine, non solo Reger ma -anche Debussy e Ravel sono per i futuristi -ormai quasi autori classici. La musica di questi -tende a divenire atonale ed armonicamente -anarchica, giacchè va perdendo il senso dei rapporti -colla tonica e ne trova di più lontani fra -tono e tono, che prima non si sapeva intuire. -La differenza fra consonanza e dissonanza non -viene più riconosciuta ed il ritmo ed ancor più -<span class="pagenum" id="Page_466">[466]</span> -il colore o timbro assumono ben altra importanza -di prima. I più noti apostoli del nuovo -verbo sono: -</p> - -<p> -<i>Arnoldo Schönberg</i> (1874), certo il più sovversivo -ed inaccessibile. Le sue prime opere (quartetto, -sestetto, canzoni, poema sinfonico), si -possono ancora spiegare come derivazioni molto -arrischiate del Tristano. Le <i>Gurrelieder</i>, poemetto -lirico ciclico per due voci a solo, declamazione, -coro e grande orchestra, scritte con lunghe -interruzioni, palesano in parte la trasformazione -che andava succedendo nell'autore che in quest'opera -di grandi proporzioni ci dà prova di -vero talento anche inventivo ed originale. Ma -ora Schönberg rifiuta tutto quello che egli -scrisse prima e s'è venuto formando un sistema -armonico ed in genere musicale che almeno per -i nostri orecchi d'oggi sembra condurre al caos -musicale, per quanto sia innegabile, che nelle -opere più recenti (quartetto con una voce a -solo, pezzi per pianoforte e per orchestra, il -<i>Pierrot lunaire</i>) ci sia come la base di un nuovo -sistema, che forse contemporaneamente sentirono -anche altri per es. Alaleona, quello cioè -della <i>dodecafonia</i>, che permette di considerare -ogni accozzamento di toni come accordo. Per -i più però le nuove opere di Schönberg sono di -una monotonia opprimente, potendole ridurre -a poche note sempre in un tono ad onta dell'apparente -enarmonia. -</p> - -<p> -<i>Alessandro Scriabine</i> (1872-1915) si trasformò -da un romantico chopiniano in un modernista -<span class="pagenum" id="Page_467">[467]</span> -specialmente nelle numerose sonate per pianoforte, -perchè la sua musica non conosce più -lavori tematici e sviluppi ma nasce piuttosto -da poche idee di importanza più armonica che -melodica, dalle quali germinano poi combinazioni -ed episodi, il tutto espresso in una tecnica -pianistica molto nuove per figura e sonorità. -</p> - -<p> -<i>Igor Stravinsky</i> (1882), scolaro di Rimsky-Korsakoff, -si assimilò le nuove conquiste armoniche -dei francesi e predilige la musica coloristica -(balli <i>Petrouschka</i>, <i>Sacre du printemps</i>, -<i>Rossignol</i> ed altre opere). Egli usa i suoni ed i -colori derivanti dai timbri indipendentemente da -ogni legge armonica e se ne serve come prima -si faceva della melodia, supplendo a questa -con una grande potenza ritmica. -</p> - -<p> -L'inglese <i>Cirillo Scott</i> (1872) e <i>Ferruccio Busoni</i> -(1866) mostrano pure nelle loro opere tendenze -affatto moderne, specialmente il secondo -nel <i>notturno sinfonico</i>, nella <i>berceuse elegiaque</i>, -ecc., mentre <i>Vladimiro Rebikoff</i> (1867) coi suoi -mimodrammi sta sul limitare dell'arte futuristica. -</p> - -<p> -La nuova arte, se tale si vuol dire, è una -conseguenza dei tempi mutati ed in parte anche -della posizione sociale che prendono i musicisti -moderni, ben diversa da quella dell'epoca di -Haydn e Mozart, messi dai loro signori nella -gerarchia quasi al livello dei servi e camerieri. -Mai nessun tempo fu tanto appassionato ed -avido d'arte quanto il nostro e ciò influì naturalmente -non solo ad innalzare la stima che -<span class="pagenum" id="Page_468">[468]</span> -godono gli artisti ma ebbe altresì per conseguenza -una maggiore coltura di questi. Per caso -poi o per altri motivi l'evoluzione moderna della -musica combina con quella delle altre arti e da -ciò venne che anche la musica si risente di tutte -le nuove idee e teorie, che preoccupano gli artisti -ed esteti in genere. -</p> - -<p> -La divisa della nuova arte è la novità e la -mania dell'originalità. Pur di riuscire nuovo -ed originale si sacrifica tutto, si fa violenza -alla propria natura, non si rifugge da alcun -mezzo. Per naturale conseguenza si vuole sfuggire -il comune od almeno quello che si reputa -tale ed è tale la paura che i musicisti hanno -di riuscire convenzionali che tosto si presenta -loro un'idea melodica, che potrebbe venir creduta -tale, la strozzano appena nata o la contorcono -talmente da renderla irriconoscibile. La -conseguenza ne è che a forza di cercare del -nuovo si è quasi perduta la capacità di godere -della vera arte ed in un'epoca, in cui si è voluto -affermare che il genio è affine alla pazzia -si confondono i significati di nervosismo e talento, -isterismo e temperamento. Una caratteristica -della produzione moderna è con poche -eccezioni l'incongruenza fra volere e potere, -ossia grandi aspirazioni ed incapacità di estrinsecarle, -oppure grande arte tecnica e nessuna -o poca sostanza, insomma arte per l'arte ciò -che prima non era, perchè la meta era più modesta -ma si sapeva raggiungerla. E non soltanto -questa incongruenza è uno dei fenomeni più -<span class="pagenum" id="Page_469">[469]</span> -comuni della nuova musica ma altresì l'esagerazione -dei mezzi per raggiungere uno scopo, al -quale si adatterebbero vie molto più semplici. -</p> - -<p> -Comune poi alla musica dei nostri giorni -come alla pittura è la tendenza di ritornare -alle forme primitive sia medioevali, sia dei popoli -barbari o semibarbari e di servirsene combinandole -colle più raffinate conquiste dell'arte -moderna e dimenticando forse che il rifiutare -la tradizione, la quale è il risultato dell'esperienza -e la messe dei secoli, non vuol dire che ritornare -indietro, per dopo far di nuovo la stessa -strada. E comune le è pure la mania dell'esotismo, -da qualunque paese esso venga, ciò che -di nuova prova l'incapacità di saper veramente -creare. -</p> - -<p> -La tecnica di quasi tutti questi musicisti -moderni è ad onta dell'apparente novità in sè -ben povera cosa, per quanto non sia necessario -essere d'accordo con Riemann, che cerca spiegare -colla vecchia armonia le nuove conquiste. -(<i>Storia della musica</i>, vol. II, 3, pag. 251 e seg.). -Con sole quarte e quinte di seguito, con accordi -di nona od alterati e scale di toni intieri -armonizzate non si fa ancora della vera musica -se manca l'ispirazione. Nè si deve dimenticare -che una musica fatta così non può essere -che quasi omofona, almeno fino a tanto che -l'orecchio musicale non avrà subito modificazioni -radicali. -</p> - -<p> -A forza poi di nuove teorie estetiche, che -riddano nell'aria e che saturano l'ambiente nel -<span class="pagenum" id="Page_470">[470]</span> -quale viviamo, si è quasi cambiata la nostra -natura e ci siamo abituati a sentire altrimenti -di prima, a cercare lo strano, a godere di sensazioni -spiacevoli, insomma a volere il nuovo -solamente perchè nuovo e perchè la moda lo -vuole, donde deriva il paradosso di un'affettazione -naturale, perchè di essa non siamo ormai -più consci. Il pubblico ha certo una parte di -colpa a questo stato di cose, perchè esso manca -di sincerità e pur di non far la figura dell'ignorante -non s'azzarda di disapprovare una cosa che -non gli piace e così incita gli artisti a proseguire -per una strada che non ha più uscita, -prendendo, come dice Schiller, l'oscuro per -profondo, il selvaggio per maschio, l'incerto -per infinito, lo sconclusionato per sopranaturale. -</p> - -<p> -Altro difetto è la tendenza di oltrepassare i -limiti della propria arte ed entrare in campi, -che si credono affini, specialmente in quello -della poesia e pittura, sconfessando così la potenza -dell'arte e disconoscendo la sua superiorità -ideale. La conseguenza è che alla fine -non c'è più posto per quello che noi eravamo -abituati a chiamar musica, poichè nelle composizioni -orchestrali la vera melodia non è più -ammessa se non serve a scopi estetici superiori, -nel dramma lirico la verità drammatica la esclude -o quasi ed essa non è neppure più permessa -nella canzone moderna, che come in genere -sceglie le poesie più astruse, si contenta di -pochi melismi ed accordi ed alla più sottolinea -certe parole e colorisce lievemente nell'accompagnamento. -<span class="pagenum" id="Page_471">[471]</span> -Tutti questi principî vanno altresì -infiltrandosi nella musica da camera che sembrerebbe -dover restare l'ultimo rifugio della -musica assoluta. In una parola si vuole che la -musica rappresenti sempre qualche cosa, ciò -che equivale a voler far di essa altro che per -natura è e dovrebbe essere. Altra e più fatale -conseguenza di tutto questo procedere è che -l'arte vien ridotta ad essere quella di pochi -raffinati e snervati, che hanno bisogno di tutti -gli stimoli per trovarvi ancora interesse e perchè -essendo aristocratica perde sempre più il -contatto col popolo e colla terra dalla quale -essa nasce. L'arte per l'arte è una di quelle frasi -fatte che si ripetono troppo di spesso senza -pensarci gran fatto. Se con essa si vuol propugnare -solo l'aristocraticità dell'arte e l'esclusione -del vero pubblico dal suo santuario, non sarà -certo con simili principî, che arriveremo ad -un'arte nuova e sana. Pittura, scultura e musica -sono arti per i sensi e non sono sempre i dotti -ed esteti quelli, che meglio le comprendono. -Nè da una simile arte, che di proposito rinunzia -alle sue maggiori prerogative, è da sperare -gran fatto una vera evoluzione musicale nel -senso della parola, perchè è poco concepibile, -per esempio, che dati i principî dell'autore una -seconda opera lirica di Debussy non sia quasi -una ripetizione del <i>Pelleas et Melisande</i> e che -un nuovo dramma di Strauss si distingua da -<i>Salome</i> ed <i>Elettra</i>. -</p> - -<p> -Tutte queste osservazioni non possono avere -<span class="pagenum" id="Page_472">[472]</span> -del resto che un valore ben relativo, se di valore -si può parlare. Al mondo tutto è soggetto -a cambiamento ed è stoltezza il voler stabilire -dei dogmi. La musica come in genere tutte le -arti deve esprimere la vita di pensiero del -tempo e come questa continuamente cambia, è -altrettanto logico che deva cambiarsi anche la -musica. Coloro che trenta e quarant'anni fa -venivano chiamati musicisti dell'avvenire ed -erano i focosi e battaglieri apostoli del verbo -d'allora, sono gli stessi che oggi parlano di -confusione e degenerazione della musica e predicono -il finimondo. Alcuni dei rivoluzionari -di ieri sono i classici dell'oggi e così sarà sempre -anche in futuro. Il comprendere un'opera -d'arte è possibile soltanto a pochi eletti. L'uomo -è per natura soggetto ad abitudini e tradizioni; -ciò che non vi corrisponde, lo rende perplesso -e confuso ed egli lo giudica senza oggettività. -L'uomo ormai maturo non è più capace di riformare -il suo modo di pensare e sentire e per -lui il nuovo è decadenza, mentre per i giovani -è conquista. -</p> - -<p> -Studiando oggettivamente la questione, bisogna -però arrivare a conchiudere che la maniera -di alcuni dei maestri più avanzati, appartiene -ormai ad un mondo musicale diverso -dal solito, in cui si distingueva fra bello e -brutto e si usava questo soltanto di proposito -per certi scopi speciali. Senza dubbio i moderni -non vogliono riconoscere più il nostro -brutto come tale e lo devono sentire altrimenti. -<span class="pagenum" id="Page_473">[473]</span> -Ciò dipende anche dalla differenza dell'udito -musicale e dalla tendenza di allargare il sistema -armonico con quarti di tono ancora impossibili -a notare col nostro sistema ma già virtualmente -accennati. Per questo la musica, che -si può paragonare a certi dipinti cubistici, fa a -noi vecchi musicisti l'effetto di musica stonata. -Ma chi può garantire, che tale sembrerà -in venti o meno anni? -</p> - -<p> -L'esperienza ci dimostra poi ogni giorno, che -coi giudizî prematuri bisogna essere ben guardinghi. -Si pensi a quello che si disse e scrisse -del Tristano e l'effetto che ci fa oggi quella -musica al confronto delle opere non diremo -di Reger e Strauss, ma di Schönberg e compagnia. -L'udito umano è suscettibile d'una modificazione -meravigliosa. Il lungo uso di più -secoli ci ha abituato a non sentire che i toni -e semitoni e farci parere le gradazioni intermedie -come stonazioni. Ma l'edifizio armonico -ammette ancora dei perfezionamenti e maggiori -finezze, che Beethoven ha già intuito nelle sue -ultime opere e che non potè abbastanza sviluppare -per la mancanza di segni musicali. Nè -altrimenti è da spiegarsi molte volte l'armonia -degli estremi modernisti che con una tendenza -ad esprimer ciò che il loro orecchio ormai sente -e che forse anche noi sentiremo in seguito. -</p> - -<p> -È inutile perciò e temerario di parlare di degenerazione -e sfacelo della musica ed ancor -più vacuo il voler far da profeta o prefica. Il -vero artista crea le sue opere come il genio -<span class="pagenum" id="Page_474">[474]</span> -gliele ispira senza curarsi nè della critica nè -di sacre tradizioni antiche. La vita non conosce -periodi di vera sosta e se essi tali ci appaiono, -ben raramente lo sono in realtà. Quand'anco -le opere più discusse dei maestri d'oggi -non avessero che un valore affatto relativo o -persino negativo, cioè di distruzione delle tradizioni -del passato, esse non saranno perciò -senza importanza per la storia dell'evoluzione -del pensiero musicale, perchè non è punto -escluso che l'incompleta e difettosa realizzazione -d'un'idea che si presenta alla mente dell'autore -allo stato embrionale, non contenga il -germe d'una nuova arte. E ciò potrebbe benissimo -succedere, in quanto si tratti della parte -tecnica, la quale ha indirettamente immensa -importanza anche su quella inventiva. Questa -è a dir vero finora assai meschina, perchè i modernisti -si servono ancora di motivi e temi -senza alcuna originalità e bellezza e li tolgono -dalla musica di altri tempi. Ma la musica è ben -ancora lontana dall'aver raggiunto il culmine -definitivo della parabola. Questo è forse l'unico -vaticinio, che si può fare senza rendersi ridicoli. -Il resto è nel seno del fato. -</p> - -<div class="blockquote"> -<p class="title"> -LETTERATURA -</p> - -<p> -Louis R. — <i>Die deutsche Musik der Gegenwart</i>, München, -1909. -</p> - -<p> -Batka R. — <i>Richard Strauss</i>, Charlottenburg, 1903. -</p> - -<p> -Newmann G. — <i>Richard Strauss</i>, London, 1909. -</p> - -<p> -Schmitz E. — <i>Richard Strauss als Musikdramatiker</i>, Monaco, -1907. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_475">[475]</span> -</p> - -<p> -Daly W. — <i>Debussy</i>, Edinburg, 1909. -</p> - -<p> -Rolland R. — <i>Musiciens d'aujourd'hui</i>, Paris, 1908. -</p> - -<p> -Bastianelli G. — <i>Musicisti d'oggi e di ieri</i>, Milano, 1914. -</p> - -<p> -Pizzetti I. — <i>Musicisti contemporanei</i>, Milano, 1914. -</p> - -<p> -Sézé O. — <i>Musiciens français d'aujourd'hui</i>, Paris, 1911. -</p> - -<p> -Setaccioli G. — <i>Debussy è un innovatore?</i>, Roma, 1910. -</p> - -<p> -Hehemann M. — <i>Max Reger</i>, Monaco. -</p> - -<p> -Steinitzer M. — <i>Riccardo Strauss</i>, Berlino, 1911. -</p> - -<p> -Samazeuilh G. — <i>Paul Dukas</i>, Parigi. -</p> - -<p> -Manuel R. — <i>Maurice Ravel et son oeuvre</i>, Parigi, 1914. -</p> - -<p> -Niemann W. — <i>Die Musik seit Richard Wagner</i>, Berlino, -1913. -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<h2 id="cap24">CAPITOLO XXIV. -<span class="smaller">Cantanti, virtuosi e scrittori di cose musicali.</span></h2> -</div> - -<p> -La nostra epoca è quella dei virtuosi e la -perfezione raggiunta da questi nel trattare i -loro istrumenti, nel cavarne tutti gli effetti -possibili e nel superare ogni difficoltà, è più -che ammirabile. -</p> - -<p> -La schiera dei pianisti celebri moderni è numerosissima. -Ecco alcuni dei nomi più noti: -<i>Giovanni Bülow</i> (1830-1894), <i>Antonio Rubinstein,</i> -Carlo Tausig (1841-72), <i>Sigismondo Thalberg</i> -(1812-72), <i>Sofia Menter, Annetta Essipoff, Teresa -Carreno, Adolfo Fumagalli, Ad. Henselt, -Alfredo Grünfeld, Giovanni Bonamici, Sgambati, -Martucci, Eugenio d'Albert, Busoni, Siloti, -Paderewski, Ben. Cesi, Palumbo, Consolo, Rendano, -Godowsky, Sauer, Lamond</i>, ecc. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_476">[476]</span> -</p> - -<p> -La moderna scuola di violino deriva quasi -direttamente da <i>Giov. Batt. Viotti</i> (1753-1823) -allievo di Pugnani ed egli stesso fondatore della -scuola francese, dalla quale uscirono <i>Rodolfo -Kreutzer</i> (1767-1831), <i>Pietro Rode</i> (1774-1830) e -<i>Pietro Baillot</i> (1771-1843), l'autore d'un notissimo -metodo. Viotti allargò i confini della tecnica -ed influì col suo esempio e le sue eccellenti -opere (concerti, duetti) sullo sviluppo d'uno stile -ampio, largo e nobile. -</p> - -<p> -Dopo quest'epoca vennero formandosi scuole -nazionali di violino; così la francese celebre -per l'eleganza e la finezza, fra i più noti campioni -della quale sono da nominarsi <i>Carlo de -Bériot</i> (1802-70), <i>Enrico Vieuxtemps</i> (1820-81), -<i>Francesco Prume</i> (1816-49),<i> Enrico Wieniawski</i> -(1835-80), <i>H. Léonard</i> (1819-1890), <i>Delfino Alard</i> -(1815-1888), <i>Cesare Thomson</i> (1857), <i>Eugenio -Isaye</i> (1858), <i>Enrico Marteau</i> (1874), <i> Émile Sauret</i> -(1852), <i>Pablo de Sarasate</i> (1844-1908), ecc.; -l'italiana con <i>Niccolò Paganini</i> (1784-1840), artista -sommo e fenomenale, che affascinava il -pubblico e destò entusiasmo quale nessuno -prima e dopo di lui seppe e fece progredire la -tecnica fino ai confini del possibile; <i>Alessandro -Rolla</i> (1757-1841), <i>Camillo Sivori</i> (1817-1894), -le sorelle <i>Milanollo, Antonio Bazzini, Teresina -Tua, A. Serato</i>, ecc.; la tedesca con <i>Luigi Spohr</i> -(1784-1859), rappresentante dello stile classico -e maschio, non curante dei lelocinî della virtuosità -esagerata; <i>Lipinski</i>, <i>Ferd. David</i>, celebre -maestro, <i>Guglielmo Ernst, Ferd. Laub, Gius. -<span class="pagenum" id="Page_477">[477]</span> -Joachim</i> (1831-1907), <i>Augusto Wilhelmi</i> (1845-1908), -<i>Heermann</i>, <i>Ondricek</i>, <i>Hubermann</i>, <i>Kubelik</i>, -ecc. -</p> - -<p> -Celebri violoncellisti furono <i>Gio. Dotzauer</i>, -<i>Romberg</i>, <i>Duport</i>, e fra i più recenti <i>Alfredo -Piatti</i>, <i>Gaet. Braga</i>, <i>David Popper</i>, <i>Carlo Davidoff</i>, -<i>Gius. Servais</i>, <i>De Swert</i>, <i>Becker</i>, <i>Klengel</i>, -ecc. Fra i contrabassisti, <i>Giov. Bottesini</i>, -<i>Dragonetti</i>; fra i flautisti, <i>Dulon</i>, <i>Fürstenau</i>, <i>Briccialdi</i>, -<i>Taffanel</i>; fra i suonatori di arpa, <i>Carlo -Oberthür</i>, <i>Elia Parish-Alvars</i>, <i>Antonio Zamara</i>. -</p> - -<p> -L'arte del canto si trova in decadimento per -la parte tecnica, mentre essa segna un progresso -nel sentimento drammatico. Fra le cantanti celebri -del secolo scorso vanno nominate <i>Angelica -Catalani</i> (1779-1849), <i>Giuditta</i> e <i>Giulietta Grisi</i>, -<i>Giud. Pasta</i> (1793-1865), <i>M. Malibran</i> (1808-38), -<i>Paolina Viardot-Garcia</i>, <i>Adelina</i> e <i>Carlotta Patti</i>, -<i>Cristina Nilson</i>, <i>Paolina Lucca</i>, <i>Amalia Materna</i>, -<i>Marchisio</i>, <i>Brambilla</i>, <i>Stolz</i>, <i>Waldmann</i>, ecc. -</p> - -<p> -Fra i cantanti: <i>G. Duprez</i>, <i>G. Roger</i>, <i>Ad. Nourrit</i>, -<i>G. B. Rubini</i>, <i>G. Mario</i>, <i>L. Lablache</i>, <i>Enrico -Tamberlik</i>, <i>Stagno</i>, <i>Tamagno</i>, <i>Cotogni</i>, <i>Masini</i>, -<i>Maurel</i>, <i>Caruso</i>, <i>Bonci</i>, ecc. -</p> - -<p> -Molto maggior importanza che nei tempi andati -ha oggi l'arte di dirigere l'orchestra, che -anzi minaccia di diventare una specie di virtuosismo -a danno delle opere eseguite. Notissimi -direttori furono e sono: <i>Antonio Habenek</i>, -<i>Giulio Pasdeloup</i>, <i>Edoardo Colonne</i>, <i>Carlo Lamoureux</i>, -<i>Hans Bülow</i>, <i>Ermanno Levi</i>, <i>Hans Richter</i>, -<i>Felice Weingartner</i>, <i>Arturo Nikisch</i>, -<span class="pagenum" id="Page_478">[478]</span> -<i>Felice Mottl</i>, <i>Angelo Mariani, Franco Faccio, Toscanini</i>, <i>Mugnone, Mascheroni</i>, ecc. -</p> - -<p> -E pure grandiosi progressi hanno fatto negli -ultimi decenni gli studî storici ed estetici musicali, -nei quali al dilettantismo di prima è subentrata -la ricerca delle fonti, sicchè la storia -musicale è diventata una vera scienza. -</p> - -<p> -Qui nomineremo fra i cultori di simili studî -in Italia:<i> Baini, Caffi, Basevi, Biagi, Luigi Torchi, -Oscar Chilesotti, Ippolito Valletta, Fr. Florimo, -N. D'Arienzo, Giov. Tebaldini, Piccollelis. -A. Galli, A. Villanis</i> e fra i giovani, pari se non -superiori ai più illustri stranieri, perchè non -sono solamente studiosi ricercatori del passato -ma critici acuti ed educatori di larghe vedute, -<i>Giannotto Bastianelli, Fausto Torrefranca, Ildebrando -Pizzetti, Gaetano Cesari</i>, ecc. — in Francia: -<i>Francesco Fétis, E. Coussemaker, A. Pougin, -E. Lavoix, Fr. Gevaert, M. Brenet, Tiersot, Jullien, -Vidal, Kufferath, Bellaigue</i>, ecc. — in Germania: -<i>Kiesewetter, Ambros, O. Iahn, Chrysander, -F. Spitta, E. Hanslick, Adler, Sandberger, -Fleischer, Haberl, Riemann, Kretschmar</i> — in -Inghilterra: <i>Thayer</i> (americano), <i>Fuller-Maitland, -Davez</i>, ecc. — in Spagna <i>Pedrell</i>. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_479">[479]</span> -</p> - -<h2 id="biblio">ELENCO -<span class="smaller">DELLE OPERE PRINCIPALI MODERNE -CONCERNENTI LA STORIA DELLA MUSICA</span></h2> -</div> - -<div class="blockquote"> -<p> -A. Ambros. — <i>Geschichte der Musik</i>, 5 vol., 3ª edizione, -Lipsia, 1880-1893. -</p> - -<p> -W. Langhans. — <i>Geschichte der Musik des</i> 17, 18. <i>und</i> 19. -<i>Jahrhundertes</i>, 2 vol., Lipsia, 1884. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Handbuch der Musikgeschichte</i>, Lipsia, 4 vol. -</p> - -<p> -<i>The Oxford History of Musik</i>, vol. 6 di più autori, 1900 e -seguenti. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert</i>, -Berlino, 1900. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Musikgeschichte in Beispielen</i>, 3 vol., Lipsia. -</p> - -<p> -Merian H. — <i>Illustrierte Geschichte der Musik im XIX Jahrhundert</i>, -Lipsia. -</p> - -<p> -Reissmann A. — <i>Allgemeine Geschichte der Musik</i>, Monaco, -4 vol. -</p> - -<p> -Naumann E. — <i>Musikgeschichte</i>, Lipsia, 2 vol. -</p> - -<p> -Dommer A. — <i>Geschichte der Musik</i>, Lipsia, nuova ediz., 1914. -</p> - -<p> -Brendel. — <i>Storia della musica in Italia, Germania e Francia</i>. -Trad. dal tedesco, Genova, 1900. -</p> - -<p> -Marcillac F. — <i>Histoire de la musique moderne</i>, Paris, 1882. -</p> - -<p> -Combarieu. — <i>Histoire de la musique</i>, Paris. -</p> - -<p> -I. Fétis. — <i>Histoire générale de la musique</i>, 5 vol., Paris, -1869-1875. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Geschichte der Musiktheorie im IX-XIX Jahrhundert</i>, -Lipsia, 1898. -</p> - -<p> -Galli A. — <i>Estetica della musica</i>, Torino, 1900. -</p> - -<p> -Chilesotti Oscar. — <i>I nostri maestri del passato</i>, Milano. -</p> - -<p> -Fétis F. — <i>Biographie universelle et bibliographie générale -de la musique</i>, 2ª ediz., Paris, 1860-1865. -</p> - -<p> -Pougin A. — <i>Supplement à la biographie des musiciens</i>, 3 vol., -Paris, 1878-1880. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Musiklexikon</i>, Lipsia. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_480">[480]</span> -</p> - -<p> -Schmidl C. — <i>Dizionario universale dei musicisti</i>, Milano. -</p> - -<p> -Mendel. — <i>Musikalischer Conversationslexikon</i>, 2ª ed., 8 vol., -Berlino, 1880-1883. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Opernhandbuch</i>, Lipsia. -</p> - -<p> -Paloschi G. — <i>Piccolo dizionario delle opere teatrali</i>, Milano. -</p> - -<p> -Kretschmar. — <i>Führer durch den Concertsaal</i>, 3 vol., Lipsia, -1900. -</p> - -<p> -Neitzel O. — <i>Führer durch die Oper</i>, 3 vol., Lipsia. -</p> - -<p> -Riemann H. — <i>Grundriss der Musikwissenschaft</i>, Lipsia, 1908. -</p> - -<p> -Eitner R. — <i>Bibliographie der Musiksammelwerke des 16 und -17 Jahrhunderts</i>, Berlino, 1877. -</p> - -<p> -— <i>Quellen und Hilfswerke beim Studium der Musikgeschichte</i>, -Lipsia, 1891. -</p> - -<p> -— <i>Biographisches, bibliographisches Quellenlexikon der Musiker -und Musikgelehrten bis zur Mitte des 19. Jahrhunderts</i>, -Lipsia, vol. 10. -</p> - -<p> -Grove G. — <i>Dictionary of music and musicians</i>, 5 volumi, -1905 e seg. -</p> - -<p> -<i>Guide de l'amateur d'ouvrages sur la musique, les musiciens -et le theatre</i>, Paris, 1901. -</p> - -<p> -Importanti studi di storia musicale contengono le pubblicazioni -periodiche: -</p> - -<p> -<i>Rivista musicale italiana</i>, Torino. -</p> - -<p> -<i>Monatshefte für Musikgeschichte.</i> -</p> - -<p> -<i>Vierteljahresschrift für Musikwissenschaft.</i> -</p> - -<p> -<i>Kirchenmusikalisches Jahrbuch.</i> -</p> - -<p> -<i>Sammelbände der internationalen Musikgesellschaft.</i> -</p> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_481">[481]</span> -</p> - -<h2 id="indalf">INDICE ALFABETICO DEI NOMI</h2> -</div> - -<p class="center"> -(<i>I numeri indicano le pagine</i>). -</p> - -<h3>A</h3> - -<ul> -<li>Aaron Pietro, <a href="#Page_78">78</a></li> -<li>Abaco E., <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Adam A., <a href="#Page_315">315</a></li> -<li>Adam de Fulda, <a href="#Page_79">79</a></li> -<li>Adam della Halle, <a href="#Page_90">90</a>, <a href="#Page_122">122</a></li> -<li>Adler, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Agazzari Ag., <a href="#Page_151">151</a></li> -<li>Agostino (Sant'), <a href="#Page_31">31</a></li> -<li>Agricola M., <a href="#Page_79">79</a>, <a href="#Page_206">206</a></li> -<li>Alaleona, <a href="#Page_428">428</a></li> -<li>Alard, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Albeniz, <a href="#Page_399">399</a></li> -<li>Alberti, <a href="#Page_381">381</a></li> -<li>Alboni, <a href="#Page_325">325</a></li> -<li>Alceo, <a href="#Page_14">14</a></li> -<li>Alcotti, <a href="#Page_238">238</a></li> -<li>Aldobrandini, <a href="#Page_239">239</a></li> -<li>Alessandri, <a href="#Page_224">224</a></li> -<li>Alfano, <a href="#Page_416">416</a></li> -<li>Alfonso della Viola, <a href="#Page_122">122</a></li> -<li>Algarotti, <a href="#Page_267">267</a></li> -<li>Alipio, <a href="#Page_17">17</a></li> -<li>Allegri Gregorio, <a href="#Page_113">113</a></li> -<li>Amati, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Ambrogio, <a href="#Page_30">30</a></li> -<li>Ambros, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Andreini, <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Anerio F. e G., <a href="#Page_112">112</a></li> -<li>Anfione, <a href="#Page_14">14</a></li> -<li>Anfossi, <a href="#Page_289">289</a></li> -<li>Animuccia, <a href="#Page_112">112</a>, <a href="#Page_120">120</a></li> -<li>Apollo, <a href="#Page_19">19</a>, <a href="#Page_23">23</a></li> -<li>Apolloni, <a href="#Page_332">332</a></li> -<li>Arcadelt, <a href="#Page_107">107</a></li> -<li>Archilei Antonio, <a href="#Page_235">235</a></li> -<li>Archilei Vittoria, <a href="#Page_235">235</a></li> -<li>Arends, <a href="#Page_9">9</a></li> -<li>Ariosti Attilio, <a href="#Page_166">166</a>, <a href="#Page_253">253</a></li> -<li>Aristide, <a href="#Page_22">22</a></li> -<li>Aristosseno, <a href="#Page_16">16</a></li> -<li>Aristotele, <a href="#Page_17">17</a></li> -<li>Arrigo, <a href="#Page_84">84</a></li> -<li>Asola, <a href="#Page_120">120</a></li> -<li>Astariota, <a href="#Page_172">172</a></li> -<li>Aston, <a href="#Page_201">201</a></li> -<li>Astorga, <a href="#Page_158">158</a></li> -<li>Attaignant, <a href="#Page_258">258</a></li> -<li>Auber, <a href="#Page_308">308</a></li> -<li>Audran, <a href="#Page_316">316</a></li> -<li>Auteri M., <a href="#Page_333">333</a></li> -</ul> - -<h3>B</h3> - -<ul> -<li>Bach, <a href="#Page_208">208</a>, <a href="#Page_212">212</a>, <a href="#Page_219">219</a>, <a href="#Page_220">220</a></li> -<li>Baillard, <a href="#Page_258">258</a></li> -<li>Baillot, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_482">[482]</span></li> -<li>Balakireff, <a href="#Page_390">390</a></li> -<li>Balfe, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Baltazarini, <a href="#Page_176">176</a></li> -<li>Banchieri, <a href="#Page_122">122</a>, <a href="#Page_244">244</a></li> -<li>Bantock, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Bardi, <a href="#Page_127">127</a></li> -<li>Bartolino frate, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Basevi, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Basile, <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Basilio (San), <a href="#Page_29">29</a></li> -<li>Bassani, <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Bastianelli, <a href="#Page_428">428</a>, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Bay, <a href="#Page_165">165</a></li> -<li>Bazzini, <a href="#Page_401">401</a>, <a href="#Page_419">419</a>, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Becker, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Beethoven, <a href="#Page_294">294</a></li> -<li>Belcari Feo, <a href="#Page_84">84</a></li> -<li>Bellaigue, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Bellini, <a href="#Page_321">321</a></li> -<li>Benda, <a href="#Page_195">195</a>, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Benevoli O., <a href="#Page_113">113</a></li> -<li>Bennet, <a href="#Page_348">348</a></li> -<li>Benoit, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Bergonzi, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Bériot, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Berlioz, <a href="#Page_366">366</a></li> -<li>Bernabei, <a href="#Page_113">113</a></li> -<li>Bernacchi, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Bernardi, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Bernardino della Ciaia, <a href="#Page_247">247</a></li> -<li>Bernardo, ted., <a href="#Page_243">243</a></li> -<li>Bertolotti, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Besardo, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Beverini, <a href="#Page_122">122</a></li> -<li>Biagi, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Biber, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Bibiena, <a href="#Page_238">238</a></li> -<li>Binchois, <a href="#Page_68">68</a></li> -<li>Bird, <a href="#Page_116">116</a>, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a></li> -<li>Bischoff, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Bizet, <a href="#Page_314">314</a></li> -<li>Bleyle, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Blockx, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Boccherini, <a href="#Page_253">253</a></li> -<li>Boezio, <a href="#Page_35">35</a>, <a href="#Page_38">38</a></li> -<li>Boieldieu, <a href="#Page_315">315</a></li> -<li>Boito, <a href="#Page_334">334</a></li> -<li>Bolzoni, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Bonamici, <a href="#Page_424">424</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Bonci, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Bonifacio (San), <a href="#Page_41">41</a></li> -<li>Bonocini, <a href="#Page_54">54</a>, <a href="#Page_165">165</a>, <a href="#Page_253">253</a></li> -<li>Bontempi, <a href="#Page_192">192</a></li> -<li>Bordoni-Hasse Faustina, <a href="#Page_193">193</a>, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Borodine, <a href="#Page_390">390</a></li> -<li>Bossi, <a href="#Page_421">421</a></li> -<li>Bottesini, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Braga, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Brahms, <a href="#Page_352">352</a></li> -<li>Brama, <a href="#Page_2">2</a></li> -<li>Brambilla, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Brancaccio, <a href="#Page_123">123</a></li> -<li>Braunfels, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Brenet, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Broschi, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Briccialdi, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Bruch, <a href="#Page_363">363</a></li> -<li>Bruckner, <a href="#Page_357">357</a></li> -<li>Brumel, <a href="#Page_71">71</a></li> -<li>Bruneau, <a href="#Page_433">433</a></li> -<li>Bull, <a href="#Page_116">116</a>, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a>, <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Bülow, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Buonamici, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Burci, <a href="#Page_78">78</a></li> -<li>Busnois, <a href="#Page_68">68</a></li> -<li>Busoni, <a href="#Page_467">467</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Buxtehude, <a href="#Page_209">209</a></li> -</ul> - -<h3>C</h3> - -<ul> -<li>Caccini Francesca, <a href="#Page_150">150</a></li> -<li>Caccini Giulio, <a href="#Page_127">127</a></li> -<li>Caffarelli, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Caffi, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Cagnoni, <a href="#Page_232">232</a></li> -<li>Caldara, <a href="#Page_163">163</a></li> -<li>Caletti Bruni, <a href="#Page_146">146</a></li> -<li>Calzabigi, <a href="#Page_172">172</a>, <a href="#Page_263">263</a></li> -<li>Cambert, <a href="#Page_177">177</a></li> -<li>Campra, <a href="#Page_182">182</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_483">[483]</span></li> -<li>Cannabich, <a href="#Page_277">277</a></li> -<li>Cannicciari, <a href="#Page_165">165</a></li> -<li>Capello, <a href="#Page_232">232</a></li> -<li>Caproli, <a href="#Page_176">176</a></li> -<li>Cara Marco, <a href="#Page_117">117</a></li> -<li>Carafa, <a href="#Page_272">272</a></li> -<li>Carducci, <a href="#Page_81">81</a></li> -<li>Carestini, <a href="#Page_192">192</a></li> -<li>Carissimi, <a href="#Page_149">149</a></li> -<li>Carlo Magno, <a href="#Page_41">41</a></li> -<li>Carreno, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Caruso, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Casali, <a href="#Page_165">165</a></li> -<li>Casella, <a href="#Page_428">428</a></li> -<li>Casti G. B., <a href="#Page_170">170</a></li> -<li>Catalani Alf., <a href="#Page_402">402</a></li> -<li>Catalani Angel., <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Cavalli, <a href="#Page_146">146</a></li> -<li>Cavazzoni, <a href="#Page_244">244</a></li> -<li>Cazzati, <a href="#Page_242">242</a></li> -<li>Cecca della laguna, <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Cellini Benvenuto, <a href="#Page_229">229</a></li> -<li>Cesari, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Cesi, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Cesti M., <a href="#Page_149">149</a></li> -<li>Chabrier, <a href="#Page_433">433</a></li> -<li>Chambonnières De, <a href="#Page_249">249</a></li> -<li>Charmillon, <a href="#Page_88">88</a></li> -<li>Charpentier, <a href="#Page_434">434</a></li> -<li>Chausson, <a href="#Page_458">458</a></li> -<li>Cherubini, <a href="#Page_269">269</a></li> -<li>Chilesotti, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Chopin, <a href="#Page_349">349</a></li> -<li>Chrysander, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Ciléa, <a href="#Page_415">415</a></li> -<li>Cimarosa, <a href="#Page_160">160</a></li> -<li>Cladwik, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Clari, <a href="#Page_166">166</a></li> -<li>Clemens non papa, <a href="#Page_71">71</a></li> -<li>Clemente (San), <a href="#Page_29">29</a></li> -<li>Clementi, <a href="#Page_418">418</a></li> -<li>Cleve H., <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Colasse, <a href="#Page_181">181</a></li> -<li>Colonna, <a href="#Page_165">165</a></li> -<li>Colonne, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Consolo, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Conti, <a href="#Page_168">168</a></li> -<li>Corelli, <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Cornachioli, <a href="#Page_147">147</a></li> -<li>Cornelius, <a href="#Page_437">437</a></li> -<li>Corsi, <a href="#Page_127">127</a></li> -<li>Costa, <a href="#Page_236">236</a>, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Cotogni, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Cottonio, <a href="#Page_52">52</a>, <a href="#Page_60">60</a></li> -<li>Couperin, <a href="#Page_249">249</a></li> -<li>Coussemaker, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Cowen, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Cramer, <a href="#Page_381">381</a></li> -<li>Cristofori, <a href="#Page_246">246</a></li> -<li>Croce, <a href="#Page_105">105</a></li> -<li>Cui, <a href="#Page_390">390</a></li> -<li>Cuzzoni, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Czerny, <a href="#Page_379">379</a></li> -</ul> - -<h3>D</h3> - -<ul> -<li>D'Alayrac, <a href="#Page_189">189</a></li> -<li>D'Albert, <a href="#Page_437">437</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Da Ponte, <a href="#Page_171">171</a></li> -<li>Daquin, <a href="#Page_249">249</a></li> -<li>D'Arenzio, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Dargomiski, <a href="#Page_389">389</a></li> -<li>D'Auvergne, <a href="#Page_188">188</a></li> -<li>Davez, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Davico, <a href="#Page_428">428</a></li> -<li>David, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Davide, <a href="#Page_8">8</a></li> -<li>Davidoff, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Debussy, <a href="#Page_450">450</a></li> -<li>Dedekind, <a href="#Page_191">191</a></li> -<li>De Ferrari, <a href="#Page_333">333</a></li> -<li>De la Guerre Michele, <a href="#Page_177">177</a></li> -<li>Delibes, <a href="#Page_316">316</a></li> -<li>De Leva, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Delius, <a href="#Page_465">465</a></li> -<li>Denza, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>De Swert, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>D'Indy, <a href="#Page_436">436</a></li> -<li>Dittersdorf, <a href="#Page_262">262</a></li> -<li>Dominicetti, <a href="#Page_402">402</a></li> -<li>Donati, <a href="#Page_117">117</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_484">[484]</span></li> -<li>Donizetti G., <a href="#Page_323">323</a></li> -<li>Dori, <a href="#Page_13">13</a></li> -<li>Dotzauer, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Dowell, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Draeseke, <a href="#Page_363">363</a></li> -<li>Draghi, <a href="#Page_150">150</a></li> -<li>Dragonetti, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Dufay, <a href="#Page_68">68</a></li> -<li>Dukas, <a href="#Page_359">359</a></li> -<li>Duiffopruggar, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Dulon, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Duni, <a href="#Page_188">188</a></li> -<li>Dunstable, <a href="#Page_46">46</a>, <a href="#Page_68">68</a></li> -<li>Duport, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Duprez, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Durante, <a href="#Page_155">155</a></li> -<li>Durastanti, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Dvorak, <a href="#Page_395">395</a></li> -</ul> - -<h3>E</h3> - -<ul> -<li>Eccard, <a href="#Page_207">207</a></li> -<li>Efraen, <a href="#Page_32">32</a></li> -<li>Elgar E., <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Emilio del Cavaliere, <a href="#Page_121">121</a></li> -<li>Enna, <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Enrico de Zeelandia, <a href="#Page_68">68</a>, <a href="#Page_77">77</a></li> -<li>Erasmo di Rotterdam, <a href="#Page_70">70</a></li> -<li>Ernst G., <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Erodoto, <a href="#Page_7">7</a></li> -<li>Eschilo, <a href="#Page_15">15</a></li> -<li>Essipoff, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Euripide, <a href="#Page_15">15</a>, <a href="#Page_23">23</a></li> -</ul> - -<h3>F</h3> - -<ul> -<li>Faccio, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Fall, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Falla, <a href="#Page_399">399</a></li> -<li>Fano, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Farina, <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Farinelli, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Faugues, <a href="#Page_69">69</a></li> -<li>Faurè, <a href="#Page_458">458</a></li> -<li>Ferrabosco, <a href="#Page_201">201</a></li> -<li>Ferrari, <a href="#Page_233">233</a></li> -<li>Ferri, <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Festa, <a href="#Page_106">106</a></li> -<li>Fétis, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Fibich, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Field, <a href="#Page_381">381</a></li> -<li>Filippo Neri (San), <a href="#Page_120">120</a></li> -<li>Filone, <a href="#Page_29">29</a></li> -<li>Filz, <a href="#Page_278">278</a></li> -<li>Fink, <a href="#Page_206">206</a></li> -<li>Fleischer, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Floridia, <a href="#Page_415">415</a></li> -<li>Florimo, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Flotow, <a href="#Page_306">306</a></li> -<li>Fogliani, <a href="#Page_136">136</a></li> -<li>Fonsete S., <a href="#Page_64">64</a></li> -<li>Forkel, <a href="#Page_94">94</a></li> -<li>Foroni, <a href="#Page_419">419</a></li> -<li>Franceschello, <a href="#Page_253">253</a></li> -<li>Francesco da Colonia, <a href="#Page_60">60</a></li> -<li>Francesco da Milano, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Franchetti, <a href="#Page_412">412</a></li> -<li>Frank C., <a href="#Page_435">435</a></li> -<li>Frank M., <a href="#Page_208">208</a></li> -<li>Franz, <a href="#Page_362">362</a></li> -<li>Frescobaldi, <a href="#Page_244">244</a></li> -<li>Fried, <a href="#Page_465">465</a></li> -<li>Frini, <a href="#Page_16">16</a></li> -<li>Froberger, <a href="#Page_208">208</a>, <a href="#Page_244">244</a></li> -<li>Fuller-Maitland, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Fumagalli, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Fürstenau, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Fux, <a href="#Page_192">192</a></li> -</ul> - -<h3>G</h3> - -<ul> -<li>Gabrieli A., <a href="#Page_103">103</a></li> -<li>Gabrieli D., <a href="#Page_253">253</a></li> -<li>Gabrieli G., <a href="#Page_104">104</a></li> -<li>Gade, <a href="#Page_348">348</a>, <a href="#Page_385">385</a></li> -<li>Gafor, <a href="#Page_78">78</a></li> -<li>Gagliano, <a href="#Page_146">146</a></li> -<li>Galilei, <a href="#Page_79">79</a>, <a href="#Page_127">127</a>, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Galli, <a href="#Page_239">239</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_485">[485]</span></li> -<li>Galli A., <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Gallus, <a href="#Page_208">208</a></li> -<li>Galuppi, <a href="#Page_163">163</a></li> -<li>Gardane, <a href="#Page_257">257</a></li> -<li>Gasco, <a href="#Page_428">428</a></li> -<li>Gasparini, <a href="#Page_165">165</a></li> -<li>Gasparo da Salò, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Gastoldi, <a href="#Page_117">117</a></li> -<li>Gavinés, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Gay, <a href="#Page_202">202</a></li> -<li>Geminiani, <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Genée, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Generali, <a href="#Page_321">321</a></li> -<li>Genet, <a href="#Page_71">71</a></li> -<li>Gerbert, <a href="#Page_37">37</a></li> -<li>Gerle, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Geronimo de Moravia, <a href="#Page_60">60</a></li> -<li>Gesualdo, <a href="#Page_116">116</a></li> -<li>Gevaert, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Gherardello, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Giacobbi, <a href="#Page_150">150</a></li> -<li>Gianleone, <a href="#Page_207">207</a></li> -<li>Gibbons, <a href="#Page_116">116</a>, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a></li> -<li>Gilson, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Giovanni da Fiorenza, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Giovanni di Garlandia, <a href="#Page_60">60</a></li> -<li>Giovanni XXIII, <a href="#Page_48">48</a></li> -<li>Giorgio della Porta, <a href="#Page_117">117</a></li> -<li>Giosa N., <a href="#Page_332">332</a></li> -<li>Giosquino del Prato, <a href="#Page_70">70</a></li> -<li>Giordano, <a href="#Page_412">412</a></li> -<li>Giovanni da Cascia, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Giustiniani, <a href="#Page_83">83</a></li> -<li>Glareanus, <a href="#Page_79">79</a></li> -<li>Glazounow, <a href="#Page_393">393</a></li> -<li>Glière, <a href="#Page_393">393</a></li> -<li>Glinka, <a href="#Page_389">389</a></li> -<li>Gluck, <a href="#Page_262">262</a></li> -<li>Gobatti, <a href="#Page_333">333</a></li> -<li>Godard, <a href="#Page_410">410</a></li> -<li>Godowsky, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Goffredo di Strassburgo, <a href="#Page_92">92</a></li> -<li>Goldmark, <a href="#Page_306">306</a></li> -<li>Goldoni, <a href="#Page_172">172</a></li> -<li>Golinelli, <a href="#Page_419">419</a></li> -<li>Gounod, <a href="#Page_312">312</a></li> -<li>Gombert, <a href="#Page_71">71</a></li> -<li>Gomez, <a href="#Page_333">333</a></li> -<li>Goudimel, <a href="#Page_107">107</a></li> -<li>Grainger, <a href="#Page_397">397</a></li> -<li>Grassi Pasquino, <a href="#Page_194">194</a></li> -<li>Graun, <a href="#Page_194">194</a></li> -<li>Greco, <a href="#Page_156">156</a></li> -<li>Gretry, <a href="#Page_189">189</a></li> -<li>Gregorio Magno, <a href="#Page_33">33</a></li> -<li>Grisi, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Grieg, <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Grossi F., <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Grocheo, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Grossi Lod. (Viadana), <a href="#Page_124">124</a></li> -<li>Grünfeld, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Guadagnini, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Gualtiero di Vogelweide, <a href="#Page_92">92</a></li> -<li>Guarneri del Gesù, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Guglielmi, <a href="#Page_155">155</a></li> -<li>Guglielmo monaco, <a href="#Page_63">63</a></li> -<li>Guglielmo di Poitiers, <a href="#Page_90">90</a></li> -<li>Gui, <a href="#Page_428">428</a></li> -<li>Guidetti, <a href="#Page_112">112</a></li> -<li>Guidiccioni Laura, <a href="#Page_121">121</a></li> -<li>Guido d'Arezzo, <a href="#Page_49">49</a></li> -<li>Guignon, <a href="#Page_88">88</a></li> -<li>Gumpelzhaimer, <a href="#Page_207">207</a></li> -<li>Gusnaschi, <a href="#Page_245">245</a></li> -</ul> - -<h3>H</h3> - -<ul> -<li>Habeneck, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Haberl, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Halévy, <a href="#Page_312">312</a></li> -<li>Hallen, <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Hallström, <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Hamerik, <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Hammerschmidt, <a href="#Page_208">208</a></li> -<li>Händel, <a href="#Page_221">221</a></li> -<li>Hanslick, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Hartmann, <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Hasse, <a href="#Page_193">193</a></li> -<li>Hassler, <a href="#Page_207">207</a></li> -<li>Haussegger, <a href="#Page_465">465</a></li> -<li>Hautin, <a href="#Page_258">258</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_486">[486]</span></li> -<li>Haydn, <a href="#Page_280">280</a></li> -<li>Heermann, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Heller, <a href="#Page_348">348</a></li> -<li>Henselt, <a href="#Page_348">348</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Herold, <a href="#Page_315">315</a></li> -<li>Hervé, <a href="#Page_316">316</a></li> -<li>Herzogenberg, <a href="#Page_364">364</a></li> -<li>Hiller F., <a href="#Page_348">348</a></li> -<li>Hiller J. A., <a href="#Page_261">261</a></li> -<li>Hoffmann, <a href="#Page_300">300</a></li> -<li>Huber, <a href="#Page_364">364</a></li> -<li>Hubermann, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Humperdink, <a href="#Page_437">437</a></li> -</ul> - -<h3>I</h3> - -<ul> -<li>Iahn, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Ilario, <a href="#Page_29">29</a></li> -<li>Ingegneri, <a href="#Page_113">113</a></li> -<li>Ioannes Cotton, <a href="#Page_60">60</a></li> -<li>Iodocus Pratensis, <a href="#Page_70">70</a></li> -<li>Iomelli, <a href="#Page_158">158</a></li> -<li>Isaak, <a href="#Page_85">85</a>, <a href="#Page_206">206</a></li> -<li>Isaye, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Iside, <a href="#Page_2">2</a></li> -<li>Isouard, <a href="#Page_189">189</a></li> -<li>Iunta, <a href="#Page_257">257</a></li> -</ul> - -<h3>J</h3> - -<ul> -<li>Jacopone da Todi, <a href="#Page_84">84</a></li> -<li>Jannequin, <a href="#Page_74">74</a></li> -<li>Jensen, <a href="#Page_348">348</a></li> -<li>Joachim, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Johannes de Florentia, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Jones, <a href="#Page_201">201</a></li> -<li>Josquin des Près, <a href="#Page_70">70</a></li> -<li>Jubal, <a href="#Page_3">3</a></li> -<li>Judenkunig, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Jullien, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Juon, <a href="#Page_393">393</a></li> -</ul> - -<h3>K</h3> - -<ul> -<li>Kajanus R., <a href="#Page_389">389</a></li> -<li>Keiser, <a href="#Page_197">197</a></li> -<li>Kelley, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Kerl, <a href="#Page_195">195</a>, <a href="#Page_208">208</a></li> -<li>Kielruf, <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Kienzl, <a href="#Page_437">437</a></li> -<li>Kiesewetter, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Kircher, <a href="#Page_23">23</a>, <a href="#Page_55">55</a></li> -<li>Kirchner, <a href="#Page_348">348</a></li> -<li>Klengel, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Korsakoff, <a href="#Page_390">390</a></li> -<li>Kretschmar, <a href="#Page_77">77</a>, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Kreutzer C., <a href="#Page_306">306</a></li> -<li>Kreutzer R., <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Ktesibiüs, <a href="#Page_242">242</a></li> -<li>Kubelik, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Kufferath, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Kuhnau, <a href="#Page_247">247</a></li> -<li>Kusser, <a href="#Page_197">197</a></li> -</ul> - -<h3>L</h3> - -<ul> -<li>Lablache, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Lalo, <a href="#Page_430">430</a></li> -<li>Lalouette, <a href="#Page_181">181</a></li> -<li>Lamia, <a href="#Page_16">16</a></li> -<li>Lamond, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Lamoureux, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Lampe, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Landi, <a href="#Page_151">151</a></li> -<li>Landino, <a href="#Page_99">99</a>, <a href="#Page_243">243</a></li> -<li>Lanner, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Laparra, <a href="#Page_399">399</a></li> -<li>Laub, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Laurentio, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Lavoix, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Leclair, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Lecoq, <a href="#Page_316">316</a></li> -<li>Lederer, <a href="#Page_45">45</a></li> -<li>Legrenzi, <a href="#Page_150">150</a>, <a href="#Page_242">242</a></li> -<li>Lehàr, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Leo, <a href="#Page_155">155</a>, <a href="#Page_253">253</a></li> -<li>Léonard, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Leoncavallo, <a href="#Page_409">409</a></li> -<li>Leonin, <a href="#Page_45">45</a></li> -<li>Lesuer, <a href="#Page_273">273</a></li> -<li>Levi, <a href="#Page_410">410</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_487">[487]</span></li> -<li>Liadow, <a href="#Page_393">393</a></li> -<li>Lind, <a href="#Page_325">325</a></li> -<li>Ling-Lun, <a href="#Page_5">5</a></li> -<li>Lipinski, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Liszt, <a href="#Page_379">379</a></li> -<li>Locatelli, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Loewe, <a href="#Page_349">349</a></li> -<li>Logroscino, <a href="#Page_159">159</a></li> -<li>Lolli, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Longo, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Lorenzo dei Medici, <a href="#Page_84">84</a></li> -<li>Loreto, <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Loritus, <a href="#Page_79">79</a></li> -<li>Lortzing, <a href="#Page_306">306</a></li> -<li>Lotti, <a href="#Page_161">161</a></li> -<li>Lucca, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Lulli, <a href="#Page_178">178</a></li> -<li>Lupo, <a href="#Page_201">201</a></li> -<li>Luporini, <a href="#Page_333">333</a></li> -<li>Lutero, <a href="#Page_70">70</a>, <a href="#Page_205">205</a></li> -<li>Luzzasco, <a href="#Page_122">122</a></li> -</ul> - -<h3>M</h3> - -<ul> -<li>Macfarren, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Machaud, <a href="#Page_45">45</a></li> -<li>Mackenzie, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Maggini, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Maglio G. A., <a href="#Page_194">194</a></li> -<li>Magnard, <a href="#Page_458">458</a></li> -<li>Mahler, <a href="#Page_360">360</a></li> -<li>Mahu, <a href="#Page_206">206</a></li> -<li>Maillard, <a href="#Page_315">315</a></li> -<li>Majorano, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Malibran, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Malipiero, <a href="#Page_428">428</a></li> -<li>Malling G., <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Malvezzi, <a href="#Page_122">122</a></li> -<li>Mancinelli, <a href="#Page_414">414</a></li> -<li>Mancini, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Manni, <a href="#Page_121">121</a></li> -<li>Maometto, <a href="#Page_10">10</a></li> -<li>Mara, <a href="#Page_195">195</a></li> -<li>Maragnoli, <a href="#Page_224">224</a></li> -<li>Marazzoli M., <a href="#Page_147">147</a></li> -<li>Marcello, <a href="#Page_163">163</a></li> -<li>Marchetti, <a href="#Page_333">333</a></li> -<li>Marchetto da Padova, <a href="#Page_53">53</a>, <a href="#Page_61">61</a></li> -<li>Marchisio, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Marenzio, <a href="#Page_113">113</a>, <a href="#Page_116">116</a></li> -<li>Mariani, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Marini B., <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Mario, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Marschner, <a href="#Page_305">305</a></li> -<li>Marteau, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Martini G. B., <a href="#Page_167">167</a></li> -<li>Martini V., <a href="#Page_168">168</a></li> -<li>Martucci, <a href="#Page_420">420</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Mascagni, <a href="#Page_403">403</a></li> -<li>Mascheroni, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Masini, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Massé, <a href="#Page_315">315</a></li> -<li>Massenet, <a href="#Page_431">431</a></li> -<li>Materna, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Mattei, <a href="#Page_318">318</a></li> -<li>Mattheson, <a href="#Page_198">198</a></li> -<li>Maurel, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Mauro, <a href="#Page_238">238</a></li> -<li>Mayr, <a href="#Page_288">288</a></li> -<li>Mazzocchi, <a href="#Page_113">113</a></li> -<li>Mazzucato, <a href="#Page_401">401</a></li> -<li>Méhul, <a href="#Page_269">269</a></li> -<li>Mei, <a href="#Page_127">127</a></li> -<li>Meilan, <a href="#Page_208">208</a></li> -<li>Meissen, <a href="#Page_92">92</a></li> -<li>Melani, <a href="#Page_147">147</a></li> -<li>Mell Gaudio, <a href="#Page_107">107</a></li> -<li>Mendelssohn, <a href="#Page_341">341</a></li> -<li>Menter, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Mercadante, <a href="#Page_321">321</a></li> -<li>Mercurio, <a href="#Page_2">2</a></li> -<li>Merlo, <a href="#Page_123">123</a></li> -<li>Merulo, <a href="#Page_244">244</a>, <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Mesomede, <a href="#Page_23">23</a></li> -<li>Messager, <a href="#Page_316">316</a></li> -<li>Metastasio, <a href="#Page_170">170</a></li> -<li>Meyerbeer, <a href="#Page_310">310</a></li> -<li>Migliori, <a href="#Page_238">238</a></li> -<li>Milanollo, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Millöcker, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Mingotti, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_488">[488]</span></li> -<li>Molinaro, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Monn, <a href="#Page_278">278</a></li> -<li>Monsigny, <a href="#Page_189">189</a></li> -<li>Montemezzi, <a href="#Page_415">415</a></li> -<li>Monteverdi, <a href="#Page_141">141</a></li> -<li>Morales, <a href="#Page_106">106</a></li> -<li>Morera, <a href="#Page_399">399</a></li> -<li>Morley, <a href="#Page_200">200</a>, <a href="#Page_249">249</a></li> -<li>Mosco, <a href="#Page_16">16</a></li> -<li>Mosè, <a href="#Page_8">8</a></li> -<li>Mottl, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Moussorzky, <a href="#Page_391">391</a></li> -<li>Mouton, <a href="#Page_71">71</a></li> -<li>Mozart, <a href="#Page_285">285</a></li> -<li>Muffat, <a href="#Page_247">247</a></li> -<li>Mugellini, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Mugnone, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Müller, <a href="#Page_262">262</a></li> -<li>Muris, <a href="#Page_60">60</a></li> -</ul> - -<h3>N</h3> - -<ul> -<li>Nanini, <a href="#Page_112">112</a></li> -<li>Napolitano Gio. Andrea, <a href="#Page_123">123</a></li> -<li>Nardi Jacopo, <a href="#Page_85">85</a></li> -<li>Nardini, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Nared, <a href="#Page_2">2</a></li> -<li>Nerone, <a href="#Page_19">19</a></li> -<li>Neusielder, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Nicolai, <a href="#Page_306">306</a></li> -<li>Nielsen, <a href="#Page_386">386</a></li> -<li>Nikisch, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Nilson, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Noren, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Notari, <a href="#Page_201">201</a></li> -<li>Notker, <a href="#Page_42">42</a></li> -<li>Nourrit, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Novàk, <a href="#Page_396">396</a></li> -</ul> - -<h3>O</h3> - -<ul> -<li>Oberthür, <a href="#Page_177">177</a></li> -<li>Obrecht, <a href="#Page_70">70</a></li> -<li>Offenbach, <a href="#Page_315">315</a></li> -<li>Okeghen, <a href="#Page_69">69</a></li> -<li>Olimpo, <a href="#Page_14">14</a></li> -<li>Ondricek, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Orefice, <a href="#Page_415">415</a></li> -<li>Orfeo, <a href="#Page_13">13</a></li> -<li>Orlando di Lasso, <a href="#Page_72">72</a></li> -<li>Osiander, <a href="#Page_206">206</a></li> -<li>Osvaldo di Wolkestien, <a href="#Page_92">92</a></li> -</ul> - -<h3>P</h3> - -<ul> -<li>Pachelbel, <a href="#Page_208">208</a>, <a href="#Page_247">247</a></li> -<li>Pacini, <a href="#Page_321">321</a></li> -<li>Paderewski, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Paer, <a href="#Page_168">168</a></li> -<li>Paganini, <a href="#Page_418">418</a>, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Paisiello, <a href="#Page_160">160</a></li> -<li>Palestrina, <a href="#Page_107">107</a></li> -<li>Palladio, <a href="#Page_238">238</a></li> -<li>Pallavicini, <a href="#Page_192">192</a></li> -<li>Palumbo, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Pananti, <a href="#Page_172">172</a></li> -<li>Paolo da Florentia, <a href="#Page_99">99</a></li> -<li>Parabosco, <a href="#Page_244">244</a></li> -<li>Paradisi, <a href="#Page_247">247</a></li> -<li>Pareja, <a href="#Page_79">79</a></li> -<li>Parker, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Parish-Alvars, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Parry, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Pasdeloup, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Pasquini Bernardo, <a href="#Page_165">165</a>, <a href="#Page_244">244</a></li> -<li>Pasta, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Patti, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Paumann, <a href="#Page_244">244</a>, <a href="#Page_253">253</a></li> -<li>Pedrel, <a href="#Page_399">399</a>, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Pedrotti, <a href="#Page_333">333</a></li> -<li>Peirol, <a href="#Page_90">90</a></li> -<li>Pergolesi, <a href="#Page_157">157</a></li> -<li>Peri Iacopo, <a href="#Page_127">127</a></li> -<li>Pericle, <a href="#Page_15">15</a></li> -<li>Perosi, <a href="#Page_423">423</a></li> -<li>Perotin, <a href="#Page_45">45</a></li> -<li>Perrin, <a href="#Page_177">177</a></li> -<li>Persiani, <a href="#Page_325">325</a></li> -<li>Perti, <a href="#Page_150">150</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_489">[489]</span></li> -<li>Peruzzi, <a href="#Page_238">238</a></li> -<li>Peterson, <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Petrella, <a href="#Page_332">332</a></li> -<li>Petrucci, <a href="#Page_257">257</a></li> -<li>Pfitzner, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Philidor, <a href="#Page_189">189</a></li> -<li>Philippus de Vitriaco, <a href="#Page_57">57</a></li> -<li>Piatti, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Piccini, <a href="#Page_159">159</a></li> -<li>Piccollelis, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Piernè, <a href="#Page_458">458</a></li> -<li>Pierre de la Rue, <a href="#Page_71">71</a></li> -<li>Pietro, <a href="#Page_41">41</a></li> -<li>Pindaro, <a href="#Page_23">23</a></li> -<li>Pirani, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Pisendal, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Pisistrato, <a href="#Page_15">15</a></li> -<li>Pistocchi, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Pitagora, <a href="#Page_14">14</a>, <a href="#Page_17">17</a></li> -<li>Pitoni, <a href="#Page_164">164</a></li> -<li>Pizzetti, <a href="#Page_425">425</a>, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Pizzetti Ildebrando, <a href="#Page_19">19</a></li> -<li>Planquette, <a href="#Page_316">316</a></li> -<li>Platone, <a href="#Page_17">17</a></li> -<li>Platti, <a href="#Page_247">247</a>, <a href="#Page_278">278</a></li> -<li>Plutarco, <a href="#Page_17">17</a></li> -<li>Poitiers Guglielmo di, <a href="#Page_90">90</a></li> -<li>Polarolo, <a href="#Page_150">150</a></li> -<li>Poliziano, <a href="#Page_122">122</a></li> -<li>Pollini, <a href="#Page_381">381</a></li> -<li>Ponchielli, <a href="#Page_333">333</a></li> -<li>Popper, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Porpora, <a href="#Page_156">156</a></li> -<li>Pougin, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Praetorius, <a href="#Page_208">208</a></li> -<li>Provenzale, <a href="#Page_152">152</a></li> -<li>Prume, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Puccini, <a href="#Page_411">411</a></li> -<li>Pugnani, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Pujol, <a href="#Page_399">399</a></li> -<li>Purcell, <a href="#Page_201">201</a></li> -</ul> - -<h3>Q</h3> - -<ul> -<li>Quagliati, <a href="#Page_140">140</a></li> -<li>Quanz, <a href="#Page_195">195</a></li> -<li>Quei, <a href="#Page_6">6</a></li> -<li>Quinault, <a href="#Page_179">179</a></li> -<li>Quintiliano, <a href="#Page_22">22</a></li> -</ul> - -<h3>R</h3> - -<ul> -<li>Raff, <a href="#Page_363">363</a></li> -<li>Raimondi, <a href="#Page_321">321</a></li> -<li>Rambaut, <a href="#Page_91">91</a></li> -<li>Rameau, <a href="#Page_182">182</a></li> -<li>Ravel, <a href="#Page_457">457</a></li> -<li>Rebikoff, <a href="#Page_467">467</a></li> -<li>Redi, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Reger M., <a href="#Page_461">461</a></li> -<li>Reinken, <a href="#Page_209">209</a></li> -<li>Rendano, <a href="#Page_424">424</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Respighi, <a href="#Page_429">429</a></li> -<li>Reyer, <a href="#Page_433">433</a></li> -<li>Reyser, <a href="#Page_257">257</a></li> -<li>Rhaw, <a href="#Page_206">206</a></li> -<li>Rheinberger, <a href="#Page_364">364</a></li> -<li>Ricci, <a href="#Page_321">321</a></li> -<li>Ricci-Signorini, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Richter, F., <a href="#Page_277">277</a></li> -<li>Richter Hans, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Riemann, <a href="#Page_99">99</a>, <a href="#Page_129">129</a></li> -<li>Righini, <a href="#Page_168">168</a></li> -<li>Rinaldi, <a href="#Page_419">419</a></li> -<li>Rinuccini, <a href="#Page_127">127</a></li> -<li>Ripolles, <a href="#Page_399">399</a></li> -<li>Rode, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Roger, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Roland de Lattre, <a href="#Page_72">72</a></li> -<li>Rolla, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Romano, <a href="#Page_41">41</a></li> -<li>Romberg, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Rore C. (de), <a href="#Page_78">78</a>, <a href="#Page_103">103</a></li> -<li>Rosini, <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Rossi L., <a href="#Page_171">171</a></li> -<li>Rossi Lauro, <a href="#Page_332">332</a></li> -<li>Rossini, <a href="#Page_309">309</a>, <a href="#Page_318">318</a></li> -<li>Rotoli, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Rousseau, <a href="#Page_188">188</a></li> -<li>Roussel, <a href="#Page_458">458</a></li> -<li>Rubini, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_490">[490]</span></li> -<li>Rubinstein, <a href="#Page_392">392</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Ruggeri, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Rupff, <a href="#Page_205">205</a></li> -<li>Rutini, <a href="#Page_278">278</a></li> -</ul> - -<h3>S</h3> - -<ul> -<li>Sacchetti, <a href="#Page_82">82</a></li> -<li>Sacchini, <a href="#Page_160">160</a></li> -<li>Sachs, <a href="#Page_93">93</a></li> -<li>Sacrati, <a href="#Page_176">176</a></li> -<li>Saffo, <a href="#Page_14">14</a></li> -<li>Saint-Saens, <a href="#Page_429">429</a></li> -<li>Salieri, <a href="#Page_168">168</a></li> -<li>Salomone, <a href="#Page_8">8</a></li> -<li>Salvator Rosa, <a href="#Page_232">232</a></li> -<li>Samara, <a href="#Page_415">415</a></li> -<li>Sammartini, <a href="#Page_262">262</a></li> -<li>Sanctos, <a href="#Page_236">236</a></li> -<li>Sandberger, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Sangalli, <a href="#Page_419">419</a></li> -<li>Sanmartini, <a href="#Page_279">279</a></li> -<li>Santarini, <a href="#Page_239">239</a></li> -<li>Sarasate, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Sarria, <a href="#Page_332">332</a></li> -<li>Sarti, <a href="#Page_168">168</a></li> -<li>Sauer, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Sauret, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Scarlatti Al., <a href="#Page_151">151</a></li> -<li>Scarlatti D., <a href="#Page_246">246</a></li> -<li>Scheidt S., <a href="#Page_209">209</a></li> -<li>Schein G., <a href="#Page_209">209</a></li> -<li>Schenk, <a href="#Page_262">262</a></li> -<li>Schering, <a href="#Page_71">71</a></li> -<li>Schillings, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Schjelderup G., <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Schmit, <a href="#Page_458">458</a></li> -<li>Schönberg, <a href="#Page_466">466</a></li> -<li>Schrecker, <a href="#Page_465">465</a></li> -<li>Schroeder-Devrient, <a href="#Page_325">325</a></li> -<li>Schroeter, <a href="#Page_246">246</a></li> -<li>Schubert, <a href="#Page_338">338</a></li> -<li>Schumann, <a href="#Page_344">344</a></li> -<li>Schütz, <a href="#Page_104">104</a>, <a href="#Page_208">208</a></li> -<li>Scontrino, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Scott, <a href="#Page_397">397</a>, <a href="#Page_467">467</a></li> -<li>Scotto, <a href="#Page_257">257</a></li> -<li>Scriabine, <a href="#Page_466">466</a></li> -<li>Senesino, <a href="#Page_192">192</a></li> -<li>Senfl, <a href="#Page_206">206</a></li> -<li>Serato, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Sergio, <a href="#Page_34">34</a></li> -<li>Serlio, <a href="#Page_238">238</a></li> -<li>Seroff, <a href="#Page_390">390</a></li> -<li>Servais, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Servandoni, <a href="#Page_239">239</a></li> -<li>Severac, <a href="#Page_458">458</a></li> -<li>Sgambati, <a href="#Page_420">420</a>, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Sibelius J., <a href="#Page_389">389</a></li> -<li>Siloti, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Silvestro, <a href="#Page_29">29</a></li> -<li>Sinding, <a href="#Page_387">387</a></li> -<li>Sinigaglia, <a href="#Page_423">423</a></li> -<li>Sivori, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Sjögren, <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Smareglia, <a href="#Page_415">415</a></li> -<li>Smetana, <a href="#Page_394">394</a></li> -<li>Smyth, <a href="#Page_397">397</a></li> -<li>Södermann, <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Sofocle, <a href="#Page_15">15</a></li> -<li>Soma, <a href="#Page_4">4</a></li> -<li>Soriano, <a href="#Page_112">112</a></li> -<li>Spataro, <a href="#Page_78">78</a></li> -<li>Spinelli, <a href="#Page_405">405</a></li> -<li>Spinetti, <a href="#Page_245">245</a></li> -<li>Spitta, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Spohr, <a href="#Page_304">304</a>, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Spontini, <a href="#Page_272">272</a></li> -<li>Squarcialupo, <a href="#Page_83">83</a>, <a href="#Page_243">243</a></li> -<li>Staden T., <a href="#Page_191">191</a></li> -<li>Stagno, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Stainer, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Stamitz, <a href="#Page_252">252</a>, <a href="#Page_277">277</a></li> -<li>Stanford, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Steffani, <a href="#Page_166">166</a></li> -<li>Stenhammer, <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Stolz, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Stradella, <a href="#Page_150">150</a></li> -<li>Stradivari, <a href="#Page_250">250</a></li> -<li>Strauss J., <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Strauss O., <a href="#Page_307">307</a></li> -<li><span class="pagenum" id="Page_491">[491]</span></li> -<li>Strauss R., <a href="#Page_440">440</a></li> -<li>Stravinsky, <a href="#Page_467">467</a></li> -<li>Striggio, <a href="#Page_122">122</a></li> -<li>Strozzi, <a href="#Page_127">127</a></li> -<li>Suk, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Sullivan, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Suppè, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Svendsen, <a href="#Page_388">388</a></li> -<li>Swelink, <a href="#Page_209">209</a></li> -</ul> - -<h3>T</h3> - -<ul> -<li>Taide, <a href="#Page_16">16</a></li> -<li>Taffanel, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Tallis, <a href="#Page_249">249</a></li> -<li>Tamagno, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Tamberlick, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Tamburini, <a href="#Page_325">325</a></li> -<li>Taneieff, <a href="#Page_393">393</a></li> -<li>Tännhauser, <a href="#Page_92">92</a></li> -<li>Tartini, <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Tasca, <a href="#Page_405">405</a></li> -<li>Tausig, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Tebaldini, <a href="#Page_424">424</a>, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Telemann, <a href="#Page_199">199</a></li> -<li>Terpandro, <a href="#Page_14">14</a></li> -<li>Terzi, <a href="#Page_254">254</a></li> -<li>Tesi Vittoria, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Thalberg, <a href="#Page_475">475</a></li> -<li>Theile, <a href="#Page_196">196</a></li> -<li>Thibaut, <a href="#Page_90">90</a></li> -<li>Thomas, <a href="#Page_313">313</a></li> -<li>Thomson, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Thot, <a href="#Page_2">2</a></li> -<li>Thuille, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Tiersot, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Tinctoris, <a href="#Page_78">78</a></li> -<li>Tinel, <a href="#Page_398">398</a></li> -<li>Toeschi, <a href="#Page_277">277</a></li> -<li>Tolomeo, <a href="#Page_31">31</a></li> -<li>Tomadini, <a href="#Page_419">419</a></li> -<li>Tommasini, <a href="#Page_428">428</a></li> -<li>Torchi, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Torelli, <a href="#Page_239">239</a>, <a href="#Page_251">251</a></li> -<li>Tornabuoni, <a href="#Page_84">84</a></li> -<li>Torrefranca, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Toscanini, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Tosi, <a href="#Page_237">237</a></li> -<li>Tosti, <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Traetta, <a href="#Page_155">155</a></li> -<li>Trigene, <a href="#Page_45">45</a></li> -<li>Tromboncino, <a href="#Page_85">85</a>, <a href="#Page_117">117</a></li> -<li>Tschaikowski, <a href="#Page_392">392</a></li> -<li>Tua, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Tuotilo, <a href="#Page_42">42</a></li> -<li>Turina, <a href="#Page_399">399</a></li> -<li>Turini, <a href="#Page_232">232</a></li> -</ul> - -<h3>U</h3> - -<ul> -<li>Ubaldo, <a href="#Page_46">46</a></li> -<li>Ugolino da Orvieto, <a href="#Page_78">78</a></li> -<li>Usiglio, <a href="#Page_332">332</a></li> -</ul> - -<h3>V</h3> - -<ul> -<li>Vaccai, <a href="#Page_321">321</a></li> -<li>Valletta, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Vaughan, <a href="#Page_397">397</a></li> -<li>Vecchi, <a href="#Page_123">123</a></li> -<li>Veda, <a href="#Page_5">5</a></li> -<li>Veracini, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Verdi, <a href="#Page_325">325</a></li> -<li>Verdolotto, <a href="#Page_229">229</a></li> -<li>Viadana, <a href="#Page_124">124</a></li> -<li>Viardot-Garcia, <a href="#Page_325">325</a>, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Vicentino Nicola, <a href="#Page_136">136</a></li> -<li>Vidal, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Vieuxtemps, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Villanis, <a href="#Page_478">478</a></li> -<li>Vinci, <a href="#Page_156">156</a></li> -<li>Viotti, <a href="#Page_418">418</a>, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Virdung, <a href="#Page_79">79</a></li> -<li>Vitali, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Vitri Filippo (de), <a href="#Page_101">101</a></li> -<li>Vittoria, <a href="#Page_112">112</a></li> -<li>Vivaldi, <a href="#Page_252">252</a></li> -<li>Vogelweide (Gualtiero di), <a href="#Page_92">92</a></li> -<li>Volkmann, <a href="#Page_348">348</a></li> -</ul> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_492">[492]</span> -</p> - -<h3>W</h3> - -<ul> -<li>Wagenseil, <a href="#Page_278">278</a></li> -<li>Wagner R., <a href="#Page_370">370</a></li> -<li>Wagner S., <a href="#Page_437">437</a></li> -<li>Wallace, <a href="#Page_396">396</a></li> -<li>Waldmann, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Walther, <a href="#Page_205">205</a></li> -<li>Weber, <a href="#Page_301">301</a></li> -<li>Weigel, <a href="#Page_262">262</a></li> -<li>Weingartner, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Weissmann, <a href="#Page_438">438</a></li> -<li>Westerhout, <a href="#Page_415">415</a></li> -<li>Wieniawski, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Wilhelmy, <a href="#Page_476">476</a></li> -<li>Willaert, <a href="#Page_102">102</a></li> -<li>Wolf, <a href="#Page_362">362</a></li> -<li>Wolf-Ferrari, <a href="#Page_421">421</a></li> -<li>Wolframo d'Eschenbach, <a href="#Page_92">92</a></li> -<li>Wolkenstein (Oswaldo di), <a href="#Page_92">92</a></li> -</ul> - -<h3>Z</h3> - -<ul> -<li>Zamara, <a href="#Page_477">477</a></li> -<li>Zandonai, <a href="#Page_427">427</a></li> -<li>Zanella A., <a href="#Page_424">424</a></li> -<li>Zarlino, <a href="#Page_78">78</a></li> -<li>Zazzerino, <a href="#Page_129">129</a></li> -<li>Zeller, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Zeno Ap., <a href="#Page_170">170</a></li> -<li>Ziani, <a href="#Page_150">150</a></li> -<li>Ziehrer, <a href="#Page_307">307</a></li> -<li>Zingarelli, <a href="#Page_160">160</a></li> -<li>Zipoli, <a href="#Page_278">278</a></li> -</ul> - -<hr class="silver" /> - -<div class="footnotes"> - -<h2> -NOTE: -</h2> - -<div class="footnote" id="note1"> -<p><span class="label"><a href="#tag1">1</a>. </span>Filippo di Vitry.</p> -</div> - -<div class="footnote" id="note2"> -<p><span class="label"><a href="#tag2">2</a>. </span>Marchetto da Padova.</p> -</div> -</div> - -<div class="tnote"> -<p class="tntitle"> -Nota del Trascrittore -</p> - -<p> -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione -minimi errori tipografici. -</p> - -<p class="covernote"> -Copertina elaborata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio. -</p> -</div> - - - - - - - - -<pre> - - - - - -End of Project Gutenberg's Storia della musica, by Alfredo Untersteiner - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK STORIA DELLA MUSICA *** - -***** This file should be named 62987-h.htm or 62987-h.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/9/8/62987/ - -Produced by Barbara Magni and the Online Distributed -Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was -produced from images made available by The Internet Archive) - - -Updated editions will replace the previous one--the old editions -will be renamed. - -Creating the works from public domain print editions means that no -one owns a United States copyright in these works, so the Foundation -(and you!) can copy and distribute it in the United States without -permission and without paying copyright royalties. Special rules, -set forth in the General Terms of Use part of this license, apply to -copying and distributing Project Gutenberg-tm electronic works to -protect the PROJECT GUTENBERG-tm concept and trademark. Project -Gutenberg is a registered trademark, and may not be used if you -charge for the eBooks, unless you receive specific permission. If you -do not charge anything for copies of this eBook, complying with the -rules is very easy. You may use this eBook for nearly any purpose -such as creation of derivative works, reports, performances and -research. They may be modified and printed and given away--you may do -practically ANYTHING with public domain eBooks. Redistribution is -subject to the trademark license, especially commercial -redistribution. - - - -*** START: FULL LICENSE *** - -THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE -PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK - -To protect the Project Gutenberg-tm mission of promoting the free -distribution of electronic works, by using or distributing this work -(or any other work associated in any way with the phrase "Project -Gutenberg"), you agree to comply with all the terms of the Full Project -Gutenberg-tm License (available with this file or online at -http://gutenberg.org/license). - - -Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project Gutenberg-tm -electronic works - -1.A. By reading or using any part of this Project Gutenberg-tm -electronic work, you indicate that you have read, understand, agree to -and accept all the terms of this license and intellectual property -(trademark/copyright) agreement. 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It exists -because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from -people in all walks of life. - -Volunteers and financial support to provide volunteers with the -assistance they need, are critical to reaching Project Gutenberg-tm's -goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will -remain freely available for generations to come. In 2001, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure -and permanent future for Project Gutenberg-tm and future generations. -To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation -and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4 -and the Foundation web page at http://www.pglaf.org. - - -Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive -Foundation - -The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit -501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the -state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal -Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification -number is 64-6221541. Its 501(c)(3) letter is posted at -http://pglaf.org/fundraising. Contributions to the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent -permitted by U.S. federal laws and your state's laws. - -The Foundation's principal office is located at 4557 Melan Dr. S. -Fairbanks, AK, 99712., but its volunteers and employees are scattered -throughout numerous locations. Its business office is located at -809 North 1500 West, Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887, email -business@pglaf.org. Email contact links and up to date contact -information can be found at the Foundation's web site and official -page at http://pglaf.org - -For additional contact information: - Dr. Gregory B. Newby - Chief Executive and Director - gbnewby@pglaf.org - - -Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation - -Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide -spread public support and donations to carry out its mission of -increasing the number of public domain and licensed works that can be -freely distributed in machine readable form accessible by the widest -array of equipment including outdated equipment. Many small donations -($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt -status with the IRS. - -The Foundation is committed to complying with the laws regulating -charities and charitable donations in all 50 states of the United -States. Compliance requirements are not uniform and it takes a -considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up -with these requirements. We do not solicit donations in locations -where we have not received written confirmation of compliance. To -SEND DONATIONS or determine the status of compliance for any -particular state visit http://pglaf.org - -While we cannot and do not solicit contributions from states where we -have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition -against accepting unsolicited donations from donors in such states who -approach us with offers to donate. - -International donations are gratefully accepted, but we cannot make -any statements concerning tax treatment of donations received from -outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff. - -Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation -methods and addresses. Donations are accepted in a number of other -ways including checks, online payments and credit card donations. -To donate, please visit: http://pglaf.org/donate - - -Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic -works. - -Professor Michael S. Hart is the originator of the Project Gutenberg-tm -concept of a library of electronic works that could be freely shared -with anyone. For thirty years, he produced and distributed Project -Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of volunteer support. - - -Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed -editions, all of which are confirmed as Public Domain in the U.S. -unless a copyright notice is included. Thus, we do not necessarily -keep eBooks in compliance with any particular paper edition. - - -Most people start at our Web site which has the main PG search facility: - - http://www.gutenberg.org - -This Web site includes information about Project Gutenberg-tm, -including how to make donations to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to -subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks. - - -</pre> - -</body> -</html> diff --git a/old/62987-h/images/cover.jpg b/old/62987-h/images/cover.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index de47631..0000000 --- a/old/62987-h/images/cover.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-020a.jpg b/old/62987-h/images/ill-020a.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index cb35684..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-020a.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-020b.jpg b/old/62987-h/images/ill-020b.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index 9132622..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-020b.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-020c.jpg b/old/62987-h/images/ill-020c.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index ffea7b9..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-020c.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-051.jpg b/old/62987-h/images/ill-051.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index 20179ae..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-051.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-053.jpg b/old/62987-h/images/ill-053.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index bd338f2..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-053.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-055a.jpg b/old/62987-h/images/ill-055a.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index cff798b..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-055a.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-055b.jpg b/old/62987-h/images/ill-055b.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index 1b58a79..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-055b.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-058a.jpg b/old/62987-h/images/ill-058a.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index 613ef86..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-058a.jpg +++ /dev/null diff --git a/old/62987-h/images/ill-058b.jpg b/old/62987-h/images/ill-058b.jpg Binary files differdeleted file mode 100644 index 7f8d8e2..0000000 --- a/old/62987-h/images/ill-058b.jpg +++ /dev/null |
