diff options
Diffstat (limited to 'old/50306-0.txt')
| -rw-r--r-- | old/50306-0.txt | 4972 |
1 files changed, 0 insertions, 4972 deletions
diff --git a/old/50306-0.txt b/old/50306-0.txt deleted file mode 100644 index 6fd7334..0000000 --- a/old/50306-0.txt +++ /dev/null @@ -1,4972 +0,0 @@ -The Project Gutenberg EBook of Rinaldo ardito, by Ludovico Ariosto - -This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and most -other parts of the world at no cost and with almost no restrictions -whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of -the Project Gutenberg License included with this eBook or online at -www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll have -to check the laws of the country where you are located before using this ebook. - - - -Title: Rinaldo ardito - Frammenti inediti pubblicati sul manoscritto originale - -Author: Ludovico Ariosto - -Editor: Giuseppe Aiazzi - Innocenzo Giampieri - -Release Date: October 25, 2015 [EBook #50306] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK RINALDO ARDITO *** - - - - -Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online -Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net, in -celebration of Distributed Proofreaders' 15th Anniversary, -using images generously made available by The Internet -Archive -(https://archive.org/details/rinaldoarditofra00ariouoft). - - - - - - - RINALDO ARDITO - - DI - - LODOVICO ARIOSTO - - - FRAMMENTI INEDITI - PUBBLICATI SUL MANOSCRITTO ORIGINALE - DA I. GIAMPIERI E G. AIAZZI - - - - FIRENZE - NELLA TIPOGRAFIA PIATTI - A SPESE DEGLI EDITORI - 1846. - - - - - _Gli Editori intendono valersi del diritto e privilegio - concesso loro dalle veglianti leggi in materia di stampa - e proprietà letteraria, a danno dei contraffattori._ - - - - - ALL'ACCADEMIA VALDARNESE - CUI IL POGGIO ZELANTE ED ACUTO DISCOPRITORE - DI RARI MONUMENTI DELLA SAPIENZA LATINA - DAVA VITA - QUESTE PREZIOSE RELIQUIE DEL CANTORE DEL FURIOSO - DIMENTICATE E QUASI IGNOTE - DUE CONSOCI - SEGUACI TROPPO DISEGUALI DEGLI STUDJ DI TANTO FONDATORE - CON GRATO ANIMO INTITOLAVANO - - - - -PREFAZIONE - - -L'annunzio della stampa d'un'Opera del divino Ariosto, non solo -inedita, ma quasi sconosciuta, e tale da essersene perfino impugnata -da solenni scrittori la reale esistenza, ai nostri giorni in cui si -è tanto rovistato e tanti disotterramenti si son fatti dalla polvere -delle pubbliche e private Biblioteche ed Archivi, parve cosa mirabile -e da reputarsi quasi favolosa, ove il fatto di per se stesso non -rispondesse perentoriamente. L'Opera della quale ci avvisiamo parlare è -il RINALDO ARDITO[1], altro poema dell'Omero ferrarese, dettato da esso -dopo l'Orlando Furioso, e sugli ultimi anni di sua vita. Ma perchè la -storia bibliografica e letteraria di questo Poema è nuova del tutto, -ed alquanto intricata, non sia grave al Lettore che noi vi spendiamo -quel tanto di parole che servano a dilucidarla, ed a renderla piana -ed incontroversa. Così operando, verremo a supplire al difetto del Ch. -Fr. Reina Editore del Furioso della Collezione de' Classici di Milano, -il quale nel 1812 prometteva corredare quella ristampa d'un comento, -ed aggiungervi _per la prima volta tutti i frammenti di un altro -poema trovati fra carte dimenticate e già spettanti al D. Giuseppe -Lanzoni_. Onde non conoscendo le cause che lo impedirono a dar fuori -quel comento, e a pubblicare questi Frammenti, ci lusinghiamo che egli -avrebbe a grado che l'avessimo rilevato da questo secondo debito, se il -cielo gli avesse concesso più lunga vita. - -Antonfrancesco Doni fiorentino, uno degl'ingegni più bizzarri e -fantastici che coltivassero le lettere italiane sulla metà del Secolo -sedicesimo, fu il solo che nella _Seconda Libreria_[2] palesasse ai -dotti l'esistenza del nostro Poema, con queste nude e magre parole -«_Lodovico Ariosto, RINALDO ARDITO, dodici canti._» Ma al bugiardo (ed -il Doni n'avea fama ben giustificata) non è creduto neppure il vero; -cosicchè tutti coloro che parlarono della vita e delle opere di Messer -Lodovico, dal di lui figlio Virginio sino al Tiraboschi, o si astennero -dal registrare fra queste il Rinaldo Ardito, o lo rammentarono solo -per causa di dileggio e di rimprovero al Doni, tacciando d'impostura -e menzogna la notizia che egli ne dava. Nè questa imputazione, benchè -dura e falsa, può dirsi moralmente temeraria, poichè non si credè -presumibile che il Doni potesse conoscere tutti gli scritti del Poeta -editi ed inediti al tempo suo, meglio di Virginio figlio amatissimo -di esso, il quale conviveva seco lui, ne riceveva precetti e buon -avviamento alle ottime discipline, ed aveva agio e libertà di leggere -tutto ciò che il padre dettava. Ed in fatti fu questi che raccolse -tutte le di lui poesie latine, e che nel 1545 dette ad Antonio Manuzio, -che li stampò per la prima volta, i cinque Canti che seguono la materia -del Furioso, o meglio preparati per altro Poema. Ma comunque la cosa -si fosse, la verità è che il Rinaldo Ardito è esistito, ed in parte -esiste; e forse il Doni lo vide completo in mano dell'Autore, o da esso -medesimo n'ebbe contezza: e dico così, perchè niun altro ne fa parola. -Però non saprei indagare la ragione per la quale gli piacque tenerlo -celato ai suoi più cari e confidenti, pe' quali non avea segreto, -e lo palesasse al Doni: in questa riserva è un qualche enimma, ed -aspetteremo che sorga l'Edipo per darne spiegazione. Frattanto per non -perdersi in vane induzioni e fallaci ipotesi sulla via che condusse il -Doni alla conoscenza di questo componimento, proseguiamo il discorso -diretto sul medesimo. - -A questo lavoro par certo ponesse mano l'Ariosto dopo l'Orlando -Furioso, e dopo il 1525; imperocchè nella stanza V a pag. 44 accenna -già successa la prigionia di Francesco re di Francia, che avvenne -in quell'anno sotto Pavia. Il Poeta morì nel 1533, appena compita -la stampa da esso vegliata e corretta del Furioso, nè fra le Opere -manoscritte da esso lasciate si fece motto da veruno trovarsi il -Rinaldo Ardito; da questo silenzio io non saprei altro dedurre, o -che non fu fatto un accurato esame di questi Manoscritti, il che non -sembrerà verosimile, o che a quel tempo il Rinaldo non era più in sue -mani, per averlo passato in quelle di qualche amico e confidente, il -quale si tacque dappoi per ignota ragione sul prezioso deposito. Che -il nostro Manoscritto fosse ab antico custodito nello stesso luogo ed -insieme ad altre opere di questo Autore, ce ne fanno accorti le antiche -macchie d'umidità che deturpanlo in più carte di seguito, macchie dello -stesso colore e della stessa configurazione che vedonsi in molti altri -de' suoi scritti originali, che conservansi nella Biblioteca comunale -di Ferrara, e che perciò attestano aver corso sorte eguale al nostro, -allorquando trovavansi insieme riuniti. - -Fermata così l'esistenza effettiva e l'originalità del nostro -Codice, ci manca il filo per proseguire la storia del suo destino, -accompagnandolo nei diversi passaggi che sempre sconosciuto può aver -fatti, dallo studiolo del Poeta alla copiosa e scelta raccolta di -Opere a stampa e manoscritte, messa insieme con pene e dispendio dal -D. Giuseppe Lanzoni Ferrarese, morto nel febbraio del 1730, e quindi -nella libreria dei Marchesi Bevilacqua. E dicemmo sempre sconosciuto, -perchè il Lanzoni stesso che era così generoso e cortese nel favorire -ed accomunare cogli amici suoi l'uso della propria biblioteca, non -conobbe o almeno non palesò a veruno il gioiello che egli possedeva; -mentre nella Vita affettuosa e molto particolarizzata che di questo -egregio e dotto medico scrisse Girolamo Baruffaldi il seniore,[3] non -vien neppure emesso il dubbio ch'egli possedesse il nostro Manoscritto. -L'onore adunque di avere scoperto e messo in luce il ritrovamento dei -frammenti del Rinaldo Ardito, d'averli esaminati e recatone fuori un -saggio, si deve a Girolamo Baruffaldi il giovine, il quale nella Vita -dell'Ariosto a pag. 172 ci fa sapere che _ad altro poema eziandio pose -mano, oltre a quello del _Furioso_: uno squarcio, o piuttosto abbozzo -di esso fu trovato a caso tra le carte dimenticate del chiariss. Medico -Ferrarese Giuseppe Lanzoni; ma riuscendo il manoscritto originale -difficilissimo ad intendersi per la rozza scrittura, per la mala -conservazione de' fogli, e per le varie cancellature, io non ho potuto -relevarne interamente, che alquante stanze, quali saranno poste in -fine..... Io non peno a credere, abbenchè il Barotti lo neghi, che -questo possa essere il Poema dall'Ariosto intitolato il _Rinaldo_, -come accennò il Mazzuchelli sulla relazione del Doni; conciossiachè -nel Canto IV.[4] diffusamente parlasi di questo Paladino, delle sue -imprese, de' suoi viaggi e della sua donna Bradamante[5].... Ed i -frammenti da me veduti non sono che un primo abbozzo informe in molti -luoghi scorretto fino al leggervisi una stanza scritta seguentemente di -soli sette versi[6]._ - -Era oltrepassato mezzo secolo dalla morte del Lanzoni al tempo che il -Baruffaldi scriveva la vita dell'Ariosto, di maniera che avrebbe potuto -manifestare la persona presso la quale egli ebbe agio di studiare e -trascrivere degli squarci del nostro Codice, nè saprei indovinar la -causa per cui si tacque: era forse tuttora in casa Bevilacqua?..... Ma -tralasciando le congetture, e venendo alla storica certezza, diremo che -il Sig. Canonico Vincenzio Faustini, uomo fornito di buone lettere, -ereditò dal padre suo il nostro Codice, ed a noi come possessor -legittimo ne fece legittima cessione nel luglio dell'anno decorso; onde -io mi do a credere che essendo il padre del Sig. Can. Faustini assai -versato in questi studj e nella paleografia, ed avendo vissuto negli -anni in cui per straniera invasione tanti insigni stabilimenti rimasero -soppressi, e tanti pubblici e privati monumenti di libri e scritture -andarono dispersi o per ignoranza distrutti, fu una fortuna che queste -preziose reliquie venissero alle mani di lui, che seppe raffigurarle -e tenerle nel pregio che meritavano. Quindi se mancano ad appagare la -curiosità del Lettore notizie positive e speciali sulla sorte corsa -da esse, ciò vien largamente compensato dalla sodisfazione che gli -deriverà dal percorrere queste pagine, ove stampava sì luminose tracce -della fecondità del suo immortal genio il Cantore del Furioso; e se -qualche gusto gli rimane della buona poesia, e se qualche scintilla -d'amor patrio gli scalda le vene, sarà contento aver veduto in questa -età aumentarsi il patrimonio delle nostre lettere, e di nuove fronde -rinfrescarsi la corona immortale che cinse l'onorata fronte del Poeta -che, se Dante non era, sarebbe per primo inchinato. - -Che poi questi Canti fossero dettati per innestarli all'Orlando -Furioso, come opinò taluno, oppure dovessero unirsi ai cinque altri -postumi pubblicati da Virginio, la lettura attenta dei medesimi, ed -il filo delle storie che vi son narrate, benchè interrotto, mostrano -chiaramente che questa opinione non ha sussistenza; imperocchè il -Furioso fu in ogni sua parte perfezionato dal Poeta nell'edizione -del 1532, e tutte le storie intessutevi hanno il loro pieno sviluppo -particolare. Di più nel Rinaldo compariscono personaggi ed attori -diversi da quelli rammentati nell'Orlando, e toltone tre o quattro, -nuovi affatto. E finalmente alla pag. 45 si allude ad alcuni -avvenimenti storici occorsi in Italia al tempo dell'Ariosto, che -erano stati narrati prima nei Canti III, XIV e XXXIII dell'Orlando; -cosicchè se questi Canti fossero stati destinati ad inserirsi in -esso, ne sarebbe resultata un'inutile ed oziosa ripetizione di fatti; -però l'inesauribil vena del Poeta non abbisognava di tali sussidj, nè -l'avrebbe consentito l'alterezza del suo genio. Mi fo meglio a credere -che, avendo ideato questo nuovo Poema, volle mostrare ad Alfonso suo -Mecenate, che non si lasciava fuggire occasione di cantare e ricantare -le sue belle imprese, ogni volta che gli cadeva in acconcio di farlo -solennemente. - -Il titolo di RINALDO ARDITO, credo che sia stato dato al poema, perchè -apparisce dalla pag. 31, che questo famoso Paladino, protagonista -dell'azione, onde ottener certa vittoria sull'esercito infedele, si -travestisse da Saraceno, e sotto le mentite spoglie potè conoscere -le forze del nemico; quindi dopo aver tutto esplorato, allorchè i due -eserciti stavansi a fronte, avendo per mezzo della sorella Bradamante -avvisato dell'inganno i capitani di Carlo, pose lo scompiglio nel -campo nemico, e coll'aiuto dei Cristiani accorsi in tempo, disfecero -l'oste pagana; e termina l'impresa colla conversione al Cristianesimo -dei principali condottieri Saraceni e di Fondrano loro capo e Signore. -Questo in breve pare che fosse il concetto del Poeta, innestandovi al -solito vaghissimi episodj, che per la loro varietà e pel loro festivo -colore ne rendono oltremodo gradevole la lettura. - -Accennata la storia del nostro Codice e del suo contenuto, ci resta -da prevenire il Lettore sull'ordine da noi seguito in questa prima -pubblicazione, cominciando dall'esatta descrizione del Manoscritto -qual si trova attualmente. Questo si compone di trenta carte numerate -modernamente da una sola parte, e distribuite in quattro quinternetti. -Il primo di essi conduce da 1 a 6; il secondo da 7 a 14; il terzo da -15 a 22; ed il quarto da 23 a 30. È necessario però avvertire che il -terzo è contrassegnato nel margine inferiore della pag. 15 di mano -dell'Autore con _b_, ed il quarto medesimamente a pag. 23 con _D_: il -primo e secondo non portano segnature; ogni pagina contiene quattro -ottave, meno che la 2 che ne ha cinque, la 19 la quale ne ha otto, -scrittevi a doppia colonna, e la 29 che ne ha tre; cosicchè formano -nell'insieme dugento quaranta quattro ottave. Ai quattro quinternetti -serve di custodia una cartella di rozzo cartone bianco, che in avanti -fu destinata a conservare dei conti e delle ricevute. Un cordoncino -di seta rosso trapassa nella costola per traverso il cartone e i -quinternetti, ed è fissato in fine con nodo; i due capi di esso poi -son fermati nell'interno con cera di Spagna e sigillo della pubblica -Biblioteca di Ferrara, ad autenticare il Certificato che qui si riporta -in nota[7]. - -Ora venendo alla disposizione materiale della stampa, la lettura -del Manoscritto, nell'ordine in cui si trova, ci fece dubitare che -le carte non seguissero regolarmente e con progresso razionale la -materia, ma che i quinternetti fossero stati a caso in tal guisa -disposti; ed il dubbio dell'interpolazione divenne certezza, quando -le segnature del terzo e quarto c'indicarono chiaramente, che questi -invece dovevano precedere i due senza segnatura: ed a questa via ci -attenemmo. E volendo che il Lettore si convinca co' propri occhi -della giustezza della nostra risoluzione, s'imagini che la stampa -nell'ordine del Codice avrebbe cominciato da pag. 46 colla stanza X. -fino a pag. 85 stanza XXX., avrebbe proseguito colla pag. 1 stanza -I. fino a pag. 46 stanza IX., talchè alla lettura in questo senso ne -resulta la narrativa de' casi incomposta ed a ritroso. Ed in fatti, -nella nuova disposizione, si trovano in principio alcuni capitani -infedeli combattenti contro l'esercito cristiano, quindi si veggono -abbracciare il Cristianesimo ad insinuazione d'Orlando. Vi si legge -pure un'avventura di Ferraù, il quale cade per inganno nell'acqua, e -per forza d'incanto si vede trasportato nel giardino di Venere, ove è -presente al trionfo d'Amore ec. ec. dovecchè adottando l'altro modo, ne -sarebbe derivato una mostruosità, non procedendo naturalmente il filo -della materia e degli avvenimenti raccontati. - -La ragione per la quale si è creduto bene render minutissimo conto di -questo nostro materiale riordinamento, deriva dall'aver voluto fuggir -la taccia d'arbitrarj, ove cadesse in mente a taluno raffrontar la -stampa col manoscritto, giacchè ne piacque conservarlo religiosamente -intatto ed inviolato nella sua compaginazione, alla quale va unita -la preziosa autentica dell'originalità ed autografia del medesimo; -onde precludere affatto il campo agli scettici, ai maligni ed agli -ignoranti di sentenziare a sproposito. E giudicammo opportuno questo -schiarimento, solo per quanto concerne la materialità del codice; che -quanto al merito poetico, alla vivacità delle immagini ed al pregio -dell'invenzione, tocca al Poeta a svelarsi, e a dar di se quelle prove -irrefragabili che per unico lo caratterizzano, e per le quali come -astro fulgidissimo risplende nell'italiano Parnaso: nè qui temiamo -esserci ingannati. - -Ora venendo al modo da noi adoprato nel dar fuori questo lavoro, -diremo che siamo stati scrupolosissimi a produrre il testo nella sua -genuinità, riportandone perfino le voci viziate per eccesso o per -difetto od anche per trasposizione di qualche lettera, rettificando -però le principali in piè di pagina, affinchè non si credessero errate -per colpa nostra. La stanza V del C. II, la XVI e XXVII del C. IV, si -son lasciate difettose nella loro tessitura, nè ci prendemmo briga di -raddrizzare qualche verso zoppicante; tutte negligenze comprovanti -maggiormente l'originalità di questo primo getto, che l'Autore -avrebbe eliminate dappoi, e che veruna pena ci sarebbe costato il -togliere. Le frasi e gl'intieri versi rigettati e cancellati dal -Poeta, sostituendovi quelli che gli parvero migliori, si son riportati -in calce come varianti, per mostrare sensibilmente l'ordine delle -concezioni di quel prepotente ingegno. Quanto poi alla puntuazione, -ci siamo tenuti a quel metodo che credemmo il più conveniente ed il -più seguito, quello cioè di agevolare possibilmente l'intelligenza -dei concetti, senza gran fatica nè bisogno di ricorrere per tortuose -ambagi il filo del discorso. Ai Canti si è dato abusivamente un -numero progressivo dal I al V; non perchè così ce li abbia indicati -l'Ariosto, ma pel comodo del Lettore e delle citazioni; giacchè Esso -nei titoli lasciò in bianco la numerazione, e di sua mano non numerò -che il _terzo_, il quale, per la lacuna indefinita tramezzo, siamo -stati obbligati a chiamar _quarto_; a questa numerazione si son pure -subordinati gli altri, che da penna più moderna e con altro inchiostro -erano stati notati. Per servire egualmente alla comodità, si sono -numerate le stanze d'ogni Canto, tornando da capo a ciascuno, come è -stile; e dove esistono lacune, non si è omessa l'avvertenza. - -Resa sommariamente ragione di questa qualunque siasi fatica, onde -impetrare alla medesima, se non il suffragio generale, almeno il -benigno compatimento dei dotti, potremmo addurre a favor nostro le -assidue e gravi cure sostenute di buona voglia nel breve ma spinoso -aringo, non che le vinte difficoltà, che parvero quasi insuperabili -al Baruffaldi, il qual pure avea tanta dimestichezza cogli scritti -dell'Ariosto[8]. E la conferma della di lui genuina confessione -si presenterà a chiunque si dia a confrontare le stanze da esso -pubblicate per saggio di questi Frammenti, dalla pag. 310 alla 314 -della rammentata Vita del Poeta, con quelle stesse ristampate da noi; e -speriamo che questo ragguaglio porrà in maggior chiarezza le diligenze -da noi usate. - -Forse non mancherà chi disapprovi ed anzi condanni lo zelo di aver -messo in luce un'Opera mutila ed informe in molte parti, quale -sfortunatamente si è questa. Per costui non abbiamo discolpa, nè -sapremmo fargli altra risposta, che mostrandogli un gran numero di -opere di sommi scrittori greci e latini, che hanno avuto la stessa -sorte, avvalorando la nostra sentenza col giudizio di tale, che nè la -materia nè il luogo consentono di nominare[9]. Gli additeremmo ancora -tanti e tanti bellissimi antichi capolavori in bronzo ed in marmo, che -si ammirano ne' Musei, i quali non sono che insigni monumenti dell'Arte -più o meno frammentati. E questi scritti e questi monumenti ci saran -sempre di modello, rimanendo a testificare dell'eccellenza degl'ingegni -che li produssero, ed a rimproverare mutamente l'incuria, l'ignoranza -o la perversità degli uomini che li ridussero in tale stato, e -risveglieranno nel cuore dei buoni almeno il desiderio che sorga chi -vaglia a ristorarne del danno. - -Finalmente poichè colla stampa collettiva di più componimenti d'uno -stesso Autore (i quali pubblicati a parte in varie occorrenze divengon -rari e fuori di commercio) si provvede alla maggior diffusione dei -medesimi, e posson considerarsi come rami che si ricongiungono al -tronco principale, così credemmo incontrare il pubblico gradimento -riproducendo la gentilissima Canzone colla quale Messer Lodovico -piangeva la partenza da Firenze per oltremonte della sua Ginevra[10]. -Il Ch. Sig. L. M. Rezzi la trasse in luce per la prima volta da un -codice miscellaneo Barberiniano, in occasione dei fausti sponsali di -Donna Carlotta Luisa Barberini col Marchese Raffaele Casali del Drago, -rivendicandola con critico ragionamento al nostro Autore, e ponendone -in bella mostra i delicati pregi che l'adornano. - - - - -Saggio del carattere dell'Ariosto preso dalla pag. 30 dell'Autografo - - - [Illustrazione: manoscritto] - - - - -CANTO I - - - . . . . . . . . . . . . - . . . . . . . . . . . . - . . . . . . . . . . . . - -I. - - Così poteansi ritenere appena - I cavalier di non entrar la ciuffa[11], - E a ciascuno il tardare era gran pena, - Nè può star fermo e si apparecchia e buffa; - Di quei si parla che hanno animo e lena, - Chè a un vil codardo incresce ogni baruffa, - Come chi va alla forca, e che prolunga, - Perchè quanto più può tardi vi giunga. - -II. - - Artiro e Salomone alla avanguarda, - L'uno Affricante, e l'altro Cristiano, - Stan per ferirsi in punto, e ciascun guarda - Al segno general del capitano; - Or dato il segno, alcun più non ritarda, - E all'inimico va cum[12] l'arme in mano; - Ma prima ch'entri in così orribil guerra, - Feraguto vo' trar dall'aqua in terra. - -III. - - Ormai tanto che dentro vi è caduto, - Che non dovrebbe aver di ragion sete; - Sapete come cade[13] Feraguto? - Cum quale astuzia cade augello in rete; - Egli avea già nelle aque il cuor perduto, - Nè ad altro pensa che alla strema quiete, - Che essendo armato, e d'armi di gran pondo, - Non potendo nuotar, discese al fondo. - -IV. - - Nè crediate ch'al fondo già restasse, - Anci[14] di là dal fondo fu tirato, - Che una dama gentil subito il trasse - Fuora delle acque in luoco assai più grato; - Nè già pensò che 'l ciel tanto lo amasse[15], - Vedendosi nelle onde trabuccato; - Ma il cielo il tutto a suo modo dispensa, - E spesso all'uomo avvien quel che non pensa. - -V. - - Come chi per errore o per disgrazia, - Cui sotto il ceppo ha il col[16] per esser morto, - E fatta gli vien poi subito grazia - Prima che moia o per ragione o torto, - Che attonito rimane e il ciel ringrazia, - E quasi muor di subito conforto: - E così appunto a Feraguto accade,[17] - Vedendosi ritrar dove pria cade[18]. - -VI. - - Fu in una ciambra[19] il cavalier condutto - Che tutta di cristallo era smaltata; - Il palco tutto a specchi era costrutto, - E intorno intorno tutta ad or frissata[20]; - Vedendosi il barone ivi ridutto, - Gli fu tal sorte allor non poco grata, - E tutto che suspetto ancora stava, - Pur più ch'in l'umide acque ivi sperava. - -VII. - - E volto Feraguto alla donzella, - Deh dimmi, dama, disse, se ti agrada, - Chi sei, e come è qua stanza sì bella, - Che in fondo alle acque mi par cosa rada?[21] - A Feraguto allor rispose quella: - Sappi ch'io fui nemica a quella Fada[22] - Che poco anzi occidesti, e d'ogni intorno - Faceva a' circumstanti iniuria e scorno. - -VIII. - - E quella son che ti donai quel tanto - Lucido, adorno e prezioso scuto - Cum che vinto hai la Fada e ogni suo incanto, - A te di onore e a' circumstanti aiuto; - E de infiniti sol ti puoi dar vanto - Avere un tal triunfo oggi ottenuto, - Di che grato non solo agli uomin sei, - Ma fatto ne hai piacere insino a i Dei. - -IX. - - La Fada di coloro era nemica, - Che d'altre che di lei fussero amanti; - Anci ogni industria usava, ogni fatica - Per rovinarli; e ben ne ha occisi tanti, - Che indarno è lo espettar, baron, ch'io dica - Quanti ne ha uccisi la malvagia, e quanti - Presi e in pregione morti per disagio, - Vetando loro il cibo, e il stare ad agio. - -X. - - Onde tanto costei Venere adonta - Che sol di lei cercava aspra vendetta, - E[23] a tale impresa in fin persona pronta - L'amorosa mia don[24] gran tempo espetta; - Ma solo hai vendicato ogni sua onta, - E però ne serai persona eletta, - A Vener grato, e per il tuo valore[25] - Fortunato serai sempre in amore. - -XI. - - E quantunque infelice per adrieto - Sempre sii stato in l'amoroso laccio, - Nell'avenir serai jucundo e lieto, - Poi che distolte[26] ne hai di tanto impaccio; - E perchè intendi quel che ti è secreto, - Quel che richiesto me hai io non ti taccio: - Sappi che ninfa son nasciuta in l'acque, - E di questo liquor sto corpo nacque. - -XII. - - Delle Naiade son la più onorata,[27] - (Che così d'acqua son le ninfe dette)[28] - Liquezia ho nome, e a Venere dicata, - Sono delle sue care e più dilette,[29] - E a te fui col bel serto mandata[30] - Per animarti a far le sue vendette; - Questa è mia stanza: e qui poserà tanto - Ch'io torni a rivederlo in l'altro canto. - - - - -CANTO II - - -I. - - Benchè da poi che 'l Redentor del mondo - Dimostar[31] volse un sol Dio trino et uno, - Ogni idol falso[32] rovinasse al fondo, - Pur fra' pagani ancor ne restò alcuno; - Che li[33] altri Dei, eccetto il ver, secondo - Debbe di nuoi[34] fedel creder ciascuno, - Erano di Pluton seguaci rei, - Che la gentilità chiamava Dei. - -II. - - Ma per la morte, e pel misterio sacro - Della acerba passion del Verbo eterno, - Qual segnò i suoi di quel santo lavacro - Che lava in nuoi ogni peccato interno, - Restò a Plutone il mondo acerbo et acro, - E ritrarse gli fu forza all'Inferno; - Nè falso alcuno Idio restò a' cristiani, - Ma qualche illusion fra li pagani. - -III. - - E però a alcun di vuoi strano non paia - Se a Feraguto quella ninfa apparve, - Qual si chiamava dell'altre primaia, - O fusser corpi veri o finte larve, - Pur parea corpo quella ninfa gaia, - Se con qualche ragion debbo parlarve: - Non sciò[35] come altro giudicar si possa, - Chè un spirto non si tocca in carne e in ossa. - -IV. - - Toccavassi[36] ella e ragionar se odiva, - E porse a quel baron[37] lo illustre scuto, - A cui, da poi che 'l suo parlar finiva, - Rispose allor sagace Feraguto: - O sii donna mortale, o eterna diva, - Eternamente ti sarò tenuto, - Che in dui perigli, fuor d'ogni speranza, - In l'un scuto mi desti, in l'altro stanza. - -V. - - Ma qui se fai ch'a Venere io sia grato, - Nè mi trovi in amor tanto infelice, - Ch'io non vi fui giamai aventurato, - Pur ch'io vi fussi un tratto almen felice, - Io mi reputarei sempre beato. - [38] - Che tanto un sol piacere a un miser vale, - Che gli rimette[39] ogni passato male. - -VI. - - Ma non sciò, ninfa,[40] se ragione o errore - Sia, che sperar mi fa di questo puoco:[41] - Come esser può che a quella Dea d'amore, - Che altrui suole infiammar, piaccia tal luoco? - Esser non può che in umile liquore - Produr si possa, e conservarsi, il fuoco, - Il fuoco che più al cor d'ogni altro preme, - Che mal pon stare dui contrari insieme. - -VII. - - Ben mostri, alto baron, vivace ingegno, - Disse la dama, e razional discorso, - Che cum la forza uniti ti fan degno - Di conseguir d'amor dolce soccorso; - Spera, che fine arai al tuo disegno, - E alla sventura tua[42] porrai il morso, - Quanto ad Amore e Venere si spetta, - Benchè tua mente in ciò dubbia e suspetta. - -VIII. - - Ma dubitar non dei, che 'l fuoco pasce - In umido[43] liquore e si conserva, - Come in vuoi il calor nativo nasce - In radicale umor, che in vita serva - Nel materno alvo l'uomo e nelle fasce,[44] - E sempre umor da morte lo preserva; - E in la lucerna piccoletta fiamma - In oleo e in altro umor se aviva e infiamma. - -IX. - - Però Venere infiamma e si diletta - Di quello umor che sta col caldo insieme, - Anci nel mar di spuma fu[45] concetta - Venere in cambio di genital seme; - La cosa non dirò, baron, perfetta, - Però che l'onestà la lingua preme, - Et a una donna, ancor che meretrice, - Lo inonesto parlar sempre desdice. - -X. - - Il viver di Saturno, e ciò che fece - Al padre suo, mi converria narrarte; - Ma questo ad uomo più che a donna lece; - Bastammi[46] a dir la più opportuna parte, - E che come la fiamma in oleo o in pece, - Così in l'umor stia il caldo, dimostrarte; - Nè ti sia cosa nova e inusitata. - Che una Naiade a Vener sia dicata. - -XI. - - O felice colui che intender puote - Il secreto poter della natura! - O quante cose sono al mondo ignote - Che l'uomo di sapere ha puoca cura; - E se fussero a nuoi palesi e note - Procederia ciascun cum più misura. - Da te ben resto chiaro e resoluto, - Rispose a quella dama Feraguto. - -XII. - - Ma pregote, dapoi che mi hai promesso - Favorire[47] in amore i miei disegni, - Che quando un tanto don mi fia concesso - Di amar cum frutto, me ne mostri segni; - Che sempre duolse, puoi[48] che in speme è messo, - A cui come sperava non li avegni: - Sicchè, dama gentil, fa' poi ch'io sapia - Quando tal grazia in mia persona capia. - -XIII. - - Rispose allor la vezzosetta dama: - Io sempre fui fedele a chi mi crede, - E Vener anco, e chi infedel la chiama, - Non ben dicerne[49] quel ch'amor richiede; - Fidelità conviensi a chi bene ama, - E dir si suol che Amor sempre vuol[50] fede; - Ma acciò ch'in breve il tuo desir consegui, - Conviene che più oltre ancor mi segui. - -XIV. - - Rispose quel baron: guidami pure, - Se ben volessi, giuso ai regni stigi, - Che disposto[51] mi son, dama, condure - Dove ti piace pronto a' tuoi servigi. - Ma mi bisogna[52] l'animo ridure - Dove lassai, io credo, Malagigi, - Il qual, se vi rimembra, in l'altro canto - Vi lassai cum ragion jocondo tanto. - -XV. - - Io vi lassai di ciambra già partito - Della regina, e l'uno e l'altro lieto, - Che tanto l'uno a l'altro era gradito - Che ciascun di essi ne restava quieto; - Desidra la regina che finito - Presto sia il giorno al suo piacer secreto, - E sol la notte a lei felice espetta, - Che Amore è cieco, e notte gli diletta. - -XVI. - - E senza altro pensare, un suo fidato - Accorto servitor chiamò quel giorno, - A cui disse, se sei, come hai mostrato, - Sempre nemico a chi mi vuol far scorno, - Prego che vadi più che puoi celato, - E Orlando trovi cavaliero adorno, - E nostro capitan, se sciai qual sia, - E questa gli darai da parte mia. - -XVII. - - E una lettera in mano al messo porse, - Che del suo amore il conte reavisava;[53] - Dopo molte proferte, il servo corse - Al finto non ma al ver conte[54] di Brava: - Il conte poi che del sigil si accorse, - La lettra prese, e altro non parlava, - Anci notando[55] il servo, in man la piglia, - In atto d'uom che assai si meraviglia. - -XVIII. - - Sciolsella[56], e prima sotto[57] lesse - Il nome di chi a lui la scrive e manda; - Subito il resto a leger poi si messe - Di tal tenore = A te si aricomanda, - Conte, colei che per signor ti ellesse, - E sol ti apprezza, e solo ti dimanda; - Pregate, come la notte passata, - Questa altra ancor ti sia racomandata[58]. - -XIX. - - Rimase il conte alle parol suspeso, - E di notte non scià, nè de che scriva; - Ma pur per coniettura ha in parte inteso - Quel che chiedea la donna, e le agradiva; - Scià ch'ella già lo amava; onde compreso - Ha che di novo in lei lo amor si aviva; - Ma pur di quel che ha letto assai si ammira, - E di novo la lettra or lege, or mira. - -XX. - - E alla proposta subito rispose, - E rescrisse una a lei di tal tenore: - Regina mia, nelle importanti cose - Vostre del regno sol vi mostro amore; - Ma in altre trame occulte et amorose, - Non fui mai vosco; onde pigliate errore: - Nè sta notte nè mai giacqui cum vui; - Credo ch'in cambio mio godesti altrui. - -XXI. - - Diede la lettra il conte al fido messo, - Che alla regina appresentolla in mano; - Ella vedendo il servo, al primo ingresso - Allegrossi, ma poi fu il gaudio vano, - Che poi che della lettra intese espresso - Tutto il tenor, le parve il caso strano - D'esser schernita, e che ciò[59] niegi il conte, - Che pure il vide seco a fronte a fronte. - -XXII. - - E cominciò a dolersi la regina - Allor del conte assai cum voce pia; - Lacrimando diceva: ahimè mischina, - A chi dei l'alma e la persona[60] mia! - Ad un che fu la notte, e la mattina - Dimostra ingrato che più mio non sia; - E a me che io il vidi, e sciò che fu certo ello - Non si vergogna dir, che non fu quello. - -XXIII. - - Nol vedeste, occhi vui, che le fattezze - Avea del conte? io sciò che non errasti; - Ora son queste, Orlando, le prodezze - Che per mio amore usar prima pensasti? - Se pur non ti piacean le mie bellezze, - (Che poco sono) a che, crudel, le usasti? - A che sì piccol tempo le godesti, - E da me, ingrato, come vil ti arresti? - -XXIV. - - Forse ch'io non ti son piacciuta quanto - Credevi prima, ahimè, solo a vedermi?[61] - Ma perchè, ingrato, tante volte e tanto - Quella notte tornasti a rigodermi? - Se allor bella non fui, come di manto - Adorna poteva altri e tu[62] tenermi? - E se a me più tornar pur non volevi, - Negarmi esser lì stato non dovevi. - -XXV. - - Dall'altro canto il conte Orlando stava - Suspeso assai, nè scià quel che si dire; - La cosa ben come era imaginava, - Ma non la scià per lo ben colorire; - Che essa l'avesse in fal preso pensava - Per cieca volontà, per gran desire, - Nè scià chi possa avere audacia presa - Di essere entrato in una tanta impresa. - -XXVI. - - Non scià come essa lui in fal pigliasse, - Nol cognoscendo al viso e al proprio aspetto, - Nè scià ch'in faccia lui rapresentasse - Salvo Milone, a lei figlio diletto, - Qual non si crede[63] che alla madre usasse - Tanta sceleritade, tanto diffetto[64], - E stette in tal penser tutto quel giorno; - Ma il conte io lasso, e a Malagigi io torno[65]. - -XXVII. - - Credendo Malagigi ritornare - Alla regina la notte seguente, - Nel mezzo di quel dolce lamentare, - Che faceva ella del suo error dolente, - Andolla Malagigi a visitare, - Che non sapea della regina[66] niente - Quel che dolesse, anci a lei venne allora - Cum la sembianza di quel conte ancora. - -XXVIII. - - Fu dalla più secreta camariera - Portata alla regina la novella, - Come ad essa il gran conte venuto era - Per visitarla, se piacesse ad ella; - Tutta turbossi la regina in ciera, - E in mille parti il sdegno la martella, - E dubita di dui qual debbia fare, - O se lo escluda, o pur lo lassi entrare. - -XXIX. - - Non scià quel che si far, tutta è commossa, - Non scià se contradica o se consenta, - Ma l'amor più che l'ira ebbe gran possa, - Sì che a lassarlo entrar restoe contenta; - La camariera ad introdurlo mossa, - Avanti alla regina lo appresenta, - E Malagigi non sapendo il fatto, - A lei si appresentò cum allegro atto. - -XXX. - - Ma ella cum sembiante assai mansueto, - Cum occhi mesti a guisa di turbata, - Non ben rispose a Malagigi lieto - Come pensò vedere alla tornata; - Ma non per questo se ritrasse adrieto; - Ma dimostra egli faccia allegra e grata,[67] - E accarecciar[68] la donna allor non resta, - Pensando che per altro ella stia mesta. - -XXXI. - - Ma senza altro parlarli, la regina - La lettera del conte al baron diede; - Presella[69] quello, e subito divina - Dove il gran sdegno di colei procede: - E più cognosce ancor la sua ruina - Che la lettra del conte in scritti vede; - La lettra lesse, e poi rivolto a lei - Disse, regina, per un scherzo il fei. - -XXXII. - - Tutta mutossi la regina allora, - E serenò la fronte e il suo bel ciglio, - E più che mai Orlando la innamora, - E subito le fa mutar consiglio; - Ma quietata non bene era ella ancora, - Quando a lei corse un suo fedel famiglio, - E dissele, regina, il tuo figliuolo - Si trova in gran contrasto e in maggior duolo. - -XXXIII. - - Il conte Orlando nostro defensore, - Venuto da ponente[70] ove il sol monta - Per defendere il stato e il vostro onore, - Credo che ricevuta abbia qualche onta; - E dir l'ho udito al tuo figliuol: Signore, - Se sta persona mai per te fu pronta, - Se mai io satisfeci al tuo desire, - Piacemmi[71] assai, ma ormai mi vo' partire. - -XXXIV. - - Di questo assai si duole il tuo Milone, - E li repugna, e consentir non vuole, - E vie più perchè Orlando la cagione - Tace, nè si contenta e non si duole; - Ma che offeso sia stato il gran barone - Conoscessi[72] alla ciera e alle parole: - Però prega Milon ch'ivi tu vegni, - E che lui, se il puoi far, fra nuoi ritegni. - -XXXV. - - Poco cervel coprir de' la tua fronte, - E che l'hai dove la civetta[73] il gozzo: - Or non è qui a me presente il conte, - Che ti sian cavi li occhi, e il capo mozzo? - Rispose la regina; e a me raconte[74] - Una tal falsità, ribaldo e sozzo: - Sei cieco, over bevuto hai troppo vino, - Che qui non vedi Orlando paladino? - -XXXVI. - - Guarda il famiglio, e resta stupefatto, - E cognosce che quello è Orlando apponto: - Io non sciò, disse, come vada il fatto, - E come pria di me costui sia gionto; - Io il vidi, io lo udii pur, e corsi ratto, - Regina, a te, che sciai quanto sia pronto; - E non sciò come sia possibil questo, - Che egli di me sia giunto a te più presto. - -XXXVII. - - E partito[75] porrò cum chi lo accetta, - Che quel ch'io vidi, Orlando, è in sala ancora, - E parla cum Milon, che così in fretta - Venni, che certo ancor cum lui dimora. - Perchè a chi il fatto attien sempre suspetta, - Molto turbossi la regina allora; - A Malagigi guarda, e si dispone - Veder di tal novella il parangone[76]. - -XXXVIII. - - Malagigi, che più non può coprirse, - Dispose allor finir la cosa in riso, - E volto al servo disse, che forbirse - Debbassi[77] ben di nuovo e li occhi e il viso, - E che debbia correndo indi partirse, - E ben cerchi mirare attento e fiso - Se più dove diceva[78] il conte vede, - E poi ritorni, e facciane lor fede. - -XXXIX. - - Subito il servo senza altra risposta - Ritornò in sala ove ancor stava il conte, - A cui il servo assai vicin si accosta, - E fra se dice: io pur ti miro in fronte; - Pur veggio che quel sei; ora a sua posta - Mi accusi la regina, e facciammi[79] onte, - Ch'io dubito assai ch'essa e il suo figliuolo - Non sian traditi, e ne ricevan duolo. - -XL. - - E nulla dire allora a Milon volle, - E fra se parla, e torna alla regina, - Et a lei disse: chi 'l cervel mi tolle, - Peggio[80] che non veggio io quello indivina; - Tu sei troppo, regina, a creder molle, - E ne potria reuscir tua gran rovina; - Orlando è in sala, e questo è certo assai, - E a vederlo tu ancor venir potrai. - -XLI. - - Rispose la regina: io vo' vedello, - Ch'io voglio, s'io non trovo, castigarti; - E tu, conte, se tu però sei quello, - Prego che qui mi espetti e non ti parti: - Rispose Malagigi, io son pure ello, - E per meglio voler certificarti, - Qui dentro chiuso voglioti espettare, - Fa' pur quanti usci vuoi di fuor serrare. - -XLII. - - Fu chiuso Malagigi, e Galliciana - Andò dove è Milone e il conte in sala; - E visto il conte, assai li parve strana - Tal cosa, e come a occel le cascò l'ala; - Chiama in amore ogni sua opra vana, - L'ira in lei[81] cresce, e il desiderio cala; - Volsessi[82] disperar, volse morire, - Poi che così si vide allor schernire. - -XLIII. - - Ma come sempre saggia e discreta, - Farne vendetta al tutto si dispose, - Ma per suo onore più che può secreta, - Ordine buono al suo disegno pose; - Molti de' suoi armò, che non gliel vieta - Alcun, che potea queste e maggior cose, - E condusseli ove era il finto Orlando, - Per legarlo prigione al suo comando. - -XLIV. - - Ma intanto Malagigi la mala arte, - Buona per lui, aveva oprato solo, - Che solo a un comandare e aprir di carte - Passava i muri, e se ne andava a volo; - Effigie muta,[83] e quando vuol si parte, - E il gaudio in pene[84] muta, in gaudio il duolo: - Egli uscì fuora, e[85] in cambio suo rinchiuso - Un spirito lassò da lui bene uso.[86] - -XLV. - - Nè vi ammirate se tal cosa fa, - Che questo, a lui ch'è mastro, è cosa picola; - Un libro consecrato il barone ha - Che tutti i segni di tale arte articola;[87] - In quello ogni scongiura e forza sta - Che descrive Azael[88] e la Clavicola, - E però dal demonio egli è obedito - Secondo le occorrenzie e l'appetito. - -XLVI. - - Partisse allora egli per più destra[89] - Che puote, che sapea quel che importava; - Non sciò se uscisse per uscio o finestra, - O se demonio o spirito il portava; - Da l'altra parte la regina allestra[90] - Li armati suoi, e nella ciambra entrava, - E addosso a Libichel,[91] ch'in propria forma - Del conte stava, corse quella torma. - -XLVII. - - Tutti cum gran furor[92] contra a lui ferse, - Per far della regina ogni[93] comando, - Che tutta l'ira contra a quel converse, - Che era in la ciambra, come a finto Orlando; - Ma Malagigi l'animo non perse, - Anci rispose bene al lor dimando, - Che a chi per darli o lo pigliar s'accosta, - Cum pugni e calci fa buona risposta. - -XLVIII. - - Gridava ognun: pigliamo sto mal guerzo,[94] - (Che così è il spirto in forma del gran conte) - Ma Malagigi lor fa stranio scherzo, - E a chi una gota rompe e a chi la fronte, - Dui fece tramortire, e occise il terzo, - E contra li altri ha ancor sue forze pronte; - E ad un di lor, che gli contrasta invano, - Tolse per forza un gran baston di mano. - -XLIX. - - Questo vedendo li altri, e che ben li onge,[95] - Ciascun sta largo, e il guardano alle mani;[96] - Dàlli dàlli, ciascun grida da longe, - Come quando talor son tocchi i cani, - Che abaglian[97] pure, e alcun non morde o ponge, - E vanno intorno oppur stanno lontani; - Così fan quelli, e gridano sì forte - Che udito già l'avea tutta la corte. - -L. - - Milon vi corse, il conte, e il gran Fondrano, - Rosadoro, Arideo cum altri insieme;[98] - Ciascun teneva o brando o spiedo in mano, - Che chi il caso non scià di peggio teme; - Allora Libichel si fa più strano,[99] - Il baston gira, e di gran furia freme - Per provocar più il conte e li altri in ira, - Corre al nemico, grida, salta e gira. - -LI. - - Intanto coi compagni il conte gionse, - E il tempo prese allora Libichello, - Per non mostrarsi Orlando a Orlando,[100] assonse - Novella forma, come gionse quello; - Effigie da baston proprio si agionse, - E divenne di uno uomo uno asinello; - Io non sciò se Turpino in ciò mi inganni, - Fu uno[101] asinello di ben sopra otto anni. - -LII. - - Rignando cominciò giocar de calci, - E porre ivi ciascuno in gran conquasso;[102] - Fra color si dimena, e con gran balci[103] - E correr, ne va assai più che di passo; - Non fa tempesta, quando scorza i salci,[104] - Tanto rumor ne' campi e tal fracasso, - Quanto fa allora il spirto Libichello - Mutato (come io dissi) in asinello. - -LIII. - - Orlando e Rosador di riso scoppia, - Milon, Fondrano e così tutto il resto, - Pur sempre i calci l'asinel raddoppia, - E salta e corre e poi ragira presto; - L'orecchie stende, si digrigna, e doppia - Festa agli astanti poi aggiunse a questo, - E in ordine mostrò quel che in le[105] stalle, - O ne' campi, il stallon fra le cavalle. - -LIV. - - E si drizzò a seguir Galliciana - Quel disonesto e intrepido asinazzo, - Ella, che vide quella cosa strana, - Si sforza vergognosa uscir d'impazzo; - Ma l'asino da lei non si allontana, - Gridagli forte ognun, pur n'ha sollazzo, - E se[106] non pur che la regina infesta, - Scoppiato ne sarebbe ognun di festa. - -LV. - - Ma il conte Orlando, cavalier saputo, - Che ebbe la lettra, s'avisò del fatto, - Perchè più d'uno incanto avea veduto - Per altri tempi, imaginossi il tratto, - Che Malagigi, o chi altri, qui venuto - Fusse per eseguir questo tristo atto, - Et a quanti baron si vide avante - Disse: qui è stato qualche negromante. - -LVI. - - Confermò ognun quel che 'l conte prevede, - Il qual disse a ciascun che presente era: - Io sum[107] Orlando, il quale in Cristo crede, - E la sua legge è sola al mondo vera; - Mostrar vi voglio la cristiana fede - Quanto potente sia, quanto sincera; - E l'asino gridò:[108] Demonio tristo, - Partiti quindi per virtù di Cristo. - - (_Manca la continuazione_) - -LVII. - - Ebbe il gigante allora acerba pena, - Pur si ritenne in piede, e il capo quassa, - La mazza stringe et a due man la mena, - E contra a chi il percosse un colpo lassa; - Schifarlo puote il Paladino appena, - Ma pur da parte salta, e il colpo passa; - Egli è mastro di guerra, e il suo Rondello - Ai salti è assuefatto, e molto snello. - -LVIII. - - Schiffò quel colpo, e ben volse[109] il marchese, - Ma renderlo non puote a quella volta, - Chè separate fur le lor contese, - Tanto crescea de' cavalier la folta; - Sicchè Oliviero allora altra via prese, - Mostrando tra' pagani audacia molta: - Quanti ne giunge pien di rabbia e tosco, - Male integri li manda al regno fosco. - -LIX. - - Riconfortossi la cristiana schiera - Pel grande aiuto di quel Paladino; - Ma di Ruffardo la possanza fiera - Fa come falce di stipa o di lino: - Infernal cosa è riguardarlo in ciera, - Nè sì brutto si pinge Calcabrino;[110] - E tanto adopra la ferrata mazza, - Che sempre ha intorno spaziosa piazza. - -LX. - - Ma Balugante cupido di sangue - Bravante il maladetto a ferir manda; - Mossessi[111] quello a guisa di fiero angue, - Se advien che 'l tosco disdegnato spanda; - Restò a tal gionta ogni cristiano esangue, - E a fugir cominciar per ogni banda; - Li più galgiardi[112] allor ebber paura, - Movendossi[113] il pagan de empia statura. - -LXI. - - Il primo che scontrò cum la fiera asta - Fu Rodoardo sir di Lamporeggio, - Galgiardo fu, ma al colpo non contrasta, - Che a terra cade, e non gli avvenne peggio[114]: - Poi che la lanza in mille pezzi è guasta, - Il brando tira, e grida: oggi preveggio - Il modo di sbramarmi a sangue e morte, - E provar quanto ogni cristiano è forte. - -LXII. - - Vide il Danese il danno de' cristiani, - E il suo Dudone e Bradamante appella, - Che era in la schiera delli due germani; - Costei del buon Ranaldo era sorella - Gagliarda, ardita, e da menar le mani - Atta non men che un Paladino, e bella; - Altra Camilla,[115] altra Pentesilea, - Che armata sol per Cristo combattea. - -LXIII. - - Entrò la dama nel calcato stormo - Insieme cum Dudon gridando forte: - Ora canaglia insieme vi distormo,[116] - Che tutti meritate acerba morte; - Io più di vui[117] non son legata o dormo, - Che sì pensate, penso, a trista sorte: - E cum la lanza un cavalier percusse - Chiamato Armeno, e credo Armeno fusse. - -LXIV. - - Poi trasse il brando la gagliarda dama - E gettò morto un giovinetto al piano, - Qual da Turpino Chiariol si chiama, - D'abito e nascimento soriano, - Venuto di Soria per la gran fama - Del gran re Carlo e del popol cristiano, - E lassò il padre suo senza altro erede, - Giurando tornar presto, alla sua fede. - -LXV. - - Glorio, Lampruccio e Meleardo occise, - Tutti Africani, e tutti e tre di Egitto; - Col brando il capo ai dui primi divise, - L'altro di ponta fu nel cuor trafitto; - Per questo, gran terror la dama mise - Nel popul sarracin timido e afflitto, - Gettando gambe, braccia e teste a terra, - Questo urta,[118] quello occide et altri[119] atterra. - -LXVI. - - Come se tra molti minuti schioppi - Bombarda scocca e sino al ciel ribomba, - Che non pur par che de' nemici agroppi[120] - L'animo, ma li offende, atterra e slomba; - O se nei campi peccorelle intoppi, - Dopo altri lampi, una fulminea romba; - A parangone de altri men potenti - Par che a ferir la dama si apresenti[121]. - -LXVII. - - Ma Dudon fa cum lei la festa doppia, - E col brando fracassa, atterra et urta, - Minaccia, fende, rompe, taglia e stroppia, - E a questo il busto, a quello un braccio scurta; - L'uno induce timor, l'altro il radoppia, - Per tener de' Cristian l'audacia surta, - Ma non men sarracin da l'altro canto - Cercano di vittoria avere[122] il vanto. - -LXVIII. - - Artiro, Odrido, Buffardo e Bravante - Son contra i nostri da gran furia spenti,[123] - Come si vede a caso in uno instante - Levarsi a un tempo dui contrarii venti, - Che l'un sbatte a ponente, altro a levante, - Quel che a lor forza a caso si apresenti; - E cum tal furia l'un l'altro ritrova, - Come volesser discacciarsi a prova. - -LXIX. - - Scontrosse cum Odrido Bradamante, - E stordito il lassò, tanto il percosse; - Ferillo al capo la donzella aitante, - Che tutto il tramutò, tutto il commosse; - Visto quel colpo il forte re Bravante, - Stimò che un paladin la dama fosse, - E d'un gran colpo l'elmo le martella, - Di che gran poena[124] ne sostenne quella. - -LXX. - - Ma subito grande ira al cuor le monta, - E cum il brando il capo gli percuote, - Che 'l colpo dato a lei cum questo sconta, - E impalidir gli fece ambe le gote; - Ma il re Bravante le lassò una ponta, - Che appena ella in arcion tener si puote; - Ma per la gente ch'ivi allor si mosse, - Per forza l'un da l'altro separosse. - -LXXI. - - Ma cum Buffardo si scontrò Dudone, - E cum gran stizza adosso se gli cazza;[125] - D'una mazzata il gionse in un gallone, - E poco men ch'in terra nol tramazza, - Che grande anch'esso e forte era il barone, - Perito molto in adoprar la mazza; - Ora contra a Dudon venne il pagano, - E l'uno e l'altro cum la mazza in mano. - -LXXII. - - Mena il gigante cum la sua ben ferma[126] - Mazza a Dudone,[127] egli da parte salta, - E convien che cum senno e ben si scherma - Che troppo acerbo il sarracin lo assalta; - Ma Dudon nel costato allor gli afferma - La mazza, nè levolla allor troppo alta; - E di dolor, tanto la mazza il tocca, - Gettò il pagan la lingua fuor di bocca. - -LXXIII. - - Ma subito il gigante in se rivenne, - E nell'elmo a Dudon gran colpo tira: - Quasi cade il baron, pur si ritenne, - Ma monta per vergogna e doglia in ira - Tanto, che adosso a quel gigante venne, - E alla visera, dove il fiato spira, - Toccollo, e il naso talmente gli offese, - Che Buffardo per doglia a terra stese. - -LXXIV. - - Occiderlo volea Dudone allotta, - E per ferirlo avea già il braccio in ponto, - Ma proibillo far di nuovo lotta - Il stormo de' pagan ch'ivi fu gionto; - Fuli il disegno e la sua impresa rotta, - Che ognun fa più di se che d'altrui conto; - Vide essere egli danno e incarco espresso,[128] - Per occidere altrui, morire anch'esso[129]. - -LXXV. - - Onde indi allor convenne dipartirse, - E lassare il gigante in terra steso, - Che gente tanta contra lui venirse - Vedea, che forse allor restava preso, - E li fu forza altrove ancor partirse, - Che alla forza ciascun misura il peso, - Ferendo va i nemici in altra parte, - Et a chi il petto, a chi la faccia parte. - -LXXVI. - - Così fa la donzella Bradamante, - Col brando in man gagliarda a maraviglia; - Intanto sorse il caduto gigante, - Qual nuovamente la sua lancia piglia, - E questo dietro, e quel percuote avante, - A infernal mostro nel ferir simiglia, - E tanto de ferir l'empio procaccia, - Che chi percuote occide, e li altri caccia. - -LXXVII. - - Mirava la battaglia allor Ranaldo, - Il quale fra' pagan stava secreta- - Mente, ma di scoprirse e d'ira caldo, - E di assalirli cum il re di Creta - Non si può rafrenar, non può star saldo, - Non può tener la mente a un segno quieta; - E una sola ora mille anni gli pare - Potere esso in persona in gioco entrare. - -LXXVIII. - - Bradamante ferir vedea il barone, - Cognobella all'insegna, e alla armatura, - Che in campo verde portava un leone - Di quel proprio color ch'ha di natura; - L'insegna è questa del suo padre Amone, - Piacque alla dama simil portatura: - Fu il leon poi alquanto tramutato,[130] - E di integro Ranaldo il fe' sbarato. - -LXXIX. - - Tanto col re Cretense oprato avea - Ranaldo, che a re Carlo è fatto amico, - E battezzarsi in tutto si volea - Che di Califa fatto era nemico; - E la cagion che a questo lo movea - Ditta l'ho sopra, e più non la ridico: - E in ponto stan quando fia tempo e luoco - Di accender fra' pagani un doppio foco. - -LXXX. - - E per tessere alfin quel che avea ordito, - E mandare ad effetto il suo disegno, - Alla sorella prese per partito - Far di sua mente cum buon modo segno; - E presto entrò cum l'asta bassa ardito - Fra' cristian, come li avesse a sdegno, - E percosse uno apresso alla sorella, - Che in terra il fe' cadere, e turbar quella. - -LXXXI. - - La dama allor cum rabbioso schismo[131] - Verso Ranaldo si aventò col brando, - Per mandar quello, come lo esorcismo - I spiriti infernal de fuga[132] in bando; - Del duol già ne sentì gran parossismo,[133] - Ma non volse il baron far di rimando,[134] - E beffarla e fugir cominciò insieme, - Come un pazzo che scherza a un tratto e teme. - -LXXXII. - - Dicea Ranaldo: sei tu de' baroni - Che se chiamano in Francia paladini, - Che non potete fuora delli arcioni - Gettar li men stimati sarracini? - Se non aveste le armi e i brandi buoni, - Persi aria Carlo ormai e' suoi confini; - E tu porti il leon, superba insegna, - Per dimostrar ch'in te gran forza regna. - -LXXXIII. - - Per tal parole, e per la prima causa - Dello occiso baron vicino a lei, - Seguia Ranaldo senza alcuna pausa, - Per condurlo col brando a casi rei; - E per grande ira allor saria stata ausa - Entrar nel fuoco o dove stanno i Dei, - Volar al ciel, o profundarsi in mare, - Per volersi del caso vendicare. - -LXXXIV. - - Fugia Ranaldo, et ella seguitava - Tanto, che fuora delle schiere usciro; - Allor Ranaldo a quella si voltava, - Dicendole, sorella, assai mi ammiro - Che tanto il tuo fratello ora ti agrava, - Che dar gli cerchi l'ultimo martiro; - Se ben son stravestito e non sto saldo, - Io però sono il tuo fratel Ranaldo. - -LXXXV. - - E verso lei alciata[135] la visera, - Fecela chiara di quel ch'era incerta; - Visto alla faccia che quello appunto era - Ranaldo, e che ne fu la dama certa, - Depone ogni furor, jubila e spera - Che presto sua possanza sia scoperta; - E in ben di Carlo, e danno de' pagani, - La vittoria per lui fia de' cristiani. - -LXXXVI. - - Dopo molte parol[136] tra lei e lui, - Ranaldo le contò lo ordine dato - Col re d'Oranio e i capitanei sui, - Sì come per adietro hovvi narrato; - Onde sogionse, a te prima che altrui - Il mio penser secreto ho revelato, - Acciò che vadi al capitan Dainese, - E quel ch'io a te, tu a lui facci palese. - -LXXXVII. - - Digli che in ponto cum due squadre stia - Cum qualche, che a lui piaccia, baron franco; - E che quando levato il rumor sia - Nel campo de' pagan, venga per fianco, - Che de venir lì avrà secura via, - Nè può venirne tal disegno a manco; - Egli da lato, e nuoi da la codazza, - Porremo a morte li inimici e in cazza.[137] - -LXXXVIII. - - E senza spia che gli riporti quando - Comparir deva, digli che pur presto, - Che il cominciar tal cosa è a mio comando, - E che il troppo tardar mi è già molesto; - Comincierò adoprar subito il brando - Ch'io pensi che ciò a lui sia manifesto. - Vanne, sorella, e digli che non erri, - Che oggi vittoria aranno i nostri ferri. - -LXXXIX. - - Inteso ch'ebbe Bradamante il tutto, - Verso Parigi punse il suo destrero, - E come ben Ranaldo avea condutto - Il suo disegno, disse al franco Ugiero; - A cui, poi che l'udì, non parve brutto - Del buon[138] Ranaldo l'ordine e il[139] pensiero, - Anci per darli cum prestezza effetti - Ebbe dui capi cum lor squadre elletti. - -XC. - - L'uno fu Namo, e l'altro Ricciardetto, - La sesta schiera ha quel, questo la nona. - Et ad ambi narrò tutto l'effetto, - Perch'esso andar non vi volse in persona; - Che un capitanio generale elletto, - Raro o non mai l'esercito abbandona; - E però a quelli revelò il secreto, - Di che ciascun di lor funne assai lieto. - -XCI. - - Così per via dove non fusser visti - Cum le lor schier li capi se avioro - Per ritrovare i sarracin sprovisti, - E contro essi adoprar le spade loro; - Spera ciascun di far solenni acquisti, - Poi che del tutto bene instrutti foro: - Ma vadan quelli, io tornerò al Danese, - Che ove è Carlo rimase, e ad altro attese. - -XCII. - - Per impedir che quei ch'erano in fatti - Tenessero ivi il lor combatter saldo, - Nè adietro fusser dal rumor retratti, - Quando l'assalto arà fatto Rainaldo, - Cum stratageme e ingeniosi tratti, - Di che esser debbe sempre un capo caldo, - Gano mandò[140] cum la settima schiera, - Dove la prima pugna in gran colmo era. - -XCIII. - - Cum trenta milia di sue genti pronte, - E cum molti di[141] suoi conti malvagi, - Entrò in battaglia il Magazense conte, - E secco[142] avea Beltramo e Bertolagi, - Falcon, Sanguino, Spinardo e Lifonte, - Anselmo, Pinabello et Aldrovagi, - Cum altri molti che ridir non stimo, - Ma Gano fu cum l'asta al ferir primo. - -XCIV. - - Rupe la lanza proprio a mezzo il scudo - Di Medonte di Dacia cavaliero, - Che li cacciò fuor della schena il nudo - Ferro dell'asta, sì fu il colpo fiero; - Poi trasse il brando e nequitoso e crudo - Il capo fesse a Corifonte arciero; - Di Dacia fu costui, a Odrido caro, - Ma non gli fu a quel colpo allor riparo. - -XCV. - - Ma Balugante dello assalto accorto, - Mandò nella battaglia Ardubalasso, - Qual percosse Dudone, e come morto - In terra lo gittò cum gran fracasso; - E pria che fusse quel baron risorto, - Fu preso, ancor pel colpo afflitto e lasso; - Nè puote esser soccorso allor Dudone, - Che a Balugante fu dato pregione. - -XCVI. - - Per il nuovo soccorso, e la gran forza - Di Ardubalasso li cristian fugiro, - E la furia schifar ciascun si sforza, - E li più forti allora si smarriro; - L'ardir di molti quello assalto amorza, - E qual Bufardo fuge, e quale Artiro, - Chi Odrido schifa, e chi Bravante fuge, - Dove salvarsi spera, ognun rifuge. - -XCVII. - - Grida Olivier cum voce minacciante,[143] - E grida Gano: ove fugite voi? - Seguitene cristiani, andiamo avante, - Volete abbandonar re Carlo e nuoi? - Re Carlo anch'esso pure ha genti tante, - Che a tempo manderà soccorso ai suoi: - Non dubitate, ognun torni a ferire, - Che la gloria de un forte[144] è un bel morire. - -XCVIII. - - Ardubalasso intanto ed Oliviero - Cum furia estrema si affrontaro insieme; - Ferì questo il pagan sopra il cimiero - Cum furia tanta e cum tal forze estreme, - Che poco men che nol cacciò al sentiero; - Ma pur di doglia esterminata il preme, - E se non era allor l'elmo sì forte - Condutto era Olivier pel colpo a morte. - -XCIX. - - Ma buona pezza stette strangosciato - Per quel gran colpo il paladin marchese, - E pregione era, se non era aitato - Da Ganelon che a forza lo difese; - Prese una lanza, e nel sinistro lato - Percosse Ardubalasso e a terra il stese, - Chè contra lui sì inopinato venne, - Che 'l sarracino in sella non si tenne. - -C. - - Resorse intanto il gran signor di Vienna, - E forte combattea col brando in mano; - Così fa Gan che tocca e non accenna, - E questo occide e quel riversa al piano; - Ma non val lor cum brando e cum antenna - Ferir, che sol sono Oliviero e Gano - Or capi tra' cristiani in tal tenzone, - Preso[145] è Dudone, Astolfo e Salomone. - -CI. - - E Bradamante col suo Ricciardetto - Si pose in schiera come fu ordinato, - Per far col sir di Montalban l'effetto, - Che di sopra poco anzi io vi ho narrato; - Però il Danese che avea tal respetto, - Vuol che sia aiuto ai combattenti dato, - E in battaglia Turpin presto mandava - Cum la sua schiera di ordine la ottava. - -CII. - - E subito parlò del fatto ordito - Contra' pagani al sacro imperatore, - Et ordinosse allor che Carlo uscito - Cum la sua schiera de ordinanza fuore, - L'inimico da un canto abbia assalito; - Sentendo in quella parte il gran rumore, - E inteso di Ranaldo il duro assalto, - In quella parte[146] allor debbia far alto. - -CIII. - - Turpino intanto tanti fatti fece - Ch'io non ricordo e cum brando e cum lanza, - Che parve un fuoco entrato nella pece, - Che Dio li accrebbe il lustro e la possanza; - Tutte le schiere de' Cristian refece, - Tal che ciascun di lor prese speranza; - E in questo assalto de' forti cristiani - Gran danno e occision fu fra' pagani. - -CIV. - - Ma Balugante manda Marcaluro - A soccorrer pagan già posti in fuga, - Qual nequitoso e di superbia duro, - Dove entra li cristiani atterra e fuga; - Ma Ranaldo che vede il caso oscuro - Delli occisi cristiani, il fronte ruga, - E tratto il brando, se n'andò dove era - Non distante Califa e la sua schiera. - -CV. - - Ranaldo avendo l'abito pagano - A Califa accostossi cum buon modo, - E dielli sopra il capo un colpo strano, - A guisa che si caccia in legno il chiodo; - Trovol sprovisto, e riversollo al piano, - Benchè fusse quel re gagliardo e sodo; - Nè allora ebbe altro mal, ma il buon Ranaldo - Mostrossi allora di gran furia caldo. - -CVI. - - E cum il brando mena gran tempesta, - E facea colpi fuor d'ogni misura; - A chi braccia tagliava, a chi la testa, - E chi fendeva insino alla centura; - E tanto l'occhio aveva e la man presta - Che facea a un tempo il danno e la paura; - Sempre gridando: adosso alla canaglia, - Che vincitor serem della battaglia. - -CVII. - - Vedendo questo i sarracin smarriti, - Che non scian ciò che questo dir si voglia, - E vedendo li morti e li feriti - Da sì gran colpi, tremano qual foglia; - E se vi erano alcun delli più arditi, - Che de offender Ranaldo avesser voglia, - Egli col brando sì li acconcia e sbatte, - Che tutti o occide, o cum gran furia[147] abbatte. - -CVIII. - - Intanto Bradamante si scoperse - Cum li fratelli e la sua ardita schiera, - E le cristiane insegne al vento aperse - E entrò per fianco dove Ranaldo era; - Questo quel stormo allor tutto disperse,[148] - Vedendosi assalito[149] a tal mainera: - Restò all'assalto ognun da se diviso, - Che assai spaventa uno empito improviso. - -CIX. - - In altra parte[150] poco a quei distante - Mossessi[151] Namo e tutta la sua gente, - E ove è Tricardo allor[152] si trasse avante - Cum la schiera serrata arditamente; - Non vi fu[153] sarracin tanto constante - A cui non vacillasse allor la mente, - Vedendossi così desordinare, - Nè più si scianno in qual parte guardare. - -CX. - - Mosso non si è Doranio ancora contra - A' sarracin, ma tempo e luoco espetta, - Che se peggio a' cristiani non incontra, - Senza scoprirse spera la vendetta; - Vede che quanti il buon Ranaldo scontra, - Tutti col brando li investisse[154] e affetta, - Onde in lui spera, e ancor riposa alquanto: - Però posando anch'io fo fine al canto. - - - - -CANTO III. - - -I. - - Sforzassi[155] alcuno allo inimico porre - Cum forza il freno più che cum ingegno: - Così il vecchio Priamo e il forte Ettorre - Cercavano smorzare il greco sdegno; - Ma in altro modo si sforzò Nestorre - E Ulisse ruinare il troian regno, - Pensando esser, l'un[156] saggio, e l'altro veglio, - Vincer cum senno che cum forza meglio. - -II. - - Così visto ho a' miei giorni[157] overo inteso, - Per non dar testimonio il tempo antico, - Esser Francesco re di Francia preso - Per senno più che a forza dal nemico; - E pria doe[158] volte innanzi esser difeso - Francesco Sforza da chi gli era amico - Contra esercito[159] tanto e tanta boria, - Che forza non potea darli[160] vittoria. - -III. - - Cum la prudenzia i suoi nemici amorza - Alfonso Estense, mio signore invitto,[161] - Che avendo men che 'l suo nemico[162] forza, - Hallo più volte già cum senno afflitto; - In stato è ancora, e non fia mai ch'il torza[163] - Da quello per timor, per fatto o ditto; - E in casi che niun mai l'aria pensato, - Nel suo seggio signor sempre è restato. - -IV. - - Io lassarò de Julio i gran litigi - Contra di lui per seguitare il Gallo, - Zanniolo,[164] Ravenna, e li vestigi - Lassati alla Bastia per l'altrui fallo; - Lassarò discacciato re Luigi - De Italia fuor, che anche bene Idio sciallo - Quanto el stato de Alfonso allor pendea,[165] - Scacciato essendo chi lo difendea. - -V. - - Ma dirò quando per crudel fortuna - Pregion restò Francesco re di Francia, - Che oltra che allor non fu persona alcuna - Che non bagnasse per dolor la guancia, - Io credo che pensasse anco ciascuna - Alfonso più che mai stare in bilancia, - Per essersi sì a lui fedel mostrato - Allor, quanto alcun mai tempo passato. - -VI. - - Ma cum prudenzia e suo nativo senno, - Oltra ogni fede e pensamento accorto, - Placato ha quelli che pregione il fenno, - Et ha il naviglio suo condutto in porto; - Così far tutti i gran principi denno, - Che vincer fa talor prudenzia il[166] torto; - Così cristiani per salvarsi il[167] regno - Vincer cercon per forza e per ingegno. - -VII. - - Io vi lassai che Namo era già mosso - Contra la schiera di Tricardo altiero, - E che Ranaldo taglia insino all'osso - Quanti ne assalta più che giammai fiero; - Gridando tutti ammazza, adosso adosso, - Estrema occision di pagan fero: - Alardo, Ricciardetto e la sorella, - Contra pagani ciaschedun[168] martella. - -VIII. - - Dall'altro canto pur Doranio sorse - All'improviso contra i sarracini, - E lor tal tema nelle vene porse, - Che stimano che 'l ciel tutto rovini; - Fuge ciascun, ciascuno in frotta corse[169] - Per schifar li nimici a se[170] vicini; - Ciascun si pone in tal disordinanza, - Che solo nel fugire hanno speranza. - -IX. - - Marsilio, Panteraccio e li altri capi, - E Balugante, in fuga universale - Tutti son persi, e restano cum capi - Senza consiglio, e zucche senza sale; - Visti tutti fugir, Ranaldo i capi - Sol ferir cerca, e di lor sol gli incale; - Ai capi, ai capi, grida; e alla sua voce, - De' suoi ciascun mostrossi più feroce. - - _Manca la continuazione_ - -X. - - Non puote pur Fondran tacer, che al fine - Fu forza all'ira rallentare il freno, - E dir: Donque li miei di mie rovine - Son causa? ah Macon falso e di error pieno! - Veggio ch'in te non stanno le divine - Grazie, e quel ben[171] che mai non vien a meno; - Piena è tua fede di fantasme e sogni, - Io voglio seguir Cristo a' miei bisogni. - -XI. - - Allor lo suase il conte umanamente - Che battizar si voglia[172] al sacro fonte; - Che invero Orlando fu molto eloquente, - Et agli amici di benigna fronte; - Geloso della Fede, e assai prudente, - E per umilità volse esser conte, - Casto, fedele, paziente e pio, - E fu sempre vivendo in grazia a Dio. - -XII. - - Milon superbo, Fondrano e Grugnato, - I compagni Arideo e Rosadoro, - I figli di Arimonte dispietato, - Già crudo Urcasto e il fedele Antiforo, - Per il parlar del conte onesto[173] e grato - Alla cristiana fe conversi foro; - Cum gran gaudio del conte e di Dio, stimo, - Si battizaro, e fu Fondrano il primo. - -XIII. - - Galliciana, e tutta la cittade - Fu battizata allor per man d'Orlando, - Egli si affaticò per caritade - Di battizarli, e averli[174] al suo comando; - Poi mosso dall'amore e da pietade - Dispose per Fondrano oprare il brando, - E in stato porlo, e però fe' gridare - Che ogni soldato debba in punto stare. - -XIV. - - E dopo alquanti giorni partir fece - La gente[175] di Milone a questa impresa; - Lassar Galliciana ormai gli lece, - Poi che non teme più d'alcuno offesa. - Ma a Feraguto ormai tornar mi dece, - Che già tutta d'amore ha l'alma accesa, - E dalla ciambra ove era uscendo fuori, - Entrò ne un campo pien di vaghi fiori. - -XV. - - Tutta fiorisce di erbe la pianura - Di colorite rose e zigli piena, - Avea di mirti intorno una verdura - Che vie più ch'altro quella facea amena; - Cinto era intorno di merlate mura, - E da ogni merlo pende una catena; - Ardenti fuochi vi erano in più bande, - Qual piccol, qual mezzano e qual più grande. - -XVI. - - Volava in quella[176] un pargoletto arciero - Quale avea dardi di piombo e di oro; - Quel fuga, questo fa l'amor sincero, - Come diversi da natura foro; - Vola[177] il fanciullo per quel piano[178] altiero, - E sagitta col stral spesso uno alloro: - Par che ferir quell'arbor[179] gli sia grato, - Faretrato, fanciul, nudo, orbo, e alato. - -XVII. - - Eravi in mezzo un vago carro aurato, - Fatto non di opra umana, anzi divina, - Sol di rubini e di diamanti ornato, - E sopra vi sedeva una regina, - Di dolce aspetto e da ciascuno amato, - Adorna tutta di porpora fina; - Un pomo di or nella man destra avea, - Da un Troian l'ebbe, è questa Vener Dea. - -XVIII. - - Era di lieta ma di vista altiera, - Cum maniere legiadre e graziose, - Altra stagion non vuol che primavera - Lieta di odori e di fiorite rose; - Odia vechiezza, e sol nella sua schiera - Giovani sono, e lor dame amorose, - Lascivetti animali e verdi piante, - E in somma alcun non vuol che non sia amante. - -XIX. - - Quattro destrier vie più che sangue rossi, - Qual non si trovan mai nel correr stanchi, - Guidano il carr[180] da un dotto auriga mossi; - Senza alcun freno, e senza sproni ai fianchi - Altri li han visti, e fan lor gambe[181] e dossi - E code e colli[182] più che neve bianchi; - Ma a Feraù, ch'anch'esso fu in quel luoco, - Parveno rossi più ch'ardente fuoco. - -XX. - - Sol li regge alla voce il saggio auriga, - E tienli e scioglie come cani al lasso; - Nè sempre scorre a un modo il bel quadriga;[183] - Ma talor corre e talor va di passo; - Nè sempre è il suo camin per una[184] riga, - Ma or poggia in alto et or dechina al basso,[185] - Talor sfrenato va,[186] talor modesto, - Or longe corre, et or[187] si afferma presto. - -XXI. - - Per ciascuno una fiata il carro corre, - E mostra, anzi predice a ognun li amori - Quali esser denno, e quanto ognun trascorre, - E quai son fidi e quai falsi amatori; - E chi del suo servir de' frutto corre, - E chi ritrarne sol stenti e dolori, - Chi gran voglia d'amare, e chi non molta - Mostra a ciascuno il carro una sol volta. - -XXII. - - Pur allor Feraguto[188] il vide in mezzo - Cum genti innanzi che facean gran feste; - Et altri vide ch'il seguian da sezzo - Cum occhi lacrimosi e faccie meste; - E questi sono che non trovan mezzo - A far lor voglie ad altri manifeste; - Sperano in vano, e tranno i pregi[189] al vento, - Vivono in servitù, moiono in stento. - -XXIII. - - Ma la turba che innanzi al carro giva, - Che coglie del suo amor qualche mercede, - In ordini diversi si partiva, - E il maritale amor primo si vede; - Questo fra li altri florido gioiva - Di legitimo nodo e pura fede; - Vener li sguarda cum alegra faccia, - E i discordi fra lor a dietro scaccia. - -XXIV. - - Dopo seguiano i giovinetti amanti, - Che 'l nodo marital disiano insieme, - Che cum bei[190] soni e dilettevol canti - Chiamano[191][192] il frutto del lor sparso seme; - In vaghe foggie e 'n amorosi manti, - E nel farsi estimare hanno ogni speme, - Cum brette torte[193] e chioma tanto ornata,[194] - Che bastarebbe a Spagna innamorata. - -XXV. - - Poi l'Amor giunto a qualche vituperio - Cum ordine li suoi avea schierati, - Secondo che distinguon l'adulterio - In semplice e composto, i dotti frati; - Chi è saggio noterà tutto il misterio, - Senza ch'a pieno vui da me l'odiati; - Li ordini solo io vi dirò, e l'amore, - Qual li altri seguirà, serà il peggiore. - -XXVI. - - Prima vedeassi[195] il quasi adulterino - Secreto amor di vedovette belle, - Che allo adulterio si può dir vicino, - Perchè ancora al marito obligo han quelle;[196] - Escusabile amor, che 'l lor destino - Lassolle ahimè! pur presto vedovelle, - Misto cum onestà, suave amore, - Che dal bisogno vien più che dal cuore. - -XXVII. - - Poi seguian quelli che de' dui solo uno - Amanti avean[197] col nodo maritale, - Che è semplice adulterio; e se ciascuno - Di essi ha quel nodo è poi composto male; - Composito adulterio a presso alcuno - Si chiama, errore a li animi mortale; - Questi seguian dapoi, tinti d'amore, - Che più grato il piacer fa che l'onore. - -XXVIII. - - Seguivano dapoi li innamorati - Chierichi, preti et altri sacerdoti, - Vescovi, papi, cardinali e frati - Cum colli torti et abiti devoti; - Che dapoi che han li articul predicati, - E della Fede esposti i sensi ignoti, - Aman le suor cum tristo desiderio, - E ciascuno ha la sua nel monasterio.[198] - -XXIX. - - Segue dapoi uno amor falso e reo, - Che accader suol, come tra figlio e madre, - Come Fedra per cui stracciar si feo - Ippolito sue membra alme e legiadre; - Come Canace amò già Macareo - Carnal fratello, o come Mirra il padre; - Sfrenato amore, e senza alcuna legge, - Che sol cum morte e strazio si corregge. - -XXX. - - Poi si vedeano a schiera[199] i pediconi, - Che sotto al mento altrui tenean la mano, - E nelle lonze cercano i bocconi, - E per stretto senter trovano[200] il grano; - E innanzi loro i patici gargioni - Stavano in atto disonesto e strano, - E di essere ciascun quel ch'appunto era, - E questi e quei mostravano alla ciera. - -XXXI. - - Seguian dapoi quelli appetiti ingordi, - Privi d'umana e natural modestia, - Di vista ciechi, e di audienzia sordi, - Che amano boi o d'altra sorte bestia; - Privi de ogni ragion, sfrenati e lordi - Da indur sin nello inferno ira e molestia: - Pasifae la guida era fra loro, - Che senza freno si soppose a un toro. - -XXXII. - - Veder si vi poteano anco altri amori, - Come già di se stesso ebbe Narciso; - Di donna in donna, e di masturbatori, - Ma son più che da dir da gioco e riso: - Ma pur vi n'era uno altro fra' maggiori, - Che chiuder fa le porte in paradiso, - Come è tra circumcisi e noi cristiani, - O siano ebrei o ver macomettani. - -XXXIII. - - Queste cum altre cose ch'io non narro, - Che longo fora a ben narrarvi il tutto, - Vide dinanzi a quello aurato carro - De Vener bella Ferraù condutto; - Nè già scrivendo favoleggio o garro, - Turpino il scrisse, ed egli a ciò m'ha indutto: - E scrive ancor, che Feraguto allora - Restò come de ingegno e sensi fuora. - -XXXIV. - - Umil divenne il cavalier feroce, - Qual pecorella o mansueto agnello, - Tutto a Venere offerse il cuore atroce, - Nè d'altro che d'amar desidra quello; - Or può domarlo una feminea voce, - Un legiadro sembiante, un viso bello, - Quel che non puote[201] mai asta[202] nè brando: - Ma qui vi lasso, e a voi me aricomando. - - - - -CANTO IV. - - -I. - - Chi spenger può la Fada a Amor nemica, - Ai piacer suoi e al suo gioioso regno, - Fassi la madre sua Venere amica, - E modo trova ad ogni suo disegno; - Ma sol la pazienzia e la fatica - Pon far l'amante di tal grazia degno: - Queste son l'armi vere e scuto[203] e spada, - Che estinguer ponno la nemica Fada. - -II. - - Io vi lassai il franco Feraguto - Cum gran fatica e summa pazienza - Innanzi al carr di Citerea venuto, - A cui prostrato fece riverenza; - Vener dapoi che allor l'ebbe veduto - Cum tanta umilitade a sua presenza, - Accarecciollo assai, e come Dea - Previde quel che per lei fatto avea. - -III. - - E volta a lui cum suave guardatura, - Felice nell'amor, disse, serrai, - Poi che la strada mia fatta hai sicura, - Lieta e propizia a te sempre mi arai; - Nelle trame de Amor lieta ventura - Sempre, baron, vivendo troverai; - Che un ver servo d'Amor giamai non cade, - Cum fatica, pazienzia e umilitade. - -IV. - - E allor la Diva graziosamente - Basar gli fece il bello aurato pomo, - Quello ch'in man tenea, se ancor vi è a mente, - Che far puote in amor felice l'uomo; - Gran virtude da quello[204] e grazia sente - Chi in servitù d'Amore al giogo è domo, - E baccia il pomo che già diede in mano - Elena bella a Paride troiano. - -V. - - La turba che dintorno a Vener stava - Ebbe di quel barone invidie estreme, - Vedendo quanto lui accarecciava - La lor regina, che molti altri preme; - Nè poco altri amatori antiqui agrava - Ch'esca tal frutto di sì novo seme, - Che un sì novello amante a Vener gionto - Tenuto sia da lei in tanto conto. - -VI. - - Ella ch'intende il cuore, essendo Dea, - Come uom che sopra li altri ogni altro vede, - Lor secreti penser tutti intendea, - Che l'alto e divin lume il nostro eccede, - Cum celeste parlar così dicea: - Dassi secondo il merto ogni mercede; - A voi ciechi non par, ma a me, che a lui - Mi dimostri benigna or più che altrui. - -VII. - - Taccio la causa: e a render[205] non son stretta, - Io che son Dea, ragione a vui mortali; - Come esso al fine vuol sue grazie assetta[206] - Ciascuno Idio,[207] e non come voi frali; - Anci flagello e gran tormento espetta - Chi ai Dei ascrive le iniustizie e i mali; - Costui me e voi ha preservato solo,[208] - Nè gli può amor spiacer sendo Spagnuolo.[209] - -VIII. - - Ebbe compiuto appena il parlamento - L'alta regina, che li ardenti cuori, - E ogni servo d'Amor restò contento, - Mostrandollo[210] cum rose et altri fiori; - Mostravano al baron loro odio spento - Cum canti, cum fioretti e cum odori; - Ciascun l'onora, reverisce e loda, - E par che del suo ben gioisca e goda. - -IX. - - Poi che fu da ciascun tanto onorato - Da ogni schiera d'amanti in suo ben mossa, - Da Vener fu il baron licenziato, - Che ad ogni suo piacer partir si possa; - E il partire al baron fu molto grato, - Desideroso di mostrar sua possa - Fra li erranti baroni, e a tempo e luoco - Goder felice in amoroso gioco. - -X. - - Accompagnato fu per via secreta - Dalla nudata ninfa a lui compagna, - E pose quella a accompagnarlo meta, - Poi che condutto l'ebbe alla campagna, - Ch'ora è spaciosa e di verdura lieta, - Nè della Fada più si duole e lagna; - Più il palazzo non vi è, ma il fiume, il quale - Per fattagion non fu, ma naturale. - -XI. - - La ninfa allor da lui prese licenza - Cum riverente cura e bel sembiante; - Così il baron da lei fece partenza, - Sperando a tempo esser felice amante; - E come cavalier di gran coscienza, - Ringraziò Macon di grazie tante, - E fece voto d'ogni menda netto - Andar dove sepulto è Macometto. - -XII. - - E prima che d'Amor mai cerchi frutto, - Nè di Venere assalti impresa alcuna, - Rivolse al suo Macon l'animo tutto, - Poi che difeso l'ha da tal fortuna; - Che quando in l'acqua al fondo fu condutto - Pensò non veder mai più sole o luna; - E stimossi, cadendo, al tutto morto, - Or ne ringraziò Dio poi che gli è sorto. - -XIII. - - Così verso la Persia il cavaliero - Va armato a piedi, e non si mostra lasso; - Che, se vi è in mente, già quel suo destrero - Dentro al palagio si converse in sasso: - Di replicarlo più non fa mestiero; - Ma vada Ferraù, che quivi io il lasso: - Di andare adagio assai tempo gli avanza; - Sonan le trombe, e son chiamato in Franza. - -XIV. - - Già son vicini l'uno e l'altro campo, - Come, Signor, vi dissi in l'altro canto; - Di assalirse ciascun menava vampo, - E già incresce a ciascuno il tardar tanto; - E come il ciel della tempesta il lampo - Manda per segno, così Ugiero il guanto - Mandò in segno di guerra allo inimico; - Ma quel lo accetta, e non lo estima un fico. - -XV. - - La schier della avanguarda era innante, - Già per tutto di trombe il suon si odea; - Da un lato Ugier, da l'altro Balugante, - Al combatter cum pregii ognun movea. - Or viene Artiro e Salomone aitante - L'un contra l'altro, come si solea - Combattere in quel tempo a schiera a schiera, - E sempre il capo il primo a ferire era. - -XVI. - - Percosse Artiro il franco Salomone - Al scudo, e del destrer lo stese in groppa; - Ma alla visera il cristian barone - L'inimico pagan cum l'asta intoppa, - E la schena piegar lo fe allo arcione, - Tal che fu di cader più volte in forse;[211] - Ma l'uno e l'altro immantinente sorse, - E a ferirse col brando a furia corse. - -XVII. - - Tra costor cominziossi allor gran ciuffa, - E mescolossi l'una e l'altra schiera, - Crebbe in instante la mortal baruffa, - Che l'una e l'altra gente è ardita e fiera; - E questo quello, e quel questo ribuffa, - Alcun non è che non combatta e fera; - Come prima d'un fuoco talora esce - Un vampo, e un tratto poi subito cresce. - -XVIII. - - Artiro e Salomon fan mortal guerra, - E quello a questo il forte elmo martella; - Al primo colpo il gran cimier gli atterra, - E quasi il tolse a quel colpo di sella, - Ma un gagliardo non va sì presto a terra; - Ira e vergogna il paladin flagella, - E sopra all'elmo l'inimico tocca, - Che gli fece tremare i denti in bocca. - -XIX. - - Ma tanto fu delli altri la gran calca, - Che sopra a' dui baron cum furia abonda, - Che l'un da l'altro presto se defalca,[212] - Come due navi sparte il vento e l'onda. - O quanta gente allora si scavalca! - Ogni cosa[213] di sangue intorno gronda; - A chi è tagliato, et a chi suda il pelo, - E il gran ribombo suona insino al cielo. - -XX. - - Va Salomon correndo fra' pagani, - Come lupo fra il gregge, o in paglia fuoco; - Artiro atterra[214] e occide li cristiani, - E chiunque accoglie o more o campa puoco; - Una gran pezza stettero alle mani, - Che l'uno a l'altro non concesse il luoco: - Ma pel vigor di quei di Salomone - Si riculoro alfin quei di Macone. - -XXI. - - Sforzassi Artir difender la bandiera, - Vedendo di cristiani il valor grande, - Ma in rotta fuge ormai tutta sua schiera, - Chi qua chi là per non morir si spande; - Minaccia Artir, biastema e si dispera, - Ma attender non puote egli a tante bande; - E Balugante che tal cosa vide, - Di soverchia ira e di vergogna stride. - -XXII. - - E subito comanda al franco Odrido - Che la schiera seconda a guerra mova: - Mossessi quello, e credo alciasse[215] il grido - Insino al cielo allor la gente nova; - Ma Ugier, di Carlo capitanio fido, - Visto che l'ebbe, ai suoi gente rinova; - Mossessi Astolfo, e contra Odrido corse, - Ma alcun di loro ai colpi non si torse. - -XXIII. - - Trasse Pomella[216] il valoroso Anglese,[217] - Poi che ebbe fracassata allor la lanza, - E sopra a un amirante la distese, - Che allo Inferno mandollo a tor la stanza, - Gridando: state gente alle difese, - Ch'io sono il fior di cavalier di Franza, - Che per parol non resta far de fatti: - E già tre morti n'avea 'n terra tratti. - -XXIV. - - Partenio occise, Validoro, e Iverso: - Al primo fesse il capo insino al petto, - E il secondo tagliò tutto a traverso, - Sì come al terzo spiccò il capo netto; - L'un Medo, Arabe l'altro, e l'altro Perso; - Vecchi i dui primi, e il terzo giovinetto: - Nè resta Astolfo, ma ferisce forte, - E chi scavalca, e chi conduce a morte. - - _Manca la continuazione_ - -XXV. - - Maravigliosse assai Orlando allora - Di tal nazion di gente e sua natura; - Ma qui de lui vi lasserò per ora, - Che anco di Carlo mi bisogna cura. - Stava l'imperator festivo ancora - Della vittoria avuta, e sol procura[218] - Adunar genti per la santa impresa,[219] - Nè fatica risparmia, o guarda a spesa. - -XXVI. - - Fra li altri un giorno fece un gran convito - Cum onorevol pompa alla regale, - E di tutti i Signor fu fatto invito, - Senza altra differenzia, universale; - Ove fu ognun trattato e riverito - Secondo il grado suo maggiore o eguale, - E tanto da re Carlo accarecciato, - Che ognun se ne partì ben contentato. - -XXVII. - - Dopo il convito, il sacro imperatore - Mostrò Cesarea liberalitade, - E in varii modi dimostrò l'amore - Che ai suoi portava; a chi cum dignitade, - A chi cum roba,[220] a chi cum altro onore; - A chi dona castella, a chi cittade, - E a varii mostra variamente il cuore,[221] - Cum tal misura e tal providemento, - Che ognun di lui quel dì restò contento. - -XXVIII. - - Mentre era questo[222] nella regia sala, - Si vide un messagiero in fretta entrare,[223] - Quale era appena al sommo della scala, - Che Carlo il vide, e a lui il fece andare; - Subito quel li espose, come cala - Gualtier dal monte, e affretta il caminare, - Perchè inteso ha che Carlo è in gran periglio, - E di affrettarsi ha preso per consiglio. - -XXIX. - - Cum lui è Desiderio di Pavia, - Che al Sepulcro seguirte si dispone, - Cum altri gran Signori in compagnia, - E seco viene ancor papa Leone[224] - Cum cardinali e magna chierichia, - Per annullar la lege di Macone; - Tutti, Signore, vengono a aiutarti, - E mi han mandato avanti ad avisarti. - -XXX. - - Così disse il messaggio, e dapoi tacque, - Per non passare del suo uffizio il segno; - A Carlo molto la novella piacque, - Per sua onoranza, e sicurtà del regno; - Bench'i pagani ormai sian messi all'acque,[225] - Pur temea ancor non li movesse a sdegno - A rifar testa e ritornare adrieto, - E cum più gente, sta col cuor più quieto. - -XXXI. - - Idio ringrazia, e per molto catolico - Loda Leone allor summo pontifice, - Che a lui conduca favore apostolico, - Che così spera fare opre mirifice; - E il culto di Macon, quale è diabolico, - Male ordinato e di pegiore artifice, - Estinguere ivi almen dove si vede - Sepulto il Fundator di nostra fede. - -XXXII. - - E subito rivolto ai baron tutti, - Comanda lor che in ponto ognun si metta, - E l'altro giorno a corte sian ridutti - Per andar contra[226] il pastor santo in fretta; - Non pur li gran signor, ma donne e putti - Ciascun di andarli si provede e affretta; - E par che Idio dal cielo, e i benedetti - Angeli insieme ognuno in terra espetti. - -XXXIII. - - E così far si deve, e potea farse - In quella età che avea fedel pastori; - Ma se or son l'alme di conscienzia scarse, - Causa ne sono i papi e loro errori, - Che a' nostri tempi attendono a ingrassarse - Tra le spurcicie e i vani adulatori, - Cum spesse simonie, cum tali imprese[227] - Che a vender son forzati insin le chiese.[228] - -XXXIV. - - Così in ponto si mosse il gran re Carlo, - E contra al papa andò cum la sua corte, - Per farli reverenzia[229] e accarecciarlo, - Come a pastor convien di simil sorte; - Andò lontan sei milgia[230] ad espettarlo, - E farli compagnia dentro alle porte - Di Parigi, che espetta a grande onore[231] - Veder de' cristian l'alto pastore. - -XXXV. - - Andonli incontra fuora di Parigi - Col vescovo Turpino e preti e frati - Cum le lor croci, neri, bianchi e bigi, - Cum ricce[232] veste ben tutti adobati; - E d'ogni sorte[233] ch'ai divin servigi - Se usano paramenti riccamati, - Belle pianede e adorni piviali, - Cum rellique, cum calici e messali.[234] - -XXXVI. - - Intanto ecco trombette e tamburini - Mandare insino al cielo orribil suono; - Carlo l'odiva, e tutti i paladini, - E quanti gionti dove è Carlo, sono; - E odendo par che ognor più s'avicini - Dove era Carlo il spaventevol tuono, - Quando a lui gionse uno altro messagiero, - Qual disse che vicino era Gualtiero; - -XXXVII. - - Qual conduceva genti italiane - In aiuto di Carlo e del suo regno, - Genti fedeli, e tutte cristiane, - Che hanno Macone e chi l'adora a sdegno; - E che dipoi seguivan le romane - Genti, dove era Leon papa degno: - Possibil non fu allora che restasse - Carlo, sì allegro fu, che non gridasse. - -XXXVIII. - - Cum gravità però Carlo gridava: - Viva la buona gente italiana; - Italia, dopo lui, ciascun[235] chiamava, - Viva l'Italia e la gente romana; - L'Italiani ogni baron lodava, - Che ora è stimata gente ignava e strana; - Barbari soli son che or prove fanno, - Nè Italiani ormai più credito hanno. - -XXXIX. - - Già tutto il mondo dominar Romani, - E chi fusse Lucullo[236] e il gran Pompeo - Li Asiatici il sanno e li Affricani, - Mitridate, Tigrane e Ptolomeo; - Cesare in Franza et altri popul strani,[237] - E in tutta Europa gran prodezze feo; - E Sertorio e Camillo et altri molti, - Che qui per brevità non ho raccolti. - -XL. - - Or persa è tutta la memoria antiqua, - Nè quasi è più chi lor vittorie creda; - Colpa di sorte di signori iniqua - Che a barbari l'Italia han data in preda, - Per lor discordie, e per seguir l'obliqua - Strada, in voler che l'uno a l'altro ceda, - Usurpar quel d'altrui senza ragione, - Di rovinar l'Italia oggi è cagione. - -XLI. - - Lodò l'Italia assai Carlo, che stato[238] - Vi era più volte a difensar la Chiesa, - E l'italo valore avea provato, - Ch'era di gran contrasto e gran difesa; - E se ben Desiderio[239] avea domato - Cum altri assai, fu per lor dura impresa - Contra la Chiesa: e per comesso errore - Spesso ai gagliardi Idio tolle il valore. - -XLII. - - Or se ne vien Gualtier da Monlione, - Qual fu galgiardo e nobil paladino, - Sollecito, e al suo re fedel barone, - E molto il loda nel suo dir Turpino; - Visto re Carlo, dismontoe d'arcione - Per onorar il figlio di Pipino; - Carlo abbracciollo, e gran feste gli fece, - Come fare alli suoi a un signor dece. - -XLIII. - - E così fece a tutti li signori - Ch'erano cum Gualtier cum lieto viso; - Io non potrei narrare i grandi onori - Ch'a lor fur fatti, e le gran feste e il riso; - Intanto ecco il pastor delli pastori, - Ch'apre a suo modo e serra il paradiso: - Carlo, che cum le chiavi il gran stendardo - Vide, a smontare a piedi non fu tardo. - -XLIV. - - E al pontifice andando inginocchiosse, - Et umile bassogli[240] il sacro piede; - Il papa ad abbracciarlo allor si mosse,[241] - E la benedizion dapoi gli diede; - E sorgendolo[242] il papa alfin levosse, - E a ciò che li comanda assente e cede;[243] - E per entrar cum quel dentro a Parigi, - Sopra il destrer montò senza letigi.[244] - -XLV. - - Così verso Parigi ognun se invia, - E il primo fu Gualtier da Monlione, - Che avea re Desiderio in compagnia - E tutta la lombarda nazione; - Poi delle guardie l'ordine seguia: - Dalla man destra è quella di Leone, - Dalla sinestra sta quella di[245] Carlo, - Ch'il suo[246] segue ciascuna, e vol guardarlo. - -XLVI. - - Da un canto stan le guardie, e non intorno, - E fan come due corna in quel confino; - Da destra stava[247] di belle armi adorno - Al papa un stormo di Roman vicino; - Poi si vedeva dal sinistro corno - A lato a Carlo ogni suo paladino, - Allora alla sua guardia deputato, - Ciascuno adorno e di belle armi armato. - -XLVII. - - Poi seguiva Leon cum viso lieto - Armato in sella in abito viandante,[248] - E Carlo apar cum lui, ma pur più indrieto - Tanto ch'il papa si può dir più avante; - Così fu allor quello ordine discreto[249] - Cum misterio e ragion molto importante; - Chè minore è del papa, ma maggiore - D'ogni altro al mondo, è poi l'imperatore. - -XLVIII. - - Armato stava in abito pomposo - Re Carlo allora[250] riccamente adorno, - E sembrò in vista degno e glorioso - Re de' Romani e imperator quel giorno; - Parlando insieme e ognun di lor gioioso - Del danno de' pagani e di lor scorno, - Della vittoria da re Carlo avuta,[251] - Chè sempre Cristo chi in lui spera aiuta. - -XLIX. - - Dopo seguiano insieme i cardinali - Adorni d'armi per la fe di Cristo; - Non come a questa età, per[252] strazi e mali - De innocenti signori, e ingordo acquisto, - Per scacciar di lor terre i naturali - Signori, a fin d'uno appetito tristo, - Seguian il papa; e dopo un capitano, - Quale era vice senator romano. - -L. - - Era di Orlando[253] quel loco tenente, - Che era in quel tempo roman senatore, - E lassava in sua vece, essendo assente, - Un patrizio roman di gran valore, - Il qual guidava tutta la sua gente, - Giovene ardito e di animoso cuore, - Di quella proprio illustre nazione,[254] - Che era il suo nome escelso Scipione.[255] - -LI. - - Vinte milia e seicento avea costui - Sotto il stendardo della Santa Chiesa, - Che tutti andavan volontier cum lui - Per scuto della Fede e sua difesa, - E non per usurpar stato de altrui, - Ma contra l'infedeli è loro impresa: - De tutta l'altra gente deretani, - Sì come un retroguardo, eran Romani. - -LII. - - Così van tutti: e sol Leone e Carlo[256] - Fra lor si grida, si desidra e noma. - Questo l'ordine fu, nè da me parlo, - Ma in scriverlo Turpin prese la soma; - La colpa è sua, se ben non seppe farlo: - Non saprei dir se a questi tempi in Roma - Li esperti mastri delle cerimonie - Tali ordinanze stimariano idonie.[257] - -LIII. - - Gionsero in fine alle sbadate[258] porte - Di Parigi, città magna e regale, - Ove è cum preti e frati d'ogni sorte - In abito Turpino episcopale; - Tutti cantando psalmi et inni forte - Tanto, che sino al ciel la voce sale, - Inanzi a tutti si vedean[259] cantare, - Come in procession si suole andare. - -LIV. - - Dentro a Parigi si sentian campane - Cum segno di allegrezza al ciel sonare,[260] - Tante trombe e tambur che lingue umane[261] - Non bastarian, volendolo esplicare; - Arpe, liuti et altre cose strane - Se odivano cum grazia armonizzare, - Musiche cum canzoni[262] e bei mottetti - Cum arie belle, e contrapunti elletti. - -LV. - - Grande allegrezza fan fanciulle e donne, - E al beato pastor debiti onori; - Adorne eran le dame in belle gonne - Cum diversi ornamenti e bei colori; - E quante lo vedean serve e madonne, - Spargevano in suo onor diversi fiori - Cum odorifere erbe e naturali - Sopra il capo a Leone e i cardinali. - -LVI. - - Entrati in la città, subito andaro - Alla prima lor chiesa catedrale, - E Dio, come si suol, prima onoraro - Carlo, il pastore et ogni cardinale; - Nè si volse mostrar di grazia avaro, - Se ben veste non ha pontificale, - A quel populo[263] allor papa Leone, - Che a tutti diede la benedizione. - -LVII. - - Doranio fatto poco anzi cristiano, - Di tal cospetto non si può saziare, - Nè vorrebbe esser come già pagano - Per quanto tien la terra e cinge il mare; - Il viver di cristian gli pare umano, - Natural, justo, come dessi usare; - Cum cerimonie che hanno in se ragione, - Qual non si trova in quelle di Macone. - -LVIII. - - Poi che fu reso a Dio debito onore, - L'entrata fero nel real palagio - Carlo e Leone, e ogni altro gran signore - Fu consignato ove può stare ad agio; - Alloggiò parte drento e parte fuore, - E non fu chi patisse alcun disagio. - Ma posino a lor modo, che piacere - Hanno essi di posare, io di tacere. - - - - -CANTO V. - - -I. - - Chi veder vole un bel giardino ameno, - Che sia de' riguardanti allo occhio grato, - De ordini il veggia e varietadi pieno, - Chè cum tal variar si fa più ornato; - Così un poema sta nè più nè meno, - Che esser de' vario in tutto et ordinato; - Così varia il pittor col suo pennello, - E per il variare il mondo è bello. - -II. - - Però, Signor, se bene io vi parlai - Poco anzi di re Carlo e di Leone, - Bene alloggiati tutti io vi lassai - Di careccie, di cibi e di mesone,[264] - E parmi aver di lor parlato assai; - Sicchè tornare io voglio al fio[265] d'Amone, - Qual per amore ha l'anima gioconda, - Cum la sua bella e umiliata Ismonda. - -III. - - Avea Ranaldo ormai sì intenerita - E scaldata d'amor la bella dama, - Che l'uno e l'altro come la sua vita, - E il cuor del petto suo si aprezza et ama; - Non è la dama più nel cuor smarrita,[266] - Ma tacendo conferma, e l'amor brama; - Ranaldo di scaldarla mai non resta, - L'abbraccia, l'accareccia, e falle festa. - -IV. - - Ma mentre stan li amanti in tal diletto, - Nè più la dama ormai fa resistenza, - E sperano d'amor l'ultimo effetto, - Nè vi è chi lor ne faccia conscienza, - Entrar li fece in subito suspetto - Un rumor grande, e strana appariscenza - Ch'ivi comparse[267] e fe' sorger Ranaldo, - Che era in quel punto tutto d'amor caldo. - -V. - - La dama non men presta in piede sorse, - Insieme vergognosa e tremebonda, - Subito apresso al suo Ranaldo corse, - Come dir voglia: guarda la tua Ismonda; - Ma ben presto Ranaldo le soccorse. - Ma voglier[268] mi bisogna a una altra sponda, - Nè dir vi posso or questa istoria tutta, - Che meglio gusta il ber bocca più asciutta. - -VI. - - Io vi lassai sì come Bradamante - Seguito avea Ranaldo: per trovarlo - Passati ha i Pirenei,[269] e va più avante, - Che al tutto si è disposta a seguitarlo; - Volse il camin pigliar[270] verso Levante, - Che anco Ranaldo spesso solea farlo; - Poi come spinta da furor divino[271] - Verso la Spagna prese il suo camino.[272] - -VII. - - E longamente nella Spagna errando, - Or nella Catalogna, ora in Castiglia, - Pur di Ranaldo va sempre cercando, - E cerca l'Aragona e la Siviglia; - Di cercarlo non resta, e nol trovando - Verso Valenza alfine il camin piglia, - Più presto non sapendo ove si andasse, - Che di veder la terra desiasse. - -VIII. - - E quasi apresso alla cittade essendo, - Vide uscir fuori una gran gente armata, - E in mezzo a quella sopra un carr[273] piangendo - Cum l'una e l'altra man drieto legata - Era una dama, quale a fuoco orrendo - A morir crudelmente[274] è condennata; - E sì pietosa piagne,[275] e aiuto impetra, - Che mosso aria a pietade un cuor di pietra. - -IX. - - Cum una benda aveva la donzella - Legati li occhi, come allor si usava, - Che non vedendo il suo tormento quella, - Così forse il morir manco le agrava; - Però bench'essa fusse in viso bella, - Per quella benda allor nol dimostrava; - Ma pietosa era nel suo pianger tanto, - Che gentil si mostrava insin nel pianto. - -X. - - Bradamante che amor[276] la dama vede - Fra gente tanta, et ode lamentarla, - La causa di tal cosa a un pagan chiede, - Qual le rispose che volean brugiarla, - Ne più[277] risposta poi a quella diede; - Ma Bradamante che ode lamentarla,[278] - Soffrir non puote, e la visera abbassa, - La lanza arresta e contra al capo passa. - -XI. - - Era capo di quelli un mascalzone - Maggior de li altri più d'una gran spana,[279] - Largo in le spalle, e grosso di ventrone, - Tagliato ha il viso, e guardatura strana; - E sin nell'ossa, a dirlo, era poltrone, - Che ha 'l corpo grande, e il cuore di puttana; - Ma in tutta Spagna mai non fe' natura, - Quanto era in quello, la maggior bravura.[280] - -XII. - - Tutto era armato di armatura bianca, - E sopra li altri di statura avanza; - Or Bradamante, quella dama franca, - Verso di quello accosta la sua lanza; - E proprio al petto nella parte stanca - Il ferr[281] li pose cum tanta possanza, - Che più di un palmo lo passò di dietro, - Come di giaccio fusse o fragil vetro. - -XIII. - - Poi subito recossi in man la spada, - E al resto di color cacciossi adosso; - Non così secator atterra biada, - Quanto essa di color fa il terren rosso; - Scampale ognun davanti e fale strada, - Che quanto gionge taglia insino all'osso; - Tal fende al petto, e tale alla centura, - E chi non gionge, caccia di paura. - -XIV. - - Fu in breve spazio sbarratato il piano, - E abbandonato cum la dama il carro; - Fugì ciascuno che volse esser sano, - Morto quel capo lor poltron bizzarro; - E nell'arcion la dama cum la mano - Trassessi presto più ch'io non vel narro; - E via fugendo quella dama porta, - E cum parol la inanima e conforta. - -XV. - - Lontana da Valenzia la condusse, - Sempre[282] spronando forte il suo destrero, - Tanto che esistimò che salva fusse, - Nè più di essere offesa ebbe pensero; - E in ripa a un fiume appunto la ridusse, - Ove era naturale un bel verzero - Di mille frutti et erbe delicate, - Vaghe di sua verdura, e di odor grate.[283] - -XVI. - - Ivi slegolla, e gli occhi le disciolse, - E in terra dall'arcion repose quella, - E alquanto reposarse anch'essa volse, - E allor d'un salto si levò di sella; - Dapoi la dama apresso si raccolse, - Guardolla in viso, e ben le parve bella, - Che per la benda che avea a li occhi involta, - Bellezza le era e la apparenzia tolta. - -XVII. - - E subito pietà di quella prese - Maggior che pria la forte Bradamante, - E all'altra dama chi fusse chiese, - E qual cagion la indusse a pene tante; - Quella che sempre Bradamante crese - Esser non donna, ma barone aitante, - Rimase del suo onore in gran suspetto, - E più d'un gran suspir gittò dal petto. - -XVIII. - - Poi le rispose: Sapi, cavaliero, - Che per mio ben da Dio fusti mandato, - Che di ciò che mi chiedi io dirò il vero, - Che molto ben da me l'hai meritato. - Ma perchè dirvel poi più ad agio io spero, - Queste per or vi lasso in quel bel prato, - Che poi fur, per averle nelle mani, - Assai cercate da' Valenziani. - -XIX. - - Le dame io lasso et a Ranaldo io torno, - Che disturbato fu dal suo piacere, - Nè fu sì lieto mai quanto quel giorno, - Se si potea la dama allor godere; - Onde restonne cum disconzo[284] e scorno, - Che ben perfetto non si puote avere; - E subito al rumor recossi in mano - La sua Fusberta il sir di Montalbano. - -XX. - - Riguarda quello, e vede giù da un monte - Scendere un toro fra tre vacche belle, - E un pastor grande, che di fresco monte[285] - Tutte le aveva, seguitava quelle, - Che avea un solo occhio in mezzo della fronte, - Nè già vi scrivo favole e novelle; - Che grande era quello occhio a ponto a ponto - Quanto quatro comuni a giusto conto. - -XXI. - - Questo non crederà qualche vulgare, - Che poco sale nella zucca serra, - Chè sol dà fede a quel che all'occhio appare - Il vulgo ignaro che vaneggia et erra: - Come che a un cieco descriveste il mare - Quanto sia grande, e i monti[286] della terra, - E la torr[287] di Babel, e che vi è gente - Che tutta è nera, crederebbe niente. - -XXII. - - Ma talor più ragion che 'l senso vede, - Chè lo intelletto è di maggiore altezza, - E i mostri di natura esser concede, - Anci più volte il sentimento sprezza; - Chi crederia che 'l sol, che par de un piede - A nui che siam qua giuso, di grandezza - Della terra maggior sia per natura - Centosessantasei volte[288] a misura? - -XXIII. - - Se creder non volete ai scritti miei, - Prestate fede almeno al buon Turpino: - Credete il ver, ch'il falso io non direi, - Non son greco bugiardo, ma latino; - Chi crederebbe la essenzia di Dei, - La providenzia e lo ordine divino? - La fede è sol del certo incerto a nui, - Credete mo' quel che ne piace[289] a vui. - -XXIV. - - Ora tornando al mio primo proposto, - Le vacche costui guida alla campagna, - E come sopra vi narrai, composto - Longamente pastor, nasciuto in Spagna; - Ma di veder la Franza era disposto[290], - Che del steril paese assai si lagna, - Quale è gran parte nel paese ispano, - Però se n'è partito, e va lontano. - -XXV. - - E dove era Ranaldo cum Ismonda - Apunto apunto si trovò per caso; - Ranaldo che sua sorte assai gioconda - Sturbar si vede, e n'è privo rimaso, - Tanto si sdegna, e tal furor gli abonda - Che foco soffia per la bocca e naso; - E cum Fusberta in mano a gran furore - Andò Ranaldo contra a quel pastore. - -XXVI. - - Più non si mosse allor quel rozzo e brutto - Pastor, come ivi alcuno non vedesse, - E che securo si trovasse in tutto, - O contra a lui un fanciullino avesse; - E mossessi[291] il gran tor[292], quale era instrutto, - Che se in lor danno alcuno si movesse, - Debbia quel toro cum le corna urtarlo, - E cum quel colpo occiderlo o atterrarlo. - -XXVII. - - Mossessi il toro allor cum gran rovina, - E a un urto riversò Ranaldo al piano, - Proprio nel ventre cum la fronte china - La bestia gli fermò quel colpo strano; - Tramortito è Ranaldo, e la meschina - Ismonda piagne e si lamenta in vano, - Che subito il pastor quella pigliava, - E in mezzo alle tre vacche la cacciava. - -XXVIII. - - Come una belva fusse o un'altra vacca, - Innanzi si cacciava Ismonda bella, - E così nell'onor la offende e smacca, - Che assai più che 'l timor molesta quella; - Nel cuor dogliosa, e già nel pianger stracca - Non ardisce gridar, nè pur favella, - Però che se piangesse, avea timore - Che 'l tor non la offendesse o quel pastore. - -XXIX. - - Così lassando oppresso il suo campione, - Ismonda fra le vacce[293] caminava, - Il mostro che chiamato era Burone, - A un folto bosco oscuro la guidava; - La giovane tra se chiama Macone, - Ma nulla alla meschina allor giovava; - Prima tre or che fusse risentito - Stette Ranaldo in terra tramortito. - -XXX. - - Ma poi che fu risorto, a Ismonda[294] il core - Subito volse et ogni suo[295] pensero, - Come colui che le portava amore, - E per cercarla ascese il suo destrero; - Nè la vedendo, scoppia di dolore, - Che pur potette assai, a dire il vero: - Maledisse il pastore e la fortuna, - E intanto giunse allor la notte bruna. - - _Manca la continuazione_ - - - - -INDICE DI TUTTI I NOMI PROPRI CONTENUTI IN QUEST'OPERA. - -_Il numero romano indica il Canto, e l'arabo la Stanza._ - - -A - -ALARDO fa strage de' pagani, III. 7. - -ALDROVAGI combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -ALFONSO I d'Este vince i nemici colla prudenza, III. 3; pericoli corsi -con Giulio II per favorire i Francesi, 4; sue vittorie e sue lodi, 5 e -seg. - -AMORE carnale, sue varie distinzioni, III. 16 a 34. - -ANSELMO combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -ANTIFORO figlio di Arimonte si fa cristiano ad insinuazione d'Orlando, -III. 12. - -ARDUBALASSO abbatte Dudone e lo fa prigioniero, II. 95; fuga i -cristiani, 96; s'azzuffa con Oliviero, ed è abbattuto da Gano, 98, 99. - -ARIDEO accorre in camera di Galliciana al romore suscitato da -Libichello, II. 50; si fa cristiano ad insinuazione d'Orlando, III. 12. - -ARTIRO affricano combatte contro Salomone, I. 2; si spinge contro -i cristiani, II. 68; muove contro Salomone e si attacca seco, IV. -16 e seg.; è dalla folla impedito il combattimento, e fa strage di -Cristiani, 21 e seg. - -ASTOLFO fatto prigione dai pagani, II. 100; spinto contro di essi da -Uggero, uccide un Amirante quindi Partenio, Validoro e Iverso, IV. 23, -24, 25. - - -B - -BALUGANTE manda Bravante contro i cristiani, II. 60; spinge nella -battaglia Ardubalasso, 95; manda Marcaluro in soccorso de' pagani, 104; -è messo in fuga dai Cristiani, III. 9. Accetta la sfida della battaglia -da Uggero, IV. 15; suo sdegno nel veder uccidere tanti de' suoi, 22; -ordina ad Odrido di entrare in battaglia, 23. - -BASTIA luogo del Ferrarese ripigliato agli Spagnuoli da Alfonso I -d'Este, III. 4. - -BELTRAMO combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -BERTOLAGI combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -BRADAMANTE chiamata da Oliviero in soccorso de' cristiani, II. 62; -colla lancia abbatte Armeno, 63; uccide Chiariolo, _ivi_, Glorio, -Lampruccio e Meleardo, 65; ferisce Odrido, 69; è assalita da Bravante, -_ivi_; assale Rinaldo sconosciuto e lo insegue, 80, 81; lo riconosce, -85; intende da esso la trama contro i pagani ordita, 86; corre a Parigi -ed espone la cosa ad Uggero, 89; insieme a Ricciardetto muove contro -i pagani, 101, 108; ne uccide molti, III. 7. Suoi viaggi per ritrovar -Rinaldo, V. 6 e 7; sua avventura in Valenza, 8; salva una donzella -chiamata Ismonda che dovea esser arsa, 10 e seg.; se la pone in groppa -e la porta via, 14; si riposa con essa in riva d'un fiume, 15 e seg. - -BRAVANTE fa strage di cristiani, ed abbatte Rodoardo, II. 60, 61, 68; -assale Bradamante, 69. - -BUFFARDO combatte contro i cristiani, II. 59, 68, e contro Dudone, 71; -vien da esso abbattuto, 73; risorge e infuria tra' cristiani, 75. - -BURONE, pastore con un solo occhio, assalito da Rinaldo, V. 25. -Abbattuto Rinaldo dal toro si spinge innanzi Ismonda vituperandola, 28. - - -C - -CALIFA abbattuto da Rinaldo, II. 104, 105; suo smarrimento nel vedersi -ingannato, 108. - -CARLO con la sua schiera entra in battaglia contro i pagani, dopo -essere informato da Uggero della trama di Rinaldo, II. 102; festeggia -per la vittoria riportata su' pagani, IV. 26; invita alla corte i suoi -baroni per ricompensarli e prepararsi alla conquista del S. Sepolcro, -27, 28; riceve il messaggero che gli espone l'arrivo di Gualtiero -da Monlione, 29; di Desiderio di Pavia, 30; di papa Leone Terzo, -_ivi_; sua letizia per ciò, 31 e seg.; suoi ordini pel ricevimento -del pontefice, 33, 35; gli va incontro con Turpino e tutto il clero -di Parigi, 30 e seg.; sue lodi all'Italia e agl'Italiani, 38 e seg.; -assegna la stanza in Parigi a tutta la baronia accorsa, al papa e ad -altri dignitarj ecclesiastici, 59. - -CHIARIOLO di Soria ucciso da Bradamante, II. 64. - - -D - -DESCRIZIONE del giardino di Venere, e suo carro trionfale, III. 15 e -seg. - -DESIDERIO re di Pavia in aiuto di Carlo per la conquista del S. -Sepolcro, IV. 30. - -DORANIO attende il momento di spingersi contro i pagani II. 110; li -mette in rotta, III. 8; ammira la pompa sacra nel ricevimento in Parigi -di papa Leone Terzo, IV. 58. - -DUDONE chiamato da Uggero in soccorso de' cristiani, II. 62; fa -strage de' pagani, 67; si azzuffa con Buffardo, 71; lo abbatte, 73; è -abbattuto e fatto prigione da Ardubalasso, 95. - - -E - -ETTORE procura vincere i greci per forza, III. 1. - - -F - -FADA nemica di Venere uccisa da Ferraù, I. 7; uccideva chiunque non era -innamorato che di lei, 9; chi l'estingueva si rendeva Venere propizia, -IV. 1. - -FALCONE combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -FERRAÙ cade in mare, ed è salvato dalla ninfa Liquezia, I. 4; accolto -in un palazzo delizioso e festeggiato per avere uccisa la Fada nemica -di Venere, 6; sarà sempre fortunato in amore per tal impresa, 10, 11; -ringrazia la Ninfa, II. 4; le si raccomanda, e le fa varie questioni -naturali, 5 e 6; è guidato in delizioso luogo dove vede il trionfo -dell'Amor carnale, III. 14 e seg.; sua maraviglia e sua variazione, -33, 34; accarezzato da Venere, IV. 2; gli fa baciare il pomo d'oro, 4; -desta invidia nella turba de' di lei seguaci e sue parole ad essi, 5 -e seg.; è da tutti accarezzato, 8; Venere gli promette buona fortuna -in amore e lo licenzia, 9; è condotto fuori del soggiorno di Venere da -Liquezia, 10 e 11; suo voto a Macone per gli scampati pericoli, _ivi_; -si avvia verso la Persia, 14. - -FESTA per l'ingresso in Parigi di papa Leone Terzo, IV. 44 a 59. - -FONDRANO accorre in camera di Galliciana al romore suscitato da -Libichello, II. 50; si lagna di Macone, e risolve farsi cristiano, e -battezzarsi alle preghiere di Orlando, III. 10, 11. - -FRANCESCO I re di Francia fatto prigione per senno più che per forza, -III. 5. - -FRANCESCO Sforza difeso due volte dal senno dell'amico, III. 2. - - -G - -GALLICIANA regina, madre di Milone, ingannata da Malagigi che la -gode sotto la sembianza d'Orlando, II. 15; gli manda un nuovo invito -con lettera che il messo consegna al vero Orlando 16, 17, 18; suo -dispetto nel ricevere la risposta, 21 e seg.; Malagigi torna a lei -sotto la finta sembianza; come accolto, 27 e seg.; gli porge la lettera -d'Orlando vero, 31; istigata dal servo scuopre l'inganno dei due -Orlandi, 40 e seg.; vuol vendicarsi del finto, 43; torna con armati -alla sua camera, e tutti son malconci da Libichello, 47 e seg.; strano -scherzo fattole da esso convertito in asinello, 53, 54; battezzata per -mano d'Orlando, III. 13. - -GANO comanda la settima schiera in soccorso dei cristiani, II. 92; -uccide Medonte, e Corifonte, 94; abbatte Ardubalasso, 99. - -GIGANTE che combatte con Uggero, II. 57. - -GIULIO II papa nemico di Alfonso I d'Este, III. 4. - -GLORIO ucciso da Bradamante, II. 65. - -GRUGNATO si fa cristiano ad insinuazione d'Orlando, III. 12. - -GUALTIERO da Monleone va in aiuto di Carlo per conquistare il S. -Sepolcro, IV. 29; accoglienza che gli è fatta alla corte, _ivi_; duce -delle genti italiane, 37, 43; lodato da Turpino, _ivi_; il primo nel -corteggio del papa entra in Parigi con Desiderio, 46. - - -I - -IDOLI de' gentili decaduti dopo la venuta del Salvatore, II. 1, 2. - -ISMONDA amante corrisposta di Rinaldo, V. 2; intrattenendosi con esso, -son disturbati da un gran romore, 4; sua sventura, e come salvata da -Bradamante 8 a 18; abbattuto Rinaldo dal toro, è dal pastore Burone -cacciata innanzi con le vacche, 27, 28. - -ITALIA ed Italiani lodati da Carlo e da' suoi baroni, IV. 38 a 42. - -IVERSO ucciso da Astolfo, IV. 25. - - -L - -LAMPRUCCIO ucciso da Bradamante, II. 65. - -LEONE Terzo papa alla corte di Carlo per stabilire la conquista del -S. Sepolcro, IV. 30; come accolto e festeggiato in Parigi, 32 e seg.; -benedice il popolo accorso, 57. - -LIBICHELLO spirito infernale lasciato da Malagigi in sua vece nella -camera di Galliciana, II. 44; avea prese le sembianze d'Orlando, 46; -si difende dagli assalitori armati, 47 e seg.; al giunger d'Orlando si -converte in asinello, 51; suo strano scherzo a Galliciana, 53 e seg. - -LIFONTE combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -LIQUEZIA ninfa marina nemica della Fada, salva Ferraù dallo affogare, -e lo conduce in un delizioso palazzo, I. 6; avea dato ad esso lo scudo -per vincer gl'incanti della Fada, 8; palesa a Ferraù il suo stato, 12; -non era ombra vana, II. 3; ringraziata da esso, 4; spiegazione che gli -dà su questioni naturali, 7 e seg.; lo guida in luogo di delizie, e -gli mostra il trionfo dell'Amor carnale, III. 14 e seg.; lo accompagna -fuori del soggiorno di Venere, IV. 10 e seg. - - -M - -MALAGIGI lieto di sua buona ventura con la regina Galliciana, per -aver preso la somiglianza d'Orlando, II. 14 e seg.; torna a visitarla -sotto le stesse sembianze, e trovandola adirata cerca pacificarla, 27 -e seg.; si scusa della lettera che ella gli mostra del vero Orlando, -31; trovandosi scoperto cerca di rivolger in burla l'avventura, 37 e -seg.; chiuso in camera dalla regina, mentre ella va per vedere il vero -Orlando, 42; fugge per incanto, lasciando lo spirito Libichello in sua -vece, 44. - -MARCALURO mandato da Balugante in soccorso dei pagani, II. 104. - -MARSILIO messo in fuga dai cristiani, III. 9. - -MELEARDO ucciso da Bradamante, II. 65. - -MILONE prega Orlando a non partire, II. 34; accorre in camera della -madre al romore suscitato da Libichello, 50; si fa cristiano ad -insinuazione d'Orlando, III. 12. - - -N - -NAMO comanda la sesta schiera in soccorso de' cristiani, II. 90; muove -contro Tricardo, 109. - -NESTORE procura vincere i Troiani col senno, III. 1. - - -O - -ODRIDO si scaglia contro i cristiani, II. 68; ferito da Bradamante, 69; -entra in battaglia per ordine di Balugante, IV. 23. - -OLIVIERO signor di Vienna anima i cristiani a resistere ai pagani, II. -97; è assaltato da Ardubalasso ed è soccorso da Gano, 98, 99. - -ORANIO re di Creta si accorda con Rinaldo per favorire Carlo, II. 77 e -seg. - -ORLANDO si maraviglia della lettera scrittagli da Galliciana, e sua -risposta, II. 17 e seg.; protesta di voler partire dalla corte di -Milone, 33; accorre al romore suscitato da Libichello, 50; vedendo -le stranezze di esso, si accorge ciò esser per negromanzia, e lo -esorcizza, 55; persuade Fondrano a battezzarsi insieme a tutta la sua -città, III. 11 e 12; si dispone a difenderlo, 13 e 14. - - -P - -PANTERACCIO, messo in rotta dai cristiani, III. 9. - -PARTENIO ucciso da Astolfo, IV. 25. - -PINABELLO combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -PRIAMO procura vincere la guerra per forza, III. 1. - - -R - -RAVENNA, rotta datavi da Alfonso I d'Este all'esercito spagnolo, III. 4. - -REO che va adagio alla forca I. 1, _simil._; graziato della vita, 5. - -RICCIARDETTO comanda la nona schiera in soccorso de' cristiani, II. 90; -muove con Bradamante contro i pagani, 101; ne uccide molti, III. 7. - -RINALDO creduto pagano rimira la battaglia tra i saracini e i -cristiani, e arde di desiderio di prendervi parte, II. 77; induce il re -di Creta a battezzarsi e diventare amico di Carlo, 79; suo strattagemma -per farsi riconoscere da Bradamante, 80 e seg.; se le scuopre, 84; le -spiega il segreto per soccorrer Carlo, 86 e seg.; veduto i cristiani -aver la peggio, si scaglia addosso a Califa, 105; sbaraglia i saracini, -106-107; cerca solo di uccidere i capi, III. 9. Innamorato d'Ismonda, -V. 2; intrattenendosi seco, è sorpreso da gran fracasso, 4; era un -pastore da un occhio solo, che con tre vacche e un toro andava in -Francia, 19 e seg.; buttato tramortito a terra dal toro, 26 e seg.; suo -dolore per tal caso e per vedersi rapita Ismonda, 29 e 30. - -RODOARDO di Lamporeggio abbattuto da Bravante, II. 61. - -RONDELLO cavallo di Uggero, II. 57. - -ROSADORO accorre in camera di Galliciana al romore suscitato da -Libichello, II. 50; si fa cristiano ad insinuazione di Orlando, III. -12. - - -S - -SALOMONE combatte contro Artiro, I. 2; fatto prigione dei pagani, II. -100; è assalito da Artiro, e con esso attacca combattimento, IV. 16 -e seg.; impedito dalla folla di finire il combattimento, si scaglia -contro i pagani, 21. - -SANGUINO combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - -SCIPIONE romano, vicario d'Orlando, guida in Parigi le truppe di S. -Chiesa, IV. 51, 52. - -SERVO fido di Galliciana che porta al vero Orlando la lettera di lei, -che dovea recapitare in mano del finto, che era Malagigi, II. 16 e -seg.; sua maraviglia nel trovare presso la regina il finto Orlando, -mentre avea lasciato il vero a parlare con Milone, 32 e seg.; induce la -regina a sincerarsi de' due Orlandi, 40. - -SPINARDO combatte sotto il comando di Gano, II. 93. - - -T - -TRICARDO assalito da Namo, II. 109. - -TURPINO comanda l'ottava schiera contro i pagani, e sua bravura, II. -101 e seg.; va con Carlo all'incontro di Leone papa, IV. 36. Loda -Gualtiero da Monleone, 43; accoglie in abito episcopale il papa alle -porte di Parigi, 54. - - -U - -UGGERO combatte col gigante, II. 57; fa strage de' pagani, 58; chiama -in soccorso de' cristiani Dudone e Bradamante, 62; informato da questa -dello strattagemma di Rinaldo, manda Namo, Ricciardetto e Gano in aiuto -al campo dei cristiani, 89, 90; dispone come capo dell'esercito le cose -della guerra, 91 e seg.; manda soccorsi al campo ed informa Carlo della -trama di Rinaldo, 101, 102; manda la sfida di battaglia a Balugante, -IV. 15; manda Astolfo a rinforzare la pugna, 23. - -ULISSE procura vincere i Troiani col senno, III. 1. - -URCASTO figlio di Arimonte si fa cristiano ad insinuazione d'Orlando, -III. 12. - - -V - -VALIDORO ucciso da Astolfo, IV. 25. - -VENERE nemica della Fada, I. 7; suo carro trionfale e suoi seguaci, -III. 17. e seg.; è propizia a Ferraù per aver uccisa la Fada e lo -accarezza, IV. 2, e 3; gli fa baciare il pomo d'oro, 4; sue parole -alla turba invidiosa de' suoi seguaci, che si acquetano, 6 e seg.; gli -promette fortuna in amore e lo licenzia, 9. - -VILI e codardi aborrono dalle battaglie, I. 1. - -VITTORIA è più utile ottenuta col senno che colla forza, III. 1. - - -Z - -ZANNIOLO picciolo fiume di Romagna, celebre per la vittoria riportatavi -da Alfonso I. d'Este contro l'esercito di papa Giulio II. e degli -Spagnoli, III. 4. - - -NOTE: - -[1] E così ci è parso doverlo intitolare, quantunque nel corso -dell'opera il Poeta chiami sempre RANALDO, ed una volta Rainaldo, -l'eroe del poema, che nel Furioso è nominato Rinaldo. Nè può cader -dubbio che sieno due personaggi diversi, venendo sotto ambedue le -denominazioni ciascuno qualificato per figlio d'Ammone paladino di -Francia, Signor di Montalbano e fratello di Bradamante; cosicchè di tal -cambiamento non può addursi per causa che il buon piacere dell'Autore. - -[2] Venezia 1551, presso il Marcolini a pag. 82. - -[3] Opuscoli del Calogerà vol. XII pag. 143 a 214. - -[4] Ora V. per le ragioni addotte a pag. XXI. - -[5] Qui sbaglia il Baruffaldi, perchè Bradamante non era donna di -Rinaldo, ma _sorella_ di esso e di Ricciardetto. - -[6] Ed una di nove, potea aggiungere. - -[7] Nel primo foglio che serve di guardia al Codice si legge di non -antico carattere: _Questo fu scritto dall'Ariosto, dopo il 1512, perchè -descrive la gran battaglia seguita in Ravenna nel detto anno, vinta -dai Francesi per opera del Duca Alfonso Primo, descritta dal Sardi nel -lib. 2 della sua storia._ Nell'altro foglio poi che forma la guardia in -fine, si legge il seguente attestato: - - _Ferrara 30 Gennajo 1840._ - -_Attesto io sottoscritto Bibliotecario della pubblica Biblioteca -di questa città, che le qui unite carte num.º trenta di stanze 244, -alcune delle quali imperfette, contenenti parte d'un poema inedito -dell'Ariosto intitolato _il Rinaldo_, di cui parla il Baruffaldi -_Vita dell'Ariosto_ alle pagine 172-3, recandone saggio alle pagine -310-14, sono scritte di mano di Lodovico Ariosto, avendone io fatto -il confronto tanto col poema intitolato _Orlando furioso_, che colle -_Satire_, e con altri scritti, che autografi si conservano in questa -pubblica Biblioteca; e per convalidare vieppiù questa mia attestazione -vi ho posto il sigillo di questo pubblico stabilimento presenti i -sottoscritti testimonj consultati nel confronto._ - - Don Pietro Caprara - Don Giuseppe Antonelli Vice Bibl. Testimonio - Don Gaetano Ortolanini Aggiunto alla Bibl. Testimonio - Andrea Borgonzoni maestro di Calligrafia - Benedetto Giovanelli Custode. - -Ad onta però di questa solenne ed ingenua testimonianza di persone -per ingegno e per probità commendabilissime, non son mancati certi -cotali che da quell'oscurità che è la loro atmosfera hanno cercato, da -bassa invidia o da crassa ignoranza mossi, di sparger dubbiezze sulla -originalità del nostro Codice. Noi condoniamo loro il misero tentativo -di nuocerci, perchè li uomini di sano giudizio faranno la nostra -vendetta coi plausi, e perchè è rimasto ad essi tanto pudore da non -volere, quantunque invitati e provocati, far pubblica la loro sentenza, -per tema, ci crediamo, che non divenisse quel che fu a Mida il motto -susurrato alla terra dal di lui barbiere. Però da buoni Cristiani -preghiamo il Cielo che a tali giudici apra li occhi corporali, e spiani -e raddirizzi le loro menti storte e contraffatte. - -[8] V. questa prefazione a pag. XI. - -[9] La stampa di questi Frammenti col _fac-simile_ del carattere -dell'Autore speriamo che ecciterà i bibliotecari ed i possessori di -antichi manoscritti di poesie sconosciute ed anonime a fare degli studj -e delle ricerche per entro ai medesimi, e ad istituire dei giusti -confronti; e chi sa che un giorno qualcuno più avventurato di noi, -seguendo la via che abbiamo aperta, non giunga a completare questo -lavoro? - -[10] ROMA, Tipografia delle Belle Arti 1835. - -[11] _ciuffa_ per _zuffa_. - -[12] _cum_ per _con_ qui ed altrove costantemente. - -[13] _cade_ per _cadde_. - -[14] _Anci_ per _anzi_ qui ed altrove. - -[15] _Nè il ciel credette aver già secondo_. - -[16] Trovansi in questi Canti troncate molte voci di due e di tre -sillabe, che regolarmente non consentirebbero il troncamento; però non -mancano esempi tra gli antichi rimatori di quest'uso più che licenza, -che non si riferiscono per brevità; e le più comuni sono: _col_ per -_collo_, _car_ per _carro_, _tor_ per _torre_, _lor_ per _loro_, _don_ -per _donna_, _fal_ per _fallo_; _parol_ per _parole_; _schier_ per -_schiera_; _fer_ per _ferro_; le quali si notano qui tutte insieme per -non ripeterle ai luoghi respettivi. - -[17] _accade_ per _accadde_. - -[18] _cade_ per _cadde_. - -[19] _ciambra_ per _camera_ qui ed altrove. - -[20] _frissata_ per _fregiata_, _adorna_. - -[21] _rada_ per _rara_, _straordinaria_. - -[22] _Fada_ per _fata_, _maga_, dallo spagnuolo _Fada_ o hada. - -[23] _E sol cercava acciò_. - -[24] _Don_ per _donna_. - -[25] _gran core_. - -[26] _distolte_ per _liberate_. - -[27] _Ninfe io son la prima_. - -[28] _Che così dette son le ninfe d'acque_. - -[29] _E credo il mio servir non gli dispiacque_. - -[30] - - _La tua impresa da lei fia meritata,_ - _Qual viepiù (credo) che ogni altra gli piacque._ - -[31] Per _dimostrar_. - -[32] _Fu crocifisso_. - -[33] _ogni altro Deo_. - -[34] _nuoi_ e _vuoi_ per _noi_ e _voi_ qui ed altrove. - -[35] _sciò_ per _so_ qui ed altrove; _sciai_ e _scià_, _scianno_ per -_sai_, _sa_ e _sanno_. - -Il Bojardo cantò: Ben scio certo che pria.... Ben sciò ch'io sosterrei -(Sonetti e Canzoni, Milano 1845 pag. 32). - -[36] _Toccavassi_ per _Toccavasi_. - -[37] _Ferraù_. - -[38] Stanza mancante del sesto verso. - -[39] _fa scordarli_. - -[40] _dama_. - -[41] _puoco_ per _poco_ qui ed altrove. - -[42] _E a ogni sfrenato cuor_. - -[43] _Come in lucerna_. - -[44] _Quella spoglia mortal dal dì che in fasce_. - -[45] _Ella_. - -[46] _Bastammi_ per _Bastami_. - -[47] _Esser propizia_. - -[48] _puoi_ per _poi_ qui ed altrove. - -[49] _dicerne_ per _discerne_. - -[50] _ricerca_. - -[51] Son disposto, dama, condurmi. _Condure_ per _condurre_, in grazia -della rima. Dante cantava: - - La mente innamorata che donnea - Colla mia donna sempre, di ridure - Ad essa gli occhi più che mai ardea. - (Parad. C. XXVII v. 88-91). - -[52] _tornarmi bisogna_. - -[53] _Quale era direttiva al magno conte_. - -[54] cioè Orlando. - -[55] _mirando_. - -[56] _sciolsella_ per _sciolsela_. Verso mancante di due sillabe. - -[57] _chi la manda_. - -[58] - - _E pregate che come la passata, - Questa altra notte sia da te trattata_. - -[59] _il vero_. - -[60] _diedi l'amore e l'alma_. - -[61] _e di me resti sazio_. - -[62] _il dì potevi rivedermi_. - -[63] _non crederia_. - -[64] Verso con una sillaba di più. - -[65] - - _Non che l'usasse, ma pensar potesse - Di usarlo, alcun non scià che lo credesse_. - -[66] _sapeva di quel caso_. - -[67] _E ridente il baron s'estima_. - -[68] _accarecciar_ per _accarezzar_. - -[69] _presella_ per _presela_. - -[70] Dovrebbe invece leggersi _levante_. - -[71] _Piacemmi_ per _piacemi_. - -[72] _Conoscessi_ per _conoscesi_. - -[73] Aver il cervello dove la civetta ha il gozzo, vuol dire non averne. - -[74] _Così non ti vergogni, e mi_. - -[75] _partito_ per _scommessa_. - -[76] _parangone_ per _paragone_, _prova_; dall'antico francese -_parangon_; ripetuto in seguito. - -[77] _debbassi_ per _debbasi_. - -[78] _detto ha_. - -[79] _facciammi_ per _facciami_. - -[80] cioè, chi dice ch'io non ho cervello, indovina peggio di quello -che non veda io. - -[81] _Il sdegno_. - -[82] _Volsessi_ per _vollesi_. - -[83] _Muta l'effigie_. - -[84] _dolor_. - -[85] _e dentro_. - -[86] _uso_ per _usato_, _avvezzato_, _adoprato_. - -[87] _articola_, cioè, _dimostra minutamente_. - -[88] _Azael_ e la _Clavicola_, titoli d'opere di Magia e Negromanzia. - -[89] cioè, _per la via più comoda che può_. - -[90] _allestra_ per _allestisce_, _prepara_. - -[91] nome del folletto o demone lasciato in sua vece da Malagigi, -chiamato da Dante Libicocco Inf. C. XXI. - -[92] _Per prenderlo pregion_. - -[93] _L'armata turba de Galliciana_. - -[94] Orlando vien dai poeti e romanzieri dipinto come guercio o strabo. - -[95] metaforicamente per _li percuote_. - -[96] _Chi se gli fe' vicin, stavan lontani_. - -[97] _abaglian_ per _abbaiano_, _latrano_. - -[98] _in frotta_. - -[99] più stravagante, più bizzarro. - -[100] _mostrar sua forma al conte_. - -[101] _questo uno_. - -[102] _E mentre per la ciambra un gran fracasso_. - -[103] _balci_ per _sbalzi_, _salti_. - -[104] cioè quando la grandine cade con tanta furia da sbucciare i salci. - -[105] _ponto pose quel che in ne le_. - -[106] cioè, e se non fosse accaduto che la regina ne era molestata. - -[107] latino per _sono_; e ciò per dar maggior solennità all'esorcismo. - -[108] cioè, gridò all'asino. - -[109] _volse_ per _volle_ come altrove. - -[110] Calcabrino demonio nominato da Dante (Inf. C. XXI e XXII). - -[111] _Mossessi_ per _Mossesi_. - -[112] per _gagliardi_ qui ed altrove. - -[113] _Movendossi_ per _Movendosi_. - -[114] _Che il gettò a terra, e non gli fece peggio_. - -[115] Camilla e Pentesilea, valorose eroine rammentate da Virgilio. - -[116] cioè _vi sparpaglio_, _vi dissolvo_. - -[117] da voi. - -[118] _uccide_. - -[119] _quello_. - -[120] cioè ristringa, rimpicciolisca. - -[121] - - _Che tutte le smarisse, anci le occide,_ - _Così la dama i sarracin divide._ - _Tal sono a parangon de altri men forti_ - _Contra pagan la dama e Dudon sorti._ - -[122] _Si sforzano portar vittoria e vanto_. - -[123] _spenti_ per _spinti_. - -[124] latinamente per _pena_. - -[125] per caccia, spinge. - -[126] _Il gigante la sua nell'elmo ferma_. - -[127] _Al buon Dudone_. - -[128] _Non volse il cavaliere in quel drapello_. - -[129] _ello_. - -[130] _da Ranaldo mutato_. - -[131] _schismo_, metaforicamente per l'atto di staccarsi donde si -trovava, e scagliarsi addosso a Rinaldo. - -[132] _de fuga_, cioè _precipitosamente_. - -[133] _parossismo_, termine di medicina, _esacerbazione_. - -[134] cioè, risponderle coll'armi. - -[135] _alciata_ per _alzata_. - -[136] troncamento licenzioso. - -[137] _cazza_ per _caccia_, _fuga_. - -[138] _L'ordine di_. - -[139] _e il suo_. - -[140] _Cum trenta milia_. - -[141] _Primo a ferir_. - -[142] _secco_ per _seco_. - -[143] _e grida Bradamante_. - -[144] _de un forte l'onore_. - -[145] _Che preso_. - -[146] _Ordine fu_. - -[147] _o vero al tutto occide o in terra_. - -[148] _Allor pagano alcun più non sofferse_. - -[149] _L'assalto..... tradito_. - -[150] _Dall'altro canto_. - -[151] _Mossessi_ per _mossesi_. - -[152] _dove Marcallar_. - -[153] _fu allor_. - -[154] _investisse_ cioè _investisce_ o meglio _investe_. - -[155] per _sforzasi_. - -[156] _quel_. - -[157] Il fatto cui qui si allude, come gli altri avvenimenti accennati -nelle St. III. IV. V. e VI. son toccati nell'Orlando Furioso Canto III. -St. LIII. LIV. LV. Canto XIV. St. II. e seg. C. XXXIII. St. XL. e seg. -e ne parlano il Guicciardini nella Storia d'Italia lib. VIII e IX, e il -Giovio nella vita d'Alfonso d'Este. - -[158] _tre_. - -[159] _E posto in seggio cum_. - -[160] _Che sol prudenzia gli donò_. - -[161] _L'inclito Alfonso Estense signor mio_. - -[162] _contra a chi di lui ha maggior_. - -[163] per _rimuova_. - -[164] _Ravenna, Zanniolo_. - -[165] _Quanto di Alfonso fu la sorte rea_. - -[166] _Che 'l vincer a ogni via non fa mai_. - -[167] _salvar lor_. - -[168] _cum furor_. - -[169] _E Balugante allor tosto soccorse_. - -[170] _lor_. - -[171] _il favor_. - -[172] _il capo si lavasse_. - -[173] _ardente_. - -[174] _li ebbe_. - -[175] _L'esercito_. - -[176] _Stavali in mezzo_. - -[177] _Va_. - -[178] _quelle stanze_. - -[179] _Quell'arbor sagittar par_. - -[180] troncamento licenzioso, come fu avvertito. - -[181] _colli_. - -[182] _gambe_. - -[183] _quadriga_, nel genere mascolino, manca d'esempio. - -[184] _dritta_. - -[185] _Ma in alto va talora e talor basso_. - -[186] _Va sfrenato talor_. - -[187] _Tardi talor, talor_. - -[188] _Feraguto allora_. - -[189] tranno i pregi, cioè, gittano i preghi. - -[190] _Cum dolci_. - -[191] _Sperano_. - -[192] implorano, invocano. - -[193] con berrette su una parte, cioè _alla smargiassa_. - -[194] _pettinata_. - -[195] per _vedeasi_. - -[196] _Perchè fur, benchè non sian, nupte quelle_. - -[197] _tien_. - -[198] Quello che dicesi qui con poca reverenza del costume degli -Ecclesiastici, non vuolsi prendere a rigore, ma qual vivacità poetica, -sebbene alquanto abusivamente satirica, alla quale però essi pure -non mancavano forse di dare appiglio, se si consideri la corruzione -grandissima di quei tempi. Inoltre la libertà colla quale, per mancanza -di clausura, i preti ed i frati conversavano colle monache, dava campo -ai maligni ed ai belli spiriti di interpretar sinistramente la loro -innocente familiarità; S. Chiesa però pose riparo a queste cause di -scandalo, santamente provvedendo alla esemplare riforma claustrale. - -[199] _ciera_. - -[200] _cercano_. - -[201] _puote_ per _potè_. - -[202] _lanza_. - -[203] _lanza_. - -[204] _dal pomo_. - -[205] _non vi rendo_. - -[206] _Come Idio vole sue mercede assetta_. - -[207] _Come Dio vole_ — _Come esso alfine_. - -[208] _difeso ha con sua mano_. - -[209] _essendo Ispano_. - -[210] per _mostrandolo_. - -[211] verso con rima sbagliata. - -[212] cioè, si distacca, si divide. - -[213] _Di sangue_. - -[214] _occide_. - -[215] _andasse_. - -[216] nome della spada d'Astolfo. - -[217] Anglese per _Inglese_. - -[218] _a gran ventura_. - -[219] cioè, la conquista di Gerusalemme e del S. Sepolcro. - -[220] _Chi cum offizii_. - -[221] verso di soverchio alla stanza. - -[222] _Mentre che questo_. - -[223] _Facea re Carlo, gionse un messaggiero_. - -[224] Leone III. - -[225] cioè ridotti a mal punto. - -[226] cioè incontro. - -[227] _gran rapine_. - -[228] Se è riprovevole la libertà che qui usa il Poeta riprendendo -alcuni abusi, che pur sfortunatamente s'introdussero nella Corte Romana -in tempi lacrimevoli per S. Chiesa, si prega il Lettore a non volere -esser con esso più rigoroso di quel che questa pietosa Madre si mostrò -verso Dante, il Petrarca ed altri gravi scrittori ortodossi; perchè -ad onta di tante zizzanie seminate nella mistica vigna, _portae Inferi -non praevalebunt adversus eam_, e la pietra angolare su cui Gesù Cristo -fondava la Chiesa _in aeternum non commovebitur_. - -[229] _onore_. - -[230] per _miglia_. - -[231] _Della adorna cittade di Parigi_. - -[232] cioè ricche. - -[233] _Di tutte sorte_. - -[234] _Rellique sante e in man ricci messali_. - -[235] _E dopo lui ognun forte chiamava — Italia, Italia_. - -[236] V. Plutarco nelle vite degli illustri capitani qui nominati, -ove son descritte diffusamente le loro imprese, ad ingrandimento della -potenza Romana. - -[237] _Cesar la Franza, e Mario li Alemani_. - -[238] _spesso_. - -[239] Della guerra di Carlo Magno contro Desiderio e suoi collegati -parla il Poeta nel I e II dei cinque Canti aggiunti al _Furioso_. Qui -dice che il re longobardo fu vinto non per valore de' nemici, ma per -gastigo divino, tenendo egli le parti contra la Chiesa. - -[240] cioè, baciògli. - -[241] _Nè prima il sacro imperator levosse_. - -[242] cioè, sollevandolo da terra, facendolo sorgere. Modo nuovo di -usar questo verbo attivamente. - -[243] _In piede, e a ciò che vole il papa cede_. - -[244] _Montò il destrero senza altri letigi_; cioè senza contesa di -complimenti. - -[245] _quella di re_. - -[246] cioè, il suo capo. - -[247] _Stavano de' Romani_. - -[248] cioè da viandante. - -[249] cioè scelto, eletto. - -[250] _Carlo quel giorno_. - -[251] _avuta da re Carlo_. - -[252] forse qui s'allude all'impresa contro Urbino. - -[253] In tutti i romanzi e poemi di cavalleria, Orlando è chiamato -senator romano. - -[254] _E fu di chiara e nobil nazione_. - -[255] - - _Come di nome, detto Scipione_ - _Nato di quell'illustre nazione._ - -[256] _nè tra lor si noma_. - -[257] cioè convenienti in precedenza ed etichetta. - -[258] cioè mal custodite. - -[259] _andavano_. - -[260] _Tutte sonare in guisa di allegrezza_. - -[261] _Tamburi e trombe et altre cose strane_. - -[262] _mottetti_. - -[263] _Papa Leone_. - -[264] per _magione_, stanza, da _maison_. - -[265] _fio_ per _figlio_. Dissero gli antichi, Figiovanni, Fighineldi -per figlio di Giovanni, figlio di Ghineldo. - -[266] _Tornata era la dama colorita_. - -[267] _Quivi fu udito_. - -[268] cioè volgere, indirizzare. - -[269] _Passata ha l'Alemagna_. - -[270] _Il suo viaggio tien_. - -[271] _Pur quanto più da Franza si allontana_. - -[272] _Tiensi dal lato verso tramontana_. - -[273] troncamento licenzioso, come fu avvertito. - -[274] _A crudel morte_. - -[275] _Piagne meschina_. - -[276] cioè che la vede oggetto d'amore. - -[277] _alcun_. - -[278] verso viziato nella desinenza per ripetervisi la rima colla -stessa voce del verso secondo. - -[279] per _spanna_. - -[280] cioè la natura adoprò ogni potere per farlo il più vigliacco e il -più poltrone di tutta Spagna. - -[281] troncamento licenzioso. - -[282] _Tanto_. - -[283] _Non men vaghe al veder che_. - -[284] _disconzo_ per _disturbo_. - -[285] cioè _munte_. - -[286] _mostri_. - -[287] troncamento licenzioso da non usarsi. - -[288] Qui il Poeta segue la credenza volgare al suo tempo sulla -grandezza comparativa tra il Sole e la Terra; ed il Varchi nella XIX -lezione sulla _Divina Commedia_ dice, _il Sole, il quale è il maggiore -anzi il padre di tutti i lumi, contiene la terra 166 volte e 3/8_ (V. -VARCHI, _Lezioni sul Dante_ pag. 529). Gli astronomi moderni però fanno -il Sole 1,326,480 volte maggior della Terra (V. _Annuaire du bureau des -longitudes pour 1846_.) - -[289] _pare_. - -[290] _Ranaldo che si vide il mostro accosto_. - -[291] _mossessi_ per _mossesi_. - -[292] troncamento vizioso da non seguirsi. - -[293] _vacce_ per _vacche_. - -[294] _ad altro_. - -[295] _Non rivolse che a Ismonda ogni_. - - - - -CANZONE - - - - -_AI LEGGITORI CORTESI ED ERUDITI_ - -_LUIGI MARIA REZZI_ - - -_Il nome e il grido d'un uomo grande ne accende in cuore maraviglia -ed affezione così viva, che se per avventura ne viene alle mani una -cosa, avvegnachè di picciol conto, la quale ne faccia a sapere di -novello o chiarisca un fatto o un detto di lui, ovvero siagli in alcun -modo appartenuta, noi l'abbiamo senz'altro in assai pregio, e ce la -tenghiamo carissima._ - -_Io credo adunque, o Leggitori cortesi ed eruditi, mettendovi dinanzi -agli occhi questa canzone di Lodovico Ariosto, di farvi un dono molto e -raddoppiatamente pregevole e gradito: secondochè voi potrete per essa e -conoscere meglio una particolarità storica che lo risguarda, e gustare -un frutto di quella mente divina assai squisito, rimasto fino ad ora a -chicchessia, quanto io mi sappia, nascoso._ - -_E piacciavi di udire s'io dico il vero. Noi sappiamo ch'egli avanti -d'ammogliarsi ad Alessandra Benucci, lasciata vedova di se da Tito -Strozzi, fu preso d'amore per una donna, nomata Ginevra, e però -cantata da lui sotto allegoria d'un Ginepro[296]. Ma di tale avventura -amorosa non si hanno notizie, se non dubbie e manche. L'Abate Girolamo -Baruffaldi che ne scrive più a lungo, s'è rimaso nel sospetto che -la Ginevra o non fosse fiorentina della famiglia de' Lapi, come il -Sansovino affermava, o se sì, che non in Fiorenza, ma in Mantova -dimorasse[297]. Altri di fresco ha messo in dubbio ch'ella fosse -amata da Lodovico tanto quanto comunemente s'estima. Da ultimo se per -li versi di lui n'è certo in qual modo ed età l'affetto suo inverso -quella avea pigliato cominciamento, e che al quarto anno durava -tuttavia[298]; niuno ci ha potuto dire finqui come e perchè gli fosse -uscito dall'animo e venuto meno. Adunque per la canzone ch'io vi do -qui messa per la prima volta sotto a' torchi delle stampe, scritta -senza dubbio per la Ginevra, come per l'allegoria usatavi dentro vi si -fa manifesto, voi apprendete tutte queste particolarità; cioè ch'ella -abitava lungo le sponde dell'Arno, e non del Mincio: che l'Arno la -piangeva a sè tolta come cosa sua: che dalle rive di questo fiume ella -si partì in compagnia d'altrui, forse del marito, per valicare le Alpi -e porre stanza in Francia, in qualche città o terra bagnata dalle acque -della Saona: che Lodovico, disperando di poterla più nè seguitare nè -ritrovare in sì lontano paese, dovette, non per leggerezza d'animo, ma -per necessità, fattone prima il lamento grande, secondochè in simili -incontri è il costume degli amatori, darsi pace una volta e cessare -dall'amarla: finalmente non essere da credere che non fosse assai -caldamente amata da lui una donna, la cui partenza, gli ha cavato del -cuore versi, come questi sono, pieni di rammarico sì vero ed alto._ - -_Che poi cotesta canzone sia un frutto assai squisito di quel divino -intelletto, io spero ed estimo, che voi ne converrete meco di buon -grado. E imprima voi sapete bene che una canzone allegorica, la quale -non sia breve, quanto per lo vivo senso di se e di sua potenza attiva -che la mente nostra prova nel raccorre e paragonare le simiglianze che -sono dall'obbietto figurato a quello che lo figura, è cosa piacevole -e bella a leggere o ascoltare; altrettanto è malagevole a fare per -l'artifizio grande che vi si richiede, e se non vogliamo che il diletto -si muti in pena, forza è che non appaia. E Lodovico ha condotto questa -sua per dieci stanze sotto allegoria d'un ginepro sì maestrevolmente, -che sembra essergli venuta giù dalla penna senza uno studio al mondo. -Il più miracoloso poi si è, che il concetto allegorico, venendo più da -arte che da natura, non raffredda qui per niente il vivo ardore della -passione, e non ne impaccia o tarda i varii e concitati movimenti, E sì -che le smanie d'un amatore passionato a avventuroso, il quale si vede -tolta ad un tratto e per ognora colei ch'era la gioia del cuor suo, -non potevano, al mio parere, essere colorite a tinte più vere e più -calde e franche. Come in mezzo al dolore ch'egli sente per la perdita -fatta, s'intenerisce e teme per la sua donna ita a starsi sotto aspro -e stranio cielo! Come alla mestizia dello stato presente mescolando -la memoria delle allegrezze trapassate, rammenta queste appena, che -ricade più desolato in quella! Come traportato qua e là dal vario -ondeggiamento degli affetti or teneri or dolorosi, si lascia vincere -da ultimo alla piena dell'affanno in tanto che prende a fastidio la -vita, non cura soccorso, ed odia ogni cosa che gli era dinanzi e dolce -e cara! Al che non vi disgradi, o Leggitori, d'aggiungere avvedimento -ed artifizio assai bello e secondo natura, degno, chi ben lo consideri, -d'essere all'uopo imitato, non che avuto in pregio. Il quale è che qui -ogni stanza corre libera di se e sciolta al tutto dalla legge del dover -essere l'una uniforme alle altre nel numero e nella qualità de' versi -e nella rispondenza delle rime. Perciocchè non è egli bello e secondo -natura che anco l'abito esteriore della canzone prenda forma dal -subbietto di quella? e che l'andamento del metro sia vario e diseguale, -come varii e diseguali sono i moti d'un animo agitato e messo in -iscompiglio da forte e disperato dolore?_ - -_Io voglio però che voi sappiate, che cotesta canzone, venutami, -parecchi anni sono, sotto gli occhi nell'atto che stava esaminando uno -zibaldone Barberiniano manoscritto, contenente diverse poesie latine ed -italiane, non notato ne' cataloghi nè contrassegnato di numero alcuno, -non porta veramente nè in fronte nè altrove nome d'autore qual che -si sia. Ciò non di meno io non istetti allora, nè sto oggi in forse -d'attribuirla fidatamente a Lodovico Ariosto. E queste sono le ragioni -che mi condussero già e tengonmi fermo tuttavia in cosifatta sentenza; -ed io spero che voi le avrete per buone e salde._ - -_La scrittura è senza dubbio di mano d'un copiatore vissuto al secolo -XVI, come pure la forma del dire è l'usata in tale età, non in alcuna -di quelle che furono innanzi. Fra i poeti adunque del secolo XVI è da -cercare chi ne sia autore. Or de' poeti del cinquecento io posso senza -giattanza affermare d'aver letto, pressochè tutti, i canzonieri e i -tanti libri di rime raccolte da parecchi, una gran parte de' quali, -comecchè alcuni sien rari, sono giunto altresì dopo cure molte ad avere -in possesso; e consideratili bene, io dico con sicurtà a niuno di loro -potersi essa ragionevolmente ascrivere, ma sì a Lodovico Ariosto. E in -primo luogo niuno di quelli, il quale sia salito in qualche fama, ha -scritto versi per sua donna, sotto aperto nome di Ginevra, salvochè, -se pur la memoria non mi fallisce, l'Ariosto e Bernardo Tasso[299]. -Che questa non sia la Ginevra Malatesta cantata da Bernardo, non è da -dubitare; essendochè, oltre molte altre cose ch'io potrei dire, e che -ognuno può agevolmente per se ricavare dalle rime di lui, si sa che -ella era da Rimini, e andò moglie al Cav. degli Obizzi non in Francia, -ma in Italia[300]. Che poi sia la Ginevra amata dall'Ariosto, pare a -me esser chiaro a sufficienza per le cose qui dette di lei, le quali -molto ben s'accordano a quello che e la storia ne racconta, e Lodovico -medesimo accenna nella canzone allegata di sopra. Dappoichè la prima -afferma ch'ella fu fiorentina: e qui per l'appunto l'Arno è tratto -fuori a piangere e a dolersi che gli sia tolto il suo bel Ginepro[301]. -Il secondo, accommiatando la predetta sua canzone, dicele:_ - - _Canzon, crescendo con questo ginepro,_ - _Mostrerai che non ebbe unqua pastore_ - _Di me più lieto, e più felice Amore:_ - -_e qui altresì tocca e rammenta in più stanze lo stato d'allegrezza e -felicità, ov'erasi fino a quell'ora ritrovato[302]. Nè i particolari -di tal amore, conosciuti ora di nuovo e annoverati in sul principio -del proemio, contrariano alla storia: anzi tutti vi si rannodano -assai bene, e giovano a farne sapere quale verisimilmente ne fosse il -seguito e il fine. Il subbietto adunque, preso a cantare dal poeta -secondo il suo costume allegoricamente, potria parere esso solo più -che bastevole a mostrar vera la mia opinione. Ma a confermamento di -quella viene eziandio la maniera, onde la canzone è ordita. Tutti i -poeti del cinquecento, eccettone l'Alamanni e i due Tassi, Bernardo e -Torquato, e alcuni pochi nè molto valenti imitatori loro, i quali hanno -seguita una certa via nuova da non potersi scambiare con altra, hanno -foggiato le canzoni loro amorose, sì quanto ai concetti e al tessuto, -che quanto allo stile, sugli esempi datine dal Petrarca. Ma questa, -come voi vedete, non ha per niente il fare petrarchesco, ma più tosto -un fare che trae a quello di Catullo e di Tibullo. E al secolo XVI -solo l'Ariosto è quegli, il quale, come si mostra per alcune canzoni e -capitoli suoi, è andato seguitando le orme di que' candidi, eleganti -ed affettuosi scrittori antichi d'elegie. Finalmente, posto eziandio -che non avessi gli argomenti recati in mezzo finqui, io m'indurrei -a gridare Lodovico autore di questa canzone solo per la bellezza e -bontà singolare dello stile poetico che per entro vi si ravvisa. Chi, -se non egli, ha fior di lingua sì candido e puro? Chi modi e vezzi di -favellare sì freschi e scelti? Chi tropi sì vivi e modesti? Chi dire -di sapore sì attico e antico, elegante ad un tempo e naturale? Chi -verseggiare sì libero e franco? Chi imaginare sì spontaneo e ricco? -Chi maniera sì dolce e bella di toccare gli affetti del cuore secondo -natura, e dietro le norme avutene dagli antichi scrittori latini e -greci? Per le quali cose tutte io conchiudo che questa canzone o è -fattura dell'Ariosto, o non v'è poeta del secolo XVI. i cui versi sieno -conosciuti, al quale si possa a buon dritto ascrivere._ - -_Abbiatevela voi dunque, o Lettori cortesi ed eruditi, in dono, e -piacciavi di gustarla; e se non avete per ancora il palato guasto -dai liquori acri e mordaci vegnentici d'oltremare o d'oltremonti, -io m'assicuro ch'ella v'avrà sapore d'uno de' frutti più squisiti -e dilicati che siano surti fuori del bel terreno, ove già ebbero -nascimento Catullo, Tibullo e Lodovico._ - - -ANNOTAZIONI AL PROEMIO - -[296] Si vegga fra le poesie varie di Lodovico Ariosto stampate in -Firenze nel 1824 presso Giuseppe Molini a f. 146 il sonetto VII, il -quale incomincia: - - Quell'arboscel che in le solinghe rive. - -[297] Vita di M. Lodovico Ariosto. Ferrara 1807 in f. a f. 147. - -[298] Si vegga fra le poesie varie citate sopra a f. 184. la canzone -che incomincia: - - Quando il sol parte, e l'ombra il mondo cuopre, - -ove alla stanza IV. l'Ariosto canta così: - - Ginevra mia, dolce mio ben, che sola, - Ove io sia, in poggio o 'n riva, - Mi stai nel core, oggi ha la quarta estate, - Poi che, ballando al crotalo e alla piva, - Vincesti il speglio alle nozze d'Iola, - Di che l'Alba ne pianse più fiate: - Tu fanciulletta allora - Eri, ed io tal che ancora - Non sapea quasi gire alla cittate. - -Dal che si ricava eziandio che la canzone ora data alle stampe -dev'essere stata scritta da lui nell'età giovanile: tanto più che alla -stanza VI. di questa egli dà al suo Genebro l'aggiunto di _giovine_. Nè -voglio lasciar qui di notare che questa canzone, trovata dal Baldelli -attribuita all'Ariosto e scritta di sua mano dal Varchi, non solo si -legge stampata dal Doni ne' Marmi sotto il falso nome di Jacopo de' -Servi; ma ancora nel libro secondo delle rime di diversi nobili uomini -ed eccellenti poeti (Giolito 1547. in 8. a c. 150) e per errore più -solenne ascritta a Giulio Cammillo, poeta, come ognun sa, a cui certo -la lena non poteva di gran lunga bastare a scrivere cosa sì elegante e -leggiadra. - -[299] Fra i poeti di minor grido io non mi rammento che di -Gianfrancesco Bosello da Piacenza mia patria, di cui si hanno alle -stampe versi scritti per una Ginevra, la quale però fu da Bologna della -famiglia degli Orsi. (Rime di Diversi, Bologna 1551. in 8. a f. 286.) - -[300] Vedi la vita scrittane dal Seghezzi e dal Serassi, e l'Orlando -Furioso dell'Ariosto, canto ultimo St. V. e VI. - -[301] St. II. - -[302] St. IV. V. e VII. - - - - -PER LA PARTENZA DI GINEVRA - -CANZONE - - -I. - - Deh chi sent'io, mie dolci rive amiche, - Che pur di sen vi svelle - Mio bel Genebro, e 'n quelle - Altre il ripon di voi tanto nemiche, - E di voi meno apriche? - Anzi più; c'or da voi - Par volti il ciel là tutti i lumi suoi? - -II. - - Come piange Arno, e corre - Oltra l'usato tempestoso e 'nsano, - Sol perchè a mano a mano - Il bel Genebro suo si sente torre; - Così ride, e pian piano - Or vassene, e più queta - E più lieta che mai, la bella Sona, - Che di lui s'incorona, e per lui spera - Eterna primavera. - -III. - - Onde pur, lasso! al faticato fianco - Avrò più qualche posa? - La dolce ombra amorosa - Del mio Genebro altero or ne vien manco: - Man rapace invidiosa - Sveglielo de' nostr'orti, - E par sì lunge, oltr'a quell'alpi, il porti, - Che più nè seguitarlo - Spero, nè ritrovarlo. - -IV. - - Or pur cadrò, m'è tolto il mio sostegno - E più saldo e più fido: - Nè se ben piango e grido, - M'ode, o si piega il mio nemico indegno. - Ma come tanto sdegno - In ciel ver me sì tosto? - In ciel c'or m'avea posto - In parte da bearme, - Or congiurato par tutto a dannarme?[303] - -V. - - A che pur tante e tante, Amor, versarmi - In grembo tue ricchezze, - E di tante allegrezze il cor colmarmi, - Per or, più che mai, farmi - E povero e doglioso? In ciel beato - Lasso! fui poco: or caggione, e dannato - Per sempre; nè già mio - (E questo è ch'io mi doglio) - Superbo orgoglio, od altro fallo rio[304]. - -VI. - - Per troppo aspro viaggio - E lungo il giovin mio Genebro porti. - Deh, no 'l trar di quest'orti - Cultor! deh, sia più saggio! - Ahi ch'ogni picciol raggio - Di sole, ogni aura leve gentil fronda - E ramo, come i suoi, seccane e sfronda! - -VII. - - Ne riponeva in ciel, Pianta al ciel grata, - Tua bella vista sola; - Ne riponeva in ciel, Pianta beata, - L'ombra ch'or mi s'invola. - Ahi folle e dispietata - Man che d'orto sì bel ti sveglie e parte, - Misera! e per piantarte - Ove? in gelata riva, - Ove fior maggio a pena, o fronde ha viva. - -VIII. - - Agli esperidi orati alteri frutti - Le foglie d'un Genebro i' pongo avanti, - E 'l vago stelo a tutti - I più dritti arboscei degli orti santi, - E 'l vivo verde a quanti - Smeraldi mai dienne il più ricco lido. - Però grido: Quell'empio che men priva, - M'invidia ben ch'io viva. - -IX. - - Ancisa or la mia speme, - Anima illustre, cade a tua partenza, - Come vite che senza - Sostegno atterra le sue frondi estreme; - E qual fior, s'altri il preme, - Il suo bel giallo o rosso, ella tal perde - Il suo vivo bel verde. - -X. - - Toltomi, Amor, del mio Genebro amato - L'odor di che nudrissi - Il cor, nè d'altro io vissi, - Questo or sia del mio sen l'ultimo fiato: - Nè vo' che di mio stato - Tu curi, o mi soccorra; e schivo tutti - Tuoi più salubri frutti: - Anzi tuo latte e mele - Odio qual tosco o fele. - - -ANNOTAZIONI ALLA CANZONE - -[303] Tropo usato anche altrove dall'Ariosto in simil forma, e ripetuto -nella stanza che seguita, recato in vero un po' troppo al di là di -quello che si conviene a poeta cristiano. Ogni uomo discreto però dee -intenderlo ne' debiti modi, e non averlo in altro conto che d'una -maniera di parlare per esagerazione, messagli in bocca da calda e -passionata fantasia. - -[304] Modo di dire notabile, lasciatavi la preposizione _per_, come -s'usa nelle voci _colpa_, _mercè_, _bontà_, _vergogna_, e simili. - - - - -INDICE - - - _Dedica all'Accademia Valdarnese_ Pag. III - _Prefazione_ » V - _Rinaldo Ardito_ Canto I. » 1 - —— Canto II. » 6 - —— Canto III. » 43 - —— Canto IV. » 55 - —— Canto V. » 75 - _Prefazione del Rezzi alla Canzone_ » 99 - _Annotazioni alla Prefazione_ » 109 - _Canzone per la partenza di Ginevra_ » 111 - _Annotazioni alla Canzone_ » 117 - - - ERRORI CORREZIONI - - _Pag._ _vers._ - - 11. 6. pensier piacer - 19. 8. non ne - 58. 7. eranti erranti - - - - - -Nota del Trascrittore - -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo -senza annotazione minimi errori tipografici. Le correzioni indicate in -calce all'indice sono state riportate nel testo. - - - - - -End of the Project Gutenberg EBook of Rinaldo ardito, by Ludovico Ariosto - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK RINALDO ARDITO *** - -***** This file should be named 50306-0.txt or 50306-0.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/5/0/3/0/50306/ - -Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online -Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net, in -celebration of Distributed Proofreaders' 15th Anniversary, -using images generously made available by The Internet -Archive -(https://archive.org/details/rinaldoarditofra00ariouoft). - - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part -of this license, apply to copying and distributing Project -Gutenberg-tm electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG-tm -concept and trademark. Project Gutenberg is a registered trademark, -and may not be used if you charge for the eBooks, unless you receive -specific permission. If you do not charge anything for copies of this -eBook, complying with the rules is very easy. You may use this eBook -for nearly any purpose such as creation of derivative works, reports, -performances and research. They may be modified and printed and given -away--you may do practically ANYTHING in the United States with eBooks -not protected by U.S. copyright law. Redistribution is subject to the -trademark license, especially commercial redistribution. - -START: FULL LICENSE - -THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE -PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK - -To protect the Project Gutenberg-tm mission of promoting the free -distribution of electronic works, by using or distributing this work -(or any other work associated in any way with the phrase "Project -Gutenberg"), you agree to comply with all the terms of the Full -Project Gutenberg-tm License available with this file or online at -www.gutenberg.org/license. - -Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project -Gutenberg-tm electronic works - -1.A. By reading or using any part of this Project Gutenberg-tm -electronic work, you indicate that you have read, understand, agree to -and accept all the terms of this license and intellectual property -(trademark/copyright) agreement. If you do not agree to abide by all -the terms of this agreement, you must cease using and return or -destroy all copies of Project Gutenberg-tm electronic works in your -possession. If you paid a fee for obtaining a copy of or access to a -Project Gutenberg-tm electronic work and you do not agree to be bound -by the terms of this agreement, you may obtain a refund from the -person or entity to whom you paid the fee as set forth in paragraph -1.E.8. - -1.B. "Project Gutenberg" is a registered trademark. It may only be -used on or associated in any way with an electronic work by people who -agree to be bound by the terms of this agreement. There are a few -things that you can do with most Project Gutenberg-tm electronic works -even without complying with the full terms of this agreement. See -paragraph 1.C below. There are a lot of things you can do with Project -Gutenberg-tm electronic works if you follow the terms of this -agreement and help preserve free future access to Project Gutenberg-tm -electronic works. See paragraph 1.E below. - -1.C. The Project Gutenberg Literary Archive Foundation ("the -Foundation" or PGLAF), owns a compilation copyright in the collection -of Project Gutenberg-tm electronic works. Nearly all the individual -works in the collection are in the public domain in the United -States. If an individual work is unprotected by copyright law in the -United States and you are located in the United States, we do not -claim a right to prevent you from copying, distributing, performing, -displaying or creating derivative works based on the work as long as -all references to Project Gutenberg are removed. Of course, we hope -that you will support the Project Gutenberg-tm mission of promoting -free access to electronic works by freely sharing Project Gutenberg-tm -works in compliance with the terms of this agreement for keeping the -Project Gutenberg-tm name associated with the work. You can easily -comply with the terms of this agreement by keeping this work in the -same format with its attached full Project Gutenberg-tm License when -you share it without charge with others. - -1.D. The copyright laws of the place where you are located also govern -what you can do with this work. Copyright laws in most countries are -in a constant state of change. If you are outside the United States, -check the laws of your country in addition to the terms of this -agreement before downloading, copying, displaying, performing, -distributing or creating derivative works based on this work or any -other Project Gutenberg-tm work. The Foundation makes no -representations concerning the copyright status of any work in any -country outside the United States. - -1.E. Unless you have removed all references to Project Gutenberg: - -1.E.1. The following sentence, with active links to, or other -immediate access to, the full Project Gutenberg-tm License must appear -prominently whenever any copy of a Project Gutenberg-tm work (any work -on which the phrase "Project Gutenberg" appears, or with which the -phrase "Project Gutenberg" is associated) is accessed, displayed, -performed, viewed, copied or distributed: - - This eBook is for the use of anyone anywhere in the United States and - most other parts of the world at no cost and with almost no - restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it - under the terms of the Project Gutenberg License included with this - eBook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the - United States, you'll have to check the laws of the country where you - are located before using this ebook. - -1.E.2. If an individual Project Gutenberg-tm electronic work is -derived from texts not protected by U.S. copyright law (does not -contain a notice indicating that it is posted with permission of the -copyright holder), the work can be copied and distributed to anyone in -the United States without paying any fees or charges. If you are -redistributing or providing access to a work with the phrase "Project -Gutenberg" associated with or appearing on the work, you must comply -either with the requirements of paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 or -obtain permission for the use of the work and the Project Gutenberg-tm -trademark as set forth in paragraphs 1.E.8 or 1.E.9. - -1.E.3. If an individual Project Gutenberg-tm electronic work is posted -with the permission of the copyright holder, your use and distribution -must comply with both paragraphs 1.E.1 through 1.E.7 and any -additional terms imposed by the copyright holder. Additional terms -will be linked to the Project Gutenberg-tm License for all works -posted with the permission of the copyright holder found at the -beginning of this work. - -1.E.4. Do not unlink or detach or remove the full Project Gutenberg-tm -License terms from this work, or any files containing a part of this -work or any other work associated with Project Gutenberg-tm. - -1.E.5. Do not copy, display, perform, distribute or redistribute this -electronic work, or any part of this electronic work, without -prominently displaying the sentence set forth in paragraph 1.E.1 with -active links or immediate access to the full terms of the Project -Gutenberg-tm License. - -1.E.6. You may convert to and distribute this work in any binary, -compressed, marked up, nonproprietary or proprietary form, including -any word processing or hypertext form. However, if you provide access -to or distribute copies of a Project Gutenberg-tm work in a format -other than "Plain Vanilla ASCII" or other format used in the official -version posted on the official Project Gutenberg-tm web site -(www.gutenberg.org), you must, at no additional cost, fee or expense -to the user, provide a copy, a means of exporting a copy, or a means -of obtaining a copy upon request, of the work in its original "Plain -Vanilla ASCII" or other form. Any alternate format must include the -full Project Gutenberg-tm License as specified in paragraph 1.E.1. - -1.E.7. Do not charge a fee for access to, viewing, displaying, -performing, copying or distributing any Project Gutenberg-tm works -unless you comply with paragraph 1.E.8 or 1.E.9. - -1.E.8. You may charge a reasonable fee for copies of or providing -access to or distributing Project Gutenberg-tm electronic works -provided that - -* You pay a royalty fee of 20% of the gross profits you derive from - the use of Project Gutenberg-tm works calculated using the method - you already use to calculate your applicable taxes. The fee is owed - to the owner of the Project Gutenberg-tm trademark, but he has - agreed to donate royalties under this paragraph to the Project - Gutenberg Literary Archive Foundation. Royalty payments must be paid - within 60 days following each date on which you prepare (or are - legally required to prepare) your periodic tax returns. Royalty - payments should be clearly marked as such and sent to the Project - Gutenberg Literary Archive Foundation at the address specified in - Section 4, "Information about donations to the Project Gutenberg - Literary Archive Foundation." - -* You provide a full refund of any money paid by a user who notifies - you in writing (or by e-mail) within 30 days of receipt that s/he - does not agree to the terms of the full Project Gutenberg-tm - License. You must require such a user to return or destroy all - copies of the works possessed in a physical medium and discontinue - all use of and all access to other copies of Project Gutenberg-tm - works. - -* You provide, in accordance with paragraph 1.F.3, a full refund of - any money paid for a work or a replacement copy, if a defect in the - electronic work is discovered and reported to you within 90 days of - receipt of the work. - -* You comply with all other terms of this agreement for free - distribution of Project Gutenberg-tm works. - -1.E.9. If you wish to charge a fee or distribute a Project -Gutenberg-tm electronic work or group of works on different terms than -are set forth in this agreement, you must obtain permission in writing -from both the Project Gutenberg Literary Archive Foundation and The -Project Gutenberg Trademark LLC, the owner of the Project Gutenberg-tm -trademark. Contact the Foundation as set forth in Section 3 below. - -1.F. - -1.F.1. Project Gutenberg volunteers and employees expend considerable -effort to identify, do copyright research on, transcribe and proofread -works not protected by U.S. copyright law in creating the Project -Gutenberg-tm collection. Despite these efforts, Project Gutenberg-tm -electronic works, and the medium on which they may be stored, may -contain "Defects," such as, but not limited to, incomplete, inaccurate -or corrupt data, transcription errors, a copyright or other -intellectual property infringement, a defective or damaged disk or -other medium, a computer virus, or computer codes that damage or -cannot be read by your equipment. - -1.F.2. LIMITED WARRANTY, DISCLAIMER OF DAMAGES - Except for the "Right -of Replacement or Refund" described in paragraph 1.F.3, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation, the owner of the Project -Gutenberg-tm trademark, and any other party distributing a Project -Gutenberg-tm electronic work under this agreement, disclaim all -liability to you for damages, costs and expenses, including legal -fees. YOU AGREE THAT YOU HAVE NO REMEDIES FOR NEGLIGENCE, STRICT -LIABILITY, BREACH OF WARRANTY OR BREACH OF CONTRACT EXCEPT THOSE -PROVIDED IN PARAGRAPH 1.F.3. YOU AGREE THAT THE FOUNDATION, THE -TRADEMARK OWNER, AND ANY DISTRIBUTOR UNDER THIS AGREEMENT WILL NOT BE -LIABLE TO YOU FOR ACTUAL, DIRECT, INDIRECT, CONSEQUENTIAL, PUNITIVE OR -INCIDENTAL DAMAGES EVEN IF YOU GIVE NOTICE OF THE POSSIBILITY OF SUCH -DAMAGE. - -1.F.3. LIMITED RIGHT OF REPLACEMENT OR REFUND - If you discover a -defect in this electronic work within 90 days of receiving it, you can -receive a refund of the money (if any) you paid for it by sending a -written explanation to the person you received the work from. If you -received the work on a physical medium, you must return the medium -with your written explanation. The person or entity that provided you -with the defective work may elect to provide a replacement copy in -lieu of a refund. If you received the work electronically, the person -or entity providing it to you may choose to give you a second -opportunity to receive the work electronically in lieu of a refund. If -the second copy is also defective, you may demand a refund in writing -without further opportunities to fix the problem. - -1.F.4. Except for the limited right of replacement or refund set forth -in paragraph 1.F.3, this work is provided to you 'AS-IS', WITH NO -OTHER WARRANTIES OF ANY KIND, EXPRESS OR IMPLIED, INCLUDING BUT NOT -LIMITED TO WARRANTIES OF MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR ANY PURPOSE. - -1.F.5. Some states do not allow disclaimers of certain implied -warranties or the exclusion or limitation of certain types of -damages. If any disclaimer or limitation set forth in this agreement -violates the law of the state applicable to this agreement, the -agreement shall be interpreted to make the maximum disclaimer or -limitation permitted by the applicable state law. The invalidity or -unenforceability of any provision of this agreement shall not void the -remaining provisions. - -1.F.6. INDEMNITY - You agree to indemnify and hold the Foundation, the -trademark owner, any agent or employee of the Foundation, anyone -providing copies of Project Gutenberg-tm electronic works in -accordance with this agreement, and any volunteers associated with the -production, promotion and distribution of Project Gutenberg-tm -electronic works, harmless from all liability, costs and expenses, -including legal fees, that arise directly or indirectly from any of -the following which you do or cause to occur: (a) distribution of this -or any Project Gutenberg-tm work, (b) alteration, modification, or -additions or deletions to any Project Gutenberg-tm work, and (c) any -Defect you cause. - -Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg-tm - -Project Gutenberg-tm is synonymous with the free distribution of -electronic works in formats readable by the widest variety of -computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It -exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations -from people in all walks of life. - -Volunteers and financial support to provide volunteers with the -assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg-tm's -goals and ensuring that the Project Gutenberg-tm collection will -remain freely available for generations to come. In 2001, the Project -Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure -and permanent future for Project Gutenberg-tm and future -generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see -Sections 3 and 4 and the Foundation information page at -www.gutenberg.org Section 3. Information about the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation - -The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit -501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the -state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal -Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification -number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by -U.S. federal laws and your state's laws. - -The Foundation's principal office is in Fairbanks, Alaska, with the -mailing address: PO Box 750175, Fairbanks, AK 99775, but its -volunteers and employees are scattered throughout numerous -locations. Its business office is located at 809 North 1500 West, Salt -Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to -date contact information can be found at the Foundation's web site and -official page at www.gutenberg.org/contact - -For additional contact information: - - Dr. Gregory B. Newby - Chief Executive and Director - gbnewby@pglaf.org - -Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation - -Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide -spread public support and donations to carry out its mission of -increasing the number of public domain and licensed works that can be -freely distributed in machine readable form accessible by the widest -array of equipment including outdated equipment. Many small donations -($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt -status with the IRS. - -The Foundation is committed to complying with the laws regulating -charities and charitable donations in all 50 states of the United -States. Compliance requirements are not uniform and it takes a -considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up -with these requirements. We do not solicit donations in locations -where we have not received written confirmation of compliance. To SEND -DONATIONS or determine the status of compliance for any particular -state visit www.gutenberg.org/donate - -While we cannot and do not solicit contributions from states where we -have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition -against accepting unsolicited donations from donors in such states who -approach us with offers to donate. - -International donations are gratefully accepted, but we cannot make -any statements concerning tax treatment of donations received from -outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff. - -Please check the Project Gutenberg Web pages for current donation -methods and addresses. Donations are accepted in a number of other -ways including checks, online payments and credit card donations. To -donate, please visit: www.gutenberg.org/donate - -Section 5. General Information About Project Gutenberg-tm electronic works. - -Professor Michael S. Hart was the originator of the Project -Gutenberg-tm concept of a library of electronic works that could be -freely shared with anyone. For forty years, he produced and -distributed Project Gutenberg-tm eBooks with only a loose network of -volunteer support. - -Project Gutenberg-tm eBooks are often created from several printed -editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in -the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not -necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper -edition. - -Most people start at our Web site which has the main PG search -facility: www.gutenberg.org - -This Web site includes information about Project Gutenberg-tm, -including how to make donations to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation, how to help produce our new eBooks, and how to -subscribe to our email newsletter to hear about new eBooks. - |
