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If you are not located in the United States, you'll -have to check the laws of the country where you are located before using -this ebook. - - - -Title: Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi ed Alpi - Il Lago Maggiore, l'Ossola, la Frua e il Gries - -Author: Valentino Carrera - -Release Date: July 30, 2020 [EBook #62789] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO *** - - - - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Distributed -Proofreading team at DP-test Italia, -http://dp-test.dm.unipi.it (This file was produced from -images generously made available by The Internet Archive) - - - - - - - PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO - PER LAGHI ED ALPI - - - DI - - VALENTINO CARRERA - - IL LAGO MAGGIORE, L'OSSOLA, - LA FRUA ED IL GRIES - - Io non viaggio mica - Per il minimo scopo: - Non vo' pensare al dopo, - Non vo' durar fatica. - Quel che vuol nascer nasca, - Andrò dove mi porta - Il vapore o la tasca, - Sempre per la più corta. - GIUSTI. - - Seconda edizione corretta ed accresciuta - - - - TORINO - A SPESE DELL'EDITORE. - - - - - Proprietà letteraria - - Tip. Letteraria, 1861. - - - - - Miei cari genitori - - -A voi che stimo ed amo sopra tutti, offro questo libro. Voi accettatelo -con quel sorriso con cui accoglievate le prime parole che m'insegnaste -a balbettare. - -Intanto vivete molti anni per la mia felicità. - - - - -SOMMARIO - - - PARTE PRIMA - Il Lago Maggiore. - - 1. Che intitolo prefazione onde il lettore lo salti - a piè pari _Pag_. 9 - 2. Chi fece l'Italia? » 16 - 3. Le illusioni ed i doganieri — Una cipolla - fra le rose » 23 - 4. Viaggio al naso di _S. Carlone_ — Angera — - Dalle corti d'Amore al Mormonismo » 31 - 5. Il Monterone — Studii fisiologici sopra i cinque - sensi — Il lago a volo d'uccello — La prima - idea » 36 - 6. I piroscafi — Una donna che mangia — Gli - stranieri ed i laghisti — Primato mascolino - — Il concertista di Cannobio — I contrabbandieri - — Rivista di sponde » 45 - 7. Lesa e Manzoni — Ciarle letterarie — La calma » 55 - 8. Origine storica di Belgirate, senza documenti - — Le isole Borromee » 62 - 9. D. Bussolini da Mergozzo, capitolo in cui si - dimostra chiaramente che i più beati sono i - poveri di spirito » 67 - 10. L'acqua, canto in prosa — Se l'acqua del - Verbano fosse vino — L'arca di Noè e la - nautica — Le _guide_ — La capitale del lago - Pallanza — Laveno — Ghifa — Portovaltravaglia - — Luino » 77 - 11. Cannero ed Ettore Fieramosca » 86 - 12. Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e - Magadino — Diversità di sistema metrico — Il - Re Gambrino in Italia » 89 - 13. La malinconia a Cannobio — Non tutti i - cattivi principii hanno cattiva fine — Al lettore - indiscreto » 93 - 14. La tempesta sul lago — Quando non si - fanno ceremonie » 101 - 15. Trafiume o Treffiume — Dammi amore e ti - do un mondo » 106 - 16. Storia d'una pentola » 110 - 17. S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione - — La villa Poniatowski — Prina » 134 - 18. Intra non si trova che a Intra — Perchè - delle ommissioni — Virgilio a Feriolo — Salute - a chi resta » 136 - - PARTE SECONDA - Per le valli d'Ossola. - - 1. La sentinella dell'Ossola — Un bagno da - trent'anni — I romantici a Vogogna — Domodossola - — Il mercato » 139 - 3. L'Italia non è che un albergo — 17385 - iscrizioni e mezza — Lezioni archeologiche - — Varietà di gusti — Apologia del farniente - — Terzo primato dell'Italia — Quattro duelli - — Che hanno la coda » 145 - 4. Una giovenca ed il più bel cuore del mondo - — Avete buone gambe? — Re in Valvigezzo - — Anche sull'Alpi si trovano traditori — - _Requiescant in pace_ » 162 - 5. Trionfo delle castagne sopra la fama di una - illustrazione Dantesca » 169 - 6. Il Sempione — Invenzione di un ponte per - passarvi sotto » 175 - 7. Si parla di paesi non visti » 178 - 8. L'Anzasca — Un nuovo messia » 180 - 9. Quanti disprezzano l'oro » 182 - 10. Stonazioni della fama — Le ossolane non sono - più quelle d'una volta — Caio Mario ed i Cimbri - — Innocenzo IX di Cravegna — Banchetti funebri - — La valle Diveria » 186 - 11. Premia — Storia nuova di cose vecchie — - La Cravairola » 194 - 12. L'orrida forra di Unterwald » 207 - - PARTE TERZA - La Frua ed il Gries. - - 1. I casali della valle di Pommat o Formazza » 210 - 2. La Frua o cascata della Toce — Quanto - costi un sorriso di donna » 216 - 3. Altipiani superiori » 227 - 4. Ascensione del Gries — Diacciaie — Le - Alpi parlano » 230 - 5. Confini della valle — Le case, il desco, - l'abito, il commercio, l'agricoltura » 241 - 6. Costumanze curiose — La scolaresca » 249 - 7. Lezione di meteorologia — Il frugnare e le - volute — O mi date ragione, o non mi fate - stare _sulle spese_ » 253 - 8. Dove il paese senza un eroe? — Vita e - miracoli del capitano Guenza » 262 - 9. Ascensione del Retihorn — Il segreto della - costanza in amore — Temporale sulle Alpi — - Conversazione colle nuvole — Quanto si apprende - viaggiando — Un'aurora sulle Alpi — Quando - ci rivedremo? » 269 - - - - -PARTE PRIMA - -Il Lago Maggiore - - -I. - -_Che intitolo prefazione, onde il lettore lo salti a piè pari._ - - =Tutto il mondo è paese.= - _Prov. ital._ - -_Uno zingaro?_ Ma ce n'ha ancora degli zingari, fuorchè nella Russia e -nel _Trovatore_? — Perchè, non ce ne dovrebbe più essere? Lo zingaro -non è forse un pensiero errante di paese in paese, facendo suo con -ardita frode quanto non gli verrebbe concesso dall'umana avarizia? -Ammesso — il che veramente non so — il paragone, lo zingaro può avere -subìto trasformazioni, non mai essersi perduto. Permettete, signor -mio, che io cerchi di vincere, s'è possibile, la vostra ritrosìa -nell'accettarmi a compagno, evocando i benigni influssi dell'eloquenza -tradizionale de' miei avi novellatori e poeti: tolleratemi dieci -minuti... Non sono discreto? Ne spendete tanti a sopportare il trionfo -della ciarla su pelle gazzette e nei parlamenti! - -La storia dell'umanità nella nostra tribù dividiamo in tre ere: la -scoperta della foglia di fico, quella dell'America e questa della -fotografia. Dopo la fatale scoperta dei primi nostri nonni, ecco -l'uomo-zingaro che migrando dall'Asia percorre poco alla volta le -plaghe mondiali, lasciando qua e là un lambello del suo saio. Quell'età -non avendo lasciato giornali, nè ritratti d'illustri contemporanei, per -mancanza di sicuri documenti veniamo alla seconda. Scoperta l'America, -gli zingari si precipitano su di essa: a sentirli sono venuti a -seminare la libertà e le patate; tutto d'allora in poi deve spirare -amore, felicità. Mentre gli umanitarii cianciano di quest'inezia di -riformare quel mondo, pillottando colle solite spezie della cristiana -uguaglianza e dei civili diritti la tiritera; mentre gl'indigeni -buoni e semplici come un popolo che non sa un'acca di mutuo soccorso -e di monte di pietà, aprono un tanto di bocca dalla meraviglia, i -missionarii iniziano la riforma facendo scomparire nell'abisso delle -loro tasche i tesori di quelle fortunate contrade: siccome però il -mestiere di moralista è meno facile di quanto si crede, il tiro si -scopre, proteste, recriminazioni, rivolta; il torto è necessariamente -degli Americani poichè l'astuzia, la forza è agli zingari. I quali, -smessi i lenocini della ciaccola, pagano a misura di carbone la -cordiale ospitalità americana. - -Un bel dì però, per solenne grazia del proverbio, il gruppo venne al -pettine, e gli zingari, scardassati addovere, sono costretti ad alzare -i tacchi da quella terra _non ancora matura_..... - -— Ma — lasciando la storia in disparte — questi non mi paiono gli -zingari della tradizione.... - -— Eh! pensate se li conosco! Lo zingaro è volgarmente un vagabondo che -va dicendo la buona ventura nelle capanne del contadino, pei trivii, -nelle osterie e nelle canove in tempo di mercati, di fiere e di feste; -sa rattoppare qualche volta i caldani e le pentole; compone farmachi -e filtri preziosissimi; vende ai più generosi il prezioso segreto — -oh! datene un po' anc'a me per amore di Dio! — di farsi amare; commuta -minuterie dorate senza valore con antichi smanigli d'oro, non perdendo -il destro d'accalappiarvi con quella sua cera da nesci e di farvi -sparire di mano l'anello che ricusaste di vendergli. - -Ma ora tutta questa scienza a che può ancora servire? Vendono tuttora -augurii di nozze e predizioni di fortuna? O, visto che nella capanna -affumicata del contadino, comincia a penetrare la luce che guizza -dai centri di civiltà e di corruzione, lo zingaro, nascosti nella -foresta il tamburo, le nacchere, le carte divinatrici e la non più -magica bacchetta, non è entrato di contrabbando nella città, e con -mille vicende di fogge e di fortuna, non s'è fatto ora sollecitatore -d'impieghi o tagliaborse, letterato di plagi e d'occasione, giornalista -o mezzano? E la scienza per cui gli riusciva di imbarcare il lunario -nei boschi deserti, fra i monti incresciosi, sarà poi sì feconda in -espedienti da far fronte alla desta oculatezza dei cittadini, da sapere -con rapida mano ordire trame impercettibili che pure ad un baleno si -stringano sì fortemente con mille nodi attorno al meglio esperto da -torgli ogni scampo — e se fallisce, quando tutto sta per naufragare -sotto i colpi d'un galantuomo che non vuole perire invendicato, da -risospingerlo al largo dalle secche, risoffiargli in poppa vento e -fortuna in barba agli onesti? - -No, questa non è la nostra tribù — a cui non vorrete con dura -parzialità negare l'istinto del progresso alla perfettibilità umana, -che asserite innato in ogni creatura. - -No, questa non è la nostra tribù. Il lezzo della società non fu mai la -parte del mondo che ne sia piaciuto di notomizzare, anzitutto per un -certo istinto d'avversione alle dissecazioni, d'orrore per la tabe; -e poi perchè sappiamo per durata esperienza che gli è impossibile il -compiacersi, come oggi si fa con tanto studio, nel diguazzare in quanto -ha di più sucido il maremagno del vizio, sia brutalmente spudorato o -sia inorpellato da larva di passione, senza inzaccherarsi un tantino -i sandali, quand'anche vi aggiriate nelle eleganti sale ove non si -balbetta motto a vanvera — ove, non come nel trivio, manca la scusa -della malsuadente fame e dell'ineducazione: perciò se mai solleticava -le papille della vostra curiosità brama di una storia terribile d'uno -zingaro dalla bruna tinta e dallo sguardo felino, che d'avventura in -avventura, sulle _rotaje_ dell'adulterio e dell'omicidio, vi facesse -correre per le vene il diaccio dello spavento od il fuoco della -voluttà, serbandovi a morale della favola la bella soddisfazione -di vederlo alfine fra le braccia dell'amata, riverginata — scusate -la parola impossibile — dall'amore _puro_, mentre l'esoso marito -sta in fondo del quadro lungo, disteso, inchiodato da due righe di -pugnale..... per verità vi siete ingannato! - -La non sarà così perchè ne pare che tanta filza di delitti non possa -essere figlia della serenamente gioconda fantasia italiana, e perchè -lo zingaro che vi fa invito a peregrinare con lui non appartiene alla -tribù antica, tradizionale, se non per la comunanza..... del peccato -originale. - -L'antica s'è _riabilitata_, direbbe un drammaturgo, e la nuova non -è meno curiosa. Anche essa corre, senza meta, balenando qua e là -senz'altra guida che la bellezza della natura; — anch'essa ama le -sagre, le fiere, i mercati per cogliere sul fatto la scena animata dei -mille popolani dalle diverse foggie, dai diversi tipi; — anch'essa -se può giuocare un bel tiro, lo fa con tutta coscienza, e ruba a -man salva ad un crocchio di ciarloni il racconto che dice più d'un -in-foglio su quella gente, un idilio d'amore ad una bella ragazza, il -secreto d'una lagrima come d'un sorriso. Alcuna volta, quando il demone -ruggente dell'arte non l'agita, e così gli è obbligato a starsene a -bocca asciutta innanzi alla festosa mostra di cento zane di saporite -frutta.... allora stende la mano ad una vezzosa fanciulla per averne un -grappolo d'uva ancora imperlato dalla rugiada, una pesca erubescente... -e non dubitate della sua riconoscenza, veh! - -Allo zingaro non mancano modi di trarsi di impiccio: quante volte -pagò lo scotto della cena frugale, narrando alla bella ostessa una -fantastica leggenda, con sì strana eloquenza rappresentandole i casi -amorosi di fate, ondine e silfidi, di genii e di spiriti, che davvero -parve alla curiosa di vedere laggiù nell'ombre l'amante tradito fra -paurosi fantasmi, e di sentire sotto la scranna il rantolo del lupo -che venne ad ingollarsi la perfida!... Chi osa rimprocciare la bella -albergatrice se per schermirsi dagli amanti morti e dai lupi vivi si -allaccia strettamente allo zingaro? - -Dirvi come la tribù nuova fiammante veneri come pura sorgente -d'inspirazione la bellezza variata della natura, culto da cui sorge -necessariamente il disprezzo per ogni affettazione; riassumere, anche -per sommi capi, l'indole bizzarra del suo umore; dirvene, fuggendo, -vita e miracoli, sarebbe ad un tempo noiosa cosa per voi e pericolosa -per noi. - -Ma se poi non isdegnate la compagnia di questi zingari di buona -pasta che intessendo alle descrizioni leggende e fantasie vi guida -— senza bagnarvi — negli antri muschiosi ove fra i canneti lacustri -amoreggia l'avvenente Verbania; nei casolari montani fra le usanze -patriarcali; sulle diacciaie alpine a conversare colle nubi; sui -nembosi picchi supremi a cantare un inno al sole, alla libertà, ed -a farvi considerare di lassù che bruco microscopico è il cosiddetto -re del mondo — accettate la mano e proverete che lo zingaro fra le -divagazioni della mente e le aspirazioni del cuore non dimentica il -positivo della vita, quella catena che ne rammenta ad ogni slancio che -dessa è troppo corta e che il senso governa più della ragione il mondo, -guidandovi in alberghi d'ogni fatta, quando il paese sia poco ospitale -— e per giunta, se non pagherà lo scotto, condirà colle sue novelle la -refezione. - -E poi chi sta a cà niente sa. - -Via, smetti l'abito incomodo che t'insacca; indossa la veste casalinga -del viatore; allaccia calzari che sfidino le mordenti scheggie e le -acute punte delle roccie; armati di lungo bastone ferrato ed uncinato -che ti servirà d'appoggio e di spinta, di leva e di scala per l'erte e -per le diacciaie — e quand'anche la tua borsa non sia sonante di molte -monete d'oro, vieni, lo zingaro insegnerà a te ancora a raccontare la -_storia del lupo_ alle belle ostesse. - -Se mai l'aspetto di diverse genti, la disuguale misura del bene e del -bello col brutto, la lotta continua del debole col forte, l'armonia -sublime della natura non caccieranno la noia che ti prostra intelletto -e corpo nell'afa neghittosa del fannullare, lo zingaro con fratellevole -cura ti guiderà a quelle regioni — ove si slancia sì sovente e con -tanto desiderio il pensiero — che miseria di mente e di cuore fanno -chiamare dell'impossibile... - -Non rigenereremo l'umanità, ma non ci annoieremo, forse. - -Intanto l'aurora festosa già piove le sue tinte onnicolori, la frescura -del mattino ne invita; partiamo... all'Alpi! - -Un istante: anzitutto lo zingaro, secondo l'antica usanza de' suoi, -tolta nelle mani la vostra destra, dovrebbe spiattellarvi l'avvenire -come il passato, farvi i più lusinghieri augurii che egli si sappia.... -ma che volete? Egli, visti fallire i più cordiali vaticinii, da buona -pezza tiene seco loro broncio, ed amico qual è degli antichi adagi, a -chi lo richiede di predizioni, risponde: - -Chi il tutto può sprezzare, possiede il mondo. - -Così sia. - - -II. - -_Chi fece l'Italia?_ - - Uomo lento non ha mai tempo. - _Prov. ital._ - -.... e la vaporiera fugge rapidamente pei piani del Novarese, mentre -l'occhio posandosi appena sulle borgate, sulle castella che si -succedono una all'altra come le apparizioni d'un sogno febbrile, -assiste ad una serie di scene più o meno curiose, varie sempre. - -Così sparve Novara, Bellinzago ed Oleggio che dalla sua altura -contempla il bel pian lombardo, e la vaporiera arrestata un minuto, -rifugge verso il Lago Maggiore. - -Presso lo scalo d'Oleggio vidi la storia della civiltà compendiata -nell'area in cui i vetturali attendono l'arrivo delle merci destinate -a quella cittadina. V'era il carro co' buoi, pesante, senza sponde, -colle quattro ruote eguali e massiccie, il timone convergente all'insù -e le cornute bestie che guardavano con occhio stupito la locomotiva -sbuffante, e parevano appuntarsi sui pie' dinnanzi per timore -di appressarlesi. V'era il carrettone dalle due altissime ruote, -disadorno, coi cavalli attelati uno a coda dell'altro; la carrettella -corrente; il cocchio de' nostri padri incomodo, sicuro, e l'elegante -carrozza a doppie molle, verniciata lucente come uno specchio, leggiera -e per ogni modo d'ornati e di agi vaghissima. - -Fra l'una e l'altra di queste vetture stavano secoli e stanno: dal -carro de' buoi alla carrozza, il divario tra l'età dell'oro e l'età -del ferro; ma fra essi e la vaporiera un mondo, una distanza quale -fra l'antico copista e Bodoni, fra le torri a segnale ed i telegrafi -elettrici, fra il volgare ed il genio.... - -Occupiamo i pochi minuti di fermata osservando quegli antichi veicoli. -Se la vaporiera ha immensi meriti, non siamo tanto ingiusti da negare -ad essi i pregi per cui furono tenuti in conto dai nostri babbi. -Oh! quando mi ricordo il bel tempo in cui piccino sedeva a capo del -carro, poggiando i piedi sul timone e con impazienza infantile andava -punzecchiando gli inirritabili buoi ad accelerare il passo verso -i campi, ove poi di corone di millefiori loro cingeva le corna ed -accarezzava con mano fidente il muso velluto e divideva con essi la -merenda con mille feste dei compagni, io non ho più il coraggio di -ridere dei viaggi eterni per cui i nostri vecchi si facevano saltellare -le budella in corpo con una velocità in ragione di due ore per miglio. -Due ore! La vaporiera quando le talenti, unisce Torino a Milano nello -stesso spazio di tempo..... ma ch'è questo vociare? - -Una decina di ragazze, cogli spilloni d'argento che irradiano il capo, -sta sopra uno di quei carri, ridendo e scherzando fra di loro: alcuna -accenna al viaggiatore che dai carrozzoni della via ferrata ammicca -con sguardo procace: questa riconosce fra i discesi allo scalo il suo -bulo e lo vorrebbe, senza ch'altri se n'avvedesse, fare avvertito della -sua presenza, mentre con una certa solfa tra il mesto d'una monotona -cantilena e la languidezza d'una canzone che non è in voga, una voce -sfibrata canterellava: - - Novara, Novara - L'è bella città; - Si mangia, si beve. - Allegri si sta! - -Se tutta l'allegria dei Novaresi consiste nel mangiare e nel bere, come -dice senz'altro la strofa, l'ha da essere una gaiezza molto dubbia, -pensai; ma già ai poeti debbonsi accordare molte licenze, ed io non -trovando miglior modo di sciogliere la questione, dimenticai il vate -del campanile di S. Gaudenzio per riguardare quel veramente allegro -gruppo di belle e non belle e tutte allegre contadine, le quali — ora -che ci penso — mi ricordano a meraviglia un viaggetto fatto con una -bella ritrosa sopra una stradaccia di campagna, tutta sassi e gore, -per cui ad ogni improvvisa scossa io mi inchinava verso la giovinetta, -e non è a dire s'io secondassi o non l'impulso, _e viceversa_, come -dicono appunto delle vetture; finchè il carro essendo ad un tratto -entrato nei profondi solchi di un campo, la vicenda dell'inchinarsi si -fece sì violenta e rapida, che io coll'unico scopo di preservare quella -cara personcina da ogni urto, non trovai che il mezzo di avvinghiarla -strettamente nelle mie braccia.... - -Un fischio — diretto forse alle mie reminiscenze — eccheggia fra le -mura dello scalo, — un secondo acutissimo _che passa gli orecchi_, -come dice un vicino, e tutto il convoglio si move, cammina, corre, -rivola.... così il tempo da quei dì! Così pure io lascio nello scalo -di Oleggio le riflessioni storiche sugli altri veicoli: il lettore non -l'avrà a male; del resto sa dove andarle a prendere. - -Campi, risaie, prati, boschi, giardini, case, uomini ed animali, tutto -resta indietro: la vaporiera è la nemica per eccellenza del verbo -_stare_; essa corre da un popolo all'altro; cancella un pregiudicio -a cui centomila volumi non bastarono; annulla i dialetti mettendoli -a contatto, e insegna colla necessità la lingua nazionale, spegne -l'ardente face delle antipatie, facendo conoscere con quanto equilibrio -le eccedenze della forza di una regione compensino il manco di saggezza -in un'altra, la virtù militare l'indifferenza artistica, la gentilezza -dei costumi la sapienza civile, eccita e diffonde industrie — fa -l'Italia. - -Ben a ragione certi governi avversarono quest'invenzione che rivaleggia -per la forza morale colla stampa! - -Dell'inferno è dessa senza dubbio, dice con terrore il buon contadino -nella notte quando dalla mal connessa impannata della finestra della -capanna vede laggiù nella tenebria correre un fantasma dagli occhi -sanguinosi, la bocca ardente e la fronte fumosa, mentre l'aria echeggia -d'acuti sibili e la terra seminata di carboni ardenti trema sotto i -piedi.... Ma direbbe egli che l'inferno inspirò ad un mortale questa -terribile scoperta, s'egli sapesse che, mercè sua, si vince il tempo -e la distanza, e suona con cristiano affetto la voce: Dammi la destra, -anch'io sono tuo fratello? - -La vaporiera è dunque la più bella figlia della civiltà, poichè dessa -non serve soltanto a beneficio del commercio, sibbene ai più vitali -interessi dell'esistenza morale. Qual è l'uomo che dalle marine guardi -una nave ad elice sortire, malgrado i venti contrarii e l'agitazione -delle onde, la prora dal porto, ammainate le vele, senz'apparente -impulso, salpando per le più rimote spiaggie dell'Oceano, ove recherà -il nome della sua nazione, — senza sentirsi sollevare dall'entusiasmo, -senza sclamare: questa è la più mirabile opera dell'uomo!? - -Vedete se col vapore si corre presto: in due minuti da Oleggio volai ai -porti liguri e ne ritorno! - -Il convoglio attraversava le alture di Borgoticino, quando poco -lungi da quel villaggio mi apparve — eureka! — la prima conca del -desideratissimo Verbano — fra il Vergante e la rupe della festosa -Angera — il quale disserrandosi poi dai colli, cola pel Ticino, al Po, -nell'Adriatico. - -Una vaporosa nube si dislagava al cielo, ed i raggi vivissimi del -sole di giugno penetrando qua e là fra gli squarci illuminavano con -tale potenza di tocco la rôcca d'Arona, e laggiù in fondo la punta di -Belgirate ove il lago si svolge a sinistra, che davvero il contrasto di -quelle accese tinte colle ombre delle convalli armonizzava assai bene -colla natura variatissima del quadro. - -Un ultimo fischio e il correre si rallenta gradatamente, il convoglio -penetra nei campi, ritorna a riva, entra sotto una tettoia, ove cento -voci — Arona, Arona! — ti fanno accorto che sei finalmente giunto alla -sospirata sponda di quel Lago Maggiore che nella fantasia t'apparve -certamente come una regione incantata a cui sorrida eternamente cielo e -primavera, abitata dalle più avvenenti ondine, dai più amorosi silfi. - -Io vi confesso candidamente di non avere mai fatto questi sogni, e per -la zinganesca mia esperienza che mi ha dimostrato i giudizi assoluti -essere sempre in alcuna parte erronei, e il male dai mille aspetti -mescersi con disuguale misura al bene, e perchè rifuggo dalle imaginose -aspettazioni, le quali per lo più al contatto della realtà risolvonsi -in dure delusioni. Mi pare quindi profittevole.... - -— Cosa fa il signore? Scenda, il convoglio non procede mica oltre.... - -— Benissimo; grazie. Parmi profittevole, diceva, di usare nel giudizio -delle regioni che si percorrono, anche coll'intendimento di studiarle -oltre l'epidermide, quella mite benevolenza che ogni onesto desidera -praticata verso il campanile della sua parrocchia. Quanto al bello, al -buono, quantunque spesso il miracolo non faccia il santo, il fidarvisi -è la meglio; quanto al brutto ed all'incivile giova il credere che -la virtù sta di casa dove meno si crede, e che tanti paesi, tante -usanze... E poi gli uomini la pensano così diversamente! Aprite un -libro di proverbii — li dicono la più bella eredità che le generazioni -si tramandino, la sapienza delle nazioni — sentite che armonìa di -opinioni: - - Chi sta bene non si move, - e - Non diventan porri che i trapiantati. - - Pietra mossa non fa musco, - e - Chi vuol far roba, esca di casa. - - Chi disse donna, disse danno, - e - Senza donna a lato l'uom non è beato; - -e cent'altri grossolani e dilicati, che vanno d'accordo che gli è un -gusto ad appaiarli! - -— Signore — disse in quella una _guardiastazione_, la stessa che -m'interruppe già una volta — questa è l'uscita; e m'indicò la porta. -Se questo dabbenuomo non mi cacciasse con tutta quella buona grazia di -cui è suscettibile un guardiano di via ferrata, io vorrei, o compagno, -dimostrarvi come la bellezza oggettiva abbia meno cultori di quanto -è voce.... ma non c'è verso, egli m'insegue sino all'uscita.... -Quest'insistenza mi desta un dubbio: ch'egli abbia inteso un motto -delle nostre chiacchere più o meno estetiche, e voglia risparmiarne -lo spettacolo poco architettonico della stazione? Chi lo sa? Dopo -la _democratizzazione_ del sapere, chi può giurare che sotto il saio -dell'artiere non s'asconda la giornea del professore? - - -III. - -_Arona — Le illusioni ed i doganieri. — Una cipolla fra le rose._ - - Chi tosto giudica, tosto si pente. - _Prov. ital._ - -Orta! — Angera! — Gozzano! — Varallo! — Domodossola! — Albergo della -Posta! — Reale! — d'Italia! — A me il sacco! — Zolfanelli! — Sigari! — -Ecco le strida che invariabilmente accolgono il viaggiatore all'uscire -dallo scalo della ferrovia d'Arona: vociare che mette in non lieve -imbarazzo il viaggiatore che non ha meta prefissa al suo vagare. - -Per mia fortuna, fra tanti vetturali, facchini, camerieri e ciceroni -_pro domo sua_, una voce che partiva dal mezzo di una folta ispidissima -barba, tuonò al mio orecchio, mentre mi sforzava di attraversare quella -ressa di rompiscatole, il nome dell'ottava meraviglia del mondo e -l'unica di Arona, _il S. Carlone_, e mi fece così risovvenire di un -monumento intorno al quale aveva sentito nella prima adolescenza tante -mirabilia. Si vada adunque al S. Carlone! Senza dare risposta ad alcuna -delle insistenti domande — unico modo di liberarsene, a meno però -vogliate farvi in dieci per non far torto a nessuno — mi avvio verso la -cittadina, dando occhiate a destra ed a sinistra, come quegli che senza -soffermarsi troppo vuole spendere poco e vedere molto. - -Appena uscito dalla casona dello scalo, un bel giovinotto, dall'assisa -di doganiere — ad Arona vi sono più doganieri che mercanti — con un -garbo da farmi strabiliare, (poichè a me un doganiere era sempre parso -il rappresentante della prepotenza legale, dei pregiudicii economici, -la barriera che impedisce il bacio cosmopolitico dei popoli) mi fece -ricredere pienamente, avvisandomi che se io desiderava imbarcarmi -sopra un piroscafo, il _S. Gottardo_ stava per salpare, aggiunto poi -per soprassello che io avrei potuto girare e rigirare in lungo ed in -largo il lago senza la noia del passaporto. Malgrado il desiderio di -accettare l'invito della tintinnante campanella del _S. Gottardo_, io -non volli partire senza visitare l'interno della città pittoresca — al -di fuori — ed il famoso monumento al suo cittadino, benchè sapessi che -vi sarei ritornato più d'una volta nelle corse ch'io aveva in animo di -fare lungo le spiaggie verbanesi. - -Il _S. Gottardo_ diede l'ultimo tocco di squilla, si staccò con tutta -facilità dallo scalo, e descritta una vaga curva, partì avvolgendosi, -come d'un velo per difendersi dal sole cocentissimo, nei vapori della -caldaia fumante. - -Serbatomi per la vetta del colle di S. Carlo il giocondo spettacolo del -lago, come un ghiottone serba ultimo il manicaretto più sapido, entrai -in città. - - * - * * - -Eccomi in Arona! Salve, città dei Borromei! - -Seduta a riva del lago, pare tuttavia che tu ne sdegni la paternità, -poichè ti volgi innamorata con occhi desiosi verso i clivi fiorenti di -Oleggio Castello, lasciando al ceruleo nappo l'ammirazione della poco -graziosa tua parte diretana. Almeno ne' calori della state le pendici -superiori inviassero alle tue viuzzole il conforto delle aure profumate -dei loro laureti! - -Attraversando la città, contai trentacinque osterie, trenta preti -e ventisette accattoni. Era il meriggio caldissimo, ed io passava -correndo per involarmi all'afa soffocante che, uscita dai canali -sotterranei delle vie inferiori, mi inseguiva minacciosa, quando una -frotta di creature che facevano ressa attorno ad una casa di modesta -apparenza m'impedì di proseguire oltre. - -Erano ventisette accattoni. - -Voi che avete da accarezzare — in tasca — un _sovrano_, se vi avviene -d'incontrarvi in quella turba, è d'uopo lo consigliate d'addivenire -ad una transazione costituzionale dividendo il potere, salvo a voi suo -ministro di farvi forse rompere le invetriate dai malcontenti — o senza -transigere coll'_esigenze della situazione_, corriate attraverso ai -chiedenti senza ascoltare quelle voci supplichevoli che sono pure una -rampogna.... - -Io mi arrestai. Qui più d'un ciarlone vi direbbe ch'egli, arrossendo -quasi dell'eccellente salute, intenerito alle lagrime, divise la -borsa coi mendici.... Io che non voglio farvi il torto di credere -che mi stimereste un cicino di più, quando vi dicessi che ho dato a -quegli infelici un obolo — che il più delle volte è un soldo asciutto -come il sistema decimale — non vi dirò nemmeno d'aver fatto alcune -considerazioni economiche sulle trentacinque osterie ed i trenta preti, -e tiro innanzi, cioè mi fermo, poichè la porticina di quella casa -s'aperse e v'apparve.... - -Chi non l'avrebbe desiderata amante? Che bell'occasione di miniarvi -un ritrattino sì sorridente da mandarvi in visibilio! Ma quest'oggi, -dopo quella certa meditazione sulla fallacia dell'apparenza, temo che -i colori della mia tavolozza diano troppo nel duro, nell'angolare; -per non ripetere adunque su tutte le varianti le forme serene di tanta -bellezza, lascio alla vostra fantasia di pennelleggiare co' rapidi suoi -tocchi una di quelle soavi figure che le donne invidiano e gli uomini -rispettano. - -Intanto i re della miseria, coi loro nodosi scettri nella destra, -avvolti nei pidocchiosi palli onnicolori, mi avevano circondato, -levandosi dalle nuche capellute un frusto di berretto spelato, e -succhiavano con avido sguardo la borsa che teneva la fanciulla nelle -mani. - -Io pure salutai riverente quell'apparizione che avrebbe potuto -inspirare a Vela una vivissima idea della carità cristiana, ed ella.... -ma che? Al vedermi estatico contemplarla, sorrise di guisa che tutto -ne fui scosso. Era derisione? Chi lo sa? Malgrado mio, nella limpida -innocenza di quel volto primaverile, quel sorriso — non ridete — -m'apparve come una cipolla nel bel mezzo d'un mazzolino di rose, quale -io vidi farne dono per celia ad un appassionato cultore di antitesi. - -Ella porse agli accattoni le sue monete; una moneta ad ognuno che -venisse ad invocarla un mattino di venerdì a quella porta: indi -rinchiuse la porta senza strepito, senz'impazienza, quasi a tacita -promessa di non negarne giammai l'accesso al mendico. Io, mentre si -recitava attorno un _pater_ ed un'_ave_ per conto della fanciulla — a -cui auguro ottengano un buon marito — dimenticato quel certo sorriso -e la cipolla relativa, intonava fra dolcissimo pianto un inno alla -pietà che ove fosse stato inteso da lei, forse io avrei fatto più lunga -dimora in Arona.... - -Ma ecco attraverso l'iride d'una lagrima la rosea fisionomia imberbe -del doganiere. Gli racconto la commovente istoria; un'irresistibile -curiosità mi sprona a ricercare chi sia quell'angelo che profonde -le ricchezze di questo mondo per la beatitudine dell'altro, vero -prestito ad usura — se ancor vi fosse usura. — Mi appaga ed aggiunge -che i mendici convengono nella città dai dintorni una volta almeno per -settimana. - -— Dunque, diss'io, ella dà loro tanto da alleviare i dolori di chi non -ha sulla terra che la speranza del cielo e la compassione dei generosi -— per una settimana? Oh tremila volte benedetta! Oh santa! Oh terra -fortunata! - -— Signor sì, se per essere da tanto basta regalare un quattrino, antica -moneta milanese! - -E imperturbabile, colla logica orribile dell'aritmetica, mi dimostrò -che Iddio avrebbe dovuto fare per quegli sgraziati il giorno di cento -ore senz'accrescere i bisogni del ventricolo, onde procurarsi lo -stretto necessario per campare in ragione d'un quattrino ogni due ore; -o, supposto che nelle ventiquattro ragranellassero altrettanto, ch'essi -potessero stare, come i ragni, sei giorni senz'alimento. - -— (Mefistofele gabelliere!) Dunque muoiono di fame sei dì per settimana? - -— Morrebbero se altri non li soccorresse senza l'ironica ostentazione -di chi dà quello spettacolo poco costoso. Tutto è apparenza! La saluto. - -— Tutto è apparenza, anch'esso lo sa! Ora comprendo quel certo -sorriso, la cipolla fra le rose! E come sì giovane e sì presto senza le -confidenti illusioni della verde età? - -Ma se n'era andato pe' fatti suoi — o per quelli degli altri, -più facilmente — il che ne torna perfettamente uguale; sicchè -la mia domanda dovette cercare una risposta nelle considerazioni -dell'influenza che il mestiere aveva potuto esercitare sopra di -lui. Ed io non ebbi a meditare gran fatto per accorgermi come in -esso s'avvezzino a guardare ogni cosa attraverso la lente prosaica, -spassionata che conta i fili della stoffa e stabilisce un prezzo alle -creazioni delle arti — tanto che sarei quasi tentato di supporre che -il famoso dilemma di Amleto _essere o non essere_ sia stato suggerito a -Shakespeare da qualche doganiere pensatore. - -Povere le illusioni coi doganieri! La donna, quest'angelo che ecc., -ecc., non è per essi che un portamantello addobbato più o meno di raso; -un ritratto, pegno di un soave affetto ricambiato ed infelice, su cui -scoppiarono pianti sconsolati e baci frenetici, perde tutto il valore -sotto gli occhiali del perito; una treccia di capegli, oh sacrilegio! -può essere considerata concime; che più? il libro a cui pose mano cielo -e terra, vale per essi secondo il peso, la legatura, i fermagli..... -Se nelle lotte letterarie i _realisti_ potevano contare sull'aiuto -dei doganieri, le nebulose fantasticherie alzavano i tacchi come -altrettanti contrabbandieri. - -Scrivete la storia della dogana; narrerete quella dell'incivilimento. -Narrate quante castronerie stampate ed illustrate giungono d'oltre -Alpi, quante di queste, con veste nè forestiera nè italiana, cambiato -il titolo con quello di originale italiano, si spargono a sollucherare -la frega del forestierume, e non del buono certamente, ed a fare più -sonnolenta ancora l'indifferenza italiana per il pane casalingo — -narrerete le nostre, e anche un tantino le altrui miserie letterarie. -Enumerate i gingilli, le festuche, i ciondoli, le minuterie e quella -multispecie farragine di coserelle utili e disutili, strane e curiose -che la moda ne manda da lontano, e che accettiamo senza desiderio di -procurarcele da noi stessi — e narrerete che gli Italiani non solo non -le sanno fornire, ma neppure battezzare colla loro lingua. Contate le -armi che valicano le Alpi o varcano i nostri mari ad offesa o per aiuto -— i quadri e le statue ed i manoscritti e gli oggetti che per arte o -memoria i nostri antichi meno vanitosi di noi e più generosi raccolsero -con religioso studio e con principesca magnificenza, e che ogni -anno, senza ritorno o cambio, lasciano la terra che li aveva creati e -venerati; — avrete irrepugnabili argomenti della floridezza e della -decadenza delle genti. Possa l'indipendenza e la libertà far salire -nel futuro a bosco i tanti bruchi che formano la speranza della nazione -artistica! - -A proposito delle nazioni, la questione sanguinosa della loro -indipendenza è sciolta dai doganieri — quando si ritrarranno ai -confini naturali. Tuttavia, penso, se in quest'età meravigliosa in -cui ogni dì annienta un secolo di tradizioni senza che si possano -prevedere i prodigi della domane, la famiglia umana si confondesse in -un fratellevole amplesso — concedetemi un istante l'ipotesi stranissima -— dove, domando io, dove n'andrebbero le miriadi dei doganieri che -incorniciano i mille regni? - -Proporrò il quesito alle disquisizioni degli economisti, degli -umanitari, e di quanti s'avvisano di riformare la commedia comico-seria -del mondo — a meno che in questo frattempo si scopra mezzo di rilegarli -(parlo dei doganieri, è chiaro) nel mondo dei miti in compagnia di -tante altre anticaglie. - -È tempo di fare ritorno alla nostra cittadina, da cui mi fece digredire -il mal vezzo di camminare balenando corpo e mente, peccato di cui farò -penitenza d'or innanzi col correre per qualche giorno la carreggiata -della strada _maestra_, senza neppure guardare colla coda dell'occhio -quanto m'invitasse a varcare la siepe ed a visitare ciò che non è nel -programma tracciato sul nostro portafoglio. Ritornando adunque alla -cittadina, dirò che nelle successive visite appresi che non solamente -poche città hanno relativamente tante caritatevoli instituzioni -quant'Arona, ma che io avrei preso un solenne granciporro se l'avessi -giudicata dalla scena di cui io stesso era stato testimone.... tanto è -vero che tutto è apparenza! - - -IV. - -_Viaggio al naso del S. Carlone. — Angera. Dalle corti d'amore al -mormonismo._ - -La più bella passeggiata nei dintorni d'Arona è la salita del poggio -su cui s'erge il monumento a S. Carlo, che per la mole il popolo suole -chiamare il _S. Carlone_. Esso appare da quasi tutto il bacino da -Taino a Belgirate, ed è bello vedere dal lago quel titano disegnare -sull'azzurro del cielo la sua figura tranquilla. - -Ammezzo la salita incontrai un cortesissimo Bavarese che si recava -pure lassù, per giudicare co' proprii occhi se la colossale statua -della _Bavaria_ nel Valhalla presso Monaco la cedeva in fatto d'arte -alla rivale italiana: ammirai la suscettibilità del Tedesco, il quale, -poichè d'improvviso ne apparve sulla vetta il _S. Carlone_, dopo -attento esame, colpito dalle mirabili proporzioni di tanta effigie, e -dalla dignitosa e ad una soave espressione dell'immortale che benedice -alla sua patria, confessava candidamente che se il monumento italiano -era condotto meno splendidamente del bavarese, di contro per valore -artistico e per situazione gli era di gran lunga superiore. Gloria -adunque al Crespi che lo disegnò! - -Anch'io volli sedermi nell'interno di quel naso famoso; e quel dovermi -arrampicare per un camino oscuro e pieno di schifosi ragnateli e di -pipistrelli svolazzanti, spingendomi in su colle mani e coi piedi -per certi piuoli di ferro — pericolosa ginnastica che meriterebbe -all'ascensore almeno un'indulgenza — mi suscitò il dubbio che il Santo -abbia suggerito all'artefice questa paurosa scala, onde ognuno pensando -alla probabilità di rompersi se non altro il collo, sia richiamato ai -giovevoli pensieri della morte dal tripudio fascinatore della natura -che festeggia attorno lo sguardo. Chi lo sa! - -È vero che il dabbenuomo che dal vicino collegio vi reca una lunga -scala per salire sul piedistallo e di là ad un buco — non posso -assolutamente dirla una porta, nè una finestra — ripete a tutti che per -privilegio concesso dal Santo nessuno mai si ruppe il surriferito osso -del collo. Chi sarà il primo? Non io senz'alcun dubbio, avendo dopo la -fortunata mia discesa giurato di non cimentare mai più la buona fede -del dabbenuomo sulla validità del suo privilegio. Del resto — senza -danno del privilegiato — direi che di lassù la vista non corre più -lungi gran cosa che dalla vetta del poggio. - -Sotto e sopra il quadro che ti si para distoglie assai presto -dall'osservare il monumento, se non dal pensare a chi raffigura, -quantunque meritamente S. Carlo sia il personaggio storico-religioso -più popolare nella Valle del Po, per non dire in tutta l'Italia. - -La collina del Vergante che alla mia sinistra abbraccia il lago -declinando a Belgirate, tutta verzura e fiori, è sì vaga nelle sue -curve; alla destra i facili poggi di Dormeletto e di Borgoticino corsi -dalle vaporiere fumanti mi traggono col pensiero ai giardini liguri; il -cielo e le onde quete sorridono con tanta armonia, che — se uno zingaro -potesse gonfiare vesciche — direi che la natura canta sì bene le glorie -dell'immortale che la melodia v'assorbe interamente a scapito del -soggetto! - -Volete voi una scena pittoresca, una scena degna delle sponde del -Reno? Guardate là — in prospetto d'Arona. Il castello d'Angera tutto -fiero de' suoi sette od otto secoli, irto di merli che sfidano i denti -adamantini del tempo, la fronte rugata dal fulmine, sta accoccolato -senza barcollare, pensoso come un veterano, sopra una rupe sfiancata -sotto cui si acquatta il villaggio, quale un pulcino sotto l'ali della -chioccia. Lo direste un quadro _dal vero_ — vi sfido io a contraddirmi! -— del medio evo, in cui appare con vivissimo contrasto la schizzinosa -protezione del feudatario e la mormorante docilità dei vassalli. Il -palazzo conta cinquecento anni.... Quant'acqua corse giù pel Ticino! - -— La torre però non novera che tre secoli circa, m'hanno detto. - -— E' bastano per formare un abisso fra noi e quei dì. Quante antitesi! -Asili infantili e giochi di borsa; manicomii e crinolini; vetture, -congegni, libri e legislazione a vapore; corrispondenza elettrica -d'idee e di passioni, e.... tutto quel resto che voi sapete e che -taccio per non romperla in viso alla modestia: mentre allora! Il po' -di buono che quella tempra d'omacci aveva noi l'abbiamo cresciuto, -raffinato, sublimato coi lambicchi del progresso.... - -— Meno le lettere, le arti, e l'amore della famiglia.... - -— Eh! Eh! La non mi conta nulla per le lettere questo turbinio di -_riviste_, di giornali e di romanzi? E per le arti l'è forse cosa -da smorfie la fotografia? Quanto al culto della donna, la verginità -sospettosa delle idee dei nostri babbi semplicioni ha fatto luogo -con altre credenze all'analisi razionale, la quale — a dirvela in un -orecchio — tende in ciò dritto al mormonismo... - -— Messere, m'accorgo che non siete ammogliato... - -— Quest'aria frizzante mi persuade di parlare liberamente — ad essa -la colpa. Il tempo delle corti d'amore, dei tornei, dei trovatori -non è più; e lo sanno le donne. L'uomo ha capito che cantare e farsi -sbudellare per l'incerta virtù d'una bella — sovente brutta — sarebbe -un vero sciupìo di tempo.... E chi giura adesso sulla virtù di una -donna, se non quegli che giura ancora sull'amor patrio dei tanti -sollecitatori d'impieghi? — Io però sacramenterei tuttavia per l'onestà -d'una donna con quella buona fede che invoco invano in me per i -mercanti di parole d'ogni colore: che ciò stia fra parentesi. - -Quanto ai trovatori con qualche piccola variante, se non la chitarra, -hanno cambiato metro; ma neppure quegli antichi cavalieri della -bellezza giungerebbero al delirio platonico di accontentarsi, dopo -la lizza, di portare i colori della signora. — Se io vi dicessi che -uno dei meglio famosi poeti del giorno, che cantò tutti i santi del -cielo e della terra, fu trovato poco tempo fa ginnocchioni innanzi -all'arrendevole fantesca della sua bella rigorosa? — Oh?! — Sentite gli -echi: Oh! oh! oh! — - -Per fortuna questi due ciarloni, nostri compagni di viaggio nella testa -di S. Carlo, di piuolo in piuolo scomparvero giù del camino. - -Nel mirare dietro le torri del vecchio castello i monti di Varese, -e più in là sfumanti nell'azzurro dell'aria quelli del lago di Como; -attorno in semicerchio le vaghe colline di Lesa e di Arona dalle curve -chiomate fra cui spicca nel verdoscuro della vegetazione qua e là una -casa, un campanile, una chiesuola; dappertutto scoprendo varietà, sotto -e sopra, nelle sponde e nei diversi toni dell'orizzonte e delle acque, -compresi il perchè anche agli abitatori delle rive marine il lago -inspira amore di sè. - -L'oceano se placido t'infonde quella malinconiosa riflessione che -compenetra l'uomo all'aspetto d'ogni cosa infinitamente grande — -riflessione da cui sorgono meditazioni profonde di cui a tutti non è -dato l'assaporare l'intima voluttà — se burrascoso t'atterisce; il -mare imponente nel golfo di Napoli come sulle sparute scogliere di -Gibilterra o contro le dighe d'Olanda parla sempre — come Giove fra gli -Olimpici — troppo grandiosi verbi perchè tutti li comprendano.... ma -il lago riverbera sempre colla varietà de' suoi aspetti la vivacità, la -piacevolezza; se una tempesta si scatena la notte sulle sue onde, essa -ti fa prevedere come l'indomani le piante ritemprate dall'acquazzone -saranno sfavillanti ai primi raggi del sole colle foglie ancora -gemmate, e le frutta ed i fiori — se la grandine li risparmiò — -più coloriti. Dopo la burrasca marina — tremo al solo rammentarne -le orrende scene — scendi alla ghiaiosa spiaggia, e trovi fra gli -scogli tuttora echeggianti dei sinistri ululi dell'aquilone il fusto -d'una pianta divelta, sfrondata da un colpo di mare, una tavola — che -servì forse ad una lavandaia — che t'evoca dagli abissi il naufrago -disperato che un maroso divelse da essa, mentre la folaga pare s'aggiri -turbinando per scoprire sui fiotti il cadavere che il mare ributta. -Sulle sponde dell'oceano mediti, su quelle del lago sorridi: là -l'eternità, qui la vita. - - -V. - -_Il Monterone. — Studi fisiologici sopra i cinque sensi. — Il lago a -volo d'uccello. — La prima idea._ - -Mentre c'incamminiamo verso la vetta del Monterone per facili ed -ombrosi sentieri, compagno mio, facciamo quattro chiacchere. - -Tu hai da sapere — prima ancora di descriverti le veramente inudite -meraviglie di Intra e Pallanza — che ieri nelle ore pomeridiane mi sono -rannicchiato fra alcuni scogli dell'isoletta di S. Giovanni, e godendo -ad una la frescura vespertina dell'inverno ed il rezzo di alcune piante -protendentesi ad ombrello sopra il mio capo, me ne stava pensando come -fra tutti i libri il meno intelligibile sia l'uomo, questa edizione -_princeps_, direbbe un bibliofilo, che fa sì splendida mostra nella -biblioteca della natura. Dopo di avere scartabellato nella mia mente -tante pagine non sempre terse, confortevoli, del misterioso volume, -finii per domandare a me stesso quale dei sensi maggiore relazione -avesse coll'anima. - -La fantasia volò coll'ali della memoria ai momenti fuggitivi, in cui -una voce armoniosa colla parola che nega e promette m'avea scosso tutte -le fibre del cuore; alle notti tumultuose in cui le briose note de' -balli vertiginosi m'avevano tratto nella ridda quasi allucinato; alle -sere in cui il _Barbiere_, il _Tell_, la _Lucia_ ed il _Rigoletto_ -versavano un fiume di melodìa nel mio animo, ed il rincrescimento che -il tempo m'involasse sì presto quei divini concenti in mezzo a cui -dimenticava le miserie e le prose della vita per slanciarmi ebbro di -poesia nei mondo delle illusioni.... Oh! l'udito è pure il prezioso -senso! Mercè sua comprendo l'espressione più viva del mondo: tutto -parla; beato chi sente! - -Sennonchè tosto mi ricorse al pensiero come la voce dell'amata s'era -fatta dopo poco tempo aspra, sarcastica; poichè ella troppo presto -dimenticando quanto m'era costata la felicità effimera di pochi dì, -mi piantava colla solita sua buona grazia un pugnale nel bel mezzo -del cuore. È vero che non corse gran tempo che la civetta pietosa — -s'era forse già annoiata del mio successore — volle svellerlo; ma il -modo fu così gentile, delicato, che la tarda carità invece di guarire -la ferita non fece che inasprirla. Strida da una e dall'altra parte, -smanie e stridori di denti...... ancora mi suonano nell'aria orrende -parole....... Lo credereste? A questo punto mi giunsero da ogni parte -cigolì di ruote, e una miriade di stonazioni venne a grandinarmi -intorno dal non lontano teatro di Intra dove si torturava non so quale -delle opere più faticose di Verdi, con tanto strazio che dalla pietà -e dal terrore mi si rattrappivano i nervi.... Benedetto l'udito, senso -preziosissimo; ma tu non sei certo l'eccellente. - -Non aveva finito ancora questa frase che le rose, i gelsomini, le -acacie, i limoni, i millefiori del giardino botanico di Rovelli -m'inviarono una nebbia di sì acute fragranze ch'io allargando le nari -per meglio aspirarne gli effluvii, imparadisato chiusi gli occhi e -credetti d'essere volato all'olimpo di Maometto, in mezzo alle urì, -sulla sponda d'un lago d'acqua di rosa.... O incostanza della fortuna! -Un alito di vento involò ratto l'olezzo; sparì l'acqua di rosa, ed il -lago senza moto, senz'aura, apparve come una conca immensa stagnante -da cui emanava un fetore orribile di pesci imputriditi. Dubitai che la -bella Verbania l'avesse abbandonato colle sue ninfe, m'alzai e pervenni -presso la foce del fiume che bagna la Sassonia.... La Sassonia, qui? -Gnorsì: gl'Intresi costruirono presso l'antica città un sobborgo a -vie spaziose, allineate che corrono fra case più allietate dal sole -e dallo spiro lacustre che non le catapecchie della vecchia parte: -nel centro una piazza e nel mezzo di essa il teatro, il più bello di -tutto il lago. Ora questo sito una volta non tanto lontana era una vera -ciottolaia, un campo di sassi... capite? Gl'Intresi, pratici quanto -gli altri popoli appiedi delle Alpi della lingua nazionale, d'una -ciottolaia fecero una Sassonia, con grave sfregio della patria degli -oficleidi e dei tromboni! - -Ma che volete? Io non poteva a nessun conto adagiarmi all'ombra di -quelle mura senza che ne dovessi tosto sloggiare per sfuggire alle -ammorbanti evaporazioni delle molli erbette,... A che serve il naso, -sclamai scappando indispettito, se per l'olezzo d'un fiore ne tocca -assorbire cento esalazioni ingrate o perniciose? Sì, senza dubbio, -l'odorato è l'infimo dei sensi — me ne rincresce assai pei mercanti -d'essenze! - -Ignoro se il correre per quelle spiagge sassose — stavo per dire -sassoni — od il desiderio di trovare una soluzione lungi dalle praterie -della parte suburbana d'Intra, mi condussero in un albergo vicino allo -scalo dei piroscafi in Intra. — Compagno mio, tu sospetterai forse -ch'io sia di quelli che giudicano di una terra dal modo con cui vi -soddisfecero l'appetito: ti giuro in nome delle costolette che mangiai -in quell'osteria, che per quanto male io possa dire del paese, io sarò -sempre in credito. - -Accetto senz'esitazione l'invito dell'appetito, m'assido ad un desco, -e mentre il cameriere lo apparecchia, fiuto a larghe nari il prosaico -odor d'arrosto che dalla cucina di sotto saliva in quella sala. Dalla -finestra io poteva vedere lo scalo affollato dai soliti fannulloni, -il lago, e di là le capricciose curve dei monti di Laveno. Sennonchè -fra lo zingaro ed il resto v'era una povera melensa creatura, magra, -ossuta, spelata, che attelata ad una sbilenca carrettella stava -menando i denti in un sacco di fieno più paglia che fieno. È innegabile -che l'appetito riceve un notevole stimolo dalla vista di chi trinca -allegramente — in grazia dell'asino il vostro compagno in attesa di -meglio cominciò a mordere in una pagnotta del suo colore. - -Mezz'ora dopo quell'io che mi rammentava poc'anzi con sdegno di -quel gastronomo, il quale sclamò al finire della mensa lussuriosa: -felice chi ha fame! quell'io stesso usciva dall'albergo satollo ed -indignatissimo sulla volgare ed animalesca indole del gusto; e sì che -se non aveva assaporato i manicaretti più delicati, l'appetito m'aveva -fatto golosi anche i cibi più anacoretici: l'asino malsazio coglieva -colle labbra penzoloni gli ultimi frusti del pasto insufficiente.... -Quel certo gastronomo l'avrebbe — a pancia tesa — invidiato con -ragione, poichè il senso del gusto poco su poco giù desta gli stessi -stimoli e dà la stessa soddisfazione all'uomo ed agli altri animali — -non razionalisti. Nella stessa sera di quel giorno incontrai due tomi; -mi vollero secoloro a cena, cena largamente inaffiata dai vini meglio -spiritosi del Piemonte. - -Alla domane mi svegliai tardi, e col capo indolenzito; la prima parola -pronunciata da me fu per chiedere dell'acqua. - - . . . . . . . - -«Non so veramente quanto le dissi — forse quanto le diceva da un anno -— ma troppo mi rammento com'ella all'inesperto amante, accomiatandolo, -dicesse all'orecchio una parola per cui il povero giovinetto -nell'uscire da quelle stanze, tentennante come un ebbro, fu lì lì per -ruzzolare lungo le scale. - -«Domani! Rinuncio a descrivervi le vertiginose aberrazioni della mente -in quelle eterne ventiquattr'ore; vi basti il sapere che quello era -il primo amore e che d'amore non aveva pur anco conosciuto altro che i -tormenti..... Quelle furono ad una le più dolci e le più affannose ore -della mia vita: temeva di vedere giunto l'istante e lo sospirava... -povere illusioni d'un cuore ardente! . . . . . . . . . Alla fantasia -che guidava pei campi eterei i sogni immacolati dell'amore virginale, -in quell'ora fatale si spennarono le ali possenti, e cadde giù -turbinando nelle melmose plaghe della materia....» - - Salve, o del cielo primigenia figlia, - O dell'Eterno coeterno raggio, - Se tal nomarti senza biasmo io posso, - O sacra luce! - -_Hosanna in excelsis!_ Eccoci sul Monterone! - -S'io fossi il re del mondo, avrei tanta fede da trasportare -questo quadro incantevole nei giardini della mia reggia. Il bacino -splendidissimo del Verbano, e le in esso ripetute sponde; i monti -torreggianti dell'Ossola e dell'Intrasca co' loro cappucci di neve; là -in prospetto la punta di Pallanza tutta fiori e verzura, e dietro le -scheggiate vette della Cannobina; qui sotto colli fioriti tempestati -di villeggiature, e le isole incantate; a sinistra le coste ondeggianti -d'Ispra su cui spicca l'eremo di Santa Catterina nell'oscura tinta del -macigno; dietro il lago d'Orta in cui il Monterone bagna le nordiche -pendici; ed attorno le minori conche di Mergozzo, di Varese, di -Bardello, di Monate, di Comabbio; un cielo sereno, freschissime aure -— tutto in tanto mirabile contrasto armonizza a formare una scena, la -quale — se vi molce l'animo la onniloquente bellezza della natura — -adorerete genuflessi. - -Se tu credi d'esser poeta e qui non inneggi, non tentare più oltre le -muse — la tua cetra non ha corde. - -Che tu sia adunque benedetta, o fonte vitale di tante aspirazioni, -o vista! Per te la creazione è quasi opera nostra: per te nessuno è -compiutamente infelice. Tu ne ravvivi nell'aspetto sereno de' nostri -cari l'amore della famiglia e della patria: per te innanzi ai monumenti -il cuore palpita di entusiasmo e di emulazione. Divina figlia del sole, -come il sole dài gioia agli umani — orrendamente infelice quegli a cui -tu non distrai il pensiero dall'idea fissa, eterna, del suo dolore!... -No, no, Milton come Tamiri ed Omero, Tiresia e Fineo, furono cantori -immortali — ma chi vorrebbe la loro gloria a patto di dover dire -coll'angoscia del britanno: - - ... il giorno a me non riede: io non veggo - Nè i dolci raggi del mattin che spunta, - Nè quei del sol che cade; io più non veggo - Di primavera i fior, nè rosa estiva, - Non più scherzosi armenti, non più mandre, - E non più volto d'uom, divina imago, - Ma folta nube invece e buio eterno - Mi cinge intorno, e dai piacer che dolce - Fanno la vita, mi divide; invano - Del bel saper, delle grand'opre sue - Apre natura il libro; è per me tutto - Oscuro, vôto, cancellato, e chiusa - M'è a sapïenza una gran via per sempre! - -Nessun senso, come la vista, ti mette in comunicazione con Dio. - -Dopo d'averti dato il mondo visibile nell'immensa serie delle sue -cose, l'occhio armato di lente scopre all'anima esterrefatta i misteri -della creazione microscopica, dai quali nei muschi, nelle mucilagini, -nelle ninfe, negli insetti effimeri nati ora per morire adesso, nei -milliformi atomi ti si rivela una storia impensata, un nuovo mondo -infinito, nè più nè meno di quello che scopri nelle miriadi dei globi -celesti... cose ed anime che fanno presentire con delirosa vertigine -l'incommensurabilità dell'invisibile, del non sensibile! - -Dunque, mentre ti dà il sensibile, lo sguardo ti fa intuire l'ignoto. - -Perciò nessun senso più divino della vista. - -Chi visitò i luoghi più famosi per la magnificenza, o la serena -bellezza, od il terrore da cui natura li ha improntati, avrà -trovato senza dubbio una folla di visitatori che profonde in punti -d'esclamazione quanto sente, o crede, o finge di sentire. Di questi, -quelli che sentono con palpito le parole del creato, raro è non -tacciano; i secondi si svaporano in iperboliche frasi di romanzo. -I terzi sono però i più curiosi: senza la buona fede dei secondi, -non volendo ammettere in se stessi la negazione delle facoltà più -sensitive, s'abbandonano a rompicollo alle declamazioni d'un lirismo -che in nessun modo può sollevarsi da fior di terra. - -A cavaliere di un bel poggio fra le deliziose colline — bellissime -fra quante vedere si possano — che adagiate lungo il Po, formano una -catena lussureggiante di verzura in prospetto di Torino, sta un antico -convento di cappuccini. Di lassù ampia, variata, stupenda la vista: -il Po, Torino incastonata fra i suoi viali, un campo che è un immenso -giardino, e in fondo, in giro, le Alpi, dalle marittime alle pennine -in tutta la loro maestà. Un cotale con cui era salito lassù, dopo una -fiumana di asmatiche declamazioni lardellate di citazioni storiche a -fascio, da Annibale a Napoleone per Carlomagno, tacque ad un tratto -— la vena era esaurita. Terminava l'inneggiare asserendo che chi non -avesse ammirato addovere quel quadro e la stessa cornice, meritava di -subire almeno almeno la sorte di Fetonte. - -Dopo qualche istante, a mezze labbra e facendo lo gnorri, gli susurrai: - -— Che Creso sarebbe il possessore di questo campo fertilissimo cinto -dall'Alpi ed irrigato da dieci fiumi! - -— Veh! la prima idea che mi venne in capo quando m'affacciai a questo -spettacolo... - -— E poi dicono, pensai tra me, che la prima idea non è la più giusta! - -Non so se questa sarà pure la prima idea che frullerà in capo a voi -infaticabili amatori della natura, sul culmine del Monterone, ove la -prospettiva compensa generosamente la fatica — prospettiva che non la -cede per nulla in estensione ed in varietà a quelle più rinomate dei -monti della Svizzera: — io però a conforto della maggior parte di voi, -vi ho serbato fino a quest'istante una sorpresa la quale non influirà -poco sui giudizi che darete della grandiosa scena... Vi dirò adunque -che certo Cobianchi Intrese ha eretto nel mezzo di amenissima alpe un -eccellente albergo... non vi dico altro... - -Buon viaggio; buon appetito non v'auguro... ve n'accorgete quando -sarete giunti lassù. Ammirato il quadro, refocillato lo stomaco -addovere, discenderete giurando che chi visita il Verbano e non il -Monterone gli è come s'andasse a Roma senza vedere il papa — e che -il Cobianchi, considerato il benefico influsso della sua ospitalità, -merita almeno di essere insignito cavaliere... della tavola rotonda. - - -VI. - -_I piroscafi. — Una donna che mangia. — Gli stranieri. — I laghisti. — -Primato mascolino. — Il concertista di Cannobio. — I contrabbandieri. — -Rivista di sponde._ - - =Tanti paesi, tante usanze.= - _Prov. ital._ - -Sul Lago Maggiore come sul Lemano e sul Reno nella stagione propizia al -girovagare chi viaggia sui piroscafi ha il destro di conoscere a certi -tratti singolari la nazione della maggior parte dei compagni. - -Il S. Gottardo da pochi minuti aveva lasciato l'approdo d'Arona, quando -io mi feci sulla tolda fra un ducento viaggiatori d'ogni età, pelo e -colore, che parte in piedi, parte seduti, stavano guardando la città -dei Borromei che spariva dalla vista. Un terzo della tolda era occupato -da una catasta di cassette, bauli, valigie di cuoio e di stoffa -ricamata, di gabbie di uccelli, di scattole e di fagotti d'ogni colore. - -Una mezza dozzina d'Inglesi s'era installata sulla coperta, attorno ad -un tavolo, al miglior posto; coprirono il tavolo e gli scanni vicini di -libri-guida, di album, di cannocchiali, di buste da sigari e di abiti -in gomma — e si cinsero cogli ombrelli, le sacca ed i bastoni da alpi, -d'una insuperabile bastita. - -Una signorina — ancora ne fremo! — doppiamente graziosa perchè bella -e bionda, mi stava seduta dinnanzi; la personcina, in cui l'armonia -delle forme pareggiava la gioventù freschissima, semplicemente vestita, -suffusa dal tocco potente del nostro sole, s'inquadrava sì bene -nell'orizzonte sereno che io finii nella mia ammirazione per crederla -una fattura di Frate Angelico, il soave dipintore delle vergini e -dei cherubini. E da quegli occhiacci quanta poesia, quanto candore — -un poema sull'innocenza! Nel crescendo della mia meraviglia, dopo di -aver passato in rassegna l'Eva di Milton, Ofelia e Zuleika e quante -deità femminili aveva plasmato la fantasia de' meglio famosi poeti -britannici, non m'avvidi punto che Intra — a cui mirava qual meta -— mi passò dinnanzi come l'ombra di veloce rondinella, o per dirla -più giusta, appunto come se il battello non l'avesse avvicinata. Non -adirarti, Intra mia più buona che bella, in questo istante leggo in -quegli occhi troppo vaghi pensieri perchè io possa pensare a te....! - -Il piroscafo s'era allontanato dallo scalo clamoroso della città -industre; il cameriere apparecchiò un desco e la _divina_ vi sedette. -Ritornò poco dopo portando un gigantesco piatto di costolette -mezz'arroste e di patate fritte, un piatto per tre — anche letterati; — -la _bella_ mangiò tutto. Il cameriere ritornò più volte con thè, latte, -butirro, pane arrostito, salame — tanto da sfamare tre librai; — quella -donna divorò, tracannò tutto, fino all'ultimo bricciolo, all'ultimo -centellino.... - -Perchè non aveva pensato di mettersi al travaglioso — non posso dire -dilettoso — _asciolvere_ (e pranzerà tuttavia?!) prima di giungere ad -Intra? - -Se tutte le donne inglesi mangiano di quella fatta, comprendo con -quanta ragione Byron diceva che una donna bella _non deve mangiare_. - -I Tedeschi — se non sono studenti — circospetti, immoti, con una -serietà bovina guardano fantasiando le spiagge. Benchè non trovino -nella cucina lombarda dei piroscafi la zuppa alla birra di Manhein e le -salsicce di Gottinga, pranzano a bordo, ma per tratto caratteristico -scendono a maggiore agio nella sala, accontentandosi quanto al -paesaggio di goderne quel po' che difila dietro le ovali finestruole. - -I Russi, quei Russi che, se non m'inganno, cent'anni fa Alfieri -diceva barbari vestiti all'europea, oltre alle qualità negative degli -Alemanni hanno nel loro contegno un certo che d'austero che s'attaglia -mirabilmente alla robusta loro struttura. Ma come ogni singolarità -nazionale va elidendosi al frequente contatto delle nazioni, alla -crescente preponderanza delle mode di Francia e d'Inghilterra, -anche quelle barbone che parvero ad Alfieri una fra le cose meno -spiacevoli di quelle regioni della pelle d'oca vanno sparendo. E -se la buon'anima sua rivedesse quelle capitali, non riconoscerebbe -_l'antico accampamento di allineate trabacche_, tanto quella nazione -seppe progredire nella conquista della civiltà, malgrado i secolari -pregiudizi, la massima corruzione delle classi elevate e la retriva -ignoranza del popolo. - -Ma che è mai questo chiasso? - -Quel tale, malgrado le rimostranze del pilota, vorrebbe stare in -piedi sulla barriera a poppa; il suo compagno canterella una canzone -di Béranger pipando, sdraiato sui sedili, senza curarsi un'ette di -chi gli sta d'intorno; la signora, sfidando gli sguardi indiscreti, -s'è arrampicata lesta come un gatto per la scaletta di ferro sul -ponticello fra i tamburi delle ruote, non pensando alla difficoltà -di scendere senza compromettere.... il crinolino! Chi non sa ora — -anche senz'intendere l'epigrammatica canzone, ed il nasale cinguettìo -dei compagni — che quella famiglia è francese? Amabili e spensierati -figli della Francia, chi non vi perdona volentieri l'avventata vostra -leggierezza, in grazia del coraggio con cui la vostra nazione guida le -sorelle nella via del progresso civile? Volere o non volere, essa dà al -mondo grandi lezioni — senza pedanteria, senz'annoiare i discepoli. - -Le strade ferrate, i telegrafi elettrici e forse più rapidi mezzi di -comunicazione cancelleranno un giorno le poche qualità salienti che -ancora distinguono le varie nazionalità; sarà un bene od un male? - - * - * * - -A prua stava un centinaio di popolani seduti sopra zane e cestoni di -frutta, d'ova e di polli; uomini abbronzati, secchi, temprati al gelo -ed al sollione, alle fatiche ed alle privazioni; donne membrute, faccie -poco leggiadre, di bel petto, risolute, e tanto nullatementi quanto -procaci per verun verso; qualche ragazza avvenente, tra 'l montano -e 'l marino, di nera capigliatura, di cera maliziosa; ragazzi vispi, -di contorni gentili che presto la rude educazione e l'aria mordente -rompe a forti linee. In un crocchio regnava una donna — dove non regna -la donna l'uomo imbestia — la quale rintuzzava con tanto brio le più -o meno (e meno anzi che più), spiritose frecciate che i compagni le -saettavano a bruciapelo _sulla preminenza dell'uomo_ sopra il bel -sesso, che da quel punto in poi io non lo chiamerò più il sesso debole. -Un tale — ignoro se sinceramente o per mascherare la tendenza del cuore -— non le scoccava dardi, ma pistolettate, avresti detto, del genere -più mascolino, come: _La donna è una scopa_, _un serpe avvelenato_, -_l'origine eterna d'ogni male_, ecc.; — senonchè quella furbacciona gli -rispose interrompendolo con un'occhiata sì dolce, sì promettente, che -la pistola fece cecca, l'uomo s'ingarbugliò, i compagni risero, ed io -compresi una volta ancora essere molto più facile dire cose d'inferno -della donna che sottrarsi all'impero, alla seduzione delle sue grazie. - -Arrivati a Meina, la brunotta disse: addio, compari, non vado più a -Intra; ho cambiato pensiero, discendo qui. Discese nella barchetta -di traghetto; — già vi stava rincantucciato a poppa il sere — a cui -i compagni, ridendo a smascellarsi, gridavano: Eh! Pero, anche tu hai -cambiato strada.... Non hai più paura del serpe? — La bella, puntati -i suoi piedini sullo scanno di contro, guardò ghignando i coristi, e -voleva dire: Avete un bel gridare cose da chiodi di noi; con un capello -vi tiriamo sempre a' nostri piedi. - -Siccome non conosco il resto della storia, resto a bordo, augurando -mille gioie a quelli che hanno cambiato pensiero — benchè _il primo sia -sempre il migliore_! - -Appoggiati alle cabine del ponte, silenziosi, indifferenti al chiasso -che si faceva sul piroscafo ed allo scorrere delle vedute lungo il -lago, alcuni frati mendicanti.... - -— Zingaro mio, accoccane loro una delle tue, delle più saporite... Non -risparmiare questi fannulloni che in nome di Dio s'ingrassano a spese -del povero.... - -— Zitto là: anzitutto i frati in quistione non erano punto grassi; poi -— se pure non l'ho detto ancora o non m'hai compreso — io non pretendo -incastonare a mezzo di una passeggiata per godere e darsi bel tempo, -quelle rancide quistioni di frati, carabinieri, trovatelli e compagnia, -che oltre all'aria pedantesca di volere ad ogni passo riformare la -società, spirano una tale afa di noia da farti dormire lì su due piedi. - -Zin, zin, ziroziro! Zitti tutti quanti! Largo ai concertisti di -Cannobio! - -Fra le due ruote del battello, presso gli spiragli della macchina -motrice, un vecchiotto segava un violino: attorno a lui col becco -rivolto in su, una nidiata di ragazzini da sette ai dieci anni -_accompagnavano_ il padre con violini e viole, — serii, malinconici, -per non poter saltellare liberamente cogli altri putti; — ma nessuno -avrebbe potuto guardar quella povera bimba accollata ad un grosso -violoncello, stare tutt'occhi ed orecchi per dare il colpo di arco -a seconda dei movimenti dei piedi paterni — e pestava sì forte -il dabbenuomo che evocò dal loro antro vulcanico gli affumicati -attizzatori dei fornelli del piroscafo — colpo d'arco che era dato -tuttavia or troppo presto or troppo tardi — e le manine di lei -impotenti a comprimere sulla tavoletta le corde, per cui ad ogni -vibrazione il cattivo strumento si doleva con un zirlo acuto d'essere -caduto in mani sì innocenti; nessuno dico avrebbe potuto guardare -quella graziosa figurina ed i fratellini ed il babbo fornire quella -musica faticosa, senza porgere loro una moneta ed un mesto sorriso... -Zin, zin, ziroziro! - -E quando il ziro ziro finì, la ragazzina diede un lungo sguardo sugli -astanti quasi per leggere sui visi altrui l'approvazione, mentre il -povero padre si dimenava in mezzo alle sue creature per armonizzare — -Dio sa come — i loro strumenti. Ma tutti i cuori erano perfettamente -d'accordo per compiangervi, perchè tutti gettarono nel cappellaccio -del _maestro_ un soldo: anzi credo che Verdi stesso di cui avevano -scorticato il brindisi della Traviata, presente avrebbe dimenticato le -giuste suscettibilità dell'autore. Raccolti i soldi, risonarono — una -sinfonia, del papà, il caos. Zin, zin, ziro zin! - -Il concertista di Cannobio è un artista? - -L'artista è creatore — e qual creazione più originale della sua -sinfonia? Chi potrebbe meglio rappresentare il disordine? L'effetto -poi corrisponde al merito — lagrime, risa e soldi. Mi direte che il -vecchietto non ha genio — ma se il genio, come disse quel valentuomo di -Bouffon, è una lunga pazienza, chi può contrastarglielo? - - * - * * - -Il laghista ha un carattere suo proprio, come quello che dipende in -gran parte dalla posizione della sua terra. Vicino alla Lombardia, -egli ha l'abbondante loquela, lo scherzo facile, l'arrendevolezza -dei Lombardi; appiedi delle Alpi ama il lavoro, ed è schiettamente -ruvido ed armigero come i Pedemontani; sull'acqua, ed è industre, -bramoso d'arricchire come i Liguri. Quanto ai difetti, egli ama -appassionatamente il suo bel paese — compresi i campanili — e lasciata -in disparte la smania di considerare la città vicina, il villaggio -della stessa costa inferiore al natale, esso ha ragione. La via -ferrata, i piroscafi, la nuova strada al Ticinese faranno con eloquenza -assai maggiore della mia comprendere che le sponde del Verbano su per -giù non sono che una grande famiglia sotto un medesimo tetto. - -Chi non ha inteso parlare dei contrabbandieri del Lago Maggiore? Una -volta — le date sono inutili — c'erano, e tomi indiavolati da tenere -in sussulto le tre finanze; quistioni economiche che si risolvevano -sovente con schioppettate, legnate a josa ed altre galanterie da ambe -le parti. Molti contrabbandieri — non quelli che arrischiavano al gioco -la pelle — arricchirono; la leggenda susurra che molti finanzieri si -rimpolparono: ora chi ne seppe ammassare li gode; i tipi drammatici -scomparvero ed il Verbanese non è ora più tenero del contrabbando di -quanto lo sia ogni abitante di confine. - -Del resto — quà in un orecchio che nessuno ci senta — messa lontano la -quistione del peccato — chi non si sente solleticare dalla tentazione -del frutto proibito? Chi non è sotto qualche aspetto contrabbandiere? -L'amante vorrebbe farla alla barba del Bartolo o del marito; il poeta -introdurre di soppiatto un'idea birbona che _minerà l'edificio della -tirannia_, e molti scrittori e librai arricchire l'opera e lo scrigno, -malgrado la _proprietà letteraria_ — avvenire..... Oh! s'io potessi, -senza che voi ve n'avvedeste, contrabbandare qualche imaginosa fantasia -da cacciare lo sbadiglio dalle vostre labbra! - - * - * * - -Non v'è mai capitato no di condurre un bimbo a compra di balocchi pelle -strenne di capodanno? - -In mezzo a tanti cavalli, soldati e generali e cannoni di legno, eroi -dal capo di cartapesta, asini col pelo, e pupazze cogli occhi vivi -di cristallo, pallottole, racchette, cerchi, palloni volanti, archi -e freccie come al tempo in cui Amore saettava, tamburi per rompere la -testa ai vicini, trombe da chiamare in casa l'emicrania, fischietti e -scuriade ed altri amenissimi trovati per assordare il mondo e rompere -le scatole a chi li ha in casa, in mezzo a questo caos babelico il -piccino non sa che scegliere; l'uccello dalle penne dorate par vivo; -ma il cane abbaia...... la carrozzina corre in giro da sè stessa..... -Così avviene a me in cerca d'un romitaggio ove riposarmi qualche -giorno. Sesto-Calende, malgrado il nome romano, le memorie d'Annibale, -l'antica abbadìa, i barconi che scendono il Ticino che vi sgorga dal -lago, non mi rattiene. Di contro, a Castelletto su Ticino, ho perduto -mezza giornata fantasticando, attorno al castellaccio, sui casi della -Bice del Grossi. Angera, la città del sole — da non confondersi con -quella di Campanella — mi rammenta un proverbio laghista, alla cui sola -memoria mi sento bagnare la camicia. Ispra, quasi sul piano, in fondo -ad un seno deserto, colla prospettiva di ampio tratto di lago e del -Vergante..., ma il mausoleo alla contessa Castelbarco inspira troppo -mesti pensieri.... Lesa tranquilla in placido golfo.... Belgirate -ariosissimo.... Veh! Dimenticavo di notare come sia impossibile -vedere la sponda destra del lago senza guardare ed ammirare l'ampia e -solidissima strada al Sempione che si stende, a seconda dei seni e dei -promontori, come un orlo bianchissimo tra la verzura della pendice e -l'azzurro dell'onda. Non ultimo vanto di Napoleone è quest'opera degna -dei grandi secoli di Roma. Al pari di Roma egli lasciò dovunque traccie -di quel genio che volava sì alto sull'ali dell'aquile vittoriose da -obbliare come gli uomini di quaggiù fra le altre miserie hanno un -cuore. Tuttavia non v'ha, credo, Italiano che, malgrado il ricordo -dell'ingratitudine sua verso la madre, la quale pure sola lo amò senza -tradirlo mai e gli perdonò senz'amarezza di rimproveri, non abbia -dimenticato Campoformio al racconto della passione di Sant'Elena. - - -VII. - -_Lesa e Manzoni. — Ciarle letterarie. — La calma._ - - Oh! quante volte ai posteri - Narrar se stesso imprese, - E sull'eterne pagine - Cadde la stanca man! - -— Anche voi discendete qui? Mi chiese un biondo Alemanno che m'aveva -udito susurrare a mezze labbra la bella lamentazione del Manzoni alla -morte di quel fatalissimo. - -— E perchè no? Risposi a quella simpatica fisonomia. Voi scendete -per...? - -— Vedere quel poeta i cui allori furono invidiati dal nostro grande -Goethe. - -— Manzoni? qui? Allora ad un tratto mi parve che l'aure ripetessero -in flebile armonia gl'inni, i cori e le scene dell'Adelchi e del -Carmagnola, gli episodii dei Promessi Sposi.... A terra! - -Mentre da Belgirate ricorrevamo verso la vicina Lesa, l'Alemanno si -meravigliò meco che gl'Italiani ignorassero dove dimorava l'immortale -cantore. Il poverino ignorava che Manzoni aveva da non pochi anni -pubblicate le opere sue migliori senza che gl'Italiani le avvertissero, -quando Goethe, scopertone per caso il genio, gli schiudeva colle -sue lettere l'immortalità. Ignorava che pochissimi illustri Italiani -debbono la loro fama all'entusiasmo od alla riconoscenza de' paesani, -e moltissimi la devono agli stranieri. Beccaria crebbe tosto in -rinomanza per Voltaire, Morellet, Catterina II. Il Tedesco credeva che -in Italia si leggessero avidamente gli scritti della nazione come in -Germania. Non sapeva che qui, all'infuori de' compilatori e degli altri -racapezzatori di libri, tristo chi aspetta un pane dall'arte! - -Quantunque io avessi detto più che non era forse necessario -sull'ingrato tema, il dabben giovane insisteva con mille interrogazioni -sulle abitudini del cantore; sicchè per troncarla, gli sfoderai ad -un tratto che anche in Germania Mozart, il divino Mozart era morto -miserabile. Quelli, a dir vero, erano altri tempi, meno gonfi di -civiltà....... Intanto eravamo pervenuti alla prima palazzina di -Lesa: ivi soggiorna sovente, nell'estiva stagione, il cantore di -don Abbondio. La cera di quell'abitazione è pacata come la figura di -fra Cristoforo. Venne ad aprire un vecchio senza livrea. — Il conte -è in casa? — Egli ne introdusse senza fare motto. Annunciatici come -desiderosi di sue novelle, e, se era possibile senza suo disturbo, di -avvicinarlo, il servo che ne aveva uditi coll'indifferenza di chi sente -spesso la medesima canzone, entrò lemme lemme nelle stanze interne. -L'emozione era tanta che m'impedì di pensare ad ogni altra cosa, -anche a dare uno sguardo alle semplici supellettili che arredavano -l'abitazione. Ma ecco sentiamo nel salotto vicino una pedata: è il -servo che ritorna forse a dirne....... Ne apparve fra la mite luce -della stanza la veneranda dolcissima fisionomia del poeta. Ci movemmo -balbettando verso di lui. Palpitavamo di religiosa riverenza. Il nostro -cuore batteva con sussulto: anche noi vedremo, parleremo con lui! - -Non so il come, ma cinque minuti dopo ogni nostra esitazione era -dissipata: nella fuggevolissima ora scorsa al suo fianco, ne parlò -del lago, delle sue passeggiate, delle cose presenti, senza entrare -in quelle disquisizioni critiche, dove sogliono annegarsi i letterati. -Con un semplice motto chiuse la bocca agli elogi dell'Alemanno, senza -quell'affettata modestia, sotto l'usbergo della quale certi professori -di lettere sogliono cicalare due ore difilate delle loro scoperte -Americhe nell'arte. - -Alessandro Manzoni ne accordò — quanto non speravamo — una stretta a -quella destra che vergò le pagine ove armonizzano concetto e forma, -ragione e fantasia, la vera essenza del genio! Dio solo sa poi quanto -ne rincrebbe di non poterlo degnamente contraccambiare! - -Noto qui come, imperversante l'austriaco in Lombardia, fra gli -assenti la _Gazzetta ufficiale di Milano_ richiamasse _certo Manzoni -Alessandro_. Napoleone, conquistata l'Italia, mirava anzitutto ad -amicarsi gli uomini di merito che il fulgore della sua stella non aveva -abbagliato. Ma gli Austriaci sprezzavano apertamente ogni cosa italiana -— eccetto l'oro. - -Manzoni donò all'Italia un libro, il quale, come tutti i veri -capolavori, è ad una miracolo di mente profonda, di cuore appassionato, -e un'azione buona. Da lungo tempo sdolcinate affettazioni d'idilii in -cui attori e natura portavano la parrucca, epilettiche convulsioni di -novellaccie di cui non era italiana nè l'origine, nè l'inspirazione, nè -la veste, aspirazioni evirate alla luna, all'indefinito, avevano fatto -dimenticare come lungi dai salotti profumati, e dalle barocche capanne -dei Titiri incipriati, vivea attorno alle città, nei campi, attiva, -oscura, un'immensa famiglia intenta al lavoro. Il poeta comprese -il valore del popolo, d'una gente che dà il pane ed il soldato, le -antitesi crudeli della forza, della necessità col diritto. Colla -dignità vereconda d'un'arte cristiana, senza le basse adulazioni di chi -fa un Marcello d'ogni villano, bussa alle porte del povero, ne illumina -le poche gioie, ne conforta gli stoici dolori, ne mostra le virtù tutte -sue ed i vizi non del tutto suoi. Colora colle tinte della verità il -quadro, dipinge con sicura potenza di tocco scene gigantesche, e ti -presenta i _Promessi Sposi_, in cui l'arte che tutto fa non si scopre — -un libro fra i pochi che gl'Italiani possono leggere due, tre e quattro -volte senz'annoiarsi. - -Poichè il merito dello scrittore italiano venne cresimato oltralpi, i -_Promessi Sposi_ (che altrove avrebbero fruttato strepitose ovazioni -e più strepitose somme) divennero malgrado la sonnolenza apatica -degl'Italiani il libro più popolare della loro letteratura narrativa. - -Da Manzoni, Grossi, Azeglio, Cantù, Carcano. Grossi ed Azeglio però -per vivacità di colore e scioltezza di disegno precedono tutti gli -altri. Carcano è il poeta delle più soavi effusioni di cuore, il poeta -della vita intima. Dopo questi buoni un temporale di mediocrità — non -auree — che a passo di lumaca sulla falsariga maestra regalò all'Italia -una moltitudine di buoni curati, di perseguitate, di Don Rodrighi e -d'Innominati in diciottesimo, la quale ebbe per effetto di disviare -sempre più dalla letteratura nazionale gl'Italiani. - - * - * * - -Manzoni, Rosmini, D'Azeglio sono tre nomi che spargono una bella luce -sul Lago Maggiore. Niuno dei tre nacque sulle sue sponde; ma chi -passando innanzi a Lesa, a Stresa, a Cannero non ricorderà la loro -dimora, le opere per cui il loro nome corre illustre? - -Mi ricordo che la prima volta in cui m'apparì Arona, tosto mi corsero -alla mente le lettere di quell'anima sì altamente innamorata della -natura ch'era il Foscolo, nelle quali, scrivendo all'amico Bottelli, -si lagna spesso che i tempi incerti e l'indole irrequieta gli tolgano -di riposare ancor lui in mezzo a tanto sorriso di cielo e di terra e -d'onde. - - * - * * - - =Chi dona al volgo, inimicizia compra.= - _Prov. ital._ - -Le chiacchere col buon Tedesco mi fecero nascere molte riflessioni -sopra alcune qualità negative — almeno in questi tempi — degli -italiani. - -Credo — vorrei ingannarmi — che la gente italiana considerata nelle -masse, fatta astrazione delle individualità, sia appetto delle nazioni -più colte dell'Europa, Francia, Inghilterra e Germania, quella che si -dimostra più apatica per tutto quanto sorge dalle arti. - -Non illudiamoci col passato. Tanto le individualità sotto ogni aspetto -non patiscono confronto, quanto le moltitudini sono incuranti, senza -alcun entusiasmo o slancio per tutto che non solletica la fregola -animale dei sensi. - -Spogliamoci una volta di quel falso amore di patria che pretende un -primato in ogni cosa. - -Un dì — giova sperarlo ed augurarlo come grande ventura per la nazione -— conquistata da senno l'indipendenza e la libertà, sotto le rugiade -feconde della pace, rigermoglierà fra gl'Italiani raccolti finalmente -ad un solo focolare la religione delle arti; allora forse le sapranno -onorare con quella riconoscenza a cui hanno diritto. Esse sole -mitigarono colle divine illusioni della speranza l'acerbità di grandi -dolori; per esse eterne le glorie, sacre le sventure della nazione. - -Mercede al genio fu quasi sempre sola la coscienza. Onoriamo la memoria -dei nostri grandi: sbattuti dai tempi fortunosi e dall'ingratitudine -non s'avvilirono. Siamone alteri — Se uno dimenticò che il dolore e -la miseria avvivano lo splendore del vero merito, cento elessero il -soffrire. - -Siamone superbi — nessuna nazione può forse menarne sì giusto vanto. - -Ma non dimentichiamo mai come finora fummo ingrati verso di loro. - - * - * * - - =Arco sempre teso si rompe.= - _Prov. Ital._ - -M'inganno, o tu non hai sentito il cuore battere così tranquillamente -come oggi. Ho spinto la mia barchetta nel bel mezzo lago fra il golfo -di Feriolo e quello di Laveno: i remi giacciono stillanti in fondo ad -essa — quasi immobile fra la calma delle onde. Il corpo abbandonato -a poppa sul tappeto, sorreggendo il capo con ambe le mani, puntati -i gomiti sull'orlo della navicella, guardo l'acqua che s'increspa -leggermente attorno alla carena, l'ampia pianura che riflette gli -albori del tramonto — e sto pensando — a niente — o meglio al tutto. - -Una brezza sottile sfiora con ali delicate l'onda e mormora un mondo -di cose. L'ascolto confusa colla voce delle campane stormenti a riva — -poi il tintinnare cessa: il cielo è sereno, l'aria tranquilla, tutto è -pace, armoniosa tranquillità — e allora sento più distinto il sommesso -ciarlìo della brezza. - -— Tranquillità! Voi vi anelate nell'intimo dell'anima, mentre il -vostro orgoglio fa della vita una continua battaglia! Un dì trovate la -quiete che bramaste — il dì che per voi si schiude una tomba. — Nel -giovin cuore avvampa la fiamma d'amore con slanci al settimo cielo -— o trova ripulsa, ed erompe un grido disperato — o corresponsione, -e dopo qualche tempo l'amore non è più che un'affinità simpatica -di traspirazione. Dall'amore aspira alla gloria. Avversa fortuna, -impotenza d'ali, impazienza la negano — o l'ottiene — morto. Deluso, -la patria gli stende le braccia come la donna che sola si ama senza -sazietà e senza rimorsi.... Ne ha — forse — ricchezze ed onori che -galvanizzano il cuore sfibrato.... Ma dove la quiete che pure la natura -v'insegnò ad amare? — Non nei trasporti dell'amore — non nella lotta -contro l'invidia dei consorti Farisei — non nelle allucinazioni delle -notti studiose — non nel tripudio dei baccanali. Bada, veh! a quanto ti -dicono le onde sfiorate: fuggi la tempesta; — gli ombrosi declivi dei -colli: quiete; — il cielo sereno: purità di desiderii.... - -Ma che sarebbe degli uomini se tutti li compenetrasse questo soave -linguaggio della natura? - -La tempesta è adunque necessaria nell'armonia del tutto? - - -VIII. - -_Origine storica di Belgirate, senza documenti. Le isole Borromee._ - -A Belgirate, cinque minuti oltre Lesa, passeggiai due ore ammirando -quelle graziose palazzine a vari colori che difilano lungo il lago, -sulla punta che si protende dalle colline nell'onde. In capo della fila -sta la villa Conelli; in fondo in serrafila la Fontana Pino, e fra una -casa ed un'altra stanno giardini, dove gli alberi hanno più frutti che -foglie, e le aiuole più fiori che erbe. - -Sentite quanto trovai in antiche pergamene sull'origine di Belgirate. - -Pare che il grazioso villaggio se n'andasse una calda notte d'estate -in cerca d'un sito per adagiarvisi. Capitano in testa e retroguardia -in coda difilava lungo la strada del Sempione. Quando si trovò -sull'estremo lembo del Vergante, sentì ad un tratto il venticello -del Mergozzolo ed i zeffiri dell'_Inverna_ sibilare armoniosamente -nei boschi superiori emulando l'usignuolo; l'onde tremole baciare la -sponda, diffuse sui sassolini mormoranti; tale una voluttà profumata -da mille fiori penetrare dalle finestre nell'animo, che gli archi, -le torri, i comignoli al soffio di quella frescura fremevano, i rosai -stendevano le loro braccia in atto di desio ai cantori dei boschi, e le -case stanche dal viaggio sentivano proprio crescersi le radici sotto ai -piedi..... Allora un prolungato ah! di soddisfazione fece echeggiare -la sponda d'Ispra, la fila si fermò, le ondine ed i silfi del lago -danzarono sulla spiaggia; essa si trovò così bella, così lieta, così -arieggiata dall'aure tutte del lago, che spossata dal piacere si adagiò -sul girare della punta, e così fu Belgirate. Ogni giorno dell'estate -e dell'autunno, al tramonto, allora che il sole indora le cime dei -monti di Varese, la fila delle graziose palazzine è passata in rivista -da uno stato maggiore di signorine villeggianti, di cui più d'una può -sconfiggere un esercito senza colpo ferire. - -La leggenda dice, che un buon albergo il quale in quella tal notte -ramingava colle case vagabonde, essendosi fermato per istrada ad -aggiustare un conto un po' elastico con un Inglese, giunto tardi e -trovato ogni posto occupato, fu costretto ad andarsene altrove con -non poco dispetto degli ammiratori dei fiori, degli usignuoli, del -venticello, delle palazzine e delle signore. - - * - * * - - Bellissima fra le isole! Ti porto - impressa nel cuore.... - _U. D. Horn._ - -Da Stresa, elegante villaggio appiedi al Monterone, grandiosa vista -di tutto il golfo di Feriolo, la baia di Napoli del lago, e del lago -sino a Luino; in prospetto le Isole Borromee, la Bella e la Madre dalle -terrazze fiorite; Pallanza, Suna, e dieci villaggi a mezzo i monti -dell'Intrasca. - -Stresa manca d'un viale per la ragione forse che ognuno ne ha nei -propri giardini, i quali sono straordinariamente folti di verzura e di -fiori come a Belgirate, Baveno e Pallanza. - -L'Isola Bella è una ricca collezione di piante disposte sopra varie -gradinate adorne di marmi; il palazzo contiene oggetti d'arte preziosi; -il tutto forma la più graziosa villeggiatura in cui i patrizii Lombardi -abbiano profuso tesori. - -Se non garba a molti il manierismo dell'architettura e quel vedere -ad ogni tratto la natura sopraffatta dalla mano dell'uomo, per tutti -l'Isola Bella vista dalla parte prospiciente Pallanza, dove un folto -bosco di piante variatissime rompe la monotonia delle linee, ed una -serie di grotte ove mormora e gorgoglia l'onda del lago rileva affatto -la massa, è spettacolo ammirevole. - -Io vorrei condurvi, o bella lettrice, a questa peregrina villeggiatura, -approdare con voi alla scalona, visitare le ampie sale del palazzo, -raccontarvi la storiella del pittore Tempesta che le adornò di tanti -quadri dipinti nella sua dimora nell'isola, ammirare con voi pitture -e scolture, e rigirati i viali ombrosi del giardino, cogliere un bel -fiore; e — con vostra buona venia — adornarvene la capigliatura. - -Ma il profumo quasi eccessivo, la vista amenissima, il sorridere -del cielo e dell'onda, la magnificenza della magione e la musica -degli uccelli, potrebbero di leggieri all'ombra di un ananasso o -d'un palmizio farmi credere d'essere un Nabab delle Indie, e voi, o -lettrice, un amabile Urì..... e allora..... chi può prevedere tutti -gli effetti di un sito incantato sulla mente e sui sensi del vostro -compagno?..... Via, non temete, i miei polsi non battono frequenti, -i miei sguardi sono tranquilli, il sangue mi serpeggia pacifico nelle -vene, e voi non vi accorgerete punto che io sogni di essere un Bassà. - -L'isola Madre colla modesta sua casa, co' suoi giardini a terrazzi -senza ornamenti, più vasta della Bella, quasi in mezzo al golfo, piace -ad alcuni forse più della Bella, ove la natura sta più come ornamento -che non base. Gian-Giacomo Rousseau poteva farne il soggiorno della -sua Eloisa. Nell'una e nell'altra roseti e palmizi, magnolie e liane, -camelie e pini e mille pianticelle di diverse patrie, che questo sole -con mite temperie cresce ed affratella. - - * - * * - -Il pittore che vuol dipingere un paesaggio a vividi colori ritragga -l'isolotto dei Pescatori. Chi vuol conoscere come l'uomo possa amare -uno scoglio a costo di starvi accatastato l'uno sopra dell'altro, -entri in quella stretta viuzza dell'isolotto dei Pescatori. Barche -rattoppate, reti al sole, sulla ghiaia, lungo i muri; pannolini e vesti -a scacchi sciorinate alle finestre; portici oscuri, viottoli angusti, -barconi di legno; una marmaglia di ragazzi che chiassano, scorre, -sguizza, s'arrampica sulla spiaggia, sulle scale, sulle gondole; -donne dalle fisonomie robuste ed abbronzate, intente alle chiacchere -ed alle bisogna della vita; una chiesuola, un campanile che si drizza -nell'orizzonte disopra a quelle case che gli fan ressa d'attorno per -ispecchiarsi ancor lui nell'onde; un po' di spiaggia verso il nord, -pochi alberi, poca verzura. - -Il lago qualche volta, la primavera o l'autunno, sdegna la solita -sponda, gonfia, copre la spiaggia, lambe i piedi delle case, batte alle -porte, entra nei pianterreni. Ecco l'isolotto scomparso, e tutte quelle -casupole diguazzando nell'onda tranquilla hanno un aspetto nuovo, -originale, come un quartiere di Cannareggio in Venezia. - -Il contrasto tra lo scoglio dei Pescatori e la grandiosità dell'isola -Bella è sorprendente. L'aspetto dell'isolotto colle umili casette, -colle sue barche fracide a riva, co' cenci all'aria, in quel cielo -serenamente allegro, collo specchio dell'acqua che l'ingrandisce, -con quella scena di verzura su cui si stacca vivamente non è quello -della miseria certamente. Se l'isola Bella col suo grande palazzo ti -fa conoscere l'opulenza del ricco, l'isolotto è un quadro animato -dell'attività instancabile del povero che lotta spensierato colla -fortuna — la quale, a quanto pare, non incappò mai nelle reti di un -pescatore. - - -IX. - -_Don Bussolini da Mergozzo; capitolo in cui si dimostra chiaramente -come i più beati sieno i poveri di spirito._ - - =O mente vaga, alfin sempre digiuna!= - =A che tanti pensier? Un'ora sgombra= - =Quel che 'n molti anni appena si raguna.= - _Petrarca._ - -Quest'oggi fui al lago di Mergozzo, limpido nappo che si stende per -un miglio alle falde del monte Rosso, sulla strada che da Pallanza -corre all'Ossola. Mergozzo poi è una terricciuola sulla sponda del -lago, che da lei prende nome, la quale non ha nulla che possa attrarre -il viaggiatore curioso di monumenti o di spettacoli grandiosi della -natura: dopo le scene del Verbano si rimpicciniscono ben altre bellezze -che non quelle della piccola conca. - -Mentre io passeggiava, rincrescevole che il povero zingaro nulla -trovasse da far suo, passando presso la canonica del paese, casa di -mesta apparenza anzi che no, vidi accosciato in atto di dolorosa -meditazione un uomo dai quarant'anni sulla gradinata della porta. -Egli teneva la lunga e scarna cera tra le mani affilate e smorte, e lo -sguardo fiso nella terra, e quando gli passai accanto mormorò in tuon -di lamento: - -— Eh! tanto gli è morto! - -Ritornai sui miei passi per meglio osservare l'incognito; il quale -vestiva come un prete dei monti, di panni grossi e non troppo lindi; -il cappello dalle tese rilevate e dagli orli spelati giaceva accanto -a lui, come ad uomo che per soverchio calore del capo non lo possa -tollerare sulla fronte. Quando io gli fui dinnanzi, ei levò gli occhi -come smarrito, tolse di terra il cappello, si drizzò e voltosi a me -salutando, mentre due grosse lagrime calavano sulle gote ispide, disse: - -— Sento che il poverino non è nemmeno morto qui, in paese! Lontano -dalla sua parrocchia! - -Egli mi teneva forse per qualche terrazzano: nondimeno quand'egli seppe -che io non era del paese e che anzi ignorava appuntino di chi parlasse, -aggiunse: - -— Non è del paese..... tanto peggio o tanto meglio per lui. Ma, la -senta, io ho un grande bisogno di sfogare con alcuno il mio dolore, e -se il mio presentimento non m'inganna, non la vorrà deridere la fiducia -d'un pover uomo.... Esciamo dai borgo.... la veda; io arrossisco, col -mio abito, di piangere così in mezzo alla strada... E sono anch'io -un uomo, alla carlona, ma un uomo, e il pensiero che quel caro Don -Bussolini sia _morto così male_ mi strozza la parola in bocca.... Ed io -non sapeva niente, io che sarei calato dalle mie montagne a salvarlo, -io che conosceva quell'anima così bisognosa d'un cuore in cui versare -la piena di tanti dolori! Ma io non ho saputo niente! - -Queste parole sgorgavano con tale accento di dolore, che io — ignaro -dell'esser suo e dei fieri casi di Don Bussolini, me ne stava ad una -commosso e confuso per non sapere, come avrei desiderato, porgere -conforto a tanta ambascia. - -— Io vo' raccontargli come uno splendido ingegno ed un bel cuore -possano perdere miserabilmente un uomo, quando agli studi non abbia -conforto e direzione, e gli slanci del cuore ardente, appassionato, non -vengano temprati dai consigli dell'amicizia. - -Don Bussolini era il più bell'ingegno che io m'abbia conosciuto in vita -mia; aggiunga a ciò una perduranza nello studio piuttosto unica che -rara, una memoria straordinaria e la più semplice indole del mondo. - -Noi stringemmo dolcissimi nodi di fratellevole affetto nel seminario; -egli sempre il primo a sciogliere un problema, a trovare il motto, -a comprendere coll'acutissima intuizione i passi più difficili, più -oscuri dei Greci e dei Latini; e se noi studiavamo per guadagnarci -un tozzo di pane o per aprire una carriera all'ambizione, se noi -studiavamo quel tanto appunto che era strettamente necessario per -essere promossi la fin d'anno, Bussolini studiava invece per dissetare -l'ardendissima brama d'istruirsi, di sapere quanto più poteva. Tutta -la polverosa biblioteca del seminario di Novara era volume a volume -passata fra le mani del giovine curioso, e ancora quando alcuno di noi -magnificava quella raccolta di opere, egli sorrideva.... - -Alfine egli fu crismato sacerdote; pensate che festa! Non v'era tra -quegli studiosi un solo che al Bussolini non profetizzasse la più -luminosa carriera, poichè quanti dignitari della Chiesa erano venuti -nel collegio, tutti aveva fatti stupire con quella strapotente facoltà -intellettiva. La parrocchia di Mergozzo era vacante, Bussolini vi fu -nominato, e con grande sua gioia, poichè la tranquillità di quella -sede, la picciolezza della popolazione e la facilità del ministerio -fra gente onesta ed arrendevole, gli promettevano largo campo a' suoi -studii. Egli fu accolto da quella popolazione come un fratello ed in -breve amato come un padre. Chi non lo avrebbe amato? A trent'anni, -nell'età delle passioni, egli non aveva che una cura, un amore, una -passione, lo studio. D'altronde la semplicità elegante de' suoi modi, -la generosità del suo cuore sapevano cattivarsi la comune stima. Un -bel dì, invitato già da lunga pezza a visitarlo nel suo novello eremo, -giungo a Mergozzo; m'accoglie colle maggiori dimostrazioni d'affetto. - -— Senti, Giuseppe: non ti pare che io sia più giocondo dell'usato? -In verità i suoi occhi sfavillavano di tanta luce, che io stetti un -istante sopra il pensiero che egli avesse ricevuta la mitra vescovile. - -— Ho trovato finalmente, Giuseppe, quella luce, che io andava da tanto -tempo cercando... A furia di brancolare fra le tenebre, giunsi alle -sfere irraggiate del sole della verità, della poesia.... ed io da tanti -anni sentiva mormorare attorno questo nome.... Dante.... questo nome, -che è la lingua, la coscienza, il ciclo intellettuale dell'Italia; -sentiva, dico, questo nome, che mi suonava all'orecchio come un -verbo misterioso senza presentire quanto tesoro io vi avrei scoperto -di civile sapienza, d'arte squisitissima? di sublime poesia! Vedi, -Giuseppe, io non mi accorsi della vita del mio pensiero, se non quando -Dante m'iniziò nei mondi dell'infinito.... Ma la mia ragione fu quasi -per vacillare, allora che da ignaro che io era della vera bellezza, -mi vidi ad un tratto trasportato sì presso al Verbo, che i miei occhi -abbarbagliati da tanto fiume di raggi male reggevano allo spettacolo -nuovissimo che mi si schiudeva innanzi. Dante m'insegna a parlare la -favella della mia nazione; Dante mi scopre i nemici di Dio e della -patria; Dante mi narra con parole di fuoco le ire umane e le giustizie -divine, e mi fa piangere con ineffabile dolcezza sui casi di Francesca, -della Pia e della Piccarda; Dante è ad una Omero e Colombo, Raffaello e -Rossini! - -E mi condusse, fra altri parlari consimili, alla sua abitazione. Io -pure aveva letto il poema del cantore immortale, ma l'ignoranza della -storia dei tempi di mezzo annebbiandomi buona parte di quella stupenda -narrazione, faceva sì che io non ne potessi assaporare i pregi più -reconditi. Il poeta mi divinizzava: il filosofo m'atterriva. - -Quando noi fummo nel suo studialo, egli diè mano ad un grosso zibaldone -di carte, su parte delle quali era scritto _storia_, ed erano commenti -storici ai poema; su altre _teologia_, e chiarivano le astruserie -di questa scienza in que' tempi; su altre _arte_, che parlavano -dell'antiche e delle nascenti; _lingua_, e mostravano le origini latine -e provenzali ed il successivo fondersi di buona parte dei vernacoli di -tutta Italia, mirabili studi filologici che diceva base ad ogni sapere -di filosofia; e su altri manoscritti altre denominazioni che non mi -ricorda. - -Quindi mostrommi sopra uno scaffale una ventina di edizioni della -Divina Commedia commentata dai più rinomati bibliofili, e sopra lo -scaffale un'erma del poeta, cinte le tempia da corona di lauro, e sotto -l'erma, in lettere d'oro: _Onorate l'altissimo poeta!_ - -Così scorse quel giorno. La domane, accomiatandomi, con indefinibile -slancio d'affetto, proruppe fra le mie braccia: Beppe, io sono felice! - -Comprendete voi, o signore, quanto quella parola dovesse poi -suonarmi amara? Felice! Se per essere felice non v'ha che un mezzo -solo, dimenticare la terra, pascersi di larve, Bussolini lo era! -In quell'istante, o per vago presentimento di sventura, o perchè -conoscendo io l'ardenza del carattere dell'amico mio, temessi si -lasciasse trasportare dall'entusiasmo oltre i limiti dello studio -ragionato, risposi: - -— Bussolini, guardati dalle passioni: se tu eccedi nella misura, il -disinganno ti sarà atroce, forse mortale! - -— Disingannarmi? E come se la mia passione è tutta pel vero, pel bello, -per Dio! Ma a che più rimembro questa storia, o signore, a voi cui -forse nulla cale dell'amico mio, di me e di queste melanconie? Non -v'è uggiosa questa rimembranza? No? Ebbene, quando farete ritorno a' -vostri, raccontate ai giovani studiosi di gloria il doloroso racconto. - -Parecchi anni lavorò Don Bussolini attorno ad un nuovo commento della -Divina Commedia, di cui conosceva omai a menadito ogni fase, ogni -allusione, e quando io ritornai a Mergozzo credetti debito d'amico -l'eccitarlo a scendere nella lizza della repubblica letteraria, -pubblicando l'opera sua. Io fidava che l'ansietà febbrile del successo, -gli sdegni per la critica superficiale, la dolcezza della lode, gli -eccitamenti a migliori forme, avrebbero di leggieri tratto a più -vasta sfera l'ingegno inteso in troppo ristretta cerchia d'azione. La -battaglia sarebbe stata la vita per Don Bussolini. S'egli si fosse -animosamente gettato da giovinotto fra la turba che di letterarie -ciancie assorda il mondo, in quel caos di sistemi e di idee e di -parole senza idee, in quel tramestìo di genii e di volgo, le potenze -sue intellettive sarebbero sfuggite a quel soverchio concentramento, -che invece d'affinare il pensiero colla meditazione, lo svia spesso -nell'esagerazione. Avrebbe incontrato l'indifferente sogghigno -dell'ignoranza plebea che crolla le spalle alla favella che solleva -il pensiero dalla materia a più confortevoli aure; avrebbe forse -incontrato l'invidia; sarebbe caduto, e allora, morto il poeta, -rinasceva all'altare il sacerdote. O avrebbe vinto o sarebbe stato una -gloria di più all'Italia. Invece!! - -A' miei eccitamenti rispose che da qualche tempo sentiva crescere -nell'anima il bisogno d'espandersi. - -Scrisse a diversi librai: risposero i tempi volgere sì nefasti alle -lettere, il mondo curarsi sì poco dei libri, che se Dante istesso -fosse rinato con un nuovo poema, assai difficilmente avrebbe trovato un -editore... Per quanto dura, era verità. Il giornale ammazzò il libro. -A chi legge libri poi gli oltremontani ammaniscono un quotidiano pasto -di oscenità al massimo buon prezzo. Seppi che Don Bussolini, ignaro -di ogni cosa di questo mondo e anzitutto delle miserie di chi vuole -lottare contro all'indifferenza e l'avarizia speculativa di certi -editori, restò talmente sopraffatto da questa inaspettata rivelazione -di cose che non aveva trovato nei libri, che stette molti giorni come -uomo trasognato. - -So questi suoi affanni, e vengo a consolarlo. La veda, per ingegno -io in paragone del mio amico era la formica presso l'elefante; ma io -dalla prima gioventù aveva imparato assai sul gran libro della società -umana io sono sempre stato uomo, e lui invece quando di poeta... Ma, -Gesummaria, di questo anche troppo le dirò! - -Trovai Don Bussolini chiuso in casa, mentre per l'innanzi egli soleva -studiare passeggiando, perocchè lo spettacolo della natura, egli -diceva, invece di distralo, armonizzava felicemente in lui collo -studio. Allo stropiccìo dei miei piedi si volse, s'alzò in furia dal -tavolo a cui stava tutto intento sopra un librone, e gettatemi le -braccia al collo, avvinghiandosi affettuosamente alla mia persona, -sclamò: - -— Benedetto il mio Beppe! Tanto ti aspettava! - -— Delusioni, non è vero, o Bussolini? - -— No, non delusioni, ma una scoperta, che per me si è una vera America -della mente. Siedi e ascoltami attentamente. Io non so se gli editori -abbiano o no ragione: so però che io non ho acquistato un nome, per -cui mi si debba aprire un varco nella ressa che assiepa il tempio -della gloria! Ma ora il mio buon genio mi additò un mezzo portentoso, -irrepugnabile, per cui il mio nome volerà ben oltre i confini della -povera Mergozzo! - -E mi spiegò come il poema dantesco contenesse in se stesso quasi -un altro poema, quando si trovasse il modo di scoprire il senso -recondito in ogni terzina capovolta, rifusa, senza però nulla -togliere, od aggiungere delle parole, conservando così e numero e -dizione: aggiungeva poi che ogni terzina era strettamente legata alla -susseguente pel senso, cosa che ad evidenza dimostrava, che l'Alighieri -aveva impresso ne' suoi canti questa doppia espressione, manifesta -fattura del vate divino, e non frutto di un casuale gioco di parole. -La Divina Commedia, contemplata da questa faccia, non era, al dire del -Bussolini, creazione meno gigantesca per concezione e profondità di -pensieri..... - -Poco tempo dopo ricevo novelle dell'amico mio; sì grande per lui la -necessità di trovare un essere che comprendesse il suo trovato, i suoi -studi, che egli partiva per Milano. Ivi bussò alla porta di quanti -avevano fama in capitolo.... mi scriveva: - -— Beppe, è venuta l'ora da te profetizzata! A Milano non trovai che -un'anima sola, la quale si sia commossa al mio racconto. Quest'anima -benedicila con me; mi ha ascoltato senza ridere della mia favella -selvaggia; — sì, ho capito di non conoscere il gergo dei sapienti! — -Quest'anima mi ha dette poche e confortevoli parole. È Manzoni. - -Torino, Parigi, o signore, risero come Milano di Don Bussolini. I -sapienti non hanno che il loro orgoglio invece d'un cuore; adunque? - -A Londra, Rossetti, blandendo l'infelice strapazzato, lo fece di -leggieri travedere Dante sotto la sua gotica lente.... Ahi! come il -rividi! Dove l'occhio sfavillante e scrutatore? Dove la serena fronte? -Dove l'amabile sorriso? La mente tentennava. Disperato delle voluttà -dei mondi intellettuali, da cui lo aveva precipitato con sì amaro -disinganno l'altrui glaciale indifferenza, l'infelice con reazione che -gli costò senza dubbio orrende torture, si gettò nelle braccia della -voluttà della materia..... - -Alcune volte, imbandito il desco per sè e due _incogniti_, rinchiuso -nel salotto, favellava con Dante e Beatrice, amaramente dolendosi di -essere stato ingannato dagli uomini..... - -Che più? - -Rilegato per un anno nel convento d'Arona, quella mente, che forse -avrebbe splendidamente sfolgorato in altra condizione, derisa, in odio -a se stessa, vacilla, non è più!..... - -Don Bussolini moriva poco dopo in Isvizzera, miserabile, senza conforto -nè di patria nè di amici. - -Signore, l'ingegno è adunque alcuna volta una maledizione?! - - . . . . . . . - - -X. - -_L'_acqua_, canto in prosa. — Se l'acqua del Verbano fosse vino. — -L'arca di Noè e la nautica. — Le guide. — La capitale del lago. — -Pallanza. — Laveno. — Ghifa. — Portovaltravaglia. — Luino._ - - =Le onde non hanno forse un'anima?= - _Byron_. - -— Dove indirizziamo la prua? - -— Dove ti pare; al largo. Quest'oggi desidero l'acqua, lo specchio -del cielo. V'ha sulla terra cosa alcuna più bella dell'acqua? I fiori? -Ecco, il vento solleva in minutissima polvere il maroso e distende al -raggio del sole un vaghissimo iride contesto di rose, di garofani e di -viole. Al fondo del mare i recessi delle ninfe stanno ornati di perle -e conchiglie a tutt'i colori, dal languido della rosa al vivido del -garofano, dall'azzurro dell'ortensia (ne ho visto delle azzurre), al -candido del gelsomino. - -V'ha forse cosa più necessaria dell'acqua? Sei ammalato? Acqua. Vuoi -forza, elasticità muscolare? Acqua. E tu, come il globo, che sei? Per -quattro quinti acqua. Chi fece la terra? L'acqua. Chi la nutre, la -feconda, la sana? Che cosa è il vino? Acqua. - -Altri cantò a lungo le piante, gli angioli, i fiori e l'asino: perchè -non canterò io l'acqua, questa madre della natura? La voluttà del -correre su dorata quadriga e sollevare colle ruote corruscanti la -polvere del corso più lieto di dame, può forse paragonarsi a quella del -sorvolare con agile schifo sull'ali del vento le onde cristalline di -un lago, d'un bel lago? Voga, voga, gondoliere: vedi come la brezza, -scherzando, arriccia la mia capigliatura, come un'innamorata al suo -caro? Che mi guardi dal cadere?... Lasciami specchiare in questo -cristallo sì terso: forse scoprirò nel fondo qualche bella ondina -amoreggiare fra i canneti con un silfo. Può mai la bella affidare le -membra purissime a più soffice letto? Oh! come tranquilla la sorregge! -Come l'onda increspata lambe amorosa e ricerca i tesori del seno ed -avviticchia pudica il corpo candido colle treccie copiose! - -Oh l'acqua! E i fisici poterono affermare, sacrileghi, che dessa non -è un elemento, come credettero i nostri padri? Dove vi fermerete, -o insolenti, colle vostre scoperte? L'acqua è il primo elemento: -trovatemi un poema che di lei non parli. - -Omero canta l'onda ch'egli sentì morire in un flebile lagno sui -ciottoli delle sponde greche. Virgilio le bricconate d'Enea in faccia -all'oceano, senza il quale come sarebbe egli fuggito alla passionata -Didone? Come sarebbe venuto a fondare quella Roma che... ecc., ecc.? -Senza l'acqua avrebbe potuto Dante fare il più tremendo augurio a Pisa? -Ma lasciamo da parte Dante: questo poeta s'intende che è stato letto, -chiosato, commentato da quanti sanno leggere... Dante. Per la stessa -ragione omettiamo il Tasso, l'Ariosto e gli altri poeti italiani. -Shakespeare, obbedendo a questo irresistibile impulso dei poeti, -trasportò la Boemia sulle sponde dell'oceano, forse per consolarla -colle libere aure marine del paterno reggimento degli Absburgo. -Byron ad ogni pagina canta la tempesta del mare e della mente: senza -il mare egli non avrebbe attraversato a nuoto l'Ellesponto, e non -avrebbe scritto le più belle pagine del _Childe-Harold_, e non avrebbe -anzitutto avuta la soddisfazione di far annegare il suo maestro di -scuola nel _D. Giovanni_. - -L'acqua fa le vendette dei discepoli e dei popoli. Barbarossa annegava -nel Cidno. La Beresina puniva il novello Cesare. Senza l'acqua, Mosè -non avrebbe scampato dalle ugne di Faraone gli Ebrei, questa razza così -degna d'ammirazione sotto l'aspetto politico, religioso, universitario -ed artistico. Se questo è il più tremendo prodigio delle antiche -scritture, delle nuove, dice un Intrese, il più notevole è senza dubbio -quello delle nozze di Cana...... - -Senza l'acqua, senza il mare, Venezia non sarebbe giunta la prima -al Cattaio, e Costantinopoli non si troverebbe in bocca al mare dei -Russi. Senza il mare Colombo non avrebbe scoperta l'America — che non -si chiamerebbe America; — senza il mare, che sarebbe la flotta inglese -e la fama di Nelson? Che sarebbe stato di Gama, di Cadamosto, di Marco -Polo, di Diaz, di Magellano, di Cabotto? — Certamente lord Franklin non -sarebbe perito di fame e di freddo nei deserti polari. - -Il mare è la sorgente delle immagini più sublimi dei poeti e Gian -Paolo Richter, quel gran pensatore, come avrebbe potuto asserire, che -l'idea della vita avvenire è per l'uomo quale un punto nell'immensità -dell'oceano allo stanco navigatore, se.... - -L'acqua (e con questa faccio punto) fornì al divino Petrarca -l'immaginoso paragone: - - «O felice colui, che trova il guado - «Da questo alpestro e rapido torrente - «Ch'ha nome vita, ch'a molti è sì a grado! - -Ma tutto ciò è un nulla. - -Laghisti del Verbano, che sarebbe del vostro bel paese, se i campi -cilestrini del vostro lago non fossero cristalline onde acquose, ma -spumanti fiotti..... di Barbèra? - -Oh! da quanto tempo, o Verbano, tu saresti una conca asciutta come il -palato dei tuoi intrepidi bevitori! - - * - * * - -È fama, che gli antichi imitassero il cigno nella costruzione delle -navi. Da due ore m'arrovello per iscoprire il prototipo delle barche -verbanesi, e mio malgrado non trovo che il rospo. O gondole veneziane -dalla chiglia tagliente, dal felze bruno, dalla prua addentellata, -rimontate il Po ed il Ticino! - -Sento ora esservi tradizione che l'arca di Noè siasi fermata sopra un -alto monte del lago, sopra Intra — l'arca venne copiata; il lenzuolo -che coperse le vergogne dell'inventore della vigna venne issato a -cima di un coso che non è più bastone e non è ancora albero; un palo -lungo lungo a timone; ecco la nautica tradizionale del Verbano. La -ripida discesa del Ticino spiega la mancanza di chiglia nei barconi che -commerciano con Milano e Pavia; ma le veliere e le barchette che fanno -il _cabotaggio_, malgrado i bei modelli introdotti dai villeggianti, -sono sempre conformi all'arca di Noè. - - * - * * - -Compagno, la sbagliate grossa, se credete che io vi vada tessendo una -guida. A che una guida, quando il vostro sguardo è tratto soavemente -senza ombra di sforzo al bello? Quando la natura si apre liberamente -a voi dinanzi? Quale necessità di registrarne le varietà, quando -l'armonia v'allaga di arcane dolcezze il cuore? A che una guida? - -Nessuno si fida delle indicazioni date per gli alberghi o altro simile, -perchè ciò che oggi è buono può essere pessimo domani. Quindi non tutti -ignorano che gli scrittori di questa sorta di libri, _qualche volta_, -per poche lire lodano, col dovuto rispetto alle discipline letterarie, -il più furfante bettoliere, e d'una trabacca pidocchiosa fanno un -castello. - -Dopo queste premesse il lettore può pensare se la mia indole girovaga -e selvaggia poteva acconciarsi, armonizzare con quelle ispide cifre -statistiche! Di più, io sapeva troppo bene che per quanto mi fossi -arrovellato per soddisfare i lettori, io non avrei secondato i loro -capricci variabili secondo le ore della giornata. I lettori laghisti -variano di brama secondo il paese, la villeggiatura ed il giardino..... -ed ogni tulipano vorrebbe un inno! - -Ma se tu hai desiderio di conoscere più ordinatamente il paese, leggi -la Guida di L. Boniforti. È l'unica che lessi senz'annoiarmi, anzi con -piacere. - - * - * * - - =Non fu mai gloria senz'invidia!= - _Prov. Ital._ - -— Pallanza! Pallanza! Chi ha bagagli per Pallanza! - -Io che da varii giorni vagava pel lago e non era ancora sceso alla sua -capitale politica, vistomi sorridere amabilmente da tante pianticelle -fiorite che mi stendevano amorose le braccia, tosto mi lasciai -vincere, e dissi fra me: _vada per Pallanza_, e scesi dal piroscafo _S. -Gottardo_. - -— Oh! scusate.... già mi dimenticavo di salutare, prima d'andarmene, il -capitano, persona squisitamente cortese. - -Disceso a terra m'avviai a sinistra, ammirando case, palazzine e -giardini, e così senz'avvedermene fui a Suna, la quale facendo lo -gnorri va avvicinandosi a Pallanza, di modo che fra pochi anni Pallanza -divorerà Suna o Suna mangierà Pallanza.... seppure — sempre nel futuro -— mentre le due sorelle si confondono in un amplesso, non arriva dalle -spalle Intra e ne fa un boccone. S'io fossi Intra o Suna — perdonatemi -la superba supposizione — io risparmierei Pallanza. L'essere proprio -adagiata sull'estremo lembo della collina che dal Monte Rosso declina -nel lago abbracciando a sinistra il golfo, proprio in faccia alle -isole (quella di S. Giovanni non può risolversi a lasciare la sponda -pallanzese), attorniata da vaghissimi giardini; l'essere risparmiata -nell'inverno dalle staffilate che la tramontana sferra senza pietà -sopra Arona, Intra, Luino e Cannobio; di più la torre antica de' -Barbavara, e anzitutto la sua posizione centrale, dovrebbero farle -perdonare di essere il capoluogo della provincia. - -Così pensava io dondolandomi attorno ai giardini graziosi e coltissimi, -che cerchiano la cittadina verso il promontorio di San Remigio, quando -eccomi dinnanzi uno di quei tali, che i Toscani dicono sì incisivamente -uomini-colla. Era di Feriolo, ed aveva stretto conoscenza con lui -visitando le cave del granito. Vedermi, riconoscermi ed impadronirsi -della mia persona fu un istante. - -— Che ne dice di Pallanza? - -— Molto bene, benchè finora i giardini e le palazzine alla nostrana ed -alla svizzera m'abbiano distolto dall'entrare in paese. - -— Eh! cosa vuol vedere in paese? - -— Le case, le botteghe e chi vende e chi compra, le donne, e se ve ne -sono i monumenti. - -— L'ha visto quel povero vescovo di pietra nell'acqua, sul porto? Ecco -i monumenti. - -— Ho capito: Pallanza non è la sua passione. Eppure ho sentito che vi -si trova spirito socievole più che altrove, e da quel po' di storia -che ho scartabellato parmi che i Pallanzesi, quantunque ora siano -annegati nel nugolo dei forensi e degli amministratori politici, -abbiano indole fieramente tenace d'amor patrio. Signor mio, dopo d'aver -visto i giardini qui attorno, io non mi curo gran fatto di vedere le -manifatture, se vi sono, le carceri che vi sono, ed i monumenti che -non vi sono. Mi pare però cittadina appropriata a contenere la sede -politica del governo del lago; tanto più che, seppure gli operai non -_lunediggiano_, parmi che il commercio non ingombri soverchiamente le -vie. - -— Mi scusi, signore, ma la è in grande errore. - -— Ciò è possibile. Nulla di più facile anche colla migliore volontà -del mondo, che il dare giudizi poco retti, quando si viaggia. E dove -vorrebbe stabilire questa capitale del lago? - -— Senta. Arona ha già troppi intoppi. Ferrovie, telegrafi, poste, -dogana, piroscafi e dieci altre confraternite governative. Di Belgirate -non parliamo. Con tutti quei fiori, con tutte quelle fate ammaliatrici -del bel mondo, Temi non avrebbe la testa a segno; Pallanza è troppo -ilare; Intra è troppo chiassona; Cannobio troppo triste; Luino e -Laveno.... - -— Ma dunque? - -— Quale è il paese più serio del lago? - -— Ho capito, dissi fra me ridendo, e poi a lui: la è dunque di Feriolo? - -— O cosa c'è da ridere? Feriolo non è mica da meno..... - -Per fortuna mia una gentile persona di Pallanza m'incontrava in quel -punto, del resto chi sa dove si finiva. - -Del resto se gl'Italiani credono una sola città potere essere la -metropoli della nazione, Roma, perchè, disse — a morale della favola -— il Feriolese, i laghisti non possono optare per quella città che -crederanno meglio atta a farne la sede del governo?! - - * - * * - -Il piroscafo scorre, guizza sulle onde, e la scena varia ad ogni -istante. Intra, la città del cotone e dell'allegria, salve! Verrò a -te quando mi talenterà passare la serata fra la cricca solazzevole -dei tuoi begli umori ed una dozzina di fiaschi. Verrò a te, e s'io -corro adesso oltre le tue mura, pensa che la più lunga strada è la più -prossima a casa. Tu mi dirai forse: chi ama non aspetta — ed io a te: -chi aspettare puole, ha ciò che vuole. Intanto che tu mediti queste -scappatoie, si maturano le mie nespole. - -Laveno, un nido tranquillo a fior d'acqua, in fondo ad un golfo -verdeggiante, appiedi delle montagne più singolari della costa sinistra -del lago — lo zingaro non può dimenticare la bella abitatrice dalle -stupende chiome.... senza che io te ne profferisca il nome, m'intendi; -parlo di quella gentile il cui sorriso basta a diradare le nubi dalla -tua fronte,..... non vo' dir altro — già alla sua presenza il mio -labbro non balbettò che le solite nullaggini, ed ella deve avermi in -conto d'un ciuco senza basto. - -Portovaltravaglia..... non ho scarpe tali da potermi arrampicare e -dinoccolare per le ciottolaie dei tuoi monti senza pericolo che dopo -un'ora di prova facciano le boccacce. - -Ghifa — voghiamo oltre; i signori della villa Morigia non pensano a -farmene dono. - -Oggebbio — troppo arrampicare troppo scendere. - -Luino, graziosissima Luino dai declivi ombrosi! Da Maccagno che se ne -sta rincantucciato in seno solitario e queto — Maccagno deve essere -stata costrutta da qualche filosofo stoico — alla torre fantastica -dell'Agnelli sulla punta di Germignaga, le curve dei tuoi colli sono -fra le più vaghe e le più arborate; sicchè dopo la pittoresca Angera, -Laveno, e Luino, chi dice tutta la sponda sinistra uggiosa e deserta, -mente per la gola con certe _guide_ scritte da chi passò — forse — una -volta sul lago...... colla nebbia. - - -XI. - -_Cannero ed Ettore Fieramosca._ - -Il seno di Cannero v'invita colla pacatezza dell'onde e colla -benigna temperanza dell'aure e col riso della sua primavera precoce; -l'albergo dei _Tre Re_ spalanca le porte per accogliervi, se non colla -splendidezza dei monarchi orientali, colla spontanea cordialità d'un -ospite un po' alla carlona, ma che vi regala — a buon mercato — a -mense frugali di quel certo rubino che mette in vena, e che vi farà -travedere nell'orizzonte la stella dell'insegna. Ma facciamo punto, chè -altrimenti qualche maligno potrebbe sospettare che messer l'oste abbia -comprato con uno scotto la lode dello zingaro il quale finora non è -in debito con quel galantuomo, e lascia gli annunzi alla quarta pagina -delle gazzette. Anche i terrazzi co' limoneti m'invitano a passeggiare -fra le loro ombre profumate, ma la villa del - - «. . . Cavalier che Italia tutta onora» - -mi rapisce al caro villaggio. - -La villa di Massimo d'Azeglio non ha nulla di monumentale, nulla di -peregrino all'infuori della posizione: costrutta sopra uno scoglio -che si protende nelle linfe lacustri, n'è bagnata da tre parti; dalla -quarta guarda le ripide chine del monte boscato che sta a ridosso -della riva cannerese. Da questa ha dinanzi il basso del lago fin -oltre Laveno; da quella vede in primo aspetto i colli di Luino e di -Germignaga, e, dietro, suffusi dal cilestrino dell'aria, i monti del -Luganese; verso Cannero ne ha in vista le case, i vigneti, e nell'acqua -i romantici castelli percossi dall'onda — più in là, oltre lago, la -fronzute spalle delle erte dell'Alto-Maccagno, su cui fra cielo e terra -biancheggiano boscherecci villaggi. - -All'intorno sulla spiaggia non case, nè orti; alberi, castagneti — il -sito non poteva scegliersi più rimoto. La palazzina disegnava la stessa -mano che coloriva a sì vivi tocchi l'Ettore Fieramosca, e se dessa -non va distinta come opera d'arte, nulla manca in essa per rendere -meglio agiata e confortevole la dimora. Il capace terrazzo a picco sul -lago, innanzi alla Casina, orlato di fiorite pianticelle, con quelle -vedute, è la cosa meglio acconcia per l'abile paesista e descrittore -che, nella meditazione della natura, studia per l'arte i mutabili toni -dell'orizzonte e delle spiagge, i contrasti e le armonie. La temperie -del clima, la bellezza e la tranquillità del sito, i piaceri del lago -e la solitudine che richiama al pensiero le tante memorie di chi è ad -una poeta, pittore, uomo di stato e soldato, lo chiamano sovente a far -dimora nel suo eremo. - -Il rimproccio che tutti fanno a Massimo d'Azeglio ed al suo maestro -Manzoni è di essersi arrestato troppo presto in quell'arringo ove -colsero sì gloriosi allori — ed hanno ragione. (_Qui, a vero dire, non -si sa bene se lo zingaro abbia inteso dire che i due scrittori avessero -ragione, od i primi; io, nella mia qualità d'editore, senza cantartene -i perchè, do ragione agli ammiratori_). - -La brina dell'età non ha smorzato il brio vivacissimo di chi seppe -fondere le pagine dell'_Ettore_ ed il racconto del sacco di Roma nel -_Nicolò de' Lapi_; chi non ha letto con vero solluchero i troppo pochi -frammenti delle _Memorie degli anni giovanili_, scorsi girovagando in -Italia fra lo studio degli uomini e delle cose? - -Giusti, il suo caro amico, lo sollecitava con amorevole insistenza -alla pubblicazione di tre altri lavori a cui aveva posto mano, _Corso -Donati_, _L'Assedio di Siena_ e La _Lega Lombarda_. Che il desiderio -del grande Toscano non debba essere più soddisfatto? - - -XII. - -_Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e Magadino — Diversità di -sistema metrico — Il Re Gambrino in Italia._ - -I Ticinesi, malgrado gli Svizzeri oltremontani, sono Italiani. Della -Svizzera non hanno che le leggi. Cielo, clima, favella, istoria più -ancora che la stessa giacitura del paese li fanno Italiani. Essi sono -liberi, ma il giorno in cui tutta l'Italia sarà libera, essi non si -chiameranno più Svizzeri. Allora si accorgeranno che i loro altissimi -monti li invitano a scendere nella valle del Po, non a valicarli per -discendere fra mezzo ad altre razze, ad altre idee. - -I Ticinesi non mangiano che pane italiano e respirano aure italiane. -Dippiù, chi direbbe Vela uno Svizzero piuttosto che un compaesano di -Canova? I Ticinesi non dicono d'essere Italiani più che Svizzeri, -non lo dicono mai: ma ad ogni ora lo provano. Il Ticino non diede -i congiurati del Grütli, nè gli eroi di Grandson e di Morat, alla -Svizzera, ma diede all'Italia soldati ed artisti famosi. I Ticinesi -sono Svizzeri nelle sale del loro governo; ritornati al sole, sono -Italiani. Se i Ticinesi non fossero liberi, sarebbero ora con noi. -Essi sentono tutto il pregio inestimabile della loro libertà, ed ogni -volta che l'Italiano combattè per la sua propria si vide al fianco un -Ticinese. - -Finchè l'Italia non è libera, il Ticino è svizzero per accogliere nelle -sue braccia i nostri profughi. - -Il golfo elvetico ha sembianze severe. I monti altissimi sfiancati, a -gran tratto nudi, scheggiati, proiettano ombre rotte sul paesaggio. Ma -Locarno è in uno dei più deliziosi siti del lago, come ne è una delle -più belle cittadine. - -La passeggiata al Santuario della Madonna, lassù è piena di belle -viste. Peccato che da Locarno si vede poco lago. - -Magadino, il villaggio del lago forse più conosciuto in Europa dopo -Arona, è forse il meno degno di esserlo per tutto che non è commercio. -Dieci case, in cui nove depositi di merci, otto venditori di tabacco, -sette caffè, sei spedizionieri, cinque alberghi, quattro pubblici -funzionarii, tre uffici, due bigliardi, e dappertutto un odor di -formaggio che assassina. - -A Magadino capitò un giorno, in una sdruscita barcaccia, di cui pagò -il nolo cantando una deliziosa barcaruola, la Poesia. Un soldato, che -stava all'approdo, veggendo quella figura divinamente strapazzata, -tenendola per qualche affare di contrabbando, la condusse nanti il -giudice del distretto. Siccome la poverina parlava un linguaggio -inintelligibile per le orecchie _burocratiche_, questi mandò per un -mercante che conosceva varie lingue. Il nuovo arrivato le chiese qual -mestiere esercitasse. - -— Tesso con fiori la trama della vita umana. - -— Che diavolo di stoffa è questa! sclamò il mercante passando colla -mente in rassegna le tele dell'Olanda, i pizzi del Belgio, e le mussole -della Svizzera. Diede di mano ad un _metro_, che stava presso al banco -del giudice, e mostrandolo alla poverina, le chiese se avesse inteso -favellare di quella misura. - -Smarrita da tanta sconoscenza, ella, che pure aveva cantato tante -glorie e consolato tanti dolori, fuggì ratta, e da quel dì più non si -vide attorno..... - -Malgrado il continuo va e vieni di piroscafi, di barche, di vetture, di -carri, di bestemmie e di pugni fra vetturali e facchini, noi passammo -una deliziosa serata all'albergo del Belvedere, ammirando dal balcone -esteriore della casa il bel golfo ticinese riflettere gli ultimi -chiarori del sole che tramontava incendiando le nubi che coronavano -le vette della Valticino, mentre il _maître d'hôtel_ ne raccontava le -avventure dei suoi viaggi. - - * - * * - -Sulla bella via che tende da Locarno a Bellinzona v'ha una graziosa -casetta, che si pavoneggia in mezzo ad un giardino senza fiori. La -domenica v'è un chiasso da non dirsi di strilli musicali, di danzatori -che s'avvolgono in un turbine polveroso, di battimani degli assistenti, -in mezzo ad un va e vieni di ciotole di birra; che quella è una -birreria, la più bella, la più frequentata di Locarno. Una brigatella -di suonatori, ignoro se di mestiere — non posso dire dell'arte — o -dilettanti, — nel caso sono pur discreti a dilettarsi con sì poco! -— soffiava a tutto polmone negli strumenti più o meno assordanti, -inaffiando di quando in quando la gola riarsa con un sorso di spumante -birra. I danzatori — i maschi stavano alle femmine in ragione del cento -per uno — mescevano di quando in quando birra alle danzatrici, mentre -i curiosi in giro e gli altri avventori ai tavoli in giardino, sullo -steccato dinnanzi alla casina, gridavano battendo colle ciotole vuote: -birra, birra! Io chiusi gli occhi — e, meno l'assenza dell'armonia nei -chiasso strumentale — mi pensai di essere in Germania con un _schop_ in -mano e l'inevitabile pipa in bocca. - -E mi parve di sentire attorno la lingua di Klopstok raccontare la -curiosa leggenda di Gambrino, il quale, come Noè il vino, scopriva la -birra, e meritavasi così di essere raffigurato tra Schiller e Goethe -su tutte le ciotole delle birrerie tenere della gloria alemanna. Vispe -e procaci ragazze correvano attorno servendo lo amarognolo liquore, e -ritraendone il prezzo e per giunta lo scoccare d'una interrogazione -galante o d'un bacio sulle umide mani; una sottile nebbia piena -di visioni cominciava ad avvolgere coi veli incerti la sala..... -Quell'avventore pensieroso era senza dubbio Fausto. — Quell'altro dalle -unghie lunghe e la barba da caprone, se non spirasse la fatua gloria -di un damerino provinciale, sarebbe senza fallo Mefistofele — quel tale -che parla sì forte di patria e di forche pei tiranni è forse l'ombra di -qualche Niebelungo in sessantaquattresimo — là una zingara che studia -su fatidiche carte la vostra sorte — qui una canzone di Körner, più in -là dal crocchio di studenti una lezione eretica di Strauss..... - -Io era ingolfato in piena Germania, e stava per essere anch'io della -partita, quando un vicino importuno sclamò: - -— Io vi ripeto, che per un bicchiere di vino delle Fracce do tutta -la birra e la birreria, colla musica per soprappiù. Che volete? sono -Italiano! - - -XIII. - -_La malinconia a Cannobio — Non tutti i cattivi principii hanno cattiva -fine — All'indiscreto lettore._ - -L'aria è soffocante: non un alito di venticello sfiora il lago; -ma Cannobio che all'aspetto esteriore presi per la patria della -melanconia, è dimora d'una costante brezza, che tutto mi fa fremere -deliziosamente. È il più fresco villaggio di tutto il lago, come ne è -forse il più freddo nell'inverno. - -Cannobio ha un aspetto originale. Adagiato in riva al lago fra una -gola di erti monti boscati, presenta una serie di case variatissima. -A destra verso la Cannobina, torrentaccio insolente, dieci o dodici -antichissime case di pietra, la maggior parte delle quali in semirovina -con finestre sfondate, usci disarpionati, tetti cadenti, mentre la -spiaggia è popolata di lavandaie e di pescatori. Queste rozze topaie -sono divise dal resto da una bella chiesuola, in cui — senza parlare -di Bramante che la disegnava, nè del ricco pavimento a scacchiere di -marmo — s'ammira una bella tela del Rafaello delle montagne, Ferrari -Gaudenzio, rappresentante la discesa dalla Croce. Questo tempio -sormontato da una cupola attorniata da colonnette a portico in giro è -rivolto verso l'interno del paese. - -Dal tempio, che così visto dal lago non è meno bizzarro del resto, -corre una fila di case, l'una dall'altra diversa, innanzi a cui -s'innalzano antichi platani, che ombreggiano un tratto di terreno -irregolare senza spiaggia, ma orlato al lago d'un muricciuolo su cui -siedono e si appoggiano al rezzo delle piante foltissime ragazzi e -fanciulle ed i faniente del paese. Di queste case una presso la chiesa -ha la figura di una casa lombarda del XVI secolo: varie iscrizioni in -marmo dormono sul muro grigiastro fatto più scuro dal contrasto dei -muri vicini a colori vivi, qua e là un po' scoloriti dalla pioggia, -come quelli delle villeggiature della Liguria. Quell'altra ha le -inferriate gibbose alle finestre ed i balconi e le persiane e le tende -delle case spagnuole. Poi nella ressa che fanno, stringendosi una -addosso all'altra, per stare a vista del lago, un altro gruppo di case -a portici, a piani sporgenti, slavate, scornicciate dal vento e dal -tempo. Ecco Cannobio dal lago. Entrate, se è possibile, girando lungo -la Cannobina dalla parte opposta, non lo riconoscerete. Un'ampia, lunga -e pulita via adorna di belle abitazioni, una piazza con un bel tempio -vi fanno affatto ricredere che il borgo sia un ammasso di trabacche -annerite e spiombate come da buon tratto della sponda. - -Si direbbe che l'egoistico amore d'una tranquillità assoluta abbia -vestito così tristamente la fisionomia esteriore della borgata per -tener lungi ogni contatto straniero. Il laghista è generoso, ma poco -socievole. - - * - * * - -Passai varii giorni al rezzo dei platani di Cannobio. Tramontato il -sole, in gondola. La sera vogava attorno alla rupe profonda di Pino, -grazioso paesello sopra un erto promontorio vestito di castagni e che -si pavoneggia mirandosi addoppiato dall'onda. - -Ritorniamo ad Intra; cerchiamo un barcaiuolo. Una ventina stanno alla -spiaggia, parte racconciando attrezzi di pesca, parte dormendo distesi -lungo il muricciuolo all'ombra dei castagni. Questo giovane tarchiato -dallo sguardo insolente e col frusto di sigaro fra i denti, mi garba -assai. Questo vecchio con quella nidiata di ragazzacci attorno è un -vero tipo di quegli apostoli che il vigoroso pennello di Tintoretto -scolpiva sulla tela a Venezia. - -Mentre io me ne stava guardando l'animato quadro, che mi si spiegava -dinnanzi, apparì non so di dove una bella creatura, diciottenne, bionda -come un'Inglese e tutta spilloni d'argento alla nuca, come la Lucia -dei _Promessi Sposi_. Ella venne presso uno schifo legato a terra e vi -depose un paniere. Quella testa era stupenda; non era un profilo greco -e qualunque pittore l'avrebbe plasmato qual era. Sulla sua fronte non -si leggeva un pensiero che non fosse di gioia; il sole le aveva indarno -abbronzato il viso, mentre il collo appariva, sotto il fazzoletto -rosso, di rara bianchezza..... Non parliamo di grazia del suo collo -piegato a leggera curva più grassoccio che magro. Il petto ricolmo -palpitava sotto una vestina, che aperta mostrava una bianca camicia -raccolta a sottili pieghe. Due scarpe quadrate malfoggiate tradivano un -piede snello, irrequieto. - -Saltò nella barca con agilità e mi sorrise. Che faccia la barcaruola? -Perchè no? Ne ho viste tante ad Intra! E colla maggior grazia del -mondo: - -— Vorreste, bella ragazza, noleggiarmi la vostra barca? - -— _Smorbion_! Mi rispose seccamente, mentre quel certo vecchio del -Tintoretto senza nemmeno toccarsi il cappellaccio di paglia con un -piglio tra l'arrogante e l'offeso mi si era piantato dinnanzi, tra me e -la forosetta. - -— Cosa vuole da quella ragazza? - -— Ve lo dirò, quando mi avrete spiegata quella parola _smorbion_..... - -— Quella parola vuol dir insolente, petulante, cattivo soggetto. - -Davvero che quel vecchio animandosi, imporporandosi, mi diventava -sempre più interessante; il petto velloso scoperto, gli occhi -ancora raggianti di forza, i lineamenti improntati dalle tramontane, -m'impedivano affatto di irritarmi. - -È inutile dire, che dopo poche parole il vecchio era tranquillo sulle -proposizioni da me fatte a quella tosa, e che il cerchio ragunatosi -d'allocchi desiderosi di essere spettatori d'una scena di pugilato, -rimase con tanto di bocca quando mi vide saltare col vecchio nella -barca, ove già stava la bella Peppina. - -La Peppina se ne andava a Maccagno: perchè non v'andrò io pure? Una -mezz'ora con lei merita una visita a Maccagno. Nella gondola entrambi -seduti a poppa, ella non era più così sospettosamente selvaggia. Non vi -parlerò nè delle sue belle treccie, nè delle sue scarpe troppo grandi, -non del corallo delle labbra, nè degli occhi azzurri come il lago, nè -delle sue calzette bianche di bucato. Ma perchè non dirò che un eroe -avrebbe desiderato di riposare il capo su quel petto palpitante di vita -e d'amore? Nel paniere erano frutta: ne mangiammo assieme; scendemmo a -Maccagno, salimmo una lunga erta boscata ed ombrosa in cima alla quale -un piccolo villaggio. - -Passai qualche giorno a Maccagno fra la pipa, i disegni, i racconti, -che la cara forosetta mi narrava sulle sponde dell'ameno Delio, -percorrendo i boschi, e..... Che cosa è questo ammiccare degli occhi, -garbato lettore? - -— Finisci adunque la frase. - -— Nossignore. Merita forse che io le faccia vedere i bei granchi a -secco che la piglia, quando vuol dar retta alle mormorazioni della più -volgare malizia? Se non capisce lo scopo dei miei racconti, peggio..... - -— Ho capito. Vorresti darmi ad intendere, che la laghista, popolana, -è tanto amabile e generosa, stretta conoscenza, quanto è ritrosa e -selvaggia, a primo incontro. - -— In verità, che se non fosse mio lettore le direi, in confidenza, -che l'è un pesca granciporri... La laghista sotto ogni aspetto è più -cara del laghista. Il sorriso del cielo e del paese le persuadono -l'amore. Ma teme l'amore e lo sfugge volentieri... Innamorata è la -donna — a quanto mi si disse — più generosa del mondo. Quante volte le -grazie femminili temperano la volgarità maschile, qui come dapertutto! -Le aggiungerò, signor lettore, che se i laghisti non fossero gelosi -come tutti gli altri italiani, io vorrei intonare un inno, a grande -orchestra, alle gentili abitatrici delle sponde verbanesi.... Torniamo -dunque in buona pace alla Peppina. Se m'avesse risposto a Cannobio: - -— Signore, questa barca non m'appartiene; io non avrei passato una -settimana lassù. Dopo questa, la bella Peppina partiva per Milano -lasciandomi a ricordo una folla di pazze leggende, con cui aveva -popolato i castelli di Cannero e i boschi di Maccagno. - -Che andava a fare a Milano? A cangiare di scarpe, mi rispose -sorridendo. Ad ogni modo la fortuna ti sia propizia! - - * - * * - -— Compagno mio, voi mi tenete il broncio, e mi pare di non avervene -data cagione. Vi compatisco: il pensiero corre qualche volta laggiù -fra le mura della vostra città... Voi non mi rispondete? Mi guardate -sospettoso... Sotto il saio sgualcito, fantastico dello zingaro, Dio -sa chi potrebbe nascondersi, n'è vero? L'abito abbottonato, una mano -sulla tasca, un'educata smorfia di noia sulle labbra... La cera ed -il silenzio parlano qualche volta con rara eloquenza. Chi sa quanti -sotto queste spoglie non avrebbero sospettato un giornalista ricco -di speranze e d'appetito in cerca d'_associati_; un aspirante al -Parlamento in giro pel circondario promettendo il ritorno dell'età -dell'oro; un commesso di libraio che pretende colla minaccia, o la -borsa o la vita, _una firma_ per un'opera mai più vista, a cui posero -mano cielo e terra! - -— Zingaro, mi pare che voi m'abbiate promesso di guidarmi dal Verbano -alla Svizzera per l'Ossola e la cosa va alle calende greche. Sono -oramai stanco di asolare. Alla fin fine che m'avete voi fatto vedere? -Invero io m'aspettava..... - -— Una lanterna magica o un cicerone di piazza? - -Se desiderate _vedute_ compratevi delle fotografie. Vorreste forse -sapere il nome di tutto ciò che sfila dinanzi agli occhi? Vorrei -potervi dire il nome dei signori di questa e di quella villeggiatura; -ma per mia disgrazia non oso ficcare il naso oltre il cancello del -giardino per aspirare ad aperte narici l'olezzo dei miei carissimi -fiori..... Se in quell'istante capita il portinaio, arrossisco come -un ladro, tanto più che è difficile che m'inviti ad entrare. Cogli -zingari, si è già troppo cortesi quando si lasciano traguardare da -un'inferriata. Pensate, se mi capita un grazioso signore, se io con -questa maledetta indole oserei dirgli: - -— Servitor suo, io sono uno zingaro, ma di quelli che rubano solamente -cogli occhi e col naso... mi permetta... scombicchero un libro... farò -cenno e lode di lei... Scusi... per mia regola... a che ora pranza? Non -voglio disturbarla... — Metterei la mia rispettabile schiena a rischio -di farsi gramolare. - -Con questo sistema, scrivendo difilato di tutto e di tutti, io, -sapendolo fare, avrei scritto un librone in-folio, ed il lettore non -l'avrebbe comperato per non saperlo ficcare in tasca. È vero, salto -di palo in frasca; ma v'assicuro che ciò è unicamente per darvi agio a -respirare. Insomma ditemi il vostro piato. - -— Voglio dirvi che voi non mi avete ancor dipinto qualche singolarità -in mezzo ad una natura pur singolare per varia bellezza. - -— Giuggiole! E dove la prendo io? - -— Lo scultore del fango forma una Venere, e voi mi fate viaggiare in -lungo e in largo il lago........ - -— Annoiandovi? - -— L'avete detto. Voi non mi parlate che degli alberi, delle montagne e -delle onde. Pare che il lago non sia abitato. - -— Ma e Manzoni e Massimo d'Azeglio? - -— Eh! Si conosceva come gente di casa, quando voi senza fallo eravate -ancora cullato dalla balia colla cantilena del ninna nanna. - -— Che volete? Conversare dei morti non mi talenta, e dei vivi, -quand'anche potessi loro conferire l'immortalità, non ne ho punto -voglia. Se alcuno non trova il suo tornaconto, se la pigli col lettore -indiscreto. I nomi maiuscoli di quelli che fanno parlare di sè in -Italia, è inutile che io li ricanti. Parlare di sconosciuti è cosa -poco allettevole per voi e pericolosa per me, chè nella lode non avrei -sempre la sanzione dei conterranei del genio incompreso. - -Tutto il lago possiede uomini d'ingegno vivace, senza farne però gran -caso: tutti i libri di laghisti pubblicatisi vi ebbero pressochè nessun -esito. Non avete mai veduto in un frutteto un albero chiomato di fronde -rigogliose di fiori e di frutta lasciarsi involare dal vento i più -odorosi e le più saporite? Il laghista non legge. - -La popolazione industre, laboriosa ama il litro più del libro... -Chi oserebbe rimprocciarnela? Lo stesso lord Byron direbbe che hanno -ragione. - - -XIV. - -_La tempesta sul lago. — Quando non si fanno cerimonie._ - - =È cosa curiosa l'amore della vita!= - _Un beccaio._ - -Un'immensa nube nericcia s'addensava sui monti che rinserrano il -lago al nord; il lampo di quando in quando guizzando in quell'oscuro -vôlto rischiarava un istante i profili rotti delle montagne. L'aria -soffocante, un'afa di prigione senza uno spiraglio, nessun tuono -ancora. - -Verso le supreme cime dell'Ossola le nevi rischiarate dal tramonto, -contrastavano coll'orizzonte come luccicanti armature mal celate sotto -la bruna cappa d'un antico cavaliere. - -Il Mergozzolo, che d'ordinario soffia un alito di frescura sul -golfo delle isole, pareva addormentato sui morbidi cuscini della sua -verzura. Ma in fondo del lago, dalla pianura lombarda, sorgeva una -straordinaria cortina di nubi rossiccie, sanguinose, che toccavano -il cielo. Ad un istante, mentre i laghisti mirano le barchette, che -s'involano con rapido alternar di remi dal mezzo della tremula pianura, -un rombo lontano, crescente, incessante annunziò la tempesta colle sue -artiglierie. - -Il vento inferiore o _inverna_, si scatenò subitamente sul lago, che -si coprì tosto di spuma leggera, di piccole onde e in meno che il dico -di grandi cavalloni, i quali emulando i marini venivano ad abbattersi -sulla ciottolaia della spiaggia con un lungo stridìo. - -Sulla strada che orla il lago il turbine avvolgeva la polvere in -altissimi spirali, in cui tratto tratto sparivano le vetture, le -persone, gli animali fuggenti qua e là. A riva, le lavandaie malgrado -il loro affaccendarsi a raccogliere i panni sciorinati, a gettar -sassi su quelli che erano stesi a terra, videro una miriade di lini -variopinti preda del vento svolazzare sulla strada, sulle case, -sul lago. L'aria era tutta polvere, fiori divelti, foglie, profumi, -cappelli di paglia, non senza qualche ombrello vagante a grado del -turbine, divelto Dio sa da quali manine! - -Alla calma era successa di repente la più disordinata agitazione; era -un correre generale, aria, gambe, remi. Lo sbattere delle persiane -e delle invetriate che andavano in frantumi precorse d'un istante un -lampo vivissimo ed un rumoroso tuono, che fu per la tempesta come nella -battaglia il primo fuoco dei bersaglieri avamposti. - -L'uragano è precipitato; la schiuma dei fiotti vola a larghe falde -nell'aria per ricadere sopra la nostra gondola in finissima pioggia. -Col vento in poppa, con mezza vela in asta l'_invernone_ ne cacciò -in poco d'ora dalle coste amenissime d'Intra fin presso Cannero. Allo -svolto del monte, che si protende sul lago tra Cannero e Cannobio sotto -al sasso Carmeno, il lago cambiò fisionomia. Un violento aquilone si -abbatteva dalle gole del S. Gottardo sul lago. Una terribile lotta -s'impegnò tra la tramontana e l'invernone. Le onde risospinte, mozzate, -sbattute non avevano più direzione. Il lago era tutto bollente d'ira e -di schiuma, mentre il cielo era tutto fuoco, ed i monti echeggiavano -sordamente alle incessanti scariche dell'elettricità. Di quel lago -sì variamente bello di monti e colline verdissime, d'onde azzurre del -sereno del cielo nulla più appariva. - -Il vento sibilava sinistramente nelle pinete; le strade deserte dalla -popolazione chiassona; le onde emulanti il furore del mare, mentre la -grandine ed una pioggia a rovesci formavano una fitta cortina, fra cui -apparivano in lontananza i paeselli a riva, a mezza costa, le isole -in mezzo ad una tinta grigiastra. Dappertutto la forza, la maestà del -temporale: la grazia era scomparsa. - -Il gondoliere abbassò ad un tratto la vela e fu in tempo. Le onde -mentre alzavano alta la prua si gettavano da poppa sulla gondola. In -quel tramestio il vento ne cacciò — i volti impallidirono — fra le -torri dei castelli di Cannero, mura liscie, nere, senza porte, a picco -nel lago da cui sorgono. - -Il loro aspetto tra il castello feudale, la prigione ed il covo di -pirati è sinistro. Quando questi solitarii avanzi del delitto guardano -dalle oscure occhiaie la ripa vicina, le piante rabbrividiscono. Più -d'una divenne paralitica. - -Il vento entrando nella fessura dei muri, dalle finestruole, dalle -fuciliere strideva orribilmente. Al barcaiuolo omai sfinito parve -di sentire in quelle abbandonate stanze risa di scherno, che gli -diacciarono le ossa. - -Mi assicurò che erano le ombre dei cinque fratelli pirati già re di -quello scoglio. Per nostra fortuna l'aquilone in quel momento abbatteva -il suo rivale: dietro al castello verso Cannero potemmo gettarci sopra -una piccola spiaggia in faccia all'isolata torre della Malpaga. La -barca tratta da quella furia di vento girò sopra se stessa rapidamente, -passò innanzi alla torre, quando un'onda la sollevò in alto per -stritolarla un momento dopo sulla scogliera. La notte era discesa cupa, -oscurissima: in quella tenebrìa non si sarebbe potuto scorgere anima -viva! - -Il barcaiuolo, tremante, accennava al chiarore dei lampi una frotta di -spazzacamini già naufragati poco lungi presso Cannobio, che diguazzando -cercavano colla rabbia della disperazione di salvarsi sopra i frantumi -della barca. Quei volti gonfi, dai capelli verdastri, erano orribili. -La caliginosa tinta lottava invano colla pallidezza cadaverica: gli -occhi roteavano con sguardi di desiderio, di terrore nell'agonia. Un -piccolo ragazzo fra i naufraghi era giunto ad impadronirsi d'un remo. -Suo padre gli chiedeva aiuto, una mano per salvarsi. Il ragazzo attese -che il padre fosse vicino, e con un colpo della rastia gli fracassò le -cervella. L'annegato calò a fondo e ritornò a galla presso il figlio: -afferratolo pei piedi lo sbalzò dal remo. Ogni frusto della barca -era l'oggetto d'una lotta. Avviluppato nella vela, legato, soffocava -il vecchio arruolatore di quei neri operai, invano chiedendo aiuto: -una dozzina di ragazzi stringeva colle braccia convulse il corpo -galleggiante di chi li nutriva......... - -Intanto presso Pino appiedi a quel crocifisso, che stende invano le -braccia ai naviganti, succedeva una scena poco dissimile. Uno schifo, -su cui due fidanzati, urtava in quella roccia e tutto spariva.... -In quella notte l'annegata veggendo il suo caro dormire fra l'alghe -in fondo al lago, leggiera si spiccò alla superficie e dopo mille -tentativi inutili, colle mani sanguinose potè appigliarsi ad uno -sterpo, che sorgeva in una fessura della roccia. - -Lo sterpo è sufficientemente robusto: ancora un istante e la bella è -salva, quando ad un tratto il suo corpo è strettamente avviticchiato. -Prega la misera, prega, supplica, assicura, giura che lo farà salvo fra -un istante: ma tutto è vano. - -Ella sente smarrirsi le forze, sdrucciolare sull'ammuffata roccia, -lo sterpo sbarbicarsi per il soverchio peso..... la brutta morte -s'appressa nuovamente inevitabile. - -Allora un pensiero d'inferno balena alla sua mente..... quella mano, -che ha fra le dita l'anello nuziale, abbranca ratta un'affilata -pietra... Il fidanzato non è più, ma il suo corpo non si è staccato -dal funereo amplesso: le braccia, il petto non sono più animati, il -volto pallente, la lotta è cessata, ma il nemico resta e implacabile, -spaventoso. Ogni sforzo della bella è inutile, lo sterpo si sradica -sempre più, ed ella si sente tirare al fondo dell'abisso fra le sue -bestemmie all'amante, fra le convulsioni degli sforzi per guadagnare la -vita. - -Mi svegliai madido di freddo sudore ad una bella aurora, che su tutto -il lago spargeva fiori e perle, dopo queste orrende visioni dell'amore -della vita, che mi richiamavano ancora confuse le parole a doppio senso -del barcaiuolo a me che lo interrogava nella tempesta, se m'avrebbe -condotto a riva a nuoto: - -— Eh! in queste occasioni non si fanno cerimonie! - - -XV. - -_Treffiume o Trafiume — Dammi amore e ti do un mondo._ - -Un bel mattino, di Cannobio m'avviai verso Trafiume di buon passo. -L'aria frizzante della valle Cannobina, in cui io m'innoltrava, -raffrescandomi tutta la persona, faceva sì ch'io corressi per quella -stradicciuola come se avessi le ali ai piedi. Io non correva punto a -deliberata meta; correva perchè.... correva! - -Chi potrebbe tentare l'enumerazione di tutti i moti dei quali non -è ben nota la causa efficiente? Un giorno berresti un fiasco di -lacrimacristi, al domani ti spinge una vera necessità di seppellirti -lungo e disteso nelle lamentazioni di Young. Quel dì io avrei piuttosto -bevuto alla vostra salute un sorso di lacrimacristi e lasciato ad -altri il piagnone inglese. Come pensare a tante melanconie quando il -cielo è sorridente, fresca l'aura, più verdi le piante, più garrule le -rondini, e lo stesso torrente ha voce più armonica? La valle Cannobina -triste per avarizia di natura era meno uggiosa. Con queste divagazioni -mentre sto per passare sopra un antico ponte, eccomi là in fondo tra i -castagneti Trafiume. - -Perchè _Trafiume_ s'egli non è a mezzo le acque? Dove sono gli archivii -del comune? Le antiche pergamene? Il biricchino a cui io moveva queste -domande per appagare il mio onestissimo desiderio di condire al lettore -la passeggiata con un cicino di storia secondo i buoni costumi della -buona letteratura... Dove mi trovo? Ecco cosa mi tocca con questo -benedetto divagare e saltare di palo in frasca! Ah! Eccomi sulle -rotaie. Il monello andava a scuola a Cannobio, ove studiava nientemeno -che la storia, l'aritmetica, la geografia e la lingua italiana, ed -a prova palpabile degli studii portava accollato al dosso un certo -zibaldone di libri, o cartellone che vogliate, di tale mole, che -il _puer sudavit et alsit_ non fu mai appiccicato sì a dovere. Quel -professore in erba mi disse adunque che il villaggio in discorso era -Treffiume. - -— Caspita! Tre fiumi? Dove sono questi fiumi? Il monello mi guardò -estatico, poi di trotto che il fastello dei libri gli saltellava sul -dosso, partì in mezzo ad un nugolo di polvere, piantandomi sul ponte a -fare conversazione con una antica statua di pietra. - -Disperato di non trovare la sospirata etimologia, mi avanzo oltre il -paesello nella vallea pensando se non mi sarebbe dato di essere il -Colombo dei tre fiumi di Treffiume. - -Oh! eccomi chiusa la via: il torrente s'allaga nell'uscire da un oscuro -e cavernoso canale fra due roccie ertissime congiunte lassù da un -ponte, che da un tempietto valica l'orrida forra. - -Una provvidenza di barchetta mi attendeva, ed io meno confidente -di Colombo, quando salpava coi legni Ispani per la patria delle -contraddizioni e dei _rewolvers_, m'avventurai in quel quasi -sotterraneo canale a mille doppi più periglioso della Manica. - -A dritta cento sassi screpolati, scagliosi, tentennanti sul tuo capo: -a sinistra una roccia spossata di stare lassù abbracciata al monte -e che aspetta forse una sola parola dell'eco per abbandonarsi nelle -braccia della legge di gravità, e sotto al fragilissimo schifo un -gorgo profondo.... Scilla e Cariddi! Eppure la voluttà vertiginosa -del pericolo m'invita oltre la soglia della forra, ed io, compreso -da religiosa temenza, susurro al gondoliere: voga! voga! Ed egli -voga, ed i vivi raggi del sole non osano entrare con noi in quella -misteriosa stanza, in cui certo fra l'ombre ed il mormorio delle acque -amoreggiano..... - -Ma che? Il navicellaio è scomparso, e dall'onde una dolcissima figura -nuotando silenziosa, conduce con una mano lo schifo, ed io ammiro -quelle forme divine su cui le chiome diffuse e l'onde fanno dubbioso -velo..... or eccola a prua, assisa, che con mano sicura, spingendo -ora a destra ora a sinistra, m'addentra nell'umido laberinto. Io -la guardo..... con occhi sì desiosi di una sua novella che valga a -snebbiarmi il cervello, che essa mi sorride e mi dice che s'io bramo -conoscere la sua storia, devo seguirla nelle sue stanze........ Il -rauco fragore della cateratta, a' piedi della quale siamo giunti, si -mesce al dolce suono delle parole dell'ondina....... Ella m'indica -il profondo dell'abisso invitandomi a seguirlo. Io, palpitando con -mille moti di terrore, di ansietà e d'ammirazione, l'ascolto e la fiso -estatico........ La corrente lene lene ne conduce con essa, mentre la -ninfa dello speco, appoggiato il gomito sulle ginocchia, ne fa sostegno -al capo, e..... - -— Ricusi? Vieni laggiù con me ed io quante gioie ha amore tutte ti -darò. Ancora ricusi? Sei tu ambizioso? Io ti farò re di queste onde, -e non avrò altra cura che di foggiarti corone d'alghe intrecciate ai -fiori delle spiaggie. Sei tu avido di novelle e di leggende? Tu poserai -il capo sulle mie ginocchia, e ti racconterò un mondo di cose che -ignori e ch'io ti farò amare. Sei vago di nuove acque? Ti condurrò nel -lago, e di là pel Ticino e pel Po nell'Adriatico, nelle lagune popolate -di tante memorie di gloria e d'amore! Vieni... vieni... io t'amo! Io -ti farò colle mie mani un trono di conchiglie a mille colori più vaghi -dell'iride, e quando ti sarà caro rompere il corso tranquillo dei dì, -noi, lasciata la nostra reggia e spintici a galla, proveremo la nuova -ineffabile voluttà d'abbandonarci ai fiotti, scendendo veloci nei -gorghi e rimontando sui cavalloni in un letto di molle schiuma, mentre -i canneti e i boschi lungo le rive ne susurreranno i segreti delle -loro ombre. Oh! vieni, affidati a chi ti legherà sì strettamente a sè -coll'amore, che tu non avrai più cuore di respingerla! Tu tremi?.... Io -non sono bella per te! - -E la bellissima in atto di cordoglio copriva il volto colle palme e -la persona colle treccie copiose. Vergognoso ed in una arse le vene -di inusato foco, io mi gettai a' suoi piedi onde non mi sfuggisse... -era troppo tardi!... Collo sguardo e co' dolci nomi e colla persona -spirante bellezza singolare continuava a farmi invito... e lungo -la strada a Cannobio io rivedeva di quando in quando quella strana -apparizione fra le onde riottose del fiume; e mentre il piroscafo -m'involava a quelle acque, io la vidi ancora nei fiotti schiumanti -seguire il solco scintillante della nave, con mille invocazioni..... - -Se voi andrete a Treffiume a visitare l'orrido di S. Anna, e vi -toccherà in sorte di vedere fra quelle misteriose ombre l'ondina -assetata d'amore, Verbania, la regina del lago, ditele che senz'amarla -non è dato allo zingaro di dimenticare il primo essere che volesse -farlo felice di tanti doni in cambio di solo amore! - - . . . . . . . - - -XVI. - -_Storia d'una pentola._ - - =Il mondo è di chi se lo piglia.= - _Prov. Ital._ - -La tenebrìa notturna avvolgeva siffattamente Cannobio in una sera -dell'inverno del 1627, che, eccettuati i gatti e i debitori morosi, -nessuno vedeva oltre la punta del proprio naso. Una tramontana che -s'era impregnata d'un nembo di atomi nevosi sulle diacciaie delle Alpi, -arrotava con tanta furia il suo staffile sibilante nei chiassuoli, -sulle poche insegne delle botteghe, e sulle impannate sconnesse delle -finestre, che chiunque avesse fatto capolino dalla porta socchiusa, -al sentire l'acuta trafittura sulla cera e sulla persona, avrebbe -senz'altro rinchiuso in fretta, e sclamato sotto la cappa del focolare: - -— Brrr! la non è sera d'andare attorno. - -Eppure in quella tenebrìa, con quella tramontana, con quel gelo, due -creature, che non erano gatti, e si tenevano amendue in credito l'una -verso l'altra, stavano intese a stretto ed animatissimo colloquio sotto -il portico di una casa verso il lago. - -Chi erano quei due? Due ladri? Due pazzi? - -Erano due amanti: basta la parola. - -Volete provare l'amore, l'amicizia, le passioni umane? Mettetele alla -prova delle privazioni corporali. Quanti che ti si dicono amici per la -pelle, quando minaccia aquilone o la temperatura è discesa alquanti -gradi, ti passeranno dallato fuggendo senza fare cenno per tema di -essere colti dalla bufera, o di levare la mano di tasca per stringere -la tua, o per scoprire il capo! Vuoi conoscere, bella lettrice, se il -tuo vagheggino t'ama? Fallo aspettare le ore e le ore sotto un portico, -un albero, o meglio in piazza, al vento ed al sollione. Dopo due, tre -ore, secondo il tuo buon cuore, arriva od apri la finestra... Eccolo -là! Non si lagna? Chiede anzi perdono a te stessa? Via concedigli un -sorriso: l'uomo è in gran parte tuo. — Che più? Chi accetterebbe la -gloria a patto d'un serio mal di denti? - -Ma Giovanni Branca avrebbe resistito ai freddi della Groenlandia anche -per udire solo la voce della vezzosa Bettina. La quale alla sua volta -e per essere caldissima di gioventù e discretamente innamorata, non -rifuggiva qualche volta dall'uscire sotto il portico a fare quattro -ciancie col Giovanni. - -La sarebbe poi la magna indiscrezione la nostra, se cogliessimo al volo -le parole sommesse degli amanti, facendo capolino dai massicci pilastri -degli archi di quella casa? Con questa frescura la curiosità non si -soddisfa a troppo buon mercato; ma chi sa? Due parole possono rivelare -qualche gran mistero: una tresca od un idilio; seduzione, gelosia, -rapimento e chi sa quant'altre saporitissime cose. Zitti adunque: è -l'amante femminino che parla. - -— Giovanni! disse con timido accento la fanciulla tuttora incerta; tu -non m'ingannerai? - -— Come lo posso io? perchè ingannarti? Vieni, e tu vedrai se i miei -sogni, come tu li chiami, non hanno ombra di verità. - -— Ma se lo zio s'accorgesse della mia assenza? Sai quanto è burbero con -me!? - -— Ho avvertito l'Angiolina. La fantesca dirà che tu sei andata a casa -di tua cugina..... Ma, te ne prego, non perdiamo un istante... Tu esiti -ancora? - -— Elisabetta! se alcuno ti vedesse, povero il tuo onore! - -Giovanni, malgrado la notte oscurissima, vide il volto della bella -impallidire, e sentì la mano palpitante di lei sciogliersi dalle sue. - -— Bettina, io credeva che tu m'amassi! La voce di Giovanni era sì -scorata, rivelava sì intenso dolore, che la fanciulla sentì venir meno -il proposito di non accondiscendere al desiderio del giovane, e dato -uno sguardo alla via buia sclamò: - -— Ebbene, sia; ma io non t'accordo che dieci minuti. Rientrò guardinga -nell'abitazione, e dopo pochi istanti in cui al povero Giovanni pareva -gli si dovesse dal gran battere scoppiare il cuore, ne uscì avvolta -in un mantello, mentre la vecchia fantesca rischiarava il passo con -una lucerna, facendole schermo dal ventare colla mano. Il giovane -all'apparire subitaneo di una lunga striscia di luce, che dalla porta -socchiusa dritta saettò nella strada, e sentendo la Bettina, che -gridava più forte che non era necessario: - -— No, Marta, non ho bisogno di lume; siamo a due passi; sta in casa... -avrebbe voluto gettarsi in un androne per non essere scoperto, se -pure ei fosse stato in tempo: la vecchia lo avrebbe quindi scoperto -senza fallo, se, appena essa fu sotto il portico, amore — gran -contrabbandiere è amore! — non avesse con un buffo spento la lucerna... -La sferza della tramontana, che con mille diverse orribili voci fischia -attraverso alle piante brulle ed ai comignoli, assai più delle parole -della padroncina, persuase eloquentemente la vecchia, che il meglio -era ritornare ad accocolarsi al focolare. La fante sospirando: granchè -questa gioventù! rientrò, richiuse, mentre la giovinetta si slanciava -nelle dense ombre della via, ove, a pochi passi, il tutto suo Giovanni -la raggiungeva. - -Entrambi, senza dir motto, sulla punta dei piedi, brancolando fra le -mura ineguali e sporgenti, evitando le fossatelle e più gelosamente -i passanti, dal portico sulla sponda del lago, giunsero all'ultima -casa di Cannobio verso la valle. Giovanni, schiusa la porta, con -mano trepidante introdusse l'amica nella stanza a pian terreno, poi -serrate prudentemente le imposte delle finestre, per una scaletta -angusta la trasse in un'ampia cameraccia al primo piano di quell'antica -abitazione, dove in pochi minuti le vampe di un bel fuoco illuminarono -le pareti stinte, quasi nude, ed intiepidirono l'ambiente. - -Ma l'una per la corsa affannosa e per quella certa trepidazione che -non iscompagna mai la fanciulla che si trova per la prima volta sola in -balìa dell'amante, l'altro pei mille sentimenti, che gli tumultuavano -nell'animo, non che le punture del freddo, sentivano il sangue più -bollente rifluire dal cuore al capo con insolita ardenza. - -Il giovane, messo innanzi alla Bettina un piatto di ciambelle, a cui -ella fece il più bel viso del mondo, tolse da un cofano antico una -grossa pentola, la quale invece di coperchio aveva sovrapposta una sì -curiosa scattola pure di rame con certi congegni non mai visti, che -la ragazza guardava l'ordigno con occhio stupito, e cessava un momento -di masticare. Dai congegni della piccola caldaja una funicella correva -all'asse di un arcolaio. - -Bettina, quando Giovanni pose dinnanzi a lei l'arcolaio, scoppiò in -una solenne risata..... Il giovane, gettato con ira il cappello in un -canto, proruppe: - -— Da te io non m'aspettava questa maniera di conforto..... Ma tu hai -ragione, tu ignori che questa ruota rappresenta a' miei occhi un mondo -d'innovazioni. - -Le fiamme avvampano crepitando sotto la caldaia, e già il vapore si -sprigiona con veemenza, quando ad un tratto il giovane ottura il foro, -da cui si sviluppa fumante... La giovinetta meravigliata si ritrae un -passo dal focolare e vede la ruota dell'arcolaio girare rapidissima -sopra il suo asse - -— Dunque non saremo più costretti a filare, n'è vero, Giannino? - -— Qua, francamente: che pensi della mia scoperta? Tu sola la conosci. - -La Bettina per dire la verità pensò in quel momento, che se -l'invenzione di Giovanni _la liberava dalla noia del filare_, suo zio, -il più intollerante ed intollerabile zio del mondo, non le avrebbe -permesso tuttavia di starsene ad udire le novelle colle mani in mano — -ed avrebbe voluto dirgli: - -— Caro Giovanni, a dirtela tonda, se tu non trovi che questi ordigni, -il nostro matrimonio non si farà mai più.... Ed io dovrò essere la -moglie d'un mercante d'arcolai? — E l'avrebbe forse detto, se la fronte -di Giovanni non fosse stata sì pallida, se gli occhi non avessero -interrogato con tanto desiderio... uno sguardo al soffrente fece -svanire il pensiero che le balenava in mente. E poi il giovane, se non -era un Apollo, poteva tuttavia dirsi una bella e maschia figura d'uomo, -e s'egli invece di ritrarsi soletto a pensare le ore e le ore, si fosse -mostrato meno restìo ad intervenire ai chiassosi convegni dei coetanei, -per l'ingegno non comune e la piacente arrendevolezza dell'indole, -egli sarebbe stato in breve tempo l'amico di tutti. Ma il Branca era sì -timido! Bettina, se non di ferventissimo amore, lo amava come le donne -amano quelle nature tenere, affettuose e pazienti, che s'accontentano -di poco o nulla e non sanno mai chiedere. - -— Cosa penso io, o Giovanni? Penso che ti amo! - -Il Branca fu ad un pelo di cogliere un bacio su quelle labbra tanto -eloquenti; ma egli s'era promesso di spiegare alla Bettina quante -speranze avess'egli fondate sopra la sua invenzione. Ella si sedette -presso al focolare, e Giovanni così prese a dire: - -— Che sia sempre benedetto il momento, in cui io ti conobbi... Sì, -perchè questa mia invenzione, da cui attendo onore e compenso, non -sarebbe, se il pensiero costante di trovar modo di possederti non -avesse tutte occupate le facoltà della mia mente. Io non ti spiegherò -come il vapore che emana dall'acqua bollente, compresso, abbia una -forza movente, nè con quali congegni io sia riuscito a servirmene. - -Fatta questa premessa, di cui la Bettina gli seppe grado perchè le -risparmiava una noiosa litania di nomi e di cose, delle quali non -avrebbe capito un acca, il Branca cercò di farle comprendere come la -sua invenzione applicata ad un mulino, risparmiasse tempo e fatica. - -— Questo tuttavia parmi non sia ancora tutto il frutto che io posso -sperare dal trovato..... Mille progetti, mille idee tuttora incerte -vagano nella mia mente. Mi recherò intanto a Milano: io presenterò -al vicerè la mia macchinetta: i dottori verranno consultati, e se -Dio vuole, otterrò un privilegio. Allora la mia sorte non sarà più -dubbia; avrò un nome, ricchezze, e tuo zio si lascierà facilmente -persuadere, che io ti piaccio più che Menico, il mercante di vino, a -cui non sarà dato di possedere te così bella di gioventù e di grazie, -come non giungerebbe mai a comprendere egli sì trivialmente positivo, -la tua anima sì delicatamente sensitiva. Allora, proseguì il giovane -avvicinandosi alla fanciulla, a cui buona parte delle parole del -giovine suonavano come una musica dilettosa, di cui sentiva con piacere -l'armonia senza comprendere il concetto — e prendendone nelle sue ambe -le mani, allora io non chiederò più nulla a Dio per la mia felicità, -poichè Bettina, quella Bettina che io amo... - -— Più della tua pentola, n'è vero? interruppe la ragazza. - -— E di me stesso, sarà mia, tutta mia. - -— Sì, Giovanni, per sempre! Ma lascia che io ritorni....... Senti -l'orologio della torre? È un'ora che io son qui..... - -— Un istante! Ma no — tu hai ragione, ed io non mancherò alla mia -promessa. Verrà presto il giorno in cui potremo amarci e dirlo e -provarlo, senza tema di offendere Dio e l'onore. Mio malgrado..... -Addio. - -Giovanni prese la lucerna, accompagnò l'amica per le scale alla porta -di strada, depose il lume sull'ultimo gradino, e fatto più ardito dalle -soavi parole di lei, con ineffabile affetto le disse sommessamente: - -— Bettina, ti ricorda che un giorno io ti chiesi un bacio, e tu -mi rispondesti che io non l'aveva pure meritato.......... corsero -quasi due anni, ed io, se è possibile, imparai ad amarti con maggior -desiderio e rispetto..... E sì che fra le purissime gioie d'un affetto -corrisposto, io soffro sovente crudeli torture..... - -— A cagione mia? - -— No... Sono io stesso che mi tormento. Quando io confuso nella folla -dei balli, ti vedo, circondata da danzatori, sceglierne uno che potrà -stringerti al suo petto, respirare il tuo alito, sentire la fragranza -de' tuoi capelli, io sento una mano premermi il petto da soffocarmi, -una voce che mi dice: quegli è felice! Lo invidio! E questa voce — -sentimi e perdonami, o Bettina — quando questa voce mi dice, che il -danzatore, giovinastro scapestrato, osa nella vertigine della danza -confondere le sue labbra fra le ciocche... - -— Giovanni! - -— Sì, Bettina, io allora mi sento soffocare dalla gelosia, sento -bisogno d'aria libera... e corro all'impazzata pei campi. - -— Povero Giovanni! Ma tu sai pure che io non posso danzare sempre con -te... Del resto hai tu forse motivo di essere geloso? A me piacciono, -lo confesso, lo scherzo, la danza, la musica, le feste, come a tutte le -ragazze; ma anche allora io non ti dimentico, e quando sei là timido, -quasi rincrescevole di trovarti fra la brigata festosa, il mio pensiero -corre a te che solo stimo come il migliore, e che amo come quel solo -che mi farà felice. Sei contento adesso? - -E la bella fanciulla gettò le braccia al collo del timido giovane che, -tremante, ebbro d'amore, le colse sulle timide labbra un bacio, il -primo, il più voluttuoso. - -Perchè come in tutte le cose vi sono nella medesima specie gradazioni -infinite, vi hanno baci che non sono se non l'effetto di due labbra -scoppiettanti sopra una gota, e baci che vi ricercano tutte le -fibre dell'anima e del corpo: così avvenne al Branca, il quale -sentendosi cingere il corpo dalle braccia della carissima amica, -avrebbe desiderato morire allora allora e forse, se avesse conosciuto -l'avvenire, non avrebbe avuto tutti i torti. - -Giovanni stava per dire addio all'amica, quando — gli si drizzarono i -capelli in fronte, e Bettina, atterrita, si sciolse da lui — una voce -schernevole dalla strada, attraverso alla porta, disse queste parole: - -— È questa la fine o il principio della fine? Giovanni Branca, hai -dimenticato l'_audaces fortuna juvat_? Per voi, gentile fanciulla, io -tradurrò il latino così: Una ragazza quando va in casa dell'amante, si -marita senza prete..... - -Il giovane, passato il primo sgomento, volle slanciarsi, aperto -l'uscio, sullo sconosciuto e farsi ragione dell'insulto, ma -l'Elisabetta, smarrita, si frappose piangendo. - -Il lume, urtato, s'era spento cadendo dalla scala. - -— Non t'affannare, Giovanni, per le mie parole indiscrete. La tua -fortuna è nelle tue mani colla tua felicità....... Osa! osa! chè il -mondo è degli insolenti. - -La voce s'allontanò, Giovanni aperta rapidamente la porta, si -gettò nella strada brandendo un ferro... Nessuno! Corse velocemente -malgrado la notte verso il lago, verso la valle... Nessuno! Ritornato -all'abitazione, il povero giovane trovò Bettina distesa sul pavimento -priva di sensi. Esterrefatto rinchiude la porta, riaccende il lume e -prodiga all'amica ogni cura. - -— Mio Dio! punitemi in altro modo, ma risparmiate la mia Elisabetta! -La quale col pallore sulle gote, gli occhi socchiusi, le treccie -cadenti sul petto, mostrava all'amante una nuova bellezza, forse più -affascinante di quella che ne irradiava il volto nelle ore delle gioie: -e quando al fine, riavendosi, balbettò: - -— Sei tu, mio Giovanni? e si strinse più fortemente a lui, come fa -il timido bimbo alla mamma, le parole dell'incognito balenarono -sinistramente nella sua mente, ed un istante fu per cedere alla -tentazione; un istante solo, che soccorrendogli il pensiero delle -promesse fatte alla fanciulla ed a se stesso, disse: - -— No... no... sarei un infame... sarò sventurato, ma senza rimorsi! -Bettina, rincorati; l'ora è tarda, partiamo. - -— Ma quella voce! - -— Non pensarvi. A me solo spetta far rispettare il tuo onore. - -Dieci minuti dopo Elisabetta picchiava sommessamente alla porta della -cugina la quale la riconduceva all'abitazione. - -Quella notte nè Giovanni nè la sua amante potevano dormire; l'uno -rammaricandosi d'aver compromesso l'onore della sua amata, mentre con -tanta vittoria aveva saputo rispettarlo, e l'altra pensando: - -— Come mai il Domenico, il vecchio mercante di vino, — perchè quella -voce era senza dubbio la sua — potè sapere che io stava in casa di -Giovanni? - -E l'uno e l'altra finirono per conchiudere che nessun pro s'era -ritratto dal colloquio, perchè il Giovanni capì che la sua scoperta non -aveva punto meravigliato la fanciulla ignara ed incurante di quanto -non era ciarle d'amore, vesti e balli; ed ella si pentì di avere -accordato all'amante un favore sì pericoloso... per vedere a girare -un arcolaio! Ma come suole accadere, l'amore fecondo in consolazioni -come in tormenti sovvenne a temperare la conclusione dei due amanti, -soggiungendo all'uno: - -— Non sa apprezzare la mia scoperta, ma ella mi ama... posso -ragionevolmente bramare maggiore felicità? Mi ama e me lo disse! - -E all'altra: - -— Egli non inventò che una pentola per far girare gli arcolai ed i -molini... pazienza... Ma chi mi ama più di lui? Domenico dirà nulla e -Giovanni mi sposerà. Domenico è danaroso; ma il suo sguardo non desta -un palpito, la sua voce non scende all'anima... Peccato, che Giovanni -sia così timido! - -E pensando curiosissime cose della dilicata timidezza dell'amante, finì -per addormentarsi, e buona notte. - - -Siamo oramai alla fine del febbraio ed un vivo raggio del sole penetra -nelle stanze quasi a dire: orsù, levati dal focolare, esci all'aperto, -che io richiamando a vita la natura, scioglierò le tue membra -intirizzite. E voi lasciate la casa, che vi ha riparato per cinque -mesi dalle trafitture della tramontana, scendete a riva, contemplate -il lago snebbiato, limpido, le costiere spazzate dalla neve che non -imbianca più se non le più alte falde dei monti, sulle plaghe più -meridiane spuntare i primi fili d'erba, nelle vie squagliarsi la neve -accumulata dal primo dì in cui coprì la terra, fondersi i diacciuoli -delle grondaie, i passeri inneggiare festosi all'opera redentrice del -sole. Senz'accorgervene, lasciaste a casa il pesante mantello, e levate -di tasca le mani e battete palma a palma; sentite la molle aura del -sirocco involgere tepidamente le membra, e ve ne state passeggiando a -riva come in attesa di una grata novella. Ecco intanto che nelle case -le finestre chiuse da tanto tempo e con tanta cura s'aprono, onde il -sole e l'aria entrino liberamente, e una bella fanciulla si mostra sul -balcone vivamente irradiata dal tocco della nuova luce per salutare -l'annuncio della primavera. Le care sue pianticelle, i garofani, i -geranii non staranno più nella uggiosa ombra delle stanze; essa pure -la domenica potrà d'ora innanzi dopo la messa passeggiare colle amiche -sulla spiaggia o verso la Cannobina, e quando Giovanni passa nella via -— e Dio sa se passi soventi — uscire sul balcone e dargli uno sguardo, -un saluto, lasciargli cadere un fiore... Venga dunque la primavera, la -più bella stagione dell'anno, la stagione in cui i cuori si aprono alla -festa della natura, come i calici dei fiori alla rugiada! - -Giovanni era proprio sulla spiaggia, collo sguardo alla casa di -Elisabetta. Dopo quella certa sera egli aveva deciso di non lasciare -intentato alcun mezzo — onesto — per ottenere la mano della giovinetta, -ed aveva studiato parola per parola quanto avrebbe detto a Milano -dinanzi ai fisici, al vicerè stesso — una curiosa apologia della -propria scoperta, in cui pareva che la modestia dell'autore si -sforzasse ad ogni conto di sminuire il valore del trovato. Elisabetta -conoscendo quanta fosse la timidità del buon giovane e volendo tuttavia -consolarlo, lo salutò con un cenno, e spiccando un bel garofano -variegato, lo lasciò cadere sul lastrico della via. Giovanni accosta -la destra alle labbra per ringraziarla, e s'appressa, lentamente -— il correre avrebbe dato sospetti ai passeggieri — alla casa per -raccogliere il fiore — già raccolto dal mercante di vino che da un -chiassuolo era sbucato sulla piazza del lago in quell'istante. - -Il povero Giovanni trattenne a mala pena un grido — quel fiore era -per me; — Menico che di leggieri aveva compreso, vista la Bettina sul -balcone, la causa dell'improvviso pallore del giovane rimasto lì come -di stucco, si mosse verso di lui e gli disse ridendo, ma senz'ombra di -derisione: - -— Oh Giovanni!.... Ma guardate di grazia se mai più bel garofano cadde -in istrada... fra due contendenti... (e guardando all'insù Bettina che -rideva) il terzo gode! - -Giovanni balbettò: - -— Menico... il fiore è bello,... ma... - -— Ma? Chi disprezza vuol comprare... volete comprarlo? - -Giovanni diede uno sguardo a Bettina che voleva dire: Ah! io non lo -venderei certamente! e rispose: - -— Come fiore trovato nella strada, esso non val nulla; ma se la signora -Bettina lo ho gettato a voi, un mondo non basterebbe a pagarvelo.... - -— Qui sta il nodo.... Signora Bettina, il garofano cadde in istrada non -dalla pianticella sicuramente.... Il gambo venne tagliato dalle vostre -forbici, è chiaro... È chiarissimo, che non essendo avvizzito, voi non -ne avete voluto mondare la pianticella... dunque l'avete gettato per -essere raccolto... (davvero che la è da ridere) da me o dal Giovanni? - -La Bettina guardò in istrada Domenico e Giovanni che attendevano lo -scioglimento della questione; e... che batticuore!... stette un istante -sopra pensieri, quindi rispose: - -— A voi... Domenico — e rientrò in casa, chiudendo le invetriate. - -Domenico diede nel più fragoroso scoppio di risa; Giovanni impallidì, -e sentendosi venir meno la vita, s'appoggiò ad un pilastro della casa -della traditrice. - - * - * * - -Giovanni passava ogni ora meridiana sulla spiaggia passeggiando innanzi -all'abitazione, ma la gioviale figura della Bettina non compariva -più dietro le invetriate del balcone. Sulla sera andava al tempio: la -Bettina, sempre colla vecchia fantesca, correva senza degnare d'uno -sguardo chi la seguiva. E Giovanni vedeva spesso il mercante di vino -entrare ed uscire dalla casa dell'amata con quel suo eterno sorriso -sulle labbra! - -Un bel dì, sulla via di Trefiume, eccoti dinanzi la Bettina: non so se -Giovanni si fosse destreggiato per sapere che quel dì l'andava dalla -sua nutrice. - -La prima cosa che avrebbe voluto fare il buon giovane sarebbe stato -gettarsele ai piedi invocando perdono — di che cosa veramente non -sapeva — perchè non so se il naturale ingegno o le meditazioni avessero -insegnato ad avere sempre torto colle donne. La seconda sarebbe stato -il domandarle se le cure della salute non le permettevano più di stare -sul balcone, di passeggiare colla cugina, di guardare dalle invetriate -il lago, la sponda e chi passava dieci volte al giorno dinnanzi alla -sua casa... La terza — dico terza, perchè le nostre azioni, come -insegnavami un sapientissimo professore d'abbicì, non hanno giammai -meno di tre motivi — la terza sarebbe stata... ma se io non me la -ricordo, a Giovanni non sarebbe mancato modo di trovarne cento... -cosa che tuttavia non gli impedì di balbettare maledettamente innanzi -all'amata pel motivo — vi faccio grazia degli altri due — che quando -l'avvenente fanciulla gli fu vicina, il pensiero che quella cara -creatura dovesse appartenere al prosaicissimo mercante di vino gli -serrava siffattamente la gola da non lasciargli proferire verbo. Gran -demonio è l'amore! - -La Bettina non fu meno amabile del solito, sicchè Giovanni rinvenuto -dalla commozione fu tanto coraggioso di chiederle il perchè avesse -dato a Domenico il garofano che aveva spiccato per lui... La giovinetta -arrossì; quindi con quel tatto sì fino proprio delle donne, invece di -rispondere, domandò a Giovanni: - -— E voi l'avete avuto a male? - -— Io ho creduto che voi mi tradiste! Domenico sogghignò così -satanicamente (e questa era una grossa bugìa!) Da quel giorno, Bettina -perdonatemi, io cominciai a dubitare del vostro affetto... Quanto ho -sofferto! - -— Io sono sempre la stessa! Gli disse la giovinetta stendendogli la -destra. - -— Ma perchè destare delle speranze in Domenico, al quale mi diceste di -aver negata la vostra mano? - -— Che ve ne importa, quando siete sicuro della mia fede? Via, -lasciatemi, Giovanni... potrebbe passare alcuno, e allora... - -— Che male potete temere? Vi amo, e vi sposerò appena ritornato da -Milano. - -— A proposito, quando aspettate a partire? - -— Domani. - -— Dunque addio; a rivederci — presto... - -— Bettina, la vostra mano... - -Bettina si guardò tutt'attorno, e veggendo la strada deserta diede -la mano al povero innamorato, che coprendola di baci, tutto commosso, -sclamò: - -— Oh, no, Bettina, tu non dimenticherai il tuo Giovanni, n'è vero? - -— Perchè dovrò dimenticarti?... E colto un fiore sulle zolle che -orlavano quella stradicciuola, glielo porse, e fuggì ratto verso -Cannobio. - -Giovanni stette buona pezza a riguardare come estatico la fanciulla che -s'allontanava, ed ogni qualvolta essa si rivolgeva indietro sorridendo, -parevagli di sentire agli orecchi quella voce: - -— Va, Giovanni, va a Milano ed osa! - - * - * * - -..... E il Grande di Spagna s'alzò dal seggiolone, discese in mezzo a -quell'eletta adunanza d'ingegni, e porgendo la mano al Branca, così gli -favellava: - -— Questo giorno è senza dubbio fra i più felici della mia vita. -Riconoscere il genio nell'infinita turba delle mediocrità e del volgo -è per certo nobilissima cosa; ma il porgergli una mano soccorrevole, -il poterlo premiare è ventura a pochi concessa. Giovanni Branca il -vostro trovato è stato giudicato da questa sapientissima università, -portentoso: ve ne sia lode quanto per noi si possa maggiore. Perciò -in nome del nostro sovrano signore vi conferiamo il privilegio -addimandato. Se nei dominii di S. M. Cattolica non tramonta il sole, il -vostro nome non tramonterà nei secoli dell'umanità. - -Tanta gioia era troppa: Giovanni quasi fuori di sè venne portato al suo -albergo: per le vie una gran moltitudine con mille voci gli acclamava. -Una aggraziata giovinetta fattasi ad un verone gli rammentò Elisabetta; -essa gli gettò un bel mazzo di garofani odoratissimi. Ma Giovanni -Branca non ravvisò più l'umile osteria che l'aveva albergato fino a -quel dì, nel palazzo in cui era stato trasportato — un palazzo tutto -oro, tappeti storiati, marmi e dipinti vaghissimi. Egli salì ad una -loggia, da cui si mirava gran parte della città e del piano lombardo, e -di lassù gli parve di scorgere un moto continuo ed instancabile nelle -officine, in cui le arti fabbrili si giovavano del suo trovato.... -E questa mostruosa rivoluzione nelle arti l'aveva fatta lui con -tanta gloria; di questo insigne beneficio all'umana famiglia era -lui l'autore con tanto plauso di coscienza..... Ma a quante cose non -potrà applicarsi la scoperta? A che non la faranno utile, necessaria -il bisogno e lo studio? Nessuno potè sapere quali strane visioni -apparissero nella loggia al Branca, il quale, tratto quasi fuori di -sè da tanto successo, si gettava prostrato a Dio, chiedendo mercè... -Ma una voce interrompeva la preghiera, una voce più cara che non gli -applausi della moltitudine, la voce di Bettina che veniva a gettarsi -nelle braccia dell'amante: il quale sentendo fra le acclamazioni del -popolo, fra i trionfi della gloria più ineffabili le gioie dell'amore, -cominciò a dubitare fortemente che il proprio intelletto non -vacillasse, e serrando al petto la fanciulla, gridò: - -— Mio Dio! non ammazzatemi, tanta felicità è troppa... Mi basta il suo -amore! - -Chi sa quando Giovanni si svegliò nella sua cameretta in Cannobio, -quanti auspicii trasse dal sogno? Chi lo sa? Io no, e voi? - - * - * * - -Evviva! La danza ferve: è la mezzanotte... Il ballo è diventato un -turbine, in cui si avvolgono venti coppie di danzatori; la musica -accelera le sue note, gli evviva scoppiano più clamorosi... è una -vertiginosa ebbrezza! - -Diresti che ad ogni amante riescì accoccare un bacio sulle spalle -dell'amica sorridente; che ogni bella ha rapito un cuore, che ognuno -ha dimenticato i dolori della vita!... I vecchi ritornano col pensiero -agli anni della gioventù avventurata; i mercanti cessano di pensare -al dare e all'avere, e se mai balena un pensiero che non sia follìa, -tosto una spumante tazza di liquore lo seppellisce nel fondo al cuore. -Venti coppie attendono in giro che i danzatori s'arrestino un istante -per succedere loro, e la musica non cessa nè il tripudio sosta per -riposare; ognuno si sente animato da una forza arcana. - -Bettina non fu mai sì raggiante di gioventù e di bellezza, gli occhi -di lei non scintillarono mai così vivamente; ella è tutto sorriso e -grazia ed i giovani le si affollano attorno bramosi di ballare con lei -sì svelta, sì leggiera. Molti — allucinati forse dalla festa tumultuosa -— non ravvisano più in lei la modesta Bettina, e nessuno è senza -ammirazione per quelle spalle, che rammentano i busti di Fidia, tanto -tempo nascoste sotto la succinta veste della vergine gelosa. In tanta -ebbrezza chi oserebbe chiederle un pensiero pel lontano!... Oibò! ella -non ha un istante per pensare... tutte le voci, tutti gli sguardi le -dicono con tanta melodìa: - -— Bella! Bella! E la musica non è pure un inno alla bellezza di lei? -No, in fede mia ella non può pensare se non che la è la regina della -festa. - -Non v'ha donna, sposa o fanciulla, che in ballo non preferisca, spesso -senza saperne la vera cagione, un danzatore agli altri; un danzatore -a cui sarà lecito quanto ad altri verrebbe tacciato di petulanza. -Se un compaesano, assente, supponiamo, due mesi, fosse giunto quella -sera, avrebbe fatto le boccacce ravvisando nel favorito di Bettina — -chi l'avrebbe creduto? — Domenico, il mercante di vino, che malgrado -i suoi nove o dieci lustri pareva avesse quella sera riacquistato la -baldanzosa gaiezza della gioventù: la bellezza fascinatrice di Bettina -lo aveva galvanizzato. - -E Bettina era ora la sua sposa! - -Mentre fervevano con maggior calore le danze, entrò nell'amplissimo -sterrato un giovane pallidissimo, Giovanni Branca. - -La navicella che lo trasportava da Sesto Calende stava per approdare a -Cannobio, quando il giovane, levando dalle mani la faccia lacrimosa, -intese quel mormorìo di lontani suoni che si diffonde armoniosamente -nella solenne quiete della notte. La casa dell'amica era immersa come -le altre nell'oscurità — ella dormirà certamente, meglio per lei! -Ma dal lato opposto del borgo verso il Sasso Carmeno, le finestre -e le porte d'una casa erano vivamente illuminate, e le invetriate -lasciavano scorgere che vi era festa. I suoni, le grida, accostandosi -alla spiaggia, giunsero al suo orecchio più distinte... il contrasto -di quella gioia col dolore che lo straziava, piombò sul suo cuore come -l'adunco artiglio del _lammergeier_ sulle tenere carni dell'agnello. -Si rizzò sulla prua, ascoltò più attentamente un brindisi che -echeggiava più sonoro, e fatto ormai certo della sua sventura, gridò ai -barcaiuoli: - -— Per chi quella festa? - -— Domenico sposa la Bettina... Voi giungete a tempo ancora per danzare! - -Giovanni barcollò, corse in un canto della nave, gettò nel lago un -pesante involto..... Le lacustri ondine intrecciarono una ridda attorno -alla macchina del Branca, mentre la Verbania, la regina del lago, -disponeva sull'arcolaio le più flessibili alghe, invitando l'infelice -amante a scendere nei regni di lei ove avrebbe trovate amorose ninfe -per costanza senza pari... - -Bettina intravide nella folla l'antico amante, capì l'espressione -disperata di quella cera sconvolta, imparò da un'occhiata che pure non -era odio la storia della pentola e dell'impressione che doveva fare sul -cuore di lui sì appassionato la novella delle sue nozze con Domenico — -e nascose sul petto dello sposo la faccia. - -Il mercante di vino affidò ad un amico la fidanzata, e andò incontro a -Giovanni. - -I crocchi zittirono, la musica cessò: pareva che ognuno presentisse -qualche cosa di terribile, una lotta. - -Menico, sorridente — egli sorrideva sempre — condusse il giovane in una -camera vicina, lo fece sedere e gli disse: - -— Giovanni, io vi ho sempre stimato come il più dabbene, come il più -onorato giovane di Cannobio. Mi piace l'Elisabetta: l'ho chiesta in -isposa; mi venne accordata. So che essa era maltrattata da quel cane di -suo zio; mi accettò più per isfuggire alla tirannia che per amor mio. -_Si dice_ che voi l'avete amata, e che forse vi contraccambiava. Io non -voglio dir altro, e voi mi capite. Se voi potete dire una parola, io mi -ritiro, senza scandalo. Parlate. - -Giovanni fissò in volto il mercante, stette pochi istanti -soprapensieri, come esterrefatto, indi balbettò: - -— Voi potete sposarla... - -Menico lo abbracciò dicendogli: Voi siete l'uomo più onesto che io -abbia mai conosciuto. - -E lo trasse nella sala della danza... Giovanni bevve, danzò con -Bettina, fece dieci brindisi alla felicità degli sposi; dopo un'ora -era il danzatore instancabile, il ciarlone più ameno, più spiritoso, -e nessuno riconosceva in lui il modestissimo giovane, il taciturno -vagatore dei monti solitarii. Alle due dopo la mezzanotte gl'invitati -erano congedati. - -Giovanni quando tutta la folla s'accalcava attorno agli sposi, fattosi -largo, improvvisò una canzone, in cui l'armonia dei versi non la cedeva -che alla delicatezza della concezione... - -Davvero che fra tanti giovani egli si mostrava ad un tratto il più -spiritoso, il più gentile.... anzi più di una danzatrice lo trovò il -più bello..... - -Mentre Domenico accomiatava gli amici, i parenti, o per meglio dire -tutta Cannobio, la cugina della sposa disse a Giovanni sottovoce: - -— Venite con me sul balcone verso il lago. - -Egli la seguì macchinalmente, senz'addarsene, e vi trovò — sola — -Bettina. - -— No, non partite, Giovanni, una sola parola. Voi potevate disonorarmi -con un detto, strappare questa corona di gigli... Voi siete grande, -ed io comprendo troppo tardi di non avervi conosciuto. Non maleditemi -perchè ho concessa la mia mano ad un altro... Ma il cuore, o Giovanni, -il cuore è sempre tuo... - -— Signora, rispose fieramente il giovane sciogliendo le mani da quelle -della sciagurata, nessuno v'ha costretta a queste nozze. Quando a -Milano mi si trattò da pazzo, io piansi di dolore..... eppure allora -io era ancora felice; aveva fede nel vostro amore. Ma ora, Bettina è -morta; è morta, vi ripeto; non v'ha più che la moglie di Domenico..... - -E scomparve. - -Il giovane trovò nella strada la compagnia dei chiassoni del borgo, -che egli aveva fatto meravigliare colla nuova scioltezza dei modi e -col brioso folleggiare dello spirito: tutti gli si fecero d'attorno, -e cantando e schiamazzando, lo trassero pel resto della notte ora in -una, ora in un'altra casa, ove nuove libazioni finirono per assopire -— buon per lui — ogni ricordo delle sue sventure. Di quando in quando -però una nube offuscava la serenità gioviale della sua fronte, ed egli -rimaneva un istante pensoso, un istante solo, chè passate le mani sulla -fronte, quasi per cacciare una brutta tentazione, ritornava a cioncare, -a cantare più strepitosamente. Quando la brigata, scemata a poco a poco -dal numero di quelli che restavano a serenare sui canti dove erano -sdrucciolati a terra, si trovò dispersa, Giovanni se n'andò a letto, -ove i narcotici fumi del vino tracannato non gli risparmiarono di -raffigurarsi la Bettina nelle braccia del mercante di vino. Parendogli -di soffocare fra quelle anguste pareti, decise d'uscire di casa. - -Quando fu sulla scala, ei stette atterrito..... chi non avrebbe detto -a prima giunta che nella stanza terrena Bettina, vestita di bianco, lo -attendeva, al fondo della scala, là ove gli aveva concesso il primo, il -solo bacio? - -Giovanni, sentendo mancarsi la persona, si sedette sopra i gradini -della scala; non era Bettina, ma un raggio di luna — che richiamandogli -tuttavia i primi sguardi e le prime parole d'amore della fanciulla e il -convegno in quella stessa casa e il bacio, e i desiderii di gloria e di -ricchezza, e la speranza dalle mille lusinghe, faceva più profondo col -contrasto del passato l'abisso che lo separava da quei dì avventurosi, -perchè la gonfia stupidità del governo spagnuolo non aveva saputo -scorgere sulla fronte del giovane modesto la luce del genio, e una -donna si era fatto giuoco di lui... Ma egli era senza rimorsi, e questo -pensiero sciolse alfine il pianto dai suoi occhi — ne aveva tanto -bisogno! - -L'alba sorgeva; una luce mal certa cominciava a penetrare dalla -finestra, dalle fessure della porta, quando una voce — la voce di -quella notte — gridò dalla toppa: - -— Piangi, piangi la tua sventura! Non t'aveva io detto che il mondo è -degl'insolenti? Osasti a Milano? No. Osasti colla Lisa? - -— No, gridò Giovanni sorgendo, ma non ho rimorsi. - - -XVII. - -_S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione! — Prina e la villa -Poniatowski._ - -Se io avessi un milione da profondere in una villeggiatura, sclamai -io lungo e disteso sul promontorio di San Remigio, abbracciando collo -sguardo l'ampia e multiforme scena, che di là scorgesi correre attorno, -qui io l'eleverei, certo che se per l'arte potrebbe avere molte rivali, -poche senza dubbio ne avrebbe per situazione. - -Tuttavia, siccome mi pare che per ora almeno non sorgerà nulla per mio -conto su quel declivo, dopo d'aver passeggiato un'ora nella compagnia -variata dei miei pensieri, me ne andai a visitare la villa del principe -Poniatowski, a cinque minuti da Intra, sopra un gibboso declivo dei -monti, in una posizione che dopo l'accennata è senza dubbio fra le più -belle del lago. - -La casa povera per architettura come in generale le ville verbanesi, -per quanto ricca di suppellettili e d'agi, è un nulla in confronto -della bellezza di un bosco di alte piante, al rezzo delle quali -s'asconde, è un nulla appetto della vista che vi si gode da tutti i -lati; meno il golfo delle Isole, s'ha davanti la più estesa parte del -lago. Dalla palazzina scendendo a riva verso la parte superiore del -lago si scoprono gli avanzi della villeggiatura Prina, sui quali è -basata in parte la villeggiatura Poniatowski; portici, terrazzi, scale -in istile del secolo passato. In un istante mi concorsero alla mente -le scene sanguinose del 1814 a Milano; Prina, Foscolo, il parroco di -S. Fedele, la plebaglia della piazza e gli assassini che dalle sale -dorate, dietro una persiana, miravano compiersi la loro opera. Mi -pareva di vedere Prina seduto in riva al lago guardare con terrore la -sponda lombarda, tentennando il capo quasi per dire: s'io non avessi -mai abbandonato questi pacifici recessi in seno alla natura ed agli -studii!.... - -Prina era uomo onesto e di mediocre ingegno; l'assassinio solo scrisse -con lettere di sangue il nome di lui nella storia. - -La villeggiatura Poniatowski è una bella scena di Walter Scott. - - -XVIII. - -_Intra non si trova che a Intra. — Perchè delle ommissioni. — Virgilio -a Feriolo. — Salute a chi resta._ - -Eccomi finalmente a Intra. - -Gl'Intresi attendono quasi tutti al lavorìo del cotone. - -Gli operai d'Intra non esistono che ad Intra. Nelle grandi città spesso -la sordida speculazione ammassa in oscure umide stanze centinaia di -operai, che con rachitica pazienza tessono la ricchezza del padrone, -muti, tristi, come in ragni da cantina. La sera appena il tardo -orologio segna la breve libertà, uno ad uno, silenziosi lungo i muri -sfilano alle loro topaie. Ad Intra in generale il fabbricante o per -studii o per buon senno, per cuore quasi sempre, considera l'operaio -qualche cosa più d'un istrumento da lavoro; lo considera come uomo e -come cittadino. Industria attiva, intelligenza, non speculazione. Da -ciò grandi opificii, ariosi, puliti, a cent'occhi; dappertutto acqua -viva ed aria viva; la natura del lago e del laghista fa il resto. -Entrate in una di queste fabbriche, ove migliaia di fusi dipannano, -attorcono il cotone. Il carbone avvampa sotto le caldaie; il vapore -sprigionandosi mette in moto mille ruote addentellate, attorno alle -quali cento operai lavorano dodici ore della giornata. Il silenzio del -capace opifizio non è rotto che dal cigolìo delle macchine e dalla voce -del capo operaio. - -Tutto è ordine, moto, lavoro, instancabile lavoro. Ma in quelle lunghe -stanze se tu t'appressi agli uomini sentirai un sottile cinguettìo -rompere la noia delle ore, e dalle donne una cantilena a mezze labbra, -cinguettìo e cantilene, che appena tradotte alla libera aria la sera -scoppiano in allegri canti clamorosi. Nell'estiva stagione lungo le -case della _Sassonia_, sulla via a Pallanza, a Trobaso, quanti gruppi -di belle ragazze inneggianti! Alla domenica quante partite al Pizzo -Marone, ai paeselli del lago! - -Non è raro trovare a varii deschi di albergo gli operai in baldoria, e -nella stessa camera il padrone fare una partita a tarocchi cogli amici. - -Ma se gli operai d'Intra non si trovano che ad Intra, gli è che -fabbricanti come ad Intra non si trovano che raramente altrove. - -Che cosa posso aggiungere sopra Intra? Del nuovo o del vecchio -campanile? Gl'Intresi non se ne curano. O del faro senza lucerna? Un -marinaio, per le nebbie, isserebbe lassù una campana. - - * - * * - -Il caldo m'è insopportabile. La bella Baveno, al rezzo della quale -io vagai richiamando l'ombra di Cavour invano — Cavour villeggiò -alcuni anni in questo paesello, — non seppe trattenermi. E neppure la -_bucolica_ di G. Prati in onore dell'oste. — Barcaiuolo, a Feriolo! - -Ricorrendo sull'ali della memoria la bella valle del Verbano, e -sfogliazzando il libricciuolo su cui vo notando le sensazioni della -vista, del naso, del cuore e della fantasia, ad un tratto mi si fè -palese che io aveva saltato a piè pari nientemeno che il Santuario -di S. Caterina del Sasso, la salita al Pizzo Marone e qualche altra -rarità, su cui avrei potuto ammanire al lettore un succoso manicaretto, -Dio sa con quanta sua e mia soddisfazione. Per fortuna nostra che -in quel punto mi soccorse il pensare, che se mai qualche lettore -innamoratosi de' miei ritratti volesse un giorno fare conoscenza cogli -originali, s'io di tutto gli avessi favellato, nulla più gli sarebbe -tornato nuovo..... Se non tenete per buona questa ragione, con poco -dispendio e poca fatica potete accertarvi della verità. - -Addio, o Verbanesi! - -Credo che ci lasciamo amici per la pelle: io vi amerò sempre come un -popolo forte, allegro, alla buona e senza maschera, come spero che voi -ricordandovi — tutto può darsi — di me, non sdegnerete centellinarne -una ciotola di quel rubino alla vostra ed alla mia salute... - -Mentre io scoccava sulle dita un sonoro bacio, e raccomandatolo ai -zeffiri, lo inviava alle belle Verbanesi, un tintinnìo di sonagli, -uno schioppiettìo di frusta e lo scalpitare di cinque cavalli, che -mi rammentò il _quadrupedante putrem_ di Virgilio, m'avvisarono che -s'avanzava entro un nugolo di polvere la corriera postale tra Arona e -Domodossola. - -E salute a chi resta. - - - - -PARTE SECONDA - -=Per le valli d'Ossola.= - - -I. - -_La sentinella dell'Ossola — Un bagno da trent'anni — I romantici a -Vogogna — Domodossola — Il mercato._ - -Fra i monti da cui l'Italia è vallata verso settentrione, non v'ha -certamente paese più pittoresco e che porga sì largo tema d'ammirazione -e di studi quanto il grandioso bacino a cui convengono tra i -contrafforti declinanti dalle Alpi Leponzie sette valli variatissime. -Pel poeta, pel pittore e per quelli che corrono le cento miglia per -vedere un paese straniero, una natura assai volte meno curiosa, quanti -spettacoli! - -L'antica mitezza dei costumi pastorali, la vivezza dell'aere che frizza -sui nervi, la serena pace che qui si respira, invitano a ritemprare il -corpo e l'anima. - -L'abitare fra le Alpi rivergina le menti. Come l'antico gladiatore -di quando in quando soffregava con oleosi sughi le membra, l'uomo -— possibilmente — dovrebbe alcuna volta rinfrancarsi all'eloquente -parola della natura, poichè il pensiero umano sulle Alpi, come sul -mare, ingagliardisce, inspirandosi a quanto di grande emana dalla -loro contemplazione. Lassù fra cielo e terra, il cielo ne attira; le -basse passioni si spengono poco a poco e le generose si accrescono di -coraggio e di forza. - -La sapiente antichità bene avvisò che il cielo si scala solo coi monti. - -Io quando incontro su queste nostre Alpi tanti stranieri e nessun -Italiano, quasi sto per dire: - -— Che peccato che sì belle valli sieno in Italia!! - - * - * * - -Prendendo le mosse da Feriolo, la natura poco prima sì rigogliosa e -lussureggiante di fiori, di profumi e di verzura ad un tratto raggrinza -la fronte e si mostra severa, trista. - -Il monte Orfano nudo, solitario, minaccioso sul varco, è la tomba -senza dubbio d'uno fra gli arditi che ruppero guerra agli Olimpici. -Sentinella avanzata dell'Ossola, come il Pirchiriano è alla valle di -Susa, la sua fronte crucciata vide le orde Cimbriche scendere dal Gries -e dal Sempione ed atterrite coll'aspetto barbaro le legioni romane, -correre vittoriose ai campi novaresi a disputarvi l'Italia, questo -eterno sogno dello straniero. Anche sul Pirchiriano stanno scritti i -fati dei Longobardi. Mezz'ora prima dappertutto ghirlande di rose e -tralci d'ubertose viti festeggiano l'umana famiglia: qui dall'una e -dall'altra parte massi granitici ti pendono sul capo! - -I giardini incantati del Vergante e delle Isole Borromee furono una -visione ariostesca? - - * - * * - -Ornavasso e Vogogna coi loro neri castelli sono i villaggi principali -su cui si passa. - -Poco prima di Vogogna, a Migiandone, l'antico ponte della strada del -Sempione in una calda giornata d'estate fu preso da vaghezza di bagnare -le sue membra polverose sulle fresche bionde acque della Toce; ma, -ahi! sventura! colpito da inazione nervosa, sentendosi affogare, invano -invocò aita, nessuno il soccorse. Da trent'anni l'infelice attende una -mano provvidentemente pietosa che lo sollevi dalla Toce: pensate, che -angoscia sarà pel poveretto vedersi passare ogni istante due brutte -barcaccie sul muso, alla musica del sacramentare dei vetturali e dei -viaggiatori! - -Vogogna, mi disse un cotale, fu fabbricata da un pittore paesagista -della scuola romantica. I poggi rilevati su cui dondolano le vecchie -mura di merlate torri, sopra il fondo verdastro della cortina alpestre, -non potevano essere meglio disposti. - -Mentre si cambiavano i cavalli, io dava un'occhiata al paesaggio e -un'altra ad una graziosa figurina, che da una finestra dell'albergo -della Posta minacciava di saettare i passanti collo sguardo acuto, -affilato di due begli occhi neri. _Veh vobis!_ - -Il raggio di fuoco che dall'anima saetta col tuo sguardo accende in -ogni cuore desiderii d'amore — a chi non arride il pensiero di cogliere -un bacio su labbra non ancor schiuse all'amorose parole? - -Ma bada, veh! Bada che da un dì fatale nessuno più legga la bella -epigrafe che ora rifulge sul tuo frontispizio: - -Onorate la vergine! - -Tutte queste belle idee, or che ci penso, mi vennero in capo quando la -vettura allontanandosi rapidamente, la visione s'era dileguata... S'io -restava a Vogogna, sarei stato così moralista? - -Mi ricordo che nelle storie corrono famosi, Giuseppe d'Israele e S. -Antonio, per avere resistito al fascino della bellezza muliebre. - -Ma se Giuseppe non portava un mantello slacciato? Quanto a S. Antonio, -se la bellezza della tentatrice corrispondeva al ritratto lasciatoci -dal De-Colonia, è presto spiegata l'astinenza dell'anacoreta. - -La virtù è nella lotta. - -Dopo Vogogna la valle si stende ampia, piana, verdeggiante sotto un -vôlto ceruleo. - -Il sole tramontava. Passando sopra un ponte di legno che cavalca la -Toce, mi s'indicò il monte Rosa che faceva capolino sopra le altissime -vette dell'Anzasca. Il suo capo ancora suffuso dai raggi solari, si -confondeva quasi nelle aeree tinte del cielo, come quelle teste alate -d'angeli degli antichi cartoni, i contorni delle quali sfumarono. - -Nell'Ossola, il popolo al passare delle corriere postali, si ferma e si -leva rispettosamente il cappello. - -In breve le ferrate zampe dei cavalli risonarono strepitando sul -lastrico d'una bella, pulita ed ampia via, che dritta corre come fra -due linee di case modeste, allegre, colle persiane dal classico colore -verde. - -Domodossola è una curiosa cittadina. Da vedute fotografiche — -invenzione che fra gli altri meriti risparmia la fatica del viaggiare -— molti conoscono, senz'essersi mossi di casa, la piazza del mercato -circondata da case di varia fisionomia, tutte a portici irregolari, con -pilastri in pietra, colle gallerie dai piani superiori a traforo, coi -balconi sporgenti e le grondaie protettrici e i camini a banderuola e -le botteghe tutte diverse d'insegna, di porta, d'addobbo, di profumo. - -Da questa piazza s'apre verso settentrione una via non meno bella -di quella che vi scorge arrivando dal Lago Maggiore. Mi si disse che -entrambe si devono alla strada del Sempione. - -Appena disceso dalla vettura, entrai nell'albergo. Un garzone, tutto -miele e sentimentalismo, avendo senza dubbio scorto sulla mia cera -intenzioni ostili al pollame, m'indicò una porticina che dal cortile -scorgeva nel salotto. Una tavola stava imbandita verso il fondo, -attorno alla quale erano seduti quattro signori, a quella distanza -legale uno dall'altro, che è solita fra persone che il solo caso -riunisce. Se io fossi un Centofanti potrei dirvi a quante lingue -appartenesse il gergo che vi si biasciava. Uno d'essi a capo del -tavolo, alto secco e nodato a foggia d'una canna, con un naso adunco -come il becco d'un avoltoio, sulla cui gibbosa groppa s'inforcava un -occhialetto verdognolo, senza barba, colle labbra sottili, strizzate, -dalle vesti che pizzicavano l'originalità, colla fronte e le guancie -raggrinzate dall'eccesso del piacere o del dolore, era inglese. - -La fisionomia giovialmente serena tra il meditabondo ed il michelaccio, -la capigliatura biondocinerina, la ciera rotonda, un certo fare alla -carlona e una bottiglia di birra spumante, tradivano nell'altro un -figlio dell'Alemagna. - -L'accento dimostrava chiaramente francese il terzo. - -Ma chi avrebbe saputo dire all'ombra di quale campanile fosse nato il -quarto? Egli in dieci minuti vestiva la sua ciera della melanconia -degl'Italiani, dell'aggrottato _spleen_ degli Inglesi, della seria -bonomia tedesca, dell'alterigia spagnuola, della follia francese. Lo -sguardo era dolce, insinuante, ammaliatore; ora fosco, imponente, -terribile; la bocca rosea come quella di una bella figlia della -Georgia, spesso dal sorriso contraevasi al sogghigno. - -Se uno di quegli scultori che sanno dalla pietra ritrarre una forma -evocatrice d'infiniti pensieri, avesse visto, guardato, studiato, -analizzato tutti quei moti irrequieti, che male rappresentano passioni -indecise e lo sconforto del dubbio, ne avrebbe tratto il tipo di -questo secolo. Non un pelo di barba sulle labbra, sulle gote, ma le -sopracciglia e la capigliatura stranamente folte; quest'ultima ad -arricciate ciocche cadevagli nerissima sulle spalle. Era vestito come -un signore di buon gusto. Il suo parlare era poliglotta, una vera _olla -podrida_ di motti italiani, greci, spagnuoli, tedeschi, francesi, -russi, britanni e fors'anche chinesi. Chi avrebbe potuto snebbiare -questo mistero vivente? - -Quand'io entrai, il loro colloquio era animatissimo tanto che l'Inglese -gesticolava come un telegrafo non elettrico. - -Anzi mi parve che tutti e quattro parlassero ad una volta secondo -la buona usanza parlamentare di quelli che vogliono far prevalere la -propria opinione senza ascoltare quella degli altri. - -Salutai: il Francese solo accennò. - -Mi sedetti senz'altro, tracannai un bicchiere di vino ad onore e gloria -della cortesia francese, e mentre il garzone recavami la vittima, che -io doveva immolare al mio appetito, ascoltai. - - -III. - -_L'Italia non è che un albergo — 17835 iscrizioni e mezza — Lezioni -archeologiche — Varietà di gusti — Apologia del farniente — Terzo -primato dell'Italia — Quattro duelli — Che hanno la coda._ - -_Francese_. Il bello è sempre lontano da casa: del resto anche la -Francia non teme confronti. Io viaggio, cioè ho fatto un viaggio in -Italia, perchè questo è l'uso d'ogni persona colta: ve lo dico senza -velo. Credete voi che tutti vengano qui a sospirare le ore e le ore -sotto un arco frantumato, un palazzo polveroso, un'iscrizione che non -riescono a compitare, per amore delle antiche memorie? Tutta ipocrisia, -miei signori. L'Italia è un grande albergo, a cui conviene il bel -mondo europeo, e nulla più. Partii da Marsiglia per Napoli. Ho visto il -cratere del Vesuvio, ho mangiato i maccheroni, ho danzato la tarantella -e mi son fatto scorrazzare in corricolo. I lazzaroni mettono schifo ed -il resto annoia... È un popolo lontano mille miglia da Parigi! A Roma -ho veduto S. Pietro, il Colosseo, il Campidoglio ed il Papa. Grandi -cose in mezzo a meschinissime. A Firenze, ho cercato nelle sale del -bel mondo la tanto decantata favella toscana, ed ho udito biascicare -la nostra gran lingua, la lingua del mondo intelligente. A Milano, a -Genova, tolti i monumenti, trovai città da provincia; a Torino cera -di capitale senza l'imponenza babelica d'una metropoli monumentale. -La seria e disciplinata apparenza dei cittadini e della città spiega -la loro storia e la loro gloria nella diplomazia e nelle armi. Tutto -è ordine. Del resto per chi non è assai ricco ed ama la tranquillità, -Torino sarebbe forse la città più _confortevole_ di tutta l'Italia: -pare un convento di agenti del governo. Tutte queste città, compresa -la scenica Venezia e le cento altre minori, è forse meglio vederle nei -diorami del _Palais Royal_. - -In poche parole, appena lasciato il suolo francese, m'annoiai -mortalmente! - -_Alemanno_. Signore, voi avete un adagio, che se non mi sbaglio suona -che ognuno ha i suoi gusti. Giacchè parliamo senza circonlocuzioni, -vi dirò schiettamente che ho dimorato molti mesi in questo paese, e lo -lascio con grande rincrescimento, quantunque la birra sia pessima. - -L'Italia per noi Tedeschi è una immensa università, le cui mura son -tutte tappezzate di lapidi e di monumenti, per chi sa leggerli. - -_Franc._ (a mezza bocca) Grazie mille. - -_Alem._ (facendo lo gnorri). Nessuna nazione porta sulla sua fronte -così palesi le impronte della sua grandezza.... - -_Franc._ (da semplicione). Per chi sa leggerci. - -_Alem._ (orecchio da mercante). Non tutti sono, grazie a Dio, -letterati. Voi vedete là in quel canto quell'inviluppo mostruoso di -carte? Sono 17835-1/2 iscrizioni trovate da me in Italia e commentate -(mormorio di meraviglia). - -_Incognito._ E, se non sono indiscreto, a che queste tante iscrizioni? - -_Franc._ Io vi ammiro! Vi ammiro profondamente! — disse con ironico -enfasi il Francese, ficcando il naso nel bicchiere e gli occhi in -quelli dell'impassibile incognito per ispiare un zinzino di malignità -nella sua domanda. - -_Alem._ (fermo come torre che non crolla). Queste 17835 iscrizioni e -mezza serviranno per note ad una mia opera futura, a cui preparo le -basi. - -_Franc._ E, se anch'io non sono troppo curioso, quale sarà il titolo di -questo lavoro senza dubbio gigantesco? Anch'io sono baccelliere e non -si sa mai... potrei anch'io associarmi alla sua pubblicazione (se pure -vivrò tanto da vederne il fine!). - -_Alem._ Scrivo la storia del pensiero umano comparato nelle razze -latine e nordiche. - -_Incogn._ L'idea di quest'opera deve avervi atterrito sulle prime. Essa -non può essere concepita che da un figlio della Germania. Voi avete -mente disquisitrice e rara, strana pazienza... - -_Alem._ E lunghi inverni e buona birra. - -_Franc._ (per tagliar corto). In Italia cattiva birra e buon vino. - -_Inglese._ Sì, buon vino, eccellente. Vino che rallegrerebbe un Inglese -corroso dall'umore nero. Lasciando a parte le altre qualità che fanno -bella l'Italia, io credo che essa merita una visita per questa volta. - -_Franc._ Se io vi ritorno, scriverò la storia comparata dei vini. - -_Alem._ Anche quest'opera gioverebbe assai all'umanità, se si -considerassero le parole ed i fatti, che sono la conseguenza diretta -del vino tracannato da Noè a noi, o per meglio dire, a voi. - -_Inglese_ (al garzone). Portatemi del vino piemontese... (mescendo agli -altri) Signori... questo vino è buono; e sarebbe incomparabilmente -migliore ove non si fabbricasse tuttora come ai tempi di Noè. Ah! -l'Italia! Marsala, Lacrima, Chieti, Vin Santo, Canonao, Malvasìa, -Caluso, Barolo, e voi classici vini dell'Astigiano! Il vino è la -più bella gloria dell'Italia. Le altre non conosco. Dappertutto vidi -macchine inglesi. - -_Franc._ E stoffe francesi... - -_Alem._ Gl'Italiani dormono sugli antichi allori. - -_Inglese._ Se pure quegli antichi eroi non furono tanti miti. - -_Franc._ Gl'Italiani sono il popolo di cui si piantarono e si piantano -maggiori carote. I poeti, più bugiardi dei cavadenti, ne hanno -assuefatti di là dell'Alpi a pensare all'Italia come ad un paradiso -terrestre. Essi magnificarono il clima, i monumenti e le donne. Sì — -voglio concederlo — qualche cosa di bello e di grande v'ha qui... come -poco più poco meno dappertutto.... Il clima, se ne eccettuate due o tre -spiaggie marine della parte meridionale, è incostante e freddo nella -stagione invernale come da noi. A Torino si soffre il freddo assai -più che a San Pietroburgo. De' monumenti ho già detto quanto penso: -non sono in grado di apprezzare se non quelli che hanno un'insegna... -Restano le donne... Qui piego il capo, e confesso di aver scoperto -nel loro sguardo una dolcezza che manca al clima, e la grandezza, -che non trovai nel resto. Facciamo, o signori, un brindisi a questi -avanzi dell'antica imperatrice del mondo, su cui pure (al Tedesco) il -signore non avrà mancato di studiare, nelle ore di ozio, senza cercare -iscrizioni... - -_Alem._ _Miscere utile dulci!..._ - -_Franc._ (al cameriere). Porta del Bordeaux. Spero che dopo il vino -piemontese apprezzeranno anche il mio Bordeaux. - -Mentre il Francese mesce ai commensali, chiede all'incognito: - -— Non sarebbe ella mai Italiano? - -_Incogn._ No, non sono Europeo..... - -_Alem._ Nelle linee caratteristiche del suo volto leggo..... - -_Franc._ (scherzando) Un'iscrizione? - -_Alem._ Una leggenda della Grecia..... del Levante..... - -_Incogn._ Non sono nato sulla terra, o signori. - -_Tutti._ Oh! oh! questa è graziosa! marchiana! - -_Franc._ (a fior di labbra) Oh! mi casca adesso dalla luna. - -_Incogn._ Sono nato sopra una nave americana. - -_Ingl._ Siamo della stessa razza. - -_Alem._ La vostra nazione verrà un giorno a mettere in sesto l'Europa. - -_Americ._ Quanto a me dell'Europa non amo che l'Italia. Come nazione, -noi non abbiamo avuto pietà delle sue lagrime, perchè non volle mai -intensamente con tutte le forze l'indipendenza per conseguire la -libertà! Quanto poi a ciò che l'Italia dà al mondo intero..... - -_Ingl._ Eh! poverina; se mi eccettuate i cappelli di paglia..... - -_Franc._ Non ha di suo che il far niente. - -_Amer._ Ecco la sorgente del suo merito a' miei occhi. - -_Tutti._ Oh! oh! - -_Amer._ Signori, voi tutti veniste in Italia per divertirvi. (al -garzone) Mesci Malaga. - -_Franc._ Io vi venni, perchè la moda vuole così, ve l'ho già detto, e -mi annoiai mortalmente. - -_Amer._ Perchè non vi siete divertito? - -_Franc._ Perchè? Strade ferrate poche: alberghi molti e cattivi. Mi -dicono i ladri in quantità. Da pertutto si vede che Voltaire e Vatel -non nacquero in Italia. Ecco l'Italia. - -_Alem._ Io mi divertii molto studiando. Se ci avesse della buona birra -di Baviera, io l'amerei anzitutto, benchè gl'Italiani non amino i -Tedeschi col pretesto degli Austriaci. - -_Amer._ Eh! mi sembra che abbiano imparato a far poca distinzione fra -gli uni e gli altri. - -_Ingl._ Io, a dirla francamente, viaggio per fare economia. In -Italia un uomo solo con una ventina di lire al giorno, se la sciala -allegramente. Amo gl'Italiani perchè amo Byron. Ammiro la loro potenza -artistica antica, e se con poche sterline posso portare via qualche -tela affumicata dai loro palagi deserti, e non sto a lesinare. Quanto -alle loro arti odierne, poco su poco giù, se ne potessero fare mostra -in un centro, credo uguali alle straniere. Non crediate che io ami -le arti come quelle che disterrano al ciel la mente, a dirla cogli -Italiani, amo le arti che mi danno piacere. Il piacere, ecco quanto -cerco, ecco la mia divisa. - -_Franc._ Chi non ama il piacere — anche sotto la forma di un'iscrizione? - -(Smorfia eloquente del Tedesco — a cui l'Americano mesce un bicchierone -di Malaga, il quale trovato nel ventricolo il Bordeaux ed il Barolo, -accende con essi e la birra un incendio, per cui il fumo comincia a -sortire dal naso del pacato Alemanno). - -_Amer._ (_all'Inglese_) Bravo. Il piacere; ecco la molla d'ogni azione. -Chi cerca il dolore? La vita non è che un circolo più o meno vasto, in -cui l'uomo corre dietro al piacere, e fugge al dolore, che del resto ha -le gambe molto lunghe e le braccia di ferro. Ora, viaggiando, qual è il -paese in cui il circolo pare meno angusto? Se non l'.....Italia? - -_Ingl., Alem., Franc._ ad un fiato: L'Inghilterra! La Germania! La Francia! - -_Amer._ Nossignori..... L'Italia. - -_Tutti._ Oh! - -_Amer._ (mesce) A voi partito dalle sponde fumose del Tamigi non -sarebbe stato dato il trovare un paese, che avesse cielo sorridente -e dolci aure, ottimi vini, vita a buon mercato, e di che scialarla -allegramente come in Italia, in tutto il mondo. Qui Shakespeare sognò -i suoi drammi: senza vedere l'Italia egli comprese quanto colore -dà questo sole alle minime cose. Ad ogni passo incontrate l'ombra -di Byron. Come Inglese voi dovete essere appassionato delle scene -naturali. Dove trovate maggior varietà? Qui presso eterne nevi e sulle -rive mediterranee eterna primavera. Fate ora paragone coll'Inghilterra. -Quanto v'appare triste e caliginoso quel suo aere pregno di _Goddam_ e -di catrame! - -_Ingl._ (con una mezza tinta drammatica) Signore! - -_Amer._ E voi, amante pure del piacere, rimproverate agli Italiani il -lor far niente? Voi non lo comprendete il loro far niente. - -Un giorno il sole amoreggiò colla fantasia: da essa nacquero -gl'Italiani. La splendida natura del loro bel paese desta in loro -non meraviglia, come in voi, ma una dolce melanconia che li invita a -meditare, a fantasiare. Chi di essi riesce a plasmare la propria idea -crea un capolavoro concepito fra l'aspetto di spettacoli grandiosi, -fra le memorie d'una gloria immensa, ed in una meditazione continua, -intensa. - -Questo far niente è adunque un gran lavoro. È il far niente che -produsse i loro artisti, Raffaello e Rossini. - -Se tutti gl'Italiani dessero o potessero dare atto ai pensieri che -concepisce il loro far niente, a quest'ora il mondo sarebbe una seconda -volta di loro. Tutte le nazioni nutrono più o meno un certo rancore -contro l'Italia. Perchè non contro la Curlandia, la Danimarca, la -Turchia? - -Tutti cercano di soffocare i suoi gemiti gridando che essa a nulla è -atta. Le altre nazioni quando si trovarono nella sventura annoiarono il -mondo stridendo: quando l'Italia piange, un'arcana melodìa ne soggioga. - -O in una o in un'altra cosa l'Italia comanda sempre al mondo. Una volta -coll'armi, ma i popoli battuti borbottavano male parole; ora colla -musica, ed i soggiogati accettano l'impero battendo palma a palma. A -mezzo l'_Otello_, il _Guglielmo Tell_, la _Norma_, la _Lucia_ od il -_Rigoletto_ rimproverate agl'Italiani di non farvi le stringhe a buon -mercato come in Francia. Io quando sento le note della - - «Casta Diva, che inargenti» - -chiudo gli occhi, ed assorto in una voluttà che non istanca comprendo -tutti i misteri del cuore che nella solenne quiete della notte confida -alle ombre i suoi palpiti. E mi terrei beato se io potessi rientrare -nel nulla _accompagnato_ dalla sinfonia della _Semiramide_. Tutte -queste armonie emanano in parte dall'influsso delle donne italiane, -le sole che mi toccano più che i sensi, la mente. Voi mi direte che -l'Alemagna e la Francia hanno grandi maestri non inferiori in merito -agli Italiani... Senza discutere rispondo che la melodìa di questi mi -tocca di repente il cuore: le armonie di quelli mi meravigliano, ma -m'impongono uno studio. - -Intanto l'Italia riscuote da tutte le nazioni un tributo alle sue arti: -noi lo paghiamo senza battere palpebra. Ora chiedete ai vostri telai, -alle vostre macchine, il piacere! - -Tutti i vostri più grandi artisti non divennero tali se non dopo una -certa dimora in Italia, ove direi che l'armonie di cui è pregna l'aria, -destarono in essi le potenze _dinamiche_. Rubens? Vandych? Poussin? -Thorwaldsen? Meyerbeer? Reynolds? - -La gretta gelosia delle nazioni verso l'Italia è giusta; se esse -le avessero permesso di divenire politicamente una nazione, tutto -il mondo sbadiglierebbe da lungo tempo alle malplagiate note dei -nostri maestri, e allora addio, o piacere unico, divino! Perciò il -risorgimento politico italiano, sotto quest'aspetto, non trova in me -un fautore. Che volete? L'Italia oppressa piangeva così soavemente! -Libera? la vedrete perdere lo scettro delle arti. Le nove vergini non -amano il tamburo militare. Le vostre nazioni quando il gladio romano le -affettò, che divennero? Scomparvero. L'Italia scompare nella politica -e tosto rinasce nelle arti. Cos'è la Spagna divisa, sbattuta da mal -certe passioni? Paragonatele l'Italia. E voi, Alemanno, troverete più -facilmente qui la birra di Baviera, che 17835 iscrizioni in Germania. - -_Franc._ 17835 e 1/2. Ah! ah! - -_Alem._ Sì, 17835 e 1/2. Volete vederle? - -_Franc._, _Ingl._, _Amer._ Misericordia! - -Tutti s'alzarono per isfuggire alla terribile minaccia del buon -Tedesco; questi offeso dalla dimostrazione eloquente credette lesa la -patria nelle sue più profonde affezioni archeologiche, e per difendere -la Germania non trovò mezzo più spiccio di quello di arrovellarsi -contro l'Italia, dimenticando — o ingratitudine! — l'origine delle -iscrizioni in appendice alla sua opera — postuma. - -Io in quella gazzarra pensate se me ne stetti a bocca chiusa! -Desiderare che l'Italia sia schiava per sentirne il pianto... Oh! -dunque la è una istriona? Un usignuolo da tenersi in gabbia? Voi siete -altrettanti egoisti, e per me vorrei che non una nota di Rossini avesse -varcate le Alpi. - -In pochi minuti i forestieri, obbliati i meriti musicali e viniferi ed -il dolce far niente si unirono a' miei danni. Animato da un insolito -calore, io sentiva ingagliardirsi in me tutte le potenze dell'amore, -che fa della patria agl'Italiani una madre afflitta da consolare. -Perciò rigettate le lodi ed il lascivo panegirico dell'Americano, -intuonai, virgolato da più libazioni, un'eloquente difesa della povera -nazione che getta finalmente la cetra, con cui ha saputo molcere i dì -del dolore per impugnare il ferro della battaglia. - -Le vicine pareti della sala erano scomparse, ed io vedeva attorno -attorno sulle pendici dell'anfiteatro ossolano un'immensa moltitudine, -che cogli occhi m'incoraggiava col gesto. Erano ombre di remoti e di -vicini secoli. Io riconoscendo in molti d'essi carissime conoscenze -di biblioteca, eruttava faville. Le cruciate figure di Dante, -di Michelangelo e di Giusti, parevano protestare contro il detto -dell'Americano esser necessaria la schiavità all'Italia per serbare il -primato nelle arti. - -Gli stranieri irritati a quella vista, crollando le spalle e facendo le -boccacce, senza una riverenza al mondo per quei nostri illustrissimi, -sacramentarono d'impiparsi di quelle anticaglie da ferravecchio, di -miti, d'ombre chinesi. - -Se non m'isbaglio, mi diedero per corollario dell'asino — ma per non -essere la prima volta in vita mia — non ne sentii troppa ira. Virgilio -m'era pur costato delle sonore sferzate; Dante mi fa presentire la -bolgia degli scioperati fannulloni; eppure al sacrilego dileggio -perdonai i cavalli al pedagogo, e, gettato lo scudo, colla baionetta in -canna assalii di botto tutte le nazioni in una volta. - -La faccenda diventava seria. Le ombre stesse malcontente parevano -volermi suggerire, ma anch'esse tutte ad una volta. In due minuti il -vino e l'amor di patria annebbiarono le idee; il colloquio diventò -un turbine, una tempesta. L'ira alle fiamme accecanti del liquore -s'accese. Gli era come cento suonatori disaccordi, un pandemonio di -esclamazioni, di nomi proprii, un'enciclopedia a fascio, un vocabolario -scucito, i cui fogli svolazzano confusi dall'uragano. - -Povera Italia! Dopo mezz'ora i quattro campioni giacevano in una gora -sanguigna, attorno al tavolo, non morti e non del tutto vivi. - - * - * * - -Il garzone sentimentale mi condusse nella mia camera da letto: il -quale sormontato da un alto baldacchino a cortine — il letto, non il -cameriere — stava in mezzo alla stanza col capo al muro. Ampie cortine -d'un rosso dubbioso lo coprivano intieramente. Mi posi tosto a letto e -spensi il lume. Un raggio di luna, sottile, lungo, mi tremolava presso -alla finestra: la discussione, il vino e le cortine mi soffocavano: le -apersi. - -In fondo alla camera stavano — non v'era dubbio — varie figure, dritte, -minacciose, una presso all'altra stretta per le mani, come i congiurati -del Grütli. Se non che quelli erano tre, questi quattro. - -Lo spavento fece abbrividire il midollo delle mie ossa. - -Erano proprio i commensali, forse ubbriachi, che venivano a farmi -qualche brutto tiro. Volli scivolare dal letto, cercare nel sacco -da viaggio una pistola; ma le gambe aggranchite mi negarono il loro -ufficio. Volli chiudere gli occhi: non potei. S'avanzarono fin presso -ai piedi del letto. - -Il primo a parlare fu il Tedesco. - -— Signore, egli borbottò, voi avete riso delle mie 17835 iscrizioni e -mezza, e voi me ne renderete conto e tosto. Così vi sarà al mondo un -nemico di Germania di meno. - -— Caro fratello in Schiller, gli risposi ritirando gli artigli, voi -parlate come suole il mondo, una verità ed una menzogna. Anzitutto -gli Italiani non odiano gli Alemanni; odiano gli stranieri che vengono -giù dalle Alpi a rapina di ogni cosa — eccettuate le iscrizioni. Anzi -rimarginate le piaghe fatte dagli Austriaci, la tanto percossa Italia -vi stenderà una mano, amichevole. Se corsero rivi di sangue fra voi e -noi, la colpa a voi: v'abbiamo detto: - - Ripassate le Alpi e tornerem fratelli... - -voleste restare! — Quanto alle iscrizioni, è vero, risi. Battiamoci -dunque da buoni amici. Ma prima che cessi per me questa dolce abitudine -di pensare ed agire, come dice il vostro Goethe, chiaritemi perchè -l'ultima vostra iscrizione sia soltanto mezza. - -— Per la semplice ragione che io non la ritrovai intera. - -Io assentii con un profondo inchino alla magniloquenza di quella -risposta, e quando alzai il capo, l'Inglese corrucciato, cogli occhiali -sul fronte, masticò fra i denti: - -— Signore! voi avete sorriso all'Americano quando irrise la nostra -povertà musicale. V'attendo. - -L'Americano coi capelli pioventi lungo il muso, come un salice -piangente ombreggia il tronco de' suoi pieghevoli rami, s'avanzò, -squassò la criniera, armò le labbra del più infernale sogghigno, e -proruppe nell'attitudine del Mefistofele d'Ary Scheffer: - -— Uomo nato sulla terra, io compiango te come questi altri. Ognuno di -voi crede che i cavoli maturino meglio all'ombra del patrio campanile. -Vi disprezzo perchè egoisti; vi compiango perchè amate un pugno di -terra invece d'amare il tutto. Perciò, a conto mio, ti dico: dormi! -dormi! poichè non sei atto a spogliare quella veste nessea che tu -chiami amor di patria, e che ti darà dolori, non mai gioie. Che Italia -mi vai cantando? Vieni con me: t'insegnerà a dimenticarla il piacere. - -Un brivido glaciale mi corse per le vene tutte: i denti battevano come -le nacchere d'una ballerina nelle ridde della tarantella, e la fronte -mi gocciava ad un tempo di freddo sudore; tuonai: - -— Larva d'uomo, apprestati a lavare col tuo sangue l'insulto! - -Egli crollò le spalle impassibile e s'assise sopra il cassettone -aspettando la sua volta. - -Il Francese con un fare tra lo sbadato e l'altero mi disse: - -— Voi sapete abbastanza che uno di noi due deve morire... e sarete -voi... - -— Perchè non voi! - -— Forse ambidue, susurrò l'Americano. - -— Meglio ancora: ci batteremo al di là... - -Allora gli stranieri, prima discordi, vedendomi facile vittima, si -strinsero a' miei danni. Anche quell'Americano che aveva cantato -l'Italia, o miserabile! derideva la mia nudità! - -. . . . . . . Un velo sanguinoso passò dinanzi i miei occhi, saltai -giù dal letto ed abbrancai furente la spada che m'offeriva il Tedesco. -Pochi colpi ma di misura. Dopo cinque minuti egli cadeva nel proprio -sangue. L'Americano, impassibile, mentre il Tedesco agonizzante gli -raccomandava le sue 17835 iscrizioni e mezza, di un calcio lo rotolò -sotto il letto. - -Pareva che il mio braccio fosse guidato da una magica forza misteriosa: -il Francese nella sua furia lasciò un istante il cuore allo scoperto; -fu l'istante della sua morte. Ed eccolo in compagnia del Tedesco sotto -al letto. - -L'Americano, ad un tratto, mentre io, ebbro e sitibondo di sangue -(e a dirla schietta, anche d'una chicchera di thè, a cacciar giù -quell'imbroglio dallo stomaco), gli porgeva un ferro, trae di tasca -una fiola, d'un sorso ne beve il contenuto, e borbottando un addio -alla vita ed al piacere, s'abbandona mollemente a terra; quindi, oh -meraviglia! per risparmiare a se stesso quel certo calcio surriferito, -agonizzante, striscia, s'avvoltola, sdrucciola come un serpe ferito, -sul pavimento, fin presso ai compagni sotto al letto. - -L'Inglese, masticando il soliloquio d'Amleto, si disponeva, con eroico -disprezzo della morte, ad infilzarmi nello spiedo. Solamente per -amore di verità assicurò che una partita a pugni gli sarebbe stata -più cara; ma, considerato il pregiudizio degli Italiani, che lasciano -questo duellare ai facchini, si dispose a rendermi quel buon ufficio -che desiderava. Oh come lunga, accanita, disperata fu la sua difesa! -Assolutamente non voleva cedere alla sorte dei compagni. Eppure..... -già mi capite. Il suo cadavere, cadendo a terra, urtò il cadavere del -Francese; una viva scintilla di fuoco illuminò la scena. - -Sfinito, mi coricai. Un lago di sangue innondava la stanza: le -iscrizioni del Tedesco galleggiavano, come già i monumenti che le -portavano in fronte soprastarono al deserto di ruine, che fecero le -orde dei suoi connazionali. Il raggio di luna pareva si tuffasse con -voluttà in quella gora, come una silfide nelle cilestri onde marine; -dalla finestra socchiusa un venticello veniva a tergere colla sua -fresca mano i sudori della battaglia, ed io me ne stava là sul letto -come sopra un trono, o meglio sopra un carro di trionfo, allorchè la -porta s'aperse, entrò una frotta d'uomini armati di _rewolvers_. - -Erano Americani; ed il loro capo, sbottonatosi, cavò dal giustacuore -una carta, la lesse: o Dio! era la mia sentenza! - -Quella buona gente era partita di laggiù per accomodare per sempre -la lite e disfare col ferro il nodo gordiano, cominciando la missione -civilizzatrice col mandarmi le gambe in aria. Ed io, sentendomi ad un -tratto più amante che mai della vita, e la morte già tirarmi pei piedi -nelle sue gelide braccia, dato un rapido intensissimo addio a tante -belle e care creature e cose, colla parola strozzata, balbettando, -colle mani in aria ora in atto pietoso, ora irato, invano protestava -aver io difeso l'onore della mia patria, invano invocava il nome del -Licurgo americano, invano faceva appello agli scritti umanitarii -della signora Beecher Stowe; già comprendeva che gl'italiani non -debbono attendere soccorso che dalle proprie braccia, e un anello -diacciato sulla fronte, la bocca d'una pistola, già stava per sbalzarmi -addirittura al di là dello Stige, quando il garzone mi svegliò, come -eravamo convenuti e mi presentò il conto dello scotto. - - * - * * - -Se la sentenza dell'Americano mi faceva capire chiaramente come tutti -i popoli non sono generosi se non finchè nella partita s'avvantaggia -il loro interesse, — salvo a piantarvi dopo il primo acchito — quella -dell'oste a prima vista m'apparve come l'arcobaleno dopo un diluvio; a -seconda mi fece osservare che io era tenuto quale inglese — s'intende -naturalmente di quelli del tempo in cui gli animali parlavano, ed i -ricchi non venivano in Italia a rattoppare la fortuna compromessa dagli -_Sport_... - -Dopo le prove della notte, uno scambio di nazionalità mi era troppo -sensibile; quella birba, che aveva difeso l'Italia, m'aveva a prezzo -della sua eloquenza, accollato il proprio scotto. Discesi e raccontai -la cosa a ser l'oste: mi rispose che, quanto al prezzo, egli era -convinto che gli stranieri potevano senza ragione di broncio pagare un -po' più la sua ospitalità, quando godevano _gratis_ tanti spettacoli; -e quanto all'incognito, avergli detto che io era suo intrinseco amico, -ed essere convenuto fra di noi che io avrei soddisfatto ogni cosa..... -Così per giunta era tenuto pel suo amico, o Dio sa che cosa! Tuttavia -dopo poche mie osservazioni, d'un tratto di penna tagliò la coda -al totale, coda che io in onore della nazionalità italiana donai al -garzone. - -Non vidi più alcuni de' miei commensali. Il Tedesco era partito a -mezzanotte colla corriera del Sempione in compagnia del Francese e -delle sue 17835 iscrizioni — e mezza — l'uno pel Grimsel, l'altro -per Ginevra. L'incognito era certamente passato ad intuonare un inno -all'ospitalità svizzera (a 8, 10 e 12 lire al giorno, compreso il -letto). - - -IV. - -_Una giovenca ed il più bel cuore del mondo — Avete buone gambe? — -Re in Valvigezzo — Anche sull'Alpi si trovano traditori — _Requiescant -in pace.__ - -Che bel mercato è il mercato del sabbato a Domodossola! Le svariate -e strane foggie degli alpigiani di tutti i monti circondanti formano -uno spettacolo veramente curioso. Le vie e la piazza del centro -erano tutte assiepate di carri a cui stavano attelati buoi di piccola -statura; di panche su cui cesti di pomi, pesche, uve e pere di non -grande dimensione ma colorite e gustose; di ortaglia, di forme rotonde -di cacio; stiacciate, bislunghe, ovali, di butirro fresco; di scansìe -su cui bottoni, spilloni, pettini, collane e le altre minuterie di -cui è sì golosa la nostra contadina nè più nè meno che la canadese; -di tavolati a cui appesi il velo, il fazzoletto trinato, la veste di -seta, di cotone e di lana, tutte a vivi colori e il rosso campeggia; -ed intorno a tutte queste botteghe ad aria aperta uno sciame di -montanine fresche rubizze, di ragazzacci, di contadini, di vecchierelle -secche, olivastre e tuttora vegete; un vociare poi di venditori, che -fanno a chi strilla più forte, ed un gridìo continuo di ooh! ooh! dei -conducenti le carrettelle cariche di foresti e di merci che vengono o -vanno alle valli ossolane o all'Intrasca. - -Sulla piazzetta che sta dinnanzi all'albergo, al primo mettere piè -fuori, mi ferì la vista una bionda ragazza sui sedici anni, accoccolata -presso il muro, coi dolcissimi occhi pregni di lacrime. Il volto aveva -leggermente coperto d'una finissima lanugine tal e quale la peluria di -una bella pesca di Lesa. E come una pesca _incarnata_ le gote erano -erubescenti. Fattomi a domandarle della causa del suo dolore, dopo -qualche peritanza mi rispose mostrandomi un canestro pieno di frutta -fresca sconciamente battuta e pesta. Una giovenca infuriata datasi a -scorazzare pel mercato, aveva urtato nel suo canestro quando appunto -stava per venderlo, e ne aveva fatto quel scempio, e due grosse lagrime -venivano terse col rozzo grembiale di tela azzurra. Forse la fanciulla -aveva corso pericolo ella stessa; ma l'essere scampata non la consolava -della perdita, a guisa di quella bimba che, sorpresa sopra le rotaie -di una strada ferrata dall'imminente convoglio, mentre le attraversava -portando un pentolino di latte, caduta a terra dallo spavento, si -rialzava incolume ma piangente perchè aveva rotto il pentolino e -versato il latte. Le profersi di comprare quella frutta. Ella mi -guardò estatica, dubbiosa quasi non avesse compreso. Una vecchierella -che dall'abito pareva sua convalligiana la persuase ad accettare -quelle poche monete di rame di cui le era sì poco generoso. Ella non -rispose che con una lunga occhiata, in cui io lessi cinque o sei ore -di cammino, ed una buona tirata d'orecchi dal padre a lei risparmiata: -poteva dimostrarsi più grata? - -Girellando per le vie, giunsi in faccia al duomo, che, fra parentesi, -non ha ancora faccia. Entratovi, ammirai begli affreschi e quadri, che -mi si dissero opera di valenti pittori ossolani. - -Poco lungi dalla cattedrale vidi pure un'antica magione in viottolo -dimenticato, a porte e finestre ornate di pietra tagliata. Sopra -ogni architrave un'iscrizione latina. Tutte le finestre chiuse: le -invetriate polverose, le soglie e le porte intatte. Pare dorma da lungo -tempo. Quella casa così abbandonata mi parve uno dei tanti palazzi di -Venezia che, disabitati, lungo i canali dei quartieri meno popolosi, -vanno morendo d'inedia e di noia. - -Nessuno indovinerebbe ciò che io trovai di ritorno all'albergo: sovra -un piatto tersissimo di maiolica rossa, coperti da foglie di vite due -grappoli d'uva perlati di rugiada... Quella fanciulla invero aveva un -bel cuore. - -Giammai sì poca moneta fruttò allo zingaro tanto piacere. Il donare -è veramente la più squisita di tutte le soddisfazioni... Non è vero, -lettrici mie? - - * - * * - -Lettore, hai tu buone gambe? Orsù, in moto; apparecchiati a salire e -a scendere, ad arrampicarti e dirupinarti giù dei monti. Se poi non -hai buone gambe, fermati a Domodossola, che io ti racconterò storie e -ciarle millanta di apostoli e di soldati, di alpigiani e di monti, di -foreste e di cascate. - -Il sole spunta sulle creste dei monti che si adagiano tra la valle -Vigezzo e l'Intrasca: e la più ridente delle valli ossolane svelata -agli occhi del cielo e degli uomini intuona il suo inno alla natura. - -Appaiatomi con uno di quegli onesti contadini dal saio meno ruvido, -dalle grosse scarpe e dagli enormi solini della camicia, che, -assiepando la testa — onde non perderla facendo cammino — gli segavano -le orecchie, da Santa Maria Maggiore in due ore di cicalate giunsi al -Santuario. - -— Ha da sapere il mio signore che nell'anno Domini 1494 un certo -Zuccone scagliava una pietra nell'immagine della Vergine e la colpiva -nella fronte. Pensi quale fu il suo terrore quando vide quell'immagine -grondare sangue, e le campane, agitate da mano ignota, suonare a -festa! Sicuro, mio signore, che ciò dopo tanti anni potrebbe essere -messo in dubbio: ma grazie al cielo i miscredenti qui non possono -sogghignare, perchè teniamo negli archivi un atto giudiziale, firmato, -bollato ed autenticato dal podestà della valle e da tutti i notai della -giurisdizione; e lei, che dalla ciera parmi debba sapere di lettera, -capirà che tutti questi scriba non sarebbero andati così d'accordo se -il miracolo non fosse stato evidente. - -— Tutti quei messeri erano convenuti in Re nell'istante di quel -miracolo? - -— No, vi convennero chè il miracolo durò diciotto giorni continui, e se -la vuol convincersi, venga con me che le farò leggere lo strumento. - -— Grazie, amico mio; io sono di quelli che amano meglio di credere che -di accertarmi scrupolosamente del fatto. - -— Ah! sclamò con voce dolente il buon vecchierello stringendomi la -destra fra le incallite mani, perchè non la pensano tutti come lei? - - * - * * - -All'indomani, procedendo poco oltre Olgia, godetti lo spettacolo delle -sottoposte Cento valli, per cui in poche ore, a quanto mi si disse, si -scende, passando ad Intragna, all'amena Locarno. La quasi deserta valle -Cannobina, a cui si potrebbe discendere varcando da Malesco (prima -di giungere a Re) il brutto passo di Finero non mi tentò affatto. A -Craveggia, nota pel bello stabilimento di eccellenti acque minerali, -ebbe i natali Pietro Ferino che, acquistata sui campi napoleonici fama -di esperto condottiero, veniva tenuto caro da Napoleone e dallo stesso -Luigi XVIII, che lo creava pari di Francia. - -A S. Maria Maggiore, sul finire dello scorso secolo, accadeva una -terribile scena. Una buona parte dei novatori che avevano occupato -il forte di Domodossola, sentita la rotta dei compagni a Gravellona, -si ritirava nella valle Vigezzo, donde nel giorno seguente, scendendo -le Cento valli o la Cannobina, si sarebbe rifuggita nella repubblica -cisalpina. A S. Maria i novatori stanchi dalla lunga marcia, abbattuti -dalla fatica e dallo sconforto, sono ricevuti da certo Rassiga, -il quale blatterando di politica in piazza era in voce di fautore -dei Francesi. Egli corre incontro al drappello, e dopo di essersi -rallegrato che il sole di S. Maria potesse vedere i redentori della -patria, rincrescevole della troppo esigua capienza della sua casa, li -guida in un albergo, li conforta di ciancie e di cibi, ed acconciatili -alla meglio nelle stalle capaci, li lascia in preda ai sonno. Il -loro capitano aveva colorito al Rassiga ed ai curiosi la precipitosa -ritirata come una mossa strategica, tacendo dei disastri toccati. A -mezzo la notte, buia come la gola del lupo, Rassiga è svegliato: che -è che non è, un amico che giungeva allora allora dal piano, saputo -dell'arrivo in S. Maria dei novatori e dell'accoglimento avuto, lo -fa consapevole della loro rotta, e peggio, i soldati regi già stare -alle porte del borgo, il pericolo imminente: fuggisse od in alcun modo -provvedesse alla propria sicurezza. Rassiga era uno di quei tali che -ignorano nulla essere più difficile che conservare un'opinione nel -pericolo della vita. Che Dio non metta mai a questa prova la falange -dei tanti! - -Nella lotta, seppure vi fu lotta, prevalse l'egoismo: alle strette di -dover perdere avere e vita, scelse il tradimento. Corse incontro ai -regii; sè disse corpo ed anima pel trionfo dell'ordine: sapere che -una mano di turbolenti si era rifuggita fra quei monti pacifici per -commettere Dio sa quali abbominii su popolazioni devote al re: suo -dovere di svelare il covo che ricettava le fiere, onde immolarle alla -giustizia. - -La paura dalle pallide sembianze condusse con mano tremante il -tradimento attraverso le ombre della notte alla porta segnata; con -passi di volpe varcano furtivi la soglia ospitale. - -Fra la sicuranza del ricetto fratellevole e la stanchezza per la -faticosa marcia, i fuggiaschi s'erano abbandonati al sonno, e già la -fantasia pingeva loro d'attorno le scene famigliari delle madri, delle -spose e delle amiche lontane, quando — un lampo — un tuono orrendo -scoppiò, e s'udì per l'aere commosso un urlo... dal sonno fidente erano -trabalzati nel nulla — tutti! - -— _Requiescant in pace_, balbettò esterrefatto Rassiga. - -— Viva il re! gridarono i soldati. - - -V. - -_Trionfo delle castagne sulla fama di un'illustrazione dantesca._ - -M'aggirava nelle boscate colline di Trontano all'ombra dei castagneti. -Stanco d'asolare entrai in una modesta capanna sull'orlo del villaggio, -e vi trovai cortese ospitalità. Rifocillatomi in compagnia di quei -buoni contadini, mi assisi al rezzo delle piante. L'esterno di quella -casa campestre senza aver nulla di mirabile, mi colpiva; forse erano -due finestre nel muro di pietra, basse, a sesto acuto, profonde, che mi -guardavano fisso come se aspettassero una interrogazione per rivelarmi -un segreto. - -L'antichità di quel muro contrastava singolarmente colla verzura -d'una giovine vite, che abbracciandolo co' tralci, correva attorno -in ghirlande: pareva la giovinezza che conforta col suo sorriso la -vecchiaia. Un zampillo d'acqua scorrente poco lungi tra le foglie ed i -sassolini, empieva l'aria d'un misterioso cicaleccio. Le mie palpebre -s'andavano abbassando; il mio capo s'appoggiò al tronco d'un castagno, -sbadigliai e m'assopii. - -Dopo poco d'ora, mentre io me ne stava tranquillamente dormendo, la -porta della capanna si aprì, e ne uscì un frate che a passi furtivi -venne presso di me. - -La sua alta statura, maestosa ed imponente, pareva averlo destinato -al comando, mentre dallo sguardo ammaliatore refluiva una dolcezza -persuasiva. Il suo capo era interamente nudo: anche le sopraciglia -erano prive di peli. A chi lo guardasse attento, la sua pelle appariva -arsiccia, screpolata; sì che moveva ad un tempo pietà e terrore. -Anzi, se ben mi ricorda, parmi emanasse dalla sua persona un odore di -bruciaticcio insolito. Si avanzò, ed a me meravigliato non stendesse -la mano, disse pacatamente dopo di essersi guardato attorno con occhio -sospettoso: - -— Perchè guardavate voi con tanto amore quell'avanzo d'una antica casa? - -— Non lo so io stesso: forse qui abitò qualche immortale che anche dopo -secoli riempie di sè i luoghi ove s'aggirò vivente. - -— Voi sapete adunque di lui, dello sventurato fra Dolcino? - - «Or di' a frà Dolcin dunque che s'armi, - «Tu che forse vedrai il sole in breve, - «Se egli non vuol qui tosto seguitarmi, - «Sì di vivanda, che stretta di neve - «Non rechi la vittoria al Noarese - «Ch'altrimenti acquistar non saria lieve.» - -Io cominciava a credere di sognare sentendo queste due terzine di -Dante, da un frate, all'ombra di un castagno a Trontano. - -— Dunque qui nacque?... - -— Fra Dolcino. A voi che veniste a visitare questa mia contrada pel -dolce amore della natura... - -— E dell'aria fresca, pensai tra me. - -— ... Voglio dire di sua vita, per appagare la vostra brama. - -Io veramente non pensava più che tanto a frà Dolcino; ma poichè una -sì bella occasione di favellare dei famosi immortalati da Dante non -si presenta ad ogni passo con un frate, tutt'orecchi ascoltai lo -sconosciuto. - -— Verso il finire del secolo XIII, egli nacque in questa casa, figlio -d'un prete. Suo padre decise di vestirlo della tonaca di frate. -Ignorante d'ogni cosa di questo mondo, passava i suoi giorni fra le -feste dell'età e della natura. Quando udì la volontà del padre gli -parve tutto predicesse quanto sognava, virtù ed amore. Gli spiriti -famigliari rallegravano la casa: i passeri sul tetto pareva gli -dicessero colle loro note: va, tutto è amore! Condotto nel Trentino, -indossò la tonaca degli Umiliati; ma in breve sendogli venuta a noia -la solitaria quiete del claustro, in cui interrogava sè stesso, se chi -serve Dio non deve tutto intraprendere per la salute degli uomini, -pregava i priori con istanza di concedergli almeno la licenza della -predicazione. L'indole irrequieta ed animosa lo tradiva ad imprese -più clamorose. Fu cacciato da quel convento; in quella suo padre -moriva. Soffrì come chi crede e spera, e non invano, chè la fortuna, -rasserenato l'orizzonte, dopo tante traversìe gli serbava le ineffabili -consolazioni dell'amore. Allogatosi quale procuratore di un convento -di monache in Trento, conobbe allora una nobile e bella giovinetta -che orfana come Dolcino s'era ritirata fra quelle mura, e l'anima sua -caldissima se n'accese d'inestinguibile affetto corrisposto con quel -tenero amore che riverbera sulla mente dell'uomo le aspirazioni d'una -innocenza immacolata. - -Oh! come rapidi quei giorni! - -Intanto Segarello da Parma empieva l'Italia superiore delle sue ardite -dottrine. Puri in mezzo a corrotti, generosi fino al sagrificio, -fidenti nell'avvenire, entrambi s'interrogarono se essi pure non -sarebbero discesi in Lombardia a propugnare la verità contro i -profanatori del tempio. Abbandonato il Trentino coll'amica inspiratrice -calò nella grande valle del Po, e predicando con tutto il calore -e la forza della convinzione amore a Dio ed agli uomini, digiuni e -mortificazioni, in breve tempo venne seguito da migliaia di proseliti, -e sì alta ne echeggiava la fama, che lo stesso Dante colpitone scriveva -di lui nelle immortali sue pagine. La favella piena di grazia e di -carità, la soave bellezza di Margherita s'insinuava ad ammollire i -cuori più duri, mentre fra Dolcino con ardire di apostolo assaliva i -pregiudici più antichi senza temere d'incontrare la sorte di Segarello, -arso vivo. - -Ahi! che i trionfi davanti gli uomini sono brevi! Cominciarono le prove -di Dio. Il vescovo di Vercelli leva con indulgenze una crociata contro -il ribelle a Roma. Fra Dolcino, rifugiatosi nei monti del Biellese -con poca parte di tanti seguaci, ad una duce e soldato, sostiene un -lungo assedio. Fratello, che Dio non faccia mai soffrire a te quanto -soffrirono Dolcino e Margherita! Le legna e le vettovaglie vennero -a termine: la fame ed il freddo! — la fame che desta la ribellione, -che stanca ogni più saldo proposito; il freddo che intirizzisce il -braccio ed affievolisce il valore! I difensori sfiniti cadevano attorno -alle bastite... alcuni disertavano... e la breccia dal nemico veniva -compiuta quasi senza difesa..... Che più? - -Il 23 marzo del 1307, dopo la più disperata difesa, stremati d'ogni -forza, caddero nelle mani dei crociati, i quali, dopo ogni vituperio, -a misura di tanaglie roventi e di carboni accesi fecero espiare ai due -novatori il delitto d'aver sollevato migliaia di credenti contro i vizi -del clero. Frà Dolcino sopra una catasta di legna nelle radure ghiaiose -fra la Sesia ed il Cervio venne bruciato vivo. Per libidine di ferocia, -Margherita dovette assistere all'estremo supplizio di chi dopo Dio -l'aveva amata sopra ogni terrena cosa! Alla plebe Biellese era serbato -lo spettacolo dell'animosa donna arsa sopra di un rogo. Di frà Dolcino -non restarono neppure le ceneri: non resta che la memoria... non è -vero? - -— Sì, frate, a chi conosce quei tempi. Frà Dolcino, lasciata da parte -ogni questione religiosa, è una bella figura del medio evo: guerriero -ed apostolo in diverse condizioni di tempo, avrebbe operato grandi -cose. - -— Ma ora qual è la memoria di lui? - -— A chi non ha sviscerato le idee di quel secolo, essa non è che la -memoria d'uno che animava i fedeli ad armarsi contro l'Anticristo. -Questi tempi aritmetici non possono di leggieri comprendere lo slancio -dei nostri nonni per un'idea filosofica. Ora gli eretici seggono nelle -Università e nei Parlamenti nel più buon accordo coi devoti; e se corre -qualche saetta, svanisce in un fuoco fatuo di diario. Colle indulgenze -non armereste quattro scaccini di sagrestia. Non v'ha che la patria che -possa suscitare legioni con un grido. - -— E Trontano... soggiunse dopo breve pausa il frate con voce scorata... -e Trontano non s'onora di quel suo antico figlio? - -— A dire la verità io ho sentito sempre a celebrare Trontano per... - -— La patria di frà Dolcino?... - -— No, per le più eccellenti castagne del mondo. Dalla qual cosa voi -ed io potremmo dedurre copia di pensieri sulla vanità della gloria e -sulla inutilità di farsi arrostire pel trionfo d'un'idea... Ma che? voi -impallidite? - -— Per le castagne! per le castagne! - -E il povero frate accasciato sotto il peso della mia rivelazione -stralunò gli occhi, barcollò e sarebbe caduto ruzzoloni se io non mi -fossi affrettato a raccoglierlo nelle mie braccia. - -Se non che in quel punto mi svegliai colle braccia conserte al -castagno, contro il quale io aveva pure picchiato del naso nella furia -di soccorrere il povero frà Dolcino. - -I passeri sul tetto, sui rami, cinguettavano la loro antica canzone: -_tutto è amore_, la sorgente sussurrava un idilio a note sommesse, ed -il muro secolare continuava a guardarmi colle sue oscure occhiaie. Il -castagno sotto il quale m'era apparso frà Dolcino, stendeva, agitandole -con frenetica gioia, le sue braccia all'aria, ed i ricci dei suoi -frutti mi parevano straordinariamente ingrossati a dispetto della -gloria antica del conterraneo. Celebrava quel birbo il trionfo delle -castagne sulla fama di una figura dantesca! La vite sola s'attaccava -più salda, più stretta alle vecchie mura, festeggiandole colla frescura -della sua ombra e colle ghirlande de' suoi tralci pampinosi; ed io, -alzatomi e stirando le membra indolenzite, m'incamminai non so più -dove, zufolando coi passeri: - -— Tutto è amore! - - -VI. - -_Il Sempione — Invenzione di un ponte per passarvi dissotto._ - -La valle più nota ai viaggiatori ed agli studiosi fra quante convengono -nel bacino ossolano, è la valle percorsa da quella meravigliosa strada -che sale al Sempione congiungendo Milano a Ginevra. - -Valle Divedro diramasi da Crevola al valico del Sempione: il confine -però tra gli Svizzeri e gl'Italiani sta a S. Marco, poco prima -di giungere a Gondo. Nell'anno 1801 quella vastissima mente di -Napoleone Bonaparte, ormai al colmo del potere, ideava una strada -monumentale che valicando i gioghi alpini scorgesse dalla Svizzera -all'Italia superiore: nel 1805 la grand'opera era già finita, a gloria -principalmente degl'ingegneri italiani, i quali, quanto più ardua era -la loro impresa in una valle selvaggia, ovunque dirupata ed asprissima, -tanto più degna del nome romano seppero renderla, sì che gli stessi -stranieri, troppo spesso ingiusti, dovettero rendere giustizia alla -perizia loro. - -Il tratto da Iselle a Crevola, anzi quasi tutta la valle, presenta una -delle più orrende scene di distruzione: dappertutto frane di monti e -sassi minacciosi pendono sul capo al viaggiatore; qua e là le volute -della neve precipitano nella stagione invernale nell'oscuro fondo della -valle, avvallando spesso quanto incontrano nell'irrompente rovinìo. -Chiunque vide questo cammino tracciato con tanto ardire e tanta -sapienza, consiglia al governo italiano a non risparmiare cure e danari -per conservare una strada che, larga otto metri, con sei gallerie, -attraversa tre provincie del regno, formando l'ammirazione pur anco dei -volgari. - -Ecco la tradizione storica che lo zingaro raccolse nel pulito e -discreto albergo d'Iselle dalla bocca di un colto Ossolano. - -Sul Sempione nel 1799 vi furono varie fazioni guerresche tra Francesi -ed Austriaci. Nel 1800 il generale Béthencourt con mille soldati -francesi e svizzeri, mentre Bonaparte, attraversava arditamente il -gran S. Bernardo venne inviato ad occupare i posti di Iselle e di -Domodossola. Ma in una procellosa notte un ponte di quell'antica -stradicciuola era sprofondato in un abisso: nessun modo di passar -oltre. Un coscritto, senza dubbio nativo delle Alpi, offre al -generale il mezzo di scavalcare la forra, e senz'altro, leggiero -come uno scoiattolo, striscia sulle rocciose pareti di quel burrone, -aggrappandosi ad ogni masso, ad ogni cespuglio, e giunto in fondo, -guada il torrente e s'arrampica sull'ertissima parete opposta, mentre i -più tremano che un piede in fallo, un sasso malfermo o la vertigine lo -precipitino frantumato nella sottoposta fiumana. - -In questo la recluta è giunta, dopo infiniti sforzi, ad afferrare il -ciglione dell'opposta parete — egli è giunto alla meta e tutti battono -palma a palma. Il giovanetto s'era tratto con sè il cappio d'una grossa -corda che egli aveva assicurato ad un pino dell'altra sponda, e tesala, -l'annodò strettamente ad un macigno, sicchè venne così improvvisato -un ponte sul quale, anzi sotto il quale sospesi alle proprie braccia, -primo s'intende il Béthencourt, passarono i soldati armi e bagaglio ad -armacollo. Di cinque cani che seguivano quella mano d'armati, due soli -poterono giungere ai loro padroni: gli altri tre vennero trascinati -dalla furia del torrente che non riuscirono a guadare. - -È opinione dei più che il Sempione abbia avuto questo nome da Servilio -Cepione nella guerra contro i Cimbri, della quale l'Ossola fu teatro -per molte pugna, quantunque Cepione abbia combattuto non qui, ma nella -Gallia. Dell'antico passaggio restano molte vestigia, particolarmente -dal lato svizzero. - -Presso Gondo, nella galleria più lunga della strada, havvi scolpita nel -marmo quest'iscrizione, che meritava d'essere raccolta fra le 17385 e -1/2 dell'archeologo tedesco, a cui l'attica semplicità che la informa -avrebbe risparmiato le fatiche del commento: - - ÆRE ITALO 1805. - -Delle cose naturali di questa valle sono fra le più notevoli le cascate -di Frassinone presso la galleria di Gondo, e di Zwischbergen poco -lungi. Se lord Byron avesse veduto — il che ignoro — la fantastica -scena che in questi dintorni la natura dispiega, ho per fermo che -il poeta ne avrebbe fatto teatro alle evocazioni del suo Manfredi. -L'oscura profondità dell'abisso, il terribile disordine dei massi, le -nembose vette alpine che si disterrano al cielo, le cupe tinte della -luce empiono l'anima di una misteriosa temenza: l'abisso vi spaventa, -salire su quelle piramidi è impossibile... Non vi movete: non un ah! -di meraviglia o di terrore, non un respiro, che potreste svegliare quei -massi penzoloni.... Vedete cosa vi sta scritto? - - «È proibito di parlare sotto pena di morte!» - - -VII. - -_Si parla di paesi non visti._ - -La valle Isorno stendesi dalla valle d'Ossola alle falde del pizzo del -lago gelato tra la valle Antigorio e la valle Vigezzo, confinando nel -fondo col Ticinese, a cui guida un sentiero passando sulle creste del -pizzo suddetto. Questa valle lieta di pascoli è popolata nella bella -stagione di armenti e di greggie. È quasi sconosciuta ai viaggiatori. - -La val Bugnanco, a destra della Toce, sbocca presso Domo e si stende -fino alla cima di monte Crescia, da cui precipita la Bogna, torrente -minaccioso che portò molte volte gravi danni alla capitale dell'Ossola. -Seguendo il letto della Bogna verso la sorgente, un sentiero scorge -alla confine valle di Strumback nel Vallese: non è frequentato che rare -volte da quei valligiani. Cisore, i due Bugnanco e Monte Ossolano sono -i villaggi più notevoli. - -La valle di Antrona da Villa, poco prima di giungere a Domodossola, -corre sino al pizzo di Botarello, detto dagli Svizzeri, se non -m'inganno, il Fletschorn; valicato il quale, un sentiero guida nel -Vallese, nella valle già nominata di Strumback. La valle Antrona è -ricca di miniere d'oro, di ferro e di amianto. L'Ovesca, tributario -della Toce, vi sbocca presso Villa. La strada di questo villaggio, -passando a Seppiana, Monteschieno e Viganella, guida ad Antrona in -un altipiano che credesi fosse ne' remoti tempi il bacino del lago. -Antrona-piana venne nel secolo XVII distrutta da un'immensa frana -staccatasi dai monti imminenti. — Lo zingaro sentì da un confratello -di ritorno da una peregrinazione nelle tre valli d'Isorno, Bugnanco -ed Antrona quanto sta qui sopra, e per quanto lo solleticasse il -desiderio di scoprire terreni vergini ed incontaminati dalle guide, -non avendo inteso neppure a parlare di una fata con cui amoreggiando -potesse compensarsi della prosaica uniformità delle cose, trascrisse -sul taccuino la poco immaginosa descrizione, rinunciò alle trote del -laghetto d'Antrona, e s'avviò difilato alla volta della vall'Anzasca. - - -VIII. - -_L'Anzasca — Un nuovo Messia._ - -Più splendida giornata di questa non può darsi; tutto parla ai sensi, -al cuore, la serena allegria della giovinezza. Dimentica il viatore -ogni suo guaio per cantarellare coi passeri, che anche un pessimista -non avrebbe potuto immaginare cosa più bella di questo mattino -raffrescato da un venticello che vi fa più giovine di dieci anni, e -suscita, con una voglia matta di correre, un appetito che non sarà -l'ultimo premio ai tentatori delle Alpi. - -Un'antica sbilenca e sonante carrettella tirata da un cavallo più -spigliato che snello di forme ne porta rapidamente all'Anzasca per la -bella strada che quei valligiani intesero di condurre sino alle falde -del Rosa da Piedimulera. - -Il cocchiere, che non aveva ancora aperto bocca da Domo, accennò in -alto un villaggio, Cimamulera, e raccontò come un dodici o quindici -anni fa un prete, che vi era curato, seppe con tali squisitissime -arti abbindolare la gente semplice e credenzona, che in poco tempo -venne idolatrato come novello Messia, e quando poi fu per altri -misfatti carcerato in Novara, i montanari, in processione, a piedi -nudi, scendevano al piano per andare a liberarlo dai Farisei o morirvi -assieme! — Ma un drappello di carabinieri venne inopinatamente ad -opporsi alla crociata per liberare _dal sepolcro_ il sedicente Cristo. -Fu ad un tempo risìbile e compassionevole il vedere quegli apostoli di -una fede che offeriva martiri, dispersi caritatevolmente dai soldati, -mentre la Vergine — madre di più figli — S. Giuseppe e S. Pietro -erano condotti a Domodossola innanzi al capo della provincia, il -quale credette fare cosa assennata, dopo d'avere loro dato una buona -scardassata, senza lavarsene le mani come Pilato, rimandarli al loro -nido. - -Da questo racconto si può dedurre a quali eccessi potesse spingere il -fanatismo religioso nei tempi remoti! - -Da Cimamulera scorgesi la patria di Dolcino; forse arrisero alla mente -del nuovo settario, se non il fine, i trionfi di quell'antico. In -nessun modo però puossi far paragone fra i due. - -A Ponte Grande salutai riverente un cucuzzolo del monte Rosa, l'Alpe -più stupenda dell'Europa per la vastità degli aspetti, e che non la -cede al Bianco in altezza se non di pochi metri. - -Oh! come è bella la cascata di Valbianca! Poche gareggiano con essa -nella catena alpina. - -Da Bannio, uno de' più ameni paeselli della valle, costeggiando -l'Anzino, l'auriga mi disse che si può, salito il Campello, scendere di -là in Vallesesia. - -In tre ore, da Vanzone attraversai, pedestre, l'oscura gola del -Morghen, e giunsi a val Macugnaga. La quale è a vall'Anzasca quello -che è la Formazza all'Antigorio, un altipiano senza alberi fruttiferi, -abitato da un'antica colonia germanica, che parla tuttavia un corrotto -tedesco. Da questi pascoli, in una giornata di penoso cammino, si varca -il monte Moro, dalle cui vette godesi il mirabile aspetto di tutto il -Rosa. - -Da Pecceto alle pendici del Rosa, attraversando il monte Turlo, si -scende in Alagna, donde, mi piace qui notare, partiva per ben quattro -volte D. Giovanni Gnifetti per giungere l'ultima solamente sopra uno -dei cinque pizzi più elevati di quel gigante. Non disanimato dalle -bufere e dai pericoli d'un viaggio, ove ad ogni passo si apre una tomba -all'ardito, pervenne, addì 9 agosto 1842, sul pizzo che giustizia vuole -si chiami d'ora innanzi Gnifetti, come s'appellano Zumstein e Vincent i -picchi su cui salirono gl'intrepidi di tal nome. - - -IX. - -_Quanti disprezzino l'oro._ - - _Auri sacra fames!_ - -Ecco le miniere dell'oro. Indossata la sopraveste dei minieratori, -salutai con animo trepidante la luce del sole, e discesi nella più -profonda e più vasta e più antica delle miniere della valle, anzi -dell'Italia. Duemila anni fa migliaia di schiavi dei Romani vi -cercavano le vene del prezioso metallo, e non ancora esaurito è il -tesoro. Il Rosa, siccome serba agli audaci che gli salgono sopra il più -stupendo spettacolo del mondo, serba nel seno tant'oro da fare di voi, -o mortali, altrettanti re Mida. - -— Dove scendiamo? Nel cuore della terra? Da un'ora ormai il piede -incerto discende per iscale senza numero, di antro in pozzo, di -pozzo in caverne immense, dove la tremolante luce delle lampade non -rischiarando le stillanti e nere pareti, ne lascia supporre d'essere -penetrati nelle bolgie dantesche. — E sotto a' piedi un'altra oscura -bocca ne ingoia, e discendiamo... Ahi! Dov'è l'aura vitale della valle? -La luce onnicolore, il canto della natura? - -— Discendi ancora, disse l'ospite, e vedrai quanto è grande la brama -dell'oro. Ma il petto è ansante, le nari s'allargano invano per bere -un sorso d'aria pura, e le ginocchia minacciano di lasciarmi ruzzolare -nell'abisso..... Ah! ecco l'ultima caverna. - -Dove sono gli immortali cattivi di Minosse? Ma laggiù la turba che si -smaniava non v'era precipitata per l'ira del Ghibellino — laggiù non -le pietose visioni delle Francesche, delle Pie, delle Piccarde — ma sì -l'urlo dell'Ugolino: ho fame, fame — d'oro! Le cere pallide, gli occhi -intenti che sovente si chiudevano per attendere quasi un prodigio dalla -sorte, il prodigio d'un _filone_, le labbra, balbettanti misteriose -parole, tremavano convulsivamente; i ferri, gli scalpelli sonavano -dolorosamente con affrettata vicenda sul sasso, e le girelle cigolando -con lungo e monotono gemito sotto il peso della terra da razzolare -lassù si lagnavano della faticosa bisogna. Presto, trovate l'oro, e -risalirete all'aria libera, dove v'attende il piacere. Presto — la mano -ingranchita nega l'ufficio suo — non importa, avrai tempo a riposarti -stazzonando la coppa dell'ebbrezza. Presto — l'occhio stanco di fissare -s'inietta di sangue — che vale? ti guarirà la vista di quella donna che -prediligerai. Non morderti le labbra per dispettosa impazienza — quelle -della bella si macchierebbero di sangue. - -Tutti hanno ragione. La sete degli agi, dell'ozio, del piacere cresce -smisurata col ribrezzo per la povertà operosa ed onorata. - -Date loro dell'oro, o roccie avare! Perchè non posseggo io la verga -di Mosè? Vi sdoccerei da questa rupe insensibile un torrente di -scintillanti verghe. - -Resisterete voi al fascino di quanto vi si offre per la vostra -ricchezza? Ecco a voi la coscienza dei sacerdoti e dei giudici; a voi -pel pane e l'ozio del circo, le ovazioni della plebe; a voi l'arbitrio -della fama; a voi chi per trenta nummi tradirà la patria; a voi, per i -monili e le perle, la già pudica vergine non riluttante a vostra balìa -— la madre, a cui procuraste mense lussuriose, tace ghignando — il -marito già vendette la moglie; a voi geloso veleni e coltella; a voi -ambizioso chi vi venderà l'ingegno e la fama — al massimo buon prezzo; -— a voi vivo ancora monumenti; a voi artisti, che scambiato il vezzo -dell'ozioso nell'amore splendido delle nove sorelle, inneggieranno e di -mille fantasie abbelliranno la casa; a voi coll'oro la farsa orpellata -delle frini o la tragedia a scelta, e, orribile a dirsi, il poeta che -canta ed impreca a suono della moneta, della poca moneta, per cui tra -secoli, oscurato Mecenate, rivivrete ancora nel sospiro del vate e -della ballerina senza procolo!... - -Resistete? La vertigine vi attira, la virtù e l'onore impallidiscono -al bagliore del vizio seduttore che vi tende le molli braccia..... Un -grido forsennato s'eleva dalla folla ubbriaca: la vita è pel piacere — -Dio è una noiosa chimera; tutti sacrificano al vitello d'oro, senza che -un Mosè spezzi dallo sdegno le tavole sacre sulle loro teste. - -Ahi! dolorosa visione! Quanti vid'io nella turba affannata stendere -la mano per sacrificare al Dio, che io aveva tenuti con religiosa -riverenza come illibati! Attorno al tripudio, apparivano nelle fumose -scene della bolgia monumenta e forche, feste e berline..... - -O infamia, sclamai cadendo sulle ginocchia, tutto adunque s'immolerà -sul tuo altare? - -Quando, dalla parte opposta, come in ampia radura sconfinata, vidi -raggiante la Carità in atto verecondo sovvenire con mano fratellevole -al misero, e così trattenuto il braccio vendicatore dell'ira -divina..... Attorno alla benedetta, in cerchio, chi cantò la verità e -pugnò per la libertà per solo amore delle gemine sorelle..... - -Erano pochi. - - -X. - -_Stonazioni della fama. — Le Ossolane non sono più quelle d'una volta. -— Cajo Mario ed i Cimbri. — Innocenzo IX di Cravegna. — Banchetti -funebri. — La valle Diveria._ - -Di ritorno a Domodossola, senz'altra dimora, corriamo alla valle -Antigorio, da cui, per l'altipiano di Formazza e la salita del Gries, -discenderemo nella Svizzera. - -Crevola trovasi appunto là dove sboccano le valli Divedro ed Antigorio. -La maraviglia, l'illustrazione di Crevola — all'ombra di qual campanile -non havvi _un'illustrazione_? — è il ponte della strada al Sempione, -che varca per la prima volta l'arrabbiata Diveria; i periti vi dicono -che esso è largo otto metri — come la strada — lungo cento e alto -trenta. A mezzo un'enorme torre di granito si erge dal letto della -fiumana a sostenerlo; scendete la scala che sta presso le casipole -vicine e guardate insù — neh, che il ponte ha del pittoresco? Ma gli è -pur vero che questo ponte è più celebrato di quanto l'architettura o le -difficoltà superate meritino. L'Amoretti lo dice imponente; l'Ebel un -capolavoro d'architettura; Boniforti lo chiama famoso se non altro per -constatare l'opinione universale. Io mi stringo umilmente nelle spalle -e senza detrarre al merito del ponte, faccio a me stesso la semplice -domanda: se questo è un famoso capolavoro, quali parole potranno -adoperarsi per favellare del ponte sulla Dora del Mosca, di quello sul -Niagara in America e del viadotto da Marghera a Venezia? - -Questa smania di celebrare, come sublimi, cose per nulla singolari, -non è generalmente invalsa negli scrittori italiani, i quali debbono -piuttosto accagionarsi (forse pel continuo spettacolo di cose grandi in -arte ed in natura) di una certa indifferenza nel notare al viaggiatore -ciò che per universale consentimento è veramente degno d'ammirazione. - -Non parlo delle guide renane e svizzere: ogni rigagnolo d'acqua che -fila da una rupe di dieci metri è una meraviglia. Intanto gl'Italiani, -sì poco curanti della patria loro, sanno generalmente raccontare d'aver -visto questo e quello al di là dei monti, e ignorano quanto sta a dieci -passi dalla loro casa.... Credo di non ingannarmi asseverando che gli -Italiani sentono la bellezza della loro patria senza curarsene punto, -come un nato ricco non dà pregio a quegli agi, ad ottenere i quali i -poveri si travagliano spesso invano tutta la loro vita. Ma senz'altre -digressioni entriamo nella valle Antigorio ritornando a Crevola. - -La lapide latina, che leggesi sopra un muro della Chiesa di S. Vitale, -accenna ad una feroce pugna combattutasi presso Crevola nell'anno -1487 tra gl'Italiani e gli Svizzeri: Bernardino Corio parla di questa -battaglia nelle sue storie, ed in questa narrazione è notevole che -gl'Italiani non avessero che _due_ morti, mentre gli Svizzeri ne -contassero _duemila_, o secondo gli storici Alemanni soli _ottocento_, -numero tuttavia troppo disparato per non eccitare al lettore alcun -dubbio sulla veracità della storia. Ad ogni modo gli Svizzeri uccisi -furono tanti che i loro cadaveri caduti nella Diveria avevano formato -una chiusa di tale altezza da servire di ponte agli Italiani. - -Narrasi pure che le donne ossolane, inferocite dalla barbarie del -nemico, che prima di questa pugna aveva manomesso ogni cosa in quei -dintorni, quanti Svizzeri fuggenti s'erano ricoverati nei boschi o -nelle capanne scannassero, e strappato il cuore sanguinoso dai loro -petti ne ammanissero pasto ai cani. - -Ancora adesso le belle Ossolane vi rapiscono il cuore, ma non è provato -che lo diano ai cani. - -Fra i morti vi furono Renato Trivulzio, capitano degli Italiani, ed -Albino Desilinon, capitano degli Svizzeri. - -Sulle rupi di Crevola sorgeva nel medio evo un castello, che fu dei -Silva, famiglia che diede prodi capitani. Di questo castello non -rimangono se non macerie coperte di muschio e di obblìo. - - * - * * - -Poco sopra Crevola, a destra, sopra un poggio lieto di vigne e di -campi, scorgesi Montecrestese, al di là della Toce; il sole vi matura -un vino schietto e rubino. Qui presso la Toce precipita fragorosa in -un profondo gorgo, su cui, non sono molti anni, era gittato un ponte -altissimo e senza parapetto, sul quale non si varcava quell'abisso -senza pericolo. - -Proseguendo la strada, poco oltre a sinistra troviamo Vira attorniato -da vigneti, e poi a destra Ponte Manlio, così detto dal Console Manlio, -che vi si era accampato colle proprie legioni nella spedizione contro -i Cimbri, ed aveva quivi gettato un ponte sulla Toce. Si sa — da chi -non l'ignora — che i consoli Manlio e Cepione vennero sconfitti da -quei feroci abitatori delle foreste nordiche, già vincitori di Cassio -Longino; sconfitte che dovevano far risplendere di più la sanguinosa -vittoria di Caio Mario, colla quale questo capitano di gran mente e -di forme atletiche atterrava, al dire di Tito Livio, duecento mila -barbari, e menava in trionfo novanta mila prigioni. La fortuna, dando -lo scacco al suo collega Catulo vinto dai Cimbri sulle rive di questa -stessa Toce, gli apparecchiava nuovi allori. - -Nei piani del Ticino, tra Novara e Vercelli, nei campi Raudj, si -combattè l'estrema pugna tra Roma ed i Cimbri; Caio Mario, morti cento -e quarantamila nemici, s'incamminava a Roma, traendo seco settantamila -prigioni, a Roma che per la quinta volta lo eleggeva console. - -Meravigliosa cosa! Non v'ha paese anche nascosto fra inospitali monti -in cui i Romani non abbiano impresso il marchio dell'arrogante loro -grandezza. - -Ma lasciamo le glorie dei Romani ai pochi che le studiano, e _marciamo_ -su Crodo, capoluogo di mandamento di tutta la vallea, lasciato -Campomanlio a destra e passando sotto una galleria tagliata a ferro -e fuoco nella viva roccia. Presso Crodo credesi s'allagasse la Toce -formando un bacino considerevole d'acqua; e monsignor Bescapè, vescovo -di Novara, il quale nelle sue visite pastorali studiava e notava la -natura e gli uomini, parla di un tempietto a S. Martino che allora -chiamavasi Capolago, tempietto che tuttora esiste, a quanto mi si -disse. - -Crodo è forse nella più infelice posizione della valle: ad ogni -infuriare del torrente Alfenza, ogni abitante paventa non si -rinnovellino per lui l'estreme scene del diluvio universale, senza la -speranza di una novella arca di Noè; chè l'Alfenza, diroccando piante, -ciottoli e massi immani, forma a sè dinnanzi barriere che un istante -dopo distrugge, sfogando con tremende urla il rabbioso impeto sulle -mura di Crodo. Perchè dunque i nostri nonni presero stanza in un sito -tanto minacciato? Ciò diranno pure i Domodossolani: ma quei babbi — -senza _ministeri d'agricoltura_ — rispettavano con religiosa temenza -le foreste, sapendo — senza _studi forestali_ — come le piante mentre -abbelliscono le falde montane e purificano l'aere, colle radici sì -tenacemente s'abbarbicano alle zolle, alle roccie, che nessuna forza di -torrente o di voluta che rovini sopra di loro, varrà a sterparle ed a -strascinare con sè il terreno su cui sorgono. Se la improvvida cupidità -dell'oro non viene frenata, fra poco tempo una pianta sulle Alpi sarà -una curiosità, come una cascata. - -Pochi minuti sopra Crodo sta lo stabilimento idropatico con sorgente -d'acqua minerale ed albergo: ve lo indico con piacere nel caso vi possa -giovare; ed in ogni caso se non vi sarà utile la linfa colla doccia -ed il bagno, vi gioverà senza dubbio l'albergo confortevole e più di -tutto l'aria vivissima. La bella strada calessabile, la vicinanza a -Domo, la freschezza del sito, invitano nella stagione estiva copia di -visitatori. - -Quantunque l'appetito m'eccitasse a giungere presto a Baceno, non volli -tralasciare di fare una visita a Cravegna, terricciuola microscopica -sulle ultime falde del Corno Cistella, per soddisfare la mia curiosità -di conoscere almeno di vista il villaggio che gli Ossolani citano -volentieri come patria del compaesano che ebbe più splendida sorte fra -quanti emigrano dai loro monti. - -Giovanni della Noce nasceva di padre cravegnese in Bologna sul -principio del secolo XVI. I risparmi del padre, facchino, o la -protezione di qualche mecenate strapparono il giovanotto all'oscura -sorte della famiglia. Addottorato, egli seppe in breve schiudersi -attraverso alla folla dei preti che assediano il Quirinale una -via col proprio ingegno. Acciuffata così la fortuna colla stima -dei pontefici, di grado in grado, canonico, vicario, referendario, -vescovo, ambasciatore a quella Venezia che allora era ancora in grado -di liberare l'Europa dai Turchi, fu poscia patriarca a Gerusalemme ed -infine cardinale. Quando nel 1591 egli venne eletto pontefice assunse -il triregno col nome d'Innocenzo IX. Scrisse varie opere che io non -lessi e che voi non leggerete. Beneficò i compaesani. Uno dei tratti -singolari della sua vita fu che egli cambiò il nome paterno con quello -di Facchinetti per rammentarsi certamente nell'insperata prosperità la -propria origine; come già gl'imperatori romani traevano dietro di loro -nei trionfi campali uno schiavo, che di quando in quando rompeva le -acclamazioni universali colla fatal voce: rammentati di essere mortale! - -Due discendenti d'Innocenzo furono cardinali nel secolo XVII. - - * - * * - -Da Cravegna, seppure il curioso lasciata la strada vi si è portato, -in mezz'ora di cammino si è a Baceno, la borgata più popolosa di tutta -la valle, situata alle falde di Pizzo di Robbio contrafforte del monte -della Gran Loccia, non lungi dalla foce della Diveria nella Toce. - -Compagno mio, non t'incresca di digredere dal cammino per visitare la -solitaria vallata di Croveo, che qui appunto schiude le sue porte e -della quale nessuno fece mai parola. - -Essa sta rinchiusa fra le Alpi culminanti che muniscono l'Italia -verso il Vallese, la cortina dei contrafforti che digradano a destra -dell'Antigorio dal Reti, e quella della sinistra della valle Divedro. -Le tante pieghe delle Alpi Massime che si svolgono in questa conca -formano una serie di valloncelli, che nella state verdeggiano per -riaddormentarsi poi sotto la neve per sette mesi. Fra queste vallate -la più nota è quella di Agaro, piccolo villaggio abitato tutto l'anno, -alle sponde del torrente che sbocca poi sopra Croveo; torrente che -nel secolo XVI distruggeva interamente il villaggio. Il cardinale -Morozzo, considerate le pessime stradicciuole per buona pezza dell'anno -coperte di ghiaccio, voleva accordare alla chiesa di Agaro il dritto -di seppellire i morti in cimitero proprio senza recarli a Baceno; ma -quei montanari ricusarono _per non perdere i diritti antichi_. Notevole -è l'usanza degli Agaresi di convitarsi a funebre banchetto il giorno -della tumulazione di un loro consanguineo, uso che dura tuttavia; -ignoro poi se non avvenga qualche volta che il più addolorato, mercè a -Bacco, non diventi il più brillo. - -Giacchè toccai qui di questi usi, aggiungerò che in tutta la valle -Antigorio e la Formazza ognuno morendo lascia una o più libbre di sale -per ogni focolare del suo villaggio. - - * - * * - -Baceno è un grazioso, pulito, pittoresco villaggio. Nei tempi andati -era il capoluogo di tutta la valle Antigorio, come ne è tuttora il -borgo più popoloso. Esso siede sopra uno scaglione di monte sulle alte -sponde della Diveria, poco lungi da Verampio, sito ove questa mesce le -sue limpide onde colla Toce biancheggiante. In Baceno ebbero potenza i -feudatari della valle Antigorio. - -I più conosciuti per le loro tiranniche giunterie furono i Valvassori -De Rodes, i quali tanto malmenarono questi onesti valligiani da -eccitarli a sorgere per scuoterne l'iniquissimo giogo. I Valvassori -tenevano castello e corte in Premia, ed avevano una certa giurisdizione -feudale anche sulla valle Formazza e sulla maggior parte della -vall'Antigorio, secondo il diploma di Ottone IV imperatore dato a Pavia -il 25 aprile 1210. - -Le terre di Baceno producono ancora vino, frumento, frutta ed erbaggi -di ottima qualità. La strada costrutta recentemente dal ponte di -Crevola e che fra breve — coll'aiuto di Dio e dello Stato — sarà -condotta fino al confine svizzero, venne fornita a spese dei comuni -della valle con considerevoli sacrifizi, avendo essi dovuto quasi -dappertutto tracciarla nella viva roccia granitica, non senza costrurre -una serie di ponti sopra i torrenti che ad ogni svolgere di pendice -s'adimano nella Toce. Quello che cavalca la Diveria a Baceno, la quale -mugge in un gorgo profondo, è dei più notevoli. - - -XI. - -_Premia — Storia nuova di cose vecchie — La Cravairola._ - -Premia, mezz'ora sopra Baceno, è un villaggio con discreto albergo. La -parrocchiale di Premia venne costrutta dai Valvassori e conserva ancora -qualche antica pittura. Amoretti nella sua escursione su queste alture -accenna ai granati che si rinvengono in questi dintorni aggiungendo -esservene di quelli del diametro di un pollice. Premia è sopra il -livello del mare 800 metri. - -Entrai nell'albergo con eccellente appetito — che il cielo conservi -sempre a me ed a voi, amabilissimi compagni. Nella sala due deschi -erano occupati: presso una finestra stavano assisi ad una tavola -imbandita di pochi piatti e di molte bottiglie tre uomini, di varia -età e d'aspetto signorile, che facevano echeggiare il vôlto del -frequente tintinnio dei bicchieri e dei motti che si cacciavano addosso -a bruciapelo, il tutto frammezzato da qualche sonora apostrofe al -cameriere ed al cuoco. Avevano intenzione di recarsi alla cascata della -Frua in val Formazza.... ma dopo tre giorni d'esitazione, s'accorsero -che le gambe non corrispondevano all'intenzione e ritornarono al piano. -Ma di loro fra poco. - -Il vostro zingaro sedette dirimpetto all'altro tavolo, attorno al quale -stavano assise due persone venerande, una per l'età, l'altra per pudica -ed ingenua bellezza. - -Un vecchio prete egli era dei monti ossolani, che dalla Formazza faceva -ritorno al presbiterio, conducendo con sè quella cara giovinetta, di -sedici o diciott'anni, sua nipote. La ragazza, vestita alla montanina, -aveva ad una un fare spigliato ed una confidenza rispettosa col vecchio -prete, sì che ognuno, senza maliziare, la avrebbe detta sua parente. - -Il vecchio, malgrado i settantacinque che gli pesavano sulle spalle, -era tuttora, come tutti i montanari, vegeto, rubizzo. Due occhi -vivissimi ne illuminavano la serena fisionomia, su cui pure gli anni -e molte fatiche e molti pensieri avevano tracciato profondi solchi. -Egli, naturalmente, mangiava adagio; e la nipote, che aveva quelle -due saldissime fila di denti, dei quali avrei dovuto favellarvi, -per non correre la posta, occupava gli intermezzi, trangugiando, -per passatempo, del pane. Il vecchio, fra un boccone e l'altro, -chiacchierava tranquillamente della stupenda cascata della Frua e di -certi loro parenti di lassù. - -Se non che — un guaio c'è dappertutto — la giovinetta si trovava -proprio in faccia a quei signorini, che andavano a gara a darle certe -occhiate, sul significato delle quali non v'era il menomo dubbio; per -cui la poveretta arrossendo, una volta che fu anche l'ultima, stava col -capo chino sul petto, sì che lo zio le serviva di schermo. - -Oh! ecco una scoperta! Guardando attentamente i tre commensali, -ravvisai in essi tre zingari da me visti in una città dell'alta Italia, -ove erano noti _lippis et tonsoribus_. - -Tre zingari; ma intendiamoci, non confratelli che s'accontentassero -di guardare e di pensare come il vostro compagno di viaggio, che -anzi la cronaca scandalosissima della repubblica artistica voleva che -allungassero un tantino le mani sull'altrui, quando per far suo, quando -per il bel vezzo di manomettere. - -Una volta fecero un tiro solenne alla Fama... la poverina, stanca -dal continuo strombettare, godeva il fresco della sera sulla porta -del tempio... i birboni, mascherati da grand'uomini, tentano di -penetrare nel sacrario senza le debite carte di sicurezza... Ma sì! -da quell'altura ritornarono ruzzolando fino al melmoso piano della -mediocrità! - -Uno di questi, a vent'anni, scombiccherò un dramma. S'era tolto -a maestro — s'intende alla prima — Shakespeare, e malgrado una -quantità di falserighe, dopo aver violato la storia ed il senso -comune, berteggiava la decenza sotto pretesto di romanticismo. Gli -applausi di _centocinquanta amici_ — l'infelice non aveva nemmeno -un nemico! — gl'inocularono il tenia della vanità. Da quella notte -memoranda, il cappello rovesciato sulla nuca o sul naso, la chioma -svolazzante attorno al viso senza parola, gli occhi spiritati, -l'incesso barcollante, — finse d'essere invaso dal demone ruggente -dell'ispirazione. Dopo quella notte Alfieri era _anche lui_ uno -scrittore tragico. - -Il poverino diluì il poco midollo che gli restava in produzioni -d'occasione, in cui riduceva in versi gli articoli dei diarii. - -Consumato quel foco che non riscaldava nessuno, un bel dì, fruga e -rifruga, fa la terribile scoperta, che la fantasia non ha mai voluto -covargli un pulcino nella zucca. Sacco vuoto, senza fede, roso -dall'invidia e disperato di sè, un bel dì, o piuttosto, un brutto dì, -volle finirla..... e si precipitò dalla soffitta della sua lirica -senz'ali nel pozzo d'un giornale politico-letterario — sono tutti -letterari i giornali! — e si fece critico.... Non c'è da meravigliarsi -se di laggiù — guercio com'è — chiama sole una meteora passeggera. -Gli scrittori che credono di potere prevenire le staffilate di quella -severa ed acuta critica che ha illustrato i mondi delle arti, corrono -ad ammansarlo.... È vecchia ed in gran parte giusta l'accusa, che -gl'Italiani non s'occupano di studi critici. Ma, per Iddio, se vediamo -uomini di solenne ingegno dopo d'avere declamato contro la vanità -dei diarii, che benedicono e maledicono senza dare ragione, si fanno -codazzo di scolaretti scribacchianti, e nonchè tollerare questi stupidi -portachitarre, li incensano, li blandiscono! _O vanitas!_ - -Del resto, menandogli buono il vezzo di scorrere a rompicollo i campi -delle arti, su cui non ha mai saputo seminare, è un buon diavolaccio, -niente scrupoloso, e se lo invitate a pranzo, vi divertirà assai. - -L'altro, dalla barba prolissa.... - -Diamine, dirà il lettore, che capigliature, che barbaccie! Ve n'ha da -imborrarne un pagliericcio! Eppure, lettore, mio, conviene sappiate -che la capigliatura lunga e maledettamente ingarbugliata, la barba da -Mosè sono per un artista che conosce il rispettabile pubblico una vera -necessità. Che diavolo di talento volete voi sia racchiuso in una zucca -pelata? - -La barba ed i capelli incolti danno chiaramente a conoscere: - -1. Che l'artista è tanto sublimato alla sfera della poesia, che -ei riguarda le cesoie ed il pettine del parrucchiere come cose -perfettamente inutili.... - -2. Che è un originale, un capo scarico, un essere anfibologico che sa -d'ora in ora farsi angelo o demonio, secondo il garbo che dà ai diversi -peli coll'aiuto delle sole mani.... - -Un maestro di musica, con cui ho stretta conoscenza, un giorno, -dopo d'avermi dato un saggio d'un suo melodramma, mi confidava, che -preparavasi a comparire degnamente innanzi al pubblico lasciandosi -crescere i pochi capelli. - -3. La copia dei capelli è viva immagine della forza: la lunghezza -esprime il disprezzo degli usi del bel mondo, e l'arruffatura la -continua lotta delle idee: tre cose che hanno gli incontestabili -effetti d'ingannare il pubblico e di economizzare alla barba dei -parrucchieri..... - -— Signor scrittore, vorreste dirne quale affinità hanno i parrucchieri -colle arti? - -— Più di quanto pensate. Vi faccio grazia di quanto potrei dirvi -sull'influenza dei sarti e dei cappellai, ma vi domando: - -Amabili lettrici, come vi figurate — nel caso ci pensiate — il vostro -umilissimo compagno di viaggio? Io giurerei sui peli della barba -avvenire, che se io mi presentassi a voi colla faccia e la nuca -pelata, con una di quelle ciere che non differiscono in nulla da quelle -d'ogni galantuomo, senza eccentricità d'abiti e di modi, a chi dicesse -presentandomivi: - -Ecco il tal dei tali, autore del tal libro e di molte opere future e -postume — voi, con quel candore con cui solete ammazzare un uomo che vi -è indifferente, rispondereste sbadigliando: - -— Ah! Sì..... è _proprio lui_ l'autore di quel libro? - -Lettrici mie, se mai sarò tanto fortunato di potermivi inchinare, io -verrò a voi dopo d'aver fatto uso di tutti gli specifici infallibili -(compreso quello d'una parrucca), onde ravvisiate sotto la posticcia -figura iperbolica quell'io, che, ecc., ecc. - -O voi tutti genii perduti nella nebbia dell'indifferenza, consultate -la quarta pagina dei giornali, se la natura non vi classificò fra gli -animali pelosi! Colla _composition créatrice des cheveux et moustaches -du professeur Derk de Sandwich _(anche laggiù vi sono professori)_, -qui garantit la beauté, la multiplication et la création _(sic)_ de la -barbe et des cheveux..._ (tra parentesi, costa L. 10 al vasetto)... in -poco volgere di tempo vi sarà dato entrare nel tempio della gloria per -non uscirne per tutti i secoli dei secoli, in grazia del capilligeno. O -progresso... della chimica! - -Quel tale dalla barbaccia, per tornar a bomba, o alla barba se volete, -si sognò d'essere Michelangelo, nientemeno. Dopo d'avere sonnecchiato -per dieci anni nelle sale delle accademie, credette di svegliarsi -_caricaturista_. Ignorava che non basta saper disegnare per mettere in -ridicolo, che anzi il concetto è tutto. - -..... L'arte affacciatasi un istante al cervellino, vi trovò la -parodìa: pensate se la pudica avrebbe voluto dividere la stanza -con quella mezzana. Che volete? Nessuno capì le sue caricature, -come nessuno aveva capito le sue dipinture storiche; sicchè adesso, -lasciati i lapis, fa progressi rapidissimi nel facile mestiere di genio -incompreso. Tanto peggio per l'Italia! - -Il terzo dall'occhialino, che inforca senza posa la groppa del naso -bernoccoluto, mangia, beve, veste panni, fuma come un turco, e affetta -articoli di politica nei diarii, frammezzando le serie disquisizioni -sul riordinamento della carta mondiale con romanzi originali -italiani tradotti dal francese... Intanto aspetta che un ministro -scoprendo questo diamante nell'immondezzaio degli scribacchianti, lo -incastoni in qualche ufficio. Da dodici anni egli è in attesa della -propria scoperta: intanto qualche ciocca s'imbrina. Egli, ormai -stanco d'aspettare, è deciso di gettarsi a capofitto nelle file -dell'opposizione..... Guai alla vittima! - -Il bello poi sta nel sentire come questa confraternita s'incensa nei -giornali... l'egregio mio amico... il celebre autore... _Sic itur ad -astra!_ - -Ma zitto, sentiamoli. - -— Sì, vi ripeto, che anch'io voglio ritirarmi alla campagna... - -— Per farti anacoreta? Hai ragione. Deciditi una volta a far penitenza -de' tuoi peccati... il pelo si fa grigio, e Cristo ti guardi dal farla -tardi! - -— E solo? - -— Oibò; aspetto solamente l'incontro d'una bella ragazza... - -— A che? - -— Per farne il bastone della mia vecchiaia. - -— È forse necessaria una ragazza? Prenditi una vecchia. - -— Puah! Io intendo sempre d'imitare chi fa professione di dare buon -esempio. - -— Non ti sarà tanto facile trovare un modellino sì aggraziato... (cara, -cara!) - -— Lo credo io. Tanto più che non porto in capo... mi capite... il -salvacondotto. - -— Beati quelli! Paradiso di qua e di là; mentre noi aspettiamo -l'inferno nel purgatorio... Se rinasco, m'immaschero anch'io. - -— E vedere come si conservano freschi, aitanti oltre il mezzo secolo... -mentre io a quaranta... - -— Essi non consultano mai la quarta pagina dei giornali! - -— A proposito. Ieri all'ufficio postale ho letto l'_Armonia_: vi -faccio sacramento che non vi ha diario che lo sopravanzi per spiritose -concezioni, per purità di lingua e per strettissima logica... - -In breve tutti gli strali si spuntavano sulla tranquillità apatica del -prete, il quale tuttavia lasciava spuntare a fior di labbra un certo -risolino indefinibile, forse allora che una favilla spiccava da tanto -fumo. Bevi e ribevi, trinca e cionca, i tre finirono per ingolfarsi nel -razionalismo, e manomettendo quel po' che ne avevano letto stampato -su per le gazzette, diedero un furioso assalto a tutte le religioni -_positive_. - -Io che me ne stava fra tanta battaglia spettatore indifferente, pensai -quanti pensieri dovevano frullare in capo al prete della montagna, -certamente ignaro di ogni contesa filosofica, e che aveva forse creduto -che non vi fossero al mondo religioni diverse dalla cristiana, turca ed -ebrea. Ma egli sorbiva tranquillamente una fumante tazza di caffè. - -Intanto nella via stessa dell'albergo una donna vecchia, scarna, -giallognola e quasi cieca, appoggiandosi ad un bastoncino, si recava -innanzi ad un'immagine della madonna di Revalvegezzo da qualche -Raffaello del paese tratteggiata sul muro, e ginocchioni vi orava tutta -raccolta. - -Nella sala dell'albergo la discussione non cessava: discussione -veramente non era poichè l'affare principale consisteva nel -rincarire la dose a chi aveva parlato prima. Mentre s'arrovellavano -sull'adorazione delle immagini, ad un tratto, vista la vecchierella che -pregava, eccotela in ballo. - -— La vedete quella donna? Credete voi che nell'atto suo entri un cicino -l'adorazione dell'Ente? - -— Impostura! - -— Ostentazione, dico io. - -— Nè l'uno, nè l'altro; ma idolatria, sempre idolatria, paganesimo, -superstizione. - -— Farebbe molto meglio a filare alla conocchia! - -— Sarei curioso di sapere cosa n'avrà dopo di avere sonnecchiato un -paio d'ore davanti quella crosta. - -E alzandosi anche lui, s'avanzò verso la tavola del prete, e fatto un -leggero cenno col capo, col sorriso sulle labbra, chiese al vecchio: - -— Scusi, sor abbate, se le interrompo il _chilo_..... - -— Parli, signore, sono qua a sentirlo. - -— Dica un po' lei, che è della professione e che può parlarne in -cattedra, se quella donna non farebbe molto meglio..... ma lei ha -sentito certamente i nostri discorsi..... l'amico mio giornalista grida -come un ossesso!... favorisca adunque dirne chi di noi gli pare abbia -ragione. - -Il prete gli ficcò, _intus et in cute_, uno sguardo acutissimo, che -tradotto in volgare voleva forse dire: - -— Voi vorreste divertirvi alle mie spalle, neh? Guardate che io vi -faccio pagare lo scotto! - -— Signori, tutto quanto hanno detto, mi torna meno nuovo di quel che -si credono. Dimorai lunghi anni in Allemagna ed a Parigi..... Io, me lo -permettano, risponderò loro con una domanda. - -— Oh! pensi. - -— Quella donna è miserabile, si vede; è quasi cieca... è forse priva di -famiglia, o, Dio non voglia, maltrattata da' suoi come un fastidioso -mobile. Dunque senza gioventù, senza salute, senza vista, senza il -cinismo d'un cuore isterilito nei disordini, senza conforti materiali -e domestici, e quel che è più orribile, senza speranza! Agirà per -ostentazione? Per carpire alle paesane sue il titolo di devota od un -tozzo di pane? Poca ambizione e dura condizione. Ad ogni modo soffre e -senza speranza di meglio, non è vero? Andate ora, sulla supposizione -più onesta, a scalzare la predilezione idolatra che può per avere -un'immagine anzichè per un'altra! Che vogliono darle, o signori, per -consolazione, in cambio d'una fede, che vendica colla vita avvenire i -dolori della presente? - - . . . . . . . - -E corse dietro alla vecchia per recarle il frutto d'una parola, atto -che la fanciulla abbelliva colle grazie della giovinezza e della -carità... Non dico che fosse tutta carità spontanea, pura... ma a buon -conto, senza sofisticare, la carità venne posta in atto. - - * - * * - -Da Premia, a destra, oltre la Toce, si sale per un cattivo sentiero -alla Cravairola, regione al di là della catena dal Pizzo del Forno alla -Corona del Groppo, la quale trovasi oltre al confine naturale e versasi -nella valle Ticinese. - -Le dissensioni sorte anticamente fra gli Ossolani ed i Valmaggesi -finirono per accendere quelle scaramuccie, le quali per essere -guerreggiate fra contadini non sono meno micidiali; di qui rapinarsi il -bestiame, spesso diruparlo, incendiare le capanne; finchè, stanchi di -queste reciproche rappresaglie a cui avrebbe tenuto dietro la comune -miseria, ricorsero ai proprii governi verso la metà del secolo XVII. -Senatori della Camera di Milano ed inviati della Repubblica Elvetica -convennero sul Lago Maggiore e là stabilirono i confini. È inutile -il dire che avevano tutti ragione. Dopo la sentenza, infierirono più -atroci le rappresaglie. Finalmente in una sanguinosa rissa essendo -stato ammazzato l'istigatore principale, un bandito della Valmaggia, di -cui si portò in giro la testa sopra una picca, placata col sangue l'ira -comune, la luttuosa lite ebbe fine. - -Da Premia per Piedilago, detto dai valligiani Piedilatte, i due -Cadarese e S. Rocco, si perviene in due ore sotto quel Salecchio già -accennato da noi. Questo villaggio, il più alto della valle Antigorio, -è situato sopra un breve gradino del monte della Punta di Campo. Da -lassù godesi bella vista sopra una parte della sottostante valle, -mentre tutt'attorno al villaggio rallegrano estesi pascoli smaltati -di odorosissimi fiorellini. Chi da Salecchio volesse recarsi in valle -Formazza, di cui di lassù scorgesi la bocca, senza discendere la via al -basso malagevole assai, vi può pervenire con un sentiero che guida al -santuario di Puneigen, in due ore. - -Questo sentiero corre sull'orlo del pendìo montano qua e là -rapidissimo, e dopo la neve diventa pericoloso, non però come -l'asprissimo che vi conduce da S. Rocco stagliato nell'immenso muro -granitico, che s'aderge al N. O. Sicchè Salecchio è quasi segregato — -nell'inverno — dal resto del mondo. Pochi inverni or sono il sindaco -ed il vice-sindaco di Salecchio vollero discendere per quest'ultimo -calle a S. Rocco; gli sciagurati sdrucciolarono sul vivo diaccio che lo -copriva, e rimbalzarono — orribile a dirsi! — di roccia in roccia sino -a valle..... - -Il santuario di Puneigen od Autilone non ha nulla di rimarchevole per -architettura, ma il sito è assai pittoresco. Sorge sopra una balza del -Martello tutta lieta di piante e di erbe, attorniata da rupi scoscese -che si specchiano in un laghetto. Dall'estremo labbro verso levante, -la vista sulle nudi rupi del Rizoberg, sull'abisso che si sprofonda -nella sottostante Antigorio, e verso mezzodì sui pascoli che allegrano -le falde dei due Salecchio, compensa la poca fatica di farvi una -digressione dalle porte della Formazza. - -Da S. Rocco che ha una bella chiesuola ed una fisonomia ancora aperta, -sorridente, italiana, in poco d'ora giunsi per Balmalarice, Passo, ad -Arivasco. - -Bella cascata è quella del Vuova, qui presso. - -Io solo so quante volte incespicai sulla malagevole stradicciola per -guardare le gigantesche rupi di granito venato a strati orizzontali che -assiepano la valle. Gli obelischi egiziani appetto a quelli che se ne -potrebbero trarre parrebbero birilli. - -Perchè non ho io la potenza della fede che rimove i monti ed il genio -di Michelangelo? Vorrei innalzare sulla vetta suprema delle Alpi tale -un monumento alla verità, che toccasse le stelle. Il granito non è ciò -che manca per ora. - -Il gruppo di casupole, che è Arivasco, non ha nulla che possa -trattenerci, se non fosse questa nidiata di vispi fanciullini, la -folleggiante gaiezza dei quali contrasta non poco colla severità del -paese. La valle sì spaziosa va chiudendosi: ecco Unterwald. Siamo -finalmente in Formazza? - -Fra mezz'ora, rispose una donna. - -Perchè, dissi poi tra me, le mezz'ore di piacere non sono tutte lunghe -quanto codesta per salire alla Formazza? - - -XII. - -_L'orrida forra di Unterwald._ - -Appena oltrepassato il malinconioso casolare di Unterwald (Foppiano), -ci addentriamo in una stretta gola, oscura, sinistra. La scena che ti -colpisce dal ponte d'Untergeschen è stranamente terribile. A destra, -crollante sopra una rupe, una torre inghirlandata d'ellera e di -muschio, sta per sfasciarsi. Forse è l'ultimo monumento della guerra -contro i Cimbri — forse l'innalzarono i Cimbri nella loro discesa. - -Guardati dal favellare contro i Romani ed i Cimbri — essa potrebbe -vendicare su te gli uni e gli altri. - -Lo Sternehorn, gigantesco monolite insofferente di neve; che inabissa -quaggiù i fianchi repenti, soffoca la forra. Le pinete dalle funebri -ombre incutono sacro terrore. Immani macigni rimbalzati qua e là -sotto e sopra, s'arrestarono colpiti da spavento. Fra le poche zolle, -nei loro crepacci, sugli scaglioni inferiori, lacrimano minutissimi -zampilli. In mezzo si rivolta, s'arrabbia di masso in gorgo con orrendo -muggito la Toce tutta spumeggiante d'ira. È l'acqua che si ribella -contro la terra. Intanto il sentiero, incerto, s'innoltra serpeggiando -fra i sassi e sale faticosamente verso il lembo dell'orizzonte che -s'affaccia lassù. - -Dove sbocca questa fossa? - -Le membra si diacciano sotto la vampa settentrionale che dal cigliare -del pozzo si sferra quaggiù in un turbine di nevischio e di spruzzi -del fiume; il petto ansante chiede riposo e mite temperie — ma su! -su! qui non consentono sosta nè le spinose selci della strada, nè -le ombre assideranti. Su! anche i pini, i larici si slanciano con -forza da quest'umida caligine all'insù per giungere ad ottenere un -raggio di sole. I loro rami tremolando ne invocano la caldura onde -gli uccelli migranti vi si posino in ciarle d'amore. Ma invano! Non -un raggio scende di là ed i _merli d'acqua_ stessi (Wasseramsel) non -osano soffermarsi alle loro radici. I corvi soli, gl'incresciosi corvi -spiccano il volo dalle bozze soprastanti e scendono nel burrone sopra -gli alberi infelici a funestarli col loro rauco gracidare. - -Se qui la natura sembra spirare soffocata dalle moli gigantesche e -sfinire di languore, oh! come trista dev'essere la valle di Formazza! - -Un grazioso fanciullino incontrato ad una risvolta ne assicura che fra -pochi istanti toccheremo l'altipiano desiderato. - -Rincorato, dando uno sguardo ancora allo spettacolo sottostante, -invidiai — e non per la prima volta — il pennello del Gonin per -ritrarre questa terribile scena, in cui per rafforzare il colore locale -non sarebbe punto necessario d'innestare episodii drammatici — sì alto -qui parla la natura! - -Ma ecco la bocca dell'androne, ecco la luce, il sole e col sole il -sorriso della vita! - -Guardo in giù, attraverso ai pini, e auguro ai Formazzesi non venga -giammai loro il ticchio di sterpare la boscaglia protettrice del mal -passo — o nessuno s'addentrerà nella spaccatura senza che, eterna spada -Damoclea, non minacci o voluta di neve o frana o macigno! - -Guai a voi! - - - - -PARTE TERZA - -=La Frua ed il Gries.= - - -I. - -_Valle di Pommat o di Formazza — Stafelwald, Andermatten, Touffwald, -Wald, Zumsteg, Brenno, Gurfelen, Fruttwald._ - - =Quanto non s'eleva nella solitudine= - =delle Alpi l'immaginazione!= - _Zimmermann._ - -Eccoci al piano. Quattro o cinque scheggioni diroccati fin qui, Dio sa -quando, dai vertici del Martello, e la valle Formazza si stende in là -fra sublimi montagne. - -Due piccoli villaggi ne si presentano innanzi, amendue poco lieti: -il primo, poco rallegrato dal sole, Stafelwald, allo sbocco di una -ripidissima valletta che dichina dal Vandflühorn (2862 metri), solcata -dal torrente Riebbo, per la quale un brutto sentiero guida nell'estate -pel Criner o Forca del bosco, alla Maggia nel Ticinese: l'altro, -Andermatten (1241 m.), colla parrocchia, sotto una scoscesa roccia che -gli si aderge altissima alle spalle, pare temi di un finimondo. - -Non ha tutti i torti. - -Nulla di notabile nella parrocchia, fuorchè lo svelto campanile che -sorge isolato. Nello sterrato allato alla chiesa il cimitero, come nei -paesi protestanti della Svizzera. Ma prima di giungere al cimitero, -fermiamoci, che n'abbiamo di mestieri, all'albergo del Cavallo bianco, -pulito e discreto. - -La Catterina, l'ostessa, dà cento punti al marito a darvi lezioni di -corografia. V'ha anche una bella giovinetta, semplice ed innocente -quanto vezzosa. Sento da esse che convengono alla parrocchia quanti -abitano nelle superiori frazioni di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenno, -Gurfelen, Fruttwald, e nell'estate dai casali di Kerback e Morasck -distanti tre o quattr'ore di cammino. - -Occupai la domane nel visitare i paeselli. - -Poco oltre Andermatten la valle si rivolge alquanto a sinistra ed -assume quell'aspetto che faceva esclamare al celebre Saussure esser -questa la valle d'aspetto più pastorale ed allettevole. Da Stafelwald -a Touffwald corrono a destra rupi tragrandi di vivo macigno, coronate -d'una sempre verde boscaglia di pini e larici, mentre alzando lo -sguardo scorgonsi le vette supreme dell'Hirelihorn (2434 m.), del -Gazoli, del Bedriol (2921 m.), le quali, correndo fino al Kastel (3276 -m.), dall'aprirsi al chiudersi della valle, a destra rimontando la -Toce, segnano col taglio delle loro creste frastagliate il confine fra -il regno italiano ed il cantone Ticino. - -Dalle balze dell'Hireli si lascia cadere quasi spossato di languore -e di fatica lo Steibo, torrente che forma lunghesso quelle repenti -chine una cascata di ben duecento metri, la quale appare da lungi quale -tela d'argento sfavillante ai raggi del sole. Sempre a destra, prima -di giungere a Touffwald, scendono dall'Alpe Gazoli il Fuldstuder e -l'Ecco, amendue formanti variate cascatelle, le quali sono assai belle -a riguardarsi, principalmente dopo qualche temporale nei valloncelli -superiori. - -Touffwald, detto pure S. Michele, ha case pulite ed è bene esposto al -mezzodì. La strada sotto le boscose falde del Montegiove o Retiberg -(3007 m.), come qui lo dicono, procedendo lungo la Toce scorge a -Wald, nel centro della valle. Siccome però le molteplici sorgenti -che zampillano dal Witenbil, collinetta in mezzo alle praterie, -nell'inverno formano scaglioni di diaccio durissimo, i quali coprono -per lungo tratto la strada, gli alpigiani l'abbandonano passando da -Touffwald alla sinistra della Toce. - - * - * * - -In Wald in una casetta al ponte ha stanza il ricevitore della -dogana italiana, gentilissimo giovine che ne fu largo d'ogni cortese -indicazione. - -Ho fatto una visita alla tenebrosa nicchia in fondo alla quale il -Lebenduner, prorompendo da un covacciòlo si precipita in sottilissima -polvere; ma il denso velo degli spruzzi e l'altisonante ruggito -m'impedirono d'interrogare i genii dello speco. - -Il sentiero che serpeggia su per la foresta, dal ponticello che valica -il torrente, guida ai pascoli di Vannin, e di là, su per le murene -ed i diacci del Minoio-Krüpfi al varco del monte — da cui sceso nella -valletta suprema dell'Arbola, pel passo del Figascian, in una giornata -di cammino, ad Aernen del Vallese. - -Zumsteg è la capitale della valle: è il più grosso villaggio, non il -più bello. Le pendici a destra ed a sinistra sono tutte affoltate di -pinete. - -A pochi minuti da Zumsteg, alla destra della Toce, un bel gruppo di -case sulle ultime falde del Nacker, Brenn — (1322 m.); poco più in -su, pittorescamente allogato sotto una rovina di giganti roccie che -i secoli hanno vestito di muschio e di zolle, sta Gurfelen. Le ruine -a cui s'addossa, lo riparano dalle bufere del settentrione — tutto il -male non viene per nuocere. - -Al di là di Gurfelen, mentre la valle si ristringe, la strada sale, -a sinistra del fiume, sopra una rupe che stagliata trabocca giù nei -profondo in cui gorgoglia la Toce: di là, alla risvolta del cammino, -ove s'innalza un'antica croce di legno, appare pressochè tutta la valle -coi casali di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenn e Gurfelen. - -Da quest'ultimo in un quarto d'ora si giunge a Fruttwald, diviso dalla -Toce, nel verde piano in cui riposa la valle fra le rupi del Nuefelgiuh -e le balze del Tamier. Il Nuefelgiuh è un'orrida catasta di macigni -aspri, scagliosi, nudi, penzoloni sul villaggio. - -Uno di essi, or faranno trent'anni, traboccava con intenso fragore -sul villaggio — la terra traballò, i pendoli s'arrestarono, mura si -screpolarono — ma il masso per miracolo sprofondava a dieci passi dagli -abituri. - -Quelle creste ricise, addentellate non paiono accessibili che agli -uccelli di rapina. Chi oserebbe del resto arrampicarsi lassù? Sentite -una fiera istoria. - -Luigi Dellavedova aveva un figlio non ancora ventenne, di ottima indole -e di belle forme. Luigi è l'espertissimo fra i cacciatori di camosci. -Egli non aveva mai permesso al figlio di accompagnarlo a caccia, -promettendogli però che non appena avesse compito vent'anni, avrebbe -diviso con lui le fortune di quel passatempo che in fatti è una serie -continua d'indicibili disagi, e di pericoli d'ogni maniera. Il giovane -attendeva con vivo desiderio, con impazienza quel giorno avventuroso. -Spesse volte il padre lo sorprendeva fiso estatico verso i culmini -alpestri. Intanto s'addestrava ad imberciare con sicurezza per colpire -il suo cappello a trecento passi. - -Una mattina, mentre il padre era assente, il giovanotto, malgrado -le rimostranze della madre, mette ad armacollo la carabina paterna, -parte per una scorsa sul Reti. Alla sera, prima dell'arrivo del padre, -sarebbe di ritorno. - -Quella sera giunse il padre; ma s'attese invano il figlio. Anche la -notte invano. - -La domane, la dopodimane, la povera madre correva di quando in quando -alla porta della capanna con ansia infinita..... ma forse egli insegue -con altri cacciatori un branco di camosci. Il padre interrogò i -cacciatori della Formazza; seppe che nessuno s'era mosso di casa! Il -padre smanioso, col figlio maggiore, sale sulle alture e le percorre -senza posa per varii giorni; frotte di cacciatori e di pastori -s'addentrano nelle solitudini di quella cerchia montana, tutto attorno -alla valle — invano! - -L'ansietà cangiasi in angoscia. — Ogni valligiano palpita sulla sorte -del giovane; le madri piangono colla madre. - -Ecco l'ottobre — nevica. La neve seppellisce ogni cosa, ogni speranza. -La madre sola spera ancora — in Dio! Più d'una volta, la notte, balza -dal letto e corre affannata alla porta ove le pare abbia picchiato -una mano sospirata. Allo squagliare delle nevi in giugno, sotto -le precipitose rupi del Nuefelgiuh un pastore scopre un cadavere -orrendamente sfracellato..... Il padre solo potè riconoscere la sua -creatura. La carabina, spezzata, trovossi lungi un cento passi dal -cacciatore che per la prima ed ultima volta l'aveva impugnata. - - * - * * - -Quantunque Fruttwald sia il più alto dei villaggi abitati tutto l'anno -nella Formazza, la vista resta ivi circoscritta verso la valle da -un gibboso declive che l'attraversa fra il Tamier ed il Nuefelgiuh, -e verso settentrione da un contrafforte di quest'ultimo monte che -rinchiude quasi il superiore valloncello di Unterderfrutt ove casca la -Toce. - -La strada, lasciato Fruttwald alla sinistra, con breve giro appiedi del -Tamier s'affretta alla Frua, spettacolo che si presenta ad un tratto, -quasi per meglio colpire. - -S'io disegnassi come Schrimer non avrei a descrivertela a parole. - - -II. - -_La Frua o cascata della Toce — Quanto costi un sorriso di donna._ - -Il Valloncello di Unterderfrutt è circondato dalle falde del Picco -di Gigeln, a destra — dalla rupe della Frua a settentrione, — e dalle -ultime digradanti balze del Nuefelgiuh a sinistra ed al fondo. Al di là -della Toce poche stalle in mezzo ad una breve prateria attorniata dai -macigni dinoccolati dalle rupi imminenti, danno ricovero nell'estiva -stagione agli armenti che si vengono a pascolare. - -Lo sguardo non può soffermarsi più d'un istante sulla cornice che -inquadra il meraviglioso spettacolo della Toce, la quale ad un tratto, -lasciato il queto alveo superiore, trabocca dal ciglione della rupe -stagliata in tre orizzontali gradini, uno sull'altro cadente, ed -irritandosi ad ogni labbro, rimbalza spumeggiante nell'aria, ricade -in sottilissima polvere d'argento per spandersi nuovamente in mille -spruzzi, cascatelle e zampilli, formando così una piramide gigantesca, -la quale, allorchè il sole vi diffonde i suoi raggi luminosi, tutta -sfavilla di mille diamanti. - -Bello è contemplarla all'aurora colorirsi a porporine tinte, smagliante -come l'acciaio brillare al mite chiarore della luna, e nelle incerte -ombre della notte innalzarsi come un immenso fantasma in mezzo a quelle -moli rigorose. La severità del sito, i cento sibili confusi in un sol -urlo dell'aria percossa, le scagliose rocce del Gigeln, le superiori -macchie di larici, fra cui fischia il vento, destano nello spettatore -il senso, non so se più di meraviglia o di terrore, che nega la favella -innanzi agli spettacoli più sublimi. - -Nel fitto dell'inverno, benchè il volume delle acque montane scemi -d'assai, la cascata presenta una vista non meno sorprendente: le -notturne bufere ed il gelo asprissimo sogliono in poco d'ora indurare -i fili, gli spruzzi, i zampilli, i veli cadenti; ed allora si vedono -pendere e sorgere su quei lucidi macigni una serie infinita di -stalattiti cristalline, che riflettono la luce con mille colori, mentre -l'acqua scompare sotto questa scintillante armatura. - -Dal ciglio al piano la cascata misura duecento metri; è quindi delle -più considerevoli per l'altezza, mentre per la mole dell'acqua essa -non la cede forse ad alcuna delle più vantate di tutta l'Europa. La -cateratta del Reno presso Sciaffusa non va annoverata propriamente -fra le cascate. Lo Stauback presso Lauterbrunn supera in altezza la -cascata della Toce di un quarto circa; ma siccome quel torrente è molto -povero di linfe, ne avviene che buona parte va dispersa nell'aria in -sottilissima nebbia; mentre la Toce, anche nell'inverno, per le molte -sorgenti perenni, ha tuttavia una notevole quantità di acqua. Poco -più, poco meno può dirsi lo stesso della Tamina, di quella di Martigny -e della stessa del Reichenback, e d'altre che ometto per brevità o -inferiori per l'altezza o pel volume dell'onde. Celeberrime in Italia -sono le cascatelle di Tivoli: le quali a petto della Frua sarebbero -meschina cosa, ove non concorressero a renderle più famose le memorie -delle vicinanze, in cui ad ogni passo ti si rammenta la Sibilla -Tiburtina, e Mario, Scipione, Virgilio, Sallustio, Flacco, Catullo, -Orazio e Mecenate, i quali venivano dalla tumultuosa Roma a cercare -silenzi e riposi al rezzo dei laureti sulle sponde dell'Aniene. - -Il Casalis, nelle poche linee consecrate alla valle di Formazza, dice -la cascata della Toce essere la più bella dell'Europa; il Boniforti -l'accenna come la bellissima delle Alpi italiane e non inferiore a -nessuna della Svizzera; l'Amoretti, che unico percorreva queste valli -fra gli scrittori italiani, quantunque non si lasciasse trasportare -d'entusiasmo che per ciò che era mineralogia, tuttavia la dice -mirabile. L'Ebel stesso la magnifica, benchè per errore la diminuisca -d'un terzo d'altezza. Ecco le sue parole: «Siccome, eccettuata la -cateratta del Reno, non vi ha nella vicina Svizzera una cascata con -massa sì considerevole d'acque, quella della Frua, è, senza dubbio, -delle più notevoli che vi abbia.» - -Salite in venti minuti le risvolte della strada tagliata nella rupe, -dopo d'avere contemplato da vicino la caduta, eccoci sul ciglione da -cui precipita il fiume; di quassù, come da lato, come dalle capanne -d'Unterderfrutt, la scena si para sempre grandiosa. Da questo estremo -limite al sud della valletta di Uberaufderfrutt o di Sant'Antonio, si -spiega dinanzi una parte della valle, senza la vista però dei casolari -nascosti nelle anfrattuosità delle falde montane; alla sinistra della -Toce sorge una cappelletta con portico, dedicata a sant'Antonio, a lato -del Gigeln, altissimo picco direi d'un sol pezzo di viva roccia, che si -disterra da questi altipiani. - - * - * * - -Catterina era la più bella ragazza della valle Formazza: gli occhi -gareggiavano colle labbra nel sorriso, ed il suo cuore non era meno -generoso dell'aspetto. Non era una sola fanciulla in tutta la vallata -che nel segreto del cuore non le invidiasse la bionda e foltissima -capigliatura, e l'arcana potenza di ammaliare quanti l'avvicinavano. - -Nell'estate, in mezzo al suo armento, quando cantava, gli animali -alzavano il capo attenti, e cessavano di pascolare... - -Nelle lunghe giornate d'inverno, accanto a sua madre, filava il lino, e -tutti credevano che passando fra le sue dita bianche e sottili il filo, -s'indorasse. - -Nell'ampia e pulita stufa della sua casa convenivano nelle serate -invernali i più formosi garzoni dei casolari, tutti innamorati di lei, -che sorrideva a tutti senza conoscere l'amore. - -Quando in coro colle amiche intuonava una bella canzone, Pippo -differiva alla domane la confessione di quanto sentiva per lei. Ma -avrebbe potuto spiegarlo? - -Tuttavia un bel mattino, non si sa se a caso, Pippo incontrò Catterina -nella foresta dell'Hireli che riconduceva una capra smarrita. Di -tutte le cose toccantissime ch'egli s'era da tanto tempo studiato di -favellarle, non potè dir motto. Ma quando alla sera la Catterina con -voce più soave del consueto cantò: - - «Nel profondo del mio cuore v'ha una cellula ch'io sentii vuota - fino a quest'oggi. - - Io viveva senza assaporare la vita; io vedeva senza guardare; io - ignorava tutto. - - Ora la cellula è piena di un mondo — una tua parola ha fatto il - miracolo. - - Attorno ad essa mille immagini — e son tutte la tua. Perchè sfugge - tuttavia dall'anima un sospiro?» - -allora Pippo uscì dalla capanna troppo angusta. La brezza notturna -gli ricompose gli spiriti, e il povero innamorato potè sclamare: dov'è -l'uomo più felice di me? - -S'egli era intieramente felice, perchè la sera susseguente andò coi -compagni in casa della fanciulla e ne tornò senza aver profferito -parola in tutta la sera? Era desso geloso? - -Il vecchio Giovanni, il padre di Catterina, possedeva una foresta di -pini secolari, ubertosi pascoli nella valle e meglio di cento capi di -bestiame. Mentre stava un giorno soletto guardando il suo armento che -pascolava sull'alpe di Balmarossa, vide venir a sè Pippo. - -— Benvenuto Pippo! cercate di me? - -— _Deo gratias_, potè rispondere il giovane, affannato dalla salita -sotto la sferza del sole di agosto, e più ancora dalla tema di non -ottener quanto bramava. - -— Sedete e parlate. - -— Se voi siete contento, io mi torrei in isposa la vostra figliuola. - -— Voi siete onesto... ma troppo povero. Sapete che la Catterina è fra -le più ricche della valle? - -— Io non desidero che la fanciulla.... E volle soggiungere le mille -cose che aveva pensato per istrada — ma la dura parola del vecchio gli -annodò in gola ogni risposta. - -Giovanni, vedendo il meschino grondante di sudore impallidire, lo -trasse con sè alla capanna dell'alpe, gli presentò una coppa di latte -munto allora, e con voce meno acerba: - -— N'avete parlato alla Catterina? - -— Disse di amare me solo. - -— Poichè la è così, io non voglio fare due infelici. Voi siete giovane, -e la fortuna ama i giovani. Quando avrete da pascolare dieci bovine, -Catterina sarà vostra. - -Pippo, rasserenata la fronte, abbracciò il vecchio, e scese correndo -quelle alture senz'accorgersi della malagevolezza del sentiero e della -china precipitosa. Prese commiato dalla vecchia madre piangente invano, -e dall'amata che sorrise alle promesse del giovine animoso — e partì -per Roma, per Roma tanto lontana. - -Dopo un anno, Catterina seppe che l'amante spossato per incessanti -fatiche era caduto ammalato. Da quel dì una mano ignota portava -sull'altare della Vergine un mazzo di fiori perlati di rugiada, quali -mai non si videro trapuntare le praterie della valle. Ve n'era di -quelli a mille colori, come la spuma della Frua. - -Pippo, colto dalla febbre, consumò ogni sparagno: quando riebbe in -parte l'antico vigore, i medici lo consigliarono di fare ritorno -all'aria natia. Nullameno cercò lavoro coll'insistenza di un proposito -che non vacilla: debole ancora, il frutto del lavoro bastava appena -alle necessità della vita. Intanto la madre lo richiamava — si sentiva -a morire e voleva rivedere ancora una volta il figliuol suo. Partì -povero e sconfortato da quel paese ove era giunto con tante speranze. -Di ritorno trovò nella sua capanna un cadavere. Dopo la sepoltura della -madre, quella porta non s'apriva ed i vicini dicevano di sentire la -notte dolorosi lamenti. - -Egli sarebbe morto di dolore, se un mattino una voce dilicata e -tremante non avesse cantato sotto le finestre di quell'abituro -la nota canzone dell'amore... Pippo venne fuora: quasi non era -riconoscibile..... era anche povero — tuttavia Catterina gli sorrise. - -Pippo comprò una carabina ed in poco tempo divenne il più destro -cacciatore di quelle alpi. Di quando in quando inviava alla fanciulla -del selvaggiume. Scoprì un giorno appiedi delle orrende diacciaie di -Cavergno una camozza col suo nato: decise di ammazzare la madre per -avere vivente la piccola — fermò di averla ad ogni costo. - -Chi sa contare quante volte il cacciatore corse pericolo di morte? I -camosci, in grazia del sottovento, sentirono l'appressarsi dell'uomo, -valicarono le creste difficili del Kastel con piede snello e sicuro. -E Pippo su per le roccie, dietro ai veloci animali. I quali s'erano -indirizzati verso le giogaie del Thallihorn, sfiorando appena la -cornice a picco, al di là del lago di Kastel, sull'abisso che si -sprofonda giù giù fino al vallone di Kerback. Pippo, sicuro che per -stanchezza la capretta non potrà correre lontano, s'avventura su quel -passo, largo due palmi, fra il cielo e l'inferno — sente smottarsi -sotto ai piedi il sentiero — non s'arresta; si mette carponi e così -valica l'abisso, in fondo al quale, laggiù, acute roccie stendono in su -le loro scarne ed affilate mani bramose di sangue. - -Il capretto alfine è quasi sfinito dal correre, e giace oltre il -burrone della Toce a pie' della madre che lecca pietosa ed accarezza -il nato, e guarda attorno con sospetto. Se Pippo giunge a varcare -inosservato il burrone, le selvaggie creature sono sue. Bisogna -dinoccolarsi al fondo e risalire la parete opposta. Ma se scivola -sopra malsicuro sasso il piede? Sei morto. Se staccasi sopra il capo -un macigno da lungo tempo desideroso di riposare in fondo all'oscura -fossa? Sei seppellito. È facilissimo nella discesa repente avvallare -a fascio; e non sarà impossibile arrampicarsi pell'ertissimo muro di -fronte? E se mentre tu corri manifesto pericolo di orrenda morte, un -sasso maledetto cade sonando sulle pietraie ed avverte la camozza? -Mille terribili pensieri attraversarono come sinistro lampo la mente -del cacciatore... ma Catterina, quando le avesse condotto la svelta -capretta, come gli sorriderebbe! - -Scivolò al fondo, s'inerpicò — dopo dieci prove — sino all'orlo opposto -del burrato, e di là, fra le scabre roccie imberciando con mano ed -occhio sicuri la preda, scoccò il colpo. La palla sibilò acutamente — -tutti gli echi si destarono — quando il fumo si diradò, vide la camozza -fare ancora due passi, inginocchiarsi e cadere spirante presso il -lattante... Povera ed innocente bestiuola! Ma che non vale un sorriso -di Catterina? - -Il lattante smarrito trillava di dolore senza fuggire, sicchè Pippo -potè di leggieri impadronirsene. Catterina lo accettò con festa, gli -cinse il collo d'una rossa collana a cui penzolava uno squillante -campanello, e lo diede ad allattare ad una capra. Ella stessa lo -conduceva ai pascoli della Frua, tutta lieta di vederlo sì gaiamente -saltellare. - -Da qualche tempo Pippo non s'avventurava più alla perigliosa caccia dei -camosci: ritornava dai monti carico di pietruzze, delle quali alcune -bianche come il latte, altre porporine come le labbra di Catterina, -altre screziate d'oro. La cera raggiava di speranza e d'amore. Gli -era apparso il genio delle Alpi e gli aveva indicato una caverna in -cui stava nascosto un ricco tesoro di preziosi metalli e di rarissime -perle. Il pavimento era tutt'oro — le pareti a colonne di malachite, -smeraldo e lapislazzuli — il vôlto stellato di rubini e di granati. - -Da quel dì la ruggine cominciò a serpeggiare in arabeschi sulla canna -della carabina dimenticata in un canto della casa, ed i ragni a tessere -le loro tele polverose sull'acciarino. - -In quella un congiunto gli scrisse da Roma non indugiasse a partire a -quella volta, gli affari procedere con meravigliosa fortuna; avrebbero -diviso come le fatiche i frutti. Pippo sorrise alle esortazioni degli -amici e partì in sua vece un altro. - -Egli vendette la fidata carabina e s'avviò all'Anzasca. Poco tempo -appresso ritornava con alcuni di quei valligiani che saggiano e -conoscono la virtù d'ogni pietra. - -La domane — appena s'inalbava l'orizzonte — con cinque altri giovani -robusti, muniti di vanghe e di acute marre, tutta la frotta, Pippo in -testa, s'incamminò spedita verso il Griesberg; a Bettelmatt penetrò -nel deserto androne del Gemmsland, e, accesi branchi di pino, entrò nel -tenebroso speco. Appena la luce delle torcie resinose arrossò la bocca -dell'antro, un urlo spaventevole gelò il sangue e la parola ai compagni -— ed un lupo si slanciò rabbioso fuori di quelle tane — ma Pippo non -aveva più la carabina, ed il lupo fuggì ratto. Triste presagio! Pippo -ed i suoi amici scavavano con ardore e trasportavano al sole un mucchio -di pietre, ed i minieratori le esaminavano attentamente una dopo -l'altra. A mezzo il giorno questi ultimi dissero ad alta voce: non v'ha -qui indizio d'oro nè di granati. Pippo impallidì! I compagni pietosi -lavorarono fino a sera, secondando la febbrile ansietà dell'amico. -Venne la sera senza che nulla si fosse scoperto; le pietre scavate con -tanta fatica e tanta speranza non avevano valore di sorta. Pippo stava -tuttavia lavorando quando i tizzoni si spensero. Nessuno osava far -motto. Oscurata la spelonca, Pippo si coricò estenuato sulla soglia di -quell'antro malaugurato, gemendo; bagnava la polvere col sudore che gli -gocciava dalla fronte; ma non una lagrima sola. Chiamatolo invano, i -compagni coi minieratori discesero prima della notte nella valle. - -Chi non avrebbe detto Pippo morto? — Dormiva? - -Questo è certo che quand'egli fu solo gli apparve Catterina assisa -a banchetto di nozze, su cui stava fumante la sua bella camozza. -Sollevò il capo dal duro origliere, e smarrito discese fra le tenebre -d'altipiano in altipiano. Di quando in quando una voce soffocata, -disperata — o Catterina! Catterina! — ululava per quelle callaie -dirupinate. - -Intanto un uragano precipitava dalle diacciale del Griesberg, ove le -streghe menavano ridda al bagliore dei lampi ed assordava coll'orrendo -frastuono il misero che s'aggirava in quei valloni. I lupi, turbati -nei covili, scorrevano pei greppi cogli occhi di carbone, urlando -attorno a Pippo, mentre le aquile ed i corvi turbinandogli sul capo, -lo stordivano colle strida minacciose. Ma Pippo scendea sempre. -Sdrucciolava sull'erba, sui macigni; cadeva nelle rabbiose fumane; ma -discendeva sempre. - -Certamente l'anima della madre lo guidava. - -Quando l'aurora si raffresca nei vapori della Toce, egli grondante -acqua da tutta la persona, coi capelli pioventi lungo le guancie -livide, gli occhi stralunati, le mani peste e lacere, i piedi -sanguinosi, giunse all'altipiano di Uberaufderfrutt da cui s'inabissa -il fiume. - -Il cielo si rasserenava, ed i monti si spogliavano delle loro clamidi -fumanti. - -Pippo, giunto sul ciglione della cascata, stava per discendere, quando -— oh! come lampeggiarono di gioia i suoi occhi! — vide nel sottoposto -piano la Catterina, che guidava al pascolo la diletta camozza. Pippo -fuori di sè gridò: Catterina! — Stese le braccia e si slanciò verso -l'amata. Ahi!... la rupe si sprofonda — Pippo, stretto nelle gelide -braccia della cascata, sobbissa — rimbalza sui tre scaglioni — colora -un istante del suo sangue la roccia omicida — e sdrucciola ai piedi di -Catterina. - -La piccola camozza leccò il sangue che sgorgava a rivi dal corpo -frantumato di chi le aveva ammazzato la madre, quindi fuggì alle libere -aure del Gigeln. - -Ecco perchè ogni mattino, allo spuntare dell'aurora, la cascata si -arrossa, e si sente dalle roccie superiori il trillo d'un camoscio. - -E Catterina? - -Credete voi che ella d'allora in poi sorridesse tuttavia? - -Così ha fine la leggenda della Frua. - - -III. - -_Altipiani di Kerback, Valtoccia, Morasck e Bettelmatt._ - -Dall'altipiano di Uberaufderfrutt, ove all'ombra del portico della -cappelletta sull'orlo della cascata udiva la pietosa leggenda della -Frua, in meno di mezz'ora giunsi al vallone di Kerbach attorniato -da alte vette, delle quali la parte meridiana che si protende fino -al vicino anfiteatro di Morasch, è tutta lieta di zolle e di fiori. -L'aere risonava di monotone cantilene d'amore; erano falciatori -che sulle sdrucciolevoli chine del Thalli fornivano il loro lavoro -colla sicurezza de' contadini pianigiani. Le eccellenti disposizioni -ad imitare gli eroi d'Omero, che ad ogni fermata facevano un pasto -proporzionato alla grandezza delle loro imprese, mi fecero accettare -di buon animo la refezione, che m'offriva l'ospitalità d'un vecchio -ed onesto alpigiano. Quindi, poichè il sole già intiepidiva le -freschissime aure, per un sentiero che già fu strada mulattiera -selciata, ci arrampicammo per una buon'ora per la faticosa erta, -e fummo alle bocche della Valtoccia, vasto altipiano tutto ricinto -di picchi petrosi, mentre il suolo appiedi delle immense ciottolaie -verdeggia qua e là di sapidissimi pascoli. Ma come melanconica è questa -suprema convalle! I canti pastorali, il tintinnio delle collane degli -armenti, il loro muggire, tutto pare un doloroso lamento. L'orida retta -del Kastelhorn e le mute falde del picco del Nufenen-Stok spandono sul -resto del quadro la tristezza del loro aspetto. Il laghetto di Castello -rabbrividisce all'aspetto del Kastel che vi si specchia; il ruscello, -che ne sgorga guizza tacito fra i massi, quasi pauroso non dinoccoli -di lassù un macigno a riempire la limpida conca della sua sorgente. Il -ruscello forma più in là il bacino del Pesce, ove le trote non osano -amoreggiare che nel profondo. - -La Toce ne nasce con poca festa. Le sponde dei due nappi e del torrente -sono sabbiose, nude: l'ombra del Kastel fece inaridire l'erba. Anche le -mandrie rifuggono in là. - -In mezzo all'altipiano serpeggia il sentiero che pel passo confine -(Auf der Mark) conduce alle radici della Val Bedretto, alla vetta del -S. Gottardo, agevolmente in una giornata di cammino dai casolari di -Formazza. - -Un mandriano, tutt'occhi e boccacce dalla meraviglia di vedere lassù -un cotale che nè comprava, nè vendeva bovine e formaggi, mi disse che -i Bedrettesi quando vogliono recarsi nel Vallese, invece di scendere -dalla Valtoccia a Kerbach, e di laggiù per Morask e Bettelmatt varcare -il Griesberg, usano per un sentiero difficile passare al di là del -Nufenen-Stok e scendere così nell'Egina evitando il lungo giro. - -Intanto il cielo s'era coperto di nuvoloni fitti, lampeggianti, -e mentre m'aggirava per quelle solitudini malinconiose, mi colse -senz'alcuna difesa un acquazzone, che mi cacciò giù fino al casale di -Kerback più in fretta che io non avrei voluto, molle, inzuppato fino -alle ossa, fra le saette ed i tuoni, come già Mosè dal Sinai, colla -differenza che io invece di trovare gli alpigiani in ridda attorno al -vitello d'oro, li vidi raccolti attorno ad un bel fuoco tutti intenti -chi a mondare castagne, chi a sbattere la crema, e tutti ad ascoltare -le frottole d'un cacciatore, che all'appressarsi del nembo avea -frettolosamente deserto l'agguato per ripararsi sotto quel tetto. - -Riazzurratosi l'orizzonte, lasciai Kerback e salii in mezz'ora a -Morask, l'alpe più popoloso di tutta la val Formazza. - -Morask è meno ricco di pascoli di Kerback, ma è più lieto per più vasta -zona di cielo. La giogaia asprissima che rinserra l'anfiteatro verso -il meriggio, colle cuspidi eccelse del Zumstok e dell'Himmelberg, può -dirsi una parete di un solo macigno. Qua e là il diacciaio del Gries -che si stende dietro a quelle vette, lascia cadere un lembo del suo -lenzuolo sfavillante nella valle. - -Prima della notte m'inerpicai ancora sulle erbose pendici del Thalli, -e vidi smaglianti all'ultimo raggio del sole le nevi eterne che -smaltano le nere orribili creste del Kastel, a levante, che voi dite -inaccessibili e che vi fanno rabbrividire al pensiero di trovarvi -sull'orlo del precipizio che si profonda giù fino alla radice del -monte, mentre in quest'istante forse un ardimentoso cacciatore di -camosci sta sul cigliare dell'abisso, fra la vita e la morte, spinto -lassù dalla sua passione. - -Ma la notte già scolora ogni cosa: scendiamo. - - -IV. - -_Ascensione del Gries — Diacciai — Le Alpi parlano._ - - =Entrai per lo cammino alto e silvestro.= - _Dante_. - -Partii da Morask pel Griesberg. Il sentiero addentratosi in una gola -ove per poco le falde dei monti non si combaciano, orma sopra la neve -ad una florida prateria, e di là, costeggiando per la ripida salita -il torrente che gorgoglia nelle crepature della rupe erbosa, guida -al valloncello di Bettelmatt, famoso pei cacii che fornisce l'Alpe -Anderlin. Prima di giungervi, voi valicate un breve contrafforte che -chiude anche da questa parte l'altipiano, mentre il torrente sbattuto -di sasso in sasso in bianca spuma s'interra nella forra che a furia -di pazienza e di secoli ha scavato attraverso al muro: badate veh! di -non sdrucciolarvi dal sentiero; chi vi trarrebbe di là ai casali della -valle? Il torrente solo. - -Eccoci alle cascine. Esse stanno addossate ai frantumi che ingombrano -il passo nell'angusta bocca della scabrosa valletta del Gemmsland, in -cui l'ombra eterna e i massi paurosi e il deserto d'ogni vita incutono -orrore. La chiude in fondo il Siedel (3218 m.), dalla vetta del quale -fra spaventose diacciaie or piane, or gonfie come onda marina, or rotte -a bizzarre colonne d'ogni architettura, vedesi sorgere solitario il -picco del Blinnenhorn (3552 m.) l'altissimo dei monti che s'estollono -attorno alla nostra valle. - -Mi riposai presso il letto del Griesbach, dall'onde biancheggianti, -dai ciotoli tersissimi, screziati a mille colori, e trovai fra le -ghiaie l'_asbesto_ bianco che i montanari dicono sughero alpestre. -Al di là del torrente, nella prateria un numeroso armento di bovine -agitava pascolando i sonagli delle collane. Alcuno di quegli animali -s'avvicinava a noi pauroso, e dopo averci a lungo guardato con occhio -stupito per le foggie disusate, ricorreva in mezzo agli altri di -gran galoppo. È incredibile il piacere che produce il tintinnìo dei -campanelli, il muggire, lo scorazzare festoso delle giovenche e dei -vitelli che con piede sicuro dichinano rapidissimamente per le pendici; -in questi animali pascolati liberamente all'aria, giorno e notte, senza -impacci di catene e di guinzagli, scorgi una sveltezza di moti che non -trovi in quelli del piano, lenti e taciturni. - -Ma già il sole dardeggia; su ancora, un'ora, la più faticosa, e ti -riposerai sulle sponde dei due laghetti da giardino, da cui zampilla il -Griesbach. - -Pervenni sulla cima dell'erta trafelato ed ansante per la soverchia -fretta con cui la brama di toccare la desiderata fronte dell'Alpe -m'aveva spinto per l'erta. Con animo palpitante, varcata l'ampia -murena, che con mirabile vicenda le diacciale ingoiano e rigettano, -mi trovai sul lembo dell'eterno diacciaio che dorme su quelle vette -supreme, dal Gries allo Stafelclogberg, abbracciando così dalla destra -pressochè tutta la valle di Formazza. - -Eccomi sopra di esso. — Sento sotto di me — novissimo senso — un cupo -rumoreggiare, — fiumi forse che cascano echeggiando dalle caverne nelle -viscere del monte — forse, come la tradizione paesana, sono le anime -dei defunti che cantano preci di remissione. Lunghi, diritti, immensi -crepacci stagliano tutta la gigantesca massa — dove appena visibili, -dove a bocca aperta come mostri. - -In questi crepacci, da cui il piede rifugge istintivamente, dormono -laggiù negli antri sonori, da dodici anni, due giovani francesi. Io -guardo in giù, nell'azzurra abisso senza fondo, e pavento di sentire -che gli infelici vi sdrucciolarono, o vi furono spinti dalla bufera -— non morti e che laggiù, feriti, col martoro di un'agonia che li -sorprende esuberanti di vita, senza speranza di sfuggire alla loro -sorte inevitabile, dolorosa, senza conforto alcuno d'affetti umani o -divini, imprecano al fato, o rassegnati aspettano di agghiadare fra le -braccia della morte, richiamando alla memoria le immagini dei cari... - -Forse i Francesi s'erano avvicinati al Faul, nero fantasima che sorge -nel mezzo della diacciaia, ove dessa pare ondeggi come i fiotti marini. -Forse venendo in Italia, non s'erano attenuti alla loro sinistra, verso -la murena, ove i fessi sono meno frequenti e meno spaziosi — forse -da animosi perlustratori s'erano addentrati, verso il Ritzenhörner, -in quella vasta e terribile solitudine, su cui torreggia il Blinnen -— forse avviluppati dalla bufera avevano dimenticato un momento di -tastare coll'inseparabile _alpenstok_ se mai sotto il mobile strato -della neve non si sprofondava un crepaccio..... - -L'Alpe tenta come il mare l'audace — ma spesso l'uno e l'altro, dopo -avergli rivelato i misteri più stupendi, ingoia gelosamente il sedotto. -L'uno e l'altro ti sfidano col loro fascino: se tu vinci una volta -impune, pensa che essi possono vendicarsi atrocemente. - -Ambidue toccano il cielo. Ambidue cantano sì altamente la grandezza -della natura che la tua piccolezza ne rimane subitamente atterrita. - -Dopo questo senso istintivo, tu osservi e le une e l'altro con -desiderio. In breve mille attrazioni sorgono ad innamorarti di loro: da -quell'istante non sono più due mostri, li ami e ti amano. Se loro sei -fedele amico, ti riveleranno la meravigliosa armonia che li unisce al -resto del mondo, la bellezza del loro essere e la grande generosità con -cui spargono dovunque la vita. - -I diacciai dall'orrenda solitudine ti diranno che sotto la larva della -morte alimentano la vita, i fiumi che fecondano le riarse pianure. La -bufera stessa che schianta l'annoso pino come il tenero lichene, ti -dirà colle mille voci come da queste supreme convalli ventando, fuga -l'aria corrotta e sparge la salute. Così la tempesta marina. Mille -naufraghi disperati ti fanno imprecare ad essa. Ma la morte è la vita: -sono indivisibili, necessarie sorelle. - -Nè meno mirabili ti saranno per amore le foreste e gli intangibili -pizzi nembosi. - -Affidati ad un legno sull'incerta superficie del mare, sali sui vertici -alpini, e sentirai come necessità l'amore, come bella la libertà — -sentirai come se ti battesse in petto cuore di poeta. - -Come l'anima, l'alpe ed il mare ti saneranno il corpo. Se la tua mente -paralitica non si scote, se il tuo corpo non riacquista elasticità e -vigore — tu sei già due volte morto. - -Dal cucuzzolo del Gries, a cui salii di qui in mezz'ora, scorgesi -assai meglio il sottostante diacciaio, e meglio soprattutto lo stupendo -panorama delle Alpi Vallesane e Bernesi, che compensa largamente della -fatica della giornata. Il Grimsel, la Jungfrau, il Fisteraarhorn, -lo Stokhorn ed altre celebrissime Alpi s'estollono al dissopra della -verde cortina che separa dall'Oberland il Vallese; mentre a destra il -Rothental, il Nufenenstock, il Kuliboden, ed a sinistra il Faul ed il -Gemmsland pare sorgano a conversare con quelle fiere torri elvetiche. - -Disceso il cono del Gries, ecco a mezzo il diacciaio, venire verso -di me a lunghi passi una strana apparizione. La doveva essere un -cacciatore fanatico che s'avventurava soletto fra le solitudini alpine, -col capo difeso da uno sdruscito cappellaccio a tre acque, le ossute -gambe infilate e diguazzanti in un paio di brache spelate, le uose -fino al ginocchio, due scarpaccie a mo' di barca da fare il giro del -mondo, mare e terra, un grosso zaino alle spalle, la lunga carabina ad -armacollo e il bastone ferrato nelle mani. - -L'abito di prete cozzava a vista sì duramente colle venatorie munizioni -sotto cui sudava il poveretto, che al vederlo colla lunga e sparuta -persona arrampicarsi brancicando per l'erta, gli era la più risibile -cosa del mondo. - -Eppure il reverendo Blummenkranz era stimabile persona. I compaesani -non lo dicevano _liberale_, nel senso popolare, — benchè fosse largo di -cuore e di mano — perchè non frequentava le bettole; ma assicuravano, -che, venuta la stagione delle foglie, il suo cervello ne andasse tanto -in visibilio da farneticare. Dopo la prima neve rientrava in se stesso. -Le stramberie della sua religione per la natura gli erano perdonate in -grazia del fervore con cui pregava Iddio a non dimenticare le messi -dei campi, i fiorellini delle praterie e le pinete. Don Blummenkranz -nato in Germania era stato altra volta un abate del bel mondo. A Berna -e a Ginevra non sono affatto spariti i ricordi delle sue dissertazioni -sulla necessità dell'amore. - -La sua figura — innegabilmente ridicola — pareva una vivente -confutazione delle sue parole. Disingannato dagli uomini, senz'odiarli, -intese tutte le forze dell'anima nell'amore della natura dalla quale -otteneva rivelazioni sconosciute e voluttà arcane. - -— Tutto parla, diceva Blummenkranz, ed io finirò per comprendere la -meravigliosa espressione delle cose. - -Forse aveva amato una donna — ma qual donna avrebbe avuto compassione -di un essere così strano? - -Malgrado i profondi studi naturali, egli dovette provare che la -cosmologia non era che un intoppo per la carriera ecclesiastica. Da -chierico fatto cappellano, e punto a capo. - -_Contentus parvo_, egli non si crucciava di nulla. La natura -lo compensava largamente dell'irrisione degli uomini. Secondo -Blummenkranz, un uccello parlava più chiaramente d'un avvocato; gli -amori delle piante non erano una finzione imaginosa, ma una storia. -Credeva — senza oltraggio alla religione — agli spiriti che popolano -l'aria, l'acqua e le case, ed era in stretta famigliarità coi genii -delle Alpi. Conosceva le cause per cui i pizzi erano stati battezzati -con una parola anzichè con un'altra, quindi infinite leggende. Siccome -non aveva mai posto piede oltre la Svizzera, si meravigliava alla -descrizione delle vaste pianure, ed inorridiva al pensare, che vi -potesse essere una radura così sconfinata da non scorgere un monte e -che un uomo potesse vivere senza amare le Alpi. - -Di lassù, appaiatosi meco, in tre ore discendemmo nella valle Egina -nel cantone Vallese, alle sponde del Rodano spumante, donde io contava -di recarmi al vicino Obergestelen sulla via al Grimsel. Il varco del -Gries, dal centro dell'alta Italia, è la via più breve al Bernese. - -Lasciato D. Blummenkranz, m'avvio alla volta della mia meta. Se -non che io faceva i conti senza il temporale, che in pochi minuti, -abbuiato l'orizzonte angusto, si rovesciava nella valle. Alle prime -goccie ritornai frettolosamente sui passi miei, e ormai stanco dal -lungo cammino, bussai ad una capanna presso una chiesuola, invocando -ospitalità per amore di Dio e delle poche mie monete. - -La porta della capanna venne aperta, ed una pertica, voglio dire il -reverendo Blummenkranz inchinandosi, m'offrì cordialmente il tetto -ed il desco. Lo credereste? Fu quella una delle più belle sere delle -mie peregrinazioni. La cena parchissima, forse insufficiente, ma -l'anfitrione era sì curioso nel novellare! Compresi che il romito -era miglior cultore dei piaceri dell'immaginazione che non della -caccia. Perchè adunque la carabina? Perchè, mentre tutti tenevano -per ragionevolissima cosa l'arrischiare la vita nella caccia, nessuno -certamente avrebbe compresa e rispettata la passione entusiastica del -povero cappellano. - -Accomiatandomi, il reverendo Blummenkranz mi pose nelle mani un foglio, -dicendo: Serbatelo per memoria mia. — Risalendo, due giorni dopo la -mia gita a Meyringen, allo Stauback, l'Eginenthal, lessi in fronte alla -carta donatami: - - LE MONTAGNE PARLANO. - -Giunto oltre la diacciaia del Gries, sedutomi sul cigliare della balza -imminente a Bettelmatt, mi riposai, leggendo quanto segue: - - «LE MONTAGNE PARLANO. - -«— Su, Blummenkranz, quest'oggi salirai sulle Alpi, le vere Alpi, le -Alpi che mi dividono dall'Italia — il paese di cui non ho pronunciato -una volta il nome senza sussulto. Quest'oggi sono felice — me ne -rallegro cordialmente. - -Di lassù spingerò lo sguardo nelle sue valli, ove sole e terra vanno -d'accordo nel fecondare e nel crescere — ove, senza dubbio, i fiori -sono più coloriti e le frutta più gustose. - -Chi sa se non sentirò quell'aria piena di vita e d'armonie che suona sì -melodiosa scossa dalle vibranti cetre dei suoi poeti? - -Forse i miei occhi vedranno poco — ma la mia anima? Dirò: conosco -anch'io _la terra ove fioriscono gli aranci_! - -Pervenuto al vertice, m'inginocchiai riverente per salutare quel paese -che amo senza conoscere, e con tutte le facoltà dell'animo mio, dissi: - -«T'amo, perchè io so da lunga pezza che noi abbiamo saldato ogni -partita per l'antica ruggine coi Romani; perchè comprendo che se tu -non vieni a noi col perdono sulle labbra, gli è che le ferite non sono -ancora rimarginate — t'amo e mi auguro di vedere la mia patria stretta -con fratellevoli nodi a te, che tutti i nostri bardi cantarono con -esultanza, e che la sola tirannìa ed i suoi odii feroci ne hanno fatto -sprezzare e combattere come maledetta.» - -Profondo silenzio regnava attorno. Sospeso fra terra e cielo, quella -m'incantava, questo mi rapiva....... Le fronti delle Alpi corruscavano; -i loro manti erano agitati; il cervello del Griesberg su cui posava -era palpitante: dal rododendro esalavano inebbrianti profumi; in ampi -circoli le aquile si libravano nell'aria; i tordi montani cominciavano -a cinguettare misteriose note di amore, mentre il vento susurrava i -pastorali accenti del _ranz des-vaches_... Era allucinato? - -Le nebbie, in cui i monti si avvolgevano, sfumarono; la luce innondò -da capo a piedi quei giganti che s'avanzavano, oh meraviglia! da ogni -parte attorno al Griesberg, come a parlamento — forse per ingannare la -noia secolare. - -— Dunque noi che ardimmo scalare il cielo saremo turbati nella pace del -nostro sepolcro da questi embrioni superbi? - -— O Grimsel, le parole che tu soffi, eruttando fumo e faville per -lo sdegno della tua maestà conculcata, trovano nella mia anima una -clamorosa eco. Sì, non vogliamo essere manomessi dall'uomo, o per la -morte come i Diablerets mi sfascierò sopra di esso! - -— Meglio così, caro Firsteraarhorn, disse arrossando la Jungfrau -pudica, che io non vedrei più questi nani insolenti arrampicarsi sul -mio petto per baciare quella fronte che la sola bufera aveva per tanti -secoli tôcca. O meglio un fulmine mi scaraventasse giù nelle valli, -che gl'inverecondi baci di questi uccelli spennati!... Ahi! dove il mio -verginal candore? - -Un'orrenda voce di scherno tuonò: - -— Gran cosa in verità! Quanto volonteroso io non mi torrei i baci, di -cui fai sì grande scalpore, quando tu volessi scambiarli coll'atroce -ferita, che mi aprono nel bel mezzo del corpo... A me che pure tanto li -amai da nascondere la face che alta portava sul capo; ma guai a loro se -io riapro il varco al torrente di fuoco, che m'arde e rugge in petto! - -— Infelice _Cenisio_, che sarebbe degli sciagurati senza di noi? Chi -loro feconderebbe la terra coi fiumi e temprerebbe l'aria coi venti? - -La _Rocciamelone_ chiese la parola per la _Rosa_ immacolata. - -— Immacolata! mormorò ironicamente la _Jungfrau_..... e Saussure, e -Vincent, e Zumstein, e il prete Gnifetti li conta per nulla? - -— Facciamo osservare alla maligna _Jungfrau_ che non tutte le cinque -foglie vennero tocche. - -— Cessate, rituonò il _Bianco_, la ridicola questione. I Romani ci -rispettarono con religiosa temenza, e questi vanerelli d'un secolo -impertinente osano contaminarci le candide stole! Ma a che ragunammo -questo onorando consesso? Per lagnarci delle clamidi insudiciate? Vi -cruccia lieve offesa quando vedete in noi bollire una fiera passione? -Se non vi talenta sentirvi prudere le membra da quest'insetti, -inghiottiteli nelle pieghe de' vostri manti. Mi lagno forse io? La -sventura del Cenisio è sventura che a noi tutti sovrasta. L'umana -famiglia minaccia di ridersi di noi, di attraversarci in ogni -guisa sotto mille pretesti. Confortiamo il Cenisio, e troviamo modo -d'impedire tanta ingiuria. - -Il _Bianco_ stese una mano al _Cenisio_ — a cui mancavano per conforto -anche le salmodie della Novalesa; — commosso dalla regale degnazione, -svenne in braccio all'Iserano. Lo _Stock_ corse lesto in suo soccorso. -Alle lamentevoli grida del vegliardo, alle parole del _Bianco_ erano -accorse attorno attorno quant'Alpi regnano dal Simmering al Tenda. - -Aperto il parlamento dal monte _Bianco_, considerato il caso esposto -— per un fatto personale — dallo stesso Cenisio, parlarono uno dopo -l'altro e sovente anche due o tre alla volta — tacevano da tanto tempo! - -Il _Cenisio_ propose di sloggiare dall'Italia, terra ingrata per -eccellenza alle Alpi; il _Cervino_, ponderato l'irresistibile amore al -paese, propose di congiungersi tutte in sì orrenda maniera che nessun -passo si aprisse. Un viva — a gran maggioranza — accolse il singolare -progetto. Senonchè al punto di passare allo scrutinio, il _Viso_ chiese -la parola con voce, che fu sentita quasi nota fuori di chiave. - -Il _Viso_ — siede a sinistra — educato a metà in Francia, tutto -pieno d'idee cosmopolitiche e fors'anco perchè nessuno gli aveva -sfiorato la pelle, cominciò a sfoderarne delle nuovissime sulla -bella tendenza degli uomini ad unificarsi — parlò dell'abolizione dei -neri, dei doganieri, dell'emancipazione della donna e di altre cose, -che colorando le Alpi come i più cocciuti nemici della fratellanza -universale loro minacciano più che mai la sorte d'essere traforate -e affettate — e finì con tanta eloquenza per proporre ognuno si -togliesse in pace il suo destino in grazia del progresso dei tempi, -con tanta eloquenza che i venerandi oratori, ritornati al loro posto, -ricominciarono a russare saporitamente. - - . . . . . . . - - -V. - -_Confini della valle — Le case, il desco, l'abito, il commercio, -l'agricoltura._ - -Ho fatto una visita a Zumsteg, al _palazzo municipale_, antica casipola -murata or fanno circa tre secoli lungo la Toce. Il fiume batte con -impeto sulle fondamenta e le mura tremano screpolandosi. Al pian -terreno s'apre verso la strada un'ampia finestra sbarrata da solida -inferriata — è la finestra del carcere. Da essa lo sguardo corre ogni -angolo della prigione, sicchè era ad una carcere e berlina. Al piano -superiore la stanza del consiglio; in un armadio le vecchie pergamene -del comune, delle quali sono oltremodo gelosi. - -Notai nel mio taccuino quanto appresi dalla cortesia dell'onesto ospite -circa le costumanze de' suoi conterranei. Tu, compagno mio, forse -non avrai queste novelle in pregio come io le scrissi con amore; ma -pazienta lo stile dimesso e riposa, se vorrai aver lena da potere con -sicurezza toccare l'ardua sommità del Reti, che di lassù ne sfida. - -I confini della giurisdizione di questo municipio comprendono la -terricciuola di Unterstald sino al ponte di Untergeschen: da esso -corrono, al mezzodì, al Minoio-Krüpfti passando sulla vetta del -Martel, e da quello all'Ofenhorn, da cui col limite dell'Italia per -le diacciaie fino al corno del Gries. Alla sinistra della valle poi -dal Gries pel Nufenenstok ed il Markhorn (2963 metri) al culmine del -Rizoberg segue l'orlo estremo del Canton Ticino; dal Rizoberg ritorna -al ponte di Untergeschen. - -Il municipio senza reddito di sorta preleva le spese opportune da -imposte; ciascun casale ha boschi e pascoli che si dividono equamente a -beneficio d'ogni famiglia. - - * - * * - -Entriamo nelle abitazioni. Le case sono quasi tutte di legno colla -forma dei _châlets_ svizzeri, ed a tre piani: quello terreno è murato -e serve di cantina. I piani superiori sono costrutti con travicelle per -lo più di larice foderate internamente con tavolati bene mastiettati e -disposti con qualche simmetria. Il pavimento ed il soffitto, piuttosto -basso, sono pure di legno senza alcuna vernice. - -Tutte le case hanno una camera più vasta delle altre, riscaldata — -forse soverchiamente — da una stufa di pietra, nella quale accendono -grande quantità di legna, e ciò da una parete interna di pietra che -contiene pure il camino della cucina. Tutte le stanze sono tappezzate -d'immagini sacre o di statuette in cera trasportate da Roma e dal -santuario di Einsiedelen in Isvizzera, dove si recano qualche volta in -pellegrinaggio. Una cosa curiosa si è che hanno sì indicibile amore -degli orologi a pendolo da averne anche tre nella stessa _stufa_: -notate che quasi tutti hanno poi ancora nelle tasche un orologio -d'argento. - -Un Formazzese, nel tepore della sua stufa con un po' di patate e di -carne salata se ne ride della neve e del lungo inverno, e dice di stare -meglio di un re — costituzionale. - -Ignoro perchè gli usci abbiano l'architrave tanto basso, che ad -ogni uomo di mediocre statura conviene inchinarsi per entrare nelle -case e per passare dall'una all'altra camera; forse questa stranezza -ha lo scopo di mantenere costante l'uso del saluto di chi entra. I -Romani scolpivano sulla loro soglia il motto che diceva benvenuto al -visitatore, squisita cortesia, che i tempi s'involarono con tant'altre; -i Formazzesi paiono invece più gelosi del rispetto dovuto al padrone -della casa che non di quello all'ospite. - -Le finestre meritano una breve descrizione. Esse sono composte di tre -telai rettangolari separati l'uno dall'altro da un travicello verticale -a sostegno della parete superiore; ogni telaio è diviso in due sorta -di vetri da una linea di legno orizzontale; i superiori sono fissi -con piombo filato e per lo più esagoni, gli inferiori, più grandi, -rettangolari ed incorniciati, scorrono o da una parte o dall'altra -nella mastiettatura del telaio; ne viene perciò può sporgere al di -fuori altro che il capo; per lo più i vetri inferiori sono diacciati, -o, volgarmente, fatti a mandorle per nascondere ai vicini le proprie -faccende senza diminuire la luce. - -Le stalle, le cantine sono senza finestre; nel trebbiale superiore si -coreggia la segale. - -Se da una parte queste abitazioni sono asciutte, sane e comode, -la quantità di legnami onde sono costrutte presenta mille pericoli -d'incendio, tanto più da temersi per i venti e per la mancanza assoluta -d'ogni istrumento atto a spegnerli. Morasck, pochi anni sono, ardeva -interamente. - -Il Formazzese, come gli Alpigiani in genere, si nutre di patate, -di carne salata, e beve vino ed acquavite. Sono golosi di caffè. -Anticamente non si faceva il pane che al fine di novembre per tutto -l'anno; ora suole farsi almeno due o tre volte all'anno. - -Ho visto più d'una volta la famiglia d'un agiato Formazzese assidersi -senza distinzione fra il capo ed il servo ad una pulita tavola -di acero, in mezzo della quale stava un gran piatto, in cui tutti -pescavano colla forchetta o col cucchiaio; antichi costumi che i -Formazzesi conservarono gelosamente sino al giorno d'oggi. - - * - * * - -Ora i calzoni lunghi, la casacca di frustagno o di panno e il cappello -di feltro hanno dato il cambio alle lunghe calze bianche trapunte, -alle brache, al panciotto rosso, all'abito a grandi tasche, nonchè -al cappello a larghe tese. Nell'inverno le gambe per diguazzare -nella neve coprono con uose di lana sino al dissopra del ginocchio; -alcune cordicelle legano alla scarpa la falda che copre il collo del -piede. Alcuni fra quelli che furono in Roma recano ai patrii monti -l'uso incomodo di quel cappello cilindrico — che rappresenta sì bene -le tendenze artistiche del secolo — con non poca antitesi col resto -dell'abito. - -Le donne, che vent'anni sono coprivano il capo d'un pittoresco -cappellino adorno di nastri, lo coprono ora con un fazzoletto rosso -annodato alla nuca. Il seno è coperto da un panciottino a varii colori, -dal quale spunta attorno al collo un pizzo. Le vesti raccorciano la -taglia e giungono a mezza gamba: nell'inverno sono di panno sottilmente -piegato; le braccia ed il dorso coprono con una giubboncella a lunghe -maniche. Nessuno va scalzo; gli stessi zoccoli in legno sono poco -in uso. Nei giorni festivi principalmente il loro uniforme vestire è -notevole per pulizia. - - * - * * - -La fonte del benessere dei Formazzesi consiste negli ampii pascoli, -dei quali si vantaggiano gli altipiani e le convalli superiori, per -cui ben mille bovine vi traggono dalle proprie stalle e dall'Antigorio. -Una parte di queste scende poi a svernare al piano. Falciano una volta -all'anno il fieno nelle praterie meglio soleggiate, ed alquanta segale -che non cresce sempre a maturità. In tutta la valle ho veduto un solo -albero fruttifero nell'orto di una casa in Fracco, un povero ciliegio -bramoso di sole e di nutrimento che intisichiva. - -Sul finire dell'estate, i Formazzesi più danarosi attraversano il Gries -per recarsi alle fiere di Meyringen nell'Oberland, ove fanno incetta -di giovenche e di vitelli che con loro infinito disagio conducono -poi di qua dai faticosi gioghi del Grimsel e del Gries ai mercati di -Domodossola, soddisfatti di un guadagno poco proporzionato a sette -giorni di viaggio disastroso. - - * - * * - -I Formazzesi sono di statura piuttosto alta, nerboruti, agili e svelti. - -Le donne sono più notevoli per robustezza che per avvenenza di forme, -e meglio ritraggono la seria impronta dell'antica patria, che non la -gentile finezza del profilo italiano. - -Quanto all'indole dei Formazzesi, sì largamente dotati dalla natura di -saldissime membra, mi parve ottima. Del resto nella valle nè polizia, -nè milizie comunali. Pochi doganieri perlustrano i confini nei quattro -mesi della bella stagione. - -Le furie sanguinose della vendetta e della gelosia non agitano i loro -cuori, in cui le passioni per l'indole pacata e riflessiva, pei nodi -fratellevoli del sangue, per influsso della fede, e fors'anche per -effetto benigno dell'aria che tutto volatizza, hanno meno impero che -non avrebbero altrove. - -Ho già notato altrove che la maggior parte — e doveva dire la migliore -— della gioventù maschile emigra a Roma. Avvenutomi un giorno in un -crocchio di garzoni di recente ritornati da quella città, avendoli -richiesti dell'arte che praticavano, uno d'essi risposemi: — vi eravamo -ministri. - -Non crediate che i dabben uomini governassero colà il periglioso timone -della pubblica cosa, come si crederebbe a prima vista da noi. Presso -il popolo a Roma ministro è semplicemente il garzone di bottega. O -ambiziosi! - - * - * * - -Tutta la valle era anticamente una foresta, come lo indica lo stesso -nome dei villaggi. I primi immigrati sterparono le foreste del piano, -conservando a sicurezza della valle le folte boscaglie che vestono -i monti, senza la quali in pochi anni l'intiera vallea sarebbe -un deserto, un caos di frane, di ciottoli — forse il letto d'un -ghiacciaio. - -Da Unterstalden alla Frua (1885 m.), oltre la quale non trovai che tre -o quattro pini nei valloni di Kerback e di Morasch, s'elevano veri Dei -Penati della valle, migliaia e migliaia di pini, di larici e d'aceri in -foltissime foreste. - -In esse il balsamico profumo della pianta stessa, il muschio che copre -da secoli la rupe, la misteriosa oscurità e quell'indefinibile musica, -che fa il più lieve susurrare di vento fra i rami e le foglie, ti fa -sostare le ore seduto appiè di quegli alberi secolari, assorto, rapito. -La più bella di queste foreste è quella che copre il Reti fra Touffwald -e Wald. La salita è rapidissima. Sopra la pineta poca verzura, e poi -le nude roccie, fra cui ultimo l'odoroso rododendro, il quale fiorisce -spesso sul freddo terriccio delle diacciaie. Di quando in quando — -troppo sovente forse — si recidono i pini più annosi, anche sulle -difficili cornici; ed io me ne andai più d'una volta presso Andermatten -a vedere le travi scuoiate tratte dai legnaiuoli sulle fittizie rotaie -scivolare rapidissime dalle balze del Krayhorn al fondo della valle. -Ammassati questi fusti in cataste lungo la strada, le traggono poi -nell'inverno sulle slitte sino alla rupe di Puneigen, sulle casse e -li precipitano da quel ciglione. La Toce conduce poi queste travi al -Verbano. I legnaiuoli che esercitano questa pericolosa tratta sogliono -essere per lo più della valle Cannobina o del Lago Maggiore. - - * - * * - -Entrai in un antico abituro a Gurfelen. - -Da lungo tempo vi abitava la miseria e la malattia. L'infelice sdraiato -nel suo lettuccio di paglia, mi guardò con occhio stupito, e con fioca -voce disse: - -— Non guarirò più, sa? Ho tentato ogni rimedio. - -— Che vi disse il medico? - -Mi guardò altra volta meravigliato. - -— Medico? Noi non abbiamo medici. La visita d'un medico da Domodossola -rovinerebbe la mia famiglia. Ci curiamo con decozioni di erbe -aromatiche, con acquavite, burro e grasso di marmotta. Ma io ho tentato -tutto invano..... forse mi manca qualche pianticella... l'ho già -sognata tre volte..... ma non ne so il nome. Gli è come il mio male, mi -sento morire e non ne so il nome. - -Perchè non conosco io la pianticella che tu sogni! - - -VI. - -_Costumanze curiose — La scolaresca._ - -Stamane per tempissimo che appena la cuspide dello Sternehorn -s'indorava ai primi raggi del sole, ed ancora soffiava nella valle -la notturna brezza, uscito dalla capanna per godere il sempre nuovo -spettacolo dell'aurora e bagnarmi in quella frescura, ecco a capo -del ponte di Wald un drappello di questi buoni montanari che recano -a battesimo un neonato. Il padrino coperta la testa d'un cappello -di feltro tutto ornato di lunghi nastri svolazzanti e la persona -d'un lungo mantello — qualunque sia la stagione — porta al tempio il -pargoletto per esservi battezzato, tenendolo nascosto sotto le falde -del pallio: sicchè il Formazzese al primo uscire alla libera luce dei -campi non ha le molli donnesche carezze, ma comincia sotto quei ruvidi -panni ad educarsi ad una vita tutta laboriosa e parca. - -E di tanto mi fu cortese la sorte che mentre io me ne sto quassù -badaluccando s'ammogliasse il gallo della checca del villaggio di -Zumsteg. - -Tutti gli amici ed i vicini sono concordi a festeggiarne le nozze con -incondite canzoni, con moltissimi spari d'arcobugio e di pistola, -onde tutti gli spechi montani e valloncelli attorno ne echeggiano -lungamente. Al partire della sposa dal natio casale nessuno compare -a far evviva: un canto, un colpo di carabina sarebbe un insulto. Così -gli sposi s'avviano coi pochi più stretti di sangue al tempio. Appena -usciti, ecco loro incontro una frotta di giovani stranamente mascherati -che li saluta con fragoroso tuonare delle armi. Uno di questi, coperte -d'una sottile maglia le vive carni, malgrado la brezza quasi invernale -del mattino, precede gli altri e dalle penne ond'ha ornato il capo -appare quale Caraibo. Egli tiene spiegata nella destra una piccola -bandiera bianca orlata di fettuccie rosse, quasi simbolo di pace e -d'amore. A parte le antitesi dell'abito colla temperatura, il nostro -giovinotto fa bella mostra di tarchiate membra e di sporgente petto, -quale scolpiva Spartaco il Vela. Quest'altro che inchina sul bastone -la gibbosa persona, ti rappresenta al vivo un vecchierello di cent'anni -fa, coll'abito rosso, le scarpe fibbiate, il cappello a tre punte e lo -sparato della camicia trinato, tutto splendente di cento bottoni che -non hanno pari se non lo scudo d'Achille. - -Questi dalla persona sottile, dritta ed alta come un pino, si è -travestito da donna con non poca ingiuria al bel sesso. - -Alto là! Ecco una cricca di furfantelli ha sbarrato la strada: gli -sposi non oltrepasseranno la barriera se non distribuiscono ad ognuno -un fazzoletto. Durante il cammino gli amici continuano allegramente ad -assordare collo sparo delle armi i poveri sposi gongolanti per tanta -festa. Al giungere al casolare dello sposo la strada è nuovamente -barricata con una tavola imbandita di ciotole e di boccali: nuovi -evviva: nuove libazioni, nuovo fragore. - -Pagato anche qui il dazio e sgombrato il passo, essi si recano -all'abituro dello sposo, ove nella _stufa_ li attende un desco tutto -carico di caci, di carni salate. La sposa s'assiede a capo del tavolo, -mentre lo sposo fa da coppiere: mesce ad ogni istante ai convitati, -pago dei loro evviva; in quel giorno la sua casa è di tutti, chiunque -ha dritto di cioncare a sua posta quando ha fatti voti per la felicità -della sposa. - -Accade qualche volta, mi si disse da un burlone, che sopravvenuta la -notte, lo sposo è ancora a digiuno, poichè nessuno ha pensato a lui ed -egli solo ebbe a pensare a tutti. - - * - * * - -Chi non si ricorda sorridendo dei primi tempi della scuola infantile? -Allora forse il giorno era sovente affannoso pei rimbrotti ed i -castighi nell'_ingiusto_ maestro, per le paterne tirate d'orecchi, -per la perdita di qualche biglia al classico arringo dei birilli! Ma -è destino dell'uomo rimpiangere il passato, sprezzare il presente -e sperare nell'avvenire. Queste ed altre più cose per consolarmi -della perduta fanciullezza io pensava quando entrai fra la scolaresca -formazzese, una quarantina di biricchini che mi parvero italianamente -svegliati, i quali convengono in Zumsteg da tutti i casolari della -valle per imparare la lingua tedesca ed italiana, il conteggio -elementare e lo scrivere. Entrato, zittirono: interrogati a prova, -risposero a cappello — ed io a rallegrarmi coll'ottimo D. Pietro -Anderlin per la veramente alemanna perduranza con cui pazienta a prò -del suo paese. In Zumsteg ed Andermatten vi sono ancora scuole per le -bimbe, e tutte fioriscono — anche perchè nella valle il saper leggere e -scrivere è cosa da lungo tempo tenuta indispensabile. - - -VII. - -_Una lezione di meteorologia — Il frugnare e le volute — O mi date -ragione, o non mi fate stare _sulle spese_._ - -Nella valle Formazza l'anno non si divide come altrove in quattro -distinte stagioni: un vecchio adagio dice esservi nove mesi d'inverno -e tre di freddo. L'inverno comincia generalmente coi primi giorni di -novembre, benchè nella seconda metà di ottobre si faccia già sentire il -gelo. Nel maggio si liquefanno le nevi, ed il giugno desta dappertutto -la verzura. Ma luglio, agosto e settembre sono i tre mesi di questa -state, nella quale non è raro alzarsi al mattino e vedere i declivi -superiori ammantati d'un bianchissimo strato di neve, che poi i raggi -solari fanno sparire in brev'ora. - -La valle essendo circondata attorno da estesi ghiacciai, la temperatura -estiva è freschissima: in tutta la state il termometro Réaumur non -segna all'ombra oltre i 16 gradi sopra lo zero: scendendo qualche -volta sotto i 10 gradi, il che darebbe una media di 12 a 13 gradi di -calore; d'onde chi vi villeggiasse può a suo bell'agio correre a caccia -per le balze montane, al sole, senza che gli avvenga di ritornare -all'albergo soffocato e tutto molle di sudore. Il sole intiepidisce le -aure che scendono dal Gries e dalla Valtoccia e non sferza, illumina -e non accieca. Perciò i valligiani vestono tutto l'anno pannilana, e i -cappelli di paglia e gli ombrelli sono qui inutili. - -Quanto poi alla stagione invernale essa vi è veramente poco piacevole, -e per la sua durata di otto mesi e per la quantità della neve che -talvolta copre la terra di uno strato di ben tre metri di altezza. - - * - * * - -Le volute, come le chiamano gli abitanti dell'Apennino toscano sulla -strada dell'Abetone, e noi diciamo valanghe, sono, come non tutti -sanno, frane di neve, che traboccando dai supremi pendii alpestri, -ingrossatesi nel subitaneo cammino, rovinano al basso senza che capanne -od alberi valgano a trattenerne l'impeto funesto. Il rombo della voluta -è simile a quello del tuono, e la furia con cui avvalla è tanta che -l'aria percossa da così ingenti masse sprigionandosi d'attorno abbatte -uomini e bestiame non punto tocchi dalla neve. - -Vid'io staccarsi dalle somme rupi, in prospetto alla capanna ov'io -dimorava, un'immensa massa di neve e precipitare sul pascolo detto del -Bedriöli. Una capanna ed una stalla non poterono resistere allo scoppio -dell'aria, e senza essere tocche dalla frana vennero schiantate di -pianta e trasportate alla distanza di cento passi. - -A dare poi un'idea dell'irrepugnabile furia di queste masse nevose, non -increscerà al lettore che io qui trascriva quanto trovo in un antico -libro di memorie d'una famiglia di Fruttwald. Tralascio alcune risibili -raccomandazioni di quell'autore _di non stare sicurtà_ e soprattutto la -peregrina ortografia del testo. - -«L'anno di grazia 1701 cominciò a venire giù neve alli 6 marzo -seguitando senza interruzione sino alli 16: per la qual cosa dalla -Cima Rossa e dal Krayhorn rovinò sopra Andermatten una frana di neve -tanto smisurata, che abbattè una casa e tre stalle, ruppe la porta e -le invetriate della chiesa parrocchiale empiendo tutte le stanze di -neve. Della cappella della confraternita sfondò le invetriate, fracassò -l'angelo del trono di S. Pietro ed altri arredi. Pertanto Formazza -è paese della neve, ed ognuno deve procurare di avere fieno sino al -giugno, in cui, se prospera la stagione, comincia a crescere l'erba. -_Soprattutto ognuno si guardi dalla miseria_: chi scrive per esperienza -vi dice che le cose andranno ognora di male in peggio o come le -stagioni.» - -Anche lo spiritosissimo Rabelais si lagnava, tre secoli or sono, che -non vi fosse più nè state, nè verno. - - * - * * - -La neve da lunga pezza copre vero lenzuolo funereo la natura: solo -qualche fronte insofferente di velo s'aderge nuda. Nel silenzio rotto -dal brontolio della Toce che serpeggia nella vallata, mi giunse -all'orecchio un rombo lontano verso il Thalli, dove una cortina -grigiastra pesa sulle alture. - -Che è? Presto in casa: fuggi, è la bufera che avvolgendo furiosa -ne' suoi turbini quanto trova di leggiero sulla terra, la neve e le -foglie, oscura l'aria ed acceca di modo che sarebbe impossibile di -toccare la soglia prediletta dell'amica. Sbarra la porta — senz'indugio -— e la finestra. Senti come picchia, come sbatte le imposte? Vieni -a questa finestruola e sogguarda dal fesso... tu rabbrividisci? Le -foreste sbattute s'inchinano timorose — l'aria percossa stride, urla -orrendamente — le campane suonano a stormo da sè stesse — l'agnello -smarrito trabocca nel precipizio — la capanna barcolla — il rododendro -è schiantato e il frugnare passa avvolgendosi in un turbine di neve e -di foglie. - -Qui colma il sentiero; là attraversa il piano scavando nella neve -un fosso profondo, dritto, come farebbe un aratro gigantesco; -quell'abituro, quella chiesa scompaiono sotto la mole nevosa che loro -addossa il furibondo ventare, mentre queste siepi, poc'anzi sepolte, -restano ad un soffio nudate, ripetendosi questa vicenda ad un batter -d'occhio. - -Intanto dall'impercettibile fessura tra i vetri s'introduce in casa una -nebbia di sottilissime falde nevose. - -Alle volte queste tempeste montane durano anche vari giorni. Passata la -furia si trovano le bianche praterie solcate come da ondosi cavalloni, -e qualche volta rami di piante portati da remote regioni, come pochi -anni or sono sopra l'altipiano del Gries trovaronsi foglie di noci, -castagni e di tigli. - -La bufera delle alpi è sorella del Simoun del Sahara. - -Mentre al di fuori mugge la bufera, per passare mattana in barba alla -noia che appunto in questi tempacci vi s'incolla addosso, noi agiati -nel tepore di questa capanna, in mezzo ad un crocchio di vezzose -forosette — non farti troppo vicino, compagno mio, il soverchio rompe -il coperchio — ascoltiamo dai novellieri le antiche tradizioni del -paese. Fra queste è notevole, come avente origine alla primitiva -immigrazione, quella che accenna all'esistenza di una famiglia che -viveva a mo' delle fiere nell'ancora deserto Morasck negli spechi e -nelle crepature dei macigni dell'Himmelberg. Ma cercheresti invano una -leggenda, una tradizione che possa snebbiare il tempo e la contrada -da cui presero le mosse, incalzati forse dalla fame o da qualche -persecuzione alle felici terre di queste convalli italiane. - -Osservando attentamente dal modo di appellare nomi oltrealpini le -acque diverse che irrigano la valle, — costumanza che senza fallo -accenna alla cura amorosa, con cui i loro predecessori cercarono di -rammentare l'abbandonata patria — onde chiamano tuttora la Toce Reuss -ed il torrente del Gries Rhone — mi pare che si possa dedurre che i -Formazzesi o emigrassero dalle non rimote valli della Reuss e Rodano, o -tanto vi sostassero da rammentarsene con tenerezza. Wendel vuole queste -genti Sassoni. - -Varii antichi storici chiamano Germani questi abitatori delle Alpi -Pennine o Leponzie: di ciò ne accerta e la diversa struttura fisica e -più di tutto la favella, la quale può dirsi un tedesco poco corrotto, -se riflettasi che essi sono sempre stati in maggior contatto cogli -Italiani che non cogli Svizzeri. L'italiano introdotto nelle scuole, -la quantità dei giovani che vanno e vengono da Roma, e che lo parlano -discretamente rendono ora lassù più comune la lingua nazionale. - -Essendo affatto incerta l'epoca in cui la colonia tedesca immigrò, -occupiamo questa giornata piovigginosa scartabellando quel po' di -storia trascritta qua e là a spiluzzico dalle pergamene e dalle -cronache municipali. In essa non trovasi pagina, o motto, che dimostri -la valle di Pommat indipendente per governo dalle vicissitudini -dell'Ossola; ma dagli Sforza agli imperatori d'Austria conservò -tuttavia sempre amplissimi dritti di giudicare nelle cause riflettenti -il proprio comune, eccettuati i delitti e le controversie più gravi; -per cui la valle Formazza formò senza dubbio per molti secoli una vera -repubblica con vassallaggio verso i signori della Lombardia. - -È notevole che questi alpigiani ogniqualvolta discesero dalle loro rupi -per recarsi alla Corte in Milano per protestare contro i feudatari -dell'Antigorio, tennero sempre il linguaggio di chi ha l'intima -convinzione che nessuna forza al mondo possa sopraffare la voce della -verità. - -Recatisi una volta in Milano per ottenere giustizia contro i -Valvassori De Rodes, da un giorno all'altro, siccome è tuttora uso, -veniva procrastinata l'udienza. Annoiati d'aspettare e di spendere, -cominciando a conoscere quanto sa di sale l'attendere nelle anticamere, -scrissero al governatore in quella città si compiacesse ottemperare a -quanto domandavano senza farli stare maggior tempo _sulle spese._ - -Della loro franchezza, della loro fede nella giustizia, ecco un altro -documento, che ne piace qui trascrivere. - -Il lettore, se non lo salta a piè pari, converrà con noi — -paragonandolo a certe strisciature del giorno — che i Formazzesi, -se erano poco versati negli affari di Stato, non temevano protestare -altamente, a nome della loro povera e microscopica patria, in faccia -a chi poteva sterminarli, come Giove olimpico, con un corruscare di -sguardo. - - «(Anno 1700). - - «_Illustrissimo magistrato_, - -«Non mancava altro per dare il finale esterminio ai poveri habitanti -della valle di Formazza che il notificato l'anno del Signore scorso -sporto alle SS. VV. Ill.me di che godessero certi molini senza -il pagamento di certe annate ad essi imposte. Pare bene stiano ai -medemi il dovere contro il tenor preciso de' suoi privileggi, che qui -l'esibiscono, restare ad un nuovo et impensato aggravio costretti, -e quel che è più, che vengano chiamati molini certi edifitii che non -valgono in tutta la corporatura quaranta lire, et che non macinaranno -uno staro di grano, ò due, ò puoco più in un anno, quandochè i -montanari puonno haverlo, come patente dalla Relatione stessa del -dottore Scacciga che fu colà delegato dalle SS. VV. Ill.me con spesa -di più di cento lire ai patroni di quei molini. Motivi al certo che -obbligherebbero quelli habitanti ad abbandonare il paese, quando et -l'innalterabile giustitia et l'innata equità di questo Ill.mo Tribunale -non li lasciasse ancora sperare che, _ben conosciutisi_ i privileggi -fatti a quel popolo tedesco dedititio, sempre vissuti sotto la corona -di S. M. _più per via d'aderenza che soggettione et haventi leggi -proprie et consiglio di giudicio proprio_, et che finalmente viene -esentato da ogni genere di cotesti aggravii, et havutosi riflesso -alla tenuvità d'edifitii, al lavorerio che fanno, non siino le SS. -VV. Ill.me per molestarli, _lasciandoli vivere colla sua pace_, per -la quale ricorre Gio. Tioli in nome di tutti gli altri, e _proprio -servitore_ (!) a' piedi dell'Ill.mo magistrato, etc., etc.» - -Segue poi un altro documento in cui questi montanari espongono alla -detta Camera di Milano come sia: - -«Dovere di osservare i loro privileggi, ai quali _derogare non puonno -nè grida degli Is. Governatori, nè qualunque altra superiorità_.» - -Davvero che gli Spagnuoli in ispecie dovevano alla lettura di queste -domande inarcare un tanto di ciglia. - -Venendo ora a quei privileggi diremo qualche cosa della loro origine. - -Giovanni Galeazzo Maria Visconti in Vigevano addì 20 aprile 1486 -concedeva ai valligiani il dritto di giudicare tutte le cause -civili e commerciali nel loro tribunale, obbligati solamente a -deferire al capitano commissario ducale in Domodossola quelle di -gravi crimini o miste, e riconosce _ordines et statuta vallis ipsius -hactenus observata_. Non trovando simili autorizzazioni governative, -anteriormente si può credere con ragione che le leggi che reggevano la -valle fossero state stabilite dai loro stessi maggiori poco tempo dopo -la loro immigrazione. - -Ludovico Maria Sforza in Milano addì 7 maggio 1502 confermava i -privileggi dei Formazzesi, aggiungendone qualche altro riflettente i -feudatari De-Rodes. Nel 1531 questi tirannelli, abusando della loro -forza, vollero aggiungere al loro feudo la valle: i nostri montanari -presentarono tosto al Duca Francesco II una supplica per conservare la -propria indipendenza, e riescirono anche questa volta nel loro intento. - -Filippo III di Spagna nell'anno 1611 da Madrid riconfermava queste -antiche prerogative. - -È senza dubbio cosa curiosa l'osservare che i Formazzesi obliando che -i loro signori con poche centinaia d'arcieri potevano sottomettere ad -ogni loro capriccio la valle, in ogni protesta, anzi in ogni supplica -rammentino con sicurezza di essersi _dati_ ai signori Lombardi e di -non essere stati conquistati. Da ciò si può congetturare una primitiva -sottomissione agli Svizzeri, o meglio una quasi assoluta indipendenza. -La stessa posizione della valle conferma quest'ultima induzione, poichè -per molti mesi dell'anno il Griesberg e la Valtoccia sono insuperabili -per le altissime nevi; e verso l'Antigorio, dopo tanti secoli oggidì -tuttora il passaggio è poco migliore di quello alla Svizzera. - -Il trattato di Vorms cedendo l'Ossola ai principi di Savoia, la maggior -parte di quelle concessioni cessava: lo statuto del Re Carlo Alberto -dichiarando tutti i sudditi eguali d'innanzi alla legge, abrogava -finalmente ogni vestigio delle franchigie antiche. - -Nel manoscritto delle leggi che già governavano la valle, non trovai -di notevole che una punizione severa a chiunque tentasse alienare -gl'immobili a favore di persone non nate nella valle. Del resto esse, -poco più poco meno, non differiscono da quelle che erano in vigore in -quel tempo. - - -VIII. - -_Dove il paese senza un eroe? — Vita e miracoli del capitano Guenza._ - -Io non v'ho ancora tessuta la vita ed i miracoli di qualche Formazzese: -nè voi avete dato segno d'accorgervene, quasi certi che sotto quelle -ruvide sargie non possano ripararsi che omaccioni di forza erculea e di -cervello tondo come l'O di Giotto. Niente affatto, signori miei. Non -avete mai sentito la fama buccinare il nome del formidabile capitano -Guenza? No? Tanto peggio per voi, obbligati a trangugiarne ora la -biografia, e tanto meglio per me che potrò acquistarmi fama, dopo -d'essere stato l'Amerigo Vespucci della valle Formazza e della cascata -della Frua, di essere il Colombo del capitano Guenza, il quale era, -come tanti altri eroi sconosciuti, nato fatto per conquistare mezzo -mondo, se auspice alla sua culla era la _buona occasione_ arbitra -suprema dei fati umani. - -O se questa dea volesse favorire quanti la invocano, che nebbia d'eroi! -Andate in un caffè di provincia all'ora della chiacchera politica — -sentite quei Machiavelli in erba, e ditemi se con una _buona occasione_ -non farebbero impallidire tutti gli astri diplomatici. - -Antonio Guenza era il più scapato ragazzo della valle, da Crevola al -Gries; indole e persona senza paura, indomita, a tutta prova. Io, -colla vostra buona venia, avrei una smania da non dirsi d'imitare -i grandi maestri di biografie, i quali convengono tutti che i loro -uomini illustri, piccini (anche a loro tocca nascere, poppare e fare -tutte quelle altre cose che voi sapete), dimostravano una gran voglia -di studio, una precocità d'idee straordinarie nella loro testolina da -far prevedere qualcosa di grosso, sicchè tutto il resto della vita non -è che una rettorica amplificazione della prefazione. Antonio Guenza -invece era sempre al banco dell'asino della scuola: — se c'era la -scuola — e il primo a scaraventare pugni a iosa a chi non la pensava -come lui, malgrado la sferza dell'amoroso babbo a cui non veniva fatto -di tenere il figlio fra le domestiche pareti, nemmeno sprangando la -porta col catenaccio. - -Antonio era come l'aria natia; passava da tutti i buchi, correva sulle -più perigliose cornici montane, e nell'inverno scivolava a precipizio -per le chine più repenti coll'impassibilità con cui altri scenderebbe -una comoda scala. Nutriva poi un disprezzo senza confini per le siepi, -principalmente dei frutteti. Alla sera l'appetito più che la stanchezza -lo menava a casa, ove lo attendeva la solita tirata d'orecchi e un po' -di cena, dopo la rammanzina del povero babbo ed il serio proponimento -che al domani senza fallo — avrebbe ricominciato da capo. - -Pensate se con quell'indole poteva starsene a lungo fra i quattro monti -dell'Antigorio! Questa storia succedeva or sono più di due secoli — vi -fo grazia della data — quando la Lombardia era tutta vesciche gonfie di -Spagna. - -Un bel dì — forse grandinava!... granchè quest'usanza di parole! — un -bel dì adunque quel Toniaccio scompare. Il babbo amoroso alla terribile -notizia si sentì proprio sollevare dal capo un gran peso; forse se -n'era ito a Roma a fare il fornaio, il famigliare di qualche prelato... -chi sa? forse il frate? - -Zitto: ecco una missiva dell'Antonio al caro babbo. - -— «Voi mi cercate... (che granchio a secco!)... invano. Sono già -abbastanza _grande_ per sapere che senza denari non si fa un icchese. -Se non diventerò papa Facchinetti, non importa; ma ritornerò a -casa ricco ancor io e potente. Non bevete tanta acquavite se volete -conservarvi alla mia fortuna.» — - -Passa un mese, un anno, due, cinque, dieci, quindici e nessuno sente -favellare di Tonio. - -Una triste giornata d'autunno, presso uno dei più remoti villaggi -dell'Antigorio, cinque o sei birri giungevano alla casa del vecchio -Guenza, debitore di non so quali gabelle alla Corte di Domodossola. -Essi stavano per compire la loro bisogna, ch'era di portare via il -meglio dell'abituro e di confiscare in nome dello Stato il peggio, -quando di buon trotto un cavaliere sui quarant'anni, dal viso di -bronzo, armato di spada e di pistole, giunse alla porta della casipola -mentre il vecchio litigava coi gabellieri. - -Il nuovo arrivato chiese al vecchio di permettergli di mettere a -sosta la cavalcatura trafelata, e di potersi riposare all'ombra dei -castagni che stavano là intorno, e senz'altro, come a promessa di più -larga rimunerazione, fatto portare un capace fiasco di vino da una -osteriaccia vicina, offerse agli altri di dividere con lui il rezzo dei -castagni e la bevanda. Al generoso signore nessuno disse di no. - -Tracannato il fiasco, lo sconosciuto disse essergli saltato il ticchio -di mangiare due castagne arroste, se era possibile; al che gli astanti -risposero che se ciò talentava alla sua signoria illustrissima essi ne -avrebbero sbatacchiate, e in poco d'ora fatte cuocere; e già uno d'essi -s'era levato per andare in cerca d'una pertica, quando lo sconosciuto -s'alzò d'un tratto, e disse: - -— Fermate! Ora ci penso, la pertica è inutile: bastano le mie pistole. -Vedete lassù sulla punta di quel ramo cinque o sei grossi ricci?... - -Imberciò un istante il ramo a cui pendevano i frutti, scaricò la -pistola, e in mezzo a cento foglie spezzate le castagne caddero a -terra. - -Mentre gli astanti guardavano stralunati l'autore d'un colpo sì -meraviglioso, egli ricarica la pistola sparata, quindi indietreggiando -sino al castagno, con voce terribile, appuntandole tutte e due contro i -berrovieri di Domo, gridò: - -— Partite: questa è la casa del padre del capitano Guenza che vi fa -sacramento di bruciare le cervella al primo che si volta indietro. - -Questa fu la prefazione che Antonio Guenza, di ritorno dall'armata di -Spagna pieno l'animo d'intollerante audacia e le tasche di doppioni -d'oro, pose alle sue opere future. - -Ad Arivasco, se non erro, havvi ancora una sua casa colle mura -perforate da fuciliere. - -Salì poi in valle Formazza, ove regnò assoluto signore. - -La tradizione popolare, che conserva memoria vivissima di quell'uomo -strano, lo raffigura piuttosto come superbiaccio che voleva imporre -ossequio e timore che non uomo d'animo perverso. Nessuna contrattazione -facevasi senza che il capitano avesse dato il suo beneplacito. Con -lui non si scherzava punto: armato di stocco e di pistole, quando gli -talentava uscire per le viuzzole dei casolari, i ragazzi correvano a -nascondersi sotto il grembiale della mamma, e gli uomini s'affrettavano -a cedergli il passo e ad inchinarlo. - -Tuttavia non mancò l'animo ad un certo Anderlin di tenergli bordone -nella contesa di alcuni confini avvenuta fra lui e il capitano, il -quale non amava punto si discutesse sulle proprie pretese. L'Anderlin, -dopo d'avere recisamente negato al capitano la trasposizione del Dio -Termine a proprio danno, sapendo per fama che manesco e prepotente uomo -gli fosse, si teneva in guardia d'insidie, quantunque non apertamente -minacciato. Una volta, stanco ed assetato, egli entra in una bettola a -Foppiano... all'unico desco sedeva il Guenza! Tornare addietro sarebbe -stato vigliaccheria, restare peggio: egli osò! Il Guenza, appena vide -l'Anderlin avanzarsi verso di lui, levò di sotto certa pistola, e la -pose sul tavolo, come una minaccia. L'Anderlin, salutato l'ospite e il -capitano alla maniera paesana, sedè in faccia al Guenza pacatamente, e -gli disse: - -— Sor capitano, quell'arnese lì mi pare inutile sul tavolo, tanto più -— aggiunse in tuono di celia — che non supplisce nè ad un fiasco, nè ad -un bicchiere. - -— E se potesse servire a castigo di un impertinente? - -— Allora, capitano, converrete che vi starà bene anche il castigo del -prepotente, non è vero? - -L'alpigiano trasse di sotto una pistola a due bocche, luccicante, e -coi congegni della piastra sì forbiti da non lasciare dubbio sugli -effetti dell'acciarino, e la pose allato alla ciotola che aveva recato -ser l'oste, come una posata. Sulla cera del capitano lampeggiò un -istante ira mal repressa: ficcò negli occhi all'alpigiano uno sguardo -acutissimo, che questi sostenne senza batter palpebra. - -Dopo cinque minuti in cui corse alla mente del capitano un mondo -di pensieri, fra cui il più insistente era quello di sparare con -destrezza l'arma sua a bruciapelo sull'Anderlin mentre quest'ultimo -badava, facendo tuttavia il Gianni, a non lasciarsi sorprendere -dall'avversario; dopo cinque minuti che parvero un secolo, il capitano -prende la pistola — Anderlin fa lo stesso — la disarma, la ripone nella -cinghia della durlindana, ed offre a trincare alla propria salute. - -L'Anderlin respirò liberamente ed accettò. - -Dopo qualche tempo l'Anderlin inerme incontrò nella salita delle casse -il capitano che scendeva. Il passo stretto, il precipizio lì sotto: se -l'Anderlin non cede la destra e non arresta i suoi muli, il capitano è -obbligato a ritornare indietro o ad aggavignarsi alla parete montana, -cosa poco dicevole all'orgoglio di un capitano di S. M. cattolica. Il -capitano anche senza fare uso delle armi poteva spingere a rifascio -le some nel burrone e ridurre l'Anderlin a mal partito. L'Anderlin -fermò le cavalcature, e salutò il Guenza senza timidezza, e questi, -passandogli allato, gli disse: - -— Buon dì, Anderlin: sapete cosa penso io adesso di voi? - -Rabbrividì l'onesto mulattiere a queste parole che potevano celare un -disegno mortale contro di lui senza difesa; tuttavia rispose: - -— Che, se non bene? - -— Penso che voi siete la più stimabile persona della valle. Buon -viaggio. - -Dunque il Guenza, a cui sarebbe stato facile trarre a mal fine -l'avversario, non era d'animo feroce; bensì in mezzo a quelle timide -genti adoperava il prestigio della fama delle prime prove, e il timore -che incuteva l'erculea persona a tenere soggetta al proprio arbitrio -quella popolazione. - -Dopo la sua morte nacque dal pensiero poco valoroso della libertà -acquistata dal caso, l'adagio: è passato il tempo del capitano Guenza. - -Ultimi discendenti dal capitano vivono tuttora, io spero, due ottimi -vecchi, celibi pacifici, che mi ricordo d'aver talvolta veduto intenti -a faticosi lavori, uno e l'altro poco distanti d'età dal sedicesimo -lustro. Per ampiezza di pascoli e per le case capaci, essi sono i -meglio agiati abitanti del casolare di Wald. - - -IX. - -_Ascensione del Retihorn — Il segreto della costanza in amore — Quando -ci rivedremo?_ - - =Lo monte che salendo altrui dismala.= - _Dante_. - -Questi montanari vogliono che dopo il Gries, dal cui vertice apparisce -la meravigliosa scena delle più celebrate vette Elvetiche, nessuna -delle piramidi che accerchiano la loro pittoresca valle presenti dal -culmine aspetto più grandioso del Retihorn, o Monte Giove come lo -dicono gl'Italiani. Il quale, come parmi d'avervi già detto, s'aderge -alla destra della Toce, al dissopra del casolare di Wald. - -Partito con alcuni compagni poco dopo il meriggio, m'avviai su per -l'erta, sul sentiero che vi conduce all'altipiano di Vannino. Questa -ascensione può fornirsi senza straordinaria fatica in una giornata: -preferii tuttavia di spendervi mezzo il dì precedente, onde poter a mio -bell'agio godere del giocondo spettacolo dell'aurora da quel supremo -cigliare. - -In due ore giungemmo alla parte superiore dell'altipiano di Vannino, il -quale si adagia verso l'occidente ed il mezzodì fra le petrose muraglie -dello Stafelclogberg e le rapide chine del Reti. Il sentiero da Wald ai -pascoli si rigira, salendo, nella folta oscura boscaglia che copre le -falde inferiori di quest'ultimo monte, ed è fra i meno scoscesi della -vallata. Rifocillatici poco lungi dal laghetto da cui ha sorgente il -Lebenduner, ripigliammo l'erta che di qui in su è faticosa assai. I -compagni, arditi cacciatori di camosci, verso il calare della notte, -trovata una tana cavernosa fra i nudi macigni, decisero d'allogarvisi -alla meglio onde passarvi la notte. - -La luce mancava di grado in grado: io mi assisi e mi guardai attorno. - -La cortina dello Stafelclogberg, verso la valle, è formata di -roccie repentissime quasi inaccessibili, le quali colle loro -creste addentellate e fantastiche formano un cinto grandioso a -quell'altipiano, il cui rivo smeraldo contrasta singolarmente con -quelle triste mura. - -Sulle cornici, fra le fessure nè i funerei pini, nè l'olezzante -rododendro che spesso rallegra l'orlo delle diacciaie: lo Stafel non -ha una zolla. Il vento che sprigionandosi dal Gries si precipita nella -convalle superiore fra Vannino e Morasck, viene a rompersi contro -queste pareti. - -Una densa nube vaporosa s'era innalzata dal profondo della valle di -Formazza, avea coperte tutte le anfrattuosità, i valloni superiori; era -il levare della notte. Le creste superbe dello Stafel si disegnavano -tuttavia nell'orizzonte su cui svaniva via via il morente chiarore -degli ultimi crepuscoli riflessi dalle nevi eterne, e quelle due -statue giganti, uomo e donna, che da tanti secoli stanno ritte su -quei vertiginosi cocuzzoli, parevami si movessero. Un irresistibile -desiderio mi punse di sapere se quelle strane figure non fossero -animate; l'immobilità non è sempre la morte. Chi mi provò mai -con irrefragabili prove che animali, piante e pietre non avessero -coll'anima una propria passione? Perchè le loro variate nature non -possono costituire anche nelle qualità dell'anima, una concatenazione -non meno armonizzante della materia e più meravigliosa?... - -Ditemelo voi, fantasmi del giorno e della notte! Non è forse vero -che voi siete due prototipi dell'amore coniugale? Voi felici! Se vi -sorprende il capogiro, se deve cessare questa comunanza di posizione -e di pericoli, se vi sfascerete, cadrete entrambi di lassù nelle -ciotolaie di Vannino... O costanza veramente... di pietra! - -E come vi venne fatto di serbare per sempre il fuoco dell'amore? Deh! -vi prenda pietà dei mortali a cui spesso amore suona smanie e dolori, -lagrime e tradimenti. Eccomi ai vostri piedi: a me per la prima volta -genuflesso dinnanzi alla creatura di Dio, tu, donna beata, palesa -il divino segreto, ond'io possa tutta la mia vita rendere coll'amore -invidiata anche agli angeli. Tu mi guardi incerta: non temere ch'io lo -divulghi... io sono uomo e l'egoismo ti deve essere arra sufficiente -della mia discrezione. Via, dimmelo... io ti prometto di rinunziare -a tutte le brame del mio avvenire... anche a quella di far correre i -miei lettori per mari e monti sull'ali della fantasia. Come potrò io -eternamente amare eternamente amato? Dimmelo, ed in quell'inno di gioia -che sarà la mia vita io ti renderò grazie riconoscenti. Bella regina -d'amore, chi t'avvinse sì strettamente all'amante? - -Le mie ginocchia su quelle scarne rupi s'erano indolenzite a modo che -io stava per rinunciare alla scoperta, quando la gentile impietosita -susurrò questa fatale parola: — il dolore! - - . . . . . . . - -La leggenda del paese susurra invece che quelle anime petrarchesche -conservarono intatto l'amore perchè non fecero sciupìo del tesoro -d'affetti nell'ebbrezza dei sensi. - - . . . . . . . - -Intanto essi nella sdegnosa loro solitudine, paiono ridersi del furore -degli uragani, delle volute che precipitano dai loro piedi, e dei -fulmini che solcano i loro granitici troni. La beatitudine della loro -unione non vale il pericolo? - -Stanco della faticosa salita, dopo d'aver visto le tenebre sorgere -dagli abissi e coprire tutte le valli, sentendo che i miei compagni -russavano saporitamente, salutai i due fantasmi dello Stafel, -m'acconciai anch'io alla meglio e il sonno, come avviene a tutti, -mi sorprese senza che me ne avvedessi sul nudo macigno fatto meno -ingrato dalla spossatezza. Sennonchè a mezza la notte un vivo bagliore -attraversando le palpebre mi scote, uno scoppio tremendo che pare -faccia traballare i monti e sfasciare i picchi mi sveglia affatto. - -Cupa, densissima oscurità rotta di minuto in minuto da sfolgorantissimi -lampi: funebre silenzio interrotto solo dal fragore del tuono. -Il temporale si abbassava e noi eravamo a mezzo le nubi. I lampi -spesseggiavano vivissimi; il tonare assordante minacciava il finimondo, -ed io m'aspettava ogni istante un fulmine spezzasse la roccia che -ne pendeva sul capo. M'era seduto sopra una pietra tutto intento al -guizzare delle saette, come quel pittore che nella tempesta s'era fatto -legare all'albero d'una nave per meglio avvisarne le fasi. L'uragano -nel massimo furore era disceso sotto ai miei piedi, mentre sopra il -capo scintillavano le stelle: scena unica! - -Dopo la tempesta sul mare, la tempesta sulle alpi non ha spettacolo che -la pareggi. La grandezza del luogo, il rapido alternare dei lampi che -s'incrociano; gli echi che con mille diverse voci dalle caverne sonore -addoppiano lo strepito; la furia del vento che urta, ammonta, sperde -le nubi infiammate; il contrasto della scena infernale colla serena -luce del cielo stellato; la solennità della solitudine; gli abissi a -tratto a tratto rischiarati dal profondo all'imo; il pericolo d'essere -incenerito; tutto t'empie l'anima di novissimo terrore, poichè il tutto -ferma una satanica apologia della forza strapotente! Le sinistre voci -del tuono e dell'aquilone non mi dimostrano forse che nella natura -stessa la forza trionfa sopra il debole senza difesa? Chi difende il -pino dall'ira del fulmine che lo schianta in mille schegge? Mentre -imperversa la procella, chi difende dal lupo insidiatore le atterrite -pecore? E se l'avoltoio, l'aquila od il _lammergeier_ mostruoso si -precipitano sul piccolo agnello, potrà egli senza difesa respingere -l'assalto? Tutte le più utili e graziose creature sono deboli, -indifese, quasi affidate al soccorso dell'uomo. Lo schifoso ragno vive -molti giorni senza cibo: un rovescio di pioggia abbatte la farfalla -dall'ali curiose: la spina resiste al rovaio, alla grandine, al -sollione; il vento sfoglia, sfronda, sterpa ogni gentil fiore. Invece -con quale studio geloso la natura armò i prepotenti d'artigli di ferro, -di denti adamantini, di acutissima vista, di agilissimo passo, di -potentissime ali! Se fosse dato un giorno ai percossi vestire una volta -sola la corazza degli assalitori, non farebbero essi scempio dei loro -nemici in nome della giustizia? - -Non sarei tuttavia sicuro che la pecora imbaldanzita dalle novelle -difese, non passasse armi e bagaglio nelle fila dei lupi.... è sì -innebbriante la voluttà del potere! - -L'uragano spariva, e le nubi, come immense fantasime correnti per -l'aere caliginoso sui bianchi destrieri sferzati dal vento, spaziavano -per ogni parte del cielo senz'interrompere l'alto silenzio che col -sibilo dell'aria rotta dalla veloce corsa. - -Passavano presso di me, guardavano meravigliate il loro osservatore -e s'involavano. Una di esse, isolata dalle legioni, quasi perduta in -mezzo a quella confusione, errava a minor passo attorno alla vetta. Oh -quanto bella malgrado il pallore della morte! Quanto amore da quegli -sguardi, da quella cera mestamente soave! E quelle folte, lunghissime -chiome conteste di fiori che scherzavano sulle spalle? A breve tratto -dalla vetta, il corsiero dagli occhi corruscanti rallentò il passo, sì -che io, fatto ardito dalla brama di sentire quella errante, alte levate -le braccia, pregai dalla bella una parola... - -Oh! se mi fosse dato inforcare con te il velocissimo corsiero e -scorrere pei campi del cielo immensi come il desiderio sopra tutte le -plaghe terrene, dal deserto del polo ai giardini dell'oriente! Ma la -voragine che s'inabissa ai miei piedi m'avverte della vertigine che con -sguardo affascinante m'avrebbe attirato nelle sue braccia... Almeno, -diss'io, mi racconta quanto vedesti nella tua lunga pellegrinazione. -Dimmi, l'uomo, quest'essere che doma il fulmine e non sè stesso, è -ovunque il medesimo? Dove ha egli conquistato quella libertà che è -sì cara? Non hai tu visto in qualche ignorata tribù delle Indie o -delle Americhe avverati i sogni d'un anima generosa? Dove s'imparò ad -ubbidire e comandare col Vangelo? Una sola parola dimmi, di grazia; -qual è il motto che riassume quanto imparasti in tanto giro di zone -sull'uomo? — - -La fantasima che aveva ascoltato benigna le curiose interrogazioni -dello zingaro, crollò il capo in atto di diniego, e spronato il cavallo -ratta s'innalzò da quel vertice... Se non che voltasi addietro e -vistomi tuttora colle mani supplichevoli, tracciò nell'oscurità incerta -della notte una parola colle dita scintillanti... Atterrito guardai -quelle parole di fuoco che fiammeggiarono un istante nella tenebrìa, e -lessi: - - CONTRADDIZIONI. - - . . . . . . . - -Il cielo s'era rasserenato, e le stelle luccicavano più di prima. - -Una buon ora prima dell'alba la frescura destava i compagni e tutti -ci mettevamo in cammino, onde poter giungere prima del giorno sul -culmine del picco alpino: sul quale arrivammo quando le ombre della -notte, lottando invano colla luce, fuggivano nelle valli più anguste, -nelle selve più folte, nei torrenti più profondi, mentre poco a poco il -bacino dell'Ossola spogliavasi dei vaporosi veli dell'umida notte, ed -i primi crepuscoli disegnavano con mano malsicura i profili dei monti -sull'orizzonte biancheggiante. - -La notte a veloci passi fuggiva, avvolgendosi ne' suoi veli trapunti, -ai poli opposti; dopo l'alba, l'aurora, il sole, e tutto è colori e -vita. - -Da quel culmine, da cui un contrafforte si stende verso occidente -collo Stafel alla Punta d'Arbola, si ha d'attorno una mirabile vista. -A sinistra, laggiù, la valle di Formazza, le cortine dell'Hireli; e -più in là verso il nord, qualche picco delle alpi Ticinesi; al nord, -verso il Gries, tutte le piramidi più eccelse, dal Gigeln al gigante -di queste valli, il Blinnenhorn, colle grandi ghiacciaie che qua e là -interrotte da valloncelli o da rupi, formano corona alla Formazza; e -verso il meriggio i monti dell'Ossola sino al Lago Maggiore. L'anima -esaltata credeva sentire con divine armonìe cantare: esulta, tutto ciò -che vedi è tuo! . . . . . . . . . . . . . - -Anche gli altipiani deserti, le nevose o sterili roccie, che di quassù -appaiono alla nostra destra, di qua e di là del confine, malgrado tutta -la loro incresciosa aridezza e la mancanza di ogni vegetazione, sono -imponenti. Nulla sull'alpi senza parola, nè le murene, nè le fonti, nè -le ciottolaie, nè le nevate. Ciò che altrove sarebbe insignificante, -qui ti colpisce pei vivi contrasti. - - * - * * - -La nostra peregrinazione è finita. - -Se voi ne accompagnaste pei laghi, per le valli, e vi siete arrampicati -su per le vette alpestri con quel piacere con cui io ho cercato di -svagarvi la mente intrecciando alle descrizioni le leggende ch'io -raccolsi con amore, e le fantasie spesso incomposte che destò nella mia -mente la variatissima natura, non volgerà, io credo, molto tempo che io -ritornerò con maggiore sicurezza d'animo ad offrirvi la mia compagnia -per zonzare in altre contrade della nostra bella Italia. - -Tuttavia seguendo le pedate di certi stranieri e nostri scrittori, io -potrei benissimo, ad ingrossare il volume già soverchio, intitolare -un nuovo capitolo col nome, ad esempio, del Cantone Ticino, e poi, -senza movermi d'un passo, infilarti una insipida tiritera sulla -libertà, sulla democrazia, sulle legnate che tempestano qualche volta -nelle elezioni politiche, sulla legge agraria — e altre somiglianti -reminiscenze di diari mal digeriti — la quale non mancherebbe di -convincerti... che io non so cosa dire. - -Perchè non potrei io ancora condurre il lettore gentile nel bel paese -della fantasia? Chi può negare che non siano quelle le più felici -contrade? - -L'amore, la brama di gloria, il pensiero dalle mille forme, -tutte le illusioni che trovarono sulla terra l'agghiadata parola -dell'indifferenza, lo sprezzo, il disinganno, volano sulle ali -dell'aspirazione a popolare coi sogni d'una vita migliore quei mondi -fantastici... - -Quante volte seduto fra l'ombre d'una pianta viaggiai nel mio passato! - -I fiorellini delle zolle muschiose mi narrarono spesso l'istoria -dell'infanzia paurosa, malaticcia, in cui fra i timori del _pensum_ -e dell'aggrottato cipiglio del _magister_ e le paure febbrili delle -fantasime notturne, io levando ai tuoi mondi con invocazione le manine, -chiedeva per volare a te delle ali! - -Le giovani frondi dell'albero mi ricordarono i primi battiti del cuore -spensierato, e le gioviali risa della bella adolescenza, in cui la -larga vena d'affetti esuberante dal cuore si spandeva in mille ciarle e -perchè agli uomini e a Dio... Quando non trovava che cere indifferenti -e scherno ai miei sogni, io chiedeva delle ali per volare a te! - -Quel pino desideroso di luce che si slancia nell'aere mi racconta la -stagione della prima giovinezza, stagione di focose aspirazioni, tutta -fede ed amore per la patria e per la donna. - -Passa qualche anno; uno, due, tre; pochissimi e brevissimi, e la patria -ti si mostra quale palestra in cui un'infinita turba s'arrabatta -lottando d'astuzia e di frode per strapparsi di mano un cencio di -porpora! - -La donna... no, no, io non dirò ombra di male di quest'essere -misterioso che s'aggira fra di noi, benchè una miriade d'idee -crucciose, sarcastiche al nome di donna abbiano intrecciato nelle -cellule della memoria una ridda sfrenata da cacciarmi addosso -l'emicrania. Che vale il lagno, l'imprecazione contro una divinità che -con un girare d'occhio, un sorriso, una lacrima, ti fa baciare commosso -la tua catena? - -Via, lettore, non temere che io con desiderio indiscreto cerchi da te -d'essere alla mia volta guidato nel viaggio attraverso al passato, al -presente ed alla speranza della tua vita; io non ne voglio conoscere le -pagine, nè ti voglio sciorinare della mia se non le tersissime. - -Ad ogni modo ti auguro salute — anco un tantino per mio amor proprio — -affinchè io ti possa rivedere presto col bastone in mano, il cappello -a larghe tese sul capo e il sacco sulle spalle battere alla porta dello -zingaro e: - -Oeh! l'alba è sorta: affrettati ad allacciare i borzacchini ferrati, o -maestro, che io t'aspetto impaziente. - -Ed io fattomi alla finestra della casupola, e ravvisato con gioia il -compagno di piaceri e di pericoli, in tutta fretta discenderò — o dalla -scala o dalla finestra non torna — ad offrirti una mano amica. - -Adagio, un istante; sai che sono donne, aspettiamole un tantino... -come viaggeremo senza di loro? tu non ignori che esse, quando loro -talenti, sono tali da divertirci, anche colla pioggia sulle spalle, -raccontando le mille e mille storielle, che l'una ha imparato e l'altra -inventa..... - -Eccole tutt'e due — non sono belline? - -Compagno mio, ecco la Leggenda e la Fantasia... - -Partiamo. - - - FINE. - - - - - -Nota del Trascrittore - -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo -senza annotazione minimi errori tipografici. - - - - - -End of the Project Gutenberg EBook of Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi -ed Alpi, by Valentino Carrera - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO *** - -***** This file should be named 62789-0.txt or 62789-0.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/7/8/62789/ - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Distributed -Proofreading team at DP-test Italia, -http://dp-test.dm.unipi.it (This file was produced from -images generously made available by The Internet Archive) - - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. 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You may copy it, give it away or re-use it under the terms -of the Project Gutenberg License included with this eBook or online at -www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you'll -have to check the laws of the country where you are located before using -this ebook. - - - -Title: Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi ed Alpi - Il Lago Maggiore, l'Ossola, la Frua e il Gries - -Author: Valentino Carrera - -Release Date: July 30, 2020 [EBook #62789] - -Language: Italian - -Character set encoding: UTF-8 - -*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO *** - - - - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Distributed -Proofreading team at DP-test Italia, -http://dp-test.dm.unipi.it (This file was produced from -images generously made available by The Internet Archive) - - - - - - -</pre> - - -<div class="booktitle"> -<h1> -PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO<br /> -PER LAGHI ED ALPI -</h1> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="titlepage"> -<p class="main-t"> -<span class="x-small">PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO</span><br /> -PER LAGHI ED ALPI -</p> - -<p class="pad1 small"> -DI -</p> - -<p class="pad1 x-large"> -VALENTINO CARRERA -</p> - -<p class="pad1 large"> -IL LAGO MAGGIORE, L'OSSOLA,<br /> -LA FRUA ED IL GRIES -</p> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"> -<p class="i01">Io non viaggio mica</p> -<p class="i02"> Per il minimo scopo:</p> -<p class="i02"> Non vo' pensare al dopo,</p> -<p class="i02"> Non vo' durar fatica.</p> -<p class="i01">Quel che vuol nascer nasca,</p> -<p class="i02"> Andrò dove mi porta</p> -<p class="i02"> Il vapore o la tasca,</p> -<p class="i02"> Sempre per la più corta.</p> -<p class="i08"> <span class="smcap">Giusti</span>.</p> -</div> -</div> - -<hr class="tiny" /> -<p class="pad1 small"> -Seconda edizione corretta ed accresciuta -</p> - -<p class="pad4"> -TORINO<br /> -<span class="small">A SPESE DELL'EDITORE.</span> -</p> -</div> - -<div class="verso"> -<hr class="mid" /> -<p> -Proprietà letteraria -</p> - -<p> -Tip. Letteraria, 1861. -</p> -<hr class="mid" /> -</div> - -<div class="dedica"> -<p class="indl"> -Miei cari genitori -</p> - -<p> -A voi che stimo ed amo sopra tutti, -offro questo libro. Voi accettatelo con -quel sorriso con cui accoglievate le prime -parole che m'insegnaste a balbettare. -</p> - -<p> -Intanto vivete molti anni per la mia -felicità. -</p> -</div> - -<hr class="silver" /> - -<div class="somm"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_5">[5]</span> -</p> - -<h2> -SOMMARIO -</h2> - -<table class="indice" summary=""> - <tr> - <td colspan="3" class="center">PARTE PRIMA</td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">Il Lago Maggiore.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">1.</td> <td>Che intitolo prefazione onde il lettore lo salti a piè pari</td> <td class="pag"><a href="#parte1-1"><i>Pag</i>. 9</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">2.</td> <td>Chi fece l'Italia?</td> <td class="pag"><a href="#parte1-2">16</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">3.</td> <td>Le illusioni ed i doganieri — Una cipolla fra le rose</td> <td class="pag"><a href="#parte1-3">23</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">4.</td> <td>Viaggio al naso di <i>S. Carlone</i> — Angera — Dalle corti d'Amore al Mormonismo</td> <td class="pag"><a href="#parte1-4">31</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">5.</td> <td>Il Monterone — Studii fisiologici sopra i cinque sensi — Il lago a volo d'uccello — La prima idea</td> <td class="pag"><a href="#parte1-5">36</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">6.</td> <td>I piroscafi — Una donna che mangia — Gli stranieri ed i laghisti — Primato mascolino — Il concertista di Cannobio — I contrabbandieri — Rivista di sponde</td> <td class="pag"><a href="#parte1-6">45</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">7.</td> <td>Lesa e Manzoni — Ciarle letterarie — La calma</td> <td class="pag"><a href="#parte1-7">55</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">8.</td> <td>Origine storica di Belgirate, senza documenti — Le isole Borromee</td> <td class="pag"><a href="#parte1-8">62</a></td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_6">[6]</span></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">9.</td> <td>D. Bussolini da Mergozzo, capitolo in cui si dimostra chiaramente che i più beati sono i poveri di spirito</td> <td class="pag"><a href="#parte1-9">67</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">10.</td> <td>L'acqua, canto in prosa — Se l'acqua del Verbano fosse vino — L'arca di Noè e la nautica — Le <i>guide</i> — La capitale del lago Pallanza — Laveno — Ghifa — Portovaltravaglia — Luino</td> <td class="pag"><a href="#parte1-10">77</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">11.</td> <td>Cannero ed Ettore Fieramosca</td> <td class="pag"><a href="#parte1-11">86</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">12.</td> <td>Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e Magadino — Diversità di sistema metrico — Il Re Gambrino in Italia</td> <td class="pag"><a href="#parte1-12">89</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">13.</td> <td>La malinconia a Cannobio — Non tutti i cattivi principii hanno cattiva fine — Al lettore indiscreto</td> <td class="pag"><a href="#parte1-13">93</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">14.</td> <td>La tempesta sul lago — Quando non si fanno ceremonie</td> <td class="pag"><a href="#parte1-14">101</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">15.</td> <td>Trafiume o Treffiume — Dammi amore e ti do un mondo</td> <td class="pag"><a href="#parte1-15">106</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">16.</td> <td>Storia d'una pentola</td> <td class="pag"><a href="#parte1-16">110</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">17.</td> <td>S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione — La villa Poniatowski — Prina</td> <td class="pag"><a href="#parte1-17">134</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">18.</td> <td>Intra non si trova che a Intra — Perchè delle ommissioni — Virgilio a Feriolo — Salute a chi resta</td> <td class="pag"><a href="#parte1-18">136</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_7">[7]</span></td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">PARTE SECONDA</td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">Per le valli d'Ossola.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">1.</td> <td>La sentinella dell'Ossola — Un bagno da trent'anni — I romantici a Vogogna — Domodossola — Il mercato</td> <td class="pag"><a href="#parte2-1">139</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">3.</td> <td>L'Italia non è che un albergo — 17385 iscrizioni e mezza — Lezioni archeologiche — Varietà di gusti — Apologia del farniente — Terzo primato dell'Italia — Quattro duelli — Che hanno la coda</td> <td class="pag"><a href="#parte2-3">145</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">4.</td> <td>Una giovenca ed il più bel cuore del mondo — Avete buone gambe? — Re in Valvigezzo — Anche sull'Alpi si trovano traditori — <i>Requiescant in pace</i></td> <td class="pag"><a href="#parte2-4">162</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">5.</td> <td>Trionfo delle castagne sopra la fama di una illustrazione Dantesca</td> <td class="pag"><a href="#parte2-5">169</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">6.</td> <td>Il Sempione — Invenzione di un ponte per passarvi sotto</td> <td class="pag"><a href="#parte2-6">175</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">7.</td> <td>Si parla di paesi non visti</td> <td class="pag"><a href="#parte2-7">178</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">8.</td> <td>L'Anzasca — Un nuovo messia</td> <td class="pag"><a href="#parte2-8">180</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">9.</td> <td>Quanti disprezzano l'oro</td> <td class="pag"><a href="#parte2-9">182</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">10.</td> <td>Stonazioni della fama — Le ossolane non sono più quelle d'una volta — Caio Mario ed i Cimbri — Innocenzo IX di Cravegna — Banchetti funebri — La valle Diveria</td> <td class="pag"><a href="#parte2-10">186</a></td> - </tr> - <tr> - <td><span class="pagenum" id="Page_8">[8]</span></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">11.</td> <td>Premia — Storia nuova di cose vecchie — La Cravairola</td> <td class="pag"><a href="#parte2-11">194</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">12.</td> <td>L'orrida forra di Unterwald</td> <td class="pag"><a href="#parte2-12">207</a></td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">PARTE TERZA</td> - </tr> - <tr> - <td colspan="3" class="center">La Frua ed il Gries.</td> - </tr> - <tr> - <td> </td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">1.</td> <td>I casali della valle di Pommat o Formazza</td> <td class="pag"><a href="#parte3-1">210</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">2.</td> <td>La Frua o cascata della Toce — Quanto costi un sorriso di donna</td> <td class="pag"><a href="#parte3-2">216</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">3.</td> <td>Altipiani superiori</td> <td class="pag"><a href="#parte3-3">227</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">4.</td> <td>Ascensione del Gries — Diacciaie — Le Alpi parlano</td> <td class="pag"><a href="#parte3-4">230</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">5.</td> <td>Confini della valle — Le case, il desco, l'abito, il commercio, l'agricoltura</td> <td class="pag"><a href="#parte3-5">241</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">6.</td> <td>Costumanze curiose — La scolaresca</td> <td class="pag"><a href="#parte3-6">249</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">7.</td> <td>Lezione di meteorologia — Il frugnare e le volute — O mi date ragione, o non mi fate stare <i>sulle spese</i></td> <td class="pag"><a href="#parte3-7">253</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">8.</td> <td>Dove il paese senza un eroe? — Vita e miracoli del capitano Guenza</td> <td class="pag"><a href="#parte3-8">262</a></td> - </tr> - <tr> - <td class="cap">9.</td> <td>Ascensione del Retihorn — Il segreto della costanza in amore — Temporale sulle Alpi — Conversazione colle nuvole — Quanto si apprende viaggiando — Un'aurora sulle Alpi — Quando ci rivedremo?</td> <td class="pag"><a href="#parte3-9">269</a></td> - </tr> -</table> -<hr /> -</div> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_9">[9]</span> -</p> - -<h2 id="parte1">PARTE PRIMA -<span class="smaller">Il Lago Maggiore</span></h2> - -<h3 id="parte1-1">I. -<span class="smaller"><i>Che intitolo prefazione, onde il lettore lo salti -a piè pari.</i></span></h3> -</div> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Tutto il mondo è paese.</b></p> -<p class="i06"> <i>Prov. ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -<i>Uno zingaro?</i> Ma ce n'ha ancora degli zingari, -fuorchè nella Russia e nel <i>Trovatore</i>? — -Perchè, non ce ne dovrebbe più essere? Lo zingaro -non è forse un pensiero errante di paese -in paese, facendo suo con ardita frode quanto -non gli verrebbe concesso dall'umana avarizia? -Ammesso — il che veramente non so — il paragone, -lo zingaro può avere subìto trasformazioni, -non mai essersi perduto. Permettete, signor -mio, che io cerchi di vincere, s'è possibile, -la vostra ritrosìa nell'accettarmi a compagno, -evocando i benigni influssi dell'eloquenza tradizionale -de' miei avi novellatori e poeti: tolleratemi -<span class="pagenum" id="Page_10">[10]</span> -dieci minuti... Non sono discreto? Ne -spendete tanti a sopportare il trionfo della -ciarla su pelle gazzette e nei parlamenti! -</p> - -<p> -La storia dell'umanità nella nostra tribù dividiamo -in tre ere: la scoperta della foglia di -fico, quella dell'America e questa della fotografia. -Dopo la fatale scoperta dei primi nostri -nonni, ecco l'uomo-zingaro che migrando dall'Asia -percorre poco alla volta le plaghe mondiali, -lasciando qua e là un lambello del suo -saio. Quell'età non avendo lasciato giornali, nè -ritratti d'illustri contemporanei, per mancanza -di sicuri documenti veniamo alla seconda. Scoperta -l'America, gli zingari si precipitano su -di essa: a sentirli sono venuti a seminare la -libertà e le patate; tutto d'allora in poi deve -spirare amore, felicità. Mentre gli umanitarii -cianciano di quest'inezia di riformare quel -mondo, pillottando colle solite spezie della cristiana -uguaglianza e dei civili diritti la tiritera; -mentre gl'indigeni buoni e semplici come un -popolo che non sa un'acca di mutuo soccorso -e di monte di pietà, aprono un tanto di bocca -dalla meraviglia, i missionarii iniziano la riforma -facendo scomparire nell'abisso delle loro -tasche i tesori di quelle fortunate contrade: -siccome però il mestiere di moralista è meno -facile di quanto si crede, il tiro si scopre, proteste, -recriminazioni, rivolta; il torto è necessariamente -degli Americani poichè l'astuzia, la -forza è agli zingari. I quali, smessi i lenocini -della ciaccola, pagano a misura di carbone la -cordiale ospitalità americana. -</p> - -<p> -Un bel dì però, per solenne grazia del proverbio, -il gruppo venne al pettine, e gli zingari, -<span class="pagenum" id="Page_11">[11]</span> -scardassati addovere, sono costretti ad alzare -i tacchi da quella terra <i>non ancora matura</i>..... -</p> - -<p> -— Ma — lasciando la storia in disparte — -questi non mi paiono gli zingari della tradizione.... -</p> - -<p> -— Eh! pensate se li conosco! Lo zingaro è -volgarmente un vagabondo che va dicendo la -buona ventura nelle capanne del contadino, pei -trivii, nelle osterie e nelle canove in tempo di -mercati, di fiere e di feste; sa rattoppare qualche -volta i caldani e le pentole; compone farmachi -e filtri preziosissimi; vende ai più generosi -il prezioso segreto — oh! datene un po' -anc'a me per amore di Dio! — di farsi amare; -commuta minuterie dorate senza valore con antichi -smanigli d'oro, non perdendo il destro -d'accalappiarvi con quella sua cera da nesci e -di farvi sparire di mano l'anello che ricusaste -di vendergli. -</p> - -<p> -Ma ora tutta questa scienza a che può ancora -servire? Vendono tuttora augurii di nozze e -predizioni di fortuna? O, visto che nella capanna -affumicata del contadino, comincia a penetrare -la luce che guizza dai centri di civiltà -e di corruzione, lo zingaro, nascosti nella foresta -il tamburo, le nacchere, le carte divinatrici -e la non più magica bacchetta, non è entrato -di contrabbando nella città, e con mille -vicende di fogge e di fortuna, non s'è fatto ora -sollecitatore d'impieghi o tagliaborse, letterato -di plagi e d'occasione, giornalista o mezzano? -E la scienza per cui gli riusciva di imbarcare -il lunario nei boschi deserti, fra i monti incresciosi, -sarà poi sì feconda in espedienti da -<span class="pagenum" id="Page_12">[12]</span> -far fronte alla desta oculatezza dei cittadini, -da sapere con rapida mano ordire trame impercettibili -che pure ad un baleno si stringano -sì fortemente con mille nodi attorno al meglio -esperto da torgli ogni scampo — e se fallisce, -quando tutto sta per naufragare sotto i colpi -d'un galantuomo che non vuole perire invendicato, -da risospingerlo al largo dalle secche, -risoffiargli in poppa vento e fortuna in barba -agli onesti? -</p> - -<p> -No, questa non è la nostra tribù — a cui -non vorrete con dura parzialità negare l'istinto -del progresso alla perfettibilità umana, che asserite -innato in ogni creatura. -</p> - -<p> -No, questa non è la nostra tribù. Il lezzo -della società non fu mai la parte del mondo -che ne sia piaciuto di notomizzare, anzitutto -per un certo istinto d'avversione alle dissecazioni, -d'orrore per la tabe; e poi perchè sappiamo -per durata esperienza che gli è impossibile -il compiacersi, come oggi si fa con tanto -studio, nel diguazzare in quanto ha di più sucido -il maremagno del vizio, sia brutalmente -spudorato o sia inorpellato da larva di passione, -senza inzaccherarsi un tantino i sandali, quand'anche -vi aggiriate nelle eleganti sale ove non -si balbetta motto a vanvera — ove, non come -nel trivio, manca la scusa della malsuadente -fame e dell'ineducazione: perciò se mai solleticava -le papille della vostra curiosità brama di -una storia terribile d'uno zingaro dalla bruna -tinta e dallo sguardo felino, che d'avventura -in avventura, sulle <i>rotaje</i> dell'adulterio e dell'omicidio, -vi facesse correre per le vene il diaccio -dello spavento od il fuoco della voluttà, -<span class="pagenum" id="Page_13">[13]</span> -serbandovi a morale della favola la bella soddisfazione -di vederlo alfine fra le braccia dell'amata, -riverginata — scusate la parola impossibile -— dall'amore <i>puro</i>, mentre l'esoso -marito sta in fondo del quadro lungo, disteso, -inchiodato da due righe di pugnale..... per verità -vi siete ingannato! -</p> - -<p> -La non sarà così perchè ne pare che tanta -filza di delitti non possa essere figlia della serenamente -gioconda fantasia italiana, e perchè -lo zingaro che vi fa invito a peregrinare con -lui non appartiene alla tribù antica, tradizionale, -se non per la comunanza..... del peccato -originale. -</p> - -<p> -L'antica s'è <i>riabilitata</i>, direbbe un drammaturgo, -e la nuova non è meno curiosa. Anche -essa corre, senza meta, balenando qua e là -senz'altra guida che la bellezza della natura; -— anch'essa ama le sagre, le fiere, i mercati -per cogliere sul fatto la scena animata dei mille -popolani dalle diverse foggie, dai diversi tipi; -— anch'essa se può giuocare un bel tiro, lo fa -con tutta coscienza, e ruba a man salva ad un -crocchio di ciarloni il racconto che dice più -d'un in-foglio su quella gente, un idilio d'amore -ad una bella ragazza, il secreto d'una lagrima -come d'un sorriso. Alcuna volta, quando il demone -ruggente dell'arte non l'agita, e così gli -è obbligato a starsene a bocca asciutta innanzi -alla festosa mostra di cento zane di saporite -frutta.... allora stende la mano ad una vezzosa -fanciulla per averne un grappolo d'uva ancora -imperlato dalla rugiada, una pesca erubescente... -e non dubitate della sua riconoscenza, veh! -</p> - -<p> -Allo zingaro non mancano modi di trarsi di -<span class="pagenum" id="Page_14">[14]</span> -impiccio: quante volte pagò lo scotto della cena -frugale, narrando alla bella ostessa una fantastica -leggenda, con sì strana eloquenza rappresentandole -i casi amorosi di fate, ondine e silfidi, -di genii e di spiriti, che davvero parve -alla curiosa di vedere laggiù nell'ombre l'amante -tradito fra paurosi fantasmi, e di sentire -sotto la scranna il rantolo del lupo che -venne ad ingollarsi la perfida!... Chi osa rimprocciare -la bella albergatrice se per schermirsi -dagli amanti morti e dai lupi vivi si allaccia -strettamente allo zingaro? -</p> - -<p> -Dirvi come la tribù nuova fiammante veneri -come pura sorgente d'inspirazione la bellezza -variata della natura, culto da cui sorge necessariamente -il disprezzo per ogni affettazione; -riassumere, anche per sommi capi, l'indole bizzarra -del suo umore; dirvene, fuggendo, vita -e miracoli, sarebbe ad un tempo noiosa cosa per -voi e pericolosa per noi. -</p> - -<p> -Ma se poi non isdegnate la compagnia di questi -zingari di buona pasta che intessendo alle -descrizioni leggende e fantasie vi guida — senza -bagnarvi — negli antri muschiosi ove fra i canneti -lacustri amoreggia l'avvenente Verbania; nei -casolari montani fra le usanze patriarcali; -sulle diacciaie alpine a conversare colle nubi; -sui nembosi picchi supremi a cantare un inno -al sole, alla libertà, ed a farvi considerare di -lassù che bruco microscopico è il cosiddetto re -del mondo — accettate la mano e proverete -che lo zingaro fra le divagazioni della mente e -le aspirazioni del cuore non dimentica il positivo -della vita, quella catena che ne rammenta -ad ogni slancio che dessa è troppo corta e che -<span class="pagenum" id="Page_15">[15]</span> -il senso governa più della ragione il mondo, -guidandovi in alberghi d'ogni fatta, quando il -paese sia poco ospitale — e per giunta, se non -pagherà lo scotto, condirà colle sue novelle la -refezione. -</p> - -<p> -E poi chi sta a cà niente sa. -</p> - -<p> -Via, smetti l'abito incomodo che t'insacca; indossa -la veste casalinga del viatore; allaccia -calzari che sfidino le mordenti scheggie e le -acute punte delle roccie; armati di lungo bastone -ferrato ed uncinato che ti servirà d'appoggio -e di spinta, di leva e di scala per l'erte -e per le diacciaie — e quand'anche la tua borsa -non sia sonante di molte monete d'oro, vieni, -lo zingaro insegnerà a te ancora a raccontare -la <i>storia del lupo</i> alle belle ostesse. -</p> - -<p> -Se mai l'aspetto di diverse genti, la disuguale -misura del bene e del bello col brutto, -la lotta continua del debole col forte, l'armonia -sublime della natura non caccieranno la noia che -ti prostra intelletto e corpo nell'afa neghittosa -del fannullare, lo zingaro con fratellevole cura -ti guiderà a quelle regioni — ove si slancia sì -sovente e con tanto desiderio il pensiero — che -miseria di mente e di cuore fanno chiamare -dell'impossibile... -</p> - -<p> -Non rigenereremo l'umanità, ma non ci annoieremo, -forse. -</p> - -<p> -Intanto l'aurora festosa già piove le sue -tinte onnicolori, la frescura del mattino ne invita; -partiamo... all'Alpi! -</p> - -<p> -Un istante: anzitutto lo zingaro, secondo l'antica -usanza de' suoi, tolta nelle mani la vostra -destra, dovrebbe spiattellarvi l'avvenire come -il passato, farvi i più lusinghieri augurii che -<span class="pagenum" id="Page_16">[16]</span> -egli si sappia.... ma che volete? Egli, visti fallire -i più cordiali vaticinii, da buona pezza tiene -seco loro broncio, ed amico qual è degli antichi -adagi, a chi lo richiede di predizioni, risponde: -</p> - -<p> -Chi il tutto può sprezzare, possiede il mondo. -</p> - -<p> -Così sia. -</p> - -<h3 id="parte1-2">II. -<span class="smaller"><i>Chi fece l'Italia?</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Uomo lento non ha mai tempo.</b></p> -<p class="i08"> <i>Prov. ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -.... e la vaporiera fugge rapidamente pei piani -del Novarese, mentre l'occhio posandosi appena -sulle borgate, sulle castella che si succedono -una all'altra come le apparizioni d'un sogno -febbrile, assiste ad una serie di scene più o -meno curiose, varie sempre. -</p> - -<p> -Così sparve Novara, Bellinzago ed Oleggio -che dalla sua altura contempla il bel pian lombardo, -e la vaporiera arrestata un minuto, rifugge -verso il Lago Maggiore. -</p> - -<p> -Presso lo scalo d'Oleggio vidi la storia della -civiltà compendiata nell'area in cui i vetturali -attendono l'arrivo delle merci destinate a quella -cittadina. V'era il carro co' buoi, pesante, senza -sponde, colle quattro ruote eguali e massiccie, -il timone convergente all'insù e le cornute bestie -che guardavano con occhio stupito la locomotiva -<span class="pagenum" id="Page_17">[17]</span> -sbuffante, e parevano appuntarsi sui -pie' dinnanzi per timore di appressarlesi. V'era -il carrettone dalle due altissime ruote, disadorno, -coi cavalli attelati uno a coda dell'altro; -la carrettella corrente; il cocchio de' nostri -padri incomodo, sicuro, e l'elegante carrozza -a doppie molle, verniciata lucente come uno -specchio, leggiera e per ogni modo d'ornati e -di agi vaghissima. -</p> - -<p> -Fra l'una e l'altra di queste vetture stavano -secoli e stanno: dal carro de' buoi alla carrozza, -il divario tra l'età dell'oro e l'età del ferro; -ma fra essi e la vaporiera un mondo, una distanza -quale fra l'antico copista e Bodoni, fra -le torri a segnale ed i telegrafi elettrici, fra il -volgare ed il genio.... -</p> - -<p> -Occupiamo i pochi minuti di fermata osservando -quegli antichi veicoli. Se la vaporiera ha -immensi meriti, non siamo tanto ingiusti da -negare ad essi i pregi per cui furono tenuti in -conto dai nostri babbi. Oh! quando mi ricordo -il bel tempo in cui piccino sedeva a capo del -carro, poggiando i piedi sul timone e con impazienza -infantile andava punzecchiando gli -inirritabili buoi ad accelerare il passo verso i -campi, ove poi di corone di millefiori loro cingeva -le corna ed accarezzava con mano fidente -il muso velluto e divideva con essi la merenda -con mille feste dei compagni, io non ho più il -coraggio di ridere dei viaggi eterni per cui i -nostri vecchi si facevano saltellare le budella -in corpo con una velocità in ragione di due -ore per miglio. Due ore! La vaporiera quando -le talenti, unisce Torino a Milano nello stesso -spazio di tempo..... ma ch'è questo vociare? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_18">[18]</span> -</p> - -<p> -Una decina di ragazze, cogli spilloni d'argento -che irradiano il capo, sta sopra uno di -quei carri, ridendo e scherzando fra di loro: -alcuna accenna al viaggiatore che dai carrozzoni -della via ferrata ammicca con sguardo procace: -questa riconosce fra i discesi allo scalo il suo -bulo e lo vorrebbe, senza ch'altri se n'avvedesse, -fare avvertito della sua presenza, mentre con -una certa solfa tra il mesto d'una monotona -cantilena e la languidezza d'una canzone che -non è in voga, una voce sfibrata canterellava: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Novara, Novara</p> -<p class="i01">L'è bella città;</p> -<p class="i01">Si mangia, si beve.</p> -<p class="i01">Allegri si sta!</p> -</div></div> - -<p> -Se tutta l'allegria dei Novaresi consiste nel -mangiare e nel bere, come dice senz'altro la -strofa, l'ha da essere una gaiezza molto dubbia, -pensai; ma già ai poeti debbonsi accordare -molte licenze, ed io non trovando miglior modo -di sciogliere la questione, dimenticai il vate del -campanile di S. Gaudenzio per riguardare quel -veramente allegro gruppo di belle e non belle e -tutte allegre contadine, le quali — ora che ci -penso — mi ricordano a meraviglia un viaggetto -fatto con una bella ritrosa sopra una stradaccia -di campagna, tutta sassi e gore, per cui -ad ogni improvvisa scossa io mi inchinava -verso la giovinetta, e non è a dire s'io secondassi -o non l'impulso, <i>e viceversa</i>, come dicono -appunto delle vetture; finchè il carro essendo -ad un tratto entrato nei profondi solchi -di un campo, la vicenda dell'inchinarsi si fece -<span class="pagenum" id="Page_19">[19]</span> -sì violenta e rapida, che io coll'unico scopo di -preservare quella cara personcina da ogni urto, -non trovai che il mezzo di avvinghiarla strettamente -nelle mie braccia.... -</p> - -<p> -Un fischio — diretto forse alle mie reminiscenze -— eccheggia fra le mura dello scalo, -— un secondo acutissimo <i>che passa gli orecchi</i>, -come dice un vicino, e tutto il convoglio si -move, cammina, corre, rivola.... così il tempo -da quei dì! Così pure io lascio nello scalo di -Oleggio le riflessioni storiche sugli altri veicoli: -il lettore non l'avrà a male; del resto sa -dove andarle a prendere. -</p> - -<p> -Campi, risaie, prati, boschi, giardini, case, -uomini ed animali, tutto resta indietro: la vaporiera -è la nemica per eccellenza del verbo -<i>stare</i>; essa corre da un popolo all'altro; cancella -un pregiudicio a cui centomila volumi non bastarono; -annulla i dialetti mettendoli a contatto, -e insegna colla necessità la lingua nazionale, -spegne l'ardente face delle antipatie, facendo conoscere -con quanto equilibrio le eccedenze della -forza di una regione compensino il manco di -saggezza in un'altra, la virtù militare l'indifferenza -artistica, la gentilezza dei costumi la sapienza -civile, eccita e diffonde industrie — fa -l'Italia. -</p> - -<p> -Ben a ragione certi governi avversarono quest'invenzione -che rivaleggia per la forza morale -colla stampa! -</p> - -<p> -Dell'inferno è dessa senza dubbio, dice con -terrore il buon contadino nella notte quando -dalla mal connessa impannata della finestra della -capanna vede laggiù nella tenebria correre un -fantasma dagli occhi sanguinosi, la bocca ardente -<span class="pagenum" id="Page_20">[20]</span> -e la fronte fumosa, mentre l'aria echeggia -d'acuti sibili e la terra seminata di carboni -ardenti trema sotto i piedi.... Ma direbbe egli -che l'inferno inspirò ad un mortale questa terribile -scoperta, s'egli sapesse che, mercè sua, -si vince il tempo e la distanza, e suona con -cristiano affetto la voce: Dammi la destra, anch'io -sono tuo fratello? -</p> - -<p> -La vaporiera è dunque la più bella figlia -della civiltà, poichè dessa non serve soltanto a -beneficio del commercio, sibbene ai più vitali -interessi dell'esistenza morale. Qual è l'uomo -che dalle marine guardi una nave ad elice sortire, -malgrado i venti contrarii e l'agitazione -delle onde, la prora dal porto, ammainate le -vele, senz'apparente impulso, salpando per le -più rimote spiaggie dell'Oceano, ove recherà -il nome della sua nazione, — senza sentirsi -sollevare dall'entusiasmo, senza sclamare: questa -è la più mirabile opera dell'uomo!? -</p> - -<p> -Vedete se col vapore si corre presto: in due -minuti da Oleggio volai ai porti liguri e ne -ritorno! -</p> - -<p> -Il convoglio attraversava le alture di Borgoticino, -quando poco lungi da quel villaggio mi -apparve — eureka! — la prima conca del desideratissimo -Verbano — fra il Vergante e la -rupe della festosa Angera — il quale disserrandosi -poi dai colli, cola pel Ticino, al Po, -nell'Adriatico. -</p> - -<p> -Una vaporosa nube si dislagava al cielo, ed -i raggi vivissimi del sole di giugno penetrando -qua e là fra gli squarci illuminavano con tale -potenza di tocco la rôcca d'Arona, e laggiù in -fondo la punta di Belgirate ove il lago si svolge -<span class="pagenum" id="Page_21">[21]</span> -a sinistra, che davvero il contrasto di quelle -accese tinte colle ombre delle convalli armonizzava -assai bene colla natura variatissima del -quadro. -</p> - -<p> -Un ultimo fischio e il correre si rallenta -gradatamente, il convoglio penetra nei campi, -ritorna a riva, entra sotto una tettoia, ove cento -voci — Arona, Arona! — ti fanno accorto che -sei finalmente giunto alla sospirata sponda di -quel Lago Maggiore che nella fantasia t'apparve -certamente come una regione incantata a cui -sorrida eternamente cielo e primavera, abitata -dalle più avvenenti ondine, dai più amorosi silfi. -</p> - -<p> -Io vi confesso candidamente di non avere mai -fatto questi sogni, e per la zinganesca mia esperienza -che mi ha dimostrato i giudizi assoluti -essere sempre in alcuna parte erronei, e il male -dai mille aspetti mescersi con disuguale misura -al bene, e perchè rifuggo dalle imaginose aspettazioni, -le quali per lo più al contatto della -realtà risolvonsi in dure delusioni. Mi pare -quindi profittevole.... -</p> - -<p> -— Cosa fa il signore? Scenda, il convoglio -non procede mica oltre.... -</p> - -<p> -— Benissimo; grazie. Parmi profittevole, diceva, -di usare nel giudizio delle regioni che -si percorrono, anche coll'intendimento di studiarle -oltre l'epidermide, quella mite benevolenza -che ogni onesto desidera praticata verso -il campanile della sua parrocchia. Quanto al -bello, al buono, quantunque spesso il miracolo -non faccia il santo, il fidarvisi è la meglio; -quanto al brutto ed all'incivile giova il credere -che la virtù sta di casa dove meno si crede, e -che tanti paesi, tante usanze... E poi gli uomini -<span class="pagenum" id="Page_22">[22]</span> -la pensano così diversamente! Aprite un libro -di proverbii — li dicono la più bella eredità -che le generazioni si tramandino, la sapienza -delle nazioni — sentite che armonìa di opinioni: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Chi sta bene non si move,</p> -<p class="i04"> e</p> -<p class="i01">Non diventan porri che i trapiantati.</p> - -</div><div class="stanza"> -<p class="i01">Pietra mossa non fa musco,</p> -<p class="i04"> e</p> -<p class="i01">Chi vuol far roba, esca di casa.</p> - -</div><div class="stanza"> -<p class="i01">Chi disse donna, disse danno,</p> -<p class="i04"> e</p> -<p class="i01">Senza donna a lato l'uom non è beato;</p> -</div></div> - -<p> -e cent'altri grossolani e dilicati, che vanno d'accordo -che gli è un gusto ad appaiarli! -</p> - -<p> -— Signore — disse in quella una <i>guardiastazione</i>, -la stessa che m'interruppe già una -volta — questa è l'uscita; e m'indicò la porta. Se -questo dabbenuomo non mi cacciasse con tutta -quella buona grazia di cui è suscettibile un guardiano -di via ferrata, io vorrei, o compagno, -dimostrarvi come la bellezza oggettiva abbia -meno cultori di quanto è voce.... ma non c'è -verso, egli m'insegue sino all'uscita.... Quest'insistenza -mi desta un dubbio: ch'egli abbia inteso -un motto delle nostre chiacchere più o -meno estetiche, e voglia risparmiarne lo spettacolo -poco architettonico della stazione? Chi -lo sa? Dopo la <i>democratizzazione</i> del sapere, -chi può giurare che sotto il saio dell'artiere -non s'asconda la giornea del professore? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_23">[23]</span> -</p> - -<h3 id="parte1-3">III. -<span class="smaller"><i>Arona — Le illusioni ed i doganieri. — Una cipolla -fra le rose.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Chi tosto giudica, tosto si pente.</b></p> -<p class="i10"> <i>Prov. ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -Orta! — Angera! — Gozzano! — Varallo! — -Domodossola! — Albergo della Posta! — Reale! -— d'Italia! — A me il sacco! — Zolfanelli! — Sigari! -— Ecco le strida che invariabilmente accolgono -il viaggiatore all'uscire dallo scalo della -ferrovia d'Arona: vociare che mette in non lieve -imbarazzo il viaggiatore che non ha meta prefissa -al suo vagare. -</p> - -<p> -Per mia fortuna, fra tanti vetturali, facchini, -camerieri e ciceroni <i>pro domo sua</i>, una voce -che partiva dal mezzo di una folta ispidissima -barba, tuonò al mio orecchio, mentre mi sforzava -di attraversare quella ressa di rompiscatole, -il nome dell'ottava meraviglia del mondo -e l'unica di Arona, <i>il S. Carlone</i>, e mi fece così -risovvenire di un monumento intorno al quale -aveva sentito nella prima adolescenza tante mirabilia. -Si vada adunque al S. Carlone! Senza -dare risposta ad alcuna delle insistenti domande -— unico modo di liberarsene, a meno però vogliate -farvi in dieci per non far torto a nessuno -— mi avvio verso la cittadina, dando occhiate -<span class="pagenum" id="Page_24">[24]</span> -a destra ed a sinistra, come quegli che -senza soffermarsi troppo vuole spendere poco -e vedere molto. -</p> - -<p> -Appena uscito dalla casona dello scalo, un bel -giovinotto, dall'assisa di doganiere — ad Arona -vi sono più doganieri che mercanti — con un -garbo da farmi strabiliare, (poichè a me un doganiere -era sempre parso il rappresentante della -prepotenza legale, dei pregiudicii economici, la -barriera che impedisce il bacio cosmopolitico dei -popoli) mi fece ricredere pienamente, avvisandomi -che se io desiderava imbarcarmi sopra un -piroscafo, il <i>S. Gottardo</i> stava per salpare, aggiunto -poi per soprassello che io avrei potuto -girare e rigirare in lungo ed in largo il lago -senza la noia del passaporto. Malgrado il desiderio -di accettare l'invito della tintinnante campanella -del <i>S. Gottardo</i>, io non volli partire -senza visitare l'interno della città pittoresca — -al di fuori — ed il famoso monumento al suo -cittadino, benchè sapessi che vi sarei ritornato -più d'una volta nelle corse ch'io aveva in -animo di fare lungo le spiaggie verbanesi. -</p> - -<p> -Il <i>S. Gottardo</i> diede l'ultimo tocco di squilla, -si staccò con tutta facilità dallo scalo, e descritta -una vaga curva, partì avvolgendosi, come -d'un velo per difendersi dal sole cocentissimo, -nei vapori della caldaia fumante. -</p> - -<p> -Serbatomi per la vetta del colle di S. Carlo -il giocondo spettacolo del lago, come un ghiottone -serba ultimo il manicaretto più sapido, -entrai in città. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_25">[25]</span> -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Eccomi in Arona! Salve, città dei Borromei! -</p> - -<p> -Seduta a riva del lago, pare tuttavia che tu -ne sdegni la paternità, poichè ti volgi innamorata -con occhi desiosi verso i clivi fiorenti di -Oleggio Castello, lasciando al ceruleo nappo -l'ammirazione della poco graziosa tua parte diretana. -Almeno ne' calori della state le pendici -superiori inviassero alle tue viuzzole il conforto -delle aure profumate dei loro laureti! -</p> - -<p> -Attraversando la città, contai trentacinque osterie, -trenta preti e ventisette accattoni. Era -il meriggio caldissimo, ed io passava correndo -per involarmi all'afa soffocante che, uscita dai -canali sotterranei delle vie inferiori, mi inseguiva -minacciosa, quando una frotta di creature -che facevano ressa attorno ad una casa di modesta -apparenza m'impedì di proseguire oltre. -</p> - -<p> -Erano ventisette accattoni. -</p> - -<p> -Voi che avete da accarezzare — in tasca — -un <i>sovrano</i>, se vi avviene d'incontrarvi in quella -turba, è d'uopo lo consigliate d'addivenire ad -una transazione costituzionale dividendo il potere, -salvo a voi suo ministro di farvi forse -rompere le invetriate dai malcontenti — o senza -transigere coll'<i>esigenze della situazione</i>, corriate -attraverso ai chiedenti senza ascoltare quelle -voci supplichevoli che sono pure una rampogna.... -</p> - -<p> -Io mi arrestai. Qui più d'un ciarlone vi direbbe -ch'egli, arrossendo quasi dell'eccellente -salute, intenerito alle lagrime, divise la borsa -coi mendici.... Io che non voglio farvi il torto -<span class="pagenum" id="Page_26">[26]</span> -di credere che mi stimereste un cicino di più, -quando vi dicessi che ho dato a quegli infelici -un obolo — che il più delle volte è un soldo -asciutto come il sistema decimale — non vi -dirò nemmeno d'aver fatto alcune considerazioni -economiche sulle trentacinque osterie ed -i trenta preti, e tiro innanzi, cioè mi fermo, -poichè la porticina di quella casa s'aperse e -v'apparve.... -</p> - -<p> -Chi non l'avrebbe desiderata amante? Che -bell'occasione di miniarvi un ritrattino sì sorridente -da mandarvi in visibilio! Ma quest'oggi, -dopo quella certa meditazione sulla fallacia dell'apparenza, -temo che i colori della mia tavolozza -diano troppo nel duro, nell'angolare; per -non ripetere adunque su tutte le varianti le -forme serene di tanta bellezza, lascio alla vostra -fantasia di pennelleggiare co' rapidi suoi -tocchi una di quelle soavi figure che le donne -invidiano e gli uomini rispettano. -</p> - -<p> -Intanto i re della miseria, coi loro nodosi -scettri nella destra, avvolti nei pidocchiosi palli -onnicolori, mi avevano circondato, levandosi -dalle nuche capellute un frusto di berretto spelato, -e succhiavano con avido sguardo la borsa -che teneva la fanciulla nelle mani. -</p> - -<p> -Io pure salutai riverente quell'apparizione -che avrebbe potuto inspirare a Vela una vivissima -idea della carità cristiana, ed ella.... ma -che? Al vedermi estatico contemplarla, sorrise -di guisa che tutto ne fui scosso. Era derisione? -Chi lo sa? Malgrado mio, nella limpida innocenza -di quel volto primaverile, quel sorriso — -non ridete — m'apparve come una cipolla nel -bel mezzo d'un mazzolino di rose, quale io vidi -<span class="pagenum" id="Page_27">[27]</span> -farne dono per celia ad un appassionato cultore -di antitesi. -</p> - -<p> -Ella porse agli accattoni le sue monete; una -moneta ad ognuno che venisse ad invocarla un -mattino di venerdì a quella porta: indi rinchiuse -la porta senza strepito, senz'impazienza, -quasi a tacita promessa di non negarne giammai -l'accesso al mendico. Io, mentre si recitava -attorno un <i>pater</i> ed un'<i>ave</i> per conto della fanciulla -— a cui auguro ottengano un buon marito -— dimenticato quel certo sorriso e la cipolla -relativa, intonava fra dolcissimo pianto un -inno alla pietà che ove fosse stato inteso da -lei, forse io avrei fatto più lunga dimora in -Arona.... -</p> - -<p> -Ma ecco attraverso l'iride d'una lagrima la -rosea fisionomia imberbe del doganiere. Gli racconto -la commovente istoria; un'irresistibile -curiosità mi sprona a ricercare chi sia quell'angelo -che profonde le ricchezze di questo -mondo per la beatitudine dell'altro, vero prestito -ad usura — se ancor vi fosse usura. — -Mi appaga ed aggiunge che i mendici convengono -nella città dai dintorni una volta almeno -per settimana. -</p> - -<p> -— Dunque, diss'io, ella dà loro tanto da alleviare -i dolori di chi non ha sulla terra che la -speranza del cielo e la compassione dei generosi -— per una settimana? Oh tremila volte benedetta! -Oh santa! Oh terra fortunata! -</p> - -<p> -— Signor sì, se per essere da tanto basta regalare -un quattrino, antica moneta milanese! -</p> - -<p> -E imperturbabile, colla logica orribile dell'aritmetica, -mi dimostrò che Iddio avrebbe -dovuto fare per quegli sgraziati il giorno di -<span class="pagenum" id="Page_28">[28]</span> -cento ore senz'accrescere i bisogni del ventricolo, -onde procurarsi lo stretto necessario per -campare in ragione d'un quattrino ogni due -ore; o, supposto che nelle ventiquattro ragranellassero -altrettanto, ch'essi potessero stare, -come i ragni, sei giorni senz'alimento. -</p> - -<p> -— (Mefistofele gabelliere!) Dunque muoiono -di fame sei dì per settimana? -</p> - -<p> -— Morrebbero se altri non li soccorresse -senza l'ironica ostentazione di chi dà quello spettacolo -poco costoso. Tutto è apparenza! La saluto. -</p> - -<p> -— Tutto è apparenza, anch'esso lo sa! Ora -comprendo quel certo sorriso, la cipolla fra le -rose! E come sì giovane e sì presto senza le -confidenti illusioni della verde età? -</p> - -<p> -Ma se n'era andato pe' fatti suoi — o per -quelli degli altri, più facilmente — il che ne -torna perfettamente uguale; sicchè la mia domanda -dovette cercare una risposta nelle considerazioni -dell'influenza che il mestiere aveva -potuto esercitare sopra di lui. Ed io non ebbi -a meditare gran fatto per accorgermi come in -esso s'avvezzino a guardare ogni cosa attraverso -la lente prosaica, spassionata che conta -i fili della stoffa e stabilisce un prezzo alle -creazioni delle arti — tanto che sarei quasi tentato -di supporre che il famoso dilemma di Amleto -<i>essere o non essere</i> sia stato suggerito a -Shakespeare da qualche doganiere pensatore. -</p> - -<p> -Povere le illusioni coi doganieri! La donna, -quest'angelo che ecc., ecc., non è per essi che -un portamantello addobbato più o meno di -raso; un ritratto, pegno di un soave affetto -ricambiato ed infelice, su cui scoppiarono pianti -sconsolati e baci frenetici, perde tutto il valore -<span class="pagenum" id="Page_29">[29]</span> -sotto gli occhiali del perito; una treccia di -capegli, oh sacrilegio! può essere considerata -concime; che più? il libro a cui pose mano -cielo e terra, vale per essi secondo il peso, la -legatura, i fermagli..... Se nelle lotte letterarie -i <i>realisti</i> potevano contare sull'aiuto dei doganieri, -le nebulose fantasticherie alzavano i tacchi -come altrettanti contrabbandieri. -</p> - -<p> -Scrivete la storia della dogana; narrerete -quella dell'incivilimento. Narrate quante castronerie -stampate ed illustrate giungono d'oltre -Alpi, quante di queste, con veste nè forestiera -nè italiana, cambiato il titolo con quello di originale -italiano, si spargono a sollucherare la -frega del forestierume, e non del buono certamente, -ed a fare più sonnolenta ancora l'indifferenza -italiana per il pane casalingo — -narrerete le nostre, e anche un tantino le altrui -miserie letterarie. Enumerate i gingilli, le -festuche, i ciondoli, le minuterie e quella multispecie -farragine di coserelle utili e disutili, -strane e curiose che la moda ne manda da lontano, -e che accettiamo senza desiderio di procurarcele -da noi stessi — e narrerete che gli -Italiani non solo non le sanno fornire, ma neppure -battezzare colla loro lingua. Contate le -armi che valicano le Alpi o varcano i nostri -mari ad offesa o per aiuto — i quadri e le statue -ed i manoscritti e gli oggetti che per arte -o memoria i nostri antichi meno vanitosi di -noi e più generosi raccolsero con religioso studio -e con principesca magnificenza, e che ogni -anno, senza ritorno o cambio, lasciano la terra -che li aveva creati e venerati; — avrete irrepugnabili -argomenti della floridezza e della decadenza -<span class="pagenum" id="Page_30">[30]</span> -delle genti. Possa l'indipendenza e la -libertà far salire nel futuro a bosco i tanti bruchi -che formano la speranza della nazione artistica! -</p> - -<p> -A proposito delle nazioni, la questione sanguinosa -della loro indipendenza è sciolta dai -doganieri — quando si ritrarranno ai confini -naturali. Tuttavia, penso, se in quest'età meravigliosa -in cui ogni dì annienta un secolo di -tradizioni senza che si possano prevedere i prodigi -della domane, la famiglia umana si confondesse -in un fratellevole amplesso — concedetemi -un istante l'ipotesi stranissima — dove, -domando io, dove n'andrebbero le miriadi dei -doganieri che incorniciano i mille regni? -</p> - -<p> -Proporrò il quesito alle disquisizioni degli -economisti, degli umanitari, e di quanti s'avvisano -di riformare la commedia comico-seria -del mondo — a meno che in questo frattempo -si scopra mezzo di rilegarli (parlo dei doganieri, -è chiaro) nel mondo dei miti in compagnia -di tante altre anticaglie. -</p> - -<p> -È tempo di fare ritorno alla nostra cittadina, -da cui mi fece digredire il mal vezzo di camminare -balenando corpo e mente, peccato di -cui farò penitenza d'or innanzi col correre per -qualche giorno la carreggiata della strada <i>maestra</i>, -senza neppure guardare colla coda dell'occhio -quanto m'invitasse a varcare la siepe -ed a visitare ciò che non è nel programma -tracciato sul nostro portafoglio. Ritornando -adunque alla cittadina, dirò che nelle successive -visite appresi che non solamente poche città -hanno relativamente tante caritatevoli instituzioni -quant'Arona, ma che io avrei preso un -<span class="pagenum" id="Page_31">[31]</span> -solenne granciporro se l'avessi giudicata dalla -scena di cui io stesso era stato testimone.... -tanto è vero che tutto è apparenza! -</p> - -<h3 id="parte1-4">IV. -<span class="smaller"><i>Viaggio al naso del S. Carlone. — Angera. -Dalle corti d'amore al mormonismo.</i></span></h3> - -<p> -La più bella passeggiata nei dintorni d'Arona -è la salita del poggio su cui s'erge il monumento -a S. Carlo, che per la mole il popolo -suole chiamare il <i>S. Carlone</i>. Esso appare da -quasi tutto il bacino da Taino a Belgirate, ed -è bello vedere dal lago quel titano disegnare -sull'azzurro del cielo la sua figura tranquilla. -</p> - -<p> -Ammezzo la salita incontrai un cortesissimo -Bavarese che si recava pure lassù, per giudicare -co' proprii occhi se la colossale statua della -<i>Bavaria</i> nel Valhalla presso Monaco la cedeva -in fatto d'arte alla rivale italiana: ammirai la -suscettibilità del Tedesco, il quale, poichè d'improvviso -ne apparve sulla vetta il <i>S. Carlone</i>, -dopo attento esame, colpito dalle mirabili proporzioni -di tanta effigie, e dalla dignitosa e ad -una soave espressione dell'immortale che benedice -alla sua patria, confessava candidamente -che se il monumento italiano era condotto meno -splendidamente del bavarese, di contro per valore -artistico e per situazione gli era di gran -lunga superiore. Gloria adunque al Crespi che -lo disegnò! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_32">[32]</span> -</p> - -<p> -Anch'io volli sedermi nell'interno di quel -naso famoso; e quel dovermi arrampicare per -un camino oscuro e pieno di schifosi ragnateli -e di pipistrelli svolazzanti, spingendomi in su -colle mani e coi piedi per certi piuoli di ferro -— pericolosa ginnastica che meriterebbe all'ascensore -almeno un'indulgenza — mi suscitò -il dubbio che il Santo abbia suggerito all'artefice -questa paurosa scala, onde ognuno pensando -alla probabilità di rompersi se non altro -il collo, sia richiamato ai giovevoli pensieri -della morte dal tripudio fascinatore della natura -che festeggia attorno lo sguardo. Chi lo sa! -</p> - -<p> -È vero che il dabbenuomo che dal vicino -collegio vi reca una lunga scala per salire sul -piedistallo e di là ad un buco — non posso assolutamente -dirla una porta, nè una finestra — -ripete a tutti che per privilegio concesso dal -Santo nessuno mai si ruppe il surriferito osso -del collo. Chi sarà il primo? Non io senz'alcun -dubbio, avendo dopo la fortunata mia discesa -giurato di non cimentare mai più la buona fede -del dabbenuomo sulla validità del suo privilegio. -Del resto — senza danno del privilegiato -— direi che di lassù la vista non corre più -lungi gran cosa che dalla vetta del poggio. -</p> - -<p> -Sotto e sopra il quadro che ti si para distoglie -assai presto dall'osservare il monumento, -se non dal pensare a chi raffigura, quantunque -meritamente S. Carlo sia il personaggio storico-religioso -più popolare nella Valle del Po, per -non dire in tutta l'Italia. -</p> - -<p> -La collina del Vergante che alla mia sinistra -abbraccia il lago declinando a Belgirate, tutta -verzura e fiori, è sì vaga nelle sue curve; alla -<span class="pagenum" id="Page_33">[33]</span> -destra i facili poggi di Dormeletto e di Borgoticino -corsi dalle vaporiere fumanti mi traggono -col pensiero ai giardini liguri; il cielo e le -onde quete sorridono con tanta armonia, che -— se uno zingaro potesse gonfiare vesciche — -direi che la natura canta sì bene le glorie dell'immortale -che la melodia v'assorbe interamente -a scapito del soggetto! -</p> - -<p> -Volete voi una scena pittoresca, una scena -degna delle sponde del Reno? Guardate là — -in prospetto d'Arona. Il castello d'Angera tutto -fiero de' suoi sette od otto secoli, irto di merli -che sfidano i denti adamantini del tempo, la -fronte rugata dal fulmine, sta accoccolato senza -barcollare, pensoso come un veterano, sopra -una rupe sfiancata sotto cui si acquatta il villaggio, -quale un pulcino sotto l'ali della chioccia. -Lo direste un quadro <i>dal vero</i> — vi sfido -io a contraddirmi! — del medio evo, in cui -appare con vivissimo contrasto la schizzinosa -protezione del feudatario e la mormorante docilità -dei vassalli. Il palazzo conta cinquecento -anni.... Quant'acqua corse giù pel Ticino! -</p> - -<p> -— La torre però non novera che tre secoli -circa, m'hanno detto. -</p> - -<p> -— E' bastano per formare un abisso fra noi -e quei dì. Quante antitesi! Asili infantili e giochi -di borsa; manicomii e crinolini; vetture, congegni, -libri e legislazione a vapore; corrispondenza -elettrica d'idee e di passioni, e.... tutto -quel resto che voi sapete e che taccio per non -romperla in viso alla modestia: mentre allora! -Il po' di buono che quella tempra d'omacci -aveva noi l'abbiamo cresciuto, raffinato, sublimato -coi lambicchi del progresso.... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_34">[34]</span> -</p> - -<p> -— Meno le lettere, le arti, e l'amore della -famiglia.... -</p> - -<p> -— Eh! Eh! La non mi conta nulla per le -lettere questo turbinio di <i>riviste</i>, di giornali e -di romanzi? E per le arti l'è forse cosa da -smorfie la fotografia? Quanto al culto della -donna, la verginità sospettosa delle idee dei -nostri babbi semplicioni ha fatto luogo con altre -credenze all'analisi razionale, la quale — a dirvela -in un orecchio — tende in ciò dritto al -mormonismo... -</p> - -<p> -— Messere, m'accorgo che non siete ammogliato... -</p> - -<p> -— Quest'aria frizzante mi persuade di parlare -liberamente — ad essa la colpa. Il tempo -delle corti d'amore, dei tornei, dei trovatori -non è più; e lo sanno le donne. L'uomo ha capito -che cantare e farsi sbudellare per l'incerta -virtù d'una bella — sovente brutta — sarebbe -un vero sciupìo di tempo.... E chi giura adesso -sulla virtù di una donna, se non quegli che -giura ancora sull'amor patrio dei tanti sollecitatori -d'impieghi? — Io però sacramenterei -tuttavia per l'onestà d'una donna con quella -buona fede che invoco invano in me per i mercanti -di parole d'ogni colore: che ciò stia fra -parentesi. -</p> - -<p> -Quanto ai trovatori con qualche piccola variante, -se non la chitarra, hanno cambiato metro; -ma neppure quegli antichi cavalieri della -bellezza giungerebbero al delirio platonico di -accontentarsi, dopo la lizza, di portare i colori -della signora. — Se io vi dicessi che uno dei -meglio famosi poeti del giorno, che cantò tutti -i santi del cielo e della terra, fu trovato poco -<span class="pagenum" id="Page_35">[35]</span> -tempo fa ginnocchioni innanzi all'arrendevole -fantesca della sua bella rigorosa? — Oh?! — -Sentite gli echi: Oh! oh! oh! — -</p> - -<p> -Per fortuna questi due ciarloni, nostri compagni -di viaggio nella testa di S. Carlo, di -piuolo in piuolo scomparvero giù del camino. -</p> - -<p> -Nel mirare dietro le torri del vecchio castello -i monti di Varese, e più in là sfumanti -nell'azzurro dell'aria quelli del lago di Como; -attorno in semicerchio le vaghe colline di Lesa -e di Arona dalle curve chiomate fra cui spicca -nel verdoscuro della vegetazione qua e là una -casa, un campanile, una chiesuola; dappertutto -scoprendo varietà, sotto e sopra, nelle sponde -e nei diversi toni dell'orizzonte e delle acque, -compresi il perchè anche agli abitatori delle -rive marine il lago inspira amore di sè. -</p> - -<p> -L'oceano se placido t'infonde quella malinconiosa -riflessione che compenetra l'uomo all'aspetto -d'ogni cosa infinitamente grande — -riflessione da cui sorgono meditazioni profonde -di cui a tutti non è dato l'assaporare l'intima -voluttà — se burrascoso t'atterisce; il mare imponente -nel golfo di Napoli come sulle sparute -scogliere di Gibilterra o contro le dighe d'Olanda -parla sempre — come Giove fra gli Olimpici -— troppo grandiosi verbi perchè tutti li -comprendano.... ma il lago riverbera sempre -colla varietà de' suoi aspetti la vivacità, la piacevolezza; -se una tempesta si scatena la notte -sulle sue onde, essa ti fa prevedere come l'indomani -le piante ritemprate dall'acquazzone saranno -sfavillanti ai primi raggi del sole colle -foglie ancora gemmate, e le frutta ed i fiori — -se la grandine li risparmiò — più coloriti. Dopo -<span class="pagenum" id="Page_36">[36]</span> -la burrasca marina — tremo al solo rammentarne -le orrende scene — scendi alla ghiaiosa -spiaggia, e trovi fra gli scogli tuttora echeggianti -dei sinistri ululi dell'aquilone il fusto -d'una pianta divelta, sfrondata da un colpo di -mare, una tavola — che servì forse ad una lavandaia -— che t'evoca dagli abissi il naufrago -disperato che un maroso divelse da essa, mentre -la folaga pare s'aggiri turbinando per scoprire -sui fiotti il cadavere che il mare ributta. Sulle -sponde dell'oceano mediti, su quelle del lago -sorridi: là l'eternità, qui la vita. -</p> - -<h3 id="parte1-5">V. -<span class="smaller"><i>Il Monterone. — Studi fisiologici sopra i cinque -sensi. — Il lago a volo d'uccello. — La prima -idea.</i></span></h3> - -<p> -Mentre c'incamminiamo verso la vetta del -Monterone per facili ed ombrosi sentieri, compagno -mio, facciamo quattro chiacchere. -</p> - -<p> -Tu hai da sapere — prima ancora di descriverti -le veramente inudite meraviglie di Intra -e Pallanza — che ieri nelle ore pomeridiane -mi sono rannicchiato fra alcuni scogli dell'isoletta -di S. Giovanni, e godendo ad una la frescura -vespertina dell'inverno ed il rezzo di alcune -piante protendentesi ad ombrello sopra il -mio capo, me ne stava pensando come fra tutti -i libri il meno intelligibile sia l'uomo, questa -edizione <i>princeps</i>, direbbe un bibliofilo, che fa -<span class="pagenum" id="Page_37">[37]</span> -sì splendida mostra nella biblioteca della natura. -Dopo di avere scartabellato nella mia -mente tante pagine non sempre terse, confortevoli, -del misterioso volume, finii per domandare -a me stesso quale dei sensi maggiore relazione -avesse coll'anima. -</p> - -<p> -La fantasia volò coll'ali della memoria ai momenti -fuggitivi, in cui una voce armoniosa -colla parola che nega e promette m'avea scosso -tutte le fibre del cuore; alle notti tumultuose -in cui le briose note de' balli vertiginosi m'avevano -tratto nella ridda quasi allucinato; alle -sere in cui il <i>Barbiere</i>, il <i>Tell</i>, la <i>Lucia</i> ed il -<i>Rigoletto</i> versavano un fiume di melodìa nel -mio animo, ed il rincrescimento che il tempo -m'involasse sì presto quei divini concenti in -mezzo a cui dimenticava le miserie e le prose -della vita per slanciarmi ebbro di poesia nei -mondo delle illusioni.... Oh! l'udito è pure il -prezioso senso! Mercè sua comprendo l'espressione -più viva del mondo: tutto parla; beato -chi sente! -</p> - -<p> -Sennonchè tosto mi ricorse al pensiero come -la voce dell'amata s'era fatta dopo poco tempo -aspra, sarcastica; poichè ella troppo presto dimenticando -quanto m'era costata la felicità effimera -di pochi dì, mi piantava colla solita sua -buona grazia un pugnale nel bel mezzo del -cuore. È vero che non corse gran tempo che -la civetta pietosa — s'era forse già annoiata -del mio successore — volle svellerlo; ma il -modo fu così gentile, delicato, che la tarda carità -invece di guarire la ferita non fece che -inasprirla. Strida da una e dall'altra parte, smanie -e stridori di denti...... ancora mi suonano -<span class="pagenum" id="Page_38">[38]</span> -nell'aria orrende parole....... Lo credereste? A -questo punto mi giunsero da ogni parte cigolì -di ruote, e una miriade di stonazioni venne a -grandinarmi intorno dal non lontano teatro di -Intra dove si torturava non so quale delle -opere più faticose di Verdi, con tanto strazio -che dalla pietà e dal terrore mi si rattrappivano -i nervi.... Benedetto l'udito, senso preziosissimo; -ma tu non sei certo l'eccellente. -</p> - -<p> -Non aveva finito ancora questa frase che le -rose, i gelsomini, le acacie, i limoni, i millefiori -del giardino botanico di Rovelli m'inviarono -una nebbia di sì acute fragranze ch'io -allargando le nari per meglio aspirarne gli effluvii, -imparadisato chiusi gli occhi e credetti -d'essere volato all'olimpo di Maometto, in mezzo -alle urì, sulla sponda d'un lago d'acqua di rosa.... -O incostanza della fortuna! Un alito di vento -involò ratto l'olezzo; sparì l'acqua di rosa, ed -il lago senza moto, senz'aura, apparve come una -conca immensa stagnante da cui emanava un -fetore orribile di pesci imputriditi. Dubitai che -la bella Verbania l'avesse abbandonato colle sue -ninfe, m'alzai e pervenni presso la foce del fiume -che bagna la Sassonia.... La Sassonia, qui? Gnorsì: -gl'Intresi costruirono presso l'antica -città un sobborgo a vie spaziose, allineate che -corrono fra case più allietate dal sole e dallo -spiro lacustre che non le catapecchie della vecchia -parte: nel centro una piazza e nel mezzo -di essa il teatro, il più bello di tutto il lago. -Ora questo sito una volta non tanto lontana era -una vera ciottolaia, un campo di sassi... capite? -Gl'Intresi, pratici quanto gli altri popoli appiedi -delle Alpi della lingua nazionale, d'una -<span class="pagenum" id="Page_39">[39]</span> -ciottolaia fecero una Sassonia, con grave sfregio -della patria degli oficleidi e dei tromboni! -</p> - -<p> -Ma che volete? Io non poteva a nessun conto -adagiarmi all'ombra di quelle mura senza che -ne dovessi tosto sloggiare per sfuggire alle ammorbanti -evaporazioni delle molli erbette,... A -che serve il naso, sclamai scappando indispettito, -se per l'olezzo d'un fiore ne tocca assorbire -cento esalazioni ingrate o perniciose? Sì, -senza dubbio, l'odorato è l'infimo dei sensi — -me ne rincresce assai pei mercanti d'essenze! -</p> - -<p> -Ignoro se il correre per quelle spiagge sassose -— stavo per dire sassoni — od il desiderio -di trovare una soluzione lungi dalle praterie -della parte suburbana d'Intra, mi condussero -in un albergo vicino allo scalo dei piroscafi -in Intra. — Compagno mio, tu sospetterai -forse ch'io sia di quelli che giudicano di una -terra dal modo con cui vi soddisfecero l'appetito: -ti giuro in nome delle costolette che mangiai -in quell'osteria, che per quanto male io -possa dire del paese, io sarò sempre in credito. -</p> - -<p> -Accetto senz'esitazione l'invito dell'appetito, -m'assido ad un desco, e mentre il cameriere lo -apparecchia, fiuto a larghe nari il prosaico odor -d'arrosto che dalla cucina di sotto saliva in -quella sala. Dalla finestra io poteva vedere lo -scalo affollato dai soliti fannulloni, il lago, e di -là le capricciose curve dei monti di Laveno. -Sennonchè fra lo zingaro ed il resto v'era una -povera melensa creatura, magra, ossuta, spelata, -che attelata ad una sbilenca carrettella stava -menando i denti in un sacco di fieno più paglia -che fieno. È innegabile che l'appetito riceve un -notevole stimolo dalla vista di chi trinca allegramente -<span class="pagenum" id="Page_40">[40]</span> -— in grazia dell'asino il vostro compagno -in attesa di meglio cominciò a mordere -in una pagnotta del suo colore. -</p> - -<p> -Mezz'ora dopo quell'io che mi rammentava -poc'anzi con sdegno di quel gastronomo, il -quale sclamò al finire della mensa lussuriosa: -felice chi ha fame! quell'io stesso usciva dall'albergo -satollo ed indignatissimo sulla volgare -ed animalesca indole del gusto; e sì che se non -aveva assaporato i manicaretti più delicati, l'appetito -m'aveva fatto golosi anche i cibi più anacoretici: -l'asino malsazio coglieva colle labbra -penzoloni gli ultimi frusti del pasto insufficiente.... -Quel certo gastronomo l'avrebbe — a -pancia tesa — invidiato con ragione, poichè il -senso del gusto poco su poco giù desta gli -stessi stimoli e dà la stessa soddisfazione all'uomo -ed agli altri animali — non razionalisti. -Nella stessa sera di quel giorno incontrai due -tomi; mi vollero secoloro a cena, cena largamente -inaffiata dai vini meglio spiritosi del -Piemonte. -</p> - -<p> -Alla domane mi svegliai tardi, e col capo indolenzito; -la prima parola pronunciata da me -fu per chiedere dell'acqua. -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<p> -«Non so veramente quanto le dissi — forse -quanto le diceva da un anno — ma troppo -mi rammento com'ella all'inesperto amante, -accomiatandolo, dicesse all'orecchio una parola -per cui il povero giovinetto nell'uscire -da quelle stanze, tentennante come un ebbro, -fu lì lì per ruzzolare lungo le scale. -</p> - -<p> -«Domani! Rinuncio a descrivervi le vertiginose -aberrazioni della mente in quelle eterne -<span class="pagenum" id="Page_41">[41]</span> -ventiquattr'ore; vi basti il sapere che quello -era il primo amore e che d'amore non aveva -pur anco conosciuto altro che i tormenti..... -Quelle furono ad una le più dolci e le più -affannose ore della mia vita: temeva di vedere -giunto l'istante e lo sospirava... povere -illusioni d'un cuore ardente! . . . . . . . . . -Alla fantasia che guidava pei campi eterei i -sogni immacolati dell'amore virginale, in -quell'ora fatale si spennarono le ali possenti, -e cadde giù turbinando nelle melmose plaghe -della materia....» -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Salve, o del cielo primigenia figlia,</p> -<p class="i01">O dell'Eterno coeterno raggio,</p> -<p class="i01">Se tal nomarti senza biasmo io posso,</p> -<p class="i01">O sacra luce!</p> -</div></div> - -<p> -<i>Hosanna in excelsis!</i> Eccoci sul Monterone! -</p> - -<p> -S'io fossi il re del mondo, avrei tanta fede -da trasportare questo quadro incantevole nei -giardini della mia reggia. Il bacino splendidissimo -del Verbano, e le in esso ripetute sponde; -i monti torreggianti dell'Ossola e dell'Intrasca -co' loro cappucci di neve; là in prospetto la -punta di Pallanza tutta fiori e verzura, e dietro -le scheggiate vette della Cannobina; qui sotto -colli fioriti tempestati di villeggiature, e le isole -incantate; a sinistra le coste ondeggianti d'Ispra -su cui spicca l'eremo di Santa Catterina nell'oscura -tinta del macigno; dietro il lago d'Orta -in cui il Monterone bagna le nordiche pendici; -ed attorno le minori conche di Mergozzo, di -Varese, di Bardello, di Monate, di Comabbio; -un cielo sereno, freschissime aure — tutto in -<span class="pagenum" id="Page_42">[42]</span> -tanto mirabile contrasto armonizza a formare -una scena, la quale — se vi molce l'animo la -onniloquente bellezza della natura — adorerete -genuflessi. -</p> - -<p> -Se tu credi d'esser poeta e qui non inneggi, -non tentare più oltre le muse — la tua cetra -non ha corde. -</p> - -<p> -Che tu sia adunque benedetta, o fonte vitale -di tante aspirazioni, o vista! Per te la creazione -è quasi opera nostra: per te nessuno è -compiutamente infelice. Tu ne ravvivi nell'aspetto -sereno de' nostri cari l'amore della famiglia -e della patria: per te innanzi ai monumenti -il cuore palpita di entusiasmo e di emulazione. -Divina figlia del sole, come il sole dài -gioia agli umani — orrendamente infelice quegli -a cui tu non distrai il pensiero dall'idea -fissa, eterna, del suo dolore!... No, no, Milton -come Tamiri ed Omero, Tiresia e Fineo, furono -cantori immortali — ma chi vorrebbe la loro -gloria a patto di dover dire coll'angoscia del -britanno: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">... il giorno a me non riede: io non veggo</p> -<p class="i01">Nè i dolci raggi del mattin che spunta,</p> -<p class="i01">Nè quei del sol che cade; io più non veggo</p> -<p class="i01">Di primavera i fior, nè rosa estiva,</p> -<p class="i01">Non più scherzosi armenti, non più mandre,</p> -<p class="i01">E non più volto d'uom, divina imago,</p> -<p class="i01">Ma folta nube invece e buio eterno</p> -<p class="i01">Mi cinge intorno, e dai piacer che dolce</p> -<p class="i01">Fanno la vita, mi divide; invano</p> -<p class="i01">Del bel saper, delle grand'opre sue</p> -<p class="i01">Apre natura il libro; è per me tutto</p> -<p class="i01">Oscuro, vôto, cancellato, e chiusa</p> -<p class="i01">M'è a sapïenza una gran via per sempre!</p> -</div></div> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_43">[43]</span> -</p> - -<p> -Nessun senso, come la vista, ti mette in comunicazione -con Dio. -</p> - -<p> -Dopo d'averti dato il mondo visibile nell'immensa -serie delle sue cose, l'occhio armato di -lente scopre all'anima esterrefatta i misteri della -creazione microscopica, dai quali nei muschi, -nelle mucilagini, nelle ninfe, negli insetti effimeri -nati ora per morire adesso, nei milliformi -atomi ti si rivela una storia impensata, un nuovo -mondo infinito, nè più nè meno di quello che -scopri nelle miriadi dei globi celesti... cose ed -anime che fanno presentire con delirosa vertigine -l'incommensurabilità dell'invisibile, del -non sensibile! -</p> - -<p> -Dunque, mentre ti dà il sensibile, lo sguardo -ti fa intuire l'ignoto. -</p> - -<p> -Perciò nessun senso più divino della vista. -</p> - -<p> -Chi visitò i luoghi più famosi per la magnificenza, -o la serena bellezza, od il terrore da -cui natura li ha improntati, avrà trovato senza -dubbio una folla di visitatori che profonde in -punti d'esclamazione quanto sente, o crede, o -finge di sentire. Di questi, quelli che sentono -con palpito le parole del creato, raro è non tacciano; -i secondi si svaporano in iperboliche -frasi di romanzo. I terzi sono però i più curiosi: -senza la buona fede dei secondi, non volendo -ammettere in se stessi la negazione delle -facoltà più sensitive, s'abbandonano a rompicollo -alle declamazioni d'un lirismo che in nessun -modo può sollevarsi da fior di terra. -</p> - -<p> -A cavaliere di un bel poggio fra le deliziose colline -— bellissime fra quante vedere si possano — -che adagiate lungo il Po, formano una catena lussureggiante -di verzura in prospetto di Torino, -<span class="pagenum" id="Page_44">[44]</span> -sta un antico convento di cappuccini. Di lassù -ampia, variata, stupenda la vista: il Po, Torino -incastonata fra i suoi viali, un campo che è un -immenso giardino, e in fondo, in giro, le Alpi, -dalle marittime alle pennine in tutta la loro -maestà. Un cotale con cui era salito lassù, dopo -una fiumana di asmatiche declamazioni lardellate -di citazioni storiche a fascio, da Annibale -a Napoleone per Carlomagno, tacque ad un tratto -— la vena era esaurita. Terminava l'inneggiare -asserendo che chi non avesse ammirato addovere -quel quadro e la stessa cornice, meritava -di subire almeno almeno la sorte di Fetonte. -</p> - -<p> -Dopo qualche istante, a mezze labbra e facendo -lo gnorri, gli susurrai: -</p> - -<p> -— Che Creso sarebbe il possessore di questo -campo fertilissimo cinto dall'Alpi ed irrigato -da dieci fiumi! -</p> - -<p> -— Veh! la prima idea che mi venne in capo -quando m'affacciai a questo spettacolo... -</p> - -<p> -— E poi dicono, pensai tra me, che la prima -idea non è la più giusta! -</p> - -<p> -Non so se questa sarà pure la prima idea -che frullerà in capo a voi infaticabili amatori -della natura, sul culmine del Monterone, ove la -prospettiva compensa generosamente la fatica -— prospettiva che non la cede per nulla in -estensione ed in varietà a quelle più rinomate -dei monti della Svizzera: — io però a conforto -della maggior parte di voi, vi ho serbato fino -a quest'istante una sorpresa la quale non influirà -poco sui giudizi che darete della grandiosa -scena... Vi dirò adunque che certo Cobianchi -Intrese ha eretto nel mezzo di amenissima -alpe un eccellente albergo... non vi dico -altro... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_45">[45]</span> -</p> - -<p> -Buon viaggio; buon appetito non v'auguro... -ve n'accorgete quando sarete giunti lassù. Ammirato -il quadro, refocillato lo stomaco addovere, -discenderete giurando che chi visita il -Verbano e non il Monterone gli è come s'andasse -a Roma senza vedere il papa — e che -il Cobianchi, considerato il benefico influsso -della sua ospitalità, merita almeno di essere insignito -cavaliere... della tavola rotonda. -</p> - -<h3 id="parte1-6">VI. -<span class="smaller"><i>I piroscafi. — Una donna che mangia. — Gli -stranieri. — I laghisti. — Primato mascolino. -— Il concertista di Cannobio. — I contrabbandieri. -— Rivista di sponde.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Tanti paesi, tante usanze.</b></p> -<p class="i08"> <i>Prov. ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -Sul Lago Maggiore come sul Lemano e sul -Reno nella stagione propizia al girovagare chi -viaggia sui piroscafi ha il destro di conoscere -a certi tratti singolari la nazione della maggior -parte dei compagni. -</p> - -<p> -Il S. Gottardo da pochi minuti aveva lasciato -l'approdo d'Arona, quando io mi feci sulla tolda -fra un ducento viaggiatori d'ogni età, pelo e -colore, che parte in piedi, parte seduti, stavano -guardando la città dei Borromei che spariva -dalla vista. Un terzo della tolda era occupato -<span class="pagenum" id="Page_46">[46]</span> -da una catasta di cassette, bauli, valigie di -cuoio e di stoffa ricamata, di gabbie di uccelli, -di scattole e di fagotti d'ogni colore. -</p> - -<p> -Una mezza dozzina d'Inglesi s'era installata -sulla coperta, attorno ad un tavolo, al miglior -posto; coprirono il tavolo e gli scanni vicini -di libri-guida, di album, di cannocchiali, di -buste da sigari e di abiti in gomma — e si cinsero -cogli ombrelli, le sacca ed i bastoni da -alpi, d'una insuperabile bastita. -</p> - -<p> -Una signorina — ancora ne fremo! — doppiamente -graziosa perchè bella e bionda, mi stava -seduta dinnanzi; la personcina, in cui l'armonia -delle forme pareggiava la gioventù freschissima, -semplicemente vestita, suffusa dal tocco potente -del nostro sole, s'inquadrava sì bene nell'orizzonte -sereno che io finii nella mia ammirazione -per crederla una fattura di Frate Angelico, il -soave dipintore delle vergini e dei cherubini. -E da quegli occhiacci quanta poesia, quanto -candore — un poema sull'innocenza! Nel crescendo -della mia meraviglia, dopo di aver passato -in rassegna l'Eva di Milton, Ofelia e Zuleika -e quante deità femminili aveva plasmato -la fantasia de' meglio famosi poeti britannici, -non m'avvidi punto che Intra — a cui mirava -qual meta — mi passò dinnanzi come l'ombra -di veloce rondinella, o per dirla più giusta, -appunto come se il battello non l'avesse avvicinata. -Non adirarti, Intra mia più buona che -bella, in questo istante leggo in quegli occhi -troppo vaghi pensieri perchè io possa pensare -a te....! -</p> - -<p> -Il piroscafo s'era allontanato dallo scalo clamoroso -della città industre; il cameriere apparecchiò -<span class="pagenum" id="Page_47">[47]</span> -un desco e la <i>divina</i> vi sedette. Ritornò -poco dopo portando un gigantesco piatto di -costolette mezz'arroste e di patate fritte, un -piatto per tre — anche letterati; — la <i>bella</i> -mangiò tutto. Il cameriere ritornò più volte -con thè, latte, butirro, pane arrostito, salame -— tanto da sfamare tre librai; — quella donna -divorò, tracannò tutto, fino all'ultimo bricciolo, -all'ultimo centellino.... -</p> - -<p> -Perchè non aveva pensato di mettersi al travaglioso -— non posso dire dilettoso — <i>asciolvere</i> -(e pranzerà tuttavia?!) prima di giungere -ad Intra? -</p> - -<p> -Se tutte le donne inglesi mangiano di quella -fatta, comprendo con quanta ragione Byron diceva -che una donna bella <i>non deve mangiare</i>. -</p> - -<p> -I Tedeschi — se non sono studenti — circospetti, -immoti, con una serietà bovina guardano -fantasiando le spiagge. Benchè non trovino -nella cucina lombarda dei piroscafi la zuppa -alla birra di Manhein e le salsicce di Gottinga, -pranzano a bordo, ma per tratto caratteristico -scendono a maggiore agio nella sala, accontentandosi -quanto al paesaggio di goderne quel -po' che difila dietro le ovali finestruole. -</p> - -<p> -I Russi, quei Russi che, se non m'inganno, -cent'anni fa Alfieri diceva barbari vestiti all'europea, -oltre alle qualità negative degli Alemanni -hanno nel loro contegno un certo che d'austero -che s'attaglia mirabilmente alla robusta loro -struttura. Ma come ogni singolarità nazionale -va elidendosi al frequente contatto delle nazioni, -alla crescente preponderanza delle mode -di Francia e d'Inghilterra, anche quelle barbone -che parvero ad Alfieri una fra le cose -<span class="pagenum" id="Page_48">[48]</span> -meno spiacevoli di quelle regioni della pelle -d'oca vanno sparendo. E se la buon'anima sua -rivedesse quelle capitali, non riconoscerebbe -<i>l'antico accampamento di allineate trabacche</i>, -tanto quella nazione seppe progredire nella -conquista della civiltà, malgrado i secolari pregiudizi, -la massima corruzione delle classi elevate -e la retriva ignoranza del popolo. -</p> - -<p> -Ma che è mai questo chiasso? -</p> - -<p> -Quel tale, malgrado le rimostranze del pilota, -vorrebbe stare in piedi sulla barriera a poppa; -il suo compagno canterella una canzone di Béranger -pipando, sdraiato sui sedili, senza curarsi -un'ette di chi gli sta d'intorno; la signora, -sfidando gli sguardi indiscreti, s'è arrampicata -lesta come un gatto per la scaletta di ferro sul -ponticello fra i tamburi delle ruote, non pensando -alla difficoltà di scendere senza compromettere.... -il crinolino! Chi non sa ora — anche -senz'intendere l'epigrammatica canzone, ed -il nasale cinguettìo dei compagni — che quella -famiglia è francese? Amabili e spensierati figli -della Francia, chi non vi perdona volentieri -l'avventata vostra leggierezza, in grazia del coraggio -con cui la vostra nazione guida le sorelle -nella via del progresso civile? Volere o -non volere, essa dà al mondo grandi lezioni — -senza pedanteria, senz'annoiare i discepoli. -</p> - -<p> -Le strade ferrate, i telegrafi elettrici e forse -più rapidi mezzi di comunicazione cancelleranno -un giorno le poche qualità salienti che -ancora distinguono le varie nazionalità; sarà un -bene od un male? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_49">[49]</span> -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -A prua stava un centinaio di popolani seduti -sopra zane e cestoni di frutta, d'ova e di polli; -uomini abbronzati, secchi, temprati al gelo ed -al sollione, alle fatiche ed alle privazioni; donne -membrute, faccie poco leggiadre, di bel petto, -risolute, e tanto nullatementi quanto procaci -per verun verso; qualche ragazza avvenente, -tra 'l montano e 'l marino, di nera capigliatura, -di cera maliziosa; ragazzi vispi, di contorni -gentili che presto la rude educazione e l'aria -mordente rompe a forti linee. In un crocchio -regnava una donna — dove non regna la donna -l'uomo imbestia — la quale rintuzzava con tanto -brio le più o meno (e meno anzi che più), -spiritose frecciate che i compagni le saettavano -a bruciapelo <i>sulla preminenza dell'uomo</i> sopra -il bel sesso, che da quel punto in poi io non -lo chiamerò più il sesso debole. Un tale — -ignoro se sinceramente o per mascherare la -tendenza del cuore — non le scoccava dardi, -ma pistolettate, avresti detto, del genere più -mascolino, come: <i>La donna è una scopa</i>, <i>un -serpe avvelenato</i>, <i>l'origine eterna d'ogni male</i>, -ecc.; — senonchè quella furbacciona gli rispose -interrompendolo con un'occhiata sì dolce, sì -promettente, che la pistola fece cecca, l'uomo -s'ingarbugliò, i compagni risero, ed io compresi -una volta ancora essere molto più facile -dire cose d'inferno della donna che sottrarsi -all'impero, alla seduzione delle sue grazie. -</p> - -<p> -Arrivati a Meina, la brunotta disse: addio, -<span class="pagenum" id="Page_50">[50]</span> -compari, non vado più a Intra; ho cambiato -pensiero, discendo qui. Discese nella barchetta -di traghetto; — già vi stava rincantucciato a -poppa il sere — a cui i compagni, ridendo a -smascellarsi, gridavano: Eh! Pero, anche tu hai -cambiato strada.... Non hai più paura del serpe? -— La bella, puntati i suoi piedini sullo scanno -di contro, guardò ghignando i coristi, e voleva -dire: Avete un bel gridare cose da chiodi di -noi; con un capello vi tiriamo sempre a' nostri -piedi. -</p> - -<p> -Siccome non conosco il resto della storia, -resto a bordo, augurando mille gioie a quelli -che hanno cambiato pensiero — benchè <i>il primo -sia sempre il migliore</i>! -</p> - -<p> -Appoggiati alle cabine del ponte, silenziosi, -indifferenti al chiasso che si faceva sul piroscafo -ed allo scorrere delle vedute lungo il lago, alcuni -frati mendicanti.... -</p> - -<p> -— Zingaro mio, accoccane loro una delle tue, -delle più saporite... Non risparmiare questi fannulloni -che in nome di Dio s'ingrassano a spese -del povero.... -</p> - -<p> -— Zitto là: anzitutto i frati in quistione non -erano punto grassi; poi — se pure non l'ho -detto ancora o non m'hai compreso — io non -pretendo incastonare a mezzo di una passeggiata -per godere e darsi bel tempo, quelle rancide -quistioni di frati, carabinieri, trovatelli e compagnia, -che oltre all'aria pedantesca di volere -ad ogni passo riformare la società, spirano una -tale afa di noia da farti dormire lì su due piedi. -</p> - -<p> -Zin, zin, ziroziro! Zitti tutti quanti! Largo -ai concertisti di Cannobio! -</p> - -<p> -Fra le due ruote del battello, presso gli spiragli -<span class="pagenum" id="Page_51">[51]</span> -della macchina motrice, un vecchiotto -segava un violino: attorno a lui col becco rivolto -in su, una nidiata di ragazzini da sette -ai dieci anni <i>accompagnavano</i> il padre con violini -e viole, — serii, malinconici, per non -poter saltellare liberamente cogli altri putti; -— ma nessuno avrebbe potuto guardar quella -povera bimba accollata ad un grosso violoncello, -stare tutt'occhi ed orecchi per dare il colpo di -arco a seconda dei movimenti dei piedi paterni -— e pestava sì forte il dabbenuomo che evocò -dal loro antro vulcanico gli affumicati attizzatori -dei fornelli del piroscafo — colpo d'arco -che era dato tuttavia or troppo presto or troppo -tardi — e le manine di lei impotenti a comprimere -sulla tavoletta le corde, per cui ad ogni -vibrazione il cattivo strumento si doleva -con un zirlo acuto d'essere caduto in mani sì -innocenti; nessuno dico avrebbe potuto guardare -quella graziosa figurina ed i fratellini ed -il babbo fornire quella musica faticosa, senza -porgere loro una moneta ed un mesto sorriso... -Zin, zin, ziroziro! -</p> - -<p> -E quando il ziro ziro finì, la ragazzina diede -un lungo sguardo sugli astanti quasi per leggere -sui visi altrui l'approvazione, mentre il -povero padre si dimenava in mezzo alle sue -creature per armonizzare — Dio sa come — i -loro strumenti. Ma tutti i cuori erano perfettamente -d'accordo per compiangervi, perchè -tutti gettarono nel cappellaccio del <i>maestro</i> un -soldo: anzi credo che Verdi stesso di cui avevano -scorticato il brindisi della Traviata, presente -avrebbe dimenticato le giuste suscettibilità -dell'autore. Raccolti i soldi, risonarono — -una sinfonia, del papà, il caos. Zin, zin, ziro zin! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_52">[52]</span> -</p> - -<p> -Il concertista di Cannobio è un artista? -</p> - -<p> -L'artista è creatore — e qual creazione più -originale della sua sinfonia? Chi potrebbe meglio -rappresentare il disordine? L'effetto poi -corrisponde al merito — lagrime, risa e soldi. -Mi direte che il vecchietto non ha genio — -ma se il genio, come disse quel valentuomo di -Bouffon, è una lunga pazienza, chi può contrastarglielo? -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Il laghista ha un carattere suo proprio, come -quello che dipende in gran parte dalla posizione -della sua terra. Vicino alla Lombardia, -egli ha l'abbondante loquela, lo scherzo facile, -l'arrendevolezza dei Lombardi; appiedi delle Alpi -ama il lavoro, ed è schiettamente ruvido ed -armigero come i Pedemontani; sull'acqua, ed è -industre, bramoso d'arricchire come i Liguri. -Quanto ai difetti, egli ama appassionatamente -il suo bel paese — compresi i campanili — e -lasciata in disparte la smania di considerare la -città vicina, il villaggio della stessa costa inferiore -al natale, esso ha ragione. La via ferrata, -i piroscafi, la nuova strada al Ticinese faranno -con eloquenza assai maggiore della mia comprendere -che le sponde del Verbano su per giù -non sono che una grande famiglia sotto un medesimo -tetto. -</p> - -<p> -Chi non ha inteso parlare dei contrabbandieri -del Lago Maggiore? Una volta — le date -sono inutili — c'erano, e tomi indiavolati da -tenere in sussulto le tre finanze; quistioni economiche -<span class="pagenum" id="Page_53">[53]</span> -che si risolvevano sovente con schioppettate, -legnate a josa ed altre galanterie da -ambe le parti. Molti contrabbandieri — non -quelli che arrischiavano al gioco la pelle — arricchirono; -la leggenda susurra che molti finanzieri -si rimpolparono: ora chi ne seppe ammassare -li gode; i tipi drammatici scomparvero -ed il Verbanese non è ora più tenero del contrabbando -di quanto lo sia ogni abitante di -confine. -</p> - -<p> -Del resto — quà in un orecchio che nessuno -ci senta — messa lontano la quistione del peccato -— chi non si sente solleticare dalla tentazione -del frutto proibito? Chi non è sotto -qualche aspetto contrabbandiere? L'amante vorrebbe -farla alla barba del Bartolo o del marito; -il poeta introdurre di soppiatto un'idea birbona -che <i>minerà l'edificio della tirannia</i>, e molti scrittori -e librai arricchire l'opera e lo scrigno, -malgrado la <i>proprietà letteraria</i> — avvenire..... -Oh! s'io potessi, senza che voi ve n'avvedeste, -contrabbandare qualche imaginosa fantasia da -cacciare lo sbadiglio dalle vostre labbra! -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Non v'è mai capitato no di condurre un bimbo -a compra di balocchi pelle strenne di capodanno? -</p> - -<p> -In mezzo a tanti cavalli, soldati e generali e -cannoni di legno, eroi dal capo di cartapesta, -asini col pelo, e pupazze cogli occhi vivi di cristallo, -pallottole, racchette, cerchi, palloni volanti, -archi e freccie come al tempo in cui Amore -saettava, tamburi per rompere la testa -<span class="pagenum" id="Page_54">[54]</span> -ai vicini, trombe da chiamare in casa l'emicrania, -fischietti e scuriade ed altri amenissimi -trovati per assordare il mondo e rompere le -scatole a chi li ha in casa, in mezzo a questo -caos babelico il piccino non sa che scegliere; -l'uccello dalle penne dorate par vivo; ma il cane -abbaia...... la carrozzina corre in giro da sè -stessa..... Così avviene a me in cerca d'un romitaggio -ove riposarmi qualche giorno. Sesto-Calende, -malgrado il nome romano, le memorie -d'Annibale, l'antica abbadìa, i barconi che scendono -il Ticino che vi sgorga dal lago, non mi -rattiene. Di contro, a Castelletto su Ticino, ho -perduto mezza giornata fantasticando, attorno al -castellaccio, sui casi della Bice del Grossi. Angera, -la città del sole — da non confondersi -con quella di Campanella — mi rammenta un -proverbio laghista, alla cui sola memoria mi -sento bagnare la camicia. Ispra, quasi sul piano, -in fondo ad un seno deserto, colla prospettiva -di ampio tratto di lago e del Vergante..., ma -il mausoleo alla contessa Castelbarco inspira -troppo mesti pensieri.... Lesa tranquilla in placido -golfo.... Belgirate ariosissimo.... Veh! Dimenticavo -di notare come sia impossibile vedere -la sponda destra del lago senza guardare -ed ammirare l'ampia e solidissima strada al -Sempione che si stende, a seconda dei seni e -dei promontori, come un orlo bianchissimo tra -la verzura della pendice e l'azzurro dell'onda. -Non ultimo vanto di Napoleone è quest'opera -degna dei grandi secoli di Roma. Al pari di -Roma egli lasciò dovunque traccie di quel genio -che volava sì alto sull'ali dell'aquile vittoriose -da obbliare come gli uomini di quaggiù -<span class="pagenum" id="Page_55">[55]</span> -fra le altre miserie hanno un cuore. Tuttavia -non v'ha, credo, Italiano che, malgrado il ricordo -dell'ingratitudine sua verso la madre, la -quale pure sola lo amò senza tradirlo mai e -gli perdonò senz'amarezza di rimproveri, non -abbia dimenticato Campoformio al racconto della -passione di Sant'Elena. -</p> - -<h3 id="parte1-7">VII. -<span class="smaller"><i>Lesa e Manzoni. — Ciarle letterarie. — La calma.</i></span></h3> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Oh! quante volte ai posteri</p> -<p class="i01">Narrar se stesso imprese,</p> -<p class="i01">E sull'eterne pagine</p> -<p class="i01">Cadde la stanca man!</p> -</div></div> - -<p> -— Anche voi discendete qui? Mi chiese un -biondo Alemanno che m'aveva udito susurrare -a mezze labbra la bella lamentazione del Manzoni -alla morte di quel fatalissimo. -</p> - -<p> -— E perchè no? Risposi a quella simpatica -fisonomia. Voi scendete per...? -</p> - -<p> -— Vedere quel poeta i cui allori furono invidiati -dal nostro grande Goethe. -</p> - -<p> -— Manzoni? qui? Allora ad un tratto mi -parve che l'aure ripetessero in flebile armonia -gl'inni, i cori e le scene dell'Adelchi e del Carmagnola, -gli episodii dei Promessi Sposi.... A -terra! -</p> - -<p> -Mentre da Belgirate ricorrevamo verso la vicina -Lesa, l'Alemanno si meravigliò meco che -gl'Italiani ignorassero dove dimorava l'immortale -<span class="pagenum" id="Page_56">[56]</span> -cantore. Il poverino ignorava che Manzoni -aveva da non pochi anni pubblicate le opere -sue migliori senza che gl'Italiani le avvertissero, -quando Goethe, scopertone per caso il genio, -gli schiudeva colle sue lettere l'immortalità. -Ignorava che pochissimi illustri Italiani -debbono la loro fama all'entusiasmo od alla riconoscenza -de' paesani, e moltissimi la devono -agli stranieri. Beccaria crebbe tosto in rinomanza -per Voltaire, Morellet, Catterina II. Il -Tedesco credeva che in Italia si leggessero avidamente -gli scritti della nazione come in Germania. -Non sapeva che qui, all'infuori de' compilatori -e degli altri racapezzatori di libri, tristo -chi aspetta un pane dall'arte! -</p> - -<p> -Quantunque io avessi detto più che non era -forse necessario sull'ingrato tema, il dabben -giovane insisteva con mille interrogazioni sulle -abitudini del cantore; sicchè per troncarla, gli -sfoderai ad un tratto che anche in Germania -Mozart, il divino Mozart era morto miserabile. -Quelli, a dir vero, erano altri tempi, meno gonfi -di civiltà....... Intanto eravamo pervenuti alla -prima palazzina di Lesa: ivi soggiorna sovente, -nell'estiva stagione, il cantore di don Abbondio. -La cera di quell'abitazione è pacata come la -figura di fra Cristoforo. Venne ad aprire un -vecchio senza livrea. — Il conte è in casa? — -Egli ne introdusse senza fare motto. Annunciatici -come desiderosi di sue novelle, e, se -era possibile senza suo disturbo, di avvicinarlo, -il servo che ne aveva uditi coll'indifferenza di -chi sente spesso la medesima canzone, entrò -lemme lemme nelle stanze interne. L'emozione -era tanta che m'impedì di pensare ad ogni altra -<span class="pagenum" id="Page_57">[57]</span> -cosa, anche a dare uno sguardo alle semplici -supellettili che arredavano l'abitazione. Ma ecco -sentiamo nel salotto vicino una pedata: è il -servo che ritorna forse a dirne....... Ne apparve -fra la mite luce della stanza la veneranda dolcissima -fisionomia del poeta. Ci movemmo balbettando -verso di lui. Palpitavamo di religiosa -riverenza. Il nostro cuore batteva con sussulto: -anche noi vedremo, parleremo con lui! -</p> - -<p> -Non so il come, ma cinque minuti dopo ogni -nostra esitazione era dissipata: nella fuggevolissima -ora scorsa al suo fianco, ne parlò del -lago, delle sue passeggiate, delle cose presenti, -senza entrare in quelle disquisizioni critiche, -dove sogliono annegarsi i letterati. Con un semplice -motto chiuse la bocca agli elogi dell'Alemanno, -senza quell'affettata modestia, sotto -l'usbergo della quale certi professori di lettere -sogliono cicalare due ore difilate delle loro scoperte -Americhe nell'arte. -</p> - -<p> -Alessandro Manzoni ne accordò — quanto non -speravamo — una stretta a quella destra che -vergò le pagine ove armonizzano concetto e -forma, ragione e fantasia, la vera essenza del -genio! Dio solo sa poi quanto ne rincrebbe di -non poterlo degnamente contraccambiare! -</p> - -<p> -Noto qui come, imperversante l'austriaco in -Lombardia, fra gli assenti la <i>Gazzetta ufficiale -di Milano</i> richiamasse <i>certo Manzoni Alessandro</i>. -Napoleone, conquistata l'Italia, mirava anzitutto -ad amicarsi gli uomini di merito che il fulgore -della sua stella non aveva abbagliato. Ma gli -Austriaci sprezzavano apertamente ogni cosa -italiana — eccetto l'oro. -</p> - -<p> -Manzoni donò all'Italia un libro, il quale, -<span class="pagenum" id="Page_58">[58]</span> -come tutti i veri capolavori, è ad una miracolo -di mente profonda, di cuore appassionato, e -un'azione buona. Da lungo tempo sdolcinate -affettazioni d'idilii in cui attori e natura portavano -la parrucca, epilettiche convulsioni di -novellaccie di cui non era italiana nè l'origine, -nè l'inspirazione, nè la veste, aspirazioni evirate -alla luna, all'indefinito, avevano fatto dimenticare -come lungi dai salotti profumati, e -dalle barocche capanne dei Titiri incipriati, vivea -attorno alle città, nei campi, attiva, oscura, -un'immensa famiglia intenta al lavoro. Il poeta -comprese il valore del popolo, d'una gente che -dà il pane ed il soldato, le antitesi crudeli della -forza, della necessità col diritto. Colla dignità -vereconda d'un'arte cristiana, senza le basse -adulazioni di chi fa un Marcello d'ogni villano, -bussa alle porte del povero, ne illumina le poche -gioie, ne conforta gli stoici dolori, ne mostra -le virtù tutte sue ed i vizi non del tutto -suoi. Colora colle tinte della verità il quadro, -dipinge con sicura potenza di tocco scene gigantesche, -e ti presenta i <i>Promessi Sposi</i>, in cui -l'arte che tutto fa non si scopre — un libro -fra i pochi che gl'Italiani possono leggere due, -tre e quattro volte senz'annoiarsi. -</p> - -<p> -Poichè il merito dello scrittore italiano venne -cresimato oltralpi, i <i>Promessi Sposi</i> (che altrove -avrebbero fruttato strepitose ovazioni e più strepitose -somme) divennero malgrado la sonnolenza -apatica degl'Italiani il libro più popolare -della loro letteratura narrativa. -</p> - -<p> -Da Manzoni, Grossi, Azeglio, Cantù, Carcano. -Grossi ed Azeglio però per vivacità di colore -e scioltezza di disegno precedono tutti gli altri. -<span class="pagenum" id="Page_59">[59]</span> -Carcano è il poeta delle più soavi effusioni di -cuore, il poeta della vita intima. Dopo questi -buoni un temporale di mediocrità — non auree -— che a passo di lumaca sulla falsariga maestra -regalò all'Italia una moltitudine di buoni curati, -di perseguitate, di Don Rodrighi e d'Innominati -in diciottesimo, la quale ebbe per effetto -di disviare sempre più dalla letteratura nazionale -gl'Italiani. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Manzoni, Rosmini, D'Azeglio sono tre nomi -che spargono una bella luce sul Lago Maggiore. -Niuno dei tre nacque sulle sue sponde; ma chi -passando innanzi a Lesa, a Stresa, a Cannero -non ricorderà la loro dimora, le opere per cui -il loro nome corre illustre? -</p> - -<p> -Mi ricordo che la prima volta in cui m'apparì -Arona, tosto mi corsero alla mente le lettere -di quell'anima sì altamente innamorata -della natura ch'era il Foscolo, nelle quali, scrivendo -all'amico Bottelli, si lagna spesso che i -tempi incerti e l'indole irrequieta gli tolgano -di riposare ancor lui in mezzo a tanto sorriso -di cielo e di terra e d'onde. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Chi dona al volgo, inimicizia compra.</b></p> -<p class="i12"> <i>Prov. ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -Le chiacchere col buon Tedesco mi fecero -nascere molte riflessioni sopra alcune qualità -<span class="pagenum" id="Page_60">[60]</span> -negative — almeno in questi tempi — degli -italiani. -</p> - -<p> -Credo — vorrei ingannarmi — che la gente -italiana considerata nelle masse, fatta astrazione -delle individualità, sia appetto delle nazioni più -colte dell'Europa, Francia, Inghilterra e Germania, -quella che si dimostra più apatica per -tutto quanto sorge dalle arti. -</p> - -<p> -Non illudiamoci col passato. Tanto le individualità -sotto ogni aspetto non patiscono confronto, -quanto le moltitudini sono incuranti, -senza alcun entusiasmo o slancio per tutto che -non solletica la fregola animale dei sensi. -</p> - -<p> -Spogliamoci una volta di quel falso amore -di patria che pretende un primato in ogni cosa. -</p> - -<p> -Un dì — giova sperarlo ed augurarlo come -grande ventura per la nazione — conquistata -da senno l'indipendenza e la libertà, sotto le -rugiade feconde della pace, rigermoglierà fra -gl'Italiani raccolti finalmente ad un solo focolare -la religione delle arti; allora forse le sapranno -onorare con quella riconoscenza a cui -hanno diritto. Esse sole mitigarono colle divine -illusioni della speranza l'acerbità di grandi dolori; -per esse eterne le glorie, sacre le sventure -della nazione. -</p> - -<p> -Mercede al genio fu quasi sempre sola la coscienza. -Onoriamo la memoria dei nostri grandi: -sbattuti dai tempi fortunosi e dall'ingratitudine -non s'avvilirono. Siamone alteri — Se uno dimenticò -che il dolore e la miseria avvivano lo -splendore del vero merito, cento elessero il -soffrire. -</p> - -<p> -Siamone superbi — nessuna nazione può forse -menarne sì giusto vanto. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_61">[61]</span> -</p> - -<p> -Ma non dimentichiamo mai come finora fummo -ingrati verso di loro. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Arco sempre teso si rompe.</b></p> -<p class="i08"> <i>Prov. Ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -M'inganno, o tu non hai sentito il cuore battere -così tranquillamente come oggi. Ho spinto -la mia barchetta nel bel mezzo lago fra il golfo -di Feriolo e quello di Laveno: i remi giacciono -stillanti in fondo ad essa — quasi immobile fra -la calma delle onde. Il corpo abbandonato a -poppa sul tappeto, sorreggendo il capo con -ambe le mani, puntati i gomiti sull'orlo della -navicella, guardo l'acqua che s'increspa leggermente -attorno alla carena, l'ampia pianura che -riflette gli albori del tramonto — e sto pensando -— a niente — o meglio al tutto. -</p> - -<p> -Una brezza sottile sfiora con ali delicate l'onda -e mormora un mondo di cose. L'ascolto confusa -colla voce delle campane stormenti a riva -— poi il tintinnare cessa: il cielo è sereno, -l'aria tranquilla, tutto è pace, armoniosa tranquillità -— e allora sento più distinto il sommesso -ciarlìo della brezza. -</p> - -<p> -— Tranquillità! Voi vi anelate nell'intimo -dell'anima, mentre il vostro orgoglio fa della -vita una continua battaglia! Un dì trovate la -quiete che bramaste — il dì che per voi si -schiude una tomba. — Nel giovin cuore avvampa -la fiamma d'amore con slanci al settimo -cielo — o trova ripulsa, ed erompe un grido -<span class="pagenum" id="Page_62">[62]</span> -disperato — o corresponsione, e dopo qualche -tempo l'amore non è più che un'affinità simpatica -di traspirazione. Dall'amore aspira alla -gloria. Avversa fortuna, impotenza d'ali, impazienza -la negano — o l'ottiene — morto. Deluso, -la patria gli stende le braccia come la -donna che sola si ama senza sazietà e senza -rimorsi.... Ne ha — forse — ricchezze ed onori -che galvanizzano il cuore sfibrato.... Ma dove -la quiete che pure la natura v'insegnò ad amare? -— Non nei trasporti dell'amore — non nella -lotta contro l'invidia dei consorti Farisei — non -nelle allucinazioni delle notti studiose — non -nel tripudio dei baccanali. Bada, veh! a quanto -ti dicono le onde sfiorate: fuggi la tempesta; -— gli ombrosi declivi dei colli: quiete; — il -cielo sereno: purità di desiderii.... -</p> - -<p> -Ma che sarebbe degli uomini se tutti li compenetrasse -questo soave linguaggio della natura? -</p> - -<p> -La tempesta è adunque necessaria nell'armonia -del tutto? -</p> - -<h3 id="parte1-8">VIII. -<span class="smaller"><i>Origine storica di Belgirate, senza documenti. -Le isole Borromee.</i></span></h3> - -<p> -A Belgirate, cinque minuti oltre Lesa, passeggiai -due ore ammirando quelle graziose palazzine -a vari colori che difilano lungo il lago, -sulla punta che si protende dalle colline nell'onde. -In capo della fila sta la villa Conelli; -in fondo in serrafila la Fontana Pino, e fra una -<span class="pagenum" id="Page_63">[63]</span> -casa ed un'altra stanno giardini, dove gli alberi -hanno più frutti che foglie, e le aiuole più fiori -che erbe. -</p> - -<p> -Sentite quanto trovai in antiche pergamene -sull'origine di Belgirate. -</p> - -<p> -Pare che il grazioso villaggio se n'andasse -una calda notte d'estate in cerca d'un sito per -adagiarvisi. Capitano in testa e retroguardia in -coda difilava lungo la strada del Sempione. -Quando si trovò sull'estremo lembo del Vergante, -sentì ad un tratto il venticello del Mergozzolo -ed i zeffiri dell'<i>Inverna</i> sibilare armoniosamente -nei boschi superiori emulando l'usignuolo; -l'onde tremole baciare la sponda, diffuse -sui sassolini mormoranti; tale una voluttà -profumata da mille fiori penetrare dalle finestre -nell'animo, che gli archi, le torri, i comignoli -al soffio di quella frescura fremevano, i rosai -stendevano le loro braccia in atto di desio ai -cantori dei boschi, e le case stanche dal viaggio -sentivano proprio crescersi le radici sotto ai -piedi..... Allora un prolungato ah! di soddisfazione -fece echeggiare la sponda d'Ispra, la fila -si fermò, le ondine ed i silfi del lago danzarono -sulla spiaggia; essa si trovò così bella, -così lieta, così arieggiata dall'aure tutte del lago, -che spossata dal piacere si adagiò sul girare -della punta, e così fu Belgirate. Ogni giorno -dell'estate e dell'autunno, al tramonto, allora -che il sole indora le cime dei monti di Varese, -la fila delle graziose palazzine è passata in rivista -da uno stato maggiore di signorine villeggianti, -di cui più d'una può sconfiggere un -esercito senza colpo ferire. -</p> - -<p> -La leggenda dice, che un buon albergo il -<span class="pagenum" id="Page_64">[64]</span> -quale in quella tal notte ramingava colle case -vagabonde, essendosi fermato per istrada ad -aggiustare un conto un po' elastico con un Inglese, -giunto tardi e trovato ogni posto occupato, -fu costretto ad andarsene altrove con non -poco dispetto degli ammiratori dei fiori, degli -usignuoli, del venticello, delle palazzine e delle -signore. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Bellissima fra le isole! Ti porto</b></p> -<p class="i02"> <b>impressa nel cuore....</b></p> -<p class="i06"> <i>U. D. Horn.</i></p> -</div> -</div></div> - -<p> -Da Stresa, elegante villaggio appiedi al Monterone, -grandiosa vista di tutto il golfo di Feriolo, -la baia di Napoli del lago, e del lago sino -a Luino; in prospetto le Isole Borromee, la Bella -e la Madre dalle terrazze fiorite; Pallanza, Suna, -e dieci villaggi a mezzo i monti dell'Intrasca. -</p> - -<p> -Stresa manca d'un viale per la ragione forse -che ognuno ne ha nei propri giardini, i quali -sono straordinariamente folti di verzura e di -fiori come a Belgirate, Baveno e Pallanza. -</p> - -<p> -L'Isola Bella è una ricca collezione di piante -disposte sopra varie gradinate adorne di marmi; -il palazzo contiene oggetti d'arte preziosi; -il tutto forma la più graziosa villeggiatura in -cui i patrizii Lombardi abbiano profuso tesori. -</p> - -<p> -Se non garba a molti il manierismo dell'architettura -e quel vedere ad ogni tratto la natura -sopraffatta dalla mano dell'uomo, per tutti -l'Isola Bella vista dalla parte prospiciente Pallanza, -<span class="pagenum" id="Page_65">[65]</span> -dove un folto bosco di piante variatissime -rompe la monotonia delle linee, ed una serie -di grotte ove mormora e gorgoglia l'onda del -lago rileva affatto la massa, è spettacolo ammirevole. -</p> - -<p> -Io vorrei condurvi, o bella lettrice, a questa -peregrina villeggiatura, approdare con voi alla -scalona, visitare le ampie sale del palazzo, raccontarvi -la storiella del pittore Tempesta che -le adornò di tanti quadri dipinti nella sua dimora -nell'isola, ammirare con voi pitture e scolture, -e rigirati i viali ombrosi del giardino, -cogliere un bel fiore; e — con vostra buona -venia — adornarvene la capigliatura. -</p> - -<p> -Ma il profumo quasi eccessivo, la vista amenissima, -il sorridere del cielo e dell'onda, la -magnificenza della magione e la musica degli -uccelli, potrebbero di leggieri all'ombra di un -ananasso o d'un palmizio farmi credere d'essere -un Nabab delle Indie, e voi, o lettrice, un -amabile Urì..... e allora..... chi può prevedere -tutti gli effetti di un sito incantato sulla mente -e sui sensi del vostro compagno?..... Via, non -temete, i miei polsi non battono frequenti, i -miei sguardi sono tranquilli, il sangue mi serpeggia -pacifico nelle vene, e voi non vi accorgerete -punto che io sogni di essere un Bassà. -</p> - -<p> -L'isola Madre colla modesta sua casa, co' suoi -giardini a terrazzi senza ornamenti, più vasta -della Bella, quasi in mezzo al golfo, piace ad -alcuni forse più della Bella, ove la natura sta -più come ornamento che non base. Gian-Giacomo -Rousseau poteva farne il soggiorno della sua -Eloisa. Nell'una e nell'altra roseti e palmizi, -magnolie e liane, camelie e pini e mille pianticelle -<span class="pagenum" id="Page_66">[66]</span> -di diverse patrie, che questo sole con -mite temperie cresce ed affratella. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Il pittore che vuol dipingere un paesaggio a -vividi colori ritragga l'isolotto dei Pescatori. -Chi vuol conoscere come l'uomo possa amare -uno scoglio a costo di starvi accatastato l'uno -sopra dell'altro, entri in quella stretta viuzza -dell'isolotto dei Pescatori. Barche rattoppate, -reti al sole, sulla ghiaia, lungo i muri; pannolini -e vesti a scacchi sciorinate alle finestre; -portici oscuri, viottoli angusti, barconi di legno; -una marmaglia di ragazzi che chiassano, -scorre, sguizza, s'arrampica sulla spiaggia, sulle -scale, sulle gondole; donne dalle fisonomie robuste -ed abbronzate, intente alle chiacchere ed -alle bisogna della vita; una chiesuola, un campanile -che si drizza nell'orizzonte disopra a -quelle case che gli fan ressa d'attorno per -ispecchiarsi ancor lui nell'onde; un po' di spiaggia -verso il nord, pochi alberi, poca verzura. -</p> - -<p> -Il lago qualche volta, la primavera o l'autunno, -sdegna la solita sponda, gonfia, copre la spiaggia, -lambe i piedi delle case, batte alle porte, entra -nei pianterreni. Ecco l'isolotto scomparso, e -tutte quelle casupole diguazzando nell'onda tranquilla -hanno un aspetto nuovo, originale, come -un quartiere di Cannareggio in Venezia. -</p> - -<p> -Il contrasto tra lo scoglio dei Pescatori e la -grandiosità dell'isola Bella è sorprendente. L'aspetto -dell'isolotto colle umili casette, colle sue -barche fracide a riva, co' cenci all'aria, in quel -<span class="pagenum" id="Page_67">[67]</span> -cielo serenamente allegro, collo specchio dell'acqua -che l'ingrandisce, con quella scena di -verzura su cui si stacca vivamente non è quello -della miseria certamente. Se l'isola Bella col -suo grande palazzo ti fa conoscere l'opulenza -del ricco, l'isolotto è un quadro animato dell'attività -instancabile del povero che lotta spensierato -colla fortuna — la quale, a quanto pare, -non incappò mai nelle reti di un pescatore. -</p> - -<h3 id="parte1-9">IX. -<span class="smaller"><i>Don Bussolini da Mergozzo; capitolo in cui si -dimostra chiaramente come i più beati sieno i -poveri di spirito.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>O mente vaga, alfin sempre digiuna!</b></p> -<p class="i01"><b>A che tanti pensier? Un'ora sgombra</b></p> -<p class="i01"><b>Quel che 'n molti anni appena si raguna.</b></p> -<p class="i14"> <i>Petrarca.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -Quest'oggi fui al lago di Mergozzo, limpido -nappo che si stende per un miglio alle falde -del monte Rosso, sulla strada che da Pallanza -corre all'Ossola. Mergozzo poi è una terricciuola -sulla sponda del lago, che da lei prende nome, -la quale non ha nulla che possa attrarre il viaggiatore -curioso di monumenti o di spettacoli -grandiosi della natura: dopo le scene del Verbano -si rimpicciniscono ben altre bellezze che -non quelle della piccola conca. -</p> - -<p> -Mentre io passeggiava, rincrescevole che il -povero zingaro nulla trovasse da far suo, passando -<span class="pagenum" id="Page_68">[68]</span> -presso la canonica del paese, casa di mesta -apparenza anzi che no, vidi accosciato in atto -di dolorosa meditazione un uomo dai quarant'anni -sulla gradinata della porta. Egli teneva -la lunga e scarna cera tra le mani affilate e -smorte, e lo sguardo fiso nella terra, e quando -gli passai accanto mormorò in tuon di lamento: -</p> - -<p> -— Eh! tanto gli è morto! -</p> - -<p> -Ritornai sui miei passi per meglio osservare -l'incognito; il quale vestiva come un prete dei -monti, di panni grossi e non troppo lindi; il -cappello dalle tese rilevate e dagli orli spelati -giaceva accanto a lui, come ad uomo che per -soverchio calore del capo non lo possa tollerare -sulla fronte. Quando io gli fui dinnanzi, ei levò -gli occhi come smarrito, tolse di terra il cappello, -si drizzò e voltosi a me salutando, mentre -due grosse lagrime calavano sulle gote ispide, -disse: -</p> - -<p> -— Sento che il poverino non è nemmeno -morto qui, in paese! Lontano dalla sua parrocchia! -</p> - -<p> -Egli mi teneva forse per qualche terrazzano: -nondimeno quand'egli seppe che io non era -del paese e che anzi ignorava appuntino di chi -parlasse, aggiunse: -</p> - -<p> -— Non è del paese..... tanto peggio o tanto -meglio per lui. Ma, la senta, io ho un grande bisogno -di sfogare con alcuno il mio dolore, e -se il mio presentimento non m'inganna, non -la vorrà deridere la fiducia d'un pover uomo.... -Esciamo dai borgo.... la veda; io arrossisco, col -mio abito, di piangere così in mezzo alla strada... -E sono anch'io un uomo, alla carlona, ma un -uomo, e il pensiero che quel caro Don Bussolini -<span class="pagenum" id="Page_69">[69]</span> -sia <i>morto così male</i> mi strozza la parola in -bocca.... Ed io non sapeva niente, io che sarei -calato dalle mie montagne a salvarlo, io che conosceva -quell'anima così bisognosa d'un cuore -in cui versare la piena di tanti dolori! Ma io -non ho saputo niente! -</p> - -<p> -Queste parole sgorgavano con tale accento di -dolore, che io — ignaro dell'esser suo e dei -fieri casi di Don Bussolini, me ne stava ad una -commosso e confuso per non sapere, come avrei -desiderato, porgere conforto a tanta ambascia. -</p> - -<p> -— Io vo' raccontargli come uno splendido -ingegno ed un bel cuore possano perdere miserabilmente -un uomo, quando agli studi non -abbia conforto e direzione, e gli slanci del cuore -ardente, appassionato, non vengano temprati dai -consigli dell'amicizia. -</p> - -<p> -Don Bussolini era il più bell'ingegno che io -m'abbia conosciuto in vita mia; aggiunga a ciò -una perduranza nello studio piuttosto unica che -rara, una memoria straordinaria e la più semplice -indole del mondo. -</p> - -<p> -Noi stringemmo dolcissimi nodi di fratellevole -affetto nel seminario; egli sempre il primo -a sciogliere un problema, a trovare il motto, -a comprendere coll'acutissima intuizione i passi -più difficili, più oscuri dei Greci e dei Latini; -e se noi studiavamo per guadagnarci un tozzo -di pane o per aprire una carriera all'ambizione, -se noi studiavamo quel tanto appunto che era -strettamente necessario per essere promossi la -fin d'anno, Bussolini studiava invece per dissetare -l'ardendissima brama d'istruirsi, di sapere -quanto più poteva. Tutta la polverosa biblioteca -<span class="pagenum" id="Page_70">[70]</span> -del seminario di Novara era volume a -volume passata fra le mani del giovine curioso, -e ancora quando alcuno di noi magnificava -quella raccolta di opere, egli sorrideva.... -</p> - -<p> -Alfine egli fu crismato sacerdote; pensate che -festa! Non v'era tra quegli studiosi un solo che -al Bussolini non profetizzasse la più luminosa -carriera, poichè quanti dignitari della Chiesa -erano venuti nel collegio, tutti aveva fatti stupire -con quella strapotente facoltà intellettiva. -La parrocchia di Mergozzo era vacante, Bussolini -vi fu nominato, e con grande sua gioia, -poichè la tranquillità di quella sede, la picciolezza -della popolazione e la facilità del ministerio -fra gente onesta ed arrendevole, gli promettevano -largo campo a' suoi studii. Egli fu -accolto da quella popolazione come un fratello -ed in breve amato come un padre. Chi non lo -avrebbe amato? A trent'anni, nell'età delle -passioni, egli non aveva che una cura, un amore, -una passione, lo studio. D'altronde la semplicità -elegante de' suoi modi, la generosità del -suo cuore sapevano cattivarsi la comune stima. -Un bel dì, invitato già da lunga pezza a visitarlo -nel suo novello eremo, giungo a Mergozzo; -m'accoglie colle maggiori dimostrazioni -d'affetto. -</p> - -<p> -— Senti, Giuseppe: non ti pare che io sia -più giocondo dell'usato? In verità i suoi occhi -sfavillavano di tanta luce, che io stetti un istante -sopra il pensiero che egli avesse ricevuta la -mitra vescovile. -</p> - -<p> -— Ho trovato finalmente, Giuseppe, quella -luce, che io andava da tanto tempo cercando... -A furia di brancolare fra le tenebre, giunsi alle -<span class="pagenum" id="Page_71">[71]</span> -sfere irraggiate del sole della verità, della poesia.... -ed io da tanti anni sentiva mormorare -attorno questo nome.... Dante.... questo nome, -che è la lingua, la coscienza, il ciclo intellettuale -dell'Italia; sentiva, dico, questo nome, che -mi suonava all'orecchio come un verbo misterioso -senza presentire quanto tesoro io vi avrei -scoperto di civile sapienza, d'arte squisitissima? -di sublime poesia! Vedi, Giuseppe, io non mi -accorsi della vita del mio pensiero, se non -quando Dante m'iniziò nei mondi dell'infinito.... -Ma la mia ragione fu quasi per vacillare, allora -che da ignaro che io era della vera bellezza, -mi vidi ad un tratto trasportato sì presso -al Verbo, che i miei occhi abbarbagliati da -tanto fiume di raggi male reggevano allo spettacolo -nuovissimo che mi si schiudeva innanzi. -Dante m'insegna a parlare la favella della mia -nazione; Dante mi scopre i nemici di Dio e -della patria; Dante mi narra con parole di fuoco -le ire umane e le giustizie divine, e mi fa -piangere con ineffabile dolcezza sui casi di -Francesca, della Pia e della Piccarda; Dante è -ad una Omero e Colombo, Raffaello e Rossini! -</p> - -<p> -E mi condusse, fra altri parlari consimili, -alla sua abitazione. Io pure aveva letto il poema -del cantore immortale, ma l'ignoranza della -storia dei tempi di mezzo annebbiandomi buona -parte di quella stupenda narrazione, faceva sì -che io non ne potessi assaporare i pregi più -reconditi. Il poeta mi divinizzava: il filosofo -m'atterriva. -</p> - -<p> -Quando noi fummo nel suo studialo, egli diè -mano ad un grosso zibaldone di carte, su parte -delle quali era scritto <i>storia</i>, ed erano commenti -<span class="pagenum" id="Page_72">[72]</span> -storici ai poema; su altre <i>teologia</i>, e -chiarivano le astruserie di questa scienza in -que' tempi; su altre <i>arte</i>, che parlavano dell'antiche -e delle nascenti; <i>lingua</i>, e mostravano -le origini latine e provenzali ed il successivo -fondersi di buona parte dei vernacoli di tutta -Italia, mirabili studi filologici che diceva base -ad ogni sapere di filosofia; e su altri manoscritti -altre denominazioni che non mi ricorda. -</p> - -<p> -Quindi mostrommi sopra uno scaffale una -ventina di edizioni della Divina Commedia commentata -dai più rinomati bibliofili, e sopra lo -scaffale un'erma del poeta, cinte le tempia da -corona di lauro, e sotto l'erma, in lettere d'oro: -<i>Onorate l'altissimo poeta!</i> -</p> - -<p> -Così scorse quel giorno. La domane, accomiatandomi, -con indefinibile slancio d'affetto, -proruppe fra le mie braccia: Beppe, io sono -felice! -</p> - -<p> -Comprendete voi, o signore, quanto quella -parola dovesse poi suonarmi amara? Felice! Se -per essere felice non v'ha che un mezzo solo, -dimenticare la terra, pascersi di larve, Bussolini -lo era! In quell'istante, o per vago presentimento -di sventura, o perchè conoscendo io -l'ardenza del carattere dell'amico mio, temessi -si lasciasse trasportare dall'entusiasmo oltre i -limiti dello studio ragionato, risposi: -</p> - -<p> -— Bussolini, guardati dalle passioni: se tu -eccedi nella misura, il disinganno ti sarà atroce, -forse mortale! -</p> - -<p> -— Disingannarmi? E come se la mia passione -è tutta pel vero, pel bello, per Dio! Ma -a che più rimembro questa storia, o signore, -a voi cui forse nulla cale dell'amico mio, di -<span class="pagenum" id="Page_73">[73]</span> -me e di queste melanconie? Non v'è uggiosa -questa rimembranza? No? Ebbene, quando farete -ritorno a' vostri, raccontate ai giovani studiosi -di gloria il doloroso racconto. -</p> - -<p> -Parecchi anni lavorò Don Bussolini attorno ad -un nuovo commento della Divina Commedia, di -cui conosceva omai a menadito ogni fase, ogni -allusione, e quando io ritornai a Mergozzo credetti -debito d'amico l'eccitarlo a scendere nella -lizza della repubblica letteraria, pubblicando -l'opera sua. Io fidava che l'ansietà febbrile del -successo, gli sdegni per la critica superficiale, -la dolcezza della lode, gli eccitamenti a migliori -forme, avrebbero di leggieri tratto a più vasta -sfera l'ingegno inteso in troppo ristretta cerchia -d'azione. La battaglia sarebbe stata la vita -per Don Bussolini. S'egli si fosse animosamente -gettato da giovinotto fra la turba che di letterarie -ciancie assorda il mondo, in quel caos di -sistemi e di idee e di parole senza idee, in quel -tramestìo di genii e di volgo, le potenze sue -intellettive sarebbero sfuggite a quel soverchio -concentramento, che invece d'affinare il pensiero -colla meditazione, lo svia spesso nell'esagerazione. -Avrebbe incontrato l'indifferente sogghigno -dell'ignoranza plebea che crolla le spalle -alla favella che solleva il pensiero dalla materia -a più confortevoli aure; avrebbe forse incontrato -l'invidia; sarebbe caduto, e allora, morto -il poeta, rinasceva all'altare il sacerdote. O avrebbe -vinto o sarebbe stato una gloria di più -all'Italia. Invece!! -</p> - -<p> -A' miei eccitamenti rispose che da qualche -tempo sentiva crescere nell'anima il bisogno -d'espandersi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_74">[74]</span> -</p> - -<p> -Scrisse a diversi librai: risposero i tempi -volgere sì nefasti alle lettere, il mondo curarsi -sì poco dei libri, che se Dante istesso fosse rinato -con un nuovo poema, assai difficilmente -avrebbe trovato un editore... Per quanto dura, -era verità. Il giornale ammazzò il libro. A chi -legge libri poi gli oltremontani ammaniscono -un quotidiano pasto di oscenità al massimo -buon prezzo. Seppi che Don Bussolini, ignaro di -ogni cosa di questo mondo e anzitutto delle -miserie di chi vuole lottare contro all'indifferenza -e l'avarizia speculativa di certi editori, -restò talmente sopraffatto da questa inaspettata -rivelazione di cose che non aveva trovato nei -libri, che stette molti giorni come uomo trasognato. -</p> - -<p> -So questi suoi affanni, e vengo a consolarlo. -La veda, per ingegno io in paragone del mio -amico era la formica presso l'elefante; ma io -dalla prima gioventù aveva imparato assai sul -gran libro della società umana io sono sempre -stato uomo, e lui invece quando di poeta... -Ma, Gesummaria, di questo anche troppo le -dirò! -</p> - -<p> -Trovai Don Bussolini chiuso in casa, mentre -per l'innanzi egli soleva studiare passeggiando, -perocchè lo spettacolo della natura, egli diceva, -invece di distralo, armonizzava felicemente in -lui collo studio. Allo stropiccìo dei miei piedi -si volse, s'alzò in furia dal tavolo a cui stava -tutto intento sopra un librone, e gettatemi le -braccia al collo, avvinghiandosi affettuosamente -alla mia persona, sclamò: -</p> - -<p> -— Benedetto il mio Beppe! Tanto ti aspettava! -</p> - -<p> -— Delusioni, non è vero, o Bussolini? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_75">[75]</span> -</p> - -<p> -— No, non delusioni, ma una scoperta, che -per me si è una vera America della mente. Siedi -e ascoltami attentamente. Io non so se gli editori -abbiano o no ragione: so però che io non -ho acquistato un nome, per cui mi si debba -aprire un varco nella ressa che assiepa il tempio -della gloria! Ma ora il mio buon genio mi -additò un mezzo portentoso, irrepugnabile, per -cui il mio nome volerà ben oltre i confini della -povera Mergozzo! -</p> - -<p> -E mi spiegò come il poema dantesco contenesse -in se stesso quasi un altro poema, quando -si trovasse il modo di scoprire il senso recondito -in ogni terzina capovolta, rifusa, senza -però nulla togliere, od aggiungere delle parole, -conservando così e numero e dizione: aggiungeva -poi che ogni terzina era strettamente legata -alla susseguente pel senso, cosa che ad -evidenza dimostrava, che l'Alighieri aveva impresso -ne' suoi canti questa doppia espressione, -manifesta fattura del vate divino, e non frutto -di un casuale gioco di parole. La Divina Commedia, -contemplata da questa faccia, non era, -al dire del Bussolini, creazione meno gigantesca -per concezione e profondità di pensieri..... -</p> - -<p> -Poco tempo dopo ricevo novelle dell'amico -mio; sì grande per lui la necessità di trovare -un essere che comprendesse il suo trovato, i -suoi studi, che egli partiva per Milano. Ivi -bussò alla porta di quanti avevano fama in capitolo.... -mi scriveva: -</p> - -<p> -— Beppe, è venuta l'ora da te profetizzata! -A Milano non trovai che un'anima sola, la quale -si sia commossa al mio racconto. Quest'anima -benedicila con me; mi ha ascoltato senza ridere -<span class="pagenum" id="Page_76">[76]</span> -della mia favella selvaggia; — sì, ho capito di -non conoscere il gergo dei sapienti! — Quest'anima -mi ha dette poche e confortevoli parole. -È Manzoni. -</p> - -<p> -Torino, Parigi, o signore, risero come Milano -di Don Bussolini. I sapienti non hanno che -il loro orgoglio invece d'un cuore; adunque? -</p> - -<p> -A Londra, Rossetti, blandendo l'infelice strapazzato, -lo fece di leggieri travedere Dante -sotto la sua gotica lente.... Ahi! come il rividi! -Dove l'occhio sfavillante e scrutatore? Dove la -serena fronte? Dove l'amabile sorriso? La mente -tentennava. Disperato delle voluttà dei mondi -intellettuali, da cui lo aveva precipitato con sì -amaro disinganno l'altrui glaciale indifferenza, -l'infelice con reazione che gli costò senza dubbio -orrende torture, si gettò nelle braccia della -voluttà della materia..... -</p> - -<p> -Alcune volte, imbandito il desco per sè e due -<i>incogniti</i>, rinchiuso nel salotto, favellava con -Dante e Beatrice, amaramente dolendosi di essere -stato ingannato dagli uomini..... -</p> - -<p> -Che più? -</p> - -<p> -Rilegato per un anno nel convento d'Arona, -quella mente, che forse avrebbe splendidamente -sfolgorato in altra condizione, derisa, in -odio a se stessa, vacilla, non è più!..... -</p> - -<p> -Don Bussolini moriva poco dopo in Isvizzera, -miserabile, senza conforto nè di patria nè di -amici. -</p> - -<p> -Signore, l'ingegno è adunque alcuna volta -una maledizione?! -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_77">[77]</span> -</p> - -<h3 id="parte1-10">X. -<span class="smaller"><i>L'<span class="upright">acqua</span>, canto in prosa. — Se l'acqua del Verbano -fosse vino. — L'arca di Noè e la nautica. -— Le guide. — La capitale del lago. -— Pallanza. — Laveno. — Ghifa. — Portovaltravaglia. -— Luino.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Le onde non hanno forse un'anima?</b></p> -<p class="i14"> <i>Byron</i>.</p> -</div></div> -</div> - -<p> -— Dove indirizziamo la prua? -</p> - -<p> -— Dove ti pare; al largo. Quest'oggi desidero -l'acqua, lo specchio del cielo. V'ha sulla -terra cosa alcuna più bella dell'acqua? I fiori? -Ecco, il vento solleva in minutissima polvere -il maroso e distende al raggio del sole un vaghissimo -iride contesto di rose, di garofani e -di viole. Al fondo del mare i recessi delle ninfe -stanno ornati di perle e conchiglie a tutt'i colori, -dal languido della rosa al vivido del garofano, -dall'azzurro dell'ortensia (ne ho visto -delle azzurre), al candido del gelsomino. -</p> - -<p> -V'ha forse cosa più necessaria dell'acqua? -Sei ammalato? Acqua. Vuoi forza, elasticità muscolare? -Acqua. E tu, come il globo, che sei? -Per quattro quinti acqua. Chi fece la terra? -L'acqua. Chi la nutre, la feconda, la sana? Che -cosa è il vino? Acqua. -</p> - -<p> -Altri cantò a lungo le piante, gli angioli, i -fiori e l'asino: perchè non canterò io l'acqua, -<span class="pagenum" id="Page_78">[78]</span> -questa madre della natura? La voluttà del correre -su dorata quadriga e sollevare colle ruote -corruscanti la polvere del corso più lieto di -dame, può forse paragonarsi a quella del sorvolare -con agile schifo sull'ali del vento le onde -cristalline di un lago, d'un bel lago? Voga, -voga, gondoliere: vedi come la brezza, scherzando, -arriccia la mia capigliatura, come un'innamorata -al suo caro? Che mi guardi dal cadere?... -Lasciami specchiare in questo cristallo -sì terso: forse scoprirò nel fondo qualche bella -ondina amoreggiare fra i canneti con un silfo. -Può mai la bella affidare le membra purissime -a più soffice letto? Oh! come tranquilla la sorregge! -Come l'onda increspata lambe amorosa -e ricerca i tesori del seno ed avviticchia pudica -il corpo candido colle treccie copiose! -</p> - -<p> -Oh l'acqua! E i fisici poterono affermare, sacrileghi, -che dessa non è un elemento, come -credettero i nostri padri? Dove vi fermerete, -o insolenti, colle vostre scoperte? L'acqua è il -primo elemento: trovatemi un poema che di -lei non parli. -</p> - -<p> -Omero canta l'onda ch'egli sentì morire in -un flebile lagno sui ciottoli delle sponde greche. -Virgilio le bricconate d'Enea in faccia all'oceano, -senza il quale come sarebbe egli fuggito -alla passionata Didone? Come sarebbe venuto -a fondare quella Roma che... ecc., ecc.? -Senza l'acqua avrebbe potuto Dante fare il più -tremendo augurio a Pisa? Ma lasciamo da parte -Dante: questo poeta s'intende che è stato letto, -chiosato, commentato da quanti sanno leggere... -Dante. Per la stessa ragione omettiamo il Tasso, -l'Ariosto e gli altri poeti italiani. Shakespeare, -<span class="pagenum" id="Page_79">[79]</span> -obbedendo a questo irresistibile impulso dei -poeti, trasportò la Boemia sulle sponde dell'oceano, -forse per consolarla colle libere aure -marine del paterno reggimento degli Absburgo. -Byron ad ogni pagina canta la tempesta del -mare e della mente: senza il mare egli non -avrebbe attraversato a nuoto l'Ellesponto, e non -avrebbe scritto le più belle pagine del <i>Childe-Harold</i>, -e non avrebbe anzitutto avuta la soddisfazione -di far annegare il suo maestro di -scuola nel <i>D. Giovanni</i>. -</p> - -<p> -L'acqua fa le vendette dei discepoli e dei popoli. -Barbarossa annegava nel Cidno. La Beresina -puniva il novello Cesare. Senza l'acqua, Mosè -non avrebbe scampato dalle ugne di Faraone -gli Ebrei, questa razza così degna d'ammirazione -sotto l'aspetto politico, religioso, universitario -ed artistico. Se questo è il più tremendo -prodigio delle antiche scritture, delle nuove, -dice un Intrese, il più notevole è senza dubbio -quello delle nozze di Cana...... -</p> - -<p> -Senza l'acqua, senza il mare, Venezia non sarebbe -giunta la prima al Cattaio, e Costantinopoli -non si troverebbe in bocca al mare dei -Russi. Senza il mare Colombo non avrebbe scoperta -l'America — che non si chiamerebbe America; -— senza il mare, che sarebbe la flotta inglese -e la fama di Nelson? Che sarebbe stato -di Gama, di Cadamosto, di Marco Polo, di Diaz, -di Magellano, di Cabotto? — Certamente lord -Franklin non sarebbe perito di fame e di freddo -nei deserti polari. -</p> - -<p> -Il mare è la sorgente delle immagini più sublimi -dei poeti e Gian Paolo Richter, quel gran -pensatore, come avrebbe potuto asserire, che -<span class="pagenum" id="Page_80">[80]</span> -l'idea della vita avvenire è per l'uomo quale -un punto nell'immensità dell'oceano allo stanco -navigatore, se.... -</p> - -<p> -L'acqua (e con questa faccio punto) fornì al -divino Petrarca l'immaginoso paragone: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">«O felice colui, che trova il guado</p> -<p class="i01">«Da questo alpestro e rapido torrente</p> -<p class="i01">«Ch'ha nome vita, ch'a molti è sì a grado!</p> -</div></div> - -<p> -Ma tutto ciò è un nulla. -</p> - -<p> -Laghisti del Verbano, che sarebbe del vostro -bel paese, se i campi cilestrini del vostro lago -non fossero cristalline onde acquose, ma spumanti -fiotti..... di Barbèra? -</p> - -<p> -Oh! da quanto tempo, o Verbano, tu saresti -una conca asciutta come il palato dei tuoi intrepidi -bevitori! -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -È fama, che gli antichi imitassero il cigno -nella costruzione delle navi. Da due ore m'arrovello -per iscoprire il prototipo delle barche -verbanesi, e mio malgrado non trovo che il -rospo. O gondole veneziane dalla chiglia tagliente, -dal felze bruno, dalla prua addentellata, -rimontate il Po ed il Ticino! -</p> - -<p> -Sento ora esservi tradizione che l'arca di -Noè siasi fermata sopra un alto monte del lago, -sopra Intra — l'arca venne copiata; il lenzuolo -che coperse le vergogne dell'inventore della vigna -venne issato a cima di un coso che non è -<span class="pagenum" id="Page_81">[81]</span> -più bastone e non è ancora albero; un palo -lungo lungo a timone; ecco la nautica tradizionale -del Verbano. La ripida discesa del -Ticino spiega la mancanza di chiglia nei barconi -che commerciano con Milano e Pavia; ma -le veliere e le barchette che fanno il <i>cabotaggio</i>, -malgrado i bei modelli introdotti dai villeggianti, -sono sempre conformi all'arca di Noè. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Compagno, la sbagliate grossa, se credete -che io vi vada tessendo una guida. A che una -guida, quando il vostro sguardo è tratto soavemente -senza ombra di sforzo al bello? Quando -la natura si apre liberamente a voi dinanzi? -Quale necessità di registrarne le varietà, quando -l'armonia v'allaga di arcane dolcezze il cuore? -A che una guida? -</p> - -<p> -Nessuno si fida delle indicazioni date per gli -alberghi o altro simile, perchè ciò che oggi è -buono può essere pessimo domani. Quindi non -tutti ignorano che gli scrittori di questa sorta -di libri, <i>qualche volta</i>, per poche lire lodano, -col dovuto rispetto alle discipline letterarie, il -più furfante bettoliere, e d'una trabacca pidocchiosa -fanno un castello. -</p> - -<p> -Dopo queste premesse il lettore può pensare -se la mia indole girovaga e selvaggia poteva -acconciarsi, armonizzare con quelle ispide cifre -statistiche! Di più, io sapeva troppo bene che -per quanto mi fossi arrovellato per soddisfare -i lettori, io non avrei secondato i loro capricci -variabili secondo le ore della giornata. I lettori -<span class="pagenum" id="Page_82">[82]</span> -laghisti variano di brama secondo il paese, -la villeggiatura ed il giardino..... ed ogni tulipano -vorrebbe un inno! -</p> - -<p> -Ma se tu hai desiderio di conoscere più ordinatamente -il paese, leggi la Guida di L. Boniforti. -È l'unica che lessi senz'annoiarmi, anzi -con piacere. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Non fu mai gloria senz'invidia!</b></p> -<p class="i10"> <i>Prov. Ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -— Pallanza! Pallanza! Chi ha bagagli per -Pallanza! -</p> - -<p> -Io che da varii giorni vagava pel lago e non -era ancora sceso alla sua capitale politica, vistomi -sorridere amabilmente da tante pianticelle -fiorite che mi stendevano amorose le braccia, -tosto mi lasciai vincere, e dissi fra me: <i>vada -per Pallanza</i>, e scesi dal piroscafo <i>S. Gottardo</i>. -</p> - -<p> -— Oh! scusate.... già mi dimenticavo di salutare, -prima d'andarmene, il capitano, persona -squisitamente cortese. -</p> - -<p> -Disceso a terra m'avviai a sinistra, ammirando -case, palazzine e giardini, e così senz'avvedermene -fui a Suna, la quale facendo lo gnorri -va avvicinandosi a Pallanza, di modo che fra -pochi anni Pallanza divorerà Suna o Suna -mangierà Pallanza.... seppure — sempre nel futuro -— mentre le due sorelle si confondono -in un amplesso, non arriva dalle spalle Intra e -ne fa un boccone. S'io fossi Intra o Suna — -<span class="pagenum" id="Page_83">[83]</span> -perdonatemi la superba supposizione — io risparmierei -Pallanza. L'essere proprio adagiata -sull'estremo lembo della collina che dal Monte -Rosso declina nel lago abbracciando a sinistra -il golfo, proprio in faccia alle isole (quella di -S. Giovanni non può risolversi a lasciare la -sponda pallanzese), attorniata da vaghissimi giardini; -l'essere risparmiata nell'inverno dalle staffilate -che la tramontana sferra senza pietà sopra -Arona, Intra, Luino e Cannobio; di più la -torre antica de' Barbavara, e anzitutto la sua -posizione centrale, dovrebbero farle perdonare -di essere il capoluogo della provincia. -</p> - -<p> -Così pensava io dondolandomi attorno ai giardini -graziosi e coltissimi, che cerchiano la cittadina -verso il promontorio di San Remigio, -quando eccomi dinnanzi uno di quei tali, che -i Toscani dicono sì incisivamente uomini-colla. -Era di Feriolo, ed aveva stretto conoscenza con -lui visitando le cave del granito. Vedermi, riconoscermi -ed impadronirsi della mia persona -fu un istante. -</p> - -<p> -— Che ne dice di Pallanza? -</p> - -<p> -— Molto bene, benchè finora i giardini e le -palazzine alla nostrana ed alla svizzera m'abbiano -distolto dall'entrare in paese. -</p> - -<p> -— Eh! cosa vuol vedere in paese? -</p> - -<p> -— Le case, le botteghe e chi vende e chi -compra, le donne, e se ve ne sono i monumenti. -</p> - -<p> -— L'ha visto quel povero vescovo di pietra -nell'acqua, sul porto? Ecco i monumenti. -</p> - -<p> -— Ho capito: Pallanza non è la sua passione. -Eppure ho sentito che vi si trova spirito socievole -più che altrove, e da quel po' di storia -che ho scartabellato parmi che i Pallanzesi, -<span class="pagenum" id="Page_84">[84]</span> -quantunque ora siano annegati nel nugolo dei -forensi e degli amministratori politici, abbiano -indole fieramente tenace d'amor patrio. Signor -mio, dopo d'aver visto i giardini qui attorno, -io non mi curo gran fatto di vedere le manifatture, -se vi sono, le carceri che vi sono, ed -i monumenti che non vi sono. Mi pare però -cittadina appropriata a contenere la sede politica -del governo del lago; tanto più che, seppure -gli operai non <i>lunediggiano</i>, parmi che il -commercio non ingombri soverchiamente le vie. -</p> - -<p> -— Mi scusi, signore, ma la è in grande errore. -</p> - -<p> -— Ciò è possibile. Nulla di più facile anche -colla migliore volontà del mondo, che il dare -giudizi poco retti, quando si viaggia. E dove -vorrebbe stabilire questa capitale del lago? -</p> - -<p> -— Senta. Arona ha già troppi intoppi. Ferrovie, -telegrafi, poste, dogana, piroscafi e dieci -altre confraternite governative. Di Belgirate non -parliamo. Con tutti quei fiori, con tutte quelle -fate ammaliatrici del bel mondo, Temi non -avrebbe la testa a segno; Pallanza è troppo ilare; -Intra è troppo chiassona; Cannobio troppo triste; -Luino e Laveno.... -</p> - -<p> -— Ma dunque? -</p> - -<p> -— Quale è il paese più serio del lago? -</p> - -<p> -— Ho capito, dissi fra me ridendo, e poi a -lui: la è dunque di Feriolo? -</p> - -<p> -— O cosa c'è da ridere? Feriolo non è mica -da meno..... -</p> - -<p> -Per fortuna mia una gentile persona di Pallanza -m'incontrava in quel punto, del resto chi -sa dove si finiva. -</p> - -<p> -Del resto se gl'Italiani credono una sola città -potere essere la metropoli della nazione, Roma, -<span class="pagenum" id="Page_85">[85]</span> -perchè, disse — a morale della favola — il Feriolese, -i laghisti non possono optare per quella -città che crederanno meglio atta a farne la sede -del governo?! -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Il piroscafo scorre, guizza sulle onde, e la -scena varia ad ogni istante. Intra, la città del -cotone e dell'allegria, salve! Verrò a te quando -mi talenterà passare la serata fra la cricca solazzevole -dei tuoi begli umori ed una dozzina -di fiaschi. Verrò a te, e s'io corro adesso oltre -le tue mura, pensa che la più lunga strada è -la più prossima a casa. Tu mi dirai forse: chi -ama non aspetta — ed io a te: chi aspettare -puole, ha ciò che vuole. Intanto che tu mediti -queste scappatoie, si maturano le mie nespole. -</p> - -<p> -Laveno, un nido tranquillo a fior d'acqua, -in fondo ad un golfo verdeggiante, appiedi delle -montagne più singolari della costa sinistra del -lago — lo zingaro non può dimenticare la -bella abitatrice dalle stupende chiome.... senza -che io te ne profferisca il nome, m'intendi; -parlo di quella gentile il cui sorriso basta a -diradare le nubi dalla tua fronte,..... non vo' -dir altro — già alla sua presenza il mio labbro -non balbettò che le solite nullaggini, ed ella -deve avermi in conto d'un ciuco senza basto. -</p> - -<p> -Portovaltravaglia..... non ho scarpe tali da potermi -arrampicare e dinoccolare per le ciottolaie -dei tuoi monti senza pericolo che dopo -un'ora di prova facciano le boccacce. -</p> - -<p> -Ghifa — voghiamo oltre; i signori della villa -Morigia non pensano a farmene dono. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_86">[86]</span> -</p> - -<p> -Oggebbio — troppo arrampicare troppo scendere. -</p> - -<p> -Luino, graziosissima Luino dai declivi ombrosi! -Da Maccagno che se ne sta rincantucciato -in seno solitario e queto — Maccagno -deve essere stata costrutta da qualche filosofo -stoico — alla torre fantastica dell'Agnelli sulla -punta di Germignaga, le curve dei tuoi colli -sono fra le più vaghe e le più arborate; sicchè -dopo la pittoresca Angera, Laveno, e Luino, chi -dice tutta la sponda sinistra uggiosa e deserta, -mente per la gola con certe <i>guide</i> scritte da chi -passò — forse — una volta sul lago...... colla -nebbia. -</p> - -<h3 id="parte1-11">XI. -<span class="smaller"><i>Cannero ed Ettore Fieramosca.</i></span></h3> - -<p> -Il seno di Cannero v'invita colla pacatezza -dell'onde e colla benigna temperanza dell'aure -e col riso della sua primavera precoce; l'albergo -dei <i>Tre Re</i> spalanca le porte per accogliervi, -se non colla splendidezza dei monarchi -orientali, colla spontanea cordialità d'un ospite -un po' alla carlona, ma che vi regala — a buon -mercato — a mense frugali di quel certo rubino -che mette in vena, e che vi farà travedere -nell'orizzonte la stella dell'insegna. Ma facciamo -punto, chè altrimenti qualche maligno potrebbe -sospettare che messer l'oste abbia comprato -con uno scotto la lode dello zingaro il quale -finora non è in debito con quel galantuomo, -<span class="pagenum" id="Page_87">[87]</span> -e lascia gli annunzi alla quarta pagina delle -gazzette. Anche i terrazzi co' limoneti m'invitano -a passeggiare fra le loro ombre profumate, -ma la villa del -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">«. . . Cavalier che Italia tutta onora»</p> -</div></div> - -<p> -mi rapisce al caro villaggio. -</p> - -<p> -La villa di Massimo d'Azeglio non ha nulla -di monumentale, nulla di peregrino all'infuori -della posizione: costrutta sopra uno scoglio che -si protende nelle linfe lacustri, n'è bagnata da -tre parti; dalla quarta guarda le ripide chine -del monte boscato che sta a ridosso della riva -cannerese. Da questa ha dinanzi il basso del -lago fin oltre Laveno; da quella vede in primo -aspetto i colli di Luino e di Germignaga, e, -dietro, suffusi dal cilestrino dell'aria, i monti -del Luganese; verso Cannero ne ha in vista le -case, i vigneti, e nell'acqua i romantici castelli -percossi dall'onda — più in là, oltre lago, la -fronzute spalle delle erte dell'Alto-Maccagno, -su cui fra cielo e terra biancheggiano boscherecci -villaggi. -</p> - -<p> -All'intorno sulla spiaggia non case, nè orti; -alberi, castagneti — il sito non poteva scegliersi -più rimoto. La palazzina disegnava la stessa -mano che coloriva a sì vivi tocchi l'Ettore Fieramosca, -e se dessa non va distinta come opera -d'arte, nulla manca in essa per rendere meglio -agiata e confortevole la dimora. Il capace terrazzo -a picco sul lago, innanzi alla Casina, orlato -di fiorite pianticelle, con quelle vedute, è -la cosa meglio acconcia per l'abile paesista e -descrittore che, nella meditazione della natura, -<span class="pagenum" id="Page_88">[88]</span> -studia per l'arte i mutabili toni dell'orizzonte -e delle spiagge, i contrasti e le armonie. La -temperie del clima, la bellezza e la tranquillità -del sito, i piaceri del lago e la solitudine che -richiama al pensiero le tante memorie di chi è -ad una poeta, pittore, uomo di stato e soldato, -lo chiamano sovente a far dimora nel suo eremo. -</p> - -<p> -Il rimproccio che tutti fanno a Massimo d'Azeglio -ed al suo maestro Manzoni è di essersi -arrestato troppo presto in quell'arringo ove colsero -sì gloriosi allori — ed hanno ragione. (<i>Qui, -a vero dire, non si sa bene se lo zingaro abbia -inteso dire che i due scrittori avessero ragione, -od i primi; io, nella mia qualità d'editore, senza -cantartene i perchè, do ragione agli ammiratori</i>). -</p> - -<p> -La brina dell'età non ha smorzato il brio -vivacissimo di chi seppe fondere le pagine dell'<i>Ettore</i> -ed il racconto del sacco di Roma nel -<i>Nicolò de' Lapi</i>; chi non ha letto con vero solluchero -i troppo pochi frammenti delle <i>Memorie -degli anni giovanili</i>, scorsi girovagando in Italia -fra lo studio degli uomini e delle cose? -</p> - -<p> -Giusti, il suo caro amico, lo sollecitava con -amorevole insistenza alla pubblicazione di tre -altri lavori a cui aveva posto mano, <i>Corso Donati</i>, -<i>L'Assedio di Siena</i> e La <i>Lega Lombarda</i>. -Che il desiderio del grande Toscano non debba -essere più soddisfatto? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_89">[89]</span> -</p> - -<h3 id="parte1-12">XII. -<span class="smaller"><i>Scoperta del Ticino in Italia — Locarno e Magadino -— Diversità di sistema metrico — Il -Re Gambrino in Italia.</i></span></h3> - -<p> -I Ticinesi, malgrado gli Svizzeri oltremontani, -sono Italiani. Della Svizzera non hanno che le -leggi. Cielo, clima, favella, istoria più ancora -che la stessa giacitura del paese li fanno Italiani. -Essi sono liberi, ma il giorno in cui tutta -l'Italia sarà libera, essi non si chiameranno più -Svizzeri. Allora si accorgeranno che i loro altissimi -monti li invitano a scendere nella valle -del Po, non a valicarli per discendere fra mezzo -ad altre razze, ad altre idee. -</p> - -<p> -I Ticinesi non mangiano che pane italiano e -respirano aure italiane. Dippiù, chi direbbe -Vela uno Svizzero piuttosto che un compaesano -di Canova? I Ticinesi non dicono d'essere Italiani -più che Svizzeri, non lo dicono mai: ma -ad ogni ora lo provano. Il Ticino non diede i -congiurati del Grütli, nè gli eroi di Grandson -e di Morat, alla Svizzera, ma diede all'Italia soldati -ed artisti famosi. I Ticinesi sono Svizzeri -nelle sale del loro governo; ritornati al sole, -sono Italiani. Se i Ticinesi non fossero liberi, -sarebbero ora con noi. Essi sentono tutto il -pregio inestimabile della loro libertà, ed ogni -volta che l'Italiano combattè per la sua propria -si vide al fianco un Ticinese. -</p> - -<p> -Finchè l'Italia non è libera, il Ticino è svizzero -<span class="pagenum" id="Page_90">[90]</span> -per accogliere nelle sue braccia i nostri -profughi. -</p> - -<p> -Il golfo elvetico ha sembianze severe. I monti -altissimi sfiancati, a gran tratto nudi, scheggiati, -proiettano ombre rotte sul paesaggio. Ma -Locarno è in uno dei più deliziosi siti del lago, -come ne è una delle più belle cittadine. -</p> - -<p> -La passeggiata al Santuario della Madonna, -lassù è piena di belle viste. Peccato che da -Locarno si vede poco lago. -</p> - -<p> -Magadino, il villaggio del lago forse più conosciuto -in Europa dopo Arona, è forse il meno -degno di esserlo per tutto che non è commercio. -Dieci case, in cui nove depositi di -merci, otto venditori di tabacco, sette caffè, sei -spedizionieri, cinque alberghi, quattro pubblici -funzionarii, tre uffici, due bigliardi, e dappertutto -un odor di formaggio che assassina. -</p> - -<p> -A Magadino capitò un giorno, in una sdruscita -barcaccia, di cui pagò il nolo cantando -una deliziosa barcaruola, la Poesia. Un soldato, -che stava all'approdo, veggendo quella figura -divinamente strapazzata, tenendola per qualche -affare di contrabbando, la condusse nanti il -giudice del distretto. Siccome la poverina parlava -un linguaggio inintelligibile per le orecchie -<i>burocratiche</i>, questi mandò per un mercante -che conosceva varie lingue. Il nuovo arrivato -le chiese qual mestiere esercitasse. -</p> - -<p> -— Tesso con fiori la trama della vita umana. -</p> - -<p> -— Che diavolo di stoffa è questa! sclamò il -mercante passando colla mente in rassegna le -tele dell'Olanda, i pizzi del Belgio, e le mussole -della Svizzera. Diede di mano ad un <i>metro</i>, che -stava presso al banco del giudice, e mostrandolo -<span class="pagenum" id="Page_91">[91]</span> -alla poverina, le chiese se avesse inteso -favellare di quella misura. -</p> - -<p> -Smarrita da tanta sconoscenza, ella, che pure -aveva cantato tante glorie e consolato tanti dolori, -fuggì ratta, e da quel dì più non si vide -attorno..... -</p> - -<p> -Malgrado il continuo va e vieni di piroscafi, -di barche, di vetture, di carri, di bestemmie -e di pugni fra vetturali e facchini, noi passammo -una deliziosa serata all'albergo del Belvedere, -ammirando dal balcone esteriore della casa il -bel golfo ticinese riflettere gli ultimi chiarori -del sole che tramontava incendiando le nubi -che coronavano le vette della Valticino, mentre -il <i>maître d'hôtel</i> ne raccontava le avventure dei -suoi viaggi. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Sulla bella via che tende da Locarno a Bellinzona -v'ha una graziosa casetta, che si pavoneggia -in mezzo ad un giardino senza fiori. La -domenica v'è un chiasso da non dirsi di strilli -musicali, di danzatori che s'avvolgono in un -turbine polveroso, di battimani degli assistenti, -in mezzo ad un va e vieni di ciotole di birra; -che quella è una birreria, la più bella, la più -frequentata di Locarno. Una brigatella di suonatori, -ignoro se di mestiere — non posso dire -dell'arte — o dilettanti, — nel caso sono pur -discreti a dilettarsi con sì poco! — soffiava a -tutto polmone negli strumenti più o meno assordanti, -inaffiando di quando in quando la gola -riarsa con un sorso di spumante birra. I -danzatori — i maschi stavano alle femmine in -<span class="pagenum" id="Page_92">[92]</span> -ragione del cento per uno — mescevano di -quando in quando birra alle danzatrici, mentre -i curiosi in giro e gli altri avventori ai tavoli -in giardino, sullo steccato dinnanzi alla casina, -gridavano battendo colle ciotole vuote: birra, -birra! Io chiusi gli occhi — e, meno l'assenza -dell'armonia nei chiasso strumentale — mi pensai -di essere in Germania con un <i>schop</i> in mano -e l'inevitabile pipa in bocca. -</p> - -<p> -E mi parve di sentire attorno la lingua di -Klopstok raccontare la curiosa leggenda di Gambrino, -il quale, come Noè il vino, scopriva la -birra, e meritavasi così di essere raffigurato -tra Schiller e Goethe su tutte le ciotole delle -birrerie tenere della gloria alemanna. Vispe e -procaci ragazze correvano attorno servendo lo -amarognolo liquore, e ritraendone il prezzo e -per giunta lo scoccare d'una interrogazione galante -o d'un bacio sulle umide mani; una sottile -nebbia piena di visioni cominciava ad avvolgere -coi veli incerti la sala..... Quell'avventore -pensieroso era senza dubbio Fausto. — -Quell'altro dalle unghie lunghe e la barba da -caprone, se non spirasse la fatua gloria di un -damerino provinciale, sarebbe senza fallo Mefistofele -— quel tale che parla sì forte di patria -e di forche pei tiranni è forse l'ombra di -qualche Niebelungo in sessantaquattresimo — -là una zingara che studia su fatidiche carte la -vostra sorte — qui una canzone di Körner, più -in là dal crocchio di studenti una lezione eretica -di Strauss..... -</p> - -<p> -Io era ingolfato in piena Germania, e stava -per essere anch'io della partita, quando un vicino -importuno sclamò: -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_93">[93]</span> -</p> - -<p> -— Io vi ripeto, che per un bicchiere di vino -delle Fracce do tutta la birra e la birreria, -colla musica per soprappiù. Che volete? sono -Italiano! -</p> - -<h3 id="parte1-13">XIII. -<span class="smaller"><i>La malinconia a Cannobio — Non tutti i cattivi -principii hanno cattiva fine — All'indiscreto -lettore.</i></span></h3> - -<p> -L'aria è soffocante: non un alito di venticello -sfiora il lago; ma Cannobio che all'aspetto -esteriore presi per la patria della melanconia, -è dimora d'una costante brezza, che tutto -mi fa fremere deliziosamente. È il più fresco -villaggio di tutto il lago, come ne è forse il -più freddo nell'inverno. -</p> - -<p> -Cannobio ha un aspetto originale. Adagiato -in riva al lago fra una gola di erti monti boscati, -presenta una serie di case variatissima. -A destra verso la Cannobina, torrentaccio insolente, -dieci o dodici antichissime case di pietra, -la maggior parte delle quali in semirovina -con finestre sfondate, usci disarpionati, tetti -cadenti, mentre la spiaggia è popolata di lavandaie -e di pescatori. Queste rozze topaie sono -divise dal resto da una bella chiesuola, in cui -— senza parlare di Bramante che la disegnava, -nè del ricco pavimento a scacchiere di marmo -— s'ammira una bella tela del Rafaello delle -montagne, Ferrari Gaudenzio, rappresentante la -discesa dalla Croce. Questo tempio sormontato -<span class="pagenum" id="Page_94">[94]</span> -da una cupola attorniata da colonnette a portico -in giro è rivolto verso l'interno del paese. -</p> - -<p> -Dal tempio, che così visto dal lago non è -meno bizzarro del resto, corre una fila di case, -l'una dall'altra diversa, innanzi a cui s'innalzano -antichi platani, che ombreggiano un tratto -di terreno irregolare senza spiaggia, ma orlato -al lago d'un muricciuolo su cui siedono e si -appoggiano al rezzo delle piante foltissime ragazzi -e fanciulle ed i faniente del paese. Di -queste case una presso la chiesa ha la figura -di una casa lombarda del <span class="smcap lowercase">XVI</span> secolo: varie -iscrizioni in marmo dormono sul muro grigiastro -fatto più scuro dal contrasto dei muri -vicini a colori vivi, qua e là un po' scoloriti -dalla pioggia, come quelli delle villeggiature -della Liguria. Quell'altra ha le inferriate gibbose -alle finestre ed i balconi e le persiane e -le tende delle case spagnuole. Poi nella ressa -che fanno, stringendosi una addosso all'altra, -per stare a vista del lago, un altro gruppo di -case a portici, a piani sporgenti, slavate, scornicciate -dal vento e dal tempo. Ecco Cannobio -dal lago. Entrate, se è possibile, girando lungo -la Cannobina dalla parte opposta, non lo riconoscerete. -Un'ampia, lunga e pulita via adorna -di belle abitazioni, una piazza con un bel tempio -vi fanno affatto ricredere che il borgo sia -un ammasso di trabacche annerite e spiombate -come da buon tratto della sponda. -</p> - -<p> -Si direbbe che l'egoistico amore d'una tranquillità -assoluta abbia vestito così tristamente -la fisionomia esteriore della borgata per tener -lungi ogni contatto straniero. Il laghista è generoso, -ma poco socievole. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_95">[95]</span> -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Passai varii giorni al rezzo dei platani di -Cannobio. Tramontato il sole, in gondola. La -sera vogava attorno alla rupe profonda di Pino, -grazioso paesello sopra un erto promontorio -vestito di castagni e che si pavoneggia mirandosi -addoppiato dall'onda. -</p> - -<p> -Ritorniamo ad Intra; cerchiamo un barcaiuolo. -Una ventina stanno alla spiaggia, parte racconciando -attrezzi di pesca, parte dormendo distesi -lungo il muricciuolo all'ombra dei castagni. -Questo giovane tarchiato dallo sguardo insolente -e col frusto di sigaro fra i denti, mi -garba assai. Questo vecchio con quella nidiata -di ragazzacci attorno è un vero tipo di quegli -apostoli che il vigoroso pennello di Tintoretto -scolpiva sulla tela a Venezia. -</p> - -<p> -Mentre io me ne stava guardando l'animato -quadro, che mi si spiegava dinnanzi, apparì -non so di dove una bella creatura, diciottenne, -bionda come un'Inglese e tutta spilloni d'argento -alla nuca, come la Lucia dei <i>Promessi -Sposi</i>. Ella venne presso uno schifo legato a -terra e vi depose un paniere. Quella testa era -stupenda; non era un profilo greco e qualunque -pittore l'avrebbe plasmato qual era. Sulla -sua fronte non si leggeva un pensiero che non -fosse di gioia; il sole le aveva indarno abbronzato -il viso, mentre il collo appariva, sotto il fazzoletto -rosso, di rara bianchezza..... Non parliamo -di grazia del suo collo piegato a leggera -curva più grassoccio che magro. Il petto ricolmo -<span class="pagenum" id="Page_96">[96]</span> -palpitava sotto una vestina, che aperta -mostrava una bianca camicia raccolta a sottili -pieghe. Due scarpe quadrate malfoggiate tradivano -un piede snello, irrequieto. -</p> - -<p> -Saltò nella barca con agilità e mi sorrise. -Che faccia la barcaruola? Perchè no? Ne ho -viste tante ad Intra! E colla maggior grazia -del mondo: -</p> - -<p> -— Vorreste, bella ragazza, noleggiarmi la vostra -barca? -</p> - -<p> -— <i>Smorbion</i>! Mi rispose seccamente, mentre -quel certo vecchio del Tintoretto senza nemmeno -toccarsi il cappellaccio di paglia con un -piglio tra l'arrogante e l'offeso mi si era piantato -dinnanzi, tra me e la forosetta. -</p> - -<p> -— Cosa vuole da quella ragazza? -</p> - -<p> -— Ve lo dirò, quando mi avrete spiegata -quella parola <i>smorbion</i>..... -</p> - -<p> -— Quella parola vuol dir insolente, petulante, -cattivo soggetto. -</p> - -<p> -Davvero che quel vecchio animandosi, imporporandosi, -mi diventava sempre più interessante; -il petto velloso scoperto, gli occhi -ancora raggianti di forza, i lineamenti improntati -dalle tramontane, m'impedivano affatto di -irritarmi. -</p> - -<p> -È inutile dire, che dopo poche parole il vecchio -era tranquillo sulle proposizioni da me -fatte a quella tosa, e che il cerchio ragunatosi -d'allocchi desiderosi di essere spettatori d'una -scena di pugilato, rimase con tanto di bocca -quando mi vide saltare col vecchio nella barca, -ove già stava la bella Peppina. -</p> - -<p> -La Peppina se ne andava a Maccagno: perchè -non v'andrò io pure? Una mezz'ora con lei -<span class="pagenum" id="Page_97">[97]</span> -merita una visita a Maccagno. Nella gondola -entrambi seduti a poppa, ella non era più così -sospettosamente selvaggia. Non vi parlerò nè -delle sue belle treccie, nè delle sue scarpe -troppo grandi, non del corallo delle labbra, nè -degli occhi azzurri come il lago, nè delle sue -calzette bianche di bucato. Ma perchè non dirò -che un eroe avrebbe desiderato di riposare il -capo su quel petto palpitante di vita e d'amore? -Nel paniere erano frutta: ne mangiammo assieme; -scendemmo a Maccagno, salimmo una -lunga erta boscata ed ombrosa in cima alla -quale un piccolo villaggio. -</p> - -<p> -Passai qualche giorno a Maccagno fra la pipa, -i disegni, i racconti, che la cara forosetta mi -narrava sulle sponde dell'ameno Delio, percorrendo -i boschi, e..... Che cosa è questo ammiccare -degli occhi, garbato lettore? -</p> - -<p> -— Finisci adunque la frase. -</p> - -<p> -— Nossignore. Merita forse che io le faccia -vedere i bei granchi a secco che la piglia, -quando vuol dar retta alle mormorazioni della -più volgare malizia? Se non capisce lo scopo -dei miei racconti, peggio..... -</p> - -<p> -— Ho capito. Vorresti darmi ad intendere, -che la laghista, popolana, è tanto amabile e generosa, -stretta conoscenza, quanto è ritrosa e -selvaggia, a primo incontro. -</p> - -<p> -— In verità, che se non fosse mio lettore -le direi, in confidenza, che l'è un pesca granciporri... -La laghista sotto ogni aspetto è più -cara del laghista. Il sorriso del cielo e del -paese le persuadono l'amore. Ma teme l'amore -e lo sfugge volentieri... Innamorata è la donna -— a quanto mi si disse — più generosa del -<span class="pagenum" id="Page_98">[98]</span> -mondo. Quante volte le grazie femminili temperano -la volgarità maschile, qui come dapertutto! -Le aggiungerò, signor lettore, che se i -laghisti non fossero gelosi come tutti gli altri -italiani, io vorrei intonare un inno, a grande -orchestra, alle gentili abitatrici delle sponde -verbanesi.... Torniamo dunque in buona pace -alla Peppina. Se m'avesse risposto a Cannobio: -</p> - -<p> -— Signore, questa barca non m'appartiene; -io non avrei passato una settimana lassù. Dopo -questa, la bella Peppina partiva per Milano lasciandomi -a ricordo una folla di pazze leggende, -con cui aveva popolato i castelli di Cannero e -i boschi di Maccagno. -</p> - -<p> -Che andava a fare a Milano? A cangiare di -scarpe, mi rispose sorridendo. Ad ogni modo -la fortuna ti sia propizia! -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -— Compagno mio, voi mi tenete il broncio, -e mi pare di non avervene data cagione. Vi -compatisco: il pensiero corre qualche volta laggiù -fra le mura della vostra città... Voi non mi -rispondete? Mi guardate sospettoso... Sotto il -saio sgualcito, fantastico dello zingaro, Dio sa -chi potrebbe nascondersi, n'è vero? L'abito abbottonato, -una mano sulla tasca, un'educata -smorfia di noia sulle labbra... La cera ed il -silenzio parlano qualche volta con rara eloquenza. -Chi sa quanti sotto queste spoglie non -avrebbero sospettato un giornalista ricco di speranze -e d'appetito in cerca d'<i>associati</i>; un aspirante -al Parlamento in giro pel circondario -<span class="pagenum" id="Page_99">[99]</span> -promettendo il ritorno dell'età dell'oro; un -commesso di libraio che pretende colla minaccia, -o la borsa o la vita, <i>una firma</i> per un'opera -mai più vista, a cui posero mano cielo e -terra! -</p> - -<p> -— Zingaro, mi pare che voi m'abbiate promesso -di guidarmi dal Verbano alla Svizzera -per l'Ossola e la cosa va alle calende greche. -Sono oramai stanco di asolare. Alla fin fine che -m'avete voi fatto vedere? Invero io m'aspettava..... -</p> - -<p> -— Una lanterna magica o un cicerone di -piazza? -</p> - -<p> -Se desiderate <i>vedute</i> compratevi delle fotografie. -Vorreste forse sapere il nome di tutto -ciò che sfila dinanzi agli occhi? Vorrei potervi -dire il nome dei signori di questa e di -quella villeggiatura; ma per mia disgrazia non -oso ficcare il naso oltre il cancello del giardino -per aspirare ad aperte narici l'olezzo dei -miei carissimi fiori..... Se in quell'istante capita -il portinaio, arrossisco come un ladro, tanto -più che è difficile che m'inviti ad entrare. Cogli -zingari, si è già troppo cortesi quando si lasciano -traguardare da un'inferriata. Pensate, -se mi capita un grazioso signore, se io con -questa maledetta indole oserei dirgli: -</p> - -<p> -— Servitor suo, io sono uno zingaro, ma di -quelli che rubano solamente cogli occhi e col -naso... mi permetta... scombicchero un libro... -farò cenno e lode di lei... Scusi... per mia regola... -a che ora pranza? Non voglio disturbarla... -— Metterei la mia rispettabile schiena -a rischio di farsi gramolare. -</p> - -<p> -Con questo sistema, scrivendo difilato di tutto -<span class="pagenum" id="Page_100">[100]</span> -e di tutti, io, sapendolo fare, avrei scritto un -librone in-folio, ed il lettore non l'avrebbe comperato -per non saperlo ficcare in tasca. È vero, -salto di palo in frasca; ma v'assicuro che ciò è -unicamente per darvi agio a respirare. Insomma -ditemi il vostro piato. -</p> - -<p> -— Voglio dirvi che voi non mi avete ancor -dipinto qualche singolarità in mezzo ad una -natura pur singolare per varia bellezza. -</p> - -<p> -— Giuggiole! E dove la prendo io? -</p> - -<p> -— Lo scultore del fango forma una Venere, e -voi mi fate viaggiare in lungo e in largo il -lago........ -</p> - -<p> -— Annoiandovi? -</p> - -<p> -— L'avete detto. Voi non mi parlate che degli -alberi, delle montagne e delle onde. Pare che -il lago non sia abitato. -</p> - -<p> -— Ma e Manzoni e Massimo d'Azeglio? -</p> - -<p> -— Eh! Si conosceva come gente di casa, -quando voi senza fallo eravate ancora cullato -dalla balia colla cantilena del ninna nanna. -</p> - -<p> -— Che volete? Conversare dei morti non mi -talenta, e dei vivi, quand'anche potessi loro conferire -l'immortalità, non ne ho punto voglia. -Se alcuno non trova il suo tornaconto, se la -pigli col lettore indiscreto. I nomi maiuscoli di -quelli che fanno parlare di sè in Italia, è inutile -che io li ricanti. Parlare di sconosciuti è cosa -poco allettevole per voi e pericolosa per me, -chè nella lode non avrei sempre la sanzione dei -conterranei del genio incompreso. -</p> - -<p> -Tutto il lago possiede uomini d'ingegno vivace, -senza farne però gran caso: tutti i libri -di laghisti pubblicatisi vi ebbero pressochè -nessun esito. Non avete mai veduto in un frutteto -<span class="pagenum" id="Page_101">[101]</span> -un albero chiomato di fronde rigogliose -di fiori e di frutta lasciarsi involare dal vento -i più odorosi e le più saporite? Il laghista non -legge. -</p> - -<p> -La popolazione industre, laboriosa ama il litro -più del libro... Chi oserebbe rimprocciarnela? -Lo stesso lord Byron direbbe che hanno -ragione. -</p> - -<h3 id="parte1-14">XIV. -<span class="smaller"><i>La tempesta sul lago. — Quando non si fanno -cerimonie.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>È cosa curiosa l'amore della vita!</b></p> -<p class="i10"> <i>Un beccaio.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -Un'immensa nube nericcia s'addensava sui -monti che rinserrano il lago al nord; il lampo -di quando in quando guizzando in quell'oscuro -vôlto rischiarava un istante i profili rotti delle -montagne. L'aria soffocante, un'afa di prigione -senza uno spiraglio, nessun tuono ancora. -</p> - -<p> -Verso le supreme cime dell'Ossola le nevi -rischiarate dal tramonto, contrastavano coll'orizzonte -come luccicanti armature mal celate -sotto la bruna cappa d'un antico cavaliere. -</p> - -<p> -Il Mergozzolo, che d'ordinario soffia un alito -di frescura sul golfo delle isole, pareva addormentato -sui morbidi cuscini della sua verzura. -Ma in fondo del lago, dalla pianura lombarda, -sorgeva una straordinaria cortina di nubi rossiccie, -sanguinose, che toccavano il cielo. Ad -<span class="pagenum" id="Page_102">[102]</span> -un istante, mentre i laghisti mirano le barchette, -che s'involano con rapido alternar di -remi dal mezzo della tremula pianura, un rombo -lontano, crescente, incessante annunziò la tempesta -colle sue artiglierie. -</p> - -<p> -Il vento inferiore o <i>inverna</i>, si scatenò subitamente -sul lago, che si coprì tosto di spuma -leggera, di piccole onde e in meno che il dico -di grandi cavalloni, i quali emulando i marini -venivano ad abbattersi sulla ciottolaia della spiaggia -con un lungo stridìo. -</p> - -<p> -Sulla strada che orla il lago il turbine avvolgeva -la polvere in altissimi spirali, in cui -tratto tratto sparivano le vetture, le persone, -gli animali fuggenti qua e là. A riva, le lavandaie -malgrado il loro affaccendarsi a raccogliere -i panni sciorinati, a gettar sassi su quelli che -erano stesi a terra, videro una miriade di lini -variopinti preda del vento svolazzare sulla -strada, sulle case, sul lago. L'aria era tutta polvere, -fiori divelti, foglie, profumi, cappelli di -paglia, non senza qualche ombrello vagante a -grado del turbine, divelto Dio sa da quali -manine! -</p> - -<p> -Alla calma era successa di repente la più disordinata -agitazione; era un correre generale, -aria, gambe, remi. Lo sbattere delle persiane -e delle invetriate che andavano in frantumi -precorse d'un istante un lampo vivissimo ed -un rumoroso tuono, che fu per la tempesta -come nella battaglia il primo fuoco dei bersaglieri -avamposti. -</p> - -<p> -L'uragano è precipitato; la schiuma dei fiotti -vola a larghe falde nell'aria per ricadere sopra -la nostra gondola in finissima pioggia. Col vento -<span class="pagenum" id="Page_103">[103]</span> -in poppa, con mezza vela in asta l'<i>invernone</i> -ne cacciò in poco d'ora dalle coste amenissime -d'Intra fin presso Cannero. Allo svolto del monte, -che si protende sul lago tra Cannero e Cannobio -sotto al sasso Carmeno, il lago cambiò -fisionomia. Un violento aquilone si abbatteva -dalle gole del S. Gottardo sul lago. Una terribile -lotta s'impegnò tra la tramontana e l'invernone. -Le onde risospinte, mozzate, sbattute -non avevano più direzione. Il lago era tutto -bollente d'ira e di schiuma, mentre il cielo era -tutto fuoco, ed i monti echeggiavano sordamente -alle incessanti scariche dell'elettricità. -Di quel lago sì variamente bello di monti e -colline verdissime, d'onde azzurre del sereno -del cielo nulla più appariva. -</p> - -<p> -Il vento sibilava sinistramente nelle pinete; -le strade deserte dalla popolazione chiassona; -le onde emulanti il furore del mare, mentre la -grandine ed una pioggia a rovesci formavano -una fitta cortina, fra cui apparivano in lontananza -i paeselli a riva, a mezza costa, le isole -in mezzo ad una tinta grigiastra. Dappertutto -la forza, la maestà del temporale: la grazia era -scomparsa. -</p> - -<p> -Il gondoliere abbassò ad un tratto la vela e -fu in tempo. Le onde mentre alzavano alta la -prua si gettavano da poppa sulla gondola. In -quel tramestio il vento ne cacciò — i volti impallidirono -— fra le torri dei castelli di Cannero, -mura liscie, nere, senza porte, a picco nel -lago da cui sorgono. -</p> - -<p> -Il loro aspetto tra il castello feudale, la prigione -ed il covo di pirati è sinistro. Quando -questi solitarii avanzi del delitto guardano dalle -<span class="pagenum" id="Page_104">[104]</span> -oscure occhiaie la ripa vicina, le piante rabbrividiscono. -Più d'una divenne paralitica. -</p> - -<p> -Il vento entrando nella fessura dei muri, -dalle finestruole, dalle fuciliere strideva orribilmente. -Al barcaiuolo omai sfinito parve di -sentire in quelle abbandonate stanze risa di -scherno, che gli diacciarono le ossa. -</p> - -<p> -Mi assicurò che erano le ombre dei cinque -fratelli pirati già re di quello scoglio. Per nostra -fortuna l'aquilone in quel momento abbatteva -il suo rivale: dietro al castello verso -Cannero potemmo gettarci sopra una piccola -spiaggia in faccia all'isolata torre della Malpaga. -La barca tratta da quella furia di vento girò -sopra se stessa rapidamente, passò innanzi alla -torre, quando un'onda la sollevò in alto per -stritolarla un momento dopo sulla scogliera. -La notte era discesa cupa, oscurissima: in quella -tenebrìa non si sarebbe potuto scorgere anima -viva! -</p> - -<p> -Il barcaiuolo, tremante, accennava al chiarore -dei lampi una frotta di spazzacamini già naufragati -poco lungi presso Cannobio, che diguazzando -cercavano colla rabbia della disperazione -di salvarsi sopra i frantumi della barca. -Quei volti gonfi, dai capelli verdastri, erano -orribili. La caliginosa tinta lottava invano colla -pallidezza cadaverica: gli occhi roteavano con -sguardi di desiderio, di terrore nell'agonia. Un -piccolo ragazzo fra i naufraghi era giunto ad -impadronirsi d'un remo. Suo padre gli chiedeva -aiuto, una mano per salvarsi. Il ragazzo -attese che il padre fosse vicino, e con un colpo -della rastia gli fracassò le cervella. L'annegato -calò a fondo e ritornò a galla presso il figlio: -<span class="pagenum" id="Page_105">[105]</span> -afferratolo pei piedi lo sbalzò dal remo. Ogni -frusto della barca era l'oggetto d'una lotta. Avviluppato -nella vela, legato, soffocava il vecchio -arruolatore di quei neri operai, invano chiedendo -aiuto: una dozzina di ragazzi stringeva -colle braccia convulse il corpo galleggiante di -chi li nutriva......... -</p> - -<p> -Intanto presso Pino appiedi a quel crocifisso, -che stende invano le braccia ai naviganti, succedeva -una scena poco dissimile. Uno schifo, -su cui due fidanzati, urtava in quella roccia e -tutto spariva.... In quella notte l'annegata veggendo -il suo caro dormire fra l'alghe in fondo -al lago, leggiera si spiccò alla superficie e dopo -mille tentativi inutili, colle mani sanguinose -potè appigliarsi ad uno sterpo, che sorgeva in -una fessura della roccia. -</p> - -<p> -Lo sterpo è sufficientemente robusto: ancora -un istante e la bella è salva, quando ad un -tratto il suo corpo è strettamente avviticchiato. -Prega la misera, prega, supplica, assicura, giura -che lo farà salvo fra un istante: ma tutto è -vano. -</p> - -<p> -Ella sente smarrirsi le forze, sdrucciolare -sull'ammuffata roccia, lo sterpo sbarbicarsi per -il soverchio peso..... la brutta morte s'appressa -nuovamente inevitabile. -</p> - -<p> -Allora un pensiero d'inferno balena alla sua -mente..... quella mano, che ha fra le dita l'anello -nuziale, abbranca ratta un'affilata pietra... -Il fidanzato non è più, ma il suo corpo non si -è staccato dal funereo amplesso: le braccia, il -petto non sono più animati, il volto pallente, -la lotta è cessata, ma il nemico resta e implacabile, -spaventoso. Ogni sforzo della bella è inutile, -<span class="pagenum" id="Page_106">[106]</span> -lo sterpo si sradica sempre più, ed ella si -sente tirare al fondo dell'abisso fra le sue bestemmie -all'amante, fra le convulsioni degli -sforzi per guadagnare la vita. -</p> - -<p> -Mi svegliai madido di freddo sudore ad una -bella aurora, che su tutto il lago spargeva fiori -e perle, dopo queste orrende visioni dell'amore -della vita, che mi richiamavano ancora confuse -le parole a doppio senso del barcaiuolo a me -che lo interrogava nella tempesta, se m'avrebbe -condotto a riva a nuoto: -</p> - -<p> -— Eh! in queste occasioni non si fanno cerimonie! -</p> - -<h3 id="parte1-15">XV. -<span class="smaller"><i>Treffiume o Trafiume — Dammi amore e ti do -un mondo.</i></span></h3> - -<p> -Un bel mattino, di Cannobio m'avviai verso -Trafiume di buon passo. L'aria frizzante della -valle Cannobina, in cui io m'innoltrava, raffrescandomi -tutta la persona, faceva sì ch'io corressi -per quella stradicciuola come se avessi le -ali ai piedi. Io non correva punto a deliberata -meta; correva perchè.... correva! -</p> - -<p> -Chi potrebbe tentare l'enumerazione di tutti -i moti dei quali non è ben nota la causa efficiente? -Un giorno berresti un fiasco di lacrimacristi, -al domani ti spinge una vera necessità -di seppellirti lungo e disteso nelle lamentazioni -di Young. Quel dì io avrei piuttosto -bevuto alla vostra salute un sorso di lacrimacristi -<span class="pagenum" id="Page_107">[107]</span> -e lasciato ad altri il piagnone inglese. -Come pensare a tante melanconie quando il -cielo è sorridente, fresca l'aura, più verdi le -piante, più garrule le rondini, e lo stesso torrente -ha voce più armonica? La valle Cannobina -triste per avarizia di natura era meno uggiosa. -Con queste divagazioni mentre sto per passare -sopra un antico ponte, eccomi là in fondo tra -i castagneti Trafiume. -</p> - -<p> -Perchè <i>Trafiume</i> s'egli non è a mezzo le acque? -Dove sono gli archivii del comune? Le -antiche pergamene? Il biricchino a cui io moveva -queste domande per appagare il mio onestissimo -desiderio di condire al lettore la passeggiata -con un cicino di storia secondo i buoni -costumi della buona letteratura... Dove mi trovo? -Ecco cosa mi tocca con questo benedetto divagare -e saltare di palo in frasca! Ah! Eccomi -sulle rotaie. Il monello andava a scuola a Cannobio, -ove studiava nientemeno che la storia, -l'aritmetica, la geografia e la lingua italiana, ed -a prova palpabile degli studii portava accollato -al dosso un certo zibaldone di libri, o cartellone -che vogliate, di tale mole, che il <i>puer sudavit -et alsit</i> non fu mai appiccicato sì a dovere. -Quel professore in erba mi disse adunque che -il villaggio in discorso era Treffiume. -</p> - -<p> -— Caspita! Tre fiumi? Dove sono questi fiumi? -Il monello mi guardò estatico, poi di trotto -che il fastello dei libri gli saltellava sul dosso, -partì in mezzo ad un nugolo di polvere, piantandomi -sul ponte a fare conversazione con una -antica statua di pietra. -</p> - -<p> -Disperato di non trovare la sospirata etimologia, -mi avanzo oltre il paesello nella vallea -<span class="pagenum" id="Page_108">[108]</span> -pensando se non mi sarebbe dato di essere il -Colombo dei tre fiumi di Treffiume. -</p> - -<p> -Oh! eccomi chiusa la via: il torrente s'allaga -nell'uscire da un oscuro e cavernoso canale fra -due roccie ertissime congiunte lassù da un -ponte, che da un tempietto valica l'orrida forra. -</p> - -<p> -Una provvidenza di barchetta mi attendeva, -ed io meno confidente di Colombo, quando salpava -coi legni Ispani per la patria delle contraddizioni -e dei <i>rewolvers</i>, m'avventurai in quel -quasi sotterraneo canale a mille doppi più periglioso -della Manica. -</p> - -<p> -A dritta cento sassi screpolati, scagliosi, tentennanti -sul tuo capo: a sinistra una roccia spossata -di stare lassù abbracciata al monte e che -aspetta forse una sola parola dell'eco per abbandonarsi -nelle braccia della legge di gravità, -e sotto al fragilissimo schifo un gorgo profondo.... -Scilla e Cariddi! Eppure la voluttà vertiginosa -del pericolo m'invita oltre la soglia -della forra, ed io, compreso da religiosa temenza, -susurro al gondoliere: voga! voga! Ed -egli voga, ed i vivi raggi del sole non osano -entrare con noi in quella misteriosa stanza, in -cui certo fra l'ombre ed il mormorio delle -acque amoreggiano..... -</p> - -<p> -Ma che? Il navicellaio è scomparso, e dall'onde -una dolcissima figura nuotando silenziosa, -conduce con una mano lo schifo, ed io ammiro -quelle forme divine su cui le chiome diffuse e -l'onde fanno dubbioso velo..... or eccola a prua, -assisa, che con mano sicura, spingendo ora a -destra ora a sinistra, m'addentra nell'umido laberinto. -Io la guardo..... con occhi sì desiosi di -una sua novella che valga a snebbiarmi il cervello, -<span class="pagenum" id="Page_109">[109]</span> -che essa mi sorride e mi dice che s'io -bramo conoscere la sua storia, devo seguirla -nelle sue stanze........ Il rauco fragore della cateratta, -a' piedi della quale siamo giunti, si mesce -al dolce suono delle parole dell'ondina....... Ella -m'indica il profondo dell'abisso invitandomi a -seguirlo. Io, palpitando con mille moti di terrore, -di ansietà e d'ammirazione, l'ascolto e la -fiso estatico........ La corrente lene lene ne conduce -con essa, mentre la ninfa dello speco, appoggiato -il gomito sulle ginocchia, ne fa sostegno -al capo, e..... -</p> - -<p> -— Ricusi? Vieni laggiù con me ed io quante -gioie ha amore tutte ti darò. Ancora ricusi? -Sei tu ambizioso? Io ti farò re di queste onde, -e non avrò altra cura che di foggiarti corone -d'alghe intrecciate ai fiori delle spiaggie. Sei -tu avido di novelle e di leggende? Tu poserai -il capo sulle mie ginocchia, e ti racconterò un -mondo di cose che ignori e ch'io ti farò amare. -Sei vago di nuove acque? Ti condurrò nel lago, -e di là pel Ticino e pel Po nell'Adriatico, nelle -lagune popolate di tante memorie di gloria e -d'amore! Vieni... vieni... io t'amo! Io ti farò -colle mie mani un trono di conchiglie a mille -colori più vaghi dell'iride, e quando ti sarà -caro rompere il corso tranquillo dei dì, noi, -lasciata la nostra reggia e spintici a galla, proveremo -la nuova ineffabile voluttà d'abbandonarci -ai fiotti, scendendo veloci nei gorghi e -rimontando sui cavalloni in un letto di molle -schiuma, mentre i canneti e i boschi lungo le -rive ne susurreranno i segreti delle loro ombre. -Oh! vieni, affidati a chi ti legherà sì strettamente -a sè coll'amore, che tu non avrai più -<span class="pagenum" id="Page_110">[110]</span> -cuore di respingerla! Tu tremi?.... Io non sono -bella per te! -</p> - -<p> -E la bellissima in atto di cordoglio copriva -il volto colle palme e la persona colle treccie -copiose. Vergognoso ed in una arse le vene di -inusato foco, io mi gettai a' suoi piedi onde -non mi sfuggisse... era troppo tardi!... Collo -sguardo e co' dolci nomi e colla persona spirante -bellezza singolare continuava a farmi invito... -e lungo la strada a Cannobio io rivedeva -di quando in quando quella strana apparizione -fra le onde riottose del fiume; e mentre il piroscafo -m'involava a quelle acque, io la vidi -ancora nei fiotti schiumanti seguire il solco -scintillante della nave, con mille invocazioni..... -</p> - -<p> -Se voi andrete a Treffiume a visitare l'orrido -di S. Anna, e vi toccherà in sorte di vedere -fra quelle misteriose ombre l'ondina assetata -d'amore, Verbania, la regina del lago, ditele che -senz'amarla non è dato allo zingaro di dimenticare -il primo essere che volesse farlo felice -di tanti doni in cambio di solo amore! -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<h3 id="parte1-16">XVI. -<span class="smaller"><i>Storia d'una pentola.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Il mondo è di chi se lo piglia.</b></p> -<p class="i09"> <i>Prov. Ital.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -La tenebrìa notturna avvolgeva siffattamente -Cannobio in una sera dell'inverno del 1627, che, -<span class="pagenum" id="Page_111">[111]</span> -eccettuati i gatti e i debitori morosi, nessuno -vedeva oltre la punta del proprio naso. Una -tramontana che s'era impregnata d'un nembo -di atomi nevosi sulle diacciaie delle Alpi, arrotava -con tanta furia il suo staffile sibilante -nei chiassuoli, sulle poche insegne delle botteghe, -e sulle impannate sconnesse delle finestre, -che chiunque avesse fatto capolino dalla porta -socchiusa, al sentire l'acuta trafittura sulla cera -e sulla persona, avrebbe senz'altro rinchiuso -in fretta, e sclamato sotto la cappa del focolare: -</p> - -<p> -— Brrr! la non è sera d'andare attorno. -</p> - -<p> -Eppure in quella tenebrìa, con quella tramontana, -con quel gelo, due creature, che non -erano gatti, e si tenevano amendue in credito -l'una verso l'altra, stavano intese a stretto ed -animatissimo colloquio sotto il portico di una -casa verso il lago. -</p> - -<p> -Chi erano quei due? Due ladri? Due pazzi? -</p> - -<p> -Erano due amanti: basta la parola. -</p> - -<p> -Volete provare l'amore, l'amicizia, le passioni -umane? Mettetele alla prova delle privazioni -corporali. Quanti che ti si dicono amici per la -pelle, quando minaccia aquilone o la temperatura -è discesa alquanti gradi, ti passeranno -dallato fuggendo senza fare cenno per tema di -essere colti dalla bufera, o di levare la mano -di tasca per stringere la tua, o per scoprire il -capo! Vuoi conoscere, bella lettrice, se il tuo -vagheggino t'ama? Fallo aspettare le ore e le -ore sotto un portico, un albero, o meglio in -piazza, al vento ed al sollione. Dopo due, tre -ore, secondo il tuo buon cuore, arriva od apri -la finestra... Eccolo là! Non si lagna? Chiede -anzi perdono a te stessa? Via concedigli un -<span class="pagenum" id="Page_112">[112]</span> -sorriso: l'uomo è in gran parte tuo. — Che -più? Chi accetterebbe la gloria a patto d'un -serio mal di denti? -</p> - -<p> -Ma Giovanni Branca avrebbe resistito ai freddi -della Groenlandia anche per udire solo la voce -della vezzosa Bettina. La quale alla sua volta e -per essere caldissima di gioventù e discretamente -innamorata, non rifuggiva qualche volta -dall'uscire sotto il portico a fare quattro ciancie -col Giovanni. -</p> - -<p> -La sarebbe poi la magna indiscrezione la nostra, -se cogliessimo al volo le parole sommesse -degli amanti, facendo capolino dai massicci pilastri -degli archi di quella casa? Con questa -frescura la curiosità non si soddisfa a troppo -buon mercato; ma chi sa? Due parole possono -rivelare qualche gran mistero: una tresca od -un idilio; seduzione, gelosia, rapimento e chi -sa quant'altre saporitissime cose. Zitti adunque: -è l'amante femminino che parla. -</p> - -<p> -— Giovanni! disse con timido accento la fanciulla -tuttora incerta; tu non m'ingannerai? -</p> - -<p> -— Come lo posso io? perchè ingannarti? -Vieni, e tu vedrai se i miei sogni, come tu li -chiami, non hanno ombra di verità. -</p> - -<p> -— Ma se lo zio s'accorgesse della mia assenza? -Sai quanto è burbero con me!? -</p> - -<p> -— Ho avvertito l'Angiolina. La fantesca dirà -che tu sei andata a casa di tua cugina..... Ma, -te ne prego, non perdiamo un istante... Tu -esiti ancora? -</p> - -<p> -— Elisabetta! se alcuno ti vedesse, povero -il tuo onore! -</p> - -<p> -Giovanni, malgrado la notte oscurissima, vide -il volto della bella impallidire, e sentì la mano -palpitante di lei sciogliersi dalle sue. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_113">[113]</span> -</p> - -<p> -— Bettina, io credeva che tu m'amassi! La -voce di Giovanni era sì scorata, rivelava sì intenso -dolore, che la fanciulla sentì venir meno -il proposito di non accondiscendere al desiderio -del giovane, e dato uno sguardo alla via buia -sclamò: -</p> - -<p> -— Ebbene, sia; ma io non t'accordo che dieci -minuti. Rientrò guardinga nell'abitazione, e -dopo pochi istanti in cui al povero Giovanni -pareva gli si dovesse dal gran battere scoppiare -il cuore, ne uscì avvolta in un mantello, mentre -la vecchia fantesca rischiarava il passo con una -lucerna, facendole schermo dal ventare colla -mano. Il giovane all'apparire subitaneo di una -lunga striscia di luce, che dalla porta socchiusa -dritta saettò nella strada, e sentendo la Bettina, -che gridava più forte che non era necessario: -</p> - -<p> -— No, Marta, non ho bisogno di lume; siamo -a due passi; sta in casa... avrebbe voluto gettarsi -in un androne per non essere scoperto, -se pure ei fosse stato in tempo: la vecchia lo -avrebbe quindi scoperto senza fallo, se, appena -essa fu sotto il portico, amore — gran contrabbandiere -è amore! — non avesse con un -buffo spento la lucerna... La sferza della tramontana, -che con mille diverse orribili voci -fischia attraverso alle piante brulle ed ai comignoli, -assai più delle parole della padroncina, -persuase eloquentemente la vecchia, che il meglio -era ritornare ad accocolarsi al focolare. La -fante sospirando: granchè questa gioventù! -rientrò, richiuse, mentre la giovinetta si slanciava -nelle dense ombre della via, ove, a pochi -passi, il tutto suo Giovanni la raggiungeva. -</p> - -<p> -Entrambi, senza dir motto, sulla punta dei -<span class="pagenum" id="Page_114">[114]</span> -piedi, brancolando fra le mura ineguali e sporgenti, -evitando le fossatelle e più gelosamente -i passanti, dal portico sulla sponda del lago, -giunsero all'ultima casa di Cannobio verso la -valle. Giovanni, schiusa la porta, con mano trepidante -introdusse l'amica nella stanza a pian -terreno, poi serrate prudentemente le imposte -delle finestre, per una scaletta angusta la trasse -in un'ampia cameraccia al primo piano di quell'antica -abitazione, dove in pochi minuti le -vampe di un bel fuoco illuminarono le pareti -stinte, quasi nude, ed intiepidirono l'ambiente. -</p> - -<p> -Ma l'una per la corsa affannosa e per quella -certa trepidazione che non iscompagna mai la -fanciulla che si trova per la prima volta sola -in balìa dell'amante, l'altro pei mille sentimenti, -che gli tumultuavano nell'animo, non che le -punture del freddo, sentivano il sangue più -bollente rifluire dal cuore al capo con insolita -ardenza. -</p> - -<p> -Il giovane, messo innanzi alla Bettina un -piatto di ciambelle, a cui ella fece il più bel -viso del mondo, tolse da un cofano antico una -grossa pentola, la quale invece di coperchio -aveva sovrapposta una sì curiosa scattola pure -di rame con certi congegni non mai visti, che -la ragazza guardava l'ordigno con occhio stupito, -e cessava un momento di masticare. Dai -congegni della piccola caldaja una funicella correva -all'asse di un arcolaio. -</p> - -<p> -Bettina, quando Giovanni pose dinnanzi a lei -l'arcolaio, scoppiò in una solenne risata..... Il -giovane, gettato con ira il cappello in un canto, -proruppe: -</p> - -<p> -— Da te io non m'aspettava questa maniera -<span class="pagenum" id="Page_115">[115]</span> -di conforto..... Ma tu hai ragione, tu ignori che -questa ruota rappresenta a' miei occhi un mondo -d'innovazioni. -</p> - -<p> -Le fiamme avvampano crepitando sotto la caldaia, -e già il vapore si sprigiona con veemenza, -quando ad un tratto il giovane ottura il foro, -da cui si sviluppa fumante... La giovinetta meravigliata -si ritrae un passo dal focolare e vede -la ruota dell'arcolaio girare rapidissima sopra -il suo asse -</p> - -<p> -— Dunque non saremo più costretti a filare, -n'è vero, Giannino? -</p> - -<p> -— Qua, francamente: che pensi della mia -scoperta? Tu sola la conosci. -</p> - -<p> -La Bettina per dire la verità pensò in quel -momento, che se l'invenzione di Giovanni <i>la -liberava dalla noia del filare</i>, suo zio, il più intollerante -ed intollerabile zio del mondo, non -le avrebbe permesso tuttavia di starsene ad -udire le novelle colle mani in mano — ed -avrebbe voluto dirgli: -</p> - -<p> -— Caro Giovanni, a dirtela tonda, se tu non -trovi che questi ordigni, il nostro matrimonio -non si farà mai più.... Ed io dovrò essere la -moglie d'un mercante d'arcolai? — E l'avrebbe -forse detto, se la fronte di Giovanni non fosse -stata sì pallida, se gli occhi non avessero interrogato -con tanto desiderio... uno sguardo -al soffrente fece svanire il pensiero che le balenava -in mente. E poi il giovane, se non era -un Apollo, poteva tuttavia dirsi una bella e -maschia figura d'uomo, e s'egli invece di ritrarsi -soletto a pensare le ore e le ore, si fosse -mostrato meno restìo ad intervenire ai chiassosi -convegni dei coetanei, per l'ingegno non -<span class="pagenum" id="Page_116">[116]</span> -comune e la piacente arrendevolezza dell'indole, -egli sarebbe stato in breve tempo l'amico di -tutti. Ma il Branca era sì timido! Bettina, se -non di ferventissimo amore, lo amava come le -donne amano quelle nature tenere, affettuose e -pazienti, che s'accontentano di poco o nulla e -non sanno mai chiedere. -</p> - -<p> -— Cosa penso io, o Giovanni? Penso che ti -amo! -</p> - -<p> -Il Branca fu ad un pelo di cogliere un bacio -su quelle labbra tanto eloquenti; ma egli s'era -promesso di spiegare alla Bettina quante speranze -avess'egli fondate sopra la sua invenzione. -Ella si sedette presso al focolare, e Giovanni -così prese a dire: -</p> - -<p> -— Che sia sempre benedetto il momento, in -cui io ti conobbi... Sì, perchè questa mia invenzione, -da cui attendo onore e compenso, -non sarebbe, se il pensiero costante di trovar -modo di possederti non avesse tutte occupate -le facoltà della mia mente. Io non ti spiegherò come -il vapore che emana dall'acqua bollente, compresso, -abbia una forza movente, nè con quali -congegni io sia riuscito a servirmene. -</p> - -<p> -Fatta questa premessa, di cui la Bettina gli -seppe grado perchè le risparmiava una noiosa -litania di nomi e di cose, delle quali non avrebbe -capito un acca, il Branca cercò di farle comprendere -come la sua invenzione applicata ad -un mulino, risparmiasse tempo e fatica. -</p> - -<p> -— Questo tuttavia parmi non sia ancora tutto -il frutto che io posso sperare dal trovato..... -Mille progetti, mille idee tuttora incerte vagano -nella mia mente. Mi recherò intanto a Milano: -io presenterò al vicerè la mia macchinetta: -<span class="pagenum" id="Page_117">[117]</span> -i dottori verranno consultati, e se Dio -vuole, otterrò un privilegio. Allora la mia sorte -non sarà più dubbia; avrò un nome, ricchezze, -e tuo zio si lascierà facilmente persuadere, che -io ti piaccio più che Menico, il mercante di -vino, a cui non sarà dato di possedere te così -bella di gioventù e di grazie, come non giungerebbe -mai a comprendere egli sì trivialmente -positivo, la tua anima sì delicatamente sensitiva. -Allora, proseguì il giovane avvicinandosi alla -fanciulla, a cui buona parte delle parole del -giovine suonavano come una musica dilettosa, -di cui sentiva con piacere l'armonia senza comprendere -il concetto — e prendendone nelle sue -ambe le mani, allora io non chiederò più nulla -a Dio per la mia felicità, poichè Bettina, quella -Bettina che io amo... -</p> - -<p> -— Più della tua pentola, n'è vero? interruppe -la ragazza. -</p> - -<p> -— E di me stesso, sarà mia, tutta mia. -</p> - -<p> -— Sì, Giovanni, per sempre! Ma lascia che -io ritorni....... Senti l'orologio della torre? È -un'ora che io son qui..... -</p> - -<p> -— Un istante! Ma no — tu hai ragione, ed -io non mancherò alla mia promessa. Verrà presto -il giorno in cui potremo amarci e dirlo e provarlo, -senza tema di offendere Dio e l'onore. -Mio malgrado..... Addio. -</p> - -<p> -Giovanni prese la lucerna, accompagnò l'amica -per le scale alla porta di strada, depose il lume -sull'ultimo gradino, e fatto più ardito dalle -soavi parole di lei, con ineffabile affetto le disse -sommessamente: -</p> - -<p> -— Bettina, ti ricorda che un giorno io ti -chiesi un bacio, e tu mi rispondesti che io non -<span class="pagenum" id="Page_118">[118]</span> -l'aveva pure meritato.......... corsero quasi due -anni, ed io, se è possibile, imparai ad amarti -con maggior desiderio e rispetto..... E sì che -fra le purissime gioie d'un affetto corrisposto, -io soffro sovente crudeli torture..... -</p> - -<p> -— A cagione mia? -</p> - -<p> -— No... Sono io stesso che mi tormento. -Quando io confuso nella folla dei balli, ti vedo, -circondata da danzatori, sceglierne uno che potrà -stringerti al suo petto, respirare il tuo alito, -sentire la fragranza de' tuoi capelli, io sento -una mano premermi il petto da soffocarmi, una -voce che mi dice: quegli è felice! Lo invidio! -E questa voce — sentimi e perdonami, o Bettina -— quando questa voce mi dice, che il danzatore, -giovinastro scapestrato, osa nella vertigine -della danza confondere le sue labbra fra -le ciocche... -</p> - -<p> -— Giovanni! -</p> - -<p> -— Sì, Bettina, io allora mi sento soffocare -dalla gelosia, sento bisogno d'aria libera... e -corro all'impazzata pei campi. -</p> - -<p> -— Povero Giovanni! Ma tu sai pure che io -non posso danzare sempre con te... Del resto -hai tu forse motivo di essere geloso? A me -piacciono, lo confesso, lo scherzo, la danza, la -musica, le feste, come a tutte le ragazze; ma -anche allora io non ti dimentico, e quando sei -là timido, quasi rincrescevole di trovarti fra la -brigata festosa, il mio pensiero corre a te che -solo stimo come il migliore, e che amo come -quel solo che mi farà felice. Sei contento adesso? -</p> - -<p> -E la bella fanciulla gettò le braccia al collo -del timido giovane che, tremante, ebbro d'amore, -le colse sulle timide labbra un bacio, il primo, -il più voluttuoso. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_119">[119]</span> -</p> - -<p> -Perchè come in tutte le cose vi sono nella -medesima specie gradazioni infinite, vi hanno -baci che non sono se non l'effetto di due labbra -scoppiettanti sopra una gota, e baci che vi ricercano -tutte le fibre dell'anima e del corpo: -così avvenne al Branca, il quale sentendosi -cingere il corpo dalle braccia della carissima -amica, avrebbe desiderato morire allora allora -e forse, se avesse conosciuto l'avvenire, non -avrebbe avuto tutti i torti. -</p> - -<p> -Giovanni stava per dire addio all'amica, quando -— gli si drizzarono i capelli in fronte, e Bettina, -atterrita, si sciolse da lui — una voce schernevole -dalla strada, attraverso alla porta, disse -queste parole: -</p> - -<p> -— È questa la fine o il principio della fine? -Giovanni Branca, hai dimenticato l'<i>audaces fortuna -juvat</i>? Per voi, gentile fanciulla, io tradurrò -il latino così: Una ragazza quando va in -casa dell'amante, si marita senza prete..... -</p> - -<p> -Il giovane, passato il primo sgomento, volle -slanciarsi, aperto l'uscio, sullo sconosciuto e -farsi ragione dell'insulto, ma l'Elisabetta, smarrita, -si frappose piangendo. -</p> - -<p> -Il lume, urtato, s'era spento cadendo dalla scala. -</p> - -<p> -— Non t'affannare, Giovanni, per le mie parole -indiscrete. La tua fortuna è nelle tue mani -colla tua felicità....... Osa! osa! chè il mondo -è degli insolenti. -</p> - -<p> -La voce s'allontanò, Giovanni aperta rapidamente -la porta, si gettò nella strada brandendo -un ferro... Nessuno! Corse velocemente malgrado -la notte verso il lago, verso la valle... Nessuno! -Ritornato all'abitazione, il povero giovane trovò -Bettina distesa sul pavimento priva di sensi. -<span class="pagenum" id="Page_120">[120]</span> -Esterrefatto rinchiude la porta, riaccende il lume -e prodiga all'amica ogni cura. -</p> - -<p> -— Mio Dio! punitemi in altro modo, ma risparmiate -la mia Elisabetta! La quale col pallore -sulle gote, gli occhi socchiusi, le treccie -cadenti sul petto, mostrava all'amante una nuova -bellezza, forse più affascinante di quella che ne -irradiava il volto nelle ore delle gioie: e quando -al fine, riavendosi, balbettò: -</p> - -<p> -— Sei tu, mio Giovanni? e si strinse più -fortemente a lui, come fa il timido bimbo alla -mamma, le parole dell'incognito balenarono sinistramente -nella sua mente, ed un istante fu -per cedere alla tentazione; un istante solo, che -soccorrendogli il pensiero delle promesse fatte -alla fanciulla ed a se stesso, disse: -</p> - -<p> -— No... no... sarei un infame... sarò sventurato, -ma senza rimorsi! Bettina, rincorati; l'ora -è tarda, partiamo. -</p> - -<p> -— Ma quella voce! -</p> - -<p> -— Non pensarvi. A me solo spetta far rispettare -il tuo onore. -</p> - -<p> -Dieci minuti dopo Elisabetta picchiava sommessamente -alla porta della cugina la quale la -riconduceva all'abitazione. -</p> - -<p> -Quella notte nè Giovanni nè la sua amante -potevano dormire; l'uno rammaricandosi d'aver -compromesso l'onore della sua amata, mentre -con tanta vittoria aveva saputo rispettarlo, e -l'altra pensando: -</p> - -<p> -— Come mai il Domenico, il vecchio mercante -di vino, — perchè quella voce era senza -dubbio la sua — potè sapere che io stava in -casa di Giovanni? -</p> - -<p> -E l'uno e l'altra finirono per conchiudere -<span class="pagenum" id="Page_121">[121]</span> -che nessun pro s'era ritratto dal colloquio, -perchè il Giovanni capì che la sua scoperta non -aveva punto meravigliato la fanciulla ignara ed -incurante di quanto non era ciarle d'amore, -vesti e balli; ed ella si pentì di avere accordato -all'amante un favore sì pericoloso... per -vedere a girare un arcolaio! Ma come suole -accadere, l'amore fecondo in consolazioni come -in tormenti sovvenne a temperare la conclusione -dei due amanti, soggiungendo all'uno: -</p> - -<p> -— Non sa apprezzare la mia scoperta, ma -ella mi ama... posso ragionevolmente bramare -maggiore felicità? Mi ama e me lo disse! -</p> - -<p> -E all'altra: -</p> - -<p> -— Egli non inventò che una pentola per far -girare gli arcolai ed i molini... pazienza... Ma -chi mi ama più di lui? Domenico dirà nulla e -Giovanni mi sposerà. Domenico è danaroso; ma -il suo sguardo non desta un palpito, la sua voce -non scende all'anima... Peccato, che Giovanni -sia così timido! -</p> - -<p> -E pensando curiosissime cose della dilicata -timidezza dell'amante, finì per addormentarsi, -e buona notte. -</p> - -<hr class="tbs" /> - -<p> -Siamo oramai alla fine del febbraio ed un -vivo raggio del sole penetra nelle stanze quasi -a dire: orsù, levati dal focolare, esci all'aperto, -che io richiamando a vita la natura, scioglierò -le tue membra intirizzite. E voi lasciate la casa, -che vi ha riparato per cinque mesi dalle trafitture -della tramontana, scendete a riva, contemplate -il lago snebbiato, limpido, le costiere -spazzate dalla neve che non imbianca più se -non le più alte falde dei monti, sulle plaghe -<span class="pagenum" id="Page_122">[122]</span> -più meridiane spuntare i primi fili d'erba, nelle -vie squagliarsi la neve accumulata dal primo -dì in cui coprì la terra, fondersi i diacciuoli -delle grondaie, i passeri inneggiare festosi all'opera -redentrice del sole. Senz'accorgervene, -lasciaste a casa il pesante mantello, e levate di -tasca le mani e battete palma a palma; sentite -la molle aura del sirocco involgere tepidamente -le membra, e ve ne state passeggiando a riva -come in attesa di una grata novella. Ecco intanto -che nelle case le finestre chiuse da tanto -tempo e con tanta cura s'aprono, onde il sole -e l'aria entrino liberamente, e una bella fanciulla -si mostra sul balcone vivamente irradiata -dal tocco della nuova luce per salutare l'annuncio -della primavera. Le care sue pianticelle, -i garofani, i geranii non staranno più nella uggiosa -ombra delle stanze; essa pure la domenica -potrà d'ora innanzi dopo la messa passeggiare -colle amiche sulla spiaggia o verso la Cannobina, -e quando Giovanni passa nella via — e Dio sa -se passi soventi — uscire sul balcone e dargli -uno sguardo, un saluto, lasciargli cadere un -fiore... Venga dunque la primavera, la più bella -stagione dell'anno, la stagione in cui i cuori si -aprono alla festa della natura, come i calici dei -fiori alla rugiada! -</p> - -<p> -Giovanni era proprio sulla spiaggia, collo -sguardo alla casa di Elisabetta. Dopo quella -certa sera egli aveva deciso di non lasciare intentato -alcun mezzo — onesto — per ottenere -la mano della giovinetta, ed aveva studiato parola -per parola quanto avrebbe detto a Milano -dinanzi ai fisici, al vicerè stesso — una curiosa -apologia della propria scoperta, in cui pareva -<span class="pagenum" id="Page_123">[123]</span> -che la modestia dell'autore si sforzasse ad ogni -conto di sminuire il valore del trovato. Elisabetta -conoscendo quanta fosse la timidità del -buon giovane e volendo tuttavia consolarlo, lo -salutò con un cenno, e spiccando un bel garofano -variegato, lo lasciò cadere sul lastrico -della via. Giovanni accosta la destra alle labbra -per ringraziarla, e s'appressa, lentamente — il -correre avrebbe dato sospetti ai passeggieri — -alla casa per raccogliere il fiore — già raccolto -dal mercante di vino che da un chiassuolo era -sbucato sulla piazza del lago in quell'istante. -</p> - -<p> -Il povero Giovanni trattenne a mala pena un -grido — quel fiore era per me; — Menico che -di leggieri aveva compreso, vista la Bettina sul -balcone, la causa dell'improvviso pallore del -giovane rimasto lì come di stucco, si mosse -verso di lui e gli disse ridendo, ma senz'ombra -di derisione: -</p> - -<p> -— Oh Giovanni!.... Ma guardate di grazia se -mai più bel garofano cadde in istrada... fra -due contendenti... (e guardando all'insù Bettina -che rideva) il terzo gode! -</p> - -<p> -Giovanni balbettò: -</p> - -<p> -— Menico... il fiore è bello,... ma... -</p> - -<p> -— Ma? Chi disprezza vuol comprare... volete -comprarlo? -</p> - -<p> -Giovanni diede uno sguardo a Bettina che -voleva dire: Ah! io non lo venderei certamente! -e rispose: -</p> - -<p> -— Come fiore trovato nella strada, esso non -val nulla; ma se la signora Bettina lo ho gettato -a voi, un mondo non basterebbe a pagarvelo.... -</p> - -<p> -— Qui sta il nodo.... Signora Bettina, il garofano -<span class="pagenum" id="Page_124">[124]</span> -cadde in istrada non dalla pianticella -sicuramente.... Il gambo venne tagliato dalle -vostre forbici, è chiaro... È chiarissimo, che -non essendo avvizzito, voi non ne avete voluto -mondare la pianticella... dunque l'avete gettato -per essere raccolto... (davvero che la è da ridere) -da me o dal Giovanni? -</p> - -<p> -La Bettina guardò in istrada Domenico e -Giovanni che attendevano lo scioglimento della -questione; e... che batticuore!... stette un istante -sopra pensieri, quindi rispose: -</p> - -<p> -— A voi... Domenico — e rientrò in casa, -chiudendo le invetriate. -</p> - -<p> -Domenico diede nel più fragoroso scoppio di -risa; Giovanni impallidì, e sentendosi venir -meno la vita, s'appoggiò ad un pilastro della -casa della traditrice. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Giovanni passava ogni ora meridiana sulla -spiaggia passeggiando innanzi all'abitazione, ma -la gioviale figura della Bettina non compariva -più dietro le invetriate del balcone. Sulla sera -andava al tempio: la Bettina, sempre colla vecchia -fantesca, correva senza degnare d'uno -sguardo chi la seguiva. E Giovanni vedeva spesso -il mercante di vino entrare ed uscire dalla casa -dell'amata con quel suo eterno sorriso sulle -labbra! -</p> - -<p> -Un bel dì, sulla via di Trefiume, eccoti dinanzi -la Bettina: non so se Giovanni si fosse -destreggiato per sapere che quel dì l'andava -dalla sua nutrice. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_125">[125]</span> -</p> - -<p> -La prima cosa che avrebbe voluto fare il buon -giovane sarebbe stato gettarsele ai piedi invocando -perdono — di che cosa veramente non -sapeva — perchè non so se il naturale ingegno -o le meditazioni avessero insegnato ad avere -sempre torto colle donne. La seconda sarebbe -stato il domandarle se le cure della salute non -le permettevano più di stare sul balcone, di -passeggiare colla cugina, di guardare dalle invetriate -il lago, la sponda e chi passava dieci -volte al giorno dinnanzi alla sua casa... La -terza — dico terza, perchè le nostre azioni, -come insegnavami un sapientissimo professore -d'abbicì, non hanno giammai meno di tre motivi -— la terza sarebbe stata... ma se io non -me la ricordo, a Giovanni non sarebbe mancato -modo di trovarne cento... cosa che tuttavia -non gli impedì di balbettare maledettamente -innanzi all'amata pel motivo — vi faccio grazia -degli altri due — che quando l'avvenente fanciulla -gli fu vicina, il pensiero che quella cara -creatura dovesse appartenere al prosaicissimo -mercante di vino gli serrava siffattamente la -gola da non lasciargli proferire verbo. Gran -demonio è l'amore! -</p> - -<p> -La Bettina non fu meno amabile del solito, -sicchè Giovanni rinvenuto dalla commozione fu -tanto coraggioso di chiederle il perchè avesse -dato a Domenico il garofano che aveva spiccato -per lui... La giovinetta arrossì; quindi -con quel tatto sì fino proprio delle donne, invece -di rispondere, domandò a Giovanni: -</p> - -<p> -— E voi l'avete avuto a male? -</p> - -<p> -— Io ho creduto che voi mi tradiste! Domenico -sogghignò così satanicamente (e questa -<span class="pagenum" id="Page_126">[126]</span> -era una grossa bugìa!) Da quel giorno, Bettina -perdonatemi, io cominciai a dubitare del -vostro affetto... Quanto ho sofferto! -</p> - -<p> -— Io sono sempre la stessa! Gli disse la giovinetta -stendendogli la destra. -</p> - -<p> -— Ma perchè destare delle speranze in Domenico, -al quale mi diceste di aver negata la -vostra mano? -</p> - -<p> -— Che ve ne importa, quando siete sicuro -della mia fede? Via, lasciatemi, Giovanni... potrebbe -passare alcuno, e allora... -</p> - -<p> -— Che male potete temere? Vi amo, e vi -sposerò appena ritornato da Milano. -</p> - -<p> -— A proposito, quando aspettate a partire? -</p> - -<p> -— Domani. -</p> - -<p> -— Dunque addio; a rivederci — presto... -</p> - -<p> -— Bettina, la vostra mano... -</p> - -<p> -Bettina si guardò tutt'attorno, e veggendo la -strada deserta diede la mano al povero innamorato, -che coprendola di baci, tutto commosso, -sclamò: -</p> - -<p> -— Oh, no, Bettina, tu non dimenticherai il -tuo Giovanni, n'è vero? -</p> - -<p> -— Perchè dovrò dimenticarti?... E colto un -fiore sulle zolle che orlavano quella stradicciuola, -glielo porse, e fuggì ratto verso Cannobio. -</p> - -<p> -Giovanni stette buona pezza a riguardare come -estatico la fanciulla che s'allontanava, ed ogni -qualvolta essa si rivolgeva indietro sorridendo, -parevagli di sentire agli orecchi quella voce: -</p> - -<p> -— Va, Giovanni, va a Milano ed osa! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_127">[127]</span> -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -..... E il Grande di Spagna s'alzò dal seggiolone, -discese in mezzo a quell'eletta adunanza -d'ingegni, e porgendo la mano al Branca, così -gli favellava: -</p> - -<p> -— Questo giorno è senza dubbio fra i più -felici della mia vita. Riconoscere il genio nell'infinita -turba delle mediocrità e del volgo è -per certo nobilissima cosa; ma il porgergli una -mano soccorrevole, il poterlo premiare è ventura -a pochi concessa. Giovanni Branca il vostro -trovato è stato giudicato da questa sapientissima -università, portentoso: ve ne sia lode -quanto per noi si possa maggiore. Perciò in -nome del nostro sovrano signore vi conferiamo -il privilegio addimandato. Se nei dominii di -S. M. Cattolica non tramonta il sole, il vostro -nome non tramonterà nei secoli dell'umanità. -</p> - -<p> -Tanta gioia era troppa: Giovanni quasi fuori -di sè venne portato al suo albergo: per le vie -una gran moltitudine con mille voci gli acclamava. -Una aggraziata giovinetta fattasi ad un -verone gli rammentò Elisabetta; essa gli gettò -un bel mazzo di garofani odoratissimi. Ma Giovanni -Branca non ravvisò più l'umile osteria -che l'aveva albergato fino a quel dì, nel palazzo -in cui era stato trasportato — un palazzo -tutto oro, tappeti storiati, marmi e dipinti vaghissimi. -Egli salì ad una loggia, da cui si mirava -gran parte della città e del piano lombardo, -e di lassù gli parve di scorgere un moto -continuo ed instancabile nelle officine, in cui -le arti fabbrili si giovavano del suo trovato.... -<span class="pagenum" id="Page_128">[128]</span> -E questa mostruosa rivoluzione nelle arti l'aveva -fatta lui con tanta gloria; di questo insigne -beneficio all'umana famiglia era lui l'autore -con tanto plauso di coscienza..... Ma a quante -cose non potrà applicarsi la scoperta? A che -non la faranno utile, necessaria il bisogno -e lo studio? Nessuno potè sapere quali strane -visioni apparissero nella loggia al Branca, il -quale, tratto quasi fuori di sè da tanto successo, -si gettava prostrato a Dio, chiedendo mercè... -Ma una voce interrompeva la preghiera, una -voce più cara che non gli applausi della moltitudine, -la voce di Bettina che veniva a -gettarsi nelle braccia dell'amante: il quale sentendo -fra le acclamazioni del popolo, fra i -trionfi della gloria più ineffabili le gioie dell'amore, -cominciò a dubitare fortemente che il -proprio intelletto non vacillasse, e serrando al -petto la fanciulla, gridò: -</p> - -<p> -— Mio Dio! non ammazzatemi, tanta felicità -è troppa... Mi basta il suo amore! -</p> - -<p> -Chi sa quando Giovanni si svegliò nella sua -cameretta in Cannobio, quanti auspicii trasse -dal sogno? Chi lo sa? Io no, e voi? -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Evviva! La danza ferve: è la mezzanotte... -Il ballo è diventato un turbine, in cui si avvolgono -venti coppie di danzatori; la musica accelera -le sue note, gli evviva scoppiano più clamorosi... -è una vertiginosa ebbrezza! -</p> - -<p> -Diresti che ad ogni amante riescì accoccare -un bacio sulle spalle dell'amica sorridente; -che ogni bella ha rapito un cuore, che ognuno -<span class="pagenum" id="Page_129">[129]</span> -ha dimenticato i dolori della vita!... I vecchi -ritornano col pensiero agli anni della gioventù -avventurata; i mercanti cessano di pensare al -dare e all'avere, e se mai balena un pensiero -che non sia follìa, tosto una spumante tazza di -liquore lo seppellisce nel fondo al cuore. Venti -coppie attendono in giro che i danzatori s'arrestino -un istante per succedere loro, e la musica -non cessa nè il tripudio sosta per riposare; -ognuno si sente animato da una forza arcana. -</p> - -<p> -Bettina non fu mai sì raggiante di gioventù -e di bellezza, gli occhi di lei non scintillarono -mai così vivamente; ella è tutto sorriso e grazia -ed i giovani le si affollano attorno bramosi di -ballare con lei sì svelta, sì leggiera. Molti — -allucinati forse dalla festa tumultuosa — non -ravvisano più in lei la modesta Bettina, e nessuno -è senza ammirazione per quelle spalle, -che rammentano i busti di Fidia, tanto tempo -nascoste sotto la succinta veste della vergine -gelosa. In tanta ebbrezza chi oserebbe chiederle -un pensiero pel lontano!... Oibò! ella non ha -un istante per pensare... tutte le voci, tutti gli -sguardi le dicono con tanta melodìa: -</p> - -<p> -— Bella! Bella! E la musica non è pure un -inno alla bellezza di lei? No, in fede mia ella -non può pensare se non che la è la regina della -festa. -</p> - -<p> -Non v'ha donna, sposa o fanciulla, che in ballo -non preferisca, spesso senza saperne la vera cagione, -un danzatore agli altri; un danzatore a cui -sarà lecito quanto ad altri verrebbe tacciato di -petulanza. Se un compaesano, assente, supponiamo, -due mesi, fosse giunto quella sera, avrebbe -fatto le boccacce ravvisando nel favorito di Bettina -<span class="pagenum" id="Page_130">[130]</span> -— chi l'avrebbe creduto? — Domenico, il -mercante di vino, che malgrado i suoi nove o dieci -lustri pareva avesse quella sera riacquistato la -baldanzosa gaiezza della gioventù: la bellezza -fascinatrice di Bettina lo aveva galvanizzato. -</p> - -<p> -E Bettina era ora la sua sposa! -</p> - -<p> -Mentre fervevano con maggior calore le danze, -entrò nell'amplissimo sterrato un giovane pallidissimo, -Giovanni Branca. -</p> - -<p> -La navicella che lo trasportava da Sesto Calende -stava per approdare a Cannobio, quando -il giovane, levando dalle mani la faccia lacrimosa, -intese quel mormorìo di lontani suoni -che si diffonde armoniosamente nella solenne -quiete della notte. La casa dell'amica era immersa -come le altre nell'oscurità — ella dormirà -certamente, meglio per lei! Ma dal lato -opposto del borgo verso il Sasso Carmeno, le -finestre e le porte d'una casa erano vivamente -illuminate, e le invetriate lasciavano scorgere -che vi era festa. I suoni, le grida, accostandosi -alla spiaggia, giunsero al suo orecchio più distinte... -il contrasto di quella gioia col dolore -che lo straziava, piombò sul suo cuore come -l'adunco artiglio del <i>lammergeier</i> sulle tenere -carni dell'agnello. Si rizzò sulla prua, ascoltò -più attentamente un brindisi che echeggiava -più sonoro, e fatto ormai certo della sua sventura, -gridò ai barcaiuoli: -</p> - -<p> -— Per chi quella festa? -</p> - -<p> -— Domenico sposa la Bettina... Voi giungete -a tempo ancora per danzare! -</p> - -<p> -Giovanni barcollò, corse in un canto della -nave, gettò nel lago un pesante involto..... Le -lacustri ondine intrecciarono una ridda attorno -<span class="pagenum" id="Page_131">[131]</span> -alla macchina del Branca, mentre la Verbania, -la regina del lago, disponeva sull'arcolaio le -più flessibili alghe, invitando l'infelice amante -a scendere nei regni di lei ove avrebbe trovate -amorose ninfe per costanza senza pari... -</p> - -<p> -Bettina intravide nella folla l'antico amante, -capì l'espressione disperata di quella cera sconvolta, -imparò da un'occhiata che pure non era -odio la storia della pentola e dell'impressione -che doveva fare sul cuore di lui sì appassionato -la novella delle sue nozze con Domenico — e -nascose sul petto dello sposo la faccia. -</p> - -<p> -Il mercante di vino affidò ad un amico la -fidanzata, e andò incontro a Giovanni. -</p> - -<p> -I crocchi zittirono, la musica cessò: pareva -che ognuno presentisse qualche cosa di terribile, -una lotta. -</p> - -<p> -Menico, sorridente — egli sorrideva sempre -— condusse il giovane in una camera vicina, -lo fece sedere e gli disse: -</p> - -<p> -— Giovanni, io vi ho sempre stimato come -il più dabbene, come il più onorato giovane -di Cannobio. Mi piace l'Elisabetta: l'ho chiesta -in isposa; mi venne accordata. So che essa era -maltrattata da quel cane di suo zio; mi accettò -più per isfuggire alla tirannia che per amor -mio. <i>Si dice</i> che voi l'avete amata, e che forse -vi contraccambiava. Io non voglio dir altro, e -voi mi capite. Se voi potete dire una parola, -io mi ritiro, senza scandalo. Parlate. -</p> - -<p> -Giovanni fissò in volto il mercante, stette -pochi istanti soprapensieri, come esterrefatto, -indi balbettò: -</p> - -<p> -— Voi potete sposarla... -</p> - -<p> -Menico lo abbracciò dicendogli: Voi siete -l'uomo più onesto che io abbia mai conosciuto. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_132">[132]</span> -</p> - -<p> -E lo trasse nella sala della danza... Giovanni -bevve, danzò con Bettina, fece dieci brindisi -alla felicità degli sposi; dopo un'ora era il danzatore -instancabile, il ciarlone più ameno, più -spiritoso, e nessuno riconosceva in lui il modestissimo -giovane, il taciturno vagatore dei -monti solitarii. Alle due dopo la mezzanotte -gl'invitati erano congedati. -</p> - -<p> -Giovanni quando tutta la folla s'accalcava attorno -agli sposi, fattosi largo, improvvisò una -canzone, in cui l'armonia dei versi non la cedeva -che alla delicatezza della concezione... -</p> - -<p> -Davvero che fra tanti giovani egli si mostrava -ad un tratto il più spiritoso, il più gentile.... -anzi più di una danzatrice lo trovò il più -bello..... -</p> - -<p> -Mentre Domenico accomiatava gli amici, i -parenti, o per meglio dire tutta Cannobio, la -cugina della sposa disse a Giovanni sottovoce: -</p> - -<p> -— Venite con me sul balcone verso il lago. -</p> - -<p> -Egli la seguì macchinalmente, senz'addarsene, -e vi trovò — sola — Bettina. -</p> - -<p> -— No, non partite, Giovanni, una sola parola. -Voi potevate disonorarmi con un detto, strappare -questa corona di gigli... Voi siete grande, -ed io comprendo troppo tardi di non avervi -conosciuto. Non maleditemi perchè ho concessa -la mia mano ad un altro... Ma il cuore, -o Giovanni, il cuore è sempre tuo... -</p> - -<p> -— Signora, rispose fieramente il giovane sciogliendo -le mani da quelle della sciagurata, nessuno -v'ha costretta a queste nozze. Quando -a Milano mi si trattò da pazzo, io piansi di -dolore..... eppure allora io era ancora felice; -aveva fede nel vostro amore. Ma ora, Bettina -<span class="pagenum" id="Page_133">[133]</span> -è morta; è morta, vi ripeto; non v'ha più che -la moglie di Domenico..... -</p> - -<p> -E scomparve. -</p> - -<p> -Il giovane trovò nella strada la compagnia -dei chiassoni del borgo, che egli aveva fatto -meravigliare colla nuova scioltezza dei modi e -col brioso folleggiare dello spirito: tutti gli si -fecero d'attorno, e cantando e schiamazzando, -lo trassero pel resto della notte ora in una, ora -in un'altra casa, ove nuove libazioni finirono -per assopire — buon per lui — ogni ricordo -delle sue sventure. Di quando in quando però -una nube offuscava la serenità gioviale della -sua fronte, ed egli rimaneva un istante pensoso, -un istante solo, chè passate le mani sulla fronte, -quasi per cacciare una brutta tentazione, ritornava -a cioncare, a cantare più strepitosamente. -Quando la brigata, scemata a poco a poco dal -numero di quelli che restavano a serenare sui -canti dove erano sdrucciolati a terra, si trovò -dispersa, Giovanni se n'andò a letto, ove i narcotici -fumi del vino tracannato non gli risparmiarono -di raffigurarsi la Bettina nelle braccia -del mercante di vino. Parendogli di soffocare -fra quelle anguste pareti, decise d'uscire di casa. -</p> - -<p> -Quando fu sulla scala, ei stette atterrito..... -chi non avrebbe detto a prima giunta che nella -stanza terrena Bettina, vestita di bianco, lo attendeva, -al fondo della scala, là ove gli aveva -concesso il primo, il solo bacio? -</p> - -<p> -Giovanni, sentendo mancarsi la persona, si -sedette sopra i gradini della scala; non era Bettina, -ma un raggio di luna — che richiamandogli -tuttavia i primi sguardi e le prime parole -d'amore della fanciulla e il convegno in -<span class="pagenum" id="Page_134">[134]</span> -quella stessa casa e il bacio, e i desiderii di -gloria e di ricchezza, e la speranza dalle mille -lusinghe, faceva più profondo col contrasto del -passato l'abisso che lo separava da quei dì avventurosi, -perchè la gonfia stupidità del governo -spagnuolo non aveva saputo scorgere -sulla fronte del giovane modesto la luce del -genio, e una donna si era fatto giuoco di lui... -Ma egli era senza rimorsi, e questo pensiero -sciolse alfine il pianto dai suoi occhi — ne -aveva tanto bisogno! -</p> - -<p> -L'alba sorgeva; una luce mal certa cominciava -a penetrare dalla finestra, dalle fessure -della porta, quando una voce — la voce di quella -notte — gridò dalla toppa: -</p> - -<p> -— Piangi, piangi la tua sventura! Non t'aveva -io detto che il mondo è degl'insolenti? Osasti -a Milano? No. Osasti colla Lisa? -</p> - -<p> -— No, gridò Giovanni sorgendo, ma non ho -rimorsi. -</p> - -<h3 id="parte1-17">XVII. -<span class="smaller"><i>S'io avessi, Dio me ne guardi, un milione! -— Prina e la villa Poniatowski.</i></span></h3> - -<p> -Se io avessi un milione da profondere in una -villeggiatura, sclamai io lungo e disteso sul -promontorio di San Remigio, abbracciando collo -sguardo l'ampia e multiforme scena, che di là -scorgesi correre attorno, qui io l'eleverei, certo -che se per l'arte potrebbe avere molte rivali, -poche senza dubbio ne avrebbe per situazione. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_135">[135]</span> -</p> - -<p> -Tuttavia, siccome mi pare che per ora almeno -non sorgerà nulla per mio conto su quel declivo, -dopo d'aver passeggiato un'ora nella compagnia -variata dei miei pensieri, me ne andai -a visitare la villa del principe Poniatowski, a -cinque minuti da Intra, sopra un gibboso declivo -dei monti, in una posizione che dopo -l'accennata è senza dubbio fra le più belle del -lago. -</p> - -<p> -La casa povera per architettura come in generale -le ville verbanesi, per quanto ricca di -suppellettili e d'agi, è un nulla in confronto -della bellezza di un bosco di alte piante, al -rezzo delle quali s'asconde, è un nulla appetto -della vista che vi si gode da tutti i lati; meno -il golfo delle Isole, s'ha davanti la più estesa -parte del lago. Dalla palazzina scendendo a riva -verso la parte superiore del lago si scoprono -gli avanzi della villeggiatura Prina, sui quali -è basata in parte la villeggiatura Poniatowski; -portici, terrazzi, scale in istile del secolo passato. -In un istante mi concorsero alla mente le -scene sanguinose del 1814 a Milano; Prina, Foscolo, -il parroco di S. Fedele, la plebaglia della -piazza e gli assassini che dalle sale dorate, dietro -una persiana, miravano compiersi la loro -opera. Mi pareva di vedere Prina seduto in -riva al lago guardare con terrore la sponda lombarda, -tentennando il capo quasi per dire: s'io -non avessi mai abbandonato questi pacifici recessi -in seno alla natura ed agli studii!.... -</p> - -<p> -Prina era uomo onesto e di mediocre ingegno; -l'assassinio solo scrisse con lettere di sangue -il nome di lui nella storia. -</p> - -<p> -La villeggiatura Poniatowski è una bella scena -di Walter Scott. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_136">[136]</span> -</p> - -<h3 id="parte1-18">XVIII. -<span class="smaller"><i>Intra non si trova che a Intra. — Perchè delle -ommissioni. — Virgilio a Feriolo. — Salute -a chi resta.</i></span></h3> - -<p> -Eccomi finalmente a Intra. -</p> - -<p> -Gl'Intresi attendono quasi tutti al lavorìo del -cotone. -</p> - -<p> -Gli operai d'Intra non esistono che ad Intra. -Nelle grandi città spesso la sordida speculazione -ammassa in oscure umide stanze centinaia -di operai, che con rachitica pazienza tessono -la ricchezza del padrone, muti, tristi, come -in ragni da cantina. La sera appena il tardo -orologio segna la breve libertà, uno ad uno, -silenziosi lungo i muri sfilano alle loro topaie. -Ad Intra in generale il fabbricante o per studii -o per buon senno, per cuore quasi sempre, -considera l'operaio qualche cosa più d'un istrumento -da lavoro; lo considera come uomo e -come cittadino. Industria attiva, intelligenza, -non speculazione. Da ciò grandi opificii, ariosi, -puliti, a cent'occhi; dappertutto acqua viva ed -aria viva; la natura del lago e del laghista fa -il resto. Entrate in una di queste fabbriche, -ove migliaia di fusi dipannano, attorcono il -cotone. Il carbone avvampa sotto le caldaie; il -vapore sprigionandosi mette in moto mille -ruote addentellate, attorno alle quali cento -operai lavorano dodici ore della giornata. Il -silenzio del capace opifizio non è rotto che dal -<span class="pagenum" id="Page_137">[137]</span> -cigolìo delle macchine e dalla voce del capo -operaio. -</p> - -<p> -Tutto è ordine, moto, lavoro, instancabile -lavoro. Ma in quelle lunghe stanze se tu t'appressi -agli uomini sentirai un sottile cinguettìo -rompere la noia delle ore, e dalle donne una -cantilena a mezze labbra, cinguettìo e cantilene, -che appena tradotte alla libera aria la sera -scoppiano in allegri canti clamorosi. Nell'estiva -stagione lungo le case della <i>Sassonia</i>, sulla via -a Pallanza, a Trobaso, quanti gruppi di belle -ragazze inneggianti! Alla domenica quante partite -al Pizzo Marone, ai paeselli del lago! -</p> - -<p> -Non è raro trovare a varii deschi di albergo -gli operai in baldoria, e nella stessa camera -il padrone fare una partita a tarocchi -cogli amici. -</p> - -<p> -Ma se gli operai d'Intra non si trovano che -ad Intra, gli è che fabbricanti come ad Intra -non si trovano che raramente altrove. -</p> - -<p> -Che cosa posso aggiungere sopra Intra? Del -nuovo o del vecchio campanile? Gl'Intresi non -se ne curano. O del faro senza lucerna? Un -marinaio, per le nebbie, isserebbe lassù una -campana. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Il caldo m'è insopportabile. La bella Baveno, -al rezzo della quale io vagai richiamando l'ombra -di Cavour invano — Cavour villeggiò alcuni -anni in questo paesello, — non seppe trattenermi. -E neppure la <i>bucolica</i> di G. Prati in -onore dell'oste. — Barcaiuolo, a Feriolo! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_138">[138]</span> -</p> - -<p> -Ricorrendo sull'ali della memoria la bella -valle del Verbano, e sfogliazzando il libricciuolo -su cui vo notando le sensazioni della vista, del -naso, del cuore e della fantasia, ad un tratto -mi si fè palese che io aveva saltato a piè pari -nientemeno che il Santuario di S. Caterina del -Sasso, la salita al Pizzo Marone e qualche altra -rarità, su cui avrei potuto ammanire al lettore -un succoso manicaretto, Dio sa con quanta sua -e mia soddisfazione. Per fortuna nostra che in -quel punto mi soccorse il pensare, che se mai -qualche lettore innamoratosi de' miei ritratti volesse -un giorno fare conoscenza cogli originali, -s'io di tutto gli avessi favellato, nulla più -gli sarebbe tornato nuovo..... Se non tenete per -buona questa ragione, con poco dispendio e -poca fatica potete accertarvi della verità. -</p> - -<p> -Addio, o Verbanesi! -</p> - -<p> -Credo che ci lasciamo amici per la pelle: io -vi amerò sempre come un popolo forte, allegro, -alla buona e senza maschera, come spero -che voi ricordandovi — tutto può darsi — di -me, non sdegnerete centellinarne una ciotola -di quel rubino alla vostra ed alla mia salute... -</p> - -<p> -Mentre io scoccava sulle dita un sonoro bacio, -e raccomandatolo ai zeffiri, lo inviava alle belle -Verbanesi, un tintinnìo di sonagli, uno schioppiettìo -di frusta e lo scalpitare di cinque cavalli, -che mi rammentò il <i>quadrupedante putrem</i> -di Virgilio, m'avvisarono che s'avanzava entro -un nugolo di polvere la corriera postale tra -Arona e Domodossola. -</p> - -<p> -E salute a chi resta. -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_139">[139]</span> -</p> - -<h2 id="parte2">PARTE SECONDA -<span class="smaller"><b>Per le valli d'Ossola.</b></span></h2> - -<h3 id="parte2-1">I. -<span class="smaller"><i>La sentinella dell'Ossola — Un bagno da trent'anni -— I romantici a Vogogna — Domodossola -— Il mercato.</i></span></h3> -</div> - -<p> -Fra i monti da cui l'Italia è vallata verso settentrione, -non v'ha certamente paese più pittoresco -e che porga sì largo tema d'ammirazione -e di studi quanto il grandioso bacino a -cui convengono tra i contrafforti declinanti dalle -Alpi Leponzie sette valli variatissime. Pel poeta, -pel pittore e per quelli che corrono le cento -miglia per vedere un paese straniero, una natura -assai volte meno curiosa, quanti spettacoli! -</p> - -<p> -L'antica mitezza dei costumi pastorali, la vivezza -dell'aere che frizza sui nervi, la serena -pace che qui si respira, invitano a ritemprare il -corpo e l'anima. -</p> - -<p> -L'abitare fra le Alpi rivergina le menti. Come -l'antico gladiatore di quando in quando soffregava -<span class="pagenum" id="Page_140">[140]</span> -con oleosi sughi le membra, l'uomo — possibilmente -— dovrebbe alcuna volta rinfrancarsi -all'eloquente parola della natura, poichè il pensiero -umano sulle Alpi, come sul mare, ingagliardisce, -inspirandosi a quanto di grande -emana dalla loro contemplazione. Lassù fra cielo -e terra, il cielo ne attira; le basse passioni si -spengono poco a poco e le generose si accrescono -di coraggio e di forza. -</p> - -<p> -La sapiente antichità bene avvisò che il cielo -si scala solo coi monti. -</p> - -<p> -Io quando incontro su queste nostre Alpi -tanti stranieri e nessun Italiano, quasi sto per -dire: -</p> - -<p> -— Che peccato che sì belle valli sieno in -Italia!! -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Prendendo le mosse da Feriolo, la natura -poco prima sì rigogliosa e lussureggiante di -fiori, di profumi e di verzura ad un tratto raggrinza -la fronte e si mostra severa, trista. -</p> - -<p> -Il monte Orfano nudo, solitario, minaccioso -sul varco, è la tomba senza dubbio d'uno fra -gli arditi che ruppero guerra agli Olimpici. -Sentinella avanzata dell'Ossola, come il Pirchiriano -è alla valle di Susa, la sua fronte crucciata -vide le orde Cimbriche scendere dal Gries -e dal Sempione ed atterrite coll'aspetto barbaro -le legioni romane, correre vittoriose ai campi -novaresi a disputarvi l'Italia, questo eterno sogno -dello straniero. Anche sul Pirchiriano stanno -scritti i fati dei Longobardi. Mezz'ora prima -<span class="pagenum" id="Page_141">[141]</span> -dappertutto ghirlande di rose e tralci d'ubertose -viti festeggiano l'umana famiglia: qui dall'una -e dall'altra parte massi granitici ti pendono -sul capo! -</p> - -<p> -I giardini incantati del Vergante e delle Isole -Borromee furono una visione ariostesca? -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Ornavasso e Vogogna coi loro neri castelli -sono i villaggi principali su cui si passa. -</p> - -<p> -Poco prima di Vogogna, a Migiandone, l'antico -ponte della strada del Sempione in una -calda giornata d'estate fu preso da vaghezza -di bagnare le sue membra polverose sulle fresche -bionde acque della Toce; ma, ahi! sventura! -colpito da inazione nervosa, sentendosi -affogare, invano invocò aita, nessuno il soccorse. -Da trent'anni l'infelice attende una mano -provvidentemente pietosa che lo sollevi dalla -Toce: pensate, che angoscia sarà pel poveretto -vedersi passare ogni istante due brutte barcaccie -sul muso, alla musica del sacramentare -dei vetturali e dei viaggiatori! -</p> - -<p> -Vogogna, mi disse un cotale, fu fabbricata da -un pittore paesagista della scuola romantica. I -poggi rilevati su cui dondolano le vecchie mura -di merlate torri, sopra il fondo verdastro della -cortina alpestre, non potevano essere meglio -disposti. -</p> - -<p> -Mentre si cambiavano i cavalli, io dava un'occhiata -al paesaggio e un'altra ad una graziosa -figurina, che da una finestra dell'albergo della -Posta minacciava di saettare i passanti collo -<span class="pagenum" id="Page_142">[142]</span> -sguardo acuto, affilato di due begli occhi neri. -<i>Veh vobis!</i> -</p> - -<p> -Il raggio di fuoco che dall'anima saetta col -tuo sguardo accende in ogni cuore desiderii -d'amore — a chi non arride il pensiero di cogliere -un bacio su labbra non ancor schiuse all'amorose -parole? -</p> - -<p> -Ma bada, veh! Bada che da un dì fatale nessuno -più legga la bella epigrafe che ora rifulge -sul tuo frontispizio: -</p> - -<p> -Onorate la vergine! -</p> - -<p> -Tutte queste belle idee, or che ci penso, -mi vennero in capo quando la vettura allontanandosi -rapidamente, la visione s'era dileguata... -S'io restava a Vogogna, sarei stato così moralista? -</p> - -<p> -Mi ricordo che nelle storie corrono famosi, -Giuseppe d'Israele e S. Antonio, per avere resistito -al fascino della bellezza muliebre. -</p> - -<p> -Ma se Giuseppe non portava un mantello -slacciato? Quanto a S. Antonio, se la bellezza -della tentatrice corrispondeva al ritratto lasciatoci -dal De-Colonia, è presto spiegata l'astinenza -dell'anacoreta. -</p> - -<p> -La virtù è nella lotta. -</p> - -<p> -Dopo Vogogna la valle si stende ampia, piana, -verdeggiante sotto un vôlto ceruleo. -</p> - -<p> -Il sole tramontava. Passando sopra un ponte -di legno che cavalca la Toce, mi s'indicò il -monte Rosa che faceva capolino sopra le altissime -vette dell'Anzasca. Il suo capo ancora -suffuso dai raggi solari, si confondeva quasi -nelle aeree tinte del cielo, come quelle teste -alate d'angeli degli antichi cartoni, i contorni -delle quali sfumarono. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_143">[143]</span> -</p> - -<p> -Nell'Ossola, il popolo al passare delle corriere -postali, si ferma e si leva rispettosamente -il cappello. -</p> - -<p> -In breve le ferrate zampe dei cavalli risonarono -strepitando sul lastrico d'una bella, pulita -ed ampia via, che dritta corre come fra due -linee di case modeste, allegre, colle persiane -dal classico colore verde. -</p> - -<p> -Domodossola è una curiosa cittadina. Da vedute -fotografiche — invenzione che fra gli altri -meriti risparmia la fatica del viaggiare — molti -conoscono, senz'essersi mossi di casa, la piazza -del mercato circondata da case di varia fisionomia, -tutte a portici irregolari, con pilastri in -pietra, colle gallerie dai piani superiori a traforo, -coi balconi sporgenti e le grondaie protettrici -e i camini a banderuola e le botteghe -tutte diverse d'insegna, di porta, d'addobbo, -di profumo. -</p> - -<p> -Da questa piazza s'apre verso settentrione -una via non meno bella di quella che vi scorge -arrivando dal Lago Maggiore. Mi si disse che -entrambe si devono alla strada del Sempione. -</p> - -<p> -Appena disceso dalla vettura, entrai nell'albergo. -Un garzone, tutto miele e sentimentalismo, -avendo senza dubbio scorto sulla mia -cera intenzioni ostili al pollame, m'indicò una -porticina che dal cortile scorgeva nel salotto. -Una tavola stava imbandita verso il fondo, attorno -alla quale erano seduti quattro signori, -a quella distanza legale uno dall'altro, che è -solita fra persone che il solo caso riunisce. Se -io fossi un Centofanti potrei dirvi a quante lingue -appartenesse il gergo che vi si biasciava. -Uno d'essi a capo del tavolo, alto secco e nodato -<span class="pagenum" id="Page_144">[144]</span> -a foggia d'una canna, con un naso adunco -come il becco d'un avoltoio, sulla cui gibbosa -groppa s'inforcava un occhialetto verdognolo, -senza barba, colle labbra sottili, strizzate, dalle -vesti che pizzicavano l'originalità, colla fronte -e le guancie raggrinzate dall'eccesso del piacere -o del dolore, era inglese. -</p> - -<p> -La fisionomia giovialmente serena tra il meditabondo -ed il michelaccio, la capigliatura -biondocinerina, la ciera rotonda, un certo fare -alla carlona e una bottiglia di birra spumante, -tradivano nell'altro un figlio dell'Alemagna. -</p> - -<p> -L'accento dimostrava chiaramente francese il -terzo. -</p> - -<p> -Ma chi avrebbe saputo dire all'ombra di quale -campanile fosse nato il quarto? Egli in dieci -minuti vestiva la sua ciera della melanconia -degl'Italiani, dell'aggrottato <i>spleen</i> degli Inglesi, -della seria bonomia tedesca, dell'alterigia spagnuola, -della follia francese. Lo sguardo era -dolce, insinuante, ammaliatore; ora fosco, imponente, -terribile; la bocca rosea come quella -di una bella figlia della Georgia, spesso dal sorriso -contraevasi al sogghigno. -</p> - -<p> -Se uno di quegli scultori che sanno dalla pietra -ritrarre una forma evocatrice d'infiniti pensieri, -avesse visto, guardato, studiato, analizzato -tutti quei moti irrequieti, che male rappresentano -passioni indecise e lo sconforto del dubbio, -ne avrebbe tratto il tipo di questo secolo. -Non un pelo di barba sulle labbra, sulle gote, -ma le sopracciglia e la capigliatura stranamente -folte; quest'ultima ad arricciate ciocche cadevagli -nerissima sulle spalle. Era vestito come -un signore di buon gusto. Il suo parlare era -<span class="pagenum" id="Page_145">[145]</span> -poliglotta, una vera <i>olla podrida</i> di motti italiani, -greci, spagnuoli, tedeschi, francesi, russi, -britanni e fors'anche chinesi. Chi avrebbe potuto -snebbiare questo mistero vivente? -</p> - -<p> -Quand'io entrai, il loro colloquio era animatissimo -tanto che l'Inglese gesticolava come un -telegrafo non elettrico. -</p> - -<p> -Anzi mi parve che tutti e quattro parlassero -ad una volta secondo la buona usanza parlamentare -di quelli che vogliono far prevalere -la propria opinione senza ascoltare quella degli -altri. -</p> - -<p> -Salutai: il Francese solo accennò. -</p> - -<p> -Mi sedetti senz'altro, tracannai un bicchiere -di vino ad onore e gloria della cortesia francese, -e mentre il garzone recavami la vittima, -che io doveva immolare al mio appetito, ascoltai. -</p> - -<h3 id="parte2-3">III. -<span class="smaller"><i>L'Italia non è che un albergo — 17835 iscrizioni -e mezza — Lezioni archeologiche — Varietà -di gusti — Apologia del farniente — Terzo -primato dell'Italia — Quattro duelli — Che -hanno la coda.</i></span></h3> - -<p> -<i>Francese</i>. Il bello è sempre lontano da casa: -del resto anche la Francia non teme confronti. -Io viaggio, cioè ho fatto un viaggio in Italia, -perchè questo è l'uso d'ogni persona colta: ve -lo dico senza velo. Credete voi che tutti vengano -qui a sospirare le ore e le ore sotto un -arco frantumato, un palazzo polveroso, un'iscrizione -<span class="pagenum" id="Page_146">[146]</span> -che non riescono a compitare, per amore -delle antiche memorie? Tutta ipocrisia, miei signori. -L'Italia è un grande albergo, a cui conviene -il bel mondo europeo, e nulla più. Partii -da Marsiglia per Napoli. Ho visto il cratere del -Vesuvio, ho mangiato i maccheroni, ho danzato -la tarantella e mi son fatto scorrazzare in corricolo. -I lazzaroni mettono schifo ed il resto annoia... -È un popolo lontano mille miglia da -Parigi! A Roma ho veduto S. Pietro, il Colosseo, -il Campidoglio ed il Papa. Grandi cose in -mezzo a meschinissime. A Firenze, ho cercato -nelle sale del bel mondo la tanto decantata favella -toscana, ed ho udito biascicare la nostra -gran lingua, la lingua del mondo intelligente. -A Milano, a Genova, tolti i monumenti, trovai -città da provincia; a Torino cera di capitale -senza l'imponenza babelica d'una metropoli monumentale. -La seria e disciplinata apparenza dei -cittadini e della città spiega la loro storia e la -loro gloria nella diplomazia e nelle armi. Tutto -è ordine. Del resto per chi non è assai ricco -ed ama la tranquillità, Torino sarebbe forse la -città più <i>confortevole</i> di tutta l'Italia: pare un -convento di agenti del governo. Tutte queste -città, compresa la scenica Venezia e le cento -altre minori, è forse meglio vederle nei diorami -del <i>Palais Royal</i>. -</p> - -<p> -In poche parole, appena lasciato il suolo francese, -m'annoiai mortalmente! -</p> - -<p> -<i>Alemanno</i>. Signore, voi avete un adagio, che -se non mi sbaglio suona che ognuno ha i suoi -gusti. Giacchè parliamo senza circonlocuzioni, -vi dirò schiettamente che ho dimorato molti -mesi in questo paese, e lo lascio con grande -rincrescimento, quantunque la birra sia pessima. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_147">[147]</span> -</p> - -<p> -L'Italia per noi Tedeschi è una immensa università, -le cui mura son tutte tappezzate di -lapidi e di monumenti, per chi sa leggerli. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> (a mezza bocca) Grazie mille. -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> (facendo lo gnorri). Nessuna nazione -porta sulla sua fronte così palesi le impronte -della sua grandezza.... -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> (da semplicione). Per chi sa leggerci. -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> (orecchio da mercante). Non tutti sono, -grazie a Dio, letterati. Voi vedete là in quel -canto quell'inviluppo mostruoso di carte? Sono -17835 <span class="above">1</span>⁄<span class="below">2</span> iscrizioni trovate da me in Italia e commentate -(mormorio di meraviglia). -</p> - -<p> -<i>Incognito.</i> E, se non sono indiscreto, a che -queste tante iscrizioni? -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> Io vi ammiro! Vi ammiro profondamente! -— disse con ironico enfasi il Francese, -ficcando il naso nel bicchiere e gli occhi in -quelli dell'impassibile incognito per ispiare un -zinzino di malignità nella sua domanda. -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> (fermo come torre che non crolla). -Queste 17835 iscrizioni e mezza serviranno -per note ad una mia opera futura, a cui preparo -le basi. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> E, se anch'io non sono troppo curioso, -quale sarà il titolo di questo lavoro senza -dubbio gigantesco? Anch'io sono baccelliere e -non si sa mai... potrei anch'io associarmi alla -sua pubblicazione (se pure vivrò tanto da vederne -il fine!). -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> Scrivo la storia del pensiero umano -comparato nelle razze latine e nordiche. -</p> - -<p> -<i>Incogn.</i> L'idea di quest'opera deve avervi atterrito -sulle prime. Essa non può essere concepita -che da un figlio della Germania. Voi avete -mente disquisitrice e rara, strana pazienza... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_148">[148]</span> -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> E lunghi inverni e buona birra. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> (per tagliar corto). In Italia cattiva -birra e buon vino. -</p> - -<p> -<i>Inglese.</i> Sì, buon vino, eccellente. Vino che -rallegrerebbe un Inglese corroso dall'umore -nero. Lasciando a parte le altre qualità che -fanno bella l'Italia, io credo che essa merita -una visita per questa volta. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> Se io vi ritorno, scriverò la storia -comparata dei vini. -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> Anche quest'opera gioverebbe assai -all'umanità, se si considerassero le parole ed i -fatti, che sono la conseguenza diretta del vino -tracannato da Noè a noi, o per meglio dire, a voi. -</p> - -<p> -<i>Inglese</i> (al garzone). Portatemi del vino piemontese... -(mescendo agli altri) Signori... questo -vino è buono; e sarebbe incomparabilmente migliore -ove non si fabbricasse tuttora come ai -tempi di Noè. Ah! l'Italia! Marsala, Lacrima, -Chieti, Vin Santo, Canonao, Malvasìa, Caluso, -Barolo, e voi classici vini dell'Astigiano! Il vino -è la più bella gloria dell'Italia. Le altre non -conosco. Dappertutto vidi macchine inglesi. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> E stoffe francesi... -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> Gl'Italiani dormono sugli antichi allori. -</p> - -<p> -<i>Inglese.</i> Se pure quegli antichi eroi non furono -tanti miti. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> Gl'Italiani sono il popolo di cui si -piantarono e si piantano maggiori carote. I -poeti, più bugiardi dei cavadenti, ne hanno assuefatti -di là dell'Alpi a pensare all'Italia come -ad un paradiso terrestre. Essi magnificarono il -clima, i monumenti e le donne. Sì — voglio -concederlo — qualche cosa di bello e di grande -v'ha qui... come poco più poco meno dappertutto.... -<span class="pagenum" id="Page_149">[149]</span> -Il clima, se ne eccettuate due o tre -spiaggie marine della parte meridionale, è incostante -e freddo nella stagione invernale come -da noi. A Torino si soffre il freddo assai più -che a San Pietroburgo. De' monumenti ho già -detto quanto penso: non sono in grado di apprezzare -se non quelli che hanno un'insegna... -Restano le donne... Qui piego il capo, e confesso -di aver scoperto nel loro sguardo una -dolcezza che manca al clima, e la grandezza, -che non trovai nel resto. Facciamo, o signori, -un brindisi a questi avanzi dell'antica imperatrice -del mondo, su cui pure (al Tedesco) il -signore non avrà mancato di studiare, nelle ore -di ozio, senza cercare iscrizioni... -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> <i>Miscere utile dulci!...</i> -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> (al cameriere). Porta del Bordeaux. -Spero che dopo il vino piemontese apprezzeranno -anche il mio Bordeaux. -</p> - -<p> -Mentre il Francese mesce ai commensali, -chiede all'incognito: -</p> - -<p> -— Non sarebbe ella mai Italiano? -</p> - -<p> -<i>Incogn.</i> No, non sono Europeo..... -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> Nelle linee caratteristiche del suo volto -leggo..... -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> (scherzando) Un'iscrizione? -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> Una leggenda della Grecia..... del Levante..... -</p> - -<p> -<i>Incogn.</i> Non sono nato sulla terra, o signori. -</p> - -<p> -<i>Tutti.</i> Oh! oh! questa è graziosa! marchiana! -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> (a fior di labbra) Oh! mi casca adesso -dalla luna. -</p> - -<p> -<i>Incogn.</i> Sono nato sopra una nave americana. -</p> - -<p> -<i>Ingl.</i> Siamo della stessa razza. -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> La vostra nazione verrà un giorno a -mettere in sesto l'Europa. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_150">[150]</span> -</p> - -<p> -<i>Americ.</i> Quanto a me dell'Europa non amo -che l'Italia. Come nazione, noi non abbiamo -avuto pietà delle sue lagrime, perchè non volle -mai intensamente con tutte le forze l'indipendenza -per conseguire la libertà! Quanto poi a -ciò che l'Italia dà al mondo intero..... -</p> - -<p> -<i>Ingl.</i> Eh! poverina; se mi eccettuate i cappelli -di paglia..... -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> Non ha di suo che il far niente. -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> Ecco la sorgente del suo merito a' miei -occhi. -</p> - -<p> -<i>Tutti.</i> Oh! oh! -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> Signori, voi tutti veniste in Italia per -divertirvi. (al garzone) Mesci Malaga. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> Io vi venni, perchè la moda vuole -così, ve l'ho già detto, e mi annoiai mortalmente. -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> Perchè non vi siete divertito? -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> Perchè? Strade ferrate poche: alberghi -molti e cattivi. Mi dicono i ladri in quantità. -Da pertutto si vede che Voltaire e Vatel non -nacquero in Italia. Ecco l'Italia. -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> Io mi divertii molto studiando. Se ci -avesse della buona birra di Baviera, io l'amerei -anzitutto, benchè gl'Italiani non amino i Tedeschi -col pretesto degli Austriaci. -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> Eh! mi sembra che abbiano imparato -a far poca distinzione fra gli uni e gli -altri. -</p> - -<p> -<i>Ingl.</i> Io, a dirla francamente, viaggio per -fare economia. In Italia un uomo solo con una -ventina di lire al giorno, se la sciala allegramente. -Amo gl'Italiani perchè amo Byron. Ammiro -la loro potenza artistica antica, e se con -poche sterline posso portare via qualche tela -<span class="pagenum" id="Page_151">[151]</span> -affumicata dai loro palagi deserti, e non sto a -lesinare. Quanto alle loro arti odierne, poco su -poco giù, se ne potessero fare mostra in un -centro, credo uguali alle straniere. Non crediate -che io ami le arti come quelle che disterrano -al ciel la mente, a dirla cogli Italiani, amo le -arti che mi danno piacere. Il piacere, ecco -quanto cerco, ecco la mia divisa. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> Chi non ama il piacere — anche sotto -la forma di un'iscrizione? -</p> - -<p> -(Smorfia eloquente del Tedesco — a cui l'Americano -mesce un bicchierone di Malaga, il -quale trovato nel ventricolo il Bordeaux ed il -Barolo, accende con essi e la birra un incendio, -per cui il fumo comincia a sortire dal naso del -pacato Alemanno). -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> (<i>all'Inglese</i>) Bravo. Il piacere; ecco la -molla d'ogni azione. Chi cerca il dolore? La -vita non è che un circolo più o meno vasto, -in cui l'uomo corre dietro al piacere, e fugge -al dolore, che del resto ha le gambe molto -lunghe e le braccia di ferro. Ora, viaggiando, -qual è il paese in cui il circolo pare meno angusto? -Se non l'.....Italia? -</p> - -<p> -<i>Ingl.</i>, <i>Alem.</i>, <i>Franc.</i> ad un fiato: -L'Inghilterra! La Germania! La Francia! -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> Nossignori..... L'Italia. -</p> - -<p> -<i>Tutti.</i> Oh! -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> (mesce) A voi partito dalle sponde fumose -del Tamigi non sarebbe stato dato il trovare -un paese, che avesse cielo sorridente e -dolci aure, ottimi vini, vita a buon mercato, e -di che scialarla allegramente come in Italia, in -tutto il mondo. Qui Shakespeare sognò i suoi -<span class="pagenum" id="Page_152">[152]</span> -drammi: senza vedere l'Italia egli comprese -quanto colore dà questo sole alle minime cose. -Ad ogni passo incontrate l'ombra di Byron. -Come Inglese voi dovete essere appassionato -delle scene naturali. Dove trovate maggior varietà? -Qui presso eterne nevi e sulle rive mediterranee -eterna primavera. Fate ora paragone -coll'Inghilterra. Quanto v'appare triste e caliginoso -quel suo aere pregno di <i>Goddam</i> e di -catrame! -</p> - -<p> -<i>Ingl.</i> (con una mezza tinta drammatica) Signore! -</p> - -<p> -<i>Amer.</i> E voi, amante pure del piacere, rimproverate -agli Italiani il lor far niente? Voi -non lo comprendete il loro far niente. -</p> - -<p> -Un giorno il sole amoreggiò colla fantasia: -da essa nacquero gl'Italiani. La splendida natura -del loro bel paese desta in loro non meraviglia, -come in voi, ma una dolce melanconia -che li invita a meditare, a fantasiare. Chi di -essi riesce a plasmare la propria idea crea un -capolavoro concepito fra l'aspetto di spettacoli -grandiosi, fra le memorie d'una gloria immensa, -ed in una meditazione continua, intensa. -</p> - -<p> -Questo far niente è adunque un gran lavoro. -È il far niente che produsse i loro artisti, Raffaello -e Rossini. -</p> - -<p> -Se tutti gl'Italiani dessero o potessero dare -atto ai pensieri che concepisce il loro far niente, -a quest'ora il mondo sarebbe una seconda volta -di loro. Tutte le nazioni nutrono più o meno -un certo rancore contro l'Italia. Perchè non -contro la Curlandia, la Danimarca, la Turchia? -</p> - -<p> -Tutti cercano di soffocare i suoi gemiti gridando -che essa a nulla è atta. Le altre nazioni -<span class="pagenum" id="Page_153">[153]</span> -quando si trovarono nella sventura annoiarono -il mondo stridendo: quando l'Italia piange, -un'arcana melodìa ne soggioga. -</p> - -<p> -O in una o in un'altra cosa l'Italia comanda -sempre al mondo. Una volta coll'armi, ma i -popoli battuti borbottavano male parole; ora -colla musica, ed i soggiogati accettano l'impero -battendo palma a palma. A mezzo l'<i>Otello</i>, -il <i>Guglielmo Tell</i>, la <i>Norma</i>, la <i>Lucia</i> od il <i>Rigoletto</i> -rimproverate agl'Italiani di non farvi le -stringhe a buon mercato come in Francia. Io -quando sento le note della -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">«Casta Diva, che inargenti»</p> -</div></div> - -<p> -chiudo gli occhi, ed assorto in una voluttà che -non istanca comprendo tutti i misteri del cuore -che nella solenne quiete della notte confida alle -ombre i suoi palpiti. E mi terrei beato se io -potessi rientrare nel nulla <i>accompagnato</i> dalla -sinfonia della <i>Semiramide</i>. Tutte queste armonie -emanano in parte dall'influsso delle donne italiane, -le sole che mi toccano più che i sensi, -la mente. Voi mi direte che l'Alemagna e la -Francia hanno grandi maestri non inferiori in -merito agli Italiani... Senza discutere rispondo -che la melodìa di questi mi tocca di repente -il cuore: le armonie di quelli mi meravigliano, -ma m'impongono uno studio. -</p> - -<p> -Intanto l'Italia riscuote da tutte le nazioni un -tributo alle sue arti: noi lo paghiamo senza -battere palpebra. Ora chiedete ai vostri telai, -alle vostre macchine, il piacere! -</p> - -<p> -Tutti i vostri più grandi artisti non divennero -tali se non dopo una certa dimora in Italia, -<span class="pagenum" id="Page_154">[154]</span> -ove direi che l'armonie di cui è pregna -l'aria, destarono in essi le potenze <i>dinamiche</i>. -Rubens? Vandych? Poussin? Thorwaldsen? -Meyerbeer? Reynolds? -</p> - -<p> -La gretta gelosia delle nazioni verso l'Italia -è giusta; se esse le avessero permesso di divenire -politicamente una nazione, tutto il mondo -sbadiglierebbe da lungo tempo alle malplagiate -note dei nostri maestri, e allora addio, o piacere -unico, divino! Perciò il risorgimento politico -italiano, sotto quest'aspetto, non trova in -me un fautore. Che volete? L'Italia oppressa -piangeva così soavemente! Libera? la vedrete -perdere lo scettro delle arti. Le nove vergini -non amano il tamburo militare. Le vostre nazioni -quando il gladio romano le affettò, che -divennero? Scomparvero. L'Italia scompare nella -politica e tosto rinasce nelle arti. Cos'è la Spagna -divisa, sbattuta da mal certe passioni? Paragonatele -l'Italia. E voi, Alemanno, troverete -più facilmente qui la birra di Baviera, che 17835 -iscrizioni in Germania. -</p> - -<p> -<i>Franc.</i> 17835 e <span class="above">1</span>⁄<span class="below">2</span>. Ah! ah! -</p> - -<p> -<i>Alem.</i> Sì, 17835 e <span class="above">1</span>⁄<span class="below">2</span>. Volete vederle? -</p> - -<p> -<i>Franc.</i>, <i>Ingl.</i>, <i>Amer.</i> Misericordia! -</p> - -<p> -Tutti s'alzarono per isfuggire alla terribile -minaccia del buon Tedesco; questi offeso dalla -dimostrazione eloquente credette lesa la patria -nelle sue più profonde affezioni archeologiche, -e per difendere la Germania non trovò mezzo -più spiccio di quello di arrovellarsi contro l'Italia, -dimenticando — o ingratitudine! — l'origine -delle iscrizioni in appendice alla sua opera -— postuma. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_155">[155]</span> -</p> - -<p> -Io in quella gazzarra pensate se me ne stetti -a bocca chiusa! Desiderare che l'Italia sia schiava -per sentirne il pianto... Oh! dunque la è una -istriona? Un usignuolo da tenersi in gabbia? -Voi siete altrettanti egoisti, e per me vorrei -che non una nota di Rossini avesse varcate le -Alpi. -</p> - -<p> -In pochi minuti i forestieri, obbliati i meriti -musicali e viniferi ed il dolce far niente si unirono -a' miei danni. Animato da un insolito -calore, io sentiva ingagliardirsi in me tutte le -potenze dell'amore, che fa della patria agl'Italiani -una madre afflitta da consolare. Perciò rigettate -le lodi ed il lascivo panegirico dell'Americano, -intuonai, virgolato da più libazioni, -un'eloquente difesa della povera nazione che -getta finalmente la cetra, con cui ha saputo -molcere i dì del dolore per impugnare il ferro -della battaglia. -</p> - -<p> -Le vicine pareti della sala erano scomparse, -ed io vedeva attorno attorno sulle pendici dell'anfiteatro -ossolano un'immensa moltitudine, -che cogli occhi m'incoraggiava col gesto. Erano -ombre di remoti e di vicini secoli. Io riconoscendo -in molti d'essi carissime conoscenze -di biblioteca, eruttava faville. Le cruciate figure -di Dante, di Michelangelo e di Giusti, parevano -protestare contro il detto dell'Americano esser -necessaria la schiavità all'Italia per serbare il -primato nelle arti. -</p> - -<p> -Gli stranieri irritati a quella vista, crollando -le spalle e facendo le boccacce, senza una riverenza -al mondo per quei nostri illustrissimi, -sacramentarono d'impiparsi di quelle anticaglie -da ferravecchio, di miti, d'ombre chinesi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_156">[156]</span> -</p> - -<p> -Se non m'isbaglio, mi diedero per corollario -dell'asino — ma per non essere la prima volta in -vita mia — non ne sentii troppa ira. Virgilio -m'era pur costato delle sonore sferzate; Dante -mi fa presentire la bolgia degli scioperati fannulloni; -eppure al sacrilego dileggio perdonai -i cavalli al pedagogo, e, gettato lo scudo, colla -baionetta in canna assalii di botto tutte le nazioni -in una volta. -</p> - -<p> -La faccenda diventava seria. Le ombre stesse -malcontente parevano volermi suggerire, ma -anch'esse tutte ad una volta. In due minuti il -vino e l'amor di patria annebbiarono le idee; -il colloquio diventò un turbine, una tempesta. -L'ira alle fiamme accecanti del liquore s'accese. -Gli era come cento suonatori disaccordi, un -pandemonio di esclamazioni, di nomi proprii, -un'enciclopedia a fascio, un vocabolario scucito, -i cui fogli svolazzano confusi dall'uragano. -</p> - -<p> -Povera Italia! Dopo mezz'ora i quattro campioni -giacevano in una gora sanguigna, attorno -al tavolo, non morti e non del tutto vivi. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Il garzone sentimentale mi condusse nella -mia camera da letto: il quale sormontato da -un alto baldacchino a cortine — il letto, non -il cameriere — stava in mezzo alla stanza col -capo al muro. Ampie cortine d'un rosso dubbioso -lo coprivano intieramente. Mi posi tosto -a letto e spensi il lume. Un raggio di luna, -sottile, lungo, mi tremolava presso alla finestra: -<span class="pagenum" id="Page_157">[157]</span> -la discussione, il vino e le cortine mi soffocavano: -le apersi. -</p> - -<p> -In fondo alla camera stavano — non v'era -dubbio — varie figure, dritte, minacciose, una -presso all'altra stretta per le mani, come i congiurati -del Grütli. Se non che quelli erano tre, -questi quattro. -</p> - -<p> -Lo spavento fece abbrividire il midollo delle -mie ossa. -</p> - -<p> -Erano proprio i commensali, forse ubbriachi, -che venivano a farmi qualche brutto tiro. Volli -scivolare dal letto, cercare nel sacco da viaggio -una pistola; ma le gambe aggranchite mi negarono -il loro ufficio. Volli chiudere gli occhi: -non potei. S'avanzarono fin presso ai piedi del -letto. -</p> - -<p> -Il primo a parlare fu il Tedesco. -</p> - -<p> -— Signore, egli borbottò, voi avete riso delle -mie 17835 iscrizioni e mezza, e voi me ne renderete -conto e tosto. Così vi sarà al mondo un -nemico di Germania di meno. -</p> - -<p> -— Caro fratello in Schiller, gli risposi ritirando -gli artigli, voi parlate come suole il mondo, -una verità ed una menzogna. Anzitutto gli Italiani -non odiano gli Alemanni; odiano gli stranieri -che vengono giù dalle Alpi a rapina di -ogni cosa — eccettuate le iscrizioni. Anzi rimarginate -le piaghe fatte dagli Austriaci, la -tanto percossa Italia vi stenderà una mano, amichevole. -Se corsero rivi di sangue fra voi e -noi, la colpa a voi: v'abbiamo detto: -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">Ripassate le Alpi e tornerem fratelli...</p> -</div></div> - -<p> -voleste restare! — Quanto alle iscrizioni, è -vero, risi. Battiamoci dunque da buoni amici. -<span class="pagenum" id="Page_158">[158]</span> -Ma prima che cessi per me questa dolce abitudine -di pensare ed agire, come dice il vostro -Goethe, chiaritemi perchè l'ultima vostra iscrizione -sia soltanto mezza. -</p> - -<p> -— Per la semplice ragione che io non la ritrovai -intera. -</p> - -<p> -Io assentii con un profondo inchino alla magniloquenza -di quella risposta, e quando alzai -il capo, l'Inglese corrucciato, cogli occhiali sul -fronte, masticò fra i denti: -</p> - -<p> -— Signore! voi avete sorriso all'Americano -quando irrise la nostra povertà musicale. V'attendo. -</p> - -<p> -L'Americano coi capelli pioventi lungo il muso, -come un salice piangente ombreggia il tronco -de' suoi pieghevoli rami, s'avanzò, squassò la -criniera, armò le labbra del più infernale sogghigno, -e proruppe nell'attitudine del Mefistofele -d'Ary Scheffer: -</p> - -<p> -— Uomo nato sulla terra, io compiango te -come questi altri. Ognuno di voi crede che i -cavoli maturino meglio all'ombra del patrio -campanile. Vi disprezzo perchè egoisti; vi compiango -perchè amate un pugno di terra invece -d'amare il tutto. Perciò, a conto mio, ti dico: -dormi! dormi! poichè non sei atto a spogliare -quella veste nessea che tu chiami amor di patria, -e che ti darà dolori, non mai gioie. Che -Italia mi vai cantando? Vieni con me: t'insegnerà -a dimenticarla il piacere. -</p> - -<p> -Un brivido glaciale mi corse per le vene tutte: -i denti battevano come le nacchere d'una ballerina -nelle ridde della tarantella, e la fronte -mi gocciava ad un tempo di freddo sudore; -tuonai: -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_159">[159]</span> -</p> - -<p> -— Larva d'uomo, apprestati a lavare col tuo -sangue l'insulto! -</p> - -<p> -Egli crollò le spalle impassibile e s'assise -sopra il cassettone aspettando la sua volta. -</p> - -<p> -Il Francese con un fare tra lo sbadato e l'altero -mi disse: -</p> - -<p> -— Voi sapete abbastanza che uno di noi due -deve morire... e sarete voi... -</p> - -<p> -— Perchè non voi! -</p> - -<p> -— Forse ambidue, susurrò l'Americano. -</p> - -<p> -— Meglio ancora: ci batteremo al di là... -</p> - -<p> -Allora gli stranieri, prima discordi, vedendomi -facile vittima, si strinsero a' miei danni. -Anche quell'Americano che aveva cantato l'Italia, -o miserabile! derideva la mia nudità! -</p> - -<p> -. . . . . . . Un velo sanguinoso passò dinanzi i -miei occhi, saltai giù dal letto ed abbrancai -furente la spada che m'offeriva il Tedesco. Pochi -colpi ma di misura. Dopo cinque minuti egli -cadeva nel proprio sangue. L'Americano, impassibile, -mentre il Tedesco agonizzante gli raccomandava -le sue 17835 iscrizioni e mezza, di -un calcio lo rotolò sotto il letto. -</p> - -<p> -Pareva che il mio braccio fosse guidato da una -magica forza misteriosa: il Francese nella sua -furia lasciò un istante il cuore allo scoperto; -fu l'istante della sua morte. Ed eccolo in compagnia -del Tedesco sotto al letto. -</p> - -<p> -L'Americano, ad un tratto, mentre io, ebbro -e sitibondo di sangue (e a dirla schietta, anche -d'una chicchera di thè, a cacciar giù quell'imbroglio -dallo stomaco), gli porgeva un ferro, -trae di tasca una fiola, d'un sorso ne beve il -contenuto, e borbottando un addio alla vita ed -al piacere, s'abbandona mollemente a terra; -<span class="pagenum" id="Page_160">[160]</span> -quindi, oh meraviglia! per risparmiare a se -stesso quel certo calcio surriferito, agonizzante, -striscia, s'avvoltola, sdrucciola come un serpe -ferito, sul pavimento, fin presso ai compagni -sotto al letto. -</p> - -<p> -L'Inglese, masticando il soliloquio d'Amleto, -si disponeva, con eroico disprezzo della morte, -ad infilzarmi nello spiedo. Solamente per amore -di verità assicurò che una partita a pugni gli -sarebbe stata più cara; ma, considerato il pregiudizio -degli Italiani, che lasciano questo duellare -ai facchini, si dispose a rendermi quel -buon ufficio che desiderava. Oh come lunga, -accanita, disperata fu la sua difesa! Assolutamente -non voleva cedere alla sorte dei compagni. Eppure..... -già mi capite. Il suo cadavere, cadendo -a terra, urtò il cadavere del Francese; una -viva scintilla di fuoco illuminò la scena. -</p> - -<p> -Sfinito, mi coricai. Un lago di sangue innondava -la stanza: le iscrizioni del Tedesco galleggiavano, -come già i monumenti che le portavano -in fronte soprastarono al deserto di -ruine, che fecero le orde dei suoi connazionali. -Il raggio di luna pareva si tuffasse con voluttà -in quella gora, come una silfide nelle cilestri -onde marine; dalla finestra socchiusa un venticello -veniva a tergere colla sua fresca mano i -sudori della battaglia, ed io me ne stava là sul -letto come sopra un trono, o meglio sopra un -carro di trionfo, allorchè la porta s'aperse, -entrò una frotta d'uomini armati di <i>rewolvers</i>. -</p> - -<p> -Erano Americani; ed il loro capo, sbottonatosi, -cavò dal giustacuore una carta, la lesse: o Dio! -era la mia sentenza! -</p> - -<p> -Quella buona gente era partita di laggiù per -<span class="pagenum" id="Page_161">[161]</span> -accomodare per sempre la lite e disfare col -ferro il nodo gordiano, cominciando la missione -civilizzatrice col mandarmi le gambe in aria. -Ed io, sentendomi ad un tratto più amante che -mai della vita, e la morte già tirarmi pei piedi -nelle sue gelide braccia, dato un rapido intensissimo -addio a tante belle e care creature e -cose, colla parola strozzata, balbettando, colle -mani in aria ora in atto pietoso, ora irato, invano -protestava aver io difeso l'onore della mia -patria, invano invocava il nome del Licurgo -americano, invano faceva appello agli scritti -umanitarii della signora Beecher Stowe; già -comprendeva che gl'italiani non debbono attendere -soccorso che dalle proprie braccia, e un -anello diacciato sulla fronte, la bocca d'una pistola, -già stava per sbalzarmi addirittura al di -là dello Stige, quando il garzone mi svegliò, -come eravamo convenuti e mi presentò il conto -dello scotto. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Se la sentenza dell'Americano mi faceva capire -chiaramente come tutti i popoli non sono -generosi se non finchè nella partita s'avvantaggia -il loro interesse, — salvo a piantarvi dopo il -primo acchito — quella dell'oste a prima vista -m'apparve come l'arcobaleno dopo un diluvio; -a seconda mi fece osservare che io era tenuto -quale inglese — s'intende naturalmente di quelli -del tempo in cui gli animali parlavano, ed i -ricchi non venivano in Italia a rattoppare la -fortuna compromessa dagli <i>Sport</i>... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_162">[162]</span> -</p> - -<p> -Dopo le prove della notte, uno scambio di -nazionalità mi era troppo sensibile; quella birba, -che aveva difeso l'Italia, m'aveva a prezzo della -sua eloquenza, accollato il proprio scotto. Discesi -e raccontai la cosa a ser l'oste: mi rispose -che, quanto al prezzo, egli era convinto che gli -stranieri potevano senza ragione di broncio -pagare un po' più la sua ospitalità, quando godevano -<i>gratis</i> tanti spettacoli; e quanto all'incognito, -avergli detto che io era suo intrinseco -amico, ed essere convenuto fra di noi che io -avrei soddisfatto ogni cosa..... Così per giunta -era tenuto pel suo amico, o Dio sa che cosa! -Tuttavia dopo poche mie osservazioni, d'un tratto -di penna tagliò la coda al totale, coda che io in -onore della nazionalità italiana donai al garzone. -</p> - -<p> -Non vidi più alcuni de' miei commensali. Il -Tedesco era partito a mezzanotte colla corriera -del Sempione in compagnia del Francese e delle -sue 17835 iscrizioni — e mezza — l'uno pel -Grimsel, l'altro per Ginevra. L'incognito era -certamente passato ad intuonare un inno all'ospitalità -svizzera (a 8, 10 e 12 lire al giorno, -compreso il letto). -</p> - -<h3 id="parte2-4">IV. -<span class="smaller"><i>Una giovenca ed il più bel cuore del mondo — -Avete buone gambe? — Re in Valvigezzo — -Anche sull'Alpi si trovano traditori — <span class="upright">Requiescant -in pace.</span></i></span></h3> - -<p> -Che bel mercato è il mercato del sabbato a -Domodossola! Le svariate e strane foggie degli -<span class="pagenum" id="Page_163">[163]</span> -alpigiani di tutti i monti circondanti formano -uno spettacolo veramente curioso. Le vie e la -piazza del centro erano tutte assiepate di carri -a cui stavano attelati buoi di piccola statura; -di panche su cui cesti di pomi, pesche, uve e -pere di non grande dimensione ma colorite e -gustose; di ortaglia, di forme rotonde di cacio; -stiacciate, bislunghe, ovali, di butirro fresco; di -scansìe su cui bottoni, spilloni, pettini, collane -e le altre minuterie di cui è sì golosa la nostra -contadina nè più nè meno che la canadese; -di tavolati a cui appesi il velo, il fazzoletto trinato, -la veste di seta, di cotone e di lana, tutte -a vivi colori e il rosso campeggia; ed intorno -a tutte queste botteghe ad aria aperta uno -sciame di montanine fresche rubizze, di ragazzacci, -di contadini, di vecchierelle secche, olivastre -e tuttora vegete; un vociare poi di venditori, -che fanno a chi strilla più forte, ed un -gridìo continuo di ooh! ooh! dei conducenti -le carrettelle cariche di foresti e di merci che -vengono o vanno alle valli ossolane o all'Intrasca. -</p> - -<p> -Sulla piazzetta che sta dinnanzi all'albergo, al -primo mettere piè fuori, mi ferì la vista una -bionda ragazza sui sedici anni, accoccolata presso -il muro, coi dolcissimi occhi pregni di lacrime. -Il volto aveva leggermente coperto d'una finissima -lanugine tal e quale la peluria di una -bella pesca di Lesa. E come una pesca <i>incarnata</i> -le gote erano erubescenti. Fattomi a domandarle -della causa del suo dolore, dopo qualche -peritanza mi rispose mostrandomi un canestro -pieno di frutta fresca sconciamente battuta -e pesta. Una giovenca infuriata datasi a -scorazzare pel mercato, aveva urtato nel suo -<span class="pagenum" id="Page_164">[164]</span> -canestro quando appunto stava per venderlo, e -ne aveva fatto quel scempio, e due grosse lagrime -venivano terse col rozzo grembiale di -tela azzurra. Forse la fanciulla aveva corso pericolo -ella stessa; ma l'essere scampata non la -consolava della perdita, a guisa di quella bimba -che, sorpresa sopra le rotaie di una strada ferrata -dall'imminente convoglio, mentre le attraversava -portando un pentolino di latte, caduta -a terra dallo spavento, si rialzava incolume ma -piangente perchè aveva rotto il pentolino e versato -il latte. Le profersi di comprare quella -frutta. Ella mi guardò estatica, dubbiosa quasi -non avesse compreso. Una vecchierella che dall'abito -pareva sua convalligiana la persuase ad -accettare quelle poche monete di rame di cui -le era sì poco generoso. Ella non rispose che -con una lunga occhiata, in cui io lessi cinque o -sei ore di cammino, ed una buona tirata d'orecchi -dal padre a lei risparmiata: poteva dimostrarsi -più grata? -</p> - -<p> -Girellando per le vie, giunsi in faccia al -duomo, che, fra parentesi, non ha ancora faccia. -Entratovi, ammirai begli affreschi e quadri, che -mi si dissero opera di valenti pittori ossolani. -</p> - -<p> -Poco lungi dalla cattedrale vidi pure un'antica -magione in viottolo dimenticato, a porte e -finestre ornate di pietra tagliata. Sopra ogni -architrave un'iscrizione latina. Tutte le finestre -chiuse: le invetriate polverose, le soglie e le porte -intatte. Pare dorma da lungo tempo. Quella -casa così abbandonata mi parve uno dei tanti -palazzi di Venezia che, disabitati, lungo i canali -dei quartieri meno popolosi, vanno morendo -d'inedia e di noia. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_165">[165]</span> -</p> - -<p> -Nessuno indovinerebbe ciò che io trovai di -ritorno all'albergo: sovra un piatto tersissimo -di maiolica rossa, coperti da foglie di vite due -grappoli d'uva perlati di rugiada... Quella fanciulla -invero aveva un bel cuore. -</p> - -<p> -Giammai sì poca moneta fruttò allo zingaro -tanto piacere. Il donare è veramente la più squisita -di tutte le soddisfazioni... Non è vero, lettrici -mie? -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Lettore, hai tu buone gambe? Orsù, in moto; -apparecchiati a salire e a scendere, ad arrampicarti -e dirupinarti giù dei monti. Se poi non -hai buone gambe, fermati a Domodossola, che -io ti racconterò storie e ciarle millanta di apostoli -e di soldati, di alpigiani e di monti, di -foreste e di cascate. -</p> - -<p> -Il sole spunta sulle creste dei monti che si -adagiano tra la valle Vigezzo e l'Intrasca: e la -più ridente delle valli ossolane svelata agli occhi -del cielo e degli uomini intuona il suo inno -alla natura. -</p> - -<p> -Appaiatomi con uno di quegli onesti contadini -dal saio meno ruvido, dalle grosse scarpe -e dagli enormi solini della camicia, che, assiepando -la testa — onde non perderla facendo -cammino — gli segavano le orecchie, da Santa -Maria Maggiore in due ore di cicalate giunsi -al Santuario. -</p> - -<p> -— Ha da sapere il mio signore che nell'anno -Domini 1494 un certo Zuccone scagliava una -pietra nell'immagine della Vergine e la colpiva -<span class="pagenum" id="Page_166">[166]</span> -nella fronte. Pensi quale fu il suo terrore quando -vide quell'immagine grondare sangue, e le campane, -agitate da mano ignota, suonare a festa! -Sicuro, mio signore, che ciò dopo tanti anni -potrebbe essere messo in dubbio: ma grazie al -cielo i miscredenti qui non possono sogghignare, -perchè teniamo negli archivi un atto -giudiziale, firmato, bollato ed autenticato dal -podestà della valle e da tutti i notai della giurisdizione; -e lei, che dalla ciera parmi debba -sapere di lettera, capirà che tutti questi scriba -non sarebbero andati così d'accordo se il miracolo -non fosse stato evidente. -</p> - -<p> -— Tutti quei messeri erano convenuti in Re -nell'istante di quel miracolo? -</p> - -<p> -— No, vi convennero chè il miracolo durò -diciotto giorni continui, e se la vuol convincersi, -venga con me che le farò leggere lo strumento. -</p> - -<p> -— Grazie, amico mio; io sono di quelli che -amano meglio di credere che di accertarmi -scrupolosamente del fatto. -</p> - -<p> -— Ah! sclamò con voce dolente il buon vecchierello -stringendomi la destra fra le incallite -mani, perchè non la pensano tutti come lei? -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -All'indomani, procedendo poco oltre Olgia, -godetti lo spettacolo delle sottoposte Cento valli, -per cui in poche ore, a quanto mi si disse, si -scende, passando ad Intragna, all'amena Locarno. -La quasi deserta valle Cannobina, a cui si potrebbe -discendere varcando da Malesco (prima -di giungere a Re) il brutto passo di Finero -<span class="pagenum" id="Page_167">[167]</span> -non mi tentò affatto. A Craveggia, nota pel bello -stabilimento di eccellenti acque minerali, ebbe -i natali Pietro Ferino che, acquistata sui campi -napoleonici fama di esperto condottiero, veniva -tenuto caro da Napoleone e dallo stesso Luigi -XVIII, che lo creava pari di Francia. -</p> - -<p> -A S. Maria Maggiore, sul finire dello scorso -secolo, accadeva una terribile scena. Una buona -parte dei novatori che avevano occupato il forte -di Domodossola, sentita la rotta dei compagni -a Gravellona, si ritirava nella valle Vigezzo, -donde nel giorno seguente, scendendo le Cento -valli o la Cannobina, si sarebbe rifuggita nella -repubblica cisalpina. A S. Maria i novatori stanchi -dalla lunga marcia, abbattuti dalla fatica e dallo -sconforto, sono ricevuti da certo Rassiga, il quale -blatterando di politica in piazza era in voce di -fautore dei Francesi. Egli corre incontro al -drappello, e dopo di essersi rallegrato che il -sole di S. Maria potesse vedere i redentori della -patria, rincrescevole della troppo esigua capienza -della sua casa, li guida in un albergo, li conforta -di ciancie e di cibi, ed acconciatili alla -meglio nelle stalle capaci, li lascia in preda ai -sonno. Il loro capitano aveva colorito al Rassiga -ed ai curiosi la precipitosa ritirata come una -mossa strategica, tacendo dei disastri toccati. -A mezzo la notte, buia come la gola del lupo, -Rassiga è svegliato: che è che non è, un amico -che giungeva allora allora dal piano, saputo dell'arrivo -in S. Maria dei novatori e dell'accoglimento -avuto, lo fa consapevole della loro rotta, -e peggio, i soldati regi già stare alle porte del -borgo, il pericolo imminente: fuggisse od in -alcun modo provvedesse alla propria sicurezza. -<span class="pagenum" id="Page_168">[168]</span> -Rassiga era uno di quei tali che ignorano nulla -essere più difficile che conservare un'opinione -nel pericolo della vita. Che Dio non metta mai -a questa prova la falange dei tanti! -</p> - -<p> -Nella lotta, seppure vi fu lotta, prevalse l'egoismo: -alle strette di dover perdere avere e -vita, scelse il tradimento. Corse incontro ai -regii; sè disse corpo ed anima pel trionfo dell'ordine: -sapere che una mano di turbolenti si -era rifuggita fra quei monti pacifici per commettere -Dio sa quali abbominii su popolazioni -devote al re: suo dovere di svelare il covo che -ricettava le fiere, onde immolarle alla giustizia. -</p> - -<p> -La paura dalle pallide sembianze condusse -con mano tremante il tradimento attraverso le -ombre della notte alla porta segnata; con passi -di volpe varcano furtivi la soglia ospitale. -</p> - -<p> -Fra la sicuranza del ricetto fratellevole e la -stanchezza per la faticosa marcia, i fuggiaschi -s'erano abbandonati al sonno, e già la fantasia -pingeva loro d'attorno le scene famigliari delle -madri, delle spose e delle amiche lontane, quando -— un lampo — un tuono orrendo scoppiò, e -s'udì per l'aere commosso un urlo... dal sonno -fidente erano trabalzati nel nulla — tutti! -</p> - -<p> -— <i>Requiescant in pace</i>, balbettò esterrefatto -Rassiga. -</p> - -<p> -— Viva il re! gridarono i soldati. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_169">[169]</span> -</p> - -<h3 id="parte2-5">V. -<span class="smaller"><i>Trionfo delle castagne sulla fama -di un'illustrazione dantesca.</i></span></h3> - -<p> -M'aggirava nelle boscate colline di Trontano -all'ombra dei castagneti. Stanco d'asolare entrai -in una modesta capanna sull'orlo del villaggio, -e vi trovai cortese ospitalità. Rifocillatomi in -compagnia di quei buoni contadini, mi assisi -al rezzo delle piante. L'esterno di quella casa -campestre senza aver nulla di mirabile, mi -colpiva; forse erano due finestre nel muro di -pietra, basse, a sesto acuto, profonde, che mi -guardavano fisso come se aspettassero una interrogazione -per rivelarmi un segreto. -</p> - -<p> -L'antichità di quel muro contrastava singolarmente -colla verzura d'una giovine vite, che -abbracciandolo co' tralci, correva attorno in -ghirlande: pareva la giovinezza che conforta col -suo sorriso la vecchiaia. Un zampillo d'acqua -scorrente poco lungi tra le foglie ed i sassolini, -empieva l'aria d'un misterioso cicaleccio. -Le mie palpebre s'andavano abbassando; il mio -capo s'appoggiò al tronco d'un castagno, sbadigliai -e m'assopii. -</p> - -<p> -Dopo poco d'ora, mentre io me ne stava tranquillamente -dormendo, la porta della capanna -si aprì, e ne uscì un frate che a passi furtivi -venne presso di me. -</p> - -<p> -La sua alta statura, maestosa ed imponente, -pareva averlo destinato al comando, mentre -dallo sguardo ammaliatore refluiva una dolcezza -<span class="pagenum" id="Page_170">[170]</span> -persuasiva. Il suo capo era interamente nudo: -anche le sopraciglia erano prive di peli. A chi -lo guardasse attento, la sua pelle appariva arsiccia, -screpolata; sì che moveva ad un tempo -pietà e terrore. Anzi, se ben mi ricorda, parmi -emanasse dalla sua persona un odore di bruciaticcio -insolito. Si avanzò, ed a me meravigliato -non stendesse la mano, disse pacatamente -dopo di essersi guardato attorno con occhio -sospettoso: -</p> - -<p> -— Perchè guardavate voi con tanto amore -quell'avanzo d'una antica casa? -</p> - -<p> -— Non lo so io stesso: forse qui abitò qualche -immortale che anche dopo secoli riempie -di sè i luoghi ove s'aggirò vivente. -</p> - -<p> -— Voi sapete adunque di lui, dello sventurato -fra Dolcino? -</p> - -<div class="poem"><div class="stanza"> -<p class="i01">«Or di' a frà Dolcin dunque che s'armi,</p> -<p class="i02"> «Tu che forse vedrai il sole in breve,</p> -<p class="i02"> «Se egli non vuol qui tosto seguitarmi,</p> -<p class="i01">«Sì di vivanda, che stretta di neve</p> -<p class="i02"> «Non rechi la vittoria al Noarese</p> -<p class="i02"> «Ch'altrimenti acquistar non saria lieve.»</p> -</div></div> - -<p> -Io cominciava a credere di sognare sentendo -queste due terzine di Dante, da un frate, all'ombra -di un castagno a Trontano. -</p> - -<p> -— Dunque qui nacque?... -</p> - -<p> -— Fra Dolcino. A voi che veniste a visitare -questa mia contrada pel dolce amore della natura... -</p> - -<p> -— E dell'aria fresca, pensai tra me. -</p> - -<p> -— ... Voglio dire di sua vita, per appagare -la vostra brama. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_171">[171]</span> -</p> - -<p> -Io veramente non pensava più che tanto a -frà Dolcino; ma poichè una sì bella occasione -di favellare dei famosi immortalati da Dante -non si presenta ad ogni passo con un frate, -tutt'orecchi ascoltai lo sconosciuto. -</p> - -<p> -— Verso il finire del secolo <span class="smcap lowercase">XIII</span>, egli nacque -in questa casa, figlio d'un prete. Suo padre -decise di vestirlo della tonaca di frate. Ignorante -d'ogni cosa di questo mondo, passava i -suoi giorni fra le feste dell'età e della natura. -Quando udì la volontà del padre gli parve tutto -predicesse quanto sognava, virtù ed amore. Gli -spiriti famigliari rallegravano la casa: i passeri -sul tetto pareva gli dicessero colle loro note: -va, tutto è amore! Condotto nel Trentino, indossò -la tonaca degli Umiliati; ma in breve -sendogli venuta a noia la solitaria quiete del -claustro, in cui interrogava sè stesso, se chi -serve Dio non deve tutto intraprendere per -la salute degli uomini, pregava i priori con -istanza di concedergli almeno la licenza della -predicazione. L'indole irrequieta ed animosa lo -tradiva ad imprese più clamorose. Fu cacciato da -quel convento; in quella suo padre moriva. -Soffrì come chi crede e spera, e non invano, -chè la fortuna, rasserenato l'orizzonte, dopo -tante traversìe gli serbava le ineffabili consolazioni -dell'amore. Allogatosi quale procuratore -di un convento di monache in Trento, conobbe -allora una nobile e bella giovinetta che orfana -come Dolcino s'era ritirata fra quelle mura, e -l'anima sua caldissima se n'accese d'inestinguibile -affetto corrisposto con quel tenero amore -che riverbera sulla mente dell'uomo le aspirazioni -d'una innocenza immacolata. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_172">[172]</span> -</p> - -<p> -Oh! come rapidi quei giorni! -</p> - -<p> -Intanto Segarello da Parma empieva l'Italia -superiore delle sue ardite dottrine. Puri in -mezzo a corrotti, generosi fino al sagrificio, -fidenti nell'avvenire, entrambi s'interrogarono -se essi pure non sarebbero discesi in Lombardia -a propugnare la verità contro i profanatori -del tempio. Abbandonato il Trentino coll'amica -inspiratrice calò nella grande valle del -Po, e predicando con tutto il calore e la forza -della convinzione amore a Dio ed agli uomini, -digiuni e mortificazioni, in breve tempo venne -seguito da migliaia di proseliti, e sì alta ne -echeggiava la fama, che lo stesso Dante colpitone -scriveva di lui nelle immortali sue pagine. -La favella piena di grazia e di carità, la soave -bellezza di Margherita s'insinuava ad ammollire -i cuori più duri, mentre fra Dolcino con -ardire di apostolo assaliva i pregiudici più antichi -senza temere d'incontrare la sorte di Segarello, -arso vivo. -</p> - -<p> -Ahi! che i trionfi davanti gli uomini sono -brevi! Cominciarono le prove di Dio. Il vescovo -di Vercelli leva con indulgenze una crociata -contro il ribelle a Roma. Fra Dolcino, rifugiatosi -nei monti del Biellese con poca parte di -tanti seguaci, ad una duce e soldato, sostiene -un lungo assedio. Fratello, che Dio non faccia -mai soffrire a te quanto soffrirono Dolcino e -Margherita! Le legna e le vettovaglie vennero -a termine: la fame ed il freddo! — la fame che -desta la ribellione, che stanca ogni più saldo -proposito; il freddo che intirizzisce il braccio -ed affievolisce il valore! I difensori sfiniti cadevano -attorno alle bastite... alcuni disertavano... -<span class="pagenum" id="Page_173">[173]</span> -e la breccia dal nemico veniva compiuta -quasi senza difesa..... Che più? -</p> - -<p> -Il 23 marzo del 1307, dopo la più disperata -difesa, stremati d'ogni forza, caddero nelle mani -dei crociati, i quali, dopo ogni vituperio, a misura -di tanaglie roventi e di carboni accesi fecero -espiare ai due novatori il delitto d'aver -sollevato migliaia di credenti contro i vizi del -clero. Frà Dolcino sopra una catasta di legna -nelle radure ghiaiose fra la Sesia ed il Cervio -venne bruciato vivo. Per libidine di ferocia, Margherita -dovette assistere all'estremo supplizio -di chi dopo Dio l'aveva amata sopra ogni terrena -cosa! Alla plebe Biellese era serbato lo -spettacolo dell'animosa donna arsa sopra di un -rogo. Di frà Dolcino non restarono neppure le -ceneri: non resta che la memoria... non è vero? -</p> - -<p> -— Sì, frate, a chi conosce quei tempi. Frà -Dolcino, lasciata da parte ogni questione religiosa, -è una bella figura del medio evo: guerriero -ed apostolo in diverse condizioni di tempo, -avrebbe operato grandi cose. -</p> - -<p> -— Ma ora qual è la memoria di lui? -</p> - -<p> -— A chi non ha sviscerato le idee di quel -secolo, essa non è che la memoria d'uno che -animava i fedeli ad armarsi contro l'Anticristo. -Questi tempi aritmetici non possono di leggieri -comprendere lo slancio dei nostri nonni per -un'idea filosofica. Ora gli eretici seggono nelle -Università e nei Parlamenti nel più buon accordo -coi devoti; e se corre qualche saetta, svanisce -in un fuoco fatuo di diario. Colle indulgenze -non armereste quattro scaccini di sagrestia. -Non v'ha che la patria che possa suscitare -legioni con un grido. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_174">[174]</span> -</p> - -<p> -— E Trontano... soggiunse dopo breve pausa -il frate con voce scorata... e Trontano non s'onora -di quel suo antico figlio? -</p> - -<p> -— A dire la verità io ho sentito sempre a -celebrare Trontano per... -</p> - -<p> -— La patria di frà Dolcino?... -</p> - -<p> -— No, per le più eccellenti castagne del -mondo. Dalla qual cosa voi ed io potremmo -dedurre copia di pensieri sulla vanità della -gloria e sulla inutilità di farsi arrostire pel -trionfo d'un'idea... Ma che? voi impallidite? -</p> - -<p> -— Per le castagne! per le castagne! -</p> - -<p> -E il povero frate accasciato sotto il peso della -mia rivelazione stralunò gli occhi, barcollò e -sarebbe caduto ruzzoloni se io non mi fossi -affrettato a raccoglierlo nelle mie braccia. -</p> - -<p> -Se non che in quel punto mi svegliai colle -braccia conserte al castagno, contro il quale -io aveva pure picchiato del naso nella furia di -soccorrere il povero frà Dolcino. -</p> - -<p> -I passeri sul tetto, sui rami, cinguettavano -la loro antica canzone: <i>tutto è amore</i>, la sorgente -sussurrava un idilio a note sommesse, ed -il muro secolare continuava a guardarmi colle -sue oscure occhiaie. Il castagno sotto il quale -m'era apparso frà Dolcino, stendeva, agitandole -con frenetica gioia, le sue braccia all'aria, ed i -ricci dei suoi frutti mi parevano straordinariamente -ingrossati a dispetto della gloria antica -del conterraneo. Celebrava quel birbo il -trionfo delle castagne sulla fama di una figura -dantesca! La vite sola s'attaccava più salda, -più stretta alle vecchie mura, festeggiandole -colla frescura della sua ombra e colle ghirlande -de' suoi tralci pampinosi; ed io, alzatomi e stirando -<span class="pagenum" id="Page_175">[175]</span> -le membra indolenzite, m'incamminai non -so più dove, zufolando coi passeri: -</p> - -<p> -— Tutto è amore! -</p> - -<h3 id="parte2-6">VI. -<span class="smaller"><i>Il Sempione — Invenzione di un ponte -per passarvi dissotto.</i></span></h3> - -<p> -La valle più nota ai viaggiatori ed agli studiosi -fra quante convengono nel bacino ossolano, -è la valle percorsa da quella meravigliosa -strada che sale al Sempione congiungendo Milano -a Ginevra. -</p> - -<p> -Valle Divedro diramasi da Crevola al valico -del Sempione: il confine però tra gli Svizzeri -e gl'Italiani sta a S. Marco, poco prima di -giungere a Gondo. Nell'anno 1801 quella vastissima -mente di Napoleone Bonaparte, ormai al -colmo del potere, ideava una strada monumentale -che valicando i gioghi alpini scorgesse -dalla Svizzera all'Italia superiore: nel 1805 la -grand'opera era già finita, a gloria principalmente -degl'ingegneri italiani, i quali, quanto -più ardua era la loro impresa in una valle selvaggia, -ovunque dirupata ed asprissima, tanto -più degna del nome romano seppero renderla, -sì che gli stessi stranieri, troppo spesso ingiusti, -dovettero rendere giustizia alla perizia loro. -</p> - -<p> -Il tratto da Iselle a Crevola, anzi quasi tutta -la valle, presenta una delle più orrende scene -<span class="pagenum" id="Page_176">[176]</span> -di distruzione: dappertutto frane di monti e -sassi minacciosi pendono sul capo al viaggiatore; -qua e là le volute della neve precipitano nella -stagione invernale nell'oscuro fondo della valle, -avvallando spesso quanto incontrano nell'irrompente -rovinìo. Chiunque vide questo cammino -tracciato con tanto ardire e tanta sapienza, consiglia -al governo italiano a non risparmiare -cure e danari per conservare una strada che, -larga otto metri, con sei gallerie, attraversa -tre provincie del regno, formando l'ammirazione -pur anco dei volgari. -</p> - -<p> -Ecco la tradizione storica che lo zingaro raccolse -nel pulito e discreto albergo d'Iselle dalla -bocca di un colto Ossolano. -</p> - -<p> -Sul Sempione nel 1799 vi furono varie fazioni -guerresche tra Francesi ed Austriaci. Nel -1800 il generale Béthencourt con mille soldati -francesi e svizzeri, mentre Bonaparte, attraversava -arditamente il gran S. Bernardo venne inviato -ad occupare i posti di Iselle e di Domodossola. -Ma in una procellosa notte un ponte -di quell'antica stradicciuola era sprofondato in -un abisso: nessun modo di passar oltre. Un -coscritto, senza dubbio nativo delle Alpi, offre -al generale il mezzo di scavalcare la forra, e -senz'altro, leggiero come uno scoiattolo, striscia -sulle rocciose pareti di quel burrone, aggrappandosi -ad ogni masso, ad ogni cespuglio, e -giunto in fondo, guada il torrente e s'arrampica -sull'ertissima parete opposta, mentre i più -tremano che un piede in fallo, un sasso malfermo -o la vertigine lo precipitino frantumato -nella sottoposta fiumana. -</p> - -<p> -In questo la recluta è giunta, dopo infiniti -<span class="pagenum" id="Page_177">[177]</span> -sforzi, ad afferrare il ciglione dell'opposta parete -— egli è giunto alla meta e tutti battono -palma a palma. Il giovanetto s'era tratto con sè -il cappio d'una grossa corda che egli aveva -assicurato ad un pino dell'altra sponda, e tesala, -l'annodò strettamente ad un macigno, sicchè -venne così improvvisato un ponte sul quale, -anzi sotto il quale sospesi alle proprie braccia, -primo s'intende il Béthencourt, passarono i soldati -armi e bagaglio ad armacollo. Di cinque -cani che seguivano quella mano d'armati, due -soli poterono giungere ai loro padroni: gli altri -tre vennero trascinati dalla furia del torrente -che non riuscirono a guadare. -</p> - -<p> -È opinione dei più che il Sempione abbia -avuto questo nome da Servilio Cepione nella -guerra contro i Cimbri, della quale l'Ossola fu -teatro per molte pugna, quantunque Cepione -abbia combattuto non qui, ma nella Gallia. Dell'antico -passaggio restano molte vestigia, particolarmente -dal lato svizzero. -</p> - -<p> -Presso Gondo, nella galleria più lunga della -strada, havvi scolpita nel marmo quest'iscrizione, -che meritava d'essere raccolta fra le -17385 e <span class="above">1</span>⁄<span class="below">2</span> dell'archeologo tedesco, a cui l'attica -semplicità che la informa avrebbe risparmiato -le fatiche del commento: -</p> - -<p class="center"> -ÆRE ITALO 1805. -</p> - -<p> -Delle cose naturali di questa valle sono fra -le più notevoli le cascate di Frassinone presso -la galleria di Gondo, e di Zwischbergen poco -lungi. Se lord Byron avesse veduto — il che -<span class="pagenum" id="Page_178">[178]</span> -ignoro — la fantastica scena che in questi -dintorni la natura dispiega, ho per fermo che -il poeta ne avrebbe fatto teatro alle evocazioni -del suo Manfredi. L'oscura profondità dell'abisso, -il terribile disordine dei massi, le nembose -vette alpine che si disterrano al cielo, le -cupe tinte della luce empiono l'anima di una -misteriosa temenza: l'abisso vi spaventa, salire -su quelle piramidi è impossibile... Non vi movete: -non un ah! di meraviglia o di terrore, -non un respiro, che potreste svegliare quei -massi penzoloni.... Vedete cosa vi sta scritto? -</p> - -<p class="center"> -«È proibito di parlare sotto pena di morte!» -</p> - -<h3 id="parte2-7">VII. -<span class="smaller"><i>Si parla di paesi non visti.</i></span></h3> - -<p> -La valle Isorno stendesi dalla valle d'Ossola -alle falde del pizzo del lago gelato tra la valle -Antigorio e la valle Vigezzo, confinando nel -fondo col Ticinese, a cui guida un sentiero -passando sulle creste del pizzo suddetto. Questa -valle lieta di pascoli è popolata nella bella -stagione di armenti e di greggie. È quasi sconosciuta -ai viaggiatori. -</p> - -<p> -La val Bugnanco, a destra della Toce, sbocca -presso Domo e si stende fino alla cima di monte -Crescia, da cui precipita la Bogna, torrente minaccioso -che portò molte volte gravi danni alla -capitale dell'Ossola. Seguendo il letto della Bogna -<span class="pagenum" id="Page_179">[179]</span> -verso la sorgente, un sentiero scorge alla -confine valle di Strumback nel Vallese: non è -frequentato che rare volte da quei valligiani. -Cisore, i due Bugnanco e Monte Ossolano sono -i villaggi più notevoli. -</p> - -<p> -La valle di Antrona da Villa, poco prima di -giungere a Domodossola, corre sino al pizzo -di Botarello, detto dagli Svizzeri, se non m'inganno, -il Fletschorn; valicato il quale, un sentiero -guida nel Vallese, nella valle già nominata -di Strumback. La valle Antrona è ricca di miniere -d'oro, di ferro e di amianto. L'Ovesca, -tributario della Toce, vi sbocca presso Villa. -La strada di questo villaggio, passando a Seppiana, -Monteschieno e Viganella, guida ad Antrona -in un altipiano che credesi fosse ne' remoti -tempi il bacino del lago. Antrona-piana -venne nel secolo XVII distrutta da un'immensa -frana staccatasi dai monti imminenti. — Lo zingaro -sentì da un confratello di ritorno da una -peregrinazione nelle tre valli d'Isorno, Bugnanco -ed Antrona quanto sta qui sopra, e per quanto -lo solleticasse il desiderio di scoprire terreni -vergini ed incontaminati dalle guide, non avendo -inteso neppure a parlare di una fata con cui -amoreggiando potesse compensarsi della prosaica -uniformità delle cose, trascrisse sul taccuino -la poco immaginosa descrizione, rinunciò -alle trote del laghetto d'Antrona, e s'avviò difilato -alla volta della vall'Anzasca. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_180">[180]</span> -</p> - -<h3 id="parte2-8">VIII. -<span class="smaller"><i>L'Anzasca — Un nuovo Messia.</i></span></h3> - -<p> -Più splendida giornata di questa non può -darsi; tutto parla ai sensi, al cuore, la serena -allegria della giovinezza. Dimentica il viatore -ogni suo guaio per cantarellare coi passeri, che -anche un pessimista non avrebbe potuto immaginare -cosa più bella di questo mattino raffrescato -da un venticello che vi fa più giovine di -dieci anni, e suscita, con una voglia matta di -correre, un appetito che non sarà l'ultimo premio -ai tentatori delle Alpi. -</p> - -<p> -Un'antica sbilenca e sonante carrettella tirata -da un cavallo più spigliato che snello di forme -ne porta rapidamente all'Anzasca per la bella -strada che quei valligiani intesero di condurre -sino alle falde del Rosa da Piedimulera. -</p> - -<p> -Il cocchiere, che non aveva ancora aperto -bocca da Domo, accennò in alto un villaggio, -Cimamulera, e raccontò come un dodici o quindici -anni fa un prete, che vi era curato, seppe -con tali squisitissime arti abbindolare la gente -semplice e credenzona, che in poco tempo venne -idolatrato come novello Messia, e quando poi fu -per altri misfatti carcerato in Novara, i montanari, -in processione, a piedi nudi, scendevano -al piano per andare a liberarlo dai Farisei o -morirvi assieme! — Ma un drappello di carabinieri -venne inopinatamente ad opporsi alla -<span class="pagenum" id="Page_181">[181]</span> -crociata per liberare <i>dal sepolcro</i> il sedicente -Cristo. Fu ad un tempo risìbile e compassionevole -il vedere quegli apostoli di una fede -che offeriva martiri, dispersi caritatevolmente -dai soldati, mentre la Vergine — madre di -più figli — S. Giuseppe e S. Pietro erano condotti -a Domodossola innanzi al capo della provincia, -il quale credette fare cosa assennata, -dopo d'avere loro dato una buona scardassata, -senza lavarsene le mani come Pilato, rimandarli -al loro nido. -</p> - -<p> -Da questo racconto si può dedurre a quali -eccessi potesse spingere il fanatismo religioso -nei tempi remoti! -</p> - -<p> -Da Cimamulera scorgesi la patria di Dolcino; -forse arrisero alla mente del nuovo settario, -se non il fine, i trionfi di quell'antico. -In nessun modo però puossi far paragone fra -i due. -</p> - -<p> -A Ponte Grande salutai riverente un cucuzzolo -del monte Rosa, l'Alpe più stupenda dell'Europa -per la vastità degli aspetti, e che -non la cede al Bianco in altezza se non di pochi -metri. -</p> - -<p> -Oh! come è bella la cascata di Valbianca! Poche -gareggiano con essa nella catena alpina. -</p> - -<p> -Da Bannio, uno de' più ameni paeselli della -valle, costeggiando l'Anzino, l'auriga mi disse -che si può, salito il Campello, scendere di là -in Vallesesia. -</p> - -<p> -In tre ore, da Vanzone attraversai, pedestre, -l'oscura gola del Morghen, e giunsi a val Macugnaga. -La quale è a vall'Anzasca quello che -è la Formazza all'Antigorio, un altipiano senza -alberi fruttiferi, abitato da un'antica colonia -<span class="pagenum" id="Page_182">[182]</span> -germanica, che parla tuttavia un corrotto tedesco. -Da questi pascoli, in una giornata di -penoso cammino, si varca il monte Moro, dalle -cui vette godesi il mirabile aspetto di tutto -il Rosa. -</p> - -<p> -Da Pecceto alle pendici del Rosa, attraversando -il monte Turlo, si scende in Alagna, donde, mi -piace qui notare, partiva per ben quattro volte -D. Giovanni Gnifetti per giungere l'ultima solamente -sopra uno dei cinque pizzi più elevati -di quel gigante. Non disanimato dalle bufere e -dai pericoli d'un viaggio, ove ad ogni passo si -apre una tomba all'ardito, pervenne, addì 9 agosto -1842, sul pizzo che giustizia vuole si chiami -d'ora innanzi Gnifetti, come s'appellano Zumstein -e Vincent i picchi su cui salirono gl'intrepidi -di tal nome. -</p> - -<h3 id="parte2-9">IX. -<span class="smaller"><i>Quanti disprezzino l'oro.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><i>Auri sacra fames!</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -Ecco le miniere dell'oro. Indossata la sopraveste -dei minieratori, salutai con animo trepidante -la luce del sole, e discesi nella più profonda -e più vasta e più antica delle miniere -della valle, anzi dell'Italia. Duemila anni fa migliaia -di schiavi dei Romani vi cercavano le -vene del prezioso metallo, e non ancora esaurito -<span class="pagenum" id="Page_183">[183]</span> -è il tesoro. Il Rosa, siccome serba agli -audaci che gli salgono sopra il più stupendo -spettacolo del mondo, serba nel seno tant'oro -da fare di voi, o mortali, altrettanti re Mida. -</p> - -<p> -— Dove scendiamo? Nel cuore della terra? -Da un'ora ormai il piede incerto discende per -iscale senza numero, di antro in pozzo, di pozzo -in caverne immense, dove la tremolante luce -delle lampade non rischiarando le stillanti e -nere pareti, ne lascia supporre d'essere penetrati -nelle bolgie dantesche. — E sotto a' piedi -un'altra oscura bocca ne ingoia, e discendiamo... -Ahi! Dov'è l'aura vitale della valle? La luce -onnicolore, il canto della natura? -</p> - -<p> -— Discendi ancora, disse l'ospite, e vedrai -quanto è grande la brama dell'oro. Ma il petto -è ansante, le nari s'allargano invano per bere -un sorso d'aria pura, e le ginocchia minacciano -di lasciarmi ruzzolare nell'abisso..... Ah! ecco -l'ultima caverna. -</p> - -<p> -Dove sono gli immortali cattivi di Minosse? -Ma laggiù la turba che si smaniava non v'era -precipitata per l'ira del Ghibellino — laggiù -non le pietose visioni delle Francesche, delle -Pie, delle Piccarde — ma sì l'urlo dell'Ugolino: -ho fame, fame — d'oro! Le cere pallide, gli occhi -intenti che sovente si chiudevano per attendere -quasi un prodigio dalla sorte, il prodigio -d'un <i>filone</i>, le labbra, balbettanti misteriose -parole, tremavano convulsivamente; i ferri, gli -scalpelli sonavano dolorosamente con affrettata -vicenda sul sasso, e le girelle cigolando con -lungo e monotono gemito sotto il peso della -terra da razzolare lassù si lagnavano della faticosa -bisogna. Presto, trovate l'oro, e risalirete -<span class="pagenum" id="Page_184">[184]</span> -all'aria libera, dove v'attende il piacere. Presto -— la mano ingranchita nega l'ufficio suo — -non importa, avrai tempo a riposarti stazzonando -la coppa dell'ebbrezza. Presto — l'occhio -stanco di fissare s'inietta di sangue — che vale? -ti guarirà la vista di quella donna che prediligerai. -Non morderti le labbra per dispettosa -impazienza — quelle della bella si macchierebbero -di sangue. -</p> - -<p> -Tutti hanno ragione. La sete degli agi, dell'ozio, -del piacere cresce smisurata col ribrezzo -per la povertà operosa ed onorata. -</p> - -<p> -Date loro dell'oro, o roccie avare! Perchè -non posseggo io la verga di Mosè? Vi sdoccerei -da questa rupe insensibile un torrente di -scintillanti verghe. -</p> - -<p> -Resisterete voi al fascino di quanto vi si offre -per la vostra ricchezza? Ecco a voi la coscienza -dei sacerdoti e dei giudici; a voi pel pane e -l'ozio del circo, le ovazioni della plebe; a voi -l'arbitrio della fama; a voi chi per trenta nummi -tradirà la patria; a voi, per i monili e le perle, -la già pudica vergine non riluttante a vostra -balìa — la madre, a cui procuraste mense lussuriose, -tace ghignando — il marito già vendette -la moglie; a voi geloso veleni e coltella; -a voi ambizioso chi vi venderà l'ingegno e la -fama — al massimo buon prezzo; — a voi vivo -ancora monumenti; a voi artisti, che scambiato -il vezzo dell'ozioso nell'amore splendido -delle nove sorelle, inneggieranno e di mille -fantasie abbelliranno la casa; a voi coll'oro la -farsa orpellata delle frini o la tragedia a scelta, -e, orribile a dirsi, il poeta che canta ed impreca -a suono della moneta, della poca moneta, per -<span class="pagenum" id="Page_185">[185]</span> -cui tra secoli, oscurato Mecenate, rivivrete ancora -nel sospiro del vate e della ballerina senza -procolo!... -</p> - -<p> -Resistete? La vertigine vi attira, la virtù e -l'onore impallidiscono al bagliore del vizio seduttore -che vi tende le molli braccia..... Un -grido forsennato s'eleva dalla folla ubbriaca: la -vita è pel piacere — Dio è una noiosa chimera; -tutti sacrificano al vitello d'oro, senza che un -Mosè spezzi dallo sdegno le tavole sacre sulle -loro teste. -</p> - -<p> -Ahi! dolorosa visione! Quanti vid'io nella -turba affannata stendere la mano per sacrificare -al Dio, che io aveva tenuti con religiosa riverenza -come illibati! Attorno al tripudio, apparivano -nelle fumose scene della bolgia monumenta -e forche, feste e berline..... -</p> - -<p> -O infamia, sclamai cadendo sulle ginocchia, -tutto adunque s'immolerà sul tuo altare? -</p> - -<p> -Quando, dalla parte opposta, come in ampia -radura sconfinata, vidi raggiante la Carità in -atto verecondo sovvenire con mano fratellevole -al misero, e così trattenuto il braccio vendicatore -dell'ira divina..... Attorno alla benedetta, -in cerchio, chi cantò la verità e pugnò per la -libertà per solo amore delle gemine sorelle..... -</p> - -<p> -Erano pochi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_186">[186]</span> -</p> - -<h3 id="parte2-10">X. -<span class="smaller"><i>Stonazioni della fama. — Le Ossolane non sono -più quelle d'una volta. — Cajo Mario ed i -Cimbri. — Innocenzo IX di Cravegna. — Banchetti -funebri. — La valle Diveria.</i></span></h3> - -<p> -Di ritorno a Domodossola, senz'altra dimora, -corriamo alla valle Antigorio, da cui, per l'altipiano -di Formazza e la salita del Gries, discenderemo -nella Svizzera. -</p> - -<p> -Crevola trovasi appunto là dove sboccano le -valli Divedro ed Antigorio. La maraviglia, l'illustrazione -di Crevola — all'ombra di qual campanile -non havvi <i>un'illustrazione</i>? — è il ponte -della strada al Sempione, che varca per la prima -volta l'arrabbiata Diveria; i periti vi dicono -che esso è largo otto metri — come la strada -— lungo cento e alto trenta. A mezzo un'enorme -torre di granito si erge dal letto della fiumana -a sostenerlo; scendete la scala che sta presso -le casipole vicine e guardate insù — neh, che -il ponte ha del pittoresco? Ma gli è pur vero -che questo ponte è più celebrato di quanto -l'architettura o le difficoltà superate meritino. -L'Amoretti lo dice imponente; l'Ebel un capolavoro -d'architettura; Boniforti lo chiama famoso -se non altro per constatare l'opinione -universale. Io mi stringo umilmente nelle spalle -e senza detrarre al merito del ponte, faccio a -<span class="pagenum" id="Page_187">[187]</span> -me stesso la semplice domanda: se questo è un -famoso capolavoro, quali parole potranno adoperarsi -per favellare del ponte sulla Dora del -Mosca, di quello sul Niagara in America e del -viadotto da Marghera a Venezia? -</p> - -<p> -Questa smania di celebrare, come sublimi, -cose per nulla singolari, non è generalmente -invalsa negli scrittori italiani, i quali debbono -piuttosto accagionarsi (forse pel continuo spettacolo -di cose grandi in arte ed in natura) di -una certa indifferenza nel notare al viaggiatore -ciò che per universale consentimento è veramente -degno d'ammirazione. -</p> - -<p> -Non parlo delle guide renane e svizzere: ogni -rigagnolo d'acqua che fila da una rupe di dieci -metri è una meraviglia. Intanto gl'Italiani, sì -poco curanti della patria loro, sanno generalmente -raccontare d'aver visto questo e quello -al di là dei monti, e ignorano quanto sta a -dieci passi dalla loro casa.... Credo di non ingannarmi -asseverando che gli Italiani sentono -la bellezza della loro patria senza curarsene -punto, come un nato ricco non dà pregio a -quegli agi, ad ottenere i quali i poveri si travagliano -spesso invano tutta la loro vita. Ma -senz'altre digressioni entriamo nella valle Antigorio -ritornando a Crevola. -</p> - -<p> -La lapide latina, che leggesi sopra un muro -della Chiesa di S. Vitale, accenna ad una feroce -pugna combattutasi presso Crevola nell'anno -1487 tra gl'Italiani e gli Svizzeri: Bernardino -Corio parla di questa battaglia nelle sue storie, -ed in questa narrazione è notevole che gl'Italiani -non avessero che <i>due</i> morti, mentre gli -Svizzeri ne contassero <i>duemila</i>, o secondo gli -<span class="pagenum" id="Page_188">[188]</span> -storici Alemanni soli <i>ottocento</i>, numero tuttavia -troppo disparato per non eccitare al lettore alcun -dubbio sulla veracità della storia. Ad ogni modo -gli Svizzeri uccisi furono tanti che i loro cadaveri -caduti nella Diveria avevano formato una -chiusa di tale altezza da servire di ponte agli -Italiani. -</p> - -<p> -Narrasi pure che le donne ossolane, inferocite -dalla barbarie del nemico, che prima di -questa pugna aveva manomesso ogni cosa in -quei dintorni, quanti Svizzeri fuggenti s'erano -ricoverati nei boschi o nelle capanne scannassero, -e strappato il cuore sanguinoso dai loro -petti ne ammanissero pasto ai cani. -</p> - -<p> -Ancora adesso le belle Ossolane vi rapiscono -il cuore, ma non è provato che lo diano ai cani. -</p> - -<p> -Fra i morti vi furono Renato Trivulzio, capitano -degli Italiani, ed Albino Desilinon, capitano -degli Svizzeri. -</p> - -<p> -Sulle rupi di Crevola sorgeva nel medio evo -un castello, che fu dei Silva, famiglia che diede -prodi capitani. Di questo castello non rimangono -se non macerie coperte di muschio e di -obblìo. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Poco sopra Crevola, a destra, sopra un poggio -lieto di vigne e di campi, scorgesi Montecrestese, -al di là della Toce; il sole vi matura un -vino schietto e rubino. Qui presso la Toce precipita -fragorosa in un profondo gorgo, su cui, -non sono molti anni, era gittato un ponte altissimo -<span class="pagenum" id="Page_189">[189]</span> -e senza parapetto, sul quale non si -varcava quell'abisso senza pericolo. -</p> - -<p> -Proseguendo la strada, poco oltre a sinistra -troviamo Vira attorniato da vigneti, e poi a -destra Ponte Manlio, così detto dal Console -Manlio, che vi si era accampato colle proprie -legioni nella spedizione contro i Cimbri, ed -aveva quivi gettato un ponte sulla Toce. Si sa -— da chi non l'ignora — che i consoli Manlio -e Cepione vennero sconfitti da quei feroci abitatori -delle foreste nordiche, già vincitori di -Cassio Longino; sconfitte che dovevano far -risplendere di più la sanguinosa vittoria di -Caio Mario, colla quale questo capitano di gran -mente e di forme atletiche atterrava, al dire -di Tito Livio, duecento mila barbari, e menava -in trionfo novanta mila prigioni. La fortuna, -dando lo scacco al suo collega Catulo vinto dai -Cimbri sulle rive di questa stessa Toce, gli -apparecchiava nuovi allori. -</p> - -<p> -Nei piani del Ticino, tra Novara e Vercelli, -nei campi Raudj, si combattè l'estrema pugna -tra Roma ed i Cimbri; Caio Mario, morti cento -e quarantamila nemici, s'incamminava a Roma, -traendo seco settantamila prigioni, a Roma che -per la quinta volta lo eleggeva console. -</p> - -<p> -Meravigliosa cosa! Non v'ha paese anche nascosto -fra inospitali monti in cui i Romani non -abbiano impresso il marchio dell'arrogante loro -grandezza. -</p> - -<p> -Ma lasciamo le glorie dei Romani ai pochi -che le studiano, e <i>marciamo</i> su Crodo, capoluogo -di mandamento di tutta la vallea, lasciato -Campomanlio a destra e passando sotto una -galleria tagliata a ferro e fuoco nella viva roccia. -<span class="pagenum" id="Page_190">[190]</span> -Presso Crodo credesi s'allagasse la Toce formando -un bacino considerevole d'acqua; e monsignor -Bescapè, vescovo di Novara, il quale nelle -sue visite pastorali studiava e notava la natura -e gli uomini, parla di un tempietto a S. Martino -che allora chiamavasi Capolago, tempietto -che tuttora esiste, a quanto mi si disse. -</p> - -<p> -Crodo è forse nella più infelice posizione -della valle: ad ogni infuriare del torrente Alfenza, -ogni abitante paventa non si rinnovellino -per lui l'estreme scene del diluvio universale, -senza la speranza di una novella arca di Noè; -chè l'Alfenza, diroccando piante, ciottoli e massi -immani, forma a sè dinnanzi barriere che un -istante dopo distrugge, sfogando con tremende -urla il rabbioso impeto sulle mura di Crodo. -Perchè dunque i nostri nonni presero stanza -in un sito tanto minacciato? Ciò diranno pure -i Domodossolani: ma quei babbi — senza <i>ministeri -d'agricoltura</i> — rispettavano con religiosa -temenza le foreste, sapendo — senza <i>studi -forestali</i> — come le piante mentre abbelliscono -le falde montane e purificano l'aere, colle radici -sì tenacemente s'abbarbicano alle zolle, alle -roccie, che nessuna forza di torrente o di voluta -che rovini sopra di loro, varrà a sterparle ed -a strascinare con sè il terreno su cui sorgono. -Se la improvvida cupidità dell'oro non viene -frenata, fra poco tempo una pianta sulle Alpi -sarà una curiosità, come una cascata. -</p> - -<p> -Pochi minuti sopra Crodo sta lo stabilimento -idropatico con sorgente d'acqua minerale ed -albergo: ve lo indico con piacere nel caso vi -possa giovare; ed in ogni caso se non vi sarà -utile la linfa colla doccia ed il bagno, vi gioverà -<span class="pagenum" id="Page_191">[191]</span> -senza dubbio l'albergo confortevole e più -di tutto l'aria vivissima. La bella strada calessabile, -la vicinanza a Domo, la freschezza del -sito, invitano nella stagione estiva copia di visitatori. -</p> - -<p> -Quantunque l'appetito m'eccitasse a giungere -presto a Baceno, non volli tralasciare di fare -una visita a Cravegna, terricciuola microscopica -sulle ultime falde del Corno Cistella, per soddisfare -la mia curiosità di conoscere almeno di -vista il villaggio che gli Ossolani citano volentieri -come patria del compaesano che ebbe più -splendida sorte fra quanti emigrano dai loro -monti. -</p> - -<p> -Giovanni della Noce nasceva di padre cravegnese -in Bologna sul principio del secolo XVI. -I risparmi del padre, facchino, o la protezione -di qualche mecenate strapparono il giovanotto -all'oscura sorte della famiglia. Addottorato, egli -seppe in breve schiudersi attraverso alla folla -dei preti che assediano il Quirinale una via col -proprio ingegno. Acciuffata così la fortuna colla -stima dei pontefici, di grado in grado, canonico, -vicario, referendario, vescovo, ambasciatore -a quella Venezia che allora era ancora in -grado di liberare l'Europa dai Turchi, fu poscia -patriarca a Gerusalemme ed infine cardinale. -Quando nel 1591 egli venne eletto pontefice -assunse il triregno col nome d'Innocenzo IX. -Scrisse varie opere che io non lessi e che voi -non leggerete. Beneficò i compaesani. Uno dei -tratti singolari della sua vita fu che egli cambiò -il nome paterno con quello di Facchinetti -per rammentarsi certamente nell'insperata prosperità -la propria origine; come già gl'imperatori -<span class="pagenum" id="Page_192">[192]</span> -romani traevano dietro di loro nei trionfi -campali uno schiavo, che di quando in quando -rompeva le acclamazioni universali colla fatal -voce: rammentati di essere mortale! -</p> - -<p> -Due discendenti d'Innocenzo furono cardinali -nel secolo <span class="smcap lowercase">XVII</span>. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Da Cravegna, seppure il curioso lasciata la -strada vi si è portato, in mezz'ora di cammino -si è a Baceno, la borgata più popolosa di tutta -la valle, situata alle falde di Pizzo di Robbio -contrafforte del monte della Gran Loccia, non -lungi dalla foce della Diveria nella Toce. -</p> - -<p> -Compagno mio, non t'incresca di digredere -dal cammino per visitare la solitaria vallata di -Croveo, che qui appunto schiude le sue porte -e della quale nessuno fece mai parola. -</p> - -<p> -Essa sta rinchiusa fra le Alpi culminanti -che muniscono l'Italia verso il Vallese, la cortina -dei contrafforti che digradano a destra dell'Antigorio -dal Reti, e quella della sinistra della -valle Divedro. Le tante pieghe delle Alpi Massime -che si svolgono in questa conca formano -una serie di valloncelli, che nella state verdeggiano -per riaddormentarsi poi sotto la neve -per sette mesi. Fra queste vallate la più nota -è quella di Agaro, piccolo villaggio abitato tutto -l'anno, alle sponde del torrente che sbocca poi -sopra Croveo; torrente che nel secolo XVI distruggeva -interamente il villaggio. Il cardinale -Morozzo, considerate le pessime stradicciuole per -<span class="pagenum" id="Page_193">[193]</span> -buona pezza dell'anno coperte di ghiaccio, voleva -accordare alla chiesa di Agaro il dritto di -seppellire i morti in cimitero proprio senza recarli -a Baceno; ma quei montanari ricusarono -<i>per non perdere i diritti antichi</i>. Notevole è -l'usanza degli Agaresi di convitarsi a funebre -banchetto il giorno della tumulazione di un -loro consanguineo, uso che dura tuttavia; ignoro -poi se non avvenga qualche volta che il più -addolorato, mercè a Bacco, non diventi il più -brillo. -</p> - -<p> -Giacchè toccai qui di questi usi, aggiungerò -che in tutta la valle Antigorio e la Formazza -ognuno morendo lascia una o più libbre di -sale per ogni focolare del suo villaggio. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Baceno è un grazioso, pulito, pittoresco villaggio. -Nei tempi andati era il capoluogo di -tutta la valle Antigorio, come ne è tuttora il -borgo più popoloso. Esso siede sopra uno scaglione -di monte sulle alte sponde della Diveria, -poco lungi da Verampio, sito ove questa mesce -le sue limpide onde colla Toce biancheggiante. -In Baceno ebbero potenza i feudatari della valle -Antigorio. -</p> - -<p> -I più conosciuti per le loro tiranniche giunterie -furono i Valvassori De Rodes, i quali tanto -malmenarono questi onesti valligiani da eccitarli -a sorgere per scuoterne l'iniquissimo giogo. -I Valvassori tenevano castello e corte in Premia, -ed avevano una certa giurisdizione feudale -<span class="pagenum" id="Page_194">[194]</span> -anche sulla valle Formazza e sulla maggior -parte della vall'Antigorio, secondo il diploma -di Ottone IV imperatore dato a Pavia il -25 aprile 1210. -</p> - -<p> -Le terre di Baceno producono ancora vino, -frumento, frutta ed erbaggi di ottima qualità. -La strada costrutta recentemente dal ponte di -Crevola e che fra breve — coll'aiuto di Dio e -dello Stato — sarà condotta fino al confine -svizzero, venne fornita a spese dei comuni della -valle con considerevoli sacrifizi, avendo essi -dovuto quasi dappertutto tracciarla nella viva -roccia granitica, non senza costrurre una serie -di ponti sopra i torrenti che ad ogni svolgere -di pendice s'adimano nella Toce. Quello che cavalca -la Diveria a Baceno, la quale mugge in -un gorgo profondo, è dei più notevoli. -</p> - -<h3 id="parte2-11">XI. -<span class="smaller"><i>Premia — Storia nuova di cose vecchie — -La Cravairola.</i></span></h3> - -<p> -Premia, mezz'ora sopra Baceno, è un villaggio -con discreto albergo. La parrocchiale di -Premia venne costrutta dai Valvassori e conserva -ancora qualche antica pittura. Amoretti -nella sua escursione su queste alture accenna -ai granati che si rinvengono in questi dintorni -aggiungendo esservene di quelli del diametro di -<span class="pagenum" id="Page_195">[195]</span> -un pollice. Premia è sopra il livello del mare -800 metri. -</p> - -<p> -Entrai nell'albergo con eccellente appetito — -che il cielo conservi sempre a me ed a voi, amabilissimi -compagni. Nella sala due deschi -erano occupati: presso una finestra stavano assisi -ad una tavola imbandita di pochi piatti e -di molte bottiglie tre uomini, di varia età e -d'aspetto signorile, che facevano echeggiare il -vôlto del frequente tintinnio dei bicchieri e dei -motti che si cacciavano addosso a bruciapelo, -il tutto frammezzato da qualche sonora apostrofe -al cameriere ed al cuoco. Avevano intenzione -di recarsi alla cascata della Frua in val Formazza.... -ma dopo tre giorni d'esitazione, s'accorsero -che le gambe non corrispondevano all'intenzione -e ritornarono al piano. Ma di loro -fra poco. -</p> - -<p> -Il vostro zingaro sedette dirimpetto all'altro -tavolo, attorno al quale stavano assise due persone -venerande, una per l'età, l'altra per pudica -ed ingenua bellezza. -</p> - -<p> -Un vecchio prete egli era dei monti ossolani, -che dalla Formazza faceva ritorno al presbiterio, -conducendo con sè quella cara giovinetta, di -sedici o diciott'anni, sua nipote. La ragazza, -vestita alla montanina, aveva ad una un fare -spigliato ed una confidenza rispettosa col vecchio -prete, sì che ognuno, senza maliziare, la -avrebbe detta sua parente. -</p> - -<p> -Il vecchio, malgrado i settantacinque che gli -pesavano sulle spalle, era tuttora, come tutti i -montanari, vegeto, rubizzo. Due occhi vivissimi -ne illuminavano la serena fisionomia, su cui -pure gli anni e molte fatiche e molti pensieri -<span class="pagenum" id="Page_196">[196]</span> -avevano tracciato profondi solchi. Egli, naturalmente, -mangiava adagio; e la nipote, che -aveva quelle due saldissime fila di denti, dei -quali avrei dovuto favellarvi, per non correre -la posta, occupava gli intermezzi, trangugiando, -per passatempo, del pane. Il vecchio, fra un -boccone e l'altro, chiacchierava tranquillamente -della stupenda cascata della Frua e di certi loro -parenti di lassù. -</p> - -<p> -Se non che — un guaio c'è dappertutto — -la giovinetta si trovava proprio in faccia a quei -signorini, che andavano a gara a darle certe -occhiate, sul significato delle quali non v'era il -menomo dubbio; per cui la poveretta arrossendo, -una volta che fu anche l'ultima, stava -col capo chino sul petto, sì che lo zio le serviva -di schermo. -</p> - -<p> -Oh! ecco una scoperta! Guardando attentamente -i tre commensali, ravvisai in essi tre -zingari da me visti in una città dell'alta Italia, -ove erano noti <i>lippis et tonsoribus</i>. -</p> - -<p> -Tre zingari; ma intendiamoci, non confratelli -che s'accontentassero di guardare e di pensare -come il vostro compagno di viaggio, che anzi -la cronaca scandalosissima della repubblica artistica -voleva che allungassero un tantino le -mani sull'altrui, quando per far suo, quando -per il bel vezzo di manomettere. -</p> - -<p> -Una volta fecero un tiro solenne alla Fama... -la poverina, stanca dal continuo strombettare, -godeva il fresco della sera sulla porta del tempio... -i birboni, mascherati da grand'uomini, -tentano di penetrare nel sacrario senza le debite -carte di sicurezza... Ma sì! da quell'altura -ritornarono ruzzolando fino al melmoso piano -della mediocrità! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_197">[197]</span> -</p> - -<p> -Uno di questi, a vent'anni, scombiccherò un -dramma. S'era tolto a maestro — s'intende alla -prima — Shakespeare, e malgrado una quantità -di falserighe, dopo aver violato la storia ed il -senso comune, berteggiava la decenza sotto pretesto -di romanticismo. Gli applausi di <i>centocinquanta -amici</i> — l'infelice non aveva nemmeno -un nemico! — gl'inocularono il tenia della vanità. -Da quella notte memoranda, il cappello rovesciato -sulla nuca o sul naso, la chioma svolazzante -attorno al viso senza parola, gli occhi -spiritati, l'incesso barcollante, — finse d'essere -invaso dal demone ruggente dell'ispirazione. -Dopo quella notte Alfieri era <i>anche lui</i> uno -scrittore tragico. -</p> - -<p> -Il poverino diluì il poco midollo che gli restava -in produzioni d'occasione, in cui riduceva -in versi gli articoli dei diarii. -</p> - -<p> -Consumato quel foco che non riscaldava nessuno, -un bel dì, fruga e rifruga, fa la terribile -scoperta, che la fantasia non ha mai voluto covargli -un pulcino nella zucca. Sacco vuoto, -senza fede, roso dall'invidia e disperato di sè, -un bel dì, o piuttosto, un brutto dì, volle finirla..... -e si precipitò dalla soffitta della sua -lirica senz'ali nel pozzo d'un giornale politico-letterario -— sono tutti letterari i giornali! — -e si fece critico.... Non c'è da meravigliarsi se -di laggiù — guercio com'è — chiama sole una -meteora passeggera. Gli scrittori che credono -di potere prevenire le staffilate di quella severa -ed acuta critica che ha illustrato i mondi delle -arti, corrono ad ammansarlo.... È vecchia ed in -gran parte giusta l'accusa, che gl'Italiani non -s'occupano di studi critici. Ma, per Iddio, se -<span class="pagenum" id="Page_198">[198]</span> -vediamo uomini di solenne ingegno dopo d'avere -declamato contro la vanità dei diarii, che benedicono -e maledicono senza dare ragione, si -fanno codazzo di scolaretti scribacchianti, e -nonchè tollerare questi stupidi portachitarre, -li incensano, li blandiscono! <i>O vanitas!</i> -</p> - -<p> -Del resto, menandogli buono il vezzo di scorrere -a rompicollo i campi delle arti, su cui -non ha mai saputo seminare, è un buon diavolaccio, -niente scrupoloso, e se lo invitate a pranzo, -vi divertirà assai. -</p> - -<p> -L'altro, dalla barba prolissa.... -</p> - -<p> -Diamine, dirà il lettore, che capigliature, che -barbaccie! Ve n'ha da imborrarne un pagliericcio! -Eppure, lettore, mio, conviene sappiate -che la capigliatura lunga e maledettamente ingarbugliata, -la barba da Mosè sono per un artista -che conosce il rispettabile pubblico una -vera necessità. Che diavolo di talento volete voi -sia racchiuso in una zucca pelata? -</p> - -<p> -La barba ed i capelli incolti danno chiaramente -a conoscere: -</p> - -<p> -1. Che l'artista è tanto sublimato alla sfera -della poesia, che ei riguarda le cesoie ed il pettine -del parrucchiere come cose perfettamente -inutili.... -</p> - -<p> -2. Che è un originale, un capo scarico, un -essere anfibologico che sa d'ora in ora farsi -angelo o demonio, secondo il garbo che dà ai -diversi peli coll'aiuto delle sole mani.... -</p> - -<p> -Un maestro di musica, con cui ho stretta conoscenza, -un giorno, dopo d'avermi dato un -saggio d'un suo melodramma, mi confidava, che -preparavasi a comparire degnamente innanzi al -pubblico lasciandosi crescere i pochi capelli. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_199">[199]</span> -</p> - -<p> -3. La copia dei capelli è viva immagine della -forza: la lunghezza esprime il disprezzo degli -usi del bel mondo, e l'arruffatura la continua -lotta delle idee: tre cose che hanno gli -incontestabili effetti d'ingannare il pubblico e -di economizzare alla barba dei parrucchieri..... -</p> - -<p> -— Signor scrittore, vorreste dirne quale affinità -hanno i parrucchieri colle arti? -</p> - -<p> -— Più di quanto pensate. Vi faccio grazia di -quanto potrei dirvi sull'influenza dei sarti e dei -cappellai, ma vi domando: -</p> - -<p> -Amabili lettrici, come vi figurate — nel caso -ci pensiate — il vostro umilissimo compagno -di viaggio? Io giurerei sui peli della barba avvenire, -che se io mi presentassi a voi colla -faccia e la nuca pelata, con una di quelle ciere -che non differiscono in nulla da quelle d'ogni -galantuomo, senza eccentricità d'abiti e di modi, -a chi dicesse presentandomivi: -</p> - -<p> -Ecco il tal dei tali, autore del tal libro e di -molte opere future e postume — voi, con quel -candore con cui solete ammazzare un uomo che -vi è indifferente, rispondereste sbadigliando: -</p> - -<p> -— Ah! Sì..... è <i>proprio lui</i> l'autore di quel -libro? -</p> - -<p> -Lettrici mie, se mai sarò tanto fortunato di -potermivi inchinare, io verrò a voi dopo d'aver -fatto uso di tutti gli specifici infallibili (compreso -quello d'una parrucca), onde ravvisiate -sotto la posticcia figura iperbolica quell'io, -che, ecc., ecc. -</p> - -<p> -O voi tutti genii perduti nella nebbia dell'indifferenza, -consultate la quarta pagina dei -giornali, se la natura non vi classificò fra gli -animali pelosi! Colla <i>composition créatrice des -<span class="pagenum" id="Page_200">[200]</span> -cheveux et moustaches du professeur Derk de -Sandwich <span class="upright">(anche laggiù vi sono professori)</span>, qui -garantit la beauté, la multiplication et la création -<span class="upright">(sic)</span> de la barbe et des cheveux...</i> (tra parentesi, -costa L. 10 al vasetto)... in poco volgere -di tempo vi sarà dato entrare nel tempio -della gloria per non uscirne per tutti i secoli -dei secoli, in grazia del capilligeno. O progresso... -della chimica! -</p> - -<p> -Quel tale dalla barbaccia, per tornar a bomba, -o alla barba se volete, si sognò d'essere Michelangelo, -nientemeno. Dopo d'avere sonnecchiato -per dieci anni nelle sale delle accademie, -credette di svegliarsi <i>caricaturista</i>. Ignorava che -non basta saper disegnare per mettere in ridicolo, -che anzi il concetto è tutto. -</p> - -<p> -..... L'arte affacciatasi un istante al cervellino, -vi trovò la parodìa: pensate se la pudica avrebbe -voluto dividere la stanza con quella mezzana. -Che volete? Nessuno capì le sue caricature, -come nessuno aveva capito le sue dipinture -storiche; sicchè adesso, lasciati i lapis, fa progressi -rapidissimi nel facile mestiere di genio -incompreso. Tanto peggio per l'Italia! -</p> - -<p> -Il terzo dall'occhialino, che inforca senza posa -la groppa del naso bernoccoluto, mangia, beve, -veste panni, fuma come un turco, e affetta articoli -di politica nei diarii, frammezzando le -serie disquisizioni sul riordinamento della carta -mondiale con romanzi originali italiani tradotti -dal francese... Intanto aspetta che un ministro -scoprendo questo diamante nell'immondezzaio -degli scribacchianti, lo incastoni in qualche ufficio. -Da dodici anni egli è in attesa della propria -scoperta: intanto qualche ciocca s'imbrina. -<span class="pagenum" id="Page_201">[201]</span> -Egli, ormai stanco d'aspettare, è deciso di gettarsi -a capofitto nelle file dell'opposizione..... -Guai alla vittima! -</p> - -<p> -Il bello poi sta nel sentire come questa confraternita -s'incensa nei giornali... l'egregio mio -amico... il celebre autore... <i>Sic itur ad astra!</i> -</p> - -<p> -Ma zitto, sentiamoli. -</p> - -<p> -— Sì, vi ripeto, che anch'io voglio ritirarmi -alla campagna... -</p> - -<p> -— Per farti anacoreta? Hai ragione. Deciditi -una volta a far penitenza de' tuoi peccati... il -pelo si fa grigio, e Cristo ti guardi dal farla -tardi! -</p> - -<p> -— E solo? -</p> - -<p> -— Oibò; aspetto solamente l'incontro d'una -bella ragazza... -</p> - -<p> -— A che? -</p> - -<p> -— Per farne il bastone della mia vecchiaia. -</p> - -<p> -— È forse necessaria una ragazza? Prenditi -una vecchia. -</p> - -<p> -— Puah! Io intendo sempre d'imitare chi fa -professione di dare buon esempio. -</p> - -<p> -— Non ti sarà tanto facile trovare un modellino -sì aggraziato... (cara, cara!) -</p> - -<p> -— Lo credo io. Tanto più che non porto in -capo... mi capite... il salvacondotto. -</p> - -<p> -— Beati quelli! Paradiso di qua e di là; mentre -noi aspettiamo l'inferno nel purgatorio... Se -rinasco, m'immaschero anch'io. -</p> - -<p> -— E vedere come si conservano freschi, aitanti -oltre il mezzo secolo... mentre io a quaranta... -</p> - -<p> -— Essi non consultano mai la quarta pagina -dei giornali! -</p> - -<p> -— A proposito. Ieri all'ufficio postale ho letto -<span class="pagenum" id="Page_202">[202]</span> -l'<i>Armonia</i>: vi faccio sacramento che non vi ha -diario che lo sopravanzi per spiritose concezioni, -per purità di lingua e per strettissima -logica... -</p> - -<p> -In breve tutti gli strali si spuntavano sulla -tranquillità apatica del prete, il quale tuttavia -lasciava spuntare a fior di labbra un certo risolino -indefinibile, forse allora che una favilla -spiccava da tanto fumo. Bevi e ribevi, trinca e -cionca, i tre finirono per ingolfarsi nel razionalismo, -e manomettendo quel po' che ne avevano -letto stampato su per le gazzette, diedero un -furioso assalto a tutte le religioni <i>positive</i>. -</p> - -<p> -Io che me ne stava fra tanta battaglia spettatore -indifferente, pensai quanti pensieri dovevano -frullare in capo al prete della montagna, -certamente ignaro di ogni contesa filosofica, -e che aveva forse creduto che non vi fossero -al mondo religioni diverse dalla cristiana, turca -ed ebrea. Ma egli sorbiva tranquillamente una -fumante tazza di caffè. -</p> - -<p> -Intanto nella via stessa dell'albergo una donna -vecchia, scarna, giallognola e quasi cieca, appoggiandosi -ad un bastoncino, si recava innanzi -ad un'immagine della madonna di Revalvegezzo -da qualche Raffaello del paese tratteggiata sul -muro, e ginocchioni vi orava tutta raccolta. -</p> - -<p> -Nella sala dell'albergo la discussione non cessava: -discussione veramente non era poichè -l'affare principale consisteva nel rincarire la -dose a chi aveva parlato prima. Mentre s'arrovellavano -sull'adorazione delle immagini, ad un -tratto, vista la vecchierella che pregava, eccotela -in ballo. -</p> - -<p> -— La vedete quella donna? Credete voi che -<span class="pagenum" id="Page_203">[203]</span> -nell'atto suo entri un cicino l'adorazione dell'Ente? -</p> - -<p> -— Impostura! -</p> - -<p> -— Ostentazione, dico io. -</p> - -<p> -— Nè l'uno, nè l'altro; ma idolatria, sempre -idolatria, paganesimo, superstizione. -</p> - -<p> -— Farebbe molto meglio a filare alla conocchia! -</p> - -<p> -— Sarei curioso di sapere cosa n'avrà dopo -di avere sonnecchiato un paio d'ore davanti -quella crosta. -</p> - -<p> -E alzandosi anche lui, s'avanzò verso la tavola -del prete, e fatto un leggero cenno col -capo, col sorriso sulle labbra, chiese al vecchio: -</p> - -<p> -— Scusi, sor abbate, se le interrompo il -<i>chilo</i>..... -</p> - -<p> -— Parli, signore, sono qua a sentirlo. -</p> - -<p> -— Dica un po' lei, che è della professione e -che può parlarne in cattedra, se quella donna -non farebbe molto meglio..... ma lei ha sentito -certamente i nostri discorsi..... l'amico mio giornalista -grida come un ossesso!... favorisca adunque -dirne chi di noi gli pare abbia ragione. -</p> - -<p> -Il prete gli ficcò, <i>intus et in cute</i>, uno sguardo -acutissimo, che tradotto in volgare voleva forse -dire: -</p> - -<p> -— Voi vorreste divertirvi alle mie spalle, -neh? Guardate che io vi faccio pagare lo -scotto! -</p> - -<p> -— Signori, tutto quanto hanno detto, mi -torna meno nuovo di quel che si credono. Dimorai -lunghi anni in Allemagna ed a Parigi..... -Io, me lo permettano, risponderò loro con una -domanda. -</p> - -<p> -— Oh! pensi. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_204">[204]</span> -</p> - -<p> -— Quella donna è miserabile, si vede; è quasi -cieca... è forse priva di famiglia, o, Dio non -voglia, maltrattata da' suoi come un fastidioso -mobile. Dunque senza gioventù, senza salute, -senza vista, senza il cinismo d'un cuore isterilito -nei disordini, senza conforti materiali e -domestici, e quel che è più orribile, senza speranza! -Agirà per ostentazione? Per carpire alle -paesane sue il titolo di devota od un tozzo di -pane? Poca ambizione e dura condizione. Ad -ogni modo soffre e senza speranza di meglio, -non è vero? Andate ora, sulla supposizione più -onesta, a scalzare la predilezione idolatra che -può per avere un'immagine anzichè per un'altra! -Che vogliono darle, o signori, per consolazione, -in cambio d'una fede, che vendica colla vita -avvenire i dolori della presente? -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<p> -E corse dietro alla vecchia per recarle il frutto -d'una parola, atto che la fanciulla abbelliva colle -grazie della giovinezza e della carità... Non dico -che fosse tutta carità spontanea, pura... ma a -buon conto, senza sofisticare, la carità venne -posta in atto. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Da Premia, a destra, oltre la Toce, si sale -per un cattivo sentiero alla Cravairola, regione -al di là della catena dal Pizzo del Forno alla -Corona del Groppo, la quale trovasi oltre al -confine naturale e versasi nella valle Ticinese. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_205">[205]</span> -</p> - -<p> -Le dissensioni sorte anticamente fra gli Ossolani -ed i Valmaggesi finirono per accendere -quelle scaramuccie, le quali per essere guerreggiate -fra contadini non sono meno micidiali; -di qui rapinarsi il bestiame, spesso diruparlo, -incendiare le capanne; finchè, stanchi di queste -reciproche rappresaglie a cui avrebbe tenuto -dietro la comune miseria, ricorsero ai proprii -governi verso la metà del secolo XVII. Senatori -della Camera di Milano ed inviati della -Repubblica Elvetica convennero sul Lago Maggiore -e là stabilirono i confini. È inutile il dire -che avevano tutti ragione. Dopo la sentenza, -infierirono più atroci le rappresaglie. Finalmente -in una sanguinosa rissa essendo stato -ammazzato l'istigatore principale, un bandito -della Valmaggia, di cui si portò in giro la testa -sopra una picca, placata col sangue l'ira -comune, la luttuosa lite ebbe fine. -</p> - -<p> -Da Premia per Piedilago, detto dai valligiani -Piedilatte, i due Cadarese e S. Rocco, si perviene -in due ore sotto quel Salecchio già accennato -da noi. Questo villaggio, il più alto -della valle Antigorio, è situato sopra un breve -gradino del monte della Punta di Campo. Da -lassù godesi bella vista sopra una parte della -sottostante valle, mentre tutt'attorno al villaggio -rallegrano estesi pascoli smaltati di odorosissimi -fiorellini. Chi da Salecchio volesse recarsi -in valle Formazza, di cui di lassù scorgesi -la bocca, senza discendere la via al basso -malagevole assai, vi può pervenire con un sentiero -che guida al santuario di Puneigen, in -due ore. -</p> - -<p> -Questo sentiero corre sull'orlo del pendìo -<span class="pagenum" id="Page_206">[206]</span> -montano qua e là rapidissimo, e dopo la neve -diventa pericoloso, non però come l'asprissimo -che vi conduce da S. Rocco stagliato nell'immenso -muro granitico, che s'aderge al N. O. -Sicchè Salecchio è quasi segregato — nell'inverno -— dal resto del mondo. Pochi inverni -or sono il sindaco ed il vice-sindaco di Salecchio -vollero discendere per quest'ultimo calle -a S. Rocco; gli sciagurati sdrucciolarono sul -vivo diaccio che lo copriva, e rimbalzarono — -orribile a dirsi! — di roccia in roccia sino a -valle..... -</p> - -<p> -Il santuario di Puneigen od Autilone non -ha nulla di rimarchevole per architettura, ma -il sito è assai pittoresco. Sorge sopra una balza -del Martello tutta lieta di piante e di erbe, attorniata -da rupi scoscese che si specchiano in -un laghetto. Dall'estremo labbro verso levante, -la vista sulle nudi rupi del Rizoberg, sull'abisso -che si sprofonda nella sottostante Antigorio, e -verso mezzodì sui pascoli che allegrano le falde -dei due Salecchio, compensa la poca fatica di -farvi una digressione dalle porte della Formazza. -</p> - -<p> -Da S. Rocco che ha una bella chiesuola ed -una fisonomia ancora aperta, sorridente, italiana, -in poco d'ora giunsi per Balmalarice, Passo, ad -Arivasco. -</p> - -<p> -Bella cascata è quella del Vuova, qui presso. -</p> - -<p> -Io solo so quante volte incespicai sulla -malagevole stradicciola per guardare le gigantesche -rupi di granito venato a strati orizzontali -che assiepano la valle. Gli obelischi egiziani -appetto a quelli che se ne potrebbero trarre -parrebbero birilli. -</p> - -<p> -Perchè non ho io la potenza della fede che -<span class="pagenum" id="Page_207">[207]</span> -rimove i monti ed il genio di Michelangelo? -Vorrei innalzare sulla vetta suprema delle Alpi -tale un monumento alla verità, che toccasse le -stelle. Il granito non è ciò che manca per ora. -</p> - -<p> -Il gruppo di casupole, che è Arivasco, non ha -nulla che possa trattenerci, se non fosse questa -nidiata di vispi fanciullini, la folleggiante gaiezza -dei quali contrasta non poco colla severità del -paese. La valle sì spaziosa va chiudendosi: ecco -Unterwald. Siamo finalmente in Formazza? -</p> - -<p> -Fra mezz'ora, rispose una donna. -</p> - -<p> -Perchè, dissi poi tra me, le mezz'ore di piacere -non sono tutte lunghe quanto codesta per salire -alla Formazza? -</p> - -<h3 id="parte2-12">XII. -<span class="smaller"><i>L'orrida forra di Unterwald.</i></span></h3> - -<p> -Appena oltrepassato il malinconioso casolare -di Unterwald (Foppiano), ci addentriamo in una -stretta gola, oscura, sinistra. La scena che ti -colpisce dal ponte d'Untergeschen è stranamente -terribile. A destra, crollante sopra una -rupe, una torre inghirlandata d'ellera e di muschio, -sta per sfasciarsi. Forse è l'ultimo monumento -della guerra contro i Cimbri — forse -l'innalzarono i Cimbri nella loro discesa. -</p> - -<p> -Guardati dal favellare contro i Romani ed i -Cimbri — essa potrebbe vendicare su te gli -uni e gli altri. -</p> - -<p> -Lo Sternehorn, gigantesco monolite insofferente -<span class="pagenum" id="Page_208">[208]</span> -di neve; che inabissa quaggiù i fianchi -repenti, soffoca la forra. Le pinete dalle funebri -ombre incutono sacro terrore. Immani macigni -rimbalzati qua e là sotto e sopra, s'arrestarono -colpiti da spavento. Fra le poche zolle, nei loro -crepacci, sugli scaglioni inferiori, lacrimano minutissimi -zampilli. In mezzo si rivolta, s'arrabbia -di masso in gorgo con orrendo muggito -la Toce tutta spumeggiante d'ira. È l'acqua che -si ribella contro la terra. Intanto il sentiero, -incerto, s'innoltra serpeggiando fra i sassi e -sale faticosamente verso il lembo dell'orizzonte -che s'affaccia lassù. -</p> - -<p> -Dove sbocca questa fossa? -</p> - -<p> -Le membra si diacciano sotto la vampa settentrionale -che dal cigliare del pozzo si sferra -quaggiù in un turbine di nevischio e di spruzzi -del fiume; il petto ansante chiede riposo e mite -temperie — ma su! su! qui non consentono -sosta nè le spinose selci della strada, nè le ombre -assideranti. Su! anche i pini, i larici si slanciano -con forza da quest'umida caligine all'insù -per giungere ad ottenere un raggio di sole. I -loro rami tremolando ne invocano la caldura -onde gli uccelli migranti vi si posino in ciarle -d'amore. Ma invano! Non un raggio scende di -là ed i <i>merli d'acqua</i> stessi (Wasseramsel) non -osano soffermarsi alle loro radici. I corvi soli, -gl'incresciosi corvi spiccano il volo dalle bozze -soprastanti e scendono nel burrone sopra gli -alberi infelici a funestarli col loro rauco gracidare. -</p> - -<p> -Se qui la natura sembra spirare soffocata -dalle moli gigantesche e sfinire di languore, -oh! come trista dev'essere la valle di Formazza! -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_209">[209]</span> -</p> - -<p> -Un grazioso fanciullino incontrato ad una risvolta -ne assicura che fra pochi istanti toccheremo -l'altipiano desiderato. -</p> - -<p> -Rincorato, dando uno sguardo ancora allo -spettacolo sottostante, invidiai — e non per la -prima volta — il pennello del Gonin per ritrarre -questa terribile scena, in cui per rafforzare -il colore locale non sarebbe punto necessario -d'innestare episodii drammatici — sì alto -qui parla la natura! -</p> - -<p> -Ma ecco la bocca dell'androne, ecco la luce, -il sole e col sole il sorriso della vita! -</p> - -<p> -Guardo in giù, attraverso ai pini, e auguro -ai Formazzesi non venga giammai loro il ticchio -di sterpare la boscaglia protettrice del mal -passo — o nessuno s'addentrerà nella spaccatura -senza che, eterna spada Damoclea, non minacci -o voluta di neve o frana o macigno! -</p> - -<p> -Guai a voi! -</p> - -<div class="chapter"> -<p> -<span class="pagenum" id="Page_210">[210]</span> -</p> - -<h2 id="parte3">PARTE TERZA -<span class="smaller"><b>La Frua ed il Gries.</b></span></h2> - -<h3 id="parte3-1">I. -<span class="smaller"><i>Valle di Pommat o di Formazza — Stafelwald, -Andermatten, Touffwald, Wald, Zumsteg, -Brenno, Gurfelen, Fruttwald.</i></span></h3> -</div> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Quanto non s'eleva nella solitudine</b></p> -<p class="i02"> <b>delle Alpi l'immaginazione!</b></p> -<p class="i10"> <i>Zimmermann.</i></p> -</div></div> -</div> - -<p> -Eccoci al piano. Quattro o cinque scheggioni -diroccati fin qui, Dio sa quando, dai vertici del -Martello, e la valle Formazza si stende in là fra -sublimi montagne. -</p> - -<p> -Due piccoli villaggi ne si presentano innanzi, -amendue poco lieti: il primo, poco rallegrato -dal sole, Stafelwald, allo sbocco di una ripidissima -valletta che dichina dal Vandflühorn (2862 -metri), solcata dal torrente Riebbo, per la quale -un brutto sentiero guida nell'estate pel Criner -o Forca del bosco, alla Maggia nel Ticinese: -l'altro, Andermatten (1241 m.), colla parrocchia, -<span class="pagenum" id="Page_211">[211]</span> -sotto una scoscesa roccia che gli si aderge altissima -alle spalle, pare temi di un finimondo. -</p> - -<p> -Non ha tutti i torti. -</p> - -<p> -Nulla di notabile nella parrocchia, fuorchè lo -svelto campanile che sorge isolato. Nello sterrato -allato alla chiesa il cimitero, come nei -paesi protestanti della Svizzera. Ma prima di -giungere al cimitero, fermiamoci, che n'abbiamo -di mestieri, all'albergo del Cavallo bianco, pulito -e discreto. -</p> - -<p> -La Catterina, l'ostessa, dà cento punti al marito -a darvi lezioni di corografia. V'ha anche -una bella giovinetta, semplice ed innocente -quanto vezzosa. Sento da esse che convengono -alla parrocchia quanti abitano nelle superiori -frazioni di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenno, -Gurfelen, Fruttwald, e nell'estate dai casali di -Kerback e Morasck distanti tre o quattr'ore di -cammino. -</p> - -<p> -Occupai la domane nel visitare i paeselli. -</p> - -<p> -Poco oltre Andermatten la valle si rivolge -alquanto a sinistra ed assume quell'aspetto che -faceva esclamare al celebre Saussure esser questa -la valle d'aspetto più pastorale ed allettevole. -Da Stafelwald a Touffwald corrono a destra -rupi tragrandi di vivo macigno, coronate -d'una sempre verde boscaglia di pini e larici, -mentre alzando lo sguardo scorgonsi le vette -supreme dell'Hirelihorn (2434 m.), del Gazoli, -del Bedriol (2921 m.), le quali, correndo fino -al Kastel (3276 m.), dall'aprirsi al chiudersi -della valle, a destra rimontando la Toce, segnano -col taglio delle loro creste frastagliate il confine -fra il regno italiano ed il cantone Ticino. -</p> - -<p> -Dalle balze dell'Hireli si lascia cadere quasi -<span class="pagenum" id="Page_212">[212]</span> -spossato di languore e di fatica lo Steibo, torrente -che forma lunghesso quelle repenti chine -una cascata di ben duecento metri, la quale -appare da lungi quale tela d'argento sfavillante -ai raggi del sole. Sempre a destra, prima di -giungere a Touffwald, scendono dall'Alpe Gazoli -il Fuldstuder e l'Ecco, amendue formanti variate -cascatelle, le quali sono assai belle a riguardarsi, -principalmente dopo qualche temporale nei valloncelli -superiori. -</p> - -<p> -Touffwald, detto pure S. Michele, ha case -pulite ed è bene esposto al mezzodì. La strada -sotto le boscose falde del Montegiove o Retiberg -(3007 m.), come qui lo dicono, procedendo -lungo la Toce scorge a Wald, nel centro della -valle. Siccome però le molteplici sorgenti che -zampillano dal Witenbil, collinetta in mezzo alle -praterie, nell'inverno formano scaglioni di diaccio -durissimo, i quali coprono per lungo tratto -la strada, gli alpigiani l'abbandonano passando -da Touffwald alla sinistra della Toce. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -In Wald in una casetta al ponte ha stanza il -ricevitore della dogana italiana, gentilissimo -giovine che ne fu largo d'ogni cortese indicazione. -</p> - -<p> -Ho fatto una visita alla tenebrosa nicchia in -fondo alla quale il Lebenduner, prorompendo -da un covacciòlo si precipita in sottilissima -polvere; ma il denso velo degli spruzzi e l'altisonante -ruggito m'impedirono d'interrogare -i genii dello speco. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_213">[213]</span> -</p> - -<p> -Il sentiero che serpeggia su per la foresta, -dal ponticello che valica il torrente, guida ai -pascoli di Vannin, e di là, su per le murene -ed i diacci del Minoio-Krüpfi al varco del -monte — da cui sceso nella valletta suprema -dell'Arbola, pel passo del Figascian, in una -giornata di cammino, ad Aernen del Vallese. -</p> - -<p> -Zumsteg è la capitale della valle: è il più -grosso villaggio, non il più bello. Le pendici -a destra ed a sinistra sono tutte affoltate di -pinete. -</p> - -<p> -A pochi minuti da Zumsteg, alla destra della -Toce, un bel gruppo di case sulle ultime falde -del Nacker, Brenn — (1322 m.); poco più in -su, pittorescamente allogato sotto una rovina -di giganti roccie che i secoli hanno vestito di -muschio e di zolle, sta Gurfelen. Le ruine a -cui s'addossa, lo riparano dalle bufere del settentrione -— tutto il male non viene per nuocere. -</p> - -<p> -Al di là di Gurfelen, mentre la valle si ristringe, -la strada sale, a sinistra del fiume, sopra -una rupe che stagliata trabocca giù nei -profondo in cui gorgoglia la Toce: di là, alla -risvolta del cammino, ove s'innalza un'antica -croce di legno, appare pressochè tutta la valle -coi casali di Touffwald, Wald, Zumsteg, Brenn -e Gurfelen. -</p> - -<p> -Da quest'ultimo in un quarto d'ora si giunge -a Fruttwald, diviso dalla Toce, nel verde piano -in cui riposa la valle fra le rupi del Nuefelgiuh -e le balze del Tamier. Il Nuefelgiuh è -un'orrida catasta di macigni aspri, scagliosi, -nudi, penzoloni sul villaggio. -</p> - -<p> -Uno di essi, or faranno trent'anni, traboccava -<span class="pagenum" id="Page_214">[214]</span> -con intenso fragore sul villaggio — la -terra traballò, i pendoli s'arrestarono, mura si -screpolarono — ma il masso per miracolo sprofondava -a dieci passi dagli abituri. -</p> - -<p> -Quelle creste ricise, addentellate non paiono -accessibili che agli uccelli di rapina. Chi oserebbe -del resto arrampicarsi lassù? Sentite una -fiera istoria. -</p> - -<p> -Luigi Dellavedova aveva un figlio non ancora -ventenne, di ottima indole e di belle forme. -Luigi è l'espertissimo fra i cacciatori di camosci. -Egli non aveva mai permesso al figlio di accompagnarlo -a caccia, promettendogli però che -non appena avesse compito vent'anni, avrebbe -diviso con lui le fortune di quel passatempo -che in fatti è una serie continua d'indicibili -disagi, e di pericoli d'ogni maniera. Il giovane -attendeva con vivo desiderio, con impazienza -quel giorno avventuroso. Spesse volte il padre -lo sorprendeva fiso estatico verso i culmini alpestri. -Intanto s'addestrava ad imberciare con -sicurezza per colpire il suo cappello a trecento -passi. -</p> - -<p> -Una mattina, mentre il padre era assente, il -giovanotto, malgrado le rimostranze della madre, -mette ad armacollo la carabina paterna, -parte per una scorsa sul Reti. Alla sera, prima -dell'arrivo del padre, sarebbe di ritorno. -</p> - -<p> -Quella sera giunse il padre; ma s'attese invano -il figlio. Anche la notte invano. -</p> - -<p> -La domane, la dopodimane, la povera madre -correva di quando in quando alla porta della -capanna con ansia infinita..... ma forse egli insegue -con altri cacciatori un branco di camosci. -Il padre interrogò i cacciatori della Formazza; -<span class="pagenum" id="Page_215">[215]</span> -seppe che nessuno s'era mosso di casa! -Il padre smanioso, col figlio maggiore, sale sulle -alture e le percorre senza posa per varii giorni; -frotte di cacciatori e di pastori s'addentrano -nelle solitudini di quella cerchia montana, tutto -attorno alla valle — invano! -</p> - -<p> -L'ansietà cangiasi in angoscia. — Ogni valligiano -palpita sulla sorte del giovane; le madri -piangono colla madre. -</p> - -<p> -Ecco l'ottobre — nevica. La neve seppellisce -ogni cosa, ogni speranza. La madre sola spera -ancora — in Dio! Più d'una volta, la notte, balza -dal letto e corre affannata alla porta ove le -pare abbia picchiato una mano sospirata. Allo -squagliare delle nevi in giugno, sotto le precipitose -rupi del Nuefelgiuh un pastore scopre -un cadavere orrendamente sfracellato..... Il padre -solo potè riconoscere la sua creatura. La -carabina, spezzata, trovossi lungi un cento passi -dal cacciatore che per la prima ed ultima volta -l'aveva impugnata. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Quantunque Fruttwald sia il più alto dei villaggi -abitati tutto l'anno nella Formazza, la vista -resta ivi circoscritta verso la valle da un -gibboso declive che l'attraversa fra il Tamier -ed il Nuefelgiuh, e verso settentrione da un -contrafforte di quest'ultimo monte che rinchiude -quasi il superiore valloncello di Unterderfrutt -ove casca la Toce. -</p> - -<p> -La strada, lasciato Fruttwald alla sinistra, con -<span class="pagenum" id="Page_216">[216]</span> -breve giro appiedi del Tamier s'affretta alla -Frua, spettacolo che si presenta ad un tratto, -quasi per meglio colpire. -</p> - -<p> -S'io disegnassi come Schrimer non avrei a -descrivertela a parole. -</p> - -<h3 id="parte3-2">II. -<span class="smaller"><i>La Frua o cascata della Toce — Quanto costi -un sorriso di donna.</i></span></h3> - -<p> -Il Valloncello di Unterderfrutt è circondato -dalle falde del Picco di Gigeln, a destra — -dalla rupe della Frua a settentrione, — e dalle -ultime digradanti balze del Nuefelgiuh a sinistra -ed al fondo. Al di là della Toce poche -stalle in mezzo ad una breve prateria attorniata -dai macigni dinoccolati dalle rupi imminenti, -danno ricovero nell'estiva stagione agli -armenti che si vengono a pascolare. -</p> - -<p> -Lo sguardo non può soffermarsi più d'un -istante sulla cornice che inquadra il meraviglioso -spettacolo della Toce, la quale ad un -tratto, lasciato il queto alveo superiore, trabocca -dal ciglione della rupe stagliata in tre -orizzontali gradini, uno sull'altro cadente, ed -irritandosi ad ogni labbro, rimbalza spumeggiante -nell'aria, ricade in sottilissima polvere -d'argento per spandersi nuovamente in mille -spruzzi, cascatelle e zampilli, formando così -una piramide gigantesca, la quale, allorchè il -sole vi diffonde i suoi raggi luminosi, tutta -sfavilla di mille diamanti. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_217">[217]</span> -</p> - -<p> -Bello è contemplarla all'aurora colorirsi a -porporine tinte, smagliante come l'acciaio brillare -al mite chiarore della luna, e nelle incerte -ombre della notte innalzarsi come un immenso -fantasma in mezzo a quelle moli rigorose. La -severità del sito, i cento sibili confusi in un -sol urlo dell'aria percossa, le scagliose rocce -del Gigeln, le superiori macchie di larici, fra -cui fischia il vento, destano nello spettatore il -senso, non so se più di meraviglia o di terrore, -che nega la favella innanzi agli spettacoli più -sublimi. -</p> - -<p> -Nel fitto dell'inverno, benchè il volume delle -acque montane scemi d'assai, la cascata presenta -una vista non meno sorprendente: le notturne -bufere ed il gelo asprissimo sogliono in -poco d'ora indurare i fili, gli spruzzi, i zampilli, -i veli cadenti; ed allora si vedono pendere -e sorgere su quei lucidi macigni una serie -infinita di stalattiti cristalline, che riflettono la -luce con mille colori, mentre l'acqua scompare -sotto questa scintillante armatura. -</p> - -<p> -Dal ciglio al piano la cascata misura duecento -metri; è quindi delle più considerevoli per l'altezza, -mentre per la mole dell'acqua essa non -la cede forse ad alcuna delle più vantate di -tutta l'Europa. La cateratta del Reno presso -Sciaffusa non va annoverata propriamente fra -le cascate. Lo Stauback presso Lauterbrunn supera -in altezza la cascata della Toce di un -quarto circa; ma siccome quel torrente è molto -povero di linfe, ne avviene che buona parte va -dispersa nell'aria in sottilissima nebbia; mentre -la Toce, anche nell'inverno, per le molte sorgenti -perenni, ha tuttavia una notevole quantità -<span class="pagenum" id="Page_218">[218]</span> -di acqua. Poco più, poco meno può dirsi lo -stesso della Tamina, di quella di Martigny e -della stessa del Reichenback, e d'altre che ometto -per brevità o inferiori per l'altezza o -pel volume dell'onde. Celeberrime in Italia sono -le cascatelle di Tivoli: le quali a petto della -Frua sarebbero meschina cosa, ove non concorressero -a renderle più famose le memorie delle -vicinanze, in cui ad ogni passo ti si rammenta -la Sibilla Tiburtina, e Mario, Scipione, Virgilio, -Sallustio, Flacco, Catullo, Orazio e Mecenate, i -quali venivano dalla tumultuosa Roma a cercare -silenzi e riposi al rezzo dei laureti sulle sponde -dell'Aniene. -</p> - -<p> -Il Casalis, nelle poche linee consecrate alla -valle di Formazza, dice la cascata della Toce -essere la più bella dell'Europa; il Boniforti -l'accenna come la bellissima delle Alpi italiane -e non inferiore a nessuna della Svizzera; l'Amoretti, -che unico percorreva queste valli fra gli -scrittori italiani, quantunque non si lasciasse -trasportare d'entusiasmo che per ciò che era -mineralogia, tuttavia la dice mirabile. L'Ebel -stesso la magnifica, benchè per errore la diminuisca -d'un terzo d'altezza. Ecco le sue parole: -«Siccome, eccettuata la cateratta del -Reno, non vi ha nella vicina Svizzera una -cascata con massa sì considerevole d'acque, -quella della Frua, è, senza dubbio, delle più -notevoli che vi abbia.» -</p> - -<p> -Salite in venti minuti le risvolte della strada -tagliata nella rupe, dopo d'avere contemplato -da vicino la caduta, eccoci sul ciglione da cui -precipita il fiume; di quassù, come da lato, -come dalle capanne d'Unterderfrutt, la scena si -<span class="pagenum" id="Page_219">[219]</span> -para sempre grandiosa. Da questo estremo limite -al sud della valletta di Uberaufderfrutt o -di Sant'Antonio, si spiega dinanzi una parte -della valle, senza la vista però dei casolari -nascosti nelle anfrattuosità delle falde montane; -alla sinistra della Toce sorge una cappelletta -con portico, dedicata a sant'Antonio, a lato del -Gigeln, altissimo picco direi d'un sol pezzo di -viva roccia, che si disterra da questi altipiani. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Catterina era la più bella ragazza della valle -Formazza: gli occhi gareggiavano colle labbra -nel sorriso, ed il suo cuore non era meno generoso -dell'aspetto. Non era una sola fanciulla -in tutta la vallata che nel segreto del cuore -non le invidiasse la bionda e foltissima capigliatura, -e l'arcana potenza di ammaliare quanti -l'avvicinavano. -</p> - -<p> -Nell'estate, in mezzo al suo armento, quando -cantava, gli animali alzavano il capo attenti, e -cessavano di pascolare... -</p> - -<p> -Nelle lunghe giornate d'inverno, accanto a -sua madre, filava il lino, e tutti credevano che -passando fra le sue dita bianche e sottili il filo, -s'indorasse. -</p> - -<p> -Nell'ampia e pulita stufa della sua casa convenivano -nelle serate invernali i più formosi -garzoni dei casolari, tutti innamorati di lei, -che sorrideva a tutti senza conoscere l'amore. -</p> - -<p> -Quando in coro colle amiche intuonava una -bella canzone, Pippo differiva alla domane la -<span class="pagenum" id="Page_220">[220]</span> -confessione di quanto sentiva per lei. Ma avrebbe -potuto spiegarlo? -</p> - -<p> -Tuttavia un bel mattino, non si sa se a caso, -Pippo incontrò Catterina nella foresta dell'Hireli -che riconduceva una capra smarrita. Di tutte -le cose toccantissime ch'egli s'era da tanto tempo -studiato di favellarle, non potè dir motto. Ma -quando alla sera la Catterina con voce più soave -del consueto cantò: -</p> - -<div class="blockquote"> -<p> -«Nel profondo del mio cuore v'ha una cellula -ch'io sentii vuota fino a quest'oggi. -</p> - -<p> -Io viveva senza assaporare la vita; io vedeva -senza guardare; io ignorava tutto. -</p> - -<p> -Ora la cellula è piena di un mondo — una -tua parola ha fatto il miracolo. -</p> - -<p> -Attorno ad essa mille immagini — e son -tutte la tua. Perchè sfugge tuttavia dall'anima -un sospiro?» -</p> -</div> - -<p> -allora Pippo uscì dalla capanna troppo angusta. -La brezza notturna gli ricompose gli spiriti, -e il povero innamorato potè sclamare: dov'è -l'uomo più felice di me? -</p> - -<p> -S'egli era intieramente felice, perchè la sera -susseguente andò coi compagni in casa della -fanciulla e ne tornò senza aver profferito parola -in tutta la sera? Era desso geloso? -</p> - -<p> -Il vecchio Giovanni, il padre di Catterina, possedeva -una foresta di pini secolari, ubertosi pascoli -nella valle e meglio di cento capi di bestiame. -Mentre stava un giorno soletto guardando -il suo armento che pascolava sull'alpe di -Balmarossa, vide venir a sè Pippo. -</p> - -<p> -— Benvenuto Pippo! cercate di me? -</p> - -<p> -— <i>Deo gratias</i>, potè rispondere il giovane, -affannato dalla salita sotto la sferza del sole di -<span class="pagenum" id="Page_221">[221]</span> -agosto, e più ancora dalla tema di non ottener -quanto bramava. -</p> - -<p> -— Sedete e parlate. -</p> - -<p> -— Se voi siete contento, io mi torrei in isposa -la vostra figliuola. -</p> - -<p> -— Voi siete onesto... ma troppo povero. Sapete -che la Catterina è fra le più ricche della -valle? -</p> - -<p> -— Io non desidero che la fanciulla.... E volle -soggiungere le mille cose che aveva pensato per -istrada — ma la dura parola del vecchio gli annodò -in gola ogni risposta. -</p> - -<p> -Giovanni, vedendo il meschino grondante di -sudore impallidire, lo trasse con sè alla capanna -dell'alpe, gli presentò una coppa di latte -munto allora, e con voce meno acerba: -</p> - -<p> -— N'avete parlato alla Catterina? -</p> - -<p> -— Disse di amare me solo. -</p> - -<p> -— Poichè la è così, io non voglio fare due -infelici. Voi siete giovane, e la fortuna ama i -giovani. Quando avrete da pascolare dieci bovine, -Catterina sarà vostra. -</p> - -<p> -Pippo, rasserenata la fronte, abbracciò il vecchio, -e scese correndo quelle alture senz'accorgersi -della malagevolezza del sentiero e della -china precipitosa. Prese commiato dalla vecchia -madre piangente invano, e dall'amata che sorrise -alle promesse del giovine animoso — e -partì per Roma, per Roma tanto lontana. -</p> - -<p> -Dopo un anno, Catterina seppe che l'amante -spossato per incessanti fatiche era caduto ammalato. -Da quel dì una mano ignota portava sull'altare -della Vergine un mazzo di fiori perlati -di rugiada, quali mai non si videro trapuntare -le praterie della valle. Ve n'era di quelli a mille -colori, come la spuma della Frua. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_222">[222]</span> -</p> - -<p> -Pippo, colto dalla febbre, consumò ogni sparagno: -quando riebbe in parte l'antico vigore, -i medici lo consigliarono di fare ritorno all'aria -natia. Nullameno cercò lavoro coll'insistenza di -un proposito che non vacilla: debole ancora, il -frutto del lavoro bastava appena alle necessità -della vita. Intanto la madre lo richiamava — si -sentiva a morire e voleva rivedere ancora una -volta il figliuol suo. Partì povero e sconfortato -da quel paese ove era giunto con tante speranze. -Di ritorno trovò nella sua capanna un -cadavere. Dopo la sepoltura della madre, quella -porta non s'apriva ed i vicini dicevano di sentire -la notte dolorosi lamenti. -</p> - -<p> -Egli sarebbe morto di dolore, se un mattino -una voce dilicata e tremante non avesse cantato -sotto le finestre di quell'abituro la nota -canzone dell'amore... Pippo venne fuora: quasi -non era riconoscibile..... era anche povero — -tuttavia Catterina gli sorrise. -</p> - -<p> -Pippo comprò una carabina ed in poco tempo -divenne il più destro cacciatore di quelle alpi. -Di quando in quando inviava alla fanciulla del -selvaggiume. Scoprì un giorno appiedi delle orrende -diacciaie di Cavergno una camozza col -suo nato: decise di ammazzare la madre per -avere vivente la piccola — fermò di averla ad -ogni costo. -</p> - -<p> -Chi sa contare quante volte il cacciatore corse -pericolo di morte? I camosci, in grazia del sottovento, -sentirono l'appressarsi dell'uomo, valicarono -le creste difficili del Kastel con piede -snello e sicuro. E Pippo su per le roccie, dietro -ai veloci animali. I quali s'erano indirizzati -verso le giogaie del Thallihorn, sfiorando appena -<span class="pagenum" id="Page_223">[223]</span> -la cornice a picco, al di là del lago di -Kastel, sull'abisso che si sprofonda giù giù fino -al vallone di Kerback. Pippo, sicuro che per -stanchezza la capretta non potrà correre lontano, -s'avventura su quel passo, largo due palmi, -fra il cielo e l'inferno — sente smottarsi sotto -ai piedi il sentiero — non s'arresta; si mette -carponi e così valica l'abisso, in fondo al quale, -laggiù, acute roccie stendono in su le loro scarne -ed affilate mani bramose di sangue. -</p> - -<p> -Il capretto alfine è quasi sfinito dal correre, -e giace oltre il burrone della Toce a pie' della -madre che lecca pietosa ed accarezza il nato, -e guarda attorno con sospetto. Se Pippo giunge -a varcare inosservato il burrone, le selvaggie -creature sono sue. Bisogna dinoccolarsi al fondo -e risalire la parete opposta. Ma se scivola sopra -malsicuro sasso il piede? Sei morto. Se staccasi -sopra il capo un macigno da lungo tempo -desideroso di riposare in fondo all'oscura fossa? -Sei seppellito. È facilissimo nella discesa repente -avvallare a fascio; e non sarà impossibile arrampicarsi -pell'ertissimo muro di fronte? E se -mentre tu corri manifesto pericolo di orrenda -morte, un sasso maledetto cade sonando sulle -pietraie ed avverte la camozza? Mille terribili pensieri -attraversarono come sinistro lampo la mente -del cacciatore... ma Catterina, quando le avesse -condotto la svelta capretta, come gli sorriderebbe! -</p> - -<p> -Scivolò al fondo, s'inerpicò — dopo dieci -prove — sino all'orlo opposto del burrato, e -di là, fra le scabre roccie imberciando con -mano ed occhio sicuri la preda, scoccò il colpo. -La palla sibilò acutamente — tutti gli echi si -destarono — quando il fumo si diradò, vide la -<span class="pagenum" id="Page_224">[224]</span> -camozza fare ancora due passi, inginocchiarsi -e cadere spirante presso il lattante... Povera ed -innocente bestiuola! Ma che non vale un sorriso -di Catterina? -</p> - -<p> -Il lattante smarrito trillava di dolore senza -fuggire, sicchè Pippo potè di leggieri impadronirsene. -Catterina lo accettò con festa, gli -cinse il collo d'una rossa collana a cui penzolava -uno squillante campanello, e lo diede ad -allattare ad una capra. Ella stessa lo conduceva -ai pascoli della Frua, tutta lieta di vederlo sì -gaiamente saltellare. -</p> - -<p> -Da qualche tempo Pippo non s'avventurava -più alla perigliosa caccia dei camosci: ritornava -dai monti carico di pietruzze, delle quali alcune -bianche come il latte, altre porporine come -le labbra di Catterina, altre screziate d'oro. La -cera raggiava di speranza e d'amore. Gli era -apparso il genio delle Alpi e gli aveva indicato -una caverna in cui stava nascosto un ricco tesoro -di preziosi metalli e di rarissime perle. -Il pavimento era tutt'oro — le pareti a colonne -di malachite, smeraldo e lapislazzuli — il vôlto -stellato di rubini e di granati. -</p> - -<p> -Da quel dì la ruggine cominciò a serpeggiare -in arabeschi sulla canna della carabina dimenticata -in un canto della casa, ed i ragni a tessere -le loro tele polverose sull'acciarino. -</p> - -<p> -In quella un congiunto gli scrisse da Roma -non indugiasse a partire a quella volta, gli affari -procedere con meravigliosa fortuna; avrebbero -diviso come le fatiche i frutti. Pippo sorrise -alle esortazioni degli amici e partì in sua -vece un altro. -</p> - -<p> -Egli vendette la fidata carabina e s'avviò all'Anzasca. -<span class="pagenum" id="Page_225">[225]</span> -Poco tempo appresso ritornava con -alcuni di quei valligiani che saggiano e conoscono -la virtù d'ogni pietra. -</p> - -<p> -La domane — appena s'inalbava l'orizzonte — -con cinque altri giovani robusti, muniti di -vanghe e di acute marre, tutta la frotta, Pippo -in testa, s'incamminò spedita verso il Griesberg; -a Bettelmatt penetrò nel deserto androne del -Gemmsland, e, accesi branchi di pino, entrò -nel tenebroso speco. Appena la luce delle torcie -resinose arrossò la bocca dell'antro, un urlo -spaventevole gelò il sangue e la parola ai compagni -— ed un lupo si slanciò rabbioso fuori -di quelle tane — ma Pippo non aveva più la -carabina, ed il lupo fuggì ratto. Triste presagio! -Pippo ed i suoi amici scavavano con ardore e -trasportavano al sole un mucchio di pietre, ed -i minieratori le esaminavano attentamente una -dopo l'altra. A mezzo il giorno questi ultimi -dissero ad alta voce: non v'ha qui indizio d'oro -nè di granati. Pippo impallidì! I compagni pietosi -lavorarono fino a sera, secondando la febbrile -ansietà dell'amico. Venne la sera senza -che nulla si fosse scoperto; le pietre scavate -con tanta fatica e tanta speranza non avevano -valore di sorta. Pippo stava tuttavia lavorando -quando i tizzoni si spensero. Nessuno osava -far motto. Oscurata la spelonca, Pippo si coricò -estenuato sulla soglia di quell'antro malaugurato, -gemendo; bagnava la polvere col sudore -che gli gocciava dalla fronte; ma non una lagrima -sola. Chiamatolo invano, i compagni coi minieratori -discesero prima della notte nella valle. -</p> - -<p> -Chi non avrebbe detto Pippo morto? — -Dormiva? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_226">[226]</span> -</p> - -<p> -Questo è certo che quand'egli fu solo gli -apparve Catterina assisa a banchetto di nozze, -su cui stava fumante la sua bella camozza. Sollevò -il capo dal duro origliere, e smarrito discese -fra le tenebre d'altipiano in altipiano. Di -quando in quando una voce soffocata, disperata -— o Catterina! Catterina! — ululava per quelle -callaie dirupinate. -</p> - -<p> -Intanto un uragano precipitava dalle diacciale -del Griesberg, ove le streghe menavano ridda -al bagliore dei lampi ed assordava coll'orrendo -frastuono il misero che s'aggirava in quei valloni. -I lupi, turbati nei covili, scorrevano pei -greppi cogli occhi di carbone, urlando attorno -a Pippo, mentre le aquile ed i corvi turbinandogli -sul capo, lo stordivano colle strida minacciose. -Ma Pippo scendea sempre. Sdrucciolava -sull'erba, sui macigni; cadeva nelle rabbiose -fumane; ma discendeva sempre. -</p> - -<p> -Certamente l'anima della madre lo guidava. -</p> - -<p> -Quando l'aurora si raffresca nei vapori della -Toce, egli grondante acqua da tutta la persona, -coi capelli pioventi lungo le guancie livide, gli -occhi stralunati, le mani peste e lacere, i piedi -sanguinosi, giunse all'altipiano di Uberaufderfrutt -da cui s'inabissa il fiume. -</p> - -<p> -Il cielo si rasserenava, ed i monti si spogliavano -delle loro clamidi fumanti. -</p> - -<p> -Pippo, giunto sul ciglione della cascata, stava -per discendere, quando — oh! come lampeggiarono -di gioia i suoi occhi! — vide nel sottoposto -piano la Catterina, che guidava al pascolo -la diletta camozza. Pippo fuori di sè gridò: -Catterina! — Stese le braccia e si slanciò verso -l'amata. Ahi!... la rupe si sprofonda — Pippo, -<span class="pagenum" id="Page_227">[227]</span> -stretto nelle gelide braccia della cascata, sobbissa -— rimbalza sui tre scaglioni — colora -un istante del suo sangue la roccia omicida — -e sdrucciola ai piedi di Catterina. -</p> - -<p> -La piccola camozza leccò il sangue che sgorgava -a rivi dal corpo frantumato di chi le aveva -ammazzato la madre, quindi fuggì alle libere -aure del Gigeln. -</p> - -<p> -Ecco perchè ogni mattino, allo spuntare dell'aurora, -la cascata si arrossa, e si sente dalle -roccie superiori il trillo d'un camoscio. -</p> - -<p> -E Catterina? -</p> - -<p> -Credete voi che ella d'allora in poi sorridesse -tuttavia? -</p> - -<p> -Così ha fine la leggenda della Frua. -</p> - -<h3 id="parte3-3">III. -<span class="smaller"><i>Altipiani di Kerback, Valtoccia, -Morasck e Bettelmatt.</i></span></h3> - -<p> -Dall'altipiano di Uberaufderfrutt, ove all'ombra -del portico della cappelletta sull'orlo della -cascata udiva la pietosa leggenda della Frua, -in meno di mezz'ora giunsi al vallone di Kerbach -attorniato da alte vette, delle quali la -parte meridiana che si protende fino al vicino -anfiteatro di Morasch, è tutta lieta di zolle e -di fiori. L'aere risonava di monotone cantilene -d'amore; erano falciatori che sulle sdrucciolevoli -chine del Thalli fornivano il loro lavoro colla -sicurezza de' contadini pianigiani. Le eccellenti -disposizioni ad imitare gli eroi d'Omero, che -ad ogni fermata facevano un pasto proporzionato -<span class="pagenum" id="Page_228">[228]</span> -alla grandezza delle loro imprese, mi fecero -accettare di buon animo la refezione, che -m'offriva l'ospitalità d'un vecchio ed onesto -alpigiano. Quindi, poichè il sole già intiepidiva -le freschissime aure, per un sentiero che già -fu strada mulattiera selciata, ci arrampicammo -per una buon'ora per la faticosa erta, e fummo -alle bocche della Valtoccia, vasto altipiano tutto -ricinto di picchi petrosi, mentre il suolo appiedi -delle immense ciottolaie verdeggia qua e -là di sapidissimi pascoli. Ma come melanconica -è questa suprema convalle! I canti pastorali, il -tintinnio delle collane degli armenti, il loro -muggire, tutto pare un doloroso lamento. L'orida -retta del Kastelhorn e le mute falde del -picco del Nufenen-Stok spandono sul resto del -quadro la tristezza del loro aspetto. Il laghetto -di Castello rabbrividisce all'aspetto del Kastel -che vi si specchia; il ruscello, che ne sgorga -guizza tacito fra i massi, quasi pauroso non -dinoccoli di lassù un macigno a riempire la -limpida conca della sua sorgente. Il ruscello -forma più in là il bacino del Pesce, ove le -trote non osano amoreggiare che nel profondo. -</p> - -<p> -La Toce ne nasce con poca festa. Le sponde -dei due nappi e del torrente sono sabbiose, -nude: l'ombra del Kastel fece inaridire l'erba. -Anche le mandrie rifuggono in là. -</p> - -<p> -In mezzo all'altipiano serpeggia il sentiero -che pel passo confine (Auf der Mark) conduce -alle radici della Val Bedretto, alla vetta del S. -Gottardo, agevolmente in una giornata di cammino -dai casolari di Formazza. -</p> - -<p> -Un mandriano, tutt'occhi e boccacce dalla -meraviglia di vedere lassù un cotale che nè -<span class="pagenum" id="Page_229">[229]</span> -comprava, nè vendeva bovine e formaggi, mi -disse che i Bedrettesi quando vogliono recarsi -nel Vallese, invece di scendere dalla Valtoccia -a Kerbach, e di laggiù per Morask e Bettelmatt -varcare il Griesberg, usano per un sentiero -difficile passare al di là del Nufenen-Stok e -scendere così nell'Egina evitando il lungo giro. -</p> - -<p> -Intanto il cielo s'era coperto di nuvoloni fitti, -lampeggianti, e mentre m'aggirava per quelle -solitudini malinconiose, mi colse senz'alcuna -difesa un acquazzone, che mi cacciò giù fino -al casale di Kerback più in fretta che io non -avrei voluto, molle, inzuppato fino alle ossa, -fra le saette ed i tuoni, come già Mosè dal Sinai, -colla differenza che io invece di trovare -gli alpigiani in ridda attorno al vitello d'oro, -li vidi raccolti attorno ad un bel fuoco tutti -intenti chi a mondare castagne, chi a sbattere -la crema, e tutti ad ascoltare le frottole d'un -cacciatore, che all'appressarsi del nembo avea -frettolosamente deserto l'agguato per ripararsi -sotto quel tetto. -</p> - -<p> -Riazzurratosi l'orizzonte, lasciai Kerback e -salii in mezz'ora a Morask, l'alpe più popoloso -di tutta la val Formazza. -</p> - -<p> -Morask è meno ricco di pascoli di Kerback, -ma è più lieto per più vasta zona di cielo. La -giogaia asprissima che rinserra l'anfiteatro verso -il meriggio, colle cuspidi eccelse del Zumstok -e dell'Himmelberg, può dirsi una parete di un -solo macigno. Qua e là il diacciaio del Gries -che si stende dietro a quelle vette, lascia -cadere un lembo del suo lenzuolo sfavillante -nella valle. -</p> - -<p> -Prima della notte m'inerpicai ancora sulle -<span class="pagenum" id="Page_230">[230]</span> -erbose pendici del Thalli, e vidi smaglianti all'ultimo -raggio del sole le nevi eterne che smaltano -le nere orribili creste del Kastel, a levante, -che voi dite inaccessibili e che vi fanno -rabbrividire al pensiero di trovarvi sull'orlo -del precipizio che si profonda giù fino alla radice -del monte, mentre in quest'istante forse -un ardimentoso cacciatore di camosci sta sul -cigliare dell'abisso, fra la vita e la morte, -spinto lassù dalla sua passione. -</p> - -<p> -Ma la notte già scolora ogni cosa: scendiamo. -</p> - -<h3 id="parte3-4">IV. -<span class="smaller"><i>Ascensione del Gries — Diacciai — -Le Alpi parlano.</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Entrai per lo cammino alto e silvestro.</b></p> -<p class="i14"> <i>Dante</i>.</p> -</div></div> -</div> - -<p> -Partii da Morask pel Griesberg. Il sentiero -addentratosi in una gola ove per poco le falde -dei monti non si combaciano, orma sopra la -neve ad una florida prateria, e di là, costeggiando -per la ripida salita il torrente che gorgoglia -nelle crepature della rupe erbosa, guida -al valloncello di Bettelmatt, famoso pei cacii -che fornisce l'Alpe Anderlin. Prima di giungervi, -voi valicate un breve contrafforte che -chiude anche da questa parte l'altipiano, mentre -il torrente sbattuto di sasso in sasso in -<span class="pagenum" id="Page_231">[231]</span> -bianca spuma s'interra nella forra che a furia -di pazienza e di secoli ha scavato attraverso al -muro: badate veh! di non sdrucciolarvi dal sentiero; -chi vi trarrebbe di là ai casali della -valle? Il torrente solo. -</p> - -<p> -Eccoci alle cascine. Esse stanno addossate ai -frantumi che ingombrano il passo nell'angusta -bocca della scabrosa valletta del Gemmsland, -in cui l'ombra eterna e i massi paurosi e il -deserto d'ogni vita incutono orrore. La chiude -in fondo il Siedel (3218 m.), dalla vetta del -quale fra spaventose diacciaie or piane, or gonfie -come onda marina, or rotte a bizzarre colonne -d'ogni architettura, vedesi sorgere solitario -il picco del Blinnenhorn (3552 m.) l'altissimo -dei monti che s'estollono attorno alla -nostra valle. -</p> - -<p> -Mi riposai presso il letto del Griesbach, dall'onde -biancheggianti, dai ciotoli tersissimi, -screziati a mille colori, e trovai fra le ghiaie -l'<i>asbesto</i> bianco che i montanari dicono sughero -alpestre. Al di là del torrente, nella prateria -un numeroso armento di bovine agitava pascolando -i sonagli delle collane. Alcuno di quegli -animali s'avvicinava a noi pauroso, e dopo -averci a lungo guardato con occhio stupito per -le foggie disusate, ricorreva in mezzo agli altri -di gran galoppo. È incredibile il piacere che -produce il tintinnìo dei campanelli, il muggire, -lo scorazzare festoso delle giovenche e dei vitelli -che con piede sicuro dichinano rapidissimamente -per le pendici; in questi animali -pascolati liberamente all'aria, giorno e notte, -senza impacci di catene e di guinzagli, scorgi -una sveltezza di moti che non trovi in quelli -del piano, lenti e taciturni. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_232">[232]</span> -</p> - -<p> -Ma già il sole dardeggia; su ancora, un'ora, -la più faticosa, e ti riposerai sulle sponde dei -due laghetti da giardino, da cui zampilla il -Griesbach. -</p> - -<p> -Pervenni sulla cima dell'erta trafelato ed ansante -per la soverchia fretta con cui la brama -di toccare la desiderata fronte dell'Alpe m'aveva -spinto per l'erta. Con animo palpitante, varcata -l'ampia murena, che con mirabile vicenda le -diacciale ingoiano e rigettano, mi trovai sul -lembo dell'eterno diacciaio che dorme su quelle -vette supreme, dal Gries allo Stafelclogberg, -abbracciando così dalla destra pressochè tutta -la valle di Formazza. -</p> - -<p> -Eccomi sopra di esso. — Sento sotto di me -— novissimo senso — un cupo rumoreggiare, -— fiumi forse che cascano echeggiando dalle -caverne nelle viscere del monte — forse, come -la tradizione paesana, sono le anime dei defunti -che cantano preci di remissione. Lunghi, diritti, -immensi crepacci stagliano tutta la gigantesca -massa — dove appena visibili, dove a bocca -aperta come mostri. -</p> - -<p> -In questi crepacci, da cui il piede rifugge -istintivamente, dormono laggiù negli antri sonori, -da dodici anni, due giovani francesi. Io -guardo in giù, nell'azzurra abisso senza fondo, -e pavento di sentire che gli infelici vi sdrucciolarono, -o vi furono spinti dalla bufera — non -morti e che laggiù, feriti, col martoro di -un'agonia che li sorprende esuberanti di vita, -senza speranza di sfuggire alla loro sorte inevitabile, -dolorosa, senza conforto alcuno d'affetti -umani o divini, imprecano al fato, o rassegnati -aspettano di agghiadare fra le braccia della morte, -richiamando alla memoria le immagini dei cari... -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_233">[233]</span> -</p> - -<p> -Forse i Francesi s'erano avvicinati al Faul, -nero fantasima che sorge nel mezzo della diacciaia, -ove dessa pare ondeggi come i fiotti marini. -Forse venendo in Italia, non s'erano attenuti -alla loro sinistra, verso la murena, ove -i fessi sono meno frequenti e meno spaziosi — -forse da animosi perlustratori s'erano addentrati, -verso il Ritzenhörner, in quella vasta e -terribile solitudine, su cui torreggia il Blinnen -— forse avviluppati dalla bufera avevano dimenticato -un momento di tastare coll'inseparabile -<i>alpenstok</i> se mai sotto il mobile strato della -neve non si sprofondava un crepaccio..... -</p> - -<p> -L'Alpe tenta come il mare l'audace — ma -spesso l'uno e l'altro, dopo avergli rivelato i -misteri più stupendi, ingoia gelosamente il sedotto. -L'uno e l'altro ti sfidano col loro fascino: -se tu vinci una volta impune, pensa che essi -possono vendicarsi atrocemente. -</p> - -<p> -Ambidue toccano il cielo. Ambidue cantano -sì altamente la grandezza della natura che la -tua piccolezza ne rimane subitamente atterrita. -</p> - -<p> -Dopo questo senso istintivo, tu osservi e le -une e l'altro con desiderio. In breve mille attrazioni -sorgono ad innamorarti di loro: da quell'istante -non sono più due mostri, li ami e ti -amano. Se loro sei fedele amico, ti riveleranno -la meravigliosa armonia che li unisce al resto -del mondo, la bellezza del loro essere e la grande -generosità con cui spargono dovunque la vita. -</p> - -<p> -I diacciai dall'orrenda solitudine ti diranno -che sotto la larva della morte alimentano la vita, -i fiumi che fecondano le riarse pianure. La bufera -stessa che schianta l'annoso pino come il -tenero lichene, ti dirà colle mille voci come -<span class="pagenum" id="Page_234">[234]</span> -da queste supreme convalli ventando, fuga l'aria -corrotta e sparge la salute. Così la tempesta -marina. Mille naufraghi disperati ti fanno imprecare -ad essa. Ma la morte è la vita: sono -indivisibili, necessarie sorelle. -</p> - -<p> -Nè meno mirabili ti saranno per amore le -foreste e gli intangibili pizzi nembosi. -</p> - -<p> -Affidati ad un legno sull'incerta superficie -del mare, sali sui vertici alpini, e sentirai come -necessità l'amore, come bella la libertà — sentirai -come se ti battesse in petto cuore di -poeta. -</p> - -<p> -Come l'anima, l'alpe ed il mare ti saneranno -il corpo. Se la tua mente paralitica non si scote, -se il tuo corpo non riacquista elasticità e vigore -— tu sei già due volte morto. -</p> - -<p> -Dal cucuzzolo del Gries, a cui salii di qui in -mezz'ora, scorgesi assai meglio il sottostante -diacciaio, e meglio soprattutto lo stupendo panorama -delle Alpi Vallesane e Bernesi, che compensa -largamente della fatica della giornata. Il -Grimsel, la Jungfrau, il Fisteraarhorn, lo Stokhorn -ed altre celebrissime Alpi s'estollono al -dissopra della verde cortina che separa dall'Oberland -il Vallese; mentre a destra il Rothental, -il Nufenenstock, il Kuliboden, ed a sinistra il -Faul ed il Gemmsland pare sorgano a conversare -con quelle fiere torri elvetiche. -</p> - -<p> -Disceso il cono del Gries, ecco a mezzo il -diacciaio, venire verso di me a lunghi passi -una strana apparizione. La doveva essere un -cacciatore fanatico che s'avventurava soletto fra -le solitudini alpine, col capo difeso da uno sdruscito -cappellaccio a tre acque, le ossute gambe -infilate e diguazzanti in un paio di brache spelate, -<span class="pagenum" id="Page_235">[235]</span> -le uose fino al ginocchio, due scarpaccie -a mo' di barca da fare il giro del mondo, mare -e terra, un grosso zaino alle spalle, la lunga -carabina ad armacollo e il bastone ferrato nelle -mani. -</p> - -<p> -L'abito di prete cozzava a vista sì duramente -colle venatorie munizioni sotto cui sudava -il poveretto, che al vederlo colla lunga e -sparuta persona arrampicarsi brancicando per -l'erta, gli era la più risibile cosa del mondo. -</p> - -<p> -Eppure il reverendo Blummenkranz era stimabile -persona. I compaesani non lo dicevano -<i>liberale</i>, nel senso popolare, — benchè fosse -largo di cuore e di mano — perchè non frequentava -le bettole; ma assicuravano, che, venuta -la stagione delle foglie, il suo cervello ne -andasse tanto in visibilio da farneticare. Dopo -la prima neve rientrava in se stesso. Le stramberie -della sua religione per la natura gli erano -perdonate in grazia del fervore con cui -pregava Iddio a non dimenticare le messi dei -campi, i fiorellini delle praterie e le pinete. -Don Blummenkranz nato in Germania era stato -altra volta un abate del bel mondo. A Berna e -a Ginevra non sono affatto spariti i ricordi delle -sue dissertazioni sulla necessità dell'amore. -</p> - -<p> -La sua figura — innegabilmente ridicola — -pareva una vivente confutazione delle sue parole. -Disingannato dagli uomini, senz'odiarli, -intese tutte le forze dell'anima nell'amore della -natura dalla quale otteneva rivelazioni sconosciute -e voluttà arcane. -</p> - -<p> -— Tutto parla, diceva Blummenkranz, ed io -finirò per comprendere la meravigliosa espressione -delle cose. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_236">[236]</span> -</p> - -<p> -Forse aveva amato una donna — ma qual -donna avrebbe avuto compassione di un essere -così strano? -</p> - -<p> -Malgrado i profondi studi naturali, egli dovette -provare che la cosmologia non era che -un intoppo per la carriera ecclesiastica. Da chierico -fatto cappellano, e punto a capo. -</p> - -<p> -<i>Contentus parvo</i>, egli non si crucciava di -nulla. La natura lo compensava largamente dell'irrisione -degli uomini. Secondo Blummenkranz, -un uccello parlava più chiaramente d'un avvocato; -gli amori delle piante non erano una finzione -imaginosa, ma una storia. Credeva — senza -oltraggio alla religione — agli spiriti che popolano -l'aria, l'acqua e le case, ed era in stretta -famigliarità coi genii delle Alpi. Conosceva le -cause per cui i pizzi erano stati battezzati con -una parola anzichè con un'altra, quindi infinite -leggende. Siccome non aveva mai posto piede -oltre la Svizzera, si meravigliava alla descrizione -delle vaste pianure, ed inorridiva al pensare, -che vi potesse essere una radura così -sconfinata da non scorgere un monte e che un -uomo potesse vivere senza amare le Alpi. -</p> - -<p> -Di lassù, appaiatosi meco, in tre ore discendemmo -nella valle Egina nel cantone Vallese, -alle sponde del Rodano spumante, donde io -contava di recarmi al vicino Obergestelen sulla -via al Grimsel. Il varco del Gries, dal centro -dell'alta Italia, è la via più breve al Bernese. -</p> - -<p> -Lasciato D. Blummenkranz, m'avvio alla volta -della mia meta. Se non che io faceva i conti senza -il temporale, che in pochi minuti, abbuiato -l'orizzonte angusto, si rovesciava nella valle. -Alle prime goccie ritornai frettolosamente sui -<span class="pagenum" id="Page_237">[237]</span> -passi miei, e ormai stanco dal lungo cammino, -bussai ad una capanna presso una chiesuola, -invocando ospitalità per amore di Dio e delle -poche mie monete. -</p> - -<p> -La porta della capanna venne aperta, ed una -pertica, voglio dire il reverendo Blummenkranz -inchinandosi, m'offrì cordialmente il tetto ed -il desco. Lo credereste? Fu quella una delle -più belle sere delle mie peregrinazioni. La cena -parchissima, forse insufficiente, ma l'anfitrione -era sì curioso nel novellare! Compresi che il -romito era miglior cultore dei piaceri dell'immaginazione -che non della caccia. Perchè adunque -la carabina? Perchè, mentre tutti tenevano -per ragionevolissima cosa l'arrischiare la vita -nella caccia, nessuno certamente avrebbe compresa -e rispettata la passione entusiastica del -povero cappellano. -</p> - -<p> -Accomiatandomi, il reverendo Blummenkranz -mi pose nelle mani un foglio, dicendo: Serbatelo -per memoria mia. — Risalendo, due giorni -dopo la mia gita a Meyringen, allo Stauback, -l'Eginenthal, lessi in fronte alla carta donatami: -</p> - -<p class="center"> -LE MONTAGNE PARLANO. -</p> - -<p> -Giunto oltre la diacciaia del Gries, sedutomi -sul cigliare della balza imminente a Bettelmatt, -mi riposai, leggendo quanto segue: -</p> - -<p class="center"> -«LE MONTAGNE PARLANO. -</p> - -<p> -«— Su, Blummenkranz, quest'oggi salirai -sulle Alpi, le vere Alpi, le Alpi che mi dividono -dall'Italia — il paese di cui non ho pronunciato -<span class="pagenum" id="Page_238">[238]</span> -una volta il nome senza sussulto. Quest'oggi -sono felice — me ne rallegro cordialmente. -</p> - -<p> -Di lassù spingerò lo sguardo nelle sue valli, -ove sole e terra vanno d'accordo nel fecondare -e nel crescere — ove, senza dubbio, i fiori -sono più coloriti e le frutta più gustose. -</p> - -<p> -Chi sa se non sentirò quell'aria piena di vita -e d'armonie che suona sì melodiosa scossa dalle -vibranti cetre dei suoi poeti? -</p> - -<p> -Forse i miei occhi vedranno poco — ma la -mia anima? Dirò: conosco anch'io <i>la terra ove -fioriscono gli aranci</i>! -</p> - -<p> -Pervenuto al vertice, m'inginocchiai riverente -per salutare quel paese che amo senza conoscere, -e con tutte le facoltà dell'animo mio, dissi: -</p> - -<p> -«T'amo, perchè io so da lunga pezza che -noi abbiamo saldato ogni partita per l'antica -ruggine coi Romani; perchè comprendo che se -tu non vieni a noi col perdono sulle labbra, -gli è che le ferite non sono ancora rimarginate -— t'amo e mi auguro di vedere la mia patria -stretta con fratellevoli nodi a te, che tutti i -nostri bardi cantarono con esultanza, e che la -sola tirannìa ed i suoi odii feroci ne hanno fatto -sprezzare e combattere come maledetta.» -</p> - -<p> -Profondo silenzio regnava attorno. Sospeso -fra terra e cielo, quella m'incantava, questo mi -rapiva....... Le fronti delle Alpi corruscavano; i -loro manti erano agitati; il cervello del Griesberg -su cui posava era palpitante: dal rododendro -esalavano inebbrianti profumi; in ampi circoli -le aquile si libravano nell'aria; i tordi montani -cominciavano a cinguettare misteriose note di -amore, mentre il vento susurrava i pastorali -accenti del <i>ranz des-vaches</i>... Era allucinato? -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_239">[239]</span> -</p> - -<p> -Le nebbie, in cui i monti si avvolgevano, sfumarono; -la luce innondò da capo a piedi quei -giganti che s'avanzavano, oh meraviglia! da -ogni parte attorno al Griesberg, come a parlamento -— forse per ingannare la noia secolare. -</p> - -<p> -— Dunque noi che ardimmo scalare il cielo -saremo turbati nella pace del nostro sepolcro -da questi embrioni superbi? -</p> - -<p> -— O Grimsel, le parole che tu soffi, eruttando -fumo e faville per lo sdegno della tua -maestà conculcata, trovano nella mia anima una -clamorosa eco. Sì, non vogliamo essere manomessi -dall'uomo, o per la morte come i Diablerets -mi sfascierò sopra di esso! -</p> - -<p> -— Meglio così, caro Firsteraarhorn, disse arrossando -la Jungfrau pudica, che io non vedrei -più questi nani insolenti arrampicarsi sul mio -petto per baciare quella fronte che la sola bufera -aveva per tanti secoli tôcca. O meglio un -fulmine mi scaraventasse giù nelle valli, che -gl'inverecondi baci di questi uccelli spennati!... -Ahi! dove il mio verginal candore? -</p> - -<p> -Un'orrenda voce di scherno tuonò: -</p> - -<p> -— Gran cosa in verità! Quanto volonteroso -io non mi torrei i baci, di cui fai sì grande -scalpore, quando tu volessi scambiarli coll'atroce -ferita, che mi aprono nel bel mezzo del -corpo... A me che pure tanto li amai da nascondere -la face che alta portava sul capo; ma -guai a loro se io riapro il varco al torrente di -fuoco, che m'arde e rugge in petto! -</p> - -<p> -— Infelice <i>Cenisio</i>, che sarebbe degli sciagurati -senza di noi? Chi loro feconderebbe la -terra coi fiumi e temprerebbe l'aria coi venti? -</p> - -<p> -La <i>Rocciamelone</i> chiese la parola per la <i>Rosa</i> -immacolata. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_240">[240]</span> -</p> - -<p> -— Immacolata! mormorò ironicamente la <i>Jungfrau</i>..... -e Saussure, e Vincent, e Zumstein, e il -prete Gnifetti li conta per nulla? -</p> - -<p> -— Facciamo osservare alla maligna <i>Jungfrau</i> -che non tutte le cinque foglie vennero tocche. -</p> - -<p> -— Cessate, rituonò il <i>Bianco</i>, la ridicola questione. -I Romani ci rispettarono con religiosa -temenza, e questi vanerelli d'un secolo impertinente -osano contaminarci le candide stole! -Ma a che ragunammo questo onorando consesso? -Per lagnarci delle clamidi insudiciate? Vi cruccia -lieve offesa quando vedete in noi bollire -una fiera passione? Se non vi talenta sentirvi -prudere le membra da quest'insetti, inghiottiteli -nelle pieghe de' vostri manti. Mi lagno -forse io? La sventura del Cenisio è sventura -che a noi tutti sovrasta. L'umana famiglia minaccia -di ridersi di noi, di attraversarci in ogni -guisa sotto mille pretesti. Confortiamo il Cenisio, -e troviamo modo d'impedire tanta ingiuria. -</p> - -<p> -Il <i>Bianco</i> stese una mano al <i>Cenisio</i> — a cui -mancavano per conforto anche le salmodie della -Novalesa; — commosso dalla regale degnazione, -svenne in braccio all'Iserano. Lo <i>Stock</i> corse -lesto in suo soccorso. Alle lamentevoli grida -del vegliardo, alle parole del <i>Bianco</i> erano accorse -attorno attorno quant'Alpi regnano dal -Simmering al Tenda. -</p> - -<p> -Aperto il parlamento dal monte <i>Bianco</i>, considerato -il caso esposto — per un fatto personale -— dallo stesso Cenisio, parlarono uno dopo -l'altro e sovente anche due o tre alla volta — -tacevano da tanto tempo! -</p> - -<p> -Il <i>Cenisio</i> propose di sloggiare dall'Italia, terra -<span class="pagenum" id="Page_241">[241]</span> -ingrata per eccellenza alle Alpi; il <i>Cervino</i>, ponderato -l'irresistibile amore al paese, propose di -congiungersi tutte in sì orrenda maniera che -nessun passo si aprisse. Un viva — a gran maggioranza -— accolse il singolare progetto. Senonchè -al punto di passare allo scrutinio, il -<i>Viso</i> chiese la parola con voce, che fu sentita -quasi nota fuori di chiave. -</p> - -<p> -Il <i>Viso</i> — siede a sinistra — educato a metà -in Francia, tutto pieno d'idee cosmopolitiche e -fors'anco perchè nessuno gli aveva sfiorato la -pelle, cominciò a sfoderarne delle nuovissime -sulla bella tendenza degli uomini ad unificarsi -— parlò dell'abolizione dei neri, dei doganieri, -dell'emancipazione della donna e di altre cose, -che colorando le Alpi come i più cocciuti nemici -della fratellanza universale loro minacciano -più che mai la sorte d'essere traforate e affettate -— e finì con tanta eloquenza per proporre -ognuno si togliesse in pace il suo destino in -grazia del progresso dei tempi, con tanta eloquenza -che i venerandi oratori, ritornati al loro -posto, ricominciarono a russare saporitamente. -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<h3 id="parte3-5">V. -<span class="smaller"><i>Confini della valle — Le case, il desco, l'abito, -il commercio, l'agricoltura.</i></span></h3> - -<p> -Ho fatto una visita a Zumsteg, al <i>palazzo municipale</i>, -antica casipola murata or fanno circa -tre secoli lungo la Toce. Il fiume batte con -impeto sulle fondamenta e le mura tremano -<span class="pagenum" id="Page_242">[242]</span> -screpolandosi. Al pian terreno s'apre verso la -strada un'ampia finestra sbarrata da solida inferriata -— è la finestra del carcere. Da essa lo -sguardo corre ogni angolo della prigione, sicchè -era ad una carcere e berlina. Al piano superiore -la stanza del consiglio; in un armadio -le vecchie pergamene del comune, delle quali -sono oltremodo gelosi. -</p> - -<p> -Notai nel mio taccuino quanto appresi dalla -cortesia dell'onesto ospite circa le costumanze -de' suoi conterranei. Tu, compagno mio, forse -non avrai queste novelle in pregio come io le -scrissi con amore; ma pazienta lo stile dimesso -e riposa, se vorrai aver lena da potere con sicurezza -toccare l'ardua sommità del Reti, che -di lassù ne sfida. -</p> - -<p> -I confini della giurisdizione di questo municipio -comprendono la terricciuola di Unterstald -sino al ponte di Untergeschen: da esso corrono, -al mezzodì, al Minoio-Krüpfti passando sulla -vetta del Martel, e da quello all'Ofenhorn, da -cui col limite dell'Italia per le diacciaie fino al -corno del Gries. Alla sinistra della valle poi -dal Gries pel Nufenenstok ed il Markhorn (2963 -metri) al culmine del Rizoberg segue l'orlo -estremo del Canton Ticino; dal Rizoberg ritorna -al ponte di Untergeschen. -</p> - -<p> -Il municipio senza reddito di sorta preleva -le spese opportune da imposte; ciascun casale -ha boschi e pascoli che si dividono equamente -a beneficio d'ogni famiglia. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_243">[243]</span> -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Entriamo nelle abitazioni. Le case sono quasi -tutte di legno colla forma dei <i>châlets</i> svizzeri, -ed a tre piani: quello terreno è murato e serve -di cantina. I piani superiori sono costrutti con -travicelle per lo più di larice foderate internamente -con tavolati bene mastiettati e disposti -con qualche simmetria. Il pavimento ed il soffitto, -piuttosto basso, sono pure di legno senza -alcuna vernice. -</p> - -<p> -Tutte le case hanno una camera più vasta -delle altre, riscaldata — forse soverchiamente -— da una stufa di pietra, nella quale accendono -grande quantità di legna, e ciò da una parete -interna di pietra che contiene pure il camino -della cucina. Tutte le stanze sono tappezzate -d'immagini sacre o di statuette in cera trasportate -da Roma e dal santuario di Einsiedelen in -Isvizzera, dove si recano qualche volta in pellegrinaggio. -Una cosa curiosa si è che hanno -sì indicibile amore degli orologi a pendolo da -averne anche tre nella stessa <i>stufa</i>: notate che -quasi tutti hanno poi ancora nelle tasche un -orologio d'argento. -</p> - -<p> -Un Formazzese, nel tepore della sua stufa con -un po' di patate e di carne salata se ne ride -della neve e del lungo inverno, e dice di stare -meglio di un re — costituzionale. -</p> - -<p> -Ignoro perchè gli usci abbiano l'architrave -tanto basso, che ad ogni uomo di mediocre -statura conviene inchinarsi per entrare nelle -case e per passare dall'una all'altra camera; -forse questa stranezza ha lo scopo di mantenere -<span class="pagenum" id="Page_244">[244]</span> -costante l'uso del saluto di chi entra. I Romani -scolpivano sulla loro soglia il motto che diceva -benvenuto al visitatore, squisita cortesia, che -i tempi s'involarono con tant'altre; i Formazzesi -paiono invece più gelosi del rispetto dovuto -al padrone della casa che non di quello -all'ospite. -</p> - -<p> -Le finestre meritano una breve descrizione. -Esse sono composte di tre telai rettangolari -separati l'uno dall'altro da un travicello verticale -a sostegno della parete superiore; ogni -telaio è diviso in due sorta di vetri da una -linea di legno orizzontale; i superiori sono fissi -con piombo filato e per lo più esagoni, gli inferiori, -più grandi, rettangolari ed incorniciati, -scorrono o da una parte o dall'altra nella mastiettatura -del telaio; ne viene perciò può sporgere -al di fuori altro che il capo; per lo più -i vetri inferiori sono diacciati, o, volgarmente, -fatti a mandorle per nascondere ai vicini le -proprie faccende senza diminuire la luce. -</p> - -<p> -Le stalle, le cantine sono senza finestre; nel -trebbiale superiore si coreggia la segale. -</p> - -<p> -Se da una parte queste abitazioni sono asciutte, -sane e comode, la quantità di legnami onde -sono costrutte presenta mille pericoli d'incendio, -tanto più da temersi per i venti e per -la mancanza assoluta d'ogni istrumento atto a -spegnerli. Morasck, pochi anni sono, ardeva interamente. -</p> - -<p> -Il Formazzese, come gli Alpigiani in genere, -si nutre di patate, di carne salata, e beve vino -ed acquavite. Sono golosi di caffè. Anticamente -non si faceva il pane che al fine di novembre -per tutto l'anno; ora suole farsi almeno due -o tre volte all'anno. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_245">[245]</span> -</p> - -<p> -Ho visto più d'una volta la famiglia d'un -agiato Formazzese assidersi senza distinzione -fra il capo ed il servo ad una pulita tavola di -acero, in mezzo della quale stava un gran -piatto, in cui tutti pescavano colla forchetta o -col cucchiaio; antichi costumi che i Formazzesi -conservarono gelosamente sino al giorno d'oggi. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Ora i calzoni lunghi, la casacca di frustagno -o di panno e il cappello di feltro hanno dato -il cambio alle lunghe calze bianche trapunte, -alle brache, al panciotto rosso, all'abito a grandi -tasche, nonchè al cappello a larghe tese. Nell'inverno -le gambe per diguazzare nella neve -coprono con uose di lana sino al dissopra del -ginocchio; alcune cordicelle legano alla scarpa -la falda che copre il collo del piede. Alcuni fra -quelli che furono in Roma recano ai patrii -monti l'uso incomodo di quel cappello cilindrico -— che rappresenta sì bene le tendenze artistiche -del secolo — con non poca antitesi col resto -dell'abito. -</p> - -<p> -Le donne, che vent'anni sono coprivano il -capo d'un pittoresco cappellino adorno di nastri, -lo coprono ora con un fazzoletto rosso -annodato alla nuca. Il seno è coperto da un -panciottino a varii colori, dal quale spunta attorno -al collo un pizzo. Le vesti raccorciano la -taglia e giungono a mezza gamba: nell'inverno -sono di panno sottilmente piegato; le braccia -ed il dorso coprono con una giubboncella a -lunghe maniche. Nessuno va scalzo; gli stessi -zoccoli in legno sono poco in uso. Nei giorni -<span class="pagenum" id="Page_246">[246]</span> -festivi principalmente il loro uniforme vestire -è notevole per pulizia. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -La fonte del benessere dei Formazzesi consiste -negli ampii pascoli, dei quali si vantaggiano -gli altipiani e le convalli superiori, per -cui ben mille bovine vi traggono dalle proprie -stalle e dall'Antigorio. Una parte di queste -scende poi a svernare al piano. Falciano una -volta all'anno il fieno nelle praterie meglio soleggiate, -ed alquanta segale che non cresce -sempre a maturità. In tutta la valle ho veduto -un solo albero fruttifero nell'orto di una casa -in Fracco, un povero ciliegio bramoso di sole -e di nutrimento che intisichiva. -</p> - -<p> -Sul finire dell'estate, i Formazzesi più danarosi -attraversano il Gries per recarsi alle -fiere di Meyringen nell'Oberland, ove fanno -incetta di giovenche e di vitelli che con loro -infinito disagio conducono poi di qua dai faticosi -gioghi del Grimsel e del Gries ai mercati -di Domodossola, soddisfatti di un guadagno poco -proporzionato a sette giorni di viaggio disastroso. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -I Formazzesi sono di statura piuttosto alta, -nerboruti, agili e svelti. -</p> - -<p> -Le donne sono più notevoli per robustezza -che per avvenenza di forme, e meglio ritraggono -la seria impronta dell'antica patria, che -non la gentile finezza del profilo italiano. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_247">[247]</span> -</p> - -<p> -Quanto all'indole dei Formazzesi, sì largamente -dotati dalla natura di saldissime membra, -mi parve ottima. Del resto nella valle nè polizia, -nè milizie comunali. Pochi doganieri perlustrano -i confini nei quattro mesi della bella -stagione. -</p> - -<p> -Le furie sanguinose della vendetta e della gelosia -non agitano i loro cuori, in cui le passioni -per l'indole pacata e riflessiva, pei nodi -fratellevoli del sangue, per influsso della fede, -e fors'anche per effetto benigno dell'aria che -tutto volatizza, hanno meno impero che non -avrebbero altrove. -</p> - -<p> -Ho già notato altrove che la maggior parte -— e doveva dire la migliore — della gioventù -maschile emigra a Roma. Avvenutomi un giorno -in un crocchio di garzoni di recente ritornati -da quella città, avendoli richiesti dell'arte che -praticavano, uno d'essi risposemi: — vi eravamo -ministri. -</p> - -<p> -Non crediate che i dabben uomini governassero -colà il periglioso timone della pubblica cosa, -come si crederebbe a prima vista da noi. Presso -il popolo a Roma ministro è semplicemente il -garzone di bottega. O ambiziosi! -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Tutta la valle era anticamente una foresta, -come lo indica lo stesso nome dei villaggi. I -primi immigrati sterparono le foreste del piano, -conservando a sicurezza della valle le folte boscaglie -che vestono i monti, senza la quali in -pochi anni l'intiera vallea sarebbe un deserto, -<span class="pagenum" id="Page_248">[248]</span> -un caos di frane, di ciottoli — forse il letto -d'un ghiacciaio. -</p> - -<p> -Da Unterstalden alla Frua (1885 m.), oltre la -quale non trovai che tre o quattro pini nei valloni -di Kerback e di Morasch, s'elevano veri -Dei Penati della valle, migliaia e migliaia di pini, -di larici e d'aceri in foltissime foreste. -</p> - -<p> -In esse il balsamico profumo della pianta -stessa, il muschio che copre da secoli la rupe, -la misteriosa oscurità e quell'indefinibile musica, -che fa il più lieve susurrare di vento fra -i rami e le foglie, ti fa sostare le ore seduto -appiè di quegli alberi secolari, assorto, rapito. -La più bella di queste foreste è quella che copre -il Reti fra Touffwald e Wald. La salita è -rapidissima. Sopra la pineta poca verzura, e -poi le nude roccie, fra cui ultimo l'odoroso rododendro, -il quale fiorisce spesso sul freddo -terriccio delle diacciaie. Di quando in quando -— troppo sovente forse — si recidono i pini -più annosi, anche sulle difficili cornici; ed io -me ne andai più d'una volta presso Andermatten -a vedere le travi scuoiate tratte dai legnaiuoli -sulle fittizie rotaie scivolare rapidissime -dalle balze del Krayhorn al fondo della valle. -Ammassati questi fusti in cataste lungo la -strada, le traggono poi nell'inverno sulle slitte -sino alla rupe di Puneigen, sulle casse e li precipitano -da quel ciglione. La Toce conduce poi -queste travi al Verbano. I legnaiuoli che esercitano -questa pericolosa tratta sogliono essere -per lo più della valle Cannobina o del Lago -Maggiore. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_249">[249]</span> -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Entrai in un antico abituro a Gurfelen. -</p> - -<p> -Da lungo tempo vi abitava la miseria e la malattia. -L'infelice sdraiato nel suo lettuccio di -paglia, mi guardò con occhio stupito, e con -fioca voce disse: -</p> - -<p> -— Non guarirò più, sa? Ho tentato ogni rimedio. -</p> - -<p> -— Che vi disse il medico? -</p> - -<p> -Mi guardò altra volta meravigliato. -</p> - -<p> -— Medico? Noi non abbiamo medici. La visita -d'un medico da Domodossola rovinerebbe -la mia famiglia. Ci curiamo con decozioni di -erbe aromatiche, con acquavite, burro e grasso -di marmotta. Ma io ho tentato tutto invano..... -forse mi manca qualche pianticella... l'ho già -sognata tre volte..... ma non ne so il nome. Gli -è come il mio male, mi sento morire e non ne -so il nome. -</p> - -<p> -Perchè non conosco io la pianticella che tu -sogni! -</p> - -<h3 id="parte3-6">VI. -<span class="smaller"><i>Costumanze curiose — La scolaresca.</i></span></h3> - -<p> -Stamane per tempissimo che appena la cuspide -dello Sternehorn s'indorava ai primi raggi -del sole, ed ancora soffiava nella valle la notturna -brezza, uscito dalla capanna per godere -<span class="pagenum" id="Page_250">[250]</span> -il sempre nuovo spettacolo dell'aurora e bagnarmi -in quella frescura, ecco a capo del ponte -di Wald un drappello di questi buoni montanari -che recano a battesimo un neonato. Il padrino -coperta la testa d'un cappello di feltro -tutto ornato di lunghi nastri svolazzanti e la -persona d'un lungo mantello — qualunque sia -la stagione — porta al tempio il pargoletto per -esservi battezzato, tenendolo nascosto sotto le -falde del pallio: sicchè il Formazzese al primo -uscire alla libera luce dei campi non ha le -molli donnesche carezze, ma comincia sotto -quei ruvidi panni ad educarsi ad una vita tutta -laboriosa e parca. -</p> - -<p> -E di tanto mi fu cortese la sorte che mentre -io me ne sto quassù badaluccando s'ammogliasse -il gallo della checca del villaggio di -Zumsteg. -</p> - -<p> -Tutti gli amici ed i vicini sono concordi a -festeggiarne le nozze con incondite canzoni, -con moltissimi spari d'arcobugio e di pistola, -onde tutti gli spechi montani e valloncelli attorno -ne echeggiano lungamente. Al partire -della sposa dal natio casale nessuno compare -a far evviva: un canto, un colpo di carabina sarebbe -un insulto. Così gli sposi s'avviano coi -pochi più stretti di sangue al tempio. Appena -usciti, ecco loro incontro una frotta di giovani -stranamente mascherati che li saluta con fragoroso -tuonare delle armi. Uno di questi, coperte -d'una sottile maglia le vive carni, malgrado -la brezza quasi invernale del mattino, -precede gli altri e dalle penne ond'ha ornato -il capo appare quale Caraibo. Egli tiene spiegata -nella destra una piccola bandiera bianca -<span class="pagenum" id="Page_251">[251]</span> -orlata di fettuccie rosse, quasi simbolo di pace -e d'amore. A parte le antitesi dell'abito colla -temperatura, il nostro giovinotto fa bella mostra -di tarchiate membra e di sporgente petto, -quale scolpiva Spartaco il Vela. Quest'altro che -inchina sul bastone la gibbosa persona, ti rappresenta -al vivo un vecchierello di cent'anni -fa, coll'abito rosso, le scarpe fibbiate, il cappello -a tre punte e lo sparato della camicia -trinato, tutto splendente di cento bottoni che -non hanno pari se non lo scudo d'Achille. -</p> - -<p> -Questi dalla persona sottile, dritta ed alta -come un pino, si è travestito da donna con non -poca ingiuria al bel sesso. -</p> - -<p> -Alto là! Ecco una cricca di furfantelli ha -sbarrato la strada: gli sposi non oltrepasseranno -la barriera se non distribuiscono ad ognuno -un fazzoletto. Durante il cammino gli amici continuano -allegramente ad assordare collo sparo -delle armi i poveri sposi gongolanti per tanta -festa. Al giungere al casolare dello sposo la -strada è nuovamente barricata con una tavola -imbandita di ciotole e di boccali: nuovi evviva: -nuove libazioni, nuovo fragore. -</p> - -<p> -Pagato anche qui il dazio e sgombrato il passo, -essi si recano all'abituro dello sposo, ove nella -<i>stufa</i> li attende un desco tutto carico di caci, -di carni salate. La sposa s'assiede a capo del -tavolo, mentre lo sposo fa da coppiere: mesce -ad ogni istante ai convitati, pago dei loro evviva; -in quel giorno la sua casa è di tutti, -chiunque ha dritto di cioncare a sua posta -quando ha fatti voti per la felicità della sposa. -</p> - -<p> -Accade qualche volta, mi si disse da un burlone, -che sopravvenuta la notte, lo sposo è ancora -<span class="pagenum" id="Page_252">[252]</span> -a digiuno, poichè nessuno ha pensato a -lui ed egli solo ebbe a pensare a tutti. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Chi non si ricorda sorridendo dei primi -tempi della scuola infantile? Allora forse il -giorno era sovente affannoso pei rimbrotti ed -i castighi nell'<i>ingiusto</i> maestro, per le paterne -tirate d'orecchi, per la perdita di qualche biglia -al classico arringo dei birilli! Ma è destino -dell'uomo rimpiangere il passato, sprezzare il -presente e sperare nell'avvenire. Queste ed altre -più cose per consolarmi della perduta fanciullezza -io pensava quando entrai fra la scolaresca -formazzese, una quarantina di biricchini -che mi parvero italianamente svegliati, i quali -convengono in Zumsteg da tutti i casolari della -valle per imparare la lingua tedesca ed italiana, -il conteggio elementare e lo scrivere. Entrato, -zittirono: interrogati a prova, risposero a cappello -— ed io a rallegrarmi coll'ottimo D. Pietro -Anderlin per la veramente alemanna perduranza -con cui pazienta a prò del suo paese. -In Zumsteg ed Andermatten vi sono ancora -scuole per le bimbe, e tutte fioriscono — anche -perchè nella valle il saper leggere e scrivere -è cosa da lungo tempo tenuta indispensabile. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_253">[253]</span> -</p> - -<h3 id="parte3-7">VII. -<span class="smaller"><i>Una lezione di meteorologia — Il frugnare e le -volute — O mi date ragione, o non mi fate -stare <span class="upright">sulle spese</span>.</i></span></h3> - -<p> -Nella valle Formazza l'anno non si divide -come altrove in quattro distinte stagioni: un -vecchio adagio dice esservi nove mesi d'inverno -e tre di freddo. L'inverno comincia generalmente -coi primi giorni di novembre, benchè -nella seconda metà di ottobre si faccia già sentire -il gelo. Nel maggio si liquefanno le nevi, -ed il giugno desta dappertutto la verzura. Ma -luglio, agosto e settembre sono i tre mesi di -questa state, nella quale non è raro alzarsi al -mattino e vedere i declivi superiori ammantati -d'un bianchissimo strato di neve, che poi i -raggi solari fanno sparire in brev'ora. -</p> - -<p> -La valle essendo circondata attorno da estesi -ghiacciai, la temperatura estiva è freschissima: -in tutta la state il termometro Réaumur non -segna all'ombra oltre i 16 gradi sopra lo zero: -scendendo qualche volta sotto i 10 gradi, il -che darebbe una media di 12 a 13 gradi di -calore; d'onde chi vi villeggiasse può a suo -bell'agio correre a caccia per le balze montane, -al sole, senza che gli avvenga di ritornare all'albergo -soffocato e tutto molle di sudore. Il -sole intiepidisce le aure che scendono dal Gries -e dalla Valtoccia e non sferza, illumina e non -accieca. Perciò i valligiani vestono tutto l'anno -<span class="pagenum" id="Page_254">[254]</span> -pannilana, e i cappelli di paglia e gli ombrelli -sono qui inutili. -</p> - -<p> -Quanto poi alla stagione invernale essa vi è -veramente poco piacevole, e per la sua durata -di otto mesi e per la quantità della neve che -talvolta copre la terra di uno strato di ben tre -metri di altezza. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -Le volute, come le chiamano gli abitanti dell'Apennino -toscano sulla strada dell'Abetone, e -noi diciamo valanghe, sono, come non tutti -sanno, frane di neve, che traboccando dai supremi -pendii alpestri, ingrossatesi nel subitaneo -cammino, rovinano al basso senza che capanne -od alberi valgano a trattenerne l'impeto funesto. -Il rombo della voluta è simile a quello del -tuono, e la furia con cui avvalla è tanta che -l'aria percossa da così ingenti masse sprigionandosi -d'attorno abbatte uomini e bestiame -non punto tocchi dalla neve. -</p> - -<p> -Vid'io staccarsi dalle somme rupi, in prospetto -alla capanna ov'io dimorava, un'immensa massa -di neve e precipitare sul pascolo detto del Bedriöli. -Una capanna ed una stalla non poterono -resistere allo scoppio dell'aria, e senza essere -tocche dalla frana vennero schiantate di pianta -e trasportate alla distanza di cento passi. -</p> - -<p> -A dare poi un'idea dell'irrepugnabile furia -di queste masse nevose, non increscerà al lettore -che io qui trascriva quanto trovo in un -antico libro di memorie d'una famiglia di Fruttwald. -Tralascio alcune risibili raccomandazioni -<span class="pagenum" id="Page_255">[255]</span> -di quell'autore <i>di non stare sicurtà</i> e soprattutto -la peregrina ortografia del testo. -</p> - -<p> -«L'anno di grazia 1701 cominciò a venire -giù neve alli 6 marzo seguitando senza interruzione -sino alli 16: per la qual cosa dalla Cima -Rossa e dal Krayhorn rovinò sopra Andermatten -una frana di neve tanto smisurata, che -abbattè una casa e tre stalle, ruppe la porta e -le invetriate della chiesa parrocchiale empiendo -tutte le stanze di neve. Della cappella della -confraternita sfondò le invetriate, fracassò -l'angelo del trono di S. Pietro ed altri arredi. -Pertanto Formazza è paese della neve, -ed ognuno deve procurare di avere fieno sino -al giugno, in cui, se prospera la stagione, -comincia a crescere l'erba. <i>Soprattutto ognuno -si guardi dalla miseria</i>: chi scrive per esperienza -vi dice che le cose andranno ognora -di male in peggio o come le stagioni.» -</p> - -<p> -Anche lo spiritosissimo Rabelais si lagnava, -tre secoli or sono, che non vi fosse più nè state, -nè verno. -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -La neve da lunga pezza copre vero lenzuolo -funereo la natura: solo qualche fronte insofferente -di velo s'aderge nuda. Nel silenzio rotto -dal brontolio della Toce che serpeggia nella vallata, -mi giunse all'orecchio un rombo lontano -verso il Thalli, dove una cortina grigiastra pesa -sulle alture. -</p> - -<p> -Che è? Presto in casa: fuggi, è la bufera che -avvolgendo furiosa ne' suoi turbini quanto trova -<span class="pagenum" id="Page_256">[256]</span> -di leggiero sulla terra, la neve e le foglie, oscura -l'aria ed acceca di modo che sarebbe -impossibile di toccare la soglia prediletta dell'amica. -Sbarra la porta — senz'indugio — e la -finestra. Senti come picchia, come sbatte le imposte? -Vieni a questa finestruola e sogguarda -dal fesso... tu rabbrividisci? Le foreste sbattute -s'inchinano timorose — l'aria percossa -stride, urla orrendamente — le campane suonano -a stormo da sè stesse — l'agnello smarrito -trabocca nel precipizio — la capanna barcolla -— il rododendro è schiantato e il frugnare -passa avvolgendosi in un turbine di neve e di -foglie. -</p> - -<p> -Qui colma il sentiero; là attraversa il piano -scavando nella neve un fosso profondo, dritto, -come farebbe un aratro gigantesco; quell'abituro, -quella chiesa scompaiono sotto la mole -nevosa che loro addossa il furibondo ventare, -mentre queste siepi, poc'anzi sepolte, restano -ad un soffio nudate, ripetendosi questa vicenda -ad un batter d'occhio. -</p> - -<p> -Intanto dall'impercettibile fessura tra i vetri -s'introduce in casa una nebbia di sottilissime -falde nevose. -</p> - -<p> -Alle volte queste tempeste montane durano -anche vari giorni. Passata la furia si trovano -le bianche praterie solcate come da ondosi cavalloni, -e qualche volta rami di piante portati -da remote regioni, come pochi anni or sono -sopra l'altipiano del Gries trovaronsi foglie di -noci, castagni e di tigli. -</p> - -<p> -La bufera delle alpi è sorella del Simoun del -Sahara. -</p> - -<p> -Mentre al di fuori mugge la bufera, per passare -<span class="pagenum" id="Page_257">[257]</span> -mattana in barba alla noia che appunto in -questi tempacci vi s'incolla addosso, noi agiati -nel tepore di questa capanna, in mezzo ad un -crocchio di vezzose forosette — non farti troppo -vicino, compagno mio, il soverchio rompe il -coperchio — ascoltiamo dai novellieri le antiche -tradizioni del paese. Fra queste è notevole, come -avente origine alla primitiva immigrazione, -quella che accenna all'esistenza di una famiglia -che viveva a mo' delle fiere nell'ancora deserto -Morasck negli spechi e nelle crepature dei -macigni dell'Himmelberg. Ma cercheresti invano -una leggenda, una tradizione che possa snebbiare -il tempo e la contrada da cui presero le -mosse, incalzati forse dalla fame o da qualche -persecuzione alle felici terre di queste convalli -italiane. -</p> - -<p> -Osservando attentamente dal modo di appellare -nomi oltrealpini le acque diverse che irrigano -la valle, — costumanza che senza fallo -accenna alla cura amorosa, con cui i loro predecessori -cercarono di rammentare l'abbandonata -patria — onde chiamano tuttora la Toce -Reuss ed il torrente del Gries Rhone — mi pare -che si possa dedurre che i Formazzesi o emigrassero -dalle non rimote valli della Reuss e -Rodano, o tanto vi sostassero da rammentarsene -con tenerezza. Wendel vuole queste genti -Sassoni. -</p> - -<p> -Varii antichi storici chiamano Germani questi -abitatori delle Alpi Pennine o Leponzie: di -ciò ne accerta e la diversa struttura fisica e -più di tutto la favella, la quale può dirsi un -tedesco poco corrotto, se riflettasi che essi sono -sempre stati in maggior contatto cogli Italiani -<span class="pagenum" id="Page_258">[258]</span> -che non cogli Svizzeri. L'italiano introdotto -nelle scuole, la quantità dei giovani che vanno -e vengono da Roma, e che lo parlano discretamente -rendono ora lassù più comune la lingua -nazionale. -</p> - -<p> -Essendo affatto incerta l'epoca in cui la colonia -tedesca immigrò, occupiamo questa giornata -piovigginosa scartabellando quel po' di -storia trascritta qua e là a spiluzzico dalle pergamene -e dalle cronache municipali. In essa non -trovasi pagina, o motto, che dimostri la valle di -Pommat indipendente per governo dalle vicissitudini -dell'Ossola; ma dagli Sforza agli imperatori -d'Austria conservò tuttavia sempre -amplissimi dritti di giudicare nelle cause riflettenti -il proprio comune, eccettuati i delitti -e le controversie più gravi; per cui la valle -Formazza formò senza dubbio per molti secoli -una vera repubblica con vassallaggio verso i -signori della Lombardia. -</p> - -<p> -È notevole che questi alpigiani ogniqualvolta -discesero dalle loro rupi per recarsi alla Corte -in Milano per protestare contro i feudatari dell'Antigorio, -tennero sempre il linguaggio di chi -ha l'intima convinzione che nessuna forza al -mondo possa sopraffare la voce della verità. -</p> - -<p> -Recatisi una volta in Milano per ottenere -giustizia contro i Valvassori De Rodes, da un -giorno all'altro, siccome è tuttora uso, veniva -procrastinata l'udienza. Annoiati d'aspettare e -di spendere, cominciando a conoscere quanto -sa di sale l'attendere nelle anticamere, scrissero -al governatore in quella città si compiacesse -ottemperare a quanto domandavano senza -farli stare maggior tempo <i>sulle spese.</i> -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_259">[259]</span> -</p> - -<p> -Della loro franchezza, della loro fede nella -giustizia, ecco un altro documento, che ne -piace qui trascrivere. -</p> - -<p> -Il lettore, se non lo salta a piè pari, converrà -con noi — paragonandolo a certe strisciature -del giorno — che i Formazzesi, se -erano poco versati negli affari di Stato, non -temevano protestare altamente, a nome della -loro povera e microscopica patria, in faccia a -chi poteva sterminarli, come Giove olimpico, -con un corruscare di sguardo. -</p> - -<p class="indl"> -«(Anno 1700). -</p> - -<p class="indl"> -«<i>Illustrissimo magistrato</i>, -</p> - -<p> -«Non mancava altro per dare il finale esterminio -ai poveri habitanti della valle di Formazza -che il notificato l'anno del Signore scorso sporto -alle SS. VV. Ill.me di che godessero certi molini -senza il pagamento di certe annate ad essi -imposte. Pare bene stiano ai medemi il dovere -contro il tenor preciso de' suoi privileggi, -che qui l'esibiscono, restare ad un nuovo -et impensato aggravio costretti, e quel che è -più, che vengano chiamati molini certi edifitii -che non valgono in tutta la corporatura -quaranta lire, et che non macinaranno uno -staro di grano, ò due, ò puoco più in un -anno, quandochè i montanari puonno haverlo, -come patente dalla Relatione stessa del dottore -Scacciga che fu colà delegato dalle SS. -VV. Ill.me con spesa di più di cento lire ai -patroni di quei molini. Motivi al certo che -obbligherebbero quelli habitanti ad abbandonare -<span class="pagenum" id="Page_260">[260]</span> -il paese, quando et l'innalterabile giustitia -et l'innata equità di questo Ill.mo Tribunale -non li lasciasse ancora sperare che, -<i>ben conosciutisi</i> i privileggi fatti a quel popolo -tedesco dedititio, sempre vissuti sotto la corona -di S. M. <i>più per via d'aderenza che soggettione -et haventi leggi proprie et consiglio di -giudicio proprio</i>, et che finalmente viene esentato -da ogni genere di cotesti aggravii, -et havutosi riflesso alla tenuvità d'edifitii, al -lavorerio che fanno, non siino le SS. VV. -Ill.me per molestarli, <i>lasciandoli vivere colla -sua pace</i>, per la quale ricorre Gio. Tioli in -nome di tutti gli altri, e <i>proprio servitore</i> (!) -a' piedi dell'Ill.mo magistrato, etc., etc.» -</p> - -<p> -Segue poi un altro documento in cui questi -montanari espongono alla detta Camera di Milano -come sia: -</p> - -<p> -«Dovere di osservare i loro privileggi, ai -quali <i>derogare non puonno nè grida degli Is. -Governatori, nè qualunque altra superiorità</i>.» -</p> - -<p> -Davvero che gli Spagnuoli in ispecie dovevano -alla lettura di queste domande inarcare -un tanto di ciglia. -</p> - -<p> -Venendo ora a quei privileggi diremo qualche -cosa della loro origine. -</p> - -<p> -Giovanni Galeazzo Maria Visconti in Vigevano -addì 20 aprile 1486 concedeva ai valligiani il -dritto di giudicare tutte le cause civili e commerciali -nel loro tribunale, obbligati solamente -a deferire al capitano commissario ducale in -Domodossola quelle di gravi crimini o miste, -e riconosce <i>ordines et statuta vallis ipsius hactenus -observata</i>. Non trovando simili autorizzazioni -governative, anteriormente si può credere -<span class="pagenum" id="Page_261">[261]</span> -con ragione che le leggi che reggevano la -valle fossero state stabilite dai loro stessi maggiori -poco tempo dopo la loro immigrazione. -</p> - -<p> -Ludovico Maria Sforza in Milano addì 7 maggio -1502 confermava i privileggi dei Formazzesi, -aggiungendone qualche altro riflettente i -feudatari De-Rodes. Nel 1531 questi tirannelli, -abusando della loro forza, vollero aggiungere -al loro feudo la valle: i nostri montanari presentarono -tosto al Duca Francesco II una supplica -per conservare la propria indipendenza, -e riescirono anche questa volta nel loro intento. -</p> - -<p> -Filippo III di Spagna nell'anno 1611 da Madrid -riconfermava queste antiche prerogative. -</p> - -<p> -È senza dubbio cosa curiosa l'osservare che i -Formazzesi obliando che i loro signori con poche -centinaia d'arcieri potevano sottomettere -ad ogni loro capriccio la valle, in ogni protesta, -anzi in ogni supplica rammentino con sicurezza -di essersi <i>dati</i> ai signori Lombardi e -di non essere stati conquistati. Da ciò si può -congetturare una primitiva sottomissione agli -Svizzeri, o meglio una quasi assoluta indipendenza. -La stessa posizione della valle conferma -quest'ultima induzione, poichè per molti mesi -dell'anno il Griesberg e la Valtoccia sono insuperabili -per le altissime nevi; e verso l'Antigorio, -dopo tanti secoli oggidì tuttora il passaggio -è poco migliore di quello alla Svizzera. -</p> - -<p> -Il trattato di Vorms cedendo l'Ossola ai principi -di Savoia, la maggior parte di quelle concessioni -cessava: lo statuto del Re Carlo -Alberto dichiarando tutti i sudditi eguali d'innanzi -alla legge, abrogava finalmente ogni vestigio -delle franchigie antiche. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_262">[262]</span> -</p> - -<p> -Nel manoscritto delle leggi che già governavano -la valle, non trovai di notevole che una -punizione severa a chiunque tentasse alienare -gl'immobili a favore di persone non nate nella -valle. Del resto esse, poco più poco meno, non -differiscono da quelle che erano in vigore in -quel tempo. -</p> - -<h3 id="parte3-8">VIII. -<span class="smaller"><i>Dove il paese senza un eroe? -— Vita e miracoli del capitano Guenza.</i></span></h3> - -<p> -Io non v'ho ancora tessuta la vita ed i miracoli -di qualche Formazzese: nè voi avete dato -segno d'accorgervene, quasi certi che sotto -quelle ruvide sargie non possano ripararsi che -omaccioni di forza erculea e di cervello tondo -come l'O di Giotto. Niente affatto, signori miei. -Non avete mai sentito la fama buccinare il nome -del formidabile capitano Guenza? No? Tanto -peggio per voi, obbligati a trangugiarne ora la -biografia, e tanto meglio per me che potrò acquistarmi -fama, dopo d'essere stato l'Amerigo -Vespucci della valle Formazza e della cascata -della Frua, di essere il Colombo del capitano -Guenza, il quale era, come tanti altri eroi sconosciuti, -nato fatto per conquistare mezzo mondo, -se auspice alla sua culla era la <i>buona occasione</i> -arbitra suprema dei fati umani. -</p> - -<p> -O se questa dea volesse favorire quanti la invocano, -che nebbia d'eroi! Andate in un caffè -di provincia all'ora della chiacchera politica — -<span class="pagenum" id="Page_263">[263]</span> -sentite quei Machiavelli in erba, e ditemi se -con una <i>buona occasione</i> non farebbero impallidire -tutti gli astri diplomatici. -</p> - -<p> -Antonio Guenza era il più scapato ragazzo -della valle, da Crevola al Gries; indole e persona -senza paura, indomita, a tutta prova. Io, -colla vostra buona venia, avrei una smania da -non dirsi d'imitare i grandi maestri di biografie, -i quali convengono tutti che i loro uomini illustri, -piccini (anche a loro tocca nascere, poppare -e fare tutte quelle altre cose che voi sapete), -dimostravano una gran voglia di studio, -una precocità d'idee straordinarie nella loro testolina -da far prevedere qualcosa di grosso, -sicchè tutto il resto della vita non è che una -rettorica amplificazione della prefazione. Antonio -Guenza invece era sempre al banco dell'asino -della scuola: — se c'era la scuola — e il primo -a scaraventare pugni a iosa a chi non la pensava -come lui, malgrado la sferza dell'amoroso -babbo a cui non veniva fatto di tenere il figlio -fra le domestiche pareti, nemmeno sprangando -la porta col catenaccio. -</p> - -<p> -Antonio era come l'aria natia; passava da -tutti i buchi, correva sulle più perigliose cornici -montane, e nell'inverno scivolava a precipizio -per le chine più repenti coll'impassibilità -con cui altri scenderebbe una comoda scala. -Nutriva poi un disprezzo senza confini per le -siepi, principalmente dei frutteti. Alla sera l'appetito -più che la stanchezza lo menava a casa, -ove lo attendeva la solita tirata d'orecchi e un -po' di cena, dopo la rammanzina del povero babbo -ed il serio proponimento che al domani senza -fallo — avrebbe ricominciato da capo. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_264">[264]</span> -</p> - -<p> -Pensate se con quell'indole poteva starsene -a lungo fra i quattro monti dell'Antigorio! Questa -storia succedeva or sono più di due secoli -— vi fo grazia della data — quando la Lombardia -era tutta vesciche gonfie di Spagna. -</p> - -<p> -Un bel dì — forse grandinava!... granchè -quest'usanza di parole! — un bel dì adunque -quel Toniaccio scompare. Il babbo amoroso alla -terribile notizia si sentì proprio sollevare dal -capo un gran peso; forse se n'era ito a Roma -a fare il fornaio, il famigliare di qualche prelato... -chi sa? forse il frate? -</p> - -<p> -Zitto: ecco una missiva dell'Antonio al caro -babbo. -</p> - -<p> -— «Voi mi cercate... (che granchio a secco!)... -invano. Sono già abbastanza <i>grande</i> per sapere -che senza denari non si fa un icchese. Se non -diventerò papa Facchinetti, non importa; ma -ritornerò a casa ricco ancor io e potente. Non -bevete tanta acquavite se volete conservarvi -alla mia fortuna.» — -</p> - -<p> -Passa un mese, un anno, due, cinque, dieci, -quindici e nessuno sente favellare di Tonio. -</p> - -<p> -Una triste giornata d'autunno, presso uno -dei più remoti villaggi dell'Antigorio, cinque -o sei birri giungevano alla casa del vecchio -Guenza, debitore di non so quali gabelle alla -Corte di Domodossola. Essi stavano per compire -la loro bisogna, ch'era di portare via il -meglio dell'abituro e di confiscare in nome -dello Stato il peggio, quando di buon trotto -un cavaliere sui quarant'anni, dal viso di bronzo, -armato di spada e di pistole, giunse alla porta -della casipola mentre il vecchio litigava coi -gabellieri. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_265">[265]</span> -</p> - -<p> -Il nuovo arrivato chiese al vecchio di permettergli -di mettere a sosta la cavalcatura trafelata, -e di potersi riposare all'ombra dei castagni -che stavano là intorno, e senz'altro, -come a promessa di più larga rimunerazione, -fatto portare un capace fiasco di vino da una -osteriaccia vicina, offerse agli altri di dividere -con lui il rezzo dei castagni e la bevanda. Al -generoso signore nessuno disse di no. -</p> - -<p> -Tracannato il fiasco, lo sconosciuto disse essergli -saltato il ticchio di mangiare due castagne -arroste, se era possibile; al che gli astanti -risposero che se ciò talentava alla sua signoria -illustrissima essi ne avrebbero sbatacchiate, e -in poco d'ora fatte cuocere; e già uno d'essi -s'era levato per andare in cerca d'una pertica, -quando lo sconosciuto s'alzò d'un tratto, e -disse: -</p> - -<p> -— Fermate! Ora ci penso, la pertica è inutile: -bastano le mie pistole. Vedete lassù sulla -punta di quel ramo cinque o sei grossi ricci?... -</p> - -<p> -Imberciò un istante il ramo a cui pendevano -i frutti, scaricò la pistola, e in mezzo a cento -foglie spezzate le castagne caddero a terra. -</p> - -<p> -Mentre gli astanti guardavano stralunati l'autore -d'un colpo sì meraviglioso, egli ricarica -la pistola sparata, quindi indietreggiando sino -al castagno, con voce terribile, appuntandole -tutte e due contro i berrovieri di Domo, gridò: -</p> - -<p> -— Partite: questa è la casa del padre del -capitano Guenza che vi fa sacramento di bruciare -le cervella al primo che si volta indietro. -</p> - -<p> -Questa fu la prefazione che Antonio Guenza, -di ritorno dall'armata di Spagna pieno l'animo -d'intollerante audacia e le tasche di doppioni -d'oro, pose alle sue opere future. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_266">[266]</span> -</p> - -<p> -Ad Arivasco, se non erro, havvi ancora una -sua casa colle mura perforate da fuciliere. -</p> - -<p> -Salì poi in valle Formazza, ove regnò assoluto -signore. -</p> - -<p> -La tradizione popolare, che conserva memoria -vivissima di quell'uomo strano, lo raffigura -piuttosto come superbiaccio che voleva imporre -ossequio e timore che non uomo d'animo perverso. -Nessuna contrattazione facevasi senza che -il capitano avesse dato il suo beneplacito. Con -lui non si scherzava punto: armato di stocco -e di pistole, quando gli talentava uscire per le -viuzzole dei casolari, i ragazzi correvano a nascondersi -sotto il grembiale della mamma, e gli -uomini s'affrettavano a cedergli il passo e ad -inchinarlo. -</p> - -<p> -Tuttavia non mancò l'animo ad un certo Anderlin -di tenergli bordone nella contesa di alcuni -confini avvenuta fra lui e il capitano, il quale -non amava punto si discutesse sulle proprie -pretese. L'Anderlin, dopo d'avere recisamente -negato al capitano la trasposizione del Dio Termine -a proprio danno, sapendo per fama che -manesco e prepotente uomo gli fosse, si teneva -in guardia d'insidie, quantunque non apertamente -minacciato. Una volta, stanco ed assetato, -egli entra in una bettola a Foppiano... all'unico -desco sedeva il Guenza! Tornare addietro sarebbe -stato vigliaccheria, restare peggio: egli -osò! Il Guenza, appena vide l'Anderlin avanzarsi -verso di lui, levò di sotto certa pistola, -e la pose sul tavolo, come una minaccia. L'Anderlin, -salutato l'ospite e il capitano alla maniera -paesana, sedè in faccia al Guenza pacatamente, -e gli disse: -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_267">[267]</span> -</p> - -<p> -— Sor capitano, quell'arnese lì mi pare inutile -sul tavolo, tanto più — aggiunse in tuono -di celia — che non supplisce nè ad un fiasco, -nè ad un bicchiere. -</p> - -<p> -— E se potesse servire a castigo di un impertinente? -</p> - -<p> -— Allora, capitano, converrete che vi starà -bene anche il castigo del prepotente, non è vero? -</p> - -<p> -L'alpigiano trasse di sotto una pistola a due -bocche, luccicante, e coi congegni della piastra -sì forbiti da non lasciare dubbio sugli effetti -dell'acciarino, e la pose allato alla ciotola che -aveva recato ser l'oste, come una posata. Sulla -cera del capitano lampeggiò un istante ira mal -repressa: ficcò negli occhi all'alpigiano uno -sguardo acutissimo, che questi sostenne senza -batter palpebra. -</p> - -<p> -Dopo cinque minuti in cui corse alla mente -del capitano un mondo di pensieri, fra cui il -più insistente era quello di sparare con destrezza -l'arma sua a bruciapelo sull'Anderlin -mentre quest'ultimo badava, facendo tuttavia il -Gianni, a non lasciarsi sorprendere dall'avversario; -dopo cinque minuti che parvero un secolo, -il capitano prende la pistola — Anderlin -fa lo stesso — la disarma, la ripone nella cinghia -della durlindana, ed offre a trincare alla -propria salute. -</p> - -<p> -L'Anderlin respirò liberamente ed accettò. -</p> - -<p> -Dopo qualche tempo l'Anderlin inerme incontrò -nella salita delle casse il capitano che -scendeva. Il passo stretto, il precipizio lì sotto: -se l'Anderlin non cede la destra e non arresta -i suoi muli, il capitano è obbligato a ritornare -indietro o ad aggavignarsi alla parete montana, -<span class="pagenum" id="Page_268">[268]</span> -cosa poco dicevole all'orgoglio di un capitano -di S. M. cattolica. Il capitano anche senza fare -uso delle armi poteva spingere a rifascio le -some nel burrone e ridurre l'Anderlin a mal -partito. L'Anderlin fermò le cavalcature, e salutò -il Guenza senza timidezza, e questi, passandogli -allato, gli disse: -</p> - -<p> -— Buon dì, Anderlin: sapete cosa penso io -adesso di voi? -</p> - -<p> -Rabbrividì l'onesto mulattiere a queste parole -che potevano celare un disegno mortale -contro di lui senza difesa; tuttavia rispose: -</p> - -<p> -— Che, se non bene? -</p> - -<p> -— Penso che voi siete la più stimabile persona -della valle. Buon viaggio. -</p> - -<p> -Dunque il Guenza, a cui sarebbe stato facile -trarre a mal fine l'avversario, non era d'animo -feroce; bensì in mezzo a quelle timide genti -adoperava il prestigio della fama delle prime -prove, e il timore che incuteva l'erculea persona -a tenere soggetta al proprio arbitrio quella -popolazione. -</p> - -<p> -Dopo la sua morte nacque dal pensiero poco -valoroso della libertà acquistata dal caso, l'adagio: -è passato il tempo del capitano Guenza. -</p> - -<p> -Ultimi discendenti dal capitano vivono tuttora, -io spero, due ottimi vecchi, celibi pacifici, -che mi ricordo d'aver talvolta veduto intenti -a faticosi lavori, uno e l'altro poco distanti -d'età dal sedicesimo lustro. Per ampiezza di -pascoli e per le case capaci, essi sono i meglio -agiati abitanti del casolare di Wald. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_269">[269]</span> -</p> - -<h3 id="parte3-9">IX. -<span class="smaller"><i>Ascensione del Retihorn — Il segreto della costanza -in amore — Quando ci rivedremo?</i></span></h3> - -<div class="poem-container"> -<div class="poem inl"><div class="stanza"> -<p class="i01"><b>Lo monte che salendo altrui dismala.</b></p> -<p class="i13"> <i>Dante</i>.</p> -</div></div> -</div> - -<p> -Questi montanari vogliono che dopo il Gries, -dal cui vertice apparisce la meravigliosa scena -delle più celebrate vette Elvetiche, nessuna -delle piramidi che accerchiano la loro pittoresca -valle presenti dal culmine aspetto più -grandioso del Retihorn, o Monte Giove come -lo dicono gl'Italiani. Il quale, come parmi d'avervi -già detto, s'aderge alla destra della Toce, -al dissopra del casolare di Wald. -</p> - -<p> -Partito con alcuni compagni poco dopo il -meriggio, m'avviai su per l'erta, sul sentiero -che vi conduce all'altipiano di Vannino. Questa -ascensione può fornirsi senza straordinaria fatica -in una giornata: preferii tuttavia di spendervi -mezzo il dì precedente, onde poter a mio -bell'agio godere del giocondo spettacolo dell'aurora -da quel supremo cigliare. -</p> - -<p> -In due ore giungemmo alla parte superiore -dell'altipiano di Vannino, il quale si adagia -verso l'occidente ed il mezzodì fra le petrose -muraglie dello Stafelclogberg e le rapide chine -del Reti. Il sentiero da Wald ai pascoli si rigira, -salendo, nella folta oscura boscaglia che -<span class="pagenum" id="Page_270">[270]</span> -copre le falde inferiori di quest'ultimo monte, -ed è fra i meno scoscesi della vallata. Rifocillatici -poco lungi dal laghetto da cui ha sorgente -il Lebenduner, ripigliammo l'erta che di -qui in su è faticosa assai. I compagni, arditi -cacciatori di camosci, verso il calare della notte, -trovata una tana cavernosa fra i nudi macigni, -decisero d'allogarvisi alla meglio onde passarvi -la notte. -</p> - -<p> -La luce mancava di grado in grado: io mi -assisi e mi guardai attorno. -</p> - -<p> -La cortina dello Stafelclogberg, verso la valle, -è formata di roccie repentissime quasi inaccessibili, -le quali colle loro creste addentellate e -fantastiche formano un cinto grandioso a quell'altipiano, -il cui rivo smeraldo contrasta singolarmente -con quelle triste mura. -</p> - -<p> -Sulle cornici, fra le fessure nè i funerei pini, -nè l'olezzante rododendro che spesso rallegra -l'orlo delle diacciaie: lo Stafel non ha una zolla. -Il vento che sprigionandosi dal Gries si precipita -nella convalle superiore fra Vannino e -Morasck, viene a rompersi contro queste pareti. -</p> - -<p> -Una densa nube vaporosa s'era innalzata dal -profondo della valle di Formazza, avea coperte -tutte le anfrattuosità, i valloni superiori; era il -levare della notte. Le creste superbe dello Stafel -si disegnavano tuttavia nell'orizzonte su cui -svaniva via via il morente chiarore degli ultimi -crepuscoli riflessi dalle nevi eterne, e -quelle due statue giganti, uomo e donna, -che da tanti secoli stanno ritte su quei vertiginosi -cocuzzoli, parevami si movessero. Un -irresistibile desiderio mi punse di sapere se -quelle strane figure non fossero animate; l'immobilità -<span class="pagenum" id="Page_271">[271]</span> -non è sempre la morte. Chi mi provò -mai con irrefragabili prove che animali, piante -e pietre non avessero coll'anima una propria -passione? Perchè le loro variate nature non -possono costituire anche nelle qualità dell'anima, -una concatenazione non meno armonizzante -della materia e più meravigliosa?... -</p> - -<p> -Ditemelo voi, fantasmi del giorno e della -notte! Non è forse vero che voi siete due prototipi -dell'amore coniugale? Voi felici! Se vi -sorprende il capogiro, se deve cessare questa -comunanza di posizione e di pericoli, se vi -sfascerete, cadrete entrambi di lassù nelle ciotolaie -di Vannino... O costanza veramente... di -pietra! -</p> - -<p> -E come vi venne fatto di serbare per sempre -il fuoco dell'amore? Deh! vi prenda pietà dei -mortali a cui spesso amore suona smanie e dolori, -lagrime e tradimenti. Eccomi ai vostri -piedi: a me per la prima volta genuflesso dinnanzi -alla creatura di Dio, tu, donna beata, palesa -il divino segreto, ond'io possa tutta la mia -vita rendere coll'amore invidiata anche agli angeli. -Tu mi guardi incerta: non temere ch'io -lo divulghi... io sono uomo e l'egoismo ti deve -essere arra sufficiente della mia discrezione. -Via, dimmelo... io ti prometto di rinunziare a -tutte le brame del mio avvenire... anche a quella -di far correre i miei lettori per mari e monti -sull'ali della fantasia. Come potrò io eternamente -amare eternamente amato? Dimmelo, ed in quell'inno -di gioia che sarà la mia vita io ti renderò -grazie riconoscenti. Bella regina d'amore, chi -t'avvinse sì strettamente all'amante? -</p> - -<p> -Le mie ginocchia su quelle scarne rupi s'erano -<span class="pagenum" id="Page_272">[272]</span> -indolenzite a modo che io stava per rinunciare -alla scoperta, quando la gentile impietosita -susurrò questa fatale parola: — il dolore! -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<p> -La leggenda del paese susurra invece che -quelle anime petrarchesche conservarono intatto -l'amore perchè non fecero sciupìo del -tesoro d'affetti nell'ebbrezza dei sensi. -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<p> -Intanto essi nella sdegnosa loro solitudine, -paiono ridersi del furore degli uragani, delle -volute che precipitano dai loro piedi, e dei fulmini -che solcano i loro granitici troni. La beatitudine -della loro unione non vale il pericolo? -</p> - -<p> -Stanco della faticosa salita, dopo d'aver visto -le tenebre sorgere dagli abissi e coprire tutte -le valli, sentendo che i miei compagni russavano -saporitamente, salutai i due fantasmi dello -Stafel, m'acconciai anch'io alla meglio e il sonno, -come avviene a tutti, mi sorprese senza che -me ne avvedessi sul nudo macigno fatto meno -ingrato dalla spossatezza. Sennonchè a mezza -la notte un vivo bagliore attraversando le palpebre -mi scote, uno scoppio tremendo che -pare faccia traballare i monti e sfasciare i picchi -mi sveglia affatto. -</p> - -<p> -Cupa, densissima oscurità rotta di minuto in -minuto da sfolgorantissimi lampi: funebre silenzio -interrotto solo dal fragore del tuono. Il -temporale si abbassava e noi eravamo a mezzo -le nubi. I lampi spesseggiavano vivissimi; il -tonare assordante minacciava il finimondo, ed -io m'aspettava ogni istante un fulmine spezzasse -la roccia che ne pendeva sul capo. M'era -seduto sopra una pietra tutto intento al guizzare -<span class="pagenum" id="Page_273">[273]</span> -delle saette, come quel pittore che nella -tempesta s'era fatto legare all'albero d'una nave -per meglio avvisarne le fasi. L'uragano nel massimo -furore era disceso sotto ai miei piedi, -mentre sopra il capo scintillavano le stelle: scena -unica! -</p> - -<p> -Dopo la tempesta sul mare, la tempesta sulle -alpi non ha spettacolo che la pareggi. La grandezza -del luogo, il rapido alternare dei lampi -che s'incrociano; gli echi che con mille diverse -voci dalle caverne sonore addoppiano lo strepito; -la furia del vento che urta, ammonta, -sperde le nubi infiammate; il contrasto della -scena infernale colla serena luce del cielo stellato; -la solennità della solitudine; gli abissi a -tratto a tratto rischiarati dal profondo all'imo; -il pericolo d'essere incenerito; tutto t'empie -l'anima di novissimo terrore, poichè il tutto -ferma una satanica apologia della forza strapotente! -Le sinistre voci del tuono e dell'aquilone -non mi dimostrano forse che nella natura stessa -la forza trionfa sopra il debole senza difesa? -Chi difende il pino dall'ira del fulmine che lo -schianta in mille schegge? Mentre imperversa -la procella, chi difende dal lupo insidiatore le -atterrite pecore? E se l'avoltoio, l'aquila od il -<i>lammergeier</i> mostruoso si precipitano sul piccolo -agnello, potrà egli senza difesa respingere -l'assalto? Tutte le più utili e graziose creature -sono deboli, indifese, quasi affidate al soccorso -dell'uomo. Lo schifoso ragno vive molti giorni -senza cibo: un rovescio di pioggia abbatte la farfalla -dall'ali curiose: la spina resiste al rovaio, alla -grandine, al sollione; il vento sfoglia, sfronda, -sterpa ogni gentil fiore. Invece con quale studio -<span class="pagenum" id="Page_274">[274]</span> -geloso la natura armò i prepotenti d'artigli di -ferro, di denti adamantini, di acutissima vista, di -agilissimo passo, di potentissime ali! Se fosse -dato un giorno ai percossi vestire una volta -sola la corazza degli assalitori, non farebbero -essi scempio dei loro nemici in nome della -giustizia? -</p> - -<p> -Non sarei tuttavia sicuro che la pecora imbaldanzita -dalle novelle difese, non passasse armi -e bagaglio nelle fila dei lupi.... è sì innebbriante -la voluttà del potere! -</p> - -<p> -L'uragano spariva, e le nubi, come immense -fantasime correnti per l'aere caliginoso sui -bianchi destrieri sferzati dal vento, spaziavano -per ogni parte del cielo senz'interrompere l'alto -silenzio che col sibilo dell'aria rotta dalla veloce -corsa. -</p> - -<p> -Passavano presso di me, guardavano meravigliate -il loro osservatore e s'involavano. Una -di esse, isolata dalle legioni, quasi perduta in -mezzo a quella confusione, errava a minor -passo attorno alla vetta. Oh quanto bella malgrado -il pallore della morte! Quanto amore -da quegli sguardi, da quella cera mestamente -soave! E quelle folte, lunghissime chiome conteste -di fiori che scherzavano sulle spalle? A -breve tratto dalla vetta, il corsiero dagli occhi -corruscanti rallentò il passo, sì che io, fatto -ardito dalla brama di sentire quella errante, -alte levate le braccia, pregai dalla bella una -parola... -</p> - -<p> -Oh! se mi fosse dato inforcare con te il velocissimo -corsiero e scorrere pei campi del -cielo immensi come il desiderio sopra tutte le -plaghe terrene, dal deserto del polo ai giardini -<span class="pagenum" id="Page_275">[275]</span> -dell'oriente! Ma la voragine che s'inabissa ai -miei piedi m'avverte della vertigine che con -sguardo affascinante m'avrebbe attirato nelle -sue braccia... Almeno, diss'io, mi racconta -quanto vedesti nella tua lunga pellegrinazione. -Dimmi, l'uomo, quest'essere che doma il fulmine -e non sè stesso, è ovunque il medesimo? -Dove ha egli conquistato quella libertà che è -sì cara? Non hai tu visto in qualche ignorata -tribù delle Indie o delle Americhe avverati i -sogni d'un anima generosa? Dove s'imparò ad -ubbidire e comandare col Vangelo? Una sola -parola dimmi, di grazia; qual è il motto che -riassume quanto imparasti in tanto giro di zone -sull'uomo? — -</p> - -<p> -La fantasima che aveva ascoltato benigna le -curiose interrogazioni dello zingaro, crollò il -capo in atto di diniego, e spronato il cavallo -ratta s'innalzò da quel vertice... Se non che -voltasi addietro e vistomi tuttora colle mani -supplichevoli, tracciò nell'oscurità incerta della -notte una parola colle dita scintillanti... Atterrito -guardai quelle parole di fuoco che fiammeggiarono -un istante nella tenebrìa, e lessi: -</p> - -<p class="center"> -CONTRADDIZIONI. -</p> - -<p class="dots">················</p> - -<p> -Il cielo s'era rasserenato, e le stelle luccicavano -più di prima. -</p> - -<p> -Una buon ora prima dell'alba la frescura destava -i compagni e tutti ci mettevamo in cammino, -onde poter giungere prima del giorno -sul culmine del picco alpino: sul quale arrivammo -quando le ombre della notte, lottando -<span class="pagenum" id="Page_276">[276]</span> -invano colla luce, fuggivano nelle valli più anguste, -nelle selve più folte, nei torrenti più -profondi, mentre poco a poco il bacino dell'Ossola -spogliavasi dei vaporosi veli dell'umida -notte, ed i primi crepuscoli disegnavano con -mano malsicura i profili dei monti sull'orizzonte -biancheggiante. -</p> - -<p> -La notte a veloci passi fuggiva, avvolgendosi -ne' suoi veli trapunti, ai poli opposti; dopo -l'alba, l'aurora, il sole, e tutto è colori e vita. -</p> - -<p> -Da quel culmine, da cui un contrafforte si -stende verso occidente collo Stafel alla Punta -d'Arbola, si ha d'attorno una mirabile vista. A -sinistra, laggiù, la valle di Formazza, le cortine -dell'Hireli; e più in là verso il nord, qualche -picco delle alpi Ticinesi; al nord, verso il Gries, -tutte le piramidi più eccelse, dal Gigeln al gigante -di queste valli, il Blinnenhorn, colle -grandi ghiacciaie che qua e là interrotte da -valloncelli o da rupi, formano corona alla Formazza; -e verso il meriggio i monti dell'Ossola -sino al Lago Maggiore. L'anima esaltata credeva -sentire con divine armonìe cantare: esulta, -tutto ciò che vedi è tuo! . . . . . . . . . . . . . -</p> - -<p> -Anche gli altipiani deserti, le nevose o sterili -roccie, che di quassù appaiono alla nostra -destra, di qua e di là del confine, malgrado -tutta la loro incresciosa aridezza e la mancanza -di ogni vegetazione, sono imponenti. Nulla sull'alpi -senza parola, nè le murene, nè le fonti, -nè le ciottolaie, nè le nevate. Ciò che altrove -sarebbe insignificante, qui ti colpisce pei vivi -contrasti. -</p> - -<p> -<span class="pagenum" id="Page_277">[277]</span> -</p> - -<p class="ast"><sub>*</sub><sup>*</sup><sub>*</sub></p> - -<p> -La nostra peregrinazione è finita. -</p> - -<p> -Se voi ne accompagnaste pei laghi, per le -valli, e vi siete arrampicati su per le vette alpestri -con quel piacere con cui io ho cercato -di svagarvi la mente intrecciando alle descrizioni -le leggende ch'io raccolsi con amore, e -le fantasie spesso incomposte che destò nella -mia mente la variatissima natura, non volgerà, -io credo, molto tempo che io ritornerò con maggiore -sicurezza d'animo ad offrirvi la mia compagnia -per zonzare in altre contrade della nostra -bella Italia. -</p> - -<p> -Tuttavia seguendo le pedate di certi stranieri -e nostri scrittori, io potrei benissimo, ad ingrossare -il volume già soverchio, intitolare un -nuovo capitolo col nome, ad esempio, del Cantone -Ticino, e poi, senza movermi d'un passo, -infilarti una insipida tiritera sulla libertà, sulla -democrazia, sulle legnate che tempestano qualche -volta nelle elezioni politiche, sulla legge agraria -— e altre somiglianti reminiscenze di diari mal -digeriti — la quale non mancherebbe di convincerti... -che io non so cosa dire. -</p> - -<p> -Perchè non potrei io ancora condurre il lettore -gentile nel bel paese della fantasia? Chi -può negare che non siano quelle le più felici -contrade? -</p> - -<p> -L'amore, la brama di gloria, il pensiero dalle -mille forme, tutte le illusioni che trovarono -sulla terra l'agghiadata parola dell'indifferenza, -lo sprezzo, il disinganno, volano sulle ali -<span class="pagenum" id="Page_278">[278]</span> -dell'aspirazione a popolare coi sogni d'una vita -migliore quei mondi fantastici... -</p> - -<p> -Quante volte seduto fra l'ombre d'una pianta -viaggiai nel mio passato! -</p> - -<p> -I fiorellini delle zolle muschiose mi narrarono -spesso l'istoria dell'infanzia paurosa, malaticcia, -in cui fra i timori del <i>pensum</i> e dell'aggrottato -cipiglio del <i>magister</i> e le paure -febbrili delle fantasime notturne, io levando ai -tuoi mondi con invocazione le manine, chiedeva -per volare a te delle ali! -</p> - -<p> -Le giovani frondi dell'albero mi ricordarono -i primi battiti del cuore spensierato, e le gioviali -risa della bella adolescenza, in cui la larga -vena d'affetti esuberante dal cuore si spandeva -in mille ciarle e perchè agli uomini e a Dio... -Quando non trovava che cere indifferenti e -scherno ai miei sogni, io chiedeva delle ali per -volare a te! -</p> - -<p> -Quel pino desideroso di luce che si slancia -nell'aere mi racconta la stagione della prima -giovinezza, stagione di focose aspirazioni, tutta -fede ed amore per la patria e per la donna. -</p> - -<p> -Passa qualche anno; uno, due, tre; pochissimi -e brevissimi, e la patria ti si mostra quale -palestra in cui un'infinita turba s'arrabatta lottando -d'astuzia e di frode per strapparsi di -mano un cencio di porpora! -</p> - -<p> -La donna... no, no, io non dirò ombra di -male di quest'essere misterioso che s'aggira -fra di noi, benchè una miriade d'idee crucciose, -sarcastiche al nome di donna abbiano intrecciato -nelle cellule della memoria una ridda -sfrenata da cacciarmi addosso l'emicrania. Che -vale il lagno, l'imprecazione contro una divinità -<span class="pagenum" id="Page_279">[279]</span> -che con un girare d'occhio, un sorriso, -una lacrima, ti fa baciare commosso la tua catena? -</p> - -<p> -Via, lettore, non temere che io con desiderio -indiscreto cerchi da te d'essere alla mia volta -guidato nel viaggio attraverso al passato, al -presente ed alla speranza della tua vita; io non -ne voglio conoscere le pagine, nè ti voglio -sciorinare della mia se non le tersissime. -</p> - -<p> -Ad ogni modo ti auguro salute — anco un -tantino per mio amor proprio — affinchè io ti -possa rivedere presto col bastone in mano, il -cappello a larghe tese sul capo e il sacco sulle -spalle battere alla porta dello zingaro e: -</p> - -<p> -Oeh! l'alba è sorta: affrettati ad allacciare i -borzacchini ferrati, o maestro, che io t'aspetto -impaziente. -</p> - -<p> -Ed io fattomi alla finestra della casupola, e -ravvisato con gioia il compagno di piaceri e di -pericoli, in tutta fretta discenderò — o dalla -scala o dalla finestra non torna — ad offrirti -una mano amica. -</p> - -<p> -Adagio, un istante; sai che sono donne, aspettiamole -un tantino... come viaggeremo senza -di loro? tu non ignori che esse, quando loro -talenti, sono tali da divertirci, anche colla pioggia -sulle spalle, raccontando le mille e mille -storielle, che l'una ha imparato e l'altra inventa..... -</p> - -<p> -Eccole tutt'e due — non sono belline? -</p> - -<p> -Compagno mio, ecco la Leggenda e la Fantasia... -</p> - -<p> -Partiamo. -</p> - -<p class="pad2 center large"> -FINE. -</p> - -<div class="tnote"> -<p class="tntitle"> -Nota del Trascrittore -</p> - -<p> -Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione -minimi errori tipografici. -</p> - -<p class="covernote"> -Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio. -</p> -</div> - - - - - - - - -<pre> - - - - - -End of the Project Gutenberg EBook of Peregrinazioni d'uno zingaro per laghi -ed Alpi, by Valentino Carrera - -*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK PEREGRINAZIONI D'UNO ZINGARO *** - -***** This file should be named 62789-h.htm or 62789-h.zip ***** -This and all associated files of various formats will be found in: - http://www.gutenberg.org/6/2/7/8/62789/ - -Produced by Giovanni Fini, Barbara Magni and the Distributed -Proofreading team at DP-test Italia, -http://dp-test.dm.unipi.it (This file was produced from -images generously made available by The Internet Archive) - - -Updated editions will replace the previous one--the old editions will -be renamed. - -Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright -law means that no one owns a United States copyright in these works, -so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United -States without permission and without paying copyright -royalties. 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Information about the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation - -The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non profit -501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the -state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal -Revenue Service. The Foundation's EIN or federal tax identification -number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary -Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by -U.S. federal laws and your state's laws. - -The Foundation's principal office is in Fairbanks, Alaska, with the -mailing address: PO Box 750175, Fairbanks, AK 99775, but its -volunteers and employees are scattered throughout numerous -locations. Its business office is located at 809 North 1500 West, Salt -Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to -date contact information can be found at the Foundation's web site and -official page at www.gutenberg.org/contact - -For additional contact information: - - Dr. Gregory B. Newby - Chief Executive and Director - gbnewby@pglaf.org - -Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg -Literary Archive Foundation - -Project Gutenberg-tm depends upon and cannot survive without wide -spread public support and donations to carry out its mission of -increasing the number of public domain and licensed works that can be -freely distributed in machine readable form accessible by the widest -array of equipment including outdated equipment. Many small donations -($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt -status with the IRS. - -The Foundation is committed to complying with the laws regulating -charities and charitable donations in all 50 states of the United -States. 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